I prìncipi di Xion92 (/viewuser.php?uid=62424)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** è nata una principessa ***
Capitolo 2: *** Vita a corte ***
Capitolo 3: *** La promessa ***
Capitolo 4: *** Scomparsa! ***
Capitolo 5: *** L'amore è nell'aria ***
Capitolo 6: *** La vita cambia ***
Capitolo 7: *** Ritorno al regno ***
Capitolo 8: *** Essere principi ***
Capitolo 9: *** L'allenamento ***
Capitolo 10: *** Un lieto evento in arrivo ... ***
Capitolo 11: *** Il cavaliere ***
Capitolo 12: *** Le origini ***
Capitolo 13: *** il nuovo principe ***
Capitolo 14: *** Mamma! ***
Capitolo 15: *** Un amico-babysitter ***
Capitolo 16: *** La Fortezza Oscura ***
Capitolo 17: *** Un altro Keyblade Master ***
Capitolo 18: *** Allenamenti e lacrime ***
Capitolo 19: *** Sguardo di guerriero ***
Capitolo 20: *** Primi dubbi ***
Capitolo 21: *** Desiderio di Natale ***
Capitolo 22: *** L'incontro ***
Capitolo 23: *** Guarigione ***
Capitolo 24: *** Un prezioso alleato ***
Capitolo 25: *** Sollievo ***
Capitolo 26: *** Il potere di Kazi ***
Capitolo 27: *** La Luce dei Keyblade Master ***
Capitolo 28: *** Per sempre felici ***
Capitolo 29: *** Il principe Kazi (epilogo) ***
Capitolo 30: *** I Principi (dietro le quinte) ***
Capitolo 1 *** è nata una principessa ***
I PRINCIPI
Premessa: questa è la mia prima fanfic, ci ho
messo un anno
intero per inventare la storia, ma non so giudicare se sia un buon
lavoro o no.
Kairi è il mio personaggio preferito, quindi la
storia è incentrata su di lei; e su un altro personaggio,
che ovviamente non svelo. Spero quindi che Kairi vi piaccia,
sennò è difficile che gradirete la storia.
Beh, non ho altro da dire, quindi buona lettura!
è
nata una principessa
Era una tranquilla e limpida notte al Radiant Garden. Anche
le persone
dormivano serene nelle loro case, solo una vaga emozione serpeggiava
per il regno. Quella notte sarebbe nato il figlio di Ansem, il re del
Radiant Garden. Tutti erano in trepidante attesa, ma il re lo era
più di tutti.
Davanti ai portoni del castello, Ansem camminava avanti e indietro, con
le mani incrociate dietro la schiena, lo sguardo basso, pensieroso.
Indossava dei pregiati abiti regali, e sulla schiena aveva un lungo
mantello rosso con rifiniture d’oro. Accanto a lui, una
ragazzina di 13 anni, coi capelli blu e i vestiti da guerriera, lo
guardava preoccupata. Vedendo però che l’uomo era
più preoccupato di lei, cercò di rassicurarlo.
“Dai, papà, stai tranquillo, vedrai che
andrà tutto bene!”
“Fai presto a parlare, figliola, ma il bambino che
nascerà, se avrà i requisiti, sarà il
nuovo sovrano del regno! Come posso non essere nervoso?”
“Si, papà, forse hai ragione…”
Aqua era la prima figlia di Ansem. Era però orfana di madre,
perché la mamma, quando Aqua era ancora molto piccola, era
morta. Ansem, profondamente addolorato, aveva vissuto per molti anni da
solo con la figlia, ma un paio d’anni prima, si era reso
conto che stava invecchiando, e un erede non ce l’aveva
ancora.
Aqua non era qualificata per governare il regno, poiché la
legge del Radiant Garden diceva che solo chi ha il cuore puro
può governarlo. Appena nata la bambina, Ansem, forte dei
suoi studi sul cuore, l’aveva subito esaminata, ed era
rimasto deluso quando aveva scoperto che non aveva un cuore di pura
Luce. Ma ciononostante, le voleva bene lo stesso, e quando era morta la
moglie, l’aveva allevata col doppio delle cure di cui
necessitava.
Quanto a Aqua, a lei di non essere principessa non importava nulla,
perché le piaceva sentirsi libera e girare per altri mondi.
Se fosse stata principessa, non avrebbe potuto farlo, sarebbe anzi
dovuta restare sempre nel regno per governarlo, ed era quindi felice di
non esserlo. Aqua si era trovata, poco tempo prima, a essere in grado
di brandire il Keyblade, un arma leggendaria che pochi possono usare.
All’inizio suo padre non riusciva a crederci, ma poi aveva
capito il posto di sua figlia nel mondo, e le aveva permesso di
viaggiare e uscire dal Radiant Garden quando preferiva. Aqua non
viaggiava da sola, ma aveva conosciuto altri due ragazzini che, come
lei, erano in grado di usare quella strana spada. Uno era un ragazzo di
nome Terra, che ora aveva 16 anni. L’altro era un bambino di
11 anni, Ventus. Nonostante la giovane età, giravano per i
mondi tutti e tre insieme, cacciando e uccidendo Unversed, strani
esseri senz’anima, dalle incerte origini. Per un certo tempo
un altro Keyblade Master era stato con loro, un ragazzo grande di 25
anni, ma dopo i fatti avvenuti negli ultimi tempi, il ragazzo era
venuto a mancare.
Poco prima della morte del ragazzo, Ansem si era risposato con la
sorella della moglie morta, e ora la ragazza doveva partorire il primo
figlio.
Dopo altri lunghi, interminabili minuti, i due sentirono un forte
pianto provenire dal castello. Aqua si precipitò di sopra
salendo le scale quattro a quattro, il padre la seguì un
po’ affaticato, ma egualmente emozionato. Arrivati di sopra,
Ansem si fece avanti e chiese all’infermiera
com’era andata.
“Tutto bene, Maestà! È una
femmina!”
Il padre e la figlia sbirciarono nella stanza. La madre dormiva, ma tra
le braccia teneva una bambina. Il re la prese e controllò
per prima cosa che stesse bene. Si, aveva tutte le parti al posto
giusto, respirava bene, e ora dormiva tranquilla. Sembrava la copia
della madre, con quei capelli rossi. Ansem, facendo piano per non
svegliarla, la portò nel suo laboratorio, seguito a ruota da
Aqua, e cominciò a esaminarla. Dopo pochi minuti
gridò emozionato “Ha il cuore puro, ha il cuore
puro!” A quelle grida la bambina si svegliò, e
spaventata cominciò a urlare.
“Ma papà, smettila, non vedi che la fai
piangere?!”
Aqua gliela strappò dalle mani e la riportò di
corsa a sua zia, che poi era la madre della bambina. Ansem, tornato in
camera, annunciò soddisfatto alla moglie:
“Ecco cosa ti dico: questa bambina sarà
la mia erede! Un giorno tutto il regno sarà suo!”
“Come la chiamiamo, papà?”
“Ci ho pensato io: Kairi! Vi piace?”
Sia Aqua che la moglie furono d’accordo, e la ragazzina
promise che per un po’ sarebbe rimasta a casa, per stare con
la sorellina. Terra e Ven avrebbero aspettato.
Ansem, felice e appagato, guardò fuori dalle finestre il
sole che sorgeva e inondava di luce il regno: una nuova giornata, e una
nuova vita, stavano per iniziare.
Note mie:
avrete notato che ho lasciato alcuni personaggi in sospeso, come
l'amico di Aqua, Terra e Ven. Su di
lui ritornerò più avanti, come con la madre di
Kairi, che ho solo accennato. Ho notato solo ora che
il capitolo è un pò cortino. Ma è solo
il primo, con gli altri mi rifarò!
Inoltre, con la mia fanfic non farò ipotesi su chi sono
Terra e compagnia, gli Unbirths e tutto il resto. A questo
penserà Birth by Sleep. Spero che l'inizio vi abbia
incuriosito. Mi raccomando, commentate, ho
bisogno di critiche e consigli per migliorare!
Cercherò di aggiornare presto.
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Capitolo 2 *** Vita a corte ***
Avevo promesso che avrei
aggiornato presto, ed eccomi qui! Stasera ho pensato "Non
sarà il caso di aspettare un altro giorno, prima di
pubblicare il nuovo capitolo? ... Naaaah!"
Rispondo alle 2 anime sante che hanno commentato il mio primissimo
capitolo.
nueblackcrowfriend:
Graaaazie per i complimenti! Per la tua domanda, no, i giochi non li
descrivo, dato che a descriverli dal punto di vista di Kairi ci hanno
già pensato altre persone. Diciamo che io i giochi li salto
e vado oltre! In poche parole racconto di quando è piccola e
quando è grande... Ma la smetterò con sti
spoiler?!
Ottoperotto:
la tua recensione mi ha fatto ridere fino alle lacrime! E grazie per la
fiducia! In effetti si, il capitolo era corto, ma non avevo nient'altro
da metterci... Ma i prossimi li farò più lunghi!
Vita a
corte
Erano già passati quattro anni da
quella notte.
Al castello del Radiant Garden l’atmosfera era tranquilla.
Anzi, sarebbe stata tranquilla, se non ci fossero state due persone che
si rincorrevano, seguendo una scena che si ripeteva
suppergiù una ventina di volte al giorno.
“Kairi, torna subito qui, o finirai per farti male!”
“Non mi prendi, non mi prendi!”
“Se non torni qui, quando ti avrò presa vedrai le
busse che ti darò! Anche a costo di farmi punire da
papà! Giuro che te le suonerò!”
A minacciare era Aqua, una ragazza di 17 anni. A ricevere le minacce
era Kairi, una bambina che nonostante fosse piccolina, era
così agile che riusciva a sfuggire alla sorella. Le due
erano seguite a distanza da Terra e Ven, che invece di aiutare
l’amica, facevano il tifo per Kairi e ne approfittavano per
farsi quattro risate.
“Vai, Kairi, non farti prendere! Vai così, vai
così!”
Aqua, furibonda e con gli occhi iniettati di sangue, si voltava verso
di loro e minacciava di sbatterli contro il muro, se non la smettevano.
Finchè, completamente sfiatata, si sentiva sbollire la
rabbia, e quasi si vergognava di aver pensato di picchiare la
sorellina. Allora crollava seduta per terra e ansimando diceva con voce
dolce:
“ Kairi, hai vinto. Ora torna qui da tua sorella che ti vuole
tanto bene, da brava.”
Quando Kairi si accorgeva che Aqua si era arresa, si metteva a
saltellare tutta contenta e gridava “Ho vinto, ho
vinto!” Dopodiche tornava dalla sorella a testa alta, facendo
ondeggiare orgogliosa il lungo mantello rosso.
Già, perché in molti regni i principi, come segno
di riconoscimento, portano una corona sulla testa. Al Radiant Garden
no, i sovrani e i principi portano un mantello. Questo deve essere
lungo, ma non deve arrivare a toccare per terra. Inoltre, i futuri
principi, che non sono ancora saliti al trono, portano il mantello
completamente rosso. I Sovrani attuali portano invece il mantello rosso
con rifiniture d’oro se il sovrano è maschio,
d’argento se è femmina. Kairi era quindi molto
orgogliosa del suo mantello, e non perdeva occasione per sfoggiarlo.
Aqua era costretta molto spesso a restare a casa per badare alla
sorella, perché Ansem era sempre molto impegnato con i
problemi del regno, e non poteva stare molto con la famiglia. La madre
di Kairi chiaramente lo aiutava, e quindi il tempo per la figlia non
l’aveva nemmeno lei. Così il compito toccava alla
sorella maggiore; in questo modo, stando sempre con la bambina, si era
conquistata negli anni le simpatie della sorella; infatti certe volte a
Kairi sembrava di voler bene più a lei che alla mamma. Anche
Aqua adorava Kairi, nonostante certe volte fosse peggio della peste.
Ansem era molto orgoglioso della bambina, e, dai modi di comportarsi di
Kairi, aveva capito che sarebbe stata una degna erede. Il padre ogni
tanto la portava con lui per il regno, le faceva vedere come governava
e come si comportava coi sudditi, perché un giorno tutto
questo sarebbe toccato a lei. Kairi osservava e apprendeva.
Aveva inoltre notato che insieme al padre c’era quasi sempre
un ragazzo di tipo 30 anni, coi capelli bianchi e gli occhi gialli:
Xehanort, si chiamava. Era molto frigido e a Kairi non piaceva molto.
Ma aveva concluso che se il papà se lo portava sempre
dietro, voleva dire che era una persona affidabile. E così
accettava tranquilla anche la sua presenza, la sua e quella degli altri
apprendisti, misteriosi quanto Xehanort.
C’erano però alcuni particolari che non la
convincevano a fondo. Come quando Ansem diceva ai suoi apprendisti
“Andiamo nei sotterranei, dobbiamo continuare quegli
esperimenti…”. Kairi non comprendeva, e
così, nel dubbio, supplicava il padre di portare anche lei.
Ma non c’era mai una volta in cui il sovrano cedeva. Aqua
tratteneva la sorella, perché sapeva che gli esperimenti sul
cuore erano una parte della vita di Ansem a cui lei e Kairi non avevano
diritto di accedere. La ragazza era stata soltanto una o due volte
volte nel laboratorio del padre, sempre in casi eccezionali (come la
notte in cui Ansem aveva esaminato Kairi), e solo per un paio di
minuti, tanto che non era riuscita nemmeno a vedere bene cosa ci fosse
dentro. Ma Kairi, essendo una bambina piccola, non restava tanto tempo
a rimuginarci: bastava che Aqua la distraesse con una proposta di
gioco, per dimenticarsi completamente del laboratorio e degli
esperimenti.
Quanto a Terra e Ven, erano cresciuti anche loro. Ora avevano 20 e 15
anni rispettivamente. Non stavano quasi mai al Radiant Garden con
l’amica, ma giravano i mondi per conto loro,
cacciando e uccidendo Unversed. Ma, negli attimi di tregua, andavano
sempre a trovarla. Così Kairi aveva finito per affezionarsi
anche a loro. Spesso dicevano alla compagna ridendo, riferendosi a
tutte le volte che doveva acciuffare la sorellina:
“Accidenti, Aqua, tu uccidi gli Unversed e ti fai battere da
tua sorella di 4 anni!”
Quando udiva questo, Aqua desiderava volentieri fargli assaggiare il
filo del suo Keyblade. Kairi invece scoppiava a ridere,
perché quella frase sottointendeva che lei era
più forte degli Unversed.
Aqua però, nonostante con la sorella avesse molto da fare,
il tempo per Terra e Ven lo trovava sempre. Il saggio Ansem le aveva
dato il permesso di viaggiare con loro a intervalli regolari, dopotutto
anche lei aveva diritto alla sua vita. “Non si abbandonano
gli amici, per nessuna ragione.” Diceva alla figlia.
Così Aqua poteva viaggiare coi suoi compagni, ma quando
tornava a casa era una festa. Kairi si incollava alla sorella e non
c’era verso di staccarla per il resto della giornata.
I sudditi amavano molto Kairi, ed erano felici e soddisfatti di averla
come principessina. Aveva ereditato dal padre la fermezza di carattere
e la grande intelligenza, e aveva inoltre quel portamento regale, la
classe e l’eleganza che nessun principe del Radiant Garden
aveva mai avuto. Era così graziosa e aggraziata
che la gente, quando la vedeva, non poteva fare a meno di guardarla.
Anche Kairi era soddisfatta di essere quello che era, e la sua vita
scorreva tranquilla. Niente avrebbe mai potuto turbare la pace del
regno.
Questo almeno pensavano Kairi, Aqua, Ansem e tutti gli altri,
perché nessuno di loro poteva immaginare quello che sarebbe
successo nei mesi a seguire…
Note mie:
Mio Dio, quante volte ho riletto sto capitolo prima di pubblicarlo...
Vi sfido a trovare un solo errore di grammatica! Beh, a parte questo,
spero che questa seconda parte sia un pò meglio di quella di
ieri, e... devo chiedervi ancora di commentare?
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Capitolo 3 *** La promessa ***
E rieccomi! Rispondo come sempre
ai commenti!
nueblackcrowfriend: Grazie per i complimenti! Ma
che Xehanort diventa apprendista di Ansem solo 2 anni prima di BBS non
lo sapevo... Mi è sfuggito. Mannaggia! Ma dove sta scritto?
Ottoperotto: *legge il commento* *si spara*
AAAArghhh! Ma come ho potuto incastrarmi così?! Ho fatto un
errore proprio nelle note a fine pagina! OK, mi calmo... A parte
questo, bellissima e divertentissima recensione!
La
promessa
Era un giorno come
tutti gli altri.
O almeno, lo sembrava.
Kairi stava dormicchiando arrampicata su un albero del giardino del
castello, quando suo padre la chiamò: Aqua era tornata a
casa dopo 2 settimane di assenza! Kairi, felicissima, corse agli
ingressi del regno, pronta ad accoglierla come tutte le altre volte.
Vide Aqua correre verso di lei trafelata e visibilmente sconvolta, con
Ven e Terra dietro, turbati anch’essi. Ma Kairi, essendo
piccolina, non ci fece caso e gridò tutta contenta
“Aqua! Amici! Siete tornati!”
Ma questa volta Aqua si comportò come se lei non ci fosse, e
la superò, passandole accanto come se non la vedesse. Terra
e Ven si comportarono allo stesso modo. Ignorando Kairi, si
precipitarono da Ansem, che era poco dietro la bambina.
La piccola rimase a bocca aperta per questo delitto di lesa
maestà: mai sua sorella si era comportata così
con lei. Per arrivare ad ignorarla totalmente, doveva essere successo
qualcosa di veramente grave! Quindi, ammutolita, fissò il
padre, chiedendosi cosa gli stavano dicendo quei tre. Vide il
papà rabbuiarsi e chiedere qualcosa circa dei tumulti che
erano scoppiati nei mondi. Ma Kairi queste cose non poteva capirle.
Capiva solo che era successo qualcosa che non era normale, e, guardando
bene il viso di Aqua, capì che sua sorella aveva paura!
Sembrava avere un espressione seria, ma Kairi riusciva sempre a capire
cosa provava la ragazza. La principessina si sentì
profondamente scossa: mai la sua forte sorella aveva avuto paura!
Non sapendo cosa fare, si avvicinò ad Aqua e la
tirò per la manica. “Cosa ti succede?”
Ma Aqua non le rispose. Ansem spinse via con garbo la figlia.
“Adesso vai a giocare, abbiamo da parlare di cose importanti,
dopo ti chiamiamo noi.” Kairi non potè fare altro
che ubbidire.
Una volta allontanata, non lasciò certo perdere. Lei era il
tipo che se cominciava una cosa, la finiva. Era fuori discussione
lasciare a metà quel dubbio. Si sarebbe informata meglio e
avrebbe chiarito la situazione! Dunque, a chi poteva chiedere?... Ma
certo! A Xehanort! Lui non era sapiente quanto il suo papà,
ma poco ci mancava. Le avrebbe spiegato tutto! Kairi si mise a correre
per il castello, cercandolo. Lo trovo infine in una stanzetta deserta,
con gli altri apprendisti, e sembravano confabulare qualcosa. Kairi si
nascose dietro la porta per ascoltare meglio.
“A quanto pare, questi custodi spuntano come
funghi…”
“Già, ma questi Keyblade non possono portarli
persone qualsiasi. Sono anzi attratti da dei tipi particolari di cuori.
Ma a quanto pare i cuori puri sono collegati ai Keyblade più
degli altri.”
“Come il cuore della nostra principessa.”
“Già! Ho constatato che nel mondo chiamato Isole
del Destino ci sono due bambini che hanno un certo
potenziale… Ma ancora non possono brandire il Keyblade.
Forse un Keyblade può essere acquisito solo se il suo
padrone viene a contatto con un cuore di pura
Luce…”
“Già, ma come facciamo a confermarlo?”
“Semplice, dobbiamo mandare sulle isole una persona col cuore
Puro… La nostra principessa, per capirci! Se così
quei due bambini riusciranno a evocare il Keyblade, la teoria
è giusta.”
“Ma, Xehanort, sei sicuro? Se Ansem lo
scopre…”
“Non lo scoprirà, state tranquilli!”
Kairi si era persa a metà discorso. Non aveva capito
assolutamente nulla del Keyblade, dei cuori puri e dei due bambini. Per
cercare di sentire meglio, si sporse un po’ oltre la porta.
Errore. Ienzo, il più giovane degli apprendisti, la
notò.
“Amici, abbiamo compagnia.”
Tutti si voltarono verso Kairi, e Xehanort corse verso di lei.
“Cosa ci fai tu qui, altezza?”
Kairi era una bambina spigliata, ma quello sguardo le metteva timore.
“Ni-niente, Xehanort. Sono solo venuta a dirti una
cosa…”
“Me la dici stasera. Adesso dobbiamo parlare, io e
i miei compagni. Vai in giardino a giocare.”
Kairi, obbiedente, fuggì dalla stanza.
Quando arrivò nel prato, si arrampicò sul suo
albero e cercò di capirci qualcosa di quello che aveva
sentito, ma quei discorsi andavano oltre la sua capacità di
comprensione.
Poco dopo arrivò Aqua. “Ciao, sorellina, scusa se
sono stata un po’ scortese prima, ma adesso possiamo
giocare.” Sembrava allegra e contenta. Ma Kairi non ci
cascò. Aveva sempre quell’alone di paura che
cercava di nascondere. Ma la bambina, per non dare dispiacere alla
sorella, stette al gioco e corse verso di lei fingendosi contenta.
Così passò il pomeriggio. Quando venne la sera,
Kairi decise di ricercare Xehanort per esporgli il suo
dubbio. Ma questa volta non lo trovò. Ne lui, né
gli altri apprendisti. Sembravano essersi dissolti nell’aria.
All’inizio Kairi voleva dirlo a Ansem, ma notando che il
padre era già abbastanza turbato per motivi suoi, decise di
non dire nulla.
Dopo cena, Kairi uscì un po’ in giardino,
aspirando forte la dolce aria primaverile. Vide Aqua fissare la luna,
seduta su un grande masso. Kairi le corse incontro e le si sedette
accanto.
“Aqua, a cosa pensi?” Vide la sorella scuotersi dai
suoi pensieri.
“A niente, tesoro…”
“Ma… Non sta succedendo qualcosa di
grave?”
Aqua abbassò lo sguardo verso di lei e si sforzò
di sorridere.
“No, no, non c’è niente di
grave…”
Si diede della bugiarda e ipocrita. Come poteva mentirle
così? Ma non poteva. Doveva fingere. Kairi non poteva
capire. Quando sarebbe stata più grande, il padre le avrebbe
spiegato tutto. Già. Il padre. Perché lei, fra
non molto, non sarebbe più stata con Kairi. Questo pensava
Aqua.
La bambina decise di non insistere. Cambiò argomento.
“Aqua, tu pensi davvero che io diventerò
principessa del regno?”
“Ma certo, Kairi, quando sarai più grande il
Radiant Garden sarà tutto tuo!”
“Ma… Tu mi aiuterai, vero?”
Aqua sussultò a quella richiesta. Capì allora che
non poteva mentirle fino a quel punto, facendole una promessa che
sapeva di non poter mantenere. Abbracciò la sorella e le
disse.
“Kairi, io… tra poco dovrò partire di
nuovo…”
“Beh, ma tornerai, no? Sei sempre tornata.”
“Si, ma… Questa volta è diverso.
Comunque sappi, che, anche se non dovessi tornare,
cioè… anche se dovessi tardare un po’ a
tornare, io ci sarò. Ci sarò sempre. Anche quando
sarai grande e sarai principessa. Quando sarai triste, abbattuta e non
saprai che decisioni prendere, pensa a me, e io ti
aiuterò.”
Kairi, questa volta, aveva capito. Soprattutto una cosa aveva capito. E
chiese, con la voce che le tremava:
“Che… Che vuol dire che non tornerai?”
Aqua rimase in silenzio per un po’.
“Niente… Adesso vai a letto, da brava, che
è tardi.”
Le due sorelle, a quel punto, sentirono come una strana sensazione, e
senza dire nulla si abbracciarono come se quella fosse
l’ultima volta che si sarebbero viste.
Kairi, dopo quell’ abbraccio fraterno, andò a
dormire senza pensarci più, ma Aqua rimase a riflettere a
lungo su quella sensazione che aveva provato, senza però
concludere nulla.
Presto avrebbe capito che quell' intuizione era giusta…
Note
mie: COMMENTATE!
Si, vabbè, a parte questo... spero che continuiate a
commentare e a consigliarmi... Sono un pò preoccupata per
quello che succederò fra un pò, dato che
sarà una parte mooolto romantica, e io sono brava a
immaginare scene romantiche ma non molto brava a scriverle... Ma, spero
di riuscirci! Ciaaao!
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Capitolo 4 *** Scomparsa! ***
Ed eccomi di nuovo qui! Oggi ho
scritto un botto! Siatene soddisfatti! Ah, avrete notato che, nei
capitoli precedenti e anche in questo, ho tolto gli Unbirths e ho messo
gli Unversed. Infatti, da pochi giorni si sa che i nemici di BBS si
chiameranno così.
Ottoperotto: Mio dio quanto hai scritto! Ti
si sono consumate le dita? Ah, per lo sparo, non preoccuparti: mi sono
colpita di striscio! E Kairi ha sempre 4 anni, non 7. Sono passati solo
pochi mesi. Cmq per la cronaca, Xehanort non l'ho scelto io come
cattivo: è lui stesso, nei suoi diari, a dire che ha spedito
Kairi sulle Isole del Destino per verificare che il Keyblade abbia una
connessione coi cuori puri. Solo che c'è scritto solo negli
ultimi due diari di Kingdom Hearts Final Mix. Devi cercarteli tradotti
se vuoi leggerli.
nueblackcrowfriend: Grazie
per la cronologia! Ma questa è una fanfiction, quindi
qualcosina nella storia si può modificare. Anche se cerco di
essere più fedele possibile!
Scomparsa!
Kairi
si ritirò nelle sue stanze, pensando a quello che le aveva
detto la sorella. “Non tornerò…
Tarderò un po’ a tornare…”
Kairi, avendo 4 anni, non riusciva a comprendere cosa volesse dire
‘non tornare’. Perciò decise di lasciare
perdere per quella sera e di chiedere meglio al papà domani.
Stanca, si sciolse il lungo mantello e lo guardò
compiaciuta. Per adesso era uniformemente rosso, ma fra non molti anni
avrebbe avuto dei bellissimi decori d’argento.
Provò a immaginarsi come sarebbe stata da grande. Forse
sarebbe stata bella come Aqua, chissà…
Pensando al futuro, si sdraiò nel suo letto e si
addormentò profondamente. Dormiva il sonno dei bambini che
nemmeno una cannonata può interrompere. Quindi non si
accorse dell’ombra che era scivolata furtivamente dentro la
stanza.
Circa un’ ora dopo, la madre di Kairi aprì piano
la porta per vedere se sua figlia stesse dormendo. Ma quando vide il
letto vuoto, quasi svenne sul posto.
“Oh, no… Ansem!”
Pochi minuti dopo tutto il regno era in subbuglio. La principessina era
scomparsa!
Lontano dal regno, Xehanort, con Kairi in braccio addormentata, sulla
Gummyship viaggiava verso le Isole del Destino, mondo ai confini
dell’universo di cui la gente del Radiant Garden ignorava
l’esistenza, Ansem compreso.
Braig, che accompagnava Xehanort, guardava preoccupato fuori dai
finestrini, come se Ansem avesse potuto scoprirli da un momento
all’altro.
“Ma… sei sicuro che la bambina non si
sveglierà?”
“Certo. Le ho lanciato una magia soporifera. Non si
sveglierà per un bel po’!”
Come a contraddirlo, Kairi si mosse, e, assonnata, mormorò:
“Che… Dove sono?... Xehanort… Sei
tu?”
Xehanort se ne accorse.
“Oh-oh. Si è svegliata. Braig, rimedia.”
Braig, a risposta, diede una forte botta sulla nuca della bambina, che
ricadde addormentata all’istante.
“Ti ho detto di andarci piano con lei, cretino!”
“Scusa, capo. Ma è l’unico modo che
conosco…”
Arrivarono all’arcipelago dopo un'altra oretta. Braig e
Xehanort, con Kairi ancora in braccio, si incamminarono furtivamente
sulla spiaggia dell’isola principale. Era notte fonda. Tutta
la gente dell’isola dormiva. Xehanort depose la principessina
sulla sabbia e pose le mani su di lei, concentrandosi.
“E adesso cosa fai, capo?”
“Sto facendole una magia alla memoria. Quando si
sveglierà, il suo nome sarà l’unica
cosa che ricorderà. Non dovrà ricordare
assolutamente nulla della sua vita passata. Soprattutto, non deve
ricordare che è la principessa del Radiant Garden.
Dopotutto, non vogliamo mica che se ne scappi dalle isole in qualche
modo, no?”
“Si, certo, hai ragione.”
Xehanort aveva finito. Lui e Braig si allontanarono, curiosi di
scoprire cosa sarebbe successo negli anni a venire.
Xehanort si voltò un ultima volta.
“Auguri, principessina!”
Intanto, nel regno era il caos totale.
La madre di Kairi era in preda al delirio; girava pallida come una
morta per il castello, mormorando “La mia bambina…
Ridatemi la mia bambina…”
Ansem si aggirava furioso. Che potesse essere stato Xehanort a
provocare la scomparsa della sua adorata figlia, non gli passava
nemmeno per l’anticamera del cervello. Assolutamente.
Xehanort era il suo apprendista più fidato, non poteva aver
fatto una cosa simile. Il capo delle guardie reali si
presentò al cospetto del Re, che chiese:
“Allora? A che punto siete con le ricerche? Avete trovato
Kairi?”
“No, Maestà, abbiamo domandato ad ogni suddito, ma
nessuno l’ha vista. Hanno detto che gli Unversed girano per
la città come al solito, disturbando la popolazione,
tant’è vero che…”
“Non mi interessano quei maledettissimi Unversed! Razza di
inetti! Voglio sapere di mia figlia! Tornate subito a cercarla e non
ripresentarti senza notizie migliori di queste!”
Aqua, poi, continuava a cercarla di persona per il regno, chiamandola
sempre più scoraggiata. A un tratto giunsero, di precipizio,
Terra e Ven.
“Aqua, nei mondi stanno succedendo cose terribili!”
“Anche qui! Mia sorella è scomparsa, non riusciamo
a trovarla! L’unica cosa rimasta di lei è il suo
mantello rosso!”
I due ragazzi rimasero inorriditi a quella notizia, e Terra, che era il
più vecchio, sestenziò:
“Certamente allora non è più qui.
È in un altro mondo, di sicuro!”
“Ma… come facciamo a trovarla?! I mondi sono
tantissimi!”
“Uniamo i poteri dei nostri Keyblade. Manderemo un segnale
agli altri mondi. Quasi tutti conoscono il Radiant Gaden e tuo padre.
Interpreteranno il messaggio in modo corretto e se troveranno mai
Kairi, ci avviseranno.”
Aqua e Ven constatarono che era la cosa più giusta da fare.
Si misero in cerchio e puntarono i rispettivi Keyblade verso il cielo.
Dai Keyblade si levò un raggio blu che, arrivato a una certa
altezza, si sframmentò in migliaia di comete azzurre, che
invasero i cieli di tutti gli altri mondi. Fra cui anche le Isole del
Destino.
Gli abitanti si svegliarono e guardarono preoccupati la pioggia di
comete. Istintivamente corsero tutti verso la spiaggia, dove trovarono
Kairi, addormentata. Si guardarono l’un l’altro
sgomenti. Mentre gli adulti decidevano il da farsi, un bambino di 4
anni si divincolò dalla stretta della madre e, avvicinatosi
alla bambina, si mise a spingerla per svegliarla. Kairi aprì
lentamente gli occhi. La prima cosa che vide fu il viso di quel
bambino, che le chiese amichevole “Chi sei? Come ti
chiami?...”
Terra ci aveva visto giusto. Negli altri mondi tutti conoscevano Ansem,
e interpretarono il messaggio correttamente. Tutti gli abitanti dei
mondi, dalla Città di Halloween alle Terre del Branco, dalla
Terra dei Dragoni a Port Royal si misero d’impegno per
cercare la piccola principessa.
Tutti, meno gli abitanti delle Isole del Destino. Era un mondo troppo
isolato perchè gli abitanti fossero al corrente di quello
che succedeva negli altri mondi. Nessuno di loro aveva mai sentito
parlare del Radiant Garden, né di Ansem, e quindi a nessuno
sarebbe mai potuto venire in mente che quella creaturina fosse una
principessa.
Intanto al Radiant Garden, Terra e Ven ripresero il discorso interrotto.
“Aqua, il caos è ovunque! Master Xehanort sembra
come impazzito!”
“Master Xehanort? Ancora lui?!”
“Si, probabilmente presto ci sarà una
guerra…” predisse ven a testa bassa.
“Una guerra?!”
Aqua non volle sentire altro. Si precipitò a casa, e,
trovato Ansem, gli dichiarò:
“Papà, devo ripartire!”
“Come?! In un momento come questo?!”
“Si! Questa volta è una cosa seria… Ci
sarà una guerra.”
“Cosa?!”
Aqua, senza aggiungere altro, abbracciò il padre.
“Ciao, papà… Addio.”
“No, Aqua, non dire così… Tu tornerai,
ne sono sicuro…”
Aqua si voltò e corse coi suoi fidi compagni alla gummyship.
Mentre l’astronave decollava, tutti e tre stavano a testa
bassa. Per la prima volta, nessuno di loro voleva ridere, né
scherzare.
Aqua, durante la partenza, si voltò a guardare fuori dai
finestrini, contemplando dall’alto il mondo dov’era
nata e cresciuta. La sua mente non sapeva perché stesse
guardando piena di desiderio e nostalgia il suo regno. Ma il suo cuore
lo sapeva.
Sapeva che quella era l’ultima volta che Aqua avrebbe
guardato la sua casa...
Note
mie: E dal
prossimo capitolo la parte romantica, la più difficile...
Nooooo! Dovrò faticare per scriverla! Certo, potrei anche
sorvolarla... Ma è una parte fondamentale della mia storia, e
non posso assolutamente saltarla! Forse ci metterò un
pò più del previsto... Beh, che posso dire se
non... COMMENTATE!
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Capitolo 5 *** L'amore è nell'aria ***
Eccomi
di nuovo qui, dopo più di un mese di assenza! Finalmente ce
l'ho
fatta a finire sto capitolo romantico che non mi riusciva mai! Non
fraintendetemi, Sora e Kairi sono la mia coppia preferita, ma a
scrivere cose romantiche sono una frana: per fare uscire dalla mia
mente contorta una
cosa decente, scrivevo un paio di righe ogni 1 o 2 giorni, quando
avevo l'ispirazione, ma la maledetta non arrivava mai! Noterete di
sicuro che questo capitolo è stato scritto in tempi diversi:
la prima
parte si sforza di essere romantica, ma non ci riesce tutto sto
granchè; la seconda invece l'ho scritta tutta ieri sera,
dato che sono
stata colta da un'ispirazione improvvisa, e devo dire che ha superato
le mie aspettative! Sottopongo dunque al vostro sommo giudizio questo
capitolo che dovrebbe essere romantico. Meno male che è
l'unico... Uh, già! I commenti!
nueblackcrowfriend:
graaazie per il commento! Ma a me non risulta che Kairi sia arrivata
alle Isole a 12 anni. Nel primo KH, Sora ha diversi flashback su lui e
Kairi da piccoli (che fanno i disegnini nella grottina), e
lì Kairi non ha più di 5 anni... Ma comunque, se
vogliamo scrivere tutto fedele alla storia, allora non è
nemmeno vero che Aqua è la sorella di Kairi, per capirci...
XD
Ottoperotto:
ma certo che puoi scrivere i commenti lunghi! Almeno mi fai fare 4
risate. Già, lo so che il capitolo scorso l'ho chiuso troppo
in fretta, ma questo solo perchè mia sorella grande non
faceva che rompermi le scatole perchè voleva il computer
perchè "tra 2 minuti arriva una mia amica e dobbiamo fare
una cosa." Allora ho finito il capitolo in fretta e furia, l'ho
pubblicato e "toh, ciappa sto computer!" Sempre a rompere e a metterti
fretta, i fratelli! Che rottura!
L'amore è nell'aria
A questo punto bisogna fare un salto di undici anni.
Sulla spiaggia delle Isole del Destino una ragazza camminava per la
spiaggia al tramonto, mentre il vento le scompigliava i lunghi capelli
rossi.
Il tempo e gli anni erano passati, e Kairi non era più la
piccola e indifesa bimba scomparsa da casa sua molto prima. Era ora una
assennata e romantica ragazza di 16 anni, che viveva la sua adolescenza
come le ragazze comuni, senza sospettare minimamente le sue origini.
Non sapeva neppure dei problemi che il suo regno legittimo stava
attraversando: perché lei aveva già i suoi, di
problemi.
Durante l’anno passato, quando né Sora
né Riku erano a casa, aveva cominciato a provare dentro
qualcosa di strano. Una volta aveva letto in un libro “Spesso
dobbiamo perdere le cose e le persone per capire la loro
importanza.”.
Solo allora si rendeva conto che era vero: Sora non le era mai mancato
come nell’anno passato. Prima, nonostante le fosse sempre
piaciuto, non ci aveva dato troppo peso, dato che lui era con lei tutti
i giorni. Solo quando lui e Riku erano spariti si era accorta che le
mancava qualcosa …
Inoltre, fino a pochi anni prima, lei ragionava come una bambina; da
poco invece aveva cominciato a pensare come una donna, e mentre il suo
corpo cambiava e si trasformava, anche i suoi pensieri cambiavano.
Sentiva dentro quello strano sentimento chiamato amore svilupparsi; ma
Kairi, non sapeva perché, non riusciva a parlarne con Sora.
Aveva paura che lui non la volesse, che magari non la accettasse
più nemmeno come amica. Così l’amore
che provava, invece che darle gioia, non faceva che farla soffrire
sempre di più. Certe volte, per darsi sollievo, cercava di
ripetersi che non era vero niente, che non era innamorata, ma
più se lo ripeteva e più stava male. Nemmeno la
notte riusciva a stare in pace: infatti negli ultimi tempi aveva
cominciato a sognare Sora sempre più spesso. Di sera, nel
letto, si addormentava abbracciando il cuscino piangendo, come aveva
visto fare in TV alle eroine innamorate. Faceva i sogni più
fantasiosi e disparati su loro due, magari che si abbracciavano al
tramonto, o mentre si dividevano un frutto di Poapu. Finché
il sogno durava, era completamente felice e appagata, ma quando al
mattino si svegliava si intristiva ancora di più, rendendosi
conto che era stata solo la sua immaginazione.
Forse le cose sarebbero potute andare avanti così
all’infinito se un giorno non fosse successo un fatto che
avrebbe sconvolto e separato di nuovo le vite di ognuno di loro.
“Sora! Riku!”
I due ragazzi le corsero intorno.
“Che c’è?”
“Guardate!”
“Una lettera dal Re?”
Emozionatissimi, i tre si misero a leggerla.
‘Cari amici,
mi dispiace richiedere il vostro aiuto, ma la situazione sembra essere
peggiorata di nuovo … Un individuo chiamato Master Xehanort
sta riportando i mondi nel caos, e abbiamo bisogno assoluto di Sora e
Riku per questa missione. Vi do’ tre mesi per prepararvi e
allenarvi. Però … Devo dirvi che Kairi, anche se
ora ha un suo Keyblade, non potrà venire con noi
… Questa volta sarà molto più
pericoloso che nelle scorse avventure, e per lei sarebbe un enorme
rischio venire. Un altro fatto di questa nuova missione è
che non sarà breve: potrebbe durare anche alcuni anni
… Questo perché ancora, di dove sia Xehanort, non
sappiamo quasi nulla, e la sua ricerca e le battaglie di sicuro saranno
molto lunghe. Dovrete farvene una ragione: Master Xehanort è
pericolosissimo, e molti anni fa altri Keyblade Master hanno provato a
fermarlo, ma non c’è stato nulla da fare. Mi
raccomando, preparatevi bene! Su Master Xehanort vi
spiegherò tutto quando ci vedremo. La cosa positiva
è che, se riusciremo a vincere anche questa volta, allora
sarà davvero finita.
Fra tre mesi esatti vi passerò a prendere, fatevi trovare
pronti!
Il Re”
I tre si guardarono stupefatti ed emozionati.
Mentre però Riku incominciava a chiedersi chi fosse mai
questo “Master Xehanort”, Kairi venne travolta da
un fortissimo dolore: allora il Re e gli altri erano proprio sadici!
Non solo lei non riusciva a esternare i suoi sentimenti, ma adesso loro
volevano portarle via anche chi glieli faceva provare! Kairi
sentì che non poteva cadere più in basso di
così.
Anche Sora era molto addolorato: non gli importava nulla della nuova
guerra, né chi fosse il nuovo nemico, ma gli importava solo
di Kairi: da quando era tornato a casa, e anche da prima, quando era in
viaggio coi suoi compagni, non aveva pensato ad altro che a lei. Come
quella volta a Port Royal, che era arrossito dopo aver visto Will e
Elizabeth abbracciarsi, o ad Halloween Town, che si era immaginato a
danzare con Kairi … addirittura era arrivato ad
inginocchiarsi di fronte a Saix pur di vederla, e lui non si sarebbe
MAI umiliato davanti al nemico; ma per lei avrebbe fatto questo e
altro. E da quando era tornato a casa, i suoi pensieri su di lei si
erano intensificati: anche quando stava a casa sua, chiuso nella sua
stanza ad ascoltare la musica, qualunque canzone romantica riportava
Kairi alla sua mente.
Negli ultimi tempi Sora aveva perso gran parte della sua
timidezza, e molte volte era stato sul punto di dichiararsi a lei. Ma
non ne aveva mai il coraggio, e proprio quando sembrava decidersi si
bloccava. Ma non se ne era preoccupato più di tanto,
perché a una separazione così improvvisa non
aveva mai pensato. Credeva che avrebbe avuto un mucchio di tempo per
confessarle il suo amore, e invece, ora non restavano più di
tre mesi.
Separarsi per anni … Questo voleva dire che quando si
sarebbero ritrovati, avrebbero avuto 20 anni o più.
Avrebbero potuto passare insieme tutta la loro adolescenza, e invece
… Gli anni migliori della loro vita se ne sarebbero andati
così. Loro a combattere sperando di sopravvivere, e lei a
casa ad aspettarli sperando che sarebbero sopravvissuti.
I due erano presi dai loro pensieri, così fu Riku a prendere
parola: “Beh, non pensavo che saremmo mai giunti a una
situazione simile, ma c’è poco da dire
… Sora, da domani riprenderemo ad allenarci!”
Sora si scosse e propose: “Ma … Non possiamo
chiedere al Re se possiamo portare anche Kairi con noi?”
Riku scosse la testa: “Sora, è meglio di no. Kairi
ha appena ricevuto il Keyblade, non è assolutamente al
nostro livello di combattimento, e sarebbe molto rischioso per lei
venire.”
Sora sospirò forte.
Riku lo guardò dritto negli occhi. “Vuoi forse che
Kairi muoia?”
Sora impallidì a tale prospettiva. “No, no, certo
che no!”
“Allora il discorso è chiuso. Non puoi permetterle
di affrontare un viaggio così pericoloso!”
Riku aveva parlato a Sora come se Kairi non fosse stata presente. La
ragazza un po’ si offese del fatto che i due avessero
discusso senza chiedere un parere a lei. Ma dovette riconoscere a
malincuore che il ragazzo più grande aveva ragione. Se Kairi
avesse seguito Sora e Riku, li avrebbe solo rallentati, inesperta
com’era. E non voleva essere un peso per loro, specie in
un’avventura che si prospettava così pericolosa.
Finito di parlare, Riku si voltò per andarsene. I due poveri
innamorati lo seguirono a testa bassa.
Il giorno dopo cominciarono gli allenamenti, che avevano luogo
sull’isola secondaria. Riku e Sora vibravano colpi col
Keyblade, rinforzandosi sempre più. Kairi, non potendo
combattere, il suo solo spasso era quello di starli a guardare.
L’allenamento durò parecchie ore;
all’inizio Kairi guardava interessata gli scontri e facendo
il tifo per l’uno o per l’altro; ma alla fine si
stufò di stare li senza far niente, e gridò ai
compagni:
“io vado a fare un giretto qua attorno!”
Riku e Sora assentirono e lei si allontanò in fretta. Quando
si fu allontanata, rallentò il passo. Camminando lentamente
sulla sabbia passò proprio di fianco alla grotta segreta,
che solo loro tre conoscevano. Si ricordò del disegno che
lei e Sora avevano fatto e sorrise. Intanto si malediceva da sola per
il suo essere così timida e non aver mai parlato a Sora di
quello che provava davvero.
Quando fu arrivata dall’altra parte dell’isola,
salì sul molo e comincio a riflettere. Dopo un
po’, non riuscendo a concretizzare la miriade di emozioni che
aveva dentro, come a sfogarsi, richiamò il Keyblade, e
sfruttando la sua magia tracciò un grande cuore rosa
nell’aria davanti a sé: la concretizzazione dei
suoi pensieri.
Sora e Riku, intanto, che stavano facendo una pausa, cominciarono a
chiedersi che fine avesse fatto la ragazza, dato che ormai era via da
mezz’ora. Sora, il cui pensiero prioritario era lei, decise
subito di andarla a cercare. Riku, che capiva sempre tutto,
pensò bene di non mettersi in mezzo a loro due, dato che
ormai dell’amore di Sora e Kairi se ne era accorto anche lui,
e si giustificò dicendo che gli si era slogato un piede e
non poteva andare a cercarla; l’unica cosa che poteva fare
Riku per aiutare Sora era questa: lasciargli campo libero; ed era
quello che aveva appena fatto.
Senza perdere tempo, Sora si mise a perlustrare l’isola di
corsa. Quando giunse dall’altra parte, la vide sul molo
mentre tracciava il suo disegno. La ragazza gli dava le spalle, e
nonostante lui fosse a pochi metri da lei, presa com’era dai
suoi pensieri e dai suoi sogni, non se ne accorse neppure. Sora
capì immediatamente cosa voleva dire quel cuore, e comprese
che, se fra tre mesi sarebbe partito, un occasione come quella non
l’avrebbe avuta mai più. Così,
ordinando alla timidezza di non impicciarsi, veloce come un fulmine,
sguainò il Keyblade e lo puntò verso la figura.
Dalla punta del Keyblade partì un raggio di luce bianca, che
trapassò il cuore, proprio al centro, come una freccia.
Kairi, che non se lo aspettava, si voltò di scatto.
Improvvisamente capì cos’era successo:
l’aveva beccata. Ora non avrebbe più potuto
negare. Cosa gli avrebbe risposto? Come si sarebbe giustificata? Mentre
rifletteva intensamente, teneva gli occhi bassi, e non si accorse che
il ragazzo si stava avvicinando, con passo lento ma deciso. Quando
furono uno di fronte all’altra, finalmente lei
alzò lo sguardo. Lui la fissò negli occhi con una
profondità nello sguardo che lei non aveva mai visto. Kairi
dimenticò all’istante tutti i suoi pensieri quando
finalmente Sora le parlò con la sua voce dolce e profonda.
“Non devi avere paura, io so già quello che
provi.”
“Come … Come fai a saperlo?”
“Il disegno sulla grotta. Non l’hai forse fatto
tu?”
“Si, l’ho fatto io …”
Confessò Kairi abbassando gli occhi. Sora sorrise. Era
quello che voleva sentire. Senza aggiungere una parola, la
abbracciò e la strinse forte a sé.
“Kairi, ormai è troppo tempo che cerco di dirtelo,
e ormai non ce la faccio più. Io ti amo. Più di
qualunque altra cosa al mondo.”
Quando ebbe finito di parlare, finalmente sentì
l’anima liberarsi. Da quanto si teneva dentro quelle parole?
Da anni, ormai. Precisamente, da quando le aveva chiesto come si
chiamava, quella notte sulla spiaggia.
Kairi era rimasta senza parole. Sapeva di piacere a Sora, ma non aveva
mai pensato che lui la amasse più di qualunque altra cosa al
mondo. Rimase imbambolata, pensando a quelle parole senza far nulla,
facendo venire a Sora il suo dubbio e paura più grande: che
lei non lo ricambiasse. Cominciò a staccarsi da lei,
preoccupatissimo; l’avrebbe respinto. Lo sentiva. Purtroppo
non era riuscito a trattenere le parole, era stato troppo brusco.
Cercò di mettere le mani avanti. “Kairi, senti, io
…”. Ma lei alzò lo sguardo verso di
lui, con gli occhi umidi, e rispose, con la voce rotta
dall’emozione: “Anch’io … ti
amo.” Si abbracciò stretta a lui, appoggiando la
guancia contro il suo petto, sentendosi finalmente libera da quel peso
terribile. Lui si sentì come se i piedi non toccassero
più terra: lo amava! Lo ricambiava! Sospirando, la
abbracciò di nuovo, e premette il viso tra i suoi capelli
rossi. Ma questa volta non sarebbe stato solo un abbraccio: era ben
deciso ad andare oltre; questo non l’aveva deciso lui, era il
suo cuore a ordinargli di farlo. Con sicurezza, le sollevò
il mento con le dita, lasciando che si guardassero negli occhi per
alcuni istanti; poi si chinò sul suo viso e premette piano
le labbra sulle sue. Nel momento in cui si sfiorarono, i loro corpi
furono attraversati da scariche di emozioni che prima non avevano mai
provato. A occhi chiusi, cominciarono a toccare il corpo
dell’altro, a sentirlo, a imparare a memoria il loro tatto e
il loro profumo. Sora, senza staccare le labbra, se la strinse con
dolcezza e sicurezza al petto. Era meraviglioso poter finalmente, dopo
tutti quegli anni, sentire il corpo tenero di Kairi stretto al suo, il
morbido seno della ragazza contro il suo torace forte, poterle passare
le dita fra i capelli, accarezzarla. Anche Kairi si sentì in
paradiso, poterlo abbracciare e stringere senza vergogna, sentire i
suoi forti muscoli, potergli toccare il viso e le guance mentre si
davano il loro primo bacio … già, il primo: il
primo della loro vita. Kairi, completamente abbandonata tra le braccia
del ragazzo, con gli occhi blu socchiusi, continuò piano a
premere e staccare appena le labbra dalle sue, per poi riunirle subito
dopo. Sora seguiva i suoi movimenti, baciandola dolcemente, staccandosi
appena per poter respirare e riunendosi subito a lei, e ogni tanto
leccandole piano le labbra.
Si staccarono dopo alcuni minuti, entrambi non riuscirono a riaprire
gli occhi subito: un momento magico come quello, non riuscivano a
rovinarlo. Infine si guardarono, il blu nell’azzurro, e si
sorrisero felici. Kairi si sentiva pervasa dall’amore come
mai era stata, e solo guardandolo nei suoi occhi dolci e rassicuranti
sentiva il suo sentimento crescere. Sora guardò la sua
piccola, i suoi grandi occhi blu mare, e intanto continuava a pensare,
innamorato pazzo: ‘è mia finalmente, ce
l’ho fatta … è mia
…’. Dopo due anni di ricerche estenuanti, in cui
aveva sofferto tantissimo la sua mancanza, finalmente l’aveva
ritrovata, finalmente l’aveva tra le braccia. Le fece
appoggiare la testa sul suo cuore, facendole sentire quanto batteva
forte, quanto era emozionato … Kairi, abbracciandolo, chiuse
gli occhi e rimase ad ascoltare. Quei battiti parlavano da soli, le
dicevano quanto Sora la amasse. ‘mi sei mancata tanto, ti ho
cercata tanto, e ora finalmente sei qui, tutti e due siamo qui
…’. Il ragazzo rimase con lei premuta contro di
lui, mentre le accarezzava piano i capelli, così lisci e
morbidi, così diversi dai suoi.
Forse avrebbero potuto restare così anche tutta la notte, ma
dopo un po’ risuonò la voce di Riku.
“Sora! Kairi! Dove siete finiti?!” Li stava
cercando. Evidentemente aveva pensato che erano stati via troppo.
Diamine, mancavano da un’ora ormai!
‘Ma pensa un po’ quei due!’ pensava
mentre li cercava ‘ho capito che prima o poi dovranno pur
dichiararsi, ma non possono metterci tutto il pomeriggio! Sora deve
allenarsi, sennò contro Master Xehanort non
durerà più di dieci minuti!’
Quando sentirono la sua voce, Sora e Kairi si separarono
immediatamente, temendo che Riku potesse sorprenderli. Kairi si mosse
per tornare dall’amico, ma Sora la prese per il braccio.
“Aspetta. Vediamoci qui stasera.”
“Come stasera?”
“Si, dopo cena. Solo per un’oretta. Così
ne possiamo parlare con calma senza essere interrotti.”
Kairi sorrise. “D’accordo. Qui alle 9.00”
Poi tornarono da Riku di corsa, che fece a Sora una scenata tremenda.
“Fra tre mesi dobbiamo partire per la guerra e tu te ne stai
via tutto il pomeriggio a chiacchierare con Kairi!”
Nessuno dei due innamorati ebbe il coraggio di dire che non avevano
affatto chiacchierato.
“Ormai è troppo tardi per continuare ad allenarsi,
il sole sta calando … Beh, continueremo domani.”
Si avviarono per tornare a casa. Per strada, Kairi e Sora si guardarono
in modo complice.
A cena Kairi non riuscì a mangiare nulla per
l’emozione. I suoi genitori adottivi cercarono di convincerla
a mandar giù un boccone, ma non ci fu niente da fare. Come
faceva a mangiare, quando si era dichiarata al suo compagno da poche
ore, e fra poco lo avrebbe incontrato di nuovo?
Dopo cena, se cena la si può chiamare, Kairi andò
in camera sua e aspettò che i suoi genitori andassero in
salotto a guardare la TV. Dopo che se ne fu assicurata, aprì
la finestra della sua camera (per fortuna era al piano
terra), si precipitò alla sua barca, ci
saltò su e si diresse verso l’isola piccola.
Quando arrivò, lui era già lì ad
aspettarla. Kairi non fece in tempo a scendere dalla barca che lui
già le era quasi volato addosso. La strinse, abbracciandola
come aveva fatto prima, baciandola sui capelli. Anche Kairi lo strinse
forte a sé. Quando ebbero finito di scambiarsi effusioni, si
sedettero sul loro albero, e Sora disse:
“Senti, io lo so che fra tre mesi dobbiamo partire, e che per
anni non potremo rivederci, ma in questi mesi possiamo stare comunque
insieme.”
“Si, ma … Dopo, non potremo vederci per anni, tu
starai a combattere, io invece qui ad aspettarvi …”
“Beh, ma non vuol dire che dopo non potremo stare insieme.
Quando tornerò –e sono sicuro di tornare- potremo
davvero iniziare una relazione seria.”
“Si, hai ragione. Io ti aspetterò. Sempre. Anche
cinquant’anni, pur di vederti tornare. Non mi
lascerò mai avvicinare da nessun altro ragazzo.”
Sora sorrise, sorpreso e soddisfatto da tanta fedeltà.
“Dai, vieni qui.”
La abbracciò e la tirò a sé,
baciandola e accarezzandola. A ogni carezza e ogni bacio, lei si
convinceva sempre di più che tutto questo non potesse essere
impossibile.
Rimasero lì per un’ altra oretta, poi decisero di
tornare a casa.
“Perché domani mi devo svegliare presto per
allenarmi. Sennò … Sennò Riku
…”. Già. Lo avrebbe linciato se non
fosse arrivato alla spiaggia in tempo per combattere. Kairi si mise a
ridere, ma prima di muoversi per tornare a casa, Sora le propose
“Vediamoci qui tutte le sere. Di giorno io e Riku ci
alleniamo, di sera, dopo cena, veniamo qui solo noi due.”
A Kairi sembrò una bellissima idea.
Così, per i successivi tre mesi, la loro storia
continuò così. Quando era l’alba, Riku
tirava giù dal letto Sora a suon di urli, poi andavano alla
spiaggia a combattere, rinforzandosi ogni giorno di più.
Kairi andava sempre con loro, li stava a guardare e tifava per Sora o
per Riku. In quelle occasioni tirava fuori il suo carattere forte da
principessa, che aveva fin dai tempi del suo regno al Radiant Garden, e
spronava i due maschi con battute e incitazioni dure e energiche. Ma di
notte, dopo cena, l’appuntamento con Sora era fisso. I due
ragazzi si incontravano alle 9, e tornavano a casa alle 10. Per
un’ora stavano a parlarsi, a coccolarsi, a passeggiare sulla
spiaggia o seduti sulla palma a non fare niente. Ma ogni sera era
speciale per loro, e mano a mano che i giorni e le settimane passavano
diventavano sempre più intimi, spingendosi sempre
più in là con le carezze e con i baci. Kairi in
quelle occasioni esibiva il suo carattere dolce da ragazza fragile e
bisognosa di protezione, e non c’era volta che il suo ragazzo
non la rassicurasse e la facesse sentire protetta e amata.
Una sera, però, per la prima volta, Sora si
comportò in un modo diverso dal solito e alquanto strano:
appena si incontrarono sulla spiaggia, dopo essersi abbracciati come
sempre, Sora chiese a Kairi cosa volesse fare.
“Vuoi fare una passeggiata o stare seduta sulla nostra palma?
Per me è lo stesso.”
“Perché non ci sdraiamo qui?”
“Qui?”
“Si, sulla sabbia. Come quando eravamo piccoli. È
tanto che non lo facciamo più …”
Sora assentì e si sdraiarono sulla spiaggia, uno di fianco
all’altra, guardando in silenzio il cielo stellato, nella
pace della loro isola, ascoltando il suono delle onde che si
infrangevano sugli scogli. O meglio, Kairi guardava il cielo stellato;
Sora invece, dopo poco si voltò a guardare lei; la bellezza
del cielo, del mare notturno, della sabbia bianca, gli sembravano nulla
in confronto alla sua; rimase a contemplare il cielo e le stelle che si
riflettevano nei suoi occhi, poi osservò meglio il suo
corpo: la sua pelle candida, il suo viso dolce, i suoi lunghi capelli
rossicci, la perfezione dei suoi lineamenti … E per la prima
volta, sentì un sentimento nuovo dentro di sé, un
sentimento che non riuscì a definire; era amore, certo, ma
non solo quello: era anche un desiderio che gli attanagliava il cuore,
come una sete implacabile, una sensazione che quasi gli toglieva il
respiro; comprese che sarebbe impazzito se non avesse soddisfatto quel
desiderio che il suo corpo e il suo cuore esigevano. Dopo poco la sua
mente cominciò a vacillare, gli sembrava di morire, e
sentì quella sensazione che lo stava uccidendo crescere.
Si trascinò vicino a Kairi, e piano piano
cominciò ad accarezzarle il viso, guardandola sempre negli
occhi, col suo sguardo dolce e rassicurante; lei sorrise e lo
lasciò fare. Dopo un po’, Sora, senza quasi
rendersene conto, cercando un po’ di sollievo dal desiderio
che sentiva e che non accennava a diminuire, la abbracciò e
la strinse a sé con forza, facendole anche un po’
male. Kairi si sorprese, però non disse nulla. Ma
cominciò a preoccuparsi quando il compagno, sempre tenendola
abbracciata, si sdraiò letteralmente sopra di lei; quindi
cominciò a baciarla con passione sulle labbra, ma lei
sentiva che non c’era solo semplice amore in quel modo di
stringerla e di baciarla. Per alcuni minuti ricambiò i baci
profondi, le carezze e le effusioni, ma si spaventò un poco
quando lui staccò la bocca dalla sua per un attimo e lei
sentì i suoi respiri. Erano gemiti affannosi, saturi di
emozione. Kairi non aveva mai visto Sora così;
sentì il corpo del ragazzo tremare. Ma non erano tremiti di
freddo, bensì di eccitazione. Eccitazione pura. I suoi
muscoli si erano irrigiditi, e il suo cuore batteva fortissimo,
più forte del solito. Non si fermò, e scese a
baciarle il collo. A Kairi piacque moltissimo, sentire le labbra calde
del suo compagno sulla pelle le dava dei bellissimi brividi lungo la
schiena, eppure non riusciva a farsi trasportare. Ed ebbe paura quando
ritornò a guardarlo negli occhi: vide una fiamma nelle sue
pupille, una fiamma che non aveva mai visto. Finalmente capì
dove voleva arrivare, e terrorizzata cercò di togliere quel
corpo muscoloso da sopra di lei.
“Ma che fai, Sora? Togliti, togliti!”
Ma Sora, con la mente completamente annebbiata, aveva perso la ragione,
e nemmeno la sentì.
Con forza, Kairi lo spinse via, e si ritrasse spaventata. Sora, come in
stato di trance, si riprese e il fuoco dei suoi occhi si spense.
“Ma cosa …?”
Quando vide la sua compagna tremante di paura, che lo guardava con gli
occhi sbarrati, e con i vestiti stropicciati, capì subito
cos’era successo.
“No … che cosa ti ho fatto?...”
mormorò con la voce tremante. Allungò la mano
verso di lei per accarezzarla, ma lei indietreggiò timorosa.
“Ti prego, vieni … vieni qui
…” la implorò; cercò di
avvicinarsi ancora. Questa volta lei non si allontanò, ma
lasciò che lui la abbracciasse, questa volta senza farle
male, e la stringesse al petto.
“Cosa ti stavo per fare? Stavo per …?”
Lei, che intanto si era ripresa e aveva ritrovato la
serenità, lo abbracciò e cercò di
consolarlo.
“No, non mi hai fatto niente, stai tranquillo. Non avevi
intenzione …”
“Ma lo stavo per fare! Kairi, mi dispiace. Lo sai che non ti
farei mai del male!” la voce gli tremava, e lei
sentì una lacrima bagnarle i capelli. Sora stava piangendo?!
Sollevò lo sguardo e vide il suo viso rigato di lacrime, e
lui che piangeva in silenzio per il dispiacere e la vergogna.
“La mia Kairi … La mia piccola Kairi …
Come ho potuto farti questo?”
Kairi gli prese il viso tra le mani. “Sora, non è
stata colpa tua. Quello che stavi per fare era assolutamente naturale,
per questo non te ne sei reso conto. È naturale voler amare
fino in fondo il proprio compagno. Se l’hai fatto,
è solo perché mi ami, no?” concluse per
consolarlo.
Lui, incerto, annuì.
Kairi bisbigliò. “è stato normale
… ma ecco, io ancora non mi sono sentita pronta …
per questo ti ho fermato. Mi dispiace … ma ancora
…”
“No, lascia stare. Non posso pretendere questo. Io voglio
solo stare con te per il tempo che ci rimane. Non ti voglio
costringere. Giuro che non accadrà mai più una
cosa come questa.”
Kairi lo guardò innamorata, colpita dalla sua
lealtà e rispetto verso di lei. “Non importa, ti
perdono …” sussurrò, e tenendosi
abbracciati tornarono a baciarsi.
Così passarono i mesi, finché finalmente
arrivò la vigilia della partenza. Quel giorno era triste.
Per tutti. Perfino Riku faticava a tenere alto il morale degli amici.
Il mattino cercò di allenarsi come sempre, ma era
sinceramente depresso all’idea di stare lontano da casa per
tanti anni. Anche Sora era molto triste: sua madre, quando
gliel’aveva detto che sarebbe stato via così tanto
tempo, si era messa a piangere, abbracciandolo e pregandolo di non
partire. In parte aveva ragione, perché tutta la sua
famiglia era il suo unico figlio: suo marito era scomparso tanti anni
prima; se ora anche Sora partiva, non le sarebbe rimasto nessuno.
Tuttavia capiva che lui non poteva starsene tranquillo a casa: Master
Xehanort avrebbe distrutto l’intero universo, se Sora non
avesse combattuto.
Inoltre, sua madre si era accorta che Sora stava ormai diventando un
uomo: aveva 16 anni, gli allenamenti avevano sviluppato la sua
corporatura, l’amore per Kairi lo aveva fatto maturare
moltissimo. Non era più il ragazzino che girava per i mondi
e cercava di sconfiggere l’Organizzazione XIII, e questo lei
lo sapeva.
Kairi era la più depressa di tutti: sapeva che Sora, pur
essendo lontano da casa, avrebbe comunque combattuto, girato per i
mondi, avrebbe seguito una vita frenetica che gli avrebbe fatto
dimenticare di non essere a casa; lei invece, costretta sulle isole,
avrebbe seguito sempre la monotona vita di tutti i giorni, senza alcun
modo per attenuare un po’ il dolore della separazione. Questo
pensiero la faceva impazzire.
Quella notte, l’ultima, Kairi arrivò al solito
appuntamento prima del compagno. Sapendo che l’indomani
mattina Sora sarebbe partito, non riuscì a resistere e si
mise a piangere. Sora arrivò proprio in quel momento, anche
lui sinceramente depresso. Quando vide il suo amore in lacrime, le
corse subito incontro, abbracciandola e baciandola. Non le chiese
perché stesse piangendo: lo sapeva benissimo anche lui. Ma
c’era una cosa che voleva da tempo fare. Senza dire nulla la
prese in braccio e la portò sulla loro palma. Kairi,
asciugandosi le lacrime, gli chiese che intenzioni avesse. Sora
chiamò il Keyblade e diede un colpo a uno di quei frutti a
forma di stella, che cadde proprio nelle sue mani. Kairi rimase senza
parole. La leggenda. Sora se ne era ricordato. Lui le mostrò
il frutto.
“Dividiamocelo. In questo modo i nostri destini si uniranno,
e così saremo sicuri che un giorno ci rivedremo.”
Kairi provò una gioia immensa. Forse era solo una leggenda,
ma a lei non importava. Se se lo fossero diviso, finalmente sarebbero
stati uniti da un filo indissolubile, che un giorno li avrebbe portati
a rincontrarsi. Annuì, finalmente sorridendo. Sora
staccò un pezzo e lo offrì alla ragazza. Kairi lo
inghiottì lentamente, ad occhi chiusi, sentendo
già come un filo invisibile che lo legava al ragazzo di
fronte a lei. Quando ebbe finito, staccò anche lei un pezzo
di frutta, e imboccò il suo compagno; anche lui
assaporò a fondo quel frutto, prima di inghiottire. Kairi
sentì il filo finalmente completarsi. A quel punto il
ragazzo e la ragazza si guardarono negli occhi. E in quel momento, come
da una fiammella divampa un incendio, il loro amore aumentò
in una passione smisurata. In pochi attimi, furono una nelle braccia
dell’altro, baciandosi e accarezzandosi come mai avevano
fatto. Kairi guardò le pupille del suo compagno, e vide
quella fiamma che aveva visto anche alcune settimane prima. Questa
volta però non ebbe paura. Sorridendo, annuì. A
lui si illuminarono gli occhi, e ricevuto il consenso, la prese per
mano; sempre col cuore infiammato di passione, la condusse dentro la
loro grotta.
I raggi della luna arrivavano fino all’interno della grotta,
illuminando appena i due innamorati che finalmente poterono esprimersi
fino in fondo l’amore tenuto dentro per undici anni. Questa
volta Kairi si sentì pronta. Lasciò che lui la
liberasse e si liberasse dall’ingombro dei vestiti, senza la
minima vergogna, che la facesse sdraiare per terra, e che si stendesse
sopra di lei. Sentì di nuovo i suoi ansimi, i suoi profondi
sospiri innamorati, il suo corpo possente scosso
dall’eccitazione, e non si spaventò.
L’isola, i loro amici, i nemici, gli altri mondi, non
esistevano più, quella notte c’erano solo loro due
nel loro rifugio d’amore, ed entrambi si lasciarono avvolgere
dalla magia che aveva invaso quel luogo. Mentre si tenevano
abbracciati, Kairi quasi d’istinto gli cinse i fianchi con le
gambe, cercando di sentire ancora di più il caldo contatto
del suo corpo; lasciò che scivolasse con dolcezza dentro di
lei, e quasi non sentì dolore, nonostante fosse la prima
volta. Sentì il suo innamorato dare delle spinte lente e
profonde, che aumentarono di intensità man mano, e
guardandolo negli occhi vide la fiamma della passione danzare nelle sue
pupille. Sora continuò a muoversi dolcemente, senza violenza
ma con decisione, e col cuore che gli scoppiava, bisbigliò
con la sua voce calda, dolce e profonda, rotta
dall’eccitazione, nell’orecchio della sua compagna:
“Kairi … ti amo … ti amo
…”. Lei, innamorata e arsa dal piacere, gli
sussurrò di rimando: “Anch’io
… ti amo … tanto …”.
Tornarono a cercarsi, a baciarsi sulle labbra e sul corpo, sempre
più presi, più eccitati e più
innamorati. Dopo molte spinte, sospiri pieni di passione e baci
infuocati, il ragazzo non riuscì più a
trattenersi, e con gli occhi socchiusi, inarcò la schiena ed
emise un gemito più forte e profondo. Contemporaneamente la
ragazza sentì un liquido denso e caldo propagarsi
all’interno del suo ventre. Sora, esausto e stremato,
crollò al fianco di Kairi, ansimando dalla stanchezza. Non
c’era stato un solo attimo di sesso, ma solo amore:
l’amore più puro che ci potesse essere. Rimasero a
fissarsi negli occhi, lei completamente appagata, felice e sentendosi
come in paradiso, senza curarsi del sangue che le sporcava le gambe;
lui sfinito e ansimante, ma sentendosi all’estremo della
felicità, dopo un desiderio esaudito; la
abbracciò e la tirò a sé, facendole
appoggiare la testa contro il suo petto muscoloso, sul suo cuore, che
ancora batteva forte. La accarezzò sul corpo, sui fianchi,
sul seno, sul viso, sui capelli, per farla addormentare, e le
mormorò teneramente nell’orecchio:
“Dormiamo adesso … sono tanto stanco …
amore mio … ti amo da morire …”.
Kairi, cullata da quei dolci battiti, da quelle parole piene di amore e
da quelle calde carezze, si strinse a quel corpo forte e protettivo, e
si addormentò; Sora, sempre tenendola stretta a
sé, rimase ad accarezzarla per qualche minuto e poi
scivolò nel sonno anche lui, sfinito dalla fatica.
Ormai erano uniti per sempre; erano diventati una cosa sola, nessuno li
avrebbe più potuti separare.
Ora nella grotta non arrivavano più i raggi della luna, ma
quelli del primo sole. Kairi fu la prima a svegliarsi, e la prima cosa
che pensò fu quello che era successo la notte prima. Durante
quella notte, entrambi avevano definitivamente abbandonato
l’età dell’innocenza; Kairi ora si
sentiva una donna, per la prima volta: non era più la
ragazzina che nutriva ancora dei sentimenti incerti. Ora quello che
provava le era chiarissimo. Aveva inoltre sentito per la prima volta
nella sua vita delle sensazioni che non aveva mai provato.
Chissà se le avrebbe mai sentite di nuovo? Ma una cosa era
certa: quella notte, quegli intensi minuti, erano stati i momenti
più felici di tutta la sua vita; dopo undici anni di amore
nascosto e celato, pieni di sguardi, sospiri e sogni, e dopo tre mesi
di amore dichiarato, ora avevano finalmente realizzato e coronato il
loro più grande sogno. Non si era mai sentita felice come
durante quegli attimi di amore, tra le braccia del suo compagno,
sentendo i suoi respiri sulla pelle, le sue parole di puro amore, le
sue dolci e calde carezze, che la rassicuravano e la proteggevano, i
suoi occhi azzurri infiammati, i suoi fremiti eccitati, e il culmine
dell’atto … E dopo di esso, aver dormito per una
notte intera abbracciata a lui, aver riposato tante ore sdraiata contro
il suo corpo caldo e forte, l’averne sentito i respiri, i
battiti del cuore, e la voce che ogni tanto nel sonno sussurrava il suo
nome l’aveva protetta da ogni tipo di pensiero o sensazione
triste, compreso il pensiero di che giornata fosse quella.
Guardò il ragazzo che dormiva al suo fianco, sfinito per la
loro unione avvenuta poche ore prima; la notte precedente era stato un
amante pieno di potenza ed energia, ma adesso, stanco, si stava
riposando e riprendendo, abbracciato a lei, con la testa appoggiata sul
suo seno; di sicuro neppure la battaglia contro Xemnas lo aveva
stancato tanto. Sora … Chissà se anche lui si
sentiva un uomo, come Kairi si sentiva una donna? Ma la
felicità che la ragazza provava svanì in un colpo
quando si ricordò che quello non era un giorno qualunque, ma
il giorno della partenza del suo compagno. Impaurita, si
abbracciò stretta a lui, come per cercare protezione; ma
sapeva che questa volta non avrebbe potuto proteggerla. Lui, sentendo
la forte stretta di Kairi, si svegliò. Guardò la
sua compagna, e sorrise, mormorando “Buongiorno, mia
principessa.” Non sapeva di aver appena detto una cosa
più che vera. Strinse forte al suo corpo possente e
muscoloso quello della ragazza, che al contrario era snello, sottile,
slanciato, e la baciò con dolcezza e passione sulle labbra
fresche, sentendo l’eccitazione salire, pronto a ricominciare
l’avventura vissuta insieme la notte prima. Poi
però purtroppo si accorse che era già giorno.
“Oddio, mia madre mi crede ancora nel mio letto, e invece noi
siamo stati tutta la notte fuori! Lei non lo sa!”
“… Nemmeno i miei lo sanno!”
“Presto, rivestiti! Dobbiamo correre a casa prima che i
nostri si sveglino!”
Kairi allora capì: la magia era finita.
Si rivestirono in cinque minuti, e si precipitarono a casa, sperando
che i genitori non li beccassero. Per fortuna erano ancora tutti
addormentati. Arrivati in paese, i due si separarono e tornarono ognuno
a casa propria, giusto in tempo.
Alle 9 in punto la Gummiship del Castello Disney passò a
prendere i due guerrieri. Riku aveva salutato tutti, aveva abbracciato
Kairi ed era pronto a partire per l’ennesima avventura. Sora
aveva abbracciato sua madre, che piangeva disperata, terrorizzata di
perdere la sua unica creatura. Kairi invece, nonostante
l’amore che li aveva legati la scorsa notte, era depressa
più che mai al pensiero di perdere Sora per anni. Sapeva
tuttavia che ormai i loro destini erano legati per sempre. Forse,
quando sarebbero diventati adulti, si sarebbero rivisti …
Appena la navicella fu atterrata, ne uscirono fuori Paperino e Pippo,
che balzarono addosso a Sora e gli fecero un sacco di feste. Poi
invitarono i due a salire sulla nave. “Il Re vi sta
aspettando al castello, vi spiegherà tutto lui.”
Riku salì deciso, Sora invece chiese ai due amici di
aspettare un momento, e corse da Kairi, che si teneva in disparte, e
tremava come se fosse in procinto di morire di freddo. Sora la
abbracciò, accarezzandole i capelli; lei si strinse a lui, e
lo pregò ancora di non partire, non ora che avevano trovato
la felicità vera. Ma lui scosse la testa. Non poteva.
Sarebbe successo un disastro se si fosse tirato indietro.
Però decise di lasciarle qualcosa. Si tolse la sua collana
col pendaglio a corona, e gliela porse. “Due anni fa tu mi
hai dato il tuo portafortuna. Io non ho un portafortuna, ho solo questa
collana, ma spero che vada bene lo stesso.” Kairi
allungò la mano e la prese: non poteva chiedere di meglio.
L’avrebbe sempre tenuta con sé, così
avrebbe avuto la sensazione che il suo innamorato fosse sempre con lei.
Distrutta dal dolore, cominciò a singhiozzare
silenziosamente. Sora allora la abbracciò e la strinse
forte. Si sarebbero rivisti un giorno. Ne era sicuro. Tenendola avvolta
tra le sue forti braccia, le baciò le labbra piano, con
delicatezza e dolcezza infinita. Lei, a occhi chiusi, rispose a
quell’ultimo bacio, e per un minuto lo continuarono,
dicendosi attraverso quel gesto d’amore quello che a parole
non si sarebbero mai potuti dire. Poi si staccarono lentamente,
guardandosi intensamente negli occhi per l’ultima volta.
Kairi lo guardò negli occhi azzurri, con i suoi blu che le
brillavano. “Sora, io ti amo. Ricordatelo. Non dimenticarlo
mai.”
“Anch’io ti amo. Più di qualunque cosa
al mondo. Ti penserò. Sempre. Tu sei la mia luce, e senza di
te non riuscirei a vincere.” Con uno sforzo enorme, sciolse
lentamente l’abbraccio, e ancora la guardò preso
dall’amore più vero che un uomo possa provare.
Poi si voltò e si mise a correre verso la Gummiship,
ordinando alle lacrime di non cominciare a scendere. Raggiunse i suoi
compagni e lo sportello si richiuse. La navicella cominciò a
staccarsi dal suolo, partendo per un’altra avventura. Kairi,
rimasta a terra, la guardò allontanarsi, senza dire o
pensare nulla. Si sentiva morta dentro. Ma Kairi non sapeva che
qualcuno, lontano dalle Isole del Destino, aveva bisogno di lei, e che
presto la sua vita sarebbe cambiata completamente …
Note mie:
chiaramente, se fossimo stati nel videogioco il problema
del livello di combattimento non si sarebbe posto, dato che quando
comincia una nuova avventura, tutti i personaggi tornano al livello 1.
XD E adesso finalmente mi diverto a scrivere i prossimi capitoli! La
carissima Kairi non farà la vita monotona che temeva...
Anzi! Beh, commentate!
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Capitolo 6 *** La vita cambia ***
E rieccomi di nuovo! Da
questo capitolo in poi mi diverto, ora che il carissimo Sora si
è finalmente tolto dalle scatole!
Ottoperotto:
Ed ecco il mio
lettore ufficiale! Davvero pensi che lo abbia scritto bene lo scorso
capitolo? Ma graaazie! Si, si, lo so che Sora è uno
sporcaccione, ma sai com'è, è "la natura". Mi
raccomando, continua a seguirmi almeno tu, perchè ormai ho
capito che se una fanfic su KH non è Yaoi, non piace a
nessuno. E invece lo Yaoi è proprio il genere che detesto!
Siamo messi bene! Ah ... Da dove scrivi? ... E io che ne so! Da casa tua, suppongo! XD No, sono troppo tonta!
La vita
cambia
E
così Kairi riprese la vita di tutti i giorni. Con una
difficoltà enorme, dovette abituarsi a vivere senza Riku e
senza Sora. Durante i primi giorni era quasi completamente apatica, e
sembrava indifferente a qualunque cosa accadesse intorno a lei. Alla
sera si sentiva male, quando arrivavano le 9, e pensava ogni volta:
“A
quest’ora, se Sora fosse ancora qui, adesso starei
già andando alla nostra isola per incontrarlo
…”
La notte aveva sempre
degli incubi oppure si metteva a piangere. Quel clima così
familiare, dove ogni cosa che vedeva per strada le faceva ricordare
Sora, la stava lentamente uccidendo, ogni giorno un po’ di
più. Avrebbe preferito non vivere più nelle Isole
del Destino, ma in un altro mondo, uno qualsiasi, per poter alleviare
un po’ il dolore, cercando di dimenticarsi gli ultimi
avvenimenti; ma come faceva? Non aveva modo di allontanarsi, e quella
comunque era la sua casa: non poteva abbandonarla.
Gli altri amici
dell’Isola cercavano di fare di tutto per tirarla un
po’ su, ma sembrava proprio impossibile.
Dopo alcuni giorni, nel
primo pomeriggio gli abitanti dell’isola sentirono un rombo
assordante. Non c’erano dubbi: era il rumore di una Gummyship
in atterraggio! Tutti si precipitarono alla spiaggia, Kairi in testa;
formulò un pensiero assurdo, ossia che Sora era tornato da
lei! Ma rimase molto delusa quando vide che dalla nave non scesero i
suoi amici, ma alcuni abitanti del Radiant Garden: Aerith e Yuffie.
Kairi le guardò sospettosa. E adesso cosa succedeva?
Volevano causarle altri problemi anche loro? Tuttavia si sentiva anche
in qualche modo rassicurata dalla loro presenza: dopotutto le
conosceva, le aveva viste due anni prima, alla Città di
Mezzo.
Le ragazze scesero
dalla navicella e, ignorando il resto degli abitanti, si rivolsero
direttamente a Kairi. Con enorme stupore della ragazza, le due si
inchinarono profondamente a lei. Kairi era piuttosto confusa.
“Non capisco
… Perché vi inchinate a me?”
“Perché
finalmente dopo anni possiamo rivederti, principessa.”
A Kairi
scappò da ridere, nonostante la depressione. Certo, era una
principessa del Cuore, ma solo in senso figurato.
“Guardate che
io non sono mica la principessa di un regno, sono solo una ragazza dal
cuore puro …”
“Chi te
l’ha detto questo? Ne sei sicura, altezza?”
“Ma certo che
ne sono sicura!”
“E invece ti
assicuriamo che è così. Tu non sei una
principessa qualunque, ma sei la figlia di Ansem, il sovrano del nostro
mondo, del Radiant Garden.”
A Kairi girava la
testa. Lei, figlia di Ansem il Saggio? L’aveva visto, al
Mondo Che Non Esiste. Ma non aveva mai pensato di essere sua figlia. A
un tratto si ricordò che era morto: si era sacrificato per
salvare lei e gli altri.
“Ma
… Sentite, io non ci capisco niente!”
“Non
preoccuparti, è normale. Ma una cosa è
fondamentale che tu sappia: la monarchia al Radiant Garden è
di tipo ereditario, tu sei l’unica figlia del grande Ansem
rimasta, e per giunta dal cuore puro. Oh, Kairi, sapessi quanto ha
sofferto il nostro mondo quando sei scomparsa, dodici anni
fa!”
“Scomparsa
…? Ma allora, il mondo da cui provengo è
…?
“Esatto, tu
sei la principessa legittima del tuo regno. Kairi, il nostro mondo sta
attraversando un sacco di problemi da quando sei scomparsa. Ancora non
sappiamo chi ti ha rapito a noi … Ma resta il fatto che ora
ti abbiamo ritrovata. Maestà, tutti noi al regno abbiamo
bisogno di te, tu sei la nostra guida, il nostro capo, la nostra
salvezza … Ti preghiamo, vieni a vivere al tuo regno, nel
regno di tuo padre e dei tuoi antenati, dove avresti sempre dovuto
vivere.”
“Sentite, io
sono lusingata dalla vostra offerta, ma io … Non me la
sento. Cioè, io non me ne intendo, non sono assolutamente in
grado di governare un regno. Come potrei? Vi porterei più
danno che altro!”
“Non devi
preoccuparti di questo. Ti insegneremo tutto noi. Leon sa come si fa.
Negli ultimi anni, quando il nostro Re si è allontanato dal
regno per aiutare Sora, ha assunto il ruolo di capo provvisorio del
regno. Ma lui non può fare il principe. Non è
qualificato. Ma in pochi anni ha imparato tantissimo su come si guida
un mondo. Comunque ti capiamo. Non preoccuparti, sappiamo che Sora e
Riku sono partiti e non torneranno per anni. Topolino ci ha informati.
Forse sei ancora sconvolta e scombussolata, e hai bisogno di
riflettere.”
“Si
… Lasciatemi pensare alla cosa ancora per un po’
…”
Kairi, camminando
meccanicamente come un automa, si diresse verso casa. Yuffie
guardò infastidita gli abitanti lì riuniti, che
avevano seguito la conversazione a bocca aperta.
“Beh?! Che
avete da guardare? Non avete niente di meglio da fare?”
Gli abitanti ripresero
conoscenza e si allontanarono in fretta, facendo finta di nulla.
Kairi, arrivata a casa,
si buttò sul letto, e terribilmente confusa, si
addormentò. Mentre dormiva continuava a pensare
all’assurdità della situazione. Lei, a capo di un
regno? Ma era solo una ragazza! Come poteva rappresentare un punto di
riferimento per un intero popolo?! L’unica conclusione che ne
trasse era che Aerith e compagnia bella erano completamente matti!
Forse non era nemmeno vero … Magari le stavano solo facendo
uno scherzo di cattivo gusto. E lei come una scema ci era cascata!
Certo, doveva essere così! Ma a quel punto, Kairi
sentì una voce. Era una voce che non aveva mai sentito
prima, ma sembrava che assomigliasse alla sua … Una voce di
ragazza.
“Senti, non
pensare che stiano cercando di imbrogliarti. È tutto vero,
non preoccuparti di questo. Ascoltali e cerca di capirli: il Radiant
Garden ha bisogno di una guida, non può continuare in questo
modo. Ogni ambiente e ogni posto ha il suo capo: la foresta ha il
cervo, la giungla ha il leone, ma il Radiant Garden non ha nessuno su
cui contare. La principessa del regno sei tu, e nessun altro
all’infuori di te! E non è solo il tuo regno
legittimo: è anche la tua casa, il luogo a cui appartieni;
come puoi rinnegarlo e ignorarlo così?!”
A quel punto il sogno
finì, e Kairi si svegliò, sudata e più
stanca di prima. Quella ragazza … Chi era? Le sembrava di
avere già sentito la sua voce da qualche parte, ma non
ricordava né dove né quando, e la cosa non le
piaceva per niente. Comunque riconobbe che aveva ragione: era giusto
che tornasse al mondo da cui proveniva, e inoltre questa era
un’ottima occasione di lasciare le Isole del Destino. Se
doveva governare il suo regno, avrebbe avuto da fare talmente tanto che
di certo si sarebbe dimenticata che Sora non era più con
lei; così il suo dolore si sarebbe un po’
attenuato. Fu quel particolare a farla decidere.
Senza indugiare,
raccattò un po’ di biancheria e di vestiti, li
mise in una valigia, e si preparò a partire. Prima di
avviarsi, prese la collana di Sora, che teneva sul comodino, e se la
mise in tasca; quella era l’unica cosa da cui non si sarebbe
mai e poi mai separata.
Quando uscì
dalla sua stanza, frastornata, trovò i suoi genitori
adottivi che la stavano aspettando.
“Mamma,
papà, sentite, io …”
“Non
preoccuparti, Kairi. Sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato, prima
o poi. Ma non saremo noi a trattenerti. È più che
giusto che tu torni alla tua vera casa.”
Kairi li
guardò piena di riconoscenza: non solo quei due
l’avevano cresciuta come una figlia senza pretendere nulla da
lei, ma adesso la lasciavano addirittura andare via senza rancori nei
suoi confronti. Kairi li abbracciò commossa.
“Abbiamo
sentito che governerai un intero regno. Non avere paura: hai tutte le
carte in regola per essere un’ottima principessa. Il tuo
carattere altruista e giusto ti aiuterà moltissimo, vedrai.
Figliola, non dimenticarti di noi.”
“No che non
vi dimenticherò! Voi sarete sempre i miei
genitori.”
“Vieni, ti
accompagniamo alla spiaggia. I tuoi amici ti aspettano lì,
no?”
“Suppongo di
si.”
La Gummyship era sempre
lì, e Kairi chiamò Aerith a gran voce. La ragazza
scese, e quando vide la valigia, spiegò a Kairi:
“Non
c’è bisogno che porti i tuoi vecchi vestiti, non
ti serviranno. I vestiti da principessa te li procuriamo noi.”
Kairi lasciò
cadere la valigia, e si guardò alle spalle. Oltre ai suoi
genitori, tutta la gente dell’isola si era riunita di nuovo,
per salutarla un’ultima volta. Ognuno di loro aveva
conosciuto Kairi, e il fatto che la ragazza stesse per sparire per
sempre dalle loro vite aveva fatto intristire tutti, ma
contemporaneamente erano felici che avesse trovato il suo posto nella
vita. Kairi salutò tutti, stavolta ben decisa a non piangere.
Poi salì
sulla Gummyship con il suo inconfondibile portamento regale, che aveva
fin dalla nascita, e la navicella partì. Tutta la gente
rimase sulla spiaggia, agitando la mano in segno di saluto; molti
stavano piangendo. Kairi, una volta che lo sportello si fu richiuso,
non seppe descrivere le sue emozioni. Si sentiva lacerata dentro per il
fatto che non avrebbe più rivisto i suoi compaesani, ma
contemporaneamente era anche decisa: era ora di dimenticare il passato!
Era ora di rifarsi una nuova vita, nel futuro luminoso che si apriva
nella via davanti a lei e di assumersi le sue responsabilità
di sovrana! Mentre la Gummyship si allontanava dalle Isole, Kairi
strinse forte il ciondolo che Sora le aveva regalato, e una sola cosa
riuscì a pensare: Sora materialmente non era più
con lei, non avrebbe mai più riempito le sue notti, non
avrebbe più potuto abbracciarla, accarezzarla e baciarla, ma
sapeva che spiritualmente sarebbe sempre stato con lei. Concluse il suo
pensiero pensando alle parole di una canzone che aveva sentito
tantissime volte:
Devi
solo sentirti al sicuro, c’è qualcuno che
è sempre con noi.
Alza
gli occhi e se vuoi, tu vederlo potrai,
e i
perché svaniranno nel blu.
Note mie: ed
ecco che la carissima ragazza torna a casa! Vedremo come
regnerà. Beh, non lo so neanch'io, dato che scrivo un
capitolo per volta e ancora non ho molto chiaro come
scriverò i prossimi. Ho solo in mente la trama principale e
i personaggi. Ma ho raccontato un po' tutto a una mia amica, e lei, che
è molto sensibile, quasi si è messa a piangere e
ha detto che è bellissima. Speriamo ...
Ah, le parole della canzone sono di "Circle of Life". Quella che ho
scritto è la parte più bella, e guardacaso
è proprio quella che nel re leone non hanno messo! E la
parte della metafora col cervo e il leone l'ho presa dal Vangelo. Beh,
non è proprio uguale ... L'ho un po' modificata. Nel Vangelo
dice qualcosa come "Gli uccelli hanno il nido, la volpe la tana, ma il
figlio dell'uomo non ha dove posare il capo." E detto questo ... vi
lascio alla lettura e vado a giocare a 358/2 Days!!
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Capitolo 7 *** Ritorno al regno ***
Evvai! Teoricamente avrei dovuto
aggiornare o stasera o domani, ma oggi sono di buon umore, dato che ho
preso 6 1/2 in italiano e matematica! Bisogna festeggiare!
Perciò aggiorno ora. Ma prima ...
Ottoperotto:
Sospettavo che
venissi dalla Svizzera, perchè l'hai già detto
un'altra volta ... Ma in quel momento non mi è venuto in
mente. ^^' Beh, io vengo da Pesaro, nelle Marche. Che dire, siamo
vicini di casa. XD Quà la mano, fratello! (forse sai parlare
anche il tedesco.) Uh, bè, si, la voce che parlava a Kairi
era UNA voce fuori campo, non LA voce fuori campo. Poveretta, mi
dispiace per lei!
nueblackcrowfriend:
Uh, grazie! In
effetti, ho provato a rileggere tutta la mia fanfic da capo, e devo
dire che mi è proprio venuta bene. Per ora sono soddisfatta.
Ah, riguardo al nostro dubbio ... Per chiarirlo ho guardato
direttamente su Kingdom Hearts Wiki (in inglese), e ... Beh, abbiamo
sbagliato entrambi!XD Dice così: "Nine years before the
events of the first Kingdom
Hearts game,
Kairi appeared off the coast of the Destiny Islands during a meteor
shower." Cioè "9 anni prima KH, Kairi è apparsa
sulla costa delle Destiny Island durante una pioggia di comete."
14-9=5. Kairi quindi aveva 5 anni, non 4. Ho sbagliato di un anno!XD
Dilemma risolto!
Avis:
Una nuova
lettrice!! Bene, bene! Siamo a quota 3! Raccogliamo seguaci e
conquistiamo il mondo!! No, OK, io sto troppo sulla Nonciclopedia ...
Graaazie per i complimenti. Continua a seguirmi!
Capitolo
7- Ritorno al regno
Durante il viaggio, finalmente Kairi incominciò a
rilassarsi. E a quel punto ripensò alle parole di Yuffie e
Aerith. Ora era veramente curiosa di saperne di più sul
Radiant Garden.
“Sentite, perché Leon non è adatto per
governare?”
“Beh, principessa, perché solo le persone col
cuore puro possono governare da noi. È la legge, capisci?
Leon ha governato per due o tre anni, ma lui non ha il cuore puro. Non
può farlo, teoricamente. Ha governato lui solo
perché non avevamo alternative.”
“Ma voi mi conoscevate già! Perché me
lo dite solo ora che sono la vostra principessa?”
“Non abbiamo voluto dirti niente, due anni fa, per non darti
un trauma. Allora avevi solo 14 anni, non sapevamo se avresti retto a
una notizia così. Inoltre, Ansem se n’era appena
andato, e ci eravamo tutti illusi che Leon ci avrebbe potuto guidare
bene. Ma non è stato così. E quando abbiamo
sentito da Topolino che eri rimasta sola, abbiamo pensato che questa
era una buona occasione per dirtelo.”
“Già, certo … E … la
monarchia al Radiant Garden com’è? È
assoluta? O parlamentare?”
“è assoluta, Kairi.”
“Ma … Come? Non c’è pericolo
che un vostro sovrano vi governi in modo sbagliato? È
rischiosa la monarchia assoluta, sapete?”
“No che non lo è! Non pensare che la legge dei
principi dal cuore puro l’abbiamo fatta così,
perché ci andava. Tutte le nostre leggi hanno un
perché e una motivazione: se un principe ha il cuore puro,
non potrà mai diventare un tiranno, essendo il suo cuore
privo di Oscurità. Capisci, principessa?”
“Già … Ingegnoso. Non ci avrei mai
pensato!”
“Quindi, per esempio, tu, che hai il cuore puro, non potresti
mai farci del male.”
“Certo che non vi farei del male! Il compito di un sovrano
è proteggere e sostenere i suoi sudditi, non
calpestarli!” Gridò Kairi indignata.
“Giusto, principessa! Vedi che sei uguale a tuo
padre?”
“Ma … Un attimo! Questo significa che anche mio
padre aveva il cuore puro?”
“Già! Sembra incredibile, ma è
così! Credimi, Kairi, durante il regno di Ansem, il Radiant
Garden ha conosciuto uno splendore mai visto prima! Noi ci aspettiamo
da te quello che ci siamo sempre aspettati da lui!”
Kairi annuì, un po’ intimorita.
“Farò del mio meglio!”
A quel punto Kairi sentì un doloretto su un fianco, che in
pochi attimi si espanse in tutto l’addome. Era qualcosa di
simile al mal di mare … Strano. Lei non aveva mai sofferto
il mal di mare. Emise un gemito di dolore; Aerith si voltò
preoccupata.
“Tutto bene, altezza?”
“Si, si … Credo di avere un po’ di mal
d’auto …”
Yuffie si strinse nelle spalle. “Non preoccuparti: 10 minuti
e siamo arrivate!”
Durante l’atterraggio della Gummyship, Kairi
guardò fuori dal finestrino, e vide tutta, ma proprio tutta
la gente del regno riunita nella Piazza del Mercato che seguiva con lo
sguardo la navicella, col fiato sospeso. Kairi cominciò a
sentirsi a disagio. Non avrebbe mai pensato che ci potesse essere una
tale concentrazione di gente in un unico posto. Quando la navetta fu
atterrata, prima uscirono Aerith e Yuffie, seguiti dalla principessa.
Quando guardò quella massa di gente, notò che
tutti la stavano fissando, in un silenzio assoluto. Non si sentiva
volare una mosca. Di certo si aspettavano che Kairi dicesse qualcosa.
Allora la ragazza, imbarazzatissima, si schiarì la voce e
balbettò, col sudore che le inumidiva il collo
“Sa- salve. Sono, ehm … Kairi! La figlia di
Ansem”. La gente sgranò gli occhi per un momento.
Poi scoppiò il finimondo. Tutti si avvicinarono a lei,
esultando dalla felicità, chiamando la principessa a voce
altissima. Leon e Cloud si misero in mezzo per cercare di tenerli
lontani, ma nulla può fermare un popolo pazzo di gioia. Una
signora un po’ grassa, di una sessantina d’anni,
riuscì ad arrivare a Kairi, la strinse in un abbraccio
materno e singhiozzò commossa “Ma come ti sei
fatta grande, carina! E pensare che io ti ho vista che eri piccola
così, quando ancora eri dentro la culla! Mamma mia, come
passa il tempo!” Ci vollero parecchi minuti perché
gli amici di Kairi riuscissero a allontanare tutti. “Vi
prego, signori, calma! La nostra giovane principessa è
appena arrivata! Vogliamo darle un po’ di
respiro?!” Sbarazzati tutti, Leon e gli altri guidarono Kairi
verso il castello che era sempre appartenuto alla sua famiglia. Durante
la strada, Aerith le chiese, premurosa “Ti è
passato il mal di pancia?” Kairi, più morta che
viva, rispose “Si … Credo proprio che mi sia
passato …”
Arrivarono al castello dopo pochi minuti di cammino. Era un bel
castello, imponente, che si affacciava proprio sulla Piazza del
Mercato. Era un po’ sopraelevato rispetto al resto della
città. “è una posizione strategica,
capisci?” Spiegò Yuffie. Già. In questo
modo, dalla cima del castello, si potevano scorgere molto facilmente
eventuali Heartless in giro. I ragazzi condussero Kairi dentro il
castello. Subito dentro il portone, c’era un enorme salone.
Alla principessa venne il capogiro solo a guardarsi intorno, tanta era
l’immensità di quel luogo. E dal salone,
partiva un lungo corridoio bianco, che arrivava fino ai piani
superiori, con molte porte sulle pareti. Kairi rimase a bocca aperta.
Tutto questo … apparteneva a lei?!
Aerith, ben decisa a conquistarsi la simpatia e la fiducia della
ragazza, le chiese indulgente: “Non ti aspettavi di possedere
tutto questo, vero? E adesso cosa vuoi fare? Visitare per bene il tuo
castello, o dormire, prima?” Kairi tornò in se.
“Non potrei prima dormire? Sono così frastornata
…” “Ma certo! Ma guarda che non devi
mica chiedere il permesso a noi! A casa propria, ognuno fa quello che
gli pare! Ora vieni, ti mostro la tua stanza.” Kairi
seguì la ragazza su per la scala. Al primo piano, Aerith
aprì la porta in fondo al corridoio. Dentro c’era
la più bella camera da letto che Kairi avesse mai visto!
Aveva una grandezza che era il triplo del salotto della sua vecchia
casa. Per terra c’era un bel tappeto vellutato, verde:
probabilmente perché il verde è un colore
rilassante, che stimola il sonno. Poi, un enorme armadio copriva
un’intera parete. “In generale,
quell’armadio serve per contenere i vestiti di due persone
… Ma tu qui sei da sola, quindi te ne basterà la
metà.” Spiegò Aerith. Infine, di fronte
alla porta c’era un bellissimo letto con le coperte color
fragola e un copriletto di seta verde. Kairi si avvicinò e
provò a sentire com’erano al tatto: a toccare le
coperte il dito sprofondava. Al muro vicino al letto c’era
una grande porta-finestra con un elegante terrazzo, che dava la vista
su tutto il regno.
Kairi non avrebbe potuto chiedere di meglio. Strinse le mani ad Aerith,
che ormai considerava già sua amica, ed esclamò
riconoscente: “Grazie, grazie! Il castello lo
visiterò domattina. Adesso vado a dormire.” Aerith
sorrise. “La camicia da notte è nel primo cassetto
in alto dell’armadio.” E uscì dalla
stanza, chiudendo la porta.
Kairi però era talmente stanca che si lasciò
cadere sul letto senza nemmeno cambiarsi. Era completamente sfinita e
confusa: fino a un giorno prima era una normalissima ragazza, e adesso
era diventata di colpo una principessa, senza neppure rendersene conto,
e per motivi che ancora non riusciva a capire. Ma ora era inutile
preoccuparsi del perché: erano i fatti che contavano. Bene.
Dall’indomani avrebbe agito e si sarebbe comportata
esattamente come una principessa!
“Che razza di casino …” Fu il suo ultimo
pensiero prima di addormentarsi.
Note mie:
Ebbene, da domani la nostra Kairi incomincerà a fare il suo
dovere! Direi che era proprio ora! Vedremo i suoi sudditi come si
comporteranno con lei! Il capitolo è venuto corto da matti,
ma più lungo non sono riuscita a farlo ... Beh, è
il contenuto che conta, no?
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Capitolo 8 *** Essere principi ***
Essere principi
Oggi sono di nuovo di buon umore,
avendo preso tra il 6 e il 7 in costruzioni! Perciò ...
Nuovo capitolo!
Ottoperotto:
Uuuh, sai parlarlo proprio bene il tedesco. Ecco il mio: guten morgen.
Stop.XD In certe parti della Svizzera sanno anche il francese... Tu lo
sai?
Avis:
si, ma quando mi gira bene io potrei anche scrivere un capitolo al
giorno. Per pura combinazione, sti giorni mi sento proprio ispirata.
Quindi aggiornerò spessissimo! Grazie per aver messo la storia tra i preferiti!
nueblackcrowfriend:
si, nella Wikipedia dicono un mucchio di cacchiate, lo so. Ma io parlo
di KH Wiki, che è una cosa diversa. Lì le cose
sono giuste, non ti preoccupare!
La principessa si svegliò abbastanza presto,
perché la sera prima, da quanto era stanca, si era
addormentata dimenticandosi di chiudere le tende alla finestra.
Così la luce dell’alba le arrivò dritta
in viso. Si strofinò un po’ gli occhi per
svegliarsi del tutto e guardò l’orologio a muro.
Le sette e mezza. Di sicuro tutto il resto del castello ancora dormiva.
Meglio. Così avrebbe avuto il tempo di pensare un
po’. Per una mezz’ora, non fece che interrogarsi
sui suoi doveri. Cosa voleva dire esattamente essere una principessa?
Come avrebbe dovuto governare? Ovviamente lei non poteva saperlo. Solo
Aerith, Tifa e gli altri avrebbero potuto spiegarglielo. Mentre era
immersa in questi pensieri, sentì bussare timidamente alla
porta.
“Avanti!” gridò Kairi.
Entrò una giovane cameriera, col camice bianco. Teneva in
mano un vassoio con caffelatte e brioche. Dunque Leon e gli altri amici
avevano già provveduto ad assumere tutto il personale. Che
gente previdente!
La cameriera si inchinò come meglio poteva, essendo
intralciata dal vassoio.
“La colazione, Altezza.”
“A letto?!” Chiese Kairi incredula.
“Si, certo. Al Radiant Garden si è sempre fatto
così. Anche da piccola ricevevi la colazione a
letto.”
“Beh … Grazie!”
“Buon appetito, Altezza.” Augurò la
ragazza prima di uscire dalla stanza.
“Aspetta! Sai Aerith e gli altri dove sono?”
“Loro sono in città, ma verranno a prenderti alle
nove. Hai tutto il tempo di prepararti!”
Rimasta sola, Kairi incominciò a mangiare. Stranamente
quella mattina aveva più fame che in quelle precedenti
… Il motivo non seppe spiegarselo, decise quindi di mangiare
e basta. Bevve due tazze di caffè e latte e
mangiò tre brioche con la marmellata. Poi si
alzò, in forma ottimale, e uscì dalla stanza. In
corridoio, gettò un’occhiata intorno. Nulla da
dire. Un castello meraviglioso. Chiamò uno del personale,
che stava passando in quel momento, e chiese dove fosse il bagno.
“In fondo al corridoio, l’ultima porta a
sinistra.”
In bagno, Kairi si fece una bella doccia calda, poi si mise un
asciugamano; incominciarono i primi problemi: Aerith aveva detto, prima
della partenza: “I vestiti te li procuriamo noi.”
Ma che vestiti? Mentre se lo stava chiedendo, sentì la voce
di Aerith: “Kairi! Kairi!” Già arrivata?
Ma mancava ancora mezz’ora! Kairi si affacciò alla
porta del bagno.
“Aerith, sono qui!”
“Ah, buongiorno, cara! Hai dormito bene?”
“Certo, non ho mai dormito in un letto così
comodo! Ma … Come mai qui così presto?”
“Ho deciso di venire mezz’ora prima, per vedere se
avevi bisogno di aiuto.”
“Ecco, capiti proprio a fagiolo! Che vestiti mi devo
mettere?”
“Uh, giusto! Vieni con me!”
La riportò in camera, e aprì l’armadio.
Lì, appeso a un gancio, c’era l’uniforme
che avrebbe dovuto indossare d’ora in poi. Era un vestito di
stoffa bianca, senza maniche, molto attillato. I pantaloni erano
anch’essi bianchi, e arrivavano fin sopra il ginocchio.
Attillati anche questi. Poi, le spalle, le braccia e parte delle gambe
erano coperte da un’armatura leggera, grigia con riflessi
azzurri. Era un vestito bellissimo. Ma …
“Perché ha l’armatura?”
“Perché i principi qui sono dei guerrieri che
combattono per proteggere il popolo. Quindi un minimo di protezione il
vestito lo deve avere. Ed è attillato in questo modo
perché non intralci durante i combattimenti. Dai, provalo,
vediamo come ti sta!”
Kairi lo indossò subito. Era proprio della sua misura. E
incredibilmente comodo.
“Davvero bello, Aerith!”
“Ma la parte migliore deve ancora arrivare!”
Aerith aprì un cassetto, e ne tirò fuori un lungo
e bellissimo mantello di seta rossa, con dei magnifici decori
argentati. Kairi rimase a bocca aperta.
“è per me?!” Chiese incredula.
“E per chi, se no? Dai, mettitelo!”
Kairi si legò il lembo senza rifiniture intorno al collo,
con un doppio nodo perché non si sciogliesse. Era ancora
più bella con quel mantello rosso-argentato.
“Sei uno splendore, Altezza! Il mantello coi decori
d’argento è il segno distintivo delle principesse,
al Radiant Garden. I principi maschi, i decori li hanno
d’oro. I principini invece portano il mantello rosso senza
decori. Quando eri piccola, non vedevi l’ora di diventare
grande solo per poter indossare il mantello decorato, questo mi hanno
detto i più anziani della città.”
Kairi si sentiva proprio a suo agio in quegli abiti regali.
Mentre si stava contemplando allo specchio dell’armadio,
sentì bussare alla porta.
“Avanti!”
Entrarono Yuffie, Tifa, Cloud, Leon, Cid, Yuna, Rikku,
Paine e Merlino. E un graziosissimo Moguri. Tutti
si inchinarono rispettosamente, e Leon si fece avanti.
“Kairi, tutti i tuoi sudditi qua fuori ti stanno
aspettando.”
“Come?”
“Si. Vai sul tuo terrazzo, e salutali.”
Kairi, incuriosita, uscì sul balcone della sua camera, e
rimase a bocca aperta quando vide che tutta la gente si era di nuovo
riunita nella Piazza del Mercato. Aerith uscì con lei, e
sollevò bene in alto un lembo del mantello di Kairi,
perché tutti potessero vederlo. A quella vista tutta la
gente si mise a esultare, gridare e inchinarsi.
“Evviva Kairi!” “Evviva la nostra
principessa!”
Kairi capì quello che deva fare. Alzò la mano
destra per salutare il suo popolo, poi Aerith la fece rientrare.
“Davvero gente brava!” Commentò Kairi
soddisfatta.
“Già, principessa, e ricorda che devi amare i tuoi
sudditi, se vuoi essere amata da loro!”
“Certo, Aerith! Questo lo do per scontato.”
“Però …” si fece avanti Cloud
“Qualunque cosa tu decida di fare non permettere mai e poi
mai a loro di entrare in troppa confidenza con te! Anche se sei di
natura modesta, non dirgli mai, per esempio, che non
c’è bisogno che si inchinino a te. Se arriverai a
questo, non saranno più i tuoi sudditi, e tu non sarai
più la principessa, ma sarai una di loro. È
importante che i sudditi ti rispettino. Capisci, Kairi?”
“Uh … Certo! Starò
attentissima!”
Leon aggiunse “Ti porto a fare il giro del regno, va
bene?”
Yuffie si intromise “Ma quanto rompi, Squall! Prima lascia
che la porti a fare un giro per il castello. La sua casa la deve
conoscere! Vieni, Kairi?”
Kairi seguì la ragazza. E lei le mostrò ogni
cosa. La portò nel salone, e le mostrò le stanze
ad esso collegate: la sala da pranzo, la cucina (e i cuochi) e il
salotto. Poi, al primo piano, le camere da letto, il bagno e la
biblioteca. Al secondo piano, le stanze per i servi e i cuochi. Poi le
indicò la mansarda. “Ci sono un sacco di cose
strane lassù. Ma nessuno ci và mai.”
Poi la portò nel cortile interno. C’era un
magnifico giardino ben curato, con un sacco di alberi, cespugli, fiori
e vialetti lastricati.
A Kairi tutto pareva splendido. Ancora stentava a credere che tutto
questo fosse reale. E tutto, ma proprio tutto, apparteneva a lei! Cosa
avrebbe potuto chiedere di più?
Finito il giro, Leon condusse la principessa a fare il tour del regno.
Fu un lungo cammino. Dalla Piazza del Mercato la portò nel
Borgo. “Qui c’è la casa di Merlino, dove
veniamo spessissimo anche noi. Se vuoi trovarci, siamo quasi sempre
qui.” Poi la condusse nell’Area Fortificata, e
dall’alto della muraglia le mostrò il panorama.
Kairi aguzzò la vista. “Ma …
C’è un altro castello laggiù!”
“Già, c’è un altro castello.
È la Fortezza Oscura quella. Una volta ci stava
Malefica.”
“Ah, è quello dunque il castello dove ho perso il
cuore, due anni fa.”
“Proprio quello. Ma se mi segui te lo mostro
meglio.”
La prossima tappa fu l’Area in Costruzione, seguita
dall’Entrata Posteriore.
“Questo è l’ingresso segreto del tuo
castello. Laggiù, dopo i Corridoi, c’è
lo studio di tuo padre, dove faceva le ricerche sugli Heartless. E
c’è il computer con l’accesso al mondo
di Tron. ”
Poi rifecero la strada all’inverso fino all’Area
Fortificata, e da lì si diressero verso i confini della
città, poi attraversarono il Sentiero nella Gola, entrarono
nella Crepa di Cristallo, percorsero il Crepaccio e arrivarono infine
all’Abisso Oscuro.
Kairi era senza fiato per la stanchezza. Ansimando chiese
“Quella è … la Fortezza
Oscura?” Ora si vedeva benissimo. Era a un paio di chilometri
di distanza.
“Già … Spaventosa, eh? Sappi che meno
ti ci avvicinerai, meglio è.”
“Quanto … Abbiamo camminato?”
“Beh … Suppergiù cinque
miglia.”
“Cinque miglia?!”
“Già. Ma fattici l’abitudine,
perché questo percorso tu dovrai farlo tutti i
giorni.”
“Come tutti i giorni?!”
“Già. Alla mattina presto e al pomeriggio
inoltrato dovrai pattugliare il perimetro del regno. Per scoprire
eventuali nemici. Gli Heartless, per capirci. E combatterli e
sconfiggerli.”
“Combattere? Ma io non sono capace! Sora e Riku non mi hanno
portato con loro proprio per questo!”
“E allora? Cosa credi, che Sora sia nato già
capace di combattere? Lui si è allenato, e ha imparato; e
così farai anche tu. Hai il Keyblade, no? Bene. Da domattina
verremo qui, e ti allenerò finché non avrai
imparato. Dovrai usare la tua arma con destrezza e apprendere le magie.
Allora sarai pronta. Non esiste un principe incapace di combattere.
Come pensi di proteggere la tua gente, se non sei capace di tenere in
mano un’arma?”
Kairi riconobbe che aveva ragione. “D’accordo,
Leon, se è quello che devo fare, lo
farò!”
Ritornarono a casa, e Kairi si informò da Tifa su come
avrebbe dovuto governare.
“Beh, Altezza, è molto più semplice di
quello che pensi. Sappi che i contatti del Radiant Garden con gli altri
mondi sono praticamente nulli, e quindi devi solo sistemare le faccende
interne al regno. Poveri in città non ce ne sono, tutti
conducono una vita agiata; il compito fondamentale di un principe
è mantenere la sicurezza nel regno, combattendo gli
invasori. Ora capisci perché devi imparare a
lottare?”
Kairi capì. Stranamente, non si sentiva oppressa dai suoi
futuri doveri: ormai aveva capito che quel mondo era il suo mondo. Era
la vita che era scritta per lei fin dalla sua nascita, e trovava
naturale il doversi prendere sulle spalle una tale
responsabilità. Si staccò dai suoi compagni, e
attraversò correndo il castello. Arrivò fino in
cima alla torre più alta, ed uscì dal piccolo
balconcino in alto. Era il punto più alto della
città; da lì abbracciò il suo regno
con lo sguardo, e nella luce del mezzogiorno, che faceva scintillare
l’argento del suo mantello, alzò fieramente la
testa, pronta a cominciare la sua nuova vita.
Note mie: oggi
non ho niente da aggiungere ... Strano, vero? XD
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Capitolo 9 *** L'allenamento ***
Ed eccomi di nuovo! Che bello,
oggi è sabato, si và a mangiare sushi con gli
amici!! Ok, questo non c'entra nulla ... Le recensioni!
Ottoperotto:
hai proprio ragione, mi sa che vi sto viziando troppo. Ok, allora ...
Un capitolo al mese, d'ora in poi! No, eh? Scommetto che questo non lo
volete! Io sinceramente non lo vorrei! Personalmente non mi piacciono
quegli autori che scrivono una bella storia, e poi aggiornano una volta
ogni 2 mesi. Io, quando per esempio comincio a leggere un libro, non lo
metto giù finchè non l'ho finito. E allora
dò per scontato che sia così anche per voi. Ah
... Uao, sai proprio parlarle le lingue. Io so l'italiano, il dialetto
e un po' d'inglese. E un pochino di giapponese, ma proprio poco!
Geniale, eh?
nueblackcrowfriend:
grazie ancora! E ... non ho altro da aggiungere, stranamente! XD
Avis:
ma grazie! E io che avevo paura di cadere nel banale! Mi sbagliavo,
allora!
L'allenamento
Il mattino dopo, Kairi riuscì a dormire un po’ di
più, avendo stavolta chiuso le tende della finestra.
Poté dormire fino alle 8.00, prima di ricevere la colazione
a letto. Di nuovo, sentì quella strana e immensa sensazione
di fame. Ancora una volta, non seppe spiegarsela, ma non rimase a
pensarci tanto. Per la prima volta, poi, sentì un
particolare dolore al seno, che prima non aveva mai sentito. Ma
stavolta il motivo seppe spiegarselo.
“Per forza mi fa male dappertutto: ieri ho fatto dieci miglia
a piedi, cinque all’andata e cinque al ritorno! Ma mi ci
dovrò abituare. Ah, già: stamattina Leon
incomincia ad allenarmi!”
Saltò giù dal letto, corse in bagno a lavarsi, si
vestì, si legò il mantello intorno al
collo, si infilò gli stivali ricoperti
d’armatura, e uscì in terrazzo a prendere un
po’ d’aria. Ai sudditi che in quel momento
passavano lì sotto, alzò la mano destra in segno
di saluto, e il popolo rispose con il solito grido “Evviva la
nostra principessa!”
Salutati i suoi sudditi, Kairi si precipitò di nuovo nella
sua stanza. Prima di partire, afferrò la collana di Sora, se
la cacciò in tasca, corse di sotto e si avviò, un
po’ affaticata non essendo allenata, nel Crepaccio. Leon
doveva ancora arrivare. Allora incominciò ad allenarsi da
sola. Cosa doveva fare? Beh, ovvio: prima di tutto doveva essere in
grado di evocare il Keyblade. “Senza arma non si
combatte”, così aveva detto Leon. Allora chiuse
gli occhi, tese il braccio destro e incominciò a pensare
“Keyblade, appari! Keyblade, appari!”. Niente. Di
nuovo si riconcentrò, e riprovò. Ancora niente.
Ci vollero alcuni minuti di tentativi perché nella sua mano
incominciasse ad apparire un sottile fascio di luce. Ma
l’arma non ne voleva sapere di materializzarsi. Mentre
provava il decimo tentativo, arrivò Leon.
“Brava Kairi, ti stai già allenando?”
“Si ma … Il Keyblade non vuole apparire.”
“Non è lui che non vuole apparire. Sei tu che non
riesci a richiamarlo.”
“C’è qualcosa che non va. Non ci riesco
…”
“Chi non ha un’arma, non può combattere,
te l’ho già detto ieri.” Rispose Leon,
guardando altrove.
Kairi riprovò, ancora e ancora, fin quasi allo sfinimento.
Ma nulla. Allora Leon consigliò:
“Pensa a tutte le persone che hanno bisogno del tuo aiuto;
alle vite che potresti salvare se solo riuscissi a chiamare
quell’arma.”
Kairi rimase quasi colpita da quelle parole. Aveva ragione: lei era
troppo importante per la sua gente, che riuscisse a proteggere il suo
popolo era fondamentale. Non poteva certo arrendersi così!
Allora si concentrò, e con uno sforzo immenso, finalmente
riuscì a far apparire il suo Keyblade in mano! Era preciso a
quello che aveva usato al Castello Che Non Esiste più di un
anno fa. Solo che quella era la prima volta che provava a rievocarlo.
Guardò Leon, fiera di sé. Ma lui non disse nulla.
Si limitò a posizionarsi a 3-4 metri di fronte a lei e la
incitò.
“Attaccami, coraggio!”
Kairi non sapeva nulla sul combattimento. Ma decise di provare. Si
slanciò contro l’uomo e provò a menare
un fendente, ma Leon alzò il Gunblade e lo parò
facilmente. Kairi, per il contraccolpo, venne sbalzata
all’indietro. Si rialzò con fatica, un
po’ delusa.
“Su, principessa, sai che è impossibile farcela al
primo tentativo!”
Era vero. Allora Kairi si riprecipitò addosso a Leon, ma
anche questa volta il suo colpo venne parato.
“Così non va. Kairi, devi cercare di scoprire i
punti deboli dell’avversario, non attaccarlo frontalmente, a
meno che non sia molto più debole di te. Dai,
riprova!”
Kairi si rigettò su di lui, ma stavolta non si
lasciò sorprendere. Con una finta si gettò di
lato, e subito dopo dette un colpo a Leon sul fianco non protetto. Con
sua gran sorpresa, addirittura Leon cadde per terra. Ma la sorpresa
durò poco: si rialzò e contrattaccò,
dando una violenta spadata di piatto contro Kairi, che cadde intontita.
“Ricorda, Kairi: quasi mai con un colpo riuscirai a eliminare
un avversario. Quindi, quando ce la fai a mettere a segno un attacco,
non rimanere lì impalata, ma approfittane immediatamente per
attaccare ancora! Hai capito?”
Kairi si rialzò, un po’ dolorante. “Si
…”
“Sei ridotta maluccio. Beh, per oggi basta così
con il combattimento corpo a corpo, e vediamo come te la cavi con le
magie.” Poi pensò ‘Se assomigli a tua
sorella, ti riusciranno che è una meraviglia.’
“Dunque, prima di tutto, sappi che le magie principali hanno
un elemento. La magia Fire è una delle prime che si impara.
Quindi punta il Keyblade contro il bersaglio, concentrati, pensando
intensamente al fuoco, e grida ‘Fire!’.”
Kairi puntò il Keyblade contro una roccia a una cinquantina
di metri di distanza, e provò. Chiuse gli occhi per un paio
di secondi, e urlò “Fire!”
Incredibilmente la magia partì subito. E centrò
addirittura il bersaglio! Leon fece un sorrisetto soddisfatto. Kairi
era uguale a sua sorella Aqua. Non c’erano dubbi su questo.
Aveva però notato un difetto nel suo modo di fare.
“Ok, Kairi, vediamo come te la cavi con un bersaglio vivo.
Prova a centrarmi.”
Kairi si posizionò contro di lui, chiuse gli occhi per
concentrarsi, ma ancor prima di avere il tempo di gridare la formula,
sentì un forte colpo in testa, e ricadde per terra: Leon,
approfittando di quei due secondi di concentrazione, l’aveva
colpita (sempre con la spada di piatto per non farle male).
“Kairi, ricorda che il tuo bersaglio potrebbe approfittare
del tuo momento di concentrazione per colpirti. Perciò devi
imparare a concentrarti, ma senza perdere di vista il nemico. E
soprattutto, essere pronta a sospendere il procedimento in qualunque
momento per schivare un eventuale attacco. Su, riprova!”
Continuarono ad allenarsi per tutta la mattina, senza interruzioni.
Leon notava dei sensibili aumenti di bravura nello stile di
combattimento di Kairi. Quella mattina, il ragazzo le
insegnò anche le magie Blizzard e Thunder. Quando fu
mezzogiorno e mezza, Leon decise di sospendere gli allenamenti.
“Per oggi basta così. Beh, per la tua prima volta
sei brava. Continueremo domani. Anzi … Prima di andare a
mangiare, facciamo un ultimo combattimento.”
“Ok, Leon!”
Kairi si scagliò contro il suo maestro, e riuscì
con delle schivate ad arrivargli alle spalle. Era il momento buono per
attaccarlo! Alzò il braccio per colpirlo, ma proprio in quel
momento sentì un fortissimo dolore al ventre. Questa volta
fu troppo forte. Senza colpire Leon, si accasciò a terra,
ansimando dal dolore. Il ragazzo, allarmato, si precipitò di
fianco a lei.
“Kairi, cos’hai? Hai inciampato?”
“Mi fa male la pancia … Non preoccuparti, adesso
mi rialzo …” Provò a sollevarsi, ma non
ci riuscì.
“Stai giù, non ti sforzare! Oddio, cosa faccio
adesso?”
Per fortuna il Moguri del Radiant Garden passava volando sopra di loro
proprio in quel momento. Leon lo chiamò.
“Mog, presto, abbiamo bisogno di aiuto!”
Il Moguri scese preoccupato a dare un’occhiata.
“Oh, kupò, che è successo alla povera
principessa, kupò?”
“è caduta! È sdraiata sul fianco e non
riesce a rialzarsi! Vai a chiamare Yuffie e gli altri,
presto!”
Mog volò via come una scheggia, e dopo pochi minuti, mezzo
regno accorse per vedere cosa fosse successo.
“Oh, povera principessa!” Esclamò Aerith
preoccupata, quando la vide ansimante e sofferente per terra.
Yuffie, com’era prevedibile, incolpò subito Leon.
“Squall, io te l’avevo detto di non allenarla nelle
ore più calde del mezzogiorno! Te l’avevo detto
che avrebbe potuto prendersi un colpo di sole, ma niente, tu
…”
“Yuffie, sta’ zitta!” Sbuffò
Leon, poi aggiunse, serio “Questo non è un colpo
di sole.”
“Cosa?! E che cos’è, allora?”
Chiesero Yuna, Rikku e Paine.
“Non lo so. Ma sta male, si vede. Riportiamola subito a
casa! E chiamiamo il dottore!” Ordinò Leon.
Note mie: Beh,
penso che voi tutte persone acutissime abbiate già capito,
ma non si sa mai! Beh, fate pure ipotesi su come reagirà
Kairi, se vi va. Tanto il copione l'ho già preparato! XD
Però sono curiosa di sapere cosa dirà Kairi
secondo voi.
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Capitolo 10 *** Un lieto evento in arrivo ... ***
Buon giorno ai miei 3 lettori!
Questo capitolo l'ho scritto ieri sera di getto. Anche questo
è a modo suo "romantico". Ma invece che dell'amore tra due
ragazzi, parla dell'amore di una madre verso il figlio. Sper che mi sia
venuto bene ...
nueblackcrowfriend:
grazie ancora! Ma non è che nessuno ti crede, semplicemente
non avevo confermato quello che avevi detto.
Avis:
hai pubblicato il commento due volte? XD Beh, grazie per il complimento! Aqua ... vedrai!
Ottoperotto:
vado subito alla tua domanda, che lo spazio stringe. Allora, devo fare
la lezioncina di anatomia? D'accordo, facciamo la lezioncina! Dunque,
diciamo che dalla famosa notte fra Kairi e quell'altro sono passate due
settimane scarse. Io il mese scorso ho studiato che la fecondazione
deve avvenire per forza entro 2 giorni, perchè le vie
genitali femminili non hanno un pH adatto alla vita degli spermatozoi,
perciò questi dopo 48 ore muoiono. A fecondazione avvenuta,
la nuova cellula per 7-8 giorni rimane "sospesa" nelle tube uterine a
moltiplicarsi. Quando ha raggiunto una certa grossezza, si impianta
nell'utero e comincia la gravidanza. E quando si attacca, la madre
può sentire diversi crampi, anche forti. Questi sono i
dolori che ha sentito Kairi. Tutto questo dura poco più di
una settimana. Quindi penso di essermi avvicinata abbastanza, dai. XD
Ah ... Maschio o femmina? Vedremo fra qualche capitolo!
Un lieto evento in arrivo ...
La notizia che la
principessa stava male si era propagata per il regno con la
rapidità di un incendio. Tutti i sudditi si erano riuniti in
gruppi, mormorando fra loro e tremando nel proprio intimo. Ognuno di
loro sperava che non fosse nulla di grave. Che avrebbero fatto se Kairi
fosse morta? Non c’era nessun altro discendente di Ansem
rimasto in vita pronto a sostituirla. No, Kairi non poteva morire!
Sarebbe stato il caos totale se fosse successo.
Intanto, dato che la ragazza non era riuscita ad alzarsi, Leon aveva
finito per prenderla sulle spalle e portarla al castello di peso.
L’uomo la trasportò fino in camera e la
lasciò cadere sul letto. Il dolore sembrava momentaneamente
passato, ma Aerith vietò a Kairi nel modo più
assoluto di alzarsi. “Aspetta qui finché non
arriva il dottore.” Mog era stato incaricato di andare a
chiamarlo. Il dottore che gli amici di Kairi avevano scelto era il
più vecchio, saggio ed esperto di tutto il Radiant Garden.
Tutti sapevano che ci si poteva fidare di lui.
Il medico arrivò quasi subito. Cloud lo condusse fino in
camera, dove Kairi era ancora sdraiata. L’uomo si
inchinò a lei, poi ordinò ai presenti,
autoritario:
“Via, tutti fuori! Lasciatemi solo con lei!”
I ragazzi obbedirono all’istante, e uscirono dalla stanza,
piuttosto nervosi. Kairi era un po’ intimorita dal suo modo
di fare, ma quando incominciò a visitarla, capì
che il medico sapeva il fatto suo.
“Dimmi un po’, Altezza, dov’è
che ti fa male?”
“Beh, ho sentito un dolore alla pancia, prima. È
stato forte, e sono quasi svenuta.”
“Capisco … Altri sintomi, ultimamente?”
“Non lo so … Ah, si, stamattina mi ha fatto male
il seno. Ma era un dolore strano, che non saprei spiegare.”
“Ti ha fatto male il seno? Mmmh …
Continua.”
“E poi … ultimamente ho più fame del
solito … E un po’ mi ha fatto male la pancia anche
nei giorni scorsi. Ma non tanto come poco fa.”
“Bene … E il ciclo è
regolare?”
“Ehm … Si, ma ancora non è ora. Mi
dovrebbe venire fra una settimana. Però fino adesso
è stato regolare.”
“Bene. Hai finito?”
“Si.”
“Ok, ora vediamo di visitarti.”
Il medico sembrava sicuro di quello che faceva. Infatti la sua visita
non durò che pochi minuti. Prima le mise lo stetoscopio sul
cuore per assicurarsi che non fosse qualche malattia. No, era tutto
regolare. Dunque il cerchio si era ristretto. Le sollevò
l’uniforme sulla pancia e premette leggermente.
Ripeté il procedimento alcune volte per esserne sicuro, poi
concluse:
“Ho finito.”
Kairi si tirò a sedere e lo guardò, piena di
apprensione.
“La mia conclusione è questa: sembra proprio che
stai aspettando un bambino, principessa!” Esclamò
il medico con un gran sorriso.
Yuffie intanto, pur essendo fuori, era rimasta con l’orecchio
sulla porta per cercare di sentire qualcosa. Non appena
sentì la frase del medico, spalancò la porta e si
precipitò dentro con la sua solita grazia, e prima che Kairi
avesse il tempo di dire una qualunque cosa, le era saltata al collo
come se fosse stata la sua migliore amica, e tutta contenta si era
messa a gridare:
“Un bambino! Kairi sta aspettando un bambino! Che bellezza!
Amici, ci pensate? Fino a poco tempo fa eravamo nei casini
perché non avevamo nessun principe. E adesso ce ne
ritroviamo addirittura due!! Oh, Kairi, non sei contenta?”
Kairi non era riuscita a formulare nemmeno il più elementare
pensiero. Era rimasta con la bocca aperta e lo sguardo fisso nel vuoto.
Tutti gli altri all’inizio si guardarono l’un
l’altro, un po’ sorpresi e interdetti. Ma in breve
tutti furono contagiati dall’entusiasmo di Yuffie. Tutti meno
la diretta interessata, cioè la principessa. A un certo
punto incominciò a muovere le labbra come se cercasse di
parlare, ma non ci riuscì.
“Zitti, zitti, sta per dire qualcosa!”
Ordinò Aerith. Poi si rivolse premurosa a Kairi
“Cosa c’è?”
Kairi, dopo un po’, riuscì a parlare, con una voce
fredda e priva di sentimento che non aveva mai usato “Io non
lo voglio.”
Tutti la guardarono increduli. Yuffie si permise di
intervenire “Come non lo vuoi? È tuo figlio, come
puoi non volerlo?”
“Ti dico che non lo voglio!” Kairi
riacquisì lucidità. La voce le tremava, e
sembrava che stesse per piangere da un momento all’altro.
Aerith decise di correre ai ripari. “Kairi, ascolta, non devi
avere paura. Non sei sola. Ci siamo qui noi con te.”
“Ma io sono solo una ragazza! Quando nascerà
avrò 17 anni! Come posso avere un figlio a questa
età?!”
“è incredibile come da un atto di amore possa
nascere una nuova vita …” Commentò
Yuffie con aria sognante, prima che Leon la mettesse gentilmente a
tacere con lo sguardo.
Aerith cercò di consolarla “Kairi, non
è un problema. Un bambino non è mai un problema.
Ci siamo qui tutti noi. Non gli mancherà mai niente,
starà benissimo. Se avrai bisogno di una qualunque
cosa…”
“Non ho bisogno di niente!” Gridò Kairi,
rabbiosa. Poi si calmò e mormorò “Per
favore … ho bisogno di starmene un po’ da sola.
Potete uscire, per favore?”
Tutti si guardarono preoccupati, ma capirono che per lei era una cosa
molto grave. Uscirono e chiusero la porta. Fuori, il medico diede
istruzioni ad Aerith su cosa doveva fare Kairi durante la gravidanza:
mangiare sano, riposarsi, fare delle passeggiate ogni tanto, e
soprattutto, non combattere mai: questo sarebbe stato pericolosissimo.
Aerith assentì, e il dottore si congedò. Cloud
corse fuori, e gridò al popolo il motivo della
“malattia” della principessa. Tutti si misero a
gridare di gioia, felici per lei e per il loro futuro, e ridendo sul
fatto che avevano temuto chissà quale malattia.
Intanto, Kairi, rimasta sola, era esplosa a piangere. Già la
sua vita era cambiata da un momento all’altro, diventando la
principessa di un intero regno. Ma adesso doveva anche fare la madre?
Ah, no, lei non ci stava, non era giusto! La sua sola colpa era quella
di essersi innamorata. Ed era rimasta incinta così, senza
neppure accorgersene … Come aveva potuto sbagliare fino a
questo punto? Continuò a piangere, finché cadde
addormentata, sfinita.
Il mattino dopo si svegliò prestissimo. Senza neppure
aspettare che la cameriera le portasse la colazione, si alzò
e si infilò gli stivali con rabbia (si era addormentata
vestita, la sera prima). Non intendeva certo saltare i suoi allenamenti
solo perché quel piccolo intruso le stava crescendo dentro!
Caspita, i suoi sudditi avrebbero potuto essere attaccati in qualunque
momento, e lei doveva stare a riposo solo per tenere al sicuro un
bambino che non voleva? Lasciando il suo popolo alla mercé
degli Heartless? No di sicuro! Lei si sarebbe allenata con Leon, che
lui avesse voluto o meno!
Badando di non essere scoperta da qualcuno del personale, corse
giù per le scale, uscì dal castello, e in un
attimo fu alla casa di Merlino. Leon le aveva detto che lo avrebbe
trovato lì se ne avesse avuto bisogno. Bussò,
sperando che le aprisse qualcuno. Per pura coincidenza, le
aprì proprio Leon.
“Ma … Kairi, cosa fai qui a
quest’ora?”
“Mi sembra ovvio: dobbiamo andare ad allenarci!”
rispose Kairi, usando un tono freddo e distaccato.
“Ma … Tu non dovresti … nel tuo stato
…” cercò di scusarsi il ragazzo.
Kairi lo guardò dritto negli occhi, perforandolo con lo
sguardo. “Questo è un ordine, Leon!”
Il ragazzo abbassò lo sguardo. Cosa poteva fare? A un ordine
della principessa bisognava ubbidire.
“Va bene. Ma ti avviso, Kairi, che io non mi assumo la
responsabilità delle conseguenze.” Disse senza
entrare nei dettagli.
‘Non me ne importa niente, delle conseguenze.’
Pensò Kairi, decisa.
Così, al Crepaccio, Kairi riprese l’allenamento
interrotto il giorno prima. Sembrava cavarsela bene. Però
stavolta ogni suo singolo colpo era un misto di rabbia e rancore. E di
altri sentimenti negativi. Leon cercava di fare finta di nulla e di
allenarla come prima. Ma aveva paura che potesse succederle qualcosa. E
ci aveva visto giusto.
A circa mezz’ora dall’inizio
dell’allenamento, Kairi sentì un altro dolore al
ventre. Fortissimo. Ma non come quello del giorno prima. Questo
sembrava che le avesse lacerato qualcosa all’interno. E pochi
istanti dopo, sentì qualcosa di caldo e denso scorrerle tra
le gambe. Tremando, provò a toccare quella sostanza. Sangue!
Molto sangue! Kairi gridò terrorizzata, e Leon, senza
aspettare un attimo di più, la prese in braccio e la
riportò di corsa a casa.
Appena entrato nel castello, scoprì che tutti la stavano
cercando. ‘ma allora era scappata senza chiedere il permesso
a nessuno!’ pensò preoccupato. Aerith gli si
precipitò incontro.
“Che le hai fatto, Leon? Perché è
sporca di sangue?”
“Aerith, non è colpa mia! Ha insistito lei
…”
“Sta’ zitto, e portala subito a letto! Io chiamo il
dottore!”
Leon obbedì all’istante, poi ordinò ai
servi di pulirla. Subito quelli cercarono di tamponare con dei panni il
sangue, ma il liquido era troppo. Continuava a scorrere copioso.
Kairi intanto era più morta che viva. Ma aveva
immediatamente capito l’errore che aveva commesso:
l’allenamento era stato troppo duro, forse il bambino non era
riuscito a sopportarlo. Tutto l’odio che aveva provato prima
per il piccolo era sparito, e al suo posto c’era solo
l’angoscia e la paura di averlo perso. Come aveva potuto
essere così egoista? Anteporre il popolo alla sua creatura?
Al bambino che aveva avuto da Sora? Ma ormai era troppo tardi per
pentirsi. Forse era già morto. Forse non c’era
più … Kairi si sentiva morta dentro. Se davvero
era morto, cosa avrebbe fatto? Come avrebbe potuto guardare in faccia
il suo compagno, quando fosse tornato? Ammettergli che aveva perso la
loro creatura perché si era comportata da egoista e
all’inizio non l’aveva voluta. Non osava pensarci.
E ora, se proprio doveva incolpare qualcuno, poteva incolpare solo se
stessa. Come aveva potuto prendersela col bambino? Incolpare quella
creaturina che non poteva difendersi e che non aveva fatto niente di
male. Mica aveva deciso il piccolo di venire concepito.
L’errore lo aveva commesso lei. No, lei e Sora. E adesso era
lei a doverne pagare le conseguenze. Ma era morto, ormai. Lo aveva
perso. Era inutile rammaricarsi.
Yuffie intanto, dalla porta, con la delicatezza che la
contraddistingueva esclamò preoccupata “Ma
cos’è?! Sembra un aborto!”. Kairi,
esasperata, si coprì le orecchie con le mani per non sentire.
I servi intanto erano riusciti a pulire tutto il sangue. Il medico
arrivò dopo poco, e immediatamente tastò
più volte il ventre della ragazza, cercando qualche segno di
vita. Quando ebbe finito, notò che Kairi non aveva ancora
detto nulla. Stava con gli occhi semiaperti, lo sguardo vitreo, per la
paura di aver perduto suo figlio.
“Principessa, non preoccuparti. È ancora
vivo.”
Kairi sembrò come risvegliarsi. “Come …
Cosa … hai detto?”
Il dottore, rassicurante, confermò “Si, non
è bastato un po’ di movimento a ucciderlo.
È un bambino robusto, il tuo. Ma mi raccomando, non ti
capiti più una cosa del genere! Dubito che riuscirebbe a
sopravvivere una seconda volta …”
“Si, si! Lo giuro! Non lo farò mai
più!” Kairi era troppo contenta che suo figlio non
fosse morto. Ma era anche terrorizzata per l’enorme rischio
che aveva corso. Colpita da delle emozioni troppo forti per
essere sopportate, si sentì mancare e cadde addormentata.
E di nuovo la sentì. Quella voce. L’aveva
già sentita un’altra volta. Ma non sapeva a chi
abbinarla, anche se le sembrava di conoscerla.
“Kairi, non devi preoccuparti.”
“Ancora tu? Ma chi sei?”
Ora la voce sembrava un po’ offesa. “Davvero non mi
riconosci? Grazie tante, sorellina!”
“ ‘Sorellina’?”
“Già, io sono Aqua, tua sorella. Probabilmente non
ti ricordi di me, perché Xehanort ti aveva modificato la
memoria perché ti dimenticassi di noi. Ma io mi ricordo di
te e della promessa che ci siamo fatte, quando ancora eri molto
piccola: ti avevo promesso che ti avrei aiutata, quando saresti stata
triste e non avresti saputo che decisioni prendere. Ora, anche se non
sono più con voi, voglio aiutarti comunque. Ed ecco il mio
consiglio: non devi avere paura di diventare madre. Credimi, scommetto
che per una ragazza non c’è niente di
più bello che avere un figlio. Sono sicura che quando lo
vedrai per la prima volta, ti sembrerà un miracolo. E
… non devi sentirti in colpa per il fatto che durante la
gravidanza non potrai proteggere la tua gente: il tuo bambino viene
prima di tutto! Ricordati che innanzitutto sei una ragazza. E poi sei
una principessa. Non pensare nemmeno per un istante che il tuo popolo
sia più importante di tuo figlio. Forse ancora hai le idee
un po’ confuse, ma quando nascerà, tutto ti
diventerà chiarissimo.”
“Grazie, Aqua! Grazie davvero!”
“Ehi, grazie di cosa? In famiglia è normale
aiutarsi!”
A quel punto il sonno finì. Kairi aprì lentamente
gli occhi, e vide tutti i suoi amici raggruppati intorno al letto.
Compreso Mog, quel graziosissimo Moguri. Kairi era felicissima che
tutti loro non la avessero abbandonata in un momento così
difficile. Ma adesso le sue emozioni erano chiare: negli attimi prima,
quando ancora non sapeva se il bambino era morto o no, aveva sentito
crescere un amore smisurato nei suoi confronti. Era addirittura
più forte dell’amore che l’aveva legata
a Sora. Ora era ben decisa a tenerlo, lo avrebbe amato con tutta
sé stessa, lo avrebbe cresciuto lei con tutti gli altri suoi
amici. Kairi parlò serenamente agli altri.
“Va bene, mi riposerò in modo assoluto per tutto
il periodo della gravidanza, e per quattro mesi dopo il parto. E
seguirò scrupolosamente gli ordini del medico.”
Tutti sorrisero sollevati. Kairi finalmente aveva capito. Aerith
comunque la rassicurò ancora una volta. “Non ti
lasceremo mai sola, potrai sempre contare su di noi!” Kairi
sorrise e guardò fuori dalla finestra, scrutando il cielo
con lo sguardo. Sora poteva essere dovunque. Per sentirselo
più vicino, si cercò in tasca. La collana che le
aveva dato era sempre lì. La strinse forte, e soddisfatta
pensò “Chissà cosa diresti se fossi qui
in questo momento …”.
Note mie:
chiaramente, non so di preciso cosa direbbe e penserebbe una ragazza
madre, perchè per fortuna io non sono mai stata incinta! Ma
ho cercato di usare l'immaginazione, spero di esserci riuscita. Almeno
un po'!
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Capitolo 11 *** Il cavaliere ***
Ed eccomi pronta ad
aggiornare! Puntualissima come un orologio svizzero!
nueblackcrowfriend:
Sora? Sora se ne sta fuori! Piccolo spoiler: non vedrà la
sua famiglia per un bel po'!
Ottoperotto:
ma povero Sora, capitano tutte a lui! No, bravo, bravo, fallo pestare
un po', che ho un animo veramente sadico!Grazie per i complimenti!
Anticipazioni? Ma noooo! Non esiste! Cmq adesso si arriva a una parte
che a me interessa parecchio. Una specie di "ritorno al passato". Ah,
bellissima idea quella di far commentare Sora nelle varie recensioni!
Continua a farcelo stare!
Avis:
graaazie per il complimento! Beh, il rifiuto penso che sia stato
abbastanza naturale. Io al suo posto probabilmente avrei fatto lo
stesso. E anche se Aqua ormai è morta, spiritualmente sta
comunque vicina alla sua famiglia.
Il cavaliere
E
così incominciò un nuovo periodo per il regno e
per Kairi. Tutti i suoi amici e i suoi sudditi erano immensamente
felici per lei. Tutti le facevano molti regali, più o meno
costosi, per lei e per il nuovo bambino. Però nessuno,
nemmeno Aerith, ebbe mai la sfacciataggine di chiederle chi mai chi
fosse il padre: questo a nessuno importava. In fondo, la principessa
era lei; la figlia di Ansem era lei; la loro guida era lei: il padre
non aveva la minima importanza. Inoltre, gli amici più
stretti della principessa, lo sapevano già che il padre era
Sora. Ma nessuno ne fece parola con lei.
Kairi dal giorno che
aveva rischiato l’aborto, era diventata scrupolosissima
nell’eseguire gli ordini del medico. Ben presto si
adattò a un nuovo tipo di vita: tutte le mattine dormiva
finché aveva sonno, dato che non poteva più
allenarsi. La colazione la faceva sempre molto abbondante, dato che
sapeva che ora non doveva più mantenere solo se stessa. Poi
si vestiva con calma, senza fretta, poiché sapeva che un
ritmo di vita frenetico le avrebbe fatto sicuramente male. Infine
scendeva a fare un giro nel giardino interno, lo stesso in cui da
piccola giocava con Aqua. Però, i primi giorni si era
annoiata molto, poiché, non potendo allenarsi, non aveva
niente altro da fare. Quando si era accorta di questo, Aerith aveva
deciso di passare in sua compagnia almeno alcune ore al giorno,
perché non si annoiasse e avesse un’amica con cui
chiacchierare e confidarsi. Aerith, inoltre, aveva detto a Kairi che
finché la gravidanza fosse durata, poteva portare dei
vestiti più larghi e leggeri, per stare più
comoda.
Il primo pensiero di
Kairi era stato quello di chiedersi se suo figlio sarebbe stato il
nuovo principe, e l’aveva domandato ad Aerith.
“Nel nostro
regno, Kairi, non c’è nessuna distinzione, a
livello governativo, tra maschi e femmine. C’è un
unico requisito che deve essere soddisfatto.”
“E
cioè?”
“Il bambino
deve avere il cuore di pura Luce, te ne sei dimenticata?”
“E
… cosa succede se non ha il cuore puro?” aveva
chiesto Kairi, un po’ preoccupata.
“Oh, proprio
niente. Semplicemente non potrà succederti sul trono. E non
potrà portare il mantello rosso che contraddistingue i
principi. Ma per il resto lo allevi normalmente. Non cambia
nulla.”
“Ah, bene
…” aveva risposto la principessa, sollevata.
Yuffie, ogni tanto,
fantasticava su come sarebbe stato il figlio di Kairi. E qualche volta
la interrogava.
“Kairi, tu
come lo vorresti? Maschio o femmina? Lo vorresti con i capelli rossi
come i tuoi?”
E Kairi, paziente,
rispondeva sempre “Voglio solo che sia mio figlio. Niente
altro.”
Aerith era molto
soddisfatta da questa risposta. Era contenta che Kairi non si
aspettasse nulla da suo figlio. Ogni tanto la principessa precisava
“Beh, se
proprio desidero qualcosa da lui, voglio solo che nasca in buona
salute.” Aerith allora era ancora più soddisfatta:
di certo Kairi sarebbe stata un’ottima madre. Non
c’era il minimo dubbio.
I mesi passavano. Il
primo, il secondo, il terzo … Kairi ogni tanto si sentiva
ancora male, e certe volte al mattino le veniva da vomitare, ma ogni
volta che succedeva si sentiva sollevata, perché era segno
che tutto stava procedendo bene.
Cid, vedendola in
quello stato, si era offerto di andare con la Gummyship a cercare Sora
per dargli la notizia, ma Kairi lo aveva fermato.
“Ma Kairi,
non vuoi che Sora lo sappia?” aveva chiesto l’uomo
incredulo.
“No, non
voglio che lo sappia. Ti spiego: lui in questo momento sta combattendo
una guerra molto pericolosa. Ora deve rimanere concentrato solo e
unicamente sulla sua missione. Se adesso glielo andrai a dire, il suo
unico pensiero sarà quello di venire qui per stare con me.
Invece non deve. Deve pensare solo al suo dovere, senza distrarsi. Ne
va della vita di tutti quanti. Capisci, Cid?”
“Si,
però … Così il bambino
crescerà senza un padre …”
“Non ne
avrà bisogno. Avrà sua madre e tutti i suoi
amici. Non ti sembra abbastanza? Oh, ti prego, non glielo dire, non gli
dire niente!”
“E va bene,
Maestà, se è veramente questo che vuoi
…”
“Grazie,
Cid!”
E così la
gestazione continuò nel migliore dei modi.
Arrivata al quinto
mese, il corpo di Kairi incominciò a cambiare in modo
radicale, i fianchi le si arrotondarono e la pancia cominciò
a crescere. Verso la metà del quinto mese
incominciò ad avvertire i primi movimenti di suo figlio.
All’inizio, questo la riempiva di gioia e
felicità, perché ogni movimento le indicava che
era vivo. Ma dopo un po’, capì che lo era
addirittura troppo. Sembrava che lo facesse apposta: magari
incominciava ad agitarsi e a tirarle calci nelle costole proprio quando
lei si sdraiava sfinita, cercando di addormentarsi.
“Sei proprio
un birichino, eh? Ma mi vuoi lasciare dormire?!”
No, evidentemente non
voleva. Mentre subiva le pedate del bambino, Kairi pensava preoccupata
agli anni a venire: se era così agitato adesso, come sarebbe
stato a quattro o cinque anni? Non osava pensarci!
In quel periodo, Kairi,
per sfuggire alla noia, aveva incominciato a fare dei giri
più approfonditi per il castello, curiosa di scoprire il suo
passato e quello della sua famiglia. Un pomeriggio, notò la
scala un po’ vecchiotta che conduceva alla mansarda. Yuffie
le aveva detto, ormai mesi prima, che lì dentro
c’erano un sacco di cose strane, ma nessuno ormai ci entrava,
in quel solaio polveroso. La tentazione e la curiosità
furono irresistibili. Sostenendosi la pancia con una mano, Kairi si
arrampicò fino in cima, aprì la porta dai cardini
arrugginiti, ed entrò.
Dentro
c’erano accatastate un mucchio di cose. Ma tutto era
ricoperto di almeno due dita di polvere, e Kairi non riuscì
a distinguere nulla di preciso. Incominciò a camminare
lentamente in giro, chiedendosi da che parte incominciare a curiosare.
La prima cosa che attirò la sua attenzione fu una vecchia e
piccola cornice, di quelle che si mettono sopra i tavolini. Si
avvicinò e la prese in mano. Era piena di polvere e di
sporco. Un po’ soffiandoci sopra, un po’
strofinandola con la mano, riuscì a pulire la superficie. E
a quel punto vide con chiarezza il ritratto. Era la foto di un
gruppetto di quattro ragazzi. Kairi li osservò bene.
Uno era un bambino, di
forse nove, dieci anni. Aveva i capelli color miele, e leggermente
dritti.
Un altro ragazzino
sembrava avere più o meno quindici anni. Aveva i capelli
marroni, lunghi e sciolti sulle spalle.
Poi c’era una
ragazzina, di suppergiù undici, dodici anni. Aveva i capelli
azzurri e i tratti somatici molto simili ai suoi.
Ma Kairi rimase a bocca
aperta quando vide la quarta persona: era un ragazzo grande, sopra i
vent’anni. Ed era uguale, identico a Sora! Beh, non proprio
uguale. Questo aveva i capelli di un castano molto più
scuro, e, osservando meglio il suo sguardo, Kairi notò che
non aveva gli occhi dolci e buoni di Sora, ma aveva uno sguardo fiero e
pieno di dignità. Ma la somiglianza con il suo ragazzo era
troppa. Sora da adulto sarebbe potuto benissimo essere così.
Kairi, presa dall’eccitazione, si precipitò di
sotto, con la foto ancora in mano, e si mise a chiamare Aerith, che in
quei giorni stava sempre intorno a Kairi.
“Kairi, cosa
c’è? Mi hai chiamata?”
“Aerith,
vieni qui! Questa foto l’ho trovata in soffitta. Guarda. Chi
sono queste persone?”
“Ah, le
riconosco! Questa foto è stata scattata molti anni fa,
quando ancora tu non eri nata. Sarà stato … Si,
due o tre anni prima della tua nascita. Questa ragazzina è
tua sorella Aqua.”
“Allora
è lei Aqua?” Chiese Kairi, incredula.
“Si. Era
bella, vero?”
“Molto. E gli
altri?”
“Il bambino
più piccolo è Ventus, e il ragazzino
lì è Terra. Erano grandi amici di tua
sorella.”
“E chi
è quel ragazzo lì? Il più
grande.”
“Oh
… Non hai mai sentito parlare di lui? Questo qui
è il più grande Keyblade Master mai esistito!
Anche lui era amico di tua sorella. Ma, purtroppo è morto
anche lui da tantissimi anni …”
“Non sai
dirmi di più?”
“Mi dispiace,
ma io sono troppo giovane. Non so tutto quello che è
successo in quel lontano periodo. Ma Merlino lo sa di sicuro. Lui sa
sempre tutto … Ehi, ma dove vai?!”
Kairi infatti si era
messa a correre come una scheggia verso la casa di Merlino come se si
trattasse di vita o di morte, nonostante il peso del ventre. Affaticata
per la lunga corsa, arrivò a destinazione, e
bussò, sperando di trovarlo in casa. Merlino le
aprì. In casa c’era solo lui in quel momento.
“Uh,
buongiorno, Kairi, cos’è tutto questo
chiasso?”
“Merlino, ho
bisogno di un’informazione. Tu conosci questo
ragazzo?”
Merlino
osservò attentamente la foto. “Ma certo,
è Kazi*, il cavaliere del Keyblade più potente
che ci sia mai stato!”
“Puoi
parlarmi di lui?”
Merlino
tentennò. “Uh, certo che posso, ma Kairi,
è una storia lunga e triste, sei sicura di volerla
sentire?”
“Si, per
favore! Raccontami tutto!”
“Va bene. Ma
non stare lì sulla porta, vieni dentro e riposati un
po’.”
Kairi entrò,
si accomodò su una poltrona, pronta ad ascoltare la storia
del cavaliere, col figlio in grembo che forse per dispetto aveva scelto
proprio quel momento per rimettersi a scalciare; Kairi ogni tanto si
doveva dare qualche colpetto alla pancia per farlo stare fermo, ma
già era attentissima alle parole del vecchio mago: questa
volta non avrebbe permesso al bambino di distrarla!
Merlino si sedette di
fronte a lei e incominciò a raccontare.
* "Kazi" vuol dire
"incendio" in giapponese. Si pronuncia con una "z" molto morbida (come
l'inglese "zone"), non con una "z" dura (come "zucchero").
Note mie:
visto come tutti i pezzi tornano al loro posto? Avete presente il
primissimo capitolo, quando avevo accennato a un "ragazzo grande di 25
anni, collega di Aqua, Ven e Terra"? Beh, eccolo qui! Il prossimo
capitolo sarà tuuuutta la sua storia. Dato che devo
svilupparla in modo preciso, ci metterò qualche giorno di
più. Ma la farò stare tutta in un capitolo! Ciao!
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Capitolo 12 *** Le origini ***
Ed ecco
finalmente quello che è successo prima dell'inizio della
storia! Ho provato a rileggerla, una volta finito di scrivere, e devo
dire che mi è venuta abbastanza bene. Spero che stia bene
anche a voi! All'inizio volevo farla raccontare in prima persona da
Merlino, ma in questo modo avrebbe perso espressività e
significato. Allora ho deciso di farla raccontare in terza persona! E
ho deciso di scriverla in corsivo, per rendere meglio l'idea che sia un
avvenimento passato.
Ottoperotto:
come hai fatto, nelle prime due righe, a inserire quei segni strani?!
Io è da una vita che cerco un modo per scrivere al pc, per
esempio i caratteri giapponesi, ma non ce la faccio mai! Ah, il caro
Sora avrà parecchio da fare a combattere in giro! Non ha
certo tempo per badare alla famiglia! Ma c'è un altro motivo
per cui non lo metto nella fanfic. Questo lo spiegherò
più avanti!^^
Avis:
silenzio per Aqua ... Ok, fatto. Eccoti accontentata! La "storiella"
è qui sotto!
Shion_Chan:
un'altra lettrice! Evvai! Grazie! Anche "è bella"
è un ottimo complimento per me!^^
nueblackcrowfriend:
ehmm ... sinceramente Axel non c'entra assolutamente nulla ... Ma il
motivo per cui ho scelto quel nome lo spiegherò
più avanti! E adesso leggi e scopri chi è Kazi!
Grazie per il complimento!^^
Sheryl:
un'altra lettrice! Alzo le braccia al cielo! E così siamo a
5 lettori! Grazie per la recensione! Si, in effetti la trama della mia
storia ha colpito anche me! Ah, però (piccolo spoiler), di
Sora non parlerò, non perchè non voglio, ma solo
perchè non saprei cosa fargli fare. Cioè, lui
è sempre in giro per i mondi a combattere (tanto, in tanti
anni di carriera fa solo quello!). Che altro bisogna sapere?
Le origini
Gli Unversed correvano,
o meglio scivolavano, terrorizzati in tutte le direzioni, con gli occhi
rossi sbarrati dal terrore, cercando di sfuggire ai colpi della spada a
forma di chiave che incombeva su di loro. Ma era troppo tardi. Con
pochi colpi vennero inesorabilmente spazzati via tutti, dissolvendosi
come fumo. Quando in campo non ci fu più nessun avversario,
il giovane cavaliere si guardò intorno con il suo sguardo
fiero. Non era rimasto proprio nessuno. Soddisfatto, stava per
ripartire a cercare altri nemici da combattere, ma qualcuno alle spalle
richiamò la sua attenzione.
“Chi
è?”
“Sono Terra.
Complimenti per il combattimento, Kazi.”
“Che cosa
c’è?”
“Aqua mi ha
detto che un gruppone di Unversed è comparso
nell’Isola Che Non c’è. Dobbiamo andare
laggiù per fermarli!”
Kazi fece una risatina.
“Sempre a rompere, i maledetti, eh? È di nuovo
Master Xehanort a mandarli?”
“Pare di
si.”
“Andiamo,
dai!”
Kazi era un ragazzo di
22 anni. Era alto, forte e muscoloso, con i capelli a punta di un
marrone quasi nero. A differenza dei capelli, gli occhi li aveva di un
azzurro molto chiaro; ma il suo sguardo a prima vista metteva
soggezione: aveva gli occhi fieri e orgogliosi di un guerriero che ha
combattuto molte battaglie, e se si metteva a fissare qualcuno negli
occhi, era certo che quel qualcuno avrebbe abbassato lo sguardo per
primo.
Nonostante fosse un uomo
adulto e un bel ragazzo, Kazi non aveva una famiglia, ma girava per i
vari mondi senza fissa dimora. Ma questo non gli importava,
perché aveva tanti di quegli amici che quasi non si
accorgeva di essere senza compagna né figli. Tutti i suoi
amici erano custodi del Keyblade come lui, ma Kazi era stato scelto
capo all’unanimità: nonostante a quel tempo i
Keyblade Master fossero in numero elevato, lui era il più
forte e potente di tutti. Purtroppo l’elevato numero di
custodi (qualche centinaio) rendeva impossibile la collaborazione
totale: erano troppi per girare tutti insieme. Allora avevano deciso,
all’inizio della loro carriera, di dividersi in piccoli
gruppi di tre o quattro persone e di girare per i mondi separatamente,
ogni gruppo per conto proprio. Si sarebbero ritrovati tutti quanti
insieme solo in rare eccezioni, magari in vista di lotte
particolarmente cruente e difficili. Kazi si era scelto come compagni
Aqua, Terra e Ven, non perché li preferisse agli altri, ma
perché loro tre erano i più piccoli, e Kazi,
temendo per la loro incolumità, non aveva voluto lasciarli
andare in giro da soli, e aveva deciso di formare un gruppo con loro
per proteggerli dagli Unversed più forti.
Poi, come
un’erbaccia velenosa, era comparso dal nulla questo
individuo, Master Xehanort. Né Kazi né gli altri
avevano capito chi fosse: l’unica cosa di cui erano certi era
che l’intero male, a quel tempo gli Unversed, proveniva da
lui. Tutti sapevano che se c’era una forte concentrazione di
Unversed in un posto preciso, era sicuro che era stato Master Xehanort
a chiamarli. Il vecchio aveva come obiettivo di conquistare
l’universo, ma aveva purtroppo trovato nei custodi del
Keyblade un ostacolo: tutte le volte che inviava un gruppo di Unversed
a invadere un dato mondo, i cavalieri erano sempre lì a
fermarli. E così, non senza difficoltà, Kazi e i
suoi erano fino a quel momento riusciti a tenere a bada i piani di
conquista di Xehanort.
Kazi, Terra, Aqua e Ven,
sulla loro Gummyship, arrivarono nel mondo prescelto. Alta
concentrazione di Unversed, come previsto.
“Coraggio,
fratelli, vediamo di sistemare le cose!” gridò
Kazi.
Non ci volle molto a
sistemarli. Per Kazi ogni combattimento non era mai un peso: anzi, ad
Aqua sembrava quasi che si divertisse e ne traesse soddisfazione. Con
il suo carattere autoritario e l’eccezionale potenza in
combattimento, era più che naturale che avesse assunto il
comando di tutti i Keyblade Master.
“E anche qui
abbiamo finito!” concluse soddisfatto, quando non ci fu
rimasto più nessuno da uccidere.
“E adesso dove
andiamo, capo?”
“Torniamo al
Gathering Place e riposiamoci un po’.”
Il Gathering Place era
la loro base. Ogni squadra aveva un punto di ritrovo, e il loro era il
Gathering Place. Era un mondo abbastanza piccolo, disabitato, ricoperto
da prati e con alcune scogliere solitarie. Lì i quattro
vivevano quando non erano in giro a combattere.
Quando furono tornati a
“casa”, i quattro amici si distesero
nell’erba, fissando le nuvole. Ven chiese a Kazi:
“Ma tu ti
ricordi come hai avuto il Keyblade?”
“Beh,
c’è poco da ricordare. Diciamo che me lo sono
letteralmente ritrovato in mano. Ma ogni Keyblade si sceglie il suo
padrone da solo. Penso che il perché abbiano scelto proprio
noi non lo sapremo mai.”
In quel momento il
Moguri di quel mondo arrivò svolazzando affianco a loro.
“Ciao,
Stiltzkin, che c’è? Messaggi per noi?”
“Kupò,
Mog mi ha avvisato che al Radiant Garden c’è una
forte incursione di Unversed! La gente è in pericolo,
kupò!”
Aqua balzò in
piedi. “La mia casa! Mio padre starà
già provvedendo! Ma dobbiamo andare ad aiutarlo! Presto,
muoviamoci!”
A Kazi venne da ridere.
Ansem non gli era mai piaciuto. Lo conosceva da tempo, ma era convinto
che, nonostante fosse un buon capo per il suo regno, non avesse la
spina dorsale adatta per il combattimento. E lo riteneva un gran
vigliacco. Ma ancora Kazi questo non aveva avuto modo di dimostrarlo.
Chiaramente
però era un’opinione che si teneva per
sé. Non ne aveva mai fatto parola con Aqua,
perché le voleva bene e non voleva parlare male di suo padre
davanti a lei. Perciò si alzò in piedi, e
ordinò “D’accordo, allora andiamo al
Radiant Garden”.
Tutti e quattro
partirono subito per il regno di Aqua. La gente era terrorizzata. Gli
Unversed stavano attaccando in massa, numerosi come topi. Alcune
persone avevano già perso l’anima a causa loro.
Per fortuna i cavalieri arrivarono in tempo per salvare i superstiti.
“Amici,
all’assalto!” gridò Kazi.
Subito balzarono alla
difesa degli abitanti, per salvarli dalle fauci di quei mostri blu.
Certamente Aqua, Terra e Ven non ce l’avrebbero potuta fare
da soli. Ma Kazi con la sua potenza e destrezza veniva a capo di tutto.
Ben presto fecero piazza pulita. Ma in un angolo ne era rimasto ancora
uno. Stava puntando una ragazza. Aqua la riconobbe.
“Oh, no! Zia!
Sta’ attenta!”
L’Unversed
stava per divorarle l’anima, ma Kazi gli si
avventò contro e lo polverizzò in un istante.
Kazi guardò
la ragazza che aveva salvato: era molto giovane, forse di una ventina
d’anni. Aveva i capelli rossi, lunghi, e gli occhi blu.
“Stai
bene?”
“Si
… Si. Grazie per avermi salvato!”
esclamò la ragazza riconoscente.
“Aqua,
è tua zia lei?” chiese Kazi.
“Oh, si.
È mia zia Hikari, ed è l’unica parente
che mi è rimasta, a parte mio padre. È la sorella
di mia madre. Che poi è morta quando ero piccola, come
sai.”
Kazi si rivolse di nuovo
alla ragazza. “Beh, noi dobbiamo ripartire. Fai attenzione
agli Unversed!”
“Oh
… Certo!”
Poi, Aqua, Kazi e gli
altri corsero al castello per controllare che Ansem stesse bene. Si,
per fortuna gli Unversed non avevano fatto in tempo ad arrivare li.
Intanto, al mondo
chiamato Sunset Horizons, Master Xehanort era furioso.
“Io lo odio,
io lo odio!” ripeteva, rabbioso.
“Ci ha dato
una bella batosta!” gli faceva eco Vanitas, il suo
apprendista.
“Ha ucciso
tutti i miei Unversed, quel maledetto!”
“Probabilmente
ha la fortuna dalla sua parte …”
“Sta’
zitto, Vanitas, e lasciami riflettere. È quel Kazi la nostra
sventura, il nostro unico ostacolo. Se solo non ci fosse, sarebbe uno
scherzo per noi eliminare tutti gli altri Keyblade Master, e di
conseguenza invadere i mondi, ma è lui il loro punto di
forza. La sua potenza sembra pari a quella di tutti gli altri custodi
presi assieme!”
“Già.
È un peccato che nessuno lo faccia fuori, a quel ragazzo
…” pensò Vanitas a voce alta.
A Xehanort si accese la
lampadina. “Mio caro Vanitas, come farei senza di
te!”
“Uh
… Davvero? … Non so perché, ma
grazie!”
Kazi e i suoi amici
erano nel frattempo in viaggio per tornare al Gathering Place. Kazi per
la prima volta fece delle domande strane ad Aqua.
“Dimmi, quanti
anni ha tua zia?”
“Venti.
Perché?”
“No, niente,
era così per sapere.”
Aqua lo
guardò di sottecchi. “Guarda che se stai pensando
quello che sto pensando io, sappi che Hikari è
già la promessa sposa di mio padre. È
già impegnata. Quindi vedi di scordartene subito.”
“Non ti
prometto niente.” Replicò Kazi. “E poi,
cosa ti fa pensare che Hikari voglia sposare tuo padre? Lui
è almeno vent’anni più vecchio di
lei.”
“Beh
… Veramente lui non ha chiesto un parere a mia zia
… Vuole sposarla solo perché è sorella
di mia madre …”
“Visto?!”
concluse Kazi in tono di sfida.
Arrivarono infine alla
loro base. Kazi si distese di nuovo nell’erba, osservando
l’azzurro del cielo. Lui fissava sempre il cielo. Quando era
felice, quando era triste, o quando era colpito da forti emozioni. Una
volta Ven si era incuriosito, e gli aveva domandato il
perché. Lui aveva risposto:
“Perché
nel cielo ci sono tutte le risposte. Il cielo rappresenta la
consolazione e la speranza di tutte le creature. Anche tu dovresti fare
così: quando ti trovi in momenti difficili, guarda sempre il
cielo, e vedrai che dopo starai meglio.”
Quel giorno Kazi non
faceva eccezione. Rimase così incantato a fissare le nuvole
per un po’ di tempo. Terra incominciava a preoccuparsi: non
era da lui stare sdraiato per così tanto tempo. Di solito,
pur di fare qualcosa, Kazi si allenava: non gli piaceva stare in ozio.
Invece quel giorno era così strano … Terra
cercò di scuoterlo dal torpore.
“Ehi Kazi. Ti
va di allenarti?”
Nessuna risposta.
“Ma
… Kazi! Ma ci sei?”
“Eh?! Oh,
scusa, non stavo ascoltando …” rispose Kazi
distrattamente.
“Aah!
È innamorato! Il nostro Kazi è innamorato! Un
colpo di fulmine, eh?” lo punzecchiò Aqua.
Kazi la
guardò male. “Se parli solo per dar fiato alla
lingua, tieni la bocca chiusa.”
Ma Aqua non era stupida.
Allora fece finta di nulla, e, quando venne la sera, chiese con aria
noncurante a Terra se voleva accompagnarla al Radiant Garden. Kazi si
fece subito attento.
“Perché?”
chiese Terra sorpreso.
“Oh, nulla di
importante” rispose Aqua facendo la gnorri. “Volevo
solo andare a trovare mio padre …”
Kazi intervenne
immediatamente. “Ci vengo io con te. Terra, tu stai pure qui
con Ven.”
Aqua
sogghignò. Aveva colto nel segno. Dunque con la Gummyship
arrivarono al regno di Aqua. Atterrati, stavano per dirigersi verso il
castello, ma l’ultima cosa che Kazi voleva era vedere Ansem,
che era un uomo che non gli piaceva per nulla. Lui era lì
per un motivo ben preciso.
“Ehm
… Dove abita tua zia?” chiese, rosso di vergogna,
perché era pur sempre un fiero guerriero, e questa era la
prima volta che si abbandonava a un’emozione futile come
l’amore.
Aqua capì
immediatamente, e per non metterlo in imbarazzo ancora di
più, rispose semplicemente: “Giù al
Borgo. Ma non vieni con me?”
“Ehm, no, io
… devo andare a fare un giro di ricognizione per il
regno!”
Aqua lo
guardò scettica, e poi disse “Va bene. Ma non
metterci un’eternità!”
Kazi sfrecciò
via. Corse finché arrivò al Borgo, e si mise a
cercare dappertutto la ragazza che lo faceva stare così
male. Ed eccola lì, seduta su una sedia fuori dalla porta di
casa sua, che si godeva gli ultimi raggi di sole. Kazi, il guerriero
senza paura, orgoglioso e fiero, si avvicinò timidamente per
la prima volta. Hikari aprì gli occhi e lo vide.
“Oh
… Ma tu sei il ragazzo che mi ha salvata!
Buonasera!”
“Salve! Ehm
… io … volevo sapere come stavi.”
Hikari capì
l’imbarazzo dell’uomo.
“Io sto bene,
grazie!” aveva capito cosa voleva da lei. Cercò di
aiutarlo. “E tu, come mai sei qui?”
“Io stavo
facendo un giro di perlustrazione.” Non le disse che era
lì con Aqua, per evitare che lei cercasse di svignarsela con
la scusa di vedere la nipote. “E mi chiedevo se …
volevi venire a perlustrare il Radiant Garden con me … se
non hai niente da fare.” Imbarazzatissimo, cercò
una giustificazione. “Sai, mi annoio a girare da solo
…”
Hikari fece una
risatina. “Certo che vengo! Mi stavo proprio stufando di
starmene seduta. Ma che succederà se gli Unversed ci
attaccano?”
“Oh, non
preoccuparti, ti difenderò io!”
assicurò subito Kazi senza pensarci. Poi si rese
contò di quello che aveva detto e arrossì.
Ma Hikari fece finta di
nulla. “Allora mi fido! Andiamo?”
Kazi subito le si mise
al fianco e fecero un bel giro per tutto il regno. Il caso non gli fece
incontrare nessuno, e per tutto il tempo non fecero che chiacchierare e
scherzare. Quando finalmente il giro di perlustrazione ebbe termine,
Kazi a malincuore disse “ora però devo
andare.”
“Va bene,
ciao!” salutò Hikari tutta allegra
“torna presto a trovarmi, se puoi. Mi piace parlare con
te.”
Mentre si allontanava,
Kazi si mise a rimuginare le ultime parole della ragazza “
‘se posso’? Ma allora forse non hai capito la
situazione, mia cara!” Subito corse fino al castello,
evitando di beccare Ansem in giro. Raccattò Aqua, che gli
chiese:
“Allora
com’è andato il giro di pattuglia?”
“Oh, si tutto
bene. Non c’era un Unversed in giro.” Rispose
semplicemente Kazi.
Da quella volta Kazi
continuò a tornare al Radiant Garden ogni volta che poteva.
Le occasioni non erano molte, perché lui era quasi sempre in
giro a combattere. Ma ora, nei momenti di sosta, invece che stare coi
suoi amici al Gathering Place, passava tutto il suo tempo insieme a
Hikari. I due ragazzi erano grandi amici, e dopo di questo non ci
misero molto a innamorarsi. Terra e Ven inizialmente non vedevano di
buon occhio questo fatto: temevano che Kazi trascurasse troppo gli
allenamenti. Aqua invece era sinceramente preoccupata: il padre ancora
non sapeva nulla di tutto questo, non sapeva che la sua promessa sposa
si era innamorata di un altro. Naturalmente Aqua non osava dirglielo.
‘ Tanto lo scoprirà da solo, prima o poi
… ’ pensava. E così il tempo
continuò a passare.
I cavalieri cominciarono
a stupirsi quando le orde di Unversed cominciarono a diminuire, fin
quasi a scomparire del tutto … Master Xehanort aveva ormai
rinunciato ai suoi piani di conquista? No, non era possibile. Di sicuro
stava tramando qualcosa … Ma nessuno riusciva a immaginare
cosa.
Arrivò
finalmente il periodo in cui Ansem e Hikari avrebbero dovuto sposarsi.
Per pura coincidenza, in quel periodo Kazi doveva assentarsi dal
Radiant Garden per un periodo di due mesi. In alcuni mondi lontani
c’era stata un’ improvvisa invasione di Unversed.
La liberazione di tutti quei mondi richiedeva parecchio tempo. Kazi
ancora non sapeva niente del matrimonio imminente di Hikari. Se lo
avesse saputo, non ci avrebbe nemmeno pensato a partire. Ma lui questo
non poteva saperlo.
“Hikari, mi
raccomando, aspettami. Io tornerò fra non molto tempo.
Diciamo che più di due mesi non ci
metterò.”
“Va bene. Ti
aspetterò.”
I due ragazzi si
baciarono e Kazi si preparò a partire. Anche i suoi tre
amici dovevano andare con lui. Ancora, neppure Aqua e Hikari sapevano
nulla delle intenzioni di Ansem. Il sovrano era lui. Era lui a decidere
quando e come sposarsi. E così Kazi e Aqua, senza sospettare
di nulla, partirono. Kazi non era minimamente preoccupato. Nel periodo
in cui erano stati insieme, aveva capito che Hikari era veramente
innamorata di lui. “Aspettami, tesoro, tornerò
presto.”
Hikari intanto, rimasta
a casa, cominciò ad aspettare il ritorno del suo compagno.
Passarono le prime settimane, e passata la terza, finalmente Ansem si
rifece vivo al cospetto di Hikari. Lei se lo vide comparire davanti
tutto d’un tratto, quando non lo vedeva da più di
un mese. Hikari, nonostante ufficialmente fosse la sua promessa sposa,
non era molto in confidenza con lui, e allora, quando Ansem si
presentò al suo cospetto, lei si inchinò
rispettosamente.
“Salve,
Maestà.”
“Hikari,
quante riverenze. Non ce n’è bisogno, non
preoccuparti. Dopotutto, sei o non sei la mia fidanzata?”
rispose Ansem, un po’ scherzoso.
“Ehm
… Certo, Ansem.” Rispose Hikari, riluttante.
“Sono venuto a
dirti, mia cara” riprese Ansem, di nuovo serio “che
ormai è tempo che ci sposiamo. Il nostro fidanzamento
è durato molti mesi. Non pensi che sia ora?” non
era certamente un tipo romantico. Questo era chiaro. Non aveva la
delicatezza necessaria quando si chiede a una ragazza di sposarti.
Hikari
incominciò a sudare. Non voleva sposarsi con Ansem. Lei
amava già Kazi. Come poteva sposarsi?
“Ascolta,
Ansem, io … non voglio sposarmi.”
“Come? Che
cosa hai detto?”
“Ascolta,
Ansem, io …” esitò un attimo. Poi si
decise “io amo già un altro.”
Ansem rimase interdetto
per alcuni attimi. Ma si riprese dopo poco: lui non amava Hikari,
voleva sposarla solo perché era l’unica parente
della sua defunta moglie. L’unica cosa di cui gli importava
era che Hikari fosse in grado di dargli dei figli: il Radiant Garden
aveva bisogno di un principe. L’unica figlia di Ansem, Aqua,
non aveva il cuore puro. Non poteva governare. Aveva assoluto bisogno
di un erede. Inoltre Hikari era l’unica ragazza in
città di ceto sociale molto elevato, rispetto al grado degli
altri cittadini. Non poteva quindi pensare di cercarsi
un’altra. Per cui ad Ansem in fondo non importava
granché se lei lo amava o no. Lui doveva sposarla per un
motivo preciso e valido.
Quindi Ansem
cercò in tutti i modi di convincerla a sposarlo, ma lei
continuò a rifiutare. Invano l’uomo le promise una
vita agiatissima, tutte le comodità possibili e
immaginabili, invano le assicurò un futuro luminoso.
Solo quando, infine,
Ansem cedette e le spiegò con tono abbattuto il vero motivo
per cui dovevano sposarsi, e che senza di lei come moglie
l’intero regno sarebbe andato come sabbia al vento, Hikari
tentennò. L’ultimo discorso di Ansem
l’aveva fatta sentire in colpa: dunque lei era
indispensabile; senza di lei sarebbe stato un disastro per tutti! Come
aveva fatto a non pensarci? Essere così egoista da pensare
solo a sé stessa? Ma Hikari non aveva affatto una natura
egoista. Era anzi tutto il contrario, lei non pensava mai prima a
sé stessa: la sua priorità erano tutti i
cittadini, la collettività. Quindi, pensò Hikari,
cos’era più importante? Il futuro suo o il futuro
di un intero popolo? Non ci mise molto a decidere.
“Va bene,
Ansem, accetto.” Acconsentì a testa bassa.
Ora accadde una cosa
straordinaria: il grande e saggio Ansem, il sovrano del Radiant Garden,
che non chinava mai la testa di fronte a nessuno, si
inginocchiò di fronte a Hikari, le prese la mano e gliela
baciò. La ragazza rimase molto sorpresa. Di certo una cosa
simile non l’avrebbe vista mai più.
“Sono felice
che tu ti sia decisa, Hikari. Vedrò di provvedere al
più presto.”
Detto questo si
voltò e uscì dalla casa della ragazza. Hikari,
rimasta sola, si mise a piangere in silenzio. Ma sapeva di non essere
la sola in quella situazione: quante ragazze, prima di lei, erano state
costrette a sposarsi per interesse? Di certo lei non era la prima, e
non sarebbe state neanche l’ultima. ‘Scusami, Kazi.
Ma che altro potevo fare?’.Infatti Hikari, nonostante il suo
ottimo carattere, era una ragazza dalla personalità molto
debole, e di fronte alle violenze e alle imposizioni tendeva a
desistere molto facilmente. Ed ora era risuccesso.
Ansem, temendo che se
avesse aspettato troppo Hikari avrebbe potuto cambiare di nuovo idea e
non lo avrebbe più voluto, preparò il matrimonio
immediatamente, e solo una settimana dopo lui e Hikari si sposarono.
Ansem, pur di agire in fretta, non aspettò nemmeno il
ritorno della figlia.
Venne finalmente il
giorno in cui la missione dei cavalieri ebbe termine. Sulla via di
casa, Kazi non stava nella pelle all’idea di rivedere Hikari.
Non volle nemmeno fermarsi a riposare al Gathering Place, ma si
precipitò, insieme ad Aqua e agli altri, verso il Radiant
Garden. Atterrati, Kazi corse veloce come un missile verso la casa
della sua compagna, senza nemmeno aspettare i suoi amici. Ma, quando fu
arrivato, scoprì che Hikari non c’era. Allora
fermò una vecchietta che passava proprio in quel momento e
le chiese dove fosse.
“Se la stai
cercando, ora non vive più qui, ma al castello.”
Kazi cominciò
a sentire un brutto presentimento. Allora, preoccupatissimo, corse
velocemente verso il castello, e scorse infine Hikari che stava facendo
una passeggiata intorno alle mura. Lei, quando lo vide si
bloccò subito, e non mosse un passo verso di lui.
“Hikari!”
gridò Kazi, e stava per andarle incontro, ma rimase immobile
quando vide l’espressione della ragazza: non c’era
traccia di felicità o amore negli occhi di Hikari, ma aveva
invece uno sguardo triste e rassegnato, da perdente.
“Ma cosa
…?” cominciò a chiedere Kazi. Le parole
gli morirono in gola quando, dietro Hikari, comparve Ansem, che si mise
al fianco della ragazza solo come un marito può fare. Kazi
guardò Hikari, poi Ansem, poi di nuovo Hikari, e a quel
punto i suoi fieri occhi azzurri si accesero di rosso.
“Hikari, come
hai potuto?! Non dirmi che … che tu …”
Hikari, senza dire
nulla, assentì con la testa.
“Ma
… come hai potuto farmi questo? Eravamo innamorati, avevi
promesso di aspettarmi, come hai potuto tradirmi?”
Intanto Aqua, Ven e
Terra, che avevano raggiunto Kazi, guardavano la scena con gli occhi
spalancati, senza riuscire a parlare, colpiti dalla gravità
della situazione. Solo Aqua, tra tutti, aveva sempre saputo che questo
momento prima o dopo sarebbe venuto, e scosse la testa, seppur
sconvolta.
Hikari a quel punto
parlò. “Kazi, lo so che sei libero di odiarmi. Ma
sappi che io ho sposato Ansem solo perché il regno ne aveva
bisogno.” Non si dilungò oltre. Sapeva che ormai
era inutile. Non osò dire che tutto quello che Ansem voleva
da lei erano dei figli. Se l’avesse detto, Kazi non
l’avrebbe sopportato: sentire che la ragazza che amava era
stata costretta a sposarsi solo per produrre nuovi principi.
Kazi non ottenne altre
spiegazioni. Ma quello che aveva sentito gli bastava. Aveva una gran
voglia di piangere, ma in quel momento giurò che se una sola
lacrima fosse uscita dai suoi occhi, si sarebbe puntato il Keyblade in
testa e avrebbe lanciato la magia Ade. Perciò, senza
più guardare Hikari negli occhi, si volse e corse via. Ven e
Terra lo seguirono immediatamente, Aqua prima di corrergli dietro
fulminò il padre con uno sguardo carico d’odio.
Hikari rimase a fissare
il punto dove Kazi era scomparso; Ansem invece quasi non ci fece caso,
e, rientrando nel castello, disse tranquillamente “Vieni via,
Hikari?”. La ragazza sospirò e a testa bassa
seguì suo marito dentro casa.
Kazi intanto, senza
voltarsi, era salito coi suoi amici sulla Gummyship ed era tornato al
Gathering Place. Lì, staccandosi dai compagni,
saltò su un altissima roccia e ci si sdraiò,
fissando apatico il cielo. Era morto per il mondo. E inoltre stavolta
guardare il cielo non lo aiutò. Aqua e gli altri, per
rispetto, non lo disturbarono. Niente lo poteva consolare. Kazi passava
il tempo rimuginando i mesi felici che aveva trascorso con Hikari. E
ora aveva capito che quei momenti non sarebbero tornati mai
più. Rimase nella stessa posizione su quello scoglio per
giorni, senza muoversi e senza mangiare. Terra, Ven e Aqua ora
incominciavano a preoccuparsi davvero: Kazi aveva forse deciso di
lasciarsi morire?
Ma il quarto giorno,
Kazi finalmente scese con fierezza dalla roccia, deciso. Aqua e gli
altri lo guardarono, in attesa di quello che avrebbe detto.
“Ho deciso,
fratelli: me ne vado!”
“Te ne
vai?”
“Si. Non
sarò mai più un cavaliere, non
combatterò mai più. Mi dispiace molto lasciarvi
tutti, ma ormai per il mio spirito è finita: non ho
più nessun motivo per continuare a lottare, non ho
più nessun ideale da difendere. Ho bisogno di cominciare una
nuova vita, lontano dalla mia vita presente e passata. Solo
così riuscirò a dimenticare. Non cercate di
fermarmi!”
I suoi tre amici
rimasero interdetti. Capivano Kazi, ma se lui li abbandonava, poi loro
come avrebbero fatto? Sarebbero riusciti a combattere efficacemente gli
Unversed? Kazi approfittò della loro momentanea indecisione
per allontanarsi da loro. Si diresse con passo sicuro verso la
Gummyship, ci salì su e partì immediatamente.
Attraverso i finestrini, vide che i tre lo stavano guardando pieni di
tristezza e delusione.
‘Io mi
dimenticherò di tutto il passato, ma di voi non mi
dimenticherò mai, fratelli.’
Detto questo, Kazi, con
la navicella, si allontanò dal mondo dove era sempre
vissuto, ben deciso a lasciarsi dietro il passato e i brutti ricordi.
Ora doveva scegliersi un
buon posto dove ricominciare la sua vita. Dove poteva andare?
Passò in rassegna molti mondi, ma nessuno gli andava a
genio. Giunse infine nei pressi di un mondo isolatissimo, lontano da
tutti gli altri. Kazi, incuriosito, ci atterrò e si mise a
ispezionarlo. Era un arcipelago molto carino. Lesse il cartello
all’ingresso del paese dell’isola principale.
‘ le Isole del Destino … ’.
Il cavaliere non ci mise
molto a trovare una casa in quel luogo paradisiaco. Fortunatamente
nessun abitante gli fece domande: era gente semplice, che non si
interessava e non gli importava dei mondi circostanti; nessuno volle
sapere da dove veniva. Kazi in breve si adeguò a quel mondo.
Però non riusciva a dimenticare. Tutte le mattine andava
alla spiaggia e osservava il cielo albeggiare, sperando di trovare un
po’ di conforto, ma questo non succedeva mai.
Una mattina, Kazi stava
guardando il cielo accendersi al mattino, quando notò una
giovane ragazza camminare sulla sabbia. Era una ragazza molto carina,
con dei bei capelli castano chiaro e gli occhi scuri. Notò
che Kazi la stava guardando e gli sorrise. Kazi a quel punto si decise:
era ora di lasciar stare il passato e cominciare una nuova vita; e
questa volta per davvero. Quindi si diresse verso la ragazza, con passo
deciso. Lei si lasciò avvicinare.
Così la nuova
vita di Kazi cominciò. Pochi mesi dal suo arrivo alle Isole,
aveva già sposato quella graziosissima ragazza, e finalmente
stava dimenticando davvero tutto il suo triste passato. Per velocizzare
il processo, Kazi aveva interrotto tutti i suoi contatti con il mondo
esterno, e non aveva più sentito né i suoi tre
amici, né tutti gli altri cavalieri.
Così
passò un anno.
Master Xehanort, nel
frattempo, aveva continuato a tramare nell’ombra, e aveva
infine trovato il modo di vincere sui guerrieri del Keyblade: tutte le
disgrazie e la resistenza provenivano da Kazi, il Keyblade Master
più forte, potente e coraggioso. Senza di lui, piegare gli
altri sarebbe stato uno scherzo! Perciò
incominciò a progettare il modo di ucciderlo. Sapeva
già in partenza che uno scontro corpo a corpo con lui non
sarebbe servito: Kazi era troppo forte, nemmeno Master Xehanort poteva
contrastarlo, e comunque il cavaliere non sarebbe certamente stato
così stupido da andare di sua spontanea volontà
al nascondiglio di Xehanort. Perciò decise di agire
d’astuzia e d’inganno, usando un’esca per
attirarlo nella sua base. E l’esca l’aveva
già in mente …
Hikari, una bella
mattina di primavera, era uscita dal castello come al solito per fare
un giretto nei dintorni. Ormai non aveva più paura: gli
Unversed ultimamente erano definitivamente spariti dalla
città, e la gente poteva girare di nuovo sicura per le
strade. Ma la povera ragazza non sapeva che quella era stata
un’astuzia di Xehanort. L’uomo, infatti, negli
ultimi mesi aveva ordinato agli Unversed di evitare il Radiant Garden,
in modo che Hikari stesse più tranquilla e uscisse di casa
indifesa. E aveva ottenuto il risultato che sperava.
Quel mattino, Xehanort
mandò un gruppo di Unversed ad appostarsi nei pressi del
castello. E quando Hikari ci giunse da sola, senza paura, i mostri la
stavano aspettando al varco, e quando fu abbastanza vicina, le
balzarono fulmineamente addosso e la trascinarono via con loro.
Quello stesso mattino,
Kazi si svegliò di soprassalto: aveva sentito che
nell’aria c’era qualcosa che non andava. Ma dopo
poco non ci diede più peso, e si voltò a guardare
sua moglie: la ragazza era in stato avanzato di gravidanza, e Kazi non
la volle svegliare. Si alzò, e uscì fuori sul
balcone a respirare l’aria di mare. A quel punto vide un
Moguri volare verso di lui. Ma non era un Moguri qualsiasi: era
Stiltzkin, del Gathering Place. Kazi non fu contento di rivederlo. Gli
riportava il passato alla mente.
“Stiltzkin
… perché sei qui?”
“Kupò,
oh Kazi, come sono contento di rivederti! Ma non preoccuparti, so che
tu invece non lo sei. Io però sono qui per chiederti il tuo
aiuto, kupò.”
Kazi lo
guardò storto. Che genere di aiuto voleva?
“La moglie di
Ansem, Hikari, è stata rapita. Dagli Unversed,
kupò. Non ci vuole molto a capirlo. È sparita
all’improvviso, e non riescono a ritrovarla. Me
l’ha detto Mog, il Moguri del Radiant Garden,
kupò.”
Kazi sentì
una pugnalata al petto e una miriade di ricordi affiorare. In
quell’anno, il suo antico amore per Hikari non si era mai
spento. Era rimasto come un fioco tizzone ardente sotto la cenere. Ma
bastava un leggero soffio perché riprendesse a divampare la
fiamma. Tuttavia cercò di sfuggire.
“Io non ho
più niente a che fare con Hikari!”
“Kupò,
ma lei è in pericolo! Potrebbe morire,
kupò.”
“E allora
perché non la cerca suo marito?”
“Ansem non ha
abilità sufficienti per il combattimento. Non può
mettersi contro Xehanort, kupò.”
Kazi non perse
l’occasione per insultarlo. “Certo, quel cretino
non sa fare niente!”. Non gliel’aveva mai
perdonata, ad Ansem, di avergli portato via la sua ragazza.
Però capi quanto la situazione fosse critica: Hikari aveva
bisogno di lui; non poteva voltarle le spalle. Era la ragazza che un
tempo aveva amato: era suo dovere aiutarla.
“Va bene,
Stiltzkin. Ma poi non voglio più sentirne parlare.”
Rientrò in
casa, entrò in camera, e guardò la moglie, che
stava ancora dormendo. ‘Tornerò presto. E quando
sarò tornato, non partirò di nuovo.’
Kazi si tolse dal collo
la collana col pendaglio a forma di corona che portava sempre al collo.
Non era una collana qualunque, quella: era una collana che i suoi
antenati si tramandavano di generazione in generazione. Nonostante le
sue convinzioni di tornare presto, il cavaliere capì che non
sarebbe tornato mai più. Perciò voleva che anche
suo figlio, quando sarebbe nato, avrebbe portato quella collana. E
anche tutti i suoi discendenti, nelle generazioni a venire, avrebbero
dovuto tramandarsi quel pendaglio così antico,
così pieno di valore simbolico e di significato. Kazi
posò la collana sul suo cuscino, poi uscì dalla
stanza, guardando sua moglie ancora una volta.
Corse alla sua
Gummyship, in compagnia di Stiltzkin, e prima di salire
ordinò al Moguri di tornarsene a casa: da quel momento se la
sarebbe cavata da solo.
Salì sulla
navicella, già deciso dove andare: non ci voleva molto a
saperlo. Il luogo di base di Master Xehanort era il Sunset Horizons, e
Kazi conosceva anche la strada. Dopo molte ore di viaggio, Kazi
atterrò in quel mondo nemico. Era freddo e inospitale: fino
all’orizzonte, non si vedeva altro che deserto. Un deserto
roccioso.
Kazi
incominciò a cercare in giro, eliminando gli Unversed che
man mano gli si paravano davanti. Dopo molto camminare,
arrivò senza fiato al campo dove c’era una specie
di prigione, in cui stava la ragazza prigioniera. Intorno alla gabbia,
c’erano una moltitudine di Unversed. Questi erano troppi
anche per lui. Ma Kazi, furbo, sapeva che non era necessario
affrontarli tutti: bastava semplicemente schivarli e evitarli.
Però una cosa non lo convinceva: dov’era Master
Xehanort? Ma Kazi in fondo non se ne preoccupò
più di tanto: il suo obiettivo era liberare Hikari, non
trovare quel pazzo.
Perciò, anche
se spossato dalla stanchezza, si slanciò avanti verso il
brulichio di Unversed, ben deciso a liberare la ragazza. Kazi, con
abilità, schivò tutti i nemici, e
riuscì ad arrivare proprio al centro della zona, dove
c’era la prigione di Hikari. Per liberarla,
cominciò a dare violenti colpi di Keyblade sulle sbarre,
finché riuscì a distruggerle e aprire un
passaggio.
“Hikari,
scappa!” gridò il cavaliere.
Hikari
schizzò fuori dalla gabbia e incominciò a correre
a perdifiato per sfuggire ai mostri. Kazi allontanò alcuni
di loro, e si precipitò di corsa dietro la ragazza per
scappare anche lui. Però andava molto piano,
perché prima aveva già corso tanto ed era stanco,
non essendo più allenato.
A quel punto Master
Xehanort comparve in mezzo agli Unversed, nel centro del campo.
Ghignando, puntò il Keyblade verso il ragazzo, che ormai era
a duecento metri di distanza. “Ti prenderò,
Keyblade Master!” Dalla punta della spada uscì un
sottile raggio di oscurità pura, che colpì Kazi
proprio nella schiena.
Colpito a morte, Kazi
cadde di schianto per terra. Hikari, che aveva sentito un tonfo sordo,
si voltò preoccupata, e quando vide il suo salvatore
ansimante per terra, quasi svenne dalla paura. Kazi però,
con gli occhi già vitrei, guardò verso di lei e
gridò con le ultime forze: “Via! Vai via! Alla mia
Gummyship! Torna a casa!” Hikari, con le lacrime agli occhi,
ubbidì e si rimise a correre.
Kazi, rimasto solo,
steso a terra, mentre sentiva la vita scivolargli via,
guardò soddisfatto il cielo. Alla fine tutto era andato
liscio. Non aveva fallito la sua missione: il suo compito era salvare
Hikari, e lui la aveva salvata. Missione compiuta!
Master Xehanort
arrivò al suo fianco, e gli disse, beffandolo:
“Alla fine ti
ho preso, eh, Keyblade Master?”
Il cavaliere
guardò verso di lui. Anche in punto di morte, il nobile
guerriero era capace di sostenere il suo sguardo fiero.
Orgogliosamente, ansimò:
“quello che
hai dimenticato … Xehanort … è che io
… non sono … l’ultimo anello della
catena … qualcuno … mi vendicherà di
sicuro.”
Non appena dette queste
parole, Kazi lasciò cadere la testa, chiuse gli occhi e
spirò.
Master Xehanort
gridò: “Osservate, Unversed! L’uomo che
fino a poco tempo fa impediva la nostra conquista dei mondi, giace ora
ai miei piedi!”
Vanitas,
l’apprendista, si rivolse a lui: “la ragazza
è scappata. Devo rincorrerla?”
Xehanort si mise a
ridere. “Ma no, lasciala pure andare. Dopotutto, era Kazi che
volevamo. Non lei. E ora prepariamoci, amici miei, perché in
capo a pochi anni, quando ci saremo ripresi dalle perdite che il
cavaliere ci ha inflitto, muoveremo guerra a tutti gli altri Keyblade
Master! Ora non sono più un problema, dato che il loro punto
di forza è stato eliminato.” Poi gettò
un’occhiata al ragazzo steso a terra. Anche nella morte, Kazi
riusciva a mantenere la sua espressione fiera e orgogliosa. Questo
infastidiva Xehanort. “Vanitas, vedi di sbarazzarti di questa
carcassa. Dà soltanto fastidio.”
Circa un mese dopo, la
moglie di Kazi era stesa sulla spiaggia, fissando il cielo. Si sentiva
con la morte nel cuore: suo marito era partito, e non era
più tornato. Se n’era andato improvvisamente,
senza dirle nulla. E la ragazza sapeva che non sarebbe mai
più tornato. Lo sentiva. In mano teneva stretta la collana
che le aveva lasciato. Era per il figlio, lo sapeva.
Un’altra
donna, con un bambino piccolo in braccio, si diresse verso di lei. La
moglie di Kazi si voltò verso di loro, sorridendo triste.
“Ciao, amica
mia. E ciao anche a te, Riku.”
“Cara
… cosa fai qui a quest’ora?”
“Sai che mio
marito è scomparso, no? Io mi sento triste e
sconfortata.”
La sua amica
annuì. “Ti capisco. Anche mio marito è
sempre via per combattere. È un Keyblade Master anche lui
…”
“Però
mi ricordo che Kazi, quando era triste, veniva sempre qui a fissare il
cielo. Una volta gli ho chiesto il perché, e lui mi ha
risposto che guardare il cielo quando si è tristi aiuta
molto. Sto facendo quello che mi ha detto di fare.”
Rimase a fissare il
cielo ancora per alcuni minuti, poi disse, un po’ sollevata,
alla sua amica: “Ho deciso: chiamerò mio figlio
Sora.”
I mesi passarono. Il
figlio di Kazi finalmente venne al mondo, e alcuni mesi dopo anche per
Hikari, che era riuscita a tornare al Radiant Garden, venne il momento
di partorire: una tranquilla e limpida notte, nacque una nuova
principessa, che suo padre Ansem chiamò Kairi, e
stabilì che, avendo il cuore puro, un giorno il regno
sarebbe stato suo.
Quattro o cinque anni
dopo la sua nascita, la guerra del Keyblade ebbe inizio, come Master
Xehanort aveva promesso, e riuscì a vincerla facilmente, non
essendoci più Kazi, il cavaliere leggendario, ad
ostacolarlo. In quella guerra tutti i Keyblade Master persero la vita,
tra cui la stessa Aqua, la sorella di Kairi.
Dopo questa carneficina,
Master Xehanort, per riprendersi dalle massicce perdite subite, era
rimasto senza agire per molti anni, attendendo il ripristino completo
degli Unversed. E ora la preparazione era completata. Era tornato,
pronto a conquistare i mondi uno dopo l’altro. Ora era
compito dei nuovi Keyblade Master cercare di fermarlo.
Kairi aveva ascoltato la storia senza fare una domanda. Ora che il
racconto di Merlino era finito, la giovane ragazza aveva le lacrime
agli occhi. Dunque Kazi, il guerriero dallo sguardo orgoglioso nella
foto, era il padre di Sora. Ed era morto nel fiore dei suoi anni pur di
salvare sua madre Hikari. Kairi si sentiva terribilmente colpita e
commossa da quella storia.
“Ma … che ne è stato di mia
madre?”
“Tua madre è morta molti anni fa. Lei,
com’era prevedibile, non era soddisfatta del suo matrimonio.
Ora che Kazi era morto, l’unica ragione che la teneva in vita
eri tu. Da quando sei scomparsa, ogni ragione della sua vita
è sparita con te. E allora si è semplicemente
lasciata andare: si è ammalata gravemente subito dopo la tua
scomparsa.”
Kairi non aveva le parole per dire nulla. Anche il bambino nel suo
grembo si era acquietato; forse aveva capito la gravità
della situazione.
“Ho capito, Merlino. Grazie mille per avermi raccontato la
storia di Kazi.”
La principessa prese la foto e tornò pensierosa verso casa.
Quando fu arrivata si distese nel letto, e prese dalla tasca la collana
che Sora le aveva lasciato. Questa collana dunque aveva un valore
enorme: era appartenuta a Kazi e ai suoi antenati da chissà
quante generazione. E ora, quella collana, che un tempo era stata al
collo di Kazi, ora ce l’aveva lei in mano … Kairi,
sconvolta, si mise a piangere. Il figlio la sentì, e sebbene
non fosse ancora nato, si spaventò: perché la
mamma era così triste? Cosa la faceva stare così
male? Purtroppo però non poteva andarle in braccio e
consolarla. L’unica cosa che poté fare fu tirarle
un piccolo calcio. Almeno in questo modo le ricordava che
c’era, che non era sola. Kairi lo sentì e si
accarezzò la pancia. “Grazie, tesoro.”
A Kairi però non bastò. Rimase parecchi giorni a
rimuginare la storia del leggendario cavaliere, chiedendosi se quegli
avvenimenti di così tanti anni fa avrebbero mai portato
delle conseguenze al suo regno.
Note mie:
sapete che mi fa male la mano a forza di pigiare le dita? Ok, di questo
non gliene frega niente a nessuno! Ah, avendo letto questa storia,
noterete che le coincidenze con BBS non sono poi molte. Ma cercate di
capire: io questa storia l'ho inventata alcuni mesi fa, quando ancora
di BBS si sapeva molto meno. Adesso si sa che c'è il maestro
Erauqs, la scuola di Terra, Ven e Aqua, e si sa che Master Xehanort
è molto più che un semplice nemico senza
scrupoli. Pochi mesi fa però tutto questo non si sapeva, e
io, nonostante adesso sappia di Erauqs e di tutto il resto, la storia
non l'ho voluta modificare, sennò veniva uno schifo totale!
Beh, ditemi se ho fatto un buon lavoro!
PS: ehy, la nuova grafica del sito è proprio carina!!
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Capitolo 13 *** il nuovo principe ***
Finalmente!
Ce la facciamo a farla nascere, 'sta creatura? Per scrivere il capitolo
un po' ci ho messo, perchè le sensazioni di Kairi volevo
descriverle meglio che potevo. Molto spesso ho cercato di sostituirmi a
lei e a pensare: "Se a me dovesse nascere un figlio, guardandolo per la
prima volta cosa potrei provare?". Immedesimarsi aiuta moltissimo!
nueblackcrowfriend: io lavorare per Tetsuya Nomura?
Ma daaaai! ^///^ Grazie!
Ottoperotto: ho scoperto il tuo lato
altamente sadico! Ma cmq grazie per il sito! Combinando un po' di
macelli, vedrò di cavarci le gambe! Ah, Stilzkin! Purtroppo
non ho Final Fantasy IX, perchè in Internet costa tipo 40
euro ... che fregatura! Ho scelto lui perchè nella guida
ufficiale di KH2, dicono che è un Moguri importante!XD
Sheryl: davvero la storia assomiglia a
quella di Zack? Io non lo so, perchè non ho mai avuto modo
di giocare al Crisis Core ... L'ho visto al Game Stop, ma dato che non
ho il VII è inutile che ci gioco: non ci capirei niente!
Grazie per il complimento!
Il
nuovo principe
Il tempo continuò a passare. I giorni e le settimane si
susseguirono, insieme alla gravidanza della principessa. Quando
arrivò al settimo mese, il regno e i cittadini cominciarono
a prepararsi per la nascita del nuovo bambino. Kairi, insieme ad
Aerith, andò fino al Mercato per comprare tutto il
necessario: la culla, i vestiti e gli oggetti per la cura. Il biberon e
la roba per l’alimentazione invece non fu necessario
comprarli, perché Kairi aveva già deciso di che
il bambino lo avrebbe allattato lei. Per curarlo, Aerith aveva proposto
alla principessa di farsi aiutare da gente più esperta in
fatto di bambini, che potessero aiutarla nei primi mesi, ma Kairi
rifiutò: “non se ne parla! Il figlio è
mio, me ne occuperò io. Sono io la madre, no?”.
Aerith aveva capito perfettamente il suo stato d’animo: per
una ragazza che ha appena partorito, nulla è più
‘suo’ del neonato: comprensibile che la principessa
volesse vedersela da sola. Kairi non si era mai occupata di un bambino
prima, ma aveva deciso di affidarsi completamente al suo istinto
materno. Sentiva che tutto sarebbe andato liscio, nonostante avesse
poco meno di 17 anni.
Al castello, per fortuna la stanza di Kairi aveva di fianco una camera
vuota. Lei e Aerith decisero che la camera del bambino sarebbe stata
quella. Però nei primi due o tre mesi, Kairi
pensò che sarebbe stato meglio tenere la culla in camera
sua, di fianco al suo letto, in modo che se il figlio si fosse messo a
piangere durante la notte, lei avrebbe dovuto solo fare due passi per
arrivare a lui. Decisamente più comodo.
Il problema successivo fu: come fare per capire se il bambino possiede
un cuore puro o no? Non c’era più Ansem, pronto ad
esaminarlo appena nato, come aveva fatto con Kairi. Ma ci
pensò Merlino a risolvere il problema.
“Lo esaminerò io. L’unica cosa che
dovremo fare sarà controllare il cuore direttamente! Un
cuore di Luce è diverso da un cuore normale.”
Kairi, scettica: “Già, e come vuoi fare? Mica puoi
aprirlo per guardargli il cuore!”
“Esiste una magia chiamata Scan. Basterà usarla su
di lui per rendere il cuore visibile.”
“Ehi, è vero!” approvò Kairi
“d’accordo, hai la mia autorizzazione!”
Quando tutto fu pronto, non rimase che attendere il naturale svolgersi
degli eventi. Gli ultimi due mesi passarono senza intoppi, a parte che
qualche volta Kairi si innervosiva per i calci sempre più
frequenti che suo figlio le tirava. Tifa diceva che se si agitava
così, era perché si sentiva stretto e voleva
uscire. Kairi cominciava ad avere paura del parto imminente,
soprattutto dei rischi che comportava.
“E allora perché non esce, se si sente
stretto?”
“Dagli tempo. Si vede che ancora non è
ora.”
E Yuffie ogni tanto sdrammatizzava, facendole notare che se scalciava,
almeno voleva dire che era vivo. E Aerith una volta aveva detto a Kairi
che se la sua famiglia fosse stata lì, sarebbero stati fieri
di lei.
“La mia famiglia? A chi ti riferisci?”
“Beh, ma ai tuoi genitori e a tua sorella, no? A chi altri
potrei riferirmi?”
“Già, hai ragione!” Ormai di Sora
sembravano essersene tutti dimenticati. Dall’inizio della
gravidanza di Kairi, nessuno l’aveva mai nominato. In fondo,
lui non faceva parte della stirpe reale del Radiant Garden. A livello
dinastico, che importanza aveva? Quindi in definitiva non faceva
nemmeno parte della famiglia di Kairi. In senso giuridico,
l’unica parente del bambino rimasta in vita era Kairi, Sora
non veniva neppure considerato. Ma del fatto che Sora fosse il padre,
Kairi non se ne era scordata, e, per rafforzare questo pensiero si
ripeteva: ‘il sangue non è acqua.’. La
sua convinzione cresceva quando sentiva il figlio agitarsi
eccessivamente, e pensava ironica: ‘mi ricordi
qualcuno!’.
Poi finalmente, alla fine dell’ottavo mese Kairi
sentì dei dolori laceranti al ventre. Ma durarono solo
alcuni attimi. Prima di allarmarsi, decise di aspettare un
po’ per vedere se succedeva qualcos’altro. Dopo
otto minuti, sentì un’altra fitta. Emozionata,
chiamò Aerith, e con la voce rotta la informò
“Penso che sia ora.”
Aerith non aspettò un momento di più. Subito
chiamò il dottore, Leon, Yuffie e gli altri, e
ordinò a tutti di tenersi pronti. Leon la prese in braccio
con delicatezza, per non peggiorare le cose, e la aiutò a
sdraiarsi sul letto. Dopo poco arrivò il dottore, pronto ad
aiutare la principessa.
Dopo una mezz’ora, le contrazioni aumentarono, e Kairi, che
prima era assolutamente tranquilla, era ora stravolta e spaventata per
il dolore.
“Aerith, tienimi la mano!”
“Ti tengo, ti tengo! Stai tranquilla.”
“Non ce la faccio! Sto morendo!”
“No che non muori. È una tua
impressione!”
Il dottore le ordinò “Ascolta, tu adesso stai
calma. Quando senti la prossima contrazione, spingi più
forte che puoi!”
Kairi, col sudore che le inumidiva il collo e il viso, annuì
terrorizzata. Dopo sette minuti, ne arrivò
un’altra.
“Vai, spingi!” gridò il dottore.
“Hai sentito? Spingi!” gli fece eco Aerith.
Andarono avanti così per tre, quattro, cinque volte. Kairi
ormai era straziata dal dolore fisico.
“Aerith, fa un male terribile! Ci sono
novità?”
“No, ancora no. Appena mette fuori la testa ti
avviso.”
Continuarono ancora, finché finalmente il dottore
gridò “Ecco! Vedo già i capelli!
Sforzati, Altezza, sforzati ancora! Ancora uno sforzo!”
Kairi, con le energie rimaste, spinse ancora una volta, e finalmente
sentì il ventre liberarsi, e quasi svenne, tanto era
sfinita. Quasi non sentì il forte pianto infantile che
riempì la stanza, e il grido emozionato di Aerith.
“è nato! Kairi, è un maschio!”
Era troppo stanca. Nei minuti in cui riposava, stremata, il medico
pulì e lavò il neonato dagli invogli fetali,
mentre i servi cambiavano le lenzuola sporche di liquido amniotico e
sangue con alcune pulite.
Quando ebbe finito, Kairi mormorò: “fatemelo
vedere. Per favore.”
Aerith lo avvolse in una copertina bianca e glielo portò
subito, e quando lo vide Kairi sentì quell’amore
straordinario che colpisce tutte le madri quando vedono il figlio per
la prima volta. Tremante, lo prese in braccio e lo osservò
con attenzione.
Sembrava un bambolotto da quanto era piccolo, ma a Kairi
sembrò un miracolo. Quello che le aveva detto Aqua era vero:
‘quando nascerà, tutto ti sarà
chiaro.’ Aveva avuto ragione.
Il bambino, anche se era appena nato, aveva già dei bei
capelli, ancora umidi, rossi come i suoi. I lineamenti del viso
però non erano i suoi. Kairi lo notò
immediatamente. La forma del naso, della bocca … tutto era
uguale a Sora. Gli occhi però non glieli vide,
perché ancora li aveva chiusi. Kairi era curiosa di vedere
come fossero: la differenza di colore tra i suoi occhi e quelli di Sora
era minima, ma Kairi sapeva che gli occhi di Sora erano di un azzurro
chiaro; i suoi invece erano di un blu scuro. Allungò la
mano, e con un dito sfiorò le palpebre del bambino. Lui
sentì qualcosa sugli occhi, e infastidito li
aprì. Kairi riuscì a vedere il colore. Blu scuro.
Come i suoi. Il figlio guardò per la prima volta il suo
mondo, con gli occhi colmi di stupore e meraviglia. Poi
guardò in su, e vide sua madre; ormai la conosceva bene, ma
quella era la prima volta che la vedeva. I bambini, si sa, appena nati
non sanno ancora sorridere. Ma le emozioni le possono esprimere
perfettamente attraverso lo sguardo. Il piccolino, anche se la bocca
l’aveva seria, rivolse a Kairi uno sguardo dolcissimo e un
po’ furbetto, lo stesso identico sguardo che le rivolgeva
Sora un attimo prima di baciarla. Kairi in quello sguardo lo
capì perfettamente. Sembrava che le dicesse:
“Ciao, mamma, quanto sei bella!”. Non aveva bisogno
di parlare per farsi capire.
Lei ricambiò la sua occhiata. ‘di colore, i tuoi
occhi sono uguali ai miei, ma lo sguardo è quello di tuo
padre.’, pensò.
Merlino a questo punto si fece avanti e propose a Kairi di controllare
subito se il bambino avesse il cuore di Luce. Almeno non ci avrebbero
pensato più. “E se ce l’avrà,
sarà il nuovo principe!”. Kairi
acconsentì. Merlino afferrò la bacchetta, la
puntò sul piccolo, e gridò
“Scan!”. Poi si mise a osservare il figlio di Kairi
con enorme interesse. Gli altri non vedevano nulla, perché
solo chi ha lanciato la magia può vedere tutti i dettagli
del bersaglio.
Kairi rimase col fiato sospeso, con il figlio stretto in braccio. In
quel momento, nonostante l’imparzialità dei mesi
scorsi, sperò ardentemente che il figlio avesse il cuore
puro come il suo.
Merlino non ci mise molto. Dopo poco concluse:
“Ho osservato con attenzione. E affermo che il figlio di
Kairi ha il cuore puro!”
Kairi sentì la tensione scivolarle via, e tirò un
gran respiro di sollievo. Tutti gli amici che erano lì, si
misero a gridare dalla felicità di avere tra loro il nuovo
principe.
“Però,” continuò Merlino
“devo dire che oltre a un cuore purissimo come il cristallo,
ce l’ha anche di una forza e potenza straordinaria. Si, un
cuore forte come questo io non l’avevo mai visto!
Sarà di sicuro un grande principe, Kairi.
Congratulazioni!”
A questa notizia, la gioia e l’entusiasmo dei presenti
aumentò. Però, come di comune accordo, uscirono
tutti in punta di piedi dalla stanza, per non disturbare il primo
incontro tra la madre e il figlio. L’unica raccomandazione
che il medico le fece fu di stare buona e tranquilla, perché
entro poche ore avrebbe dovuto espellere anche la placenta,
sennò rischiava qualche infezione.
Rimasti soli, Kairi lo sollevò per osservarlo meglio. Era la
creatura più bella che avesse mai visto. Ed era sua! Nessuno
gliel’avrebbe potuta togliere! Se lo avvicinò al
viso e lo baciò sulla testa. Il bambino ne
approfittò subito per allungare la manina e afferrarle un
ciuffo di capelli, poi si mise a tirare con tutte le sue forze. Kairi,
ridendo, si liberò dalla stretta e se lo avvicinò
al seno. Il bambino aveva fame: infatti ci si attaccò subito
e si mise a succhiare con voracità. Kairi non riusciva a
credere che nemmeno nove mesi prima addirittura aveva detto di non
volerlo, e ora il pensiero dell’aborto che aveva rischiato la
faceva rabbrividire dalla paura. E pensare che avrebbe potuto perderlo;
avrebbe potuto morire. Kairi, terrorizzata alla prospettiva, se lo
strinse ancora più forte. L’unica cosa che
desiderava era che il suo piccolino restasse con lei per sempre.
‘ora nessuno ti farà morire, nessuno ti
porterà via da me!’
Poi rimase a guardarlo, mentre continuava a mangiare a occhi chiusi.
Dopo un po’ si era appisolato. Ma ancora continuava a
succhiare nel sonno. Kairi ruppe il silenzio.
“Dovrai avere un nome, tesoro.”
Il figlio si svegliò, staccò le labbra bagnate di
latte dal seno della madre ed emise un gemito, come per approvare.
Kairi lo sollevò in braccio e lo osservò
attentamente negli occhi. Il bambino la guardava sempre con il suo
sguardo dolce; ‘è proprio uguale a
Sora’, pensò Kairi. Ma a un tratto lo sguardo del
piccolo mutò all’improvviso. Per un attimo, per
una frazione di secondo, assunse l’espressione di un
guerriero forte e orgoglioso. Uno sguardo che solo un cavaliere
leggendario poteva avere. Kairi rimase molto sorpresa da quello
sguardo, ma un attimo dopo l’espressione del bambino era
tornata quella dolce e buona di prima.
A Kairi tornarono in mente le parole che il padre di Sora aveva detto
prima di morire: “io
non sono … l’ultimo anello della catena
… Qualcuno … mi vendicherà di sicuro
…”. Prese dal comodino la collana di
Sora e la osservò.
La principessa rimase pensierosa per alcuni istanti, col bambino che
incominciava ad agitarsi impaziente perché aveva ancora fame
e voleva succhiare ancora un po’. Kairi lo sollevò
fino ad avere gli occhi all’altezza dei suoi, e gli
parlò molto seriamente.
“Figlio, tu non sei solo il discendente di una grande stirpe
di sovrani: nelle tue vene scorre il sangue del più grande
Keyblade Master mai esistito. Ti chiamerai Kazi, come il più
potente guerriero di tutti i tempi, come l’uomo
più nobile e coraggioso che sia mai esistito, che ha
rinunciato alla sua vita e alla sua famiglia pur di salvare mia madre.
Anche tu sarai un guerriero, me lo sento. E un giorno vendicherai tuo
nonno, sarai tu a sconfiggere Master Xehanort.”
Infine gli sorrise, e concluse “Benvenuto nel nostro regno,
Kazi.” Pensò orgogliosa che fra qualche anno anche
suo figlio avrebbe avuto al collo la collana di suo padre, di suo nonno
e di tutti i suoi antenati.
Se lo ristrinse al petto, e si addormentò profondamente,
stremata dalla fatica del parto, mentre Kazi riprendeva a mangiare con
energia.
Due giorni dopo, quando fu in grado di alzarsi, Kairi si rimise la sua
uniforme, che prima per la gravidanza aveva smesso di portare, si
legò il mantello al collo, prese in braccio suo figlio e
uscì sul terrazzo. Sotto c’era tutta, ma proprio
tutta la gente del Radiant Garden. Kairi rimase soddisfatta che nessuno
l’avesse abbandonata in un momento così difficile.
Sollevò il bambino in modo che tutti potessero vederlo, e
gridò: “Guardate, guardate bene tutti. Questo
bambino è mio figlio, Kazi, e sarà il nuovo
principe del regno! Guardatelo bene tutti!”
I sudditi si misero a esultare, a inchinarsi al nuovo principe e a
gridare. “Evviva Kazi! Evviva i nostri principi!”
Note mie:
evvai! Ce l'ho fatta! Spero di averli espressi bene, i sentimenti di
Kairi. Adesso sto riflettendo se far crescere il figlio tutto d'un
colpo, o descrivere prima i suoi primi tempi di vita, mettendoci anche
le varie difficoltà e crisi che incontra Kairi nell'avere a
che fare con un bambino piccolo. Secondo voi cos'è meglio?
(mi unisco anch'io al popolo! Viva il principino!)
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Capitolo 14 *** Mamma! ***
Uh, stasera
sono proprio contenta, dopo essermela spassata al Lucca Comics! Quindi
aggiorno! Per non cadere troppo nel banale, ho concentrato i primi tre
anni di Kazi in un unico capitolo, senza dilungarmi troppo.
nueblackcrowfriend:
credo di aver capito cosa vuol dire 'puccissimo'.XD Grazie! Ma Kairi
può cavarsela benissimo da sola! E poi ha tanti di quegli
amici che la mancanza di Sora non si fa certo sentire!
Sheryl:
grazie per l'opinione! Infatti ho scritto i primi anni di Kazi li ho
scritti in un capitolo solo, perchè bisogna avere un'idea
del suo carattere. Ma non mi sono persa troppo in chiacchiere futili,
per non essere banale!
Ottoperotto:
ti do proprio ragione! Infatti anch'io sono rimasta un po'
insoddisfatta da questa cosa della magia Scan, però un altro
modo non sono proprio riuscita a inventarmelo ... mi sarebbe piaciuto
usare un metodo simile a quello di Ansem ... ma il punto è
che io non so come fa Ansem a esaminare i cuori, nessuno lo sa, in
Kingdom Hearts non lo dicono mai. Infatti anche nel primo capitolo non
ho spiegato come ha fatto Ansem a capire che Kairi ha il cuore puro.
Chi lo sa, potrebbe avere usato Scan anche lui! XD Se ci pensi, questo
metodo della magia sta anche in piedi. Ah, ma se trovi qualcosa che non
va, dimmelo pure! So di non scrivere perfetto. Un po' di critica non
può farmi che bene!^^ Infine ... Sora a casa? Ma
perchè non farlo aspettare ancora un po'? Ehehehe! (sono
cattiva!)
Mamma!
La nuova vita di Kairi continuò a
scorrere, ma in modo diverso rispetto a prima.
I primi giorni di vita del figlio per lei non furono facili: durante la
gravidanza si era sempre immaginata il suo bimbetto che stava sveglio
di giorno, a sorriderle, a toccarla con le manine, a giocare con lei,
entro i suoi limiti, naturalmente. Invece no. Nelle prime settimane,
tutto quello che Kazi sembrava capace di fare era dormire. Dormiva
sempre, salvo poi quando si svegliava, magari di pessimo umore, urlando
e piangendo come un disperato perché voleva mangiare o
essere cambiato. E purtroppo per Kairi, questo avveniva regolarmente di
notte: magari quando era scivolata nel primo sonno, puntualmente il
figlio si svegliava, perforandole le orecchie con la sua vocetta acuta.
Kairi però non perdeva mai la pazienza: suo figlio lo
considerava un dono del cielo, perciò si svegliava con
calma, e lo accontentava sempre, anche quando magari l’aveva
tirata giù dal letto solo un’ora prima. Questo
avvenne per le prime settimane. Il dottore aveva ordinato alla madre di
tenersi a riposo assoluto almeno per i primi tre mesi, quindi lei aveva
tutto il tempo, di giorno, di recuperare le ore di sonno perdute; era
un po’ triste di non potersi allenare fino alla fine del
periodo di maternità, perché era sempre
più preoccupata per i suoi sudditi. E se gli Heartless li
avessero attaccati? Lei non sarebbe stata in grado di difenderli.
Ancora non sapeva combattere, si era allenata solo una volta, e quando
aveva scoperto di essere incinta aveva smesso subito. Ma Aerith la
teneva buona, ripetendole che la salute viene prima di tutto.
A circa un mese, un mese e mezzo, i radi capelli del bambino
cominciarono a crescere velocemente, folti, di un bel marrone
rossiccio, preciso a quello di Kairi. E dritti. Yuffie diceva
scherzando che i capelli di Kazi erano un paradosso. E Kairi aveva
dovuto ammettere che era vero: la principessa conosceva a memoria i
capelli di Sora: quante volte, mentre si accarezzavano, lei aveva
passato le mani tra i suoi capelli? E li aveva sempre sentiti rigidi e
ispidi, come giustamente avrebbero dovuto essere, essendo dritti. I
capelli di Kazi invece no, tutt’altro, erano morbidi,
delicati e soffici come le piume di un anatroccolo. Però
erano dritti. Kairi era arrivata a chiedersi come ciò fosse
fisicamente possibile. Ma tant’era
.
A circa tre mesi, Kazi incominciò a mostrare più
interesse verso il mondo che lo circondava, e dimostrava di saper
riconoscere anche gli amici di Kairi; Yuffie era quella che con lui
passava più tempo: essendo rimasta bambina dentro, giocava
volentieri con lui molto di frequente. Anche con Aerith e Tifa andava
d’accordo, anche se loro erano più propense a
discutere con Kairi dei problemi del regno piuttosto che giocare con un
bambino piccolo.
Ma quello che conquistò davvero l’attenzione e
l’interesse del principino fu Mog. Quando lo vide per la
prima volta aveva solo pochi giorni, e quando il Moguri lo
andò a trovare tutto intenerito, facendo mille complimenti e
salamelecchi a Kairi, Kazi rimase incantato da quello strano
animaletto: sembrava diverso dalle persone che aveva visto nei primi
giorni. Inoltre la sua vista era ancora immatura, riusciva a malapena a
distinguere l’ombra dalla luce. E quando vide quel
meraviglioso pompon di quel rosso acceso che quasi gli
abbagliò gli occhi ancora abituati al buio del grembo
materno, non seppe resistere e fece scattare la mano verso di lui. Mog,
che non gli aveva prestato attenzione, si ritrovò acciuffato
a quel bambino, che cercava disperatamente di agguantare
quell’affare di colore rosso, senza quasi accorgersene.
“No, no, kupò! Il mio preziosissimo pompon no!
È proibito toccarlo, kupò! Principino, stai
fermo!”
Ma era stato amore a prima vista. Ora Kazi, tutte le volte che vedeva
il Moguri, non perdeva occasione per cercare di acchiapparlo. Mog, dal
canto suo, cercava di stargli il più possibile lontano. Ma
purtroppo era lui quello incaricato di fare rapporto alla principessa
tutte le mattine, perché essendo in grado di volare, poteva
controllare la situazione in città meglio di chiunque altro.
E tutte le mattine per Mog erano un incubo. Le prime volte poteva anche
sopportarle, perché Kazi era ancora piccolissimo e quando
Mog era da Kairi, il bambino fortunatamente lo trovava sempre
addormentato. Ma dopo i primi 3-4 mesi, Kazi il mattino aveva
cominciato a stare più sveglio, e allora per il povero
Moguri le cose si mettevano male: teoricamente avrebbe dovuto fare
rapporto a Kairi, ma tutte le volte si riducevano a un Kazi strillante
che cercava di acciuffare Mog in tutti i modi, a Mog che svolazzava in
giro cercando di sottrarsi a lui, e intanto Kairi che seduta in
poltrona si sbellicava dalle risate. E tutte le volte prendeva le parti
del figlio, mentre beata si copriva la bocca con le mani:
“Mog, è un neonato. Non sa quello che
fa.” Questo rendeva Mog furioso. Ma il Moguri non sapeva che
quello era l’inizio di un’amicizia che sarebbe
durata per molti anni …
Allo scadere dei tre mesi, Kairi riprese ad allenarsi più
che mai. La mattina incominciò a svegliarsi
all’alba, si preparava, dava a Kazi il primo pasto della
giornata e scappava a fare il suo giro di ricognizione, per controllare
la presenza di eventuali Heartless, infine andava ad esercitarsi nel
Crepaccio, con Leon, incaricato della sua istruzione, che la seguiva e
le insegnava tutto quello che un principe deve sapere; era un
po’ insoddisfatto da questo, perché avrebbe
preferito Ansem e Aqua come maestri per la principessa. Ma dato che
ormai loro non potevano più farlo, l’unico
sostituto valido era lui.
Kazi nel frattempo era affidato alle cure di Aerith, che era quella di
cui Kairi si fidava di più. A dire il vero non
c’era molto da fare: bastava che lo sorvegliasse mentre
dormiva e dargli il biberon quando si svegliava. Nulla di
più facile. Kairi in questo modo poteva allontanarsi da casa
senza che preoccuparsi di suo figlio. La sua routine era sempre la
solita: la mattina all’alba, ricognizione per il regno.
Allenamento fino a mezzogiorno. A quel punto poteva tornare a casa per
pranzare e stare un po’ con Kazi, visto che Aerith non poteva
sempre occuparsene: come giustamente diceva, è della mamma
che i bambini hanno bisogno prima di tutto. Inoltre il medico non la
finiva di ripetere che il latte di Kairi era mille volte meglio del
latte in polvere, quindi era necessario che la madre lo allattasse
almeno due volte al giorno. Kairi questo poteva farlo a colazione,
pranzo e cena, visto che quelli erano i suoi orari di riposo. Il
dottore ne rimase soddisfatto, dato che tre volte erano sufficienti.
Per gli altri due pasti andava bene anche il latte in polvere. Kairi
poteva stare col figlio per tre o quattro ore dopo pranzo, e poi
tornava ad allenarsi; alle sette di sera faceva un ultimo giro di
controllo per il regno e a questo punto poteva tornare a casa,
somministrava a suo figlio l’ultimo pasto e andava a dormire.
La sua vita incominciava a piacerle molto, e non mostrava la minima
nostalgia per i giorni passati alle Isole del Destino. Dopotutto, era
il Radiant Garden la sua casa, non le isole dove era cresciuta.
Suo figlio intanto, col passare del tempo, continuava a
crescere. Già a quattro mesi aveva capito che Kazi
era lui, il suo nome, e quando la mamma o qualcun altro lo chiamava, si
faceva attento e si voltava verso chi l’aveva chiamato; a
otto, nove mesi, i denti cominciarono a spuntargli, a tredici mesi
già un po’ camminava, e verso i quattordici,
quindici mesi cominciò a parlare. Kairi si divertiva
moltissimo a giocare e chiacchierare con lui, ora che finalmente era in
grado di fare qualcosa che non fosse dormire.
Per esempio lo chiamava e gli chiedeva: “Kazi, chi sono
io?”
E allora il bambino, con un po’ di sforzo, pronunciava:
“Ma … ma …”
E Kairi, incoraggiante: “Si, si, bravo! Ci sei quasi!
Riprova: mamma!”
“Ma … mma … Mamma!”
“Ma che bravo il mio principino!” esclamava allora
Kairi tutta intenerita, e Kazi le faceva un gran sorriso.
Oppure si cimentavano in giochi più fantasiosi:
Kairi per esempio invitava Kazi a fingere di essere un animaletto, o
qualcos’altro.
“Kazi, dai, prova a fare il leone!”
Kazi la guardava perplesso, all’inizio senza capire, dato che
ancora molte parole non riusciva a riconoscerle al primo impatto.
“Ma si, lo conosci! Fai il leone. Il leoncino! Come fa il
leoncino?”
E allora Kazi, che finalmente aveva capito, allungava le manine,
inarcava le dita a mo’ di artigli, stringeva i denti, e con
uno sguardo minaccioso fingeva di ringhiare:
“Grrrr!” poi guardava la madre soddisfatto.
“Bravo il mio cucciolo! Che tesoro che sei!”.
A Kazi non importava che la mamma non stesse sempre con lui. Le ore che
stavano insieme, le vivevano al massimo, e questo gli bastava. Inoltre
in questo modo aveva più occasioni di consolidare i suoi
rapporti con gli altri amici. Nonostante fosse Aerith quella che si
occupava di lui in assenza di Kairi, lui mostrava di essere
particolarmente affezionato a Yuffie, che aveva un indole
più giocosa. E Mog non veniva certo risparmiato. Il povero
Moguri aveva sempre sperato che il momento in cui il bambino imparasse
a camminare non arrivasse mai. Ma purtroppo quel momento
arrivò, e per la povera bestiolina ora non c’erano
più possibilità di scamparla. Però,
nonostante il bambino lo strapazzasse peggio di un peluche, Mog
incominciò a ricambiare l’amicizia del principe.
Tutte le mattine, ora, sembrava addirittura divertirsi quando Kazi
cercava di agguantarlo, o magari lo indicava alla mamma e ripeteva il
verso del Moguri: “Ma … ma!
Kupò!”. Mog incominciava davvero ad affezionarsi a
quel bambino che aveva dato una svolta alla vita del regno, e ogni
giorno cercava sempre di passare un po’ di tempo con lui, a
sue spese naturalmente, visto che ‘la peste’, come
Mog lo chiamava, non aveva esattamente il senso della misura col Moguri.
Kazi aveva conquistato già le attenzioni delle ragazze
amiche di Kairi, Aerith e Yuffie per prime, a seguire Tifa, Yuna, Paine
e Rikku. Ora, gli unici a mancare erano i due maschi, Leon e Cloud.
Cercò di accattivarsi la loro simpatia, ma era
più facile dirlo che farlo: Cloud riteneva infatti che non
sarebbe stato dignitoso per lui occuparsi di un bambino così
piccolo, e i momenti in cui gli diceva una frase un minimo divertente
per farlo ridere erano rarissimi. Leon era anche peggio: addirittura,
sapendo di essere negato coi bambini, per paura di nuocere a Kazi in
qualche modo, cercava sempre di ignorarlo. E tutti gli sforzi del
bambino per cercare di farsi notare da lui non servivano a niente.
Kairi e Aerith, quando si erano accorte della delusione di Kazi, gli
avevano spiegato ridendo con parole semplici che il compito di
occuparsi dei bambini spetta alle ragazze, non agli uomini. Ma Kazi
ancora non poteva capirle queste cose. Solo dopo anni sarebbe
finalmente riuscito a ricevere le attenzioni di Leon e Cloud ...
Il figlio di Kairi aveva un carattere molto simile a quello del padre:
cioè quando non dormiva stava sempre a giocare e a cercare
nuovi modi per divertirsi. Aveva un’inventiva straordinaria,
per lui ogni cosa si trasformava in un gioco divertente. Alcune volte
però, quando si calmava, diventava un bambino buono e
dolcissimo, il tipo di bambino che Kairi aveva sempre sognato di avere.
Ogni tanto la sera, quando il suo istinto materno era particolarmente
forte, invece di mettere il figlio a dormire nella culla lo portava a
dormire nel letto con lei, e ogni volta lui cercava di tirarle un
ciuffo di capelli, oppure le metteva le dita in bocca, o ancora cercava
di farsi strada fino al seno della madre per prendere il latte,
facendole il solletico coi suoi capelli dritti. A Kairi in quei momenti
sembrava di sognare. Ma il sogno durava poco, perché il
mattino dopo Kazi era tornato il bambino scalmanato e vivace di prima.
Yuffie una volta aveva improvvisato una statistica sul suo carattere.
“Secondo i miei calcoli, questo bambino ha il 70% di
carattere agitato e il 25% di carattere dolce.” Aveva
sentenziato con un finto tono professionale.
“E il 5%?” aveva chiesto Kairi, divertita.
“è quando dorme, ossia quando ha il carattere
nullo!” aveva concluso Yuffie con una gran risata.
Ma le statistiche contavano poco. Quello che davvero contava era il
ritmo di crescita del principe. Kazi, circondato dall’amore
della madre e di tutti gli altri, cresceva davvero in fretta, non solo
di corpo ma anche di mente, dimostrando di avere
un’intelligenza e una capacità di apprendimento
superiore alla media.
“Per forza è così
intelligente!” diceva Cid. “Dopotutto, è
o non è il nipote di Ansem?”.
A due anni Kazi ormai era capace di camminare da solo a gran
velocità, e le parole che conosceva le pronunciava
correttamente. Ma anche Kairi stava crescendo con lui. Dopo due anni,
ormai si era lasciata alle spalle l’aspetto di una ragazzina
ed aveva assunto le forme e le fattezze di una ragazza diciannovenne;
era splendida per l’età che aveva. In quei due
anni, l’addestramento finalmente ebbe termine. Ormai, Kairi
era in grado di destreggiarsi abilmente nella lotta, di usare il
Keyblade con maestria, e di usare tutte le magie del calibro di Firaga
e Blizzaga. “Ma senza Leon come avrei fatto!”
diceva per ringraziarlo.
In quell’epoca, il giorno del secondo compleanno
del figlio, Kairi mise finalmente al collo di Kazi la collana con la
corona che era appartenuta al nonno. Quando lo guardò con
quello stemma di famiglia al collo, a Kairi sembrò un vero
guerriero. “Senza dubbio sarai un grande principe!”
gli predisse con tono molto serio. Kazi la guardò divertito,
pensando che quello fosse solo un gioco nuovo, e da quel giorno si
tenne sempre la collana al collo, senza mai cercare di togliersela.
Solo qualche volta, incuriosito, si cacciava la corona in bocca alla
maniera dei bimbi piccoli, e Kairi o qualcun altro dovevano sempre
strappargliela dalla bocca per evitare che la staccasse e la
inghiottisse.
Ma questo primo segno distintivo aveva importanza solo dal punto di
vista personale: la parte più solenne e importante venne il
giorno del terzo compleanno di Kazi. Quel giorno, dopo che tutti gli
amici gli ebbero fatto gli auguri, e quando finalmente finì
di ingozzarsi di una torta di compleanno che gli aveva cucinato Aerith,
Kairi andò a prendere il regalo che aveva già
fatto preparare.
“Kazi, guarda cosa ti ha fatto fare la mamma!”
Kazi guardò incuriosito e rimase sbalordito quando vide il
regalo: un bellissimo mantello rosso, molto simile a quello della
mamma, però senza l’argento sopra.
“Sei un principe. È ora che anche tu cominci a
portare il mantello. Non si può essere principi senza
mantello.”
A Kazi era sempre piaciuto il mantello di Kairi: adorava quel tessuto
rosso, così morbido e vellutato. E quando toccò
il suo nuovo mantello, sentì con piacere che anche questo
aveva lo stesso tatto. Fece un gran sorriso a Kairi.
“Grazie, mamma!”
“Vieni sul balcone, tutti devono vederti!”
esclamò la mamma con entusiasmo.
Sul terrazzo della sua camera, Kairi prese Kazi in braccio e tese il
mantello del bambino per renderlo visibile. I sudditi che in quel
momento passavano sotto, lo videro e gli fecero un gran inchino. Kairi
sentì la voce emozionata di quella signora che la aveva
abbracciata stretta il giorno in cui era tornata a casa. “Che
ricordi, mi sembra ieri quando sua madre ha ricevuto il suo primo
mantello!”. Kairi si mise a ridere e riportò suo
figlio dentro.
Alcuni mesi dopo, Kairi decise che era il momento per Kazi di
incominciare a uscire liberamente dal castello, per poter girare in
città e vedere con i suoi occhi come vivevano e si
comportavano i cittadini. Questa sarebbe stata un ottima preparazione
per quando in futuro sarebbe diventato il principe del regno. Ma
chiaramente era ancora troppo piccolo per andarsene in giro da solo.
Bisognava trovare qualcuno che lo accompagnasse e stesse con lui. Kairi
non poteva, essendo sempre impegnata con le faccende del regno e a
combattere gli Heartless. E purtroppo anche Aerith e gli altri, per
quanto armati di buone intenzioni, non potevano passare
l’intera giornata ad occuparsi di lui e a stargli dietro,
inseguendolo e sorvegliandolo tutti i giorni per la città.
Bisognava trovare qualcuno fidato, che avesse esperienza, che fosse
capace di tenergli compagnia piuttosto che fargli da guardiano, e
bisognava che il bambino fosse rassicurato dalla sua presenza. Una
specie di padre putativo, insomma. Il problema era trovarlo.
“Non c’è da preoccuparsi!”
aveva detto Kairi ai suoi amici, con un lampo maligno negli occhi.
“Conosco qualcuno che farebbe i salti di gioia!”
Note mie:
piccola curiosità che non frega a nessuno: il giochino del
leone che fa Kairi con Kazi non l'ho inventato, ma è lo
stesso identico gioco, con le stesse identiche frasi, che ho fatto io
col mio cuginetto di un anno quando avevo 15 anni! Gli ho chiesto
proprio così: "Marco, come fa il leoncino?" e lui "Grrrr!".
Questo episodio mi è rimasto impresso e l'ho riscritto qui.
Solo che ho cambiato i personaggi!^^
Vedremo il prossimo capitolo, il prescelto "papà" come se la
caverà! Muhahahaha!
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Capitolo 15 *** Un amico-babysitter ***
Ciao di nuovo!
Il capitolo di oggi mi sono divertita moltissimo a scriverlo!
Finalmente il principe comincia a rivelare il proprio carattere!
Avis:
grazie, grazie! è abbastanza intuitivo chi sia il tutore, ma
cmq dimmi un po' chi avevi sospettato! XD
Ottoperotto:
grazie, fratello (si fa per dire.)! Si, il Lucca Comix è
stato bellissimo, è stata la prima volta che ci sono andata:
ho comprato anche la collana di Sora! Ho dovuto solo sostituire la
catena con un cordoncino nero. E poi ho pensato: "Ora anch'io sono una
sua discendente, dato che ho la collana della sua famiglia al collo!"
Che deficiente sono!xD Ah, quella cosa del Cielo (con la C maiuscola)
l'avevo messa di proposito, ma non ci ho messo nessun riferimento a
Sora perchè ci si arriva facilmente al doppio senso. Ma
secondo me Sora è meglio se non c'è.
Perchè se stesse con Kazi, dopo un paio di minuti
scapperebbe via alla massima velocità in direzione opposta
alla sua! Data la natura di Kazi non proprio tranquilla! (sono arrivata
a chiedermi come fa Kairi a conviverci ... ma la mamma è la
mamma, col papà già è diverso!)XD Ah
... un giorno mi dovrai spiegare chi è quella voce fuori
campo, dato che sono 14 capitoli che me lo chiedo!
Un
amico-babysitter
“Che cos’hai detto?!?”
gridò pallidissimo il prescelto ‘padre’.
“Shh, non c’è bisogno di
urlare!” ribatté Kairi, conciliante.
“Non fare la dolce con me, kupò! Non se ne parla!
Sai che quel bambino se potesse mi ucciderebbe,
kupò!!”
“Ma non dire idiozie, Mog! Quanto la fai tragica! Se Kazi ti
tratta così, è solo perché vuole
giocare!”
“Quella peste non sa giocare! Kupò! Quel bambino
è il mio incubo, non voglio fargli da bambinaia, mi rifiuto
categoricamente! Chiaro??!”
Kairi lo lasciò finire, poi riprese tranquilla, con tono
affranto “Già, hai ragione, povero caro Mog, sono
stata proprio una sciocca a pensare che tu possa essere capace di
occuparti di un bambino …”
Mog la guardò indispettito. “Potrei farlo se
volessi, kupò!”
Kairi, preoccupata, riprese “No, no, povero tesoro, ormai
devi accettare la realtà: tu non hai abbastanza spina
dorsale nemmeno per tenere un bimbo piccolo lontano dai guai!”
“Oh, è così che stanno le cose,
kupò? Pensi davvero che non riuscirei a farmi ubbidire da
una peste? Ma ti farò vedere io, kupò! Domani
andrò fuori col principe, e vedremo se non sarò
capace di badargli!” concluse Mog.
Kairi fece un sorrisetto soddisfatto: usando la furbizia e raggirando
il Moguri, aveva ottenuto il risultato che voleva, senza tuttavia
costringerlo.
Il mattino dopo, Kairi vestì il figlio con degli abiti di
poca importanza, in modo che Kazi potesse correre e divertirsi senza
paura di sporcarli, gli legò il mantello rosso al collo e
gli raccomandò di stare a sentire Mog e di ubbidirgli.
“Si, mamma!” assentì Kazi, ubbidiente.
“Bene. Ora dobbiamo aspettare Mog. Dovrebbe essere
già qui …”
Non aveva ancora finito di parlare, che il Moguri già era
arrivato in volo. Si mise sull’attenti davanti a Kairi,
dicendo rispettoso: “A rapporto, principessa!”
“Mooog!” esclamò Kazi tutto contento
quando vide l’animaletto.
‘Oh, no! Ti prego, stai giù …
’ pensò intensamente Mog a occhi chiusi. Ma
evidentemente chiedeva troppo: Kazi gli balzò addosso,
sbattendolo per terra, ridendo come un matto.
“Via da me! Via da me! Lasciami in pace,
kupò!” gridò esasperato il Moguri.
Kairi, tra le risate, per una volta tanto prese le parti di Mog.
“Togliti da Mog. Ubbidisci, amore.”
Così il povero animaletto poté finalmente
respirare.
“Forza, kupò, andiamo fuori.”
Kairi abbracciò e baciò il figlio. “Vai
e divertiti!”
Una volta fuori dalle mura del castello, Kazi rimase incantato a
osservare il suo regno, bellissimo, immenso, pronto per essere
esplorato. Ma la voce della ‘bambinaia’ lo
richiamò dai suoi pensieri.
“Ok, kupò, ora ascoltami bene: stai composto
…”
Ma non fece in tempo a terminare il concetto che già Kazi
non si vedeva più. Mog si guardò a destra e
sinistra, ma era rimasto completamente solo.
“è fuggito!” gridò il
poveretto, e si mise a volare in alto per vedere dove fosse finito il
principe. Eccolo! Era già arrivato al mercato. Evidentemente
tutta quella mercanzia sui banconi lo aveva attirato. Lo raggiunse in
un battibaleno.
“Kupò! Ma cosa ti salta in testa di scappartene
così?!” gridò arrabbiato.
“Oh, scusa tanto. Ma non avevo mai visto tanta gente tutta
insieme.”
Tutti lo videro, e lo salutarono molto cordialmente.
“Guardate chi c’è! Il principino!
Buongiorno, Altezza!”
Kazi ricambiò il saluto, e si avvicinò a una
bancarella. “Cosa c’è qui?”
“Frutta.” Rispose il venditore “ti regalo
un’albicocca, se vuoi.”
“Si, si, grazie!” esclamò Kazi,
contentissimo di fare una merendina.
“Ma kupò, non dovresti prendere le cose senza
pagarle. Non si fa …” protestò
riluttante Mog.
“Quanto sei noioso! Ha detto che è un regalo,
no?” ribatté Kazi.
E senza aspettare la risposta, corse via.
“Kazi, aspetta, kupò! Non correre!”
gridò il poveretto, cercando di raggiungerlo.
Kazi in pochi istanti era già arrivato al Borgo.
Scoprì ben presto che quel posto della città era
pieno di signore e vecchiette molto generose, che regalavano oggettini
ai bambini molto volentieri. Si avvicinò a due donne sulla
settantina che stavano giocando a carte a un tavolino fuori dalla porta
di casa.
“Ehi, guarda un po’! È venuto il
principe! Ciao! Cosa fai qui? Stai facendo una passeggiata?”
“Kupò, diciamo piuttosto che sta correndo per la
città come un matto, kupò, e sta facendo
diventare matto anche me!” intervenne Mog, affannato.
Le due donne lo guardarono infastidite, poi una disse
all’altra: “Ma quanto è bello questo
bambino! È bello come la sua mamma!”
Kazi arrossì un po’. “Grazie,
signora!”
Una entrò in casa e lo chiamò: “guarda
cos’ho qui. Le caramelle al miele! Ti piacciono le caramelle
al miele?”
“Molto, signora!” affermò Kazi, con le
pupille dilatate.
“Serviti pure!” rise la donna.
Kazi ne fece una bella scorta, riempiendosi anche le tasche,
ringraziò, salutò le due vecchiette e ricorse via.
“Kupò, non puoi proprio farne a meno, eh? Forse
non c’è abbastanza da mangiare a casa tua? Non hai
bisogno di prendere il cibo degli altri, kupò!”
“Kupò, ma che noia kupò che sei,
kupò!” rispose Kazi facendogli il verso.
“perché non pensi un po’ a divertirti,
kupò?”
“Non mi prendere in giro, kupò! Tua madre ti ha
affidato a me!”
Ma Kazi era già ripartito, dirigendosi verso
l’Area Fortificata. Mog lo guardò rassegnato, poi
pensò a Kairi. “Ma che bisogno aveva di
riprodursi, quella?!”
Il bambino si affacciò sul burrone guardando verso
l’orizzonte. La sotto c’era il Crepaccio, dove si
allenava la mamma tutte le mattine. E più in là,
molto più in là, c’era un grande e
tenebroso castello.
“Mog, cos’è quel castello
laggiù?”
“Quello? È la Fortezza Oscura,
kupò.”
“E che cos’è?”
“è un castello molto pericoloso, kupò.
Nessuno ci si avvicina mai, neppure tua madre,
kupò.”
“Perché?”
“Te l’ho già detto: è
pericoloso.”
“Perché?”
“Kupò, perché dentro ci sono ancora gli
Heartless.”
“Perché?” insisté Kazi.
“Perché, perché … uffa,
kupò, chiedi sempre perché!
‘perché questo, perché
quell’altro?’ Perché si!”
Kazi tornò a guardare quel maniero ombroso, con gli occhi
blu pieni di desiderio. Ma era troppo difficile arrivarci. Era troppo
lontano. Non poteva andarci oggi. Meglio aspettare un po’, e
magari quando Mog si sarebbe fidato di lui lo avrebbe lasciato andare.
Si rimise in cammino, e si affacciò sull’Area in
Costruzione. Scese le scale e, quando si trovò al bivio,
prese la strada di destra e arrivò fino
all’Entrata Posteriore.
“C’è una bella vista da
quassù!” commentò.
“Kupò, ma vuoi fermarti? Non ce la faccio
più!”
“Mog, dove porta quell’entrata?”
“La? C’è lo studio di tuo nonno,
lì dentro. Non puoi entrare, però.
C’è un immenso labirinto di corridoi,
dentro.”
Ma naturalmente fu come parlare al muro. Kazi, incoraggiato dal
divieto, corse verso la porta.
“No! Kupò! Non entrare! È pericoloso!
Se ti succede qualcosa, cosa mi farà la
principessa?”
Kazi era già entrato, incuriosito dalle parole di Mog. Ma
non c’era proprio niente di speciale dentro. Solo un lungo
corridoio che si perdeva nell’oscurità. Kazi, che
aveva l’animo dell’avventuriero e
dell’esploratore, come qualcuno, si avviò
all’interno. Alla fine del corridoio, c’era un
bivio. Kazi indugiò un attimo, poi prese la via di sinistra.
Alla fine della via, un altro bivio, poi un altro, e un altro ancora.
Kazi continuava a proseguire, sempre più scoraggiato, quando
alla fine gli sembrò di essere in un posto in cui era
già stato. Aveva girato in tondo!
Terrorizzato, si mise a chiamare il suo tutore. “Mog, Mog,
dove sei? Mi sono perso! Mog, aiutami!” Ma Mog non poteva
arrivare dappertutto. Lui ancora era all’inizio dei corridoi,
e non riuscì a sentire la voce del bambino, anche
perché non faceva che ripetersi: ‘quel bambino
è nato per farmi imbestialire!’. Passarono alcuni
angoscianti minuti, in cui Kazi temette che Mog lo avesse lasciato solo
e per la paura si mise a piangere. Mog non riusciva a trovare il
principe da nessuna parte, e allora gridò: “Non
preoccuparti, kupò! Vedrai che ti trovo!” ma non
riuscì a trovarlo facilmente. Senza contare che quei
corridoi erano bui e intricati. Kazi poteva essere dovunque.
‘Ma dove si è cacciato quel moccioso?’
pensò Mog esasperato. Quando sentì
l’eco di un pianto, e riconobbe che era la voce di Kazi.
“Resiti, kupò! Vengo a salvarti!”. I
Moguri hanno un senso dell’udito molto sviluppato, e anche il
loro orientamento non è da meno: localizzato il bambino, per
Mog fu uno scherzo trovarlo.
“Kazi, eccoti qui! Usciamo, kupò!”
Kazi gli corse in contro e lo abbracciò. “Mog, ho
paura. Portami fuori di qui!”
Una volta usciti, Kazi si era calmato. Accidenti se si era calmato.
Quella lezioncina di pochi minuti gli era bastata: è giusto
avere curiosità e voglia di scoprire luoghi sconosciuti, ma
è sbagliato averne troppa. Bisogna saper riconoscere i
propri limiti.
Mog non aveva nemmeno più la forza per arrabbiarsi. Anche
lui inoltre aveva capito che arrabbiarsi con un bambino piccolo non
serve a niente. C’erano di sicuro altri modi per farsi
ubbidire. Guardò Kazi, che ancora ansimava. “E
adesso, kupò?”
Kazi si lasciò cadere seduto, poi guardò Mog e in
segno di scusa gli chiese:
“vuoi una caramella al miele?”
Mog, di fronte a quella frase pronunciata in quel tono così
dispiaciuto, non seppe resistere e incominciò a ridacchiare.
Kazi sorrise sollevato: allora non era arrabbiato con lui!
“Dai, vieni qui e facciamo merenda!”. Kazi e Mog
quel pomeriggio si mangiarono tutte le caramelle che il principe aveva,
ridendo e scherzando, diventati finalmente amici. Quando ebbero finito,
Kazi chiese:
“Vuoi giocare?”
“A cosa, kupò?” chiese Mog sospettoso.
“Mmmh … Ecco! Possiamo giocare alla
lotta!” esclamò entusiasta il bambino.
Mog impallidì, ma per non deluderlo e non rovinare quella
pace appena trovata, decise di accontentarlo.
“Va bene, kupò. Ma solo per due minuti
…”
Kazi nel frattempo già gli si era slanciato addosso,
atterrandolo in un batter d’occhio.
“Sei a terra, Mog!”
“Kupò! Non è valido! Io ancora stavo
parlando! Ricominciamo daccapo!”
Alla faccia dei due minuti! Giocarono per tutto il resto della
mattinata, e quando fu mezzogiorno Mog, stanchissimo, propose di
tornare a casa per pranzare.
“A casa! Andiamo a mangiare, Mog!”
approvò il principe.
Quando arrivarono, Kairi era già tornata.
“Ciao, mammina! Ti voglio bene! Ti voglio tanto
bene!” gridò Kazi quando la vide.
“Anch’io, tesoro! Ti sei divertito?”
“Si si! E dovevi vedere Mog! Si è divertito un
sacco anche lui!”
Kairi guardò il Moguri, e lo vide stanchissimo, stremato e
con le ali ciondoloni.
“Ehm … Grazie, Mog! Penso che oggi pomeriggio
starò io con Kazi.” Disse Kairi, fingendosi
preoccupata, ma con gli occhi che le ridevano.
Si andò avanti così per i mesi a seguire. Mog,
inizialmente poco resistente nei confronti dell’esuberanza
del principe, si abituò ben presto a lui, e in poche
settimane i due diventarono grandi amici. Quando Mog si fu adattato
alla vivacità di Kazi, riuscì senza problemi a
stare con lui tutto il mattino e tutto il pomeriggio. Col passare del
tempo, Kazi si incuriosiva sempre di più verso la situazione
del regno. Era un’epoca d’oro, quella, Kairi in
pochi anni era riuscita a riportare il Radiant Garden al suo antico
splendore, com’era ai tempi di Ansem. La principessa
desiderava che anche suo figlio diventasse abile nel governare: ormai
si erano resi conto tutti che le potenzialità Kazi le aveva.
Ora doveva solo sviluppare le conoscenze e infine imparare ad
applicarle. Dopodiché sarebbe stato pronto.
Kazi, quando ebbe compiuto quattro anni, cominciò a
interessarsi e a chiedere meglio direttamente agli abitanti della
situazione del regno, entro i suoi limiti di bambino, chiaramente. Dal
punto di vista intellettuale, non aveva alcuna pecca: era perfetto. Ma
c’era un altro problema che aveva incominciato a turbare
Kairi.
“Un principe, soprattutto, deve essere in grado di combattere
per poter difendere e proteggere i suoi sudditi. Come farà
Kazi, che non ha un’arma?”
Note mie:
niente, cosa devo dire? Che domani si torna a scuola ... No,
sennò mi vengono gli incubi! Beh, piccola
curiosità: parlando di numero di capitoli, sono ormai
arrivata a metà della fan fiction! Per la prima volta, poi,
ho fatto un disegno sulla storia, e mi è venuto da dio! Ho
disegnato Kairi seduta sulla spiaggia delle Isole del Destino
appoggiata alla palma di quei frutti strani a forma di stella. E in
braccio ha Kazi, di due o tre anni. Kairi adulta mi è venuta
anche abbastanza bene (anche se il viso mi ricorda più
Lightning di FF XIII), e guarda l'orizzonte con lo sguardo un po'
triste e nostalgico. Kazi invece dorme.XD E di fianco, ho fatto il
simbolo di KH, e sotto ho scritto "i principi", cioè il
titolo della storia. è in bianco e nero. Appena riesco a
metterla sul computer la pubblico in uno dei prossimi capitoli!
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Capitolo 16 *** La Fortezza Oscura ***
Che
bello, che bello! Domani io e la mia classe andiamo a Verona per la
fiera dei cavalli!! (il nostro è un istituto agrario)
Quindi, per favore commentate stasera, visto che domani sarò
via tutto il giorno.
Ottoperotto:
Oooh, bravo! Ricomincia a commentare in italiano, che è la
lingua più bella che ci sia! Grazie cm sempre!! Cmq stavo
scherzando quando ho scritto che Sora sarebbe scappato: ci ho messo un
po' d'enfasi! XD Ma, una cosa è certa: se le occasioni le
avrà o no, lo decido IO. Perchè il copione in
mano ce l'ho IO! Però, piccolissimo spoiler,
arriverà questa occasione prima o poi.
Un
amico-babysitter: me lo aspettavo!XD Il disegno
vedrò di caricarlo, perchè prima devo fare lo
scanner. Forse fra un paio di capitoli, visto che devo fargli anche
qualche miglioramento.
La
Fortezza Oscura
Nei mesi a seguire, nonostante Kazi si divertisse molto a
giocare con Mog e a esplorare i diversi luoghi del suo regno, una parte
di esso restava però inesplorato, cioè la
Fortezza Oscura: quel luogo tenebroso in cui nessuno aveva mai osato
avventurarsi, neppure la mamma. Questo Kazi non riusciva a tollerarlo:
nel suo regno, lui voleva conoscere ogni singola cosa. Era
inammissibile che nessuno sapesse come fosse la Fortezza oscura: questa
era comunque parte del Radiant Garden, ed era inutile fingere di
ignorarla. Quel castello ombroso cominciò sempre
più ad occupare la mente del bambino. Non osava farne parola
con Kairi, però: aveva paura che lo facesse desistere subito
dalla sua tentata esplorazione; Come sua madre, Kazi non amava lasciare
le cose in sospeso, perciò decise di chiedere meglio agli
altri amici.
“Cloud, ehm, senti …”
Cloud in quel momento stava pulendo la sua grossa spada, inoltre era di
cattivo umore e non gli andava di essere disturbato. “Cosa
vuoi?”
“Mi potresti parlare della Fortezza Oscura?”
“Perché?” chiese subito Cloud,
guardandolo di sbieco.
Kazi si affrettò a correre ai ripari. “Niente,
niente. È solo che l’ho vista tante volte
dall’Area Fortificata, e mi chiedevo cosa ci fosse
dentro.”
“Questo non ti deve interessare, e non ti riguarda. Ma non
sei proprio capace di startene lontano dai guai? Sempre a farci
impazzire, tu e le tue trovate! Già questa domanda sulla
Fortezza Oscura basterebbe per prenderti a cinghiate!”
Kazi capì che aria tirava e tagliò la corda.
Quindi Cloud non gliene voleva parlare. Bene! Non aveva bisogno di lui!
C’erano ancora un sacco di persone a cui chiedere.
“Squall, Squall!” chiamò il principe.
“Ma quante volte devo ripetere che mi chiamo Leon?!”
“Ma Yuffie ti chiama Squall
…”obiettò Kazi.
“Yuffie è un’idiota!”
ribatté il guerriero.
Kazi decise di lasciar perdere. “Mi potresti parlare della
Fortezza Oscura?”
“E cosa c’è da dire? È un
antico castello pericoloso e disabitato in cui non và mai
nessuno.”
“E perché?”
“Perché è l’unico posto del
regno dove di Heartless è pieno così!”
“Già … Ma se ci sono gli Heartless,
perché la mia mamma non và la ad
ucciderli?”
“Perché neanche la tua mamma sarebbe in grado da
sola di sconfiggerli tutti. Sono troppi. È meglio stare
lontani.”
“Ma cosa c’è dentro?”
“Niente, ti ripeto. È completamente
deserto.”
“Ma se nessuno è mai andato a vedere
…”
Leon perse la pazienza. “Sei proprio un rompiscatole! Se ti
dico che non c’è niente da vedere!”
“Non puoi saperlo, se non ci sei stato mai!”
ribatté Kazi seccato, poi capì che era inutile
continuare a insistere, perciò se ne andò.
‘Stupido bambino!’ pensò Leon, scuotendo
la testa.
Kazi comprese che sarebbe stato inutile chiedere ad Aerith e agli
altri: tanto, gira e rigira, la risposta di tutti sarebbe stata sempre
la stessa. Infine, non trovando nessun altro a cui chiedere, decise di
rivolgersi alla mamma, che era l’unica di cui sentiva di
potersi fidare davvero.
Kairi in quel momento, dato che erano le sette di sera, era sdraiata
nel suo letto a leggere un testo antico che aveva ripescato nella
biblioteca del castello. Era un saggio di almeno cinquecento pagine,
che spiegava in modo dettagliato il rapporto che un principe deve avere
coi suoi sudditi. Era talmente assorbita dalla lettura, che non si
accorse che il figlio le era proprio di fianco. Kazi decise di non
arrivare subito al punto. Perciò si arrampicò sul
letto, si sdraiò di fianco a lei e chiese:
“Cosa stai leggendo?”
Kairi si scosse. “Oh … Un libro difficile, ancora
non puoi capirlo. Lo leggerai quando sarai più
grande.”
“Ah … Senti …” La
tirò per il mantello.
Kairi capì che voleva chiederle qualcosa di importante.
Allora si fece attenta.
“Cosa c’è? Qualcosa non va?”
“Beh … mi chiedevo se potevi parlarmi della
Fortezza Oscura …”
“La Fortezza Oscura?” Kairi se la ricordava
benissimo. Ci era stata una volta sola, sette anni prima, ma quella
volta non se l’era mai scordata.
“Era il luogo di ritrovo di alcune persone malvagie,
quello.” Spiegò senza dilungarsi, sapendo che se
si fosse messa a dare lunghe e complicate spiegazioni su Malefica, su
Kingdom Hearts, sui Cuori, sul Keyblade e su tutto il resto, Kazi si
sarebbe certamente addormentato. “Ma adesso non ci sono
più. Sono state sconfitte da molto tempo.”
“Ah! Tu sei mai entrata lì dentro?”
“Una volta. Solo una volta. Ma molti anni fa.”
“E non ci sei più tornata?”
“No, perché ci sono molti pericoli lì
…” Kairi incominciò a capire il
perché di quell’interrogatorio. Guardò
suo figlio molto seria. “Non pensare neppure di avvicinarti a
quel castello! Nemmeno io oso, da quanti Heartless ci sono! Quei
maledetti non esiterebbero nemmeno un attimo, vedendo sul loro
territorio un cuore forte e puro come il tuo! Te lo divorerebbero
subito! Non sfidarli e non provocarli! Stagli lontano!”
“Ma certo che non mi avvicinerò! Non sono mica
così stupido!”
“Bravo tesoro. Ora vai, che fra poco dovrebbe essere pronta
la cena. Adesso arrivo anch’io.”
“Si, mamma.”
Kazi non aveva ottenuto molte informazioni, su questa Fortezza Oscura.
Ma le spiegazioni della madre, invece di convincerlo a lasciar perdere,
non avevano fatto che accrescere la sua curiosità.
Perciò progettò di andarci l’indomani
stesso. Non intendeva certo starci dentro chissà quanto.
Voleva solo dare un’occhiatina all’interno e poi
venire via. Avrebbe fatto sveltissimo. “Forse, con un
po’ di fortuna, gli Heartless non si accorgeranno nemmeno di
me!” pensò quella sera.
Alle nove, Kazi andò a letto, ma Kairi rimase alzata a
rimuginare su un problema che le era venuto in mente. Allora, per avere
consiglio, andò a casa di Aerith per esporglielo.
“Cosa c’è che non va, Kairi?”
“Stavo pensando … Kazi deve imparare a combattere,
no? Ma come farà, se un’arma non ce
l’ha?”
Aerith quasi si mise a ridere. “Ah, è tutto qui?
Non preoccuparti, l’arma vedremo di procurargliela noi.
Vedrai, gliene faremo una che si adatterà al suo stile di
combattimento. Ma pensiamoci i prossimi giorni. Adesso è
tardi.”
“Già, hai ragione. Scusa se ti ho
disturbata.” E Kairi se ne tornò al castello.
Kazi intanto, quella notte non ebbe un sonno tranquillo. Per la prima
volta fece un sogno che non seppe spiegarsi: sognò di cadere
in un baratro buio e profondo, ma dopo essere precipitato per molti
metri, invece di schiantarsi al suolo sentì come una forza
invisibile sorreggerlo, e atterrò indenne sopra un pavimento
lucente. Guardò per terra incuriosito. Era
un’immensa vetrata rossa, con su incisi i profili di alcune
persone. Kazi vide spiccare tra le figure, quella di un ragazzo che
assomigliava moltissimo a lui, solo con i capelli castani; al collo
aveva la sua stessa collana, con la corona in fondo; ma
quell’immagine non gli diceva niente, perciò
passò oltre. Più in là,
c’erano le immagini di una specie di anatra e di un cane,
dalle facce molto buffe, tanto che Kazi si mise a ridere.
Passò oltre. C’era l’immagine di un
altro ragazzo, dai capelli lunghi e grigi. Anche questa persona per lui
non significava nulla, e andò avanti. E finalmente
…
“Ma questa è la mamma!” gridò
tutto contento, quando vide l’immagine di Kairi sul
pavimento. “Però è più
piccola … com’è strana coi capelli
corti!”
A quel punto sentì una voce.
“La tua strada è stata decisa.”
Kazi si sentì gelare il sangue. Si voltò di
scatto, ma non vide nessuno.
“Chi sei? Chi è che parla?”
“Chi sono io non ha importanza. Sei tu quello che conta. Ti
trovi nello stesso identico luogo in cui i tuoi antenati hanno ricevuto
il Keyblade, l’arma più potente che
esista.”
‘Questo qui è peggio di Yuffie quando si
ubriaca.’ Pensò il bambino.
Ma la voce continuò: “Anche tu sei un Keyblade
Master, come i membri della tua famiglia che sono venuti prima di te.
Ho guidato tutti gli eroi del passato in questa prima fase della
detenzione del Keyblade …”
“Ma insomma!” gridò Kazi arrabbiato
“Io un Keyblade nemmeno so come si tiene in mano!”
“Lo imparerai presto. Anche tua zia Aqua mi ha detto la
stessa cosa, quando è stato il suo turno.” La voce
sembrava divertita.
Kazi incominciava ad avere paura.
“Che … devo fare?”
“Il tuo compito lo scoprirai presto da solo. Ma
sarà una missione in cui nessun altro Keyblade Master
è mai riuscito, neppure tuo nonno, che era il più
potente di tutti. Ora mostrami quello che sai fare.”
In quell’istante, davanti a Kazi comparvero delle bestie
grosse quasi quanto lui, con delle lunghe antenne a zig-zag, la pelle
di un blu elettrico e dei minacciosi occhi rossi. Il bambino fece due
passi indietro.
“Vai, principe! Dimostrami che assomigli a tuo nonno! Cerca
di sconfiggere questi Unversed!”
“Io?! Ma come faccio? Non so combattere! Non ho niente per
combatterli!”
“Non hai bisogno di un’arma. Il tuo cuore
è forte e puro, e questo ti basta.”
Gli Unversed si stavano avvicinando. Kazi chiuse gli occhi, senza
riuscire a pensare a niente. Ma sentì qualcosa comparirgli
nella mano sinistra. Aprì gli occhi, e vide che stava
stringendo un Keyblade, come quello della mamma. Però questo
era un po’ diverso: non aveva consistenza, ma sembrava fatto
interamente di luce o energia. Infatti emanava un fascio luminoso che
rischiarava il buio di quel luogo. Gli Unversed, infastiditi,
indietreggiarono.
‘Ora che sono distratti!’ penso Kazi, e gli corse
incontro, cercando di colpirli. Ci mise un po’,
perché non aveva mai combattuto con un’arma. Ma il
sangue dei Keyblade Master ce l’aveva, perciò dopo
poco ci prese la mano e riuscì a sbarazzarsi dei mostri.
“Beh, non male per la tua prima volta.”
Commentò soddisfatta la voce.
“E adesso?”
“Il tuo compito qui è finito.”
“Quindi adesso anch’io potrò usare il
Keyblade come mia madre?”
“Non è detto, principe. Può darsi che
quando ti sveglierai, il momento opportuno non sarà ancora
arrivato. Ma io mi auguro che riuscirai un giorno a vendicare tutti i
Keyblade Master che hanno perso la vita nella Guerra del Keyblade
…”
“Che cosa?!” gridò Kazi spaventato, ma
in quel momento sentì il pavimento e quel posto strano
dissolversi nell’oscurità.
Si risvegliò di soprassalto nel suo letto, sudato e stanco.
Guardò la sua stanza buia e oscura, poi saltò
giù dal letto e corse nella camera di Kairi, si
arrampicò vicino alla madre e si infilò sotto le
coperte. Kairi si svegliò.
“Ma … Kazi! Cosa fai? È notte,
perché non dormi?”
“Mamma! Ho fatto un brutto sogno! Ho paura, mi
abbracci?”
Kairi subito lo strinse forte a sé.
“Dai, stai tranquillo, ora è passato. Ma cosa hai
sognato di così spaventoso?”
Il bambino si mise a riflettere. Già …
cos’aveva sognato? In pochi secondi aveva dimenticato tutto
quanto.
“Non lo so, non mi ricordo ... Però ho avuto paura
… Posso dormire qui con te?”
“Ma certo! Adesso dormi. Anch’io devo riposare,
sennò domani a perlustrare il regno andrò con gli
occhi pesti!”
E madre e figlio si addormentarono abbracciati.
La mattina dopo, Kazi non solo si era scordato cosa aveva sognato, ma
si era scordato anche di aver sognato. Ora aveva una sola cosa in
mente. Perciò si lavò e vestì in
fretta, fece una colazione abbondantissima, afferrò il suo
mantello e corse fuori, dove Mog già lo stava aspettando.
“Ciao, Kazi! Allora, dove andiamo oggi?”
Kazi si legò al collo il mantello in modo solenne, poi
pronunciò, calmo e scandendo le parole:
“Mog, oggi tu e io andremo alla Fortezza Oscura.”
Aveva parlato come parla un vero capo.
Mog rimase impassibile, poi sbuffò:
“Kupò, guarda che dovresti inventarti delle
battute migliori …”
Allora Kazi perse la pazienza, smise di comportarsi da principe e
tornò quello che era sempre stato. “Piantala, Mog,
non era uno scherzo! Oggi voglio davvero andare alla Fortezza
Oscura!”
“Ma tu sei matto, kupò!” poi si mise a
urlare “Kairi! Kairi! Tuo figlio è
impazzito!”
Kazi gli saltò addosso e gli tappò la bocca con
una mano. “Sta’ zitto! Vuoi farci
scoprire?!”.
Senza mollarlo, lo trascinò fuori dalle mura, poi lo
lasciò libero. “E adesso andiamo!”
Ma il Moguri non si mosse.
“Dai, muoviti!” ripeté il bambino a voce
più alta. “Allora?! Dobbiamo andare alla Fortezza
Oscura, e scoprire cosa c’è dentro.”
Mog rispose, cercando di non spazientirsi “Noi non andiamo
alla Fortezza Oscura, kupò. Non andiamo da nessuna
parte.”
“E invece ci dobbiamo proprio andare! Io voglio vedere!
Voglio scoprire cosa c’è laggiù!
Nessuno lo sa, e tutti ne hanno paura, ma solo perché non ci
sono mai stati. Allora, se nessuno vuole scoprirlo, ci
penserò io a farlo al posto loro!” e
incominciò a incamminarsi.
“Kupò! Fermati!” Mog si mise a tirarlo
per il mantello. “è pericoloso!”
“E allora non venire! Non ho bisogno del tuo aiuto,
andrò da solo!”
E senza aspettare oltre, si mise a correre verso i confini della
città.
Mog subito gli volò dietro. “No, kupò,
non posso lasciarlo andare da solo. Almeno potrò aiutarlo se
ne avrà bisogno ... Oddio, se la principessa lo scopre, mi
strapperà il pompon dalla testa, lo so
già.”
Kazi, in poco tempo, era uscito dalla città, e aguzzando lo
sguardo, riuscì a distinguere quel castello misterioso che
stonava con il paesaggio di cristallo. Kazi era piccolo, e aveva quindi
molta energia; gli ci volle poco per arrivarci davanti. Giunse sul
bordo di un baratro, in cui vide una cosa curiosissima: le pareti erano
ricoperte da una cascata, che andava dal basso verso l’alto,
invece che dall’alto in basso.
“Oooh! Mog, cos’è questo
posto?” esclamò meravigliato.
Mog era distrutto dalla fatica del volo. “Kupò
… questa è … la Cascata Inversa
…”
“è facile capire il perché.”
Commentò il principe.
Oltre la cascata, c’era un laghetto con l’acqua
limpidissima, e in aria stavano sospese decine di piattaforme. E poco
più in là, in alto, troneggiava la Fortezza
Oscura.
“Bene bene, kupò, sembra che siamo davvero troppo
in alto per arrivare laggiù … Beh, non ci resta
che tornare indietro.” Tirò un sospiro di sollievo
quando vide Kazi fare alcuni passi indietro.
Ma il bambino, invece di mettersi a correre verso casa,
partì come una palla da fucile proprio verso la cascata.
“Aaaah, kupò! Ma cosa fai?! Ti
ammazzerai!”
Kazi, quando fu sul bordo, spiccò un salto nel vuoto,
atterrò sulla parete in pendenza e scivolò
giù, restando in equilibrio sui piedi, provocando delle
bellissime onde ai lati. Era come andare sullo snowboard. Gridando dal
divertimento, quando arrivò quasi in fondo, fece un ultimo
salto e atterrò nel lago davanti a capofitto.
Mog si coprì il muso con le zampe. “Oh, no,
kupò. È morto.”
Ma Kazi rispuntò dall’acqua, scrollandosi i
capelli, ridendo come un matto. “è stato
divertentissimo! Dai Mog, vieni anche tu!”
Mog tirò un sospiro sollevato, e volò
giù lentamente. “Kupò, ma non puoi mai
startene buono?! Sempre a correre ovunque come un matto,
kupò! Anche tua madre ci faceva impazzire da piccola, ma non
fino a questo punto!”
“Dai, lascia stare. Piuttosto, ora devo cercare di arrivare
lassù.”
Saltò sulla prima piattaforma, e da lì cerco di
saltare a quella dopo, ma era troppo lontana: rimase attaccato al
bordo, e gridò: “Mog, mi aiuti?”
Il Moguri gli andò sotto e gli spinse i piedi verso
l’alto; Kazi finalmente riuscì ad arrampicarsi.
“Forza, ora le prossime!”
“Kupò, se caschi giù e ti schianti,
sono cavoli amari …” borbottò la povera
bestiolina, ma ormai aveva capito che il principe voleva andare avanti,
e non si sarebbe mai fermato a metà. Perciò ormai
non restava che andare fino in fondo.
Dopo un’ora buona di salti e arrampicate, finalmente
riuscirono ad arrivare ai piedi della Fortezza. Mog era più
sfinito di prima, visto che aiutare un bambino ad arrampicarsi per
tutte quelle piattaforme non è cosa semplice. Inoltre aveva
sempre più paura. “Kazi … torniamo a
casa. È tardi, kupò. E se compare qualche
Heartless …”
Aveva ragione. Anche Kazi cominciava ad essere intimorito da quel luogo
imponente e immenso. Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro,
perciò tirò avanti.
Percorse il viale e arrivò alla porta principale. Arrivato
al portone, provò a spingerlo, e scoprì con
sorpresa che era aperto.
“Mog, ma perché qui non è tutto
chiuso?”
“Kupò, e perché dovrebbe? Tanto dentro
non c’è niente di interessante da portar via,
quindi non c’è bisogno di chiudere il
castello.”
Il bambino provò a fare qualche passo all’interno.
Era buio e polveroso, dentro. Ma riuscì a udire lo zampillio
dell’acqua. Strizzò gli occhi, e distinse una
fontana in fondo alla parete; ai suoi lati, due rampe di scale che
portavano a un piano leggermente rialzato, in fondo al quale
c’era una porta. Provò ad avanzare, ma non appena
mosse un passo vide due grandi occhi gialli comparirgli davanti. Rimase
un attimo paralizzato, poi cacciò un urlo così
forte che Mog, che era dietro di lui, quasi si prese un colpo.
“Un Heartless, Mog! Scappiamo!”
Mog non se lo fece ripetere. Entrambi corsero fuori, percorrendo il
corridoio all’aperto, fino al burrone con le piattaforme.
Lì si bloccarono, guardando di sotto perplessi: quando si
erano arrampicati per arrivare fin lì, non gli era neanche
venuto in mente che poi avrebbero dovuto ridiscendere; certo, Mog
sapeva volare, per lui il problema non esisteva, ma Kazi non poteva
saltare, era troppo in alto. Rimase lì, senza fare nulla, a
guardare fisso l’Heartless che si dirigeva minaccioso e
deciso verso di lui.
“Aiutami, Mog!”
“E come faccio ad aiutarti?, sono solo un Moguri,
kupò!”
Mog, anche se poteva salvarsi, si rifiutò di abbandonare il
suo amico, quindi svolazzò di fianco a lui, e i due si
strinsero forti.
“Mog, nessuno ci verrà a salvare! Come
facciamo?”
“Non possiamo fare nulla ...”
Rimasero terrorizzati e con gli occhi sbarrati, mentre
l’Heartless, ormai vicinissimo, si slanciò verso
di loro con un balzo.
Kazi chiuse gli occhi; poi un lampo, e non comprese più
nulla.
Note mie:
Uhmmm (momento di sadismo puro), cosa ne faccio di sto figliolo? Lo
faccio morire? No, forse è meglio di no ... Vedrò
di trovare un modo per salvarlo!
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Capitolo 17 *** Un altro Keyblade Master ***
Oggi ho finito KH 358/2 Days ...
Mi viene da piangere. Povera Xion!T_T Meglio
che non ci penso. Quindi rispondo alle recensioni.
Avis: Quanto hai ragione!
Però dal modo che hai commentato ... vieni forse da Napoli o
dalla Campania in generale? Perchè mi sa che piccirillo si
dice laggiù ... Correggimi se sbaglio.
Ottoperotto
: fai anche
le risposte a scelta
multipla? XD Già già, Sora può
starsene tranquillo, se c'è bisogno di lui lo
farò intervenire ... Ma Kazi non ne avrà bisogno
tanto presto! Mi raccomando, ritrovate la strada, che essere persi
è una brutta cosa!^^
Capitolo
17- Un altro Keyblade Master
Kazi, mentre l’Heartless saltava,
chiuse gli occhi e si preparò al peggio. Ma il peggio non
avvenne: il bambino, per istinto, cercò di coprirsi il viso
con la mano sinistra, e dopo quel gesto, l’Heartless
sembrò come rimbalzare su qualcosa. Kazi non vide nulla,
perché aveva gli occhi ancora stretti. Ma si
sentì ancora vivo. E sentì anche la voce di Mog.
“Kupò, ma cosa ti è comparso in
mano?!”
Aprì gli occhi, e scoprì con sorpresa che nella
mano sinistra gli era comparso un Keyblade di luce. Alzando la mano, si
era protetto il viso, l’Heartless aveva sbattuto contro il
Keyblade ed era stato sbalzato all’indietro. Ecco
cos’era successo.
Allora si ricordò all’improvviso del sogno della
notte prima, in cui aveva evocato il Keyblade per la prima volta.
“Cosa aspetti, kupò?! Vagli addosso e sconfiggilo,
a quel mostro!”
“Ma io … non lo so usare, il Keyblade
…” indugiò incerto.
“Ma kupò, chissà quante volte avrai
visto tua madre usarlo! Avrai imparato un po’ come si fa! E
poi, o combatti o muori! Scegli tu, kupò!”
“Combatto, combatto!” rispose subito il principe,
dato che a morire a quattro anni non ci teneva proprio.
Cercando di ricordarsi l’allenamento del suo sogno e il modo
di combattere di Kairi, si gettò contro
quell’Heartless, e gli diede una tale botta che il poveretto,
non appena si fu ripreso, scivolò via piuttosto malconcio.
Kazi ne rimase divertito.
“Volevi mangiarci, eh, stupido Heartless? Ma io sono
più forte di te, sai? Non puoi battere il principe di questo
regno, ricordatelo!” gli gridò dietro.
Mog, terrorizzato, cercò di metterlo a tacere.
“Shh, non provocarlo, kupò …”
E infatti, l’umore di Kazi mutò
all’improvviso quando vide che l’Heartless stava
tornando con i rinforzi! Rimase sbalordito, incapace di reagire.
“Bel colpo, principe.” Commentò
sarcastico Mog.
“Oddio, adesso dovrò sconfiggere tutti questi
…” mormorò, poi ci provò, a
combatterli. Però, Kazi poteva anche essere un principe, ma
restava pur sempre un bambino di quattro anni, che aveva combattuto una
volta sola e non aveva ancora una corporatura adatta al combattimento.
Ne riuscì a uccidere alcuni, ma dopo un po’ si
lasciò cadere per terra, ansimando.
Mog si mise a tirarlo per il mantello. “Kazi, alzati! Ce ne
sono altri da sconfiggere, kupò!”
“Non ne posso più … Sono stanco
…” ansimò il bambino.
“Kupò, questi ci mangiano, se non li sconfiggi
…”
“Non ce la faccio. Scusa …”
Ormai nemmeno Kazi poteva fare più niente.
Gli Heartless, incoraggiati, si avvicinarono, ma prima che uno di essi
potesse dargli una zampata, un Keyblade apparve dal nulla, uccidendolo.
Kazi cercò di rimettersi in piedi. “Mamma, sono
qui!!”
La ragazza piombò in mezzo al campo, e usando il Keyblade
senza toccarlo, sfruttando solo la forza del pensiero, come usava fare
sua sorella Aqua prima di lei, lanciò potenti magie in
sequenza contro gli Heartless per tenerli lontani.
“Mamma!” gridò Kazi, contento di essere
salvo.
La principessa si voltò verso di lui con gli occhi
fiammeggianti. “Kazi, sono stanca di correrti
dietro!”
Constatò che i mostri erano troppi; nemmeno lei sarebbe
riuscita a eliminarli tutti. Notò però che il
passaggio verso il baratro era sgombro. “Avanti, vieni, che
aspetti?!”
Kazi era ancora stremato, e quasi non riusciva a camminare.
Kairi lo fulminò con lo sguardo.
“Dov’è finito il tuo coraggio? Alzati,
Kazi!”
Dato che il bambino non ce la faceva, la madre dovette prenderlo in
braccio e portarlo via di peso. Mog le volò dietro,
sospirando di sollievo.
Kairi con pochi salti scese tutte le piattaforme, con fatica
riuscì anche a risalire la cascata, e quando fu in cima mise
giù il figlio.
Lo guardò fisso.
“Quante volte ti ho detto di restare vicino al palazzo quando
non ci sono? Eh? Quante?!”
Kazi ci pensò un po’, poi cercò di
accattivarsi il perdono della madre. “Millemila volte, credo.
Ma è solo una cifra indicativa.”
Kairi lo guardò furibonda. Allora Kazi, un po’ a
disagio, cercò di spiegarsi. “Una cifra indicativa
vuol dire che non sai esattamente che cifra è. Allora te la
inventi, così la gente smette di scocciarti. Me
l’ha detto un mio amico, che si chiama Bold. Lui
…”
Kairi lo interruppe. “Qui non stiamo parlando di Bold,
Kazi!”
Kazi ci rimase male. “Sei arrabbiata?” chiese a
bassa voce.
“E me lo chiedi?! Ti avevo detto di non allontanarti, ma tu
continui a fare di testa tua, eh?!”
Kazi abbassò gli occhi. “Scusami
…”
“Ascoltami bene, se non imparerai ad ubbidirmi e a fare
quello che ti dico, non imparerai mai a comportarti come un principe.
Si, è così! Tu non sarai mai un buon principe, e
questo mi addolora fortemente!”
Kazi era rimasto scioccato da quelle parole. Quindi lui non sarebbe mai
diventato un grande sovrano come i suoi antenati … no,
questo non poteva accettarlo. Diventare il più grande
principe mai esistito era la sua più grande ambizione. E ora
la madre gli veniva a dire che non sarebbe mai potuto diventarlo
… Si mise a piangere in silenzio, disperato da questa
prospettiva.
Senza mutare espressione, Kairi si voltò: “E
adesso torniamo a casa.”
Era veramente furiosa per quel che il figlio aveva fatto, tanto che gli
tenne il muso per tutto il viaggio. Lei andava avanti autoritaria, ogni
tanto scuoteva la testa, e il bambino camminava un paio di metri dietro
di lei a testa bassa, sottomesso, con Mog che svolazzava di fianco a
lui con le orecchie abbassate, tenendogli una zampa sulla schiena per
dimostrargli la sua solidarietà.
La principessa non se la prese col Moguri. La colpa di quello che era
successo dopotutto era di Kazi: era lui che doveva imparare ad essere
responsabile, non era stata colpa di Mog se il bambino non lo aveva
ascoltato.
Arrivati a casa, ormai era sera. Kairi, per lo spavento che si era
presa, non aveva nemmeno fame. Senza guardare Kazi, corse al piano di
sopra.
“Ma dove vai?” chiese Kazi.
“A dormire!” rispose seccamente Kairi.
“Mangia da solo, se hai fame.”
Kazi riabbassò la testa, con gli occhi appannati dalle
lacrime. Mog cercò di tirarlo un po’ su.
“Dai, kupò, non vuoi venire a mangiare?”
“No, Mog. Non ho fame neppure io …”
“Ehi, kupò, che ne dici se domani andiamo insieme
al mercato? Hai presente quel tizio che vende i dolci? Domani
è il suo giorno di vendita, kupò!”
continuò per distrarlo.
“No, grazie. Credo che andrò a dormire
anch’io …”
Mog non sapeva più cosa dire. “Allora …
ehm … ci vediamo domani. Ciao, Kazi.” E
volò via.
Kazi andò in silenzio nella sua stanza, si infilò
nel letto e si addormentò. Per la prima volta nella sua vita
dormì veramente male. Mai la mamma era stata così
arrabbiata con lui. Capì per la prima volta la
gravità di quello che aveva fatto, e ripensò alle
parole di Kairi. “Tu
non sarai mai un buon principe, e questo mi addolora fortemente.”
Kazi non voleva darle dei dispiaceri: Kairi era la persona che
più amava, era l’unico suo punto di riferimento,
l’unica parente che aveva. E se avesse sbagliato ancora? E se
Kairi avesse finito con l’abbandonarlo? Se non
l’avesse voluto più? Kazi era terrorizzato a
questa prospettiva. ‘Mamma, non mi lasciare da solo
… io non ho nessun altro …’.
Il mattino dopo, Kazi era ancora più stanco. Non
aspettò nemmeno che gli portassero la colazione e corse in
camera di Kairi. Lei già era sveglia, ancora sdraiata nel
letto, e sembrava riflettere su qualcosa. Kazi la guardò
timidamente.
“Ciao.”
Lei lo guardò. “Ciao.” Rispose.
“Sei … ancora arrabbiata con me?”
osò chiedere Kazi.
A Kairi era sbollita tutta la rabbia del giorno prima, e si era pentita
di aver parlato a suo figlio in quel modo.
“No, non sono arrabbiata. Vuoi venire?”.
Kazi non se lo fece ripetere, si arrampicò sul letto e le
saltò in braccio.
“Non mi lascerai da solo?”
“Io lasciarti solo?! E perché?”
“Ieri mi hai detto che non sarei mai stato un principe
…”
“Si, ma … ero sconvolta. E quando uno è
sconvolto … dice delle cose che non pensa
veramente.”
Kazi era sorpreso. La mamma non era mai stata sconvolta.
“Perché eri sconvolta?”
“Perché ero terrorizzata che gli Heartless
potessero ucciderti. È stato un colpo forte per me,
sai?”
A Kazi questo sembrò esagerato. Ma a Kairi non era rimasto
nessun altro al mondo oltre a Kazi; il figlio era tutto quello che
aveva, e a suo confronto, il regno nemmeno lo considerava. Cosa valeva
un intero regno, paragonato alla sua creatura? Cosa avrebbe fatto se
Kazi fosse morto? Si sarebbe lasciata morire anche lei, questo avrebbe
fatto.
“Mi dispiace, mammina. Mi dispiace tanto di averti
sconvolta.” Si scusò Kazi.
“Su, non importa. Basta che alla Fortezza Oscura non ci vai
più.”
“Non ci andrò più! Lo
prometto!”
“Bravo il mio principe. Certo che diventerai un grande
sovrano come il nonno.” Assicurò alludendo ad
Ansem.
“Mamma, ieri come hai fatto a capire che ero
là?”
Kairi sorrise furbamente. “Una madre sa sempre
dov’è suo figlio.”
“Sai cos’è successo ieri? Sono riuscito
a combattere un po’ di Heartless col Keyblade!”
annunciò orgogliosamente Kazi.
Kairi si fece attenta. “Come?”
“Si! Con un Keyblade di luce! È vero!”
Kairi, infatti, prima che il bambino irrompesse nella sua stanza, si
stava proprio chiedendo come avesse fatto Kazi a resistere contro gli
Heartless, prima che lei arrivasse a salvarlo.
“Me lo fai vedere?”
“Ci devo provare. Aspetta.”
Al contrario della madre, Kazi riuscì a richiamare il
Keyblade quasi immediatamente. Kairi rimase sbalordita. Quel Keyblade
era fatto solo di luce, sembrava energia allo stato puro, eppure aveva
una forma, e Kazi riusciva a tenerlo in mano.
“Posso provare a tenerlo?” chiese la principessa.
Provò a prenderlo, e incredibilmente il Keyblade non
tornò nella mano di Kazi, ma rimase senza problemi anche
nella sua. Kairi non sapeva cosa pensare. Dunque anche suo figlio
poteva usare il Keyblade. L’unica cosa che riuscì
a concepire fu che ora suo figlio aveva un’arma, e dunque il
suo problema era risolto.
“Kazi, sono fiera di te. Quel Keyblade però dovrai
imparare ad usarlo. Da domattina verrai con me al Crepaccio, e ti
allenerò finché non diventerai abile come
me.”
“Da domattina? Allora con Mog potrò uscire solo il
pomeriggio …”
“Esatto. Ma è un sacrificio che devi fare. Sai che
è fondamentale che un principe impari il prima possibile a
combattere. Quando avremo terminato l’allenamento potrai di
nuovo andare a giocare con Mog.”
Quando lo venne a sapere, Mog ci rimase molto male, perché
si era affezionato molto a Kazi, per lui era come un fratello. Ormai
era un anno intero che giocavano insieme tutte le mattine, e il fatto
che il principe ora non potesse più lo lasciò di
stucco. Kairi se ne accorse, e per accontentare tutti invitò
Mog ad assistere agli allenamenti. Da subito, inoltre, mise in guardia
il bambino:
“Non pensare che non sarò severa solo
perché sono tua madre. Perciò da domani vedi di
rigare dritto. Vedremo come te la caverai.”
Note mie: nel
prossimo capitolo mi diverto! Vediamo di inventare gli allenamenti che
gli sottoporrà la mamma. Qui c'è bisogno di
inventiva! Ah, sapete una cosa? Quando la fanfic sarà
finita, ho in mente di aggiungere un capitolo extra in cui
elencherò tuuutte le idee che mi sono venute e poi
ho scartato prima di arrivare alla versione finale della storia. Per
fare un esempio stupido, ho riflettuto da morire solo per decidere il
titolo della fanfic. Che ne pensate? Potrebbe andare?
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Capitolo 18 *** Allenamenti e lacrime ***
Finalmente
il mercoledì d'inferno è passato! Due compiti e
un'interrogazione in un giorno non sono pochi! Aggiorniamo!
Ho riletto i capitoli
scorsi, e ho notato che ho lasciato Kairi completamente ai margini:
come cavolo ho potuto?! Per tutti gli anni che ha passato nel suo
regno, ho descritto solo quello che fa, non quello che pensa. Ho
rimediato nel capitolo nuovo, che è più
sentimentale rispetto agli scorsi, dove Kazi non faceva che correre da
una parte all'altra! Ho cercato di immedesimarmi in lei più
che ho potuto, e spero di esserci riuscita!^^'
Ottoperotto:
cielo, ormai hai percorso mezza Terra! XD No, scherzo, continua pure!
Ah, certo che Kairi ha fatto bene: quando ci vuole ci vuole!
Sheryl:
hai visto? Quando ho l'ispirazione, certe volte metto un capitolo al
giorno! Ah, ora che me lo dici, è vero, un po' sembra il re
leone, ma non ci ho pensato, perchè non è che mi
piaccia tantissimo. Invece a me è sembrata una scena di
Kimba il leone bianco, un manga del 1950, dove Kimba, dopo aver salvato
il figlio dagli uomini, gli fa una sgridata parecchio simile! XD Il
disgraziato? Uhmm, ci devo pensare ...
Avis:
hai ragione tu, si usa in Sicilia. Mi sono sbagliata.^^' Buona lettura!
Allenamenti
e lacrime
Il mattino dopo, Kazi stava ancora dormendo della grossa,
quando Kairi
entrò nella sua stanza e senza tanti complimenti gli
strappò le coperte di dosso. Kazi si svegliò di
botto.
“Ma cosa …?”
“Su, alzati e vestiti, dobbiamo andare ad
allenarci!”
“Alle cinque del mattino?!” chiese Kazi con gli
occhi mezzi chiusi, dando una sbirciata all’orologio sul
comodino.
“Esattamente. Questo è un allenamento serio, e
finché non sarai abile a combattere …”
Kazi si mise le mani sulle orecchie. “No! Non
dirmelo!”
“… sarà così tutte le
mattine.” Finì la madre imperturbabile.
“E adesso alzati. La colazione dovrai farla in sala da
pranzo. Non me la sento di fare alzare anche le cameriere
così presto …
“Certo …” Poi guardò fuori
dalla finestra. “C’è ancora la luna
…”
“Non lamentarti. Anche Merlino e Cloud oggi verranno con noi
e ci daranno una mano.”
Kazi impallidì. “Viene anche Cloud?”
“Esatto. Che problema c’è? Non ti mangia
mica!”
“Ma … lui mi odia.”
A Kairi scappò da ridere. “Ma non dire
sciocchezze. Verrà anche Mog con noi, così non ti
sentirai solo.”
Mezz’ora dopo, Kazi era pronto; Kairi anche. Stavano per
partire, quando videro Mog volare sopra di loro.
“Ciao, Mog. Vieni quaggiù!” lo
chiamò Kairi.
Mog obbedì. Scese giù e si inchinò.
“Buongiorno, miei principi, kupò.”
Kazi, ormai sveglio, stava per saltargli addosso, ma Kairi lo
afferrò per il mantello; “Kazi, non
ricominciare.” Poi continuò a parlare col Moguri.
“Vai a dire a Merlino e a Cloud che stiamo
arrivando.”
Mog si inchinò di nuovo. “Così
sarà fatto, principessa.”
“Così sarà fatto,
principessa.” Gli fece il verso Kazi, imitando la vocina
dell’animaletto.
“Di nuovo?! Ma allora non sei ancora stanco di prendermi in
giro, kupò?!”
“No! Non sono ancora stanco! E adesso prova a
battermi!” rispose Kazi, pronto.
Si divincolò dalla stretta della mamma e balzò
addosso al povero Moguri.
Kairi alzò gli occhi al cielo. “La smettete di
fare la lotta?! Eh?!”
Mog, mezzo morto, cercò di liberarsi. “Kazi,
smettila di fare la lotta, kupò!”
Kairi riacciuffo il figlio per la collana e diede un tale strattone che
per poco non lo strozzò.
“E adesso andiamo. Mog, vai ad avvisare Merlino e
Cloud!” ordino Kairi.
“Si, Maestà!”
Quando furono arrivati, trovarono che gli amici li stavano aspettando.
“Alla buon ora, eh?” Chiese ironico Merlino.
“Lo so. Mio figlio ha fatto fatica ad alzarsi.”
Spiegò Kairi imbarazzata.
“Ma è ora di cominciare. Kazi, vieni qui, al
centro del campo. E richiama il Keyblade.” Comandò
la principessa.
Il principe obbedì subito, andò di fronte a Kairi
e evocò con facilità il Keyblade di luce.
Merlino, a bordo campo, rimase sorpreso.
“Non avevo mai visto un Keyblade così.”
“Si, Merlino. E la cosa strana è che, se provo a
tenerlo io, non svanisce.” Spiegò Kairi.
“Davvero? Beh, vedrò di scoprire il
perché di questo, nei prossimi giorni.”
Kairi si riconcentrò sul figlio. “Tu sei mancino,
no? Allora tieni il Keyblade nella sinistra, saldo. Ecco,
così. E dai un colpo. Forte.”
Kazi ci provò: afferrò la spada saldamente e
provò a dare un colpo nell’aria. Ma prese male la
mira, sbilanciò il Keyblade verso terra e per poco non si
tranciò i piedi.
“Ahi!” gridò il poveretto.
Kairi, quando vide che dopotutto non si era fatto molto male,
scoppiò in una gran risata.
Il novizio, ferito nell’orgoglio, afferrò il
Keyblade con entrambe le mani e lo sollevò sopra la testa
con tanta forza che quello gli scivolò dalla presa, e
volò proprio addosso a Mog.
“Ahio! Kupò, stai un po’ più
attento!”
Tutti gli altri quasi morirono dal ridere.
“Sembra che ci sarà un po’ di lavoro da
fare …” commentò Kairi, scuotendo la
testa. Poi le venne in mente che era l’alba. “Che
ore sono, Mog?”
“Le sei e mezzo, ormai, kupò.”
“Oh accidenti, devo fare il giro di perlustrazione del
mattino.” Esclamò lei. “Beh, penso che
Cloud possa sostituirmi per un po’. Vero, Cloud?”
Cloud alzò la testa. “Certamente
…”bisbigliò.
Kazi si attaccò impaurito al mantello di Kairi.
“No, mamma, ti prego, non lasciarmi solo con lui!”
“Ma su, Kazi. Starò via solo una
mezz’oretta! E poi ci saranno anche Merlino e Mog con
te.”
Partita la madre, Cloud si avviò lentamente nel campo, e
quando fu di fronte a Kazi, si mise a fissarlo negli occhi.
Il bambino ingoiò la saliva che aveva in bocca.
“Ehm … Ciao …”
“Prova ad attaccarmi!” lo incitò subito
Cloud. “Dai, più in fretta!”
Kazi afferrò il Keyblade convenientemente e ci
provò, ma può forse un bambino di quattro anni
competere con un uomo di ventisette?
Il principe, anche dando un colpo potente, non riuscì
nemmeno a farlo indietreggiare.
“Non ci siamo, Kazi. Devi metterci più potenza.
Riprova!”
Kazi, per gran parte della mattina, ubbidì a tutto quello
che diceva, ma dopo un po’ incominciò a
innervosirsi: chi era lui per trattarlo in quel modo, per essere
così severo nonostante non fosse suo parente? Il bambino i
modi severi e duri non li capiva; si sottometteva a quei metodi solo se
era sua madre ad usarli. Ma non voleva essere trattato così
da persone che non fossero Kairi. Dagli amici voleva essere trattato
bene, con garbo: avrebbe ubbidito a quello che gli dicevano di fare, ma
solo se i loro metodi fossero stati giusti e gentili: Kazi non aveva
bisogno di metodi duri per capire le cose. Certo, anche Mog certe volte
cercava di imporsi su di lui, ma quello era un modo di fare diverso, il
Moguri non cercava di sottometterlo come stava facendo Cloud in quel
momento.
E infatti, quando venne sbattuto per terra da Cloud per
l’ennesima volta, e si sentì ripetere che non
bastava e che doveva impegnarsi di più, detto in quel modo
severo e autoritario, alzò la testa, fissò
l’uomo negli occhi e sussurrò tra i denti:
“Io … non sono … tuo figlio
…”
“No, Kazi, questo è vero. Ma credimi, se non
verrai allenato in questo modo, non imparerai mai a combattere come si
deve. Io sono stato allenato così, e guarda come sono
diventato potente!”
Kazi abbassò la testa. “Va bene.”
Però non ne era tanto convinto. Infatti, mano a mano che
l’allenamento proseguiva, si sentiva sempre più
scoraggiato, dato che Cloud cercava di spronarlo, e il bambino non era
abituato a quei metodi. Per cui non faceva che demoralizzarsi.
Poco dopo giunse di ritorno Kairi.
“Tutto bene, kupò?” chiese Mog.
“Si. Ho dovuto eliminare un paio di Heartless, ma
è stato fattibile. E Kazi?”
“Beh … non gradisce molto i modi di fare di Cloud,
kupò.”
Kairi rimase a guardare, e quando vide come l’uomo si stava
comportando, decise che era meglio se riprendeva ad allenarlo lei.
“Grazie, Cloud. Ma d’ora in poi ci
penserò io.”
Vide che il bambino era molto abbattuto, perciò decise di
fare basta per quel giorno. Avrebbero continuato l’indomani.
Mentre tornavano a casa, Mog bisbigliò a Kazi:
“Su, non demoralizzarti, kupò. Hai combattuto solo
un paio di volte, kupò, e poi sei ancora piccolo. Sei stato
anche troppo bravo. Cloud è fatto così, non devi
farci caso.”
Quel pomeriggio Kairi, sdraiata nel letto, ripensò a quanto
aveva visto: certo, Cloud coi bambini non ci sapeva fare, ma in fondo
era stata lei a incaricargli di allenarlo al posto suo ...
Però, pensandoci bene, perché doveva essere Cloud
a occuparsi di Kazi? Il bambino non era suo. Perché aveva
dovuto affidarlo a lui? Perché non aveva nessun altro a cui
affidarlo, il motivo era semplice quanto terribile.
‘Sono sempre io a dovermene occupare, e in fondo è
giusto, sono sua madre. Ma perché, quando non posso, devono
essere altri a badare a lui?’ Rimase per un po’ a
ripetersi questa domanda, poi si sentì gli occhi umidi e
nonostante gli sforzi per resistere non poté fare a meno di
cominciare a piangere. Cercò di farlo il più
silenziosamente possibile, perché nessuno la sentisse, e
intanto si ripeteva:
‘Perché devono essere altri a badargli? Mog,
Cloud, Yuffie e tutti gli altri … Loro non
c’entrano niente. Perché non ci sei tu ad
aiutarmi? E perché la notte devo dormire da sola? Sono
così triste, non ho nessuno … avrò
anche tutti gli amici del mondo, ma loro non mi bastano. Ho 21 anni, ho
un bambino ma sono sola … Dove sei finito? Ormai sono cinque
anni che ti aspetto …’
Kazi, proprio in quel momento, stava passando davanti alla camera della
madre, e sentì dei rumori strani dall’interno.
Incuriosito, appoggiò l’orecchio alla porta, e
sentì quei suoni che non aveva mai sentito emettere da Kairi.
‘Singhiozzi? La mamma sta piangendo?’
Si sentì distrutto dentro. Come poteva la sua forte madre
essere triste? Le aveva forse dato un dispiacere? Era colpa sua?
Afflitto dai sensi di colpa, provò a bussare.
Kairi sentì e cercò immediatamente di ricomporsi.
“Avanti!”
Il figlio sporse la testa timidamente. “Mamma?”
“Oh … sei tu …” Kairi
tirò un sospiro.
“Mamma … perché piangi?”
chiese con gli occhi spalancati dalla paura.
“Oh …” cercò di asciugarsi
gli occhi. “Non è niente. Sono solo un
po’ stanca.”
Non era brava a recitare.
“Non è vero. è forse colpa
mia?” chiese Kazi a testa bassa.
“Come?”
“è colpa mia? Ho fatto qualcosa di
sbagliato?”
“No, no!” esclamò subito la madre.
“Non sei tu, non c’entri niente.”
Il bambino le fece una gran tenerezza: addirittura si addossava una
colpa che non aveva minimamente; lui aveva fatto tutto il contrario:
per il solo fatto di esistere, aveva dato la forza a Kairi di tirare
avanti per tutti quegli anni. Se Kazi non fosse mai nato,
chissà se lei sarebbe riuscita a farcela. Come poteva il
bambino pensare che la colpa fosse sua?
Kazi la guardò negli occhi. “Non vuoi dirmi cosa
ti fa stare così male?”
Lei rimase in silenzio. Ma lo fissò negli occhi, e
pensò: ‘perché nei tuoi occhi vedo
lui?’
Dato che non rispondeva, Kazi abbassò lo sguardo
intristito.
“Ho capito. Scusa se ti ho disturbata.” E fece per
uscire. Kazi era ancora più abbattuto di prima: se avesse
saputo cosa avesse la mamma, forse avrebbe potuto trovare il modo di
aiutarla. Ma così …
“Aspetta! Vieni qui, Kazi. Per favore.”
Il bambino si voltò subito e corse ad arrampicarsi sul letto
di fianco alla madre.
Lei chiese, come supplicandolo:
“Non dormiresti qui di fianco a me, solo per
un’oretta?” da come l’aveva detto,
sembrava un favore veramente importante.
“Certo, mamma!” rispose subito. Non si aspettava
una richiesta del genere. Ma se questo sarebbe servito ad aiutarla,
avrebbe dormito con lei tutte le volte che avesse voluto, anche sempre.
Kairi se lo strinse al petto, accarezzandogli i capelli e baciandolo
sulla testa. Kazi sentiva il suo corpo scosso dai singhiozzi; ancora
piangeva. Lui, per cercare di consolarla, le rimase sempre abbracciato
stretto, ogni tanto con la mano le asciugava le lacrime, ma
più di così non poteva fare. Lei
scivolò nel sonno, con gli occhi bagnati e il corpo
tremante, col bambino sempre stretto a sé, cercando di
ritrovare le stesse sensazioni che aveva provato quella notte
d’estate, in cui lei e Sora erano stati insieme per la prima
volta, cercando di ricordarsi il calore del suo corpo, i baci pieni di
passione che le aveva dato, le parole che le aveva sussurrato. Alla
fine anche Kazi si addormentò con lei; pur dormendo,
cercò di capire il motivo della tristezza della madre, ma
non ci riuscì: come poteva un bambino così
piccolo comprendere un dolore immenso come quello di Kairi?
Un paio di ore dopo, la mamma e il figlio si svegliarono quasi
contemporaneamente. Al risveglio, lei non era più triste:
dormire e sfogarsi l’aveva aiutata. Il bambino la
guardò preoccupato.
“Non preoccuparti. Ora sto bene.” Sembrava davvero
più tranquilla.
“Mamma … ti voglio bene.” Più
di così non poteva fare: non poteva fare altro che starle
vicino e cercare almeno di consolarla nei suoi momenti bui.
Kairi lo abbracciò. “Anch’io, tesoro.
Grazie per avermi aiutato! Vuoi andare al Mercato oggi pomeriggio? Ci
sono le bancarelle. Vendono i dolcetti. Possiamo comprarne un
po’.”
“Si, che bello! I dolcetti! Andiamo, mamma!” era
tornato di buon umore anche lui. Ma aveva deciso che avrebbe fatto di
tutto per lei, per farla stare bene, per darle più
soddisfazioni possibili. La mamma voleva che lui imparasse a
combattere, voleva che diventasse un grande Keyblade Master? E un
grande Keyblade Master sarebbe diventato! Chissà,
pensò Kazi nella sua innocenza, forse in questo modo lei
sarebbe stata contenta e non avrebbe più pianto.
‘Va bene, mamma, farò tutto quello che vorrai, pur
di farti felice. Anche svegliarmi la mattina presto senza fare
storie!’
Il mattino dopo, Kazi, al contrario del giorno prima, si
alzò dal letto alle cinque precise e si preparò
senza bisogno che glielo dicesse la madre.
Lei si sorprese da questo comportamento: mai Kazi era stato
così ubbidiente, e questo la riempì di gioia.
“Kazi, sei proprio bravo!”
“Mamma, andiamo ad allenarci anche oggi?” chiese
lui, impaziente di cominciare.
“Oggi dovrai imparare le magie. Voglio che le tue
abilità siano omogenee, non sbilanciate come le mie, che uso
quasi solo la magia. Sarà Merlino ad insegnarti gli
incantesimi principali. Io te li approfondirò e ti
spiegherò come usare quelli più difficili.
Andiamo a casa sua.”
Quando furono arrivati, Merlino portò Kazi in una stanza
laterale dove c’erano un sacco di mobili e cianfrusaglie, che
erano appunto destinati agli allenamenti.
“Ok, ascolta: le magie sono di diversi tipi. Proviamo con
Blizzard, e vediamo come te la cavi. Impugna il Keyblade nella
sinistra. Si, così. Puntalo contro quel divano, e pronuncia:
‘Blizzard!’.”
Kazi provò. E riuscì subito a fare partire la
magia.
“Quanto si vede che sei nipote di Aqua!”
commentò Merlino compiaciuto. “E ora
userò un incantesimo su questi mobili per farli muovere.
Sarà più difficile centrarli, ma questa
è un’ottima preparazione allo scontro vero: gli
avversari non staranno lì buoni ad aspettare che tu li
colpisca, non dimenticarlo.”
Agitando la bacchetta e pronunciando una formula in latino, fece
sollevare tutti i mobili in aria. Kazi non fece una piega: era abituato
alle stravaganti magie di Merlino.
“E ora provaci. Finché non ce la fai.”
Poi aggiunse. “Io ho allenato Sora nello stesso identico modo
…”
Kazi lo guardò incuriosito. “Chi è
Sora?”
“Ah! Lascia perdere. E concentrati sugli obiettivi!”
“Si, maestro!” rispose subito il principe.
Gli allenamenti proseguirono per tutta la mattina, con Kairi, Cloud e
Mog sulla porta della stanza che lo incitavano e gli davano dei
consigli. Stavolta per Kazi le cose andarono molto meglio: Merlino non
gli incuteva nessun timore, non cercava di dominarlo, e inoltre la
volontà di Kazi di sopportare ogni tipo di allenamento per
amore della mamma gli fece fare in poche ore enormi progressi.
Merlino però era esperto solo con le magie di tipo
elementale, quindi spettava a Kairi insegnargli tutto il resto. Lei
fece un rapido inventario: il figlio ora riusciva a dare dei colpi
decenti col Keyblade, e sapeva usare le tre magie principali: Blizzard, Fire e
Thunder: aveva delle basi solide; era quindi arrivato il momento di una
prova sul campo.
La ragazza annunciò a Kazi: “Da domani cercheremo
un modo più pratico di
allenarti. A te serve un posto più consono
all’allenamento: un posto dove ci siano veri Heartless, veri
pericoli, ma dove qualcuno possa aiutarti a superarli
…”
“Già, così potrò diventare
forte più in fretta. E quando sarò diventato
potentissimo, farò vedere a Cloud quanto sono
bravo!”
La principessa rimase a pensare un po’, poi
esclamò “Ho trovato, nel mondo di Tron!”
Note
mie: Ci ho
messo parecchio per decidere dove allenare il principe. C'erano un paio
di altri posti che mi ispiravano, ma questo direi che è il
migliore!
Tra parentesi, mi viene
la tristezza per Kairi, poverina. Ma questo penso che succeda a tutte
le ragazze rimaste sole ... Che dite, mi è venuto
abbastanza? Ci ho messo un po' anche per immaginarmi la reazione del
figlio, che cerca con la sua innocenza di consolare la mamma ... Beh,
nel prossimo ci sarà più azione!
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Capitolo 19 *** Sguardo di guerriero ***
Ciao a tutti!
Scusate la lunghissima assenza, ma la scuola, i compiti e le
interrogazioni mi avevano tolto tutta l'ispirazione. Mi è
ritornata solo ieri. Non ce la faccio nemmeno a rispondere alle
recensioni, perchè sono un po' di fretta. Dico solo un
grazie a tutti, e spero di tornare presto (intanto malediciamo le tre
verifiche a settimana e le interrogazioni di lunedì!).
Sguardo
di guerriero
Quella stessa sera, Kairi discusse a lungo su chi
dovesse accompagnare Kazi nel mondo dentro il computer.
All’inizio le intenzioni della madre era di farlo andare da
solo, in modo che potesse scontrarsi con gli Heartless da solo, e
imparasse a cavarsela da solo. Ma quando sentì dagli amici
che i mostri là dentro non erano nemici facili, e anzi ci
voleva esperienza per combatterli, decise di accompagnarlo lei, almeno
all’inizio, finché non avessero trovato Tron. Una
volta trovato, Kairi avrebbe anche potuto tornare al Radiant Garden e
lasciare che del bambino si occupasse lui. Kairi rifletté a
lungo su questa possibilità, e concluse che era la cosa
migliore da fare.
Il mattino seguente, alle sei tutto il gruppo dei guerrieri si diresse
verso lo Studio di Ansem, l’unico luogo da cui si poteva
accedere a Space Paranoids. Kazi si ricordava benissimo di quando, un
anno prima, si era perso nel labirinto di Corridoi che precedeva lo
Studio, e all’inizio non ne volle sapere di entrare.
Kairi allora dovette stringerlo sulla spalla per farlo avanzare, ma il
figlio resistette puntando i piedi.
“Kazi, ci siamo qui noi, non devi aver paura, non ti
perderai!”
Alla fine, un po’ a parole e un po’ a fatti, lo
spinsero dentro, e, dopo un tragitto piuttosto lungo, che a Kazi
sembrò durare un secolo, arrivarono allo Studio. Kazi rimase
a bocca aperta a vedere il mega-computer che avrebbe dovuto
teletrasportarli nel mondo al suo interno.
Leon sapeva come teletrasportarli, perché si ricordava di
quando lo stesso computer aveva trasportato Sora, ormai vari anni prima.
“Mettetevi lì, si, proprio al centro.”
“Auguri, kupò! Principe, cerca di non farti
mangiare il cuore subito!”
Kazi sentì il Moguri e gli fece la lingua.
“Smettetela tutti e due!” sbottò Kairi.
“Kazi, vieni qui vicino a me, che partiamo!”
“Mamma, ho paura! E se durante il teletrasporto, si perdono
dei pezzi per strada?”
“Ma non dire scemenze! È un sistema sicuro questo,
sai? L’ha inventato tuo nonno!”
Kazi sospirò e si aggrappò al mantello della
madre.
“Pronti!” gridò Leon, e premette un
tasto.
Un getto di luce bianca accecò i due, i loro corpi
cominciarono a sframmentarsi e un attimo dopo erano spariti.
“Buona fortuna, principi.” Bisbigliò
Tifa.
“Santo cielo, che botta!” si lamentò
Kazi, massaggiandosi la testa. Si voltò verso la madre stesa
a terra, e scoppiò in una gran risata.
“Mamma, ma come cavolo sei vestita?!”
“E tu allora?”
I due si guardarono: avevano dei vestiti stranissimi, che si intonavano
perfettamente con il mondo circostante. Erano brillanti e fosforescenti.
“Ehi, un attimo. Dov’è il mio bel
mantello rosso?! Chi me l’ha rubato?!”
gridò il principe arrabbiato.
“Smettila. È sparito temporaneamente insieme agli
altri nostri vestiti. Ci ritorneranno quando usciremo di qui. Ora
dobbiamo andare a cercare Tron.”
“Si. Andiamo!”
Percorsero alcune aree di quel luogo fantascientifico. A Kazi non
piaceva per niente. Gli dava delle sensazioni claustrofobiche che non
aveva mai provato. Si sentiva oppresso e schiacciato da quella strana
atmosfera chiusa.
A un tratto vide la madre fermarsi. Davanti a loro era comparso un uomo
di forse trent’anni, vestito in modo simile a loro. Kairi lo
salutò cortesemente.
“Salve. Sto cercando il programma chiamato Tron.”
“E tu chi saresti?” chiese l’uomo
sospettoso.
“La principessa Kairi, figlia di Ansem.”
“La principessa Kairi? Sei la principessa Kairi?! Oh, ma sei
la benvenuta. Benvenuta! Tron sono io. Perché sei
qui?”
“Per motivi di allenamento.”
“Allenamento?” chiese Tron confuso.
“Si. Questo è mio figlio, Kazi. Sta imparando a
combattere, ma dovrebbe fare una prova sul campo. Ci sono degli
Heartless in questo mondo?”
“Se ci sono?! È pieno così! Hai voglia
se ce ne sono!”
“Perfetto. Kazi dovrebbe incominciare a prenderci la mano.
Sai, discende da una stirpe di guerrieri del Keyblade, non dovrebbe
avere difficoltà di apprendimento. Mi aiuterai,
Tron?”
“Certamente. Volete incominciare subito?”
“Si, è meglio. Prima Kazi comincia e prima
avrà finito. Giusto, Kazi?”
Il bambino annuì.
Passarono diverse aree di quel mondo così insolito. Tron
conosceva un luogo particolarmente ricco di Heartless, e la strada per
arrivarci era abbastanza lunga. Intanto osservava Kazi incuriosito,
tanto che dopo un po’ il principe incominciò a
sentirsi a disagio.
“Scusa, perché mi guardi
così?” chiese educatamente.
“No, niente, è solo che … assomigli a
qualcuno.” Però era una somiglianza vaga, a cui
Tron non sapeva dare un nome. “Si, potrei giurare che un
tempo qui mi ha aiutato un creativo proprio simile a te.
Però più grande.”
Kazi si voltò verso la madre con aria interrogativa. Lei
alzò le spalle, perché non sapeva che
Sora, Paperino e Pippo a suo tempo avevano aiutato Tron a sconfiggere
l’MCP.
“Lascia perdere, ragazzino. Me lo sono di sicuro
immaginato.”
Arrivarono in un’arena grande e spaziosa, che lasciava molta
libertà di manovra. Kazi intanto si sentiva sempre
più a disagio in quel luogo ostile.
“Ehm, signore … come dobbiamo fare per far venire
gli Heartless?”
“Qui arrivano volentieri da soli. Certo che da quando ho
sconfitto l’MCP, sono in costante riduzione. Ma ancora ci
sono.”
“Cos’hai sconfitto?!” chiese Kazi
incredulo.
“Emme Ci Pi. È un programma ostile che ho
sconfitto tanti anni fa.”
“Ma che nomi avete qui?!”
“è solo un acronimo. Ma è lungo da
spiegare. Ecco, stanno comparendo gli Heartless!”
Kairi appoggiò la mano sulla spalla del figlio.
“Vai, Kazi. Mostraci quello che hai imparato.”
“Si, mamma!”
Quello fu il primo vero combattimento del principe. Non fu una cosa
facile, perché quei particolari Heartless usavano combattere
con delle scariche elettriche ad alta tensione, e per Kazi era
estremamente difficile evitarle tutte. Kairi per fortuna si era portata
una decina di Granpozioni ed Eteri. Ma dopo un po’
notò che suo figlio stava facendo troppa fatica, e le sue
forze incominciavano a diminuire drasticamente. Tron pensò
di intervenire per dargli una mano, ma Kairi decise di aiutare lei
Kazi: avrebbero chiesto aiuto a Tron solo se ce ne fosse stato bisogno
assoluto. Così si slanciò in aiuto del figlio;
Kazi intanto era allo stremo delle forze, ed era stato atterrato da un
grosso Shadow, che gli premeva una zampa sulla schiena e non gli
permetteva di rialzarsi. Kazi da quella posizione non poteva colpirlo
col Keyblade, e nemmeno usare una magia offensiva, perché a
differenza di sua madre non era in grado di usare il Keyblade senza
toccarlo. Il mostro stava per azzannarlo, ma Kairi, lanciandogli la
magia Antima, lo scaraventò dall’altra parte della
stanza. Kazi era esausto: inoltre la claustrofobia si faceva sempre
più forte, e dopo poco incominciò a girargli la
testa in modo terribile. Dato che era incapace di reagire, la madre
cercava di difenderlo dagli Heartless, ma scoprì troppo
tardi che quel luogo chiuso e stretto le impediva di liberare tutti i
suoi poteri mentali e di sfruttare appieno i suoi poteri. Approfittando
di questa debolezza momentanea, un Heartless le si scagliò
addosso atterrandola, e riuscì a morderla al collo.
Tron si mosse per levarglielo di dosso, ma le urla di dolore della
mamma suscitarono una reazione che lasciò i presenti a bocca
aperta: si rialzò, ricaricato completamente, e
ringhiò: “non puoi trattare così la mia
mamma!”. Con un veloce salto, piombò su
quell’Heartless, e lo sbatté a terra. Durante il
salto, a Kairi, che lo osservò per un attimo,
sembrò che il corpo del figlio si illuminasse come di una
luce accecante. Ma questa luce durò solo per un istante, e
dopo una frazione di secondo era scomparsa. Kazi, con
l’Heartless sotto di lui, diede un potente colpo che lo fece
dissolvere.
“Kazi …” mormorò Kairi.
Lui si voltò all’istante verso di lei e la
guardò come non l’aveva mai guardata. Non aveva
più lo sguardo dolce e innocente di sempre, ma quello duro e
fiero di un guerriero orgoglioso, lo stesso identico sguardo che aveva
suo nonno nella foto che Kairi aveva trovato in soffitta. Nel
frattempo, Tron aveva eliminato tutti gli Heartless intorno, sapendo
che in questo modo i principi non avrebbero rischiato.
Il bambino intanto continuava a fissare la madre.
“Kazi … Non guardarmi così, mi fai
paura …” sussurrò Kairi.
Il principe scosse la testa come svegliandosi, e chiese con la sua
solita espressione:
“Mamma, cos’è successo? Stai
bene?”
Lo disse come se non fosse accaduto nulla, tanto che Kairi si chiese se
non si fosse immaginata tutto. Ma nel proprio intimo lei sapeva che
qualcosa era successo.
Comunque in quel momento notò solo che il figlio era
spossato dalla stanchezza e dalle ferite. Constatò che
quello non era il luogo più adatto per degli allenamenti
adeguati. Si rivolse a Tron.
“Grazie per l’aiuto. Ma credo che a mio figlio
farebbe bene un altro tipo di allenamento.”
Quando furono tornati al Radiant Garden, Mog prese in giro il suo amico.
“Kazi, non sapevo che soffrissi di claustrofobia,
kupò!”
“Sta’ zitto, Mog!” sbuffò
Kazi, vergognosissimo.
“Evidentemente quella volta che ti sei perso per i Corridoi
ti ha segnato, kupò!” continuò
imperterrito il Moguri.
“Dai, Mog, lascialo stare.” Intervenne Kairi.
“Sentite, parliamo di cose serie. A Kazi quel mondo non fa
bene. Dobbiamo trovargliene un altro.”
“Kairi”, propose Tifa “perché
non lo tieni qui ad allenarlo? Non ha bisogno di andare per forza in un
altro mondo.”
“Qui non ci sono abbastanza Heartless, e lui ha bisogno di un
approccio pratico. Forse … beh, Sora una volta mi ha detto
che lui si è allenato in un mondo chiamato Colosseo
dell’Olimpo. Ha detto che c’è un fauno
che ci sa fare. Allena gli eroi, sapete?”
“Mamma” intervenne Kazi “io non sono un
eroe. E un allenatore di eroi avrà molto da fare. Di sicuro
non vorrà perdere tempo con me …”
“Ma si che vorrà. Penso che potrà farci
un favore. Non lo terremo molto occupato.”
Cid obiettò “Ma Kairi, sai benissimo che un
principe in carriera non può uscire dal regno … i
problemi da risolvere qui non mancano, non puoi assentarti.”
“Beh … qualcun altro può accompagnare
Kazi al posto mio. Chi si offre volontario?”
Subito si fece avanti Cloud. “Lo porto io, se
permetti.”
“Ma Cloud, allora ce l’hai proprio con
me!” protestò Kazi, prima di ricevere uno
scappellotto dalla madre.
“Non preoccuparti, principe, tanto ti allenerà il
fauno, non io.” Rispose il combattente senza scomporsi.
“Kairi, sarebbe la soluzione migliore: Cloud è
l’unico fra noi che conosce un po’ quel
mondo.” Spiegò Cid.
“Cloud, ti assumi la responsabilità di mio
figlio?” chiese Kairi.
“Me ne assumo, principessa.” Rispose Cloud, e si
inchinò a lei rispettosamente.
A Kazi però dopotutto quest’idea non
sembrò poi così male. Gliel’avrebbe
fatto vedere, a Cloud, che lui era degno di rispetto!
Il giorno dopo, di buon mattino, i due erano già in viaggio
sulla Gummyship di Cid, con rotta il Colosseo. Kazi era incantato dalla
vastità dello spazio, e rimase incollato al finestrino tutto
il tempo.
Quando arrivarono, il principe rimase sbalordito anche dal mondo greco,
perché quando si è piccoli si rimane affascinati
da qualunque cosa nuova. Quel mondo era così diverso dal
suo, e gli piaceva un sacco; avrebbe voluto incominciare ad esplorarlo,
ma Cloud gli intimò che non avevano tempo da perdere.
Lui si ricordava quel posto, perché sette anni prima era
stato assunto da Ade per uccidere Ercole. Portò il bambino
nel Vestibolo, e attesero l’arrivo dell’allenatore.
Che puntualmente arrivò.
A prima vista, a Kairi sembrò la più buffa
creatura dell’universo, altro che i Moguri!
“Oh, ma guarda chi si vede, quello che voleva uccidere
Ercole.”
“Allenatore, non siamo qui per questo. Vedi questo bambino?
Ha bisogno di allenarsi, e tu sei l’unico che lo
può aiutare.”
“Davvero? Immagino che sia tuo figlio. Beh, ragazzino, puoi
riferire a tuo padre queste tre parole: io … alleno
… solo … eroi!”
“Ma queste sono quattro parole, non tre!”
protestò Kazi.
“Ah! Piccolo sfrontato, ma come ti permetti?!” si
infuriò Filottete.
Cloud cercò di placarlo. “Scusalo, fauno,
è piccolo. E comunque non è mio figlio. Ma ti
prego … non potresti allenarlo? Per favore. È un
favore per sua madre. E … questo ti potrà
interessare: i suoi antenati erano tutti eroi!”
“Davvero?! Beh, questo cambia tutto! Si, però
… non so …” sembrò vacillare.
Cloud però si ricordava il suo punto debole. “Il
nostro mondo, il Radiant Garden, è pieno di bellissime
ragazze! Se allenerai Kazi, ti ci porterò e te le
farò conoscere!”
“Davvero?! Allora accetto! Chiamatemi pure Fil!”
Il fauno portò il principe nello Stadio, e gli
spiegò:
“Ora voglio conoscere le tue capacità: vedi quelle
casse? Distruggile tutte entro un minuto!”
“Ma come faccio?! Sono troppe!”
“Memorizza queste cinque parole: un … eroe
… non … si … lamenta …
mai!”
“Ma vedi, queste parole non sono cinque. Sono
…”
“Essù, muoviti, ragazzino! E non
polemizzare!” e lo spinse nell’arena.
A Kazi ci vollero sette tentativi per soddisfare la richiesta del
fauno. Alla fine era più morto che vivo.
“Si, così dovrebbe andare. E adesso proviamo con
dei veri avversari!”
“Era ora!” commentò Kazi.
Fil gli mandò contro molti Heartless, ma in quel luogo
adatto agli allenamenti a Kazi sembrò quasi un giochetto:
riuscì a sbarazzarsi di tutti in poco tempo, e non si
ferì neanche troppo.
“Kazi, tu mi impressioni! Davvero, se continui
così sarai sicuramente un eroe prima di diventare
adulto!”
“Davvero?!”
“Certo! Per oggi basta così. Continueremo la
prossima volta che tornerai.”
Intanto Merlino, studiando sui suoi libroni, riuscì a
spiegare la natura del Keyblade del principe: secondo le sue ricerche,
ogni Keyblade rilette in qualche modo la personalità del
padrone. Il fatto che il Keyblade di Kazi fosse di luce lasciava
intuire che il bambino fosse la luce stessa, o comunque qualcosa di
molto vicino a essa.
“Un’ incarnazione?” aveva proposto Yuffie.
“Può darsi. Sembra però troppo strano.
Sicuramente è una teoria sbagliata.”
Poi spiegò che quel Keyblade poteva essere impugnato non
solo da Kazi, ma da chiunque avesse un cuore puro e nobile: ecco
perché non svaniva in mano a Kairi.
“Ma Merlino, allora come mai mio padre non era in grado di
evocarlo?” chiese Kairi.
“Tuo padre avrà anche avuto il cuore puro, ma che
lo avesse anche nobile c’è da dubitarne, e quello
che ha fatto a tua madre ne è una conferma.”
Per i mesi successivi, l’allenamento di Fil
continuò. Kazi faceva enormi progressi, e ogni giorno
imparava o una nuova tecnica o una nuova magia. Fil era molto
soddisfatto. “Questo si che è un guerriero come si
deve, non come quel Sora e quel Roxas che ho allenato!”
diceva ogni tanto.
Un giorno lo accolse con un gran sorriso.
“Kazi, ho constatato che ormai sei pronto. Oggi avrai
l’occasione di batterti con qualcuno più forte
degli Heartless, potrai batterti con un nemico degno di questo
nome!”
“Davvero?!”
“Si! Scegli con chi vuoi batterti. Posso darti un consiglio
… vuoi batterti contro Ercole?”
“No … io vorrei combattere contro Cloud.”
Cloud rimase impressionato da quella proposta. “Kazi, sei
troppo piccolo. Non puoi battermi.”
Ma quando Kazi gli chiese se per caso aveva paura, Cloud fece il
superiore e si diresse a testa alta nel campo.
A quel punto i due guerrieri furono uno verso l’altro. Cloud
decise di mettere subito a tacere, a quel moccioso insolente che
pretendeva di essere in grado di sconfiggerlo. Subito si
scagliò contro Kazi, che però aveva
già pensato a una tattica: sapeva bene di non poter
competere con Cloud in potenza, perciò decise di sfruttare
la sua agilità e le sue piccole dimensioni per sfuggirgli.
Cloud era forte, ma Kazi era svelto.
Rimase immobile finché Cloud non gli fu ad alcuni metri di
distanza, poi fece un salto di lato e schivò la grossa spada
del guerriero. Appena finita la schivata, il principe non
contrattaccò, ma rimase immobile. Cloud si sentì
preso in giro, e diede un colpo al terreno provocando un’
onda d’urto, ma di nuovo il bambino riuscì ad
evitarla con un salto. E di nuovo non contrattaccò.
Andarono avanti così per un quarto d’ora buono.
Cloud metteva molta potenza in ogni singolo colpo, e Kazi usando i suoi
riflessi li schivò tutti, ma con molta cautela, per non
stancarsi troppo. Dopo un po’, Cloud era stanco, Kazi invece
era in forma ancora buona, perché aveva corso e schivato
solo lo stretto necessario. Quando notò che Cloud aveva
rallentato la frequenza di attacchi, schivò
un’altra volta, poi saltò alle sue spalle. Non
intendeva certo dargli un colpo di Keyblade: con la sua forza di
bambino di quattro anni, gli avrebbe fatto solo il solletico.
Pensò quindi di sfruttare la magia, che non necessita di
forza fisica. ‘Ora!’ pensò, e gli
lanciò una potente Firaga alla schiena. Cloud cadde per
terra, esausto.
“Bravo ragazzino!” gridò Fil tutto
contento. “Davvero un’ottima strategia!
L’hai preso per sfinimento! Già, già,
l’intelligenza può vincere anche sulla
forza!”
“Cloud, stai bene?” chiese Kazi.
Cloud si rialzò. “Certo. Sono abituato a
combattimenti molto più duri, io. Ma devo dire che non me
l’aspettavo questa sconfitta.”
E Kazi rimase a bocca aperta quando Cloud si inchinò a lui.
Era un inchino rispettoso, e Kazi non si sarebbe mai aspettato che
proprio Cloud si inchinasse a lui.
“Ti sei guadagnato il mio rispetto, principe.”
Kazi allora si mise a ridere e saltò al collo di Cloud tutto
contento. Lui arrossì e se lo scostò di dosso.
“Ricordati però che ci vorrà molto
tempo prima che ti permetterò di abbracciarmi. Capito,
principe?”
“Si, mio capitano!”
“Bene. Adesso andiamo a casa.”
Kazi si voltò verso il fauno. “Grazie, Fil, per
avermi allenato tutto questo tempo!”
“Prego, Kazi. E ricordati che per essere un eroe bisogna
avere due cose: corpo robusto, cuore forte, animo nobile.”
“Si, capo! Tornerò ogni tanto, forse. Dai Cloud,
torniamo a casa!”
Quando tornarono a casa, Kazi raccontò entusiasta alla mamma
ogni singolo istante del combattimento contro Cloud, e le
spiegò in che modo lo aveva battuto. Kairi ne rimase
veramente impressionata. E trovò fuori dal comune che un
bambino di quattro anni avesse potuto sconfiggere un uomo adulto. Kazi
non era un guerriero normale: aveva dei poteri molto superiori, e sua
madre lo sapeva: si ricordava benissimo come l’aveva
guardata, quel giorno nel mondo di Tron. Solo suo nonno poteva avere
uno sguardo così.
Quando tornò nella sua camera, prese dal comodino la foto di
sua sorella e dei suoi amici. Osservò Kazi, il cavaliere, il
suo sguardo fiero, e pensò:
‘Un giorno tuo nipote ti vendicherà. Lo
sento.’
Note mie: la
scuola ha rotto! Cosa cavolo tocca fare per prendere un sette! No, a
parte questo ... nulla da dire. Grazie a tutti, e cercherò
di tornare presto a scrivere. Ciao ciao!
PS: auguratemi buona
fortuna per la verifica di Fisica Statica di domani!
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Capitolo 20 *** Primi dubbi ***
Ce
l'ho fatta, finalmente. Mi scuso per l'assenza di ben 3 settimane, ma
sapete, la scuola prima del natale riempie di compiti e interrogazioni.
E mi trovo in un periodo un po' difficile con la situazione scolastica,
quindi devo ammettere che questo capitolo mi è venuto un po'
peggio degli altri, ma sono in un momento "di crisi". Sicuramente
riuscirò a rimediare con questa scuola, tanto tutti gli anni
me la sono cavata senza neppure un debito ... ce la farò
anche quest'anno! Rispondo alla domanda delle recensioni in modo un po'
frettoloso, ma devo andare a ripassare chimica ...
La domanda di quasi tutti è: quando torna Sora? Dunque, Sora
... lo farò riapparire quando sarà ora! Ma, per
chi ama gli spoiler, non manca molto, quindi tranquilli!
Primi dubbi
Kazi aveva ormai cinque anni, ed aveva l’età
giusta per cominciare ad apprendere le basi della società
del regno. Kairi decise che era ora di mandarlo a scuola: oltre
all’istruzione, questo era il modo per far si che il figlio
socializzasse con gli altri bambini, visto che secondo lei tra i
piccoli non dovevano esserci differenze sociali: certo, Kazi era il
principe, gli altri i sudditi, ma finché erano bambini
dovevano stare tutti su un piede di uguaglianza. Perciò il
figlio aveva pieno diritto di vivere insieme ai coetanei, anche se di
ceto sociale diverso.
Quella sera stessa provò a parlargliene. Non
l’avesse mai fatto! Kazi piantò sul momento una
scenata terribile, che le fece pentire di aver parlato.
“Io non ci voglio andare a scuola, mamma! Io voglio fare le
cose che fanno i principi. Portami con te. A fare l’ispezione
al mattino con te!”
“Testa dura! A scuola ci devono andare tutti i bambini, non
credere di avere qualche privilegio in più.
L’ispezione la farai quando sarai più grande. Come
pensi di poter governare un regno, senza un minimo di
cultura?”
“Si, ma se mi porteresti con te, potrei apprendere le cose
pratiche …”
“ ‘Portassi’. Vedi che non sai nemmeno
usare il congiuntivo? Prova a fare un pubblico discorso ai sudditi con
degli strafalcioni di questo tipo, vedrai come ti ridono dietro! E
comunque, andando a scuola potrai stare coi tuoi amici.”
“Che c’entra? Loro li posso vedere anche al
pomeriggio!”
“E la mattina. Guarda, a scuola ci dovrai andare, quindi
è meglio che cominci ad abituarti
all’idea.”
“Non ci voglio andare, non ci voglio andare e non ci voglio
andare!”
“E invece ci andrai, perché te lo
ordino!” chiuse la discussione Kairi.
Così Kazi dovette rassegnarsi.
Il mattino dopo, Mog lo accompagnò, e colse
l’occasione per scherzarci un po’ su.
“Kazi, sta’ molto attento, kupò, che i
maestri sono pericolosi. Potrebbero farti seriamente male,
kupò!” sghignazzò.
Kazi, che aveva i suoi buoni motivi per non fidarsi di lui, rispose:
“Se non stai zitto, prendo il Keyblade e ti trancio via il
pompon dalla testa!”
Questa minaccia funzionava sempre. Banale, ma efficace.
Una volta arrivato in classe, Kazi, fin dal primo momento, non ebbe la
sensazione di essere un ‘diverso’,
poiché gli insegnanti, che condividevano
l’opinione di Kairi, lo trattavano come gli altri bambini, lo
punivano e lo elogiavano come gli altri, senza favoritismi inutili,
così il principe non si accorse mai di essere in
realtà superiore a loro; si adattò alla scuola
benissimo, contrariamente alle proprie aspettative. Dimostrò
in poco tempo di avere un’ altissima intelligenza, e
apprendeva a una velocità impressionante. Nessuno se ne
stupiva, perché tutti sapevano che suo nonno era Ansem,
famoso anche per la sua saggezza e intelligenza.
Su una cosa Kairi aveva avuto ragione, cioè che a scuola
c’erano gli amici. Kazi conosceva tutti i suoi coetanei della
città, e giocava un po’ con tutti. Ma il suo
migliore amico (dopo Mog, ovviamente), era Bold, un bambino spericolato
almeno quanto lui. Ogni tanto Bold gli spiegava perché:
“Il mio nome non vuol dire forse Audace?”. Come
spiegazione a Kazi bastava.
Ma il momento preferito della scuola, per Kazi era il momento in cui si
usciva per tornare a casa, perché in quel momento aveva modo
di incontrarsi con tutti gli altri bambini e giocare un po’
con loro prima di rincasare. Mog passava a prenderlo tutti i giorni per
riportarlo al castello, e durante il tragitto scuola-casa i due
passavano il tempo punzecchiandosi come al solito.
Lui e Bold giocavano insieme per tutto il tempo
dell’intervallo e un po’ anche dopo le lezioni.
Kazi aveva notato che lo veniva sempre a prendere sua madre, e in
questo non ci trovava niente di strano: la madre di Bold era
esattamente come la sua, in fondo. Solo che Kairi era più
giovane: infatti aveva solo 22 anni, e Kazi trovava che fosse la
ragazza e la mamma più bella di tutto il regno. E non
c’erano dubbi che Kairi fosse splendida: era alta, formosa,
con dei bellissimi capelli rossi che aveva lasciato crescere fino a
metà schiena che teneva sciolti, dei grandi occhi blu che
creavano contrasto col rosso dei capelli, aveva la vita stretta e i
fianchi larghi. Quando lei e il figlio erano in giro per la
città, lui vedeva come i ragazzi le appiccicavano gli occhi
addosso. Kazi temeva che prima o poi la mamma si sarebbe lasciata
conquistare da uno di quegli sbruffoni, ma non c’era bisogno
di preoccuparsi: Kairi non faceva caso al fatto che quasi tutti gli
uomini se la mangiassero con gli occhi ogni volta che passava. Come una
vera principessa, camminava davanti a sé con la testa alta,
facendo sentire sempre la sua autorità per intimare ai
sudditi di rispettarla.
Nonostante la madre, di cui Kazi si sentiva pienamente soddisfatto, e
nonostante non gli mancassero gli amici e tutto quello che un bambino
può desiderare, il principe sentiva che gli mancava
qualcosa, che Bold possedeva qualcosa che lui non aveva. Ma non
riusciva a capire cosa.
Lo scoprì in un giorno di scuola qualsiasi. Erano appena
finite le lezioni, e i due bambini stavano giocando alla lotta per
strada in attesa che Mog o la madre di Bold passassero per prenderli.
Ma ad un certo punto sentirono una forte voce maschile:
“Bold, vieni, è ora di andare a casa!”
Bold tutto contento, corse verso l’uomo che lo aveva
chiamato, e gli saltò in braccio.
“Come mai sei venuto tu a prendermi?”
“La mamma aveva un impegno. Ora andiamo. Ciao,
principe!”
“Ciao Kazi, ci vediamo domani a scuola!”
Kazi aveva osservato la scena senza dire una parola. Quello che aveva
visto era assolutamente nuovo per lui. Incredibile! Un maschio, un uomo
adulto che si occupa di un bambino! Roba da matti! Di lui i due ragazzi
‘di famiglia’ non si occupavano mai: Cloud e Leon
se potevano evitavano sempre di avere a che fare con lui. Come mai con
Bold una cosa simile avveniva con tanta noncuranza? A
quell’uomo sembrava la cosa più naturale del mondo
andare a prenderlo a scuola … Ma perché?
Il dubbio tormentò Kazi tutto il giorno, e il giorno dopo
provò a chiedere al suo amico chi fosse quell’uomo.
“Era solo mio padre!” rispose Bold con una gran
risata, come se fosse una cosa ovvia.
“Tuo padre?” chiese Kazi confuso.
“Certo! Che c’è di così
strano? Tutti i bambini ne hanno uno! Anche tu!”
Kazi abbassò la testa. “Io no
…”
“No? Ma certo che ce l’hai! Non è
possibile non averne uno!”
“Ti dico che non ce l’ho! Non l’ho mai
avuto! Mia madre l’hai vista molte volte. Ma mio padre quante
volte l’hai visto?”
“Beh … Mai.”
“Appunto. Forse semplicemente non ce
l’ho.” Poi provò a usare
un’espressione che aveva sentito dire dai grandi.
“è un dato di fatto.”
“Si, forse … Comunque mi dispiace tanto per te. Ma
… in fondo non ti perdi molto. Si può vivere
anche senza, no?” Disse Bold per consolarlo.
Per Kazi questa esperienza fu un chiodo fisso nel cervello per alcune
settimane. Rimase sempre più tormentato dai dubbi, ma
stranamente non riuscì a parlarne con nessuno, neppure con
Kairi. Inizialmente voleva chiederglielo, chi mai fosse suo padre, ma
nonostante fosse piccolo, Kazi aveva capito che quella era una domanda
molto delicata, non era certo come chiederle come funzionasse il
sistema di difesa del regno o cose collegate alla vita quotidiana. No.
Questa era una domanda seria, e Kazi non se la sentiva di fargliela.
Inoltre, il principe, che si accorgeva di tutti i sentimenti che
provava sua madre, si era accorto che lei stava diventando sempre
più nervosa e inquieta. Ma non riusciva a spiegarsene il
motivo, anche perché Kairi faceva di tutto per nascondergli
la sua paura.
Infatti negli ultimi tempi, stranamente nella città stavano
aumentando le invasioni. Non sarebbe stato da farci caso, in fondo
questo succedeva da prima della nascita di Kazi. Ma Kairi, che aveva a
che fare coi mostri quotidianamente, aveva notato che non erano
più gli Heartless a comparire in città, ma gli
Unversed. Quasi nessuno se ne era accorto, perché era la
principessa che aveva il compito di occuparsi degli invasori. E lei,
ogni giorno che passava, vedeva le incursioni aumentare.
‘Perché ci sono tutti questi Unversed? Di sicuro
Sora, Riku e gli altri non sono ancora riusciti a sconfiggere Master
Xehanort … certo, se ci fossero riusciti, sarebbero
già tornati a casa da un pezzo …’
La ragazza era sempre più impaurita da quei mostri che
aumentavano di numero in modo esponenziale, anche se cercava di non
darlo a vedere a Kazi, per non spaventarlo. Aveva timore che i nemici
potessero attaccare in massa il regno da un giorno all’altro.
Cercando consiglio, aveva chiesto a Merlino, che le aveva spiegato
quanto fossero pericolosi gli Unversed.
“Sono degli antichi mostri oscuri, dotati di corpo e cuore,
ma senz’anima. Sono molto più potenti e veloci
degli Heartless, e sono crudeli come loro, se non di più.
Kazi è capace di combattere, certo, ma un Unversed medio
sarebbe capace di uccidere un bambino di cinque anni come lui in pochi
secondi. Hai visto che zanne che hanno? Un morso alla gola e via.
Quindi, Kairi, è importantissimo che Kazi sia sempre in
compagnia di qualcuno; ora più che mai non lasciarlo andare
in giro da solo, e se nessuno può accompagnarlo tienilo in
casa. Hai capito?”
Quel discorso aveva fatto il suo effetto. Kairi era sempre
più protettiva nei confronti del suo bambino, certe volte
neppure dormiva la notte per paura che gli Unversed potessero assalirli
mentre dormivano. Per fortuna questo ancora non era mai successo, ma
Kairi stava sempre peggio. La consapevolezza di avere la vita di un
intero regno sulle spalle, in questo periodo di incertezza e paura,
stava incominciando a pesarle, e purtroppo lei non aveva nessuno che la
proteggesse, la consolasse e la aiutasse. Doveva fare tutto da sola, e
questo le stava spezzando i nervi.
Nonostante questa paura, un pensiero ricorrente di Kairi era
quell’attacco di luce pura che Kazi aveva sfoderato
l’unica volta che erano stati nel mondo di Tron: Kairi sapeva
bene di non esserselo immaginato, ma non riusciva a capire come mai
Kazi non lo avesse più usato, nonostante i ripetuti
allenamenti. Allora aveva incominciato a pensare che quello era stato
un attacco involontario, suo figlio non l’aveva fatto apposta
a usarlo.
‘Bene’, aveva allora pensato ‘se non vuoi
usarlo tu da solo, allora te lo farò usare io.’
Ultimamente aveva quindi preso ad allenare lei stessa Kazi con maggiore
severità e sottoponendolo a sforzi maggiori, in modo che,
preso dallo sfinimento, si decidesse una buona volta a liberare il suo
potere di luce. Ma non ci fu verso di farglielo rifare una sola volta.
Kairi era un po’ demoralizzata, non voleva che Kazi imparasse
a usare quell’attacco per interesse personale, ma
perché in questo modo, con un’eventuale invasione
sarebbe riuscito a difendersi meglio. Ma Kazi sembrava non voler
collaborare, così la madre dovette per forza lasciar
perdere: perché sottoporre un bambino a uno sforzo eccessivo
inutilmente?
Per fortuna il periodo dell’anno a venire era uno dei
migliori: infatti fra poche settimane sarebbe arrivato il Natale.
L’aria di festa incominciava a farsi sentire anche per lei, e
questo le attenuava un po’ l’ansia.
Quanto a Kazi, non ricevendo la risposta che cercava, in poco tempo
aveva lasciato perdere e ora non pensava più al fatto che un
papà non ce l’avesse, al contrario dei suoi amici.
E, col Natale che si avvicinava, ora la sua mente e i suoi pensieri
erano occupati solo dai desideri che hanno tutti i bambini nel periodo
pre-natalizio: ricevere i dolci dagli amici di famiglia, le vacanze, la
neve, l’albero di Natale, il cenone natalizio, i regali
…
Incredibilmente, l’aria natalizia di quell’anno
aveva contagiato anche Leon, che ora era quasi gentile con Kazi, e lo
stesso valeva per Cloud. Yuffie era come al solito, tanto lei era
festosa in qualunque periodo dell’anno. Perfino i Gabbiani
avevano ripreso a farsi vedere più spesso in giro per fare
gli auguri ai cittadini, proprio loro che non amavano mostrarsi troppo
e preferivano cercare sfere per conto proprio. E Mog … Mog
era sempre Mog: irritante come al solito. Ma a Kazi stava benissimo
com’era, il Moguri era l’amico che non avrebbe
cambiato con nessun altro; Kazi riteneva che fosse proprio il
caratteraccio dell’animaletto a renderlo così
irresistibile, e non voleva che la personalità di Mog
cambiasse, anche se era Natale, il periodo dell’anno in cui
tutti sono più buoni.
Arrivò la prima nevicata, di domenica, per fortuna: Kazi,
quando si svegliò e vide il mondo esterno interamente
bianco, si alzò di scatto, e senza aspettare nessuno corse
di fuori e spiccò un balzo nella neve che ricopriva il
giardino interno, alta mezzo metro. Mai Kazi era stato felice come in
quel momento. Ma ci pensò Mog a rovinarglielo. Infatti arrivò
di volata e si mise a gridare come suo solito.
“Kazi, kupò, cosa fai qui fuori con questo freddo
a quest’ora, kupò?”
“Oh, stai un po’ zitto!” gli
gridò il principe di rimando, e gli tirò una
palla di neve in testa.
Questa era dichiarazione di guerra! Mog, gridando selvaggiamente, gli
si slanciò addosso in picchiata, e insieme cominciarono una
lotta furibonda per avere la meglio; ma ogni colpo e ogni palla di neve
era scandita da una risata, e i due si divertivano come solo due
cuccioli sanno fare.
Kairi, attirata dalle urla, andò a vedere con ancora la
camicia da notte addosso chi mai facesse così tanto chiasso
alle sette di mattina, e quando riconobbe la voce del figlio, si mise a
correre verso il giardino, temendo che gli Unversed lo avessero
catturato. Ma quando vide il motivo delle grida sospirò di
sollievo.
“Kazi, cosa ti salta in mente?! Esci
così senza neanche vestirti … ti prenderai un
accidente a rotolarti così nella neve!”
Solo dopo che ebbe coperto Kazi con quattro maglie lo mandò
fuori a giocare con Mog. E Mentre li osservava dal portico, mentre si
facevano le capriole, si lanciavano giù dagli alberi
atterrando nella neve soffice, e si lanciavano palle di neve addosso,
si mise a guardare il cielo, pensierosa.
‘Qui non ci manca niente … mancate solo voi
… Oh, spero che la guerra finisca presto
…’
Ma alla fine decise per una buona volta di smettere per un
po’ di pensare a Sora, Riku e tutti gli altri. Stavolta era
ben decisa a vivere il Natale felicemente insieme a suo figlio e alla
sua nuova famiglia.
Note
Mie: Niente
combattimenti nel prossimo capitolo! Il prossimo capitolo si festeggia
il Natale anche al Radiant Garden, e sarà un capitolo
"tranquillo". Ah, tanto per dire una cosa che non c'entra niente: avete
visto le nuove Scan di BBS, dove Kairi piccolina e "sua sorella" Aqua
sono insieme nel Radiant Garden? (anche se nella storia vera non sono
sorelle, lo so). Non sono carine tutte e due insieme?*_*
Beh, ciao ciao, e ci
vediamo al prossimo capitolo!
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Capitolo 21 *** Desiderio di Natale ***
Ed eccomi qui! Mi
è andata bene gli ultimi giorni a scuola (un 6 e mezzo in
chimica, un altro 6 e mezzo e un 7 e mezzo in zootecnia), quindi il
nuovo capitolo lo pubblico stasera! Veramente avrei dovuto pubblicarlo
verso Natale, rispettando lo spirito del capitolo, ma sinceramente, chi
aveva voglia di aspettare? nemmeno voi, suppongo! xD.
Domandina da un milione di euro: come mai il n° delle
recensioni è diminuito in modo così drastico?!
Prima commentavano anche in 5, se andava bene ... Forse la storia ha
preso una piega che non gli garba ... Ma boooh! XD
Ottoperotto: L'unico Cristo che non ha
saltato neppure un capitolo! Scusa, ma dovevo dirlo. Grazie grazie!
Adesso non preoccuparti, che darò spazio anche all'uomo di
famiglia! E ... no, una recensione col continuo non l'avevo mai vista!
masterof
dark:
accontentato! Ho aggiornato prima che ho potuto! Si, la scuola in
Italia si inizia a 6 anni, ma in altri paesi (come in Inghilterra) si
comincia anche a 5. Io ho deciso di mandarlo a scuola a 5 anni per non
farlo crescere troppo.
Desiderio di Natale
“Scacco al re!” gridò Kazi soddisfatto,
spostando la regina sulla scacchiera. “Se vuoi un consiglio,
ti conviene spostarlo, quel povero re, oppure metterci un alfiere
davanti!”
“Oh, no, kupò, questa è la terza volta
che mi blocchi! Fammi riflettere, kupò
…”
Ma la partita a scacchi venne improvvisamente interrotta
dall’arrivo della principessa.
“Che cosa fate ancora qui?!”
“Oh, ehm, ciao mamma, stavamo …”
cercò di giustificarsi Kazi, già un po’
preoccupato.
“Non è il momento di giocare! Vuoi che Angel venga
alla cena di Natale, no? E allora devi andarla a invitare,
sennò non verrà, stanne sicuro!”
“Vado, vado!” gridò Kazi, ubbidiente.
“Accompagnami, Mog!”
Angel era un’altra amica di Kazi. Aveva i capelli biondi e
gli occhi verdi, andava nella sua stessa classe e durante il tempo
libero i due giocavano sempre insieme.
Kazi andò di corsa fino a casa sua, e gli aprì
proprio lei.
“Ciao, Kazi! Cosa fai qui? Vuoi entrare per
giocare?”
“Si, cioè, no … Ero venuto per
invitarti.”
“Per invitarmi?”
“Si. Sai che facciamo quel cenone di Natale al mio castello,
la Vigilia, no? Vuoi venire a passarlo con noi? Ci divertiremo,
vedrai!”
“Certo, Kazi, grazie! Se mamma e papà mi
manderanno, verrò di sicuro!”
“Va bene, allora. Io devo tornare a casa, perché
dobbiamo cominciare a addobbare il castello. Ciao!”
“Ciao, Kazi!”
Angel rimase a guardarlo correre via, e chiese a Mog:
“Pensi che Kazi diventerà davvero il
principe?”
“Oh, certo, kupò, Kazi diventerà il
principe del regno. E si sposerà con te.” Rispose
lui per prenderla un po’ in giro.
“Aaaah …” sospirò Angel
congiungendo le mani e alzando gli occhi al cielo.
‘Non pensavo che mi avesse preso sul serio
…’ pensò l’animaletto.
Il pomeriggio stesso il principe, insieme a Kairi, Mog, Tifa, Yuffie e
Aerith (tutti insomma, meno i maschi), si misero ad addobbare il
castello. Il principe, la principessa e il Moguri si occuparono
dell’albero, che era stato messo nel salone principale; non
fu cosa facile, soprattutto quando Kazi si accorse che le palle per
addobbarlo potevano trasformarsi in magnifici proiettili. E subito ne
provò una su Mog.
“Ahio!” gridò la bestiolina quando
ricevette un colpo in testa. “Allora vuoi la guerra,
kupò! E guerra sia!”
“Non ricominciate! Volete aiutarmi con
quest’albero, o no?!”
“Scusa, mamma.” Mormorò Kazi a testa
bassa.
“Scusa, mamma, kupò.” Lo
imitò Mog.
Subito Kazi si arrabbiò. “Non ridirlo
un’altra volta! Lei è la mia mamma, non la
tua!”.
Certo, il bambino era sempre stato gelosissimo di sua madre.
“Su, Kazi, non importa.” Poi capì che se
si fosse lasciata aiutare da quelle due pesti, non avrebbe combinato
niente. “Beh, credo che qui potrò sbrigarmela da
sola. Andate ad aiutare le altre, dai.”
Kazi partì in quarta, col Moguri aggrappato al mantello, e
andò a cercare le amiche.
“Tifa, vuoi che ti aiuti?”
“Grazie, Kazi. Aiutami ad appendere le ghirlande alle
porte.”
“Non preoccuparti, ci penso io. Vado ad appenderle dove ci
sono le stanze da letto. Andiamo, Mog!”
Decise di partire da quella di Kairi. ‘Voglio che la stanza
della mamma sia quella più bella di tutte!’
Scelse una ghirlanda di foglie di alloro con intrecciati dei nastri
argentati, e cercò di arrivare alla parte superiore della
porta, dove c’era affissa una decorazione sporgente che come
chiodo sarebbe stata perfetta. Però Kazi era piccolo, e
ancora non ci arrivava. Si girò vergognoso verso
l’amico.
“Mog, mi aiuti?”
“Si, kupò. Dammela, la appenderò
io.”
“No, voglio appenderla io! Non puoi aiutarmi ad arrivare al
gancio?”
Lui lo guardò scettico. “Va bene. Io ti spingo da
sotto, kupò, ma sbrigati, che sei pesante.”
Kazi gli montò a cavalcioni, e Mog con fatica si
alzò in volo. “Vai, kupò,
muoviti!”
Il principe lentamente si alzò in piedi sulla testa del
Moguri. “Ancora non ci arrivo, vola un po’
più in alto!”
“Non ce la faccio, kupò! Pesi troppo!”
esausto, cominciò a barcollare, mentre batteva forte le
alucce per riuscire a rimanere in aria.
“Mog, mantieni la stabilità! Mi fai perdere
l’equilibrio!”.
Per non cadere, Kazi saltò dalla testa
dell’animaletto e si aggrappò al lampadario che
era a due metri di distanza.
“Mog, aiutami a scendere!” gridò il
bambino preoccupato. Ma il Moguri era più morto che vivo per
la fatica.
In quel momento arrivò Yuffie. “Kazi, hai un
minuto?” quando lo vide appeso al lampadario, quasi si prese
un colpo. “Cosa … cosa stai facendo
lassù, che significa …?”
“Un incidente. Mi tiri giù, per favore?”
mormorò Kazi, che era diventato dello stesso colore dei suoi
capelli.
“Yuffie, perché non lo lasciamo
lì?” suggerì Mog.
“Non dire idiozie! Aiutiamolo!”. Yuffie per fortuna
era capace di salti molto alti. Riuscì con
facilità a salvarlo, e quando il piccolo le
spiegò com’era successo, lei capì che
quello delle decorazioni non era il compito adatto per lui.
“Vai in cucina, che Aerith sta aiutando a fare il
pandoro.”
“Urrà, il pandoro è la cosa che mi
piace di più al mondo!”
“Aerith, avete bisogno di aiuto?”
“Si, giusto in tempo! Guarda, abbiamo finito lo zucchero
proprio adesso. Ce ne vai a prendere un sacco in cantina?”
Kazi obbedì subito e corse a prendere lo zucchero. Ma
siccome ancora non sapeva leggere bene, fece confusione: prese il sacco
del sale, lo portò in cucina e lo rovesciò
nell’impasto. Aerith rimestò ben bene, poi
assaggiò dal cucchiaio e per poco non le prese un accidente.
La ragazza, con le lacrime agli occhi, dovette gettare via tutto.
Kazi, molto depresso, tornò da sua madre.
“Che bravo Kazi, hai già finito?”
“No, ci sono stati dei problemi …”
“Beh, non importa. Guarda com’è venuto
bene l’albero!”
Lui sgranò gli occhioni quando vide quell’abete
decorato con ghirlande, palle colorate e candele.
“è davvero bellissimo, mamma! È bello
come te!” esclamò.
Kairi, un po’ per le parole innocenti di Kazi, un
po’ perché lo spirito di amore del Natale era
ormai dappertutto, lo abbracciò stretto, e mentre lo baciava
sulla testa le venne in mente per la prima volta che quella creatura
era stata solo un errore.
‘Il più bell’errore che ho mai fatto. E
pensare che all’inizio non lo volevo nemmeno
…’
Una lacrima le scappò dagli occhi; Kazi la guardò
sorpreso.
“Mamma, piangi?”
“No … Vieni con me, voglio mostrarti una
cosa.”
Lo portò in camera sua, prese la vecchia foto che aveva
trovato in soffitta anni fa, e gliela mostrò.
“Guarda: questa è tua zia.”
“Allora Aqua è lei? È proprio bella. Ma
non quanto te!”
Kairi sorrise compiaciuta.
“E questo qui dietro chi è? Mi assomiglia
molto.”
“è tuo nonno. Anche lui si chiamava
Kazi.”
“è lui mio nonno, allora? Era bello,
vero?”
Lei prese la foto e fissò lo sguardo orgoglioso del
cavaliere.
“Molto … Dai, andiamo a finire i
preparativi.”
Mentre andavano, Kazi si aggrappò al mantello della madre.
“Mamma, i nonni e la zia sono morti?”
“Si, purtroppo …”
“E non li rivedremo mai più?”
“Un giorno li rivedremo … Ma non ancora.”
I giorni passarono, finché giunse finalmente la Vigilia. Il
pomeriggio Kazi fece un giro per il regno, gridando gli auguri a
chiunque incrociasse. Dopo essere passato da Bold, andò a
prendere Angel a casa sua.
“Allora, vieni?”
“Si, Kazi, arrivo subito!”
“Ho fatto bene a chiamarti così presto! Almeno
possiamo giocare a casa mia prima che arrivino gli altri!”
Dopo aver fatto a palle di neve per strada, tornarono al castello, dove
per tutto il pomeriggio giocarono alla lotta. Per Angel la lotta era un
bellissimo gioco, perché lei non era esattamente il ritratto
della femminilità: certo, era una bellissima bambina, ma
anche un vero maschiaccio.
Solo alle 7.00 cominciarono ad arrivare gli amici, pronti per passare
una serata ‘in famiglia’. Arrivarono proprio tutti:
Mog, Aerith, Yuffie, Leon, Cloud, Tifa, Cid e Merlino. Tutti meno i
Gabbiani, che probabilmente avevano trovato di meglio da fare, la notte
di Natale.
Tutti entrarono con aria di festa.
“Ecco il nostro bel principino!” esclamò
Yuffie appena entrata, e subito prese in braccio Kazi facendolo girare.
“Sei il più bel bambino del Radiant
Garden!”
Kazi arrossì. Dopo di lei entrarono Cloud e Squall, seri
come al solito, ma con lo sguardo sereno.
“Cloud! Leon! Venite, venite a tavola, che è
già tutto pronto!”
Li prese per le mani e li trascinò fino in sala da pranzo.
“Venite anche voi, che mangiamo!” gridò
poi agli altri.
Si sedettero tutti, con Kairi e Kazi a capotavola. Kazi però
volle che Angel si sedesse vicino a lui. Mangiarono tutto quello che i
cuochi avevano preparato: la polenta con il pesce, il tacchino arrosto
ripieno, il panettone …
Kazi era felicissimo di poter stare con tutti i suoi amici, e con Angel.
Yuffie stappò una bottiglia di champagne, e propose un
brindisi. Kairi diede il permesso al figlio di bere un bicchierino, ma
giusto un goccio, solo per il brindisi.
“Amici, voglio fare questo brindisi ai nostri principi.
Perché continuino a regnare come hanno fatto fino ad
oggi!”
“Ai principi!” gridarono tutti, e vuotarono i
bicchieri. Kazi si sentiva un po’ brillo, ma gli
passò tutto in pochi minuti.
Dopo cena cominciarono a scambiarsi i regali, nell’attesa che
arrivasse la mezzanotte. Kazi aprì il pacchetto che gli
aveva portato Mog.
“I cioccolatini ripieni di cioccolato fondente! Proprio
quelli che adoro! Grazie, Mog! Sai essere un caro animaletto, quando
vuoi! Questo è il mio.”
Mog scartò il pacco. “Uno shampoo delicato alla
pesca, kupò?”
“Si. Adori così tanto il tuo pompon,
così potrai tenerlo vaporoso e profumato, che ne
dici?”
“Oh, è vero … Non ci avevo mai pensato
… Grazie, Kazi!” singhiozzò il Moguri
con gli occhietti neri lucidi.
“Angel, questo è per te.”
Mormorò Kazi, e le passò il regalo.
“Che bello! Un leoncino di peluche! Mi piace tantissimo,
grazie!” Poi abbassò il tono. “Questo
è il mio.”
Abbracciò forte Kazi e gli diede un bacio sulla guancia.
“Uuuuh!” gridarono tutti i presenti, con tono
malizioso.
Kazi arrossì ancora, ma sorrideva. Kairi ne
approfittò per dargli il suo regalo.
“Ci ho messo molto per fartelo confezionare, spero che ti
piaccia, tesoro!”
Dentro il pacco c’era un vestito attillato, azzurro, con
l’armatura sulle spalle, sul petto e sulle gambe. E due
scarpe coperte sempre di armatura.
Kazi rimase senza fiato. “è … per
me?”
“Certo che è per te!” rise la madre.
“Ora anche tu sei un guerriero come me. I principi lottano
per proteggere il regno, no? Ora che sei capace di combattere, hai
bisogno di un vestito adatto anche tu.”
“Grazie … Grazie, mamma! Vi voglio bene, a tutti!
A tutti quanti! Qui non mi manca niente, voglio stare con voi per
sempre!”
Arrivò la mezzanotte proprio in quel momento. E in quel
momento, una stella cadente squarciò il cielo stellato,
facendo splendere la neve che copriva il regno e irradiando di luce blu
il castello. Tutti ne rimasero sorpresi, dato che quella non era la
stagione delle stelle cadenti.
Kazi corse alla finestra e appoggiò la fronte al vetro.
‘Posso esprimere un desiderio. Prima ho sbagliato, qualcosa
mi manca: io so che mio padre c’è, da qualche
parte, nessuno me ne ha mai parlato, e io non me ne sono mai informato,
ma sento che c’è. Se non mi sbaglio, se anche lui
non è morto come i miei nonni e mia zia, per favore, non
puoi farmelo incontrare? Per favore, vorrei conoscerlo …
Voglio il mio papà …’.
Sentì gli occhi blu inumidirsi. E una vocina preoccupata
vicino a lui.
“Kazi, stai piangendo? Che ti è
successo?”. Era Angel.
Il principe si strofinò gli occhi.
“No, non piango. Avanti! Continuiamo a festeggiare!
È mezzanotte, no? Buon Natale!”
“Evviva! Evviva!” gridò Yuffie tutta
allegra.
La famiglia restò insieme ancora un’oretta,
chiacchierando, abbracciandosi, e continuando a farsi gli auguri. Kairi
pensò che un momento così felice nel Radiant
Garden non c’era mai stato prima d’ora, e anche
Kazi lo pensava.
I principi non lo sapevano, ma quella era la calma prima della tempesta
…
Note mie: mi
dispiace che stavolta non ci sono stati Unversed in giro ... Ma in
fondo è Natale anche per loro! xD Io me li immagino a
danzare intorno all'albero di Natale, tutti felici! xDxD Niente, a
parte ste cavolate che mi vengono in mente ogni tanto,
chissà se prima di Natale riuscirò a scrivere un
altro po' ... Mi ci dovrò impegnare! E a Natale ... Alle
Alpi a sciare! (spero di non cascare giù dal burrone anche
quest'anno ...)
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Capitolo 22 *** L'incontro ***
Ma quanto sono
brava! Il capitolo nuovo lo pubblico oggi! E purtroppo non faccio in
tempo a rispondere ai commenti, devo scappare in palestra,
sennò il maestro mi saccagna di botte! xD
E da questo capitolo ricomincia l'azione, yeaah!
L'incontro
Tutti gli amici di Kairi, quando
arrivò l’una di notte, augurarono un buon Natale e
si avviarono per tornare alle loro case per dormire.
Kazi salutò Mog e Angel più affettuosamente degli
altri, poi decise di andare a dormire anche lui. Per il giorno di
Natale doveva essere ancora più in forma, dato che aveva
intenzione di andare in giro per la città e fare
personalmente gli auguri ai suoi sudditi.
Dunque lui e la madre andarono a dormire. Ma, verso le quattro di
notte, Kairi sentì un forte battito alla sua finestra. Come
se qualcuno stesse bussando. La principessa si alzò con gli
occhi gonfi di sonno.
‘E adesso chi c’è a quest’ora?
Babbo Natale?’ si chiese sarcastica.
Ma quando aprì, rimase sorpresa. “Gabbiani! Che ci
fate qui a quest’ora di notte?! Voi che non vi fate mai vive
con nessuno! Aspetta, lasciatemi indovinare … Volete per
caso lamentarvi perché Fratello ci prova con Yuna di
continuo? Potevate anche venire a dirmelo di giorno,
però.”
“Principessa, non scherzare!” gridò
Rikku arrabbiata. “è una cosa seria, e siamo
venute ad avvisarti! Affacciati al balcone; cosa vedi
laggiù?”
Kairi, incuriosita, si affacciò e guardò
giù. E quello che vide la fece sbiancare.
“Unversed! Unversed dappertutto!”
Infatti era accaduto quello che Kairi aveva sperato non accadesse mai:
un’invasione, ma non una cosuccia da poco, era un attacco in
massa vero e proprio!
Per la sorpresa e la paura la ragazza si lasciò sfuggire una
parolaccia.
“Dobbiamo fermarli subito! Presto! Andate a chiamare Leon e
gli altri, ditegli di raggiungerci immediatamente!”
Poi si voltò e corse nella camera del figlio, che dormiva
profondamente, e si mise a scuoterlo.
“Svegliati! Svegliati, Kazi!”
“Mmmh … Mamma …? Che
c’è? …”
“Sst. Alzati, presto. Vieni a vedere.”
Kazi, stanchissimo e coi capelli più scompigliati del
solito, guardò giù dalla finestra.
“Oh oh … e adesso cosa facciamo, mamma?”
“Tu resta qui, va bene? Io e gli altri cercheremo di
fermarli.” Poi si inginocchiò, lo
afferrò per le spalle e lo guardò negli occhi.
“Non muoverti assolutamente! Quelli non sono come gli
Heartless, sono molto più pericolosi!”
“Ma allora … Anche tu corri dei rischi andando
laggiù …”
“è normale. Rischiare la vita per il regno
è il compito di un principe. Ma non preoccuparti, non mi
succederà niente.”
“Mamma …” Kazi quasi si mise a piangere
“Non andare. Non lasciarmi da solo. Ho paura.”
“No, tu non hai paura, non hai nessun motivo di avere
paura.”
Lo abbracciò forte, come se avesse intuito che qualcosa
sarebbe presto successo.
“Aspettami qui. Io torno presto.”
Poi lo lasciò nella stanza, corse nella sua a mettersi
l’armatura e il mantello e si precipitò dabbasso.
“Ora dovrete trattare con me, vi insegnerà la
principessa a non invadere il suo regno!”
Kazi, rimasto solo, si attaccò alla finestra e
seguì con lo sguardo il procedere dello scontro. La mamma
era fortissima, e sembrava cavarsela, ma il numero di nemici era
elevato, e questo era un punto a suo svantaggio. Magari mentre lei si
occupava di un mostro, un altro la prendeva di sorpresa da dietro. E
l’aiuto di Cloud, Leon e Yuffie non serviva a molto. Il
bambino vedeva la situazione precipitare.
“Mamma, attenta alle spalle!” gridò
quando vide un Unversed che stava per saltarle sulla schiena, e si mise
a battere con la mano sul vetro per farsi sentire. Ma ovviamente, come
poteva farsi notare da quella distanza?
Allora si mise a riflettere intensamente. Lui voleva scendere ad
aiutarli, ma come poteva, quando la mamma gli aveva raccomandato di
starsene buono in casa? Ma per una volta, Kazi decise di disobbedire.
“No! Ha bisogno di me! Devo andare ad aiutarla!”
Velocemente, si tolse il pigiama, si mise il vestito nuovo con
l’armatura, si infilò al collo la collana, ma
nella fretta si scordò il mantello. Uscì a razzo
dalla sua stanza, si precipitò giù per le scale,
e uscì dal castello.
C’era la neve alta che limitava molto il movimento, e faceva
maledettamente freddo quella notte. Ci saranno stati -10°C.
Kazi, stringendo i denti, si mise a correre verso la città.
E quando arrivò, notò che un Unversed stava per
attaccare sua madre. Allora richiamò il Keyblade di luce,
gli si buttò addosso, e con un colpo lo fece dissolvere.
Kairi lo guardò sorpresa e arrabbiata.
“Cosa fai qui?! Ti avevo detto di aspettarmi al
castello!”
“Volevo solo aiutarti, mamma!”
“Torna subito a casa, Kazi!”
“No!”
Ma il dialogo venne interrotto da un altro mostro che si frappose fra i
due. Questo, dovendo scegliere chi attaccare, notò che il
bambino sembrava più indifeso della ragazza, quindi
optò per lui. Il principe, pronto, si scansò e
contrattaccò. Kairi avrebbe voluto aiutarlo, ma anche lei
aveva i suoi problemi. Kazi dovette quindi occuparsene da solo.
E fu un attimo. Il mostro, quando notò che Kazi stava avendo
la meglio su di lui, decise di battere in ritirata, aprì un
passaggio oscuro e ci si gettò dentro. In
quell’attimo, Kazi, che non aveva sospettato di nulla, era
nel bel mezzo di un salto, mirando all’Unversed.
Perciò, in quell’attimo, mentre il mostro si stava
dissolvendo nel passaggio buio, in quell’abisso oscuro ci
finì anche lui.
Fu un solo attimo, e in un attimo, finì tutto. In un
istante, Kazi era sparito.
L’attimo dopo, Kairi si voltò per controllare se
il figlio stesse bene. E quando non vide più nessuno, si
sentì gelare il sangue.
“Kazi … Kazi?”
Ma nessuno le rispose. Allora, con l’angoscia che le
attanagliava le viscere, lasciò perdere gli Unversed e si
mise a cercarlo lì intorno.
“Tesoro, dove sei? Vieni dalla mamma, Kazi!”
La sua voce era sempre più scoraggiata. E quando comprese
che nessuno le avrebbe risposto, un presentimento terribile la avvolse:
Kazi era stato mangiato da uno di quei mostri.
Quel bambino era stato concepito per sbaglio, l’atto di amore
che aveva legato lei e Sora era durato un attimo; la stilla di luce che
aveva bucato l’uovo era comparsa in un attimo; il figlio era
stato portato alla vita in un attimo. E in un attimo era sparito, come
se non fosse mai esistito.
“Il mio piccolo!” gridò Kairi disperata,
si coprì gli occhi con le mani e si lasciò cadere
in ginocchio sulla neve, in quella notte di Natale, piangendo e
gridando con la disperazione di una madre che ha perso
l’unica cosa importante che ha al mondo. "No, lui no ... Non
ha fatto niente ... Non vendicatevi su di lui!"
Kazi riaprì gli occhi, completamente illeso, e la prima cosa
che notò fu che non era più al Radiant Garden.
Era in un immenso bosco, di notte, con quell’Unversed
schifoso che l’aveva portato fin lì. Il desiderio
di vincere sul mostro ebbe la priorità, e Kazi, furioso per
essere stato trascinato via da casa sua, gli si scagliò
contro per eliminarlo. L’Unversed però, nonostante
fosse allo stremo, riuscì, con un salto, a schivare il
Keyblade e a saltargli sulla schiena, uno dei pochi punti non protetti
dall’armatura. Si aggrappò alle spalle del
bambino, che quando capì che in quella posizione
l’Unversed non poteva essere attaccato, cercò di
agitarsi per scrollarselo di dosso. Il mostro, a quel punto,
sollevò una zampa, provvista di due artigli affilati lunghi
almeno dieci centimetri, e con una zampata gli lacerò la
schiena. Il bambino, all’improvviso, sentì un
dolore lancinante e profondo al dorso, e preso dal terrore e dalla
rabbia riuscì a levarsi la creatura di dosso,
dopodiché riuscì a finirla. Aveva vinto, ma era
spossato e stanco.
Pioveva. Una pioggia forte e violenta. Kazi, distrutto, si
lasciò cadere sdraiato a pancia in su, senza curarsi che per
terra era completamente infangato, e rimase lì alcuni minuti
senza riuscire a muoversi. Dopo un po’, sentì una
strana sensazione. Allora si alzò, e guardò il
punto in cui era stato sdraiato. Il fango si era colorato di rosso.
Spaventato, cercò di toccare con la mano i punti feriti, e
quando si controllò la mano, era diventata rossa anche
quella. Quei graffi stavano lasciando scorrere via dal corpo tutto il
sangue; ne stava uscendo troppo. Kazi si sentiva debole ed esausto.
Ma comprese che non poteva starsene lì, al freddo, sotto la
pioggia. Se avesse trovato qualcuno, forse avrebbe potuto salvarsi.
Aguzzò lo sguardo, e cercò di distinguere, nel
buio, una casa, una luce, una qualunque cosa che potesse indicargli la
presenza di persone. Ma non vide niente di niente. L’unica
cosa che vide furono gli alberi della foresta in cui si trovava. Alberi
antichi, che si ergevano come mostri spaventosi. Kazi era un principe,
certo, ma era anche un bambino di cinque anni; non era mai uscito dal
suo mondo prima, e l’unica volta che era stato al mondo di
Ercole, ci era andato con Cloud, e comunque quel mondo era molto
più ospitale di questo. Il bambino cominciò a
tremare dalla paura, e decise che come prima cosa doveva trovare un
posto dove ripararsi: sarebbe morto di freddo, se fosse rimasto sotto
la pioggia. Non riusciva quasi a camminare, con la schiena ferita, e
cercò di trascinarsi come meglio poteva per cercare riparo
da qualche parte. Ma, per quanto cercasse, non trovò nulla,
nemmeno una grotta. E sotto gli alberi non poteva ripararsi, dato che
era inverno e le foglie erano tutte cadute. Continuò a
cercare in giro, e ogni minuto che passava, sentiva le forze diminuire
e la febbre alzarsi.
Alla fine, sfinito, si accasciò a terra, intirizzito,
semisvenuto, mormorando e chiamando il nome di sua madre. Ma era
inutile, lo sapeva: questa volta non avrebbe potuto salvarlo, nessuno
dei suoi amici lo poteva salvare. Di certo sarebbe morto assiderato o
dissanguato. Allora si ricordò quello che il giorno prima
aveva chiesto a Kairi:
“Non rivedremo
mai più il nonno?”
“Un giorno lo
rivedremo …”
Allora aprì appena gli occhi, e pensò
‘Nonno, ho paura, ho freddo, vienimi a prendere
…’
Non lontano da lì, nel bel mezzo della notte, un ragazzo di
22 anni si svegliò all’improvviso. Si
stropicciò gli occhi, e quando si sentì sveglio,
scese dal letto, uscì fuori dalla sua cabina della Gummi
Ship, corse in quella del suo migliore amico e cercò di
svegliarlo.
“Riku … Riku! Dormi?”
L’altro ragazzo si svegliò. “Dormivo
…”
“Riku, stammi a sentire: c’è qualcuno la
fuori.”
“Certo, hai ragione. Ora torna a letto.” Rispose
l’altro sarcastico.
“Smettila! Qualcuno la fuori ha bisogno di noi!”
Riku stavolta si svegliò per davvero.
“E ti pare una novità? Ci sono un sacco di poveri
civili che si disperdono per colpa degli Unversed. Ogni tanto ne
troviamo uno in giro … Ti ricordi la settimana scorsa,
quell’uomo che abbiamo trovato nella campagna? Era talmente
malridotto che non si ricordava nemmeno come si chiamava! Quando
l’abbiamo riportato a casa, ormai i suoi parenti ci baciavano
i piedi!”
“Si, mi ricordo. Ma c’è qualcuno anche
stanotte in giro.”
“E tu come lo sai?”
“Lo sento.”
“Sora, se stessimo a sentire i presentimenti che hai di
continuo, Master Xehanort ci avrebbe ammazzati da un pezzo!”
“Riku, devi ascoltarmi! Fidati! Muoviti, andiamo a
cercarlo!”
Riku lo guardò storto. “Io non ci esco
là fuori con questo tempaccio. Se vuoi cercare questo
fantomatico disperso, vacci da solo.”
Sora lo guardò male. “Va bene. Ci vediamo
dopo.”
“Tu sei matto! Buona ricerca!” e si rimise a
dormire.
Sora si vestì bene, si infilò la giacca,
uscì dalla Gummi Ship e corse fuori.
Nel corso di sei anni era cambiato completamente. Era diventato un
ragazzo alto, forte, con una muscolatura possente, ed era maturato
anche nel cuore e nell’anima. L’unica cosa che era
rimasta uguale erano gli occhi: azzurri, con lo sguardo dolce,
amichevole e buono di sempre, che non riuscivano ad ignorare chi si
trovava nei guai. Ma dal giorno in cui era partito da casa, si erano
velati di una tristezza perenne. Ma lui stava sempre attento a non
mostrare a nessuno la sua malinconia, specialmente ai suoi compagni,
quindi loro non si erano nemmeno accorti della differenza.
Il guerriero incominciò a cercare in giro, spingendosi
sempre più lontano dalla Gummi Ship. Sapeva che qualcuno di
importante aveva bisogno di aiuto, e aveva deciso che non sarebbe
tornato alla navicella senza averlo trovato.
Continuò a cercare e intanto teneva le orecchie tese (in
quegli anni aveva allenato moltissimo l’udito), se mai quel
qualcuno avesse chiamato aiuto.
Kazi intanto, si risvegliò per un rumore. Rimase in silenzio
e immobile, guardando verso il cespuglio da dove era venuto il suono.
Dopo poco, sbucò dal fogliame un grosso Unversed,
probabilmente attratto dall’odore di sangue. Kazi,
terrorizzato, sapeva che in quelle condizioni non avrebbe potuto
combatterlo. Sperando di non essere scoperto, cercò di
fuggire strisciando ventre a terra. Ma non fu così
fortunato: l’Unversed lo notò quasi subito. E in
un attimo gli fu addosso. Lo bloccò spalle a terra, e il
bambino e il mostro si fissarono negli occhi per un istante, il blu nel
rosso.
A Kazi in quel momento passò tutta la vita davanti. Lui
avrebbe dovuto diventare il più grande principe del Radiant
Garden, e invece sarebbe morto così, a cinque anni, in
maniera orribile, tra le fauci di un mostro.
‘Bene’, pensò il bambino ‘se
il destino ha deciso così, allora
morirò’.
Ma non sarebbe morto gridando dal terrore: oh, no! Avrebbe mantenuto il
suo sguardo fiero, e avrebbe fatto vedere a quell’orribile
creatura come muore un vero principe!
L’Unversed abbassò il muso su di lui,
spalancò la bocca e gli serrò la faringe con le
fauci. Kazi sentì le zanne penetrare nella gola. Il dolore
era atroce, e sapeva che sarebbe morto per soffocamento. Tuttavia
rimase immobile, con gli occhi aperti fissando il cielo nuvoloso,
mentre sentiva l’aria mancare.
Un attimo dopo, l’Unversed venne scaraventato via con forza
da sopra il bambino. Kazi, con quel poco di vita che gli rimaneva,
cercò di vedere chi l’avesse salvato. E vide un
ragazzo alto e forte, uguale al ragazzo che c’era nella foto
a casa.
Quando il mostro fu ucciso, Sora si precipitò di fianco a
Kazi per capire se fosse morto o vivo. Il bambino sussurrò:
“Nonno, sei tu? … Sei venuto a prendermi?
…” poi richiuse gli occhi.
Sora, che aveva sentito, gli tastò il polso, poi gli
premette una mano sul cuore. E sentì dei battiti, anche se
deboli.
‘è ancora vivo!’ pensò. Poi
gli sentì la fronte: scottava.
‘Sta molto male …’. Senza aspettare
oltre, lo prese in braccio per portarlo in salvo. E scoprì
le lacerazioni sulla schiena.
‘Sono delle ferite molto profonde … Se non faccio
subito qualcosa, può morire da un momento
all’altro.’.
Se lo cacciò sotto la felpa per tenerlo al caldo, e
tornò indietro di corsa.
“Riku! Paperino! Pippo! Svegliatevi!”
Tutti si alzarono e si precipitarono a vedere.
“Un altro bambino disperso?! È il terzo, questa
settimana, che ritroviamo, quack!” gridò Paperino
indignato.
“Presto, ha la febbre alta, è ferito! Aiutatemi a
curarlo!” gridò Sora, terrorizzato che quel
bambino potesse morirgli in braccio.
Tutti osservarono il bambino. Aveva un aspetto davvero miserevole: era
macilento, pallido e coperto di sangue, e i capelli così
impastati di fango tanto che non si riusciva nemmeno a capire di che
colore fossero.
“Si, aiutiamo questo povero piccolo!”
assentì Pippo, che era sempre accondiscendente.
Riku decise: “Decisamente, finché non
sarà guarito dovrà per forza stare con noi. E poi
lo rimanderemo a casa!”
Note mie: siete contenti? No, dico, siete
contenti, avvoltoi?! Dopo una ventina di capitoli di sofferenza, in cui
la domanda costante di tutti quanti è stata "quando torna
Sora?" gliel'ho fatta a farlo riapparire. Ditemi cosa ne pensate! E ...
buon Natale a tutti!
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Capitolo 23 *** Guarigione ***
Ma quanto sono
brava! Dopo due giorni il nuovo capitolo! Finalmente con sta cacchio di
scuola ho quasi finito: 2 giorni e poi ... le vacaaanze!! Che poi
neanche tanto, devo studiare anche durante le feste ... T_T
masterof
dark: hai visto? ^^ Beh, secondo me è
comprensibile che lo abbia scambiato per il nonno: era più
morto che vivo, probabilmente si sentiva già in paradiso ...
e sapeva che in paradiso c'era il nonno. Non è facile
entrare nella mente di un bambino piccolo ... io ci provo! xD Ah ...
niente dita rotte! Alla fine non sono andata in palestra,
perchè è lontana e c'era ghiaccio sulla strada!
nueblackcrowfriend:
dov'eri finito? pensavo che avevi smesso di seguirmi. Mi sbagliavo. ah,
cmq, no!! Dopo due secoli che volete Sora, adesso che l' ho fatto
riapparire volete pure Kairi! Accontentatevi! (l'ho detto in senso
buono.^^)
mietitrice:
beh, diciamo
che se a una madre le porti via il figlio, e lei è convinta
che sia morta, direi che non si sentirebbe granchè bene.
Buon Natale anche a te!
Ottoperotto:
grazie per la
recensione! Riguardo alla domanda finale, ti dirò la
verità: non è che le tue recensioni non mi
piacciano, il problema è che divaghi un po' troppo: non
sempre, ma certe volte da quello che scrivi non riesco nemmeno a capire
se il capitolo ti è piaciuto o no (anche perchè
nelle tue recensioni sono più personaggi a esprimere la
propria opinione, magari si contraddicono a vicenda, e non capisco
quale sia effettivamente il tuo pensiero)... nelle recensioni si mette
l'opinione personale sul capitolo, non una "storia nella recensione".
Tu continuala pure, dato che la storiella mi piace, ma dovresti solo
stringarla e metterci di più la tua opinione sul capitolo in
questione. Perchè vai un po' fuori tema. Spero di non averlo
detto in modo troppo crudo. Cmq, devo dire che ben pochi hanno seguito
la mia storia con la tua stessa passione, quindi grazie! Almeno ho
avuto questa impressione. Spero di non sbagliarmi. Buona lettura! ^^
Guarigione
Kazi era talmente malridotto e malato che i
guerrieri non sapevano da che parte cominciare a curarlo. Paperino
propose che per prima cosa bisognava scaldarlo e pulirlo, e un bagno
caldo era la soluzione migliore. Ma stranamente, nessuno sembrava
così entusiasta di occuparsene.
Riku, che era il capo, ordinò a Sora: “tu
l’hai trovato, e tu te ne occuperai.”
Con Riku non si poteva discutere: in proporzione era più
muscoloso e piazzato di Sora, e aveva un istinto da leader innato: per
questo era stato scelto come capo all’inizio della terza
avventura da tutti.
Sora non poté fare altro che ubbidire: sospirò,
portò il bambino svenuto nel bagno e cercò di
svestirlo. E a quel punto rimase senza fiato.
“Ma questa …” mormorò quando
gli vide la collana. “è uguale alla mia
… Ma … perché ce l’ha lui?
…”
I suoi interrogativi vennero interrotti da dei forti gemiti di
sofferenza di Kazi. Allora decise di lasciar perdere e risolvere il
mistero in seguito. Si limitò a togliergli la collana e a
metterla da parte.
‘Indossa un vestito molto pregiato … Ha anche
l’armatura! Che strano …’.
Inoltre si accorse che il piccolo non era affatto mingherlino, anzi
aveva delle masse muscolari abbastanza sviluppate per un bambino di
quell’età. Però non c’era
più un briciolo di energia in quel corpicino esausto; non
era morto solo perché continuava a respirare.
Notò che le profonde ferite sul dorso stavano incominciando
a infettarsi. Allora riempì in fretta la vasca di acqua
calda, e ce lo immerse. Il corpo gelato del bambino si
riscaldò in fretta, e Sora, non senza fatica,
riuscì a pulirgli le ferite e a lavargli via anche il fango
dai capelli, stando attento a non mandargli l’acqua nella
bocca. E intanto rifletteva sulle parole che Kazi aveva detto prima di
svenire.
‘Nonno … mi ha chiamato nonno! Non sarò
mica così vecchio, no?’
Quando ebbe finito, già l’aspetto del bambino era
migliorato. E finalmente Sora vide il colore dei capelli di Kazi. Erano
rossi. Rossi come una fiamma di notte, rossi come il mare al tramonto,
rossi … come quelli di Kairi. A Sora sembrò
assurdo che il colore dei capelli fosse lo stesso, e senza rifletterci
più lo strofinò con un asciugamano per
asciugarlo. Dopo gli disinfettò le ferite e ci mise un
po’ di bende sopra.
“Riku! Che vestiti gli metto?!” gridò
per farsi sentire dall’amico, che era nell’altra
stanza.
“Non ne abbiamo della sua taglia. O gliene diamo uno dei
nostri, oppure lo avvolgiamo in una coperta e basta!”
“Va bene, va bene … Lo metto in una
coperta.”
Per Sora non furono troppo difficili queste operazioni, dato che Kazi
era un bambino sì muscoloso, ma piuttosto piccolo per
l’età che aveva, e non costava fatica tenerlo in
braccio.
“E adesso devo trovargli un letto. Ma non ne abbiamo in
più …”
Chiamò i suoi colleghi. “Qualcuno vuol cedergli il
letto?” tutti guardarono il bambino impietositi, ma nessuno
disse nulla.
Sora alzò gli occhi al cielo. “Va bene. Vuol dire
che glielo cederò io!”.
Portò il ferito nella sua stanza e lo mise sotto le coperte,
stando attento che la testa fosse ben appoggiata sul cuscino. Il
bambino sembrava stare un po’ meglio. Ma dopo poco
cominciò a tossire e rantolare forte, e sembrava soffocasse
a ogni colpo di tosse.
“Oh, no … devo dargli subito qualcosa!”
Il ragazzo corse all’armadietto delle medicine,
scostò le Code di Fenice e le Panacee, e trovò
infine una medicina adatta. La mise in un bicchiere, e cercò
di sollevare la testa di Kazi per fargliela bere.
“Ti prego, bambino, bevila …”. Temeva di
strozzarlo, facendogli ingoiare la medicina così, ma dopo un
po’ riuscì a fargliela prendere a sorsi. Kazi
tossicchiò ancora un po’, poi si calmò;
ma il suo viso era sempre il ritratto della sofferenza.
Sora gli passò una mano sulla fronte: scottava come prima.
Ma, mentre gli sentiva la febbre, gli venne spontaneo toccargli i
capelli. E rimase sorpreso nel sentirli morbidissimi, nonostante
fossero dritti. Non aveva mai toccato niente di così morbido
e soffice, solo i capelli di Kairi erano morbidi allo stesso modo, se
li ricordava benissimo.
Stanco, si sedette su una sedia accanto al letto del malato e si
addormentò lì. Durante la notte venne svegliato
un paio di volte dal bambino, che scosso dalla febbre, si metteva a
gemere e ansimare come se stesse per morire. Sora allora lo svegliava,
gli dava da bere un po’ d’acqua, e poi lasciava che
si rimettesse a dormire. Kazi, con la mente annebbiata, non se ne
accorgeva neppure.
Il mattino dopo Sora aveva la schiena rotta, ed era stanco morto:
dormire su una sedia non era il massimo della comodità, e in
più il suo sonno era stato disturbato di continuo.
Quando si svegliò, Kazi dormiva ancora. Allora
andò in cucina a far colazione, e trovò i suoi
amici in atteggiamento festoso. “Buon Natale, Sora!”
Sora sospirò “un altro Natale da schifo
…”
“Come sta il ferito?”
“Migliora un po’. Ma sta ancora molto male. Penso
che oggi salterò gli allenamenti e starò con lui
per vedere se ha bisogno di qualcosa.”
“Si, mi sembra giusto.” Assentì Riku.
“Allora tu stai qui con lui, e noi andremo ad allenarci.
Tanto il Natale per noi è un giorno come un altro,
no?”
Si, loro non festeggiavano il Natale. Perché, poi? Il Natale
si festeggia con la famiglia, con coloro che si amano, ed era il
più bel giorno dell’anno. Sora e gli altri invece
non avevano proprio niente da festeggiare, loro che vedevano la gente
morire praticamente tutti i giorni, che sentivano i bambini feriti
piangere, e vivevano sotto l’oppressione continua degli
Unversed. Che motivo avevano per festeggiare il Natale?
Sora tornò in camera e rimase a controllare il bambino per
tutto il giorno, assentandosi solo per andare a mangiare.
Così continuò non solo per quel giorno, ma anche
per quelli che seguirono. E intanto accumulava arretrati di sonno,
dovuti al dormire sulla sedia e allo stare sempre attento al malato.
Dopo tre giorni era distrutto dalla fatica. In compenso il bambino
stava meglio. La febbre stava calando, ma ancora non si era svegliato,
e probabilmente non si era neanche reso conto di dove fosse e con chi
fosse.
La sera del terzo giorno Sora non ce la fece più, e
pensò che certo non sarebbe successo niente se anche lui
avesse dormito nel suo letto: dopotutto il bambino era piccolo, il
letto era spazioso, e di certo ci sarebbero stati comodamente tutti e
due.
Allora, facendo più piano possibile, spostò un
po’ Kazi a destra e si infilò nella parte
più a sinistra. Sospirò di sollievo, quando
sentì di nuovo il materasso morbido. Si mise a pancia sotto
e si preparò a dormire. Ma non ci riuscì
facilmente: perché Kazi, sentendo il calore di un corpo di
fianco a sé, istintivamente ci si trascinò vicino
a occhi chiusi, cercando di scaldarsi.
Sora sobbalzò quando sentì che il bambino si era
abbracciato a lui.
‘Ah, no, questo no! Non riuscirò mai a dormire
così!’
Ma non ebbe il coraggio di spostarlo. Per la prima volta dopo sei anni,
finalmente qualcuno lo abbracciava di nuovo, anche se per motivi di
pura sopravvivenza: capì che se quel bambino si era stretto
così a lui, era solo perché aveva freddo e voleva
scaldarsi.
‘Sembra che stai dormendo tranquillo, ma in realtà
stai lottando per sopravvivere. Va bene, allora vieni qui e abbracciami
quanto vuoi, anche se io non ti conosco e tu non mi conosci.’
Si girò sul fianco, rivolto verso il bambino, e lo
abbracciò anche lui per tenerlo al caldo. Poi rimase a
guardarlo un po’, e ora che lo osservava più da
vicino, si rese conto di quanto gli assomigliasse. Ma non se ne
sorprese poi troppo, in fondo un sacco di persone si assomigliano. E
intanto continuava a pensare, disgustato:
‘Come hanno potuto quegli orrendi mostri prendersela con un
bambino? Un bambino piccolo e indifeso …
L’avrebbero ucciso, se non l’avessi salvato io.
Questa stupida guerra sta coinvolgendo tutti, ma i bambini non si
toccano! Non si devono toccare!’
Si strinse Kazi al ventre, appoggiò la guancia sui morbidi
capelli del bambino (erano quasi più soffici del cuscino), e
si addormentò anche lui.
Il mattino dopo, Kazi, che ormai era quasi guarito, aprì
lentamente gli occhi, e la prima cosa di cui si accorse è
che era abbracciato a un perfetto sconosciuto. Allora cacciò
un urlo così forte che probabilmente lo sentirono anche alla
Città di Mezzo. Sora quasi si prese un colpo; il bambino si
staccò subito da lui e terrorizzato cercò di
trascinarsi al lato opposto del letto. Sora lo vide che lo fissava con
due occhioni blu impauriti, e allora cercò di correre ai
ripari.
“Aspetta, non avere paura, non ti faccio niente.”
“Chi … chi sei tu? Perché dormivi
abbracciato a me?”
“Veramente sei tu che ieri notte ti sei stretto a me
… Sono il ragazzo che ti ha salvato da
quell’Unversed.”
Sora era quasi uguale a suo padre, a parte i capelli più
chiari e lo sguardo diverso. Aveva la stessa età di suo
padre quando era morto, 22 anni.
“Oh, scusa, mi dispiace … Grazie di avermi
salvato.”
“Figurati. Eri conciato proprio male, sai? Come ti senti
adesso?”
“Meglio, grazie.”
“Come ti chiami?”
“Kazi … mi chiamo Kazi.”
“è davvero un bel nome. Io sono Sora. Da dove
vieni?”
“Dal Radiant Garden …” non gli venne in
mente di dire che ne era il principe. A che sarebbe servito? In fondo
al di fuori del regno il rango non contava, era una persona come
un’altra.
“è lontanissimo da qui! E ci sei arrivato da
solo?”
“No. Mi ci ha portato un Unversed. E questo … che
mondo è?”
“è la terra di Prydain. Io ti ho trovato nella
Foresta Proibita. Adesso sei sulla nostra Gummi Ship.”
“Quindi … la mia casa è molto lontana
da qui …”
Sora fece si con la testa.
Kazi incominciò a piangere debolmente. “Io
… voglio la mia mamma …”.
Sora non sopportò di vederlo piangere. “Non
preoccuparti, quando sarai guarito ti riporteremo a casa. Ma stai
ancora male, cerca di dormire.”
Kazi si rimise giù e cercò di addormentarsi, ma
non ci riuscì. Sora si accorse che tremava.
“Hai freddo? Vuoi che aggiungo un’altra
coperta?”
“No, grazie, sto bene …”
Sora capì che non aveva freddo, aveva soltanto paura. Non
sapeva che reazione avrebbe provocato, ma abbracciò il
bambino lo stesso. Pensava che si sarebbe spaventato ancora di
più, invece Kazi rimase buono e tranquillo.
Sora non si era mai occupato di un bambino, allora cercò di
trattare Kazi come trattava Kairi quando era triste: si mise ad
accarezzargli i capelli e ad asciugargli le lacrime con le dita. Dopo
un po’ Kazi si addormentò di nuovo. E Sora con lui.
Più tardi, quando andò in cucina per mangiare,
gli amici gli chiesero come stesse il bambino.
“Si è svegliato. L’ho un po’
tranquillizzato, ma ha ancora molta paura. Cerchiamo di farlo sentire a
suo agio nei prossimi giorni.”
Note mie: Per
la cronaca, il film Disney in cui è ambientato il mondo
è "Taron e la pentola magica", il mio preferito della
Disney. E il bello deve ancora arrivare! Se non riuscissi ad aggiornare
nei prossimi giorni, buon Natale a tutti!
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Capitolo 24 *** Un prezioso alleato ***
Buon Natale
a tutti! Questo è l'ultimo capitolo per un po' di giorni,
visto che domani vado in Trentino a sciare, e ci resto fino a
lunedì. Ho scritto questo capitolo solo oggi, per farvi un
regalino prima di partire! Sayoonara!
Un
prezioso alleato
Il quarto giorno, Riku, Paperino e Pippo si
avvicinarono a Kazi per la prima volta, cercando di capire chi fosse e
cosa ci facesse in quel mondo.
“Ti chiami Kazi, vero?” chiese Riku.
“Si. Mi dispiace darvi tutto questo disturbo
…”
“Tanto siamo abituati a trovare dispersi lungo la strada. Di
bambini ne abbiamo trovati tanti, ultimamente.”
“Però nessuno era messo male come te,
quack!” precisò Paperino “gli altri li
abbiamo subito rimandati a casa. Per fortuna erano di mondi vicini! E
tu di dove sei?”
“Del Radiant Garden.”
“Vieni proprio dall’altra parte
dell’universo, allora. Questo complica un po’ le
cose …” disse incerto Riku.
“Allora … non potrò mai più
tornare a casa mia?” chiese Kazi spalancando gli occhi.
“Non ho detto questo. Solo, sei arrivato in un momento poco
idoneo, perché stiamo aspettando che il nostro re faccia
ritorno per darci delle coordinate da seguire.”
Kazi si incuriosì. “Perché? Dove dovete
andare?”
Riku tentennò. “Non so se è il caso di
dirtelo …” Non voleva spifferare tutta la loro
missione: più restava segreta, meglio era.
“Non importa. Quindi come farò a tornare a casa
dalla mia mamma?”
“Dovrai aspettare un po’. Non tanto. Qualche
giorno: dobbiamo aspettare che il re torni da noi. Se abitavi qui
vicino, ci sarebbe voluto un attimo per portarti a casa, ma il Radiant
Garden è a parecchi giorni di viaggio, e ora non possiamo
assolutamente muoverci dalla nostra posizione. Il re ci ha ordinato di
aspettarlo qui.”
“Va bene … allora aspetterò.
Cercherò di non disturbarvi troppo …”
Sora, che fino a quel momento era stato in silenzio, si intromise.
“Kazi, ascolta: dove hai preso la tua collana?”
“La mia …?” il bambino si
tastò il collo, ma non trovò niente.
“Ehi, ma … Dov’è?
Dov’è finita?!”
Sora gliela mostrò. “Te l’ho tolta per
lavarti.”
Kazi si arrabbiò. “Ridammela subito! È
mia! È la mia collana!”
“Prima dimmi chi te l’ha data.”
Kazi si mise a pensare: chi gliel’aveva data? Non se lo
ricordava. Per quel che sapeva, ce l’aveva al collo da
sempre, e chi gliel’avesse regalata non gli veniva in mente.
“Non lo so … davvero, non mi ricordo.”
Riku si rivolse a Sora, duro. “Ma insomma, non vedi che sta
male? Adesso lo fai anche sforzare! Ridagli la sua collana e lascialo
in pace!”
“Io volevo solo …” provò a
ribattere Sora mortificato tendendo la collana al bambino, che se la
riprese subito.
“Chissà quante ce ne saranno di collane uguale
alla tua! Non farla tanto lunga!” chiuse la discussione Riku.
Il pomeriggio Kazi finalmente si alzò, completamente
guarito, si rimise i suoi vestiti, che in quei giorni i guerrieri
avevano lavato, e uscì fuori dalla Gummi Ship per prendere
una boccata d’aria. La navicella era parcheggiata in mezzo a
un prato e la foresta che si vedeva in lontananza e nella quale si era
perso non gli sembrava più così minacciosa:
sentiva per istinto che con quei ragazzi sarebbe stato sempre al
sicuro. Poi sentì dei rumori, come delle lame
d’acciaio che si scontravano, e si voltò verso il
suono, e quello che vide lo lasciò pieno di stupore: Riku
stava combattendo contro Pippo con un Keyblade!
Kazi, sorpreso e emozionato, corse vicino a Sora, che li osservava
seduto al bordo del campo, e gli chiese:
“Che arma è quella che ha Riku?”
“Si chiama Keyblade. Lui ed io la possiamo usare.”
“Anche voi?!”
“Come ‘anche’ noi?”
“Perché anch’io combatto col
Keyblade!”
“Sul serio?” Sora non voleva crederci.
“Ehi amici, fermatevi!”
Riku e Pippo si bloccarono nella posizione attuale, Riku con Via per
l’Alba sollevato in aria e Pippo nell’atto di
lanciare lo scudo.
“Come ti permetti di fermare il combattimento?!”
chiese Riku seccato.
“Kazi qui dice di poter usare il Keyblade.”
Spiegò Sora.
Riku guardò quel bambino alto a mala pena un metro con aria
scettica. “Ah si? Allora facci vedere.”
Kazi allungò la mano sinistra e subito comparve il suo
Keyblade di luce. Stavolta furono tutti i presenti a rimanere a bocca
aperta. Paperino cominciò a ripetere come un disco rotto che
non era possibile. Kazi li guardò soddisfatto e con una
certa ironia. Riku lentamente puntò il dito tremante verso
Kazi e balbettò:
“Quel Keyblade … è un falso.”
Poi gli venne in mente ‘Mi sembra di averlo già
detto una volta a qualcun altro …’.
“No che non è un falso! È
vero!”
“Non ho mai visto un Keyblade come quello!”
esclamò Sora affascinato. “E sai usarlo?”
“Certo che so usarlo!”
“Ma come hai fatto … a riceverlo?”
“Durante un sogno, credo. Una voce mi ha spiegato come
usarlo.”
“Anche noi abbiamo fatto lo stesso sogno quando abbiamo
ricevuto i nostri. Se è così, sei un prescelto
anche tu. Allora ti sfido!”
“Vuoi che combatta contro di te?”
Riku intervenne. “Guarda, Kazi, che non ti conviene: nemmeno
io riesco a battere Sora, ultimamente mi stende ogni volta che ci
provo.”
“Però mi ha sfidato, e una sfida non si
rifiuta!” rispose deciso il principe.
“Allora godiamoci lo spettacolo.” Disse paperino,
mettendosi comodo sull’erba, insieme a Pippo e Riku.
Sora e Kazi, uno di fronte all’altro, si studiarono a
vicenda. Il bambino, vedendo i muscoli tesi del ragazzo, e il suo corpo
possente, decise di usare con lui lo stesso metodo che aveva usato con
Cloud. E al principio funzionò. Ma dopo pochi minuti, Sora
si rese conto della tattica di Kazi, e non si lasciò
sorprendere: rimase immobile anche lui, lanciandogli delle magie.
Così lui non si stancò, mentre era Kazi,
costretto a schivare i raggi magici, a stancarsi. Quando Sora a occhio
e croce giudicò che si fosse sfinito abbastanza, gli
lanciò un attacco di fuoco, ghiaccio e fulmine combinato.
Kazi, cercando di difendersi, usò Reflex
all’ultimo istante. Nel momento in cui la tripletta
toccò la barriera, ci fu un esplosione che
sollevò una gran polvere. Gli amici ai bordi del campo
finirono gambe all’aria. Quando il fumo si diradò,
Sora e Kazi erano a terra tutti e due.
“Siete pari!” gridò Riku, meravigliato
più che mai. “Stai bene, Kazi?”
“Si si. Sto benissimo. Sora è sveglio: si
è accorto della mia strategia.”
“Anche tu sei forte. Senza contare che sei molto
più piccolo di me, eppure sei riuscito a tenermi testa
… Senti, io dovrei parlare col mio amico. Vieni,
Riku?”
Lo trascinò a una decina di metri più in
là. “Riku, ascolta, teniamolo!”
“Sei impazzito?! Dobbiamo rimandarlo a casa al più
presto!”
“Ma noi abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.
Sai quanto è pericoloso quel Master Xehanort. Hai visto Kazi
quanto è abile? In proporzione, è molto
più forte di noi! Se lo portassimo con noi, ci potrebbe
aiutare. Così avremo molte più
probabilità di vincere. Anche lui ha il Keyblade, ed
è suo dovere proteggere il mondo, come noi.”
“Si … in effetti hai ragione. Ma
l’interessato è lui. Devi chiederlo a lui.
Sicuramente dirà di no. Dirà che vuole tornare a
casa.”
Quando tornarono, Kazi era già diventato grande amico di
Paperino e Pippo, e stavano giocando a Sasso, Carta e Forbici tutti e
tre insieme. Il principe si stava divertendo un mondo.
“Kazi, ascolta.” Cominciò Sora. Non
sapeva da dove partire.
Kazi smise di giocare e si fece attento.
“Ti chiedevi qual è la nostra missione, no?
Ebbene, noi dobbiamo sconfiggere un uomo di nome Xehanort. Master
Xehanort. È un tipo malvagio, che ha ucciso molti Keyblade
Master in passato, e vuole conquistare l’universo coi suoi
Unversed.”
“Gli Unversed?! Ma allora è lui che li manda nei
mondi?”
“Proprio lui!”
“Quel brutto schifoso! È per colpa sua allora se
adesso sono qui e non a casa!”
“Riku e io ci chiedevamo se tu … che sei
così abile col Keyblade … vorresti venire con
noi.”
“Con voi? A combattere?”
“Si. Per noi saresti un validissimo aiuto. Ma non sentirti
obbligato.”
Kazi ci pensò per un po’.
“L’idea mi piace. Ho sempre desiderato viaggiare.
Ma … quanto durerà?”
“Se le cose andranno come dovranno andare, non più
di qualche settimana. Abbiamo girato moltissimi mondi
nell’arco di sei anni, ma non siamo mai riusciti a stanarlo.
Re Topolino però sembra essere sulla strada giusta: ormai ci
siamo. Sembra che l’abbia trovato, quindi il nostro viaggio
ormai è al termine.”
Kazi incrociò le braccia e si mise a pensare.
L’istinto di combattente del nonno paterno si fece sentire.
“D’accordo. Verrò con voi.
Così almeno libererò per sempre il mio mondo
dagli Unversed!”
Sora si voltò verso Riku, trionfante. Poi prese in braccio
Kazi. “Non ci metteremo molto. Appena Topolino
tornerà da noi risolveremo i problemi in questo mondo e poi
partiremo. Adesso torniamo dentro. È tardi ed è
ora di cenare.”
“Dove dormo io?” chiese Kazi.
Sora si voltò verso Riku, che lo guardò male.
“Credo che ... dovrai dormire per forza con me. Un letto in
più non l’abbiamo, lo sai.”
Kazi sospirò di sollievo e abbracciò il collo di
Sora. Ancora non voleva dormire da solo. Aveva paura di quel posto
sconosciuto.
Dopo cena, si affacciò alla finestra, guardò la
luna bianca nel limpido cielo notturno, pensò allo splendido Natale che avrebbe potuto passare con la sua famiglia, sentì gli occhi
inumidirsi e pensò:
‘Mamma, dove sei? Mi manchi … quanto mi manchi
…’.
Note mie: ecco
qui. Almeno in questi 4 giorni avrò il tempo di pensare bene
a quello che avverrà dopo sto capitolo, perchè,
dico la verità, la parte "bellica" della storia ancora non
l'ho elaborata. ^^' E nel prossimo capitolo ... botte! >:-D Buon
Natale e felice anno nuovo!
|
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Capitolo 25 *** Sollievo ***
Uff ... in
meno di una settimana sono ho fatto la spola tra il Trentino e la
Puglia ... che fatica! Ma è stato anche un bel viaggietto!
Buon nuovo decennio a tutti! E il nuovo capitolo è qui!
Però, a fini narrativi ho dovuto rimandare le botte al
prossimo capitolo. Ah, e non so se vi eravate accorti che nello scorso
capitolo ho messo una citazione a 358/2 Days: Riku, quando afferma che
il Keyblade di Kazi è fasullo, gli sembra di averlo
già detto a qualcun altro ... cioè a Xion! xD Ho
voluto mettere un omaggio anche a lei, poverina, sempre buttata nel
dimenticatoio! E ho corretto la ripetizione dello scorso capitolo (non
me n'ero proprio accorta! Gli errori stupidini si fanno.) Ed ecco a voi!
Sollievo
Erano passate esattamente due settimane
dall’arrivo di Kazi. Durante tutto quel tempo, il bambino
aveva continuato ad allenarsi coi suoi nuovi amici, migliorando
sensibilmente di giorno in giorno. Tutti quanti erano sempre
più sbalorditi di vedere quel piccolino liberare una tale
forza, una potenza pari alla loro. Kazi era stato un ottimo combattente
anche quando era ancora a casa sua, ma adesso che aveva Sora e Riku
come maestri stava facendo passi da gigante: dopotutto i due ragazzi
erano più esperti di Kairi nell’uso del Keyblade,
e ogni loro conoscenza la trasmettevano al bambino, che le
immagazzinava e le faceva sue, sfruttandole nei combattimenti
successivi.
Il principe, che era abituato a combattere, si allenava tutta la
mattina e buona parte del pomeriggio con gli amici senza stancarsi mai.
Solo quando arrivavano le sei di sera finalmente si fermavano. A quel
punto, cercava di rafforzare il legame con quei guerrieri. Il primo
giorno aveva provato con Riku.
“Riku, andiamo a giocare fuori?”
“A giocare?! Non penso proprio, sono stanco morto, adesso ho
bisogno di dormire. E poi, è pericoloso allontanarsi, sai?
Gli Unversed sono dappertutto!”
“Ma non voglio mica allontanarmi. Voglio solo stare qui
davanti …”
Sora, seguendo la discussione, aveva capito che a Riku non andava di
badare a un bambino, con tutti i problemi che c’erano
già. Però capiva anche che non era giusto privare
Kazi del gioco e del divertimento per colpa della guerra. In fondo,
Kazi era stato strappato dalla sua casa; almeno bisognava farlo sentire
a suo agio.
“Kazi, Riku è stanco. Se mi vuoi, posso venire io
a giocare con te.”
A Kazi brillarono gli occhi. “Oh, si! Allora vieni?”
Una volta fuori, il ragazzo chiese: “A cosa vuoi
giocare?”
“Facciamo che io fuggo e tu mi devi prendere? A casa con Mog
giocavo sempre così.”
“Chi è Mog?”
“è solo un Moguri, ma è il mio migliore
amico.”
“Va bene. Allora parti.”
Kazi cominciò a correre, e Sora decise di dargli un
po’ di vantaggio; poi gli corse dietro, fingendo di
raggiungerlo.
“Tanto non mi prendi!” gridò il bambino
in tono canzonatorio.
“Ah no, eh?” Sora gli era talmente vicino che
avrebbe potuto prenderlo con il minimo sforzo, ma vedendo Kazi
così contento, decise di far finta di perderlo per far
durare di più il gioco: rallentò quindi un
po’ l’andatura.
“Hai visto, Sora? Sono troppo svelto, non mi prenderai
mai!”
Sora finse ancora per alcuni minuti, poi raggiunto il culmine della
corsa, con uno scatto gli saltò addosso e lo strinse tra le
braccia.
“Ti ho preso, alla fine!” e cominciò a
fargli il solletico dappertutto.
“No! Non vale! Non vale!” Kazi cominciò
a ridere e sembrava che non ce la facesse più a smettere.
Dopo un po’, finalmente il bambino si calmò.
“Sora … ho sonno.”
“Allora vai alla Gummi Ship, e sdraiati un po’ nel
letto.”
“Sono stanco … mi porti tu?”
Come dirgli di no? Sora lo prese in braccio, stringendoselo al petto.
Kazi non aspettò nemmeno di arrivare alla Gummi Ship.
Appoggiò subito la testa contro la spalla del ragazzo e si
addormentò lì. Sora si sentì il cuore
di nuovo caldo, dopo tutti quegli anni che se lo era sentito ghiacciato
come la neve dei monti. Si sentiva così strano …
lui non si era mai occupato di qualcuno, men che meno di un bambino,
eppure prendersi cura di lui, giocarci insieme, gli veniva
così naturale, quasi istintivo … Stava
incominciando ad affezionarsi veramente a quel bambino così
simile a lui sia nell’aspetto che nel carattere, anche se non
riusciva a capire perché.
Portò Kazi in camera sua e lo mise nel letto. ‘Non
prenderti tutte le coperte, che fra poco devo dormirci
anch’io.’
Ogni notte, Kazi aveva dormito tra le braccia di Sora. Le prime volte
era stato un po’ scomodo, visto che Sora non era abituato a
dormire con un’ altra persona. Ma dopo pochi giorni si era
adattato a meraviglia, e tutte le sere, per far addormentare il
bambino, lo stringeva a sé, tenendolo abbracciato, e gli
accarezzava i capelli e il viso. Sora adorava toccargli i capelli,
perché gli ricordavano quelli di Kairi, così
morbidi e soffici.
Anche Kazi amava dormire con Sora: gli era eternamente riconoscente per
averlo salvato mentre stava per morire, e sapeva che se era ancora vivo
ed era guarito dalla febbre era solo per merito suo. Era sempre
più affezionato a quel ragazzo, anche perché era
quello che giocava più volentieri con lui, stava
più tempo insieme a lui, e aveva dimostrato di volergli bene
più degli altri. Per questo Kazi ricambiava sempre le
premure di Sora: la sera, appena il guerriero gli si sdraiava accanto,
Kazi si rannicchiava abbracciato contro di lui, appoggiava la testolina
sul suo petto e si addormentava così. Al mattino, si
svegliava nella stessa posizione. In questo modo, Kazi non aveva mai la
sensazione di essere lontano dalla mamma, visto che, non sapeva per
quale motivo, Sora gli dava lo stesso calore che gli dava Kairi.
Ma ancora, non riusciva a capire come mai Sora non fosse restio a
curarsi di lui: i due uomini che avevano avuto più a che
fare con lui, se potevano evitavano di averci a che fare; Sora invece
non fuggiva da lui, anzi. Kazi questo non riusciva a spiegarselo.
Restava comunque il fatto che i due stavano insieme molto volentieri.
Un pomeriggio che erano soli nella Gummi Ship, si erano seduti tutti e
due sul divano, e avevano cominciato a chiacchierare del più
e del meno.
“Allora, Kazi, mi racconti qualcosa di quando vivevi al
Radiant Garden? Sai, io ci sono stato anni fa, e chissà,
magari conosci qualcuno che conosco anch’io.”
Kazi non osò dirgli che era il principe, né che
sua madre si chiamava Kairi ed era la principessa. Ancora non si fidava
del tutto, e la sua situazione politica era meglio non rivelarla.
“Beh … ho un Moguri come amico, te l’ho
detto?”
“Si. Com’è questo Moguri? Mi ricordo un
po’ di lui, comunque: mi elaborava sempre gli oggetti quando
lo andavo a trovare.”
“e un gran rompiscatole. Ma è per questo che
è così simpatico!”
“E chi altro conosci?”
“Quell’antipatico musone di Squall Leonhart! Quello
dovrebbe sposarsi, così almeno si addolcirebbe! Pensa, non
vuole nemmeno che lo chiamiamo così. Vuole che lo chiamiamo
Leon.”
“Leon, mi ricordo di lui … mi ha aiutato molto
…”
“E Cloud Strife, e Cid Highwind, e Merlino, e
…” si interruppe. “Sora … la
mia casa mi manca … molto.” Cercò di
non piangere.
Sora gli accarezzò la testa. “Scommetto che i tuoi
genitori saranno molto preoccupati per te …”
“No … Solo mia madre. Io … non ce
l’ho un papà.”
“Davvero? Mi dispiace molto … anche io non
l’ho mai avuto …”
“Tu da dove vieni, Sora?”
“Da un mondo chiamato Isole del Destino.”
“Non ne ho mai sentito parlare …
com’è?”
“è un autentico paradiso … isole
tropicali … il mare trasparente … cielo terso
… sabbia bianca … meraviglioso
…”
“Davvero? Dovrò chiedere a Cloud di portarmi
lì una volta. Ma Sora … io a casa ho la mia mamma
che mi aspetta. Tu chi hai che ti aspetta a casa?”
Sora fissò fuori dal finestrino con aria sognante.
“La mia ragazza. Le ho promesso che sarei tornata da lei,
quando questa guerra sarebbe finita.”
Kazi lo guardò incredulo. “Hai una
fidanzata?”
“Ho una fidanzata.”
Smisero di parlare e rimasero in silenzio a fissare la parete opposta.
Dopo poco, Kazi sentì un leggero frullare d’ali.
Riconobbe quel battito, era il rumore che fanno i Moguri quando volano.
Corse fuori, e vide effettivamente un piccolo Moguri che svolazzava
quasi rasoterra. Kazi, senza perdere tempo, gli saltò
addosso.
“Aaaah, ti prego, non farmi del male,
kupò!”
“No, stai tranquillo, non ti faccio niente. Sei il Moguri di
questo mondo?”
“Ehm … si, kupò.”
“Come ti chiami?”
“Mi chiamo Kupò, kupò.”
Sora si avvicinò ai due, incuriosito. Kazi
continuò a parlare col Moguri.
“Ascolta, Kupò, devi farmi un favore: voi Moguri
state sempre in contatto fra voi e vi mandate messaggi, no? Per caso tu
conosci Mog, del Radiant Garden?”
“Si, lo conosco, kupò …”
“Allora, mandagli questo messaggio, per favore: digli di
avvisare mia madre che sto bene e che presto tornerò a casa.
Adesso sono al sicuro con un gruppo di ragazzi. E dì che ti
manda Kazi.”
“Va bene. Vedrò cosa posso fare,
kupò.”
“Grazie, Moguri. Ciao ciao!”
Sora si rivolse a Kazi: “Bell’idea, la tua. Se ci
fossero Moguri anche sulle Isole da dove vengo, chiederei a
Kupò di mandare un messaggio anche lì
…”
Al Radiant Garden, intanto, la situazione era disperata: Kairi e gli
altri erano riusciti a fermare l’invasione con successo, ma
ad un prezzo altissimo: la scomparsa del principe. Kairi per giorni non
aveva fatto altro che cercarlo dappertutto, insieme all’aiuto
dei suoi amici, ma tutto era stato inutile.
Mog, dopo l’ennesima ricerca, tornò sfinito a casa
di Merlino. C’erano tutti lì, tranne Kairi. Ognuno
di loro aveva fatto del suo meglio per ritrovare il bambino, ma non si
era scoperto nulla, e tutti ne erano rimasti segnati. Perfino Cloud era
piuttosto scosso.
“Allora, l’hai trovato?” chiese Aerith a
Mog.
“No, non sono riuscito a trovarlo da nessuna parte, e sono
due settimane che lo cerco, kupò …”
mormorò l’animaletto con gli occhietti neri umidi.
“Non sei l’unico: tutti noi lo abbiamo cercato, ma
non è servito a niente …” aggiunse
Yuffie a testa bassa.
Leon intervenne. “Ormai bisogna accettare le cose come
stanno: Kazi è morto.”
Gli occhi di Mog lampeggiarono di rabbia. “No! Non provare
neanche a dirlo, kupò! Kazi non è morto! Non
è morto …”
Piangendo volò fuori dalla finestra e si rifugiò
in cima a un muraglione, a osservare la gente. Quello che gli faceva
più rabbia, era che tutti i sudditi erano preoccupati per
l’avvenire, e facevano discorsi del tipo:
“e ora senza principe, come faremo? Come ce la
caveremo?”
Tutti si preoccupavano solo per il loro avvenire. Tutti pensavano che
il principe era sparito, non che Kazi era sparito. In altre parole, si
preoccupavano di come avrebbero fatto loro d’ora in poi; non
pensavano che un bambino piccolo era scomparso, che se era vivo
probabilmente era terrorizzato e spaventato in un mondo a lui
sconosciuto, senza la mamma, senza gli amici … Tutti
pensavano solo al principe; nessuno pensava a Kazi.
Mog avrebbe dato qualunque cosa pur di vederselo comparire davanti,
magari che lo sbattesse di nuovo per terra come faceva sempre.
Cominciò a piangere, sempre più depresso.
“Dove sei, fratellino? Torna da noi, per favore
…”
Proprio in quel momento il suo pompon captò un segnale.
“Chi … mi chiama, kupò?”
chiese tra i singhiozzi.
“Mog, sono Kupò.”
“Ah, sei tu … mi dispiace, ma ora non è
il momento …”
“Ascoltami, è urgente, kupò! Ti mando
un messaggio da parte di un certo Kazi …”
“Kazi?! Hai detto Kazi?!”
“Si. Ecco il messaggio, kupò: caro Mog, non dovete
preoccuparvi per me, sono al sicuro in un mondo lontano. Sono stato
salvato da dei ragazzi. Dì alla mamma che sto bene e che
presto tornerò a casa. Fine del messaggio,
kupò.”
A Mog era passata tutta la tristezza, e gli era venuta voglia di
ballare. “Evviva, evviva, Kazi è vivo, Kazi sta
bene! Grazie, Kupò, grazie!”
Si mise a volare per tutto il regno, gridando forte. “Kazi
è vivo, Kazi è vivo!”
Tutti corsero fuori dalle case, felicissimi e sollevati, e Aerith
giunse le mani. “Sia ringraziato il cielo, Zack
…”
Mog volò fino alla finestra della camera della principessa.
Kairi stava distesa sul letto, completamente abbandonata, con gli occhi
vuoti e lo sguardo perso. Aveva gli occhi gonfi, che ormai non
riuscivano neanche più a piangere. Tra le mani stringeva il
mantello rosso che Kazi aveva dimenticato. Non faceva niente, stava
semplicemente a fissare il mantello di suo figlio, completamente
apatica, e ogni tanto se lo strofinava sulla guancia, ma era troppo
distrutta dal dolore per riuscire a fare qualcos’altro. Si
era lasciata andare da qualche giorno, quando ormai, dopo varie
ricerche, non era riuscita a ritrovare il suo piccolo. Aveva smesso di
mangiare e anche di bere, e non dormiva più. Se ne stava
andando anche lei.
‘Perché sei uscito dal castello, perché
hai voluto aiutarmi? … Ti avevo ordinato di restare in casa
… perché non hai voluto darmi retta? Ma
perché sto incolpando te? Tu sei così innocente,
l’hai fatto solo per me, non è stata colpa tua
… è colpa mia, avrei dovuto sorvegliarti di
più, ho pensato più a combattere i nemici che a
difendere te … che razza di madre sono?’ Non
faceva che ripetersi sempre gli stessi ragionamenti e le stesse
affermazioni, senza sperare neanche più, tanto non sarebbe
servito a niente. ‘Il mio povero Kazi …
è sparito per sempre … suo padre non
potrà mai conoscerlo … Kazi
…’.
Sentì qualcuno bussare alla finestra. Anche adesso la
venivano a disturbare?! Perché non la lasciavano sola col
suo dolore? “Vattene via, Mog.” Mormorò
senza voltarsi.
“Kairi, apri, kupò, è per
Kazi!”
Appena sentì quel nome, si alzò immediatamente,
corse ad aprirgli l’anta e rimase a guardare la bestiola col
fiato sospeso.
“Kazi è al sicuro, è in un mondo
lontano. È stato trovato da dei ragazzi, e
tornerà a casa il prima possibile, kupò. Me
l’ha detto il Moguri di quel mondo.”
Kairi sentì di nuovo le lacrime salirle agli occhi, e
ricominciò a piangere, sentendosi rinascere.
Mog la guardò preoccupato. “Ma … io
credevo che volessi bene a Kazi …”
“Gliene voglio …” singhiozzò
Kairi.
“Ma allora si può sapere perché stai
piangendo, kupò? Ti ho appena detto che tuo figlio sta
benissimo.”
“è proprio per questo che sto piangendo
…”
Mog scosse le orecchie. “Bah, uomini … creature
incomprensibili!” e se ne volò via.
Nella Terra di Prydain, Pippo si mise ad agitarsi e a gridare:
“Venite tutti a vedere! Il Re sta arrivando!”
Tutti corsero fuori dalla Gummi Ship. Il loro capo era finalmente
tornato! Tutti rimasero incantati ad osservare la piccola navicella
atterrare lentamente. Kazi in particolare si aspettava che uscisse
chissà cosa da quel mezzo. Si era fatta un idea di come
fosse un re, e si aspettava di vedere un uomo alto, forte e
rispettabile, imponente e maestoso. Ma quando vide la creatura che
uscì, quasi si mise a ridere.
Vide infatti un topo antropomorfo quasi più basso di lui! Si
coprì la bocca con la mano, ridacchiando.
“Kazi, sta’ buono.” Si
raccomandò Riku. “Non farti ingannare dalle
dimensioni, Topolino è un re rispettabilissimo che ci ha
sempre guidati sulla via giusta.”
“Sono tornato, amici miei!” annunciò il
re allegramente. Dopodiché notò Kazi.
“Ehi, e questo chi è? Sora da piccolo? Sora,
è un tuo parente?”
“No, non ha niente a che fare con me. È uno nuovo,
un Keyblade Master come noi, e ci aiuterà nelle ultime
battaglie. Vero, Kazi?” chiese Sora.
Il bambino si strinse a lui e annuì.
“Davvero?! Beh, è fantastico! Bene, Kazi, allora
sei il benvenuto. Non ha importanza chi tu sia, importa
l’aiuto che ci darai. Or dunque: prima di partire alla volta
del Sunset Horizons, dimora di Master Xehanort, bisogna risolvere i
problemi che affliggono questo mondo.”
“Che problemi ci sono, Sora?” chiese Kazi.
“C’è un re, Cornelius, dalle intenzioni
malvagie, che sembra stia cercando un calderone nero allo scopo di
conquistare questo mondo, e noi dobbiamo fermarlo.”
“Esattamente! Non dovete preoccuparvi, ho preparato tutto io!
E quando avremo finito con lui, potremo pensare a Master
Xehanort.” Poi estrasse dalla tasca un foglio arrotolato.
“Ecco qui il piano.”
Note mie:
stavolta ho messo una citazione a FF VII: Aerith che si rivolge a Zack!
Bellina!
Una cosa che non c'entra con la storia: ho così tante
persone che mi seguono, ma che non sanno un accidente su di me! Allora,
io su Youtube sono Laia92. Sul Kingdom Hearts Forum (il migliore
d'Europa), sono sempre Laia92. Se volete il mio contatto è
Laia92@live.it (la fantasia regna sovrana ...). Avrei voluto chiamarmi
Laia92 anche qui, ma il sito non mi prendeva il nome e ho dovuto
ripiegare su Xion92 ... e vabbé!
E avrei anche in mente un altro progetto: io Kazi, anche se
è di pura invenzione mia, lo considero un personaggio di KH
al 100%, ed è anche il mio preferito. Stavo pensando di fare
una fanfic a parte, con i capitoli autoconclusivi, in cui ognuno dei
personaggi della storia esprime i propri pensieri su di lui: Kairi,
Bold, Angel, e tutti i parenti e gli amici ... Magari delle song-fic,
con una canzone appropriata ovviamente. Con Mog, per esempio, avrei in
mente la canzone "Un caro amico come te" (dalle Follie dell'Imperatore,
cercate il testo, è meravigliosa ...), oppure "Brothers
under the sun" (Dal film Spirit. Meravigliosa anche questa,
traducetela!). Che dite, è un progetto troppo megalomane? Se
volete darmi qualche consiglio, dite pure!
|
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Capitolo 26 *** Il potere di Kazi ***
Che squillino
le trombe, sono tornata dopo più di un mese di assenza!!!
Ok, smetto di fare la scema. Il fatto è che mia sorella,
tornata dall'università, ha usato la scusa che doveva
studiare, mi ha fregato il pc per 2 settimane intere! Poi si
è levata dalle scatole, ma intanto a me era passata
l'ispirazione. Mi è ritornata solo negli ultimi giorni. E
pubblico il capitolo nuovo! Dai che non manca molto! E rispondo ad
alcuni commenti che avevo lasciato indietro.
masterof
dark: in effetti forse chiedere a uno di 5 anni di combattere
forse è troppo. Ma mettiamola così: guarda Dragon
Ball: se Gohan a 5 anni combatte contro Vegeta e va su Nameck a
combattere contro Freezer, perchè Kazi non potrebbe
combattere contro Xehanort?^^ E ... si, loro mangiano, ma non
è che mi soffermo troppo su questa cosa (anche
perchè nei videogiochi nessuno mangia, dorme, va in bagno, e
tutti corrono e combattono sempre ... troppe canne, secondo me! E sul
termine Keyblade Master: adesso noi, grazie a BbS sappiamo che ci sono
i semplici dentetori del Keyblade (Sora, Riku, Terra, ecc.), e Keyblade
Master (Eraqus, ecc.). Ma io questa fanfic l'ho inventata l'estate
scorsa, quando ancora di Master Eraqus non si sospettava neppure
l'esistenza, di Master Xehanort non si sapeva praticamente nulla e di
Vanitas non si conosceva nemmeno la faccia (che a dirla tutta non
è un bel vedere ...). Quindi in questa storia, "Keyblade
Master" è un termine indistinto, è semplicemente
una persona capace di usare il Keyblade, non uno che insegna a
usarlo.^^ Ah, per Angel: metterò più avanti anche
lei!
Ottoperotto:
lo giuro, quando mi hai fatto notare l'incongruenza, avevo voglia di
prendermi a schiaffoni! Ma dato che ho un minimo di autostima, non l'ho
fatto! xD Come giustamente dice Mog, dettagli. Non facciamoci troppo
caso (anche perchè un modo per correggere la storia non l'ho
trovata). Grazie x il consiglio sulla tecnica di combattimento di Kazi.
L'ho messa come hai detto tu. La metterò anche nei prossimi
capitoli.
Il potere di Kazi
“Insomma,
Vanitas, ti vuoi sbrigare?!”
“Scusa, mio signore, ma creare Unversed è molto
stancante … è tutta la mattina che ne creo di
nuovi …”
“Niente scuse! Quei maledetti Keyblade Master potrebbero
arrivare da un momento all’altro, dobbiamo farci trovare
pronti! Avanti, concentra tutti i sentimenti negativi che
hai!”
Master Xehanort camminava con la sua solita postura curva, le mani
incrociate dietro la schiena, guardando impaziente il suo apprendista;
nonostante fossero passati più di vent’anni, era
ancora il fortissimo guerriero di un tempo. Il suo apprendista,
Vanitas, era sempre lo stesso: sempre con quel vestito nero, e con
quella maschera che gli copriva il viso.
“Allora, hai finito?!”
“Un momento, maestro.”
Dopo pochi istanti, un gruppo di Unversed si materializzò
davanti a loro.
“Oh bravo, Vanitas.” Commentò il maestro
compiaciuto “Ben 15 in una volta! Ora dagli istruzioni.
È un peccato che obbediscano solo a te
…”
Vanitas annuì, poi comandò: “Unversed,
tutti qui davanti a me, avanti!”
Quei mostri sanguinari, alle parole del ragazzo si acquietarono subito,
e docili si schierarono obbedienti di fronte a lui.
“Ascoltatemi: dovete andare agli angoli di questo mondo, e
stare sempre, costantemente di guardia. Se vedete qualcuno avvicinarsi,
uccidetelo subito, ma se sono dei Keyblade Master, venite invece ad
avvisarci. Nel caso, specificatemi se insieme a loro
c’è un bambino col cuore forte e puro,
perché è importante. Guai a voi se lo toccate!
Non dovete fargli del male, ci serve vivo! Avete capito?!”
“Abbiamo capito, capo.” Risposero quelli, in una
lingua che solo gli Unversed conoscevano.
Vanitas ghignò. “Bene. Allora andate
pure.”
Tutti gli Unversed partirono insieme, seguendo gli ordini del loro
padrone.
“Questi Keyblade Master!” commentò il
maestro. “Erano tutti convinti che gli Unversed li creassi
io. Non hanno mai capito che in realtà eri tu a crearli.
Beh, meglio così, lasciamoglielo credere. Almeno in questo
modo nemmeno gli verrà in mente di eliminare te per
eliminare anche gli Unversed.”
“Maestro, come hai scoperto l’esistenza di quel
bambino?”
“Pensi che non abbia fiuto per queste cose? Proprio io che
voglio creare Kingdom Hearts, devo essere il primo a individuare cuori
adatti per i mondi. Abbiamo fatto bene a mandare tutti quegli Unversed
al Radiant Garden per farcelo portare, ma quegli stupidi mostri se lo
sono fatto scappare! Comunque so già che verrà
lui con altri Keyblade Master a cercarci. Hanno capito ormai dove
siamo.”
“Speriamo che quei Keyblade Master non siano forti come quel
Kazi …”
“Ma cosa ti salta in mente, Vanitas?! Nessun Keyblade Master
sarà mai forte come quell’uomo. Comunque, lui
ormai è morto da molto tempo, non dobbiamo più
preoccuparci di niente. Chi mai potrebbe raggiungere una potenza pari
alla sua?!”
“Allora, avete capito tutto?” chiese Topolino.
Tutti i guerrieri annuirono. Solo Kazi non sembrava così
certo. Quella missione gli sembrava molto difficile, e non era sicuro
di riuscire a portarla a termine con gli altri.
“Allora partiremo domani. Godetevi il pomeriggio,
perché da domattina si riparte.”
Paperino e Pippo invitarono il re ad andarsi a riposare, poi decisero
di allenarsi un po’. Riku decise di fargli compagnia, Kazi
invece quell’ultimo pomeriggio voleva passarlo senza dover
toccare arma. Era piccolo: per lui il combattimento non era tutto; era
un bambino che aveva bisogno di amore, non di lotte.
“Se permettete, vorrei avere il pomeriggio libero.”
Osò chiedere agli adulti.
Sora lo capì, e per non lasciarlo da solo, decise di
riposarsi insieme a lui.
Dopo aver giocato insieme per tutto il pomeriggio, i due si sedettero
all’ombra di un albero ad osservare il tramonto. Era tanto
che Sora non lo faceva: fino all’irruzione di Kazi nelle loro
vite, era abituato da tanti anni ad andare semplicemente a dormire alla
fine di ogni giornata, senza osservare minimamente la bellezza della
natura, del tramonto e dell’alba: era abituato a vedere solo
il lato bellico della vita, e questo stava uccidendo la sua persona,
perché gli uomini non possono vivere solo di guerra, ma
questo Sora se lo era scordato. Kazi gli aveva fatto riscoprire tutto:
osservarlo giocare con semplicità nel prato, vederlo
avvicinarsi di soppiatto a un Moguri per poi saltargli addosso senza
cattiveria, vedere il mondo non attraverso i suoi occhi di uomo, ma
attraverso gli occhi di un bambino, gli aveva cambiato
l’anima in poche settimane. Questo aveva cambiato
profondamente anche Riku, Paperino e Pippo, che finalmente si erano
addolciti e sapevano pensare ad altro che non fosse la loro missione.
Ma Kazi aveva per Sora un trattamento che non aveva con gli altri: gli
stava sempre dietro come un cagnolino, se aveva qualche problema
chiamava lui, se era triste e voleva compagnia chiamava lui, e chiamava
lui anche quando voleva giocare. Sora ormai non era più
l’uomo triste e nostalgico di poco tempo prima, ma quel
bambino l’aveva fatto rinascere, e aveva scoperto un lato di
sé che prima non si era mai accorto di avere: non aveva mai
pensato di aver potuto prendersi cura di qualcuno in modo
così eccelso, di aver potuto curare e guarire Kazi da solo,
e di dargli tutto quello che gli serviva per farlo stare bene; aveva
scoperto con piacere che occuparsi di un bimbo può essere un
esperienza, e nel suo caso una meravigliosa esperienza. A questo
pensava quel pomeriggio, mentre osservava il sole calare, con Kazi
seduto al suo fianco, sotto un albero solitario nel prato. Kazi, dopo
alcuni minuti di silenzio, parlò:
“Sora, posso venirti in braccio?”
“Certo.” Rispose Sora senza pensarci nemmeno.
Kazi si arrampicò sulle sue ginocchia e gli si
accoccolò in grembo. Si strinse forte a lui, premendo la
testa sul petto del ragazzo, come faceva con la madre.
“Sora … mi manca la mia casa
…”
Il ragazzo per consolarlo gli accarezzò i capelli.
“Anche a me manca la mia. Tutti qui speriamo prima o poi di
riuscire a tornare dalle nostre famiglie.”
“Ma a me piace stare con voi. Davvero.”
“Anche a noi piace stare con te. Sei un bambino
così bravo …”
Kazi sorrise. “Sora, tu un papà ce
l’hai?”
“Io? No, non l’ho mai avuto. È morto
prima che nascessi.”
“Oh … mi dispiace. Quindi non sai dirmi
com’è avere un papà
…”
“No, non te lo so dire. Scusa.”
“Io non ho un padre, lo sai. Ma mi piacerebbe tanto averne
uno …”
Rimasero in silenzio tutti e due, continuando a osservare il sole che
continuava a calare.
“Sai una cosa?” riprese Kazi arrossendo un
po’.
“Cosa?”
“Mi piacerebbe tanto che fossi tu mio padre.”
Sora quasi non riuscì a rispondere. “…
io?”
“Si. Io ti voglio bene. Vorrei tanto essere tuo figlio
… Tu mi vuoi bene?”
“Certo che ti voglio bene!” Gliene voleva anche
troppo: era per merito suo se aveva riscoperto il bello della vita.
“E allora, quando la guerra sarà finita,
perché non vieni a vivere al Radiant Garden? Così
staremo sempre insieme.” chiese Kazi con il sottile egoismo
tipico dei bambini.
“Non posso, sai, mi piacerebbe molto vivere con te, ma la mia
casa è un’altra. La mia compagna mi sta
aspettando, e voglio tornare da lei.”
“Ah, capisco … Ma allora non potremo mai
più rivederci?”
“Ma io ti verrei a trovare.” Assicurò
Sora non troppo convinto, sapendo che le Isole dove abitava erano
parecchio distanti dal mondo di Kazi.
“Sai una cosa, Kazi? La notte che ti ho salvato, sai come mi
hai chiamato?”
Il bambino si incuriosì. “Come ti ho
chiamato?”
“Mi hai chiamato nonno!” rispose Sora ridendo.
“Io? Non me lo ricordo …”
“Te lo giuro! Eri svenuto, e quando ti ho preso in braccio mi
hai guardato e mi hai chiamato nonno.”
“Ti sbagli. Io non l’ho detto.”
“Si invece. Hai un nonno a casa?”
“No, i miei nonni sono tutti morti …
Però uno di loro ti assomigliava molto
…”
“Allora è per questo. Mi hai scambiato per lui.
Dilemma risolto. Ora andiamo a mangiare, che è
buio.”
Dopo cena, quando entrambi erano nel letto, Sora guardò
Kazi, che già dormiva, come sempre abbracciato stretto a
lui, e pensò:
‘Certo che ti voglio bene. Mi hai ridato la vita, potrei non
volertene?’
Il mattino dopo, alle sei, Sora scosse piano il corpo di Kazi.
“Kazi, svegliati, devo farti vedere una cosa.”
“Cosa?”
“Guarda: ti ho fatto potenziare l’armatura da
Kupò. In cambio gli ho dovuto dare un sacco di Munny, ma il
risultato è valso il prezzo!”
Kazi osservò l’armatura che sua madre gli aveva
regalato per Natale: ora il metallo che la copriva era ancora
più resistente, e copriva più punti del vestito.
“Sora, l’hai fatto per me? Grazie, grazie!
Così mi proteggerà meglio!”
“Già. Il Moguri sembrava piuttosto spaventato
quando l’ho chiamato. Forse hai esagerato con lui
l’altro giorno. Non è abituato agli assalti come
il tuo Mog.”
Dopo colazione, Topolino illustrò ai guerrieri il percorso
che dovevano battere per arrivare al castello.
“Dobbiamo attraversare tutta la Foresta Proibita, passare le
montagne e saremo arrivati. Ora partiamo!”
Attraversare la Foresta per Kazi fu un incubo. Non si era affatto
scordato di aver rischiato la morte in quel postaccio, e per tutto il
percorso si tenne incollato a qualcuno del gruppo.
Tutti gli altri invece, che erano abituati a situazioni e posti simili,
quasi non facevano caso alle ombre minacciose dei giganteschi alberi, e
chiacchieravano tra loro tranquillamente.
Paperino, osservando Kazi con molta attenzione, non era affatto
convinto della sua somiglianza con Sora: per chiarire i suoi dubbi,
provò a parlarne con Riku, ma quello lo zittì
subito.
“Cosa c’entra? Un sacco di persone sono simili
senza una ragione precisa. Non ti ricordi Sion, per esempio?”
“Chi?”
“Quel buttafuori che abbiamo incontrato tre anni fa, Sion
Barzahd. Era praticamente uguale a Sora, eppure non aveva nulla a che
fare con lui.”
“Si, ora mi ricordo. Avrei dovuto pensarci prima.”
Però aveva anche notato che Riku era molto restio a
parlarne, e non riusciva a spiegarsi il perché: appena aveva
accennato alla somiglianza di Kazi con Sora, subito lui si era
spazientito, ma perché?
“Bene, siamo arrivati!” gridò Topolino.
“Se ci sporgiamo un po’ da quella roccia riusciamo
a vedere il castello.”
Paperino, con prudenza, si affacciò oltre lo scoglio.
“Quaaack! È proprio laggiù, a pochi
chilometri! È spaventoso!”
Kazi osservò quel castello a struttura gotica, buio,
più oscuro della Fortezza Oscura, e si sentì
rabbrividire. “Dobbiamo … entrare lì?
…”
Era una domanda retorica, sapeva benissimo che non aveva alternative.
Topolino spiegò a tutti “non possiamo farci
vedere! Dobbiamo entrare dai lati! Le mura sono vecchie e ci sono
parecchi varchi. Però sono piuttosto piccoli, forse Sora e
Riku non riusciranno a passarci …”
Kazi chiese al Re: “Ma perché dobbiamo per forza
entrare?”
“Il re Cornelius vuole creare un esercito di morti sfruttando
il potere di quel calderone, e vuole usarlo per conquistare il mondo.
Non possiamo permetterglielo, dobbiamo fermarlo.”
Kazi abbassò la testa. “Si …
cercherò di aiutarvi come posso.”
Dopo un altro paio di chilometri, arrivarono intorno alle mura. Riku
tastò i mattoni.
“Sono molto irregolari, dovrebbe essere facile arrampicarsi.
Forza, cominciate a salire!”
Topolino si arrampicò per primo, seguito da Paperino e Pippo.
Sora guardò Kazi, i suoi muscoli non ancora
sviluppati completamente, le sue manine piccole e delicate, e
capì che non poteva farlo andare su da solo. “Ti
porto io. Salimi sulla schiena. Riku, tu Sali dopo di me, e se Kazi
dovesse cadere prendilo al volo.”
Riku inspiegabilmente fece un sorrisetto soddisfatto. “Si,
Sora, come vuoi.”
Kazi si aggrappò forte alle spalle del guerriero,
stringendogli i fianchi con le gambe per non cadere. Nonostante sapesse
che quegli amici lo avrebbero aiutato in qualunque situazione, stava
perdendo pian piano la sua baldanza, non era più
così ottimista come poche ore prima. Cercò di non
guardare in basso e premette il viso sulla schiena di Sora per sentirsi
più al sicuro.
Dopo una trentina di metri di faticosa salita, Topolino
gridò: “Ecco qui! Questi mattoni si possono
spostare!” Estraé il Keyblade dorato, e con un
colpo al muro rimosse alcuni mattoni. “Io ci passo! Paperino,
prova a infilarti anche tu!” Il papero ci provò,
ma il suo sederone non passava dal buco. “Non ci passo,
maestà … Pippo, neanche a parlarne
…”
Riku e Sora nemmeno provarono a forzarsi attraverso
l’apertura: se avessero avuto ancora 14 anni, forse sarebbero
riusciti a passare attraverso un buco così, ma adesso, a 23
e 22 anni rispettivamente, non avevano speranze. Sora si rivolse a
Kazi: “Noi non possiamo passare da qui, ma tu
…”
Kazi lo guardò interrogativo.
“Passa da quel buco e vai in avanscoperta insieme a
Topolino.”
Kazi impallidì. “Eeeh?! No, Sora, non voglio
andare da solo, voglio restare con voi!”
“Kazi, non c’è altro modo. Tu dovrai
solo scoprire dov’è quel calderone nero, intanto
noi cercheremo un’altra entrata.”
“Io voglio restare con voi …”
“Non sarai mica un fifone? Su, vai. Ci sarà
Topolino con te, ti dirà lui quello che devi fare.”
Kazi annuì, vinto. “Va bene,
andrò.”
Con cautela, Sora con una mano se lo tolse dalla schiena, sostenendosi
al muro solo con l’altra, e lo passò a Pippo.
Pippo lo passò a Paperino, che gli fece infilare la testa
nel buco. “Si, ci passo! E anche bene!”
Topolino, che era già dentro, gli raccomandò di
tacere. “Shh, parla piano, non devono scoprirci!”
Kazi gettò un’occhiata intorno: si trovava in un
corridoio stretto, scarsamente illuminato da delle torce appese alle
pareti; i muri erano molto rudimentali, mattoni grigi e irregolari, e
senza nemmeno una passata di intonaco. In giro non c’era
un’anima, solo un silenzio di tomba. Il bambino aveva una
gran voglia di passare di nuovo da quell’apertura e riuscire
fuori, ma ormai non poteva tirarsi indietro. ‘Io sono un
principe, sono il figlio di Kairi, sono il nipote di Ansem, e i
principi non hanno paura, nemmeno in un posto spaventoso come
questo!’.
“Avanti, muoviti!” gli bisbigliò
Topolino, spazientito.
“Si, ora … vado.” Cominciò a
camminare lentamente, lungo quel corridoio che sembrava non finire mai.
Camminarono per alcuni minuti, a passi molto lenti, per non fare rumore.
“Attento, arriva qualcuno!” sussurrò il
Re dopo un po’. Per fortuna c’erano dei barili
lì vicino, e loro due erano abbastanza piccoli da
nascondercisi dietro. Dal nascondiglio, sentirono due uomini passare,
che parlavano fra loro.
“Finalmente Cornelius ce l’ha fatta a trovare la
Pentola Magica! L’ha messa nella sala principale! Certo gli
sarà costata una bella faticaccia!”
Quando se ne furono andati, Topolino disse: “Allora
è lì quel calderone … ma io non ho la
minima idea di dove sia questa sala principale … dobbiamo
continuare a cercare!”
“Si, signore …”
Continuarono a camminare, ma mentre Topolino era sempre più
sicuro, Kazi era sempre più giù di morale.
Inoltre stava cominciando a sentirsi male: gli sembrava di vedere le
pareti sfuocate, sentiva l’aria intorno tremare, e a un certo
punto cadde in ginocchio.
“Kazi, che cos’hai?” gli chiese Topolino,
allarmato.
“Sto male … non mi reggo in piedi
…”
Il Re scrollò la testa. “Su, avanti, cosa sono
questi capricci? Non è il momento! Tirati su!”
“Non respiro … i muri si chiudono su di me
… non ce la faccio … povero me
…”
Topolino allora gli sollevò i capelli dalla fronte, e vide
che era sudato, con gli occhi velati, e ansimava spaventato, con la
bocca semiaperta e la lingua fuori. Allora gli venne un sospetto.
“Sei claustrofobico?”
“No … non credo …”
“Non ti era mai successo prima … se ti senti male
quando sei al chiuso, vuol dire che lo sei.”
Kazi cadde sdraiato sul pavimento freddo, tremando dal malore.
“mi è già successo una volta
…”
“Alzati, Kazi! Se ti addormenti è
finita!”
“Non ci riesco …”
“Invece tu ci riesci! Alzati, alzati!” Lo
tirò per la collana da dietro, in modo da stringergli il
collo per costringerlo ad alzarsi. “Non è il
momento di sentirsi male! Fra poco usciamo, ma adesso devi tenere duro!
Su, appoggiati a me!”
Così, in questo modo, andarono avanti un altro
po’. “Dai che ce la facciamo! Lo sapevo, non
dovevamo portarti con noi!”
A quel punto le sensibilissime orecchie del Re captarono un suono.
“Queste sono voci! Sono lontane, ma le sento! Andiamo a
vedere!”
“Si, ora sto un po’ meglio, ce la faccio a
camminare da solo.”
“Bene, allora muoviamoci!”
Dopo alcuni minuti di camminata, il Re vide un’apertura a
livello del pavimento. “Il rumore viene da lì. No,
io non riesco a passarci, ho la testa troppo grossa …
Provaci tu.”
Kazi riuscì a far passare la testa. “Bravo
bambino: dove passa la testa passa tutto il corpo. Ora infilati,
osserva cosa succede laggiù e poi vieni a riferirmelo. Dopo
andremo a vedere se gli altri possono entrare da un’altra
parte.”
Il principe si infilò dentro. Era proprio sotto il soffitto.
Si sistemò sopra una grossa trave e osservò di
sotto. Al muro stavano appese tre persone, un ragazzo, una ragazza e un
vecchio. Sotto, sul pavimento, c’era il grosso calderone
nero, con accanto un mostriciattolo verde guercio che sfotteva le tre
persone.
“Allora, volete far funzionare la pentola? Allora entrate
dentro, non vi costerà altro che la vita!”
Ma venne interrotto dall’entrata della creatura
più spaventosa e disgustosa che Kazi avesse mai visto: uno
scheletro umano verde avvolto in un vestito nero. ‘Ma quello
lì è cornuto!’ pensò Kazi
quando vide che quello scheletro aveva due corna ramificate sulla
testa. ‘E quel mostro sarebbe un re?! Mio nonno era un re,
altro che questo!’ Pensò, cercando di tenere ben
alto il valore della sua famiglia. ‘Ora so
dov’è questa Pentola Magica. Torno da
Topolino.’ Ma mentre cercava di tornare indietro, venne colto
da un altro malore improvviso e cadde sulla trave con un tonfo che lo
tradì. Al re Cornelius lampeggiarono gli occhi di rosso.
“Chi c’è lassù?!”
tuonò.
Il mostriciattolo guardò in alto. “Sembra un
bambino, Sire.”
“Allora vallo a prendere subito, Rospus, e portamelo
qui!”
Non si sa come, Rospus riuscì ad arrivare in cima alla
trave; afferrò il principe semisvenuto per la collottola e
lo portò giù. “Guardate Sire, questo
moccioso ci stava spiando!”
“E come ci è arrivato qui un bambino, sai
spiegarmelo?!” Cornelius afferrò Rospus per il
collo.
“Non … non so dirvelo Sire, ma di sicuro ce lo
dirà lui …” tossicchiò il
mostriciattolo, mezzo strozzato. Cornelius lo mollò.
“Lo interrogheremo dopo. Adesso devo far risorgere il mio
esercito. Mettilo lassù a tenere compagnia agli
altri!”
Intanto Topolino stava perdendo la pazienza. “Ma
perché quel bambino ci mette tanto? Che fa?!”
Kazi, con le mani appese a una corda di fianco alle altre tre persone,
osservò impotente al macabro spettacolo di risurrezione dei
morti. Vide un’enorme schiera di scheletri alzarsi e
cominciare a muoversi per uscire dal castello; nemmeno nei suoi incubi
peggiori aveva mai visto una cosa simile.
“Venite, Sire, andiamo a osservarli dalla torre!”
gridò Rospus eccitato. Quando i due se ne furono andati, uno
dei ragazzi si voltò verso il principe.
“Come ti chiami?”
“Kazi.”
“Io sono Taron. Lei è Heilin e lui Sospirello.
Come sei finito qui?”
“è lungo da spiegare. Ora come facciamo a
liberarci?”
Taron sospirò e non rispose.
“Padrone! Padrone!” tutti si voltarono verso la
voce che aveva urlato. Kazi rise quando vide un animaletto grigio
simile a un cagnolino, affacciato a un’altra apertura nel
muro.
“Gurghi! Ci hai trovati! Vieni a slegarci, presto!”
Quando tutti furono liberi, Kazi disse: “Io vado a chiamare i
miei amici, poi torno e vediamo di risolvere la cosa.”
“Si, intanto noi cercheremo un modo di fermare quella
pentola.”
Kazi si infilò nel buco nel muro per tornare dal Re.
“Topolino! Sono tornato!”
“Ma dove diaggine sei stato?!” gridò il
topo arrabbiato.
“La Pentola Magica è entrata in funzione, il re
… insomma, quello che è, è riuscito a
far tornare in vita il suo esercito. Dei ragazzi stanno cercando di
fermare la pentola.”
“Dici davvero?! Dobbiamo andare ad avvisare gli altri,
presto!”
“Aspetta, vai tu da solo, io cercherò di fermarli
in qualche modo per guadagnare un po’ di tempo.”
“Che cosa? Ah, no, Kazi, non se ne parla!”
“Lo sai anche tu che non c’è altro
modo!”
“Ma Kazi, tu stai male, non lo vedi che stai male?!”
“Non importa, è mio dovere farlo.” Poi
pensò ‘è il dovere di tutti i
principi!’
Senza aggiungere nient’altro, si rinfilò
nell’apertura. Topolino, spiazzato, corse a cercare Sora e
gli altri. Ma quando arrivò a una torre, guardò
giù e vide l’esercito di morti accasciato su un
ponte. “Sono … morti di nuovo? Ma come mai?
…”
Kazi, ritornato nella stanza, trovò Taron che piangeva.
“Cosa succede?”
“Gurghi si è buttato nella pentola per fermare
l’esercito del re.”
“Che cosa?!” in effetti, l’animaletto non
era più nella stanza.
Si voltò a guardare la pentola, che era diventata molto
strana, e ora stava cercando di risucchiare tutto quello che
c’era lì intorno. Dopo poco, il re Cornelius fece
ritorno. “Cosa succede ai miei morti?! Alzatevi!!”
Poi vide i ragazzi liberi. “è colpa vostra, vero?
Guardiano di porci, la pagherai!”.
Kazi, quando vide i suoi nuovi amici presi di mira da quel pazzo, si
parò davanti al re, in posa da battaglia, digrignando i
denti da latte.
“Lasciali stare!”
“E tu che vuoi?! Vuoi essere incluso nella lista? Levati di
mezzo!”
Ma Kazi, sordo a quell’avvertimento, sguainò il
Keyblade e si gettò su di lui. Purtroppo la claustrofobia si
stava facendo sempre più forte, impedendogli di liberare
tutti i suoi poteri. Quindi il re riuscì a pararlo
facilmente.
“I mocciosi come te non mi sono mai piaciuti! Bene, allora
sarai il primo a morire!”
Creò una sfera nera e la scagliò su Kazi. Lui
cercò di pararla, ma la sua luce non era abbastanza forte in
quel luogo chiuso e con quelle sensazioni di malore che sentiva. La
sfera riuscì a eludere le sue difese e lo centrò.
Kazi cadde battendo la testa.
“Dove mi
trovo? … è un posto strano, coi contorni
così irregolari, così bianco … dove
sono?”
Era sdraiato per terra,
ma intorno non c’era nessuno, solo bianco,
all’infinito. Provò ad alzarsi, ma non ci
riuscì.
Vide un’ombra
avvicinarsi. Era un ragazzo alto, coi capelli castani, tirati
all’indietro. “Se la tua Luce non è
abbastanza forte, in questo posto non riuscirai a stare in
piedi.”
Avvicinò la
mano per toccarlo, ma Kazi scattò indietro, con lo sguardo
cattivo: nessuno lo doveva toccare!
“Lascia stare,
Terra, così lo spaventi.” Disse una voce
femminile. Comparve di fianco a lui una ragazza coi capelli blu, che
osservava Kazi curiosa.
“Aqua
… sei proprio tu? …” chiese Kazi.
“Si. Sono con
tuo nonno. È venuto anche lui.” In effetti di
fianco a Terra e Aqua c’era un uomo un po’
più grande, della stessa età di Sora, coi capelli
dritti e di un marrone quasi nero.
“Nonno
…” mormorò il bambino alzando lo
sguardo.
“Salve,
nipote. Finalmente ti conosco. Abbiamo fatto venire qui la tua anima
per aiutarti …”
“Come
… mi potete aiutare?”
“Kazi, tu hai
una Luce nel cuore che nemmeno puoi immaginare, molto più
forte della nostra. Devi solo imparare a usarla.”
“Come posso
… usarla?”
“Devi
riuscirci. Libera il tuo cuore e la tua Luce, sfruttala al meglio, e
vedrai che nessuno potrà batterti.”
Kazi si
avvicinò al nipote e gli premette una mano sulla fronte.
“Concentrati … concentrati!”
“No, nonno,
che mi fai? Lasciami!”
“Taci, e
sfrutta la tua Luce, impara a domarla.”
Il bambino
sentì una forza spandersi dal cuore in tutto il corpo.
“La Luce … la sento!”
“Riesci a
controllarla?”
“Si.”
“Bravo. Allora
alzati.”
Kazi si
sforzò e riuscì a sollevarsi in ginocchio, poi,
lentamente, si mise in piedi.
Cornelius sollevò il bambino per la collottola, ancora svenuto.
“è un Keyblade Master, eppure batterlo
è stato uno scherzo! Peggio per lui, forse la Pentola Magica
ha bisogno di un altro corpo per funzionare.”
Ma in quel momento Kazi aprì gli occhi, infiammati da una
luce nuova, e sentì il corpo illuminarsi di luce bianca.
Il re mollò il bambino e si coprì gli occhi.
“Ma che cos’è …? Cosa
succede?!”
Kazi, gridando per sprigionare il suo potere, rimase sospeso a
mezz’aria, allungò la mano sinistra, e il Keyblade
riapparve, ma stavolta più grande, emanando una luce
più forte, e il bambino, completamente bianco dalla luce,
mosse la mano verso il re. Il Keyblade si staccò dalla sua
mano, e dirigendosi a gran velocità verso Cornelius, diede
un colpo tremendo che annullò le sue difese. Con un semplice
movimento del braccio, Kazi, in stato di trance e con gli occhi
fiammeggianti, scagliò di nuovo il Keyblade verso di lui,
provocando un urto tremendo e facendolo sbattere contro la Pentola
Magica. Il re cercò di aggrapparsi ai bordi del calderone,
ma appena lo toccò, venne avvolto dalle fiamme e si dissolse
in un attimo.
Sora, Riku e gli altri, che nel frattempo erano stati trovati da
Topolino ed erano riusciti a entrare, avevano osservato la scena, ed
erano rimasti senza fiato.
Kazi, dopo l’ultimo attacco, cadde a terra svenuto. La
trasformazione e il potentissimo attacco non erano durati che pochi
secondi, ma questi erano bastati a sfinirlo.
La Pentola Magica, fuori controllo, cominciò a causare
terremoti e fuoriuscite di lava dalla terra. Taron e i suoi amici
gridarono di fuggire, se non volevano essere uccisi dal crollo. Sora
scattò avanti, prese in braccio Kazi, e insieme agli altri
corse verso le cantine per prendere una barca e fuggire.
Riuscirono a salvarsi appena in tempo: presero due barche, e riuscirono
a starci tutti. Percorrendo il fiume sotterraneo a tutta
velocità, uscirono dal castello e arrivarono al lago che lo
circondava.
Tutti osservarono Kazi, che ancora era svenuto.
“Sta bene.” Disse Topolino. “Fra poco si
sveglierà.”
Taron e i suoi due amici intanto erano molto tristi per la morte di
Gurghi: come se non bastasse, comparvero nel cielo tre streghe che si
misero a ironizzare sulla faccenda. Ma Sospirello riuscì a
convincerle a restituirgli Gurghi in cambio della Pentola Magica. Le
streghe accettarono l’offerta, e così Gurghi
ricomparve di fronte a Taron, vivo.
Tutto era finito per il meglio. Infine dalla Pentola Magica, prima che
sparisse, uscì un sottile fascio di luce, che si
materializzò in una grossa serratura. Sora sapeva quello che
doveva fare: con Kazi ancora in braccio, puntò il Keyblade
contro essa e la sigillò.
“Ora dobbiamo proprio andare. È stato un piacere
conoscervi.” Disse Riku a Taron, stringendogli la mano.
“Anche noi dobbiamo andare. Speriamo di incontrarvi ancora.
Forza, torniamocene a casa!”
Così i due gruppi si allontanarono, ognuno per la propria
strada.
Kazi si risvegliò nel letto di Sora, dopo qualche ora.
“Kazi, come stai?” gli chiese subito Sora, che era
di fianco a lui.
“Sora … ho visto mio nonno.”
“Tuo nonno?”
“Si … mi ha detto che devo usare la mia Luce se
voglio vincere. Io ho imparato a usarla, e poi … non mi
ricordo più niente.”
“Tu non puoi immaginare che attacco hai usato contro il re
Cornelius! È stato incredibile, ti sei illuminato e poi
… l’hai sconfitto da solo.”
“Davvero?”
“Si. Noi non abbiamo fatto niente. Davvero non ti
ricordi?”
“No, non mi ricordo …”
“Non importa. Almeno stai bene. Anche noi siamo tutti interi.
Gurghi è tornato in vita, e Taron e i suoi due amici sono in
salvo ormai. Adesso dormi. Domani dobbiamo andare ai Sunset
Horizons.”
Quando fu solo, Kazi guardò fuori dal finestrino della Gummi
Ship.
“Ai Sunset Horizons? Dove vive Master Xehanort. Allora
preparati, maestro, perché presto arriverà anche
il tuo turno! Vendicherò mio nonno, mia zia, e tutti gli
altri!”
Note mie:
Questo capitolo è luuuungo! Riuscirete a leggerlo tutto? XD
Beh, nulla da dire, a parte una cosa che come al solito non c'entra
niente: oggi ho finito Chain of Memories, per la prima volta! Evviva,
evviva! Questo è Riku: "io camminerò nella strada
di mezzo ... quella dell'alba ..." xDxDxD. Ora finalmente posso dire:
ho giocato e finito tutti i KH esistenti finora in Italia! (povero il
mio Game Boy Micro, ormai gli si incalcavano i tasti a furia di pigiare
i tasti x usare le carte di qua e di là!). Ma quando cacchio
esce Birth by Sleep?!
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Capitolo 27 *** La Luce dei Keyblade Master ***
Ed eccomi qui! Lo so,
siete liberi di linciarmi, ma questo è un periodo pieeeno di
scuola per me! Non ho mai avuto voglia e tempo di scrivere. Ma alla
fine ce l'ho fatta. Dato che starò via dalla prossima
settimana fino a fine mese per andare a fare uno stage in un'azienda di
bovine da latte a Jesi (la mia scuola è zootecnica), ho
deciso di scrivere il capitolo prima di partire. Parto domenicaaa!
Fatemi gli auguri! (perchè fare l'esplorazione rettale alla
vacca non è tutto sto gran gusto ... Ma forse
vedrò anche un parto o due ... i parti in diretta sono la
cosa più bella del mondo!!!) Ok, la finisco. Rispondo ai
commenti.^^
masterof
dark: si,
BbS è già uscito in Giappone, ma io intendevo qui
in Italia ... Ma questo è il periodo di FF XIII, a KH non ci
pensa nessuno ... Certi dicono che uscirà il primo giugno,
ma io non ci credo mica tanto. Ah, l'altra fanfic ancora non l'ho
cominciata, la scriverò quando avrò finito
questa. Beh, dato che mancano due capitoli alla fine (più
uno extra), presto comincerò a scrivere anche quell'altra.
Ormai sono lanciata!
mietitrice:
hai visto come ho aggiornato presto? Solo un mese dopo!! Ok, ora puoi
riempire di insulti la prossima recensione! xD
Ottoperotto:
hehe, già, quella scenetta mi è venuta proprio
bene, lo so.xD Sto migliorando! Ah, Sion Barzahd (ma sono sicura che
nel frattempo lo avrai già cercato su Google), è
il protagonista del primo gioco sulla PS2 della SquareSoft, "The
Bouncer". Sion è un ragazzo di 19 anni che fa il buttafuori
in un locale notturno, insieme a suoi due amici. Uno si chiama Volt e
l'altro Kou. Un giorno, la sua ragazza, Dominique, viene rapita da
un'organizzazione chiamata Mikado (che NON sono i grissini ricoperti di
cioccolato!), e da lì parte la storia. Il gioco è
un picchiaduro (Sion e compagni fanno a cazzotti!), e la storia non è niente di che, ma il gioco vale la pena di comprarlo solo
perchè c'è Sion. Sion esteticamente è
UGUALE a Sora (ed è pure un po' tonto). Ma proprio spiccicato! Sembra suo fratello! Cerca delle
immagini su internet e lo trovi.^^
vickai:
Uh-uh, una lettrice nuova! Grazie per i complimenti!^^ Hai ragione,
Kazi è un amore! (he he, non per niente l'ho inventato io!xD)
La Luce dei Keyblade Master
“Aaaah, che bella dormita che ho fatto,
kupò!” sbadigliò Mog, stiracchiandosi
svogliatamente. Nonostante fosse una giornata nuvolosa, a lui sembrava
la più bella degli ultimi anni.
Ora che aveva saputo che Kazi era vivo e stava bene, stava cominciando
a considerare i lati positivi della sua assenza: poter tranquillamente
stare straiato sull’erba a sonnecchiare senza la paura che
qualche principe ti salti addosso da un momento all’altro
… non dover più badare a un moccioso che corre di
qua e di là senza darti un attimo di respiro … e
quando Aerith prepara un dolce, potersene prendere una fetta senza che
un rompiscatole te la freghi dalle zampe … Questa era vita!
Questa era sempre stata la vita di Mog prima che quel marmocchio
nascesse, e si insinuasse senza pietà nella sua pacifica
esistenza, come un fulmine a ciel sereno.
“Mog, che fai?” chiese una candida voce femminile.
“Oh, ciao Angel … niente, mi sto solo riposando,
kupò.” Disse Mog mettendosi a sedere.
“Sono proprio stufa, ma quando torna Kazi?” chiese
lei, sedendosi di fianco all’animaletto.
“Spero molto tardi, kupò. Questo regno
è un paradiso da quando è sparito.”
“A me manca. A te no?”
“No!” rispose Mog sdraiandosi di nuovo
sull’erba, voltandosi dall’altra parte per non
farle capire che mentiva.
“Ma non sei preoccupato che possa succedergli
qualcosa?”
“Succedergli qualcosa? Quel diavolo per qualche giorno se la
spasserà come un matto, kupò! Spero solo che i
suoi tutori provvisori non l’abbiano scaricato,
kupò. Certo che con lui non ci vuole molto
…”
“No, Mog! Non dire così!”
gridò Angel arrabbiata. “Non ti permetto di
parlare in questo modo di Kazi!”
“Ma non ho detto nulla di falso … beh, non ho
voglia di discutere, kupò. Andrò a fare una
visitina a Kairi. Ciao, Angel!”
Si alzò in volo e si diresse verso il castello. Intanto il
cielo nuvoloso aveva cominciato a rovesciarsi sul regno. La principessa
era al suo solito posto, sul balcone. Da quando aveva saputo che Kazi
era vivo, non si era mossa da lì. Mog la raggiunse e si mise
sul parapetto.
“Kairi, dai, vieni dentro che piove,
kupò.”
“Con questo tempo, Kazi rischia di ammalarsi
…” mormorò Kairi, scrutando
l’orizzonte.
“Se non mi dai ascolto, chiamerò Leon, e
sarà costretto a usare le maniere forti,
kupò.”
Lei si scosse e si voltò verso di lui. “Scusami
… stavo solo …”
“Non pioverà dappertutto, e poi Kazi
troverà riparo.” Si inchinò davanti a
lei. “Se la signorina vuole il mio fazzoletto
…”
A Kairi venne da sorridere. “Grazie Mog, sei davvero un caro
amico. È solo che sono preoccupata per lui, sai.”
“Credo di capirti, kupò. Ma se sai che sta bene,
perché ti preoccupi tanto? Prima o poi
tornerà.”
“Mi sento vuota senza di lui. Sento come … come se
non valga più la pena di vivere.”
Mog si impressionò. “No, non dire così,
kupò.”
“Non puoi capire. Se non sei una madre che ha perso la sua
unica creatura, che sente le sue viscere e il suo dolore come se
fossero propri, non puoi capire. Chissà
dov’è adesso, così piccolo, e stanco, e
spaventato … e con tutti questi Unversed in giro
… potrebbe capitargli qualunque cosa …”
“Ma Kairi, ora è con quei ragazzi …
loro lo proteggeranno, kupò.”
“Ma questo è mio dovere. Sono sua madre, dovrei
difenderlo e proteggerlo io …”
“Spiegami che differenza fa, kupò.”
“Perché io gliel’avevo promesso
…”
“Tu cosa? Quando?”
“Quando è nato. L’ho preso in braccio e
gli ho promesso che nessuno l’avrebbe fatto morire, e che
sarebbe stato sempre con me. Capisci adesso?”
“Credo di si, kupò. Adesso entriamo,
sennò ci raffreddiamo. Vedrai che tornerà
presto.”
“Lo spero, Mog, sto aspettando troppa gente. Ci sono
così tante persone importanti che devono tornare, e che sto
aspettando … Ci mancava solo mio figlio
…”.
“Coraggio, prepariamoci, stamattina si parte per i Sunset
Horizons!” gridò Topolino, accendendo di colpo la
luce della camera di Sora.
“Così presto? Con le stelle ancora fuori?
…” chiese Kazi ancora mezzo addormentato, e
nascose il viso nel petto di Sora per coprirsi dalla luce improvvisa.
“Si. Dobbiamo partire subito. Lo so che sono solo le cinque,
ma stamattina dobbiamo adattarci.”
Kazi lo guardò storto. Topolino cercò di
convincerlo. “Dai, che svegliarsi presto al mattino fa solo
bene.”
“Spero che mi faccia bene, visto che mi fa morire
…” mugugnò il principe.
Sora si mise a ridere. “Sei troppo simpatico, Kazi. Dai,
alziamoci, sennò il Re perde la
pazienza!”
A colazione, Kazi, contro le sue abitudini, era molto silenzioso:
sapeva che il momento della resa dei conti con gli Unversed si stava
avvicinando; e doveva confrontarsi contro Master Xehanort,
l’uomo che aveva causato la morte di suo nonno.
Cominciò ad avere una gran fifa.
“Kazi, non finisci la brioche?” gli chiese Pippo,
quando vide che il piatto del bambino era ancora pieno.
“Si … adesso mangio …”
cominciò a masticare di malavoglia.
Tutti gli altri invece non pensavano minimamente allo scontro
imminente: erano tutti abituati a battaglie di quel calibro: Ansem
(cioè, l’Heartless di Xehanort), Xemnas,
Sephiroth, il Lingering Sentiment … Sora infatti si
ingozzava di latte e paste senza preoccuparsi. Kazi lo
guardò stupito: come faceva ad essere così
tranquillo?
Sora notò come il bambino lo guardava. “Qui coi
combattimenti ci siamo cresciuti, per questo non ce ne preoccupiamo:
sappiamo che la Luce vincerà sempre, in un modo o
nell’altro.”
“E la Luce saremmo noi?”
“Esatto, ricordati che la Luce riesce sempre a farsi strada
nell’Oscurità: anche quando tutto sembra perduto,
si riesce a rivedere la Luce.”
“Io l’ho vista. Attraverso il buio, ho visto i miei
parenti. Erano inondati di luce.”
“Per questo devi stare tranquillo. Questo è
successo anche a me, anni fa: sprofondavo
nell’Oscurità, ma una persona mi ha fatto
ritornare. Sarà dura, ma ce la caveremo, vedrai.”
“Ma l’attacco che dite che ho usato nel castello
… quello era Luce?”
Riku incrociò le braccia sul petto. “Probabilmente
si. Anzi, sicuramente. Ne sappiamo tutti abbastanza per poterlo
confermare.”
Sora, ripensandoci, si insospettì. “Questo
però non è normale …” e
scattò, afferrando Kazi per le spalle e fissandolo negli
occhi. “Kazi, adesso tu mi dici chi sei: non sei un semplice
Keyblade Master come noi, vero?”
Kazi lo fissò preoccupato.
“Come si chiamano i tuoi parenti? C’è o
c’è stato qualcuno di importante nella tua
famiglia?”
Kazi, spiazzato, decise di rivelargli i nomi di suo nonno e di sua
madre, ormai non c’era più motivo di tenergli
nascosto il fatto che fosse un principe. “Ecco …
mio nonno era …”
Ma a quel punto Riku si mise in mezzo e separò Sora dal
bambino. “Cosa sono tutte queste storie? È tardi
per chiacchierare, dobbiamo partire! Forza, che Master Xehanort non
aspetta nessuno!”
Prese in braccio Kazi e lo allontanò dagli altri.
“Su, vai a metterti l’armatura.”
Kazi, sorpreso da quell’atteggiamento, non poté
fare altro che obbedire.
Mezz’ora dopo, erano tutti in partenza.
Sora era piuttosto imbronciato, perché non si aspettava un
comportamento simile dal suo migliore amico: allontanarlo da Kazi in
quel modo, mentre gli stava chiedendo una cosa importante! Ma
capì anche che se Riku aveva agito così, era
perché, per un motivo o per un altro, non voleva che Kazi
gli rispondesse. Ora che ci pensava meglio, anche i giorni precedenti
aveva impedito a lui e agli altri qualunque approfondimento
sull’identità del bambino, troncando le
conversazioni sul nascere.
‘Se Riku agisce così, avrà i suoi buoni
motivi. Allora lo accontenterò ed eviterò a Kazi
delle domande indiscrete. Ne riparlerò con lui
più avanti.’
Paperino si mise al volante del mezzo, e sotto la guida di Topolino,
partì verso il mondo di Xehanort.
Riku sedeva senza dire nulla, con Pippo di fianco, stranamente ancora
più taciturno, cominciando anche loro ad emozionarsi per
quel grande scontro: se avessero vinto, i mondi sarebbero finalmente
stati salvi: non potevano fallire!
Sora e Kazi stavano seduti in due sedili vicini. Sora vide che il
bambino sbadigliava dal sonno. “Ci vorrà qualche
ora prima di arrivare, perché non dormi intanto?”
Kazi annuì. Sora si aspettava che Kazi si appoggiasse contro
lo schienale, per dormire. Invece si sdraiò sul sedile e
appoggiò la testa sulle ginocchia di Sora. Lui ne rimase
sorpreso: gli voleva proprio bene. Gli accarezzò le spalle
per farlo addormentare, e Riku gli chiese. “Gli vuoi bene,
no?”
Sora annuì lentamente.
“Perché?”
“Niente. Volevo sapere solo questo.”
A Sora questa domanda parve strana, ma dato che Riku sembrava
soddisfatto della sua risposta, non indagò oltre.
Per far dormire meglio Kazi, lo prese in braccio e continuò
ad accarezzarlo. Kazi dopo un po’ si addormentò
profondamente.
Riku rimase a guardare quei due abbracciati, e quasi si mise a ridere.
“Si, Sora, evidentemente gli vuoi bene.”
Pippo commentò, tutto intenerito: “Sembri me
quando tenevo in braccio Max per farlo dormire.”
Riku lo guardò strano. “E Max chi
sarebbe?”
“Oh, Max è mio figlio!”
Sora si voltò a guardarlo sorpreso. “Hai un
figlio? Non ce l’avevi mai detto!”
“No? Devo essermi scordato di dirvelo, allora …
Anche lui mi sta aspettando … però lui non
è come Kazi, Max è grande, ormai.”
Dopo alcune ore, finalmente Topolino gridò:
“Eccolo! Riesco già a vederlo! Quelli sono i
Sunset Horizons!”
Tutti, tranne Kazi che dormiva, premettero il viso contro i finestrini
per vedere meglio. E già da quella distanza si riusciva a
scorgere una landa desolata, un deserto di sabbia rossa in cui non
c’era anima viva.
Riku sbuffò. “Un mondo così pieno di
Oscurità, io non l’avevo mai visto.”
Paperino atterrò con cautela in un anfratto nascosto.
“Prepariamoci anche per questa battaglia, quack!”
Sora svegliò Kazi. “Siamo arrivati, svegliati,
su.”
Kazi aprì gli occhi e gli venne da ridere.
“Perché mi hai preso in braccio?”
Sora arrossì e distolse lo sguardo. “Ah
… così …”
Topolino aprì il portello, e raccomandò a tutti
di fare molto piano. “Dobbiamo cercare di avvicinarci il
più possibile a Xehanort senza farci scoprire. È
una cosa praticamente impossibile, ma almeno ci dobbiamo
provare.”
Kazi si affacciò e subito ritirò la testa.
“Kazi, perché tremi?” chiese Pippo,
preoccupato.
“Non voglio uscire fuori. Ho paura. Non riuscirò
mai a vincere …”
Sora lo fissò, severo. “Ora basta Kazi, ti stai
comportando da codardo. Esci fuori immediatamente e dimostra a tutti di
essere un Keyblade Master degno, avanti!”
Il principe si spaventò: Sora non si era mai arrabbiato con
lui. Non voleva che la persona del gruppo di cui più si
fidava, gli fosse nemica. Non voleva fare arrabbiare Sora ancora di
più, perciò scese per primo dalla Gummi Ship e
atterrò su quel suolo polveroso.
Per miglia intorno non si vedeva altro che sabbia. Le folate di vento
che spazzavano la terra alzavano polveroni e turbini che avvolgevano
l’ambiente intorno, facevano entrare la sabbia negli occhi di
Kazi, facendoglieli lacrimare e arrossire e costringendolo a chiudere
le palpebre per alcuni istanti.
Mentre gli altri scendevano, il bambino sentì un fruscio
provenire dall’alto. Alzò lo sguardo e
riuscì a notare un guizzo blu in cima a una scogliera.
Sentendosi gelare, andò a chiamare Sora.
“Sora … c’è qualcuno
lassù …”
“Dove?”
“In cima a quella roccia. Forse era un Unversed
…”
“Allora ci stanno spiando … meglio tenersi pronti.
Sei pronto, Kazi?”
Kazi, che voleva farsi perdonare, si mise sull’attenti.
“Certo, signore!”
“Così ti voglio.” Sorrise Sora.
“Mio signore! Mio signore!”
“Che cosa c’è, Unversed?”
chiese Vanitas.
“Li ho visti! I Keyblade Master! Sono appena
arrivati!”
“E dimmi: hai visto quel bimbo che vuole il
maestro?”
“Si, quello con i capelli rossi: c’era anche
lui!”
“Perfetto!” ghignò il ragazzo.
“Vado a informare Master Xehanort. Dì ai tuoi
colleghi di ritirarsi.”
Vanitas corse da Xehanort.
“Maestro! Maestro! Sono arrivati!”
Xehanort fissò il suo apprendista. “Sai cosa devi
fare, no?”
Gli occhiacci gialli da bestia feroce di Vanitas brillarono di
malvagità. “Certo, signore!” era
felicissimo, dopo tutti quegli anni, di poter andare a misurarsi con
qualcuno degno di essere combattuto.
“Cerca di non deludermi, Vanitas.”
“Dunque, ora dobbiamo trovare Master Xehanort. Questo mondo
non è vastissimo come sembra, non dovremmo metterci
molto.” Assicurò Topolino.
Mentre camminavano, in un gruppo compatto, Kazi cercava di mostrarsi
spavaldo camminando in testa insieme agli adulti. Ma sentiva che
qualcosa di spiacevole sarebbe presto successo.
E infatti, proprio mentre stava cominciando a rilassarsi, rassicurato
dal fatto che in giro non c’era nessuno, una palla di fuoco
arrivò a tutta velocità verso il gruppo. Tutti
quanti, che avevano dei buoni riflessi, riuscirono a schivarla per un
pelo.
“Chi è stato?!” gridò Riku,
estraendo il Keyblade.
Dal polverone che si era sollevato, comparve un ragazzo vestito di
nero, con un elmetto che gli copriva il viso.
“Chi sei?!” chiese Riku. “Cosa
vuoi?!”
“Oh, proprio niente da voi.” Rispose malignamente
Vanitas “Sono venuto semplicemente per eseguire gli ordini
del mio maestro. Cioè uccidervi!”
Tutti, a quella parola, sguainarono le rispettive armi. Tranne Kazi,
che aveva perso tutta la sua baldanza non appena aveva visto
quell’individuo. Sembrava una normalissima persona, ma gli
metteva più paura di qualsiasi nemico incontrato fino a quel
momento.
“Oh, non fatemi ridere: io sono molto più forte di
voi, non avete speranze combattendo contro di me.”
“Dici?! Proviamo!” lo sfidò Riku.
“Beh, ma la cosa si può risolvere in maniera molto
meno dolorosa: sappiate che io non sono obbligato ad ammazzarvi, se
ovviamente scendiamo a patti.” Continuò Vanitas in
modo subdolo.
“E questi patti sarebbero?” chiese Topolino,
sospettoso.
“Io salvo la vita a tutti voi, e smetteremo di mandare
Unversed nei mondi, se mi consegnate lui.” e
indicò Kazi, che a sentire quelle parole si era aggrappato
terrorizzato a una gamba di Sora.
Riku guardò il principe sorpreso. “Chi? Questo? Il
bambino vuoi?”
“Si.” Rispose Vanitas.
Il gruppo si aspettava di tutto, tranne che una richiesta simile: cosa
se ne poteva fare, Xehanort, di un bimbo piccolo?
Riku guardò male Vanitas. “E che cosa ne vorresti
fare?”
Vanitas lo fissò infastidito. “Questo non ti
riguarda. Le condizioni le ho dette, i patti sono questi, allora qual
è la vostra risposta?”
Sora, che non aveva ancora detto una parola, abbassò lo
sguardo su Kazi. Il principe aveva capito che ormai la sua salvezza
dipendeva dalla loro decisione, anche se non aveva dubbi sulla risposta
di Sora: cos’era la vita di un bambino, in confronto alla
salvezza dell’universo? Tremando, abbracciò la
gamba del ragazzo, rassegnato al proprio destino.
Sora appoggiò la mano sulla testa Kazi, poi
guardò Vanitas, furioso, e con gran sorpresa del principe,
gridò “No. La risposta è no! Il bambino
non si tocca!”
Vanitas rimase di princisbecco per un attimo, ma si ricompose subito.
“Ne sei sicuro, ragazzo? La salvezza vostra e di tutti i
mondi è proprio qui a portata di mano. Il prezzo da pagare
è solo una misera vita.”
Sora non demorse. “Ti ripeto che il bambino resta con
noi!”
Vanitas ghignò sotto la maschera. “E allora come
vuoi risolvere la questione, sentiamo?”
“La risolveremo a modo mio: battiti con me.”
Vanitas cominciò a perdere la pazienza.
“Rischieresti la tua vita per questo moccioso che a stento
conosci?”
“Si.”
“Spiegami il motivo.”
“Non te lo sto a spiegare, tanto non capiresti. E adesso
combatti! O forse non ne hai il coraggio?”
Se c’era una cosa che Vanitas non sopportava, erano le
provocazioni. “E va bene, ma poi non dire che non ti avevo
avvisato. Avete buttato alle ortiche la vostra
opportunità.”
Sora si voltò verso i suoi compagni. “Andate
avanti e cercate Xehanort. A lui ci penso io.”
Tutti annuirono in silenzio. Kazi mormorò “Sora
… grazie …”
Sora lo abbracciò e per la prima volta lo baciò
sulla fronte. “Non potrei mai darti via. E adesso vai!
Sconfiggi Master Xehanort insieme agli altri!”
Il resto del gruppo si ritirò silenziosamente e
passò oltre, lasciando soli Sora e Vanitas in mezzo al campo.
Vanitas, studiando il suo avversario, pensò:
‘Vediamo se riuscirò a farti smettere di darti
arie, sbruffone impudente.’
“Veloci, correte!” gridò Topolino.
“Ma non possiamo lasciare Sora da solo!”
protestò Kazi, parlando anche per Paperino e Pippo, ai quali
non stava bene lasciare il loro amico nei guai.
“Stai tranquillo, Sora ha visto di molto peggio nella sua
vita. Quell’uomo diceva di essere forte, ma lo ha detto solo
per farci scoraggiare; alla fine non è niente di
eccezionale.” Lo rassicurò il Re.
Anche correndo, sentivano dietro di loro il rumore di lame che si
scontravano, in un combattimento violento e crudo; tuttavia non si
voltarono.
Corsero per un miglio senza fermarsi mai, e infine riuscirono a
scorgere Master Xehanort che li fissava, con le mani incrociate dietro
la schiena. Guardò Kazi con aria scettica. ‘E
questo bimbetto sarebbe il principe del Radiant Garden? Non ha affatto
l’aria di un principe.” Poi parlò ai
guerrieri.
“Allora è così … Vanitas non
è riuscito a prendere il bambino … che incapace
… mi ha deluso profondamente.”
“Taci, Xehanort!” gridò Topolino
minaccioso. “Ora dovrai combattere contro di noi.”
“Contro di voi? Ma chi vuoi prendere in giro?”
ridacchiò Xehanort. Poi, improvvisamente di nuovo serio
“Non ho voglia di perdere tempo con voi. Datemi quel
moccioso, e vi lascerò andare.”
“Lui non va da nessuna parte!” rispose Riku.
“Stai indietro Kazi. Ci pensiamo noi a lui.”
Ma Kazi lo fermò. “No, non è giusto che
rischiate voi la vita per me. È me che vuole, no? Xehanort,
combatterò io contro di te! Lealmente: io e te
soli.”
“Tu? Eccolo qui, un pulcino non ancora uscito dal guscio, che
pretende di misurarsi in lotta con me!” rise Xehanort.
“Ma in fondo va bene. Tanto non ho da perdere
nulla.”
“Kazi, no!” cercarono di fermarlo Paperino e Pippo.
“è troppo pericoloso.”
“Lasciate fare, vedrete che riuscirò a
sconfiggerlo.”
Riku, a sentire tanta determinazione, sorrise. “State tutti
indietro!” e indietreggiò con gli altri per
lasciare spazio a Kazi.
Il principe e il maestro rimasero immobili, in silenzio, studiandosi a
vicenda, Kazi col suo Keyblade di luce, il vecchio con quello
dell’Oscurità. Xehanort, all’improvviso,
creò una sfera nera e la scagliò contro Kazi. Il
bambino, quando vide quella cosa oscura capitargli addosso, fece un
salto per schivarla. Il maestro non gli diede tregua e creò
altre sfere che sparse per tutto il campo. Kazi non riuscì
ad evitarle tutte, ma non si arrese, e veloce arrivò alle
spalle di Xehanort, colpendolo alla schiena. Il vecchio non parve
minimamente scalfito da quel colpo. Anzi si voltò di scatto
e afferrò il braccio di Kazi, congelandoglielo. Il bambino,
con un braccio fuori uso, ora era molto più vulnerabile. Per
fortuna il braccio immobilizzato era il destro, e il principe, con
fatica, riuscì ad evitare gli attacchi successivi. Ma non
tutti. Xehanort non aveva nessuna fretta, gli diminuiva le energie pian
piano, in modo da non ucciderlo. Voleva farlo svenire, non morire. Gli
serviva vivo. E quando vide che le gambe di Kazi tremavano dalla
stanchezza, concentrò tutta la sua potenza in una sfera di
dimensioni più grandi e gliela lanciò. Kazi
cercò di sfuggire, ma la palla era troppo grossa e lui era
troppo stanco: lo centrò in pieno, e lui sfinito cadde a
terra.
“Kazi!” gridarono gli altri, cercando di
intervenire per salvarlo, ma Xehanort, pronto, lanciò un
Blizzaga ai loro piedi, bloccandoli sul posto.
“Non interferirete! E adesso osservate bene tutti!”
afferrò Kazi, che era immobilizzato, e lo rivoltò
a pancia in su.
“La Luce di questo bambino è pari a quella di
tutte le sette principesse prese assieme. Il suo potere, da solo, mi
permetterà di accedere al Cuore di tutti i Mondi: Kingdom
Hearts!” poi, leccandosi le labbra, aggiunse estasiato
“Non ho mai provato una gioia così grande
nell’uccidere un Keyblade Master da quando ho ammazzato Kazi,
più di vent’anni fa!”
“Tu … cosa?!” gridò Kazi con
voce roca. “Sei tu … sei tu che hai ucciso il
nonno?!”
Kazi rimase di stucco: sua madre gli aveva accennato che Xehanort era
stato la causa
della morte del nonno; ma non aveva mai detto, né Kazi aveva
mai pensato, che lo avesse ucciso lui direttamente, con le sue mani.
“Tu … come hai potuto …?!”
ringhiò Kazi, impossibilitato a muoversi.
Ma il vecchio non gli diede retta. Afferrò il Keyblade
oscuro e lo conficcò nel petto di Kazi, esattamente la
stessa cosa che era successa a Sora, otto anni prima. Kazi
gridò dal dolore, ma non riuscì a reagire.
“Si … un cuore puro di Luce … quello
che ci voleva … con questo, Kingdom Hearts sarà
mio!”
“Lascia subito Kazi!” gridò Topolino.
“Oh, mi dispiace. Ma è chiaro che il vostro
piccolo non potrà continuare a vivere, una volta che cuore e
corpo saranno separati.”
“Sei un mostro!” ringhiò Paperino.
Kazi, mentre sentiva la lama penetrare nel petto, sentiva anche
l’oscurità avvolgerlo.
“Non ce la
faccio … senza il mio cuore non sono nessuno, se non ho il
mio cuore di Luce l’Oscurità riuscirà a
prendermi … mamma … tuo figlio se ne va
… mi dispiace, non riuscirò a rivederti
… mamma?”
“Kazi, non
arrenderti!” gridò una voce familiare.
“Mamma, sei
tu? Dove sei? Non ti vedo!”
“Sono qui.
Riesci a vedermi?”
“Si, ora ti
vedo! Non c’è più niente da fare, quel
maledetto mi ha tolto il cuore …”
“No, ancora
non te l’ha tolto. Puoi ancora rimediare.”
“Ma la mia
Luce sta svanendo … non ho più energia
…”
“Vieni,
raggiungimi. Ce la fai?”
“Ci provo. Ci
sto provando.”
Kairi tese la mano.
“Prendimi la mano.”
Kazi, con sforzo,
riuscì ad arrivare fino alla madre. “Ce
l’ho fatta! Mammina, mi sei mancata … Ma chi
c’è di fianco a te?”
“Indovina!”
“Aqua! Nonno!
E anche Ven e Terra, e un sacco di altre persone … ci sono
anche Topolino, Sora e Riku vicino a te.”
“Hai visto?
Siamo tutti qui. Siamo tutti i Keyblade Master vivi e morti. Tutti noi
ti daremo un po’ della nostra Luce. Perché in
tutti noi c’è la Luce, e tutti possiamo darne una
quantità a te. Prendila, uniscila alla tua e sfruttala
meglio che puoi.”
Kairi
appoggiò la mano sulla testa di Kazi. “Venite.
Tutti quanti.”
Tutti gli altri, Aqua,
Kazi, il padre di Sora, Terra, Ven, Riku, Topolino, Sora, e tante
persone che Kazi non aveva mai visto, toccarono Kazi. E, come un
potente flusso di energia, ciascuno di loro passò al bambino
una quantità della loro Luce. Kazi la riceveva, e si sentiva
di secondo in secondo sempre più vivo, più puro,
più potente.
“Grazie
… grazie a tutti!” disse quando ebbero finito.
Il nonno gli diede un
buffetto. “Ora vai. E vendicaci.”
“Vendicaci
tutti.” Aggiunse Aqua.
“Ma … cosa succede? … Perché
il cuore non esce? Avanti!” disse Xehanort, spazientito.
Kazi, luminoso come il sole di mezzogiorno, si rialzò in
piedi, completamente ricaricato e con il braccio guarito. Xehanort, per
la luce, indietreggiò.
“Tu … come hai potuto ammazzare mio
nonno?!” Kazi fissò Xehanort con uno sguardo
feroce che aveva usato solo due volte nella sua vita: una volta appena
nato, e una volta nel mondo di Tron.
Il vecchio osò guardarlo negli occhi. Terrorizzato,
gridò “No … non guardarmi
così … Solo lui osava guardarmi in quel
modo!”
Kazi irrigidì tutti i muscoli, e sfruttando la sua luce,
unita a quella di tutti i Keyblade Master, si sollevò in
aria e il suo Keyblade, più bianco e luminoso che mai, si
staccò dalla sua mano e si scagliò contro
Xehanort. Un solo colpo annullò le sue difese, e Kazi
avanzò lentamente, mentre il vecchio indietreggiava.
“No … non succederà …
l’Oscurità è dalla mia parte
… riuscirò a batterti, moccioso!”
“No! Perché io ho imparato una cosa: esistono sia
la Luce che l’Oscurità, ma sarà la Luce
a vincere sempre!”
Gridò, liberando tutta la sua energia, e la Luce scaturita
avvolse Xehanort, che, travolto da quella forza, cominciò a
svanire. In punto di morte, non pensò al suo desiderio di
conquista andato in fumo, ai suoi sogni di gloria svaniti, ma
fissò per l’ultima volta gli occhi fieri di Kazi,
e pensò:
“Veramente questo bambino è un principe
… Veramente è il nipote di Kazi
…”
I cieli di tutti i Mondi vennero abbagliati da quella Luce accecante.
Tutti gli abitanti guardarono sorpresi verso l’alto,
chiedendosi cosa mai fosse successo. Kairi, Mog, Angel, e tutti gli
altri, sgomenti cominciarono a bisbigliare fra loro, e la madre di
Kazi, con lo sguardo preoccupato, mormorò “tesoro,
che cosa ti è successo? …”
Il principe, dopo quell’attacco aveva perso tutta la sua
energia, e cadde svenuto per terra. Riku e gli altri, ormai liberi
dall’incantesimo congelante, si precipitarono sul bambino.
“Kazi …” mormorò Riku.
“Guardate! Si muove. Sta aprendo gli occhi.” Era la
voce emozionata di Pippo.
“Si, è sveglio!” questo era Riku.
Kazi, lentamente mosse le palpebre. Intorno a lui c’erano
tutti, Paperino, Topolino, Pippo, Riku …
“Sora!” gridò Kazi, improvvisamente in
sé, spalancando gli occhi all’improvviso.
“Si, sono io! Ti sei svegliato!” rise Sora.
“Allora hai vinto contro Vanitas!”
“Si, è stata dura ma ce l’ho fatta. Non
appena l’ho ucciso, sono scomparsi tutti gli Unversed intorno
a lui. Era lui a crearli, allora. E tu … tu hai sconfitto
Master Xehanort, a quanto mi dicono gli altri.”
“Io? No, non è possibile. Sono stato io,
Riku?” Il ragazzo più grande annuì
soddisfatto.
“Sapevo che lo avresti sconfitto. Ne ero sicuro. Vieni qua,
campione!” lo tirò fuori dalle coperte e lo
strinse in braccio, ridendo con una risata genuina che non aveva mai
usato da quando era partito da casa. “Master Xehanort
è morto! I Mondi sono di nuovo salvi! La guerra è
finita! Dovresti essere felice, Kazi!”
“Certo che sono contento, Sora!”
“Ma non solo per questo. Anche perché domani si
torna a casa!”
“Domani? … Oh, no, non voglio tornare a
casa!”
“Ma come?” chiese Sora sorpreso “Tu non
vedevi l’ora di tornarci, fino a poco tempo fa.”
“Più presto tornerò a casa,
più presto perderò voi …”
mormorò Kazi, triste.
Sora ammise che aveva ragione. “Si, ma almeno rivedrai tutti
i tuoi amici? Non ti manca il tuo Moguri?”
“Oh, si che mi manca!”
“Li rivedrai. Non ti preoccupare, domani ti accompagneremo
fin dentro la città. Almeno potrò salutare
anch’io i tuoi famosi amichetti. Poi potrò
rivedere Cloud, Leon, Aerith e gli altri. Sono un sacco di anni che non
li vedo …”
“Va bene! Allora torniamo domani a casa?”
“Domani!” assicurò Sora.
Note mie: come
mai sto cacchio di capitolo mi è venuto così
corto?! Vabbè
che anche nei videogiochi di KH le battaglie finali non sono mai niente
di eccezionale ...
ok, avrei anche una cosuccia da dire: io ho modificato, sul mio
computer, il capitolo 5. Ora che sono molto più brava a
scrivere, i mesi scorsi l'ho riscritto quasi tutto, ho modificato
alcune parti, e ora è più introspettivo e
dettagliato di prima, i sentimenti sono espressi molto meglio. E
descrive, ehm, un po' meglio, cosa fanno Kairi e Sora la notte prima
della partenza, senza però andare mai nell'esplicito. Ho una
voglia matta di pubblicarlo, ma mi vergogno da morire ... credo proprio
che ci penserò su.
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Capitolo 28 *** Per sempre felici ***
Ed
eccomi di ritorno dallo stage (beata fra le mucche!), e buona Pasqua in
ritardo a tutti! Un parto l'ho visto, per fortuna. Però mi
sono fatta anche un'idea delle condizioni terribili in cui vengono
tenuti gli animali. Infatti sono rimasta talmente impressionata che ho
deciso di diventare vegana! (lo sono da una settimana, e me la cavo
anche bene!) Pensate che hanno separato il vitello dalla madre il
giorno dopo la nascita, e dato che era un maschio, che chiaramente non
può fare latte, a solo un giorno lo hanno rinchiuso in un
box dove può a malapena girarsi e sdraiarsi, in un capannone
dove non vedrà la luce per ben 7 mesi!! Dopodichè
lo macelleranno. Sono indignata, una cosa così non riesco a tollerarla.
Scusatemi ma è uno sfogo che avevo
bisogno di fare. Torniamo a noi. Godetevi la storia (spero di essere
riuscita ad esprimere bene i sentimenti e le emozioni), ora manca solo
l'epilogo.^^
masterof
dark: Riku infatti sa sempre tutto! xD
Il parto l'ho visto, ed è stato bellissimo. La mucca
piangeva per il dolore però ... ora so cosa si prova.
Rabbrividisco se penso che dovrò passarci anch'io ... Cmq
BbS uscirà quest'estate, data da destinarsi.
vickai:
grazie!
Ed ecco a te il capitolo dove si rivedono!
mietitrice: no, se avessi messo che Kazi
perdeva il cuore, sarebbe venuta fuori una gran palla! xD Goditi il
capitolo!
Jasmin:
nuova
lettrice! Si, ormai lo so che la mia "teoria" è totalmente
errata, l'ho capito guardando BbS, dove Kairi e Ansem non si cagano di
una lira. Ci avevo pensato un anno fa, quando di BbS non si sapeva
quasi niente e si andava per teorie e basta. Per esempio, la teoria che
Aqua sia sorella di Kairi è la più grande cazzata
che si possa scrivere. Però io l'ho scritto cmq. xD grazie
per i complimenti!!
cipotta91:
io
ti ho fatta emozionare in 27 capitoli, tu mi hai fatta emozionare in 2
righe di commento, fai un po' il paragone! xD Grazie davvero!! Eheh, lo
so che Kazi è un grande, non per niente l'ho inventato io!
è nato non da Kairi, ma dalla mia geniale e fervida (?)
mente!! Ok, la smetto di vantarmi. Buona lettura!!
Per sempre
felici
“Sora, dormi?” chiese Kazi, abbracciato a Sora.
“No … non ci riesco ancora … sono
troppo emozionato.”
“Anch’io. Non vedo l’ora di tornare a
casa. Però io è da poche settimane che sono via.
Tu invece da molto di più, vero?”
“Si. Da sei anni.”
“Sora, c’è il mare nel tuo
mondo?”
“Si … tanto mare … la spiaggia
…”
“Io non ho mai visto il mare … mi verrai a trovare
qualche volta? E mi porterai nel tuo mondo per farmi fare un bagno
nell’oceano, ogni tanto?”
“Certo che lo farò. Se solo i nostri mondi non
fossero così distanti …”
Kazi tacque per un po’.
“Perché non mi hai consegnato a Vanitas,
ieri?”
“Mi chiedi perché? … Kazi, come avrei
potuto consegnarti a quel mostro?”
“Ma in questo modo avreste ottenuto la vittoria senza dover
neppure combattere.”
“Però così saresti morto.”
“Ma la mia vita non vale quanto la salvezza
dell’universo.”
“Per me si, invece.” Disse Sora con
sincerità.
Kazi a quelle parole sorrise. “Sora, ti voglio tanto
bene!” e si strinse di più a lui.
Il ragazzo sentì gli occhi bagnarsi, ma ricacciò
indietro le lacrime. “Anch’io. Adesso dormi,
tesoro.”
Gli diede un bacio sui capelli, e Kazi si addormentò.
Sora guardò fuori dal finestrino. ‘Kairi
… chissà quanto sarai cresciuta …
muoio dalla voglia di rivederti …’
La mattina dopo, sulla Gummi Ship, durante il viaggio di ritorno,
Paperino e Pippo fischiettavano allegramente come non gli capitava da
anni. Pippo non stava in sé all’idea di rivedere
suo figlio, Topolino e Paperino erano impazienti di rincontrare i
rispettivi nipoti e compagne.
Riku aveva sua madre e gli altri ragazzi delle Isole da rivedere.
“Ma prima dobbiamo passare al Radiant Garden e riportare Kazi
a casa. Il suo Mondo è proprio sulla rotta.”
Sora, che fino al giorno prima era lieto di accompagnare Kazi
personalmente, ora non ne era più così
entusiasta. Più tempo avrebbe perso ad accompagnare il
bambino, più tardi avrebbe rivisto la sua compagna. Ma una
promessa è una promessa, e quando la Gummi Ship
atterrò vicino alla Cascata Inversa, scese insieme a Kazi.
“La Cascata … da quanti anni sono che non la vedo
…”
“Urrà! Sono a casa! Lo sento … il
profumo della mia terra … Mamma, arrivo! Andiamo tutti,
avanti!”
Riku, però, disse a Kazi. “Penso che Sora basti
… qui siamo tutti un po’ stanchi, penso che vi
aspetteremo qui.”
“Ma perché, Riku?” chiese ingenuamente
Pippo. “Accompagniamo i nostri amici, dai!”
Ma Riku gli lanciò una tale occhiataccia che Pippo smise
subito di protestare.
Poi il ragazzo si rivolse a Sora. “Andate pure. Ti aspettiamo
qui. Ciao, Kazi! Fai il bravo, eh?”
Non appena i due si furono allontanati in direzione della
città, Paperino si rivolse furioso a Riku.
“Adesso tu ci spieghi il tuo comportamento! Perché
ti comporti in modo così strano e incomprensibile con Sora e
Kazi? Eh, Riku?”
Riku si voltò esasperato verso i due. “Siete
proprio tardi! Ma non avete capito che Sora e Kazi sono padre e
figlio?!”
Fu come se un fulmine avesse colpito in pieno i due animali.
“Co … cosa …? Riku, non prenderci in
giro.”
“Chiunque lo riuscirebbe a capire, se solo ci ragionasse un
po’. Beh, ma Sora non si è mai scelto amici
svegli. A parte me, chiaramente.”
“Beh, in effetti un po’ si assomigliano
…” rifletté Pippo a voce alta.
“ ‘un po’’? Ma se sono uguali!
Poi Kazi ha i capelli rossi, ed ha cinque anni, mentre noi siamo in
viaggio da sei … non ci arrivate?”
Topolino, che non aveva detto nulla, annuì sorridendo.
Paperino, che era riuscito a riprendersi dallo shock, aggiunse
“E allora … se lo avevi capito …
perché non ce lo hai detto?”
“Certo, avrei potuto dirvelo … Ma desideravo che
Sora portasse a termine il compito che gli era stato assegnato:
dirglielo lo avrebbe distolto completamente dalla sua missione, non
avrebbe più pensato a Xehanort, ma solo ai suoi fatti
personali. Potevamo forse permettercelo, nelle condizioni in cui ci
trovavamo? Potevamo lasciare che il nostro guerriero più
forte si distraesse dal suo obiettivo?”
“Beh … e comunque perché non ci hai
lasciato andare con lui, adesso?”
“Non vorrete mica fare il terzo incomodo, no?”
chiese Riku, con aria da superiore. Guardò verso il castello
che si scorgeva in lontananza. “Forse potrebbe anche non
sembrare, ma io a Sora ci tengo. È il mio migliore amico. Se
ho fatto questa messinscena, l’ho fatta per lui, per il suo
bene.”
Kazi, senza aspettare Sora, corse avanti, con il ragazzo che lo seguiva
calmo e senza fretta. Quando fu a mezzo chilometro dalla
città, Kazi si mise a urlare a pieni polmoni:
“Mog! Bold! Yuffie! Sono tornato!”
Mog, che aveva un udito superiore a quello umano, lo udì
subito e volò come una scheggia verso di lui.
“Kazi! Kazi!” gridò con gli occhietti
neri luccicanti. “Sei ritornato, kupò!!”
Gli volò dritto addosso. Kazi lo abbracciò
stretto. “Sapessi quanto mi sei mancato, mio piccolo
peluche!”
Mog rimase appiccicato al principe per un po’, poi si
staccò e chiese sospettoso. “Ma … un
attimo! Questo vuol dire che sei già ritornato?”
“Beh … si, Mog!”
“Nooo! Si stava così bene senza di te,
kupò!” gridò l’animaletto
coprendosi la testa con le zampe.
“Oh, grazie tante, mostriciattolo!” rise il
bambino. “Sora, questo è il mio Moguri.”
Mog rispose indispettito. “Da quando sarei tuo,
kupò?!”
Kazi continuò a ridere. Quanto gli piaceva
quell’animaletto! Il suo caratteraccio lo rendeva
più adorabile di quanto non fosse già.
“E tu saresti, kupò?”
“Sora. Non ti ricordi di me?”
“Ah, si, quello che mi chiedeva di continuo di elaborare
l’Ultima Weapon! Si, si, mi ricordo, kupò. Devi
essere uno di quei ragazzi che si sono presi cura di Kazi. Non
potrò mai ringraziarti abbastanza, kupò. Senza la
mia peste non so come farei. Ora vado a chiamare tutti,
kupò!”e sfrecciò via.
Sora ridacchiò. “è un tipo
originale.”
“Molto. Dai, andiamo.”
Dopo poco, tutta la gente corse fuori dalle case, e tutti si misero a
gridare felicissimi “Kazi è tornato!”
“Il principe!” “Sua maestà, il
principe!”
“Principe? Kazi è un principe?!”
esclamò Sora sorpreso.
“Kazi! Kazi! Sei tornato!” gridarono Aerith,
Yuffie, Tifa, Cid, Merlino, Leon e Cloud, accorsi.
Le ragazze si precipitarono intorno a Kazi, abbracciandolo, baciandolo
e facendogli un sacco di feste. Squall, a braccia conserte,
spostò lo sguardo su Sora, su quello che un tempo era solo
un ragazzino ed ora era alto quasi quanto lui.
“Guarda un po’ chi è tornato.”
Yuffie e Tifa volsero la testa e si accorsero che c’era pure
Sora.
“So … Sora! Sei veramente tu?
…”
“Ciao! Erano anni che non ci vedevamo! Sono diventato amico
di Kazi in queste settimane.”
“Però, come sei cresciuto!”
commentò Tifa.
“Bold! Angel! Ci siete anche voi!” gridò
Kazi, e corse verso i suoi due amichetti. Angel gli saltò
addosso e gli diede un bacio sulla guancia.
“Il mio principe è tornato!”
gridò la bambina estasiata.
“Kairi! Kairi! Kazi è tornato,
kupò!” gridò Mog, volato in cima al
castello.
Kairi nemmeno rispose. In un attimo, si era già precipitata
in città.
“Dov’è Kazi? Dov’è
mio figlio?” chiese emozionata e in apprensione.
“Kazi! Guarda chi c’è!” disse
Bold.
Kazi aguzzò la vista. “Mamma! Mamma!”
Sora, a quell’urlo, curioso di conoscere la mamma del suo
amichetto, si voltò verso la direzione in cui era voltato
Kazi, e rimase a bocca aperta e gli occhi azzurri spalancati.
Subito Kazi si precipitò di corsa in braccio a sua madre.
“Kazi! Tesoro! Sei tornato!” gridò Kairi
con la voce rotta. Aveva occhi solo per il figlio. Non aveva notato
nessun’altro nella piazza a parte lui. Cadde in ginocchio con
il bambino stretto al seno. “Sei tornato …
pensavamo … che eri morto … e invece sei qui
…” cominciò a piangere.
“Mammina, non piangere. Devi solo essere contenta,
perché ho sconfitto Master Xehanort!”
Kairi lo guardò sorpresa. “Hai sconfitto
… Xehanort?”
“Si! L’ho battuto da solo! Non ci saranno Unversed.
Mai più!”
La principessa si asciugò gli occhi. “Lo sapevo
che lo avresti ucciso, un giorno …”
Kazi, entusiasta, continuò “Ma senza Sora non ce
l’avrei mai fatta! È uno di quei guerrieri che mi
ha aiutato.” e indicò il ragazzo, che era rimasto
dall’altra parte della piazza, che seguitava a guardare la
scena, non riuscendo quasi nemmeno a respirare.
Kairi alzò lo sguardo, e quando vide la persona che il
figlio le indicava, il suo cuore saltò un paio di battiti.
Lentamente, lasciò andare il bambino, e si alzò
in piedi, senza smettere di fissare il ragazzo.
Tutta la gente intorno sembrava aver capito che qualcosa sarebbe presto
successo, perciò tacquero tutti, tenendosi in disparte.
Sora e Kairi, uno di fronte all’altro, a un centinaio di
metri di distanza, continuavano a fissarsi senza dire nulla, col cuore
che aveva ripreso a battere più velocemente.
Kazi, stupito, tirò la mamma per il mantello.
“Cosa c’è mamma? Lo conosci?”
Lei non lo sentì. Fissò il ragazzo per alcuni
istanti, poi mormorò “Sora …”
Sora, con la voce ridotta a un filo, sussurrò
“Kairi … sei tu …”
In un attimo, Kairi riacquisì lucidità, e
sentendosi scoppiare gridò
“Sora! Sei tu! …”, e si mise a correre
verso il suo compagno. Anche Sora gridò il suo nome, corse
verso di lei, e quando si incontrarono Kairi si gettò fra le
sue braccia. Sora la strinse forte e si accasciarono a terra, lui
premendo la guancia sulla testa della ragazza, lei con la testa premuta
contro il suo petto. Per alcuni attimi rimasero così, poi
sollevarono la testa, guardandosi con attenzione per la prima volta.
“Sora … sei proprio tu … sei ritornato
da me …” sentì le lacrime bruciarle gli
occhi.
“Si … sono qui … sono tornato
… come promesso …” la sua voce profonda
era spezzata dall’emozione.
“Come sei diventato bello …”
mormorò Kairi prendendogli il viso tra le mani.
L’uomo che aveva aspettato per sei lunghi, eterni anni,
finalmente aveva mantenuto la sua promessa. Ripensò a tutti
i momenti terribili che aveva passato da sola, senza alcun supporto
morale, senza riuscire a confidarsi con nessuno, senza qualcuno che la
proteggesse … tutti quei momenti erano finiti.
“Anche tu … sei diventata splendida
…” le passò le dita fra i lunghi
capelli rossi. Non fece assolutamente caso ai vestiti regali che
indossava, pensava solo a lei per com’era: era sempre la sua
amata Kairi, il resto non contava.
La avvicinò a sé e la baciò. Kairi si
sentì scossa nel profondo; le sembrò di fare un
salto nel tempo, di tornare a sei anni prima, quando loro due avevano
solo sedici anni e si amavano sulla loro isola, e l’ultima
notte nella loro grotta. Chiuse gli occhi, e si lasciò
prendere dai ricordi. Sora la strinse con dolcezza e decisione,
continuando a premere le labbra su quelle della ragazza. Da quando era
partito da casa, non aveva passato una notte senza sognarla, sognava di
tornare a casa, alle sue Isole, con lei che lo aspettava sulla spiaggia
tendendo le braccia verso di lui; non si aspettava minimamente di
trovarla in quel mondo, così lontano dalla loro casa.
Continuò a baciarla, ad accarezzarla, a cullarla, con lei
che gemeva e singhiozzava, e tutti e due si scordarono completamente
delle persone che li circondavano.
Le quali cominciarono a mormorare fra loro e a chiedersi chi mai fosse
quel ragazzo. Chi era mai quell’individuo spuntato dal nulla,
e come si permetteva di trattare la loro amata principessa in quel modo
così intimo? Ma né Kairi né Sora li
sentirono. Solo una vocina candida, tra tutte le altre, fece trasalire
il guerriero.
“è la prima volta che vedo la mamma baciare
qualcuno sulla bocca.” Kazi lo disse con un tono innocente e
un po’ divertito, perché non aveva mai visto
nessuno, nemmeno le coppiette ai giardini, baciarsi con così
tanta passione.
Sora staccò le labbra da Kairi, e fissò il
bambino, che era poco dietro Kairi, sbalordito.
“Kairi …” mormorò
“chi è … quel bambino?
…”
Kairi si asciugò gli occhi, e si voltò a guardare
Kazi, che continuava a osservarli incuriosito.
“Sora … non ti ricordi?”
“Cosa?” Sora fissò attentamente Kairi.
“Non ti ricordi … quella notte … la
notte che abbiamo passato insieme … nella nostra grotta
segreta?”
A Sora sembrò di rivivere quegli attimi di amore puro
insieme alla sua ragazza, che aveva passato con lei tanti anni prima.
Sentì la mente annebbiarsi di ricordi.
“Certo che mi ricordo … come potrei
dimenticare?”
Kairi sorrise. “Beh, Kazi è … Kazi
è …” non riuscì a
proseguire. In tutti quegli anni non si era mai preparata un discorso
di spiegazioni da dare a Sora, quando fosse tornato.
“Chi … chi è?” la
incitò Sora. Poi capì e spalancò gli
occhi. “No … non dirmi che … che
è …”
La principessa guardò sognante il suo compagno e sorrise.
“Si, Sora.”
“… ma allora …”
Sora, col cuore che aveva quasi smesso di battere, guardò
Kazi, come se fosse la prima volta che lo guardava: lo
osservò con attenzione, e capì
all’improvviso che il suo aspetto aveva un perché:
i suoi capelli non erano dritti: erano dritti come i suoi. Non erano
morbidi: erano morbidi come quelli di Kairi. Non erano rossi: erano
rossi come quelli di Kairi. I suoi occhi non erano blu: erano blu come
quelli di Kairi. I lineamenti del viso non erano senza significato:
erano i suoi.
Lasciò andare lentamente Kairi e continuò a
fissare Kazi, che si avvicinò cauto a loro. Stava
cominciando a capire: quell’uomo conosceva sua madre, e la
stava baciando e toccando come nessun’altro aveva mai osato
fare, e lei lo ricambiava pienamente. Quando furono a pochi passi di
distanza, Kazi guardò il ragazzo intensamente e gli chiese,
trepidante:
“Sora … per caso sei tu … sei tu il mio
papà?”
Sora, perdendosi negli occhi del bambino, l’azzurro nel blu,
annuì in silenzio.
Kazi allora, trasformò la sua espressione, da seria e
sorpresa a un’esplosione di felicità.
Partì di corsa verso suo padre e gli si gettò in
braccio. Sora lo strinse in un abbraccio, e benché non fosse
la prima volta che lo abbracciava, questo non fu un abbraccio da amico,
ma di amore paterno. Lo tenne stretto contro il petto, e Kazi
cominciò a baciarlo sulle guancie. E intanto ripeteva,
ridendo felice:
“Il mio papà! Sora è il mio
papà! Allora ce l’ho anch’io un padre,
come Bold e tutti gli altri!”
Sora si sentiva quasi svenire. Inoltre si sentiva sempre più
strano: perché gli occhi gli si stavano appannando? Erano
forse lacrime? No! Un Keyblade Master non deve piangere! Ma non
riusciva a fermarle e ricacciarle indietro. Allora si lasciò
andare alle sue emozioni, lasciò scorrere l’acqua
dagli occhi e cominciò a baciare suo figlio sui capelli, ad
accarezzarlo con un amore che non aveva nemmeno mai pensato di avere.
Kairi stava seduta di fianco a loro e li guardava beata. Ma il ragazzo,
senza smettere di coccolare il bambino, le fece un cenno. Allora anche
lei si strinse contro il petto di Sora, piangendo e ridendo, insieme al
figlio.
La gente intorno fissava l’uomo incredula. “E
così … il padre del nostro principe …
sarebbe lui?”
I tre non ci fecero caso; mentre Sora e Kairi continuavano a piangere e
ridere insieme, Kazi rideva soltanto: perché, pensava il
bambino, dovrebbero piangere se sono felici? Io quando sono felice rido
e basta.
“Hai visto, Sora, cioè, papà? Il mio
desiderio di Natale si è avverato! Poi, nemmeno un
papà qualsiasi, proprio tu …”
Si ricordava bene quando aveva detto a Sora ‘vorrei tanto che
fossi tu mio padre’: non credeva però che lo fosse
davvero: l’uomo di cui si era fidato di più, che
gli era stato più amico, che gli aveva voluto
così bene, che lo aveva così aiutato, era il suo
papà. Cosa avrebbe potuto desiderare di più dalla
vita? Aveva ritrovato la mamma, gli amici, e ora aveva scoperto che
Sora era suo padre …
“Papà, ti voglio tanto bene!”
gridò con la sua vocina attaccandosi al collo del ragazzo.
“Anch’io, figlio mio, tesoro mio
…” bisbigliò quel ragazzo di appena
ventidue anni, che all’improvviso si trovava a scoprirsi
padre di un bambino che amava, avuto dalla ragazza che amava. Gli
toccò la collana a forma di corona.
“Ecco perché avevi questa … te
l’ha data la mamma?”
“Può darsi, ma non mi ricordo … mamma,
me l’hai regalata tu?”
“Si, te l’ho messa al collo quando hai compiuto tre
anni.” Rispose Kairi.
“Allora è tua, papà. Te la restituisco
subito!” cominciò ad armeggiare con il laccio per
sciogliersela, un po’ intristito, perché quella
collana gli piaceva moltissimo, e separarsene così
all’improvviso gli dispiaceva; ma per suo padre, questo e
altro.
Sora però lo fermò. “No, no. Lascia
stare. È tua adesso. Te la regalo.”
Kazi fece un sorriso speranzoso. “Davvero?”
“Ma certo! Se ti piace tanto, perché
no?” Il suo primo regalo a suo figlio, pensò Sora.
Ma non sarebbe certo stato l’unico. Voleva fargliene tanti,
di regali. Aveva intenzione di riscattarsi per tutto il tempo in cui
non era stato con lui.
“Evviva! Grazie, papà!”
Kairi, abbracciata a Sora, gli chiese: “Ma … sei
da solo?”
Sora si asciugò gli occhi e cercò di darsi un
contegno. “No … ci sono anche Riku e gli altri
… stanno tutti bene. Sono rimasti ad aspettarmi, ai confini
del Radiant Garden. Per riportarmi alle Isole del Destino.”
“Ci sono anche gli altri! Kazi, per favore, andresti a
chiamarli?” Kairi decise di mandare lui per rimanere sola con
Sora; non voleva parargli di una cosa importante in presenza del
bambino.
“Si, mamma! Aspettatemi, torno subito!” e Kazi
partì di corsa per chiamare gli amici.
Sora rimase a guardarlo correre, incantato. Kairi lo
accarezzò sul braccio.
“Sora, a proposito … ascoltami … ora,
tu vorrai tornare a casa, vero?” aveva una voce preoccupata.
Lui la guardò. “Kairi, ora che siamo tornati,
possiamo tornare alle nostre vite … ti riporterò
a casa con me, te e il bambino, possiamo vivere insieme sulle nostre
isole, come una volta.”
Kairi abbassò la testa. “No, Sora, io non posso
tornare. Ti sembrerà strano, ma io non sono più
la ragazza di una volta. Sono la principessa di questo mondo ora, ho un
intero regno sulle spalle. Io e Kazi non possiamo andarcene, lui e io
apparteniamo a questo mondo, non alle Isole del Destino ... Noi
restiamo qui.” Si sentiva morire al solo pensiero che Sora se
ne sarebbe andato di nuovo, ma sapeva che non poteva trattenerlo contro
la sua volontà.
Sora la guardò, sorpreso e un po’ mortificato.
Kairi si affrettò ad aggiungere. “Ma non ti sto
obbligando a restare. So che vuoi ritornare alla tua casa, ed
è giusto che lo desideri. Non posso costringerti a rimanere,
se non vuoi. Tu puoi tornare alle Isole del Destino … ma noi
no … non possiamo.”
Sora la interruppe. “No, no, cosa ti salta in mente? Io non
voglio tornare alle Isole, voglio solo stare con te. Perché
la mia casa non è il mondo dove sono nato, ma il luogo in
cui sei tu.”
Kairi lo guardò, profondamente colpita.
“Resterò a vivere qui con voi. Sarei un essere
senza cuore … sarei peggio degli Unversed se ti
riabbandonassi. Rimarrò qui, e questo mondo sarà
anche casa mia. Non ti lascerò di nuovo.”
A Kairi brillarono gli occhi, e abbracciò il suo compagno
piangendo. Strofinò il viso contro il suo petto e
singhiozzò:
“Ti amo, Sora … ti amo …”
“Anch’io … ti amo anch’io
… resterò con te.”
Kairi si alzò e gridò alla gente intorno:
“Ascoltate bene, miei sudditi, lui è Sora, ed
è il mio compagno!”
Tutti, al primo momento rimasero stupiti e sorpresi, ma poi
cominciò qualche parola di approvazione, fino ad arrivare a
grida di felicità. Tutti erano felici più per
Kairi che per il punto di vista politico. Da questo punto di vista, che
Sora ci fosse o no non aveva importanza: non aveva il cuore puro, non
era un principe, non poteva diventarlo. Ma a livello umano,
c’era qualcosa di più importante: finalmente anche
la loro principessa avrebbe potuto vivere col suo uomo, come ogni donna
meritava.
Poco dopo Kazi ritornò insieme a Riku e agli altri, mentre
continuava a ripetergli:
“Te lo giuro, Riku, Sora è il mio papà!
Adesso te lo dimostro!”
Riku, con le mani in tasca, sorridendo ironicamente assicurava:
“Ma io ti credo, ti credo.”
“No, Riku! Tu invece non mi credi! Io lo so! Invece guarda!
Vedi? La mia mamma e lui sono abbracciati. Li vedi, Riku?”
Riku, da lontano, vide Kairi e alzò la mano in segno di
saluto. Kairi, appena lo vide, corse verso di lui per abbracciarlo.
“Sei tornato anche tu! Sei cresciuto un sacco!”
“Anche tu. Ti trovo bene, Kairi!”
Kazi, che osservava la scena, non si accorse subito che qualcuno lo
stava spingendo.
“Mog, cosa c’è?”
“Quando sei sparito da casa, avevi scordato il tuo mantello,
kupò! Eccolo qui, te l’ho riportato.”
“Oooh, grazie! Il mio bel mantello rosso!” Kazi lo
afferrò e affondò il naso nella stoffa morbida.
“è bello essere di nuovo insieme.” Disse
al mantello.
“Cioè, parli col tuo mantello, kupò?
Parli con un tessuto?! Sei più matto di prima!”
“Dai, Mog, tu parli così, ma lo so che mi vuoi
bene.” Lo punzecchiò il bambino.
“No! No! Non sto scherzando, kupò. Sei peggio di
una zecca, e le zecche non si amano, kupò!”
rispose Mog, voltando la testa.
“Su, dai, si vede che fingi! Vieni e fatti
abbracciare!”
“Stai lontano da me!”
I due cominciarono a rincorrersi e a ridere, come due fratelli che si
rivedono dopo molto tempo.
Kairi li guardò e si appoggiò la mano sulla
fronte.
‘è il Kazi di sempre. Non è cambiato
affatto. Ma in fondo, è meglio così.’
“Come è diversa la vita da quando sei tornato
… Non ci credo che è già passato quasi
un mese …” mormorò la principessa,
abbracciandosi al corpo nudo e sfinito del suo compagno.
“Neanche io riesco a crederci … non mi
sembra vero …” strinse forte il corpo snello e
armonioso della ragazza al suo corpo muscoloso, mentre osservava le
stelle fuori dalla finestra della camera da letto. Kairi gli
accarezzò i capelli castani: finalmente, dopo tutti quegli
anni, in cui aveva dormito da sola, in cui aveva sofferto una profonda
solitudine, finalmente ora poteva condividere la sua stanza con il suo
uomo. E quando l’amore li divorava nel letto, Kairi sentiva
il legame con Sora rafforzarsi e consolidarsi sempre di più,
ogni notte di più.
“Tua madre cos’ha detto, quando sei tornato alle
Isole per salutarla?” chiese Kairi.
“Ormai cadeva ai miei piedi! È rimasta attaccata a
me per tutto il giorno! E quando le ho detto di avere un figlio, quasi
si è messa a piangere.”
“Poverina, chissà quanto ha sofferto per tutti
questi anni … Hai sentito Riku ultimamente? Come
sta?” gli chiese Kairi.
“Alle Isole è felice. Ma il suo spirito indomabile
non lo lascia in pace … non credo che tarderà
molto a ripartire.”
“Riku non cambierà mai.” Rise la ragazza.
“Invece Paperino, Pippo e il Re sembrano essere felici a casa
loro. Però dicono che gli manco … non ti dispiace
se ogni tanto li vado a trovare, loro e mia madre.”
“Certo che no. Tu non sei un principe, puoi uscire dal
Radiant Garden tutte le volte che vuoi.”
“Già, hai ragione.”
“Sai una cosa, Sora? Sono sicura che tuo padre sarebbe fiero
di noi.” In quelle settimane gli aveva raccontato tutta la
storia dei loro antenati, e Sora non ne era rimasto indifferente.
“Davvero lo pensi?”
“Certo. Tu e io siamo quello che tuo padre e mia madre non
hanno mai potuto essere.” Spiegò semplicemente
Kairi. “E poi, Kazi ti adora. Non potremmo desiderare
nient’altro.”
“Hai ragione.” Approvò Sora con occhi
sognanti. “Cos’altro ci serve? Siamo felici, ci
amiamo, abbiamo un figlio splendido, tu sei la principessa di un intero
mondo, e gli Unversed sono spariti per sempre. Le cose non potrebbero
andarci meglio.”
Kairi, mentre Sora parlava, sentì all’improvviso
un dolore acuto giù nel ventre. Ma non si
spaventò, perché capì immediatamente a
cosa era dovuto. Appoggiò la testa sulla spalla del suo
ragazzo.
“Hai ragione … le cose non potrebbero davvero
andarci meglio.”
Note mie: ora
manca solo un capitolo, o forse, due. Poi avrò finito. Ah,
se vi interessa, il capitolo 5 l'ho modificato quasi del tutto (pure il
titolo), e ora è mooolto più romantico. Ma di
brutto! Quindi se non volete il diabete o carie ai denti, vi prego di
non leggerlo, in caso contrario ... accomodatevi. Poi ditemi cosa ne
pensate. Siate mooolto clementi, perchè me ne vergogno un
po', e ho deciso di pubblicarlo per miracolo. Grassie!^^
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Capitolo 29 *** Il principe Kazi (epilogo) ***
Questo è
l'ultimo capitolo della storia. Quanto tempo è passato da
quando ho cominciato a scrivere? 8 mesi? ... snif snif ...
già è finito ... Mi viene da piangere. Comunque
ecco qui a voi l'epilogo, e grazie a tutti per i commenti!^^
Il
principe Kazi (epilogo)
L’alba illuminò un altro
giorno nel regno di Kairi.
Il ragazzo, sentendo il canto degli uccelli fuori dalla finestra, si
alzò stiracchiandosi assonnato. Era ancora presto: solo le
sei e mezzo, ma già cominciava ad albeggiare, essendo
primavera.
Tutto il resto del castello ancora dormiva. Facendo piano per non far
rumore, il ragazzo aprì un po’ la tenda per far
luce, si sedette alla scrivania, afferrò il suo diario e
cominciò a scrivere.
“Radiant Garden …” cominciò.
Rimase a rosicchiare la penna per qualche minuto, riflettendo, poi
continuò.
“Ogni giorno qui sembra uguale a quello precedente, il mio
ritmo di vita è costante; ma è in questo ritmo di
vita che regna la pace assoluta nel nostro mondo, e la pace
è da preferirsi ad ogni tipo di scontro, anche se la mia
indole è da combattente è il motivo del
combattimento è la difesa dell’universo.
Qui è come sempre, ma c’è un sempre
maggiore via vai di gente: ora non siamo più solo noi
all’interno del nostro regno, ma vengono persone anche da
fuori. Per esempio, Paperino, il Re, Pippo. Loro ci vengono spesso a
trovare, e questo apre un po’ il Radiant Garden verso gli
altri mondi, non è più il regno chiuso di un
tempo. Anche Riku qualche volta ci viene a trovare. Lui non vive alle
Isole del Destino. Ha detto di avere uno spirito desideroso di
viaggiare, e adesso viaggia per tutti i Mondi esistenti. Di sicuro
avrà perso il conto dei Mondi che ha visitato e delle cose
che ha imparato.”
Fece una pausa, rilesse quello che aveva scritto, si scostò
un ciuffo di capelli rossi dalla fronte e continuò.
“E con oggi, sono passati 10 anni da quando abbiamo ucciso
Master Xehanort. Le cose qui non potrebbero andare meglio. Il Radiant
Garden prospera. Mia madre se la sta cavando benissimo. Ha solo 32
anni, ed è, a detta dei nostri sudditi, la migliore sovrana
che abbiano mai avuto. Però continuano ancora a dire che non
potrà mai superare mio nonno. Sono sicuro che presto
cambieranno idea, anche se io non posso pronunciarmi in proposito: non
ho mai conosciuto mio nonno.
Tutti noi siamo cambiati: io per esempio sono abbastanza dubbioso sui
miei poteri; è impossibile che io sia l’ultimo
Keyblade Master della mia età, è sicuro che ce ne
siano altri, in un universo così vasto. Dovrò
uscire anch’io dal mio Mondo, prima o poi, trovare altri
alleati che custodiscono un Keyblade e unirmi a loro; non si sa mai, se
dovesse spuntare un altro nemico.
Ma ancora non mi sento pronto per andarmene. Anche perché
mia madre ha deciso che vuole avere un aiuto per governare il regno. Ha
deciso di farmi diventare un principe ufficiale adesso. Lo
diventerò oggi. Dopo, alle nove, ci sarà la
cerimonia. Lei sostiene che in due il governo sarà molto
più semplice. Io le credo: ecco perché la
affiancherò e la aiuterò in questo difficile
compito. Farò tutto quello che posso.
Mog è parecchio scettico al riguardo. Secondo lui, il
compito di principe non è adatto a me. Ma ha bisogno solo di
vedere. Vedrà se non sarò all’altezza
del compito! Quel Moguri … non cambierà mai!
Mio padre la pensa diversamente: in tutti questi anni mi ha insegnato
tutto quello che sa. L’anno scorso mi ha detto di non avere
più nulla da insegnarmi. E mi ha assicurato che sono ben
più forte di lui, e al contrario di Mog, mi ha anche detto
che il Radiant Garden non potrebbe avere un principe migliore di me.
Molto carino da parte sua. Ogni tanto mi porta anche alle sue Isole.
Non dimenticherò mai la prima volta che mi ci ha portato. Io
avevo cinque anni. Non avevo mai visto il mare, e quando siamo
atterrati e ho visto quell’immensa distesa d’acqua,
sono rimasto a bocca spalancata per un paio di minuti! Mi ha raccontato
tutto sul suo mondo: mi ha parlato degli abitanti dell’isola,
dei loro usi, del loro modo di vivere, e di varie leggende che
circolano fra loro. Quella che mi è piaciuta di
più riguarda un frutto a forma di stella che cresce solo
là. Molto romantica. Però mi ha anche spiegato
che la leggenda, fra lui e mia madre ha funzionato. Molte leggende e
desideri si avverano, mi ha detto. Ha ragione: questo l’ho
sperimentato anch’io. Ho desiderato mio padre a una stella, e
l’ho incontrato il giorno dopo. Dovrò prenderle
seriamente in considerazione, queste leggende.
Cloud e Leon ora mi rispettano appieno, da quando gli ho detto di aver
battuto Xehanort. Ora non mi trattano più
dall’alto in basso, come facevano prima, ma mi trattano con
il rispetto che un principe merita ...”
Stava ancora scrivendo, quando Mog entrò a razzo senza
nemmeno bussare.
“Ma insomma, sei ancora qui, kupò?! Ma lo sai che
ore sono?!”
“Ehm, no, mi perdona, signore.” Si
scusò ironicamente Kazi.
“Te lo dico io: le sette e mezza, kupò! Alle nove
tua madre dovrà metterti il mantello dorato davanti a tutto
il regno, kupò! Vatti a preparare!”
“Ok, ok, vado. Lasciami scrivere un’ultima
cosa.”
Prese la penna e buttò giù le ultime frasi.
“Gli Heartless ci sono ancora, e ogni tanto attaccano il
regno. Loro, però, non credo che ci sia un modo per
eliminarli del tutto: fanno parte dell’essenza della vita,
loro sono l’Oscurità. E il mondo è
fatto anche di quella, oltre che della Luce. Un mondo di sola Luce non
può esistere: ci vuole anche l’Oscurità
per controbilanciare il tutto. Loro, l’Oscurità,
cercano ogni tanto di sopraffarci, ma noi, che siamo la Luce, li
fermiamo ogni volta, ripristinando l’equilibrio fra queste
due forze. È così che le cose sono sempre andate
e così andranno sempre.
Il principe Kazi”
Alle nove la piazza del Mercato era gremita di gente: tutti i sudditi
del regno erano lì, per assistere
all’incoronazione del nuovo principe.
Kazi entrò nella grande sala al primo piano. La sua famiglia
lo stava aspettando. Mog si asciugò gli occhi, e
piagnucolò:
“Non ci credo che sono già passati quindici anni,
kupò. Mi sembra ieri quando Kazi mi ha visto per la prima
volta e mi ha afferrato di colpo cercando di strapparmi il pom-pon,
kupò …”
Kazi venne avanti, con un portamento regale e fiero. Sora lo
guardò ammirato: lui non aveva mai avuto un incedere
maestoso come quello del figlio.
Il principe, impettito, passo con noncuranza davanti a suo padre e ai
suoi fratelli, che lo guardavano col fiato sospeso, uscì sul
balcone e osservò di sotto. C’erano proprio tutti:
distinse chiaramente Bold e Angel, che lo guardava con gli occhi verdi
innamorati, e il principe li salutò con la mano. Poi vide
Aerith, Yuffie, Cid, Tifa, Cloud, Leon e Merlino. Anche i Gabbiani
erano presenti, eccezionalmente.
Kairi fece un cenno verso di lui. Era una donna nel fiore dei suoi
anni, senza un etto di peso superfluo, gli stessi splendidi occhi blu,
gli stessi lunghi capelli rossicci, e il suo sguardo altero da
principessa. Era molto orgogliosa di Kazi, l’unico tra i suoi
figli ad avere ereditato il suo cuore puro.
Il ragazzo venne avanti, e sul bordo del terrazzo scrutò i
suoi sudditi, dal primo all’ultimo. Il popolo gli sorrise
incoraggiante, e Kazi rimase immobile, dritto, di fianco alla madre.
Kairi, ponderando bene i gesti e le movenze, gli strappò
dalle spalle il suo mantello scarlatto, e prese in sua vece un mantello
uguale, ma tutto decorato d’oro, che una serva le porgeva. Lo
legò lentamente al collo del figlio, e quando ebbe finito,
ne sollevò un lembo dorato, che alla luce del mattino
mandò bagliori accecanti, in modo che tutti potessero
vederlo.
Subito dai sudditi esplose un grido di gioia, la gioia di tutti gli
abitanti di quel regno che esprimevano i loro sentimenti nel vedere il
loro nuovo capo. Kazi, sudato ed emozionato, guardò
orgoglioso la sua gente. Tutti quanti erano felici, persino Leon e
Cloud applaudivano soddisfatti.
La principessa prese la mano del figlio e la sollevò, come
saluto alla gente. Tutti gridavano evviva per Kazi, evviva i principi,
ma Kairi sentì in particolare una voce familiare fra i
sudditi: “che ricordi, mi sembra ieri quando sua madre
correva come una monella per il castello.”
La principessa cominciò a ridacchiare.
“Cosa c’è da ridere?” le
chiese Sora, curioso.
“Non è niente. Mi sono ricordata di una
cosa.” Disse Kairi continuando a ridere.
“Tu non devi fare la misteriosa con me, non devi.”
La sgridò scherzosamente il compagno, e la tirò
da parte per avere un attimo di intimità con lei.
Kazi cercò con lo sguardo di sotto, e trovata Angel, a gesti
le disse di raggiungerlo dopo in camera sua. Poi, ignorando i pianti di
Mog, le grida vivaci dei fratelli e lo strepito del popolo,
guardò il cielo.
‘Nonni, Aqua, e tutti voi che siete venuti prima di me
… vi giuro, che voi non siete morti invano; sono il vostro
discendente, sono il principe Kazi, e d’ora in poi, mi
impegnerò a proteggere quel delicato equilibrio fra la Luce
e l’Oscurità. Voi dal cielo guardateci e
proteggeteci.”
Kazi, il principe, il figlio di Kairi, osservò con i suoi
occhi di mare il blu del cielo, lo stesso cielo che aveva visto Ansem
quando era nata sua figlia Kairi, un cielo solcato dai voli degli
uccelli e da una nuova giornata che per il suo regno, per la sua
famiglia, per lui, stava per cominciare.
Fine
Note mie:
è così: il nostro Kazi è cresciuto, e
si appresta a regnare al fianco di Kairi. Ma ... non è
ancora finita! Scriverò un ultimissimo capitolo "a
sorpresa", ma staccato dalla storia, vi avverto. Ah, ho notato che
molti speravano che avessi dato un' identità al fratello di
Kazi ... e invece no. xD Lo lascio immaginare a voi. Dategli voi un
aspetto, un genere, un carattere, un nome. Così sono
soddisfatti tutti. Anche perchè avrete notato che ora Kazi
di fratelli ne ha più di uno.^^ E sto scrivendo una
fanfiction nuova. Il primo capitolo l'ho già finito!
Buona lettura, e a presto per l'ultimo capitolo, e per la nuova
fanfiction!
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Capitolo 30 *** I Principi (dietro le quinte) ***
Pensavate
che fosse finita, eh? Beh, a parte il titolo pomposo e assolutamente
inadatto, questo è un capitolo di curiosità sulla
mia prima fanfiction, visto che non l'ho inventata da un giorno
all'altro, ma benchè abbia una trama non sviluppatissima, ci
ho messo molto per elaborare i caratteri dei personaggi, e all'inizio
c'erano molte idee che poi ho scartato, e personaggi che ho eliminato
perchè di impiccio alla storia o altri motivi. Leggete
questi "retroscena", poi ditemi se alcuni dei personaggi che ho
eliminato, ho fatto bene a eliminarli, o se invece avrei dovuto
lasciarli, o se certe parti della storia avrei dovuto lasciarle come le
avevo pensate all'inizio. Scrivetelo nei commenti, è
importante per me.
Detto questo, ringrazio vivamente tutti quelli che hanno commentato, le
5 persone che hanno messo la fanfiction tra i preferiti, le 8 che
l'hanno messa tra le seguite, e le 2 che l'anno messa tra le storie da
ricordare! Ah ...
mietitrice: grazie per il commento, ma forse uno spoiler
così grosso potevi anche non scriverlo. A me non importa,
perchè tanto l'aspetto di Vanitas lo sapevo già,
ma qualcun altro potrebbe non gradire ... ricordati di perseguitarmi
ancora, mi raccomando!!
cipotta91: ci prendi proprio gusto a farmi emozionare in un semplice
commento! Grazie davvero!! Non preoccuparti, la fanfic nuova la sto
già scrivendo ... ma ho bisogno anche delle vostre idee ...
leggi l'avviso a fondo pagina.
vickai: grazie! eh si, purtroppo è finito ... vai a fondo
pagina e se hai voglia dammi qualche idea per la nuova fic.^^
I Principi (dietro le
quinte)
· La trama della fan fiction
all’inizio era molto diversa da quella attuale:
l’assoluta protagonista era solo Kairi, mentre Kazi era poco
più di una comparsa. La trama era incentrata non sulla lotta
contro Master Xehanort, ma sui vari problemi politici del Radiant
Garden che Kairi doveva di volta in volta affrontare. Solo in seguito,
ho cambiato la trama suddividendo equamente i ruoli: Kairi è
la protagonista della prima parte della storia, Kazi della seconda.
· Ancora prima della trama
sopraccitata, e cioè nella primissima idea, Kairi non era
neppure la principessa del Radiant Garden, ma era una ragazza
normalissima che viveva con suo figlio sulle Isole del Destino e
aspettava il ritorno dei suoi amici. La trama è stata
modificata quasi completamente quando ho sviluppato la teoria che Kairi
potesse essere figlia di Ansem; così l’ho fatta
diventare la principessa del Radiant Garden.
· Per decidere il nome del
figlio di Kairi ho fatto un semplice ragionamento. Il mio ragionamento
è stato: “visto che i nomi dei protagonisti in
giapponese intendono le varie parti della natura (cielo, terra e mare
… che poi non è neanche vero perché in
giapponese “mare” si dice
“umi”, non “kai”), ho optato
per il fuoco, l’unico elemento che restava fuori. Ho
consultato il mio dizionario. E c’era scritto:
“fuoco = hi; (incendio) kazi”. Questo
“kazi” mi è parso un nome perfetto ed ho
deciso di usare quello.
· Il migliore amico di Kazi
all’inizio non era Mog, ma un Heartless di razza Fungo
Bianco, soprannominato da lui “Funghetto” che il
bambino aveva trovato e “adottato” durante una
scorribanda alla Fortezza Oscura. Kairi all’inizio si sarebbe
anche opposta a questa amicizia (non voleva che suo figlio e un
Heartless giocassero insieme). In seguito ho deciso di sostituirlo con
un Moguri date le scarse capacità di movimento di questo
Heartless e della sua incapacità di parlare. E poi,
ammettiamolo: Mog è Mog!
· Kazi all’inizio
avrebbe dovuto possedere anche un Chocobo di nome Choco (nome scelto da
Kazi perché gli ricordava la cioccolata) che gli sarebbe
servito da cavalcatura, ma in seguito l’ho tolto, dato che
nel mondo di Kingdom Hearts non esistono i Chocobo.
· Kairi, nella prima idea
della fan fiction, avrebbe dovuto morire durante l’attacco di
un gruppo di Heartless nel tentativo di proteggere suo figlio, ma
questa idea l’ho scartata quasi subito.
· L’idea di far
morire Kazi negli ultimi capitoli della storia invece era
un’idea che mi ha tentata molto, come per eliminare qualunque
possibilità di un seguito della fan fiction. Avrei dovuto
farlo morire nel combattimento contro Master Xehanort, ma alla fine ho
deciso di lasciarlo in vita. In questo modo, però, la storia
non è conclusa, e un seguito ci potrebbe sempre essere.
· La trama,
all’inizio, a parte il 5^ capitolo, era quasi totalmente
priva di sentimentalismi: Kairi si comportava con suo figlio in modo
piuttosto distaccato, e Kazi non si comportava da bambino che ha
bisogno della mamma e di giocare, ma aveva atteggiamenti da guerriero
maturo, ed era molto più battagliero, benché
fosse piccolo; la sua occupazione principale era combattere contro i
nemici e gli Heartless e difendere il regno, non giocare con gli amici.
Dopo ho modificato il suo carattere, rendendolo più
infantile.
· Il nome provvisorio del
Moguri di Kazi all’inizio era
“Kupò”, ma per renderlo più
realistico, ho ripescato Kingdom Hearts II e sono andata a parlare col
Moguri del Radiant Garden: “il negozio di oggetti di
Mog”, diceva, così ho deciso di usare il suo nome
reale.
· Kazi è
l’unico caso al mondo in cui un nipote è nato
prima di suo nonno: infatti prima ho inventato Kazi (il figlio di
Sora), e poi il padre di Sora.
· Sora, all’inizio,
dopo il concepimento di Kazi non avrebbe più dovuto
comparire, se non come personaggio di sfondo: diciamo che era solo un
modo per fare avere un figlio a Kairi (o agiva Sora o agiva lo Spirito
Santo!), ed era solo un “ponte” che collegava Kazi
al padre di Sora. Solo dopo ho deciso di dargli un peso maggiore, anche
per via delle continue richieste dei lettori.^^
· Avevo pensato, nella prima
stesura, di dare a Kazi una sorella gemella di nome Luce, identica a
Kairi in tutto e per tutto, tranne per gli occhi gialli (ereditati dal
nonno materno), ma in seguito ho constatato che nella storia non
avrebbe trovato posto, e ho deciso di eliminarla. Invece,
nell’ultimo capitolo, si accenna a dei generici
“fratelli” di Kazi, anche se non vengono
specificati né quanti sono, né di che sesso sono,
né come si chiamano.
· Avevo intenzione di
includere Rinoa nella fan fiction, ma ho deciso infine di non inserirla
perché avrebbe allungato la storia e basta. Avevo una mezza
idea di mettere anche Xion, uno dei miei personaggi preferiti, ma non
l’ho messa per lo stesso motivo di Rinoa.
· Pura curiosità: i
cioccolatini che Mog regala a Kazi per Natale sono i Ferrero Rondoir.
Li avete mai assaggiati? Hanno un gusto che non si può
descrivere, che vi fa toccare il paradiso … sbav!
· La parola
“kazi”, se scritta in kanji diversi, oltre a
“incendio” vuol dire anche “lavoro
domestico” e “timone”.
· Dato che non ho mai ben
capito come mai il figlio di Pippo non viene mai menzionato in nessun
Kingdom Hearts, l’ho inserito come citazione in uno dei
capitoli.
· Lo strano grado di parentela
che hanno Aqua e Kairi (cugine per parte di madre e sorelle per parte
di padre) non ha una ragione precisa, semplicemente le ho rese entrambe
figlie di Ansem, e ho fatto che le loro madri erano sorelle per
giustificare la somiglianza delle due ragazze (tratti somatici, occhi)
e al contempo le loro differenze (colore dei capelli …)
· Angel è
l’unico personaggio che è stato inventato sul
momento: mentre scrivevo il capitolo sul Natale, mi è venuta
la bella idea di inserire una possibile futura compagna per Kazi,
così ho “improvvisato” questa bambina.
· Teoricamente, nella fan
fiction avrei dovuto rivelare l’aspetto di Vanitas, ma poi ho
pensato che questo pesantissimo spoiler non sarebbe stato gradito.
Note mie: ora
è veramente finita! Però non ho certo intenzione
di fermarmi qui! Ho già deciso che non scriverò
ancora un seguito della storia, ma voglio scrivere due spin-off: uno
introspettivo, con i pensieri e i sentimenti che i vari personaggi
della fanfiction hanno verso i principi (Kairi e Kazi), e uno che parla
di episodi della vita di Kairi e Kazi che ho tralasciato nella storia.
La prima l'ho già cominciata, ma ho bisogno del vostro
aiuto, perchè le idee ogni tanto vengono a mancare. Allora
mandatemi le vostre idee. Io per esempio, riguardo al primo spin-off,
sono già lanciata, ho scritto quasi due capitoli. Ma il
secondo lo scriverò SOLO con le idee che mi mandate voi: che
so, magari volete sapere com'è un tipico giorno-scuola di
Kazi, oppure volete sapere cosa succede il giorno del suo compleanno, o
cosa succede nella vita del padre di Sora, o cose simili ... mandatemi
le vostre idee per email o per commento, tutte quelle che vi vengono in
mente, e io le approfondirò e le amplierò, e
scriverò un capitolo per ogni idea che mi mandate.
Perchè non ce la farei ad abbandonare Kazi, mi sono
affezionata troppo a lui. grazie!!
Laia92
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