L'ultimo ricordo felice

di LunaMirtilla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sesto ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo. ***


-Tom, vieni giù, è tardi!-
Il ragazzo finse di non sentire, e si acquattò ancora di più nel buio della soffitta.
Ma Anne non si arrese. -Dai, vieni, o ci sgridano tutti e due!-
Tom non poté più ignorarla, anche se non aveva alcuna intenzione di seguire il suo consiglio, e scendere al refettorio. -Allora vai avanti.- cercò di tagliare corto.
Sentì lo sbuffo di Anne, dal piano sottostante. -Io non mi muovo di qui, se non vieni anche tu!- Strillò.
-Bene- concluse il ragazzo -vuol dire che resterai lì parecchio, perché io non ho fame.-
La ragazzina perse la pazienza e raggiunse l'amico, arrampicandosi per la scala a pioli.
Era più piccola di Tom, ma, nonostante avesse quasi tredici anni, ne dimostrava almeno due in meno. Era piuttosto bassa, mingherlina, con le trecce scure che le ricadevano sulle spalle, occhi grandi e nocciola, viso pallido e guance rosse. Sembrava una bambina. E ragionava come una bambina, ogni tanto. Ma restava sempre il fatto che i suoi discorsi tralasciavano una saggezza che pochi ragazzi possedevano, alla sua età.
A volte faceva quasi paura.
Si avvicinò al ragazzo, e sorrise, da dietro il Manuale di Incantesimi, volume quinto, di Tom. -Che fai?- Gli chiese con la sua vocina limpida.
Il ragazzo alzò le spalle. -Studio.-
-Con il libro al contrario?-
Accidenti.
Si finse indifferente. -Problemi?-
Anne sospirò. L'entusiasmo si spense sul suo volto, e la ragazzina divenne improvvisamente seria. -Sei ancora arrabbiato per prima, vero?-
Tom non rispose.
Certo che era arrabbiato. Arrabbiato come non lo era mai stato prima di allora. Ma non valeva la pena di prendersela con Anne. Voleva solo restare lì, in pace, lontano da tutti e da tutto.
Voltò il libro, è tornò a fissare quelle stupide immagini con rinnovata ostinazione.
-Dai, Tom. A me puoi dirlo. Perché cavolo devi sempre tenermi il muso ogni volta che ti succede qualcosa di brutto?-
Dopotutto Anne aveva ragione. Sotto questo punto di vista era decisamente associale. Forse perché esprimere i suoi dubbi a voce alta lo avrebbe fatto sentire ancora più insicuro. Dopotutto neanche lui sapeva esattamente cosa pensare. Non sapeva se sentirsi sperduto, offeso, confuso, tradito. Sapeva solo una cosa. Era arrabbiato. Molto arrabbiato. E non aveva voglia di affrontare i suoi pensieri a voce alta, perché non sapeva esattamente come ne sarebbe uscito. Non valeva la pena di fare un'altra scenata di fronte ad Anne.
-Non sono arrabbiato con te. E solo che non mi va di parlare.-
Anne lo fissò, seria. -Perché?- insistette.
Accidenti.
Tom aveva la spiacevole sensazione che non sarebbe riuscito ad evitare la scenata nemmeno rifiutandosi di parlare.
-Perché ti annoierei.-
Risposta stupida.
Non era questo che voleva dire.
E com'era prevedibile, Anne rispose nel solito modo. -Non mi annoieresti. Sono io che te lo chiedo.-
-Potrei perdere la calma.-
Altra risposta stupida. Stupida e corretta allo stesso tempo.
Non avrebbe assolutamente dovuto dirlo. Gli era scappato. Come al solito, dopotutto.
Anne sedette accanto a lui. -Preferisco sorbirmi una scenata, piuttosto di non capire che cos'hai. A me puoi dirlo. Lo sai che sono tua amica.-
Tom sospirò, e un po' di quella sua frustrante ostinazione se ne andò via.
Anne era l'unica persona che sapeva sempre ascoltarlo, e capirlo soprattutto.
Era l'unica persona a cui aveva parlato della scuola di magia, l'unica che sapeva dove teneva nascosti i suoi libri durante le vacanze estive, l'unica amica sincera con cui poteva veramente parlare. Conosceva ogni sua paura, ogni suo dubbio, ogni sua preoccupazione da tredici anni.
Perché non raccontarle l'ennesimo segreto?
Per la prima volta in tutta la mattinata, Tom si voltò verso di lei, e la guardò negli occhi. -Non so se vuoi ascoltarmi. Si tratta della Casa dei Mostri.- tentò disperatamente scoraggiare l'amica. Ma tanto sapeva che non avrebbe funzionato.
La ragazzina lo fissò incuriosita. -La villa dei Riddle?- chiese.
Tom annuì, e non ebbe altra scelta che proseguire. -Proprio così.-
E cominciò a raccontare. -Ricordi della punizione?-
Anne annuì.
-Beh, la signora Brown mi ha costretto a portare una borsa ai Riddle.-
Anne lo interruppe. -Cosa conteneva?-
Tom scosse la testa. -Non ne ho idea. Fatto sta che dovevo recarmi a casa Riddle. Non l'avevo mai fatto, prima.-
-E hai avuto paura?-
-No.- rispose Tom, prima di decidersi ad aggiungere -Solo un po'. Lo sai cosa si dice in giro. I Riddle sono malvagi! Nascondono in casa lo spettro del loro figlio morto!-
Anne alzò gli occhi al cielo. -Quante volte te lo devo ripetere? Non è uno spettro! È vivo. È solo un po' matto, per questo lo nascondono.-
-Beh, io pensavo che fosse uno sprettro, prima. Ho raggiunto la casa, e ho bussato alla porta. Mi ha risposto quel vecchio che fa il giardiniere. Com'è che si chiamava?-
-Frank.- rispose prontamente la ragazzina.
-Già, Frank. Ha detto di appoggiare la borsa sul tavolo del secondo piano, perchè lui non voleva fare le scale, per via di quella sua gamba zoppa. Così io mi sono fatto coraggio, ho stretto in mano la bacchetta e sono salito. La casa era immensa, le scale infinite, e stavo quasi per perdermi. Poi ho notato uno studio con le mensole colme di fotografie. Mi sono incuriosito, e ci sono entrato.-
Anne ascoltava il suo racconto come una bambina durante la favola della buonanotte. E questo, sinceramente, lo irritava un po'.
-So che forse non mi crederai. Ma c'era mia madre in quelle foto.-
La ragazzina aggrottò la fronte.
-Non riuscivo a crederci. Senza accorgemene mi sono avvicinato sempre di più. Vedevo le foto di mia madre, sempre sorridente, così, proprio come nelle fotografie che mi ha mostrato la signora Brown. Era vicino ad un uomo. Sempre lo stesso. Non l'ho riconosciuto subito, però.-
Anne cominciò a fissarlo comprensiva, come se stesse raccontando una bugia innocente, proprio come fanno i bambini.
Ma Tom non mentiva. Era serio, più serio che mai.
-Poi ho sentito dei rumori dietro di me. Ho puntato la bacchetta davanti e mi sono girato. Difronte a me, a pochi metri, c'era il figlio pazzo dei Riddle. Tom. Sai, prima non avevo dato peso al fatto che avevamo lo stesso nome e cognome. Riddle è un cognome molto comune, a Little Hangleton. Allora, però, ho capito tutto. Ho lasciato cadere la borsa, terrorizzato e furente allo stesso momento, con la bacchetta puntata sempre in avanti. Poi l'uomo ha parlato. Non ricordo esattamente cos'ha detto, qualcosa tipo: "Vattene. Vattene e non tornare più. Dimentica tutto e esci per sempre da questa casa. O ti giuro che ti uccido, stupido maghetto." Ovviamente non me lo sono fatto ripetere. Sono scappato via con la bacchetta ancora in mano, senza fermarmi, fino ad arrivare qui.- concluse.
Anne lo squadrò ancora. -Beh?- chiese.
-'Beh' cosa?- Rispose l'amico.
-Cosè che hai capito, di tanto importante?-
Tom la guardò allibito.
Possibile che fosse così ingenua, ogni tanto?
-Cosa ho capito?- disse -Quel pazzo è mio padre, lo stesso uomo delle foto! Proprio lui, il mostro di casa Riddle!- le urlò, adirato.
Parlare così gli dava un senso di nausea, come se la cosa, potesse rendere quelle parole tragicamente ancora più reali.
Ma Anne sembrava non farci caso. -Stai saltando a conclusioni affrettate. Tu non hai mai conosciuto tua madre, quella delle foto poteva essere benissimo qualcuna che le assomigliava!-
-POSSIBILE CHE TU NON CAPISCA?- urlò – Fai due più due. La ragazza delle foto sembra mia madre, ed è ritratta sempre con un uomo di nome Tom Riddle, che guardacaso si chiama come me. Cosa può voler dire?-
-Non agitarti! Non puoi esserne sicuro. E poi cosa ti cambierebbe, se quell'uomo fosse tuo padre? Credi forse che ti rivorrà con sé?-
Tom sentì che la calma lo stava abbandonando. Strinse i pugni, fin quasi a ferirsi le mani. -QUELL'UOMO È UN MOSTRO, ANNE!-poi abbassò la voce ed aggiunse -E forse lo sono anche io.-
Annie gli mise una mano sulla spalla, riprendendo la sua solita espressione comprensiva. -Non dire sciocchezze, Tom. Quello che hai visto stamattina non cambierà le cose. Tu sei sempre tu, chiunque sia tuo padre.- abbozzò un debole sorriso - Ma ora calmati.-
Calmarsi? Come faceva a calmarsi?
Sospirò profondamente.
Quel mostro era sua padre. Sua madre era morta, e lui lo aveva abbandonato lì, da quando era in fasce. Sì, quadrava.
Cercò di scaccoiare quei pensieri amari dalla mente.
Forse, dopotutto, Anne aveva ragione, come sempre.
Risprese a fissare il libro, come se non fosse mai accaduto niente.
-È vero, Anne.- disse, stavolta senza urlare -Questo non cambierà le cose. Tra poco tornerò ad Hogwarts. E dimenticherò quel mostro.-

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


La stazione di King's Cross era piena di indaffarati babbani, come al solito.
Tutti se ne andavano in giro concitati, senza guardarsi attorno, ignorandosi a vicenda.
Così, nessuno fece caso a Tom ed Anne, che riuscirono a raggiungere facilmente la barriera del binario Nove e Tre Quarti.
Tom camminava rapidamente, nervoso. Le partenze gli provocavano sempre una certa ansia.
E se avesse dimenticato qualcosa all'orfanotrofio? Se qualcuno, inavvertitamente, l'avesse trovata su in soffitta? Se fosse arrivato un gufo per lui, in sua assenza? Certamente sarebbe finito nei pasticci.
Ma non era questo a preoccuparlo.
Sapeva che, inconsciamente, la sua mente, ogni anno, non faceva altro che porsi le stesse domande.
Non avrebbe rivisto Anne per molto tempo. E se le fosse capitato qualcosa, mentre lui non era al suo fianco per aiutarla? O, peggio, se la ragazzina si fosse dimenticata di lui?
Stupidaggini, Tom. Solo le solite, vecchie, stupidaggini, lo tranquillizzò una voce che proveniva di sicuro dall'angolo più razionale della sua mente.
Si guardò fugacemente attorno.
Possibile che nessuno li notasse?
Sul carrello erano impilati malamente un baule, (colmo di vecchie divise di seconda mano, penne, libri, pergamene) e la gabbia di Nagini.
Nagini era un pipistrello grigio di cinque anni e mezzo, che schiamazzava e si agitava nella sua gabbia. In verità i pipistrelli non avevano un’utilità precisa, per i maghi. L’unica cosa per cui potevano essere usati era la Trasfigurazione. Ma il ragazzo lo aveva ammaestrato nel consegnare lettere e piccoli pacchi. Ovviamente Nagini restava sempre più lento e meno sicuro dei gufi. Ma ormai aveva compiuto talmente tante volte il viaggio da Hogwarts a Little Hangleton, che aveva raggiunto un record di velocità degno di una civetta.
Camminarono senza parlare fino alla barriera del binario nove e tre quarti, poi Tom cominciò a fare l’inventario di ciò che avrebbe dovuto portare a Hogwarts. Non mancava nulla.
-E così te ne vai di nuovo.- gli disse Anne all’improvviso.
-Già.- rispose il ragazzo –Per la terzultima volta. A meno che non mi boccino.-
Anne sorrise, imbarazzata. Aveva le guance decisamente più rosse del solito, e sembrava che volesse dire un sacco di cose, ma che la sua bocca non riuscisse ad emettere altro che frasi scontate. –Beh- disse alla fine –mi raccomando. Studia per i tuoi M.A.G.O.-
Questa volta, fu il turno di Tom per sorridere. –I M.A.G.O sono alla fine dell’ultimo anno. Adesso io ho i G.U.F.O.-
-Già. Mi sbaglio sempre.-
Tom lanciò un’occhiata all’orologio da polso.
Le undici meno cinque.
Doveva salutarla ed andarsene, prima di perdere il treno.
Aveva studiato il momento dei saluti per tutta la sera precedente, come faceva, dopotutto tutti gli anni.
Poteva stringerle la mano. No, troppo formale.
Poteva darle due baci sulla guancia. Troppo confidenziale.
Poteva abbracciarla. No, decisamente troppo melodrammatico.
Così rimase lì, impietrito, senza riuscire a dire altro che un debole:-Beh, ciao.-
Anne sorrise e lo salutò con un cenno della mano, mentre il ragazzo si allontanava sospingendo il carrello, rimproverandosi già per non essere riuscito a dirle qualcosa di sensato per salutarla.
Inaspettatamente, un secondo prima di attraversare la barriera, si sentì trattenere per un braccio. Si girò, e vide che Anne lo stava fissando, seria.
-Tom- disse -io voglio che quest'estate tu torni a Little Hangleton. Intero.-
Il ragazzo cercò di non scoppiare a ridere. -Ma sì, certo che torno.-
prese l'appunto mentale di smettere di raccontare ad Anne tutte quelle cose sulla Seconda Rivolta dei Mostri.
Dopotutto lui era un ragazzo tranquillo.
Sì, certamente si era imbattuto involontariamente in diversi goblin, mollicci ed anche dissennatori, dall'inizio del suo primo anno di scuola. Forse ogni tanto si era cacciato nei guai. Forse delle volte faceva l'impulsivo e finiva nei pasticci. Ma non valeva la pena far venire le paranoie alla sua migliore amica, per questo.
-Torno presto.-la tranquillizzò.
E con un gesto fulmineo la baciò sulla guancia ed oltrepassò la barriera.
Il binario Nove e Tre Quarti, come ogni anno, era affollato di giovani maghi in partenza per la scuola, con i loro bauli, ed i loro rumorosi animali rinchiusi nelle gabbie.
Parecchi genitori degli studenti dei primi anni si appostavano a fianco al binario, per salutare un'ultima volta i loro figlioli. Maghi con enormi cappelli a punta, ritardatari che correvano per il binario alla ricerca di un vagone su cui salire, gente che faceva levitare con la bacchetta bauli in direzione del binario, capannelli di persone impegnati in melodrammatici adii. Tutti ammassati nella confusione del binario.
Tom sgusciò indisturbato verso il treno, e caricò il baule nel vagone dei bagagli.
Ma cosa diavolo aveva fatto?
Forse sarebbe stato meglio salutare Anne nel solito, impacciato modo.
Che cosa avrebbe pensato la ragazzina, adesso?
Decise di rimandare quelle riflessioni a dopo. Dopotutto non l'avrebbe rivista prima di nove mesi. O, almeno, così pensava Tom in quel momento.
Salì sull'Espresso per Hogwarts, e si inoltrò per i corridoi alla ricerca di uno scompartimento libero.
Sembrava che Nagini cercasse di fare più confusione possibile. I suoi schiamazzi erano, se possibile, ancora più assordanti del solito.
-Stai buono.- tentò di calmarlo -Non appena trovo un posto tranquillo ti libero.-
Sentì che il treno si stava muovendo, nella confusione più generale. Il suo orecchio riusciva a malapena a distinguere una voce dall'altra.
-La bacchetta è nel baule. Ricordatelo!-
-...e ricordati di mandarci dei gufi!-
-...ci vediamo a Natale!-
-Addio!-
-Mi raccomando.-
-Tuo padre ti manda un saluto.-
-Guarda che se quest'anno prendi più di tre S, ti sequestriamo la Scopalinda per i prossimi dieci anni!-
-Arrivederci, e fai il bravo!-
-Sì.-
-A presto!-

Si affrettò a raggiungere un posto libero. Non aveva alcuna intenzione di fare come l'anno scorso, quando era stato costretto a sedersi tra i 'bambini' del primo anno, perché non c'erano posti migliori.
La sua testa era sovraccarica di pensieri che vorticavano ininterrottamente.
Così, non si accorse di andare a sbattere contro qualcosa di molto imponente, nel bel mezzo del binario.
Venne sbalzato all'indietro, e la gabbia di Nagini rotolò via per il vagone.
Il ragazzo alzò subito lo sguardo, per vedere la 'cosa' contro cui aveva urtato.
-Scusa. Mi spiace Tom, non ti avevo visto.- grugnì il ragazzo.
Tom cercò di sorridere, nonostante gli dolesse un po' dappertutto per la caduta. -Non fa niente, Rubeus.-
Il ragazzo gli tese la mano, e l'aiutò ad alzarsi, e recuperare la gabbia del pipistrello.
Rubeus Hagrid era più piccolo di Tom. Frequentava ancora il secondo anno. Ma, anche se il ragazzo non l'aveva detto a nessuno, sembrava piuttosto evidente che fosse un mezzo gigante.
Tom, non era molto alto, ma piuttosto mingherlino. Nonostante avesse quasi tre anni più di Hagrid, gli arrivava a malapena alla spalla.
-Allora, Rubeus. Come ti sono andati i primi esami?- Cercò di attaccare discorso.
Rubeus scosse la testa, coperta di crespi capelli scuri. -Insomma. Diciamo che me la cavo per un pelo. Ma, me la cavo. E tu? Quest'anno ci tieni i G.U.F.O. eh? A proposito. Ho sentito che ti ci hanno premiato per migliore studente per il quarto anno.-
Tom arrossì. -Beh, sì. Ma lo meritava Crouch. Detesto ammetterlo. L'hanno dato a me solo perché...beh...- frugò nella sua mente, alla ricerca delle parole giuste -perché me la sono cavata bene nonostante mi trovassi tra i babbani per tutta l'estate, e fossi costretto a studiare di nascosto. Diciamo che è stato più che altro un premio per la buona volontà.-
Hagrid gli sorrise. -Sempre modesto tu. Beh, è più bene per te.-
Poi il ragazzo si guardò intorno, a disagio. -Beh, io ora ci doverei andare...-
-Ho capito.- lo interruppe Tom -Ci vediamo a scuola.-
Sapeva perfettamente quello che stava pensando Rubeus. Anche se il ragazzo avrebbe voluto nasconderglielo.
Hagrid era un Grifondoro, lui un Serpeverde. Sapeva che gli amici del ragazzo si sarebbero stizziti, se l'avessero visto in compagnia di un Serpeverde. Dicevano tutti che i Serpeverde erano malvagi. Ed era vero, anche. Molti maghi usciti dalla casa di Serpeverde avevano intrapreso la strada delle Arti Oscure.
Lui stesso, non sapeva perché era finito, in quella maledetta casa. Ricordava solo il Cappello Parlante che gli sussurrava nell'orecchio.
-Un giorno, tu mi ringrazierai per averti mandato tra i Serpeverde. È scritto qui, nella tua testa.- -Ti sbagli.- Aveva risposto senza esitazioni.
Ma il Cappello Parlante era rimasto inflessibile. -Hai grandi potenziali, Tom Orvoloson Riddle. E presto scoprirai come sfruttarli al massimo, nella casa di Serpeverde.-

Per colpa di quello stupido Cappello Parlante, ora era costretto a trascorrere le sue giornate da solo, tra i Serpeverde, lontano dai ragazzi che avrebbe voluto tanto considerare sui amici.
Ma presto le cose sarebbero cambiate. Alla fine del settimo anno di scuola, si sarebbe liberato di quel maledetto marchio.
-Bene, Tom. Allora sentiamoci. Uno di questi giorni ti ci porto a vedere il mio cucciolo di vermicolo. No?-
-Senz'altro.- gli rispose il ragazzo.
Rubeus Hagrid lo salutò con un cenno della mano, e si infilò in uno scompartimento colmo di Grifondoro del secondo anno.
Percorse praticamente tuto il treno, con il morale sempre più a terra, mentre passava per scompartimenti colmi di ragazzi che ridevano e scherzavano.
Poi, finalmente, arrivò ad uno scompartimento completamente vuoto.
Aprì la porta, liberò Nagini, che si appese schiamazzando ad una sbarra di ferro del portaborse e rimase lì, immobile, a testa ingiù.
Adagiò la gabbia vuota sul sedile, e sedette con la testa appoggiata al vetro freddo del finestrino.
Il paesaggio scorreva velocemente, in una giornata nuvolosa che preannunciava certamente un grosso temporale. Prima le pianure sterminate, poi i campi, le montagne...
Flump
Tom sobbalzò e si voltò per vedere cosa aveva provocato quell'improvviso rumore.
Non poté fare a meno di lanciare un urlo.
Sul sul sedile, a pochi centimetri da lui, era comparso un mago.
Sembrava avesse più o meno quarant'anni. Era alto, magro, con un lungo cappello a punta curvo sul volto pallido, su capelli e barba scuri, sul naso ricurvo, e sui suoi penetranti occhi azzurri.
Più in alto, sulla punta del suo cappello, era poggiato un uccello canterino dalle piume rosse, arancioni e gialle come fiamme. Senza dubbio una fenice.
L'uomo rise, come se solo in quel momento si fosse accorto dell'espressione perplessa del ragazzo.
-È proprio la giornata giusta per viaggiare in treno, non trovi? Chiusi al caldo, al sicuro dalla pioggia, ad osservare da finestrino il cielo ammantato di nuvole.-
Tom continuò a fissarlo in silenzio, senza sapere bene cosa pensare.
Siccome il ragazzo non dava segno di vita, il mago riprese. -Mi auguro che tutti gli studenti di Hogwarts non rimangano così sbigottiti da un semplice incantesimo di smaterializzazione. O temo che quest'anno, avrò molto lavoro da fare.-
Tom chiuse la bocca.
Ma certo, doveva sembrare proprio uno stupido ad essersi spaventato in quel modo. Riprese velocemente l'uso della parola.
-L-lei insegna ad Hogwarts? Non l'ho mai vista nel castello.-
L'uomo lo guardò come se avesse detto la frase più scontata del mondo. -Precisamente, sono il nuovo insegnante di Transfigurazione.- rispose.
Ma certo. Tom ricordò che l'hanno prima il preside Dippet aveva accennato qualcosa sul pensionamento del professor Deewek, l'insegnante di Transfiguarazione.
-Penso che avremo l'occasione di rincontrarci molto presto, signor...?-
Finalmente qualcosa a cui sapeva rispondere prontamente. -Riddle. Tom, Orvoloson Riddle.-
Oh, no! Perché aveva detto quel nome? Odiava il nome Orvoloson. Preferiva di gran lunga essere conosciuto semplicemente come Tom Riddle.
L'uomo fece una strana faccia, come se avesse già sentito quel nome, ma non ricordasse dove. -Bene Tom. Ma che sciocco. Dimenticavo di presentarmi. Beh, presto fatto.- gli porse la mano -Piacere Tom Riddle. Io sono Albus Silente.-
Silenzio.
-Quella è una fenice, vero professor Silente?- chiese poi Tom, indicando l'uccello dalle piume color fiamma.
Quella si staccò dalla punta del cappello e fece una buffa capriola in aria.
-Esattamente. È una creatura unica. Le sue lacrime sono in grado di rimarginare anche la più mortale delle ferite, e alla sua morte, questi meravigliosi volatili, sono in grado di rinascere dalle ceneri. Questa ha esattamente tremilaquattrocentoventicinque anni.-
-Whow...-
Il professor Silente prese a fissare la sua divisa. -Serpeverde eh?- disse.
Tom annuì.
-Ricordo di essere stato assegnato alla casa di Grifondoro, quando frequentavo la scuola di magia.- Tom abbassò lo sguardo.
Un altro Grifondoro?
La pioggia aveva cominciato a picchiettare sui vetri dell'Espresso per Hogwarts. Il paesaggio era diventato improvvisamente indistinguibile, come una macchia scura in un quadro astratto.
Poi, con una scossa ed uno stridio, il treno si fermò, e le luci su spensero. Gli unici lumi, rimasero le piume rosse della piccola fenice.
Tom sobbalzò. -Cosa succede, professore? Non possiamo essere già arrivati ad Hogwarts.-
Silente scosse la testa, al buio. -Sembra che l'espresso abbia trovato un ostacolo. Permettimi di andare a vedere cosa sta accadendo.-
Tom, che voleva assolutamente far luce su quella faccenda, decise di mostrarsi intrepido, di fronte al nuovo professore. -La accompagno. Conosco questo treno come le mie tasche.-
Non udì la risposta di Silente. Udì solo una porta aprirsi e dei passi. Così si alzò, e si affrettò a raggiungere il professore per i corridoi bui.
Studenti di ogni età erano affacciati un po' dappertutto, bisbigliando sommessamente e chiedendosi cosa stesse accadendo. Le piccole lucine delle loro bacchette magiche rischiaravano i vagoni immersi nella semioscurità.
Raggiunsero rapidamente il primo vagone, guidati dalla debole luce della fenice, ed il professor Silente aprì la porta del treno con un lieve movimento della bacchetta, pronunciò un paio di parole incomprensibili, ed uscì dal treno. Nonostante dovesse già essere fradicio per via della pioggia, l'acqua sembrava non averlo neanche sfiorato.
Tom rimase lì, sull'uscio, sporgendosi per assistere alla scena.
Davanti a loro, sul binario, centinaia e centinaia di creature mostruose erano riunite e fissavano Silente con fare minaccioso. Mollicci, goblin, berretti rossi, ed altre creature che il ragazzo non aveva mai visto prima si avvicinavano pericolosamente. Ed eccolì lì, nelle schiere più lontane, le creature più spietate e mostruose del mondo dei maghi, ciò che Tom temeva più di ogni altra cosa: i dissennatori.
Aveva già avuto la sfortuna di affrontarli, durante il suo secondo anno di scuola.
Da quando era cominciata la Seconda Guerra dei Mostri, i Dissennatori si erano alleati a goblin e mollicci, ed andavano in giro liberi per i villaggi, a terrorizzare ed uccidere i viandanti.
Ad Hogwarts gli insegnanti erano ben consapevoli di tutto questo, e fin dal primo anno insegnavano agli alunni a difendersi dalle creature dell'esercito nemico.
Ed ecco Silente avvicinarsi alle creature, e stendere un molliccio, un goblin, ed un'altro.
Ma le creature erano troppe. I dissennatori avanzavano lentamente verso di lui, come impietosi angeli della morte.
Ed ecco il patronus di Silente scaturire dalla sua bacchetta, una fenice argentea, che si abbatteva sui primi dissennatori. Ma ce n'erano troppi, troppi...
-Qualcuno lo aiuti! Da solo non ce la fa!- Strillò Tom, disperato.-
Ed ecco il primo dissennatore afferrare Silente per le sballe, ed il patronus abbattersi su di lui con furia rinnovata. Ma c'erano altri mostri alle sue spalle, ed anch'essi si avvicinavano, sempre di più...
-Aiutatelo, per favore!- Ripeté il ragazzo.
Ma era tardi...i dissennatori lo avevano ormai accerchiato...
-No!-
Il ragazzo spiccò un salto e scese sul binario, correndo in aiuto del professore come un forsennato. La pioggia lo sospingeva indietro, gli oscurava la vista, il freddo gli pungeva il volto.
Udì indistintamente la voce di Silente, tra gli scrosci di pioggia.
-Riddle, torna indietro! Non puoi aiutarmi, sei troppo giovane! Non puoi competere con queste creature!-
Ma Tom non si fermò. Ormai aveva deciso. Se Silente fosse morto, sarebbe morto anche lui.
Corse più velocemente che poteva, scivolò sulla ghiaia bagnata, si rialzò, impugnò la bacchetta, e prese a fronteggiare i mostri.
-No, Riddle, torna indietro!-
Ed ecco il primo dissennatore avventarsi su di lui.
-Expecto Patronum!- Urlò invano.
Sentiva il gelo aumentare, ghiacciargli le vene, insinuarsi dentro di lui...
-Riddle, vattene!-
Il dissennatore gli serrò le mani putrefatte attorno al collo.
-Expecto...-
Sentì che gli mancava il respiro, il dissenatore abbassava il volto verso il suo. Cercava di dimenarsi, ma era tutto inutile...
Non voleva morire.
Non qui, non ora. Aveva fatto una promessa ad Anne.
-Ruddle!- Urlava il professor Silente correndo verso di lui.
Ma tutto si stava confondendo, la sua vista si appannava sempre più. Sentiva il gelo aumentare dentro di lui, il respiro arrestarsi. E il volto del dissennatore si avvicinava.
Pensa a un ricordo felice, si disse. Un ricordo felice...
Pensa ad Anne... Pensa che la rivedrai.
Il volto della ragazzina si stagliò nella sua mente. Un volto pallido, confuso, sorridente. Anne gli sorrideva... ma era così confusa...Lui veniva sgridato dalla signora Brown...I genitori abbracciavano i loro figli, sul binario Nove e Tre Quarti, e lui se ne stava lì, da solo... il preside Dippet scuoteva la testa “Mi spiace, Riddle, ma la magia non può resuscitare i morti. Tua madre non può tornare in vita.”...

Qualcosa stava cambiando...quelle non erano cose che avrebbe voluto ricordare...
Il dissennatore si avvicinava, l'orribile bocca spalancata di fronte a lui...
Cercò disperatamente di riprendere il controllo dei suoi pensieri...
Anne piangeva... il Cappello Parlante lo assegnava alla casa di Serpeverde...un uomo di nome Tom Riddle urlava, e minacciava di ucciderlo, con gli occhi quasi fuori dalle orbite...
Il dissennatore si avvicinava...
-Riddle!-
-Nooooooooooooooo!-

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Una luce abbagliante gli invadeva le palpebre socchiuse, ed uno strano, familiare calore riportava i battiti del suo cuore ad una velocità regolare.
Tom aprì gli occhi, e vide un uomo con un lungo cappello a punta chino su di lui. Silente. Una montagna di pensieri cominciò a vorticare nella sua mente.
Vide nuovamente le immagini legate ai suoi ricordi susseguirsi come in un flash, e poi lo ricordò di nuovo. Vide quel dissennatore chino su di lui, con la bocca (se così si poteva chiamare quella specie di buco insanguinato) spalancata, pronta ad ingoiare la sua anima.
E dopo, cos'era successo?
Sentì Silente parlare. Le parole erano confuse, tutto rimbombava nella sua testa, ma Tom cercò comunque di afferrare il discorso.
-Riddle,- disse -voglio che tu sappia che non ti punisco solamente perché credo tu ti sia spaventato abbastanza, per oggi.-
Decine di occhi curiosi lo fissavano da lontano.
La vista del ragazzo si delineò un poco, e gli permise di fissare la stanza.
Si trovava ancora nello scompartimento dell'espresso per Hogwarts, accanto al professore di Transfigurazione, mentre Nagini schiamazzava appeso al porta-valigie e decine di studenti si accalcavano al vetro della porta per osservare la scena.
-C-cosa è s-successo?- Balbettò. Si accorse con riluttanza che stava tremando.
Silente sorrise. Forse non era arrabbiato. Forse Tom aveva qualche possibilità.
-Il tuo patronus, o quello che sarebbe dovuto essere il tuo patronus, si è dimostrato alquanto debole, rispetto al mio. Quindi, la prossima volta ti consiglio di non sottovalutarmi e lasciarmi affrontare le cose da solo, senza esporti inutilmente al pericolo.-
Il ragazzo sopirò.
Silente aveva ragione. Era stato uno sciocco a gettarsi tra i dissennatori così, pur sapendo che non aveva la minima possibilità di facilitare il compito al professore. Anzi, lo aveva intralciato.
E allora perché si era buttato a capofitto nel pericolo un'altra volta?
-Per un attimo, ho temuto di essere morto.- disse in tono cupo.
Silente prese a rovistare nella sua valigia nera, con la fenice che canticchiava sulla sua spalla. -Ci sono cose peggiori della morte, ragazzo. Ma ti auguro di non approfondire mai quest'argomento.-
Tom sbuffò, ed un nodo gli si strinse alla gola. Le cose non sarebbero dovute andare così.
-Professore,- disse -mi sono già trovato di fronte ad un dissennatore, in precedenza. Ma non è andata così male.- rifletté.
Silente gli porse un pezzo di quello che aveva mangiato per tutto il secondo anno, durante le lezioni anti-dissenatore che il Ministero della Magia aveva imposto a tutti i giovani maghi, dall'inizio della Seconda Guerra dei Mostri. Cioccolato.
-I dissennatori non sono una cosa semplice da affrontare, per degli studenti della scuola di magia. In precedenza all'inizio della guerra venivano studiati non prima del settimo anno. A volte capita di lasciarsi invadere dalla paura, dal gelo; soprattutto quando la mente è più esposta alla tristezza, piuttosto che ai ricordi felici.-
Tristezza? Ricordi felici?
Cosa c'era di diverso dal solito, nella sua mente?
Un dissennatore non era mai stato un problema per lui, prima di quel momento. Non c'era nulla di eccessivamente triste, nella sua testa.
O forse..il nodo alla gola gli si strinse ancora più forte...forse era per via di Tom Riddle...
-Non c'è niente che non va, oggi, nella mia testa.-
Silente gli lanciò un'occhiata con quei suoi penetranti occhi azzurri, e Tom temette che potesse leggergli nel pensiero (espressione tipicamente babbana).
Dopotutto non era difficile penetrare nella sua mente, già indebolita dal gelo del dissennatore, e dai ricordi bui.
Si impose di fare quello che aveva duramente imparato durante il suo terzo anno di scuola. Ricacciò i ricordi in un angolo remoto della sua mente, e prese a pensare al vuoto, al nulla. Era sempre stato molto abile in questo.
Ma Silente si voltò e prese ad accarezzare la fenice, come se niente fosse.
La testa di Tom tornò bruscamente alla realtà.
Che sciocco, un professore che legge nel pensiero? Si rimproverò solo per averlo insinuato. Forse il professor Fatch poteva fare cose del genere. Ma Silente aveva un'aria che ispirava fiducia, al contrario di lui.
Il treno si fermò davanti alla stazione di Hogwarts, e gli studenti cominciarono a riversarsi nelle carrozze nere, trainate dai thestral.
Tom, sinceramente, non aveva mai capito cosa fossero i thestral, e perché si dicesse portassero tanta sfortuna. Non vedeva niente, trainare le carrozze.
Purtroppo, non sapeva che li avrebbe visti molto presto.
Scese dal treno ed oltrepassò un gruppetto di studenti che stavano scendendo al lago.
Bambini del primo anno...
Ricordò che dopo avrebbe dovuto far fare a tutti i nuovi Serpeverde un giro turistico per i sotterranei del castello. Dopotutto era un prefetto.
Forse, a pensarci bene, quando frequentava il primo anno non gli sarebbe piaciuto per niente essere definito un bambino. Pazienza.

Il soffitto della Sala Grade non era mai stato così scuro. Una fitta cortina di nuvole ricopriva le centinaia e centinaia di candele accese che rischiaravano la sala.
Il tavolo di Serpeverde era stranamente rumoroso, quel giorno.
Il Cappello Parlante aveva assegnato alla sua casa ben dieci nuovi alunni, tra cui un ragazzino biondo con un ghigno malvagio sul volto, che ora discuteva animatamente con il suo vicino nel bel mezzo del discorso di inizio anno.
Tom Riddle non aveva mai ascoltato con tanta attenzione le parole del preside Dippet. Era così concentrato da riuscire a cogliere ogni sua singola lettera ignorando la confusione che proveniva dal suo tavolo.
-Mi confesso preoccupato.- diceva l'uomo -La situazione non è mai stata così critica dall'inizio della guerra. Mai, prima d'ora, i mostri si erano spinti così vicini al castello. Mai avevano attaccato un treno carico di studenti. Fortunatamente, il loro attacco non ha provocato danni gravi a niente e nessuno.- prese a fissare il ragazzo con una nota di rimprovero, e Tom sentì centinaia di sguardi posarsi su di lui -Ma la cosa peggiore, è che potrebbe non essere finita qui. Hogwarts non è mai stata così esposta al pericolo prima d'ora. I dissennatori ed i goblin potrebbero invadere ancora il terreno del castello. Per questo io vi chiedo la massima collaborazione nel rispetto delle regole speciali che sono state adottate contro il pericolo imminente. I cancelli ed i portoni i Hogwarts saranno tenuti chiusi giorno e notte. Saranno annullati i fine settimana ad Hogsmade. Le attività all'aperto si svolgeranno d'ora in poi in aule chiuse. In fine...confesso che mi duole molto annunciarlo... sarà annullato anche il campionato di Quidditch.-
Un'ondata di proteste invase la Sala Grande. Alcuni studenti si alzarono in piedi, e cominciarono ad urlare, altri presero a battere sui tavoli con le mani.
Tom si limitò a sbuffare, contrariato.
Ma Dippet riportò presto la calma. -Capisco che può sembrarvi ingiusto. Ma abbiamo deciso tutto questo per garantire agli studenti sicurezza ed incolumità all'interno del castello.-
I mormorii si affievolirono.
-Lo so che è triste. Ma questa è la guerra, ragazzi.-

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Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Era un sogno.
Solo un altro di quegli stupidi incubi, niente di cui preoccuparsi.
E allora perché Tom continuava a pensarci dall'inizio della lezione di Storia della Magia?
Cominciò a ripetersi di dimenticare quelle immagini e concentrarsi sui suoi appunti.

Nel 1753 la Prima Alleanza dei Goblin crollò a causa dei pesanti tributi che il Ministro Adehl Follet aveva imposto alla popolazione di Little Green, una città abitata in gran parte da mhenski e goblin. Il Capo supremo mhenski riteneva infatti che...

La penna si fermò a metà della frase.
Non riusciva a scacciarsi quei pensieri bui dalla testa.
E se davvero non fosse stato solo un sogno?
Se quelle immagini non fossero altro che una premonizione, qualcosa che avrebbe compreso solo in futuro?
La voce piatta e monotona del professor Ruf (in carne ed ossa), serpeggiava per l'aula come un fastidioso ronzio.
-Così, il 5 Agosto del 1754 i Consigli Riuniti del Ministero della Magia attuarono delle riforme a favore degli esseri magici per calmare le acque ed allentare la tensione che si stava creando tra...- No, non poteva essere così...
Tom non conosceva nessuna delle persone che aveva visto nel sogno.
Allora cosa ci facevano nella sua testa?
-Nonostante ciò, sei mesi dopo...-
Il professor Ruf alzò lo sguardo dai suoi appunti e prese a fissare Tom. -Cosa c'è, Riddle? Perché non sento la sua penna grattare sulla pergamena?-
Maledizione.
Si era fatto riprendere dal professor Ruf? Doveva essere proprio evidente che pensava ad altro. Il professore di Storia della Magia era solito continuare a leggere i suoi appunti indisturbato anche se l'intera classe si alzava ed usciva dall'aula.
-Ehm...- rispose, quasi prontamente -non mi sento molto bene. Temo sia a causa dei fumi di Artemisia che ho usato durante la lezione di Pozioni.-
Ruf lo squadrò con attenzione.-Beh- ammise -è un po' pallido. Forse dovrebbe recarsi in Infermeria. Poi potrà farsi prestare gli appunti di un compagno.-
Perfetto.
-Sì- rispose Tom fingendosi dispiaciuto -seguirò il suo consiglio, professore.-
Si alzò, ripose penna e pergamena nella borsa ed uscì dall'aula, richiudendo la porta dietro di sé.
Camminò velocemente, finché il suo orecchio smise di captare il ronzio monotono del professor Ruf, e l'unico suono che echeggiava per i corridoi deserti fu il rumore intermittente dei suoi passi sul pavimento di pietra.
Forse non era stata la cosa più corretta da fare. Forse sarebbe stato meglio rimanere in classe e tentare di concentrarsi unicamente sulla lezione, senza che i suoi stupidi incubi infierissero sulla sua vita scolastica.
Facile a dirsi.
Imboccò automaticamente il corridoio che portava alle scale, e salì la rampa che portava all'Infermeria. Poi si fermò.
Ma cosa stava facendo?
Non doveva andare all'infermeria. La faccenda del mal di testa era solo una scusa!
Giusto.
Cercò di concentrarsi almeno per qualche secondo su qualcosa che non fosse il suo sogno.
Poteva tornarsene al dormitorio di Serpeverde. Sì, forse sarebbe stato abbastanza fortunato da non incrociare nessuno per i corridoi che gli facesse troppe domande. Dopotutto era un prefetto, nessuno si sarebbe insospettito troppo vedendolo girovagare per Hogwarts durante l'orario delle lezioni.
Poteva aver ricevuto un incarico speciale.
Sì, quella era la scelta più saggia.
Tuttavia l'istinto lo guidò per un'altra strada, verso un corridoio illuminato da enormi vetrate, al quinto piano. Verso l'ufficio di Silente.
Tom non sapeva bene perché, ma credeva che l'insegnante di Transfigurazione fosse l'unica persona a cui potesse rivolgersi.
Non aveva ancora frequentato una sua lezione, dall'inizio dell'anno scolastico. Non lo vedeva oltre che al tavolo degli insegnanti, in Sala Grande. Non ci parlava da quando si era ritrovato con lui sull'Espresso per Hogwarts.
Ma quell'uomo gli ispirava una strana fiducia. Una fiducia che non aveva mai provato nei confronti di nessun altro docente, o studente della scuola di magia.
Non aveva intenzione di raccontargli il suo sogno.
La sua mente era l'unico posto in cui nessun altro poteva entrare. L'unica cosa che nessuno oltre a lui poteva capire. E non aveva intenzione di renderla accessibile ad un estraneo. Non un'altra volta.
E allora perché continuava a camminare verso quella porta?
Si fermò e fece per bussare, ma dentro di lui si fece spazio la vocina saggia e prudente della sua coscienza.
Non puoi disturbarlo ora... forse ha lezione.
Giusto, forse sarebbe meglio tornare indietro...
Torna indietro, Tom. Non vale la pena di andare a raccontare i tuoi sogni in giro. Sono una cosa che riguardano solamente te.
Già...
Non bussare, Tom. Torna indietro.
-Riddle, non immaginavo di trovarti qui.-
Tom si voltò verso la fine del corridoio.
Veniva verso di lui. Alto, magro, con il suo solito cappello a punta e la sua lunga barba scura. Albus Silente.
Il ragazzo fece per ribattere. Aveva sempre la risposta pronta, in quei casi. Sfortunatamente, in quel momento no. Così Tom si limitò a boccheggiare e rimanere in silenzio.
Silente proseguì verso di lui. -Beh, immagino tu non sia qui, come me, per ammirare il bellissimo paesaggio di Hogwarts dalle vetrate.- disse pacatamente -A volte i maghi, specialmente quelli più giovani, tendono a sottovalutare ciò che ci sta più vicino, ciò che vediamo più spesso. Ad esempio, ricordo di essere passato per questa vetrata diverse volte. Tuttavia, mi rendo conto solo ora che il salice piangente del parco cambia angolazione a seconda della posizione del sole. Confesso di non averci mai fatto caso, in precedenza. Non si finisce mai d'imparare.-
Tom raggiunse il professore, di fronte alla vetrata.
-E' vero.- ammise il ragazzo -L'albero si muove.-
Silente annuì. -Il nostro più grande difetto è quello di tendere sempre a guardare verso l'orizzonte, ignorando ciò che è accanto a noi. Le cose che ci sono poste accanto non sono tutte inutili. Molte servono a prepararci per ciò che verrà dopo, più lontano.-
Il ragazzo scrutò le immense distese di Hogwarts, il parco, la Foresta Proibita. Non ci metteva piede dal giorno in cui aveva varcato per la prima volta la soglia del castello, il primo settembre.
Sembrava tutto così tranquillo, così sicuro.
Ma le cose non sono sempre come sembrano, e Tom era sicuro che ci fosse una ragione, se il preside Dippet aveva vietato agli studenti di uscire dai portoni di quercia.
Ci volle un'altra decina di secondi perchè Tom riuscisse ad ignorare completamente la vocina che continuava a ripetergli
...non parlare... non dire niente del sogno... inventa una scusa e torna al dormitorio... -Professore,- disse infine -ho fatto un sogno.-
Silente continuò a fissare la vetrata. -Un sogno insolito, presumo, o certo non saresti qui a parlarmene, non credi?-
-Un sogno oscuro. Mi chiedo che collegamento possa avere quel sogno con la mia vita.-
Tom si aspettava che Silente dicesse qualcosa, gli rivolgesse una qualche domanda. Ma rimaneva in silenzio, senza costringerlo a dire altro che ciò che aveva intenzione di dire.
Ma quel silenzio lo costrinse a scavare ancora di più nella sua mente, alla ricerca di quelle cupe immagini.
-Insomma, io non conoscevo nessuna delle persone che ho visto. Però erano nella mia testa.-
Silente parlò. -A volte, particolari che possono apparire dapprima privi di significato, nascondono cose importanti per il futuro. Forse più avanti capirai il significato del tuo sogno.-
-Ma io non voglio capirlo più avanti. Io l'ho sognato ora, e dev'esserci un motivo. Forse è una premonizione. Forse mostra qualcosa che potrei cambiare. Ma devo interpretarlo ora.-
Silente sembrava lieto di accorgersi che il ragazzo aveva smesso di misurare le sue parole con il contagocce, prima di esporre le sue frasi. -E perché ti rivolgi a me?- chiese.
-Beh...- Tom rifletté qualche secondo, prima di accorgersi che la risposta più corretta era anche la più semplice -Perché credo che lei possa aiutarmi.-
Il professore distolse finalmente lo sguardo dalla vetrata, per fissare gli occhi del ragazzo. -Seguimi, Tom. Credo di avere qualcosa che possa aiutarti, nel mio ufficio.-
L'ufficio di Silente era il più strano che Tom avesse mai visitato.
Lunascopi, clessidre, astromappe, cannocchiali, telescopi, ed una marea di altri oggetti che il ragazzo non riconobbe troneggiavano sulle scaffalature delle mura in pietra. Il trespolo della fenice era appostato in un angolo, accanto al camino, dove l'uccello gorgogliava maestosamente. A pochi metri da esso, la scrivania in legno era occupata da altri curiosi oggetti, pergamene, grossi volumi antichi dalle pagine ingiallite dal tempo, una candela spenta, ed una lunga penna d'aquila.
Il professore si diresse verso l'armadio, ed estrasse un basso bacile di pietra, decorato con incisioni si rune e simboli sconosciuti.
Tom riuscì a notarne il contenuto solo quando Silente lo poggiò sulla scrivania, e si risedette di fronte al ragazzo.
Non aveva mai visto nulla del genere. Era una materia, argentea, a quel che pareva, a metà tra lo stato liquido e quello gassoso, che s'increspava e prendeva a vorticare, come mossa da un soffio di vento. Emanava una luce biancastra, luminosa quanto quella di un piccolo sole argenteo.
-Che cos'è?- chiese al professore.
Silente prese a fissare il bacile di pietra. -Questo, Tom, è un Pensatoio.-
Oh, adesso si che è tutto chiaro... sussurrò una vocina sarcastica nella mente del ragazzo.
-Quella sostanza che vidi qui dentro, non sono altro che i miei pensieri.-
Fin qui tutto chiaro. C'era solo un piccolo particolare che non quadrava. Cosa ci facevano i pensieri di Silente in quel contenitore?
-Non tutti, ovviamente. No, la maggior parte è ancora racchiusa nella mia mente. Penso che tu ti accorgerai presto, se non lo hai già fatto, che avere troppi pensieri per la testa non fa che confondere le idee.-
Beh, sì, in un certo senso...
-E' più semplice ricordare e riflettere quando si ha una 'seconda memoria' a disposizione. Non so se mi spiego.-
Silente gli lanciò uno sguardo con quei sui penetranti occhi azzurri, e Tom si affrettò ad annuire.
-Sta a vedere.-
Estrasse la bacchetta dalla veste e la puntò alla sua tempia, tra i capelli scuri. Poi la allontanò lentamente dal volto, attirando nel pensatoio una lunga scia di quella sostanza argentea, che ricadde sulla superficie luminosa e prese ad incresparsi.
Poi, ad un altro lieve tocco della bacchetta, la sostanza prese a vorticare, e formare una figura nell'aria, davanti ai loro occhi.
Era il volto di Tom.
Il ragazzo rimase a fissare la sua copia in silenzio, a bocca aperta, finché quella non parlò.
-Un sogno oscuro. Mi chiedo che collegamento possa avere quel sogno con la mia vita.-
Un altro tocco della bacchetta, e la figura si ritrasse nel bacile.
Improvvisamente Tom si rese conto di cosa aveva in mente il professore.
Ecco... riprese la vocina... io ti avevo avvertito. Mai aprire la mente ad estranei...
Ma il ragazzo la ignorò nuovamente. Voleva sapere, voleva solo sapere il significato di quel sogno...
-Va bene, professore.- disse infine -So cosa vuole fare. Va bene. Può entrare nel mio sogno.-

Fu come spiccare un'enorme capriola in avanti.
Improvvisamente Tom si trovò ancora una volta nel suo sogno, come la notte precedente.
Guardò in alto. L'ufficio non si vedeva più. Non era rimasta traccia della fessura attraverso la quale erano entrati nel Pensatoio.
Silente era dietro di lui, e fissava serio ed imperturbabile il macabro paesaggio che li circondava. Ancora quel cimitero.
Ancora quella cerchia di uomini con la veste nera che sogghignavano sotto il cappuccio.
Tom rabbrividì, e si maledisse per aver deciso di tornare in quel posto orribile. Si fece largo tra gli uomini, che lo ignorarono deliberatamente, e raggiunse il centro della cerchia.
Ed eccolo lì, di nuovo quel ragazzo legato ad una pietra tombale. Ancora quell'uomo con il volto da mostro.
Quel volto orribile, quegli occhi rossi assetati di sangue, quel colorito bianco come quello di un cadavere, che sogghignava davanti allo sguardo carico di terrore del ragazzo.
Tom lanciò a Silente uno sguardo supplichevole.
Ti prego, andiamocene... per favore, torniamo indietro...
Poteva sentirlo. Poteva avvertire il gelo di quella notte, il male che aleggiava nell'aria.
Ma Silente non si mosse.
L'uomo dal volto serpentino parlò ancora una volta, con quella voce gelida, sibilante...
-Ed eccolo qui... il ragazzo che tutti voi avete creduto fosse stato la mia fine...-
Tom indietreggiò.
Non voleva guardare. Non voleva assistere ancora a quella terribile scena...
L'omo avanzò lentamente, e si voltò a guardare il ragazzo, la bacchetta levata. -Crucio!-
Il ragazzo si contorse, cercò di urlare, nonostante il tessuto che lo imbavagliava soffocasse ogni suo lamento disperato.
Fa che finisca... Non voglio vedere...
Poi tutto cessò. L'effetto dell'incantesimo svanì, ed il ragazzo rimase abbandonato contro le corde che lo legavano alla lapide.
E gli uomini ridevano.
-Vedete, credo,- riprese l'uomo -che sciocchezza è stata credere che questo ragazzo sarebbe mai potuto essere più forte di me. Ma io voglio che non ci siano dubbi nella mente di nessuno. Harry Potter mi è sfuggito solo per una circostanza fortunata. Ed io ora dimostrerò il mio potere uccidendolo, qui e ora, davanti a tutti voi, ora che non c'è nessun Silente ad aiutarlo e nessuna madre a morire per lui. Gli darò un'opportunità. Potrà battersi, e voi non avrete più dubbi su chi di noi è più forte. Ancora un po', Nagini.- sussurrò poi rivolto al serpente che strisciava accanto alla tomba, che si allontanò sibilando verso la cerchia di uomini.
-Ora slegalo, Codaliscia, e ridagli la bacchetta.-
L'uomo chiamato Codaliscia si avvicinò al ragazzo, che tentò di reggersi in piedi. Poi sfilò il tampone di tessuto che lo imbavagliava, e tagliò le funi con un colpo secco del pugnale. Fu allora che Tom la vide. Allora l'incisione della lapide fu visibile, dietro al ragazzo.
Quelle poche, semplici parole inscritte nella pietra.
Tom Riddle, 1942.

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Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


-No, gliel’ho già detto professore. Non conosco nessun ragazzo di nome Harry Potter, ne alcuna delle persone che è comparsa nel mio sogno.-
-Dunque non conosci neppure il nesso tra il tuo sogno ed i nostri nomi.-
-No.-
-A volte i ricordi sono celati negli angoli più bui della nostra mente. Occorre fare molta attenzione nel ricercarli.-
-Io non ho mai visto quelle persone. Ne sono certo.-
-Eppure l’uomo con gli occhi del colore del sangue mi ha nominato. Non ne conosci il motivo?-
-No. Speravo che lei potesse aiutarmi a far luce su queste domande.-
-Mi spiace, Tom. Ma non posso. Sono certo di non aver mai difeso alcun Harry Potter. Non conosco il significato di queste immagini.-
-Ma lei è una persona saggia! Deve avere almeno formulato un’ipotesi su questo argomento!-
-Più avanti imparerai a distinguere l’esperienza dalla saggezza, Tom. Allora comprenderai che solo tu puoi capire il significato del tuo sogno.-

Quelle parole risuonavano fastidiosamente nella testa di Tom Riddle come i suoi passi sul pavimento di pietra.
Perché?
Perché Silente non gli aveva detto la verità?
Tom aveva osservato il suo sguardo preoccupato e triste, una volta uscito dal Pensatoio. Aveva sentito il suo tono farsi più grave, più serio. Aveva visto il suo sguardo abbassarsi, nel tentativo di nascondere la verità che gli si leggeva in faccia.
Inutile.
Tom sapeva quando la gente mentiva. Lo sapeva sempre. Era sempre stato un legilmens molto dotato. Aveva imparato a decifrare ogni nota di paura, ansia, preoccupazione, negli sguardi e nelle voci di chi gli stava accanto. Ogni tanto si sforzava di non leggere nel pensiero delle persone con cui parlava. Ma ormai era diventata una cosa piuttosto automatica, a metà tra magia ed intuizione. Sapeva che Silente aveva capito tutto.
Silente aveva trovato il collegamento tra il suo nome e il sogno. Aveva capito perché la tomba portava incise le parole Tom Ridde. E aveva compreso chi erano realmente Harry Potter, le persone nerovestite e l’uomo con il viso da rettile.
Ma allora perché non aveva voluto rispondere alle sue domande?
La verità fa male, Tom. A volte ferisce molto più di una bugia, lo ammonì quella familiare vocina in fondo alla sua testa.
Forse il professore non voleva fargli capire che sarebbe morto presto.
Già, dopotutto c'era il suo nome su quella tomba. Il suo nome, ed una data.1942.
Forse sarebbe morto nel 1942.
Un nodo gli si strinse alla gola.
Aveva solo un anno di vita?
No. la risposta era un'altra.
Il nome sulla tomba non era il suo. Era quello di suo padre. L'uomo di casa Riddle. L'uomo delle fotografie.
Ma Silente non sapeva tutto questo. Non era a conoscenza dell'esistenza di un altro Tom Riddle. Forse aveva frainteso.
O forse aveva ragione lui. Forse sarebbe stato proprio Tom a morire nel 1942.
Ma l'uomo con il viso da rettile? Il ragazzo di nome Harry Potter?
Cosa c'entravano con lui? Quando quei fatti sarebbero avvenuti, lui sarebbe stato già morto. E allora perché erano nella sua testa?
E perché quel serpente si chiamava come il suo pipistrello? Una coincidenza?
Forse no.
Un rumore improvviso lo distrasse da quei pensieri.
Delle voci.
Si fermò e tentò di capire da dove provenivano, scrutando in silenzio il corridoio del sotterraneo, illuminato dalle torce.
Chi poteva essere, in quel corridoio isolato, nel bel mezzo dell'orario delle lezioni?
Lentamente, facendo attenzione a non farsi sentire, svoltò l'angolo e si ritrovò in un secondo corridoio, in cui le torce giacevano spente alle pareti.
Eppure le voci venivano da una di quelle porte.
Forse doveva tornare indietro. Qualsiasi cosa stesse succedendo là dietro, non lo riguardava.
O forse doveva dare un'occhiata. Dopotutto era un prefetto.
Nell'indecisione, mosse qualche passo nel corridoio buio.
E le voci si fecero più forti.
Si addentrò ancora di più nell'oscurità.
Erano voci di ragazzi, e venivano dall'ultima porta a destra.
Prese a camminare più velocemente.
Ora riusciva quasi a distinguere le loro parole.
Si fermò davanti alla porta, e cercò di ascoltare le loro conversazioni.
Ed infatti udì qualcuno parlare.
-... non cercare di fare la furba...- disse la voce di un ragazzo dalla stanza -...stavi spiando.-
-Cercavo il professor Scrudge!- protestò una seconda voce, stavolta appartenente ad una ragazzina.
La prima voce ridacchiò. -Sai benissimo che il professor Scrudge sta facendo lezione nell'aula di Pozioni, ad un paio di piani da qui. Un Grifondoro non dovrebbe mai girovagare da queste parti.-
Tom riconobbe quella voce. Apparteneva ad un Serpeverde del settimo anno. Edward Mundge. Un brutto tipo. Piuttosto insolente e fastidioso. Una persona da cui tenersi alla larga.
-Perché? Un Corvonero invece può? E comunque dovreste essere tutti a lezione!- Ribatté la ragazzina.
-Non mi sembra che tu sia nella condizione di dire a noi cosa fare e cosa non fare, ragazzina. Un Corvonero può venire, se invitato. Ma non temere, non stiamo cercando di escluderti dalla festa. Oggi avrai il grande onore di unirti a noi.- Disse Mundge.
Tom accostò l'orecchio alla porta di legno, nel tentativo di non lasciarsi sfuggire neanche una parola del dialogo.
Forse doveva entrare e porre fine alla conversazione. Forse doveva chiamare un professore. Era il suo dovere di prefetto.
E allora perché rimaneva lì, paralizzato, ad ascoltare le loro parole?
-Ma io non voglio unirmi a voi! Siete solo un branco di prepotenti senza cervello! Ahi!-
Mundge riprese a parlare in tono quasi annoiato. -Lasciala andare Rufus. Ti sembra il modo di trattare la nostra ospite? ... Hai detto 'prepotenti', vero, ragazzina? ... Non mi sembra che ci stiamo comportando in modo scortese... ti abbiamo invitata ad entrare, no? Ti abbiamo gentilmente consentito di prendere parte alla nostra discussione...-
Ma lei lo interruppe. -Schifosissimi palloni gonfiati!-
-Tuttavia- riprese Mundge, fingendo di non sentirla -Anche la nostra pazienza ha un limite, mia cara. Un limite che tu stai per oltrepassare da ormai troppo tempo...-
Ora era il momento buono per intervenire.
Dovevano esserci un paio di ragazzi, lì dentro. Sarebbe bastato rimandare ognuno nei proprio dormitori, ed avvisare un insegnante della loro riunione segreta. Prima che la ragazzina si cacciasse nei guai.
-E cosa vuoi fare adesso, Mundge? Tanto in ogni caso, quando uscirò di qui, dirò tutto al preside Dippet!-
Mundge si lasciò sfuggire un'altra risatina malvagia. -Ne sei davvero sicura, ragazzina?-
Quando riprese a parlare, lei abbandonò il suo coraggioso tono di sfida, ed una punta di panico invase le sue parole. -I-io...andrò a chiamare un insegnante...-
-Davvero? Se vuoi puoi anche urlare. Tanto nessuno ti sentirà.- Ribatté Mudge, minaccioso.
Tom estrasse la bacchetta dalla tasca.
Rifletti bene prima di agire.
Forse sarebbe stato più saggio chiamare un professore... Forse sarebbe stato meglio non rischiare...
Rifletti bene... Non essere impulsivo...
Tom si fece coraggio e spalancò la porta con un colpo della bacchetta. -Sicuro, Mundge? Io l'ho sentita.-
Ma la risolutezza di quelle parole sfumò in un istante.
Il ragazzo scrutò la stanza.
Erano molto più che un paio di ragazzini.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sesto ***


Ciao a tutti!!!
E' bello vedere che certe cose non cambiano mai.
E' tornato di nuovo EFP. Il contatore è ancora fermo a 16 letture, e il povero Tom Riddle continua a cacciarsi nei guai. Cosa gli capiterà questa volta?

Per una attimo Tom non seppe se girarsi e tagliare la corda prima che fosse troppo tardi, o usare la bacchetta e fronteggiare la folla di studenti riuniti attornio a lui.
Non fece nessuna della due cose.
Rimase lì, impalato, a fissare gli altri valutando le sue possibilità.
L’unica persona che aveva riconosciuto dalla voce, Mundge, stava misurando l’aula a passi. Qualche metro più in là, erano riuniti attorno alla cattedra vuota più o meno tutti i membri della squadra di Quidditch di Serpeverde. Un paio di ragazzi che Tom riconobbe come studenti di Corvonero occupavano i primi banchi dell’aula, a qualche posto vuoto da Tompson, Charles e Phelt, altri tre ragazzi della sua casa. E più in là c’erano anche due Tassorosso. Tom non sapeva i loro nomi, ma era certo di averli visti sedere al loro tavolo, qualche giorno prima. A qualche metro da lui, Terry e Obkey, sempre della casa di Serpeverde, sogghignavano tenendo le bacchette puntate contro la ragazzina. Lei apparteneva al Grifondoro, si poteva vedere dalla cravatta rossa e oro che portava al collo, e doveva essere più o meno del terzo anno.
In un primo momento, tutti si limitarono a fissarlo come se fosse venuto da un pianeta sconosciuto. Poi Mundge sembrò riprendersi dallo stupore.
-Ma guardate un po’!- disse avvicinandosi al nuovo arrivato –Un’altra spia. Sembra proprio che attiriamo l’attenzione. Questa è già la seconda nell’arco di mezz’ora. Forse ci converrebbe andare a vedere se ce ne sono altre, là fuori.-
-Beh, perderesti il tuo tempo. Là dietro non c’è nessuno.- Rispose Tom, con un tono che cercava di suonare calmo.
Una voce si alzò dagli ultimi banchi. -Ma questa non è una semplice spia!-
Mundge si fermò a pochi metri da Tom. –Hai ragione, Marcus. Questa non è una semplice spia. Questo è il nostro amico Orvie!-
Rise, ed una decina di altre voci gli fecero eco.
La ragazzina alzò gli occhi al cielo, ma Tom rimase impassibile, lo sguardo obliquo fisso su Mundge.
-Cosa c’è, Orvie?- gli chiese il ragazzo –Il tuo nome non ti piace? Ti da fastidio essere chiamato così?-
Tom scosse la testa. -Forse, una decina di anni fa. Ora ho imparato che gli stolti vanno sempre assecondati. Bisogna dare loro soddisfazione.-
Una decina di bacchette scattarono fulminee verso di lui.
-Questo non è divertente, Orvie.- ribatté Mundge.
Questa volta fu Tom a ridere. –Davvero? Beh, logicamente. Non è una battuta, ma un dato di fatto.- Mundge lo guardò furente, e Tom continuò ostinatamente a sorridere.
Era quasi divertente. Mundge era sempre stato una di quelle persone che parlano poco e agiscono molto. Tom sapeva che il ragazzo in quel momento, desiderava con tutto il suo cuore tirare fuori la bacchetta e lanciargli contro una Maledizione Senza Perdono (non che sapesse come farlo, ovviamente). Ma non poteva, e lottava a fatica contro l’impulso.
Sì, era decisamente divertente.
–Beh, Orvie,- disse in fine, riprendendo il suo tono ironicamente malvagio -che ne dici di consegnarci la tua bacchetta, sederti e unirti alla nostra conversazione, visto che sembri così interessato?-
-No, grazie, Mundge. Sinceramente in questo momento ho cose più importanti da fare.-
La ragazzina rise, il ché poteva essere un fatto positivo.
-Non era una richiesta, Orvie. Non mi sembri nella condizione di fare lo spiritoso.-
Tom si strinse nelle spalle. –Beh, tutto è possibile. Il fatto che tu sia riuscito ad arrivare al settimo anno di una scuola di magia seria come Hogwarts, ne è la prova.-
Forse non avrebbe dovuto dirlo.
Forse ogni tanto doveva imparare a tenere a freno la lingua, soprattutto in situazioni come quelle.
E infatti gli effetti negativi di quella frase si fecero vedere all’istante.
Accadde tutto in un fugace attimo.
Dalla bacchetta di Mundge partì un fiotto di luce rossa, che Tom riuscì a schivare all’ultimo secondo. Contemporaneamente Terry gli lanciò contro uno schiantesimo, che il ragazzo rimandò abilmente indietro con un incantesimo difensivo. Un paio di bacchette furono sbalzate dalle mani dei loro proprietari al passaggio del fiotto, e altri bagliori saettarono in direzione del ragazzo, che si tuffò dietro ad un banco vuoto.
Ciò che si diceva in giro era vero. Tom Riddle era molto abile con gli incantesimi. Forse il mago migliore di Hogwarts. E lui sapeva che nemmeno Mundge, dal profondo della sua arroganza, non avrebbe mai avuto il coraggio di sfidarlo singolarmente.
Un altro fuoco incrociato sfrecciò a pochi centimetri da lui, che riuscì a lanciare un expelliarmus verso Terry ed Obkey.
La ragazzina prese ad urlargli delle parole. -Scappa, stupido! Cosa stai aspettando, che ti facciano secco?-
Ma Tom non riusciva a capire cosa stava dicendo. Il rumore degli incantesimi che gli saettavano a pochi centimetri dalle orecchie copriva la sua voce.
-Riddle, l’uscita è scoperta, vattene!-
Schivò un altro schiantesimo, e lanciò un incantesimo difensivo. -Che dici? Non capisco!-
-Riddle, attento, è dietro di te!-
Tom non fece in tempo a voltarsi. Udì un sibilo decisamente troppo vicino, e provò improvvisamente un acuto dolore alla mano destra, che lo costrinse a lasciare la presa sulla bacchetta.
-Mundge…- Borbottò stringendo la mano ferita.
Il ragazzo che lo aveva colpito di sorpresa rise, e si avvicinò ancora di più a lui, con la bacchetta magica sempre pericolosamente puntata nella sua direzione.
Udì un altro sibilo alla sua destra.
Questa volta non riuscì a schivare lo schiantesimo, che lo colpì in pieno e lo sbalzò da terra, facendolo atterrare sul pavimento, poco più in là.
-Oddio!- Si lasciò sfuggire la ragazzina, alzandosi in piedi per scrutare Tom da dietro il banco. Ma Obkey la costrinse a sedersi di nuovo.
Tom riaprì gli occhi, mezzo tramortito.
Cinque bacchette fremevano verso di lui.
Mundge rideva, e Thompson, Charles, Phelt e Terry gli facevano eco.
-Visto, Orvie? Non si scherza con il fuoco.-
Beh, sinceramente questo non l’aveva previsto.
La prossima volta impari a non provocare Mundge quando sei in minoranza numerica, specialmente, diciassette (che poi porta anche sfortuna) contro uno.
Si sforzò comunque di dire qualcosa. Non avrebbe dato a Mundge la soddisfazione di lasciarlo senza parole. -E…e il fuoco saresti tu? Molto divertente.-
-Se vuoi puoi ridere. Sempre che non ti faccia troppo male.- Ringhiò il ragazzo.
Thmpson e Terry lo afferrarono per le braccia e lo trascinarono su un posto vuoto davanti alla cattedra, tra Obkey e la ragazzina. Inutile opporre resistenza.
Esaminò la sua mano destra.
Un taglio si apriva per il dorso, un taglio che aveva tutta l’aria di essere profondo quanto lungo.
Probabilmente una Fattura Pungente.
Magia elementare. Avrebbe dovuto prevedere un’azione del genere, da parte di Mundge.
-Beh, direi che ti abbiamo trovato il posto giusto. Stai bene tra i Grifondoro.- Disse il ragazzo esaminando la bacchetta di Tom, che reggeva nella mano.
Phelt annuì. –Perché è lì che volevi finire, vero Riddle? Ti ho sentito. Ti abbiamo sentito tutti. ‘non Serpeverde, non voglio finire tra i Serpeverde!’ Patetico.-
-Beh, in realtà, Phelt, devi sapere che il mio unico scopo era quello di finire il più lontano possibile da te e da Mundge.- Rispose lui.
Sapeva di non essere nella condizione giusta per continuare a provocare i Serpeverde. Ma era un impulso a cui non sapeva resistere.
-Orvie,- sospirò Mudge in tono falsamente dolce –lo sai che io ci tengo alla tua incolumità. Non costringermi ad ucciderti con la tua stessa bacchetta.-
Il Serpeverde puntò entrambe le bacchette magiche verso di lui.
-Prima di saper lanciare una Maledizione senza Perdono dovresti imparare il Wingardium Leviosa, sai, le cose si fanno un passo alla volta…- sussurrò Tom, mentre una parte di lui cercava disperatamente di non farsi sentire.
Sfortunatamente, sembrò che la parte più coraggiosa di lui avesse preso il sopravvento.
-Cosa?- gli chiese Mundge.
Tom scosse la testa. -Non ho detto nulla.-
-Mh…meglio così.-
Il ragazzo abbassò lo sguardo. Come aveva potuto essere così sciocco?
Si sentì stupido e furioso allo stesso tempo. Per colpa di una stupida Fattura Pungente ora era lì, in un sotterraneo umido a sottostare al volere di un gruppo di bulletti pieni di sé. Se solo avesse fatto più attenzione…
Una voce lo distolse da quei pensieri.
-Complimenti, Riddle.- disse la ragazzina –Ottimo salvataggio.-
Tom distolse lo sguardo dalla sua mano destra. –Uno dei migliori.-
Lei gli lanciò un’occhiata obliqua. –Era una frase sarcastica.- precisò.
-Beh, mi bastava un grazie.-
Mundge riprese a parlare. –Prima che i nostri due amici ci interrompessero, comunque, stavamo parlando di cose serie.- esordì, rivolto ai compagni. -I troll delle terre dell’est stanno raggiungendo Londra. Attaccheranno maghi e babbani. Stanno aspettando solo l’ordine dei Goblin. Lo sappiamo per certo. L’unica ragione per cui i giornali non hanno ancora divulgato la notizia è che temono, ragionevolmente, di seminare il panico tra la popolazione magica.-
Qualcuno annuì, e la Grifondoro alzò gli occhi al cielo.
Tom aveva già sentito delle voci in proposito. Semplici voci, niente più. Ed il discorso di Mundge per lui non avrebbe certo rappresentato una conferma sicura.
-Beh, se il Ministero della Magia non si decide a fare qualcosa, le vittime saranno milioni.- Commentò uno dei Tassorosso, rivolto al ragazzo.
Poco lontano da lui, uno studente della casa di Corvonero scosse la testa. –Il Ministero della Magia non alzerà un dito per fermare questo massacro. Pallakius ha troppa paura per controbattere all’offensiva dei Mostri.-
-Il Ministro Pallakius, per quanto ne so, non è altro che un vigliacco incompetente. L’ha dimostrato durante l’attacco a al villaggio di Herberts, e continua tuttora a confermarlo.- intervenne Mundge –Il Ministero non è preparato ad affrontare una situazione simile. Non in questo caso. Anche uno stupido capirebbe che, per vincere la guerra, è sufficiente eliminare il sovrano dei Goblin.-
Tom rise. -Ma quanto la fai facile, Mundge.- disse –Credi davvero che, se fosse così semplice sconfiggere i Goblin, il Ministero della Magia, che è formato da maghi estremamente più saggi di te, non ci avrebbe già pensato?-
Mundge sbuffò, e perse nuovamente quella sua aria calma ed ironica. –Perché, Riddle, tu hai una soluzione migliore?-
-Io lascio queste decisioni al Ministero della Magia. È quello il suo compito.- rispose.
-Davvero? Beh, non mi sembra che ultimamente lo stia svolgendo molto bene. Sono otto mesi che andiamo avanti con questa stupida guerra, e non siamo ancora riusciti ad eliminare un branco di mostri!-
-Quegli stupidi mostri, sono molto più astuti di te e me messi insieme, anche perché tu abbasseresti la media. Non è semplice come credi, Mundge. A volte agire non basta. Quello che non capisci è che ci sono cose che richiedono di ragionare.-
Mundge divenne rosso di rabbia.
Tom credette che gli avrebbe scagliato contro un’altra fattura pungente.
Invece sorrise.
-Ragionare, Riddle? Tu hai forse ragionato, prima di lanciarti tra quei Dissennatori, sull’Espresso per Hogwarts?- chiese.
Tom balbettò. –Io…beh…-
-A me non pare.-
Prese a camminare tra i banchi. –Abbiamo atteso abbastanza. Ora è tempo che qualcuno ci liberi dall’oppressione di questi maledetti Mostri. E saremo noi a farlo.-
Cosa?
Tom scosse la testa. –Tu sei pazzo.-
-Pazzo? Mi credi pazzo? Beh, allora, Riddle, spiegami perché sei tu, ora, a ritrovarti disarmato, con diciassette bacchette puntate contro, ed una mano sanguinante.-
Altre risa si alzarono dalla stanza.
Quando quel mormorìo divertito si spense, un ragazzo si levò in piedi, da dietro i due Tassorosso. –E’ tardi.-annunciò -Dovremmo già essere in Sala Grande.-
Mundge annuì. –Già. Andiamocene.-
-E che ne facciamo di questi due, Rufus?- chiese Obkey, indicando Tom e la ragazza.
Il ragazzo sorrise, e si avvicinò scrutandoli. –Hai ragione. Non possiamo fare in modo che questi due se ne vadano in giro a raccontare i fatti nostri a tutti, no?-
Tom si lasciò sfuggire un risata. –Aspetta, comincio già a tremare!-
-Se vuoi fai pure.- gli rispose il Serpeverde, puntandogli contro la bacchetta –Così sarà più divertente.-

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