Nothing left to say

di merryluna
(/viewuser.php?uid=13999)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nothing left to say - Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Nothing left to say - Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Nothing left to say - Prima Parte ***


Questa storia è rimasta salvata nel mio hard-disk per tanto tempo. Troppo.
Ora che niente è rimasto da dire, ho deciso di pubblicarla.
Merryluna.

Nothing Left To Say

~o0o~

«Io vi dichiaro, marito e moglie. Ora può baciare la sposa.»

~o0o~

«E quindi, Malfoy, lei dichiara ai lettori del “Profeta sportivo” che la manovra eseguita nella partita di ieri non era fallosa?»
«Assolutamente non fallosa, Gladys.»

Gladys Miller guardò Draco Malfoy da dietro le lenti degli occhiali ed inarcò un sopracciglio, mentre la penna di fagiano scricchiolava sinistramente sopra al taccuino.
«E i dieci giorni di prognosi che sono stati dati a Baron?»
«I medici del San Mungo sono diventati molto scrupolosi – e fanno bene. Vede Gladys» ghignò il biondo, accendendo una sigaretta, «mio nipote Noris è stato ricoverato una notte per un morso di gnomo da giardino, circa un mese fa.»
«Quindi, Malfoy, lei continua a sostenere che le voci in merito ad un’eventuale mazzetta entrata nelle tasche dell’arbitro, affinché la vittoria volgesse alla sua squadra, sono solo delle…»
«… sporche illazioni dettate dall’invidia?» concluse per l’intervistatrice. «Esattamente. E vorrei aggiungere un appello, se mi è permesso, prima della fine di questo colloquio…»
«Prego, Malfoy.»
«Potter, fai un piacere all’umanità: schiantati da quella scopa ed evita di dire altre cazzate.»

~o0o~



Draco Malfoy chiuse gli occhi, soddisfatto come non mai: amava il fatto che Gladys Miller lo odiasse con tutta se stessa. La ragazza non aveva mai digerito il fatto di essere stata la comune avventura di una notte e, tuttora, non capiva che continuava ad usarla per i suoi loschi fini: incrociare lo sguardo infuocato di Potter in giro per la Gran Bretagna era uno spettacolo che non aveva prezzo.

Un barbagianni picchiettò impaziente al vetro della finestra. Il biondo si stiracchiò pigramente ed andò ad aprirla, permettendo al volatile di planare sul trespolo accanto alla scrivania in mogano, dopo aver lasciato cadere sul tavolo una busta sigillata con della ceralacca verde smeraldo.

«Ti amo, lo sai?»

Sorrise ed allungò un biscotto per gufi al rapace, che tubò soddisfatto e lo ingoiò con ingordigia.

«Ho appena letto il nuovo articolo di quell’angelo innocente di Gladys e… Merlino quanto ti amo! Se tu non fossi fidanzato con quell’oca di Pansy – gentilmente, evita di dirle che io creda che sia un’oca, come hai fatto l’altra volta – giuro che ti sposerei.
Blaise.»

«Draco? Perché sogghigni?»
Draco alzò gli occhi dalla pergamena ed incontrò quelli della sua manager, già costretta nel suo tailleur di sartoria e con la sua crocchia elegante alle otto di mattina.
«Mi ha scritto Blaise.» spiegò, alzando le spalle.
«E fammi indovinare… forse stamani usciva sul “Profeta Sportivo” l’intervista che hai rilasciato due giorni fa?»
«Succo di zucca?»
«Draco Malfoy!» ruggì Ginevra Molly Weasley, incrociando le braccia ed assottigliando gli occhi, fino a ridurli a due lame castane. «Possibile che non riesci mai a fare a meno di…»
«Di cosa?» soffiò sul suo collo: con rapide falcate l’aveva raggiunta e stretta tra le braccia.
«Sono la tua manager…» mormorò passandogli le mani sulle spalle.
«Così dicono» confermò, sciogliendole i capelli e riempiendosi i polmoni del loro profumo di cannella.
«Il nostro è solo un rapporto di lavoro…» sospirò, mentre le labbra del ragazzo le lambivano il lobo di un orecchio.
«Così dicono…» ripeté, insinuando le mani sotto la camicetta candida della Weasley.
«E…» continuò, portando le piccole mani sul petto di lui, spingendolo via «sai benissimo che io amo un altro.»
«Ginny» sbuffò Draco passandosi la lingua sulle labbra. «Anche tu sai benissimo che non è il tuo amore, quello che voglio.»

La Weasley scoppiò a ridere insieme a lui, poi si ricompose velocemente con qualche colpo di bacchetta e tirò fuori un’agenda dalla sua cartella di pelle, sedendosi su una delle comode poltrone dello studio.
«Oggi hai quel servizio fotografico per la campagna pubblicitaria dello shampoo…»
«Campagna pubblicitaria di uno shampoo?» domandò sorpreso. «Da quando facciamo campagne pubblicitarie per uno shampoo?»
«Da quando abbiamo soffiato il servizio ad Harry: stavano pensando a lui prima che, alcuni azionisti, spedissero dei gufi all’azienda per far notare che i capelli perennemente indisciplinati di Harry non davano un’immagine positiva del prodotto» borbottò la donna, scribacchiando qualcosa su un foglio e richiudendo l’agenda con un gesto secco. «Ex-Serpeverde?»
«Amici di Nott.» fece evasivo, specchiandosi sul vetro della cristalliera in cui conservava i boccini, i simboli delle vittorie collezionate negli ultimi anni.
«Capisco.» affermò Ginny, giungendo alle sue spalle e sistemandogli, senza che ve ne fosse un'impellente necessità, il colletto della camicia.
«Che c’è?» la interrogò, conoscendola abbastanza bene per sapere che gli aveva taciuto qualcosa. «La cena…» cominciò lei, a disagio.
«La cena…?»
«Ecco…cenerò con Hermione.» rivelò. Aspettò qualche secondo e poi si corresse: «Ceneremo, con Hermione.»
«Hermione Granger?» domandò, alzandole il mento per costringerla a guardarlo negli occhi.
«Hermione Granger.» confermò.
«Perché?»
«È il mio compleanno» mormorò, improvvisamente triste. «E volevo passarlo con le persone che mi vogliono bene.»
«Quindi avrò una miriade di Weasley rumorosi intorno?» chiese Draco, visibilmente spaventato da quella prospettiva tutt’altro che rosea.
«Quindi saremo solo io, te ed Hermione.» sorrise mesta, posandogli un bacio sulla guancia rasata di fresco e smaterializzando via entrambi.

~o0o~



Un ristorantino appartato a Diagon Alley. Un paravento dorato. Un piccolo tavolo rotondo, con al centro un piatto con i resti di una torta al cioccolato e dei pacchetti dai colori sgargianti poggiati su una sedia accanto a Ginny.

«…ed allora gli ho detto: “Ron, sei uno stupido testone!” e me ne sono andata sbattendo la porta.» concluse Hermione, portandosi un’altra cucchiaiata di dolce alla bocca.
«Per una volta, mi trovi d’accordo con te, Granger.» disse Draco, armeggiando con qualcosa che vagamente somigliava ad un cellulare babbano quando, in realtà, altro non era che un cellulare magico. Brevetto, Arthur Weasley: la sua passione per le trovate babbane e la relativa trasposizione nel mondo magico, finalmente aveva dato i suoi frutti. La Ford Anglia volante non era stata una grande trovata ma, con il tempo, la tecnica si era perfezionata ed il Signor Weasley si era creato un secondo lavoro che gli permetteva di guadagnare almeno tre volte il suo stipendio mensile al ministero.

Da cinque anni a quella parte, i Weasley avevano iniziato a vedersi bollare come “famiglia benestante”: una svolta per quelli che da sempre erano considerati dei poveracci.

«Non hai il diritto di parola» mugugnò Ginny. «Tu pensi sempre e comunque che mio fratello sia uno stupido.»
«Così puntigliosa!» bofonchiò Malfoy, mettendo via il telefono. «Però rimane il fatto che sia uno stupido.»
La sua manager fece per replicare ma Hermione si lasciò sfuggire uno «Già.». Poi, scrollando la testa, aggiunse: «Ma non dobbiamo parlare di questo oggi: è il tuo compleanno! Cos’hai fatto oggi?»
«Lavorato.» rispose, senza far nulla per fingere un minimo di entusiasmo.
«Non le hai concesso un giorno di ferie nemmeno oggi?» chiese scandalizzata.
«Lei non me lo ha chiesto!» si giustificò Draco.
«E tu dovevi concederglielo lo stesso!» replicò Hermione, lanciando l'ultimo assalto alla sua fetta di torta di compleanno.
«Per far cosa, scusa? Quando sta con me, almeno vede gente interessante e conosce persone che contano.» osservò caustico. «Stando a casa, non vedo cosa...»
«Ma lei ha una famiglia!» esclamò irritata la riccia.
«Avevo una famiglia» borbottò Ginny, ruotando con nonchalance il suo calice di champagne d'annata – gentilmente offerto da Malfoy: sebbene il suo stipendio fosse buono, non era buono fino a quel punto.
«Questo è quello che succede ad osannare troppo Potter: vi avevo avvisate quando eravamo ad Hogwarts. Non mi avete voluto ascoltare ed ecco cos'è successo.» bofonchiò sorseggiando dal proprio bicchiere e storcendo il naso. «Quello sconsiderato di un sommelier crede di potermi vendere del Barbera d'Asti del '76 per del Barbera d'Asti del '75: giuro che lo faccio licenziare!»
«È incredibile con quanta facilità riesci a passare dall'insultare Harry all'elargirci le tue conoscenze sui vini.» ridacchiò la Weasley, stringendogli una mano in un gesto d'affetto. «E comunque» continuò distogliendo l'attenzione di Hermione dalle loro mani congiunte e godendosi un poco quella sua espressione basita «Draco non ha poi tutti i torti: è bastato litigare con Harry...»
«... e venire a lavorare per me…»
«... per ritrovarmi con tutta la famiglia contro.»
«Ed anche gli amici.» le ricordò amabilmente Malfoy.
«Ed anche gli amici.» asserì lei, con gli occhi leggermente lucidi. «Mi sei rimasta solo tu, Mione. E se dovessero darti un qualche ultimatum del genere “o lei, o noi”, comprenderò la tua scelta.»
«Stai scherzando, spero!»

Ginny la guardò con un sorriso sghembo sulle labbra e si alzò per abbracciarla, facendo cadere la sedia a terra nella foga.

«Ehi calma!» esclamò Hermione, ricambiando l'abbraccio e lanciando un'occhiata interdetta a Malfoy, che faceva spallucce scuotendo la testa.
«Vado ad incipriarmi il naso poi ce ne andiamo tutti e tre a fare un giro lungo il Tamigi.» disse Ginny dopo un po', staccandosi dall'amica e guardando adorante i suoi due ospiti.
«Che culo!» commentò Malfoy con poca convinzione. «Sei consapevole del fatto che se mi ammalerò per via dell'umidità, salterò la partita di domenica prossima?»
«Capo, è la mia festa! Ho diritto a veder soddisfatto ogni mio desiderio, o no?» chiese la più piccola dei Weasley, con lo stesso cipiglio con il quale lo costringeva a presenziare alle serate di beneficenza per creature inutili - quali gli elfi domestici.
«Ed io ho sempre il potere di licenziarti e spedirti a calci nella topaia da cui sei venuta» replicò lui, arcigno. «Ops...nella topaia non ti vogliono più, tu pensa!»
«Ops, mi dimenticherò di disdire la colazione con tua madre e le sue amiche prevista per sabato mattina, tu pensa!” trillò angelicamente, aggiustandosi una pinza tra i capelli.
«Non oseresti!» sibilò Draco, brandendo il proprio cucchiaino come fosse stata la spada di Godric Grifondoro. «Hai il cuore troppo buono e l'animo troppo gentile per questi sporchi ricatti.»
«Te l'ho detto che ci sarà anche la tua amata suocera?» buttò là casualmente.

~o0o~



Quindici minuti dopo erano tutti e tre appoggiati al parapetto del Tower Bridge, a guardare come ebeti il fiume scorrere placido sotto di loro, con negli occhi il bagliore delle luci della città addormentata.

«Come va con Pansy?»
Draco continuò a fissare un punto dritto davanti al suo naso, limitandosi a stringersi un po' più sotto al mantello che gli ricadeva sulle spalle. «Non la vedo da un paio di settimane, ma ho letto un articolo due giorni fa in cui diceva che sta progettando di avere un figlio.»
«E da chi?» celiò Ginny, dandogli una pacca sulla schiena.
«È la mia ragazza quella di cui stai parlando, Weasley.» replicò stizzito. «Non mi sembra che nel tuo contratto si dichiari che puoi darmi del cornuto il giorno del tuo compleanno.»
«Non prendertela con me se, dopo che ti ha quasi colto in flagrante, ti ha ripreso indietro ma con le sue...precauzioni. Ed alle sue condizioni.» ribatté lei, lanciando un sasso nel fiume sottostante e riportandogli alla mente un documento, conservato in una camera blindata della Gringott, su cui erano apportate le loro firme.
«Come fai ad essere certo che non abbia accettato di rimanere con te solo per non far cadere il contratto di quella linea di gioielli pensati per coppiette?» chiese realmente interessata, riformulando una domanda che gli aveva posto più volte, senza mai ricevere una risposta esauriente. «E per del sesso occasionale, s'intende.» aggiunse, con una faccia schifata.
«Lo so e basta.»
«Non posso saperlo anch'io?»
«Io e Pansy ne abbiamo passate tante, insieme...» mormorò a disagio: non voleva affrontare quel discorso. Soprattutto, non in quel momento.
«Anche tu e la tua Nimbus 2001 ne avevate passate tante, ma questo non t'ha impedito di cambiarla per una migliore appena ne hai avuta l'occasione.» fece Ginny beffarda.
«È diverso.» cercò di tagliar corto lui. «Pansy...noi...siamo praticamente cresciuti insieme e...ci amavamo.» concluse con un sussurro.
«Allora cambia tutto» commentò sarcastica, non riuscendo a capire quello che Draco le stava tacendo: Pansy sapeva di averlo diviso per anni con un'altra donna ma l'aveva accettato, per amore suo e per impedirgli di toccare il fondo, come lo stava toccando ora. Ma la colpa di cui lui s'era macchiato era di aver tirato troppo la corda fino ad arrivare, inevitabilmente, a spezzarla: Pansy poteva essere un'arpia, una stronza calcolatrice come poche altre, poteva aver avuto un passato amoroso un filino burrascoso, però era pur sempre una donna innamorata... e non aveva potuto sopportare il vederli aggrovigliati sul suo letto: Ginny aveva sentito la storia solo a metà e non aveva idea che non li aveva colti quasi in flagrante, ma che aveva fatto irruzione nella sua stanza proprio sul momento topico della faccenda. Qualche giorno dopo, aveva accettato di accoglierlo in casa sua e si era presentata in salotto avvolta in vestaglia, con gli occhi gonfi di pianto: cercava di fare la dura e di minimizzare il fatto che la sua voce era flebile e tremula, e lui aveva semplicemente finto di non accorgersene. Le aveva chiesto perdono, ma era stato chiaro che non era dispiaciuto come avrebbe dovuto esserlo, anche perché appunto, in fin dei conti, lei lo aveva sempre saputo. Pansy, tirando su con il naso, gli aveva spiegato che era stato diverso convivere con l'essere a conoscenza di quella cosa senza vederla, rispetto al conviverci dopo che la verità le era stata sbattuta davanti agli occhi: in seguito a quel pomeriggio, aveva concluso, non riusciva più a tollerare un fardello del genere.

Draco poteva capirla, e non la biasimava.

Se la Parkinson era rimasta, almeno ufficialmente, al suo fianco, era stato semplicemente per fargli un favore e fornirgli una copertura convincente che mettesse a tacere le varie pseudo-storie che i giornali tentavano di affibbiargli, in nome della loro amicizia. In particolare, era un protezione contro una pseudo-storia tra le tante che, se fosse venuta alla luce, avrebbe potuto metterlo in difficoltà: non voleva che il mondo venisse a conoscenza del suo punto debole.

La questione dello sponsor c'entrava fino ad un certo punto: lei aveva un debole per il figlio del presidente del marchio e, in quel modo, aveva qualche scusa per vederlo e conoscerlo meglio.
Niente di più, niente di meno.

Ginny aveva continuato a parlare per tutto il tempo e, solo allora, Malfoy si rese conto di non seguire da tempo quello che era diventato un incessante e snervante monologo. Due secondi dopo, avrebbe di gran lunga preferito aver continuato a non ascoltare:

«... poi l'unica cosa che non ho ancora capito è di chi si trattava...» «Prego?» aveva sussultato, inghiottendo nervosamente della saliva e considerando seriamente l'idea di un bagno fuori programma nel fiume: se non l'avesse ucciso all'istante l'impatto con l'acqua, c'avrebbe sicuramente pensato poi la leptospirosi.
«Di chi si trattava...»
«Sta venendo a piovere!» esclamò Hermione, aprendo il palmo della mano e mostrando ai due le piccole goccioline che vi finivano sopra: un aiuto quasi inaspettato per sfuggire ad una conversazione sempre più scomoda.

Quasi inaspettato.

«Forse sarebbe il caso di tornare a casa.»
«No!» disse seria Ginny.
«Hai intenzione di bagnarti come un pulcino?» domandò Hermione, scuotendo la testa e cercando un qualcosa da trasfigurare in ombrello.
«Possiamo sempre fare un salto da Tom, se proprio soffri di insonnia, stanotte.» propose Draco, cercando, senza risultato, gli occhi dell'altra ragazza.
«Ho bisogno di bere fino a non avere più la forza di alzarmi dalla sedia.» bofonchiò Ginny, appoggiandosi al braccio dell'uomo e posando la testa sulla sua spalla. «Questo posto mi ricorda troppo Harry.» «Avremmo potuto evitare di venirci, allora.» sibilò, trasformando il proprio fazzoletto in un ombrello e riparandola dalla pioggia.
«Già, forse sarebbe stato meglio.» concordò la Weasley, girandosi poi verso Hermione. «Ti unisci a noi? Un bicchierino potrebbe far star meglio anche te.»
«Per stasera, ne farò a meno. Opterò per un bicchiere di acqua e limone per digerire meglio.» sbadigliò, preparandosi a smaterializzarsi al Paiolo Magico.
«Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere.» citò Ginny, ricordando una frase di quello che Hermione, ad una rimpatriata tra compagni di scuola un'annata prima, aveva detto fosse Baudelaire: citazioni della cultura babbana solo per convincere Luna ad avvicinarsi al tavolo dei drink.

Il fatto che poi, a fine serata, Luna era stata trovata avvinghiata a quello che, di lì a poco, sarebbe diventato suo marito, aveva lasciato tutti basiti. E tutti avevano convenuto che una storia clandestina della durata di ventidue mesi era stato un bel segreto da nascondere.

«Odio quando qualcuno ascolta effettivamente quello che dico.» sbuffò Hermione, smaterializzandosi.

Ginny fissò interdetta il punto in cui era sparita.

«Secondo te ha veramente un segreto da nascondere?» chiese a Draco, apparentemente assorto in una qualche profonda riflessione.
«Chi non ne ha?» rispose, dopo qualche secondo di silenzio e lasciando che Ginny smaterializzasse via entrambi, come di consueto.

~o0o~



La mattina dopo, Draco Malfoy ricevette uno dei risvegli peggiori di sempre: Ginny, con la testa poggiata sul suo petto, guardava affascinata la strillettera scarlatta che galleggiava a mezz'aria davanti a loro, vomitando oscenità su di lui e le due troiette con cui se l'era spassata la sera prima.
«Vado a recuperare quel giornale così vedremo di capire cos'è che ha fatto tanto infuriare Pansy - a parte l'essere stato pizzicato.» disse, lasciando il caldo tepore del letto di Draco per recarsi all'edicola magica più vicina, facendo prima tappa in una farmacia babbana per reperire un qualcosa contro il mal di testa ed evitare una delle pozioni disgustose, sebbene incredibilmente efficaci, del suo datore di lavoro.
«Aspetta, fai colazione: non c'è poi così tanta fretta.» la rassicurò lui, guadagnando il bagno per una doccia veloce.
«La farò intanto che esco giù da Starbucks.» lo tranquillizzò, salutandolo dalla porta e ridendo della sua faccia schifata per la sua passione per le caffetterie babbane: secondo Draco, l'influsso di Arthur era più devastante di quanto lei potesse nemmeno lontanamente immaginare. «Se faccio tardi, ci vediamo direttamente in ufficio.»

Non appena si fu smaterializzata, si udì di nuovo un chiaro crack.

«Cosa ti sei dimenticata, stavolta?» sospirò, passandosi una mano nei capelli. Non ricevendo risposta, si voltò, trovandosi davanti non esattamente chi si sarebbe aspettato. «Potter! Qual buon vento ti conduce nella mia umile dimora?»
Harry aveva tutta l'aria di uno che stesse schiumando di rabbia: lo guardava con gli occhi socchiusi dietro i suoi orrendi occhiali da miope – e pensare che un mucchio di maghi indossavano quegli stessi, identici arnesi, solo per dimostrare la più cieca fedeltà al loro paladino: inutile dire che, per Draco, quelli non erano sostenitori incalliti, ma solo dei pazzi con nessun gusto nel vestire e nella cura degli accessori – e stringeva le nocche tanto da farle diventare bianche.
«Lei dov'è?» ringhiò piano, fissando ora il letto sfatto, ora la figura di Malfoy, coperto solo da un asciugamano bianco.
«A recuperare il giornale che deduco tu stia portando nella tasca posteriore dei pantaloni.» rispose asciutto, facendo un cenno allo specchio che gli permetteva di avere una visuale del didietro del moro.
«Io t'ammazzo!» urlò avventandosi su di lui, ma venendo respinto da uno scudo evocato da Hermione, comparsa Merlino solo sapeva quando.
«Cosa ci fai tu qui?» domandarono i due uomini all'unisono.
«Voglio capire» scandì lentamente e con gli occhi chiusi, in una buona imitazione della professoressa Mc Granitt dei momenti migliori, «cosa significa questo!»

E gettò in terra un giornale in cui lei, Malfoy e Ginny stavano avvinghiati sul Tower Bridge in maniera tale che era difficile attribuire mani, piedi e pezzi vari ai tre diversi proprietari.

«Forse Pansy non aveva tutti i torti ad essersi arrabbiata.» considerò Draco dopo qualche secondo di attonito silenzio, ruotando la testa di un poco per poter studiare meglio la foto.
«È tutto quello che hai da dire?» strillò la ragazza istericamente. «Lo sai come mi chiamano in ufficio, ora?»
«No, ma posso immaginarlo.» rispose, continuando a ruotare la testa a mo' di gufo.
«Io... io... sono senza parole!» balbettò Hermione lasciandosi cadere sul letto e coprendosi gli occhi con un braccio, in un gesto altamente melodrammatico.

Harry, riscossosi dalla parentesi dell'interruzione, si scagliò di nuovo contro Malfoy, inchiodandolo al muro e tenendogli le mani attorno alla gola, quasi ancor più motivato dall'aver rivisto ancora una volta quell'immagine raccapricciante che, non poi molto tempo prima, aveva rischiato di farlo strozzare con un bicchiere di succo di zucca, riuscendo dove in tanti – Malfoy e la sua squadra di Quidditch per primi – avevano fallito.
«Se l'hai sfiorata anche solo con un dito, io t'ammazzo!» lo minacciò nuovamente, respirando piano e con gli occhi scintillanti.
«E per quale motivo? Non mi sembra che tu abbia un qualche diritto su di lei...» replicò l'altro, senza nemmeno mostrare un minimo di resistenza.
«Stai. Lontano. Da. Ginny.» l'ammonì nuovamente, ignorando la sua protesta.
«Oh Potty, suvvia! È forse il tuo orgoglio ferito od il fatto che oggi in prima pagina ci sto io, a farti infuriare in questo modo?» chiese Draco, mostrandosi fintamente interessato dalla risposta e calcolando mentalmente quanta pubblicità gratuita gli stava entrando: Ginny sarebbe stata fiera del fatto che ormai era pienamente entrato nell'ottica del sapersi vendere. E pensare che, prima che lei entrasse – in modo non poi così ortodosso – nella sua vita, avrebbe speso tutta la sua fortuna in avvocati per ridurre sul lastrico anche chi aveva ideato quello scempio in cui la sua regale persona veniva accostata a persone quali la Granger e la Weasley. Erano passati appena una manciata di mesi da quel giorno, eppure era già così tanto cambiato...

S'accorse poi che, mentre era così preso dal filo dei suoi pensieri, Potter era rimasto in silenzio, limitandosi a stringere un po' di più la presa.

«Se veramente ti interessasse quella ragazza» riprese Draco, «avresti almeno potuto far a meno di dimenticarti del suo compleanno...»
«Non me ne sono dimenticato.» replicò aspramente l'altro.
«Buffo, sai? Ho visto diversi mazzi di fiori e scatole di cioccolatini sulla sua scrivania, ma non è arrivato niente da parte tua.» ribatté Malfoy, con un tono di voce che fece uscire Hermione dalla catalessi nella quale era piombata e la portò a seguire con attenzione la scenetta che si stava svolgendo ad un passo da lei. «C'era addirittura un biglietto da parte di Stan Picchetto
«Non sono cazzi tuoi.»
«Ah, bene. Sai Potty? Mi sono sempre domandato come funzionasse quella tua testa bacata. Non perché fossi veramente affascinato da questa cosa» s'affrettò a specificare «ma perché sei veramente strano: piombi a casa mia, senza neanche essere stato invitato. Non mi dici buongiorno né ti sforzi di fare il carino, ma anzi: mi appiccichi al muro e prendi a fare il maschio geloso della sua femmina, con l'unico inconveniente che quella donna non è più tua. E se ora puoi togliermi queste tue schifose mani dal collo, mi faresti un immenso piacere: non mi piacerebbe andar in giro con dei segni violacei per colpa tua.»

Crack.

«Draco, stavolta si sono superati: dovresti leggere quell'ar...» Ginny si zittì, vedendo il gruppetto di persone nella camera di Malfoy a cui, da poco, s'era aggiunto anche suo fratello Ron, che fissava con disprezzo Hermione. «... ticolo.»
«Ron, andiamocene.» sbuffò Harry, senza neanche guardarla in faccia. Fece qualche passo in direzione della porta ed aggiunse. «Ti ho avvisato, Malfuretto: fai un altro passo falso e dovrai vedertela con il sottoscritto.»
«La cosa mi inquieta non poco.» commentò con sarcasmo l'ex-Serpeverde, massaggiandosi il collo pigramente.
«Spero per te che sia solo una trovata della Skeeter.» disse Ron, rivolgendosi ad Hermione. «Perché non avrei mai pensato che tu fossi una di quelle che passa da un letto all'altro in così poco tempo.»

Si smaterializzarono entrambi appena un attimo prima di essere colpiti alla fronte dalle scarpe delle loro ex-dolci metà, che si lasciarono cadere ancora sul letto, in sincrono, con gli sguardi vuoti ed un vago sentore di... qualcosa. Nessuna delle due sapeva di preciso cosa fosse, ma erano sicure che non piacesse loro. Per niente.

«Erano secoli che la mia camera da letto non era così affollata.» disse Draco dopo un po', scrollando le spalle ed andando a concedersi quella doccia che tanto aveva agognato.

~o0o~



La stanza in cui Hermione Granger passava gran parte della sua giornata era uno dei tanti, anonimi sgabuzzini che l'attuale Ministro della Magia – e tutti i precedenti prima di lui – s'ostinava ad elevare ancora al rango di “ufficio”: quattro pareti scrostate, un ritratto di Artemisia Lufkin* in bella mostra, una scrivania spartana e piena di scartoffie, mensole stracolme di libri noiosi persino nei titoli, la sedia ergonomica in finta pelle per cui tanto s'era battuta ed una pianta, irrimediabilmente morta, accanto alla porta.

Neville Paciock, anche quella volta, aveva sospirato intuendo l'agonia che il povero cactus aveva dovuto patire, prima di arrendersi per sempre di fronte ad un destino ed ad una realtà più grande di lui: Hermione Granger, brillante studentessa ai tempi di Hogwarts, eroina pluridecorata della seconda guerra, ex-impiegata nel Dipartimento per la Regolamentazione ed il Controllo delle Creature Magiche ed attuale fiore all'occhiello del Dipartimento di Magisprudenza, era una donna distratta.

«No, Neville: impegnata» lo corresse con l'aria da maestrina che non avrebbe mai perso.
«Prendersi una piccola vaca...»
«Neville!» strillò portandosi una mano al petto. «Non stavi dicendo quella parola che comincia per v, vero?»
«Hermione, prova a ragionare solo per...»
«Mi sono concessa un'intera serata per il compleanno di Ginny.» sbuffò irritata. «Ed ancora prima, per il tuo e quello di Harry – sia ringraziata Morgana che abbiate deciso di festeggiarlo insieme. Credo che per un po' possa bastare.» aggiunse, non curandosi del fatto che l'espressione dell'amico lasciasse intuire che lui non era del suo stesso avviso. «Ed ora, devo recuperare il tempo perso.»
«È per caso un modo carino per dirmi di togliermi dai piedi?» s'informò pacato.
«Come ti salta in mente?» bofonchiò, senza alzare gli occhi da una pergamena particolarmente ingiallita ed evidenziando, di tanto in tanto, quelli che dovevano essere passi particolarmente degni di nota. «Ma davvero sei del parere che Milù sia andata... per sempre?»
«Minù. Si chiamava Minù.» precisò Neville con tono lugubre, gettando un'ultima, addolorata e compassionevole occhiata al vegetale rinsecchito. «E nessuno ha mai avuto il potere di riportare in vita i morti. Non riesco a concepire l'idea che tu sia riuscita a far morire di sete una di quelle che i babbani considerano tra le piante più resistenti agli ambienti estremi del pianeta.»
«Sembra che il Ministero della Magia non rientri tra di essi.» obiettò Hermione, scrutando l'espressione imbronciata del suo amico. «E se può servire... mi dispiace essermi confusa con il suo nome. Secondo te, si sarà seccata per ripicca visto che continuavo a sbagliarlo?»
«No.» disse Neville scuotendo la testa. «Sono convinto che, fino al momento in cui m'hai visto varcare la soglia di quella porta» e qui, fece un cenno alle proprie spalle «tu neanche ricordavi di avere una Stenocereus dumortieri qui in ufficio. Ed almeno hai il buon senso d'arrossire.» borbottò, incrociando le braccia al petto e squadrandola ancor più imbronciato... prima di scoppiare a ridere sguaiatamente ed inficcarsi in bocca l'ennesima cioccorana della mattinata: era una gioia per il suo palato sapere che Hermione ne tenesse sempre una scorta abbastanza consistente nel primo cassetto della scrivania.

«Stronzo!» cinguettò la ragazza, che evidentemente s'era spaventata dinnanzi alla reazione di Neville.
«Hermione, se avessi dovuto offendermi per tutte le piante che t'ho regalato e che tu hai puntualmente ucciso, non dovrei rivolgerti più la parola da anni» ridacchiò, sporgendosi in avanti quel poco che gli necessitava per scompigliarle un poco i capelli già arruffati. «Raccontami di quella threesome sul “Profeta Pettegolo” invece di sparare cretinate.»
«Tutte baggianate.» bofonchiò la ragazza, cambiando improvvisamente spirito e chinandosi ancor più, se possibile, sul pezzo di carta. «Be', che c'è?» chiese scocciata, vedendolo ridacchiare sotto i baffi. «Sai benissimo come lavora Rita e come lavorano quelle della sua ghenga...»
«Sì.» asserì, andando a far coincidere le punte della dita. «E so anche che Ginny farebbe di tutto pur di far ingelosire Harry e farne entrare qualcosa a Malfoy. Quello che non mi è chiaro» continuò pacato, «è cosa rientra a te, con questa storia in prima pagina.»
«Non vedi come sono entusiasta di essere una delle novelle reginette della cronaca rosa?» ironizzò, tirando fuori da un cassetto diversi ritagli di giornale che la vedevano protagonista. «Qui ho un aspetto orribile.» disse con una smorfia, porgendogli una foto scattatale dopo una riunione particolarmente burrascosa di una settimana prima. «Te l'ho detto cosa pretendeva quell'idiota di Smith? Voleva che...»
«Scusa, ma non mi interessa.» la interruppe bruscamente Neville. «Lo sai che se esce fuori di quel vostro piccolo idillio di...»
«Shhhh!» lo zittì lei, guardandosi intorno disperata. «Anche i muri hanno le orecchie, qua dentro! Fred e George quasi fondano il loro impero sulle maledette orecchie oblunghe che vendono ai miei colleghi.»
«Vero.» annuì il ragazzo. «Ma non dimentichiamoci che il tuo ufficio è imperturbato e protetto da così tanti incantesimi che rende questi quattro metri quadrati più sicuri di una camera blindata alla Gringrott.» «Un tempo sono riuscita a...» «Sì, sì lo so. Vuoi forse un'altra medaglia a ricordo perenne del fatto che saresti ancora una galeotta con i fiocchi, con un drago sotto il culo?» commentò l'altro, spazzolandosi polvere inesistente dalla propria giacca con fare annoiato.

«Neville» bisbigliò Hermione dopo un silenzio imbarazzante. «Eravamo solo dei bambini disorientati...»
«Bambini disorientati?»
«Siamo stati gli unici a tornare, dopo la caduta di Voldemort... Io e lui da soli ad Hogwarts iscritti al settimo anno, in mezzo ad un mucchio di ragazzini che ci guardavano come... come se fossimo stati uno di quei barattoli raccapriccianti del professor Lupin! “Disorientati” mi sembra un eufemismo.» soffiò risentita. «È stato... c'erano una serie di... coincidenze che c'hanno fatto... avvicinare, ecco.»
Fece una pausa, evitando accuratamente di alzare la testa per cercare gli occhi nocciola dell'uomo che, tanti anni prima, aveva smarrito un rospo su un treno dalla locomotiva scarlatta. «Fuori dalla scuola, c'erano le nostre vite, quelle reali. Dentro, non eravamo noi stessi. O perlomeno, fuori non potevamo permetterci di essere gli stessi che siamo stati durante quell'anno. C'era Pansy, c'era Ron... Noi...» Sollevò di quel poco gli occhi in modo da far entrare nel suo campo visivo la poltroncina vuota. «Avevamo bisogno di compagnia, tutto qui.»

Neville era in piedi e, muovendo pigramente la bacchetta, fece levitare il cactus di qualche centimetro, con ogni probabilità considerando se fosse stato il caso di farlo evanescere direttamente o recuperarne qualche parte per uno dei suoi studi.

«Se è così che stanno le cose, perché non l'hai mai spiegato né a Ginny, né a Harry, né tanto meno a Ron?» la sfidò, spalancando la porta. «O temevi forse che i vostri concetti di vicinanza fossero incompatibili con i loro?»

La seconda, senza dubbio.

~o0o~

«Draco, sei sicuro di ricordare bene dove devo cercare?» urlò Ginny, facendo capolino da una delle porte del superattico nel quale la stella del quidditch risiedeva.
«Sì, è lì. Dovrebbe esserci una scatola o verde, o blu, o grigia o violacea.» rispose lui dalla terrazza, scrivendo una dedica per una delle sue tante fan: era una palla, ma faceva parte degli oneri di un personaggio di successo.
«Non è che per caso è rossa e oro?» s'informò, arrampicandosi su degli appoggi di fortuna che, puntualmente, cedettero sotto al suo peso facendola ruzzolare a terra.
Maledicendo Merlino e compagnia bella, si puntellò sui gomiti facendo per rialzarsi: lanciò un gridolino trovandosi davanti, improvvisamente, un Malfoy funereo.
«T'ho detto che è verde, blu, grigia o violacea. Non è questa!» sibilò raccogliendo in fretta la scatola e sincerandosi del suo contenuto.

La Weasley rimase un attimo interdetta, poi si mise seduta ed osservò con attenzione le sue mosse.
«È tutto ok?»
«Sì.»
«Cos'è?»
«Una scatola.»
«Lo vedo da me che è una scatola ma... è rossa.»
«Brillante deduzione, Weasley.»
«E dorata.»
«Hai scoperto solo ora di saper distinguere i colori?»
«No. È che... somigliano ai colori di Gr...»
«Finisci la frase e sei licenziata.» l'avvisò, fissandola come se fosse un troll più terrificante della norma.
«Ma Draco...»
«Il Profeta può far a meno di ritratti di me all'età di dodici anni.» si giustificò, allungandole una mano per aiutarla ad alzarsi. «Ed io per oggi posso far a meno di te: ti lascio libera per il resto della giornata.»
«Cosa? Perché?!»
«Non eri tu quella che si lamentava che ero un despota e che non avevi una giornata tutta per te da... da quand'era?»
«Da Natale scorso.» gli suggerì, sconcertata da quell'accenno di magnanimità e lasciandosi tirare in piedi.
«Perfetto, divertiti allora.»
«Aspetta un attimo!»
«Solo oggi: scordatelo di avere due giorni.»
«No, non era questo... cosa c'è lì dentro?»
«Non le fotografie che cercavi.»
«Fin lì c'ero arrivata.»
«Fortuna che in intelligenza non hai preso di tuo fratello!»
«Non farlo di nuovo!»
«Fare cosa?»
«Sviare la mia attenzione da quella scatola!»
«Io non sto sviando un bel nulla.» si difese Draco, avviandosi verso la propria camera.
«Oh, sì che lo stai facendo!» replicò, correndogli dietro.
«Lo sto facendo.» ammise, bloccandosi di botto e ritrovandosi la ragazza spalmata alla propria schiena.
«Perché?»
«Non ti riguarda, Ginevra.»
«Ginevra?» ridacchiò alzando gli occhi al cielo. «Signor Malfoy, da quando tutte queste formalità, quando siamo soli io e te in casa?»
«Da quando ti ho detto che non devi impicciarti.» concluse, smaterializzandosi.

Ginny scosse la testa e pensò che, per colpa della sua giornata libera, Blaise Zabini ne avrebbe avuta una notevolmente impegnata.

~o0o~

«Sarebbe?»

Blaise Zabini, in quello che era un fin troppo afoso meriggio di settembre, osservava con occhio critico la cosa poggiata sul tavolo all'ombra del suo gazebo preferito, spostando gli occhi dalla cosa a Malfoy ed ostentando un'espressione di puro stupore.

«Una scatola.»

Lo sguardo smeraldino di Zabini fu definitivamente puntato su Malfoy.

«Ah.» fece atono il padrone di casa. «Una scatola.»
«Proprio.»
«Ah.»

«E da quando ti piacciono i colori caldi?»
«Lei dovrebbe averne una verde ed argento, da qualche parte» mormorò Draco, imporporandosi un poco.
«Oh.»

«Blaise, stai parlando per monosillabi.» grugnì innervosito, picchiettando le unghie sulla superficie metallica del tavolo.
«Posso aprirla?» domandò Zabini sfiorandone i bordi, quasi con delicatezza.
«Credo di sì.»
«Credi?»
«Sì, puoi aprirla.» confermò con voce ferma, posando il palmo sul coperchio della scatola e respirando piano.
«Magari se togliessi la mano...» sbuffò tirando a sé la scatola e svuotandone il contenuto. «Merlino!» esclamò, prima di scoppiare a ridere di cuore. «Se le avesse ritrovate Pansy prima della Weasley, di sicuro avrebbe rilasciato una ventina di interviste esclusive in più rispetto a quelle dei giorni scorsi. E pensare che un tempo adoravo quella ragazza...»
«Ti ha sempre odiato. Diceva che eri spocchioso.» gli ricordò, tremando impercettibilmente ogni volta che qualcosa veniva tirato fuori da quello che era stato il suo nascondiglio per tanto tempo.
«Io spocchioso?» fece incerto. «Lei era la peggiore delle sgualdr...»
«... nonché la mia fidanzata» grugnì strappandogli di mano un foulard ed accostandoselo al naso. «Glielo regalai io.» spiegò. «È ancora convinta di averlo perso un pomeriggio giù al Lago Nero... ma in realtà me lo ripresi una notte che stavamo giù alla Stamberga Strillante, sapendo come sarebbe andata a finire con l'arrivo dei M.A.G.O.»
«Il solito pessimista del cazzo.» bofonchiò Blaise, tenendo tra le mani una foto in cui il suo amico lo salutava da un pomeriggio di una decina di anni prima, con la testa poggiata sul grembo di una Hermione Granger che avrebbe passato l'eternità a giocare con i suoi capelli biondi posando, a determinati intervalli, un bacio sulle sue labbra dischiuse.
«Pessimista?» ripeté, lisciando per un po' il foulard, per poi intascarselo. «Io mi definirei previdente»
«Mi piace il modo in cui vai a glissare sui termini.» disse Blaise, versandosi un bicchiere di succo di zucca ghiacciato. «Come mai non hai usato la tua parlantina con Pansy?»
«Ho avuto una frazione di secondo per pensarci, Blaise.» rispose il biondo, con quella che sembrava assoluta sincerità. «Ed in quella frazione di secondo, l'unica idea che avevo in testa era che... avrei avuto una scusa per vederla almeno un'altra volta.»
«Capisco.»
«No, non capisci.» fece con una risata triste. «E nel caso tu capisca davvero... mi farebbe piacere che tu mi spiegassi cosa vuol dire il modo in cui mi sento.»
«L'hai detto a lei?» chiese il moro, scorrendo con lo sguardo le altre foto ed i vari ricordi che erano rimasti celati, al riparo dal mondo, dal giorno in cui Malfoy s'era diplomato. «Di recente, intendo...»
«C'ho provato dopo l'ultima serata di gala in onore degli elfi domestici.» bisbigliò, sorridendo all'indirizzo della moglie di Zabini, che li stava raggiungendo.
«E cosa t'ha risposto?»
«Ho detto che c'ho provato Blaise, non che gliel'ho detto...»
«Ma siete finiti a letto lo stesso, no?»
«Non credo sia questo il punto.» balbettò, inserendo due dita nel collo della camicia e scostandoselo di dosso. «Ho caldo. Dov'è il tuo elfo idiota con quell'acqua ghiacciata?»

Blaise sospirò, chiedendosi se l'essere sfuggenti era un qualcosa di insito nel marchio dei Serpeverde, assieme alla loro natura infida da… be', serpi. Doveva ammettere, però, che le turbe sentimentali di Draco riuscivano sempre a fargli tornare il buonumore: un qualche difetto a renderlo umano l'aveva pure lui.

~o0o~



«Hai impegni per venerdì prossimo?»
«Weasley, mi rincuora sapere che la mia assistente non conosce il mio calendario.» brontolò Draco, accettando il bicchiere d'acqua che gli veniva offerto dopo il nuovo scontro con la Miller, che stava lasciando la saletta in cui s'erano incontrati lanciando tutt'intorno delle occhiate omicide.
«Hai offeso di nuovo Harry?» sospirò Ginny, scorciando una voce dalla lista della sua agenda.
«No.»
«No?»
«Ho fatto un commento sulla sua nuova fiamma, visto che lui s'è permesso di criticare i miei gusti in fatto di donne.» spiegò, restituendole il bicchiere e fingendo di non aver visto la matita – un vezzo babbano per cui di sicuro c'era da ringraziare l'unione malefica di Weasley padre con la Granger – spezzarsi tra le sue dita.
«E quindi hai difeso a spada tratta le fanciulle dei tuoi incontri romantici?»
«No, non tutte. Ho difeso te e la Granger.» disse con tranquillità, facendo un cenno beffardo ad Harry, che oltrepassava loro due proprio in quel momento. «Comunque, per scaricare la tensione, queste interviste a coppia sono un toccasana.»
«Perché, sei teso?»
«Ho detto questo?»
«L'hai lasciato intendere.» lo incalzò la ragazza: amava stuzzicarlo per godersi quelle sue rare reazioni che andavano oltre le battutine sarcastiche, i ghigni subdoli o le sopracciglia inarcate.
«Che giorno è venerdì prossimo?» svicolò lui.
«Diciannove.»
«È il compleanno di Herm... cazzo Brown, guarda dove vai!» esclamò infuriato, nel momento in cui Lavanda Brown, curatrice di una delle rubriche rosa del Profeta più scialbe del Mondo Magico, gli piombò addosso.
«Malfoy, sempre così acido!» ribatté la biondina, raccapezzando le proprie cose cadutele dalle mani, per colpa dello scontro.

Draco aveva abbassato gli occhi un secondo, per sincerarsi che sulle sue scarpe non vi fossero tracce del caffè che la Brown aveva rovesciato, ed ora fissava con furia un paio di foto lì in terra che facevano capolino da una busta gialla: mentre Lavanda allungava le dita per acchiapparle, lui vi posò sopra un piede, rischiando di schiacciarla.

Non si prese neanche il disturbo di mostrarsi un minimo dispiaciuto.

«Che cos'è questa roba?» sbraitò, sfoderando la bacchetta ed evocando a sé busta e contenuto; Ginny provò a sbirciare al di sopra della sua spalla, ma le fu impedito.
«Eh?» fece Lavanda, preoccupandosi di cancellare le macchie di caffè dai suoi fascicoli e sincerandosi che il proprio materiale non avesse subito danni troppo ingenti. Ed ancora peggio, irreparabili.
Draco le sventolò davanti la busta gialla e lei sembrò cadere dalle nuvole.
«Credo che sia arrivata con la posta di questa mattina...» ponderò, portandosi un dito alle labbra in quella che, con ogni probabilità, voleva risultare una posa in cui mostrasse la concentrazione che metteva nel ricostruire la storia di quell'oggetto, per lei assolutamente anonimo. «Ma dovevo ancora... ehi!» gridò, vedendolo andar via. «Dove credi di andare? Quello è mio!»
«Ti chiami per caso “Draco Malfoy”?»
«No, che domande!» sbuffò la ragazza, guardandolo biecamente.
«Ed allora vuol dire che l'idiota che t'ha fatto avere questa, doveva consegnarla a me.» fece asciutto, raggiungendo gli ascensori e mostrandole il nome del destinatario scritto con una calligrafia che Ginny riconobbe appunto come quella di Draco: per la fretta, non s'era neanche curato di pensare a smascherarla un poco, mentre pronunciava non verbalmente l'incantesimo.

La curiosità della Weasley aumentò, ma non poté far altro che corrergli dietro ed infilarsi al volo nella cabina, prima della chiusura delle porte: una volta a casa, magari avrebbe potuto capire qualcosa di più di quella strana faccenda.

~o0o~Fine Prima Parte~o0o~

*Prima donna a diventare ministro della Magia, restando al governo dal 1798 al 1811. Fonte: hp-lexicon.org.

Disclaimer: Harry Potter non è mio.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Nothing left to say - Seconda parte ***


Nothing Left to Say
- Seconda Parte -



«Sono in pausa pranzo, la prego di ripassare fra tre minuti.» recitò automaticamente Hermione, sbucciando una mela verde e carezzando con dolcezza una piccola Mimbulus mimbletonia.
«Alle cinque e mezza del pomeriggio?» chiese incredulo Draco, picchiettando un dito sul quadrante del proprio orologio.
«Prima avevo da fare.» si giustificò la ragazza facendo spallucce e sorridendo impacciata, guardandosi intorno nervosamente. «Cosa... cosa ci fai... qui?» Spalancò la bocca e prese a boccheggiare in maniera quasi tenera, alla vista di ciò che Malfoy le aveva sbattuto sotto il naso.
«Erano indirizzate a Lavanda Brown.» spiegò laconico, sedendosi e rubandole uno spicchio di mela. «Come le hai avute?»
«No, il vero problema è chi le ha fatte avere a lei.» sospirò, massaggiandosi le tempie e chiudendo gli occhi.
«Mal di testa?»
«Un po'... ma non è niente di grave.»

Hermione fece un cenno d'assenso con il capo e con dita tremanti si mise a guardare le foto.

«Sembrano passati secoli da allora, eh?» commentò lui.
«Già.» confermò tetra. «Questa è del giorno in cui...»
«Sì, credo sia quando m'hai tirato in testa mezza biblioteca per un paio di segnetti sul legno.» borbottò offeso, incrociando le braccia al petto ed assumendo un'espressione di sdegno puro.
«Hai inciso le nostre iniziali sul tronco del platano picchiatore.» gli ricordò, ridendo al ricordo di quella giornata memorabile. «Non erano un paio di segnetti, ma un danneggiamento di una pianta dal valore inestimabile.» «Parli come Piton.» bofonchiò. «O come Paciock: non so cosa sia peggio.»
Hermione gli fece la linguaccia e tornò a scorrere le fotografie, sorridendo mestamente.
«Cos'è quello schifo sulla tua scrivania?»
«Regalo di Neville» trillò soddisfatta, poggiando per un attimo i ritratti. «Non è un amore? È una Mimbulus mimbletonia
«E cos'ha fatto di male per meritarsi una condanna a morte?» si preoccupò, asciugandosi un'inesistente lacrima nel momento in cui guardava l'innocente piantina.
«Non sei divertente.»
«Mai voluto esserlo.» replicò lui, storcendo le labbra in un ghigno.
«Ron farà una tragedia se verrà a sapere che tu sei passato.» disse a quel punto, alzandosi di scatto e circumnavigando il tavolo con la scusa di prendere un bollitore da uno scaffale: stava mostrando un'aria piuttosto rilassata rispetto al panico che l'aveva assalita nel momento in cui aveva scoperto il contenuto della busta che Draco si era portato dietro e stava tentando disperatamente di mascherare il modo in cui le mani avevano preso a tremarle da quando si era resa conto di aver soffermato il proprio sguardo, per più tempo del dovuto, sulle sue labbra dischiuse.
«Mi stai per caso sbattendo fuori dal tuo ufficio?»
«Draco... non l'ho mai fatto prima d'ora, lo sai...»
«Non sono poi state così tante le volte che sono entrato qui dentro, a dirla tutta.»
«Sì, è vero... ma dopo quella storia del compleanno di Ginny... lo sai che io e Ron stiamo attraversando una situazione difficile.» si scusò, facendo comunque comparire due tazze di porcellana davanti a loro. «Ci stiamo riprovando, forse non ho avuto modo di dirtelo. Sai poi come qui al Ministero abbiano l'abitudine di spettegolare e...»
«Sei incredibile, sai?» la interruppe bruscamente. «Ti preoccupi per l'effetto che una bufala giornalistica possa avere sul tuo idilliaco rapporto, ma non te ne può fregar di meno del fatto che c'è qualcuno che manda alla strega più oca di Londra – nonché giornalista di spicco di una rubrica rosa da quattro soldi - le prove di una nostra relazione clandestina durante l'ultimo anno ad Hogwarts... e Merlino sa solo se questa persona abbia anche materiale che risale a dopo Hogwarts. Come pensi che reagirebbe la Donnola vedendo... per esempio questa, in cui io t'infilo la lingua in bocca, eh?» ululò, lanciandole una foto e sbattendo una mano sul tavolo, alzandosi in piedi a sua volta.
«Malfoy!» esclamò. «Ti prego di comportarti in modo decoroso, non...»
«Non cosa?» ruggì Draco, portandosi vicinissimo a lei e costringendola ad arretrare fino al muro. «Non cosa?» ripeté con un filo di fiato, incatenando i suoi occhi a quelli di lei, leggermente lucidi per un motivo che però non riuscì a capire.

E non gli interessava capire.

Sentì il suo corpo minuto sussultare contro di lui ed avvertì che il fiato di lei stava facendosi corto.
«Qualcosa ti rende nervosa, Granger?»
«Lasciami andare.» lo pregò, posandogli una mano sul petto.
«Non ti sto trattenendo.»

Era vero.
Sarebbe bastata una leggera spinta a spostarlo. Non aveva usato la forza per bloccarla tra lui e la parete: c'era finita da sola.

Non l'aveva mai costretta a fare niente che non volesse anche lei.

E non la stava costringendo a subire il suo tocco: sarebbe bastato che lei mostrasse insofferenza alla mano che le sfiorava il viso ed a quella sul seno, e lui avrebbe smesso. Come del resto, le sarebbe bastato alzarsi in punta di piedi per baciarlo.

Non fece niente di tutto ciò, limitandosi a mantenere la propria mano a contatto con la sua leggera camicia di cotone ed a guardarlo negli occhi, respirando piano, quasi per non fare rumore.

Fu il bussare alla porta che li costrinse ad allontanarsi ma, quando Ginny Weasley fece il suo ingresso nell'ufficio di Hermione, non mancò di avvertire l'aria tesa che vi si respirava e riconobbe immediatamente la busta gialla che giaceva dimenticata tra le scartoffie della sua amica: non ci voleva un indovino per identificarla per quella che Malfoy aveva sottratto a Lavanda.
Né ci voleva un genio per capire che i suoi due amici le stessero tenendo nascosto qualcosa.

~o0o~



Draco Malfoy sfoggiava un completo bianco con tanto di scarpe di tela in tinta e sorseggiava nella più totale serenità un succo di zucca ghiacciato; accanto a lui, Ginny si faceva aria con un piccolo ventaglio e suo nipote Noris scrutava con aria rapita il proprio indice, ingrandito all'inverosimile da una fasciatura.
«Quante volte t'ho detto di lasciar fare al nonno la degnomizzazione?» ruggì la donna, facendo un cenno al dito infortunato.
«Ma io mi annoio a stare in casa!» protestò il ragazzino, incipigliandosi un poco e prendendo a borbottare tra sé e sé.

Dopo l'ennesimo morso di gnomo, Draco si era convinto che il figlio di Percy Weasley fosse veramente stupido: possibile che ancora non avesse capito come trattare quelle bestiacce?

La voce squillante di Hermione Granger, però, gli portò alla mente che su quel pezzo di prato di stupidi ce ne fossero almeno due: avanzava verso di loro, avvolta in un prendisole dai colori pastello e trascinandosi dietro un cestino da pic-nic minuscolo ma che, senza alcun dubbio, nascondeva cibo sufficiente per sfamare tranquillamente tutte le squadre di quidditch del campionato inglese.

«Era proprio necessario che ci fosse pure lui?» si lagnò Ron, passando un braccio attorno le spalle della sua dolce metà e non vedendo, al contrario di Draco, il momento di incertezza che era passato nei suoi occhi castani, quando la mano era andata a toccare la sua pelle nuda.
«Smettila di fare il cretino!» lo rimbeccò la sorella, prendendo in braccio il ragazzino e scompigliandogli i capelli in un gesto affettuoso, facendolo ridere.
«Avrò i capelli come quelli dello zio Harry, ora!» esclamò Noris soddisfatto, mentre Ron prendeva a ghignare di fronte allo sconforto di Ginny ed alla faccia schifata di Draco. «Lui non viene?»

Hermione scosse la testa, spiegando come il ragazzo le avesse spedito un gufo in mattinata dove blaterava di un impegno improvviso che gli aveva impedito di prender parte alla scampagnata.

«Come no...» sibilò Malfoy, accendendosi una sigaretta ed accomodando meglio la schiena contro l'albero sotto il quale si erano sistemati per trovare un po' d'ombra: fu ignorato dal resto della combriccola e si limitò a guardarli mentre tutti, più o meno allegramente, si affaccendavano per stendere le coperte e distribuire le cibarie, con l'erba tutta intorno a loro che si riempiva di altri maghi, accorsi fino a quel luogo per godersi l'eclissi di sole prevista da lì a poche ore.

Finito di pranzare, Draco si offrì volontario per accompagnare il bambino fino al laghetto sottostante: non era mai stato un tipo altruista e non avrebbe iniziato ad esserlo quel pomeriggio, ma la vista della Donnola avvinghiato ad Hermione gli dava il voltastomaco.
«ZIO DRACO!!!» urlò la piccola peste, tirandogli i pantaloni.
«Che hai?» sbottò, posando gli occhi su di lui.
«Sono tre ore che ti chiamo!» si giustificò, giocando con la benda attorno al dito. «Perché dobbiamo aspettare che faccia buio?»
«Non aspettiamo che faccia proprio buio…» disse una voce alle loro spalle che fece sussultare entrambi. «Farà buio per un po', poi tornerà il sole.»
«Cosa ci fai qui?» s'informò l'uomo, studiando in tralice Hermione, seduta su una roccia a qualche metro da loro.
«Credo che Ron e Ginny abbiano bisogno di qualche minuto da passare da soli per chiarirsi.» mormorò, «Non sapevo che scusa usare per allontanarmi e sono venuta a cercarvi portandovi questi.» e mostrò loro due pezzi di vetro affumicati ed un coso in plastica a cui Draco non riusciva ad associare un nome.
«Una maschera per saldare come quella del nonno!» trillò Noris, venendogli in aiuto e correndo verso la ragazza.
«Con questa puoi guardare il sole che sparisce piano piano e proteggiamo i tuoi occhi.» sussurrò dolcemente Hermione, mostrandogli prima come usarla e poi mettendogliela in mano.
«Sarebbe bastato un semplice incantesimo, invece che quella roba.» bofonchiò Draco, consultando il proprio orologio e preparandosi, controvoglia, ad effettuarne uno.
«Esattamente quello che ha detto Ron.» sospirò lei. Rigirandosi tra le mani i due vetri. «Non sei obbligato a prenderlo. A me piace usare questi “ritrovati” babbani per il fatto che mi ricordano la mia infanzia, quando papà li preparava per me. Stavamo in giardino a naso all'insù aspettando chissà cosa... ed invece, era solo cerchietto nero all'interno del sole, che con poco spariva com'era venuto.»
«L'ultima volta ce la siamo persi.» considerò il biondo, senza pensarci, e facendo levitare fino a sé uno dei due pezzi di vetro: sentì Hermione trasalire a due passi da lui, ma preferì non andare ad incrociare il suo sguardo e vedervi dentro il ricordo di un pomeriggio passati abbracciati nella Stamberga Strillante, la casa - almeno sulla carta - più infestata dai fantasmi dell'intera Inghilterra che loro avevano trasformato nella propria, decrepita, alcova personale.

La piccola mano di lei scese ad afferrare quella di lui, abbandonata lungo un fianco, e la ragazza represse un gridolino per la sorpresa ed il dolore causatole dalla forza con cui andò a stringergliela: si appoggiò alla sua schiena e fece scivolare l'altro braccio davanti, aggrappandosi alla vita di Draco. Poi chiuse gli occhi e rimase in silenzio, ascoltando il suo respiro accelerato e riempiendosi i polmoni del suo profumo.
«Hermione...»
«Non parlare...»
«Perché ti ostini a stare con lui?»
«Non parlare...»
Lasciò cadere in terra il proprio pezzo di vetro ed andò a coprire la mano all'altezza del proprio ombelico con la propria, intrecciando le dita a quelle di lei. Subito dopo, si rigirò in quell'abbraccio e la fissò serio, mentre le ombre scendevano attorno a loro, con la consapevolezza che, anche quel pomeriggio, si sarebbero persi un'altra eclissi di sole. E non ci fu più nulla: né i vetri in frantumi ai loro piedi, né il bambino che, nascosto da una maschera più grande di lui, assisteva meravigliato alla nascita di quella notte effimera. Non era rimasto niente da dire e non c'era più bisogno di altre risposte. C'erano solo le loro bocche unite in un bacio pigro, dal sapore malinconico, e le mani aggrappate quasi con disperazione attorno alle spalle.

~o0o~



Harry Potter alzò gli occhi al soffitto, pronto ad arrendersi all'evidenza che non sarebbe mai passato giorno senza che il suo fido specchio magico l'avesse rimproverato ben bene per i suoi capelli indisciplinati. Si aggiustò il nodo alla cravatta, si buttò il mantello sulle spalle e diede un'ultima occhiata al suo riflesso, prima che Ron comparisse nella sua camera da letto.
«Sei in ritardo di dieci minuti.» esordì Weasley. «Se io non torno subito alla festa e tu non compari in quella sala, darà di matto. E non voglio passare l'intera serata a litigare con lei sul fatto che sei solo un caprone e che il successo ti ha dato alla testa, considerando poi il fatto che ho altri programmi... sai cosa intendo.» concluse, mentre le orecchie andavano infuocandosi.
«Tua sorella...» bisbigliò il moro.
«Non è ancora arrivata.»
«Sai per caso con chi...»
«Malfoy.»

Harry mosse la bacchetta e, al posto del poster dell'ultima scopa uscita sul mercato, comparve una cornice con una gigantografia di lui e Ginny: era stato Colin Canon a scattare quella foto ed Harry sentiva il fiato venirgli meno quando realizzava che quei tempi felici non fossero lontani quanto in realtà, a volte, potevano sembrargli.

«Perché non le dici che non c'è stata nessun'altra, al suo posto?» suggerì Ron. «Stasera potrebbe essere l'occasione giusta per farlo.»
«E Malfoy?»
«Malfoy... non sono più sicuro che tra loro ci sia qualcosa oltre il rapporto di lavoro.» mugugnò il rosso, stringendogli la spalla.
«E io non ne posso più di tenerle il muso!» piagnucolò, aggiustandosi la cravatta, sebbene non ve ne fosse la necessità. «E dopo quella storia in cui hanno messo in mezzo anche Hermione, ho capito che era tutta una baggianata.»
«Ma se quella mattina sono dovuto venire a ripescarti a casa del Malfuretto, ché temevo volessi fargli la pelle!»
«Sì, è vero. Però c'ho riflettuto ed ho pensato fosse assurdo.» disse con un'alzata di spalle. «Malfoy ed Hermione... è quanto di più ridicolo abbia mai sentito dire! Sarebbe come ipotizzare una tresca tra Gazza e la McGranitt!»

E tra le risate, si smaterializzarono.

~o0o~



Draco e Ginny, dopo aver salutato la festeggiata e consegnatole un pacchetto incartato con della carta sgargiante, adocchiarono un piccolo gruppetto di ex-Corvonero e si unirono a loro: dal momento che di ex-Serpeverde non c'era neanche l'ombra, che Malfoy considerava un'offesa alla sua intelligenza mischiarsi con ex-Tassorosso e che una conversazione civile con ex-Grifondoro era praticamente un'utopia al pari della pace nel mondo, non erano rimaste loro molte alternative sulla scelta della compagnia della serata.
Luna Lovegood esibiva un abito probabilmente proveniente dalla sua ultima collezione di abbigliamento: Ginny passò un cinque minuti buoni a dar gomitate nelle costole di Malfoy, che non riusciva a far a meno di fissare la tenda nivea nella quale la ragazza era avvolta, in una sua rivisitazione dello stile romano.
Per qualche astruso motivo, l'ingresso in scena di Potter non fece altro che attirare di più l'attenzione su loro due: per ben due volte, Draco aveva visto incrinarsi tra le proprie mani il delicato vetro di un bicchiere da cocktail e dovette perciò rassegnarsi al fatto che, per quella sera, si sarebbe dovuto mantenere completamente sobrio.

Fu una sorpresa individuare, tra un gruppetto di ragazzini urlanti che correvano in lungo e largo nel salone del ricevimento, la testa rasata di Nott.
«Theodore?»
«Oh Draco!» esclamò gioviale l'altro, sollevando al volo un ragazzino che Draco riconobbe come il pargolo Nott più piccolo, e porgendogli la mano. «Non avevo idea di trovarti qui!»
«Be', neanch'io.» ammise grattandosi la testa.
«Hermione ha invitato un bel po' di colleghi. O comunque, chi ha organizzato la festa ha voluto che ci fossimo anche noi del Ministero: sinceramente, affittare un intero salone in un hotel di lusso non mi ricorda proprio il suo stile.» bisbigliò Nott con fare cospiratore. «Calcola che l'anno scorso ha festeggiato offrendo un drink al volo al Paiolo Magico a chi, come lei, si era fermato in ufficio fino a tarda notte.»
«Capisco.»
«Se dai un'occhiata in giro, dev'esserci anche Blaise.» aggiunse posando di nuovo in terra il bambino, che si stava agitando quasi fosse posseduto. «Lui ormai è un Grifondoro acquisito e non può mancare a certi eventi.»
«Al limite Corvonero acquisito.» precisò Draco, ghignando in direzione di Luna: la tenda, adesso, aveva preso a cambiar colore ad intervalli di tempo precisi, variando dal bianco, al rosso corallo, al nero ed al giallo canarino nell'arco di trenta secondi. In quell'istante, era di un adorabile verde marcio: il cordone che teneva fermo il vestito, invece, non era interessato minimamente dal fenomeno cangiante, restando fisso nel suo motivo alternato con i colori della Casa che aveva ospitato la moglie di Zabini.
«Credo sia una specie di pacchetto-famiglia.» considerò Blaise seriamente, inserendosi nel discorso e guardando a sua volta Luna. «Prendi uno e di conseguenza devi accettare anche tutti gli altri.»

Gli altri due annuirono tetri.

«Sarà pure un capo di gran moda, ma quel coso fa veramente schifo.» aggiunse, indicando l'abito che la sua dolce metà sfoggiava. «Mi chiedo come faccia la gente a comprarlo.»
«Me lo chiedevo anch'io.» rispose Malfoy, osservando la sua manager allontanarsi verso la terrazza con Potter, che se la trascinava dietro dopo averla afferrata per un braccio. «Ah, Theo, ti ho più ringraziato per quella storia dello shampoo?»

~o0o~



Il party proseguì senza particolari intoppi e Draco, seppur a malincuore, apprese che una delle coppie scoppiate più chiacchierate del mondo magico si era appena ri-accoppiata.

«Ti pare? Mi ha detto che se proprio per me era importante, potevo anche rimanere a lavorare per te e che lui avrebbe continuato a tenersi la nuova manager che ha ora.» ridacchiò Ginny al suo orecchio mentre, a pochi passi da loro, avveniva il famigerato scarto dei regali.
«E tu cos'hai risposto?»
«Che lo amo a tal punto che mi licenzierò, visto che so che il mio rapporto con te è motivo di dolore per lui.» bisbigliò, mentre Hermione tirava – per qualche motivo – un mucchio di tovaglioli a Neville Paciock. «Tra una settimana, però.»
«Molto commovente, Weasley.» commentò Draco, per nulla addolorato dalla perdita della sua collaboratrice più brillante. «Come credi che reagirà Potty nel momento in cui verrà a conoscenza di quella firma che ho apposto giusto ieri mattina su quel pezzo di pergamena e che comporterà il mio imminente trasferimento in Bulgaria?»
«Ci penserò più avanti.» rispose tranquilla. «Ed oltretutto, la notizia non è di dominio pubblico e posso rigirare la frittata come mi pare.»
«La nostra convivenza ha oscurato la tua anima di Grifondoro candida e pura, ne sei consapevole?» berciò, attirandola contro di sé e passandole le braccia intorno alla vita, facendo aderire la schiena di lei al proprio petto.
«Ne sono consapevole, Capo.» sorrise, posando una mano sulle sue. «E tu sei consapevole del fatto che ho un ragazzo molto geloso?»
«Correrò il rischio.»

Fu a quel punto che la situazione andò degenerando.

La luce s'era abbassata di colpo, lasciando la “platea” in uno stato di penombra e Weasley, di lato al tavolo in cui c'era la Granger, avanzava solennemente illuminato da un fascio luminoso, tenendo tra le mani una scatolina di velluto nero.

«È uno scherzo, vero?» bisbigliò Ginny, portandosi una mano alla bocca.
«Di pessimo gusto, oltretutto.» mugugnò Neville Paciock, che si era posizionato accanto a lei e Draco e che, evidentemente, era sovrappensiero.

Ron, adesso, si era lanciato a capofitto in un discorso strappalacrime, con l'apparente intenzione di rievocare tutti i momenti degli ultimi quindici anni trascorsi con Hermione, passando, nell'arco di trenta secondi, dalla lotta contro un troll nei bagni della scuola al primo viaggio insieme a Parigi.

«Esco a prendere una boccata d'aria.» dichiarò Malfoy, aprendosi la strada a suon di gomitate, nel momento in cui veniva riportato l'episodio di un test di gravidanza, risultato poi negativo.
«Ma che gli prende?» domandò Ginny, confusa da quel suo exploit ancor più dell'ordine cronologico degli avvenimenti ricordati da suo fratello.
«Dev'essere colpa del caviale: l'ho detto io che aveva un sapore strano.» ipotizzò Luna, giocando con la collana di tappi di burrobirra e stando abbracciata al proprio marito.
«Soprattutto considerato che non era caviale ma paté d'olive nere.» mormorò Ginny, non poi così interessata dalla scenetta romantica di cui suo fratello ed una sbigottita Hermione erano protagonisti. «Vado a portargli un bicchiere d'acqua.»
«Risparmiati il viaggio.» le suggerì Luna, guardando fissa dinnanzi a sé. «S'è smaterializzato ancor prima di raggiungere la terrazza.»

~o0o~



La mattina dopo, Ginny si presentò nell'appartamento di Malfoy alle sette e mezza, come di consueto: fu piuttosto sorpresa dal trovarlo ancora a letto e dall'apprendere che non aveva la benché minima intenzione di alzarsi. Accettò comunque di buon grado la colazione che gli aveva portato e, per la prima volta dal giorno in cui lavorava per lui, dovette infuriarsi per il fatto che le rubò la sua dose giornaliera di caffè di Starbucks.
«Questa casa mi mancherà.» bisbigliò sdraiandoglisi accanto e poggiandogli la testa sul petto. «Sei ancora convinto a venderla?»
«No, non lo sono.» sospirò, sfilandole il fermaglio che teneva tra i capelli. «Quanto hai detto paghi d'affitto?»
«Troppo.» bofonchiò, sovrapponendo la sua mano sinistra a quella del ragazzo: era uno dei suoi giochi preferiti vedere il contrasto tra le proprie piccole mani e quelle grandi di Draco. «Harry è più tirchio di te e sarò costretta a rimettermi a cercare casa di nuovo.»
«Perché non vieni a stare qui?» le propose, tirandosi a sedere. «Puoi anche non darmi niente, non m'interessa: il contratto che ho firmato basta a riempire di galeoni la mia camera blindata per il resto della mia vita. A me basta che ci sia dentro qualcuno fidato e che non faccia ammuffire le pareti. O seccare le piante.»
«Sarebbe fantastico.» disse lei, senza troppa convinzione, «Capisci che però devo discuterne con...»
«Già, lo immaginavo.» borbottò, sfilandosi la casacca del pigiama.

«Posso farti una domanda?»
«Se proprio ci tieni...»
«Cosa c'è tra te e Hermione?»

Draco si voltò verso di lei, con in mano un paio di calzini bianchi ed un'espressione indecifrabile stampata in faccia.
«Prego?»
«Cosa c'è tra te e Hermione?» scandì lentamente, trattenendo una risata di fronte alla sua reazione.
«Niente.»
«Niente.» ripeté lei con un tono canzonatorio.
«Ginny, smettila di girarci attorno e vieni al dunque. E bada a quello che dici: la Granger è una ragazza seria, sta per sposarsi e...» si guardò intorno, rimettendo i calzini nel cassetto. «Dobbiamo cominciare ad impacchettare la roba.»
«Merlino, ma allora è vero!» esclamò saltando in piedi sul letto ed evitando per un soffio un cuscino vagante. «Raccontami!»
«Weasley, raccontarti cosa?»
«I dettagli!»
«I dettagli di cosa?» ruggì, colpendo per sbaglio un vaso e facendolo cadere in terra. «Una cosa in meno da impacchettare.» commentò, facendo evanescere i cocci. «Non ci sono dettagli da raccontare: io parto per la Bulgaria e...»
«Ho trovato la scatola di Hermione.» lo interruppe scendendo dal letto e facendoglisi vicina.
«Però... volevo lo stesso saper da te come stavano le cose.»
«Lei cosa ti ha detto?» mormorò, arreso.
«Che è successo tanto tempo fa.» raccontò la ragazza. «Poi è arrivata mia madre e si è zittita. Draco...»
Malfoy la guardò in viso e sorrise vedendo che stava mordendosi le labbra. Sapeva cosa gli avrebbe chiesto ora.
«Era lei?» disse infatti. «L'unica ragazza di cui tu sia stato mai innamorato, quella che...»
«... mi fa sentire un perfetto idiota ogni volta la vedo e che per anni ho cercato di evitare il più possibile, senza riuscirci?» concluse ridendo tristemente, citando quelle che erano state le parole sincere di un ubriaco ad un festino della squadra – e che poi erano state riportate da qualcuno su una rivista femminile, con conseguente giubilo da parte di Pansy, che mai era stata più lontana dalla verità. «
«Hermione lo sa?» insistette Ginny, aggrappandosi con forza al suo braccio. «Lo ha mai saputo?»
«Adesso non ha più importanza: si sta per sposare.» concluse, uscendo dalla stanza. «Cominciamo dalla libreria?»
«No, non cominciamo a fare niente! Devi dirglielo! È importante!» strillò entrando in salotto e togliendogli i volumi di mano.
«Dalla libreria, Ginny.»

La discussione era conclusa.

~o0o~



«Ho cambiato idea!» urlò Hermione, in lacrime, davanti ad un Neville piuttosto sconvolto. Come sconvolti lo furono i venti ragazzini del sesto anno che stavano tenendo con lui una lezione nella serra numero tre. «Io… io non posso farlo!»
«Hermione, non potremmo…»
«Neville! Ho bisogno di te, ora!» strillò battendo in terra piedi come una ragazzina viziata.

Neville sospirò, congedò i suoi alunni e face apparire un comodo pouf su cui far sedere la sua amica.

Era questo uno dei significati più profondi dell’amicizia, no? Un amico si vede nel momento del bisogno ed a giudicare dallo stato in cui versava Hermione, lei ne aveva un bisogno estremo. Aggiungendovi il fatto che tra tutti gli amici si fosse rivolta proprio a lui, qualunque cosa avesse ridotto Hermione in quello stato non poteva essere collegato a qualche problema sul lavoro o con le iniziative del C.R.E.P.A. e Neville si preparò ad ascoltare il motivo che collegava Malfoy con la disperazione della sua amica.

Non era mai stato un genio in divinazione e non erano rare le volte in cui si ritrovava, suo malgrado, protagonista di catastrofiche previsioni della Cooman dopo una qualche discussione non particolarmente civile con la sua anziana collega, ma non ci voleva molto a tirare le somme in situazioni come quelle.

Il professore di erbologia si premurò di togliersi i guanti in pelle di drago, con i quali aveva appena maneggiato una piantina potenzialmente mortale, e, prendendosi tutto il tempo necessario, si accomodò accanto a lei, notando senza troppa sorpresa che l’anello di fidanzamento che Ron le aveva dato neanche una settimana prima era sparito dal suo anulare.

Neville dubitava fortemente che si fosse smarrito per una fatale casualità.

«Non mi sposo più.» singhiozzò dopo un po', soffiandosi rumorosamente il naso nel fazzoletto che lui le aveva allungato. «E Ron mi odia.»
«Comprensibile.» fece apatico, colpendo con un incantesimo un ragazzino che s'era attardato, probabilmente per carpire qualche notizia succulenta da svendere come pettegolezzo del mese nei corridoi di Hogwarts.
«Co-comprensibile?» balbettò, asciugandosi le lacrime. «Ho mandato a monte un matrimonio e tutto quello che hai da dirmi è “comprensibile”?»
«Credevi che Ron si sarebbe fatto una risata e t'avrebbe cortesemente invitata a farti un goccetto con lui?» domandò sarcastico.
«No.»
«Vedi che quindi è come ti dicevo? È comprensibile. L'unica cosa che non riuscivo a spiegarmi» continuò meditabondo «è il motivo per cui avevi accettato la sua proposta.»
«Perché lo amavo!» rispose come se quella fosse la cosa più naturale del mondo.
«E bastano un paio di giorni per...»
«Aveva organizzato una festa tutta per me, c'era un mucchio di gente, amici miei, suoi, nostri e perfetti sconosciuti. E tutto per me... cosa potevo fare?» sbottò a quel punto, guardandolo con un cipiglio battagliero.
«Ora mi spiego tante cose.» sospirò, passandosi una mano tra i capelli. «Per caso hai anche dato un'occhiata ai giornali di oggi?» continuò e gli fu chiaro, dall'espressione confusa con cui quella domanda venne accolta, che Hermione fosse convinta che stesse cambiando discorso.
«Sì.» affermò lei, nascondendo parte del suo scetticismo: era risaputo che aveva da sempre un abbonamento alla Gazzetta del Profeta, per quanto spesso non si trovasse in accordo con le scelte della redazione di quella testata.
«Anche la pagina sportiva?»
«Neville, per chi mi hai preso?» sbottò, quasi digrignando i denti.

Le pagine di una copia della Gazzetta del Profeta, abbandonata su un tavolo da lavoro poco più in là, presero a svolazzare freneticamente e, nel momento in cui si fermarono, il giornale si alzò in volo, fino a cadere tra le sue mani: Hermione si ritrovò a guardare la faccia arcigna di Malfoy, immortalato dopo la partita della domenica prima ed intento a sbraitare un qualche ordine ai suoi compagni di squadra. Quando portò gli occhi sul titolo dell'articolo, restò di sasso.

«Non vorrei essere al posto di Ginny in questo momento.» ridacchiò una volta ripresasi. «Sai quanto borbotterà per questa fotografia orrenda?»
«Hai da dire solo questo?»
«Sì.» asserì. Posandosi in grembo il giornale. «Sei stato tu, vero? A mandare quelle foto, intendo... e sai di quali sto parlando.»

Neville rimase in silenzio per un po', poi borbottò: «Hai intenzione di farmi una ramanzina? No, perché se dobbiamo metterci a discutere per chi l'ha combinata più grossa...» afferrò una burrobirra che arrivava verso di loro. «Io volevo solo darti una mano.» tagliò corto.

«Strano modo hai tu di aiutare la gente.» berciò Hermione, strappandogli di mano la burrobirra e concedendosene un'abbondante sorsata. Poi, con un gesto ben poco femminile, si asciugò con la manica quella che per la foga le era colata dagli angoli delle labbra.

«Cosa aspetti ad andarlo a cercare?»
«Per fare cosa, scusa?»
«Se vuoi ti faccio un disegnino...»
«Che idiota, sei! Sono uscita ora da una storia... anzi, non so neanche se ne sono ancora del tutto uscita e tu...»
«Non sei mai uscita da quella con lui di storia... ed ora se ne andrà per sempre in Bulgaria se nessuno gli darà un motivo per tornare.»
«Non sarò io a darglielo.»

Neville prese a misurare a grandi passi la serra, borbottando tra sé e sé e lanciandole, di tanto in tanto, delle occhiate di biasimo.

«Perché sei così propensa a farti del male da sola?» scoppiò alla fine, fermando il suo passeggiare.
«Neville Paciock, da quando hai la presunzione di voler sapere cosa è meglio per me?»
«Dal giorno in cui hai cominciato a tuffarti a capofitto nel lavoro al punto da far seccare qualunque pianta che avesse avuto la sfortuna di capitarti fra le mani, per esempio.» dichiarò serio. «E se tu non ricordi quand'è cominciata, io lo ricordo bene.»

Hermione rimase in silenzio, incapace di replicare.

«Non è colpa mia se...»
«Hermione, ho una lezione fra dieci minuti. Non ho tempo da perdere con una bambina che non sa gestire i propri sentimenti, si preoccupa del giudizio della società ma non si fa scrupoli a tradire il proprio ragazzo un paio di volte l'anno, dando la colpa a... cos'era stato l'ultima volta? L'entusiasmo per averlo trovato ancora vivo dopo un volo dalla scopa di...»

«Basta!»

I due voltarono la testa contemporaneamente: Draco Malfoy, rosso di rabbia, si stagliava sulla porta, con in mano un borsone e la sua scopa in spalla. Ed un'orda di teenager curiosi alle sue spalle.

~o0o~ Era arrabbiato.
La deduzione che poté fare Hermione dai suoi occhi fiammeggianti era abbastanza scontata, ma rimaneva il fatto che fosse assolutamente veritiera. Per un momento, lei si era sentita in dovere di abbassare lo sguardo per evitare il suo.

Era stato un solo momento: quello dopo, aveva di nuovo trovato il coraggio di guardarlo dritto in faccia. Ed era riuscita anche a fare a meno di arrossire. In fin dei conti, Malfoy non poteva rimproverarle nulla, se si andava ad escludere quella mancanza di riguardi che gli aveva riservato - ed a poco valevano le obiezioni che la sua coscienza sporca adducevano, facendole tornare in mente i momenti della loro adolescenza in cui lui era stato quello scorretto.

Una scusa piuttosto puerile e scarsa di fantasia, quella, e stava lì a svelarle una verità piuttosto scomoda: non aveva scusanti per quello che gli aveva fatto. E che continuava a fargli da anni.
Certo, se ne era resa conto solo la sera del compleanno di Ginny quando, unica sobria, si era dovuta sorbire le prodezze - e le confidenze - dei due amici ubriachi in maniera pressoché imbarazzante... e non aveva potuto far a meno di baciarlo. Nonostante il rischio di essere visti, nonostante il senso di colpa, nonostante la certezza che stesse sbagliando tutto, Draco era riuscito, ancora una volta, a far cadere lo scudo che si era imposta di erigere tra loro due. Ed a farla cedere.


Ginny stava russando, le braccia incrociate sul tavolo a fornire un improvvisato cuscino alla sua testa ciondolante.
«È con te che voglio stare.» aveva biascicato con gli occhi socchiusi, rovesciando un bicchiere ormai vuoto nel tentativo maldestro di prenderle la mano. «Lo so che hai già deciso di tornare con lui... ma io...»
Hermione lo aveva guardato: la lingua impastata, le parole che uscivano insicure dalle sue labbra,i movimenti lenti ed impacciati, tutto in lui indicava l'indecente quantità di alcol che circolava nel suo sangue e che gli annebbiava i sensi. Nonostante questo, però, nel suo sguardo s'era accesa una luce, una fiammella di determinazione che era in totale contrasto con il torpore nel quale il resto del suo corpo era caduto, e lei ne ebbe quasi paura.
«Io non ce la faccio ad andare avanti così.» aveva continuato, sbattendo fiaccamente il pugno sul legno color noce del tavolo. «Non ce la faccio a continuare ad elemosinare momenti da passare con te, a sperare che arrivi il giorno in cui la Donnola farà qualcosa di così stupido da perderti per sempre e che tu ti accorga di quanto io sia innamorato di te.»
Non aveva fiatato ed aveva lasciato che il pollice della mano ancora intrecciata alla sua le sfiorasse dolcemente il palmo, ed osservò inerme le dita salire su, lungo il suo braccio, in una carezza delicata, resa titubante sia dal timore di un suo rifiuto che da quei suoi riflessi assopiti.
«Cos'ha che io non ho?»
«Lui mi ama.» aveva immediatamente bisbigliato, non poi così convinta dalla logicità di quella spiegazione che più e più volte aveva propinato a se stessa per prima.
«Anch'io.»
Scosse la testa, sorridendo mesta. «No, non sei tu a parlare. Non sai quel che dici.»
«E credi di saperlo tu?»
«Ti conosco, Draco. E non hai bisogno di usare le tue tecniche da seduttore consumato con me...»
«Quando voglio portarmi a letto una donna, non ho bisogno di imbonirla con belle parole e false promesse.» replicò brusco, stringendole il polso in una morsa dolorosa. «So essere meschino, ma ho anch'io un codice morale, sai?»

Hermione annuì e con uno strattone riuscì a liberarsi dalla sua presa.

«Cos'ha che io non ho?» chiese ancora una volta, dando alla ragazza la spiacevole sensazione che avrebbe continuato con quella cantilena finché non avesse ricevuto una risposta. Un'
altra risposta.
«Non lo so.» ammise, sentendosi cretina come non mai.
«Lo so io.» disse scuotendo la testa, in un gesto che doveva causargli sofferenza, nelle condizioni in cui versava. «Un avambraccio sinistro senza marchio.»
Gli occhi di Hermione si riempirono di lacrime, ricordando la prima volta che aveva visto quel segno oscuro, macchia indelebile sulla pelle d'alabastro di lui.
«Non è giusto che debba continuare a pagare per uno stupido sbaglio di quando ero poco più di un moccioso.» ruggì mentre Tom, intento a sparecchiare un tavolo poco distante dal loro, decideva di rimandare quel lavoro ad un secondo momento, cogliendo lo sguardo di Hermione. Poi, con suo grande orrore, Hermione si rese conto che Draco stava piangendo, difficile stabilire se per rabbia o per disperazione. Di sicuro, però, non per l'alcol. E l'unica altra cosa di cui era certa, era che lui non aveva affatto l'aria di uno che stesse fingendo.

Non oppose resistenza alcuna nel momento in cui, chissà come, arrivò ad inginocchiarsi davanti a lei, abbracciandola per la vita e posando la sua testa bionda sui suoi seni, e si limitò invece ad abbracciarlo più stretto, affondando le mani nei suoi capelli serici.

«Non è colpa tua.» mormorò più tardi, con il sapore del firewhisky nella bocca, stringendo più forte il corpo di lui, ormai addormentato. “Sono io quella che non va, quella che ha paura della vita e delle conseguenze che comporta, e che ha rovinato la vita a te ed a Ron, che avete avuto come unica colpa quella di avermi voluto bene nel modo in cui me l'avete voluto.”

Si morse le labbra e si rese conto d'essere talmente pavida da non aver neppure il coraggio di pronunciare quelle parole di fronte a due persone completamente incoscienti, e promise a se stessa che quella,
quella sarebbe stata l'ultima volta che Draco Malfoy l'avrebbe toccata e che lei avrebbe toccato Draco Malfoy. E l'ultima volta che lei si sarebbe chiesta se era veramente quella che stava vivendo la vita che desiderava per se stessa.

Smaterializzò tutti e tre a casa, si assicurò che né Draco né Ginny potessero conservare neanche il più piccolo e confuso ricordo degli avvenimenti di quella notte e tornò a casa, da sola, nel tentativo di trovare la pace ed il sonno che aveva irrimediabilmente perso nelle acque agitate che scorrevano sotto al Tower Bridge.



Presa dai suoi pensieri, non si era neanche resa conto del fatto che Neville avesse abbandonato la serra con gli studenti che si erano affrettati per seguire la lezione, trascinandoli nell'orto di Hagrid con il pretesto di mostrar loro come preparare il terreno per piantare le zucche di Halloween.

«Che ci fai qui?» sbottò lui dopo un po', lasciando cadere a terra il borsone con un tonfo.
«Dubito che siano affari tuoi.» rispose lei aggressivamente, facendo levitare fino a sé il pacchetto di sigarette che Draco aveva tirato fuori dalla tasca dei propri pantaloni. «Il fumo pregiudica la tua resa in campo.» si giustificò, accendendosi poi una sigaretta.
«Da quando ti atteggi a mio medico sportivo?»
«Da quando il tuo medico sportivo ti permette di ammazzarti i polmoni?»

Si studiarono per un po', decisi a vicenda a non cedere, per poi decidere comunemente di far cadere lì l'argomento, nel vano tentativo di non sollevarne altri di più spinosi.

«Tu come mai sei qui?»
«Ho un appuntamento con Piton per le undici.» spiegò, alzando le spalle.
«Sei in ritardo.» gli fece notare atona, osservando le volute di fumo che si innalzavano dalla sigaretta accesa tra le sue dita.
«Aspetterà.» replicò, sedendosi su un ballino di terriccio là vicino.

« Parto per la Bulgaria.»

Stava giocando con un legnetto, tracciando righe tutt'intorno ai propri piedi, come l'ultimo dei bambini annoiati: era raro vedere Draco Malfoy impacciato ma, quella mattina, aveva tutta l'aria di esserlo. Sembrava... sembrava quasi che stesse aspettando qualcosa.

Una sua mossa.

Hermione, nel momento in cui le parole di Neville le rimbombarono nella testa, si sentì stringere il cuore in una morsa.

Un motivo per tornare.

Era veramente quello di cui aveva bisogno? Ciò che si voleva sentir dire?

«L'ho sentito dire.» si limitò a rispondere. «Ginny rimarrà senza lavoro, a quanto pare.»
«E fuori splende il sole, hai notato?» digrignò tra i denti, non più propenso a continuare quella pagliacciata: si era illuso per quasi un'ora che i sogni romantici di Ron Weasley fossero finiti in fumo per causa sua, ed aveva sollevato Ginny facendole fare perfino una piroetta - e lei non solo non l'aveva sfottuto per quella sua reazione, ma si era unita alla sua risata gioiosa - dinnanzi alla notizia dell'annullamento delle nozze che lei gli aveva portato assieme alla colazione ed ad una copia fresca di stampa del Profeta. Da quanto era stato contento, si era perfino dimenticato di dar ordine a Ginny di citare per danni il fotografo che aveva fatto scempio della sua immagine di bello del quidditch e, messe un po' di cianfrusaglie nel proprio borsone, aveva fatto rotta su Hogwarts per tener fede ad una promessa fatta a Piton, nonostante dentro di sé immaginava già l'attimo in cui sarebbe corso a bussare alla porta di Hermione. Quando poi, camminando lungo un corridoio, aveva sentito dei ragazzini bisbigliare qualcosa a proposito di una crisi isterica di Hermione Granger in una delle serre, aveva subito abbandonato il tragitto per i sotterranei ed aveva preso a correre in direzione del parco della scuola.

Hermione alzò finalmente gli occhi su di lui e rabbrividì incrociando i suoi.

«Che c'è?»
«Che c'è?» ripeté lui, scuotendo la testa ed alzandosi in piedi, dandosi mentalmente del cretino per essersi illuso ancora una volta che le cose tra loro sarebbero finalmente cambiate. «Lascia perdere, tu non puoi capire.»
«Capire cosa?» gridò, tirandosi su a sua volta e pentendosi, il momento dopo in cui aveva formulato quella domanda, di avergliela fatta.

Non voleva sentirsi rispondere, ancora una volta, a quel modo.
E non voleva che lui continuasse a fissarla con quell'aria ferita.

A giudicare dalla sua reazione, aveva avvertito la sua codardia: girò sui tacchi, si chinò a raccogliere il borsone da terra e poi lo tirò ai suoi piedi.

«Questa è roba tua. A me, non serve più.» sibilò, prima di uscire per sempre dalla serra numero tre.

Quando Hermione fece scorrere la lampo e vi scorse dentro il profilo di una scatola con i colori di Grifondoro, si sedette di nuovo in terra e si tirò le ginocchia contro il petto, decidendo che quello era un momento buono per concedersi un pianto che nulla aveva a che vedere con i sensi di colpa per la storia con Ron.

~o0o~



«E quindi, Malfoy, secondo lei si è trattato di un increscioso incidente?»
«Sì, Mila.» rispose Draco pacato, piluccando dell'uva da un vassoio disposto lì per loro. «Tutti sanno che Slavejkov, senza occhiali, è praticamente cieco.»

Mila Rakovsky sorrise a denti stretti e continuò a grattare il proprio taccuino con una penna d'aquila che, ad occhio e croce, doveva avergli regalato proprio lui, sei mesi prima. «E quindi, il fatto che Slavejkov abbia spaccato la faccia di Krum scambiandolo per un bolide, lei lo definirebbe...»
«I quindici minuti sono scaduti esattamente trenta secondi fa.» la interruppe una voce gelida, proveniente dal tavolo accanto al loro. «Il signor Malfoy ha un altro appuntamento e la pregherei quindi di uscire da questa stanza per lasciare il suo posto al prossimo giornalista.»

Mila fissò la ragazza con uno sguardo carico di un odio maggiore a quello che riservava per gli amanti che l'avevano scaricata - come Draco, appunto. E se odiava quella ragazza, era perché Draco l'aveva scaricata per lei, per l'appunto. Cosa ci trovasse in quella, poi, nessuno se lo sapeva spiegare.

A parte Viktor Krum, forse.

«Sei l'assistente più scontrosa di questo mondo.» sbuffò Draco imbronciato, una volta che la giornalista - dal cuore spezzato - di turno si fu richiusa la porta alle spalle.
«Signor asso del quidditch...» incominciò, lanciandogli una copia del Profeta, arrivata con la posta di quella mattina, in cui l'epiteto era scritto a caratteri cubitali al centro della pagina. «... dei miei stivali, sarai contento del risultato di questo sondaggio, eh?»
«Tu non lo sembri per niente.» considerò il ragazzo, picchiettandosi le labbra con un dito.
«Esatto.» confermò, guardandolo biecamente. «Mi sono fatta inviare la bussola con i voti da Lavanda...»
«Da quando ti abbassi a chiedere un favore alla Brown?»
«... e li ho controllati uno ad uno.» continuò, ignorando quella sua interruzione assolutamente pertinente, «Ti devo forse dire cos'ho notato?»
«Lo sai come sono fatti gli amici di Nott» spiegò, facendo spallucce e prevedendo dove volesse andare a parare. «Mi adorano...»
«Hai barato!»
«E credi per caso che Potter sia un agnellino innocente? Credi veramente che lui non abbia tentato di truccare quel sondaggio farlocco?» si difese, gongolando della sua espressione che mostrava il fatto che fosse stata colta in fallo: era veramente convinta che il suo amichetto avesse ancora un qualcosa di angelico, come ai tempi di Hogwarts. «E dire che c'era chi riteneva che tu fossi la strega più brillante di tutti i tempi...»
«Ti odio.» sibilò, assottigliando gli occhi ed incrociando le braccia al seno.
«Lo so.» rispose, facendosi vicino a lei e posandole le mani sulle spalle. «È per questo che hai attraversato la Manica per corrermi appresso ed elemosinare un lavoro da me.»
«Io non ho elemosinato un bel nulla!» esclamò scandalizzata, facendo un passo indietro e sfuggendo a quello che si stava per trasformare in un abbraccio: una manifestazione d'affetto che esulava dai normali rapporti dipendente-datore di lavoro che era stata vietata in una voce del contratto che regolava i loro rapporti di lavoro, e che Hermione stessa si era premurata di redigere. «Sei stato tu a propormi di...»
«Ma ciò non toglie che hai attraversato la Manica per corrermi appresso.» ghignò soddisfatto.
«Ti piace troppo sentirtelo dire, vero?» chiese sarcastica.
«Sì.» ammise con semplicità, prima di catturare le sue labbra tra le proprie. «Perché Merlino solo sa quanto l'ho aspettato...»
«Vorrei ricordarti che hai un'intervista fra cinque minuti.» mormorò la ragazza, bloccando le mani di Draco che stavano già facendosi largo al di sotto della sua camicetta di seta.
«Granger, non può fregarmene di meno.» chiarì, passandole un braccio attorno alla vita e smaterializzando entrambi fino al loro appartamento.

~o0o~



«Dove diavolo è la parrucchiera?» gridò Hermione, girando per la casa con in mano un bouquet e nel bel mezzo di una crisi di panico: Draco l'acchiappò al volo per le spalle, risparmiandole un capitombolo giù dalle scale, e la guardò torvo.
«Calmati.» le intimò, facendola girare su se stessa ed allacciandole una collanina al collo. «E togliti quei trampoli se vuoi arrivare sana e salva alla fine della serata.»
«Come posso calmarmi? Il prete è già arrivato e noi siamo ancora qui!»
«E la parrucchiera non si vede!» strillò Luna, dandole manforte e uscendo a razzo da una camera lì vicino: realizzando lo stato dei capelli di Hermione, tornò qualche secondo dopo con Ginny alle calcagna e si misero a lanciarle qualche incantesimo per tentare di salvare il salvabile.
«Ma ciò non toglie che non puoi pretendere di camminare tutto il giorno con quei tacchi: ricordati che mi rifiuterò categoricamente di massaggiarti i piedi, stasera.» la minacciò Draco, appuntandosi un fiore all'occhiello della giacca. Si voltò poi in direzione di Viktor Krum, con sul viso ancora i segni visibili di sottili cicatrici risalenti ad una partita di qualche tempo prima, e sospirò assieme a lui, mentre Mila Rakovsky si concesse una risatina, stringendosi ancor più al braccio del suo novello fidanzato.

Harry e Ron, dal canto loro, guardavano incerti tutto quello svolazzare di tulle, fiori e bigodini, stando appoggiati al muro del corridoio: solo allora Ginny si rese conto che il novello sposo, il testimone ed i curiosi vari erano tutti lì e, afferrate le sue damigelle per le mani, cacciò un urlo spaccatimpani e se le trascinò tutte dietro nella sua stanza, prendendo ad imprecare con la delicatezza che era tipica di Charlie nei frangenti in cui andava a caccia di draghi.

«Donne!» esclamò Harry, cercando lo sguardo di Ron e sfuggendo quello del signor Weasley che, da un paio di giorni a quella parte, era solito tendergli degli agguati, anche nei posti più impensati, per poter intavolare quella che il suocero aveva definito una “chiacchierata tra uomini”.

«Draco, sono già arrivati i tuoi genitori?»
«Credo siano di sotto con la signora Weasley.» rispose, ricordandosi di come Molly avesse accolto a braccia aperte i parenti: se ad undici anni gli avessero detto che, un giorno, Voldemort sarebbe scomparso assieme al suo fantasma ed i Weasley ed i Malfoy si sarebbero invitati vicendevolmente a matrimoni ed occasioni varie... di sicuro, avrebbe pensato ad un qualche Confundus.

Un paio d'ore dopo, nell'attimo in cui il prete diceva ad Harry Potter che poteva baciare Ginevra Weasley, guardando con un sorriso ebete la propria fidanzata, ponderò fra sé e sé che avrebbe pensato ad un Confundus piuttosto potente.

Si sentiva un perfetto imbecille a sorridere a quel modo ad Hermione Granger, rigirandosi nella tasca la scatoletta di velluto che le avrebbe dato quella sera, una volta tornati a casa loro, ma non poteva farci nulla: adorava troppo quella donna e l'idea di passare il resto dell'esistenza insieme a lei.

~o0o~The End~o0o~



Note dell'autora: Innanzi tutto mi scuso se vi ho fatto attendere così tanto per questo secondo - e come avrete visto ultimo - capitolo di “Nothing left to say”, soprattutto considerando che era scritto da tempo e che quello di cui necessitava era solo una buona limatura in alcuni suoi punti: i commenti di alcune di voi nel capitolo precedente m'avevano fatto venir voglia di scriverne un terzo, magari lavorando un po' sulle parti che in passato avevo volutamente saltato (salti che immagino fin da ora alcuni non apprezzeranno, ma chi conosce me sa quanto le cose non dette e le scene non descritte piacciono alla sottoscritta), e siccome alla fine ho deciso di mantenere quella che era stata l'idea originale… be', v'ho fatto aspettare per niente^^'.
Spero comunque questa two-shot vi sia piaciuta e ringrazio fin da ora chi è arrivato a leggere queste parole. Ho giusto un paio di cosette da dirvi: visto che i Weasley ed i Malfoy sono imparentati tra loro, Noris può essere considerato una sorta di nipote di Draco e Piton ha veramente detto prima di lei la frase che Hermione dice in relazione al danneggiamento del Platano Picchiatore. Tutto qui. Alla prossima,

Merryluna


Ps. Dato che m'è parso di capire che non è stato particolarmente chiaro e che sono diverse le persone che hanno avuto questo dubbio, ci tengo a dire che Draco e Ginny non sono mai stati insieme, né fondamentalmente hanno desiderato esserlo.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=501453