Esiliata

di ceciotta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Nel mondo degli Umani ***
Capitolo 3: *** Spiegazioni ***
Capitolo 4: *** Nell'Albero numero sedici ***
Capitolo 5: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 6: *** Nuovi sospetti ***
Capitolo 7: *** Il vero colpevole ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Allora, mi dedico di nuovo alla pubblicazione di un mio vecchio racconto, un po' più lungo questa volta. Anche questo è stato scritto parecchi anni fa, ma prima di pubblicare racconti nuovi ci tengo a mostrarvi le mie prime prove.

Godetevi l'inizio, aggiornerò prima possibile, anche perché la storia è già pronta, devo solo riguardarla per correggere eventuali errori.





ESILIATA

PROLOGO



La giovane gnoma si girò a guardare per l’ultima volta l’albero dove aveva sempre vissuto. Non riusciva a concepire che questo fosse successo proprio a lei. Era sempre stata una ragazza buona, rispettosa delle poche regole da cui dipendeva la vita della sua comunità, non aveva mai fatto niente di male, o almeno non apposta. Ora invece la stavano esiliando. Sapeva di essere stata incastrata, perché mai lei avrebbe appiccato fuoco alla biblioteca. Purtroppo nessuno le aveva creduto…tranne i suoi genitori e pochi intimi. Sospirò e stava per voltare definitivamente le spalle al suo bellissimo mondo, quando sentì una voce insolente che la chiamava.

Ehi. Finalmente sei pronta per partire?”

Lei vide subito chi era: sopra ad uno dei rami più bassi dell’albero stava seduto uno gnomo della sua età, un suo compagno di scuola. Era Narciso, lo gnomo più antipatico che conoscesse. Narciso si lasciò scivolare lungo una corda fino a terra, in modo da trovarsi di fronte all’esiliata.

Che cosa vuoi Narciso?” chiese quella scocciata.

Volevo dirti addio e ricordarti che non sei più una dei nostri”

Questo lo so da sola”

Volevo che il concetto fosse chiaro”

Adesso che mi hai illuminato con le tue perle di saggezza, puoi tornartene a casa? Oppure vuoi seguirmi all’infinito per punzecchiarmi e magari incontrare gli Uomini? Chissà, forse uno di loro ti potrebbe calpestare. E io di certo non ne soffrirei”

Narciso deglutì al pensiero di poter essere calpestato. Non che volesse seguire quella so-tutto-io! Si riprese e disse con un sorriso maligno: “Sei tu quella che verrà calpestata e ti posso assicurare che nessuno sentirà dispiacere per la morte di una piromane come te!”

Aveva toccato il punto giusto. La poverina, infatti, era rimasta molto scossa, quando era stata accusata, di vedere quante poche persone le credevano anche se aveva parecchie volte proclamato la sua innocenza. Non sapeva cosa ribattere, ma non dovette difendersi da sola, perché subito intervenne un altro suo coetaneo: era Gelsomino, un loro bellissimo compagno di scuola. Come tutte le volte che lo incontrava, la gnoma arrossì: dalla prima volta che aveva incontrato Gelsomino, si era innamorata di lui.

Lasciala stare!” disse il giovane, “Non devi darle fastidio. E ricordati quel che dice la regola numero 11: Nessuno deve avere alcun rapporto con gli esiliati, pena esilio provvisorio. Se non la lasci stare ti denuncerò alle autorità per aver infranto la legge”.

Narciso sbuffò, poi si arrampicò sulla corda e sparì in un’apertura nel tronco. Gli altri due lo osservarono mentre se ne andava sconfitto. Dopo un attimo Gelsomino disse: “Quando imparerà a non dar fastidio agli altri sarà un giorno memorabile!”. Poi si rivolse alla giovane e proseguì: “Non ascoltarlo, a me dispiacerebbe se venissi schiacciata”

Lei sorrise, diventando sempre più rossa. “Stai anche tu infrangendo la regola 11” gli fece notare.

Lui ricambiò il sorriso e rispose: “Non mi denuncerò da solo!” frugò nella tasca, tirò fuori una bustina e la porse a lei. “Questo è tuo. Me lo avevi prestato”. La gnoma la prese ringraziandolo.

Credo che sia meglio che io vada. Addio, Gelsomino”

Addio!” rispose il giovane. L’esule si girò per andarsene caricandosi sulle spalle un fagotto con tutte le sue cose e aveva già fatto alcuni passi quando Gelsomino la richiamò.

Volevo…” cominciò il giovane mentre la sua compagna tornava indietro; si fermò un attimo come se non sapesse cosa dire, prima di rincominciare il discorso, questa volta con più sicurezza: “Volevo dirti che io ti credo e mi dispiace che tu sia stata accusata. Beh… buona fortuna!” detto ciò la salutò di nuovo e ritornò sull’albero, lasciandola incredula: non si aspettava quelle parole ed era felice che lui le avesse pronunciate. Voltò le spalle alla sua casa e, lottando contro un groppo in gola, si incamminò. Non era passato neanche un quarto d’ora, quando sentì un improvviso cinguettio. Alzò la testa e vide un uccello che scendeva in picchiata su di lei. Succedeva a volte che gli uccelli attaccassero uno gnomo e lei lo sapeva bene. Lasciò cadere il fagotto e si buttò a terra urlando spaventata. L’uccello la mancò ma si ritrovò tra le zampe il fagotto. Credendo forse che fosse commestibile riprese il volo. L’esule si rialzò e, imprecando contro di esso, rincorse l’uccello che però era troppo veloce e, dopo essere inciampata in un sasso, lo perse di vista. Lamentandosi della propria sfortuna, si rimise in marcia chiedendosi se potesse andare peggio. La risposta era sì. Dopo circa una mezz’ora, infatti, fu sorpresa dalla pioggia che cominciò a cadere così forte da farle male. Vide nella parete rocciosa che costeggiava un buco simile a una tana di un topo e vi si rifugiò. Guardò verso la fine della piccola grotta e vide che essa non finiva ma continuava fino ad attraversare la parete rocciosa e a sbucare dall’altra parte. Notò che dall’altra uscita si vedeva la luce del sole e si meravigliò: era vero che quel tunnel era molto lungo, ma le sembrava strano che nel posto da cui veniva stesse piovendo a dirotto e lì splendesse il sole. Cominciò a percorrere il tunnel e si accorse che pian piano esso si faceva più alto ma – cosa incredibile – la distanza tra la sua testa e il soffitto non aumentava. Quando uscì dalla grotta per prima cosa vide il suo fagotto e lo raccolse incredula, notando che si era rimpicciolito. Il suo stupore crebbe quando si guardò intorno. Allora capì che non era stato il fagotto a rimpicciolirsi.

Continua...





Allora, che ne pensate? Se volete lasciate un commentino. Sono aperta a qualsiasi critica!

testo.

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Capitolo 2
*** Nel mondo degli Umani ***


Ed eccoci al secondo capitolo. vi prego solo di non lanciarmi pomodori maturi e uova marce. Comunque mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. ;-)

 

Dal capitolo precedente:

...Quando uscì dalla grotta per prima cosa vide il suo fagotto e lo raccolse incredula, notando che si era rimpicciolito. Il suo stupore crebbe quando si guardò intorno. Allora capì che non era stato il fagotto a rimpicciolirsi...

 

 

 

Esiliata

Nel mondo degli Umani

Era passato qualche mese quando, nel mondo degli Umani, Viola si apprestava ad entrare nell’imponente edificio scolastico del liceo scientifico. Era un po’ spaventata perché era il primo giorno di scuola. Anche se cercava di calmarsi era sempre più agitata: era arrivata da poco in quella città e non aveva ancora conosciuto nessuno. E se non fosse riuscita a farsi degli amici? Entrò nel portone della scuola e si costrinse a stare tranquilla perché era inutile fasciarsi la testa prima di cadere, come le ricordava sempre suo padre. Incontrò un bidello che la accompagno fino all’ufficio del preside e bussò. Dall’altra parte qualcuno disse: "Avanti!". Viola varcò la soglia e si ritrovò in un’ampia stanza in cui c’erano due armadi e, in mezzo alla camera, una grande scrivania. Seduto alla scrivania c’era il preside, un uomo di aspetto amichevole, che la accolse con un gran sorriso. Dalla parte opposta della scrivania c’erano due sedie, di cui una era già occupata da una ragazzina della sua età molto carina, con capelli neri lunghi e grandi occhi blu profondo.

"Buon giorno!" salutò Viola, un po’ rassicurata dal sorriso che il preside le rivolgeva.

"Ciao. Tu devi essere Viola Cito. Siediti"

Obbedì e sorrise all’altra ragazza, che ricambiò. Il preside continuò: "Bene, Viola, io sono il preside Venturi. Spero che ti troverai bene nella mia scuola. Lei è Margherita Capace. Anche lei è appena arrivata in questa scuola come te. Siete entrambe nella stessa classe, la II D. Adesso vi condurrò lì e nell’intervallo vi farò visitare la scuola". Parlò ancora per qualche minuto Spiegando che professori avrebbero avuto e altre cose. Poi le portò, come aveva detto, nella loro aula. Appena il preside entrò i ragazzi della II D si alzarono tutti in piedi e le sedie strusciarono rumorosamente per terra. Il preside fece loro cenno di sedersi e presentò le due ragazze. Margherita si grattava il lobo dell’orecchio; Viola intuì che era imbarazzata. Il preside incaricò un’alunna con lunghi capelli castani di far loro vedere la scuola durante l’intervallo.

"Spero che le facciate sentire a loro agio e che le accettiate nella vostra classe" concluse poi prima di salutare e tornare al suo lavoro.

La professoressa di turno, la signora Marzia Vassallo di Inglese, con gli altri ragazzi, accolse le nuove arrivate calorosamente. Dopo essersi ulteriormente presentate, le due ragazze si sedette vicine negli unici due banchi liberi, in fondo alla classe. Presero i libri e la lezione cominciò, dopo che la professoressa ebbe spiegato alle due fin dove erano arrivati l’anno precedente con il programma. Dopo Inglese ebbero due ore di Italiano, tenute dalla professoressa Angela Parvi. Alle undici meno dieci suonò la campanella dell’intervallo. Subito la ragazza dai capelli castani raggiunse le due e disse: "Venite! Io sono Sofia. Benvenute nella nostra classe. Adesso vi faccio vedere la scuola."

Mentre scoprivano dov’erano i bagni, la segreteria, la palestra, la biblioteca, il laboratorio linguistico e altri servizi, Margherita e Viola parlarono molto, coinvolgendo anche Sofia nella conversazione. Visitarono l’intera scuola poi tornarono in classe giusto in tempo prima che suonasse la campanella. Ebbero un’ora di latino, in cui studiarono il comparativo. Quel giorno la classe usciva a mezzogiorno, quindi al suono della campanella gli studenti uscirono di corsa dalla scuola e si riversarono nella piazzetta di fronte. Margherita e Viola decisero di chiacchierare un po’ da sole. Si sedettero in una panchina. La prima a parlare fu Viola:

"Sono contenta di non essere l’unica nuova arrivata. Sai, non che io sia timida, ma in questa città non conosco quasi nessuno e in questa classe sapevo che si erano già formati dei gruppetti perché è il secondo anno per loro".

"Anche per me è la stessa cosa" rispose Margherita, poi chiese: "Perché ti sei trasferita?"

"Mia madre fa la giornalista ed è stata chiamata a lavorare nel giornale di questa città. Mio padre non aveva problemi, perché scrive libri, quindi mia mamma ha accettato. All’inizio ero arrabbiata con loro perché non mi avevano consultato; poi però la mamma mi ha promesso che mi avrebbe fatto andare a trovare i miei amici quando volevo durante i weekend. Inoltre posso allargare le mie amicizie stando in un’altra città. Adesso sono in viaggio per lavoro e mia nonna è venuta a stare da noi".

Margherita sospettava che non fosse proprio così perché l’amica era lievemente arrossita, ma in quel momento Viola le chiese: "E tu? Perché ti sei trasferita?"

Di nuovo Margherita prese a grattarsi il lobo dell’orecchio.

"Io mi sono trasferita qui con i miei per fare compagnia a mia nonna. Sai, è piuttosto anziana ed è sola. Mio padre è il suo unico figlio e quindi tocca a noi occuparcene. L’unico problema è che i miei lavorano lontano. Mia madre sta provando a farsi trasferire più vicino, ma non c’è ancora riuscita".

Pur non sapendo perché, Viola dubitava che le cose stessero esattamente così ma non indagò oltre. Tornarono a casa insieme e scoprirono di abitare vicine. Quando si salutarono Viola invitò l’amica a casa per studiare e Margherita rispose che sarebbe venuta volentieri.

"Sofia mi sta molto simpatica"disse Margherita, "Mi ricorda molto una mia vecchia amica".

"Anche Matteo è simpatico" esclamò Viola, "È quello che ha fatto l’imitazione della professoressa Vassallo".

"Sì, è vero. Invece Paolo non mi piace tanto: mi sembra arrogante" notò Margherita pensosa. "Forse è solo una mia impressione, l’ ho conosciuto solo oggi" si affrettò ad aggiungere.

"Non so… neanche a me piace come carattere"

Ripresero a fare l’esercizio d’inglese.

Finirono i compiti e verso le sei Margherita se ne andò. Viola andò a letto presto quella sera e mentre era sotto le coperte penso alla sua prima giornata nella scuola nuova. Era stata una giornata molto bella ed era riuscita a far subito amicizia. Doveva ammettere che Margherita era un po’ strana: Viola credeva che non le avesse detto tutta la verità sul perché si era trasferita; probabilmente non si fidava ancora abbastanza della nuova amica e questo Viola poteva capirlo, si conoscevano solo da quella mattina. In effetti, anche lei non era stata del tutto sincera. Ma questa non era l’unica cosa strana, perché, durante l’intervallo, quando Sofia aveva mostrato loro la biblioteca, la ragazza aveva avuto un strana reazione: era diventata pallida come un lenzuolo e sembrava sul punto di svenire. Si era ripresa subito e nessuno, tranne Viola, se n’era accorto. Non riusciva a capire il perché di questa reazione: era come se avesse letto nella mente di Viola e avesse sentito le sue stesse emozioni. Piano piano la ragazza si addormentò, felice di aver trovato un’amica, anche se misteriosa.

Nel frattempo, poco lontano, anche Margherita era a letto e stava pensando alla giornata. Non era stata una brutta giornata come pensava, anzi. Si era divertita molto, i suoi compagni erano abbastanza simpatici e aveva una nuova amica. Cosa poteva desiderare di più da una prima giornata di scuola? Ma si era accorta che, come lei, Viola non era stata sincera. Non sapeva spiegarsi nemmeno la sua reazione in biblioteca. Sospirò al pensiero della biblioteca e si addormentò con i brutti ricordi che questa le faceva venire in mente.

Si rividero anche dopo pranzo. In realtà avevano poche cose da fare e chiacchierarono a lungo sulle impressioni che avevano avuto sui loro nuovi compagni di classe.

 

Il giorno dopo Viola e Margherita si sedettero ai loro posti chiacchierando con Sofia. Viola invitò anche lei questa volta a fare i compiti insieme a loro e Sofia accettò l’invito. In quel momento arrivò il professore di matematica e tutti presero posto. Le ore passarono in fretta anche se quel giorno dovevano uscire all’una. Come d’accordo, alle tre Margherita e Sofia arrivarono a casa di Viola che le accolse con gioia.

"Entrate!" esclamò dopo aver aperto la porta. Le condusse in camera sua e chiese loro: "Volete qualcosa da bere?"

"No, grazie" rispose Margherita. Anche Sofia declinò l’offerta. Salirono in camera di Viola e tirarono fuori i libri.

"Come sta tua nonna? È in casa?" si informò Sofia. Viola aveva detto pure a lei che viveva con la nonna. La ragazza lasciò quasi cadere i libri che aveva tirato fuori.

"Sta bene" disse riprendendosi, "Adesso però è fuori, non credo che tornerà prima di sera".

Margherita notò che sembrava imbarazzata, ma non disse niente. Viola propose di cominciare da storia, poi passarono a matematica: le tre amiche adoravano quella materia ed infatti si erano iscritte volentieri al liceo scientifico. Sofia spiegò che le piacevano soprattutto le espressioni.

"Quando non ti vengono ti fanno tanto arrabbiare, ma è una soddisfazione riuscire a trasformare tutti quei numeri e lettere in un unico risultato!" esclamava sorridendo.

Dopo aver fatto anche latino Margherita e Sofia si congedarono.

 

Passarono alcuni giorni, in cui le nuove arrivate conobbero altre persone. Margherita invitò molte volte Viola a casa sua e si vedevano quasi tutti i giorni. Si erano ormai abituate alla routine quotidiana della scuola e dello studio quando nella seconda settimana successe una cosa incredibile.

 

 

 

 

Allora, che ne dite di lasciare un commentino per farmi sapere chi secondo voi è la più sospetta?

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Capitolo 3
*** Spiegazioni ***


 

Ed eccoci al terzo capitolo. Le nostre ragazze si sono ormai conosciute e sono diventate amiche. Ora è giunto il momento di capire chi delle due non è chi dice di essere...

Mi scuso per l'enorme ritardo di cui mi sono macchiata, ma spero mi perdonerete! Ero dietro a scrivere un altro racconto per un €concorso e non sono riuscita a trovare il tempo di ricontrollare. Ma ora basta con le chiacchiere, lascio spazio alla storia!



 



 

Dal capitolo precedente:

...Si erano ormai abituate alla routine quotidiana della scuola e dello studio quando nella seconda settimana successe una cosa incredibile...



 



 

ESILIATA

Spiegazioni



 



 

Viola era tornata a casa da scuola dopo un estenuante saggio di latino e svuotando la cartella si era accorta di aver preso per sbaglio un libro di Margherita. Pensò subito di chiamarla, ma qualcosa nel libro catturò la sua attenzione: lo aveva appoggiato sul tavolo e quello si era aperto, rivelando al suo interno dei vestitini adatti a un bambolotto alto dieci centimetri. Viola sorrise all’idea che la sua amica giocasse ancora con le bambole. Poi si accorse che i vestitini erano molto dettagliati: c’erano persino piccole tasche chiuse da cerniere; Viola non seppe resistere e aprì una tasca dei pantaloni: all’interno scorse una tesserina e un borsellino. Ormai sopraffatta dalla curiosità, aprì il secondo oggetto, scoprendo che conteneva tanti piccoli sassolini tondi, tutti contrassegnati da una cifra, come poté constatare con una lente d’ingrandimento. Sempre con la lente, esaminò la tesserina, su cui vide scritto ‘PASS PER L’ALBERO DEGLI GNOMI NUMERO 16’. Rimise il tutto dentro alla taschina e si sedette, incredula per quello che aveva visto. Si stava chiedendo se quei vestiti fossero veramente gli abiti di un bambolotto quando il telefono squillò.

“Pronto, chi parla?” chiese sollevando la cornetta.

“Ciao, Viola, sono io” rispose la voce preoccupata di Margherita.

“Ciao Marghe. Come va?”

“Bene. Senti, hai preso tu il mio libro di inglese?”

“Sì! Se ti va puoi venire a fare i compiti da me, così te lo ridò”. In realtà voleva delle spiegazioni sui vestitini.

“Ok! Accetto l’invito” disse Margherita più tranquilla.

La ragazza arrivò alle tre e venne fatta accomodare da un’ansiosa Viola. Entrata in camera, Margherita prese il libro con un sospiro di sollievo.

“Credevo di averlo perso” spiegò all’amica.

“Che cosa sono quei vestitini in mezzo al libro?” chiese a bruciapelo Viola. L’altra la guardò con stupore misto a spavento. “Non volevo guardare tra le tue cose” si affrettò a dire lei, “Il libro si è aperto e ho visto i vestiti, solo che mi sembrano troppo dettagliati per essere abiti per bambole”.

Margherita era molto pallida e tremava: ricominciò a grattarsi l’orecchio.

“Margherita, stai bene?” chiese Viola preoccupata, facendola sedere sul letto. “Se non vuoi dirmelo, va bene, è solo che mi ha incuriosito” continuò.

“No, te lo vorrei dire, ma non mi crederesti” disse lei.

“Ti crederò”

“Non penso. Sarà una cosa strana per te”

“Se mi prometti che è la verità, io ti crederò” ribadì Viola.

Margherita si sedette sul letto con Viola. Rimasero in silenzio per un bel pezzo.

Infine Margherita disse: “Io non sono come te” si fermò un attimo, prese i pantaloncini e tirò fuori la tessera, “L’avevi già visto?”

“Sì. L’ ho esaminato quando ho trovato i pantaloni”

“Quindi sai cosa c’è scritto” Non era una domanda, era una constatazione.

“Sì” confermò Viola. Subito dopo spalancò gli occhi e capì. “Allora… tu… tu sei un… uno gnomo?” esclamò balbettando.

“Una gnoma, per essere precisi”

“Oh, santo cielo!” esalò Viola.

“Non potevo dirtelo” spiegò, “Non potevo dirlo a nessuno o mi avrebbero presa per pazza”.

Viola la guardò: no, non stava scherzando, non era il tipo da riuscire a mentire così bene; quindi, o era effettivamente matta oppure quella era la verità. “Ma perché sei qui? Perché non sei tra la tua gente?” chiese dopo un po'. C'era qualcosa, in quella ragazza, qualcosa che la costringeva a fidarsi.

“Sono stata esiliata”

“Perché?” chiese Viola stupita. Non le sembrava che Margherita fosse una persona da esiliare.

“Qualcuno ha dato fuoco alla biblioteca; gli gnomi vivono negli alberi e anche il più piccolo incendio può essere pericoloso. Comunque la colpa è ricaduta su di me, non so come, e sono stata esiliata. Allora, mentre vagavo senza meta, ho visto una caverna piccola e dato che pioveva ci sono entrata. L’ ho percorsa ed è successa un fatto incredibile: man mano che lo percorrevo il soffitto del tunnel si alzava lentamente e io crescevo ad ogni passo!”

“Cosa?! Crescevi? È per questo che adesso sei alta come me?”

“Sì, è per questo”.

Viola era sempre più sbalordita e più incuriosita e chiese: “Ma come hai fatto a trovare una casa in cui stare?”

“Vedi, molti anni fa un uomo di questa città aveva una figlia che stava molto male. Aveva provato di tutto, ma non riusciva a curarla. Allora noi gnomi, che siamo ottimi conoscitori di erbe, lo abbiamo aiutato con i nostri intrugli. La bambina si è ripresa e lui, dato che doveva cambiare casa, per ringraziarci ci ha lasciato la sua villetta, con la promessa che l’avrebbe tenuta bene nel caso ci fosse servita. Allora io sono andata vivere lì: mio padre, che aveva una delle chiavi, me l’ ha data di nascosto prima che io me ne andassi. Hai notato che vicino alle scale ci sono dei gradini più piccoli? Sono per gli gnomi”.

“Io credevo che servissero come decorazione! E quelle porticine più piccole allora sono per voi e non come abbellimento!” esclamò Viola che si era chiesta più volte a cosa servissero.

“Esatto! È stato molto premuroso nei nostri confronti. Poi ci ha insegnato molte cose sulle vostre abitudini e i vostri passatempi. Ci ha anche insegnato a giocare a carte!” rispose Margherita. Poi rincominciò a spiegare: “Allora ho trovato un lavoretto come tuttofare ad un bar per mantenermi e mi sono iscritta a scuola per non dare nell’occhio”.

“È per questo che hai avuto quella reazione in biblioteca il primo giorno di scuola?” chiese dopo un po’ Viola, “Perché ti ricordava che ti hanno esiliata!”

“Sì” rispose l’altra, “Ma anche tu hai avuto una strana reazione quel giorno. Perché?” chiese incuriosita.

Viola sorrise e disse: “Mi sono ricordata di quando tre anni fa sono rimasta chiusa nella biblioteca vicino a casa mia. Gli addetti non si erano accorti che c’ero ancora e il giorno dopo mi hanno trovato che dormivo per terra con la faccia rigata dalle lacrime. Ho avuto tanta paura” poi si mise a ridere. Anche Margherita rise.



 

Il giorno dopo, Viola decise di fare delle ricerche.

Si era fatta dire dall'amica il nome del cacciatore e il periodo in cui la figlia era stata malata, quindi si diresse nella biblioteca comunale e chiese di consultare i quotidiani di quell'anno.

“Sono fatti molto vecchi” osservò la bibliotecaria, mentre la aiutava a portare il malloppo. Era già tanto se riuscivano a stare aperti con il budget che avevano, quindi niente microfilm. “Devi fare una ricerca per scuola, cara?”

“Sì, ho pensato che informarmi su come la gente ha vissuto quel momento fosse più interessante che prendere il tutto da un libro, e ho deciso di cominciare con ascoltare la voce di un giornalista fosse un buon modo per cominciare”

“Sei una ragazza davvero diligente! Chiamami quando hai finito”

“Grazie di tutto!”

Viola però ignorò l'articolo di prima pagina e prese a sfogliare i vari quotidiani locali. In effetti, il vecchio proprietario della casa di Margherita era un cacciatore e aveva due figlie. La più grande si era ammalata e il giornalista che aveva scritto l'articolo aveva invitato l'intera comunità a stringersi attorno al dolore di quella famiglia. Poi, in un alto numero, era accaduto il miracolo: la bambina si era ripresa incredibilmente bene nonostante il parere dei medici. Il padre aveva affermato di aver senza dubbio ricevuto un piccolo aiuto inaspettato che gli aveva aperto gli occhi. Per quanto tutti all'epoca avessero pensato che si rivolgesse a qualcuno di più in alto, quella frase sibillina collimava con ciò che Margherita le aveva raccontato. Scorse anche i giornali successivi e in un articoletto un po' sfrontato un altro giornalista osservava l'inutilità delle modifiche che il cacciatore aveva approntato alla casa, visto che di lì a poco si sarebbe trasferito.

Tutto questo portò via a Viola un intero pomeriggio e quando uscì dalla biblioteca aveva la testa che scoppiava. Decise comunque che avrebbe fatto altre ricerche nei giorni seguenti.

Venne quindi a sapere che la casa era ancora intestata agli eredi dell'uomo, in particolare alla figlia che ogni tanto ci tornava a controllare la situazione. Viola si chiese se non avesse aiutato Margherita. Inoltre, Capace era il cognome della famiglia, quindi era probabile che lei si stesse spacciando per una parente. Un eventuale aiuto da quella che ormai doveva essere una donna matura avrebbe spiegato perché alla scuola non avessero sospettato nulla.

Ormai Viola non aveva dubbi sulla parola di Margherita, anche perché aveva controllato: a Lucca e dintorni, dove diceva di aver vissuto, non risultava nessuna Margherita Capace iscritta ad alcuna scuola negli ultimi anni.



 

Una settimana dopo, Margherita e Viola stavano studiando insieme, ma la gnoma in quei giorni non sembrava troppo presente, forse stava pensando al suo mondo che non poteva più vedere.

“Tre per due fa sei, non nove” le ricordò Viola quando sbirciò l'espressione che continuava a sbagliare.

“Hai ragione, scusa” disse lei cancellando il passaggio errato. “Non riesco proprio a concentrarmi in questi giorni...” sospirò.

“Vorrei tanto aiutarti” disse.

“E come?” chiese Margherita sfiduciata, “Sono stata esiliata, ricordatelo, non posso tornare là, non mi farebbero neanche entrare”

“Solo se ti riconoscessero!” esclamò Viola.

“Che intendi dire?” chiese Margherita guardandola con sospetto: non le piaceva il sorriso che la sua amica aveva sul volto.

“Se tu ti camuffassi per bene non ti riconoscerebbero e potresti dimostrare la tua innocenza trovando il vero colpevole”.

“Non posso riuscirci da sola”

“Chi dice che dovrai farlo da sola?” disse Viola fissandola con sguardo ammiccante.

“Verresti con me?” chiese Margherita, stupefatta.

“Certo! A che servono le amiche, se no? Potremmo far finta di essere turiste! Da voi esistono i turisti?”

“Sì, a volte succede che vengano gnomi di altri alberi a farci visita, anche se molto di rado” disse Margherita. “Ma è meglio che tu non...”

“Non tentare di convincermi a non far niente! Soffri molto, lo vedo...”

“Beh, la tua idea delle turiste è buona, ma devo cavarmela da sola”

“Oh, non provare a rubarmi l'idea: è mia, quindi è mio obbligo morale aiutarti a realizzarla!” replicò Viola, con aria solenne. Poi la guardò supplichevole. “E mi piacerebbe tanto tanto vedere altri gnomi” ammise.

“Non c'è nulla che possa fare per farti cambiare idea, vero?” borbottò Margherita e l'altra scosse la testa. Margherita dovette ammettere di non avere molte possibilità: lei da sola non avrebbe combinato nulla e quando c'era da risolvere un problema era Viola quella a cui tutti si rivolgevano, sia che si trattasse di pura e semplice matematica che della vita reale. Era per questo che era diventata rappresentante di classe con Sofia.

“Pensi che il tunnel funzioni anche al contrario?” chiese incerta Viola, che iniziava ormai ad occuparsi degli aspetti pratici del piano.

“Penso di sì, o almeno lo spero! L’unico modo per saperlo è provare ad attraversarlo. Ma ci vorrà tempo per trovare il colpevole, se mai ci riusciremo, e abbiamo la scuola”.

“Ci faremo venire in mente qualcosa. Tu intanto procura i vestiti adatti a due gnome. Io ti posso prestare una parrucca che ho indossato lo scorso carnevale, per fortuna l’ ho comprata bionda e non fucsia!”.

“Per i vestiti non c’è problema, ne ho portati parecchi con me quando sono partita, l’unico problema è che sono piccolissimi e quindi ci dovremmo cambiare una volta usciti dal tunnel” disse Margherita. Poi tacque un attimo e chiese: “Anche tu mi hai nascosto qualcosa, vero?”

“Beh, in effetti sì: ti ho detto che mia nonna sta con me, ma non è vero. Finché non tornano i miei sto da sola, ma sono minorenne e non dovrei, quindi ho inventato questa bugia per evitare che i miei finiscano nei guai. Mia nonna sta in un paese proprio qui vicino, quindi se mi serve qualcosa viene subito, ma se succedesse una catastrofe improvvisa non sarebbe qui, ecco, sarei da sola”.

“Capisco. Adesso cerchiamo di fare qualche compito” propose Margherita.

Finita di studiare, Margherita tornò a casa e si mise a ripensare al loro piano: Viola era stata gentile ad offrirsi di aiutarla, ma certe volte non pensava alle conseguenze delle sue azioni, sosteneva che meno uno rimugina ad eventuali problemi, meno possibilità ha di farli accadere – di solito Sofia in classe serviva a farla restare coi piedi per terra, o, conoscendola, sarebbe stata in grado di trasformare la palestra in una sala da tè – ma Margherita, per quanto desiderasse tornare a casa, quella volta non era della stessa idea: e se qualcosa fosse andato storto? Non voleva che a Viola accadesse qualcosa di brutto... E quando avrebbero attuato il cosiddetto piano?

Il giorno dopo trovò risposta al suo secondo quesito: erano in classe e la professoressa Vassallo, che era anche vicepreside, annunciò: “Siccome il patrono della nostra città si festeggia il prossimo venerdì, avrete il ponte da venerdì a domenica. Dovrebbe passare tra poco la circolare”. Viola scrisse un bigliettino a Margherita che lesse ‘Il ponte è la nostra possibilità. Andremo giovedì pomeriggio dopo aver fatto i compiti per lunedì. Tieniti pronta’ e annuì un volta soltanto per non farsi vedere dalla professoressa. L’ora successiva era dedicata a italiano e la professoressa Parvi mandò Margherita e Viola a prendere un libro di poesie in biblioteca. Aveva dato loro la chiave per aprire le scaffalature, a cui tecnicamente solo i professori potevano accedere, ma ormai aveva raggiunto un'età in cui poteva permettersi di far lavorare gli altri al posto suo.

Durante il percorso incontrarono Simone che era andato in bagno e quando lui le salutò Viola inciampò nei suoi stessi piedi prima di riuscire a rispondere.

Quando si fu allontanato, Viola disse: “Simone è molto carino, non trovi? Ed è anche simpatico...”. Simone stava nel banco davanti a loro e le aiutava sempre molto. E il fatto che non avesse riso di fronte al suo piccolo capitombolo gli rendeva onore.

“Hai ragione” confermò Margherita, poi aggiunse sorridendo: “Hai preso una bella cotta, eh?”

“No!” si difese lei. Poi arrossì e disse: “Sì, mi piace”

“Non devi vergognarti” la rassicurò l’amica. “Anch’io aveva una cotta per un ragazzo che abita dove stavo prima. È normale che...”

Mentre diceva questo varcarono la soglia della biblioteca. Di solito a quell’ora non c’era nessuno, ma quel giorno un ragazzo si era nascosto dietro un tavolo e con un accendino in mano si stava accendendo una sigaretta.

Margherita si fiondò su di lui e gli strappò di mano l’accendino. Il ragazzo la guardò stupito e chiese: “Cosa…?”

Prima che potesse finire lei gli gridò in faccia: “Lo sai che potrebbe prendere fuoco tutto?! E poi non si fuma a scuola!”

“Marghe, calmati, va tutto bene” la placò Viola, che capiva il motivo di quella sfuriata. Margherita si tranquillizzò, prese il libro che doveva prendere e si scusò col ragazzo, poi si diresse verso la porta.

“Ma è pazza?” chiese il ragazzo dopo che fu uscita.

“No, è solo che lei una volta ha visto una biblioteca bruciare e l’accendino glielo ha ricordato” spiegò Viola; era più o meno la verità.

Quando uscì, trovò Margherita che l’aspettava.

“Ho fatto una figuraccia, vero?” chiese con le guance rosse.

“Non ti preoccupare, gli ho spiegato che hai avuto una brutta esperienza con gli incendi” rispose Viola, “Naturalmente ho tralasciato il fatto che sei uno gnomo, per di più esiliato” aggiunse sottovoce guardandosi intorno.

Margherita sospirò e decise di affrontare l'argomento. “Ascolta, non voglio che tu t'immischi in questa storia” disse. “È pericoloso e tu nemmeno dovresti essere a conoscenza della nostra esistenza... Su una cosa hai ragione: devo tornare indietro e dimostrare la mia innocenza, ma tu non devi venire. Per favore, l'ultima cosa che voglio è causarti dei problemi”

Viola si accigliò. “Margherita, tu sei una mia amica e voglio aiutarti” disse lei. “Se io fossi nei guai e tu cercassi di aiutarmi anch'io cercherei di fermarti, ma in fondo ne sarei felice. Credimi, ho riflettuto molto prima di decidere, non sono così sprovveduta come credono gli altri. È vero, spesso sono una credulona, ma pensi che mi sia fidata subito di te? Prima di dare per certo che tu fossi una gnoma, devo ammettere che ho fatto delle ricerche” La osservò preoccupata. “Non ti arrabbi,vero?”

“No, anzi. Temevo che ti fidassi troppo, a dirla tutta”

“Non posso essere sicura che tu sia proprio una gnoma cercando su internet, ma la storia del cacciatore era giusta e tu non compari da nessuna parte. Ho guardato l'elenco degli iscritti in tutte le scuole di Lucca, ma negli ultimi anni non ho trovato nulla. Questo non dimostra niente, potresti essere una pazza che è fuggita da qualche istituto, ma ti starebbero dando la caccia, no? E se la tua storia è vera, allora non posso lasciarti da sola, non ora che so tutto”

“Viola...” cominciò Margherita, scuotendo la testa.

“Non mi importa di ciò che dirai. Io aiuto sempre le amiche in difficoltà”

“Ma come facciamo a preparare un piano decente in così poco tempo?”

“Noi proviamoci, abbiamo tre giorni. Se giovedì non siamo pronte rimanderemo”

Margherita fece per replicare, ma rinunciò. “Sei testarda come un mulo” disse, contrariata.

Tornarono in classe ma ascoltarono ben poco delle lezioni che seguirono, perché pensavano a formulare un piano.



 



 

Mentre camminavano verso casa, discussero ancora del loro progetto. Margherita, ormai rassegnata, invitò l’amica a casa sua a mangiare e le spiegò gli usi e i costumi degli gnomi.

“Prima di mangiare noi stringiamo la mano a tutti i commensali e cantiamo una canzone; ti conviene impararla a memoria, perché anche gli gnomi di tre anni la sanno. Sarebbe sospetto se tu non la conoscessi”. Le insegno la canzone, che era corta e facile; invitava i commensali alla pace e a mangiare bene.

“Ricordati di parlare molto durante i pranzi: noi facciamo sempre così. E non essere evasiva ti chiedono di parlare di te, magari inventa qualcosa. Noi mangiamo sempre cose a base di fiori, come risotto di rose e insalata di fiori. Basiamo anche i nostri nomi sui fiori, quindi il tuo nome va benissimo”.

Viola annotava tutto su un bloc notes per poterlo ripassare a casa. Anche se sapeva che il loro era un compito non facile, Viola si stava divertendo molto e le piaceva conoscere il modo di vivere degli gnomi: da quando era piccola sognava di vivere in un mondo popolato di creature strane e adesso poteva conoscere gli gnomi! Ci mise tutto il suo impegno per imparare come comportarsi e prima che se ne accorgesse arrivò la vigilia della piccola vacanza. Avvisò i suoi genitori di non chiamare perché il telefono sarebbe stato fuori uso per una settimana circa a causa di alcuni lavori sulla linea telefonica, così non si sarebbero preoccupati se non l’avessero trovata in casa, e per sicurezza lo staccò davvero dalla corrente. Fece i compiti per lunedì con Margherita che poco prima di uscire si mise un paio di lenti a contatto che Viola le aveva procurato e la parrucca e si fece sul mento un neo finto con una matita per gli occhi dell'amica, che si portò dietro. Presero tutto il necessario e partirono. Margherita aveva in mano il fagotto con cui era partita, solo che quello non si era ingrandito e ora le sembrava minuscolo. Ne aveva portato uno anche per Viola, con cui aveva diviso i vestiti.

Presero un autobus che le portò fuori città e Viola seguì la compagna in una lunga camminata che finalmente le portò alla loro meta.

Margherita prese i due fagotti e prima di passare per la grotta li portò dall’altra parte passando in un viottolo vicino ad essa.

“Pronta?” chiese a Viola dopo che fu tornata.

“Prontissima!” rispose Viola emozionata.

Varcarono l’entrata e si affrettarono. Camminarono per circa un quarto d’ora, poi videro l’uscita sempre più vicina. E finalmente uscirono.

Viola trattenne il respiro: era tutto gigantesco. L’erba le arrivava ai fianchi e i fiori erano molto più alti di lei, mentre i cespugli erano enormi come colline. Si guardò intorno stupefatta per circa un minuto, dopo di che si girò verso Margherita che sorrideva al suo stupore.

Continua...



 



 



 

Ecco fatto!

E ora rispondo alle vostre recensioni!

Per Abdullina Sono felice che ti sia piaciuto e spero non ti dispiaccia se ti rispondo qui. Come vedi, finalmente ho aggiornato. Era anche ora, direte voi! Che ci vuoi fare, a volte sono un po' pigra.

Per Hope52 Ecco qua! È un piacere vedere che la gente apprezza la mia arte! ;-P Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.

Per Amathea Grazie per la recensione! Per quanto riguarda le frasi troppo corte, hai davvero ragione. Ahimè, è sempre stato un mio difetto quello di spezzare il discorso ed è una cosa su cui sto lavorando. Questo, poi, l'ho scritto parecchio tempo fa, quando ero ancora agli albori, quindi il mio stile era ancora immaturo. Non che adesso sia perfetto, certo...

Comunque, all'inizio avevo intenzione di postarlo così com'era, ma poi c'erano molte cose che non mi convincevano, quindi ho deciso di intervenire di più, per questo mi sembra che il capitolo sia scritto meglio.

Man mano che scrivo, più guardo le mie vecchie storie dicendo: “Oddio, chi l'ha scritta questa roba?!” XD

penso che sia una cosa normale...

Ah, un ringraziamento ulteriore a Hope52 per aver inserito la storia tra le seguite!

Giuro che questa volta aggiornerò più in fretta.

 

 

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Capitolo 4
*** Nell'Albero numero sedici ***


Finalmente le due ragazze sono pronte per partire, ma cosa troveranno ad accoglierle?

Sveleranno il mistero? A voi la lettura!

 

PS: Chiedo scusa per il ritardo, ma che ci volete fare? Sono un caso disperato.



 



 

Dal capitolo precedente:

...Viola trattenne il respiro: era tutto gigantesco. L’erba le arrivava ai fianchi e i fiori erano molto più alti di lei, mentre i cespugli erano enormi come colline. Si guardò intorno stupefatta per circa un minuto, dopo di che si girò verso Margherita che sorrideva al suo stupore...



 


Esiliata
 

Nell’Albero numero sedici



 



 

“Anche a me ha fatto lo stesso effetto quando sono uscita dall’altra parte” disse Margherita di fronte allo stupore dell'amica. Si cambiarono e indossarono indumenti che, come spiegò Margherita, erano fatti da foglie e ragnatele che lavorate formavano quel tessuto. Quei vestiti trattenevano il caldo o il freddo a seconda delle situazioni ed erano incredibilmente morbidi.

“Da che parte è il tuo albero? È molto distante?” chiese Viola.

“Un pochino, ma non dovremo andare a piedi” rispose guardando la posizione del sole. “Dovremmo essere in tempo per prendere lo scoiattolo di metà pomeriggio” aggiunse avvicinandosi a un paletto conficcato per terra lì vicino.

“Cos’è lo scoiattolo di metà pomeriggio? Non me ne hai mai parlato...” chiese sorpresa Viola. Margherita non dovette rispondere, perché in quel momento uno scoiattolo sbucò di corsa da dietro alcuni alberi e si fermò davanti al paletto. Le due ragazze salirono e Margherita spiegò che gli gnomi si muovevano con gli scoiattoli per le lunghe distanze.

“Abbiamo fatto delle fermate come quelle degli autobus e abbiamo istruito alcuni scoiattoli in modo che passino sempre puntuali e nei posti giusti, per il resto vivono liberi” spiegò mentre lo scoiattolo partiva a tutta velocità, “In cambio, in caso di bisogno noi li accudiamo e li curiamo. Sono degli animali molto intelligenti, sai?”

Lo scoiattolo si fermò davanti ad altri paletti, ma non c’erano gnomi bisognosi di un passaggio. Infine arrivarono di fronte ad una grande quercia e scesero.

“È questo il tuo albero?” chiese Viola, vagamente turbata da quanto sembrasse imponente da quella prospettiva.

“Sì” rispose Margherita. Era spaventata dal pensiero di essere vista e riconosciuta da amici e parenti, ma in fondo nessuno avrebbe immaginato che lei tornasse: probabilmente era l’unico esiliato che avesse avuto il coraggio di ripresentarsi al proprio albero, di solito tra gli gnomi non venivano fatti errori così grandi come cacciare un innocente. Non del tutto rassicurata dal fatto di essere due volte eccezione alla regola, cercò di farsi coraggio pensando che se non avesse fatto sciocchezze forse nessuno l’avrebbe riconosciuta. “Dai, andiamo!” disse più sicura.

Mentre si avvicinavano, Viola prese ad esaminare l’albero e con stupore si trovò a fissare molte finestrelle che occupavano quasi tutto il tronco; notò anche che accanto ai rami erano poste piccole aperture. Si inerpicarono su corda che portava al ramo più basso – con gran fatica da parte di Viola – ed entrarono.

Si ritrovarono in un corridoio illuminato dai raggi del sole che entravano violentemente dalle finestrelle e subito un vecchio gnomo dall’aria stanca che doveva essere il guardiano si fece avanti.

“Benvenute nell’Albero degli gnomi numero sedici. Ho bisogno di sapere i vostri nomi e in quale albero abitate” disse con voce monotona, come se avesse imparato a memoria il discorso.

Margherita prese la parola: “Io sono Anemone e questa è la mia amica Viola. Abitiamo tutte e due nell’Albero tre e siamo qui per ammirare la vostra Comunità che, a quanto abbiamo sentito, è una dei più belle”

Il guardiano sorrise compiaciuto sentendo elogiare l’Albero in cui viveva e le condusse fino ad una porta che recava la scritta UFFICIO TURISMO. Parlarono con una gnoma, Lavanda, che diede loro una camera con due letti.

“Adesso uno dei ragazzi vi farà visitare l’albero” concluse dopo un lungo discorso sulle regole: non erano molte, ma la gnoma insisteva pedantemente su tutte le implicazioni e le pene. A Viola, mentre Lavanda usciva un attimo, ricordò il discorso che le era stato fatto il primo giorno di scuola.

Dopo poco Lavanda ritornò con un giovane gnomo.

Margherita trattenne il fiato quando riconobbe Gelsomino; si portò istintivamente una mano all'orecchio, poi si bloccò appena in tempo e nascose il suo gesto spostandosi una ciocca di capelli da davanti al volto. Sperò che non si notasse troppo quanto era imbarazzata e quando Viola le lanciò uno sguardo interrogativo lei le fece segno di non preoccuparsi.

Dopo le presentazioni Gelsomino mostrò loro le principali sale dell’Albero, mentre Viola cercava ancora di adattarsi alle strane ciabatte che Margherita le aveva prestato: sembravano inconsistenti e attraverso di esse poteva sentire tutte le imperfezioni del pavimento di legno.

Viola continuò d avere quella sensazione di deja-vu mentre lo gnomo mostrava loro tutti i punti strategici. Quando lui mestamente mostrò loro la biblioteca, entrambe riuscirono a comportarsi normalmente.

“Non sembra messa bene...” osservò Viola. E, in effetti, attraverso le porte aperte si vedeva una grande stanza dalle pareti annerite e le poche scaffalature superstiti accoglievano volumi e pergamene tutti stipati in attesa di nuove sistemazioni. Alcuni gnomi stavano infatti allestendo lì affianco gli scaffali appena costruiti. Notò che anche parte delle pareti era stata rifatta ex novo.

“Già... Un episodio spiacevole nella nostra storia recente” osservò amaramente Gelsomino, guardandola. “Hanno appiccato un incendio, qualche tempo fa... Ricostruire è stato molto faticoso e lungo, per un bel po' tutta questa zona è stata impraticabile, è stata una fortuna che l'incendio non si sia espanso”

Viola notò una strana luce nei suoi occhi.

“È terribile...” mormorò Margherita fissando ciò che restava della biblioteca e l'amica vide una lacrima disegnare una piccola scia sulla sua guancia. “Avete preso il colpevole?”

Gelsomino esitò. “Sì, è stato esiliato qualche giorno dopo” disse. “Credo che di lei non sentiremo più parlare”

Il morale di Margherita, che sembrava già aver raggiunto il fondo, riuscì in qualche modo a sprofondare ulteriormente.

“Gelsomino, dove ti eri cacciato?” Una voce brusca le interruppe. “Devi rimontare questa scaffalatura!” Uno gnomo dall'aria burbera si affacciò dalla biblioteca. Sembrava piuttosto vecchio – anche se Viola non aveva bene a mente quanto vivessero gli gnomi – e iracondo.

Gelsomino sbuffò. “Ora sono occupato, come puoi ben vedere” disse, guardando cupo lo gnomo che aveva parlato. “Sto accompagnando queste Visitatrici a vedere l'Albero e non vorrei che come prima cosa assistano ad una litigata, quindi finiamola qui. Ragazze, lui è Giglio, il custode della biblioteca”

“Piacere” pigolò Viola, trafitta dallo sguardo malevolo di Giglio. “Io sono V-Viola”

“E io Margherita” si presentò a sua volta, con un piccolo cenno del capo, com'era d'abitudine tra gli gnomi. L'umana si affrettò a imitarla. “Mi dispiace per la sua biblioteca” aggiunse poi, addolorata. Era una cosa che avrebbe voluto dire da quel giorno, ma Giglio, l'unica volta che si erano incontrati prima dell'esilio, l'aveva ricoperta di infamia senza darle il tempo di difendersi.

Lo gnomo grugnì. “Se non altro la responsabile è stata cacciata...” osservò. “Ma se me la ritrovassi tra le mani non so che le farei! Forse l'esilio è stata una fortuna, per quella piccola ingrata, perché se l'avessero lasciata a me...” Lasciò la frase in sospeso, sfregandosi le nocche.

Margherita sbiancò.

“Torna a lavorare, Giglio! Non vedi che le spaventi?” Gelsomino era furibondo.

Giglio gli lanciò un'occhiataccia. “Di questo riparliamo dopo, mio caro Gelsomino. Puoi starne certo...” gli sibilò rientrando.

Gelsomino sembrò innervosito da come si era congedato. “Andiamocene” disse, scorbutico. “Non vorrei che cambiasse idea”

Comunque tornò quasi subito lo gnomo socievole di prima e riprese a mostrare alle due turiste le varie Sale Relax. Margherita talvolta si perse nei suoi occhi scuri e si accorse di aver ripreso il suo solito tic, sconvolta dall'incontro col custode.

“Spero che facciate un buon soggiorno! Ci vediamo a cena nella Sala Mensa” disse infine mentre le conduceva alla loro stanza.

“Conoscevi Gelsomino? Perché eri imbarazzata? Non hai fatto altro che arrossire e grattarti l'orecchio mentre lui parlava!” attaccò Viola, curiosa di sapere. Ora erano nella stanza e stavano sistemando le loro cose.

“Sì, lo conosco da quando ero piccola. Ho preso una bella cotta per lui da quando lo incontrato la prima volta” ammise Margherita.

“Capisco” commentò l’altra.

“È il ragazzo più bello e adorabile che io conosca!” esclamò la gnoma buttandosi sul letto con occhi sognanti. “È l'aiutante di Giglio, sai? Davvero non capisco come faccia a sopportarlo” raccontò.

“Stai attenta, o potrebbe capire che lo conosci già” la avvertì Viola.

“Lo so” mormorò Margherita tornando alla dura realtà.

Scesero a cena poco dopo il tramonto, ma iniziarono a mangiare mezz’ora dopo per tutti i rituali che dovettero eseguire: oltre che alle strette di mano e alla canzone, loro due, che erano ospiti, dovettero spiegare chi erano e da dove venivano. La maggior parte delle cose era inventata, naturalmente. Furono accolte dal Responsabile dell'Albero, lo gnomo Pino, che le spronò ad aggiungere particolari alle loro storie.

Quella sera il menù prevedeva: zuppa alle margherite, funghetti fritti e frittelle di magnolia e, per dessert, gelato alle violette.

Si sedettero al tavolo dei ragazzi: nei pranzi, infatti, era consuetudine che bambini, ragazzi e adulti mangiassero in tre lunghe tavolate separate.

Con suo gran dispiacere, Margherita scoprì che il suo posto era vicino a Narciso, ma si sedette e lo salutò come se non lo avesse mai visto: lui la degnò appena di uno sguardo e ricambiò il saluto con un sorriso stiracchiato. Lei si stupì: Narciso non sembrava più pieno di sé come al solito, sembrava quasi triste.

Ignorandolo, guardò davanti a sé e vide con rammarico altre due facce conosciute: riconobbe Rosa e Geranio e sospirò per la sfortuna di trovarsi circondata da gnomi che la conoscevano; così parlò a lungo con i suoi vecchi amici senza che loro si accorgessero di chi era veramente.

Viola non se la stava cavando male: era una ragazza espansiva e parlò facilmente con molti gnomi. A cena finita tutti si alzarono e si sparpagliarono per l’albero, chi nelle camere, chi nelle varie Sale Relax: Viola e Margherita optarono per la sala in cui si giocava a carte.

“Ciao, Anemone. Anche tu qui?” esclamò una voce alle loro spalle. Si girarono e videro Rosa e Geranio.

“Ciao” dissero in coro Viola e Margherita.

“Come va? Vi state divertendo?” chiese Geranio.

“Sì, molto” rispose Viola.

“Vi va di fare una partita a carte?” domandò Rosa. Margherita, anche se avrebbe preferito stare alla larga da gente conosciuta, accettò. Viola aveva imparato dall’amica i giochi preferiti degli gnomi quindi non ebbe difficoltà, anzi, vinse parecchie partite di Rubacuori, che consisteva nel prendere più carte di cuori possibili agli avversari. Erano ormai alla sesta partita quando al tavolo in cui giocavano si avvicinò una coppia di gnomi

Il cuore di Margherita fece un buffo sobbalzo: erano Tulipano e Ninfea, i suoi genitori.

“Ciao, Rosa. Ciao Geranio. E voi due dovete essere Viola e Anemone, giusto?” disse la madre di Margherita, bassina anche per gli standard degli gnomi.

“Sì, siamo noi” rispose Viola, del tutto all’oscuro di chi fossero i due gnomi che le stavano di fronte.

“Io sono Tulipano e questa è mia moglie Ninfea” si presentò lo gnomo.

“Piacere” dissero le due ragazze stringendo loro la mano. Tulipano offrì a tutti loro qualcosa da bere e si allontanò per prendere sei bibite all’orchidea.

“Signora Ninfea, come va in questi giorni?” chiese Rosa.

“Beh, non va affatto bene” rispose l’interpellata, scura in volto. “Mio marito pensa sempre a nostra figlia e anch’io non sono da meno. Vorrei tanto poterla rivedere”. Sospirò.

Margherita sentì le lacrime pungerle gli occhi e avrebbe voluto abbracciarla, dirle chi era, ma dovette trattenersi.

Ninfea decise di cambiare discorso. “Avete già visitato l’albero? Come vi è sembrato?” chiese alle nuove arrivate.

“È bellissimo” rispose Viola.

Tulipano tornò al tavolo con le bibite e parlarono a lungo. Ad un certo punto, Tulipano disse a Margherita: “Sai una cosa, Anemone? Somigli molto a mia figlia. Si chiama Margherita”

Viola capì improvvisamente che quei due gnomi erano i genitori dell’amica e, come lei, si sentì stringere lo stomaco al pensiero che l’avessero riconosciuta.

“Davvero?” chiese tranquillamente Margherita. Quando ebbero finito le bibite disse di essere molto stanca e, insieme a Viola, uscì dalla sala.

“Quelli erano i tuoi genitori, vero?” chiese Viola. Margherita annuì. “Stai bene”

Margherita sospirò. “Scusa, è che non li ho mai visti così abbattuti” mormorò. “Sono passati mesi, vedere che ancora non se ne sono fatti una ragione mi fa star male...”

Si incamminarono lungo i corridoi che, intrecciandosi tra di loro, formavano come un labirinto. In camera si sedettero sui letti e Viola disse: “Devi raccontarmi di nuovo tutto quello che è accaduto il giorno dell’incendio. Ogni particolare, mi raccomando”. Era l'ennesima volta che la ascoltava, ma voleva analizzare ulteriormente la questione.

Margherita annuì. “Bene! Era sera e stavo andando in biblioteca per studiare, anche gli gnomi vanno a scuola, ma di solito a quell'ora non c'è mai nessuno. Quando sono arrivata ho visto le fiamme nella biblioteca e qualcuno che ne usciva di corsa e svoltava l’angolo. Ho provato a raggiungerlo, ma stava già arrivando uno gnomo che mi ha visto correre lontano dalla biblioteca e ha creduto che stessi scappando. Mi ha fermato, convinto che fossi la responsabile, e sono arrivati altri gnomi: sono riusciti a stento a spegnere l’incendio. Io continuavo a dire che avevo visto qualcuno che si allontanava e nessuno mi credeva... Sono entrati nella biblioteca mezza distrutta e hanno trovato una mia collanina. Qualcuno l’aveva messa lì per incastrarmi, ne sono certa! Per di più, Rosa aveva il compito di controllare la biblioteca prima di cena e quando l'ha fatto non ha trovato nessuna collanina, ne era sicura... quando ha capito che sospettavano di me mi ha chiesto scusa per aver peggiorato le cose, ma credo che non sarebbe andata diversamente anche se avesse detto di non ricordarselo, anzi l'avrebbero accusata di negligenza e anche lei sarebbe finita nei guai; forse è meglio così” sospirò. “Allora i giorni successivi c’è stato un processo e io sono stata dichiarata colpevole. Il resto lo sai” concluse poi.

Viola ascoltò attentamente. “Direi che chi ti ha incastrata ti conosce e molto bene, quindi potrebbe essere qualcuno di molto vicino a te” disse e Margherita si incupì ulteriormente. “Non ti viene in mente nessuno che avesse degli atteggiamenti strani in quei giorni?”

“No, non mi pare. E l’atteggiamento di Narciso è sempre così quando è con me” rispose Margherita con una smorfia.

“Chi è Narciso? E che cosa ha fatto?” chiese Viola.

“È lo gnomo che era vicino a me a cena, quello con i capelli castano chiaro e occhi ambrati. Il giorno in cui me ne sono andata è venuto a punzecchiarmi. Poi è intervenuto Gelsomino che l’ ha fatto smettere e mi ha restituito questo”. Tirò fuori la busta azzurra che le era stata ridata. “Ci metto dentro le pietre più strane e colorate che trovo. Ne faccio collezione” spiegò passandola a Viola che la aprì.

“Guarda! Dentro è tutto sporco di nero” esclamò Viola scrutando il contenuto.

Margherita guardò a sua volta e vide che sopra alle tante pietre c’era un po’ di polverina nera.

“Hai ragione” disse, “Non me n’ero accorta perché non lo guardo da quando Gelsomino me l’ ha ridato. Lo pulirò, ma adesso sono stanchissima e vorrei dormire”. Sbadigliò e si infilò sotto le coperte. Viola seguì il suo esempio e si addormentarono subito.

Il giorno dopo si svegliarono presto e dopo essersi preparate uscirono dalla camera. Viola guardò il soffitto e si accorse che i lampadari avevano qualcosa di strano. Dopo averli osservati a lungo si accorse che mancavano le lampadine.

“Ma… dove sono finite le lampadine?” chiese a Margherita.

“Quali lampadine?” chiese l’altra stupita.

“Quelle che illuminavano il corridoio ieri” rispose.

“Ma non erano lampadine! Erano lucciole!” esclamò Margherita. “Noi alleviamo le lucciole in modo che illuminino continuamente i corridoi e a volte le teniamo in casa come animali domestici. Io ne ho una” spiegò, poi tornò seria e la guardò con decisione. “Ascolta, Viola, io apprezzo davvero quello che stai facendo per me, ma devi promettermi una cosa. Abbiamo solo tre giorni per dimostrare che sono innocente e non sarà facile farlo in così poco tempo, quindi, nel caso non ci riuscissimo, io resterò qui”

Viola fece per intervenire, ma l'amica non aveva ancora finito.

“Io resterò qui...” proseguì Margherita, “... ma tu tornerai a casa”

“Oh, non se ne...”

“Viola, per favore! Questa situazione è già brutta di suo, non voglio anche metterti nei guai ulteriormente”

Viola esitò. Margherita era sua amica, in quel periodo aveva legato con lei più che con nessun altro, ma per quanto volesse aiutarla aveva ragione: se si fosse assentata da scuola qualcuno si sarebbe preoccupato, forse avrebbero cercato a casa sua e avrebbero scoperto che la famigerata nonna di cui parlava sempre non c'era. In pratica, avrebbe fatto passare dei guai ai suoi genitori, che si erano lasciati convincere a darle fiducia.

“Va bene” capitolò infine. “Hai ragione, io non posso stare qui, ma forse... se tornassimo il prossimo fine settimana...”

Margherita scosse la testa. “L'Albero tre dista almeno quattro giorni di cammino, anche aiutati dagli scoiattoli, quindi non riusciremmo a spiegare un nostro ritorno così presto” disse. “L'ho scelto perché è uno dei più lontani...”

Viola annui. “Allora, temo che dovrai continuare da sola se non ci sbrighiamo” concluse. “Mettiamoci subito all'opera”

Andarono nella Sala Mensa e lì trovarono Rosa e Geranio insieme ad uno gnomo che Margherita riconobbe.

“Ciao, ragazze” le salutò Rosa, “Lui è Beniamino. Ieri non era a cena, così non ho potuto farvelo conoscere” continuò indicano il ragazzo.

Dopo le dovute presentazioni Viola e Margherita si sedettero con loro.

“Volete del succo di... ahi!” si lamentò Geranio, che aveva allungato il braccio verso la brocca. Lo ritrasse, massaggiandosi l'avambraccio.

“Che cosa ti sei fatto?” chiese Viola, stupita.

“Sono caduto” rispose Geranio. Aveva l’aria di uno che non ha voglia di stare molto sull’argomento, quindi Viola non fece altre domande.

Fecero colazione con boccioli di rosa zuccherati e succo di violette.

“Mi sono appena ricordato che devo aiutare i miei a preparare le valige” esclamò d’un tratto Geranio, “Domani partono. Vanno all’albero otto. Ci si vede dopo!” Corse via rischiando di investire un bambino che passava in quel momento.

Viola esitò un momento, poi si voltò verso Rosa. “Scusa, mi sapresti dire dove sono i bagni?” chiese, mostrando una macchia di succo che si era procurata senza essere vista.

“Oh, basta che esci e prosegui dritto” spiegò lei, con un sorriso. “Vedrai subito il cartello”

“Grazie mille” fece l'umana, alzandosi. I vecchi trucchi funzionavano sempre.

Viola uscì dalla sala e individuò subito Geranio alla fine del corridoio; oltrepassò i bagni delle gnome e prese a seguirlo, non sapendo se stava facendo la cosa giusta, ma la reazione dello gnomo l'aveva messa in allarme.

Geranio proseguì nel corridoio, ma non salì le scale verso gli appartamenti; invece, entrò in un piccolo sgabuzzino, senza però aver cura di chiudere bene la porta.

In tal modo, Viola poté vederlo tirarsi su la manica, svelando una fasciatura, che disfece con una smorfia di dolore.

Viola trattenne il fiato: lì, sul suo avambraccio bronzeo, faceva mostra di sé una grossa cicatrice. Lo gnomo storse il naso e tirò fuori una boccetta con un unguento dall'odore acre.

“Serve una mano?” chiese Viola, vedendolo in difficoltà mentre cercava di spalmare la pomata.

Geranio si voltò di scatto e lei poté vedere che aveva gli occhi lucidi, forse per il dolore, forse per qualcos'altro. “Che ci fai qui?!” sbottò, arrabbiato.

“Io... stavo cercando il bagno, ma poi ho visto che ti serviva aiuto e...”

“Hai visto male, ho già finito” replicò lui, fasciando di nuovo il braccio.

Viola si morse il labbro. “Come te la sei fatta?” chiese.

“Non sono affari tuoi, comunque sono caduto” Geranio la superò e si diresse alle scale.

Viola deglutì e lo seguì con lo sguardo; avrebbe voluto chiedergli, ma sapeva riconoscere una cicatrice da bruciatura.



 

Quando Viola tornò nella sala da colazione vide che Margherita era rimasta da sola al loro tavolo.

“Dove sono gli altri?” chiese.

“Rosa doveva correre al suo lavoro part time, come direste voi umani” spiegò lei.

“Lavoro part time? Credevo che andaste ad una specie di scuola...” Viola era allibita.

“Oh, beh, alcune cose non te le ho dette per mancanza di tempo: comunque, tutti i giovani gnomi arrivati ad una certa età devono scegliersi un lavoretto formativo: a volte lo proseguono anche finiti gli studi ma a tempo pieno e con più responsabilità, ma c'è la possibilità di cambiarlo anche con un lavoro completamente diverso. Per esempio mia madre faceva l'aiuto bibliotecario ma poi ha deciso di occuparsi di addestrare gli scoiattoli” cominciò a spiegare Margherita. “Comunque, Rosa fa l'istruttrice per i giochi, insieme a Beniamino, che infatti è andato con lui. Gelsomino lavora, o almeno lavorava in biblioteca, ora sta aiutando a rimetterla in piedi, infatti. Anche se non mi sembrava entusiasta di stare sempre in mezzo ai libri... Ogni tanto, poi, Rosa faceva l'aiuto bibliotecario, perché ancora doveva scegliere – per questo ha controllato lei la sala lettura il pomeriggio prima dell'incendio – ma adesso immagino che si sia dedicata solo ai bambini. Io invece quando ero qui facevo l'assistente di mia madre all'addestramento, mi piacciono molto gli scoiattoli. Ah, e Geranio lavora nelle Cucine”

“Cucine, hai detto?” Viola sentì nascere una piccola speranza dentro di sé: cucine=fuoco. Forse era quella la causa della sua scottatura. “Uno che lavora nelle cucine può bruciarsi? Intendo dire: anche voi usate il fuoco, no?”

“Sì, ma lui per ora è una specie di sguattero, al forno non lo fanno nemmeno avv...” Margherita socchiuse gli occhi. “Viola, che vai dicendo? Perché dovrebbe essersi bruciato?” chiese, preoccupata. “Ora l'hai seguito, vero? Che cosa hai visto?”

“Sì, l'ho seguito. Geranio ha una cicatrice sul braccio, una bruciatura...” disse Viola, poi la vide sbiancare. “Forse non significa nulla, forse si è avvicinato al fuoco nelle Cucine e si è bruciato così,ma allora perché non dirlo a nessuno? Ok, ha trasgredito gli ordini, ma con quello che è successo, meglio essere rimproverati per questo piuttosto che rischiare di essere sospettati per un incendio, no?”

Margherita la guardò sconvolta. “Allora secondo te…” cominciò.

“Potrebbe essere stato lui, sì” rispose Viola.

“Ma è Geranio...Lui non farebbe mai una cosa simile” mormorò Margherita.

“Lo so che è un tuo amico, ma se vuoi conoscere la verità dobbiamo indagare su tutti. Capisci?”

“Sì, lo capisco” Margherita era decisamente abbattuta.

“Ma perché gli fa ancora male?”

“Oh, beh...” Margherita sospirò. “Lui non è bravo con le erbe curative, quindi se si è bruciato e non si è fatto vedere da un guaritore forse ha preferito non rischiare e usare i metodi curativi più semplici, ma se è profonda ci metterà un bel po' a guarire così. Quindi sì: è possibile che sia ancora in via di guarigione dopo due o tre mesi. Immagino che abbia usato un unguento dall'odore particolare, giusto? Sì, è la tecnica base: impedisce l'infezione ma rallenta la normale cicatrizzazione, ho sentito di uno che ha dovuto aspettare un anno per non sentire più dolore. È complicato da spiegare, quindi non ti dirò come funziona, ma credo che non se la stia passando bene. Forse se lo merita, se è davvero il piromane, ma sapere che si è ridotto così...”

“Mi spiace, Marghe” mormorò lei, affranta.

Margherita si morse il labbro. “Se vogliamo capire se Geranio è colpevole, allora dobbiamo inventarci un piano. Andiamo in camera nostra, lì possiamo parlare liberamente”



 

Continua...



 

Ed eccoci qua!

Abbiamo un primo sospettato, che si quello giusto? Voi che ne pensate?

E ora rispondo alle recensioni! (In realtà solo una, ma fa più scena al plurale!)

 

Per Hope52: Sono contenta che ti sia piaciuto. Eh, sì, a me piace mescolare le acque... Non riesco a scrivere senza un bel po' di colpi di scena, lo ammetto!

Chissà se qualcuno di voi non ci azzeccherà con il colpevole? Fatemi sapere che ne pensate...

 

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Capitolo 5
*** Un aiuto inaspettato ***






Un aiuto inaspettato



Uscirono dalla Sala Mensa e si incamminarono lungo il corridoio principale.

“Ci sono i tuoi” bisbigliò improvvisamente Viola nell’orecchio di Margherita.

Ninfea e Tulipano avevano appena svoltando l’angolo. La gnoma teneva sulle due mani una lucciola e le stava dicendo: “Dai, Gemma, ora ti faccio uscire a volare un pochino”.

Viola era abituata a vedere quegli insetti luminosi di dimensioni ridotte, ma quella stava a stento tra le mani di Ninfea. La lucciola sembrava giù di morale, con le antennine basse basse, ma quando vide Margherita parve riconoscerla e prese il volo. Atterrò sulla spalla della padroncina ritrovata e si illuminò felice.

“Ehi, piccolina” la salutò Margherita, accarezzandola. L'insetto scosse le antennine, sfregandole contro la sua guancia e lei rise per il solletico. Accidenti, quanto le era mancata quella sensazione...

“Ciao, ragazze” disse Tulipano.

“Salve” risposero in coro le due turiste.

“Ciao” disse Ninfea, “Gemma non aveva mai fatto così con nessuno. Devi starle molto simpatica, Anemone. Stavamo andando a farla volare. Vi trovate bene, qui?”

Margherita sorrise. “Benissimo, grazie” rispose.

“È davvero un Albero accogliente” osservò Viola, anche se l'incontro con Giglio e la reazione di Geranio non erano state belle esperienze. Era sempre stata convinta che gli gnomi fossero creature pacifiche e allegre, ma era evidente che aveva fatto male i conti. Ne aveva parlato la sera prima con Margherita e lei aveva risposto che di solito era così, ma anche loro provavano sentimenti negativi esattamente come tutte le altre creature.

Si salutarono di nuovo. Margherita e Viola ripresero a camminare, ma appena svoltato l’angolo incontrarono Narciso, che sorrise.

“Ciao. Voi siete Anemone e Viola, vero?”

“Esatto” rispose Viola.

“Vi va di venire alla taverna? Vi offro una tazza di infuso” propose lo gnomo.

Questo atteggiamento insospettì non poco Margherita, che però accettò l’invito: nessuno gnomo rifiutava mai da bere.

La piccola taverna era vuota, in quel momento, se non per una gnoma dall'aria scialba e annoiata dietro al bancone. Narciso le sorrise.

“Camelia, perché non vai a farti un giro? È una splendida giornata di sole, qui continuo io” disse lo gnomo.

L'interpellata – che doveva essere loro coetanea – si illuminò. “Oh, sì! Narciso, tu mi salvi la vita” esclamò. “Non ce la faccio già più a stare qui dentro ed è solo metà mattina. Giuro che ricambierò” Camelia si affrettò ad uscire.

“Tu lavori qui?” chiese Viola, incuriosita.

Narciso balzò oltre il bancone, agilmente. “Sì, insieme a Camelia. Sembra un po' sciocca, ma è simpatica”

Narciso le fece accomodare su un tavolino e diede loro due tazze.

“Venite dall'Albero tre, mi hanno detto” disse lo gnomo versando l'infuso.

“Già, ma non è bello come il vostro” disse Viola.

“Ed è un ciliegio, giusto?”

“Già, è un ciliegio” affermò Margherita, che in realtà non aveva mai visto l’Albero tre e non sapeva di che tipo fosse.

Gli occhi di Narciso brillarono, intensi come non mai. “Io una volta sono stato all’albero tre e anche se avevo otto anni sono sicuro che era un faggio; per questo, se non ha improvvisamente cambiato natura, dovrebbe essere un faggio, non un ciliegio. Dì la verità, da dove vieni Anemone?” disse, poi abbassò ulteriormente la voce: “O forse dovrei dire Margherita?”

Margherita sussultò e divenne improvvisamente più bianca di un lenzuolo appena lavato.

“Ho ragione, allora?” chiese Narciso con un’espressione di vittoria sul volto, “Tu sei Margherita?”

La gnoma continuò a guardarlo con gli occhi spalancati.

“Ma di cosa parli?” intervenne Viola, con la sua maggior faccia di bronzo. “Si chiama Anemone!”

“Certo” osservò Narciso, incrociando le braccia e continuando a mantenere il contatto visivo con la gnoma. “E io sono uno scoiattolo. Forse ti conviene parlare, Margherita, perché se chiamassi Pino ti farebbe parlare lui”

Margherita capì che era inutile negare l’evidenzia. “Sì, è vero” mormorò. Viola le scoccò un'occhiata esasperata. “Come hai fatto a scoprirlo?” chiese poi sul punto di scoppiare in lacrime dalla delusione, perché – lei lo sapeva – Narciso l’avrebbe denunciata. ‘Perché proprio adesso?’ pensava, ‘Perché?’

“Beh, innanzitutto per la somiglianza fisica” rispose dopo un attimo lo gnomo, “Non pensare che una parrucca, occhi di diverso colore – a proposito, poi mi spiegherai come hai fatto – e qualche neo finto possano nascondere a lungo la tua identità. Poi ho notato che Anemone si grattava l’orecchio quando era imbarazzata o nervosa esattamente come te: l’ ho visto mentre parlavi con Rosa, Beniamino e Geranio e con i tuoi genitori. Poi poco fa ho visto lo strano comportamento di Gemma, la tua lucciola; è da quando te ne sei andata che non vuole saperne di accendersi. Dopo tutti questi indizi ho tratto le mie conclusioni”.

Margherita lo ascoltò con il cuore in gola. Aveva temuto che qualcuno la riconoscesse, ma era sempre stata convinta che, nel caso, sarebbe stato un suo amico o i suoi genitori, si era consolata pensando che loro erano a conoscenza della sua innocenza e che non l'avrebbero consegnata, ma con Narciso era tutta un'altra storia... “Vuoi denunciarmi?” sussurrò.

“E perché non dovrei?” chiese lui, divertito. “Non posso lasciare che una piromane giri libera per questo albero” continuò alzandosi.

“Ma non sono stata io!” gridò Margherita, imitandolo. Viola balzò in piedi pronta ad agire: conosceva un paio di mosse di karatè che avrebbero facilmente steso Narciso se avesse cercato di metter loro i bastoni fra le ruote.

“Lo so” rispose tranquillamente lo gnomo, osservandosi le unghie.

“Cosa?” chiese Margherita trasalendo.

“Come è possibile che la perfettissima Margherita faccia una cosa così sbagliata?” chiese. Poi sospirò teatralmente e continuò: “Ma io in fondo sono un’anima nobile, quindi ho deciso di aiutarti”

“Parli sul serio?” domandò Margherita scettica.

“Sì” disse lui spazientito.

Margherita fece una cosa che non avrebbe mai fatto in un’altra occasione: gli si avvicinò e lo abbracciò, mormorando ringraziamenti. Lo gnomo rimase un attimo immobile con un’espressione spaventata sul volto poi la allontanò delicatamente.

“Vediamo di ridurre al minimo il contatto fisico, d’accordo?” disse.

“Certo” rispose Margherita.

“Avete già trovato qualcuno che potrebbe essere il vero colpevole?” chiese Narciso, cambiando discorso.

“Sì, in realtà ne abbiamo trovato uno” rispose Viola, che era stata in silenzio fino ad allora.

“E chi?” chiese lo gnomo.

“Geranio” rispose Margherita in un sussurro. Non le piaceva proprio sospettare dei propri amici.

“Geranio? Ma è impossibile! Perché dovrebbe fare una cosa del genere?” esclamò Narciso. Geranio non era suo amico, ma lo conosceva abbastanza bene da essere scettico riguardo alla sua colpevolezza: era decisamente la persona meno sospettabile.

“Non lo so. Resta il fatto che ha una bruciatura sul braccio, e prima dell’incendio non ce l’aveva, ne sono sicura”

“Come pensi di provarlo?” chiese Narciso.

Margherita rimase in silenzio, poi disse: “Innanzitutto potremmo seguirlo e spiarlo”

“È rischioso, qualcuno potrebbe capire che lo pediniamo, anche se voi avete stretto amicizia con lui e Rosa. E sarà difficile trovare prove concrete della sua colpevolezza” commentò lo gnomo.

“Lo so, ma non possiamo fare altro” disse lei. Aveva paura, non poteva negarlo, ma ora che era lì non voleva fermarsi.

“Allora cominciamo a pedinarlo, poi vedremo cosa fare” propose Viola.

“Aspetta, e tu da dove vieni?” chiese incuriosito Narciso.

“Io… Beh, ecco…” balbettò Viola non sapendo cosa dire.

“Lei è umana” disse Margherita tranquillamente, come se fosse una cosa normale che una Umana si intrufolasse in una comunità di gnomi.

“C-Cosa?! Come sarebbe a dire un'umana, qui?!” balbettò quasi urlando Narciso. Fu subito zittito da Margherita.

“Vuoi che tutto l’albero sappia che sono qui?” lo rimproverò Viola. Notò che lo gnomo la fissava quasi terrorizzato. “Che c’è?”

“Margherita, perché c’è un umano nel nostro albero?” chiese Narciso distogliendo finalmente lo sguardo da Viola. L’interpellata spiegò brevemente gli avvenimenti che l’avevano interessata mentre era in esilio. Narciso non sembrava affatto tranquillizzato, ma infine commentò acido, sperando di mascherare il proprio spavento: “Va bene, allora, pedineremo Geranio, anche se non mi sembra un’idea così brillante. Ma in fondo è la nostra unica idea”

E così fecero.

A turno o insieme spiarono i movimenti di Geranio. Viola e Margherita stavano il più possibile con Rosa e lo gnomo, ma la loro giornata si rivelò infruttuosa: Geranio si comportò normalmente per tutto il tempo e nemmeno una volta riuscirono a rivedere la cicatrice. Viola e Margherita cercavano di tanto in tanto di portare la conversazione sull'incendio, per vedere se lo gnomo si contraddiceva o mostrava reazioni strane, ma stando a ciò che diceva era rimasto in camera sua per tutta la sera e non cadde in nessuno dei loro trabocchetti verbali.

Per di più, l'unica volta che riuscirono ad ascoltare qualcosa di interessante, rischiarono di essere scoperti. Toccava a Narciso controllare Geranio che in quel momento, insieme a Beniamino, stava aspettando le tre amiche. Narciso era nascosto in un corridoio secondario che portava ad una scala.

“Forse faresti bene a farti vedere da un guaritore” sussurrò Beniamino, accigliato.

“E per cosa? Per fare la fine di Margherita?” sibilò lui, accarezzandosi il braccio. “Sai cosa succederebbe se lo facessi”

“Ma né io né te sappiamo come curarlo... Dammi retta, fingi di esserti bruciato in cucina e vai a farti controllare”

“No! Non mi crederanno mai. Non crederanno che sono innocente, mi accuseranno dell'incendio”

“Preferisci perdere il braccio? E come pensi di cavartela se qualcuno te la vedesse per sbaglio?”

Geranio si irrigidì. “Nel caso accada... beh, dirò della cucina”

“Ma è proprio a quel punto che nessuno ti crederà!”

“Ora smettila! Non rischierò l'esilio, chiaro? Non servirebbe nemmeno a riportare indietro Margherita e, credimi, lo vorrei davvero”

Beniamino sospirò, ma la discussione finì lì.

Narciso si morse il labbro: non poteva considerarsi proprio una confessione, ma qualunque origine avesse la bruciatura non era stata fatta in un momento di distrazione in cucina...

Quando poco dopo Rosa, Viola e Margherita arrivarono e si unirono a Geranio, Narciso fece per salire le scale, ma, poiché si stava guardando indietro per accertarsi che nessuno lo vedesse, inciampò in un gradino con un’esclamazione di sorpresa.

“Cos’è stato?” chiese Beniamino, dirigendosi verso il buio corridoio, seguito dagli altri. “E tu che ci fai qui?” chiese quando vide lo gnomo che provava ad alzarsi.

“Già, e perché sei ovunque noi andiamo? Ci stai seguendo, per caso?” chiese Geranio.

“E perché dovrei seguirvi?” esclamò Narciso indignato, “Non mi interessa quello che fate tutto il santo giorno. Sono caduto scendendo le scale” disse, prima di dileguarsi.

“Quel Narciso è veramente strano in questo periodo!” sospirò Geranio.

“È da quando è andata via Margherita che non è più lo stesso” aggiunse Rosa pensierosa. Margherita trasalì incredula.

“E pensare che si odiavano” disse Beniamino. Margherita intanto era immersa nei suoi pensieri: non riusciva a credere alle notizie appena sentito... Narciso era triste per lei?

“Allora! Andiamo o no?” esclamò all’improvviso Rosa facendo sobbalzare Margherita.



Margherita e Viola rividero Narciso dopo cena. Contro le suppliche di Margherita, si erano dati appuntamento davanti alla biblioteca, che era il luogo meno frequentato a quell’ora, in special modo dopo che era stata distrutta. La gnoma non ci teneva a rivedere i danni causati dall’incendio, ma sapeva che era il posto più sicuro per parlare.

“Il tuo piano non ha funzionato, o sbaglio?” chiese Narciso per prima cosa appena si furono ritrovati.

“Riproveremo domani” disse Margherita, “Ma dobbiamo stare più attenti. Per poco non hai rovinato tutto” continuò, acida.

Narciso sbuffò. “E se non scopriamo niente che cosa faremo, eh, Margherita?” chiese poi. “A questo non ci avete pensato?”

“Non lo so. Ci penseremo al momento” disse Viola. “Però hai detto di aver sentito qualcosa di interessante, no?”

Narciso annuì e prese a raccontare della discussione tra Geranio e Beniamino.

“Quindi pare che Beniamino sappia della bruciatura” osservò Margherita.

“Sì, ma non è una prova: ci sono altri modi con cui si sarebbe potuto far male”

“Ma se intanto mostrassimo a tutti la cicatrice?” propose Viola.

“No, dobbiamo prima avere prove concrete, non possiamo obbligarlo a far vedere il braccio” replicò Margherita. “E visto che io sono stata esiliata ingiustamente prima di farlo cacciare voglio essere sicura che sia colpevole”

Un improvviso rumore da dietro uno scaffale li fece sobbalzare. Saltarono in piedi e si diressero verso il punto da cui proveniva il rumore.

“Gelsomino, che ci fai qui?” esclamò Margherita, pallida, non appena lo vide tutto spettinato.

“Mi ero addormentato dopo il lavoro e... Tu che ci fai qui?” ribatté lo gnomo sconvolto, “Margherita, tu dovresti essere in esilio!”

“Sono venuta a dimostrare la mia innocenza” rispose Margherita ritornando del suo colore naturale. “Hai intenzione di denunciarmi?” chiese poi guardandolo negli occhi. Sapeva che non l’avrebbe fatto: anche se Gelsomino era fissato con le regole, non avrebbe mai denunciato i suoi amici, soprattutto se li credeva innocenti.

“No, non lo farò. È solo che non pensavo di rivederti” rispose lo gnomo. “E poi… Cosa significa ‘sono venuta a dimostrare la mia innocenza’?” chiese subito dopo.

“Ha deciso di trovare il vero colpevole” tagliò corto Narciso che sembrava non gradire la sua presenza.

“Abbiamo già un sospetto” aggiunse però Margherita.

“Quale?” chiese Gelsomino, visibilmente preoccupato.

“Geranio” rispose seccamente Narciso e Margherita raccontò il perché. Tutti e due si aspettavano che lui prendesse le difese di Geranio, che trovasse qualche scusa per spiegare la bruciatura, ma si sbagliavano.

“Credo che abbiate ragione. Mi dispiace sospettare di lui, ma non so cos’altro pensare” disse, dispiaciuto, dopo qualche minuto in silenzio per elaborare la questione.

Narciso lo fissò per un attimo poi distolse lo sguardo. Aveva creduto in fretta alla sua colpevolezza, molto più in fretta di lui e Margherita.

“Stiamo cercando prove, ma finora non ne abbiamo trovate. Vorresti…?” cominciò a dire Viola.

“Vi aiuterò molto volentieri” rispose lui intuendo la fine della frase. Margherita sorrise raggiante.

Narciso dovette trattenere uno sbuffo, poi disse: “Ci conviene andare a letto, è quasi mezzanotte”



“Sono stufo di nascondermi a spiare” sbottò Narciso dopo un’intera mattinata sprecata a cercare prove. Erano appena usciti dalla sala mensa, dove avevano pranzato e si trovavano in un corridoio davanti alla porta che portava ad un magazzino.

“Non so cosa farci se non riesci a trovare la minima prova” sbottò Margherita.

“Sbaglio o neanche voi due avete trovato nulla?” ribatté Narciso.

“No, non sbagli, ma sei tu che ieri ci hai fatto quasi scoprire!” esclamò Margherita.

“E questo cosa c’entra?” chiese lo gnomo alzando la voce.

“Vuol dire che sei peggiore di noi a cercare prove”

Viola assisteva alla scena e non sapeva come fermare la discussione quando vide che qualcuno girava l’angolo. Lo riconobbe e spinse i due nella stanza dello gnomo, prima che il nuovo arrivato li vedesse.

“Che c’è?” chiesero in coro Narciso e Margherita.

“Stava arrivando Geranio” rispose lei.

“Geranio è qui fuori?” chiese Narciso avvicinandosi alla porta. Lo gnomo la aprì lentamente senza un rumore e spiò fuori. Anche Margherita e Viola si avvicinarono e guardarono dalla fessura.

Appena in tempo per vedere Geranio passare lì davanti e qualcosa cadere dalla sua tasca.

Geranio si chinò e raccolse l’oggetto per poi guardarsi intorno come a sincerarsi che nessuno l’avesse visto. I tre videro chiaramente cos’era l’oggetto. Era una scatola di legno chiaro, con delle piccole scintille sopra disegnate.

“Per tutte le ghiande!” sussurrò Margherita, ricevendo due gomitate da parte di Narciso e Viola. Geranio non la sentì e se ne andò tranquillamente.

“Allora è veramente stato lui” mormorò Margherita, appoggiandosi con la schiena alla porta. Non aveva mai creduto veramente che il colpevole fosse proprio Geranio. Narciso era altrettanto sconvolto.

“Cos'era quella scatola?!” esclamò Viola sconvolta, anche se temeva di saperlo.

“Sono gli equivalenti dei vostri fiammiferi, noi li chiamavamo stecchi ardenti” spiegò Narciso, pallido.

“Chiamavamo? Ora non più?”

“Tecnicamente si chiamano ancora così, ma ormai sono diventati illegali...” continuò lo gnomo. “Nessuno gnomo comune può andarsene in giro con uno di quelli in tasca, questo è chiaro, solo i Cuochi e pochi altri Addetti possono usarli: sai, per cucinare o riscaldare...”

“Geranio lavora nelle Cucine” disse Margherita, svuotata da ogni emozione, “Fa semplicemente lo sguattero, non può nemmeno avvicinarsi ad un fuoco, ma può essersi procurato una scatola di quelle di nascosto... Ne hanno così tante che forse non se ne sono accorti...” La gnoma tremò, ma si rifiutò di versare anche solo una lacrima.

“Però non abbiamo ancora abbastanza prove, considerato che potrebbe far sparire quella scatoletta da un momento all'altro” disse Viola, dopo aver dato all'amica il tempo di riprendersi.

“Cosa proponi di fare?” chiese Narciso.

Viola alzò lo sguardo sugli altri due e rispose: “Dobbiamo entrare nella sua stanza. Non c’è altra soluzione”

Margherita guardò la sua amica come se fosse impazzita, mentre Narciso sospirò e disse: “Hai ragione, ma saranno guai seri se ci trovano lì, quindi dobbiamo fare attenzione”

“Non dire a noi di fare attenzione” disse Margherita arrabbiandosi.

“Basta, smettetela di punzecchiarvi!” esclamò Viola vedendo che Narciso apriva la bocca per ribattere. Gli altri si girarono a guardarla stupiti: Viola non era mai stata così furibonda. “Non lo capite che se continuiamo così non risolveremo nulla?! Se volete litigare, fatelo in un altro momento oppure lasciamo perdere. Per risolvere questo caso dobbiamo stare uniti e non dovete mettervi i bastoni tra le ruote a vicenda!”

Margherita e Narciso stettero zitti capendo che Viola aveva ragione.

“Ok, adesso dobbiamo avvisare Gelsomino degli sviluppi” riprese Viola.

“NO!” esclamò improvvisamente Margherita e l’umana si girò a guardarla incredula. “Lui non vorrebbe che infrangessimo questa regola” continuò.

Narciso annuì e vedendo la faccia stupita di Viola spiegò: “Una delle più importanti regole di noi gnomi è non violare mai la camera degli altri. Gelsomino è molto attaccato alle regole e questa è troppo importante per essere ignorata”.

“Va bene, allora andiamo da soli” disse lei andando verso la porta.

“Adesso?” esclamò Narciso.

“Sì, adesso. Voglio provare la mia innocenza il prima possibile” disse Margherita uscendo dalla stanza dietro a Viola. Narciso le seguì, sbuffando.

 

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Capitolo 6
*** Nuovi sospetti ***


Ma salve!

Rieccomi qui, con un nuovo capitolo! Chiedo venia per questo enorme ritardo! È che sono subissata da esami, in questo periodo, e lo stress mi sta uccidendo! Proprio non avevo la testa per mettermi a correggere questo capitolo. Adesso, dopo essere stata bocciata in storia contemporanea (per la seconda volta ahimè! L'Università comincia a pesarmi...), cerco di risistemare un po' di cose, a partire dalle mie storie!

Comunque, per chi volesse ho pubblicato altri due racconti, sempre originali: Raggio di Luna e Quando gli angeli sorridono (ma con quest'ultima rischiate di finire tutta la riserva di Kleenex, quindi se odiate le storie troppo tristi vi conviene starne lontani...). Ringrazio inoltre chi ha recensito queste storie, nel caso stessero seguendo anche questa: siete stati gentilissimi!

 

Ho calcolato che dovrebbero mancare uno o due capitoli, la fine si avvicina.

Ringrazio Poeticdream per la recensione: sono felice che ti sia piaciuta la storia e spero che ti piaccia anche il seguito. Avevo anche una mezza ideuccia su una continuazione... Ma intanto conclude questa, altrimenti mi arriveranno pomodori maturi e uova marce per tutti questi ritardi.

Allora? Qualcuno vuole scommettere sul colpevole?



 

Esiliata

Nuovi sospetti



A quell’ora di solito i ragazzi andavano a fare giochi ed escursioni, quindi la camera di Geranio era vuota. I tre entrarono di soppiatto poi richiusero la porta a tre mandate e superarono il piccolo atrio per trovarsi in una stanza ampia e ordinata, meglio arredata rispetto a quella delle due ospiti.

“Qualcuno di noi non dovrebbe rimanere fuori a fare la guardia?” chiese Viola mentre apriva l’armadio pieno di vestiti.

“Ma no!” disse Margherita controllando sotto al letto, “I giochi e le escursioni durano sempre sulle tre ore e a volte molto di più”

“Di solito Beniamino e Rosa rimangono fino all’ultimo, sono loro i responsabili. E Geranio resta sempre con loro” aggiunse Narciso aprendo un cassetto della scrivania.

“Stavo pensando che... se anche Beniamino è coinvolto...” cominciò incerta Viola.

“Pensi che anche Rosa possa esserne a conoscenza?” concluse per lei Margherita, arrabbiata.

“Il fatto è che è...”

“Per la collanina, giusto?” sbottò lei, abbandonando per un attimo la ricerca. “Ascoltami, è la mia migliore amica. È già difficile sospettare di Geranio, ma lei proprio non può essere coinvolta. La conosco da quando sono nata, mi ricordo quanto era disperata quando da piccola mi ha rotto il mio gioco preferito, non riuscirebbe a farmi qualcosa del genere”

Viola annuì. “Scusa, non dovrei dire queste cose senza prove” disse. “Anch'io mi arrabbierei se qualcuno accusasse così i miei amici”

Fu in quel momento che la porta d’ingresso cominciò ad aprirsi. I tre si guardarono spaventati, poi Narciso vide uno sgabuzzino e fece segno alle altre due di seguirlo all’interno. Quando richiuse la porticina Beniamino, Geranio e Rosa entrarono nella stanza discutendo. Margherita spiò dalla serratura e vide che un’anta dell’armadio era aperta. Nella fretta di nascondersi Viola l’aveva chiusa male e ora si era spalancata.

“Ma io avevo chiuso l’armadio prima di uscire” disse Geranio preoccupato. Dentro lo stanzino i tre ragazzi si guardarono spaventati e Viola si beccò due occhiate di rimprovero. In quell’istante della polvere finì nel naso a Margherita e lei non riuscì a trattenere lo starnuto, che fu ben udibile nella stanza in cui era calato il silenzio. Rosa e Geranio si guardarono preoccupati, poi lo gnomo si diresse verso lo sgabuzzino e aprì la porta.

“Che ci fate in camera mia?!” tuonò Geranio non appena li ebbe riconosciuti.

In altre occasioni Margherita sarebbe stata imbarazzata, ma quel giorno sentiva solo arrabbiata con lo gnomo che l’aveva fatta esiliare. Si fece avanti e guardò con rabbia Geranio.

“Sappiamo che sei stato tu!” gridò. Geranio la fisso stupito.

“Ma Anemone, di che cosa stai parlando?” chiese Rosa.

“Io non mi chiamo Anemone” disse furiosa Margherita e si tolse la parrucca.

Rosa e Geranio trattennero il fiato.

“Margherita…” mormorò Rosa.

Margherita la ignorò e si rivolse allo gnomo. “Ammettilo, Geranio. Sei stato tu ad incendiare la biblioteca!” disse senza mezzi termini. Nella stanza calò un silenzio interrotto solo dal rumore provocato da Viola e Narciso che uscivano incerti dallo sgabuzzino.

“Mi vuoi spiegare cosa succede?” si arrabbiò lo gnomo. Beniamino impallidì.

“Te lo dico subito cosa succede” urlò Margherita, “Sono tornata per scoprire chi è il vero colpevole e ho capito che sei tu!”

“Smettila di dire sciocchezze!” intervenne Rosa infervorata. “Lo sai benissimo che lui non lo farebbe mai!” poi si rivolse a Narciso: “Sei stato tu a convincerla, vero?”

Narciso si infuriò per l’ingiustizia dell’accusa e disse: “Sappi che quando ho deciso di aiutarla aveva già dei sospetti su di lui e io ero altrettanto sorpreso dalla notizia!”

“Se volete arrabbiarvi con qualcuno, prendetevela con me” intervenne Viola scaldandosi, “Appena ho visto la cicatrice di Geranio ho sospettato di lui”

“Che vuoi dire?” chiese furibondo Geranio, fulminandola.

“Quella cicatrice che hai sul braccio e che continui a nascondere!” spiegò lei.

Lo gnomo era pallido e scuoteva la testa, mentre capiva che era giunto il momento della verità.

“Viola, per favore...” sibilò Beniamino.

“Ma di cosa parli?! Non ha nessuna cicatrice!” replicò Rosa, ma sembrò meno sicura.

“Ah no?” fece Viola alzando la manica del sospettato, che oppose una debole resistenza.

“Geranio, è vero?” chiese Rosa fissando spaventata la fasciatura, ma Geranio non parlò, arrabbiato.

Beniamino si mordicchiò il labbro, guardando la scena. “Geranio, forse è meglio che...”

“E va bene, è una bruciatura!” ammise con rabbia. “Ma non è come pensate voi” aggiunse vedendo l’espressione incredula di Rosa.

“E com’è allora?” chiese Margherita scettica.

Lo gnomo sospirò e si diresse verso il centro della stanza. Gli altri lo fissarono mentre si arrampicava sul letto e allungava la mano verso il soffitto. Solo allora si accorsero di una botola sul soffitto. Lui l’aprì e una scaletta fatta da fili d’erba scese fino a terra.

“Un giorno ho scoperto questa botola” cominciò a spiegare Geranio, “Da allora uso lo spazio all’interno come rifugio quando voglio stare da solo. Avevo scoperto che c’era un’altra botola che però porta alla biblioteca, che è proprio qui sopra. La sera dell’incendio ero nel mio rifugio a riflettere quando ho sentito un caldo pazzesco. Ho aperto la botola della biblioteca e quando mi sono affacciato ho visto…”

“Cosa?” chiese Viola, poiché lo gnomo esitava. Lui sospirò di nuovo ma si rivolse a Margherita.

“C’era Gemma, la tua lucciola; sai bene che ha la mania di andare in giro da sola. Ho visto che era circondata dalle fiamme allora sono entrato nella biblioteca, ma mi sono bruciato. Vi giuro, io non avrei mai causato l’incendio”. Aveva un’espressione così sincera che tutti gli altri si pentirono di aver dubitato di lui. Viola si sentiva in colpa per aver avanzato per prima l’ipotesi.

“Però poco fa… ti abbiamo visto mentre ti cadeva una scatola di stecchi... e sono illegali” disse incerto Narciso.

Geranio sorrise amaramente, poi tirò fuori la scatoletta e la aprì in modo che gli altri potessero vedere il suo interno mentre Rosa si lasciava sfuggire un singhiozzo.

Margherita vide che era pieno di pietruzze dai mille colori

“Io, Beniamino e Rosa abbiamo cominciato a raccoglierle da quasi un anno...” mormorò lo gnomo. “Volevamo regalartele per il tuo compleanno, sappiamo quanto ti piaccia collezionarle. Abbiamo scelto solo le più belle, sai? Per quanto riguarda la scatola, me ne serviva una e quella mi piaceva, quindi l'ho presa dalle Cucine, è vero, ma dopo che era stata svuotata, ho anche il permesso scritto di uno dei Cuochi, se non ti fidi...” concluse mettendo una mano in tasca.

“No!” protestò Margherita e sentì le lacrime pungerle gli occhi. “Geranio, mi dispiace di dubitato di te” disse.

Lo gnomo si rabbuiò. “Non capisco come tu abbia potuto pensare una cosa del genere” disse.

Margherita abbassò il capo e tentò di ricacciare indietro le lacrime. “Io non sapevo cosa pensare. Volevo capire chi era il vero colpevole. Non volevo continuare a vivere esiliata per il resto della mia vita e tutti gli indizi portavano verso di te…” non riuscì a proseguire e cominciò a piangere. Geranio sapeva che lei non piangeva quasi mai e vederla singhiozzare gli fece capire quanto fosse disperata. La abbracciò sussurrandole: “Va tutto bene”. Anche Rosa e Beniamino si fecero avanti e la abbracciarono.

“Sono felice che tu sia tornata” sussurrò Rosa nel suo orecchio.

Margherita le sorrise, ma si sentiva da schifo: aveva appena accusato uno dei suoi migliori amici di aver appiccato un incendio di cui lei era stata accusata, mentre loro non avevano mai espresso dubbi sulla sua innocenza...

“Prima di tornare alla ricerca del colpevole, che ne diresti di darci qualche spiegazione?” suggerì Beniamino, mentre lei si asciugava incerta le lacrime.

In fretta Margherita raccontò loro delle origini di Viola e fece un piccolo resoconto di ciò che avevano scoperto fino a quel momento. Rosa sembrava ansiosa di sapere cosa avesse fatto in quei mesi da esiliata, ma si trattenne dal farle troppe domande.

Narciso e Viola se ne rimasero in disparte, consapevoli di essere spettatori inopportuni, ma l'umana era felice di vedere come i tre amici di Margherita fossero intenzionati ad aiutarla: ora

Non appena Margherita si fu calmata e si staccò dall’abbraccio dei suoi amici ci fu un momento di silenzio, poi Viola si schiarì la voce per richiamare l’attenzione degli altri e disse a Margherita: “Mi puoi far rivedere la busta dei sassolini?”

“Va bene” rispose lei incerta, tirandola fuori da una tasca. Viola la prese e esaminò i rimasugli della polverina nera che copriva i sassolini sotto i loro sguardi stupiti. Dopo parecchio tempo rialzò la testa su di loro.

“Allora?” chiesero in coro Margherita e Narciso.

“È come pensavo” disse lei, “Questa è polvere da sparo. Il piromane potrebbe averla usata per l’incendio. Beh, voi sapete cos’è la polvere da sparo?” chiese poi.

“Sì, un uomo a cui abbiamo salvato la figlia ce lo ha spiegato. Lui era un cacciatore” rispose spaventata Rosa. “Ma che ci fa quella roba nella tua bustina, Margherita?”

“Io... lo avevo imprestato a Gelsomino” rispose Margherita impallidendo.

“E Gelsomino sarebbe coinvolto?” chiese incredulo Geranio.

“Ma lui ci sta aiutando a cercare il colpevole” obbiettò Viola.

“E poi lui il giorno dell’incendio non c’era. Vi ricordate che era andato per tre giorni a cercare quei semi rari?” aggiunse Rosa.

“Sì, è stato per quello che gliel'ho imprestata, voleva fare delle ricerche su quelle pietre e poi portarmene altre se le trovava durante il viaggio” aggiunse Margherita.

Narciso parve sul punto di dire qualcosa, ma in quel momento qualcuno bussò alla porta. Geranio andò ad aprire e Gelsomino entrò salutandoli. Evidentemente era stato invitato.

“Questa stanza è un po' affollata” notò il nuovo arrivato.

“Ti dobbiamo parlare” disse Margherita.

“È successo qualcosa?” chiese stupito mentre Geranio chiudeva la porta.

“Non è stato Geranio a incendiare la biblioteca” lo informò Viola.

“Ah, bene” disse lui.

“Ci puoi spiegare cosa ci fa della polvere da sparo nella bustina che ti avevo prestato?” chiese Margherita a bruciapelo.

“Come?” chiese confuso. Lei gliela mostrò e lui disse: “Non ne ho la minima idea. Io non ce l'ho messa di certo”

“E chi può averlo fatto?” chiese Rosa

Gelsomino ci pensò a lungo. “In effetti c'è stato un periodo in cui, beh, non l'ho avuta sotto mano, ecco...” disse esitante. “Non ve ne ho parlato perché non pensavo che fosse importante ai fini delle indagini, ma a quanto pare mi sbagliavo. Insomma, una volta mentre ero in biblioteca Giglio si è arrabbiato perché mi ha beccato che invece che lavorare cercavo informazioni sulle tue pietre, quindi me le ha requisite. Ho faticato tanto per farmele restituire, me le ha ridate solo quando sono tornato dalla ricerca dei semi”

“Giglio?” disse scettica Rosa. “Lui ha avuto la bustina in quel periodo?”

“Sì, ne sono sicuro” disse lui sospirando. “Prima che me la sottraesse, quella polverina non c'era”

Viola notò che Narciso stava guardando con disprezzo Gelsomino.

“Ma perché avrebbe dovuto farlo? La biblioteca è tutta la sua vita, ormai...” disse Rosa, allibita.

“Beh, però non sembra molto contento della sua vita, non trovi? È sempre così scontroso...”

“Beh, è tutto molto sospetto...” annuì Viola, anche se sembrava meno propensa ad accusare qualcuno dopo quel buco nell'acqua. “Io e Margherita ci abbiamo messo nemmeno mezzo pomeriggio per arrivare fin qua, e anche se lui non fosse a conoscenza del passaggio magico uno gnomo con uno scoiattolo non ci metterebbe più di mezza giornata, considerando che la casa del cacciatore è in periferia” concluse, accigliata.

“Cosa facciamo? Seguiamo anche lui?” chiese Margherita.

“Direi di sì” rispose Gelsomino.



Per tutto il pomeriggio indagarono Giglio.

Gelsomino si lasciò convincere a entrare nel piccolo studio del sospettato e questa volta non furono interrotti dal proprietario, che seguiva i lavori di restauro della biblioteca.

Beniamino questa volta fece da palo: la biblioteca era proprio lì affianco e lui si era offerto di aiutare con la manutenzione; se Giglio fosse uscito, lui li avrebbe avvertiti in qualche modo.

La ricerca si rivelò più fruttuosa del previsto: Rosa trovò addirittura un accendino, assolutamente illegale nella loro Comunità.

Fu invece Viola a individuare un volume nascosto nel doppiofondo del cassetto della scrivania e trattenne il fiato quando vide di cosa trattava.

“Ma questo è un manuale sull'utilizzo della polvere da sparo!” esclamò Margherita.

“Allora ecco dov'era finito! Mi ricordo che Giglio si era arrabbiato parecchio quando non lo aveva più trovato: lo teneva nello scaffale più in alto e solo lui era autorizzato a prenderlo e a concedere il prestito... poi molti mesi prima dell'incendio è sparito. Deve averlo nascosto lui, chissà da quanto progettava tutto questo” si infuriò Rosa.

“E ha avuto la faccia tosta di accusare noi due” annuì Gelsomino. “Ti ricordi? continuava ad insistere che l'avevamo preso noi due...”

Viola notò che Narciso guardava in malo modo Gelsomino, ma quando si accorse di essere osservato lo gnomo le lanciò una stana occhiata, prima di riabbassare la testa. 'Cosa mi stai nascondendo?' pensò lei, stupita.

“Ma continuo a non capire come la mia collanina sia finita in biblioteca” sospirò Margherita.

“Questo lo spiegherà lui al processo” replicò Gelsomino, con gli occhi che brillavano. “L'importante è che siamo sulla strada giusta”

Narciso guardò fuori dalla finestrella. “È il tramonto. Dobbiamo andare a cena”

Gli altri annuirono e uscirono dalla stanza.

“Non dovremmo andare ad avvertire le autorità?” chiese incerta Rosa.

“No! Dobbiamo aspettare domani” obiettò Narciso. Gli altri furono d’accordo: per gli gnomi la sera era un momento sacro.

Dopo aver mangiato, gli gnomi si diressero svogliatamente alla sala delle carte e cercarono di rilassarsi un po', ma era ovvio che nessuno di loro si stava godendo la partita: era stata una giornata stancante e piena di forti emozioni e tutti ne erano sconvolti.

“Domani ci aspetta un'altra pesante giornata...” osservò a bassa voce Gelsomino. “Dobbiamo essere convincenti e sperare che Giglio non elimini le prove a suo carico”

“Forse dovremmo controllare il suo ufficio, stanotte, non trovi?” chiese Rosa.

“Ho già provveduto io” disse lui. “Penso che mi offrirò di fare la guardia alla biblioteca, per il turno di notte, in modo da tenere d'occhio l'intero corridoio”

“Ma sarai stanco!” replicò Beniamino. “Verrò con te, così potremmo fare a turno”

Gelsomino gli sorrise, riconoscente. “E va bene” sospirò, poi si rivolse a Geranio. “Domattina prima di colazione passa da noi, vedrò di procurarti qualcosa per la bruciatura”

“Non so come ringraziarti” disse lo gnomo, sollevato.

Narciso si alzò di scatto e tornò alla sua camera senza nemmeno salutarli, lasciandoli basiti.

“Vallo a capire, quello...” sbuffò Gelsomino guardandolo allontanarsi, ma tutti videro che si era accigliato.

“Tutto a posto?” chiese Viola incerta.

“È che sono stufo del suo comportamento” si giustificò lui. “Ora andate a dormire, siete stanchi. Vieni con me, Beniamino”

Gli altri annuirono e si divisero.



Margherita andò subito a letto seguita da Viola. Entrambe piombarono in un sonno profondo, con un vago pensiero su come avrebbero fatto a resistere i due gnomi, e non si sarebbero accorte di un colpo di cannone, figurarsi di una porta che si apre lentamente.

Margherita dormiva già da un pezzo quando qualcuno la scosse bruscamente.

“Margherita, svegliati! Devo parlarti” mormorò una voce. Lei aprì stancamente gli occhi e individuò una figura china su di lei, ma prima che potesse urlare una mano le tappo la bocca.

 

Continua...





Allora, chi sarà la figura misteriosa? Che intenzioni avrà?

Giuro che per domenica sera avrete il prossimo capitolo. ;-) Non vi farò più aspettare così tanto.

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Capitolo 7
*** Il vero colpevole ***


Lo so, lo so... Dovevo pubblicarlo ieri sera, ma sono tornata tardi dalla montagna e ero stanca, spero mi perdonerete... Comunque, in questo capitolo si svela finalmente il mistero! Rullo di tamburi...

Leggere per credere!

 

Esiliata

 

Dall'ultimo capitolo: ...Margherita dormiva già da un pezzo quando qualcuno la scosse bruscamente.

Margherita, svegliati! Devo parlarti” mormorò una voce. Lei aprì stancamente gli occhi e individuò una figura china su di lei, ma prima che potesse urlare una mano le tappo la bocca...





Il vero colpevole

Margherita ci mise qualche istante a riconoscere la figura china su di lei, ma prima che questa potesse parlare di nuovo, Viola sbucò dal nulla e la trascinò via dalla sua amica, sbattendola al tappeto e immobilizzandola a terra.

“Viola, che fai, sono io” protestò una voce soffocata.

“Narciso?” L'umana si rialzò, stupita.

“Narciso! Che ci fai nella mia stanza?” chiese Margherita alzandosi ormai del tutto sveglia.

“Mi dispiace svegliarvi a quest’ora di notte, ma dovevo parlarvi” disse lui, rimettendosi in piedi. Anche se la stanza era illuminata solo dalla luce emanata dalla luna le due ragazze videro che era nervoso e imbarazzato. Narciso non sapeva da dove cominciare.

“Che cosa è successo?” chiese Margherita preoccupata.

“Non è stato Giglio ad incendiare la biblioteca. Ne sono sicuro” cominciò lo gnomo.

“E perché ne sei così sicuro?” lo interruppe Viola.

“Quella sera... io ero seduto su un ramo e guardato verso la sua finestra e l’ho visto mentre lui... anche Camelia può confermarlo e...” Narciso sapeva che aveva detto troppo.

“Cosa?” insistette Margherita.

“Oh, beh,… insomma… stava litigando con Lavanda non so per cosa. Dopo dieci minuti è scoppiato l’incendio e lui non avrebbe avuto il tempo necessario per agire” disse Narciso, nella speranza che lei non facesse domande inopportune.

“Un secondo! E tu perché eri con Camelia?” chiese invece Margherita, sospettosa, poi, quando lo gnomo arrossì appena, ridacchiò. “Non ci posso credere... tu e Camelia?”

“Smettila... sono cose private!”

Margherita si sforzò di tornare seria, in effetti se non era stato neanche Giglio ad appiccare l'incendio loro erano punto a capo... “Quindi non è stato Giglio... ma tutte le prove?” chiese.

“Margherita ha ragione: l'accendino, il libro sulla polvere da sparo... come c'è finita tutta quella roba nel suo studio se non è lui il colpevole?”

“Non è tutto” replicò Narciso, “Lui non ha mai nemmeno toccato la tua bustina: l’ho vista in mano a Gelsomino mentre partiva”

Il sorriso di Margherita svanì. “Ma perché Gelsomino avrebbe mentito?”

“Ti prego, Margherita, non metterti ad urlare e mantieni la calma” la supplicò lo gnomo, “Ora ti dirò delle cose che non ti faranno piacere. Il ramo su cui ero seduto era molto basso e ho visto qualcuno muoversi a terra. Ho guardato meglio e ho visto Gelsomino:aveva la tua bustina”.

“Ma perché non l’hai mai detto?” chiese Viola. Margherita era ammutolita dallo shock.

“Ho pensato di essermi sbagliato, lui non poteva essere già tornato” disse Narciso, “Poi con l'incendio e tutto il resto l’ ho dimenticato… me lo sono ricordato oggi, ma mentre stavo per parlarvene è arrivato Gelsomino; non potevo dirlo davanti a lui. Inoltre Gelsomino non mi ha lasciato solo nemmeno per un istante”

“Hai detto che pensavi di esserti sbagliato…” cominciò Margherita.

“Sì, però devi ammettere che il suo comportamento è un po’ strano” la interruppe lo gnomo.

“Che vuoi dire?” chiese Viola.

“Insomma, non sembrava così dispiaciuto quando abbiamo sospettato di Geranio e ha accusato senza ripensamenti Giglio. Dovete ammettere che è una cosa un po’ strana dato che Geranio è suo amico! E sono sicuro che quello che abbiamo trovato contro Giglio sia stato messo lì apposta, e chi meglio dell'aiuto bibliotecario aveva accesso al suo ufficio?”

Margherita era sconvolta. Non sapeva più cosa pensare, in fondo lei e Narciso si erano sempre odiati…

“Credimi Margherita” disse improvvisamente Narciso, come se le avesse letto nel pensiero, “Non ti mentirei su una cosa del genere. Ci ho pensato e ripensato: l'unico che poteva trovarsi fuori dall'Albero a quell'ora era Gelsomino. Era buio, è vero, ma lui era il solo ad avere accesso alla tua bustina e sono sicuro di averla vista, quella sera”

Lei alzò lo sguardo su di lui e i suoi dubbi svanirono: Narciso non le era mai parso così sincero.

“Ti credo” disse con voce ferma e sicura. Tentò anche di sorridere.

“Ora come ci comportiamo?” chiese Viola, cercando di digerire la notizia.

“Ho lasciato un messaggio a Geranio, gli ho detto che domani lui dovrà trovare qualche scusa per allontanarsi da Gelsomino insieme a Rosa e Beniamino dopo colazione, poi decideremo il da farsi”

Margherita respirò a fondo. “Ma perché dovrebbe aver fatto una cosa del genere?”

“Io non ne ho idea, ma so quel che ho visto... Fino a oggi ho pensato di aver sbagliato, ma quando Viola ha accennato alla bustina ho capito che chiunque io abbia visto lì sotto voleva incendiare la biblioteca. È vero, non l'ho visto in faccia, ma quando Gelsomino è partito sono sicuro che avesse con sé la tua bustina, se la stava mettendo in tasca mentre usciva di camera... Non credo che si sia accorto che c'ero anch'io nel corridoio, ma oggi non mi ha perso d'occhio un istante: temo che cominci a sospettare qualcosa”

“E allora hai preferito svegliarmi nel bel mezzo della notte facendomi prendere un colpo” concluse per lui Margherita

Narciso sorrise e disse: “Forse è meglio tornare a letto prima che qualcuno ci scopra, non credo che apprezzerebbero la mia presenza qui”

“Già, forse è meglio, anche se non credo di riuscire a riaddormentarmi. E pensare che stavo sognando di affogare il professore di Latino” disse Viola.

Narciso uscì dalla stanza e le altre si distesero sul letto. Nonostante quello che aveva detto, Viola si addormentò dopo non molto, mentre Margherita rimase per molto tempo a guardare il soffitto, ancora scioccata da quello che aveva sentito. I pensieri turbinavano nella sua testa come un fiume in piena: Gelsomino un piromane, Gelsomino un traditore che l'aveva fatta esiliare...

“No no no” mormorò, rannicchiandosi nel letto. Alcune lacrime le bagnarono il cuscino. Era sicura che Narciso non avesse mentito, ma Gelsomino era Gelsomino, lo gnomo per cui aveva una cotta da tutta una vita, lo gnomo sempre pronto a difenderla dallo stesso Narciso... Perché allora preferiva fidarsi di quest'ultimo? Perché lo riteneva così affidabile? Il mondo stava impazzendo? Eppure, Narciso aveva ragione: Gelsomino si comportava in modo strano, la velocità con cui si era lascito convincere a perquisire l'ufficio di Giglio, per esempio, o come ne aveva sospettato in fretta...

Non aveva battuto ciglio quando avevano accusato Geranio.

Ma come aveva fatto a non notare tutto quello?



La mattina dopo, in una specie di sgabuzzino vuoto, Margherita stava appoggiata alla parete; ancora sconvolta, adesso era anche preoccupata: i suoi amici non si facevano vivi. Viola tentava senza troppa convinzione di tranquillizzarla, ma anche lei era nervosa. Narciso entrò poco dopo nella stanza e si avvicino con espressione preoccupata.

“Niente! Non li ho trovati da nessuna parte” disse.

“Pensi che sia successo qualcosa?” chiese Viola.

“Temo di sì, quindi tenetevi lontane da Gelsomino. È probabile che stia cercando di metterci fuori combattimento prima che possiamo arrivare alla verità” disse Narciso. Vide che Margherita era pallidissima, quindi continuò: “Riusciremo a denunciarlo, te lo prometto. Lui probabilmente non sa che noi sappiamo, quindi se giochiamo bene le nostre carte possiamo farcela”.

“Cosa proponi di fare?” chiese Margherita.

Narciso, parlando a bassa voce, espose il suo piano. Quando ebbe finito, Margherita e Viola si guardarono.

“E se non funzionasse?” chiese la gnoma. Sembrava terrorizzata.

“Preferisci tornare dagli umani senza lottare? È questo che vuoi?” esclamò Narciso, “So che hai paura, tutti al tuo posto ne avrebbero, ma non possiamo mollare tutto adesso! Pensa a Geranio, Beniamino e Rosa: qualunque cosa sia successa, loro lo hanno fatto per te”.

Al pensiero dei suoi amici, Margherita si sentì tornare un po’ di coraggio.

“Va bene, facciamolo!” disse e Viola annuì, convinta.

“È questa la Margherita che conosco” commentò Narciso e raggiunse la porta per uscire, ma Margherita lo richiamò.

“Cosa c’è?” chiese.

“Ti volevo ringraziare per quello che stai facendo per me” disse Margherita. Lo gnomo sorrise e uscì.

“Dai, sbrigati, dobbiamo andare” disse Margherita all’amica.

Uscirono in fretta dalla stanza e percorsero quel labirinto di corridoi e scale, tese come corde di violino.

“Ciao, Margherita. Vi stavo cercando, perché non eravate a colazione?” chiese all’improvviso una voce dietro di loro. Si voltarono di scatto: davanti a loro stava Gelsomino con una strana espressione in volto, una specie di euforia repressa. Le due ragazze si guardarono attorno, ma non c’era nessun altro nel corridoio.

“Ciao, Gelsomino. Ecco, noi non avevamo molta fame, hai visto gli altri, in giro?” chiese Margherita, nel misero tentativo di perdere un po’ di tempo.

“Sì, ci siamo dati appuntamento nella mia stanza tra un po'” affermò lui, “Vi andrebbe una tazza di infuso, nel frattempo?”

Le sue intenzioni erano fin troppo ovvie.

“Beh, vedi… Non ce la sentiamo, siamo un po' nervose” disse Viola impaurita, mentre Gelsomino si avvicinava.

“Perché sei spaventata?” chiese lo gnomo con aria innocente, “Una tazza di infuso non ha mai fatto male a nessuno, anzi vi aiuterebbe a calmarvi un po'. Venite con me”

Le due si guardarono, poi si voltarono e fuggirono. Gelsomino rimase un attimo fermo, prima di mettersi a correre gridando: “Dove credete di andare?!”

Viola correva dietro a Margherita con il cuore in gola. Non aveva mai corso così velocemente e la paura le metteva le ali ai piedi. Quando arrivarono ad un bivio, per un istante fu presa dal panico ma Margherita conosceva bene l’Albero e si fiondò nella strada a sinistra. Corsero e corsero finché non entrarono in una grande stanza quadrata. Cercarono disperatamente un’altra uscita, ma non la trovarono.

“È un vicolo cieco!” esclamò Margherita. Si voltò per correre fuori, ma Gelsomino stava già entrando, chiudendo dietro di sé la porta, lievemente ansante.

“Mi spiegate che vi salta in mente? Perché siete corse nel teatro?” chiese, aggrottando le sopracciglia.

“Gelsomino, sappiamo che sei stato tu” disse Margherita, senza fiato.

“Ah, lo sapete?” chiese lo gnomo tranquillamente, “Fa lo stesso, non ha più importanza ormai. Temo di non poterti più aiutare, non sono così masochista da voler essere esiliato al posto tuo dopo essere riuscito a far ricadere la colpa su di te”

“Quindi l’ hai messa tu la collanina di Margherita in biblioteca?” ringhiò Viola.

“Sì, sono stato io. Temevo che potessero accusarmi, anche se alibi del viaggio in cerca di semi rari era piuttosto credibile. Ho impiegato molto tempo per architettare il mio piano, e dovete ammettere che è abbastanza geniale!”

“E come hai fatto a ritornare con i semi?” chiese Margherita, “Mi ricordo che li hai dati tutti ai nostri cuochi”

“Oh, è stato facile! Un giorno ho finto di star male e sono andato a cercare quei semi, in modo da avere la prova di aver eseguito gli ordini” raccontò lui.

“E così, dandoli ai cuochi, nessuno avrebbe sospettato che eri sempre stato nei dintorni ad aspettare il momento buono per agire” concluse Viola.

“Esatto. Non è stato facile, ho dovuto aspettare molto, ma alla fine, dopo un giorno la guardia di turno si è addormentata e io sono entrato. Sono rimasto a spiarti, Margherita, e, non appena ho saputo che tu stavi andando alla biblioteca, ho messo la tua collanina per terra e ho dato fuoco. Poi sono corso via mentre tu arrivavi, in modo che rincorrendomi sembrasse che stessi fuggendo. Ho usato la polvere da sparo che ho trovato alla casa del cacciatore, ho sottratto le chiavi che custodiva tuo padre e le ho rimesse a posto prima che tu partissi, in modo che te le potesse dare per l'esilio” spiegò Gelsomino. I suoi occhi brillavano di eccitazione mentre raccontava e Margherita ne fu spaventata.

“Gelsomino, ma perché lo hai fatto?” chiese Margherita, “Dar fuoco alla biblioteca… Perché?”

Gelsomino s’incupì. “Perché?!” ripeté con gli occhi che mandavano lampi, “Mi chiedi perché?! È a causa di Giglio che l’ ho fatto! È da quando sono nato che continua a tormentarmi, mi sfrutta come uno schiavo e mi minaccia. Credi veramente che quei lavoretti che faccio per la biblioteca io li faccia per hobby? No, è lui che mi costringe. Inoltre è stato lui a mandarmi a raccogliere semi”.

“Senti, lui ha un caratteraccio, ma invece di incendiare la biblioteca, potevi andare a parlarne con qualcuno. Io e gli altri ti avremmo aiutato...” cominciò Margherita.

“Credi che non abbia provato a chiedere aiuto?” la interruppe Gelsomino, “Ho chiesto aiuto ai miei genitori, ma Giglio ha negato tutto quello che ho detto e lo avrebbe fatto anche di fronte a Pino. Nessuno mi avrebbe creduto, era la mia parola contro la sua”

Io ti avrei creduto”disse sommessamente Margherita.

“Ormai non ha più importanza” disse lo gnomo, “Mi dispiace, non posso lasciarti andare”. Si avvicinò a loro.

“Cosa hai fatto ai nostri amici?” chiese Viola.

“Li ho chiusi in un magazzino in disuso. Non stanno male”

“Come hai intenzione di farla franca? Non puoi tenerli rinchiusi per sempre”

“Noi gnomi siamo ottimi conoscitori di erbe: farò il nettare dell’oblio, basterà per far loro dimenticare di questo spiacevole avvenimento” spiegò.

“Sei pazzo?!” scattò Margherita, “Se esageri con la dose rischi di provocargli danni permanenti! Hai intenzione di farla bere anche a noi?”

“Solo a Viola. Nessuno crederà ad una esiliata e comunque non hai prove per accusarmi. Per quanto riguarda la pozione, sai bene che io sono uno dei migliori a preparare pozioni, non mi sbaglierò. Non avranno chiari ricordi di questi ultimi giorni”

“Dimentichi Narciso” disse Viola, cercando di dissimulare la paura, “Potrebbe aver già detto a tutti la verità”

“Già, ma questo non è un problema: è la sua parola contro la mia e neanche lui ha prove. E poi tutti sanno che mi odia…”

Gelsomino si interruppe, mentre la parete alla sua sinistra, che fungeva da sipario, scricchiolava: sotto sguardo stupito dello gnomo, essa cominciò ad alzarsi. Viola e Margherita, invece, non ne furono affatto sorprese.

“Non posso credere che tu sia cascato nel trucco più banale del mondo! Il classico monologo da cattivo, ma dai!” esclamò Viola, scocciata, ma lui non la ascoltava nemmeno.

Il sipario finì di sollevarsi rivelando una platea gremita di gente e Narciso intento ad assicurare le funi che avevano aperto la parete, assieme a Camelia, poi lo gnomo si diresse verso di loro, seguito da un drappello di suoi simili. Gelsomino era pallidissimo, il viso contratto dalla rabbia e dalla paura e guardava le altre persone che stavano salendo sul palco.

“Va tutto bene?” chiese Narciso a Margherita che sembrava disperata mentre guardava il suo ex amico.

“Credo di sì” rispose la gnoma, fissando Gelsomino circondato dagli gnomi che stavano per portarlo via. Improvvisamente chiese: “Gelsomino, perché hai voluto incastrare me?”

“Non avrei voluto farlo, ma era più facile incastrare te piuttosto che qualcun altro, sei una delle persone a me più vicine.” rispose lo gnomo. “E non guardarmi così! Se fossi stata nelle mie condizioni anche tu saresti arrivata a questo...”

Margherita non riusciva a capacitarsi che quello fosse veramente Gelsomino.

“Il Gelsomino che conoscevo io non avrebbe mai fatto!” mormorò, ferita. “Io ti volevo bene, non ti avrei mai condannato all'esilio per evitarlo. Non credevo che potessi essere così egoista”

Gelsomino la guardò stupito e lei gli voltò le spalle dirigendosi verso l’uscita.

Viola e Narciso la seguirono, ma prima che i tre uscissero qualcuno afferrò Margherita e la fece voltare.

“Margherita” sussurrò sua madre abbracciandola. Tutti i parenti e amici le si affollarono intorno, facendole domande, salutandola.

“Prima di tutto dobbiamo trovare Beniamino, Rosa e Geranio” li fermò preoccupata Margherita.

I tre gnomi furono ritrovati chiusi in un vecchio magazzino, spaventati ma incolumi. Abbracciarono subito Margherita, complimentandosi con lei, Viola e Narciso per la riuscita del piano.

Mentre altri gnomi giungevano per scusarsi con lei, le si avvicinò uno gnomo che Margherita riconobbe come il responsabile dell’albero.

“Pino!” esclamò Margherita, abbracciandolo.

“Bentornata Margherita” disse lo gnomo, “Tutti ti dobbiamo delle scuse per averti creduto colpevole e spero che tu le potrai accettare. So che è difficile, hai passato molti mesi lontana dalla tua casa in esilio. Sappi comunque che sono sinceramente dispiaciuto per l’accaduto, che spero non si ripeta mai più”

“Non si preoccupi, ormai è tutto finito e voi siete stati ingannati esattamente quanto me. Portare rancore a tutti voi sarebbe inutile, credo...” lo rassicurò la gnoma.

“Sono felice che tu la pensi così...” disse lo gnomo, “Ho già dato disposizione affinché Gelsomino sia esiliato. Oggi pomeriggio ci sarà un piccolo processo, quindi chiedo a te e ai tuoi amici di testimoniare. So che era tuo amico, quindi se non te la senti…”

“No, verrò” disse lei dopo un attimo di esitazione.

Dopo mangiato, Margherita (che fino a quel momento era stata presa in ostaggio da tutti i suoi conoscenti, anche se lei avrebbe preferito rimanere da sola), Viola, Narciso, Rosa, Beniamino e Geranio andarono nella Sala Tribunale; per tutti loro fu difficile, ma sapevano di doverlo fare.

Com’era ovvio, Gelsomino fu esiliato.

Alla fine del processo, a cui quasi tutto l’Albero aveva assistito, mentre la madre di Gelsomino si struggeva dal dolore abbracciata al suo compagno, i sei testimoni cercarono di allontanarsi senza essere visti, ma di nuovo Margherita fu braccata dai suoi parenti che sembravano intenzionati a farsi raccontare tutto ciò che le era capitato in quei mesi.

Guardarono da una finestrella Gelsomino lasciare per sempre l’Albero: gli era stato concesso di rimanere un paio di giorni per prepararsi con calma, ma lui aveva preferito andarsene subito, senza salutare nessuno.

“Non avrei mai pensato che Gelsomino potesse fare una cosa del genere” commentò Geranio quando finalmente Margherita fu riuscita a liberarsi dei suoi parenti che stavano organizzando con i cuochi un banchetto per quella sera.

“Nemmeno io” disse Rosa.

“E lo dite a me?” mormorò Margherita, disperata. Gli altri la guardarono preoccupati.

“Dai, Margherita! Su col morale!” esclamò Narciso, “Almeno adesso sei libera di tornare all’albero senza doverti travestire. Non dovrai tornare dagli Umani”.

“Il problema è che lei deve ritornare per almeno un paio di giorni” disse Viola.

“E perché?” chiese Margherita.

“Perché agli altri abbiamo detto che venivi con me e mia nonna in una piccola vacanza. Se non ti vedono tornare, sospetteranno che io c’entri qualcosa: mi riempiranno di domande” spiegò.

“È vero!” esclamò la gnoma, “Quindi dovrò tornare all’Albero tra un paio di giorni, ma non preoccupatevi” disse rivolta ai suoi amici che non sembravano approvare, “Non starò via molto, si tratta al massimo di una settimana. Vedrete che in men che non si dica sarò di nuovo qui!”

“Non sono felice all’idea che tu parta di nuovo, ma se proprio devi, vai” disse Geranio e gli altri annuirono.

Margherita sorrise, poi voltò e vide che Giglio,più scorbutico che mai, si chiudeva nel suo ufficio. Non si aspettava delle scuse o un ringraziamento per aver trovato il colpevole, non da uno come lui, ma si dispiaceva del fatto che non avesse imparato la lezione...

“Capirà mai, secondo voi?” chiese Rosa, seguendo il suo sguardo.

“Non so, forse è troppo vecchio per cambiare” rispose Geranio. “Se solo fosse stato più accogliente con le persone che aveva attorno ora non sarebbe così solo e avrebbe ancora la sua biblioteca”

“Ma Gelsomino aveva la possibilità di scegliere” replicò Margherita. “Non è colpa di Giglio se ha deciso di rovinarsi la vita: poteva fidarsi di noi, confidarci di ciò che stava accadendo, invece ha preferito fare a modo suo”

“E visto che ha deciso di partire subito ha rinunciato a testimoniare contro Giglio per le sue angherie. È stata una scelta stupida: ora Giglio non sarà nemmeno processato, così lo lascia impunito” continuò Geranio.

“Forse ha deciso che distruggere la sua biblioteca fosse abbastanza...” disse Narciso, sollevando le spalle. “Ormai non ha importanza, se lui è stupido non è colpa nostra. E non fare quella faccia, Margherita! Era stupido ben prima di fare questo casino, lo è ora a maggior ragione”

“Hai il tatto di un elefante” sbuffò Viola, mentre Margherita, abbattuta, tornava a fissare la finestra.

Narciso diede una pacca sulla spalla a Margherita. “Ti passerà” le disse. “So che ti piaceva, ma ci sono gnomi più intelligenti di cui innamorarti. La prossima volta, però, scegline uno che non ti accusi delle sue malefatte, che ne dici?”

“Ma la smetti?” protestò Rosa.

“Credo proprio che la tregua sia rotta, eh?” osservò Geranio, guardandolo storto.

“Temo di sì” annuì Narciso. “Beh, è stato un piacere, ma ora possiamo tornare ad odiarci”

Margherita gli sorrise. “E va bene...” disse, con aria furbetta. “Ma io ho delle informazioni riservate”

“Hai il diritto di usarle come e quando vuoi, ma ricordati che io potrò essere molto cattivo se lo farai” la avvertì, poi guardò la posizione del sole. “Ora andiamo, il banchetto starà per cominciare”

“Neanche i miei parenti saranno contenti che io me ne vada di nuovo” sospirò Margherita.

Quando entrarono nella Sala Mensa furono ricoperti di applausi, anche se nessuno di loro era in vena di festeggiare; Margherita notò che i genitori di Gelsomino non erano scesi e se li immaginò a piangere tutte le loro lacrime per il figlio perduto, come avevano fatto Tulipano e Ninfea qualche mese prima. Scacciò quel pensiero e si accorse che anche Giglio era assente. Chissà, forse anche lui stava meditando sui suoi sbagli...



Continua...





Ed eccoci qua! Che ve ne pare? Ora sistemerò l'epilogo e questa storia potrà considerarsi conclusa! Spero che vi sia piaciuta...

Per Poeticdream: in effetti era il meno sospettabile, povera Margherita! Anch'io tendo sempre a sospettare degli insospettabili...

Al più presto pubblicherò l'epilogo.

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


Esiliata

Dal capitolo precedente: Quando entrarono nella Sala Mensa furono ricoperti di applausi, anche se nessuno di loro era in vena di festeggiare; Margherita notò che i genitori di Gelsomino non erano scesi e se li immaginò a piangere tutte le loro lacrime per il figlio perduto, come avevano fatto Tulipano e Ninfea qualche mese prima. Scacciò quel pensiero e si accorse che anche Giglio era assente. Chissà, forse anche lui stava meditando sui suoi sbagli...





Epilogo



Margherita annunciò a tutti che la sera stessa sarebbe partita e con l’aiuto dei suoi amici ne spiegò il motivo.

“Come vedete, è indispensabile” disse sopra al brusio incerto che si era creato alla sua notizia, “Non voglio che Viola si metta nei guai a causa mia”. Seppur riluttanti, gli altri dovettero ammettere che aveva ragione.

Molti durante la festa andarono a parlarle, spesso chiedendo che raccontasse cosa era successo nel mondo degli uomini e come erano riusciti a trovare il colpevole, e tutti ascoltavano il racconto a bocca aperta. Non appena ebbe finito di raccontare le sue avventure ad un gruppetto di bambini, approfittò di un momento in cui nessuno le prestava attenzione per sgattaiolare fuori e, una volta nel corridoio, si sentì meglio: non era abituata a tante attenzioni. Si affacciò ad una finestrella per guardare il sole che tramontava e si accorse di non essere l’unica a non essere più al banchetto: Narciso era seduto su un ramo, solo soletto. Margherita decise di andare da lui: aveva alcune cose da chiedergli.

“Narciso, come mai qui tutto solo?” chiese uscendo dall’Albero sul suo ramo.

“E tu che ci fai qui, invece?” chiese Narciso girandosi e sorridendole, “Dovresti essere la festeggiata”

“Sì, ma non fa per me essere al centro dell’attenzione” rispose, sedendosi vicino a lui. Rimasero un po’ in silenzio. Infine Margherita si decise a chiedere quello che più le premeva.

“Narciso, perché hai deciso di aiutarmi? Avresti potuto metterti nei guai, se ti avessero scoperto”

“Lo so” disse lui, “però, non me la sentivo di lasciarti fare tutto da sola. Sapevo che tu e Viola avevate bisogno di una mano, quindi ho deciso di aiutarti. E poi” continuò con un sorrisetto malizioso, “qui è diverso senza di te”.

Margherita rise, ma subito dopo tornò seria. “Senti, a questo proposito...”

“Non cominciare a farci dei castelli sopra, per favore!” esclamò Narciso, sghignazzando. “Davvero, non sono follemente innamorato di te come sostiene Rosa, solo... sei la mia nemica, no? Devo avere qualcuno con cui litigare ogni due giorni, o da prendere in giro...”

“Tra gli umani si chiama nemesi” disse Margherita, alquanto sollevata.

“Beh, devo ammetterlo: la mia nemesi mi è mancata” disse allora Narciso, voltandosi a sorriderle. “Ho provato a trovarne un'altra, ma la ricerca si è rivelata infruttuosa, quindi guai a te se sparisci di nuovo”

“Che dire? Sono insostituibile” scherzò Margherita. “Io ti devo ringraziare. Se non fosse stato per te non avremmo mai neanche sospettato di Gelsomino” disse poi seria. “So che avevamo detto di ‘ridurre al minimo il contatto fisico’, però…” non terminò la frase e lo abbracciò. Questa volta Narciso non si oppose.

Quando lei si staccò, Narciso parlò: “Anch’io ho una cosa da chiederti. Perché non hai mai sospettato di me? Ne avresti avuto tutte le ragioni, io e te non ci siamo mai stati simpatici”

Margherita lo guardò stupita. “Non lo so. Non mi ha proprio sfiorato l’idea che tu potessi farlo. Anche se non mi sei mai piaciuto, non ho mai pensato che potessi essere un piromane. Non so spiegarti il motivo, semplicemente era impossibile che tu arrivassi a tanto solo per qualche scaramuccia” disse dopo poco.

“Ehm ehm...”

I due sussultarono e si voltarono in sincronia: Camelia li guardava dall'apertura del tronco, ma con sollievo di Margherita sorrideva.

“Allora? Devo cominciare a essere gelosa?” chiese la gnoma.

Narciso rise. “Non preoccuparti. Discorsi tra nemesi”

Camelia si accigliò. “Nemeche?”

“Poi ti spiego...” sospirò Narciso.

“Comunque... Viola ti sta cercando, ha detto che dovete prepararvi a partire” disse lei a Margherita.

La gnoma si voltò verso l'orizzonte e vide che il sole era quasi tramontato del tutto.“È tardi. Viola ha ragione, sarà meglio se ci sbrighiamo”

Insieme tornarono nella Sala Mensa. Margherita e Viola si congedarono dagli gnomi. Prima di partire, Pino si avvicinò a loro.

“Viola, per i servigi resi all’Albero, se vorrai, potrai tornare a farci visita. Dovrai però promettere di non rivelare a nessun altro dei tuoi simili l’esistenza del tunnel o la nostra” disse.

“Non si preoccupi, so mantenere i segreti” lo rassicurò Viola.

“Prendete queste due lanterne, si sta facendo buio” disse Tulipano a sua figlia, “E, Margherita, stai attenta”

“Lo farò” disse la gnoma.

Si avviarono verso il tunnel, lo attraversarono e si ritrovarono nuovamente nel mondo degli Umani.

“La natura di questa galleria è oscura anche a noi gnomi” sussurrò Margherita voltandosi a guardare il passaggio.

“Gnomi, tunnel magici... chissà quanti segreti esistono a questo mondo! Ma è come se le nostre esistenze convivessero a poca distanza le une dalle altre senza interferire tra loro, nascoste. Forse è un bene: non ho idea di cosa farebbe il genere umano per impadronirsene” osservò mestamente Viola. “È triste sapere che per la nostra arroganza rinunciamo a tutte queste belle cose: nessun essere si manifesterà a noi finché continueremo a distruggere questo mondo” Ripensò all'iniziale paura di Narciso nei suoi confronti e improvvisamente capì la sua reazione.

Margherita le sorrise dolcemente. “Ma tu non sei così” replicò.

“Forse no...” mormorò Viola, e insieme si allontanarono.



“Mi dispiacerà non frequentare più con te le lezioni” disse Viola durante il tragitto.

“E a me mancheranno i nostri compagni, o almeno alcuni” rispose Margherita. Quando finalmente arrivarono alla città, Viola si girò verso la gnoma.

“Ti andrebbe di dormire a casa mia?” chiese, “Domani mattina abbiamo scuola, ma possiamo svegliarci prima per passare a casa tua a prendere la tua cartella”

“Va bene” disse l’altra con un sorriso, “Mi sembrano secoli che non vengo in questa città e invece sono passati solo tre giorni. Sono capitate così tante cose…” sospirò. Quella notte dormì come un sasso tanto che non sentì la sveglia e se Viola non l’avesse chiamata non si sarebbe svegliata per molto tempo ancora. Fecero di corsa tutta la strada e riuscirono per un pelo ad arrivare al suono della campanella.



Margherita stette tra gli Umani per tre giorni. Lei e Viola non parlarono più del ritorno di Margherita all’Albero, non volevano pensarci e soprattutto non potevano farlo a scuola.

La gnoma continuava a pensare che non avrebbe più visto i compagni con cui, in quei mesi, aveva fatto amicizia e spesso si distrasse durante le lezioni. Sapeva che Sofia le sarebbe mancata moltissimo e più volte le venne la tentazione di raccontarle del suo Albero, di chi era veramente, ma non poteva: meno persone sapevano dell’esistenza degli gnomi, meglio era. E comunque il suo più grande desiderio era tornare tra i suoi simili e, anche se questo significava non rivedere più i suoi compagni, doveva andarsene.

Sofia le parlava senza sapere che presto non l'avrebbe più rivista, faceva progetti per un fine settimana nella sue casa in montagna, piccola vacanza a cui non avrebbe mai partecipato e in quei momenti Margherita doveva nascondere qualche lacrima con la classica scusa di un granello di polvere nell'occhio. Sì, decisamente Sofia le sarebbe mancata...



Poi, nel pomeriggio del terzo giorno, lei e Viola si ritrovarono come sempre dopo mangiato, ma, invece di fare i compiti, uscirono dalla città, diretti al tunnel.

Rimasero in silenzio per gran parte del tempo e quando scesero dall'autobus

“Come mai sei arrivata in ritardo?” chiese dopo qualche minuto di silenzio.

“Dovevo finire una cosa” rispose Margherita.

“Che cosa” chiese Viola incuriosita.

“Lo scoprirai un giorno di questi” disse Margherita.

In quel mentre erano arrivate a destinazione, ma prima di lasciarsi Margherita le si rivolse con gli occhi lucidi.

“Ricordati di venirmi a trovare qualche volta”

“Certo che verrò” rispose Viola, che come l'amica rischiava di lasciarsi andare alla commozione.

Si abbracciarono a lungo, ripromettendosi di non dimenticarsi mai l'una dell'altra.

“Forse ti sembrerà una domanda stupida, ma... c’è un modo di riconoscere un albero abitato da gnomi?” chiese poi Viola. Quella domanda le premeva da parecchi giorni.

“Sì, certo” rispose l’altra sorridendo, “Le lucciole”

“Lucciole?!”

“Sì, le lucciole indicano posti in cui sono presenti gli gnomi. Gnomi e lucciole sono sempre vissuti insieme. Quando vedi delle lucciole, se aguzzi ben bene lo sguardo potrai scorgere uno di noi o comunque delle tracce del suo passaggio. Non sarà facile: noi gnomi siamo bravi a nasconderci!”

Si abbracciarono di nuovo e si salutarono, dopo di che Margherita entrò nella galleria; Viola rimase a guardarla finché non fu sparita e allora le lacrime cominciarono a scorrerle a fiumi sul volto.



Il giorno dopo fu scoperta la fuga di Margherita. per quanto la polizia cercasse, nessuno riuscì a trovare né lei né qualche indizio che facesse capire che fine avesse fatto.

Gli amici di Margherita furono interrogati e fu così che viola, uscita da quella specie di interrogatorio, si trovò di fronte una donna bruna, alta. Nonostante non l'avesse mai conosciuta, capì all'istante chi era.

La donna parve accorgersi di essere osservata e prima di entrare nella stanza da cui la ragazza era uscita ricambiò il suo sguardo e le sorrise.

Viola aveva il cuore che batteva forte e decise di aspettarla fuori dall'edificio; parecchio tempo dopo, la donna non parve stupita di trovarla seduta sui gradini.

“Lei è Angela Capace, vero?” chiese subito Viola, con emozione.

La donna le rivolse un sorriso. “E tu sei Viola” intuì. Accennò al bar all'angolo. “Vieni, prendiamoci un caffé”

“Forse ci vorrebbe più una camomilla...” bofonchiò Viola quand'ebbero ordinato, poi si rivolse alla signora di fronte a lei. “Non pensavo di incontrarla”

“Sai, ero dubbiosa quando Margherita mi ha detto che ti aveva rivelato la sua vera natura” disse Angela.

“Non svelerò il segreto” la rassicurò lei.

“Oh, questo lo so... la nostra piccola amica mi ha riempito la testa con tutte le belle cose che pensa di te...”

Viola sorrise. “Come se la caverà con la polizia?” chiese.

“Oh, credo di aver appena fatto un'esibizione da oscar” replicò Angela. “Avevo pianificato tutto da mesi, da quando lei mi ha raccontato della sua situazione: speravo che potesse tornare indietro”

“Alla fine ce l'ha fatta”

“Ed è anche grazie a te... mi ha raccontato tutto lunedì”

“Io faccio il possibile per i miei amici” spiegò Viola, poi sospirò. “Penso che mi mancherà”

“Ma vi rivedrete?”

“Sì, ma non sarà così facile: dovrò sparire da casa per almeno una giornata e fare in modo che i miei non si preoccupino. Ma, come ti ho già detto, farò il possibile e l'impossibile” disse, combattiva come sempre. “Non sarà come vederci tutti i giorni, ma è meglio che mai. Mi inventerò qualcosa”

“Nel caso ti servisse una mano...” disse Angela, allusiva.

“Grazie” sussurrò Viola. “Per tutto quanto”

“Io sono in debito con loro” replicò Angela. “È il minimo...”

Continuarono a parlare per molto tempo e, mentre la donna la riportava a casa in macchina, Viola raccontò gli usi e costumi della popolazione che le aveva salvato la vita quando era bambina. Angela sorrideva e, anche se non lo disse, sembrava tentata di andare a visitare quel mondo che da piccola l'aveva appena sfiorata, cambiandone in modo indelebile la vita.



Tre giorni dopo la scomparsa di Margherita, la bidella entrò nella classe II D portando una lettera.

“Hanno trovato questa lettera. È indirizzata alla classe” spiegò alla domanda inespressa della professoressa Parvi.

“Grazie per avercela portata. Ora i ragazzi stanno facendo un saggio, ma la leggeranno appena avranno finito” disse l’insegnante.

I ragazzi erano così curiosi che finirono il saggio prima delle due ore a loro date e subito Sofia fu incaricata di leggere la lettera.

Era una lettera d’addio di Margherita e Viola capì che era per fare questo che era arrivata tardi all’appuntamento. La lettera era bellissima e tutti – persino Paolo che si dava sempre aria da duro – ne furono commossi. Sofia alla fine quasi non riusciva a leggere, perché singhiozzava. La lettera rassicurava che Margherita stava bene e che era tornata nella sua vera casa; diceva inoltre che i ragazzi le sarebbero mancati molto, che non si sarebbe mai e poi mai dimenticata di loro. Li ringraziava per averla accolta nella loro classe, ma era tempo che lei tornasse dalla propria famiglia.

Come era naturale la lettera era stata analizzata dalla polizia prima che loro potessero leggerla. I ragazzi della II D furono interrogati ancora, più volte, ma ancora nessuno capiva dove fosse finita Margherita o a cosa si riferisse la lettera.

Intanto i genitori di Viola erano tornati e furono sorpresi dal trovare una situazione del genere. Viola nemmeno a loro disse la verità: aveva promesso di non raccontare a nessuno dell’esistenza degli gnomi e quindi neanche ai genitori, anche se le dispiaceva.

Cominciò a frequentare assiduamente Sofia e i suoi amici e, dopo circa una settimana, con sua somma gioia Simone si fermò a parlare con lei dopo la scuola.

Quando il ragazzo trovò il coraggio di invitarla al cinema per quel mercoledì sera, Viola tornò a casa più felice che mai.

La sera stessa andò da Sofia a mangiare; poco lontano c’era un boschetto e Gabriele, un loro amico, fece notare a tutti gli altri che lì intorno era pieno di lucciole.

“Probabilmente ci saranno degli gnomi qui intorno” commentò a mezza voce Viola, senza pensarci.

“Come?” chiesero gli altri stupiti.

“Oh, niente!” disse lei per rimediare, “Mia nonna una volta mi ha raccontato un leggenda: secondo alcuni, dove ci sono le lucciole puoi incontrare uno gnomo”

Ma aguzzando bene la vista era quasi sicura di aver visto una piccola creatura alta non più di dieci centimetri che si arrampicava velocemente su un albero lì vicino…



Fine.









Finalmente mi sono decisa a pubblicare l'epilogo.

Mi scuso di nuovo per quanto vi ho fatto aspettare, ma in questo periodo non ce la facevo proprio. -.- Ragazzi, sono davvero fusa...

Allora? Vi è piaciuta la fine? Devo dire che sono piuttosto soddisfatta dell'ultima frase, ma il giudizio sta a voi.



Ringrazio tutti tutti tutti quelli che hanno seguito questa storia, sia che l'abbiano solo letta, che l'abbiano recensita o che l'abbiano messa tra le ricordate o seguite... che dire, son soddisfazioni!





@Emilissa15: Beh, è un piacere vedere che sono riuscita a 'traviarti'. Riuscire ad attirare qualcuno a cui non piace il genere o la tipologia di storia è comunque una bella impresa. Sono felice che tu abbia continuato. [Colgo l'occasione per ringraziarti per la recensione a Quando gli angeli sorridono: sono tematiche abbastanza forti, lo so, io piangevo mentre scrivevo...]

@Poeticdream: Ecco a te il capitolo conclusivo. che ne pensi? cmq non ti preoccupare, ho parecchie idee in testa se vuoi continuare a seguire le mie storie.

@Hope52: Sono contenta che ti sia piaciuta! Mi hai seguito fino in fondo, eh? :-P Del resto la tua è stata la primissima recensione che ho ricevuto, sai?



Allora, ragassuole, io vi saluto qui! Ma spero di ritrovarvi a commentare e segure altre mie storie. E chissà che un giorno non deciderò di fare il seguito di Esiliata? Sapete, è già da un po' che ho in mente qualche ideuzza per proseguire la storia di Viola e Margherita. Voi che ne pensate?

Alla prossima!

 

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