Se non fosse che. Forse ti amo.

di mewsana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piuma ***
Capitolo 2: *** D'oro ***



Capitolo 1
*** Piuma ***


Avevano vinto

Avevano vinto.

Di nuovo.

I giocatori dello Shohoku sapevano di non essere perfetti. Sapevano di dover affrontare ancora delle grandi difficoltà.

… L’egoismo di Rukawa …

… Le manie di Sakuragi …

 

Tuttavia oggi no. Sapere che hai superato tutti, sapere che stai stringendo in mano il simbolo di tutto quello che hai sempre sperato. È una sensazione forte.

 

Di onnipotenza.

 

E anche oggi c’era.

C’era la piuma di falco poggiata delicatamente per terra, di fianco alle docce.

La fece notare Rukawa, dalla sua posizione isolata sullo stipite, in mezzo all’euforia generale.

E tutti si bloccarono.

Per un breve ed interminabile secondo, tutto sparì. C’erano solo i giocatori, le loro incertezze, le loro paure, e quella piuma di falco.

Poi una parola flautata nel mezzo del frastuono, un rito quasi…

Una parola che nella sua infinita delicatezza squarcerebbe il caos dei tifosi.

-Grazie…-

La baka kitzune, il Do’ aho, Mitsui, Akagi, Miyagi…

Tutti che si fermano, che sorridono. Chi apertamente, chi più sfuggente.

A ringraziare quel maledetto falco dalla piuma nera e d’oro che ogni volta c’era.

 

E che presto sarebbe tornato a sconvolgere le loro vite.

 

 

 

 

**

 

 

Gli occhi blu della volpe inquadrano quelli nocciola della scimmia.

Perché quella maledetta Kitzune ha di nuovo pronunciato la parola a cui il Do’ aho con manie di protagonismo non può resistere.

 

-Do’ aho, sfida.-

 

Nessun psicologo senza istinti masochisti si sognerebbe neanche minimamente di analizzare quel gruppo di psicopatici che altri nomi non ha che Shohoku Basketball Team.

 

Se non fosse che. Quello è l’unico modo in cui si divertono. E migliorano.

Se non fosse che. Hanamichi Sakuragi è spronato da quella sfida silenziosa. È orgoglioso. Smania per battere definitivamente il suo nemico di sempre.

 

Che poi nemico non è.

 

Se nessuno psicologo si sognerebbe di analizzare lo Shohoku come squadra, nemmeno Freud si sognerebbe di capire che tipo di legame malato c’è fra il numero 10 e 11.

 

Come poi definire qualcosa del genere? Come puoi dare un semplice nome alla loro lotta eterna? Amicizia…? No…

Allora forse…

 

Amore…?

 

Ma l’amore non è tale finchè non lo si ammette.

 

 

E allora via…

La palla che rimbalza, gli occhi di fuoco che incendiano gli animi e la partita one-on-one.

I corpi coperti da una leggera patina di sudore…

Canestro. Schiacciata.

E un breve sorriso che però Kaede Rukawa si affretta a sopprimere.

Perché quanto la scimmia è fanatica e casinista, lui è orgoglioso e schivo, freddo.

 

Se non fosse che. Qualcuno lo ha visto.

 

E quel qualcuno sparisce, non prima però di aver poggiato qualcosa di importante vicino alle docce.

 

Una piuma.

 

 

 

 

 

 

 

 

Disclaimer:

Allora, i personaggi dell’anime e manga di Slam Dunk non sono miei, ma bensì di Inoue, salvo alcuni personaggi che poi introdurrò mano a mano nella storia.

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Capitolo 2
*** D'oro ***


Kaede Rukawa mal sopporta Hanamichi Sakuragi perché non potrà mai avere la sua potenza e, in fondo in fondo, anche la sua esub

Kaede Rukawa mal sopporta Hanamichi Sakuragi perché non potrà mai avere la sua potenza e, in fondo in fondo, anche la sua esuberanza.

 

Hanamichi Sakuragi mal sopporta Kaede Rukawa perché non potrà mai avere la sua eleganza e il suo maledetto sangue freddo.

 

 

Incredibile come per quanto si ritengano diversi e incompatibili, quei due sotto sotto abbiano un’infinità di punti in comune.

 

 

Kaede comincia a correre velocemente e senza una sbavatura, la palla che aderisce perfettamente al palmo della mano.

Quell’espressione un poco assente e sicura di sé che da sempre lo contraddistingue. Che finge di osservare il canestro. Finge. Perché in realtà studia attentamente l’unica cosa che non può avere.

 

Il suo temibile avversario Hanamichi “Tensai” Sakuragi

 

Può cogliere tutto di lui. Ogni singola goccia di sudore sulla sua pelle dal colore bronzeo. Ogni piccolo movimento, ogni espressione che modifica i tratti del viso e illumina i suoi occhi.

 

Ad ogni modo. Quella è una sfida e lui nn deve assolutamente farsi distrarre perché… non lo sa il perché in realtà.

 

Sa solo che le loro sfide sono l’unica certezza del momento. E allora si concentra, spronandosi per dare il meglio. Si ferma nella zona da due punti. Con un arresto magistrale blocca i piedi sull’asfalto del campetto all’aperto. Poi salta, portando la palla in alto per effettuare un tiro dalla mezzaluna. Tiro.

 

-O kami….- sussurra, ma non troppo piano perché la scimmia non lo senta.

 

E ad Hanamichi si blocca il cuore. Perché la sua volpe ha pronunciato una parola nuova del suo scarso frasario. Potrebbe essere che il suo cuore abbia perso un battito. Ma non capisce il perché. Non capisce perché è stato così contento e, cosa non meno importante, non capisce perché Rukawa abbia espresso il suo disappunto. Il tiro è ancora in volo. Come fa a capire se lo ha sbagliato?

 

Poi alza lo sguardo e tutto diventa chiaro.

Appoggiato al ferro sta un falco. Nero, completamente nero. E con due gemme dorate incastonate negli occhi.

L’animale sbatte violentemente le ali per alzarsi in volo e, fortunatamente, viene mancato dalla palla per una frazione di secondo.

 

Ferro. Rimbalzo.

È l’unica cosa che pensa Hana mentre spicca un balzo poderoso verso l’alto, il corpo teso a contrastare l’avversario. Sfortunatamente, o fortunatamente a seconda dei casi, il tensai sfiora la palla, deviandola, ma non riesce ad afferrarla. Riesce solo a perdere l’equilibrio, trascinando con sé nella caduta anche il volpino.

Lui non può vederlo, ma il suo gesto ha un altro risvolto. La sfera, deviata, colpisce in pieno il falco nerastro che volava nelle immediate vicinanze, facendolo precipitare al suolo.

 

Quando riapre gli occhi, Sakuragi non può fare a meno di arrossire di imbarazzo. Sovrasta col corpo il suo nemico, le gambe intrecciate così come i loro fiati.

Le gocce di sudore passano dalla sua guancia al suo mento, in un ritmo lento e angosciante. Tutto gira intorno a loro, in questo momento.

Vorrebbe solo mandare al diavolo tutto e tutti, i pregiudizi, i suoi dubbi, la freddezza di Rukawa, e sussurrargli parole dolci.

Ma non può.

 

-Do’ aho!- sta già per inveire contro il ragazzo sotto di lui –non c’è niente da fare, ormai il suo cervello procede in automatico- , quando si blocca. Appena in tempo. Perché, riflette, la kitsune la può vedere in viso ed è sicuro –quasi certo- che le sue labbra leggermente schiuse non abbiano articolato alcun suono.

 

E allora chi?

Si gira rabbioso e, stranezza, vede una ragazza seduta per terra, vicino al canestro. Si sta massaggiando il sedere –sintomo di una botta?- , ed è evidentemente lei che ha pronunciato la parola d’offesa.

I capelli neri, lunghi, ricci, sono raccolti in una coda alta e gli occhi, dorati, lampeggiano d’ira e di dolore.

 

-Cosa hai detto?- non sia mai che il tensai si faccia insultare così, senza ribattere nulla!

 

-Ho detto: Do’ aho- chiarisce lei rialzandosi in piedi lentamente e con eleganza, mentre batte con una mano sulla veste nera, evidentemente per eliminare ogni residuo di sporcizia.

 

-Ragazzina sciocca, porta rispetto al Tensai!!! E vattene, subito!- strepita, muovendo una mano come a voler dire < Per oggi sei stata graziata, hai il mio perdono. >.

 

E lei si infiamma, così come le sue guance alabastrine. –Lo farei volentieri, ma ho due cose che necessito avere da te e dal tuo amico- sibila lentamente scandendo bene le parole perché, di ripetere due volte le stesse cose, proprio non se ne parla.

 

-E sarebbero?- stavolta è Rukawa a porre la domanda, lo sguardo blu fisso in quello d’oro. La voce è poco più che un sussurro, ma come sempre attira su di sé tutta l’attenzione a lui dovuta.

 

-Le scuse del tuo amico, per prima- semplice, diretta ed efficace. Sembra la ragazza ideale per Rukawa.

 

-Cosssssssaaaa???- Hanamichi non ha parole. Lui, amico di Kaede –Kitsune freezer- Rukawa?

 

-Hai capito benissimo stupido essere dai capelli rossi- dice semplicemente, attendendo i risvolti –positivi o negativi che siano- della situazione.

 

-Lui NON è mio amico! E perché le mie scuse?- sbraita ben intenzionato a chiarire la situazione perché non sia mai! Lui non può essere scambiato per un amico della kitsune!

 

-Non mi interessa. Mi hai preso con una pallonata facendomi cadere e ora pretendo le tue scuse. Volente o nolente-

 

-Scusa- secco e ,decisamente, nolente.

 

-In secondo luogo… avrei bisogno della vita del tuo amico- silenzio. E un battito del cuore che nemmeno lui riesce a spiegare.

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