Il Disco Maya

Era un freddo e piovoso pomeriggio invernale quando Rick, un quindicenne come ce ne sono molti ,fu chiamato dal suo migliore amico Mark. Il ragazzo gli aveva telefonato verso le tre dicendogli di trovarsi a casa sua per andare da un antiquario da cui Mark sperava di trovare un prezioso reperto Maya che non smetteva mai di nominare da tre giorni consecutivi. Rick camminava sotto la pioggia con l’ombrello aperto , ogni macchina che passava gli spruzzava litri e litri di acqua addosso ma lui  non se ne preoccupava minimamente e ,francamente,non gliene importava nulla. Dopo una decina di minuti si trovò davanti alla casa di Mark e suonò al campanello.

La voce elettronica del citofono rispose:

“Chi è”?

“Sono io, Rick”

“Ah, sei tu!Vieni,entra pure”-disse Mark e il cancello nero si aprì.

 Rick entrò e si guardò attorno: c’era aria di trasloco da quelle parti poiché un grosso camion era stato caricato di mobili e stava appena andando via. Quando il giovane arrivò dall’amico lo trovò come non lo vedeva da giorni;aveva sì la sua aria da lettore incallito ma c’era quasi un’ ombra di gioia nei suoi occhi per la nuova scoperta che aveva fatto. Al collo poi portava quella maledetta catenina con su scritto “I Love Me” che Rick gli aveva regalato per il compleanno: “Come vorrei tornare indietro e prendergli un’altra cosa” pensò tra sé il ragazzo rivedendo la piccola collanina.

“Sei arrivato finalmente!”-disse Mark facendo segno a Rick di entrare in casa.

“Già, ma questo stupido temporale mi ha rallentato un po’. Senti ,  ma perché ho visto un camion di traslochi qui fuori?”

Mark fece spallucce:

“Mha ,  forse i vicini vanno via dopo che gli ho bucato per la quinta volta le ruote della macchina. Per poco non mi facevo scoprire ma penso che quei furbastri abbiano intuito qualcosa. Va bene, ora entra, non vorrai restare lì tutto il giorno no?”

Rick annuì e andò con Mark in camera sua. Questa poteva essere scambiata per un bazar di libri e dvd , c’erano scaffali ripieni di volumi di ogni genere,dai gialli all’horror ,e vicino alla scrivania facevano bella mostra file e file di dvd. Ma non era finita. Mark possedeva un mobiletto in cui teneva tutti i Film e i libri a cui teneva di più e non permetteva a nessuno di avvicinarsi.

“Allora, come va a scuola?”-chiese Mark

“Bè , abbastanza bene, ma domani ho l’interrogazione di storia!”

“Hai studiato bene?”-domandò Mark con una punta d'ironia.

“Senti, non parliamo di scuola perché mi fa rabbrividire!”esclamò Rick

“Ok, ok. In ogni caso, guarda cosa ho finito di leggere!”

Mark prese un libro dal suo “scrigno segreto” e lo porse a Rick anche se prima gli chiese di lavarsi le mani per ben due volte. La copertina era rossa e raffigurava un drago dello stesso colore che guardava con occhi torvi il lettore. Il titolo era “Eldest”.

“Carino, quanto ci hai messo a finirlo?” - si informò Rick

“Tre giorni!”- rispose l’amico

“Uao, per 800 pagine è un record!”-disse Rick stupito.

“Già!” Mark rimise il libro al proprio posto e poi si diresse ai dvd; ne tirò fuori due:

“E questi sono i film che mi piacciono di più!”

Rick li osservò e lesse “Lilo e Stitch ,  La serie” e “Il Re Leone 2”.

“Che leggessi libri non del tutto normali lo sapevo, ma il fatto che tu veda questi film infantili mi è nuovo Mark; mi meraviglio di te!”-rise Rick

“Non sono infantili- mugugnò l’altro in risposta – Sono educativi!”

“Va bene, va bene; ma non mi avevi chiamato per quel tuo…ehm…“Coso Maya?”

Mark improvvisamente sì illuminò:

“Giusto, me ne ero scordato. Ho chiamato anche gli altri, sai pensavo foste felici di fare un giro per un antiquario!”

“Non immagini quanto”- sbadigliò Rick con sarcasmo-  Avrei preferito andare al cinema o magari a giocare a calcetto!”

“No- disse Mark ,mentre accendeva la Playstation – Non voglio perdermi una simile occasione; se volete,dopo andremo al cinema. Ora vediamo se riesci a battermi a questo nuovo Videogame, è una vera bomba!”

Giocarono per una mezz’oretta; era inutile negarlo: Mark era un vero professionista anche in questo campo. Quando Rick fu sconfitto per 3 volte di seguito, rinunciò e si mise a leggere i fumetti dell’amico. Passarono pochi minuti e poi il citofono suonò di nuovo.

Mark distolse gli occhi dal Videogioco e corse ad aprire :

“Sono loro!”

Rick andò con lui e quando aprì la porta; Eric fu il primo ad entrare :

“Allora dove andiamo di bello?”-disse mettendo una mano sulla spalla di Mark. Gli altri ragazzi entrarono e salutarono Rick: erano Gianni, il vicino di Rick che conosceva fin dalle elementari, Chris ,un ragazzo un po’  “paffuto” ma comunque un grande amico , Manuel e Arnold , due compagni delle medie che erano rimasti tali fino alle superiori nonostante fossero di nazioni diverse (Manuel è Italiano mentre Arnold viene dal Perù), Robert , cugino di Rick, che aveva fatto conoscenza con il resto del gruppo e infine Mirko,il capitano della squadra di Basket della scuola.

“Bè, dovremmo andare ad un negozio d'antiquariato!”- rispose Mark.

Tutti cominciarono ad emettere versi di disapprovazione e di noia ma Mark anticipò le loro proteste:

“Ragazzi ,vi giuro che ci metteremo poco. Poi potremo andare dove più ci piace ok?”

“Sei sicuro?”-disse Eric

“Sicuro,Sicuro!”-confermò Mark incrociando le braccia sul petto.

“E va bene andiamo ma….. dove vai?”-chiese poi Eric vedendo che l’amico si allontanava

“Torno subito!”

Rick si avvicinò ad Eric e gli bisbigliò nell’orecchio :

“Ma cosa diavolo sta facendo?”

Dopo pochi minuti ,proprio mentre stavano uscendo, Mark si presentò agli amici con uno zaino pesantissimo.

“Possiamo andare”-disse

“Ma che ci hai messo qui dentro i mattoni?”-chiese Robert ridendo. Aprì lo zaino e tirò fuori il libro rosso che aveva visto Rick e gli stessi dvd che piacevano di più a Mark.

“Ti stai portando dietro questa roba?”-domandò Eric

“Certo- rispose Mark mettendosi lo zaino in spalla – Ho paura che me la rubino, non si può mai sapere!”

Fu allora che Manuel disse qualcosa ad Arnold sottovoce e ,vedendo come ridevano,Rick capì che doveva essere qualcosa di divertente su Mark.

Per arrivare dall’antiquario ci misero quasi un’ora poiché verso le cinque Mark si era ricordato che la linea che portava alla loro meta era temporaneamente fuori servizio e quindi i nove amici si dovettero arrangiare a piedi.

“Sono cotto!”- si lamentò Chris –  Ci vuole ancora molto?”

“Chris ,stiamo camminando da appena tre quarti d’ora , qual è il problema?”-disse Gianni sarcasticamente

“Non vi preoccupate, è questione di pochi minuti!”- li rassicurò Mark.

“Lo era anche quindici minuti fa se è per questo!”- precisò Rick.

Ad un tratto Mark si fermò davanti ad una casa mezzo diroccata e disse :

“Eccoci arrivati!”

“E questo sarebbe l’antiquario?”- chiese Mirko

In effetti l’edifico cadeva a pezzi: le finestre erano scardinate,le pareti scrostate e il tetto privo di alcune tegole.

“Entriamo avanti!”-fece segno Mark agli altri

“Dai facciamolo contento , ha detto che poi ci accompagnerà al cinema!”-disse Rick agli amici che si rifiutavano di entrare. Mark bussò alla porta e attese. Nessuno.

“Sei sicuro che questa non sia una casa da demolire?”-gli urlò Eric.

“Non sono scemo, sono sicuro che sia l’indirizzo giusto!”

Riprovò a bussare ma ancora una volta la porta rimase chiusa.

“Senti,perché non la fai finita con questo Disco Maya e non ce ne andiamo da un’altra parte?”- gli disse Rick.

Mark sarebbe voluto rimanere ma, alla fine ,decise di ascoltare gli amici e cominciò ad allontanarsi dall’edificio. Fece appena tre passi che udì dietro di lui un cigolio sinistro e una voce gracchiante che disse:

“Che volete?”

Mark si voltò e vide un uomo sulla soglia della porta del negozio. Assomigliava ad un topo di biblioteca con capelli grigi , barba mal rasata e un gilet pieno di polvere. In una parola , sembrava anche lui un reperto.

“Che cosa volete?”- ripeté il vecchio

Mark gli si avvicinò :

“Ehm, vorremmo visitare il vostro negozio se ce lo permette!”-disse Mark facendogli un gran sorriso.

Il vecchio li squadrò uno ad uno e poi disse:

“Va bene, entrate ma non toccate nulla. Ci sono cose molto delicate o ……. pericolose!”

“Si, certo – deglutì Mark –  Può fidarsi di noi!”

Uno per volta entrarono e Mark gli disse di seguirlo. Tutti obbedirono finché non si fermò di scatto.

“Eccolo!”- disse con entusiasmo

Da una cassetta piena di rottami e oggetti polverosi tirò fuori una specie di disco d’argento con un rubino ogni  quattro centimetri.

“Si dice che questo disco era utilizzato dai Maya per teletrasportarsi nei regni dei loro Dei; stando a quello che si racconta, in pratica posizionavano i loro testi sacri davanti al disco e ,come per magia , gli esseri che vi erano raffigurati prendevano vita. A volte invece si facevano trasportare direttamente nei papiri!”

Eric trattenne una risata mentre Mark teneva in mano quello strano oggetto e poi disse:

“Hai sentito quello che ha detto il vecchio;non dobbiamo toccare nulla!”

Fece per toglierglielo di mano ma Mark non mollò la presa. I due tirarono avanti e indietro lo strano manufatto per un po’ e ,nel farlo, i dvd e il libro di Mark caddero dallo zaino.

“Ehi, smettela!”- esclamarono gli altri cercando di sedare la rissa

“Lascialo!”- disse Eric

In quel momento avvene uno spettacolo straordinario.  Il disco cominciò ad illuminarsi di un'intensa luce argentea e tutti i rubini si accesero come fiamme,il libro e i dvd che erano in terra brillarono e qualcosa fu trasportato al suo interno. Una forza misteriosa cominciò ad avvolgere i ragazzi uno ad uno e a risucchiarli nel magico oggetto rendendo inutili le urla di terrore che questi lanciavano. Quando l’ultimo ragazzo fu assorbito dal disco, questo tornò normale, cadde in terra e rimase fermo in mezzo al negozio buio e ormai vuoto.

                                   Un Nuovo Mondo

Mark si svegliò sentendo qualcosa di umido sotto una guancia. Si alzò tossendo e constatò che era disteso sull’erba bagnata. L’ultima cosa che ricordava era quel disco che si accendeva di una luce abbagliante e poi una sensazione di nausea mentre veniva risucchiato insieme ai suoi amici. Si volse e li vide distesi per terra come lui tranquillizzandosi. Approfittò di quel momento per guardarsi attorno. Non c’erano città, strade o segni di interventi dell’uomo per centinaia di miglia e l’aria che si respirava era molto più fresca e pulita di quella del loro mondo.

“Il nostro mondo?” pensò Mark “Ma allora dove siamo capitati?”

Fece qualche passo indietro ,ma inciampò in qualcosa e cadde al suolo. Massaggiandosi il ginocchio cercò di capire su cosa era andato incontro e con sua sorpresa vide una pietra giallo oro che rifletteva i raggi solari e ,dietro questa, altre otto di colori diversi. Si avvicinò carponi e la prese fra le mani osservandola con curiosità. Intanto gli altri ragazzi si stavano riprendendo e cominciarono a guardarsi intorno smarriti.

“Mark...dove siamo finiti?”- disse Rick spaventato.

Distogliendo lo sguardo dalla pietra il ragazzo rispose:

“Io non….non lo so”.

“Non lo sai?”- esclamò adirato Gianni tenendo i denti serrati.

“Lo dicevo che non dovevamo andare con lui”- si lamentò Chris e quasi si mise a piangere.

“Non fare il bambino Chris”- disse Arnold duramente, anche se il suo sguardo tradiva una certa inquietudine – “Riusciremo a trovare una via d’uscita”.

Mark sarebbe voluto essere di quell'opinione ma ora vedeva solo oscurità davanti a lui. Si voltò nuovamente e tornò a guardare la pietra che aveva in mano.

“Non può essere quello che penso io, non può essere”disse fra sé.

Mirko notò la presenza degli strani oggetti ed esclamò:

“Che cosa sono queste cose?Non ho mai visto pietre rosse,gialle,verdi….”

“Non saprei – mentì Mark – Ma se le abbiamo trovate vuol dire che ci saranno utili. Prendetene una e mettetevela nello zaino”

I ragazzi esitarono:

“Ci appesantirebbero solo”- disse Eric  scuotendo il capo – E poi apri gli occhi Mark. Dove siamo? Come siamo arrivati qua? Come torneremo indietro?

Eric aveva ragione, ma Mark non sapeva da che parte iniziare. A malincuore posò la pietra gialla a terra e si mise in piedi osservando il territorio.

“Vedi qualche posto in cui ripararci?”-chiese Rick

Mark aguzzò la vista e poco lontano vide una piccola spelonca nella roccia. In ogni caso meglio che starsene all’aperto in un mondo straniero.

“C’è una grotta poco distante. Potremo provare a raggiungerla e , una volta al riparo, discutere meglio del nostro….. inconveniente” – propose

“Chiamalo inconveniente”- brontolò Robert

“Va bene possiamo anda…..”- iniziò Mark, ma un rumore alle sue spalle lo bloccò.

“ Da dove viene questo rumore?” – chiese Eric cercandone l’origine.

Chris, allibito, abbassò lo sguardo e indicò le pietre colorate.

“Viene da que…quelle”

I ragazzi si ripararono dietro la schiena di Mark e urlarono:

“Che cosa può succederci ora?”

La pietra gialla continuò a muoversi e a scricchiolare e alla fine esplose mettendo alla luce ciò che Mark si era immaginato: un cucciolo di drago. Dopo pochi secondi anche le altre otto uova (ormai non potevano essere che quelle) si schiusero e i draghetti fecero i loro primi passi. Quello giallo si mosse proprio verso Mark che insieme agli altri si teneva a distanza.

“C….Cosa sono Mark?”- chiese Gianni tenendosi stretto alla maglia dell’amico.

“Se non mi stessi strangolando te lo direi”- disse Mark

Gianni allentò la presa e l’amico disse:

“Devono essere cuccioli di drago come nel libro che ho letto. Ora credo di aver capito, in qualche modo quel disco deve averci trasportato qui”

“Bhè la cosa non mi rallegra”- disse Rick stando il più lontano possibile dal draghetto rosso che lo seguiva.

“Non capite- proseguì Mark- secondo ciò che ho letto questi draghi ora dovrebbero essere nostri. Non dobbiamo fare altro che toccarli e….” .

Gianni lo interruppe:

“Numero uno: è quel “dovrebbero” che non mi piace. Numero due: sei matto se pensi che li toccheremo”.

“Fallo tu se ci tieni”- esclamò Mirko.

“E va bene”- disse l’amico lettore alzandosi le maniche.

Si avvicinò al drago dorato e delicatamente allungò la mano verso la testolina della creatura.

“Se urli come un dannato per il dolore, noi scappiamo va bene?”- gli urlò dietro Manuel ma Mark  non vi badò e continuò ad allungare il braccio nonostante stesse tremando visibilmente. Deglutì un’ultima volta e poi toccò il drago. Una scarica elettrica gli attraversò il corpo e lo rivoltò come un guanto ,  il dolore era enorme ma non gli uscì alcun grido. Infine cadde a terra privo di sensi.

                                                 *

Dopo quella che sembrò un’eternità Mark aprì gli occhi

“Tutto bene?”- chiese Arnold

“Sì ma….”- si guardò la mano e vide il segno dei Cavalieri dei Draghi.

“Lo so, dopo che sei svenuto , qualcuno ha cercato di scappare ,ma io sapevo che non eri morto e li ho convinti a toccare gli altri cuccioli. Vieni, siamo riusciti ad accendere un fuoco per la prima volta”- scherzò.

Mark si alzò e corse dagli amici. Ognuno aveva il suo drago in grembo e si guardava il palmo della mano.

“Sembra che sia dovuto capitare a noi”- disse Manuel ,mentre accarezzava il suo drago nero.

“Cosa?”- chiese Mark

Manuel scosse la testa e guardò in basso:

“Niente”.

Mark invece aveva capito benissimo a cosa alludeva Manuel. Probabilmente lo reputavano colpevole di questa loro disgrazia e , pensò Mark, forse non avevano torto.

Cercando di cambiare argomento il ragazzo chiese:

“Gli avete già dato dei nomi?”

“A chi?”- Chris lo guardò in modo strano.

“Ai draghi. Ora possiamo dargli il nome che più desideriamo”.

“Bhè se è così credo che lo chiamerò Kaspian”- disse Manuel.

“Hai letto le Cronache di Narnia?”- gli chiese Mark.

“Si”- sorrise l’amico.

Così gli altri amici cominciarono a scegliere i nomi più adeguati per i loro draghi: quello di Rick si chiamava Vahalkas, quello di Gianni Kreghor, Eric scelse Maskind, Robert Eridor ,Chris optò per Krogor , Arnold per Razar e infine Mirko per Xavian. Ora toccava a Mark scegliere il nome per il suo drago. Ne passò in rassegna alcuni e poi decise di usare quello che prima gli venne in mente:Zarthan.

“Bel nome”- sghignazzò Eric- “Lo hai inventato tu?”

“Più o meno”.

Mark si sedette vicino al fuoco e chiese:

“Pensate che resteremo qui per molto?”

Quello che ottenne furono solo sguardi  interrogativi.

“Purtroppo si”- disse Manuel

“Allora dovremo imparare a sapercela cavare da soli perché questo posto è molto pericoloso”.

Gli altri lo guardarono e tutti insieme dissero:

“E come facciamo?”

Mark si mise una mano in faccia. Abituati com'erano a vivere con tutte le comodità dell’era moderna non si stupì del fatto che avrebbero incontrato difficoltà. Almeno lui era stato in campeggio.

“Dovremo solo allenarci per bene e poi saremo in grado di farcela”- concluse.

Da quel giorno cominciarono delle lunghe giornate di lavoro. Per prima cosa Mark chiese loro di prendere dei bastoni e di lottare. I ragazzi eseguirono ,ma erano molto goffi e spesso inciampavano e cadevano. Il tiro con l’arco non andò meglio. Con dei rudimentali archi di legno e dei bastoncini che Mark aveva fabbricato, tentarono di colpire un tronco ma solo lui,Arnold,Eric e Rick ebbero qualche piccolo successo. Arnold colpì addirittura lo stesso punto con due dardi. Era un bravo arciere, la sua vista era già ottima in passato ed ora ,  con l’ausilio dei poteri del suo drago, era in grado di colpire a miglia di distanza dall’obiettivo. Comunque dopo pochi giorni raggiunsero tutti un buon livello e si complimentarono tra di loro mentre i draghi cominciarono ad aumentare di dimensioni. Erano splendide creature ,ma Manuel constatò una cosa:

“Ma sono tutti maschi”- disse mentre si allenava con l’ arco

“Lo so, lo so. Nel libro si dice che in questa terra c’è solo una femmina”- disse Mark dato che conosceva il libro.

“E il suo Cavaliere?"- chiese poi Manuel che si era interessato.

“Maschio”

“Ah”- si limitò a rispondere l’altro e tornò a scoccare frecce. A notte fonda i compagni posarono le armi improvvisate e chiesero:

“Dove dormiremo senza tende?”

“Ho letto nel libro che i nostri draghi possono farci dormire sotto le loro ali. Provate”.

Si avvicinò a Zarthan e gli chiese con la mente:

“Puoi farmi dormire sotto le tue ali?”

“Ma certo,vieni pure”- rispose i drago.

Mark si sistemò sotto l’ala dorata e disse agli altri:

“Fate come me”.

Dopo un po’ i  ragazzi erano tutti rannicchiati  sotto i draghi che formavano un cerchio multicolore attorno al fuoco e , a poco a poco, si addormentarono.

                              Nuovi Incontri

Un rumore svegliò Manuel nella notte. Era il suono di qualcosa che si aggirava tra i cespugli. Uscì da sotto l’ala di Kaspian e si diresse al drago di Mark toccandogli lievemente la sua. Sentendo Manuel, Zarthan la alzò.

“Mark, vieni un attimo fuori”- disse scuotendolo.

“Che cosa c’è?”- esclamò un po’ stizzito l’amico cercando di rimettersi a dormire.

“Ho sentito uno strano rumore fra i cespugli. Che cosa dice il tuo libro riguardo le altre creature di questa terra?”     - domandò spaventato.

“Bhè, ho letto di orsi , lupi giganti e di Nagra ,cioè cinghiali dalla mole smisurata. Perché?”

“Come perché?”- sibilò Manuel – E se fosse una di queste creature a provocare questo rumore? I nostri draghi sono ancora troppo piccoli per poterci proteggere da simili mostri”.

“Vuoi che venga a controllare?”

“Sì”.

Mark, a malincuore, si alzò e , insieme a Manuel , si avvicinò alla fonte del suono che tanto infastidiva l’amico.

In quel momento però si sentivano solo i forti respiri dei draghi e nient’altro.

“Te li sarai sognati Manuel. Forse era solo la tua immaginazione”- disse Mark

“No. Ti giuro che non me li sono sognati. Aspetta ancora un po’ e vedrai.”

Mark incrociò le braccia al petto e attese sbadigliando di tanto in tanto. Improvvisamente avvertì un fruscio di foglie secche e sobbalzò.

“Hai visto? Non sono pazzo”.

“Sc…scusami. Che cosa facciamo ora? Svegliamo gli altri?”

Manuel scosse la testa e invitò l’amico ad abbassarsi per potergli parlare all’orecchio:

“Vai a prendere il mio bastone”.

Mark non capiva se Manuel stesse scherzando. Un bastone non poteva certo competere con un Nagra ,  ma obbedì lo stesso e poco dopo lo porse all’amico.

“Che vuoi fare?”- gli chiese.

Manuel strinse con forza l’arma e poi strisciò verso i cespugli senza dare una risposta a Mark. Sentì il suo cuore accelerare man mano che si avvicinava,  ma alla fine prese tutto il coraggio che aveva e con forza scagliò il bastone in mezzo alle frasche. Mark già stava per scappare aspettandosi un ruggito o un verso animalesco ma tutto quello che udì fu un semplice “Ahi” e poi qualcosa uscì allo scoperto...un leone…no,due leoni,ma erano dei…cartoni animati. Manuel per poco cadde in terra e strisciò all’indietro verso Mark, rimasto immobile a osservare. Zarthan evidentemente avvertì la paura e insieme l’emozione di Mark e gli chiese:

“Tutto a posto ragazzo?”

“No. Non è tutto a posto”.

“Che razza di creature sono?”- domandò Manuel, ma Mark era simile ad un simulacro di marmo.

“Questi - disse il ragazzo balbettando – sono Kovu e Kiara. I leoni del mio dvd. Ti ricordi quando eravamo dall’antiquario e  la mia roba è caduta dallo zaino? Bhè, in qualche modo il disco che ci ha portato qui deve aver dato vita anche a loro”.

“Giusto - esclamò Manuel – in fondo lo avevi detto anche tu che i Maya lo utilizzavano per i loro strani rituali”.

Mark si avvicinò ai due animali e tentò di toccare Kiara. Non aveva mai capito di cosa erano fatti i cartoni ,ma Kovu fece per morderlo. Non era certo che si sarebbe fatto male , ma un leone è sempre un leone ed era meglio non rischiare.

“Voi siete?”- chiese Manuel ai due strani esseri.

“Io sono Kovu e lei è Kiara”- disse il più grosso e scuro dei due.

“Se volete unirvi a noi, siete i benvenuti”- esclamò Mark in modo quasi automatico e Manuel intervenne:

“Ma cosa diamine fai?

Mark non fece caso alle parole di Manuel e rimase in attesa di una risposta. I due alla fine accettarono , dato che non conoscevano quello strano mondo, e fecero amicizia con gli altri ragazzi e con i rispettivi draghi. Passarono qualche giorno ad assistere agli allenamenti dei nove amici, finché un forte vento spazzò la pianura dove il gruppo si era accampato.

“Ma che cos’è questa bufera?”- chiese Eric coprendosi il volto.

“Non è una bufera”- disse Mark guardando allibito verso l’alto.

Un enorme drago nero stava atterrando sullo spiazzo vicino al gruppo di amici,il suo Cavaliere portava un’armatura dello stesso colore e una spada ,anch’essa nera, gli penzolava da un fianco.

“Benvenuti nel mio regno, giovani Cavalieri”- disse dolcemente l’uomo.

“Chi sei?”- s'informò Gianni ma Mark gli si parò davanti velocemente.

“Stai indietro,so tutto di te. Le tue parole possono sembrare giuste, ma dietro nascondi sempre degli scopi orribili”.

“Questo è inesatto – cominciò quello – Galbatorix è un uomo molto magnanimo e sa bene quando si trova nel giusto e quando nello sbagliato”.

“Non ascoltatelo”- avvertì Mark.

Galbatorix fece una lenta risata, ma questa venne interrotta da una freccia che sfiorò il suo braccio e si conficcò in un albero poco distante.

“Vattene, o la prossima volta farò centro”- disse Arnold tenendo l’arco puntato sul malvagio re.

“Avete scelto una morte lenta allora. Sappiate che al mio fianco avreste potuto fare cose grandiose, ma , a quanto pare, i miei sforzi sono stati inutili”.

Guardò i ragazzi uno per uno e alla fine pronunciò:

“Sappiate che , quando ci ritroveremo faccia a faccia, io sarò l’ultima cosa che vedrete in questo mondo”e spicco il volo verso ovest.

“Wow, hai avuto coraggio ad affrontarlo in quel modo”- disse Eric ad Arnold.

Lui accennò un debole sorriso e poi accarezzò il muso di Razar. Il drago bianco era il più bello dei nove ed anche il più abile in volo ma odiava la violenza e attaccava solo in caso di estrema necessità. Sembrava una copia dell’animo di Arnold , in verità.

                                L’imboscata

Quando fu notte, Mirko disse da sotto l’ala del suo drago:

“Comincia a fare più freddo dopo il tramonto. Dobbiamo trovare un posto dove riposare al caldo”.

“Hai ragione”- rispose Mark – domani c' incammineremo e ,appena troveremo un villaggio, ci riposeremo ma… dov’è Arnold?”.

“Lì”- disse Rick che stava cercando di tenere il fuoco acceso. L’amico arciere era seduto a gambe incrociate su una roccia e guardava verso la foresta.

“Che cosa c’è? Vedi qualcosa?”- domandò Rick che ormai era costretto ad usare il fiato per mantenere viva la fiamma e poi aggiunse:

“Se solo i nostri draghi fossero già in grado di sputare fuoco”.

Arnold girò la testa di lato e gli fece cenno di avvicinarsi.

“Eric, controlla tu il fuoco”- disse Rick e si diresse verso Arnold. Il ragazzo continuava a fissare la foresta e dopo una decina di secondi disse:

“Stai giù!!!!”

Alcune dozzine di frecce piombarono sul campo e i ragazzi riuscirono a trovare riparo in fretta. Quando i dardi smisero di saettare ,i giovani presero le loro quasi inutili armi e attesero in cerchio insieme ai loro draghi e ai due cartoni.

Passò qualche secondo. Arnold si voltò di scatto e scagliò una freccia facendo cadere un corpo da un albero. Subito dopo una sagoma si avventò su Rick che riuscì a colpirla in tempo e la guardò alla luce del fuoco….era un orco. Le verruche gli coprivano la faccia ed aveva graffi e cicatrici ovunque. Il ragazzo distolse l’attenzione dal mostro ucciso e si guardò intorno: Arnold stava centrando ogni bersaglio, ma gli altri erano in difficoltà. Essendo scarsi nel tiro con l’arco e non avendo armi sufficientemente potenti da usare nel corpo a corpo, Eric, Gianni,Mirko,Robert,Mark,Manuel e Chris erano costretti ad indietreggiare verso i loro draghi.

Vahalkas chiese a Rick:

“Posso combattere?”

“E me lo chiedi anche?”- gli rispose Rick con la mente ,mentre era intento a schivare un orco e a dargli un pugno nello stomaco. Il ragazzo ritrasse la mano e disse:

“Ahi, hanno la corazza”.

L’orco lo colpì a sua volta e stava per infilzarlo quando Vahalkas piombò su di lui e lo sventrò.

“Stai bene?”- chiese il drago rosso – I miei fratelli stanno aiutando i tuoi amici ma ci sono troppi nemici, dobbiamo scappare.”

Il drago aveva ragione. Le enormi creature uccidevano molti orchi ,ma non erano ancora in grado di sostenere un lungo scontro. Una mano toccò la spalla di Rick . Era Manuel:

“Avanti, andiamo via”- disse mentre tirava frecce verso le orrende creature davanti a lui.

“Sì. Mark, scappiamo. Dì a tutti di andarcene - urlò Rick.

Così i compagni iniziarono la fuga. Chris atterrò un orco con una spallata e gli tagliò la gola con una pietra affilata, Arnold , invece, correva all’indietro tirando due frecce per volta. I draghi volavano sopra il bosco mentre Kovu, Kiara e i Cavalieri si inoltravano in esso. Una freccia mancò per poco Mirko e si conficcò in terra.

“Sono sugli alberi quei maledetti”- disse Arnold, scagliò un dardo e colpì un orco balzato fuori da un cespuglio.

“Spuntano come i funghi, dannazione”- sibilò Gianni mentre colpiva con il bastone un orchetto armato di lancia.

Robert stava lottando con tre avversari. Due lo tenevano fermo per le spalle mentre il terzo lo stava caricando frontalmente. Mirko si avventò su quest’ultimo e tentò di tenerlo fermo ma fu poi attaccato da un altro e così Robert rimase a lottare con gli altri due mostri. Uno di questi sferrò un colpo al Cavaliere e lo mandò a terra, l’altro stava per trafiggerlo quando Kovu gli saltò addosso e lo uccise mordendogli il collo.

“Allora non siete inutili voi cartoni”- disse Robert riprendendo a correre. Ormai i ragazzi erano stremati, coperti di graffi e ferite ed avevano il fiatone.

Eric esclamò in modo affannoso:

“Non ce la facciamo più a correre Mark, che facciamo?”

In quel momento Mark si sentì pienamente responsabile di quello che stava succedendo. Guardò gli amici feriti e gli venne una fitta allo stomaco, ma poi ebbe un’idea.

“Ho un’idea”- disse mentre correva – dobbiamo volare sui nostri draghi”.

I ragazzi dietro di lui lo guardarono impauriti:

“Sei matto?- esclamò – Fatico già a correre, figuriamoci a volare”.

“Dobbiamo tentare- disse Mark e abbassò la testa per schvare una freccia- chiamate i vostri draghi e ditegli di aspettarci in quella radura laggiù”- indicò uno spiazzo d’erba tra gli alberi a quasi settecento metri di distanza. Gli altri Cavalieri fecero come gli era stato detto e dopo un po’videro tutti i loro draghi ad aspettarli.

“Ora, ragazzi,metteteci tutta la forza che avete e correte il più veloce possibile”- esclamò Mark.

Gli orchi stavano a quasi cinquanta metri dietro di loro e lanciavano dardi con balestre e archi.

“Come faremo a venire con voi? Non possiamo cavalcare un drago”– disse Kiara.

“Vi faremo trasportare tra le loro zampe”- rispose Manuel.

Dopo pochi minuti di corsa, arrivarono dai draghi e ognuno salì sul proprio. Krogor  ed Eridor presero l’uno Kovu e l’altro Kiara fra le zampe e attesero l’ordine dei loro Cavalieri.

Mark , dal dorso di Zarthan, pensò:

“Solo qualche giorno fa ero in camera mia a studiare con i miei genitori. Ma come ho fatto a lasciarli così?”.

“Amici miei, stiamo per volare. Reggetevi forte e partiamo”- urlò Mark mentre Zarthan si alzava in volo. Gli altri draghi fecero lo stesso e i ragazzi si tennero stretti alle loro punte. Mark era per la prima volta in cielo. Non era come in un aereo perché ora poteva toccare tutto ciò che c’era senza guardare dal finestrino, si girò e vide Rick gridare:

“Yuuu-Huuuuu”.

Intanto Mirko urlò:

“Dove ci fermiamo Mark?”

Il Cavaliere dal drago dorato si guardò intorno e poi disse:

“C’è un’altra radura laggiù. Passeremo lì la notte.

Ormai gli orchi non si vedevano più e Mark si abbandonò a parlare con il suo drago:

“Ce la siamo vista brutta oggi vero?”

“Sì ma ,per fortuna, nessuno è ferito gravemente”- gli rispose il drago.

Dopo un po’ , i draghi atterrarono e i ragazzi si buttarono a terra.

“Uff, mai più, mai più”- disse Chris.

Mark ridacchiò:

“Come ti è sembrato il volo?”

“Sconquassante”- gli rispose l’amico.

Arnold gli lanciò un’occhiata vacua:

“Ti ci abituerai con il tempo”- disse.

“A proposito di tempo. Noi abbiamo lasciato a casa i nostri genitori”- urlò Robert.

“No. Secondo i testi che ho letto, quel cerchio che ci ha portato qui blocca il tempo reale. Quando e se torneremo indietro, sarà passato solo qualche attimo”.

“Almeno questa è una consolazione”- disse allegro Eric.

“Per voi chi ha mandato quei mostri?”- chiese Gianni cambiando argomento. I ragazzi si guardarono fra loro e poi Rick disse:

“Deve essere stato Galbatorix, non c’è dubbio”.

Mark si accigliò e prese una pietra tirandola in alto.

“Può essere- disse- ma c’è qualcosa che non va . In Alagaesia non ci sono orchi.

“No?Allora ce li siamo sognati?” – chiese sarcastico Manuel.

“No, deve essere successo qualcosa di grave quando quel disco ci ha trasportato qui”.

“Cosa Mark?Cosa può essere successo di così grave?”

Mark scosse il capo:

“Non lo so ragazzi, davvero non lo so”.

Gianni si alzò bruscamente e disse:

“Magnifico. Noi avevamo una vita perfetta davanti e tu…tu ce l’hai rovinata. Non ho tenuto il conto di quanto tempo siamo stati nel… nel tuo libro e questo e solo per colpa tua”.

Kreghor gli si avvicinò ma Gianni rispose prima che il drago potesse apri bocca:

“Non voglio parlare” e si diresse verso il boschetto ai margini della radura.

Robert fece per seguirlo ma Mark lo trattenne:

“Aspetta. Lascialo stare solo per un po’. Ha il diritto di sfogarsi”.

Robert guardò prima Mark che gli fermava la mano, poi Gianni e infine si mise di nuovo a sedere vicino agli altri compagni nel silenzio generale.

                               Stitch ed Angel

Gianni passeggiava per il bosco pensando a come Mark aveva sconvolto le loro vite: li aveva strappati alle loro famiglie e li aveva catapultati in un mondo buio e ignoto.

Dopo un po’, il contatto mentale di Kreghor raggiunse il ragazzo:

“Non vuoi parlare con me?”

Gianni rispose:

“Scusa se ti ho trattato male prima. Tu non hai colpa , sei l’unico amico di cui mi posso fidare veramente ora”.

“Non devi aver fiducia solo in me ma anche nei tuoi amici. Solo insieme potrete vincere le paure e le angosce che incontrerete”.

Gianni sorrise e si sedette su una pietra muschiosa:

“Grazie Kreghor, sei un grande amico”.

Un tonfo in mezzo agli alberi attirò la sua attenzione e gli fece chiudere il contatto mentale con il drago. Automaticamente portò la mano alla schiena per afferrare l’arco ,ma non lo trovò : lo aveva lasciato al campo. Impaurito, si nascose dietro un albero e attese, mentre il sudore gli scendeva dalla fronte e centinaia di piccoli insetti lo infastidivano provocandogli un forte prurito. Saltò di scatto fuori dal suo nascondiglio ma non vide nulla, in compenso sentì di nuovo Kreghor nella sua mente:

“Cosa è successo? Ci sono altri orchi? Robert e Arnold stanno arrivando”.

Gianni avvertì un altro tonfo e camminando all’indietro inciampò su un tronco, cadde per terra e si sbucciò i gomiti.

“Non so Kreghor, c’è qualcosa qui , ma non riesco a capire cos’è”.

Il drago rispose subito:

“Non temere, stiamo arrivando”.

Gianni annuì con la testa e si guardò intorno circospetto. La foresta non permetteva una buona visuale ,ma ad un tratto scorse qualcosa tra i rami: aveva due occhi gialli nell’oscurità ma il resto del corpo era invisibile ai suoi occhi. Solo Arnold sarebbe stato capace di capire cosa fosse quella creatura. Gianni rimase immobile con i pugni serrati,fece per scappare ,ma il misterioso animale spiccò un balzo e uscì allo scoperto…un altro cartone animato, Mark l’avrebbe pagata. Aveva due lunghe antenne ed era di un forte colore rosa, un altro di quegli esseri lo bloccò per le gambe e si mostrò: anche questo aveva due antenne, ma più corte e inoltre era di un blu molto scuro.

Gianni tentò di divincolarsi ,ma la creatura animata lo teneva stretto per le gambe.

“Ha una forza spaventosa per la sua piccola mole”- pensò Gianni, poi con uno strattone riuscì a liberarsi una gamba. In quel momento arrivarono Robert e Arnold seguiti a poca distanza da Kreghor, Razar ed Eridor.

Robert fissò i due cartoni e disse:

“Ancora? Ma quanti dvd aveva Mark nello zaino?”

Arnold si tolse la camicia e disse:

“Bhè , mentre ci pensi io provo ad acciuffarne uno”.

“Era sarcasmo quello?”- domandò Robert e poi catturò il cartone rosa.

Arnold con un’abile mossa acciuffò l’altro e rispose ridendo:

“No. Perché dovrei fare sarcasmo su di te?”. Poi andò verso Gianni e chiese:

“Tutto bene? Niente di rotto?”.

“Solo un po’ di sbucciature, ma ora portiamo queste creature a Mark, lui saprà dirci chi e cosa sono”.

Arnold annuì e legò le estremità della sua camicia in modo che la creatura fosse chiusa come in un sacco. Robert imitò il compagno e poi i due si diressero verso il campo. Kreghor si avvicinò a Gianni e disse:

“Sali su di me, non voglio farti stancare di più”.

Gianni gli diede una pacca sulla squamosa spalla e disse:

“Grazie, ora andiamo.

Quando i ragazzi giunsero dagli altri, Chris disse:

“Che cosa avete portato? Qualcosa da mangiare?”.

Robert posò il sacco a terra e gli rispose:

“Chris, ma tu pensi solo con lo stomaco”.

“Abbiamo trovato questi cartoni nel bosco, mentre cercavamo Gianni”- esclamò Arnold.

Gianni arrivò poco dopo trasportato da Kreghor.

Mark gli andò incontro e gli disse:

“Credo che tu mi debba delle scuse anche se comprendo di avervi fatto del male.”

Gianni smontò da Kreghor e si diresse a passo veloce verso l’amico. Era in piedi a due spanne di distanza da Mark e sembrava volergli dare un pugno ,ma poi disse:

“Non vedo perché dovrei farlo”.

Si sedette e Mirko gli mise un panno d’acqua fresca sulle sbucciature. Mark spostò la sua attenzione sui sacchi che gli avevano portato i suoi compagni e ne aprì uno. La creatura blu uscì con un balzò e prima che qualcuno potesse anche solo muoversi, diede un pugno dritto nell’occhio di Mark. Il ragazzo cadde a terra intontito mentre Eric,Mirko e Manuel tenevano fermo il cartone per quanto si dimenasse.

“Ma come fa ad essere così forte?”- chiese Mirko mentre ansimava.

Mark si rialzò e vide di chi si trattava:

“Stitch”- gli si avvicinò per accarezzarlo ,ma questo riuscì a liberarsi dai tre Cavalieri e lo mandò al tappeto con un altro pugno. Mirko riuscì ad afferrarlo per le orecchie ,ma l’altra creatura uscì dal sacco e gli abbassò il cappuccio sugli occhi, Arnold prese l’arco e stava per scoccare una freccia quando Kiara disse:

“Aspetta”.

L’arciere guardò la leonessa e disse:

“Perché? Li conosci?”.

“Si”- rispose lei.

“Kiara – disse il cartone rosa e si gettò al collo della leonessa.

“Ciao Angel - disse lei – cosa ci fai qui?”

“Non lo so – rispose Angel scuotendo il capo – io e Stitch ricordiamo solo un lampo bianco e poi ci siamo risvegliati qui”.

“Anche io e Kovu abbiamo visto la stessa cosa, ma questi nostri amici ci hanno aiutato”.

“Oh – esclamò Angel e poi si girò verso Stitch dicendo:

“Potete lasciarlo andare, gli spiegherò tutto io”.

Mark con gli occhi gonfi guardò Eric e fece segno di sì con la testa. L’amico lasciò andare Stitch che cadde a terra con un tonfo.

“Chi siete?”- chiese Rick.

“Sono… bhè …diciamo nostri colleghi- disse Kovu – quello blu si chiama Stitch mentre l’altra è Angel”.

“Piacere di conoscervi- disse Arnold – gli amici dei nostri amici sono nostri amici”.

“L’ hai inventato ora?” – domandò divertito Eric.

Angel sorrise e chiese a Kiara:

“Sai come siamo capitati qui?”

“No. Sembra che nemmeno i nostri amici lo sappiano”.

Stitch si avvicinò a Mark e gli disse:

“Scusami, ma quando Angel è in pericolo perdo la calma”.

“Non preoccuparti – finse Mark – ho sopportato di peggio”.

Arnold stava camminando ai margini del campo e disse:

“Andiamocene da qui, sento dei tonfi sordi sul terreno. Dobbiamo muoverci” e salì in groppa a Razar.

“Salta su Stitch – disse poi e il piccolo essere si arrampicò sulla zampa del drago. Gli altri Cavalieri montarono sui loro draghi e Mirko ospitò Angel sul suo. Poco dopo, tutte le creature alate lasciarono la radura e s'innalzarono in cielo formando una catena multicolore.

                                   Alexander

Il vento sferzava i capelli di Mark che era costretto a stare accasciato sul dorso del suo drago per non essere scaraventato giù. Stitch teneva la testa premuta contro Arnold e aveva gli occhi chiusi mentre Kovu e Kiara rischiavano di precipitare dalla stretta di Eridor e Vahalkas.

“Questo vento nuoce a noi e ai nostri draghi Mark. Dobbiamo atterrare. Siamo in volo da quasi un’ora”- urlò Manuel. Mark cercò un posto adatto ,ma vide solo nuvole, così disse a Zarthan:

“Scendi più in basso. Devo verificare che ci sia un posto in cui fermarci”.

Il drago calò giù di lato e oltrepassò i banchi di nuvole permettendo a Mark di scrutare la grande pianura che avevano sotto di loro e di avvistare un piccolo villaggio poco lontano dalla loro posizione.

“Vuoi fermarti lì”- chiese Zarthan.

“Si, andiamo ad avvisare gli altri”.

Quando Zarthan e Mark tornarono dal resto dei Cavalieri, Rick chiese:

“Hai trovato un buon posto per riposare?”

“Non so quanto sia buono, ma è pur sempre un riparo”- gli rispose Mark.

“Non possiamo far vedere i nostri draghi né tantomeno loro –esclamò Arnold indicando i cartoni – potrebbero accusarci di stregoneria”.

Mark rise e guardò Arnold:

“La stregoneria è cosa comune qui. In ogni caso hai ragione, ma staranno poco lontano ,cosicché possano intervenire in tempo se li chiamiamo”.

Arnold annuì e fece diresse Razar vicino all’insenatura di un fiume. Gli altri fecero lo stesso e scesero a terra.

“Mi raccomando, non fatevi vedere”- disse Manuel a Kaspian.

“E voi fate attenzione”- rispose questo.

Le creature rimasero oltre il fiume, mentre i ragazzi si diressero verso il villaggio.

“Che accoglienza pensi ci riserveranno?”- chiese Arnold a Mark.

“Se Galbatorix ha già dato ordine di cercarci, brutta temo”.

Quando arrivarono in prossimità delle porte, Mark avvisò i compagni :

“Abbassatevi i cappucci sul viso. Non facciamoci riconoscere”.

Gli amici eseguirono e dalla sommità del cancello si udì gridare:

“Chi siete?”.

Mark parlò , attento a non farsi vedere:

“Siamo viandanti. Non abbiamo cattive intenzioni, cerchiamo solo un posto dove riposare”.

“Fatevi vedere in faccia”.

A queste parole i ragazzi si irrigidirono e uno per volta abbassarono i cappucci. Passarono pochi secondi e poi l’uomo disse:

“Molto bene, potete entrare”.

Mark emise un sospiro di sollievo. Evidentemente Galbatorix non aveva detto a nessuno di loro…per il momento. Le porte si spalancarono e i Cavalieri entrarono nel villaggio. La gente era prevalentemente rintanata nelle case e solo qualcuno camminava per la strada. Un gruppo di soldati imperiali li guardava in modo torvo, mentre altri ridevano lucidandosi le spade.

“Tira brutta aria qui”- disse Chris.

“Già, stiamo fuori dalle liti altrui”- consigliò Mark.

Dopo un po’, arrivarono alla taverna del villaggio ed entrarono. L’aria era calda, profumava di birra e l’unico tepore era mandato da un caminetto di pietra al centro del locale. Alcuni soldati erano seduti ad un tavolo ,mentre un tizio avvolto in un mantello chiese della birra al bancone. L’oste gliela porse e lui la bevve in un sorso osservando i Cavalieri che entravano e ,di tanto in tanto, scambiando occhiate truci con i soldati. I nove amici si accomodarono ad un tavolo vicino al camino e poco dopo arrivò l’oste:

“Cosa posso servivi signori?”- chiese l’uomo

Mark lo guardò:

“Ehm, prendiamo…nove birre,grazie”.

L’oste annuì e se ne andò in fretta passando ad un altro tavolo.

“Tu hai mai bevuto?”- bisbigliò Eric a Rick.

“No”- rispose lui sottovoce.

Intanto l’uomo seduto al bancone continuava a bere ,mentre un soldato andò ad ordinare:

“Vorremmo il vino migliore della tua cantina”.

L’oste un po’ impaurito disse:

“Ma lo avete appena finito. Non ne ho più”.

Il soldato giocherellò con il coltello che aveva in mano:

“Oh, mi sembra una grave mancanza per il tuo locale. Forse potresti accompagnarci in cantina, sappiamo che nascondi alcune scorte per… i Varden. Ce le mostreresti?”.

L’oste indietreggiò e il soldato ordinò agli altri suoi compagni di alzarsi.

“L’impero è famoso per la sua cortesia”- disse l’uomo in mantello.

“Cosa centri tu,brutto…”- disse la guardia ma il tizio lo prese per un braccio e lo scaraventò dall’altro lato del bancone fracassando bicchieri e bottiglie. Le altre guardie sguainarono le spade e si gettarono sullo straniero. Questo sfilò due coltelli dalle tasche e li lanciò colpendo due guerrieri al collo, estrasse una lunga spada e ne uccise un altro colpendolo al costato. Gli altri clienti cominciarono a scappare, mentre da fuori si sentiva il rumore di altri soldati che accorrevano. I nove amici fecero per andarsene, ma un soldato li fermò urlando:

“Siete spie dei Varden non c’è dubbio allarm…”- ma non completò la frase poiché Arnold gli piantò un dardo in pieno petto.

“Andiamocene”- disse e uscì dalla porta.

Lo straniero colpì un soldato con una sedia , ne sgozzò un altro e poi si diresse anche lui all’uscita, mentre l’oste tremava nascosto dietro il banco. Quando tutti e nove furono fuori, Mark disse:

“Usciamo dal villaggio presto”.

Quando però arrivarono alle porte, le trovarono presidiate da numerosi uomini imperiali. Manuel cercò una via d’uscita e notò delle spade appena forgiate, appoggiate al muro di un fabbro, ne prese una e ne consegnò altre otto agli amici.

“Queste dovrebbero andare bene”- disse Eric roteando la sua.

“Chiamate i vostri draghi e fate uccidere quegli arcieri”- disse Manuel, indicando la sommità delle mura del villaggio. Gli altri obbedirono e dopo un po’ dei ruggiti riecheggiarono nell’aria e i draghi si avventarono sulle mura, afferrando gli arcieri e scaraventandoli in aria. I Cavalieri gridarono tutti insieme e si lanciarono sulle guardie a protezione della porta. Queste cercarono di riunire gli scudi ma l’impeto dei ragazzi li raggiunse troppo in fretta. Mark infilzò due soldati e salì sulle mura, uccidendo un arciere che mirava a Kaspian e ad Eridor, Chris diede una testata ad un altro lo mandò a terra, mentre Mirko e Manuel iniziavano ad aprire le porte. Maskind e Krogor arrivarono in picchiata e lanciarono dalle loro zampe i cartoni che presero anch’essi parte alla lotta. Stitch raccolse uno scudo e colpendo un soldato lo fece precipitare dall’altra parte dei bastioni ,ma un picchiere stava per colpirlo e in quel momento tre coltelli raggiunsero il soldato trafiggendolo a morte. Mark vide da chi erano stati lanciati e identificò lo straniero di poco prima:

“Chi sei tu?”- chiese.

Lo straniero si tolse il cappuccio e si mostrò: aveva i capelli neri e gli occhi dello stesso colore:

“Mi chiamo Alexander”.

Un soldato corse con la spada levata verso Alexander ma la morte lo raggiunse attraverso la lama ormai cremisi del ragazzo. Doveva avere circa 17 anni , ma in un primo momento , Mark e gli altri lo avevano scambiato per un uomo.

“Allora, vogliamo deciderci ad andarcene?”- chiese

Mark uccise un soldato e lo guardò:

“Perché parli al plurale? Potresti essere una spia di Galbatorix mandata per ucciderci”.

Il ragazzo rise e si lucidò la lama con il mantello:

“Devi sapere che Galbatorix mi è nemico alla stessa maniera di come è nemico a voi e poi vi vedo un po’… smarriti. Forse avete bisogno di una guida”.

Mark ci pensò su, una guida gli sarebbe servita ma Arnold disse:
”Non ci serve alcuna guida e…”

“No Arnold, ha ragione lui”- esclamò Mark e l’arciere lo guardò stupito.

“Non dirmi che vuoi mettere tutte le nostre vite nelle mani di quel tizio vero?”

“No, questo mai, ma ci serve una guida perché non conosco ogni cosa di questo mondo”.

Alexander si avvicinò a Mark e gli tese la mano, ma Kiara cercò di morderlo. Il ragazzo la ritrasse e disse:

“Sembra che…qualcuno… non si fidi”.

Mark calmò Kiara e disse che Alexander non gli avrebbe fatto alcun male ma che dovevano tenerlo d’occhio.

“Sei sicuro di ciò che dici?”- chiese la leonessa.

“Perfettamente”- rispose Mark e poi chiese a Zarthan:

“Devo fidarmi?”.

La voce del drago lo raggiunse subito:

“Non abbiamo scelta”.

“Va bene. Dove intendi portarci”- chiese Mark rivolgendosi ad Alexander.

Alexander corse verso la porta e gridò:

“Ora pensiamo a uscire dal villaggio. Il resto lo saprete dopo. Mirko e Manuel riuscirono a d aprire la porta e Mark gridò:

“Usciamo”.

Poco dopo Alexander si allontanò dalla città con un cavallo e prese a galoppare attraverso la prateria.

Mark si avvicinò ai cartoni e gli disse:

“Noi voleremo sui draghi , ma voi dovrete seguire Alexander sul terreno per evitare che faccia scherzi intesi?”.

“Ricevuto”- disse Stitch

“Puoi contare su di noi”- aggiunse Kiara.

“Bene”- Mark sorrise e montò su Zarthan, tutti gli altri salirono sui loro draghi e spiccarono il volo. Così la compagnia di amici prese a seguire Alexander che galoppava in testa e si dirigeva verso il bosco. Mark riflette più e più volte. Aveva fatto bene a mettere tutto nelle mani di Alexander?

                            La Nuova Gondor

Aragorn camminava nei corridoi del suo palazzo a Minas Tirith, osservando i re che lo avevano preceduto. Erano passati dieci anni dalla sconfitta di Sauron e la pace dominava su tutto il regno. Gli Elfi rimasti, i Nani e gli Uomini avevano imparato a convivere e le città erano ricche di studiosi, artisti e filosofi. Aragorn ancora ricordava l’estremo attacco sferrato al Cancello Nero, un ricordo che non si era più rimosso, così come rimembrava la vittoria che ne conseguì. Ormai Frodo e Gandalf erano partiti per chissà dove e lui si sentiva come un vuoto interiore. Distrattamente entrò nella sala del Palantir e osservo la piccola sfera appoggiata sul pilastro di roccia. Era nera, completamente priva di colori, come se si fosse spenta definitivamente. La prese in mano e la osservò, ma questa volta non ebbe bisogno di resistere agli attacchi dell’Oscuro Signore e la rimise a posto. Qualcuno bussò alla porta del palazzo e Aragorn disse:

“Avanti”.

Le due guardie aprirono i battenti e nel corridoi entrarono un Elfo e un Nano : erano Legolas e Gimli, diventati l’uno ambasciatore degli Elfi, l’altro dei Nani. Aragorn gli corse incontro e li abbracciò:

“Legolas, Gimli, che piacere rivedervi. Cosa vi porta qui? Che notizie avete?”.

“Eccellenti come sempre”- rispose l’Elfo – i regni del Sud hanno deciso di unirsi a Gondor e le loro truppe hanno offerto fedeltà al re”.

Aragorn scosse il capo sorridendo:

“Manda loro un messaggio e digli che non devono temere me come temevano Sauron, la sua era è passata”.

“Tutto grazie a te Aragorn”- disse Gimli.

“No – rispose il re – abbiamo vinto grazie alla solidarietà, il presente che stiamo vivendo è opera di tutti noi: Elfi, Nani , Uomini…”

“E Hobbit” – completò Legolas

Aragorn sorrise:

“Già…e Hobbit”.

Un’altra persona entro dal portone e si inchinò:

“Non inchinarti Faramir, che notizie porti?”

Faramir si alzò:

“Dei pescatori hanno avvistato un bagliore bianco dall’altra parte dell’oceano. Gli uomini sono alquanto inquieti”.

Aragorn si sedette sul trono e mise una mano sotto il mento:

“Un bagliore bianco? Ne sei sicuro?”.

“Si, mio signore”.

Gimli sbuffò:

“Non c’è nulla dall’altra parte dell’oceano”

“Forse sì , invece”- esclamò Legolas.

Aragorn si alzò dal trono e mise un braccio sulla spalla di Legolas:

“Se ciò che dici è vero, prendi Gimli e alcuni uomini e vai a controllare le coste. Se non avvisterai altri di quei bagliori lascia i soldati a costruire un accampamento e torna qui”.

Legolas chinò il capo e uscì , seguito da Gimli.

Faramir fece un piccolo inchino e disse:

“Signore” e poi se ne andò anche lui.

Aragorn tornò a sedersi e disse fra sé:

“Bagliori bianchi…oltre l’oceano…bagliori bianchi…”

                                         *******

                                   Dissensi

La compagnia di amici era in marcia da un po’, quando Alexander si fermò.

“Che cosa c’è? Perché ci fermiamo?”- chiese Kovu bloccandosi dietro di lui.

“Non è saggio inoltrarsi nel bosco dopo il tramonto. Ci fermeremo qui e riprenderemo domattina”- rispose il ragazzo.

I Cavalieri videro che il gruppo sotto di loro si era fermato e fecero altrettanto. Mark smontò , appena toccato terra, si avvicinò a  Stitch e disse guardando Alexander:

“Tutto normale?”

Dall’altra parte del campo, Angel fece sì con la testa ed esclamò:

“Gli siamo stati incollati dietro tutto il tempo e non ha fatto che cavalcare”.

Mark si alzò e si girò verso Alexander:

“Dove vuoi portarci? Da quando ti seguiamo non ci hai detto una parola”.

L’altro prese due pietre e generò un fuoco strofinandole:

“Non mi hai ancora risposto” – insistette Mark

Alexander si pulì le mani e cominciò a parlare:

“Anche io sono ricercato dal re e non vi dirò il perché; ma sono dalla parte del vero eroe di questa terra, il suo nome è Eragon”.

I cartoni e gli altri ragazzi si sedettero vicino a lui e ascoltarono; solo Mark rimase in disparte, appoggiato ad un albero.

“Eragon è il Cavaliere di cui mi hai parlato tu Mark?- chiese Manuel.

“Si”- rispose senza voglia Mark.

“Conosci la sua storia?”- domandò Alexander guardandolo in modo strano.

“Si, ma loro no”- rispose Mark indicando gli amici. Alexander li guardò a sua volta e prese a raccontare. Così tutto il gruppo fu messo al corrente di quanto Eragon aveva fatto fino ad allora e venne a sapere che ora lui e la sua dragonessa erano ad Ellesmera , la capitale degli Elfi.

Finita la storia, Mark parlò:

“Ecco dove ci porterai, andremo ad Ellesmera per conoscere Oromis ed Eragon e così potremo completare anche noi il nostro addestramento”- e se ne andò sotto l’ala di Zarthan per riposarsi.

“Vieni Xavan”- disse Mirko e il drago lo seguì. I Cavalieri si misero a dormire, mentre i cartoni restarono svegli con lo sguardo fisso su Alexander:

“Che avete da guardare?”

“Non ci fidiamo di te”- disse Kiara.

“Pensate che possa fare del male ai vostri amici?”.

“Si”.

Alexander prese il suo zaino, ne tirò fuori qualcosa e la mostrò ai cartoni: era un coltello d’argento con un rubino incastonato nel mezzo.

“Che cosa dovrebbe significare questo?”- chiese Stitch

“Questo è un coltello forgiatami da Rothgar, il re dei Nani. Se sono loro amico, allora state certi che non  posso essere un servo del re”.

“Non lasceremo i nostri amici senza protezione”- ruggì Kovu.

“Fate come volete”- disse Alexander e si girò su un fianco.

Dopo un po’, sembro essersi addormentato, ma i cartoni rimasero in guardia nel caso che stesse fingendo.

“Kovu…ho sonno”- si lamentò Kiara.

“Appoggiati pure a me”- esclamò l’altro leone.

Kiara si appoggiò sulle zampe anteriori di Kovu e chiuse gli occhi, mentre Angel si accasciò vicino alla spalla di Stitch. I due cartoni maschi si sorrisero:

“Sarà una lunga notte”.

Il giorno aveva già raggiunto l’accampamento ,quando Mark si svegliò. Alexander era già in piedi e stava preparando il cavallo al viaggio.

“Buongiorno Cavaliere - disse senza guardarlo – i tuoi amichetti mi hanno tenuto d’occhio tutta la notte – indicò i cartoni che ormai stavano tutti dormendo ,sfiniti.

“Hanno fatto bene - esclamò Mark – Non possiamo ancora fidarci di te”.

Gli altri Cavalieri si alzarono poco dopo.

“Allora, quando si parte?”- chiese Rick.

“Tra un po’, lasciamo riposare ancora qualche minuto i cartoni”- rispose Mark.

Alexander si girò di scatto:

“No, niente pause, niente riposo. Dobbiamo metterci in marcia. Ellesmera non è così vicina come pensate quindi svegliateli voi o lo farò io”.

Gianni contrasse la faccia in una smorfia di rabbia e tenne le mani serrate:

“Ti hanno tenuto d’occhio tutta la notte, dai loro un po’ di riposo”.

“Giusto”- esclamò Chris , ma Alexander rimase impassibile. Mark era fermo,immobile ad ascoltare la discussione quando Eric lo chiamò:

“Mark, dì qualcosa. Hanno diritto di riprendersi un po’”.

Il ragazzo guardò Alexander,i cartoni e infine gli amici:

“Mettiamoci in marcia”- disse e montò su Zarthan.

Alexander guardò gli altri come se volesse fargli un dispetto e si mise a cavallo. Gli otto ragazzi rimasti furono presi da puro stupore. Possibile che Mark si facesse comandare a quel modo da Alexander? Lui che li aveva guidati fino a lì, ora si era abbassato a prendere ordini da uno sconosciuto. A malincuore, Rick e Mirko svegliarono i cartoni:

“Non preoccupatevi, non vi faremo correre a terra oggi. Volerete con noi e i nostri draghi.

Alexander voltò il cavallo verso nord e disse:

“Andiamo”.

Stavolta nessuno rimase a terra, tutti volavano bassi e lo seguivano. Durante il volo, Gianni guardò Mark, la sua faccia non esprimeva nulla e aveva alzato barriere mentali per non farsi frugare in testa. Il viaggio durò a lungo. I ragazzi sorvolarono fiumi e praterie seguendo Alexander che procedeva spedito verso il settentrione. A sera, Alexander si fermò di nuovo e i Cavalieri scesero a terra.

“Ancora?- disse Gianni- Perché?”

“Guarda tu stesso”- sibilò Alexander.

All’orizzonte c’erano tante piccole luci e molte tende rosse.

“E’ un accampamento dell’Impero. Dobbiamo trovare un’altra via per Ellesmera” – spiegò Alexander.

“No – Gianni sguainò la spada – Li affronteremo e passeremo di lì”.

Una mano gli fece abbassare la lama : era quella di Mark:

“Non possiamo affrontarli – disse – sono troppi e ci ucciderebbero tutti”.

Gianni gridò ferocemente, buttò la spada a terra e guardò l’accampamento imperiale. Mirko prese Mark per un braccio e lo portò lontano per parlargli.

“Cosa vuoi dirmi? Che non devo ascoltare Alexander? – chiese il ragazzo.

“No – rispose Mirko – voglio chiederti perché lo assecondi sempre”.

Mark si allontanò dalla stretta di Mirko e si appoggiò ad un tronco:

“Non sto ascoltando i suoi ordini. Sto solo facendo ciò che è giusto. Anche se lui non ci avesse mai conosciuto, non vi avrei permesso comunque di battervi”.

“Non avresti concesso un attimo di sollievo ai nostri amici?

Mark  fu colpito nel vivo dalle parole di Mirko, abbassò la testa e tornò dagli altri. Vide che c’era un’accesa discussione tra Gianni ed Alexander. Vahalkas e Xavan si misero in mezzo e li divisero.

“Smettetela di litigare. Ora ciò che è importante è arrivare ad Ellesmera. Non importa che strada prendiamo o chi ci conduce”- disse Vahalkas.

Alexander sembrò non sentirlo, corse vicino al suo zaino, tirò fuori la spada e … la lanciò verso Mark.

                                          *****

                      Il risveglio di Sauron

Mordor. La terra che aveva un tempo ospitato l’Oscuro Signore, ora era solo una desolata landa di cenere e fumo, i pochi orchi scampati alla distruzione generale di dieci anni prima razzolavano sul terreno in cerca di animali da mangiare, quando la terra cominciò a tremare. Dapprima debolmente, poi il fragore divenne forte come quello di una cascata. Gli orchetti, impauriti, si allontanarono dall’epicentro del terremoto: il Monte Fato. Ci fu un’esplosione e  i detriti volarono dappertutto, una figura nera,imponente e frastagliata uscì dal mare di cenere e lapilli e si alzò in piedi. Strinse più volte le mani, come per metterle alla prova e poi cominciò a scendere dal cumulo da cui era nato. Guardò in direzione dell’ormai distrutto Cancello Nero e disse:

“Finalmente avrò la mia vendetta”- la sua voce avrebbe fatto rabbrividire persino il più impavido campione di Gondor. Alcuni orchi uscirono dai loro ripari e si avvicinarono all’Oscuro Sire.

“Sauron, signore della terra, è tornato fra noi”- urlarono mentre altri ruggivano verso il cielo. Tra gli orchetti, avanzò quello che doveva essere il capo:

“Come ha fatto a tornare qui, mio Signore? Abbiamo visto il Grande Occhio cadere dieci anni fa”.

“Dovresti sapere che se viene distrutto il corpo,l’anima sopravvive; l’anello è stato distrutto,è vero, ma qualcosa oltre l’oceano mi ha riportato in vita,non so come definirla…una liberazione”.

Gli orchi sembravano aver capito poco delle parole del loro re. Il comandante guardò verso Ovest, in direzione del mare:

“Non c’è niente oltre l’oceano Signore, ma non metterei mai in dubbio la vostra parola”.

Sauron lo guardò attraverso i vuoti occhi dell’elmo:

“Questo è sicuro. Ora, per prima cosa, devo riconsolidare il mio Impero, poi vedremo il da farsi . Intanto puoi mandare degli esploratori dall’altra parte del mare”.

L’orco parve esitare:

“Mio Signore, non le sembra imprudente mandare allo sbaraglio le nostre forze?”

Gli altri orchetti fecero cenni di assenso con la testa e si scambiarono opinioni. Sauron prese l’orco-comandante per il collo e disse:

“So benissimo quello che faccio verme. Con il tempo vi siete rammolliti ma a questo porrò subito rimedio”.

Sfilò un pugnale nero da sotto il mantello e mozzò con un sol colpo la testa dell’orco. Gli altri mostri urlarono impauriti e guardarono con orrore il corpo mutilato del loro ex-comandante. Sauron fece due passi tra la folla di orchetti e ne indicò uno massiccio:

“Tu sarai il nuovo comandante, non deludermi come il tuo predecessore o farai la sua stessa fine. Come primo ordine, manda quei dannati esploratori a ovest, verso il mare”.

L’orco annuì e portò con sé una ventina di compagni che lo seguirono intimoriti. Sauron si avvicinò al cumulo di detriti da cui era risorto e ne estrasse qualcosa di lungo e nero: era la sua grande mazza da battaglia. La soppesò e poi la puntellò a terra tenendola con due mani. Il terreno si sgretolò all’istante e gli orchetti si tirarono indietro.

“Costruiremo le fondamenta del mio Impero nel sottosuolo, poi provvederemo ad ampliare i nostri confini”- la sua risata squarciò l’aria; era profonda,dura e rimbombava tutto attorno, presto gli orchetti si unirono a lui picchiando i pugni sul petto e urlando selvaggiamente.

L’Impero di Sauron stava erigendo le sue nuove basi.

                                       *******

                             Il deserto di Hadarac

La spada di Alexander sfrecciò oltre Mark e si conficcò nel torace di un soldato spuntato fra gli alberi. L’uomo gridò di dolore e stramazzò al suolo alzando cumuli di polvere. I ragazzi circondarono il cadavere e Alexander disse:

“Era un esploratore; questo l’ho ucciso ,ma forse ce ne erano altri e credo che sia meglio andarcene di qui”.

Mark lo fermò per una manica e , guardandolo, disse quasi in un sospiro:

“Grazie”.

Alexander si limitò ad annuire con la testa e spense il fuoco con un piede, poi Rick gli chiese:

“Dove dobbiamo dirigerci?”

“Mi spiace dirlo ,ma credo che dovremo prendere la via del deserto”

Chris intervenne:

“Deserto? Ma non abbiamo abbastanza scorte d’acqua. Quanto può essere grande?

Alexander guardò in direzione dell’Hadarac e fece un sorriso di sfida:

“E’ grande quattro volte il tragitto che abbiamo percorso per arrivare qui, ma è il solo modo per arrivare ad Ellesmera senza essere intercettati dall’Impero. A dorso di drago ci metteremo una settimana circa”.

Robert disse:

“Certo, noi voleremo sui nostri draghi, ma tu e i cartoni cosa farete?”

Mark gli rispose:

“I cartoni li faremo volare con noi,ma è vero: tu che farai?”

“Io me la so cavare nel deserto, l’importante è che arriviamo in fretta ad Ellesmera e ,possibilmente, vivi. Alla fine del deserto, a nord, inizia la Du Weldenvarden, la casa degli Elfi. Lì saremo al sicuro e proseguiremo per Ellesmera” – disse Alexander, poi prese la sella e la sistemò sul suo cavallo.

“Comunque- continuò- non mi farei vedere dagli elfi conciati in quel modo”.

Il ragazzo aveva ragione: i nove amici avevano ancora i jeans e le loro magliette di casa. Mark sorrise:

“Già, dobbiamo proprio cambiarci. Prima di partire, potresti procurarci dei vestiti?”

Alexander tirò fuori un sacco:

“Ho alcuni miei di riserva, vedete se vi vanno”

Gli amici si cambiarono in fretta: i vestiti erano circa della loro misura, ma a Chris stavano più che leggermente stretti.

Stitch si fece scappare un risolino, poi anche Angel e infine attaccò a ridere Eric.

“Suppongo che non finirete di ridere finché non mi sarò cambiato vero?”- disse Chris imbronciato.

Alexander montò a cavallo e lo spronò:

“Bene, basta con le sciocchezze, andiamo”- e partì al galoppo verso il deserto che in lontananza appariva come una sottile linea rossa. I Cavalieri spiccarono il volo e lo seguirono. Chris era un po’ impacciato dai suoi nuovi vestiti e Mark fece di tutto per restare serio , invitando gli altri a non ridere. Passarono parecchie ore e il sole tramontò all’orizzonte, ma loro continuarono il viaggio senza fermarsi. Gianni avvolse nel mantello Stitch che tremava dal freddo e lo stesso fece Eric con Angel , mentre il ventre caldo di Xavan e Kreghor riscaldava Kovu e Kiara. Il mattino dopo, Alexander si fermò e i Cavalieri scesero a terra.

Indicando la grande marea di sabbia rossa davanti a loro, disse:

“Il deserto di Hadarac, non ci resta che attraversarlo”.

Kovu esclamò:

“Mi ricorda casa nostra”- poi Stitch gli tirò in faccia della sabbia e presero a rincorrersi. I Cavalieri si sedettero e li guardarono ridendo, ma poi anche Arnold si buttò nella mischia e si mise a giocare con i due cartoni. Gli altri fecero lo stesso tranne Alexander che si guardava dietro le spalle.

“Che cosa c’è?”- chiese Mark cercando di coprire le voci degli amici.

Mark si guardò intorno e con suo grande terrore vide che a meno di trecento metri da loro stava galoppando una lunga fila di cavalieri pesanti imperiali. Inorridito, corse dai compagni che si stavano divertendo e urlò:

“Andiamocene da qui presto, alzatevi stanno…”

Ma era troppo tardi, i cavalieri dell’Impero irruppero nel campo e sguainarono le spade, i nove amici, presi alla sprovvista, si alzarono da terra e cercarono ognuno la propria spada. I draghi planarono sui soldati e ne eliminarono una buona parte, ma già ne arrivavano altre centinaia. Alexander caricò un manipolo nemico e fece assaggiare fiotti di sangue alla sua spada, Arnold tirò fuori l’arco e  mirò ad un cavaliere. Attento a non colpire il cavallo, scoccò un dardo che si conficcò nella schiena del nemico, ma un altro guerriero lo colpì con l’elsa della sua spada e lo mandò a terra. Rick si pose fra i due e disarcionò il soldato per poi infilzarlo a terra. Tutto intorno, la battaglia infuriava: anche i cartoni erano costretti a lottare. Stitch colpì un arciere che mirava a Gianni , ma uno spadaccino lo assalì da dietro. Mark ebbe un tuffo al cuore, sembrava che il tempo stesse andando al rallentatore: vide il soldato alzare la spada verso la schiena di Stitch e poi abbassarla:

“Noooooooo”- urlò il ragazzo.

La lama si avvicinava sempre di più, Alexander cercava di intervenire , ma era bloccato da una miriade di soldati e i rumori della battagli coprivano la sua voce. Alla fine riuscì a farsi sentire:

“Attentooooo”

Stitch si girò , ma le cose avvennero troppo in fretta. Angel si frappose tra lui e il soldato e la spada le trapassò il fianco, emise un grido strozzato e cadde tra le braccia di Stitch. Non usciva sangue , ma c’era un solco profondo e argenteo dove la spada l’aveva colpita. Il cartone blu urlò incredulo e scrollò la compagna cercando di rianimarla, mentre cominciava a piangere. Alexander lo trascinò lontano dallo scontro e lui vide il corpo di Angel allontanarsi sempre di più. Prima di svenire, sentì un’ultima parola provenire dal campo di battaglia:

“Skolir”

E poi tutto fu buio.

                             Corsa contro il tempo

Stitch aprì gli occhi, sentiva odore di fumo e lo scoppiettare del fuoco, era sotto un mantello e qualcuno gli era seduto vicino.

“Ben svegliato. Stai bene?- gli chiese Manuel ,quando lui si sedette.

“Angel, dov’è Angel? – gridò la creatura, ma il ragazzo la tranquillizzò.

“Non preoccuparti, Arnold l’ha curata. Per fortuna la spada non ha colpito…emh…organi vitali se li avete”.

Stitch si alzò e vide che angel era distesa su un altro giaciglio al di là del falò e Arnold le teneva una mano sulla fronte, intorno a lei, Kovu,Kiara e gli altri Cavalieri la incoraggiavano:

“Bravissima, io non so nemmeno cosa sia il coraggio” – le disse Chris.

“Già, è stato un gesto, avventato devo dire , ma bellissimo”- continuò Mark.

Stitch corse da lei  e la abbracciò:

“Grazie” – le disse e le tenne la gracile mano. Eric si appoggiò alla spalla di Rick che lo scostò via, scherzando.

“Che carini, se Rick,Mark e Mirko non avessero usato l’incantesimo Skolir…”- disse Gianni e tacque.

“Non so nemmeno io come abbiamo fatto”- affermò lo stesso Mark- Sapevo che esisteva questo incantesimo ma non pensavo di essere in grado di usarlo”.

Intanto Stitch chiese ad Angel:

“Perché l’hai fatto?

“Lo sai il perché”- rispose questa.

Chris scoppiò a piangere sulla spalla di Manuel che lo picchiettò scherzosamente con la mano.

“Adesso lasciamola riposare un po’” –disse Arnold e Stitch andò con lui dopo aver dato un bacio sulla guancia alla sua compagna.

Alexander, seduto con la spada in grembo, disse:

“Torniamo a questioni più serie, la prossima volta non finirà così, lo giuro”- e si portò la mano al cuore con il pugnale dei nani in pugno. Mark guardò l’arma intensamente e disse:

“Parlami di più di Rothgar”.

Alexander si sedette meglio e cominciò:

“Oh bè, lui è stato come un padre per me. I miei genitori mi abbandonarono sui monti Beor  quando ero molto piccolo e lui mi prese con sé. Mi insegnò a non avere paura di niente e di nessuno e mi fece entrare nel suo Clan. Quando poi compii quindici anni mi fabbricò questo pugnale”.

Rick gli chiese:

“Ma allora, perché ti abbiamo trovato in quella lugubre taverna?”

Il ragazzo si oscurò in volto e continuò:

“Io…sono stato tradito da qualcuno. Quando seppi che un esercito di Urgali era stato arruolato da Galbatorix, lascia il Farthen Dur e mi recai a Taurina. Lì dovevo incontrare un tizio che mi aveva detto, per lettera, che Galbatorix aveva qualcosa di enorme tra le mani e che stava solo aspettando il momento giusto per utilizzarla. Ma come avete potuto vedere voi stessi, non si è presentato e ha fatto occupare l’uscita del villaggio”.

Mirko lo guardò e poi disse:

“Quindi era per questo che i soldati erano così pronti e bloccavano le porte; per intrappolarti ed estorcerti informazioni sui Varden”.

“Esattamente”.

Per una decina di secondi ci fu totale silenzio, ma poi Zarthan parlò nella mente di Mark:

“Il tempo scorre in fretta”.

“Giusto, dobbiamo rimetterci in marcia”- rispose lui.

“Bene Alexander, ora come raggiungiamo Ellesmera?

“Dobbiamo valutare che essendo arrivati al centro dell’Hadarac , ora ci metteremo di più per arrivare a destinazione e poi Angel non è ferita?

“Ha ragione”- disse Manuel.

Mark pensò intensamente su come trasportare Angel , quando gli venne un’idea, l’aveva letta nel primo libro di Eragon.

“Dobbiamo costruire una barella che verrà trasportata da uno dei nostri draghi”.

Stitch si alzò di scatto, per angel era pronto a tutto.

“Cosa ti serve?”- chiese.

“Allora, Stitch, tu ed Eric prendete cercate dei rami. Rick, Manuel e Robert andranno a prendere le foglie,mi raccomando non secche, e voi altri resterete qui con me a vegliare su Angel”

“E io?- chiese Alexander- Dovrei girarmi i pollici mentre voi lavorate? Non credo”.

Si alzò e corse dietro a Stitch ed Eric. Mark li guardò allontanarsi, quando Kiara lo chiamò allarmata:

“Mark!!!!”

Il ragazzo si girò subito e vide che angel era scossa da violenti spasmi.

“Ma non è possibile, l’ho guarita”- esclamò Arnold.

“La magia ripara solo l’esterno”- precisò Mark- a meno che non si sia veramente esperti , ma dubito che noi lo siamo”.

Mark scostò l a coperta dal corpo di Angel e vide che … la ferita si era riaperta e si era formato un alone viola attorno al taglio. Era completamente fuori strada quando si ricordò dell’olio corrosivo di cui parlava Brom ad Eragon : poteva essere messo sulla punta di una lancia…e perché non su una spada? Ora era tutto chiaro.

“Ci occorrono le arti eliche, appena tornano dobbiamo partire, e senza fermarci. Un drago trasporterà il cavallo di Alexander e io lo farò salire con me su Zarthan”

Stavolta Gianni non obiettò e annuì insieme agli altri amici. Angel iniziò a lamentarsi e Kiara cercò di tranquillizzarla:

“Resisti, puoi farcela”.

“Ma quanto ci mettono?- chiese Chris.

La risposta lo raggiunse subito:

“Credi che sia facile trovare foglie verdi nel deserto? Saranno andati in quell’oasi laggiù”- disse Mark, ma si sbagliava perché gli amici tornarono qualche minuto dopo correndo e urlando:

“L’Impero è qui,ci hanno inseguiti”.

Mark fu preso dalla rabbia e dalla paura: possibile che Galbatorix gli stesse sempre dietro? Ancora un po’ e avrebbero condotto i soldati dagli Elfi.

“Non abbiamo tempo per fabbricare la barella, stanno arrivando”- disse Eric.

“Angel”- urlò Stitch alla vista della compagna che si dimenava.

“La porto io”- disse Alexander, la avvolse tremante nel mantello e  Mark lo fece salire su Zarthan dicendo a tutti:

“Andiamo!!!”

Riuscirono a scappare appena in tempo: i soldati arrivarono poco dopo e scagliarono invano lance e frecce. Ora erano al sicuro, ma dovevano arrivare dagli Elfi al più presto.

                                   Murtagh

I nove amici volavano a velocità forsennata per raggiungere la Du Weldenvarden. Alexander teneva Angel stretta al suo mantello e vide che l’alone viola andava allargandosi.

“Dobbiamo sbrigarci”- disse allarmato.

“Zarthan,vola più veloce” –esclamò Mark e il drago d’oro gli rispose con evidente fatica:

“Non posso; siamo controvento, sto andando al massimo e in due pesate di più”.

Mark doveva ammetterlo, in quelle condizioni ,volare era quasi inutile, ma non c’era scelta. Quando arrivò la notte, il freddo scese sul deserto, aumentando le difficoltà. Tra le nuvole si sentivano solo i nitriti spaventati del cavallo di Alexander, trasportato da Krogor, quando Arnold chiamò Mark con la mente:

“Stai in guardia, c’è qualcosa che ci vola attorno e si sta avvicinando”.

“Un uccello?”- pensò Mark, ma Arnold era troppo preoccupato perché potesse esserlo. Angel cominciò ad agitarsi di più e per Alexander era quasi un’impresa farla stare ferma senza far cadere Mark. Improvvisamente un ruggito squarciò l’aria.

“Che cos’è?”- chiese Rick

Arnold era in ascolto:

“Qualcosa di non molto piacevole. Mettiamoci attorno a Zarthan, così potremo proteggerli”.

I draghi si disposero in cerchio attorno a Mark, Alexander, Angel e Zarthan, quando Eric lo vide:

“E’ un drago. E’ rosso come il fuoco”.

Un Cavaliere in sella ad un drago rosso spuntò fra le nuvole. Mark sapeva già chi era:

“Allontanatelo da noi”- urlò ai suoi compagni.

Eric, Manuel,Mirko e Rick si staccarono dalla formazione e lo attaccarono. Il Cavaliere alzò una mano e mormorò qualche parola indecifrabile, Manuel fu sbalzato via dal suo drago come se avesse avuto un colpo sulla fronte, ma Eric lo prese al volo e lui saltò di nuovo in groppa a Kaspian. Mirko sguainò la spada e si avvicinò di lato al nemico che, a sua volta, tirò fuori un grande spadone. Si scambiarono colpi furiosi, mentre i draghi si fronteggiavano sotto di loro. Rick approfittò della distrazione del Cavaliere avversario e lo colpì ad una spalla, ma non riuscì a finirlo perché una codata del drago rosso gli fece perdere l’equilibrio e lo fece quasi cadere nel vuoto. L’urlo di battaglia di Arnold arrivò poco dopo, scagliò una freccia che si conficcò nella spalla del drago rosso e poi prese la spada. In evidente difficoltà, il Cavaliere nemico puntò verso Mark e Alexander a tutta velocità , quando Stitch gli saltò addosso dal drago di Gianni.

“Tu non la toccherai”- esclamò furioso colpendo l’elmo del Cavaliere. Quest’ultimo riuscì ad afferrarlo per la gola e tirò fuori un piccolo pugnale:

“Non metterti in mezzo”- disse, ma Arnold era già lì. Con la velocità di un fulmine, strappò Stitch dalla presa dell’uomo e tirò una seconda freccia che però mancò il bersaglio. Vedendosi ormai circondato, il Cavaliere urlò:

“Ma non è finita qui Alexander. Un giorno pagherai per quello che mi hai fatto” – e sparì sotto i loro occhi. I Cavalieri  si ripresero e Rick chiese a Mark:

“Chi era quello?”

“Era Murtagh, un vecchio amico di Eragon , ora al servizio del re”.

Mirko parlò ad Alexander:

“Perché ti stava cercando?”

Alexander non lo guardò:

“E’ una questione che non ha importanza e soprattutto, in questo momento, non è di nessun aiuto. Ora andiamo, la piccola sta male”

Mark fece tornare gli amici al loro posto, ma appena arrivati ad Ellesmera, avrebbe indagato meglio su Alexander.

                              La Du Weldenvarden

Quando il sole sorse ad ovest, i nove amici si erano lasciati il deserto di Hadarac alle spalle e si stavano avvicinando alla verdeggiante Du Weldenvarden. Dal dorso di Maskind, Eric gridò allegro:

“Yu-huuu, ce l’abbiamo fatta”.

Alexander scostò un po’ la coperta da Angel e le disse:

“Hai visto? Siamo quasi arrivati, resisti ancora un po’”.

Mark era felicissimo: non solo erano giunti a destinazione, ma non vedeva l’ora di conoscere Eragon ed Oromis. Quando atterrarono ai margini della foresta, Mark disse:

“Da qui è meglio andare a piedi, non sappiamo come ci accoglierebbero gli elfi se ci vedessero”.

Non fece in tempo a girarsi che si trovò un arco puntato in faccia. Davanti a lui c’era un Elfo: era alto, aveva lunghi capelli bruni che gli arrivavano fin dietro la schiena, indossava un vestito verde e portava un arco e una faretra piena di frecce.

“Chi siete?”- chiese senza abbassare l’arco.

“Siamo amici di Eragon Ammazzaspettri e… siamo Cavalieri dei Draghi”.

Gli amici mostrarono tutti insieme i loro Gedwey Ignasia e L’elfo abbassò l’arco esterrefatto:

“Questo è un dono divino, siete venuti per salvarci…Galbatorix non può più nulla”- e subito prese a cantare in elfico saltando e ballando.

“Come odio gli Elfi”- sussurrò Alexander- Ehi,non vedi che la nostra amica sta male? Portaci ad Ellesmera”.

L’elfo smise di danzare e gli rispose con un sorriso:

“Seguitemi”- e si incamminò nel folto dei rami. I Cavalieri lo seguirono, ma i draghi facevano un po’ di fatica a passare tra gli alberi. A un certo punto Kiara disse:

“Che bel profumo c’è qui dentro”.

L’Elfo le spiegò:

“Sono i fiori, sono felici anche loro”.

Chris, Eric e Manuel sembrarono non capire:

“I fiori pensano?”- chiese sottovoce Chris.

Mentre l’elfo li scortava, i suoi compagni nascosti lanciavano grida di gioia alla vista dei draghi.

“Non mi sono mai sentito così adulato”- disse Vahalkas.

“Bè, c’è un momento per tutti” –gli rispose Xavan.

“Pensate che vedremo quella dragonessa di cui parlava Mark?- chiese Zarthan.

“Non lo so… forse”- disse Maskind.

Dopo circa un’ora di cammino nella foresta, i ragazzi si ritrovarono alle porte di Ellesmera. La città era fantastica: interamente inglobata dalla foresta e con costruzioni che, a volte, erano gli alberi stessi”.

“Questo è il paradiso”- commentò Robert.

Appena gli Elfi e le Elfe li videro, si misero a cantare come il loro accompagnatore.

“Ma sono matti?”- chiese Rick a Mark.

“No- rispose lui- E’ il loro modo di festeggiare”.

“Ehi, cos’è quella folla laggiù?”- chiese Eric

“Non lo so e non mi interessa. Voglio solo trovare un curatore”- disse Alexander.

Stitch gli saltò sulla spalla:

“Angel , come stai? – le chiese.

“Mi fa male. Troppo male.” – rispose lei.

Stitch si allarmò:

“Un medico. Dov’è un medico? Datemi un medico – urlò in preda al panico. Eric era ancora intento ad osservare il trambusto poco lontano:

“Ehi, c’è un drago laggiù: è blu. Ma dove sta andando… ahi”

Mark lo aveva scostato via:

“Wow, quello è Eragon, devo parlargli prima che parta. Sta andando alle Pianure Ardenti come sul mio libro”.

Si mise a correre forsennato, ma Rick lo bloccò per la spalla:

“E non pensi ad Angel?”

La testa di Mark guizzò da Angel ad Eragon e poi quest’ultimo spiccò il volo ,mentre un’elfa recitava una soave melodia.

Mark sbuffò:

“Avete trovato un curatore?”

“Si, non ho mai visto gente dai capelli d’argento”- disse Manuel.

Mark andò verso Angel. Aveva un enorme sospetto che però lo rendeva felice. Accasciato vicino ad Angel, intento a curarle la ferita, mentre gli altri Elfi acclamavano la partenza di Eragon, c’era Oromis. L’elfo tastò la pancia di Angel e disse:

“Sei stata colpita dall’olio di Seithr, dovresti essere già morta a quest’ora. Che tipo di creatura sei? Non sento né vedo organi di alcuni tipo. Sembri fatta di ossigeno.”

Poi si girò verso Mark:

“Santo cielo, non posso credere ai miei occhi. Voi siete Cavalieri dei Draghi, ma non è possibile, Galbatorix ha solo un uovo. Da dove venite?”

Gli altri Elfi smisero di acclamare Eragon e li osservarono in silenzio. Questo rendeva nervoso Alexander che si guardava attorno. Stitch si avvicinò ad Angel e le chiese:

“Stai bene? Ti ha fatto male?”

Lei gli diede un bacio dritto sulle labbra e lui la fece girare intorno a sé , tenendola abbracciata. La voce pacata di Oromis interpellò Mark:

“Ebbene?”

Mark si affrettò a rispondere, cosa avrebbe potuto inventarsi?

“Veniamo da una terra aldilà del mare. Ad ovest di Alagaesia c’è l’oceano e, oltre, la nostra terra natia. Le gesta di Eragon sono giunte sino a noi e siamo venuti per farci addestrare da te, Oromis- elda”

L’elfo inarcò un sopracciglio, ma poi sorrise:

“Siate i benvenuti tra noi”- disse e gli altri presero a festeggiare in loro onore.

“Che ne direste di separarvi un attimo?- chiese Eric ironico a Stitch e ad Angel. Lei arrossì e si allontanò e lui tentò di andarle dietro:

“Eh no, oggi hai fatto già abbastanza coccole alla tua amica- disse Mirko- unisciti ai festeggiamenti”- e insieme a Rick, convinse Stitch ad andare con loro. I canti e i balli proseguirono fino ad una sontuosa reggia chiamata “Reggia di Tialdarì”. Qui risiedeva Islanzadi, regina degli Elfi, che venne e conoscere i nuovi arrivati insieme al suo seguito.

“Lieta di conoscervi Cavalieri. Spero che ci aiuterete a sconfiggere il tiranno Galbatorix e che Oromis vi aiuterà in questo intento”.

Mark salutò la regina come aveva letto nel libro e i compagni lo imitarono, impacciati.

“Credo che dovrete imparare anche un po’ di Antica Lingua- disse la regina mostrando un debole sorriso ai ragazzi. I draghi erano coperti di applausi e complimenti, mentre i cartoni erano circondati da sguardi curiosi e stupiti.

“Questo posto è bellissimo Kovu”- disse Kiara appoggiandosi a lui.

“Spero di non venire contagiato”- disse Chris  e gli altri risero di gusto. Ora avevano la possibilità di riposarsi , ma Oromis interruppe i loro sogni.

“Domattina vi voglio tutti, compresi voi quattro- e indicò i cartoni- sulla rupe di Tel’ naeir. Ecco, prendete questi”.

L’elfo gli diede degli strani oggetti e gli spiegò:

“Sono segnatempi. Domani all’alba suoneranno per farvi svegliare”.

“Sembra di essere tornati a scuola”- bisbigliò Rick ad Arnold.

“Ora, se volete seguirmi, vi offrirò un banchetto in vostro onore”- disse Islanzadi ed entrò nel palazzo. Chris scattò per primo e gli andò dietro, gli altri lo seguirno poco dopo. Eric stava trasportando in spalla Stitch che si dimenava e disse:

“L’ho sorpreso a cercare Angel. Credo che debba darsi una

Calmata”

Mark sorrise ed entrò anche lui, Alexander chiuse la fila  e decine di elfi li seguirono, felici di aver scoperto una nuova speranza. Il grande salone di ricevimento degli Elfi era attraversato da un lungo tavolo con molte sedie ai fianchi. Islanzadi si sedette e i Cavalieri presero posto. Subito dopo, i servitori sciamarono dalle cucine, portando il cibo. La faccia di Chris, che premeditava un’abbuffata, divenne piena di disgusto. Le portate, infatti, erano composte interamente da frutta e verdura e non vi era traccia di carne o derivati.

“Sto per sentirmi male” –disse il robusto ragazzo.

“Avanti, non offendere la regina- esclamò arnold addentando un cetriolino. La sua faccia si fece prima pallida e poi verde , ma alla fine ingoiò.

“Ottimo pasto regina”- disse dopo il boccone.

Mark scosse la testa:

“I Cavalieri non mangiano carne e nemmeno gli Elfi lo fanno perché non sopportano di dover uccidere gli animali. Riflettete su questo”.

“Ha ragione”- disse Eric e cominciò a mangiare anche se con evidente disgusto. Stitch si riempì ingordamente la bocca di frutta e verdura e mangiò anche il vassoio. Gli Elfi lo guardarono attoniti , ma continuarono il banchetto. Alla fine del ricevimento, Oromis disse:

“Buonanotte Cavalieri, a domani”.

I ragazzi lo salutarono e uscirono.

“Ho mangiato come una capra”- disse Chris.

“Allora penso che dimagrirai qui”- ridacchiò Manuel.

Alcuni Elfi accompagnarono i cartoni e gli altri ai loro appartamenti sugli alberi. Mark entrò nel suo letto e chiuse gli occhi, in vista dell’allenamento del giorno dopo.

                                      *******

                       Lungo la costa

Legolas e Gimli cavalcavano sullo stesso cavallo da circa tre giorni, mentre una ventina di soldati di Gondor li seguiva galoppando dietro di loro.

“Dannazione- grugnì Gimli- quanto ci mettiamo ad arrivare?”

“Pazienta ancora un po’- disse Legolas- ci siamo quasi”.

Infatti, poche ore dopo, l’elfo fermò il cavallo sullo sfondo del mare.

“Eccoci a destinazione, accampiamoci qui”- esclamò Legolas e gli uomini smontarono dai cavalli e scaricarono le provviste.

“Ah, la mia schiena non è più quella di una volta”- disse Gimli sedendosi su una roccia umida.

“Non esagerare”- gli rispose Legolas, poi un soldato gli si avvicinò.

“Quali sono gli ordini di re Aragorn?”

L’elfo spiegò:

“Dobbiamo pattugliare la costa, dei pescatori dicono di aver visto delle strane luci”

L’uomo annuì e si rivolse ai compagni:

“Avete sentito gli ordini del re? Avanti, stabiliamo dei turni di guardia”- e si allontanò a passo svelto.

Legolas voltò la testa verso il mare:

“Credi che ci sia qualcuno laggiù?”- chiese a Gimli.

“Bha- rispose il nano- quei pescatori avranno visto un semplice fulmine e si sono emozionati- poi aprì il suo zaino e ne tirò fuori della carne.

“Guarda- disse all’elfo- questa è la carne stagionata di cui vi parlavo a Moria, dovresti assaggiarla”- e la addentò.

Legolas sentì delle voci e toccò la spalla dell’amico. Gimli quasi si strozzò e chiese:

“Cosa c’è?Non vedi che sono impegnato?”

Legolas indicò una roccia molto alta , poco distante:

“C’è qualcuno dietro quel costone”.

Gimli si pulì la barba con le mani e disse:

“Andiamo a controllare”.

L’elfo fece un segno ai soldati e gli disse di seguirlo senza far rumore. Gimli e Legolas strisciarono per terra silenziosamente e si affacciarono dall’altra parte della roccia. Una decina di orchetti sedeva intorno al fuoco, mentre una rozza barca era stata portata a riva. Uno di loro disse:

“Il piano del padrone non poteva essere migliore, li colpiremo quando meno se lo aspettano”

Un altro, decisamente più muscoloso, esclamò:

“Non vedo l’ora di raggiungere i nostri compagni nella Nuova Terra. Ma…cosa stiamo aspettando?”

Quello che aveva parlato poco prima si alzò:

“Aspettiamo l’ordine del padrone, quando tornerà il primo plotone, andremo noi e poi, quando questo lurido luogo sarà di nuovo in mano sua partiremo alla conquista della Nuova Terra”- entrambi si sedettero e rimasero in silenzio.

“Orchetti?- chiese Gimli- non si sono mai riuniti sotto un unico stendardo da quando Sauron è stato sconfitto”.

“E soprattutto, di che padrone stavano parlando e cos’è la Nuova Terra?- disse Legolas.

“Ora non importa- grugnì il nano tirando fuori la sua ascia- facciamoli a pezzettini”

Fece per andare alla carica, ma l’elfo lo trattenne:

“Non è così che si attacca”- disse al nano, poi ordinò agli uomini di disporsi di fianco agli orchi senza farsi vedere. I soldati obbedirono e, a poco a poco, si strinsero sempre di più attorno ai mostri. Legolas urlò:

“Ora”- e scagliò una freccia che si conficcò nel più vicino orchetto. Gli uomini uscirono dai loro nascondigli e attaccarono i mostri, scatenando una violenta lotta.

“Si, l’odore della battaglia”- urlò Gimli e affondò l’ascia nella schiena di un nemico- Stavolta sono già arrivato a sette vittime”- continuò sogghignando.

“Davvero?- chiese Legolas- Io già ad undici”

“Cosa? Non è giusto, anche io sarei capace così”- si lamentò il nano.

Alla fine dello scontro erano rimasti solo due orchetti, uno era quasi morto e l’altro era ferito.

“Chi vi comanda?- chiese Legolas.

L’orchetto morente tentò di parlare , ma l’altro lo colpì con un pugnale, poi urlò al cielo:

“Lunga vita al Signore della Terra”- e si uccise.

Legolas guardò con disgusto il mostro e poi parlò a Gimli:

“Dobbiamo tornare da Aragorn, se il Male si sta riorganizzando, dobbiamo avvertirlo”

Gimli annuì e disse ai soldati:

“Voi restate qui e mettete un po’ d’ordine”- poi montò a cavallo con Legolas e , insieme, partirono alla volta di Minas Tirith.

                         L’ombra di Mordor

Aragorn uscì dalla sala dl trono, scortato da due soldati. Oltrepassò l’Albero Bianco di Gondor , ora pieno di foglie verdi, e scese al livello sottostante della città. I cittadini e i soldati che lo vedevano, si inchinavano e lo lasciavano passare e lui ricambiava con saluti e sorrisi. Quando arrivò al mercato, incontrò Arwen con in braccio loro figlio Eldarion. Aragorn gli andò incontro e lei disse:

“Cosa ci fai qui Aragorn? Non dovresti essere a palazzo?”

Il re prese in braccio suo figlio e lo dondolò:

“Anche io voglio passeggiare un po’ tra la gente comune, non mi piace la distinzione che c’è fra un re e un popolano e non voglio stare rinchiuso lassù per l’eternità”- Eldarion rise e lo stesso fecero i suoi genitori. Faramir corse trafelato verso di loro:

“Mio signore, le mura…deve venire a vedere”.

Aragorn restituì Eldarion ad Arwen e il Capitano lo condusse fino alle mura della città. Qui stavano in piedi molti soldati e cittadini che guardavano verso Mordor. Il cielo al di sopra di quella terra maledetta era coperto da fitte nubi nere e , ogni tanto, si intravedevano fulmini e saette.

“Ma cosa succede?”- chiese Aragorn.

Faramir scosse la testa:

“Non lo so mio signore, che questo sia collegato alle luci di cui vi ho parlato?

Aragorn rifletté un po’ e poi rispose:

“Ma, secondo i pescatori, le luci erano oltre l’oceano”- poi guardò verso il fiume Anduin e vide la città, ora ricca di splendidi palazzi, chiamata Osghiliat.

“Dobbiamo essere prudenti- disse- Faramir, manda un contingente al fiume. Io andrò a verificare cosa succede a Mordor”

“Ma, mio signore, senza protezione?”- protestò il capitano, ma il re rispose :

“Porterò con me i migliori uomini che possiedo”

A quel punto, Faramir annuì. I cittadini avevano le facce scosse da paura e confusione , mentre i soldati erano visibilmente tesi.

“Andiamo alle stalle”- disse Aragorn; Arwen e Faramir lo seguirono. Lungo il cammino, trovarono Eowyn, moglie di Faramir, che teneva in braccio loro figlio Elboron.

“Cosa succede Faramir?”- chiese lei.

“Devo andare a Osghiliat per qualche giorno. Tu resta qui con Elboron e proteggilo”.

Arrivati alle stalle, Aragorn montò su un cavallo nero e prese con sé dieci uomini , mentre altri sessanta cominciarono a partire con Faramir verso Osghiliat. Arwen disse al marito:

“Torna presto”

“Lo farò”- rispose lui e uscì dal portone, seguito dai suoi cavalieri. I cittadini salutarono il loro re dalle mura e i soldati alzarono spade e lance al cielo gridando:

“Viva re Aragorn, unico signore di Gondor”

Arwen salì sui bastioni e assistette alla partenza del suo sposo. Poi osservò le nuvole scure su Mordor e abbassò la testa.

“La scortiamo al palazzo, regina”- dissero due soldati.

“Si- esclamò lei e gli andò dietro, poi mormorò- Fai attenzione Aragorn”.

I cavalli galoppavano veloci verso Mordor e superarono il fiume Anduin in poco tempo. Dopo un’ora di viaggio, Aragorn e i suoi uomini si trovarono davanti ad uno spettacolo inquietante: centinaia di migliaia di orchi stavano ricostruendo il Nero Cancello, distrutto dieci anni prima. Altri stavano fabbricando armi e corazze che poi distribuivano ai loro compagni. Infine lo sguardo di aragorn si posò su qualcosa di ben più spaventoso: decine di pali erano infilati nel terreno e su di essi erano stati impalati dei cadaveri umani: donne e bambini non erano stati risparmiati.

“Oh no”- disse il re girando la testa per non guardare.

Gli uomini, a quella vista, si terrorizzarono e i cavalli si impennarono.

“Mio signore- disse uno- questo posto non è sicu…”- ma una freccia nera lo colpì e lo disarcionò. Gli altri soldati sguainarono le spade e tentarono di ripararsi, mentre decine di dardi colpivano i loro cavalli. Aragorn spronò il suo e si nascose dietro una rupe, mentre assisteva al massacro dei suoi soldati che , inutilmente, tentavano di resistere. Un orco lo però lo vide e gli corse incontro, brandendo una mazza. Il re sguainò Anduril, la sua spada, e uccise la bestia. Mentre gli ultimi suoi uomini venivano trucidati, lui approfittò di quel momento per investire gli orchetti e per fuggire. Due nemici vennero schiacciati dalla corsa del suo destriero, altri tre incontrarono la sua lama. Infine, nonostante le frecce che gli venivano scagliate contro, il re riuscì a fuggire.

Poco dopo,arrivò Sauron:

“Cosa è accaduto qui? Non avrete fatto fuggire qualcuno vero?

Un orchetto, tremante, gli si avvicinò:

“Credo che…uno di loro… sia..”- ma gli bastarono quelle parole per morire. Il suo corpo cadde a terra e Sauron urlò la sua collera:

“Maledetta feccia di inutili vermi. Il nostro attacco doveva restare segreto. Vorrà dire che dovrò trovare altri alleati per espugnare Minas Tirith…forse…nella Nuova Terra troveremo qualcuno”- poi si volse al comandante degli orchetti.

“Domani porterò con me qualche migliaia di orchetti nella Nuova Terra. Tu fai procedere i lavori. Al mio ritorno attaccheremo Gondor, ma per ora non spingetevi oltre Osghiliat”.

L’orco annuì con la testa e si diresse al cantiere del Cancello Nero.

“Non ci sarà alcuna speranza per gli uomini”- disse infine Sauron.

                             Il sogno

Mentre Mark dormiva,fu turbato da uno strano sogno. Si trovava in una città dalle mura bianche, che lui riconobbe come Minas Tirith. I soldati correvano ovunque, gridando ordini e consigli, il cielo era nero come l’inchiostro a causa delle nuvole che lo ricoprivano e dal basso si vedevano salire i fumi degli incendi. Vide un piazzale con dell’erba nel quale si trovava l’Albero bianco e notò un corpo disteso a terra. Mark cercò di capire chi fosse, ma ,alla sua vista, tutto appariva scuro e ombrato. Altre persone si trovavano intorno al misterioso personaggio disteso e, dai movimenti che facevano, era evidente che si stavano disperando. Uno di questi alzò il pugno chiuso e lo riabbassò con forza sul pavimento. Infine arrivò un altro individuo, sempre coperto come da una nebbia, che, alla vista del corpo in terra, lanciò un gridò, sovrastando i rumori della battaglia…

Mark si svegliò , madido di sudore, e guardò fuori dalla finestrella del suo appartamento sull’albero: era ancora notte. Si passò una mano in faccia e si sedette sul letto, ripensando al sogno.

“Qualcosa ti turba Mark?”- chiese Zarthan dal suo davanzale.

“No, non è niente. E’ tutto a posto”- gli rispose il ragazzo e poi si concentrò nuovamente, quando vide il suo drago riaddormentarsi.

“Forse dovrei parlargliene”- pensò tra sé , tenendo la mente chiusa come una cassaforte, ma poi si adombrò di nuovo. Chi sarebbe morto? Non poteva sopportare di perdere qualcuno, specialmente i suoi amici. Andò nel bagnetto e si trovò di fronte ad una specie di buca.

“Forse questo è il meccanismo per lavarsi di cui parlava Oromis ad Eragon”- disse, ripensando al libro. Trovò una levetta e aprì l’acqua calda che riempì la buca, poi rimase in boxer ed entrò dentro. L’acqua gli arrivò alle spalle, lui chiuse gli occhi e si rilassò. Dopo essersi lavato, uscì dal bagno e fece scolare l’acqua. Si diresse di nuovo al suo letto e si vestì con gli abiti nuovi che gli elfi gli avevano consegnato dopo il banchetto. Infine si distese sul letto: non aveva più voglia di dormire e rimase tra veglia e sonno per alcune ore, finché il segnatempo di Oromis suonò. Mark lo spense e uscì dalla sua stanza con la spada che Manuel gli aveva dato. Dopo un po’, si udì un urlo dalla stanza di Chris e il ragazzo corse ed aprì la porta della stanza dell’amico.

“Qualcuno mi aiuti”- disse Chris- sono incastrato”

Mark tirò un sospirò di sollievo e aiutò l’amico ad uscire dal buco per lavarsi.

“Che razza di trappola, non era meglio una vasca da bagno?”- chiese Chris.

“Ammesso che la conoscano”- esclamò Mark- Ora scendiamo in cortile e aspettiamo gli altri”.

Così i due scesero dall’albero e aspettarono gli amici: Arnold fu il primo ad arrivare e poi lo seguì un gruppo più folto tra cui c’erano anche i loro cartoni.

“Bene – esclamò Mark- dov’è Alexander?

“Ha detto che non vuole venire ad assistere all’allenamento”- disse Rick.

“E perché mai?- domandò Gianni, mettendo le mani sui fianchi.

“Non so, vuole restare solo. O almeno è questo quello che mi ha raccontato Angel”- disse Rick.

Tutti gli sguardi andarono verso il cartone rosa che esclamò:

“Ieri sera, mentre andavo in camera, ho visto Alexander con qualcosa in mano. Non ho capito cosa fosse, ma stava piangendo e , quando mi ha vista, mi ha detto di andarmene e che non sarebbe venuto con noi”

“Va bene, ti crediamo. Ora andiamo!- esclamò Mark e si incamminò.

Quando Angel gli passò davanti, Gianni la guardò in modo strano, passandosi la mano sotto il mento e sussurrò:

“Vedremo cosa nasconde Alexander, piccola mostriciattola”

“Ehi, allora vieni”- gli urlò Manuel.

“Eh? Ah si, eccomi”- rispose lui e gli andò dietro.

Quando i ragazzi arrivarono alla rupe,trovarono Oromis intento a leggere una pergamena con degli strani segni,Mark pensò che si trattasse dell’ Antica Lingua.

“Ben arrivati Cavalieri”- disse il maestro.

“Grazie , maestro”- disse Mark e si portò le dita alle labbra come era d’uso fra gli Elfi. Oromis arrotolò la pergamena e da dietro la sua capanna apparve il drago Glaedr. Le sue scaglie, dorate come quelle di Zarthan, splendevano al sole ed era quattro volte più grande dei nove draghi.

“Accidenti,saremo anche noi così?”- chiese Vahalkas a Rick.

“Lo spero”- rispose lui.

“Bene, per prima cosa voglio vedere di cosa siete fatti. Toglietevi la tunica”- disse Oromis.

I ragazzi obbedirono e rimasero a torso nudo: mostravano tutti dei bei muscoli, a causa della loro unione con i draghi, tranne Chris che rimase molto imbarazzato.

“Mmmm, ci sarà da lavorare un po’, ma in generale direi che può andare”- concluse il maestro- Ora voglio vedere che cosa siete capaci di fare voi”- chiese ai cartoni.

Per Stitch ed Angel non fu un problema,dato che erano molto forti, ma Kovu e Kiara ebbero qualche intoppo.

“E’ logico che siate in difficoltà. Anche se avete un aspetto assai singolare, so che siete dei leoni e non mi risulta che questi ultimi abbiano qualche particolare capacità”

“Possiamo parlare”- disse Kiara.

“Si, ma questo non vi servirà in battaglia. Ora… Glaedr, accompagna i draghi con te ,mentre io addestro loro”.

Il grande drago d’oro annuì  con la testa e portò con sé  gli altri. Quando si fu allontanato, Oromis si sedette su una roccia e disse:

“Oggi imparerete la Rimgar,noi Elfi la usiamo per mantenerci in salute, ma anche per voi sarà molto utile. Allora, voglio che uniate i piedi e che cerchiate di flettere la vostra schiena all’indietro il più possibile,provate”.

I Cavalieri si misero in fila e cercarono di compiere l’impresa. Molti non riuscivano nemmeno a piegarsi all’indietro , ma qualcuno se la stava cavando.

“Molto bene, continuate pure mentre mi dedico ai nostri amici”- disse il maestro avvicinandosi ai cartoni- Per voi, ho in mente un altro esercizio. Provate a sfidarvi nella lotta, ciò è fondamentale per capire su chi devo lavorare di più”

Stitch si mise in posizione davanti ad Angel e disse:

“Scusami”- poi si lanciò contro di lei, ma Angel lo evitò con un balzo e lo mandò a terra con un calcio.

“Ehi, vai alla grande”- disse Eric a Stitch.

“Silenzio, per favore”- esclamò calmo Oromis.

Stitch tentò nuovamente un attacco , ma solo per essere atterrato di nuovo.

“Non preoccuparti Eric- disse il cartone blu- E’ per non farle fare brutta figura”.

Alla fine, Angel lo schienò, tenendolo fermo con le lunghe antenne e gli disse:

“Battuto”

Oromis annuì con la testa:

“Bene, può andare. E tu…Stitch…è questo il tuo nome?”

“Si”

“Bene,dicevo e tu Stitch non attaccare subito l’avversario,prima studialo”

Il cartone blu annuì:

“Grazie , maestro”

Poi Oromis si rivolse ai Cavalieri

“Così va bene, ora andate a lavarvi alla fonte e tornate qui per la lezione di Antica Lingua. I ragazzi si avviarono al ruscello, quando il maestro disse:

“No Mark, tu resta qui”

Il ragazzo si fermò e fece un cenno agli amici. Quando furono andati tutti via, Oromis esclamò calmo:

“Cosa c’è che ti turba Mark?”

“Niente maestro”

Oromis lo fece entrare nella sua capanna e sedere, poi si mise di fronte a lui. Prese una brocca d’acqua fresca e gliela porse:

“Rinfrescati,prima di parlare”.

Mark bevve qualche sorso e poi cominciò a parlare del sogno che aveva fatto quella notte. Alla fine del resoconto, Oromis parlò:

“Non è un buon segno vedere le cose che accadranno,Mark, men che mai i presagi di morte”

“Ma…maestro. Ciò che ho visto si verificherà”

Oromis chiuse gli occhi e sospirò, poi li riaprì e disse:

“Non so dirti quando, ma purtroppo sì ,Mark. Davanti al futuro non possiamo fare nulla”.

Mark per poco non svenne. Non era possibile. Ci doveva essere un modo per cambiare il futuro.

“Ora va anche tu dai tuoi amici Mark, ti staranno aspettando”- disse il maestro.

Il ragazzo si alzò, guardò per un’ultima volta l’elfo dai capelli d’argento e poi chiuse la porta dietro di sé.

                                Piani oscuri

Galbatorix sedeva sul suo trono con la spada in grembo e lo scettro in mano. Poco dopo arrivò un messaggero:

“Mio signore, abbiamo perso i Cavalieri ai confini del deserto”

“Cosa? Non siete riusciti a catturarli?- urlò il re- Avrei dovuto ucciderli quando potevo, invece di far andare avanti questo maledetto gioco”

“Perdoni la mia curiosità signore, ma perché non li ha uccisi subito?”

Galbatorix digrignò i denti:

“Erano comunque con nove draghi,anche se i miei poteri sono quasi illimitati non penso che sarei riuscito a sconfiggerli tutti insieme”- si alzò dal trono e si avvicinò al messaggero:

“Chiama Murtagh e digli che devo parlargli”.

L’uomo uscì dalla stanza e ,dopo pochi minuti ,arrivò Murtagh:

“Mi avete fatto chiamare signore?”

“Si- rispose semplicemente il re- dimmi Murtagh, perché ti mandato nel deserto?”

“Per…uccidere i Cavalieri…signore”

Il re annuì:

“Esatto. E ci sei riuscito? No, per niente!!!”

“Erano troppi. C’erano anche dei mostri”- urlò Murtagh riferendosi ai cartoni.

“No, se non fosse per il mio asso nella manica ti avrei già dato trenta frustate. Hai idea di cosa possano fare quei ragazzi? Se non li eliminiamo diventeranno abbastanza forti da attaccarci. Perciò ecco il mio piano: mentre tu attacchi il Surda con il mio esercito per tenere impegnato Eragon, io cercherò di far schiudere l’ultimo uovo che mi è rimasto. E ricorda di portare Saphira, è fondamentale per ripristinare i Cavalieri”.

Murtagh annuì e fece per uscire, ma il re lo trattenne:

“Non fallire anche questa volta”.

Il ragazzo uscì dalla porta della stanza con un gemito.

                                       *******

La nave nera navigava veloce verso la Nuova Terra, mentre il capo-orchetto gridava:

“Forza vermi, remate,remate”

Sauron era a prua e osservava l’orizzonte, quando un orco lo interruppe:

“Signore,ritiene saggio allearsi con qualcuno?”

“Mai rifiutare un alleato. Inoltre,quando avremo raggiunto il nostro scopo, non ci sarà più nessuna alleanza”

L’orco gioì e disse:

“Si, morte ai nemici di Sauron”

Il viaggio durò molto a lungo finché, verso sera, Sauron vide le luci del suo accampamento nella Nuova Terra.

“Preparatevi a sbarcare”- disse e poi fece segno alle altre sette navi dietro di lui. Quando toccarono la riva, le navi calarono una passerella dalla quale scesero centinaia di orchetti. Dalla nave più grande, sbarcò Sauron con il suo plotone e tutti gli altri mostri cominciarono ad acclamarlo e a venerarlo come un dio.

“Come la situazione qui?- chiese l’Oscuro Signore al sovrintendente dell’accampamento.

“Abbiamo mandato degli esploratori verso ovest e ci hanno riferito di una città sulla quale governa un certo re Galbatorix. Abbiamo ritenuto meglio aspettare voi per decidere cosa fare”.

Sauron si lucidò la spada:

“Avete fatto bene ad attendere, domattina andrò a parlamentare con questo re e…”- ma venne interrotto dal sovrintendente.

“C’è un’altra cosa,signore. Mentre pattugliavamo le foreste, abbiamo scoperto degli umani a dorso di draghi insieme…a delle cose”

“Mmm? Delle cose?”

“Non siamo riusciti a capire bene, ma somigliavano ai nostri Warg, solo un po’ più…colorati,ecco”

Sauron si limitò ad abbassare la spada:

“Mi occuperò di questo più avanti. Domani partirò e farò scattare il mio piano. Speriamo che questo re sia così ingenuo da accettare la mia proposta- e cominciò a ridere, gli orchetti lo imitarono, ma lui disse:

“Silenzio”- si guardò intorno e vide che c’erano ancora degli alberi e dei fiori in piedi.

“Questo posto va reso migliore”

Piantò la sua mazza per terra e il terreno cominciò a deturparsi, mentre gli alberi morivano e i fiori appassivano. Gli orchi guardavano felici la scena dalle mura dell’accampamento e urlavano cose senza senso nella loro rozza lingua. Alla fine Sauron fu soddisfatto del suo operato:

“Molto meglio- esclamò- Presto tutta questa terra sarà così”

                      Occhi di Fiamma

“Secondo voi,perché Alexander non è voluto venire”- chiese Robert,mentre nuotava nel fiumiciattolo.

“E’ chiaro,no?- disse stizzito Gianni- Ci nasconde qualcosa e io voglio scoprire cosa”.

Si rivolse ad Angel,seduta fuori dall’acqua vicino a Stitch:

“E tu, perché non hai guardato meglio?”

“Non sono una spia?”- rispose lei.

Gianni alzò le braccia in alto, in segno di impazienza:

“Scommetto che tu sai più di quello che ci hai detto”

Arnold,a questo punto, intervenne:

“Gianni ,calmati. Da un po’ di tempo non sei più lo stesso. Che ti succede?”

“Sto benissimo, ma starò ancora meglio quando quella mi avrà detto la verità”-esclamò il ragazzo indicando Angel.

“Come fai a sapere che mente?”- ringhiò Stitch.

“Bè, sappi, mio disinformato amico, che noi Cavalieri possiamo leggere nella mente di ogni essere vivente e ho scoperto che la tua amica ci sta tenendo all’oscuro di qualcosa”

Arnold si alzò:

“Non è questo l’uso che dobbiamo fare dei nostri poteri. Il tuo è un gesto spregevole”.

Poco dopo, arrivò Mark e trovò Arnold e Gianni in discussione.

“Qualcosa non va?”- chiese.

“Si,tutto non và. Bada Angel,se non parlerai di tua spontanea volontà,ricorrerò a mezzi estremi. Non voglio che quell’Alexander mi nasconda qualcosa. Per me è un impostore”.

“Ehi, Gianni ora basta. Stai esagerando”- esclamò Manuel. Eric uscì dall’acqua e si avvicinò ad Angel e Stitch.

“Andate da Oromis- gli disse- Qui tira brutta aria”

“Aspetta Eric, è vero che voi Cavalieri potete leggere nel pensiero?”- chiese Stitch al ragazzo.

“Lascia perdere Gianni, ora andate. Angel non ti nasconderebbe nulla”- rispose lui e quando si furono allontanati, disse fra sé :

“Almeno spero”.

Intanto, la lite tra Gianni e gli amici stava continuando. Tutti erano usciti dal ruscello, mentre Kovu e Kiara osservavano preoccupati.

“Riuscirò ad estorcerle quel segreto”- disse Gianni.

“Non io non te lo permetterò”- esclamò Mark parandosi davanti all’amico.

In quel momento, Chris notò un particolare spaventoso e si avvicinò a Rick:

“Rick, guarda gli occhi di Gianni”- bisbigliò.

Rick osservò e notò che le pupille non erano tonde, bensì allungate, verticali e di un debole colore rosso.

“Gianni, tu hai qualcosa che non và. Andiamo da Oromis”- disse Rick cercando di prenderlo per un braccio.

“Non toccarmi,sto benissimo”- rispose l’amico.

“No Gianni, non stai benissimo”

Dall’altra parte del ruscello, apparve Oromis accompagnato da Angel e Stitch. L’Elfo raggiunse i ragazzi con sorprendente agilità e osservò Gianni:

“Non sei nel tuo stato normale, ragazzo. Un’ombra si aggira nel tuo corpo con l’intento di impossessarsi di esso”.

“Bugie,tutte bugie. Come quelle che quel…mostro mi ha detto”

Per Stitch, questo fu troppo. Con un balzo si avventò su Gianni, ma questi, con un’incredibile forza e velocità, lo colpì con un calcio. Perfino Oromis si stupì, ma rimase a braccia conserte,mentre gli altri Cavalieri lo guardavano imploranti:

“Maestro, cosa gli succede?”- chiese Mark, ma l’Elfo rimase in silenzio. Stitch tentò di alzarsi , ma Gianni lo colpì nuovamente con violenza, facendolo urtare contro una roccia che si sbriciolò. Una voce risuonò forte:

“Lascialo stare”- urlò Angel, mettendosi davanti a Stitch. Gli occhi di Gianni divennero sempre più rossi:

“Molto bene, Angel. Ora regoleremo i conti e mi porterai da Alexander” – disse il Cavaliere afferrando il cartone rosa per una spalla.

Mark stava per intervenire, quando una potente onda d’urto colpì Gianni e lo mandò a terra.

“E’ meschino, vile e crudele prendersela con i più deboli, ragazzo”- disse Oromis.

“Questo lo credi tu. Io…aahhh”

Il corpo di Gianni fu scosso da violenti spasmi e tremiti e poi crollò a terra. Oromis gli si avvicinò e gli ascoltò il polso. Era ancora vivo. Dopo un po’ , Gianni aprì gli occhi e i Cavalieri lo circondarono. Le pupille erano tornate alla normalità e non c’era traccia di rosso.

“Cosa è successo? Mi sono sentito strano”- disse Gianni.

Oromis lo prese per un braccio e lo aiutò ad alzarsi. Poi gli chiese:

“Vuoi dire che non sapevi ciò che stavi facendo? Hai quasi ucciso Stitch”- e indicò il piccolo cartone che tossiva vicino alla roccia in frantumi.

“No, io non posso aver fatto questo. Non vorrei mai…fare del male ai miei amici”- esclamò triste il ragazzo.

Mark gli diede una pacca sulla spalla:

“Non preoccuparti. Oromis scoprirà cosa ti è successo, vero maestro?”

“Naturalmente. Ora venite, vi insegnerò un po’ di Antica Lingua. Eric, tu porta Stitch nella mia capanna”.

I ragazzi seguirono il maestro,guardando Gianni mentre diceva:

“Che cosa sto diventando?”

                           Il talismano

L’ora d’Antica Lingua fu molto piacevole. Gianni non aveva ancora dimenticato ciò che era successo, ma alla fine riuscì a sorridere di nuovo. Nonostante questo, Oromis lo trapassò con lo sguardo durante tutta la lezione,come se stesse studiando un nuovo fenomeno. Chris, Rick ed Eric dovettero fare uno sforzo enorme per scrivere con le penne d’oca.

“A cosa serve questa Lingua?”- chiese Chris.

Oromis staccò un attimo lo sguardo da Gianni e si volse:

“Oh, questa Lingua può essere utilizzata in molteplici modi. Voi dovrete usarla soprattutto per praticare incantesimi, ma è molto utile anche per scrivere poesie ed e l’unica che dovrete usare quando parlate qui ad Ellesmera”.

“Noi non possiamo impararla?”- chiese Kiara.

Oromis scosse il capo:

“Anche se può essere di aiuto, questa Lingua è molto pericolosa. Se giuri qualcosa nell’Antica Lingua, non puoi più disobbedire. Inoltre,se sbagli anche un solo articolo durante un incantesimo, potresti rimetterci la vita”.

“Ma così io e Kovu non siamo molto utili. Siamo vulnerabili e non possiamo nemmeno trasportare armi”- esclamò la leonessa.

Oromis rifletté un attimo:

“Dovrò pensare anche a questo”- disse.

Alla fine della lezione, Glaedr tornò con gli altri draghi e il maestro disse ai suoi allievi:

“Potete andare, Cavalieri. Godetevi le meraviglie di Ellesmera, domani riprenderemo”- e li congedò.

Quando furono ai piedi della rupe, Mark chiese a Zarthan:

“Cosa vi ha insegnato Glaedr?”

Il drago d’oro gonfiò il petto d’orgoglio:

“Ci ha insegnato delle acrobazie magnifiche. Non vedo l’ora di provarle”.

“Le proverai”- disse il ragazzo con un sorriso.

“Bene- esclamò Manuel - Che cosa facciamo ora?”

Chris annusò l’aria:

“Sento odore di legna bruciata, e dove c’è legna bruciata non può esserci che cibo. Perché non andiamo a vedere?”

I ragazzi erano un po’ contrariati:

“Per prima cosa, la legna bruciata può significare anche un incendio ,per me. Secondo: preferirei farmi una passeggiata fra quei pini laggiù”- disse Arnold indicando una piccola pineta.

“Ok- disse gioviale Chris- Chi viene con me…da questa parte”- e indicò un punto dietro di lui. Nessuno andò.

“E va bene, ma non sapete cosa vi perdete”- disse infine avviandosi.

“Mark, tu non vieni?- chiese Arnold, mentre cominciava ad andare con gli altri nella foresta.

“No, io vado a riposare un po’, l’allenamento mi ha stressato – mentì- Zarthan, tu vai pure con loro”- disse infine accarezzando il suo drago.

“Ok, ci vediamo dopo”- disse Arnold

Mark accennò un saluto e corse verso gli appartamenti. Arrivato all’albero, salì in alto e si fermò davanti alla camera di Alexander. Concentrò tutti i suoi poteri e fece aprire la porta con la magia.

“Mi sto comportando come un ladro”- pensò mentre entrava. La stanza era vuota, forse Alexander era uscito. La sua spada era appoggiata ad una parete e il pugnale era sul comodino insieme ad un altro oggetto tondo e nero. Che sia questo il segreto? Mark si avvicinò al mobile e prese in mano il misterioso manufatto. Lo osservò per un po’ e notò che era un talismano chiuso. Fece per aprirlo, ma una voce gelida proveniente dall’ingresso, lo bloccò:

“Che ci fai qui? Rovisti fra la roba di Alexander?”

Mark si voltò e si trovò faccia a faccia con Gianni. Ma non con il Gianni che conosceva lui: questo aveva gli stessi occhi di poche ore prima.

“Non…non dovresti essere con gli altri?”- chiese tremante Mark.

“Non evitare la domanda. Che ci fai qui? Pensavo non ti interessasse di Alexander. Che ironia, tutti pensano che sia io a voler scoprire quel segreto e ora vedo il contrario. Chissà cosa dirà Oromis a riguardo”.

Mark indietreggiò e si appiattì alla parete con il cuore che gli batteva forte:

“Oromis sa che non sei normale in questo momento”.

“No, non lo sa affatto. E’ solo un incompetente, un elfo che si sta avviando alla morte”

Gianni aveva ragione. Mark si era dimenticato della malattia di Oromis. L’aveva letto tante di quelle volte.

“Come fai a saperlo?”

Gianni rise:

“Sai, io non prendo ordini da Arnold né da Oromis e mi sono permesso di frugargli in testa”

Mark scosse velocemente la testa, ignaro che Alexander poteva rientrare da un momento all’altro:

“Non è possibile, Oromis è troppo potente per farsi imbrogliare da te, Gianni”. Dicendo queste parole, però, Mark pensò:

“Ma cosa dico, dopo quel che ha fatto a Stitch, questa…creatura nel corpo di Gianni poteva fare ben altro. Compreso battere Oromis.”

Gianni si avvicinò a Mark e gli prese il talismano, nonostante l’amico opponesse resistenza. Se lo girò fra le mani e disse:

“Bene Alexander, vediamo cosa nascondi”

“No- urlò Mark e lo fermò. I due ragazzi cercarono di prendersi il talismano , ma Gianni si dimostrò più forte. Mark cadde a terra, ma con uno sgambetto fece scivolare Gianni e il talismano cadde di mano al Cavaliere. Mark si tuffò in avanti e lo prese al volo, ma Gianni era di nuovo in piedi con la spada di Alexander in mano.

“Dammi quell’oggetto Mark”- sibilò , allungando la mano.

“No, tu non sei Gianni. Perché sei entrato nel suo corpo? Cosa vuoi da lui?”- urlò il ragazzo.

Gianni lo ignorò e roteò la spada per colpirlo, ma un’altra lama si mise in mezzo e parò il colpo: era Arnold. Con un pugno, mandò Gianni contro il muro, ma questi si rialzò e urlò “ Brisingr”. Dalla sua mano si sprigionò un getto di fuoco che però venne fermato da un bozzolo protettivo creato da Arnold.

“Come potete usare la magia? Oromis non ce l’ha ancora insegnata”- disse Mark incredulo.

“Lui non so- esclamò Arnold- io ho fatto un giro in biblioteca ,ieri sera, e ho imparato questo. E’ l’unico che so evocare”

Gianni continuò a lanciare fiamme sui due Cavalieri, quando improvvisamente riprese ad urlare come al ruscello e cadde in ginocchio tossendo:

“Si sta impossessando di me, Mark”- disse ansante.

“Chi ,Gianni? Chi?- domandò l’amico.

“Un…uno spettro…Durza”

                    Una cura per Gianni

Quando Mark udì quel nome, il sangue gli si gelò nelle vene e nella mente gli riapparve l’immagine di Durza mentre feriva Eragon sulla schiena.

“Da quanto tempo è nel tuo corpo?”- chiese all’amico.

Gianni si alzò barcollando e Arnold lo prese in spalla, sorreggendolo.

“E’ successo quando abbiamo incontrato Alexander. Io non mi fidavo di lui e ,mentre ero a caccia,sentii una voce nella mia testa”.

“Che cosa ti ha detto?”- domandò Arnold.

Gianni tossì due volte e riprese a raccontare, intanto Mark guardava nervosamente la porta con la paura che Alexander potesse ritornare.

“Mi ha detto che i miei amici erano stati ciechi a non credermi e che lui solo poteva aiutarmi a mandare via Alexander. Così,non appena ho aperto di più la mente,lui  è entrato come un pugnale ghiacciato e ha preso il controllo di parte di me”.

Rimasero tutti e tre in silenzio per un po’ e alla fine Arnold disse:

“Usciamo da qui prima che torni Alexander”- e portò Gianni in spalla fuori dall’appartamento.

Mark esitò e , rima di uscire, prese il medaglione di Alexander e se lo mise in tasca.

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“Non trovate che questi giardini siano magnifici?”- disse Eric, mentre passeggiava con gli altri amici nella città elfica.

“Già, sembrano quasi vivi”- esclamò Rick accarezzando un tronco.

“E la cosa spettacolare è che gli Elfi riescono a costruire le loro abitazioni direttamente sugli alberi”- aggiunse Mirko osservando una famigliola di Elfi in cima alla loro casa sull’albero, quando la loro conversazione fu interrotta da un brontolio di pancia di Stitch.

“Hai fame?”- chiese Manuel.

“Ehm…sì,molta”- ridacchiò il cartone.

“Magari possiamo raggiungere Chris. Conoscendolo, avrà preso cibo per quattro”- esclamò Robert.

Gli amici non si sbagliavano. Trovarono Chris seduto su una pietra con un cesto di frutta, pane e verdure in grembo.

“Peccato che qui manchi la carne”- disse non appena vide gli amici.

Stitch si gettò, famelico, nel cesto di Chris e ingoiò due mele intere,poi tentò di afferrare la pagnotta di Chris, ma questi gliela tolse di mano.

“No, è mia”- disse, coprendo il cesto con la sua mole.

Gli altri amici ridacchiarono alla scena e , dopo un po’, Angel portò a Stitch un cesto uguale a quello di Chris. Gli occhi del cartone blu si illuminarono e cominciò a ingoiare tutto il cibo che trovava.

“Non so se sei peggio tu o Chris”- esclamò Kiara

“Forse si eguagliano”- aggiunse Kovu.

Chris alzò la testa dal suo cesto:

“Eh no,io riuscirei a mangiare più di quel topo blu”

Stitch si girò e rise:

“Allora vuoi la sfida?”

“Certo,sfida sia”

I due si avvicinarono e si strinsero le mani,poi corsero ai propri cesti e cominciarono la gara. Manuel ed Eric si girarono per non far vedere che ridevano e Rick disse:

“Bella gara, per te chi vincerà, Robert?

L’amico alzò le spalle:

“Forse si neutralizzeranno a vicenda”.

La sfida proseguì per una decina di minuti, quando i due sfidanti rallentarono l’andamento. Manuel ed Eric si erano seduti e stavano giocando a pari e dispari.

“Allora, chi ha vinto?”- chiese eric, sbadigliando.

“E’ dura- disse Rick all’amico- Va bene, proclamò la parità”.

“Non sia mai”- esclamò Chris senza smettere di mangiare.

“La prossima volta, Kovu, ti taglio la lingua”- disse Mirko, appoggiato ad un albero. Kovu abbassò al testa e ridacchiò.

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“Dobbiamo portarlo da Oromis”- disse Mark ad Arnold,mentre correvano.

“No, lo faremo domani. Ora lo sto portando in camera sua”.

Mark corse più veloce e superò Arnold:

“Ma non capisci che così è pericoloso?”

“Non dirmi chi o cosa è pericoloso,Mark. E ringraziami se non dico ad Alexander che sei entrato senza permesso nella sua stanza”- esclamò Arnold con rabbia.

Mark fu percorso dalla vergogna:

“Va bene,portalo in camera sua. Ma non venirmi a cercare se qualcosa va storto”- disse irato.

Arnold si fermò e si girò. Gianni tossì di nuovo:

“Andiamo da Oromis”- disse infine con riluttanza.

Quando giunsero dal maestro e gli spiegarono di Gianni, Oromis disse:

“E’ un caso davvero singolare. Aspettate qui”- ed entrò nella sua capanna.

Glaedr si affacciò da dietro l’abitazione e disse a Gianni:

“Ho parlato con Kreghor e mi ha detto che da un po’ di giorni ti sentivi strano. Perché non gli hai detto nulla?”

“Per proteggerlo, non sopporto l’idea di perderlo”

Oromis tornò con un’ampolla piena di una pozione blu e disse:

“Bevi questa ogni giorno. No, non scaccerà lo Spettro, ma almeno ti permetterà di pensare con la tua testa, mentre studio un sistema adatto”

Arnold afferrò la pozione e disse:

“Grazie,maestro”.

                        L’ira di Alexander

I tre amici salutarono il maestro e si allontanarono dalla rupe di Tel’Naeir. Gianni si infilò la pozione in una tasca e batté la mano due volte sopra quest’ultima, dicendo:

“Secondo te, mi aiuterà questa pozione, Mark?”

Mark era immerso in altri pensieri: quando fosse arrivato a casa, avrebbe aperto il talismano di Alexander e visto cosa conteneva, ma la domanda di Gianni lo fece tornare in sé.

“Uh? Si, è naturale”- rispose distratto.

Da lontano, Zarthan gli parlò:

“A cosa stai pensando?”- chiese il drago.

“Oh, niente,niente”

“Non pensare di nascondermi qualcosa. Le nostre menti sono legate e sento che ora sei pieno di emozione. Cosa mi nascondi?”

“Te lo dico quando siamo soli a casa ok?”

“Va bene”- rispose il drago e allentò il contatto mentale.

“Stavi parlando con Zarthan?”- chiese Arnold che evidentemente lo aveva visto distratto.

“Si, gli ho detto di come abbiamo trovato questa pozione per Gianni”- mentì.

Il loro discorso fu interrotto da un’altra persona che si dirigeva ansimando verso di loro. Alla fine Mark lo riconobbe: era Alexander.

Il ragazzo,senza perdere tempo in chiacchiere, si avvicinò e colpì Mark dritto in faccia. Il Cavaliere cadde supino per terra e si tastò il labbro da cui usciva un rivoletto di sangue.

Arnold gli corse incontro e lo aiutò ad alzarsi, dicendo ad Alexander:

“Ma cosa diavolo ti prende? Che cosa ti ha fatto?”

“Cosa mi ha fatto?- disse Alexander ironico- E’ entrato nella mia stanza e ha saccheggiato i miei beni; ed ho anche una prova”.

Infilò la mano in tasca ed estrasse una catenina con su scritto “I love me”, quella che Rick gli aveva regalato per il compleanno.

“Credo che sia tua”- esclamò infine buttandogliela davanti.

Mark si abbassò e la prese, doveva essergli caduta durante la colluttazione con Gianni.

“E ora, dammi il mio talismano”- disse Alexander allungando una mano.

“Non…non ho niente”- balbettò Mark, pur vergognandosi delle bugie che diceva.

Alexander scostò Arnold e lo prese per il colletto, sollevandolo da terra, poi gli infilò una mano in tasca ed estrasse il talismano.

“Questo è “niente” vero?”- esclamò irato Alexander e lo lasciò- Che nessuno si avvicini più alla mia stanza”- e se ne andò.

Gianni gli fece un brutto gesto alle spalle ,che per fortuna Alexander non notò, e poi si rivolse a Mark:

“Ehi, stai bene?”.

“Non come vorrei. Sono un ladro”- esclamò, mentre una lacrima gli colava su una guancia.

“Non dire stupidaggini, capita a tutti di sbagliare nella vita”- affermò Arnold.

“Già, anche a questi due”- disse un’altra voce.

I tre amici si voltarono e videro Rick, Eric e Manuel trasportare a spalla Chris, mentre Mirko portava Stitch. Dietro li seguivano Robert, Angel, Kovu e Kiara.

“Ma cosa gli è successo?”- domandò Gianni.

Chris ruttò e lo stesso fece Stitch due secondi dopo.

“Hanno fatto un’indigestione. Anche troppa frutta e verdura fa male”- disse Rick.

“Giusto”- biascicò Chris mettendosi una mano sullo stomaco.

“Parità?”-esclamò Stitch con un gorgheggio.

Chris annuì con la testa:

“Ma non per molto”.

Angel si avvicinò a Stitch:

“Non credi di aver esagerato un po’, oggi?”

“No,io sono forte come una roccia”- disse l’altro e si addormentò sulla spalla di Mirko. Angel gli diede un baciò sulla guancia e saltò sull’altra spalla di Mirko:

“Ehm…sono diventato un autobus?”

“No, io ti preferirei più come attaccapanni?”- ridacchiò Eric.

Manuel,quando vide il labbro spaccato di Mark, si oscurò in volto:

“Che cosa ti è successo?”

“Lui…”- cominciò Arnold

“….E’ caduto e si è fatto male”- continuò Mark.

“Sei sicuro?”- esclamò Kiara.

“Si,ora andiamo nelle nostre stanze. Domani ci aspetta un’altra dura giornata”.

Gli amici si incamminarono alle loro case e Arnold guardò Mark:

“Non dovevi mentire agli altri”- e se ne andò anche lui.

Quando arrivò al suo appartamento, Mark si lavò e si vestì con dei nuovi e freschi abiti. Poco dopo arrivò Zarthan che gli chiese:

“Allora? Cosa dovevi farmi vedere?”

“Niente, Zarthan. Niente”- rispose Mark e sprofondò nel sonno.

                                        *****

                          L’avvertimento del Re

Faramir e il suo contingente arrivarono a Osghiliat poco dopo la partenza di Aragorn. Quando giunse,una guardia gli chiese:

“Cosa succede Capitano?”

Faramir smontò da cavallo e si infilò il mantello:

“Non lo so nemmeno io”- si limitò a rispondere.

Durante quei dieci anni, Osghiliat aveva prosperato ed era tornata ad essere la città che era un tempo. Ora, invece, si notavano lampi molto poco rassicuranti sopra Mordor e i cittadini non avevano occhi che per quelli.

“Dobbiamo far evacuare la città -disse Faramir- Il nostro Re è andato a vedere cosa accade a Mordor, perciò è necessario essere cauti”.

I soldati cominciarono a far passare il messaggio tra la folla e organizzarono una fila di cavalli per portarli a Minas Tirith. Dopo quasi quattro ore, la carovana era pronta e partì. Quando tutti i cittadini se ne furono andati, Faramir si rivolse al suo nuovo secondo in comando: Baldir.

“Come sono le nostre difese?”

“Difese?- chiese Baldir- Per cosa?”

Faramir non fece in tempo a rispondere che un soldato lo chiamò:

“Capitano, un uomo a cavallo viene verso di noi e…ma è sire Aragorn!!!”

Faramir corse sulla possente cinta di mura, fatta costruire attorno a Osghiliat e vide Aragorn accasciato sul suo cavallo. Non c’era traccia della sua scorta.

“Aprite il cancello,presto”- ordinò e ,con altri tre soldati, portò dentro il Re.

“Mio signore, cosa è accaduto?Dov’è la scorta?”

Aragorn ansimò e un rantolo gli uscì dalla bocca:

“Morti…tutti morti…aahhh…mi serve…dell’acqua”

Un soldato gli fece scivolare il contenuto di una borraccia in gola e il Re riprese a parlare:

“Faramir,dobbiamo riorganizzare le difese…Sauron è tornato”

Tutti i soldati sussultarono, persino Faramir, che strinse forte la sua spada.

“Si stanno riorganizzando?Bene, non glielo permetteremo, condurrò un’armata e…”

“No- intervenne Aragorn- Sono troppi, hanno avuto il tempo di moltiplicarsi  e ora stanno ricostruendo il Cancello Nero, limitati a rafforzare le difese di questa città e ricordati…Osghiliat non deve cadere”

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                     Lama contro Lama

Il giorno dopo, i Cavalieri si recarono da Oromis portando le loro spade. Una volta arrivati, il maestro li accolse:

“Benvenuti allievi, oggi  vi ho fatto portare le vostre spade per vedere cosa sapete fare. Mentre io mi dedico a Stitch, Angel,Kovu e Kiara, voi duellerete divisi in due squadre. Se uno di voi disarma l’avversario, questo è eliminato d’accordo?”

I ragazzi annuirono e si fecero smistare. Da una parte c’erano Eric,Rick, Chris e Manuel, dall’altra Mark,Robert, Gianni,Mirko e Arnold.

“Maestro- disse Eric- A noi manca un componente”

“Mi unirò io a voi- dall’altro lato della rupe apparve Alexander con la sua spada in pugno-  Posso partecipare Oromis?”- Chiese con ben poca gentilezza il ragazzo.

“In via del tutto eccezionale sì”-esclamò dubbioso l’Elfo, scrutando il giovane. Alexander annuì e si dispose con i compagni, prima dell’esercizio,però, i Cavalieri, con la magia, smussarono la punta delle loro spade. Tutti si misero uno di fronte all’altro, Oromis diede il via e subito dopo, l’aria risuonò di clangori e strepiti di metallo. Ogni ragazzo era impegnato con un avversario: Mark si trovava di fronte a Chris con il quale scambiava furiosi colpi. Il robusto Cavaliere tentò un attacco per disarmare Mark, ma questo lo schivò con agilità e con un colpo fulmineo gli fece volare la spada di mano.

Stitch fischiò dalla capanna di Oromis:

“Grande Mark, continua così”

Un’occhiata di Oromis lo fece ammutolire e abbassò le orecchie.

Mark rise e si guardò intorno, Rick aveva disarmato Robert, ma era stato a sua volta eliminato da Arnold. L’allenamento proseguì per parecchi minuti finché non rimasero che quattro duellanti: Mark,Alexander,Mirko e Manuel.

Mark si scagliò contro Manuel e lo stesso fece Mirko con Alexander che però con una semplice torsione del polso lo disarmò, poi si lanciò contro Mark anche lui e lo colpì duramente alla schiena con l’elsa della spada.

“Alexander, non colpire in questo modo”- lo rimproverò Oromis alzandosi dalla sua sedia. Mark aveva i muscoli a pezzi, ma con un po’ di fortuna riuscì a battere Manuel ritrovandosi faccia a faccia con Alexander. I due non fecero in tempo a guardarsi che Oromis parlò:

“Così può bastare. Bravi tutti e due”

Mark si girò verso il maestro e chiese:

“Ma chi ha vinto?”

“Per me non deve esserci una squadra perdente e una vincente, perciò  avete vinto entrambi essendo rimasti i solo sul campo”.

Mark non sapeva perché Oromis non voleva farli combattere. Temeva forse che Alexander sarebbe stato troppo duro con lui? Non ci pensò molto e si avvicinò ad alexander tendendogli la mano. L’altro abbassò la spada e si limitò a dire:

“Complimenti”-poi si diresse verso Ellesmera.

Stitch corse da Mark ed esclamò:

“Complimenti Mark,bravissimo. La tua spada sembrava un serpente”.

Gli altri Cavalieri gli andarono incontro e si congratularono a vicenda:

“Già, bravo davvero Mark”- disse Eric.

Oromis richiamò la loro attenzione e gli disse:

“Bene ragazzi,vedo che ve la cavate abbastanza bene con le spade. Ora,se volete seguirmi, vi mostrerò i grandi segreti della magia”.

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                                        Bene e Male

“Tornerò appena posso - disse Sauron mentre montava sul suo destriero nero come la notte – Andrò a parlamentare con questo Galbatorix e…speriamo che la sua risposta sia affermativa”- aggiunse con sarcasmo e spronò il cavallo.

Una ventina di orchetti montò su altrettanti Warg, le loro cavalcature, e seguì il suo capo.

Il viaggio durò a lungo, ma alla velocità dei Warg riuscirono ad arrivare ad Uru-Baen dopo alcuni giorni di corsa ininterrotta. Quando si trovarono di fronte alla città del re, Sauron alzò una mano e gli orchetti dietro di lui  interruppero la corsa.

“E’ quella?”- chiese uno di loro indicando Uru-Baen.

“Si….è quella”- disse gelido Sauron osservando il paesaggio con interesse. Si avvicinarono lentamente alla porta d’ingresso, quando da una torre si affacciò una guardia:

“Chi siete?Da dove venite?”

Sauron si fece avanti e parlò all’uomo, la sua voce fece quasi tremare le mura di cinta:

“Siamo un popolo d’oltremare e ci troviamo qui per incontrarci con il tuo re. E’ troppo chiedere un colloquio?”

L’uomo guardò prima Sauron e poi gli orchi che sogghignavano:

“Entrerete, ma dovete consegnare le armi all’ingresso del castello”.

Sauron annuì con la testa,la guardia si voltò e gridò ad un’altra:

“Aprite il cancello e avvertite il re,presto”

L’enorme porta cominciò ad aprirsi lentamente, mentre uno stuolo di fanti armati si precipitava nel cortile puntando le lance verso i visitatori. Quello che doveva essere il Capitano avanzò tra la folla e tese la mano:

“Le vostre armi”

Sauron gli fece cadere la sua pesante mazza in braccio e l’uomo barcollò per il peso, poi le altre guardie si fecero dare le armi dagli orchi anche se erano visibilmente tese per la comparsa di quella nuova razza.

Dopo un po’ arrivò Galbatorix seguito da dieci soldati pesantemente corazzati e la prima emozione che Sauron avvertì in lui fu…paura; paura e stupore.

“Chi siete?”- chiese il re.

“Io sono Sauron, signore della Terra di Mezzo e sono qui perché ammiro il tuo governo e i tuoi domini e per questo sono intenzionato a imprimere un’alleanza duratura fra i nostri due popoli”

Galbatorix diede un’occhiata agli orchi e chiese:

“Quella è la tua…fanteria?”

Sauron tuonò:

“Non farti ingannare dalle apparenze, saggio re. Sono più forti di quello che immagini”.

Il re rifletté e poi esclamò:

“Discuteremo meglio nel mio palazzo”

                                         ********

“Chris, ti avevo detto di trasformare l’acqua in ghiaccio non in fango”

“Scusami Oromis, ci riproverò”

I ragazzi si stavano esercitando con la magia da un paio d’ore, quando Oromis chiamò a se i cartoni. Li portò lontano dai ragazzi e disse loro:

“Qualche giorno fa, Kiara mi ha detto che non potevate essere utili dal momento che siete dei leoni giusto?”

“Bè…sì”-rispose incerta Kiara.

“Bene- disse Oromis- Venite nel mio capanno tutti e due. Stitch…tu ed Angel non fate entrare nessuno”

I due annuirono e si piazzarono fuori la porta della casetta.

Manuel lanciò un’occhiata verso il capanno, ma Glaedr lo ammonì:

“Pensa al tuo lavoro ragazzo e vedi di impegnarti come Kaspian. Ha imparato a sputare fuoco in meno di due giorni”.

“Bè ma io non sono un drago”- disse il ragazzo e gli altri ridacchiarono.

Arnold aveva terminato l’incantesimo e portò una sfera di ghiaccio grande quanto la sua mano a Glaedr.

“Ottimo lavoro, Cavaliere- disse il drago- continua così”

“Grazie maestro- gli rispose Arnold .

Chris si alzò in piedi e chiese:

“Vale anche il fango ghiacciato?”

“Credo di no”- ridacchiò il drago d’oro.

Chris si sedette e raggiunse Kreghor con la mente:

“Mi suggerisci la formula?”

“No Chris. Devi cavartela da solo- gli rispose il drago- e poi sono impegnato ad esercitarmi nel volo con gli altri”.

“Uff, va bene”.

Passarono diversi minuti quando la porta del capanno si spalancò. I ragazzi girarono la testa all’unisono. Oromis uscì per primo seguito da Stitch ed Angel, poi disse:

“Cavalieri, vi presento Kovu e Kiara”

I Cavalieri videro ciò che uscì dalla casa e qualcuno cadde dallo sgabello. Eric aveva rotto la sfera di ghiaccio che aveva in mano: davanti a loro c’erano due ragazzi.

Uno di questi aveva dei capelli neri e occhi dello stesso colore,l’altra portava dei lunghi capelli biondi e occhi azzurri, ma entrambi avevano delle caratteristiche molto lontane da quelle umane: gli occhi e i lineamenti erano da felino mentre alla fine della loro schiena spuntava una lunga coda da leone.

Mirko disse:

“Siete voi?”

Oromis parlò prima che potessero farlo Kovu o Kiara:

“Si, ma ho quasi speso tutte le mie forze per trasformarli”

“Non avresti dovuto farlo maestro, potevi chiederlo a noi”- esclamò Mark

Oromis scosse lentamente la testa:

“Sono molto meno importante di voi e poi ho voluto contribuire personalmente”

Kovu e Kiara provarono a camminare e i ragazzi notarono subito che erano in difficoltà.

“Aspetta, vi diamo una mano”- disse Eric dirigendosi verso Kiara, mentre Chris andava da Kovu

“Certo amico mio- disse il robusto Cavaliere a quest’ultimo- non fai bella figura a farti sorreggere”

Gli altri sorrisero.

“Uao- esclamò Kiara mentre Eric la manteneva in piedi- E’ bellissimo stare su due zampe”

“Già”- disse il ragazzo deglutendo, la bellezza di Kiara ora era indescrivibile.

“Riesci…a..camminare..o..ora?”- chiese Eric.

“Si,grazie dell’aiuto”- lo ringraziò Kiara.

“Ora sì che possiamo combattere”- affermò Kovu e cominciò a correre su due gambe ma un sasso lo fece inciampare. I Cavalieri risero, tranne Eric che guardava ancora Kiara.

“Eric?- Oromis era ad un palmo dal ragazzo- C’ è qualcosa che non va?”

Sotto il peso dello sguardo del maestro, Eric riprese la penna in mano e Mark lo guardò serio.

“No maestro…niente”.

                                  L’ Alleanza

“Prego, Sauron, entra pure”- disse Galbatorix mentre apriva il portone della sala del trono – qui parleremo meglio”- esclamò infine sedendosi sul trono e congiungendo le mani davanti al viso.

Sauron si rivolse alla sua scorta:

“Voi aspettatemi fuori”

Gli orchi e le guardi uscirono e i due rimasero soli e in silenzio. Il primo a parlare fu il re di Alagaesia.

“Di che alleanza mi parlavi?”

Sauron si schiarì la voce:

“Devi sapere che nel regno dal quale vengo ci sono ancora dei popoli ribelli e…

“Già- lo interruppe il re- i ribelli sono davvero una delle maggiori seccature per un sovrano, ma…continua”

“Purtroppo le mie forze non sono ancora riuscite a schiacciarli e perciò sono venuto qui per proporti un accordo militare e…inoltre…sono venuto a sapere che anche voi siete tormentato da un popolo ribelle e viscido, i Va…”

“I Varden- urlò il re,si alzò e scese lentamente i gradini che conducevano ai piedi del trono- già, sei stato bene informato e credo che , a questo punto, possiamo trovare una soluzione comune”

“Sul serio?”- chiese Sauron.

“Naturalmente, seguimi”.

Il re condusse Sauron verso una immensa mappa di Alagaesia e indicò il Nord.

“In questa foresta, la Du Weldenvarden, si annida la resistenza Elfica. Se desideri il mio aiuto nella tua patria, prima dovremo consolidare il mio potere qui- e picchiettò lo scettro sulla città Elfica di Ellesmera.

“Come suggerisci di agire?”

Il re guardò più a Est ed indicò un puntino vicino al fiume Edda, ai margini della foresta.

“Se vogliamo conquistare Ellesmera dovremo prima prendere la seconda città per importanza e utilizzarla come zona di passaggio per i nostri eserciti: Silthrim. Per fare ciò, tuttavia, ci occorreranno delle navi poiché la zona di accesso più debole dell’abitato è il porto”

Sauron osservò la cartina perplesso e indicò l’Edda:

“Perdona la mia curiosità, ma come farai a condurre navi da guerra attraverso il fiume?”

“Si nota subito che nella tua terra non esiste la magia”- rise Galbatorix- Conquista Ceris,Sauron e in questo modo il fiume sarà nostro. Da qui partiremo con la flotta che ti assegnerò e quando entreremo a Silthrim per gli Elfi sarà troppo tardi”.

“E se fallissi?”

Il re alzò lentamente la testa dalla cartina e poi esclamò:

“Impossibile, la maggior parte dell’esercito Elfico si dirige verso i miei confini settentrionali, perciò li colpiremo silenziosamente alle spalle”

Sauron allungò un braccio e disse:

“Molto bene”- poi i due si strinsero la mano, firmando così la loro alleanza.

                                            ******

Dopo circa sei giorni di cavallo, Legolas e Gimli avvistarono Minas Tirith. Dalla collina sulla quale si trovavano era visibile la temibile ombra nera che si stagliava su Osghiliat.

“Andiamo”- disse Legolas spronando il cavallo.

“Pensi che Sauron sia tornato?- chiese Gimli mentre si teneva alla sella.

“Non lo penso…ne sono sicuro ormai”- affermò l’Elfo scoccando un’occhiata verso il cielo terso e nuvoloso.

Quando arrivarono ai cancelli della città, due soldati li accolsero.

“Dobbiamo parlare con re Aragorn”- esclamò Legolas.

Una delle guardie lo informò:

“Il re è ferito, si trova a palazzo ora”

Legolas guardò Gimli, altrettanto sbigottito, e poi spronò il cavallo.

“Ne ero sicuro”- affermò senza lasciare le redini.

“Santi numi, più piano, più piano”- si lamentava Gimli.

Arrivati al palazzo, Legolas aprì le porte e Arwen gli corse incontro piangendo.

“Dov’è Aragorn?”- chiese l’Elfo.

Arwen gli indicò una porta in fondo al corridoio. Legolas e Gimli la raggiunsero ed entrarono. Aragorn era disteso su un letto mentre Eowyn si prendeva cura di lui.

“Oh, no”- sussurrò Legolas.

Gimli fu meno delicato e corse vicino all’amico.

“Aragorn che ti è successo?Chi ti ha fatto questo?”

Eowyn però calmò il Nano:

“Non può parlare ora, deve riposare”

“E’ andato a Mordor vero?- Legolas aveva un’espressione stranamente dura.

Eowyn annuì. L’Elfo uscì dalla stanza e chiuse la porta pesantemente lasciando Gimli ed Eowyn con Aragorn. Uscì dal palazzo e si diresse al cavallo, poi corse veloce verso Osghiliat. Quando arrivò, vide un grande tumulto. I soldati correvano dappertutto e non c’era traccia di un civile.

“Dov’è Faramir?”- chiese Legolas ad una sentinella.

“Al fiume, sembra molto preoccupato”.

Legolas smontò e scese verso l’ Anduin. Qui trovò Faramir accovacciato, mentre scrutava l’altra sponda con l’arco in pugno.

Senza girarsi, il Capitano di Gondor disse a Legolas:

“E’ tornato purtroppo. Alcuni nostri esploratori sull’altra sponda hanno avvistato un esercito enorme che si dirigeva verso il mare. Aragorn ha detto, comunque, che non dobbiamo prendere iniziative”

“Verso il mare? Eppure non abbiamo trovato niente di importante o prezioso per l’Oscuro lungo la costa- disse Legolas.

Faramir esitò:

“Ho il timore…che ci sia qualcosa che gli interessa anche…Oltre l’oceano”.

                      Una notte magica

Quando Oromis congedò i ragazzi ,era quasi notte. I Cavalieri montarono sui loro draghi e spiccarono il volo.

“Voglio vedere com’è fatta la Du Weldenvarden di notte”- esclamò Mark.

“Buona idea”- disse Robert dal dorso di Eridor.

Dall’alto erano visibili tutte le fiammelle che accendevano Ellesmera e la rendevano viva. Mark ne era quasi attratto.

“Lì”- indicò Rick puntando il dito verso una radura in disparte dal resto della città. I draghi virarono e planarono sul terreno, alzando una miriade di foglie secche.

I ragazzi e i cartoni smontarono e Manuel prese una boccata d’aria:

“Che silenzio- disse- mi piacerebbe stare sempre così”

Gianni aprì l’ampolla con la pozione consegnatagli da Oromis e bevve due lunghi sorsi.

“Bè, io potrei stare meglio, ma è comunque bellissimo”

Su una roccia, Mark vide Stitch ed Angel stretti in un tenero abbraccio mentre guardavano il cielo. Mark alzò la testa a sua volta e strabuzzò gli occhi. Le stelle formavano l’immagine di un Cavaliere a dorso del suo drago, mentre teneva alta la spada.

“Uao- disse Kovu- Non ero mai stato presente ad un simile spettacolo”

“Neanche io”- esclamò Chris sbigottito.

Un fruscio vicino gli alberi attirò l’attenzione di Mark che vide entrare nella radura un piccolo scoiattolo bianco. Per nulla intimorito dai draghi, la creatura zampettò fra i Cavalieri e salì sulla mano di Arnold.

“Come ci sei riuscito?”- chiese Mirko.

“Come ci ha insegnato Oromis. Dovete aprire la mente e cercare il contatto con le altre creature che vi circondano”

Mark volle provare e nella testa sentì una moltitudine di entità, dagli enormi draghi dietro di lui agli Elfi in città. Improvvisamente avvertì un’anima triste e stranamente vicina: era Eric.

Tornato in se, Mark vide l’amico osservare Kovu e Kiara e in particolare quest’ultima.

“Eric,cosa c’è?”

Il ragazzo si girò di scatto e disse:

“N-niente, ammiravo la foresta e poi…non hai visto come stanno bene Stitch ed Angel?”

Mark inarcò un sopracciglio:

“Cosa centra questo? Ti ho chiesto cosa c’è”

Chris si avvicinò a Mark e lo portò con se:

“Lascialo stare, sai com’è, gli piace stare ore ed ore ad ammirare il panorama”

Mark distolse gli occhi da Eric, ma era sicuro che il suo amico si sarebbe cacciato in qualche guaio

                                        ******

                   L’attacco di Osghiliat

Erano passati tre giorni da quando Aragorn era tornato alla Città Bianca e l’atmosfera non era cambiata minimamente, notò Faramir.

I soldati mangiavano con indifferenza dalle loro scodelle, cedendosi vicendevolmente il posto per i turni di guardia sulle mura est di Osghiliat, ma sui loro volti era chiaramente dipinta la paura; paura, pensò Faramir, sarebbe costata loro molto, in combattimento.

“Ci sono novità?”- chiese il Capitano ad una delle sentinelle appostate sulle mura.

Il soldato scosse la testa:

“Niente in vista Capitano, sembra tutto tranquillo”

Faramir,invece, non lo era per niente. Era già caduto una volta in questo stratagemma degli Orchi e non voleva privarsi della sua esperienza proprio in questo momento.

“Tenete gli occhi aperti”- si limitò a dire.

Passarono alcune ore e il solo cominciò la sua discesa verso Ovest. Faramir era seduto attorno a un fuoco insieme ad altri guerrieri che , per la prima volta, avevano cominciato a mostrare volti più sicuri. Baldir stava intagliando con un coltello il piccolo pezzo di legno che aveva in mano. Guardandolo meglio, faramir notò che aveva la forma di un fiore.

“Bravo, per chi è?”-chiese il Capitano.

“E’ per la mia fidanzata”- esclamò Baldir alzando gli occhi dal suo lavoro e ammirandolo alla luce del fuoco.

“Posso vederlo?”

Baldir glielo porse e Faramir se lo rigirò fra le mani:

“E’ un ottimo lavoro”- concluse, ma una guardia corse trafelata verso di loro:

“Orchi, gli Orchi ci attaccano!!!”

“Maledizione”-pensò Faramir- Hanno già iniziato l’attacco”. Se questa volta attaccavano frontalmente, significava che il loro numero non doveva essere esiguo.

Si alzò e corse alle mura insieme ad altre decine di uomini. Quando salì sulla sommità della barricata, vide migliaia di torce accese e grosse catapulte avanzare tra le fila di Mordor.

“Tutti ai vostri posti- ordinò Faramir- Preparatevi a combattere”

Mentre degli uomini distribuivano le armi ai soldati, Faramir convocò un messo e gli disse:

“Siamo stati incauti ad abbandonare i fuochi di Minas Tirith alle intemperie. Credevamo non ci sarebbe stata più alcuna guerra e li abbiamo trascurati. Corri ad Edoras e riferisci che Sauron è tornato, abbiamo bisogno di rinforzi”

Il ragazzo annuì e montò su un cavallo:

“Sarà fatto Capitano”- disse, e partì.

Intanto le orde di Mordor avevano iniziato il loro attacco: da lontano erano in arrivo pesanti macigni neri che si schiantarono su alcune strutture, uccidendo i soldati sottostanti.

Gli arcieri incoccarono le frecce e le scagliarono contro la selvaggia marea nera che sembrava non volersi fermare.

“Combattete. Non arrendiamoci- urlò Baldir da una sezione delle mura- Non facciamoli avvicinare”

Gli orchi continuavano a scagliare proiettili contro le difese, uno di questi si schiantò pericolosamente vicino a Faramir e investì tre uomini. Dall’esercito degli Orchi vennero innalzate delle scale, gli uomini,disperati, mirarono ai portatori, ma una delle scale più vicine non venne intercettata e fu appoggiata pesantemente alle mura fra le urla di trionfo degli Orchi. L’invasione di Osghiliat era iniziata ancora una volta dopo dieci anni.

Il primo orchetto della scala si avventò sul primo soldato che vide e insieme caddero all’interno delle mura stramazzando al suolo. Faramir tirò fuori la spada e colpì alla gola un nemico intento a salire sulla cinta muraria. Altre scale vennero addossate ai bastioni difensivi, mentre dal basso  vennero lanciate centinaia di frecce. Un uomo cadde trafitto dai dardi, mentre Baldir si abbassava per schivare un colpo di mazza; il secondo in comando roteò la spada e colpì l’avversario al costato.

“Attenti”-sentì urlare Faramir e subito dopo, una roccia colpì un tratto delle mura, scagliando via gli uomini e gli Orchi soprastanti.

“Non cediamo. Difendiamo la nostra città”- urlò il Capitano, ma sapeva bene che se non avessero ricevuto alcun aiuto, sarebbero stati presto sopraffatti.

                                      *******

                       Le Spade dei Cavalieri

Il segnatempo di Oromis emise il suo consueto suono e Mark si svegliò. Prese l’oggetto dal comodino e lo spense, Zarthan lo salutò: “Buongiorno Mark, dormito bene?”

“Sinceramente non dormo mai abbastanza”- rispose il ragazzo, mentre si lavava il viso. Aprì la porta della sua stanza e trovò dei vestiti nuovi,una ciotola di frutta e un biglietto. Dalla calligrafia, Mark capì che era del suo maestro:

“Quest’oggi non ci vedremo sulla rupe, avvisa i tuoi amici che vi aspetto al Palazzo di Tialdarì…voi nove soli”

                                                                      Oromis

Mark chiuse il biglietto e bussò alla porta di Rick. Dopo qualche minuto, l’amico si arrivò ancora vestito per la notte.

“Il segnatempo non ha suonato?”-scherzò Mark

“Ha suonato….ma l’ho spento e mi sono riaddormentato”- disse Rick sbadigliando- Cosa c’è?”

Mark gli porse il biglietto di Oromis e l’amico lo lesse.

“Bene, oggi non ci romperemo le ossa”- esclamò dopo aver ridato il messaggi a Mark.

“Che cos’è?”- una mano prese di scatto il foglietto e Mark si girò spaventato.

“Accidenti Arnold ,mi hai fatto prendere un colpo”- disse.

L’amico era seduto sul ramo di un albero con la lucidità di chi si era alzato da un bel pezzo.

“Quanto tempo dormi si può sapere?”- chiese Rick.

“Il tempo necessario per far rilassare il corpo, la mia anima resta sveglia”

Rick aggrottò la fronte:

“Dopo essermi alzato a quest’ora mi mancava solo la lezione di meditazione. Se non ti conoscessi, ti scambierei per un Elfo”.

Arnold lanciò il biglietto a Mark e disse:

“Molto bene, vado a svegliare gli altri. Tu puoi cominciare ad andare”

“No,vi aspetto qui grazie”- esclamò Mark.

Dopo una decina di minuti arrivò il resto dei compagni con i rispettivi draghi.

“Uao,che genere di premio vorrà darci Oromis?-chiese Robert.

“Spero qualcosa di meglio di un segnatempo nuovo”-sghignazzò Eric.

Razar si guardò intorno e chiese ad Arnold:

“Dove sono Kovu,Kiara e gli altri? Non li vedo”

“Mi dispiace Razar,non possono venire con noi per ora- esclamò Mark- Oromis ci voleva da soli”

I Cavalieri montarono sui loro draghi e spiccarono il volo finché non furono in vista del palazzo di Tialdarì. Oromis li aspettava all’entrata.

“Eccoci maestro”- disse Mark.

Oromis alzò il capo e rispose:

“Venite con me Cavalieri. Avete diritto ad armi del vostro calibro”

I ragazzi seguirono il maestro fino alla bottega di un’elfa anziana, Mark sapeva cosa li attendeva e sorrise sotto i denti.

“Rhunon, dà a questi ragazzi ciò che hai fabbricato questa notte”

L’elfa prese un fagotto molto pesante dall’altro lato della forgia e lo aprì sotto i loro occhi.

Nove spade,ognuna del colore del drago del Cavaliere erano disposte ordinatamente in fila.

“Perché possiate compiere il vostro compito. Certo,non sono di metallo magico ma credo siano comunque meglio di quelle che usavate prima”- rise Oromis.

Mark prese la sua e gli altri lo imitarono,le alzarono in alto tutti insieme e le incrociarono far di loro. Mark sorrise e lo stesso fecero gli amici. Ora erano Cavalieri in piena regola.

                               Bugie e Verità

“Ci pensate?- disse Manuel roteando la sua lama- Abbiamo delle spade tutte nostre”

I ragazzi stavano tornando insieme ai loro appartamenti elfico,quando Mark ed Arnold notarono qualcosa tra gli alberi.

“Che cos’è?”-chiese Mark strizzando gli occhi per vedere meglio.

“Vuoi dire…CHI…è!E’ Angel”- rispose calmo Arnold

“Angel?”

“Si, ci ha seguiti per un po’, ma poi l’ho persa di vista. Magari puoi chiederle cosa ha realmente visto in camera di Alexander”- il ragazzo si voltò verso Mark e i due si fecero un cenno d’intesa.

“Tornate a casa ragazzi, vi raggiungiamo fra un po’”- disse Mark e gli amici li lasciarono.

“Che cosa vuoi fare?”- chiese Zarthan sospettoso.

“Voglio vederci chiaro in questa faccenda”- rispose Mark e chiuse il contatto mentale. Si mise a correre e si inoltrò fra gli alberi in cerca di Angel.

Arnold tirò fuori l’arco e Mark si girò spaventato:

“Cosa vuoi fare? Non vogliamo ferirla”

“No, ma avverto un’altra presenza in giro, meglio stare attenti”

Mark si appoggiò ad un tronco e prese fiato, balzò avanti di sorpresa….nulla.

“Ma dov’è?”

“Shhh- fece Arnold- E’ vicina- si girò di scatto e urlò “Letta”. Angel venne sospesa a mezz’aria.

“Perché ci seguivi? Te lo ha chiesto Alexander vero?”

“No- disse lei- ero solo curiosa?”

“Sai che la curiosità fa male e non poco?”- mormorò Arnold. Mark gli toccò una spalla e il ragazzo si girò.

“Lasciala andare, ci parlo io”.

L’incantesimo si dissolse ed Angel cadde per terra, Mark le si avvicinò e le chiese:

“So che può sembrarti ingiusto Angel ma…puoi dirmi cosa c’era nel talismano di Alexander?”

Lei scosse la testa:

“Non posso,non posso….lui…no,non posso”

“Si che puoi - la rassicurò Mark- ti ha forse minacciata?”

Lei annuì.

“Quel lurido cane”- disse Arnold stringendo i pugni.

Mark appoggiò una mano sulla minuta spalla del cartone rosa e gli disse:

“Non preoccuparti, parla liberamente, ci siamo qui noi”

Angel prese un respiro e iniziò a raccontare:

“La sera che lo vidi piangere, Alexander teneva aperto il medaglione e l’unica cosa che notai fu un volto. Quando mi scoprì, puntò la sua spada contro di me e mi fece giurare che non avrei detto a nessuno quello che avevo visto altrimenti….”- le sue pupille si dilatarono e guardò oltre le spalle di Mark.

“Altrimenti?”- disse Mark.

“…L’avrei uccisa”- urlò una voce e due pugnali saettarono far gli alberi. Mark prese Angel al volo e si nascose,mentre Arnold urlò “Skolir” e le armi rimbalzarono davanti a lui.

Alexander spuntò fra i rami con la spada sguainata:

“Salve ragazzi”- disse e roteò la lama.

“Il piacere è tutto tuo- esclamò Arnold tirando fuori la sua- Non ti basta essere braccato dall’Impero e da Murtagh?”

“Bè, ci si fa l’abitudine”- ghignò Alexander.

“Abbassa quell’arma- lo intimò il Cavaliere, ma l’altro non dava segni di cedimento.

“Ora che quel mostro ha parlato non ho altra scelta che uccidervi tutti”.

“NOOOOO”-urlò Mark e uscì furioso dal suo nascondiglio mulinando la spada. Il primo colpo si abbatté sulla lama di Alexander che lo spinse via e gli sferrò un pugno spedendolo a terra. Mark si rialzò di scatto e vide che Arnold si era lanciato all’attacco.

“Non rovinerai questi luoghi sacri”-disse il Cavaliere.

“Se preferisci, rovinerò te”-esclamò Alexander schivando un fendente.

“Trhysta”- urlò Mark e Alexander fu lanciato contro un albero dal quale caddero molti frutti. Alexander si rialzò a fatica e, con furia cieca, investì Mark che cadde a terra e perse la spada.

“Hai perso- ringhiò Alexander alzando la spada per finire Mark, ma un altro corpo accorse e lo colpì con tanta violenza da fargli perdere i sensi. Era stato Chris seguito dagli altri e perfino da Oromis.

Zarthan planò e chiese: “Stai bene Mark?”.

Il giovane si alzò e guardò Alexander privo di sensi:

“Si, sto bene, ma ora torniamo a casa. Credo che dovrò riposare un po’”. Il drago lo prese in groppa e volò verso gli appartamenti.

“Cosa facciamo di lui?”- chiese Chris ad Oromis indicando Alexander.

“Dobbiamo aiutarlo, forse c’è ancora del buono in lui”- si limitò a rispondere l’Elfo.

                                           ******

                                 Nubi di Guerra

“Quali nuove ci sono?”- chiese Lifaen a Narì.

L’Elfo aprì una carta e indicò il Sud di Alagaesia.

“Ci hanno informato che Galbatorix ha colpito il Surda, le sue truppe marciano verso le Pianure Ardenti. I nostri eserciti invece sono in cammino per attaccare i confini settentrionali dell’Impero, ma ci occorrono rinforzi- disse puntando un dito su Ceris, la città nella quale si trovavano- Se venissimo attaccati non potremmo resistere a lungo”.

Lifaen chiuse la mappa:

“Per quanto ne sappiamo non ci sono altre terre ad Est. Per attaccarci, Galbatorix dovrà attraversare il Deserto”.

“Lifaen”- disse un Elfo appostato su un albero.

“Cosa c’è?”.

“Guardi laggiù,oltre il fiume”- esclamò la sentinella allungando un braccio.

All’orizzonte era visibile una grande macchia scura che si estendeva per parecchie iarde.

“Che cos’è?”- Lifaen socchiuse gli occhi per vedere meglio.

“Non ne ho idea….ma si muove. Ieri mi sembrava solo una linea nera”.

Lifaen stava per rispondere, ma un rumore lo zittì. Era il suono di un corno e sembrava provenire proprio dalla massa scura in lontananza.

“Corni? E’ un esercito dunque. Che sia Galbatorix?”

Gli altri Elfi non aspettarono di scoprirlo: alcuni sguainarono le spade,mentre altri incordarono gli archi. In molti balzarono giù dagli alberi correndo, mentre un altro corno suonava.

“Tutti al fiume,presto”-urlò Narì e gli altri lo seguirono.

Mentre correvano, Lifaen esclamò:

“Non attacchiamoli subito, prima vediamo che intenzioni hanno”.

Gli Elfi si disposero dietro gli alberi con le lame sguainate, mentre altri salirono sulla sommità tendendo le corde dei loro archi.

Lifaen e Narì si nascosero dietro una roccia e il primo indicò un Elfo:

“Vai da loro in ambasceria. Cerca di capire le loro intenzioni”.

Il messaggero annuì e galoppò verso l’esercito che aveva smesso di marciare. Lifaen si sporse e vide un uomo molto alto,completamente corazzato, avanzare tra la folla per ritrovarsi ,subito dopo, davanti al messo. Passarono pochi minuti e l’uomo corazzato sembrò andarsene, ma si girò improvvisamente,estrasse una possente mazza e colpì l’Elfo dritto al cuore facendolo ricadere a dieci metri di distanza.

“Non hanno affatto buone intenzioni. Ma chi sono?”- disse Narì.

Lifaen tornò a nascondersi ed estrasse la sua lama:

“Chiunque siano, non prenderanno questa città”.

Il corno, rivelatosi nemico, suonò ancora una volta e la prima linea dell’esercito cominciò ad avanzare minacciosamente verso il fiume.

Gli Elfi rilasciarono le corde degli archi e scagliarono una salva di frecce che sembrò rallentare l’avanzata avversaria, ma oramai i nemici erano a poca distanza dall’Edda.

“Come pensano di attraversare?”- disse Lifaen osservando la marea nera che esitava ai bordi del corso d’acqua. Ancora una volta, la figura corazzata che aveva visto prima si fece largo fra i suoi soldati e piantando la mazza sul terreno aprì magicamente un varco tra le acque. Inorridito, L’Elfo gridò ai suoi uomini di attaccare e questi uscirono allo scoperto brandendo le spade. Le truppe nemiche corsero attraverso la breccia delle acque e pochi secondi dopo si trovarono faccia a faccia con gli Elfi. Questi ultimi parvero perdere coraggio di fronte all’aspetto dei loro antagonisti, Lifaen aveva letto di creature del genere chiamate Orchi, ma non sapeva che vivessero anche in Alagaesia.

“Non abbiate timore- urlò – Abbattiamoli”.

Gli Elfi ripresero la carica urlando e si scontrarono violentemente contro la fazione nemica. La battaglia fu sanguinosa e l’acqua del Fiume cominciò a rosseggiare del sangue dei caduti. Lifaen affondò la spada nel corpo di uno dei mostri, ma per ogni orco che uccideva, tre prendevano il suo posto. Uno di questi lanciò una torcia su un albero che prese fuoco e gli Elfi che vi erano nascosti caddero come fiamme incandescenti. La crudeltà degli avversari era enorme: gli Orchi non risparmiavano nemmeno i nemici feriti o morti, torturandone i corpi all’infinito.

“Avanti, per Ceris”- urlò Narì impegnato con due soldati. Disarmò il primo facendolo cadere nel fiume e uccise il secondo mozzandogli la testa. Dopo più di un’ora di resistenza, dall’esercito nemico cominciarono ad avanzare dei Troll con le loro grandi armi. Con il loro supporto, gli Orchi guadagnarono molto terreno e riuscirono ad assumere il controllo del passaggio formato dalle acque.

“Ritirata”- urlò Lifaen- Lasciate il fiume. Ripiegare verso Ceris”.

I soldati obbedirono e corsero via dall’Edda, ma Narì fu troppo lento e cadde in terra. Lifaen fece in tempo solo a vedere una lancia che spuntava dal petto del suo migliore amico e poi fu trascinato via dalla folla in ritirata con le lacrime agli occhi.

                                        ******

                Una decisione importante

I Cavalieri erano impegnati con la Rimgar da quasi un’ora. Mark aveva ancora un livido sulla spalla risalente allo scontro con Alexander del giorno prima. Oromis aveva condotto il ragazzo nella sua capanna e Mark dovette ricorrere a Stitch per sentire cosa stavano dicendo, ma non funzionò perché ,probabilmente , Oromis aveva evocato qualche incantesimo per proteggersi dalle orecchie indiscrete. Sta di fatto che il ragazzo, poco dopo, uscì con un’espressione normale, come se non fosse accaduto nulla. Angel si era ripresa dallo spavento ed era continuamente tenuta d’occhio da Stitch, Kovu e Kiara.

“Bene, Cavalieri - disse il maestro alla fine dell’esercizio – Ora passeremo a….”

La sua voce fu interrotta dal grido di un Elfo dai capelli neri che correva verso di loro. Si inginocchiò e baciò Oromis sul suo anello da Cavaliere.

“Venerabile Oromis, sono un messaggero del capitano Lifaen di Ceris. La città è stata attaccata da un esercito di mostri comandati da un figuro chiamato Sauron. Abbiamo bisogno di aiuto”.

I Cavalieri si girarono insieme:

“Potremmo occuparcene noi, maestro”.

“No- Oromis si girò- Voi siete troppo importanti e inoltre dovete completare il vostro addestramento”.

Glaedr tornò con gli altri draghi:

“Cosa succede Oromis?”-disse Glaedr.

“Ciò che temevo da molto tempo”- l’Elfo rimase in silenzio, poi si rivolse al messaggero.

“Hai già parlato con la Regina Islanzadi?”.

“Si, ci ha messo a disposizione tutti gli Elfi rimasti a Ellesmera, ma contavamo di avere anche un Cavaliere”.

“No, ho deciso: andranno Stitch,Angel,Kovu,Kiara e………Alexander”.

I Cavalieri si scambiarono sguardi smarriti. Gianni perse la pazienza:

“Alexander? Fino a ieri ha tentato di eliminarci e ora deve essere mandato in aiuto di qualcuno proprio in compagnia di una che ha cercato di uccidere?”

Angel si morse il labbro. Oromis le parlò:

“Te la senti di andare?”

Lei attese per alcuni secondi:

“Si”- disse incerta.

“Bene, così sia fatto”- esclamò il maestro.

Gianni diede un calcio ad una pigna e bevve un sorso della sua pozione. Mark rimase in piedi vicino ad Oromis:

“Maestro, so che bisogna dare una possibilità a chi ha sbagliato però….Alexander ha commesso troppi errori, ha quasi ucciso me e…..”

Oromis lo guardò dolcemente:

“So cosa stai provando Mark , ma questo è l’unico modo per verificare se Alexander può essere recuperato. Fidati di me, Cavaliere”.

Mark annuì con la testa e tornò sconsolato dagli amici.

“Mark….”- disse Zarthan.

“Non voglio parlare”- esclamò stizzito il ragazzo, gli altri avevamo facce altrettanto irate.

Pochi minuti dopo, i ragazzi si congedarono da Oromis e si diressero ad una delle porte di Ellesmera. Alexander arrivò a cavallo con la spada al fianco e il talismano al collo. Mark lo guardò con disprezzo. Kovu e Kiara montarono sui loro cavalli e ricevettero delle lame da Manuel:

“Fatene buon uso”- disse tristemente.

I due amici le presero e poi fu il turno di Stitch ed Angel. Al cartone blu furono consegnati dei coltelli a scatto da attaccare ai polsi, Angel ricevette da Arnold un arco e un corno.

“Abbiate cura di voi,amici”- esclamò il Cavalieri e Mark lo vide triste per la prima volta.

“Basta con le smancerie, la guerra ci aspetta”- disse Alexander dal suo destriero.

Eric mise mano alla spada, ma Rick lo bloccò:

“Non ascoltarlo,le sue parole sono veleno”.

Il ragazzo notò il gesto del Cavaliere e fece no con il dito:

“Resta al tuo posto….Cavaliere”.

Quando arrivarono i soldati della Regina, Alexander spronò il cavallo e partì. Stitch salì sul cavallo di Kovu e Angel su quello di Kiara. Un corno elfico suonò e i soldati iniziarono a marciare in un clamore di armi e corazze, ma erano pochi, troppo pochi per sostenere un assedio su larga scala.

“Se ci rivedremo….”- iniziò Stitch, ma Mark lo zittì.

“Ci rivedremo- disse- Non devi dire così”.

Eric si avvicinò a Kiara e tirò fuori un bracciale che lui stesso aveva fabbricato.

“Spero ti piaccia”- esclamò con gli occhi lucidi.

“Per me?O grazie Eric. Non lo perderò.”- e lo baciò sulla testa. I cartoni spronarono i loro destrieri e partirono per Ceris senza sapere se sarebbero mai tornati.

                                          ******

La breccia di Osghiliat

“Difendiamo le mura”-urlò Faramir ai suoi uomini. A Osghiliat si combatteva da un giorno e la cinta muraria era invasa dagli orchi, tuttavia la guarnigione riusciva a non farli entrare in città. Dopo aver abbattuto un nemico, Faramir incontrò Baldir:

“Com’è la situazione?”- chiese.

Il suo secondo si coprì con il mantello per proteggersi dalla polvere provocata dall’atterraggio di un proiettile avversario.

“Sembra che il nemico, per qualche strano motivo, non abbia intenzione di avanzare oltre le mura, ma stiamo subendo ingenti perdite, dobbiamo concentrare le nostre difese al cancello perché se lo prendono è la fine”.

Alcuni uomini corsero alla porta assediata con Baldir, mentre Faramir rimase sulle mura. Si avvicinò ad una delle scale piazzate dagli Orchi e ,con un calcio, la fece cadere insieme ai nemici che la stavano risalendo. Un Orco armato di mazza gli si lanciò contro, ma uno degli arcieri lo colpì alla gamba facendolo cadere e Faramir lo infilzò a terra.

Fu allora che da un punto delle mura si sollevò un boato lacerante. Una delle catapulte aveva centrato il tratto della cinta e aveva creato una breccia. Gli Orchi si riversarono all’interno agitando le armi, mentre alcune guardie cercavano di arrestarne l’avanzata. Faramir incoccò l’arco e scagliò un dardo contro i nemici, ma era tutto inutile.

“Olio”- urlò e alcuni soldati versarono dell’olio bollente dai lati della breccia. Gruppi di Orchi caddero a terra dimenandosi e contorcendosi per il dolore; altri uomini scagliarono dei vasi pieni di pece contro il nemico. Questi si ruppero e inondarono gli attaccanti del nero liquido: Faramir si avvicinò ad un braciere, incendiò la punta della sua freccia, la scagliò e la pece prese fuoco imprigionando i nemici tra le fiamme. Proprio mentre esultava, Baldir arrivò correndo senza la sua scorta:

“Hanno preso il cancello, dobbiamo ritirarci all’interno”.

Faramir si guardò attorno: gli orchi sciamavano da ogni parte sterminando le difese che incontravano; molti uomini fuggivano scomposti calpestando i corpi dei loro compagni morti.

“Ritirata, alla città interna”- ordinò il Capitano, ma non fu un’impresa facile neanche la fuga poiché i fuggitivi venivano colpiti alle spalle dai dardi nemici,mentre gli Orchi massacravano le retroguardie. Alcuni edifici erano in fiamme, altri completamente crollati. Faramir corse verso le mura interne ed entrò per primo nelle città seguito da Baldir e dal resto degli uomini. Il cancello venne chiuso e gli Orchi batterono selvaggiamente le spade e le mazze sulla porta per intimorire i difensori.

Faramir vide alcuni soldati esitare, ma riprese subito il controllo della situazione:

“Non spaventiamoci, dobbiamo tenere questa città il tempo necessario per i rinforzi di Rohan di arrivare”.

“E noi vi aiuteremo”

Faramir si voltò e vide Legolas, Gimli e un plotone di Haradrim pronti alla battaglia.

                                           ******

                          Il tradimento

Quando finirono di allenarsi, i Cavalieri salutarono Oromis e Glaedr e planarono con i draghi fino alle loro abitazioni. In molti guardarono truci l’ormai vuota stanza di Alexander.

“Mi piacerebbe darle fuoco”- disse Gianni.

“Non vedo come faccia Oromis a fidarsi ancora di lui”- esclamò Robert smontando da Eridor.

Mark era d’accordo con i compagni, perfino con Gianni. Arnold, però, era stranamente silenzioso e pensieroso.

“Che cosa c’è?”-gli chiese Rick.

Il ragazzo scosse la testa:

“C’è qualcosa che mi sfugge, forse un particolare in Alexander oppure il viaggio…per venire….qui! Oh no, devo correre da Oromis!- con un balzò montò su Razar, ma Mark lo bloccò.

“Aspetta, che cosa hai ricordato?”.

“Ma non capite? Gianni aveva ragione fin dall’inizio! E’ stato sempre Alexander che ha cercato di farci uccidere, l’altro giorno non è stato l’unico caso!”

Gli altri si girarono, compresi i draghi.

“Che cosa? Come fai a saperlo?- domandò Manuel.

“Era chiarissimo! Vi ricordate quando abbiamo dovuto effettuare la deviazione nel deserto? La forza che ci ha attaccati era troppo numerosa e organizzata per essere solo di passaggio!”

Gli amici si scambiarono sguardi increduli.

“E c’è un’altra cosa! La notte che i cartoni lo sorvegliarono,ci siamo addormentati tutti giusto? Eppure il mattino dopo Alexander affermò che Kovu e Stitch lo aveva tenuto d’occhi tutta la notte…come faceva a saperlo se dormiva?”

“Vuoi dire che…?- chiese Eric.

“Si! Alexander deve avere qualche oggetto per comunicare con Galbatorix!”

Mark ebbe un tuffo al cuore:

“Il Talismano”

L’amico annuì.

“E perché ci ha aiutati nel Deserto?”-domandò Chris.

Arnold fece un sorriso di disgusto:

“Bè, per non destare sospetti su di lui. Scommetto che se non ci fossimo messi in salvo, ci avrebbe accoltellato alle spalle. Ora, per giunta, può anche riferire le mosse degli Elfi al Re”.

Mark strinse i denti:

“Dannazione, da Oromis presto.

                                            ******

“Muoviamoci forza, dobbiamo arrivare a Ceris prima che sia troppo tardi”- urlò Alexander.

L’esercito della Regina era a due giorni da Ceris e marciava spedito verso la meta. Quando il sole calò, Alexander scese da cavallo:

“Accampiamoci qui, ripartiremo domani all’alba”.

Kovu gli si avvicinò:

“Perché domani? Se aspettiamo ancora, non arriveremo in tempo. Siamo troppo lontani!”.

Alexander si slacciò il mantello e innalzò la sua tenda:

“Questa guarnigione è stata affidata a me e così ho deciso. Hai qualche critica da farmi ancora?”.

Kovu rimase di pietra e tornò dagli altri tre cartoni.

“Io non lo capisco”- disse a Kiara.

“Idem per me”- aggiunse Stitch.

Alexander vide che i cartoni parlavano tra loro e gli Elfi erano tutti occupati. Bene. Entrò nella sua tenda e si tolse il medaglione, lo aprì e comparve il ritratto della sua defunta compagna.

“Lo faccio per te”- disse dando un bacio sull’immagine, poi scostò il quadretto e rivelò un doppiofondo nel quale c’era dell’acqua immobile come uno specchio. Dopo alcuni secondi, la superficie si increspò e deformò finché non comparve un uomo.

“Salute, sire”- disse il ragazzo.

“Salute a te Alexander. I Cavalieri hanno abboccato?”

“Non tutti, ma, per nostra fortuna, Oromis pensa che stia dalla loro parte”.

“Eccellente,continua così. Fortunatamente, Murtagh tiene impegnanti i ribelli a Sud e Sauron ha attaccato Ceris”.

Alexander sogghignò:

“Murtagh. Ah,ah, ringraziatelo da parte mia per la sua ottima recitazione! I Cavalieri credono che voglia uccidermi…oh, arriva qualcuno!”- Alexander rimise il ritratto a posto e chiuse il talismano. Una guardia entrò:

“E’ arrivato un messaggio da Ceris, il fiume è stato conquistato”.

“Dannazione, dobbiamo cercare di essere veloci…domani”.

“Ma…potremmo partire adesso”- disse l’Elfo.

“No,domani ho detto e domani sarà”.

L’Elfo chinò il capo e uscì:

“Molto bene ,signore”.

Il mattino dopo, gli Elfi smontarono le tende e si prepararono per rimettersi in marcia. Alexander montò a cavallo e si rivolse ai cartoni:

“Voi statemi dietro”- e si girò con un ghigno che nessuno notò.

Il viaggio verso Ceris proseguì per alcune ore finchè Alexander non si fermò, guardò ai lati della foresta e annuì con la testa. Decine di frecce vennero scagliate contro gli Elfi colti alla sprovvista, poi altrettanti Orchi uscirono allo scoperto.

Kiara guardò Alexander con odio:

“Che significa?- disse.

Il ragazzo prese la sua spada che scintillò al sole:

“Significa… che devo catturarvi. Ordini di Galbatorix in persona!”.

                           La disfatta

Quando i draghi atterrarono sulla Rupe di Tel’Naeir, Arnold smontò con un gran balzo.

“Maestro Oromis, maestro Oromis”- urlò ma nessuno rispose. La capanna era chiusa e c’era solo un Elfo che non appena vide gridare il Cavaliere lo informò:

“Oromis non è qui. E’ partito per Vroengard in cerca di un’erba che cresce solo da quelle parti. Pare che gli serva per scacciare uno Spettro ma non mi ha detto quando ritornerà”

Gli occhi di Gianni si illuminarono ma non c’era tempo per questo. Mark si avvicinò all’Elfo e gli disse:

“Corri da Islanzadi, Alexander ci ha ingannati, è al servizio di Galbatorix. Noi proveremo a raggiungerlo”. L’Elfo sbiancò e corse verso Ellesmera per avvertire la Regina. Mark montò su Zarthan:

“Avanti amici, andiamo a prendere quel traditore”.

                                       *******

Alexander vibrò un colpo di spada a pochi centimetri dal viso di Kovu che si scansò. Tutti e quattro i cartoni scesero da cavallo e prepararono le rispettive armi, intorno a loro gli Elfi combattevano con gli Orchi che affioravano sempre di più.

“Dobbiamo accerchiarlo amici- disse Kovu- Deve pagare per il suo tradimento”. Alexander smontò, si slacciò il mantello e scagliò senza preavviso un pugnale. Kiara salvò Kovu appena in tempo: l’arma sfrecciò oltre e si conficcò in un tronco. Stitch fece scattare i suoi coltelli da polso e si lanciò con furia su Alexander; il ragazzo si riparò con la spada e indietreggiò verso la battaglia ma alla fine riuscì a superare le difese del cartone e lo colpì ad una spalla ridendo:

“Che cosa credete di fare?”- disse ghignando.

Angel soccorse il compagno, incoccò una freccia, la scagliò e sfiorò il viso di Alexander provocandogli un graffio sulla faccia. La spavalderia del ragazzo si tramutò in rabbia e con un urlo selvaggio si lanciò contro Angel; Kiara lo colpì con una spallata e rigirò la spada tra le mani:

“Avanti- disse- Fammi vedere cosa sai fare, codardo”.

Alexander con una rapida mossa le fece lo sgambettò, la disarmò e le puntò la lama alla gola:

“E ora? Come la mettiamo ragazzi?”- sibilò agli altri tre.

“Lasciala”- ringhiò Kovu avvicinandosi a passi lenti

“Non fare un passo o le taglio la gola, consegnatevi e non vi verrà fatto del male”- esclamò Alexander.

Kovu guardò Kiara , poi si voltò verso Stitch che si manteneva la spalla sinistra, decine di Orchi li circondarono, segno che la carneficina era terminata, e con voce flebile rispose:

“D’accordo”- e lasciò cadere la spada a terra.

Alexander annui ridendo , notò il bracciale che Eric aveva donato a Kiara e con un rapido gesto glielo tolse:

“Meglio se facciamo credere ai vostri amici che non ci siete più”- disse sventolandolo davanti a Kiara, montò a cavallo e lanciò il bracciale in terra:

“A Uru-Baen”.

Gli Orchi incatenarono i cartoni e li spintonarono con violenza lasciandosi alle spalle solo morte e distruzione.

                                          *******

I Cavalieri erano partiti in fretta e furia da Ellesmera e stavano sorvolando la Du Weldenvarden da quasi un giorno. Ognuno di loro si guardava intorno per individuare i loro amici finché Robert disse sconcertato:

“Laggiù”

Mark guardò in basso e vide i soldati della Regina massacrati e immobili in un lago di sangue. Arnold distolse lo sguardo mentre i draghi planavano.

“Il responsabile di questo crimine dovrà pagare”- disse Kaspian.

Mark scese da Zarthan e camminò fra i cadaveri in cerca di superstiti e dei loro amici, fra i morti notò anche alcuni Orchi.

“Ancora non riesco a capire da dove arrivano questi mostri”- disse Manuel

“Temo…- rispose Mark- …di essermi dimenticato di togliere dallo zaino “Il Signore degli Anelli” quando siamo andati dall’antiquario”

“Fantastico”- mormorò Chris.

Arnold si chinò su uno degli Elfi morti e gli posò una mano sul pettorale della corazza logorata dalla battaglia, mormorando una lenta benedizione. Un urlo di Eric fece trasalire gli altri Cavalieri che corsero dall’amico chino per terra. Eric aveva il bracciale di Kiara in una mano e lo stringeva con forza mentre piangeva:

“No”- sussurrò Mirko.

“Quel lurido verme, giuro che quando lo incontrerò di nuovo lo trapasserò da parte a parte”- urlò Eric, mentre Rick lo aiutava ad alzarsi.

Gianni bevve un sorso di pozione e guardò Mark:

“Credo di meritare delle scuse riguardo Alexander”

“Si, hai ragione”

Arnold trovò il corno di Angel e lo portò agli amici.

“Non possono essere morti”- disse Robert con le mani tra i capelli.

“No, non lo sono”- esclamò Arnold osservando le impronte degli Orchi e del cavallo di Alexander- I loro corpi non sono qui, perciò devono essere ancora vivi. Dovremo ricorrere alla Cristallomanzia”.

Gli altri annuirono e Chris corse verso Kreghor dal quale scaricò una borraccia e una ciotola di legno, versò il contenuto interamente e attese. Arnold pronunciò una frase nell’Antica Lingua e l’acqua cambiò forma fino a rivelare i cartoni incatenati.

“Sono stati catturati- esclamò Mirko- Dove li portano?”

Arnold lasciò sfumare l’immagine e disse:

“Non lo so, ma li salveremo”

Eric sbiancò:

“E’ viva, grazie al cielo è viva”.

Mark lo guardò serio:

“Tieni molto a lei vero?”

“Si, anche se è impossibile”- si vide costretto a dire il ragazzo date le circostanze, arrossì e salì su Maskind- Andiamo ad Ellesmera, se avvertiremo la Regina, potremo andare ad aiutare gli Elfi, mentre altri andranno in cerca dei cartoni”

Mark annuì e si rivolse agli altri:

“Andiamo, faremo venire qui gli Elfi per onorare i loro cari”

I Cavalieri spiccarono il volo e si allontanarono in direzione della Capitale Elfica.

“Lo ucciderò, la farò finita”- pensò Eric.

           I confini della Du Weldenvarden

“Muovetevi , feccia”- disse un orco spintonando Stitch ed Angel. Il cartone blu era ancora ferito e respirava a fatica, il colpo di Alexander gli aveva trapassato una spalla passando pericolosamente vicino al cuore ( o almeno alla zona dove avrebbe dovuto trovarsi XD).

“Alexander ti prego, deve essere curato”- lo supplicò Angel,ma il ragazzo continuava a galoppare come se non avesse sentito.

“I nostri amici ci libereranno”- ringhiò Kovu.

“Non credo- iniziò Alexander- Una volta giunti ad Uru-Baen , il re vi farà giurare nell’Antica Lingua di prestargli fedeltà per cui sarà troppo tardi”.

“Sei una canaglia”- disse Kiara strattonando l’orco che la manteneva.

“Oh no, tutt’altro…vi sto solo portando da chi è buono veramente”

Kovu sorrise di disgusto:

“Galbatorix buono? Come hai fatto a metterti al suo servizio?”

“Ha promesso di resuscitare la mia defunta compagna Cristal se avessi ucciso i Cavalieri, ma ,per non so quale motivo, non mi ha fatto giurare nulla nell’Antica Lingua. Comunque ora ho voi e credo che gli andrete bene ugualmente”- rise

Angel scosse la testa incredula:

“E tu hai creduto alle suo parole? Non devi ascoltarlo, è un farabutto e…?”- disse ma un orco la scrollò violentemente:

“Silenzio mostro”.

Dopo poche ore, la foresta si diradò finché non ne uscirono:

“Siamo fuori dalla Du Weldenvarden. SI.”- esultò Alexander. Stitch cadde a terra sfinito dal dolore e Angel lo alzò con le lacrime agli occhi:

“Ti scongiuro, curalo. Non posso vivere senza di lui”.

Alexander si irrigidì come se lo avessero punto sul vivo e scese da cavallo.

“Che cosa fai?”- grugnì un orco.

Alexander tirò fuori una bottiglietta e la stappò con i denti, versò il contenuto sulla ferita e questa cominciò a rimarginarsi a vista d’occhio.

“Grazie, grazie”- disse Angel ma lui non si fece avvicinare.

“L’ho curato solo perché sapevo che un servo in quelle condizioni non sarebbe stato utile al Re”. Uno degli Orchi ridacchiò divertito, mentre Angel si chinava su Stitch:

“Stai bene?”

“Ora che ti vedo si”- rispose il cartone blu.

“Ora che ti vedo si ahahahaha”- gli fece eco un orchetto saltellando intorno ai due.

“Smettetela con queste idiozie, rimettiamoci in cammino. Uru-Baen è ancora lontana”- urlò Alexander. Il ragazzo si mise in groppa al suo destriero e ripartì seguito dal resto della compagnia. Verso sera si accamparono ai margini del Deserto e i cartoni furono depositati a terra con noncuranza. Durante la sosta, alcuni Orchi guardarono Kiara con interesse e cercarono di trascinarla con loro.

“No, lasciatela stare”- urlò Kovu tentando di liberarsi, ma non ci riuscì guardando impotente Kiara che veniva stuzzicata dai mostri.

“Chissà che sapore hai ahhahahah”- disse un Orco, ma una spada interrupe la sua risata e gli mozzò la testa. Nello stesso momento un pugnale si conficcò nel corpo di un secondo mostro.

“Loro sono di proprietà del Re. Non devono essere toccati da altre mani!”-tuonò Alexander mentre estraeva il pugnale dal corpo dell’Orco appena ucciso- Se qualcuno ci riprova lo ammazzo”-disse e rinfoderò la spada, poi si rivolse a Kiara sogghignando:

“Attenta, questi esseri sono molto selvaggi”- e se ne andò ridendo. Kovu ringhiò di odio e si sedette al fianco di Kiara.

“Tra due giorni saremo ad Uru-Baen- disse Alexander mentre lucidava la spada accanto al fuoco- Preparatevi a servire il Re”.

                           La Riunione

Quando i Cavalieri tornarono ad Ellesmera, la Regina li raggiunse nello spiazzo di fronte alla reggia di Tialdarì.

“Allora, cosa è accaduto?”-chiese loro.

Arnold sciolse le cinghie che lo tenevano in sella a Razar e scosse la testa:

“Non ci sono sopravvissuti mia signora”.

“E cosa ne è stato dei vostri amici?”.

Eric intervenne prima che potesse farlo Arnold:

“Sono stati catturati e portati chissà dove da Alexander. Avevo già espresso i miei dubbi sull’inviarlo a Ceris ma non capisco perché non mi abbiate ascoltato, né lei Regina, né Oromis”.

Islanzadi rispose con autorevolezza:

“Capisco la tua rabbia Cavaliere, ma non potevamo inviare uno di voi e volevamo assodare se Alexander aveva ancora del buono in lui”

Eric quasi dimenticò del rispetto che un Cavaliere doveva verso una Regina Elfica e disse con rabbia:

“Bel modo di verificare la sua fede,Regina. Alexander aveva più volte tentato di ostacolarci e voi, nonostante tutto, avete permesso ciò…io non riesco a capacitarmene- passarono pochi secondi ed Eric si scusò- Mi dispiace, sono solo un po’ scosso”.

“Capisco Cavaliere, comunque dobbiamo trovare una soluzione, quindi quest’oggi autorizzerò una riunione dei Comandanti a cui siete tenuti a partecipare”-e indicò tutti i nove amici.

“Non mancheremo mia signora”- disse Mark portandosi la mano sul petto e poi , insieme ai compagni e ai draghi, si diresse verso gli appartamenti.

“Spero che questa riunione risolva qualcosa”- affermò Gianni mentre saliva sul suo albero con Kreghor. Mark vide Eric triste e lo scrollò con una mano:

“Ehi, ehi non fare così. Li salveremo,vedrai. Ricordati cosa ci ha insegnato Oromis: “C’è sempre speranza finché qualcuno ne tiene accesa la fiamma”.

Eric annuì debolmente:

“Si, ma non posso pensarla nelle mani del nemico”.

Mark guardò l’amico con comprensione:

“Ti riferisci a Kiara? Provi qualcosa di più dell’amicizia per lei?”

“No…cioè…aspetta…sì…volevo dire…”-esclamò in fretta Eric.

“Questo è un argomento delicato, io non ne so molto,anzi , oserei dire che non ne so niente, ma lei ha già Kovu. Ora va a prepararti per la riunione”

“D’accordo, ma non mi arrenderò alla natura delle cose”- disse Eric ed entrò nella sua casa. Arnold osservò Mark:

“Problemi?”

“Infiniti. Non so quale sia il più importante; trasportandovi qui sto modificando la vita di molti di noi e non vorrei creare guai”- disse il ragazzo sedendosi sull’erba.

“Guai? Spiegati meglio”.

“Prendi Eric, l’ho fatto innamorare di una persona che non potrà mai né vedere né sentire se torneremo a casa, oppure Gianni che si sta facendo manipolare da uno Spettro.”

Rick sentì tutto e si avvicinò a Mark:

“Non devi preoccuparti per noi. Anche se sembra strano, dobbiamo ringraziarti per quello che è successo perché non ci capiterà più un’avventura come questa”

Mark abbozzò un sorriso, vide che tutti i Cavalieri si erano preparati per la riunione e disse:

“Andiamo”.

Arrivati davanti la stanza scelta da Islanzadi, nei recessi del Palazzo di Tialdarì, Mark prese un respiro ed aprì la porta. Attorno ad un lungo tavolo rettangolare erano seduti diversi Elfi, inclusa Islanzadi a capotavola, e nove sedie vuote erano state disposte intorno alla Regina.

“Accomodatevi, Cavalieri”-disse la sovrana.

I ragazzi la salutarono e presero posto, Manuel batteva un dito sul tavolo con nervosismo. Passò qualche attimo e poi la Regina iniziò a parlare:

“Cavalieri di Ellesmera, Comandanti e Capitani delle regioni eliche, siete stati qui convocati per rispondere degli attacchi di Galbatorix e del suo nuovo alleato Sauron”.

Alcuni Elfi mormorarono tra loro, uno di essi chiese la parola e disse:

“Dicono che questo Sauron sia immortale, da Ceris giungono notizie inquietanti circa la sua forza e i suoi eserciti. Hanno tentato di tutto ,ma continuano ad avanzare imperterriti e non sappiamo più che cosa fare, neanche la nostra magia è stata di aiuto”.

“Comandante Vladir, lei ha perfettamente ragione- riprese Islanzadi- siamo numericamente inferiori per resistere a Galbatorix e Sauron perciò uno di voi dovrà partire in cerca di altri alleati…verso Est”.

Il mormorio degli Elfi si fece ancora più intenso, mentre la Regina faceva una pausa. Rick ed Eric si guardarono stupiti.

“Maestà, mi permette la parola?”- chiese Mark, la Regina acconsentì.

“Ho deciso che andrò io a cercare degli alleati ad Est- gli altri ragazzi lo fissarono- Io ho condotto qui Alexander e mi sono fidato di lui ed io riparerò a questo danno, aiutandovi in battaglia. Per colpa sua, quattro nostri amici sono stati catturati e saranno costretti a chissà quali supplizi e questo non potrò mai perdonarmelo”

Arnold si alzò dalla sua sedia e mise una mano sulla spalla di Mark.

“Io verrò con te amico mio, hai la mia fedeltà”- disse e si mise dietro di lui.

“E anche la mia”- aggiunse Gianni.

Eric si allontanò dal tavolo e disse:

“Per quanto mi riguarda, io andrò in cerca di Kiara,Kovu,Stitch ed Angel e li libererò”

“E noi saremo con te”-affermarono Rick e Chris. Eric sorrise e li abbracciò entrambi.

“E voi?”-chiese Islanzadi fissando Manuel,Mirko e Robert.

“Noi tre rimarremo qui a difendere la Du Weldenvarden ed Ellesmera, mia signora”.

Gli Elfi guardarono i nove amici con ammirazione e la Regina disse:

“E sia, potete andare Cavalieri”.

I tre gruppi si guardarono tra loro e si scambiarono segni di intesa, Quando più tardi furono pronti, Mark e i suoi spiccarono il volo verso Est, Eric verso il Deserto e Mirko verso Ceris fra gli incoraggiamenti degli Elfi e della Regina stessa:

“Che le stelle vi proteggano,Cavalieri.

                     La ricerca comincia!

“Come pensi di trovarli?”- chiese Rick ad Eric mentre sorvolavano la Du Weldenvarden.

“Inizieremo da dove li hanno attaccati,magari troveremo qualche indizio”- esclamò il ragazzo dal dorso di Maskind.

“Quando metterò le mani su Alexander gli farò un occhio nero”- disse Chris menando un pugno davanti a lui.

“Solo quello?”- ironizzò Rick- Come minimo pensavo che te lo saresti mangiato a colazione”.

Chris pensò alcuni secondi:

“Anche questa non sarebbe una cattiva idea”.

Eric si girò verso gli amici:

“Va bene, ora finitela. Non siamo qui per scherzare e soprattutto non ne vedo il motivo”.

“Cercano solo di tirarti su”- disse Maskind- “Loro hanno molta più speranza di te, credo che dovresti imitarli”.

Eric scosse lentamente il capo:

“Io vedo solo oscurità davanti al nostro cammino”.

Dopo poche ore di volo, i tre atterrarono sulla spiazzo di terra dove era avvenuta l’imboscata. I cadaveri erano stati rimossi e non c’era più alcuna traccia della battaglia. Eric smontò e cominciò a camminare guardando il terreno.

“Cerchiamo tutti insieme, ragazzi- disse- Se vedete qualcosa di utile fischiate”.

Chris, inginocchiato per terra, osservò le impronte. Erano centinaia se non migliaia; difficile dire quali seguire.

“Dannazione, ci sono troppe impronte e in più non sappiamo nemmeno in quanti erano”.

Eric sapeva che Chris aveva ragione e non vedeva da che parte iniziare; il sole cominciò la sua parabola discendente e i ragazzi, scoraggiati e doloranti, si appoggiarono ai loro draghi.

“Niente di fatto ,vero?”- chiese Vahalkas.

“Oh certo qualcosa sì”- affermò Chris- Ci siamo quasi slogati le caviglie a furia di camminare e poi questo spadone mi pesa anche!- ed appoggiò la sua lama in terra- Ora per giunta ho fame”.

“Tu hai sempre fame”- ridacchiò Kroghor.

“Va bene- disse Rick- Io ed Eric andiamo a caccia,tu resta qui e accendi un fuoco”.

“E dove vuoi che vada?- esclamò Eric- Se pensa che dovrà mangiare….”

“Spiritosi”- mugugnò Chris mentre accendeva il fuoco con un incantesimo.

I due ragazzi si inoltrarono nella foresta, quando Rick ebbe un sussulto.

“Aspetta Eric, non possiamo mangiare carne, né uccidere animali. Ricordi Oromis?”

“Già- disse Eric quasi scocciato- temo che dovremo accontentarci di raccogliere frutta”.

I Cavalieri misero gli archi a tracolla e iniziarono a cogliere delle mele, ma ad un tratto Eric notò un bagliore blu in mezzo alla vegetazione e lasciò andare Rick che rimase appeso ad un ramo.

“Ehi, che ti prende? Vuoi farmi cadere?”

“Oh no, scusami”- Eric aiutò Rick a scendere e corse verso la fonte del bagliore. Per terra c’era una macchia blu fosforescente che brillava fortemente.

“Che roba è?- disse Rick prendendo un po’ della sostanza in mano- Sembra….sangue, ma non umano”.

Eric si alzò e vide una serie di tracce dello stesso colore.

“Uno dei cartoni deve essere stato ferito”

“Ma quando Angel venne colpita nel deserto non l’ho vista sanguinare”- esclamò Rick.

“Evidentemente il veleno ha permesso una rapida coagulazione”- spiegò Eric.

“Da non credere”-aggiunse l’amico.

I due ragazzi seguirono per un breve tratto le impronte e poi si fermarono.

“Portano fuori dalla foresta, a Sud di qui”-esclamò Eric.

“Molto bene, partiamo subito?”- chiese Rick guardando le gocce di sangue.

“Si, il tempo di rifocillarci e saremo in volo”.

Gli amici tornarono dai draghi poco dopo e Chris domandò:

“Avete trovato del cibo?”

Eric e Rick si fissarono sorridendo:

“Meglio- disse il primo- Abbiamo trovato una pista”.

                                        ******

                   La Caduta di Ceris

Dopo alcuni giorni di combattimenti ininterrotti, le difese esterne di Ceris caddero sotto l’assalto degli Orchi e gli Elfi si radunarono nella città. Lifaen era ancora sconvolto per la perdita del suo amico di una vita, Narì, e si guardava attorno spaesato, mentre i guerrieri urlavano ordini e dall’altra parte delle mura si udivano i selvaggi versi delle truppe avversarie.

“Ma dove sono i rinforzi di Islanzadi?”- gli chiese un Elfo.

“Io…non ne ho idea”- rispose quasi automaticamente Lifaen. Poco lontano si udì un grido lacerante e decine di Elfi caddero ardendo dalle mura che erano appena state colpite da un proiettile infuocato; molti stregoni stavano cercando di contrastare i nemici con la magia, ma ,stranamente, sembrava che non ci fosse alcun modo di penetrare nella mente di quegli orribili mostri, quasi come se ne fossero privi. Mentre la battaglia procedeva, alcune scale furono appoggiate ai bastioni e gli Orchi iniziarono a sbaragliare anche i presidi delle mura, bruciando e uccidendo ogni cosa gli capitasse a tiro. Gli Elfi si ritiravano senza ordine e solo alcuni, forse ormai privi di senno, si scagliavano temerariamente contro i mostri, finendo inevitabilmente per morire. Lifaen stava lottando con due nemici e dopo che li ebbe uccisi, venne raggiunto da un messaggero ferito alla fronte che aveva in mano una spada sporca di sangue nero.

“Le truppe di Islanzadi sono cadute in un’imboscata. Non potete respingerli, dovete lasciare la città e ritirarvi a Silthrim”.

“No, la difenderemo a costo della vita”- esclamò Lifaen senza farsi intimorire. Poco dopo, un soldato armato di arco si fece largo fra i fuggitivi e raggiunse i due:

“Lifaen, è la fine del mondo la fuori - disse indicando l’altro lato delle mura- stanno massacrando tutti quanti. Inoltre ci è appena arrivata la notizia che sono stati avvistati duemila soldati Imperiali ai margini del fiume Edda, dobbiamo ritirarci!”

Lifaen abbassò la spada e mormorò al messaggero:

“Ordina la ritirata generale”

L’Elfo annuì e dopo un po’ tutti gli altri soldati lasciarono le armi e montarono a cavallo fuggendo verso Nord con Lifaen in testa. In circa un’ora la città fu evacuata e gli Orchi le diedero fuoco. Quando furono abbastanza lontani, Lifaen chiese al messaggero:

“Quanti si sono salvati?”

“Siamo in circa settecento, ma a Silthrim potremo contare sull’aiuto di altri tremila Elfi più un centinaio di stregoni. Una volta lì, dovremo fortificare il porto”.

“Credi che Galbatorix e Sauron attaccheranno dal lago Ardwen?- chiese Lifaen.

“Si, se siamo fortunati Islanzadi avrà già inviato uno dei Cavalieri di Ellesmera laggiù”

“Bene- disse Lifaen e spronò il cavallo- In marcia ora”

                                         ******

Ecco Uru-Baen- disse Alexander dalla cima di una collina.

I cartoni si sporsero e videro una città nera come la pece, frastagliata di torri e bastioni appuntiti che le davano un’aria spettrale.

“Un regno degno del tuo Re”- mormorò Kiara.

Alexander spronò il cavallo:

“Avanti, Galbatorix ci aspetta”- disse e gli Orchi pungolarono i cartoni con le lance per farli camminare.

Quando entrarono in città, molti abitanti osservarono con curiosità i cartoni e un bambino si avvicinò a Stitch:

“Cosa sei tu, un orsetto?”

Stitch stava per rispondere, ma un Orco scacciò il ragazzetto e lo spintonò:

“Fuori dai piedi, lurido essere umano”- urlò e il bambino corse via piangendo. Ciò dovette sembrare divertente agli altri Orchi che risero di gusto. Poco dopo, Alexander congedò la sua truppa e si diresse al palazzo reale trascinando i cartoni dietro di sé:

“Non farlo Alexander, no”- piagnucolò Angel, ma lui non vi badò e chiese ad una guardia il permesso di entrare. Due uomini aprirono la porta e il ragazzo si incamminò lungo un corridoio ai cui lati ardevano delle torce, svoltò a destra e risalì una lunga scala a chiocciola finché non si trovo di fronte ad un enorme portone nero intarsiato d’oro. Attesero per alcuni secondi, quando il cancello cominciò ad aprirsi lentamente rivelando una stanza scura al cui centro Galbatorix sedeva sul suo trono.

“Benvenuti- disse il Re- Vi aspettavo”.

Alexander indietreggiò e si mise in un angolo lasciando i cartoni davanti all’uomo. Questi scese dal trono e si avvicinò:

“Che razza di esseri nasconde il mondo, vero Alexander?”- chiese il Re al ragazzo che però non rispose- E’ arrivato il momento del Giuramento affinché compiate ciò per cui siete stati portati qui”.

Kovu ringhiò e cercò di liberarsi:

“Un giorno i nostri amici ti uccideranno”

Galbatorix si girò verso di lui:

“Insolente il ragazzo, tu sarai il primo”- e gli posò una mano sulla fronte; Kovu urlò e strinse i denti, mentre Kiara, Stitch ed Angel lo guardavano atterriti. Il Re mormorò alcune strane parole e poi disse:

“Giuri di servirmi e di uccidere i Cavalieri che hai accompagnato ad Ellesmera finché la morte non ti prenderà?”

“Lo g….giuro”- disse Kovu e poi cadde sul pavimento.

Il Re ripeté il procedimento sugli altri tre e poi si fermò.

“Cosa gli ha fatto?”- chiese Alexander.

“Sono miei servi ora, osserva!- il Re si rivolse a Kovu.

“Uccidi quel soldato- e indicò un uomo alla porta che sussultò terrorizzato e confuso.

“No, non farlo Kovu”- gridò Kiara, ma l’altro le disse:

“Non posso, il solo pensare di disobbedire mi provoca una violenta emicrania, io…devo”- e con un solo balzo infilzò l’uomo con la spada. Alexander quasi aprì la bocca per la sorpresa e guardò il Re che sogghignava.

“Bene- disse Galbatorix e si rivolse a Kiara- Stasera mi terrai compagnia. Voi lasciateci”- e si mise a ridere con crudeltà.

“S…sì, maestà”- disse Kiara e Alexander scosse la testa, poi però subito si riprese.

“Io ho solo eseguito degli ordini, non deve essere affare mio”- pensò mentre usciva dalla stanza con in sottofondo la risata del Re.

                             Silthrim

Mirko,Manuel e Robert vennero informati mediante la Cristallomanzia della presa di Ceris e deviarono la loro rotta verso Silthrim, dove sapevano che gli Elfi avrebbero opposto resistenza a Galbatorix e Sauron. Quando i ragazzi arrivarono alla città, Mirko la osservò dall’alto: l’abitato era stato costruito intorno al Lago Ardwen e l’unico accesso a quest’ultimo era rappresentato dal Fiume Edda; il porto era stato fortificato con grandi torri d’osservazione e una cinta di mura che proteggeva l’ingresso ai quartieri civili. Quando smontarono, un Elfo gli andò incontro:

“Sono Meredriel, Cavalieri, secondo in comando di Lifaen, Capitano di Ceris”- disse portandosi le dita alle labbra.

“Salute a te Meredriel, dove si trova il tuo Capitano? Sappiamo che Ceris è stata invasa”.

Meredriel annuì e indicò alcuni Elfi che smontavano da cavallo:

“Lifaen è appena arrivato, ma i nostri esploratori non ci hanno dato buone notizie. Affermano che Galbatorix sta preparando una possente flotta per conquistare Silthrim”.

“Brutto affare”- commentò Robert- Non si sa con precisione il loro numero?”

Meredriel scosse la testa:

“Non abbiamo certezze, ma sono sicuramente non meno cinquecento navi”

“Cinquecento navi?- esclamò Mirko sbalordito- Come farà a condurle attraverso il Fiume?”

“Sembra che il Re abbia la forza di stravolgere la natura stessa. Usando la magia nera sta allargando a dismisura il corso dell’Edda. Quando sarà abbastanza ampio, le navi inizieranno ad avanzare”- disse l’Elfo.

“Non possiamo incanalarle lì?- suggerì Manuel indicando l’ingresso del fiume al lago Ardwen.

Meredriel sospirò:

“Può essere una soluzione, ma Galbatorix avrà sicuramente degli stregoni per proteggere le navi e in più è stata avvistata una compagnia di mille orchi avanzare verso le mura esterne della città. Saremo presi tra due fuochi e abbiamo pochissimo tempo per prepararci”.

“Molto bene Meredriel- disse Mirko- ora vorremmo riposare un po’. Proseguiremo la discussione domani d’accordo?”

“Ma certo onorevole Cavaliere, vi mostrerò i vostri alloggi”

Mentre l’Elfo li accompagnava, Kaspian disse:

“Sembra che il Re voglia fare sul serio”.

“Già, farà di tutto per arrivare ad Ellesmera”- gli rispose Manuel. Meredriel li lasciò vicino ad una abitazione abbastanza confortevole e poi tornò al porto per proseguire i lavori di fortificazione. Anche questa, come le case di Ellesmera, era un tutt’uno con la natura, ma la sua dimensione era circa tre volte più grande delle loro stanze nella Capitale elfica.

“Questa casa è enorme- esclamò Robert sedendosi sul suo letto e guardandosi intorno. Mirko diede un’occhiata in giro e vide che la finestra della casa dava proprio sul porto che ora era occupato da alcune navi da battaglia, sbadigliando il Cavaliere si appoggiò al davanzale e disse:

“Credo che la lotta che si scatenerà qui andrà oltre la nostra immaginazione. Oromis non ci ha insegnato a lottare con decine di avversari in contemporanea.”

Manuel fece spallucce e replicò:

“Veramente quando siamo fuggiti dalla taverna abbiamo sgominato i soldati Imperiali da solo e anche nel Deserto”.

“Si- esclamò Mirko- Hai proprio ragione, ma ti sei tradito con le tue stesse parole, Manuel. In quel caso stavamo scappando e i nemici saranno stati almeno una trentina, non certo migliaia”.

“Io sono sicuro di farcela lo stesso”- sbadigliò Robert e si stese sul suo giaciglio chiudendo gli occhi.

“Bha- disse Mirko e tornò a guardare l’orizzonte- Spero che tu abbia ragione. Non vorrei finire la mia vita in un libro…senza prima aver avuto il piacere di trovarmi di nuovo faccia a faccia con quel maledetto Galbatorix”

                        Le Navi Nere

Mark si trovava su uno spiazzo di marmo molto lungo al cui centro cresceva un Albero Bianco. Fumi di guerra si alzavano dal basso seguiti da grida e rumori e il cielo terso sembrava una immensa distesa si nero di seppia. Ad un tratto, un sibilo feroce squarciò l’aria e Mark vide una grande bestia alata volteggiare sulla città, poi la sua attenzione si rivolse a due uomini che stavano combattendo vicino all’Albero Bianco scambiandosi fendenti sempre più violenti. Uno dei due disarmò l’altro e gli puntò la spada alla gola, ma l’arrivo di un’altra figura lo bloccò e l’altro approfittò di quell’attimo di distrazione per colpire l’avversario dritto al petto….

“NOO- urlò Mark madido di sudore;era stato ancora una volta un sogno.

“Cosa c’è Mark?”- chiese Arnold.

Mark si sedette e si asciugò la fronte:

“E’ un sogno, continua a tormentarmi”.

I tre amici erano partiti da Ellesmera da circa tre giorni e si erano accampati sulla costa Est di Alagaesia.

“Mare anche qui- disse Gianni- E non abbiamo trovato nessun alleato”.

“Dobbiamo attraversare l’Oceano- affermò Mark- Non abbiamo altra scelta”.

Arnold stava raccogliendo la legna da ardere e la appoggiò a terra:

“Non c’è molta vegetazione qui- disse- Dubito che possa abitarvi qualche popolazione, ma ciononostante non possiamo rischiare di rimanere senza viveri, mentre ci troviamo in mare aperto”.

Arnold aveva ragione, gli amici non potevano sapere per quanti giorni li avrebbe impegnati la traversata del mare e i viveri procurati ad Ellesmera cominciavano a scarseggiare. All’improvviso Arnold rimase immobile al fianco di Razar muovendo le pupille a destra e a sinistra.

“Cosa c’è?”- chiese Mark con la mente perché Arnold intimava il silenzio.

“Sento qualcosa, sono dei remi e vengono da quella parte”- indicò una sporgenza di roccia alla cui base sorgevano taglienti scogli. I draghi erano altrettanto irrequieti.

“Mark, dobbiamo andare a controllare”-disse Zarthan.

I Cavalieri si diressero verso la fonte del rumore e videro una enorme flotta di navi dalle vele nere solcare le acque fino ad approdare. Erano mezzi grotteschi, privi di estro, costruiti probabilmente solo per rimanere a galla. Migliaia di figure sbarcavano dalle navi e si riversavano sulla costa senza ordine.

“Orchi- disse Gianni con la mano alla spada- Dove sono diretti?”

“Una cosa è certa- affermò Mark- Se non troviamo rinforzi i nostri amici finiranno male”.

“E le provviste?”- disse Arnold.

“Dobbiamo farne a meno, dobbiamo rischiare”.

“Quello che tu definisci solo un rischio è troppo alto, io continuo a pensare che non ce la faremo. Ci rimangono viveri per appena una settimana”-esclamò Gianni.

“Ce li faremo bastare. Non dovremo mai fermarci, amici, per cui ora andiamo a riposare. Ci aspetta un lungo viaggio”.

               La crudeltà di Galbatorix

Alexander era nel suo appartamento del palazzo reale, seduto sulla branda. Respirava lentamente stringendo il talismano di Cristal in mano:

“Come posso giustificare ciò che ho fatto Cristal? Ho tradito delle persone che mi ritenevano loro amico, ma non preoccuparti, Galbatorix ci farà tornare insieme”.

Il ragazzo sentì una porta aprirsi e poi chiudersi e andò a vedere cosa succedeva. Kiara era uscita dalla stanza del Re accompagnata da due soldati, tremava tutta e si guardava intorno terrorizzata. Quando vide Alexander, lo guardò con odio e tentò di assalirlo, ma le guardie le impedirono di farlo.

“Traditore, ci hai consegnati al Male. Quando sarò libera, tu sarai la mia prima vittima!- urlò e si allontanò; un tipo alto e corazzato le passò accanto e si diresse alla stanza di Galbatorix. Bussò due volte e il re disse:

“Avanti”.

La porta venne aperta e poi richiusa alle spalle dell’uomo corazzato. Alexander si guardò intorno e non vide nessuna guardia, si avvicinò al portone del Re e tese l’orecchio, rimanendo in ascolto. Evidentemente Galbatorix si fidava perché nessuna magia proteggeva la conversazione.

“Accomodati, Sauron. Ho appena finito di conoscere la mia nuova serva- ridacchiò prendendo un grappolo d’uva da una ciotola e staccandone un chicco- Purtroppo però è ancora….inesperta”

“Si, interessante- disse Sauron che in realtà aveva altro a cui pensare.

“Quali notizie mi porti?- chiese poi il Re.

In cuor suo, Sauron avrebbe voluto immediatamente eliminare quel misero umano che riteneva di essere la più forte creatura vivente e che gli si rivolgeva come se fosse un servo, ma mantenendo il controllo rispose:

“Le mie forze hanno conquistato Ceris e i tuoi stregoni stanno allargando il corso del Fiume Edda. Tra pochi giorni potremo attaccare Silthrim. Nella mia terra ho dato il via all’attacco di Gondor, ho ordinato di invadere Osghiliat e di attendere i miei ulteriori ordini”

“Ah, sapevo che mi saresti stato utile ,amico mio”- esclamò il re mangiando un acino d’uva.

“Che cosa intendi fare dei tuoi nuovi schiavi?Non mi sembrano particolarmente…combattivi”- disse poi Sauron.

“Oh, non preoccuparti. Sono più forti di quello che pensi…i due piccoletti colorati hanno una versatilità che non immaginavo potesse esistere e gli altri due non sono da meno. La cosa veramente importante, però , è che i Cavalieri non immaginano che i loro amici obbediranno ciecamente ai miei ordini, per cui approfitterò di questa loro debolezza e li distruggerò”.

Sauron rimase in silenzio, mentre Alexander ascoltava dietro la porta. Un urlo attiro l’attenzione del ragazzo che si girò di scatto ansimando per lo spavento. Si allontanò dalla stanza del Re e un secondo grido lo fece trasalire.

“Viene dai sotterranei”- pensò Alexander e si diresse alle scale che conducevano ai piani inferiori, con rapide falcate le discese e sentì uno schiocco seguito da un gemito. Proveniva da una delle porte delle sale di tortura: il ragazzo la aprì e vide un uomo legato da catene, mentre veniva frustato da un boia.

“Ehi fermo,che cosa ha fatto?”- urlò Alexander mantenendo la mano del torturatore. Questi sogghignò e rispose:

“La sua famiglia non ha potuto pagare il tributo al Re, sua moglie e suo figlio saranno giustiziati domani in piazza”

Alexander fu afferrato da una morsa di dolore e tristezza:

“Chi sto servendo? Il Bene o il Male?”-pensò, ma il boia si liberò il braccio e sibilò:

“Ora, se non ti spiace, voglio finire questo lavoro”- e menò un’altra scudisciata sulla schiena dell’uomo. Alexander uscì dalla stanza, si inginocchiò sulle scale, mise la testa tra le ginocchia e pianse, mentre il prigioniero continuava ad urlare. Scacciate le lacrime, risalì la scala e andò in camera sua; riempì una ciotola d’acqua e si lavò il viso, poi alzò la faccia e vide riflessa nello specchio l’immagine di Cristal. Sbalordito, il ragazzo guardava la lastra di vetro.

“Cristal, ma come…?”

Cristal continuava a fissarlo con occhi severi e saggi senza aprire bocca.

“Dimmi qualcosa”

Improvvisamente, l’immagine mutò in quella di un orribile mostro dagli occhi rossi, Alexander urlò e lanciò la ciotola sullo specchio, fracassando il vetro. Sauron era sul limite della porta e rideva.

“La ami vero? Questa è la più grande delle debolezze,ragazzo. Devi essere forte, devi pensare solo a sconfiggere i tuoi nemici e a cibarti con la loro carne e il loro spirito”

Alexander deglutì:

“Sei stato tu?”

Sauron annuì:

“Se vuoi riaverla, prima dovrai contribuire alla distruzione dei Cavalieri…ordini del Re in persona. Ti auguro una buonanotte- e si fece trasportare da una profonda risata, sbatté la porta e lasciò il ragazzo solo, a fissare lo specchio che aveva infranto.

                        Senza Traccia

Eric, Rick e Chris percorsero la stessa direzione verso Sud per circa due giorni, seguendo le tracce di sangue che incontravano sul cammino. La lunghezza del loro viaggiò derivò dal fatto che non volarono sui draghi e seguirono la scia blu a piedi in modo da non perderla di vista. Kroghor, Vahalkas e Maskind li precedevano in alto, scrutando l’orizzonte. All’alba del terzo giorno, i ragazzi notarono che gli alberi andavano diradandosi e al loro posto sorgevano cespugli e piante cactacee.

“Credo che abbiamo appena lasciato la Du Weldenvarden”- disse Rick guardandosi indietro, pi riprese a correre. Chris arrancava dietro i due amici con la lingua penzoloni.

“Sono giorni che viaggiamo- disse- ho bisogno di riposo”

Eric e Rick erano fermi e guardavano per terra, gesticolando.

“Ehi, dico a voi due”

“Credo che dovremo fermarci lo stesso- intervenne Kroghor- Abbiamo perso la traccia.

Chris corse dai compagni e vide che la scia di sangue si era interrotta. Eric si batté le mani in testa con rabbia:

“Dannazione, e ora da che parte andiamo?”

Rick si inginocchiò e guardò a Sud:

“Per ora è meglio riposarci, per attraversare il deserto ci occorreranno molte energie”.

“E se tagliassimo per Sud-Ovest?- propose Chris.

Intanto i draghi planarono vicino ai ragazzi e richiusero le ali.

“Ci voleva una sosta”- commentò Maskind.

“Va bene- esclamò Eric- accendete un fuoco e accampiamoci qui. Domani mattina esploreremo i territori Ovest dell’Impero e chiederemo a qualche abitante se ha notato qualcosa; per prudenza sarà meglio non percorrere la via con la quale siamo arrivati ad Ellesmera”.

“Giusto- disse Chris- Galbatorix potrebbe aver posizionato dei posti di blocco.- e iniziò a montare la sua tenda. Rick accese il fuoco ed Eric mise a cuocere la verdura procuratagli dagli Elfi.

“Uff- sbuffò Chris- Mi sembra di stare a dieta- e mangiò una carota- Quando eravamo a casa consideravo questo gesto l’apice della follia”.

Eric e Rick sorrisero, ma sia loro che Chris erano molto in ansia per i cartoni. Eric aveva indossato il bracciale di Kiara al polso destro e non se lo toglieva mai. Rick lo guardò preoccupato:

“Ti va di parlare?”

Eric non rispose, ma fece un cenno di assenso, Rick cercò le parole giuste, pensando a ciò che aveva detto Mark.

“Sai è che….probabilmente non potrai più vederla quando torneremo a casa”

“E chi ti dice che io voglia tornarci. Qui sto bene”.

“Ma Eric, hai dimenticato la nostra vita, le nostre case, il nostro mondo? Noi non dovremmo neanche esserci qui. Saremmo dovuti andare al cinema e la nostra giornata sarebbe finita lì”

“Io la amo”- Rick rimase di stucco e le parole gli si congelarono in gola, Chris si era colpito il dito con il martelletto per piantare la tenda.

“Credo di non aver sentito bene”- esclamò Rick.

“IO-LA-AMO”- urlò Eric scandendo le parole in moda da farsi sentire. Maskind lo guardò stupito.

“Non essere stupido, Eric. Lei non esiste e se anche fosse sarebbe già fidanzata. Mettila così allora, preferiresti rompere un amore eterno pur di soddisfare il tuo?”- ribatté Rick.

“Si”- rispose l’altro e Chris gli diede un pugno così violento che lo mandò a un metro di distanza.

“E tu saresti un Cavaliere? Noi siamo venuti con te perché contavamo di aiutare i nostri amici, non per accontentare te”

Eric si alzò e barcollò, poi si appoggiò a Maskind:

“Dammi una mano”

“No, hanno ragione loro, Eric. Non puoi gettarti a capofitto in cose più grandi di te”.

“Siete tutti contro di me, vero?”

“No- disse Chris- Siamo tutti tuoi amici,invece”

Eric sospirò e poi si sedette a terra, vicino al fuoco. Rick e Chris lo guardarono e poi scossero la testa, tristi per il destino del loro compagno.

      Preparativi di Guerra

Mirko, Manuel e Robert erano intenti ad aiutare gli Elfi nel costruire le fortificazioni del porto di Silthrim. Nel lago erano presenti quattro moli, ognuno dei quali era stato rinforzato e fortificato; inoltre, davanti, era stato eretto un muro con delle feritoie e possenti bastioni difensivi. Mirko stava aiutando degli Elfi a sollevare alcuni macigni da utilizzare contro le navi avversarie, quando un altro disse:

“Arriva il Capitano di Silthrim”.

Tutti i soldati lasciarono le loro occupazioni e si misero in fila con le lance diritte e la testa in su. Mirko si asciugò il sudore e chiese a Xavan:

“E’ una persona così importante?”

“Pare di sì. Si dice che abbia eliminato una intera pattuglia imperiale senza aiuti”

Manuel sorrise:

“Deve essere un Elfo ben forzuto”

Un cavallo bianco passò in mezzo alle file di guerrieri e i ragazzi ne osservarono il proprietario: un’elfa dai lunghi capelli biondi e da un’armatura splendente procedeva lentamente guardando ogni soldato.

“Deve esserci uno sbaglio- disse Robert- Non può essere lei”

Un Elfo si avvicinò alla ragazza e mentre questa scendeva da cavallo le disse:

“Ben arrivato Capitano”

Mirko e Manuel guardarono l’amico:

“Bè, ripensandoci forse sì”

L’Elfa,tenendo la mano sul pomo della sua spada, si mosse a passi lenti verso i Cavalieri e si portò le dita alle labbra in segno di saluto:

“Salve Cavalieri, io sono Jill”

Mirko ripeté il gesto e si fece avanti:

“Noi siamo Mirko, Manuel e Robert e loro sono i nostri draghi Xavan, Kaspian ed Eridor. Come possiamo servirti?”

Jill guardò il lago:

“Ho saputo che Galbatorix attaccherà Silthrim e perciò sono stata richiamata qui dal grosso dell’esercito”

“Stiamo provvedendo a proteggere i moli ,mia signora- disse Robert- Tra pochi giorni il nemico sarà qui”

“Quanti siamo?”- chiese allora il Capitano.

Meredriel intervenne:

“Circa quattromila Elfi più tre Cavalieri, signora”

“E il nemico?”

Mirko scosse la testa:

“Abbiamo ragione di ritenere che siano cinquecento navi con almeno quattrocento uomini ognuna, ma stiamo costruendo alcuni trabocchi per abbatterle e io e i miei amici potremo affondarne una buona parte con i nostri draghi”

“Bene allora, muoviamoci”-disse Jill e si diresse al porto.

Robert la fece passare e poi bisbigliò a Manuel:

“Che tipo tosto”

“Già- sorrise l’altro- non so se temere più lei o il nemico”

Mirko diede una pacca ai suoi due amici:

“Seguiamola, ragazzi”

I tre ,insieme a Meredriel,accompagnarono Jill alle difese del porto e questa chiamò a sé Lifaen.

“Comandi Capitano Jill”- affermò lui.

“Come pensate di resistere alle truppe che attaccheranno da terra?”

L’Elfo indicò una serie di pali appuntiti che erano stati posizionati lungo la costa:

“Quelli dovrebbero rallentare l’avanzata del nemico, mentre i nostri arcieri bersagliano la fanteria. L’unica nostra debolezza risiede nel fatto che se perdiamo anche uno solo dei quattro moli, il nemico potrà arrivare alle mura e assediarle.”

Jill annuì e poi si accorse dei Cavalieri che si trovavano dietro di lei:

“Voi siete stati addestrati dal saggio Oromis non è vero?”

I ragazzi annuirono e l’Elfa sorrise:

“Allora credo che non avrete alcun problema a fronteggiare gli stregoni avversari se ce ne sarà bisogno”

Robert stava per intervenire, dal momento che il loro maestro non aveva avuto il tempo per insegnargli a lottare attraverso la mente, ma Mirko parlò prima che potesse farlo lui:

“Potete contare su di noi, Capitano”

“Molto bene- rispose lei- Ora, se non vi spiace, avrei della faccende da risolvere con Lifaen. Ci vediamo più tardi, Cavalieri”- e se ne andò con il Capitano di Ceris.

Robert diede una spinta a Mirko e disse:

“Come ti è saltato in mente di dirle che eravamo in grado di combattere gli stregoni?”

“Bha- rispose l’amico scrollando le spalle- Uno stregone è fatto di carne, credo che sia facile come un uccidere un uomo normale, giusto?”- chiese poi guardando Meredriel per cercare conferma a ciò che aveva detto.

L’Elfo scosse la testa:

“No,Cavaliere. Purtroppo credo che tu non abbia abbastanza chiaro il metodo di lotta utilizzato dagli stregoni. Comunque posso darvi una mano io, ma sarà una lezione breve. Non abbiamo molto tempo”- e osservò il cielo che stava diventando di colore scuro. Un lampo lontano squarciò le nubi e Manuel disse:

“Già, manca davvero poco, Meredriel”.

                     Il valore di Gondor

Osghiliat era sotto il costante attacco degli Orchi da due giorni da quando Legolas era arrivato con gli Haradrim, i pochi che erano riusciti a giungere così in fretta dalle loro calde terre. Le truppe erano state disposte sulle mura della città interna e il cancello fu sbarrato. Il nemico attaccava in continuazione, ma contro di esso i soldati di Gondor e gli Haradrim scagliavano frecce, lance e pietre e gli Orchi morivano a centinaia. Tuttavia la marea di Mordor sembrava aumentare di numero anziché diminuire. Faramir era su un tratto della cinta con Legolas e Gimli:

“Perché Rohan non arriva?Sono passati due giorni da quando ho inviato il messaggero”

Legolas scagliò una freccia ad un Orco sottostante le mura e disse:

“Forse ha usato una via più lunga per non essere catturato”

“Vorrei pensarla come te”-gli rispose Faramir

“Guardate là”- urlò poi Gimli indicando qualcosa.

Tra gli Orchi stava avanzando un grosso ariete dalla punta d’acciaio ,trasportato da otto nemici.

“Vogliono buttare giù la porta. Fermateli”- urlò il Capitano di Gondor. Alcuni arcieri scagliarono i loro dardi e uccisero due portatori, ma già altrettanti ne stavano prendendo il posto e con un sonoro tonfo diedero il primo colpo alla porta. I soldati, inutilmente, lanciavano sassi e lance che rimbalzavano sulle pesanti corazze degli Orchi. Legolas colpì un portatore alla gola e questo stramazzò al suolo contorcendosi nella polvere.

“Fateli pure entrare”- grugnì Gimli- La mia ascia li sta aspettando con molta ansia- e roteò l’arma facendola passare dietro la schiena.

La porta fu colpita una seconda e una terza volta e iniziò a scricchiolare. I soldati si posizionarono allora davanti all’entrata con gli scudi uniti e gli archi tesi; Faramir gli andò incontro seguito da Legolas e Gimli.

“Uomini di Gondor e Haradrim- iniziò- il nemico sta per entrare nel cuore di Osghiliat. Abbiamo fatto il possibile per tenerlo lontano dalle nostre famiglie, ma ora dovremo sacrificare noi stessi, se necessario, per non far avvicinare quelle luride bestie ai nostri figli. Se gli Orchi prenderanno Osghiliat, avranno il via libera per Minas Tirith e uccideranno i nostri cari…..cosa mi dite?Glielo permetteremo?

Gli uomini e gli Haradrim sguainarono le spade e urlarono il loro coraggio:

“Noooo”

Con un quarto colpo la porta si spalancò e gli Orchi entrarono.

“Avanti Gondor, a me”- urlò il Capitano e uno stuolo di soldati e Haradrim lo seguì brandendo le armi e urlando. Un nugolo di frecce colpì la marea nera di Mordor e gli Orchi, intimoriti, da quell’urlo selvaggio indietreggiarono leggermente. L’impatto che avvenne qualche secondo dopo fece cadere molti nemici al suolo. Faramir era in prima linea e colpiva tutti i nemici visibili, al suo fianco Legolas e Gimli falciavano altri Orchi. La sorte sembrò favorire i difensori quando, verso il tramonto, furono aperte altre tre brecce nelle mura interne e il numero cominciò ad avere ragione sul valore.

“Difendiamo le nostre case”- urlò Faramir ai suoi uomini che continuavano valorosamente a lottare nonostante i morsi, le ferite e la stanchezza. Da una breccia entrarono tre Troll e la sorte della battaglia fu capovolta. Gli enormi mostri colpivano decine di Haradrim e Uomini e li scagliavano a metri di distanza come bambole di pezza.

“Legolas- disse Faramir- colpiscili alla fronte”.

L’Elfo mirò e colpì un Troll  in mezzo agli occhi e questo si mise ad agitarsi furibondo. Un gruppo di Haradrim si unì allora a Legolas e , insieme, finirono la creatura. Faramir esultò, ma vide altri Troll e Orchi entrare in città; non attento, venne colpito da un Orco che lo mandò a terra, ma una lancia uccise il mostro. Il Capitano si girò e vide Aragorn con la sua spada in pugno e una cinquantina di soldati al seguito.

“Per Gondor- urlò e si scagliò con impeto sul nemico 

La Promessa di Alexander

Alexander era sveglio da un paio d’ore, disteso sulla sua branda. Pensava a ciò che aveva fatto e rifletteva sulla sorte che aveva dato ai suoi ormai “ex-amici”. Lo specchio della stanza era stato riparato con la magia e riguardarlo fece venire una morsa allo stomaco del ragazzo. Forse il Re aveva mentito sul resuscitare Cristal?O no? Era questo il pensiero che turbava di più la mente di Alexander. Si alzò dal giaciglio e pensò:

“Devo parlare con i cartoni”

Uscì dalla stanza e si diresse verso le prigioni sotterranee. Una guardia era di vedetta all’entrata.

“Che cosa cerchi?- chiese l’uomo, stringendo la lancia che aveva in mano.

“Sono venuto a parlare con dei prigionieri”-rispose Alexander

La guardia scosse il capo:

“Mi dispiace, ma serve un mandato firmato dal Re”

Alexander aveva previsto questa risposta e così tirò fuori da una tasca una moneta d’oro. La lasciò cadere in mano al soldato e disse:

“Ti basta?”

L’uomo esitò:

“Dovrei metterti dentro per corruzione,ma….accetto”

Alexander fece per entrare, ma la guardia lo bloccò:

“Ehi, quanta fretta, ragazzo. Per una sola moneta d’oro puoi parlare con un solo prigioniero. Con chi desideri incontrarti?”

Alexander rifletté: sarebbe stata dura convincere i cartoni a prestargli ascolto perciò avrebbe dovuto parlare con il più mansueto dei quattro.

“Mi incontrerò con Angel”- disse il ragazzo.

“Chi?”-chiese l’uomo.

“Angel, è quella piccola creatura rosa…con le antenne”

“Davvero?Quell’essere ha un nome?”- disse la guardia e scoppiò a ridere- E’ nell’ultima cella in fondo a destra”-lo informò poi.

Alexander entrò e si guardò intorno. C’erano decine di prigionieri ridotti a scheletri che imploravano di essere liberati.

“Per gli Dei - pensò – Come resisteranno i cartoni a questi orrori?”

Un uomo magrissimo allungò una mano verso il ragazzo e disse:

“Acqua”

Alexander voltò la testa e continuò a camminare finché non si trovò di fronte la cella di Angel, guardò dentro e la vide accovacciata in un angolo. Stava piangendo.

“Angel”- bisbigliò il ragazzo.

Quando lei lo vide si scagliò sulle sbarre e Alexander prese un colpo.

“Tu- urlò la creatura rosa- Come osi venire qui?”

“Sto cercando di aiutarvi- cerco di dire poi il giovane, ma il cartone riuscì a sporgersi e gli graffiò una mano.

“Ah- sussultò il ragazzo- Lasciami parlare”

“Che cosa vuoi?”- chiese Angel.

Alexander si inginocchiò vicino alla cella e sospirò:

“Non so come dirtelo, ma mi dispiace profondamente per quello che ho fatto. Di certo non amo Galbatorix e il suo Regno”

“Eppure ci hai traditi”- ringhiò Angel.

“Tu come ti sentiresti se il tuo Stitch venisse ucciso? Come ti sentiresti se la persona che ami di più al mondo ti venisse strappata via?”

Il cartone non rispose.

“Io amavo e amo ancora Cristal e quando il Re mi disse che l’avrebbe resuscitata non ho capito più nulla. Sai, io sono stato veramente adottato da Rothgar, su questo non vi ho mentito, ma quando Cristal morì, uccisa da un Nagra, mentre raccoglieva dei fiori per me, io accusai i Varden di averla lasciata senza protezione e fuggii a Nord dove incontrai Galbatorix. Gli raccontai la mia storia e lui mi disse che se gli avessi prestato servizio e indicato i luoghi in cui i Varden nascondevano truppe e armi, lui avrebbe esaudito il mio desiderio di rivedere Cristal. E così è iniziata la mia lunga messinscena che ci ha condotti qui”

“Io credo…di capirti”-esclamò Angel.

“Sul serio?”

Il cartone annuì:

“Ma ora è troppo tardi- disse poi- Galbatorix ci ha costretti ad essere suoi servi e a uccidere Mark e gli altri”

Alexander comprese la terribile disgrazia dei cartoni:

“E’ colpa mia se siete in questo guaio e sarò io a liberarvene. Angel, vi giurò sulla mia vita che troverò il modo di farvi uscire di qui. Dove sono gli altri?”

Angel trattenne una lacrima:

“Kovu e Stitch sono stati mandati con i soldati a saccheggiare i villaggi ribelli, mentre Kiara è di sopra cobn quel mostro”

“Shh- la zittì Alexander- Hai dell’acqua lì con te?”

“Si – disse Angel e gli porse un catino.

Alexander lo prese:

“Rothgar e Galbatorix mi hanno insegnato qualche rudimento di magia. E’ così che mi mettevo in contatto con il Re, ma ora userò questo metodo per cercare i Cavalieri”

Il ragazzo disse alcune strane parole e l’acqua si increspò mostrando tre immagini differenti. In una c’erano Rick, Eric e Chris, nella seconda c’erano Mirk, Manuel e Robert intenti a camminare in una città Elfica e nell’ultima si vedevano Arnold, Mark e Gianni volare sopra l’Oceano.

“Si sono divisi”- esclamò Angel.

Eric disse qualcosa:

“Li troveremo vedrete; dovunque siano stati portati”

Alexander fece sfumare le immagini:

“Visto piccola? Vi stanno cercando”

Il cartone per la prima volta da quando era stato portato ad Uru-Baen abbozzò un sorriso e Alexander gli disse tenendole le piccole mani:

“Non preoccupatevi, vi prometto che vi farò liberare 

                            Taurida

Eric e Maskind volavano spediti, seguiti da Rick, Vahalkas, Chris e Kroghor. I ragazzi avevano superato il deserto senza troppi problemi e ora si stavano dirigendo verso Ovest. Quando il sole cominciò a calare, Eric avvistò un piccolo villaggio.

“Scendiamo”- disse il ragazzo e i draghi atterrarono dietro una collina erbosa.

“Noi andiamo a dare un’occhiata- disse Chris a Kroghor- Sarà meglio se voi non vi fate vedere”

“Intesi”-risposero i draghi all’unisono.

I tre Cavalieri si coprirono il volto e indossarono degli stracci per non essere riconosciuti, ma nascosero le loro spade sotto il mantello. Si avviarono verso il villaggio ed entrarono.

“Questo posto ha un’aria familiare”-disse Rick guardandosi intorno.

“Hai ragione, questa è Taurida; il villaggio dove abbiamo conosciuto Alexander”- esclamò Chris.

“Non nominarlo”- sussurrò Eric scrollando leggermente l’amico.

A quanto pareva il villaggio era occupato. Decine e decine di pattuglie imperiali sorvegliavano le strade e i luoghi pubblici. Su una bacheca, Rick vide molti ritratti di persone ricercate.

“Roran Garrowson- lesse- Diecimila corone. Caspita”

Eric e Chris si avvicinarono, mentre Rick continuava a leggere.

“Eragon, per chiunque riesca a catturarlo una contea”

Chris fischiò.

Rick scorse altre facce di ricercati e fra questi vide anche loro, tutti e nove.

“Chiunque riesca a uccidere o catturare questi traditori dell’Impero, riceverà un terreno per ogni vittima”

Eric guardò la bacheca con odio.

“Ha alzato la posta a quanto pare. Quando siamo arrivati la ricompensa era di appena cinquemila corone”

“Dì pure appena”- esclamò Chris.

Eric si allontanò e disse:

“Abbiamo già perso molto tempo, vediamo se ci sono informazioni alla taverna”

“Personalmente non ho un buon ricordo di quel posto”- disse Chris imbronciato.

“Non fare storie e andiamo”- lo zittì Eric.

I tre amici entrarono e si guardarono intorno: gli ospiti erano quasi tutti soldati eccetto un gruppetto nella penombra. Camminarono fra i banchi e si sedettero al tavolo dove erano stati con gli altri Cavalieri. Mentre Chris si sedeva, un soldato gli fece uno sgambetto e il ragazzo cadde a terra, i compagni dell’uomo risero di gusto.

“Lo sapete che non ci piacciono i mendicanti?”- li insultarono. Chris stava per reagire, ma Rick lo trattenne e lo aiutò ad alzarsi:

“Non farci scoprire, Chris. Trattieniti”

Eric si alzò dalla sua sedia e disse ai due amici:

“Vado…..a ordinare”- e gli fece l’occhiolino.

Quando arrivò al bancone si rivolse all’oste:

“Salve buon uomo, io e i miei amici siamo nuovi di qui. Come ma tutte queste truppe a Taurida?”

L’uomo scrutò Eric:

“Sembra che il Re sia in cerca di alcuni Cavalieri traditori, ma, in confidenza, io spero che non riesca a catturarli”

Eric fece finta di sbalordirsi:

“Oh, Cavalieri traditori. Abbiamo visto che il Re offre un bel po’ per la loto testa”

Mentre puliva una tazza da birra, l’oste rispose:

“Già, sono stati mobilitati quasi tutti i cacciatori di taglie, lo siete anche voi?”

Eric scosse la testa:

“Oh no, noi siamo solo dei cantastorie che girovagano di città in città- poi il ragazzo tentò il tutto per tutto- Ho sentito che Galbatorix ha dei nuovi alleati”

L’uomo lo fissò, per un momento Eric pensò che avesse detto qualcosa di sbagliato:

“Si, ho sentito parlare di questo Sauron e….”

La porta d’ingresso si spalancò ed entrarono una ventina di soldati, seguiti da…no, Eric non poteva crederci….Kovu e Stitch.

Rick e Chris si erano alzati dal tavolo e guardarono i cartoni con stupore.

“Kovu, Stitch”- sussurrò Eric.

Kovu si avvicinò al bancone proprio al fianco di Eric che si coprì il viso.

“Oste, una birra per me e per il mio seguito”-disse il cartone.

“Subito,signore”.

Eric continuava a fissare Kovu da sotto il manto, ma non poteva dirgli nulla. Il locale era troppo affollato di soldati.

L’oste tornò con vari calici di birra e Kovu bevve il suo.

“Avete visto come piangevano quei marmocchi ribelli quando li abbiamo trucidati?”- disse un soldato e i suoi commilitoni risero, Eric cominciò a sudare e la paura lo avvolse:

“Come hanno potuto fare delle cose così spregevoli?”

Rick lo raggiunse con la mente:

“Credo che siano sotto il controllo di Galbatorix, Oromis ci spiegò dei giuramenti vincolanti,ricordi?”

Kovu si voltò verso Eric e lo spintonò:

“Ehi, mendicante- disse- perché non sloggi? Non sai che il Re odia che voi entriate nei suoi locali?- e lo fece cadere a terra. Rick e Chris lo soccorsero.

“E voi chi siete?I suoi amichetti?- rise Stitch e diede un calcetto a Chris. Il ragazzo non riuscì più a sopportare le offese, si tolse il mantello e si fece vedere in faccia. Tirò fuori la spada e uccise il più vicino dei soldati:

“Questo è per lo sgambetto di prima”- urlò mentre il guerriero cadeva.

“Sono i Cavalieri, uccidiamoli”-tuonarono i soldati.

Kovu e Stitch sguainarono le spade:

“Mi dispiace amici, eseguiamo solo gli ordini del Re”-dissero e si lanciarono verso i Cavalieri.

Rick fece cadere un soldato colpendolo con un pugno e poi disse “TRHYSTA VINDR” e un altro nemico venne scagliato via , fracassando un tavolo. Eric schivò un colpo di Kovu e parò quello di Stitch.

“Aspettate- disse- Vogliamo aiutarvi”

I cartoni non diedero segni di cedimento e continuarono a combattere:

“Non possiamo disobbedire”- esclamò Stitch e mancò per poco la testa di Eric con un fendente.

“Maskind, venite alla taverna, abbiamo bisogno di voi”- disse Eric al drago ,con la mente.

“Arriviamo, Eric. Resistete.”

Chris colpì un soldato al petto e gli fece uscire la spada dalla schiena con odio. Un uomo assalì Rick alle spalle, ma il ragazzo si girò e con un guizzo della spada gli taglio la gola. Kovu colpì Eric con una spallata e puntò la spada al petto del ragazzo che teneva le mani alzate.

“Devo farlo, mi dispiace”- disse il cartone e alzò l’arma, ma Eric gli disse:

“E tu credi che riuscirai a uccidermi?”

Kovu si fermò:

“Perché non dovrei?”

Il tetto del locale si fracassò e i draghi entrarono ruggendo. Molti soldati si spaventarono e , colti alla sprovvista, vennero uccisi dalle formidabili zanne dei draghi.

“Ecco perché”- terminò la frase Eric e ,approfittando della distrazione dei cartoni urlò “ADURNA” , un globo d’acqua si formò sulla sua mano e lo scagliò verso Kovu e Stitch. I due furono colpiti violentemente e caddero a terra privi di sensi.

“Andiamo”- disse Vahalkas. I Cavalieri montarono in groppa ai draghi e spiccarono il volo allontanandosi da Taurida.

“Non posso crederci”- disse Rick.

“Sono nelle mani di Galbatorix- urlò Eric- Nooo”

Il suo grido attraversò tutta la pianura finché non ci fu un silenzio di tomba.

“Dirigiamoci a Vroengard, da Oromis. Solo lui può aiutarci”- disse Chris.

“No- esclamò Eric- Andremo a Uru- Baen e libereremo i cartoni”

“Tu devi essere matto, non possiamo sconfiggere Galbatorix da soli. Credi che….”-disse Chris, ma improvvisamente i draghi caddero al suolo e i ragazzi stramazzarono a terra. L’ultima cosa che Eric vide furono delle ombre che si avvicinavano e poi fu tutto buio.

                   L’ombra del nemico

A Silthrim, i lavori di difesa procedevano spediti: tutt’intorno al lago erano state posizionate delle catapulte per affondare le navi nemiche e ,vicino ai quattro moli del porto, tutti i pali appuntiti erano stati piantati nel terreno. Mirko e i suoi due amici erano impegnati da qualche ora con Meredriel che gli stava insegnando a combattere attraverso la mente,mentre i loro draghi erano andati in avanscoperta per scoprire la posizione delle truppe avversarie.

“Non ci siamo- disse l’Elfo- le vostre menti sono troppo vulnerabili per resistere agli attacchi di uno Stregone”

“E’ un problema grave?”-chiese Robert.

“Gravissimo- affermò Meredriel- Potrebbe farvi uccidere tutti e tre e segnare le sorti della battaglia prima che questa cominci”

Mirko stava per rispondere,quando da lontano vide arrivare Jill che gli domandò:

“Cavaliere, quale strategia avete deciso di usare?”

Mirko indicò l’ingresso del lago:

“Io, Manuel e Robert voleremo avanti e cercheremo di affondare più vascelli possibili. Quando le navi entreranno nel lago, colpitele con le catapulte e bersagliatele di frecce, i quattro moli devono essere assolutamente protetti altrimenti i nemici sbarcheranno direttamente sotto le mura principali”

“E la costa del lago?”-chiese poi Jill spostandosi i capelli dal viso.

“Lifaen si occuperà di difendere le sponde dell’Ardwen dalle truppe da sbarco, mentre voi e Meredriel affondate le navi maestre”

L’Elfa sorrise:

“Un ottimo piano, Cavaliere”- e si allontanò a passo svelti, seguita da due soldati.

Mirko la osservò, ma Meredriel lo fece tornare in sé:

“Cavaliere, non posso permettervi di combattere con gli Stregoni imperiali senza protezione. E’ troppo pericoloso”

Il giovane stava per rispondere quando sentì una goccia d’acqua cadergli sulla mano e ,alzando lo sguardo, vide che il cielo era più terso che mai.

“Il nemico si avvicina”- disse Eridor mentre planava con Vahalkas e Maskind- Galbatorix ha terminato di ampliare il corso del fiume e le navi sono salpate”

Mirkò fissò il drago con preoccupazione:

“Quanto tempo credi che abbiamo?”

“Domani all’alba entreranno nel porto”-sospirò la creatura. Il Cavaliere scosse la testa e disse a Meredriel:

“Mi dispiace, dobbiamo provare lo stesso a lottare o saremo venuti qui per nulla. Prepariamoci alla battaglia, tutti gli Elfi devono essere pronti entro l’alba; chi è già armato si diriga ai moli”- poi il ragazzo posò una mano sulla spalla dell’Elfo- Prepara i tuoi uomini e dì a Lifaen di posizionare le truppe sulla costa”

Meredriel, un po’ contrariato, annuì e corse al lago, Manuel, Robert e Mirko, invece, andarono all’armeria insieme ai draghi. I ragazzi posero le spade in un fodero appeso dietro la schiena , indossarono la corazza e infine presero uno scudo e un elmo; nel frattempo, i draghi erano stati preparati da alcuni Elfi artigiani.

“Queste corazza- dissero- Appartenevano ad alcuni dei draghi più antichi di Alagaesia, usatele bene”

“Lo faremo”-risposero i draghi.

Un tuono fece tremare la terra e cominciò a piovere. Mirko, Manuel e Robert salirono sulle mura che erano state costruite di fronte al lago e Manuel esclamò:

“Ci siamo?”

“Non ancora”-gli rispose Mirko senza fare una mossa e continuando ad osservare l’orizzonte, mentre la pioggia gli ticchettava sull’armatura lucente e gli scorreva lungo tutto il viso. Robert si infilò l’elmo e abbassò la visiera:

“Confesso di avere un po’ di paura della morte”-disse il più giovane dei Cavalieri.

Mirko gli diede un buffetto sull’elmo e mostrando un lieve sorriso gli rispose:

“Non preoccuparti, sono sicuro che il destino non ci farà morire così”

Nel frattempo, le nubi nere avevano completamente ricoperto Silthrim e l’acqua aveva reso il terreno melmoso e pieno di pozzanghere. Jill si avvicinò ai tre ragazzi armata di tutto punto.

“Che le stelle ci proteggano”-disse.

Una saetta illuminò il paesaggio,seguita da un altro violento tuono e poi Jill parlò alla guarnigione della città:

“Elfi di Silthrim, ci conosciamo tutti come fratelli e sorelle in questa splendida foresta. Qui abbiamo fatto i nostri primi passi e qui siamo cresciuti e abbiamo conosciuto il mondo. Ora, Galbatorix è giunto per mettere fine a questo sogno, è giunto per devastare questi magnifici luoghi e per depredare le nostre città…ma noi non permetteremo che questo accada, non finché anche solo uno di noi rimarrà in vita. All’alba, fratelli, gli uomini del Re e di Sauron saranno qui… siete pronti per accoglierli?”

Un enorme coro di voci si alzò da tutta la città e gli Elfi, incoraggiati, agitarono le armi sotto la pioggia che continuava a imperversare. Mirko si guardò attorno, sguainò la spada e si unì alle grida con Manuel, Robert e i draghi.

                               Rohan

Mark,Arnold e Gianni stavano sorvolando l’Oceano da tre giorni e le provviste cominciarono a scarseggiare. Non essendoci posti dove atterrare, i ragazzi e i draghi furono costretti a mangiare in volo e non poterono riposarsi.

“E’ inutile- disse Gianni sfinito- Non c’è nessuna terra da questa parte. Dobbiamo tornare indietro”

“No- esclamò Mark- I nostri amici hanno bisogno di rinforzi”

“Non avranno neanche noi se restiamo un altro giorno in volo”-urlò Gianni irato e poi sorseggiò la sua pozione.

Arnold guardava l’orizzonte dal dorso di Razar con gli occji socchiusi, ad un tratto li aprì e urlò:

“Terra, terra. C’è terra laggiù”

Gianni, allibito, si sporse dal fianco di Kreghor ed esultò. A poche miglia di distanza era visibile una strisciolina nera. Dopo circa un’ora, i Cavalieri raggiunsero la meta e sorvolarono il territori che li circondava. C’erano alte montagne innevate e grandi praterie solcate da rocce e sporadici alberi, il sole cocente illuminava tutto ciò e dava alle ombre un’aura sinistra.

“Guardate laggiù”-esclamò Arnold indicando in basso. Un gruppo di uomini a cavallo stava attraversando velocemente una prateria, al loro comando c’era un uomo con baffi e barba e con un elmo lucente dal quale spuntava una lunga coda bianca.

“Quello è Eomer- disse Mark- Il capo dei Rohirrim, i cavalieri di Rohan. Atterriamo, forse possiamo provare a parlargli”

“Non vorrai farti vedere con noi?”esclamò Zarthan.

“No, per ora. Fateci scendere dietro quella collina e nascondetevi”

I draghi obbedirono e i ragazzi salirono sul colle. Non appena i cavalieri li videro, galopparono verso di loro. Mark rise guardando i suoi due amici.

“Chi siete?- chiese Eomer puntando la sua lancia contro di loro- Parlate”

Mark aveva le mani alzate in segno di resa:

“Siamo stranieri- disse- Veniamo da una terra al di là del mare”

“Dall’altra parte del mare?- Eomer era stupito- Seguiteci- e chiamò tre cavalli”

“Oh, noi non ne abbiamo bisogno”-disse Mark scuotendo il capo e da dietro la collina comparvero Zarthan, Razar e Kreghor. Non appena gli uomini li videro, estrassero le armi, ma Mark li fermò:

“No, non abbiamo cattive intenzioni. Non vi faranno del male”- Eomer aveva la lancia puntata contro Zarthan, ma poi la abbassò.

“Venite ad Edoras, dovete spiegarmi chi siete e perché siete qui. Se noto anche solo qualcosa di strano per voi sarà la fine”

Mark annuì e iniziò a salire su Zarthan, ma una mano lo bloccò:

“Non posso permettervi di volare, dovrete cavalcare con noi, così vi terremo d’occhio. Quando sarete degni di fiducia potrete usufruire delle vostre cavalcature”

“Chi è una cavalcatura?”- esclamò rabbioso Kreghor nella mente di Eomer, il Capitano dei Rohirrim si girò di scatto, spaventato:

“Chi ha parlato?”

“E’ stato Kreghor- spiegò Gianni indicando il suo drago.

“Sanno parlare?”

“Sicuro, perché non dovremmo?”

Eomer rimase di stucco e Mark intervenne:

“Possono comunicare solo attraverso la mente”

L’uomo guardò il Cavaliere e poi spronò il cavallo:

“Andiamo ad Edoras”

Mark, Arnold e Gianni montarono a cavallo e lo seguirono con il resto dei soldati. Per loro, questo era il primo passo per aiutare i loro amici in Alagaesia.

                I Cacciatori di taglie

Ad Eric pulsava forte una tempia, si sentiva indolenzito e provò a stiracchiarsi, ma non ci riuscì; era stato legato ai piedi e ai polsi. Quando rimise a fuoco il mondo, vide i draghi legati a due ceppi con delle solide catene e i suoi amici depositati al suo fianco, ancora svenuti. La sua attenzione si posò su un gruppo di uomini che parlavano tra loro attorno ad un bivacco: erano vestiti rozzamente, ma le loro spade erano comunque temibili e ognuno di loro portava una piccola cerbottana con sé.

“Devono averci colpiti con quelle”- pensò Eric guardando le armi piccole, ma letali. Il ragazzo,attento a non farsi scoprire, rotolò verso Rick e lo spintonò.

“Andiamo- sussurrò Eric- Svegliati”

Rick aprì lentamente gli occhi e poi si accorse di essere legato:

“Dove siamo?- chiese- Chi ci ha catturato?”

“Non so- esclamò Eric- Ma devo dire che sono stati abili”

Cercando invano di alzarsi, Rick propose:

“Prova a metterti in contatto con Maskind”

“Giusto”- Eric aprì la mente, ma il drago non voleva rispondere.

“Cosa?- pensò Eric- Perché non mi rispondi Maskind?”

Un colpo alle costole lo fece tornare in sé, uno degli uomini lo aveva notato e disse agli altri:

“Si stanno riprendendo. Cosa facciamo?”

Quello che sembrava essere il capo era molto alto, con dei lunghi baffi e una possente ascia appesa alla cintola:

“Teniamoli d’occhio. Non voglio perdere la ricompensa del Re- esclamò.

“Ricompensa?- disse Rick- Ma allora siete dei mercenari”

“Preferiremmo: cacciatori di taglie, ragazzo”- esclamò un altro con un ghigno.

“Farabutti. Non ci porterete a Galbatorix”- Eric era riuscito ad alzarsi anche se goffamente, un cacciatore gli diede una spintarella e lo fece cadere a terra; ciò sembrò divertire molto i compagni dell’uomo.

“Ora silenzio, Cavalieri”

L’uomo tornò dagli altri che, a poco a poco, distolsero lo sguardo dai tre amici:

“Cosa facciamo, Eric?”- chiese Rick, Chris intanto si stava svegliando.

“Ma dove ci hanno portati- sbadigliò.

Eric lo zittì con una spinta e poi pensò a come sarebbero potuti uscire sa quella situazione, si guardò intorno e vide le loro spade appoggiate ad un albero poco distante.

“Forse ho un’idea”- disse, poi si concentrò ed esclamò la formula magica “JIERDA” in silenzio, le sue funi si sciolsero e gli altri due lo imitarono.

Con uno scatto repentino, i ragazzi corsero verso le loro armi e le presero al volo. Non appena i cacciatori li videro, il loro capo disse:

“Il Re li vuole vivi o morti. Uccidiamoli”

I mercenari estrassero le lame e si gettarono sui tre Cavalieri. Eric parò un fendente e infilzò il suo assalitore, ma il capo lo colse alla sprovvista, lo sollevò con forza immane e lo scagliò contro una quercia. Eric pensò di essersi rotto la schiena quando, cadendo a terra, sentì le sui ossa scricchiolare. Rick uccise due nemici e lo soccorse:

“Eric, stai bene?”

Eric fece appena in tempo a vedere il capo nemico che si avvicinava a Rick lateralmente ed esclamò:

“Attento alle spalle”

Rick si girò, ma l’uomo lo investì in pieno facendogli fare una capriola. Inutilmente, i draghi strattonavano le catene per liberarsi, mentre sul campo erano rimasti solo i tre giovani e il mercenario. Eric era ancora disteso a terra a pancia in su e non riusciva ad alzarsi, Rick parò un colpo dell’avversario, ma solo per ricevere un pugno in pieno viso. Chris, allora, corse verso i draghi e tentò di liberarli.

“Sono troppo spesse- esclamò frustrato il Cavaliere- Non ci riesco”

“Non pensare alla tua forza fisica, ma alla forza del tuo cuore”- gli disse Kroghor.

Chris guardò stupito le sue mani, vide che i suoi due amici erano a terra e con un enorme urlo strappò uno dei ceppi dal terreno, poi passò agli altri due draghi che si avventarono sul capo dei cacciatori e lo bloccarono a terra.

“Ahhh, lasciatemi”- urlò spaventato l’uomo.

“Non ti uccideremo- esclamò Eric che lentamente si stava alzando- ma tu dovrai farci un favore, un grosso favore”

“Che cosa volete dire? Di cosa si tratta?”

           “Questo è per il bene dell’Impero”

Alexander guardò fuori dalla finestrella del suo alloggio ad Uru-Baen e constatò che era l’alba. Era sveglio da qualche ora e osservava il soffitto come se cercasse qualcosa in quel muro di pietra. Ripensò al giorno prima e rievocò le parole che aveva detto ad Angel: “Vi prometto che sarete liberi”

“Gia, ma come”- borbottò e diede un calcio al comodino- Devo trovare un modo per…”- ma la sua voce fu interrotta da un rumore di passi metallici, Alexander riconobbe la voce di Sauron:

“Il Re ti vuole nella sua sala, ragazzo”- Alexander si alzò ed aprì la porta, Sauron era appoggiato al muro e ridacchiava in modo orrendo- Hai pensato a quello che ti ho detto qualche giorno fa?”

“Io…si”- mentì il ragazzo.

“Bene, il Re vuole..diciamo…farti fare una prova di iniziazione”

“Non si fida di me?”

“Oh no, tutt’altro- tuonò Sauron- ma se supererai questa- rise- prova, allora sarà sicuro che non lo tradirai mai, ora seguimi”

Alexander andò dietro a Sauron finché i due non arrivarono da Galbatorix. Il Re era seduto sul suo trono dorato e Kiara era più in là, legata ad una catena. Non appena vide Alexander, gli ringhiò contro.

“Salve Alexander. Sai perché sei stato convocato?”-disse Galbatorix.

“No, so che devo fare una…prova?”

“Esatto- poi il Re si rivolse a delle guardie- Procedete”

Due uomini trascinarono nella altrettanti bambini legati e impauriti e consegnarono una spada al Alexander.

“Uccidili- sibilò Galbatorix, Kiara spalancò gli occhi per lo stupore dopo quella parola del Re.

Alexander esitò guardando i bambini:

“Mio signore….perchè? Cosa hanno fatto?”

“Sono figli dei ribelli, è meglio ucciderli prima che crescano- replicò l’altro.

Sauron rimaneva in un angolo ,impassibile, con le braccia incrociate sul petto:

“Fai come ti dice, ragazzo”-esclamò minaccioso.

“Calmo, Sauron- disse il Re- Alexander sa bene che non vedrà più Cristal se non lo farà”

Alexander si sentì rivoltare dentro, guardò la spada che aveva in mano e poi i bambini,lentamente alzò il braccio e stava per calarlo, quando Kiara urlò:

“Nooo- il cartone si inchinò al Re e lo pregò- Vi scongiuro mio signore, perché quei bambini devono morire, non hanno fatto niente di male”

Galbatorix parve divertirsi di fronte le preghiere di Kiara:

“Suvvia, mia cara,Alexander lo fa solo per il bene dell’Impero. Avanti ragazzo, uccidili”

Kiara si allontanò dal Re e si mise di fronte ai due ragazzetti:

“Allora dovrai colpire anche me”- disse ad Alexander, ma Sauron, adirato, la afferrò per il collo e la sollevò:

“Fatti da parte, schiava. Prova a fiatare di nuovo e ti ucciderò”

Lei si divincolò per cercare di liberarsi, ma stava lentamente affogando. Mentre il cartone tossiva, Alexander  guardò i bambini e abbassò con forza la spada…..le corde che li tenevano legati caddero a terra.

“Questo- urlò Alexander- è per il bene dell’Impero, signore”- rapido come un fulmine prese in bracci i bambini e uscì dalla stanza correndo.

Sauron lasciò cadere Kiara e si lanciò all’inseguimento, mentre Galbatorix urlava:

“Uccidetelo, non lasciatelo scappare”- poi si rivolse al cartone- In quanto a lei…venti frustate e cinque ad ognuno dei suoi amici”

Alexander raggiunse la sua stanza e prese la spada e il pugnale, poi disse ai due bambini che erano con lui:

“Non abbiate paura, vi porto fuori”- li prese per mano e corse nell’atrio del palazzo, quando una palla di fuoco gli sfiorò i capelli. Guardandosi indietro, vide che Sauron e alcuni soldati lo stavano inseguendo, continuando a correre svoltò  e si trovò in un vicolo cieco.

“Maledizione- urlò dando un pugno al muro.

“Fine della corsa- disse Sauron avvicinandosi lentamente.

“Statemi dietro”- esclamò Alexander ai bambini, mentre l’uomo corazzato avanzava. Il ragazzo si guardò intorno e vide una finestra.

“Reggetevi forte a me”- urlò a due piccoli Varden che si attaccarono alla sua cintura- Chiudete gli occhi”- prese la rincorsa e , schivando appena in tempo il colpo di mazza sferrato da Sauron, che invece fracasso una statua, saltò fuori dal castello, mandando in frantumi la finestra. Ad occhi chiusi cadde nel fossato e tenne a galla i bambini, mentre gli arcieri scagliavano nugoli di frecce. Quando uscì dal fossato, avvolse i ragazzini nel mantello e corse lontano da Uru-Baen, verso il bosco, in qualunque posto il destino lo avesse mandato. Vedendolo fuggire, Sauron afferrò un soldato di Galbatorix per la testa e lo scagliò nel fossato, mentre i suoi compagni guardavano con orrore quel tetro figuro corazzato.

                               Edoras

Mentre cavalcavano, Eomer alzò una mano e disse:

“Il sole sta calando, ci fermeremo qui stanotte e domani ripartiremo per Edoras”-smontò da cavallo e si tolse l’elmo respirando aria fresca e corroborante. Mark, Gianni ed Arnold fecero lo stesso e quando i loro draghi atterrarono, si accasciarono contro il caldo ventre delle creature. Dopo qualche minuto, gli uomini di Eomer piantarono le tende e accesero un falò, mentre il sole era ormai solo una striscia rossa all’orizzonte. Due cacciatori catturarono tre cervi e cominciarono a cucinarli, poi quando furono cotti a dovere, presero a distribuire le singole parti ai soldati.

“Gradite qualcosa?”-chiese Eomer ai tre ragazzi.

“No, niente carne - esclamò Mark- Ci basterà del pane o della frutta; ne avete con voi?”

“Solo il primo- rispose il Capitano dei Rohirrim e lanciò una pagnotta ad ogni Cavaliere.

Mentre mangiava, Mark fu raggiunto dalla mente di Zarthan:

“Ehi- disse il drago- anche io ho fame e non ho alcuna intenzione di mangiare pane o verdura”

“Puoi andare con Kreghor e Razar a caccia se vuoi, ma tornate entro domattina”- gli consigliò Mark.

“Va bene”- rispose Zarthan e poco dopo spiccò il volo con gli altri due draghi. Eomer li guardava incuriosito e ,anticipando le sue domande, Arnold disse:

“Non hai mai visto un Cavaliere dei draghi?”

“A dire il vero- rispose il guerriero- non sono mai esistiti qui nella Terra di Mezzo; è per questo che molti uomini si sono spaventati alla loro vista”

“Che cosa faremo ad Edoras?”-chiese Gianni senza andare troppo per il sottile.

“Per prima cosa dovrete dimostrarvi degni di fiducia- spiegò Eomer- e poi spiegarci perché siete qui”

Il resto della sera, Mark e gli altri chiacchierarono tra loro e Gianni disse:

“Pensate che i nostri amici stiano bene?”

“Potremmo provare a divinarli”-propose Arnold.

“Giusto- Mark prese una ciotola e la riempì d’acqua, poi pronunciò la magia e questa rivelò Mirko, Manuel e Robert in armatura da battaglia al fianco dei loro draghi e di un’Elfa armata di tutto punto. L’immagine sfocò e apparvero Eric, Chris e Rick: i tre stavano camminando e uno di loro, Chris, spingeva con la spada un grande uomo dai lunghi baffi. Quando Mark cominciò a perdere le energie, dissolse l’incantesimo e sospiro:

“Sono vivi, per ora”

“Meglio così”

                                               *

Il mattino dopo, i tre draghi tornarono e i ragazzi si prepararono per riprendere il viaggio.

“Cavalcherai solo stavolta- disse Kreghor a Gianni- La prossima volta volerai con me anche a costo di incenerire Eomer”

Gianni rise, una delle poche volte che lo faceva, e diede una pacca alla spalla del suo drago.

Il contingente partì dopo un po’ a velocità spedita: cavalcarono per circa sei ore, finché non scorsero da lontano Edoras.

“Che cos’è quel fumo?”- esclamò un soldato indicando un punto della città.

Eomer guardò inorridito e strinse le redini del suo cavallo:

“E’ un incendio, Edoras è sotto attacco”

Quando furono più vicini, tutti videro una grande massa di Orchi che era entrata in città e la stava devastando; i superstiti si erano riparati sul Palazzo D’oro, la più alta costruzione di Edoras, e respingevano i nemici con le lance.

“Compagnia, a me- urlò Eomer- Intorno a me”

Mark scese dal destriero e disse al Capitano di Rohan:

“Possiamo usare i nostri draghi ora? Verrete sconfitti”

Eomer rifletté per alcuni istanti:

“E sia, annientate i fianchi del loro schieramento, mentre noi li attacchiamo frontalmente. Per nostra fortuna, gran parte di loro sono morti durante l’assedio”

Mark annuì con la testa e montò su Zarthan:

“Gianni, Arnold seguitemi, all’attacco”

I draghi ruggirono e si lanciarono verso l’esercito nero, non appena gli Orchi li videro, liberarono una salva di frecce che rimbalzarono sulle scaglie dei draghi. Arnold scoccò un dardo e uccise tre nemici, trapassandoli uno dietro l’altro.

“Uao, che mira”- scherzò Gianni e poi scese in picchiata, mentre Kreghor inceneriva una parte degli Orchi. Subito dopo si udì l’urlo di Eomer che con la sua cavalleria si abbatté sulla fanteria avversaria rimasta. Gli Orchi, divisi e impauriti, cominciarono a scappare sotto i colpi dei Rohirrim e buttarono a terra le armi. Mark virò a sinistra e atterrò sullo spiazzale del Palazzo D’oro dove i soldati di Edoras stavano combattendo il nemico; sguainò la spada ed eliminò il primo mostro con due colpi al ventre, poi corse giù per le scale ed annientò altri otto avversari finché non udì le urla di vittoria degli uomini e quelle degli ultimi Orchi che venivano trucidati. Eomer arrivò con la spada sporca di sangue nero e interrogò le guardie della città:

“Ma cosa è avvenuto qui? Pensavo che gli Orchi fossero morti tutti”

“Non è così- rispose una di loro- E’ arrivato un messaggero da Osghiliat e ci ha avvertito che la città è stata attaccata; stavamo per avvisarvi, ma ad un tratto siamo stati aggrediti da questo esercito. Capitano, Sauron è tornato”

Eomer sussultò come se lo avessero punto e mise una mano sulla spalla del soldato:

“Abbiamo combattuto bene, ora ricostruiamo tutto e riposiamoci. Re Aragorn ha bisogno di noi…in quanto a voi- e guardò Mark- siete i benvenuti fra le nostre genti”

Mark si inchinò:

“Bene, Capitano”

                    La difesa del ponte

Aragorn parò un fendente diretto al suo volto e uccise l’assalitore. Attorno a lui echeggiavano i combattimenti e né uno schieramento né l’altro sembrava cedere, Faramir scavalcò il corpo di un nemico seguito da Legolas e Gimli e disse al re:

“Che cosa ci fai qui? Non sei in condizione per combattere”

Aragorn sembrò non ascoltarlo, raggiunse un Orco e gli mozzò la testa con una rapida saettata di Anduril:

“Per il mio popolo combatterei anche se fossi ferito gravemente”- urlò perché Faramir potesse sentirlo nella confusione dello scontro.

“Ma non puoi rimanere qui, sire. Potrebbero ucciderti”

“E allora vorrà dire che morirò in battaglia e non su uno squallido letto di morte fra cinquant’anni”

Prima che Faramir potesse rispondere, Gimli lo scrollò:

“Avanti, abbiamo una battaglia da portare avanti”

Faramir annuì e tornò nel folto dello scontro, gli uomini stavano contenendo la marea di Mordor, ma ogni minuto ne cadevano a decine. Un nemico sgozzò un soldato e si gettò contro Gimli, questi si abbassò e fece lo sgambetto all’Orco che cadde riverso per terra. Il Nano alzò l’ascia e finì il mostro:

“Si, sono a trentatrè”

Legolas si era appostato sopra alcune macerie e scagliava frecce in ogni direzione; se qualcuno si parava davanti a lui, trovava la morte. La breccia nella porta si aprì ancora di più ed entrò un orrendo Troll con una enorme mazza ferrata nella mano destra. Con un urlo animalesco, sferzò l’aria con la gigantesca arma e uccise tutti coloro che si trovavano sotto di lui, sia uomini, sia Haradrim e sia Orchi. Legolas scese dal suo nascondiglio e fece per scagliare un dardo verso la testa del Troll, ma un nemico gli si avventò contro e lo disarmò:

“Muori spregevole Elfo”- urlò l’Orchetto, ma Faramir intervenne tempestivamente e lo uccise. Aiutando l’Elfo ad alzarsi esclamò:

“Sono troppi, che cosa possiamo fare?”

Legolas si guardò intorno e vide il ponte che portava dall’altra parte della città:

“Dobbiamo incanalarli tutti al ponte, così potremo resistere più a lungo”

Faramir recepì l’ordine e lo trasmise ai soldati, questi indietreggiarono lentamente fino a che non furono tutti di fronte al ponte con gli scudi serrati e le lance puntate sul nemico.

“Gli arcieri nelle retrovie, presto”- urlò Faramir mentre correva anche lui al ponte. Aragorn, vedendolo andare, lo seguì e chiese spiegazioni a Legolas che continuava a scagliare dardi.

“E’ l’unico modo che abbiamo per resistere più a lungo, Aragorn- spiegò l’Elfo- In questo modo il nostro esercito sarà più compatto”

“Ma ci sarà anche maggiore possibilità di venire colpiti tutti insieme”-replicò il re e, come aveva previsto, qualche minuto dopo, un enorme masso colpì il contingente uccidendo gran parte degli uomini. Legolas cadde a terra e lo stesso fece Aragorn che , rialzatosi , urlò ai suoi soldati:

“Sparpagliamoci, ma rimaniamo nei pressi del ponte in modo da poterlo difendere”.

Gli uomini obbedirono e diedero il via ad una specie di guerriglia e di schermaglie contro le truppe di Mordor. Ora, ciò che contava era solo non far attraversare quella via alle forze di Sauron.

Faramir raggiunse Aragorn, trasportando con sé il suo secondo in comando, Baldir, che aveva una ferita al braccio.

“La porta è andata”- disse.

“Lo so - rispose il Re e scagliò una lancia contro un avversario che venne colpito al petto e crollò esanime- Non potremo resistere ancora a lungo. Rohan è la nostra unica speranza”

                            Riflessioni

“Che cosa volete farmi?”- continuò il barbaro, mentre i draghi lo tenevano a terra.

Eric scosse la testa:

“Siamo noi che facciamo le domande, qual è il tuo nome?”

“Io…io mi chiamo Danielf”- rispose quello- Vi prego, non uccidetemi”

“Te l’ho già detto- disse Eric- Non abbiamo alcuna intenzione di farti del male, ma tu dovrai portarci ad Uru-Baen”

Danielf fu lasciato andare dai draghi e si spolverò il rozzo vestito:

“A Uru-Baen, ma siete impazziti? Io mi rifiuto”

Rick gli puntò la spada al petto:

“Hai ben poco da rifiutare; è già una grande conquista essere rimasto in vita, non credi? Preferisci forse raggiungere i tuoi compagni?”

Danielf guardò orripilato le spoglie dei suoi guerrieri e rispose:

“Va bene, vi porterò ad Uru-Baen, ma in cambio….

“In cambio cosa?- esclamò infastidito Chris- Hai tentato di ucciderci”

Eric lo fermò:

“No, lascialo parlare”

Danielf continuò:

“In cambio voglio la somma che mi era stata promessa dal Re per la vostra cattura”

“E va bene- esclamò Eric- Una volta che avremo ucciso Galbatorix e liberato i nostri amici la avrai”

Danielf sembrò soddisfatto della risposta e si sedette ai piedi di un albero, sorvegliato da Vahalkas.

Eric si distese sull’erba e chiuse gli occhi ripensando a come Stitch e Kovu li avevano attaccati, sembravano due burattini senza fili che obbedivano al loro padrone, forse anche Kiara era diventata così? No, Eric non poteva pensarci. Improvvisamente una voce lo chiamò:

“Eric- disse Rick- a cosa stai pensando?”

“Bha, non so. Hai visto come ci hanno attaccati Stitch e Kovu, alla locanda? Secondo te cosa gli è successo?”

Rick si sedette e incrociò le braccia sulle ginocchia:

“Sembravano automi, anche se avevano la possibilità di pensare con la loro testa; comunque sia, siamo partiti per salvarli e lo faremo no?”

“Sicuro”

Rick annuì e poi disse:

“Bene, allora buonanotte”- e si distese sul fianco di Vahalkas.

Chris si avvicinò a Danielf e lo scosse:

“Spero per te che non prepari inganni”- e lo lasciò.

“Puoi starne certo, Cavaliere”- e fece una risatina.

                                                *

Eric si svegliò presto e si diresse ad un ruscello dove bevve acqua freschissima e limpida.

“Dove si trova un’acqua così nel nostro mondo?”- pensò, ma poi sentì un rumore provenire dagli alberi. Automaticamente si girò e sguainò la spada, poi chiamò Maskind:

“Ehi, vieni qui. Ho sentito qualcosa”

Stranamente, il drago non rispose:

“Maskind?”- continuò il ragazzo, ma non fece in tempo a capire perché il suo drago non rispondesse che, improvvisamente, un guerriero completamente corazzato sbucò dalla foresta e alzò la spada verso Eric. Questi si girò e parò il colpo allontanando l’avversario, il ragazzo tentò un affondo, ma il guerriero lo colpì con un calcio che lo mandò contro un albero; ancora intontito, il Cavaliere vide il nemico corrergli incontro e si abbassò appena in tempo per schivare la sua lama che rimase incastrata nel tronco della pianta. Approfittando di questa occasione, Eric si lanciò sul guerriero e lo bloccò a terra.

“E ora, vediamo chi sei”- disse e strappò con forza l’elmo. Quello che vide lo lasciò senza fiato e lo fece cadere in terra, mentre ancora teneva l’elmo stretto in mano: il guerriero che lo aveva aggredito era Kiara.

Kiara si alzò, mentre Eric era ancora per terra con gli occhi vuoti. I due si guardarono per un momento, ma il viso di Eric era sconvolto; rimettendosi in piedi a fatica, il Cavaliere tentò di avvicinarsi a lei che però lo colpì al costato e poi al viso con una mano artigliata. Eric cadde in ginocchio e vide Kiara estrarre un pugnale, il cartone lo puntò verso di lui, lo abbassò e colpì Eric dritto al ventre….

Il ragazzo urlò e si ritrovò nella radura dove era accampato con i suoi amici, sentì un dolore lancinante vicino al fianco e constatò che Danielf aveva tentato di accoltellarlo e lo aveva preso solo di striscio, poiché Chris e Rick lo avevano evidentemente bloccato in tempo. Rick manteneva il mercenario per un braccio e gli disse:

“Ma bravo, è così che mantieni le promesse, carogna”

Chris lo sbatté a terra e gli legò i polsi e le caviglie:

“Abbiamo sbagliato a non legarlo subito”-affermò il Cavaliere mentre imbavagliava Danielf.

Eric si tenne il fianco dal quale usciva un rivolo di sangue e disse:

“Allora era tutto un sogno”

“Cosa era tutto un sogno?”-gli chiese Rick avvicinandosi e dando un’occhiata alla ferita. Eric passò la mano sopra la parte dolorante e mormorò “Waise Heill”, poi rispose:

“Niente…per fortuna niente”

Il Cavaliere si tenne la parte dove Danielf lo aveva colpito e Rick disse:

“Maledizione, ci deve essere qualche danno anche all’interno”

Chris tolse per un attimo il bavaglio a Danielf e, prendendolo di peso gli disse:

“Che cosa gli hai fatto? Parla”

Il mercenario ridacchiò:

“Olio di Seithr, ragazzi miei”

Chris sbarrò gli occhi e , vedendo che il barbaro continuava a ridere gli diede un pugno e gli fece perdere i sensi, poi gli rimise il bavaglio.

“Come ad Angel nel deserto, Rick”- esclamò il Cavaliere, rivolto all’amico- Solo che Eric non è un cartone, resisterà molto di meno”

                 Tempesta su Silthrim

A Silthrim erano in atto gli ultimi preparativi per difendere il porto dall’attacco di Galbatorix e Sauron: sulle mura si erano appostati centinaia di arcieri, mentre sulle sponde del lago una miriade di guerrieri elfici ,guidati da Lifaen, attendeva con le lance abbassate. La pioggia aveva reso il terreno insidioso e molle e le nubi nere d’inchiostro non permettevano il passaggio dei raggi solari. Mirko osservò sempre più emozionato e impaurito l’ingresso del lago:

“Quante possibilità abbiamo, Xavian?”

“Non lo so, ragazzo. Stavolta non posso darti una risposta certa”

“Sarà già l’alba?”- interloquì Manuel guardando in cielo.

“Manca poco, questo è certo- sussurrò Mirko appoggiandosi alla spada- Ma in ogni modo…che vengano pure”

Dopo pochi minuti, Robert corse dai due compagni:

“Gli esploratori dicono che sono arrivati, le navi stanno per entrare”

Mirko si guardò attorno e vide che gli Elfi si accingevano a prepararsi, Jill lo raggiunse:

“Siete pronti Cavalieri?”

“Si”- risposero i tre e montarono sui draghi, pronti ad incendiare le navi nemiche.

Alcuni Elfi trasportarono delle grandi baliste ai bordi del lago e caricarono proiettili giganteschi, atti a perforare la carena delle navi imperiali. Improvvisamente, si sentì un boato e la prima nave del Re fece il suo ingresso nel lago: sul suo ponte erano state installate dodici baliste, sei per lato, e a poppa vi era una grande catapulta che subito venne azionata e mancò per poco le difese.

Mirko e i due amici spiccarono il volo e si diressero verso l’imbarcazione.

“Fuoco”- urlò Mirko e una fiammata di Xavian avvolse la nave. Mentre già si apprestava ad esultare, si girò e vide che questa era ancora intatta, nemmeno scalfita.

“Cosa?- pensò- Come è possibile?”

“Galbatorix deve avere evocato degli incantesimi di protezione”- esclamò Xavian.

“Saranno anche protetti dal fuoco, ma….- iniziò Mirko.

“….non dagli artigli- concluse Xavian  e si gettò in picchiata, fracassando l’albero maestro della nave. Intanto, nuovi rinforzi giungevano dalle fila imperiali e in acqua vennero calate delle scialuppe più piccole, cariche di soldati e Orchi. Una balista elfica colpì una di queste e l’equipaggio cadde nel lago affogando, ma ve ne erano quasi un centinaio che si dirigevano verso la costa.

Manuel virò e Kaspian afferrò con le zampe sette nemici, gettandoli in acqua, subito dopo però il ragazzo si accorse che alcune scialuppe erano già arrivate a destinazione e si stavano verificando piccoli scontri di fanteria. Con la mente, il giovane raggiunse Jill e Meredriel.

“Uccidete quei nemici sulla costa”

L’ordine venne intercettato e subito una salva di frecce si abbatté sulle truppe avversarie che però non cedevano e continuavano a sbarcare. I pali appuntiti erano pieni di sangue nero o rosso e su alcuni vi erano ancora conficcati i cadaveri, ma questo non bastava a trattenere gli avversari e molti Elfi cominciarono a cadere sotto le armi dei soldati del Re.

“Non cediamo”- urlò Mirko cercando di farsi udire e poi parlò a Xavian – “Lanciami su quella nave- e indicò una delle più grandi.

“Ma cosa…”- iniziò il drago.

“Fidati di me”

Xavian obbedì e Mirko si lanciò con un urlo sulla barca, iniziando a uccidere tutti quelli che incontrava. Un Orco lo caricò , ma egli piroettò di lato e gli troncò una gamba mandandolo a terra, mentre la pioggia continuava ad inondare tutto. Di corsa, Mirko si diresse al timone e cercò di manovrarlo, ma un soldato gli si avventò contro e il ragazzo dovette lasciare la presa. L’uomo roteò la spada, ma il Cavaliere si riparò con lo scudo e poi lo uccise. Rimessosi in piedi, Mirko prese il timone e si diresse verso un’altra nave, rimase fermo a fissarla finché non disse “ORA” e Xavian lo prese al volo, mentre le due imbarcazioni si scontravano e affondavano.

“Non farlo più”- disse il drago al ragazzo.

“L’importante è che abbia funzionato, no?”- sorrise Mirko, ma non poteva distrarsi oltre. La battaglia era appena iniziata e Silthrim non doveva cadere. Con questa consapevolezza, Mirko urlò di nuovo e si rigettò in battaglia fra i lampi e i tuoni.

                            Nostalgie

La battaglia avvenuta ad Edoras era terminata da circa due ore e Mark sedeva sui gradini della scala conducente al Palazzo D’oro, osservando il sole cocente di mezzogiorno che ardeva come una fiaccola nel cielo. Alcuni uomini stavano finendo di rimuovere le carcasse degli Orchi che poi furono ammucchiate fuori città e date alle fiamme; Mark si chiese dove fossero Rick, Eric, Mirko e tutti gli altri, ma soprattutto quando sarebbero tornati nel loro mondo. Non si era mai sentito così legato alla sua casa anche se molte volte aveva desiderato scappare il più lontano possibile. Il potere del Disco manteneva immutato il tempo sulla Terra, ma quella esperienza lo stava cambiando radicalmente. Passò qualche minuto e poi arrivò Arnold:

“Torno adesso dal fabbro- disse- Ho chiesto di costruire delle buone corazze per i nostri draghi, ma ho dovuto faticare per spiegargli il procedimento….ma mi stai ascoltando?”

Mark si riprese dai suoi pensieri e guardò l’altro Cavaliere:

“Come?”

“Mi sembri distratto. A cosa pensi?”

“Al nostro mondo, Arnold. Te ne sei dimenticato?”

Arnold si accomodò vicino all’amico:

“Cerco di non pensarci. Hai idea di come faremo a tornare indietro?”

“No, nessuna. Comunque ora siamo qui e dobbiamo rispettare le promesse che abbiamo fatto a Islanzadi”

Arnold scrollò le spalle e poi guardò all’orizzonte:

“Gianni è andato con i draghi a perlustrare la zona dell’Ovestfalda. Dicono di aver visto gruppi di Orchi da quelle parti….”

“Non è una novità”- esclamò Mark con noncuranza.

“Si, ma con questi c’erano anche degli uomini di Galbatorix e non è affatto un buon segno”

Mark rimase allibito:

“Uomini di Galbatorix? Come fai a saperlo?”

“La descrizione degli esploratori non dava spazio a dubbi, c’erano più di duemila soldati imperiali che marciavano verso Osghiliat.

Mark si alzò e corse a cercare Eomer. Osghiliat era già sotto attacco e se i soldati imperiali avessero raggiunto la città, non ci sarebbe stato scampo. Il Male li stava attaccando su due fronti e , divisi in questo modo, c’erano poche probabilità di vittoria. Mentre era in cerca del Capitano di Rohan, Gianni giunse con i draghi:

“Gli esploratori avevano ragione- disse-   Orchi e soldati del Re si dirigono a Osghiliat, tra meno di due giorni si uniranno all’assedio della città”

Alla fine, Mark trovò Eomer e lo informò:

“Dobbiamo partire subito o Gondor è perduta”

Eomer rifletté alcuni secondi:

“Gli uomini sono stremati, non posso obbligarli a ripartire contro la loro volontà”

“Ma….Aragorn è anche il tuo re, tu devi aiutarlo”

“Lo farò…ma non oggi. Dirò ai soldati che partiremo domani all’alba”

Mark ebbe un tuffo al cuore e quasi gli venne da piangere per la rabbia:

“Domani all’alba le legioni nemiche avranno già un giorno di vantaggio su di noi. E’ questo che vuoi?”

Eomer si girò stizzito:

“Io voglio solo il bene dei miei guerrieri, oggi non possiamo andare e poi chi sei tu per dare ordini a me? Ho detto che partiremo domani…. e così sia. Ora vattene”

Mark rimase fermo con i pugni serrati.

“Vattene”

“Si, Capitano- disse il Cavaliere e si allontanò. Quando non fu più in vista, Eomer prese la spada e la gettò a terra con rabbia per poi sedersi esausto e confuso con le mani tra i capelli.

           Una fiala di veleno

Angel aprì gli occhi e si ritrovò come sempre nella sua cella ad Uru-Baen, cercò Stitch al suo fianco, ma non lo trovò:

“Dove sei Stitch”-pensò.

Si avvicinò al catino d’acqua e bevve due lunghi sorsi, poi sentì una porta sbattere e due soldati entrarono nella prigione. Quando giunsero a lei, uno esclamò:

“Tu”

“Si?- sussultò Angel- Cosa volete da me?”

“Il Re vuole che tu vada da lui”

Angel pensò alla sorte di Kiara e prese a tremare, non voleva avvicinarsi a Galbatorix nemmeno con il pensiero. Il soldato che aveva parlato fece scattare la serratura e cercò di afferrarla, lei però si scostò:

“N-non voglio. Andatevene”

“Non fare storie, vieni qui immonda creatura”- urlò l’uomo e tentò di nuovo di prenderla, ma stavolta Angel gli morse la mano e lui gridò di dolore:

“Ahhh- disse tenendosi la mano- Maledetta, visto che con le buone non ha funzionato, proveremo con le cattive”-sguainò la spada e colpì con l’elsa il piccolo cartone sulla fronte, facendolo svenire. Pochi minuti dopo, Angel si riprese e si guardò intorno. Una voce familiare la chiamò:

“Angel, ti senti bene?”

“Kiara?”

Il cartone rosa aprì gli occhi e vide Kiara, si alzò e capì di essere nella stanza di Galbatorix:

“Perché mi hanno portata qui?- disse Angel stringendosi a Kiara.

“Io non lo so- rispose questa. Una voce tenebrosa e dura echeggiò fra le pareti della stanza:

“O sì che lo sai Kiara, perché mentirle?”- disse Galbatorix avanzando lentamente dall’ombra, poi aggiunse:

“Prego Angel, siediti pure”

Vedendo che non obbediva, il Re esclamò “Adesso” e una forza invisibile costrinse il cartone ad attenersi all’ordine.

“Molto bene, ora che sei comoda, avrei alcune cose da chiederti”

“C- cosa, mio signore?- domandò Angel, mentre Kiara si teneva in disparte.

“Quel vigliacco traditore di Alexander è fuggito- iniziò il Re- giusto Kiara?”- il cartone non rispose.

Galbatorix girò intorno ad Angel e continuò:

“Ora devo preoccuparmi anche di lui e per questo ho ritenuto giusto affidarti un incarico speciale, mentre lo cerco. Sicuramente quel verme tenterà di riunirsi ai Cavalieri, non posso permetterlo”

“Quale incarico?”- chiese il cartone rosa torturandosi le mani per la paura.

“E’ molto semplice: sono venuto a conoscenza che quegli sciocchi ragazzi si sono divisi in tre gruppi. Sauron è andato a Silthrim, dove sono stati avvistati tre di loro e gli altri due gruppi sono lontani da Ellesmera; il che significa una cosa sola….la Capitale è incustodita. Ciò che ti chiedo- aggiunse il re, si avvicinò ad un cassetto, lo aprì e ne tirò fuori una fiaschetta contenente una sostanza viola- è di uccidere la Regina Islanzadi. In questo modo, gli Elfi si troveranno improvvisamente senza guida e io potrò schiacciarli”- prese a ridere e porse la boccetta al cartone.

“Bastano poche gocce, non preoccuparti. Probabilmente tra pochi giorni questa guerra prenderà una piega diversa”

Angel prese il veleno e lo osservò e in quel momento nella stanza entrò un ragazzo:

“Murtagh - esclamò il Re- Cosa ci fai qui? Dov’è Eragon?”

“Mi dispiace, signore. Io….non sono riuscito a catturarlo”- disse il ragazzo scuotendosi i capelli dal viso, ma il Re lo artigliò per una spalla e gli premette con forza una mano sulla fronte. Murtagh urlò e si dimenò, ma Galbatorix era troppo forte e riuscì a entrargli nella mente, osservando tutto ciò che aveva fatto e visto. Quando ebbe finito, il Re scaraventò il ragazzo a terra e urlò irato:

“Lo avevi in pugno, maledizione. Perché lo hai lasciato andare?”

Murtagh non rispose e Galbatorix si rivolse di nuovo ad Angel:

“Vattene, tu. Fai quello che devi. Io devo mostrare a Murtagh cosa succede a chi disobbedisce”-il Re spinse il cartone fuori la porta e la chiuse pesantemente. Mentre si allontanava, Angel udì un grido acuto proveniente dalla stanza del Re e si allontanò di corsa, con il cuore che pulsava forte per il terrore.

                 Un incontro inaspettato

Rick e Chris avevano legato Danielf ad un albero e il primo disse al barbaro:

“Dimmi come possiamo curare Eric o ti faccio sbranare da Vahalkas”

“Non c’è modo, ragazzo- ridacchiò l’altro- l’Olio di Seithr è un veleno potente e impiega poco a uccidere una persona”

Chris prese il mercenario per il bavero e lo scrollò:

“Io impiegherei molto di meno ad eliminare te, lo sai?”

Rick fermò l’amico e lo allontanò da Danielf:

“No, Chris, noi non siamo come lui e non lo uccideremo- disse il ragazzo e poi aggiunse- Ma il nostro amico qui, non sa che esistono delle punizioni più orrende della morte stessa”

Danielf si irrigidì ed esclamò:

“Io non temo nulla”

“Tienilo d’occhio - disse Chris al suo drago Kroghor- Io vado a cercare delle provviste per Uru-Baen, se vi serve il mio aiuto, chiamatemi con la mente”- e si diresse verso il bosco. Rick si sedette vicino ad Eric, accasciato ad un albero, e osservò Danielf mentre veniva sorvegliato dai draghi.

“Come va?”- chiese il Cavaliere al suo amico che respirava a fatica.

“Credo di capire come si sentisse Angel con questo veleno in corpo. Sembra che qualcuno abbia appiccato un fuoco dentro di me”- Eric si passò una mano sulla fronte e sospirò. Rick prese un sassolino e lo lanciò in mezzo alle frasche, tentando di scacciare la preoccupazione, ma la precisione con la quale colpì un albero gli fece ricordare Arnold e ,di conseguenza, tutti i suoi amici. Ad un tratto sentì uno scricchiolio e una lancia gli atterrò a pochi centimetri di distanza. Danielf sobbalzò e tentò di liberarsi e , subito dopo, una marea di uomini armati irruppe nel campo e puntò le armi verso i draghi e i tre occupanti. Rick, colto alla sprovvista, mise la spada a terra e alzò le mani in segno di resa. Non potevano combattere con un ferito e un prigioniero.

I guerrieri continuarono a puntargli contro le armi e Rick disse:

“Non colpite, siamo amici. Chi siete voi?”

“Siamo gente che è stanca del governo dispotico di Galbatorix e che vuole farla finita una volta per tutte”

Rick si calmò e cercò di spiegare:

“Ma allora state dalla nostra parte, anche noi combattiamo il Re”- poi chiamò Chris: “Dove sei? C’è un problema qui”

“Ehm…Rick, sono proprio dietro di te”

Il ragazzo si voltò e vide Chris circondato da sette uomini. I draghi ruggirono, ma i Cavalieri li tennero a bada.

“Aspettate- disse di nuovo Rick ai ribelli- Siamo dalla vostra parte, fateci parlare con il vostro capo”

I rinnegati cominciarono a fare spazio e una figura si mosse lentamente fra di loro, avvicinandosi ai Cavalieri. Rick la guardò….ed ebbe un tuffo al cuore. Cercò di raccogliere la spada, ma un uomo gliela tolse, Maskind ruggì di odio verso il capo ribelle ed Eric , con uno sforzo enorme gridò non appena lo vide:

“Tu, assassino. Cosa vuoi da noi?”

“Salve, Cavalieri”-disse Alexander arrestandosi di fronte ai tre, mentre il sole brillava sulla corazza d’oro che il giovane indossava- Non ho alcuna intenzione di farvi del male”

“Già- gli urlò contro Eric- ce ne hai già fatto abbastanza. Per colpa tua i nostri amici sono nelle mani di Galbatorix…”

Alexander lo interruppe battendo un pugno sulla corazza con rabbia:

“Che scelta avevo? Cristal era ed è tutto per me, il Re mi aveva promesso di riportarla in vita”

“Ma tu naturalmente non immaginavi che mentisse,vero. Conoscevi forse la sua fama di Re generoso?”- continuò Eric, mentre Chris e Rick osservavano la scena in attesa di una risposta.

“Lasciate che faccia curare il vostro amico, è ridotto male”-esclamò Alexander evitando la domanda. Eric strattonò l’uomo che lo teneva fermo e tentò di raggiungere il capo ribelle, ma uno stuolo di lance lo circondò e solo la sua forza di volontà gli permise di non fare pazzie.

“Non intendo farmi curare da te, sto bene”- disse il Cavaliere, ma appena un attimo dopo si accasciò; Rick e Chris si liberarono dalla stretta dei loro aguzzini e lo soccorsero.

“Lasciate che lo curi io”- insistette Alexander mettendo mano alla boccetta con cui aveva curato Stitch fuori dalla Du Weldenvarden.

“Che cos’è?”- chiese Rick.

“Gli farà bene, fidatevi. Vi posso giurare sulla mia Cristal che non è pericoloso”

Indeciso, Chris prese la boccetta e versò una parte del contenuto sulla ferita di Eric, Rick urlò:

“No idiota, e se fosse veleno?”

“Rick, lo ha giurato”

Rick continuò a brontolare fin quando non vide che la ferita dell’amico si rimarginò del tutto e il l’alone viola del veleno scomparve.

Chris porse la boccetta ad Alexander:

“Grazie”

“Volete ascoltarmi adesso?- disse quest’ultimo facendo alzare Eric- Soldati, riponete le armi”

I guerrieri che circondavano i Cavalieri rinfoderarono le spade e misero gli archi a tracolla, Eric tastò la parte in cui era stato ferito con meraviglia e poi si rivolse ad Alexander:

“Se avevi questa pozione fin dall’inizio, perché non l’hai usata su Angel?”

“Infatti non l’avevo dall’inizio, me l’ha data Oromis quando mi ha portato nella sua capanna. Io lavoravo ancora per il Re ed ero straordinariamente felice che quell’elfo credesse tanto in me, ma poi ho imparato a conoscere il lato oscuro di Galbatorix….”

“Come sei diventato capo ribelle?”-chiese Rick indicando la sua armatura d’oro.

“E’ una lunga storia, risale a qualche tempo fa. Galbatorix mi ordinò di uccidere due bambini ribelli, ma , a quel punto, intesi qual era la vera natura del Re e scappai con loro. Corsi attraverso le foreste per molto tempo finché non incappai in una pattuglia Varden che riconobbe i due piccoli: erano i figli di un loro generale. Fui fortunato e , per ringraziamento, fui investito capitano di questo gruppo di guerrieri. Se vi abbiamo trovato è solo perché avvertivo la vostra presenza nei dintorni”

Eric ascoltò rapito il racconto, ma poi fu preso dalla rabbia ricordandosi dei cartoni:

“Questo non cambia ciò che hai fatto. Hai permesso che il Re prendesse il controllo sui nostri amici”

“Sono consapevole di aver fatto una carognata, non lo metto in dubbio…ma ho parlato con Angel e gli ho promesso che li avrei portati via da Uru-Baen”- esclamò Alexander tenendo una mano sul pomo della sua spada- Ora, chi ha ferito in quel modo il vostro amico?”

Rick e Chris indicarono Danielf che si dimenava per liberarsi, Alexander si avvicinò all’uomo e si accovacciò prendendolo per i lunghi capelli:

“Credo che tu verrai con noi, non possiamo permettere che ti catturino e ti facciano dire cosa hai visto e sentito”

Danielf tentò addirittura di azzannare la mano di Alexander, il quale la ritrasse e ordinò ai suoi uomini:

“Prendetelo e mettetelo nel carro, ma non fategli del male”

Il mercenario continuò ad agitarsi e urlò:

“Maledetti, vi farò tutti a pezzi. Vi pentirete di avermi messo le mani addosso”- le sue urla e imprecazioni proseguirono, mentre i soldati lo portavano lontano.

Alexander si voltò verso i Cavalieri:

“Se volete seguirmi, Cavalieri, vi porterò dove potremo preparare l’attacco contro il Re”

  La caduta dei moli di Silthrim

La pioggia continuava a imperversare su Silthrim, mentre al di sotto delle nuvole infuriava la violenta battaglia tra gli Elfi e l’Impero. Il lago Ardwen era ormai pieno di relitti e cadaveri e le sponde avevano mutato colore dal marrone al rosso. Mirko e Xavian si scagliarono su una scialuppa carica di soldati imperiali e la fecero colare a picco, ma la situazione era pesantemente critica: le navi elfiche a difesa del porto erano state quasi tutte affondate e inoltre gran parte dell’esercito nemico cominciava a riversarsi ai piedi delle mura cittadine riparandosi con gli scudi dalle salve scagliate dagli Elfi. Manuel e Robert furono costretti a scendere a terra e si unirono alla difesa dei quattro moli, di cui uno in fiamme.

“Sono troppi- urlò Manuel, dopo aver trafitto un nemico- Il porto è caduto, non possiamo resistere”

“Finché avrò un po’ di forza in corpo, eliminerò ogni avversario che mi si pari davanti”-esclamò con impeto Robert. Un masso infuocato venne lanciato da una nave ed atterrò contro la palizzata, incendiando i dintorni e uccidendo decine di Elfi. Mirko osservò la situazione dal dorso di Xavian: il lago era interamente occupato dalle truppe di Galbatorix e solo la parte di costa difesa da Manuel e Robert era ancora in piedi.

“Devo dire a Jill di ritirarci, Xavian. Se restiamo ancora un po’ moriremo tutti”

Il drago non attese molto prima di replicare:

“No, non possiamo scappare così. Rinchiudendoci in città daremo al Re il tempo sufficiente per preparare un assedio”

Mirko scosse la testa e tirò le redini di Xavian:

“Trova Jill”

Il drago sbuffò e planò lentamente sopra la costa.

“Non la vedo, maledizione”- disse fra sé il Cavaliere in preda alla frustrazione. In quel momento Manuel parlò nella sua mente:

“Mirko, i moli sono caduti. Abbiamo subito pesanti perdite e ci stiamo dirigendo in città, raggiungici lì….c’è una cosa che dovresti vedere”

In preda all’emozione, Mirko si diresse verso il centro di Silthrim ed atterrò. Da un’entrata secondaria erano in arrivo tutti i superstiti della battaglia e , fra questi, riconobbe Lifaen e Meredriel.

Quando il primo dei due lo raggiunse, Mirko gli chiese:

“Non ho visto Jill. E’ già rientrata in città?”

Lifaen non rispose, ma si limitò ad abbassare la testa. Notando quel gesto, Mirko ebbe un sussulto:

“Che cosa è accaduto, Lifaen?”

In quel momento arrivarono Eridor e Kaspian, seguiti dai loro Cavalieri e da un gruppo di sopravvissuti.

“Il nostro Capitano- mormorò Meredriel, mentre Lifaen continuava a rimanere in silenzio con il volto nascosto tra i suoi lunghi capelli- è morto con onore”

Mirko lasciò cadere la spada e i suoi occhi si fecero lucidi:

“M-morto? Jill è morta?”

Manuel e Robert raggiunsero l’amico e Mirko notò che gli Elfi che li accompagnavano stavano trasportando qualcosa, la appoggiarono a terra e scoprirono il corpo straziato di Jill. Mirko si girò di scatto per non guardare e si mise una mano sullo stomaco, mentre i suoi due amici gli davano delle pacche sulle spalle per farlo riprendere. Il volto di Jill era ormai irriconoscibile a causa delle ferite e delle bruciature.

“Le…le avevo detto di restare sulle mura- disse tremando Mirko- Come è accaduto?”

Meredriel rimase qualche attimo in silenzio e poi raccontò:

“Una salva di artiglieria ha colpito la sua zona delle mura ed è stata sbalzata verso uno stuolo di avversari che non hanno perso tempo a….martoriarle il corpo. Fortunatamente, Manuel e Robert lo hanno recuperato, non potevamo lasciarlo al nemico. L’unica nostra speranza è che fosse già morta per l’impatto del proiettile e non per le torture.

Dopo aver sentito ciò, Mirko raccolse nuovamente la spada e si asciugò una lacrima.

“Mi dispiace”-disse Meredriel.

Mirko respirò profondamente e chiuse gli occhi, poi si girò con rabbia verso le mura della città e urlò:

“Quei mostri avranno pur preso il porto, ma giuro che non gli permetterò di incendiare anche solo una casa si Silthrim”

Robert e Manuel sguainarono le loro armi e gli Elfi li seguirono, mentre si dirigevano ai bastioni. Mirko si abbassò sul corpo di Jill e le baciò una mano:

“Non li farò entrare nella tua patria, Jill. Te lo prometto”

Verso Ovest

Il sole era appena tramontato, quando Mark terminò di affilare la sua lama in vista della partenza del giorno dopo che li avrebbe condotti in piena guerra. Il Cavaliere sedeva accanto al suo drago e osservava lo spettacolo di colori che offriva il calare del sole:

“Spero che gli altri stiano bene- disse il giovane- Voglio dire, non li vediamo da giorni e non riesco a contattarli con la Cristallomanzia”

Prese la ciotola colma d’acqua che aveva vicino e guardò dentro come per trovarvi un segreto: nulla. La scagliò lontano. Arnold si avvicinò all’amico.

“Bel tramonto”

Mark non gli badò, era ancora infuriato per la decisione di Eomer di posticipare la partenza e in più non sapeva come avrebbero potuto fare per portare i rinforzi in Alagaesia.

“Ho parlato con Gianni- disse Arnold- E’ partito”

Mark sussultò e si girò:

“Partito? Come sarebbe a dire?”-disse il ragazzo alzandosi.

“Oromis lo ha contattato. Ha detto che era tornato ad Ellesmera e che, forse , aveva trovato una cura per separarlo da Durza”

Mark alzò gli occhi al cielo:

“Magnifico, ci serviva proprio un Cavaliere in meno”

Arnold lo guardò con serietà e un pizzico di rabbia:

“Se fossi nelle sue condizioni non diresti così. Non capisci che deve convivere ora dopo ora con un’entità maligna?”

Mark vide la verità nelle parole appena pronunciate dal compagno e si scusò:

“Hai ragione. Mi dispiace, è solo che….sono già adirato per conto mio e…”

“Con Eomer?”- chiese Arnold.

“Già- sospirò Mark, osservando il Palazzo D’oro.

Seguirono alcuni minuti di silenzio, interrotti ad un tratto da un forte andirivieni di soldati. I due amici si alzarono e Mark chiese ad un guerriero:

“Cosa succede? Che cos’è quest’agitazione?”

L’uomo, senza smettere di correre, lo informò:

“Il Capitano Eomer ha ordinato subito di prepararsi. Si parte per Osghiliath”

Mark venne attraversato da un’improvvisa ondata di felicità e sorrise ad Arnold. L’amico era già in groppa a Razar  e sorrideva a sua volta. Poco dopo, Mark vide arrivargli incontro Eomer a cavallo. Il Capitano di Rohan si tolse l’elmo:

“Hai detto parole sagge prima, ma non sono stato in grado di capirle a fondo. Ti chiedo scusa Mark, solo ora ho capito cosa è meglio per tutti”- e allungò un braccio verso il Cavaliere. Mark gli strinse la mano e scherzò:

“Bè, ci hai messo un po’”

Eomer sorrise e si infilò nuovamente l’elmo:

“Uomini, preparate le provviste e le armi, Partiamo per Gondor”

Mark montò su Zarthan:

“Hai visto?”- gli disse il drago. Il ragazzo gli diede una pacca sulla possente spalla e poi guardò Arnold:

“Combatteremo fino alla fine Arnold?”

“Fino alla fine”

         Ritorno ad Ellesmera

Gianni volava spedito verso la Capitale elfica di Ellesmera poiché Oromis gli aveva riferito di tornare al più presto. Il vento gli scompigliava i capelli e il gelo gli si insinuava sotto la corazza, ma Gianni procedeva caparbio verso la sua meta, non badando alla stanchezza. Un solo pensiero occupava la sua mente: Oromis aveva trovato il modo di scacciare Durza dal suo corpo?

Pensando a ciò, prese la sua pozione e bevve un sorso.

“Continuiamo così Kreghor, di questo passo saremo ad Ellesmera per domattina”-disse il Cavaliere riponendo l’ampolla nella bisaccia. Il drago emanò delle volute di fumo dalle narici e rispose:

“Non sarà un po’ di freddo a fermarci”

Quando calò la notte, Gianni atterrò, accese un fuoco e si distese, osservando le costellazioni che riempivano il cielo.

“Mi dispiace aver lasciato Arnold e Mark, ma non potevo fare altro che tornare. Dopotutto, prima o poi la pozione sarebbe terminata. Non potevo permettere che combattessero anche contro Durza.

Kreghor lo sfiorò con il muso:

“Hai fatto la cosa giusta”

                                                 *

Il mattino dopo, un cocente sole diede la sveglia al Cavaliere che senza perdere tempo, montò sul suo drago e ripartì verso Ellesmera.

“Non manca molto ormai- disse dopo qualche ora di viaggio- vedo gli alberi della foresta”

Effettivamente, lungo l’orizzonte si intravedeva una lunga striscia verde che si estendeva a perdita d’occhio. Gianni sorrise e si mantenne al collo muscoloso di Kreghor. Poco più tardi, il Cavaliere sovrastava Ellesmera cercando con lo sguardo la Rupe di Tel’ Naeir. Non appena la vide, esclamò:

“Atterra lì ,Kreghor”- e il drago si fermò proprio davanti al capanno di Oromis. Gianni balzò a terra ed urlò:

“Maestro, eccomi sono tornato”- ma non ricevette alcuna risposta. La capanna era aperta, ma non c’era nessuno in giro. Gianni si guardò attorno disorientato:

“Come può essere? Dov’è Oromis?”

“Non ne ho idea- disse Kreghor- Dovremo chiedere in città”

Drago e Cavaliere lasciarono la Rupe e scesero nella Capitale, dove una folla di Elfi era radunata attorno ad un loro simile dai capelli argentei: sì, era Oromis, ma c’era qualcun altro con lui, un cartone….Angel???

“Ma cosa diavolo…?”- si chiese Gianni ed atterrò dietro la folla. Facendosi largo tra gli Elfi, raggiunse Oromis, il quale stava parlando con il cartone rosa:

“Oh, salve Cavaliere- disse il maestro non appena vide Gianni- Mi dispiace di non essermi fatto trovare in casa, ma sono dovuto venire qui di corsa. Sembra che Angel sia riuscita a scappare da Uru-Baen”

Gianni inarcò un sopracciglio e chiese al cartone:

“Sorprendente, ma come sei riuscita a….”

“Ero nella mia cella e ho notato che alcuni mattoni erano friabili, li ho rotti e sono uscita dalla breccia- si limitò a dire in fretta Angel. Gianni, in cuor suo, non credeva molto a quella storia: mattoni friabili in una prigione? Evidentemente c’era qualcosa di strano in quella faccenda.

“Ma gli altri?Come stanno Stitch, Kovu e Kiara?- chiese poi il ragazzo. Angel trattenne le lacrime:

“Stitch e Kovu stanno guidando alcuni reparti del Re, Kiara è la sua schiava personale”

Oromis le batté con dolcezza una mano sulla gracile spalla:

“E’ comprensibile che tu sia triste, piccola, ma sarai anche stanca dico bene? Una fuga da Uru-Baen ad Ellesmera non deve essere facile da intraprendere”

Il cartone annuì e fu condotto verso un appartamento, Gianni avrebbe voluto chiederle di più, ma Oromis lo portò con sé in disparte:

“Gianni, credo di aver trovato il modo di scacciare Durza dal tuo corpo, ma occorrerà l’energia di entrambi per cui ti consiglio di recarti al tuo alloggio e di presentarti sulla Rupe domani mattina”

“Si, maestro- esclamò il giovane- Senta, questo ritorno di Angel non le sembra quantomeno sospetto? Galbatorix non è il tipo che si fa prendere in giro”

L’Elfo prese un respiro e osservò il cartone che si allontanava:

“Non nego di avere i miei dubbi, caro ragazzo. La sua fuga mi sembra troppo semplice, ma dopotutto abbiamo constatato entrambi che queste creature hanno più forza di noi, magari ciò che per lei è friabile, per noi può essere paragonato a solida roccia”

Il Cavaliere scosse la testa e giocherellò con il fodero della sua spada.

“Pensa a riposare ora, Cavaliere Gianni. Domani potrebbe essere il giorno più bello della tua vita”-concluse Oromis e si allontanò.

Gianni raggiunse il suo appartamento con Kreghor e guardò verso quello di Angel. Dando un morso su una mela, che aveva preso da una ciotola di frutta nella sua stanza, mormorò:

“Galbatorix non è stupido, non si lascerebbe scappare un prigioniero in questo modo. Comunque devo ammettere che è una strana sensazione pensare che domani potrei essere libero da Durza”

“Saremo liberi in due”- disse Kreghor dal suo davanzale.

“Già- continuò Gianni- e allora vedremo se Galbatorix sarà stato così spregiudicato da mandare un suo servo, seppur costretto, contro di me”

             “Questo corpo è il mio”

Il segnatempo suonò e Gianni aprì gli occhi mettendo a fuoco la sua stanza, il ragazzo sbadigliò e si sgranchì le gambe, mentre Kreghor continuava a riposare sulla sua piattaforma. Quando il Cavaliere si rese conto che quello stesso giorno sarebbe stato liberato da Durza, che per tutta la notte lo aveva tormentato nei suoi sogni, corse a prepararsi e si recò di corsa alla Rupe senza neanche svegliare Kreghor.

Mentre correva sussurrava:

“Bene, Durza. Preparati ad uscire da qui”- e si batté una mano sul petto. Quando giunse da Oromis, il maestro stava raccogliendo le foglie secche di fronte alla sua capanna; notando il ragazzo, disse:

“Salve Cavaliere, vedo che non ha perso tempo a farti vivo. Bè, dopotutto c’era da aspettarselo, anche io mi sentirei come te se fossi al posto tuo”

Gianni gli si avvicinò e gli chiese, fremendo di eccitazione:

“Che cosa dobbiamo fare allora?”

L’Elfo prese una manciata di erbe e le porse a Gianni:

“Comincia con il mangiare questa pianta; una volta che lo avrai fatto, potremo unire le nostre forze mentali e sconfiggere lo spirito di Durza che risiede nel tuo inconscio”

Gianni guardò in modo strano l’erba che aveva in mano:

“Quindi questa a cosa serve scusi?”

“Serve a far addormentare il tuo corpo, facendo però rimanere il tuo spirito conscio delle sue azioni. Ciò per evitare che lo Spettro prenda controllo su di te. Avanti, mangia”

Annuendo, Gianni  mise in bocca la pianta e pochi secondi dopo si trovò nella più totale oscurità.

“Dove sono?”- disse Gianni alzandosi. Improvvisamente al suo fianco comparve Oromis che si accasciò a terra:

“Siamo nella tua mente, Cavaliere. Dobbiamo trovare Durza e scacciarlo da qui, ma non sarà facile. Gli Spettri sono dei maestri quando si tratta di manipolare i pensieri altrui”

Aiutando il maestro ad alzarsi, Gianni iniziò a camminare nel buio finché non comparve una figura di fronte a loro: Alexander. Il traditore lo guardava spavaldo e rideva, ma Oromis trattenne il Cavaliere:

“Non fare nulla, è solo uno dei tuoi pensieri. E’ come tentare di lottare contro il fumo. Oltrepassando la figura sghignazzante di Alexander, Oromis e Gianni si trovarono in una specie di piazza circondata da colonne alte circa tre metri. Da dietro una colonna spuntò una figura femminile che Gianni riconobbe come Kiara:

“Aiuto Gianni, Galbatorix vuole uccidermi”-urlò il cartone e abbracciò il ragazzo, ma non passarono pochi secondi che le sue sembianze mutarono in quelle di un orrido rettile dalle dita aguzze e la lingua biforcuta. Inorridito, Gianni respinse il mostro e Oromis lo fece sparire con un incantesimo:

“Deve essere opera di Durza”-mormorò l’Elfo.

“Esattamente”-tuonò una voce e una alta figura dai capelli rossi comparve al centro della piazza- Ciao, Gianni”- disse con tono maligno.

Oromis parlò prima del Cavaliere:

“Durza, esci da questo corpo, non hai il diritto di prenderne il possesso”

Lo Spettro si passò una mano tra i capelli e rispose quasi seccato:

“Davvero? Bè, se proprio volete che me ne vada, pensò che vi accontenterò. Addio”- e scomparve.

Gianni rimase allibito:

“E’ andato via?”

Le colonne attorno a loro tremarono e crollarono, mentre una profonda risata echeggiava nel buoi. Dal terreno comparvero Mark, Eric, Kovu e Arnold i quali stringevano delle lunghe spade. Gianni indietreggiò:

“Maestro, che significa?”

“Non badare alle loro sembianze, Durza sta usando la tua mente contro di te. Devi cercare di riprenderne il controllo”

Pensando più intensamente che poteva, Gianni tentò di erigere delle difese contro Durza ed ecco che dal suolo emersero Chris, Manuel, Stitch e Mirko.

“Si Gianni, ottimo lavoro”- disse Oromis. Gli otto personaggi al centro della piazza non persero tempo e iniziarono a duellare sotto gli occhi di Gianni:

“I miei amici che combattono tra loro”

“Non pensarci, sono solo delle proiezioni mentali”- lo rassicurò Oromis. Man mano che il duello procedeva, le quattro figure evocate da Gianni cominciarono ad avere la meglio fino a che Durza non uscì allo scoperto, urlando tutta la sua rabbia:

“Nooo, questo corpo è mio”

Non badando ad Oromis, si lanciò contro Gianni che venne scagliato lontano e urtò contro…sé stesso. Sussultando, il Cavaliere si alzò e vide che il suo sosia aveva qualcosa in mano: una spada.

“Prendila Gianni – disse – e cerca di colpirlo al petto”- detto questo la figura sparì e Durza ricomparve di fronte al ragazzo con una lunga spada nera nella mano.

“Allora- disse lo Spettro- Vogliamo chiudere questa partita una volta per tutte?”- e si scagliò con impeto contro il Cavaliere, il quale si lanciò a sua volta contro Durza e sferrò un potente colpo dritto al cuore della creatura. Gianni vide tutto bianco e aprì gli occhi, sopra di lui comparve Oromis:

“Tutto bene ,Gianni? Ce l’abbiamo fatta”

“Ce l’abbiamo fatta? Davvero?”- urlò il Cavaliere incredulo e quando vide il maestro annuire, saltò di gioia e abbracciò l’Elfo.

“Ops, scusi”-disse poi allentando la stretta.

“Non fa niente, ragazzo. Comprendo la tua felicità, ora và a riposare, anche io ne ho bisogno”- e fece una lieve smorfia di dolore.

Mentre tornava a casa, Gianni guardò verso la camera di Angel e pensò:” Voglio scoprire perché è veramente qui”. Silenziosamente, aprì la porta della camera del cartone e la trovò nel suo letto a dormire. Doveva essere davvero stanca. Senza far rumore, si avvicinò al comodino e cominciò ad aprirne il cassetto, ma, nel farlo, urtò contro la spalliera del letto e trattenne un grido, mettendosi una mano davanti alla bocca. Angel cambiò lato senza aver sentito niente e Gianni tirò un sospiro di sollievo, massaggiandosi la gamba. Delicatamente, aprì il cassetto e trovò una fialetta piena di un liquido viola:

“Non credo proprio che si tratti di qualcosa di buono”- pensò il ragazzo e stappò la fialetta. Mentre osservava il contenuto, però, sentì la porta della camera sbattere e si girò verso il letto: Angel non c’era più”

Imprecando Gianni pensò: “Dannazione, mi sono fatto beccare”

                      Buone notizie

Gli Elfi di Silthrim si erano asserragliati nella città e difendevano valorosamente la cinta muraria, preferendo morire piuttosto che cedere anche solo un centimetro all’Impero. Mirko, furibondo per la morte di Jill, correva lungo le mura e colpiva con violenza ogni avversario che gli si parava di fronte, mentre il suo drago Xavian effettuava rapide scorrerie sui ranghi imperiali, incendiandoli e disperdendoli.

Dopo aver ucciso l’ennesimo nemico, Mirko venne raggiunto da Manuel e Robert:

“Quanto pensi che possiamo ancora resistere?”- chiese il primo.

“Non cederemo mai questa città a Galbatorix, mai”- rispose Mirko agitando un pugno. Robert scosse la testa e cercò di riportare l’amico alla ragione:

“Mirko, sai benissimo che siamo inferiori di numero e che presto saremo costretti a lasciare le mura, non ha senso fare l’eroe in questo momento”

Un masso di catapulta atterrò poco lontano e interruppe il loro discorso, poi dal cielo Eridor parlò al suo Cavaliere:

“Robert, ci sono ancora centinaia di navi nel lago, io e gli altri non possiamo affondarle tutte da soli”

“Maledizione”- pensò Robert e poi si rivolse a Mirko:

“Eridor dice che ci sono una miriade di navi in attesa nel lago, presto sbarcherà un’altra consistente parte dell’esercito del Re”

Mentre Mirko rifletteva, un Elfo attirò la sua attenzione: si trattava di Meredriel:

“Cavaliere, presto vieni a vedere. C’è un messaggio da parte di un tuo amico”

Mirko non perse tempo e seguì Meredriel accompagnato da Manuel e Robert. L’Elfo li portò in una zona al sicuro dalla battaglia e porse a Mirko un catino pieno d’acqua limpida. La superficie del liquido si increspò e apparve la figura di Arnold. I tre ragazzi rimasero allibiti e Manuel disse:

“Arnold, che cosa è successo?Come hai fatto a…”

“Non c’è tempo ora- lo interruppe l’altro- Io e Mark siamo riusciti a trovare altri alleati, ma dobbiamo priva risolvere una questione da queste parti o non ci daranno alcun aiuto. Voi in che situazione vi trovate?”

“Brutta, davvero brutta Arnold. Gli Orchi e i soldati Imperiali hanno distrutto i moli e ora cingono d’assedio le mura cittadine. Non sappiamo davvero cosa fare”- spiegò Robert.

“Ragazzi, tentate di tenere duro più tempo che potete, noi cercheremo di arrivare il prima possibile, non temete. Per caso avete notizie di Eric e gli altri?”

Robert scosse la testa:

“No, niente. Non li sento da quando ci siamo separati ad Ellesmera e non so come mettermi in contatto con loro. Spero che stiano bene comunque”

“Va bene- disse Arnold- Ora devo andare, spero che ci rivedremo in battaglia, amici”- l’acqua si mosse nuovamente e rimase immobile nel contenitore.

I tre Cavalieri si alzarono e Manuel disse:

“Per fortuna hanno trovato dei rinforzi”

“Già- esclamò Mirko osservando le mura assediate- Dobbiamo fare come ci ha detto Arnold e non farli entrare in città. Meredriel.”

L’Elfo rispose immediatamente:

“Si, Cavaliere?”

“Dobbiamo irrobustire le mura, prendete tutto ciò che potete e posizionatelo sulla cinta e sul cancello principale. Demolite anche qualche magazzino o abitazione se necessario”

Meredriel rimase alquanto contrariato e ribatté:

“Demolire? Ma sono le nostre case, sono antiche come…”

Mirko si girò furioso e urlò:

“Cosa pensi che farà il nemico, quando sfonderà quel cancello? Ucciderà, brucerà e distruggerà ogni cosa, non avrà pietà per nessuno. Sono stato abbastanza chiaro?”

“Si, Cavaliere”

“Bene. Manuel, Robert, venite con me, andiamo a prestare aiuto da quella parte”- disse Mirko e insieme agli altri due si fiondò di nuovo in battaglia. Il sangue inondava la superficie delle mura e decine di corpi giacevano inermi sopra e sotto si esse. Alcune scale nemiche bruciavano, ma molte altre brulicavano di avversari che in poco tempo si riversavano sui difensori. Manuel e Robert combattevano spalla a spalla e falciavano decine di Orchi e soldati, mentre Mirko lottava in prima linea e scagliava i nemici oltre i bastioni anche a mani nude.

“Dovrete passare sul mio cadavere se volete vincere questa guerra, maledetti”- ringhiò il Cavaliere e le sue urla di rabbia echeggiarono nella battaglia.

Improvvisamente, un giavellotto sfrecciò nella mischia e colpì Robert ad una gamba. Il ragazzo urlò di dolore e si accasciò a terra, lasciando cadere la spada e tenendosi l’arto sanguinante.

“Robert- urlò Manuel e si chinò sul compagno. L’arma era quasi fuoriuscita dall’altra parte della gamba e il sangue sgorgava a fiotti.

“O mio Dio, Robert. Devo portarti da un curatore. Io non sono in grado di fare niente per questa ferita”- prese l’amico in spalla, mentre con l’altro braccio teneva lontano gli avversari. Questi stavano per attaccare quando dal cielo arrivò Kaspian e li uccise con un solo colpo di coda:

“Presto Manuel, ti copro io”

Il Cavaliere annuì e trascinò Robert attraverso lo scontro.

“Che dolore, dannazione”-imprecò il giovane Cavaliere.

“Hai ragione, ora sta calmo e non guardare”- gli rispose Manuel.

Nel frattempo, Mirko continuava la carneficina di avversari che giacevano a decine sotto i suoi piedi, quando da lontano vide una figura alta e frastagliata che avanzava impavidamente tra la folla di nemici.

“Sauron”- pensò il ragazzo e ,senza sapere da dove trovasse tanto coraggio, urlò:

“Sauron, Galbatorix ti ha mandato anche per noi, non è vero? Io sono qui, sono un Cavaliere. Vieni e combatti contro di me”

“Con vero piacere”- la risposta dell’avversario rimbombò per alcuni secondi e poi Mirko vide che il Signore di Mordo si avvicinava trasportando la sua pesante mazza da combattimento.

Un canto malefico

Gianni fece alcuni passi indietro e poi disse fra sé:

“Un momento, perché dovrei avere paura? Angel è il cartone più docile che abbia mai….”

La creatura rosa uscì allo scoperto e ,come un fulmine, mise il Cavaliere alla parete, tenendolo fermo con le antenne.

“…..visto”-terminò di pensare Gianni.

Angel osservò la fiala che il ragazzo aveva in mano e con un rapido gesto gliela tolse.

“Che cosa ci fai in camera mia?”-ringhiò.

Gianni tentò di liberarsi, ma il cartone aveva una forza sorprendente, inumana.

“Non sono affari tuoi- rispose il ragazzo dimenandosi- Che cos’è quella roba? Veleno?”

“Bingo”

“Dunque avevo ragione a preoccuparmi, sei stata mandata da Galbatorix. Che ci vuoi fare con quello?”

Angel sorrise maleficamente:

“Credo che la Regina Islanzadi ne abbia tanto bisogno, così il mio padrone ha pensato di farle un favore”

Gianni, tentando sempre di liberarsi, scosse la testa e disse:

“Padrone? Angel, so che magari posso averti trattata un po’ male in passato, ma non ero in me, ero posseduto da uno Spettro. Ti prego, cerca di non ascoltare Galbatorix”

“Ci ho già provato decine di volte, mentre viaggiavo per arrivare qui, ma ogni giorno ha preso sempre più controllo su di me. Mi dispiace, ma io DEVO obbedire”

Gianni diede uno strattone ancora più violento:

“Davvero?Non hai calcolato me allora”

Angel lo pungolò con un’unghia :

“Non sei nella condizione di minacciare, mi sembra. Credo, anzi, che potresti essermi molto utile”- il cartone mollò la presa e Gianni cadde a terra. Il Cavaliere si rialzò fulmineo e bloccò Angel tenendole le mani dietro la schiena:

“Non mi sembri molto furba”

Il cartone ridacchiò e rispose:

“Neanche tu, visto che hai dimenticato di tapparmi la bocca”

“Cosa?”- chiese Gianni stupito, ma non fece in tempo a muoversi che Angel intonò una strana canzone dai versi alieni e ammalianti. Al Cavaliere cominciò a girare la testa ed ebbe una strana voglia di fare del male, si sentì malvagio e spietato e lasciò andare Angel, strofinandosi gli occhi e massaggiandosi le tempie per lo stordimento. Quando rimise a fuoco la stanza, il cartone rosa gli era accanto:

“Come ti senti, Gianni?”- chiese.

“Strano- disse il Cavaliere- Ho voglia di distruggere, uccidere, massacrare”- e si mise a ridere, improvvisamente una voce irruppe nella sua testa.

“Gianni, cosa è successo?”- chiese Kreghor- “I tuoi pensieri mi sembrano un po’ confusi”

“Lascia stare, Kreghor, piantala”- rispose sgarbatamente il Cavaliere e il drago affievolì il contatto mentale.

“Ti è piaciuta la mia canzone?”-domandò Angel.

Gianni ridacchiò:

“Sai, non so perché, ma è come se ora ci vedessi molto chiaro. Direi che hai ragione: perché Galbatorix dovrebbe essere malvagio? Perché lui e non questi Elfi, perché non Islanzadi, Oromis o i miei amici? Hanno sempre tentato di limitarmi, di comandarmi, ma chi sono loro per poterlo fare?Cos’hanno più di me?”

“Assolutamente niente Gianni, hanno solo tentato di ingannarti per portare a termine i loro obiettivi. Non penso che ti abbiano mai dato molta importanza, in verità. Dunque, perché non versi tu il veleno nella coppa di Islanzadi?”

Il ragazzo prese la fialetta e se la mise in tasca, poi allargò le braccia:

“Perché no? Ma con quale scusa posso entrare nel Palazzo?”

“Potrai dire semplicemente che desideri un colloquio con lei, sei un Cavaliere dopotutto”-affermò la creatura rosa, salendo sulla spalla del ragazzo- “Poi cosa ne diresti di raccontarmi dove sei stato con Mark e Arnold? Ho saputo che sei partito con loro”- chiese carezzando i capelli del Cavaliere.

Gianni scostò la testa e la spinse a terra, ma le rispose:

“Certo, ti dirò tutto, ma prima mi occuperò di Islanzadi”

Aprì la porta della stanza e scomparve oltre la soglia. Angel osservò fuori e , per un momento, una lacrima le solcò il volto. Dentro la sua mente, una voce le disse:

“Bel lavoro, Angel. Davvero un bel lavoro”

                Il valore di un Cavaliere

Mirko osservava Sauron che si avvicinava sempre di più e si mise l’elmo. Con un agile balzo si mosse attraverso le macerie e atterrò di fronte al suo avversario, rendendosi conto solo adesso che era almeno due volte più alto di lui.

“Cosa ti porta a morire qui, ragazzo?”-chiese Sauron come se stessero per bere un tè insieme.

“Non sarò io a morire, ma tu e Galbatorix”- rispose impassibile Mirko e Sauron rise:

“Ahahahaha, non credo proprio”- e con un gesto improvviso colpì Mirko e lo spedì ad alcuni metri di distanza. Il Cavaliere atterrò sui piedi e , ignorando il dolore del primo colpo, disse all’avversario:

“Tutto qui?”

L’altro non rispose e si gettò sul ragazzo con la mazza levata. Il primo colpo si abbatté sullo scudo di Mirko, frantumandolo; il giovane cadde a terra e rotolò da un lato per evitare di essere finito. Con un fluido movimento, il Cavaliere colpì Sauron ad un fianco, ma ci fu solo un clangore metallico e niente più. Il Signore Oscuro ridacchiò:

“Sei senza speranze - con entrambe le braccia sollevò Mirko, portandolo di fronte a sé- Cosa speri di ottenere con questo stupido atto di eroismo?”

Il Cavaliere si dimenò e cercò di sfuggire alla presa di Sauron, ma questo strinse con più violenza il ragazzo che sentì le sue ossa scricchiolare.

“Ora, che ne dici di un buon bagno, Cavaliere?”- Mirko non fece in tempo a rispondere che Sauron lo sollevò sopra la testa e lo scagliò con forza nel lago. Il Cavaliere fu percorso da un brivido violentissimo quando le acque si chiusero su di lui: l’acqua del lago era estremamente fredda e in più rischiava di affogare se non si liberava dell’armatura. Sopra di lui vide le basi delle navi che stazionavano nel porto ormai distrutto e notò che sul fondo, invece, era stracolmo di relitti e cadaveri. Senza perdere tempo, si tolse corazza ed elmo e risalì in superficie con la sola spada in mano. Una volta su , si guardò intorno e vide che Silthrim era in condizioni davvero disperate. Orchi e guerrieri Imperiali sciamavano da ogni parte e mantenevano costante l’assedio.

“Ancora qui?”- disse una voce tonante dietro di lui e Mirko constatò che Sauron era fermo sulla costa. Il Signore di Mordor alzò una mano ed alcune macerie si portarono magicamente sopra il Cavaliere. Capendo ciò che stava per accadere, Mirko si immerse e tentò in qualche modo di mettersi in salvo, ma un grosso frammento di mura lo colpì al ginocchio e il Cavaliere lo sentì quasi cedere. Nuotando più veloce che poteva, il ragazzo raggiunse la terraferma,ma fu accolto per l’ennesima volta da Sauron che lo guardava dall’alto in basso. Ansimando, Mirko osservò il suo sfidante e strinse i denti mentre cercava di alzarsi.

“Patetico- mormorò l’Oscuro Sire e , calpestando il terreno, provocò un forte tremore che fece ricadere Mirko a terra- Credo che ti ucciderò così, un pezzo alla volta”.

“Devo tentare di tornare in città, sono stato uno stupido a cercare di fare il valoroso”- pensò il Cavaliere e vide che le mura erano poco distante da dove i due si trovavano. Sauron estrasse un pugnale nero e cercò di colpire il ragazzo che si scansava goffamente, a causa del ginocchio malandato.

“Con questo potrò eliminarti facendoti soffrire, credo che la mia mazza ti avrebbe fatto fuori subito”-ridacchiò

Con un rapido movimento, riuscì a colpire il ragazzo al fianco, ma solo di strisciò, procurandogli una lieve ferita sanguinante. Mirko si tenne dove era stato appena tagliato, ma mentre il Signore di Mordor stava per finirlo, Xavian piombò dal cielo lo avvolse con una fiammata.

“Presto Mirko, lo tengo impegnato io. Corri alle mura”.

Il Cavaliere non se lo fece ripetere e si trascinò attraverso il campo di battaglia; guardandosi indietro vide che Sauron era ancora in piedi e stava scagliando in aria intere catapulte per cercare di intercettare Xavian. Quando però si accorse che Mirko si era allontanato, prese a correre nella sua direzione, facendo tremare il terreno ad ogni suo passo.

“Sei morto, aspetta che ti raggiunga, Cavaliere”

In preda al panico, il giovane raggiunse la base della fortezza e rimase con le spalle al muro, mentre i passi di Sauron rimbombavano sempre più vicini. Stava per gridare aiuto quando una corda gli sfiorò la spalla e , alzando lo sguardo, vide che era stato Lifaen a calarla.

“Presto Cavaliere, sali”- urlò l’Elfo.

Mirko cominciò a issarsi su, nonostante il dolore al ginocchio, e, quando fu in cima prese un respiro profondo, appoggiandosi ai bastioni.

“Cosa facevi laggiù? Ci occorri vivo, Cavaliere”

“Scusa Lifaen, non so cosa mi sia preso prima. Volevo dimostrare coraggio, non so”

Lifaen gli poggiò una mano sulla spalla e gli disse:

“Il valore di un Cavaliere risiede solo nella forza fisica e nel valore in battaglia, ma anche nell’umiltà e nella moderazione”

Mirko annuì:

“Hai ragione”-  e poi si toccò il ginocchio con un gemito.

“Sei molto ferito ,Cavaliere. Vieni, ti porto alla Casa di Cura. Per ora possiamo resistere da soli”

Mentre si allontanavano, Mirko udì Sauron urlare:

“Cavaliere, oggi è stato solo un assaggio. La prossima volta non sopravvivrai”

“Neanche tu”- pensò Mirko e poi chiuse gli occhi per la stanchezza.

                    Un’alba di sangue

Eomer e i suoi Rohirrim erano partiti da Edoras da alcuni giorni e stavano percorrendo le pianure di Gondor, mentre Mark e Arnold li seguivano dal cielo in groppa a Zarthan e Razar. Era notte fonda, ma le truppe di Rohan continuavano a cavalcare instancabilmente, in modo da poter raggiungere Osghiliat entro l’alba. Il Capitano di Rohan era riuscito a riunire circa duemila guerrieri,nonostante fossero molti di meno rispetto alle forze del nemico, non avrebbe potuto perdere tempo a cercarne altri.

Mark era accovacciato sul dorso di Zarthan e si teneva alle sue punte acuminate:

“Hai riferito agli altri che abbiamo trovato degli alleati?”- chiese il giovane ad Arnold.

“Si- rispose quest’ultimo- ma non sono riuscito a contattare Eric e i suoi; spero solo che non li abbiano catturati”

“Io sento che sono vivi, devono esserlo”- disse Mark con ottimismo.

Arnold annuì e si mise a scrutare l’orizzonte:

“Preparati Mark, quando sorgerà il sole ci sarà battaglia”

                                               *

“Aragorn, giù la testa”- urlò Faramir e il re di Gondor si riparò appena in tempo per evitare un masso fiammeggiante. L’assedio di Osghiliat aveva costretto gli Uomini, dopo una breve resistenza sul ponte, a indietreggiare e a difendere l’altra sponda del fiume. Gli Orchi attaccavano via terra e via fiume, ma gli Haradrim e gli Uomini resistevano scagliando frecce, lance e macigni. Il cielo era terso e cupo, sebbene poco lontano si intravedessero i primi raggi del sole che perforavano le nuvole. Mentre lo scontro continuava, Legolas e Gimli raggiunsero Aragorn:

“Numerosi Orchi sono riusciti a sbarcare, stanno venendo da questa parte”- esclamò il primo.

“Sono sicuro che avrei potuto fermarli anche da solo, ma questo Elfaccio mi ha trascinato via”- aggiunse il Nano, brontolando.

Aragorn stava per rispondere quando vide che alcuni soldati erano già intenti a lottare contro gli Orchi sbarcati:

“Resistiamo ancora, dobbiamo fermarli”- disse infine e si lanciò con la spada sguainata sul nemico, accompagnato da Legolas e Gimli. Con un rapido movimento, il re di Gondor abbatté due avversari e poi, dopo esser salito su una costruzione in rovina, la liberò da tutti gli Orchi che la occupavano. Nel frattempo, Faramir e Baldir stavano provando a respingere i nemici nei pressi del ponte e si proteggevano l’un l’altro dai colpi degli Orchi, anche se la stanchezza stava per prendere il sopravvento. Mentre si batteva, Faramir si accorse che il sole stava sorgendo e che molte nubi si erano dissipate, provocando qualche fastidio agli attaccanti. Essendosi distratto per un momento, non si accorse che un Troll correva nella loro direzione con l’arma levata in alto e , non appena lo vide, mise la spada di fronte a sé in un estremo tentativo di protezione. Improvvisamente, ci fu un guizzo e il mostro cadde al suolo colpito alla tempia da una freccia, il suono che seguì fece trasalire quasi tutti: un potente ruggito squarciò l’aria e nel cielo apparvero due enormi esseri alati, cavalcati da altrettanti uomini. Le creature scesero in picchiata e rilasciarono mortali fiumi di fiamme sulle truppe di Mordor che iniziarono a disperdersi e a cercare riparo dalla morte, gli Uomini e gli Haradrim, attoniti, scapparono a loro volta e urlarono terrorizzati.

“Ma cosa succede”- chiese Baldir, diventato pallido per la paura.

“E’ un intervento delle Divinità”- disse un soldato osservando i draghi e cercando un rifugio.

“No- esclamò Faramir e a questa sua parola risuonò un corno molto familiare- E’ Rohan”- urlò alzando la spada al cielo. Haradrim e Uomini esultarono, mentre da lontano sopraggiungevano ondate di Rohirrim.

“Si”- aggiunse Aragorn ridendo.

Spinti da un rinnovato coraggio, i difensori di Osghiliat urlarono all’unisono e si avventarono sui nemici che, impauriti e spaesati, iniziarono a rompere le righe. Le sorti della battaglia si rovesciarono in poco tempo: i Rohirrim entrarono nella città e rastrellarono tutti gli Orchi che erano in essa, mentre Aragorn e i suoi fecero indietreggiare gli avversari fino a costringerli a tuffarsi nel fiume e ad essere trascinati via dalla corrente impetuosa. Terminata la battaglia, Aragorn si asciugò il sudore dalla fronte e dai ranghi dei Rohirrim avanzò Eomer:

“Sapevo che saresti venuto”- disse il re di Gondor.

Eomer si tolse l’elmo e smontò da cavallo stringendo la mano al sovrano:

“Grazie maestà, ma il merito non è tutto mio”- in quel momento, Mark e Arnold atterrarono e alcuni soldati emisero urla di sorpresa di fronte alla grandezza di Zarthan e Razar.

“Per tutte la barbe della mia famiglia”- sussultò Gimli- Credevo che i draghi fossero estinti da tempo”

“Non sono di qui, infatti. Vengono dall’Oceano”- spiegò Eomer e un fitto mormorio si levò dalla folla . Aragorn si avvicinò ai due stranieri e chiese:

“Chi siete voi?”

“Io sono Mark- rispose il ragazzo dal drago d’oro- e lui è il mio amico Arnold”- disse indicando l’altro che somigliava molto ad un Elfo, ma aveva la pelle più scura e una sottile barba.

Gimli si lasciò scappare un riso e sussurrò:

“Ah, che nomi buffi, si vede che non sono di queste parti”

I due ragazzi smontarono dai Draghi e si inchinarono ad Aragorn.

“Da dove venite con esattezza?”- domandò quest’ultimo, facendo segno ai due di alzarsi.

“Veniamo da una terra chiamata Alagaesia che si trova oltre il mare. Siamo giunti qui perché il nostro popolo è in pericolo e credo che siamo entrambi sulla stessa barca. Suppongo che conosciate benissimo Sauron.”- disse Mark.

“Si”- rispose Aragorn scrutando il ragazzo.

“Ebbene, dovete sapere che si è alleato con il malvagio re della nostra terra: Galbatorix”

“Spiegatevi meglio”

Dopo aver messo tutti al corrente della situazione, Aragorn disse:

“E’ davvero incredibile ciò che mi avete raccontato: Sauron, Galbatorix, i vostri amici cert…cort”

“Cartoni, maestà”- lo aiutò Arnold sorridendo.

“Si, grazie Cavaliere. Dunque non siamo ancora al sicuro?”

“No- esclamò Mark scuotendo la testa- Noi siamo riusciti ad arrivare in tempo perché abbiamo viaggiato tutte le notti, ma dietro di noi c’è un’altra armata composta anche da molti uomini di Galbatorix”

Tutti attendevano la risposta del Re di Minas Tirith, mentre da lontano si udivano le ultime grida di dolore degli Orchi trucidati.

“Molto bene- disse Aragorn- Vedremo il da farsi. Ora venite con me ragazzi, sarete stanchi. Uomini riposate pure, ma state in guardia”

Mark, Arnold, Eomer e gli altri seguirono il Re in direzione di Minas Tirith. “Minas Tirith”- pensò Mark- “ E’ il luogo dove è avvenuto il mio sogno” e rimanendo con questo pensiero osservò la magnifica Città Bianca che però gli aveva destato in corpo una fortissima paura.

“Siamo vicini all’ultimo tassello del domino”- disse enigmaticamente Arnold nella mente di Mark.

Ritorna la Speranza

Gianni camminava avanti e indietro di fronte alla splendida reggia della Regina Islanzadi: il Palazzo di Tialdarì. Pensoso, il ragazzo si sfregava il mento e osservava l’entrata principale del Palazzo:

“Come posso fare per eliminare la Regina senza farmi scoprire?”

Immediatamente, la voce del suo drago, Kreghor, lo raggiunse nel pensiero:

“Gianni, sei impazzito? Come osi pensare di uccidere Islanzadi?”

Il Cavaliere gli rispose perfidamente:

“Non sono affari tuoi, Kreghor, prova solo a metterti in mezzo e non esiterò a tagliarmi una mano, sapendo che ti provocherà dolore”

Il drago, incredulo, continuò:

“Gianni, sei fuori di te, non ti riconosco più. Sei sicuro di essere riuscito a scacciare Durza?”

Il ragazzo non rispose e chiuse il contatto mentale con Kreghor. Avvicinandosi ad una delle guardie che sorvegliavano l’entrata della reggia, disse:

“Potrei incontrarmi con la Regina Islanzadi? E’ una questione importante”

L’Elfo lo squadrò da capo a piedi:

“Di che si tratta? Islanzadi mi ha detto di non far passare nessuno, se non per un valido motivo”

Gianni, irato e seccato, scostò l’Elfo ed esclamò:

“Sono un Cavaliere, devo parlarle di una faccenda riguardante Galbatorix”- detto questo, aprì il portone, entrò ed evocò un incantesimo che bloccò la serratura dell’entrata.

“Non immaginavo di possedere tali poteri”- pensò, ridendo con malignità. Tutt’intorno a lui c’erano centinaia di squisite suppellettili e ritratti, fra cui riconobbe quello della Regina stessa. Avvicinatosi, tirò fuori un pugnale e lo conficcò sulla testa dell’immagine di Islanzadi. Continuando a camminare, incontrò alcuni paggi che gli chiesero cosa facesse lì:

“Sto cercando la Regina, sapete dove posso trovarla?”

Uno di loro avanzò:

“E’ nella sua stanza, ma non vuole essere disturbata”

Gianni osservò la scala che conduceva all’alloggio della sovrana e inarcò un sopracciglio, stringendo la mano sulla tasca contenente il veleno:

“Devo parlarle di una faccenda di vitale importanza, non si potrebbe fare un’eccezione?”

I paggi si guardarono confusi e poi quello che aveva parlato prima disse:

“Se è una cosa davvero importante sì. Seguimi, Cavaliere”

Gianni sorrise e salì la scala con il paggio che andò a bussare alla porta.

“Chi è?”- chiese la Regina.

“C’è il Cavaliere Gianni, maestà. Dice che ha una cosa importante da comunicarvi e che deve farlo di persona”

La voce di Islanzadi risuonò di nuovo:

“Va bene, fallo entrare”

L’Elfo aprì la porta e fece entrare Gianni, poi la richiuse alle spalle del ragazzo con un tonfo. Islanzadi era china su uno scrittoio e sembrava molto nervosa:

“Salve, Cavaliere. Che cosa succede?”

Gianni si schiarì la voce e rispose:

“Maestà, vorrei per prima cosa dirle che Oromis è riuscito a liberarmi da Durza”

“Oh, splendido. Sono felice per te, Cavaliere”- disse l’Elfa alzandosi dallo scrittoio e prendendo una brocca d’acqua limpida.

“Perfetto”- pensò Gianni.

La Regina versò il liquido in due coppe argentate e poi riprese a parlare:

“Di che faccenda si tratta, Cavaliere?”

Gianni prese la sua coppa e bevve un sorso:

“Penso che Galbatorix abbia inviato Angel per qualche malvagio motivo. Non credo che quel cartone sia riuscito a scappare da solo dalla Capitale”

Islanzadi fece alcuni passi per la stanza e osservò fuori dalla finestra, verso l’appartamento di Angel.

“E’ il momento”- pensò Gianni e sfilò dalla tasca la fiala di veleno. Cautamente, si avvicinò al boccale della Regina e stappò il contenitore.

“Se fosse come hai detto tu, sarebbe opportuno indagare”- disse l’Elfa senza girarsi.

“Certo”- rispose Gianni e stava per versare il liquido viola nella bevanda, quando un forte dolore alla mano lo fece urlare e gli fece cadere la fiala, fracassandola.

Sussultando, la Regina si girò di scatto:

“Cavaliere, cosa ti succede? Stai male?”

L’Elfa si chinò su Gianni che si teneva la mano e vide la fiala in pezzi. Prendendo un frammento di vetro, lo mostrò a Gianni e chiese sospettosa:

“Cos’era questa roba? Veleno?”

Gianni rise scuotendo la testa, poi si alzò di scatto, sguainò la spada e disse:

“Si”

Lanciandosi in avanti, tentò di colpire Islanzadi che si scansò e indietreggiò. L’Elfa sbatté ad un mobile e il Cavaliere lo fracassò, mancando il suo bersaglio. In quel momento, un acuto dolore alla coscia destra, fece cadere Gianni a terra.

“Ma cosa diavolo succede?”- imprecò il giovane tenendosi la gamba. La voce di Kreghor tornò di nuovo nella sua mente:

“Mi dispiace Gianni, ma mia hai dato tu l’idea. Mi sono solo dato due morsi per impedirti di fare sciocchezze. Ho avvisato Oromis, tra poco sarà da te”

“Ah, sì?-  gli rispose Gianni- Allora credo che adesso ti ripagherò il favore”- il Cavaliere raccolse la spada, intenzionato a ferirsi, ma la Regina lo bloccò con un incantesimo e disse:

“Non preoccuparti, Cavaliere. So che non ti stai comportando come vorresti. Oromis troverà una soluzione”

Quando l’Elfo dai capelli argentei arrivò, vide che Gianni era legato ad una sedia con due Elfi che gli puntavano le lance al petto.

“Gianni- disse il maestro- Cosa ti succede?”

“Ha tentato di uccidermi- sussurrò Islanzadi- Ma non credo che fosse in sé a quanto ci ha riferito Kreghor.

L’Elfo si avvicinò a Gianni e gli pose delicatamente una mano sul capo. Nei suoi ricordi vide Angel e ciò che era successo nella stanza della Regina. Oromis rilasciò l’incantesimo e disse ad alcuni Elfi:

“Andate a prendere Angel , ma coprite le orecchie con qualcosa. Sembra che il suo canto riesca a mutare la personalità dei bersagli”

Gli Elfi uscirono dalla stanza e dopo alcuni minuti tornarono con il cartone legato e imbavagliato. Oromis gli si avvicinò e ripeté ciò che aveva fatto con Gianni. Sì, Galbatorix l’aveva mandata per uccidere Islanzadi e il cartone era vincolato ad un Giuramento. Fortunatamente, Oromis sapeva come fare per dissolvere tale incantesimo e , dopo aver pronunciato alcune strane parole, osservò Angel cadere a terra priva di sensi.

“Era sotto un incanto del Re, maestà- disse il maestro alla sovrana di Ellesmera- Ma sono riuscito a liberarla”

Quando Angel si riprese, vide Oromis che la osservava dall’alto.

“Ma cosa….?”- sussurrò la creatura rosa.

“Sei libera, Angel.  Il Re ti teneva sotto un incantesimo, ma sono riuscito a romperlo - la informò Oromis e lei lo abbracciò- Ora, però- continuò Oromis- Dovresti far tornare Gianni alla normalità, sappiamo che lo hai….incantato”

Angel sorrise e si avvicinò a Gianni che si dimenava per liberarsi. Cantando la sua canzone al contrario, Angel sembrò addormentare Gianni che però si ridestò e si guardò intorno spaesato:

“Cosa mi è successo, maestro?”- chiese vedendo Oromis.

L’Elfo lo informò dell’accaduto e Gianni porse le sue scuse alla Regina.

“Cosa posso fare per essere perdonato?”- domandò il ragazzo ,inchinandosi.

La Regina sorrise e lo pregò di alzarsi:

“No eri in te, Gianni. Comunque so cosa potresti fare: prendi Kreghor e Angel e recati a Silthrim. Immagino che Mirko e i suoi abbiano bisogno di aiuto, sei d’accordo?”

Gianni si alzò, prese Angel in braccio e mise la spada nel fodero:

“Si, maestà. Partirò subito”

               Arrivo a Minas Tirith

Aragorn procedeva a cavallo di fronte ad Eomer, Faramir, Legolas e Gimli, mentre Mark ed Arnold volavano sopra le loro teste in direzione di Minas Tirith. Ad Osghiliat, Faramir aveva lasciato Baldir ad occuparsi delle difese e i soldati si erano presi qualche ora di libertà. Quando furono ai piedi delle mura, Aragorn fece un cenno ad una guardia e , immediatamente, i cancelli si spalancarono, permettendo alla compagnia di entrare. Mark ed Arnold atterrarono nel cortile e, subito, furono circondati da una massa di curiosi che tentavano di avvicinarsi ai Draghi e toccarli.

“Non preoccupatevi - disse Arnold ad alcuni uomini che tenevano i loro figli lontani- Non vi faranno alcun male”

Il Re di Gondor smontò e un’Elfa dai lunghi capelli neri gli gettò le braccia al collo e lo baciò:

“Grazie al cielo, siete vivi- disse la ragazza- Come avete fatto a respingere Mordor?”

“Non li abbiamo sconfitti del tutto- precisò Aragorn carezzando la guancia della sua sposa- Ma abbiamo comunque riportato una vittoria importante sul Male. Ora, vorrei presentarti i nostri ospiti”

Il Re condusse la sua compagna nel centro del cortile e indicò i due ragazzi che si trovavano a dorso di drago:

“Loro sono Mark ed Arnold e vengono da una terra chiamata Alagaesia. Purtroppo ci hanno riferito che Sauron ha attaccato il loro paese e si è alleato con un altro Signore Oscuro: Galbatorix”

Mark ed Arnold smontarono e salutarono la Regina di Minas Tirith, inchinandosi.

“Saremo lieti di ospitarvi e di aiutare la vostra gente, quando ce lo chiederete - disse la donna- Io sono Arwen”

“Il piacere è tutto nostro, maestà”- esclamò Arnold alzandosi elegantemente.

Nel frattempo, Faramir stava abbracciando un’altra ragazza, che Mark riconobbe come Eowyn, e giocava con loro figlio Elboron tenendolo sulle spalle. Aragorn si rivolse nuovamente ai Cavalieri e gli fece un cenno con la mano:

“Seguitemi, vi offro qualcosa da mangiare”- e si incamminò verso la Rocca, seguito dai Cavalieri, Eomer e gli altri. Zarthan e Razar preferirono, invece, restare nel cortile per stare con i bambini che si arrampicavano sui loro dorsi e ridevano divertiti. Quando furono in cima alla città, il gruppo attraversò lo spiazzo nel quale cresceva l’Albero Bianco e Mark fu percorso da un brivido nel vedere quella pianta, ora florida e verde.

“C’è qualcosa che non va, Mark?”- chiese Eomer che lo aveva visto particolarmente teso.

“No, è tutto a posto, grazie. Sono solo un po’ stanco per la battaglia, un buon banchetto mi rimetterà in sesto”.

Ad un tratto, un ragazzetto corse incontro ad Aragorn che lo prese in braccio e gli disse:

“Eldarion, hai fatto la guardia alla mamma? Sono sicuro che non avresti fatto passare Sauron in persona se la avesse minacciata”-rise il Re baciando suo figlio.

Poco dopo, il gruppo entrò nella Rocca e prese posto attorno ad un lungo tavolo quadrato, intarsiato d’argento ed oro. Mark e Arnold sedevano accanto ad Aragorn e la sua signora, quali ospiti d’onore, mentre alcuni uomini iniziarono a portare le pietanze. C’erano tanti cibi squisiti alla sola vista, ma i Cavalieri, osservando le regole del loro ordine, si nutrirono con sola frutta e verdura.

“Come mai non potete mangiare carne?”- chiese Gimli, mentre divorava un cosciotto d’agnello.

“E’ un’usanza di noi Cavalieri dei Draghi - disse Mark, bevendo un sorso d’acqua- Viviamo molto in contatto con la natura e sappiamo cosa provano gli animali quando li uccidiamo. E’ come se uccidessimo un fratello e ci nutrissimo di lui”

“E’ orribile - commentò Eomer versandosi del vino.

“Solo fino ad un certo punto - esclamò Arnold ridendo- Dopo un po’ ci si fa l’abitudine”

Passarono il resto del banchetto a chiacchierare di vari argomenti finché, alla fine, Aragorn fece uscire tutti tranne i Cavalieri, il Capitano di Gondor, di Rohan, Legolas e Gimli.

“Allora- iniziò il Re- Qualcuno sa come possiamo muoverci per portare aiuto in Alagaesia?”

Eomer ticchettò il dito sul tavolo e scosse il capo:

“Mark e io abbiamo visto la forza che si trovava dietro di noi…era un grande esercito. Non possiamo portare le nostre truppe nella loro terra senza lasciare indifesa la nostra”

Tutti annuirono a queste parole del Capitano di Rohan e Mark rifletté per alcuni minuti, tenendo una mano sotto il mento:

“Già, Eomer ha perfettamente ragione, ma dobbiamo trovare assolutamente il modo per unire le nostre forze, altrimenti Sauron e Galbatorix ci distruggeranno poco alla volta”

Faramir intervenne:

“Far spostare un intero esercito sull’Oceano è troppo dispendioso e pericoloso, ma secondo me dovremmo provarci. E’una delle nostre già esigue possibilità”

Aragorn osservò i suoi comandanti parlare tra di loro, ma aveva una forte emicrania e si teneva una mano tra gli occhi cercando di far passare il dolore.

“Ma chi si occuperà dell’attacco che le forze di Mordor porteranno a questa città fra pochi giorni? Siamo troppo pochi per combattere su due fronti di guerra”

Il Re prese la parola e disse:

“Sono d’accordo con Eomer, dobbiamo necessariamente aspettare che le forze presenti nella nostra terra vengano totalmente eliminate, poi potremo spostare l’esercito nella vostra terra, Cavalieri. Voi cosa ne pensate?”

Mark era un po’ dispiaciuto per quella decisione, ma non vedeva altre vie d’uscita e disse:

“Si, credo che questa sia l’unica soluzione. Resteremo qui finché non avremo respinto gli attacchi di Sauron. In ogni caso, rimarrò in contatto con i miei amici in Alagaesia per sapere qual è il loro stato. Mi duole annunciarvi che se saranno in situazione critica,io e Arnold saremo costretti a partire anche senza di voi”

“E’ una circostanza che ho calcolato”- affermò il Re di Gondor alzandosi dalla sua sedia- Molto bene, tutto è stato deciso. Ora devo riposare, inviterei anche voi a fare lo stesso”

Tutti i commensali si alzarono e si inchinarono al sovrano e poi Mark e Arnold vennero condotti alle loro stanze.

“Come va Zarthan?”- chiese il ragazzo al suo drago.

“Benissimo, Mark. Non mi sono mai divertito tanto in vita mia. E voi?”

“Diciamo che abbiamo trovato un accordo”

“Oh, bene. Allora ci vediamo più tardi Mark”- il contatto mentale si dissolse. Arnold entrò nella stanza e si lasciò cadere sul suo letto sospirando, mentre Mark si sedette sul suo.

“Sono stanco morto”- disse Arnold chiudendo gli occhi.

“A chi lo dici” - rispose l’amico stendendosi con le mani dietro la testa. Arnold si sedette e chiese all’amico:

“Mark, che cosa ne pensi del sogno che hai fatto? Credi che si avvererà presto?”

“Io spero solo che non si avvererà affatto, Arnold. Spero solo che non si avvererà affatto”- ripeté Mark girandosi da un lato del letto e cadendo in un sonno profondo e ristoratore.

                    La sfida di Sauron

Mirko venne portato a spalla alla Casa di Cura di Silthrim, dove incontrò Manuel e Robert. Quest’ultimo era stato quasi ucciso da un giavellotto ed ora giaceva su un letto, sotto le cure degli Stregoni Elfici. Meredriel condusse Mirko su un giaciglio e gli disse:

“Non muoverti da qui, Cavaliere. Tra poco arriverà un curatore”- e , detto questo, uscì dall’edificio di gran corsa e tornò alla battaglia. Il ragazzo si girò verso Manuel e gli chiese:

“Come sta Robert?”

“Sto bene- rispose il diretto interessato- E’ solo che non mi hanno abituato ad essere perforato da una lancia”- disse poi sarcasticamente. Mirko rise e poi vide arrivare il suo curatore che gli premette una mano sul ginocchio e gli fece emettere un gemito:

“Stai calmo- disse l’Elfo- passerà presto se mi lasci lavorare”

Mentre resisteva al dolore, Mirko si rivolse nuovamente a Manuel:

“Come procede là fuori, secondo te?”

“Stiamo perdendo Mirko, è inutile tentare di pensare il contrario”- esclamò Manuel scuotendo il capo, quando ad un tratto udì un pesante tonfo e uscì per vedere cosa era accaduto. Un masso fiammeggiante aveva oltrepassato le mura e si era infranto su di una abitazione, facendola crollare per metà. Gli Elfi che erano all’interno erano quasi tutti morti, eccetto alcuni che si mantenevano alla rovine, in attesa di essere soccorsi. Manuel non perse tempo e salì con agilità sulla struttura pericolante, con fluidi movimenti raggiunse il primo Elfo e lo portò a terra e prosegui finché non li ebbe salvati tutti. Fatto ciò, osservò le mura e vide che erano un colabrodo, questione di ore e le truppe avversarie avrebbero fatto man bassa della città.

“Kaspian, cosa vedi dall’alto?”- chiese il Cavaliere al suo drago.

“Nemici, nemici e ancora nemici, Manuel. Sono in tutte le direzioni, ma…..aspetta, vedo un drago”

“Un drago?”- Manuel era allibito, se Galbatorix aveva mandato anche un Cavaliere, avrebbero sicuramente perso lo scontro in pochi minuti, non ore.

“Sì .….mi sembra…non ci posso credere, è Kreghor con Gianni ed Angel”

“Gianni è qui?”- Manuel fu preso dalla sorpresa e dall’emozione. Cosa era accaduto a Mark e Arnold e ,soprattutto, cosa faceva lì Angel se era stata catturata dal Re?

“Falli atterrare, ma tieni gli occhi aperti, Kreghor. Potrebbe essere un trucco di Galbatorix”

Il drago obbedì e condusse i nuovi arrivati su di uno spiazzo dove vennero raggiunti da Manuel e da un plotone di Elfi armati.

“Manuel - disse Gianni smontando- Era da un pezzo che non ti vedevo”- e abbracciò l’amico, stringendolo forte.

“Aspetta- affermò Manuel- Prima devi dirmi cosa ci fai qui”

Messo al corrente di tutto ciò che aveva passato Gianni, Manuel tirò un sospiro di sollievo e disse agli Elfi che erano con lui:

“Potete stare tranquilli, tornate ai bastioni, presto”

Quando i soldati se ne andarono, Manuel poggiò una mano sulla spalla di Gianni:

“Avevamo bisogno di voi amici. Angel, anche tu qui?”

“Si - rispose il cartone- abbiamo fatto un volo stupendo”

“Non preoccuparti, libereremo anche Stitch e gli altri”- aggiunse poi, mentre si avviava con Gianni alla Casa di Cura dove li aspettavano Mirko e Robert.

Una volta entrati, Mirko saltò dal letto e corse a salutare Gianni.

“E il ginocchio?”- gli chiese Manuel.

“Questi Elfi sono veramente magici, Manuel. Dovresti saperlo”

Gianni sorrise e salutò Robert che , invece, era ancora steso a letto.

“Vedo che non siete in una bella situazione”- esclamò il giovane guardandosi intorno.

“L’hai detto, Gianni- disse Manuel- Solo un muro ci separa da Sauron e l’esercito di Galbatorix. Il nome esatto per la nostra situazione non può che essere ‘Tragedia’”

“Vedo che non perdete mai il tempo per scherzare però - rise Gianni dando un buffetto ai suoi due amici- Manuel, adesso dobbiamo andare ad aiutare quegli Elfi. Mirko, Angel venite anche voi, Robert tu resta ancora un po’ a riposo”

I tre ragazzi e il cartone uscirono dalla Casa di Cura e videro i loro draghi che stavano continuando a effettuare attacchi ai reparti nemici. Tirato fuori un pugnale piccolo, ma letale, Gianni lo lanciò ad Angel.

“Non esitare ad usarlo, gli Orchi non avranno pietà di nessuno, piccola”

Angel annuì e corse dietro ai tre ragazzi. Pochi minuti dopo, i quattro si trovarono in piena battaglia, con nemici che arrivavano da ogni lato. Gianni, sgozzò un Orco e ne trafisse un secondo con la spada, mentre Manuel e Mirko proteggevano la parte inferiore delle mura. Angel guizzava da una parte all’altra, mettendo in difficoltà gli attaccanti che, tentando di colpirla, non si accorgevano della presenza di Gianni che li abbatteva semplicemente.

Il Cavaliere fece l’occhiolino al cartone che rispose allo stesso modo, ma in quel momento il terreno tremo e una buona porzione di mura saltò in aria. Gianni cadde a terra e si chiese cosa fosse successo quando una voce tonante gli diede la risposta:

“Venite fuori, codardi o distruggerò le mura fino alle fondamenta”

“Sauron - urlò Mirko e strinse i denti per la rabbia- Non cederemo mai ai tuoi attacchi e , di certo, non verremo a combattere la fuori, dove saremo più vulnerabili”

Gianni si guardò intorno e vide che Angel era incastrata sotto le macerie, cadute per il colpo inferto da Sauron.

“Gianni, aiutami”- gridò la creatura, ma in quel momento, Sauron gridò:

“Allora verrò io da voi”- e le mura si spezzarono letteralmente in due, sollevando polvere e sassolini. Una volta che il polverone si dissolse, i ragazzi videro entrare in città la possente sagoma di Sauron che si pulì dai detriti con una mano ed esclamò:

“Eccomi a voi, Cavalieri. Ora non avete più scampo”

                    Fiamme e Fulmini

Sauron fece un altro passo e alle sue spalle comparvero centinaia di Orchi e soldati Imperiali; vedendoli pronti ad attaccare, il Signore di Mordor li bloccò e indico i Cavalieri:

“Saccheggiate la città, ma loro sono miei”

Le truppe di Mordor obbedirono e si scagliarono sui difensori che erano appena accorsi nei pressi della breccia, urlando frasi selvagge e violente, gli uomini di Galbatorix, invece, marciarono ordinatamente, tenendo gli scudi serrati e le lance puntate in avanti. Mentre lo scontro procedeva, Sauron osservò i suoi sfidanti e rise:

“Finalmente”

Mirko guardò impaurito quell’essere terrificante nella sua corazza nera, ma rimase immobile, tenendo la spada davanti a sé, Robert e Manuel gli si misero al fianco e il secondo urlò:

“Non riuscirai a batterci tutti, Sauron”

Poi sia Mirko che Manuel si accorsero della presenza di Robert:

“Che cosa fai qui? Dovresti essere alla Casa di Cura”- affermò Manuel

“Preferisco aiutarvi piuttosto che aspettare là dentro mentre voi rischiate la vita”- rispose deciso l’altro

L’Oscuro Sire levò la mazza e mandò in frantumi una statua che sorgeva lì vicino, poi, con deliberata lentezza, avanzò verso i tre ragazzi senza dire una parola.

Gianni, nel frattempo, era accorso da Angel e vide che era bloccata sotto le macerie di un torrione. Con uno sforzo immane, tentò di sollevarle, ma non riuscì nel suo intento e si abbandonò a terra, sbuffando.

“Gianni, posso resistere ancora per un po’ qui sotto. Vai dai tuoi amici, hanno bisogno di te”- tossì il cartone.

Il Cavaliere si voltò e osservò la figura di Sauron che si avvicinava ai suoi compagni, e poi tornò su Angel:

“Soffocherai in pochi minuti se non ti tiro fuori da qui sotto, devo chiamare Kreghor”

Il giovane tentò di stabilire un contatto con il suo drago e questi rispose quasi immediatamente:

“Gianni, sono con Kaspian, Eridor e Xavian, serve aiuto in città?”

“Si, le forze nemiche sono riuscite a penetrare in Silthrim. Dovete raggiungerci immediatamente”- detto ciò, il Cavaliere chiuse il contatto e sguainò la spada.

“Angel, tieni duro”

“Vai tranquillo, Gianni”- mentì la creatura rosa che mostrava segni di inquietudine.

Il ragazzo corse verso Sauron e gli urlò:

“Ehi, Signore di Mordor ci sono anche io qui”

Questi si voltò e ringhiò:

“Sarà un piacere eliminarvi in una volta sola allora”- e senza preavviso scagliò un masso che si frantumò alle spalle di Gianni. Mirko, Manuel e Robert si lanciarono in avanti, mulinando le lame e il primo colpì Sauron alla spalla, provocando solo un tintinnio metallico. Il Re di Mordor afferrò per un braccio il ragazzo:

“Ho un conto in sospeso con te”- e con lentezza iniziò a girarglielo con l’intenzione di spezzarlo. Mirko si dimenò furioso, ma ogni movimento gli procurava un rinnovato dolore. Improvvisamente sentì la presa cedere e cadde a terra; aprendo gli occhi, vide che Gianni si era lanciato sulle spalle di Sauron, mentre Manuel e Robert tentavano di farlo cadere spingendogli le gambe. Sauron urlò e una forza invisibile respinse i tre giovani scagliandoli lontano.

“Non potete fare nulla, ragazzi. Il vostro destino è quello di soccombere senza alcuna gloria”

Manuel e Robert sembravano privi di sensi, mentre Gianni stava rialzandosi a fatica, tenendosi in equilibrio sulla propria spada. Notando il gesto del Cavaliere, Sauron lo sollevò e lo mostrò a Mirko.

“Ti propongo un gioco, Cavaliere, un gioco molto divertente”

Mirko respirava velocemente e osservava impotente Gianni che tentava di liberarsi dalla presa dell’Oscuro Sire.

“Ordina alla città di arrendersi o lo stritolo”

“Non puoi fare una cosa del genere- disse Mirko alzandosi e agitando le braccia per la rabbia- Sei….”

“…..Crudele?Malvagio?Spietato? Grazie, li accetterei tutti Cavaliere”

Mirko serrò i pugni e non riuscì a sopportare la vista di Gianni che gemeva per il dolore.

“Non ascoltarlo, Mirko. Ci farà uccidere lo stesso se ci arrendiamo”

Sauron strinse di più la presa e Gianni lasciò andare la spada, agitando forsennatamente le gambe, ma tentando di non urlare.

“Vigliacco”- urlò una flebile voce e sia Mirko, sia Gianni, sia Sauron si voltarono verso la fonte: il cumulo di macerie dove era bloccata Angel. Mirko ebbe un tuffo al cuore, quando vide il Signore Oscuro dirigersi verso il cartone rosa con passo pesante e gli corse dietro. Fermatosi davanti a lei, Sauron alzò una mano ed una palla di fuoco apparve dal nulla sul suo palmo:

“Vedo che sei riuscita a liberarti dall’influsso di Galbatorix, lurido essere. Peccato che non assaporerai la tua nuova libertà”- disse e mentre rideva alzò la mano sopra la testa, Mirko corse più che poteva, ma gli sembrava che tutto stesse andando al rallentatore. Il ragazzo inciampò su un sasso ed imprecò, poi si rivolse a Sauron e urlò:

“Noooo Sauron, non farlo, ti prego”

Gianni continuava a scalciare furiosamente:

“Fermati, mostro- esclamò con le lacrime agli occhi- Fermati”

Quello che seguì fece quasi fermare il cuore di Mirko: Sauron abbassò con forza la mano e scagliò il globo fiammeggiante sul mucchio di detriti, facendolo saltare in aria, le rocce volarono ovunque e un denso fumo nero si diffuse velocemente. Il Cavaliere si lasciò cadere a terra con le mani tra i capelli e le lacrime agli occhi. Non poteva crederci: Sauron l’aveva fatto…aveva ucciso Angel.

“Voglio che sia un sogno, deve essere un sogno”- pregò Mirko alzandosi, ma ,quando parte del fumo si dissolse, vide Sauron che teneva ancora Gianni stretto a sé: anche lui stava piangendo.

“E’ la dura legge della vita ,Cavaliere”- mormorò il Re di Mordor, facendo sparire le fiamme dalla mano con cui aveva lanciato l’incantesimo e ridacchiò divertito.

Mirko era distrutto, ancora non si era reso conto che la battaglia stava proseguendo e che Xavian lo stava chiamando nella mente:

“Mirko, cosa è successo? Rispondimi, Mirko”

Con lentezza, il ragazzo si alzò in piedi e disse con rabbia verso il Re di Mordor,mentre continuava a lacrimare:

“Codardo,maledetto, vigliacco. Dovevi lottare con noi,lei non aveva colpa, era nostra amica; preparati a morire”

Le ultime parole risuonarono come un eco nella città, mentre la battaglia continuava e i fulmini imperversavano.

                       Un rito sinistro

Galbatorix camminava in tondo per la sua stanza, strofinandosi le guance e sfregando una mano sotto il mento. Prima di partire per Silthrim, Sauron gli aveva chiesto un favore importante, molto importante e lui non sapeva come fare per ubbidire alla richiesta.

“Ci penserò io, mio buon amico”- aveva detto alcuni giorni prima al suo alleato, ma ora non gli veniva in mente nulla.

Con rabbia, colpì un vaso e lo mandò in frantumi:

“Se non gli offro ciò che ha chiesto, sono sicuro che romperà la nostra alleanza, quel babbeo mi è molto utile e non posso permettere che questo accada”

Kiara era seduta in un angolo e stava cercando di riposarsi, quando il Re le disse con un tono carico d’ira:

“Cerca di aiutarmi a pensare, invece di dormire, schiava”

Il cartone sbatté le palpebre e sbadigliò, poi guardò intimorita il Re di Alagaesia:

“Non-non so come poter essere utile,maestà. Quello che Sauron vi ha chiesto è difficile da realizzare”

“Come se non me ne fossi accorto da solo- urlò Galbatorix battendo un piede a terra con forza- Tuttavia, io ritengo di poter portare a termine la sua richiesta….niente mi è impossibile, niente”

Kiara azzardò una domanda:

“Non crede di essersi fatto prendere troppo dalla superbia?”

Queste parole mandarono su tutte le furie l’uomo che si avvicinò a Kiara e le mise una mano al collo:

“Come osi affermare questo? Come osi mettere in dubbio il mio potere?”

“Non in-intendevo offenderla si-signore, non accadrà più”- disse tremando il cartone quando il Re allentò la presa.

“Bene- mormorò l’uomo- Ora basta, farò un altro tentativo e se non funzionerà…..ma che dico, funzionerà”

Galbatorix aprì il portone della sua camera e liberò Kiara dalle catene:

“Seguimi, dobbiamo andare nei sotterranei”

I due uscirono dalla stanza e il Re si curò che nessuno si trovasse nei paraggi, percorsero il corridoio e scesero la scala a chiocciola che conduceva ai piani inferiori, finché non giunsero di fronte un grosso portone di legno. Il Re lo aprì e i due si trovarono di fronte ad una solida lastra di marmo.

“Mio signore, come faremo a passare?”- chiese Kiara, mentre il Re si accostava alla parete.

“Dimentichi,schiava, che questi incantesimi li ho creati io”- e ,battendo per tre volte con la mano su un determinato punto del marmo, fece sparire la lastra che li ostacolava.

“Ora, silenzio”- intimò il Re ed entrò nella stanza : ai lati della camera ardevano decine di torce che emettevano una luce verdastra, mentre al centro vi era una sorta di altare in pietra dal quale pendevano numerosi teschi umani. Kiara fu percorsa da un brivido quando notò che ognuno di quei teschi portava il segno della schiavitù che Galbatorix le aveva fatto tatuare sul braccio destro. Notando il suo timore, il sovrano sogghignò:

“Non preoccuparti, non ci sarà alcun bisogno di ucciderti”

L’uomo si posizionò di fronte all’altare e pronunciò “BRISINGR” , appiccando un fuoco su di esso, poi il sovrano di Uru-Baen prese una pergamena consegnatagli da Sauron e la osservò con accuratezza:

“Una lingua veramente indecifrabile, quella di Mordor. Fortunatamente, Sauron mi ha spiegato come traslarla nella nostra, dunque questa potrebbe essere la volta buona in cui io riesca a portare a termine l’incantesimo….se riuscirà, i tuoi ex-amici moriranno tutti”

Detto questo, l’anziano Cavaliere pronunciò alcune strane parole e il fuoco che aveva di fronte a sé iniziò a crepitare; man mano che andava avanti, le frasi del Re aumentavano di volume e velocità, finché le fiamme assunsero una colorazione nerastra e un tetro rumore, simile ad un uragano, iniziò a torturare i timpani di Kiara. Galbatorix non fece un fiato, ma continuò imperturbabile finché il fuoco che aveva davanti non mutò in un denso fumo scuro.

“Ah, credo che ci siamo - affermò il Re osservando il suo operato- Manca solo una cosa…Kiara, vieni qui”

Il cartone sussultò quando sentì il suo nome, ma , lentamente, si avvicinò all’altare, osservando quella grande voluta di fumo nero che danzava di fronte a loro. Galbatorix le afferrò il braccio, cacciò fuori un pugnale e le provocò un taglio all’altezza della spalla. Kiara gemette di dolore, ma si trattenne dal fuggire e osservò impotente il Re che raccoglieva il suo sangue in un piccolo contenitore di legno.

La massa nera che avevano di fronte sembrava quasi viva, era come se avesse notato che l’incantesimo stava per compiersi perché si agitava forsennatamente e emetteva sibili sempre più sinistri.

Galbatorix tornò all’altare e versò il sangue di Kiara su di esso: quando il liquido toccò la coltre di fumo, fu come se fosse stato assorbito da essa e scomparve alla vista. Per alcuni secondi non accadde nulla, ma, improvvisamente, Kiara notò del movimento all’interno della nuvola di fumo, qualcosa stava effettivamente emergendo da essa. Uno stridio acutissimo squarciò l’aria e Kiara si premette le mani sulle orecchie per tentare di rimuovere quel rumore orrendo, come di unghie sul marmo. Galbatorix attendeva con le braccia incrociate sul petto e, ad un tratto, una mano sbucò dalla massa nerastra, aprendosi e chiudendosi, come per mettersi alla prova. Quando Kiara vide ciò che emerse, indietreggiò, spaventata, mentre Galbatorix rideva entusiasta:

“Oh sì, ci sono riuscito finalmente. Ora, i Cavalieri non avranno alcuna possibilità di batterci”

                        Piani di Guerra

Alexander aveva condotto Eric, Chris e Rick in una gigantesca caverna nella quale si era accampata la guarnigione dei ribelli: c’erano bivacchi in ogni angolo della spelonca e ogni soldato era impegnato a fare qualcosa, dall’esercitarsi con la spada al radersi la barba. In qualità di capo ribelle, Alexander venne accolto con calore dagli occupanti della grotta ed uno di loro gli chiese:

“Dunque Capitano? Sono loro quelli che cercavi?”

“Esattamente- rispose il ragazzo voltandosi verso i tre Cavalieri, poi fece un gesto verso i guerrieri che trasportavano Danielf nel carro- Scaricatelo e terra e dategli qualcosa da mangiare, pane ed acqua basteranno”

Gli uomini obbedirono e trascinarono il mercenario a terra, mentre questi si agitava e urlava spergiuri verso ognuno dei presenti:

“Pazzi, vi siete messi contro Galbatorix e per questo morirete. Il Re è troppo potente per una marmaglia di contadini come voi”

“Fatelo tacere”- disse una delle guardie e, subito, altre due imbavagliarono il barbaro.

Alexander si tolse la corazza e la appoggiò su di un tavolo, poi scostò tre sedie e si rivolse ai Cavalieri:

“Prego, accomodatevi pure”

I tre giovani obbedirono e Alexander dispiegò una grossa mappa di Alagaesia sul tavolo, fermandola ai bordi con dei libri. Il ragazzo puntò il dito su una piccola zona arborea a Ovest della Du Weldenvarden e disse:

“E’ qui che ci troviamo, a poche miglia a Nord di Taurida”

Kroghor, Vahalkas e Maskind erano distesi appena fuori dalla caverna e osservavano il gruppo, sbadigliando di tanto in tanto.

Eric osservò la loro posizione e constatò che erano lontanissimi sia da Ellesmera che da Uru-Baen, si trovavano praticamente alla stessa distanza dalle due città.

“Abbiamo saputo che Galbatorix ha inviato Sauron e il suo esercito ad attaccare Silthrim”- disse Alexander e indicò la città in questione- A quanto pare, le forze del Re stanno per avere la meglio sulla guarnigione, dunque temo che questo sarà un punto a nostro sfavore”

Eric si chiese se ,magari, Mirko e gli altri si trovassero proprio lì: non poteva pensare che fossero stati uccisi.

“Cosa possiamo fare noi?”- chiese Chris incrociando le braccia sul petto.

Alexander pareva indeciso sul da farsi, tanto che osservò molte volte sia la città elfica che la Capitale:

“Ho preso un impegno ed intendo mantenerlo, sono stato io la causa prevalente dei guai che avete passato ed ho il dovere di rimediare”-esclamò.

Rick scrollò le spalle e scosse il capo:

“Vorresti attaccare Uru-Baen? Scusa se te lo dico, ma è una follia”

“Fino a che punto,pero?- disse Eric osservando la città imperiale sulla cartina- Le forze del nemico sono da tutt’altra parte, la Capitale è indifesa”

“Questo è quel che credi tu- ribatté Chris- Solo Galbatorix possiede la forza di migliaia di uomini, se poi contiamo il suo drago, Murtagh,Castigo, Stitch, Kovu e le guardie della città, allora vedrai che l’ago della bilancia penderà sempre a loro favore”

Alexander era rimasto in silenzio,mentre i due amici discutevano, quando ad un tratto si sentì costretto ad intervenire:

“Insomma, qui il capo sono io e sono d’accordo con Eric sul fatto che dovremmo tentare un attacco”

“E’ una cosa priva di senso- sibilò Rick- Verremo uccisi tutti quanti”

Eric batté un pugno sul tavolo e si rivolse con rabbia all’amico:

“Oromis ci ha detto…”

“….Che c’è sempre speranza? No Eric, non ce ne sarà, non stavolta. Galbatorix non è stupido, lui non farebbe mai in modo di rimanere indifeso; se si sta comportando così è perché sa di avere un qualche asso nella manica”- urlò questo, interrompendo Eric.

“Significa che non verrai?”

“Si, non verrò. Se vuoi morire vai pure, ma sappi che così non saremo di alcun aiuto a Mark, a Mirko….a Kiara”

Eric divenne una furia a quella parola e tentò di saltare addosso all’altro Cavaliere, ma Chris lo trattenne:

“Smettetela, adesso basta - ringhiò il robusto ragazzo, facendo nuovamente sedere i due litiganti- Io sono del parere di Rick, perciò dovrete fare a meno anche di me”

“E’ questa la vostra amicizia?”- domandò sarcasticamente Eric ridendo con disgusto.

“Non si tratta di amicizia- sbottò di nuovo Rick, diventato rosso per la rabbia- Si tratta di coerenza, di logica. Non possiamo fare ciò che va oltre le nostre capacità”

L’altro non rispose e fu Alexander a farlo al posto suo:

“Fate come volete, voi due. Domattina, noi partiremo per Uru-Baen e libereremo i vostri cartoni, avete tutta la notte per riflettere”- detto questo, si alzò e si allontanò, seguito da Eric.

“Basta nominargli Kiara e perde la testa quel matto”- mormorò Chris, avvicinandosi a Rick.

“E’ un idiota, sta facendo la cosa sbagliata. Non sa che Galbatorix aspetta solo che esca allo scoperto…”

“Dovremmo seguirlo?”- chiese Chris osservando Eric che spariva fra i soldati.

“No, domani io e te torniamo ad Ellesmera. Quando ho accettato di seguire Eric, ritenevo che avremmo agito con prudenza, e invece mi sono ritrovato a stare con un folle che rischierà la vita per salvare la fanciulla dei suoi sogni- in quel momento Rick rise,mettendosi una mano in faccia- La cosa che mi fa più ridere è che Kiara è anche fidanzata: Eric è uscito di senno”

Chris annuì con la testa e poi storse le labbra, riflettendo:

“Forse, però, non sarebbe leale lasciarlo al suo destino, forse dovremmo almeno….”

Rick uscì dalla caverna, a passi svelti e si girò verso l’amico:

“Io non farò nulla”- e sparì tra i guerrieri.

Chris contattò mentalmente Kroghor:

“Hai sentito tutto?”

“Si, Chris. Anche Maskind, nonostante sia il drago di Eric, ritiene che sia una pazzia tentare un assalto alla Capitale, ma lui non può farci nulla se il ragazzo vuole rischiare”

Il robusto Cavaliere chiuse il contatto e osservò la cartina ancora aperta sul tavolo, il puntino che segnava Uru-Baen provocò in lui un senso di inquietudine ed ansia. Il giovane si sedette su una delle tre sedie vuote e si appoggiò alla spalliera, massaggiandosi le tempie.

“Ho un brutto presentimento, sono certo che se Alexander ed Eric partiranno….non torneranno più”

                      Fuga da Silthrim

Mirko era in piedi di fronte a Sauron, mentre quest’ultimo stringeva Gianni tra le braccia, con l’intenzione di affogarlo. Il ragazzo osservò le fiamme che ancora bruciavano intorno alle macerie saltate in aria a causa dell’incantesimo del Signore di Mordor e la sua mano si strinse ancora più forte intorno alla spada.

“Non hai ancora risposto alla mia domanda- disse Sauron minaccioso, mentre Gianni cercava di colpirlo inutilmente con le gambe- Desideri la morte del tuo amico o preferisci arrenderti?”

Mirko sentiva il suo cuore pulsare forte, quando si accorse che Manuel e Robert si stavano riprendendo: il primo dei due si era già rialzato e accorse al fianco del Cavaliere:

“Mirko, come ha fatto Sauron a catturare Gianni?”

“Voi eravate svenuti….quel maledetto ha…..ucciso Angel”-sussurrò tra i denti Mirko, abbassando la testa.

Manuel fu preso da puro stupore e i suoi occhi si dilatarono, così come anche i suoi muscoli si irrigidirono per il rancore:

“Cosa? Ma….come…?”- chiese il ragazzo mettendosi le mani sul capo, nel frattempo Robert si era avvicinato ai due e Sauron continuava ad attendere in silenzio.

“Era sotto un cumulo di macerie e lui…l’ha fatta saltare in aria….non c’era possibilità di salvarsi da quell’esplosione”- mormorò Mirko, balbettando.

Il Signore Oscuro sentì le parole del Cavaliere e avanzò di alcuni passi, tenendo bloccato Gianni:

“Era ciò che meritava….”

“No, non è vero”- urlò Mirko lacrimante, interrompendo il suo interlocutore e portando la spada di fronte a sé.

“Prova solo a fare un altro passo e il tuo amico morirà”- ringhiò Sauron spostandosi leggermente all’indietro.

In quel momento, si udì un forte ruggito e Xavian piombò fulmineamente sul Signore di Mordor, questi, per cercare di difendersi dall’attacco della creatura alata, lasciò cadere Gianni e il Cavaliere ne approfittò per raccogliere la sua lama. Il drago, ora, sovrastava Sauron e lo morse con violenza ad una spalla, Mirko sentì sulla sua pelle quanto stesse soffrendo il suo compagno, perché la corazza del sovrano di Mordor era molto spessa e neanche i suoi denti riuscivano a perforarla. Xavian mollò la presa e decise di lanciare una fiammata sul suo avversario, quando questi alzò la sua mazza e lo colpì alle costole, Mirko urlò di dolore tenendosi il punto dove il suo compagno era stato colpito e Manuel e Robert lo soccorsero immediatamente:

“Fate allontanare Xavian da lui”- disse Mirko massaggiandosi le costole e poi vide che Meredriel e Lifaen stavano correndo a gran velocità verso di loro:

“Cavalieri, ci stiamo ritirando”

I tre non fecero in tempo a replicare che Xavian venne scagliato a pochi metri dal gruppo e gli altri tre draghi gli atterrarono al fianco.

“Niente può fermarmi -rise Sauron pulendosi dalla polvere- Ora, è giunto il tempo di morire”- aggiunse e piantò la sua mazza sul terreno. Tutto si mise a tremare e una spaccatura iniziò a formarsi dal punto in cui il Signore Oscuro teneva ferma la sua mazza da battaglia. I due Elfi e i Cavalieri persero l’equilibrio e caddero a terra, mentre i draghi si tenevano saldi al terreno sulle loro quattro zampe.

“Dobbiamo andarcene”-urlò Lifaen cercando di rialzarsi in piedi.

“E la guarnigione?”- chiese Robert che a fatica stava issandosi su Eridor.

“Li ho mandati avanti e sono venuto a cercare voi. Mi dispiace, amici, ma Silthrim è caduta”

Mirko fu preso dallo sconforto e dalla paura: il Male si stava avvicinando sempre di più ad Ellesmera e loro non erano stati in grado di arrestarne l’avanzata. Robert afferrò la mano di Lifaen e lo fece montare con lui, mentre Manuel ospitò Meredriel su Kaspian, Gianni era ancora intento a guardare Sauron e Mirko era come paralizzato. Tutto ad un tratto al Cavaliere sembrò di aver notato una figura alle spalle di Sauron….sembrava…no, doveva esserne certo.

Il ragazzo scattò in avanti e gli altri lo chiamarono, allarmati:

“Mirko, che cosa fai? Dobbiamo andarcene prima che sia troppo tardi”- urlò Robert, tenendo le redini di Eridor.

“Cominciate a partire- rispose a sua volta il giovane- Xavian, stammi sopra e , appena te lo dico, prendimi al volo”

“Cosa?”

“Tu fallo e basta”

Mirko corse attraverso le macerie, mentre il terremoto provocato da Sauron continuava a far crollare gli edifici e gli alberi. Il Signore di Mordor notò che il Cavaliere correva nella sua direzione e pensò: “Cosa ha intenzione di fare? Vuole uccidersi?”.

Sauron sollevò la mazza e attese che il ragazzo gli fosse abbastanza vicino per colpirlo, ma questi spiccò un agile balzò e lo superò con un acrobatica capriola aerea, il Signore di Mordor colpì solo aria e si girò:

“Non mi sfuggirai”- sibilò inseguendo il ragazzo.

Mirko era ora circondato da una spessa voluta di polvere e camminava a tentoni, facendo attenzione a non inciampare, dietro di sé sentiva i pesanti passi di Sauron, ma non poteva perdere tempo a combatterlo. Il Cavaliere era sicuro di aver visto la sagoma di Angel, dietro le spalle del sovrano di Mordor, forse il cartone si era in qualche modo salvato.

Camminando per alcuni secondi nel polverone, sentì un flebile lamento provenire da un punto imprecisato di fronte a sé, ma quella nebbia di terra non gli permetteva di vedere nulla.

“Angel, sei tu? Dove ti trovi?”

Nessuno rispose, ma Mirko si fece guidare dall’udito e seguì quei lamenti finché non trovò quello che stava cercando: Angel era accasciata su un pezzo di mura crollato e respirava a fatica, le fiamme le avevano colorato il pelo di nero e una delle sue antenne era quasi stata carbonizzata.

“Angel, sei viva”- disse il ragazzo, preso dalla felicità, ma non poté fare a meno di notare che le ustioni erano molto gravi e pronunciò: “Waise Heill”.

L’antenna carbonizzata riprese parte della sua vitalità, ma le ustioni erano troppe per poterle curare tutte. Mirko prese in braccio il cartone e udì il rimbombare dei passi di Sauron:

“Sei proprio sfortunata, piccola, è la seconda volta che rischi di morire”- le sussurrò il Cavaliere, ma lei non rispose…brutto segno.

“Esci fuori, non nasconderti a me…non nasconderti alla tua paura”- Mirko sentì queste parole attraverso il polverone e chiamò Xavian. Il drago atterrò e il Cavaliere montò su di esso, avvolgendo Angel con una coperta.

“Vai Xavian, dove ci aspettano gli altri?”

Il drago spiccò il volo e poi rispose:

“Sono poco davanti a noi, li raggiungeremo tra non molto”

Il Cavaliere guardò in basso e vide che Silthrim era totalmente in fiamme, poco lontano notò,invece, la fila di superstiti che abbandonava la città. Scostando un po’ la coperta, Mirko carezzò la testa di Angel e mormorò:

“Tu non sei di questo mondo, non dovresti essere qui e nemmeno io dovrei. Prima o poi spero che tutto tornerà alla normalità”

Sauron osservò il nemico che si allontanava in volo e si sedette su di una roccia, scagliando la mazza a terra con rabbia. Un suo soldato si avvicinò e lo informò:

“Signore, siamo riusciti a conquistare la città. Qual è la nostra prossima mossa?”

“Attendiamo istruzioni da Galbatorix, ci dirà lui che cosa fare. Ora saccheggiate tutto quello che potete….ci serviranno molte provviste se dovremo assediare Ellesmera”

                    Uno contro l’altro

Mark aprì gli occhi e mise a fuoco il suo appartamento a Minas Tirith: Arnold dormiva ancora e sia Zarthan che Razar stavano imitando l’arciere. Mark si alzò lentamente dal suo letto e si stiracchiò, sbadigliando. Si diresse ad una ciotola piena d’acqua e si lavò il viso, per eliminare la sensazione di stanchezza che lo opprimeva. Il ragazzo aprì la porta e la stanza venne invasa dal sole del mattino. Lo spettacolo era magnifico: i raggi solari giungevano da dietro le montagne innevate e l’ombra dell’Albero Bianco copriva gran parte dello spiazzo al di fuori della Rocca.

“Buongiorno”- sentì Mark dietro di sé e notò che l’amico si era svegliato.

“Ben sveglio, Arnold. E’ un miracolo che mi sia riuscito a destare prima di te, non trovi?”

“Ah, ero veramente stanco, ieri. Del resto non abbiamo mai dormito quando abbiamo viaggiato con Eomer e ho dovuto recuperare qualche ora di sonno”- scherzò il Cavaliere, vestendosi.

I due uscirono dall’alloggio e si diressero ai loro draghi che riposavano accanto alla costruzione.

“Restate ancora un po’ qui, se volete- disse Mark- Noi dobbiamo sbrigare alcune faccende con Aragorn”

“Va bene”- sussurrò Zarthan senza aprire gli occhi.

Detto ciò, Mark si avvicinò al portone della Rocca e bussò due volte, un soldato aprì loro e gli chiese chi stessero cercando, ma prima che uno dei due giovani potesse rispondere, la voce autoritaria di Aragorn fece eco nel palazzo:

“Falli pure entrare, devono parlare con me”

L’uomo li fece accomodare e i due videro che il Re di Gondor era seduto sul suo trono e spiluccava un grappolo d’uva:

“Sire Aragorn”- disse Mark, inchinandosi.

Il Re scese dal trono e fece alzare il ragazzo, tirandolo su con dolcezza:

“Io non chiedo un’obbedienza così forte. Sinceramente, non amo la gente che si inchina, mi da l’impressione che io sia un despota - rise l’uomo dando una pacca sulla spalla di Mark, poi , però, la sua espressione tornò seria- Di cosa volete parlarmi?”

Mark prese un respiro:

“Oggi arriverà un altro esercito avversario, quello che siamo riusciti ad anticipare in tempo quando giungemmo a Osghiliat con i Rohirrim….come intendi guidare la difesa?”

Il Re di Gondor rifletté per alcuni istanti, camminando in circolo, il suo sguardo si posò sui due Cavalieri e disse:

“Sono quasi certo che Osghiliat non resisterà ad un altro assalto, saremo costretti a difenderci direttamente qui, a Minas Tirith. Comunque, sarà meglio se voi raggiungiate Baldir e Faramir….e portate anche Eomer con voi. Io, Legolas e Gimli prepareremo le difese della città… dovete darci il tempo necessario per portare a termine il compito. Quando avremo finito, invierò un messaggero ad avvisarvi, a quel punto, Mark, ordina la ritirata e torna qui”

“Mi pare una buona idea”- commentò Arnold giocherellando con la sua spada.

“Sì, sono d’accordo”- aggiunse Mark e strinse la mano di Aragorn, sorridendo.

Il Re li congedò dopo avergli mostrato gli ultimi dettagli del piano e i due ragazzi si misero in cerca di Eomer. La città brulicava di soldati, mercanti, artigiani, donne e bambini, ma tutti avevano visi preoccupati e inquieti. I loro occhi si posavano sui Cavalieri come se volessero sapere cosa aveva detto loro il Re, ma i due andarono avanti finché non videro Eomer nei pressi delle stalle. Il Capitano di Rohan stava ferrando il suo cavallo e , non appena li vide arrivare, li salutò con la mano.

“Salve, Cavalieri- esclamò alzando lo sguardo dal suo lavoro- Buon giorno per una battaglia, non trovate”- aggiunse poi osservando il cielo azzurro e limpido.

Mark si sedette su di uno sgabello e incrociò le mani sul petto:

“Vedo che non hai perso tempo a prepararti. Fai bene, dobbiamo andare a Osghiliat”

“Davvero?- chiese l’uomo continuando a colpire con il martello gli zoccoli del suo destriero- Porterò anche alcuni dei miei uomini, allora”

“Si, ritengo che ci sarà utile avere un po’ di cavalleria a disposizione”- mentre Arnold diceva queste parole, Razar e Zarthan atterrarono vicino alle stalle e alcuni cavalli si impennarono, terrorizzati.

“Quando si parte?”- chiese Zarthan richiudendo le ali.

“Tra qualche ora, il tempo di preparare le truppe e saremo ad Osghiliat”- lo informò Mark e si appoggiò al ventre del suo drago, chiudendo gli occhi.

                                                *

Kraghat stava conducendo le truppe di Mordor verso Osghiliat; il Re della Nuova Terra aveva inviato loro diecimila uomini più un altro espediente che sarebbe stato molto utile alla loro causa:

“Avanti feccia, muoversi- urlò Kraghat schioccando la frusta sopra le truppe in movimento- Dobbiamo raggiungere Osghiliat, entro oggi”

L’esercito di Sauron e Galbatorix marciava instancabilmente da circa tre giorni e provocava un lieve tremore del terreno ogni volta che passava. Di tanto in tanto, alcuni corni risuonavano tra le fila di Orchi e soldati Imperiali e i vessilli sventolavano velocemente, a causa di un vento abbastanza forte.

Kraghat si portò in testa alla formazione e parlò al Comandante:

“Tutte le truppe sono pronte alla battaglia, signore. Riusciremo a catturare Osghiliat in poco tempo”

“Lo spero- rispose Kovu voltandosi verso il Capitano Kraghat – Così potremo assediare la loro città principale, senza subire troppe perdite”

Sulla spalla del Comandante era seduto un piccolo essere blu, che lui chiamava Stitch. Alla vista sembrava gracile, ma Kraghat sapeva, avendolo visto in azione, che quella creatura valeva più di mille uomini.

“Quando intende usare i….”

“Non subito - sussurrò Kovu guardando in alto- Saranno una sorpresa per i Cavalieri”

Kraghat sogghignò e tornò al suo lavoro, incitando le forze di Mordor a muoversi con maggiore velocità.

Kovu continuò a cavalcare, finché Stitch non gli disse:

“Mi manca Angel”

“Lo so, Stitch, ma Galbatorix vuole che portiamo a termine questa missione, anche se significa che dovremo uccidere  Mark e gli altri”

Il cartone blu scosse la testa:

“Non esiste un’altra soluzione, magari per liberarsi dall’incantesimo del Re?”

Kovu si fece scuro in volto e sospirò con tristezza:

“Purtroppo, hai potuto constatare come anche il solo pensare di disobbedire al Re ci provochi del dolore. Non possiamo far altro che attenerci ai suoi ordini”

Stitch sospirò a sua volta e fece un singhiozzo: era da moltissimi giorni che il piccolo cartone blu non vedeva la sua compagna, il Re li aveva tenuti separati in celle diverse e non gli permetteva mai di incontrarsi quando erano ad Uru-Baen. Ora, la creatura blu sperava solo che Angel stesse bene e al sicuro.

Dopo alcune ore di viaggio, Kovu avvistò Osghiliat in lontananza e decise di accamparsi per riprendere fiato: le truppe dovevano giungere alla città nel pieno delle loro forze. Gli Orchi accesero un fuoco e iniziarono a divorare dei pezzi di carne cruda….Kovu non voleva neanche pensare che tipo di carne fosse e , probabilmente, neanche gli uomini di Galbatorix che sedevano poco distanti intorno ad un altro falò e si portavano le mani allo stomaco di fronte alla rozzezza delle forze di Mordor.

Kraghat si avvicinò al cartone e si sedette accanto a lui, l’Orchetto emanava un odore davvero nauseante e Kovu dovette fare di tutto per non tapparsi il naso.

“Quando attacchiamo eh? Quando attacchiamo?”- chiese insistentemente Kraghat, osservando Osghiliat.

Kovu fece un verso di disgusto ( Kraghat non era così intelligente da capire che era rivolto a lui) e rispose:

“Tra poco, prima riprendiamo le forze. Loro hanno alcuni Cavalieri dei Draghi dalla loro parte, non sarà facile sconfiggerli”

Kraghat si batté una mano sulla logora corazza e ribatté:

“Ma come? Il Re della Nuova Terra è finalmente riuscito ad evocare….”

“Lo so - lo interruppe il cartone- Ma siamo sicuri che saranno all’altezza? Non mi sembrano troppo potenti, ma devo ammettere che, alla vista, provocano un certo terrore”

L’Orchetto rise con voce rauca e dibatté le gambe per il divertimento:

“Puoi stare certo che saranno all’altezza. Li conosciamo bene…e sappiamo che non smetteranno di dare la caccia ai Cavalieri finché non li avranno eliminati”

Kovu deglutì e riportò lo sguardo su Osghiliat, poco lontano da questa era visibile la grande Capitale di quel regno, chiamata Minas Tirith. Forse Mark e gli altri erano lì? Ma che importanza aveva, pensò Kovu, ormai erano nemici e sarebbero stati costretti a lottare l’uno contro l’altro. La vittoria di uno degli schieramenti avrebbe portato , certamente, alla disfatta dell’altro: Kovu sperava solo che sarebbe vissuto abbastanza per rivedere Kiara e, magari, per far tornare Stitch dalla sua Angel.

Cure e Parole

Mirko aveva raggiunto i suoi amici che si erano accampati in mezzo alla foresta e , non appena atterrò, questi gli andarono incontro.

“Angel”- disse Gianni, quando vide che Mirko teneva il cartone con sé.

“E’ viva?”- sussurrò Manuel come se avesse paura di quello che stava chiedendo.

“Sembra di sì….respira - esclamò Mirko – ma non parla…non riesco a capire perché”

Il Cavaliere smontò da Xavian e gli Elfi presero Angel portandola dai curatori. Quando questi la videro, uno di loro disse:

“Non era normale fuoco, quello con cui questa creatura è stata colpita. Era qualcosa di maligno, di insano. Noi potremo curare solo le ferite esterne ma non posso dirvi niente riguardo al fatto che non parli più…sembra ridotta ad una pianta”

“Era quello che pensavo anche io”- esclamò Mirko sedendosi accanto al curatore, mentre gli altri tre Cavalieri osservavano incuriositi. Tutti notarono che Angel sbatteva le palpebre e li guardava, ma non riusciva a fare altri movimenti oltre a quelli.

“Posso solo azzardare un’ipotesi”- continuò l’Elfo, osservando i comportamenti del cartone rosa- “La vostra amica è stata paralizzata, sì….dev’essere sotto effetto di paralisi”

“E’ grave?”- chiese Robert appoggiandosi ad un albero.

L’Elfo fece un’espressione indecisa:

“Di solito la normale paralisi guarisce da sola in pochi giorni, ma non so che tipo di incantesimo sia quello che ha colpito lei…spero solo che non sia permanente”

Mirko si irrigidì e strinse i pugni per la rabbia:

“Anche se fosse permanente, tornerei indietro,costringerei Sauron a dirmi come fare per curarla e….”

“…e ti faresti un altro bagno nel lago”- terminò la frase Meredriel, che lo aveva salvato dopo il suo primo scontro con il Signore Oscuro.

“Quel giorno fu diverso”- precisò Mirko- “Ero troppo irato per poter combattere, ma oggi sono riuscito a tenergli testa”

Manuel fece una risatina:

“Bè, non mi sembra che abbiate dato vita ad un duello”

“Non significa, però, che non sia riuscito a batterlo. Per lui la mia fuga è stata come una sconfitta, ne sono sicuro. State certi che un giorno saremo costretti a batterci non solo con lui, ma anche con Galbatorix”

Per un po’ ci fu totale silenzio e poi Lifaen intervenne:

“Va bene, lasciamo Angel ai curatori e andiamo nella mia tenda. Devo parlarvi”

L’Elfo si avviò, seguito da Gianni, Manuel e Robert e Mirko diede una carezza alla testa del cartone rosa, prima di unirsi al gruppo.

Quando furono tutti dentro la tenda, Lifaen li osservò tutti e poi iniziò:

“Silthrim è caduta…..occorre dire altro secondo voi?”

Nessuno rispose e l’Elfo continuò:

“Ellesmera, ora , è l’ultima tappa che il nemico tenterà di raggiungere. Dobbiamo tornare lì e preparare le difese”

“Non sono d’accordo”- affermò Mirko sbattendo un pugno sul tavolo- “Se ci rintaniamo di nuovo dietro le mura, il nemico riuscirà senza dubbio a infliggerci un’altra sconfitta. Voi siete Elfi, conoscete la vostra foresta, possiamo fare in modo di fermare l’esercito di Sauron e Galbatorix prima che giunga al suo obiettivo”

“E come?”- domandò Manuel incrociando le braccia.

“Dobbiamo eliminarli un pezzo alla volta….loro non sanno niente della Du Weldenvarden, voi sapete tutto: nascondigli, posizioni strategiche, conoscete ogni singolo filo d’erba di questa zona”- Lifaen parve prendere coraggio di fronte a queste parole di Mirko.

“Cosa pensate che conoscano gli Orchi ,delle foreste? Niente, ve lo posso garantire….la Du Weldenvarden sarà il nostro più grande alleato in questa circostanza”- continuò il ragazzo, mentre tutti gli sguardi erano puntati su di lui, Gianni sorrideva con ammirazione – Li manderemo nel panico, spezzeremo i loro ranghi, li disperderemo e allora, solo allora, potremo schiacciarli e rispedirli da dove sono venuti”- Mirko urlò le ultime parole e gli altre tre Cavalieri mormorarono tra loro, soddisfatti. Lifaen chiamò a sé Meredriel e gli parlò nell’orecchio, Mirko attendeva una risposta, respirando lentamente e cercando di calmarsi per la rabbia con cui aveva espresso le sue parole.

L’Elfo smise di colloquiare con il compagno e guardò Mirko con i suoi occhi a mandorla:

“Sei più saggio di quello che credevo, Cavaliere. Credo che seguiremo il tuo consiglio….questa è la nostra foresta, la nostra madre e ci aiuterà a sconfiggere gli invasori”

Mirko annuì con la testa ed uscì dalla tenda, seguito dai suoi amici:

“Dove hai imparato l’arte oratoria?”- scherzò Manuel strofinando una mano sulla testa dell’amico.

“L’ho imparata osservando le malvagità dei nostri nemici e confidando non solo in me stesso, ma anche in quelli che mi sono accanto”

Robert gli diede un pugnetto scherzoso sulla spalla destra e lo canzonò:

“Abbiamo un nuovo poeta ora?”

Mirko stava per rispondere, quando vide il curatore che prima aveva visitato Angel e gli chiese:

“Come sta?”

“Sta bene, non preoccupatevi- esclamò questi con un sorriso- Le ferite esterne sono state sanate…il resto guarirà in un giorno o due: si tratta solo di una leggera paralisi”

Mirko abbracciò l’Elfo che parve stupito della cosa e tentò di scrollarselo di dosso:

“Scusi”- disse poi Mirko arrossendo.

“Nulla, nulla”- replicò l’altro allontanandosi, ma dando occhiate sbalordite a quei ragazzi.

“Tutto si sta aggiustando,amici…la battaglia finale si avvicina”-concluse Mirko.

                            La cattura

Rick stava preparando il suo drago a partire, mentre tutt’intorno a lui, i soldati di Alexander smontavano le tende e si accingevano a seguire il loro capo nel viaggio che li avrebbe condotti ad Uru-Baen. Il Cavaliere scoccava occhiate severe a tutti gli uomini che gli passavano accanto e non parlava con nessuno, quando, ad un tratto, Chris lo avvicinò:

“Sei convinto a volertene andare?”

“Si, Eric non può sperare di sconfiggere il Re in questo modo e io non voglio rischiare di morire inutilmente, mentre i nostri amici combattono chissà dove”-disse Rick posizionando la sella sul dorso rosso di Vahalkas.

Chris osservò l’amico che continuava a prepararsi in silenzio e aggrottò la fronte:

“Io credo che tu abbia ragione a dire che quello che stanno facendo Alexander ed Eric sia una pazzia, ma….”

“Non esistono ‘ma’, in questo momento, Chris - lo interruppe Rick, girandosi di scatto- Se vuoi venire con me, hai il tempo per prepararti. Tra un’ora esatta, parto per Ellesmera”

Rick si allontanò, seguito da Vahalkas, mentre Chris si mise in cerca di Eric. Doveva assolutamente parlargli : se i Cavalieri si fossero divisi in questo modo, Galbatorix avrebbe avuto maggiori probabilità di vittoria, sconfiggendoli uno alla volta. Il ragazzo percorse l’accampamento dei ribelli e non poté fare a meno di notare come anche i volti di alcuni guerrieri fossero abbastanza preoccupati. Il Cavaliere si fermò e chiese ad uno di loro:

“Perché siete tristi?”

L’uomo singhiozzò e rispose:

“Alexander è un grande capo, ma questa volta ha passato il segno….sono sicuro che non riusciremo a vincere la battaglia che ci accingiamo ad affrontare….e io non vedrò più i miei bambini”- dettò questo, il guerriero scacciò le lacrime e riprese a riordinare le proprie armi, non badando più al Cavaliere. Chris fu preso da un’ondata di commozione: quanti padri, fratelli, cugini sarebbero morti vanamente in quello scontro? Alexander era disposto a pagare tale prezzo pur di rispettare una parola data? Con questo pensiero nella mente, il ragazzo continuò a camminare finché non vide Eric ed Alexander che stavano osservando l’esercito da una piccola rupe solitaria. Il Cavaliere raggiunse i due ed Alexander si girò, facendo un cenno con la mano:

“Salute, Cavaliere. Avete deciso cosa fare?”

Chris fece finta di non aver capito e domandò a sua volta:

“Hai deciso cosa fare tu? Vuoi veramente andare verso una strage sicura?”

Eric rimase in silenzio ed Alexander ribatté, facendo un passo in avanti:

“Non ci sarà nessuna strage, l’esercito del Re non è nella Capitale…Uru-Baen è vulnerabile”

“Come fai ad esserne certo? Galbatorix è molto furbo, sa benissimo che potrebbe essere attaccato e avrà preso le giuste contromisure”- disse Chris con rabbia.

“Calma, Chris- lo intimò Eric- Sappiamo quello che facciamo”

“Ah, sapete quello che fate?”- esclamò l’altro Cavaliere con sarcasmo. Eric era accecato dal troppo odio verso Galbatorix, sarebbe stato difficile farlo desistere dall’impresa. In quel momento, un soldato si avvicinò al gruppo e disse, rivolto ad Alexander:

“Le truppe sono pronte a partire, attendiamo il vostro ordine”

Passarono alcuni secondi di silenzio, Chris osservò Alexander in viso e poi Eric, sperando che uno dei due potesse cambiare idea all’ultimo momento, ma le parole che seguirono non fecero che accrescere la rabbia del Cavaliere:

“E sia- disse Alexander- Possiamo andare”- poi si rivolse a Chris- Tu vieni con noi?”

“NO”- si limitò a urlare il ragazzo e si allontanò a passi svelti, con la mente piena di angoscia. Quando ritornò nel bel mezzo dell’accampamento, ormai quasi tutto smontato, vide Rick appoggiato al fianco di Vahalkas con uno stelo d’erba fra le labbra e lo raggiunse:

“Ha deciso di morire?”- chiese Rick anticipando le parole dell’amico. Chris non rispose e si sedette accanto all’altro Cavaliere, sospirando.

“Suppongo che il tuo sia un sì”- continuò Rick gettando via lo stelo d’erba e alzandosi in piedi- “Bè, io sono pronto ad andarmene, chiama Kroghor e vieni anche tu”

Stavolta, Chris non ci pensò due volte, non provò nemmeno a giustificare il comportamento di Eric, e chiamò il suo drago che atterrò al fianco di Vahalkas.

“Avete deciso di andarvene?”- chiese il drago, emettendo una voluta di fumo dalle narici.

“Si, Kroghor - rispose Chris con amarezza- Non possiamo essere noi a far cambiare idea ad Eric. Questa volta dovrà cavarsela da solo”

I draghi sembrarono un po’ sconsolati a quella risposta, ma fecero salire i loro Cavalieri sulle selle e, dopo aver dato un’ultima occhiata all’esercito ribelle che già si era messo in movimento, spiccarono il volo.

Quando furono in cielo, nessuno dei due Cavalieri parlò, si sentivano solo le ali dei draghi e le correnti di vento. Chris pensava, si chiedeva cosa ne sarebbe stato di Eric, poi si rassegnò e decise che non gli sarebbe importato più nulla del suo amico…non era colpa sua se il Cavaliere aveva deciso di seguire Alexander nella sua folle spedizione, era stato lui stesso il primo ad unirsi al capo ribelle. Passarono le ore e giunse la notte: i ragazzi atterrarono in una radura e si stesero a terra senza neanche accendere un fuoco. Non avevano voglia di mangiare, né di riscaldarsi, volevano solo dormire….per dimenticare.

                                             *

Il mattino dopo, Chris aprì gli occhi e si alzò da terra, osservando l’alba. Quello spettacolo non fece che accrescere la sua tristezza, ormai il Cavaliere non riusciva più ad essere felice…dopotutto, per quanto fosse stato sciocco, era Eric che li aveva condotti fino a lì, era stato Eric che si era offerto per salvare i cartoni, ma poi , improvvisamente, il ragazzo era cambiato e aveva deciso in più circostanze di attaccare Uru-Baen. La prima volta che accennò a questa pazzia fu dopo che i tre erano riusciti a fuggire da Taurida, prima di essere intercettati dalla banda di Danielf, poi, ha approfittato del volere di Alexander per seguirlo in quella sciagurata battaglia.

Ripensando a ciò, Chris fece per svegliare Kroghor, quando un fortissimo dolore alla spalla lo fece cadere a terra, il ragazzo si tenne l’arto dolorante e notò che anche i draghi e Rick si erano svegliati e avevano urlato di dolore.

“Ma cosa succede?”- chiese Chris al suo drago, senza smettere di stringersi il braccio.

“E’ successo qualcosa di terribile ad uno di noi. Tutti i Nove Cavalieri sono uniti da un legame indissolubile, se uno di loro viene….”

“Ucciso?”- disse Chris interrompendo il drago.

“Anche”- concluse Kroghor, cercando di allontanare anch’egli il dolore.

Rialzandosi in piedi a fatica, Chris si rivolse a Rick:

“Credi che sia Eric?”

“Chi altri potrebbe essere?”

“Non dimentichiamoci che anche gli altri si trovano in guerra, non possiamo sapere se sia stato proprio lui ad essere….”- esclamò Chris, ma un’altra ondata di dolore gli trafisse la gamba destra, facendolo quasi inciampare.

Rick gemette a sua volta:

“No, Chris. Sono sicuro che è lui”

I due ragazzi si fecero forza e montarono sui draghi:

“Dobbiamo tornare indietro”- disse Chris, Rick non si oppose e i draghi si rimisero nuovamente in volo. Il viaggio durò a lungo, finché Rick non avvistò….Maskind ed Eric.

Drago e Cavaliere erano in mezzo ad una radura e si intravedeva una grossa pozza di sangue intorno a loro. Non c’era traccia del resto dell’esercito. Un tuono rimbombò e iniziò a piovere, mentre Kroghor e Vahalkas scendevano in cerchio a atterravano. Chris si slacciò le cinghie che lo tenevano sulla sella e corse verso l’amico che era a terra, immobile:

“Eric- urlò Chris alzandogli delicatamente la testa- Rispondimi”

Anche Maskind era a terra e aveva ferite ovunque, Eric, invece, mostrava dei tagli profondi sulla corazza e due gravi ferite al braccio e alla gamba destra.

“Dobbiamo curarlo”- disse Rick e ,insieme a Chris, riuscì a risanare le ferite più gravi. Vahalkas e Kroghor contribuirono con la loro forza a curare Maskind.

Dopo qualche minuto, Eric aprì gli occhi e vide i due amici sopra di lui:

“Ragazzi”-fu la sua prima parola.

“Eric, cosa è successo? Dov’è il resto dell’esercito”

Eric trattenne le lacrime e poi rispose:

“Avevate ragione, amici- singhiozzò- Ci hanno massacrati, sono tutti morti”

“Anche Alexander?”- domandò Chris, mentre aiutava l’amico a sedersi.

“No, credo che lui sia stato solo catturato”

“Ma chi ti ha ridotto così? Non possono essere stati i soldati di Galbatorix”- disse Rick.

Eric prese a respirare affannosamente e spalancò gli occhi, in preda al panico:

“Io…io ricordo…una c-creatura gigantesca….era grande quanto Maskind ma n-non sputava fuoco. Ricordo uno stridio assordante….poi…si è gettata verso di me e ho fatto in tempo a vedere che era cavalcata da qualcosa…l’unica certezza che ho è che quella cosa, amici….non era umana”

             Come dieci anni fa

“Rieccoci qui, come dieci anni fa”- disse Faramir seduto vicino ad un falò, insieme a Baldir e alcuni altri soldati di Gondor. Osghiliat era tornata esattamente quella tetra e devastata città che appunto due lustri prima aveva ospitato la più grande battaglia del loro tempo.

“E non credo che manchi molto al medesimo epilogo”- sussurrò Baldir, mentre si affilava la spada con una pietra.

“Abbi fiducia – esclamò Faramir con fare rassicurante – il passato non torna mai allo stesso modo”

Gli altri uomini rimanevano perlopiù in silenzio, dedicandosi ai loro compiti di pattugliamento e rafforzamento dei bastioni. Faramir osservò il cielo: non era molto nuvoloso, ma c’era qualcosa di strano nell’aria...il Capitano di Gondor avvertiva una strana presenza…una presenza che gli era in qualche modo familiare e non riusciva a capire perché.

“Cosa c’è, Capitano?”- gli chiese Baldir, avendolo visto distratto.

“C’è qualcosa di strano….bha, non badare a me, piuttosto preparati al meglio per lo scontro”

Baldir annuì e riprese il suo lavoro, mentre Faramir continuava ad osservare il cielo:

“Qualcosa di strano”- ripeté fra sé e sé.

In quel momento si udì un forte battito d’ali e Faramir si voltò, in preda al panico, tranquillizzandosi subito dopo: Mark ed Arnold erano arrivati,seguiti da Eomer ed una cinquantina di Rohirrim.

“Salve, Capitano Faramir”- lo salutò Mark, smontando dal suo drago, i due si strinsero la mano e poi il Cavaliere lo informò del piano di Aragorn.

“Dovremmo resistere finché non avranno preparato le difese, dunque?”- chiese Baldir che aveva riposto la spada nel fodero.

“Esattamente- esclamò Mark e poi si guardò intorno- Come siamo messi?”

Faramir mostrò le difese ai due Cavalieri, che furono abbastanza soddisfatti del suo operato e si congratularono con lui, poi il Capitano di Gondor chiese a Mark di seguirlo per un momento in disparte.

“Cosa vuoi dirmi?”- Mark si appoggiò ad una colonna e attese.

“Cavaliere, io…avverto una strana e malsana presenza nei dintorni…e non mi è sconosciuta. E’ solo che non riesco a ricordare quando ho già avvertito questa sensazione”

Per un momento, Mark non parlò. Il ragazzo si scostò dalla colonna sulla quale si era appoggiato e camminò per alcuni secondi avanti e indietro:

“Una strana presenza? Cosa senti esattamente?”- domandò il giovane voltandosi verso Faramir.

“N- non lo so con certezza, ma non sono tranquillo…non sono per niente tranquillo”- fu la risposta balbettante del Capitano di Gondor. Mark avrebbe voluto sapere cosa inquietava quell’uomo in quel modo, ma non chiese altro e si allontanò, in cerca di Arnold. L’amico si trovava sulle mura e osservava l’orizzonte; i suoi occhi erano ridotti a due fessure. Senza dire una parola, Mark appoggiò una mano sulla spalla di Arnold che si girò ( e questo turbò non poco Mark) spaventato e respirò affannosamente.

“Mark, sei tu. Mi hai fatto spaventare”- disse Arnold ansimando.

“Spaventare? Da quando siamo arrivati qui non ho visto niente che ti abbia intimorito in questo modo. Dimmi…c’è qualcosa che ti turba?”

“Si”- rispose l’altro annuendo con la testa.

Ora Mark era certo che Faramir non mentiva, se anche Arnold avvertiva un grave pericolo, allora era vero.

“C’è qualcosa oltre quelle colline” - sussurrò Arnold indicando i monti che sorgevano di fronte alla città.

“L’esercito nemico?”- azzardò Mark.

“Si- rispose l’amico- Ma non è quello che mi preoccupa…”

“E allora cosa Arnold? Cosa ti preoccupa?”- urlò il Cavaliere in preda all’esasperazione.

Arnold prese un respiro e si mise l’arco a tracolla:

“Niente”- rispose e si allontanò, lasciando Mark solo sui bastioni. Il ragazzo era terribilmente confuso: perché lui non percepiva nessun pericolo? Perché ? Mentre cercava una risposta, notò che Eomer era salito sulle mura e si era avvicinato a lui:

“Pronto, Cavaliere?”- chiese il Capitano di Rohan dando un morso ad una mela che aveva in mano.

“Naturalmente. Senti….tu avverti qualcosa di strano?”

“Come?”

“Volevo dire…non provi una sensazione di pericolo o timore?”

Eomer scrollò le spalle e diede un altro morso al frutto:

“Perché dovrei? Mi sento pronto a combattere e credo che ucciderò molti nemici. Dieci anni fa combattei proprio qui, a Gondor. Olifanti, Haradrim, Orchi…niente riuscì a fermare l’avanzata dei Rohirrim quel giorno. Purtroppo…il nostro re…”

“…morì”- continuò Mark.

“Come fai a saperlo?”- chiese Eomer.

Mark tentò di trovare una scusa in fretta:

“Oh, me lo ha raccontato Aragorn. Gli ho chiesto come era diventato Re di Gondor e mi ha narrato tutta la storia”

Quella risposta sembrò soddisfare Eomer, che si appoggiò ai bastioni:

“Comunque Theoden è morto coraggiosamente…non è stato ucciso da un nemico qualsiasi, ma dal Signore dei Nazgul”

Mark annuì distrattamente, quando quelle parole gli fecero accendere una lampadina nella mente….come aveva detto Eomer? Il Signore dei Nazgul? Possibile che…no, non poteva essere.

“Scusa Eomer, devo andare un attimo”- Mark salutò l’uomo e corse a cercare Faramir. Facendosi largo tra la folla, il ragazzo incontrò il suo drago Zarthan e gli disse di farsi mettere la corazza da Arnold perché lui doveva sbrigare una faccenda importante. In mezzo a quella folla, sembrava impossibile rintracciare il Capitano di Gondor, ma ,dopo una non breve ricerca,  il Cavaliere vide Faramir che discuteva con il suo secondo in comando, Baldir.

“Faramir, devi dirmi una cosa- urlò Mark, interrompendo il discorso dei due uomini- Devi dirmi la verità…tu avverti la presenza dei Nazgul, non è vero?”

Faramir non fece in tempo a rispondere che uno stridio acutissimo squarciò l’aria e fece gelare il sangue nelle vene di tutti. Molti uomini urlarono terrorizzati e Mark fu percorso da un brivido, quando vide un Cavaliere Nero volteggiare sopra la città, a cavallo della sua bestia infernale.

“E’ impossibile - gridò Baldir accartocciandosi a terra e premendosi le mani sulle orecchie – Non può essere”

Faramir aveva gli occhi spalancati e stringeva la spada con forza, rimanendo, però, immobile nella sua posizione. Arnold corse verso i tre, scavalcando alcune macerie con un balzo, e disse:

“L’esercito nemico è qui…Mark, non ci crederai, ma Kovu e Stitch sono tra le truppe avversarie”

Questa notizia non fece che accrescere la confusione e la paura nel cuore di Mark, che osservò il cielo e vide che ora erano tre i Nazgul che volavano sopra le loro teste.

Uno di questi venne intercettato da una freccia infuocata e Mark pensò che , temendo il fuoco, sarebbe fuggito…ma non fu così. Non appena le fiamme presero contatto con la creatura, si spensero ed evaporarono.

“E’ un incantesimo di Galbatorix- sussurrò Arnold- Sauron ha fornito la loro potenza- ed indicò i Cavalieri Neri- Galbatorix ha fornito la magia per proteggerli…la situazione è grave”

            La vendetta di Galbatorix

Alexander giaceva nelle prigioni di Uru-Baen, incatenato ad una parete. Il ragazzo ricordò tutto ciò che era successo e un brivido gli corse lungo la schiena. L’esercito stava marciando sulla Capitale, quando, ad un tratto, tre spaventevoli creature alate li avevano attaccati e avevano sterminato gran parte delle truppe, Alexander ricordò di aver visto Eric scagliarsi contro quegli esseri,ma poi lo aveva perso di vista. Dalla città fuoriuscirono centinaia di guerrieri imperiali e Orchi che non persero tempo a massacrare i superstiti, un colpo alla testa lo stordì e , quando si svegliò, il ragazzo si ritrovò in quella umida cella dei sotterranei. Con uno sforzo immane, il giovane tentò di liberarsi dalle catene, ma era tutto inutile; erano troppo spesse per lui. Ad un tratto, la porta della prigione si aprì con un scatto secco e tre uomini entrarono nella stanza, dirigendosi verso la sua cella. Erano tre soldati del Re e uno di loro aveva un mazzo di chiavi nella mano destra: quando il gruppo lo raggiunse, aprì il cancello della cella e il primo uomo entrò, avvicinandosi al ragazzo. Con velocità, il guerriero lo liberò dalle catene, ma gli altri due lo immobilizzarono immediatamente.

“Il Re vuole un incontro con te”- ridacchiò quello che lo teneva per il braccio sinistro, mentre l’altro si limitava a sghignazzare, divertito.

I quattro risalirono la scala a chiocciola che conduceva alle prigioni, quelle dove tempo prima era sceso proprio Alexander per parlare con Angel, e si diressero alla stanza privata di Galbatorix. Il soldato in testa al gruppo bussò due volte e la porta si aprì da sola, magicamente. Alexander venne spinto con violenza nella camera e cadde a terra, mentre il portone veniva richiuso alle sue spalle. Quando alzò lo sguardo, il ragazzo vide Galbatorix seduto sul suo trono, con ai fianchi due di quelle creature nere che li avevano attaccati il giorno prima. Entrambe avevano una lunga spada argentea e la mantenevano di fronte all’invisibile viso, come delle statue o degli automi in attesa di ordini. Quella presenza fece raggelare il sangue di Alexander che si alzò lentamente, mentre il Re iniziava a parlare:

“Alexander, bentornato”

Il ragazzo non disse una parola e indietreggiò, spaventato.

Galbatorix si alzò dal trono e lo penetrò con lo sguardo, sogghignando:

“Cosa te ne pare della forza dell’Impero adesso? Ritieni di aver fatto la cosa giusta a tradirmi?”

“Sicuramente…non ho sbagliato”- sibilò Alexander con odio, senza staccare lo sguardo da quelle creature impressionanti e silenziose.

Il Re di Alagaesia fece qualche passo in avanti, avvicinandosi ad Alexander che rimase con le spalle al muro:

“Invece io credo che tu abbia fatto uno dei più grandi errori della tua vita, ragazzo. Con me avresti potuto fare grandi cose, ma hai preferito unirti ai miei nemici….e come loro sarai trattato”

Alexander fu preso da uno scatto d’ira e saltò addosso all’uomo, ma una potente forza invisibile lo respinse e lo fece sbattere al portone:

“Troppo facile”- ridacchiò il Re, poi artigliò il ragazzo per una spalla e con una forza disumana lo sollevò, attaccandolo alla parete. Magicamente, i polsi e le caviglie di Alexander vennero circondate da strati di marmo e il Re mollò la presa. Ora il giovane era letteralmente incollato al muro. Galbatorix annuì con la testa, ammirando ciò che aveva fatto e poi chiamò Kiara. Il cartone spuntò dall’ombra e notò la presenza di Alexander, spalancando gli occhi per la sorpresa.

“Ho un compito per te , Kiara. Sai bene che è stata colpa sua se siete ridotti a degli schiavi…ti do l’opportunità di sfogare la tua rabbia”

Kiara rimase per un secondo confusa e poi vide che il Re le consegnava una lunga frusta spinata:

“Credo che si meriti almeno cinquanta sferzate, per quello che ha fatto”- sussurrò Galbatorix.

Il cartone non si mosse, osservando l’arma che aveva in mano. Il cuore di Alexander batteva all’impazzata alla vista di quelle spine d’acciaio e il ragazzo di dibatté violentemente, nonostante avesse tutti e quattro gli arti bloccati dal marmo magico.

Galbatorix si avvicinò a Kiara e le sussurrò nell’orecchio:

“Guardalo…ora non può difendersi. Pensa a quello che ha fatto….probabilmente, se non fosse stato per lui, ora tu e Kovu sareste insieme, sareste…felici”

Quelle parole fecero emettere un singhiozzo al cartone che diede una sferzata sul pavimento, come per mettere alla prova quella frusta. Ciò che vide Alexander gli fece salire il cuore in gola: non solo le piastrelle erano rotte, ma fumavano.

Galbatorix spiegò velocemente, sembrando molto soddisfatto:

“Acciaio bollente, la magia può essere molto utile, alle volte”. L’uomo indietreggiò e poi disse, rivolto al cartone:

“Procedi”

Kiara osservò Alexander e per un momento ebbe compassione di lui. Lei lo aveva visto salvare quei due bambini, quando il Re aveva ordinato di ucciderli e in più sapeva che non era veramente malvagio….NO, era stato lui la causa di tutto, lui li aveva traditi, lui li aveva condotti lì, lui aveva permesso tutto questo….e lui doveva pagare. Schioccando la frusta, il cartone si avvicinò al ragazzo e meno una scudisciata alla sua spalla destra. Alexander sentì le sue carni bruciare, quando il colpo lo raggiunse ed emise un urlo strozzato. Galbatorix sorrideva, seduto sul suo trono, mentre i due esseri neri come la notte rimanevano immobili con le spade sguainate. Ad ogni colpo di Kiara, il Re pareva divertirsi…questa era la sua vendetta....questo era ciò che succedeva a chi si metteva contro di lui. Improvvisamente la porta della stanza si spalancò ed entrò Murtagh:

“Signore, mi avevate…chiamato?”- concluse il ragazzo non appena vide Alexander alla parete. Il giovane era praticamente coperto di profondi graffi e il sangue sgorgava a fiotti. Murtagh si voltò e disse al Re:

“Signore, non-non le sembra eccessivo?”

“Ma no, mio caro ragazzo. Ti ho chiamato per farti vedere cosa succede a chi si mette contro di me. Io ,comunque ,sono un Re generoso e curerò le sue ferite….come farà altrimenti a sopravvivere alla prossima serie di frustate?”- detto questo emise una lunga risata malvagia e si appoggiò allo schienale del suo trono.

Murtagh fissava impallidito la sorte di quel povero ragazzo e si chiese cosa avesse fatto di così grave per meritare una tale punizione:

“Non voglio guardare, signore. Per favore, mi faccia uscire. Ho già visto troppa violenza…io e Castigo non vediamo niente di diverso da queste atrocità, vi scongiuro”

Il Re sorrise malignamente:

“E invece osserverai, questo non farà che fortificarti ancora di più. Se osservi la violenza, non avrai problemi a infliggerla senza pietà”

Murtagh respirò affannosamente e si fece forza, mentre Alexander continuava ad urlare ad ogni colpo che Kiara gli infliggeva. Nel frattempo, le due creature oscure dietro il trono del Re sembravano nutrirsi di quella sofferenza e ogni tanto emettevano dei sibili compiaciuti. Quella era la vendetta del Re, Murtagh lo sapeva, era quello che sarebbe successo anche a lui, se non avesse portato a termine la sua missione.

Scontro con la Paura

Mentre i Nazgul volteggiavano sopra Osghiliat, Mark prese coraggio e urlò:

“Tutti ai vostri posti, dobbiamo resistere fino all’ordine di Aragorn”

Il Cavaliere uscì allo scoperto e , con un balzo , montò su Zarthan. Mentre si legava con le cinghie, il ragazzo si rivolse a Faramir:

“Io e Arnold ci occuperemo di loro- e indicò il cielo- Tu fa in modo di respingere l’attacco di terra”

Il Capitano di Gondor annuì e cerco di mettere ordine tra le fila degli Uomini che tremavano alla vista dei Cavalieri Neri e al suono del loro verso disumano. Baldir camminava tra la folla nel tentativo di riportare i guerrieri alla ragione:

“Non fuggite, uomini. Non fuggite- gridava- Seguitemi sulle mura, non facciamoli entrare”

Alcuni uomini, forse i più coraggiosi, obbedirono immediatamente agli ordini e si diressero ai bastioni con le lame sguainate, mentre altri, titubanti, continuavano ad osservare il cielo, tenendo gli scudi sopra la testa: la paura per quelle creature era paralizzante, forse era su questo fattore che contavano Sauron e Galbatorix.

Faramir salì sulle mura, mentre Mark e Arnold spiccavano il volo, e vide un enorme esercito. C’erano migliaia di Orchi, soldati Imperiali, centinaia di Troll e macchine d’assedio. Eomer seguiva la scena al fianco del Capitano di Gondor e strabuzzò gli occhi:

“Da dove arriva questa moltitudine di nemici? Sembravano molti di meno quando li abbiamo avvistati nell’Ovestfalda”

Faramir respirava affannosamente e portava lo sguardo da un estremo all’altro dell’esercito avversario:

“Forse il Re di Alagaesia ha usato un altro dei suoi incantesimi per ingannarvi sul numero degli avversari….è stato molto scaltro, non c’è che dire”- rise poi l’uomo, con disgusto.

Alla testa delle truppe di Mordor, Faramir notò un ragazzo dalle sembianze feline con un piccolo essere blu sulla spalla destra:

“E quello cos’è?”- chiese Eomer indicando la creatura blu.

“Non ne ho idea, ma faremo meglio a stare attenti”

In quel momento, una catapulta venne azionata e il proiettile colpì in pieno un gruppo di soldati che stava correndo lungo le mura, facendoli cadere al suolo. Faramir incoccò l’arco e urlò:

“Avanti uomini, difendiamo Osghiliat”- le sue parole furono seguite da grida di battaglia e passi di soldati che correvano sulle mura per tentare di arrestare la marea di nemici.

Mark era in cielo, con la spada levata e si guardava intorno, in cerca degli avversari. Arnold si trovava al suo fianco e incoccò una freccia nel suo arco, attendendo in silenzio.

Improvvisamente, i due videro le tre nere figure alate dei Nazgul che si dirigevano contro di loro e si separarono, per evitare di essere colpiti. I Cavalieri Neri emisero il loro stridulo verso e Mark fece di tutto per rimanere in sella a Zarthan; mentre si manteneva, però, non si accorse che uno dei Nazgul si era lanciato contro di lui e fece appena in tempo a schivare il colpo di spada diretto alla sua testa. Arnold e un nemico volteggiavano in cerchio e il Cavaliere scagliò un dardo che si conficcò nella zampa sinistra della grottesca cavalcatura del suo avversario. Mark parò un fendente e cercò a sua volta di colpire il Nazgul, ma le creature erano troppo veloci ed erano particolarmente abili nel volare:

“Maledizione- esclamò il ragazzo, vedendo che ogni volta non riusciva a colpire il nemico- Sono troppo veloci”

“Le mie fiamme non hanno effetto su di loro- aggiunse Zarthan- Ma le mie zanne sì”- il drago si scagliò con forza su una delle cavalcature dei Nazgul e gli diede un morso ad una spalla, facendo gridare di dolore l’essere. Mark dovette rimanere fermo sulla sella, ma, facendosi coraggio, si tolse le cinghie e balzò sulla schiena dell’orrenda creatura nemica. Il ragazzo si tenne in equilibrio, ma una corrente di vento lo fece scivolare e Mark si aggrappò ad una delle punte di quel mostro per non cadere nel vuoto.

“Che cosa hai intenzione di fare,Mark? Sei impazzito?”- urlarono all’unisono Arnold e Zarthan. L’altro Cavaliere era inseguito dai due nemici rimasti e scagliava dardi all’indietro nel tentativo di colpirli. Mark non rispose e si issò sul dorso della creatura, mentre Zarthan continuava a lottarvi. Il Cavaliere Nero notò la sua presenza e menò un fendente che gli colpì di striscio la spalla, Mark gridò e si tenne l’arto,ma poi, in un impeto di coraggio ( o di pazzia ,pensò il ragazzo) si lanciò sul Cavaliere Nero e i due caddero nel vuoto avvinghiati l’uno all’altro. Mentre precipitavano, l’aria sferzava i capelli di Mark che vedeva il terreno avvicinarsi sempre di più. Il Nazgul lo afferrò per un braccio e glielo strinse forte, quasi spezzandogli le ossa. Mark urlò “THRYSTA VINDR” e una potente forza invisibile separò i due, spedendo l’avversario ancora più in basso. Il ragazzo non fece in tempo ad esultare che vide il suolo molto vicino e urlò spaventato. Fulmineo come un razzo, Zarthan apparve dalle nuvole e lo afferrò al volo, tenendolo per un lembo di stoffa:

“Sei un temerario”- lo rimproverò il drago e lo fece montare di nuovo in groppa.

“Credi che sia morto?”- chiese il Cavaliere osservando in basso.

“No, non credo”- rispose il drago.

Mark si ricordò di Arnold e lo cercò con lo sguardo, scrutando il cielo. Non vi era traccia dell’altro Cavaliere, ma, ogni tanto, si sentivano i clangori di un duello e i sibili irati dei Nazgul. Da una nuvola sbucò Razar che aveva una vistosa ferita al fianco destro e subito, alle sue spalle, comparvero gli altri due Cavalieri Neri che agitavano le spade e stridevano con i loro versi inumani. Mark contattò l’amico:

“Arnold, sei ferito?”

“Sì, mi hanno quasi reciso un braccio. Dobbiamo atterrare, non siamo ancora esperti dei combattimenti aerei…loro lo sono molto di più”- rispose il Cavaliere e Mark notò che aveva una voce davvero sofferente, come non l’aveva mai sentita.

Il ragazzo prese le redini di Zarthan e lo guidò verso Osghiliat, dove l’assedio stava proseguendo. Alcune scale erano state nuovamente appoggiate alle mura e molti tratti di queste ultime erano ridotte ad un colabrodo. Dalla sua posizione, il Cavaliere vide Faramir ed Eomer che combattevano sui bastioni, mentre Baldir stava chiamando a raccolta altri uomini. Essendosi distratto, Mark non si accorse che un Nazgul lo stava attaccando dal basso e sia lui che Zarthan vennero scaraventati al suo con un tonfo sordo. Il ragazzo perse i sensi e il suo avversario atterrò lentamente: il Cavaliere Nero smontò e si portò la spada davanti al vuoto cappuccio, avvicinandosi a passi lenti, con l’intento di finire il giovane una volta per tutte.

Faramir colpì un avversario al costato e vibrò un forte fendente al petto di un altro. La battaglia era iniziata da alcuni minuti e gli Uomini stavano respingendo l’attacco di Mordor dall’alto delle mura. Eomer era al fianco del Capitano di Gondor e falciava decine di Orchi, mentre Baldir era in mezzo alla folla e chiamava a gran voce altri soldati.

Faramir scrutò il cielo in cerca di Mark e Arnold, ma non vide nessuno, eccetto due Nazgul che volavano in circolo.

“Dove sono i Cavalieri? Non li vedo più”- disse, rivolto ad Eomer. Il Capitano di Rohan si voltò e osservò anch’egli la volta celeste, ora plumbea:

“Che siano stati sconfitti?”

Faramir cercò di scartare subito quell’idea anche se sapeva che i Nazgul possedevano una forza formidabile…forse erano anche in grado di sconfiggere un Cavaliere dei Draghi. In quel momento, il drago bianco di Arnold, Razar, atterrò nel bel mezzo della città e Faramir vide che il Cavaliere era accasciato sulla sella, in un mare di sangue.

L’uomo corse verso la creatura alata e, con l’aiuto di alcuni soldati slacciò le cinghie che tenevano il ragazzo in sella. Quando lo voltarono, alcuni uomini emisero urla di spavento…un braccio del Cavaliere era quasi stato mozzato da un colpo di spada…il ragazzo era stato veramente fortunato a non perderlo subito.

Faramir si accovacciò sul giovane e sentì la voce di Razar nella sua testa:

“Deve essere curato in fretta. Dov’è Mark?”

“Pensavo fosse con voi - rispose il Capitano di Gondor alzando lo sguardo da Arnold, i suoi occhi si dilatarono, mentre alle sue spalle si udivano i rumori della battaglia- Non era con voi?”

“Si- rispose il drago- Ma poi ho dovuto portare qui Arnold e l’ho perso”

Faramir picchiò un pugno sul terreno e chiamò Baldir:

“Si, signore?”- rispose questo.

“Porta questo poveraccio a Minas Tirith. Non può combattere ora…e dì a Legolas di utilizzare qualche medicina elfica se le ha con sé”

Il secondo in comando di Faramir annuì e , posto Arnold su una barella di cuoio, lo allontanò dalla battaglia, seguito da alcuni guerrieri. Quando il gruppo sparì alla sua vista, il Capitano di Gondor tornò alle mura e vide che quella strana creatura blu aveva sollevato un pesante macigno e lo aveva scagliato contro i bastioni. Da una scala salì quel ragazzo metà- felino che doveva essere il Comandante e Faramir gli si pose davanti, con la lama sguainata:

“Non farai un passo dentro la nostra casa”

L’altro non rispose, ma si limitò a mettere mano alla lama e a prepararsi al duello. I due si scagliarono l’uno contro l’altro, ma proprio in quell’istante un macigno cadde fra i gli sfidanti e li separò, sbalzandoli lontani. L’essere blu saltò con un balzò sulle mura e , afferrando tre uomini, li scagliò in aria, ridendo con malignità. Nel frattempo, Faramir stava riprendendosi dalla caduta e si alzò a fatica, tenendosi in equilibrio sulla sua spada. L’uomo vide che le mura erano piene di Orchi, soldati di Gondor, Imperiali e Haradrim…non si riusciva a capire chi combatteva contro chi. Solo la zona dove si trovava quella strana creatura scura era priva di guerrieri, perché li stava sconfiggendo tutti. Faramir non ci pensò due volte, incoccò l’arco e mirò al petto di quell’essere, mentre una goccia di sudore gli solcava la guancia.

“Questo è per Gondor”- sussurrò l’uomo, tendendo la corda dell’arco, mentre dall’alto gli stridii dei Nazgul continuavano a rendere tetra l’atmosfera.

                Una vittoria importante

Le truppe degli Elfi si stavano preparando a respingere l’attacco dell’esercito di Sauron e Galbatorix che sarebbe potuto giungere da un momento all’altro. Mirko era seduto con Gianni, Manuel e Robert attorno ad un bivacco e discuteva ridendo con loro:

“Vedrete che riusciremo a sconfiggerli ,questa volta - affermò il Cavaliere chiudendo una mano a pugno – Sicuramente, il grande esercito del Re non sarà abituato a schermaglie forestali”

“No, non credo proprio”- aggiunse Robert, mentre beveva un sorso d’acqua.

Manuel e Gianni annuirono con la testa e osservarono le centinaia di guardie elfiche in movimento tutt’intorno a loro.

“Sei molto sicuro di te, Mirko” - disse Manuel guardando l’amico – “Cosa ti fa pensare che in questa occasione potremmo avere la meglio?”

“Me lo sento nel cuore”- rispose l’altro Cavaliere senza staccare lo sguardo dalle fiamme che ardevano di fronte a lui. Gianni osservò Mirko con aria interrogativa e si grattò la testa con una mano: in quel momento aveva leggermente dubitato della lucidità di Mirko, ma poi questi aggiunse:

“Ovviamente non è solo per questo motivo, intendiamoci”

Gianni tirò un sospiro di sollievo e, dopo essersi alzato, si appoggiò ad un albero:

“Allora cos’altro te lo fa pensare?”

Mirko si guardò intorno, sorridendo:

“Sono sicuro che la foresta non abbandonerà mai i suoi figli al loro destino. Noi useremo questa cosa a nostro vantaggio”

“Continuo a non capire”- esclamò Manuel scuotendo la testa, poi il ragazzo pose una mano sulla spalla di Mirko e continuò- Ma mi fido di te ed è questo ciò che conta di più”

“Vedrai”- si limitò a rispondere il Cavaliere di Xavian e ricambiò l’amico con una pacca affettuosa sul collo.

Dopo alcuni minuti, il gruppo vide correre verso di sé una piccola figura rosa: era Angel. Il cartone doveva essersi rimesso prima del previsto ed ora aveva solo una fasciatura sull’antenna che Mirko aveva trovato semi-carbonizzata.

“Angel”- gridò Gianni non appena la vide e il cartone lo abbracciò – “Abbiamo temuto per il peggio, quando Mirko ti ha salvato”

“E’ stato Mirko a mettermi in salvo?”- lo sguardo della creatura passò sul Cavaliere che stava , adesso, osservando la scena con muta soddisfazione. Angel raggiunse il ragazzo e chinò il capo chiudendo gli occhi:

“Grazie, Mirko. Ti sono debitrice”

Il ragazzo scosse il capo e le diede un buffetto sulla guancia:

“Non sei debitrice di nessuno. Io ero in debito con me stesso….per non aver affrontato prima le mie paure”

Una lacrima solcò il viso di Angel che abbracciò anche Mirko:

“Mi aiuterai a liberare Stitch?”

“Naturalmente, Angel. Ma prima, dobbiamo ricacciare Sauron indietro”- esclamò Mirko alzandosi in piedi e cercando qualcuno con lo sguardo:

“Meredriel - urlò e l’Elfo lo raggiunse immediatamente- “Disponi le truppe nel profondo della foresta, dove potranno attaccare nascosti. La nostra priorità sarà quella di decimare il loro esercito dai fianchi, senza farci notare. Non credo che sarà un problema per voi, vero?”

“Assolutamente no, Cavaliere”- disse Meredriel, ma poi si imbronciò- E’ solo che non riesco a capire come farete ad attaccare con i vostri draghi senza incendiare o distruggere la foresta”

Mirko gli sussurrò qualcosa nell’orecchio e gli altri tre Cavalieri osservarono, interessati. Quando ebbe finito, Meredriel sorrise:

“Ottimo piano, Cavaliere”- disse poi, allontanandosi dal gruppo.

“Cosa gli hai detto?” – domandò Gianni, mentre infilava la sua spada nel fodero.

“Ascoltatemi, amici. Quando darò il segnale, dovrete seguire me e solo me, me lo giurate?”

I Cavalieri annuirono e misero le proprie mani su quella del giovane, anche Angel.

“Bene”- esclamò Mirko e iniziò a mettersi la corazza – Preparatevi alla battaglia, allora”

                                                 *

Sauron marciava in testa al suo esercito che aveva appena terminato di saccheggiare Silthrim delle sue ultime ricchezze. I ranghi procedevano compatti e ordinati, eccetto alcuni squadroni di Orchi che faticavano a rimanere in formazione. I grugniti delle orrende creature si mischiavano al parlottare dei soldati Imperiali che osservavano la foresta con aria cupa.

“Di cosa vi preoccupate?”- ringhiò un Orco verso un gruppetto di soldati del Re- “E’ solo una foresta come ce ne sono tante”

I soldati Imperiali non risposero, ma continuarono a marciare con lo sguardo intriso di terrore, terrore che scaturiva alla sola vista degli alberi della Du Weldenvarden.

L’Orco che aveva appena parlato raggiunse il Signore Oscuro in testa alle truppe e lo informò della situazione di disagio che gravava sull’esercito:

“Cosa intende fare, Signore?”- concluse la creatura attendendo una risposta.

“Avanzeremo- si limitò a dire Sauron- E sradicheremo ogni resistenza che ci si porrà di fronte…anche se dovesse venire dalla terra stessa”

L’esercito era ,ora, a pochi passi dall’entrare nel cuore della foresta e alcuni uomini tremavano per la paura. Quando le truppe penetrarono tra gli alberi ci fu un silenzio di tomba, si udivano, di tanto in tanto, solo i versi disgustati degli Orchi. Sauron si guardò attorno, scrutando fra i rami e annusò l’aria. Il Signore di Mordor levò una mano per far fermare l’esercito e la guarnigione si bloccò immediatamente.

“Che cosa c’è, Signore?”- chiese un Orchetto, agitando le braccia.

Sauron continuava a fissare gli alberi e respirava lentamente. Sentiva qualcosa, ne era sicuro…ma non la vedeva.

“Fate attenzione”- disse Sauron, ma proprio al termine delle sue parole si udì un gridò lacerante e un Orco cadde a terra, trafitto da una freccia. Il Signore di Mordor non fece in tempo a voltarsi che centinaia di dardi piombarono sull’esercito che iniziò a scompaginarsi.

Sauron tentò di mantenere il controllo, ma solo la parte di uomini che era direttamente dietro di lui gli prestò ascolto e si lanciò avanti….ma contro cosa? Soldati Imperiali e Orchi cominciarono a scagliare frecce in tutte le direzioni, colpendosi anche a vicenda. Improvvisamente, un gruppo di Orchi che stava fuggendo nel bel mezzo della Du Weldenvarden sprofondò sottoterra, trafitto da decine di pali acuminati e Sauron constatò che c’erano anche molte trappole, pronte a scattare. L’esercito era ormai diviso in tante piccole falangi che si proteggevano con gli scudi e avanzavano lentamente. Centinaia di Orchi e soldati del Re morivano ogni minuto a causa dei dardi che provenivano da tutte le direzioni e Sauron perse la pazienza:

“Bruciate tutto, appiccate il fuoco alla foresta”

Uno dei suoi guerrieri accese una torcia, ma non appena la posò vicino ad un albero, questa gli esplose letteralmente in mano e la creatura si divincolò a terra fino ad immobilizzarsi, morta. Sauron spalancò gli occhi sotto la maschera e si sentì, per la prima volta, stupito. Cosa impediva agli alberi di prendere fuoco? Nel frattempo, molti elementi dell’esercito iniziarono a ritirarsi scompostamente fuori dalla foresta, mentre Sauron tentava, invano di richiamarli indietro. Con rabbia, il Signore di Mordor strappò una freccia che gli si era conficcata nella corazza e vide le sue truppe che venivano fatte a pezzi da soldati invisibili agli occhi. Le truppe che correvano fuori dalla foresta tentarono di salvarsi la pelle, ma, ad un tratto, potenti ruggiti di drago si levarono sopra le loro teste e i soldati videro le enormi creature planare decise verso di loro.

                                             *

“All’attacco”- urlò Mirko, mentre si gettava sui fuggitivi. Il suo piano aveva avuto esito positivo: mentre gli Elfi decimavano l’esercito nella foresta, lui e i suoi amici, avrebbero rastrellato i disertori e le retroguardie nemiche.

Xavian lanciò una fiammata e decine di avversari vennero carbonizzati. Alcuni Orchi misero mano alle frecce, ma Angel, con l’arco che le aveva affidato Gianni, li colpì uno alla volta, rimanendo in equilibrio su Kreghor.

“Bella mira, piccola. Arnold sarebbe rimasto meravigliato”- si congratulò Gianni, mentre il cartone sorrideva. L’esercito nemico stava ritirandosi nella distrutta città di Silthrim, ma i Cavalieri li precedettero e iniziarono ad affondare le navi che erano rimaste nel lago. Mirko osservava soddisfatto dall’alto l’andamento della battaglia: gli Elfi erano usciti allo scoperto e stavano inseguendo l’esercito avversario, quest’ultimo stava scappando a Silthrim, dove lui e gli altri Cavalieri li stavano aspettando…..gli avversari erano tra incudine e martello. Il ragazzo urlò con impeto , balzando giù da Xavian, atterrò con leggerezza nel porto della città e iniziò a falciare i nemici che lo attaccavano. Nel frattempo, Gianni e gli altri due Cavalieri avevano eliminato gli avversari fuggitivi ed erano atterrati al centro della piazza di Silthrim, dove gli Elfi avevano messo l’esercito del Re con le spalle al muro. Mirko uccise un Orco e si guardò attorno: lui voleva incontrarlo di nuovo…voleva eliminare Sauron. Correndo, il giovane cercò dappertutto, ma non trovò traccia del Signore Oscuro.

“Deve essere fuggito”- mormorò Mirko fra sé e sé e poi si volse, osservando i suoi tre amici e gli Elfi che massacravano le restanti truppe di Galbatorix. Tutto era avvenuto molto in fretta, era bastato un attimo di esitazione da parte delle truppe nemiche e i Cavalieri erano riusciti a cogliere un’importante vittoria. Avevano riconquistato Silthrim e sapevano di aver inferto un pesante colpo a Sauron e Galbatorix. Mirko si sedette su una colonna crollata e vide Angel che gli si avvicinava:

“Abbiamo vinto, Mirko?”- chiese il cartone.

“Questa battaglia l’abbiamo vinta”- disse deciso il Cavaliere, facendo posto al cartone sulla colonna. Questi si sedette e pregò nuovamente il ragazzo, lacrimando:

“Io…io voglio tornare da Stitch….mi- mi manca tanto”

Mirko trattenne a sua volta le lacrime, cercando di mantenere un contegno e serrò le labbra con forza:

“Ci tornerai, piccola. Ci tornerai”- ripeté il Cavaliere osservando gli Elfi che urlavano gioiosi e i draghi che ruggivano felici sulle truppe sconfitte degli avversari.

                            Messaggi

“Cavalieri Neri ,dunque” - esclamò Chris dopo che Eric ebbe avuto la forza di raccontare cosa gli era accaduto – “Galbatorix vuole il gioco pesante”

“Quegli esseri non sono di Galbatorix”- sussurrò Eric che era stato curato ed ora sedeva appoggiato al ventre di Maskind- Il Re è un ingenuo ad averli riportati in vita perché pensa che gli obbediranno….in realtà loro ascoltano solo gli ordini di Sauron, credo che sia lui la vera minaccia”

“Cosa vuoi dire?”- chiese Rick, mentre giocherellava con un bastone di legno.

“Voglio dire che Sauron non ha nessuna intenzione di spartire terre con qualcuno. Sono sicuro che quei Nove saranno la sua arma vincente, quando si ribellerà a Galbatorix”

Chris inarcò un sopracciglio e osservò enigmaticamente il compagno:

“Tu sei sicuro che Sauron si ribellerà al Re?”

“Più che sicuro. Il Signore di Mordor non è  il tipo che accetta gli ordini con facilità. Se ora sta obbedendo al Re è solo per eliminare i nemici che potrebbero nuocere anche al suo dominio”

“Ma tu pensa che…”- iniziò Rick e poi si interruppe.

“Si, hai proprio ragione”- esclamò Eric , immaginando cosa volesse dire l’altro Cavaliere.

Passarono alcuni minuti di silenzio assoluto, interrotto solo dallo scoppiettare del fuoco e poi Chris intervenne:

“Bè, allora cosa facciamo adesso?”

“Alexander è ad Uru-Baen” – mormorò Eric scuotendo il capo, il ragazzo si alzò e attaccò la spada alla cintura- “Stavolta non commetteremo lo stesso errore. Non possiamo aiutarlo…per adesso. Cercherò di contattare Mirko per vedere come sono messi loro”

Il Cavaliere riempì un contenitore d’acqua limpida ed evocò l’incantesimo della Cristallomanzia. Per alcuni secondi, l’acqua rimase ferma, ma, ad un tratto, la superficie mutò e mostrò la faccia di Mirko che osservava l’amico con muto stupore. Il primo a parlare fu proprio il Cavaliere che si trovava a Silthrim:

“Eric, grazie al cielo siete vivi. Non siamo riusciti a contattarvi per tutto questo tempo…come mai?”

“Evidentemente gli stregoni delle truppe di Alexander non permettevano i contatti mediante Cristallomanzia”

Mirko aggrottò la fronte:

“Le truppe di Alexander? Ma di che cosa stai parlando?”

Eric mise al corrente l’amico di tutto ciò che era successo e lo stesso fece Mirko:

“Avete respinto Sauron? Meraviglioso…e siete anche riusciti a liberare Angel?”

“Esattamente…Angel aspetta, che c’è? Ah….Eric,Angel vuole sapere se avete trovato Stitch e gli altri”

Il Cavaliere serrò le labbra:

“No, non li abbiamo trovati. Bè, ragazzi, verremo da voi il prima possibile, va bene?”

“Si – esclamò Mirko, guardandosi intorno – Ora devo chiudere il contatto….Angel aspetta, non significa che sia morto”- l’acqua tornò alla normalità ed Eric si rivolse agli amici.
”Preparatevi, partiamo per Silthrim.

                                               *

Sauron chiese il permesso di entrare nel Palazzo del Re, ad Uru-Baen, e la guardia lo fece passare, aprendo il portone nero come la pece che si trovava dietro le sue spalle. L’uomo corazzato entrò nella reggia e, mentre camminava, pensò a come poteva fare per spiegare al Re che aveva perso Silthrim e l’esercito.

“Se non fosse per questa stupida alleanza avrei risolto la questione a modo mio”- pensò carezzando la sua mazza ferrata.

Risalendo la scala a chiocciola, il Signore Oscuro si ritrovò di fronte la stanza del Re e bussò:

“Avanti”- rispose la voce stentorea del sovrano di Alagaesia.

Sauron emise un verso di rabbia e spalancò il portone. Quando fu nell’appartamento reale, fu stupito nel vedere un ragazzo letteralmente incollato alla parete che si agitava forsennatamente…lui lo conosceva: era quel giovane che era fuggito con i due bambini ribelli: Alexander.

Cosa che lo fece ancora più meravigliare fu il vedere due Cavalieri Neri dietro il trono del Re:

“Ci sei riuscito finalmente”

Il sovrano non rispose, ma squadrò Sauron con i suoi penetranti occhi neri:

“Permettimi la domanda, mio buon alleato, ma…perché sei qui? Mi stai forse portando la testa di qualche Cavaliere?

Sauron non rispose.

“La testa di qualche importante membro del Consiglio degli Elfi? No?”

“Vedi – iniziò Sauron, schiarendosi la voce – Quello che intendo dirti riguarda….Silthrim”

Galbatorix camminò intorno al sovrano di Mordor e mormorò:

“Hai perso la città, vero?”

Sauron batté un pugno su un tavolo e lo fracassò:

“Si, maledizione…l’ho persa. Ma è stata colpa del tuo esercito di vigliacchi”

“Il mio esercito di vigliacchi era sotto il tuo comando…tu non sei stato in grado di guidarlo”

Sauron ebbe la seria intenzione di colpire il suo interlocutore, ma si trattenne quando vide che i due Nazgul annuivano con la testa, mentre il Galbatorix non se ne accorgeva. Il Signore di Mordor rise:

“Hai ragione, saggio Re, ho peccato di tracotanza. Pensavo di poter sconfiggere gli Elfi facilmente, ma mi sbagliavo”

Galbatorix gli mise una mano sulla spalla, faticando ad arrivarci, e disse:

“L’importante è che tu abbia compreso i tuoi errori. Ora, che cosa ne facciamo di questo prigioniero?”- domandò il sovrano, cambiando discorso e indicando Alexander.

Sauron notò che la schiava del Re, Kiara, aveva una frusta spinata nella mano destra e stava attendendo che le ferite del giovane si risanassero con la magia per poter colpire nuovamente.

“Dimmi – esclamò il Signore di Mordor rivolgendosi al cartone – Per quale motivo fai questo?”

Per alcuni secondi, Kiara rimase spiazzata da questa domanda:

“Perché…perché Alexander ci ha traditi e mi ha diviso da…”- il cartone non riuscì a continuare, trattenendo le lacrime.

“L’amore – sussurrò Sauron con disgusto e poi puntò lo sguardo su Alexander – Cosa ti dissi, ragazzo, tanto tempo fa? L’ amore è una delle più grandi maledizioni di questa terra…può portare alla rovina, alla distruzione e all’orrore. E’ sempre stato facile identificare la malvagità vera è propria come il male più grande…io ritengo che l’amore sia egualmente distruttivo”

Galbatorix sbatté più volte le palpebre di fronte a quel discorso di Sauron. Le parole del Signore di Mordor gli avevano fatto tremare il cuore…non c’era un minimo di animo umano in quell’essere corazzato.

Sauron si avvicinò al cartone e prese la frusta, osservandola con accuratezza. Improvvisamente, questa iniziò a sciogliersi tra le sue mani, come ghiaccio al sole, e sia Alexander, sia Kiara, sia il Re rimasero in silenzio, osservando quello spettacolo.

Il Signore di Mordor si pulì le mani e si schiarì la voce:

“Vi lascio alle vostre occupazioni, signori”

Detto questo, aprì la porta della stanza e uscì, lasciando i tre occupanti a bocca aperta. Solo i due Nazgul dietro il trono di Galbatorix sembravano essersi divertiti di fronte al gesto e alle parole del loro vero padrone.

Il Re di Alagaesia emise un sospiro e disse ad una sua guardia:

“Procuraci un’altra frusta”

                                              *

Faramir scoccò la sua freccia che però sfrecciò oltre la creatura blu che stava devastando un tratto delle mura.

“Maledizione”- urlò il Capitano di Gondor, mentre, nel cielo, un Nazgul aveva afferrato alcuni uomini e li aveva scagliati contro una costruzione. Alcuni massi caddero dall’edificio in questione e Faramir , con una capriola, si scansò appena in tempo per evitarli. Nel frattempo, l’uomo- felino che il Capitano aveva visto in precedenza, stava falciando molti uomini con la sua spada, ma sembrava non molto felice delle sue azioni perché, di tanto in tanto, singhiozzava. Faramir inarcò un sopracciglio e pensò:

“Perché mai quel ragazzo piange?”

In quel momento, Baldir raggiunse il suo Capitano e gli poggiò una mano sulla spalla. Faramir trasalì a quel tocco, ma si rilassò quando vide la faccia del suo secondo in comando.

“Baldir, non farmi prendere mai più questi colpi”

“Scusi ,Capitano. Vengo dall’infermeria di Minas Tirith”

“Ah, davvero? Come sta il Cavaliere Arnold?”

Baldir fece una faccia rassicurante:

“Legolas è riuscito a curargli il braccio, ma il Cavaliere mi ha chiesto di portarle un messaggio”

Faramir udì il verso pietrificante di un Nazgul e decise di spostarsi sotto alcuni edifici. Quando i due uomini furono al sicuro, il Capitano chiese:

“Che messaggio?”

“Arnold ha detto che se vediamo una creatura blu o un uomo per metà felino non dobbiamo colpirli perché sono i loro cortoni”

“Cartoni, Baldir”- lo corresse Faramir.

“E io che ho detto?”

Faramir non rispose ed emise un sospiro di sollievo:

“Grazie al cielo non ho colpito il bersaglio. Stavo per ucciderne uno, prima”

Un masso piombò sulle mura e decine di soldati vennero scagliati lontano, mentre i Nazgul continuavano a terrorizzare le truppe con i loro orribili versi. Faramir contò le creature: erano due, ma lui ne aveva viste tre, in precedenza. Dov’era il terzo?

“Mark”- pensò Faramir e uscì dal nascondiglio per cercare il Cavaliere. Percorse la città per alcuni minuti, mentre la battaglia infuriava e vide che sia il drago che il giovane erano privi di sensi. Un Cavaliere Nero torreggiava sui due e stava alzando la sua spada per sferrare un colpo mortale. Il Capitano di Gondor vide un piccolo incendio poco distante e appiccò il fuoco ad una sua freccia, tese l’arco e mirò alla creatura.

“No- pensò, poi, mentre stava per lasciare la presa – C’è un incantesimo che li protegge”- l’uomo si ricordò che il Re della Nuova Terra aveva fatto sì che i Nazgul non fuggissero per mezzo delle fiamme.

“Non ho scelta”- disse fra sé e , dopo aver corso per un po’, atterrò di fronte al Cavaliere Nero e parò il colpo diretto a  Mark e Zarthan.

“Non li toccherai”- disse l’uomo respingendo l’arma del suo avversario. Il Nazgul fu alquanto stupito di quell’intervento e Faramir avvertì alcune parole  sibilanti provenire dal suo vuoto cappuccio:

“Allora, eliminerò prima te, stupido uomo”- e pose la spada argentea di fronte al cappuccio.

                       L’ora si avvicina

Faramir osservava il Cavaliere Nero, mentre questi roteava la spada nella mano destra. La creatura effettuò uno slancio in avanti e mancò per poco il viso del Capitano di Gondor che sentì la lama dell’arma sfiorargli i capelli.

“Sei uno sciocco a metterti contro di me”- disse il Nazgul girando attorno all’uomo che non smetteva di fissarlo. In quel momento, Mark spuntò alle spalle del Cavaliere Nero e lo infilzò alla schiena con violenza, venendo , subito dopo, sballottato lontano da una forza invisibile. La creatura emise un verso acuto e sibilante e si strappò la spada dalla ferita con un gemito, ma Faramir ne approfittò per colpirla di nuovo al ventre: una scarica elettrica attraverso il corpo del Capitano di Gondor che fu costretto a ricordare che nessun uomo può uccidere un Nazgul. Il Cavaliere Nero colpì l’uomo in viso con una mano ferrata e Faramir sentì il sangue caldo inondargli la guancia dove era stato ferito. Mark si era appena rialzato e correva verso i due, ma il Nazgul salì sulla sua cavalcatura e spiccò il volo, in direzione dei suoi compagni. Il ragazzo raggiunse il Capitano di Gondor e, mentre Zarthan iniziava a riprendersi, lo aiutò ad alzarsi:

“Come hai fatto a colpirlo senza sentire dolore?”- chiese Faramir, mentre Mark lo trasportava a spalla attraverso Osghiliat.

“Ho sentito dolore, non preoccuparti. Ma noi Cavalieri siamo leggermente più resistenti alla magia e alle creature oscure”- rispose il giovane.

Faramir emise un sospiro, per cercare di alleviare il dolore interno che lo opprimeva, dovuto alla scarica di energia rilasciata dal Nazgul, ma poi si ricordò dei due cartoni che aveva avvistato prima:

“Mark, c’è una cosa che devo dirti: i tuoi amici cartoni sono al comando dell’esercito di Sauron e Galbatorix. Li ho visti combattere contro i nostri uomini…anche se non mi sembravano molto lieti delle loro azioni”

Mark rimase stupito per qualche secondo:

“Sei sicuro che siano loro?”

Il Capitano delineò una perfetta descrizione dei due cartoni e Mark non poté far altro che annuire ad ogni particolare che l’uomo gli riferiva.

“Sono loro”- affermò il Cavaliere, poi notò che un tizio vestito di bianco e senza corazza correva nella loro direzione: un messaggero.

“Capitano Faramir – disse non appena li raggiunse- Aragorn ha approntato le difese di Minas Tirith, potete ritirarvi”

Il Capitano di Gondor disse a Mark che ora poteva camminare da solo e cominciò ad urlare la ritirata generale. I soldati e gli Haradrim lasciarono le loro postazioni e si diedero alla fuga, mentre gli Orchi e gli uomini di Galbatorix devastavano la città e uccidevano coloro i quali non erano abbastanza rapidi da scappare in tempo. I tre Nazgul, sopra di loro, scesero in picchiata e si gettarono sulle truppe in ritirata, sfoltendone i ranghi e scagliando via i guerrieri urlanti. Mark si guardò intorno e disse a Faramir:

“Comincia ad andare, cerca di far arrivare più soldati possibili a Minas Tirith. Io devo sistemare una faccenda”

“Cosa devi fare, Cavaliere? Non metterti nuovamente in pericolo”

“Fidati di me”- esclamò il ragazzo e si mise a correre. Doveva trovare i cartoni, parlargli se necessario…ma come poteva fare se c’era una guerra in atto? Rivoltosi a Zarthan con la mente, il ragazzo disse:

“Zarthan, vola sempre sopra di me, ma attento ai Nazgul”

“Ci sono, Mark”- rispose la creatura dorata.

Il Cavaliere chiuse il contatto mentale e, dopo aver setacciato la città, vide Kovu e Stitch su un edificio in rovina.

“Kovu, Stitch”- urlò il ragazzo e i due cartoni si girarono. Sfortunatamente, quelle grida avevano attirato anche l’attenzione delle truppe avversarie che non persero tempo a circondare il Cavaliere con una foresta di armi. Mark rimase immobile, osservando la reazione dei due cartoni e, mentre un Orco stava per infilzarlo con la sua lancia, Kovu urlò:

“Fermo”

Mark vide il cartone scendere dall’edificio in rovina con Stitch sulla spalla destra. Con un agile balzo, il Comandante delle truppe di Mordor atterrò di fronte a Mark:

“Sei incauto a consegnarti al nemico, Cavaliere”

In quel momento Mark si sentì la persona più stupida dell’universo: era circondato, non poteva fuggire e si era letteralmente consegnato alle truppe avversarie, a meno che…

“Kovu, Stitch, dovete ascoltarmi. C’è un modo per potersi liberare dall’incantesimo di Galbatorix…”

“Tu menti”- ringhiò Kovu e gli puntò la spada alla gola, gli Orchi urlarono divertiti e saltellarono, incitando il loro Comandante a colpire il Cavaliere.

“No, lo posso giurare sulla mia vita. Angel è stata liberata, non è più al servizio del Re”

Gli occhi di Stitch si illuminarono di commozione e , insieme, di felicità:

“Angel è libera? Dove- dove si trova adesso?”

Mark avrebbe voluto rispondere, ma si rese conto che Stitch era ancora sotto il controllo di Galbatorix e c’erano decine di nemici intorno a lui…non poteva spifferare tutto davanti a loro.

“Non posso dirtelo, Stitch”

Un Orco, che sembrava essere il secondo in comando, urlò:

“Comandante, cosa stai aspettando? Uccidi quell’umano”

Kovu puntò lo sguardo su di lui e rispose:

“Kraghat, chiudi il becco. Sono io che do gli ordini qui”

Kraghat si nascose nuovamente tra la folla, ma Mark notò un ringhiò di rabbia e una strana luce scintillare negli occhi dell’Orco.

“Avrei tanto voluto rivederla”- disse Stitch singhiozzando, quando, improvvisamente sia lui che Kovu urlarono di dolore e si tennero la testa tra le mani: il Re stava dando loro qualche ordine….Mark immaginò quale e chiamò Zarthan. Kovu stava ancora lottando con sé stesso, come se non volesse parlare, ma, alla fine le sue parole rimbombarono nella città:

“Uccidetelo”- gridò il cartone, indicando Mark.

Un boato di approvazione risuonò tra le rovine di Osghiliat e i nemici si scagliarono sul Cavaliere.

“THRYSTA VINDR”- urlò Mark e molti dei suoi assalitori vennero scagliati lontano. Zarthan atterrò e gettò una fiammata sul terreno, creando una barriera di fuoco tra Mark e le truppe di Mordor. Il Cavaliere montò sul drago e spiccò il volo, mentre , dal basso, li inseguivano decine di dardi, uno dei quali si conficcò nella zampa posteriore sinistra di Zarthan. Il drago emise un flebile ringhio e si rivolse al suo Cavaliere:

“Sei un incosciente, da oggi non seguirò più i tuoi consigli. Consegnarsi così al nemico è una pazzia…che cosa ti è passato per la testa?”

“Andiamo, Zarthan, sono vivo,non vedi?”

“Per merito mio, non certo grazie a te”- replicò il drago.

I due sorvolarono la devastata Osghiliat e, subito dopo, atterrarono nel cortile di Minas Tirith, dove Faramir, Aragorn, Eomer e Arnold li stavano aspettando.

“Matto”- si limitò a dire Arnold non appena lo vide.

“Ehi, che benvenuto”- sorrise Mark e l’altro Cavaliere fece lo stesso. I due si abbracciarono e Mark notò che l’arto di Arnold era stato ben guarito:

“Hanno fatto un ottimo lavoro, devo ringraziare Legolas, per questo”- disse il Cavaliere arciere al suo amico.

Mark si voltò e vide lo sguardo di Aragorn su di lui:

“Cavaliere, sei stato alquanto ingenuo, oggi”

“Lei crede?”- rispose il ragazzo, sorridendo

                                              *

Kovu era seduto su uno sgabello, e osservava gli Orchi e i soldati Imperiali, mentre raccoglievano le armi e depredavano i corpi dei nemici uccisi. Alcuni servi di Sauron erano stati così violenti verso dei guerrieri moribondi che il cartone fu costretto a voltarsi più di una volta. Stitch non aveva più parlato con lui da quando aveva sentito il nome di Angel per bocca di Mark, il cartone blu era accovacciato a terra e , di tanto in tanto, sospirava. Non era quella la sua vera natura, Kovu lo sapeva. Stitch era sempre stata una creatura allegra, vivace e testarda, ma ora era esattamente il contrario…Galbatorix lo aveva letteralmente distrutto, rendendolo suo schiavo. Alzandosi, Kovu si avvicinò al piccolo cartone e disse:

“Pensi ancora a lei?”

“Non lo so…”- rispose l’altro. Questo fu inteso come un ‘SI’ netto da parte di Kovu che si sedette vicino all’altro cartone e lo picchiettò con una mano.

“Dovrò combattere anche contro di lei, ti rendi conto? Potrei anche essere costretto ad ucciderla, se il Re me lo ordinerà….non sapevo neanche cosa significasse ‘uccidere’, prima di arrivare qui”

Kovu serrò le labbra con forza e cercò di farsi venire qualcosa in mente:

“Mark ha detto che esiste un modo per liberarci da Galbatorix, no?”

Stitch sbuffò.

Kraghat si avvicinò ai due, portando con sé il suo puzzo da Orchetto e disse:

“Di che parlate, voi due? C’è una guerra da intraprendere”

Kovu si voltò, irato, e rispose:

“Lo so, Kraghat, attaccheremo Minas Tirith tra qualche ora. Stavamo decidendo quale strategia usare”

Kraghat rise con la sua voce stridula:

“Ragazzi, ero nascosto qui dietro da un pezzo e ho sentito tutto…non sono mica stupido”

“Di più”- pensò Kovu.

“Chi è Angel?”- chiese poi l’Orco. Stitch, voltandosi, saltò su Kraghat e lo atterrò alzando una mano artigliata per finirlo. L’Orchetto urlò impaurito e il cartone gli disse:

“Non nominarla neanche…..non- non nominarla”

Kovu afferrò il cartone e lo allontanò da Kraghat che si rialzò e li guardò in cagnesco:

“Mi chiedo perché il padrone mi faccia prendere ordini da voi- poi si rivolse a Stitch con un ghigno - Spero di incontrarla in battaglia, quella lì. Tu la rivuoi vero? Bene, ti porterò la sua testa”- e si allontanò ridendo a crepapelle.

                      Di nuovo insieme

Mirko era seduto con i suoi compagni nella Piazza di Silthrim e osservava gli Elfi mentre festeggiavano alla luce della Luna. Danzavano e cantavano quasi tutti, eccetto un gruppetto intento a brindare con dell’acqua limpida.

“Brindano con l’acqua, è pazzesco”- sorrise Gianni, bevendo un calice di birra. Manuel e Robert lo imitarono, mentre Mirko preferì non unirsi a loro; Angel era seduta con i ragazzi e fissava il cielo con i suoi grandi occhi neri:

“Che meraviglia le stelle”- sussurrò il cartone.

Mirko alzò lo sguardo e vide che la volta celeste era totalmente occupata da corpi celesti, non aveva mai visto uno spettacolo simile, prima d’ora.

“Già – commentò il Cavaliere sbattendo le palpebre – E’ davvero meraviglioso”

Gianni alzò a sua volta il capo e levò in alto il calice:

“Questo cielo stellato non può che essere un segno per la nostra vittoria”- detto questo, aprì la bocca e bevve con avidità.

Mirko scosse il capo, ridendo:

“Non starai bevendo un po’ troppo, Gianni? Ti vedo alquanto brillo”

“Brillo?” - singhiozzò l’amico e poi provò a mettersi in piedi, faticando a rimanere in equilibrio- Come vedi, mi reggo benissimo in piedi”

Angel lo sfiorò appena con un’antenna e il Cavaliere barcollò, cadendo a terra.

“Davvero benissimo”- scherzò Mirko e aiutò Gianni a sedersi nuovamente. Manuel e Robert sbadigliarono e il secondo disse:

“Che cosa dovremo fare adesso? Abbiamo respinto Sauron….e poi?”

Mirko si distese con le braccia dietro la testa e tornò a guardare il cielo notturno:

“Robert, siamo Cavalieri, non supereroi. Dobbiamo riposare come tutti gli altri, non credi?”

In quel momento, una forte musica attirò l’attenzione del gruppo e i ragazzi videro che gli Elfi, ora, erano intenti a danzare a coppie, alcuni sottobraccio, ridendo e scherzando, altri più lentamente, altri ancora, in solitaria, si esibivano in stupendi spettacoli acrobatici. Angel alzò le orecchie a quel suono e disse:

“Vorrei tanto ballare…….Mirko, vorresti venire con me?”

Il ragazzo sobbalzò dalla posizione quando sentì il suo nome e arrossì:

“No, no…io-io non so ballare, davvero”

Gianni, Manuel e Robert non aspettavano altro: tutti e tre insieme afferrarono l’amico e iniziarono a trascinarlo verso le danze:

“Ragazzi, ragazzi…davvero…non so ballare”

“Allora imparerai oggi”- esclamò Manuel continuando a sospingerlo in avanti.

“Xavian, dammi una mano”- pregò il ragazzo, ma il drago si limitò ad emettere un risolino e rimase con i suoi fratelli ad osservare la scena. I tre Cavalieri spinsero Mirko in mezzo alle danze e questi, dovette iniziare a ballare con Angel. Il ragazzo era almeno tre volte più alto del cartone e faticava a stare al passo, questo fece impazzire dalle risate gli altri tre giovani a tal punto che Gianni cadde di nuovo a terra e si tenne la pancia:

“Non so se riuscirò a resistere”- rise il Cavaliere puntando un dito verso Mirko. Gli altri due si unirono alle risate, ma , in quel momento, Eridor, Kreghor e Kaspian li afferrarono e li scagliarono nella mischia, dove furono costretti ad unirsi ai balli. A quel punto, i tre ,diventati paonazzi, ammutolirono; vedendoli, Mirko, ancora impegnato con Angel, gli disse:

“Come mai non vi vedo ridere più, ragazzi?”

Il divertimento proseguì per un po’, finché Angel non si stancò e Mirko poté sedersi al bordo di un albero con il cartone. Purtroppo per loro, Gianni, Manuel e Robert continuavano a ricevere richieste di ballo.

“Ben gli sta”- pensò Mirko, divertito.

“Mi sarebbe tanto piaciuto ballare con Stitch”- disse il cartone e Mirko capì subito che doveva fermarla, prima che la tristezza la prendesse di nuovo:

“Ehi, ehi, ehi. Pensa alla figura che ho fatto io, piccola”- disse cercando di tranquillizzarla e divertirla.

“Mi dispiace se ti ho fatto vergognare”

“Ma cosa dici? E’ il ballo il mio nemico numero uno, tu non centri nulla. Anche se avessi ballato con la più incantevole delle Elfe sarei rimasto così, fidati”

Il cartone non rispose e Mirko notò che i suoi occhi erano fissi sul cielo:

“Cosa c’è?”- chiese il Cavaliere, scrutando nella stessa direzione. Per alcuni secondi non si udì nulla, poi il cielo fu attraversato da un forte urlo di gioia e tre draghi apparvero nella notte: erano Rick, Chris ed Eric.

“YUUUU-HUUUU”- urlò Eric, dall’alto di Maskind e Mirko rispose agitando le braccia:

“Eric, maledetto ragazzaccio”- lo schernì scherzosamente il giovane, quando i tre atterrarono.

A turno, i Cavalieri abbracciarono Mirko ed Angel e, quando gli altri tre si furono liberati dalle danze, li salutarono.

“Mancherebbero solo Mark ed Arnold e saremmo al completo”- disse Chris, smontando da Kroghor.

“Sono a Minas Tirith, probabilmente - esclamò Gianni – Era lì che avevamo intenzione di andare”

I sette amici si riunirono attorno ad un fuoco e brindarono al loro nuovo incontro, eccetto Gianni che fu fermato da Mirko.

“Quando mettiamo la parola fine a Galbatorix, allora?”- chiese Manuel con entusiasmo, mentre gli amici finivano di bere. Gianni si era appisolato, come anche Angel e i due dormivano testa contro testa.

“Pensare che ,ad Ellesmera, Gianni la odiava”- esclamò Rick posando il suo calice.

“Durza ,vorrai dire”- intervenne Mirko – Bè, comunque ,per quanto riguarda Galbatorix e Sauron dobbiamo attendere i rinforzi di Mark ed Arnold. Solo allora potremo sferrare l’assalto alla Capitale”

Gli altri annuirono e tornarono alle loro occupazioni: Rick, Chris ed Eric si addormentarono, per riposarsi dopo il viaggio, mentre Mirko, Manuel e Robert rimasero svegli ad ascoltare l’allegra musica elfica e le voci melodiche dei cantori.

“Ho ballato troppo, sono sveglio come….una sveglia”- disse Robert, cercando di pulirsi dal sudore che gli grondava dalla fronte- Mi chiedo come faccia Gianni ad essere piombato subito nel sonno”

“Era ubriaco fradicio”- affermò Mirko, e spezzò un rametto che aveva in mano. Il Cavaliere continuò ad ascoltare la leggera musica proveniente dalle sue spalle, quando , improvvisamente, si sentì la testa spaccata in due.

Vide un grande campo di battaglia e migliaia di soldati che lottavano tra loro. Vide il cielo occupato da nove creature nere che lottavano con altrettanti avversari alati. La scena mutò e Mirko si trovò ad osservare Stitch che lottava con Angel, il cartone blu attaccava con violenza, mentre quello rosa aveva un graffio ad una guancia e sanguinava dalla fronte. La scena mutò ancora e Mirko si ritrovò nel bel mezzo di uno scontro. Il ragazzo si accorse che c’erano Mark, Arnold e tutti gli altri….ognuno era impegnato con un enorme avversario che però rimaneva sfocato alla vista del Cavaliere. Improvvisamente una palla di fuoco piombò tra i combattenti e Mirko urlò, ritrovandosi a Silthrim. Sopra di lui, Manuel e Robert lo stavano chiamando, perfino gli altri si erano svegliati:

“Mirko, ti senti bene? Mirko”- lo scuoteva Manuel, sventolandogli una mano sul viso. Gli altri ragazzi osservavano con preoccupazione il loro compagno che si dimenava e poi tornava a rilassarsi:

“Cosa? Come?”- disse Mirko e tirò un profondo respiro inebriante – La battaglia, la palla di fuoco…Angel”

“Angel è qui, Mirko”- disse Rick tentando di tranquillizzarlo – “Cosa ti è successo?”

Mirko sbarrò gli occhi e si asciugò il sudore:

“Ho avuto come…..come una visione. Ho visto….”- il ragazzo puntò lo sguardo su Angel e decise di tacere…era forse la cosa migliore.

“Cosa? Che cosa hai visto, Mirko?”- insistette Manuel scuotendolo.

Il Cavaliere deglutì e scosse il capo:

“No, devo essermi sbagliato. Non ho visto nulla”

Detto questo, il Cavaliere si stese e si girò di lato, mentre gli altri continuavano a interrogarsi su cosa potesse essergli successo.

“Fa che non sia vero- mormorò Mirko fra sé- Fa che mi stia sbagliando e che tutto ciò che ho visto non si avvererà”

                     L’inizio della fine

Mark era sui bastioni di Gondor e osservava i soldati posizionarsi sulle mura con archi e frecce. Alcuni uomini caricavano i trabocchi con le rocce, mentre altri correvano armati lungo la cinta, urlando ordini e consigli. Il Cavaliere fissava la macchia nera all’orizzonte, dove sorgeva Osghiliat: era l’esercito di Sauron e Galbatorix. Mentre guardava, il giovane sentì la presenza di Arnold vicina a sé e disse:

“Ci siamo”

“Credo proprio di sì”- affermò Arnold carezzando le piume delle sue frecce e inginocchiandosi sulle mura, ponendo una mano sul capo, per coprirsi dal sole.

Faramir, completamente armato per la battaglia, raggiunse i due e si accostò a Mark:

“Come procediamo?”

Mark non si voltò, continuando ad osservare l’avvicinarsi dei nemici e sussurrò:

“Tu, Eomer, Legolas, Gimli, Baldir e Aragorn, difendete le mura. Io e Arnold proveremo a sparpagliare i loro ranghi, attaccandoli dall’alto”

“C’è sempre il problema dei Nazgul, però”- esclamò il Capitano di Gondor, scrutando il cielo- Come pensate di fare?”

Prima che il Cavaliere potesse rispondere, il cielo iniziò ad oscurarsi e una grande nube nera calò sulla città, provocando urla di terrore e preoccupazione, sia tra gli abitanti che tra i soldati. In lontananza si udivano i passi dell’esercito avversario e i corni che risuonavano attraverso il Pelennor. Un sibilò rimbombò tra i nembi e i tre Nazgul uscirono allo scoperto: alcuni soldati, alla loro vista, abbandonarono immediatamente le armi, ma Faramir ordinò loro di non scappare e di rimanere in posizione. Baldir, che si trovava poco distante, dovette faticare per non far fuggire i guerrieri del suo tratto di mura, che urlavano impauriti e si nascondevano sotto i tetti degli edifici, ritenendo che sarebbero stati al sicuro. Nel frattempo, le truppe nemiche si erano arrestate a poca distanza da Minas Tirith e rimanevano ferme, in attesa di ordini, mentre i Nazgul volteggiavano in circolo, sopra di esse. Un cavallo, si fece strada tra le legioni oscure e Mark vide che il suo fantino era Kovu. Il cartone sembrava molto impaurito, ma, cercando di mostrarsi fermo e impassibile, urlò:

“Abitanti di Minas Tirith, la difesa che vi apprestate ad affrontare è priva di senso. L’esercito di Sauron e Galbatorix ha vinto ed è inutile spargere altro sangue innocente. Il mio Signore chiede la vostra resa: se accetterete, dovrete prestare fedeltà al nuovo regno, se declinerete l’offerta…morirete tutti, compresi donne e bambini”

Seguirono alcuni istanti di silenzio, Mark, Arnold e Faramir attendevano ansiosi, quando, ad un tratto, la voce di Aragorn rispose al messaggio di Kovu:

“Io sono Aragorn, Re di Gondor, sappi che uno dei tuoi Signori è stato già una volta sconfitto da noi e ci teme ancora. Il mio popolo combatterà con me, al mio fianco, e non permetterà che il vostro male penetri in questa città…dunque, io vi dico…..VENITE PURE!!”

Seguirono le urla dei soldati che agitarono le armi verso la marea nera che avevano di fronte, Razar e Zarthan unirono i loro ruggiti al rumore assordante e Kovu indietreggiò lentamente:

“Avete deciso di perire, allora” - esclamò il cartone e poi si voltò verso l’esercito – “All’attacco”

L’assedio era iniziato : le legioni avversarie presero ad avanzare. In prima linea, gli Orchi correva scomposti trasportando scale gigantesche, mentre, dietro di loro, procedevano i soldati di Galbatorix. Gli arcieri di Gondor incoccarono le frecce e scagliarono una salva, decine di corpi caddero a terra, rotolando, mentre altri continuavano ad avanzare, proteggendosi con gli scudi. Mark e Arnold spiccarono il volo, lanciandosi in alto e il primo indicò alcune torri d’assedio che si avvicinavano alle mura:

“Quelle sono la nostra priorità” - urlò il ragazzo – Buttiamole giù”

Arnold annuì e calò in picchiata su una delle alte macchine, fracassandola al centro. Centinaia di Orchi e Imperiali caddero dalla sua sommità, divincolandosi, e stramazzarono sui loro compagni che marciavano in basso. Mark esultò e si lanciò tra le nuvole, in cerca di un bersaglio. Il ragazzo, scrutò in  basso e vide alcuni Orchi che armeggiavano con una specie di enorme balista: perfetto.

Il Cavaliere virò e gettò una fiammata sul gruppo di nemici , carbonizzandoli. Mark non fece in tempo a risalire più in alto che sentì lo spaventoso grido di un Nazgul alle sue spalle. La creatura, avvolta nel suo mantello nero, lo stava seguendo con la spada sguainata. Il ragazzo, mise mano all’arco e scagliò un dardo che si conficcò nell’ala della mostruosa cavalcatura avversaria, forandola. Il mostro sembrò non avvertire il dolore e continuò a volare dietro di lui, sempre più vicino.

“Dobbiamo cercare di affiancarli”- disse Mark al suo drago.

“Lascia fare a me”- rispose quest’ultimo.

Zarthan prese velocità e lo stesso fecero gli inseguitori finché il drago dorato non effettuò una giravolta e si ritrovò alle spalle del Nazgul.

“Ora siamo noi i cacciatori”- ringhiò la creatura, emettendo una voluta di fuma dalle narici. Mark sguainò la spada e i due attaccarono frontalmente gli avversari: lo scontro fu così violento che per poco il ragazzo non cadde nel vuoto. La sua arma aveva colpito il fianco della cavalcatura nemica, ma era rimasta incastrata nelle carni del mostro.

“Maledizione”- imprecò Mark, mantenendosi alle punte di Zarthan – “La spada”

Il drago dorato cambiò direzione, ma un altro Nazgul sbucò dalle nubi e si gettò al loro inseguimento. Questi stava per colpire alle spalle Mark, quando Razar, veloce come un fulmine, si gettò su di esso e le due creature precipitarono avvinghiate.

“Arnold”- urlò il Cavaliere, vedendolo combattere con il Cavaliere Nero.

“Non preoccuparti. A questo ci penso io, tu cerca di riprenderti l’arma”

Mark annuì e ritornò al suo volo, cercando con lo sguardo il Nazgul che gli aveva strappato la spada.

Faramir incitava le truppe a difendersi con i denti, il Capitano di Gondor scagliò un dardo e colpì un soldato Imperiale alla fronte, facendolo stramazzare nella polvere. La battaglia sembrava, per il momento, favorire le difese poiché Orchi e uomini di Galbatorix non erano in grado di gestire le loro diversissime modalità di combattimento.

Mentre le truppe di Mordor prediligevano il corpo a corpo e si gettavano impetuosamente sulle scale e le torri d’assedio, i guerrieri Imperiali adoperavano molto spesso gli attacchi a distanza e avanzavano lentamente. Questo faceva sì che ci fossero pochi nemici sulle mura e molti gruppi compatti di avversari da poter colpire con frecce e trabocchi. Baldir conduceva le operazioni di difesa al fianco di Eomer, dalla sua parte c’era la maggior concentrazione di scale degli attaccanti, dunque Faramir era costretto ad inviargli costantemente dei rinforzi. Stranamente, i Nazgul non stavano calando sui difensori, non si vedevano neanche, in verità. Forse Mark e Arnold gli stavano dando filo da torcere? Faramir sperò che fosse così.

L’uomo colpì un nemico che stava risalendo una scala e, con una forte spinta, la fece cadere sugli assedianti.

“Da questa parte, da questa parte”- sentì urlare Faramir e notò che una torre d’assedio era riuscita a raggiungere le mura e i suoi occupanti si stavano riversando sui difensori. Aragorn era proprio lì e stava falciando tutti quelli che gli si lanciavano contro, bagnando Anduril di sangue rosso e nero. Faramir corse in suo soccorso e si lanciò su un Orco, trafiggendolo al petto e mozzandogli la testa subito dopo.

“Non li lascerò entrare nelle nostre case”- urlò Aragorn eliminando l’ennesimo nemico e infilzandolo a terra.

Il Re di Minas Tirith effettuò una rapida piroetta e uccise altri due assalitori, poi posò lo sguardo sul Capitano:

“Mark e Arnold?”

“Stanno combattendo con i Nazgul, credo. Dev’essere per questo che quelle immonde creature non ci hanno ancora attaccato”- spiegò Faramir, mentre troncava il braccio di un Orco che lo aveva caricato alle spalle.

Un nemico colpì un soldato con una grossa mazza ferrata e si scagliò sui due, urlando selvaggiamente.

“Vi farò a pezzi”- disse- “Parola di Kraghat”

Aragorn si scansò e menò un fendente che il suo avversario riuscì a schivare con agilità. Kraghat levò la mazza e il suo colpo si abbatté sulla lama del Re di Gondor che cadde a terra, ma riuscì lo stesso a far scivolare l’Orco con uno sgambetto. Faramir tentò di infilzarlo, ma questi rotolò di fianco e piantò un pugnale nel piede del Capitano di Gondor che urlò di dolore e si tenne la zona dove l’arma l’aveva colpito. Con un gemito, estrasse il pugnale e lo scagliò su Kraghat, colpendolo alla spalla. Il secondo in comando delle truppe avversarie strinse i denti e strappò anch’egli il pugnale dalle carni, ringhiando d’odio verso Faramir.

“Maledetti umani”- disse, sputando in terra, poi si voltò e si scagliò nel bel mezzo dello scontro, sparendo ai loro occhi. Faramir avrebbe voluto inseguirlo, ma il Re lo fermò per una spalla:

“Lascialo andare, dobbiamo difendere la città, adesso”

Mark vide che il Nazgul che gli aveva ‘rubato’ la spada stava sorvolando il piazzale dove sorgeva l’Albero Bianco ed atterrò proprio lì.

“Perché mai dovrebbe atterrare?”- si chiese il ragazzo, poi aggiunse con orrore- “Oh no, Eldarion”

Mentre si avvicinava, Mark notò che alcune guardie della Torre si erano lanciate sulla creatura, ma erano state facilmente uccise o messe in fuga. Il Cavaliere Nero notò l’arrivo del giovane e ordinò alla sua cavalcatura di attaccarlo, indicandolo con una mano ferrata. Il mostro ruggì e si scagliò su Zarthan, piantando i suoi artigli nel petto del drago. Mark sentì il dolore attraversargli le membra:

“Mark, devi salvare Eldarion – disse Zarthan, sofferente- Cercherò si avvicinarmi al piazzale, tu balza giù e ferma quel Nazgul. Io mi occupo di questa bestia infernale”

Il drago planò nei pressi, dell’Albero Bianco, ancora avvinghiato alla cavalcatura del Cavaliere Nero, e Mark si lanciò a terra , atterrando sui piedi con la leggerezza di un gatto. Il ragazzo guardò preoccupato Zarthan, ma poi si decise a correre dietro al Nazgul che aveva appena infranto il portone del Palazzo.

Quando Mark su dentro, non vide nessuno. Dov’era andato? Il trono era vuoto e l’aria all’interno della camera del Re era gelida, nonostante i fuochi della battaglia che provenivano dal basso. Il Cavaliere attese per qualche secondo finché non sentì una voce echeggiare nel corridoio:

“Ritengo che tu non mi abbia riconosciuto, ragazzo”

“Dove sei? Che cosa sei venuto a fare quassù?”- esclamò Mark tentando di non fra tremare la proprio voce.

“Sono venuto a far visita al figlio del Re, è un così innocente ragazzo”

Mark serrò la mascella e continuò a guardarsi intorno, senza vedere il suo avversario:

“Non osare torcergli un capello o io…..”

“Tu cosa? Io e te ci siamo già incontrati ad Osghiliat…se non fosse stato per Faramir ti avrei ucciso….”

“Chi sei?”- urlò il Cavaliere, voltandosi di scatto, ma senza vedere nessuno.

“Sono conosciuto con molti nomi: Murazor, Signore dei Nazgul, Re degli stregoni di Angmar, Capitano Nero, Signore di Morgul….scegli quello che preferisci”- ridacchiò lo Spettro.

Mark ebbe un tuffo al cuore. Senza l’elmo spinato che il Re Stregone portava di solito, non era riuscito a riconoscerlo.

“Complimenti Mark”- si disse il giovane – “Ti sei scagliato contro il più forte dei Nove”

Il Re Stregone apparve da dietro un angolo e Mark ebbe un vuoto allo stomaco. Il Cavaliere Nero teneva Eldarion in braccio, ma il ragazzino era ancora addormentato, non poteva neanche immaginare il pericolo che stava correndo.

“Non trovi che sia il degno erede di un Re?”- sussurrò Murazor, carezzando i capelli di Eldarion con la sua mano di ferro.

Mark si rese conto solo adesso di non aver recuperato la spada e il sangue gli si gelò nelle vene. Il Cavaliere non poteva eseguire un incantesimo perché avrebbe potuto colpire il figlio di Aragorn, Arnold era ancora in battaglia e tutti gli altri si trovavano al livello più basso della città.

“Pensa, Mark”- si disse il ragazzo- “Pensa in fretta”

                     Un nuovo sovrano

Sauron era ad Uru-Baen, nella sua stanza, e camminava in circolo, alzando, di tanto in tanto, la testa verso la porta, come se stesse aspettando qualcuno. L’attesa era snervante e il Signore Oscuro si appoggiò alla parete, osservando il soffitto di pietra nera.

“Quel lurido umano ha osato rimproverare me….ME”- pensò il signore di Mordor, serrando i pugni e rievocando nella mente la scena di Galbatorix che lo incolpava di non aver saputo condurre l’esercito in guerra. Quell’insulso Re umano non poteva competere con l’immensa forza di Sauron, eppure egli era costretto a fare la parte dell’ alleato obbediente per non far scoprire le sue vere intenzioni….ma ora basta .Qualcuno bussò:

“Avanti”- rispose Sauron e un Orco entrò nella stanza, zoppicando da un piede. La creatura si inchinò, ma il Signore Oscuro la fece alzare e , con un gesto di rabbia, la inchiodò al muro, tenendola per le spalle.

“Che cosa sei venuto a dirmi? Parla in fretta perché non sono….dell’umore giusto”

L’essere deglutì e cominciò a balbettare:

“Vengo…vengo dalla nostra terra, Signore. Il Capitano Kraghat mi ha detto di riferirle che siamo riusciti ad attaccare Minas Tirith e p-per ora la s-situazione è-è stabile”

Sauron mollò la presa e l’Orco cadde in terra, rialzandosi a fatica a causa del piede dolorante. Il Signore di Mordor si voltò di scatto verso il messaggero e, per un momento, questo pensò che il suo padrone volesse ucciderlo:

“Siediti e serviti di ciò che più ti aggrada…io ho una faccenda importante da sbrigare”- esclamò Sauron indicando all’Orco la tavola imbandita che era al centro della stanza e chiudendo la porta, dopo essere uscito a passi pesanti.

Camminando attraverso il corridoio, udì la voce di Galbatorix e, avvicinandosi con cautela alla stanza del Re, aprì delicatamente la porta, osservando da uno spiraglio. Il sovrano era di spalle e sembrava in trance, mentre Kiara dormiva appoggiata al trono, con ancora la frusta in mano.

“Ti sbagli Oromis- sentì dire Sauron- Posso tenervi così quanto voglio perché sono diventato potente come un dio e non c’è nessuno che possa fermarmi”

Che stava facendo il vecchio umano? Parlava da solo? Sauron si allontanò e decise che quello era il momento giusto: Minas Tirith stava cadendo, i Cavalieri Neri erano dalla sua parte, Uru-Baen brulicava di Orchi.....tutto era pronto per il suo dominio. Tornato nella stanza, il Signore Oscuro prese per il colletto l’Orco che lo aveva avvisato dell’attacco a Gondor e gli disse:

“Avverti tutti che è l’ora…e fai arrivare questo messaggio anche nella nostra Terra…ricordati, Kovu e Stitch sono al servizio del Re e non lo devono ancora sapere”

La creatura annuì ghignando e, mentre usciva dalla camera, sussurrò felicemente tra sé: “E’ l’ora, è l’ora, è l’ora”

Sauron prese un respiro come se si stesse liberando dalle impurità dell’aria e soppesò la sua mazza:

“Finalmente”- disse, compiaciuto, e si diresse di nuovo all’alloggio di Galbatorix. Due guardie lo videro e una di loro fece per fermarlo:

“Il Re non vuole essere disturbato in questo momento”- il tono di voce dell’uomo si smorzò quando vide che Sauron non si era ancora fermato – “I-il R-re…”

“…..non vuole essere disturbato”- continuò il sovrano di Mordor, fermandosi davanti ai guerrieri e emettendo una sonora risata. L’uomo corazzato afferrò i due e li sbatté l’uno contro l’altro con violenza inaudita, uccidendoli.

I corpi caddero a terra ed emisero un tonfo metallico, mentre dall’esterno di udivano delle grida…probabilmente il messaggio era arrivato alle truppe di Mordor che presidiavano la Capitale. L’ Oscuro Sire si accostò ad una finestrella e guardò in basso: nella città infervorava una violenta battaglia, gli Orchi lottavano contro i soldati Imperiali che , colti alla sprovvista, si difendevano come potevano. Incendi ardevano ovunque e gli abitanti fuggivano da una parte all’altra della Capitale nel tentativo di sottrarsi alla morte. Il calore delle fiamme provenienti dal basso  quasi corroborò Sauron che annusò compiaciuto l’odore di sangue e fumo che ricopriva Uru-Baen. Allontanandosi dalla finestra, il Signore Oscuro tornò alla stanza del Re e ,aprendo un lato della porta, vide che l’uomo non si era ancora accorto di nulla…perfetto.

Con un colpo magistrale della sua mazza, Sauron fracassò il portone:

“Toc-toc”- disse quando vide il Re sobbalzare e cadere a terra. Kiara si svegliò di soprassalto e si guardò attorno spaesata.

Galbatorix si voltò e osservò Sauron con un misto di odio e stupore:

“Sauron, come osi metterti contro di me?”

“Silenzio”- intimò l’altro sovrano malvagio, puntando la sua mazza verso il Re –“ Hai parlato troppo, omuncolo”

Il sovrano di Alagaesia si mise in piedi e digrignò i denti:

“Questo è tradimento”- mormorò allungando una mano e poi urlò alcune strane parole. Sauron fu colpito come da un pugno invisibile e sbatté alla parete del corridoio, provocando un tonfo metallico. Scuotendo la testa per lo stordimento, il Signore Oscuro si rimise in piedi:

“Questa sarà l’ultima volta che evocherai un incantesimo….c’è spazio per un solo Signore del Male”

Galbatorix sguainò la spada e ,improvvisamente, il tetto tremò. Il soffitto cominciò a cadere a pezzi e Kiara si nascose in un angolo, coprendosi il viso, mentre Alexander, attaccato alla parete, osservava con stupore il grande drago nero che stava entrando dalla breccia: Shruikan.

“Sì – disse il Re -…..e sono io quel Signore”

L’uomo si lanciò in avanti e Sauron parò il primo colpo, respingendo l’avversario con facilità. Il Signore di Mordor menò un fendente con la sua mazza, ma Galbatorix si abbassò con incredibile velocità, come se fosse molto più giovane, e colpì Sauron ad un fianco, senza però neanche scalfirne la corazza. Nel frattempo, Shruikan sembrò essere stato attaccato alle spalle perché si voltò e sparì nel cielo all’inseguimento del  nemico: anche i Nazgul si erano uniti alla battaglia a quanto pare. Galbatorix notò l’allontanarsi del drago e Sauron ne approfittò per afferrare l’uomo per il collo:

“I miei omaggi, maestà”- disse il sovrano di Mordor e scagliò l’avversario attraverso la stanza, facendogli fracassare bicchieri e mobili di legno pregiato. L’anziano Cavaliere si alzò e tossì,cercando di ripulirsi dalla polvere:

“Kiara, attaccalo”- urlò poi e il cartone sbarrò la strada a Sauron, sguainando la sua spada, ma tremando per la paura.

“E così, utilizzi i tuoi schiavi per affrontarmi? Sapevo che eri un re ingenuo, ma non fino a questo punto”

L’uomo corazzato parò il colpo del cartone e lo afferrò per un braccio, piegandoglielo fino a farlo inginocchiare:

“Arrenditi o le spezzo il braccio”- urlò Sauron a Galbatorix.

“Fai pure”- sibilò l’altro, scrollando le spalle - “Una schiava vale l’altra”

“Maestà” – pianse Kiara- “La prego”

Alexander si dimenò forsennatamente, ma non poté far altro che osservare Kiara divincolarsi nel tentativo di non farsi rompere il braccio,mentre il Re rimaneva impassibile.

Incredibilmente, Sauron lasciò il cartone di sua spontanea volontà e Kiara si distese, massaggiandosi l’arto:

“Non ho bisogno, di farlo”- ridacchiò Sauron, guardando un punto oltre le spalle del Re di Alagaesia- “Hai gia perso”

Galbatorix si girò e due Nazgul incrociarono le spade di fronte al suo viso, sibilando divertiti.

“E pensare – esclamò Sauron ridendo – Che li hai anche resi più forti e resistenti alle fiamme”

Uno dei due Spettri colpì il Re alla testa e questo cadde a terra, privo di sensi; Sauron lo osservò, sprezzante:

“L’uomo che si crede dio è stato sconfitto. Portatelo via insieme alla sua schiava e rinchiudeteli dove la  magia non potrà servire. Non deve assolutamente contattare i suoi comandanti nella Terra di Mezzo o la nostra copertura salterà”

I Nazgul afferrarono Galbatorix e Kiara e li trascinarono fuori dalla stanza che era priva del soffitto e piena di mobili e suppellettili rotte. Sauron fece qualche passo e vide Alexander. Avvicinandosi al ragazzo, spezzò a mani nude i blocchi di marmo che lo tenevano fermo e disse:

“Come vedi, ragazzo, tutto ha il suo tempo. Galbatorix non comanderà più questa misera terra….Sauron, lo farà al posto suo”

Il Signore Oscuro trascinò con sé Alexander, pallido e ammutolito, e si recò sul balcone che affacciava sulla piazza della città. Al centro di Uru-Baen, Shruikan giaceva incatenato, mentre in cielo volavano le temibili cavalcature dei Nazgul. Gli Orchi agitavano le armi e acclamavano il loro Signore, parlando nella grottesca lingua di Mordor. Una lunga fila di prigionieri umani stava procedendo verso le prigioni e tutti i soldati si trovavano inginocchiati al centro della piazza con le mani dietro la testa e le armi a terra, mentre alcuni Orchi li circondavano con lance acuminate. Sauron alzò una mano e calò il silenzio:

“Popolo di Mordor- iniziò- Il Destino ci ha fatto approdare in questa Nuova Terra e noi siamo stati in grado di cogliere l’attimo. Ora, tutto ciò che vedete davanti ai vostri occhi appartiene a Sauron: offro la possibilità agli umani di questa città di unirsi alla mia causa….il loro premio sarà rimanere in vita”

Una grande quantità di Orchi si mise a ridacchiare, mentre altri batterono le mani sulle corazze, gridando follemente.

Alexander deglutì e osservò quell’orrore: c’erano tantissimi Orchi, come avrebbero potuto fare i suoi amici a sconfiggere un tale esercito, senza contare Sauron e i Nazgul?

Il Signore di Mordor salutò le truppe che continuavano a urlare e rientrò nella stanza del Re, trascinando Alexander con sé:

“Ora, ragazzo, io ti lascerò andare”

Alexander rimase molto stupito da quella affermazione e sbarrò gli occhi, incredulo.

“Andrai dai tuoi amici Cavalieri e gli dirai cosa sono capace di fare…voglio uno di loro….voglio quello che si chiama Mirko….va da lui e digli che se non verrà farò giustiziare Kiara. Ovviamente….dovrà essere solo, altrimenti, so che è banale, la ragazza morirà comunque”

Detto questo, spinse il giovane con una manata,questi si mise a correre e sparì oltre la porta in frantumi, lasciando Sauron da solo.

Il sovrano di Mordor si sedette sul trono di Galbatorix e incrociò le mani davanti al viso:

“Niente potrà più fermarmi”- la sua risata echeggiò nella stanza e assunse un suono fortissimo come un tuono nella tempesta.

Preparati a combattere

Mark era pietrificato dinanzi alla figura del Re Stregone che teneva Eldarion, addormentato, in braccio. Il Cavaliere non aveva con sé la spada e non poteva rischiare un incantesimo perché avrebbe potuto ferire il principe di Minas Tirith.

“Lascialo andare, lui non centra in questa faccenda”- disse il ragazzo puntando un dito verso Murazor (il Re Stregone XD).

“Perché dovrei? Il mio padrone sarebbe lieto se io spezzassi la dinastia dei Re”- rispose l’altro, mentre il ragazzino scuoteva la testa nel sonno, come se stesse avendo un incubo. In realtà l’incubo era a pochi centimetri da Eldarion e lo teneva tra le sue braccia corazzate. Mark cominciò a grondare sudore e vide che Murazor stava appoggiando il principino a terra, lo Spettro sguainò la spada e la alzò, ma, mentre stava per abbassarla, Mark ebbe un’idea ed urlò:

“NO, aspetta….lascia andare lui e….prendi me”

Murazor si girò e Mark fu pronto a scommettere che se quell’essere avesse avuto un volto adesso sarebbe stato stupito. Lo Spettro abbassò la spada:

“Prendere te?”

“Io interesso di più al tuo Signore….non ucciderlo, ti prego”- esclamò Mark, avvicinandosi a Eldarion e accovacciandosi su di lui per proteggerlo…non era ancora il momento, il principino era ancora troppo vicino. Con delicatezza, il Cavaliere iniziò a spingere il ragazzino addormentato, mentre Murazor osservava:

“Scusi maestà”- pensò tra sé il Cavaliere e diede uno spintone violento che fece scivolare Eldarion sul pavimento, lontano dai due….ora poteva agire.

Il ragazzo si girò di scatto, fece l’occhiolino a Murazor e urlò: “THRYSTA VINDR”

Lo Spettro venne scagliato all’indietro e sbatté ad una colonna, ricadendo sul davanti. Mark si alzò e si avvicinò a Eldarion che nel frattempo, a causa dello spintone, si stava risvegliando e lo prese in braccio:

“Scusami se ti ho fatto male”- gli disse il Cavaliere, mentre correva per il corridoio – “Ma non potevo lanciare incantesimi fin tanto che eri vicino a quell’essere”

Eldarion sbatté le palpebre e inarcò un sopracciglio:

“Quale essere?”

Il ragazzino si sporse da una spalla di Mark e vide lo Spettro che stava rialzandosi e sibilava con rabbia. L’erede al trono si lasciò sfuggire un grido e si tenne forte al Cavaliere che attraversò il portone in frantumi e si ritrovò nello spiazzo dove sorgeva l’Albero Bianco. I sibili e gli stridii del Re Stregone si facevano sempre più vicini e Mark parve riconoscere in cielo una figura alata: forse era Zarthan?

Senza neanche utilizzare il proprio contatto mentale, il ragazzo urlò:

“Zarthan, sono Mark e ho Eldarion con me. Bisogna metterlo al sicuro”

La figura non rispose ed uscì allo scoperto dalle nuvole di fumo, provocando una morsa al cuore del Cavaliere: non si trattava di Zarthan, ma di un Nazgul. Sul suo dorso sedeva un altro Cavaliere Nero, ma ciò che più fece stupire il ragazzo fu il vedere che anche Kovu sedeva sull’orrendo animale. Il cartone scese con un balzo e il Nazgul si allontanò, emettendo il suo verso acuto. Mark si guardò alle spalle, Murazor era appena uscito dal Palazzo e teneva la spada in una mano, mentre il suo mantello nero svolazzava a causa del vento:era circondato.

Eldarion si tenne stretto al petto del Cavaliere e vi affondò la testa per non guardare,quando Kovu parlò:

“Mark, arrenditi. Non avete alcuna possibilità di vittoria”

Il Cavaliere fece qualche passo indietro:

“Dov’è Stitch?”

Kovu si limitò ad osservare la spada che aveva in mano e rispose:

“Ho ritenuto meglio non farlo lottare e gli ho ordinato di restare ad Osghiliat, dove ci siamo accampati. Era troppo distratto e poteva morire in questa battaglia….la colpa è tua, non dovevi dirgli che Angel è salva”

“Dovevo dirgli che era morta?”- ribatté il Cavaliere.

“Non dovevi dire nulla”- ringhiò Kovu e si avvicinò lentamente, con la spada che scintillava.

Mark si guardò intorno e non vide vie d’uscita. Alle sue spalle, c’era Murazor, davanti aveva Kovu.

Il cartone si lanciò su di lui e menò un fendente che il Cavaliere riuscì a schivare solo buttandosi a terra, Eldarion emise un gridolino di paura e continuò a non guardare, tenendo gli occhi chiusi. Con un agile balzo, Mark si rimise in equilibrio e vide i corpi delle Guardie della Torre uccise dal Re Stregone: le loro armi erano ancora utilizzabili. Il ragazzo corse verso una di loro e prese una spada. Con una mano teneva l’arma, con l’altra reggeva il bambino. Roteando la lama, tentò di tenere a distanza i due avversari, ma, man mano che indietreggiava, si accorse che si stava avvicinando al bordo dello spiazzo, dove si poteva facilmente cadere nel vuoto.

“Insisti in questo patetico atto di resistenza e morirai”- mormorò Murazor. Mark fece ancora un passo indietro e sentì il bordo di marmo dello spiazzo alle sue spalle….la corsa era finita. Il ragazzo guardò in basso ed emise un gemito:

“Ha fatto un bel volo ,Denethor”- pensò, poi tentò di contattare Zarthan:

“Dove sei? Ho bisogno del tuo aiuto”

“Mark, sono riuscito a recuperare la tua spada, ma quell’essere mi è sfuggito. Sei sempre lassù?”

“Sì, vieni a prendere Eldarion. Ci sono un paio di problemi da queste parti”

Mark chiuse il contatto e vide Kovu arrabbiarsi:

“Combatti da uomo, Cavaliere. Non nasconderti dietro un bambino”

“Chiedilo a lui”- rispose sarcasticamente Mark, indicando Murazor, il quale stridette e quasi stonò Mark che si mise le mani sulle orecchie e si inginocchiò, lasciando andare Eldarion. Il ragazzino perse l’equilibrio e cadde oltre lo spiazzo, nel vuoto.

“NOOO”- urlò Mark e si affacciò. Il principino si reggeva a malapena al bordo con una mano e piangeva.

Il Cavaliere allungò una mano:

“Non guardare giù Eldarion, cerca di afferrare la mia mano”

Il ragazzino fece un enorme sforzo e riuscì ad aggrapparsi al guanto del Cavaliere che però era in una posizione alquanto pericolosa. Infatti, mentre si trovava disteso, Kovu gli mise un piede sulla schiena, per tenerlo fermo, e disse:

“Sarebbe così facile ucciderti adesso….due al prezzo di uno”- continuò osservando Eldarion, aggrappato alla mano di Mark.

Aragorn uccise un nemico e si lanciò con impeto su altre truppe che stavano appena fuoriuscendo da una torre d’assedio. Faramir era dietro di lui, mentre Legolas e Gimli falciavano i nemici al fianco di Eomer e Baldir.

Il Nano colpì un avversario con la sua possente ascia:

“Ottanta, ottanta - esclamò, felice – Stavolta ho tenuto il conto anche dei tuoi, sei in svantaggio orecchie a punta”- aggiunse, dando uno spintone all’Elfo, il quale mirò alla corda che teneva saldi i componenti di una torre nemica e, spezzandola, fece crollare l’intera macchina d’assedio avversaria. Con un sorriso, ammiccò al compagno che, con tono burbero cercò di giustificarsi:

“Dovevi distruggere loro, non la macchina…non vale”

L’assedio procedeva lentamente e le mura erano piene di cadaveri di entrambi gli schieramenti. Gli Orchi sciamavano da tutte le parti, mentre i soldati di Galbatorix stavano attaccando il portone principale, formando una specie di testuggine. Un trabocco colpì un troll e questo stramazzò al suolo, morto.

Il Re di Gondor emise un grido di rabbia ed eliminò altri tre avversari, intimorendo tutti gli Orchi che si trovavano nelle vicinanze. Improvvisamente, una voce femminile lo chiamò e il Re riconobbe sua moglie Arwen:

“Aragorn, Aragorn”

“Arwen, che ci fai qui? Non dovresti essere alla Casa di Cura? Vattene, è troppo pericoloso”

L’Elfa parve non ascoltarlo:

“Si tratta di Eldarion, è lassù, guarda”

Aragorn alzò il capo ed ebbe un tuffo al cuore, vedendo che suo figlio era sospeso nel vuoto e si reggeva solo alla mano di un Cavaliere che sembrava essere Mark.

“Eldarion”- urlò il Re e Faramir fece appena in tempo a salvarlo dall’assalto di un soldato avversario.

“Vai pure”- esclamò Faramir- “Ci penso io qui”

Il sovrano annuì e corse giù dalle mura, doveva arrivare in cima il più velocemente possibile, prima che per il suo unico figlio fosse troppo tardi.

Mark sudava moltissimo nel tenere Eldarion e non poteva alzarsi dal momento che Kovu lo teneva fermo. Il braccio con cui manteneva il ragazzino gli bruciava di dolore, ma doveva fare di tutto per non mollare la presa. Sbuffando, il Cavaliere strinse i denti e sopportò quel male interminabile.

Alle sue spalle sentì Murazor esclamare:

“Avanti, uccidili e facciamola finita”

“Aspetta, prima deve dirmi dove si trovano i suoi amici, così potrò informare Galbatorix. Dove sono?”

“Preferisco morire”- rispose il ragazzo, ansimando.

“E’ quello che farai”-continuò Kovu – “Parla”- il cartone premette più forte sulla schiena di Mark che scosse il capo.

“Allora addio, Mark”- urlò il cartone e levò in alto la spada, ma in quel momento, un ruggito squarciò l’aria e Zarthan lo colpì con la coda, facendo sbattere su Murazor. Mark emise un respiro di sollievo e sollevò il bambino portandolo di nuovo sullo spiazzo. Eldarion tremava, ma il ragazzo gli carezzò la testa e cercò di tranquillizzarlo:

“Va tutto bene adesso, fai un bel respiro”

Zarthan era atterrato di fronte ai due avversari e ringhiava contro di loro. Murazor emise un sibilo e la sua cavalcatura arrivò puntualmente.

“Ah, Mark. La tua spada”- disse il drago gettandogliela ai piedi. Il ragazzo la raccolse e fece montare Eldarion sul drago, seguendolo subito dopo.

“Andiamo Zarthan, portiamolo giù”- urlò Mark e il drago spiccò il volo lanciandosi verso il basso.

“Inseguili”- ordinò Kovu. Murazor e la sua bestia emisero i loro versi mostruosi e si lanciarono dietro al Cavaliere, lasciando il cartone da solo vicino all’Albero Bianco. In quel momento, un uomo salì dalle scale e urlò:

“Tu, che ne hai fatto di mio figlio?”

Kovu si voltò e riconobbe il Re di quella città. Mostrando la sua spada insanguinata, il cartone disse:

“L’ho ucciso, maestà”

Il viso dell’uomo parve crollare a pezzi, il suo colore divenne pallido e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Un momento dopo, il Re aggrottò la fronte, strinse i denti e sguainò con forza la spada. Non poteva neanche immaginare che il cartone stava mentendo appositamente,perché la rabbia lo accecava:

“Assassino, pagherai per avermi portato via la mia unica gioia. Preparati a combattere e sappi che stavolta non affronterai un indifeso bambino”

“Sono prontissimo, maestà”- rispose il cartone e i due girarono in tondo, come due belve pronte a scannarsi a vicenda.

                   L’arrivo di Alexander

Era giorno a Silthrim e il sole rendeva il terreno bollente, gli Elfi stavano ammassando le macerie e i relitti delle navi fuori dalla città, cercando in tutti i modi di non nuocere alla natura che li circondava, mentre Mirko e i suoi amici camminavano ai bordi del lago Ardwen, parlando fra loro.

Il Cavaliere di Xavian era ancora inorridito dalla visione che aveva avuto la sera precedente: lui e gli altri si trovavano nel mezzo di una battaglia e stavano combattendo contro nove avversari, quando una sfera infuocata, esplodendo sugli sfidanti, gli aveva fatto riprendere conoscenza. Ricordò Stitch lottare contro Angel, le ferite che ricoprivano il corpicino del cartone rosa e tentò di scacciare quel pensiero.

“Mirko, a proposito di ieri….”- disse Gianni, ma l’altro non gli permise di continuare.

“Non è successo nulla, Gianni…davvero. Sto bene, sarà stato a causa della birra”- esclamò il Cavaliere, non guardando in viso l’amico.

“Se non sbaglio, ieri tu non hai bevuto, Mirko”- lo fermò Manuel, tenendolo per una spalla- “Senti, siamo tuoi amici e non tradiremmo mai un tuo segreto…che cosa ti è successo ieri?”

Mirko serrò le labbra e vide che gli altri sei Cavalieri lo guardavano supplicanti. Angel piegò la testa da un lato, mentre il Cavaliere iniziava a parlare:

“Ho avuto una visione”

Per alcuni secondi dominò il silenzio, poi il ragazzo riprese a parlare:

“C’era un’enorme battaglia in corso, soldati ovunque…ho visto molte creature alate volare nei cieli e poi…poi ho visto noi”

“Noi?”- urlò Robert stupito e Rick gli mise una mano sulla bocca.

Mirko deglutì e annuì più volte con il capo:

“Sì, io-io non so come abbia potuto fare, ma c’eravamo tutti e….stavano lottando contro delle creature molto più alte di noi”

“I Nazgul”-azzardò Eric, battendo un pugno sulla mano aperta.

“Non ne sono sicuro, ma, improvvisamente, siamo stati colpiti da una sfera infuocata e , a quel punto, mi sono risvegliato”

Il resto dei compagni iniziò a mormorare nervosamente e Mirko emise un sospiro, come se si fosse liberato da un pesante fardello. Angel socchiuse le palpebre e trapassò il Cavaliere con lo sguardo:

“Non hai detto tutto, Mirko”

Il giovane si voltò verso il cartone e gli altri Cavalieri smisero di parlare, osservando la scena.

“Come? Ti giuro che è così”

“No”- continuò Angel con un tono arrabbiato, come i ragazzi non avevano mai udito- “Lo leggo nei tuoi occhi, mi stai nascondendo qualcosa”

Mirko si girò, non osando guardare il cartone in viso e pensò fra sé:

“Devo dirglielo?”

Inaspettatamente, fu Xavian a rispondere:

“Devi farlo Mirko, non ha senso nasconderglielo se prima o poi dovrà accadere”

“E tu come fai a saperlo?”

“Mi aspettavo una domanda più intelligente, ragazzo”- disse il drago e Mirko si ricordò del profondo legame che univa lui e la sua creatura, poi un enorme dubbio lo colpì:

“Un momento Xavian, non lo avrai detto anche ai tuoi fratelli?”

“Sì”

“E quindi loro….”- il giovane si girò e vide che i suoi sei amici tenevano le braccia incrociate sul petto e lo guardavano, seri.

“Voi lo sapevate già?”

“Si, Mirko”- disse Gianni- “Lo abbiamo saputo quasi subito, ma abbiamo preferito aspettare e vedere se ce lo avresti detto da solo…siamo stati accontentati….ma non tutti”

Angel si fece largo tra i ragazzi e Mirko la vide seriamente arrabbiata, furiosa era dir poco. Il cartone si avvicinò al Cavaliere:

“Perché volevi nascondermi questo? Credevi che non sarei stata in grado di sopportarlo? Bè sappi che non sono così debole di spirito come credi”- detto questo, diede un pesante schiaffo sul volto del giovane che parve molto stupito da quel gesto. Gli altri amici sussultarono e Chris sussurrò:

“Ahi”

Angel si allontanò e corse lontano, dove sorgevano le rovine dei moli. I ragazzi la videro sedersi su una di queste e mettersi la testa tra le ginocchia. Mirko si massaggiò il punto dove era stato colpito e batté una mano a terra, alzandosi.

“Perché non volevi dirglielo che avrebbe dovuto combattere con Stitch?”- chiese Rick, ponendo una mano sulla spalla dell’amico.

“Non lo so, mi sembrava felice e non volevo rattristarla”

“No, Mirko, non era felice te lo posso assicurare”- disse Gianni- “Di notte la sentivo anche piangere, non dormiva molto. Comunque, adesso è addolorata lo stesso non trovi?”- continuò il Cavaliere guardando mestamente il cartone.

“Lasciatemi stare”- disse Mirko con tristezza e si allontanò dal gruppo, mettendosi le mani di fronte al viso. Il ragazzo non si voltò e camminò per un po’, cercando di scacciare le inquietudini e la vergogna. Adesso non poteva mostrare segni di cedimento: gli Elfi contavano su di lui e mostrare delle debolezze avrebbe significato smembrare la compattezza delle truppe. Qualcuno si sarebbe sicuramente lamentato di un Cavaliere così e non avrebbe più seguito i suoi ordini…Mirko doveva evitare che ciò accadesse.

Il ragazzo si sedette su una roccia, ai margini delle foresta, e prese un respiro, chiudendo gli occhi. Xavian atterrò al fianco del sul Cavaliere e disse:

“Stai bene, ragazzo?”

“No”- si limitò a rispondere Mirko, sfregandosi gli occhi e massaggiandosi la tempia destra- “Sono distrutto, Xavian, non riesco a pensare, contemporaneamente, alla campagna contro Sauron e Galbatorix, all’incolumità dei miei amici ed ora anche a questa visione”

Il drago si accomodò vicino al ragazzo e ripiegò le ali:

“Secondo me, ti stai facendo troppi problemi, ragazzo mio. Non deve certo dipendere tutto da te. Anche gli altri hanno una coscienza e una mente che possono usare più o meno bene”

“Non centra questo. Io mi sento in qualche modo in diritto di proteggere coloro che amo…è più forte di me”

“E’ normale, Mirko, ma ricorda cosa ti disse Meredriel dopo che ti scontrasti con Sauron: il valore di un Cavaliere….”

“…..si dimostra anche con la prudenza e la moderazione. Dovrei moderare la mia voglia di proteggere gli altri?”- chiese Mirko voltandosi verso Xavian. Il drago emise un risolino:

“In un certo senso…sì”

Il Cavaliere sorrise e carezzò il collo del suo drago, scuotendo il capo, divertito:

“Grazie al cielo esisti, Xavian. Mi fa sempre molto piacere parlare con te”

In quel momento si udì un rumore di passi veloci e Mirko vide un Elfo correre verso di lui:

“Che cosa succede?”-domandò il Cavaliere aggrottando la fronte.

“Abbiamo trovato un ragazzo ai margini della foresta…era quasi morto e….credo che debba venire a vedere, Cavaliere”

Mirko si alzò dalla roccia su cui era seduto e seguì l’Elfo che lo condusse in una tenda al cui interno, un ragazzo si agitava su una sedia, mentre due curatori tentavano di calmarlo. Gli altri amici del Cavaliere erano intorno al nuovo arrivato, in silenzio. Non appena lo vide, il giovane parve rilassarsi e disse a Mirko:

“Mirko, sono Alexander…ti stavo cercando”

In un primo momento, il Cavaliere non era riuscito a riconoscerlo: quel ragazzo era Alexander? Era profondamente cambiato dall’ultima volta che si erano visti ad Ellesmera. Una sottile barba cresceva sul suo viso e le sue gambe e braccia erano piene di bianche cicatrici, mentre i capelli neri erano arruffati sulla testa come se fossero stati colpiti da un forte vento. Gli stivali e i guanti del giovane erano pieni di sabbia e terra, solo il suo vestito era abbastanza pulito, ma mostrava strappi e buchi in molti punti.

“Ma cosa ci fai qui, Alexander? Eric ci aveva detto che eri stato catturato dal Re”- chiese Mirko, scuotendo Alexander per le spalle. Il ragazzo si liberò dalla stretta del Cavaliere con una manata e rantolò:

“Galbatorix non è più il Re” – i volti dei Cavalieri si dipinsero di confusione e stupore – “Sauron l’ha spodestato e ha preso il suo posto”

“Bè, un nemico in meno da sconfiggere”- disse Manuel, ma Alexander scosse il capo:

“No, vi sbagliate. Galbatorix giace nelle segrete di Sauron, ma non ha perso tutto il suo potere, prima o poi dovrete affrontare anche lui”

I Cavalieri ascoltarono, rapiti, quando Mirko prese Alexander per il colletto e lo sollevò dalla sedia:

“E tu come mai sei riuscito a fuggire? Se intendi di nuovo prenderti gioco di noi…”

Il ragazzo si liberò con uno strattone e si aggiustò il vestito:

“E’ stato Sauron stesso a liberarmi…vuole che io ti porti un messaggio, Mirko”

“Cosa?”

“Sauron ti vuole ad Uru-Baen….da solo”

Chris fece un passo avanti ed esclamò, rivolto a Mirko:

“E’ pazzo, sta vaneggiando”- il robusto giovane sembrò voler continuare, ma l’amico lo interruppe e disse:

“Aspetta…parla pure Alexander”

Il ragazzo prese un respiro e continuò:

“Il Signore di Mordor vuole che tu lo raggiunga ad Uru-Baen da solo o farà giustiziare Kiara….io non so per quale motivo ti vuole lì, ma mi ha detto di riferirti questo”

Mirko rifletté per alcuni istanti, mentre gli altri Cavalieri sussurravano tra loro Chris si rivolse a due Elfi:

“Portatelo via e tenetelo d’occhio. Non possiamo ancora sapere se sia degno di fiducia: potrebbe trovarsi sotto un incantesimo”

I due guerrieri sollevarono Alexander che tentò di liberarsi, urlando, e lo portarono fuori dalla tenda. Mirko si sedette sulla sedia dove era stato posto il ragazzo e i suoi amici lo guardarono, aspettando una sua parola:

“Che vi aspettate che dica?”

Gli altri si scambiarono delle occhiate confuse e Chris intervenne:

“Non avrai intenzione di andare ad Uru-Baen, vero?”

“E invece devo. Alexander poteva anche trovarsi sotto un incantesimo,ma non possiamo sapere se mentiva…sono costretto a partire”

“Io sono convinto che si tratti di un inganno”- affermò Robert, ma Manuel ribatté:

“Potrebbe essere anche la verità, invece. Che cosa dovremmo fare?”

Mirko scosse il capo e puntò un dito verso i compagni:

“Voi non dovete fare nulla. Restate qui e guidate gli Elfi con saggezza…..io parto domattina”- detto questo, il Cavaliere si alzò ed uscì a passi svelti dalla tenda, ritrovandosi sotto il cocente sole di mezzodì. Dietro di lui sentì Chris parlare animatamente con gli altri Cavalieri, ma non vi badò e fece qualche passo verso il porto, cercando di riordinare le idee. Mentre camminava, vide Angel e il cartone incrociò il suo sguardo. L’essere rosa abbassò il capo e si allontanò velocemente, mentre il Cavaliere si recò nuovamente vicino al lago e vi entrò dentro fino a che il livello dell’acqua non gli arrivò alle caviglie. Sentendo quella dolce frescura, il giovane si rilassò e si rivolse a Xavian:

“Cosa credi che dobbiamo fare?”

“Non ne ho idea, Mirko. Per oggi non pensarci, ne riparleremo domani”

Il Cavaliere chiuse il contatto mentale e , senza sapere come gli fosse venuta una tale idea, si tuffò nel lago, nuotando a dorso per alcuni minuti. Il Cavaliere si lasciò trasportare dalle acque e chiuse gli occhi respirando lentamente, mentre il sole gli riscaldava il corpo e una leggera brezza gli rinfrescava il viso.

“Per oggi basta”- pensò il giovane – “Ma domani sarà un giorno cruciale per la nostra missione”

                      Il sogno si avvera

Il cielo era terso e tenebroso su Minas Tirith e l’intera pianura di fronte alla città brulicava di nemici. Fumi di incendi salivano dal basso e rendevano l’atmosfera ancor più cupa e spaventosa. Il cielo risuonava dei versi dei Nazgul, mentre in basso si mischiavano le urla degli Uomini di Gondor e quelle dell’esercito avversario. Sul livello più alto della città, nello spiazzo dove nasceva l’Albero Bianco, due uomini giravano in circolo con le spade sguainate: Aragorn, il sovrano di Gondor, e Kovu, uno sfortunato cartone diventato schiavo di Galbatorix. Il primo tese un braccio e lo rivolse allo sfidante, indicandolo con il dito:

“Perché mi hai fatto questo?Perché hai osato uccidere Eldarion?”

L’altro non rispose, ma si limitò ad osservare il Re di Gondor,mentre continuava a parlare:

“Non rispondi? Bene, ma voglio che almeno io conosca il tuo nome prima di ucciderti, cosicché possa ricordarlo e riferire ad Eldarion che ho ucciso il suo assassino”

L’uomo-felino fece qualche passo indietro ed abbassò la spada, alzando fieramente il viso:

“Mi chiamo Kovu, sei contento adesso?”

Per qualche secondo, Aragorn rimase con gli occhi spalancati, in confusione:

“Kovu….tu sei uno dei cartoni di Mark- iniziò il Re, ma poi si ricordò di suo figlio e aggiunse con rabbia- Questo non cambia ciò cha hai fatto. Mi dispiace per il Cavaliere, ma mio figlio era l’unico motivo per cui vivere e tu me l’hai strappato…..in guardia, Comandante”- urlò infine e si lanciò in avanti, mulinando la spada. Kovu levò la sua arma e parò il colpo, scansando l’avversario con una spinta. I due si scambiarono una rapida successione di fendenti e Kovu iniziò a sudare per lo sforzo, mentre il Re rimaneva saldo e concentrato, probabilmente a causa della rabbia con cui combatteva. Aragorn spinse Kovu all’indietro e lo fece sbattere ad una colonna, il cartone si scansò appena in tempo e la spada del Re lasciò un segno evidente nel marmo, provocando anche alcune scintille. Ansimante, Kovu cercò di superare le difese del suo avversario ma solo per essere nuovamente allontanato, forse il cartone aveva sottovalutato, e non poco, il Re di quella città. Stranamente, nei suoi pensieri, non erano giunti ancora ordini da parte di Galbatorix. Il Re non li aveva più contattati da quando aveva detto loro di uccidere Mark ad Osghiliat….che gli fosse successo qualcosa? Mentre pensava a questo, Aragorn lanciò un urlo di odio e vibrò un colpo che passò a pochi centimetri dal petto di Kovu, il quale indietreggiò per un istante, ma si scagliò subito dopo sull’avversario colpendo Anduril nel mezzo e provocando un forte clangore. I due combattenti si separarono per un momento e il sovrano disse:

“Combatti bene, Kovu, ma questo non basterà a salvarti”

“Sarai tu a non sopravvivere ,Aragorn”- rispose il cartone serrando una mano ,i due ripresero a girare in tondo e a guardarsi in cagnesco e , subito dopo, si lanciarono nuovamente l’uno contro l’altro.

                                                 *

Mark teneva Eldarion stretto a sé cercava di capire dall’alto di Zarthan dove si trovassero i genitori del ragazzino.Fortunatamente, il Cavaliere era riuscito a seminare Murazor che gli si era lanciato dietro e ora guardava in basso, nervosamente. La battaglia imperversava su tutte le mura ed era difficile identificare qualcuno in quel tumulto di urla e rumori. Arnold passò al suo fianco e urlò:

“Grazie al cielo sei riuscito a salvarlo. Aragorn dovrebbe essere da qualche parte sulle mura, ma ti sconsiglio di portare il principino nel bel mezzo della lotta. Recati alla Casa di Cura, lì dovresti trovare sua madre”- il Cavaliere fece un cenno di intesa a Mark e si scagliò su un gruppo di nemici, scagliandolo giù dalle mura, grazie ad un colpo di coda di Razar.

Mark si guardò intorno, in cerca della Casa di Cura, ma il fumo e le fiamme gli oscuravano la vista:

“Eldarion, sai dove si trova la Casa di Cura?”- chiese il ragazzo e il principe annuì indicando un punto della città, dove la battaglia non era ancora arrivata. Il Cavaliere picchiettò la testa del ragazzetto con affetto ed esclamò:

“Tieniti forte, ti porto da tua madre, piccolo”

Zarthan attraversò con rapidità la distanza che li separava dalla meta ed atterrò di fronte alla Casa di Cura, facendo smontare Mark ed Eldarion. Dentro l’edificio era pieno di uomini feriti che giaceva su dei letti o su delle sedie, mentre alcune guaritrici vegliavano su di loro. Il Cavaliere vide tra le donne che si occupavano di curare i feriti Eowyn e le chiese se avesse visto Arwen. La moglie di Faramir trasalì quando li vide di fronte a sé e disse:

“Grazie agli Dei vi siete salvati – e abbracciò con affetto Eldarion- Arwen è uscita poco fa proprio per cercare voi, dovete raggiungerla. Credo che si trovi nella zona delle mura Ovest”

Mark si batté una mano sulla faccia e prese Eldarion per una mano, trascinandolo con sé:

“Accidenti” – esclamò il Cavaliere mentre usciva dalla costruzione e aiutava il principino a salire su Zarthan. Il drago sbuffò e del fumo gli uscì dalle narici:

“Cosa è successo, ragazzo?”

“Arwen non è qui, è uscita per cercare noi”

Zarthan non rispose e, quando anche il Cavaliere fu in sella, spiccò il volo e si diresse alle mura Ovest di Minas Tirith, dove il principino riuscì a riconoscere la madre dall’alto del drago. I tre atterrarono e l’Elfa rimase di stucco, quando vide Eldarion corrergli incontro e abbracciarla. Mark emise un sospiro di sollievo, ma notò che Arwen era diventata pallida e guardava in alto con preoccupazione:

“Signora, cosa c’è?”- chiese il Cavaliere inarcando un sopracciglio.

L’Elfa puntò lo sguardo sul Cavaliere e disse, preoccupata:

“Aragorn è andato lassù…pensava che quegli esseri vi avessero….”- non fece in tempo a continuare perché il discorso fu interrotto dai clangori di due uomini che combattevano e l’Elfa vide le minuscole figure , tra le quali riconobbe quella di suo marito, che si scambiavano violenti colpi al livello più alto della città.

“ARAGORN”- urlò Arwen in  preda la panico ed Eldarion si liberò dalla stretta della madre, correndo via, nonostante i richiami dell’Elfa e urlando: “Papa,Papa”

“Eldarion, fermati”- esclamò con le lacrime agli occhi – “Dove hai intenzione di andare?”

Mark si lanciò all’inseguimento del ragazzino, sorprendendosi di quanto questi fosse veloce:

“Andiamo Mark – si disse il ragazzo – Possibile che non riesci a star dietro ad un bambino”

Quando il Cavaliere vide che l’erede di Aragorn stava imboccando la via per risalire tutti i livelli della città, si mise una mano sul petto:

“Ahi, mi aspetta una bella corsa”

“Vuoi che ti accompagni io?”- gli disse Zarthan, ma Mark rifiutò…non poteva fare la figura del Cavaliere che senza drago non riesce a sopravvivere e poi non doveva perdere Eldarion di vista.

“Resta nei pressi delle mura e metti al sicuro Arwen”- gli ordinò il Cavaliere, senza smettere di seguire Eldarion che ora era giunto al secondo livello di Minas Tirith. Il ragazzo lo vide sparire dietro ad un angolo e si lanciò all’inseguimento urlando:

“Eldarion, fermati è pericoloso”

Il ragazzino sembrò non sentirlo neanche e continuò la sua instancabile corsa, distanziando un po’ il Cavaliere che era molto più lento nella sua pesante corazza. A suo rischio e pericolo, Mark si liberò da quell’impaccio e mantenne con sé solo la spada, riuscendo a scorgere da lontano Eldarion che risaliva la scala che portava al terzo livello.

                                               *

Kovu cadde a terra e rotolò di lato per evitare di essere infilzato dal Re di Gondor. Il cartone si alzò con un agile balzo e parò il colpo seguente dell’avversario, riuscendo a provocargli un taglio sulla corazza reale, dopo aver tentato anch’egli un assalto. Aragorn guardò il segno sul suo pettorale e si scagliò in avanti colpendo il cartone con una spallata e facendolo indietreggiare verso l’Albero Bianco, ora pieno di foglie verdi. Kovu tentò un disperato affondo, ma stavolta il Re fu ancora più lesto e riuscì a spedirlo a terra, puntandogli la lama alla gola. Il cartone strisciò all’indietro, respirando con affanno e Aragorn lo guardò con puro odio:

“Mio figlio era innocente, era l’unico che non doveva pagare per questa stupida guerra e tu l’hai ucciso…. L’HAI UCCISO”- urlò l’uomo avvicinando sempre di più la spada alla gola di Kovu che, adesso, tremava, mettendo in mostra la fragilità dei cartoni. Aragorn alzò la spada, ma, d’un tratto una flebile voce urlò “Papa” e  il Re si girò di scatto, vedendo suo figlio che aveva appena terminato di risalire la scala che conduceva all’ultimo livello. Il bambino ansimava e sembrava stanchissimo e il Re sussurrò:

“Eldarion”

Mark spuntò alle spalle del principino e , improvvisamente, il ragazzo si ritrovò con la mente ad Ellesmera. Era notte e lui aveva fatto un sogno: si trovava a Minas Tirith, nello spiazzo dove nasceva l’Albero Bianco, due uomini combattevano tra loro e uno dei due riusciva a disarmare l’altro, puntandogli la spada alla gola…l’arrivo di un’altra persona lo distraeva e…..

Il ragazzo tornò alla realtà e vide Aragorn con la spada puntata su Kovu, vide Eldarion che aveva distratto il padre e iniziò a sudare freddo…tutto coincideva…il suo sogno si era avverato.

Kovu sentì una voce nella sua testa, una voce pesante, stentorea…non era quella di Galbatorix. Udiva insistentemente “Colpisci, Colpisci, Colpisci” e chiuse gli occhi per resistere a quell’ordine. Un dolore lancinante invase immediatamente la sua testa e il cartone, raccolta la spada, si lanciò in avanti e la affondò nel corpo del Re di Gondor. Eldarion urlò:

“Papàààà”- e corse verso l’uomo che iniziava ad accasciarsi, mentre Mark era rimasto come bloccato sull’ultimo gradino delle scale e osservava la scena, impallidito. Il Cavaliere si rese conto di ciò che era successo e , mentre il cartone si alzava, urlò:

“Kovu, non dovevi farlo….non meriti più il nostro perdono. Sei diventato come loro…e come loro sarai trattato”

Il Cavaliere si lanciò in avanti, mulinando la spada e vide che il cartone, anziché combattere si era voltato, come se fosse in preda al panico, e stava scappando verso il bordo dello spiazzo. Mark lo inseguì, non badando ad Eldarion che si era chinato sul padre e lo scrollava, chiamandolo a gran voce, e raggiunse Kovu che si era fermato dove qualche ora prima il Cavaliere aveva evitato che il principino cadesse nel vuoto. Il cartone tremava forsennatamente e non riusciva a parlare. Era la prima volta che Mark vedeva Kovu in quelle condizioni, ma il Cavaliere non si lasciò prendere da altri pensieri e disse:

“Avevo ancora la speranza che poteste essere salvati, ma ora mi rendo conto che mi sbagliavo”

Il Cavaliere era così adirato che si dimenticò del dolore che provavano i cartoni nel disobbedire ad un ordine che, in quel caso, non arrivava da Galbatorix. Kovu rimase in silenzio e indietreggiò, facendo, per un attimo, sbarrare gli occhi a Mark:

“Ehi, che stai facendo?”

Kovu non rispose, ma andò ancora di più indietro, ancora un passo e sarebbe caduto.

“Kovu, fermati”

Il cartone era con un piede nel vuoto:

“Fermati”- urlò esasperato Mark, ma il cartone non rispose e si lanciò nel vuoto, facendo quasi fermare il cuore di Mark. Il Cavaliere si sporse, in preda alla confusione, e con suo orrore vide che Kovu era stato preso al volo da un Nazgul ed ora si stava allontanando da loro, recandosi nel vivo della battaglia. Mark si asciugò il sudore e tornò indietro, dove Eldarion aveva le piccole mani coperte di sangue e si teneva al corpo del padre, piangendo e singhiozzando. Mark, deglutendo, si chinò sul Re di Gondor e gli tolse la corazza, scoprendo una profonda ferita. Il Cavaliere curò ciò che era esterno, ma bisognava fare in fretta o Aragorn sarebbe morto.

“C’è polso”- disse il Cavaliere, tenendo una mano di Aragorn. Eldarion piangeva ancora e il suo viso era diventato rosso. Il Cavaliere serrò le labbra e disse a Zarthan:

“Fai venire qualcuno quassù, sbrigati. Aragorn ha bisogno di urgenti cure”

Il drago non rispose, ma Mark sapeva che aveva capito e chiuse il contatto mentale. Il ragazzo vide Aragorn muovere la testa di lato e una foglia dell’Albero Bianco cadde sulla fronte del Re. Alzando il capo, Mark notò che molte foglie stavano cadendo e questo non gli fece pensare a nulla di buono.

     Attraverso il Pelennor

“Dobbiamo portarlo nel Palazzo”- disse Mark cercando di trascinare Aragorn più delicatamente possibile, mentre Eldarion piagnucolava dietro di lui. Il ragazzo sbuffò e issò il Re per gli scalini che conducevano al portone, ora infranto, della Rocca.

“Mark, ce la farà?”- chiese Eldarion sfregandosi gli occhi.

“Non posso darti una risposta certa adesso, piccolo”- si limitò a dire il Cavaliere, mentre entrava nell’edificio.

Una volta dentro, Mark appoggiò Aragorn sul liscio pavimento e andò ad aprire una porta che si trovava poco dietro al trono. Era una stanza con un letto, un comodino e poche suppellettili.

“Credo che qui possa andare bene”- esclamò il giovane e corse a prendere Aragorn, sollevandolo con cura. Eldarion trotterellava dietro i due, torturandosi le mani ed emettendo sporadici singhiozzi. Il Cavaliere accese una candela e la appoggiò sul comodino della stanza, poi sistemò Aragorn sul letto e lo liberò dagli schinieri e tutto ciò che avrebbe potuto intralciare il lavoro dei curatori. Fatto ciò, Mark si rivolse ad Eldarion:

“Resta qui e non allontanarti da tuo padre. Io devo fare una cosa”

Il ragazzino annuì debolmente ed appoggiò la testa sul letto dove giaceva Aragorn che , per il momento, respirava regolarmente. Mark prese la spada ed uscì dalla camera, percorrendo nuovamente il corridoio occupato dalle statue dei Re di Gondor e ritrovandosi nel piazzale dell’Albero Bianco. La differenza di temperatura che il ragazzo colse sulla sua pelle fu enorme: c’erano almeno dieci gradi in più all’esterno, forse dovuti agli incendi che erano stati provocati in basso. Emettendo una smorfia di fastidio, il Cavaliere raggiunse l’Albero Bianco e ne osservò i rami: molte foglioline erano a terra, mentre altre sembravano in procinto di staccarsi da un momento all’altro. Mark picchiettò il tronco della pianta con la mano, quasi come se volesse rincuorarla, e si voltò verso le scale che conducevano al loro livello. Era da quella posizione che aveva assistito alla realizzazione del suo sogno. Un crampo allo stomaco lo soffocò e il giovane si massaggiò con una mano, cercando di scacciare i cattivi pensieri. Mentre faceva ciò, Zarthan comparve dalle nuvole e Mark vide che trasportava con sé Arwen, Eowyn e Legolas.

I tre smontarono dal drago e si diressero verso Mark. La prima a parlare fu la moglie del Re:

“Dov’è Aragorn?”

“E’ nel Palazzo. L’ho sistemato in una stanza dietro al trono. Eldarion è con lui, non preoccupatevi”- disse il Cavaliere, anticipando la seconda domanda dell’Elfa.

Eowyn la prese sottobraccio e le due donne corsero alla Rocca, mentre Legolas si accostò al ragazzo:

“Cerca di tenere d’occhio Gimli- sussurrò l’Elfo- Quel Nano è così cocciuto che potrebbe rimetterci la pelle se non fa attenzione”

Mark sorrise e strinse la mano al suo interlocutore:

“Non preoccuparti, me ne occuperò io”

Legolas annuì e seguì le due fanciulle all’interno della Rocca, mentre Zarthan allungava il capo verso Mark.

“Torniamo alla battaglia, Mark?”

“Si, torniamo alla battaglia”

Faramir schivò un fendente ed atterrò il suo avversario con un rapido colpo di spada. Il viso del Capitano di Gondor era sporco e sudato e i muscoli degli arti gli dolevano paurosamente, ma non poteva indietreggiare proprio adesso. Baldir ed Eomer combattevano poco lontano e manifestavano gli stessi sintomi, anche se ogni colpo che infliggevano sembrava ricaricarli parzialmente. Un soldato Imperiale, uno dei pochi a salire sulle mura, si lanciò su Faramir e colpì la lama dell’avversario che lo respinse con un calcio e lo fece cadere oltre i bastioni. Ormai su ogni tratto di mura c’erano decine e decine di nemici e i soldati di Gondor e gli Haradrim stavano subendo molte perdite, tuttavia anche il numero degli Orchi e degli uomini di Galbatorix presenti nel Pelennor era diminuito drasticamente, tanto che qualcuno di loro stava già pensando di ritirarsi. Il Capitano di Gondor stava per uccidere un altro avversario, ma fu preceduto da Gimli che si lanciò come una furia su di esso e lo colpì al cranio con l’ascia, esultando.

“Senza orecchie a punta, ho la strada spianata”- rise il Nano, colpendo un Orco al ventre.

“E a quanto saresti arrivato esattamente?”- chiese Faramir, mentre eliminava l’ennesimo attaccante.

Il Nano piantò l’ascia nel petto di un Orco e vi si appoggiò, sfregandosi la barba con una mano, Faramir fu sorpreso nel vedere Gimli così calmo in un momento di guerra come quello.

“Dovrei essere arrivato a duecento con questo- esclamò picchiettando la mano sulla corazza del nemico che aveva appena ucciso- “Se però contiamo i tanti che orecchie a punta mi ha rubato, attaccandoli da lontano, allora la mia quota sarebbe stata sui duecentocinquanta o trecento”

Faramir scosse il capo, un po’ divertito e un po’ confuso per come quei due si comportavano in battaglia, e riprese a combattere, mentre i soldati attorno a lui urlavano incoraggiamenti e ordini. Gli Haradrim si erano rivelati molto utili nel combattimento ravvicinato perché erano allenati a lottare con le lance e ad uccidere gli avversari prima che salissero sulle mura. Per la maggior parte delle volte, inoltre, erano proprio gli Haradrim che, grazie alle loro lunghe armi, riuscivano a scalzare le scale degli assedianti dai bastioni. Mentre Faramir osservava uno di loro che uccideva con maestria tre avversari, un’ombra oscurò il suo tratto di mura e il Capitano di Gondor alzò il capo, ritrovandosi faccia a faccia con Mark ed il suo drago.

“Come sta il Re?”- chiese l’uomo, mentre il Cavaliere smontava.

“Lo stanno curando, adesso- rispose il ragazzo, raggiungendo l’altro e colpendo un Orco con la sua spada- Spero che si rimetterà, la ferita non era molto semplice da trattare”

“Tu ne hai curato l’esterno?”

“Si, almeno non ci sarà troppa fuoriuscita di sangue”- disse Mark e poi aggiunse- “Quanto resisteremo ancora?”

Faramir parve indeciso sulla risposta e affermò:

“Non ne sono sicuro, ma prima o poi dovremo ritirarci”

Mark non demorse e osservò il campo di battaglia: la maggior parte dei nemici si trovava al centro, dove sorgeva anche la porta principale di Minas Tirith, mentre i fianchi erano molto sparpagliati e poco organizzati. Un’idea cominciò a balenare nella mente del Cavaliere.

“Faramir- chiese il ragazzo- Per caso avete delle entrate secondarie alla città?”

Faramir pensò per alcuni istanti:

“Sì, ora che ci penso. Sono due e si trovano rispettivamente agli estremi Est ed Ovest delle mura…ma perché questa domanda?”

“Perché stiamo per vincere”- rispose il ragazzo e chiamò a sé Eomer, Baldir e Gimli. I tre raggiunsero Mark e Faramir e il giovane iniziò a spiegare il suo piano:

“Come vedete, l’esercito avversario si è compattato al centro, mentre i fianchi si sono assottigliati a causa della grande affluenza di torri e scale sulle mura. Se noi attaccassimo i fianchi delle legioni nemiche, utilizzando le due entrate secondarie e , nel frattempo, effettuassimo un attacco frontale, aprendo il Cancello Principale, le loro truppe si troveranno circondate e noi potremo eliminarle con facilità. Per far questo, però, occorrerà suddividerci in tre gruppi……aspettate un momento”

Il ragazzo scrutò il cielo e cercò Arnold con il pensiero, dopo alcuni attimi, l’altro Cavaliere rispose:

“Mark, hai salvato Eldarion?”

“Sì, sì, dopo ti spiegherò tutto. Ora vieni da me, stiamo discutendo un piano per vincere la battaglia”

“Per vincere?”- domandò incuriosito il Cavaliere.

“Sì, hai capito bene. Forza, sbrigati a venire”- Mark chiuse il contatto mentale e , tornato dagli altri, continuò a delineare la sua strategia:

“Dicevo…occorrerà dividerci in tre gruppi. Naturalmente, il gruppo che effettuerà l’attacco frontale dovrà essere il più nutrito. E’ per questo che Zarthan e Razar resteranno con Faramir, Baldir e Gimli e li aiuteranno nella sortita che effettueranno dal Cancello Principale. Io ed Eomer ci recheremo alle stalle e riuniremo più Rohirrim che possiamo, dopodichè usciremo dalla città da Est e attaccheremo il fianco sinistro dell’esercito avversario. Arnold, invece, dovrà chiamare a sé tutti gli Haradrim disponibili e fronteggerà il nemico sul fianco destro”

Faramir annuì più volte, ma ad un certo punto chiese:

“E per i Nazgul come facciamo?”

“Sono tornati ad Osghiliat”- disse una voce e tutti videro che Arnold stava scendendo da Razar- Non so per quale motivo, ma si sono ritirati dalla battaglia, solo che l’esercito sembra non essersene accorto”

“Perfetto”- disse Mark e mise una mano al centro del gruppo- Chi è con me?”

Tutti aggiunsero la propria mano a quella del Cavaliere e poi, urlando tutti insieme si divisero, mettendo in atto la strategia di Mark.

“Quando saremo tutti pronti dovremo darci un segnale- esclamò Mark, rivolto a Zarthan – “Io lo darò a te, e voi ad Arnold, va bene?”

“Sicuro, Mark”- rispose il drago, ruggendo.

Il ragazzo chiuse il contatto e riprese a correre con Eomer che chiamava a sé tutti i Rohirrim senza cavallo.

“Avanti,seguitemi alle stalle, muoversi, muoversi”- urlò più volte il Capitano di Rohan, mentre si infilava l’elmo da battaglia. Gli uomini obbedirono e si procurarono un cavallo, compreso Mark, che dovette faticare un po’, poiché era più abituato ai draghi che ai quadrupedi. Eomer e il Cavaliere percorse per una decina di minuti la città e riuscirono a raccogliere circa settecento Rohirrim: per Mark potevano bastare, oltretutto non si dovevano certo lasciare scoperte le mura. La compagine raggiunse l’entrata secondaria Est di Minas Tirith ed uscì nel Pelennor, trovandosi ad una media distanza dal fianco che avrebbero dovuto caricare. Mark osservò gli Orchi e i soldati Imperiali e vide che questi non si erano ancora accorti della loro presenza.

“Tenete a bada i cavalli”- sussurrò Mark – “Non dobbiamo farci scoprire”

A queste parole del Cavaliere, Eomer alzò una mano e intimò il silenzio tra i ranghi. Alcuni minuti dopo, Mark ricevette il messaggio che tutti erano pronti e rispose:

“Molto bene dì a tutti di attaccare, Zarthan”- il giovane tornò in sé e si rivolse ai Rohirrim dietro di lui:

“All’attacco”

Eomer puntò la spada in avanti e i Rohirrim fecero impennare i cavalli che partirono alla carica. Mark cavalcava in testa, anche se si sentiva più vulnerabile che su Zarthan e non poteva essere diversamente. Nel frattempo, da lontano, Mark notò le urla di sorpresa degli avversari quando il Cancello Principale si aprì e una fiammata colpì la parte centrale delle truppe nemiche. Gli Uomini di Gondor, guidati da Baldir, Faramir, Gimli e sostenuti da Zarthan e Razar, uscirono allo scoperto, agitando le armi e si scagliarono con impeto sulla falange di Mordor e Galbatorix. I nemici erano confusi e spaesati, ma resistevano con accanimento poiché il Cancello aperto era una occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Ciò che, però, Orchi e Imperiali non avevano calcolato fu il fatto che, alcuni minuti dopo, Mark ed Eomer travolsero il fianco sinistro, grazie al poderoso urto dei Rohirrim, mentre Arnold e i suoi Haradrim schiacciarono quello destro, costringendo i nemici al centro. Eomer falciava con rabbia gli assedianti dall’alto della sua cavalcatura e lo stesso faceva Mark, tenendosi stretto alle redini del cavallo. Attraverso i rumori dello scontro era possibile sentire le urla di Gimli, mentre uccideva gli attaccanti:

“Avanti, ce n’è per tutti. Sotto il prossimo”

Le forze avversarie iniziarono in breve tempo a sgretolarsi e voltarono le spalle, inseguiti dai Rohirrim, dagli Haradrim e dagli Uomini di Gondor. Per Mark era uno spettacolo bellissimo: il Pelennor era attraversato da migliaia di truppe alleate, chi sui cavalli, chi a piedi, mentre in cielo Zarthan e Razar effettuavano scorrerie tra i ranghi in ritirata dei nemici. Gli Orchi e gli Imperiali correvano scomposti in tutte le direzioni, inciampando e cadendo sotto i colpi dei coraggiosi difensori.

“Ad Osghiliat”- urlò Mark e tutto l’esercito alleato lo seguì brandendo le armi. Zarthan e Razar piombarono per primi sulla città distrutta e colpirono le guarnigioni nemiche che erano di stanza. Queste, confuse e , ormai, prive di senno, fuggivano e rinunciavano alla battaglia, pur di salvarsi. Su una guglia di Osghiliat, Mark vide uno dei Nazgul e spronò il cavallo con rinnovato coraggio:

“Avanti, riconquistiamo Osghiliat”

                                                 *

Murazor era impietrito di fronte allo spettacolo che si trovava ad osservare. Le truppe di Mordor e Galbatorix si stavano ritirando, mentre un possente esercito che era uscito da Minas Tirith poco prima le stava inseguendo, mettendole in fuga attraverso il Pelennor. Dall’alto della guglia sulla quale si trovava, il Signore dei Nazgul riuscì a riconoscere, tra le forze di Gondor, il Cavaliere che lo aveva affrontato nei pressi dell’Albero Bianco: Mark. Con rabbia, Murazor vide le sue forze cadere, mentre Rohirrim, Haradrim e soldati di Gondor, entravano in Osghiliat e la liberavano dagli invasori.

“Kovu”- urlò lo Spettro e il cartone lo raggiunse, portando con sé Stitch.

“Osserva”- aggiunse poi il Cavaliere Nero indicando lo sfacelo delle forze assedianti.

Kovu deglutì ed osservò l’esercito fatto a pezzi dalle forze di Mark e dei suoi alleati. Tremando, il cartone cercò di parlare a Murazor, ma questi lo interruppe, alzando una mano e disse:

“Questa battaglia è finita e loro hanno vinto. Dobbiamo tornare a fare rapporto a Sauron….prega che questa sia la nostra ultima disfatta”- detto questo, Murazor montò sulla sua orrenda cavalcatura e allungò una mano ferrata verso il cartone che la afferrò e si fece issare sulla bestia alata. Murazor emise un sibilò e gli altri due Nazgul spiccarono il volo seguiti , poi , dal loro capo. Kovu si voltò e vide le ultime parti del loro esercito che venivano finite dalle truppe di Gondor. Sospirando, il cartone si rivolse a Stitch:

“Se il Re vorrà punirci dirò che è stata solo colpa mia. Tu non centri”

Murazor emise una risata e disse con la sua voce stentorea:

“Il Re non potrà di certo punirvi”

Kovu e Stitch sbarrarono gli occhi e chiesero lumi, ma lo Spettro non rispose, limitandosi a controllare il volo della sua creatura.

                                             *

Mark era ad Osghiliat e non poteva credere a ciò che era appena successo: avevano vinto. In un solo colpo, erano riusciti a respingere gli assalitori e a riconquistare la città del fiume Anduin. Attorno a lui, Uomini ed Haradrim si scambiavano congratulazioni e si liberavano da elmi e armature, riposandosi dopo quella eccezionale vittoria. Faramir era felice più che mai e raggiunse il Cavaliere, abbracciandolo quasi fino a stritolarlo:

“E’ stato un ottimo piano”- disse il Capitano di Gondor scostandosi i capelli dal viso e posando la spada macchiata di sangue a terra.

“Diciamo che mi intendo abbastanza di strategia”- rispose Mark, sorridendo e appoggiandosi ad una colonna.

Faramir annuì:

“Vorrei che tu ti renda conto, Cavaliere, di quanto sia importante la vittoria che oggi abbiamo qui conseguito”

“Me ne rendo conto, Faramir. Ora possiamo dirlo: manca poco alla VERA vittoria. Saremo noi, della Terra di Mezzo, che andremo ad aiutare Alagaesia e distruggeremo una volta per tutte Sauron e Galbatorix”

“Sì- disse Faramir, convinto- Porteremo il nostro aiuto ad Alagaesia”

                              Coste Opposte

Mirko si svegliò di buon mattino e mise a fuoco il soffitto della sua abitazione di Silthrim, uno dei pochi edifici rimasti in piedi in tutta la città. Gli altri sei Cavalieri dormivano ancora e il ragazzo ne approfittò per prendere una boccata d’aria in solitaria. Con delicatezza, aprì la porta dell’alloggio ed uscì, cercando di non svegliare i compagni. L’aria era fresca e leggera e il sole non era sorto ancora del tutto, non c’erano Elfi in giro e il che significava che era veramente molto presto. Sbadigliando, Mirko fece qualche passo e si sgranchì le gambe, provando, nel frattempo, a riordinare le idee.

“Dunque- pensò il giovane, accigliandosi- Alexander giunge su ordine di Sauron e afferma che Galbatorix non è più il Re. Come se non bastasse, il Signore Oscuro gli chiede di convincermi ad andare da lui, altrimenti farà giustiziare Kiara….oh, non ci capisco nulla”- sbuffò alla fine, dando un calcio ad una pietra e spedendola nel lago.

Xavian atterrò vicino al Cavaliere e lo spinse con il muso:

“Già in piedi, Mirko?”

“Stavo per chiederti la stessa cosa”

Il drago richiuse le ali e si accomodò al fianco del giovane, leccandosi gli artigli delle zampe anteriori. Mirko sospirò e guardò il cielo, sereno e ridente.….come avrebbe voluto essere lui in quel momento.

“Allora, cosa hai deciso di fare, ragazzo?”- chiese Xavian, voltando il capo verso il suo Cavaliere.

“Uccidermi”- scherzò questo, sorridendo e scuotendo il capo, poi aggiunse- “C’è un dubbio che mi opprime:

Galbatorix è stato veramente spodestato oppure tutto questo fa parte di un suo piano?”

“In entrambi i casi, non penso che cambierebbe molto….sia Sauron che il Re sono potenti, anche se io mi preoccuperei più del primo, se fossi in te”-affermò Xavian, ricordandosi dello scontro nel quale i due avevano affrontato il Signore di Mordor. Quella volta, furono fortunati, ma non si poteva contare sempre e solo sulla buona sorte….stavolta avrebbero dovuto cavarsela in modo diverso.

Il Cavaliere sentì dei passi alle sue spalle e vide Eric avvicinarsi, senza la minima ombra di sonno sul giovane viso.

“Eric, che fai qui a quest’ora?”

“Oh, se è per questo, mi sono svegliato molto prima di te”- esclamò il ragazzo carezzando il fianco di Xavian e dando una pacca sulla spalla dell’amico- “Ma quando ti ho sentito uscire, ho deciso di seguirti”

“Hai fatto male”- brontolò Mirko, aggrottando la fronte- “Non so proprio che pesci pigliare”

Eric emise un risolino e cercò di consolare l’altro Cavaliere:

“Magari, ti serve solo l’amo adatto”- Mirko ricambiò il gesto del compagno con un sorriso e lo invitò a sedersi vicino a lui.

“Chris dice che non dovresti andare”- esclamò il Cavaliere di Maskind, scostandosi i capelli dal viso.

“Chris dovrebbe essere al posto mio- ribatté Mirko, dando uno sguardo all’appartamento dove stava riposando il resto dei Cavalieri- Sauron è malvagio…molto….e non esiterà a mantenere la sua promessa, se non mi presenterò da lui”

Eric annuì, ma poi il suo sguardo si fece serio e poggiò una mano sulla spalla del compagno, guardandolo negli occhi:

“Mirko….voglio dirti una cosa, e te la voglio dire da amico….io….tengo molto a Kiara e non vorrei che le accadesse qualcosa di brutto. Non so perché, ma sento che Alexander non stava mentendo….quello che diceva è la verità e se non facciamo subito qualcosa, Kiara morirà e non me lo potrei mai perdonare”

Mirko accolse queste parole con stupore e batté una mano sulla schiena del compagno che aveva abbassato il capo e sembrava stesse piangendo:

“Non preoccuparti, Eric. Non lascerò né lei né gli altri cartoni al loro destino. Partirò oggi stesso per Uru-Baen, ma tu devi promettermi una cosa”- mentre diceva queste parole, Mirko fece sollevare la testa ad Eric e continuò-

“Io….non so se tornerò…no, aspetta,fammi continuare- esclamò il Cavaliere, vedendo che Eric voleva interromperlo- “In mia assenza, ti affido la vita degli altri. Sanno cavarsela anche da soli, è vero, ma gli serve qualcuno che gli dia forza nei momenti di difficoltà e non mi riferisco solo a noi Cavalieri. Angel ha sofferto molto, in piccola parte anche per colpa mia, ed ha bisogno di tranquillità e calma…occupati anche di lei. Guidali bene e speriamo in qualche divinità che prima o poi ci potremo rincontrare….chissà, magari ad Uru-Baen, magari all’altro mondo, ma ci rincontreremo…va bene?”

Eric annuì silenziosamente e l’amico lo imitò, alzandosi e allontanandosi da lui. Xavian seguì il suo Cavaliere ed Eric rimase seduto a terra a guardarsi le mani, il ragazzo le strinse a pugno e si disse:

“Sì, Mirko. Non permetterò che a nessuno dei nostri amici venga fatto del male. Io confido in te e sono sicuro che, in qualche modo, riuscirai ad avere la meglio su Sauron”

                                              *

Mark si accasciò a terra e bevve una sorsata d’acqua fresca, mentre, tutt’intorno a lui, i soldati di Gondor, i Rohirrim e gli Haradrim festeggiavano dopo la grandiosa vittoria del Pelennor. Chiudendo la borraccia, il ragazzo si mise comodo e osservò Arnold, mentre si esibiva in piccoli giochi di magia di fronte ad uno stupito gruppo di guerrieri. Ogni qualvolta l’abile arciere effettuava un incantesimo, si levava un grido di meraviglia o di divertimento. In quel momento, Arnold stava facendo levitare una sfera di ghiaccio, facendola passare in mezzo alla folla e suscitando un certo clamore tra di essa. Improvvisamente, la sfera esplose, ma non fu acqua quello che colpì i soldati, bensì candidi fiori primaverili. Osghiliat era stata completamente liberata dagli invasori di Mordor, anche se erano evidenti i segni della lunga battaglia che l’aveva molto provata prima e dopo l’assedio a Minas Tirith: macerie, segni di bruciature e anche macchie di sangue rappreso erano molto numerose in tutto l’abitato. Faramir sedeva su una roccia e sorseggiava della birra, quando Mark gli chiese:

“Come pensi di trasportare le truppe in Alagaesia?”

“Ho già inviato degli uomini lungo la costa, stanno approntando una flotta che ci condurrà nella vostra terra”

“Bene- sorrise Mark- Per Mordor come la mettiamo?”

“Gli esploratori che ho inviato mi hanno riferito che non ci sono movimenti di rilievo e comunque, in questo momento, la priorità è  portare soccorsi ai tuoi amici, anche a costo di rimanere relativamente scoperti qui”

“Concordo”-esclamò Eomer, poco distante dai due.

Mark chiuse gli occhi per un momento, cercando di rilassarsi, quando Legolas giunse ad Osghiliat. Il viso dell’Elfo era imperscrutabile, difficile capire se volesse portare una buona o una cattiva notizia. Mentre si avvicinava, Faramir ed Eomer si alzarono in piedi, imitati, subito dopo, da Mark.

“Come…come sta il Re?”- domandò il Capitano di Gondor, congiungendo le mani dietro la schiena.

Legolas abbassò il capo, ma lo sollevò immediatamente con un largo sorriso:

“Aragorn si sta rimettendo velocemente ed ha intenzione di unirsi alla spedizione di Alagaesia. Fortunatamente la ferita non aveva intaccato organi vitali perché in quel caso l’avremmo perso”

Gli occhi di Faramir si illuminarono e sia lui che Eomer emisero un sospiro di sollievo, mettendosi una mano sul petto. Mark si asciugò la fronte imperlata di sudore e disse:

“Sono felice che il Re stia bene. Dì , da parte mia, che è un grande gesto quello che si accinge a fare per noi”

Legolas annuì e si allontanò, mentre Gimli, che lo aveva visto arrivare, ma non era stato tanto veloce da raggiungerlo, gli urlava:

“Ehi, orecchie a punta….ne ho fatti fuori quattrocento….QUATTROCENTO….hai sentito?….Ehiiiii”

L’Elfo non rispose, ma Mark notò che un lieve sorriso gli aveva solcato il volto, mentre ascoltava le urla del Nano.

Faramir ed Eomer si allontanarono un attimo dal Cavaliere e Arnold lo raggiunse, dopo aver strappato altre decine di applausi.

“Si va ad Alagaesia?”- chiese l’arciere, raccogliendo la propria roba.

“Sì. Stasera partiremo e ci recheremo sulle coste Ovest della Terra di Mezzo. Lì dovrebbe attenderci una flotta che ci trasporterà dall’altra parte dell’Oceano”

“Bha, tanto per quel che ne avremo bisogno noi”- esclamò Arnold sistemando le proprie cose sul dorso di Razar.

Mark sorrise, ma non poté fare a meno di ricordare Kovu, mentre colpiva Aragorn. Lo sguardo del cartone era atterrito dalla paura; mai il ragazzo lo aveva visto in quelle condizioni. Kovu aveva detto che Stitch non poteva combattere perché era distratto dal pensiero di Angel, ma allora quei due non erano completamente sottomessi a Galbatorix, se riuscivano a pensare con la propria testa. Da una parte, ciò rese felice il Cavaliere, ma dall’altra gli inspirò preoccupazione….ciò significava che Kovu si comportava così anche di sua spontanea volontà? Dopotutto, perché dire al Re di avergli ucciso il figlio? Se non è un atto di malvagità questo…….e poi, prima di ferire Aragorn, non sembrava che il cartone fosse comandato da qualcuno. Mark lo aveva visto nei suoi occhi, mentre cercava di non far cadere Eldarion……aveva visto negli occhi del cartone una scintilla di odio e malvagità pura.

Comunicazione per tutti coloro che seguono questa ff: domani andrò finalmente in vacanza, quindi fino al 31 di luglio non potrò postare altri capitoli. Naturalmente continuerò a scrivere su carta, cosicché, al mio ritorno, possa finalmente mostrare a tutti la fine di questa storia. Per ora, buona lettura:

                          Convergenze

Mirko era partito da Silthrim da circa un paio d’ore, senza neanche salutare i compagni che ancora riposavano nel loro alloggio. L’unico Cavaliere che assistette alla partenza, fu Eric che lo salutò con la mano, mentre Maskind emetteva un ruggito di commiato. Mirko ricordò gli occhi lucidi del ragazzo, mentre si allontanava sempre di più dalla città , ricordò di aver visto alcuni Elfi parlare tra loro e indicare il cielo nella sua direzione e, soprattutto, ricordò di aver notato Angel che assisteva alla sua di partenza, nascosta dietro un albero. Il Cavaliere sospirò e si tenne forte alle redini di Xavian che stava sorvolando un tratto di Du Weldevarden.

“Stiamo facendo la cosa giusta,Xavian”- affermò deciso il giovane, mentre il vento gli scompigliava i capelli.

“Sono felice che tu ne sia consapevole, ragazzo. Non dev’essere stato facile abbandonare i tuoi amici, dopo aver passato così tanto tempo con loro, vero?”- chiese il drago, voltando leggermente il capo.

Il Cavaliere strinse le labbra con forza e rispose:

“Sai, Xavian, questa è la prima vola che mi trovo ad affrontare un pericolo da solo. Da quando è iniziata questa storia, sono sempre stato in compagnia di altri Cavalieri, ma ora sono cresciuto e ho deciso di fare qualcosa per loro”

“Ben detto”

Il viaggio proseguì per alcune ore, finché i due non si trovarono nella pianura che circondava la tetra città di Uru-Baen. Mirko osservò la loro meta da lontano e rimase sconvolto: tutt’intorno alla città si ergevano migliaia di grottesche tende in pelle, tra di esse brulicavano miriadi di Orchi e i pochi uomini presenti erano costretti a svolgere lavori forzati. Il puzzo che si levava da quel mesto accampamento era così nauseabondo che molte piante erano morte e nessun animale osava avvicinarsi. Dalla sua posizione, Mirko poté vedere alcuni servi di Sauron intenti a ristrutturare le mura secondo il gusto del loro padrone: la fortezza si era trasformata in un orrendo e sgraziato edificio spigoloso nel quale prevaleva il colore nero. Teschi umani erano impalati in ogni angolo della città e le condizioni delle strade, pensò Mirko, dovevano essere veramente primitive. Il tutto era sovrastato da una immensa nube nera che impediva l’ingresso ai raggi solari e rendeva il paesaggio ancor più cupo e tenebroso.

“Alexander aveva ragione”- sussurrò il ragazzo, portando automaticamente la mano alla spada.

“E’ davvero uno spettacolo orribile”- commentò Xavian, ringhiando di rabbia –“Forse preferivo Galbatorix a questo Sauron”

I due si fecero coraggio e si avvicinarono alla città, effettuando lenti movimenti circolari e sperando che non li avrebbero attaccati subito. Improvvisamente un corno risuonò nell’accampamento degli Orchi e un contingente composto da una ventina di creature si posizionò all’ingresso della tendopoli di Mordor, invitando il Cavaliere ad atterrare. Mirko, deglutendo, obbedì e smontò da Xavian, mentre gli Orchi lo guardavano divertiti e si scambiavano commenti che il ragazzo non riuscì a comprendere.

“Sei tu il Cavaliere Mirko?”- chiese uno di loro, puntando un dito verso di lui.

“Si”- rispose fermamente l’altro, cercando di non mostrare segni di paura. L’Orco che aveva appena parlato si sfregò le mani e fece un cenno a quelli che erano dietro di lui, poi si rivolse nuovamente al Cavaliere:

“Devi consegnare la spada, ragazzo”

Mirko fece un passo indietro e, per un momento, ebbe la temeraria idea di sguainare l’arma e attaccare quei mostri, ma cosa avrebbe potuto risolvere con un gesto del genere? Anche se avesse eliminato gli Orchi che aveva di fronte, avrebbe poi dovuto vedersela con almeno altri diecimila e…con Sauron. L’Orco batté impazientemente un piede in terra e ripeté:

“La spada,ragazzo”

Mirko strinse più forte l’arma e la alzò. A questo gesto, gli Orchi tirarono fuori le lance e le puntarono sul ragazzo, riabbassandole immediatamente, quando videro che Mirko aveva infilzato la spada a terra, a pochi centimetri dal loro Capitano. L’Orco la raccolse ed emise una risatina nervosa:

“Seguimi e lascia che il tuo drago venga incatenato con quello del Re umano”

“Di questo non si era parlato”- esclamò Mirko, sbarrando gli occhi e lanciando un’occhiata disperata a Xavian.

“Non preoccuparti Mirko, va pure”- disse il drago e alcuni Orchi lo accompagnarono lontano dal Cavaliere. Mirko allungò una mano verso il suo amico alato che si allontanava, ma sentì un orrido tocco sulla sua spalla destra: si trattava di quell’Orco.

“Avanti, seguimi….e comunque….mi chiamo Kraghat”

                                             *

Sauron sedeva sul trono di Galbatorix e osservava la porta della stanza, respirando lentamente con le mani congiunte davanti al viso mascherato. Era stata una grande idea, qualche giorno prima, utilizzare Galbatorix per ordinare a Kovu di colpire Aragorn, ma il Signore di Mordor non poté fare in tempo a gridare vittoria che seppe della sconfitta subita a Minas Tirith. La rabbia che aveva provato in quel momento aveva lasciato una traccia anche nella stanza nella quale ora sedeva: in preda all’ira, il sovrano di Mordor aveva fracassato una colonna con la sua mazza e i pezzi di marmo ricoprivano ancora il lucido pavimento. Alzandosi, Sauron fece qualche passo nel locale e diede uno sguardo fuori dalla finestra dalla quale parlava ai suoi sudditi. Il cielo nero e nuvoloso lo rendeva estremamente felice, così come lo rendeva felice vedere centinaia di uomini costretti a lavorare per le sue truppe. Tornando dentro, il Signore Oscuro si passò una mano sotto il mento e pensò:

“Murazor dovrebbe essere qui a momenti con quei due cartoni”

In quel momento, qualcuno bussò alla porta e Sauron andò ad aprire, ritrovandosi di fronte a due esseri atterriti dalla paura: uno era piccolo e blu, l’altro era un ragazzo per metà felino. Solo una cosa li accomunava….tremavano dalla testa ai piedi. Dietro di loro, Murazor chinò il capo e disse:

“Mio Signore Sauron, volevate parlare con loro, non è vero?”

“Precisamente”- rispose l’altro e fece cenno ai cartoni di entrare nella stanza – “Tu aspetta fuori, Murazor, e non far entrare nessuno”

Lo Spettro annuì e si pose appena all’ingresso della camera, mentre Sauron richiudeva il portone e invitava i cartoni a sedersi. I due esseri presero posto e il Signore Oscuro si voltò di scatto, puntando un dito verso Kovu:

“Tu…..il tuo nome”

“K-Kovu, signore”

Sauron annuì e poi passò al cartone blu:

“E tu invece devi essere…..Stitch”

L’alieno ebbe un sussulto e si raggomitolò su se stesso, continuando a tremare:

“Come….come fai a conoscere il mio nome?”

Sauron alzò gli occhi al cielo e scrollò le spalle, girando intorno ai due cartoni:

“Mha….le voci girano…”

“L’hai sentito dire ad Angel, non è vero?”- continuò il cartone, smettendo per un attimo di tremare e alzandosi in piedi.

Sauron si voltò ed emise una breve risata:

“Può darsi”

Stitch fu preso dall’ira e si lanciò su Sauron, arrampicandosi fino alla sua maschera metallica e mantenendosi alle spalle corazzate del Signore di Mordor. Kovu ebbe un sussulto a quella vista, ma si costrinse a restare fermo.

“Dov’è?”- ringhiò il cartone blu- “Cosa le hai fatto?”

Sauron continuò a ridere e questo turbò molto Kovu che si sistemò meglio sulla sedia e deglutì nervosamente.

“L’ultima volta che l’ho incontrata….abbiamo avuto una discussione alquanto…..fiammeggiante”

Gli occhi di Stitch si dilatarono e il cartone liberò le spalle di Sauron, lasciandosi cadere a terra:

“Mark aveva detto che non poteva dirmi dov’era....ma che almeno era viva”

“E secondo te perché?Mentiva,amico....mentiva”- esclamò Sauron, spingendo il coltello nella piaga.

Il piano del Signore Oscuro procedeva a meraviglia. Se avesse convinto quelle creature ad unirsi alla sua causa, avrebbe avuto altri validi alleati su cui fare affidamento. Sauron ricordava perfettamente la battaglia di Silthrim nella quale aveva, almeno secondo lui, eliminato Angel. Il Cavaliere Mirko aveva osato sfidarlo ed era tornato indietro, cercando qualcosa che Sauron non poté vedere a causa del fumo che gli opprimeva la vista. Forse il cartone rosa era sopravvissuto? Bha, a Sauron non importava….era meglio che Stitch credesse che fosse morta. Dopotutto…la rabbia è un enorme incentivo in battaglia.

“Ora ti dirò tutto,Stitch”- disse Sauron, mettendo una mano sulla gracile spalla del cartone –“Quando abbiamo combattuto a Silthrim, i tuoi ‘amici’ Cavalieri sono stati così negligenti e sfacciati da aver lasciato la tua povera compagna sotto un cumulo di macerie. Io eseguivo solo gli ordini di Galbatorix e….sono stato costretto ad ucciderla”

Stitch abbassò il capo e si mise a piangere e Kovu si accostò a lui, battendogli una mano sulla schiena:

“Perché l’hai fatto?”- disse poi il ragazzo-felino a Sauron che sembrava crogiolarsi di fronte alla tristezza e alla paura dei due.

“Ve l’ho già detto, eseguivo solo degli ordini. Comunque, Stitch, è stata colpa dei Cavalieri se Angel è…”

“Non dirlo”- lo pregò il cartone blu, ma Sauron non aspettava altro:

“….morta. Se l’avessero protetta meglio, tutto questo non sarebbe successo. Mark ha avuto anche la sfacciataggine di non dirti nulla….sapendo che avresti sofferto una volta che lo avessi scoperto con i tuoi occhi”

Stitch scosse il capo e strinse i pugni con forza, tentando di scacciare le lacrime:

“Ma non è possibile. Loro non l’avrebbero mai lasciata senza protezione”

Sauron sospirò, fingendo di compatire il suo interlocutore:

“Che vuoi che ti dica, mio giovane amico. Il mondo è pieno di possibilità”

Il rumore di qualcuno che bussava alla porta interruppe il loro discorso e il Capitano Kraghat entrò nella stanza, portando con sé Mirko.

“Ecco il Cavaliere, Signore”- disse Kraghat, inchinandosi al suo padrone con riverenza.

Sauron fu molto soddisfatto di veder comparire il Cavaliere e ordinò all’Orco di uscire, poi si rivolse al nuovo arrivato:

“Bè ,salve, Cavaliere Mirko”

Il ragazzo non rispose, perché i suoi occhi erano puntati sui due cartoni che erano nella stanza. Stitch si trascinò verso il Cavaliere e gli chiese, implorante:

“Mirko, come sta Angel?”

La mente del Signore Oscuro lavorò in fretta, doveva impedire che quel Cavaliere parlasse, perché se Angel si era salvata, Sauron non avrebbe più avuto alcuna leva sulla quale premere per far combattere Stitch al suo fianco. Prima che il Cavaliere potesse rispondere, il sovrano di Mordor lo afferrò per una spalla e lo trascinò vicino a sé, sussurrandogli nell’orecchio:

“Abbiamo il tuo drago in ostaggio, ragazzo. Tu prova solo a dirgli che è viva e per lui sarà la fine”

I due cartoni erano troppo distratti per poter capire cosa avesse detto Sauron al giovane in quel brevissimo lasso di tempo e Stitch rimase di stucco quando udì le parole di Mirko:

“Stitch….mi dispiace molto, ma…..non sono riuscito a salvarla. Le ferite erano troppo gravi e…..”

Il Cavaliere notò che Sauron gli intimava, con un gesto del capo,di continuare:

“….purtroppo è morta”

Sauron emise un sospiro soddisfatto e vide il cartone blu urlare di rabbia e correre fuori dalla stanza, in preda alla disperazione. Il Signore Oscuro si rivolse a Kovu:

“Inseguilo e cerca di calmarlo. Ora, devo scambiare due parole con il nostro coraggioso Cavaliere, qui”

Kovu uscì dalla stanza e Mirko e Sauron si ritrovarono uno di fronte all’altro. Il ragazzo aveva la pelle sudata e respirava velocemente, mentre l’altro si ergeva almeno due volte più alto del Cavaliere e lo guardava con disprezzo.

“Sei un vile. Non dovevi farmi dire questo a quella povera creatura”- urlò il ragazzo, facendo un passo avanti.

“Ancora una volta ho utilizzato la parte negativa dell’amore. Quella che genera odio e distruzione”- rispose impassibile il sovrano di Mordor,spingendo il ragazzo e facendolo cadere a terra. Sauron prese Mirko per il colletto e lo sollevò, portandolo di fronte al suo elmo spinato:

“Tu sei pazzo”- disse il ragazzo, cercando di liberarsi.

“Pazzo? Grazie, ‘pazzo’ è la parola usata dal mondo per indicare un genio….e io sono un genio del male. Ma veniamo al dunque, ragazzo, sai perché ti ho fatto venire qui?”

Il Signore Oscuro lo lasciò andare e Mirko si sistemò il colletto, facendo qualche passo indietro:

“Vuoi uccidermi?”

“Certo. Voglio uccidere te,Mark,Eric,Galbatorix,Aragorn,Angel,Faramir…tutti. Hai afferrato il concetto?”

L’altro non rispose e Sauron continuò:

“No, ti ho fatto venire qui affinché tu possa partecipare ad una simpatica iniziativa che ho in mente di far cominciare tra due giorni. E’ una specie di….chiamiamolo ‘spettacolo’”

“Spettacolo?”- domando Mirko, pensando per un momento che Sauron fosse veramente fuori di testa.

“Esatto. Per festeggiare la conquista di Uru-Baen, ho promesso alle mie truppe una serie di gare nella quale si sfideranno Umani, Orchi e un Cavaliere….te”- disse l’uomo corazzato, indicando Mirko- “Saranno semplici prove, dove naturalmente mi aspetto di vedere tante morti, ma al termine, se riuscirai ad arrivarci si intende, non dovrai vedertela con guerrieri o creature selvagge. Dovrai vedertela con me e allora sì….sarà la fine”

Finalmente sono tornato dalle vacanze,ragazzi!!!! Durante le suddette sono riuscito a buttare giù altri quattro capitoli ( Gli ultimi due devo dire parecchio intriganti), per ora posto il primo.....perché la cosa brutta è che devo anche riscriverli sul computer. Cmq non temete tra oggi e domani potrò metterli tutti. Per ora....Buona lettura!!!!!!

    Partenza per Alagaesia

Mark raccolse una manciata di sassolini e li lasciò cadere in acqua, osservando il sole che tramontava all’orizzonte. I Cavalieri erano partiti da Osghiliat qualche giorno prima, insieme a circa ventimila uomini,tra Rohirrim,Haradrim e soldati di Gondor, comandati da Re Aragorn. Giunti sulle coste occidentali della Terra di Mezzo, dalle quali sarebbero partiti alla volta di Alagaesia, i ragazzi avevano deciso di accamparsi per concedere un po’ di riposo alle truppe. La maggior parte degli uomini, comunque, era impegnata nella costruzione di una flotta, tanto che in ogni zona dell’accampamento era possibile vedere all’opera falegnami, fabbri e costruttori. Nel frattempo, alcuni soldati effettuavano turni di guardia e di esplorazione, alla ricerca di materiali o eventuali spie. Nonostante la grande vittoria di Minas Tirith, infatti, non sarebbe stato saggio sottovalutare Mordor. Mark sospirò, continuando a fissare la lontana linea che separava il cielo dal mare: lì, a qualche centinaio di chilometri se non più, c’erano tutti i suoi amici.

Certo adesso il Cavaliere poteva contare sul fedele Arnold, ma avrebbe pagato tutto l’oro del mondo pur di rivedere Eric,Rick,Mirko….

Con tutto il suo cuore, il giovane Cavaliere sperò che a nessuno di loro fosse accaduto qualcosa di male. Mentre pensava, sentì dei passi alle sue spalle e vide che Arnold gli si stava avvicinando. L’arciere si tolse i guanti metallici e si sciacquò il viso con l’acqua di mare, emettendo un sospiro soddisfatto.

“Mi ci voleva”- esclamò il ragazzo, mettendosi in piedi- “Non è stato certo un viaggio semplice”

Mark annuì distrattamente ed entrò con i piedi nell’acqua per rinfrescarsi un po’. Il Cavaliere fece qualche passo avanti e indietro ed affermò:

“Riposati finché puoi, amico mio. Quando salperemo non ne avremo più la possibilità ,temo”

“Ti vedo nervoso”- commentò Arnold accigliandosi- “Potrei sapere il motivo della tua ansia?”

Mark si voltò verso l’amico e incrociò le braccia sul petto. Con lentezza, il Cavaliere uscì dall’acqua e appoggiò una mano sulla spalla del compagno, poi prese a parlare:

“Vedi Arnold….giorno dopo giorno non faccio che comprendere quanto grande sia la responsabilità che mi sono addossato. Portandovi qui, vi ho messi tutti in pericolo e più di una volta ho rischiato di perdervi. Tu questo lo capisci, vero?”

Arnold annuì in silenzio e Mark continuò:

“Bene. Adesso mi sento un po’ scosso perché la battaglia finale si avvicina e, se anche Kovu,Stitch e Kiara combatteranno sotto il vessillo nemico, prevedo molte perdite. L’unica mia preoccupazione sarà di guidarvi sani e salvi fino alla fine di questa storia”

Arnold sorrise e Mark vide balenare nei suoi occhi una luce di ammirazione. Ricambiando l’amico con una pacca affettuosa sul capo, il Cavaliere di Razar esclamò:

“Sei cresciuto, Mark.”- e iniziò ad allontanarsi. Mentre camminava, il giovane si voltò per un secondo ed aggiunse:

“Cerca di rilassarti un po’, però eh?”- e gli fece un cenno di intesa con la mano. Mark rispose allo stesso modo e vide l’amico sparire tra la folla di uomini che occupava la costa. Un corno risuonò tra le truppe e il Cavaliere vide Aragorn farsi largo tra i soldati, scortato da Faramir,Eomer,Legolas,Gimli e un paio di guerrieri di Gondor. Il Re di Minas Tirith raggiunse il ragazzo ed entrò anch’egli con gli stivali nell’acqua.

“Infine ci siamo, Mark”-esclamò l’uomo senza guardare il giovane. Questo si limitò ad emettere un verso simile ad un ‘si’ e chiese:

“A che punto siamo con la flotta?”

“Direi a buon punto”- rispose il sovrano di Gondor, dandosi un’occhiata intorno-“ Credo che entro domattina potremo partire”

“Sì”- grugnì Gimli-“Non vedo l’ora di riprendere le ostilità”

Legolas scosse il capo, divertito, e indicò al Nano l’orizzonte.

“Laggiù non ci saranno solo Orchi. Il nemico ha a disposizione draghi,magie e tanti altri mezzi per poterci fronteggiare….ma sono sicuro che basterà la tua vista a far battere in ritirata gran parte delle forze avversarie”- scherzò l’Elfo, mentre Eomer e Faramir trattenevano una risata.

“Era un complimento o un’offesa, orecchie a punta?”

Mark sorrise, rinfrancato da quel divertente intermezzo, e si allontanò, seguito da Aragorn.

“Di quante navi disporremo,sire?”-domandò il Cavaliere.

“Cento in tutto. Ognuna trasporterà circa duecento uomini più le provviste e i cavalli per i Rohirrim”

“Perfetto”-esclamò Mark-“Ora mi scusi un attimo maestà, devo allontanarmi per qualche minuto”

Aragorn acconsenti alla richiesta del Cavaliere che si diresse nel cuore dell’accampamento, dove erano state piantate le loro tende. Vicino a quast’ultime vi era uno spiazzo molto ampio,atto ad ospitare i draghi dei due Cavalieri. Mark attese per qualche secondo ed aprì il suo contatto mentale con Zarthan:

“Zarthan,dove siete tu e Razar?”- chiese il ragazzo, scrutando il cielo violastro che mostrava ancora alcune venature rosse.

“Stiamo tornando,Mark. Siamo solo andati a caccia e non abbiamo avuto alcun problema”

“Lo so”-rispose il ragazzo-“Ma preferirei che non vi allontanaste troppo dal campo. Potrebbe essere pericoloso”

                                               *

Quando Zarthan e Razar tornarono, Mark ed Arnold accesero un fuoco davanti alle loro tende e cenarono in silenzio, mentre nell’accampamento iniziavano ad ardere decine di altri fuochi. Entrambi i Cavalieri si guardavano attorno e nessuno dei due parlò, almeno fin quando Razar non disse:

“Si parte domattina?”

“Già”-rispose il suo Cavaliere, giocherellando con i tizzoni ardenti del bivacco, mentre Mark continuava a stare in silenzio. Eppure era strano: Mark ed Arnold avevano sconfitto gli eserciti di Sauron e Galbatorix,avevano condotto alla vittoria le coraggiose truppe di Gondor ed ora stavano per partire in soccorso di Alagaesia. E allora perché il Cavaliere non si sentiva tranquillo? Mark rifletteva, cercava di capire:

“Possibile che sia stato così facile?”- si chiese, ripensando alla battaglia del Pelennor, quando Arnold attirò la sua attenzione. Il giovane tornò in sé e si accorse che il suo amico era in piedi, a poca distanza da Faramir. Il Capitano di Gondor chinò il capo in segno di saluto e Mark notò che sul suo viso era dipinta un’espressione seria e cupa:

“Ti devo parlare”- bisbigliò l’uomo, invitando il Cavaliere a fare due passi con lui. Mark si alzò e lasciò Arnold con i draghi, camminando al fianco di Faramir. Anticipando le domande del Capitano, Mark disse:

“C’è qualcosa che ti preoccupa,vero?”

“Si”

“Anche io non posso negare di avere le mie angosce, ma forse è solo a causa dell’emozione. E’ possibile che ci stiamo facendo ingannare da problemi poco importanti”

Faramir si fermò per un attimo e sospirò:

“Non è poco importante che i Nazgul si siano ritirati dalla battaglia senza motivo”

Finalmente, un lume si accese nella mente di Mark. Ecco cosa non riusciva a ricordare; ecco cosa lo teneva in ansia. L’arrendevolezza di Murazor e dei suoi Spettri era stata più che sospetta. Perché mai quelle creature si erano ritirate nel momento cruciale della battaglia, lasciando, peraltro, le proprie truppe in balia dei difensori?

“Tu credi che…?”- iniziò il Cavaliere, ma Faramir lo interruppe.

“I Nazgul non si sono mai comportati in questa maniera, da quando li conosco. Le ipotesi sono due: o si sono indeboliti o Sauron e Galbatorix hanno in mente qualcos’altro”

“Opterei per la seconda possibilità”-esclamò Mark con un sorriso beffardo.

“E’ quello che penso anch’io, come Aragorn del resto”

“Ah”- affermò Mark, essendo felice di sapere che più di una persona la pensava come lui. I due attraversarono gran parte dell’accampamento e si recarono su una rupe che dava sull’immensa distesa di mare, illuminata dalla bianca luce della Luna. Faramir si sedette su una roccia e si passò una mano sotto il mento. Da quell’altezza, Mark poté vedere le migliaia di fiammelle che ardevano come lucciole nell’accampamento sottostante. Sulla riva, erano disposte le navi che , nel giro di qualche ora, avrebbero abbandonato quelle terre e sarebbero salpate per Alagaesia. Le vele portavano l’insegna dell’Albero Bianco di Gondor e il legno pregiato con il quale erano stati costruiti gli scafi, appariva lucido sotto i raggi lunari.

“Sei ore all’alba”- mormorò Mark mettendosi una mano sul fianco e ponendo l’altra sul pomo della spada. Faramir si scostò i capelli dal viso e tirò fuori dal mantello una pipa. Il Capitano di Gondor la accese e iniziò a fumare, emettendo piccoli cerchi di fumo che si dissolvevano oltre i margini della rupe.

“Spero che potrò tornare dalla mia Eowyn dopo questa storia”- disse l’uomo, togliendosi per un attimo la pipa di bocca. Mark lo osservò ed ebbe compassione: lui non poteva ancora capire cosa significasse avere una moglie, dei figli. Era troppo giovane, troppo inesperto anche solo per poter parlare con Faramir di questi argomenti. Nonostante ciò, il ragazzo si schiarì la voce ed esclamò:

“Sai, forse non sono un vecchio saggio, ma….sono sicuro che tutto tornerà alla normalità. Non posso garantirti la mia incolumità, ma cercherò di fare il possibile per salvaguardare la vostra”

Un fruscio alle loro spalle costrinse i due a voltarsi. Aragorn emerse dall’ombra e si unì al gruppo con un sorriso:

“Sai Mark, a volte mi chiedo perché i saggi debbano essere per forza avanti con l’età”

Sedendosi al fianco del Capitano di Gondor, aggiunse:

“Se così fosse, io dovrei essere molto saggio”

Faramir rise e quasi si soffocò con il fumo, mentre Mark scosse il capo, divertito, e rispose:

“Sono felice di combattere al tuo fianco, Re Aragorn. Sei forte, intelligente e…sai anche quando è il momento giusto per scherzare”

“Ah, l’onore è tutto mio”- replicò il Re scostandosi il mantello dietro le spalle- “ Dopotutto tu hai salvato mio figlio. Unirmi alla spedizione era il minimo che potevo fare per ringraziarti”

Mark fu molto felice di ricevere così tanti complimenti da uno dei miti della sua fantasia. Quasi commosso, chinò il capo e rispose:

“Grazie, maestà”

                                               *

Il giorno dopo, Mark fu svegliato da Zarthan alle prime luci dell’alba. Il cielo era roseo con venature gialle e arancioni: uno spettacolo di rara bellezza. Il ragazzo uscì dalla tenda e vide che l’accampamento era in fase di smontaggio. Gli uomini correvano in tutte le direzioni, trasportando armi,provviste, materiali e molto altro. L’aria era fresca e asciutta, un clima ideale per prendere la via del mare che ora appariva come una limpida lastra di vetro. Sbadigliando, il Cavaliere raccolse le sue cose e le posizionò sul dorso dorato di Zarthan:

“Arnold è già in piedi, ci aspetta sulla riva”- esclamò la creatura alata, indicando con il muso una parte di costa poco distante. Mentre disponeva la sella su Zarthan, il ragazzo fu raggiunto da un messaggero di Re Aragorn:

“Il Re vuole farle sapere che tutte le nostre forze saranno pronte a salpare entro pochi minuti”

Mark annuì e allacciò le cinghie della sella ai fianchi del drago:

“Molto bene”- disse il giovane-“Quando Zarthan emetterà una fiammata nel cielo, sarà il segnale che possiamo partire. Fai in modo che il Re lo venga a sapere, intesi?”

Il messaggero fece un rapido inchino e si allontanò correndo, mentre Mark si issava su Zarthan. Il drago dispiegò le ali e si diresse sul punto in cui Arnold li attendeva. Quando l’altro Cavaliere li vide arrivare, si levò in volo e si accostò a loro, inspirando a fondo:

“Bel giorno per partire”- commentò l’arciere, socchiudendo le palpebre di fronte allo spettacolo del sole nascente. Mark sorrise e ordinò a Zarthan di procedere: il drago spalancò le fauci ed emise una grossa fiammata che colorò di rosso il limpido cielo azzurro mattutino. In risposta, Mark vide le navi levare le ancore e iniziare la traversata dell’oceano, mentre i pochi costruttori rimasti sulla costa tornavano indietro a cavallo. Mark distolse lo sguardo dal basso e puntò deciso verso l’orizzonte, seguito a breve distanza da Arnold.

“Stiamo arrivando,amici”- mormorò il giovane-“ Tenete duro”

           I Cavalieri tornano in guerra

Chris prese Eric per una spalla e lo scagliò al muro, gridando frustrato:

“Come sarebbe a dire ‘se n’è andato’?”

Eric si rialzò a fatica a causa del dolore alla schiena e cercò di parlare, vendendo però anticipato da Rick:

“Si può sapere perché Mirko ci ha lasciati?”

“Doveva….doveva andare ad Uru-Baen. Non poteva rischiare di far morire Kiara”

Chris divenne paonazzo di rabbia e Manuel e Robert furono costretti a trattenerlo o avrebbe ridotto Eric a brandelli.

“Non vi è neanche passato per la testa che può trattarsi di una trappola?”- ruggì il robusto ragazzo, riprendendo il controllo delle sue azioni- “E comunque….dì la verità. Sei tu che non volevi rischiare di far morire quel cartone”

“Si, hai ragione”- ammise Eric- “Ma non ho pressato in alcun modo Mirko. E’ stata una sua decisione”

Chris strattonò gli amici che lo mantenevano e diede un calcio al suo letto. Tutt’intorno, gli altri Cavalieri osservavano la figura di Eric appiattita alla parete del dormitorio. Gianni era appoggiato alla spada e scuoteva il capo, Rick aveva una mano in faccia e si guardava intorno, smarrito. Manuel e Robert discutevano tra loro e Chris non faceva che colpire tutto ciò che gli capitava a tiro. Deglutendo, Eric si staccò dal muro:

“Ragazzi, io….ho parlato con lui. Vi posso garantire che….”

“Cosa? Mi vuoi dire cosa?”- urlò Chris, battendo un pugno sul comodino. Un’altra voce si unì alla conversazione e disse:

“Eric ha ragione. Mirko ha fatto la sua scelta”

I ragazzi si voltarono e videro la minuta figura di Angel sulla soglia della porta. Il cartone entrò seguito dagli sguardi dei Cavalieri e si avvicinò ad Eric, come per difenderlo.

“Angel, per favore, non metterti in mezzo”- sibilò Chris con stanchezza. Il cartone parve non ascoltarlo ed esclamò:

“No, Chris. Io li ho sentiti e so che il gesto di Mirko serve anche a proteggere voi. Lui, prima di andare, ha chiesto ad Eric di guidarvi e di tenervi al sicuro”

Qualche Cavaliere inarcò il sopracciglio e Manuel e Robert smisero di parlottare tra loro. La risatina sarcastica di Chris fu l’unico suono all’interno della stanza.

“Sicché….Eric dovrebbe…guidarci. Non ha avuto il fegato di trattenere Mirko e dovrebbe anche essere il nostro capo?”

Angel rimase in silenzio, ma annuì decisa con il capo:

“Se non vuoi che Mirko sia partito per nulla…sì”

Chris esitò e scosse il capo più volte, stizzito:

“No”- urlò- “Né ora, né mai”

“Allora non meriti di vestire i panni di Cavaliere” disse Angel, senza timore. Rick fece un movimento, come per balzare in avanti a protezione del cartone, ma Chris fu più lesto e, colto dall’ira, si voltò e colpì il gracile cartone rosa in viso, facendolo cadere a terra con un gemito. La reazione di Eric fu istantanea: il ragazzo sguainò la spada in simultanea con Chris e i due si trovarono con la propria lama puntata sulla gola dell’altro. I restanti ragazzi sussultarono, ma rimasero fermi: c’era il rischio che qualcuno commettesse una sciocchezza.

“Lascia stare lei”- sussurrò Eric- “O…”

“O? Cosa fai, Cavaliere Eric, mi uccidi?”- esclamò Chris avvicinandosi di più alla punta della spada del compagno. Eric sospirò e gettò l’arma a terra, chinandosi su Angel e osservandole il viso sul quale ,dopo il colpo di Chris, era apparso un livido violaceo. Passando una mano sopra la zona, Eric fece sparire il segno e aiutò il cartone a rimettersi in piedi. Chris serrò le labbra e si inginocchiò, singhiozzando ai piedi di Eric:

“S- scusami, Eric, io non volevo. Mi sono fatto prendere dalla rabbia e…”

“Lo posso capire”- esclamò l’amico annuendo con il capo- “Non dimenticarti che qualche tempo fa fosti tu a dovermi fare la ramanzina. Anche io ho avuto…ed ho i miei problemi”

Chris si alzò e abbracciò il compagno, poi si rivolse ad Angel e le carezzò la testa con dolcezza:

“Che diavolo ho fatto, piccola. Perdonami”

“Non importa, ciò che conta è che tu abbia capito, Chris”

Il paffuto Cavaliere si riebbe dal pianto e si distese sulla sua branda, sospirando. Rick posò una mano sulla spalla di Eric:

“Noi ti seguiremo ovunque tu vada, Eric”

“Ve ne sono grato, ragazzi”- rispose il Cavaliere con un sorriso- “Adesso dobbiamo decidere quale sia la cosa migliore da fare per aiutare Mirko, ma, a questo proposito, è necessario che si unisca a noi….una certa persona.

                                                *

“Fatemi uscire”- urlò Alexander- “ Non potete trattarmi come un prigioniero”. Il ragazzo batté con forza le mani sulla porta della stanza nella quale era stato rinchiuso. In realtà quella camera era tutt’altro che una cella: vi era un morbido letto e tutto ciò di cui si poteva avere bisogno, ma ad Alexander non importava, voleva solo andarsene da lì. Il giovane si chinò e provò a sbirciare attraverso lo spazio che separava la porta dal pavimento, con il risultato di vedere solo una bianca striscia di luce. Rimessosi in piedi, Alexander si guardò intorno in cerca di una via d’uscita. L’alloggio era completamente immerso nell’albero nel quale era stato creato, ma un piccolo lucernario rotondo attirò l’attenzione del ragazzo. Forse quel passaggio sarebbe risultato stretto per lui, ma doveva provare. Con un salto, riuscì ad aggrapparsi allo spazio di pietra che separava le sue mani dal lucernario e si mise a pensare in fretta:

“Non posso sfondarlo o attirerò le guardie”

Sudando per lo sforzo di rimanere aggrappato, il ragazzo allungò la mano destra e riuscì a toccare con la punta delle dita il pomolo che permetteva di aprire il lucernario, ma, in quel momento, la porta dell’alloggio si aprì e Alexander cadde a terra, spaventato.

“Sei in fuga?”

Alexander riconobbe la voce di Eric.

“Che cosa sei venuto a fare qui? Mi avete fatto rinchiudere come una bestia”- ruggì, rialzandosi e parandosi di fronte al Cavaliere.

“Non direi proprio come una bestia”- affermo Eric, esaminando la stanza- “Non potevamo fidarci subito di te. Questo devi capirlo”

Il Cavaliere fece una pausa ed aggiunse:

“Mirko è partito”

“Non sono affari miei. Sono già stato torturato abbastanza e non intendo più far parte di questa stupida missione”- esclamò Alexander voltandosi a braccia conserte verso il fondo della camera per evitare lo sguardo di Eric. Il Cavaliere fece qualche passo avanti e piegò il capo da un lato:

“Se non erro, avevi intenzione di salvare i cartoni”

A queste parole, Alexander gridò di rabbia e sputò in basso. Eric portò automaticamente la mano alla spada, senza però estrarla.

“Chi credi….che mi abbia procurato….queste?”- disse il giovane, aumentando il tono di voce ad ogni parola e strappandosi la veste di dosso. Quando questa cadde a terra, il ragazzo rimase a torso nudo e mise in mostra una miriade di tagli rossi e cicatrici bianche. Eric allontanò la mano dalla lama e guardò ad occhi sbarrati quelle ferite, mentre Alexander esclamava:

“Chi mi ha fatto questo non merita il mio aiuto”

“Chi….chi è stato?”- balbettò Eric.

Alexander sbuffò e raccolse la veste da terra, buttandola sul letto con ira:

“Colei che tu ami”

Eric sussultò, come faceva Alexander a sapere che lui provava qualcosa per Kiara.

“Ma che stai dicendo?”- disse il Cavaliere, tentando di difendersi.

“Non fare l’idiota”- sibilò Alexander- “Sai bene che sto parlando di Kiara. Quante volte credi che ti abbia sorpreso a guardarla, quando eravamo ad Ellesmera?”

Eric arrossì e serrò le labbra, voltandosi di lato. Alexander sogghignò:

“Ebbene sì, Eric. E’ stata Kiara a ridurmi così….la dolce e placida Kiara”

“E’ sotto…”- iniziò Eric, ma Alexander lo bloccò,scagliando un vaso in terra e fracassandolo:

“….Un incantesimo?No”- ruggì il ragazzo- “Io ho visto i suoi occhi mentre mi torturava. Non c’era costrizione in quel che faceva”

Eric serrò i pugni, replicando:

“Non sarebbe successo se non li avessi venduti a Galbatorix”

“Ora non tornare a usare questa scusa per far ricadere tutta la colpa su di me. Ti ho già spiegato perché l’ho fatto”- ribatté Alexander, puntando un dito verso Eric. Il Cavaliere prese un respiro e cercò di convincere il ragazzo a seguirli:

“Alexander….te lo chiedo da amico. Tu conosci bene il palazzo di Galbatorix e potresti aiutarci ad entrarvi di nascosto…”

“Stai scherzando, Cavaliere?”Io lì non ci torno. Te l’ho già detto, non voglio più avere a che fare con nessuno di voi”- disse il ragazzo con tono stizzito.

“Spiegami almeno perché sei venuto ad avvertire Mirko,allora”- domandò Eric, sapendo , in questo modo, di mettere in difficoltà l’interlocutore. Alexander serrò gli occhi e li ridusse a due fessure nere:

“E’ stata la mia ultima sciocchezza. Vi ho avvertiti perché anch’io voglio vedere sconfitto il male, ma….non me la sento più di far parte delle vostre forze. Mi sono bastati gli orrori che ho visto finora”

Eric annuì ed aprì la porta, facendo cenno ad Alexander di uscire:

“Se è questo che vuoi…sei libero”

Alexander strabuzzò gli occhi alle parole del Cavaliere e lo seguì fuori dall’alloggio, dove lo attendeva un cavallo ben fornito di provviste. Il ragazzo toccò il manto dell’animale e ne carezzò la criniera, voltandosi poi verso Eric, come per chiedere spiegazioni.

“Prendilo”- disse Eric- “E vai dove vuoi. Non ti obbligherò a combattere con noi, se non lo desideri”

Alexander toccò ancora una volta il manto del cavallo e si issò sulla sella, facendolo nitrire. Penetrando Eric con lo sguardo, il giovane prese le redini e fece per partire, ma il Cavaliere mormorò in un soffio:

“Non credo che Cristal avrebbe voluto ciò”

Alexander si irrigidì, come se lo avessero colpito con qualcosa e chinò il capo. Rialzandolo però con fierezza, il giovane spronò il cavallo e partì spedito verso Sud, sparendo alla vista dopo alcuni minuti. Lifaen e Meredriel, che avevano condotto Eric da Alexander, guardarono nella direzione in cui era andato il ragazzo e il secondo disse,mestamente:

“Un alleato in meno”

Da dietro la camera di Alexander fecero capolino gli altri Cavalieri con i rispettivi draghi ed Angel. Eric li guardò e scosse il capo, in segno di rassegnazione. Inginocchiandosi, il Cavaliere si portò le mani sul viso e picchiò un pugno a terra con rabbia. Vedendolo così, Angel lo raggiunse e lo abbracciò, affondando la testa nei suoi capelli:

“Ci hai provato, Eric. Coraggio”

Gianni si avvicinò a sua volta e fece alzare l’amico,scrollandolo:

“Ehi, Eric. Non sarà perché Alexander se n’è andato che perderemo questa guerra. Ci sarebbe stato utile, è vero, ma potremo farcela anche da soli. Noi ti seguiremo fino alla morte”

I restanti Cavalieri raggiunsero i tre e si strinsero attorno a loro, mentre Lifaen e Meredriel sorridevano, commossi.

“Avanti, amici”- esclamò Gianni spingendo Eric nel mezzo del gruppo-“Seguiremo Eric?”

“Sì!!!”- urlarono all’unisono draghi e Cavalieri, gli uni ruggendo e gli altri sguainando le spade. Angel saltò sulla spalla di Eric e gli diede un bacio sulla guancia.

“Forza, capo. Guidaci contro il nemico”- disse il cartone.

“Le truppe di Silthrim sono ai vostri ordini”- esclamarono Lifaen e Meredriel, inchinandosi. Centinaia di altri Elfi uscirono allo scoperto e imitarono i due, tenendo alte le lance e gli archi. Una lacrima attraversò la guancia di Eric ed Angel gliela asciugò:

“Non male eh?”- esclamò il cartone rosa, sorridendo. Eric, incoraggiato, sguainò la lama ed urlò:

“Marciamo su Uru-Baen”

Le sue parole furono seguite da un boato d’assenso e un nitrito lontano attirò l’attenzione del Cavaliere. Alexander era su una rupe poco distante e , facendo impennare il cavallo, levò in alto la spada. Le sue parole superarono di volume il frastuono di Silthrim e riecheggiarono in tutta la città:

“Uru-Baen è da questa parte, Cavalieri. Andiamo a prendere quei maledetti”

I Cavalieri, in risposta, agitarono le armi ed Angel fece un salto a mezz’aria, tornando sulla spalla di Eric con una capriola.

“Ora sì”- pensò Eric-“ Adesso è vero. La vittoria è vicina….andiamo a conquistarla”

   Un’attesa infinita

Mirko osservò il sole penetrare attraverso le sbarre della finestra dell’alloggio che Sauron gli aveva, per così dire, offerto. Il Signore Oscuro era molto malvagio, questo era certo, ma dal punto di vista del comportamento manteneva sempre un rapporto di rispetto verso l’avversario. Forse era per questo che il Cavaliere non era stato sbattuto nelle segrete come Kiara e Galbatorix? O magari Sauron era così perverso da volerlo nel pieno delle forze per le sue pazzesche ‘prove’? Il ragazzo tenne maggiormente in conto la seconda ipotesi, dal momento che il sovrano di Mordor lo aveva invitato spesso a pranzo, benché egli stesso non toccasse cibo, e più di una volta gli aveva mostrato i lavori in corso ad Uru-Baen. Al centro della città era in fase di allestimento una grande arena, circondata da alti pali di ferro appuntiti. Data la sua posizione, probabilmente sarebbero state le stesse mura a fungere da ‘spalti’. Le truppe di Mordor avevano trovato la forza-lavoro necessaria tra gli abitanti e i prigionieri di Uru-Baen che, a colpi di frusta, erano costretti ad eseguire gli ordini di Sauron. Dalla sua stanza, Mirko poteva sentire lo schiocco incessante delle fruste e i gemiti di dolore dei lavoratori. Più di una volta, essendosi affacciato, li aveva visti stramazzare al suolo, sfiniti, o implorare un sorso d’acqua. Cercando di scacciare questi tristi pensieri, Mirko si alzò dalla branda e urlò, cercando di farsi sentire dalla guardia che sorvegliava la stanza:

“Vorrei prendere una boccata d’aria”

Dall’altro lato della porta arrivò una sonora risata:

“Per chi credi di avermi preso, eh? Il padrone non mi ha….”

“Fallo uscire”- esclamò una voce tonante- “Lo accompagno io”

Mirko fu percorso da un brivido, quando l’orchetto di guardia aprì la porta e lui si ritrovò faccia a faccia con Sauron.

“Prego, Cavaliere”- ruggì Sauron, tentando di assumere un tono rassicurante. Il Cavaliere uscì a passi lenti dall’alloggio e si incamminò attraverso il corridoio con il Signore Oscuro. Per alcuni secondi i due non parlarono, poi fu Sauron ad esordire:

“La stanza è di tuo gradimento?”

Mirko rispose in fretta, senza guardare l’interlocutore:

“Non mi lamento, dopotutto sono un prigioniero”

“Ah, un prigioniero?”- disse Sauron, scuotendo il capo- “No, se non fosse per il mio ardente desiderio di ucciderti, potrei anche considerarti un gradito ospite”

Mirko rise sarcasticamente, cercando di non tremare sotto il peso dello sguardo di Sauron:

“Bè, ora sì che mi sento meglio”

Il sovrano si fermò per un istante e poi riprese a camminare:

“Mmmm…tu hai paura, Cavaliere”

Mirko esitò, sembrava che Sauron riuscisse a leggere dentro di lui come se fosse un libro aperto. Il Cavaliere non rispose e i due incrociarono Kovu e Stitch. Entrambi avevano perso totalmente il sorriso e avevano due vistose macchie scure al di sotto degli occhi, come se fossero molto assonnati. Alla vista di Sauron, i due si inchinarono, ma Mirko notò i loro occhi saettare anche verso di lui.

“Come procede là fuori?”- chiese il nuovo Re di Uru-Baen.

Kovu si alzò:

“Siamo in attesa di alcuni materiali, signore, ma non si preoccupi. Finiremo entro domani notte”

Sauron si voltò verso Mirko:

“Sentito,Cavaliere? Il tuo ‘debutto’ si avvicina”

Sauron afferrò il ragazzo e fece per proseguire la camminata, quando Kovu lo richiamò e si inginocchiò nuovamente.

“Signore”- esclamò il cartone-“Io…io vorrei chiederle di vedere Kiara. Non…non la sento da….”

“E continuerai a non sentirla….né vederla, mio giovane amico”- ringhiò Sauron facendo un passo indietro. Il sovrano di Mordor mise una mano sotto il mento del cartone e gli sollevò il capo lentamente.

“Una volta distrutti i Cavalieri, potrai avere tutto il tempo per stare con lei. Sarete liberi e potrete andare dove volete”

Mirko immaginò il concetto di ‘libertà’ che intendeva Sauron. Come minimo, non li avrebbe fatti uscire dalla città senza permesso. Kovu batté un pugno in terra e indicò Mirko, lacrimando:

“Ma allora lo uccida subito. Perché attende ancora?”

Sauron pose una mano sulla spalla di Kovu e sussurrò:

“Capisco il tuo dolore, ragazzo. Ma il mio piano è questo e devi fidarti di me”

Quando terminò la frase, a Mirko sembrò di sentire una lieve risata provenire dall’elmo spinato del Re di Mordor. Kovu annuì e, dopo aver preso Stitch in spalla, si allontanò. Quando furono andati, Sauron invitò Mirko a proseguire.

“Poteva farli rivedere per un momento. Hanno bisogno di stare insieme….si amano, Sauron”- esclamò Mirko, chiedendosi perché avesse utilizzato la terza persona.

“Per questo io sono il Re di due terre e tu un mio prigioniero”- si limitò a dire Sauron, mentre scendevano la scala a chiocciola che portava al piano terra-“Se c’è una cosa che ho imparato nella mia lunga vita è che l’amore è una debolezza”

“Ti sbagli”- disse Mirko,scuotendo il capo-“L’amore è una delle forze più potenti della Terra”

Sauron si voltò irato, ma tentò di trattenersi dal fare qualcosa di avventato:

“L’amore ha causato in voi solo spaccature e tristezze. Poniti una domanda,Cavaliere: se Kiara e Kovu o Stitch ed Angel non si fossero mai amati, si troverebbero nelle condizioni in cui li vedi ora? Soffrono e soffriranno fino alla fine”

Mirko non rispose subito, ma trattenne il fiato e chinò il capo:

“Starebbero molto peggio, Sauron. Molto peggio. E’ il loro amore reciproco che li fa andare avanti e sarà ancora una volta l’amore a sconfiggerti”

Sauron diede una pacca (violenta) sulla spalla di Mirko, facendolo quasi cadere in avanti ed esclamò:

“Questo è da vedersi, Cavaliere. Questo è da vedersi. Ora…vogliamo andare?”- aggiunse Sauron, allargando le braccia e indicando l’esterno. Mirko serrò le labbra e seguì il sovrano, venendo accecato dalla luce che, pur se oscurata dalle nubi che riempivano il cielo, era molto più forte rispetto all’interno del Palazzo.

                                                *

Galbatorix urlò e si scagliò sulle sbarre della cella nella quale era rinchiuso, scuotendole come se volesse spezzarle:

“Non potete tenermi qui….io sono il Re….IO”- urlava l’anziano Cavaliere, mentre Kiara, nella cella di fronte, dormiva appoggiata alla parete:

“Potresti fare un po’ di silenzio, vecchio?- esclamò il cartone ad occhi chiusi.

“Come osi, schiava? Quando sarò liberò ti ammazzerò con le mie mani, dopo essermi divertito con te”

Kiara aprì gli occhi e si voltò verso l’uomo:

“Quando usciremo da qui, sarà per morire”

Galbatorix urlò nuovamente e colpì le sbarre a spallate. Sauron, proprio grazie ad alcune pergamene del vecchio Re era riuscito a trovare il modo per far sì che Galbatorix dimenticasse temporaneamente come lanciare i suoi incantesimi. Bastava dargli una speciale pozione mentre dormiva o mescolata al cibo e il gioco era fatto. L’ex-re di Alagaesia era quasi in uno stato di pazzia e molte volte si rannicchiava in un angolo a parlare da solo, mordendosi le unghie. Kiara sospirò e guardò fuori dalle sbarre della piccola finestra che dava sulla piazza della città. Tutti erano impegnati a preparare il terreno per una sorta di prove che Sauron voleva mettere in atto. Improvvisamente, una figura si chinò davanti alla finestrella e il cartone sussultò, quando un Orco la ricacciò dentro colpendola con la parte posteriore della lancia:

“Dentro, verme. Dentro”- urlò gracchiando l’orchetto.

Kiara cadde di nuovo in cella e si massaggiò la schiena, alzandosi a fatica per sistemarsi sulla branda. Nella cella del Re, Kiara poté vedere che due Orchi lo stavano sbeffeggiando dalla finestra, mentre lui continuava ad urlare:

“Voi siete i miei soldati. Combattete in nome del Re di Alagaesia e dovete esserne fieri. Voi siete i soldati di Galbatorix”

Kiara scosse il capo e si distese sulla branda, chiudendo gli occhi. Ad un tratto, la porta della prigione si aprì ed entrò Kovu. Kiara si alzò sorprese e vide che il suo compagno stava aprendo la cella.

“Kovu….cosa…cosa ci fai qui?”- esclamò Kiara, avvicinandosi alle sbarre.

“Non dovrei essere qui, ma sono riuscito a corrompere la guardia. Kiara….io dovevo stare un po’ con te, non posso più resistere…”

Il cartone entrò nella cella e abbracciò la compagna che lo attirò con sé sulla branda. Galbatorix si alzò, indignato e d urlò:

“Tradimento. La schiava del Re va con altri. Guardie”

“Zitto, carogna”- gracchiò un Orco dall’esterno e un altro aggiunse:

“Conosco Troll più silenziosi di te, verme”

Galbatorix colpì con un calcio le sbarre della cella e continuò:

“Ma sono lì, sulla branda, stanno…”

Uno dei due Orchi perse la pazienza:

“Se fiati ancora utilizzerò la tua testa come coppa da bevande, feccia”

A quelle dure parole, il Re ammutolì, osservando , irato, Kovu e Kiara che , nella cella di fronte, consumavano il loro amore.

                                                *

“Idiota”- urlò Sauron, scagliando un Orco in terra. Questo si rialzò e tentò di spiegare:

“Signore…. Gli operai rifiutano di continuare a lavorare, per oggi”

Il sovrano di Mordor prese l’Orco per il colletto, sotto gli occhi di Mirko, e lo sbatacchiò:

“Sei tu il capo, non loro”- ruggì Sauron indicando gli addetti ai lavori che tremavano alla sua vista. Rivolgendosi direttamente a loro, il sovrano ordinò:

“Al lavoro voi o la prossima volta resterete senza mani né lingua”

Gli uomini scattarono, nonostante la stanchezza, e ripresero le loro occupazioni, chi più, chi meno velocemente. Sauron spinse l’Orco in avanti e sibilò:

“Tu invece morirai se ti ritrovò a fermare il lavoro”

Mirko deglutì e si guardò attorno. Non c’era neanche una persona a riposare. Tutto era in movimento. Poco lontano sorgevano le finestrelle delle prigioni nelle quali erano rinchiusi anche Galbatorix e Kiara. Fuori una di queste, due Orchi ridevano tra loro:

“Quel vecchio è completamente fuori di testa”- disse uno e Mirko immaginò che probabilmente si riferiva a Galbatorix…ma potevano esserci molti altri vecchi pazzi nelle segrete di quella città.

“Marmaglia inetta e incompetente”- ringhiò Sauron, incrociando le braccia, poi vide Mirko distratto-“ Che c’è?”

Il Cavaliere si riebbe e sobbalzò:

“Niente, pensavo ad altro”

Sauron sbuffò e tentò di orientarsi con il sole, nonostante fosse oscurato:

“Bè, credo che tu abbia preso la boccata d’aria che chiedevi”- detto ciò, chiamò i due Orchi che Mirko aveva visto parlottare davanti alle prigioni e ordinò:

“Riportatelo nella sua stanza, ma non torcetegli un capello o farò lo stesso con le vostre teste”

I due annuirono e condussero Mirko verso il Palazzo Reale, mentre Sauron osservava i lavori con una mano sotto il mento. Una voce acuta attirò l’attenzione dell’Oscuro che si avvicinò alla finestra della cella dalla quale proveniva: ah, era quel verme di Galbatorix.

“Perché urli, vecchio?”

L’altro, non appena lo vide, esclamò:

“Sono tradito…sono tradito anche dalla mia schiava”

Sauron si chinò e avvicinò la testa alle sbarre:

“Tradito? Quale schiava?”

Galbatorix sembrò non aver capito e disse, vaneggiando:

“Tu sarai il più forte delle mie legioni e ucciderai i miei nemici sotto la gloriosa bandiera dell’Impero”

Sauron rise, divertito. Amava vedere i suoi avversari ridotti in quel modo. Era segno che li aveva distrutti anche interiormente. Chissà come se la passava l’altra prigioniera. Sauron si recò alla finestra di Kiara ed ebbe l’impressione di sentire una seconda voce…..possibile? Il Signore Oscuro scosse il capo, come per scacciare una mosca.

“Ho un brutto presentimento. Avverto amore nelle vicinanze…..è troppo vicino”

Sauron raggiunse l’apertura e, lentamente, iniziò ad abbassarsi, per non fare rumore. Stava per guardare dentro, quando un pesante rumore lo distrasse e lo costrinse a voltarsi. Un carico di materiali era stato rovesciato in terra e l’Orco assegnato a quel reparto stava facendo di tutto per rimettere a posto. Sauron, dimenticatosi completamente di ciò che stava facendo, sentì la rabbia invadergli la testa e tuonò, allontanandosi dalle celle:

“Tu…sarà meglio che rimetti subito in ordine o ti costringerò ad ingoiare tutto ciò che hai rovesciato”

L’Orco annuì più volte e obbedì, mentre Sauron pensava:

“Che stavo facendo?.....Ah, sì. Stavo supervisionando il lavoro”

Pensato ciò, continuò ad urlare ordini, mentre Galbatorix non smetteva di lamentarsi e nell’altra cella regnava il silenzio.

                           Confidenze

“Entra”- grugnì uno dei due Orchi che avevano accompagnato Mirko alla sua stanza, spingendolo all’interno con malagrazia. Il Cavaliere si voltò irato e trattenne l’impulso di uccidere quei due, serrando i pugni. Le creature chiusero la porta a chiave e si allontanarono, ridacchiando. La guardia rimasta a sorvegliarlo, disse a Mirko:

“Devi essere onorato di godere del rispetto del mio padrone. Lui è un grande Signore della Terra”

Il Cavaliere preferì non rispondere e questo, per il suo aguzzino, sembrò un segno di assenso perché rise soddisfatto e si sedette su uno sgabello fuori dalla porta, iniziando a sonnecchiare. Mirko sospirò e si passò una mano fra i capelli. Si sedette sulla branda e chiuse gli occhi, l’unico rumore era quello del russare dell’orchetto di guardia alla stanza. Infastidito, il ragazzo si girò da un lato e si coprì la testa con il cuscino. Quando improvvisamente calò il silenzio, Mirko si tolse il cuscino dal viso e sentì che la guardia veniva rimproverata da un altro compagno:

“E’ così che sorvegli il prigioniero,verme? Rimettiti in piedi”

“Bha, non ha nessuna possibilità di scappare, né credo che ne abbia l’intenzione”- rispose l’altro. Sentendo dei passi che si allontanavano, Mirko intuì che il secondo orchetto se ne era andato e ciò fu confermato anche dal commento offensivo della guardia:

“Quell’idiota di Kraghat fa la voce grossa solo perché Sauron gli ha affidato l’intero esercito. Se fossi io il comandante….”

Il Cavaliere prese una brocca d’acqua e bevve il contenuto, poi guardò nel contenitore come se volesse trovarvi qualcosa. Invece, non vide altro che un buco nero, all’apparenza senza fondo: proprio ciò che lui immaginava del suo futuro.

                                               *

“Devo andare adesso”- esclamò Kovu, aprendo la cella e facendo per allontanarsi, ma Kiara lo bloccò:

“Aspetta….non voglio perderti di nuovo”- esclamò il cartone, singhiozzando. Kovu le prese le mani e le baciò:

“Se Sauron scopre che gli ho disobbedito, sarà capace delle peggiori punizioni. Potrebbe anche ucciderci…”

“Non mi importa di Sauron…io voglio uscire di qui”

“Proverò a convincerlo a rilasciarti, anche se pensò sarà dura”- affermò Kovu con decisione. Il cartone abbracciò nuovamente la compagna ed uscì in fretta dalla cella. Kiara afferrò le sbarre:

“Kovu”- urlò, ma lui tirò dritto. Galbatorix si affacciò dalla sua cella e aggiunse:

“Le truppe di Re Galbatorix sono le più potenti di Alagaesia. Ho vinto….ho sconfitto Galbatorix”

Il vecchio Cavaliere era veramente all’apice della follia, non distingueva più neanche la mano destra dalla sinistra. Sotto un certo punto di vista, ciò era un bene perché un nemico in meno avrebbe fatto comodo, ma sicuramente l’’anima malvagia di quell’uomo era ancora annidata in qualche remota parte della sua mente….ed era sicuramente accecata dalla rabbia.

Kovu chiuse il portone delle segrete e trovò l’orchetto che aveva corrotto intento a contare i soldi. Con un sorrisetto malizioso, la creatura disse:

“Ti sei divertito con lei?”

Kovu inarcò un labbro per la rabbia, ma lasciò perdere e risalì la scala che portava al piano terra. Quando fu arrivato, alzò lo sguardo e vide che Sauron stava parlando con alcuni suoi Orchi nell’atrio del Palazzo. Facendo finta di arrivare da un’altra direzione, Kovu gli andò incontro.

“Ah, Comandante Kovu”- esclamò il Signore Oscuro-“Dov’è Stitch?”

“E’ in camera sua…sta riposando. Vede….è ancora un po’ scosso”

I due orchetti risero e Sauron si unì a loro:

“Posso comprenderlo….ma, ti dirò, secondo me si dimenticherà presto della sua amica. E’ forte abbastanza per cavarsela da solo….proprio come te”- concluse il sovrano, dando un buffetto sulla spalla del cartone.

“Già…infatti”- esclamò Kovu, deglutendo. Sauron lo guardò , chinando il capo da un lato e il cartone sentì gli occhi nascosti dietro la maschera penetrargli fino alle ossa.

“C’è qualcosa che vuoi dirmi, ragazzo? Perché sei venuto qui?”

“Ah, sì. Volevo…volevo riparlare con voi per quanto riguarda….Kiara”

Sauron si sentì avvampare di rabbia e ricordò le parole di Mirko: “E’ il loro amore reciproco che li fa andare avanti”.

Era vero, nonostante i suoi sforzi, Sauron non era riuscito a far dimenticare né Kiara né Angel  a Kovu e Stitch. Una complicazione non da poco.

“Non ho alcuna intenzione di liberarla. Dopotutto….ho deciso di far partecipare anche lei al nostro…-rise-…. ‘spettacolo’. Credo che debba affrontare proprio Mirko…che coincidenza”

Kovu ebbe un tuffo al cuore: Kiara avrebbe affrontato Mirko in duello? Il Cavaliere era molto più forte e sarebbe stato costretto a…Kovu non volle pensarci.

“Signore”- esclamò-“Faccia partecipare me al suo posto, la prego”

Sauron si voltò e incrociò le braccia. Ciò che nessuno poté notare fu il fatto che la sua bocca si allargò in un sogghigno sotto la maschera.

“Oh, ma non credo sia possibile, caro ragazzo. Tu sei il Comandante, ti sei dimostrato abile e forte durante….- Sauron chinò il capo, seccato-“….l’assedio di Minas Tirith. Sarebbe uno svantaggio perderti”

Kovu scosse il capo e si nascose il viso tra le mani. Il Signore Oscuro fece per consolarlo:

“Non è detto che la tua amata perda”

“E invece sì”- urlò Kovu, piangendo- “Morirà….preferisco farlo io al posto suo…la prego, mi faccia partecipare”

Sauron fu sorpreso dal coraggio del cartone e mise una mano sotto il mento….

“Va bene”- esclamò infine il sovrano.

                                               *

Mirko aprì gli occhi e si accorse di essersi addormentato. Da quanto stava dormendo? Osservando la finestra, vide che fuori era scuro, ma, d’altronde, lì era sempre buio. La guardia all’esterno stava di nuovo dormendo, quindi Mirko pensò che potessero essere passate una o due ore. Sbadigliando, il Cavaliere si alzò dalla branda e si stiracchiò. Il ragazzo bussò alla porta e la guardia sobbalzò,cadendo dallo sgabello ed esclamando infastidita:

“Che diavolo vuoi adesso, feccia?”

“Avrei fame”-disse Mirko, scocciato.

L’Orco aprì una piccola fenditura quadrata e scagliò una pagnotta nella cella, posando poi per terra una brocca d’acqua fresca. Richiudendo la fenditura, disse ridendo:

“Spero che la cena sia di tuo gradimento”

Mirko raccolse il pane e lo assaggiò….tutto normale. Dopotutto, era sempre più chiaro che Sauron lo voleva in forma per le ‘prove’. Il Cavaliere mangiò in silenzio, seduto sulla branda, osservando il cielo nero fuori dalla finestrella.

“Nero e buio. Nero e buio”- ripeté Mirko, stanco di quell’oscurità permanente. Quando fu sazio, il Cavaliere conservò il pane in un panno e bevve due sorsi d’acqua limpida. In quel momento, l’Orco di guardia esclamò:

“C’è una visita per te”

La porta si aprì e Mirko vide Kovu entrare a passi lenti nella sua stanza. Il cartone aveva un’aria cupa e seria e non lasciava pensare che fosse lì per scambiare quattro chiacchiere tra amici. La guardia chiuse la porta e Mirko allungò la brocca d’acqua verso il cartone che, con un cenno della mano, la rifiutò.

“Ciao”- esclamò Mirko in un soffio. Kovu serrò gli occhi e rispose:

“Devo parlarti, Mirko”

“Mi sorprende che Sauron te lo abbia permesso”- affermò il Cavaliere ponendo una gamba sopra l’altra e dondolandosi avanti e indietro sulla branda.

“Non teme né me, né te, lo sai. E’ abbastanza forte da ucciderci entrambi, se volesse”

“Se sei qui per decantarmi la sua grande potenza, hai sbagliato…odio quell’essere come non mai”

“Non si tratta di questo”- disse Kovu, torturandosi le mani- “Vedi….- il cartone si guardò alle spalle e si avvicinò a Mirko per parlargli nell’orecchio-“Prima sono stato da Kiara e….abbiamo….”

“Ho capito”- disse Mirko, annuendo con il capo-“E allora?”

“Sì, ecco…Sauron non avrebbe voluto”- esclamò il cartone stringendosi nelle spalle-“ Ho disobbedito…ho…”

“Ma starai scherzando?”- disse Mirko, alzandosi dalla branda, poi sussurrò-“Ti fai problemi per essere stato con la tua fidanzata?”

“Sauron è diabolico, Mirko….a lui non importa niente dell’amore….non sa che farsene e probabilmente non lo ha mai conosciuto. Comunque, non sono qui solo per questo”- il cartone si appoggiò alla parete e scosse il capo-“Ho chiesto a Sauron di partecipare alle ‘prove’ al posto di Kiara. Lei sarebbe andata contro di te e non potevo permettere che ciò accadesse…la amo troppo”

Mirko vide Kovu lacrimare, ma rimase fermo e disse:

“Ciò significa che dovrò vedermela con te?”

Il cartone annuì più volte e si accasciò, singhiozzando. Stavolta, Mirko gli andò incontro e cercò di fargli forza, stringendogli le spalle.

“Non voglio morire”- disse Kovu, piangendo come un bambino.

“Ehi, guarda che io non ti ucciderò. Non ne ho alcuna intenzione. Sauron è pazzo se crede che lo farò”

Il cartone si calmò per un momento e affermò:

“Ma…così lui ci…ci…”

Mirko scosse il capo:

“No. Io sono venuto qui per due motivi precisi: perché non potevo permettere che Kiara morisse e perché mi fido dei miei amici, Mi fido di Eric, di Rick, di Gianni….di tutti loro. Non ci lasceranno soli, vedrai”

La guardia bussò alla porta e gracchiò:

“Avanti, ci sbrighiamo?”

Mirko fece alzare Kovu e gli diede una pacca sulla schiena, invitandolo ad andare e a stare tranquillo.

“Fidati”- esclamò il Cavaliere, facendo un cenno di intesa al cartone che rispose con un lieve sorriso ed uscì, lasciando il ragazzo da solo

                                              *

“Perché non mi sento tranquillo?”- si disse Sauron, mentre percorreva un corridoio del Palazzo Reale. Decine di pensieri affollavano la sua mente: vendette personali, controllo del territorio, piani da mettere in atto….

“Forse è solo una mia impressione”- esclamò l’Oscuro, ma poi si fermò di fronte la porta delle prigioni-“ A meno che….”

Sauron fece per passare oltre, ma poi si bloccò e decise di controllare. Quando giunse dalla guardia delle segrete, vide che era intenta a contare delle monete d’oro. A quella vista, Sauron si insospettì e afferrò la guardia per il collo:

“Chi ti ha dato questi?”- ruggì l’Oscuro, mostrando una moneta all’Orco. Questo rispose con la sua voce grottesca:

“Li ho trovati”

Sauron sbatté la guardia alla parete e ripeté a voce più alta:

“Chi ti ha dato questi?”- la moneta che aveva in mano si frantumò nella sua stretta. Vedendo che non intendeva rispondere, Sauron lasciò cadere l’Orco ed aprì la porta della prigione. Passando tra le celle, camminò finché non si trovò fra quelle di Galbatorix e Kiara. Il cartone dormiva, mentre il Re continuava a parlare da solo. Dopo aver aperto la cella di Galbatorix, Sauron lo afferrò e lo trascinò fuori, mentre questo esclamava:

“Viva il Re”

“Smettila, stupido vecchio. Mi servi”

L’Oscuro aprì la cella di Kiara e il cartone sobbalzò. Sauron non le permise di alzarsi e la bloccò sulla branda, stringendogli i polsi.

Kiara tremava di paura ed esclamò:

“Signore….mi lasci, la prego….che cosa vuole?”

Sauron le strinse forte i polsi e lei emise un gemito:

“Zitta, se fiati ancora ti uccido”

Rivoltosi a Galbatorix, aggiunse:

“Vecchio, come posso fare per entrare nella sua mente?”

Galbatorix si passò una mano in testa e rispose:

“Mmmm…non ricordo molto bene. Forse dovresti usare questa formula”- esclamò l’uomo, mormorando una serie di parole incomprensibili. Sauron tentò di ripeterle come meglio poteva e, incredibilmente, si trovò ad osservare tutti i segreti di Kiara: Ellesmera, il viaggio con Alexander, la schiavitù con Galbatorix….

Uno di questi lo colpì in particolar modo: lei era con Kovu sulla branda di una prigione….quella di Uru-Baen. Interrompendo l’incantesimo, Sauron tornò in sé e lasciò andare Kiara:

“Bene, se le cose stanno così…..”- disse, soddisfatto.

Il cartone si alzò, tremando ancora e afferrò il braccio metallico di Sauron, supplicandolo:

“Perdonaci, per favore….Kovu non voleva disobbedirti….io lo amo”

Sauron si liberò con uno strattone:

“Silenzio”

L’Oscuro chiuse la cella del cartone e scagliò Galbatorix nella sua. Mentre usciva, iniziò a ridere e la sua risata crebbe di intensità, man mano che avanzava.

“Ti prego, non fare del male a Kovu”- urlò Kiara, sporgendosi dalle sbarre,lacrimante.

Sauron interruppe la risata e si voltò lentamente. Kiara poté vedere uno scintillio maligno nelle fessure della maschera:

“Non preoccuparti, vi rivedrete….molto presto”

Detto ciò, l’Oscuro riprese a ridere e sbatté la porta delle segrete con violenza, facendo quasi tremare le pareti. Kiara si lascio cadere in terra e iniziò a piangere. Cosa ne sarebbe stato di loro, adesso?

Un triste imprevisto

Kovu era nella sua stanza e stava parlando con Stitch, riguardo l’incontro che aveva avuto poco prima con Mirko.

I cartoni erano seduti uno di fronte all’altro, e il primo disse:

“Io credo in Mirko, sono sicuro che non lascerà che Sauron ci uccida”

Stitch osservò il compagno, pensieroso, ma scosse il capo. Il cartone blu aveva perso tutto: speranza, allegria e, secondo quanto aveva saputo, anche Angel.

“Io non la penso come te, Kovu. Lui è troppo potente….mi ha anche strappato la mia….”

“Non credi che possa aver mentito appositamente per ridurti così?”- affermò Kovu, alzandosi e puntando un dito verso il suo amico.

“Che vantaggio ne trarrebbe?”- domandò Stitch, allargando le braccia.

Kovu fece qualche passo in circolo nella stanza con una mano sotto il mento e poi disse:

“Bè, quando ti disse della morte di Angel, vera o falsa che sia, scaricò tutta la colpa sui Cavalieri, ricordi? Sta solo cercando di aizzarci contro di loro. Qualche ora fa ci ha provato anche con me, dicendomi che una volta sconfitti Mirko e gli altri, io e Kiara avremmo potuto tornare insieme”

Stitch annuì, ma non parve del tutto convinto dalle parole del suo compagno di stanza. Il piccolo cartone blu si stese sulla branda e si girò da un lato, chiudendo gli occhi. Kovu lo osservò e ne ebbe compassione:

“Povero Stitch”- pensò-“ Lui è messo peggio di me. Non vede Angel da almeno un mese,se non di più”

Il cartone si sedette nuovamente e bevve alcuni sorsi d’acqua, voltandosi di tanto in tanto verso la figura dormiente di Stitch. In quel momento, Kovu ricordò quanto era stato bene con Kiara, qualche ora prima. Ciò che avevano fatto era stato bellissimo, nonostante le grida isteriche di Galbatorix e i versi degli Orchi che provenivano dall’esterno. A un certo punto, a Kovu era anche parso che qualcuno si stesse abbassando vicino alla finestra della cella di Kiara, ma probabilmente era stata solo una sua immaginazione. Doversi allontanare quasi subito dalla sua amata, aveva causato una fitta di dolore nel cuore del cartone, ma non poteva rischiare di venire scoperto….sarebbe significato perderla per sempre. Mentre pensava a ciò, sentì bussare alla sua porta ed andò ad aprire.

Il cartone sentì il cuore in gola, quando Sauron fece il suo ingresso nella stanza, portandosi il mantello nero dietro le spalle. Stranamente, con lui erano entrati anche due Nazgul, entrambi con le spade sguainate di fronte al vuoto cappuccio. Il Signore Oscuro fece un cenno alle creature che si spostarono ai margini della stanza, senza però abbassare le armi. Nel frattempo, Stitch si era svegliato e si era girato verso di loro, osservando Sauron con occhi pieni di paura. Kovu si inchinò, nonostante le sue gambe stessero tremando e chiese:

“S-salve, s-signore…che c-cosa desidera?”

Sauron non rispose e questo fece intimorire ancora di più Kovu. Il cartone non poteva neanche sapere se sotto quella maschera ci fosse un viso arrabbiato o calmo. Il nuovo Re avanzò di qualche passo e sibilò, indicando le poltrone all’interno della stanza:

“Vogliamo sederci…..Comandante?”

I due Nazgul emisero dei flebili stridii, ma Kovu non se ne accorse. Stitch scese dalla branda e prese posto, imitato da Sauron e Kovu. Per alcuni secondi, non vi fu parola: Sauron aveva le mani incrociate di fronte alla maschera e attendeva, forse, una parola da parte dei due cartoni. Kovu non smetteva di tremare e , questo, Sauron lo notò con chiarezza:

“Perché tremi, ragazzo?”- chiese con una voce quasi gentile.

Kovu deglutì e chinò il capo, ma poi rispose:

“Non-non sto tremando”

Sauron prese la brocca d’acqua e toccò con le dita il liquido, osservandolo come se gli fosse sconosciuto. Asciugandosi la mano, allungò il contenitore verso il cartone:

“Bevi un po’, così dovresti calmarti”

Kovu afferrò la brocca, che barcollò nella sua stretta tremante e cadde a terra, frantumandosi. Stitch sussultò, ma Sauron esclamò, rassicurante:

“Non vi preoccupate. Non è successo nulla di grave…ora”

Quell’ ‘ora’ non arrivò alle orecchie dei due, poiché Sauron l’aveva esclamato appositamente a voce bassissima. Gli Spettri emisero un verso strano e Kovu si voltò verso di loro, ansimando. Sauron fece una risata:

“Non aver paura. Non ti faranno del male. Piuttosto, sembra che oggi sia stata una giornata alquanto movimentata per te, vero, mio giovane amico?”

Kovu non seppe cosa rispondere e Stitch lo fissò con occhi imploranti, sperando che si facesse venire in mente una risposta:

“Bè,sì”- mormorò il cartone-“Solo che non riesco a capire cosa intende per ‘movimentata’”

Sauron si sistemò meglio sulla poltrona e Kovu, automaticamente si tirò leggermente indietro:

“Non so…hai parlato con me e Mirko al primo piano, poi ci siamo rivisti al piano terra, poi mi hai chiesto di visitare di nuovo il Cavaliere…ed eccoci qua. Sembra che tu abbia esplorato tutto il Palazzo Reale, ragazzo. Mancherebbero solo i sotterranei e le prigioni e avresti visto davvero tutto”

Sentendo nominare le prigioni, Kovu sentì il suo cuore battere all’impazzata, mentre Stitch si era aggrappato al suo braccio, con la testa china.

“Signore….non so cosa dirle….perché le interessa che io…”

“La branda è comoda?”- fu la domanda improvvisa e tremenda di Sauron. Kovu rimase di ghiaccio, ma spero che si stesse riferendo a quella del suo alloggio. Il cartone si girò verso il giaciglio, confuso, ma la voce tonante di Sauron lo richiamò:

“No…..non quella….”

Kovu si alzò e fece qualche passo indietro, ma inciampò e cadde a terra, mentre Sauron balzava in piedi rapidamente e i Nazgul si staccavano dalla parete, avanzando con le spade levate. Stitch si allontanò e si rannicchiò in un angolo, tremante, mentre Kovu urlava:

“Signore….non volevo disobbedire, la prego non mi faccia del male”

Sauron prese il cartone per le spalle e lo scagliò attraverso la stanza, facendolo sbattere ad una parete:

“Hai amato abbastanza la tua Kiara....Comandante?”- sibilò il Signore Oscuro, riprendendo Kovu tra le braccia e lanciandolo verso i due Nazgul. Questi lo afferrarono e lo colpirono con la parte posteriore delle spade, rilanciandolo ,subito dopo, nella stretta del loro padrone, che lo afferrò per il collo. Il viso del cartone era pieno di lividi e dalla fronte scorreva un rivolo di sangue. Kovu si dimenò forsennatamente, ma il Signore Oscuro strinse con più forza ed esclamò:

“Stolto….vedi a cosa porta l’amore? Lo stai provando sulla tua pelle”

Sauron sbatté a terra il cartone che si alzò a fatica e rispose, con coraggio:

“Mi pento solo di non aver passato più tempo con lei”

A queste parole Sauron alzò un pugno e Kovu chiuse gli occhi, attendendo solo la sua fine. Miracolosamente, il colpo non arrivò e il cartone riaprì gli occhi: Stitch si era lanciato su Sauron e lo stava colpendo sulle spalle, come un forsennato.

“Lascialo stare”- ringhiò il cartone blu-“ Lascialo stare”

Sauron cercò in tutti i modi di afferrare Stitch, emettendo dei versi di rabbia e, quando ci riuscì, lo scagliò tra le grinfie dei Nazgul che lo schiacciarono a terra, ponendo le spade sulla sua piccola testa. Allungando un braccio verso di lui, Kovu urlò:

“NO”- ma Sauron lo fece rialzare con la forza e tuonò:

“Ho promesso a Kiara che vi sareste rivisti presto e ho promesso a te di partecipare alle gare…bè, ho deciso di accontentarvi entrambi….è lì che vi incontrerete”

Detto ciò, il Signore Oscuro trascinò Kovu fuori dalla stanza e disse ai due Nazgul:

“Fate ciò che sapete a quel piccolo essere, così non potrà più disobbedirmi”

Kovu si voltò, intenzionato a rientrare nella stanza,ma Sauron lo trattenne e lo spintonò in avanti. Mentre si allontanavano, il cartone udì l’acuto gridò di dolore di Stitch che rimbombò in tutto il corridoio e il Signore Oscuro rise.

“Ancora una volta….il Male vince”- affermò con durezza Sauron.

                                               *

Le truppe di Silthrim marciavano in file ordinate attraverso la Du Weldenvarden, comandate da Eric, Lifaen e Meredriel che procedevano in testa insieme ad Alexander. Riguardo al ripensamento di quest’ultimo, Eric gli aveva chiesto:

“Perché hai deciso di tornare?”

“Quello che hai detto riguardo a Cristal mi ha fatto riflettere, Cavaliere. Sarò onorato di seguirti in questa ultima battaglia”- aveva risposto il ragazzo.

Ora, Alexander galoppava in capo alla formazione, informando i compagni in caso di ostacoli naturali o di altro genere. Rick e Gianni, invece, volavano in alto nel cielo, con gli altri draghi, osservando la grande macchia lucente di soldati che avanzava sotto di loro. Eric camminava a terra, al fianco di Lifaen e Meredriel e guardava dritto di fronte a sé, in direzione di Uru-Baen.

“Sarà sotto l’ombra della Capitale che il Bene e il Male, vedranno il loro ultimo scontro”- esclamò il Cavaliere, senza voltarsi. Lifaen annuì con il capo e Meredriel disse:

“Noi non ti abbandoneremo, Cavaliere. Finché avremo forza nelle braccia o fiato nei polmoni….combatteremo”

Eric fu grato di quella risposta e sorrise all’Elfo. Dopo alcune ore di marcia, Alexander galoppò verso i tre ed affermò:

“Stiamo per lasciare la Du Weldenvarden. Ho visto una pozza d’acqua nelle vicinanze. Sarà meglio fermarsi e fare rifornimento”

Eric gli fece un cenno di intesa ed urlò:

“Soldati, riponete le armi e riposatevi….si riparte tra due ore esatte”

L’esercito si bloccò ed Eric si sedette a terra, mentre Lifaen ordinava ad alcuni Elfi:

“Voi, seguite Alexander e procurate più acqua che potete”

Il gruppo obbedì e corse dietro il ragazzo che li attendeva sul suo cavallo a poca distanza. Eric si tolse i guanti metallici e sentì il tonfo dell’atterraggio di Maskind dietro le sue spalle:

“Fatto un buon volo?”- chiese il Cavaliere.

“Noioso, direi”- rispose il drago, sbuffando-“ Dall’alto, la Du Weldenvarden è piuttosto monotona”

Eric rise e accarezzò il fianco del suo compagno. Successivamente, atterrarono anche Rick e Gianni che smontarono e raggiunsero l’amico.

“Avevo bisogno di un po’ di riposo”- esclamò Rick, sedendosi.

“Ma se non hai fatto nulla”- lo canzonò Vahalkas spingendolo con il muso.

Rick si voltò verso il drago rosso e ribatté:

“Non è che sia un toccasana ricevere continuamente vento in faccia e fare attenzione a non venire infilzato da una delle tue punte”

Gianni sorrise e accese un fuoco, mentre dai vari reparti dell’esercito giungevano i restanti Cavalieri ed Angel.

“Eric che ferma un esercito….una scena rara”- commentò ridendo Manuel. Chris lasciò cadere la spada a terra e si distese:

“Non mi importa se non mi trovo in un letto…voglio riposare….”

Gianni picchiettò la pancia del robusto Cavaliere ed esclamò:

“Attento alla linea”

“Prrrrr”- fu la risposta poco elegante di Chris che si girò da un lato e cercò di prendere sonno. Angel si sedette al fianco di Eric e lo guardò in faccia:

“Quanto manca, Eric?”- chiese

Eric alzò gli occhi al cielo e poi pose una mano sulla piccola spalla del cartone rosa:

“Tanto, Angel….ancora tanto. Senti….perché non riposi un po’eh, piccola? Non credo ti faccia bene stare sempre così. Insomma tu sei stata creata per far divertire la gente…non per farla piangere. Questo lavoro lascialo, non so….alle scuole….o a Sauron…anche se preferisco di gran lunga il secondo”

Angel rise, Eric ci era riuscito, e abbracciò il Cavaliere che arrossì mentre i compagni lo prendevano in giro:

“Rubacuori”- esclamò Robert, mentre giocherellava con una pietra, facendola levitare davanti a sé. Angel lasciò andare il Cavaliere e si girò furibonda verso Robert. La pietra del giovane Cavaliere cadde in terra ed Angel si lanciò al suo inseguimento, mentre gli altri ridevano di gusto.

Dopo alcuni minuti, Alexander tornò con le provviste d’acqua e smontò da cavallo, salutando prima Lifaen e Meredriel e poi unendosi al gruppo di Cavalieri. Notando che Robert aveva un occhio nero, chiese:

“Cosa ti è successo,Cavaliere?”

“Ho avuto una piccola discussione con Angel”

Alexander si voltò verso il cartone e lo vide seduto al fianco di Eric. Eh sì, Alexander ricordò ancora di quella volta in cui parlò con lei nelle prigioni di Galbatorix….acqua passata, per fortuna.

“Abbiamo attinto acqua a sufficienza per almeno tre giorni. Ritengo che potremo arrivare ad Uru-Baen anche prima…”

“Sì”- rispose Eric-“Non penso che impiegheremo più di due giorni….salvo imprevisti”

“Ne abbiamo già avuti abbastanza, non credi?”- esclamò Angel, alzando lo sguardo verso di lui.

“In effetti”- sussurrò il Cavaliere serrando le labbra.

Quando le due ore di riposo furono trascorse, Eric ordinò all’esercito di rimettersi in marcia e i Cavalieri tornarono ai loro reparti. Alexander si portò in esplorazione ed Eric riprese posto in prima fila, accompagnato da Lifaen e Meredriel.

“Ancora due giorni”- pensò il Cavaliere-“ Forse di più, ma stiamo arrivando, Mirko. Stiamo arrivando”

                La vigilia di un massacro

Il giorno prima delle ‘prove’, Sauron passeggiava in un corridoio del Palazzo Reale, accompagnato da Murazor e un altro Nazgul.

“Dovrei vergognarmi per essermi fatto incastrare da due stupidi esseri innamorati”- esclamò rabbioso il Signore Oscuro, interrompendo la camminata. Murazor lo invitò a proseguire e rispose:

“Anche i più grandi, alle volte, possono sbagliare….e tu SEI….il più grande, signore”

“Bha”- grugnì Sauron, facendo un cenno con la mano-“Kovu mi sarebbe stato utile per la lotta contro i Cavalieri, invece ha preferito morire con la sua sciocca compagna”

Murazor  inclinò la testa da un lato, affermando:

“Signore, perché è così sicuro che ci sarà una…lotta…con i Cavalieri? Teme forse qualcosa?”

Il Signore Oscuro piegò la testa all’indietro e si fece trasportare da una profonda risata:

“Mio caro Murazor…io non temo niente e nessuno. Mi sorprende che tu non lo abbia ancora imparato, nonostante anni di fedele servizio”

Sauron continuò a camminare per alcuni secondi e poi aggiunse:

“Comunque, visto che ti interessa, ti spiegherò il VERO motivo per cui ho fatto venire qui Mirko”

Murazor rimase in silenzio e ascoltò le parole del suo padrone che echeggiavano nei corridoi:

“Vedi Murazor….io non lascio mai nulla al caso. Ebbene…io sapevo fin dall’inizio che se avessi fatto venire qui il Cavaliere, prima o poi sarebbero arrivati anche tutti i suoi compagni....inoltre….ho un conto in sospeso con Mirko”

Murazor attese alcuni istanti e disse:

“Quindi avevi programmato ogni cosa fin dal principio? E sei certo che i Cavalieri verranno in aiuto del loro amico?”

“Come è vero che ogni mio nemico trova puntualmente la morte”- rispose il Signore Oscuro, ridendo.

Il gruppo scese al piano terra e Sauron ordinò al Nazgul che era con loro di allontanarsi e di andare a vedere a che punto erano i lavori all’arena. Lo Spettro annuì con il capo e si diresse al grande portone principale, mentre Murazor e Sauron ridiscesero la scala che conduceva alle prigioni. Quando la guardia delle segrete vide il suo padrone, memore del rimprovero che aveva avuto il giorno prima da quest’ultimo, si mise sull’attenti, tremando. Sauron scosse il capo e gli disse:

“Non so cosa mi abbia trattenuto dall’ucciderti, ieri. Forse sarà stata la foga di sciogliere i miei dubbi. Bè…a tutto c’è un rimedio…..Murazor”

Mentre il Signore Oscuro entrava nella prigione, il Re Stregone sguainò la spada e troncò di netto la testa dell’Orco, il cui corpo cadde a terra con un tonfo sordo. Murazor frugò nelle tasche della guardia e prese le monete d’oro che quest’ultima aveva ricevuto da Kovu…le osservò con attenzione e poi le fece velocemente liquefare nella sua mano. Nel frattempo, Sauron era giunto alla cella di Kovu, che aveva appositamente posto molto lontano da quella di Kiara, e stava parlando con il cartone:

“Domani è il grande giorno, ragazzo. Ti senti pronto?”

Kovu non rispose e strinse i pugni, respirando lentamente di fronte al Signore Oscuro, quasi come se in questo modo lo stesse sfidando. Murazor accorse al fianco del suo padrone e rimise a posto la spada macchiata di sangue nero.

“Perché sei qui?”- chiese il cartone, stando lontano il più possibile dalle sbarre della cella. Sauron osservò per un attimo il soffitto della prigione e poi posò lo sguardo su Kovu:

“Kovu…..forse non meriteresti questo gesto da parte mia,ma….sono venuto a proporti un ultimatum. Se lo desideri, sei ancora in tempo per combattere al mio fianco. Stanotte ho riflettuto un po’ e ho pensato che, effettivamente, avrei potuto concederti un giorno d’amore con la tua Kiara”

Kovu rise sarcastico e si appoggiò alle sbarre, trovandosi a poca distanza dai due visitatori:

“Credi davvero che io mi farò convincere dalle tue parole da serpente?NO….non mi unirò mai a te, Sauron. Preferisco morire”

“E morirai”- sibilò il Signore Oscuro, chinando la testa per la rabbia, mentre Murazor stringeva la mano sull’elsa della spada-“Ma prima vedrai morire la tua amata tra atroci sofferenze….sarà così orribile che mi pregherai in ginocchio di ucciderti”

Kovu deglutì e prese a tremare, ma, spinto da un rinnovato coraggio, esclamò:

“Non saremo noi a morire….ma tu”

Murazor stridette con violenza e  il cartone cadde a terra per il dolore, premendosi le mani sopra le orecchie. Sauron rimase immobile a sentire i gemiti di Kovu, finché alzò una mano e ordinò:

“Basta così”

Il Re Stregone obbedì e disse:

“Questo insolente scoprirà che ci sono cose molto peggiori della morte”

Mentre si rialzava, Kovu si aggrappò alle sbarre:

“I Cavalieri ci libereranno”

Sauron rise sonoramente, imitato da Murazor e poi esclamò:

“I Cavalieri…… moriranno tutti, mio giovane amico. Sì…hai capito bene”- continuò il Signore Oscuro, vedendo che Kovu scuoteva la testa allibito-“ Mentre parliamo, le mie truppe si stanno radunando, moltiplicando e armando nel sottosuolo di Uru-Baen. Sono centinaia di migliaia…dovresti vederle”

Kovu sussurrò:

“No”

“Sì”- proseguì Sauron, dando tono alle sue parole-“Abbiamo creato una rete di gallerie al di sotto della Capitale e ne abbiamo nascosto gli ingressi. Quando i Cavalieri attaccheranno Uru-Baen, scateneremo le mie forze e li coglieremo di sorpresa”

Murazor ridacchiò:

“Il mio padrone sa sempre quello che fa, ragazzo….avete perso”

Detto ciò, i due si allontanarono ridendo e, prima di uscire, Sauron disse al cartone:

“Ricordati, ragazzo….questo è ciò che succede a chi si mette contro di me”

                                              *

Angel stava correndo attraverso le mura di Uru-Baen, mentre tutt’intorno a lei infuriava una violenta battaglia. Il cielo era completamente nero e alcune creature alate stavano lottando le une contro le altre, emettendo versi inumani. Il cartone sorpassò il corpo morto di un Orco e svoltò un angolo, ritrovandosi in uno spiazzo nel quale Mirko stava combattendo con decine di nemici. Angel fece per correre in suo aiuto quando qualcuno la afferrò alle spalle e la scagliò alla parete delle mura, stordendola. Il gracile cartone rosa cercò di riprendersi e, quando rimise a fuoco il mondo, vide, con orrore, la figura di Stitch che la osservava dall’alto con dei lucenti occhi gialli, mentre attorno a lui si alzava un fitto fumo nerastro. Il cartone sussultò e strisciò all’indietro, mentre il suo irriconoscibile compagno avanzava imperterrito con le unghie nere che brillavano aguzze come delle lame.

“S-Stitch…sono io…Angel…n-non mi riconosci più?”

Il cartone blu ringhiò di rabbia e fece un altro passo avanti, poi levò in alto una mano e la riabbassò con violenza sulla compagna….

Eric si svegliò di soprassalto, sentendo Angel gridare spaventata nella notte. Il Cavaliere si alzò in fretta e vide che il cartone si stava agitando sul suo giaciglio, mentre Lifaen e Meredriel osservavano la scena con occhi assonnati. Eric raggiunse il cartone e tentò di calmarlo, mentre questo esclamava con lo sguardo fisso in alto:

“Stitch…no…non farlo…Stitch”

Il ragazzo fece cenno a Lifaen di aiutarlo e l’Elfo verso alcune gocce di acqua fresca sulla fronte del cartone rosa, facendolo tornare in sé. Angel guardò Eric e Lifaen ed emise un sospiro di sollievo, mettendosi a sedere. Quando il suo respiro tornò regolare, Eric le chiese:

“Che cosa è successo, Angel? Ti sei sentita male?”

“No”- rispose lei-“Ho fatto un incubo…un terribile incubo”

Lifaen serrò le labbra e fece spallucce, dando un’occhiata al Cavaliere, mentre Meredriel era tornato a stendersi.

“Un incubo?”- domandò il Cavaliere- “Di che genere?”

Angel si voltò verso di lui e gli strinse le spalle fino ad affondargli le unghie nella carne:

“Ho visto Stitch che mi attaccava….lui…non era normale…era..era…”

Il Cavaliere gemette per il dolore ed Angel lo lasciò andare osservando le sue unghie tinte del rosso sangue del giovane.

“Santo cielo”- disse Lifaen-“ Che ti è preso piccola?”

Il Cavaliere rifiutò l’aiuto dell’Elfo e curò le ferite con la magia, rivolgendosi poi al cartone:

“I sogni non rappresentano mai la realtà, piccola. Coraggio prova a riaddormentarti, veglierò io su di te, nel frattempo”

Eric si sistemò a gambe incrociate di fronte al giaciglio di Angel e, con un cenno del capo, invitò Angel a rimettersi a dormire. Il cartone annuì e si sistemò su un lato, dando le spalle al Cavaliere che sbadigliò e attese che Angel prendesse sonno. Quando ciò avvenne, Eric le sistemò le coperte e si distese sul suo giaciglio, osservando il soffitto semi-trasparente della tenda. Le stelle brillavano come una miriade di lucciole e non vi era traccia di nuvole: un vero spettacolo.

                                              *

“Un magnifico cielo”- disse Arnold dal dorso di Razar, mentre Mark osservava le stelle con stupore.

“Non ho mai visto uno spettacolo simile, se non ad Ellesmera”- rispose l’altro Cavaliere senza distogliere lo sguardo dalla volta celeste.

Sotto di loro, le navi di Re Aragorn procedevano alla massima velocità,grazie ad una provvidenziale corrente di vento che si era alzata poche ore prima.

“Credi…che gli altri lo stiano vedendo?”- chiese Arnold, voltandosi verso il compagno.

“Ne sono sicuro”- disse Mark, dando una pacca sul collo di Zarthan che rispose con un verso affettuoso.

Quella era la loro seconda notte di viaggio e i draghi, impossibilitati dall’atterrare, erano molto stanchi. Mark ed Arnold erano costretti a nutrirli in volo e , solo poche volte, concedevano ai loro compagni alati di rimanere qualche minuto con gli occhi chiusi senza smettere di volare.

“Li rivedremo, Mark”- affermò Arnold-“Qui o all’altro mondo”

Mark scosse il capo e rispose, con un sorriso:

“Quale altro mondo?”

“Magari…il nostro”- affermò deciso l’arciere.

Mark sospirò e guardò dritto davanti a sé. Non c’era altro che mare. Una immensa distesa d’acqua che ora appariva nera come la notte. Dalle navi sottostanti arrivavano le voci dei soldati che ridevano tra loro o raccontavano storie leggendarie. Da una delle imbarcazioni, Mark sentì Aragorn esclamare:

“La nostra più grande avventura si trova oltre l’orizzonte, fratelli miei. Al nostro ritorno, Gondor, Rohan e Harad verranno ricordati come tre popoli eroici”

Le truppe esultarono, agitando le armi e Mark guardò il Re di Gondor con ammirazione. Pur avanti con l’età, quell’uomo non era cambiato affatto…era rimasto quello di dieci anni prima.

  Il Cavaliere e il Mercenario

“E’ giunta l’ora”- pensò Mirko, vedendo i primi bagliori di luce penetrare dalla finestrella della sua stanza ad Uru-Baen. Il giorno delle ‘prove’ era, infine, arrivato. Il cuore del Cavaliere batteva all’impazzata;il ragazzo non era riuscito a prendere sonno ed aveva un forte formicolio allo stomaco che gli toglieva la concentrazione. Prendendo un respiro, Mirko si alzò dalla branda e si lavò il viso per scacciare il sonno. Il formicolio al ventre si fece ancora più accentuato, quando il giovane sentì bussare alla porta.

“E’ il tuo momento, Cavaliere”- esclamò l’orchetto di guardia, ridacchiando.

Il Cavaliere venne invitato ad uscire dall’alloggio e due Orchi lo scortarono all’armeria, dove Sauron lo stava aspettando. Nel frattempo, dall’esterno, Mirko poté udire delle urla e dei cori grotteschi, probabilmente emessi dalle migliaia di Orchi che assistevano allo ‘spettacolo’. Il Signore Oscuro era in compagnia di Murazor e lo attendeva, appoggiato alla parete dell’armeria. Mirko venne spinto nella stanza con forza e Sauron disse:

“Preparati, Cavaliere. Le prove stanno per iniziare”

Non sapendo se rispondere o meno, Mirko iniziò a mettersi un’armatura e la controllò, per verificare che fosse in buone condizioni. Notando questo gesto, Murazor tuonò:

“E’ tutto a posto, Cavaliere. Pensi, forse, che cerchiamo di ingannarti?”

Mirko serrò le labbra e si sistemò gli schinieri, poi prese un elmo e uno scudo. A quel punto, Sauron fece un passo avanti e tirò fuori dal mantello una lunga spada lucente:

“E’ la tua arma, Cavaliere. L’ho conservata affinché tu potessi usarla in questa occasione”

“Mi piange il cuore”- disse con un punta di rabbia il Cavaliere e la accettò, infilandola nel fodero.

“Bé….”- continuò il Signore Oscuro-“ ….Io vado a prendere posto. Quando sentirai chiamare il tuo nome, presentati nell’arena”

Terminata la frase, il sovrano di Mordor si allontanò, seguito da Murazor, e chiuse la porta dell’armeria. All’interno della stanza, Mirko notò che vi erano anche altri partecipanti, intenti a prepararsi. C’erano Kraghat, il Comandante dell’esercito di Mordor, un grosso omaccione dai lunghi baffi, un ragazzo dai capelli lisci e corvini e, con suo grande orrore….Kovu e Kiara. Stupito, il Cavaliere tentò di raggiungere i due, ma Kraghat lo bloccò e lo allontanò con una spinta:

“Cerca di pensare a te, ragazzo”

Mirko inarcò un labbro con odio e rispose:

“Spero che ci incontreremo presto, durante le prove, Kraghat”

L’Orco scoprì i denti ed emise un ringhio, ma si allontanò e iniziò ad infilarsi una cotta di maglia. Approfittando di quel momento, Mirko provò di nuovo a raggiungere i cartoni, ma, nel farlo, si scontrò casualmente con il ragazzo dai capelli neri.

“Ehi, cerca di stare più attento”- disse quello.

Guardandolo in faccia, Mirko lo riconobbe: era Murtagh, il Cavaliere che li aveva attaccati nel Deserto di Hadarac tanto tempo prima.

“Che ci fai qui, tu?”- domandò Mirko, penetrando il ragazzo con lo sguardo. Murtagh sbuffò e rispose:

“Cosa vuoi che te ne importi, Cavaliere? Tanto dovremo morire entrambi”

Mirko serrò i pugni e prese l’altro per il colletto, sbattendolo alla parete:

“No, voglio saperlo subito…o morirai….ADESSO”

L’altro Cavaliere mise le mani attorno ai polsi di Mirko e li strinse con forza. Il ragazzo si stupì della potenza di Murtagh, ma, d’altronde, era un Cavaliere anche lui ed era più che logico che possedesse tali capacità fisiche. Provando a resistere, Mirko serrò i denti, ma, dopo alcuni secondi, si trovò inginocchiato di fronte all’altro ragazzo che si abbassò e gli sussurrò all’orecchio:

“Cerca di risparmiare le forze per le prove, Cavaliere”

Detto ciò, Murtagh mollò la presa e Mirko si massaggiò i polsi, osservando il Cavaliere di Castigo che si allontanava con la spada appoggiata alla spalla. Una mano tozza aiutò il giovane a rimettersi in piedi: si trattava di quell’omone baffuto che Mirko aveva visto poco prima.

“Stai bene?”- chiese.

“Sì”- rispose Mirko, mettendosi a sedere- “Tu chi sei?”

L’omaccione si schiarì la voce e disse:

“Mi chiamò Danielf e…ecco…sono, cioè ero, un mercenario”

Danielf, questo nome suonava familiare a Mirko anche se non riusciva a ricordarsi dove lo aveva sentito prima.

“Come mai partecipi anche tu a queste stupide gare?”

L’uomo chinò il capo e prese a raccontare:

“Bè….qualche tempo fa, Galbatorix mi assoldò per acciuffare alcuni ricercati. Riuscimmo a catturarli, ma quei tre si liberarono e sterminarono tutti i miei uomini”

Danielf fece una pausa e nell’armeria risuonò la voce di un Orco che diceva:

“Kraghat, Murtagh e Kovu in arena”

Mirko cercò con lo sguardo il cartone e vide che si stava abbracciando con la sua compagna. Quando lui la lasciò, Kiara tentò di corrergli dietro, ma alcune guardie la fermarono:

“Kovu”- urlava-“Non lasciarmi sola”

Mirko tentò di scacciare quelle urla e tornò ad ascoltare il racconto di Danielf:

“Fui preso in ostaggio, sai?”- affermò il mercenario-“ Erano tre Cavalieri…come si chiamavano?? Ah sì: Eric, Rick e Chris”

Mirko sussultò e si allontanò leggermente da Danielf, senza ,però ,ancora dire nulla. Voleva sapere cosa era successo in seguito.

“Quei tre mi catturarono, ma io…ehm…tentai di...bé, lasciamo perdere questa parte. Comunque, un giorno, uno stuolo di ribelli ci catturò, o meglio, MI catturò. Per loro fortuna, quei tre Cavalieri avevano riconosciuto il capo ribelle: Alexander. Mi fecero incatenare e mi portarono con loro”

Mirko cominciava a non capire più nulla: Alexander era stato capo ribelle? Eric, Chris e Rick lo avevano incontrato?

“Quell’Alexander era un pazzo”- proseguì Danielf- “Lui e il Cavaliere Eric volevano attaccare a tutti i costi Uru-Baen…ebbene, lo fecero”

“E gli altri due?”- chiese Mirko.

“Ah, Chris e Rick non vollero seguire quel temerario e, sicuramente, fecero la cosa giusta. Quando giungemmo nei pressi della Capitale, fummo….massacrati. Solo io, Alexander ed Eric ci salvammo”

Mirko stava per rispondere, quando un pesante boato proveniente dall’arena gli fece accapponare la pelle.

“Ce la stanno mettendo tutta là fuori, a quanto pare”- borbottò Danielf, prendendo la sua arma: una grossa ascia da battaglia. Il Cavaliere lo attirò vicino a sé e gli disse nell’orecchio:

“Senti…io so chi sei…perché quei tre Cavalieri sono amici miei”

Il mercenario, tentò di allontanarsi, spaventato, ma Mirko lo trattenne:

“Non avere paura. Qualsiasi cosa tu abbia fatto loro, è acqua passata. Ora ascoltami….quando ci chiameranno ed entreremo nell’arena, dovremo agire da alleati. Se ci attacchiamo tra noi, faremo solo il gioco di Sauron, quindi limitati ad eliminare solo le eventuali minacce che il Signore Oscuro ci manderà contro”

Danielf annuì con il capo e, in quel momento, si udì nuovamente la voce grottesca dell’Orco:

“Kraghat, Murtagh e Kovu sono ammessi alla prova successiva. Si presentino in arena, Mirko, Kiara e Danielf”

Il Cavaliere, sentendo il suo nome, strinse la mano attorno alla spada e si alzò, imitato da Danielf. I due furono raggiunti da Kiara e vennero condotti in un tunnel sotterraneo che portava all’arena. Mentre camminavano, Mirko disse a Kiara:

“Non preoccuparti, ti terrò d’occhio io”

Il cartone annuì, tremando, mentre Danielf si esercitava a menare fendenti con la sua possente ascia. Quando imboccarono l’uscita del tunnel, i tre furono investiti da un enorme miscuglio di luci e suoni. Entrati nell’arena, Mirko vide che il tunnel veniva chiuso alle loro spalle e deglutì, nervosamente. Sauron aveva fatto un lavoro incredibile:

l’arena si estendeva per almeno settanta metri in lunghezza e quaranta in larghezza, c’erano entrate secondarie ovunque e, tutt’intorno, si alzavano centinaia di pali di ferro appuntiti. Il ‘pubblico’ era numerosissimo ed occupava tutto lo spazio disponibile nei pressi dell’arena: c’erano soprattutto Orchi, ma, sporadicamente, si notavano anche volti umani. Mirko si diede un’occhiata alle spalle e vide che Sauron aveva fatto allestire una specie di ‘tribuna’ dalla quale osservava tutta l’arena. Il Signore Oscuro si alzò in piedi e la sua voce echeggiò in ogni angolo della città:

“Ecco i nostri nuovi partecipanti”- seguì un boato di acclamazione-“Si dia inizio alle prove”

Gli Orchi sulle mura urlarono con le loro voci gracchianti e tutte le entrate secondarie dell’arena si spalancarono, facendo entrare decine di Orchetti Guerrieri.

“Non dovrebbe essere difficile”- disse Mirko rivolgendosi a Danielf e Kiara- “Restiamo vicini”

Gli Orchetti caricarono i tre e Mirko fu il primo ad uccidere un avversario, parandone il colpo e sgozzandolo con la spada. Il corpo cadde a terra e il pubblicò esultò; Kiara evitò un affondo di un avversario e lo atterrò, mentre Danielf ne sollevò un altro e lo scagliò lontano. Dalla tribuna, Sauron osservava in silenzio, con una mano sotto il mento. Non gli interessava granché delle prove, eccetto il finale, gli importava maggiormente attendere il sicuro arrivò degli amici di Mirko, in modo da poterli uccidere tutti. La prima prova proseguì largamente a favore dei tre partecipanti che non ebbero grosse difficoltà a superarla. Alla fine, una voce urlò:

“Mirko, Kiara e Danielf sono ammessi alla prova successiva”

Mirko si asciugò il sudore dalla fronte e fissò Sauron con uno sguardo di sfida. Improvvisamente, una voce penetrò nella testa del ragazzo:

“Non esultare troppo presto, Cavaliere. Il bello deve ancora venire”

Era stato Sauron a parlare, Mirko ne era sicuro. Infatti, il nuovo sovrano di Uru-Baen stava facendo di no con il dito, quasi come se volesse sbeffeggiarlo.

“Come sarebbe a dire, ‘il bello deve ancora venire’?”- pensò Mirko, mentre Danielf e Kiara si guardavano intorno, in attesa della seconda prova-“Cosa hai in mente Sauron?”

                                               *

“Oggi pomeriggio, saremo ad Uru-Baen”- disse Alexander, smontando da cavallo. Eric gli passò una borraccia e il ragazzo ne bevve il contenuto.

“Manca poco, dunque?”- chiese il Cavaliere, mentre Angel guardava Alexander con occhi supplicanti.

“Sì”- rispose Alexander-“Ricordo molto bene questi luoghi”

Eric non sapeva se essere felice o no, avrebbero fatto bene a correre in aiuto di Mirko, oppure no?

“Ma cosa stai pensando, Eric?”- si disse il giovane- “E’ logico che stai facendo la cosa giusta”

“Parli da solo?”- domandò Maskind, intrufolandosi nella mente del suo Cavaliere.

“Riflettevo”- rispose il ragazzo-“Posso farlo…sì?”

“Ma certo, chiedevo soltanto”- esclamò il drago,offeso, chiudendo il contatto mentale.

Eric non fece in tempo a chiedere scusa a Maskind che udì la voce di Angel:

“Eric…io non voglio combattere con Stitch”

Il Cavaliere aggrottò la fronte:

“Senti…chi ti assicura che quel sogno si avvererà? I sogni sono…….sogni. Sono sogni è basta……non devi avere paura”

Il cartone rosa tirò su con il naso, ma Eric la anticipò:

“Ehi…non farmi la parte del cartone che piange,eh? Lo sai che mi fai piangere anche a me?”- disse Eric,asciugandosi una piccola lacrima. Angel non lo ascoltò e i suoi grandi occhi neri divennero lucidi, al pari di quelli di Eric. Il Cavaliere la prese in braccio e la portò davanti a sé:

“Guarda che non voglio più vederti piangere….mai più”

Angel parve calmarsi e si appoggiò con la testa sul pettorale della corazza del Cavaliere, addormentandosi.

“Uff”- sbuffò il Cavaliere, dondolandola come una bambina.

Dall’alto, risuonò una voce:

“Fai le prove per quando sarai padre, Eric?”

“No, Manuel. Non sarò mai padre. Comunque, perché non provi tu a guardarla negli occhi, quando sta per piangere? Intenerirebbe anche Sauron”

Manuel non rispose ed Eric posò lo sguardo su Angel che gli dormiva tra le braccia. Alexander fece un sorriso e disse:

“Bè, buona fortuna, Cavaliere. Io torno in avanscoperta”

Eric lo salutò e accarezzò la testa di Angel con una mano. Quel cartone non doveva essere lì, non era il suo mondo. Eric decise: avrebbe fatto di tutto per proteggerla. In lontananza, il Cavaliere notò che il cielo era di un orrido colore nero. Lifaen si avvicinò al Cavaliere e chiese:

“Cos’è, un temporale?”

“No….”- rispose Eric, mentre Angel si lamentava nel sonno-“ Quella…è Uru-Baen”

               Ad un passo dalla Morte

Mirko era immobile al centro dell’arena, con gli occhi puntati sulla sovrastante figura nera di Sauron che lo fissava a sua volta a braccia incrociate. Sembrava che i due si stessero sfidando a distanza. Un tocco sulla spalla fece voltare il Cavaliere:

“E adesso?”- chiese Danielf, guardandosi attorno con le mani serrate sul manico dell’ascia. Kiara si accostò ai due e disse,ansimando per lo sforzo della lotta con gli Orchetti:

“Cosa significa che ‘siamo ammessi alla prova successiva’?”

Mirko scosse il capo, senza staccare lo sguardo da Sauron, e rispose:

“Non ne sono certo”

Gli altri due lo fissarono con aria interrogativa; non riuscivano a capire la risposta del Cavaliere. In quel momento, Sauron si mise a sedere e fece un cenno ad un Orco poco lontano. Quando la creatura si accorse del gesto, suonò un rozzo corno e uno dei cancelli laterali dell’arena si aprì, permettendo l’accesso ad un gruppo di persone.

“Kovu”-urlò Kiara riconoscendo il compagno. Il cartone ,sentendo la voce della sua compagna, alzò il capo e fece per correrle incontro,ma, improvvisamente, il terreno iniziò a tremare.

Mentre il tremore cresceva di intensità, Mirko e Danielf fecero di tutto per tenersi in equilibrio, appoggiandosi alle loro armi, ma Kovu e Kiara, colti alla sprovvista da quell’inaspettato evento, caddero a terra, suscitando qualche risata dal malefico pubblico. Alcuni attimi dopo,sembrò che l’arena stesse spaccandosi in due: dal centro della struttura stava levandosi una sorta di muraglia composta da decine di pali appuntiti.

Mirko e Danielf sbarrarono gli occhi, tenendosi con forza alle armi che avevano infilzato a terra. Kiara e Kovu tentarono di rialzarsi, ma ciò gli fu possibile solo quando la cinta di pali emerse del tutto, dividendo a metà l’arena: da una parte c’erano Mirko,Kiara e Danielf, dall’altra ,Kovu,Kraghat e Murtagh. Quando la terra smise di tremare, Mirko prese la spada e si voltò verso Sauron che sembrò annuire con la testa, soddisfatto. I cartoni erano a pochi centimetri l’uno dall’altra, separati solo dalla barriera di ferro. Kiara allungò una mano, cercando di farla passare attraverso le sbarre, ma una scarica elettrica le attraversò l’arto, facendola strillare e cadere all’indietro. Mirko le corse incontro e ne verificò le condizioni:

“Kiara, che hai fatto?”

“N-non lo so”-rispose il cartone, mentre Kovu, dall’altra parte, tentava di capire come stesse la sua compagna. Il Cavaliere raccolse una manciata di sabbia e si avvicinò alla muraglia, squadrandola dall’alto al basso. Con forza, scagliò la sabbia su di essa e la vide bruciare immediatamente di fronte a lui.

“Che razza di magia è mai questa”- esclamò Danielf, avvicinandosi al ragazzo.

“Magia nera”- rispose lui- “Sauron ha imparato in fretta come usarla”.

Mentre Kiara si rimetteva in piedi, Sauron si affacciò dalla tribuna ed urlò, con la sua voce tonante:

“Si dia inizio alla seconda prova”

Tutta l’arena esultò e i cancelli alle spalle dei due gruppi di partecipanti si aprirono lentamente, mentre qualcosa cominciava a fuoriuscire da essi. Un verso orribile fece accapponare la pelle di Mirko che si spostò di qualche passo indietro, a pochi centimetri dalla barriera separatoria. Kiara e Danielf imitarono il Cavaliere e, come lui, videro emergere dal cancello un orripilante mostro a tre teste che soffiava minaccioso verso di loro. Mirko si voltò e notò che anche gli altri tre stavano assistendo allo stesso spettacolo.

“Mirko…che cos’è?”-sussurrò Kiara, tremando.

Per la prima volta, il Cavaliere non fu capace di rispondere, a causa dell’orrore che gli opprimeva vista,cuore e ragione.

Danielf deglutì e grugnì:

“Credo che non abbia intenzione di fare amicizia”

In effetti, quella bestia era orribile: era alta almeno tre metri,aveva tre teste monoculari e ogni bocca,ne possedeva una retrattile all’interno. Il corpo era a scaglie, come un rettile, ma ricoperto di pelo, come un mammifero: cosa fosse veramente non era chiaro, ma sta di fatto che…era affamato. La creatura fece alcuni passi nell’arena e ruggì verso Mirko e gli altri, provocando dei mulinelli di sabbia.

“Mirko che facciamo?”- urlò Kiara in preda alla disperazione. Il Cavaliere si guardò intorno e vide che, oltre al mostro, erano entrati in arena anche decine di Orchi muniti di arco e frecce. Uno di questi mirò nella loro direzione e scagliò un dardo che sfiorò di poco il viso di Danielf:

“Dannazione”- gridò il mercenario-“La pagherai per questo”- dimentico della presenza del mostro, Danielf si lanciò verso l’Orco che lo aveva attaccato, mulinando l’ascia sopra la testa.

“Danielf, no!!!”- urlò Mirko, ma, mentre faceva ciò, si accorse di essere in ombra e vide il mostro che ringhiava proprio sopra di lui. Tutte e tre le teste sembravano pronte ad attaccare e sibilavano feroci verso il ragazzo. Una di queste si lanciò in avanti e il Cavaliere la evitò con una capriola, mentre gli Orchi sugli spalti gracchiavano ,entusiasti dello spettacolo. Kiara era spaesata e terrorizzata ed era difficile capire come riuscisse a tenere la spada in mano, in quelle condizioni. Mirko la raggiunse e la fece abbassare, appena in tempo per evitare la freccia di un Orchetto.

“Non pensare a Kovu adesso”- le disse il Cavaliere-“ Seguimi”

Il cartone annuì con il capo e corse dietro a Mirko, voltandosi per un’ultima volta verso la muraglia che la separava dal suo amato. Il Cavaliere si scagliò su un arciere e lo abbatté con un colpo di spada, la bestia si voltò famelicamente verso di loro e Danielf, che combatteva contro alcuni nemici poco lontano, venne atterrato dalla sua coda, stramazzando a terra. Mirko non poté fare in tempo a soccorrere il mercenario che una delle teste del mostro gli sfiorò la spalla ,provocandogli una ferita. Kiara urlò impaurita e si abbassò quando la seconda delle tre teste cercò di afferrarla. Il Cavaliere si tenne l’arto e menò alcuni fendenti con l’intento di allontanare quell’essere, mentre gli spettatori ridevano e Sauron rimaneva impassibile. In preda al panico, il ragazzo colpì con violenza il torace della creatura con il solo risultato di venire respinto dalla possente corazza a scaglie di quest’ultima.

“Sono così terrorizzato che non riesco a concentrarmi neanche per effettuare un incantesimo”- pensò Mirko, rotolando da un lato-“ Non posso continuare solo a schivarlo o, prima o poi, perderò tutte le energie. Devo farmi venire qualcosa in mente…e subito”.

Il Cavaliere cercò Kiara con lo sguardo e la vide intenta ad evitare gli attacchi del mostro, mentre Danielf, fortunatamente in piedi, stava facendo strage degli arcieri.

“Devo aiutarla”-si disse il giovane e si scagliò con impeto sulla bestia, aggrappandosi alla sua schiena. Sentendolo dietro di lui, il mostro iniziò ad agitarsi e Mirko dovette fare di tutto per non mollare la presa. Issandosi verso le sue tre teste, Mirko levò in alto la spada e iniziò a colpire la più vicina, ma quelle scaglie erano troppo dure e la lama non penetrava minimamente. Un violento scossone della creatura fece perdere l’equilibrio al Cavaliere che si ritrovò aggrappato con una sola mano alla testa centrale dell’essere, mentre le altre due lo osservavano affamate ai suoi fianchi.

“Maledizione”-pensò il ragazzo-“Le sto invitando a cena, devo lasciarmi cadere”

Il Cavaliere mollò la presa e le due teste si scontrarono l’una con l’altra, mancando il bersaglio. Kiara aiutò il giovane a rimettersi in piedi, mentre il mostro ruggiva rabbiosamente. Un boato del pubblico fece voltare entrambi verso l’altra metà dell’arena: cos’era successo? I due non fecero in tempo a trovare risposta che furono di nuovo costretti a scansarsi.

“Mirko”- ansimò Kiara-“Non possiamo andare avanti così…..ci ucciderà”

“Ti do ragione solo sulla prima parte della tua frase,Kiara”- esclamò Mirko, continuando a tenersi la spalla ferita. Il Cavaliere non vedeva vie d’uscita: erano circondati e in più non potevano toccare….la barriera. Mirko si voltò verso la muraglia separatoria e sorrise:

“SI”- esclamò soddisfatto e prese Kiara sottobraccio, allontanandola dalla zona calda della lotta-“Tu resta qui e dai una mano a Danielf con quegli arcieri”- disse poi, indicando il barbaro che, sporco dalla testa ai piedi di sangue nero, stava letteralmente sbaragliando tutti i nemici che incontrava.

“Mirko,no…cosa hai intenzione di fare?”- urlò Kiara allungando un braccio verso di lui, ma il Cavaliere non le diede retta e corse deciso verso il mostro, colpendolo con l’elsa della spada.

“Ehi….sono qui…prendimi”-urlò Mirko, agitando forsennatamente le braccia di fronte alla creatura le cui teste ringhiavano affamate. Il mostro ruggì con violenza e si lanciò all’inseguimento del ragazzo. Tutti gli Orchi sugli spalti ridevano a crepapelle e Murazor sussurrò al suo padrone:

“Il Cavaliere ha perso il senno,signore. Ha deciso di farsi uccidere”

Il Signore Oscuro scosse il capo, tenendo una mano sotto il mento e rispose, sospirando:

“No…..il Cavaliere…..ha superato anche la seconda prova”

Murazor rimase allibito da quella risposta e tornò ad osservare il Cavaliere che si era sistemato di fronte alla barriera con la bestia che si avvicinava sempre di più.

“Su….colpiscimi…sono un bersaglio facile….avanti”- disse fra sé il giovane, senza staccare gli occhi dall’orribile essere che sbavava di fronte a lui. Non era ancora il momento. Le tre teste ondeggiarono da un lato all’altro, come se stessero studiando l’attacco. Mirko sentì il suo cuore battere all’impazzata, ma rimase fermo…doveva centrare l’attimo giusto. Il mostro fece un passo avanti e Mirko uno indietro. Se il Cavaliere avesse arretrato di un solo centimetro in più, sarebbe stato colpito dalla barriera. La bestia spalancò le fauci e tirò le teste indietro. Non ancora. Mirko concentrò tutta la forza che aveva nei muscoli delle gambe. Il mostro emise un altro ruggito e….si lanciò in avanti. ORA!!!. Con uno scatto fulmineo, il Cavaliere saltò di lato e le teste del mostro andarono a sbattere contro la barriera, venendo subito attraversate da una potente scarica elettrica. Mirko si voltò e vide il mostro sussultare a causa della scarica che massacrava il suo corpo. Gli spasmi durarono ancora per alcuni secondi e poi la creatura stramazzò a terra, morta. Dagli spalti si levò un sussurro di rabbia e tristezza. Danielf e Kiara raggiunsero il Cavaliere e lo abbracciarono:

“Diavolo ,amico mio”- esclamò Danielf-“ Lo hai fatto secco”

Kiara si fece scappare qualche lacrima e aggiunse:

“Sei….sorprendente, Mirko”

Il Cavaliere si lasciò andare si stese sulla sabbia, continuando a tenersi la spalla ferita. Passando una mano su di essa, la curò e poi vide che la barriera divisoria si stava abbassando: cosa era successo dall’altra parte? La prima cosa che i tre notarono, fu la carcassa del mostro che giaceva immersa in un lago di sangue. Murtagh ansimava, appiattito alla parete, mentre Kraghat stava reggendosi il moncherino di una mano…doveva averla persa durante la lotta con il mostro. Kiara si allontanò dal Cavaliere e corse a cercare Kovu, urlando a voce alta il suo nome. Improvvisamente, l’urlo agghiacciante del cartone fece mettere in piedi Mirko e Danielf. Kiara era distesa a terra e reggeva tra le braccia il corpo di Kovu che riportava una vistosa ferita al ventre. Dietro di loro, si sentì una voce:

“Il mostro è riuscito ad afferrarlo….sono dovuto intervenire o lo avrebbe spezzato in due”- disse Murtagh, mostrando la sua spada, impregnata del sangue della creatura. Mirko scosse il capo e urlò “Waise Heill”, ma la ferita non si rimarginò neanche esternamente. Allibito, Mirko rilasciò l’incantesimo e sussurrò:

“Che-che vuol dire?”

Murtagh sospirò e scosse il capo:

“Non abbiamo l’energia sufficiente per curarlo, è una ferita troppo grave”

Kiara urlò di tristezza e Danielf prese in mano il polso di Kovu:

“C’è ancora battito…è vivo”

“Ma non lo sarà per molto”-si intromise la voce stentorea di Sauron. Mirko si mise in piedi e si parò di fronte alla tribuna dalla quale il Signore Oscuro stava parlando:

“Assassino,vigliacco. Se Kovu morirà sarà per colpa tua”

Sauron sembrò non aver udito la frase del Cavaliere ed esclamò:

“Hai lottato bene, Mirko. Davvero, non mi aspettavo che tu riuscissi a superare questa prova”

“Al diavolo tu e le tue stupide prove”- urlò il Cavaliere puntando un dito verso il sovrano-“Non ti darò più nessuna soddisfazione”

“Oh, ma allora non sai che ci sarà…una terza prova. L’ultima e….la più interessante”- sibilò Sauron con un tono mielato. Mirko si voltò e tornò dagli altri, Kovu aveva aperto gli occhi e stava parlando con Kiara, tenendole la mano:

“Kovu non voglio che tu muoia. Ti prego”- pianse Kiara.

“Il fatto che tu sia viva mi fa già stare…molto meglio”- rise Kovu, cercando di nascondere il dolore. Kiara lo abbracciò e Mirko si chinò su di lui.

“Molto bene”- esclamò Sauron-“Tra poche ore avrà inizio l’ultima prova”.

Mirko, furioso e confuso, rispose:

“Kovu è ferito. Non avrà intenzione di farlo continuare?”

“Perché no?”- sibilò il Signore Oscuro-“Io ho detto che i partecipanti sono eliminati solo quando….muoiono. Il tuo amico è ancora vivo e quindi….in gara…mi dispiace”- rise infine Sauron, rimettendosi a sedere. Incapace di reagire, e sapendo che quel maledetto teneva Xavian prigioniero, Mirko si lasciò andare ad un urlò di rabbia e si mise una mano in fronte, mentre Kraghat rideva e Danielf tentava di consolarlo.

“Dove siete,amici?”- pensò Mirko-“Non potete avermi abbandonato….DOVE SIETE?”

                                               *

“Dove siamo, Comandante?”- chiese Lifaen, mentre Eric osservava la grande barriera di rocce che ostacolava il cammino dell’esercito. Uru-Baen era vicina, la si vedeva facilmente all’orizzonte, ma quell’ostacolo naturale avrebbe procurato qualche ora di ritardo. Alexander smontò da cavallo:

“Questi massi non c’erano quando sono passato io. E’ come se fossero apparsi dal nulla…”

Il ragazzo si voltò verso Eric:

“Sauron ci ha già fiutato”- esclamò il Cavaliere-“E’ chiaro che intende farci arrivare più tardi possibile da Mirko”

“Allora come procediamo?”- domandò Lifaen, mentre Meredriel toccava la lunga lastra di roccia che li ostacolava con una mano.

Alexander indicò una strada poco lontana:

“Quel percorso sarebbe la soluzione ideale ai nostri scopi, ma ci farà allungare il cammino, indubbiamente”

“Sempre meglio che restare fermi qui”- disse Eric, deciso-“ Bene, prenderemo quella via”

Lifaen e Meredriel annuirono e diedero disposizioni all’esercito. Mentre Eric osservava, Angel gli saltò su una spalla e disse:

“Sei sicuro che sia una buona idea?”

“E’ l’unica strada, Angel. Non vedo altre soluzioni”- rispose Eric ,facendo spallucce.

Il cartone chinò il capo e guardò verso l’ombra nera di Uru-Baen:

“Sauron sa già che stiamo arrivando. E se sapesse anche che quella è l’unica strada? E se VOLESSE farci passare da lì?”

Alexander montò a cavallo ed esclamò:

“La piccola ha ragione, Eric. Se Sauron ha previsto il nostro arrivo, ci avrà preparato qualche sorpresa”

“Non lo metto in dubbio”- affermò il Cavaliere-“ Ma non possiamo distrarci proprio adesso o Mirko avrà fatto tutto per nulla”

Alexander annuì e si portò in testa alla formazione, mentre Angel sospirò, sconsolata. Eric non badò al cartone e guardò in cielo, dove Maskind e gli altri Cavalieri volavano insieme.

“Niente di sospetto?”- chiese Eric a Rick.

“No, sembra tutto tranquillo”

“Allora….è sospetto”-affermò Eric, annuendo con il capo-“Tenete gli occhi aperti”

Il Cavaliere chiuse il contatto mentale e riprese a camminare con Angel in spalla. Se Sauron voleva sfidarli a lui stava bene…non avrebbe permesso che quell’essere avesse vinto. Con uno sguardo di sfida, Eric osservò la strada che si accingeva ad intraprendere:

“Vediamo di che pasta sei fatto, Sauron”

                            Corni Elfici

Mentre alcuni Orchi ripulivano l’arena dai cadaveri, per poter dare inizio alla terza prova, Murazor si accostò a Sauron, sussurrandogli:

“Gli altri Cavalieri non sono ancora arrivati, signore?”

“No, mio fedele amico…..sono arrivati….ma….ho fatto in modo che perdano un po’ di tempo. Dopotutto, sai quanto tengo a questa….prova”- esclamò il Signore Oscuro alzando lo sguardo verso il Re Stregone. Questo annuì con il capo e prese posto al fianco del suo padrone:
 “Volevo farle sapere che tutte le nostre truppe sono pronte,signore. Attendono solo ordini da parte vostra.”

“Eccellente”-disse Sauron, strofinandosi le mani d’acciaio, poi si lasciò andare sul trono e guardò l’arena-“Ora, amico mio, rilassiamoci e godiamoci quest’ultima prova”

Mirko lanciò un’occhiata carica d’ira verso la tribuna di Sauron. Come avrebbe fatto Kovu ad affrontare un’altra prova? Sarebbe morto sicuramente. Kiara era ancora china sul compagno e gli carezzava i capelli, invitandolo a non parlare.

“Non avrei mai immaginato che ci saremmo trovati in questa situazione”-esclamò lei, con la voce rotta dalle lacrime.

Lui tentò di rispondere,ma Kiara gli mise un dito sulla bocca:

“Cerca di non sforzarti troppo”- il cartone emise un sospiro e continuò-“ Come può, Sauron, pensare che tu possa continuare queste…..stupide gare?”

Stavolta Kovu non le permise di interromperlo e disse, a fatica:

“E’ la sua vendetta, Kiara. Questa è la punizione che mi ha inflitto per essermi incontrato con te senza permesso. Quell’essere è malvagio oltre ogni immaginazione…..non lascerà che io muoia così….prima….farà in modo di rendermi la vita impossibile”

“Ma cosa dici?”-pianse Kiara-“Non capisco”

Kovu emise un respiro affaticato e affermò:

“E’ lui….che mi tiene ancora in vita, Kiara, altrimenti, con una ferita del genere, sarei morto da ore”

Kiara sbarrò gli occhi e scosse il capo, voltandosi verso la tribuna di Sauron, ma Kovu la fece girare di nuovo verso di sé:

“Sta usando la magia nera….vuole farmi soffrire ancora, prima di lasciarmi morire”

Il cartone tossì e vide lo sguardo di Mirko fisso su di lui. Il Cavaliere doveva aver sentito tutto e si avvicinò:

“Come hai detto? Sauron ti sta tenendo in vita?”

Kovu annuì:

“E’ per questo che non sei riuscito a curarmi…..non perché tu non abbia la forza necessaria, ma perché non puoi interferire con un incantesimo potente come il suo”

Mirko batté un pugno in terra e strinse forte la spada, diventando rosso per la rabbia:

“Che cosa possiamo fare?”

“Niente”-sussurrò Kovu e rimase in silenzio sotto gli sguardi preoccupati di Mirko e Kiara.

In quel momento, la voce gracchiante di un Orco urlò:

“Si dia inizio alla terza prova, sarà il mio padrone a illustrarvela, stupidi vermi”

Kraghat agitò un pugno, quello che gli era rimasto, e grugnì:

“Porta rispetto al tuo Comandante, idiota. Io combatto solo per il gusto del sangue e della sofferenza…e soprattutto per Sauron”

Qualcuno dagli spalti emise dei versi disgustati e dei fischi verso l’Orco Comandante, ma, quando Sauron si mise in piedi, calò il silenzio. Il Signore Oscuro si schiarì la voce:

“E così, miei coraggiosi partecipanti, siamo giunti alla fine di questa….rappresentazione”

“E’ completamente pazzo”- pensò Mirko.

“E’ arrivato perciò il momento che tutti, compreso me, aspettavano…..dei sani duelli”

Mirko digrignò i denti e urlò, incurante degli insulti del pubblico:

“E come pensi che Kovu possa affrontare una lotta?”

Sauron emise una leggera risata e continuò:

“Ah, ma tu non mi hai fatto finire, Cavaliere. Parteciperò anche io a questa prova”- detto questo, a dispetto della sua enorme mole, il sovrano di Mordor effettuò una capriola a mezz’aria e atterrò nell’arena, mentre dal pubblico si levavano scroscianti applausi e incitamenti. La terra tremò per un istante, quando Sauron toccò terra e ciò fece vibrare leggermente anche il cuore di Mirko che cercò, tuttavia, di non farsi intimorire. Sauron si slacciò il mantello e lo lanciò lontano, facendo poi apparire nella sua mano destra, la possente mazza da battaglia che era solito usare.

“Le regole sono molto semplici”- tuonò, facendo qualche passo avanti-“Vince chi sopravvive….”

Queste parole fecero deglutire i partecipanti, eccetto Kraghat che, naturalmente, non aveva motivo di temere il suo padrone.

L’Orco che aveva parlato poco prima urlò nuovamente:

“I duellanti sono stati così suddivisi: il Comandante Kraghat se la vedrà con Danielf, il…puah…Cavaliere Mirko avrà l’onore di combattere con Murtagh, mentre il Signore della Terra incontrerà Kovu e Kiara”

Sauron annuì compiaciuto e si rivolse a Mirko:

“Visto? Da signore magnanimo quale sono, gli ho permesso di affrontarmi in due”

Mirko serrò le labbra e mantenne l’impulso di sguainare la spada e colpire Sauron. Non avrebbe risolto nulla e, sicuramente, non lo avrebbe neanche scalfito. D’un tratto, i duellanti furono circondati da tre bozzoli di energia e Mirko batté i pugni su quello in cui erano rinchiusi lui e Murtagh:

“Ehi, che significa questo?”

Sauron, evidentemente divertito, si appoggiò alla parete del suo bozzolo protettivo e rispose, ticchettandolo con un dito:

“Servono affinché i partecipanti si concentrino solo sui propri avversari”- e si lasciò trasportare da una risata.

Kraghat, che si era fatto curare il moncherino, per evitare di finire dissanguato, girò in circolo con Danielf. I due erano pronti alla lotta, come due animali selvaggi. Kiara di posizionò a protezione di Kovu con la spada sguainata, mentre Sauron scioglieva il polso, menando qualche lento fendente di fronte a sé. Vedendo i suoi amici in quelle condizioni, Mirko fu preso da una morsa allo stomaco, ma la voce di Murtagh lo richiamò:

“Allora, sei pronto alla battaglia?”

Il Cavaliere di Xavian si voltò e vide il ragazzo, il cui volto era attraversato da un sorriso sbilenco.

“Non ho alcuna intenzione di ucciderti”- disse Mirko, sguainando la spada-“Sappi che mi difenderò soltanto”

“Allora vorrà dire che mi renderai il lavoro più semplice e rapido”-affermò Murtagh, roteando la lama. Mirko diede uno sguardo alle sue spalle e vide che tutti i duellanti erano pronti, si udì il suono di un corno e la terza prova partì.

Murtagh emise un gridò di rabbia e si lanciò su Mirko che parò il colpo e spinse l’avversario contro la barriera di energia, facendolo ricadere a terra a faccia in giù. Il Cavaliere di Castigo si rialzò con una mossa fulminea e continuò a scambiare colpi furiosi con l’altro ragazzo, facendolo indietreggiare lentamente.

“Maledizione”- si disse Mirko-“Sembra essere molto più forte di me”

“THRYSTA”-urlò poi e Murtagh venne scagliato a terra, alzando un mare di sabbia.

“Ah, la metti su questo piano?”- urlò l’altro Cavaliere, rialzandosi-“Brisingr”

Una lingua di fuoco saettò in direzione di Mirko che riuscì a ripararsi appena in tempo grazie all’incantesimo “SKOLIR”. Con rinnovato furore, i due si lanciarono l’uno contro l’altro, finché non divennero madidi di sudore e i loro muscoli iniziarono a cedere. Murtagh tentò l’ennesimo affondo, ma Mirko riuscì ad evitarlo e colpì il ragazzo in viso con un pugno. Questo si toccò il labbro e vide la sua mano sporca di sangue. Nel frattempo il pubblico rumoreggiava ed emetteva versi rozzi e disgustosi. Mirko tentò di dare un’occhiata agli altri duelli, ma Murtagh gli saltò addosso e  i due si trovarono spada contro spada. Entrambi spinsero con forza verso l’avversario e, alla fine, Mirko riuscì ad allontanare l’altro Cavaliere, finendo, però, anche lui a terra per la stanchezza. Con la vista appannata dal dolore e dallo sforzo, il Cavaliere poté vedere che Danielf stava dando molto filo da torcere a Kraghat, mentre Sauron si stava divertendo come non mai, colpendo Kiara anche solo a pugni. Il cartone, coperto di lividi e ferite, si rialzava e tentava degli inutili attacchi, mentre Kovu, ancora ferito a terra, implorava al Signore Oscuro di smetterla. Nonostante i rumori assordanti, Mirko riuscì a percepire le parole di Sauron:

“Ricordi cosa ti dissi, Kovu? Prima di morire avresti visto cadere la tua amata tra atroci sofferenze…..ed è proprio quello che farò. La distruggerò di fronte ai tuoi occhi….un pezzo alla volta”

Mirko, ansimante, si rimise in piedi e colpì con diversi fendenti la barriera di energia che li separava dagli altri, con il solo risultato di accentuare il dolore ai muscoli delle braccia. Voltandosi, Mirko vide che Murtagh era nelle sue stesse condizioni e stava facendo di tutto per riprendersi alla svelta. Mirko capì quello che doveva fare: con le poche energie rimaste, raggiunse l’altro Cavaliere e lo colpì alla testa con l’elsa della spada, facendogli perdere i sensi. Così avrebbe guadagnato del tempo per trovare una soluzione o Kiara e Kovu sarebbero morti. Con orrore, Mirko vide che Sauron stava continuando a colpire Kiara a pugni e il cartone era ormai privo di qualsiasi energia, perché, una volta atterrata, rimase immobile, ai piedi del Signore Oscuro. Kovu tentò di allungarsi verso di lei, ma Sauron gli mise un piede sulla mano ed esclamò:

“Non è un bello spettacolo vero? Non preoccuparti….sarà l’ultimo al quale assisterai”- dettò ciò afferrò Kiara per il collo e la scagliò lontana dal compagno, facendola sbattere al bozzolo di energia. Mirko sbatté i pugni sulla barriera, e vide Sauron che guardava Kiara dall’alto con aria sprezzante. Lentamente, il Signore Oscuro alzò la sua mazza ferrata, con l’intenzione di finirla, quando….si udirono dei corni…...corni Elfici. Sauron interruppe l’azione e il pubblico ammutolì, emettendo grida di fastidio e confusione. Mirko non poté credere alle sue orecchie. Con un pizzico di gioia, lasciò cadere la spada a terra e pensò:

“Sono arrivati”

                                                 *

Eric osservava con stupore e incredulità la città di Uru-Baen, mentre Angel, a bocca aperta, non riusciva a parlare per la paura. La città era circondata da una sorta di tendopoli dal gusto rozzo e barbaro. Il puzzo era orribile e il cielo era nero come l’inchiostro, praticamente impossibile vedere il sole, in quelle condizioni. Lifaen e Meredriel, altrettanto colpiti, esclamarono:

“Che orribile scempio. Sauron pagherà per questo affronto alla natura”

Eric non rispose e sentì atterrare alle sue spalle gli altri Cavalieri che si misero dietro di lui, con le spade sguainate.

“Non riesco a credere che Mirko si trovi li dentro”- affermò Chris, con aria cupa.

“Se è per questo, come credi che si sentano Kovu, Kiara e Stitch?”- affermò mestamente Manuel. Sentendo ciò, Angel chinò il capo, facendo tremolare le labbra ed Eric riprese il compagno con una severa occhiata di rimprovero. Manuel capì di aver toccato un tasto doloroso e strinse i denti, sapendo di averla fatta grossa. Il cartone rosa iniziò a singhiozzare ed Eric disse, cercando di calmarla:

“Non preoccuparti, piccola. Sono in compagnia di Mirko…vedrai che staranno bene”

Alexander smontò da cavallo e tirò fuori la spada:

“Andiamo?”-domandò, dando un’occhiata ad Eric.

Il Cavaliere di Maskind annuì e rispose:

“Andiamo”.

Come un sol uomo, l’esercito di Elfi iniziò a marciare verso il cancello principale della Capitale, mentre il cielo si faceva sempre più scuro e alcuni lampi spezzavano le nubi in due. Un pesante tuono fece sussultare i soldati, ma Eric urlò:

“Restate saldi. Non badate a questa falsa natura”

La compagine marciò per alcuni minuti, finché non si trovò proprio di fronte alla città, a circa una cinquantina di metri dal cancello principale. Maskind esclamò, rivolto al suo Cavaliere:
 “Xavian è prigioniero lì dentro, avverto la sua presenza”

“Anch’io”- rispose Eric-“E avverto anche quella di Mirko”

Gli altri Cavalieri si voltarono verso di lui e annuirono con il capo, come se, tutti insieme, avessero capito quello che stava dicendo. Alexander roteò la spada di fronte a sé, mentre Lifaen e Meredriel si guardavano attorno, nervosi. Il resto dell’esercito bisbigliava e si muoveva in maniera tesa, perché gli avversari non si vedevano da nessuna parte. Improvvisamente, i ragazzi riuscirono a distinguere una figura che si affacciava dal cancello principale: era un Orco molto robusto, già pronto per la battaglia.

“Mi chiamo Utnagh e sono il secondo in comando del signore Kraghat. Così….voi sareste il patetico esercito che intende venire a salvare quell’inutile Cavaliere”

Eric fece un cenno con la mano al resto dei compagni, invitandoli a non rispondere. Utnagh, emise un grugnito e continuò:

“Non dite niente, eh? Molto bene, allora. Preparatevi ad affrontare l’immensa potenza di Sauron”- le sue parole echeggiarono per tutta la pianura e, d’un tratto, dal sottosuolo, iniziarono ad emergere migliaia di Orchetti….no….decine di migliaia. Eric, allibito, rimase a bocca aperta, mentre Angel tremava sulla sua spalla. Gli Elfi, intimoriti, fecero qualche passo indietro, ma Lifaen li richiamò a gran voce, urlando in Elfico. Mentre faceva ciò, però, dei versi spettrali coprirono la sua voce e, nel cielo, si librarono in volo Nove Nazgul, ognuno pronto ad attaccare quello sventurato esercito. Chris batté più volte gli occhi e disse:

“Nove Nazgul contro sei Cavalieri….bene”

Eric parve non essere intimorito minimamente dagli stridii di quelle creature e si voltò verso gli amici e l’esercito:

“No….noi non ci ritireremo”- gli Elfi si bloccarono e ascoltarono le parole del Cavaliere-“ Voi, Elfi della Du Weldevarden, avete lottato tutta la vita per cercare di donare la libertà ad Alagaesia. Avete lottato per far risplendere di nuovo il sole su questa terra….e non potete….no…non POSSIAMO….ritirarci proprio adesso. Loro hanno il numero, hanno la brutalità,hanno Sauron….ma noi abbiamo delle armi….che loro non possiedono…..ABBIAMO L’AMORE,LA SPERANZA E IL CORAGGIO”- urlò il Cavaliere alzando in aria la spada.

Chris si unì al suo gridò, imitato dagli altri ragazzi e dagli Elfi. Alexander gridò tutta la sua ira e i draghi emisero delle fiammate verso il cielo;persino Angel urlò coraggiosa verso la grande macchia nera dell’esercito avversario.

“Dunque combattiamo”-continuò Eric-“Combattiamo….e mettiamo fine a questa tirannia”

Tutto l’esercito Elfico sguainò le spade e le agitò in aria, Eric si voltò e lanciò uno sguardo di sfida alle forze di Mordor che avanzavano verso di loro, mentre, in cielo, i Nazgul volteggiavano minacciosamente in circolo, ansiosi di scagliarsi sulle loro prossime prede.

Ragazzi, visto che era da molto tempo che non postavo, non sono riuscito a rendere il testo più piccolo di così. Spero che non vi dia fastidio. A presto. 

Scontro Finale (Parte 1 di 3)

Eric osservò l’esercito di Mordor che si stagliava davanti a loro: i tamburi emettevano tonfi sordi e inquietanti,mentre i rozzi corni degli Orchi risuonavano orrendamente per tutta la pianura di fronte ad Uru-Baen. Gli Elfi, con le spade sguainate, attendevano solo le sue parole. Eric era sicuro che lo avrebbero seguito fino alla fine, così come era sicuro che i suoi amici gli sarebbero stati vicini. Il sibilo dei Nazgul fu come una freccia gelida nella sua testa, qualche soldato si tappò le orecchie, ma Lifaen e Meredriel, pur se visibilmente atterriti da quei versi, cercarono di incoraggiare le truppe:

“Non badate a loro”-urlò il primo-“Combattete per la vostra Terra e per niente altro”

Per alcuni secondi le truppe di Sauron marciarono verso le forze Elfiche finché non si fermarono a circa cinquanta metri dai Cavalieri, emettendo versi grotteschi e selvaggi. Rick fece qualche passo in avanti e si morse il labbro, annuendo con il capo:

“Non dev’essere una bella cosa….morire”

Eric si voltò verso il compagno e vide i suoi occhi lucidi, nonostante stesse a braccia incrociate di fronte la schiera dei nemici. Il Cavaliere si avvicinò al compagno e gli mise una mano sulla spalla, ma quello si allontanò dal tocco dell’amico:

“No”- esclamò Rick,indicando la marea nera di Orchi-“E’ quello ciò a cui dobbiamo pensare, Eric. Non badare a me, né a nessun altro di noi. La sola cosa che conta è sconfiggere Sauron….anche se questo dovesse comportare delle perdite….e….anche se non dovessimo vederci più”

A quelle parole, Eric sentì Angel tirare su con il naso, mentre i restanti Cavalieri attendevano con le armi in pugno. Emettendo un sospiro, si rivolse dunque al suo drago:

“Maskind, tu e i tuoi fratelli dovrete vedervela con i Nazgul, mentre noi guidiamo l’attacco di terra. Se serve aiuto chiamateci”- il ragazzo stava per chiudere il contatto, ma alla fine aggiunse:

“Fate attenzione…..loro sono di più”

“Conta su di noi, Eric”- rispose Maskind, emettendo un verso rassicurante. Il profondo legame che li univa si dissolse ed Eric mise di nuovo a fuoco l’esercito avversario.

Dalle mura, Utnagh urlò:

“Sappiate, Cavalieri, che il vostro amico è in fin di vita”

I sei giovani spalancarono gli occhi all’unisono, stupiti,e Chris gridò:

“Non ti credo, è una menzogna”

Utnagh ridacchiò divertito e continuò:

“Sei libero di pensare quello che vuoi sciocco ragazzo….ma è la verità. Lui e i vostri amici….cartoni…..stanno morendo. E per mano del mio padrone, peraltro….una morte gloriosa e piena d’onore”

Mentre gli Elfi e gli Orchi si fissavano, ansiosi di lottare, Eric esclamò:

“Dì la verità Utnagh….cosa ne è di Mirko, Kovu, Kiara e Stitch?”

L’Orco emise un’altra risata e si tenne la pancia corazzata:

“I primi tre stanno lentamente spirando sotto la potenza di Sauron. L’altro…..è già morto”

Eric sentì Angel sussultare sulla sua spalla, ma non si voltò, continuando a fissare Utnagh. Gianni, ansimando, fece un passo avanti:

“Cosa?Come sarebbe a dire….morto?”

“Sono stati i suoi sciocchi sentimenti ad ucciderlo….non ha voluto sottomettersi al supremo Sauron per amore della sua compagna e….voi sapete che il mio padrone non gradisce i traditori….”

Le parole del mostro echeggiarono per alcuni secondi nella pianura e poi calò il silenzio, reso ancora più opprimente dai rombi di tuono che si udivano di tanto in tanto nel cielo. Eric chinò il capo, stringendo la spada: Stitch morto? No, non doveva credere alle parole di Utnagh. Era sicuramente un altro tranello di Sauron….non poteva cascarci di nuovo….

Angel non aveva detto una parola e il Cavaliere ne fu molto colpito. Di solito il cartone si sarebbe messo a piangere, dopo aver sentito una notizia del genere, ma la creatura rosa era immobile sulla sua spalla e guardava con odio l’esercito di Mordor, mentre una lacrima le scorreva lungo una guancia. Mentre tentava di trovare una risposta, Eric sentì un peso in meno sul corpo e vide Angel scagliarsi contro i nemici con un piccolo pugnale stretto nella mano, urlando selvaggiamente per la sua piccola mole. Rick urlò a sua volta e si lanciò dietro al cartone, seguito poi da Eric,Gianni,Robert,Manuel,Lifaen e dal resto dell’esercito,in un boato generale. Chris, nonostante il suo peso, si portò quasi in testa all’esercito, mulinando la spada, mentre Robert e Manuel urlavano uno di fianco all’altro correndo all’impazzata. I Draghi si levarono in volo e puntarono dritti sui Nove Spettri, ruggendo ed emettendo lingue di fuoco dalle narici. Angel emise un altro grido e si lanciò su un Orco in prima fila, colpendolo al collo con il pugnale. Subito dopo, il resto degli Elfi e dei Cavalieri ebbe impatto con le forze avversarie. Rick sgozzò due avversari e ne carbonizzò un altro grazie all’incantesimo “Brisingr”, Chris, emettendo versi di rabbia e impeto, colpiva tutti i nemici che incontrava, alla pari di Manuel e Robert che stavano falciando decine di creature. Gianni parò il fendente di un avversario e lo atterrò con un preciso colpo al costato, mentre Eric infilzava a terra un altro. Poco dietro di loro, Lifaen e Meredriel danzavano sulle punte dei piedi, uccidendo i nemici con straordinaria agilità e velocità. Nel cielo, Maskind e i suoi fratelli erano impegnati in sanguinosi scontri con i Nazgul e, di tanto in tanto, il sangue nero delle creature di Mordor o quello bollente delle cavalcature dei Cavalieri, ricadeva sull’esercito in lotta, sotto forma di una grottesca pioggia. Ucciso un nemico, Eric si guardò intorno, in cerca di Angel: il tumulto era enorme, la polvere ostacolava una buona visuale e i rumori assordanti delle grida non permettevano di udire alcunché.

Ciononostante, il Cavaliere si fece largo tra le truppe in lotta e urlò il nome del cartone, sperando di farsi sentire. Niente. Una schiena si scontrò con la sua e il ragazzo si girò di scatto, trovandosi ,fortunatamente, faccia a faccia con Rick.

“Non riesco a trovare Angel, Rick. Deve essere qui da qualche parte”- disse Eric, parando il colpo di un Orco ed eliminandolo. Rick schivò un fendente ed atterrò il suo aggressore, tagliandogli una gamba:

“L’ho persa di vista poco dopo l’impatto”- urlò attraverso lo scontro, Rick-“Non ho idea di dove si possa essere cacciata”

Eric scosse il capo e guardò in cielo: Maskind stava combattendo con due avversari contemporaneamente e sembrava essere ferito alla coscia destra. Ciò fu confermato dalla fitta di dolore che attraversò l’arto inferiore del Cavaliere.

“Devo trovarla, ho promesso a me stesso che non le avrei fatto capitare nulla di male”- si disse il giovane e riprese a cercare, addentrandosi nel folto della lotta. Tre nemici gli si scagliarono contro, ma lui riuscì facilmente a disfarsene e poté vedere una piccola figura rosa che stava arrampicandosi sopra i bastioni: Angel.

“Il sogno”- pensò Eric, ricordandosi di qualche notte prima, quando il cartone si era svegliato impaurito nella tenda-“Maledizione”- pensò poi, non sapendo come poter seguire la creatura fin lassù. Un corpo morto di Elfo gli cadde a pochi centimetri di distanza e il suo uccisore si parò di fronte al Cavaliere: era Utnagh.

“Ora assaporerai il gusto della morte, Cavaliere”- grugnì l’Orco scagliandosi con ferocia su di lui. Il ragazzo distolse lo sguardo da Angel e spinse via Utnagh, cadendo, però, rovinosamente a terra. Manuel, ferito ad un braccio, accorse e lo aiutò a rimettersi in piedi, mentre Utnagh preparava una nuova carica.

“Angel sta andando a cercare Stitch in città”- esclamò in un soffio Eric, ma l’altro Cavaliere non ebbe il tempo di rispondere poiché dovette abbassarsi per schivare la sciabolata di Utnagh. Il colpo riuscì a sfiorare Eric al fianco e gli provocò una lieve ferita che cercò di sopportare con un gemito. Utnagh, ridendo, si fece avanti e disse:

“Sta per arrivare la tua ora, ragazzo”- e alzò la spada sopra la testa del Cavaliere.

                                              *

“Sospendete le gare”- urlò l’Orco addetto agli annunci-“Tutti gli Orchi si armino e si rechino alle gallerie. Gli Elfi ci hanno attaccato”

I bozzoli protettivi che prima ricoprivano i duellanti si dissolsero e Sauron si voltò verso Mirko che ancora ansimava a terra:

“Come puoi constatare….i tuoi amici sono arrivati. Peccato che non sopravviverai per rivederli”

Il Signore Oscuro, lasciando perdere Kiara e Kovu, levò in alto la mazza e si scagliò sul Cavaliere che si scansò appena in tempo e lasciò che il colpo del suo avversario affondasse nella sabbia dell’arena. Rimettendosi in piedi, urlò:

“Danielf, cerca di condurre Kiara e Kovu al sicuro. Proteggili….”

Il barbaro annuì e fece alzare Kiara intimandole di correre, poi prese a spalla Kovu e lo trascinò via dal campo di battaglia. Vedendoli, Sauron tuonò, rivolto a Kraghat:

“Inseguili….li voglio morti tutti e tre”

L’Orchetto annuì ridacchiando e corse dietro i fuggitivi, accompagnato da un’altra ventina di compagni. Murazor, che era rimasto nell’arena al contrario dei suoi otto compagni, intenti a lottare con i draghi dei Cavalieri, atterrò al fianco di Sauron e sguainò la spada, ma il sovrano sibilò:

“NO….questo Cavaliere….E’ MIO”

In quello stesso istante, alcune urla attirarono l’attenzione dei tre che videro centinaia di prigionieri e schiavi attaccare tutti gli Orchi che capitavano a tiro.

“Sono i “veri” cittadini di Uru-Baen, signore. Stanno approfittando della battaglia per ribellarsi”- esclamò Murazor, abbassando la lama. Sauron strinse il polso del suo più fidato Comandante e disse:

“Ciò significa che tenteranno di liberare anche coloro che sono rinchiusi nei sotterranei….e fra questi c’è anche quell’omuncolo di Galbatorix. Recati lì e provvedi ad eliminarlo”

Murazor annuì con il capo e si allontano in fretta, mentre Sauron poneva di nuovo lo sguardo su Mirko:

“Dove eravamo rimasti? Ah, già…..”- il Signore Oscuro menò un fendente e colpì la spada di Mirko, sbalzando il ragazzo all’indietro e facendolo cadere pesantemente sulla schiena. Sauron rise profondamente e fece alcuni passi avanti, facendo tremare il terreno. Mirko poté vedere la sabbiolina che ricopriva l’arena rimbalzare ad ogni passo del signore di Mordor. Rimettendosi in piedi, un pensiero attraverso la testa di Mirko:

“Non posso ancora ucciderlo. Il suo incantesimo tiene in vita Kovu…..ma non posso neanche farlo rimanere in vita. L’unica soluzione sarebbe quella di fargli curare personalmente Kovu….ma come?”

Il ragazzo lasciò perdere quel pensiero e riuscì a tornare in sé appena in tempo per parare il colpo di mazza di Sauron. I due avevano le armi incrociate l’una contro l’altra, ma Sauron aveva una forza molto superiore e stava facendo piegare all’indietro il Cavaliere. Mirko sentì le ossa della sua schiena scricchiolare.

“E’ ora di mettere in pratica un po’ di Rimgar, maestro Oromis”- pensò il giovane e , con un’abile mossa, riuscì a scivolare sotto le gambe di Sauron e prese a correre in direzione dei bastioni, dove si erano diretti Danielf e gli altri.

“Scappi? E questo vorrebbe significare essere un Cavaliere?”- urlò Sauron, lanciandosi all’inseguimento.

Mirko non gli badò:

“Devo liberare Xavian”- si disse e salì le scale che conducevano sulle mura, dove era in corso una battaglia tra i rivoltosi e gli Orchi. Mirko si fece largo tra la folla, ma un Orco gli afferrò una gamba da terra e lui fu costretto a tagliargli le mani, per fargli mollare la presa. Sauron sollevò due uomini e li scagliò lontano, ma, dopo alcuni secondi, perse di vista il Cavaliere che sparì dietro un angolo.