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Lui,
capelli esageratamente scompigliati,
occhi che fissano persi qualcosa o forse niente fuori dalla finestra,
una sigaretta in mano da cui tira di tanto in tanto lunghe boccate
traendone quello che sembra un piacere smisurato.
Chiude gli occhi per un attimo, sospira. Alza la mano lentamente, si
porta la sigaretta alla bocca e quando questa tocca le sue labbra i
suoi occhi si socchiudono fino a diventare due fessure ed è
come se il suo corpo, prima un poco rigido, si lasciasse andare
sciogliendosi, per un istante.
Chissà come sarebbe essere sfiorata da quelle labbra.
Il fatto che sia così immerso e così perfetto nel
personaggio di bello e dannato già mi spiazza.
E poi succede il danno definitivo.
Si accorge che c’è qualcun altro nella stanza, io,
e quindi si volta verso di me. -
Hi. I’m coming in a minute.
I suoi occhi mi inquadrano.
Ce li ha azzurri, e non lo sapevo.
Ha una voce pazzesca, bassa, un po’ rauca. E un accento
divino.
DIVINO.
E non sapevo fosse inglese.
Annuisco, senza riuscire a spiccicare parola, sperando di non risultare
una completa idiota. Ma mi ci sento, idiota: che problema ho?
Ho già intervistato altri ragazzi, attori, artisti, cantanti
carini, anche inglesi (cavolo, proprio non sapevo che fosse inglese) e
non sono mai stata così... colta alla sprovvista. In
imbarazzo. Idiota.
Mi scuoto un po’: ci facciamo mettere i piedi in testa da un
vampirucolo spettinato attira-ragazzine qualunque? Eh no, direi proprio
di no.
Un po’ di professionalità, diamine.
Mi siedo sulla poltroncina riservata agli intervistatori, di fronte a
quella che tra poco occuperà lui, e mi sistemo la gonna.
Poi, appoggio la mia cartellina con le domande sulle ginocchia e mi
riavvio i capelli.
Professionalità, santo cielo.
La verità, caro il mio belloccio con voce pazzesca
(pazzesca, cavolo), è che nessuno ci voleva venire, ad
intervistarti. Così hanno mandato me, la più
giovane del team, a fare il lavoro sporco. La più giovane,
nonché quella che si becca sempre gli incarichi peggiori, o
quelli che nessun altro vuole. Se fosse per me in questo momento sarei
nel mio ufficio a lavorare su qualche cartella stampa di un qualche
attore di teatro sconosciuto e talentuoso, piuttosto che stare qui ad
intervistare te. Caro.
Alzo gli occhi e vedo che finalmente il signorino si è
deciso a concedermi un po’ del suo prezioso tempo da
succhiasangue super impegnato. Quando si accomoda nella sua
poltroncina, con fare a dire il vero per niente sicuro di
sè, anzi un po’ intimidito, cerco di sorridergli.
Distaccatamente, ovvio: da professionista. -
So... let’s begin, shall we? – gli
chiedo e lui annuisce sorridendo a sua volta.
Poi, prima che io abbia individuato sulla mia cartellina la prima
domanda da porgli, mi chiede (con quel fantastico accento inglese): -
Allora sarei un attorucolo fortunato, eh?
Rimango immobile a bocca aperta per qualche secondo, mentre sul suo
viso si dipinge un’espressione furba. Alza un sopracciglio.
Oh, cavolo. Allora mi ha sentita.
Poco prima di entrare, ero qui appena fuori dalla porta e parlavo al
telefono con una mia amica di Londra che è... beh, dire fan
sarebbe poco, ma diciamo così... fan del vampirucolo... di
questo tizio. Insomma, gli muore dietro da prima che diventasse
così famoso. E, tra le altre cose, devo aver anche detto
qualcosa sul fatto che secondo me lui fosse... beh, un attorucolo.
Fortunato. Probabilmente in quel momento lui era alla finestra e aveva
sentito tutto. Poi, sentendo la mia voce, aveva riconosciuto quella
dell’idiota che l’aveva insultato così.
Benissimo.
Sto iniziando a pensare che starmene qui a bocca spalancata non sia la
tattica migliore, che forse sarebbe meglio fuggire, quando lui mi
guarda e si apre in un sorriso malizioso. Poi si passa una mano tra i
capelli (che evidentemente non erano già abbastanza
scompigliati) e i suoi occhi brillano mentre osserva la mia
espressione. Si diverte. Mi sta prendendo in giro.
Dannato attorucolo dai denti appuntiti. Ora ti faccio vedere io. -
Beh... - dico fingendo nonchalance – Attorucolo o no,
devi ammettere di essere stato fortunato.
Ecco fatto. Ecco come si fa a farsi sbattere fuori da una sala per le
interviste con l’attore più cool del momento. Ecco
come si fa a fare finire una carriera giornalistica quasi nemmeno
iniziata. -
Non lo nego. – dice però lui,
tranquillamente –
Là fuori ci saranno milioni di Edward migliori di me.
Riprendo a respirare, sorpresa dalla facilità con cui ha
ceduto. Sorpresa di non essere ancora stata lanciata fuori dalla
finestra da uno dei suoi bodyguard. O di non essere stata linciata
dalla folla che, fuori, non ha smesso un secondo di sbraitare il suo
nome e sembra capace di scalare questo palazzo, raggiungere quella
finestra aperta per entrare nella stanza e... linciarmi, appunto. -
Dici sul serio? – mi ritrovo a dire, confusa,
perdendo tutta la mia sicurezza di poco prima. -
Beh... - mi sorride enigmatico - Io tra le altre cose sono tutto
il contrario di lui. Lui è gentile, perfetto, compassato,
romantico... -
E tu invece?
Ok, io non sono ancora stata buttata fuori dalla finestra, ma la mia
professionalità di sicuro sì. IO l’ho
presa di peso e l’ho scaraventata da qualche parte molto
lontano là fuori, perché la mia
curiosità non ha niente di giornalistico.
Lui scoppia a ridere: -
Io sono tutto il contrario. – termina la frase e
mi guarda sorridendo malizioso, con gli occhi ridotti a due fessure.
Ed io gli credo. -
Com’eri da bambino? – gli chiedo
mascherando stavolta la mia personalissima curiosità con un
tono distaccato, come se stessi semplicemente seguendo una scaletta e
quindi fossi costretta a passare senza continuità da un
argomento all’altro. -
Come? – mi chiede lui, spiazzato. Sorrido. -
Ora sei un sex symbol – storce la bocca a quel
termine – ma
da bambino com’eri?
Sbuffa piano: - Bruttino.
Oltretutto, piuttosto solitario. Avevo pochi amici, e vorrei poter dire
“pochi ma buoni”, ma non sarebbe la
verità.
Ora sono io ad essere spiazzata dalla sua risposta e non glielo
nascondo: - Oh.
L’esatto contrario di quello che sei adesso, insomma.
Diventa perplesso: -
No... sono ancora così... Non si vede?
Sto per mettermi a ridere per la sua battuta, ma poi la sua espressione
mi confonde: non capisco se il suo sia sarcasmo o se mi stia prendendo
in giro. Eppure sembra sinceramente sorpreso dalla mia affermazione.
Guardo i suoi occhi profondi, il suo fisico slanciato e le sue mani
sicure appoggiate sui braccioli della poltroncina, come se fosse sempre
in procinto di alzarsi ed andarsene. -
No – dico sincera – Non si vede.
Scuote leggermente la testa e sorride: - Eppure è
così. Dentro di me, sono ancora quel ragazzino un
po’ sovrappeso con i capelli troppo arancioni che non parlava
mai e spesso avrebbe voluto essere invisibile.
Lo guardo stranita, ma lui non sposta gli occhi dai miei di un
centimetro.
Sembrano quasi chiedere scusa. Scusa se non sono quello che pensavi.
Scusa se tutti ti hanno fatto pensare il contrario. Scusa se non sono
quello che volevi – che volevate tutti.
Non credo in effetti di aver mai letto cose del genere su di lui, in
un’intervista. Ma l’argomento, neanche a dirlo, non
mi interessa solo per questo. -
E vorresti mai essere invisibile, adesso?
Si muove sulla sedia, sorpreso dalla mia domanda, si divincola come se
stesse combattendo; poi si ferma e mi regala un nuovo sorriso, un
po’ più amaro degli altri: - Sì.
Gli sorrido a mia volta e passo un momento così, persa nei
suoi occhi. Azzurri. Nel suono vibrante di quel
“Sì” sussurrato che è rimasto
nell’aria. Nella sua voce bassa che è ancora
più bella quando non fa lo spavaldo.
Mi accorgo che lui ha di nuovo cambiato espressione e mi sta guardando
divertito. Indica la mia cartelletta: - Non hai altre domande?!?
Gli sorrido imbarazzata. Di nuovo, idiota.
Lui si abbassa un po’, appoggia i gomiti sulle ginocchia e
avvicinandosi a me, mormora: -
Hai cambiato un po’ idea sull’attorucolo?
Nel suo tono non c’è traccia di risentimento,
è solo una domanda con un briciolo di ironia. Il suo sorriso
si allarga, ancora vicino a me. Mi sta proprio prendendo in giro. Di
nuovo. E mi sta anche provocando.
Si mette una mano tra i capelli e continua a scompigliarli. Adoro i
capelli scompigliati.
Gli sorrido e continuo la mia recita da giornalista professionale: -
Suoni anche, giusto? E canti. -
Sì. – mi sorride. Sa che ho
cambiato argomento appositamente e sa anche perché. -
Quando me lo permettono. – continua modesto.
Continua a guardarmi da vicino, intensamente come se volesse scoprire
cosa penso e non mi vengono più altre domande da fargli.
È bello, cavolo. E sa di esserlo e sfrutta la cosa a proprio
favore, ma lo fa come se ne avesse scoperto da poco il potenziale e ne
fosse affascinato, più che completamente conscio.
Mi fa perdere il filo del discorso. Non che me ne importi molto, comunque. -
Nient’altro? – mi chiede fingendosi
spazientito mentre sorride.
Io sto pensando se “Vuoi sposarmi?” sia una domanda
adatta da fare in un contesto del genere. Credo di no. -
Credo di no. -
Allora adesso è il mio turno. – dice
lui entusiasta tornando a sedersi composto e per poco non si mette a
saltellare sulla sua poltroncina. Si mette in posizione e finge di
avere in mano carta e penna; poi mi guarda da sotto in su, come se
avesse indosso un paio di occhiali.
Sta giocando al giornalista professionale. Con me. – Allora. Ho
due domande.
N.D.Summer
La domanda che mi pongo è: la smetto di inventarmi nuove
fic? Non ne ho già forse abbastanza in ballo?!? Sì.
Evidentemente no. XD
Spero che vi piaccia questo inizio di intervista con Rob (*_*) e che vi incuriosisca...quali saranno le domande che il diabolico Rob vuole fare alla sua intervistatrice?!?
Prometto che la continuazione (che ho già in testa ma ancora non ho
scritto) vi sorprenderà...
Se invece non vi piace...mi dite
perchè? Davvero, sono sempre interessata a qualsiasi critica
che mi permetta di migliorare o di correggere qualche errore...
Dai...La
smetto di annoiarvi e...grazie in anticipo! :P
-
Allora adesso è il mio turno. – dice
lui entusiasta tornando a sedersi composto e per poco non si mette a
saltellare sulla sua poltroncina. Si mette in posizione e finge di
avere in mano carta e penna; poi mi guarda da sotto in su, come se
avesse indosso un paio di occhiali.
Sta giocando al giornalista professionale. Con me. – Allora. Ho
due domande.
2. Stronzetta
- Oh. Ok. – sono un po’ sorpresa dalla
sua richiesta e soprattutto dal suo entusiasmo. E quando mi colgono di
sorpresa mi ammansisco. Ma non per molto. - Prima domanda. –
inizia lui, alzando un sopracciglio, malizioso: – Mi hai fatto almeno
una delle domande che ti avevano detto di farmi o una di quelle che ti
eri scritta? – termina indicando con la mano il
blocco per gli appunti che tengo tra le mani. Su cui non ho scritto
niente e da cui non ho letto niente. Colpita e affondata. Lui mi sorride tronfio,
sa di averci azzeccato, ma decido di essere diplomatica: -
Mmmh, ok... no. Ma se vuoi posso fartele adesso. Faccio una smorfia di
sfida e comincio: -
E’ vero che non ti lavi spesso i capelli? Hai mai incontrato
un vampiro vero? E, aspetta, aspetta, questa è la migliore:
quando per interpretare Edward devi mettere le lenti a contatto rosse,
vedi rosso? Gli sciorino in fretta
le domande più stupide che sono riuscita a trovare sul mio
foglio: il vero problema è che non è stato
difficile trovarle. E' davvero questo quello che vuole sapere la gente
di lui?!? Lui ride ed esclama: - Alla terza ormai sono abituato,
me la fanno molto spesso...davvero! E la storia dei capelli invece
ormai è un must! Rido anch’io
e lo provoco: - Quindi
ci tieni che io ti chieda qualcosa in merito? Vedo per un attimo nei suoi
occhi un lampo che non avevo mai visto prima, ma passa subito. Poi mi dice,
con semplicità: -
Dai, chiedimi quello che ti viene in mente. Ed è troppo sincero e trasparente e vulnerabile, mentre lo dice. “Vuoi
sposar...?”–
Questo era il tuo look anche prima di diventare famoso? Non so come mi
è uscita questa domanda che mi ha fatto evitare
l’altra, ben più imbarazzante. Per fortuna. Ma
forse questa mi è venuta in mente perché non
riesco a fare a meno di fissarlo, cosa già di per
sé abbastanza imbarazzante. Lui ci pensa un
po’, poi mi risponde serio: - Vediamo... non mi pettinavo,
mettevo la prima maglia che mi capitava e un paio di jeans che avevano
più o meno la mia età. E non dimentichiamo le
camicie di flanella. Strabuzzo gli occhi
inorridita e lui sorride appena, per poi continuare: - Perciò, per
rispondere alla tua originale domanda, direi che sì, ero
più o meno uguale. – sospira – Solo che adesso le
mie camicie di flanella sono Dolce&Gabbana e che per rendere i
miei capelli così come li vedi ci vuole un “hair
stylist” che ci lavori mezz’ora. Pronuncia la parola
“hair stylist” come se fosse un animale
semisconosciuto, di cui tra l’altro ha scoperto
l’esistenza da poco. E che gli fa anche un po’
paura. Incrocia il mio sguardo
che probabilmente sta vagando senza che io me ne renda conto da qualche
parte tra la sua camicia a righe e i suoi jeans studiatamente sdruciti
e scoloriti. Lo cattura con un lampo
azzurro e abbassando un po’ la voce, mi chiede: - Cosa ne dici del risultato? “Che sarebbe
un buon abbinamento, se solo dentro a quei vestiti e dietro quel ciuffo
ribelle non ci fosse uno stronzetto compiaciuto.” - Devo dire che è un
look che apprezzo. – rispondo fredda, ma lui
sembra comunque stupito della mia ammissione, che tra l'altro
è sincera. Quindi, rincaro la dose, curiosa di vedere
l’effetto che gli farà: - E poi, beh... ti dona.
– I suoi occhi si fissano
su di me, seri, spavaldi. Il suo viso, però, racconta
un’altra storia: lo vedo, che è un po’
arrossito. Ho fatto arrossire
quello stronzetto compiaciuto di Robert Pattinson.
E con le guance un po' colorite è ancora più
bello. Mi viene
da sorridere, non tanto perché l’ho colto in
fallo, ma per la sua ingenuità. Mi sforzo però di
scuotermi da questo pensiero e concludo: -
Dai, la domanda sui capelli te l’ho fatta, penso di poterti
lasciare libero. - Ma manca una mia domanda...- ribatte,
come un bambino a cui sia stata promessa una torta che, in effetti, non
avrà. Una torta che proprio non esiste al mondo. Senza pensarci
rispondo: - No, mi hai
chiesto se ti avessi fatto le domande che dovevo e poi che cosa ne
pensavo del tuo look. Due domande. Non so
perché sto facendo così. Chi
è la stronzetta, ora? Forse ho avuto paura
del suo sguardo, che si era fatto intenso e furbo. Forse ho paura della
sua seconda domanda. Forse ho paura che questa domanda sia l'ultima.
Non lo so, ma sta di fatto che divento insopportabile, non posso
proprio evitarlo. E il problema è che non mi sopporto io per
prima. - Oh. –
ripete lui deluso –
Ma la seconda non era proprio...- cerca di aggiungere, ma
si blocca a metà e il suo sguardo si fa allibito quando vede
che gli scoppio a ridere in faccia.
La sua frase cade nel vuoto e io colgo la palla al balzo, cercando di
smettere di sghignazzare come una povera isterica: - Allora, grazie per la
disponibilità...- dico da vera idiota altezzosa
e mi alzo dalla poltroncina, porgendogli la mano. Lui mi sorride, anche
se ancora un po’ sconcertato dal mio comportamento da pazza e
la sua mano sfiora la mia. Quasi non fa in tempo a stringerla che tolgo
la mano, come bruciata dal contatto con lui; toccare la sua pelle era
giusto ciò che mi mancava per impazzire del tutto. Mi fissa ancora un
attimo, pensieroso e poi ribatte sorridendo incerto: - Beh... grazie per la tua. E per
aver reso tutto questo un po’ meno noioso. - In compenso non so cosa
dirò ai miei capi! – gli rispondo
tentando di sdrammatizzare ma risultando solo acida. Ora
penserà che sono bipolare E inacidita, come minimo. Lo
guardo per l’ultima volta (“Oddio,
l’ultima volta”)e poi mi dirigo a
passo spedito verso la porta, fingendo una sicurezza che non ho e
tirando il fiato solo quando me la richiudo alle spalle.
N.D.Summer
Mi sa che ho scoperto qual è il segreto della mia
incapacità di finire una qualsiasi cosa (leggi "storia"):
devo scrivere finchè ho l'ispirazione (addirittura),
perchè se aspetto anche solo qualche ora potrebbe svanire. E
lo farà! Quindi, rieccomi, di già, a postare il
secondo capitolo. Un po' corto, forse; ma è
perchè devo dividere la storia in modo da creare un po'
suspense, no? XD
La smetto di fare N.D.Me più lunghe dei capitoli e ringrazio
innanzitutto Satyricon (come vedi "lei" in questo capitolo fa una
figura da scema, porella :p) e whitevelyn (dovrei mettere un
disclaimer: "il fascino che pervade questa fic non mi appartiene!
Scaturisce direttamente da Rob e da qualsiasi cosa in cui sia
coinvolto" *.*) per i commenti e ovviamente tutti coloro che hanno
già messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate...
baci
Lui, dall’altra
parte della porta, ancora allibito per
quello che è successo, per come l’ha
trattato quella tizia, un po’ pazza, forse. Ma comunque
simpatica. Diversa. Ed è come un
raptus, non ci pensa. Prende un foglio a caso
dalla cartella stampa, la stessa piena di robe assurde su di lui, robe
che partono dalla sua data di nascita e finiscono con il colore delle
sue ciglia. Dettagli inutili che nemmeno lui conosce. Le odia, lui, quelle
cose. Le cartelle stampa e i photoshoot e i cartelloni pubblicitari e
la promozione e le interviste... E adora tutto
ciò che gliele rende meno pesanti. E vuole sdebitarsi. La sua mano tiene la
biro in un modo strano, come al solito da quando era bambino, ma anche
così scorre leggera sul foglio, veloce, sicura: in
realtà, non è sicuro di quello che sta scrivendo,
ma sembra non poterne fare a meno. Spinto da chissà quale
forza. Pochi secondi dopo,
accartoccia il pezzo di carta (piegare qualcosa non è da
lui) e chiama la tizia... quella che apre e chiude la porta... dovrebbe
chiamarsi... - Alice...? – dice
cercando di pronunciarlo all’italiana – Could you do me a
favour?- e poi le sorride ammaliante. E allora come si fa a
dirgli di no.
Mi appoggio al muro e
inspiro forte. Non so cosa penseranno di me tutti gli altri giornalisti
SERI che sono seduti composti in questa saletta, ad attendere il
proprio turno, ma non mi importa. Non mi importa se mi hanno vista
uscire da quella porta sconvolta, accaldata, probabilmente spettinata.
E stronzetta. Dopo pochi secondi in
cui non sono riuscita ancora a muovermi dalla mia posizione, si
affaccia dalla porta la ragazza carina che poco prima mi aveva fatto
entrare in quella stanza per l’intervista e chiama un altro
nome. Dopodiché,
inaspettatamente, si volta verso di me e mi dice: -
Signorina, il signor Pattinson mi ha chiesto di consegnarle questo. Mi porge un foglietto
spiegazzato e attende con pazienza che io smetta di guardarla con gli
occhi fuori dalle orbite, realizzi cosa sta succedendo e prenda in mano
il pezzo di carta. Signorina. Il signor
Pattinson. “Pff,
il sign...” Questo. Guardo in basso e vedo
la mia mano afferrare poco convinta qualcosa di bianco e ruvido. Poi, prima che possa
riprendermi e chiederle qualcosa, la ragazza scompare ancora dentro la
stanza, chiudendosi la porta alle spalle con un tonfo. Grazie.
Guardo il pezzo di
carta bianco che mi ritrovo chissà come tra le mani e
passano minuti prima che io finalmente lo apra, rivelando una scrittura
allungata ed irregolare, segnata probabilmente dalla fretta del suo
proprietario. Lui? Un dubbio, una
speranza, tanta sorpresa. La curiosità
ha la meglio sullo stupore, così inizio a decifrare il
messaggio... e già dalla prima riga ho bisogno di rileggere
più volte quello che c’è scritto, tanto
sono incredula.
Mi
sento un po’ in colpa per non averti dato materiale su cui
lavorare per scrivere la tua intervista,… “In
co...? In colpa, certo. Materiale...” …quindi,
se vorrai, ai tuoi capi potrai dire che sei uscita a cena con me,
stasera. “Ai
miei capi, dico così. Eh si. Ma perché...? Non
vorrà mica...” Ci
vediamo alle 8 al ristorante dell’albergo. “Ci
ved... ci ved... Oh, merda.”
Leggo il
resto come in trance, e stavolta devo rileggere le frasi almeno tre
volte, prima di capirle. E una quarta prima di riuscire a sorriderne. È gradita
la camicia di flanella. E non pettinarti. Robert P.S. In caso
mi dessi buca stasera, puoi sempre rivendere la mia firma su ebay come
autografo, come parziale risarcimento della mia scarsa
professionalità. P.P.S. Se ora
volessi saperlo, la mia seconda domanda sarebbe stata “Vuoi
venire a cena con me?”; ma, purtroppo per te, siccome hai
fatto la smorfiosetta e non mi hai dato la possibilità di
fartela, ora non hai la possibilità di rifiutare il mio
cortese invito. La firma puoi
venderla lo stesso.
A bocca aperta, non ce
la faccio nemmeno a formulare il pensiero completo nella mia mente. “Mi ha chiesto di...
Stasera io e... Ha detto... Devo... cena. Non poss...” Momentaneamente (spero)
impossibilitata anche solo a pensare, smetto quindi del tutto di
provarci e mi avvio lungo il corridoio, sicura che una passeggiata mi
aiuterà. Quasi un’ora
dopo, non solo mi rendo conto di essermi persa, ma ho anche
ricominciato a formulare pensieri sensati, senza però
risolvere un bel niente. E intanto, il foglio spiegazzato nella tasca
della mia giacca brucia come se avesse preso fuoco. Un fuoco invisibile,
che prima di tutto divora ME.
“Non
posso andarci. Per almeno un milione di motivi. Perché
mi sono comportata da stupida, da “smorfiosetta”,
come ha scritto lui, da stronza e da isterica patetica ragazzina che si
scioglie di fronte ad un attorucolo. Un
attorucolo troppo bello, però. Ma non è solo
questo. È anche non troppo sicuro di sé,
divertente, cordiale, interessante, misterioso quanto basta, maledetto
più di quello che basta e... non so. Magnetico. Ok, basta
davvero. Qui finisce che divento pazza. Ma
quel biglietto? E quella proposta? Forse
la ragazza si è sbagliata, forse non ero io la
“signorina” a cui era riservato il messaggio. Sì,
deve essere così... Era di sicuro per un’altra
“signorina”, bionda, alta, bella da mozzare il
fiato e curata, perfetta. Era sicuramente per una così, quel
biglietto. Scritto
di fretta. Subito
dopo che sono uscita. Che
parla di non averle dato abbastanza materiale su cui lavorare. Parla di
camicie di flanella. Parla di capelli spettinati. Parla di una
smorfiosetta che gli ha rifiutato una domanda. Parla
di una smorfiosetta fottuta. Parla
di me.”
N.D.Summer
Uhm...siete proprio sicure che "lei" andrà all'appuntamento?!? Insomma, siamo tutte d'accordo... Sarebbe da pazzi non farlo, no? Ma come abbiamo già appurato, questa tipa non è tanto normale... Ihihihi, scusate per la pulce nell'orecchio, aggiorno presto!!! Baci
Passo
qualche ora, dopo che sono tornata dalla mia gita fuori porta, nella
mia camera d’hotel, indecisa. Indecisa su cosa mettere, su
cosa dire, su come comportarmi. Ma soprattutto, su cosa fare: andare a
cena con lui o no? Qualsiasi persona sana
di mente non ci avrebbe pensato più di due secondi: la
risposta sarebbe stata, ovviamente, sì. Ma io, la
sanità mentale, rischiavo di perderla proprio andando a
quella cena. Il lento ma inesorabile processo di rimbambimento dei miei
neuroni era già iniziato quel pomeriggio, a causa di
un’intervista durata nemmeno cinque minuti. Cosa ne sarebbe rimasto
di me dopo un pasto completo con lui?!? Decido di aprire
l’armadio, per vedere se almeno io abbia per caso portato
qualcosa che possa andare bene per un’occasione del genere.
Nel caso in cui decida di andarci. Quindi, apro le due ante
e do un’occhiata disillusa ai pochi vestiti che ho ritenuto
indispensabile mettere in valigia per questo mio piccolo viaggio di
lavoro. Quasi subito, il mio sguardo si posa su qualcosa di colorato,
bizzarro, per niente elegante, per niente adatto. E ho deciso.
Senza sapere come
né perché, mi ritrovo all’ingresso del
ristorante, poco dopo le 8. Per fortuna nella nebbia mentale che mi ha
accompagnato nelle ultime ore e poi fin qui, mi sono ricordata di
vestirmi e di farlo decentemente. O quasi. Sopra il mio vestito
nero, semplice e non troppo corto, porto una camicia a quadri azzurra e
rosa. Non è di flanella, ma l’ho comprata ai saldi
e non ho mai avuto il coraggio di metterla; questo perché
è imbarazzante quasi come se fosse di flanella.
Devo essere diventata pazza.
Sì, l’ho messa appositamente per vedere un sorriso
esplodere sul suo volto quando vedrà che ho seguito le
istruzioni del suo messaggio. Sono proprio diventata pazza. Mi avvicino al
cameriere e mormoro imbarazzata: -
Ehm. Il tavolo del signor Pattinson...? - Lui mi squadra con
sufficienza e poi, con tono affettato e monocorde, mi dice solo: - Mi segua, prego. –
Mi conduce a passo veloce verso uno dei tavoli lungo una delle pareti
della sala. Quando mi lascia sola, conto mentalmente: due
sedie, due bicchieri, due piatti... zero persone sedute. Da questo traggo le mie
geniali conclusioni: lui non è ancora arrivato. Che
figuraccia. Prima faccio la smorfiosa e poi arrivo addirittura in
anticipo?!? Sempre se lui ha intenzione di presentarsi. Non lo
biasimerei se mi desse buca, per farmela pagare un po’. Forse
in questo momento è su un aereo diretto chissà
dove e se la ride sorseggiando champagne. Forse è
già arrivato a Sidney, o a Parigi, o a Honolulu. E io sono qui, in piedi
come una stupida davanti ad un tavolo ad aspettarlo. Con addosso una
camicia a quadri. Non faccio
però in tempo a continuare il mio delirio, né a
guardarmi troppo in giro, perché appena mi decido a sedermi
la sento. -
Uno, due, tre. - La sua voce. Ma è
lontana, è strana, è come se fosse... -
...prova... – ...amplificata. Istintivamente, volgo
lo sguardo verso il pianoforte posto in un angolo della sala e lui
è proprio lì, seduto. Incontro il suo sguardo, mi
sorride e sempre guardando verso di me, ripete: - Uno, due, tre... prova.
– Poi, si fa silenzio. Lui abbassa gli occhi sui tasti del piano, inspira lentamente ed
inizia a suonare una melodia dolce e malinconica; poco dopo, inizia
anche a cantare.
Ah. L’ho
già sentito cantare, prima. Ho visto un paio di video su
internet, giusto per informarmi in previsione di innamor... di
intervistarlo. E in quell’occasione, ricordo di aver pensato:
caspita, per essere un vampiro bellissimo e ovviamente immortale si
lamenta parecchio. Ho pensato che fosse
una lagna, ebbene sì. Ma ora... Ah.
Sentirlo cantare dal
vivo è... beh, mi lascia senza parole, letteralmente. La sua voce
è come fumo denso ed evanescente, che percorre la sala per
arrivare fino a me e penetra sotto la mia pelle, emanando un calore
liquido che si spande e mi provoca brividi... Non posso fare a meno di
pensare che la "voce che frantuma il cielo" sia in realtà la sua.
Spoke
with a voice that Disrupted
the sky
Le parole sono
strascicate, appena accennate, quasi come strappate dalla sua voce
ruvida. Il suo accento è più divino del solito e
nonostante tutto questo, sommato alla mia conoscenza basilare
dell’inglese, dovrebbe impedirmi anche di distinguere le
parole, capisco tutto. Ogni singola frase, ogni significato.
She
said walk on over here to
a bit of shade. I
will wrap you in my arms and
always stay… Let
me sign.
E questa non
può essere che magia. Infatti, tutti in sala
sono come incantati da lui; un sortilegio invisibile li avvolge e li
culla; la sua malinconia li attanaglia e li costringe ad osservarlo in
religioso silenzio, stupefatti. Io, beh. Io sono a
bocca aperta.
Perché ho
capito. Non è stata
fortuna. Là fuori non
ci sono mille Edward migliori. Il suo sguardo, il suo
sorriso, le sue mani, la sua voce, persino i suoi capelli. Tutto. Tutte queste cose
insieme producono un effetto paragonabile all’attrazione che
un vampiro deve esercitare sulle sue vittime, per potersene nutrire. Lui è magnetico. Mi ritrovo a chiedermi, quasi
in trance, di che cosa si nutra Robert. E se si possa, per
favore, nutrire di me.
Sono destinata a
trovare una risposta alla mia prima domanda, tuttavia, quando poco dopo
la magia finisce e lui, dopo essersi schernito di fronte ad un breve
applauso sorto spontaneo in quel pubblico improvvisato, viene
finalmente a sedersi al mio tavolo. Al suo tavolo. ...al nostro tavolo. - Ho proprio voglia di pasta.
– sentenzia subito, sedendosi, senza neanche
salutarmi. Ma rivolgendomi un sorriso aperto e spontaneo. E, a sentire il modo in
cui pronuncia la parola “pasta”, mentre sorride
felice come un bambino prendendo in mano il menu, penso che stasera,
nonostante lui preferisca gli spaghetti al mio sangue, il risultato
sarà lo stesso: non sopravviverò.
N.D.Summer
La canzone sapete cos'è, non c'è bisogno di dirlo... =P E quella è praticamente l'impressione che ha fatto a me quando l'ho sentita. Purtroppo non dal vivo, naturalmente, ma... beh. Un po' corto questo capitolo ma sempre per il solito motivo... Tra l'altro ne ho già scritti altri ma devo rivederli... Mi vengono idee in ogni momento della giornata, nei posti più assurdi e nei momenti più assurdi (tipo durante una lezione di psicologia, vabbè). E soprattutto di notte, prima di dormire...che poi mi devo alzare per appuntarmi le cose o.O E poi la mattina è un dramma alzarmi etc...
Vabbè ma a voi cosa ve ne frega?!? =P
Piuttosto, grazie a tutti e in particolare a whitevelyn, _Miss_, Vichy90 e Satyricon!
Alla prossima, presto. Baci
Dopo un
compiaciuto: - Allora
sei venuta, eh? –
da parte sua ed un sorrisino imbarazzato da parte mia, lui sembra
realizzare qualcosa, in ritardo. Indica allibito la mia camicia ed
esclama, ridendo: - Ed
hai anche seguito i miei consigli in fatto di moda, vedo! – Scoppio a ridere
anch’io,
felice come una bambina che la mia stupidità
l’abbia fatto
sorridere. Non solo sorridere, ma ridere. E mi ero dimenticata di
quanto fosse bello quando ride. Quando le nostre risate
si spengono,
lui mi fissa per un po’, tra lo stupito e
l’interessato e
poi cala il silenzio, mentre ci nascondiamo dietro ai nostri rispettivi
menu. Io ogni tanto sbircio dal mio e lo vedo leggere confuso i nomi
delle pietanze, evidentemente scritti in italiano ed altrettanto
evidentemente incomprensibili per lui. Mi fa ridere la sua espressione
seria ed ostinata mentre tenta di capirci qualcosa pensando che nessuno
lo osservi e sto quasi per scoppiargli a ridere in faccia (ancora!) quando ad un tratto esclama: -
Oddio! Cosa sono le... “linguine”? Sorrido della sua
pronuncia e gli rispondo tranquilla: - Beh, è pasta...
molto simile agli spaghetti. - Ah... –
dice rilassandosi un po’ –
Non ha niente a che fare con la “lingua”, vero? Lo guardo stupita e
trattenendo un sorriso gli chiedo: -
No! Perché?!? Vaga con lo sguardo per
la sala: - Mi stavo
immaginando come sarebbe mangiare le “linguine” se
fossero delle piccole lingue. Sembra serio.
È serio. Ed è un idiota. -
Ok, primo: bleah. Secondo: non oso immaginare da che animale hai
pensato provenissero le tue “piccole lingue”...
– ride come se fosse un segreto inenarrabile...
probabilmente perché troppo idiota. Fingo di ignorarlo e
concludo: - Terzo: come
fai a sapere cosa vuol dire in italiano “lingua”? Mi guarda malizioso e
fa un gesto con la mano: -
Fan. – spiega brevemente – Non vorresti davvero
saperlo. – e mi sorride. Io lo fisso a bocca
aperta mentre
lui annuisce ammiccante. Intanto il cameriere si avvicina al nostro
tavolo, chiedendo se vogliamo ordinare. Io gli riferisco il piatto che
ho scelto, dopodiché Rob lo fissa intensamente e gli dice
con
voce suadente: -
Linguine. Poi mi fa
l’occhiolino e per
poco non scoppia a ridere. Io mi copro la bocca con la mano e
ridacchio, mentre il cameriere, evidentemente stranito, si allontana da
noi. Finalmente soli. Rob mi
guarda ed alza un sopracciglio, poi abbassa lo sguardo. - Non pensavo che saresti venuta.
– dice fissandomi intensamente di sottecchi,
tornando serio. - Pensavo lo stesso di te.
–
ribatto sincera, ma tutto quello che ottengo è uno sguardo
interrogativo, quindi cerco di spiegare a quell’anima ingenua
di
Robert i miei pensieri perversi. Non TUTTI i miei pensieri perversi, comunque. -
Pensavo fosse una specie di scherzo. Una... ripicca. Lui assume un tono
freddo: - Beh, sei
effettivamente stata scortese con me. Non faccio in tempo ad
aprire bocca, imbarazzata e stupita, che lui ridacchia e aggiunge: - Ma dai, scherzo! Sei stata...
una boccata d’aria fresca. Smorfiosa... ma divertente! Gli sorrido, sollevata
e sinceramente sorpresa. In quel preciso istante, arrivano le nostre
ordinazioni.
Di già. Evidentemente, cenare con una star ha i suoi
vantaggi.
Oltre ad essere di per sè un vantaggio, se la star
è lui.
Rob aggredisce subito con foga le sue “piccole
lingue” ed
io rimango un attimo imbambolata a guardarlo mangiare con gusto. Ogni
cosa che fa è magnetica, ogni suo gesto attira il mio
sguardo su
di lui, come se fosse la prima volta che un essere umano lo compie.
È incredibile. Perlomeno è fuori dal normale, di sicuro. Così, quasi
senza accorgermene, do voce ad un pensiero che mi frulla nella testa da
un po’: - Deve
essere una maledizione per te. Mi guarda, lasciando la
forchetta a
mezz’aria e sorridendo come se avesse già capito,
ma
volesse essere sicuro che anche io abbia davvero capito: - Cosa? -
Essere così simile a lui... al tuo personaggio. E poi ancora
non esserlo. Ora mi sorride
apertamente, ma non mi risponde. -
Buone, queste lingue.
-
Bene, ora puoi scrivere che mi piace la pasta sul tuo... scusa, non
credo che tu mi abbia detto per chi scrivi. Esordisce finendo la
pietanza che
pochi minuti prima gli stava davanti. Mentre lo dice, spezza un pezzo
di pane ed inizia a fare la scarpetta. Niente da fare, ogni cosa che fa
mi costringe a fissarlo come un’ebete. -
Scrivo su una rivista, niente di che. - Beh... –
fa comprensivo con un pezzo di pane in bocca: - Hai ancora una carriera intera
davanti per fare grandi cose... Sei giovane. -
Anche tu. - Vedo che ti sei informata.
– alza un sopracciglio insinuante. - Prima delle interviste mi
preparo, io. – rispondo pronta. Poi, aggiungo: - Tu sei già un attore
di fama mondiale, pur essendo giovane. - Te l’ho detto.
Fortuna.- fa spallucce, poi cerca di farmi una domanda: - Q...? - 1986, come te. –
lo prevengo. Sorride: - E’ stata una buona
annata, allora. Riesco ad evitare di
pensare che
questa sua uscita possa essere un complimento camuffato,
perché
fortunatamente aggiunge subito: -
Tra l’altro, quando hai imparato a leggere nel pensiero? Ridacchio della sua
battuta: - Se qui
c’è qualcuno che sa leggere nel pensiero quello
sei tu. O sbaglio? - Questa è una cosa
che non vorrei mai. – risponde lui, facendosi
serio. -
Cosa? - Primo: sentire quello che la
gente pensa davvero di me. – sorride amaro – Secondo: diventare
indistinguibile dal personaggio che interpreto. Annuisco, come se lo
capissi.
L’unica volta che ho recitato è stata per la
recita di
Natale delle elementari ed interpretavo una foglia. Morta. - A proposito. Perché
non ti hanno lasciato recitare con quel – “meraviglioso, divino,
sexy al limite dell’insano”– TUO accento inglese? Comunque, non sono del
tutto sicura
che “tuo” sia un aggettivo meno positivo di quelli
che ho
solamente pensato. Perché mi viene il dubbio che sia un loro
sinonimo. - Edward non è
inglese, nelle intenzioni dell’autrice. –
ribatte lui senza intonazione. Faccio spallucce: - Secondo me avrebbe dato al
personaggio un altro po’ di quella sua aria da principino. Rimugina un attimo,
come se gli sfuggisse qualcosa. Poi, si illumina: - Allora io sembro un
principino?!? La sua espressione
divertita e al
tempo stesso offesa mentre lo dice, il suo tono, unito al gesto della
sua mano che si indica il petto, coperto solo da una maglietta nera a
maniche corte e lavata troppe volte con sopra la foto di qualche band
sconosciuta, mi costringono a scoppiare a ridere. Tra i singhiozzi, gli
dico: - Tra
l’altro, i principini non si sporcano di sugo. I suoi occhi azzurri
hanno un
guizzo, si spostano sulla minuscola macchiolina rossa che sto indicando
sulla sua maglietta e poi si spostano ancora sui miei. Per un attimo
tutto è fermo, immobile. Poi scoppia a ridere. E qui mi devo fare un
promemoria: “Ricordarsi
di non farlo mai
più ridere. Tenere a mente il teorema dimostrato secondo cui
il
suo fascino potenzialmente mortale si moltiplica esponenzialmente,
quando ride.”
- Vabbè, dai. Dimmelo.
So che muori dalla voglia di dirmelo. –
esordisce lui misterioso dopo un po’ che parliamo del
più e del meno. Lo guardo confusa. Dopo aver creato la
suspense necessaria, come se fosse la cosa più ovvia del
mondo, butta fuori: -
Che team? Per poco non mi soffoco
con l’acqua che sto bevendo, mentre lui ride di gusto.
Per poco non dimentico di cosa stiamo parlando, o CHI SONO, mentre lo
guardo ridere. Stupidi promemoria. Cerco di darmi un
contegno: - Mi sembra
ovvio. – rispondo allusiva. Lui mi guarda
attento, cercando di reprimere un sorrisino di attesa. È ancora
accaldato da prima,
le sue guance sono leggermente colorite. Perdo per un attimo il filo
del discorso: ci metto qualche secondo a capire che tocca ancora a me
dire qualcosa. Riavvolgo il nastro, cercando di tornare in me e di
ricordarmi l’argomento.
Poi sbotto: - Team
Charlie, è chiaro. Stavolta la sua risata
parte dalla
gola e sale fino a farlo singhiozzare, una mano sul viso e
l’altra che si agita davanti alla mia faccia, come per
impedirmi
di dire altre sciocchezze. Cerco di rimanere seria e faccio anche un
po’ l’offesa mentre si ricompone. - Tu non sei normale. –
mi dice – E
poi non esiste alcun Team Charlie. Sembra offeso. Un po' scherza, ma... Si è
offeso?!? - Mi stai dando della bugiarda?
– lo guardo con aria di sfida. - No
no, non mi permetterei mai! E poi, ormai non mi stupisco più
di niente... “Neanche
io...” mi ritrovo a pensare mentre lui borbotta
ridacchiando qualcosa del tipo -Team
Charlie, oddio, le ho sentite tutte...- I miei occhi
mi obbligano ad
osservare le sue mani che arrotolano il tovagliolo come se fosse la
cosa più interessante del mondo. "...neanche
io.”
N.D.
Summer
Volevo solo dire: il
Team Charlie esiste davvero =P
Scherzo, ma non troppo! L'idea l'ho presa da questo
divertentissimo recap di New Moon ... in cui si parla di un
"hot dad with hot mustache"... sono morta dal ridere!!!
Come al solito grazie a tutti e a prestoooo (la prossima volta
avrò più tempo magari per i ringraziamenti,
scusate!! u.u)
E Alle Luci Di Un Tramonto Sopra Piazza Del Duomo
Sei
Troppo Bella Per Dirti Addio
Dopo la cena, squisita
nonché
divertente, non so bene come, finiamo con la proposta di fare un giro a
piedi per le vie della città. Che sarebbe un suicidio, se
lui
non si fosse messo un cappellino da baseball con la visiera che una
volta doveva essere rosso ma ora è tremendamente rosa e un
paio
di occhiali scuri.
Mi spiace non potere più vedere i suoi occhi e,
assolutamente
senza che le due cose siano correlate, vorrei anche fargli notare che
indossare degli occhiali da sole di sera attira l’attenzione,
pù che distoglierla. Ma, per ora, nessuno l’ha
ancora
riconosciuto, forse a causa di tutta la gente (anche strana) che
c’è in giro stasera. Compresa me, in gonna nera,
tacchi
e... camicia a quadri.
Mi
ritrovo, appena uscita dal
ristorante, a respirare una città diversa da quella che mi
aspettavo e da quella che ho sempre conosciuto. Ho sempre amato Milano,
soprattutto
di notte; ma con lui al mio fianco sembra che assuma tutto un altro
sapore. Sembra quasi un posto dove tutto potrebbe succedere, tranne
qualcosa di negativo. È un’illusione, certo e
anche
piuttosto palese. Ma sembra proprio così. È tutto
leggero, arioso. E
anche le persone, stasera, invece di correre trafelate come al solito,
sembrano avere il tempo di fermarsi a sorridere, ad ammirare la loro
città. Da qualche parte, forse dalla luna, arriva una luce
tenue
e azzurrina che accarezza il marmo liscio e freddo degli edifici e
contrasta con l’aria tiepida che sento sulla pelle.
Mi trovo a
pensare che il
fatto che trovi così magica questa sera e questa
città
che conosco da anni sia dovuto alla persona con cui sono, e con cui sto
passeggiando e chiacchierando tranquillamente già da un
po’. Tutto questo senza quasi che me ne accorga, come se
camminassi qualche centimetro più su del pavimento e la mia
testa fosse quindi troppo in alto per essere raggiunta da qualsiasi
cosa che non sia la sua voce.
Non so
nemmeno come ci siamo
trovati a parlare di questo, ma ad un certo punto ho dovuto rivelargli
che ho effettivamente letto i primi tre libri della saga da cui sono
tratti i film in cui recita lui. Mi è parso stupito ed io
gli ho
subito detto che era per lavoro e che mi avevano praticamente
obbligata. Il che è vero, ma ho casualmente omesso che li ho
divorati in pochi giorni. Certo, poi mi sono accorta, ripensandoci, che
non sono così perfetti: di difetti ce ne sono. Ed
è su
questo che mi concentro, parlandone con lui. - Sai cosa? – dico
come se fossimo ormai grandi amici, stupendomi per prima di questa
confidenza, io che sono così fredda – È forzato,
in alcuni punti. Edward sarà perfetto quanto vuoi...- e
mentre lo dico seguo con lo sguardo la sua mascella che si irrigidisce
per un momento - ...ma
Jacob bacia Bella e lui... niente?!? Nessuna reazione? Non è
realistico. - In effetti no...-
ammette lui divertito dalla foga con cui argomento la mia tesi. - E tu... –
ribatto curiosa –
“Anti-Edward”, cosa avresti fatto? Mi guarda spavaldo, poi
risponde serio, un po’ troppo serio: - L’avrei ammazzato. Mentre pronuncia queste
parole non
ha il minimo tentennamento, mi fa anche un po’ paura. Ma
soprattutto è anche terribilmente sexy. Non sono il tipo che
sbava per i comportamenti da macho cavernicolo, ma su di lui questa
rabbia possessiva e gelosa ha un che di potente e maledettamente
sensuale. Per fortuna le
possibilità che
mi ritrovi un giorno a baciare la sua ragazza sono praticamente nulle.
È anche vero che non me la sento più tanto di
sfidare il
caso e il calcolo delle probabilità, ora che sono qui a
passeggiare con Robert Pattinson in persona. - L’hai mai fatto?
– gli chiedo ancora un po’ frastornata
dalla sua reazione. E dalla mia reazione alla sua reazione. - Picchiare qualcuno? –
ridacchia lui cambiando tono –
No. Non ho mai trovato un motivo per cui ne valesse la pena. Eppure, non gli credo.
L’intensità che sprizzava poco prima non poteva
non avere
un precedente. Non poteva essere casuale. - Neanche qualche ragazza?
– chiedo candida, ma lui sorride malinconico e
scuote la testa:
- Non ne ho mai trovata una per cui ne valesse la pena.
E poi mi guarda a lungo e i suoi occhi sembrano bucare le lenti degli
occhiali scuri, perchè nonostante questi ed il buio, riesco
chiaramente a vedere il suo sguardo azzurro. Torna a guardare
davanti a
sè, facendo spallucce. Passa un attimo in silenzio, mentre
camminiamo semplicemente, uno di fianco all’altra. Io, dal
canto
mio, sto pregando perchè nessuno si accorga di lui, cosa che
potrebbe scatenare l’inferno e ancora peggio farmi uscire da
questa bolla di pacifica surrealità che si è
creata
attorno a noi. - Scusa. –
dice poi – Non
parlo così tanto di me, di solito. Soprattutto non alle
giornaliste smorfiose... – mi fa una smorfia
sdegnosa da bambino e poi aggiunge subito, facendosi pensieroso: - Non sono così
interessante. Gli sorrido. Non
è la solita falsa modestia delle star, il suo tono lo
tradisce. È sincero, fin troppo. - Non credo che
pubblicherò QUESTA intervista. – gli
dico rassicurante riferendomi a questa serata: - Mi inventerò qualche
risposta standard. - Ci sono “risposte
standard”?!? – chiede lui allibito e
anche un po’ interessato alla cosa. -
Certo. Vediamo... “Cosa ti piace
dell’Italia?” “Il cibo, soprattutto la
pasta e... le ragazze.” Ride un po’,
poi ammette candido: -
Beh, ma a me piace veramente la pasta.
Credo
sia qui che succede. Credo sia questo il momento in cui mi perdo
completamente.
Il fatto che gli piaccia una cosa a caso come la pasta suona nella mia
testa come una poesia d’amore. Il suo essere così
semplice, spontaneo... mi buca il cuore. Il suo tono da bambino
corrucciato spezza la mia anima. La rende carta velina e la lacera,
lentamente, dolcemente. E il fatto che sia
convinto di non essere niente di speciale mi fa venire voglia di
prenderlo a schiaffi, per farglielo vedere.
- Ahi! – esclama
lui richiamandomi dai miei pensieri, più sorpreso che
irritato.
Io sono più stupita di lui: devo essermi persa qualcosa. - Cosa ho detto?!? –
chiede alla fine, probabilmente anche disorientato dalla mia
espressione. E intanto noto che si massaggia con una mano la guancia,
su cui sta comparendo il segno rosso di quelle che sembrano cinque
dit...
Oh, merda.
N.D.
Summer La tipa qui
è sempre più sclerata, la vicinanza di Rob
farà davvero proprio questo effetto?!? :P Sì,
però adesso l'ha combinata grossa...! Grazie a
tuttituttitutti... P.S. La canzone è Milano Milano degli Articolo 31...
@ Vichy90: Ma nooo, davvero?!?
Ma in quale tua ff? Devo assolutamente leggerla!! ;) E io che pensavo
di scrivere una cosa assurda...!!!
@ whitevelyn: Grazie grazie
grazie...! Sono sempre più commossa *.*
- Sc... Sc... –
inizio a balbettare cercando di non mettermi
a ridere. Perché sarebbe decisamente troppo.
Siamo
di nuovo all’albergo e Robert sta controllando
l’effetto che la mia mano ha avuto sulla sua faccia in uno
degli enormi specchi
della hall. Si volta finalmente verso di me, allucinato. Ma non
è arrabbiato:
chiunque altro, star o non star, sarebbe furioso. Lui è
solo... stupito,
incredulo. Come se quella fosse la cosa più assurda e
ridicola che gli sia mai
successa.
Per inciso, sono sicura che non lo è.
Reprimo
un sorriso quando si volta di nuovo e si specchia
per la terza volta, controllando quel suo viso da principino. - Sul serio, scusami!
– riesco a finire la frase e poi
scoppio a ridere mentre lui si gira verso di me solo per guardarmi
male.
– No,
no! – continuo - Scusami, davvero! Non sto
ridendo per te!
Ma non devo essere molto convincente; un po’
perché lo dico
ridendo e un po’ lo vedo dall’espressione che si
dipinge sulla sua faccia (“Irrimediabilmente
sfregiata”, mi trovo
a pensare con un altro risolino). - Si, si. Ridi pure di
me. – mi dice cercando di darsi un
contegno o di spaventarmi, non so –
Vedremo domani quando darò una conferenza stampa
solo per dire che sei una
pazza manesca! – conclude facendo
l’offeso borioso.
Ma lo vedo che stenta a
reprimere un sorriso. - No, scusa, è
solo che sei buffis...-
Alza una mano e mi ferma, spazientito e altezzoso: - Il mio
bellissimo volto... rovinato da una “paparazza”!
E questo è troppo anche per lui.
Iniziamo a ridere e per
qualche minuto andiamo avanti così, come due completi
idioti, mentre le poche
persone che ci passano di fianco ci guardano come se fossimo pazzi.
Paparazza a me! Ho le lacrime agli occhi quando a poco a
poco ritorniamo seri e ansimando lui mi chiede: - Ma cosa ti è
preso?!? Ho detto qualcosa che... - No, no! – lo
rassicuro –
È stato un gesto spontaneo... -
Forse si è capito, non sono molto brava a rassicurare la
gente. - Ah bene!!! - Non mi era mai successo! - Sicura? Mi sei sembrata
piuttosto allenata! – ribatte
massaggiandosi ancora la guancia istintivamente. Io rido di nuovo e lui
mi
segue a ruota. Poi, si fa un po’ più serio, per
quanto gli sia possibile e
dice: - Beh, si è
fatto tardi, domani mattina presto devo ripartire
per... boh. - Sembra un bel posto.
Lui sorride. C’è una briciola di tristezza nel suo
sguardo.
Dev’essere brutto non stare mai per troppo tempo in un posto
solo e stare
lontani da casa per così tanto tempo. Io so cosa vuole dire
stare in un luogo
dove non ci si sente a proprio agio. Lo so, perché per me
è così ovunque io
vada. Ma questa è la mia personale
“maledizione” e Robert non c’entra
proprio
niente.
Solo, il pensiero che possa condividere una mia ansia, anche
se in maniera differente, me lo fa sentire più vicino.
Come se ce ne fosse bisogno.
Gli sorrido: -
Sì, è piuttosto
tardi. E poi vorrei evitare altri... ehm. Incidenti.
Mi guarda male: - Il mio
povero visino. – poi sorride di
nuovo, magnanimo: - Ma
ti perdono.
Deglutisco. Questo è il momento in cui ci salutiamo, poi lui
va per la sua strada ed io per la mia e tanti saluti. E io per lui
sarò per
sempre “la ragazza che mi ha schiaffeggiato a
Milano”. Oppure “la ragazza che
mi ha schiaffeggiato a... boh”. Non so come salutarlo, come
scusarmi, come
ringraziarlo, come...
Non so come vivere ancora senza il suo sorriso. - Beh, allora... - si
avvicina e fa per darmi la mano. Poi si
avvicina ancora di più e mi dà un bacio sulla
guancia, impacciato e
imbarazzato. – Ciao.
–
Non riesco nemmeno a rispondergli, mentre mi abbandona lì,
nella hall e prende l’ascensore che lo porterà al
suo piano alla sua stanza. Mi
saluta con la mano e con un ultimo sorriso, prima di scomparire dietro
le porte automatiche. Ed io riesco
solo ad alzare una mano lasciandola lì inerme, a
metà strada tra un saluto ed
una preghiera...
"Non te ne andare.”
La
mattina dopo, scendo per saldare il conto con l’hotel e
ripartire per tornare a casa. In realtà, abito a Milano,
anche se non proprio
in centro; ma ho accettato anche l’alloggio per questo lavoro
perché... beh,
perché una stanza pagata in un hotel a cinque stelle non si
rifiuta mai, neanche se è solo per una
notte.
Uscita dall’ascensore, mi dirigo verso la reception: non mi
tolgo neanche gli occhiali da sole e saluto cortese la ragazza dietro
il
bancone. Stanotte ovviamente non ho chiuso occhio e devo avere delle
occhiaie
fino ai piedi. E probabilmente, lì sotto da qualche parte,
c'è
finito anche il mio umore. Per fortuna alla signorina non
sembra interessare altro se non
intascarsi i miei soldi. Anche se non li “intasca”
lei, ma l’hotel. Anche se
non pago io, ma il mio capo.
Dettagli.
Espleto tutte le formalità, firma qui, firma là e
faccio per
andarmene, quando la signorina mi dice: - Ah e poi
c’è un messaggio per lei.
La
cosa mi suona familiare.
Mi porge un biglietto di carta bianca. Spiegazzato. Indice che
l’ha
scritto qualcuno a cui proprio non va giù di piegare un
foglio.
Ringrazio e mi allontano appena per sedermi sulle
poltroncine della sala d’attesa, non senza dare
un’occhiata divertita al grande
specchio sulla parete. Solo dopo essermi accomodata, mi arrischio ad
aprire il
foglietto.
Non so se ho più paura che sia quello che penso o che non lo
sia.
Leggo.
Ho pensato a te
stanotte.
Oddio.
Oddio!Va bene, respira, rileggi. Non ci può essere
scritto così. Stai calma e rileggi.
Ho pensato a te
stanotte.
Oh.
C’è proprio scritto così. Forse una
terza volta...
Ho pensato a te
stanotte.
Cioè, non a te.
Nel senso… O forse, aspetta, sarà stato il fatto
che non potevo appoggiare la
guancia sinistra al cuscino, perché era ancora arrossata,
mmh.
Ecco,
appunto. Forse dopotutto rileggere non è sempre una
buona idea. Stupido attorucolo sarcastico.
Insomma, a
parte gli scherzi… Ho pensato che in fondo per una volta
posso anche infrangere
le regole, no? Ma chi le ha fatte poi queste stupide regole, insomma,
non sono
nemmeno libero di vivere la mia vita come voglio? Non sto mica facendo
niente
di male o di grave, solo…
Ok, sto
divagando, ora te lo dico.
Ma
si decide a dire dove vuole arrivare?!? Sorrido tra me e
me immaginandolo mentre discute animatamente e quasi litiga con il
pezzo di
carta che ora tengo in mano. Io non sarò normale,
però anche lui si impegna.
Volevo solo
darti il mio numero di cellulare.
So che non si
dovrebbe, ma chi l’ha decis… Ecco che ricomincio.
Comunque non ti
so dare spiegazioni per questo mio comportamento… non
chiedermene. Ti basti
sapere che di solito non faccio così, credimi.
Però (a parte lo schiaffo... di nuovo mmmh) mi
sei sembrata a posto, quindi ho pensato di potermi fidare di te etc
tutte
quelle cose lì.
Quali “cose
lì”? Questo tizio è fuori come un
balcone, altro
che “non normale”.
Quindi, se
vorrai, chiamami. Anzi, chiamami e basta e che cavolo. Direi che me lo
devi,
dopo che mi hai sfregiato.
Rob
Ah, ops. Il
numero. È 079…
Incredibile.
Riesce a far trapelare la sua imbranataggine
anche da un biglietto. E subito dopo fa il sostenuto. E poi ancora
l’imbranato
sbadato.
Intanto
però l’effetto che ha avuto su di me è
come al
solito assurdo.
Fisso il numero che ha scritto, incredula. È la seconda
volta in neanche 24 ore che mi ritrovo a fissare incredula un foglio di
carta
e... mi sono quasi stufata.
Se non fosse che non è assolutamente vero e che, se questi
sono
i motivi per cui mi è capitato, pagherei per farlo
ricapitare tutti i giorni per
i prossimi mille anni.
Mi
ha lasciato il suo numero.
Ma
sarà uno scherzo. DEVE essere uno scherzo. La prima volta
si è presentato a cena, ma l’avevo solo trattato
male. Ora l’ho schiaffeggiato,
la cosa è ben diversa. Mi avrà dato un numero a
caso. O quello di un maniaco.
O,
peggio ancora, quello di Taylor Lautner.
Non
posso chiamarlo. Non lo chiamerò.
Ma
sono curiosa di sapere perché me l’ha dato.
Insomma, ha
scritto tante cose inutili (carine, ma inutili) e non la cosa
più importante... Perché?
N.D.
Summer Ebbene
sì, odio Taylor Lautner! Ma vah, non è che lo
odio... solo che non mi piace proprio!!! Poi, vogliamo mettere di
fianco a Rob?!?! No, non vogliamo.
Il prossimo capitolo devo solo rivederlo e prevedo che sarà
un suicidio... Lo chiamerà o no?!?! :P
Grazie a tutti come al solito, in particolare...
@ whitevelyn:
Adoro "Milano Milano", per vari motivi...
Già poverino Rob schiaffeggiato, mi sembra già di
vederlo con la guancina tutta rossa... *-*
@ Vichy90:
Nooo, ho visto i commenti su Charlie alla tua ff... incredibileeee!!!
Qui bisogna fondare il fan club ;) sempre se non c'è
già, a questo punto!
E' vero che la protagonista si fa dei viaggi mentali assurdi, ma in
questo cap se li fa anche Robbie, ahahhahah!
@ _Miss_: Grazie grazie grazieeee! Spero che anche questo capitolo
ti abbia spiazzato :P E anche il prossimo... ovvio che lo
chiamerà, no? Mmmmmh, forse... :P
So
cosa pensate. Che questa storia ovviamente finirà con
“Poi ci
siamo innamorati ed ora viviamo felici e contenti.”
Beh,
non è così.
Questa
non è una storia d’amore.
Non
è così che volevo che finisse. Di sicuro non
volevo
essere una tra le tante (immagino) da una notte e via e altrettanto di sicuro non sono abbastanza
presuntuosa
per credere che avrei potuto essere molto di più.
Né per credere che avrei potuto essere una tra le tante.
Sarà che tra l'altro io, all’amore, non ci ho mai creduto
davvero. Credo
molto di più all’amicizia, che non è
così imprevedibile ed incostante.
Ma anche per quello, non sempre ne vale la pena.
Io
però ho trovato una persona. Una persona che riesce, ogni
giorno, a farne valere la pena.
Maybe I know,
somewhere
Deep in my soul
That love never lasts
And we've got to find other ways
To make it alone
Keep a straight face
And I've always lived like this
Keeping a comfortable distance
And up until now
I had sworn to myself that I'm
Content with loneliness
Because none of it was ever worth the risk
Well,
you are
the only exception
E
potrebbe sembrare un sogno, lui potrebbe sembrare un
sogno, per me che sono sempre così tenacemente aggrappata alla
realtà; ma è così vero
che le mie mani tremano quando penso a lui e lui non
c’è, come se potessero
comunque sentirlo sotto le dita.
I've got a
tight grip
on reality But
I can't Let
go of what's in front of me here I
know you're leaving In
the morning, when you wake up Leave
me with some kind of proof it's not a dream
Insomma,
tutto questo per dire: sì, alla fine, nonostante
mille dubbi, Rob l’ho chiamato.
O
meglio: pochi giorni dopo l’intervista, stremata dalla
battaglia contro me stessa che il suo biglietto aveva scatenato in me,
mi ero
decisa a telefonargli. Se non altro per cortesia, mi ero detta mentendo
a me
stessa sul vero motivo per cui volevo farlo. E il motivo era
semplicemente
quello: volevo farlo.
Ma
il punto è: in realtà, no, non l’ho
chiamato.
Pochi giorni dopo l'intervista e tutto quello che ne era seguito, avevo
preso con una mano tremante il mio cellulare e, con il
suo biglietto nell’altra, stavo cercando di comporre il
numero sulla
tastiera. Finii di scrivere i numeri, li ricontrollai una volta, due,
tre. Poi
misi il telefono sul comodino. Di nuovo, non potevo. Come quando non
sapevo se
accettare il suo invito a cena.
Di nuovo, non sapevo cosa aspettarmi.
Di nuovo, mi stavo facendo mille paranoie, invece di agire.
A
questo pensiero, presi il cellulare con rinnovata sicurezza e
me lo portai
all’orecchio, premendo il tasto verde per inoltrare la
chiamata.
Quasi
subito, dal maledetto aggeggio partì una suoneria
irritante ad un livello di volume esagerato. O forse era
così che mi
sembrava, essendo direttamente nel mio orecchio; tutto questo, unito
alla sensazione della vibrazione, che
constatai essere parecchio fastidiosa se attivata così
vicina al mio povero
cervello.
Guardai lo schermo lampeggiante ancora un po’ intontita e
cercai un modo per farlo smettere di suonare: ne trovai uno solo.
- Pronto? –“Chi
cavolo è quel...” - Ciao! – “...cretino.” - Ehi, ci sei?!? Sono
Rob. Robert. - Ah. –“Robert, chiaro.
Il cretino. Non un altro Robert dei mille che conosco.” - Che entusiasmo. - No, sì,
scusa è che... ho avuto un problema con il cretino. - Cosa?!? - ...cellulare! Ho avuto
un problema con il cellulare! - Ah, allora è
per questo che non mi hai più chiamato. –
fece lui, un po’ deluso. O me lo stavo
immaginando?
Mi concessi qualche secondo per riflettere: il mio cellulare
aveva squillato mentre io stavo tentando di chiamarlo, quindi la sua
chiamata
era arrivata prima della mia. Quindi LUI aveva chiamato ME. - Mi hai chiamato tu?!?
– riuscii intelligentemente a dire e
lui colse la palla al balzo e rispose sarcastico: - Non ti ricordavo
così perspicace. “E io non ricordavo
che la tua voce fosse così bella. Ebbene sì,
signori e signore, anche al
telefono.” - Umpf. Ma... come hai
fatto? - Ho preso in mano la
cornetta, ho composto il numero... sai,
i telefoni non li avete solo lì in Italia. - Siamo simpatici oggi. - Sono di buon umore. - Allora non ti
dispiacerà dirmi come cavolo hai fatto ad
avere il mio numero. - la voce mi uscì un po'
troppo infastidita, ma ormai era tardi. - Ti dispiace?
– chiese lui come se davvero non ne fosse
sicuro, ma
sentii che sorrideva dietro la cornetta. Ovvio che non mi
dispiaceva. - Dipende.
Decisi di stare al suo gioco, nonostante non fossi sicura di
che gioco fosse. E, ancora una volta, mi spiazzò, diventando
improvvisamente e
semplicemente sincero. - Non ero sicuro che mi
avresti chiamato, così ho chiesto il
tuo numero alla reception.
Poi aggiunse malizioso: -
La ragazza di turno non è stata troppo restia a
fornirmi quel tipo di informazioni che in teoria non avrebbe potuto
darmi. - Ci credo. –
mi sfuggì e mi tappai immediatamente la bocca
con la mano. Mi ero solo immaginata che avesse sfoderato anche con lei
quel
sorriso a cui semplicemente non potevi dire di no.
Lui ridacchiò senza troppa convinzione. - Quindi non mi avresti
chiamato. – sentenziò piccato con
una vena di interesse in più nel tono di voce.
Quel giorno, andammo avanti a parlare per quasi un’ora,
dopodiché lui aveva “degli impegni”.
Durante quella telefonata, gli chiesi perché mi aveva
lasciato il suo numero e lui riuscì solo a balbettare
qualcosa sul fatto che
non si era ancora sdebitato con me per l’intervista (che alla
fine in effetti mi
ero dovuta inventare di sana pianta) e soprattutto che io non mi ero
ancora
sdebitata con lui (per averlo sfregiato).
Per il resto del tempo parlammo di tutto e di niente, non
saprei neanche dire di cosa.
La sua presenza, seppure mediata dal filo del telefono e da
tutti quei chilometri di distanza, mi faceva lo stesso effetto che mi
aveva
fatto la prima sera, mentre passeggiavamo per Milano.
La
mia bolla fumosa era ricomparsa.
Se mi chiedeste come mi sentissi in quel momento, credo che
non saprei rispondere; nella mia mente è stato tutto come un
sogno, incredibile
e annebbiato. D'altra parte, era un sogno.
Se poi mi chiedeste di spiegarvi quello che c’è
stato tra di
noi quel giorno e quello che c’è ora... non saprei
rispondere nemmeno a quello.
Anzi, probabilmente vi sbatterei in faccia la prima porta disponibile e
scapperei da voi a gambe levate, pur di non farlo.
Perchè
le cose si sono fatte via via sempre più complicate.
L’unica
cosa che so, oggi, è che lui, tuttora, è
l’unica
eccezione.
N.D.Summer
La
canzone è The Only Exception dei Paramore.
Grazie a
tutte voi che commentate e/o leggete! Se vi va, leggete questa
brevissima SongFic su Edward? E magari mi dite anche cosa ne
pensate... Sempre se vi va... ;)
Btw, non
credete troppo a quello che dice questa pazza sul fatto che la loro non
sia una storia d'amore etc etc... Non bisogna mai fidarsi
troppo dei personaggi delle ff... soprattutto di quelli delle mie! :P
p.s.
Bene. Ho appena visto Taylor, Kristen e Rob da Oprah qui…
Che dire.
Lui, e quando dico “lui” sappiamo tutte di chi sto
parlando ;) , era veramente
carino e simpatico e... beh… come ha detto una tizia,
semplicemente “so hot!”… Tra
l’altro è
andato a sorpresa a casa di gente a caso. O.o non ci potevo credere. E
non
posso credere che nessuno sia svenuto… tutto very funny
comunuqe, lui faceva
delle faccine bellissime… in una casa gli ha addirittura
aperto il padre della
famiglia in cui è andato e quando si è visto Rob
davanti ha detto “Oh my god!”…
Non ho
potuto fare a meno di pensare che, se venisse a bussare a
casa mia, mio padre probabilmente gli direbbe qualcosa tipo:
“No grazie, non ci
serve niente.” E gli sbatterebbe la porta in faccia. E poi
direbbe qualcosa su "questi giovani capelloni d'oggi" :P
vabbè questa è più da mio
nonno, però ci siamo capite... XD
Quel
giorno, le sue foto sui giornali scandalistici erano improvvisamente
quadruplicate. Di solito ce n’erano, eccome; almeno uno scoop
su di lui al
giorno, su ogni giornale. Ma quando passai distrattamente come ogni
mattina
davanti all’edicola sotto il mio appartamento, pensai che
paparazzi e
giornalisti (se così li si può chiamare) si
fossero davvero scatenati. Le sue
foto erano ovunque.
Ci misi qualche secondo a mettere a fuoco cosa dicessero di
preciso quelle scritte enormi e multicolori:
“Beccàti”, “Robsten”
e poi ancora
“È
amore”. Le solite frasi da
tabloid, pensai; le solite congetture.
Ma
poi, mentre guardavo una copertina con sopra una foto
sgranata di quello che doveva essere Rob, pensai che ci doveva essere
qualcos’altro sotto. Quindi, prima di ponderare oltre, cosa
che la mattina non
mi riusciva molto bene comunque, comprai il giornale che stavo
osservando e mi
diressi verso la metropolitana.
Pochi minuti dopo, comodamente seduta sui sedili della
metropolitana milanese, che per inciso non sono affatto comodi,
estrassi la
rivista dalla borsa e incominciai a leggere. Altri pochi minuti dopo,
la
signora al mio fianco mi guardò esterrefatta, quando
esclamai ad alta voce: - Oh, cazzo.
Non
sapevo se chiamarlo, non sapevo cosa fare, tanto per
cambiare.
Passai la mattinata al lavoro a fissare quelle foto,
a sfogliare quella rivista, chiedendomi se in quel momento lui fosse
nel panico e se avesse avuto bisogno
di me. Poi, come al solito, nel primo pomeriggio mentre ero a casa per
la mia pausa pranzo,
lui risolse il problema per me, chiamandomi. - Jade. –
disse non appena risposi, con un tono affranto e melodrammatico che
non gli si addiceva.
“Jade”
è il nome con cui Rob mi chiama.
Non è neanche lontanamente simile al mio vero nome, ma forse
è per questo che gli piace. È solo suo, di nessun
altro. E forse è per questo
che piace anche a me.
La prima volta che l’ha tirato fuori mi ha detto che mi sta
bene, perché esprime bene la malinconia e il tormento che
pervadono il mio
sguardo quando penso che nessuno mi guardi. E, parole sue, anche lo
sbalzo tra
quel momento e l’esplosione improvvisa del mio
sorriso… quando è rivolto a lui,
ovviamente. Mi ha anche detto, una volta, che un giorno
dovrò spiegarglielo il
motivo di quello sguardo, la mia “maledizione”.
Della sua abbiamo già parlato,
qualche volta, ma non della mia. - Jade…-
ha ripetuto quel giorno: -
Questa volta ho fatto
proprio un danno del cazzo.
Sorrisi. Quella volgarità, per quanto ormai vi fossi
abituata, nella sua bocca sembrava una bestemmia pronunciata da un
angelo. - Ma cosa dici? E non
essere scurrile. – ridacchiai,
sorseggiando piano un po’ di tè bollente dalla
tazza che tenevo in mano. Mi
divertiva riprenderlo in quel modo, come se fosse stato un bambino. - Me la sono fatta, Jade.
– disse in un sospiro. Sospirai
anch’io. Purtroppo non era un bambino. La cosa mi fece
più male del previsto. E continuava ad esprimersi in quel
modo
che non si addiceva a lui. - Lo so, caro.
Anzi, lo sanno tutti. – cercai di nascondere
senza troppo successo una punta di gelosia. - Non volevo finirci a
letto. – sentenziò duro. Neanche
“finirci a letto” era un modo di dire da Rob, ma
pensai che l’avesse letto su
qualcuno di quei tabloid. - L’hai detto a
lei? – replicai io sarcastica alzando un
sopracciglio. Non potevo credere che mi stesse dicendo certe cose, che
si
stesse comportando in quel modo.
Lui non era come tutti gli altri. Non voglio dire che non
sbagliasse: anzi, lo faceva parecchio, come tutti, ma non era tipo da
tirarsi
indietro, dopo. Se faceva una cazzata, lo ammetteva, affrontava la
cosa. O,
semplicemente, se ne sbatteva, ma solo se non c’erano altre
persone coinvolte.
Forse era per questo che gli risposi male: perché non si
stava comportando da Rob. - Non fare la
stronza.
Spalancai gli occhi e sbottai: -
Non fare tu lo stronzo! Cosa
vuoi che ti dica? - Se ti preoccupi tanto
per lei sappi che è d'accordo con me sul fatto che non abbia
significato niente. "Strano" mi
ritrovai a pensare sarcastica "è
una scusa che non ho mai sentito."
- Il vero problema è che mi hanno fotografato mentre uscivo
da casa sua in piena
notte. Sconvolto tra l’altro. - E’ questo che
ti preoccupa di più? Di non essere uscito bene
nelle foto?!? - Dio Santo, Jade, sai
che non volevo dire questo. - Ho visto le
foto… Diciamo che non sei uscito malissimo. - Jade, sii seria. - Sono seria…-
ribattei io sincera. La verità è che
non mi
sembrava una questione seria. Non dal suo punto di vista, almeno. Dal
mio…
forse era meglio non pensarci. - Sei tu che la prendi
troppo sul serio. Io... non capisco quale sia il punto…-
ammisi. - …adesso
tutti penseranno che stiamo insieme. – disse
lui
dopo una breve pausa.
Sbuffai, sorpresa da questa sua uscita infantile: - E
allora? - La promozione del film,
il regista, i fan… - Ripeto: e allora? - I gossip, le riviste, i
paparazzi, le voci di corridoio,
le domande… - Mmh. Non è
che se mi fai l’elenco più lungo capisco meglio.
Non funziona così.
Di nuovo uno sbuffo e qualche secondo di silenzio, prima che
dicesse con aria melodrammatica: -
Non so se riuscirò a sopportarlo. - Uhmmm… Cosa
ne dici di una settimana in una bella Spa,
Mariah? Bagni rilassanti, massaggi, trattamenti per la cellulite,
magari una ceretta
completa…
Lo sentii ridere, finalmente un po’ meno teso, un po'
più se stesso: -
Stai per
caso dicendo che mi sto comportando da diva capricciosa? - Solo un po’. - Hai ragione, sto
diventando scemo. - Già. Ma ti
capisco sai. – sospirai prendendolo in giro
– È
dura essere così amati…
Lui rise di nuovo: - Lo so, lo so, mi sto
comportando da isterico. È per questo
che ho chiamato te.
Sorrisi tra me e me: -
Perché ti riporto alla realtà? - No. Perché
mi fai star bene.
Sentii il suo sorriso caloroso dall’altra parte della
cornetta riflettersi nel mio. - ‘notte, Jade. - ‘notte Rob. - Ah, e Jade? - Sì? - Non ti permettere mai
più di insinuare che ho la cellulite.
Mi misi a ridere e lo sentii riattaccare. Appoggiai il
cordless sul comodino insieme alla tazza di tè e mi stesi
sul letto a pancia in
su, a fissare il soffitto. Sorridendo.
N.D.Summer
“Jade” in inglese è
sia un nome che un verbo. Nel primo
caso, si riferisca al colore “verde giada” e la
giada è
una pietra abbastanza preziosa…
il colore è bellissimo... forse è il colore degli
occhi di Jade...! ;)
Nel secondo caso, invece, significa spossare, stancare, sfinire
(ma c’è anche un uso più ampio del
termine per indicare qualcosa che ha a che
fare con la malinconia; comunque non si tratta di qualcosa di fisico,
ma di
mentale).
Ho trovato anche da qualche parte la traduzione “donna
adultera”
e “donnaccia”, ma non credo che Rob la chiami così per questo... almeno spero! :P
Finalmente
(non che fosse una delle vostre priorità vitali XD ) abbiamo
scoperto come si chiama lei... o meglio... come si chiama secondo Rob!!!
@ cris91:
Veroooo, che è tenero Rob nel frigo?!?! L'ho pensata un po'
come un richiamo al "gelido"(letteralmente ed emotivamente) Edward...
E per quanto riguarda il bacio...Beh, diciamo solo che anche Rob si
dà il suo bel da fare per essere un ghiacciolo...!
@ whitevelyn:
Eeeeeeh, i suoi occhi, già già. Il termine
perfetto è proprio affogare, non c'è niente da
fare. Grazie ;)
@ _Miss_:
Beh ma dai, "lei" non è mica importante ai fini della
storia, ahahhahah =P Il loro rapporto è proprio quello su
cui mi vorrei concentrare di più: spero si capisca
l'impronta che vorrei dargli senza doverlo spiegare troppo a parole,
ecco, solo con questi "squarci di vita" praticamente senza contesto...
spero di renderlo bene. Vabbè, insomma, la pianto. Grazie!!!
Ok,
lo ammetto.
So che tutti se lo aspettano, quando racconto la nostra
storia. Non che la racconti a molti, a dire il vero, visto che neanche
le mie
amiche ci credono ancora. Ma ogni volta che parlo di lui,
l’argomento salta
fuori. Quindi meglio togliersi il pensiero subito.
Sì,
una volta ci siamo baciati.
Sì, è stata solo una volta e sì, lo
dico così. Con leggerezza,
senza dargli troppa importanza.
Perché non ne ha.
Era
uno dei suoi brevi periodi di pausa tra una comparsata
ad un programma televisivo e una giornata di interviste per la
promozione. E,
avendo ben due giorni liberi, Rob mi aveva generosamente comprato e
inviato un biglietto aereo
per il posto in cui alloggiava per il momento e mi aveva chiesto di
raggiungerlo.
Non era da molto che ci conoscevamo, ma era già diventata
una nostra abitudine fare cose del genere; per
fortuna potevo svolgere il mio lavoro anche via internet, quindi non
avevo
troppi problemi a mollare tutto, saltare sul primo aereo e
letteralmente volare
da lui. Inoltre, quando il mio capo aveva saputo che avevo mantenuto i
contatti
con Robert, mi concedeva di assentarmi praticamente quando volevo,
forse
sperando che un giorno avrei garantito alla rivista qualche scoop o
qualche
esclusiva. Credo che stia tuttora aspettando.
Quella volta, avevo pensato che ci sarebbero stati anche gli
altri, i colleghi di Rob, insomma; per questo non ero molto convinta di
andare.
Poi però lui mi aveva confessato che erano già
ripartiti tutti e che lui non
aveva voglia di tornare a casa e che voleva solo passare una serata di
svago
innocente. Con me.
Ci avevo messo parecchio da quando ci eravamo conosciuti a
convincermi che lui volesse effettivamente passare del tempo con me,
invece che
con dei suoi vecchi amici di Londra o con i suoi nuovi amici famosi.
Ma non appena capii che tipo era, mi ero risolta a prendere
le cose come venivano, esattamente come faceva lui, sempre. Se ti va di
fare
una cosa, non c’è nessun motivo per cui tu non la
debba fare.
Perché
questo era tutto quello che facevamo quando lui
veniva da me o quando io andavo da lui: la maggior parte delle volte ci
chiudevamo nella sua lussuosa camera d’albergo o a casa mia e
spesso finivamo
la serata addormentandoci nei posti più improbabili,
ubriachi persi.
Una
volta, a casa mia, l’avevo addirittura ritrovato con la
testa appoggiata su un ripiano del frigorifero, che dormiva beato.
Prima di
svegliarlo, l’avevo osservato per qualche secondo, ammettendo
con me stessa mentre
sorridevo divertita che avrei voluto scattargli una fotografia
compromettente
per ricattarlo per sempre.
Poi, però, la sua espressione pacifica mi aveva sciolto
qualcosa dentro (o probabilmente si trattava della vodka che avevo
ingurgitato)
ed ero rimasta a fissarlo come un’ebete per qualche minuto.
Pensando che forse avrei voluto qualcos’altro, per sempre.
In
seguito, mi è capitato spesso di pensare che quelli siano
stati i due minuti più belli della mia vita.
Semplicemente guardare Rob addormentato nel frigorifero.
E non è affatto una vita triste o vuota, la mia.
Comunque,
questo era il nostro rapporto: quando volevamo
fuggire da tutto, potevamo permetterci di prendere una pausa e vederci,
in
qualsiasi parte del mondo fossimo in quel momento, per perderci.
Questo era quello di cui avevamo bisogno.
Perderci.
Per qualche giorno, fingere di essere quello che non
eravamo.
Lui, fingere di essere normale. Io, fingere di essere
speciale.
Speciale per qualcuno che era speciale per me.
Il nostro tacito accordo funzionava così e il più
delle
volte funzionava alla grande.
Ma
veniamo al punto.
Quella particolare sera, tanto per cambiare, eravamo
ubriachi fradici. E l’accordo per un breve istante non
sembrò più funzionare
così bene.
Stavamo seduti entrambi su un divanetto di pelle bianca nel
salotto della sua camera d’hotel, in una delle più
belle capitali d’Europa.
“Seduti” è un eufemismo: in effetti
stavamo, in qualche modo precario ed
inspiegabile, aggrappati alla spalliera del divano, per non sembrare
del tutto
ubriachi, nonostante lo fossimo. E nonostante non ci fosse nessun altro
nella
stanza a cui voler far credere il contrario.
Io, poi, ero decisamente persa.
Il Martini, oltre ad essere il mio drink preferito, mi dà
subito alla testa. E forse è un po’ anche per
questo che è il mio preferito.
Ricordo che continuava a girarmi nella mente il pensiero
assurdo che il divano su cui stavamo fosse una nuvola e continuavo a
ripetere a
Rob, strascicando le parole, che pensavo che le nuvole fossero molto
più
morbide di così. Poi lo guardavo e i suoi occhi
maledettamente azzurri anche se
socchiusi non facevano altro che confermare la mia teoria, che
implicava tra le
altre cose che lui fosse un angelo.
Lui, d’altra parte, non faceva altro che ridermi in faccia e
tenermi più stretta quando rischiavo di scivolare
giù, verso il tappeto nero e
peloso ai piedi del divano.
Di solito Rob regge l’alcool molto meglio di me, ma ha
sempre sostenuto di non ricordare molto nemmeno lui di quella sera.
Comunque,
tanto per cambiare stavamo ridendo, o forse
avevamo appena smesso, non ricordo distintamente.
Quello che invece ricordo è il suo braccio che mi cingeva i
fianchi in un modo che sapeva di normalità, di amicizia,
niente di malizioso,
niente di fuori dal comune, per noi due.
E il modo in cui ci siamo avvicinati, neanche quello era
malizioso. Stavo per cadere per l’ennesima volta e quando lui
mi aveva
delicatamente afferrata e riportata a sedere, i nostri visi si erano
trovati
troppo vicini.
I suoi occhi, quando rialzai lo sguardo verso di lui mentre
la nostra risata si spegneva, al contrario del resto, non avevano
niente di
comune. Bruciavano.
Mi chiesi come potesse il ghiaccio bruciare in quel modo, ma mi risposi
che era solo un pensiero passeggero della mia mente che stava affogando
nell'alcool.
Il fatto è che non riuscivo a pensare a niente: fluttuavo in
sensazioni pure e semplici e così giuste,
che occupavano anche lo spazio che avrebbe dovuto essere riservato alla
pur
minima riflessione.
Un’ondata infinita di sensazioni, un uragano azzurro che
sommerge e affoga. E al tempo stesso ti brucia.
Dicono che quando affoghi e l’acqua ti entra nei polmoni
è
come se questi bruciassero.
E
poi...
Non
credete a chi dice che quando beviamo troppo siamo più
sinceri: vi stanno solo mentendo.
Il suo sguardo quando mi ha guardato era annebbiato
dall’alcool:
eppure deciso, eppure sincero, eppure intenso, eppure fuoco…
e poi, solo
l’uragano su di me.
Ma
per farla breve.
Le
nostre labbra si sono unite per qualche secondo, si sono
schiuse per un attimo in contemporanea, giusto il tempo di assaggiare
il suo sapore...
e poi ci siamo allontanati come se avessimo preso la scossa.
Ricordo
di essere prontamente riuscita a borbottare qualcosa
sul fatto di essere stanca e ubriaca e di essere andata in bagno,
inciampando
più volte e zigzagando pericolosamente. Lui inizialmente
è rimasto perfettamente
immobile e quando si è allungato verso di me per sorreggermi
ed evitarmi di
cadere, ha subito ritratto le mani e se le è guardate come
se non fossero state
sue.
Dopo
qualche minuto, quando sono uscita dal bagno, ancora
barcollante, ho sbirciato in salotto: lui era sempre lì
seduto sul divano, con
i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Guardava un punto
imprecisato
del pavimento e non sembrava volersi mai più muovere da
quella posizione.
Quindi, sono andata in camera e sono stata a fissare il
soffitto tutta la notte, aspettando che smettesse di girare. E
aspettando che
un certo pensiero smettesse di girarmi in testa.
Il
giorno dopo, era tutto normale.
Quando
mi sono svegliata, l’ho trovato nella mia cucina che
beveva una tazza di caffè con gli occhi assonnati. Avevo
dato una rapida
occhiata al divanetto bianco e avevo immaginato che lui avesse passato
lì la
notte. Quando finalmente si era accorto di me, mi aveva sorriso. Poi,
mentre mi
stavo prendendo uno yogurt dal frigorifero, mi aveva sussurrato, come
se
persino il rumore della sua voce lo disturbasse: - Potrebbe darsi il caso
che io ieri sera ti abbia baciata?
Lo disse con un tono così confuso e con quella scelta di
parole così strana che non potei fare a meno di ridere. - Credo di
sì... - dissi voltandomi verso di lui e
sorridendogli, nascondendo l’imbarazzo con la mia solita
ironia: - Ma non ti
preoccupare, non andrò a dirlo a nessuno. –
e gli feci una linguaccia.
Lui alzò un sopracciglio e disse spocchioso: - So che sarà
difficile non vantarti. Dev’essere stato bellissimo, per te.
Poi la sua espressione tornò normale e mentre schivava
prontamente il cucchiaino che gli avevo lanciato, iniziò a
ridere.
Ed
ecco come non è successo proprio niente.
N.D.Summer
Non so
davvero se dopo aver bevuto si dice la verità, dovrei
consultare Freud e le sue teorie sull’inconscio applicate
alla vodka :P Di
certo, so che spesso chi dice questa stessa frase mente. Ma forse lo fa
inconsciamente, quindi la cosa si fa ingarbugliata. Ho bisogno di un
drink per
schiarirmi le idee. :P Intanto spero che l'evoluzione della ff vi sia
piaciuta: non è una relazione convenzionale, quella tra Rob
e questa tipa (di cui scoprirete il nome nel prossimo capitolo... beh,
non proprio il nome... vedrete!), di sicuro qualcosa
c'è... ma nessuno dei due sa ancora cosa!!!Fatemi
sapere anche se vi
aspettavate qualcosa di diverso dalla piega che ha preso la storia!!!
Alla
prossima, baci…
@ _Miss_
Ahahahha! Eh già, grande lui, perché se fosse
stato per lei
magari se lo lasciava sfuggire o.O pazza!
A proposito... titolo del prossimo capitolo (o di uno dei prossimi): "**** e Kristen"... (dove **** sta per qualcosa che ancora non svelo)che ne dite?? Argh, prevedo guai.
Quasi non mi
sembrava vero, quel giorno che mi disse se avevo voglia di
fare una passeggiata per Central Park. Innanzitutto, era il mio parco
preferito. Seconda cosa, non c’era modo per lui di andare in
giro in pieno giorno a New York senza essere assalito da folle
adoranti. Ero lì con lui dal giorno prima, a dire il vero
dalla sera prima e non eravamo ancora usciti dalla sua stanza. - Nessuno sa che sono qui.
– mi aveva detto scrollando le
spalle: - Nessuno. Lo guardai allibita. Ci
misi ancora qualche secondo a convincermi che
facesse sul serio. - Ma
per quale recondito motivo vuoi...? -
Perché no, scusa?
- ... rischiare la tua vita? E la mia? Lui rise
ed io ebbi il tempo di pensare seriamente: quando vidi il suo sorriso
non mi venne in mente neanche un motivo contro quello
che stavamo per fare. Il suo sorriso si allargò vedendo la
mia espressione che cambiava e
l’idea mi sembrò sempre più allettante. - Va
bene, pazzo. Ma se qualcuno ti riconosce mi sarai debitore a vita
per le ferite che riceverò dalle varie fan. Rise e poi si
avviò verso la camera da letto. Eravamo come
al solito in uno di quegli alberghi lussuosissimi in cui non mi sarei
mai sognata di entrare, se non con lui. Comunque, non mi sarei mai
sognata neanche che avrei mai potuto essere con lui, tanto per
cominciare. Quando uscì
dalla camera scoppiai a ridere: aveva il solito
cappellino da baseball rosa in testa e si vedeva che era stato attento
a non far uscire neanche uno dei suoi ciuffi ribelli e rivelatori. Non
aveva gli occhiali da sole che portava di solito in queste occasioni,
ma una specie di sciarpina beige al collo che addosso ad un altro
sarebbe
sembrata se non altro perlomeno... effeminata.
Ma, neanche a
dirlo, a lui stava da Dio. E in effetti, dopo la
mia risata, dovetti ammettere che il
travestimento funzionava abbastanza.
L’aria era
tiepida fuori e intorno a noi c’erano bambini
che giocavano nell’erba, ragazzi in tuta che correvano con
gli auricolari nelle orecchie, famiglie sedute sulle panchine e
coppiette che si scambiavano tenere effusioni su coperte stese sul
prato. Il tutto baciato dal sole che splendeva ancora alto nel cielo
pomeridiano.
Rob, con il cappello calcato in testa così basso da non
vederci quasi, mi indicò una panchina libera e ci sedemmo.
Gli sorrisi senza motivo. Queste erano le cose che mi mettevano di buon
umore: New York, una bella giornata di sole e... beh, lui.
Nonostante gli schiamazzi e il rumore, mi sembrava il posto
più pacifico del mondo. Senza pensarci troppo,
mi sdraiai sulla panchina, appoggiando la testa
sul suo grembo. Fui felice di poterlo finalmente vedere in faccia
mentre parlavamo, cosa che per via del suo
“travestimento” mi era possibile fare solo
guardandolo dal basso, proprio come stavo facendo in quel momento. Ero quasi contenta di
poter essere l’unica in quel momento a
vedere il suo sguardo azzurro. Sorrisi di nuovo. -
Jade, lo so che adori queste cose, ma... puoi smetterla di
sorridere come una bambina? Ti rovini la reputazione. Ridacchiai e non
riuscii nemmeno a trovare una risposta pungente da
dargli per farlo contento. Non ce ne fu bisogno, perché
mi sorrise di rimando, felice. Poi, come sbadatamente,
iniziò a
passare pigramente le sue dita affusolate avanti e indietro sul mio
braccio, sfiorando appena la pelle. - Come siamo finiti qui?
– mi chiese poi, tutt'a un tratto. Pensavo di sapere di
cosa stesse parlando, ma decisi che volevo
sentirmelo spiegare: -
In taxi. Lui sbuffò
piano: - Intendevo io e
te. Un brivido mi percorse
la schiena e mi arresi. - Beh... sono stata
l’unica a non cadere ai tuoi
piedi ad uno schiocco delle tue dita. Forse eri solo stufo di tutte le
ragazze che si strappavano i capelli per te senza che tu muovessi un
muscolo. – risi un poco al ricordo: - Io invece ti ho detto
che eri un attorucolo fortunato. Avevi solo bisogno che qualcuno ti
dicesse qualcosa di sincero e casualmente sono capitata io. Rob mi
scrutò, come per esaminarmi e trovare una risposta
più convincente: - Non è stato solo
quello. – affermò infine, un
po’ troppo sicuro. E il suo sguardo intenso mi fece quasi paura. Così, cercai di alleggerire la tensione
che sentivo premermi sul petto: -
Dai, ammettilo. Eri stufo di tipe che ti si offrivano, per
così dire, senza nemmeno bisogno che aprissi bocca. Lui mi fissò
un attimo cambiando espressione; poi, con un
ghigno replicò: -
Beh, non ce n’era bisogno: la bocca la aprivano
lor... - Oh mio Dio! –
lo interruppi con una smorfia: -
Fai schifo. - Comunque –
continuò con un sorrisino malizioso –
non credo che mi stancherò mai di QUELLO. - Porco. – gli
dissi io guardandolo di sbieco. -
Ipocrita. -
Scusa?!? -
Non dire che a te non piace. -
Che le ragazze cadano ai tuoi piedi?!? Sospirò: - Che i ragazzi cadano ai tuoi,
sciocchina. Spalancai gli occhi e
poi risi di gusto, sarcastica: -
Già, perché succede spesso. -
Vorresti convincermi del contrario? -
Esatto. - Non ci credo. Alzai le spalle per
tutta risposta, ma lui continuò
guardando dritto davanti a sè, testardo: -
Forse sono tutti ciechi. Arrossii lievemente e
mi sforzai di sorridere: -
Forse tu sei
l’unico cieco. - Certo. –
disse, facendo mostra di quel sarcasmo irritante
che aveva mutuato da me. - Eh
sì. -
Come no! - Che problema hai?!? –
sbottai alla fine. Lui tornò a
guardarmi, stavolta sorridendo: -
Tu sei il mio
problema principale, al momento. Quando ti trovi un ragazzo? Sorrisi
anch’io e feci finta (ma non troppo) di essere
indignata: - Fatti i
cazzi tuoi. Zia Mariuccia. - Aunt whaaaaat?!?
Mari... Mariucha? – mi
chiese lui attonito e divertito ed io non potei evitare di scoppiargli
a ridere in
faccia. “Mariuccia” non è esattamente un
tipico nome inglese e non è nemmeno traducibile facilmente
il bagaglio di implicazioni culturali che si porta dietro quando viene
detto dalle mie parti. Inoltre, come l’aveva pronunciato lui,
ve lo giuro, faceva svenire dalle risate. - Ridi di me, carissima?
– mi apostrofò non appena
riuscì a farsi sentire sopra ai miei singhiozzi. - No. – gli
risposi cercando di calmarmi, con le guance ancora in fiamme per le
risate – di
zia
Mariuccia. Stupido permaloso.
-
Scusami. – Non mi ero accorta di
questa ragazzina che si era avvicinata a noi
mentre ridevo. Riuscii solo a borbottare a mezza voce, in direzione di
Rob: - Siamo fottuti, vero? La ragazzina aveva sui
quattordici anni, era bionda, carina e con due
occhioni spalancati verso di noi. Eravamo fottuti, ne ero
certa. Avrebbe chiamato tutte le sue amiche e
in pochi secondi tutta New York ci sarebbe stata addosso. Per fuggire
avremmo dovuto prendere la via del lago e nuotare in mezzo alle amate
anatre di quel Caulfield. - Scusami? –
ripeté la ragazzina e finalmente la
guardai negli occhi, cosa non facile vista la posizione in cui mi
trovavo. E vidi che non parlava a Rob, ma a me. Scattai a sedere
più composta, mentre lei mi sorrideva
pimpante: -
Sì? – dissi sorpresa che si stesse
rivolgendo proprio a me e non all’attorucolo di fama mondiale
che avevo di fianco. Lei mi
guardò ancora un po’ con lo sguardo
sognante e gli occhi sbarrati, poi mi chiese: - Ma tu... sei Kristen Stewart? Non ci potevo credere.
Io.
Kristen.
E come no. Rimasi a bocca aperta
per qualche secondo e vidi con la coda
dell’occhio Rob che sogghignava di gusto, nascosto dal
cappellino. -
Ehm. No. - Ah. –
fece lei delusa. Poi, mi guardò di nuovo e
meglio di prima, socchiudendo gli occhi: - Sicura? - Sì. –
le sorrisi io cordiale –
Sicura. Mi
spiace. Lei fece spallucce e
con una smorfia corse via. Mentre si allontanava,
notai che in mano aveva un block notes e una biro. -
Credeva davvero che tu fossi Kristen?!? Rob si mise a ridere
senza più ritegno: -
Non ci posso
credere! - Non le somiglio per niente.
– dissi io imbronciata mentre lui sghignazzava.
Oddio,
non che Kristen fosse una brutta ragazza o che. Semplicemente... non le
somigliavo. Avevo i capelli lisci e castani, d’accordo, ma
questo non bastava a fare di me una sua sosia. Proprio no. - Certo che no... -
mi rassicurò lui, senza
tuttavia smettere di ridacchiare. Mi voltai verso di lui
e lo fulminai: - Trovi
così assurdo
che mi abbia scambiato per la tua bellissima co-star?!? - Perché te la prendi
tanto? Manco ti avessero detto che
somigli ad un troll. – alzò un
sopracciglio,
sempre sorridendo sotto i baffi. - So
benissimo che la cosa ti fa ridere perché lei
è bellissima e nessuno mi scambierebbe mai per lei. Smise per un attimo di
sghignazzare per guardarmi un po' più serio: -
Rido per l’ironia della cosa, stupida. -
Beh. - ricominciai
io - Comunque,
bellissima o no, non le somiglio. Lui mi
guardò di nuovo con un sorriso strano: - No, in
effetti no. – mi mise una ciocca di capelli
dietro
all’orecchio con la mano in un modo strano, intenso. - Lei non è mica
stupida come te. – e
ricominciò a ridere di gusto, riparandosi dai miei pugni
scherzosi.
N.D.Summer
Che dire, questo è un capitolo un po'
stupido... Però insomma ci sono anche cose
importanti: sembra che Rob abbia un'idea tutta sua sul
fatto del perchè sia diventato amico di Jade...
chissà qual è! Chissà se lo scopriremo
mai! E poi a me la storia della bimba fa straridere: hai lì
davanti Robert e scambi Jade per Kristen?!? XD Che poi, anche
se fosse stata lei... hai davanti Robert!!!
Grazie a Lilithcullen (grazie! sono felice che leggano anche persone
che hanno altre "priorità" :P), cris91 (anch'io non disdegno
Kristen, ma mi sa che qui non c'è storia! :D), whitevelyn
(don't worry, la recensione l'ho letta lo stesso! che ridere "Rob
isterico"!), _Miss_ (sisi, non ti preoccupare, viene solo nominata...
anche in questo capitolo! E poi forse anche più avanti, ma
solo nominata, prometto!!)...
E a tutte le altre! Baciiii
-
Rob, lui è Dave. Dave, Robert. Rob si alza dal
tavolino al quale era seduto poco fa e gli porge la mano lentamente,
con un sorrisino decisamente finto. Esplicitamente ed ostentatamente
finto.
Immediatamente mi pento e mi dolgo per aver voluto questo incontro. So che Rob odia quando
lo chiamo con il suo nome completo e con quel tono impostato, ma non
riesco a farne a meno. È la mia piccola vendetta per
l’occhiataccia che ha dato a Davide quando siamo entrati nel
locale. E anche per il sorriso spavaldo che gli sta facendo adesso,
mentre si stringono la mano. A lungo, troppo a lungo, noto. - Allora, Robert... -
inizia Dave appena siamo tutti e tre seduti e per poco non scoppio a
ridere sentendo che il tono che ha usato nel dire il suo nome
è praticamente uguale al mio di poco prima. Rob si limita a
grugnire piano. - La
una volta che l’ho sentito non ci credo... perciò
è vero! Rob lo guarda stranito
come se fosse un alieno, blu per giunta, poi guarda me con
un’espressione che dice chiaramente qualcosa del tipo
“Ma dove l’hai trovato questo?!?” e
semplicemente evita di rispondergli. Ok, Dave ha sbagliato
qualche parola in inglese, ne ha messa qualcuna a casaccio e ha
espresso i suoi pensieri in modo un po’ confuso; ma
è pur sempre italiano, mica madrelingua
inglese. Rob potrebbe almeno degnarsi di dire qualcosa, invece
di fare lo spocchioso in questo modo. Invece, stiamo tutti e
tre in silenzio e Dave mi fissa con aria colpevole. Poi, sento che mi
sussurra in italiano: -
Ho detto qualcosa di sbagliato?!? Gli faccio segno di no
con la testa per rassicurarlo e poi rivolgo a Rob uno sguardo omicida;
lui però risponde con un sorrisino malefico. - Ordiniamo? –
sbotto alla fine capendo che la situazione non si smuoverà,
ma non capendo il motivo di questo gelo che, improvvisamente
è sceso su nella caffetteria.
Per fortuna, ci siamo
incontrati solo per un caffè, perché se fosse
stata una cena non avrei resistito neanche fino alla fine degli
antipasti. Ho voluto presentare Dave a Rob, ma evidentemente
è stato un errore, solo che quando l’ho capito era
troppo tardi. Rob non ha fatto altro
che fare smorfie ad ogni minimo comportamento di Dave; si è
limitato invece a voltare la testa dall’altra parte quando
questo ha iniziato ad accarezzarmi la mano che avevo appoggiato sul
tavolo.
È
carino, Davide, Dave. Usciamo da due o tre settimane (non saprei
dirlo), da quando ci ha fatti conoscere una nostra amica in comune. Non
è male, mi trovo bene con lui ed è pure carino
fisicamente.
Dopo circa
un’ora di questo strazio Dave riceve un sms sul cellulare e
dopo averlo letto velocemente mi dice all’orecchio che se ne
deve andare: il lavoro chiama. Così, dopo
un rapido bacio sulle labbra a me ed una fredda stretta di mano con
Rob, il mio quasi-ragazzo esce di scena. Non faccio in tempo ad
esplodere perché appena è uscito dalla porta del
locale Rob mi si avvicina da sopra il tavolino e mi dice: - Jade. Parliamo
seriamente. Il suo tono mi diverte
e non ho troppa voglia di litigare. Non subito, almeno. – Uhm, di cosa?
– gli dico fredda con la bocca piena, ingoiando
l’ultimo boccone del mio dolce. - È uno scherzo?!?
– chiede lui sinceramente allibito. - Ma se hai appena detto
“parliamo seriamente”. –
continuo a prenderlo in giro, un po’ perché il suo
atteggiamento mi sembra ridicolo e un po’
perché... beh, lo ammetto: non voglio affrontare il problema
seriamente. Di qualunque problema di tratti. -
No, dico: quel Dave, è uno scherzo? Lo guardo e stavolta
sono incredula: -
Scusami?!? Ogni traccia di
divertimento è sparita dal mio tono. Che cosa vuole dire? Fa
sul serio? -
È un imbecille, te ne sei accorta, vero? - Oh certo. –
ridacchio amara: - Lo
conosci da cinque minuti, cavolo. -
Sono bastati. – La durezza nei suoi
occhi mi ferisce. Non voglio che lui sia così duro con me.
Non mi piace quando è contro di me. Perché quando
lo fa mi dimentico persino di esistere, dimentico di essere qualcosa
che vada oltre ogni suo respiro. Temo di avere la voce
spezzata dalla paura, quando ricomincio a parlare: - Ma cos’hai? Prima mi
dici di trovarmi un ragazzo, poi me lo trovo e mi dici che non va
bene... Mi rendo conto di
sembrare una stupida, qui ad implorarlo di dirmi cosa fare, ma non
posso farne a meno. Con lui, no. Gli occhi di Rob si
addolciscono un po’, il viso non è più
così tirato: -
Non è per me che non va bene, Jade... - E come sai che non va bene per
me? – gli chiedo ritrovando un po’
della mia combattività. Ha torto in fondo, non ha il diritto
di intromettersi così, non ha il diritto di dirmi cosa
dovrei fare, non sa cosa voglio io. Non lo sai cosa voglio io,
cazzo, non lo sai. Lui però, mi guarda
intensamente con gli occhi ridotti a due fessure e mi dice: - Lo so. E allora crollo.
Perché se lo sapesse non farebbe così.
Perché lo odio quando fa così.
Vorrei piangere, vorrei gridare, vorrei buttare in aria questo tavolino
e rompere tutto quello che c’è sopra, vorrei
mandare in frantumi la vetrata di questo posto e sentire le schegge che
mi graffiano la pelle.
Tutto
questa rabbia latente si raccoglie nelle lacrime che ora si stanno
aggrappando tenacemente alle mie ciglia, per non cadere. Odio quando insinua di
conoscermi meglio di chiunque altro. Lo odio, perché
è vero; ma lui accenna solo alla cosa e poi la lascia
lì sospesa sopra di me, ad oscillare sulla mia testa. Si
dimentica, ogni volta, di ammettere che pensa che fra di noi ci sia
qualcosa di speciale, che va oltre le etichette e quello che pensano
tutti. Faccio fatica anche io
ad ammetterlo, anche solo a pensarlo; è qualcosa che
terrorizza anche me, ma almeno non mi nascondo dietro uno sguardo
misterioso e (troppe) poche parole, come fa lui. E comunque io non
userei mai la cosa come alibi per intromettermi nella sua vita, se poi
io stessa non so andare a fondo alla cosa. - Smettila. –
gli dico secca, irritata ed anche un po’ esausta. - Di fare cosa? –
chiede lui con tono piatto. - Di
fare così. - Se
“così” è tenerci a te e non
volerti vedere con le persone sbagliate, allora... - ... se è anche
intromettersi a caso nella mia vita dando giudizi su persone che
neanche conosci... - lo interrompo, ma non riesco ad
essere sarcastica quanto vorrei, sono ancora troppo impegnata a non
permettermi di piangere davanti a lui. - Io so di cos’hai
bisogno. – annuncia secco. Ecco, appunto. Eccolo
che lo fa di nuovo. Non capisce che mi spezza, ogni volta. - Smettila! –
alzo la voce più di quanto vorrei, ma ormai è
tardi, anche per le lacrime. - Di
fare c...? - Di fare finta di niente!
– quasi urlo: - Di fare queste allusioni e poi
fingere che non sia successo niente! Di insinuare sempre che sei
l’unico che mi conosce, l’unico che potrebbe... La mia voce si spegne
di colpo, spaventata da quello che potrei dire. Lui sembra scosso,
abbassa gli occhi e dice mesto: -
Va bene, hai ragione. La smetto. “L’unico che
potrebbe... farmi pensare di volere me, quando non è
così.” penso amareggiata. Raccolgo la
mia borsa e me ne vado, uscendo dal bar senza dire una parola. Non
saprei dire se lui abbia rialzato gli occhi per guardarmi mentre me ne
andavo. Quello che è sicuro è che per un
po’ non mi vedrà più.
N.D.Summer
Il prossimo capitolo (ce l'ho tutto qui, nella mia
mente malata) mi piace un casino, quindi penso proprio che
verrà pubblicato abbastanza in fretta...!
Ho effettivamente introdotto un nuovo personaggio un po' così a muzzo, senza neanche caratterizzarlo tanto... Magari più avanti, anche se qualcosa mi fa pensare che sarete contrarie XD Eppure Dave è carino, prometto! Nonostante questo sarà un po' un personaggio comunque marginale, tipo Kristen per intenderci... quindi no worries!!!
Mmmmh ora vado che è tardino... intanto
ringrazio tutte e... mi raccomando, fatevi sentire!! =P
-
Jade. Come avrete forse
capito, questo è il suo modo preferito di esordire al
telefono. Ma, di solito, non è mai un inizio positivo. Di
solito, infatti, seguono delle scuse.
Stavolta, dopo qualche
settimana di silenzio (dodici giorni, per essere precisi), la sua voce
che pronuncia il mio nome (il SUO mio nome), ancora più roca
del solito, mi fa venire i brividi. - Scusami. –
dice semplicemente, come seconda parola. Appunto. - Uau. – faccio
io sarcastica. Anche la mia voce è bassa: è da
giorni che non dormo bene e non faccio altro che trascinarmi in giro
per la città come uno zombie, casa-lavoro, lavoro-casa.
Semplicemente evito di pensare, per non ritrovarmi a pensare a lui e a
quanto mi abbia ferito. - Sul serio. –
dice serio e un po’ incerto. La voce quasi gli trema. -
Sì, vabbè. -
Come sarebbe “Sì, vabbè”? -
Vuol dire che ci sono abituata, ormai. Ma stasera non mi va. -
Come sarebbe che ci sei ab... Cosa non ti va?!? - Di
mettere tutto sotto al tappeto come al solito. Di accettare le tue
scuse e ricominciare come prima. Oggi no. -
Ma... domani riparto e... - Lo
so. - Ah. -
‘notte, Rob. - ... Riattacco. So che
domani lui partirà. Mi ha mandato qualche messaggio in
questi giorni, tutti scritti con il solito tono, come se niente fosse.
Solo il contenuto non era usuale: erano tutti per dirmi
dov’era e dove sarebbe stato successivamente. E la cosa mi ha fatto
imbestialire ancora di più. Mi aveva scritto che sarebbe
venuto in Italia per una settimana, prima di andare a New York ad
incidere il suo primo singolo. Un singolo. Come se non
fosse già abbastanza impegnato. Come se non fosse
già abbastanza amato. Non mi ha detto
cos’è venuto a fare in Italia, non mi ha detto che
è venuto per me. Non voglio sapere se sia così.
Non ho mai risposto a quei messaggi e lui alla fine si è
deciso a chiamare. Non ci ho pensato due volte a rispondergli,
è stato un gesto istintivo, come il bisogno che avevo della
sua voce. Ma stasera, davvero,
non ho la forza di ricominciare. Succederà,
cederò, perché la sua mancanza mi sta facendo
avvizzire. Sentire la sua voce è stato rinfrescante; ma non
posso fare questo a me stessa, non ancora. Devo resistere,
finché posso. Poi, mi
lascerò cadere e cullare nella sua trappola intessuta di
fili trasparenti e luminosi, ancora una volta. Perché non
sono capace di stare senza.
Qualche giorno dopo. Apro la porta,
insonnolita, per andare anche stamattina in redazione. Quando faccio il
primo, lento passo fuori dal salotto, mi accorgo di aver quasi
schiacciato qualcosa con un piede. È un pacchetto, incartato
con una carta lucida rossa ed un fiocco nero. Guardo a destra e a
sinistra nel corridoio, ma non c’è nessuno. Da
quando mi consegnano la posta direttamente davanti alla porta? Abito al
quinto piano, la cosa mi puzza. Prendo il mio pensiero alla lettera ed
inizio ad annusare il pacchetto, poi ad auscultarne il contenuto, in
caso di bomba o simili. Sembrerebbe tutto a
posto. Oh, beh. Al massimo
esploderò, sono troppo curiosa. Mi decido a lacerare la
carta per scoprire finalmente quello che racchiude:
all’interno trovo un cd masterizzato ed un biglietto. Un biglietto con quella
scrittura che ha dato inizio a tutto. Cerco di tenere ferma la mano
perché se continua a tremare così non
riuscirò mai a leggere. E invece ci riesco e tremo ancora di
più.
"Questo
è il mio nuovo singolo... il primo. Mi
hanno detto che sarebbe stato meglio, per iniziare, incidere una cover
di una canzone già abbastanza famosa… e me
l’hanno lasciata scegliere. Spero che ti piaccia e che... mi
perdonerai. Non
per la canzone, per il casino che ho combinato. Anche per la canzone,
se ti offenderai. Se non ti dovesse piacere, intendo. Eccetera. Se
vuoi, il cd lo puoi vendere come al solito. E stavolta, dato che non
è ancora uscito, ci farai un bel po’ di soldi."
Nessuna firma; non ce
n’è bisogno. Mi viene da sorridere
per la sua solita imbranataggine, per il suo modo di litigare con le
parole. Mi viene da sorridere
anche per la sua autocitazione riferita al primo biglietto che mi aveva
scritto ormai mesi fa, ma mi trattengo senza troppa fatica. Sono ancora
a dir poco arrabbiata con lui. Nonostante questo, la
curiosità è di nuovo troppo forte e mi ritrovo
quasi senza saperlo ad inserire il cd nel lettore dello stereo in
salotto. Poi, rimango in piedi, in attesa che parta, ticchettando
nervosamente con le dita sul mobile.
Dalle prime note, mi
accorgo che è una cover acustica, solo voce e pianoforte. Mi
sembra di riconoscere qualche nota. Ascolto ancora per qualche secondo,
completamente catturata da quelle note, come se non ci fosse
più nient’altro al mondo. Poi, Rob inizia a
cantare e allora realizzo di che canzone si tratta.
Hey J-J-J-Jaded You've
got your mama's style
But you're yesterday's child to me So
Jaded
Ovviamente strascicata,
ovviamente più lenta dell’originale, ma
è lei. E mi sembra anche che
pronunci la parola che dà il titolo alla canzone senza la
“d” finale; ma no, è solo il suo modo
strano di cantare. Nonostante questo,
è chiaramente lei.
Jaded ,
degli Aerosmith.
Che già era
una delle mie canzoni preferite, ma in quel momento, e in quella
versione, passa immediatamente nella top 5.
My,
my, baby blue Yeah
I'm thinkin' 'bout you My,
my, baby blue Yeah,
you're so Jaded And
I'm the one that Jaded you
Mi siedo sul mio
divano, tiro su i piedi e mi lascio cullare dalla sua voce. Sono in
ritardo, probabilmente in redazione mi ammazzeranno, c’era
qualcosa di importante che dovevo fare. Ma, per ora, mi perdo
nel mio solito sguardo che ho quando nessuno mi osserva.
N.D.Summer Ho aggiornato in
fretta perché avevo lì il capitolo pronto che
premeva per essere pubblicato! Non stava nella p… pagina.
Vediamo se qualcuno
indovina il riferimento letterario alla “top 5”. La splendida
canzone, ovviamente, è questa. Tra le altre cose,
dice “Love me,
Jaded”. E “Yeah, you're so Jaded, And I'm
the one that Jaded you”. E “Yeah, I'm so Jaded, and baby I'm
afraid of you”. E tra un
po’ la scrivo tutta che faccio prima :P Ogni riferimento
è puramente casuale, vero Rob?!?!?!?
Ce li vedo entrambi questi due così, "jaded", un po'
sfasati, scompensati....
Ah: mi sono solo
immaginata che Rob la cantasse, (purtroppo) non esiste alcuna cover
fatta da lui. Se ci fosse, credo che morirei, perché ce lo
vedo (sento?) troppo a cantare questa canzone. Mi spiace di avervi
illuse, se l’ho fatto T.T e spero che non mi ammazzerete. Ah e la tipa del
video è all’incirca come mi immagino Jade. (o.O
sticaz…) Comunque…
carine come scuse, no? Non ci sono riferimenti a Dave qui, ma
chissà…
Grazie a tuttissimi ed in particolare:
@ whitevelyn: Certo che tra me e
te… dormire mai, eh? Per quanto riguarda
l’aver vissuto situazioni simili ti posso dire che non ho un
migliore amico maschio da quando ero all’asilo (e gli rubavo
le macchinine o.O), perciò non ho mai ricevuto una scenata
di gelosia simile a quella del capitolo precedente… Piuttosto, un tempo
tutti (e dico tutti.) i miei amici e le mie amiche mi dicevano di
lasciar perdere un tipo perché “è un
imbecille” ed è stata una delle cose
più brutte del mondo, sentirsi giudicare
così… perché giudicavano me e la mia
capacità di distinguere un imbecille da uno a
posto… Cosa
dire… avevano torto loro! Non si dovrebbero mai dare giudizi
su aspetti che solo chi è dentro la situazione
può capire! Né mi
sono mai innamorata di qualcuno che fosse in precedenza un mio
amico… sempre perfetti sconosciuti! :P Non so
perché mi sono immaginata questo tipo di rapporto, forse
proprio perché non l’ho mai avuto! E poi
perché volevo dipingere Rob come timoroso delle relazioni e
di sentimenti troppo profondi… Ce lo vedo! Rileggendo: mamma
mia, come sono pesante stasera! Alla prossima,
cheèmméglio.
@ _Miss_: Eeeeh, hai ragione,
sono proprio due… sciocchini. Però vedi che tutto
si rimette a posto, basta una canzone! (non basta una canzone. Nella
mia testa parleranno allo sfinimento di quella scenata di gelosia. Ma
credo che nella ff non andrà esattamente
così… la vita non va mica così.) :D
@ Lilithcullen: Jadeeeeeeeeeeee…
*riflette* non si sa bene chi ama, soprattutto non lo sa nemmeno lei.
Ovvio che con Rob sente qualcosa di particolare, ma lui… non
è che le dia troppe conferme di sentire la stessa cosa!
Sì, però come dici tu non è solo la
sua bellezza devastante che le fa tremare le manine ogni volta che ci
pensa o che lo vede! Ma d’altra parte non credo che sia
neanche qualcosa di lui… è più come
una sorta di elettricità che li lega! O.o oh mamma, stasera
sono proprio fusa! Sorry, al prossimo (capitolo)!
Non ho resistito molto,
non dopo aver sentito quella canzone: come minimo, ho pensato quella
mattina non appena mi sono riscossa, gli dovevo fare i complimenti. E
poi, beh, come succede spesso con Rob, il resto è venuto da
solo.
- Pronto? –
rispose Robert dopo parecchi squilli, un po’ affannato, come
se avesse corso. - Parlo con Steve Tyler?
Volevo informarla che uno sfigatello le ha plagiato una canzone...!
– me ne uscii in tono scherzoso. Usavo
l’ironia, quando non sapevo come affrontare qualcosa di
troppo personale. Come perdonare lui, come riparlarci così,
dopo quella che mi era sembrata un’eternità. - Jade... -
disse lui in un tono così morbido che mi fece venir voglia
di piangere –
Ciao... finalmente. - Sì, beh. Non
te ne approfittare o ti denuncio a Steve. E poi non è che ti
abbia perdonato ancora... - Lo so, ma avevi
ragione. Non sono fatti miei. – rispose mesto.
Ero sicura che, dall’altra parte della cornetta,
probabilmente dall’altra parte dell’oceano, lui si
stesse fissando le scarpe, impacciato.
Poi, aggiunse: -
Cioè. Sono fatti miei perché ci tengo a te. Ma...
so come ci si sente ad essere giudicati. Che ti dicano che sei un
attorucolo o che ti etichettino come un perdente o come un paranoico o
ancora come un idiota... lo so, credimi: non è bello. E non
è neanche giusto. Ci sono passato e dovrei aver imparato a
non giudicare gli altri. Purtroppo però almeno una di queste
cose è vera: sono un idiota. - Eeeeeeh, sì.
– dissi sorridendo dopo qualche secondo di
silenzio. Purtroppo ero un’idiota anch’io,
perché non riuscivo a tenergli il muso quando si sforzava
così di fare un discorso serio e più lungo di una
frase. Me lo immaginai che si torturava i capelli con una mano, mentre
cercava le parole giuste. - Grazie, tu
sì che sai come tirarmi su il morale! – risi
piano, più per la gioia di risentirlo scherzare che per la
sua battuta banale. - Beh, allora come va,
ehm, con Dave? – riprese lui, tentando la via
più diretta per la riconciliazione: mostrarmi che aveva
davvero capito. Non pensavo, ma mi conosceva meglio di quanto credessi:
per me le parole erano solo parole se non venivano seguite da fatti. - Ah, sì,
ecco... - risposi comunque un po’ imbarazzata.
Stavo parlando ad un idiota di un altro idiota, mi ritrovai a pensare.
Anche se, teoricamente, Dave ancora non si era dimostrato un id... - Bene. –
risposi prima di addentrarmi troppo in pensieri su Dave - Cioè, non ci siamo
visti molto ultimamente, non ero tanto in vena di uscire... ho lavorato
molto. – mi corressi per non fargli pensare che
lui potesse essere la ragione della mia scarsa socievolezza – Però,
ecco, lui è stato davvero carino e siamo usciti qualche
sabato sera... Siamo stati al cinema, a cena e poi ancora al cinema, mi
sembra. Tutto qui. ... tutto molto carino.
Cercavo di non pensare molto a Dave, in effetti: cercavo di non
chiedermi cosa provassi, o perché una sera volessi vederlo e
quella dopo no. Lo trovavo carino, simpatico, divertente; inoltre ci
sapeva fare ed io… non chiedevo niente di più. Mi
sembrava di non poter avere niente di più. - Carino, eh? –
chiese lui scettico dopo qualche secondo in cui
evidentemente aveva cercato di mordersi la lingua. - Sì
sì. Molto carino. C’è qualcosa che non
va? – feci, rincarando la dose per provocarlo. - No io sto solo dicendo
che... - Stai ricominciando? -
chiesi iniziando ad irritarmi e a pensare che non avesse capito proprio
niente. A quanto pareva era più forte di lui. - No. Non sto parlando di
lui, ma di te. Cosa avevi detto di quel tipo, Riccardo, prima di
mollarlo?
Riccardo era un ragazzo con cui ero uscita un paio di volte, prima di
capire che non potevo stare con un ragazzo che si commuoveva guardando
qualsiasi film di Julia Roberts. - Che era una
femminuccia? – chiesi perplessa. - No, che era
“carino”. E ti ricordi invece cosa dicevi quando
uscivi con quel tizio tedesco? - Era di origini
tedesche. Hans? Mi pare che si chiamasse Hans. - Sì, beh,
Hans. - Dicevo che non potevo
stare un minuto in più con uno che si era presentato a cena
con una maglietta di Paperinik. - Sbagliato di nuovo.
Dicevi che era carino.
Ammutolii per un istante, pensando che Rob era stato più
attento di me alla mia vita privata ultimamente e poi cercando una
connessione logica in quello che stava dicendo. Appena prima che il mio
cervello la trovasse, però, fece capolino la mia ironia come
manovra difensiva: - Carino sarebbe stato presentarsi con una maglia di
Pippo. Paperinik è così da sfigato.
Rob, dall’altra parte del telefono, sbuffò
rumorosamente e poi disse: -
Come vuoi, piccola Jade.
Sorrisi e chissà perché a sentire quella sua
frase mi venne un’infinita tristezza al pensiero che avrei
dovuto aspettare ancora prima di poterlo riavere con me, per sentire la
sua voce ed il suo calore dal vivo.
Come leggendomi
nella mente, in quel momento esclamò: - Quando ci vediamo, comunque?
– che era il suo modo, così
entusiasta e impaziente, di dirmi che, in fondo, forse, un
po’ gli mancavo anch’io.
Qualche settimana dopo.
Mentre sento la chiave girare nella toppa, sto ancora piangendo e mi
sono appena scolata un bicchiere di tequila, liscio. Tento di
asciugarmi gli occhi con una manica della felpa, riuscendo solo a
sporcarla del nero del mascara ormai completamente sciolto e cerco
contemporaneamente di nascondere la bottiglia mezza vuota sotto il
divano. Non ci riesco del tutto, così ne sbuca
metà da sotto la pesante stoffa colorata. E poi, penso,
è tutto inutile, perché il bicchiere vuoto
è lì in bella vista sul tavolino di vetro e sa di
alcool lontano un miglio, quindi non avrebbe comunque molto senso
nascondere il resto.
Finalmente, Rob entra nella stanza come se volesse urlare
“Sorpresa!”; ma poi, vedendomi ridotta
così, si blocca immediatamente e cambia espressione.
Questo è uno dei momenti in cui rimpiango di avergli dato le
chiavi del mio appartamento. - Chi è stato?
– chiede duro senza nemmeno salutare,
già visibilmente furioso e con i pugni stretti che tremano
lungo i suoi fianchi. Nonostante tutto, a vederlo così, mi
viene da sorridere: - Come sai che
è stato qualcuno? - Ho bisogno di qualcuno
da incolpare. – risponde secco, con tutti i
muscoli del corpo ancora in tensione. - E se stessi piangendo
per qualcosa che ho fatto io?
Smette un po’ di tremare, ma è ancora
più determinato: - Dimmi. Chi.
È. Stato. - Io. L’ho
mollato. – soffio fuori. - Dave? –
dice rilassandosi un po’, meno incredulo di quanto vorrebbe
sembrare.
Annuisco e mentre non riesco ad evitare di ricominciare a piangere
silenziosamente, lui si siede accanto a me e mi abbraccia, la mia testa
sul suo petto. -
Cos’è successo? – chiede
accarezzandomi piano l’ammasso di capelli disordinati che
devo avere in testa. - Non... non mi piaceva.
– rispondo in un singhiozzo. - Jade! – esclama
lui staccandosi un po’ per guardarmi negli occhi. - Cosa? - Te ne sei accorta dopo
due mesi?!? – mi chiede incredulo ma anche un
po’ divertito. - ... no... -
rispondo io con aria colpevole. - Allora lo sapevi da...? - Dall’inizio.
– rispondo distogliendo lo sguardo dal suo e
arrossendo un po’.
Lui però mi guarda interrogativo, quindi sospiro e continuo:
- Ormai lo so anche prima
di uscirci... con chiunque. - Oh. –
fa lui sorpreso.
Sospiro forte: - Non sto
bene con nessuno. Ed inizio a pensare che sia un problema mio... - Benvenuta nel club.
– sbotta lui amaro, tirando le labbra da un
lato. Poi, mi stringe più forte ed io mi accoccolo meglio su
di lui.
Stiamo così in silenzio per un po’, poi il suo
piede urta qualcosa che fa un rumore come di vetro. Mi scosta un
po’ per vederne la causa e poco dopo rialza su di me uno
sguardo di rimprovero, la bottiglia di tequila in mano. - Non ti vergogni?
– dice. Poi subito sorride ed aggiunge: - Non si beve se non si
è in compagnia! – e si versa un
po’ del liquido ambrato nel bicchiere, iniziando a
sorseggiarlo piano. Sorrido e mi metto di nuovo comoda su di lui, con
la testa che mi gira.
- Jade... è
passata un po’? – chiede dopo qualche
minuto, quando sente che non respiro più a fatica per
contenere le lacrime. Annuisco piano, senza spostarmi da quella
posizione comoda e calda. E profumata, del suo profumo. Lo sento
sorridere. - Allora adesso te lo
posso dire. - Che cosa? –
chiedo curiosa staccandomi a malincuore e mettendomi di fronte a lui.
Mi guarda divertito: -
Che te l’avevo detto.
Sono sconcertata: - Di
Dave?!? – gli do una leggera pacca sulla spalla - E me lo devi rinfacciare?!? - No! Certo che no.
– dice serio, fissandomi intensamente. Poi, il
suo viso cambia espressione: - Ti sto solo facendo
capire che io ho sempre ragione. – mi sorride
spavaldo ma io mi limito a guardarlo male e mi riappoggio a lui, mentre
il suo petto è scosso dalle risate. Intanto,
però, ora che non mi vede, mi viene da sorridere:
sì, è già passata.
Poco dopo, o forse molto dopo, devo essermi quasi addormentata,
perché sento le sue braccia sotto di me che mi sollevano e
mi portano in un’altra stanza e mi appoggiano su qualcosa di
morbido e caldo che sa di pulito... probabilmente è il mio
letto, penso con l’ultima briciola di lucidità che
mi rimane. Ho bevuto troppo e non riesco neanche ad aprire le palpebre.
Tutto ciò che sono in grado di fare è mormorare
“Grazie”. Dopodiché sento il suo respiro
avvicinarsi al mio viso e soffermarsi un po’ sulle mie
labbra. Poi, veloci come se avessero cambiato idea, le sue labbra mi
danno un bacio sulla guancia e subito dopo sento i suoi passi
allontanarsi veloci.
N.D.Summer Ragazzuole care,
grazie per il supporto (implicito ed esplicito o.O paroloni a
caso… si vede che sto studiando per l’esame di
psicologia?)… Ho pensato che pubblicherò un nuovo
capitolo all’incirca quando arriverò ad un tot di
letture di quello subito prima (ovviamente se è almeno QUASI
pronto)… quindi, eccoci qua! Intanto oggi ho
visto un video di Robert e Hayley Williams dei Paramore per MySpace
dove parlano a caso seduti ad un tavolino come di un bar…
bellini, caspita. Beh, ovvio: lui
“bellino”… più che altro
stunning, come al solito. Che è una parola che secondo me lo
descrive perfettamente, ma tradotta non suona altrettanto bene:
è proprio stunning e basta.
@
whitevelyn No daiiii, ma che
genio! *blush* Questa storia è stata scritta per essere
spensierata, leggera! Oddio, poi tanto leggera non è, visto
che Jade si fa mille paranoie e sembra in ogni momento che stia per
avere un esaurimento…!! Comunque niente a che vedere con la
tua “poesia” (che aspetto sempre con ansia)
;)…
@_Miss_ A volte
è per questo che si scrive no? Per immaginare di fare cose
che nella vita non possiamo… Tipo fare la pace con Robert!!!
Che è vero che ha sbagliato, ma… come si fa a
resistergli?!? Io non lo so e Jade nemmeno :P O anche solo sperare che
lui faccia un disco, magari con questa canzone… Seh, come
no! Chi glielo dice a Steve Tyler che uno sbarbatello coi denti a punta
vuole fare una cover sua? XD
@
SweetCherry Ciaoooo! Benvenuta
:D Credo che il realismo alla fine sia quello che più
ricercavo: troppo facile dire “due si incontrano, si
piacciono, si baciano, si mettono insieme”, eh? Mi piacciono
le cose complicate :P Sembra che Rob
comunque abbia capito dove ha sbagliato, anzi: sembra che lo sapesse
già, diciamo che si è fatto
trasportare… da cosa? Gelosia, desiderio di proteggerla,
paura di perderla?!? Mah. Ma siamo poi sicuri che abbia capito davvero?
Io mica tanto ;P
@ uley Benvenuta!! Certo
che mi accorgo dei tuoi commenti e mi fanno anche piacere!!! Sono
felice che i primi capitoli ti abbiano fatto sorridere, in effetti
quello che succede è abbastanza surreale… e
comico! Però come hai notato andando avanti le cose si fanno
più ingarbugliate!! Non so, la situazione si
sistemerà prima o poi?? Chi può dirlo! ;D
Era una delle prime volte che Robert, dopo essere volato a
Milano da chissà quale posto disperso nel mondo, chiedeva a
Jade di fermarsi a dormire da lei, a casa sua, invece di andare in
albergo. La primissima volta, in effetti, gliel’aveva chiesto
proprio lei, imbarazzata e con la voce ridotta ad un pigolio,
accampando subito dopo scuse su scuse come la stanchezza, i paparazzi
che lo avrebbero trovato prima o poi, la scomodità degli
hotel (soprattutto quelli a cinque stelle) e altre cose senza senso. In
seguito, Robert si era fermato altre volte a casa di Jade ed aveva
sempre dormito nella stanza degli ospiti di cui
l’appartamento di lei era provvisto.
Quella notte, Jade non riusciva a dormire. Si rigirava continuamente
tra le lenzuola, trovandole prima troppo calde e subito dopo gelide e
non capendo il motivo di quell’ansia che non le permetteva di
addormentarsi. Guardò l’orologio sul comodino e le
cifre luminose la informarono che erano già le 2:51.
Alle 2:55, mentre rabbrividiva dalla sorpresa, le venne quasi da
sorridere: si dimenticava ogni volta di avere una specie di sesto senso
che non le permetteva di dormire se era in arrivo un temporale, anche
se questo si scatenava dopo ore. Come ogni volta, quando
sentì il primo tuono, seguito immediatamente da uno scroscio
di pioggia, si diede mentalmente della stupida, ricordandosi di tutto
questo mentre stringeva più forte le lenzuola con le dita.
Maledetto quel suo superpotere, tanto inutile quanto inconfessabile.
Quasi inconfessabile come quell’altra cosa, quella che le
faceva fare cose incredibilmente stupide.
- Rob. –
sussurrò Jade poco dopo il terzo tuono, in piedi sulla porta
della camera degli ospiti. Che non era chiusa, quasi come se lui si
aspettasse una visita. Ovviamente, non era così.
Nel buio quasi totale, lo intravide rigirarsi nel letto e stropicciarsi
gli occhi con una mano, guardando confuso nella sua direzione. - Jade?!? –
disse con voce assonnata, non troppo stupito. - Io... - un
altro tuono la interruppe, facendola stringere nelle spalle - ... ho paura.
Pensò che lui si sarebbe messo a ridere, come avrebbero
fatto tutti, come avrebbe fatto qualsiasi persona normale. - Vieni qui. –
le disse invece, sorridendo. Perché lui era tutto,
fuorché normale.
Si tirò a sedere sul letto e quando lei si fu avvicinata
ancora titubante, le prese la mano e la fece sedere accanto a
sé. Poi, con un altro sorriso che squarciava
l’oscurità, le chiese con semplicità e
un candore infinito: - Vuoi dormire qui con me?
Jade, stupita, arrossì: poi cercò di ricostruire
mentalmente forma e grandezza del letto matrimoniale su cui stava
seduta, tentando di non farsi distrarre dagli occhi di lui che
brillavano anche al buio di una luce blu e intensa. Un altro tuono, un
altro brivido. Lui, che le teneva una mano appoggiata delicatamente
sulla schiena, dovette sentirla sobbalzare. - Penserai che sono
stupida. - Lo pensavo
già prima. – rispose lui ridacchiando
ironico. La sua risata nel buio risuonava ancora più morbida
del solito e faceva pendant con le coperte lisce e calde sotto le dita
di lei.
Poi, lui semplicemente scivolò nel lato del letto opposto,
tirandola leggermente per la mano, come per suggerirle di sdraiarsi.
Lei si spostò fino a mettere le gambe sotto al lenzuolo ma
rimase ancora seduta, rigida. - È una paura
che ho da sempre, non è razionale. Hanno provato in ogni
modo a farmela passare, perché non ho più cinque
anni ed “è una cosa ridicola”. Mi hanno
spiegato non so quante volte che le probabilità di essere
colpiti da un fulmine sono bassissime, che i fulmini non sgretolano le
case, che non entrano negli appartamenti... eppure, eccomi qui: ho
ancora paura.
Rob sorrise di nuovo, tentando ancora di farla sdraiare appoggiandole
delicatamente le mani sulle spalle: - La solita testarda. - Forse perché
non ho paura dei fulmini, ma del temporale in sé. –
disse lei come in sovrappensiero. Poi però aggiunse, a voce
un po’ più alta: - Comunque, nessuna spiegazione
logica è servita.
Sospirò forte, ancora immersa in quel discorso senza capo
né coda che tuttavia le permetteva di non pensare troppo
alla situazione imbarazzante in cui si era cacciata. Se non fosse stato
che, in fondo, non la trovava così imbarazzante, quanto...
naturale. - Forse perché
non era una spiegazione logica quella che ti serviva. –
le rispose lui in un sussurro, cingendola completamente con le braccia
e sentendola finalmente a poco a poco sciogliersi in
quell’abbraccio che la trascinava lentamente giù,
verso le calde e confortevoli braccia di morfeo.
Pochi secondi dopo, Jade si addormentò.
Da quella notte, dormirono sempre nello stesso letto, quello di Jade
però.
E, soprattutto, non cercarono più di darsi spiegazioni
logiche.
N.D.Summer
Ma
che è 'sta roba?!?!
Non so, mi è venuta fuori quest'idea una notte e ho scritto
questa specie di flashback in terza persona che comunque riguarda
sempre uno scorcio nella vita di questi due e nel loro rapporto, che
non è MAI semplice, non è mai normale e
soprattutto non è mai definito...
Beh, non sapevo se farne una shot da mettere a parte, oppure se
metterla qui... Ho finito per metterla nella ff principale
perchè non avrebbe molto senso se letta da sola...
Non so quando aggiornerò di nuovo (andando avanti con la
trama invece che indietro, magari :P) visto che sono sotto esami...
Sisi, infatti ho appena partecipato anche ad un concorso (con Frantumi,
che si è piazzata prima!!! Ma è su
Bella&Jacob, non credo che sia il vostro genere, se leggete
Vampirucolo...) e sto scrivendo a manetta...
Vabbèèèèè.
Alla prossimaaaa, baci
@ uley:
Eeeeeeeeeeh, mi sa che la cosa più dura è proprio
farlo capire a loro due...!!!
@ _Miss_:
Dici?!? Ehe, vedremo se riusciranno a parlare, o perlomeno a
comunicare... :P Intanto questo capitolo è un'altra prova di
quanto siano entrambi cretini -.-
@ whitevelyn:
Cavolo, infatti perdo tempo a scrivere e non studio! :(
Dovrei proprio smettere per un po', ma soprattutto in questa ff ogni
tanto mi vengono degli schizzi e devodevodevo per forza buttarli
giù, prima che svaniscano... Quindi non ti preoccupare,
comprendo benissimo... ma continuo ad attendere con ansia! :P
Arriviamo
davanti all’entrata del locale io e lui, a piedi
per non far incuriosire nessuno con la sua limousine con autista, lui
con il
cappuccio della felpa nera sulla testa come al solito quando non
vorrebbe
essere riconosciuto. Purtroppo, spesso non basta.
Faccio
per mettermi in fila, a dire il vero spalanco gli
occhi vedendo quella fila lunghissima davanti all’ingresso,
ma Rob passa di
fianco alla gente, fa un cenno al buttafuori e quello come se niente
fosse ci
fa entrare. Le persone in fila ci fissano curiose, anzi un
po’ più irritate.
Alla faccia del non dare nell’occhio.
Probabilmente non hanno il tempo di indagare troppo su chi
sia quel ragazzo alto con il cappuccio calcato in testa,
perché Rob mi trascina
veloce nell’ingresso e finalmente entriamo nel locale.
Quando
appariamo sulla porta e lui può finalmente togliersi
il cappuccio (perché tanto “Chi vuoi che mi
riconosca con tutto questo buio e
queste luci pazzesche?!?”), stiamo ancora tenendoci per mano,
o meglio, per le
dita.
Adoro il suo modo di tenermi la mano.
E adoro quando se ne frega di quello che la gente penserà di
noi.
O meglio, di lui; perché di me alla gente non frega
assolutamente niente.
Comunque, stiamo per avviarci su per una scala che conduce
al privè (ovviamente altro modo per non attirare
l’attenzione), quando una
ragazza lo ferma. Eh, no. No, no, no, no.
Ma d’altra parte, quando in una stanza
c’è lui non ci sono
luci stroboscopiche o buio pesto che tengano. È una
calamita, non lo fa apposta
ad essere magnetico... ed è anche una calamità.
Perché so già che tra poco saremo
sommersi, spacciati. - Oh mio Dio. –
dice la tipa fermandosi davanti a Robert –
No. Non puoi essere tu sei... sei tu?
Lui, che dall’intonazione delle parole ha già
capito quello
che la ragazza gli sta dicendo in italiano, annuisce sfoderando uno dei
suoi
sorrisini maliziosi e... beh, sexy. Uno di quelli da poster
promozionale, insomma.
So che qualcuno vedendolo potrebbe pensare che sia un
montato, che si dia delle arie da sex symbol.
Che vadano al diavolo, come direbbe lui.
Perché io so cosa si nasconde dietro quel sorriso falsamente
sicuro: prende in giro sé stesso, perché non
pensa di essere bello o sexy, ride
perché quella situazione gli sembra assurda, è
divertito perché secondo lui non
ha senso che capiti proprio a lui, un attorucolo fortunato.
Ridere del successo forse è la formula giusta per
sopravvivergli e se è così, sono felice che lui
lo sappia fare.
Comunque,
la ragazza ha estratto il cellulare dalla sua
pochette e in qualche modo chiede a Rob di fare una foto con lei. E chi
deve
scattarla, ovviamente? Lei mi porge il cellulare e cerca di spiegarmi
con
qualche parola in inglese come funziona. La situazione è
abbastanza divertente
perché io non le confessi che non sono affatto inglese.
Scatto la fotografia e
sono quasi sicura che Rob abbia fatto l’occhiolino
all’obiettivo mentre premevo
il tasto.
Poi, veloci prima che un’orda di ragazze ci assalga,
riusciamo a raggiungere il privè, dove ci aspettano alcune
mie amiche. Faccio
distrattamente le presentazioni: sono dispiaciuta che non ci sia
Stella, la mia
migliore amica, perché ci tenevo a presentarle Rob.
Finiti i convenevoli, mi guardo un po’ intorno: il locale
è
carino, un po’ affollato forse; ma dall’alto della
nostra posizione
privilegiata non abbiamo problemi in questo senso. Il privè
è una specie di
soppalco che, incorniciato da una ringhiera, dà sulla pista,
dove ci sono già
parecchie persone che stanno ballando al ritmo della musica assordante.
Più in
là, vicino al bar, si è radunato un gruppo
compatto e abbastanza folto di
persone. Mi chiedo perché o per cosa. Poi, una delle luci
roteanti che fanno il
giro della sala illumina quel punto e allora capisco: guardano di qui.
La ragazza di prima deve aver detto in giro di Rob e adesso
sono tutte pronte a catturare anche solo un suo sguardo. Sempre
guardandole,
butto giù in un sorso il contenuto del mio bicchiere, come
se mi stessi
preparando ad una battaglia. Sto appoggiata alla ringhiera e ho
“buttato giù” un altro
paio di drink, quando Rob mi si avvicina e mi sussurra con aria
scocciata: - Questo posto
è mortale...
Mi ritrovo a pensare (o più probabilmente l’alcool
pensa per
me) che quella sia la parola più sexy del mondo. Ma in
realtà credo che solo
pronunciata in quel suo modo, un po’ snob, un po’
menefreghista, sembri la
parola più sexy del mondo. - Mortale. –
provo a ripetere, trovando infatti conferma ai
miei pensieri: pronunciata dalla mia bocca quella stupida parola non
suona
affatto così sexy. Anzi, proprio per niente.
Lui mi guarda stranito e divertito al tempo stesso,
chiedendosi evidentemente cosa mi passi per la testa.
Ringrazio non so chi per il fatto che ancora non abbia
imparato a leggermi nel pensiero. Poi gli faccio un cenno con la mano,
come a
dire di lasciar perdere e lui scuote la testa, sempre sorridendo. Ormai
è
chiaro: lo faccio ridere e gli faccio pena.
E un’altra cosa chiara è che la mia sbornia sta
prendendo
una brutta piega: credo sia una di quelle di
“autocommiserazione”, con una
punta di masochismo. - Mi fa piacere che ti
faccio ridere, almeno. – dico
per l'appunto, sarcastica, spostandomi a fatica dal
parapetto su cui mi reggevo e che era evidentemente l’unica
cosa che mi
mantenesse in equilibrio. Lui fa per sorreggermi, ma io lo scosto
brusca. Vedo
la sua espressione (pena, chiaramente pena) e pochi secondi dopo lui si
alza e
va evidentemente a dire “mortale” a qualcun'altra,
mentre io non riesco a
muovermi da quella maledetta ringhiera e quindi semplicemente rimango
lì, a
farmi pena da sola.
Finito
il mio quarto sex on the beach (e siamo qui solo da un’ora,
credo) sento qualcuno sedersi di fianco a me sul divanetto su cui mi
sono
abbandonata. Due occhi paurosamente azzurri mi fissano. Devo essere
già partita
per la tangente alcolica, perché mi viene in mente un
episodio di un telefilm
in cui una tipa con gli occhi azzurrissimi uccideva dei ragazzi per
poter
sopravvivere ad una specie di mutazione genetica. - Hai due occhi
davvero... ogm. – gli dico piano,
sorridendogli e lui, anche se non capisce, sorride con me della mia
idiozia. Dà
un’occhiata al mio vestito che è risalito di
qualche centimetro sulle cosce
grazie al modo poco signorile in cui sono seduta e poi mi guarda
preoccupato: - Sei già
fuori, eh?
Faccio cenno di no con la testa ma poi scoppio a ridere, a
conferma della sua teoria. Mi guarda di nuovo, serio e sgancia la
bomba: - La
tua amica ci sta provando con me. - Ah. – faccio
io piatta –
Quale amica? - Quella bionda.
– risponde lui indicando con cautela una
ragazza alle sue spalle.
Beh, da lei in fondo me l’aspettavo. E poi io mica sto con
lui e nemmeno ho messo un veto. Loro sono libere di provarci. E chi non
ci
proverebbe, d’altra parte? - Bene. –
dico, ma mi esce un tono acido che contraddice la
mia calma interiore. O forse no. - In che senso? - Come in che senso. Vai
e spargi il tuo seme. – ridacchio
cattiva, mentre inizio a pensare che effettivamente la storia della
pace
interiore sia una grande cazzata. Però lui ha passato tutta
la serata a firmare autografi e a fare fotografie e mi ha lasciata
tutto il tempo sola... con l'alcool. Quindi, è anche un po'
colpa sua se mi sto comportando così. No?
Rob mi risponde a tono, un po’ risentito:- Volevo solo un tuo parere, non
credo che mi
piaccia. Ma se la metti così... - non conclude
la frase.
Sbarro gli occhi: - Lo
farai per ripicca?!?
Guarda per un attimo giù in pista, sorridendo amaro: - No,
Jade. Sai, non tutto quello che faccio è legato a te.
Gli sorrido a mia volta: -
Buon per te. - Già.
– si gira verso di me e mi guarda come se
cercasse,
se sperasse di cogliere qualcosa nel mio sguardo oltre alla mia
manifesta
acidità. Poi, evidentemente deluso dal mio sorriso di sfida,
sbuffa e si alza,
andandosene lontano da me, senza girarsi. Senza vedere la mano che
avevo già
alzato a metà per fermarlo. Senza vedere il mio sguardo
dispiaciuto e la mia
paura di perderlo, che poi è esattamente quello che nascondo
con la mia
acidità.
N.D.
Summer No, non ho
sbagliato, il titolo è proprio OGM e non OMG!
Vabbè, se avete letto (ma chi mai legge le note senza
leggere il capitolo? Semmai il contrario :P) sapete il motivo!
Alla fine sono riuscita ad aggiornare, dopo un sacco di tempo... Avevo
un po' di esami da fare, ma ora sono finiti e mi posso concentrare sul
resto (vacanze u.u)!
Passando alla storia: questo capitolo è un po' di
transizione (come tutti -.-), non succede niente di che... a parte
l'amica di Jade che ci prova con Rob... e lui, cosa farà?!?
@ uley:
eeeeh, cara... anch'io preferisco Edward&Bella...!!! Ma
chissà perchè in quel fandom finisco
sempre a scrivere su Jake&Bella... Quindi ti rigrazio
doppiamente per aver letto e commentato anche Frantumi! Cavolo, mi sa
davvero che a Jade (e anche a Rob) dovrai mandare mille lettere,
perchè questi non capiscono proprio nada! XD
@ whitevelyn:
Uh, grazie per l'in bocca al lupo, fortunatamente quei 3 esamini che ho
fatto in questa sessione sono andati abbastanza bene! Comunque ho in
mente un'altra di queste "divagazioni" jadesche che inserirò
più avanti... mi fa piacere che questa ti sia piaciuta!!
@ _Miss_:
Già, chi penserebbe mai ad uno stupido temporale con Rob
nello stesso letto?!? :P
@ Lilith
De Lioncourt:
Ihihih, non ti preoccupare! Anch'io ci metterei la mano sul fuoco per
quanto riguarda il "qualcosa", non tanto invece per quanto riguarda il
"quando"!!!
- Ma te la sei fatta poi, la mia
amica? – gli chiedo con studiata noncuranza il giorno dopo, appena lo vedo entrare in cucina con
un’aria sciupata che in realtà gli dona. Se avessi
voglia di farlo arrabbiare gli direi che assomiglia straordinariamente
a quell'Edward che evita di sembrare con tanta cura. Ma mi va solo di
vederlo sorridere, stamattina.
Per
quanto riguarda me, non ho ancora osato guardarmi allo specchio da quando mi sono alzata. - No. –
dice lui stranamente allegro -
Non ti ricordi che ti
ho portata a casa? - No. –
gli rispondo, sorridendo come un’ebete
– Ero messa
male? - Mi
hai chiamato un paio di volte Rupert. Scoppio a ridere: - Allora non ero messa malissimo. -
È stato quando hai tentato di baciarmi che mi sono
preoccupato davvero. Il mio cuore perse un
battito: - ... cosa? Mi sorrise alzando un
sopracciglio: - Dico...
è
stato quando hai cercato di baciarmi che... - È una cazzata.
– dico cercando di sembrare
spavalda, senza riuscirci troppo. La mia voce trabocca incertezza. E un
po’ di speranza, nascosta in fondo in fondo. -
Come vuoi. -
Non hai intenzione di dirmelo? - Ti
ho già detto troppo. -
Tipo? -
Tipo che non mi sono fatto la tua amica... - Ah
già... e perché? Mi guarda male, ma poi
risponde: - Te
l’ho detto, non mi
piaceva... -
Non mi ricordo niente del genere... - Ma vah? –
dice sarcastico iniziando a frugare con le mani
nel cartone quasi vuoto dei corn flakes. - E
quindi niente. -
Già. Lo dici come se fosse strano. Faccio spallucce e mi
accingo a finire la mia colazione. Dimenticandomi del tutto della
storia del bacio. Anche se fosse, poi, non cambierebbe niente. Non
cambia mai niente e non sono ancora sicura che questo mi dispiaccia.
Poco dopo, mentre lui
saccheggia il mio frigorifero, io sto seduta sul
divano, senza fare niente. E si sa, quando mi annoio, ancora peggio se
mi annoio e ho i postumi da Sex on the Beach, rimugino. E questo, come
Rob ben sa, non va per niente bene. - Sai, non credo che
troverò mai un altro. –
esordisco in tono melodrammatico. Me ne rendo conto, ma non posso farci
niente. Sdraiata sul divano con in braccio un cuscino che tengo stretto
a me, lo guardo già con gli occhi lucidi. Lui è
in cucina e mi scruta cauto da lontano, bevendo del succo direttamente
dal cartone. Poi lo appoggia sul ripiano e viene verso di me. Prende le
mie gambe, le alza e si siede sul divano appoggiandosele in grembo. - Dopo Dave, dico. – preciso,
guardandolo negli occhi.
Probabilmente sto facendo la mia espressione da cane bastonato; mi
sembra quasi di vedermi. Lui sospira: -
Ancora con questa storia, Jade? Lo dici ogni volta. - E poi non trovo mai nessuno.
– faccio io imbronciata. Lui ridacchia: - E poi trovi tutti i ragazzi che
vuoi e alla fine li
molli tutti... - Non direi "tutti"... e poi li
mollo perché non mi vogliono DAVVERO. –
ribatto testarda. - Jade. –
dice lui costringendomi a guardarlo negli occhi. So
che è una sola parola, ma detta da lui in quel tono
significa tante cose. Mi guarda e l’azzurro del suo sguardo
è scoraggiato, impotente. E allora sento che dovrei almeno
cercare di spiegargli. - Loro... - inizio,
ma le parole mi muoiono in gola e due
lacrime mi scendono silenziose sulle guance. - Jade... - ripete
ancora, con un filo di voce, come se
facesse fatica a parlare: -
Lo sai che non mi piace vederti piangere. - E cosa dovrei fare?!?
– rispondo con un moto di rabbia e la
voce tuttavia già impastata dalle lacrime: - Vattene se non
ti piace lo spettacolo. Lui scuote la testa: - Mi sono espresso male. Odio
vederti piangere. Mi
fai star male, se piangi. – calca il tono sulla
parola
“odio” ed io rimango a bocca aperta. - Oh.- è
tutto ciò che riesco a mormorare. La
solita stupida. -
Già, “oh”. E adesso fatti abbracciare,
scema. Si sporge verso di me
ed io mi lascio docilmente circondare dalle sue
braccia. Poi riprende: -
Sai che non è vero che loro non ti vogliono. Certo, dopo
un po’ anche un santo si romperebbe di essere trattato come
li tratti tu. Ma sei sempre e comunque tu a rompere con loro. Scuoto la testa
appoggiata alla sua spalla, tentando di fermare le
lacrime: -
Perché è tutto inutile. Non sarò mai
giusta per loro. - Ma
tu sei perfetta. - Certo. –
faccio io sarcastica. - Beh, non perfetta, forse...-
ammette sorridendo.
Dopo qualche minuto, ho
avuto il tempo di calmarmi e di ricominciare a
pensare normalmente. Sto ancora parlando con Rob di me e ovviamente,
indirettamente, stiamo parlando anche di lui. - Il problema è... che
sei convinta di non essere
speciale. – mi dice sovrappensiero,
passeggiando avanti e
indietro per il salotto, con una mano appoggiata sotto il mento, in
segno di profonda riflessione. Mi viene da sorridere a
vederlo così, ma mi sforzo di
rispondere con un tono neutro: -
Questo perché non lo sono.
Non sono niente di speciale, punto. Mi guarda con gli occhi
sbarrati. Forse perché non
è d’accordo, più probabilmente
perché i miei pensieri riflettono perfettamente i suoi su di
lui. -
Possibile che nessuno te l’abbia mai fatto notare? -
Mmh? - Nessuno ti ha mai detto...?
– mi chiede
ancora, realmente sorpreso. - Ma
di che... diamine stai parlando? Faccio fatica a seguirti, oggi.
Sei più schizzato del solito. E parli come un principino. - Sei decisamente...
decisamente... - inizia senza guardarmi - ... stupenda, cazzo. – sputa
fuori
come se quella frase fosse veleno. Poi, aggiunge: - E se non te l'hanno mai detto
sono tutti dei coglioni. Bene, addio principino. E addio me. Sento le
gambe cedere e cadrei a peso morto sul divano, se
non vi fossi già seduta. Allora, volto lo
sguardo verso di lui... solo per vederlo
uscire dalla stanza in fretta, quasi come se fosse... arrabbiato. Me l’ha quasi
urlato come un insulto, mentre io pensavo che
fosse la cosa più bella che mi abbia mai detto. Lui pensava che io
fossi stupenda. Lui mi trovava s... Ok, basta. Non devo
ricascarci di nuovo. Lui sa confondermi come pochi.
Come nessuno, a dire la verità. Ma non è questo
che voglio. E poi… non so cosa voglio.
Esco
anch’io dalla stanza e dopo aver sbirciato attraverso un
paio di porte, lo trovo in camera, seduto sul letto intento a giocare
con un videogame. Come un ragazzino. - Ma che cazzo ti prende?
– esordisco non proprio finemente.
D’altra parte, sono piuttosto scossa, anche se avevo deciso
di non esserlo. Ma il suo comportamento
non è giusto. Non è
giusto nei miei confronti. Mi guarda annoiato: - Non so. I suoi occhi spaventati
però mi raccontano
un’altra storia. Mi siedo pazientemente
di fianco a lui che mi guarda male di sbieco,
continuando a giocare. - Stiamo litigando? – gli
chiedo confusa. -
No. Credo di no. Non volevo litigare. -
Bene, ma allora cosa...? Mette giù il
joypad e si passa una mano tra i capelli,
appoggiando i gomiti sulle ginocchia. - Non lo so, ok? Non...
– finalmente mi guarda e sospira: -
Non vorrei che tu pensassi di non piacermi. Sono sinceramente
sorpresa e non ho idea di cosa pensare: - Ed
è... importante che io sappia di... che io ti piaccia? Fa un mezzo sorriso: - Io vorrei piacere a tutti. E a
volte vorrei non
piacere a nessuno. Alza su di me uno
sguardo pulito: - Ma a
te vorrei piacere, sempre. Arrossisco un
po’, ma riesco a dire: -
Sai che questo non ha
alcun senso, vero? Distoglie ancora lo
sguardo: - Tu mi piaci.
Voglio essere sicuro che...
che tu lo sappia. - Perché? –
chiedo ancora con
semplicità. Ma è tutto quello che voglio sapere,
da sempre. -
Perché non voglio che tu pensi che sia questo il motivo
per cui le cose non si sono mai... evolute, tra noi. -
Guarda che le cose si sono molto evolute, tra noi. - Non hai capito. –
fa scuotendo la testa: -
... io
parlavo di... -
...di sesso. Sì che ho capito. -
Bene, era questo che ti volevo dire. Ed è questo che mi hai
strappato di bocca. - Io non ti ho proprio strappato
niente.- ribatto piccata. Non ci sto
davvero capendo niente. E le sue confessioni mi confondono ancora di
più. Per non parlare del suo profumo. - Beh. Comunque sappi che tu
mi... – si passa una mano nei
capelli, come se la risposta si trovasse in quel groviglio spettinato:
- ...ecco, mi
piaceresti... in quel senso. - ...ma...? - gli
chiedo di getto, pentendomene immediatamente. Lui sorride e mi sembra
che rifletta per qualche secondo di troppo: - ...ma... –
inizia avvicinandosi pericolosamente, mentre il respiro mi si mozza in
gola: - ...poi mi rendo
conto che sei scema. Mi guarda di lato,
sorridendo divertito. Per tutta risposta gli arriva
un cuscino in faccia: -
Sei solo uno str...! – gli urlo in
faccia ridendo, ma non riesco neanche a finire la frase,
perché lui mi butta sul letto e cerca di immobilizzarmi,
mettendomi un altro cuscino sulla faccia. Poi, dal nulla, lo
sposta un po’ dal mio viso e mi
dà un bacio veloce sulle labbra, quindi si rialza ed esce
dalla camera, come se niente fosse.
...onzo. Rob
N.D.
Summer Scusatemi, voi che
seguite, per il ritardo e per la qualità di questo
aggiornamento...
E' un periodo un po' così, di blocco non solo nello scrivere
ma anche dal punto di vista emotivo... Anche per questo, oltre che per
problemi tecnici e di tempo, mi sa che non
aggiornerò più per un po'... E mi sa che per Jade
e Rob sarà meglio così, almeno per ora...!
Comunque non li abbandonerò, ho già scritto il
finale e buttato giù ciò che accade nel mezzo,
niente paura ;)
Grazie a whitevelyn (sentire la parola "mortale" dalla bocca di Rob
credo che per me sarebbe... mortale. Certe parole hanno uno strano
potere su di me o.O), uley (in questo capitolo lui si è
sbilanciato ancora e non poco! Anche se ha fatto discorsi astrusi...
Comunque sarebbe carino fare un angolo "Scrivi a Jade" dove potreste
insultarla in ogni modo... ci farò un pensierino! :P) e
_Miss_ (cavolo, a furia di colpi al cuore però qui si
finisce male! Niente da fare, sono crudele... :P)... eeeeeeeeeeeee
anche a tutte le altre che leggono... se volete sfruttate lo spazio dei
commenti come uno spazio per "La posta di Jade", eh! Ahahahahahahahha :P
Quella
notte, una delle tante notti passate da sola, sognai di lui. Forse
perché il giorno successivo sarebbe stato il suo compleanno,
forse perché la sua presenza nella mia vita e nella mia
mente era ormai diventata troppo ingombrante per essere ignorata dal
mio inconscio. Sognai una collinetta erbosa, con sopra un albero dalla
chioma quasi perfettamente rotonda piena di piccoli fiori bianchissimi.
Lui, Rob, era lì sotto; quando arrivai mi sorrise ed i suoi
occhi girati verso di me si confusero con il cielo perfettamente
azzurro dietro di lui. Indossava una camicia bianca che splendeva come
se emanasse luce, sotto quella coltre di fiori candidi. Per quanto mi
sforzassi e socchiudessi gli occhi per via del bagliore, nel cielo non
trovai traccia del sole. Solo una distesa splendente di azzurro ci
circondava, non riuscivo a vedere nient’altro. Poi, lui mi
prese delicatamente per mano ed il suo tocco era freddo, gelido quasi,
eppure tenero, angelico. Quando subito dopo mi sfiorò una
guancia con la mano, guardandomi intensamente, fu troppo anche per il
mio cervello addormentato.
Mi
svegliai all’improvviso, con una strana sensazione allo
stomaco. Mi girai dall’altro lato del letto con gli occhi
ancora socchiusi, appoggiando la mano sul cuscino accanto al mio, per
ritrovare un po’ della sensazione di fresco di poco prima;
invece, lo trovai caldo. Un ciuffo di capelli mi ricadde davanti agli
occhi quando tentai di alzare la testa per capirci qualcosa e quando lo
scostai con un grugnito per poco non mi misi ad urlare. Davanti a me,
all’altezza dei miei occhi, stavano un paio di
gambe coperte da un paio di pantaloni di cotone blu. Attaccato a quelle
gambe, in piedi davanti al mio letto, c’era il resto del
corpo di Robert, gli occhi sorridenti e luminosi. E attaccato alle sue
mani c’era un vassoio, pieno di chissà cosa che da
quella posizione non arrivavo a vedere. Si sedette sul letto
ridacchiando: - Ti
ho spaventata, Jade? Buongiorno. Borbottai: - ‘fanculo. Doveva essersi
svegliato da poco anche lui, perché la sua voce era ancora
più roca e strascicata del solito. Lo guardai di traverso,
coprendomi metà faccia col mio cuscino e cercando di
nascondere quella stupida voglia di sorridere che mi era venuta. -
Hai proprio bisogno di ridarmi quelle cazzo di chiavi. - sbiascicai con la bocca ancora
schiacciata sul cuscino. Per tutta risposta lui
mi scompigliò i capelli. Evidentemente i suoi erano
già abbastanza sconvolti, quindi se la prendeva con me.
Cercai di non pensare a quanto dovessi essere orribile (la sera prima
non mi ero nemmeno struccata e dovevo avere mascara sparso per tutto il
viso), ma poi sentii profumo di caffè e non ebbi
più bisogno di convincermi.
Sul vassoio che intanto Rob aveva appoggiato sulle lenzuola
c’erano due tazzine piene del liquido nero che emanava
quell’aroma, due bicchieri con dentro del succo arancione ed
un sacchettino di carta bianca. C’era anche un vasetto
trasparente di quelli per la marmellata con dentro dei fiori secchi che
chiaramente provenivano dalla ciotola di pout pourry che tenevo sul
tavolo in salotto. - Cosa ti aspettavi? –
mi chiese lui vedendo il mio sguardo perplesso – Anche una rosa
fresca, magari? Poi, però,
mi sorrise divertito. E completamente fuori di testa. Bevvi in un sorso il
mio caffè tirandomi su a sedere, mentre lui lo sorseggiava
lentamente. - Non mi aspettavo neanche te,
veramente. – gli dissi piano – E... auguri, comunque. - Grazie. – sorrise
e senza troppe cerimonie aprì il sacchettino bianco,
estraendone un croissant per poi offrirmelo. Mentre iniziavo a
sgranocchiarlo pigramente, ne tirò fuori un altro e fece per
staccarne un pezzo con le dita, osservandolo intensamente. Poi
però, lo appoggiò sul vassoio e percorse con lo
sguardo le lenzuola. Dopo qualche secondo interruppi la sua riflessione: -
È il tuo compleanno... cosa ci fai qui? - mi resi conto di come poteva
essere interpretata quella frase e feci immediatamente dietro-front: - Cioè...
perché porti la colazione a letto a ME? Lui fece spallucce e
rialzò su di me uno sguardo limpido e vagamente triste: -
Non sono riuscito a pensare a nessun altro a cui avrei potuto portarla. Sorrisi sarcastica: - O a nessun altro scemo che ti
abbia lasciato le chiavi di casa sua. Lui però mi
restituì solo un sorrisino tirato e tornò a
fissare le lenzuola, tormentandole con le dita. Mi venne una voglia
indescrivibile di abbracciarlo. E poi sorrise di nuovo, stavolta
sincero: -
Cosa stavi sognando? Oh. Te. -
Avevi un’espressione beata... - Mi
hai guardato dormire?!? -
Non riuscivo a riprendere sonno. -
Ok, questa è una cosa davvero...
“creepy”. Promettimi che non lo rifarai, o giuro
che inizio a chiamarti Edward. - Ma
dai, eri così carina. -
Non ti ho sentito promettere, Edward. Sorrise continuando ad
ignorarmi: - Cosa sognavi? Te. - Ad
un certo punto mi hai anche preso la mano e ti sei avvicinata a me. Te. -
Sei stata un po’ di tempo così, poi
però ti sei girata dall’altra parte, dandomi
elegantemente la schiena. O, per meglio dire, il c... -
Edward! La sua risata
finalmente spazzò via quell’aria malinconica che
aveva poco prima. - Vabbè, non voglio
più sapere cosa stavi sognando. Te. Te. Te. Te. Te. Te. -
Non mi ricordo neanche. A proposito, quando sei arrivato? -
Stanotte verso le 4. Ho preso l’aereo da L.A. - Mi
ero appena addormentata, allora. - Fatto baldoria ieri sera, eh?
– disse e mi sembrò leggermente
infastidito, ma probabilmente era un’impressione dovuta allo
shock di trovarmelo lì inaspettatamente. E poi avevo passato
la serata precedente a pensare a lui e a bere per smettere di pensare a
lui, quindi decisamente non c'era motivo di infastidirsi. Ma questo lui
non l'avrebbe mai saputo. -
Quando riparti? -
Presto. Mi hanno preparato una festa sabato. -
Oh. Chi? - I
miei, Kellan, Ashley, Taylor, Kristen... Alzai un sopracciglio.
Conoscendolo, la festa l’aveva organizzata (o perlomeno
decisa) proprio lei, Kristen. -
Vieni? -
Scusa? -
Alla festa. Vieni? Sorrisi sarcastica: - Alla festa con i tuoi,
“Kellan, Ashley e Taylor”?!? Omisi volontariamente
Lei. Lui sembrò
non farci caso ed annuì incoraggiante: - Certo. -
Ah. Beh, grazie per l’invito ma... no. -
Come, “No”...? Dal tono
con cui lo disse sembrava che nessuno gli avesse mai detto di no in
vita sua. Non dubitai che fosse davvero così. -
Cosa c’entrerei con tutti voi??? -
Non vedo quale sia il problema. -
Non conoscerei nessuno. -
Conosceresti me. Te. Maledetto,
testardo, te. - Non credo che riusciresti a
dedicarmi molto tempo. – lo guardai da sotto in
su e mi sembrò deluso. -
Eddai, Jade. Mi stava pregando?
Perché insisteva così? - Ti
prego. Mi stava pregando. -
Non capisco perché ci tieni così tanto! Sorrise malizioso: - Perché ti ho
già comprato il vestito. Tra tutte le cose che
pensai in quel momento, una sola raggiunse le corde vocali: - Come sapevi la taglia??? Lui, per tutta
risposta, squadrò per un secondo di troppo la maglia
sdrucita ed extralarge di Snoopy che portavo per dormire, facendomi
arrossire istantaneamente. - Scommetto che è
perfetto. – rispose poi semplicemente, alzandosi
e dirigendosi in cucina.
N.D.Summer
Beh,
era un po' che non postavo. A dire il vero non sono più
molto in vena per questa storia... Non so perchè. Comunque
la continuerò, se non altro perchè è
praticamente quasi tutta già scritta, devo solo mettere a
posto un po' i capitoli e scrivere qualche pezzo che ho lasciato
indietro, ma il grosso è fatto.
Boh, di solito mi capita quando un ff finisce di non sentirla
più MIA; con questa è capitato prima, forse
perchè ci ho messo troppo a scriverla e forse anche
perchè la fine l'ho già scritta, quindi nella mia
mente è già finita. In ogni caso.
In questo capitolo Rob compie gli anni e non ha niente di meglio da
fare che "disturbare" Jade. Tutto come al solito, insomma, tranne il
fatto che lui la invita alla sua festa di compleanno e per ovvi motivi
Jade tentenna e non sa se andarci, è vero... Ma potete
immaginare come finirà: chi ha il coraggio di dire di no a
Rob?!?
Baci, a presto... davvero :P
Grazie a whitevelyn (come vedi ho ripreso in mano la storia... e la
finirò!), _Miss_ (sono due taralli?!? Bellissima
espressione, ahahha!), uley (eeeeh, io lo vedo, voi che leggete lo
vedete... lei no! Povera Jadina, la sto facendo proprio idiota :P),
Lilith De Lioncourt (no, ehm, Jade non ha un nome :P Non so
perchè, non mi va che ne abbia uno suo, ma solo uno DI
Rob!)...
- Tu lo sai
cosa vuol dire non avere un posto nel mondo?
Nella mia mente, il
frangente in cui Rob mi fece questa domanda non ha un luogo
né un momento precisi, ma ha i suoi occhi spalancati per la
curiosità e avidi di capire.
Sorrido di quel suo
modo di porre domande profonde nei momenti più strani e
più normali: -
Mi è sempre sembrata una frase fatta. –
gli rispondo –
Un cliché per i falsi disadattati modaioli. Cerco di sviarlo,
portando il discorso su un livello oggettivo.
Lui però alza gli occhi su di me, serio: - Io credo che tu sappia cosa
vuol dire. - Forse... - gli
rispondo facendo spallucce. Non voglio ancora dargli soddisfazione, non
subito. Perché lui capisce sempre così tante cose
di me e non se ne chiede mai il motivo. - Credo che tu lo sappia... -
abbassa gli occhi e sorride al pavimento - ...come me. Sai, non
è questione di essere continuamente in giro per il mondo, di
svegliarti e di non sapere dove sei, di non avere più una
casa dove passi la maggiorparte del tuo tempo... La sua frase non ha una
fine, così lui tace per un po’, mentre inizia a
torturare i lacci che pendono dal cappuccio della sua felpa con le mani. - Adoravo Marissa Cooper.
– inizio io dopo un po’ – Sai, quella di Orange
County. Mi guarda divertito e
sorpreso: - Come siamo
finiti a parlare di O.C.? Non gli rispondo e
continuo per la mia strada: -
La adoravo. E ho adorato una frase che ha pronunciato in una puntata...
Un ragazzo le diceva “Everybody belongs somewhere!”
e lei rispondeva solo “Maybe not everyone. Maybe some people
just get lost.” – - Mh. E perchè ti
piace? – chiede lui lentamente, come se sapesse
già la risposta. -
Perché io penso... io so, di essere così. Posso
solo perdermi. Non c’è un posto, per quanto possa
cercarlo, che mi faccia sentire... a casa. A mio agio. E se mi facessi
visitare da uno psicologo probabilmente mi direbbe che il mio continuo
arrossire, balbettare, parlare da sola, essere in ansia per un
nonnulla, arrovellarmi il cervello per ogni minima cosa, torturarmi le
labbra con i denti fino a farle sanguinare, non riuscire a guardare la
maggior parte delle persone negli occhi quando mi parlano... beh, mi
direbbe che sono tutti sintomi di questo. Del mio non appartenere a
nessun “posto”. Dopo questa mia
filippica inconcludente e contorta, lui mi guarda e mi dice solo: - Lo so. - Lo
sai? Sorride, di quel suo
sorriso che rivela, a chi lo osserva attentamente, che è
vero che non ha un posto qui in terra: perché il suo posto
in realtà è un po’ più su. - Io
mi passo la mano tra i capelli. Sorrido pensando a quel
gesto che mi è diventato così familiare. - E abbasso lo sguardo e
inciampo. – continua - Impreco decisamente troppo,
fumo, bevo. Tutto questo per nascondere... quello. Mi accorgo di aver
tenuto per tutto il tempo in cui abbiamo parlato le mani strette a
pugno e quando le riapro stupita di quel gesto involontario noto al
centro del palmo quattro piccole ferite a forma di mezzaluna, da cui
escono minuscole gocce di sangue. Rob segue il mio sguardo attonito e
vede le mie mani: -
Jade... - inizia a dire preoccupato, ma io comincio a
parlare a raffica: -
Non mi ero accorta, non sono più abituata ad avere delle
unghie, di solito me le mangiavo, ma adesso forse dovrei andare a
disinfettar... Mi alzo mentre parlo,
forse per andare in bagno o chissà dove, forse non lo so
neanche io. Rob però si alza, mi si mette davanti e... mi
abbraccia. Dopo qualche secondo,
senza smettere di stringermi, mi dice con la voce stranamente rotta: -
Almeno siamo in due ad esserci persi. E tutto quello che
riesco a pensare, immersa fino all’anima nel suo profumo,
è: mi sa che invece io mi sono ritrovata, Rob.
Questo è
quello che successe, quella volta. Ma oggi credo che molto sia
cambiato. Sono in gelateria con Stella, la mia migliore amica e non
faccio che pensare a lui. Dovrei pensare seriamente se andare a quella
maledetta festa di compleanno di sabato ed invece sto qui a
fantasticare su di lui, senza dare retta a Stella. Sono proprio senza
speranza... -
Jade?
N.D.Summer
C'è
un seguito a questo capitolo, che ho suddiviso in due perchè
da una parte (questa) ci sono i pensieri di Jade, che nonostante sia in
gelateria con la sua amica Stella, non fa altro che pensare a Rob e si
perde in questi ricordi stupidi e senza senso; dall'altra (la prossima)
vedremo la cosa... da un altro punto di vista. Non dico nient'altro,
comunque penso di postare abbastanza presto! E presto
arriverà anche la festa di Rob... non disperate se mi perdo
in inutili parentesi che non fanno progredire la storia, sopportatemi
ancora un po'!
Non dico niente di O.C., Marissa Cooper o Mischa Barton
perchè vi voglio risparmiare... Sappiate solo che ho adorato
al limite dell'idolatria la Mischa Barton dei bei tempi andati (quando
era la ragazza più bella del mondo)... e chiudo qui. :P
_Miss_ :
Ehiii, ciao! Sisi, sono tornata... e con me le mie storielle :P
Comunque sì, ho praticamente tutti i capitoli scritti (uhm,
scritti? Diciamo che sono appunti a cui devo dare un minimo di
coerenza...)... tutti tranne... quello della festa! So già
come andrà, ma non ho ancora avuto il tempo (o la testa) per
mettermici d'impegno! SweetCherry:
Lui è tenerissimooooo... un po' troppo tenero? Mah, ce lo
vedo però che fa questi gesti così dolci senza
dargli troppo peso: così, perchè gli va. Grazie
per i complimenti *-* uley:
ahahha, io apro sempre gli occhi con circospezione quando mi sveglio,
perchè se mi trovassi lui davanti penso che rimarrei svenuta
per almeno una giornata buona! Uhm, adesso che mi ci fai pensare... non
sarebbe carina una bella rissa tra Kristen e Jade?!? Ehe, no dai, sono
ragazze carine e pacifiche, loro... o almeno credo. :P whitevelyn:
ma no dai, non dire così che arrossisco! come vedi: un altro
capitolo di "nulla"!!! Però tra poco dovrò
iniziare a metterci anche un po' d'azione, che sennò qui
questi due arrivano alla pensione che ancora non hanno combinato
niente... ;)
How far can we go before we
break? How long can I wait? How strong do you think
I am? How much can I take of
this? Am I a rock, or a rose,
or a fist? Or the breath at the end
of a kiss? How deep do you want to
go, because I'll go there if I can You make it harder than
it has to be How
strong,
How strong do you think I am?
It's so hard to tell What's in your heart, What you keep to yourself Is tearing me apart... And should I be afraid, To dream about you? And if you feel the same What you going to do?
If I move in any closer If you let go and give
yourself away and if we let this
happen to us Everything will change
Era da
mezz'ora che la chiamavo senza ottenere risposta. Il suo
frappé al cioccolato era praticamente intatto e ai piedi del
bicchiere di vetro si era formata una pozza d'acqua che poco prima era
cristallizzata sul vetro in una patina fresca. Del mio, non rimanevano
che poche gocce di liquido rosa al sapore di fragola sul fondo del
bicchiere. Da qualche minuto, lei stava appoggiata con il mento su una
mano e guardava fuori dall'ampia vetrata del locale in cui eravamo
entrate per prendere qualcosa di rinfrescante durante quella giornata
di shopping. Fissava la strada fuori dal bar, ma si vedeva benissimo
che non la vedeva: la tradiva il suo sguardo perso e sognante, oltre al
fatto che non rispondeva ai miei richiami sonori e visivi. D'altra
parte, pensai sorridendo tra me e me, forse non era con il suo nome che
voleva essere chiamata, in quel momento. - Jade? - dissi
quasi timorosa del risultato che avrei ottenuto. Neanche a dirlo, lei
si girò finalmente verso di me con due occhioni spalancati
come se avessi detto chissà quale eresia. - Cos'hai detto? -
domandò come se si fosse appena svegliata da un sogno
bellissimo. Per piombare in un incubo. E, naturalmente, io ero la
colpevole del suo brusco risveglio. - Veramente è mezz'ora
che ti chiamo. – feci, sviando abilmente la sua
domanda. - Uhm. - rispose lei
non troppo convinta, strizzando gli occhi - È mezz'ora che mi
chiami... come? - Come... come?!? -
non sarei riuscita ad evitare l'argomento ancora per molto, ma cercavo
di farlo perché temevo che, arrivate al punto, lei se la
sarebbe presa. Il "loro" rapporto era una questione delicata, non
sapevo mai se se ne potesse parlare, se a lei dispiacesse farlo... ma
in questo caso era necessario. I suoi occhi mi scrutarono indagatori: - Come, Stella, come.
Come mi hai chiamato. Con che nome. – disse
risoluta. -
Oh. Con il tuo. In fondo mi stavo anche
divertendo a prenderla un po' in giro così. Lei era
così ostinata... ma alla fine era evidente che ci fosse
qualcosa sotto. Non a caso si era scossa dalla sua apatia solo quando
l'avevo chiamata con il nome con cui la chiama sempre "lui". Data la
delicatezza dell'argomento, però, sarei dovuta arrivarci per
gradi, o addirittura fare in modo che ci arrivasse lei. -
Ste, mi stai prendendo per il culo? Forse non era
esattamente la tattica migliore. - Ma se lo sai già,
perché mi fai tutte queste domande?!? - dissi
mettendomi sulla difensiva, ma lei scosse la testa: -
Non lo so come mi hai chiamata, ma se volessi gentilmente dirmelo te ne
sarei eternamente grata. - Ora sei tu che mi stai
prendendo per il culo. Tutti quegli avverbi, non ci siamo. -
dissi con un sorrisino. Poi, vedendola sbuffare ed abbandonarsi con la
testa sul tavolino in segno di disperazione, aggiunsi inaspettatamente:
- Jade. Ti ho chiamata
Jade. Lei rialzò
la testa piano e mi guardò come se fosse stata sul punto di
piangere: - Davvero? -
chiese con una vocina flebile che mi fece tremare. Riuscii solo ad
annuire e ad aggiungere: -
Solo l'ultima volta però, quando ti sei girata. I suoi occhi se
possibile si spalancarono ancora di più, tanto che mi
sembrava di vederci dentro il flusso dei suoi pensieri che partiva
dalla mia constatazione e risaliva attraverso altri collegamenti fino
alla conclusione logic... - Vabbè, mi ero un
attimo distratta. Dicevi? – disse con aria
innocente e serena. Questa volta fui io a
spalancare gli occhi: c'era arrivata alla conclusione, vero? Doveva
esserci arrivata. O forse aveva avuto un blocco mentale prima di
giungere proprio all'ultimo pensiero, quello che le avrebbe finalmente
mostrato la verità che tanto tenacemente tentava di
nascondere. - Non ti eri distratta. Dimmi a
cosa pensavi. - le dissi risoluta, decisa a non darle via
di scampo. Non stavolta. Non poteva continuare a fuggire dall'evidenza. - A
niente. - E
allora perché sei arrossita? -
Non sono arrossita. -
Sì invece. -
Forse perché mi stai mettendo in imbarazzo facendomi domande
stupide. -
Forse perché non vuoi che io sappia che pensavi a Robert. Vidi chiaramente il
cuore sobbalzare nel suo petto alle mie parole. E tanti saluti alla
tattica e alla cautela. - Io... non... io... -
sospirò, sforzandosi di riordinare le parole - Non stavo pensando a... lui. - Senti... - ripresi
con dolcezza -... non
è che io ti voglia far star male. E' solo che... tu lo sai
ed io lo so. Perché dobbiamo continuare a fare finta di
niente? Sospirò di
nuovo guardando fuori dalla vetrata: - Io non so proprio niente. - E
invece lo sai. - Anche se fosse...-
riprese guardandomi dura -
... che senso ha? Dai, sai benissimo che... non... Lui non... Lo sai. -
Veramente non lo so. E non lo sai neanche tu. Prese un respiro per
riuscire a buttare fuori quello che disse: - Lui non mi vuole. Feci per aprire bocca
ma lei continuò: -
Non in quel senso, perlomeno. Mi vuole come amica, ma niente di
più. - Un'amica che è
diventata l'unica persona con cui lui vuole passare il giorno del suo
compleanno?- sbottai -
Ad una “amica e basta” non si dicono cose come
quelle che ti dice lui. Vidi che le si
riempivano gli occhi di lacrime e pensai che se avessi avuto una
macchina del tempo probabilmente avrei cancellato tutte le cose che
avevo appena detto. Ma non ce l'avevo, purtroppo e ormai il danno era
fatto. - Lo so... - disse
con la voce che si rompeva ai bordi della frase - Lo so, cazzo. E lo sa anche
lui. Ma... - mi guardò, come per implorarmi di
capire - ... non lo fa
apposta. Non lo fa perché mi vuole. Lo fa e basta. E non gli
ho mai detto... - si fermò per respirare e per
non permettere alle lacrime di scendere - ...non gli ho mai detto che mi
uccide, ogni volta. Non so come dirgli che il fatto che ogni volta mi
illuda e poi ritorni sui suoi passi mi fa stare male. Che questo su e
giù mi sta facendo sprofondare sempre più. Che
forse preferirei non vederlo mai più, piuttosto che stare
ancora così. Ma che poi ho troppo bisogno di lui per
resistere senza. Fece una pausa ed io
pensai di chiederle scusa. Non so perché, ma mi sembrava la
cosa giusta da fare. - Scusami. – dissi
cercando il suo sguardo, ma lei mi sorrise, sinceramente divertita, tra
le lacrime che silenziose scendevano senza il suo consenso: -
Come sarebbe a dire? Di cosa ti devo scusare? - Di
averti tirato fuori a forza tutto questo. Scosse la testa facendo
spallucce: - Magari
parlarne mi fa bene, non so. Certo è che finché
non ne parlo con lui non cambierà molto. - Allora fallo. Dovresti farlo.
– le suggerii sicura, aggiungendo poi: - Magari dopo quella maledetta
festa di compleanno. Non ero sicura che
fosse una grande idea, me era di questo che aveva bisogno lei in quel
momento: di qualcuno che sapesse cosa bisognava fare. Sperai solo di
non aver toppato alla grande.
- Ok, mettiamo in chiaro una cosa. – mi
dice
serio quando sono uscita dal bagno, dopo essermi messa dei vestiti
comodi e essermi rinfrescata un po’. Lui potrà
sembrare un principe anche dopo un volo di quelle che sono sembrate
centinaia di ore, io ho bisogno di un piccolo restauro. Lo guardo
confusa e lui riprende: -
Sono tuo amico, non sono gay. Lo guardo divertita per
questa uscita ma continuo a non capire: - Mmmh? - Ti vuoi mettere un paio di
pantaloni, diamine? – dice coprendosi gli occhi
con la mano ed indicando con l’altra i miei shorts beige. - Guarda che questi SONO
pantaloni. – sbotto acida mettendomi esattamente
in piedi davanti a lui che è seduto sul divano e cercando di
spostargli la mano. Ci riesco solo
perché lui me lo permette e me lo permette solo per
guardarmi storto: - Li hai rubati ad una bambina di
tre anni? Non ti coprono neanche... - costretto dalla
posizione, involontariamente fa una carrellata sulle mie gambe e poi
esclama distogliendo lo sguardo: -
... l’ombelico. - Sei scemo? –
lo riprendo io mettendo le mani sui fianchi senza però
spostarmi da lì. -
No. Semplicemente, ripeto: non sono gay. -
Mh. E allora? -
Allora copriti. - Ma
se hai sempre insinuato che io non fossi una “che
attira”. -
Ok, questo te lo sei proprio immaginato. - Ma
no. Come se ce ne fosse stato bisogno, me l’hai anche detto
chiaramente, quella volta che... - Mi sbagliavo, ok? – sbotta
lui alzandosi di scatto dal divano e passandosi una mano tra i capelli,
mentre vaga per la stanza evitando il mio sguardo. Poi, si ferma, un
po’ più calmo, mi sorride ed esclama: - Ti
faccio un disegnino se vuoi. Io uomo, tu donna. Io Tarzan, tu... -
Jade. -
completo sorridendo. Mi sto divertendo un mondo: - E comunque
in questo momento mi sembri più... Cita. - Mi
stai dando dello scimmione? -
Sì, caro il mio troglodita. E poi fatti quella barba se non
vuoi che ti dia della scimmia. Che sembri Wolverine. -
Wolv...! E tu mettiti i pantaloni. Sbuffo, divertita dal
suo tono infantile e risentito: -
Ma scusa, tieni a bada gli ormoni, no? Non ti sbatti abbastanza attrici
hollywoodiane?!? Mi guarda di sbieco: - Ma chi pensi che sia? Non ho
tutta questa vita sessuale che ti immagini sempre. - Se
lo dici tu. -
Trovati un ragazzo e fatti una vita sessuale tua a cui pensare, invece
di pensare alla mia. E mettiti un paio di pantaloni. Gli faccio una smorfia
e poi non vede la mia espressione tramutarsi in uno sguardo perfido di
sfida, perché gli ho dato le spalle per dirigermi in camera
mia.
Poco dopo,
rientro in salotto e ho sostituito quei pantaloncini che tanto lo
turbavano. Con una gonna. Corta. Parecchio corta. Lui è di
nuovo seduto sul divano: lo vedo squadrarmi, deglutire, squadrarmi di
nuovo e poi arrossire un po’. Mi sto ancora
capacitando di questo, quando dice con la solita finezza che lo
contraddistingue: - Mi
prendi per il culo? - Sì! –
gli rispondo ridendo di gusto. - Jaaaaade... - fa
lui, in un lamento che fatico a non trovare sexy. D’altra
parte, si sa, la sua voce mi manda all’altro mondo, da
sempre. Ma qui stiamo veramente camminando sul filo del rasoio. Il
problema è: c’è anche lui sul filo con
me, o sarò l’unica a cadere e a farmi male?!? - Tu sai che dobbiamo stare in
questo hotel praticamente insieme fino a domani, vero? – chiede
stropicciandosi gli occhi, come esasperato. -
Sì, e allora? - Vuoi che impazzisca?!?
– chiede guardandomi finalmente negli occhi e
stringendo forte il bracciolo del divano con le dita. Devo scoprire se
cadremo insieme. -
Dai, Rob. Smettila di scherzare, ora. Si alza piano dal
divano e mi si avvicina pericolosamente: - Non. Sto. Scherzando.
– dice serio con la voce bassa e roca da morire.
I suoi occhi mi fissano tempestosi da due piccole fessure. - Mi hai detto un sacco di volte
che non ispiro in “quel” senso... -
faccio io quasi impaurita. -
Mai detta una cazzata simile. - Ok. – ammetto
cercando di alleggerire l’atmosfera e dando al mio cervello
ogni via di fuga che trova: - Me
l’hai fatto capire, allora. Sospira e si avvicina
ancora di più: -
Vorrei che tu capissi adesso una cosa. – dice
minaccioso, gli occhi ormai in fiamme. Io indietreggio ed arrivo fino
ad appoggiarmi contro una delle pareti, mentre lui continua a seguirmi
fino ad essere vicinissimo a me. Non mi lascia via di fuga. Comunque,
non è che la voglia. Mi prende le mani e me
le tiene ferme, alzate vicino alla testa. Poi, mi guarda negli occhi,
feroce. Il mio sguardo, all’inizio allarmato, non
può fare altro che perdersi in quel fuoco. - Ora lo vedi? –
mi chiede con la voce roca e quasi spezzata dai respiri: - Ora capisci quanto poco mi
ispiri? Piano piano sembra
placarsi al ritmo dei nostri respiri affannati. Nessuno dei due riesce
a distogliere lo sguardo, nessuno dei due riesce a muoversi per un
po’. Poi, lui mi lascia andare le mani bruscamente e si
allontana in fretta. Si gira per guardarmi ancora una volta; poi, con
una specie di ringhio, prende una felpa dall’attaccapanni ed
esce dalla porta. Appena si richiude la porta alle spalle, mi lascio
scivolare fino al pavimento, confusa e sconcertata al limite delle mie
possibilità. Lui mi vuole. È questo
tutto quello che riesco a pensare. Il pensiero più inutile
del mondo, se lui non è qui.
Ricordo che il resto di
quel pomeriggio passò così: io nella mia camera
d’hotel e lui nella sua. Camere confinanti, sarebbe bastato
aprire quella sottile porta che le separava per ritrovarsi l'uno
davanti all'altra. Ma questo, ovviamento, non successe. Non un segnale
di vita da parte sua e nessuna voglia di parlare o di chiarire da parte
mia. Insomma, era solo il solito giochetto, prima o poi sarebbe tornato
tutto come prima ed io sarei rimasta fregata per essermi fatta prendere
troppo dal momento. Eravamo già
d’accordo che sarebbe passato dalla mia camera verso le nove,
per andare alla sua festa insieme, quindi, visto che non avevo molto da
fare decisi di iniziare a prepararmi con largo anticipo. Sapevo che lui
non avrebbe mancato quell'appuntamento, si era dato troppo da fare per
lasciare che un piccolo diverbio mandasse tutto all'aria. Aveva
insistito troppo per avermi al suo fianco quella sera. Robert aveva fatto
recapitare il vestito che aveva scelto per me direttamente nella mia
camera. La scatola era piuttosto grande e aveva l’aria
costosa. Ovviamente. L’avevo
lasciata chiusa e non l’avevo spostata dal tavolino su cui
era stata appoggiata. Mi avvicinai con cautela, quasi come se fosse
stata una bomba. Forse avevo solo paura di scoprire che lui mi
conosceva davvero troppo bene. Sollevai il coperchio
con circospezione e spostai vari strati di carta leggera: quello che
vidi mi lasciò senza fiato. Come avevo immaginato. Rob non scherzava. Quel vestito... era
perfetto. Era fatto di una strana
stoffa leggera e vaporosa come tulle e di un colore che non avevo mai
visto prima, a metà tra il verde e l’azzurro. La
gonna ampia non era troppo corta né troppo lunga ed il
bustino era stretto, era morbidamente stretto in vita da una fascia
nera e terminava con una sola spallina dal lato destro, mentre la
spalla sinistra rimaneva scoperta. In un angolo della scatola
c’erano altre scatole più piccole: una conteneva
un paio di scarpe nere con un tacco quasi vertiginoso e
l’altra un paio di lunghi orecchini argentati e un semplice
girocollo abbinato. Probabilmente si era
fatto consigliare, ma dovetti ammettere sorridendo tra me e me che Rob
aveva gusto. E che, soprattutto, mi conosceva bene.
Quando andai ad aprire
la porta alle nove e cinque minuti, dopo che qualcuno aveva bussato,
avevo appena finito di truccarmi. Rob alzò gli occhi proprio
mentre uscivo e rimase un attimo ad osservarmi, incerto se dire
qualcosa. Aveva una strana espressione colpevole che mi faceva sentire
in imbarazzo, ma mi dissi che non ci dovevo fare caso. Gli sorrisi
impacciata e lui per tutta risposta mi offrì il suo braccio
in modo ancora più impacciato. Mentre compieva questo gesto
lo vidi osservare con un sorriso trattenuto il bracciale che avevo
scelto di mettere per quella serata: certo, forse quel sottile laccio
di pelle nera ricoperto da piccole borchie non faceva pendant con
l’abito, ma si adattava benissimo a me, così poco
abituata ad essere elegante che avevo bisogno di qualcosa che mi
riportasse con i piedi per terra. Qualcosa di mio. Purtroppo, non appena
lo vidi, mi resi conto che in realtà era Rob
l’unica cosa che, attaccata al mio braccio, mi avrebbe fatta
sentire a mio agio e non uno stupido braccialetto. Scendemmo nella hall
con l’ascensore, chiamammo un taxi e ci dirigemmo verso il
luogo dove avrebbe dovuto svolgersi la festa... sempre in silenzio. Un
silenzio pesante, inusuale tra noi che non facevamo altro che parlare,
anche magari solo per insultarci. Pensavo che non ci
fosse limite al peggio, invece non avevo calcolato il fatto che stavo
andando ad una festa dove tutti sarebbero stati vip, tranne me.
N.D.Summer Ok,
prometto che presto arriveremo alla dannatissima festa. Ma non
è meglio se non prometto più niente, che ogni
volta che lo faccio poi non mantengo?!?
E' già un miracolo che io abbia postato oggi. :P Tra l'altro
un pezzo al presente ed uno al passato... beh, c'è un motivo
in ogni caso. Sono comunque pensieri al vento di quella pazza di Jade!
Infatti questo capitolo è piuttosto schizofrenico: parte con
loro che si insultano, passa alle solite schermaglie
amorose-ma-forse-no e finisce con un enorme punto di domanda circondato
da tanti cuoricini (disegnati da Jade ovviamente, abbagliata (anche)
dal vestito).
Il fatto che Rob sembri Wolverine quando si fa crescere un po' di barba
è liberamente tratto dal mio cervello in fermento... la
schizofrenia del capitolo anche. Il vestito di cui parlo l'ho visto
davvero, forse sul web o forse no ma comunque non saprei ritrovarlo, e
l'ho modificato un po' a mio piacimento.
In
ogni caso, ringrazio quei due tesori che nonostante tutto (deliri e
ritardi abissali) continuano a
seguirmi e a commentarmi... e grazie anche a chi mi segue soltanto!
_Miss_
, sì era Stella, hai capito bene! So che ti aspettavi Rob e
in effetti sarebbe carino vedere per una volta cosa pensa lui...
Però io la sua mente me la immagino troppo ingarbugliata per
potermi mettere nei suoi panni... chissà perchè!
Oddio, non che io non abbia una mente abbastanza ingarbugliata, anzi!
Sono contenta che tu abbia letto la schifezzina su OTH e sono ancora
più contenta che ci sia qualcun altro a cui piace
Nathanuccio!!!
white,
wow, mi spaventa un po' questo conoscere la tua vita... senza in
realtà conoscerla. Però in fondo c'era qualcuno
che diceva che la scrittura è terapia, chissà che
non lo sia anche la semplice lettura...? :)
Lui non lo sa, ma io la mia decisione l’ho presa. Ieri con
Stella; oggi pomeriggio con lui; stasera senza di lui. In ogni caso, ho
deciso. Ho già deciso cosa succederà dopo questa
festa, ma non ho intenzione di dirlo a Robert finché non
sarà finita. Allora, poi, farò la mia scelta e ne
subirò le conseguenze.
Stavolta non entriamo
mano nella mano nell’enorme salone illuminato a giorno da
mille candele e lampadari e lampade posizionate ovunque. La luce
accecante e bianca è accentuata dalle pareti candide che la
riflettono e da troppi teli di stoffa bianca e leggera drappeggiati
sulle pareti. Il pavimento è grigio chiaro, fatto di un
materiale che è quasi uno specchio, perfettamente liscio e
brillante. Appena oltrepassiamo la porta a vetri
dell’ingresso, io e Rob ci blocchiamo contemporaneamente. Per
quanto riguarda me, non so se essere più abbagliata,
intimidita o ammirata. Mi giro verso di lui e riconosco le stesse
sensazioni nel suo sguardo perso nel vuoto, perché un solo
sguardo non può contenere tutta quella luce, tutto quello
sfarzo. Soprattutto, non lo sguardo di Rob e nemmeno il mio. Mi guarda, con uno
sguardo confuso che mi fa venire voglia di abbracciarlo e gli sorrido
per rassicurarlo. Mi sorride a sua volta e stiamo per avviarci verso il
centro dell’immenso salone, quando la vedo. Lei.
Abbiamo avuto una
conversazione interessante, poco tempo fa. Su di lei, che è
sempre stato quasi un argomento tabù per Rob. Ma...
semplicemente ero curiosa e probabilmente avevo bevuto qualche
bicchiere di troppo, tanto per cambiare.
-
Come va con Kristen? Novità? Mi aveva guardato male,
Rob, ma sembrava essere divertito dalla mia idea. E parecchio,
parecchio spiazzato: -
No, novit... Come... come ti viene in mente? - mi aveva
chiesto.
-
Beh, siete stati insieme una volta, mi sembra. Lui
alza un sopracciglio e si limita a fissarmi insistentemente,
così, sapendo di non poter sopportare quello sguardo a
lungo, continuo: - Una
volta o più volte, non so. Si
mette a ridere scuotendo la testa e sposta lo sguardo sul posacenere di
vetro sottile che ha preso in mano poco prima. Se lo rigira tra le
mani, nervoso. - Una volta Jade. E non
è stato niente. – chiarisce serio. Sono
io questa volta ad alzare un sopracciglio: - Oh. Ma se siete arrivati a quel
punto significa che qualcos... - Ci sentivamo soli, ok? -
esclama lui interrompendomi e mi chiedo il motivo di così
tanta foga. - Ci sentivamo soli ed
è capitato. - aggiunge cambiando tono - Alla fine era ovvio che finisse
così. Spalanco
gli occhi: - E
perchè? -
Beh, due persone che lavorano insieme per così tanto tempo,
che condividono emozioni così forti sotto i riflettori e
non... era ovvio che prima o poi finisse così. -
Dici? - Certo. Poi lei è una
bella ragazza ed io... - fa scivolare una mano dalla
guancia fino al suo petto, sfiorando appena la camicia - ... io sono meraviglioso! Scoppio
a ridere e lui mi segue a ruota. -
Viva la modestia. -
Non è un mio pregio. -
E non sei nemmeno romantico. - Io la penso così. Tu
no? - finalmente smette di giocare con il posacenere e lo
appoggia sul tavolino. Estrae un pacchetto di sigarette e ne estrae una
lentamente. -
Non lo so. Insomma, credo che se due persone finiscono insieme qualcosa
c'è... ci deve essere per forza. - Non sempre. Te l'ho detto, se
passano tanto tempo insieme è l'ovvia conclusione. - replica
Rob, accendendosi la sigaretta e fissando interessato il fumo che
lui stesso soffia fuori dalla bocca. Rifletto
un attimo: - Allora
anche noi dovremmo finire a letto insieme. Appena
finisco la frase, Rob inizia a tossire, come se il fumo gli fosse
andato di traverso. Poi, quando riesce di nuovo a respirare, dice con
voce spezzata: - Vuoi
farmi morire?!? -
Ho solo detto quello che TU pensi. Scusa se è una cosa
così impensabile per te. -
Non è questo. -
E allora cosa? -
Non me n'ero reso conto, finchè non me l'hai fatto notare.
La mia teoria non si applica a noi. - No. - cerco di
mascherare la delusione. "Ma non volevi questo, vero Jade?" - Sarà l'eccezione che
conferma la regola. "Già,
e perchè non posso invece far parte della norma, per una
volta?!?" penso contrariata. -
No, non credo. Piuttosto credo che noi abbiamo qualcosa in
più degli altri. Insieme, intendo. "La
capacità di non finire a letto insieme? Non mi sembra un
qualcosa in più, sai, Rob. Mi sembra piuttosto una
punizione." - Sono io a non crederti
stavolta. Semmai abbiamo qualcosa in meno, tipo l'attrazione fisica. -
mi sono alzata e gli dò le spalle mentre parlo. Fingo di
riempirmi il bicchiere al frigobar, quando questo invece è
già mezzo pieno. - No, credimi. Abbiamo qualcosa
in più. - fa lui risoluto, alzandosi e
venendomi vicino. Mi soffia una nuvola di fumo nell'orecchio, mentre
tento di non tremare. Quando
mi giro, mi ritrovo a pochi centimetri di distanza da lui. Per un
attimo, rimaniamo così, io imbarazzata, lui spavaldo,
entrambi però impietriti ed impotenti, a fissarci negli
occhi. Poi
lui si allontana e mi dice sorridendo malizioso: - Te l'avevo detto che non ci
manca niente. Fa
un mezzo giro su se stesso e torna a guardarmi negli occhi. Non oso
nemmeno immaginare quanto possano essere rosse le mie guance in questo
momento. E, come sempre quando mi sento fragile, esce la parte peggiore
di me. -
Come vuoi tu. - esclamo
secca. Sono
sconcertata dal fatto che, ancora una volta, abbia voluto semplicemente
constatare l'effetto che ha su di me. Sono arrabbiata,
perchè lo fa ogni volta e poi cambia discorso, come se
niente fosse. Sono
a pezzi, perchè mi rendo conto che per lui è un
gioco. Ma, ancora peggio, perchè mi rendo conto che per me
non lo è. Affatto.
Di Kristen non abbiamo
più parlato, mai più. Forse perché non
c’era niente da dire, forse perché lui non voleva
parlare a me di quel “niente”. Ora però
che ce l’abbiamo davanti, non credo che possa rimanere un
argomento da evitare ancora per molto. - Ciao! –
esclama quando è abbastanza vicina. Ci guarda entrambi per
qualche secondo, sorridendo serena. Poi si sporge verso Rob e si alza
in punta
di piedi per posargli un bacio sulla guancia. Io mi fisso le scarpe.
Appena torna giù però, si rivolge a me con lo
stesso sorriso radioso e mi tende una mano: - Ciao, sono Kristen. Certo, come se non
sapessi chi sei. -
Ehm, ciao io sono... - ... Jade. –
interviene Rob con un sorriso finalmente rilassato: - Lei è Jade. Kristen mi stringe la
mano ed esclama: - In
carne e ossa! Sai, qualcuno di noi pensava che fossi un’amica
invisibile di Rob... - mi fa l’occhiolino. È bellissima
e a quanto pare quando non è davanti alle telecamere per
un’intervista oppure ad una folla di fan impazziti riesce
anche ad essere rilassata e a suo agio. Certo, ha sempre quella
timidezza sul fondo degli occhi che credo niente le potrà
mai togliere, ma anche quello fa parte del suo fascino. Io, perlomeno,
ne sono affascinata. Indossa un vestito nero stretto e corto e dei
tacchi vertiginosi, ma nonostante questo non è per niente
volgare, anche se non si può dire che li porti con
disinvoltura: anche quando sta ferma si coglie una sorta di
impacciataggine innata e ineludibile che la caratterizza. È troppo
bella e troppo poco sicura di sé e la cosa mi mette a
disagio. Mi sembra di
riconoscere in lei questa caratteristica tipica anche di
un’altra persona di mia conoscenza... Mio malgrado, mi sta
simpatica. Mio malgrado, perché quando penso in che modo lei
è stata con Rob, con il mio Rob... è meglio che
non pensi nemmeno a questo. Kristen prende Robert
per mano e lui mi fa cenno di seguirli con la testa: arriviamo in un
punto della sala dove c’è un assembramento di
persone chiassose e sorridenti. Sono confusa da quella folla e non
riesco a mettere subito a fuoco le facce dei ragazzi e delle ragazze
che mi si presentano davanti. Solo quando sento Rob esclamare – Taylor! – e
lo vedo abbracciare un ragazzo scuro di pelle mi rendo conto di cosa
sta succedendo. Ci sono tutti. In meno di un minuto
stringo una decina di mani e mi vengono presentati Taylor, un tipo
tutto muscoli dal sorriso contagioso, una ragazza con i capelli corti
neri... e poi perdo il conto dei nomi e delle mani di personaggi famosi
che sto stringendo. Mi sento completamente sopraffatta e vorrei che Rob
mi aiutasse ma è anche lui intrappolato in un vortice di
saluti, baci, auguri e abbracci. Al contrario di me, però,
lui sorride e sembra divertirsi.
Un’ora dopo,
sono già stufa di questa festa. Seduta ad un tavolino
rotondo da sola, sorseggio vino frizzante da un flute che è
già stato riempito troppe volte. Ogni volta che do
un’occhiata in giro per vedere dov’è
finito Robert, pura curiosità, lo trovo con persone diverse,
che chiacchiera, ride e scherza. È tutta la sera che a me
non rivolge la parola e io dopo essere stata gentile durante tutte le
inutili presentazioni a vip che non mi parleranno in ogni caso, mi sono
stancata e mi sono ritirata in questa specie di esilio volontario. Ad un certo punto,
sento qualcuno sedersi su una delle sedie accanto alla mia. Mi giro ed
un paio di occhi verdi mi fissano indagatori e curiosi: - Ti diverti? –
mi chiede Kristen con disinvoltura, più preoccupata che
ironica. Alzo le spalle per
tutta risposta e lei continua, come se sentisse il bisogno impellente
di sputare fuori quelle parole: -
Robert mi ha parlato di te, qualche volta. – mi
sorride incoraggiante, poi distoglie lo sguardo. -
Più che altro – continua – spesso ti
cita ma non se ne accorge. Cioè, non mi parla di te
volontariamente, insomma, ma credo che tu sia sempre nei suoi p... - Ehm, Kristen...? –
la interrompo, perché si sta agitando e sta cominciando a
parlare a raffica. Mi fa strano rivolgermi a lei così,
poterla chiamare per nome, poterle parlare. Ma non è una
sensazione del tutto negativa. - Ho capito. –
le dico cercando di sorriderle. Lei annuisce, non
troppo convinta: - Bene. Si tortura le mani e
poi aggiunge: -
È che... volevo dirti che... quello che è
successo tra me e lui... lo sai, no? Annuisco piano,
guardandola negli occhi e sperando che non si accorga di quando sto
tremando. Lo stomaco mi si contorce quando penso che stia per dirmi di
stare lontana da Rob, perché non saprei proprio come
risponderle. Non dopo la decisione
che ho preso. - ... non è stato
niente. – soffia fuori talmente veloce che non
sono sicura di aver capito. - È stato un errore,
per entrambi. Lo sappiamo tutti e due e ne abbiamo anche parlato.
– continua. Cerco di riprendermi da
quello che penso di aver appena sentito, cercando una conferma di non
stare sognando. Intontita, riesco solo a chiederle: - Ma... perché me lo
stai dicendo? - Beh, - mi sorride
arrossendo un po’ –
lui ovviamente non lo ammetterà mai, ma credo che sia cotto
di te.
N.D.Summer Finalmente la festa!!!
(come dico anche nel titolo)
Che
decisione ha preso Jade? Lo scoprirete nel prossimo capitolo, che ho
quasi finito ieri notte, insieme a questo. Ho un esame
lunedì, quindi sto a casa a studiare e ovvimente mi viene
l’ispirazione notturna. Sì,
potrebbe sembrare che le due cose non siano collegate fra loro, ma per
me lo sono. :S
Notare i miei mille stratagemmi per non rivelare il vero nome di Jade!
Mi ci impegno eeeh!
Piccolo spoiler incomprensibile sul prossimo capitolo: andremo tutti insieme sulle giostre!
Buona lettura e grazie a tutti come al solito... ehi, voi che leggete
senza commentare... : commentate!!! Fatemi sapere! Scatenatevi contro
Kristen!!!
Purtroppo io non riesco a trovarla antipatica o ad odiarla... Intanto
non vedo perchè "dovrei"... e poi con quel suo modo di fare
strano mi fa quasi tenerezza... Parere mio, eh! Liberissime di odiarla
:P
Dopo
questa, se non mi ammazzate via web sarà davvero un
miracolo. -.-‘
Ho sempre pensato che andare su quelle giostre velocissime e
adrenaliniche, come l’ottovolante, fosse molto pericoloso. Ho
sempre avuto paura che si potesse rompere qualche ingranaggio, ma
più che altro temevo che mi potesse causare dei problemi al
cuore, come un infarto.
Hanno cercato di convincermi in tutti i modi, spiegandomi che quella
era una possibilità più che remota: tuttavia,
come mi capita spesso, non sono mai riuscita a credere del tutto a
quello che mi dicevano.
Oggi, so che avevano torto. L’ottovolante
fa male al cuore.
- Grazie mille per
essertene andata senza nemmeno salutare! – Rob
entrò nella stanza buia dalla porta in comune tra le due
camere, decisamente brillo, sbraitando e passandosi ripetutamente la
mano nei capelli già sconvolti. Ovviamente, senza curarsi di
bussare. Il carrello della
giostra sulla quale sono seduta stride, poi inizia a prendere sempre
più velocità sul binario. Sento i capelli
scompigliati dal vento e le mani mi fanno male per la forza con la
quale stringo la barra di sicurezza davanti a me. Intravedo una salita,
davanti a me e non posso evitarla in nessun modo. Di binario ce
n’è uno e uno solo. - Oh, dopo quando tempo
ti sei accorto che non c’ero più? – gli
risposi acida, senza alzarmi dalla poltrona su cui stavo seduta da
quando ero tornata, incapace di muovermi. Le scarpe tacco 12 buttate da
un lato sul pavimento e le gambe tirate su a sgualcire il mio
bellissimo vestito. - Si può
sapere cosa ti è preso?
Purtroppo non aveva intenzione di evitare quel suo tono irritato, ma la
mia arrendevolezza sincera stupì anche me: - Volevo solo andare via... Dopo la salita, si sa,
si inizia a scendere. Sempre più veloce.
Sembrò addolcirsi per un attimo, ma poi esclamò: - Con Kellan, casualmente? Giù. - Cosa vuoi dire,
"casualmente"?!? Si è offerto di accompagnarmi, punto.
– dissi. Volevo aggiungere dell’altro,
qualcosa del tipo “è stato molto
gentile” o “almeno lui si è accorto che
esistevo”, ma mi resi conto che erano solo modi di farlo
ingelosire. Ed io non volevo questo: di... Kellan non mi importava
molto, non come credeva Rob in quel momento di follia. E poi, io, come
al solito, volevo lui e basta. Senza implicazioni, senza legami: solo
lui. Solo io e lui, come era sempre stato. In quel momento, mi andava
bene anche così. - Ci ha provato?
Perché giuro che se ci ha provato io... -
strinse i pugni rabbioso. Stava ancora in piedi all’ingresso,
non aveva ancora osato fare un passo verso di me.
Lo guardai allibita. Con il vento negli
occhi, non riesco a vedere quanto è lontana la fine della
discesa. - E anche se fosse?!? Tu
cosa? - Io... tu... Se poi
avesse... - balbettò lui, incapace di darmi una
risposta definita.
Poi, disse semplicemente: -
L’avrei ucciso, lo sai.
Rabbrividii, ma tentai di non darglielo a vedere. - Se ci avesse provato?
Oh, questo sì che ha senso. – sbottai
sarcastica, continuando poi con quel tono e un sorrisino amaro ad
incresparmi le labbra: - Comunque non credo che
vorresti sprecare la tua prima scazzottata per me. –
Volutamente, avevo ripreso una delle nostre prime conversazioni, in cui
aveva ammesso di non aver mai partecipato ad una rissa, nemmeno per una
ragazza.
Perché non ne aveva mai conosciuta una che ne valesse la
pena. - Io...! - mi
guardò e scoppiò a ridere, ma era una risata
cattiva, sarcastica: -
Certo, Jade. Non vorrei mai farlo. Si inizia a risalire,
piano.
Finalmente si mosse, dirigendosi rabbioso verso la sua camera da letto,
così io esclamai confusa: - Cosa?!? Io... davvero
Rob, io non ci capisco niente.
Lui si girò verso di me, la mano sulla maniglia della porta
e replicò: - Ci sono abituato. Di nuovo giù. - Cosa stai dicendo?!?
– mi alzai in piedi ed andai verso di lui,
mettendomi davanti a lui in gesto di sfida: - Prima mi inviti a
questa festa, mi compri anche un vestito, mi dici che devo venire e
devo farlo per te...- sorrido amara e vado sempre più
giù: - Poi non mi parli per
tutta la sera, quasi nemmeno mi guardi, mi lasci completamente sola in
mezzo a centinaia di estranei... E poi te la prendi se me ne vado prima
con uno, un tuo amico, che si è solo offerto di
accompagnarmi?!? Ti sembra normale tutto questo?
Eccolo. Il giro della
morte.
Lui finalmente mi guarda negli occhi e la delusione che leggo in
quell’azzurro cielo mi impedisce di respirare per un istante.
Poi, la sua voce stranamente bassa e calda mi sussurra: - E a te, sembra normale?
– rimane lì un attimo ancora,
lasciando che i suoi occhi brucino nei miei, prima di sparire dietro
quella porta che si chiude con un tonfo sordo. Il giro è
finito. Ed io sto per vomitare.
N.D.Summer
Ebbene
sì, questi due hanno
litigato, ancora. Probabilmente il problema è che ho un
sacco di litigi
in testa che non posso sfogare su nessuno e quindi li faccio uscire
qui... scusate!!! La cosa buona è che d’ora in poi
come avete visto gli
aggiornamenti saranno un po’ più veloci........
Non mi avete perdonata,
eh? Lo vedo che guardate il computer come se voleste incendiarlo, con
gli occhi ridotti a due fessure... ehm, io vado! Baci!
@ Wild Girl:
Noooo, credimi, non ho assolutamente pensato "Oddio, questa legge da 20
capitoli e solo ora recensisce"!!! Al massimo, prima ho pensato "Oddio,
è da 20 capitoli (e 5 mesi!!! 5!) che vado avanti e non
è ancora successo niente! Questa storia è
interminabile! Mi stupisco che ci sia qualcuno che ancora la segue!" e
poi "E' decisamente meglio tardi che mai!"...
Questo per dire: mi fa
sempre piacere sentire il vostro parere, o anche solo che ci siete,
perchè per me un numerino in più nella colonna
"Seguita da" o "Ricordata da" non cambia la vita e neanche un numerino
in più in "Recensioni"... una recensione però,
magari non mi cambia la vita, ma la giornata me la può
cambiare. ;)
Quindi la tua recensione un po' la considero un premio per aver
aggiornato così in fretta, io che di solito ti faccio
"aspettare anni per un aggiornamento di niente" xD (mi hai fatto ridere
un sacco, perchè è proprio vero!)
E mi fa ancora più piacere sapere che leggi anche le note in
fondo al capitolo, forse sperando che dia qualche indizio in
più sulla storia, eh? Comunque sono piacevolmente colpita
dal sapere che c'è qualcuno che legge i miei sproliloqui
spacciati per note che hanno una qualche attinenza con la storia :P
@_Miss_:
Uhahhaha, scommetto che Kristen qui ti sta simpatica perchè
non si intromette troppo e se ne sta nel suo angolino, anzi dice delle
cose carine a Jade! Ma vuoi che quella capisca? Ovvio che no!!! :P
Jade (quella scema) ormai non è più un
personaggio di cui io decido: fa tutto da sola, dice quello che vuole
dire, fa quello che vuole fare. Io non posso quasi metterci becco. :P
Dico questo per dissociarmi da lei dal momento che sta per fare qualche cazzata?
Probabile. Anche. Però è davvero
così, ormai non è più un mio
personaggio, ha vita propria.
Per quanto riguarda lo spoiler, sono proprio cattiva! Anche
perchè era davvero incomprensibile... Spero di essermi fatta
perdonare con l'aggiornamento semi-rapido. Ti ringrazio per seguirmi
sempre e comunque :P, baci
-
Ma è chiaro: fa così perché gli piaci.
– Questa è
Stella, una delle mie migliori amiche. Anche se non ve l’ho
presentata prima, lei di sicuro è in grado di presentarsi da
sola, con poche frasi ben assestate. E, le sue, lo sono sempre. - No
Sté. Non gli piaccio. Non in quel senso, comunque. È mattina,
la mattina dopo la festa, la mattina dopo il mio litigio con Rob. Ed
io, come al solito, non ci sto capendo niente. Per questo
l’ho chiamata non appena mi sono svegliata, dal telefono
della mia camera d’albergo. Rob dorme nella stanza qui di
fianco e spero che stia davvero ancora dormendo, perché sono
sicura che la voce di Stella si senta anche attraverso le pareti
più spesse. Specialmente quando mi
“sgrida”. - Ma
perché non mi ascolti mai? È geloso: uguale, gli
piaci. -
Non è geloso. - E io non sono un genio.
– dice lei ironica, ma qualcosa non mi quadra. - Tu NON sei un genio! –
le faccio notare. - Stanno ancora cercando di
provare il contrario. – ribatte lei decisa: - E tu gli piaci. -
Ok, sai di chi stiamo parlando vero?
Robert-posso-avere-qualsiasi-favolosa-attrice-del-mondo-intero-Pattinson. - Lo
stesso Robert-oh-Jade-non-posso-fare-questo-senza-di-te-Pattinson di
cui parlo io??? Sbuffo: - Probabilmente no. Ieri sera era
proprio una persona diversa. -
Vedrai che stamattina gli sarà passato tutto. - Come sempre. Proprio come
quella volta... - mi blocco subito e mi pento di aver
iniziato senza pensarci questa frase. -
...quella in cui vi siete baciati? Eh sì, farà di
nuovo finta di niente. -
Non “ha fatto finta” di niente... Non ERA niente. - Come vuoooooi. -
Be’, comunque poi l’ha rifatto mille altre volte.
Ne abbiamo già parlato. Il problema è che va
sempre così. Non so se ce la faccio ancora ad andare avanti
così. -
È vero, ne abbiamo già parlato, ma non abbiamo
concluso niente. -
Non concludo mai niente, quando si parla di lui. -
Mmh. - Be’, mi sa che ho
deciso. – esclamo dal nulla, non so con quale
forza. -
Deciso cosa? Non ti permettere di fare stronz... - Ci
sentiamo Stella... -
Non ti permettere di riattaccare prima di avermi promesso che non... -
Ste? -
Sì? - Le
giostre fanno male al cuore? - Ma
che cazzo dici? L’attorucolo ti ha proprio mandato in pappa
il cervello. -
No, uhm, niente, era per dire. Ci sentiamo. -
Non hai intenzione di dirmi niente?!? -
Per ora no. Per favore. - Mmh, ok. Sono curiosa marcia,
ma... va bene. – sospira – Ci sentiamo. E fammi
sapere quando tutto andrà come ti ho detto. La vedo quasi che mi fa
l’occhiolino all’altro capo del telefono. E anche
ieri sera devo aver esagerato con l’alcool. Riattacco e mi
alzo dal letto, dirigendomi verso la zona che la mia camera e quella di
Rob hanno in comune.
Entro nella parte
comune delle nostre due camere d’albergo con i capelli
sconvolti e di sicuro gli occhi gonfi ed arrossati. Si vedrà
lontano un miglio che non ho dormito per niente. - Ehi, Jade... -
dice lui senza voltarsi appena mi sente entrare. È in
ginocchio in un angolo della stanza, sta rovistando nel frigo bar: - Ti fai uno shot? - Rob ma... non è
neanche mezzogiorno. – gli dico io piatta,
sedendomi sul divano. Lui fa spallucce ed
intanto sceglie una delle bottiglie che stanno sul ripiano. - Dobbiamo parlare. – inizio,
sentendo già la voce venir meno alla fine di questa frase.
Non oso immaginare come riuscirò a dire tutto il resto. -
Forse dovremmo smetterla per un po’. Ecco come. Lui ancora non si
è girato verso di me, sta cercando un bicchiere in una
specie di piccola dispensa. Poi lo trova e mentre si versa da bere
quello che decisamente non è uno shot. Mi guarda e sta per
rispondere: vedo che indugia per un attimo sul mio sguardo, sui miei
occhi e torna serio. Butta giù in un colpo il contenuto del
bicchiere, poi mi chiede cauto: -
Non stai parlando dell’alcol, vero? - No. –
rispondo secca, mentre la mia gola lo è altrettanto. -
Smettere di fare cosa, Jade? È a poche
decine di centimetri da me, ma è come se avesse paura di
avvicinarsi, o di muoversi. -
Di... litigare. Di litigare così e poi di fare finta di
niente. È una cosa che mi distrugge e se almeno capissi
perché succede... Lascio la frase in
sospeso ed i suoi occhi si posano su di me, tristi: noto che oggi hanno
un colore diverso, tendono al grigio. Annuisce, pensieroso: - E cosa pensi di fare, quindi? - Non so... -
giocherello un po’ con la stoffa del divano, con noncuranza: - Non vederci per un
po’ credo. Quella frase, che
è uscita come un soffio dalle mie labbra, pesava come un
macigno sopra il mio petto. Ma ora che l’ho pronunciata, ho
scoperto che forse togliermi quel peso non poteva essere quello che
volevo. Lui sospira piano,
fissandomi. Passa un’eternità,
un’eternità di ripensamenti che però
non riesco a mettere a fuoco da parte mia, prima che lui dica
semplicemente: - Ok. Vuota in un sorso il
suo bicchiere e torna nella sua stanza, senza dire una parola di
più.
Il tempo di fare le
valigie e sono già su un aereo, diretta a casa mia. Se solo queste lacrime
smettessero di scendermi sugli occhi, sarei anche in grado di capire
dov’è, casa mia.
N.D.Summer
Non
aggiungo molto a questo capitolo... Notate però l'autoironia
(lasciando stare per un attimo il sottile gioco di parole tra shot come
"sparare" al passato e shot come drink) del titolo:
perchè so che mi vorreste sparare, come al solito :P
Però con Stella ho cercato un po' di dare voce a tutte voi
che vorreste prendere Jade per le spalle e urlarle in faccia. Stella
è un po' tutte voi che la prendereste a schiaffoni
perchè ha lì Robert davanti e... fondamentalmente
non crede in se stessa, quindi non fa niente. Non ci crede.
Perchè ha paura e per mille altri motivi che si intravedono
in questa storia ma che non starò a spiegare, non stasera
comunque.
Stasera mi basta immaginare Rob intento a bere troppo anche di mattina,
Rob annebbiato, Rob con gli occhi grigi di tristezza,
perchè la nebbia non è solo quella
alcolica nel cervello ma è anche quella che ha un'altra
sorgente, nell'anima.
Grazie a tutte, grazie per essere salite sulle giostre con me la volta
scorsa... grazie in particolare a:
Wild Girl: Le
tue paure erano fondate, Jade ha detto addio a Rob... Ci vogliamo
credere? Quaglieranno xD prima o poi?!? Be', oddio, prima o poi
qualcosa dovrà succedere!!! E con questa promessa continua
sono già a 24 capitoli, vediamo fin dove arrivo! Le
recensioni lunghissime e "di niente" sono anche la mia
specialità; però mi piace anche leggerle, non
solo scriverle!! ;)
SIL1996:
Ehi, benvenuta! Grazie di tutto, non ti dico di continuare a seguire la
storia per vedere se alla fine capiranno che si amano perchè
temo che se la segui da un po' avrai già capito come
funziona!!! :P
whitevelyn:
Be', io mi sto rendendo conto che conosco senz'altro lei... Ma spero di
non diventare troppo "veggente" (anche se vedo nel passato, a quanto
pare), sennò comincio a preoccuparmi. :) baci!
>
listen Adoro
sentire l’odore del fumo sulla tua pelle quando mi abbracci.
Adoro sentire la tua voce che pronuncia il mio nome piano, anche se
quello non è il mio nome. Adoro stringerti e sentirti
respirare nei miei capelli. Adoro vedere i tuoi occhi sorridere, e non
solo le tue labbra. Ma adoro anche quando sorridi per finta e solo io
so che è così. Ma stanotte non ci sei.
E stanotte, tutto ciò che so fare è pensare che
mi manchi. E il fato non mi aiuta,
perché dal mio lettore in modalità shuffle
iniziano ad uscire le note di una canzone che adoro e che sembra fatta
apposta per me, per questo mio momento. 3 minuti e 50 in cui mi
perdo.
E quelle stesse note,
entrano direttamente nelle mie orecchie e poi si fiondano sulla mia
anima, facendomi sorridere mentre una lacrima scorre sul mio viso.
Hello
there the angel from my nightmare The
shadow in the background of the morgue The
unsuspecting victim of darkness in the valley
Sono sempre stata
attratta dalle contraddizioni. E loro da me. Sei il mio angelo e il
mio incubo più grande, insieme. Inestricabile, impossibile,
tu. Se fossi qui, ora, mi
daresti della stupida, mi diresti che sto facendo la melodrammatica
come al solito. Ma stanotte, tutto ciò di cui ho bisogno
è mettere la testa sotto le coperte e respirare il buio e
questa canzone che sa di te. Ancora, ancora e ancora. 3 minuti e 50 non
bastano. Ancora.
We
can live like Jack and Sally if we want Where
you can always find me And
we'll have Halloween on Christmas And
in the night we'll wish this never ends We'll
wish this never ends
A te piace Tim Burton.
Sorrido. Se fossi qui me lo diresti. E mi diresti anche che ti
piacerebbe vivere come Jack e Sally e poi sul tuo viso apparirebbe
quell’aria sognante che hai sempre quando parli di cose
assurde, che nessuno capisce. Possiamo essere solo
noi due al mondo? Non voglio dormire,
sai. Non voglio sognarti. Vorrei poter sognare
qualcun altro, ma so che se chiudessi gli occhi non sarebbe
così. Vedrei te, come vedo te nel buio più
accecante. E non ti voglio
chiamare, perché so che non potrò per sempre
contare su di te per raccogliere i miei pezzi. I pezzi di me. E non ti voglio
chiamare anche perché so che cercheresti un modo per
letteralmente volare qui, da me, lasciando tutti i tuoi impegni. Ed io non voglio
questo. Non ti chiedo questo. Mi manchi e vorrei che
ci fosse qualcosa per placare il dolore che sento stanotte, ma la tua
voce non sarebbe una cura. Mi farebbe stare solo peggio:
perché alla fine tu mi daresti la buonanotte ed io dovrei
passare tutta la notte senza. Il pensiero di te mi farebbe male persino
nelle pause tra una tua parola e l’altra: vuoto, mancanza. Mi manchi.
Where
are you and I'm so sorry I
cannot sleep I cannot dream tonight I
need somebody and always This
sick strange darkness Comes
creeping on so haunting every time And
as I stared I counted The
webs from all the spiders Catching
things and eating their insides Like
indecision to call you and
hear your voice of treason Will
you come home and stop this pain tonight? Stop
this pain tonight
Non voglio chiamarti
perché vorresti placare il mio dolore e mi chiederesti cosa
lo provoca e cercheresti di capire, di scavare... E ti dovrei spiegare la
mia maledizione, o la mia “profezia che si
autoavvera”, come direbbe qualche psicologo.
Perché tu spesso hai cercato di spiegarmi la tua; anzi, me
l’hai mostrata, me l’hai messa davanti agli occhi
in modo che potessi capire. In modo che potessi capire te, un
po’ di più. Forse non voglio che tu
mi capisca, forse ho paura che tu possa farlo.
La mia maledizione deve
restare solo mia. In questo letto,
stanotte, ci devo essere solo io. E non ha importanza se
mi manchi.
-
Jade... Faccio un respiro
profondo prima di parlare dentro la cornetta del telefono, un
po’ perché ho bisogno di ossigeno per poter
parlare, un po’ perché ho bisogno di parlare per
non pensare: - Rob. –
mi ritrovo a dire e poi penso con un mezzo sorriso che è lui
di solito quello che inizia con il mio nome, non io con il suo. Sospiro
e riprendo: - Non... non
dovresti... - Lo
so, lo so. Non dovrei chiamarti e parlarti etc... Ma... è
così difficile. Un brivido mi scorre
lungo la schiena: solo lui sa essere così diretto e sincero;
solo lui mi fa sentire così. Continua con foga,
parlando velocemente come fa quando è nervoso: - Lo faccio senza pensarci.
Compongo il tuo numero e... bam! Prima che mi ricordi che non dovrei
ecco che tu hai già risposto... A proposito, tu puoi sempre
non rispondermi... prima o poi mi stancherò. - Rob... - dico io
in un sussurro che somiglia ad una preghiera, ma lui non mi lascia
continuare. -
No, hai ragione, devo rispettare la tua decisione e smetterla di essere
egoista e tutto il resto... Però non è come se ci
fossimo... ehm, lasciati... no? Cioè, due amici non si
possono... Voglio dire, io... C’è ancora la
possibilità che le cose tornino come prima, giusto? -
Io... - No, non dirmelo. Lasciamelo
sperare, almeno. – emette un suono soffocato: - Adesso devo andare, Jade. Mi
sto nascondendo da almeno una dozzina di assistenti del mio manager.
Jade... spero che tu stia bene. Ciao...
Rimango con il telefono
in mano, interdetta, a sentire il segnale di linea libera. Robert, dopo avermi
detto che voleva solo sentirmi e non avermi permesso di spiccicare
mezza parola, mi ha praticamente riattaccato in faccia. Logorroico del
cavolo. ... però
è stato bello sentire la sua voce. Mi mancava. Non è che
senza vederlo o sentirlo sia meno confusa di prima, anzi. E poi mi
manca. Mi manca da morire. Ma almeno non sono
più sottoposta ai suoi eccessi... prima mi bacia, poi forse
è geloso, poi mi sbatte contro un muro e mi provoca e
infine... fa finta che tutto questo non sia mai successo. No, è meglio
così, ne sono convinta. È il mio
cuore che non riesco a convincere.
Qualche
giorno dopo. Sto passando davanti ad
un hotel, di fretta come al solito mentre faccio la mia solita strada
per andare in redazione, quando vedo un ammasso di ragazze davanti
all’ingresso. Cerco di passare oltre
a fatica, scendendo dal marciapiede invaso di persone, ma qualcosa che
sento attira la mia attenzione: una ragazza urla più delle
altre, con una voce stridula che mi fa venire i brividi; sembra quasi
che stia piangendo. Ma non è il tono che mi colpisce,
né la ragazza; piuttosto è quello che dice: - Edwaaaaard! –
urla a squarciagola. Mi blocco e cerco di
guardare oltre le spalle delle ragazze assiepate. E, ovviamente, mentre
gli urli diventano più forti e più acuti, lo vedo. Occhiali scuri e
capelli spettinati, camicia a quadri bianchi e rossi studiatamente
sgualcita e sbiadita, passa con un sorriso non troppo convinto
attraverso la folla. In mezzo alla folla, come se ci fosse un tappeto
rosso magico che lo tiene lontano dal resto dei comuni mortali, che non
gli permette di confondersi. Lui, Robert. Scruta le ali di folla
adorante, a destra e a sinistra, al di sopra degli occhiali, come se
fosse in cerca di qualcosa. Poi, il suo sguardo si ferma sulla mia
espressione stranita. Rob si toglie gli occhiali da sole con la mano e
dice: -
Cosa ci fai qui? - Cosa ci fai TU qui!!!
– sbraito per tutta risposta, cercando di
coprire le urla e di scansare le ragazze che tentano in ogni modo di
avvicinarsi a lui sfidando le guardie del corpo. Intanto, riesco anche
a pensare “Cosa ci fa di nuovo a Milano, così
presto? E nell’albergo davanti alla redazione dove lavoro,
per giunta?”. Ma i pensieri sono sommersi di nuovo dai
gridolini delle fan impazzite. E poi, sono sommersi dal sorriso che
appare sul suo volto: canzonatorio, divertito. - No, no. Cosa ci fai TU qui? Non
posso avere nemmeno un po’ di privacy? –
fa, ironico. Poi continua alzando un sopracciglio: - Vuoi un autografo? Ridacchio,
già vinta dal suo fascino, a cui sono particolarmente
sensibile non avendolo visto per qualche giorno di troppo. - Certo che no. –
gli rispondo, già attirando l’attenzione
sbalordita di qualche ragazza: -
Sei solo un vampirucolo glitterato. La ragazza che di
fianco a me si stava sgolando fino a poco prima si gira lentamente come
se fosse in un film e mi guarda allibita; penso che un paio di queste
tizie mi uccideranno, non appena Rob se ne sarà andato. Lui però mi
sorride di nuovo, si avvicina ad uno dei suoi enormi body guard
completamente vestiti di nero e gli sussurra qualcosa
all’orecchio. Poi, mi fa l’occhiolino e... mi
ignora. Si mette a fare un po’ di autografi, per poi
avvicinarsi e salire con un mezzo inchino sulla limousine che lo
aspetta e che lo porterà in salvo. E mi lascia
lì in mezzo, in balia delle fan impazzite. Improvvisamente,
però, mi sento afferrare per un braccio e capisco che
qualcuno mi sta trascinando via dalla folla. Potrei urlare,
divincolarmi, avere paura, ma riesco solo a dire: - Lasciami! Non ho fatto niente! L’omaccione
che mi ha praticamente alzato da terra con una sola mano semplicemente
ride, probabilmente di me e continua a trascinarmi, parcheggiandomi poi
davanti ad un’automobile. Una limousine nera. Dal lato opposto
rispetto a quello dove sta la folla. L’omaccione vestito di
nero, sempre sorridendo sotto i baffi, mi fa segno di entrare e mi apre
la portiera. - Oh, - dico io
imbarazzata –
grazie.
Dentro, la limousine
è spettacolare. Enorme, interni di pelle beige e luci
soffuse, più una bottiglia di quello che credo sia champagne
da un lato, in un secchiello pieno di ghiaccio. Poi però
vedo Rob e mi accorgo che è lui la cosa più
spettacolare dentro quella limousine. Forse, dentro l’intero
mondo. Forse, è
solo da troppo tempo che non lo vedo. Sorride in quel modo
vero che gli contagia anche gli occhi e senza aggiungere altro esclama: - Ci vediamo stasera? Al mio
hotel. Stavolta mi sono portato un paio di amici. – mi
dice sfoderando uno dei suoi sguardi di quel colore azzurro-implorante
che è solo suo: -
Dai, vieni. È uno di
quei momenti in cui ti dimentichi tutto quello che di brutto
è successo con una persona, la sofferenza, le notti sveglia
perché ti mancava, il fiato corto quando pensavi a lui che
non c’era, il dolore a pensarlo con un’altra, la
paura di risentire la sua voce... tutto sparisce. In quei momenti, quando
lo guardi negli occhi, quando ti rendi conto che quel pugno allo
stomaco non se n’è andato e non se ne
andrà più via, in quei momenti pensi che in
fondo, sì, ne è valsa la pena. È valsa
la pena di qualunque cosa, pur di rivederlo così, pur di
risentirlo così. E in un attimo,
è tutto tornato come prima.
N.D.Summer
Ieri
sera sono andata al cinema a vedere "Mordimi" o se preferite "Vampires
Suck", la parodia di Twilight... Oltre ad avermi fatto passare
definitivamente ogni voglia di scrivere ancora su Twilight (ho detto su
Twilight, non su Robert!), mi ha fatto addirittura un po' ridere!
Sì, dai, è carino... insomma, un'americanata
carina.
E poi vabbè, Liam di 90210 (Matt Lanter) (non che io guardi
90210: va bene che sono telefilmaholic, ma non lo guardo più
da quando hanno nominato Joey Potter. Questione di principio.)
è bellino... bellino sul serio...
ma sinceramente mi ha solo fatto venire voglia degli occhi, dei capelli
e della voce di Rob. Quindi, eccomi qui a postare un nuovo capitolo.
Non solo: quando sono tornata a casa ieri sera ho anche buttato
giù due cacchiatine che TEMO saranno
una specie di seguito di Intervista... Non vedo l'ora di pubblicarle...
ma prima devo finire qui!!! :P
Scusate se la volta scorsa non ho rsp alle recensioni, rispondo ora a
tutte!!! Wildgirl: "Ok"
sta cippa davvero, Rob! Eeeeh, am Robbino aveva un piano tutto suo per
intrappolare di nuovo Jade... e chissà che questa volta non
sia quella buona?!? ;) JJ_28:
Siiiiii, sei davvero una persona orribile... ahahahahhahah! Anche in
questo caso, meglio tardi che mai! E poi mi fanno sempre piacere nuove
commentatrici, anche se sono "vecchie" lettrici!
Per quanto riguarda la voglia di uccidere entrambi i protagonisti della
mia ff... è un sentimento comune tra le sue lettrici!!!
Grazie di tutto, anche perchè non essendo fan di Robert
leggi comunque la mia storia!!! :D _Miss_: Eeeeeh,
lo so, lo so... ma lo sai anche tu ormai, vero? Questi due sono
deficienti senza appello... Però postando così
spesso spero di dare loro una mossa xD _lisasomerhalder_: caspita,
grazie per tutte le L, le I, le S, le M e le O!!! E grazie anche per il
commentino... spero anch'io di arrivare presto al punto!!! rita cullen:
ma grazie! Sono contenta che ti sia piaciuto il sottofondo musicale (ho
sempre amato i Blink a prescindere dalla qualità delle loro
canzoni perchè li adoravo da "piccola"... ma questa canzone
mi entra proprio sotto la pelle...) e anche che tu segua Intervista!
Certo, anch'io parecchie volte non commento per pigrizia o
perchè non saprei cosa dire oltre a "Bella storia", ti
capisco... quindi ti ringrazio per lo "sforzo" e per avermi fatto
sapere cosa pensi... può sembrare banale ma a me importa...
e molto! baci
Non
è davvero tornato tutto come prima, ma si sa che a Rob non
so dire di no. E poi volevo dargli modo di rimediare a quello che
è successo all’altra festa quella del suo
compleanno. E mi mancava davvero, troppo. E poi... ho già
detto che non so dirgli di no?
Busso alla porta della sua camera: mi ha detto di vestirmi casual (come
se fosse necessario dirmelo) e di presentarmi puntuale alle 9
all’albergo dove risiede per quella che, mi ha spiegato, era
solo una visita di piacere in quella splendida città che
è Milano, parole sue.
Alla fine, riflettendoci, non posso dire di avergli creduto: Milano
sarà bella, ma non credo valga un viaggio da Londra con una
decina di amici. Il sospetto che fosse venuto per rivedere me si
è fatto strada nella mia mente con tanta forza quanta
è quella che mi è servita per mettere a tacere
quello stesso sospetto.
Ho pensato che, per una volta, invece di pensare, rimuginare,
riflettere, mi sarei buttata, senza aspettarmi niente, senza farmi
paranoie. Sarei andata a quella specie di festicciola e mi sarei
divertita. Rob o non Rob.
Sperando che la risposta giusta fosse "con Rob".
Finalmente, qualcuno viene ad aprirmi la porta.
Rob. Decisamente Rob.
Lui indossa un paio di jeans sdruciti che avranno dodici anni e una
maglietta dei Vampire Weekend. Gli sorrido divertita e lui fa un gesto
vago con la mano. Si passa tra i capelli la mano con cui non tiene la
bottiglia di birra e, come se fosse la cosa più naturale del
mondo per noi parlare civilmente, mi dice: - Mi fa piacere che tu sia venuta.
Gli sorrido di nuovo, sembra che mi sia venuta una paresi, non riesco a
fare altro. La verità è che non so se devo essere
spaventata da questo Rob così carino e cortese. Una volta,
in realtà fino a pochi giorni prima, mi avrebbe tirata
dentro la stanza con poca grazia e mi avrebbe appoggiato un bicchiere
pieno di un cocktail qualsiasi da qualche parte tra la bocca e la mano.
Poi sarebbe inciampato da qualche parte versandomi la sua birra addosso
e avrebbe riso.
Ora invece, fa solo dei gesti impacciati per farmi entrare e poi mi
precede in quella specie di salottino di cui è provvista la
sua suite, si ferma davanti ad un paio di ragazzi e dice: - Jade... questo
è Tom... uno dei miei più grandi amici.
E lo dice così. Allungo la mano ed il ragazzo carino davanti
a me la stringe: è bello, Tom, anche se di una
bellezza meno intensa di Rob e più accessibile a chiunque.
Io, comunque, sono ancora troppo sconcertata dal comportamente di
Robert per dargli troppa importanza. Di nuovo mantenendo questa sorta
di cordiale distacco, mi presenta anche un po' delle altre persone
presenti nella stanza e chiede a qualcuno dove sia un certo Adam, altro
suo grande amico, ma nessuno glielo sa dire con precisione. Io, dal
canto mio, penso che sembrano tutti molto carini, ma penso anche che
è come se in questa stanza fossero tutti sconosciuti,
compresa l’unica persona con cui invece pensavo di chiarire
le cose stasera. Lui, sempre inequivocabilmente lui.
Mi ritrovo seduta a rimuginare come al mio solito e stavolta non ho
neanche bevuto. Tutto il contrario di quello che mi ero ripromessa di
fare. Perché no, non mi sto divertendo.
Mi sembra che a volta Robert voglia venire a parlarmi, poi invece si
lascia distrarre da qualcuno o qualcosa e lo perdo di vista, anche se
solo per pochi istanti.
Ad un certo punto sento una voce alle mie spalle: - Ciao... non vorrei sembrare
scortese, ma non ci conosciamo... tu chi sei?
Sorrido amara al ragazzo alto e carino che mi si è parato
davanti e sorrido ancora di più pensando all'ironia
mitologica della parola che sto per pronunciare: - Nessuno.
Quello che il ragazzo carino non sa è che questa mia battuta
non ha proprio niente di ironico o divertente, perchè
è proprio così che mi sto sentendo: invisibile,
un fantasma. - Uhm, be'... -
continua lui senza darmi troppa importanza - Io sono Adam, piacere.
Annuisco e non faccio in tempo a ribattere, perchè lui
continua: - Comunque so
chi sei... Jade, giusto?
Sorrido di nuovo, pensando a quanto poco io sia Jade stasera: - Ehm... sì. - Robert parla di te,
ogni tanto. - dice lui sedendosi accanto a me - Solo che, ecco... non ti
immaginavo... così.
Fa una pausa eloquente e mi squadra da capo a piedi con un sorriso un
po' impacciato, per cui è impossibile trovarlo cafone e non
prenderlo come un complimento. Ha un'aria sincera che mi fa provare una
stretta al cuore, ma non sono sicura che sia per la ragione giusta. - E come pensavi che
fossi?!? - ribatto un po' più distesa.
Lui fa spallucce: - Non
è da Robert farsi sfuggire una carina come te...
Per fortuna, mentre lo dice evita di guardarmi negli occhi e fissa un
punto in lontananza, così non si accorge di quanto sono
sobbalzata a sentire quella frase. Sento una fitta allo stomaco mentre
cerco di scacciare qualunque pensiero e tento di sorridergli di nuovo.
Ma lui continua: - Il
suo modus operandi è: me le faccio e poi scappo... Fai la
giornalista, vero?
Sollevata da questo suo improvviso cambio di argomento, cerco di avere
con lui una conversazione civile: sembra simpatico, ma in effetti non
riesco a dare il meglio di me stessa, non con questo peso sullo
stomaco. Rido alle sue battute, cerco di ascoltarlo con attenzione, ma
i miei pensieri volgono sempre da un’altra parte.
Così, dopo qualche minuto, gli dico che mi vado a prendere
da bere, nonostante il mio bicchiere sia pieno e con questa scusa mi
allontano, solo per andarmi a sedere pochi metri più in
là. Qualcun altro cerca di rivolgermi la parola, ma
probabilmente scoraggiati dalla mia scarsa loquacità,
rinunciano presto.
È solo che ho rinunciato alla mia, alla nostra
“pausa” per tutto questo: e “tutto
questo” si sta rivelando essere il solito bluff di Robert, in
cui inizialmente sembra che tutto si risolverà e poi invece
tutto continua come prima. Insomma, tutto quello che volevo evitare.
Sono quindi sola, quando Rob finalmente mi si avvicina: ma invece di
essere premuroso e dannatamente gentile come poco prima sembra
minaccioso. Direi che sono quasi sollevata, se non mi facesse paura. - Vieni con me.
– mi dice secco e mi conduce in una specie di
stanzino che dev’essere un ripostiglio per le scope o
qualcosa del genere, stando bene attento a farmici entrare solo a
gesti, senza toccarmi. - Ti stai divertendo?
– mi chiede come se fosse una domanda innocente,
ma ha un tono polemico che non mi piace per niente. - Non molto. Come al
solito, il tipo che mi ha invitato è troppo occupato per
badare a me. - Ah. –
sbotta ignorando la mia allusione, distratto da qualcos'altro – Eppure mi era
sembrato che ti stessi divertendo... con Adam...
Sbarro gli occhi, ma cerco di non farglielo notare e di rispondere
serenamente: -
È simpatico. - Tutto qui? –
fa lui allusivo.
Ed è allora che non ce la faccio più.
È allora che sbotto, frustrata: - Cosa vuoi da me?!?
Non lo capisco più, ormai, sul serio e la cosa mi fa
impazzire. Non so cosa voglio io per prima da lui, ma se lui continua a
confondermi così, a guardarmi così, a parlarmi
così, sarà ancora peggio. Lui sta giocando con la
mia già compromessa sanità mentale. - Cosa... voglio...?
– sembra colpito dalla mia reazione,
probabilmente ragionevolmente eccessiva dal suo punto di vista. Ma
ormai non mi posso più fermare. - Decidi cosa vuoi! Ci
siamo baciati e tu hai fatto finta di niente, mi hai baciata di nuovo,
a stampo, questo è vero... ma poi hai comunque fatto finta
di niente. Mi dici che mi vuoi e cinque minuti dopo siamo ancora amici,
come se niente fosse. Fai il geloso, sempre, come stai facendo ora, e
non ne avresti il diritto. Io non so, te lo giuro, non so se posso
continuare così. Dimmi, - la voce mi si spezza,
segno che sono vicina a scoppiare davvero – ti prego, dimmi cosa
vuoi da me. Per favore.
Mi guarda e i suoi occhi mi spiazzano: sono in tempesta.
Capisce cosa voglio dire, sa di cosa sto parlando. Il problema, per lui
e per me, è che non sa cosa dire. Il problema è
che, ancora una volta, non dice niente. Apre la bocca, come se non
riuscisse a respirare, la chiude e la riapre di nuovo, senza emettere
un suono. Alla fine, sono io a parlare per prima: - Ho davvero bisogno di
starti lontana per un po’. Davvero, stavolta.
Dev’essere il mio istinto di autoconservazione che parla per
me, perché il mio cervello, ma si sa che quello è
fottuto da tempo, pensa solo che in realtà ho bisogno di lui
e non di stargli lontana. Che in realtà ho bisogno di
stargli solo un po’ più vicina.
Allo stesso tempo, però, ho bisogno anche di capire se
riesco ancora a vivere senza di lui, senza i suoi occhi, senza il mio
cielo.
Anche se la risposta, in fondo, la so già.
Non ho bisogno di capire, voglio solo dargli il tempo che serve a lui
per capire. Se mai lo farà.
Perché mi sta uccidendo e non lo vede, non se ne accorge. Ma
sarei morta, per noi, per lui, se solo non si fosse intromesso il mio
istinto a salvarmi.
Ma che salvezza è, se ora sto affogando?
Rob, il mio Rob, fa una smorfia e di nuovo non dice niente. Lo
ringrazio mentalmente per questo silenzio e per non aver detto cose del
tipo “Come vuoi” o “Se la pensi
così per me va bene”.
E allo stesso tempo lo maledico, perché se ha la pur minima
intenzione di fermarmi, di non farmi andar via, questo è il
momento.
Se esco da quella porta, poi non saremo più Rob e Jade, mai
più. Saremo qualcos’altro, forse niente, ma questo
sarà lui a deciderlo.
E vorrei che il tempo si fermasse ora, per non dovermene andare, quasi
quanto vorrei che le cose cambiassero. “Sei una che fugge di
fronte ai problemi” mi hanno sempre detto. Bene, oggi fuggo
per risolverlo, un problema.
Solo, ti prego Rob, fai che la soluzione sia stare senza te.
Mi giro dandogli le spalle, vado verso la porta, la apro, faccio ancora
mezzo passo per uscire e me la richiudo alle spalle. Senza guardare
altro che il pavimento, mi dirigo poi verso la porta che dà
sul corridoio dell’hotel ed esco da quella camera. E poi,
appena uscita, piango.
In strada, poco dopo, mi stringo nel mio cappotto e alzo una mano per
fermare un taxi, che invece mi ignora. Ovviamente. Questa serata non
potrebbe andare meglio. - Ehi! – dice
una voce maschile alle mie spalle.
Prego Dio che sia lui. Prego tutti i registi di film con lieto fine
strappalacrime in cui un lui rincorre una lei fino
all’aeroporto e non la lascia partire, li prego tutti, uno
per uno, che sia lui. Quel lui.
Quando mi giro, però, so già che vedrò
un altro, perché non sto tremando come avrei fatto se quella
fosse stata la sua voce. Infatti, è Adam. - Te ne sei andata senza
salutare. – mi dice sorridendo. È
proprio carino, ora che lo vedo senza che il bagliore che emana Rob lo
metta in ombra. È di un carino innocuo, un po’
nerd. Ha i capelli neri corti e un paio di occhiali da vista con la
montatura nera spessa sugli occhi castani. Sono talmente fragile, in
questo istante, che potrei già essere innamorata di lui. Gli
sorrido di rimando: - Avevo bisogno di andare
a casa. – rispondo semplicemente e penso a
quanto poco sia vero quello che ho appena detto. Ho bisogno di
allontanarmi da Rob, ma casa mia è il luogo che
più di tutti mi ricorda lui. - Una casa qualsiasi.
– aggiungo allora a mo’ di battuta, ma
non troppo.
Adam sorride di nuovo, divertito e poi mi guarda malizioso: - Anche la mia?
N.D.Summer
Robert
probabilmente non ha un amico di nome Adam (be', chi lo sa?), ma di
sicuro ne ha uno di nome Tom :P
Vabbe', che altro dire: R&J hanno litigato (ma vah! strano!)
peròòòòòòòòò...
sembrano esserci buone probabilità che stavolta qualcosa
succederà... no???
Ho calcolato che dovrebbero esserci ancora 3 o 4 capitoli alla fine...
ebbene sì. Ma ho già iniziato a scrivere il
seguito, che sarà un po' diverso, perciò non
temete! (lo so, sono proprio grafomane)
Ringrazio tutte e in particolar modo _Miss_ (sono contenta che lo
scorso capitolo ti abbia fatto venir voglia di continuare la ff su Rob!
Tra l'altro l'ho segnata come "da leggere" da secoli...! Abbi fede!
Come tu stai avendo fede per questa storia (INFINITA) e per "Nathan"!
:P) e _lisasomerhalder_ (ma nooo, grazissime *o*)... alla prossima (nel
senso di "vicina" :P)...!!!
Quando mi
sveglio, ancora mezza ubriaca, in un letto che non è il mio,
né quello di Rob, riesco solo a pensare “E che cazzo...?”. Quando mi giro dalla
parte opposta del letto a due piazze e vedo un ragazzo che dorme con i
capelli scompigliati e la bocca aperta, penso invece “Oh, merda”. E quando poi finalmente
realizzo di essere completamente nuda sotto le lenzuola... “Oh, fottutissima
merda”.
Non sono una ragazza
facile, non sono una ragazza facile. Non sono una ragazza facile. Mi guardo attorno e sul
comodino dal mio lato c’è una bottiglia di rum
vuota che sembra guardarmi beffarda. Il giramento di testa successivo
mi fa pensare che quel rum sia finito tutto nel mio cervello. In quel
momento, una sveglia inizia a suonare da qualche parte nella stanza e
tutto ciò che riesco a pensare, assordata da quel trillo
fastidioso, è: non sono una ragazza facile. -
Sei una puttana! Ci metto qualche
secondo a realizzare che la voce che ho sentito, una voce di donna,
proviene da una radio che si è accesa subito dopo la sveglia. - TU sei una puttana! –
sbraita un’altra voce femminile che mi sembra di riconoscere. - Ragazze, ragazze... calma!
– interviene quello che dev’essere il
deejay, l’intervistatore delle due, o chissà chi.
Intanto, quelle continuano ad insultarsi, mentre due occhi nocciola
entrano della mia visuale, sorridenti. -
Ehi. Come una stupida senza
speranza, mi stupisco ancora che quella non sia la voce che desideravo
sentire. Tento di sorridere ad Adam, mentre penso solo a quanto me ne
vorrei andare da qui, il più in fretta possibile. Mi spiace,
lui è davvero carino... ma io avevo solo bisogno di qualcuno
per sostituire qualcun altro. È arrivato semplicemente al
momento sbagliato, penso specchiandomi nei suoi occhi che mi fissano
ancora. - Ehi... - gli
rispondo, con il sorriso più ipocrita del mondo. Neanche la mia voce
è quella che avrei voluto sentire.
Pochi minuti dopo,
mentre lui sta facendo una doccia, mi rivesto in fretta ed esco dalla
stanza di quel maledetto albergo. Prima, lascio un post-it fucsia sul
cuscino del letto di Adam, con scritto: “Me ne dovevo andare,
ancora. J.”.
Fisso per un attimo la lettera che io stessa ho scarabocchiato alla
fine del biglietto come firma, poi alzo le spalle e mi ritrovo a
pensare se invece non dovrei scrivergli anche
“Grazie”. Per evitare di fare altri pensieri del
genere, esco in fretta dalla stanza, cercando di non fare rumore.
Passo velocemente nel
corridoio vuoto e qualcosa attira la mia attenzione: mi giro e mi trovo
a fissare un numero su una porta. Mi giro e mi trovo a fissare la
stessa porta che ho fissato anche ieri sera, alle 9 circa. Prima di
entrare nella stanza di Robert.
Rimango imbambolata lì davanti per infiniti secondi e non
riesco a pensare a nient’altro, se non al vuoto che sento
dentro.
Quando mi riscuoto, a
fatica, riesco ad oltrepassare la porta, a salire
sull’ascensore, ad uscire dalla hall. Poi, finalmente posso
respirare.
Quasi non mi accorgo
del viaggio in metropolitana fino a casa mia, ma quando vi entro sto
finalmente meglio. Ed infinitamente peggio. Meglio,
perché appena entro so di essere sola e di potermi lasciar
andare: so di poter piangere o ridere istericamente, so di poter fare
quello che voglio. Peggio,
perché lui è lì. Non gli basta essere
in ogni oggetto e ricordo di questa casa; ma, in quel preciso istante,
Rob è fisicamente lì. Ed ancora, meglio,
perché lui è lì.
N.D.Summer
Allora...
qualcosa è successo: purtroppo qualcosa che non sarebbe
dovuto succedere, qualcosa che la stessa Jade quasi si rifiuta di
ammettere. Ho voluto dividere il capitolo in due parti (è
vero, così è proprio corto), perchè ci
sono due "risvegli": uno è questo, quello in cui lei si
sveglia accanto alla persona sbagliata, in cui realizza che sono tutti
"ragazzi sbagliati" per lei, tranne uno... Il secondo "risveglio" lo
vedremo nella prossima parte del capitolo e sarà un po'
più metaforico...
Questo invece è solo pieno di parolacce!!! Bene, bene...
Ehilà... c'è ancora qualcuno che segue?!? xD
Prometto che prima della fine (ancora un paio di capitoli) ci
sarà "qualcosa" tra questi due! Giuro! Ahahahha, ormai so
che non mi credete più... Se siete ancora lì
(ehilà!!!) dopo 28 capitoli, vi ringrazio di cuore... :P @ _Miss_: mi
sa che prima della fine ti dovrò almeno dedicare un capitolo
per la pazienza con cui segui questa storia! Delle tue storie mi ero
segnata da leggere My
crazy life e poi avevo già ai tempi iniziato Robert chi?, ma ho
scoperto dopo che era tua!!! L'idea di partenza mi era piaciuta molto,
il problema è trovare il tempo per approfondire!!! Per
quanto riguarda Nathan... non ci crederai, ma sono arrivata a vedere la
quinta stagione, la parte in cui lui è tutto barbuto e
capelluto... Non puoi capire il mio sospiro (AWWWWWW) quando poi
finalmente è tornato come prima!!! Tornando alla storia...
devo solo trascrivere la seconda parte al pc! Ce la posso fare! xD Baci
È seduto sul divano
e ha l’aria di non aver dormito molto. Gli occhi rossi, la
barba già incolta che lo fa sembrare ancora più
trasandato, i capelli più disordinati del solito segno che
ci si è passato le mani più del solito...
Insomma, è bellissimo.
Manca qualcosa, però, a renderlo perfetto: il suo sorriso.
Mi guarda senza espressione e se penso che potrei essere io la causa di
quella apatia che riesce quasi a spegnere il suo bagliore, il bagliore
che emana di solito, mi sento morire.
Stiamo immobili così per qualche attimo, sospesi, io con la
mano che tiene le chiavi di casa ancora sollevata.
Poi lui si alza, viene verso di me e con la voce roca di un insonne e
un tono troppo suadente per il mio cervello ancora provato, dice: - Tu sei il mio sogno,
Jade.
Lo guardo allibita: no, c’è qualcosa che non va.
Perché lui è il mio sogno. - Noi... -
continua tormentato
– Lo so che lo vedi anche tu... siamo perfetti... tu sei
perfetta e mi rendi quasi perfetto.
Sospira e purtroppo mi dà il tempo di pensare “Così perfetta che ho
appena dormito con uno dei tuoi migliori amici”.
Abbasso gli occhi. - Io non sono perfetto,
non lo sarò mai. – dice ancora – Io no. E lo so che
rovinerei tutto, lo so già. Ma non posso permettermi di
perdere te, non posso, semplicemente. Non posso, sai, per me stesso.
Abbassa lo sguardo anche lui, deluso forse da sé stesso.
Ho voglia di abbracciarlo, ma è troppo lontano. Non sa che
io ho già rovinato tutto.
Sorride amaro, alzandomi il mento con due dita tremanti: - Vorrei provarci a stare con te,
non sai... - stringe l’altra mano in un pugno e
mi fissa, occhi negli occhi, mentre la voce quasi gli si spezza: - ...non sai quanto vorrei. Ma...
Sembra che non sappia più cosa dire e lascia cadere entrambe
le braccia lungo i fianchi, come se fosse esausto. Come se fosse
sconfitto. - ...ma non ci riesco.
– sussurra.
Mi accarezza il viso con una mano, raccogliendo una lacrima che
scorreva sul mio volto che è come anestetizzato. - Però... se
vuoi... insomma... possiamo continuare ad essere amici... -
tenta di dire abbozzando un sorriso finto. - Vattene, Rob.
– sento la mia voce dire decisa. - Dici... dici sul serio?
– fa lui incredulo, mentre mi rendo conto di
quello che sto facendo: essere amici, accontentarsi così non
è un’alternativa. È una condanna. - Sì. Vattene.
– replico riappropriandomi della mia voce e di
quello che sta dicendo. - Non fai sul serio... -
dice più come se stesse convincendo se stesso piuttosto che
affermando qualcosa di cui è certo. - V-A-I-V-I-A. –
scandisco lentamente con tutta la rabbia che riesco a trovare dentro di
me, forse per evitare di dovergli dare una buona ragione per andarsene.
Con la speranza che accetti questo consiglio che gli sto dando. - No. -
risponde lui altrettanto duro, altrettanto deciso, altrettanto
testardo. E la mia voce si trasforma in una preghiera supplichevole: - Rob... - Se me ne vado ora me ne
vado per davvero, Jade. – replica ancora con lo
stesso tono. Non so più cosa dire. Non dico niente,
perché ogni parola che potrei pronunciare sarebbe sbagliata,
sarebbe una bugia, sarebbe inutile... Non ho vie di fuga. - Dimmelo, cazzo.
– riprende arrabbiato, ma poi mi sembra di
sentire un filo di desiderio che ci sia speranza nelle sue parole: - Dimmi che vuoi che esca dalla
tua vita per sempre ed io lo farò. Dimmi che non mi credi e
che pensi che io voglia tenerti lontana e che me ne voglia andare e
che... - Ho dormito con Adam.
Tutto quello che sento dopo è una porta che sbatte forte
chiudendosi e una ragazza che inizia a singhiozzare nella stessa stanza
dove io sono morta a causa di quelle quattro parole.
N.D.Summer
Ehi,
ragazzeeee!!! Premettendo che concordo pienamente con chi di voi mi
dice che ho una mente assolutamente contorta, eccoci qui con un nuovo
capitolo, che poi è l'altra metà dello scorso...
E cosa succede? Il solito, litigano. Però stavolta le carte
sono in tavola: Robert vorrebbe stare con Jade, le dice che vorrebbe,
ma poi... non può. Non può perchè
è uno stupido e pensa che rovinerà tutto in
qualche modo e così non avrà più Jade
nella sua vita, nè come amica, nè come altro...
Quello che non sa è che gli stupidi qui sono due,
perchè mentre lui si faceva tutte quelle paranoie, Jade
riusciva incredibilmente in una sola mossa a rovinare davvero tutto e a
compromettere (irrimediabilmente?) quello che c'era con Rob...
qualunque cosa fosse. @ JJ_28: ehilà!
Nooooo, ma non ti preoccupare se non commenti ogni capitolo! E' solo
che ogni tanto divento paranoica (addirittura) e penso che vi siate
ormai stufate di leggere questa storia infinita! xD Comunque
sì, mi hai scoperto: ho una mente contorta e prolifica pure!
Per quanto riguarda la tua storia me la sono segnata e prometto di
darle un'occhiata appena potrò, visto che al momento non ho
tempo di leggere neanche l'etichetta dei cereali a colazione! @ _Miss_: Noooooo,
le paroline no!!! Eh, che dire, me le merito tutte! No però
c'è da dire che sono alla quinta stagione di OTH
perchè ho iniziato a vederlo quest'anno... dall'inizio!
Quindi, dai, sono giustificata! Però non so se
riuscirò mai a rimettermi in pari! Tornando a questa
storia... "assurdo" è la parola che userei per
descriverla!!! Non dico altro!! xD @
Comfortably Numb: Sono
entrambi parecchio tonti, se hai notato! Ma sì che avrai
notato, se mi "super" segui! ;) Bel nickname, comunque!!! @
Wild Girl: Ma noooo,
perchè dovresti sentirti in colpa ed invocare perdono!?! xD
Abbiamo tutte i nostri impegni, no? Mmmmh, mi prendo la briga di
suggerirti che forse rileggi i capitoli più volte
perchè sono inconcepibili!!! Ahahhaha, a parte gli scherzi,
sono... onorata? Non trovo la parola giusta, comunque mi fa molto
piacere tutto quello che mi dici e mi imbarazza anche un po'! *-* Mi
sono decisa a far succedere qualcosa, ma poi alla fine il problema
è sempre quello: vogliono stare insieme ma non stanno
insieme. E per quanto riguarda i tanti bei figli... eeeeeeh, qualcosa
(la mia mente contorta) mi dice che dovranno aspettare ancora un
po'...!!!
Da quella sera io e
Robert non ci siamo più visti.
Adam ha cercato di chiamarmi
qualche volta, ma non ho mai risposto e dopo un po' ha smesso.
È
passato così tanto tempo, mesi probabilmente, ho perso la
cognizione del tempo, che credo che ormai Robert si sia dimenticato di
me. Spesso spero che si sia dimenticato solo di quello che è
successo con me. O meglio, tra me e lui e tra me e il suo migliore
amico.
Io però ricordo tutto e molte altre cose, come se fossero
successe ieri.
***
- Non mi hai mai detto
cosa ne pensi dell’amore, però.
Aveva iniziato così, senza
un motivo e senza un’introduzione, come al solito, una delle
nostre conversazioni senza capo né coda. Ancora non sapevo
quanto quel momento, anzi il ricordo di quel momento, avrebbe influito
sulla mia vita in un futuro neanche troppo lontano.
Alzai le spalle con fare annoiato: -
Non ci penso molto. Penso sia meglio l'amicizia, ad esempio,
perché l'essere umano è essenzialmente portato a
non
essere monogamo ed è la società che lo costringe
a far
finta di esserlo "naturalmente"... In realtà, la
possibilità di instaurare una relazione amorosa a due che
sia
allo stesso tempo soddisfacente ed onesta è solo
un’illusione...
Mi resi conto di aver iniziato un
monologo più con me stessa e che Robert mi stava fissando
quasi
a bocca aperta da un po’:
- E questo sarebbe “non molto”?!? –
disse scoppiandomi a ridere in faccia.
Feci di nuovo spallucce e continuai imperterrita: -
Quello che penso si riassume semplicemente in una parola: impossibile.
L'amore è impossibile. Ed è normale, visto che
non
è altro che una costruzione sociale e culturale fondata su
stereotipi e pregiudizi... tra l'altro infondati.
Lui mi guardò di nuovo, stavolta alzando un sopracciglio: - Wow. E lui come si chiama? - Lui chi? –
chiesi mentre continuavo a giocherellare distrattamente con la cosa
morbida e blu che tenevo tra le mani. - Lui... quello che ti ha
fatto diventare così cinica. –
sentenziò lui. Non era più divertito,
né aveva
assunto un’aria saccente. Sembrava solo sinceramente
preoccupato.
Sorrisi amara: - Non
c’è nessun lui. - "Perchè ora ci sei tu",
pensai. - Certo. –
fece lui sarcastico e mi resi conto che non avrei avuto via
d’uscita da quella conversazione. Così,
chiedendomi come
sarebbe andata a finire, mi lasciai sfuggire: - Non c'è
più, almeno. - Ah! –
quasi urlò lui, entusiasta per aver scoperto
chissà quale grande segreto – Ma c’era!
Dai, dimmi almeno cos’è successo! Ti ha tradita?
Lo guardai con fare infastidito, ma la sua espressione da cucciolo
curioso non cambiò minimamente: - No. –
feci un gesto con la mano come a voler minimizzare quello che stavo per
dire – Non mi
amava. Non davvero.
Rob mi fissò per un
momento con gli occhi sgranati, poi assunse un’espressione
scettica e con un tono di leggero rimprovero disse: - Sul serio, Jade? La solita
storia? - Non è la
"solita storia"... - sbottai – Almeno quella volta
era davvero così.
Sospirai: - Lui amava la
persona che pensava che io fossi... non quella che ero. –
conclusi decisa. Quella storia mi faceva ancora un po’ male,
ma
sembrava passato un secolo e razionalizzare tutto mi aveva fatto stare
meglio allora e continuava a farlo anche in quel momento. - Sai cosa sembra, Jade?
–
chiese lui assumendo il suo atteggiamento da professorino. Feci
semplicemente segno di no con la testa: non sapevo se volevo sentire
quello che aveva da dire. - Sembra la storia di
ogni amore. – disse sereno.
Poi, per finire in bellezza,
accese il televisore e fece finta di essere interessato a quello che
trasmettevano. I suoi occhi sembravano incollati allo schermo, ma
sfioravano il mio sguardo appena pensava che stessi guardando altrove.
Le mie mani, intanto,
continuavano a torturare un oggetto blu scuro che ormai era fin troppo
abituato ad essere torturato dalle mie mani. Rob finalmente si
risvegliò e si girò verso di me, ancora una volta
con
quella luce curiosa negli occhi: -
Cos’è quella cosa?!?
Sapevo che sarebbe stato inutile
resistere, perciò gli allungai docile l’oggetto
che
stringevo. Lui lo srotolò con precauzione dalle mie dita,
poi lo
fissò per qualche secondo. Io sapevo fin troppo bene
cos’era, con tutte le volte che l’avevo tenuto in
mano,
bagnato di lacrime, quasi bruciato, buttato a terra, calpestato.
Era un calzino da bambino blu
scuro, con degli orsetti marroni disegnati sopra. Era sporco, sbiadito,
liso, torturato, vissuto. Come se, non avendo potuto vivere altro, io
abbia dovuto sfogarmi su quel povero oggetto inanimato. - Ma... –
iniziò Rob stranito –
è una calza da bimbo...! È di tuo fratello?
Scossi la testa e sbuffai: -
Robert, sai che non ho fratelli.
Sapevo che si infastidiva quando lo chiamavo con il suo nome completo.
Lui mi guardò male, poi
però continuò in tono leggero: - Magari era un fratello
segreto. – fece spallucce – Allora, uhm... da
piccola eri
maschio? - Oddio, Rob! –
feci, incerta se ridere o piangere. - E allora di chi
è?!? - Di nessuno. –
risposi
spossata da una conversazione che ci stavamo solo accingendo ad
iniziare –
Voglio dire, nessun bambino l’ha mai indossata.
Smisi di parlare e dopo pochi
secondi lui sbuffò: -
Oggi tirarti fuori le parole di bocca
è più impossibile del solito... Sarò
più
preciso: cosa rappresenta per te questa calzina e perché la
stropicci?
Lo fissai per un istante,
indecisa: - Mi ricorda,
nell’ordine, un’amica e un
ragazzo... e il fatto che entrambi se ne siano andati. - Perché? Lui
ti ha tradito con lei? - Ancora?!? Sei fissato!
–
replicai divertita - No,
non si conoscevano nemmeno. Sono due storie
diverse, l’unica cosa che le accomuna è questa.
–
indicai la calza nelle sue mani e continuai a bassa voce: -
Semplicemente nessuno di loro due teneva a me quanto io tenevo a loro.
Robert sospirò, poi mi
guardò serio e replicò: - Succede, Jade. Le persone
crescono, cambiano e le loro strade si dividono... e questo succede sia
in amore sia nell’amicizia... - No. –
sorrisi decisa –
Non è solo per questo. - E perché
allora?
Sospirai e cercai di non pensare
al significato delle parole che stavo per pronunciare, tentando di
avere un tono neutro: -
È che sono troppo difficile da amare e
troppo facile da dimenticare.
Lo vidi irrigidirsi e scuotere la
testa; poi ci pensò per un attimo e disse in tono ironico: - E
tu tieni questa calza per ricordarti questo...? - No. – risposi
sorridendo
più distesa. Solo lui sapeva trovare il modo per comprendere
e
contemporaneamente non farmi pesare quello che avevo appena detto. – La
tengo per ricordarmi che ne vale sempre la pena. - Davvero? –
mi chiese e si vedeva che era sinceramente stupito.
Annuii: - Be',
nonostante
quello che è successo dopo, questa calzina in
realtà
è legata a dei bei ricordi. - Quali? Mi piacerebbe
sapere com’era la piccola Jade da teenager! –
fece entusiasta. - Non è mica
passato un
secolo! – scrollai le spalle con un sorriso – L'ho
comprata in un negozio di abbigliamento per bambini con quella mia
amica durante uno dei nostri giri di shopping per la città.
Eravamo due mine vaganti... - ricordai e non potei fare a
meno di
sorridere sognante, ricordando quei momenti. - Era il periodo in cui
questi
cosi si usavano come porta-cellulare. – spiegai
– Anche lei
ne comprò un paio, simili... - Un paio? - Be’, certo,
mica te ne vendevano una sola. - E
dov’è la gemella di questa? E io che pensavo che
te l’avesse regalata il misterioso
“lui”... - Be'... non proprio. - Quindi,
l’altra...? - ... cestinata,
bruciata,
buttata in mare?!? Non so. – risposi facendo
spallucce e
distogliendo poi lo sguardo: -
L'altra ce l'aveva "lui"...
l'ho regalata io a lui.
Mi guardò ancora una volta
con gli occhi spalancati ed io sentivo che il mio sguardo, in quel
momento più vulnerabile che mai, non sarebbe riuscito a
sostenere il suo. - Piccola Jade romantica!
– esclamò Rob tutt'a un tratto. - Non ero romantica.
– risposi secca, quasi imbronciata. - Gli hai regalato una
calza!
Più romantico di così! –
scherzò. Prima di
scoppiare a ridere insieme a me però, lo vidi osservare
attentamente la mia reazione, per saggiare se fosse stato un bene
scherzarci sopra. Questa sua piccola accortezza mi fece arrossire
lievemente, ma per fortuna lui non se ne accorse, intento
com’era
a prendermi in giro: - Di
solito si regala un cuore spezzato, sai, un
ciondolo, tenendo l’altro per sé... Come per dire:
quando
ci incontriamo uniamo le due metà e formiamo un cuore
intero.
Voi... be’, voi con due calze... che poi starebbero per due
piedi... voi al massimo potreste fare... - ... un cazzo.
– conclusi io finemente. - Jade! –
mi
apostrofò Rob fintamente scioccato – Che
volgarità! Al massimo potreste
fare... due gambe della stessa persona, cioè, attaccate
intendo,
nel punto che... - Il c... -
cercai di dire di
nuovo trattenendo un sorrisino, ma lui mi interruppe tappandomi la
bocca con la mano e continuando con la sua idea: - Potreste camminare,
al massimo, ecco. Oppure...
Finalmente riuscii a liberarmi e
questa volta fui io ad interromperlo: - Io stavo solo dicendo che il
c... oncetto che volevo esprimere prima era: non potremmo fare proprio
niente con due calze, perché non ho nessuna intenzione di
rincontrarlo. - Nella vita non si
può
mai sapere. – mi sussurrò facendomi
l’occhiolino
– Per esempio,
avresti mai detto che un giorno saresti stata qui
a parlare di calze con l’attore più famoso, figo e
modesto
del momento?
Sorrise sinceramente divertito e alla vista di quegli occhi blu
raggianti non potei fare a meno di imitarlo.
***
Quel ricordo in particolare mi
era venuto in mente spesso da quando ci eravamo visti
l’ultima
volta, ma non capivo perché, non capivo cosa ci fosse di
tanto
importante in quella chiacchierata con Rob.
Poi ho realizzato e ora so cosa devo fare.
So che devo dargli il regalo che avevo programmato di dargli al suo
compleanno.
Perchè so che, anche se Robert non vuole stare con me, ne sarà sempre valsa
la pena.
N.D.Summer
Che
dire.
Direi che mancano ancora solo un paio di capitoli, perciò
suppongo
che resterete abbastanza deluse dal finale, visto che vi ho
fatto
penare per mille capitoli...!!! Be', che vi devo dire, insultatemi
pure, quando sarà il momento! Il problema è che
le mie
storie di solito finiscono al primo bacio... al primo bacio di true
love, comunque. Proprio come le favole. Non per niente sono sempre
stata convinta del fatto che...: Turns out fairytales end
when they do for a reason. Ma
cosa facciooooo, mi fascio la testa prima del tempo? :P Ma no, ma no.
Be', in ogni caso ci sarà un epilogo, non so ancora se come
storia a sè o come altri capitoli di questa...
Per ora, spero che vi sia piaciuto questo capitolo che, è
vero,
è un po' un filler, però mi serviva per far
capire cosa
passa per la mente (malata!) di Jade...
Ricordi, è vero, ma ricordi che le danno la forza di fare
qualcosa che... be', lo scoprirete! Crudeeeeeeele!!! @
SIL1996: Eeeeh, eppure nella
mia storia
di rapporti disfunzionali, lui le chiede di rimanere amici, a mio
parere anche contro se stesso... Ma lui è cretino almeno
quanto
Jade, che gli ha risposto così anche per allontanarlo...
Insomma, lo ripeto da tempo... due cretini! Grazie di tutto, baci! @ SweetCherry: Mi fai
arrossireeeee! Eeeeeh,
cercare di capire chi ha ragione e chi ha torto qui è
davvero
difficile, anche perché sembra sempre che abbiano torto
entrambi! Cosa che d’altra parte succede spesso quando
c’è di mezzo un sentimento forte come quello che
(forse!
:P) condividono questi due... a presto! @
_Miss_: Ma grazie, dirmi
che ti arrivano
i sentimenti di questi due è davvero una delle cose migliori
che
mi potresti dire (woah, contorto)... Ma tu ancora riponi fiducia in
me?!?! xD @
JJ_28: Dai, non ti lasciar
smontare per
così poco! In fondo lui le ha solo confessato il suo amore
per
poi dirle “vabbè, non è che ti
piacerebbe
continuare a logorare i tuoi ed i miei nervi senza cambiare
niente?” e lei gli ha solo confessato di essere andata con il
suo
migliore amico! Che problema c’è! (cavolo,
Beautiful mi fa
un baffo. Ora devo solo far andare Rob con la mamma di Jade e sono a
posto...xD) Passiamo alla parte
seria:
sìsì, ci sta l’interpretazione delle
due morti
interiori al posto del risveglio... Uhm, il titolo del capitolo in
effetti si riferiva solo alla prima parte, in cui Rob finalmente apre
gli occhi (capisce di volere Jade non solo come amica) e li fa aprire
anche a lei (quando glielo dice). Entrambi si risvegliano, o meglio, si
danno una svegliata! Peccato che poi, come hai detto tu, la cosa abbia
portato solo ad un suicidio-omicidio. Grazie di cuore, anche per la
curiosità seria :P @
Comfortably Numb: Rob è
perso
nell’etere sì... sarà per questo che ha
gli occhi
di quel colore così straordinariamente simile a quello del
cielo? Aaaaaaaw. ... Si capisce tanto perché questa storia
parla
solo di personaggi idioti e persi? D’altronde non possono che
somigliare a chi li descrive xD
Annuisco mentre lo guardo, bello come sempre,
scombinato come sempre, scomposto come sempre, rigirarsi il pacchetto tra le
mani.
Alla fine ho deciso di vederlo ancora una volta e
di farlo per un motivo speciale. Lui ha acconsentito con una calma innaturale
per la sua indole a trovarmi uno spazietto durante uno dei suoi soliti mille
viaggi di lavoro.
Ci incontriamo quindi in un luogo che potrebbe
essere tutti i luoghi in cui ci siamo incontrati in tutto questo tempo e allo
stesso tempo nessuno. Ci troviamo in un luogo che non ha significati per noi
due, sgombro da tutto quello che è successo tra noi, nuovo, pulito; un luogo
asettico e neutro, freddo e distante, come sono diventati i rapporti tra di noi
ora che ci siamo allontanati, non solo fisicamente.
Il regalo che gli ho portato è incartato con
quella carta marrone che si usa per i pacchi postali: non volevo che pensasse
che ci avessi messo troppa cura, confezionandoglielo in una di quelle belle
carte da regalo e magari mettendogli sopra anche un fiocco. Rob mi guarda calmo
ma sorpreso e quando i suoi occhi brillano nei miei penso proprio di non
farcela.
Penso proprio che sono finita troppo in fondo a
quegli occhi per poter mai riuscire a ritornare in superficie. E penso, con una
malinconia che mi sommerge a ondate schiumose, a quando, dopo che lui avrà
aperto quel dannato pacchetto, me ne andrò. Stavolta per sempre.
Cerco di non rimuginare troppo su come sarà
vivere senza di lui. Anzi, cerco di fare in modo che il pensiero non mi sfiori
neanche, in modo che i mille aghi di cui è circondato si limitino a minacciare
la mia pelle, invece di trafiggerla. Sarà il momento di affrontare il dolore
quando sarà il momento di affrontarlo. Quando lascerò cadere le mie difese, sarà
lì pronto a camminare sulle mie macerie. Ma, per ora, mi godo il sorriso di
Robert. Ora mi godo il calore che emanano i suoi occhi, perché so che quel
bagliore è unico e che non lo troverò mai più da nessuna parte.
Lo stesso bagliore che tra poche ore non potrò
far altro che ricordare, quello il cui ricordo tra poche ore mi ucciderà.
- Certo che è per te, Rob. –
gli dico con un sorriso, sbuffando però come se fossi scocciata. In realtà sono
rimasta ancora una volta sconvolta dalla purezza e dall’entusiasmo infantile
che riesce a tirare fuori in certe occasioni e ai quali non mi abituo mai. Che
non mi bastano mai. Per stavolta, però, visto che sarà l’ultima volta, cerco di
riempirmi gli occhi ed il cuore di tutto quello che fa, di tutto quello che è.
In fondo, tra poco, almeno per me, non sarà più.
Avete mai avuto un sogno, una storia, una persona
che era tutto per voi, ma che, nonostante questo, vi sembrava che fosse un
macigno legato al vostro piede, che vi portava giù ogni giorno sempre di più,
verso il fondo? Avete mai provato qualcosa per qualcuno senza il quale non
sareste riusciti a sopravvivere sapendo che al tempo stesso non sareste mai
riusciti a convivere a lungo con quel sentimento? Avete mai temuto che un
sentimento potesse uccidervi?
Lo avete mai sperato?
Le sue dita affusolate e chiare tengono con
delicatezza il pacchetto mentre lui mi guarda ancora.
Farfuglia qualcosa come: - Ma non è il mio
compleanno...- e poi abbassa lo sguardo ed inizia ad aprirlo, piano. La sua
lentezza è dolce ed esasperante, sembra quasi che anche lui sappia cosa
succederà una volta che il pacchetto sarà aperto. Ma non lo sa, forse lo sente
soltanto.
Strappa la carta provocando un rumore piacevole e
straziante, poi vi infila le dita sotto ed estrae il contenuto.
Il suo sguardo si fa, se possibile, ancora più
azzurro e intenso. La meraviglia aggiunge un tocco di magia ai suoi occhi, che
tra l’altro non ne avrebbero bisogno.
- Cos’è? – chiede curioso a voce
bassa, come se non volesse rovinare quella specie di atmosfera rarefatta che si
è creata. Gli sorrido ed i miei pensieri malinconici e tristi finalmente
rimangono in silenzio a contemplare la sua reazione sorpresa.
In mano, ora, tiene un quaderno con la copertina
di pelle nera, tenuto chiuso da un elastico che lo circonda. È così pieno che
sembra quasi che i fogli vogliano esplodere per uscire fuori da quell’involucro.
- Aprilo. – dico e la mia
voce è troppo flebile perché questa mia parola sembri un ordine e non una
richiesta implorante.
Mi guarda di nuovo e sembra capire che c’è
qualcosa che non va, perché il suo sorriso spavaldo e inconsapevolmente felice
di poco prima si spegne ed al suo posto compare un’espressione interrogativa.
Nonostante questo, toglie l’elastico senza dire una parola e finalmente apre il
quaderno più o meno a metà.
- È un’agenda... una specie. –
inizio a spiegare mentre lui la fissa, ma poi non so come continuare. Lui
inizia a sfogliare le pagine una volta bianche e a scrutare la mia calligrafia
che con l’inchiostro nero ha riempito e sostituito quasi interamente il bianco
candido precedente.
Sospiro e cerco di aggiungere qualcosa: - È un’agenda
di quest’anno ed io... ho scritto una specie di storia. Giorno per giorno. È...
è una stupidaggine, ma... volevo che la leggessi. Oddio, ora non so nemmeno il
perché, ma... vorrei ancora che la leggessi. È una storia su di te. È la mia
storia su di te. Con te.
Si blocca per un attimo e alza su di me uno
sguardo allucinato e lucido: - T-tu... hai scritto una storia...? Su di
me...?
È come se mi avessero dato uno schiaffo, perché
il suo sguardo è così intenso che mi rintrona ed i suoi occhi sono troppo
lucidi perché io possa essere in grado di formulare ancora pensieri razionali.
- Sì – rispondo semplicemente
con quel filo di voce che sono riuscita a ritrovare chissà dove nella mia
anima. È per forza da lì che deve provenire, perché aggiungo anche: -
...è su di te.
E poi continuo ancora, guardando il pavimento: -
Su di noi.
Proprio come la canzone di Pupo, mi verrebbe da
dirgli, come assaggio di quello che sarà molto probabilmente il mio stato
mentale dopo tutto questo: profonda ed ineluttabile pazzia.
- Jade... - sussurra lui e
mi sembra che il mondo si sia fermato ad ascoltare il tono della sua voce, il
suo timbro mentre dice quel nome, il MIO nome, perché così dovrebbe essere,
perché la sua voce è fatta per essere ascoltata ed amata e perché io ora sono l’unica
che può sentirla pronunciare il mio nome, così.
Gli occhi iniziano a pungermi e qualcosa mi sale
in gola e deve essere il mio cuore perché lo sento che non batte più dove
dovrebbe. E i suoi occhi sono ancora troppo lucidi per sperare che il mio cuore
tornerà presto al suo posto.
- È... - dice tornando a
sfogliare quelle che saranno mille pagine di inchiostro nero - ... è
bellissimo.
Mi viene da ridere e gli rispondo divertita: -
Ma se non l’hai ancora letto...!
In realtà, non c’è niente di divertente. In
realtà, sto tremando.
Come al solito, più del solito, non respiro più
quando mi guarda ed i suoi occhi mi sorridono curiosi ed eccitati: - Posso
leggerlo adesso?
Ti prego. Ti prego. Santo Dio, ti prego. Non fare
così. Smettila di essere così. Smettila di spezzarmi il cuore ogni volta che
apri bocca e smettila di non capire che è già tuo, che non hai più bisogno di
spezzarlo.
- No. – rispondo un po’
brusca, come se ce l’avessi con lui. Come se fosse colpa sua.
- No, ehm, leggilo quando non ci sono. –
aggiungo.
Perché, Robert, poi, non ci sarò più.
- Ah. – dice con questa sorta
di imbarazzo strano in cui galleggiamo entrambi da un po’. Non è da noi, essere
così: ma quando pensi che ci sia un grosso peso che incombe sulla tua testa,
quando senti che potresti ferirti da un momento all’altro per qualcosa di
troppo grande, allora non puoi fare altro che parlare sottovoce e muoverti il
meno possibile.
Lo sente anche lui, forse. Infatti, cerca di
sdrammatizzare sorridendo ironico: - E quando te ne vai, allora?
Troppo presto, Rob. Sempre e comunque troppo
presto.
- Adesso, in realtà. –
gli rispondo con un sorriso mentre dentro cado a pezzi. – Sul serio, ho...
ho qualcosa da fare.
Qualcosa per cui non credo che mi perdonerai.
Qualcosa di definitivo, che metterà la parola fine a noi due. Qualcosa che devo
fare, per sopravvivere. Non per vivere, perché non credo che ci riuscirò ancora
senza di te. Ma sopravvivere, sì, quello lo posso fare ancora. Senza di te.
Senza i tuoi occhi e la tua voce che per me sono
stati una condanna. Non posso più vivere, ormai: con te, senza di te, non
vivrei. Ma posso evitare di morire, quello sì, e sopravvivere. Almeno credo.
Ma non posso più stare qui, non posso più stare
con te, non un minuto di più. Non posso stare con te o essere con te mentre
leggerai quello che ho scritto su di noi, il modo in cui ho iniziato ad
amarti ed il modo in cui non ho mai imparato a non affogare. Ora, che sia
troppo presto o no, devo andare.
Ti avvicini a me e sorridendomi fai per
abbracciarmi, come fai qualche volta per salutarmi.
E non puoi neanche immaginarti quanto vorrei
sentire ancora il tuo calore, il suo profumo, te. Ma sarebbe una condanna a
morte immediata, sarebbe un suicidio. Ti sorrido vuota, già persa nel nulla che
mi dovrà avvolgere necessariamente per permettermi di fare ciò che ho deciso di
fare e mi volto, andandomene via da te.
Non mi giro indietro, esco dalla porta e mi
perdo.
Ci sarà una pagina della nostra storia che non
leggerai, perché non sarà mai messa in quel quaderno, insieme alle altre. È l’epilogo,
è la fine. È questa pagina, l’ultima di noi.
N.D.Summer
Vi ho detto che i capitoli
sarebbero stati 30 e...questo è il 30... questo vi dice qualcosa? Il titolo del
capitolo vi dice la stessa cosa? Bene... io non dico niente, però, che non
voglio mica essere lapidata tramite recensioni di Efp. =P
Però vi do un'anteprima
dell'epilogo... eccola qui sotto.
***
- Allora Mr.Pattinson... come va?
Era a dir poco strano pronunciare quelle parole e
trovarmi in una situazione così simile a quella che avevo vissuto solo un anno
prima. Un anno esatto, pensai.
Io seduta su una sedia scomoda davanti ad un attorucolo
famoso in tutto il mondo. Io, che la sedia la trovavo scomoda forse non tanto
per la sedia in sé, ma più per quei due occhi blu che non avevano smesso di
togliermi il fiato. Non quando mi guardava così, mezzo divertito, mezzo
provocante.
Eppure, non avevo mai pensato che in un solo anno
sarebbero potute cambiare così tante cose.
- Bene – sorrise lui fin troppo compito e
poi mi chiese a sua volta: - E a lei, come va?
***
@ SIL 1996:
Alla fine Jade ha fatto tutto
quello che sentiva, da sempre... e anche se le cose non sono sempre andate come
voleva, almeno ora ha preso una decisione che forse le darà un po' di quella
serenità che le manca... no? Certo, con la decisione che ha preso in questo
capitolo, non so se sarà davvero così... =)
@ uley:
In effetti mi ero chiesta dove
fossi finita!!! Sei tornata giusto in tempo per la “fine”... Vabbè, dai, per
stavolta ti perdono xD Anche perché sennò chi avrebbe mandato le lettere a
questi due per dire loro di darsi una mossa?!?
... ma secondo te servirebbe? Le
fette di salame sugli occhi, hanno! E oltretutto si fanno anche tutte le
paranoie del mondo :P e prendono sempre la decisione sbagliata!
@ Wild Girl:
Cavolo, ogni volta che leggo i
tuoi commenti ci rimango... poesia, davvero? *_* grazie, per me ricevere un
commento come il tuo (come i tuoi, a dire il vero) vuol dire molto... Passando
alla storia... purtroppo a quanto pare anche Jade ha imparato sulla sua pelle
che cosa voglia dire avere qualcosa e poi perderlo... ma ha imparato anche la
cosa più importante, ovvero che non bisogna avere rimpianti... quasi mai. <3
@ JJ_28:
Mi fa piacere che lo scorso
capitolo ti/vi sia piaciuto, temevo ritorsioni per aver ancora una volta
anteposto il "nulla" agli avvenimenti veri e propri...!!! :P
Cavolo, allora dici che ho un
futuro come sceneggiatrice di soap infinite/ventennali?!? Bene, vado subito a
dire ai miei che ho trovato il lavoro che fa per me! xD
Mi fate piangere che avete
ancora fiducia in me, ahahhah! Non sapete in che guai vi state cacciando!!!
Ma non mi dire che sul serio li
sogni anche la notte! ...e se è vero voglio i particolari :P che magari mi
ispirano per una continuazione ahahhahahah!
P.S. Adoro i commenti,
soprattutto quelli lunghi!!!
Ci ho provato, lo ammetto, a contare
I colori dei tuoi occhi, ma sai, non ci sono mai riuscita…
Sono azzurro chiarissimo quando ti
sei appena alzato la mattina ed il sole vi si specchia per la prima volta in
tutta la giornata e sono azzurro un po’ più scuro quando ti metti a cantare
solo perché ti va.
Sono grigi, quando pensi a
Londra, a casa tua, quando piove e quando ti manca qualcosa.
Sono di un grigio scuro e tempestoso
quando ti arrabbi e quando non vuoi che me ne vada.
Sono di un azzurro insolente quando
reciti la parte dell’attorucolo sex symbol e non ci credi neanche tu.
Sono azzurri come il cielo quando ti
senti libero di fare quello che vuoi, di prendere in giro qualcuno che si
prende troppo sul serio, quando ti va di essere sincero.
Sono blu scuro quando guardano i
miei da troppo vicino.
Sono blu elettrico la sera quando ti
diverti con i tuoi amici, quando vai per locali e quando bevi troppo.
Sono quasi verde acqua quando mi fai
capire appena che ti manco, che non sapresti cosa fare senza di me, che vuoi
stare con me. E quando sei deluso da me.
Non capirò mai come facciano un paio
di occhi ad avere in sé tutti questi colori diversi e molti altri ancora, né
perché tutti, uno per uno, riescano a scuotermi l’anima.
He'll never fall in love, he swears, as he
runs his fingers through his hair... I'mlaughing 'cause I hopehe'swrong
Mi fai ridere quando ti passi continuamente le dita tra i capelli perché sei
nervoso o perché non sai cosa dire, come se le parole e le idee potessero
trovarsi nei tuoi capelli e “venire al pettine” come dei nodi…
Mi fai piangere quando dici che non ti sei mai innamorato, che non hai mai
fatto a botte per nessuna ragazza, che non ti senti adatto ad essere
innamorato, che non sai se vuoi innamorarti…
Mi fai ridere perché dici che non vuoi innamorarti e che hai paura… e non sai
invece quanto sia bello…
Mi fai piangere perché forse non saprai mai quanto lo sia e probabilmente non
lo scoprirai con me…
Mi fai ridere, perché spero con ogni mia molecola che ti sbagli.
He looks around the room, innocently overlooks the
truth… Shouldn't a light go on? Doesn't he know that I've had him memorized for
so long? A volte ti guardo e poi distolgo subito lo sguardo quando ti
giri. A volte ho paura che tu possa capire, ma un sentimento si può definire
“paura” se spesso sconfina nella speranza? Posso sperare in qualcosa di cui ho
paura? Sono terrorizzata all’idea che tu possa intuire che io ti vedo e ti
sento e al tempo stesso vorrei che tu lo realizzassi, che tu lo vedessi… Ho
paura che tu capisca, o che possa non capire mai, ho paura di perderti e di
averti, non so come fare a starti vicina e non riesco a starti lontana. Questo
sentimento che mi spezza in due, che apre il mio cuore, è tutto ciò che mi fa
andare avanti e al tempo stesso tutto ciò che mi tiene ancorata al fondo,
incatenata a te.
And I couldtellyouhis
favorite color's green,
he loves to argue, hissister's beautiful , he hashisfather'seyes Se volessi sapere qual è il tuo colore preferito (ma non lo
saprai nemmeno tu) o il tuo gusto di gelato preferito o la tua canzone
preferita o la tua marca di cereali preferita, mi basterebbe cercare da qualche
parte nelle riviste o in rete per trovare la risposta…
Potrei sapere tutte queste cose e non sapere comunque niente di te.
Potrei comunque non sapere come ti illumini quando ti fanno una sorpresa, come
quando entri tu in una stanza sembra che le luci siano più brillanti, come la
tua voce scivoli sotto la pelle e non ne esca più… Quanto vuoi bene alla tua
famiglia, ai tuoi amici, quelli veri…
E neanche quanto, a volte, mi dai l’impressione che ti piaccia litigare,
cercare il confronto, spingere le situazioni al limite, oltrepassarlo per
vedere se effettivamente ci sia qualcosa al di là… come se quello che c’è al di
qua non basti ad una creatura come te…
Non saprei com’è quando mi guardi, non saprei com’è stare sdraiata sulle nuvole
con te, non saprei cosa vuol dire avere il cuore che batte così forte che non
riesci a sentire nessun altro rumore, non saprei cosa vuol dire sentire di aver
trovato finalmente il proprio posto nel mondo.
He'dnevertellyou, but he can play guitar
Ho visto tanti lati di te che non dai a vedere agli altri: ti ho visto non
credere in te stesso, pensare di essere un idiota, uno strambo, negare di
essere geloso, nasconderti dietro un personaggio, odiare quel personaggio,
prendere in giro chiunque ti dicesse che sei una star, o una rock star…
E poi ti ho visto suonare e cantare ed era come se tutto quello che avevano
costruito su di te svanisse a poco a poco, lentamente, come tanti strati di
fumo che non permettevano alla vista di cogliere quello che c’era sotto. E in
quel momento, a casa mia, guardandoti suonare una chitarra acustica, ho visto
davvero quello che eri e mi sono salite le lacrime agli occhi… Non ho visto
l’attore strapagato, il cantante e nemmeno il sex symbol.
Quella notte ho visto te, e non mi sei mai più uscito dagli occhi.
He sees everything in black and white, never let
nobody see him cry… I don'tletnobodysee me wishing he was mine
Non ti ho mai detto niente, non credevo ce ne fosse bisogno. Abbiamo condiviso
tanto insieme: abbiamo riso e abbiamo fatto discorsi seri, ci siamo presi in
giro e ci siamo feriti a vicenda, abbiamo fatto pace e ci siamo guardati
attraverso occhi lucidi di lacrime…
Non credo che tutto questo sia stato niente. Non credo che tu non avessi
capito. Ho negato a te, a tutti gli altri che continuavano a ripetermelo, a me
stessa di poter provare qualcosa per te, qualcosa che andasse oltre il nostro
strano modo di essere amici.
Ho negato perché non avrei sopportato di perderti, ma negando ti ho perso.
E se negare non è servito, perché invece non raccontare tutto dall’inizio?
He standsthere, thenwalksaway, myGod, if I couldonlysay I'm holding everybreath for you
E quando te ne sei andato, lasciando dietro di te una scia di scuse non
pronunciate e di rimpianti nascosti, hai lasciato un vuoto nel mio stomaco, nei
miei polmoni, nella mia vita. Per qualche ora non sono riuscita a respirare
normalmente, sai, dopo che quella porta si è chiusa sbattendo.
Dopo che ti ho detto di Adam.
Dopo che, senza dire niente, ci
siamo detti addio.
Non c’è bisogno che dica che ho sbagliato, che non ho dimostrato con i fatti
quello che sto dicendo qui, che ho buttato via tutto. Non c’è bisogno che dica
che mi dispiace, perché ormai non c’è più niente per cui dispiacersi. Non c’è
più niente per cui valga la pena scusarsi.
Ma sto ancora trattenendo il fiato in vana attesa del momento in cui tu
ritornerai.
I think he can seethrougheverything butmyheart
Io continuo a pensare che tu sia speciale, che tu abbia una luce in te che
smorza tutte le altre, che le fa sembrare lucciole, al confronto; forse non
smetterò mai di farlo. Continuo a pensare che tu sia molto più di quello che
pensi, di quello che pensano gli altri, di quello che dici di essere. Ho sempre
pensato che riuscissi, con quella tua luce, a vedere davvero le persone e le
cose, ad illuminarle e a vederle così per quello che erano davvero…
Per capire quali sono le cose importanti, le persone importanti, per capire
cosa la gente pensi sul serio, al di là di quello che ti dice, dei complimenti standars che ti fa, delle cose carine che dice a te, per
poi negare davanti a chiunque altro...
Ho sempre pensato che riuscissi a farlo con tutti, tranne che con me.
First thought when I wake up
is “My God, he's beautiful”,
so I put on my make-up
and pray for a miracle Ognimattina
mi sveglio, ognimattinapenso a te. Ormai è come una sorta di
appuntamento: non appena suona la sveglia, la mia mente si focalizza sulla tua
immagine, i miei occhi non vogliono vedere altro se non te, la mia bocca prende
la forma del tuo nome.
E per quante volte io possa averlo urlato quella notte stessa in uno di quegli
incubi che ultimamente faccio spesso, ha sempre comunque un sapore fresco sulle
mie labbra.
Ogni mattina mi sveglio, mi vesto, vado a lavorare… ogni mattina faccio tutto
come un automa, pur di non pensare a te, al tuo viso, alle tue mani, alla tua
voce. Ogni mattina inevitabilmente mi ritrovo a vederti ovunque, su qualunque
cartellone, in qualsiasi rivista, nella faccia di qualche passante, anche se
non ci sei. Perchè ogni mattina, tu non ci sei.
And ifyouask me if
I love him… I'dlie
N.D.Summer
Non potevo lasciarvi così a lungo senza un aggiornamentino… Anche perché la volta scorsa sono stata crudeeeeele (lo ammetto) e non vi ho svelato se lo scorso
capitolo era davvero la “fine”…
Non lo era, come avete acutamente intuito! Crudele sì, ma
non fino a questo punto! =P
Prima di uscire, quindi, (in ritardo come al solito, damn) vi lascio questo capitolo un po’ strano… ebbene sì,
quella che avete letto finora era proprio la storia che Jade ha scritto (o
almeno: non so se si sia capito, ma era quello che volevo far capire =P) e che
poi ha consegnato a Robert come regalo di compleanno-ormai-passato-da-settimane…
E questo capitolo in particolare è una sorta di estratto da quel diario, ovvero
la primissima pagina: racchiude una dedica, una canzone e…direi tutta Jade.
Come ho già detto in un’altra storia, le canzoni che mi
ispirano solitamente sono quelle più stupide, in questo caso, povera me,
parliamo di Taylor Swift… che, devo dire la verità,
nonostante tutto, mi ha ispirato varie volte…
Spero che si vedano i font diversi, non sono sicura di
averne scelti di comuni… Mmmmh.
Comunque, vi lascio anche con la promessa che ci sarà ancora
un altro capitolo dopo di questo, questa volta davvero l’ultimo di questa
storia…
E poi l’epilogo: breve, lungo… ancora non lo so: ho scritto
di getto solo due capitoli, al resto devo ancora pensare…
Ma nessuno dice niente dell’anticipazione? T.T e io che
pensavo di mettervi una certa ansia =P sono insopportabile… ;)
Buona serata (ogiornata,dipende da quando
leggerete) e buona lettura!
@
SIL1996:
Sì, sì, c’è l’epilogo! E un altro capitolo in cui
probabilmente scopriremo cosa ne pensa Rob del
regalino di Jade… alla prossima, allora!
@_Miss_:
Ma dai, non ti preoccupare se non mi commenti un capitolo! Certo,
fa sempre piacere leggere cosa ne pensi… ma non è assolutamente una cosa per
cui chiedermi scusa! ;) Anch’io non riesco a pensare che sia finita!!! È sempre
così quando finisce una storiaaaa T.T Meno male che
ci siete voi che con i vostri commenti mi fate andare avanti fino in fondo!!!
Per il gruppo su fb ti ho mandato
una mail in privato, spero ti sia arrivata! Se no, te lo dico anche qui: certo
che mi farebbe piacere! Attendo aggiornamenti ;)
@
valenina:
Hai perfettamente ragione a non essere d’accordo con quel
finale... e infatti non è il vero finale!!! Sospiro di sollievo, eh? Il vero
nome verrà svelato presto, nell’epilogo…!!! Ma grazie per il resto *-*
@
uley:
Nooooo, dai:
come hai letto non è finita qui, soprattutto non così! Mi spiace di averti sconvoltaaaaa, non lo faccio più, prometto, giuringiurello, parola di scout
(mai fatto la scout in vita mia)… Adesso voglio la statua!!! Spero che il
prossimo capitolo sarà all’altezza!!! Perché è lì che si gioca un po’ tutto…
Ma no… dai… starai mica dicendo, Summer…
che… succederà qualcosa?!?
Ehe!!! (sono
fusissima, parlo anche con me stessa, ora. E mi
rispondo!!!)
Cavolo, in un solo commento ti sei picchiata, sei quasi
morta, ti sei fritta il fegato e hai sbattuto la testa contro il muro xD
Questa storia nuoce gravemente alla salute!
Comunque complicare anche la mia di vita è davvero sempre
stata una mia caratteristica -.-‘
Certo che poi scrivo storie così assurde! Ma insomma! =P
@
JJ_28:
Siiiiii, w i
commenti chilometrici! Per quanto riguarda l’happy ending…
mmmh… u.u… non so… magari
ci penso, eh? xD
Ma nooooo, scherzo, ci ho già
pensato: arriva Brooke Logan e risolve tutto
mettendosi con Rob e avendo un figlio da lui, figlio
che poi si metterà con Jade… per poi lasciarla e mettersi con Brooke, sua madre… xD
Davvero, leggendo i vostri commenti mi convinco sempre più che
questa storia faccia male alla salute! Colpi di scena letali, astinenza da Rob&Jade, momenti di pazzia (anche dell’autrice stessa),
FEBBRE! … non va bene!!! xD Dovrebbero segnalarmi
alle autorità per spaccio di materiale dannoso per la salute! =P
Comunque grazie graziegrazie per tutti i complimenti disseminati nel tuo commento
*-* Sono anche sconvolta dal fatto che tu l’abbia riletta tutta… *-* alla
seconda
P.S. La matematica É un’opinione. Cinque anni di liceo
scientifico non mi hanno tolto questa certezza. L’unicoproblema è che è un’opinione che spesso mi
sfugge (sfuggiva) -.-‘
- Rob...- dissi con la voce spezzata - ...te ne
devi andare. Fidati di me.
- Qualunque cosa io abbia fatto, mi dispiace... Voglio
solo parlare con te.
- Non è possibile. Vai via.
- Jade, sul serio, due minuti.
Sospirai nel citofono, ricacciando indietro un paio di
lacrime testarde e la sensazione che quello sarebbe stato l’inizio della fine.
Ci misi un secolo a parlare di nuovo.
- Ok. Due minuti.
Schiacciai il pulsante per aprire il portone e sospirai di
nuovo, convinta che stavolta davvero non ce l’avrei fatta.
Passai i successivi minuti in uno stato di incoscienza,
finché la porta non si aprì. Dietro, Rob stava in piedi come se gli avessero
appena sparato un colpo al cuore.
Si bloccò di colpo, appena mi vide sulla soglia ed il suo
sguardo si addolcì.
Stava lì in piedi incorniciato dalla porta, immobile, sgualcito,
con le gocce di pioggia che l’avevano inzuppato fino a poco prima che ora
cadevano sul pavimento, formando una pozza ai suoi piedi. Nella mano destra,
abbandonata lungo il fianco, teneva stretto un fiore bianco dallo stelo lungo,
fradicio e con i petali piegati all’ingiù. Ansimava piano, evidentemente aveva
fatto le scale di corsa, sperando che non cambiassi idea nel frattempo.
Non c’è bisogno di dire che anche così, bagnato fradicio,
con i capelli e la camicia che gli si appiccicavano alla pelle, con le guance
più rosee del solito per lo sforzo e con gli occhi accesi per lo sgomento, era...
semplicemente troppo. Il suo sguardo così bello era di un cupo blu scuro,
pentito a prescindere per qualcosa che non sapeva di aver fatto, spossato da
qualcosa che gli era mancato.
Facevo fatica a respirare pensando che quel qualcosa avrei
potuto essere io.
- Scusami. – disse dopo un po’, guardandomi di
sottecchi, cercando di captare qualsiasi mia espressione.
- ... di cosa? – gli chiesi con tono piatto, cercando
di non lasciarmi scuotere da lui.
- Di qualunque cosa io abbia fatto. Scusami.
- Cosa pensi di avere fatto? – gli chiesi ancora cauta
ma incuriosita. Intenerita.
- Non lo so, Jade. Non lo so, cazzo, perché non mi vuoi
più parlare, perché non mi rispondi ai messaggi o al telefono. Non lo so perché
non mi vuoi più vedere. Però ti chiedo comunque scusa.
- Mi chiedi scusa senza sapere cos’hai fatto. –
dissi, più un affermazione, una presa di coscienza, che una domanda.
- Sì. E scusa anche perché non so cosa ho fatto.
- Smettila.
- Perché? Ti sto solo chiedendo scusa.
- Smettila di chiedermi scusa. Non dovresti essere qui.
- Lo so, dovrei essere ad una conferenza stampa a Parigi.
Perciò mi merito almeno che tu mi dica cosa ti ho fatto.
Cosa mi hai fatto.
Mi hai stregata, mi hai condannata, mi hai invaso, mi hai
reso impossibile stare senza i tuoi occhi, hai riempito ogni mio pensiero, mi
hai fatto credere di nuovo.
Mi hai fatto innamorare di te.
- Niente! – esclamai a voce un po’ troppo alta,
esasperata: - Non mi hai fatto niente.
Mi guardò di nuovo, cercando di capire. Per quanto odiassi
mentirgli o farlo star male, non potevo dirgli la verità. Non ne avevo la
forza, né il diritto. Non potevo tradire così me stessa, solo per farmi ancora
del male.
- Ok. – disse lui mesto, abbassando lo sguardo –
Va bene. Me ne vado.
Fece per andarsene; poi, come ricordandosi qualcosa di
importante, si rigirò verso di me e mi tese la mano destra, che ancora
stringeva il fiore, ormai distrutto.
Almeno quanto me.
Me lo porse e disse dolcemente, anche se con una nota ancora
dura nella voce: - Questo era per te.
Quel gesto mi fece salire il cuore in gola e mi riempì di un
calore che solo lui, con la sua tenerezza nei momenti più inaspettati, mi
sapeva dare.
Mi guardò ancora un istante con quegli occhi di un blu che
non avevo mai visto prima e si voltò verso la porta. Al primo passo che fece
per allontanarsi da me, mi ritrovai a dire:
- Non fare lo scemo.
Il suo sguardo si puntò ancora di me e una scintilla di sorpresa
mista a felicità gli passò sul viso.
- Non puoi andare in giro tutto bagnato. – dichiarai
arrossendo chissà perché e abbassando lo sguardo.
Mi avvicinai a lui ed alzai lentamente le mani verso il suo
collo: dopo un’eternità, finalmente toccai la stoffa della sua camicia azzurra con
le dita ed iniziai lentamente a slacciare il primo bottone, sempre evitando con
attenzione di guardarlo negli occhi. Mi accorsi che stava trattenendo il
respiro e riuscivo a vedere con la coda dell’occhio che mi osservava, ancora
stupito da quel mio cambiamento nei suoi confronti. In realtà, la mia era stata
una mossa istintiva: semplicemente, non volevo ancora che se ne andasse. E poi
era vero: non poteva uscire fradicio com’era e in camera mia avevo ancora un
paio di camicie sue di cui avrei voluto liberarmi, magari con una scusa come
quella.
Come se così facendo avessi potuto liberarmi anche di lui.
Come se ci si potesse sbarazzare così facilmente anche di
lui.
Il secondo bottone si slacciò subito e passai quindi al
terzo, anche se avrei voluto prendermi più tempo, prolungare quell’azione
all’infinito, stare vicino a lui per sempre, anche solo così, a sentire il suo
calore sul mio viso, troppo vicino alla sua pelle nuda. Il quarto bottone ci
mise un po’ a slacciarsi e gliene fui grata.
Tutt’a un tratto, al quinto bottone, lui parlò:
- Ho letto il quaderno.
- Ah. – feci piano mentre sfioravo la sua pelle sotto
la camicia. Il suo profumo mi stava già stregando, di nuovo. E glielo stavo
lasciando fare.
- Tutto in una notte.
Non potei fare a meno di guardarlo, senza staccare le dita
dai lembi della sua camicia. Il suo sguardo bruciava nel mio, diceva troppe
cose insieme ed in quella tempesta blu non riuscivo a capire nemmeno una delle
cose che voleva dirmi. Sperai solo che non mi facesse troppo male.
- Tu... non me ne hai mai parlato. – disse ancora
guardandomi, suonando triste alle mie orecchie.
- Di cosa? – riuscii a dire con un filo di voce,
ancora tenendolo per la camicia.
- Di te, di me... di noi. Di quello che provavi.
Ecco. Se presterete attenzione tra poco potrete cogliere un
rumore: questo è il momento in cui il mio cuore si spezza.
- Io non volevo che tu... - dissi con le lacrime già
pronte a scendermi sul viso, dandomi della stupida per questo. Ma lui mi
interruppe:
- Se solo tu me l’avessi detto...
Tremai, sperando... non sapevo nemmeno cosa sperassi,
riuscivo a tremare, aggrappata a lui in quel modo. Poi continuò:
- Non sai quante notti ho passato pensando a te. Ora so
che ne vale la pena, deve essere così.
Mi prese le mani ed io non riuscii più a pensare a niente,
se non alla sua voce.
Ha pensato a me.
- Jade, io... ora forse avrei bisogno di parole, ma non
me ne vengono.
Sorrisi. Non so perché, ma sorrisi. E lui fece lo stesso. E,
per quanto fossi già persa, mi lasciai andare completamente, senza nemmeno
avere la certezza che avrei avuto una scialuppa di salvataggio per ritornare
indietro. Scrutò ancora per un secondo il mio viso e poi me lo ritrovai così
vicino che sentivo il sapore del suo respiro sulle labbra.
You
take the breath right out of me.
You left a hole where my heart should be.
- Tu... mi lasci senza respiro. – sussurrò piano
sulla mia bocca – Quando te ne sei andata hai lasciato un buco dove avrebbe
dovuto esserci il mio cuore.
Poi mi baciò.
Potrei dire che il mondo sparì, potrei dire che sapeva di
zucchero e di pioggia, potrei dire che fu come se il pavimento si aprisse sotto
di noi, potrei dire che fu tutto quello che mi aspettavo, che mi sentii finalmente
al mio posto, a casa...
Potrei dirlo, ma sarebbero solo parole.
In quel momento forse avrei avuto bisogno di parole come non
mai: parole da dire, da pensare, da scrivere, da ricordare...
Stranamente, però, non me ne vennero.
Perché i momenti migliori sono quelli che ti lasciano senza
parole.
N.D.Summer
@ valenina:
Quanti ortaggi nel tuo commento! xD Be', alla fine mi sembra
che l'abbiano capito, vero? Ci vediamo nell'epilogo... Baci e grazie *-*
@ uley:
Ahahahhahah sono perrrrfidaaaa siiiii! Ma non troppo dai...
alla fine (ma proprio alla fine, però) è arrivato anche il capitolo... come
dire... risolutivo? Conclusivo (nel senso che i 2 concludono)? Tanto agognato?
...insomma, il capitolo in cui 'sti due alla fine riescono a
saltarsi addosso!!! xD
Nuuuuu ehm l'anticipazione è dell'epilogo... quindi del
prossimo capitolo, presumo... o forse direttamente di una storia
"nuova"... ancora non so!
Mmmh, prima di picchiare Rob ma dopo avergli chiesto autografo
e abbraccino per te gli dai il mio numero di telefono? Eh, così, non si sa
mai... ;)
@ _Miss_:
Sì, esatto, Rob ha proprio letto quelle righe e non solo...
diciamo che nel "diario" di Jade ha letto praticamente tutta la
storia, così come l'avete letta voi...
Dai, come vedi la mia allergia agli happy ending (è proprio il
termine giusto) è riuscita a confinare la felicità nell'ultimo capitolo... però
almeno la storia è finita bene, no? xD
Be', in ogni caso grazie per i complimenti e... per la continua
fiducia! :P
@ SIL1996:
Sono felice delle tue parole, sono felice che leggendo le mie
tu ne sia rimasta un po' toccata :) Spero che anche questo capitolo sia stato
di tuo gradimento, a presto!
@ JJ_28:
Carissima, ogni commento un illuminazione! La volta scorsa ho scoperto
la mia vocazione lavorativa (sceneggiatrice di Beautiful), questa volta mi hai
dato un'idea fantastica per un tatuaggio! "Nuoce gravemente alla
salute", che mi si adatta perfettamente! Magari non in fronte però, eh...
xD
Però, dimmi la verità: tu fai già la sceneggiatrice di
Beautiful? Sennò non si spiega! Al nonno di Jade come 170esimo marito di Brooke
io non ci sarei mai arrivata! o.O un genio!
Ma passando a cose serie: ecco il tuo happy ending, ma
risparmia Robert! So che lo tieni chiuso in cantina attendendo di farlo fuori
nel caso in cui lui non sia andato da Jade (per seguire Ridge in Alaska), non
puoi essere così crudele da privarci ancora di cotanta bonaggine!
Ok, oggi sono più fusa del solito, urge riposo. Alla prossima!
Alor...
Vi ho fatto attendere un po' (ma no, che dici, solo 6 mesi, 30
capitoli e anche 8 interminabili giorni dall'ultimo capitolo... che vuoi che
sia!) per questa conclusione, lo so...
Vi è piaciuta? Spero di sì. Davvero davvero.
----------------------------------------------- Nota seria
venuta da chissà dove --------------------------------------------------------
Non sono una che scrive quello che pensa che potrebbe piacere,
purtroppo: valuto immensamente quello che mi scrivete - e lo adoro immensamente
:) - ma sono convinta che una storia debba avere un inizio e una fine nella
mente di chi la scrive nonostante quello che ne potrebbe pensare il
"pubblico". Forse vi aspettavate molto più di questo, forse vi
aspettavate che succedesse prima per godere un po' di più di quello che
necessariamente succederà dopo questo bacio, forse pensate che questa storia sia
sbilanciatissima... non lo so. La fine è nata (cioè, l'ho scritta) praticamente
prima dell'inizio, quindi tutto quello che c'è poi stato in mezzo è stato anche
in funzione di questo, di come le cose dovevano andare per arrivare a quel
punto. Non pensavo che sarei stata così prolifica, però. :P
----------------------- Fine della nota seria completamente
random e dettata da insicurezza profonda -----------------------
Su questo capitolo, oltre a quello che ho già detto, non saprei
cosa aggiungere… Ah, sì: quando un ragazzo mi dice “ti prego” cado come una
pera cotta, non so perché e così ha fatto anche Jade…
La frase finale mi sembra un po’ presa dalla pubblicità di uno
shampoo (tipo “perché tu vali”), ma non ho saputo far di meglio: era quello che
volevo dire… Jade ha sprecato mille parole (un quaderno di parole) e tutto si è
risolto con un solo gesto…
Per concludere…
Ringrazio tutte, tuttissime: da chi ha solo letto e mai
commentato - mannaggia a voi! :P - a chi ha commentato ogni capitolo - che dire,
se non *-* - ...
Mi spiace un po' che sia finita... UN PO'?!?!?!? No, ecco, un
po' non è neanche minimamente quanto mi spiace...
In ogni caso c'è l'epilogo, però ancora non so come fare per
farvelo "arrivare"... nel senso che volevo metterlo a parte, in un
altra storia, in caso poi volessi continuare a scrivere come proseguono le cose
i due idioti... Probabilmente metterò un avviso in questa storia con il link,
ok?
Sigh, sob, ho scritto un sacco (e potrei andare avanti, eccome
se potrei) perchè non voglio che finiscaaaaaaa, sigh, sob...
Ok, carissime, è ora. Spero di rincontravi in giro per Efp,
buone storie a tutte <3
- Allora Mr.Pattinson… come va? Era
a dir poco strano pronunciare quelle parole e trovarmi in una
situazione così simile a quella che avevo vissuto un anno
prima. Un anno esatto, pensai. Ero
di nuovo seduta su una sedia scomoda davanti ad un attorucolo famoso in
tutto il mondo. Io, che la sedia la trovavo scomoda forse non tanto per
la sedia in sé, ma più per quei due occhi blu che
non avevano smesso di togliermi il fiato. Non quando mi guardava
così, mezzo divertito, mezzo provocante. Eppure,
non avrei mai pensato che in un solo anno sarebbero potute cambiare
così tante cose. - Bene –
sorrise lui fin troppo compito e poi mi chiese a sua volta: - E a lei, come va? Il
suo sguardo si spostò per un attimo sulla videocamera alla
sinistra del mio viso, puntata su di lui; poi, si posò con
leggiadria straziante nel mio. “Strano.
A me va strano”. Sorrisi. –
Bene, grazie. Non
era assolutamente vero, il mio stomaco stava facendo mille capriole. Un
po’ per lo sconcerto di vedere lui, Rob, che mi era stato
così vicino, trattarmi con una fredda cortesia che non gli
era naturale e che non era mai stata consona a noi due. Un
po’ perché non avrei mai pensato che una cosa
così stupida come fingere di essere due estranei mi avrebbe
sconvolta così. E un po’ ancora, infine,
perché mi rendevo conto che quella distanza che ora stavamo
solo mettendo in atto non era poi così irreale. Sospirai,
temendo che capisse cosa pensavo, lui che con un solo sguardo riusciva
a penetrare nella mia anima, lui che era sempre così attento
ad ogni gesto delle persone che amava. Lui che non si sentiva mai
all’altezza delle persone che amava, proprio come me. Mi
schiarii la voce: -
Signor Pattinson. Lei è così giovane e ha
già tutto: bellezza, soldi, fama…
c’è qualcosa che non ha e che vorrebbe, in questo
esatto momento? Mentre
formulavo la domanda, Robert aveva iniziato a guardarsi intorno con
noncuranza: quando smisi di parlare però si voltò
di scatto verso di me, gli occhi in fiamme ed il viso teso. In un primo
momento pensai che fosse arrabbiato, anzi, inferocito. Poi
però guardai meglio e quello che vidi nei suoi occhi che si
erano leggermente scuriti non era decisamente rabbia. - Te –
rispose secco, con la voce ruvida. Come se questa non venisse dalla
gola, ma da un luogo molto più profondo. Come se in quegli
occhi non ci fosse ira, ma solo… desiderio. Robert,
fino a poco prima seduto sul bordo del letto matrimoniale con le mani
incrociate sopra le gambe accavallate, si alzò ed in un
lampo mi fu davanti. Di fronte a me, con il respiro sul mio. -
Te. Ripeté
quelle due lettere mormorandole piano come per assaporarle, prima di
fiondarsi sulla mia bocca come per un’urgenza estrema. Poi,
in realtà, si sciolse quasi immediatamente in un bacio che
di urgente non aveva nulla: era lento e disarmante, era caldo e
morbido, annebbiante e totalizzante. Per
poco non lasciai cadere la videocamera che tenevo ancora in mano: era
stata un’idea sua quella di festeggiare una sorta di
anniversario di noi due con una riproposizione di quello che era
successo il giorno del nostro primo incontro: la fatidica intervista
grazie alla quale ci eravamo conosciuti. Non avevo molto capito la
ragione di quella messinscena, probabilmente per lui era come un rito
catartico: mettere da parte tutto quello che c’era stato,
tutto ciò che ci aveva divisi fin dall’inizio per
ricominciare da capo, senza pesi sulle spalle. Robert
si staccò per un attimo da me di pochi centimetri, con il
respiro corto: poi, si limitò a fissarmi intensamente,
mordendosi il labbro inferiore, come se si fosse pentito di aver creato
quella minima distanza tra di noi. Respirò forte, come per
riprendere il controllo e mi offrì galantemente una mano per
aiutarmi ad alzarmi dalla sedia. Feci appena in tempo a capire cosa
volesse dirmi con quel gesto muto e ad appoggiare la videocamera ancora
pericolante nella mia mano sul tavolino lì di fianco, che mi
sentii sollevare da terra. In un attimo, Robert mi gettò sul
letto, letteralmente. E
fu allora che capii tutto. Era
da un anno che ci conoscevamo ed avevo ancora i brividi quando mi
guardava. Era
da un anno che ci conoscevamo e ancora non ne avevo avuto abbastanza di
lui, mai. Era
da un anno che ci conoscevamo, certo; ma era da pochi giorni che
stavamo insieme. E
non eravamo ancora stati insieme veramente,
ma quella sera fu la prima volta.
N.D.Summer
Bene, rieccomi. Questo
è uno dei due capitoli dell'epilogo che vi avevo promesso ed
avviene pochi giorni dopo il capitolo precedente (quello del bacio
Vero)... Spero si capisca tutto (il fatto che era uno scherzo, che loro
stanno effettivamente insieme etc)! Quindi, sì,
c'è ancora un altro capitolo sicuro e poi... non lo so! Per
ora vi dico solo che la prossima volta sapremo (ehm, saprete! In questa
storia mi sento anch'io lettrice, perchè si scrive da sola!)
il vero nome di Jade!
:D
Vorrei avvisarvi di
non leggere se non volete sapere “una certa
cosa”… Ma dato che tutto questo capitoletto
è costruito su quella “certa cosa”, al
tempo stesso non vorrei rovinarvelo… Quindi ho fatto
quest’introduzione che dice tutto e niente ed è
assolutamente inutile, quindi. Bene. -.-‘
Epilogo. Con lui
Robert
dormiva profondamente accanto a me in quello stesso letto profumato e
candido su cui eravamo crollati qualche ora prima, quando mi svegliai.
“Candido” non sarebbe stata la parola che avrei
usato per descrivere quel letto, qualche ora prima. Avrei detto
“bollente” o “devastato”,
perché era stato esattamente così, fare
l’amore con Robert.
Se non distruggeva le spalliere come il suo vampiro preferito e al
tempo stesso odiato, poco ci mancava. Eppure sapeva anche
compiere ogni gesto con una dolcezza disarmante, quasi tragica. L'avevo
già capito: ogni volta lui la faceva sembrare
l’ultima. Anche se, come in quel caso, era la prima.
E la seconda.
E la terza.
Dopo, mi ero addormentata profondamente di un sonno pacifico e
ristoratore, come non mi accadeva da tempo. Come mi accadeva, in
maniera minore, solo quando dormivo con lui. O meglio, accanto a lui.
Mi succedeva invece, avevo scoperto, in modo molto più
deciso quando dormivo con
lui.
Sbadigliai piano e constatai che Rob dormiva ancora profondamente: le
lenzuola ed il cuscino, entrambi di un bianco così accecante
che sembrava avere riflessi azzurri, incorniciavano alla perfezione il
suo viso, tanto da farlo somigliare ad un angelo addormentato su
morbide nuvole vaporose.
Pensai che, se avesse aperto gli occhi in quel momento, la mia
impressione sarebbe stata solo rafforzata dalla visione di
quell’azzurro brillante, che a mio parere non aveva in
effetti niente di terreno.
Doveva essere quasi mattino, perché una tiepida luce
azzurrina entrava dalla finestra con le persiane socchiuse e questo
conferiva un’atmosfera ancora più da sogno a
quella situazione.
Lo guardai ancora per qualche secondo, incapace di staccare gli occhi
da lui. Non era perfetto: ma erano proprio i suoi capelli scarmigliati,
le sue guance arrossate, le sue mani appoggiate sul cuscino in una
posizione assurda, le sue labbra semiaperte a renderlo perfetto.
Perlomeno ai miei occhi, che di lui non sembravano averne mai
abbastanza.
Pensai che, comunque fosse andata, non avrei mai voluto dimenticarmi di
quell’istante, di lui, così. Abbandonato,
vulnerabile, perso... mio.
In fretta e senza fare troppo rumore mi infilai la camicia azzurra che
Robert aveva lanciato sul pavimento dopo essersela tolta, la sera
prima. Corsi a prendere la stessa videocamera che avevamo usato per
quella strana rievocazione del nostro primo incontro e, sentendomi una
stalker o una paparazza di bassa lega, iniziai a riprenderlo mentre
dormiva.
Non faceva assolutamente niente di particolare se non respirare, eppure
mi incantava. Lo stavo fissando rapita – e riprendendo
– da qualche secondo, quando mormorò qualcosa di
incomprensibile.
Mi sembrò di capire le parole “ti amo”
ed il cuore iniziò a battermi forte, tanto che ebbi persino
paura che il rumore lo svegliasse. Aveva detto qualcos'altro,
dopo: un nome, probabilmente, che però di sicuro
non era “Jade”. Non sembrava affatto "Jade".
E se avesse detto Kristen?
E se avesse detto qualsiasi altro nome che non fosse Jade? E se quella
notte e quegli ultimi giorni fossero stati uno sbaglio, per lui; se si
fosse reso conto di amare un’altra? Una di quelle attrici
bellissime che incontrava durante le premiere e le interviste e le
apparizioni alle serate di gala? E se per lui stare con me fosse stato
solo un gioco? E se si fosse reso conto che ci stavamo solo prendendo
in giro, perchè eravamo chiaramente troppo diversi per
funzionare, insieme?
Con il cuore che era salito in gola, mi sforzai di non andare nel
panico: eppure mi sembrava proprio di aver captato quel “ti
amo”, di quello ero sicura... Se solo fossi riuscita
a farglielo ripetere...
Mentre la videocamera continuava a riprendere, a bassissima voce,
cercando di mantenere un tono neutro, sussurrai vicino al suo orecchio:
- Cosa, Rob?
Lui si agitò un po’, mosse le labbra ma non ne
uscì alcun suono. Poi, proprio quando stavo per desistere,
finalmente mormorò: -
Io... io... ti amo... Gioia.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime, mentre boccheggiavo in cerca
d’aria. Facendo attenzione, posai la videocamera sul comodino
e mi misi seduta sul letto di fianco a lui, che ancora dormiva ignaro.
Le lacrime cadevano lievi sulle lenzuola ed io mi sentivo stordita.
Non aveva detto “Ti amo, Jade”; aveva detto
“Gioia”.
Quel nome doveva avere un significato, doveva esserci una spiegazione
per cui avesse detto una cosa e non l’altra, per cui avesse
scelto quel nome e non un altro. E non Jade.
Sorrisi, raggiante, tra le lacrime.
Era la prima volta che mi chiamava con il mio vero nome.
U.N.D.
Summer Ok, ultima nota di
Summer!!! Almeno per questa storia, non illudetevi troppo... :P Bene, capitolo
corto e melensissiiiiimoooooo! Un concentrato di zucchero! Un frullato di orsetti
gommosi!
Non so ancora se lo odio o no. In ogni caso, era
ovvio che mi uscisse così: sono trooooooppo triste che
questa storia sia finita, uf...
Ho rimandato per un tempo infinito la pubblicazione di questo capitolo,
ma alla fine ho dovuto cedere e correggerlo e pubblicarlo... Sì,
è vero che ho detto che era finita PER ORA: però,
un po’ ho altre millemila FF in ballo e un po’
c’è la vita che si intromette sempre e non mi
lascia scrivere in pace... :P Perciò
non so SE ma soprattutto non so QUANDO ci sarà un seguito... In ogni caso, mi
spiace proprio che sia finita e mi spiace anche tantissimo che non
riceverò più i vostri divertentissimi commenti
conditi di ortaggi e malanni vari causati da me e dalla mia storia... Ma basta! Sto
diventando sentimentale... Ma chi, io?!? Ma siamo pazzi? Eqquandomai. Una cosa
sentimentale però ve la devo e ve la voglio dire: grazie mille. Davvero,
di cuore. A tutte coloro che
hanno commentato (anche una sola volta), a tutte le lettrici e
commentatrici fedeli, assidue e accanite (<3 vi adoro) e
sì, anche a te, che non hai mai commentato ma hai letto e
magari questa storia ti è pure piaciuta... questa
è la tua ultima occasione per farmelo sapere! :P Vi saluto qui, per
ora: ci "leggiamo" comunque nelle recensioni, a cui
risponderò di sicuro.
A presto, allora! Sum
Se intanto voleste farvi un giro sulla mia pagina di Fb... ho pure pubblicato delle fotine di Adam (ve lo ricordate, Adam?), perchè stasera ho trovato un tizio proprio uguaaaale a come me l'ero immaginato... QUI. Sbav.
Quindi... enjoy!