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Questa
fan fiction è stata scritta senza fini di lucro e solo per divertimento (ma
questo mi pare ovvio) Muahahahaha!
Capitolo 1
Due
ombre scure di muovevano nella sala della sorveglianza.
-quando
hai detto che finisce il tuo turno?- domandò una voce annoiata, seguita da un
sonoro sbadiglio.
La
luce che filtrava dalla porta semiaperta illuminava fiocamente la piccola
stanza dove due uomini vestiti di nero stavano controllando i monitor per la
sorveglianza.
Le
immagini erano quasi tutte uguali: corridoi vuoti, corridoi parzialmente
sorvegliati, corridoi strettamente sorvegliati, uffici. Agli occhi dei
sorveglianti, la Shinra appariva come un grosso reality da guardare
ventiquattro ore su ventiquattro.Per
questo era un lavoro davevro noioso.
Uno
dei due uomini tirò su il braccio svogliatamente e fece scivolare indietro la
manica della camicia per guardare l’orologio.- tra due orette smonto. E tu?-
-tra
dieci minuti, bello.- rispose il compagno, con strafottenza, incrociando le
mani dietro la nuca e inziando a dondolarsi sulla poltrona.- quasi non vedo
l’ora.-
-beato
te.- borbottò il compagno.- qui non succede mai niente.-
-che
vuoi che succeda? Con tutti quei Soldier in giro, neanche un pazzo si
avvicinerebbe alla Shinra.-
Il
collega si alzò e si sgranchì le braccia.- vado a fumare una sigaretta qua
fuori.-
-non
allontanarti troppo, qualcuno potrebbe arrabbiarsi.- replicò il compagno.
-ma
và...- rispose l’uomo, con nonscuranza, mentre usciva accostando la porta.
-arrabbiarsi.-
ripetè sottovoce l’uomo, allontanandosi dalla sala della sorveglianza.
Tirò
fuori un pacchetto di sigarette, ne prese una a casaccio, ripose il resto in
tasca e se l’avvicinò alle labbra con un brontolio.- bah...-
Accese
la sigaretta e prese delle grosse boccate di fumo, mentre girava gli occhi a
destra e sinistra, guardando il corridoio vuoto e male illuminato che lo
circondava. Non c’era anima viva a parte lui in quella zona del palazzo.
Rimase
a fissare il corridoio alla sua destra, chiedendosi quanto mancasse allo
scadere del suo turno, almeno avrebbe potuto imboccare quella direzione e
tornare a casa, finalmente.
All’improvviso
intravide un’ombra.
Smise
di fumare e aguzzò la vista, poi decise che era meglio controllare.
Forse
era il tipo che avrebbe dato il cambio al suo collega, giacchè avrebbe smontato
entro qualche minuto. Arrivò alla fine del corridoio, ma non c’era nessuno.
Si
udì solo un leggerissimo fruscio e l’uomo fu afferrato alle spalle da qualcuno
che con un rapido gesto del braccio, gli circondò il collo e glielo spezzò.
L’individuo
che era saltato giù dal soffitto sorresse l’uomo e lo sdraiò a terra senza far
rumore, mentre un’altra ombra compariva al suo fianco.
-ottimo
lavoro.- mormorò una voce.- vado a stendere l’altro.-
La
persona che aveva strangolato il sorvegliante annuì. Si chiamava Helinor Hinari
e aveva diciassette anni. Era una ragazza dai capelli castani, legati in una
treccia morbida che le scivolava sulla spalla destra fino al bacino. La fronte
alta era coperta da una frangia spuntata che arrivava a sfiorare le
sopracciglia ben delineate. Portava una masherina rossa che le nascondeva il
viso dagli occhi alla base del naso, e le labbra sottili erano curvate
all’ingiù. Indossava un corpetto di pelle senza maniche e pantaloni attillati,
e il tutto fasciava strettamente il suo corpo snello e atletico. La mano
sinistra era guantata, mentre l’altra no. Alla cintura di cuoio era appeso un
pugnale con il manico argentato e un grosso rubino scarlatto incastonato
nell’impugnatura.
Il
compagno, Uriah, era un ragazzo di diciotto anni. Indossava la stessa maschera
rossa, aveva i capelli ricci e fulvi, che gli solletivacano il collo lungo ed
esile. Si muoveva con leggerezza, come un ballerino, e il suo fisico magro e
slanciato gli permetteva dei movimenti aggraziati e agili.
Portava
quella che sembrava essere una divisa militare, ma essa non era né un’uniforme
dei Soldier, né il vestito di un Turks.
Probabilmente,
se si fosse tolto la maschera, avrebbe rivelato un viso da adolescente; anche
la sua voce nasale, dalle “t” e le “d” troppo marcate, era la tipica voce di un
ragazzo.
La
ragazza inginocchiata a terra accanto all’uomo che aveva appena ucciso, invece,
sebbene fosse di un anno più giovane, aveva un comrportamento più adulto e una
bella voce calma e controllata.
-sbrigati.-
ordinò la ragazza.
-non
prendo ordini da te, Helinor.- replicò il ragazzo, stizzito.
Helinor
strinse le labbra.- fai come vuoi, ma datti una mossa.- disse, tirandosi in
piedi.
Uriah
scomparve nella stanza della sorveglianza e riapparve un minuto dopo.
-via
libera.- disse, rivolto alla ragazza.
Lei
corse silenziosamente verso stanza, e vi s’infilò.
Il
ragazzo si piegò sul cadavere del secondo sorvegliante e gli prese il polso per
assicurarsi che il cuore non battesse più, mentre Helinor si piazzava davanti
ai monitor e li ispezionava con lo sguardo.
-non
vedo il presidente da nessuna parte.- disse la ragazza, in tono asciutto.
-sarà
nel suo ufficio.- rispose Uriah, con indifferenza.
Helinor
abbassò lo sguardo e strinse i pugni.
La tenda
centrale del campo era la più grande e la più comoda. Nessuno poteva entrarvi
se non con l’autorizzazione di chi ci viveva, e quella regola, che vigeva
nell’accampamentoda quando era stato fondato quel segreto gruppo militare
chiamato “Ombra”, era severa e inviolabile.
L’Ombra, un
gruppo di combattenti addestrati fin dalla tenera età, composta maggiormente da
orfani di guerra e da piccoli prodigi dell’arme, viveva come una tribù nomade,
e non rispettare il capo di tale tribù equivaleva a dichiare battaglia alla
gente che lo onorava come propria guida.
Il padiglione
era circondato da varie tende più piccole, disposte in cerchio attorno ad una
piazza dove la gente del campo si riuniva per il pranzo e per la cena.
Le due guardie
di fronte al tendone di Silver Gammon, maestro d’armi e capo dell’ombra, era
costantemente sorvegliata da due guardie instancabili, che stavano ai lati
dell’ingresso per tutto il giorno, per poi darsi il cambio con altri due
soldati per il turno notturno.
Dentro, in fondo
alla tenda, si trovava un trono di legno mobile, dove solitamente si sedeva
Gammon, ma che ora era vuoto, perché l’uomo, vestito con una lunga casacca, si
aggirava a qualche metro di distanza. Sembrava aspettare qualcuno.
Un ventenne dai
capelli rossi come il fuoco, che indossava l’uniforme dell’Ombra, entrò nella
tenda e salutò Gammon con un inchino.
- maestro.-
Gammon lo fissò
a lungo, senza parlare, poi sorrise, gli si avvicinò e gli posò una mano sulla
spalla.- Nara. Hai mandato a chiamare i tuoi compagni?-
-sono qui fuori,
maestro.- disse il giovane.
Nara era uno dei
più fidati uomini di Gammon. Era un ragazzo dal passato turbolento, che aveva
lasciato un solco indelebile nei suoi occhi crudeli. Aveva un viso dai
lineamenti spigolosi e sarebbe stato piuttosto attraente, se non avesse avuto
quell’espressione brutale.
Era molto alto e
muscoloso, e forse era anche il più forte del campo.
Gammon gli
sorrise astutamente. Quest’uomo era carismatico e, nonstante i suoi
sessant’anni, riusciva ad esercitare fascino su chiunque. Era grazie a questa
sua qualità che era riuscito a formare un’organizzazione così ampia come
l’Ombra, quando era ancora giovane. Aveva addestrato bambini che ne avevano a
loro volta addestrati altri, fino ad espandere il gruppo ad oltre trenta
persone. Tuttavia, l’Ombra rimaneva un gruppo intimo e riservato, e così doveva
essere.
-falli entrare.-
ordinò Gammon, e dopo aver ricevuto un’occhiata di ammirazione da parte di
Nara, si andò a sedere sul suo trono e poggiò il mento sulle nocche della mano.
Nara uscì, e al
suo posto entrarono Helinor e Uriah, che si disposero davanti a Gammon e lì
s’inginocchiarono.
Nara li seguì e
si mise in piedi alle loro spalle, incrociò le braccia sul petto e rimase a
guardare la scena in silenzio.
-Helinor, mia
cara.- esordì Gammon, accarezzando la ragazza con lo sguardo.
-maestro...-
rispose Helinor, chinando il capo.
-ho una missione
per voi.- aggiunse l’uomo.
Uriah alzò la
testa e fissò Gammon con intensità.- una missione?-
-voglio che
andiate a Midgar, che v’intrufoliate nella Shinra e che uccidiate il
presidente.-
Era
stata una pazzia.
Potevano
anche essere dei guerrieri esperti, allenati, scaltri, ma non avrebbero potuto
competere con la forza dei Soldier, per di più se questi giocavano anche in
casa.
Gammon
doveva essere impazzito, e loro non avevano potuto rifiutarsi di ubbidire.
Fallire gli sarebbe costata una severa punizione, ma il non ubbidire comportava
un’ esecuzione immediata.
-se
il maestro ci ha mandato qui, vuol dire che crede in noi!- esclamò Uriah,
intuendo i pensieri di Helinor.
Lei
lo guardò, perplessa.
-è
una missione difficile, e proprio per questo mi sento onorato di farne parte.-
proseguì Uriah, battendosi un pugno sul petto.- il maestro mi ha scelto per
compiere quest’impresa! Si fida di me! E si fida di te... non possiamo
deluderlo.-
Helinor
evitò di dargli una risposta e tornò ad osservare i monitor. Soldier. Soldier
ovunque.
-no.
Penso solo che se tu avessi aspettato, prima di entrare, le cose sarebbero
andate diversamente.-rispose Helinor, brusca.
-dobbiamo
entrare.- disse Uriah, con il viso acceso di frenesia.
-no! Non abbiamo
osservato abbastanza! Non sapremo dove andare, una volta lì dentro!- esclamò
Helinor,fermandolo per un braccio.
Lui si liberò
con uno strattone deciso.- sono stanco di aspettare, Helinor! Ora voglio
agire!-
-Uriah!-
-era
la nostra occasione.- si giustificò Uriah, resosi conto dell’errore commesso.-
camuffandoci tra i fanti Soldier, siamo potuti entrare senza difficoltà.-
Helinor
sbuffò.- per colpa tua, ora dobbiamo muoverci alla cieca.-
-non
fa niente, noi siamo abituati a muoverci in questo modo...- replicò Uriah.-
guarda, il presidente è appena entrato nel suo ufficio!-
La
ragazza si arrabbiò.-non sappiamo neanche dove sia, quell’ufficio!-
Uno
scricchiolio annunciò che la porta era stata aperta.
I
due si voltarono.
L’
uomo appena entrato guardò prima l’uno e poi l’altro, vide il corpo del
sorvegliante a terra e fece per dare l’allarme.
Helinor
si gettò contro di lui con uno scatto felino e, dopo avergli chiuso le dita
attorno al collo, lo sbattè contro il muro con violenza.
-chi
siete?!- balbettò l’uomo.
Uriah
scivolò attraverso la pallida luce e si sistemò al fianco della compagna.-
cerchiamo l’ufficio di Shinra.-
-i-il
presidente? Che volete da lui?!- esclamò il sorvegliante, con il volto sempre
più paonazzo ad ogni minuto che passava.
Uriah
lo guardò annaspare con indifferenza.- abbiamo un piccolo conto da saldare.-
La
macabra tranquillità che si era creata fu interrotta dall’irruzione di altro un
uomo nella stanza, che gridò:- FERMATEVI!-
Helinor
lasciò il suo ostaggio immediatamente e si voltò.
L’uomo
aveva capelli corvinilegati in un
codino, era vestito con un elegante completo nero e le mani sollevate reggevano
una pistola. Era un Turk, senza dubbio.
Il
sorvegliante lanciò un’occhiata supplichevole a Tseng e cercò di strisciare
carponi verso di lui.
Uriah
gli calpestò una mano facendolo gridare e sorrise.- fermarci?-
-Reno!
Rude!- esclamò Tseng, e altri due Turks entrarono nella stanza.- andate dal
presidente!-
Il
tipo con i capelli rossi lo fissò stralunato.- e tu?-
-posso
tenere a bada due ragazzini.- rispose Tseng, glaciale.
Il
sorvegliante gemette e tentò di togliere la mano da sotto la suola dello
stivale di Uriah, che aumentò la pressione facendogli scricchiolare le dita.-
due ragazzini?- fece eco, stizzito.
Helinor
rimase immobile a guardare Tseng, impassibile.
-chiunque
voi siate, avete l’ordine di lasciar andare quell’uomo e consegnarvi.
Altrimenti, saremo costretti a sparare.-
-saremo?
Tu... e chi?- chiese Uriah, con strafottenza, -io non vedo nessuno.-
Tseng
non perse la calma.- avete cinque secondi.-
La
mano di Helinor scivolò fino all’astuccio che stava appeso alla cintura.
-che cos’è?-
chiese Helinor, sporgendosi a guardare la polverina incandescente che il medico
del campo stava mettendo in una piccola boccetta di vetro.
Nhat era la
persona più paziente e calma del pianeta. Lo stesso volto ovale e allungato,
gli occhi dalle palpebre cadenti, insieme con un fisico paffuto, confermavano
quell’idea di pace e tranquillità bonaria che fluiva dai suoi occhi grigi. Era
giovane, aveva a malapena trent’anni, ma le rughe in mezzo alle sopracciglia e
intorno agli occhi erano un ottimo motivo per dargliene almeno dieci in più.
-abbi pazienza,
Helinor.- la apostrofò, con gentilezza.
La tenda del
medico era piena di strane boccette, liquidi ed erbe di ogni genere. Lì viveva
soltanto lui, tuttavia la tenda era abbastanza grande, in modo da accogliervi i
feriti semmai ce ne fosse stato bisogno.
In terra c’erano
due cuscini: su uno era inginocchiata Helinor, l’altro era vuoto, perché Nhat
era in piedi ad armeggiare con le boccette.
Quando ebbe
finito di travasare la polverina, porse tre boccette di vetro a Helinor.
-cos’è?- insistè
lei.
Lui
s’inginocchiò sul cuscino, lentamente.- è un fumogeno.-
Helinor guardò
la polverina.- poco credibile, come fumogeno.- commentò, portandosi l’oggettò
davanti ad un occhio.
Nhat guardò il
riflesso distorto dell’iride azzurra di Helinor attraverso il vetro, e
sorrise.- basta che lo lanci a terra. La boccetta si rompe ed esce una coltre
di fumo.-
Lei infilò le
boccette nell’astuccio.- grazie. Quanto ti devo?-
-non crederai
che l’abbia fatto per soldi!- esclamò Nhat, in tono divertito.- infiltrarsi
nella Shinra è troppo pericoloso, senza gli strumenti adatti.-
-già...- mormorò
Helinor, pensierosa.- mi chiedo come andrà a finire...-
-Gammon è un
capo saggio. O almeno dà quest’impressione.- disse Nhat.
Helinor
afferrò la boccetta, la estrasse dall’astuccio e la gettò a terra con forza.
L’ampollina
di vetro si frantumò appena entrò a contatto con il pavimento, frantumandosi in
pezzi microscopici, e una nube di fumo nero esplose nella stanza.
La
ragazza sentì Tseng tossire e, accuciatasi a terra, strisciò fuori dalla
stanza, sicura che il suo compagno avrebbe fatto lo stesso.
Era
inutile preoccuparsi per lui.
(...)
-signor
presidente! Signor presidente!- strillò Reno, catapultandosi nell’ufficio di
Shinra.
Rude
entrò dopo di lui.
La
stanza era vuota. La scrivania era perfettamente in ordine, come se nessuno
l’avesse ancora toccata. La sedia davanti alla grande vetrata era posta con il
sedile sotto il tavolo, come se nessuno vi si fosse seduto.
Reno
si guardò intorno, colto dal panico. –ma dov’è il presidente?!- esclamò,
rivolto a Rude.
-non
ne ho idea!- rispose l’uomo pelato con un gesto seccato.
-dobbiamo trovarlo! O Tseng ci farà a pezzi!-
strepitò Reno, e con una velocità mai vista prima, percorse la stanza a grandi
falcate e raggiunse la porta dell’ufficio. Quella si aprì tanto improvvisamente
che mancò di poco lo sventurato Turks.
-cos’è
tutto questo chiasso?- chiese il presidente Shinra.
Era
seguito da un ragazzo alto, dai lunghi capelli argentati e lo sguardo
impenetrabile, che catturò subito l’attenzione di Reno.
Sephiroth
fissò i due Turks quasi li stesse deridendo, dopodichè entrò nell’ufficio
insieme a Shinra.
-che
ci fate voi due qui dentro? E senza aver avvertito nessuno!- esclamò il
presidente, indignato.
Reno
lo guardò.- siamo Turks, signor presidente! Ci sono due intrusi nel palazzo!
Dobbiamo portarla in salvo al più presto!-
-due
intrusi?! E come sono entrati?!- abbaiò il presidente, severo.
-signor
presidente, non credo sia il momento di discutere.- intervenne Sephiroth.- se
ci sono intrusi, dobbiamo catturarli. Potrebbero attentare alla sua salute.-
Shinra
lo contemplò per qualche istante, poi riprese a dare ordini:- Sephiroth, trova
i due intrusi e catturali! Li voglio vivi! Potrebbero avere informazioni
preziose sull’Ombra.-
Sephiroth
fece una riverenza e corse via.
-e
voi due?-
-dobbiamo
scortarla fuori di qui!-
(...)
-attenzione, ci
sono due intrusi nel palazzo. Si ordina di fermarlia tutti costi e di
catturarli vivi.-
Helinor
maledisse il momento in cui si era lasciata convincere da Uriah a seguire il
suo piano folle.
Correva
per i corridoi.
Svoltò
a destra si trovò davanti ad un bivio. A destra si udivano delle voci e dei
passi, a sinistra c’era una porta chiusa.
Helinor
si avvicinò immediatamente alla porta e cercò di aprirla, ma si accorse che era
chiusa e dovette rinunciare ad ogni tentativo.
Appoggiò
le spalle alla porta e rimase in silenzio, immobile, all’erta, mentre le sue
dita si stringevano intorno al manico gelido del pugnale.
Passi.
Molti
passi.
Dovevano
essere circa cinque persone, e si stavano dirigendo verso di lei.
Si
portò in posizione da battaglia e prese un bel respiro.
Gli
uomini le furono davanti in pochi istanti. Tre di loro dovevano essere dei
terza classe, mentre gli altri due erano solo cadetti.
-è
l’intruso!- gridò uno dei Soldier, impugnando il fucile.
Helinor
strinse il manico d’argento del pugnale e guardò gli uomini con aria
corrucciata, poi sollevò l’oggetto e ne sfiorò la lama con le dita.
Una
scossa e un brivido le passarono attraverso la schiena, e il ferro sembrò
assorbire tutta l’energia della Materia che aveva usato.
-ti stai
preparando per entrare in qel posto, vero?- domandò pigramente il giovane
armaiolo che vagava sempre per la piazza vendendo armi.
Helinor
annuì.-hai qualcosa per me, Shon?-
Shon sembrò
felice che lei glielo avesse chiesto, afferrò il sacco che portava in spalla e
iniziò a scarufare al suo interno.
-in reraltà,
avrei qualcosa che fa per te. L’ho sottratta a uno di quei Soldier...- disse
Shon, gioviale.- ma non te la cederò per meno di cento Guil.-
-cento Guil?!-
esclamò Helinor, sgranando gli occhi.- spero per te che sia qualcosa di utile,
almeno!-
-lo è!- sbottò
Shon, irrigidendosi per l’offesa subita.- io vendo solo merce di qualità, hai
capito?!-
-va bene, va
bene.- ridacchiò Helinor.- adesso però, fammi vedere cos’hai.-
-Materia. Serve
per fare le magie. Questa in particolare è una Materia Thunder.- disse Shon,
assumendo un’aria quanto più possibile professionale mentre le porgeva una
sferetta.- la carichi sulla tua arma e fai la tua magia! Bello, no?-
Helinor fece per
afferrare la sfera, ma Shon ritrasse subito la mano.- alt! Non si tocca! Questa
è una cosa preziosa, sai?- e la guardò con aria avida.
Lei sospirò e
sborsò cento Guil richiesti.- spero per te che funzioni, altrimenti quando
torno qua ti faccio a pezzi.- lo minacciò.
Sentiva
la carica elettrica sul pugnale e un brivido freddo le percorse la schiena;
l’adrenalina le scorreva nelle vene come un fiume impetuoso. Alzò il braccio,
puntaò la lama verso il soffitto e gridò:- THUNDER!-
Una
folgore colpì i cinque uomini fulminandoli all’istante, lasciando Helinor senza
fiato.
Dovrò ricordarmi
di ringraziare Shon, pensò,
riponendo il pugnale al suo posto.
(...)
Helinor
percorse dedali, evitò scontri rifugiandosi negli uffici, uccise molti uomini,
finchè non ebbe raggiunto un corridoio a senso unico. Corse a capofitto fino a
scontrarsi con un muro che metteva la parola fine al suo percorso. Lo colpì con
un calcio, furiosa, e lo guardò portandosi le mani ai fianchi.
Stava
per muoversi e cambiare strada, quando avvertì una leggera pressione sul collo.
Abbassò lo sguardo.
Una
lama le aveva lasciato un finissimo segno rosso sul collo.
-non
muoverti.- le ordinò una voce stentorea.
Lei
cercò di voltarsi, ma la spada di Sephiroth la costrinse a guardare dritto
avanti a sé.
-detesto
ripetermi.- disse il platinato, in tono aspro.
Helinor
emise una risata di disprezzo.- Soldier.-
Un
gesto fulmineo. La lama di Sephiroth si scontrò con il pugnale di Helinor.
I
loro occhi si incontrarono.
Helinor
respinse la Katana.- finalmente faccio la conoscenza di un vero Soldier.-
commentò.- spero che almeno il vostro stipendio renda onore alle vostre
ingiustizie.-
-cosa
ne sai tu, d’ingiustizie?- replicò Sephiroth, impassibile
-ne
so molto più di te, se permetti.- ringhiò Helinor, che si piegò sulle gambe e
saltò verso di lui con agilità.
Sephiroth
arretrò e alzò la spada per poterla infilzare, ma lei si diede lo slancio
mentre era in volo, atterrò alla destra di Sephirot, rotolò, si rialzò e cercò
di colpirlo al fianco con il pugnale.
Il
ragazzo si voltò velocementee sferzò
l’aria con la Masamune per colpirla. Helinor si accasciò al suolo per evitare
di essere colpita e gli scivolò sotto le gambe, gli ricomparve alle spalle e lo
afferrò per il collo. La forza fisica del Soldier gli permise di liberarsi e,
afferrato con la mano libera il polso di Helinor, si piegò in avanti e la
lanciò contro il muro.
Lei
sbattè la schiena contro la parete e si accasciò al suolo.
Si
rialzò immediatamente, con il fiato mozzo e si accorse di aver perso il
pugnale.
Lo
individuò poco lontano da lei e tentò di gettarsi in avanti per riprenderlo, ma
Sephiroth le puntò la Masamune alla gola.- arrenditi.-
Helinor
sospirò e si portò le mani dietro la testa, lentamente.
-togliti
la maschera. Ti servirà a poco quando ti avrò consegnata ai Turks.- ordinò
seccamente il ragazzo.
Lei
esitò.- dovresti essere più gentile con le ragazze.-
-zitta.-
-scusa.
Non ti arrabbiare.- gli disse Helinor, scuotendo leggermente il capo.- c’è modo
e modo per dare ordini.- e così dicendo, slacciò la mascherina, che cadde ai
suoi piedi con un leggero tonfo.
Sephiroth
la fissò sbalordito. Un’adolescente. Doveva avere anche la sua età.
Aveva
perfino un viso simpatico.
-s-sei...
una ragazzina.- osservò.
-grazie
di averlo notato.- sbottò Helinor, in risposta.
Un
rumore metallico.
-Helinor!-
Uriah!
Sephiroth
affondò il colpò, ma lei si spostò con rinnovata energia e corse fino alla
parete alla sua destra. Dal condotto di aerazione pendeva il braccio di Uriah,
lei saltò e lo afferrò velocemente.
-torna
qui!- inveì Sephiroth, furioso.
Me la sono
lasciata scappare!
Guardò
il condotto d’aerazione. Era troppo alto, non ci sarebbe mai passato. Imprecò
mentalmente, ma non manifestò alcun segno della rabbia che provava dentro.
Erano
fuggiti.
Angolino
dell’autrice:
...
...
...
Ahem! Eccomi qua! Credo di dovervi qualche spiegazione,
cari lettori (semmai ce ne saranno) XD (ecco, dacci una spiegazione – nd
tutti). Non intendevo pubblicare questa fan fiction. Anzi, non volevo davvero
farlo. Poi ho pensato: “cosa ci sta a fare una fiction sul mio computer, se
posso leggerla solo io?”
Domande retoriche a parte... insomma, mi sono fatta
coraggio e l’ho publicata. Fa parte di un progetto molto grande a cui sto
lavorando. Ebbene, questo “What If”, parte da quando Sephiroth, Angeal e
Genesis avevano diciassette anni ed erano Soldier di seconda classe, ma questo
verrà chiarito nel prossimo capitolo. Naturalmente, la storia è inventata da
me, anche perché non ho idea di quello che era successo in quegli anni a
Midgar, né ho una conoscenza molto approfondita degli eventi che accadono nel
prequel di Crisis Core, Befor Crisis. A parte questo, inseriti i miei
personaggi principali, ho provato a tirare fuori questa... questa cosa.
Sto scherzando. Un motivo per cui l’ho pubblicata è
perché, volendo diventare scrittrice, dovrò pur fare esperienza in qualche
modo, e pubblicare le fiction mi permette di rendermi conto delle cavolate che
scrivo e di migliorarmi.
Bene. Detto questo, se ci saranno altri avvisi (l’ufficio
reclami è da quella parte... non tiratemi pentole addosso), li farò in seguito.
Um... ditemi quello che ne pensate, altrimenti penserò
veramente male... critiche e consigli ben accetti. Soprattutto consigli sullo
stile.
Non fate caso ai flashback, è un modo per iniziare a
conoscere ambienti e personaggi … ok, ok, me ne vado, non vi arrabbiate!
“A volte, l’unica cosa che desidero è la libertà di
poter scegliere.”
Helinor
Hinari
Sephiroth
stava raggiungendo la mensa, dove lo attendevano Angeal e Genesis per il
pranzo. Aveva lavorato tutta la mattina al verbale dell’incursione del giorno
precedente, su ordine dello stesso presidente. Ripensò alla fatica che aveva
fatto a mettere in fila tutte le parole, tanto che ogni tanto aveva fermato la
penna ed era rimasto a guardarne la punta come se fosse rimasto ammaliato. Era
difficile mettere per iscritto di aver permesso che quei due furfanti
fuggissero. Chissà perché, vedere una ragazzina combattere l’aveva quasi
scioccato. Che c’era di tanto strano? Anche nei Turks c’erano delle donne.
Si
fermò a metà del corridoio. Tre cadetti stavano venendo dalla sua parte.
-ti
ho detto che era una belva!-
-ma
và! Chi te l’ha raccontato?!-
-guarda
che ho una fonte affidabilissima!-
-quanti
erano?-
-Erano
due! Garndi, grossi... e cattivi!-
-non
potranno mica dare filo da torcere anche ai Soldier...vero?-
I
tre cadetti ammutolirono non appena si accorsero che il platinato li stava
guardando, gli lanciarono un’occhiata ammirata e intimorita insieme, poi lo
oltrepassarono in silenzio.
Idioti.
Sephiroth
strinse i pugni e proseguì per il corridoio a passo più svelto e con una certa
stizza addosso. C’era davvero bisogno di fare tutto quel chiasso per due semplici
ragazzini che avevano giocato a fare i soldati?
Entrò
nella mensa.
Il
cicaleccio e i brusii che animavano la grande stanza stracolma di rumorosi
Soldier lo infastidirono, e la cosa si accentuò non appena si accorse che
qualcuno lo indicava, così, cercò di sbrigarsi a raggiungere i suoi amici.
Angeal
e Genesis erano seduti a un tavolo lontano dalla folla, in disparte.
-che
avranno tutti da confabulare?- stava chiedendo Angeal ad alta voce.
Sephiroth
si lasciò cadere su una sedia, indispettito.
-qualcuno
è di cattivo umore.- osservò Genesis, incrociando le braccia sul petto con
l’aria di chi la sa lunga.- ei, ma è vero che ti sei lasciato battere da una
femmina?-
-non
mi ha battuto.- replicò Sephiroth, bruscamente.- mi sono distratto. Tutto qui.
E comunque, tu come lo sai?-
-le
voci si spargono velocemente.- rispose Angeal, con un sorriso gentile,- forse
anche troppo. I pettegolezzi sono tanti e nessuno corrisponde alla verità.
Qualcuno dice che gli incursori erano lupi mannari... il che mi sembra poco credibile.-
-non
erano lupi mannari.- lo corresse Sephiroth,- ma forse sarebbe stato meglio se
lo fossero stati...-
Genesis
non lo ascoltò, evidentemente l’argomento non gli interessava, perché quando
parlò, cambiò immediatamente argomento.- Angeal, anche oggi devi incontrare
quel piccoletto...?-
-intendi
Zack?-
-se
è così che si chiama.- sbottò Genesis, guardando un tavolo con alcuni Soldier
di terza classe raggruppati intorno.
-sì.-
rispose Angeal, lanciandogli un’occhiata penetrante,- qualcosa non va?-
Il
ragazzo rispose con un sospiro sconsolato.
-quando
ci promuoveranno a Prima Classe?- chiese Genesis, afflitto,- sono stufo di
stare nei bassi ranghi...-
Angeal
scosse il capo.
Sephiroth
evitò di rispondergli con una battuta di cattivo gusto, tuttavia pensò che
l’amico non avesse propriamente torto. Non c’era nessuno al loro livello, e
questo era più che evidente. Chinò la testa. Forse era meglio dire che non
c’era nessuno al suo livello.Guardò i suoi amici scambiarsi due battute
spiritose. Stare con loro smussava quel sentimento di dolore che sentiva nel
considerarsi tanto diverso dagli altri; Sephirothavvertiva di essere tanto più tanto più
forte, ma anche tanto meno umano.
(...)
Il
presidente Shinra era inquieto. Sedeva comodamente sulla poltrona del suo
ufficio, mentre i suoi occhi si muovevano veloci sul verbale consegnatogli da
Sephiroth proprio qualche ora prima.
L’ufficio
era un luogo tranquillo e accogliente, davanti a lui si trovava un Turk che gli
aveva appena annunciato di avere delle ottime novità, eppure non riusciva a
scrollarsi di dosso quella sensazione d’irrequietezza. Era come se qualcuno lo
seguisse con lo sguardo, in agguato nell’ombra, e per quanto tentasse, i suoi
nervi non accennavano a rilassarsi. Giocherellò con la penna che aveva in mano
e dopo averlo letto, firmò il verbale che gli aveva consegnato Sephiroth con un
movimento rapido e stizzito, da cui trapelava tutto il suo nervosismo.
-
abbiamo subito pochi danni.- annunciò Shinra, mantenendo una calma forzata
nella voce, - perso qualche uomo. Una piccola ferita, insomma. Quello che non
mi spiego... come hanno fatto due ragazzini ad eludere così facilmente la
sorveglianza?-
-non
erano due ragazzini qualunque.- rispose Tseng, che teneva in mano una bustina
di plastica contenente una maschera scarlatta.- fanno parte dell’Ombra.-
Shinra
scattò in piedi così improvvisamente che rovesciò la sedia a terra.- l’Ombra?!
Quell’organizzazione di pazzi?!-
-esattamente.-
disse Tseng, sorpeso da quella reazione.
Shinra
era pallido, tuttavia riprese il controllo e cominciò a sorridere.- beh... il
fatto che si siano introdotti soltanto in due nella compagnia, è la
dimostrazione di quanto ho detto.-, disse, poi andò davanti la vetrata del suo
ufficio e incrociò le braccia dietro la schiena.-ribelli, la peggior feccia
dell’umanità.- bisbigliò.
Tseng
guardò la maschera rossa e la posò sulla scrivania di Shinra.- qualunque cosa
siano... grazie alla loro bella fuga siamo riusciti a scoprire dove si trova il
loro accampamento.-
-precisamente...-
esordì Shinra, in tono pacato,- quanto è pericolosa questa organizzazione?-
-non
molto. Almeno per la compagnia. L’Ombra è un gruppo ristretto. Molti dei suoi
membri sono soltanto orfani raccolti in giro che vengono addestrati a muoversi
nel buio e a infiltrarsi ovunque senza destare sospetti-
-che
li addestrino quanto vogliono.- rispose Shinra, in tono sarcastico.- non
possono competere con i nostri Soldier.-
Tseng
non rispose.
-questo
mi tranquilizza, per un attimo avevo pensato che stessimo parlando di qualcosa
di più grande.- affermò Shinra, che finalmente avvertì sciogliersi il nodo che
aveva alla gola.
Tseng
esibì uno sguardo freddo.- l’Ombra gestisce alcuni traffici con i soldati nel
Wutai. Forniscono aiuti, armi, medicine. L’accampamento dell’Ombra si sposta
ovunque, e possiede un vasto arsenale di armamenti e farmaci. Sono nomadi.-
Shinra
rimase qualche istante in silenzio e ascoltò il suono delle parole di Tseng,
pensoso, poi disse:-dovremo sbrigarci ad agire, allora. Devo estirpare alla
radice questo inconveniente prima che diventi un albero.-
-concordo.-
rincarò Tseng, con fermezza.-e per quanto addestrati, gli uomini dell’Ombra non
competono neanche con il più mero dei Soldier.-
Shinra
ci pensò su.- hai detto che gestiscono traffici nel Wutai?-
-sì.-
fu la risposta.
-forse potrebbero tornarci utili... basterebbe
solo saperli sfruttare e trarli dalla nostra parte.- disse Shinra, voltandosi
verso il giovane alle sue spalle.- è solo un branco di feccia dimenticata dal
mondo, probabilmente basterà offrirgli qualche vantaggio economico. E poi non
si dica che non sono una persona caritatevole.-
Nella
mente del presidente scoppiò una risata, che però non uscì dalle sue labbra. Se accettassero, avrei a disposizione
informazioni vitali per schiacciare definitivamente quegli sciocchi che si
oppongono nel Wutai... se invece ci attaccassero, avrò un’ottima scusa per
sterminarli tutti, additandoli come un pericolo per la società.
Tseng
s’incupì.
-sono nomadi.-
disse Elena, dopo aver analizzato i dati sul computer.- non rimangono mai nello
stesso posto per quindici giorni di fila.-
Tseng guardò le
informazioni che aveva elaborato la collega e ne fu soddisfatto.
- in questo
momento si trovano appena fuori Kalm.- lo informò Elena,- ma credo che
partiranno presto, visto il loro recente fallimento.-
-devo subito
avvertire il presidente.- disse Tseng, in fretta.- altrimenti perderemo la
nostra occasione.-
-mm... Tseng?-
-cosa c’è?-
-no, niente,
stavo solo pensando a quei bambini.-
-sono orfani.-
disse Tseng.- almeno ora hanno trovato una famiglia.- voltò le spalle al
computer e ad Elena e se ne andò.
Shinra
continuava a sorridere divertito.- mi chiedo cosa gli sia passato per la
testa... facciamo così allora. Manderemo dei Soldier.-
-Soldier?
Forse è meglio che di questa faccenda se ne occupino i Turks.- suggerì Tseng,-
è una questione troppo delicata.-
-questo
è quanto.- insistè Shinra, testardo.- ho detto che andranno i Soldier.-
(...)
L’allievo
di Angeal era un ragazzino vivace, che non si fermava davanti a niente e che
possedeva un’incredibile scorta di energia. Dove andasse a prederla, rimaneva
un mistero, ma l’entusiasmo con cui affrontava ogni ostacolo era veramente
ammirevole per un ragazzetto di appena tredici anni. Era un vero prodigio,
tuttavia, nella Shinra i prodigi erano molti.
Persino
Angeal, che aveva otto anni di esperienza e allenamenti più di lui alle spalle,
talvolta era costretto ad arrendersi all’evidenza: quel ragazzo era talentuoso
quanto instancabile. Questo veniva a essere un pregio quando si trovavano nella
sala d’addestramento, perché Zack riusciva a fare sempre il doppio del lavoro
che gli ordinava di fare Angeal, un po’ perché amava combattere, un po’ perché
voleva diventare un Prima Classe ad ogni costo.
Angeal
lo apostrofava sempre e cercava di riportarlo con i piedi per terra,
ricordandogli che se avesse voluto realizzare il suo sogno, avrebbe dovuto
impegnarsi ogni giorno.
La costanza,
ecco cosa ci vuole. Costanza e un buon allenamento.
Eppure,
Angeal sentiva che Zack era diverso da qualunque altra persona avesse mai
incontrato. Aveva qualcosa di bello in sé, con quel suo fare impulsivo e
allegro. Si poteva dire che Angeal stesse addirittura affezionandosi a quel
ragazzino.
Un
frastuono assordante strappò Angeal dalle sue riflessioni personali.
-Zack!-
esclamò, correndo verso il ragazzo.
Lui
esibì un’aria dispiaciuta.- non volevo Angeal...-
Angeal
guardò il mucchio di spade e armi che il suo allievo aveva fatto cadere a terra
e sospirò pesantemente.
Quel
ragazzino era anche un grosso impiastro, purtroppo.
-scusa...-
balbettò Zack, abbassando il capo, dispiaciuto.
-scusarsi
non serve a niente. Ora prendi tutta questa roba e la metti a posto. E poi
posso sapere che avevi intenzione di fare con tutte queste cose?!- chiese
Angeal, prendendo in mano un coltellino a serramanico,- per oggi abbiamo già
terminato l’allenamento.-
Zack
arrossì.- niente.-
Angeal
gli puntò contro la punta del coltello.- le stavi prendendo di nascosto?-
-n-no!-
cercò di minimizzare il ragazzino, con allegria,- prendevo in prestito.-
Il
maestro gli rivolse un’occhiata torva.
-va
bene, va bene! Avevo fatto una scommessa con alcuni Soldier!- confessò Zack,
tutto d’un fiato,- avevano detto che se avessi preso questa roba...-
-per
carità, non voglio sentire altro!- lo scongiurò Angeal, esasperato.
Zack
capì che l’aveva fatta grossa, ma non si perse d’animo.- rimetterò tutto a
posto!-
-sì.-
concordò Angeal, annuendo,- rimetti tutto a posto, poi vai a farti dare uno
spazzolone e uno straccio.-
-uno...
che cosa?!- esclamò Zack, sgranando gli occhi.
Angeal
sorrise.- solo il fatto che tu sia solo un marmocchio non vuol dire che non
debba imparare a farti rispettare.- disse.
-ma...
ma... e dovrei imparare a farmi rispettare pulendo per terra?!- chiese Zack, a
bocca aperta.
-no.
Ma almeno imparerai che tutte le volte che ti fai abbindolare, succederà
qualcosa di sgradevole.- Angeal gli strizzò l’occhio,- e questo ti permetterà
di pensare cento volte ad una cosa, prima di farla.-
Zack
incurvò le spalle, abbattuto.- ma io...-
-buona
fortuna.-
Il
discorso si concludeva lì. Il maestro ordina, l’allievo esegue.
-non
posso crederci.- farfugliò Zack, e così dicendo, cominciò a rimettere a posto
tutte le armi che aveva preso, sotto lo sguardo vigile di Angeal.
(...)
-in
onore della Shinra. Lealtà e fedeltà alla compagnia: il dovere di un Soldier.-
mormorava Genesis.
Il
ragazzo si trovava nello spazio dove i prima classe usavano tenere il loro
discorso di benevenuto ai nuovi Soldier.
Gli
uomini erano disposti in tre file ordinate e composte, e ascoltavano trepidanti
il discorso del loro appassionato superiore, tutti con la stessa divisa che
recava il simbolo della ShiRa Coporation sul cinturone.
Genesis
guardava svogliatamente il prima classe che faceva l’arringa. Un giorno avrebbe
voluto prendere il suo posto. Avrebbe fatto discorsi straordinari e sarebbe
diventato un eroe.
Percepì
alcuni passi leggeri alle spalle.
Sephiroth.
-non
mi aspettavo di trovarti qui.- commentò il platinato, affiancandolo.
Per
un po’, anche Sephiroth fissò la scena, impassibile.
Genesis
rispose con un grugnito.
-stai
ancora pensando alla storia della promozione?- domandò Sephiroth, fissando il
Soldier che lanciava in aria il pugno per sottolineare un concetto
particolarmente rilevante.
-che
t’importa? Tanto, per quel che ti riguarda, tutti ti venerano già...- disse
Genesis, e nella sua voce Sephiroth notò una sfumatura di amarezza.
Il
ragazzo mosse gli occhi verdi su Genesis, guardandolo con severità.- e con
questo?-
Tra
i due scese uno spiacevole silenzio, pieno soltanto delle parole del prima
classe che venivano lanciate in aria con enfasi, e i ragazzi si squadrarono per
un bel po’ senza dire nulla. Poi, Genesis diede le spalle all’amico e si
diresse verso l’interno della compagnia.
Sephiroth
lo fissò con occhi vitrei.
Genesis
non poteva capire quanto fosse difficile essere Sephiroth. Se avesse avuto
anche solo un’occasione per provare il suo dolore, non sarebbe più stato così
spavaldo.
Il
suo amico aveva una casa, sapeva che a Banora tutti lo aspettavano, e
probabilmente, non appena avesse messo piede sull’isola, avrebbe chiaramente
sentito ciò che tutti chiamavano “l’aria di casa”.
L’aria di
casa...la felicità di essere tornati nel proprio luogo natio...
Sephiroth
non sapeva neanche cosa volesse dire avere una casa, figuriamoci averne
nostalgia.
Da
una parte invidiava Genesis e Angeal, ed era consapevole che loro non potevano
capire cosa volesse dire essere soli, perché non lo erano mai stati.
Il
ragazzo udì la fine del discorso del Soldier, senza però percepirne le parole,
gli lanciò un ultimo sguardo e se ne andò con il mantello nero che ondeggiava
al ritmo dei suoi passi.
(...)
Il
sole batteva con forza sull’area desertica intorno a Midgar, dove a terra arida
sembrava supplicare continuamente il cielo di abbeverarla. Solitamente in
questo posto desolato, non vi erano altro che piccoli animali capaci di
sopravvivere al grande caldo, o qualche coraggioso insetto.
La
piana sembrava stendersi all’infinito, con una conformazione fisica sempre
uguale, finchè, inaspettatamente, non ci s’imbatteva in un accampamento di
tende.
Era
la base dell’Ombra.
Le
tende disposte in cerchio, erano rivolte verso il lugubre spettacolo che si
stava consumando al centro della piazza. Alcuni dei giovani del campo si erano
raggruppati davanti al padiglione centrale, tenendosi ben distanti da quello
che era il fulcro della loro attenzione. Anche Helinor era vicina alla propria
tenda, bianca come un cencio, con una mano che stringeva convulsamente il
manico del pugnale.
Al
centro della piazza c’era Gammon, in piedi nella sua postura austera e
terribile. La corporatura del grande maestro era tozza e imponente, e incuteva
rispetto immediato. I suoi occhi di ghiaccio guardavano il giovane Uriah che,
tenuto per le braccia da due uomini minacciosi, era costretto a stare in
ginocchio nella polvere, con il torso nudo. Aveva lo sguardo di un bambino
indifeso minacciato da un pericolo spaventoso.
La fustigazione.
Nara
sostava accanto a Gammon, con la frusta in mano e una grande smania di usarla.
-mi hai davvero
deluso, Helinor.- disse Gammon, battendo le dita sui braccioli del suo scranno
di legno. Trasmetteva una rabbia palpabile, e sia Helinor sia Uriah,
inginocchiati in un profondo inchino, si sentivano travolgere da quell’impeto.
Gammon alzò
leggermente la testa e ridusse gli occhi a fessure.- il motivo del vostro
fallimento?-
Helinor esitò.
-è stata colpa
mia, maestro!- intervenne Uriah, improvvisamente.- ho agito d’impulso, la mia
compagna non c’entra nulla. Mi dispiace. Punisca me.-
-punirti?- fece
eco Gammon, come se fosse sorpreso di quelle parole.- io non punisco!
Impartisco delle lezioni di vita.- e così dicendo appoggiò una guancia sul
dorso della mano e lo guardò come se avesse perso tutto l’interesse per lui.
-non intendevo
questo, maestro.- si corresse Uriah, preso dal panico.- lei è troppo buono con
noi.-
Gammon schioccò
le dita.- Nara.-
Il giovane si
presentò immediatamente al suo cospetto e fece una veloce riverenza.- ordini,
mestro.-
-trenta frustate
faranno ricordare al nostro Uriah che ogni missione è sacra, e come tale, va
compiuta alla perfezione.-
Uriah sbiancò.
-maestro!-
intervenne Helinor,- non...-
-stai zitta.-
intimò Gammon, con disprezzo,- per te, andrà benissimo uno scontro nell’Arena.-
Helinor
guardò Uriah con terrore. Non voleva assistere. Era troppo.
L’aria
calda sembrò bruciarle nei polmoni, il cuore prese a batterle
incontrollatamente, avvertì il sudore sulla fronte e un forte tremolio alle
mani.
Non
riusciva a distogliere lo sguardo dal volto pallido di Uriah, completamente
madido di sudore, e quello sguardo atterrito con cui guardava Nara, fece
sentire Helinor come schiacciata da qualcosa di invisibile.
Nara
fece schioccare la frusta vicino alle ginocchia di Uriah.
Helinor
si aggrappò alla sua tenda. Uriah era il suo compagno di squadra da quando
avevano cinque anni. Era arrogante e impulsivo,ma era onesto sia con sé stesso, sia con gli altri. Avrebbe potuto
dividere la colpa con lei, invece aveva deciso di assumersi tutte le
responsabilità.
-mio
caro figliolo.- disse Gammon in tono affabile, rivolto al ragazzo, - sappi che
questa è solo una lezione che intendo impartirti. Un padre ha il dovere di
rimproverare i propri figli, se essi commettono un errore.- si piegò
leggermente su di lui e gli accarezzò una guancia con la mano.- non avercela
con tuo padre per questo.-
Gammon
si allontanò e si accostò a Nara, che fremeva dall’impazienza. Gli avvicinò le
labbra all’orecchio e gli sussurrò qualcosa che fece andare il giovane
letteralmente in visibilio.
Le
due guardie che tenevano fermo Uriah sembravano impassibili e insensibili di
fronte al dolore cui presto avrebbero assistito.
Uriah
stava per scoppiare a piangere.
Nara
aveva un ghigno terribile sul viso.
Gammon
sorrideva tranquillamente, -è tutto tuo.- disse.
Helinor
avrebbe tanto voluto scappare, ma dove sarebbe potuta andare? Erano diciassette
anni che assisteva, o prendeva parte in prima persona, a quella tortura.
Il
fischio della frusta che si abbatteva sulla schiena di Uriah, il dolore
lancinante della pelle che veniva ustionata dal colpo e le grida disperate,
erano una scena fin troppo conosciuta.
Era
raccapricciante.
Il
volto contrito delle persone fustigate e le loro urla la distruggevano. Ma lei
era una guerriera. Rimaneva a guardare la scena, impietrita, mentre ogni cupo
istante di quel rito osceno e bestiale s’imprimeva prepotentemente nella sua
mente.
Qualcuno
non ce la fece, tornò nella propria tenda e probabilmente, una volta dentro,
avrebbe nascosto la testa nel cuscino; qualcun altro cercò di fuggire prima di
cadere a terra svenuto.
Era
un quadro così terribile, quello degli occhi infuocati di Nara che si beavano
delle grida della sua vittima, che poteva rimanere scolpito nella memoria di
una persona per una vita intera.
Helinor
avvertì il proprio respiro affannato e irregolare.
Ti prego, smetti
di guardare.
Cercò
di chiudere gli occhi, ma non ci riuscì. Era come se la sua mente fosse lontana
dal corpo, era come se sulla sua schiena, tornassero a bruciare a loro volta,
ferite ormai scomparse.
Ogni
volta era come la prima volta.
Ti prego, smetti
di guardare!
Poi,
qualcuno le sfiorò il braccio.
-vieni
via.- le disse la voce calma e tranquilla di Nhat.
Lei
deglutì e si lasciò condurre lontano da quello strazio.
Poteva
andare dovunque avesse voluto, ma anche a cento chilometri di distanza, Helinor
sapeva che le grida di Uriah l’avrebbero raggiunta ugualmente.
Angolino
dell’autrice:
Buona
domenica a tutti! ^_^
Ecco
il secondo capitolo della mia nuova fic. Ho un po’ di commenti sui personaggi
da fare:
parto
da Zack, che compare per la prima volta come Soldier di terza classe. l’ho
inserito nella fic per un motivo: il rapporto che c’è tra lui ed Angeal. In
Crisis Core, non viene sottolineato come i due siano entrati in contatto,
perciò, ho deciso di presentarli insieme mentre erano ancora molto giovani.
Un
altro rapporto da evidenziare è quello tra Sephiroth e Genesis. Ho subito messo
in luce quanto quest’ultimo sia amico, e allo stesso tempo, provi un senso di
rivalità nei confronti di Sephiroth, cosa che sarà ben chiara in Crisis Core.
Sephiroth è un ragazzino dalla forza disumana, ha solo diciassette anni, eppure
è già preso in considerazione dal presidente ed è ammirato da tutti. Tuttavia,
è ancora inesperto, infatti si lasacia sfuggire i due membri dell’Ombra.
Poi
c’è il presidente Shinra, un personaggio secondario, ma a mio parere rilevante.
Egli è il presidente della compagnia; è lui che gestisce tutto, e come tale, ho
deciso di dargli un certo ruolo nella storia, che verrà chiarito in seguito.
Passiamo
ai Turks. Protagonisti in questa storia ci sono, in primo luogo Tseng, che
secondo me ha sempre avuto un certo rilievo ella compagnia. Poi ci sono Reno,
Rude ed Elena, che faranno poche comparse in aiuto a Tseng, e anche altri due
personaggi a sorpresa!
Concludo
aprendo una parentesi sull’Ombra, e in particolare sul suo capo, Silver Gammon.
Il suo atteggiamento falsamente paterno, è indice di una grande crudeltà, e penso
di averlo dimostrato nel capitolo. Sarà uno dei personaggi più importanti nella
storia, anche se indirettamente.
Come
ho già detto, ho lavorato molto di fantasia.
Vi
ringrazio per aver dato fiducia a questa fic! *abbraccia i lettori*
Infine,
rispondo alle recensioni!
KiaElle:
grazie! Spero che questa storia meriti la tua fiducia e che continui a leggerla
con piacere. È una storia piuttosto particolare, e fa parte di una Serie, anche
se ancora non ho scritto praticamente niente di quello che ho in mente... XD
the one winged angel: hairagione! Il comment sui
flashback potevo anche risparmiarmelo XD! La storia è un po’ forte, devo dirlo,
però mi piaceva così... anche final fantasy VII è un gioco piuttosto complesso,
e quindi questa fic non poteva essere da meno. Quanto a Sephy... è già, è
ancora inesperto, anche se rimane il più forte del mondo, quindi è naturale
aspettarsi degli errori. Beh, non posso che ringraziarti per aver recensito e
per aver messo la storia tra le preferite. *manda un bacio*
Kairih: il mio unico
rimpianto è quello di non poter giocare a Before Crisis. Ho trovato veramente
poco, e tutto nei siti inglesi, perché qua in Italia non uscirà mai. È per il
cellulare, e la grafica è ovviamente carente, ma scommetto che se venisse
rielaborato per la ps3 o per la 2 sarebbe un capolavoro. Sì, anche a me Tseng
interessa molto. È un personaggio che mi affascina! ^_^
Quanto
al fatto di descrivere i sentimenti dei personaggi... avevo notato anche
io che dovrei farlo di più. Questa fic nasce proprio per questo, migliorare su
quel fronte... e a farmi mettere in testa che ogni personaggio ha una sua
storia, una sua psicologia, e un suo modo di pensare, e che noi scrittori
dobbiamo conoscere i nostri personaggi meglio di noi stessi!
“Non lasciatevi ingannare, quel sorriso è soltanto
il frutto di elaborati calcoli.”
Uriah
L’ufficio
di Lazard era piuttosto spazioso, e tutto era tenuto in grande ordine.
Lazard,
il direttore esecutivo dei Soldier, colui a cui tutti i soldati facevano
riferimento per l’assegnamento delle missioni, sedeva in un’ansa della grande
scrivania a forma di U, che si apriva di fronte ad un enorme monitor. Sulla
scrivania vi erano vari computer disposti in fila, ma erano tutti spenti, a
parte quello che si trovava di fronte all’uomo.Il pavimento lucido rifletteva le fioche luci delle lampade al neon.
Il
direttore era immobile. Guardava il monitor del suo computer, che rifletteva
un’accesa luce azzurrina sulle lenti dei suoi occhialetti. Di tanto in tanto
guardava l’orologio, mentre con una mano guantata di bianco, muoveva la penna
su un foglio.
Erano
soltanto le tre: la giornata si prospettava molto lunga.
Schiacciò
il tasto “invio” e spedì una mail, poi posò la penna davanti al blocco di fogli
che stava usando e strappò la prima pagina di esso. La guardò attentamente, poi
scrollò il capo, l’accortocciò e la buttò nel cestino ai suoi piedi.
Fece
per riprendere la penna, quando le porte del suo ufficio si aprirono.
Lazard
sorrise e si lasciò andare sullo schienale della sua poltrona, incrociando le
braccia al petto con aria sorniona.
Angeal
e Zack fecero pochi passi, poi si fermarono e si esibirono in una riverenza.
-è
più di mezz’ora che vi sto aspettando.- li rimproverò Lazard, guardando prima
l’uno poi l’altro.
Zack
arrossì lievemente e scorse l’occhiata torva che gli lanciò Angeal.
-comunque,
ho una nuova missione per voi.- annunciò Lazard, iniziando a sfogliare il suo
blocco di fogli.- avrete saputo dell’incursione che due individui hanno
effettuato ai danni della compagnia, o sbaglio?-
Angeal
decise di prendere la parola prima che il suo allievo potesse dire qualcosa di
compromettente.- sì, ma solo in linea di massima.-
Lazard
annuì.- immagino. Il presidente vorrebbe tenere questa faccenda entro certi limiti...
non so se mi avete capito.- disse, abbassando il tono di voce e avvicinandosi
una mano al mento.
-io
ho capito!- si vantò Zack.
-ma
che relazione c’è con la nostra missione?- chiese Angeal, perplesso.
-vi
sto parlando di un’organizzazione misteriosa chiamata “Ombra”.- gli rispose
Lazard, in tono enigmatico.
-Ombra?-
ripetè Angeal, lanciando al direttore uno sguardo interrogativo.
-i
due ragazzi che hanno attaccato la compagnia fanno parte di
quest’organizzazione. – spiegò Lazard, - è un gruppo di guerrieri che raccoglie
bambini orfani e li addestra a combattere. Sono un branco di nomadi: assassini,
ladri, trafficanti... viaggiano ovunque e pare che da tempo stiano
intrattenendo,- e qui si sfiorò la punta delnaso con fare profetico,-relazioni con il Wutai.-
Zack
vide che il volto del suo maestro cambiava espressione. Da serio e rilassato,
il Soldier si era fatto attento e interessato.
-sono
alleati del Wutai?- chiese Angeal, in tono aspro, - adesso capisco ...volevano
sabotarci...-
Il
direttore gli rivolse un sorriso cordiale e lanciò un’occhiata allo schermo del
computer, per verificare se fosse giunta la risposta alla sua mail. Niente
risposta, quindi continuò a degnare di attenzione i due Soldier.
-adesso,-
proseguì, avvicinando i polpastrelli delle dita gli uni agli altri, - arriva il
vostro turno.-
Angeal
si fece ancora più testo e aspettò con ansia che il direttore annunciasse la
loro missione.
Il
ragazzino al suo fianco iniziò a chiudere e a riaprire le mani, e ciò permettendo
a Lazard di intuire quanto Zack fosse eccitato.
-il
presidente mi ha raccomandato di affidare questa missione a te, - disse Lazard,
indicando Angeal,- ma credo che una mano in più non ti farà male. Il capo dell’Ombra
ama i bambini.-
Zack
soffocò un grido di protesta in un grugnito sommesso, che Angeal coprì con la
propria voce:- ancora non ho capito cosa dobbiamo fare.-
-la
magnanimità del presidente Shinra è grande.- osservò Lazard, con un moto di
soddisfazione nella voce,- ha deciso di perdonare questo gruppo di ribelli e di
convincerli a passare nella nostra compagnia.-
-sta
scherzando!- esclamò Zack, senza più potersi trattenere, - Lupi Mannari nella
Shinra?!-
Lazard
aggrottò le sopracciglia e lo guardò con aria confusa.
Angeal
roteò gli occhi, esasperato.
-temo
di non capire.- disse Lazard, perplesso.- comunque, la compagnia, conta di
poter accedere ai dati dell’Ombra sui movimenti del Wutai. Forse, i nostri
avversari in guerra non si rendono conto che combattono per una causa persa...-
aggiunse, a voce più bassa.
-quali
sono le nostre mansioni?- chiese Angeal.
-dovete
entrare nell’accampamento dell’Ombra in qualità di ambasciatori e proporre loro
un accordo economico. La Shinra Electric Power Company è più che disposta a
concedere aiuti e protezione all’organizzazione, a patto che vengano ad
allearsi con essa. Questo è quanto.- disse Lazard.
Angeal
ascoltò il rumore confuso di una ventola che girava e faceva di sottofondo alla
scena.
Angeal
interruppe bruscamente il lungo silenzio che era sceso sulla spiegazione del
direttore: -e se venissimo attaccati?-
-il
presidente desidera che voi non reagiate.- rispose Lazard, anche se era
evidente che non condividesse quella scelta.- rientra tutto nei suoi piani.
Questa missione è amministrata da lui stesso.-
-dal
presidente?!- esclamò Zack, trionfante.
Messa
così, la strada per entrare nei Prima Classe sembrava un grosso sbocco a cui
arrivare comodamente trainati dalla corrente.
-Zack,
datti una calmata.- fu il secco ordine di Angeal.- vatti a preparare, partiamo
tra tre ore.-
Il
ragazzino scattò sull’attenti.- agli ordini!- esclamò, e corse via, esultante.
Angeal
e Lazard rimasero a squadrarsi per un lungo istante, poi Angeal fece una
riverenza e se ne andò.
Quella
storia non prometteva niente di buono.
(...)
Helinor
attraversava la piazza del campo con aria assente, lo sguardo rivolto a terra e
i pugni stretti.
Il
cuore non aveva ancora smesso di correre, e lei lo sentiva gridare di dolore
nel suo petto, mentre una sensazione spiacevole le provocava una terribile
stretta allo stomaco.
Si
fermò proprio al centro dello spiazzo e alzò la testa. Intorno a lei non c’era
nessuno. A quell’ora di pomeriggio erano tutti fuori per l’allenamento.
L’accampamento
si sviluppava in un cerchio di tende disposte una accanto all’altra, e
all’esterno, questa circonferenza era circondata dall’area desertica. Era uno
spazio illimitato per allenarsi, e giacchè la presenza del sole inaridiva
l’aria e batteva sul corpo, indebolendolo, Gammon riteneva l’esperienza utile
per temprare lo spirito. Da quando avevano piantato l’accampamento, e solo per
quello c’erano voluti giorni di lavoro, i membri dell’Ombra si erano sempre
battuti contro il sole cocente. L’allenamento si svolgeva a svariati metri
dall’accampamento, e consisteva nel combattere, nel correre e nel saltare a un
ritmo a dir poco disumano. Ad ogni modo, questa era l’abitudine dei giovani del
campo, e per loro era una cosa normale. Helinor non l’aveva mai approvato, ma
lei era l’ultima a tirarsi indietro.
La
ragazza aveva solo diciassette anni, ma poteva vantare un passato veramente
interessante alle spalle. Inetressante, sì, ma doloroso.
Da
quando era stata accolta da Gammon, non era mai riuscita a sentirsi parte
integrante del gruppo; neanche con Uriah aveva mai legato in modo intimo,
eppure si conoscevano da anni e anni.
Lei
era sempre stata la ragazzina che stava al centro della piazza senza
avvicinarsi mai a nessuno.
Da
bambina aveva ammirato Gammon, ma adesso che era quasi un’adulta, la sua mente
aveva iniziato a lavorare in modo più indipendente e più libero dagli schemi
mentali imposti dall’Ombra.
Le
frustate che Gammon distribuiva, con la scusa di insegnare una lezione, non le
piacevano.
Ma
Gammon era pur sempre l’uomo che l’aveva salvata, e in qualche modo, era come
se si sentisse in dovere di servirlo.
Helinor
aveva la fronte madida di sudore, che le
colava dalle tempie fino a precipitare a terra, formando tante piccole
macchioline sul terreno asciutto.
Si
chiese come stava Uriah, e rivolse istintivamente il suo sguardo alla tenda di
Nhat, che si stava occupando di lui. Più tardi sarebbe voluta andare a
trovarlo.
Segnò
mentalmente quell’appunto e continuò a trascinarsi per la piazza. Contava di
raggiungere la propria tenda e sdraiarsi sul sacco a pelo.
Gammon
l’aveva costretta a rimanere all’accampamento senza sapere di averle fatto
soltanto un favore. Non aveva alcuna voglia di allenarsi.
Era
come se il suo corpo si muovesse autonomamente, senza che lei ne riuscisse a
controllare i movimenti. Era stanca. Desiderava soltanto stare straiata e
riposare gli occhi che le bruciavano fastidiosamente.
La
tenda di Helinor si trovava dirimpetto al padiglione centrale. Era qualcosa di
piccolo, perché ci viveva soltanto lei, l’unica donna del campo. Almeno fino a
quel momento.
Non
era quello l’unico motivo per cui si sentiva così diversa dagli altri, ma
anch’esso compariva nella la lista delle ragioni per cui Helinor avrebbe tanto
desiderato un’altra vita, o addirittura di essere un’altra persona.
Nel
campo erano tutti esaltati. Chi più, chi meno, tutti osannavano Gammon, e
sebbene ne avessero una paura matta, non facevano altro che acclamarlo. Non
pensavano, ragionavano tutti in modo uguale. Se il grande maestro gli avesse
ordinato di uccidersi, anche senza un valido motivo, nessuno gli avrebbe
disubbidito.
Helinor
no. Anche se soltanto nella sua testa, inondava di critiche il suo maestro, che
a volte gli sembrava infimo e subdolo, perfino crudele. Forse, se Helinor
avesse avuto una mente come quella degli altri, quei pensieri non le avrebbero
mai causato tanti problemi.
Tuttavia,
quando lei giurò fedeltà a Gammon, gli donò la sua stessa vita.
Arrivò
alla sua tenda, scostò la stoffa che copriva l’ingresso ed entrò.
Quelle
tende avevano una comoda particolarità: grazie ad un incantesimo che il mago
del campo, Taiji, vi aveva applicato, erano sempre fresche dov’era caldo e
riscaldate dov’era freddo.
Il
refrigerio che la accolse nella tenda fu quasi come una boccata d’aria fresca.
Sentì un brivido in tutto il corpo e decide che era meglio asciugarsi il sudore
prima di ammalarsi.
Si
svestì velocemente e, preso un secchio pieno d’acqua da vicino al suo sacco a
pelo, prese lo straggio che era poggiato sull’imboccatura di quest’ultimo e lo
intinse nell’acqua.
Il
liquido freddo a contatto con la pelle calda la fece rabbrividire, e la
sensazione di piacere che aveva provato poco prima svanì improvvisamente,
mentre i suoi occhi si chiudevano quasi istintivamente.
Iniziava
a odiare quel maledetto deserto.
Passò
lo straccio sulla pelle come se fosse una tortura, si bagnò il viso con
riluttanza e quando ebbe finito, lo lasciò cadere con un sonoro plop nell’acqua.
Trattenne
l’istinto di dare un calcio al secchio, limitandosi a guardarlo con odio, poi
si mosse attraverso il piccolo spazio della tenda e raccolse da terra un pezzo
di tela consunto. Pensò che la sua prossima spesa non avrebbe riguardato
l’acquisto di armi, ma ritenne seriamente utile provvedere ad avere un nuovo
asciugamano degno di tale nome. Magari uno di quelli morbidi di spugna.
Si
asciugò lentamente, e anche quest’operazione fu eseguita con estremo
sacrificio. La stoffa era dura e graffiava la pelle di Helinor. Passò la tela
sul corpo, sulle braccia, e sorrise a se stessa sentendo i suoi muscoli duri
come l’acciaio sotto i polpastrelli, poi sfiorò l’ansa della gola e soffocò un
gemito.
Ritrasse
subito lo straccio e lo guardò. Recava una leggera traccia di sangue.
Helinor
deglutì e posò due dita sul graffio che aveva sul collo. Quel maledetto Soldier
l’aveva ferita.
Il
sangue le ribollì di rabbia nelle vene, sia per l’umiliazione della sconfitta,
sia per la fuga che era stata costretta a mettere in atto per evitare di farsi
fare prigioniera.
Lanciò
lo straccio a terra, indispettita, e si rivestì.
Nonstante
la spiacevolezza della sua spece di bagno, adesso si sentiva meglio.
Guardò
il sacco a pelo con aria sconsolata e vi si coricò con un sospiro. Finalmente.
Finalmente a riposo.
Quando
chiuse gli occhi, fu come se tutto il resto scomparisse. Non sentiva più il
terreno compatto sotto di lei, né il pugnale premere sul suo fianco.
Solitamente,
Helinor dormiva sempre in modo leggero. Era il sonno del guerriero che non
smette mai di stare all’erta. Era un dormiveglia: il dormiveglia di chi si
aspetta un attacco improvviso.
(...)
Angeal
contò mentalmente tutti gli oggetti che aveva infilato nel tascapane. Aveva già
deciso che quel bagaglio lo avrebbe portato Zack. Sephiroth lo guardava con
aria distratta. Da quando Angeal portava con sé tutte quelle cose? In genere la
sua unica compagna di viaggio era la Buster Sword e poco altro.
Di
sottofondo, l’incessante monologo di Genesis interrompeva prepotentemente la
quiete che regnava nel corridoio in cui si trovavano.
-credevo
che compiti ingrati come questo spettassero ai Turks, no? Noi Soldier non siamo
fatti per le chiacchiere, noi combattiamo! Siamo il braccio della compagnia,
non i loro diplomatici. Per quello potrebbero rivolgersi a qualcun altro.-
-a
sentire te, mi sorgerebbe qualche dubbio.-
La
risposta di Sephiroth era arrivata senza esitazione, velata di una punta di
studiato sarcasmo.
Genesis
dapprima non capì, poi si irritò e si avvicinò al platinato.- se devi dire
qualcosa, dillo chiaramente!-
-per
favore, potete smetterla, almeno per oggi?- chiese Angeal.- devo partire tra
poco, non ho voglia di sentirvi bisticciare.-
-scusaci.-
borbottarono i due, in coro.
Si
fermarono in mezzo al corridoio.
-insomma, quest’organizzazione è piena di
ragazzini-guerrieri?- domandò Genesis, curioso.
Sephiroth
appoggiò le spalle alla parete e si mise fissare il pavimento.
Angeal
annuì.- è più o meno come da noi. Noi abbiamo i Soldier, loro no, ma il
concetto è uguale...-
-non
è uguale.- lo riprese Genesis, -noi combattiamo per la Shinra! Loro, perché
combattono? Scommetto che se glielo chiedessi non saprebbero rispondere!-
esclamò, sicuro di aver tirato fuori un pensiero degno di un grande poema.
Sephiroth
derise l’affermazione dell’amico, tuttavia sentì una strana sensazione
all’altezza dello stomaco. Ultimamente faticava anche lui a trovare la ragione
per cui combatteva, se mai l’aveva avuta...
-quindi
la femmina che ti ha battuto era un membro dell’Ombra!- disse Genesis, dimenticando
completamente la richiesta di Angeal.
-non
mi ha battuto!- ripetè Sephiroth, scandendo bene le parole, -l’avrei catturata
se non mi fossi distratto.-
Angeal
gli rivolse uno sguardo fugace, che Sephiroth fece appena in tempo a cogliere,
ma che lo irritò parecchio.
-anche
tu?-
-non
ho detto niente!- rispose in fretta Angeal.
Sephiroth
sbuffò.- ma l’hai pensato.-
Genesis
ridacchiò.- non c’è niente di male a essere un cavaliere.-
-Me
ne vado.- fu la conlcusione di Sephiroth.- devo consegnare un rapporto entro
stasera.-
-Sephiroth!-
sospirò Angeal, cercando di calmarlo.
-si
vede che il nostro amico ha la coda di paglia.- disse, Genesis, in tono di
scherno.
Angeal
abbassò le spalle e guardò l’amico con aria sconsolata e severa insieme.- vuoi
smetterla di provocarlo?-
-e
tu vuoi smetterla di difenderlo?- replicò Genesis, accigliato.- perché non
pensi alla tua missione e lo lasci in pace?-
Angeal
scosse lievemente la testa.- non litigate.-
L’amico
lo osservò per qualche istante, poi chinò il capo e gli angoli della sua bocca
si arcuarono in un sorriso stiracchiato, ma sincero.- come vuoi, amico mio.-
Angeal
gli sorrise, gli diede una pacca sulla spalla, lo oltrepassò e scomparve per i
corrioi.
(...)
La
sera avvolgeva la piana con il suo manto scuro, accarezzando con delicatezza il
terreno riarso, dove alcune ombre tremolanti erano proiettate dal fuoco in cima
a una fiaccola di circa un metro di altezza, la cui fiamma seguiva l’andare del
lieve vento serale che era sopraggiunto con’imbrunire.
Queste
alte fiaccole erano state disposte ai quattro lati di un grande quadrato
tracciato in mezzo alla piazza dell’accampamento, illuminando il centro della
figura con la loro luce infuocata.
I
giovani del campo avevano iniziato a riunirvisi intorno, sorridenti ed
emozionati.
La
figura era chiamata “arena”.
Periodicamente,
alcuni guerrieri si esibivano nel quadrato, dando sfoggio della loro bravura
nel combattimento. Non solo dovevano neutralizzare il proprio avversario, ma
anche stare ben attenti a non essere gettati fuori dalla linea che delimitava
la figura, altrimenti voleva dire aver perso l’incontro.
Quella
sera, l’arena era pronta ad accogliere un buon numero di spettatori, perché si
vociferava che l’unica ragazza del campo, avrebbe sfidato Nara, considerato il
più forte dell’organizzazione.
In
effetti, Nara era fisicamente forte. Aveva un fisico muscoloso e una grande
forza di volontà che lo aiutava in ogni impresa. Difficilmente falliva, e
quando combatteva, si esibiva con grande maestria e capacità.
Gammon
sembrava molto legato a quel ragazzo, così come sembrava avere un rapporto
speciale con Helinor, ma nessuno sapeva dare una spiegazione a quel
comportamento.
Ad
ogni modo, l’incontro sembrava ritardare il suo inizio, e il motivo era nel padiglione
centrale.
Gammon,
seduto con aria solenne al suo posto di gran maestro, stava parlando con Nara
ed Helinor, quando una guardia aveva annunciato l’arrivo di due Soldier.
Era
stato quasi un affronto vederli entrare nella sua tenda con tanta tranquillità,
e si era sentito travolgere da un impeto di furia che riuscì a stento a
trattenere.
Sfogò
la rabbia digrignando i denti e stringendo le dita su se stesse tanto forte da
farsi male.
Angeal
avanzò a grandi passi attraverso il padiglione e si fermò davanti a Gammon, che
lo fissò con il volto livido.
-maestro
Silver Gammon?- domandò Angeal, chinandosi un poco in avanti, - siamo venuti
per farle un’offerta che non potrà rifiutare.-
-Soldier.-
fu la risposta asciutta di Gammon.- cosa vi ha spinti fin qui?-
Angeal
gli rivolse un’occhiata penetrante.- credevo lo sapesse.-
Helinor
si portò alla destra di Gammon, in disparte, mentre Nara rimase fermo accanto
al trono con un ghigno crudele stampato in faccia.
I
ceri che illumiavano l’interno della tenda colpivano debolmente il viso di
Gammon, risaltando le tante rughe che solcavano il suo viso.
-non
sapevo nulla.- ringhiò il gran mestro, tra i denti.
Zack
rimase immobile vicino ad Angeal, e guardava con curiosità tutto ciò che c’era
da vedere.
Improvvisamente,
il suo sguardo s’incrociò con quello di Helinor, che congiunse le sopracciglia
in un’espressione ostile, mentre la sua mano correva al manico del pugnale
appeso alla cintura.
Il
ragazzino accolse quel gesto con un moto di intima sorpresa, che si manifestò
chiaramente sul suo viso.
Gli
occhi azzurri e vuoti della ragazza si sottrassero a quelli allegri e vivaci di
Zack, e si posarono sul Soldier al suo fianco, precisamente sulla grande Buster
Sword che egli si portava dietro.
Gammon
girò la testa verso di lei e la guardò con ira.- ho saputo ciò che è successo
alla Shinra. I miei ragazzi sono stati avventati, e li ho già puniti per
questo.-
Quell’affermazione
fece voltare subito Helinor, che sbigottita lanciò un’occhiata confusa al suo
maestro. Un angolo della bocca di Gammon si sollevò, marcando una ruga profonda
sullo zigomo.
Angeal
rimase interdetto.- lei... lei non sapeva che avrebbero attaccato la Shinra?-
-no.-
fu la risposta di Gammon, che tornò a guardare i Soldier.
Bugiardo!
Il
grido di Helinor non si levò mai, tuttavia sul suo viso si disegnò
un’espressione di disgusto. Parlare non sarebbe servito a niente, se non a
farsi assegnare trenta frustate com’era già successo in passato.
Angeal
proseguì:- comunque, sappiamo che state trafficando con le truppe nel Wutai.-
Gammon
sorrise, cordiale, ma una vena della sua tempia smunta iniziò a pulsare
visibilmente.- se voi Soldier con “trafficare”, intendete “rendere aiuto a
delle persone di cui si condivide la causa”... allora sì. Sono colpevole di
questo reato.-
-il
presidente Shinra è disposto ad offrirvi alcuni vantaggi economici...- esordì
Angeal, ma fu subito interrotto da Gammon.
-non
c’è bisogno che ti scaldi tanto, giovanotto.- replicò il gran mestro, in tono
glaciale.- ti ho già detto che non sono interessato.-
Angeal
lo guardò, attonito. Come poteva essere così testardo anche di fronte
all’evidenza, quel Gammon? Si stava parlando di una guerra persa in partenza,
contro una società troppo potente e troppo sviluppata per poterla estirpare con
un semplice gruppetto di individui che non valevano neache la metà di un
semplice fante della Shinra!
-io
devo proteggere i miei figli dalla corruzione!- esclamò Gammon, orgoglioso, e
per un attimo, parve farsi viva in lui l’antica fierezza che l’aveva animato un
tempo, quando ancora era giovane e forte.- devo proteggerli dalla corruzione, e
farlo vuol dire proteggerli dalla Shinra!-
-perderete
questa guerra!- glisputò contro Angeal.-è
solo questione di tempo!-
-modera
i termini, ragazzino insolente.- intimò Gammon.
Per
qualche strana ragione, il nervosismo che stava manifestando Angeal stava
avendo un effetto notevolmente calmante su di lui, che riprese a sorridere con
spavalderia.
-allora
rifiuterete l’offerta della Shinra? Dateci almeno una possibilità...- tentò di
insistere Angeal, che teneva gli occhi fissi su Gammon.
Helinor
si portò una mano su un fianco e scostò un po’ di terra con il piede. Gammon
non avrebbe mai accettato una proposta dalla Shinra, anche a costo di farsi
radere al suolo l’accampamento. La odiava, per qualche ignota ragione. Quella
distratta riflessione ricordò a Helinor quanto poco sapesse sul suo maestro. Si
conoscevano da quindici anni, ossia da quando Helinor era stata portata al
campo, e da lui aveva appreso l’arte del combattere e tutto ciò che poteva
insegnarle sulla guerra. Era stato un capo severo e un maestro senza pietà, ma
se adesso sapeva cavarsela da sola, lo doveva a lui.
Hai molte
potenzialità, Helinor, ma le potenzialità da sole, non bastano. Ci vuole anche
l’esperienza, e questa va appresa col tempo.
Ricordò
quando da bambina lo fissava con occhi sognanti, e nonostante tutte le frustate
che le aveva dato, lo aveva ammirato come una figlia fa con un padre.
Adesso
era diverso, e lei lo sentiva. Sentiva crescere ogni giorno un rancore che
andava ad annidarsi nel suo cuore, eppure ancora non aveva il coraggio di
affrontarlo. Gli era grata, gli era debitrice, e in qualche modo era vittima
del suo carisma. L’aveva costretta a fare le cose più terribili contro la sua
volontà – non in ultimo a compiere una missione che era già in partenza
improponibile – e nonostante ciò era rimasta in silenzio.
Helinor
avrebbe tanto voluto sbattergli in faccia il suo rancore, perché forse così
sarebbe tornata ad amarlo, ma ogni volta che tentava, le parole le morivano in
gola.
Le
labbra di Gammon lasciavano prevedere che di lì a poco sarebbe scoppiato a
ridere.- darvi una possibilità? E per quale ragione dovrei farlo? Dammene solo
una ed io rifletterò sulla vostra offerta.-
Angeal
esitò. Cercò di decidere in fretta se era il caso di rispondere a quella
domanda con la dovuta franchezza.
-sto
aspettando.- lo informò Gammon, con voce divertita.
-la
Shinra è una compagnia potente.- rispose Angeal, cercando di esprimere il
concetto in modo più indolore possibile.- può darvi protezione molto più di
quanto possano farlo nel Wutai...-
Lo
sguardo di Gammon si congelò all’istante.- e al contrario, può distruggerci
tutti. Questo è ciò che intendi, vero?-
Angeal
chinò il capo. Però, era bravo a cogliere i messaggi subdoli...
Il
gran maestro posò le mani sui braccioli e si alzò dallo scranno lentamente, in
silenzio.
Helinor
guardò con una sfumatura di preoccupazione, la tunica di Gammon pegarsi e
distendersi una volta che egli fu in piedi.
Zack
aveva una gran voglia di parlare e di essere coinvolto nella conversazione, ma
il pensiero di ciò che avrebbe detto il suo superiore lo trattenne.
Angeal,
che non aveva abbassato la guardia neanche un istante, interpretò il fatto che
Gammon si fosse alzato come nulla di diplomatico. Improvvisamente sentì sulle
spalle il peso della Buster Sword. Era come se questa lo stesse esortando a non
perdere la concentrazione.
Gammon
rimase in piedi a fissare Angeal negli occhi, con un’espressione che lasciava
trapelare un odio profondo. Gli angoli della bocca del grande maestro erano
rivolti verso il basso, e le sopracciglia erano corrugate in modo ecessivamente
vigoroso.
-potete
anche tornarvene dal vostro benemerito presidente e dirgli che non ho
intenzione di allearmi con voi.- sibilò Gammon.
Angeal
capì che era tutto inutile.- se questo è ciò che ritenete giusto...-
-io
non sono d’accordo!- esplose Zack.
La
voce del ragazzino colse tutti di sorpresa.
Zack
arrossì lievemente quadno si accorse che erano tutti concentrati su di lui, ma
non poteva rimanere in silenzio dopo aver sentito tutte quelle accuse verso la
Shinra.
Helinor
non capiva. Perché scaldarsi tanto per un semplice rifiuto?
-ha
detto che chi vive qui è come un figlio per lei!- esclamò il ragazzo,
stringendo i pugni.- beh, se ciò che ha detto è vero soltanto per metà,
dovrebbe aiutarli! La Shinra non è corrotta! Noi Soldier lottiamo per garantire
una vita migliore alla gente! Perché non vuole capirlo?!-
Angeal
guardò Zack con un sorriso amaro sulle labbra. Il viso acceso del ragazzo
faceva quasi tenerezza, e la sua espressione appassionata cozzava con quella di
Gammon, creando un effetto squisitamente artistico. Volendo, un pittore avrebbe
potuto pitturare quella scena e farne un ottimo dipinto.
Nara
reagì a quelle parole lanciandosi verso Zack, ma fu subito bloccato dal braccio
di Gammon, che voleva ascoltare senza interruzioni.
-tu...-
esordì Gammon, rilassando un poco la fronte.- sei un Soldier anche tu?-
Zack
annuì con energia.
-notevole...-
commentò il gran maestro.- e dimmi... la tua ingenuità è dettata dalla giovane
età, o da un vizio di natura?-
Il
ragazzo si accigliò. Stava per aprire bocca e lanciare qualche affermazione
colorita, quando la mano di Angeal si posò sul suo polso destro.
Riprendi il
controllo.
Zack
respirò profondamente e cambiò la frase prima che potesse uscire dalla sua
bocca.- noi vogliamo aiutarvi!-
Gammon
ne aveva abbastanza. Troppe chiacchiere, e lui non aveva certo tempo da
perdere.
Schioccò
le dita.- Nara!-
Il
ragazzo sprofondò in un inchino.- maestro!-
-conduci
i nostri amici nella tenda degli ospiti...- ordinò Gammon, scambiandosi con il
suo allievo uno sguardo d’intesa.- e fa che Taiji se ne prenda cura. Rifletterò
sulla vostra offerta.-
Angeal
era sorpreso. Forse l’intervento di Zack aveva convinto Gammon?
Zack
intuì i pensieri del suo superiore e pensò con gioia di averlo reso orgoglioso
di lui. Il ragazzino si sentì importante: era riuscito dove Angeal aveva
fallito!
Helinor
vide l’espressione trionfante del ragazzo e lo commiserò. Erano estranei, non
potevano sapere cosa significasse la frase “fa che Taiji se ne prenda cura”.
Taiji
era una spece di carceriere da quelle parti. Era stato preso da Gammon quando
era ancora un neonato, ed era cresciuto nell’accampamento con la convinzione di
essere soltanto uno strumento. Fin da piccolo, Taiji era debole, dalla salute
cagionevole, inutile sotto il punto di vista della guerra. Tuttavia, aveva
sempre manifestato delle capacità particolari, legate alla magia. Chi fosse, da
dove venisse o chi fossero i suoi genitori, rimaneva un mistero, ma questa sua
particolarità di saper usare la magia lo aveva presto aiutato a salire la
corrente dell’inutilità.
Gammon
l’aveva incaricato di gestire i prigionieri, oppure, com’era successo in quel
periodo, di mettere l’acqua nei secchi vuoti e di refrigerare le tende.
Quando
doveva effettuare un incantesimo, Taiji si metteva a disegnare strane incisioni
a terra, e una volta terminato il suo lavoro. Questo processo era piuttosto
lungo, e per questo la tenda che aveva nominato Gammon, era stata montata su un
simbolo che Taiji aveva già disegnato precedentemente. Era il luogo in cui si
custodivano i prigionieri: una tenda di pochi metri quadrati, chiusa da un
campo di forza invisibile.
Helinor
seguì con lo sguardo Zack e Angeal che venivano condotti da Nara fuori dal
padiglione centrale.
Come
al solito, Gammon era riuscito a mascherare sotto una patina di gentilezza la
sua incredibile crudeltà, e ciò lo rendeva quasi fiero di se stesso, a
giudicare dall’espressione sorniona comparsagli sul viso.
-maestro...-
lo chiamò Helinor.
Lui
tornò a sedersi, ma non la guardò.- che c’è?-
Perché hai
mentito?Sei stato proprio tu ad assegnarci la missione!
-cosa
farà adesso?- domandò Helinor, mentre il suo stomaco si contorceva dolorosamente.
Di nuovo, non era riuscita a parlargli sinceramente.- rifletterà veramente
sulla loro proposta?-
Gammon
chiuse gli occhi, mentre il suo torace si riempiva di un profondo respiro.-
ovviamente no.-
Così facendo,
attirerai un’intera truppa di Soldier!
-capisco...-
rispose Helinor. L’espressione della ragazza si svuotò di ogni emozione, come
succedeva ogni volta che non riusciva a parlare con sincerità.
-qualcosa
non va?- gli domandò Gammon, che la conosceva bene e che aveva colto quello
sguardo.
Helinor
sorrise quasi automaticamente e si inchinò.- sono pronta per il combattimento
nell’Arena.-
-aspettiamo
Nara. Sarà lui il tuo avversario.-
La
ragazza deglutì impercettibilmente.
Non devo perdere
la concentrazione.
Angolino
dell’autrice:
Eccomi
qua! Ho anticipato l’aggiornamento perché forse domenica non avrò il tempo di
farlo, e poi avevo il capitolo pronto, quindi... Beh, che dire di questo
capitolo? Innanzitutto, dopo gli errori di Sephiroth, abbiamo anche quelli di
Angeal. Si è fatto abbindolare da Gammon, ma in fondo, quest’ultimo ha quarant’anni
più di lui.
Riguardo
a Taiji, il mago del campo, sarà un personaggio molto particolare che
presenterò più in là, e che, come tutti, ha una sua storia.
Inoltre,
nel prossimo capitolo comparirà un nuovo personaggio del mondo di Final Fantay
VII! Chissà chi è… U.u (ma chissene frega – nd tutti)
Non
ho altri commenti da fare. Rispondo alle recensioni:
KiaElle: Sì,
ultimamente la domenica sono sempre in giro per le gare, e siccome non so mai
se posso aggiornare mi porto avanti con il lavoro. Per l’originalità... ih ih! La mia mente Bakata è riuscita a sconvolgere anche
Final Fantay VII. Citerò le parole di Aristotele che diceva: la storia è
come
sono andate le cose, l’arte è come sarebbero potute andare (o era qualcosa del
genere XD).
Kisses!
Kairih: Già, Sephiroth
lo adoro proprio. E’ il mio pg preferito in assoluto, non solo di final
fantasy. Come autrice devo essere oggettiva e distaccata, anche se a volte
risulta difficile... (molto difficile)... per questo tante volte si finisce per
andare fuori dai binari dell’IC, soprattutto se i pg non sono inventati da te. È
più facile rimanere IC se un personaggio l’hai inventato tu, perché lo si
conosce alla perfezione. Quanto alle
emozioni che ti ha dato l’altro capitolo, ne sono veramente felice! Penso che
non avrei potuto ricevere un complimento migliore, perdipiù da un’artista che
stimo molto!
Un
bacio
the one winged
angel:
vieni qui e fatti abbracciare dalla zia Tico! Anche te mi dai grande
soddisfazione, dicendomi queste cose stupende! Comunque la storia sarà moooolto
lunga. Per questo ho chiesto il parere dei lettori nel primo capitolo. Ci sarà
anche Cloud, ma dovrai aspettare proprio tanto. Beh, considera che ancora abita
a Nibheleim, mentre tutte queste cose stanno succedendo. Mmm... non ho ancora
deciso però se farò una CloudxTifa oppure una CloudxAerith...
Tra
Ombra e ShinRa, io avrei qualche difficoltà a scegliere da che parte schierarmi...
ma dato che alla ShiRa c’è Sephy... U.u ci siamo capite, no?
“Proteggi il tuo onore, i tuoi sogni e il tuo
orgoglio, sempre.”
Angeal Hewley
Zack entrò nella tenda prima di Angeal,
che lo seguì con passo incerto.
L’interno della tenda era illuminata da
una piccola luce radiale, proveniente da una candela che si stava velocemente
sciogliendo nella cera, facendo colare tutto il liquidoa terra.
Accanto al lume c’era qualcuno che se ne
stava seduto con le ginocchia raccolte al petto e la testa nascoste tra di
esse. Zack mosse qualche passo verso lo sconosciuto e gli si fermò davanti.
-Ciao!- esclamò Zack con brio, cercando
di attirare la sua attenzione.
Il ragazzo seduto a terra alzò
leggermente la testa, giusto il nercessario per permettersi una visuale su chi
gli aveva rivolto la parola.
I suoi occhi lucidi e vitrei si
scontrarono con quelli dell’allegro Zack, che gli sorrise, gioviale.
-Zack, cosa stai facendo?- domandò
Angeal, che era rimasto fermo davanti all’entrata ad osservare la scena.
-Sto facendo amicizia...- rispose Zack,
con disarmante sincerità.- Come ti chiami?-
Il ragazzo non rispose.
Angeal sbuffò.- Basta. Adesso vado a
parlare con Gammon e gli dico che ce ne andiamo...-
-Non uscirete di lì.- disse il ragazzo
silenzioso, allungando le gambe indolenzite.- Nessuno esce di lì.-
-Ha parlato!- esclamò Zack,
inginocchiandosi velocemente accanto a lui. Tentò di sfiorarlo con una mano, ma
lui si ritrasse.
-Lascialo parlare.- Angeal si portò
verso Zack, gli posò una mano sul petto e lo allontanò con una leggera spinta.
-Non volevo spaventarlo.- si schermì il
ragazzino, perplesso.
-Come ti chiami?- ripetè Angeal, con più
autorità e uno spirito meno amichevole di quello del suo allievo.
Il ragazzo alzò la testa e lo guardò
spaventato, al che Angeal si inginocchiò dove prima era stato Zack e tentò di
cambiare atteggiamento.
- Io sono Angeal.-
-M-mi chiamo... Kay.- sussurrò il
ragazzo.
Angeal lo esaminò. Il suo viso era
sporco di polvere, e sotto tutto quel nero, si intravedevano i lineamenti
delicati sul volto scarno, insieme con due occhi castani intelligenti e
impauriti. I capelli biondi erano lunghi e spettinati, e ricadevano sulla
camicia blu, strappata in più punti, che indossava. I pantaloni erano corti e
lasciavano scoperta buona parte delle sue gambe sottili e magre.
-Quanti anni hai?- domandò Angeal, che
intanto stava iniziando a capire.
Zack si sporse dalla spalla del suo
mestro, e il Kay gli lanciò un’occhiata intimorita, tanto che Angeal scacciò di
nuovo il suo allievo agitando la mano.
-Quattordici.- rispose Kay, arrossendo.
Angeal gli sorrise per cercare di
tranquillizzarlo.- Da dove vieni?-
-Voi chi siete?- chiese a sua volta il
ragazzo, intimidito da tutte le domande che gli rivolgeva il Soldier.
-Siamo Soldier!- non esitò a dire Zack,
con orgoglio.
-Zack!- lo apostrofò Angeal.
Kay sbarrò gli occhi e strisciò lontano
dai due Soldier, nascondendosi in un angolo male illuminato della tenda, con le
ginocchia nuovamente raccolte al petto.
Angeal si alzò e si voltò verso Zack.-
Possibile che tu non riesca mai a tenere a freno la lingua?- domandò, facendo
finta di allungargli uno schiaffo dietro la nuca.
Zack chiuse gli occhi e si riparò con le
mani.- Scusa Angeal! Non pensavo che avrebbe reagito così!-
-Già! Tu non pensi mai!- sbottò Angeal.-
Mi sarei meravigliato se almeno questa volta l’avessi fatto!-
Zack si grattò dietro la testa,
imbarazzato.- Non reagire così... adesso inizio a sentirmi in colpa.-
-Bene.- rispose Angeal.
Per un po’, il ragazzino rimase con il
capo chino e le labbra serrate, pensando che in fondo non aveva fatto nulla di
male, mentre Angeal incrociò le braccia al petto e battè l’indice
sull’avambraccio, chiedendosi perché il suo allievo dovesse sempre essere così
impulsivo.
-Voi due siete fratelli?-
La domanda giunse dall’angolo in cui si
era rifugiato il ragazzino, e solo la grande temperanza di Angeal gli permise
di non scoppiare a ridere, cosa che invece Zack non si risparmiò.
Kay arrossì violentemente. Aveva capito
di aver suscitato l’ilarità del ragazzo più giovane, e ciò lo rese ancora più
ritroso all’aprirsi in una conversazione.
-No.- rispose Angeal, che stavolta colpì
veramente il suo allievo.
-Angeal!- strillò Zack, piegandosi in
avanti.- Mi hai fatto male!-
Nonostante il suo imbarazzo, Kay
continuò ad osservare i due Soldier con molta perplessità.- Non sembrate cattivi.-
-Stai in silenzio, Zack.- intimò Angeal,
notando che il suo sottoposto stava per aprire bocca di nuovo.- Lascia parlare
me.-
Kay fu sollevato che il ragazzo più
grande avesse preso in mano le redini della situazione. Gli piacevano lo
sguardo tranquillo e il tono controllato di quell’individuo.
Angeal si lasciò cadere accanto a Kay.-
Allora, vuoi dirmi da dove vieni?-
-Da Kalm.- rispose il ragazzo, senza
entusiasmo.- ma sono venuto qui a sette anni.-
-In questo accampamento?- chiese Angeal.
-Il maestro mi ha accolto.- spiegò Kay,
iniziando a disegnare dei cerchi concentrici nel terreno.- Ma non sono forte. E
non ho nessuna abilità.-
Un flebile sorriso si delineò sulle
labbra del Soldier.- ti hanno messo qui per questo?-
-No.- rispose Kay, arrossendo
nuovamente.-Mi hanno messo qui dentro perché ho offeso un mio superiore.Questa è la tenda dei prigionieri.- concluse
Kay.
Angeal scattò in piedi.- Gammon ci ha
ingannati.-
Zack rise.- Avanti Angeal, è solo una
tenda! Puoi farla a fette con la tua Buster Sword...- e prese ad imitare Angeal
che sferzava l’aria, sbracciando mentre faceva finta di avere in mano il grande
spadone del maestro.
-Non potete uscire di qui.- affermò Kay,
la cui voce si era fatta incredibilmente fioca.- Taiji l’ha circondata con un
campo di forza.-
Angeal si mosse verso l’uscita,
accompagnò una mano alla spada d’ordinanza,la sfoderò con un gesto fulmineo e colpì la stoffa di netto. Invece di
lacerarsi, il tessuto rimase intatto, e Angeal avvertì una strana sensazione.
Era come se la lama fosse rimbalzata sulla stoffa senza neanche graffiarla.
Zack ammirò il punto colpito,
perfettamente integro.- Angeal...-
-Ha detto che avrebbe pensato alla
nostra proposta.- disse il maestro di Zack, riponendo la spada.- Crediamogli.-
Alcune grida di acclamazione scoppiarono
poco lontano dalla tenda dove si trovavano i Soldier e Kay.
-Cosa sta succedendo?- domandò Angeal.
-Stanno combattendo nell’Arena.- fu la
risposta, dopodichè, Kay si distese a terra e, apoggiata una guancia sul palmo
di una mano, chiuse gli occhi e non parlò più.
(...)
La folla si era riunita ai lati del
quadrilatero che costituiva l’arena.
Shon non aveva esitato a farsi largo tra
i giovani per lanciare in aria stupide scommesse che gli avrebbero fruttato
qualche soldo.
In un angolo del quadrato, Nara fissava
Gammon, in piedi nel mezzo di un gruppo di ragazzi.
Il gran maestro ricambiava lo sguardo
del giovane con la stessa intensità, ma nei suoi occhi non vi era alcuna
traccia di affetto. Nara, nonostante nel campo non fosse secondo a nessuno, era
sempre stato una facile pedina delle sue manovre. Aveva solo vent’anni, e una
visione piuttosto semplicistica della vita, tuttavia aveva un’ottima personalità,
nessuna pietà, e un enorme potenziale. Amava combattere nell’arena e dimostrare
a Gammon quanto valesse in più rispetto agli altri.
Quando era entrato nel campo, a undici
anni, il grande maestro aveva subito visto qualcosa di diverso in lui. In genere
aveva sempre dovuto imparare ai suoi
ragazzi cos’era l’omicidio, mentre Nara era arrivato all’accampamento già
sporco del sangue altrui. Letteralmente.
Non era spaventato, era quasi...
soddisfatto. Gammon non aveva fatto altro che complimentarsi con lui, e il
bambino aveva subito afferrato la corda che il maestro gli aveva teso.
Nara era uno squalo. Lo era sempre
stato.
Helinor era nell’angolo opposto,
immobile come l’aria che la circondava. Teneva gli occhi chiusi, tentava di
isolarsi dalle grida e di concentrarsi sullo scontro. Lasciò scivolare la mano
guantata sull’elsa del pugnale e vi strinse le dita. Poteva vedere il rubino
incastonato nel manico brillare in modo tetro alla luce delle fiaccole. Quel
rubino aveva un solo significato: il sangue. Serviva a ricordarle tutto quello
che aveva versato, e tutto quello di cui si sarebbe macchiata.
Odiava uccidere, ma ci aveva fatto il
callo,imparando a convivere con i suoi
peccati, a farsene una ragione.
Cos’altro poteva fare? Non aveva potuto
scegliere, mai.
Aveva soltanto due anni quando era stata
portata all’accampamento da Gammon. Aveva soltanto due anni quando era stata
abbandonata da sua madre, e adesso che ne aveva diciassette non poteva fare
altro che chiedersi perché fosse successo. Qual era stata la sua colpa?
A due anni, un bambino è troppo piccolo
per comprendere le tante cose che gli accadono. Lei era stata soltanto in grado
di capire che quando Gammon l’aveva presa per mano e l’aveva portata all’accampamento,
sarebbe stata finalmente salva. Dopo quindici giorni di solitudine, senza cibo
né acqua, al freddo, sotto la pioggia e la grandine, aveva finalmente trovato
un’ancora di salvezza. E quell’ancora era Gammon: il suo maestro.
Senza accorgersene era tornata a sondare
il suo passato. Emerse dai ricordi ela
sua schiena fu percorsa da un brivido.
Strinse il pugnale.
Basta,
non pensare più. Ora devi combattere.
Aprì gli occhi di scatto, e la prima
cosa che entrò nel suo campo visivo fu la figura inquietante di Nara che
brandiva una spada. Il fuoco illuminò il suo viso in modo sinistro.
Lei estrasse il pugnale con decisione,
portandosi in posizione di combattimento.
Fisicamente, Nara era due o tre volte
Helinor.
La ragazza aveva un fisico esile, e
sebbene dai muscoli delle braccia e delle gambe
si vedesse chiaramente che era allenato,
non poteva certo competere con quello spropositato di Nara.
L’immagine del rosso si sovrappose per
un attimo a quella del Soldier che aveva incontrato alla Shinra, alzando al
massimo l’adrenalina della ragazza.
Il taglio sul collo tornò a bruciare.
Helinor flesse leggermente le gambe e si
dichiarò pronta a combattere. Si mise in guardia, alzando il pugnale fin
davanti al viso.
Nara la guardò con occhi avidi, fece
roteare la spada nella mano desra e iniziò a girarle intorno come un predatore.
La maglia di cotone che indossava era tenuta stretta alla vita da un cinturone
di cuoio, da cui pendeva la guaina della sua arma.
Le urla si fecero sempre più forti, ma
Helinor non sentiva più nulla. C’erano soltanto lei e il suo avversario.
Il ragazzo alzò la spada e gliela
scagliò contro dall’alto. Helinor tentò di colpirlo alla testa, ma lui si era
già voltato e aveva azzardato un rapido fendente, che le sfiorò il fianco.
Appena poggiò i piedi a terra, Helinor
balzò indietro e si portò fuori dal raggio d’azione di Nara.
Le sue dita si mossero sul punto
colpito. Il corpetto di pelle nera era stato tagliato, ma la carne non era
stata colpita. Per fortuna, lei era molto più veloce di Nara.
-Ne hai abbastanza?- domandò Nara per provocarla.
-Mi sto soltanto riscaldando.- non esitò
a rispondere Helinor, senza perdere la concentrazione.
Qualunque
cosa ti dica, mantieni la calma. Rifletti.
Il giovane le fece segno di farsi avanti
con un gesto del capo, poi impugnò la spada con entrambe le mani e si preparò a
ricominciare lo scontro.
Helinor si lanciò verso di lui, con il
pugnale proteso a colpire Nara, ma questi non dovette neanche scansarsi per
parare il colpo: lo parò e lo respinse con estrema faciltà. Fu così anche per
le successive riprese; gli attacchi di Helinor si abbattevano rapidi su Nara,
che li parava e li schivava, mentre lei gli si muoveva intorno con l’agilità di
un gatto.
Il giovane era talmente convinto di
poter battere la sua avversaria che ormai non pensava a nient’altro. Sapeva
soltanto che quella ragazza lo stava sfidando.
Presto dimenticò perfino che stavano
duellando soltanto per fare spettacolo. Lei aveva talento. E la cosa lo stava
divertendo notevolmente.
Rispose con due fendenti potenti, uno
dei quali andò a vuoto, perché Helinor effettuò una capriola in aria
all’indietro, arrivando però al limite consentito dal quadrato.
Helinor fece per fare appoggiare un
piede per riprendere l’equilibrio, ma notò che il campo finiva proprio lì e si
bloccò. Si gettò in avanti per non finire fuori dal limite e finì in braccio a
Nara, che la circondò con un braccio, l’ afferrò dietro la schiena per la
cintura, si buttò all’indietro di spalle e la lanciò a terra.
Il corpo di Helinor cadde dopo essere
volato a un metro e mezzo da terra, e l’impatto le fece perdere il pugnale.
La ragazza rotolò vicino al lato opposto
del campo e si girò di schiena, tenendosi una mano sullo stomaco.
Fece per alzarsi, quando una lama si
conficcò a terra, a pochi millimetri dalla sua tempia sinistra.
Helinor respirò profondamente e guardò
Nara che torreggiava su di lei, con la mano sull’elsa della spada e un sorriso
vittorioso sul volto.
-Ho vinto.Mi spiace per te, ragazzina.-
Nara sorrise crudele.
-Sei un...- ansimò Helinor, senza
riuscire ad aggiungere altro, perché fu scossa da una forte tosse.
Lui si piegò sulle ginocchia e si
accucciò sulla ragazza, facendole ombra con il suo corpo massiccio.- L’agilità
non basta, ci vuole la forza, per vincere.-
-Questo lo dici tu- obiettò Helinor,
tentando di riportare il respiro ad una velocità normale, sebbene tutti i suoi
muscoli stessero gridando, implorando un attimo di riposo.
Stesa a terra non stava male. Cercò il
suo pugnale e lo individuò in mano a Gammon.
Doveva averlo raccolto da terra quando
le era sfuggito di mano. Le urla degli spettatori le entrarono improvvisamente
nel cranio.
Nara si alzò, gridò la vittoria, lanciò
un pugno in aria e fu accolto dagli applausi, mentre Helinor si rialzava con
grande fatica, tossendo.
Guardò con rabbia il giovane che si
allontanava e spariva tra la folla, con qualcuno che gli batteva la mano sulla
spalla per congratularsi della vittoria. Shon era estremamente contento e
raccoglieva le sue vincite con allegria, mentre qualcuno si allontanava con
aria delusa e il portafogli più leggero.
Gammon teneva in mano il pugnale della
ragazza, rigirandolo tra le dita.
Helinor fu presto al suo cospetto e
chinò il capo, soffocando a stento un colpo di tosse.
-Che questo ti serva da lezione- le
disse il maestro, porgendole il pugnale dalla parte della punta.
La treccia di Helinor scivolò sulla sua
spalla sinistra e nascose in parte la sua espressione di vergogna e disprezzo.
L’aveva umiliata di fronte a tutti.
-Comunque, complimenti per l’impegno.-
la derise Gammon, senza curarsi di recarle offesa.
Helinor si raddrizzò e afferrò il
coltello con un movimento lento, nel tentativo di non far trapelare la sua
stizza.
-Vedrà, maestro. Non la deluderò più.-
rispose Helinor, tra i denti.
-Ottimo. Ma vedi anche di mantenere
questa promessa- sibilò il maestro.- Altrimenti, la prossima volta dovrò
lasciare che Nara si occupi di te...fuori dall’Arena.-
Helinor deglutì e voltò la testa per
sfuggire allo sguardo di Gammon.Intravide Nara che la guardava mentre i suoi compagni lo tiravano via, e
la sua schiena fu percossa da un brivido.
Lui sorrise arrogante; le sue labbra
sottili si incurvarono appena, poi tornò a parlare con la gente che lo
circondava.
Helinor infilò il pugnale nella guaina e
con un ultimo, veloce inchino, si perse tra la folla.
Aveva il cuore che batteva troppo
velocemente.
Doveva fare qualcosa, qualunque cosa.
Entrò nella tenda di Nhat.
Nhat era inginocchiato a terra, vicino
ad un sacco a pelo che costeggiava la stoffa rigida della tenda.
Seduto sul groviglio di coperte scure
c’era Uriah, che si faceva spalamare uno strano unguento sulla schiena ferita
senza fiatare. Sapeva di avere fallito, e questa era la sua punizione:
l’umiliazione e il dolore.
Strinse i pugni con forza. Doveva
sopportare a qualunque costo.
Nhat guardò la schiena ripulita del
sangue, ma che ancora portava delle consistenti ustionature e dei graffi
profondi. Passò le dita con delicatezza sulla pelle infiammata, cercando di
fare attenzione a provocargli meno dolore possibile. Nonostante non potesse vedere
il viso del ragazzo perchè gli dava le spalle, sapeva che stava contraendo il
volto dallo sforzo di non lamentarsi.
L’ingresso della tenda venne spalancato
di colpo.
Nhat interruppe il suo lavoro e si voltò
a guardare chi fosse entrato con tanta fretta.- Helinor!-
Uriah sobbalzò e si alzò di colpo,
girandosi verso di lei in modo che non vedesse le ferite.- Che ci fai qui?!-
esclamò, allarmato.
Helinor abbassò gli occhi e si passò il
dorso della mano guantata sulla guancia sporca di polvere, imbrattandosi il
viso ancora di più.- Volevo vedere come stavi.-
-Non ce n’era bisogno.- mugugnò Uriah,
abbassando gli occhi a terra.- puoi andare.-
-Uriah, devo bendarti.- li interruppe
Nhat, con la sua voce calma e profonda.
-Se ti do fastidio me ne vado!- s’ inalberò
Helinor, che già si era pentita di aver fatto quell’irruzione improvvisa.
Conosceva Uriah, e sapeva che il dolore
delle ferite era meno di quello recatogli nell’orgoglio. E anche Gammon lo
sapeva, per questo aveva scelto per lui quella punizione.
Fece per girare sui tacchi, quando Nhat
la richiamò.- Resta.-
Nhat non volle sentire ragioni, sollevò
una mano, gli afferò un polso e lo trascinò a terra. Il ragazzo non si oppose.
Il dolore alla schiena era troppo grande per poter rimanere in piedi.
Helinor si era preparata a vedere quelle
ferite, che in fondo erano state per tanto tempo anche sulla sua, di schiena,
ma vederle così rosse le fece salire una rabbia mai provata. E Gammon era
quello che voleva proteggerli dalla ShinRa?!
Qualcosa dentro di lei gridò, le gambe
non la sostennero più e cadde in ginocchio.- Perdonami...- bisbigliò,
avvicinando il volto alla terra fino a sfiorarla con il naso.- perdonami,
Uriah.-
-Taci- ordinò il ragazzo, mentre Nhat
iniziava a bendargli il corpo.- Non ho bisogno della tua pietà.-
-Non è pietà la mia.- replicò lei.-
Dovevo essere più forte.-
-Stai scherzando?- disse Uriah, con una
nota di disprezzo nella voce.- So riconoscere le mie colpe. Altrimenti sarei
rimasto in silenzio, cosa credi? Adesso basta. Tu piuttosto, hai combattuto
nell’Arena?-
Helinor si sedette sui propri talloni.-
Sì.-
-Contro chi?-
-Contro Nara.-
-Hai vinto?-
Ci fu un attimo di silenzio.
-No.- rispose Helinor.- non ho vinto.-
-È già un miracolo che tu sia tutta
intera- commentò Nhat, terminando di bendare Uriah.
Il medico sorrise consolante al ragazzo,
si alzò, andò a riporre le bende e l’unguento in un baule e si avvicinò a
Helinor.
-Fatti vedere.- le disse, in tono
affettuoso.
Lei arrossì violentemente.- Non... non
sono ferita.-
-E questo graffio?- domandò Nhat,
fissando il taglio rosso sul collo di Helinor.- Te l’ha fatto Nara? So che
quando perde il controllo può essere piuttosto violento...-
La mano di Helinor corse a nascondere il
graffio.- non è stato Nara. Me l’ha fatto un Soldier, quando ero dentro la
Shinra.-
-A proposito di Soldier,- disse Uriah,
che intanto si era seduto a gambe incrociate sul sacco a pelo e la fissava con
occhi curiosi,- è vero che ne sono venuti due?-
Helinor gli raccontò l’incontro avvenuto
nel padiglione centrale, di come Gammon avesse mentito per mascherare le sue
responsabilità, e del fatto che li aveva tratti in inganno sfruttando la loro
inesperienza sulle abitudini del campo.
Uriah battè un pugno sulle coperte.-
siamo pazzi?! Io non ci vado dalla parte di quei...-
Nhat si portò in disparte e finse di
sistemare alcune ampolle, senza però staccare gli occhi dai due ragazzi.
-Non sembrano cattivi.- osservò Helinor,
ripensando soprattutto a Zack.- Forse... forse la ShinRa non è interamente cattiva. Forse ci sono
persone buone.-
-Troppi “forse”- rispose Uriah, seccato
da quell’affermazione.- Tu non sai quello che sono capaci di fare.-
Helinor non seppe cosa rispondere, se
non con un tagliente: - Perché tu sì?-
Gli occhi del suo compagno divennero di
ghiaccio.- Sì.-
Lo disse con una sicurezza tale che fece
vacillare anche la buona fede di Helinor. Ma lei aveva visto lo sguardo di quel
ragazzino! Era così bello, così pieno di vita! Avrebbe dato qualsiasi cosa per
avere uno sguardo simile anche lei, invece di nascondersi dietro falsi sorrisi.
-Io... inizio a dubitarne.- mormorò
Helinor.
-Lascia perdere. Tu non sai niente di
quello che sono capaci di fare, quei mostri. Perché sono solo questo: dei
mostri!- esclamò Uriah, digrignando i denti con rabbia.- Uccidono la povera
gente e combattono senza sapere che portano soltanto infelicità.-
Come
noi, Uriah. Come noi. Non siamo tanto diversi da loro.
Il pensiero di Helinor vagò nella sua
testa senza uscire dalle sue labbra. Succedeva di nuovo. Non era capace di dire
ciò che pensava neanche di fronte al suo più fedele compagno.
Di nuovo, i due smisero di parlare.
Il fruscio della casacca di Nhat riempì
quel silenzio che si era creato, mentre lui armeggiava con erbe e medicinali
vari.
Helinor si alzò da terra.- meglio che
vada.-
-Infatti. Guarirò presto, vedrai- le
disse Uriah, per convincere prima di tutto se stesso.- Torneremo a lavorare insieme.-
-Bene.- rispose lei, poi uscì dalla
tenda.
Nhat posò una mano sui capelli di
Uriah.- Adesso farai meglio a riposare.-
-Grazie Nhatan.- borbottò Uriah.
L’uomo sorrise bonariamente.- Vedrai, ti
rimetterai in sesto molto prima di quel che pensi.-
Uriah avrebbe voluto crederci.
Agli occhi degli altri era soltanto un
giovane spavaldo e impulsivo, ma quello era solo il suo modo di difendersi. Era
come un riccio pieno di spine. Una volta tolta la corazza, rimaneva solo il
bambino che era.
(...)
Tseng entrò nell’ascensore.
Quella doveva essere la fine di una
lunga giornata di lavoro, senza contare che per quella sera aveva previsto un
po’ di relax, visti tutti i disordini che era stato costretto ad affrontare in
quei giorni.
Sospirò e fece per premere il bottone
che lo avrebbe portato all’ingresso, quando un uomo si infilò nella cabina e lo
precedette nel farlo.
Il Turk si fece da parte.- Verdot.-
disse.
-È da tanto tempo che non ci vediamo,
Tseng- rispose l’uomo, un altro Turk della ShinRa.
Era Verdot, il leader del dipartimento
amministrativo di ricerca, nonché capo indiscusso dei Turks e persona di tutto
rispetto. Su di lui circolavano voci inquietanti e allo stesso tempo la sua
freddezza contribuiva a rafforzare quell’immagine di un modello enigmatico e
affascinante.
In effetti, Verdot era un uomo
particolare. Il suo volto solcato dalle rughe sembrava recare i segni di ogni
colpa di cui si era macchiato, e la parte sinistra del suo volto era marcata da
una cicatrice che partiva dall’inizio della mandibola squadrata e arrivava allo
zigomo.
In volto teneva uno sguardo solitamente
austero e impenetrabile, e le folte sopracciglia brune erano, il più delle
volte, aggrottate; le labbra sorridevano soltanto quando doveva schernire o
trasmettere sarcasmo, altrimenti erano sempre rivolte verso il basso, e sotto
di esse vi era il mento, adorno di un sobrio pizzetto.
Indossava la solita divisa dei Turks e
sottobraccio teneva una cartella verde, che porse al giovane.- Tieni. È quello
che mi avevi chiesto.-
Tseng sorrise senza entusiasmo e prese
il materiale dalle mani di Verdot.
-Tutte le informazioni che sono riuscito
a trovare- aggiunse Verdot.- Sai, l’Ombra ha un modo tutto suo di agire:
solitamente si occupano di eliminare testimoni scomodi per qualche personaggio
di rilievo. Il più delle volte uccidono su commissione, e raramente agiscono
per conto proprio.-
-E il motivo di tutto ciò?- domandò
Tseng, estraendo dalla cartella un plico di fogli, che passò in rassegna con
molta attenzione.
Verdot, gli lanciò uno sguardo indagatore.-
Temo che questo rientri nel territorio di tua competenza Tseng. Il tuo dovere è
proprio quello di trovare il maggior numero possibile di informazioni
sull’Ombra.-
L’ascensore si fermò e le porte si
aprirono.
-Questa dev’essere la mia meta.-
annunciò Verdot, uscendo dall’ascensore.- Ti auguro una buona serata.-
-Altrettanto- bofonchiò Tseng, mentre le
porte si chiudevano di nuovo.
Stavolta premette il bottone che lo
avrebbe portato all’ingresso e iniziò a sfogliare le informazioni che Verdot
gli aveva portato.
La sua attenzione si soffermò su uno dei
tanti paragrafi che popolavano quelle scartoffie, e i suoi occhi furono
illuminati da una scintilla.
Di
tutti coloro che hanno partecipato alla vita nell’Ombra e hanno tentato di
fuggire dall’organizzazione, non abbiamo più notizie. Probabilmente sono morti
pochi giorni dopo, uccisi dagli stessi compagni, in qualità di traditori.
Nonostante
ciò, abbiamo saputo che due donne riuscirono a scappare dall’accampamento:
una
di esse è ormai morta da tempo; per quanto riguarda l’altra ci è pervenuta voce
che abiti a Kalm con la figlia.Il suo
nome è Harila Nhame.
Di
seguito è allegato l’indirizzo.
Le porte dell’ascensore di riaprirono
faticosamente, quasi il farlo gli costasse una grande dose di energia.
L’ingresso era pieno di Soldier e di
tanta altra gente, ma Tseng, invece di uscire dalla cabina e prendere la strada
di casa, premette il pulsante che lo avrebbe condotto di nuovo al suo ufficio.
Il lavoro non era ancora finito. Il
relax avrebbe dovuto attendere.
Angolino
dell’autrice:
Come
preannunciato, ecco qui il nuovo personaggio di Final Fantasy VII: Verdot.
Compare nel capitolo della saga chiamato “Before Crisis”, ovvero quello che
precede Crisis Core. Ho trovato informazioni su di lui grazie ai vari siti in
inglese. Spero soltanto di averlo caratterizzato a dovere, ma credo che come
l’ho fatto non disti molto dalla realtà. Nella storia non avrà un ruolo
fondamentale, ma certamente non irrilevante.
Sempre
dalle informazioni che ho trovato, sembra che Verdot fosse il leader dei Turks,
ma che poi sia stato scavalcato da Heidegger.
Beh,
non ho altro da dire se non rispondere alle recensioni.
Kia_Elle: Già! Sono stata una scheggia!
Pensavo di non farcela oggi ad aggiornare perché stamattina ho avuto una gara e
poi ho dovuto studiare (Ma si può mettere un compito il primo giugno?!),
comunque ho trovato il tempo! Spero che il capitolo ti sia piaciuto!
Kairih: oh ohoh! Certo che l’ho letto! Un libro come quello non
poteva sfuggire al mio occhio di lettrice! Stupendo veramente. Ora che me lo
fai notare, è vero… Helinor fa venire in mente Dubhe! Posso dirti subito perché:
ricordo che quando ho letto i libri che riguardavano Dubhe, lei era il mio
personaggio preferito, oltre ad essere quello che mi aveva colpito di più di
tutta la saga. È possibile che in qualche modo Helinor ti ricordi proprio Dubhe
per questo... (sì, lo so, i pensieri
comprensibili non sono il mio forte…)! Comunque, a parte qualche somiglianza
sono due personaggi molto diversi.
Ti
ringrazio per avermi risposto su Youtube! Ti manderò l’indirizzo non appena
quello stupido msn smette di farmi le bizze! (Non so per quale arcano motivo, è
una settimana che non riesco ad accedere...)
U.u
ti ringrazio ancora per i tuoi suggerimenti!
the one winged angel: U.U e io di avere una nipote
come te!
Tranquilla,
Zack ed Angeal sono sempre sotto la mia tutela (senza contare che sono Soldier
ben piazzati, dovrebbero essere loro a proteggere l’autrice XDXDXD)
Genesis
è così che me lo immagino. Su Crisis Core viene mostrato solo il suo lato “cattivo”,
ma io credo che agli inizi della loro carriera si comportassero proprio in quel
modo. Secondo me Genesis è un tipino tutto pepe! Tra poco rientreranno in scena anche lui e
Sephiroth.
Xd Ho
deciso la coppia che sceglierò. L’altra volta a scuola mi sono messa a pensare
e alla fine ho trovato la soluzione! XDXDXD! */////* Ci vorrà molto ancora,
però.
Zack allungò un braccio per colpire la
persona che stava disturbando il suo incantevole sogno: era diventato un prima
classe e tutti lo ammiravano perché era un eroe! Un sogno che per nessun motivo
al mondo avrebbe voluto interrompere, e che qualcuno stava importunando.
-Em...-
Zack si voltò su un fianco.
-Ti
chiami... Zack, no?-
La voce insisteva.
Il giovane Soldier sollevò un poco le
palpebre e si distese supino sulla terra dura, arreso al fatto di non poter più
continuare il suo sogno. La prima cosa che vide furono due occhi azzurri e una
massa di capelli castani, poi, pian piano, apparvero il naso, la bocca e tutte
le parti del corpo di quella che aveva tutta l’aria di essere una ragazza.
Una
ragazza?!
Zack fece per gridare, ma lei gli chiuse
la bocca con il palmo della mano per zittirlo:- Ssst! Se strilli mi farai
scoprire!-
-Mm...! M-mm- m!- obiettò Zack, tentando
inutilmente di articolare dei suoni.
Lei lo lasciò.
-Grazie.- ansimò Zack.- Non respiravo
più.-
Il ragazzo si tirò a sedere e sospirò.
Helinor era inginocchiata accanto a lui; Angeal dormiva ancora, seduto accanto
all’ingresso, e Kay era arrotolato vicino alla cera sciolta di quella che la
notte prima era stata una candela. La tenda era illuminata dalla pallida luce
mattutina, e tutto il suo interno era avvolto nella penombra.
-Mi chiamo Helinor.- si presentò la
ragazza.- E tu?-
-Zack. Zack Fair! Soldier di Terza
Classe!- esclamò lui, felice di poter finalmente parlare con una persona socievole.
Helinor gli fece cenno di abbassare la
voce.- Non vorrei che il tuo compagno si svegliasse.-
-Oh! Lui?- chiese Zack, lanciando un’occhiata
all’amico dormiente.- Non preoccuparti, ha il sonno più pesante di un orso in
letargo...!- si fermò perché ritenne che Angeal avrebbe potuto sentirlo.
-Comunque non gridare. Sono venuta qui
di nascosto, sai?- lo informò Helinor, ridacchiando.- Il mio maestro non
vorrebbe mai che parlassi con un Soldier.-
Zack esibì un’aria imbronciata.- Perché
siete così ostili nei nostri confronti?- domandò.- Non vi abbiamo fatto niente!
Noi della ShinRa lavoriamo per far felice la gente, per migliorare le loro
vite!-
Helinor scosse il capo.- Noi sappiamo solo
che voi Soldier siete tutti cattivi-
-Non è vero- replicò Zack, offeso.- Io
voglio essere un eroe! E gli eroi non sono malvagi!-
-Un... eroe?- fece eco Helinor, ammirata.
Lei non aveva mai pensato di fare l’eroina da grande, anzi, non aveva mai
neanche pensato a cosa significasse diventare grandi. Lei si era sbrigata a
crescere; il mondo della guerra non aspetta i tuoi comodi.
-Certo!- rincarò Zack, in tono appassionato.-
Io voglio proteggere la gente, voglio aiutare le persone... e voglio anche
essere famoso, lo ammetto!- rise.
Lei rimase interdetta da quelle parole.-
Quindi... tu non vuoi farci del male?-
-Ei!- la ammonì Zack, battendosi un
pugno sul petto con orgoglio.- Ti sembro cattivo?-
Helinor lo squadrò con molta
perplessità.- I tuoi occhi sono strani- commentò.
-Questi? Questi sono occhi Mako!-
rispose Zack, come se fosse la cosa più naturale ed emozionante del mondo.- Un
marchio di fabbrica!-
- Tutti i Soldier hanno occhi così?-
domandò Helinor, allungando una mano verso il viso di Zack.- Sono... strani. E
belli, allo stesso tempo.-
-E voi?- chiese Zack, con un sorriso
amichevole.- Siete tutti così pericolosi?-
-N-noi? Non so. Credo di sì... io... io faccio
quello che il maestro mi dice di fare- biascicò Helinor, inciampando nelle
parole.- Una volta sono stata in guerra: avevo dodici anni.-
Zack la guardò strabuzzando gli occhi:-
a dodici anni?!-
Lei si tirò indietro con il busto.- Perché
ti sorprendi tanto?-
-Perché neanche la metà dei nostri fanti
semplici diventano Soldier a dodici anni!- balbettò Zack, rimasto a bocca a
perta dallo stupore.- Insomma...-
-Tu quanti anni hai?- domandò Helinor di
rimando.
-Tredici...-
-Lo vedi?- fece lei, soddisfatta.- Anche
tu sei molto giovane!-
Zack gonfiò il petto d’orgoglio e
sorrise:- ma io sono un caso a parte! Io sono un vero talento! Lo dice anche
Angeal!-
-Il tuo amico si chiama Angeal?- domandò
Helinor, spostando la sua attenzione sul Soldier di seconda classe.
-sì!- fu la risposta di Zack.- Non è mio
amico, è il mio maestro-
Helinor sorrise.- Tu sei simpatico!-
sentenziò, puntando l’indice della mano destra sul petto del ragazzo.- Spero
che ci parleremo nuovamente-fece per
alzarsi, ma Zack le afferrò un polso e la trattenne.
-Puoi farci uscire di qui? Dobbiamo
tornare alla ShinRa...- provò a chiedere il ragazzino.
Lei sospirò e gli rivolse uno sguardo
dispiaciuto.- Non posso. Vorrei poterti aiutare, ma non posso proprio.-
Zack la lasciò.- Almeno posso
rivederti?-
Helinor annuì e uscì dalla tenda.
Taiji si portò a guardia dell’ingresso,
sedendosi di fronte ad esso con le gambe incrociate e l’aria seria come al
solito. I capelli corvini erano legati in un codino che gli ricadeva sulla
spalla sinistra ed erano messi in risalto dalla tunica di cotone bianca che
indossava.
Appena Helinor gli rivolse la parola, lui
alzò i suoi occhi verdi e la guardò con aria accusatoria.- Adesso fai anche
comunella con il nemico?-
-Non essere ridicolo, Taiji- replicò lei,
arrossendo violentemente.- Volevo soltanto chiedergli una cosa. Grazie per
avermi fatta entrare.-
Lui non sorrise, non si accigliò, non si
arrabbiò perché lei aveva voluto entrare in contatto con il nemico; semplicemente
si limitò ad annuire in silenzio. Il suo volto pallido venne rischiarato dalla
luce dell’alba.- Spero per te che Gammon non lo venga mai a sapere.-
-Kay stava dormendo. E tu...?-
-Non sarà certo da me che ne verrà a conoscenza-
la rassicurò Taiji.- So mantenere un segreto per un compagno.-
Lei si sentì sollevata. - Grazie. Tornerò
più tardi.-
(...)
Era appena l’alba, a Midgar, e Tseng già
era nel suo ufficio. In piedi vicino alla scrivania era impegnato a riordinare documenti
e scartoffie. Mise in bella vista la documentazione che la sera prima gli aveva
consegnato Verdot, si sedette sospirando pesntemente e appoggiò la testa sul
dorso di una mano.
Tseng aveva deciso che avrebbe parlato
personalmente con Harila Nhame, ma prima avrebbe scelto due Soldier perché la
scortassero a Midgar senza intoppi. Era praticamente sicuro che se Harila si
era nascosta dall’Ombra non avrebbe mai desiderato venire scoperta: se era vero
che aveva tradito l’organizzazione, molto probabilmente se questa l’avesse
trovata l’avrebbe uccisa all’istante. La donna che era scappata con Harila veniva
soltanto nominata come “la compagna di Nhame”, “la donna che scappò insieme a
Harila” o perifrasi simili. Tseng sfogliò il blocco di fogli scorrendo le
parole con gli occhi. Decise che avrebbe risolto in seguito quel mistero.
Chiuse la cartella verde con uno scatto
secco, la infilò in un cassetto e si alzò. Avrebbe rischiesto due Soldier per la
missione.
Uscì velocemente dal suo ufficio, e per
poco non si scontrò con qualcuno che stava per bussare.
Verdot si tirò indietro per far passare
il giovane Turk.- Già qui?- domandò.
-Potrei farti la stessa domanda- replicò
Tseng.
Verdot lo trapassò da parte a parte con
lo sguardo.- Risparmiami il tuo sarcasmo, almeno per oggi.-
Tseng si chiuse la porta alle spalle e
gli sorrise senza entusiasmo.- Posso offrirti un caffè?-
-Sarebbe già il terzo da stamattina, ma
credo che accetterò lo stesso.- disse Verdot, e insieme si incamminarono verso
la mensa della ShinRa.
-I miei documenti ti sono stati utili?-
chiese Verdot, mentre svoltavano l’angolo di un lungo corridoio.
-Molto- rispose Tseng.- Ho già
inquadrato una pista da seguire, e credo che andrò fino in fondo.-
Verdot lo esaminò con attenzione, poi
sorrise sarcastico: Tseng intravide quel sorrisetto e intuì che l’uomo stava
seguendo uno dei suoi tanti, indecifrabili, pensieri.
Insieme entrarono in mensa, dove a
quell’ora c’erano soltanto pochi gruppi di Soldier, qualche fante insonnolito e
ovviamente, Sephiroth.
Tseng ordinò il caffè, senza mai
togliere gli occhi di dosso al Soldier dai capelli di platino che, seduto da
solo al tavolo più in disparte della sala, guardava il contenuto della sua
tazza con occhi vitrei.
-Hai scelto lui per la tua prossima
missione?- domandò Verdot, richiamando il compagno alla realtà.- Sephiroth...-
-Sì- fu la risposta schiva di Tseng.- Mi
sembra capace.-
-È capace - rincarò Verdot, esibendo un
sorriso enigmatico.- Molto capace.-
Il giovane Tseng annuì svogliatamente e
prese in mano la tazzina con il caffè fumante, portandosela alle labbra. Prima
di bere aggiunse:- Non lo conosco bene, ancora.-
-È diventato Soldier che era
giovanissimo- lo informò Verdot, prendendo anche lui la tazzina,- un vero
fenomeno, credi a me. È capace di far fuori un’intera truppa di soldati da
solo. Probabilmente è superiore a chiunque, qui dentro- e bevve il caffè tutto
d’un sorso.
Tseng era interessato, ma non lo diede a
vedere. Sapeva che i Soldier erano potenti, ma aveva l’impressione che
Sephiroth fosse... diverso.
Verdot appoggiò la tazzina sul bancone
con un sospiro.
La domanda di Tseng sorse spontanea: -Perché
il presidente non lo usa per vincere la guerra nel Wutai?-
Il suo superiore quasi scoppiò a
ridere:- si vede che sei giovane, Tseng- lo compatì, battendogli una mano sulla
spalla,- e inquanto tale, di guerra non ci capisci niente.-
Tseng si irrigidì.
-Hai molto da imparare- gli disse
Verdot,- ma in fondo è normale. L’esperienza serve anche all’uomo più potente
del mondo. Senza esperienza non si va da nessuna parte- commentò.- Lascia che
ti risponda. Il presidente vuole che la gente si fidi della nostra compagnia,
dei Soldier, del Mako. Ragiona su cosa si penserebbe se un solo uomo facesse
fuori un’armata.-
-La gente avrebbe paura.-
-E il presidente non lo vuole- completò
Verdot, con pazienza.- Nel Wutai sono attrezzati per combattere contro i
Soldier, ma credimi se ti dico che quel giovane laggiù...- e indicò Sephiroth
con il capo,- ...non avrebbe da temere nulla, neanche la più potente delle loro
armi.-
Tseng guardò Sephiroth.
Ma
chi sei realmente? Anzi, cosa sei?
Come se il giovane Soldier avesse
captato i suoi pensieri, si voltò e incrociò il suo sguardo. Nessuno dei due
interruppe il contatto visivo, Tseng chinò lievemente il capo in segno di
saluto; Sephiroth non fece nulla finchè Genesis gli comparve alle spalle.- Si
può sapere perché non mi hai aspettato per allenarti?!-
Tseng ne approfittò per rivolgersi di
nuovo a Verdot:- andrò da Lazard e gli comunicherò la missione- mise un paio di
monete sul bancone, si accomiatò da Verdot e si diresse di buona lena verso
l’ufficio del direttore Lazard.
Genesis si sedette al tavolo di
Sephiroth con una smorfia.- C’erano tre cadetti nella sala d’allenamento! Mi
hanno intrappolato e costretto a dargli qualche consiglio per far bella figura
durante le missioni- raccontò, in toni drammatici.- Poi hanno iniziato a
chidermi se conoscevo Sephiroth, io gli ho risposto di no. Così loro si sono
decisi a lasciarmi in pace.-
Il Soldier platinato prese la tazza in
mano.- E quindi?-
-Niente- rispose Genesis con un’alzata
di spalle, mentre l’amico sorseggiava il proprio tè con aria indecifrabile.- Hai
ricevuto qualche mansione dal direttore?- domandò il ragazzo vestito di rosso.
-No, perché?-
-Perché in genere questo è
l’atteggiamento che hai ogni volta, prima di andare in missione.- replicò secco
Genesis.
Sephiroth sospirò.
-Ti va un allenamento?- propose Genesis,
sorridendo.- Forse ti tirerà su il morale.-
-Se vinco offri il pranzo- disse
Sephiroth, ritrovando l’entusiasmo.
Genesis alzò un pollice in aria e rispose:-
Affare fatto. Ma se vinco io...- lasciò in sospeso la frase.
-Ti avviso: niente trattamenti di
favore.-
-Mi offenderei se me ne riservassi.-
Si alzarono dal tavolino e si allontarono
discutendo animatamente.
Verdot li seguì con gli occhi finchè non
se ne furono andati, immerso nei suoi pensieri.
(...)
La steppa era battuta da uno scalpiccio
di piedi che si ripeteva ormai continuamente da alcune ore. Quella mattina il
cielo non era limpido: alcune nuvole lo coprivano, e i raggi del sole facevano
timidamente capolino da dietro di esse, risparmiando al territorio sottostante,
e ai suoi abitanti, la solita calura soffocante.
Un gruppo di giovani aveva appena
terminato la propria corsa. Qualcuno si era lasciato cadere a terra sfinito,
qualcun altro sembrava ancora fresco e pieno di energie, altri erano rimasti in
piedi cercando di nascondere la stanchezza. Helinor era tra questi.
-Maledizione...- qualcuno sbottò
rumorosamente al suo fianco.
Lei puntò gli occhi su Uriah, che aveva
il volto contratto a causa del dolore alla schiena.- Non saresti dovuto venire-
lo apostrofò.
Uriah si posò le mani sui fianchi e
prese dei profondi respiri.- Sto bene- disse.
-Dalla tua espressione si direbbe il
contario- controbatté Helinor, che si aspettava una replica del genere.
-Perché non ti fai gli affari tuoi?- mugugnò
Uriah, grattandosi l’avambraccio sinistro.
Helinor sorrise trionfante, perché ogni
volta che il compagno si grattava l’avambraccio stava ad indicare che sapeva di
essere stato colto in fallo. Lui capì i pensieri di Helinor e smise
immediatamente di farlo.
Nara gli sfilò davanti improvvisamente dicendo:-
Cinque minuti.-
Uriah gli rivolse uno sguardo carico
d’odio.- Ma chi si crede di essere?- domandò, non appena Nara fu abbastanza
lontano.
-Lascialo perdere- disse Helinor, con
voce spenta.- Non vale la pena arrabbiarsi con lui-
-È solo uno sbruffone senza cervello.
Solo perché è il preferito del maestro... e poi perché?- borbottò Uriah,
passandosi una mano tra i riccioli fulvi.- Non mi sembra granchè forte. Potrei
batterlo ad occhi chiusi...-
Le labbra di Helinor si fecero
taglienti.- Fallo. Adesso.-
-Sei scema?- fece Uriah, spavaldo.- Non
ci guadagno niente a batterlo adesso, tanto più che sono anche ferito. Lo farò
un altro giorno, nell’Arena- disse, con aria sognante.- Lì non avrà scampo,
perché la mia furia e la mia abilità si scaglieranno su di lui come una
tempesta!-
Helinor lo guardò con un certo
disappunto. Conosceva la forza di Uriah e aveva provato quella di Nara. Per
quanto Uriah non fosse un avversario da sottovalutare, Nara non era ancora alla
sua portata. Dalla reazione stizzita di Helinor, Uriah intuì che la sua idea non
le piaceva affatto.
Helinor non riusciva mai a dire ciò che
pensava neanche davanti al suo più fedele compagno, tuttavia si conoscevano
abbastanza bene da sapere quali erano i pensieri dell’altro anche senza
esprimerli a parole.
-Beh? Non dici niente?- scalpitò Uriah,
nervoso.
Lei diede un’alzata di spalle.- Fà come
ti pare.-
La voce potente di Nara li raggiunse:- Voi
due! Volete darvi una mossa?! Riprendiamo la corsa!-
Uriah si scambiò un’ultima occhiata con
Helinor, poi si riunì al gruppo e non le rivolse più la parola per tutto il
resto dell’allenamento.
Rientrarono per ora di pranzo, e tutti
si riunirono davanti al grosso pentolone che veniva usato per cucinare il
rancio giornaliero.
-In fila gente!- strepitò il cuoco,
menando l’aria con il grande mestolo di metallo.- Non vi accalcate!-
-Io ho fame!- piagnucolò un bimbo di almeno
dieci anni, che prese a saltellare sul posto con la ciotola del cibo in mano.
Il cuoco gli prese la scodella e la
riempì di zuppa, poi gliela restituì con un sorriso.- Tieni, soldo di cacio.-
Scoppiò una rissa per decidere chi
avrebbe dovuto mangiare prima e chi dopo, in cui i più grandi ebbero la meglio
sui più piccoli e durante la quale il cuoco dovette dare il mestolo sulle mani
di qualcuno che si era spinto troppo oltre.
-Finitela!- strillava il cuoco.
Nessuno faceva caso alla qualità del
cibo, tanta era la fame.
Helinor divorò il suo pasto e riconsegnò
la ciotola. Stava per andarsene nella tenda a risposare, quando notò Uriah che,
in disparte, sembrava molto affaticato. Lo raggiunse mostrando un’aria
preoccupata.
-Non guardarmi in quel modo, Helinor...-
ansimò Uriah, con il viso madido di sudore e le sopracciglia corrugate.- Sto
bene.-
-Questo l’hai già detto- sospirò lei,
scansandosi la frangia dagli occhi con un gesto nervoso della mano.
Il ragazzo emise un gemito strozzato.-
Le ferite sono ancora aperte, se proprio vuoi saperlo- le disse, in tono
tetro.- Ci metterranno del tempo a rimarginarsi, ma se rimango steso troppo a
lungo Gammon penserà che sono un debole.-
-Non pensi che se ti sforzi troppo le
tue ferite potrebbero non guarire per settimane?-replicò Helinor.
Lui fece finta di non aver sentito e
continuò a borbottare:- possibile che questa gente non capisca che la zuppa,
con questo caldo, è un vero schifo?- e corse via.
-Uriah...- mormorò Helinor, affranta.-
Perché sei così cocciuto?-
Stava per andarsene nella sua tenda,
quando si sentì afferrare per il polso da una presa ferrea.
-Il maestro desidera ricevere te e il
tuo compagno nella sua tenda- annunciò Nara, autoritario.- Ti consiglio di
recarti là.-
Helinor respirò profondamente e lo
invitò a lasciarla. Nara la squadrò con una certa antipatia – che lei ricambiò
senza esitare – poi il giovane le rivolse uno sguardo truce e se ne andò.
La ragazza si avviò di corsa verso il padiglione
centrale. Davanti all’ingresso, immerso in una fitta chiacchierata con una
delle guardie, c’era Uriah, che evidentemente doveva essere stato avvertito
prima di lei.
-Entrate pure- dissero le guardie,
permettendogli di entrare.-Il maestro vi attende.-
Helinor entrò prima del compagno, si
diresse a passo svelto verso lo scranno e si inchinò di fronte a Gammon.
-Ho deciso di darvi una seconda
opportunità- dichiarò Gammon.
Uriah ed Helinor si scambiarono
un’occhiata, l’uno eccitato, l’altra preoccupata, poi entrambi si rivolsero a
Gammon.-Comandi-.
Gammon si sistemò comodamente sulla sua
sedia e sorrise fervidamente ai due ragazzi.-Abbiamo fornito il nostro aiuto ad
un gruppo di malviventi, che però non sembrano aver intenzione di ripagarci.-
spiegò, in tono grave.-Sto parlando di un gruppetto insulso di ladruncoli che
si trova a Kalm.-
-Kalm?- ripetè Helinor.- Se non sbaglio
è la città che si trova qui vicino.-
-Esatto!- esclamò Gammon, battendo le
mani freneticamente.-Proprio lei! Vi verrà fornita una mappa con la posizione
dei vostri obiettivi.-
-Quanti sono?- s’informò Uriah, curioso.
Gammon corrugò la fronte e gettò la
testa all’indietro.- Sei.-
-Un lavoro facile- osservò Helinor,
incrociando le braccia sul petto.
Gammon sorrise tutt’altro che confortante.-Lo
spero per voi.-
Uriah arrossì e voltò lo sguardo
altrove.-Non la deluderemo, maestro!-
-Taiji ha la mappa, ve la consegnerà lui
stesso- disse Gammon, ignorandolo totalmente.-Non voglio superstiti. Non si
gioca con l’Ombra, sono stato chiaro?-
-Sì, maestro!- gridarono Helinor e
Uriah, sprofondando in un rapido inchino.
-Partirete domani all’alba, dunque
preparatevi al meglio- soggiunse Gammon.-Ora sparite.-
(…)
Angeal camminava da un capo all’altro
della tenda a passo di guerra, mentre Kay guardava ammirato la pesante spada
che il Soldier portava sulle spalle con tanta disinvoltura.
Zack sbadigliò e cominciò a picchiettare
la terra con la punta della spada.
-Sarebbe andata così lo stesso- sbottava
Angeal, che intanto cominciava a perdere la pazienza.-Non avremmo dovuto
opporci. Ordini del presidente. Ma si può sapere perché?-
-Angeal...-
-Ha detto che avrebbe riflettuto sull’offerta
della compagnia! Ma se non mi ha neanche ascoltato...!-
-Angeal!-
-Perché questa gente ce l’ha tanto con
la Shinra?!- si chiese Angeal, stringendo i pugni con forza.- Che cosa vuoi,
Zack?!-
-Sono stufo di stare qui dentro!-
schiamazzò Zack, iniziando a fare piegamenti sulle gambe in modo spasmodico.-Io
devo allenarmi!-
Angeal aveva sfoderato la spada e in un
attimo gliel’aveva puntata alla gola.-La prima regola... è non perdere mai la
concentrazione- disse.
Zack arretrò di un passo, mentre la
sorpresa s’impossessava del suo volto.- Non vale!- esclamò, non appena ebbe
ripreso il controllo della situazione.
-Ti agiti troppo- lo rimproverò
Angeal.-Devi essere più calmo-
-E questa sarebbe la prima regola?-
borfonchiò Zack, grattandosi la nuca con fare incerto.
Angeal sorrise e ripose la spada
d’ordinanza al suo posto.-Ovviamente no. La prima regola è... Proteggi il tuo onore, i tuoi sogni e il tuo
orgoglio di Soldier, sempre-
-Parole ispirate, Angeal...- commentò
Zack, che pendeva dalle labbra del suo maestro.
Kay, che li aveva osservati con grande
curiosità, si alzò dal suo angoletto e si avvicinò timidamente alla coppia di Soldier.-S-scusate...-
Angeal e Zack interruppero la loro
conversazione e fissarono la loro attenzione sul gracile ragazzino.
-Io... Io...- esordì Kay, arrossendo.-
Volevo sapere come fai a portare quella spada- e indicò la Buster Sword.-Voi
Soldier siete tutti... così forti?-
-Cert...!- cominciò a dire Zack, ma
Angeal gli pestò il piede senza pietà, sostituendo la sua voce a quella
dell’allievo.
-Non è un fatto di essere un Soldier
oppure no...- disse Angeal, mentre Zack cominciava a saltellare per la tenda
con le lacrime agli occhi.-Questo è il simbolo del mio onore. Se non riuscissi
a protare quest’arma, sarebbe come non portare il mio onore.-
Kay era confuso. Cosa c’entrava la spada
con l’onore? Zack gli si fermò vicino, ancora con gli occhi lucidi e un’espressione
dolorante sul viso.-Non mi sembra il momento di perdersi in discordi filosofici,
va bene?-
Angeal posò una mano sulla testa
scarmigliata di Kay.-Per diventare forti ci vuole costanza e impegno. Tu ne
hai?-
Kay riflettè un po’, poi rispose:- ...Credo
di sì...-
-Bene. Devi solo crederci, allora.- gli
rispose Angeal. Il ragazzino era affascinato da quel personaggio, tanto che
quando vide Zack non potè fare a meno di considerarlo un tipo davvero
fortunato. Kay avrebbe pagato oro per avere un maestro come Angeal.
Forse non tutti i Soldier erano cattivi.
Angeal non era cattivo!
(...)
Taiji era seduto davanti all’ingresso
della tenda che doveva sorvegliare, con l’orecchio proteso ad ascoltare i
rumori che provenivano dall’interno. Era notte fonda, ma dentro la piccola
tenda si udivano ancora due voci distinte ridere e scherzare.
In effetti Zack era ancora sveglio, e
accanto a lui c’era Helinor, che lo guardava esibirsi in alcune facce
estremamente buffe che la stavano facendo ridere.
-Piantala!- rise Zack, con le lacrime
agli occhi.-Se continui così sveglierai Angeal!-
Helinor si portò una mano davanti alla
bocca e placò le risate, ma dovette richiamare a sé tutta la sua forza di
volontà.-Si arrabbierebbe tanto, se mi trovasse qui?-
-Beh... non ne ho idea- ammise Zack. -E
tu? cosa direbbe il tuo capo se ti trovasse qui?-
Lei si rattristò, ma il buio impedì a
Zack di notare la sua espressione.- Si arrabbierebbero molto.-
Zack esclamò:-Lo vedi? E lo stesso
farebbe Angeal!-
Helinor cercò gli occhi di Zack nel
buio, ma non li trovò.- Perché è così sbagliato?-
-Che tu ed io ci vediamo?- chiese il
ragazzino.
Ci fu un attimo di pausa, poi lei
rispose:- Sì- sentì che qualcosa di caldo si posava sulla sua mano gelida e la
ritrasse subito.- Tu mi sei simpatico, Zack.-
-Anche tu!- esclamò lui, con
sincerità.-Potremmo addirittura diventare amici!-
-Tu credi? Io sono nemica della ShinRa-
gli fece notare Helinor, in tono abbattuto.
Zack fece memoria locale.-Ah, già...
beh, però non sembri un Lupo Mannaro...- bofonchiò, imbarazzato.
-Un... cosa?-
-Un Lupo Mannaro!- ripetè lui, con
veemenza.-I miei compagni mi avevano detto che quelli che si erano infiltrati
alla ShinRa erano Lupi Mannari!-
Helinor era confusa, tuttavia gli disse
di aver capito.
-Comunque...- fece Zack, grattandosi il
capo imbarazzato- comunque, non si sa mai. Può darsi che il vostro capo decida
di passare dalla nostra parte, e allora non ci sarebbe nessuno motivo per non
diventare amici.-
-Uh... non ho mai avuto un amico-
confessò Helinor.- Per la precisione... cosa vuol dire?-
Zack si trovò spiazzato.- Eh? Cos’è un
amico? Non ne hai mai avuto uno?-
Silenzio.
-T-te lo spiego io...- farfugliò Zack,
cercando quella definizione nella sua confusionaria testa.- Un amico... è una
persona speciale, ecco.-
-Una persona speciale- ripeté lei a
bassa voce.- E che significa?-
-Come che significa?!- esclamò Zack,
strabuzzando gli occhi.- Non lo sai?-
Helinor non rispose.
-Una persona speciale è... qualcuno per
cui provi un affetto profondo, qualcuno per cui ti sacrificheresti senza
pensare... insomma, una persona con cui condividere le gioie e la tristezza...-
spiegò Zack esitante.- Almeno, io la vedo così.-
Lei fu soddisfatta del
chiarimento.-Quindi... avere un amico significa voler bene a qualcuno?-
-E saperne accettare i difetti!-
completò Zack, acquistando sicurezza in ciò che aveva detto.- Hai capito
adesso?-
Helinor rimase di nuovo in silenzio, ma
stavolta Zack seppe che stava pensando alle sue parole.
-Sì... ho capito- bisbigliò Helinor,
dopo un lungo istante.-Grazie.-
Angolino
dell’autrice:
KiaElle: ooooooh... certo
che sentirò la tua mancanza! Beh, spero che leggerai il prossimo capitolo, non
fa niente se non riuscirai a recensirlo, non preoccuparti ^_^! Dov’è che vai?
Giappone, Francia? Posso venire con te? XD Beh, mi raccomando, comportati bene
e non partire senza di me! O.o ho sempre desiderato andare in Francia... tant’è
vero che avevo iniziato a studiare il francese, ma dato che nessuno mi ci
portava ho lasciato via... T_T Buon viaggio!
the one winged angel: carissimanipote! Fa sempre
piacere leggere le tue recensioni! Sono felice che la fic ti piaccia, l’importante
è questo!
U.u
Io prima di giocare a Crisis Core pensavo che fossero padre e figlio Xd, il
fatto è che Angeal sembra davvero Zack da grande... Quanto a Kay, è un
personaggio particolare. O.o Poverino... ok, allora possiamo anche eliminarlo. Sto
scherzando! Magari lo facciamo eliminare da Nara... sarebbe un matto in meno
XD. Per Helinor, è normale che abbia perso. È ancora una ragazzina acerba che
ha ancora tanto da imparare. È questo il mio obiettivo: mostrare la sua
crescita insieme a quella degli altri personaggi (sia originali, sia non).
O.o
Nara ti piace? Sono felice! È uno dei personaggi principali ed è senza dubbio
interessante (almeno credo), ma ancora è tutto da scoprire.
Uriah
è molto orgoglioso. Lo so, ha trattato Helinor malissimo, ma ti assicuro che i
due si vogliono molto bene, altrimenti non si sarebbe preso tutte quelle
frustate da solo XD
La
statua a Tseng possiamo fargliela *prende il marmo e lo scalpello, ma non sa da
dove cominciare* em... qualcuno mi da una mano?
*///*
Ho sbagliato capitolo. Non è questo, ma il prossimo. Dal prossimo Genesis e
Sephiroth entraranno in scena ufficialmente. Errore mio... *si inchina mille
volte*
Ciao
nipote! Alla prossima! *bacione*
Kairih: MAESTRAAAA!
*abbraccia*
O.o
sei stanca? Ci credo! ^_^ Ovviamente io do sempre la colpa a quella ...cosa...
chiamata “scuola”! Risucchia tutte le energie. Credo che parteciperò al
movimento “più Clack, meno scuola”. A parte questo! *_* Gammon sempre più
odioso? Non fosse per la mia imparzialità l’avrei fatto morire di peste da un
bel pezzo... mi distacco ufficialmente dalla voce narrante, altrimenti manderò
un cecchino invisibile a farlo secco.
^_^
Tseng mi piace molto. Sinceramente, ho sempre pensato che fosse molto
particolare come personaggio! U.u è nella lista dei miei venti personaggi
preferiti in assoluto tra anime, manga, videogiochi ecc... Sephiroth è al primo
posto nella suddetta classifica, seguito a ruota da Angeal e da Itachi di
Naruto che sono sul podio XD
Grazie
per i complimenti, maestra! Ci sentiamo! ;-D
[SM1]Capo
dell’ombra, nonché padre di Helinor, anche se è convinto che la ragazza sia la
figlia di Shinra. In realtà nasce tutto da un equivoco. Karima era già in cinta
quando conobbe Shinra, e tutti credettero che Helinor fosse la figlia del
presidente. Rintracciò Karima e prese con sé Helinor a Gold Saucer. La realtà è
un’altra: Shinra era attratto da Karima, ma Harila, invidiosa del successo della
sua compagna, si era finta Karima e aveva avuto una relazione con Shinra. In
realtà, sua figlia Gofna è figlia del presidente, mentre Helinor è soltanto una
vittima. Anche Shinra sarà convinto che Karima sia in cinta di sua figlia.
“Non c’è odio, solo gioia. Perché la dea ti ama.
Eroe dell’alba, guaritore di mondi.”
Loveless
-L’aria di Kalm è sempre molto...
tranquilla, non trovi Sephiroth?- osservò Genesis, spostando lo sguardo intorno
a sé.
Era l’ora del crepuscolo.
La strada che stavano percorrendo Tseng
e i due Soldier era stretta e costeggiata da case, all’incirca tutte uguali,
perché gli stessi canoni di architettura ricorrevano più o meno in tutte le
abitazioni. Genesis era stato a Kalm un paio di volte, anche perché era una
cittadella abbastanza serena.
Tseng non si curava di ammirare il
paesaggio, piuttosto preferiva cercare sulla mappa il loro albergo.
Sephiroth non capiva cosa Genesis
trovasse di tanto speciale in quel semplice paesello fuori Midgar. Le case
erano tutte troppo ordinate, le strade troppo pulite, la gente troppo gentile.
Tutto l’ambiente era troppo surreale per i suoi gusti.
-Goditi il paesaggio!- esclamò Genesis,
indicando due belle ragazze che li salutavano.
-Smettila- sibilò Sephiroth.
Genesis ridacchiò.
Continuarono su quella strada fino a
quando non arrivarono davanti ad un alberghetto poco lontano dalla piazza
centrale. Tseng confrontò la loro posizione con quella che avrebbero dovuto
raggiungere e sentenziò che erano finalmente arrivati.
-Sistematevi nelle vostre camere,
dopoichè raggiungetemi nella mia. Vi darò tutti i dettagli della missione-
disse Tseng, prima di entrare.
(...)
Un’ora dopo erano tutti riuniti nella
stanza di Tseng.
Sephiroth stava con le spalle poggiate a
una parete, accanto ad un quadro che ritraeva un soggetto piuttosto fantasioso;
Genesis si era seduto sul letto e aveva accavallato le gambe con aria annoiata.
Quella missione misteriosa iniziava a stancarlo.
-Sono veramente desolato... condurvi qui
senza con così poco preavviso e senza dirvi nulla sulla natura della missione è
stato molto scortese- esordì Tseng, spostando gli occhi da Genesis e Sephiroth
e viceversa.-Spero che non me ne vogliate per questo. Potresti accendere le
luci?- chiese, rivolto a Sephiroth, che useguì l’ordine.
-Questa missione ha a che fare con
l’Ombra?- intervenne Sephiroth.
Tseng gli rivolse un’occhiata confusa. -
Le notizie alla ShinRa si diffondono davvero così in fretta?-
Sephiroth sorrise sprezzante.- Due
persone che entrano nella ShinRa senza destare sospetti sono quasi da
elogiare.-
-In effetti...- rincarò Genesis.
-Non è questo il punto- tagliò corto il
Turks, impassibile.-Io e il mio dipartimento siamo stati incaricati di indagare
più a fondo su questa strana organizzazione che, come immagino saprete già...-
-È un gruppo di ragazzini che giocano a
fare i soldati- completò Genesis, sfacciato.
Tseng scosse il capo.- Non
propriamente.-
Genesis rimase interdetto; Sephiroth gli
lanciò un’occhiata canzonatoria che l’amico ricambiò con una smorfia irritata.
-In questi tre giorni ho svolto molte
ricerche. L’Ombra è formata da molti ragazzi orfani, portati via dalle strade e
addestrati a combattere. Alcuni sono veramente giovani, altri sono più adulti e
combattono fin dall’infanzia- spiegò Tseng.- Tuttavia, le mie informazioni sono
troppo generali e poco approfondite. L’unico modo di sapere cosa lega la nostra
compagnia agli obiettivi dell’Ombra è di trovare questa donna: Harila Nhame,
adesso conosciuta come Jenna Brown.-
-E vive qui?- chiese Sephiroth.
-Purtroppo, anche l’accampamento
dell’Ombra si trova nei dintorni, e temo che se non ci sbrigheremo, loro
potrebbero rintracciarla. Dovete sapere che quindici anni fa, questa donna
tradì l’organizzazione insieme con una sua compagna- disse Tseng.- Sembra che
quest’ultima sia già morta, dunque Harila rimane la nostra ultima possibilità.-
Sephiroth ascoltò in silenzio, poi
domandò:- Quindi la nostra missione è di trovare Harila Nhame?-
-No- lo contraddisse Tseng.- Ho già
rintracciato Harila. Andremo da lei domani mattina. Il nostro compito, nonché
vostro, è quello di scortare senza intoppi lei e sua figlia alla ShinRa.-
-Sua... figlia?- ripetè Sephiroth,
mentre sulle labbra di Genesis si disegnava un sorrisetto.
(...)
-Saaaaaaalve!-
Sephiroth si era quasi pentito di aver
suonato al campanello della piccola casetta in periferia.
Erano soltanto le undici di mattina e
già contava le ore che lo separavano dal ritorno all’albergo. La ragazzina che
aveva aperto la porta pareva essere una bellissima Afrodite, ma la sua voce
squillante gli aveva quasi rotto i timpani. Che bisogno aveva di strillare a
quel modo?!
Innanzitutto, la ragazza era così bionda,
che i suoi capelli ondulati e perfettamente in ordine brillavano di luce
propria. Il viso era ovale e femminile, gli occhi da cerbiatto erano di un intenso
verde, e le labbra erano carnose e rosse. Indossava un vestito di seta
leggerissimo, decorato da una fantasia a fiori verdi e rosa, che le arrivava
fino alle ginocchia. Si muoveva su dei sandali, alti quasi dieci centimetri, e Sephiroth
avrebbe giurato che se si fosse tolta le scarpe avrebbe superato a stento il
suo gomito.
Genesis era rimasto abbagliato non
appena l’aveva vista.
Tseng si fece largo tra i due Soldier e
si avvicinò alla ragazza.-Siamo qui per parlare con sua madre.-
-Mia madre?- fece eco la ragazzina, che
non doveva avere più di quindici anni.
-Jenna Brown- puntualizzò Tseng.
-Aspettate qui! Mammaaaa!- strillò lei,
entrando in casa e lasciando la prota spalancata.
Sephiroth si voltò verso Genesis.-Perché
quella faccia?-
-Non ce ne sono di così belle a
Midgar...!- esclamò l’amico.
-Già, ma non ce ne sono neanche di così
stupide- obiettò Sephiroth in tono ironico.
-Ma quante ne vuoi...- borbottò Genesis.
Sephiroth fece per ribattere, ma sulla
soglia era apparsa una donna che sembrava la copia invecchiata della ragazza di
prima. Doveva avere una sessantina d’anni, ma la sua bellezza non era ancora
del tutto sfiorita. Teneva i capelli, di un biondo spento, legati in una
treccia stretta, e qualche ciuffetto ribelle le ricadeva sul volto. Esaminò
attentamente Tseng, Sephiroth e Genesis, e impallidì.
-Voi!- esclamò, terrorizzata.
-Non siamo qui per farle del male,
signora Brown...- la tranquillizzò Tseng.
Il viso della figlia fece capolino
dietro alla spalla della madre.-Li conosci?-
Tseng sorrise tiepidamente alla donna
che aveva di fronte.-Vogliamo soltanto parlare.-
-Di cosa? Di cosa dobbiamo parlare? Non
abbiamo niente da dirci! Arrivederci!- esclamò Harila, e detto questo, si
ritirò sbattendo la porta con forza.
Il Turk era allibito.- Mi... mi ha
chiuso la porta in faccia!-
-Acuta osservazione- lo derise Genesis.-
Si vede che voi Turks non ispirate fiducia!-
Tseng si sistemò la cravatta con fare
indignato e suonò nuovamente.
-Andatevene!-
-Non sembra intenzionata ad aiutarci-
osservò Genesis, sottolineando l’evidente.
La porta si aprì inaspettatamente, la
figlia di Harila uscì e se la chiuse alle spalle senza fare rumore.-Perdonate
mia mamma... non ama gli sconosciuti!- disse allegramente.
Tseng esibì uno sguardo tetro.- Abbiamo
bisogno di parlare con sua madre, signorina...?- e lasciò in sospeso la frase,
aspettando che lei la continuasse inserendo il suo nome.
-Gofna!- gridò la biondissima ragazza,
sorridendo radiosa.
Sephiroth storse il naso. Quella
ragazzina gli suscitava un’antipatia indescrivibile. Perché sentiva il bisogno
di strillare, quando la gente con cui stava parlando non distava da lei neanche
un metro?! E poi che nome era Gofna?!
-Gofna Brown! Maga professionista al
vostro servizio!- strillò lei, tirando fuori dal nulla un cilidro color verde
lattuga.
-Non ho capito la parte della maga...-
disse Genesis, perplesso.
Tseng si portò due dita alle tempie e
scosse impercettibilmente il capo, mormorando qualche parola incomprensibile.
-Volete vedere qualche trucco?- domandò
Gofna, agitando il cilindro, scuotendo i suoi capelli biondi che alla luce del
sole erano quasi abbaglianti, e sfoderando un sorriso altrettanto accecante.
-Oh!- esclamò Genesis, cogliendo
l’occasione al volo.- Mi sono sempre piaciuti i giochi di prestigio!-
-Ma non è vero-, sbottò Sephiroth,
sempre più irritato.
Tseng interruppe quella pagliacciata con
un freddo:- Ora basta.-
Gofna si tirò indietro e avvicinò una
mano al cuore, offesa.-Non le piacciono le magie, signore?-
-Più che altro non ho tempo da perdere-
le disse Tseng, senza troppi preamboli.- Devo parlare con sua madre. Adesso. Mi
faccia entrare, prima che preda la pazienza.-
La ragazza, per un attimo, sembrò che
stesse per scoppiare a piangere, poi fece roteare il cappello tra le dita e
gridò con ardore:-Lasciate fare a me!-
-Mi farà venire il mal di testa- grugnì
Sephiroth, mentre Gofna scompariva nuovamente dentro casa.
La ragazza riapparve una decina di
minuti più tardi.-Mia madre vuole vedervi!-
Tseng si sentì sollevato.-Finalmente!-
(...)
-Gofna, perché non accompagni questi due
bei ragazzi a fare un giro per Kalm?- chiese Harila, mentre serviva il tè a
Tseng.
Il salotto di casa Brown era una stanza
dalle pareti tappezzate con carta da parati rosa. Qua e là erano appesi quadri
raffiguranti della natura morta, e una sola, ampia finestra faceva luce
all’intero soggiorno, che nel complesso ospitava due poltrone di un orrendo, a
parere di Sephiroth, rosa pastello. In mezzo a queste ultime vi era un
tavolinetto di legno d’acero, su cui trovava spazio un bel centrino ricamato a
mano. Sephiroth abbassò lo sguardo sul parquet, sentendosi sollevato che almeno
quello non fosse rosa. Gofna sembrava un pezzo dell’arredamento, e si muoveva
leggera per la casa pavoneggiandosi con il suo cilindro di seta (verde, come
abbiamo già detto).
Tseng si voltò verso Sephiroth e Genesis
e gli fece cenno di andare con Gofna, affinchè la donna si sentisse libera di
parlare liberamente.
Harila lanciava strane occhiate
intimorite a Sephiroth, che faceva finta di non notare nulla.
-Seguitemi, truppa!- gridò Gofna, con
voce squillante.- Andiamo a Kalm!-
Genesis, sempre ridacchiando per il
disgusto che si leggeva sul volto dell’amico, seguì la ragazza fuori di casa.
Una volta rimasti soli, Harila si
sedette sulla poltrona dirimpetto a Tseng e si rilassò.-Quelli sono Soldier?-
-Sono qui per proteggerla- la
tranquillizzò Tseng, sorseggiando il suo tè con aria tranquilla.
Harila sorrise sprezzante.-Mia figlia
non sa niente del mio passato. Ma in fondo è giusto così, è ancora una
bambina.-
-Perché non gliel’ha detto?- chiese
Tseng, tanto per continuare la conversazione e mettere la donna a suo agio.
-Perché non voglio che paghi per i miei
errori- sospirò Harila.- Suo padre... è stato ucciso quando era piccola. Gofna
è molto fragile.-
Tseng rimase in silenzio per un po’, poi
posò la tazzina sul piatto che era stato posato sul tavolino e le disse:- Lei è
scappata dall’Ombra?-
-Sì. Incredibile, vero?- Harila sorrise
amaramente.- Sono già passati quindici anni... non posso credere di essere
vissuta tanto a lungo- guardò fuori dalla finestra con occhi spenti.-Ho sempre
avuto il terrore che potesse capitare qualcosa a me e mia figlia. Mio marito...
quest’anno ricorre il sesto anniversario della sua morte, e mia figlia sta per
compiere quindici anni.-
-Come ha fatto a fuggire dall’Ombra per
tutto questo tempo?-
-L’Ombra mi ha addestrata bene. So
confondermi con la gente, far perdere le mie tracce...- raccontò Harila, con
voce inespressiva.-Pian piano, loro hanno rinunciato a cercarmi.-
-Ma hanno ucciso suo marito- le ricordò
Tseng.
-Non ho detto che è stata l’Ombra a
farlo- obiettò Harila.- Ricordo che il suo assassino non si fece vedere, ma
rubò il suo pugnale. Probabilmente era soltanto un ladro. Sa, quell’arma era
molto preziosa perché aveva l’elsa in argento e una lama di metallo pregiato.-
Tseng annuì.-Capisco. Ma lei... aveva
anche una compagna.-
Harila sbiancò.- Una companga? Sì. Ma è
morta tanto tempo fa-
-Quanto, precisamente?- la incalzò
Tseng.
-Tredici anni. Non divaghiamo!- esclamò
Harila con voce strozzata.-Non è importante!-
-Voi eravate le uniche due donne che
vivevano nell’accampamento a quell’epoca?- domandò Tseng, incuriosito da quella
reazione.
Harila cominciò a spostare gli occhi
ovunque, come se cercasse una via di fuga.-Sì.-
-Perché siete scappate?-
-Nell’Ombra la vita era troppo dura e il
capo era troppo severo.-
-E come?- insistè Tseng.
La donna scattò in piedi e si trascinò
accanto alla finestra.-Durante una missione- mormorò, poggiando la fronte al
vetro.-Io e la mia amica, sì eravamo amiche, non mi guardi in quel modo,
eravamo state inviatea
Midgar per una missione. Dovevamo rubare dei documenti che si trovavano in un
laborario della vostra compagnia.-
Tseng dovette faticare per mantenere
un’espressione seria e composta, ma il suo stomaco si contrasse dolorosamente.-
Nella ShinRa?-
Harila si chiuse in un silenzio che
lasciava intendere chiaramente che non aveva intenzione di rispondere ad altre
domande sull’argomento, ma Tseng non si fece commuovere.-Deve dirmi cosa è
successo!-
-Perché le interessa tanto?!- gridò
Harila, voltandosi verso il Turk.
Lo sguardo di Tseng si congelò, lui si
alzò e lentamente infilò la mano all’interno della giacca. Ne estrasse la
pistola, che puntò in direzione di Harila.-Dovrà seguirmi a Midgar.-
-NO!- urlò Harila.- Non ci vengo con
te!-
-Allora sarò costretto a riccorrere alle
maniere forti...- la minacciò Tseng, con freddezza.
-Uccidimi pure, cane della ShinRa!- lo
incitò Harila, che intanto sudava freddo e si guardava in giro in cerca di un
nascondiglio.
Tseng sorrise glaciale.-Ucciderla? Non
ci guadagnerei proprio nulla. Lei è l’unico testimone che mi rimane per sapere
di più sui motivi che hanno portato l’Ombra ad attaccare la ShinRa- si
interruppe e accennò all’ingresso.
Harila divenne pallida come un cencio e
sembrava che stesse per svenire.-Lascia stare mia figlia!-
-Venga con me. I miei Soldier la
scorteranno insieme a sua figlia fino a Midgar. Loro sono molto potenti, i
membri dell’Ombra non potranno fare nulla per opporsi.-
La donna lasciò scivolare le braccia lungo
i fianchi, arrendevole.-Tu non sai di cosa sono capaci. Quelli sono dei veri
mostri, soprattutto il loro capo.-
-Per questo ci servono informazioni. Per
fermarli- disse Tseng, senza abbassare né la guardia né la pistola.
Harila sembrò cogliere qualcosa nelllo
sguardo di Tseng che la fece sciogliere in un pianto silenzioso. Si lasciò
cadere in ginocchio, singhiozzando con una mano davanti alla bocca.
Per un po’, nessuno parlò, poi Tseng si
decise a chiedere: -Verrà con me? Mi seguirà? Mi aiuterà?-
-Ci sono cose...- esordì Harila, scossa
dai singulti, mentre il suo petto gracile si sollevava e si abbassava
velocemente.-Ci sono cose che sai ti seguiranno soltanto nella tomba.-
Tseng abbassò la pistola e lasciò cadere
le braccia lungo i fianchi.-Stia attenta a cosa ha deciso di fare, signorina
Nhame, noi Turks siamo abituati a gestire la gente restia ad aiutarci- la
minacciò.
Harila ricacciò indietro le lacrime e si
asciugò le restanti che le colavano sul volto, dunque si alzò e appoggiò le
spalle alla finestra.-Sì. Lo so.-
Il Turk fu spiazzato da
quell’affermazione.-B-bene... allora... si consegni senza fare resistenza.
Molte vite dipendono dalla sua decisione.-
La donna sorrise malignamente.- Questa
non è una novità. Vede... ci sono molte cose che lei non conosce, e che
sicuramente non potrebbe comprendere.-
Tseng la osservò attentamente.
Improvvisamente quella donna sembrava essersi ripresa dal precedente sfogo e
ora lo fronteggiava con la sicurezza di una guerriera e un sorrisetto maligno.
-Ma io non posso raccontarle nulla-
proseguì Harila.-Il mio segreto... verrà con me nella tomba!-
Lui sollevò di nuovo la pistola contro
la donna.-Non si muova o sparo!-
Harila scoppiù a ridere.-Sono abituata,
non mi farai paura!-
Tseng corrugò le sopracciglia. Si era accorto
che lei aveva abbandonato i toni formali e che ora semrava fuori di sé.-Non
muoverti- intimò, posando il dito sl grilletto.-Pensa a tua figlia.-
-Mia figlia...- sussurrò Harila,
gettando il capo all’indietro e poggiando la testa sul vetro.-Sì... mia figlia-
allargò le braccia e lo guardò dritto negli occhi.-Spara!-
-Sei disposta a questo pur di non dirmi
niente?!- esclamò Tseng, che ormai aveva deciso di sapere cos’aveva di tanto
terribile da nascondere.-Qual è il tuo segreto?!-
-Il mio segreto mi seguirà nella tomba!-
rise Harila, e nel momento esatto in cui terminò la frase, la finestra esplose
in mille pezzi, e il suo corpo fu sbalzato addosso a Tseng che l’afferrò e
ruzzolò all’indietro, fino a sbattere contro la parete alle sue spalle. Il Turk
perse la pistola e si accasciò a terra con il corpo di Harila tra le braccia.
-Harila! HARILA!- la chiamò Tseng.
La donna sembrava semisvenuta, e nella
sua schiena era conficcati innumerevoli pezzi di vetro scheggiato e affilato,
che pian piano si macchiavano di sangue. Lo sguardo del giovane percorse la
schiena finchè non intravide uno stiletto piantato tra le scapole.
La girò e la sostenne per le spalle, in
modo che la lama non affondasse ancora di più sotto la pressione del suo corpo.
-Shinra...- sussurrò Harila, con voce
strozzata.
-No...!- Tseng era incapace di parlare.
Avrebbe dovuto proteggerla!
-Se vuoi delle risposte... Silver Gammon...
sa solo una parte della storia... l'altra.. Ve...- tossì.- Occupati di mia
figlia... di Gofna...-
Tseng la guardò esalare un ultimo
respiro, dopodichè, il suo corpo si abbandonò al riposo eterno. Si scostò il
cadavere di dosso e si alzò strisciando sulla parete.-Maledizione...-
Corse alla finestra e guardò giù. Non
c’era nessuno. Raccattò da terra la pistola e la ripose all’interno della
giacca, pensando al nome che aveva evocato Harila prima di morire: Silver
Gammon. Era il capo dell’Ombra, nonché il suo fondatore. Doveva trovare un modo
di sapere qualcosa in più sul segreto di Harila Nhame e sulla missione che la
coinvolse alla ShinRa.
(...)
Sephiroth camminava al fianco di
Genesis, che a sua volta si trovava accanto a Gofna. Mai, in tutta la sua vita
si era trovato a desiderare la fine di una missione in modo così vigoroso. Lei
non faceva altro che gridare e Genesis bissava ogni sua affermazione,
aumentando la già notevole irritazione che provava Sephiroth nei confronti di
Gofna. Inoltre, aveva la sensazione che qualcuno li stesse seguendo da quando
avevano lasciato la casa di Harila.
Senza rendersene conto, Sephiroth aveva
accellerato il passo ed era arrivato alla piazza centrale per primo. Si fermò e
aspettò che gli altri due lo raggiungessero, ripentendosi fino allo stremo che
quella era una missione, e che in quanto tale doveva portarla a termine senza
pensare ai sentimenti.
Gofna gli fece fare il giro della
piazza, indicando tutti gli alberghi, i negozi di oggetti e quelli di
accessori, e addirittura gli mostrò la taverna dove lei si esibiva la sera con
i suoi spettacoli di prestigio.
-La teverna dello Zio Jho!- squittì,
indicando una casa che a Sephiroth non destò nessuna emozione.
Genesis era in visibilio. Non perché gli
interessasse la taverna, ovvio.
-Una sera potreste venire a vedermi,
okay?!- gli disse, improvvisando un balletto.
-Con molto piacere!- esclamò Genesis.
Sephiroth si guardò intorno. La piazza
era vuota, perciò chiese a Gofna di spiegargli il motivo.
-Oggi è il giorno del mercato qui a
Kalm!- fu la risposta.-Sono tutti a fare spesa! Mia madre è troppo pigra per
andarci, quindi manda sempre me!-
-Sì, tutte le madri sono un po’ pigre-
concordò Genesis.
-Se lo dite voi- mormorò Sephiroth. Sua
madre era morta ancora prima che lui avesse la possibilità di conoscerla. Come
poteva sapere se anche lei era pigra?
L’umore del giovane Sephiroth toccò il
minimo storico quel giorno.
Tutt'a un tratto qualcuno lo urtò
pesantemente.
-Ei!- protestò il platinato.- Stai più
attento!-
Una figura incurvata, avvolta in lungo
mantello di iuta che le copriva il viso, si voltò e s’inchinò mille volte.-Fate
la carità, signore!- si lamentò, protendendo le mani verso Sephiroth, che si
scansò immediatamente.
La persona, che parlava con voce roca e
sgradevole, si trascinò verso Gofna con fare lacrimoso e tentò di convincerla a
darle qualche soldo.
A Sephiroth bastò intravedere una
piccola luce brillare all’interno del mantello per capire che doveva sguainare
la Masamune. Infatti, il vagabondo un attimo dopo afferrò Gofna alle spalle e
le puntò un pugnale dall’elsa argentata al collo.
Gofna prese a strillare e a dimenarsi.
Genesis sfoderò la spada e lanciò
un’occhiata confusa a Sephiroth, che era troppo occupato a guardare il pugnale,
o meglio, il rubino che si trovava incastonato nell’elsa.
-Tu!- esclamò Sephiroth, portandosi in
posizione di attacco.
La bionda era così agitata che
l’individuo misterioso faticava a trattenerla. Il cappuccio del mantello gli
scivolò indietro e rivelò il viso di Helinor.
-Vuoi stare ferma?!- gridò la ragazza,
avvicinando la lama del pugnale a Gofna, che intanto era sul punto di scoppiare
in lacrime.
Helinor strinse le labbra e le serrò un
braccio intorno al collo tanto da farla diventare rossa in viso.
Sephiroth guardò prima Gofna e poi
Helinor.-Lasciala andare!- ordinò in tono autoritario.
Genesis si preparò ad attaccare, ma
Helinor aveva già capito le sue intenzioni e aveva premuto la lama del pugnale
sul collo morbido di Gofna.-Non muoverti-sillabò.
Dentro di sé, Helinor si stava chiedendo
perché dovesse uccidere qulla ragazza. Sentiva che Gofna tremava, e
probabilmente se l’avesse lasciata sarebbe caduta a terra svenuta.
Un
gruppo di insulsi ladruncoli...
Aveva ucciso due dei suoi sei obiettivi:
due uomini dediti alla malavita negli angoli più bui di Kalm, ma non capiva
proprio qual era lo scopo di uccidere una ragazzina impaurita!
-Chi sei?- le sussurrò all’orecchio
Helinor, muovendo appena le labbra.
Gofna era troppo occupata a piangere.
-Dimmi chi sei!- esclamò Helinor, che
stava perdendo la pazienza.
La ragazzina disse il suo nome tra i
singhiozzi: -Gofna... Gofna Brown!-
Il volto di Helinor assunse un colore
simile a quello del latte e la lasciò come se scottasse, con gli occhi sgranati
dal terrore.-Come... come hai detto?!- balbettò, ringuainando il coltello con
un gesto fulmineo.
Sephiroth colse l’occasione al volo e la
colpì con un calcio nello stomaco. Helinor si piegò in avanti, lui la afferrò,
la gettò a terra, si lanciò su di lei e la inchiodò al lastricato. Il corpo
della ragazza cadde a terra bocconi come un peso morto.
-Non muoverti! -gridò Genesis.
Helinor appoggiò la fronte sulla pietra
gelida e chiuse gli occhi.
Gofna, Gofna Brown... Brown... Ryan Brown...
-Prendi
me, ma lascia stare la mia famiglia!-
Sei anni.
-Shon,
saresti capace di incastonare un rubino sull’elsa di questo pugnale?-
-Sì,
ma non ne vedo il motivo.-
Erano passati già sei anni.
-Allora,
com’è stato uccidere per la prima volta?-
-Un’esperienza
di cui avrei fatto volentieri a meno.-
-Tranquilla,
col tempo ci farai l’abitudine.-
Sephiroth la tirò su Helinor di peso
perché era troppo sconvolta per muoversi da sola.
-Genesis, dammi una mano- disse
Sephiroth, rivolto al suo amico.- Andiamo da Tseng. E tu...- fece, indicando
Gofna.- La prossima volta cerca di stare più attenta.-
Gofna tirò su col naso. Helinor le
lanciò un’occhiata impenetrabile e si lasciò trascinare dai due Soldier senza
opporre resistenza.
(...)
La scena che si era consumata nella casa
di Harila era stata drammatica: Gofna aveva visto il cadavere della madre ed
era scoppiata a piangere disperatamente, tentando di avvicinarsi per
abbracciarla, ma Tseng si era opposto e l’aveva respinta dicendo che non doveva
toccare niente.
Sephiroth aveva raccolto il mantello e
la sacca di Helinor e li avevi buttati in un angolo, mentre Genesis guardava
con curiosità la ragazza che, seduta su una delle poltrone rosa, teneva le
braccia incrociate sul petto e la testa china.
Tseng portò Gofna in cucina e tentò di
calmarla.
Sephiroth si avvicinò a Helinor e la
squadrò dall’alto. Notò il graffio sul suo collo.
Lei si accorse che gli occhi di
Sephiroth si erano soffermati sulla ferita e lo coprì subito con la mano guantata.
-Chi ti manda?- chiese Sephiroth,
prandolesi davanti.
Helinor alzò gli occhi e li immerse nei
suoi.-Credo che tu lo sappia già.-
-Perché volevi uccidere quella ragazza?-
la incalzò Sephiroth, in tono severo.
Lei tacque.
-Non vuoi rispondere, eh?- domandò
Sephiroth, incrociando le braccia sul petto.
Di tutta risposta, Helinor voltò la
testa da un’altra parte e disse:- Vattene. Piuttosto la morte.-
-Se continui di questo passo, l’avrai di
certo- ribattè il Soldier, sarcastico.
-Basta - intervenne Genesis.- Non ti
dirà nulla se continui a tartassarla.-
-È una prigioniera, non vedo perché non
dovrei farlo.-
I singhiozzi di Gofna non accennavano a
smettere.
-Perché qualcuno non le da una botta in
testa?- sibilò Helinor, sprezzante.
Genesis sospirò.-Vado a vedere come se
la cava Tseng. Sai, tra te e lui, non so davvero chi sia il peggiore nel
consolare le persone- disse, suscitando in Sephiroth una certa stizza.
Sephiroth si lasciò cadere sulla
poltrona di fronte ad Helinor e la tenne d’occhio per qualche minuto senza dire
nulla, poi le domandò:- Sei dell’Ombra?-
-Che t’importa?- fu la pronta replica
della ragazza.
-Ci siamo già incontrati- le ricordò
Sephiroth.
Helinor gli rivolse uno sguardo
gelido.-E allora?-
-Sembri molto giovane-
-Anche tu-
Si scrutarono con sospetto.
-Ho diciassette anni- dichiarò Helinor
con voce inespressiva.-Tu non sembri molto più vecchio di me, comunque.-
Sephiroth cambiò argomento:- Da quanto
sei nell’Ombra?-
-Quindici anni-
Lui si sorprese. A chiunque sapesse fare
le sottrazioni non sarebbe sfuggito che quella ragazza viveva con l’ombra da
quando aveva soltanto due anni.
Un
po’ come me, che ho sempre vissuto alla ShinRa.
-Sono tanti- fu il meglio che riuscì a
dire Sephiroth.
Helinor annuì.- Già-
-Quando arriveremo alla ShinRa, ti costringeranno
con la forza a vuotare il sacco- la informò Sephiroth, come se ciò avesse
dovuto spronarla a parlargli.-Ti conviene dire tutto senza fare storie.-
-Tutto cosa?- fischiettò Helinor.
-Tutto- ripetè Sephiroth.-Il motivo per
cui ci avete attaccati, quello per cui avete ucciso Jenna Brown...-
-Anche tu credi che ci debba essere un
motivo per fare le cose?- domandò improvvisamente Helinor, appoggiando le mani
con forza sui braccioli della poltrona.-Dimmelo! Anche tu?-
Lui corrugò la fronte. Quella reazione
l’aveva lasciato senza parole!
Ora la ragazza lo guardava trionfante,
come se avesse finalmente trovato la soluzione a un problema irrisolvibile.
-In genere sì...-
-Lo sapevo!- esclamò Helinor, battendosi
un pugno sul palmo della mano.-Allora non sono pazza. C’è qualcuno che la pensa
come me...-
-Non credo che sia un pensare molto
insolito, il tuo...- disse Sephiroth, spiazzato.-Solitamente ci vuole un motivo
per fare le cose.-
Ci fu un minuto di silenzio, poi Helinor
scoppiò a ridere. Era una risata vuota e amara, la sua. Sephiroth la conosceva
bene.
Helinor s’interruppe bruscamente, la sua
espressione si rilassò e lei rimase a fissare gli occhi di Sephiroth,
concludendo:- Hai i suoi stessi occhi... soltanto che i tuoi sono più verdi.-
-Suoi? Conosci altri Soldier?- chiese
Sephiroth.
-Sì. Ne ho conosciuto uno- gli confessò
Helinor.-Mi ha fatto vedere come sono fatti gli occhi dei Soldier. I tuoi sono
simili-
-Colpa del Mako- sbottò Sephiroth.
Helinor abbozzò un sorriso.-Sono...
belli-
-Belli?- rise Sephiroth.
I
tuoi sono belli, i miei sono soltanto il frutto di una tortura in nome della
scienza.
-Posso sapere il tuo nome?- domandò
Helinor.
-Non è importante- disse bruscamente il
Soldier.-Pensa a cosa dovrai dire ai Turks, piuttosto.-
Lei estrasse il pugnale facendo balzare
Sephiroth in piedi.
-Voglio dirti qualcosa di me- gli
confessò Helinor, rigirando il pugnale tra le dita.
-Non mi interessa-
-Si tratta del padre di Gofna Brown-
annunciò lei, sicura che Sephiroth l’avrebbe ascoltata.
Il ragazzo si rimise a sedere, ma non
abbassò la guardia.
-Ma in cambio dovrai dirmi il tuo nome-
insistè Helinor.
Lui sbuffò.-Sephiroth-
Helinor giudicò sufficiente sapere il
suo nome, così gli mostrò il coltello.- Quest’arma apparteneva al padre di
Gofna Brown, Ryan. Ricordo che fu il mio primo omicidio in assoluto: avevo
dodici anni. L’Ombra a quel tempo si trovava nel Wutai per concludere degli
affari, quando il mio maestro mi disse che dovevo trovare un uomo e ucciderlo.
Allora non mi ero chiesta perché dovessi farlo. Noi dell’Ombra non dobbiamo
chiederci perché facciamo le cose, dobbiamo farle e basta. Comunqnue, gli rubai
il pugnale e adesso eccolo qui.-
Sephiroth ascoltò con attenzione, ma
giudicò quel racconto troppo breve e privo di spiegazioni utili.- E quindi?-
Lei sorrise furbetta.-Era solo un metodo
per farmi dire il tuo nome!- esclamò, accavallando le gambe dopo aver
ringuainato il coltello.
-Non vale!- protestò Sephiroth.
-Non volevi dirmelo- gli fece presente
Helinor, con una notevole arroganza nella voce.
-Non puoi barattare inutili fatti della
tua vita con delle informazioni!- si oppose Sephiroth.
Lei si mostrò
irremovibile.-Informazioni? Andiamo, ho solo chiesto il tuo nome!-
Sephiroth fece per ribattere, ma Tseng
interruppe la loro chiacchierata.-Genesis mi ha detto tutto.-
-Qual è la nostra prossima mossa?-
domandò Sephiroth, accennando a Helinor con la testa.
Tseng guardò la ragazza, che si era
nuovamente chiusa in se stessa, poi fece un gesto con la mano verso Sephiroth,
invitandolo ad allontanarsi da Helinor.
-Dobbiamo entrare nell’accampamento
dell’Ombra- bisbigliò il Turk.
Helinor tese l’udito per ascoltare.
Sephiroth non si scompose.-E come? Ci
riconosceranno subito.-
-Harila Nhame mi ha nominato un certo
Silver Gammon, che sarebbe il capo dell’Ombra. A quanto pare, lui è l’unico a
sapere i particolari di una storia che mi interessa scoprire...-
-Non sarà facile penetrare senza destare
sospetti. Ti ricordo che sono già entrati due Soldier nel campo, penserebbero
che vogliamo attaccare- commentò Sephiroth, scuotendo il capo.-Non passeremo di
certo inosservati.-
-Per questo posso aiutarvi io.-
I due si voltarono verso Helinor.
-Non c’è problema- proseguì la
ragazza.-Mi basterà trovarvi qualcosa di adatto.-
Sephiroth era rimasto, per l’ennesima
volta in pochi minuti, senza parole. Tseng sembrava sorpreso quanto il suo
compagno.
Il Soldier la derise tra sé e sé.
Non
dev’essere troppo intelligente.
Helinor si rivolse a Sephiroth.-Se vuoi
farmi da scorta perché hai paura che me ne vada...-
-Sarà così- proruppe Tseng, che
finalmente vedeva la fortuna girare dalla loro parte.-Trovaci un tarvestimento
adeguato. E tu, Sephiroth, controllala in modo che non ci giochi brutti
scherzi-
Sephiroth sbuffò. Prima doveva fare da
scorta a una ragazzina che si credeva una maga, ora doveva accompagnare una
pericolosa criminale. E per l’appunto, Helinor era una pericolosa criminale, e
lui non riusciva a capire perché volesse aiutarli a disfarsi di
un’organizzazione che ormai era la sua famiglia.
Proprio non riusciva a capire.
-Vi aspetteremo- disse Tseng.-Intanto
vado a fare un giro per la casa.-
(...)
Un letto a due piazze con le lenzuola
rosa si trovava in fondo alla camera. Sembrava che non vi avesse dormito
nessuno: tutto era estremamente ordinato.
Ai due lati del letto c’erano due
comodini di legno di castagno.
Tseng, sulla soglia della porta, stava
osservando tutto ciò che c’era in quella camera. Non era molto: a parte il
letto e i comodini c’era soltanto un armadio e un mobiletto di mogano con dei
fiori sopra.
Sul comodino alla sinistra del letto
c’era una cornice d’argento. Dentro, la foto di due giovani donne. Il Turk si
avvicinò e la prese in mano. I soggetti ritratti avevano almeno vent’anni: una
doveva essere Harila, vista la somiglianza con Gofna. Bellissima, senza dubbio.
La sua compagna era molto meno bella, molto meno bionda e molto meno alta,
tuttavia aveva qualcosa nello sguardo e nel sorriso che la rendeva molto
affascinante. Entrambe ridevano e sembravano felici. Harila era facilmente
riconoscibile, ma chi era la donna al suo fianco?
Aveva come l’impressione di averla già
vista... aveva un viso rotondo, incorniciato dai capelli castani tagliati a
caschetto che le ricadevano in ciuffi disparati davanti agli occhi celesti,
luminosissimi. I lineamenti del volto erano delicati, il naso piccolo e la
bocca carnosa. Era vestita come un uomo, probabilmente era una guerriera.
Un rumore alle sue spalle lo fece
trasalire.
-Quella è un’amica di mia mamma!-
esclamò Gofna, con allegria.
Tseng si voltò e la sondò con lo
sguardo, perplesso. Sua madre era appena morta e già si era ripresa? E dire che
fino a un attimo prima aveva pianto come una fontana... forse non era così
fragile come credeva Harila.
-Sai come si chiama?- domandò Tseng.
Gofna si portò una mano alla base del
suo cappello e sorrise.-Mi piacerebbe saperlo!Mia mamma non parlava mai di lei!-
-Allora come sai che erano amiche?-
-Una volta l’ho sentita chiedere perdono
alla fotografia!- gridò Gofna, con un sorriso radioso.-Era così buffo! È stato
allora che l’ho scoperto!-
-Quindi non sai il suo nome?-
Gofna gli prese la foto di mano e la
guardò con aria dubbiosa.-Mia mamma era veramente assillante! Non abbiamo più
viaggiato dalla morte di mio padre... lei ha sempre avuto paura di uscire da
casa! Avrei voluto conoscere anch’io la sua amica, forse con lei avrei potuto
fare qualcosa di divertente. Sai, mia mamma non apriva mai a nessuno, neanche
al postino!-
-Già... ma non è servito a niente- disse
Tseng.
Gli occhi di Gofna si riempirono nuovamente
di lacrime.-Chi può aver fatto una cosa del genere? E chi è quella ragazza che
mi ha attaccato?-
Un’idea improvvisa fulminò Tseng, che
allungò la mano per riprendersi la fotografia.-Ridammi quella foto!-
-Uh? Hai scoperto qualcosa?-
-Dammela- ordinò Tseng.-Questa donna...
ecco perché mi sembrava di averla già vista.-
Angolino dell’autrice
Scusate
il capitolo piuttosto lungo... in realtà questo doveva essere diviso in due, ma
visto che mi venivano entrambi troppo corti, ho deciso di unirli. Beh, spero
che non sia troppo incasinato, visot che racconta di due giorni diversi...
Kairih: U.u come non c’è
bisogno? C’è bisogno eccome. Devo sdebitarmi in qualche modo, e dedicarti un
video (o una fic), è il modo migliore per farlo! :-D
Comunque...
Zack ed Helinor come amanti? U.u Facciano loro, io non li costringo... so che
sembra strano, ma mentre scrivo i personaggi è come se si muovessero da soli
nella mia testa. Boh... vammi a capire, sono un caso patologico XD
Un
grande abbraccio!
the one winged angel: O.oscusa!!!
È che
sono arrivata più avanti con la storia e non mi ricordavo bene a che capitolo
erano... beh, mi scuso con questo iper capitolo interamente dedicato a loro XD
xd
xd Eh già, Angeal e gli orsi XD. Non è molto strano
che Helinor non capisca certe cose. Le sente, ma non le capisce. Questo perché essendo
una persona prova sentimenti, ma non avendogli mai dato un nome non sa come si
chiamano. Secondo me non si può imparare a non avere sentimenti, perché fa
parte della natura umana.
Sì
sì, Kay si darà una svegliata, non preoccuparti! XD
Altrimenti gliela diamo noi!
Mmmm...
vediamo se ho qualche cosa nel mio laboratorio che può fare al caso nostro...
*se ne va e ritorna con un manuale: “Giochiamo con l’argilla”* em... avevo solo
questo... non mi sono mai interessata molto di scultura... XD
Alla
prossima nipote! Ti farò sapere com’è venuta la statua!
“Ci sono solo due modi per conquistare il mondo: i
soldi e il potere.”
Shinra
Era
solo un’anziana... Uriah... sei stato tu a fare questo?
-Perché il cieco lo devo fare io?-
domandò bruscamente Genesis.
Helinor smise di guardare il cadavere di
Harila e si voltò verso il Soldier, disorientata. -Cos’hai detto?-
Sephiroth, Tseng e Gofna si erano
raggruppati intorno alla sacca di Helinor, che poco prima era stata riempita di
vestiti per i travestimenti.
Sarebbe stato difficile nascondere gli
occhi dei Soldier, così Helinor e Sephiroth avevano inventato qualcosa che
avesse nascosto almeno quelli di Genesis, più facilmente riconoscibili rispetto
a quelli del compagno. Le iridi di Sephiroth erano troppo particolari perché
Gammon li riconoscesse, bastava stare attenti che non si guardassero troppo
l’un l’altro e probabilmente la farsa avrebbe retto.
Helinor si avvicinò al gruppo e li
guardò uno a uno. -Dovete stare attenti a come parlate in presenza del maestro.
Lui detesta chi gli manca di rispetto. -
-Lo terremo a mente- rispose Tseng,
prendendo in mano i suoi abiti.
Genesis sventolò in aria una fascia di
stoffa nera. -Devo davvero mettermela in faccia?-
-Genesis, piantala- ordinò seccamente
Sephiroth.
Helinor annuì.-I tuoi occhi sono
riconducibili a quelli dei Soldier. Con quella puoi tenerli nascosti. -
-E i suoi no?- chiese Genesis, indicando
l’amico.
-Non abbiamo altro modo se non tentare
la fortuna-, disse Helinor, posando lo sguardo su Sephiroth.-Quelli di
Sephiroth sono molto particolari. Il maestro non ci ha mai insegnato nulla su
come riconoscere un Soldier, ma questo non significa che lui non sappia niente al
riguardo.-
Tseng armeggiò con la camicia di lino e
la stese davanti agli occhi per dargli un’occhiata.-Così ci camufferemo.
Genesis, mi raccomando, non parlare se non ti viene richiesto.-
-Ei!- protestò Genesis, che intanto si
era piegato sulla borsa e ne aveva tirato fuoi una casacca di feltro.- Con
questa morirò di caldo- sbottò.
Sephiroth imbracciò i suoi vestiti e non
disse nulla.
Gofna prese un vestito di lino verde e
si lasciò sfuggire un’esclamazione di gioia.-Questo è il mio colore preferito!-
-Andiamo a cambiarci- disse Tseng.
-Venite! Faccio strada!- schiamazzò
Gofna, indicando il corridoio adiacente al salotto con un dito.
Genesis fece per seguirla, ma Tseng lo
trattenne per un braccio e gli disse:- Aspetta. Tu sarai l’ultimo, ho bisogno
di qualcuno che tenga sotto controllo la ragazza.-
Il Soldier sbuffò, ma non oppose
resistenza. Sephiroth gli lanciò un’occhiata di sfuggita prima di scomparire
nel corridoio.
Helinor tornò a guardare il corpo di
Harila con angoscia. Lei non era riuscita a uccidere Gofna. Perché? Cosa stava
succedendo? Eppure non trovava più così difficile togliere la vita a una
persona. Posò la mano sull’elsa del pugnale e chiuse gli occhi.
Zack.
Non vedeva l’ora di incontrarlo di nuovo,
di parlargli, di scoprire altre cose sul mondo dei sentimenti. L’amicizia...
non l’aveva mai sentita nominare, però sapeva che era viva in lei. Uriah era
suo amico, ormai era certo. Voleva scoprire di più sull’amicizia, voleva essere
amica di Zack!
-Insomma...- esordì Genesis,
affiancandola con una certa insicurezza.-Come ti chiami?-
-Helinor Hinari- si presentò lei, senza
smettere di osservare il viso cereo di Harila.
Dalla finestra rotta filtrava una
leggera brezza che giocava dolcemente con la treccia di Helinor.
-Io sono Genesis Rhapsodos- si presentò
il Soldier, scrutando la ragazza con un pizzico di riservatezza che si addiceva
più a Sephiroth che a lui.
Helinor voltò la testa verso di lui e
sorrise flebilmente.-Ti è andata giù la storia del tuo travestimento?-
-No- si affrettò a rispondere il ragazzo,
con irritazione.-Però suppongo che non abbia altra scelta.-
-Se ci pensi non è poi così male-
ridacchiò Helinor.
Genesis arcuò un sopraccigliò, poi
sorrise anche lui.-Sai, volevo chiederti una cosa... posso?-
Lei si accigliò.-Dipende-
-Non agitarti. Volevo soltanto chiederti
se conosci un Soldier di nome Angeal.-
Helinor ci pensò su. Non ricordava di
conoscere qualcuno con quel nome, quindi rispose con sincerità:- Mi dispiace.-
Eppure quel nome non le era nuovo... Angeal... le sembrava che avesse
qualcosa a che fare con gli orsi...
-Capisco, non era importante...- mormorò
Genesis.
I due rimasero in silenzio, poi il
ragazzo accennò a Harila con un gesto della mano. -L’hai uccisa tu?-
-No!- esclamò Helinor, di getto.
-Allora chi...- cominciò Genesis, ma un
rumore di passi lo fece tacere.
Sephiroth era stato molto veloce a
cambiarsi. Indossava una sobria maglia di cotone giallognola e sotto un paio di
pantaloni alla zuava marroncini legati alla vita da una cintura di cuoio. In
mano teneva la Masamune e i suoi abiti normali, rigorosamente neri. Helinor lo
guardò perplessa. -Dove intendi andare con quella?- chiese, indicando la
Masamune.
-E dove la metto?- replicò Sephiroth, in
tono sarcastico.
-Potresti anche usare una spada un po’
più corta.-
-Io vado a vestirmi- li informò Genesis.
Sephiroth gli disse:- In fondo al
corridoio.-
-Sei facilmente riconoscibile. Ti
ricordo che un mio compagno ti ha già visto, anche se di sfuggita e di spalle,
se non ricordo male.- disse Helinor all’indirizzo di Sephiroth, prima di
correre verso la borsa e cominciare a cercare qualcosa al suo interno. Ne
estrasse un basco grigio e glielo tirò.
Il ragazzo afferrò il cappello, poi
chiese:- Cosa dovrei farci?-
-Mettilo- intimò Helinor, tornando da
lui con solerzia.-Nascondici dentro i capelli. Sono troppo lunghi e
particolari. Se non vuoi che te li tagli...-
-Ho capito il concetto- sbottò
Sephiroth, infilandosi il basco in testa con un gesto brusco. Sephiroth ed
Helinor si guardarono a lungo, poi lei sorrise.
-Ora va bene- valutò lei.-La prossima
volta ti procurerò una parrucca.-
Sephiroth chinò il capo.-Non mi hai
ancora detto il tuo nome.-
-Helinor- rispose lei.
Lui esibì un sorrisetto ironico.-Non ci
sarà una prossima volta, Helinor. E poi non mi fido molto di te, a dirla
tutta.-
Sì,
lo so bene.
-Fa come vuoi- ribattè Helinor, poi si
mise le mani sui fianchi e si chiuse in un religioso silenzio.
Tseng irruppe nella sala tra le grida di
Gofna.
Genesis si allargava il colletto della
casacca con fare infastidito, borbottando parole indecifrabili.
-Ripassiamo il piano!- annunciò il Turk.
-Abbiamo un piano?- domandò Gofna,
sorpresa.
Helinor le scoccò un’occhiataccia.-Ancora
non capisco perché deve venire con noi.-
Gofna si nascose dietro le spalle di
Tseng e rivolse una smorfia dispettosa verso Helinor.
-Non c’è un motivo preciso- disse il
ragazzo, spostandosi vicino a Genesis che ancora lottava contro la sua veste.-Vorresti
lasciarla qui?-
-Devo proprio rispondere?- chiese
Helinor, in tono acido.-Ma se urla tappatele la bocca. Vi ricordo che la mia
missione era quella di farla fuori. Potrei anche ripensarci e portarla a
termine.-
-Genesis, ti affido il compito di controllare
questa ragazza. Mi raccomando- disse Tseng, in tono pacato.-E tu, Sephiroth,
controllerai la ragazza dell’Ombra.-
-Ho un nome e un cognome per tua
informazione.-
-Non mi interessa né l’uno né l’altro-
ribattè Tseng, seccamente.- Adesso ricordatevi le parti: Genesis, tu sei mio
cugino, cieco fin dalla nascita. Non togliere quella benda per nessuna ragione
al mondo.-
-Ricevuto- sbottò Genesis, lasciando
trapelare tutta la noia che provava nei confronti del suo ruolo.
-Sephiroth. Tu sarai un commerciante.-
-Poco credibile come commerciante- fu il
commento di Genesis.
-Posso farlo- rispose Sephiroth,
ignorando il suo amico.
Tseng annuì.-Devi farlo. E Gofna, tu
sarai...-
Lei tirò fuori il suo cilindro verde dal
nulla e se lo mise in testa urlando a squarciagola:- Gofna Brown! Maga
professionista!!!-
-Questa cosa inizia a darmi fastidio-
biascicò Genesis, guardando Gofnaallibito.-Da dove lo prende quel cappello?!-
- Non puoi usare il tuo vero nome!-
ammonì Helinor, in tono stentoreo.- Tu sei uno degli obiettivi che mi avevano
commissionato di uccidere, conoscono perfettamente il tuo nome!-
-Sanno anche com’è fisicamente?- domandò
Tseng.
Helinor scosse la testa.-Sapevo solo il
nome.-
Sephiroth si fece diffidente.-E come hai
fatto a trovarla?-
-Avevo una mappa che mi indicava questa
casa, e poi vi ho seguiti. Strilla così tanto che è impossibile non sentirla.- replicò
Helinor, con un sorrisetto ironico.
Tseng perforò Helinor con gli
occhi.-Dunque ci aiuterai? Sei sicura?-
La ragazza abbassò lo sguardo e gli
diede le spalle.-Ho dato la mia parola.-
-Dimmi perché dovremmo crederti!-
esclamò Sephiroth.
Helinor si voltò di scatto verso di lui
e lo guardò con occhi di ghiaccio.
-Basta!- ordinò Tseng.-Possiamo solo
fidarci di te. Sei l’unica che può farci entrare senza costringerci a fare
spargimenti di sangue.-
-Voi non attaccherete il campo, vero?
Dovete soltanto avere informazioni...- chiese Helinor.
Sephiroth chinò il capo in segno di sdegno.
Quelli dell’Ombra non avevano esitato ad attaccare la ShinRa, se ben ricordava.
-Per ora no- la tranquillizzò il Turk,
senza mostrare alcuna emozione.- Ma se saremo costretti a combattere, nulla ci
asterrà dal farlo. Darò l’ordine ai miei Soldier di non fare prigionieri, se
necessario.-
Helinor arretrò di un passo e sgranò gli
occhi.
Fa
sul serio!
-Non preoccupatevi- disse Helinor, in
tono piatto.-Avete la mia parola...-
-Mi basta questo- fece Tseng,
soddisfatto.
Sephiroth guardò Helinor con aria
ostile. Perché fidarsi? Stava tradendo la sua famiglia, perché pensare che non
avrebbe tradito loro?
Calò il silenzio. Perfino Gofna era
ammutolita di colpo.
Tseng porse la fotografia che aveva
trovato sul comodino di Harila a Helinor e le domandò:- conosci la donna con i
capelli castani?-
Helinor guardò prima lui e poi la foto,
dopodichè la prese, la osservò attentamente e disse:-No.-
-Sei sicura? Non potrebbe essere tua
madre?- la incalzò Tseng.-Ti somiglia.-
-Impossibile!- esclamò Helinor, ridandogli
la foto in modo sgarbato.-Se mia madre avesse fatto parte dell’Ombra, il
maestro me l’avrebbe detto!-
-Come sai che quelle donne fanno parte
dell’Ombra? Io non te ne ho ancora parlato- osservò Tseng, analizzando con
attenzione le reazioni di Helinor.
-Queste tende alle loro spalle sono
quelle del nostro accampamento- rispose Helinor stancamente.-E ora riprenditi
questa... cosa. Non può essere mia
madre. Io non ricordo neanche dove abitavo, prima di entrare nell’Ombra. Il
maestro mi ha accolta perché lei se ne è andata, abbandonandomi. E adesso
mettiamoci in cammino. Non ho tempo da perdere in chiacchiere io, oltretutto devo
incontrare il mio compagno.-
-Il tuo compagno?- fece eco Gofna.
-Uriah. Probabilmente è lui che ha
ucciso tua madre- aggiunse Helinor, divertita. Provava uno strano piacere nel
vedere gli occhi di quella ragazzina riempirsi di lacrime. Chissà perché. In
quel momento si stava comportando proprio come Nara.-A proposito- aggiunse,
rivolta a Tseng.-Non farti riconoscere da Uriah. Ti ha già visto alla ShinRa.-
Il Turk guardò la foto. Harila Nhame e
la sua compagna. Un mistero da risolvere.
(...)
La
tenda si aprì, lasciando entrare uno spiraglio di luce accecante. Il sole
sembrava essere tornato alla carica.
Entrò Nara, fiero e impettito, seguito
da Gammon e dall’esile Taiji, che teneva lo sguardo legato al pavimento.
Angeal si alzò immediatamente e portò
una mano sull’elsa della spada.
-Frena i bollori, giovane amico!-
esclamò Gammon.-Sono venuto qui per parlare con voi.-
-Alla buon’ora!- disse Zack.
Kay si nascose in un angolo come un
cagnolino tremante. Nara lo beffeggiò con lo sguardo.
-Avete riflettuto sull’offerta della
ShinRa?- domandò Angeal con circospezione. Non si sarebbe lasciato ingannare
per la seconda volta di seguito.
Gammon si raggelò all’istante, affondò una
mano nella grande tasca della sua casacca e ne estrasse una busta bianca, affrancata
da un sigillo di cera violacea.-Vi lascio liberi di andare e di non tornare mai
più in questo accampamento- disse, porgendo la lettera ad Angeal.
Gli occhi del Soldier si posarono sul
sigillo mente afferrava la busta. Fece per aprirla, ma Gammon lo fermò:- Quella
è per il tuo presidente! Non aprirla per nessuna ragione al mondo, ragazzo.
Consegnala a lui e digli che è da parte di Silver Gammon.-
-Cos’è?- chiese Zack, tentando di rubare
la lettera dalle mani di Angeal.
-E tu, bambino- rise Gammon, facendo
innervosire Zack- non ficcare il naso in affari che non ti riguardano- schioccò
le dita.- Taiji! Falli uscire di qui!-
Taiji annuì e uscì seguito dagli altri,
lasciando Kay di nuovo da solo.
Gammon si fermò davanti alla tenda e
guardò per un po’ i due Soldier e Taiji che si dirigevano verso l’uscita
dell’accampamento, dopodichè si rivolse a Nara:- Devi fare una cosa per me.-
Nara sogghignò.-Comandi- rispose.
-Ho bisogno che tu vada a Junon e che
consegni un messaggio a un ambasciatore del Wutai- disse Gammon,
sovrappensiero.- Un messaggio da parte mia.-
Una scintilla sinistra guizzò nei suoi
occhi neri.-Lasci fare a me, maestro.-
-Bene. Mi fido di te, ragazzo- lo
informò Gammon, battendogli una mano su una spalla.-Torna il prima possibile,
presto ci sarà la festa di plenilunio.-
-Ho capito- disse Nara, si inchinò e
insieme con il Gammon si diresse verso il padiglione centrale.-Maestro... se
posso chiederle... cosa c’era scritto in quella lettera?-
Gammon sorrise affabile.-Un piccolo
segreto tra me e il presidente Shinra. Una cosa che gli ricorderà chi sono.
Adesso vieni e non fare domande.-
Nara ubbidì.
(...)
Lo strano gruppo, composto da una
criminale, due Soldier, una maga e un Turk, si avviò per una stradina di Kalm
che li avrebbe condotti fuori dalla città, dove Helinor sapeva che Uriah la
stava aspettando.
Per qualche strana ragione, Gammon
accettava i viandanti nel suo accampamento di buon grado e gli offriva ospitalità.
Helinor aveva deciso di far leva su quel vizio del suo maestro, e con Tseng
aveva macchinato di presentargli il resto del gruppo in qualità di pellegrini
senza i Guil necessari per permettersi un riparo. Era già successo che Gammon
lasciasse sostare viaggiatori stanchi nel campo, quindi Helinor non aveva dubbi
che il piano avrebbe funzionato; bastava soltanto che non riconoscesse i
Soldier, altrimenti sarebbero stati guai seri sia per loro, sia per lei.
Helinor camminava e guardava le case
ordinate ai lati della strada con aria febbrile. Stava tradendo il suo maestro?
Sì, lo stava facendo. Anzi, stava tradendo l’intero accampamento, aiutando i
loro nemici. Come le era saltata in mente un’idea del genere? Era folle... ed
eccitante. Sentiva dei brividi per tutto il corpo e il cuore le batteva
velocemente. Erano sensazioni nuove, e lei voleva provarle tutte. Una volta il
maestro le disse che un guerriero non deve avere emozioni, perché in un
combattimento, o muori tu, o il tuo nemico. Le aveva detto anche che in guerra,
tutti quelli che non sono tuoi alleati sono tuoi nemici, e per questo devi
abbatterli prima che loro facciano lo stesso con te. Adesso però, grazie alla
spiegazione di Zack, poteva vedere molte cose sotto una nuova luce.
-Il tuo capo si chiama Gammon, vero?-
chiese Tseng, in una delle sue tante domande.
-Silver Gammon- completò Helinor.-Ma non
ci azzardiamo a chiamarlo capo. È il
nostro maestro.-
-In che senso?-
-Quando era più giovane, lui ci allenava
a combattere e ci addestrava alla guerra- rispose lei, con un’alzata di
spalle.-Così abbiamo cominciato a chiamarlo con l’appellativo di maestro.
Adesso ha smesso di allenarci e ha affidato il compito a una persona del
campo.-
-Io non ho capito dove dobbiamo andare!-
esclamò Gofna.
Helinor la ignorò.-Ieri ho ricevuto
l’incarico di uccidere sei persone che secondo il mio maestro non avevano
pagato dei debiti con la nostra organizzazione. Tra questi figuravano la
ragazza- e indicò Gofna che passeggiava con disarmante tranquillità- e sua
madre, Jenna Brown o Harila Nhame, non ho ben capito com’è la questione del nome...-
-non sapevi niente su di loro?- chiese
ancora Tseng.
Helinor scosse la testa.-Il mio compito
non è quello di fare domande: le cose si fanno e basta, anche senza un motivo.-
Sephiroth la guardò lievemente
accigliato. Ricordava perfettamente come aveva risposto quando le aveva chiesto
il motivo della loro incursione alla ShinRa.
Anche
tu credi che ci debba essere un motivo per fare le cose?
Ora si spiegava tutto. Evidentemente
Helinor era una di quelle menti troppo indipendenti che vivono in un posto in
cui la libertà di pensiero è tenuto sotto controllo. Una testa intraprendente,
insomma, che probabilmente non avrebbe mai trovato il suo posto nel mondo.
-Quindi suppongo che sia inutile cercare
di sapere perché avete attaccato la ShinRa- concluse Tseng.
-Esatto. L’abbiamo fatto e basta-
biascicò Helinor, e il tono con cui pronunciò le ultime due parole fece
intendere a Tseng che non aveva altro da aggiungere.
-Ei, secondo voi come potrei
chiamarmi?!- strillò Gofna mentre faceva roteare il cilindro con la mano
destra.
Helinor voltò lievemente la testa verso
Gofna, che si trovava alle sue spalle.-Perché non usi Karima?-
-Karima?- fece eco Gofna.
-Lo trovo un nome molto bello- disse
Helinor, abbozzando un sorriso tetro.
-Va bene! Mi chiamerò Karima!- esclamò
Gofna, saltellando verso Helinor.-Grazie del consiglio! E io che credevo di non
piacerti affatto!-
Non
mi piaci, infatti.
Gofna trotterellò fino a raggiungere
l’altra ragazza e la prese sottobraccio, facendo sfuggire a Tseng e a Genesis
un’esclamazione di protesta.
Helinor si liberò con uno strattone non
appena avvertì il contatto con Gofna e si scansò da lei finendo quasi addosso
al Soldier platinato.
Il gruppo si fermò.
Gofna stava per scoppiare a piangere; i
suoi occhi verdissimi, con grande disappunto di Sephiroth, si erano già
riempiti di lacrime. Un altro piagnisteo era l’ultima cosa che desiderava
sentire da quella voce squillante.
Helinor storse il naso e si rimise in
marcia con il cuore che batteva all’impazzata, stavolta a causa della rabbia.
Quella ragazza era la figlia della sua prima vittima! E la foto che le aveva
mostrato Tseng... non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine della donna
di fianco ad Harila. Le somigliava così tanto... era un caso? Forse era una
zia, una bisnonna, una cugina! O meglio era una coincidenza... sì... doveva essere così! Maledizione, non
poteva essere sua madre... sua madre non aveva mai avuto niente a che fare con
l’Ombra... oppure sì?, le suggerì una
vocina interiore.
Sentì soltanto confusamente il pianto
dirotto di Gofna e non se ne preoccupò. C’era qualcosa che le suggeriva di
detestare quella ragazza, eppure non la conosceva neanche.
Tseng trascinò Gofna per la stradina,
esasperato.
-Potresti evitarci queste scene madri?-
fece Sephiroth non appena fu abbastanza vicino a Helinor.
-Non sono scenemadri, è lei che piange per ogni cosa. Si
comporta come una bambina piccola e viziata- replicò Helinor, senza
guardarlo.-Sembra si sia completamente dimenticata che sua madre è appena
morta...- aggiunse poi, tra i denti.
Genesis si allontanò da Tseng e da Gofna
e affiancò Sephiroth, che rivolse a lui la sua attenzione.
-Secondo te incontreremo Angeal?- fu la
domanda di Genesis.
-Non lo so. Forse-
-La ragazza dice di non conoscere
nessuno con quel nome- disse Genesis, deciso a continuare quella conversazione
a tutti i costi.
-Ora ricordo!- s’intromise
Helinor.-Dev’essere il maestro di Zack.-
-Zack? Zack il marmocchio?- chiese
Genesis.
-Sì- confermò Helinor, annuendo
vigorosamente.-Ma non è un marmocchio...-
Genesis fece una smorfia in segno di
disapprovazione.-Questo lo dici tu.-
-Non dargli retta, è solo geloso-
rincarò Sephiroth con un sorrisetto.
Helinor arcuò le sopracciglia,
perplessa.-Geloso? Che vuol dire?-
I due Soldier si voltarono verso di lei,
ancora più perplessi.
-Che vuol dire “che vuol dire”?-
farfugliò Genesis.
Lei arrossì e abbassò lo
sguardo.-Scusatemi-
Sephiroth la osservò attentamente.
Che
strano tipo...
-Comunque... ho conosciuto i vostri
compagni... Angeal e Zack. Sono...- Helinor esitò mentre sceglieva con cura le
parole da usare- ospiti... del maestro.-
-Ospiti?- fece eco Sephiroth,
sospettoso.
Genesis gli diede una pacca sul
braccio.-Vuoi smetterla di essere sempre così noioso? Se dice che sono ospiti,
sono ospiti!-
-Se lo dici tu...- borbottò Sephiroth.
Helinor sorrise nervosamente. Non aveva
voglia di gettare altra carne al fuoco dicendo la verità.
Intanto Gofna aveva smesso di piangere e
aveva ripreso a raccontare tutti gli spettacoli di magia effettuati dalla sua
nascita a quel momento. Assicurò a Tseng che un giorno gli avrebbe mostrato
tutti i suoi trucchi e che prima o poi gliene avrebbe insegnato uno. Dal canto
suo, Tseng non la contraddì mai, così da evitare un altro pianto disperato e
inutile; si limitò ad annuire e a rivolgerle un sorriso di circostanza in modo
da compiacerla e farla tacere.
Helinor si chiuse in silenzio per tutto
il resto della camminata, mentre Genesis, che già allora era un grande
appassionato dell’epica, raccontava a Sephiroth la sua ultima, avvincente,
lettura. Quel discorso impengò sia Sephiroth, che si lasciò sfuggire una serie di
acute battutine ironiche, sia Helinor, che sebbene non parlasse ascoltava
Genesis affascinata, ed andò avanti per tutto il tragitto finchè non arrivarono
nei pressi delle porte della città. Genesis indossò la fascia sospirando e
lasciò che Tseng lo prendesse sotto braccio e lo guidasse verso l’uscita di
Kalm. Lì intorno c’era Uriah che stava mettendo una grossa e rossa X su uno dei
pallini segnati sulla mappa che teneva in mano. Non appena sentì i passi del
gruppo di Helinor, alzò lo sguardo e fissò tutti con aria corrucciata.
Lei gli si avvicinò cautamente e indicò
il resto del gruppo.-Sono viandanti. Hanno bisogno di un riparo e ho pensato
che forse il maestro poteva dargli una mano...-
Il ragazzo mise via la mappa e guardò le
persone alle spalle della compagna.-E voi sareste?-
Tseng parlò per primo.-Mi chiamo Tseng e
lui è mio cugino Genesis. Siamo due pellegrini, ma mio cugino è cieco e stanco
e noi non possiamo permetterci un riparo...- mentì. Helinor lo guardò
soddisfatta perché aveva recitato in modo sublime; Uriah lo squadrò con un
certo riserbo.-Non ci siamo già visti?- chiese.
Il Turk non perse la calma neanche per
un attimo: -Impossibile.-
-Se lo dici tu...- grugnì Uriah.- E voi
due?-
-Io sono Karima Stuart!- gridò Gofna,
saltellando allegramente.-Sono una maga professionista che viaggia in giro per
il mondo!-
-Una maga, eh?- shignazzò Uriah, che non
aveva mai creduto all’esistenza della magia, neanche quando l’aveva vista con i
propri occhi.-E tu?-
-Un commerciante- borbottò Sephiroth,
calandosi la visiera del cappello sulla fronte.
-Ah sì?- domandò Uriah, con uno
sberleffo sulle labbra.- E cosa vendi? Roba trasparente?-
-Uriah...- lo apostrofò Helinor.
-Per me potete anche venire...- dichiarò
Uriah, ignorando la compagna.-Tanto il maestro sarà sicuramente d’accordo.-
Helinor gli sorrise.-Bene!- si mise in
disparte per far passare il gruppo, ma non appena fece per seguirli, qualcuno
le passò accanto, urtandola.
Uriah le afferrò un braccio con forza e
indicò gli altri.-Spero che tu sappia quello che fai.-
Lei deglutì e il cuore le sprofondò
nello stomaco, mentre il compagno la lasciava, le lanciava uno sguardo severo e
si incamminava dietro agli altri, allontanandosi con il suo passo leggero e
veloce.
Angolino dell’autrice:
E
anche questo è finito e corretto XD Almeno credo che lo sia... la sottoscritta
sente che le scorre nelle vene una grande ispirazione letteraria. Credo che
prima o poi mi deciderò a pubblicare un lavoro originale, oltre alle fic... ma
prima voglio finire questa storia. Al di là che possa o no piacere, lo
considero un lavoro che costituisce una svolta nel mio stile di scrittura... ma
questi sono pensieri miei. Ringrazio Kairih e the one winged angel che hanno
sempre la pazienza di recensire XD e KiaElle che spero continui a seguire la
storia anche da lontano (anche se sono molto arrabbiata con lei perché non mi
ha portata con sé XD).
Come
al solito invito a lasciare una recensione, non tanto per il commento in sé, ma
perché lo considero un’occasione per crescere. Non mi faccio certo buttare già
da qualche critica negativa, sono dell’idea che più opinioni ci sono, meglio
sia.
Kairih: Sempre troppo
modesta!!! La recensione è stupenda, non avrei saputo chiedere di meglio! ^_^
Hai azzeccato la coppia! Ma non mi interessa tanto il rapporto in sé quanto
tutto quello che c’è prima. Intendo inserire l’amore come ultimo passo, perché mi
piace analizzare come si sviluppano i sentimenti, e poi mi risulta difficile vedere
Sephiroth preso da qualcuno che considera un nemico. Per ora non faccio
spoiler, ma verrà anche il momento della coppia! Sai, in realtà volevo far
stare Helinor con Tseng, però per come mi era venuto il personaggio ho deciso
che sarebbe stata meglio con Sephiroth.
Gofna
non mi piace. Sebbene sia un personaggio inventato da me, è proprio come hai detto
tu... non sono un fan del genere. A questo fa eccezione Aerith, perché l’adoro
anche io!! *-* Alcuni lati del carattere di Gofna sono ancora tutti da
scoprire, credimi. U.u
I
tuoi complimenti valgono moltissimo, ormai lo sai XD E soprattutto non smetterò
mai di ringraziarti per il commento su Youtube! Magari un giorno che ci
sentiamo su msn ti chiederò qualche consiglio in modo più preciso... >.<
La
festa però dovevi farla ç_ç I 18 non si festeggiano tutti i giorni...! Beh, non
intendo una festa con ventotto milioni di invitati, ma gli amici più cari...
(ad esempio c’è mio fratello che inviterebbe tutta la regione... XD). Un
grandissimo abbraccio, tesoro! E grazie mille per tutto! ^______^
the one winged angel: NIPOTE! Ci manca solo
che ti metti a strillare come Gofna XD
Sono
felice che ti sia piaciuto il capitolo, con tutta la figuraccia di Tseng! XD
Anche lui è giovane... (avanti, usiamo una scusa a caso per difenderlo... XD)
Sai,
ho finito la statua durante questa settimana (dovevo farlo, visto che ho pagato
il materiale per costruirla) *indica un ammasso confuso d’argilla che più che a
Tseng somiglia a un esemplare di Molboro* purtroppo però non è venuta molto
bene è_è!
Em...
XD Lasciamo da parte la scultura, non credo che avrei molto successo... la
metterò nel mio laboratorio segreto...
U.u
Ammetto il tocco di feeling che si è creato tra Helinor e Sephiroth, ma non
credo che fiorirà tanto presto... anzi, a non so che capitolo (io sono arrivata
all’undicesimo), non saranno neanche amici, quindi non c’è ragione di essere
gelosa. Helinor mi piace troppo per eliminarla, ma Gofna possiamo anche
toglierla di mezzo. Inoltre, non sai quanto mi ha spillato Sephiroth per
prendere parte a questa fic (eh eh- nd Spehiroth), ma ti assicuro che ho dovuto
vendere metà del mio armamentario nel laboratorio segreto per pagarlo (compreso
il manuale “giocare con l’argilla” e il libro di Zack “mille battute divertenti
per calmare il tuo superiore”... l’ultimo l’ho venduto a Angeal, che finalmente
ha scoperto come fa Zack a combinare guai su guai e a passarla liscia XD)...
Magari vedo se alla fine della storia riesco a trovare qualcosa di utile! XD Un’ultima
cosa... volevo chiederti se sei registrata su Youtube. Il mio laboratorio
segreto si trova lì! XD
“Mi sono occupato di lui fin da quando era bambino.
Per me, è il figlio che non ho mai avuto.”
Nhat
Delle novità che accolsero Helinor al
suo ritorno nell’accampamento, una le fece immensamente piacere, l’altra le
infuse una tristezza mai provata prima.
La notizia buona era che Nara sarebbe
stato assente dall’accampamento per qualche giorno, almeno fino alla festa di
plenilunio, che si sarebbe tenuta entro sette giorni; la notizia cattiva era
che Zack se n’era andato, era tornato a Midgar alla ShinRa. Era un peccato,
perché Helinor gli avrebbe voluto chiedere tante altre cose sui sentimenti, non
ultimo quello che stava provando in quel momento, un’emozione strana, che lei
non sapeva come definire e che chiunque altro avrebbe denominato come
frustrazione. L’unica persona diversa se
ne era andata. La simpatia travolgente di Zack le sarebbe mancata, soprattutto
perché sperava di diventare sua amica...
Pensava a tutto questo mentre
passeggiava avanti e indietro davanti all’entrata del padiglione centrale, con
le due guardie che la guardavano incuriositi.
Uriah se ne stava da una parte con lo
sguardo basso e le braccia incrociate sul petto.
Helinor si fermò e rivolse a lui la sua
attenzione. Non aveva mai capito perché anche lui ce l’avesse tanto con la
gente della ShinRa.
Non appena Uriah notò di essere
osservato da Helinor, girò sui tacchi e si diresse verso la sua tenda.
Perfetto,
ora ce l’ha con me... probabilmente ha riconosciuto Tseng e farà saltare il
piano.
-Helinor-
Taiji spuntò alle sue spalle con un
sorriso forzato sulle labbra.-Ho saputo che la missione è andata a buon fine-
era appena uscito dal padiglione centrale.
Lei annuì senza troppa convinzione.-Non
era difficile. Grazie per la mappa, mi è stata molto utile.-
-Mi fa piacere- disse Taiji.
Era alto poco meno di Helinor, e sul suo
viso sembrava che fossero passati cent’anni di sofferenze, eppure, nonostante
le apparenze, Taiji riusciva a superare il dolore con dignità e forza d’animo.
Ad Helinor sarebbe piaciuto sapere un po’ di più su di lui, doveva ammetterlo.
-Gammon ti vuole dentro- la informò il
giovane, indicando la tenda con il pollice.
Helinor si sforzò di sorridere più di
quanto stesse facendo Taiji, ma nel suo profondo stava tremando di paura e
fremendo d’eccitazione allo stesso tempo, e avrebbe tanto voluto gridare. Entrò
lentamente nella tenda sotto gli occhi delle guardie.
Dentro, Gammon se ne stava, tanto per
cambiare, seduto sul suo amato scranno. Davanti a lui c’erano Tseng e Gofna.
Sephiroth guardava tutto in disparte, mentre Genesis si trovava accanto al
platinato e non poteva fare altro che ascoltare.
Non appena Helinor entrò, Gammon smise
di degnare Tseng della sua attenzione e mirò direttamente a parlare con la sua
allieva:-Helinor!-
-Maestro- rispose Helinor, chinando
velocemente la testa.
-Questa gente mi sta chiedendo
ospitalità- proseguì Gammon- tu ne sai niente?-
-Certo, maestro.-
Gammon strinse gli occhi.-E cosa mi
dovrebbe far pensare che non sono amici di quei due che se ne sono appena
andati?-
Silenzio.
Tseng si voltò a fissare Helinor, in
attesa di una risposta. Sembrava calmo, ma stavolta anche lui temeva per il
fallimento del piano.
Gofna sorrideva in modo ebete, senza
avere la minima cognizione di ciò che stava succedendo.
Sephiroth alzò gli occhi su Helinor,
impassibile.
Genesis fremeva per vedere la scena e
dovette usare tutte le sue energie per controllarsi dallo strapparsi la benda
dagli occhi.
Poi, la ragazza parlò, e la sua voce
risuonò come il sigillo di un patto stretto col diavolo:-Garantisco io per
loro.-
Sulle labbra del Turk si dipinse un
sorriso; gli angoli di quelle di Gammon caddero in basso.-Garantisci? Sai cosa
significa? La responsabilità di ogni cosa che potrebbe succere...-
Helinor non lo lasciò continuare.
Controllò la sua voce a dispetto del suo respiro affannato.-La responsabilità
di qualunque cosa sarà mia.-
Gammon si alzò e passò in mezzo a Tseng e
Gofna per raggiungere Helinor. Le posò due dita sotto il mento.-Mia cara
allieva... se il tuo è tradimento, la punizione a cui incorrerai sarà peggio
delle pene dell’inferno.-
Lo disse tranquillamente, ma dal suo
tono trasparve per la prima volta una crudeltà disumana che generlamente
riusciva a nascondere dietro un falso affetto, e che raggiunse le orecchie di
Helinor, scolpendo quelle parole nella sua mente. Ad ogni modo, la ragazza
impedì alla sua voce di tremare quando rispose:-Sì, maestro.-
Gammon fece scorrere la mano sulla
guancia di lei e sorrise, mellifluo:-Vedremo- dopodichè, tornò a sedersi sul
suo scranno.-Insomma!- proseguì, gioviale.-Pellegrino! Tu e tuo cugino sarete
scortati dai miei uomini nella vostra tenda. Tu, mercante, dormirai nella tenda
del medico... e tu- e indicò Gofna-Chi hai detto di essere?-
-Karima Stuart!-
Gammon per poco non cadde dal suo
seggiolone:- KARIMA?!- gridò.
Si voltarono tutti a fissarlo. Quella
reazione parve esagerata perfino a chi non conosceva il gran maestro.
Gammon si schiarì la voce:- bene...
ragazza. Tu dormirai con la mia allieva- ordinò bruscamente.-Ora andatevene!
Taiji!- urlò.
-Lo chiamo appena esco- disse Helinor,
con un inchino.
-Fuori di qui- ordinò Gammon, con un gesto
imperioso della mano.
L’uomo rimase seduto a consumarsi
l’unghia del pollice in attesa di Taiji, con l’aria sconvolta.
-Maestro- lo salutò Taiji.
Gammon lo guardò fuori di sé.-E’ fuori
dal mio controllo. E la cosa mi irrita.-
-Helinor?- domandò il mago, a disagio.
-Lei. Proprio lei!- esclamò Gammon,
tirandosi in piedi e tirando un calcio al suo amatissimo trono.-Quella dannata
ragazzina! Mi ha sempre causato, mi causa e mi causerà un sacco di problemi!-
-Maestro, Helinor è una di noi...- disse
Taiji, infastidito da quelle parole così dure. Erano le stesse che aveva usato
per descrivere lui fin quando non aveva scoperto i suoi poteri.
Gammon lo guardò male. Si ricordò che
Taiji non era Nara. Avrebbe voluto avere il suo allievo preferito per sfogarsi
un po’, invece si sedette e chiuse gli occhi, spazientito.
-Vai via, Taiji. Libera Kay e mandamelo
qua. Ho bisogno di parlargli di una cosa importante.-
-Agli ordini.-
(...)
Sephiroth entrò nella tenda di Nhat,
dove un infuso fumante stava bollendo in piccolo calderone. Uriah era chino su
quest’ultimo e guardava il suo riflesso sul liquido con aria distratta:
sembrava che fosse impegnato in una battaglia interiore a giudicare
dall’espressione contratta del volto. Era solo. Quando udì Sephiroth che entrava,
alzò la testa e lo fissò intesamente senza dire nulla.
Sephiroth non aveva nessuna intenzione
di iniziare una conversazione, perciò si mise a gironzolare per la tenda. Era
consapevole che gli occhi dell’altro ragazzo erano fissi su di lui, ma era
talmente abituato ad attirare gli sguardi della gente che ignorarlo non fu
affatto un problema. Almeno finchè Uriah non decise di attaccare bottone.
-Perché non ci lasciate in pace e ve ne
andate?- domandò, acido.
Sephiroth non gli rispose. Però, andava
dritto al punto, il ragazzo.
-Metterete nei guai anche Helinor- disse
Uriah, con rabbia.-La farete ammazzare! Nara la prenderà a frustate finchè non
l’avrà dilaniata completamente.-
Era un linguaggio un po’ crudo, ma Uriah
sapeva che sarebbe successo esattamente ciò che aveva detto.
Sephiroth rispose seccamente:-Non
l’abbiamo costretta. È stata una sua scelta.-
Uriah percorse lo spazio tra lui e il
platinato a grandi falcate e gli si ritrovò davanti, a pochi centimetri. Sephiroth
era molto più alto, ma non gli faceva paura. Lo guardò di sbieco e aggiunse:-Se
lei muore per colpa vostra vi ripagherò con la stessa moneta- ringhiò.
Sephiroth sorrise sarcasticamente:- Ma
davvero?-
Uriah gli avrebbe messo le mani addosso
se non fosse entrato Nhat a placare la situazione con il suo tempestivo arrivo.
-Ah! Tu devi essere il mercante che
dormirà qui!- esclamò gentilmente.-Uriah! Ti dispiacerebbe portare questo sacco
a pelo a Helinor?-
Uriah oltrepassò Sephiroth urtandolo con
la spalla, prese l’oggetto e se ne andò.
-Qualcosa non va?- chiese Nhat, avendo
notato l’aria tesa che aleggiava nell’aria.
-Non è un tipo molto socievole- osservò
Sephiroth, stringendosi nelle spalle.
Nhat sorrise:- Uriah? È un bravo
ragazzo, sai? Solo che a volte tende a essere un po’ impulsivo- disse,
avvicinandosi al calderone e girando il liquido con il mestolo.- Questa tisana
calmerà un po’ gli animi di questi ragazzi. Nell’accampamento sono sempre tutti
così agitati... io preferisco predere le cose con calma, la fretta non mi
piace-
Sephiroth si avvicinò al calderone, ma
sinceramente non gli interessava poi così tanto sapere della tisana. Voleva
scoprire qualcosa sull’Ombra, cominciando da Uriah.
-Quel ragazzo è sempre così scontroso?-
domandò.
Nhat tirò su con il mestolo un po’ di
liquido, poi lo fece ricadere a filo nel calderone.- Sta passando un periodo
difficile. Dopo le frustate che gli ha dato Nara, si è indebolito molto e teme
che Gammon possa sostuirlo.-
Sephiroth notò che era la seconda volta
che veniva ripetuta la parola “frustate”. Lo facevano davvero? Non era soltanto
un modo di dire...?
-Mi
sono occupato di lui fin da quando era bambino. Per me è il figlio che non ho
mai avuto- ammise Nhat, in tono
paterno.-Devi sapere che lui è nato a Midgar, la grande città, il centro del
mondo.-
-Midgar?- fece eco Sephiroth, preso in
contropiede.
-I suoi genitori erano brava gente. Mi
vendevano alcune sostanze medicinali. Ricordo che volevano molto bene a loro
figlio, Uriah- raccontava Nhat, mentre lavorava alla sua tisana.- Quando sono
morti mi sono preso cura di lui. Povero bambino, era così spaventato che non
parlò per mesi. Mi pare che fu proprio Helinor a farlo parlare di nuovo- disse.
-E Helinor?- lo incalzò Sephiroth,
approfittando della buona favella di Nhat.
Nhat lasciò il mestolo e sorrise al
giovane Soldier.-Lei è una ragazza splendida, non trovi? È un tipo molto
particolare.-
-Questo è poco ma sicuro- commentò
Sephiroth. Con tutte quelle domande strane che gli aveva rivolto, non dubitava
che fose un “tipo molto particolare”.
-Gammon l’ha portata nell’accampamento
che aveva appena due anni. Mi disse che l’aveva trovata a vagare da sola nel
Gold Saucer...-
-Il grande parco giochi?-
-Proprio così. La madre era una donna
splendida, ancora non capisco come sia potuto succedere...- s’interruppe perché
si accorse di aver parlato troppo.
Sephiroth lo incitò a continuare con
qualche domanda, ma Nhat troncò il discorso deviandolo sulla tisana:- Vuoi
assaggiare?- rise nervosamente.
Un
ventenne dall’aspetto trasandato, che indossava la stessa uniforme di tutti gli
altri ragazzi, soltanto molto più maltenuta e di due taglie più grande di lui,
si catapultò all’interno della tenda e fissò prima Sephiroth, poi Nhat con i
grandi occhi castani.-Lo sto cercando da più di un’ora!- aggiunse, pestando il
terreno con i piedi. Si passò una mano tra i capelli neri con aria
indispettita.
Nhat si
prese un po’ di tempo per pensare e rispondere:-Mi dispiace Loi. Non l’ho visto
da nessuna parte...-
-Come
al solito starà correndo dietro a quella...-
borbottò il giovane di nome Loi.-Che poi non capisco cosa ci trova di tanto
speciale... è pure bruttina, sinceramente- continuò a bofonchiare, come se gli
altri due non ci fossero.-Solo perché è l’unica donna dell’accampamento... non
c’è tanta scelta direi. Mannaggia a te, James...-
Sephiroth
lo fissò incuriosito. Era un tipo basso e ingombrante, con quelle spalle
larghissime, e aveva guance così piene che lo facevano assomigliare a un
bambolotto a dispetto del suo fisico da guerriero. Si torceva le mani tozze
nervosamente e ogni tanto se ne passava una tra i capelli, rendendoli più
arruffati di quanto già non fossero.
Sephiroth
preferì la sottile ironia e l’acuta capacità di Uriah nel dimiostrare ostilità,
rispetto ai modi scortesi e piuttosto rozzi della voce grossa e cavernosa di
Loi.
-Dormirà
qui per qualche giorno, il tempo di riprendersi [SM2]da lungo
viaggio- disse Nhat, lasciando stare la tisana, finalmente.-Lui e i suoi amici
sono arrivati qui oggi.-
-Beh, non me ne frega niente- fu la
brusca risposta.-Vado a cercare quell’idiota di James, stasera ci tocca il
turno di guardia- e uscì senza neanche salutare.
Nhat sorrise nel vedere l’espressione
sconcertata di Sephiroth.-Loi è molto amichevole, quando non è ubriaco o di
malumore.-
Sephiroth sospirò. Quella missione era
di una noia mortale. Avrebbe di gran lunga preferito combattere. Si ricordò che
Helinor aveva preso la sua Masamune per portarla nell’accampamento, quindi
decise che più tardi avrebbe dovuto recuperare la sua Katana.
-Dov’è la tenda di Helinor?- chiese,
rivolto a Nhat.
(...)
Intanto, Tseng aveva trascinato Genesis
a braccetto fino alla loro tenda cui erano stati condotti da un bimbetto
spensierato di almeno dieci anni.
La tenda era abbastanza grande per due
persone, e si trovava nel lato est dell’accampamento, vicino a quella di Shon,
che in quel momento li guardava arrivare con aria curiosa e avida insieme.
Il bimbo si fermò e indicò la tenda con
l’indice.-Ecco fatto! Missione compiuta!-
Tseng lo fissò e gli sorrise.-Ti
ringrazio.-
Il piccoletto ricambiò a sua volta con
un sorriso larghissimo, grazie a cui Tseng potè notare che gli mancava qualche
dente.
-Per qualsiasi cosa dovete rivolgervi a
me- li informò il bambino.-Mi chiamo Adrian, e abito nella tenda di Shon,
quello lì- e indicò anche Shon, che si ritirò nella tenda alla velocità della
luce.
-Lo terrò a mente- disse Tseng.
Adrian esclamò: -Perché non vi sistemate
nella tenda, intanto? Poi posso portarvi a fare un giro dell’accampamento!-
-Con molto piacere, Adrian. Adesso puoi
anche andare.-
Il bambino annuì e corse via a una
velocità incredibile.Era così piccolo
che risultava quasi divertente vedere quelle gambette esili procedere così
velocemente verso la tenda del suo maestro.
Tseng lasciò andare Genesis. In quanto
Soldier formato da anni di allenamento si muoveva tranquillamente anche senza
vedere, ma in pubblico dovevano reggere il gioco, e lui non poteva far altro
che seguire docilmente Tseng. Il Turk si curò soltanto di aprirgli la tenda e
lui, appena entrato, si tolse la benda dagli occhi con un gesto impaziente.
-Per fortuna è andato tutto bene-
commentò Tseng a bassa voce, osservando i sacchi a pelo arrotolati in un
angolo.-Adesso dobbiamo solo sfruttare l’occasione per avere maggiori
informazioni su quest’ organizzazione.-
-Perché ti interessa tanto? Non possiamo
semplicemente sterminare tutti?- domandò Genesis.-In fondo è quello che
facciamo sempre...-
-Il mio lavoro è indagare, ed è quel che
farò- lo interruppe Tseng.-Starà al presidente decidere se entrare in azione o
no.-
Senza
contare, che se l’Ombra passasse dalla loro parte avremmo più che qualche semplice
informazione sul Wutai, pensò Tseng, chissà
quanti traffici gestiscono questa gente...
Notò che Genesis si rimetteva la benda
in fretta e furia.
Poco dopo qualcuno al di fuori della
tenda esclamò:-Si può?-
Tseng guardò Genesis con aria
interrogativa e rispose:-Ma certo.-
Il
ragazzo sorrise amabilmente:- Ho sentito che siete pellegrini.-
-Sì. Io
e mio cugino viggiamo molto- buttò lì Tseng.- Purtroppo lui non può vedere
niente, ma ha imparato a muoversi nel buio da molto tempo.-
Genesis
annuì sconsolato.
-Capisco-
disse il giovane, sistemandosi una ciocca dei capelli dorati che gli era caduta
sulla fronte.-Scusate se non mi sono presentato. Mi chiamo James Atmey.-
[SM3]-Piacere, Tseng-
disse il Turk, stringendogli la mano con vigore.-E lui è Genesis-
James sorrise ancora, si avvicinò a
Tseng e gli sussurrò:- Per qualsiasi cosa, se hai bisogno di aiuto, chiamami.
Anche mia sorella era molto malata, so cosa vuol dire.-
Il Turk rispose con un semplice:-Grazie-
-Adesso vado. Mi hanno detto che Helinor
è tornata con voi- cambiò discorso James, sfregandosi le mani.
Non appena fu uscito, Tseng udì la voce
di Genesis fargli il verso:- Per qualsiasi cosa, se hai bisogno di aiuto,
chiamami. Anche mia sorella era molto malata, so cosa vuol dire- lo scimmiottò.
Tseng rise dentro di sé. Sinceramente,
anche lui aveva trovato che quel James fosse troppo damerino.
(...)
Helinor non seppe quale fu la misteriosa
forza che le concesse di entrare nella sua tenda insieme a Gofna.-Questo è il
posto dove dormirai-
La bionda si sistemò i capelli biondi
con le mani.-Questo... posto? Per terra?-
-Cosa pretendevi? Un albergo a cinque
stelle?- replicò Helinor.
Di nuovo, Gofna dimostrò di voler
scoppiare a piangere, ma non appena la voce di Uriah si fece sentire, ritirò
indietro le lacrime e riprese la solita espressione svagata.
-Ti ho portato questo- disse Uriah,
entrando e lanciando a Helinor il sacco a pelo, che poi la ragazza gettò a
terra con scortesia.
-Tu dormi lì- disse, rivolta a Gofna,
che intanto era arrossita violentemente.
Helinor notò che le guance di Gofna
avevano cambiato colore e si chiese perché succedesse.
-Perché non vai a farti una
passeggiata?- domandò bruscamente Uriah a Gofna.
Lei rispose subito:-Mi accompagni?-
-No.-
Gofna fece per piangere di nuovo, ma
Uriah la fermò prima che cominciasse a lagnarsi nuovamente:- Non ho voglia di sentirti,
vai a farti un giro. Devo parlare con Helinor da solo.-
La bionda lo guardò in tralice e se ne
andò, dispiaciuta.
Helinor incrociò le braccia sul petto e
fissò Uriah, in attesa della predica. Non aveva voglia di ascoltare il suo
compagno perché si sentiva troppo abbattuta, ma sapeva che avrebbe dovuto farlo,
volente o nolente.
-Tu sei pazza- esordì Uriah. La sua voce
tremava di rabbia, ma lui si trattenne dall’abbandonarsi a una sfuriata.
-Non importa- rispose Helinor,
cocciuta.-Ho fatto la mia scelta e non torno indietro. Se vuoi, vai pure da
Gammon e spiffera tutto!-
-È proprio quello che farò, stanne
certa!- esclamò Uriah, che già aveva dimenticato le sue buone intenzioni ed era
in procinto di dare in numeri.
-Credevo fossimo amici!- gli buttò in
faccia Helinor.
Uriah non si fece trovare impreparato e
rispose:- Noi non siamo amici Helinor! Qui dentro non esistono gli amici e i
nemici! Esistono solo i compagni e quelli troppo deboli anche per essere
chiamati così!-
-Beh, per me è diverso!- gli rispose
Helinor.
Uriah la guardò strano. Evidentemente
non si aspettava che lei rispondesse, ma che rimanesse in silenzio come al
solito.
-Cosa ti sta succedendo Helinor? Sono
anni che ti conosco e sei sempre stata una persona bizzarra, ma questi giorni
sembri addirittura peggiorata.-
Stavolta, lei non seppe cosa rispondere.
-Se io dico a Gammon quello che hai
fatto...- mormorò Uriah, lasciando in sospeso la frase.- Io davvero non so che
fare.-
-Perchénon lo fai e basta?- domandò Helinor, con indifferenza.-Non m’importa di
morire.-
Uriah rise di gusto.-Lo dici tutte le
volte, ma non ti arrendi mai di fronte alla morte, Helinor! Perché a te piace
vivere, ammettilo. Se potessi leggerti dentro, sono sicuro che ora starai già
cercando uno stratagemma per cavartela.-
Lei abbassò lo sguardo. Era vero.
Uriah sbuffò.-Loro sono dei veri mostri,
solo che ancora non lo sai.-
-Non è vero! Non tutti!- obbiettò
Helinor, ritrovando la grinta.
-Uccisero i miei genitori davanti ai
miei occhi- disse Uriah, livido di rabbia.-Li etichettarono come traditori, gli
tolsero la vita e il nome! Loro erano innocenti, ma furono ammazzati dai
Soldier perché sospettati di una cospirazione contro la ShinRa-
Helinor sgranò gli occhi.
-Nessuno disse nulla di quell’omicidio -
proseguì Uriah- I miei genitori morirono e sarebbe successa la stessa cosa a
me, se non mi avessero aiutato a scappare. È stato grazie a Nhat, che mi ha
trovato a vagare per strada, che ora sono qui...-
-Uriah...-
-Non voglio sapere niente. Non mi
renderò complice dei miei nemici, Helinor.- aggiunse, perforandola con lo
sguardo, e detto questo, se ne andò.
Helinor cadde in ginocchio. Non sapeva
niente del suo amico. Si vantava di volergli bene e tutto il resto, ma non
aveva idea di quanto stesse soffrendo a causa della ShinRa.
La volontà di Helinor vacillò. Stava
davvero facendo la cosa giusta?
Si nascose gli occhi dietro una mano,
esausta. Cosa le era saltato in mente?
-Il tuo amico ha capito tutto, vero?-
domandò una voce profonda.
Helinor lasciò scivolare la mano a terra
e alzò lo sguardo.-Ah, sei tu... Sephiroth,giusto?-
Il Soldier fece segno di sì con la
testa.-E adesso?-
-Se lo dice a Gammon sarete costretti a
combattere- lo informò Helinor.
-Sono venuto a riprendermi apposta la
Masamune- disse lui.
-L’ho data a Gofna- rispose Helinor, seduta
sui talloni.-Davvero non sapevo dove metterla. Gofna l’ha fatta sparire.-
Sephiroth la guardò storto.-Non ci
credo...-
Helinor si alzò e gli fece
l’occhiolino.-Almeno è servita a qualcosa. Senza dubbio ha talento nei giochi
di prestigio. Se la rivuoi, puoi chiedergliela.-
Il Soldier chinò il capo.
-Qualcosa non va?- domandò Helinor.
-No. La chiederò a... come si chiama,
non appena la vedo- rispose lui, in tono placido.
-Helinor, tesoro, sei qui dentro?!-
esclamò una voce maschile.
L’espressione di Helinor passò da
indifferente a esasperata, e non appena Sephiroth si voltò a guardare chi
stesse entrando, lei si nascose dietro le sue spalle.
James Atmey fece capolino dall’entrata e
fece scorrere lo sguardo all’interno della tenda, per poi soffermarsi su
Sephiroth. I suoi occhi blu si oscurarono.-Oh... E tu saresti?-
-Sono un commerciante- rispose il
Soldier.
-E che ci fai qui dentro? Dov’è
Helinor?-
Sephiroth si voltò e si scansò di lato
rivelando la figura della ragazza, che sorrise forzatamente e mosse una mano in
segno di saluto, lanciando nel contempo occhiatacce furiose in direzione del
platinato.
James le corse incontro e la strinse in
un abbraccio soffocante. Lei si divincolò e si liberò.
-Sono contento che tu sia tornata sana e
salva- disse James, accarezzandola con lo sguardo.
Helinor si allontanò da lui e andò a far
finta di sistemare i sacchi a pelo.-Grazie- bofonchiò.
Sephiroth fece per andarsene, ma James
lo trattenne e lo invitò a restare con mille sorrisi.-Scusa per prima, non
avevo capito... devi essere uno di quelli che sono venuti oggi! Mi dispiace, è
che sono molto geloso del mio amore...-
Helinor stritolò le coperte tra le dita,
arrossendo completamente. Alzò gli occhi al cielo e sospirò rassegnata.
-Sono James Atmey- si presentò il
giovane, continuando a sorridere.
-Sephiroth- rispose il platinato, senza
ricambiare i tanti sorrisi che James gli rivolgeva. -Sono venuto a salutarti,
tesoro. Oggi faccio il turno notturno...- disse, rivolto a Helinor.
-Vai pure- bisbigliò Helinor.
James sorrise. - Arrivederci signor Sephiroth! Spero di vederla
ancora!- esclamò.
Il Soldier non ricambiò il saluto, e non
appena James fu abbastanza lontano, uscì anche lui senza dire niente neanche a
Helinor.
(...)
Quella sera i due Soldier si ritrovarono
nella tenda di Tseng per fare il punto della situazione. Non avevano scoperto
niente, e a parte le poche informazioni di Sephiroth non ebbero molto di cui
parlare, così finirono a discutere di Uriah.
Genesis giocherellava con la sua benda,
e doveva ammettere che il suo ruolo non gli dispiceva più: poteva stare in
panciolle perché Adrian gli serviva tutto quel che voleva. E poi al ragazzino
piacevano molto le storie che aveva da raccontare Genesis. Le ascoltava con
piacere e attenzione e faceva un mucchio di domande.
-Se svela il nostro piano avremo poco da
fare- commentò Tseng, seduto sul sacco a pelo con le gambe incrociate.-Dobbiamo
combattere-
-Li uccidiamo tutti?- fece Sephiroth.
-No. Dobbiamo mantenere in vita Gammon-
disse Tseng.
-E Helinor?- domandò Genesis.
Tseng ci pensò, infine disse:-Se volesse
passare dalla parte della ShinRa, non credo che il presidente avrebbe nulla in
contrario. Ci darebbe informazioni essenziali. Se solo potessi uscire di qui,
potrei entrare in contatto con il presidente.-
-Come?- chiese Sephiroth, perplesso.
-C’è una spia dei Turks, fuori da questo
accampamento. Il problema è che dovrei uscire e rientrare senza destare
sospetti-
-Impossibile- intervenne Genesis, scuotendo
la testa- l’accampamento è circolare, potrebbe vederti chiunque. Poi ci sono
quelle due guardie davanti alla tenda del capo...-
-Domani glielo chiederemo. Per stasera
andiamo a dormire- disse Tseng.-E poi non mi sembra una buona idea calcare la
mano con lei.-
-Cosa intendi dire?-
Tseng non rispose, si coricò, diede le
spalle ai due Soldier e iniziò a far finta di dormire. La discussione finiva
lì.
Angolino dell’autrice:
^_^ Salve! Ho deciso di anticipare l’aggiornamento,
visto che in questi due capitoli non succede niente di speciale, almeno
Domenica potrò pubblicare il capitolo 9.
Rispondo anche alle rescensioni:
the
one winged angel:
La mia cara nipote! Troppi, troppi comlimenti! ^_^ Mi farai arrossire!
XD Certo che Gofna è stupida. La rinchiudo
nel mio laboratorio prima di scrivere la fic, almeno sono sicura di non
sentirla perché le pareti sono insonorizzate U.u Lacrime da coccodrillo, per la
maggior parte. Fa finta. È un’idiota. (Che parole dure – nd Sephiroth;Stai zitto tu, che non la sopporti – nd me)
Comunque, pian piano capirai bene che
Gofna è meno stupida di quel che lascia a vedere.
Ah ah ah!
Genesis è preoccupato per il suo carissimoooo amico Angeal *ama*, che però
intanto se n’è tornato a casa XD
Già, dovrei comprare altre cianfrusaglie
da mettere nel moi laboratorio… a partire da questa orrenda statua... *indica
una cosa impossibile da definire* voglio dire... se lo lancio dal balcone
quelli di Mistero me lo prendono per un oggetto non identificato... Xd
Certo che con i commenti posso crescere!
^_^ Anche con i tuoi! Mi rendo conto delle cavolate che scrivo, di cosa ne
pensano gli altri e cosa dovrei correggere: per questo chiedo di recensire, del
resto non m’importa, verrà da sé.
XD Già, il mio laboratorio si trova su
Youtube, se ti iscrivi fammelo sapere, ti aggiungo immediatamente alla lista
degli amici!^_^
Ps: Non soffermarti più di tanto su
quello che fa Gammon; se ci fai caso, tutti hanno un giudizio diverso su di
lui, è una persona imperscrutabile...
Ciao carissima nipote! Un grande
abbraccio, e grazie per le recensioni, mi fanno sempre un grande piacere!
Kairih: Già! Anche
questo è di transito, a parte qualche piccola informazione e qualche nuovo personaggio, non c’è niente di
speciale. Però serve. Adesso Tseng sarà libero di indagare quanto vuole!
Gammon, come ho detto a the one winged
angel, è un personaggio a dir poco imperscrutabile, e tutti hanno un giudizio
diverso su di lui. Nara, Helinor, Uriah, Nhat, non dicono mai le stesse cose, né
lo considerano in modo uguale. Inoltre il messaggio che ti ha incuriosito è molto
importante, e col tempo la verità verrà fuori.
Sono felice che Helinor ti incuriosisca.
È molto determinata e forte, a me piace molto. (Molto più di Gofna, per lo meno
XD)
Grazie di tutto!
Un bacioneeeee!!! *.*
KiaElle: xdxdxdxd dai,
questa volta ti perdono, ma la prossima aspettami all’aeroporto, mi raccomando;
altrimenti prendo il jet privato nel mio laboratorio segreto (quello in cui mi
nascondo ogni volta che finisco un capitolo per evitare i pomodori dei lettori)
e ti raggiungerò ovunque tu sia! XD
^_^ Mi fa piacere che tu sia tornata
sana e salva! Spero che il viaggio sia andato bene!!
Gofna! Che nota dolente ç_ç (guarda che
l’hai inventata tu – nd Genesis; Lo so! Solo una cosa del genere poteva uscire
dalla mia mente bacata! – nd me in lacrime)
-Cosa
stai facendo, tesoro?- domandò una voce allegra e femminile.
La
donna si mosse leggera tra gli scaffali adagiati ai lati di una stanzetta buia,
avvicinandosi al piccoletto con i capelli fulvi che si trascinava carponi sul
pavimento freddo, brandendo una ciabatta marrone. Improvvisamente si voltò e si
avvicinò un ditino alle labbra, intimando alla madre di fare silenzio. Lei si
tappò la bocca con una mano, con fare scherzoso, poi si allungò per vedere cosa
stesse cercando il figlioletto. Individuò una piccola massa nera correre
disperatamente in tutte le direzioni, finchè la ciabatta non cadde
rovinosamente su di lei, schiacciandola senza pietà.
Il
bimbo scattò in piedi, trionfante, gridando:- Ce l’ho fatta!-
-Tesoro,
era solo un ragnetto innocente- disse la madre, in tono paziente.-Vieni qua,
mio piccolo Uriah- lo esortò, chinandosi sulle ginocchia e allargando le
braccia.
Lui
la guardò male.-Sono troppo grande per queste cose, mamma!-
Lei
si sorprese, ma continuò a sorridere.-Ah, sì? E quanti anni hai, precisamente?-
-Cinque!-
esclamò Uriah, alzando sei dita.
-Quello
è sei, tesoro- lo informò la madre, paziente.
Uriah
guardò le sue mani, interdetto, poi ne abbassò una e rimase con l’altra sospesa
in aria:- Cinque!-
-Ora
va meglio. E un bimbo di cinque anni non può abbracciare sua madre?- domandò la
donna.
Lui
gonfiò le guance, poi lanciò uno sbuffo e si gettò tra le braccia della madre,
stringendola con forza e amore. Si allontanò immediatamente.
La
madre si alzò e lo prese per mano.-Andiamo via. Qui non c’è niente per te.-
-Cosa
sono tutti questi vasi?- domandò il piccolo, indicando i recipienti trasparenti
sugli scaffali.
-Non
sono vasi, amore- lo corresse la madre.-Sono contenitori. Ci sono le erbe
medicinali che compra sempre Nhatan.-
-Lo
zio Nhat?- domandò Uriah, allegramente, stringendo la piccola madre in quella
affusolata della madre.-Compra quelle cose?-
-Certo.
Se un giorno le vorrai vendere tu allo zio, sono sicura che lui ne sarebbe
felicissimo!-
-Però
non gli dò niente se lui non mi dà i soldi- replicò Uriah, furbetto.
La
madre arcuò le belle sopracciglia scure.-Sei un vero affarista- commentò, con
la voce velata di un sarcasmo che un bimbo non avrebbe mai colto.
Uriah
annuì con vigore.-Papà dice che si fa cosi!-
-Oh,
sicuro... tuo padre- ripetè la donna, divertita.-Vieni: andiamo da lui-
I
due uscirono dallo stanzino e scesero la scala che li conduceva al negozio. Un
uomo nerboruto stava parlando con una donna dai capelli castani incolti,
vestita con una lunga mantella scura.
-Tu
sei sicura?- domandò l’uomo, che stava dietro al bancone e pendeva dalle labbra
della donna.-Sono qui?-
-Sì.
Io ho...- la donna si voltò a guardare la madre di Uriah e suo figlio.
La
madre si era pietrificata e fissava l’altra donna come se avesse visto un
demone spaventoso, mentre Uriah sorrideva ingenuamente, senza capire che
intorno a lui stava succedendo qualcosa e continuava a far finta di avere un
aeroplano in mano e a muoverlo facendo buffi suoni.
-Karima-
disse la madre, in un sussurro.
-Dovete
andarvene- rispose la donna di nome Karima, pulendosi il viso sporco con la
manica della mantella.-Qualcuno ha fatto la spia! Sta venendo qua un intero
plotone d’ esecuzione!-
Marito
e moglie si scambiarono uno sguardo afflitto e preoccupato.
-Tu
non puoi fare niente?- domandò la donna, stringendo di più la mano del
figlio.-Tu non puoi aiutarci?-
Karima
puntò su di lei i suoi occhi azzurri, e la donna si accorse che quelli erano
lucidi e rossi.-Vorrei tanto. Ma non posso. Vi prego, dovete capire... non
potete rimanere qui a Midgar, ve ne dovete andare-
L’uomo
sbattè un pugno sul bancone così forte che fece tremare tutto ciò che c’era sopra.-Sciocchezze!-
-Siete
stati catalogati come traditori!- esclamò Karima, sferzando l’aria con una
mano.
-E
te? Perché non te ne sei andata, invece di rimanere a Midgar?- chiese l’uomo,
in tono tagliente.
Quella
frase arrivò come una pugnalata alla donna, che abbassò la testa.-No...-
-Io
rimango qui- insistè l’uomo.- Moglie mia, porta via nostro figlio e aiutalo a
salvarsi...-
-Scordatelo!-
gridò la donna.-Io non vado da nessuna parte! Questa è la mia casa, e noi non
abbiamo fatto nulla di male!-
Karima
corse verso di lei per prenderle la mano libera tra le sue, ma lei si scansò
immediatamente e la guardò con ostilità.
-Mamma...-
cominciò a lamentarsi il bambino, che adesso iniziava ad avvertire la tensione
della madre.
-Vai
in camera tua, tesoro...la mamma deve sistemare alcune questioni- lo pregò lei,
accarezzandogli la testa.
-Ma...-
-Fai
come ha detto tua madre!- abbaiò il padre, spaventandolo a morte.
Uriah
corse su per le scale, ma, invece di andarsene in camera, si nascose dietro il
muro e si sporse per continuare a vedere la scena nel negozio.
Cosa
stava succedendo?
Karima
tossì.-Siete pazzi!-
L’uomo
la guardò duramente.-La tua malattia ti divora ogni giorno di più. Cosa ti
porta a continuare a combattere?-
La
donna castana sorrise. Un sorriso amaro, coraggioso, disperato e speranzoso
insieme.
-Lasciatevi
aiutare: conosco alcune strade che vi porteranno fuori città. Potreste andare
dovunque...-
-Con
i Turks, i Soldier e l’Ombra alle spalle?- domandò la madre di Uriah,
sommessamente.-Che vita sarebbe?-
Karima
sbarrò gli occhi.-Allora avete deciso?-
-Sì-
rispose l’uomo.
-E
vostro figlio?-
Nessuno
rispose.
Karima
si coprì gli occhi con una mano sporca di terra e di fango.-Vostro figlio deve
vivere- disse, con voce spenta.
La
porta si spalancò con una botta secca.
-Arrestateli!-
gridò una voce.
Tre
Soldier entrarono, puntando i loro fucili contro i tre presenti.-Non
muovetevi!-
Dalla
porta aperta filtrò la luce del giorno, copiosa, che colpì gli occhi di Karima,
facendoglieli chiudere istintivamente. Erano anni che non veniva nei quartieri
alti di Midgar, non era abituata alla luce del sole. Negli Slums, i raggi erano
coperti dall’immensa piattaforma della città alta.Le sue orecchie sostituirono gli occhi, e lei
tese l’udito, ascoltando i passi lenti e decisi di qualcuno. Poi, finalmente, la
vista divenne più chiara, delineando i contorni di un uomo vestito di nero, con
un completo ordinato ed elegante.
Un
Turk!
Verdot
si accese una sigaretta.-Pensavo che foste almeno fuggiti. Così è troppo facile...-
-È
la nostra casa!- ruggì il padre di Uriah.
Il
Turk si guardò intorno annoiato.-Dicono tutti così, i traditori-
-Non
siamo traditori!- esclamò la madre di Uriah.
Karima
abbassò lo sguardo.
-E
come lo chiamate da queste parti? Avete venduto sostanze a un’organizzazione
criminale- ironizzò Verdot, tranquillo.-Se non volete consegnarvi, c’è solo un
modo per...- il suo sguardo si soffermò su Karima.- Tu...-
I
genitori di Uriah si voltarono verso la castana, che teneva il capo chino e i
pugni stretti.
-Avete
ancora il coraggio di dire che non siete traditori?- sorrise Verdot.-Sapete chi
è quella donna? Non hai una bella cera, Karima.-
Lei
non rispose. Evitò di peggiorare la situazione.
Calò
il silenzio più totale, finchè Verdot non lo stroncò con un secco:-Prendeteli-
-Mamma!
Papà! Lasciateli andare!- gridò Uriah, uscendo allo scoperto, suscitando la
reazione di un Soldier, che gli puntò il fucile pronto a far fuoco.
La
madre si voltò istintivamente verso il figlio.
Uriah
vide la donna gettarsi su di lui e gridò. Il suo urlo venne sovrastato dallo
scoppio di un proiettile.
-Maria!-
urlò il padre del bambino.
Maria
abbracciava suo figlio, tenendolo stretto tra le braccia sottili, che tante
volte ancora l’avevano tenuto stretto.
-Mamma...-
mormorò il bimbo, che stava in piedi, soffocato da quell’abbraccio.
La
donna non lo lasciò, ma Uriah sentiva che la stretta stava lentamente perdendo
la sua forza.
-Mamma...-
ripetè, in un soffio.
Era
rimasto pietrificato.
-Ti
voglio bene, amore mio- sussurrò la madre.-Ti prego, perdonami...-
Le
braccia di Maria scivolarono sulla pelle del bambino e il suo corpo si accasciò
su un fianco, trascinando a terra col suo peso anche Uriah.
Il
bambino senntì qualcosa di caldo che lo bagnava.
Rosso.
Tanta roba rossa.
-Mamma...-
il respiro cominciò a farsi veloce, lui le posò le mani sul fianco e la scosse
lievemente.-Mamma... Mamma... Mamma...-
Mille
volte. Ripetè quella parola mille volte.
Il
sangue che sgorgava dalla ferita al cuore si stava allargandointorno a loro,
sporcando gli abitie e la pelle del bambino.
No...
era uno scherzo. Stava solo dormendo, presto si sarebbe svegliata e...
Le
lacrime bagnarono il viso di Uriah, che smise di scuotere la madre e si passò
una mano sulle guance, lasciando dei solchi rossi laddove si era strofinato.
Non
era uno scherzo. Il respiro della madre si era già fermato, presto il suo viso
sarebbe diventato pallido e il suo corpo freddo e senza vita.
Un
altro sparo.
-Papà!-
esclamò Uriah.
-Sparate,
maledizione!- incitò Verdot.
Il
bambino vide che due dei soldati cattivi erano a terra. Poi qualcosa lo afferrò
saldamente per la vita, lo sollevò e lo trascinò su per le scale.
-MAMMA!
PAPA’!!!- gridò Uriah, divincolandosi.
Karima
salì al piano di sopra.
-PRENDETELA!
NON PUO’ SCAPPARE DI NUOVO!-
La
donna si catapultò verso il lungo corridoio
e si lanciò nella prima stanza che trovò.
Era
la camera dei genitori di Uriah, a giudicare dalle tante fotografie di loro due
che si trovavano sui mobili e appese ai muri grigi.
Karima
mosse lo sguardo intorno a sé in modo convulso. Un’uscita, un’uscita,
un’uscita!
La
finestra!
Si
gettò contro la finestrella, la aprì di scatto, con tanta forza da far
scricchiolare sonoramente i cardini e guardò di sotto.
Il
telone di un gazebo.
Uriah
intanto piangeva a dirotto, disperato.-MAMMA!!! NON SONO GRANDE! NON SONO
GRANDE! TORNA DA ME! NON SONO GRANDE!-
La
donna che lo teneva lo lanciò dalla finestra senza nessuna grazia. Lo vide
affondare nel telone del gazebo e rotolare in strada, battendo rovinosamente sull’asfalto
duro.
Uriah aprì gli occhi lentamente. Erano
tutti appiccicati e le sue guance erano bagnate.
-Non sono grande...- mormorò ancora,
stringendo il sacco a pelo tra le dita come se stesse stringendo le vesti di
sua madre.-Neanche adesso, mamma... ti voglio bene.-
Si tirò su, si vestì e uscì dalla sua
tenda. Era una fortuna avere una compagna femmina. Solitamente, i membri
dell’Ombra che lavoravano insieme dividevano la tenda. Da questo erano esentati
lui, Taiji, Nara e Helinor, che dormivano in tende singole. Il rovescio della
medaglia era che dovevano portarsi le tende da sé, mentre gli altri dividevano
il peso con i compagni.
Appena uscito, si fermò e si passò una
mano tra i riccioli fulvi, esasusto. Ennesima notte tormentata dagli incubi.
Ennesima notte passata a piangere senza che se ne rendesse conto e potesse
frenare le lacrime.
Si voltò verso il padiglione centrale,
dove Loi e James stavano ancora facendo la guardia, ambedue insonnoliti, l’uno
appoggiato all’altro, spalla contro spalla con gli occhi semichiusi. Non
avevano mai retto il turno notturno.
-Forza, che aspetti?- si disse, ad alta
voce -vai da Gammon-
Poi il suo sguardo inciampò sulla tenda
di Helinor e intravide la sua ombra muoversi al suo interno, furtiva. Sulle
labbra del ragazzo passò l’ombra di un sorriso e si avviò in quella direzione.
Si avvicinò. Era sempre stato un tipo strano, quella ragazza. Strano e
affascinante. Aveva quel suo modo di fare incredibilmente originale e quei modi
particolari che lui si era sempre sforzato di imitare, da piccoli.
Si sentì abbattere da quel pensiero.
Lei era sempre stata forte. Non l’aveva
mai vista piangere, ma chi diceva che non lo facesse, in segreto? Quella sua
maledetta forza l’aveva sempre messo in soggezione. Era una forza che lui non
aveva mai avuto, per quanto provasse. Era una forza che le si leggeva negli
occhi e che la portava a sopravvivere in qualsiasi situazione.
E poi, assomigliava alla donna che lo
aveva salvato tredici anni prima. Karima... chissà se era ancora viva.
Girò sui tacchi e alla fine non andò né
da Helinor, né da Gammon, ma da Nhat.
Per qualche strano gioco del destino,
tredici anni prima Nhat si trovava sotto il gazebo su cui era atterrato, e lo
aveva soccorso subito.
Entrò come sempre senza neanche
annunciarsi, non ricordando che c’era anche Sephiroth.
Il platinato era già in piedi e guardava
con aria impenetrabile l’uomo che dormiva ancora, ritto ai piedi del suo
giaciglio come una statua di marmo.
-Cosa stai facendo? Decidi se
ucciderlo?- scherzò Uriah, sarcastico.
Il Soldier non lo degnò di attenzione.
-Ho deciso- lo informò Uriah.
Stavolta, Sephiroth non potè ignorarlo e
neanche riuscì a nascondere il suo interesse all’argomento appena lanciato.-E quale
sarebbe?-
-Non dirò niente al maestro- masticò
Uriah a fatica.
-Bene- commentò semplicemente il
Soldier, soddisfatto. Non gli interessava sapere altro.
-Ma non lo faccio per voi- righiò Uriah.
Sephiroth sorrise sprezzante.-Non
importa-
-Lo faccio per Helinor- proseguì
Uriah.-Non so che le sia preso, improvvisamente... ma lei è l’unica persona...-
evitò di aggiungere “cara” o aggettivi simili- ...che mi è rimasta.-
Il Soldier si strinse nelle spalle e
incrociò le braccia sul petto.
-So che non ti interessa- disse Uriah,
socchiudendo gli occhi- però... volevo che sapessi il motivo.-
-Bene- ripetè Sephiroth, disinteressato.
-Io vi odio- rispose Uriah, e se ne
andò.
Stavolta si diresse veramente nella
tenda della giovane compagna che intanto si era preparata e stava proprio
uscendo, quando si incontrarono.
Lui fece qualche passo e si fermò a un
paio di metri da lei.
-Hai... deciso?- chiese Helinor, cauta.
Uriah annuì, in silenzio, poi
aggiunse:-Non ti metterò i bastoni tra le ruote...-
Lei non gli lasciò il tempo di
continuare e lo abbracciò per la vita, stringendolo forte.
-Lasciami!- s’inalberò Uriah,
divincolandosi.
Helinor scosse violentemente la testa e
tenne le braccia allacciate attorno al suo corpo, ostinata, mentre il ragazzo
faticava per togliersela di dosso. Ci riuscì dopo vari tentativi, la prese per
le spalle e l’ammonì severamente:-Non farlo più!-
Per tutta risposta, Helinor sorrise,
furbetta.
-Idiota- borbottò Uriah,
lasciandola.-Penchè non abbracci il tuo fidanzatino?-
-James non è il mio fidanzato!- esclamò
Helinor, indignata, mollandogli un pugno nello stomaco.-Semmai è il tuo!-
Uriah soffocò un’imprecazione oscena per
il dolore alla schiena a cui si era sommato quello allo stomaco.-Sei scema?!-
-Mi sta sempre appiccicato, ma non è il
mio fidanzato!- protestò Helinor.-E non dirlo mai più, capito?!-
-Tu sei tutta scema, Helinor- biascicò
Uriah- potrei anche cambiare idea e fare la spia...-
-NO! NO!- esclamò lei,
agitandosi.-Stavo...-
-Devo andare- la interruppe Uriah.-Stai
lontana da quei tizi, ok? Ci vediamo tra poco per l’allenamento.-
-A dopo!- rispose Helinor, salutandolo
rincuorata.
Sei
proprio un caso disperato, Helinor...
(...)
Tseng si svegliò alle otto e mezzo,
lasciò Genesis in compagnia di Adrian e decise che avrebbe fatto un giro per
l’accampamento.
Il sole della mattina illuminava la
piazza deserta.
Il Turk si guardò intorno, perplesso.
Dov’erano andati tutti quanti?
Alla sua sinistra, Shon se ne stava
seduto davanti alla sua tenda tra varie cianfrusaglie e armi da taglio come
spade, coltelli e kunai. Guardava Tseng con aria avida.
-Dove sono tutti?- gli chiese Tseng,
avvicinandoglisi con cautela.
Shon si sbrigò a mettere in bella vista
la mercanzia e sorrise astutamente.
-Non sono qui per comprare niente-
rispose il Turk, lanciandogli un’occhiata di bieco.
-Peccato- commentò il mercante, con un
sospiro afflitto.-Perchè io non sono qui per rispondere alle tue domande-
sorrise amabilmente.
-Ancora ad approfittarti della gente,
Shon?!- esclamò una voce divertita.
-Salve signor Nhatan!- esclamò il
mercante.-Faccio solo il mio mestiere!-
-Come no- commentò Nhat, scuotendo il
capo esasperato.- Buongiorno, sono Nhatan, il medico del campo. Nhat per gli
amici.-
Tseng gli strinse la mano con forza e
rispose:-Tseng- si presentò cordialmente.- Sa dove sono andati tutti?-
-All’allenamento- rispose Nhat, con un
sorriso gentile.- Torneranno a mezzodì.-
-Così tardi?- fece Tseng.
Nhat annuì e lo prese sottobraccio con
garbo.-Lasci che le offra una tisana per colazione, signor Tseng-
-Mi chiami semplicemente Tseng e mi dia
del tu-, disse il Turk, ricambiando la cordialità.
-Signor Nhatan! Non può rubarmi i
clienti!- protestò Shon, quando vide che i due se ne andavano sul serio. Scattò
in piedi, sbracciando -Signor Nhatan!!! SIGNOR NHATAN!- si lasciò cadere a
terra- Bah...-
-Giorni fa sono venuti qua due Soldier-
iniziò a raccontare Nhat, mentre passeggiavano attraverso la piazzola -Per
questo sono tutti su di giri-
-Due... Soldier?- fece eco Tseng,
circospetto. Non doveva destare sospetti con domande troppo insistenti.
-Non ne hai mai sentito parlare?-
-Sì... se non sbaglio, sono soldati che
lavorano a Midgar pe quella compagnia che produce elettricità...- disse Tseng.
-Per fortuna Gammon ha deciso di
mandarli via senza creare troppi problemi- spiegò Nhat, sovrappensiero.- Così
ci siamo evitati una battaglia inutile e tante vittime.-
Tseng decise che era meglio deviare la
discussione su un argomento meno pericoloso, rimanendo però nell’ambito della
ricerca di informazioni.-Gammon sembra una persona generosa, non so cos’avremmo
fatto se non ci avesse ospitati...-
-Oh, Gammon è un ottimo capo!- esclamò
Nhat, convinto.-A volte è molto duro e i suoi metodi sono un po’... come
dire... drastici... ma lui vuole bene
a tutti i ragazzi che abitano in questo posto. Li accoglie da quando sono
piccoli, è come un padre per loro-
-Dev’essere bello per i ragazzi-
continuò Tseng, interessato.
Quell’uomo aveva un’ottima parlantina.
-Hai ragione, Tseng!- esclamò
Nhat.-Meglio che vagare da soli per le strade, non trovi? Ecco, vieni dentro:
questa è la mia tenda.-
Tseng entrò e si guardò intorno. La
temperatura era più alta rispetto a quella nella tenda in cui aveva dormito.
Nhat lo invitò a sedersi su uno dei cuscini
a terra e gli porse una ciotola contenente del liquido verde.-Tieni, al tuo
amico è piaciuta-
-Amico?-
-Sephiroth- spiegò Nhat.-Bevi, è una
tisana rilassante.-
Mi
ci mancava solo questa, pensò Tseng.
Il medico si sedette davanti a
Tseng.-Com’è?-
-Buonissima- osservò Tseng, gustandosi
la tisana. Non aveva mai fatto colazione con tanta serenità perché il lavoro
glielo aveva sempre impedito. Non era male bersi una tisana con tranquillità e
fare due chiacchiere, nonostante anche quello facesse parte del suo lavoro.
-Ho messo alcuni ingredienti speciali.
Spero che ai ragazzi piaccia- disse Nhat, teso.-Sai, essendo il medico del
campo devo occuparmi di loro.-
-Dev’essere una bella responsabilità.-
-Già. Soprattutto se ci sono alcuni che
non ti rendono la vita facile- sospirò Nhat.-Quella ragazza... Helinor, ad
esempio, si è messa nei guai diverse volte.-
-È naturale, è molto giovane...- rise
Tseng.
Nhat sospirò nuovamente.-Non è il fatto
di esserlo o no... sua madre era come lei, libera come il vento.-
Tseng mandò all’aria la prudenza.-Madre?
Avevo capito che fossero orfani!-
Il medico arrossì violentemente ed esibì
un sorriso mortificato:-Hai ragione, hai ragione! Credo di averti confuso
ancora di più!-
-Infatti- borbottò Tseng.
-Sua madre abitava in questo
accampamento-spiegò Nhat.-Poverina, è stata malata per tanto tempo...-
-È morta?- domandò Tseng.
-Purtroppo sì- rispose Nhat, in tono
grave.-Si chiamava Karima Hinari. Gammon sostiene che Helinor non deve sapere
della madre... ma lui stesso ha catalogato questo argomento come tabù,
dopotutto.-
Tseng era confuso.-Io non capisco...-
-Normale. Chi non vive qui, non può
capire- disse Nhat, finendo di bere.
Karima
Hinari.
Era ora di iniziare a mettere insieme le
informazioni, seppure queste fossero estremamente poco chiare. C’era da dire
che la donna nella foto vicino a Harila era sicuramente Karima, la madre di
Helinor Hinari. Da ciò che aveva detto Harila, la donna doveva essere morta
tredici anni prima, dunque più o meno quando Helinor aveva cinque anni. Se la
fuga di Karima e Harila era avvenuta quindici anni prima, evidentemente Karima
doveva aver abbandonato Helinor, che poi era stata trovata da Gammon nel Gold
Saucer ed era stata portata nell’accampamento. C’erano tante cose da scoprire
ancora. Perché Harila e Karima erano fuggite durante una missione? Forse
avevano fallito e avevano avuto paura di tornare? Qual era stata la causa della
morte di Karima? E soprattutto, era un caso che Gammon non volesse che Helinor
sapesse che sua madre faceva parte dell’Ombra? O c’era qualcosa sotto?
-Non volevo turbarti con questi
discorsi- si scusò Nhat, con un fil di voce.
Tseng si riscosse dai suoi pensieri con
un sussulto e si accorse di aver fatto cadere la ciotola vuota a terra. La
prese e tranquillizzò Nhat, dicendo:-Non preoccuparti. Sai, anche mio padre e
mia madre sono morti che ero molto piccolo, perciò mio zio si prese cura di me
al posto loro-, s’inventò. Aveva deciso che per conquistarsi la fiducia di Nhat
doveva contribuire allo scambio d’informazioni, altrimenti lui si sarebbe
insospettito.-Mio cugino è cieco fin dalla nascita, e alla morte dei suoi
genitori, avvenuta tre anni fa, ho deciso di occuparmi di lui. Non abbiamo
avuto vita facile, quindi non sono una persona che si turba facilmente.-
Nhat lo ascoltò attentamente, quasi
commosso. Era una persona buona, d’altronde.
-Questo mondo ha reso tante ingiustizie
a troppa gente- disse il medico- Ancora tisana?-
-No, grazie- rifiutò Tseng, nel modo più
cordiale che conoscesse.
-Anche io ho deciso di prendermi cura di
Uriah dopo la morte dei suoi genitori- mormorò, con le guance rosse e gli occhi
lucidi d’emozione.-Penso che io e te, Tseng, abbiamo molto in comune.-
Tseng annuì, tentando di risultare il
più sincero possibile. Aveva scoperto che mentire gli veniva molto meglio di
ciò che pensava, e forse, se la carriera nei Turks non fosse andata bene,
avrebbe potuto sempre ambire a quella di attore; non sarebbe stato male.
-Semmai avrai bisogno di aiuto, per
qualsiasi cosa vieni da me.- disse Nhat, con disarmante buona fede.
Tseng notò quanto tutti fossero
disponibili in quel posto. Forse non erano persone cattive.
Cosa stava pensando? Che fossero o no
“cattivi”, l’unica cosa che serviva sapere era che tutta quella gente stava
lottando contro la Shinra. Solo questo.
-Vorrei rendermi utile- disse Tseng- in
qualche modo dovrò ricambiare il favore, e non mi piace starmene con le mani in
mano a non fare niente.-
Ecco un altro passo per conquistarsi la
loro fiducia.
-Potresti aiutarmi a mettere a posto
questi medicinali...-
-Con piacere.-
(...)
Gofna sbuffò.
Era la tredicesima volta che faceva il
verso a Helinor, che la mattina, prima di uscire per l’allenamento le aveva
detto:-Stai qui e non provare a muoverti,
chiaro? Non andare in giro per l’accampamento!-
Che antipatica.
Per tutta la sera prima non aveva fatto
altro che stare in silenzio, senza aprire bocca. Si era buttata sul sacco a
pelo, le aveva voltato le spalle e si era addormentata.
Erano in quei momenti che Gofna sentiva
la mancanza di sua madre, ma sapeva che lei la guardava dal cielo, e non doveva
preoccuparsi.
Tutte
le persone che muoiono diventano stelle. Anche io quando non ci sarò più ti
guarderò da lassù... e così anche tu potrai vedermi.
-Non sembri molto triste della morte di
tua madre. Sei veramente stupida come sembri?- era stata l’unica domanda che le
aveva rivolto Helinor.
Gofna le aveva risposto con quella frase
infantile, che Harila le aveva detto quando era piccola, suscitando in Helinor una
reazione estremamente ostile, infatti lei l’aveva guardata in malo modo e si
era messa a dormire.
Per non parlare del ragazzo con i
capelli di platino. Un’altra persona che la gentilezza non sapeva neanche dove
fosse di casa. Le aveva chiesto la sua Katana senza neanche dire per favore.
In quel momento, Gofna se ne stava
seduta a gambe incrociate sul suo sacco a pelo, con la testa poggiata su una
mano e un dito che tracciava strani segni nel terreno. Il cappello verde era
stato abbandonato sul sacco a pelo di Helinor. Si stava annoiando molto da
sola, ma non osava disubbidire al comando della sua nuova compagna dopo
l’avventura a Kalm.
L’ingresso della tenda venne scostato da
una mano, e i raggi di sole illuminarono l’interno della tenda e i capelli
biondi di Gofna, che alzò gli occhi.
Gammon sorrise affabilmente.-Karima,
vero?-
Gofna arrossì e chinò la testa,
imbarazzata.-S... sì-
-Sei una maga?- domandò Gammon,
tendendole una mano con tanta disponibilità e amorevolezza nello sguardo da
incantare Gofna.
-Proprio così! Conosco tantissimi numeri
di magia!- esclamò la bionda, felice che quel signore gliel’avesse chiesto.
-Ti va di farmi vedere qualche numero?-
-Non so...- biascicò Gofna,
insicura.-Helinor mi ha detto che devo stare qui...-
Il sorriso di Gammon si allargò.-Non
preoccuparti per lei. Mi prenderò tutta la colpa.-
Gofna afferrò la mano del gran maestro e
si alzò con entusiasmo:- Va bene, allora!-
Angolino
dell’autrice
Ahem!
Mi spiace guastare l’atmosfera con le mie inutili chiecchiere *si sente un
frastuono assordante*; non fateci caso, sto irrobustendo le mura del mio
laboratorio segreto con delle barre in titanio... mi servirà per i prossimi
capitoli! Ma passiamo ad altro!!! XD Rispondo alle recensioni!
the one winged
angel:
Ho velocizzato la pubblicazione perché io sono arrivata al capitolo 13 U.u...
XD
Non
credo che Gofna e Sephiroth potranno mai andare d’accordo... credo che siano
nati per odiarsi quei due XD Beh, meglio per noi, così la fa fuori! XD
Povero
James, forse sono stata un po’ troppo dura con lui... comunque, sta appiccicato
a Helinor, ma non l’ama davvero. E’ soltanto fissato.
Uriah...
beh, qui ho descritto il suo passato perché mi serviva per quello che viene
dopo, e per quanto riguarda Taiji, certo che lo verremo a sapere! è_è vedrai
che sorpresona XD
Cloud
O.o avojaaaa! In questa storia non c’è! Ma è logico, se Zack ha tredici anni...
fai un po’ il conto. XD Beh, la prossima storia che dovrei scrivere (e che
sarebbe il seguito di questa), ti piacerà XD visto che il protagonista assoluto
è il nostro Sphy (purtroppo – nd Sephiroth – guarda che mi tocca fare per
vivere). Però ancoranon sono sicura se
la pubblicherò o no.
Genesis
si preoccupa per Angeal XD Forse c’è qualcosa sotto (cosa stai insinuando – nd Angeal;
già, cosa stai insinuando? – nd Genesis). O.o Sono arrabbiati con me... forse è
meglio che mi nasconda nel laboratorio!
Sì,
sì, non pensare troppo al signor Gammon! Anche se ormai dovresti essertifatta un’idea di quello che era il suo
passatoXD A parte che è un po’ pazzo, ovviamente. È un tipo particolare quanto
bastardo, l’amico.
Beh,
alla prossima, cara nipoteee!
Un
bacione ^_^
KiaElle: ah ahah! Il meteorite
sarebbe stata una fortuna troppo grandeeee! XD
Ah,
Gofna sta antipatica a tutti (autrice compresa), quindi non preoccuparti. Alla fine
della storia potremo farci qualsiasi cosa *istinto omicida* XD.
Comunque
sì, il mio intento è quello di rendere Gofna antipatica... beh, magari non
proprio “intento”, così sembro proprio cattiva XD. Solo che è il suo carattere,
è un personaggio nato così.
Sono
felice che la mia fic ti faccia passare il tempo ^_^; per lo meno le cavolate
che scrivo servono a qualche utilità XD
Per
finire, ti ringrazio di tutto e ti mando un abbraccio! *abbraccio*
Se
avrò qualche problema, non esiterò a contattarti! ^_^
Kairih: No, no, no! Sono
io che devo chiedere scusa a te per aver aggiornato di punto in bianco! Non devi
preoccuparti di niente ^_^
XD
Sarebbero una bella coppia, Irvine e James! Non farebbero altro che parlare di
ragazze!
E
comunque, alla fine Uriah non ha spifferato niente: fortuna che sono amici...
eh eh! Ma da questo capitoletto,tra le righe emergono
tanti piccoli particolari! Inoltre, anche Uriah non è stupido, e iniziano a
venire dubbi anche a lui...XD. Come ho detto, ho rinforzato il mio laboratorio perché
ne avrò un gran bisogno XD
Al
prossimo capitolo!!!!
Ps:
Sto lavorando con vegas, ho imparato a mascherare le immagini e qualche altra
cosina... mamma che fatica XD
Un
bacio ^_^
Lirith: Grazie per
aver letto tutto!!! Allora... andiamo con ordine...
Capitolo
1: XD Già già! Quanto tempo è passato da quella fic...
credo sia stata una delle prima che ho pubblicato! Ç_ç Mi sento vecchia. XD
Coooooomunque!!!
*_* Anche a me piacciono le maschere XD Danno un tocco di mistero e di stile al
personaggio! E sì, in genere la indossa il cattivo di turno XD
Capitolo
2: Non ho idea dell’età di Zack alla sua entrata in Soldier; ho volato di
fantasia, e ho pensato che siccome anche Cloud era molto giovane... forse ci
poteva stare. E poi Zack è proprio nato per fare il Soldier XD
Anche
io amo l’amicizia tra Sephiroth, Angeal e Genesis, ha qualcosa di molto bello
in sé...
XD
Forse avrebbe dovuto farlo, urlare per l’accampamento, intendo XD Fosse stata
Gofna l’avrebbe fatto tranquillamente! XD
Capitolo
3: XDXD Sono contenta che Gammon ti piaccia, è molto strano... dire che è
amibguo è dire poco... e poi è un gran bastardo XD. Proprio come hai detto tu,
hanno tutti una sorta di debito verso di lui e nessuno si ribella, senza
contare che lo vedono come un padre e nessuno mette in discussione la sua
autorità. E lui lo sa.
XDXD
La scena del padrinooo! Sai, non ci avevo pensato, ma dopo che me lo hai fatto
notare quasi quasi mi è venuta voglia di scrivere una
fic con Angeal come protagonista XD Gli facciamo fare il padrino, ok?! Sarebbe
troppo forte... e poi con Zack...
*tilt*
Capitolo
4: Visto? Niente rapimenti! Vai a capire Gammon O.o non si sa che gli frulla
per la testa, a quello lì.
+.+
è veroooo! Niente niente Sephiroth e Nara sono
fratelli?! O.o dovrò indagare sull’argomento!!!
Sono
felice che la scenetta tra Zack e Angeal ti sia piaciuta! Io tengo molto al
loro rapporto maestro-allievo! Lo adoro *ama*. E poi, Zack è un tipetto tutto
pepe e Angeal è composto e serioso XD
Gammon...
il nostro misterioso capo... ci sei quasi ^_^
Gli
ricorda una delle ragazze uscite dall’accampamento! Tra poco chiarirò anche
quel dettaglio... non so bene a che capitolo però... um…
Capitolo
5: XD Beh, certo è che Gammon ha il so tornaconto da quella missione. Non lo
capisoc neanche io sai? E considera che l’ho inventato io! XD
Nara
e Gammon si sono proprio trovati! Sono ambedue grandi stronzi, solo che il
primo è agisce per istinto, l’altro è un calcolatore bastardo XD
Ah
ah! In effetti hai ragione, sono sicura che un disegno del genere sarebbe
stupendo! Una vera opera d’arte ^w^
La
spiegazione di amicizia ho cercato di adattarla al carattere di Zack. Credo che
lui sia uno che la penserebbe in quel modo. Anzi, ne sono convinta.
Capitolo
6: C’è una spiegazione per il fatto che ho rappresentato così Genesis: il fatto
è che su crisis core, viene rappresentato come il cattivo di turno, tuttavia io
credo che prima fosse proprio com l’ho rappresentato. Un tipo orgoglioso,
fissato con la letteratura e in perpetua competizione con Sephiroth... insomma,
un personaggio un po’ pomposo, ma a dirla tutta simpatico. Ecco perché l’ho
rappresentato così.
Non
so come mi sia venuto in mente il nome Gofna XD è venuto così! È strano e
adatto al personaggio ambiguo che rappresenta!
Capitolo
7: Già già! Viva la commedia! E poi Gofna, come hai
detto fa ridere di suo, è superficiale e allegra all’eccesso; ha quindici anni
e si comporta come una figlia di sette XD
È
il suo personaggio.
XD
Beh,
non posso che ringraziarti di cuore! ^_^ Anche io ho letto tutto, e appena ci
sentiamo ti dico cosa ne penso!!! *_* E poi ho riflettuto su quello che mi hai
detto l’altra volta sulla lista della spesa XD Trovo che tu non abbia tutti i
torti XD Ma di questo ne parliamo poi!
A mezzogiorno, tutti i ragazzi
dell’accampamento erano ad azzuffarsi per il pranzo. Tseng e Nhat aprivano la
fila, discutendo vivacemente del più e del meno, dietro Genesis faceva il finto
cieco e si faceva guidare da Adrian. Al Soldier piaceva il ragazzino, era
l’unica persona che stava ad ascoltare rapito le sue storie. Ancora dietro
c’erano Uriah e Helinor.
-Ti ho detto mille volte che dovresti
prenderti un’arma più grande- la stava rimproverando Uriah, che non toglieva
gli occhi di dosso al cuoco con il mestolo.-Ah... non ho mai avuto tanta fame.
Forse l’assenza di Nara mi apre lo stomaco...-
-Il mio pugnale va benissimo- obiettò
Helinor, sfiorando l’elsa del coltello con la mano guantata. -È maneggevole e
non serve un grosso sforzo per usarlo.-
-Tu punti troppo sull’agilità- le fece
presente Uriah, mentre la fila scorreva e lui faceva un passo avanti.
-Perché non dovrei? A volte non basta solo
la forza per vincere-
Uriah scosse la testa, esasperato.-Lo
so!- esclamò- ma devi capire che le due cose andrebbero bilanciate... usa una
spada più pesante, durante gli allenamenti: la tua forza aumenterà e quando utilizzerai
il pugnale ti sembrerà di impugnare una piuma- consigliò.
Finalmente arrivò il loro turno; sia
Uriah sia Helinor ebbero la loro razione e si allontanarono, raggiungendo
insieme il centro della piazza come facevano ogni volta.
-Come vanno le tue ferite?-
-Bene- rispose Uriah, cominciando a
mangiare con voracità.-Si stanno rimarginando. -
-Però ti fanno ancora male- osservò
Helinor, tenendo gli occhi sul suo rancio.
-Sì, meno.-
-Bene.-
Consumarono in silenzio il loro pasto,
poi Uriah sospirò profondamente e decise che se ne sarebbe andato a
riposare.-Ci vediamo per l’allenamento pomeridiano- disse, prima di scappare
via.
Helinor rimase sola. Sarebbe voluta
tornare nella sua tenda a riposare ma si ricordò che Gofna era ancora lì. La
voglia di stendersi fu sopraffatta dall’antipatia verso la persona che era
diventata la sua coinquilina, e decise di trovarsi un altro posticino
tranquillo in cui starsene in pace.
Si ricordò che tra la tenda di Taiji e
quella di Nara si apriva un piccolo spiazzo, in cui Gammon aveva deciso di
accatastare la legna che sarebbe servita per il falò della festa di plenilunio.
La
festa di plenilunio!
Si sarebbe tenuta di lì a sette giorni,
poi l’Ombra si sarebbe spostata di nuovo, forse molto lontano da Kalm, forse
nel Wutai, dove si ricevevano frequenti le notizie della battaglia che
incalzava. Sarebbero andati ad aiutare i soldati nel Wutai?
Si guardò intorno. La tenda di Nara era
vuota, quella di Taiji uguale. S’intrufolò nel piccolo spazietto circolare,
delimitato da un recinto di filo spinato, e si guardò intorno. Alla sua destra
c’era un mucchietto di ceppi che considerò un ottimo posto su cui sedersi. Si
lasciò cadere sulla legna stando attenta, cosicchè alcuni legnetti non rotolassero
via, poi ne prese uno, sguainò il suo coltello, lo guardò un istante, dopodichè
prese a far scorrere il filo della lama su di esso. Alcuni pezzi di corteccia
saltarono via e caddero a terra.
Limare bastoncini era un modo che
Helinor aveva brevettato quando aveva quattordici anni. In qualche modo, quel
movimento ripetuto sistematicamente la aiutava a rilassarsi e scaricare la
tensione accumulata. Stava per assestare l’ennesimo colpo, quando vide due
piedi fermarsi davanti a lei. Smise di lavorare su un ormai irriconoscibile
legnetto e alzò lo sguardo. Il riverbero della luce del sole le fece chiudere
un po’ gli occhi, ma quelli non ebbero difficoltà a delineare la sagoma di
Sephiroth.
-Hai ritrovato la tua spada?-
Sephiroth annuì.-Quella ragazza l’ha
tirata fuori dal cappello.-
Helinor rise.-Te l’avevo detto: ha
talento. Sono un po’ invidiosa, sinceramente...- disse, tornando a torturare il
suo mozzicone di legno.
Il Soldier seguiva i suoi movimenti,
perplesso. Vide l’ultimo pezzettino di legno cadere a terra e la ragazza che
prendeva subito un altro bastone, di almeno venti centrimetri di lunghezza e
due di diametro.
-Cosa stai facendo...?- non potè fare a
meno di chiedere, lasciando trapelare un po’ di scherno dal tono della voce.
Lei raschiò il bastone con forza.-Non si
vede?-
Sephiroth corrugò le sopraccliglia.
-Aiuta a scaricare la tensione- si
schermì Helinor, stringendosi nelle spalle.-Vuoi provare?- gli porse il
coltello e il legnetto.-È efficace.-
-Non ci tengo- rifiutò Sephiroth, senza
impegnarsi nell’essere gentile. Quella missione era sempre più noiosa, Genesis
sembrava essersi dimenticato del mondo reale e Sephiroth non era certo dell’umore
giusto per mettersi a spezzettare bastoncini.
-Come vuoi- disse Helinor con
indifferenza.-Come mai da queste parti?-
-Sono venuto a chiederti qualche
informazione- disse Sephiroth, tranquillo- ti ho vista venire da questa parte
e...-
-Non posso esserti d’aiuto, mi spiace-
lo interruppe Helinor, in tono acido.
Sephiroth si stizzì.-Ci hai già
ripensato?-
-Mi sembra di avervi aiutato parecchio
fin ora- replicò Helinor, senza abbandonare il tono aspro con cui aveva
iniziato la conversazione.-Andate da qualcun altro-
-Hai preso degli impegni con noi- le ricordò
Sephiroth, senza scomporsi.
Lei gettò il legno a terra, appoggiò i gomiti
sulle ginocchia e puntò la lama del coltello in direzione di Sephiroth come se
lo stesse indicando.-So bene quel che faccio. Vi ho aiutati ad entrare
nell’accampamento? Bene, ma non credete che l’abbia fatto per voi. Non credere che l’abbia fatto che il puro
gusto nel tradimento, o perché improvvisamente mi è venuta voglia di giocare
con voi della ShinRa. Io faccio parte per me stessa, e se ho fatto questa
scelta è stato soltanto perché lo volevo io-
e sottolineò l’ultima parola con molta cura.
Sephiroth la fissò.-E perché l’avresti
fatto?-
-Affari miei- sbottò Helinor.-Adesso, se
vuoi parlarmi, fallo. Altrimenti possiamo anche chiudere qui il discorso.-
Gli occhi di Sephiroth diventarono due
fessure. Nessuno gli aveva mai mancato di rispetto in quel modo, alla ShinRa.
Si sentì arrabbiato e deluso al tempo stesso. Si era accorto che in quel posto,
lui non era considerato un pericolo, neanche da lei.
Non aveva alcuna autorità, non era un
Soldier. Era soltanto Sephiroth.
Era una cosa scioccante per lui che non
era abituato ad essere “normale”.
-Bel cappello- commentò Helinor, poi si
riprese il legnetto e continuò a raschiarlo.
Sephiroth decise che era meglio
andarsene. Non avevano più nulla da dirsi. Stava per fare marcia indietro,
quando il suo udito catturò il rumore di qualcosa che veniva spostato e quello
di passi leggeri.
-Hai sentito?- domandò a Helinor.
-Sì- mormorò lei, sbiancando. Ringuainò
il coltello e scattò in piedi con il cuore in gola.-Cos’è stato?-
-Qualcuno ci spiava- disse Sephiroth,
prendendola per il polso e trascinandola via di forza.
-Nella mia tenda- disse Helinor, tanto
agitata da dimenticarsi anche di Gofna.
Sephiroth procedette a passò veloce fino
alla meta e spinse dentro Helinor, seguendola a ruota.-Chi era?!-
-Che ne so!- gridò Helinor, con il cuore
che le martellava nel petto.-Maledizione!- esclamò, infilandosi le mani tra i
capelli castani.-E dov’è Gofna?!-
-Stai calma, magari era lei...- ipotizzò
Sephiroth, immobile e con lo sguardo fermo.
-Vorrei tanto crederci- biascicò
Helinor.
-Dobbiamo mantenere la calma- disse Sephiroth,
che avvertiva l’agitazione di Helinor.
-Se ci hanno sentito siamo spacciati!-
esclamò Helinor, in uno scatto d’ira.-Non solo la vostra...-
-Zitta- le ordinò Sephiroth- non
parlarne più. Peggiorerai la situazione se qualcuno...-
-Tesooorooo!- canticchiò una voce.
Sephiroth e Helinor si voltarono verso
l’ingresso della tenda.
-...ti sente- completò il platinato.
-Tesoro, sei qui?!- insistè Atmey con
voce divertita.
Il giovane Soldier si voltò verso
Helinor, che si avvicinò un dito alle labbra per intimargli di tacere.
Dopo qualche minuto che James aspettava
davanti alla tenda, arrivò un altro ragazzo che gli disse di aver visto la
ragazza avvicinarsi alla tenda di Nara, dov’era tenuta la legna. L’intervento
di quell’anima pia permise ai due ragazzi di liberarsi di Atmey, e Helinor si
sedette sul suo sacco a pelo raccogliendo le ginocchia al petto e nascondendovi
il viso dopo averle abbracciate.
-Quel tipo è il tuo fidanzato?-
-In teoria. Gammon ha detto che dovrei
sposarmi con lui- bisbigliò Helinor, con un fil di voce.-Matrimoni combinati.
Un’altra cosa che non mi è mai piaciuta. Voglio essere libera di scegliere,
così lo ignoro!-
L’inquietudine della ragazza era
palpabile, e Sephiroth temette che lei potesse non reggere la tensione e
mandare all’aria la missione per un insignificante rumore. Era vero, anche lui
l’aveva sentito, ma se veramente qualcuno li stava spiando, i suoi sensi
l’avrebbero avvertito. Consolato da questo pensiero, tranquillizzò anche
Helinor.
-Adesso scusa, ma vorrei riposare- disse
infine la ragazza.-Scommetto che avrai un sacco di cose da fare-
Sephiroth mentì spudoratamente:-Sì,
infatti.-
-Arrivederci- concluse Helinor,
sdraiandosi sul sacco a pelo.
Il giovane la salutò senza entusiasmo.
In realtà non aveva niente da fare, ma tanto avva capito che quello di Helinor
era stato un modo gentile per cacciarlo, quindi se ne andò senza fare storie.
Del resto non aveva nessuna voglia di chiacchierare. Con Helinor, per giunta.
Certo
avrebbe potuto anche sforzarsi un po’...
(...)
Helinor stava quasi per chiudere gli
occhi, quando Gofna aveva fatto irruzione strillando, facendola saltare in
piedi con il pugnale sguainato e gli occhi che saettavano in tutte le
direzioni.
Gofna si portò le mani davanti alle
labbra, soffocando un grido.
-Ah, sei tu- disse Helinor, riponendo il
pugnale nel fodero con un gesto lento e stanco.-Mi sembrava strano che potessi
riposare cinque minuti senza interruzioni.-
-Ti ho disturbata?- chiese Gofna, con
voce stridula.
-Sì- fu la secca risposta.-Non ti avevo
detto di rimanere qui?-
-Il signor Gammon mi ha invitata a
fargli vedere uno spettacolo di magia!- raccontò Gofna, con aria sognante.-Era
così contento...-
-Non lo metto in dubbio- sbuffò Helinor
tornando a sdraiarsi.
-Non vuoi sapere com’è andata?- domandò
Gofna, insistente, inginocchiandosi accanto alla compagna e avvicinando il
volto al suo.
Helinor la cacciò con una mano: -No. Non
me ne frega niente!-
-Antipatica!- le buttò in faccia Gofna,
allontanandosi.
La castana si tirò a sedere e la guardò
con aria stralunata:- Che diavolo vuol dire antipatica?!-
Gofna rimase interdetta. Helinor era
riuscita a zittire anche lei.
-V...vuol dire che… che non mi piaci,
ecco! È il contrario di “simpatica”!- gridò Gofna, arrossendo violentemente.
-Beh, il sentimento è reciproco- rispose
Helinor, alzando le spalle.
-Ma perché?!- piagnucolò Gofna,
afferrando coraggiosamente l’altra ragazza per un braccio.
Helinor si liberò con uno strattone
deciso.-Perché tu sei la figlia di tuo
padre!- le buttò in faccia.
Gofna mutò espressione di colpo e fece per
scoppiare a ridere:- Sciocchina!- esclamò- è logico!-
La castana si alzò da terra. Avrebbe
pagato oro per avere un muro contro cui sbattere la testa, in quel momento.
-Mio padre però è morto che ero molto
piccola...- sospirò Gofna.
-CERTO!- gridò Helinor, con veemenza-
PERCHE’ L’HO AMMAZZATO IO!-
Calò un silenzio tombale.
Helinor rimase in piedi, ansante, con una
mano sulla fronte sudata e una disperazione indescrivibile nello sguardo.
Gofna la guardava con gli occhi
sbarrati, senza piangere né ridere. Si era come pietrificata.
-Mi dispiace...- sussurrò Helinor.-Non
avrei mai immaginato di chiedere perdono a sua figlia-
La bionda si sedette sui talloni e dopo
aver posato le mani sulle cosce aveva stretto la stoffa tra le dita con forza.
Le lacrime iniziarono a scenderle dagli occhi, rigandole il bel viso. Erano
lacrime vere tra tante false, sintomo di un dolore sincero.
-Tuo padre...- esordì Helinor, con un
groppo in gola- è stata la prima persona che ho ucciso. L’ho fatto senza un
motivo, perché il maestro me l’ha ordinato. Lui, tuo padre... mi disse che
dovevo lasciare in pace la sua famiglia. Non avevo capito perché finchè non ho
visto la foto...-
-Quella di mia madre e la sua amica?-
domandò Gofna, con voce tremante.
-Esatto. Ho capito che Ryan Brown era il
marito di una donna che era stata nelle file dell’Ombra... questo posto, è
stato abitato da tua madre e dalla sua amica- confessò Helinor, in tono piatto.
Gofna la guardò con gli occhi lucidi.-Tu
hai...-
-Mi dispiace.-
-Non è vero...- singhiozzò Gofna,
asciugandosi le lacrime con una mano.-Non ti dispiace.-
-Vorrei davvero potertelo dire con
sincerità... ma il fatto è che io non so niente di queste cose. Ho sempre...-
si morse il labbro.
Ho
sempre combattuto, e un guerriero non deve avere sentimenti.
-Sei cattiva!- gridò Gofna, alzandosi a
sua volta.
Helinor respirò profondamente.-Sì, può
darsi...-
Uno schiaffo le arrivò in pieno volto.
-Per questo non ti piaccio?! Vuoi
uccidere anche me!-
-No. Non ci ricavo niente...- poi si
ricordò che la sua missione che in effetti, era proprio quella di uccidere
Gofna.
Perché?
Gofna prese a sputarle addosso tutte le
offese che conosceva, ma Helinor non l’ascoltava più. Come aveva potuto essere
così cieca?! Lasciò sfogare Gofna, e si sentì quasi sollevata. Era un peso in
meno... si sentiva più leggera.
Poi, Gofna le urlò:-Vado a dire tutto al
signor Gammon! Almeno ti punirà! Perché lui è buono, non come te!- e uscì di
corsa.
Helinor scoppiò a ridere in modo
incontrollato e si lasciò cadere a terra di schiena, con le braccia spalancate.
Continuò a ridere disperatamente fino a che non esaurì tutta quell’improvvisa
ilarità, poi si rilassò, chiuse gli occhi e mormorò:-E dire che io a quindici
anni ero sul fronte di una guerra... come passa in fretta il tempo, quando ti
diverti-
Non poteva negarlo. Invidiava Gofna. La
invidiava perché invece lei a quindici anni non aveva fatto altro che servire
il tè a sua madre.
Karima...
perché mi hai abbandonata? È colpa mia?
Dopo mezz’ora, Helinor uscì di corsa
dalla tenda e se raggiunse quella di Genesis. Voleva incontrare Tseng, invece
quando entrò c’era soltanto il rosso stravaccato sul sacco a pelo con le
braccia incrociate sotto la nuca e le gambe accavallate. Dall’espressione del
viso sembrava annoiarsi a morte, e quando girò la testa per vedere chi fosse
entrato, i suoi occhi si illuminarono impercettibilmente, per poi tornare ad assumere
la stessa tonalità seccata che aveva prima.
-Stavo cercando Tseng- dichiarò Helinor,
immobile davanti all’ingresso della tenda.
Genesis, disteso sul sacco a pelo,
continuò a guardare un punto fisso davanti a sé.-Non c’è.-
-Sai dov’è andato?- chiese Helinor.
-No. E mi ha costretto a rimanere
qui...- si lagnò Genesis.
Helinor intravide un libro spalancato
vicino al fianco destro del ragazzo.-Ti ho disturbato?-
Il ragazzo lanciò uno sbuffo e si tirò a
sedere, prese il libro, lo chiuse con uno scatto secco e incrociò le gambe.-No,
non preoccuparti.-
Lei annuì, diede le spalle al ragazzo,
fece per uscire ma prima che la sua mano raggiungesse il telo che chiudeva la
tenda, si fermò e si voltò di nuovo verso Genesis. Quest’ultimo le rivolse
un’occhiata interrogativa.
-Devo sapere...- esordì Helinor, con
voce flebile- devo sapere... perché Harila era ricercata dalla mia
organizzazione. Tu lo sai? Puoi dirmelo?-
Genesis sorrise, sornione. Era evidente
che non capisse cosa voleva dire quell’informazione per la ragazza, perché offrì
un baratto:-Potrei, ma dopo anche tu dovrai rispondere ad una mia domanda.-
Helinor indugiò. Meno di un’ora prima
aveva cacciato Sephiroth perché non voleva dirgli niente e ora si trovava
incastrata in un vicolo cieco. Chinò il capo.-Va bene-
Era disposta a tutto. Voleva sapere.
Doveva sapere. Aveva troppe domande senza risposta.
-Harila Nhame era un membro dell’Ombra,
fino a quindici anni fa- disse Genesis- fino a quando non ha tradito
l’organizzazione assieme ad una sua amica, sparendo nel nulla.-
Il cuore di Helinor pulsava
dolorosamente.-La sua amica. Come si chiamava?-
Genesis si alzò e la perforò con lo
sguardo.-Questo lo sai solo tu.-
La ragazza chiuse gli occhi di
scatto.-Karima Hinari. Era mia madre. Sei contento? Puoi dirlo al tuo amico...-
-Tseng non è un mio amico- la corresse
Genesis, divertito- è un mio collega-
-Al tuo collega!- esclamò Helinor,
esasusta-dillo a chi ti pare! Era mia madre... era mia madre. Mia madre lavorava
qui... - sussurrò.
La testa di Helinor non lavorava più.
Era tutto un susseguirsi di ricordi confusi, volti che s’intrecciavano tra di
loro, parole che si perdevano, e lei che cercava di afferrarle disperatamente.
Quindici anni fa... lei aveva solo due anni. Quindici anni fa, Gammon la trovò
che vagava per il Gold Saucer...
-Oggi
possiamo divertirci, no?- domandò una voce.
Una
bimbetta smilza, vestita quasi di stracci, balzò fuori da sotto il tavolo della
stretta cucina sgangherata, con le treccine che le scivolavano sulle spalle
fino al bacino. I suoi grandi occhi blu erano rivolti verso una donna avvolta
in un lungo mantello marrone che la copriva fino ai piedi e che solleticava il
pavimento sconnesso. Le mattonelle annerite erano quasi tutte rotte o rialzate,
e tra di esse, in alcuni punti, era attecchita dell’erba. La bambina si piegò
sulle ginocchia e iniziò a strappare alcuni di quei fili verdi con aria
incerta.
La
donna, che somigliava in modo incredibile alla figlia, si abbassò alla sua
altezza e le posò un dito sotto il mento.-Se non vuoi, non andiamo.-
-No...-
disse la bambina, dispiaciuta.-Non voglio che quei tipi cattivi ti prendono-
-Non
devi peroccuparti- la tranquillizzò la donna. La luce soffusa della lampadina
illuminò il suo volto, a intermittenza.
Non
potevano permettersi di meglio. Un bilocale consunto era più che sufficiente;
anche se l’intonaco dei muri ogni tanto cadeva a terra frantumandosi,
nonostante le piante rampicanti sia dentro che fuori l’abitazione e il
lampadario pericolante che pendeva sul tavolo rosicchiato dalle termini, quella
ormai era la loro casa. E poi, l’importante era stare insieme.
Karima
fece per alzarsi, ma fu scossa da un violento attacco di tosse. La figlia la
guardò spaventata.
-Non
preoccuparti, Helinor- si schiarì la voce e si posò una mano sul petto, tra le
clavicole. La gola le bruciava maledettamente e non riusciva mai a respirare
decentemente. Scosse la testa, rassegnata. Le mancava davvero poco tempo.
Questione di qualche anno...
-Andiamo
alle giostre?- domandò Helinor, timidamente.
Karima
sorrise e le posò una mano sulla testa.-Sì. Si chiama Gold Saucer...-
-Perché mia madre e Harila tradirono
l’organizzazione?- domandò Helinor, scacciando i ricordi con determinazione.-Questo
atto porta alla morte...- s’interruppe. I suoi occhi azzurri si persero in
quelli di Genesis, mentre lei boccheggiava qualche altra frase sconnessa.
-L’hai fatto anche tu- le ricordò
Genesis, con franchezza.
Helinor congiunse le sopracciglia. Si
sentiva pressappoco annientata dai ricordi che la stavano attaccando con
violenza inaudita. Per quindici anni aveva creduto che il buono della
situazione, il suo salvatore, fosse Silver Gammon. Allora perché non le aveva
detto niente riguardo a sua madre? Perché l’aveva mandata ad uccidere Ryan
Brown? Sapeva che era il marito di Harila?
-Prendi
me, ma lascia stare la mia famiglia!-
Ovvio che Gammon lo sapesse.
La mano di Helinor scivolò sull’elsa del
pugnale e la strinse con la forza della disperazione. Quindici anni a chiedersi
se sua madre l’avesse abbandonata per colpa sua, perché non le voleva più bene
o perché con la sua presenza era diventata un peso.
Genesis guardò Helinor. Vide le sue
spalle afflosciarsi, la fronte lucida del sudore che colava dalle tempie fino a
terra, gli occhi persi nella più totale angoscia, intenti a seguire il filo
fuggevole dei pensieri che le ronzavano in testa, e la mano stringere il
pugnale. Provò un bricolo di compassione.-Dirò a Tseng di andare nella tua
tenda appena lo vedo - le disse- è con Nhatan per tutto il pomeriggio, quindi
stasera...-
Helinor lo fissò con aria confusa.
Lui le diede le spalle e incrociò le
braccia sul petto.
-Grazie...- mormorò Helinor, dopodichè
corse via.
(...)
Un colloquio.
La tenda di Helinor era scarsamente
illuminata dalla fiamma tremolante di una candela.
Tseng era inginocchiato sul sacco a pelo
di Gofna, che per tutto il giorno non si era più fatta viva, mentre Helinor lo
fronteggiava, seduta con le gambe incrociate e le mani che torturavano gli
stivali di gomma che indossava.
-Genesis mi ha detto tutto- fece Tseng
per rompere il ghiaccio- e anche Sephiroth.-
-Bene, almeno non dovrò sprecare il
fiato- mormorò Helinor, chinando la testa per nascondere a Tseng lo sconforto
che le si leggeva negli occhi.
Il Turk infilò una mano in tasca e ne
estrasse la foto di Harila e Karima, foto che poi allungò fin sotto il viso
della ragazza.-Quindi questa è tua madre.-
-Karima- disse Helinor.
-Ora si spiega anche perché Gammon ha
avuto quella reazione- riflettè Tseng, gettando la memoria a quando Gofna si
era presentata con quel nome- Lui non vuole che tu sappia di tua madre. Era una
traditrice, no? Forse vuole cancellare la sua memoria-
-Ma perché?!- esclamò Helinor, alzando
lo sguardo e portandolo a contatto con quello di Tseng- Dimmi perché! Mi sembra
tutto così...-
-Stai calma- l’ammonì Tseng- possiamo
ripercorrere le tappe della tua vita in modo da poter trovare qualche
indizio...-
-Non ricordo niente- sospirò Helinor-
ero troppo piccola.-
-Partiamo da oggi, allora.-
-Da...oggi?- ripetè Helinor, piano.
Tseng annuì. Il suo atteggiamento
tranquillo e composto infuse a Helinor un po’ di sicurezza e molto coraggio.
Helinor chiuse gli occhi. Cos’avrebbe scoperto di sua madre? Cos’avrebbe
scoperto di Gammon?
-Harila mi ha detto che tua madre è
morta tredici anni fa- la informò Tseng, fissandola con sguardo penetrante,
come se volesse leggerle dentro.-Ti dice niente?-
Lei sollevò le palpebre e corrugò la
fronte.-Tredici anni fa... avevo all’incirca cinque anni... è stato il periodo
che ho incontrato Uriah...-
-Uriah...- fece eco Tseng- quindi tua
madre è morta nello stesso arco di tempo. Nhat mi ha detto che era malata.-
-Questo me lo ricordo- disse Helinor,
mentre un sorriso amaro le passava sulle labbra.- Ma non ho idea di che
cos’avesse, né tantomeno se quella malattia fosse mortale...-
-Quindi, quando tu avevi cinque anni,
Karima non abitava all’accampamento?- domandò Tseng.-Ma allora Nhat come faceva
a sapere che lei era morta...-
Helinor dischiuse le labbra, prese
coraggio e raccontò:-Tredici anni fa ci eravamo accampati vicino a Midgar. Nhat
aveva preso a viaggiare dall’accampamento alla città per comprare alcuni
medicinali e farne scorta. Diceva che c’era un negozio che vendeva alcuni
materiali quasi introvabili, e che lui doveva andarci per forza... un giorno, tornò
con un bambino. Era Uriah. Disse che aveva avuto un incidente e che non voleva più
parlare a causa dello sciock...-
Tseng la interruppe. La sua mente aveva
già fatto due più due.-Un incidente?-
Helino boccheggiò. Anche lei aveva
capito.-L’incidente... tredici anni fa... combacia tutto... erano i genitori di
Uriah! I padroni del negozio! Uriah mi ha detto che loro furono uccisi dai
Soldier tredici anni fa... ma che lui riuscì a fuggire e che Nhat lo trovò...-
-Qualcuno deve averlo aiutato a fuggire-
disse Tseng, immediatamente- qualcuno che sapeva muoversi molto bene... -la sua
mente ricollegò i documenti che gli aveva dato Verdot. Il nome di Karima non
compariva da nessuna parte. Sembrava un’ombra sfuggente, quella donna; la sua
memoria era confusa ed estremamente lontana dalla verità, sia per l’Ombra, sia
per la ShinRa.
Sulle labbra di Helinor fiorì un nome.
Lo sussurrò impercettibilmente.-Karima...-
Tseng sapeva di aver colto nel segno, il
suo istinto glielo diceva.-Sì... dev’essere stata tua madre a salvarlo. Sicuramente
i Soldier l’hanno ucc...- guardò il volto di Helinor indurirsi.-Forse dovremmo
smettere.-
Lei deviò il suo sguardo da Tseng a un
punto impreciso della tenda.-Devo chiederlo a Uriah... lo farò prima possibile.
Poi ti aggiornerò...- disse con voce gelida.
Tseng annuì.-Pensi di farcela?-
Helinor rise amaramente.-Ho fatto cose
peggiori nella vita.-
-Bene...- Tseng si alzò, si sgranchì i
muscoli e le sorrise impercettibilmente.
-Ci vediamo domani mattina alle otto
nella tua tenda- fece Helinor, in tono che non ammetteva repliche.-Ti dirò di
Uriah.-
-Buonanotte, Helinor.-
Lei non rispose. Non ne trovò la forza.
Aspettò che lui uscisse, spense la candela ed uscì.
Sì, aveva fatto cose peggiori, e non
sarebbero state le ultime.
(...)
Uriah era immerso nel buio. Il giorno
gli piaceva molto più della notte. La notte faceva quegli incubi, reminescenza
di un ricordo che avrebbe cancellato con estremo piacere insieme al dolore che
ne derivava.
Stava sdraiato di schiena con un braccio
dietro la testa e una mano posata sullo stomaco, intento ad ascoltare il dolore
infuocato delle ferite sulla schiena non
ancora rimarginate. Il giorno quelle ferite erano insopportabili, ma di notte
era come se il dolore fisico e mentale si bilanciassero e gli provocassero un
certo, oscuro, piacere. E poi così non si sarebbe addormentato e non sarebbe
tornato al passato.
Ad un tratto udì un fruscio, si mise a
sedere e i suoi occhi catturarono una scintilla. Afferrò l’elsa della spada che
gli giaceva accanto, e con un movimento in diagonale dal basso verso l’alto
parò un colpo venuto dal nulla. Il rumore metallico che derivò dalla parata si
spense quasi subito.
Un respiro affannato. Avrebbe saputo
riconoscere quel lieve respiro ovunque, anche nel buio.
-Helinor... sei impazzita del tutto?!-
esclamò Uriah.
Lei ritrasse l’arma.-Devi dirmi...- farfugliò.
-Cosa?- la incalzò Uriah, che ancora
stringeva la spada e si era alzato, brancolando nel buio.
Seguirono alcuni istanti di silenzio,
durante il quale gli occhi di Uriah si abituarono all’oscurità e pian piano gli
si delineò la sagoma di Helinor.
La ragazza era in piedi e brandiva il
suo pugnale con mano tremante. Non era in posizione d’attacco, ma questo non
tranquillizzò Uriah, che continuò ad essere guardingo. Notò che i suoi occhi
erano quasi assenti, immersi in una sofferenza che lui non le aveva mai visto
addosso.
-Helinor...- la richiamò.
Di tutta risposta, lei gli
domandò:-Tredici anni fa, cosa successe?-
Uriah sentì il suo stomaco stringersi in
una morsa d’acciaio e replicò:-Non me lo ricordo-
-Menti!- ringhiò Helinor.
-Non voglio parlarne, va bene? Cosa ti è
preso?!- obiettò Uriah, sinceramente sorpreso.-Non ti è mai interessato niente
del mio passato...-
-Una donna di nome Karima! Ti ha salvato
una donna di nome Karima?! Rispondimi!- gridò Helinor.
Lui parò un altro fendente che la
ragazza aveva menato a casaccio, in un moto d’ira. Non l’aveva mai vista in
quello stato.-Sì!- rispose, respingendo il colpo con tanta violenza che lei
incespicò all’indietro e ruzzolò contro il telo che copriva l’entrata della
tenda, attraversandolo.
Uriah la vide sparire all’esterno e la
seguì.
Il pugnale argentato era illuminato
timidamente dalla luce pallida della luna. Era a terra, vicino alle ginocchia
di Helinor, che lo guardava con aria assente. Il riflesso del bagliore lunare
sulla lama si rispecchiò sul viso della ragazza, rendendolo ancora più pallido
e cadaverico di quanto già non fosse.
-Cosa ti è preso?- le domandò Uriah,
perplesso.
-Era mia madre...- bisbligliò Helinor.
-Eh?- fece Uriah, visto che lei aveva
parlato a voce troppo bassa perché lui potesse sentirla.-Cos’hai detto?-
Lei si posò le mani sulle ginocchia e si
alzò lentamente.-Era mia madre- disse, a voce un po’ più alta.-Era mia madre,
la donna che ti ha salvato dai Soldier.-
Uriah sbarrò gli occhi. Adesso capiva
perché si somigliassero così tanto... il volto di Karima era sempre stato
confuso, ma aveva sempre avuto l’impressione che Helinor fosse in un certo qual
modo simile a lei. Avevano gli stessi occhi.
Mosse qualche passo verso la compagna,
che però si scansò e si chinò per raccogliere il pugnale, che poi ringuainò con
un sibilo metallico.-Mi serviva sapere soltanto questo.-
Lui non le chiese se stava bene o no,
gli sembrava una domanda superflua, ed inoltre non gli si addiceva affatto. Si
limitò a guardare per terra con aria indifferente.
Non sapeva cosa dire.
Cosa si diceva alla figlia della donna
che lo aveva salvato dalla morte? Grazie? Non era neanche sicuro che gli avesse
fatto un favore, con quel gesto.
I due ragazzi rimasero l’uno davanti
all’altra, in silenzio.
Helinor non aveva nessuna intenzione di
dire a Uriah delle sue scoperte. Voleva soltanto sapere.
-E lei... è morta?- domandò la ragazza,
con voce tremante.
Uriah si strinse nelle spalle.-Non lo so.
Mi ha buttato dalla finestra, perciò non so cos’è successo dopo...-
-Quindi lei...- disse Helinor, con un
tuffo al cuore- potrebbe essere viva?-
-Non contarci- rispose francamente
Uriah. Non voleva darle false speranze.-C’era un uomo... ci stava inseguendo…
non ricordo il suo nome... era vestito diversamente dagli altri soldati. Non
ricodo altro...-
-E Karima? Perché si trovava nel negozio
dei tuoi genitori?- insistette Helinor.
Uriah scosse la testa.-Mi dispiace. Non
me lo ricordo.-
Helinor socchiuse gli occhi e gli diede
le spalle.-Ci vediamo domani...-
Angolino
dell’autrice:
Altro
aggiornamento veloce, sempre per il fatto che io sono al capitolo 13 della
storia (completo), e che vorrei portarmi un po’ più avanti.Il prossimo aggiornamento a domenica, almeno
sarò al capitolo 11 e potrò riprendere ad aggiornare normalmente.
KiaElle: XD sono felice
che Karima ti piaccia! È una donna molto coraggiosa, ed è un personaggio che
personalmente adoro.
Gammon
e Gofna... è un rapporto un po’ complicato il loro, ma nei capitoli seguenti si
saprà tutto. Nel capitolo 13, mi pare… o metà del 14. Comunque da quelle parti.
Un’idea penso che puoi già essertela fatta sul rapporto Karima-Gammon.
Ho
dato dei piccoli indizi qua e là...
Poi
ti ringrazio dei complimenti! Mi sono impegnata molto per scrivere la prima
parte del precedente capitolo ^^
Ti
ringrazio di seguire costantemente la storia! ^^ Sono felicissima! *abbraccia*
Kairih: Sono contenta
che la prima parte ti sia piaciuta!!!! I genitori erano orgogliosi come il
figlio XD. Anche io ho pensato che forse avrebbero dovuto scappare, mentre
scrivevo. Mi piangeva un po’ il cuore a farli morire così... è duro il lavoro
dell’autrice! XD Ma considera che se fossero scappati, la storia avrebbe preso
tutta un’altra direzione. È questo che
adoro delle scelte! A volte sembrano così scontate, invece basta combiare una
piccola cosa per determinare il futuro di un persona. Ma lasciamo perdere i
pensieri filosofici XD.
Nei
prossimi capitoli, ci saranno molte rivelazioni, ma nasceranno anche molte
domande. Diciamo che questo è il mezzo della storia. Da qui in poi il cammino è
tutto in discesa. XD
Un
bacione tesoro mio!!!!
the one winged
angel: mi
spiace averti fatto parlare da sola… e mi spiace anche averti mandata fuori
strada con Cloud XD Spero che mi perdonerai, perché è tutta colpa mia che
voglio fare la misteriosa. Comunque no, non te lo sei immaginato. Nella ficcy c’è
Cloud. Però bisogna tenere in mente la struttura della fan fiction, che sarebbe
suddivisa in varie storie diverse che seguono gli avvenimenti di FFVII. La prima
è questa “Homless”, poi ce ne sarà un’altra (anche se ancora devo decidere se
pubblicarla) con Sephiroth come protagonista, poi ci sarà la terza che coincide
con Crisis Core (in cui c’è Cloud), poi FFVII (sempre con Cloud, quindi come
vedi recupero XD) e infine quella che riguarda Advent Children. È una serie,
come ho già detto, e sono molte storie. Per quel che mi riguarda, le scriverò
comunque per me. Anche questa, come ho detto era nata per il mio personale
divertimento e per allenarmi a scrivere. Che poi l’ho pubblicata è un altro
conto. XD
Comunque,
questo è quanto. Semmai avrai voglia di seguire la storia per intero, la
pubblicherò anche solo per te ^^
Nhat
è sincero. È una persona davvero buona e gentile, ma non faccio Spoiler.
XD
Non è che Gofna ti sta simpatica perché Genesis non la guarda più, eh?
*ammicca* XD Sto scherzando, ovviamente. Sono felice che sia nato un affetto
per Gofna. In fondo è solo giovane e ingenua (una preda per Gammon, in
pratica), e se si considera che dopo la morte del padre la madre l’ha chiusa in
casa... boh. Forse siamo stati tutti troppo duri con la povera Gofna. Diamole un’occasione
XD
James
è un personaggio di terzo piano, ma spero solo che Sephiroth (o Nara, al
massimo), lo facciano fuori XD
Grazie
per tutti i tuoi complimenti, nipotuccia mia!!!!! Mi rendono tanto felice!
Durante l’allenamento con le armi, Uriah
aveva avuto modo di osservare la sua compagna molto più attentamente di quanto
avesse potuto fare la notte prima.
Si era chiesto se avesse sbagliato a
considerarla soltanto un’eccentrica ragazzina. La guardò mentre scagliava colpi
secchi e veloci contro di lui, che li parava senza difficoltà. Si era convinto
che quella mattina l’avrebbe sopresa con gli occhi gonfi e rossi, il volto
pallido come la notte prima e l’aria assente e vacua. E invece si sbagliava,
perché le iridi azzurre di Helinor erano immerse nel bianco più incontaminato,
e i suoi occhi presenti illuminavano un viso fresco e rosato. Si chiese come
avesse fatto a riprendere il controllo così facilmente.
La risposta gli arrivò sotto forma di un
fendente rapido e preciso che lo disarmò, facendogli scivolare di mano la
spada. Ne seguì una forte gomitata allo stomaco che lo fece incescpicare e
cadere a terra insieme alla sua arma, con il pugnale di Helinor puntato alla
gola.
Si scambiarono un’occhiata, poi lei
ritrasse il coltello, lo ringuainò e se ne andò a passo svelto.
Doveva essere ancora arrabbiata con lui.
Uriah si alzò e impugnò la spada con
aria attonita. Che colpa aveva lui di tutto ciò che stava succedendo? Si era
ritrovato a combattere contro il corso degli eventi senza che potesse neanche
metterci un dito...
Karima lo aveveva salvato, questo era
certo, ma come poteva sapere che quella donna misteriosa era la madre della sua
compagna? Non l’aveva mai vista prima del giorno della morte dei suoi genitori
e i ricordi che aveva di lei erano immersi in una nebbia troppo consistente
perché potesse distinguerli chiaramente.
Kay gli si trotterellò vicino.-Ei,
Uriah! Vuoi allenarti con me?-
Uriah abbozzò un sorriso.-Per me va
bene-
(...)
Nara era arrivato a Junon dopo due
giorni di cammino. Era sceso dal Chocobo e si era fatto largo tra un fiume di
gente indaffaratissima. Non si chiese perché le persone andassero tanto di
fretta, giunse alla locanda, dove avrebbe incontrato l'ambasciatore del Wutai,
lasciò il Chocobo legato a un palo ed entrò con il mantello da viaggio che gli
frusciava ai piedi con decisione. Serviva più a nascondere la spada che portava
appesa al fianco che ad altro, ma tanto lui non ci faceva caso.
Erano le una del terzo giorno. L’ora di
punta.
Le strade erano popolate quelli che lui
identificò come Soldier e da altri uomini vestiti di nero, insieme con altre
persone che indossavano un semplice paio di jeans sotto una canottiera bianca e
sudata. Li notò per via di uno strano elmetto giallo che portavano in testa e
dei materiali piuttosto pesanti che stavano trasportando: legno, ferro, viti,
vetro; il tutto andava verso un punto ben preciso, ma che era celato alla vista
di Nara. Tanto a lui non importava sapere altro oltre a ciò per cui era giunto
a Junon: incontrare un ambasciatore del Wutai. Si chiese soltanto perché
avessero deciso quel posto come il luogo dell’incontro, visto che pullulava di
nemici.
-Perché sono tutti così indaffarati con
i lavori per la costruzione di Junon, che non ci noterebbero neanche a un palmo
di distanza- disse l’ambasciatore, un uomo dai vispi occhi neri che si
muovevano in tutte le direzioni.
La locanda era piena di gente, e i due
si erano seduti a un tavolo in disparte, lontano da tutto e da tutti.
-Credevo fossimo già a Junon- replicò
Nara, composto e immobile sulla sedia con le spalle dritte e gli occhi velati
di una sfumatura di arroganza.
-Lo siamo- rispose l’ambasciatore, con
enfasi. Poi abbassò la voce e si sporse sul tavolo.-Dicono che stanno
costruendo una piattaforma sopraelevata... un progetto da miliardi di miliardi
di Guil- gli fece l’occhiolino.-Beati loro che hanno soldi da spendere.-
Nara non ricambiò l’aria complice e con
una smorfia di disgusto infilò una mano sotto il mantello, estraendone una
lettera arrotolata su se stessa, legata da un nastro viola.
Lo sguardo dell’ambasciatore vagò sul
viso di Nara fino a soffermarsi sul messaggio che gli stava consegnando. Il suo
sorriso si fece ancora più ampio e lo afferrò con sicurezza.
-Da parte del gran maestro Silver
Gammon- disse Nara.
L’altro non lesse il contenuto della
pergamena, si limitò a inserirlo nella borsa che portava a tracolla con
soddisfazione.-Grazie per il disturbo.-
Nara abbozzò un ghigno e si alzò dal
tavolo.-Credo che ci rincontreremo prima o poi.-
L’ambasciatore lo imitò e gli porse la
mano. Nara la strinse con forza.
-Però... che stretta...- commentò
l’ambasciatore, tra i denti.-Beh, è stato un piacere fare affari con voi.-
Il giovane Nara chinò il capo, gli diede
le spalle e se ne andò lentamente, passando attraverso la folla con passo
sicuro, dando qualche spallata a chi non voleva scansarsi di propria
iniziativa.
Uascì dalla locanda e riprese il suo
Chocobo. Certo che ne erano passati di anni dall’ultima volta che aveva messo
piede a Junon...
Nove anni.
Erano nove anni.
(...)
Le una e mezzo.
Uriah aveva guardato la posizione del
sole per desumere l’ora, poi era arrivato Tseng che gliel’aveva gentilmente detta,
facendolo montare su tutte le furie. Non gli serviva l’aiuto di un nemico per
sapere che ora era!
L’allenamento con Kay era stato
monotono. Non aveva particolari capacità fisiche, né per quanto riguardava la
velocità, né per quanto riguardava la forza. Uriah si era limitato a parare i
colpi, senza rispondere a nessuno di quelli. Aveva intravisto Helinor accanirsi
contro James Atmey, che impudentemente l’aveva chiamata a combattere.
Così, dopo essere tornato
dall’accmpamento, Uriah aveva pranzato velocemente e si era diretto verso la
tenda di Nhat per cercare delle risposte. Non si era mai soffermato a pensare
su chi fosse la donna che lo aveva strappato dalla morte, o se il fatto che
Nhat si trovasse sotto quel gazebo fosse solo un caso, o ancora perché i suoi
genitori fossero stati uccisi. I suoi ricordi erano veramente troppo confusi, e
il modo con cui aveva agito Helinor era stato come uno schiaffo in pieno viso
per lui. Tanti particolari che non aveva mai notato gli stavano venendo in
mente, legandosi con i fatti che aveva vissuto in quegli ultimi tredici anni.
Perché
Nhat conosceva i miei genitori? Aveva rapporti con loro? Che ruolo ha avuto nel
loro omicidio?
Chi
era Karima? Perché era venuta nel negozio della mia famiglia? Era malata? È
morta per mano dei Soldier?
Chi
era l’uomo in nero? Aveva un nome?Conosceva Karima? Perché?
Domande che si addicevano più alla
mentalità di Helinor, più che alla sua. Domande che gli mettevano addosso ansia
e curiosità insieme. In un certo senso, scoprire la verità su quel personaggio
misterioso che era stata la madre di Helinor, sapere di più sulla morte dei
suoi genitori e capire se tutto ciò che gli era successo era stato veramente
dettato dal caso, lo incuriosiva.
Entrò nella tenda di Nhat.
Lo trovò inginocchiato con gli occhi
chiusi. Davanti, posate su un vassoio di legno, c’erano delle piccole boccette
di vetro contenenti liquidi di diverso colore e consistente.
-Ciao- gli disse Nhat, con affetto.
Uriah non sapeva da dove
cominciare.-Dobbiamo parlare.-
-Le ferite ti fanno ancora male?-
domandò Nhat, con un sorriso disponibile.-Ho giusto una nuova crema che fa al
caso tuo...-
-No- lo interruppe Uriah, in tono
secco.-Non sono le mie ferite.-
Nhat mutò espressione, e i suoi occhi si
specchiarono in quelli di Uriah, poi gli fece cenno di sedersi davanti a lui,
battendo una mano su uno dei cuscini che regnavano a terra.
-Voglio parlare... del giorno in cui mi
trovasti.-
L’uomo lo squadrò con dolore.
Il ragazzo si grattò il braccio sinistro
con una mano, dandosi dei leggeri pizzichi alla pelle, ogni tanto. Nhat si rese
conto che il giovane stava cercando di frenare le lacrime.-Sei sicuro?-
-Sono passati tredici anni- osservò
Uriah, con voce flebile, a stento controllata.-Posso parlarne.-
La mano di Nhat si posò sulla spalla di
Uriah, e quando quest’ultimo sollevò lo sguardo sul medico, vide che lui stava
sorridendo in modo paterno.
-Cosa vuoi sapere? Non posso dirti
molto, purtroppo... so solo poche cose.- disse Nhat.
-Voglio sapere di una certa Karima-
dichiarò Uriah, con decisione.
Nhat ritrasse la mano di
scatto.-K-Karima?-
-La donna che mi ha salvato- precisò
Uriah, insospettito dall’improvviso cambio di atteggiamento di Nhat. Era
passato da amorevole e paterno a serio e guardingo, come se si aspettasse di
essere colpito a tradimento.
I ricordi della notte precendente si
sommarono al dolore che Uriah stava provando, ma lui soffocò le lacrime.-Era la
madre di Helinor.-
Nhat socchiuse gli occhi.-Potrebbe
essere. Non so che dirti.-
Uriah gli espose la sua teoria:-Perché
tu venivi spesso nel negozio dei miei genitori. Forse l’avevi vista qualche
volta?-
-L’avevo vista, sì...- mormorò Nhat,
abbassando la testa.- Era malata... lei...- s’interruppe. Non avrebbe dovuto
parlarne, l’aveva promesso.
-Dannata!-
Un
grido esplose nella tenda grande e spaziosa di Gammon, accompagnata da un
rumore di vetri infranti e un frastuono di metallo che cadeva a terra.
Nhat
voltò istintivamente lo sguardo.
La
sacca di Gammon era stata gettata a terra con violenza. Alcune cose si erano
rotte all’interno,altre erano uscite dalla piccola apertura nella cerniera,
rotolando sulla terra arida. Il gran maestro sembrava fuori di sé, in un modo
che Nhat non gli aveva mai visto addosso.
-Silver...-
esordì Nhat, nel tentativo di placare l’ira del gran maestro. La sua voce si
spense, sovrastata dal grido furioso di Gammon. -Quella... quella...- gridò un’esclamazione
oscena.
-Silver!-
provò a ripetere Nhat, quasi spaventato.
Gammon
lo guardò con furia omicida.-Che vuoi?!- ruggì.
-Non
arrabbiarti così... non ne vale la pena...- balbettò Nhat, indietreggiando.
-Pensavo
che la sua malattia l’avesse già sepolta dieci metri sotto terra!- tuonò
Gammon, dando un calcio alla sventurata borsa da viaggio.-Quella donna non è
umana!-
-Il
suo corpo è volato già dal secondo piano di un palazzo, è rotolato sul tendone
di un gazebo e si è spento in strada. Una ferita al cuore- gli disse Nhat,
nervoso.
Quell’affermazione
sembrò placare un po’ la furia del gran maestro, che si decise a tornare a
sedere sullo scranno di legno con aria compiaciuta. Appoggiò i palmi delle mani
sui braccioli, accarezzandoli con le dita in modo lieve, mentre sulle sue
labbra passava l’ombra di un sorriso.-Quindi è morta?-
Nhat
annuì.-Sì.-
-In
strada.-
Il
medico ababssò lo sguardo.
-Come
una fuggiasca!- Gammon scoppiò in un grassa risata.-Come l’ultima dei
criminali! Morta!- ripetè, tra sé e sé.
-Silver...
era una di noi.- disse Nhat, andando incontro alla furia di Gammon.
-Era
una traditrice! Lei e quella sua amichetta voltagabbana!- abbaiò, sporgendosi
in avanti.
Nhat
arretrò, senza avere il coraggio di rispondere alcunchè.
Gammon
appoggiò la testa allo schienale e continuò a ridere di gusto.-Chi l’avrebbe
mai detto?-
Rimasero
così alcuni minuti: Nhat pietrificato davanti a Gammon e quest’ultimo che non
accennava a smettere di ridere. Poi Gammon si fece serio e compito come sempre.
-Non voglio che se ne parli più- disse con voce gelida.-Non voglio che il nome
di quella donna maledetta venga pronunciato in questo posto. Promettilo, Nhat.-
Il
medico esitò.-Io...-
-Lei,
quella sua stupida sete di libertà. La libertà non esiste, non è di questo mondo.
Il prossimo che invoca il nome di Karima Hinari in mia presenza lo farò
giustiziare. Voglio che la sua memoria sia cancellata per sempre dalla faccia
della terra. Lo esigo.-
-E
va bene... lo prometto.-
Niente
da fare. L’ascendente di Gammon, il timore che infliggeva a chi gli stava
davanti e quella sorda ira che emanava da tutti i pori, non permisero a Nhat di
opporsi in alcun modo. Era certo solo di una cosa. Un bambino lo stava
aspettando nella tenda: doveva andare da lui, perché era solo e spaventato.
Sperò
soltanto che il ricordo di Karima non lo avrebbe tormentato per troppo tempo.
Nhat si riscosse solo quando avvertì
qualcosa di freddo che gli pungeva la gola. Girò gli occhi verso destra e
scorse una lama metallica, poi un manico argentato con un rubino incastonato
nel mezzo e infine il braccio e il viso di Helinor.
Uriah abbassò lo sguardo.
-C... come hai fatto?- balbettò Nhat,
rivolgendo un’occhiata confusa a Uriah.
-Conosco alcuni trucchetti- gli sputò
contro Helinor, con voce gelida.-Adesso devi dirmi di mia madre.- Il suo tono
non ammetteva replice, e per sottolineare il concetto lasciò che il filo della
lama affondasse lievemente nella carne di Nhat, lasciandovi un evidente segno
rosso.-Tu sai.-
-Era malata- disse Nhat, con voce
tremante.
-ERA DELL’OMBRA!- gridò Helinor, e
avrebbe affondato il pugnale nella carne se Uriah non se ne fosse accorto in
tempo e non le avesse fermato il polso.
-Sei scema?!- urlò Uriah, stringendo la
presa.
-Togliti di mezzo!- replicò Helinor,
dandogli una spallata.
Uriah estrasse la spada con un sibilo e
guardò Helinor con gli occhi ridotti a fessure.
-Vi prego... basta!- li pregò Nhat.
-Non voglio farti del male- disse
Helinor, sovrastando la voce del medico.
Il compagno la sbeffeggiò senza
paura:-non potresti neanche se volessi...- si bloccò e parò una stoccata veloca
da parte della ragazza, che impegnò la sua spada di lui con il pugnale e lo
disarmò con un gesto circolare, veloce e preciso. Uriah indietreggiò, allibito.
Era la seconda volta che lo disarmava!
Helinor afferrò la sua spada e gliela
puntò alla gola.-Sei distratto- lo rimproverò, e detto ciò alzò la lama per
abbatterla sul compagno.
Due braccia la afferrarono per la
vita.-Helinor!!!- gridò Nhat.
-Vattene!- gridò Uriah al medico, che di
tutta risposta subì una gomitata in pieno viso. La ragazza se lo scrollò di
dosso con una spinta.
-Basta Helinor!- rantolò Nhat, che
incescipò all’indietro tossendo violentemente. Cadde seduto a terra.
Uriah oltrepassò Helinor, corse da lui,
gli posò le mani sulle spalle e le strinse con la forza della
preoccupazione.-Nhat...-
L’uomo gli sorrise pazientemente quando
gli si inginocchiò accanto.
Helinor si voltò verso di loro, lanciò
lontano la spada di Uriah e ringuainò il pugnale.-Adesso risponderete alle mie
domande- intimò in tono glaciale.
Uriah la guardò, atterrito dal suo
comportamento. L’aveva vista usare quel tono e quei modi soltanto contro le
persone che uccideva, quando annullava ogni emozione e si macchiava le mani del
sangue altrui: allora era una furia indomabile.
-Per me uccidere è facile- disse
Helinor, passando due dita sull’elsa del pugnale.-E non ho problemi a farlo, me
l’avete insegnato voi. Siatene fieri: ho imparato bene.-
-Smettila- ordinò Uriah, in tono
stentorio, senza tradire la paura che iniziava a stringerli lo stomaco
prepotentemente.-Non è da te comportarti in questo modo...-
-Ne ho tutto il diritto!- esclamò
Helinor, spostandosi la frangia castana dagli occhi.-Mi avete mentito! Mia
madre abitava in questo posto!-
-E tu come lo sai?- si fece coraggio di
chiedere Nhat.
-Le domande le faccio io. È vero?-
domandò Helinor, guardandolo di sbieco.-Rispondi!-
Nhat chinò il capo e avvertì le mani del
giovane Uriah stringersi convulsamente sulle sue spalle, come se anche lui
avesse intuito che di lì a poco si sarebbe scatenato il finimondo. Nhat deglutì
rumorosamente:-Sì...-
Uriah vide qualcosa rompersi dietro le
iridi azzurre di Helinor. Per la prima volta, vide gli occhi della ragazza
farsi lucidi delle lacrime che stava ricacciando indietro non senza difficoltà.
Lei si portò una mano sul viso e cercò di asciugarsi con il palmo il sudore che
vi colava.
-Quindici anni fa- proseguì Nhat, con un
fil di voce.-Lei abitava ancora questo posto.-
-Quindici anni fa...- mormorò Helinor-
io avevo due anni- si guardò le mani, confusa.
Nhat annuì. Era difficile da spiegare,
soprattutto perché doveva tacere parte della verità.-Quindici anni fa...
-Dove
andiamo?-
La
voce infantile di Helinor si pese nel buio della notte, mentre la madre le
infilava una mantellina perché la figlia non prendesse freddo.
La
guardia all’uscita dell’accampamento sorrise dolcemente, e i suoi capelli
biondi furono rischiarati dai riflessi della luna quando la donna si mosse per
raggiungere Karima.
-Sei
sicura?-
Karima
annuì con sicurezza:- Questo non è il futuro che voglio per mia figlia- mormorò
più a sé che alla sua compagna.
Un’altra
ombra si mosse accanto a loro:-Non tornerai sui tuoi passi?-
-Nhat,
tu sei sempre troppo apprensivo- li rimproverò giocosamente Karima,
abbracciandolo con forza.-Ti sei sempre preso cura di me, grazie.-
L’uomo
sorrise flebilmente. Non avrebbe potuto fare nulla per fermarla, perché se
Karima decideva di fare una cosa, la portava a termine a qualsiasi costo. Passò
una mano sui capelli di Helinor e le sorrise con affetto. Lei arrossì, ma
contraccambiò il sorriso.
Karima
lasciò i due e si dedicò interamente ad Harila, che la fissava con occhi
imploranti.-Non andare... ti uccideranno appena ti troveranno... e la Shinra,
anche loro ti cercano!-
-Non
è un problema- obiettò Karima, prendendo le mani dell’amica tra le sue.-So
nascondermi bene!-
-Perché
sei cambiata così tanto?- mormorò Harila, abbassando gli occhi verdi sulle mani
strette tra quelle di Karima.-Da quando abbiamo rubato quei documenti sei
strana. Non sei più tu...-
-Mi
capirai quando avrai una figlia- sorrise Karima, dolcemente.-Io voglio che lei
studi, che diventi una persona normale, come le altre.-
-E
lo sarà da fuggiasca?- domandò Harila, con una vena di rancore nella voce.
Karima
lasciò le mani di Harila e l’abbracciò.-Sì, perché farò di tutto affinchè non
le manchi niente.-Avvertì un singhiozzo soffocato nell’incavo del suo collo.
Harila piangeva. Karima sorrise con nostalgia: le sarebbero mancati i suoi
piagnistei inutili.
-Non
andare- provò ancora Harila per convincerla.
Nhat
strinse la mano della piccola Helinor, e quando la madre si avvicinò, le
consengò la figlia.-Spero che tu sappia quello che fai- sussurrò.
Karima
gli battè una mano sulla spalla.-Addio.-
-Ricorda
di prendere le medicine- disse Nhat in un soffio.
-Ricorda
di prendere il Chocobo- rincarò Harila, in tono apprensivo.
Karima
annuì, poi li guardò con affetto un’ultima volta, gli diede le spalle e la
notte la inghiottì per sempre.
-Quella
bambina è nata maledetta- fu il bisbiglio di Harila.
-Cos’hai
detto?-
-Niente.
Torno a fare la guardia.-
Helinor era seduta.
Uriah la guardava con aria mortificata e
al tempo stesso arrabbiata.
Nhat terminò il racconto nel silenzio
più totale e aspettò che Helinor risolvesse la cosa in una sfuriata simile a
quella a cui aveva assistito poco fa, invece lei si conficcò le unghie nel
braccio per soffocare un pianto che sarebbe scoppiato di lì a poco e chiese:-E
poi?-
La sua voce tremava e si era fatta
stridula.
-Non seppi più niente di lei. Due o tre
mesi dopo la sua partenza ti vidi arrivare al campo insieme a Gammon. Pensai
che Karima fosse morta. La ShinRa la cercava perché tempo prima gli aveva
rubato dei documenti importanti, e l’Ombra la voleva morta per il suo
tradimento. Harila scappò quel giorno. Non so cosa gli passò per la testa,
fatto sta che se ne andò senza lasciare tracce.-
Helinor annuì stancamente.-Mia madre era
morta?-
-No- rispose Nhat, con gli occhi rivolti
a un passato ormai lontano.-Lei era... come scomparsa. La malattia la divorava
giorno per giorno, ma lei non voleva arrendersi. È sempre stata così.-
-Era una brava persona?- chiese Helinor,
con un fil di voce.
-Molto. Ma la gente o la odiava o
l’amava. Non c’erano vie di mezzo con lei- sorrise Nhat, con nostalgia.-Il suo
tradimento fu un duro colpo per Gammon, e decise di non nominarla mai più.-
-Sapeva che era mia madre?-
-Credo di sì. Se ne era accorto. Tu le
somigli molto.- Osservò Nhat, squadrando Helinor con orgoglio.-Tredici anni fa
ero sotto la finestra da cui Karima lanciò Uriah. Seppi soltanto che era
successo qualcosa di grave, e quando vidi volare in strada il corpo di Karima,
compresi che qualcuno le aveva sparato. In punto di morte mi disse che era
stato un certo... aspetta, non ricordo... Verdot.-
-Verdot- sibilò Helinor. L’assassino di
sua madre. Era un nome importante.
Nhat scosse il capo con enfasi.-Lei non
ti ha abbandonata perché non ti voleva bene.-
-E allora perché?- chiese Helinor.
-Forse aveva paura. Forse temeva che
quella gente potesse farti del male e che lei non sarebbe stata in grado di
proteggerti- concluse Nhat.
Helinor lo guardò con un sentimento
molto simile alla disperazione, più che al conforto, e lui se ne dispiaque,
perché stava facendo del suo melgio per nasconderle in modo indolore la parte
di verità che più le avrebbe fatto male.
-Non so... ma almeno so che non è colpa
mia- sussurrò Helinor, poi si alzò e uscì senza aggiungere una parola.
Appena fu fuori la luce la investì, e
alla sua sinistra intravide un basco grigio da qui pendevano alcuni ciuffi di
colore argento. Si fermò a capo chino e disse:-Hai sentito?-
Sephiroth non rispose a quella
domanda.-Tseng è appena andato via-
-Hai sentito?- ripetè Helinor, a voce
più alta.
-Forse vorrai andare a tagliare i
bastoncini...- propose lui, in tono lugubre. Non sapeva proprio cosa dirle. Sì,
aveva sentito. E allora? Non erano affari che lo riguardavano, né che gli
interessavano.
Lei alzò lo sguardo su di lui,
disperata.-Tu ce l’hai una famiglia? Com’è avere una madre? E un padre?-
Sephiroth scrollò le spalle.-Non ne ho
idea. Sono orfano.- disse con indifferenza.
La vide deglutire, e all’improvviso
scorse anche qualcosa che luccicava nel pressi del suo occhio destro. Una
piccola lacrima colò dal viso di Helinor. Una e nient’altro, poi lei si rimise
in marcia e andò a rintanarsi chissà dove, chiusa in un religioso silenzio.
Sephiroth la fissò e sentì una morsa
stringerli il cuore. Adesso che era in pace, adesso che era stato privato delle
spoglie di Soldier inarrestabile, adesso che gli mancavano gli allenamenti
estenuanti e poteva godersi una calma e una tranquillità che non aveva mai
nemmeno sognato: soltanto adesso si accorgeva di quanto avrebbe desiderato una
famiglia.
(...)
Il resto della giornata passò nella più
completa monotonia.
Gofna si era rinchiusa nella tenda di
Gammon insieme a Taiji, e su ordine del gran maestro mostrava tutti i suoi più
bei giochi di prestigio.Era contenta che
qualcuno la capisse finalmente, e si era già affezionata a Gammon; lui sapeva
di cosa aveva bisogno e la faceva felice senza chiedere nulla in cambio,
soltanto per il piacere di farlo. Avevano parlato tanto di quanto Gofna si
sentisse sola dopo la morte di sua madre. Non era scesa nei dettagli di come
fosse accaduto, e neanche Gammon si sognò di chiederlo. Non era nel suo stile
indurre la gente a confessargli le cose con le domande, gli bastava
conquistarne la fiducia e le informazioni venivano da sé, senza sforzo alcuno.
Tseng era rimasto chiuso nella sua tenda
insieme a Genesis, a scrivere su un piccolo diario dalla copertina rigida, nera
come la pece, che aveva comprato da Shon insieme ad una penna molto
particolare.
-Inchiostro simpatico- aveva detto Shon
con un sorriso avido sulle labbra.
Il Turk aveva preso in mano il pennino.
Era corto come un dito, dalla punta a sfera. Quando provò a scriversi il suo
nome sul dorso della mano, l’inchiostro non era fuoriuscito.-Non scrive- aveva
fatto notare a Shon.
-Devi prendere il tappo- spiegò il
mertante.-C’è una lucina... la devi accendere spingendo questo tastinoal lato...- una piccola luce bianca illuminò
il dorso nella mano del Turk, e subito apparvero le lettere che componevano il
nome “Tseng”, a caratteri chiari e precisi.
-La compro!- aveva esclamato il giovane,
e subito aveva pagato Shon.
Quel pomeriggio aveva deciso di tenere
un diario di tutte le informazioni che stava raccogliendo, e sebbene Genesis
insistesse per leggerle riusciva solo ad avere distratte spiegazioni.
-Dovrei parlare con un mio superiore-
diceva il Turk di tanto in tanto.-Però è a Midgar.-
-Impossibile- rispondeva Genesis,
annoiato e infastidito da tutta quella risrvatezza.
A parte quelle poche parole, i due non
si parlarono molto quel giorno.
Sephiroth invece passò il pomeriggio a
vagare per inerzia intorno all’accampamento. Aveva voglia di stare solo, e
anche la compagnia di Genesis non lo allettava molto: sapeva che il suo amico
avrebbe passato tutto il tempo a lamentarsi del ruolo scelto per lui da Tseng.
A un certo punto si scoprì a guardarsi
intorno in cerca di Helinor.
Il giorno stava volgendo all’imbrunire,
ma della ragazza non c’era nessuna traccia. La prima cosa che pensò fu che lei
si fosse rintanata nel posto dove era stata accatastata la legna. Si recò lì,
ma lei nin c’era.
-Non so dov’è- gli disse Uriah quando
arrivò la sera e tutti si riunirono nella piazza centrale per la cena.-Non la
vedo da un bel po’ di tempo. Ma perché la cerchi?-
Sephiroth non rispose e se ne andò nella
propria tenda.
Helinor tornò a notte fonda, ma non
parlò né volle vedere nessuno. Sembrava appena sopravvissuta ad una battaglia.
Era sudata e affaticata, e andò subito a dormire.
Uriah era sveglio. Vide una luce nella
tenda di Helinor accendersi e seppe che era tornata. Cosa le stava succedendo?
Angolino
dell’autrice:
***Sono
al lavoro***
the one wingedangel:per prima cosa, ti ringrazio del
commento all’altra storia! ^_^ Anche se non la manderò avanti prima di aver
finito questa, quindi la prenderà alle lunghe... XD Non so perché, ma amo la sezione
di ffVII; non so perché (ci penserò).
Povera
Gofna, inizia a farmi pena, sinceramente. La trattano tutti malissimo... finiranno
col gettarla in pasto a Gammon se continuano così...
Sono
felice che Tseng ti stia piacendo ^_^! Penso che sia un bel personaggio, anche
se sul gioco è di secondo piano. (Più potere a Tseng!!!) XD
Nhat
nasconnde qualcosa, ma non è cattivo, anzi, praticamente è l’antagonista di
Gammon XD
Sì,
Zack e Angeal riappariranno verso la fine, ancora però non ci sono arrivata
nella stesura.
^_^
Beh, se vuoi leggere il continuo allora lo pubblicherò! *_*
Alla
prossima cara nipoteeeeeeeeeee *abbraccia*
Kairih: Spero che tu
abbia trovato il modo per non addormentarti più alle cinque, tesoro! Oddio X_X
Se io mi svegliassi alle cinque è meglio che la gente resti chiusa in casa,
diverrei un pericolo pubblico XD
Helinor
ogni tanto calca la mano ih ih. Però è normale,
povera ragazza. Ha sempre diciassette anni e ha sempre vissuto tenenendosi
tutto dentro. Senza contare che lei è piuttosto emotiva a volte, dunque arriva
a fare cose che non potrebbero affatto piacere. Sai, è un personaggio che ho
creato con un anno e mezzo. L’ho perfezionato e riperfezionato con il passare
del tempo, fino ad assumere praticamente un’entità propria. (No, non sono
andata a dormire alle 5. Sono le idiozie che sparo di solito XD, non farci
caso)
Neanche
a me piace il colpo di fulmine. Boh... non è che mi ha mai convinto molto.
Ottima
recensione carissima maestra!
^^
Alla prossima!!! Un bacione
KiaElle: XD
Infattiii!!! Tra poco mi tocca aggiornare anche il mercoledì! Li posso nominare
“giorni dell’aggiornamento”!! Il punto è che questa storia mi piace talmente
tanto che ho continuato a scrivere XD (senza contare che con l’estate ho tanto
tempo libero)
Eeeeeeeh
*sospiro* Gofna è come un pesciolino e Gammon è lo squalo, però. Se potessi le
direi di stare ben attenta a quel tipo =.=, ma credo che anche se lo facessi
non mi darebbe retta.
Per
carità! Ferma con quella katana!!!! *corre dappertutto* >.< Sephiroth,
fermala tuuuuuu!
Sephiroth: eh?
Genesis: Ah! Scaccomatto!
Sephiroth: Doh! Maledetta
autrice, non dovevi distrarmi! *corre dietro all’autrice con la Masamune*
AAAAAAAAAAAH!!!!
;-D
Un abbraccio al volo e me ne vado, altrimenti qui Sephiroth mi fa a fette... XD
Passarono due giorni in cui tutto
sembrava aver assunto una monotonia senza colori.
Le ricerche della ShinRa non avrebbero
mai dato i loro frutti senza la testimonianza di Verdot, e per un attimo Tseng
reputò che la missione poteva concludersi lì e che fosse giunto il momento di
rientrare nella compagnia. Helinor si era fatta schiva e silenziosa, e perfino
James Atmey, che sembrava follemente innamorato di lei aveva richiesto a Gammon
il permesso per uscire con Gofna. La prestigiatriceaveva conquistato la fiducia del gran
maestro, tanto che alla fine lui le aveva proposto di rimanere
nell’accampamento.
Fu l’alba del terzo giorno a mettere
inquietudine nell’animo di Tseng, tanto che decise di rimanere.
Era venuto a sapere che Angeal e Zack
erano stati nell’accampamento, e Taiji gli aveva raccontato che Gammon aveva
spedito un messaggio al presidente attraverso di loro.
-Non so cosa ci fosse scritto- disse
Taiji.-Se devo essere sincero, non ho un bel presentimento...-
Tseng era insuriosito dal giovane Taiji,
c’era qualcosa in lui, nella sua calma pacata, che portava il suo istinto a
desiderare di saperne di più. A fare la loro parte erano le strane capacità del
mago. Non aveva mai visto qualcuno effettuare magie senza usare la Materia,
invece lui ci riusciva tranquillamente.
-Hai sempre avuto questi poteri?-
domandò Tseng ad un tratto, non essendo più in grado di trattenere la propria
curiosità.
-Una lunga storia- gli disse Taiji con
un sorriso enigmatico.
-Mi farebbe piacere sentirla-
Taiji scoppiò a ridere e gli battè una
mano sulla spalla con fare amichevole.-Solo se mi giuri di non avere niente a
che fare con quella sciagurata compagnia!- esclamò.
Tseng sorrise nervosamente. Non aveva
bisogno di indagare a fondo per sapere che la sciagurata compagnia a cui si
stava riferendo era la ShinRa.-No. Non sono mai stato a Midgar- mentì.
-Io sì. Avevo vent’anni. Sai, ho
lavorato nel laboratorio della compagnia ShinRa, alle direttive di un certo
Faramis Gast, insieme al professor Hojo,entrambi scienziati come me.-
-Non li conosco- disse Tseng, mentre una
morsa d’acciaio gli stringeva lo stomaco. Aveva l’impressioneche ciò che avrebbe saputo non sarebbe stato
nulla di buono, tuttavia non si tirò indietro.
Taiji sorrise senza entusiasmo.-Hanno un
grande laboratorio pieno di oggetti di ogni tipo, ma soprattutto di macchinari
all’avanguardia e sostanze sconosciute. Lavoravamo ad un progetto che
consisteva nell’impiantare la Materia... sai cos’è una Materia?-
-Ho letto un po’ al riguardo...- masticò
Tseng.
-Dicevo... il progetto a cui lavoravamo
io, Hojo e Gast, era quello di impiantare della Materia negli esseri umani per
renderli in grado di usare la “magia”- raccontò Taiji, perso nei ricordi.-I
nostri esperimenti morirono quasi tutti... uomini a cui avevamo tolto il nome
per sostituirlo con una lettera, persone che avevano accettato per la
disperazione di vedersi recapitare qualche soldo...-
Tseng si rabbuiò. Uccidere non era mai
stato un suo problema, ma non aveva mai condiviso l’accanimento contro la vita
degli uomini per sottoporla al servizio di un scienza folle. Non gli piaceva
neanche il tanto decantato professor Hojo, che alla ShinRa era una persona di
grande calibro, quasi alla pari di Verdot.
-Erano tutti poveri, senza famiglia e
senza casa- disse Taiji, e per un attimo, parve farsi vivo in lui quel passato
da scienziato che lo portava a parlare con tanta calma di cose terribili.-
Avevano accettato di donarsi al progresso. Tutti fallimenti. Beh... io... un
giorno mi venne un’idea. Sapevo che il professor Hojo aveva fatto una cosa
simile in passato... ero fuori di me. La scienza può essere un fardello, sai?-
Tseng non capiva, tuttavia annuì.
-Comunicai a Hojo la mia decisione di
impiantare la Materia dentro di me. Non so cosa mi passava per la testa, ero
come... incantato. L’amore è terribile a volte- commentò.
-Amore?-
-Amore per il progresso- specificò
Taiji, in tono piatto.-Un amore che si è spento da tempo. Hojo mi sostenne in
ogni modo; lui era folle quanto me, ci intendevamo alla perfezione- rise
amaramente- e poi sopravvissi. Alla fine dell’esperimento ero vivo! Una larva
umana, senza sentimenti, senza emozioni, senza un aspetto, ma ero vivo. Un
potere enorme dentro di me, ma ero quasi un mostro, un essere senza volto. Di
nuovo Hojo mi aiutò- si passò una mano sul viso con fare stanco- mi donò una
nuova identità. Il nostro era un successo.-
Tseng lo fissò, perplesso. Dalla voce di
Taiji filtrava ancora quell’antico orgoglio, misto ad una punta di rancore.
-Ma a Gast non piacque. Lui era diverso
da noi, era più moderato e soprattutto provava pietà. Ne provò per me e lo
disse, ma mi sbattè in faccia anche la realtà. Ero un mostro, nient’altro. La
chirurgia aveva coperto il mio aspetto, ma...- lasciò in sospeso la frase per
concedere a Tseng il lusso di completarla a suo piacimento, poi proseguì
-decisi di andarmene da quel posto. Per me che ero stato un successo scaturito
da un esperimento fu facilissimo. Hojo stavolta tentò di fermarmi in tutti i
modi, ma io ero più furbo e soprattutto più potente.-
Prese una lunga pausa e sospirò
pesantemente.-Ma non sapevo dove andare. Viaggiai a lungo, fino ad arrivare in
questo posto sperduto nel nulla; l’accampamento di Gammon, un luogo mobile,
senza fissa dimora, con un capo folle come il mio vecchio collega.-
Tseng ascoltò in silenzio, perché non
sapeva cosa dire.
Taiji capì che doveva sentirsi in
imbarazzo e aggiunse:-Ma non è questo che m’impedì di stare qui. Anche perché,
lo ammetto, non mi dispiace togliere il potere dalle grinfie del presidente
della ShinRa. Il mondo- affermò con sicurezza- non può stare nelle mani di un
solo individuo.-
-Mi dispiace- conluse Tseng, abbassando
la testa.
-Non a te, non è a te che deve dispiacere-
tagliò corto Taiji, in tono indifferente.-Adesso vado.-
Tseng rimase da solo con i suoi
pensieri, confuso sul da farsi. In quel posto c’era ancora troppo da scoprire
prima di andarsene; anche perché tutta quella gente sembrava essere stata legata
dal destino ancor prima di nascere.
Helinor, la cui madre era stata uccisa
da Verdot.
Uriah, vittima di una serie di eventi
fin troppo sospetti.
Taiji, che aveva prestato la sua vita e
i suoi sergivi alla compagnia.
Gammon, che sembrava avere un legame con
il presidente, anche se Tseng non aveva definito completamente quale potesse
essere.
Harila, che dopo aver rubato quei
documenti sembrava aver dato una svolta alla sua vita. Gofna aveva detto che
spesso chiedeva perdono alla fotografia. La prese dalla tasca e la osservò.
Harila
chiedeva perdono a Karima.
Perché?Non
erano amiche?
Si avviò verso il padiglione centrale
per rintracciare Gofna e chiderle di più al riguardo, quando intravide una figura
grossa e massiccia trasinare per un braccio un corpo inerte e sanguinante. Si
avvicinò. Non aveva mai visto quella persona dai capelli rossi come il fuoco.
Prima che potesse chidere qualcosa,
Gammon uscì dal padiglione, e il giovane dai capelli rossi lasciò andare il
braccio dell’uomo che cadde a terra con un tonfo privo di vita, sollevando un
po’ di polvere.
Tseng si sentì raggelare.
Il corpo sdraiato a terra era pieno di
lividi, e sul suo vestito nero si vedeva una grossa macchia rossa allargarsi all’altezza
del cuore, dove si apriva uno profondo squarcio causato da un’arma da taglio.
Tseng intravide una spada pendere sotto il mantello del giovane dai capelli
rossi. Sul filo della lama stavano scivolando gocce rosse, che cadevano a terra
vicino al viso del cadavere vestito di nero.
Era il Turk a cui aveva ordinato di fare
la guardia...
-L’ho trovato qua fuori- disse la voce
del giovane, che intanto diede un calcio al cadavere, facendolo ruzzolare ai
piedi Gammon, che abbassò lo sguardo su di esso.
-Un Turk- sentenziò Gammon, poi, alzando
gli occhi notò Tseng poco distante e gli sorrise in modo confortante- non
spaventarti- lo rassicurò con dolcezza.
Il giovane dai capelli rossi sorrise
crudelmente e squadrò Tseng dall’alto in basso.-E questo?-
-Un mio ospite- disse Gammon.-Un
pellegrino.-
-Capisco- dopodichè Nara cambiò
discorso.-Adesso so come hanno fatto quei due Soldier a trovarci. Questo tizio
gli ha detto la locazione.-
-Era solo?- domandò subito Gammon.
-Ho cercato tutt’intorno- proseguì Nara,
in tono divertito- Ce n’erano altri due-
Gammon lo guardò soddisfatto.-Posso
sempre contare su di te, Nara.-
-Grazie maestro- rispose Nara, con un
leggero inchino.-Volevo soltanto essere sicuro che fossero davvero Turk.-
Tseng guardò Nara con aria traversa. Chi
era quel nuovo individuo?
Non appena gli occhi del giovane si
posarono su di lui, fece un passo indietro. Vide che sulle labbra di Nara si
disegnava un sorrisetto di beffa. -Vado a cambiarmi- tagliò corto poi,
allontanandosi senza salutare nessun altro a parte Gammon.
-Nara è un grande guerriero- osservò
Gammon, orgoglioso. Guardò il cadavere e sorrise compiaciuto.-Mi spiace che tu
abbia assistito a tutto questo. Farò bruciare immediatamente il corpo da
Taiji... potresti entrare nella mia tenda? C’è Gofna dentro e non vorrei che
vedesse...-
Tseng lo guardò allibito:-Gofna?!-
Non ebbe difficoltà a mostrare stupore.
Gammon sorrise.-Sì. Incredile, vero?
Karima non era il suo vero nome. Ho scoperto che era la figlia di una mia vecchia
amica. Ma davvero non lo sapevi?- domandò, perplesso.
-No- balbettò Tseng.
Quella...
Non trovò le parole per definirla, ma
poi si ricordò che aveva soltanto quindici anni.
Gammon fece un segno alle guardie, che
si scansarono e lasciarono passare Tseng.
(...)
Sephiroth non era molto distante dal
padiglione centrale; si trovava a poche tende di distanza quando era arrivato
Nara. Si era subito chiesto chi fosse quell’uomo, soprattutto perché sembrava
diverso da qualsiasi altro membro dell’Ombra incontrato fino ad ora. Era alto
più o meno come lui, e il suo fisico era estremamente massiccio e evidentemente
forte. Ne era rimasto praticamente affascinato, e si immaginava quanto potesse
essere potente come avversario. Non gli sarebbe dispiaciuto misurarsi con lui,
in futuro.
-Quello è Nara- disse una voce piatta al
suo fianco.
Helinor era insolitamente furtiva da un
paio di giorni, e Sephiroth era così concentrato su Nara che non l’aveva
neanche sentita arrivare. Si voltò a guardarla.-Chi?- ripetè.
-Nara- ripetè Helinor, incrociando le
braccia sul petto.-Non è uno che desideresti incontrare in un vicolo cieco.-
Sephiroth contemplò il giovane che
spariva nella sua tenda.-È molto forte?-
-Forte, sì. E violento- disse lei, con
voce lievemente incrinata.-Qui uccidiamo tutti. perché ce lo ordinano o perché
siamo costretti per sopravvivere... però nessuno noi trova piacere nel farlo.
Ormai ci abbiamo fatto il callo, è diventato come dormire e mangiare.-
Un’abitudine, aggiunse
Sephiroth che sapeva bene cosa volesse significare.
-Lui no. Lui combatte e uccide. E ama
farlo, perché gli piace- fece Helinor con disprezzo.-Non è una persona, non
prova alcuna pietà.-
Sephiroth ascoltò affascinato. Aveva
capito subito che Nara era diverso.
-Viene da Junon, è arrivato al campo a
undici anni, dopo aver massacrato la sua famiglia- disse Helinor.-Pensa un po’;
c’è chi desidera una famiglia con tutto se stesso e chi la distrugge di sua
iniziativa- fece in tono amaro.
Il platinato la guardò con un moto di
pietà. Era vero. Aveva visto mille volte bambini cadere, farsi male e correre
dalle madri a farsi abbracciare. Lui non aveva mai avuto quel lusso, ma non
poteva negare di averlo desiderato...
-Nara è un mostro e non lo nasconde di
certo. Da quel che so, quando era piccolo i genitori litigavano spesso. Suo
padre picchiava la moglie, e Nara un giorno è come impazzito... li ha uccisi
tutti e due senza pietà.-
La voce di Helinor si spezzò. -Me
l’hanno raccontato- disse, con voce flebile.
Sephiroth non seppe che dire, come al
solito. Non sapeva come comportarsi di fronte a Helinor. Era facile prendere in
giro un persona che aveva tutto, ma cosa dire a qualcuno che non aveva niente?
-Forse è questione di fortuna- proseguì
Helinor, cambiando discorso.-Cioè... nascere con una famiglia oppure no.-
Sephiroth scrollò il capo.-Forse-
Lei lo guardò incerta.-Ho passato
quindici anni ad odiare mia madre... ma adesso non so più niente. E poi, chi
era mio padre? Cosa faceva? Nessuno me ne ha ma parlato... e io non ho mai
pensato di preoccuparmene. Sarà morto? È ancora vivo?-
-Non ci pensare- tagliò corto
Spehiroth.-Io non lo faccio se non è strettamente necessario.-
Lei si girò completamente verso di lui e
lo fissò incredula.-Come puoi non pensare a una cosa del genere?-
-Io sono io- rispose Sephiroth, senza
guardarla.-Vorrei sapere chi erano i mei genitori, che passato avevano e qual
era la loro personalità... ma è inutile pensarci... mia madre è morta di parto-
aggiunse.-Forse non mi meritavo una madre. È morta per colpa mia...-
-No.- Interrppe Helinor, con gli occhi
sgranati e improvvisamente pietosi.-Non è così. È tutto sbagliato...-
-Allora non ci pensare- ripetè
Sephiroth, stringendosi nelle spalle.
Helinor lasciò scivolare le braccia
lungo i fianchi, con i pugni stretti.-E tuo padre?-
Il ragazzo fu scosso da una leggera
risata.-Non ne ho idea.-
Lei lo guardò e gli sorrise lievemente.
-Che tristezza- mormorò Sephiroth,
portandosi due dita alle tempie mentre scuoteva lievemente la testa a destra e
a sinistra.
Avvertì una mano fredda a contatto con
la sua.-Mi dispiace.-
-Ciao- concluse Sephiroth, che si liberò
dalla presa di Helinor e se ne andò a passo svelto, indifferente fuori,
terrorizzato dentro. Se non se ne fosse andato le avrebbe detto tutto. Tutto.
Anche degli esperimenti subiti.
Lei
capisce.
(...)
-Lui miha detto tante cose su mia madre!- pianse Gofna, seduta sullo scranno di
Gammon, con Tseng che le lanciava occhiatacce funeste.
-gli hai detto del piano?- chiese
seccamente il Turk.
-NO!- esclamò Gofna, con il viso rigato
dalle lacrime, di nuovo.-E mi ha chiesto anche di rimanere qui con lui!-
Tseng si sarebbe volentieri messo le
mani tra i capelli. O Gammon era molto stupido, o molto furbo. L’immagine del
corpo del collega Turk e quella di altri due collaboratori i cui corpi sarebbero
stati mangiati dai corvi, gli fecero salire un nodo alla gola.
-Questo non è il posto per te...- provò
a dire, ma Gofna non lo ascoltava più.
-Il signor Gammon è gentilissimo, al
contrario di Helinor! Lei ha ucciso mio padre!- esclamò la ragazza, con un puro
e sincero odio nella vocetta stridula.- Ha detto che la punirà, perché lui non
avrebbe mai assegnato una missione così!-
Tseng scosse la testa, esasperato.-Non
puoi dire sul serio...-
-Invece sì!- gridò Gofna.
-Piano, mi spacchi i timpani!- protestò
Tseng, la cui pazienza era quasi terminata.-Cosa ti ha detto su tua madre?-
Gli occhi di Gofna si riempirono di
gioia e orgoglio.-Mi ha detto che era una donna bellissima, che sapeva fare
tantissime cose! Mi ha detto che qui dentro la stimavano tutti e aveva un
mucchio di spasimanti!-
-Capisco...- sospirò Tseng.
-E poi mi ha detto anche che ha sofferto
molto quando se ne è andata, e che l’ha sempre cercata per riportarla a casa,
non per farle del male come sosteneva mia madre...-
-Ma è stata questa gente a uccidere tua
madre!- esclamò Tseng.
Gofna per poco non lo sbranò:- Non è
vero! Il signor Gammon mi ha raccontato la verità! Sono stati quelli della
ShinRa! L’hanno... l’hanno... le hanno fatto del male perché lei aveva rubato
dei documenti tanti anni fa!-
-Gofna!- l’ammonì Tseng.-Apri gli
occhi!-
-No! Aprili tu! Mostrami delle
prove!-si lagnò Gofna.-Il signor Gammon
non dice bugie... il signor Gammon non dice bugie- ripeteva a bassa voce,
portandosi le ginocchia al petto e abbracciandole.-Lui è sincero.-
Quel
tipo è una vecchia volpe. Mi piacerebbe sapere cos’ha in mente...
(...)
A ora di pranzo, Gammon scaldava
nuovamente il suo scranno con aria assorta.
Nara entrò con una riverenza e gli si
avvicinò.-Maestro.-
-Le cose mi stanno sfuggendo di mano-
disse Gammon, continuando a guardare un punto fisso, distrattamente.-Quello che
ho costruito con tanta fatica sta per essere tutto distrutto... e la colpa è
solo mia.-
-Maestro?- fece Nara, incerto su come
comportarsi.
Gammon si alzò, percorse lo spazio che
c’era tra lui e il ragazzo, gli portò una mano dietro la nuca e gli trasse la
fronte sul proprio petto.
Nara ascoltò il battito ritmico del
cuore di Gammon, in silenzio, poi lui lo lasciò andare e gli disse:-Mi sarai
fedele?-
-Certo maestro... per sempre! Lei è la
mia unica ragione di vita!- esclamò Nara con passione.
Gammon lesse tutta l’obbedienza e il
servilismo che quel giovane aveva nei suoi confronti, insieme un sincero
affetto tra la violenza dei suoi occhi. Lo strinse a sé.
-Lo so, ragazzo mio. Lo so- ripetè a
bassa voce, mentre sulle sue labbra si disegnava un sorriso disumano, che Nara
che non avrebbe mai potuto vedere.
Si lasciarono dopo svariati minuti, poi
Gammon tornò al suo scranno e da lì fissò l’espressione di Nara, immersa in un
misto di amore e follia. Quel ragazzo era così tremendamente ingenuo che poteva
essere manovrato senza problemi.
-Hai fatto quello che ti avevo detto?-
-Tutto, maestro!- disse Nara,
velocemente.-Ho anche ucciso la signora Nhame... Uriah non aveva avuto il
coraggio di farlo, quindi sono intervenuto io.-
-Quel ragazzo è un’altra palla al piede-
sibilò Gammon, dando un pungo sui braccioli.-Sono due palle al piede! Lui e
Helinor!-
-Maestro, vuole che l’aiuti a risolvere
la situazione?- si offrì Nara, con un sorriso da carnefice.
Gammon puntò lo sguardo su di lui e lo
fissò imbambolato, poi sorrise amabilmente e ripensò che Nara non avrebbe mai
fatto le storie che aveva avanzato Taiji. Eccolo lì, monopolizzato dal carisma
di un uomo che gli aveva offerto ciò che desiderava di più al mondo: l’affetto
di un padre e la possibilità di uccidere.
Gammon strinse i braccioli e il suo
sguardo divenne pentrante.-Ragazzo mio, non è ancora il momento. Ti dirò io
quando dovrai agire e cosa dovrai fare.-
-Comandi, maestro- mormorò Nara, e si
inchinò profondamente.
(...)
-Presto ci sarà una festa qui al campo!-
esclamò Nhat con allegria, mentre passava a Tseng un’ampolla da riporre in un
baule.
Tseng gardò prima l’ampolla arrancione,
poi il baule a terra, poi Nhatan.-Festa?- scandì, perplesso.
Nhat gli rivolse un largo sorriso.-Sì.
La festa di plenilunio. È l’ultima sera che si passa in un posto prima di
partire per una nuova meta.-
-Partite?-
Tseng si sentì un po’ stupido. Era già
da un po’ che ripeteva le parole di Nhat.
-Siamo un tribù nomade. Ci trasferiremo
nel Wutai, per dare una mano ai soldati sul fronte...-
Il Turk lo fissò.-Andate in guerra?-
L’argomento gli interessava
particolarmente.
-Ti sembrerà strano, eh? Un gruppo di una
trentina di persone che combattono in guerra!- rise Nhat, mentre prendeva un
altro paio di ampolle tra le mani.-A volte penso che questa organizzazione sia
veramente strana... figuriamoci che opinione ti sarai fatto tu!- rise.
-No... non è questo- lo contraddì Tseng,
con un sorriso.-Solo che mi dispiace un po’ lasciarvi. Mi ero abituato a stare
qui.-
-Già.- Nhat si fece serio e gli strinse
una mano con fare amichevole e affettutoso.-Mi mancherai, Tseng! Sei una brava
persona, davvero.-
-Io non so...- mormorò Tseng,
arrossendo.-Non so se merito tutti questi complimenti.-
Nhat sorrise e gli strinse caldamente le
mani tra le sue.-Lo sei. I tuoi occhi me lo dicono.-
Il Turk si sentì in colpa per l’affetto
così sincero che gli stava dimostrando Nhat, e avvertì una strana sensazione
all’altezza dello stomaco, unita ad un forte mal di testa. Da quando si
conoscevano gli aveva sempre mostrato una maschera di menzogne. Cos’avrebbe
detto Nhat se avesse scoperto chi era in realtà? Si sarebbe rimangiato tutto,
probabilmente.
-Tseng!-
Sephiroth fece irruzione nella tenda
forse con troppa foga, perché sia il Turk che Nhat lo guardarono confusi. Il
platianto fece un passo indietro e si ricompose.- Non volevo disturbarvi.-
-Stavamo parlando del più e del meno-
gli andò in contro Nhat, posandogli una mano sull’avambraccio.-Stai qui con
noi, ho saputo che Nara è tornato.-
-Nara?- fece eco Sephiroth. Al nominare
quel nome gli venne in mente il ragazzo dai capelli rossi che avea sterminato
la famiglia.-Sì, Helinor mi ha detto tutto di lui.-
Tseng fissò Sephiroth con aria
stralunata.
-Ha ucciso i suoi genitori- spiegò
Sephiroth, con crudezza.
Nhat sospirò pasantemente e scosse la
testa con fare sconsolato e abbattuto.-Già. Quel bambino è sempre stato strano,
ma in un modo tutto suo.-
-Gli piace uccidere!- sottolineò
Sephiroth.-C’è un limite a tutto.-
Tseng guardò prima il platinato, poi
Nhat con aria interrogativa.
-Non lo giudicare, ragazzo.- Disse Nhat,
con una voce spenta che non gli apparteneva.-La madre veniva picchiata giorno e
notte dal marito. Lui si è solo difeso, e nel farlo ha ferito anche lei... è
stato un incidente. Non gli è mai piaciuto ammazzare la gente.-
Sephiroth non replicò. Lui l’aveva visto
Nara, aveva capito chi era, gli aveva letto nell’animo, e quello che aveva
visto era soltanto una bestialità che non aveva eguali. Helinor lo aveva
confermato, senza contare che aveva ucciso quel Turk a sangue freddo e l’aveva
trascinato come un animale per la strada fino all’accampampento. Nhat poteva
anche pensarla diversamente, ma lui non avrebbe cambiato opinione perché un
uomo dai pensieri troppo molli per esprimere un giudizio realista aveva messo
in dubbio la sua opinione.
Sephiroth aveva visto e aveva capito.
Non aveva bisogno del parere inutile degli altri.
-Durante la festa si farà un
combattimento- stava dicendo Nhat.
I due avevano già deviato discorso
quando Spehiroth tornò al presente.
-Ma ancora non si sa chi siano i due che
dovranno affrontarsi- proseguì il medico.
Tseng gli sorrise.-Spero che non si
facciano male.-
-No- disse Nhat, muovendo una mano per
sottolineare il fatto che trovasse quel pensiero totalmente assurdo.-Loro sanno
combattere, e poi sanno che se uccidono un compagno, Gammon gliela farà pagare.
Non si uccide un ragazzo e la si passa liscia, grazie a Silver.-
-Silver?- domandò Tseng.
-Gammon!- specificò Nhat.-Il suo nome.-
Tseng annuì. Era talmente abituato a
sentirselo chiamare soltanto Gammon o maestro, che alla fine aveva dimenticato
il suo nome. Si sentì consolato che almeno quella gente non si uccidesse tra di
loro, anche se avendo visto quel macabro spettacolo portatogli da Nara,
iniziava ad avere qualche dubbio sull’equità del Gammon che presentava Nhat.
Senza contare Taiji. Non avrebbe mai
pensato che fosse stato uno scienziato, un tempo. Soprattutto, non avrebbe mai
pensato che avesse lavorato alla Shinra.Ci aveva pensato parecchio dopo che gliel’aveva detto, e gli era venuto
in mente un dossier che gli era passato tra le mani riguardante la fuga di un
campione da laboratorio. Doveva essere lui, Taiji.
Si rallegrò della scoperta appena fatta:
aveva aggiunto un piccolo pezzetto al grande puzzle che doveva finire.
La sera, prima di andare a dormire,
Tseng aggiurnava il suo tacuino con precisione minuziosa, utilizzando quella penna
che riusciva a nascondere la scrittura di un uomo che aveva molto da sapere e
poco da far sapere agli altri. Si sdraiava sul sacco a pelo, vicino a Genesis
che tanto ormai aveva abbandonato ogni tentativo di avere infirmazioni, e
scriveva, scriveva... la punta della penna scivolava rapida e sicura sul
foglio, scricchiolando di tanto in tanto.
Tseng guardava le parole che si
delineavano grazie alla luce e sorrideva con soddisfazione.
Su una pagina si era scritto i nomi
degli esponenti dell’organizzazione, un lunga lista di segni neri che si
prolungava fino alla fine del foglio; accanto ad essi c’era una descrizione
sintetica. Tseng sorrise. Era sempre stato bravo a fare i riassunti, a cogliere
le linee principali di un discorso. Era un dono che si portava dietro fin
dall’infanzia; la precisione faceva parte di lui.
-Ce ne andremo mai di qui?-
La voce dura di Genesis interruppe il
suo minuzioso lavoro, e Tseng chiuse il tacuino con uno scatto secco, come a
sottolineare la sua irritazione, dopodichè si mise a sedere e nascose il diario
in un tasca interna della camicia, dov’era il suo posto. Guardò Genesis.
Il rosso sembrava parlare con il suo
libro, perché se ne stava sdraiato con un braccio dietro la testa e una mano
sopesa a mezz’aria che gli teneva un volume davanti al volto. I suoi occhi
scorrevano le parole con cura.
Tseng notò che aveva legato la benda
nera intorno al polso.-Non ancora- rispose.
Genesis tolse il braccio da sotto la
testa per girare la pagina con la relativa mano.
Il fruscio della carta si infilò nel
silenzio che si era creato.
Tseng abbassò lo sguardo e si stese sul
sacco a pelo.
La luce della loro tenda si spense verso
le undici.
Angolino
dell’autrice:
Devo
chidere scusa mille volte perché non stavolta non ho tempo per rispondere alle
recensioni! Questa settimana è stata piena di impegni e non sono neanche
riuscita a ricontrollare il capitolo (tra l’altro, spero che non ci siano
grossi errori), quindi vi chiedo perdono in ginocchio!!!
Comunque,
vi mando un bacione e vi assicuro che la prossima settimana riponderò alle
recensioni come sempre!
X_X
Perché ci sono settimane in cui tutti si scordano che esisto e altre in cui
tutti mi cercano (commento dell’autrice: bah... =.=)
Vi
lascio Sephiroth al banco reclami se avete bisogno di qualcosa! (Ei!- nd
Sephiroth)
Un
corridoio lungo, sconfinato, che si perdeva nel buio sia destra che a sinistra.
Nel
mezzo stava un ragazzo dai capelli argentati che gli ricadevano sulle spalle e
gli circondavano il viso pallido. Si guardava intorno, spaesato.
C’era
scarsa illuminazione, ma essa non era provocata né dalla luce del sole, perché
non c’erano finestre di alcun tipo, né da lampadari di sorta, perché quel
corridoio angusto era solo una lunga barra di ferro.
Il
ragazzo avanzò verso una parete e la sfiorò con le dita. Il metallo grigio era
freddo e liscio, e rifletteva l’immagine del giovane, i cui occhi erano di un
verde vivo e intenso, quasi irreale. La stessa mano che aveva accarezzato il
metallo volò su quegli occhi, coprendoli. Gli ricordavano troppe cose.
Poi,
la mano scivolò in basso, dove c’erano le labbra, e gli occhi tornarono a
guardare il riflesso del corpo sotto di essi.
Il
ragazzo si accorse di indossare soltanto i pantaloni e gli stivali. Si guardò
quasi con interesse, era tutto così irreale che quel corpo non sembrava che gli
appartenesse. Era un giovane di appena diciassette anni racchiuso nel corpo di
un uomo a tutti gli effetti; i muscoli si facevano vedere con chiarezza sotto
la sua pelle diafana.
Fece
per avvicinare di nuovo la mano al riflesso, quando un rumore interruppe
l’incantesimo e lo fece voltare di scatto. Strinse gli occhi e si girò per
raggiungere la parte del corridoio alla sua sinistra.
Improvvisamente
si rese conto di essere senza difese, ma non ebbe alcuna paura. Si sentiva forte,
di una forza che gli scorreva nelle vene come un fiume in piena, scoppiandogli
nelle gambe e nella mani. Era consapevole che con un calcio o con un pugno
avrebbe potuto uccidere.
Avanzò
in posizione d’attacco, pronto a scagliarsi su chi avesse avuto il coraggio di
colpirlo, laggiù nell’ombra.
-Chi
sei?!- gridò, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.
Poi
li vide: due occhi che lo guardavano nel buio. Solo due cerchi verdi come i
suoi che apparivano immersi nella totale oscurità. Erano fosforescenti, freddi
e spietati.
Eppure
il ragazzo sorrise e si sentì pervadere da un sentimento di calore che lo
abbracciò anche all’esterno. Non ebbe paura, il freddo cessò di avvolgerlo con
le sue spire, la solitudine venne spazzata via.
Due
occhi.
E
nient’altro.
(...)
-Ancora quel sogno...- bofonchiò
Sephiroth, ancora prima di sollevare le palpebre.
Qualcosa di duro gli pungeva la schiena,
e lui ci mise un po’ per ricordarsi che era ancora steso su un sacco a pelo. Si
girò su un fianco con un gemito e il dolore alla schiena cessò.
Dev’essere
una pietra. Maledizione, ma l’unica dell’accampamento dovevo beccarmela io?
Sephiroth si portò una mano tra i
capelli, poi la fece scivolare sul viso, proprio come aveva fatto nel suo
sogno, dopodichè decise di alzarsi, si infilò il basco in testa e vide Nhat
russare poco più in là, steso in una strana posizione. Lo fissò. Chissà se
anche lui risultava così buffo durante la notte.
Il ricordo di quegli occhi così simili
ai suoi se ne era già andato prima che si svegliasse, e con loro il calore e la
tenerezza. Del sogno rimase soltanto l’angusto corridoio di metallo.
Uscì della tenda che era l’alba, ma lui
non riusciva a dormire più di così.
Fuori c’erano soltanto le guardie del
padiglionee Nara che le fissava nel
centro della piazza.
Non passarono che pochi minuti quando
uscì anche Uriah. Aveva un’aria stravolta e nei suoi occhi si leggeva una
stanchezza indefinibile.
Forse
anche lui ha da lottare con i fantasmi del passato.
Poi Sephiroth intravide una chioma di
capelli castani e il suo cuore fece una capriola. Helinor si era avvicinata a
Uriah e gli aveva sorriso. Sembrava tornata la stessa di quando l’aveva
conosciuta, non più la ragazza seria e fredda che era stata in quei due giorni.
Fu tentato dall’avvicinarsi e sapere
qule fosse l’argomento della loro discussione, ma capì che doveva essere una
cosa intima e ci rinunciò ancor prima che quel pensiero gli si delineasse bene
in mente. Guardò attentamente Helinor. C’era qualcosa di strano in lei.
Sephiroth rimase impalato davanti alla
tenda di Nhat a guardare la gente del campo riunirsi nella piazza centrale, per
poi uscire dall’accampamento in fila per due stotto la guida di Nara.
Dopo poco uscì anche Tseng.
-Nhat è sveglio?- chiese subito.
Sephiroth girò appena la testa, come se
guardando la tenda avesse potuto vedere anche al suo interno, poi rispose:-
Quando mi sono alzato dormiva ancora.-
-Allora è meglio aspettare. Ce ne
andremo dopo quella fantomatica festa.- Aggiunse poi.
Il Soldier annuì.
Finalmente.
-Purtroppo è inutile restare- Tseng
aveva abbassato la voce.-O la va o la spacca: Abbiamo cinque giorni per
scoprire di più su Gammon.-
Sephiroth si raddrizzò e spostò lo
sguardo su una pietruzza a terra. Qualcosa iniziò a fargli male, tra le
scapole. Quella notte era stata un vero tormento.-Sarà difficile.-
-Già- disse Tseng.-Ma Helinor mi ha
detto che ci aiuterà... e poi, ho recuperato il GPS dalle tasche del Turk che è
stato ucciso. Ho contattato un mio superiore; ci sono delle novità.-
Sephiroth si fece attento:-Che novità?-
(...)
-Sono quasi contento che tu non ce
l’abbia più con me.-
Stoccata.
-E mi fa anche piacere vedere che hai
preso sul serio il mio consiglio.-
Parata.
-Sei già migliorata.-
Affondo.
Helinor si fermò e gli lanciò
un’occhiata di sbieco mentre abbassava la spada asciugandosi con un braccio il
sudore della fronte.-Non è solo quello. Sono più determinata adesso.-
Uriah annuì e non aggiunse altro
all’argomento.
Lei osservò con aria compiaciuta il
compagno che aveva preso a grattarsi il braccio sinistro, quello con cui teneva
la spada, ringuainò la sua con un sibilo e disse:-Puoi parlare di mia madre.-
Il ragazzo sollevò lo sguardo e si
accorse che senza volerlo era tornato a grattarsi il braccio sinistro. Smise
subito e obiettò:-Non mi va.-
-Sono forte.- Rispose Helinor.-Ho
sopportato di peggio.-
-No.- Ribadì Uriah, senza
guardarla.-Parlane con... loro... non
con me.- e se ne andò a chiedere a Kay se aveva voglia di allenarsi. Helinor lo
seguì con lo sguardo e pensò a quanto poteva essere cocciuto e orgoglioso quel
ragazzo. Poi avvertì un senso di bruciore sulla pelle del braccio che aveva
usato per asciugarsi il sudore. Ne guardò il dorso con aria vacua.
Sei
già migliorata.
Sì, ma non per merito della spada che
adesso usava negli allenamenti al posto del pugnale.
Nel periodo in cui era sparita, era
stata ad allenarsi in mezzo ai mostri che infestavano quella pianura; forti o
deboli che fossero, ne aveva trucidato uno dopo l’altro, fino a sfinirsi.
La ferita che le bruciava sul braccio
era il risultato di un incontro troppo ravvicinato con una di quelle bestie. E
non era l’unico taglio. Uriah non l’aveva notato, o forse non gli aveva dato
troppo peso, ma sull’avambraccio destro della ragazza si trovavano segni rossi
di artigli affilati. Sulla schiena si era aperto uno squarcio che difficilmente
si sarebbe rimarginato senza lasciare tracce. Sul polpaccio sinistro, poco
sopra la gamba dello stivale, si intravedeva un livido che scendeva fino alla
caviglia.
Senza contare il dolore che ricavava da
tutte quelle ferite, più o meno rimarginate.
Helinor strinse i pugni. Non importava
quanto dolore avrebbe dovuto ingoiare; lei era forte abbastanza per
sopportarlo.
La sua forza era sempre stata l’unica
cosa in cui aveva creduto davvero.
Forse un giorno ne avrebbe avuta
abbastanza per dire a Gammon tutto ciò che in quindici anni aveva taciuto.
Qualcosa di duro la colpì proprio in
mezzo alle scapole, schiacciando anche il grosso taglio che portava sotto i
vestiti.
Helinor cadde nella polvere, con i
pugni, i gomiti e le ginocchia a terra. Ansimò sonoramente, mentre avertiva che
qualcosa prendeva a gocciolarle sulla schiena. Seppe che la ferita aveva
ripreso a sanguinare anche senza vederla. Si girò furiosa in cerca della
persona che l’aveva presa alle spalle, e vide la figura di Nara che la
sovrastava.
-Sei troppo lenta.- Disse Nara con voce
fredda.
Helinor non riusciva ancora a riprendere
fiato, tanto la ferita gli faceva male, e quando vide gli occhi di Nara posarsi
sulla sua schiena, in essi non trovò nulla a parte una crudeltà senza limiti.
Lui sorrise.-Ci siamo dati al lavoro
pesante ultimamente?- domandò senza alcuna umanità.
-Fatti gli affari tuoi- fu la risposta,
mentre la ragazza si alzava e sguainava la spada, cercando di ignorare il
dolore.
Nara fece per mettersi in guardia e
rispondere alla sfida. Era proprio quella che cercava.
-Fermi!- gridò una voce tra tutte.
Helinor guardò alla propria destra,
distratta dalle urla di un adolescente che sbracciava agitato, e non vide il
colpo che Nara stava già sferzando dall’alto verso di lei.
La ragazza intravide il luccichio della
lama e se la immaginò piantata tra la spalla e il collo, invece quella si fermò
a mezz’aria, accompagnata da un rumore metallico.
-Sei pazzo!- gridò Uriah, fuori di sé.
Nara ritrasse la spada,
irritato.-Vattene, ragazzino!-
-Se vuoi farle del male devi prima
vedertela con me!- esclamò il ragazzo dai capelli fulvi, parandosi davanti a
quel colosso che era Nara con l’elsa della spada racchiusa nelle due mani.
Il rosso si fermò e quasi scoppiò a
ridere.
Helinor sentiva la testa girare. Doveva
essere la conseguenza del sangue che stava perdendo.
Se solo il suo corpo fosse stato forte
come la sua mente...
-Ci stiamo solo allenando, non c’è
motivo di prendersela- rise Nara.
-Lasciala stare, Nara!- ruggì la voce
burbera di Loi.-Non ti ha fatto niente, ed è un terzo di te!-
Kay balbettò qualcosa. Si sentiva
responsabile della distrazione di Helinor, dato che era stato lui a urlare,
poco prima.
-Diglielo anche te, James!-rincarò Loi,
battendo una mano sulla spalla dell’amico. Quello sbiancò totalmente non appena
vide gli occhi crudeli di Nara soffermarsi su di lui.
-Non è una buona idea...- farfugliò
James. Improvvisamente sembrava aver perso tutto il suo fascino.
-Qualcun altro ha da obbiettare?!- tuonò
Nara, rivolto a tutti gli astanti che lo fissavano, chi sbalordito, chi
confuso, chi divertito.
Qualcuno fischiò per l’indignazione.
-Riprendiamo l’allenamento- tagliò corto
Nara, con voce stentorea. Il suo ordine fu accompagnato da un tonfo.
Uriah si voltò e lasciò cadere la spada
a terra.-Helinor!-
Nara gli rivolse uno sguardo di
sufficienza.
Ecco
uno dei motivi per cui non voglio ragazzine tra i piedi.
-Portala via- intimò poi con aria
indifferente, rivolto a Uriah.
-Nara!- tentò di protestare il ragazzo.
-È la tua compagna, no?- domandò Nara,
con un ghigno che lasciava intendere chiaramente quanto poco gli importasse
della questione.-Allora prendila e portala via, o intralcerà gli altri.-
E detto questo voltò le spalle a
entrambi e gridò:-CHE AVETE DA GUARDARE? VOGLIO VEDERVI SPUTARE SANGUE!-
Uriah guardò il volto stremato di
Helinor e la sorresse per il collo, in modo da poter gettare un occhio alla sua
schiena. I vestiti erano bagnati di sangue e un brivido lo percorse dal braccio
fino a diramarsi in tutto il resto del corpo.
La prese tra le braccia e se ne andò più
velocemente possibile, con un grande senso di colpa nello stomaco e la speranza
che lei non avesse nulla di irreparabile.
Nara,
un giorno mi vendicherò di te, stanne certo.
(...)
Helinor si sentiva leggera e pesante al
tempo stesso. Non seppe definire quali sensazioni la stessero guidando nel
buio, fatto stava che non riusciva né a svegliarsi, né a muovere un muscolo.
Eppure sentiva qualsiasi rumore infilarlesi nelle orecchie e insinuarsi nella
sua testa, fino a raggiungere la parte più remota di sé.
Perchè
non riesco a controllare il mio corpo?
Tentò di muovere le dita senza nessun
risultato.
Poi sentì una voce molto vicina a lei.
-Come
stai?-
Dapprima il suono delle parole giunse
ovattato e indistinto, poi fu come se le parole si imprimessero a fuoco nella
sua mente, prendessero un senso e si plasmassero, fino a renderne possibile la
comprensione.
-Ho
dovuto cacciare via un sacco di gente, lo sai? Erano tutti qui per te. C’era
persino il ragazzo cieco!-
Un ragazzo cieco?
Helinor mugugnò qualcosa.
Nella sua testa si formò un nome:
Genesis.
Sentì con sollevo che qualcosa di caldo
si posava sulla sua guancia, simbolo che stava riacquistando la sensibilità. Le
dita gentili le mossero il viso a destra e sinistra con delicatezza, mentre
Nhat le parlava con pazienza.
-E
poi è passato Tseng, e anche quel ragazzo che porta sempre il cappello!-
Helinor sorrise.
-Bene,
così... non è niente, è solo un graffietto.-
Improvvisamente i ricordi
dell’aggressione tornarono vividi nella mente di Helinor, trasformando un’
antipatia che già covava da tempo nei confronti di Nara, in rancore profondo.
-Tu
sei sempre la solita testona, Helinor-
No, non la ramanzina!
-Ecco...
fatto! Sei a posto! Se non sbaglio l’effetto della pozione dovrebbe terminare
tra... tre... due... uno...-
Uno schiocco di dita.
Per Helinor fu come tornare alla vita
dopo la morte. I suoi occhi azzurri incontrarono confusamente quelli di Nhat,
poi i tre volti che vedeva si sovrapposero in uno solo, e lei sbattè le
palpebre diverse volte prima di poter riaquisire totalmente la lucidità.
Nhat le teneva una mano sulla
spalla.-Sei sveglia, finalmente! Ho medicato il taglio alla perfezione,
modestamente, compresi tutti gli altri graffi che avevi sul corpo.-
Helinor storse il naso e si guardò
intorno.
Era stata appoggiata con la schiena ad
un baule, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e le gambe distese a
terra. Sì sentì un po’ stupida, ma il taglio non bruciava più; era come se
fosse sparito nel nulla.
Poi la rivelazione:-Sono due giorni che
dormi- ridacchiò Nhat.- Hai perso molto sangue, e ti ho dovuto dare un
medicinale per rimarginare qulla ferita sulla schiena... però ha degli effetti
collaterali...-
Helinor fu colta dal panico e iniziò a
tastarsi i gomiti, le braccia e i polpacci in cerca di qualsiasi cosa di
diverso.-Collaterali?- balbettò.-Che effetti?-
-Fa dormire parecchio!- Nhat le fece
l’occhiolino, e lei tirò un sorriso di sollevo.
-Grazie- disse Helinor.
Il medico si alzò e la guardò dall’alto
con un sorriso affettuoso sul viso. C’era però qualcosa che non andava in lui.
Helinor lo guardò bene. Era come se le
rughe sul suo viso si fossero moltiplicate, in particolare quella tra le
sopracciglia.-Cosa succede?- domandò.
Lui sorrise senza entusiasmo e le porse
una mano per aiutarla ad alzarsi.-Ho litigato con Silver.-
Helinor, che si stava alzando, per poco
non inciampò di nuovo.-Con il maestro?!-
-Mi dispiace, Helinor- sussurrò lui,
guardandola con pietà e rimorso insieme.
-Non capisco...- farfugliò Helinor.
Cos’era successo in quei due giorni di
sonno, e perché Nhat aveva litigato con Gammon?
-Siediti di nuovo- disse il medico, dopo
qualche istante di silenzio.-Te lo spiego.-
-Non ho voglia di stare ancora seduta!-
protesto Helinor, stringendo i pugni.-Spiegamelo in piedi! Perché hai litigato
con il maestro?!-
Nhat sorrise, poi sospirò e
disse:-Perchè non ha punito Nara per ciò che ha fatto...-
Quella fu come una bastonata per
Helinor, che cadde a terra veramente, con le gambe divaricate e un’espressione
impietrita sul viso pallido.-Non l’ha punito?!-
-Non dovevo dirtelo...- si pentì Nhat.
Helinor si alzò immediatamente con uno
scatto e cercò il pugnale appeso alla cintola, senza trovarlo. Si ricordò che
l’aveva lasciato nella tenda perché la mattina dell’allenamento aveva usato una
spada, quindi si catapultò fuori tra i richiami di Nhat, che servirono a ben
poco.
La mente di Helinor correva più veloce
di lei, senza farle capire niente di ciò che stava pensando o facendo. Fu
appena fuori dalla tenda che si sentì afferrare da due braccia e fermare da
qualcosa che non seppe definire.
-Cosa stai facendo?!- esclamò la voce di
Uriah.-Ma vuoi stare ferma?! Helinor!-
Lei si calmò solo dopo che ebbe speso in
movimenti scoordinati e le poche energie recuperate. Si calmò.
-Uriah...- mormorò, appoggiando la testa
al suo petto. Era lui che l’aveva fermata.
-Non fare pazzie, come tuo solito-
l’apostrofò, con una nota di dolcezza che Helinor non gli aveva mai sentito.-So
che il maestro non ha punito Nara...-
-Come lo sai?- domandò Helinor.
-Sono due giorni che aspettiamo, ma il
maestro e Nara sono più amici di prima- rispose Uriah, con un moto di rabbia
che espresse nello stringere la ragazza a sé ancora di più.
Helinor si sentì avvolgere dalle braccia
dell’amico, e avvertì qualcosa sciogliersi nel suo petto, qualcosa che da tempo
era stato bloccato dal gelo del suo animo. Allora era quella l’amicizia di cui
le aveva parlato Zack? Un sentimento che la faceva stare bene, ma che al tempo
stesso la portava allo scoppiare in lacrime.
Il dolore l’aveva accompagnata per
quindici anni, soffocandola, costringendola a sopravvivere nel solo modo che
conosceva: le armi, il sangue. Sfogava quella rabbia sugli altri e al tempo
stesso sentiva che non serviva a niente, se non ad aumentare il dolore, perché
poi pensava che tutta la gente che era morta per sua mano aveva dei figli, o
dei nipoti, o dei cari che avrebbero sofferto esattamente come lei.
Quelle lacrime che i primi tempi avevano
accompagnato le sue notti si erano esaurite, e quel dolore misto alla rabbia si
era ghiacciato, formando sul suo cuore una patina impenetrabile.
Improvvisamente si rese conto del perché
fuggisse i contatti fisici con tanta foga.
Era in qui contatti che la patina si
scioglieva, lasciandola di nuovo in balia della sofferenza, del dolore, della
solitudine.
Si ritrovò a piangere tra le braccia di
Uriah come una bambina, scossa dai singhiozzi.
Lui le posò una mano sulla nuca e le
premette il viso sul proprio torace, nascondendolo tra le pieghe dei vestiti.
Finalmente...
Finalmente
posso essere forte per te, Helinor...
(...)
-Non
è bellissima?-
Una
voce tranquilla, materna, appartenente ad una donna con un bambino in braccio, si
perse nel buio della tenda, illuminata solo da un candela che gettava una luce
circolare intorno al volto stravolto di Karima.
C’era
un’altra persona accanto alla donna.
-Sì.
E’ proprio stupenda.-Convenne un uomo che si era appena inginocchiato vicino alla
donna e aveva posato un dito sulla guancia della bambina, con
leggerezza.-Diventerà forte come suo padre.-
Karima
abbassò lo sguardo sul fagottino che teneva in braccio, e sembrò meditare su
qualcosa che la spaventava terribilmente, a giudicare dalla sua espressione.
Tossì.
Nhat
si agitò.-Ancora questa tosse?-
-Non
è niente- lo tranquillizzò Karima, con voce dolce.-Soltanto un malanno di
stagione...-
Lui
le rivolse un’occhiata incerta e un po’ preoccupata.-Voglio visitarti, se non
passa.-
Karima
rise con affetto, e nel farlo strinse a sé suo figlia, come se avesse paura che
le sguffisse. Era uno scricciolo, quella bambina; i grandi occhi blu erano
diventati lucidi e probabilmente sarebbe scoppiato a piangere di lì a poco.
La
madre lo cullò con calma vicino al suo seno e gli sorrise con amore,
sussurrandole qualche parola dolce per farla addormentare.
Il
viso della bimba in fasce tornò da rosso ad un colorito roseo, dopodichè chiuse
gli occhi, stringendo nella manina il dito della madre.
-Ancora
non hai deciso come la chiamerai?- domandò Nhat, con un sorriso complice.
-Mio
marito non si decide mai a tornare dal fronte- obiettò Karima, contraccambiando
lo sguard.-Forse lo scieglierò io personalmente...-
-Che
ne dici di... Dana?- domandò Nhat, facendo capire a Karima che ci stava
pensando già da tempo. La donna socchiuse gli occhi e gli sorrise. La dolcezza
e la semplicità di Nhat l’aveva sempre messa a suo agio, ma non si sarebbe mai
immaginata che un giorno avrebbe concordato il nome di sua figlia proprio con
lui.
-Dana...-
ripetè a bassa voce Karima, sovrappensiero.-Troppo ordinario. Lei è una bambina
molto speciale- sorrise dolcemente- e deve avere un nome speciale.-
-Kalima-
propose Nhat immediatamente.
-Troppo
simile al mio-
Naht
si dispiaque che lei non avesse accettato nessuno dei nomi che gli piacevano di
più, tuttavia dopo averci pensato un altro po’, disse:-Julie-
Karima
scosse la testa.-Non ci siamo. Io vorrei qualcosa per lei che sia forte e al
tempo stesso elegante. Qualcosa che non le stampi addosso il marchio
dell’Ombra- disse.
A
Nhat non piacque l’ultima affermazione, ma non replicò nulla che potesse
guastare l’atmosfera.
-Elena...-
bisbigliò Karima- Come mia madre... Elena… Elina... Eleonora...-
-Helinor-
disse Nhat tutto d’un fiato.
La
donna alzò subito lo sguardo su di lui, commossa.-Helinor... sì... mi piace...-
-La
chiamerai Helinor?- domandò Nhat, sperazoso, sporgendosi verso di lei con una
luce vivida negli occhi.
-A
mio marito piacerebbe?- si chiese Karima.
-Lui
non è qui. Non c’è stato neanche il giorno della sua nascita... forse l’unica
volta che c’è stato è nel giorno del concepimento...-
Karima
lo fissò, sorpresa.-Queste parole non le ho mai sentite da te...-
-Mi
dispiace... Karima. Lo sai come la penso. Io... io ho rinunciato a te tanto
tempo fa. Ma...- una leggera luce di speranza si accese nei suoi occhi.-Il mio
desiderio non si è mai spento del tutto, e lo sai...-
Karima
sfuggì quello sguardo, deviandolo su Helinor.-La chiamerò Helinor.-
Nhat
strinse i pugni e mise le nocche a contatto con il terreno, mentre si sedeva
sui talloni e guardava a terra, mortificato.-Non volevo...-
Lei
lo ignorò.-La mia piccola Helinor.-
L’entrata
della tenda venne spalancata, e un volto familiare, quello di Taiji,
ringiovanito di molti anni, ma comunque non troppo differente da quello che
sarebbe stato diciassette anni dopo.
-Maestra!-
esclamò, e Karima si voltò verso di lui.
-È
tornato!-
Un
sorriso illuminò il volto di Karima.-Portalo qui. Deve vedere sua figlia
Helinor.-
Taiji
guardò il fagotto, poi Nhat, poi Karima e annuì.-Lo farò, maestra!- quasi
gridò, emozionato.
-Nhat-
disse Karima, rivolgendosi ancora al medico, per quella che sarebbe stata
l’ultima volta della serata.-Lei sarà un capo, un giorno. Ti prego... aiutala
semmai io dovessi venire a mancare.-
-Non
dire così...-
-Sarai
il suo padrino. E ti prego: contieni mio marito semmai ce ne sarà bisogno...-
Nhat
scosse lievemente il capo, tuttavia rispose:-Va bene. Ma io non sono la persona
adatta.- ribadì.
Karima
sorrise.-Io ho fuducia in te. Molta più di quanta ne riponga in mio marito.-
-Grazie...
grazie...-
Come aveva potuto dimenticarsi di quella
promessa?
Erano passati diciassette anni da quando
era nata la bambina che avrebbe dovuto proteggere, invece non aveva fatto altro
che lasciarla annegare nel dolore. Helinor lo nascondeva bene, questo era
certo, ma...
Nhat passò davanti alla tenda di Uriah e
sorrise. Era felice che si fossero incontrati, Helinor e Uriah. Almeno lei
aveva avuto qualcuno a cui volere bene.
Il gesto di Nara, rimasto impunito,
aveva fatto riflettere Nhat per ore e ore, mentre guardava Helinor che dormiva
profondamente. La sua espressione durante il sonno era indecifrabile, ma in
fondo era dovuto all’effetto della medicina, che impediva ai sogni di farsi
vivi nella mente.
E quindi aveva deciso.
Sarebbe andato da Gammon, gli avrebbe
parlato, e finalmente avrebbe superato quell’ostacolo che da sepre lo aveva
bloccato, conducendolo a fare errori imperdonabili.
Si sarebbe ribellato al passato e
all’uomo che l’aveva incatenato alla codardia.
Nhat arrivò di fronte al padiglione
centrale e si rivolse alle due guardie all’ingresso:-Devo vedre Gammon.-
-Qualcosa non va, signor Nhat?- domandò
una delle due guardie con voce preoccupata.
Il medico gli rivolse un sorriso che
nascose bene quella sofferenza che stava provando ad ogni passo compiuto.-Devo
soltanto parlargli del più del meno... e aggiornarlo sule condizioni di
Helinor.-
-Come sta?- chiese la guardia che fino a
quel momento era stata in silenzio.-Ho assistito alla scena... una vera
vergogna.-
-Si è ripresa, era solo una piccola
ferita.-
-Mi sta simpatica quella ragazza-
commentò la prima guardia.
-Anche a me. A volte è un po’ strana, ma
mi piace...- proseguì la seconda guardia.
Nhat fu felice di sapere che almeno lei
era ammirata in quel luogo di morte.-Lasciatemi antrare, almeno anche Gammon
gioirà con voi.-
I due si fecero da parte e salutarono
Nhat, che entrò dopo aver preso un profondo respiro.
-Non sono d’accordo Nara- stava dicendo
Gammon, seduto sul suo scranno con lo sguardo puntato verso il rosso, che
teneva la testa bassa.-Le magie di Gofna mi piacciono molto, vero mia cara?- e
sorrise all’indirizzo della ragazza vestita di verde.
Gofna lo guardò con stupore e
ammirazione.-Maestro!-
Nhat si bloccò. Anche lei aveva iniziato
a chiamare Gammon “maestro”, segno che era entrata ufficialmente a far parte
dell’organizzazione. Fece qualche passo in avanti e tentò di catturare
l’attenzione del gruppo con un colpo di tosse ben simulato.
Gammon distolse l’attenzione da Gofna e
la puntò sul medico.-Nhatan! Che piacere vederti qui! Spero che tu abbia
notizie sulla mia allieva. Buone notizie- specificò, lanciando un’occhiata a
Nara, che per tutta risposta esibì un sorrisetto sarcastico.
A Nhat non piacque quello scambio di
sorrisi, tuttavia fu lieto di annunciare la totale riabilitazione di Helinor.
-Sta bene?- domandò Gofna, un po’
dispiaciuta.
-Non dire così, mia cara- la
ripreseGammon, posando il viso su una
mano.-Helinor è una tua compagna ora...-
Gofna abbassò la testa.
Poi regnò il silenzio più totale.
Nhat contò i secondi che lo separavano
dall’arrivare al nocciolo della questione, e sentiva già che il coraggio gli
mancava e che non avrebbe mai potuto parlare in presenza di Nara.
Gammon lo fissò con sguardo penetrante,
come se avesse voluto leggergli l’anima, poi aggiunse:-Ma non è di questo che
volevi parlarmi, vero?-
Il ragazzo dai capelli rossi guardò
prima Gammon poi Nhat come se avesse voluto piantare una spada nel petto di
quest’ultimo.
-Volevo dicutere con te in privato-
disse Nhat, con la fronte china e i pugni stretti sulla stoffa della casacca
che indossava.
-In privato?- fece eco Gammon.-Siamo in
famiglia, no? Non c’è bisogno di parlare in privato. Se vuoi dire qulcosa
fallo- e indicò con una mano tutti i presenti.
Nhat fece per ritirarsi, ma poi prese
coraggio e insistè:-In privato, Silver.-
Gammon rimase sorpreso della nuova
determinazione del nuo medico, quindi fece cenno a tutti di uscire, rivolgendo
un’occhiata particolare a Nara. Quest’ultimo annuì, come se avesse capito ciò
che il maestro avrebbe voluto dirgli, e uscì soddisfatto.
Quando i due furono fuori, Gammon si
appoggiò allo schienale dello scranno con aria falsamente stanca e sospirò:-La
vecchiaia, mio caro amico...-
Nhat non si lasicò commuovere.-Perché
non hai punito Nara?- domandò, d’un fiato.
Gammon quasi scoppiò a ridere.-Perché
non ce n’era bisogno!- esclamò.-Si stavano soltanto allenando, un ragazzino li
ha distratti ed è andata a finire così. Nara non ha nessuna colpa. Comunque...
se mi dici che Helinor sta bene, sono felice- e sorrise in modo teatrale.
-Non è giusto- mormorò Nhat, con un filo
di voce. Per un attimo il coraggio gli mancò di nuovo, e le parole di Gammon
gli suonarono quasi ragionevoli.
-L’ho rimproverato, ma di più non posso
fare- proseguì Gammon, con un sorriso sornione.-Sappiamo tutti che Nara è molto
intemperante a volte.-
-Dovresti correggerlo- disse Nhat, con
voce tagliente.-Oppure non lo fai perché ti fa comodo?-
L’ambiente di raggelò improvvisamente, e
Nhat sapeva di essere dalla parte del giusto. Sephiroth aveva ragione: per
quanto lui avesse provato a trovare un lato di bontà, bisognava ammettere che
Nara era una vera bestia, e valeva lo stesso per Gammon.
-Cosa stai insinuando?- domandò il gran
maestro, riducendo gli occhi a fessure.-Che io ho ordinato a Nara di fare...- si corresse-... di colpire Helinor?-
Nhat lo vise alzarsi, con una rabbia
indescrivibile negli occhi. Gli fece quasi paura, ma non mollo il coraggio. Doveva affrontare Gammon, per il bene di
Helinor e di tutti gli altri.
Gammon sorrise astutamente.-E non sai
che il ragazzino è venuto a chiedermi di affrontare Nara.-
-Cosa?- balbettò Nhat, preso alla
sprovvista dal fulmineo cambio di argomento.
-Uriah.-Precisò Gammon, con un sorriso
ferino.-Mi ha detto che vuole affrontare Nara in combattimento, nell’arena.-
-Non farglielo fare!- esclamò Nhat,
quasi senza pensarci.-Si faranno male!-
-Di cosa ti preoccupi?- ribattè Gammon,
tranquillo.-Nara sa difendersi.-
Quell’affermazione quasi tolse il fiato
a Nhat, che cadde in ginocchio, annientato. Non poteva fare nulla contro
qull’uomo...
-Silver, possibile che tu non abbia
alcuna pietà...-
-Non era mia intenzione fare del male ad
Helinor, lo sai!- obiettò Gammon con veemenza, sporgendosi in avanti e
sferzando l’aria con una mano.-Ma sai cosa rappresenta quella ragazza!-
-Silver! È tua figlia!- gridò Nhat,
pallido come un cencio.-Non puoi essertelo dimenticato!-
Gammon digrignò i denti, avanzò verso di
lui, lo prese per la collottola e lo staccò su da terra con una forza
sovraumana. Alla faccia della vecchiaia.-È la figlia di una traditrice!-
-Tu non hai mai ascoltato tua moglie!-
gli sputò in faccia Nhat, che seppur moriva di paura cercava di fronteggiare
quell’uomo al meglio che poteva.-Lei non voleva che sua figlia diventasse
un’assassina! Tu non hai mai capito Karima! Ecco perché se ne è andata!-
Gammon lo lasciò come se scottasse e lo
guardò con odio.-Cosa ne sai tu di Karima?!-
-Lei me lo diceva!- urlò Nhat,
portandosi le mani tra i capelli.-Mi diceva tutto! L’hai mandata alla ShinRa
pur sapendo che ultimamente era malata! L’hai lasciata morire, Silver! E se lei
ti ha sottratto quei documenti... hai solo da rimproverare te stesso!-
Il gran maestro gli diede una
spinta.-Zitto! Zitto maledizione! Non è vero niente di tutto questo!-
Nhat indietreggiò, poi i due rimasero a
squadrarsi in silenzio finchè il medico non sibilò:-Sei tu che l’hai tradita,
Gammon!-
Quello fu un punto a favore di Nhat,
perché Gammon barcollò, tornò con aria sconvolta sul suo scranno di legno, ci
posò una mano sopra e lo usò come sostegno per non cadere a terra.
Segì un silenzio denso di ricordi e di
rimorsi.
-Quella donna che odi tanto se ne è
andata perché tu hai tradito la sua fiducia!- dichiarò Nhat, trionfante.-E io
so che adesso vuoi vendicarti su di lei tramite Helinor... ma è tua figlia. Non
puoi trattarla come un oggetto, e lei deve sapere chi è suo padre... potreste
addirittura vivere come una normale famiglia...-
Gammon rimase a capo chino per qualche
minuto, poi alzò leggermente la testa verso di Nhat.
Quel che il medico vide nello sguardo
del gran maestro non fu niente che si avvicinasse all’amore o all’affetto.
C’era soltanto odio, rancore e sì, cattiveria. Senza maschere, Gammon appariva
l’essere viscido e subdolo che era in realtà.
-Tu non le dirai niente, Nhatan...- la
voce di Gammon risuonò minacciosa per la tenda.
Nhat scosse la testa.-Glielo devo. E tu
le devi diciassette anni di menzogne...-
-Mi sono fidato di te- sibilò Gammon,
tirandosi in piedi con aria quasi folle.-Così come mi sono fidato di Helinor.
Ho pensato che avrei potuto usare Helinor per la mia vendetta... volevo
scaricare su di lei le sofferenze e la disperazione che avrei voluto offrire a
Karima... ma evidentemente ti avevo sottovalutato.-
Si passò una mano sulla fronte.-Per me
sei sempre stato l’uomo mediocre e codardo, Nhat. Non ti ho mai considerato un
vero rivale...- il suo sguardo vagò dietro le spalle di Nhat.-Ti piacerà sapere
anche Tseng è un Turk, e che i tre compagni che lo accompagnano sono Soldier.-
Il medico sbarrò gli occhi.-No...-
-Sì, invece. Quello con i capelli rossi
porta la benda non perché cieco, ma per nascondere gli occhi; e quello con i
capelli d’argento l’ho riconosciuto subito. Sta avendo molto successo nel mondo
militare, e io non potevo certo lasciarmi sfuggire un dettaglio del genere.-
Un brivido percorse la schiena di Nhat,
che cadde di nuovo in ginocchio.-Helinor...-
-Esatto. Lei li ha potrati qua. Un altro
tradimento, che delusione- sussurrò Gammon, scuotendo la testa con aria
falsamente affranta.-E adesso non mi rimane che farla soffrire fino alla
fine... fine che tra l’altro non arrivarà inattesa, visto che stavolta l’ha
combinata proprio grossa.- Rise sguaiatamente.-E tu non potrai fare nulla per
difenderla, Nhat. Sia perché non ne sarai mai capace, sia perché non ne avrai
l’occasione!-
Nhat fece per replicare, ma un dolore
lancinante all’altezza del petto lo constrinse a gridare.
Nara svelse la lama della spada con uno
gesto secco e sicuro, mentre una macchia di sangue iniziava a disegnarsi sul
corpo di Nhat, all’altezza dello sterno. Cadde supino, e il terrore
s’impossessò di ogni molecola del suo corpo, insieme al dolore e alla
frustazione.
In un attimo, Gammon gli fu sopra e
porse la mano a Nara. Quest’ultimo gli tese la spada e sorrise.
-Come vedi, la tua debolezza ti costerà
cara.- Rise Gammon, trionfante.-Lascia che ti battezzi a una nuova vita, semmai
ce n’è una dopo la morte.- ci pensò un attimo, poi aggiunse- Almeno potrai
raggiungere la donna che amavi. Sei contento?-
Nhat gli rivolse uno sguardo disperato,
ma non lo supplicò. Non doveva abbassarsi a tanto.
Gammon sorrise amabilmente e rivolse a
Nara uno sguardo orgoglioso che lui sembrò apprezzare, poi impugnò l’elsa con
entrambe le mani e la portò in senso verticale sopra la gola di Nhat.
-Hai un ultimo desiderio?- domandò
Gammon.
Lui tossì.-Io ti perdono... perché non
sa quello che fai.-
-Questo è tutto quello che hai da dire?
Beh, contento tu...-
La lama cadde sulla gola di Nhat,
pentrando nella carne morbida e perforando la trachea all’uomo, che non potè
emettere neanche un gemito di dolore. Sbarrò gli occhi e il suo corpo fu
percorso da un fremito, poi Gammon vide con soddisfazione la vita che scivolava
via dai suoi occhi. Mosse la lama nella carne e scoppiò a ridere, poi estrasse
la spada e lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi.-Contenti tutti...-
terminò.
-Maestro...- biascicò Nara.
L’uomo gli porse la spada macchiata del
sangue che stava colando a terra, sporcando il terrendo.-Sbarazzati di questo
cadavere. Dì che è stato attaccato da un Soldier, o inventati qualcosa del
genere. Tanto quelli sono così idioti da crederci.-
Nara chinò il capo con
remissività.-Certo.-
-Dì a Kay che lo ripagherò
profumatamente per tutte le informazioni che mi ha dato in questi giorni.-
-Sarà fatto.-
-E un’ultima cosa. Combatterai con Uriah
nell’arena.-
Nara sorrise con crudeltà.-Lasci fare a
me, maestro. Sono al suo servizio.-
Gammon scoppiò a ridere, poi andò a
sedersi sul suo scranno e gettò la testa indietro. Ora si sentiva molto meglio.
Angolo dell’autrice:
Rispondo
alle recensioni, anche quelle dell’altra volta a cui non ho potuto rispondere!
^^ Poi mi vado a nascondere nel mio laboratorio!!
the one winged angel: XD Karima è morta, purtroppo...
tutto sommato mi spiace per Helinor, ma non ha scoperto neanche la metà della
verità... almeno, ha scoperto la parte più semplice. Comunque, nei prossimi
capitoli, Tseng avrà un bel da fare (XD con l’inchiostro simpatico, ovviamente)...
Per
il resto, non posso dire niente perché farei Spoiler. C’è una ragione per
tutto, ma si scoprirà più tardi.
Ma
passiamo alla recensione del capitolo 12! Eeeeh! Gammon aveva capito tutto,
mica è stupido. Ma non posso dire perché sta nascondendo tutto (anche se ho una
gran voglia), cioè... teoricamente dovrebbe essere un colpo di scena... (spero)...
Taiji...
beh, non è tutto pane mio, però. Ho preso spunto dalle informazioni che ho
trovato su Before Crisis, in cui si diceva che Hojo era riuscito a impiantare
la materia negli esseri umani... poi ci ho costruito un film XD Comunque, la
prossima fiction sarà incentrata sull’argomento.
Mi
spiace per Nhat... em... prendetevela con Gammon! Colpa sua!*punta il dito
verso Gammon*
Quanto
al fatto del pensare o non pensare a qualcosa che ci fa soffrire... non credo
che esista un pensiero giusto o sbagliato... insomma, sono le opinioni di
ciascuno di noi!
Non è
vero che non dici cose intelligentiii ^w^ non sai quanti mi piaccia leggere le
tue recensioni!! Praticamente le adoro. Comunque, ora ti saluto nipote... spero
che il capitolo ti sia piaciuto con tutti i suoi colpi di scena!! (Almeno credo
che siano colpi di scena O.o)
Kairih: Vedo che stai migliorando, mia
cara maestra! La tua ultima recensione era soltanto delle 3 e 32! ^^ XD Almeno
non sono le cinque no? Comunque ti capisco, anche io vado a dormire verso quell’ora...
è più forte di me!! E poi di notte tante volte mi viene l’ispirazione e mi metto
a scrivere (lo so, dovrei vergognarmi!) XD
No no, Karima è morta. Purtroppo per Helinor, ma è morta. Anche
se non l’avessero uccisa sarebbe morta comunque. Eh eh...
quanto a Nhat *_* non l’ho gestito molto, vero? Um... poverino... ç___ç morire
al capitolo tredici... *corre a nascondersi* ma io non c’entro niente!
Eh eh... scommetto che scoprire tutti gli “scheletri nell’armadio”
di quella vecchia volpe sarà un vero colpo di scena! *si rimbocca le maniche*
Inoltre,
sono felice che ti sia piaciuto il capitolo!!
Comunque,
non ho altro da dire se non che Gofna è proprio un’allocca...
...
...
Scherzooo!
Poverina, è molto sola, e Gammon ne approfitta! È un vero bastardo! *odia*
Un
bacione, e mi raccomando, cerca di andare a dormire almeno alle una... XDXDXD
altrimenti dovremo fondare un fan club sulle sonnambule XD
KiaElle: eccomi! Stavolta sono stata io
quella rapita da Jenovaaa! *aiutooo*
Sì,
Helinor è un po’ arrogante, ma pnsa che ne ha passate di tutti i colori... e
non è ancora finita!
Non
preoccuparti per la recensione ^^ a me va benissimo! L’importante è che Jenova
non ti abbia rapita XDXD Altrimenti vengo lì e l’ammazzo!!! Nessuno tocca la
mia KiaElle!!! NESSUNOOO!!! *corre dappertutto brandendo un Nunchaku*
Tutte le certezze che aveva avuto erano
morte con Nhat, che per lui era diventato quasi come un secondo padre, nel
corso degli anni.
-Lo
vedete di cosa sono capaci i Soldier?-
Mentre Gammon faceva il suo discorso,
pronunciando tante parole inutili, gli occhi di Uriah si erano soffermati a
guardare quelli oltremodo verdi di Sephiroth. Quello era un Soldier, lui ce
l’aveva davanti. Eseguiva gli ordini del presidente della ShinRa senza fiatare,
uccideva al solo ordine di quell’uomo che deteneva un potere più grande di lui,
e magari la sera ripensava alle sue vittime con dolore, imparando a soffocarlo
con il tempo e con l’abitudine. Proprio come aveva fatto Helinor. La vide in
piedi, tra Tseng e Sephiroth, con lo sguardo rivolto al cielo nuvolo e una
totale assenza nello sguardo.
Quante cose erano cambiate...
Uriah ripensò alla loro irruzione nella
ShinRa. Sembrava che da allora fosse passato un secolo, eppure non se ne era andata che qualche
settimana, forse anche meno. Quell’azione aveva segnato una svolta nella loro
vita...
Per quanto detestasse ammettero, Uriah
aveva visto che i Soldier erano uomini proprio come lui.
-Secondo te l’hanno davvero ucciso i
Soldier?-
Uriah si riscosse e si ricordò di essere
nella piazza centrale. Gammon se n’era andato da un bel pezzo, e alcuni
gruppetti di persone si erano formati qua e là per discutere dell’accaduto.
Proprio dietro al giovane ce n’era uno, e la voce era giunta in un sussurro al
suo orecchio ben allenato. Comunque, non si stavano rivolgendo a lui, dunque
rimase immobile con le orecchie tese ad ascoltare.
-Guarda che mi sembra strano... vabbè
che Nhatan usciva spesso a comprare le erbe... però ultimamente non lo aveva
fatto più!- momorò un’altra voce distinta.
-Qui sta succedendo qualcosa- borbottò
Loi- E il maestro crede davvero che siamo così stupidi?-
-Mi sta
deludendo molto!- osservò la prima voce con fare nervoso.
-Già... non
posso che concordare. Ma ti rendi conto? Non ha punito Nara! Ha preso quella
ragazza alle spalle!- esclamò Loi.
La seconda voce
iniziò a ridere.-Ma a te non stava antipatica?-
-Beh, da quando
James l’ha lasciata ho scoperto che non è così male... e poi c’è un limite a
tutto! L’ha presa alle spalle! È il triplo di lei!- obiettò Loi, sgorbutico.
-Avrebbe dovuto
stare più attenta, con Nara nei paraggi- replicò il cinico di turno.
-Non era leale!-
-Abbassate la
voce!-
-Io scommetto
che è stato Nara a uccidere Nhat.-
-Non essere
idiota...-
Uriah smise di
ascoltare e si allontanò velocemente da quel gruppo.Sarebbe giunta anche l’ora di Nara, perché
lui l’avrebbe sconfitto in battaglia! Non sapeva se davvero fosse l’assassino
di Nhat, ma comunque doveva fargliela pagare per l’assalto a Helinor. Le passò accanto,
ma non le disse nulla.
-Non ci posso
credere...- la sentì bofonchiare.
Neanche io posso crederci, Helinor...
E se ne andò
nella sua tenda.
-Dobbiamo
parlare- fece Tseng.-So che è un brutto momento, ma non posso rimandare. Ho
solo tre giorni per continuare le indagini, e si è fatto quasi sera...-
Helinor gli
rivolse uno sguardo assente.-Di che dobbiamo parlare?-
-Di tua madre-
rispose Tseng, serio.
Helinor
dischiuse lievemente le labbra, sorpresa. Stava facendo più progressi
quell’uomo in pochi giorni che lei in una vita intera.-Andiamo.-
Il desiderio di
sapere qualcosa su sua madre soffocò qualsiasi altra cosa, e seguì Tseng nella
tenda.
(...)
Sephiroth si
sedette vicino a Genesis, che gli rivolse un sorriso tetro; Tseng si posizionò
sul suo sacco a pelo e Helinor fece lo stesso per terra. Non le importava di
stare seduta sul terreno, ci era abituata, inoltre sentire la terra dura sotto
di sè le dava una certa sicurezza.
Per un po’
nessuno parlò, ognuno immerso nei propri pensieri, poi Tseng decise di
interrompere il silenzio con un secco:-Ho contattato un mio superiore alla
ShinRa, Verdot.-
-Verdot?- fece
eco Helinor, sul chi vive.
-Esatto.
Scommetto che ti ricordi questo nome...-
-È l’assassino
di mia madre- ringhiò Helinor scattando in piedi.-Come potrei
dimenticarmelo?!?-
Tseng la fissò
con freddezza.-Ti devi calmare.-
-Calmarmi?! Ti
sembra il momento adatto per parlarmi dell’assassino di mia madre?!- gridò
Helinor, con il volto livido di rabbia e la voce tremante.
-Devi
ascoltarmi!- le impose Tseng, che non aveva alcuna voglia di insistere troppo
sul’argomento. Aveva fatto dei notevoli passi avanti su Karima, e lei aveva
tutto il diritto e il dovere di sapere.-Siediti- ordinò.
-Voi non ce
l’avete un cuore...- sibilò Helinor a denti stretti.
-Siediti- scandì
Tseng, allungando una mano vero il terreno arido.-Non lo ripeterò.-
Helinor lo
guardò negli occhi, fremendo di rabbia. Non voleva ascoltare, tuttavia la
curiosità era talmente tanta da avere il sopravvento, e lei si sedette con
atteggiamento stizzito.
Tseng
sospirò.-Bene. Adesso dobbiamo partire da quindici anni fa, se vogliamo
ricostruire la storia.-
Helinor lo fissò
senza dire nulla. Stava lottando contro il desiderio di alzarsi e scappare via.
-Quindici anni
fa, Harila Nhame e Karima Hinari partirono alla volta della nostra compagnia
per portare a termine una missione: rubare alcuni documenti al professor Hojo-
raccontò Tseng, con voce piatta.-Tuttavia, la missione non andò a buon fine,
perché le ragazze vennero catturate e gettate in prigione. Furono tre persone a
condurre l’interrogatorio: il presidente Shinra, il professor Hojo e il leader
dei Turk: Verdot. Tre persone di spicco nella compagnia.-
Helinor pensò
che quell’accozzaglia di nomi non le sarebbe mai entrata in testa. L’unica
certezza era il nome dell’assassino di sua madre. A quel pensiero il suo viso
si adombrò.
Tseng lo notò,
ma per non perdere tempo continuò a parlare.-Fu allora che il capo di
quest’accampamento, Gammon in persona, portò molti dei suoi uomini alla ShinRa
con lo scopo di liberare Harila e Karima.-
-Gammon voleva
salvare mia madre?- domandò Helinor.
-Così pare. Ma
non era l’unica ragione. Voleva anche tentare di recuperare quei documenti di
cui abbiamo parlato- disse Tseng.
-L’ha salvata?-
chiese Helinor, speranzosa.
-Sì. Non so
come, ma sembra che voi dell’Ombra siate degni di questo nome. Le vostre azioni
di guerriglia rimangono sempre nascoste, anche a noi Turks. Adesso capisco
perché il presidente vorrebbe che passaste dalla sua parte...-
Helinor abbassò
la testa.-E poi...?-
-Fuggirono e
tornarono all’accampamento, tuttavia Karima disertò l’Ombra qualche giorno
dopo, portandosi dietro sua figlia.-
-Me...- sussurrò
Helinor, stringendo le mani l’una sull’altra con forza.
-Esatto.-
Genesis si
sporse in avanti e disse:-Io non ho ancora capito perché Karima ha
disertato...-
-Ci arriveremo-
rispose Tseng, con calma.-Per adesso ragioniamo sugli avvenimenti come sono
accaduti, poi parleremo delle supposizioni.-
Il rosso annuì
lievemente.
-Karima era
molto debole, e sembra che mesi dopo la sua fuga, abbia abbandonato la figlia
nel Gold Saucer, dove sperava che qualcuno la trovasse. Non poteva sapere che
la bambina si sarebbe incontrata proprio con Gammon.-
-Ovviamente dopo
tutto quello che era successo, Karima era ricercata dai Turks e da Gammon. Fu
costretta ad usare tute le sue abilità per rimanere nascosta e far peredere le
proprie tracce. In due anni, nessuno seppe mai dove fosse.-
-Puoi smetterla
di parlare di me in terza persona?- domandò Helinor, tagliente.-Sono qui.-
Helinor gli
lanciò un’occhiataccia, ma non replicò.
Tesng
proseguì:-Beh, a questo punto dobbiamo saltare due anni, perché nessuno sa cosa
fece Karima. So soltanto che era malata.-
-Era sempre più
debole...- mormorò Helinor.
-Te lo ricordi?-
chiese Tseng.
-Vagamente.-
Rispose lei.
-Arriviamo a
tredici anni fa, quindi- osservò Genesis.
-La malattia era
avanzata, e da come mi ha dettoVerdot,
Karima sarebbe morta da un momento all’altro. Comunque, ripartiamo con ordine-
disse Tseng, guardando tutti uno ad uno in un attimo di silenzio.
Sephiroth
detestava quelle pause per aumentare la suspence. Era solo una perdita di
tempo.
-Verdot cercò
Karima ovunque, quando un giorno arrivò l’illuminazione: una donna aveva
chiamato per fare una soffiata.-
-CHI?!- tuonò
Helinor, alzandosi di nuovo.-Quella donna è un’ assassina al pari di Verdot!-
Tseng sembrò
esitare nello svelare l’identità della spia, così lo fece Sephiroth al posto
suo.-Harila Nhame.-
Silenzio.
Helinor
indietreggiò di un paio dipassi guardandolo come se fosse un fantasma, con gli
occhi spalancati.-Harila......-
Tseng chinò il
capo.
-Riprendi il
controllo- intimò la voce di Sephiroth.-Non perdere la calma.-
Helinor fece per
girarsi e uscire dalla tenda, quando si ritrovò il giovane Soldier a sbarrargli
il passo. Non si soffermò più di tanto nel pensare a come avesse fatto a
muoversi così velocemente, ma si gettò contro di lui nel tentativo di farlo
spostare.
-Vattene!- gridò
lei.-Io voglio vendetta!-
-E come pensi di
averla?!- chiese Tseng, alle sue spalle.
Sephiroth le
diede una spinta e la fece cadere a terra, ma lei si rialzò e sguainò il
pugnale, fuori di sé.-Togliti dai piedi!- gli urlò contro.
-Helinor!-
intervenne Genesis.
-Come pensi di
vendicarti, eh?- domandò Sephiroth, sprezzante.-Cercando di uccidere me?-
-Se non ti togli
di mezzo lo faccio!- sbraitò Helinor.-E ti giuro che non scherzo!!!-
Tseng le si
avvicinò.-Cosa voi fare?-
-Voglio la testa
di quella gallina di sua figlia!- gridò lei, in risposta.-La voglio veder
chiedere pietà in ginocchio!- e scagliò un colpo contro Sephiroth, che dovette
spostarsi di lato.
Helinor ne
approfittò per passare, ma ancora una volta lui fu più veloce e la afferrò per
un braccio, tirandola di nuovo al centro della tenda.-Vuoi stare calma?!-
-NO!-
-Non vuoi sapere
la verità?- domandò Tseng.-Non vuoi sapere il meccanismo degli eventi?-
Helinor cadde a
terra, raccolse le ginocchia al petto e ci nascose la testa, chiudendosi in un
silenzio ostinato.
-Perché tredici
anni fa, Harila non spifferò soltanto la posizione di Karima, ma anche quella
dei genitori di Uriah, che spesso l’avevano accolta nella loro casa...-
-Io
l’ammazzo...- continuò a mormorare Helinor, con sguardo assente.
-Tua madre
sarebbe morta comunque. Nhatan l’aveva seguita molto negli ultimi tempi, per
questo, quel giorno si trovava a Midgar insieme a lei...-
-Sei sicura di volerlo fare?- domandò Nhat,
guardando la finestra del secondo piano di una casa seminascosta dal telo
bianco di un gazebo.
Karima scoppiò in un accesso di tosse, tuttavia si
schiarì la voce e aggiunse.-Io salterò da lì. Se sarò sola, vuol dire che non
avrò compiuto la mia missione.-
-Quel povero bambino...- sussurrò Nhat, poi si
riscosse e chiese:-E se dovessi morire anche tu? Sei troppo debole per affrontare
Verdot e i suoi.-
-Me la caverò. E comunque ho i giorni contati, lo
sai- disse Karima, con aria di rasegnazione.-Voglio rendermi utile finchè
posso.-
-È una pazzia. Perché lo fai?- domandò Nhat,
commosso.
La donna sorrise.-Perché ho da farmi perdonare i
peccati che ho commesso.- Ripensò a sua figlia e a come l’aveva abbandonata,
lasciandola in balia di ciò che avrebbe voluto evitarle: una vita da reietta.-A
volte il destino è proprio strano.-
Nhatle posò
una mano sulla spalla.
-Non c’è più posto per me in questo mondo- bisbigliò
Karima.-E devo prenderne atto.- Poi Nhat la lasciò, e lei entrò in quel piccolo
emporio di erbe che tante volte era stata la sua casa prima di trasferirsi
negli Slums.
Helinor alzò il
viso e guardo il Turk con disperazione.-Mia madre... era una donna coraggiosa.-
Tseng abbozzò un
sorriso. Ogni tanto Helinor poteva essere un po’ isterica, ma poi tornava in
sé. Era anche comprensibile un comportamento del genere: i pesi che si erano
aggiunti negli anni dovevano gravare molto sulle sue giovani spalle.
-I genitori di
Uriah vennero uccisi, ma lui ebbe una sorte diversa: tua madre lo prese e lo
portò in una stanza, dopodichè lo gettò dalla finestra, sperando che Nhat lo
prendesse con sé.-
-Tuttavia,
Karima non scappò. Verdot le era arrivato alle spalle, e lei preferì lasciarsi
uccidere. Disse così: “Uccidimi tu, almeno non arrendermi al destino”.-
-Si lasciò
uccidere?- domandò Helinor, sgomenta.
-Era arrivata al
capolinea- rispose Tseng.-Non sarebbe sopravvissuta comunque alla malattia.
Preferì lasciare che la uccidesse Verdot, e con ultime forze si lanciò dalla
finestra, proprio come aveva detto che avrebbe fatto.-
-Questo è tutto.
La tua storia parte da quel giorno.- concluse Tseng.
Helinor distese
le gambe e fissò il Turk.-Dopo, io incontrai Uriah e iniziai a vivere con
lui... le nostre vite erano legate da principio e noi non lo sapevamo,
attaccati com’eravamo al nostro passato...-
Tseng
annuì.-Tuttavia, mancano parecchie parti in questo puzzle.-
-Che intendi?-
domandò Helinor, frastornata.
Sephiroth
rispose per Tseng:-Manca il motivo per cui Karima disertò, quello per cui
Harila fece la stessa cosa e quello che la portò a fare la spia.-
-Senza contare
perché Gammon vi abbia mandato ad assassinare il presidente e perché ti abbia
ordinato di uccidere il padre di Gofna e non la madre!- aggiunse Genesis, con
l’aria di chi la sa lunga.
Helinor lo
guardò.-Hai ragione. Abbiamo ancora tanto da scoprire.-
Comunque, adesso abbiamo scoperto il motivo per cui
Harila chiedeva perdono alla fotografia, pensò Tseng, sollevato. Era un
bel passo avanti in quella melma di misteri, inoltre sembrava che tutti si
fossero dati da fare per ingarbugliare i fatti.
Peccato che Nhat sia stato ucciso, poteva essermi
molto utile...
-Voi siete
persone sveglie.- Disse Helinor improvvisamente.-E vi devo molto...-
-C’è anche
un’altra cosa che non capisco- disse Sephiroth, interrompendo il discorso di
Helinor.
Tseng lo guardò.
Era sicuro che stessero pensando la stessa cosa.
-Nhatan. Perché
e stato ucciso? E da chi?- domandò il Soldier.
-Non sono stati
i Soldier- rispose Genesis, indicando se stesso e Sephiroth.-Secondo me è stato
qualcuno dell’accampamento.-
-Un’idea me la
sono fatta in realtà- disse Tseng, posandosi una mano sul mento con aria
assorta.-Anche Nhat sembrava molto immischiato con le faccende del
passato.Forse qualcuno
nell’accampamento aveva da temere qualcosa...-
-Nhat mi ha
detto che aveva litigato con Gammon- proruppe Helinor, fissando Tseng con
intensità e curiosità.-Credi che c’entri qualcosa...?-
-Gammon è un
tipo strano- sentenziò Tseng, spostando lo sguardo su Genesis senza in realtà
vederlo.-Ho avuto modo di notare, in questi giorni, che ognuno si è fatto di
lui un’idea diversa.-
-Già...- mormorò
Helinor, abbassando il capo.-Ma è il gran maestro...-
-Questo non vuol
dire che la mia ipotesi sia errata- replicò Tseng, scuotendo il capo.-Anzi, io
temo che Nhat avesse deciso di fare qualcosa... qualcosa che a Gammon non è
andato giù.-
-O di dire
qualcosa- precisò Sephiroth, in tono piatto.-Forse Nhatan aveva scoperto la
nostra identità...-
-Ma allora
Gammon avrebbe dovuto premiarlo! Non ucciderlo!- esclamò Helinor, rivolgendosi
al Soldier con veemenza.
Lui le rivolse
un’occhiata eloquente.-Allora è possibile che dopo la loro litigata, Nhatan abbia
deciso di dire qualcosa che avrebbe messo in pericolo la figura di Gammon...-
-Sì, è
plausibile- rispose Tseng.-Forse è successo qualcosa in passato che Gammon non
vuole far sapere...- guardò Helinor.
-Lui è il mio
maestro...- bisbigliò lei, socchiundendo gli occhi con aria stanca.-Credevo...
insomma... non posso immaginare... che abbia fatto una cosa del genere.-
-La nostra è
solo una congettura- le disse Tseng.-Ma non è un’ipotesi da escludere. Non
conosciamo Gammon, e da ciò che ho visto non sarebbe proprio fuori dal suo
stile. Senza contare Nara...-
-Potrebbe essere
stato lui- fece presente Genesis.
-Nara non fa mai
niente senza l’autorizzazione del maestro. Pensandoci bene...- mormorò Helinor,
afflitta- Guardando in faccia la realtà, potrebbe essere stato veramente il
maestro. Io devo parlargli.-
Tseng esitò:-Non
so se sia una buona idea. Già Gofna gli ha detto il suo vero nome...-
-E lui non ha
reagito? Eppure me l’aveva segnalato come obiettivo!- esclamò Helinor,
tirandosi in piedi di scatto.-E di persone con quel nome non ce ne sono molte!-
-Era sorpreso,
niente di più- la informò Tseng, stringendosi nelle spalle.
-Sapete cosa
penso?- disse Sephiroth, guardando prima Tseng poi Helinor.-Che Gammon sappia
molto più di ciò che sta dando a vedere.-
Helinor sbarrò
gli occhi.-Vuoi dire che... che lui sa del piano? Che vi ha riconosciuti e che
sta facendo finta di niente?-
-Esattamente-
rispose Sephiroth.-Altrimenti non si spiega.-
No, è assurdo...
-Mi rifiuto di
crederci!- gridò Helinor con quanto fiato aveva in gola.-Il maestro è... a
volte è severo, anche in modo ingiustificato... ma non è cattivo!-
-Vuoi vedere che
la persona che ci stava spiando l’altra volta gli ha detto tutto?- fece
Sephiroth, in tono di sfida.
-E perché non mi
ha ancora punita?- replicò Helinor, confusa e infastidita.
Sephiroth non
seppe cosa rispondere e Helinor lo guardò con un sorrisetto sornione sulle
labbra.
-Qual è il vero
scopo di quell’uomo?- si chiese Tseng, a bassa voce.-Non abbiamo abbastanza
elementi, e il tempo stringe.-
-Ve ne andrete?-
domandò la ragazza.
-No. Tra tre
giorni arriveranno i Soldier a spazzare via quest’accampamento.-
Helinor abbassò
la fronte e guardò il terreno sotto di sé, incapace di pensare. C’era come un
blocco nella sua testa, qualcosa che le impediva di ragionare lucidamente,
inoltre non le era mai successo, eciò le metteva addosso una terribile dose di
ansia.
Soldier
nell’accampamento...
-Mi avevi
promesso che avresti condotto le indagini senza fare del male a nessuno! Era il
nostro patto!- esclamò infine, con voce infuriata.
Tseng non fu in
grado di guardarla negli occhi per più di pochi secondi, allorchè fu costretto
a gettare lo sguardo su Genesis.-Lo so.-
-Mi sono fidata
di te, Tseng- sibilò Helinor.
-Hai fatto la
scelta giusta.- Ribattè Tseng.
Lei gli rivolse
un’occhiata glaciale, poi gli diede le spalle e uscì senza aggiungere altro.
Sephiroth
aspettò che l’ingresso della tenda si chiudesse, poi vi si parò davanti e
disse:-Faremmo meglio a tenerla d’occhio...-
-Ipotesi?- fece
eco Genesis, interessato. Finalmente sarebbe arrivata la parte delle risposte
in quell’intricata storia?
Tseng sorrise
enigmatico e incrociò le braccia sul petto.-Tutto ciò che dobbiamo usare, è
questo.- E posò un dito su una tempia. - La testimonianza di Verdot è stata un
grande passo avanti nella nostra indagine, tuttavia ci sono molti buchi neri
che anche lui sta cercando di tenerci nascosti.-
-Buchi neri-
ripetè Sephiroth. Quel termine gli piaceva. E inoltre Tseng sembrava un tipo
sveglio, che sapeva agire in modo molto professionale.
-Abbiamo
focalizzato la nostra attenzione sulla cattura di Harila Nhame e Karima Hinari,
ma ci siamo lasciati sfuggire qualcosa che non è meno importante.-
-I documenti.-
Rispose prontamente Genesis.
Sephiroth lo
guardò beffardo:-Allora non c’è solo robaccia in quella tua testa...-
-Cosa stai
insinuando, amico?- replicò Genesis in un sibilo.
-Basta così.-
Ordinò Tseng.-Qui serve concentrazione, smettetela di stuzzacarvi!-
Sephiroth
arrossì lievemente.-C-Certo...-
Genesis
sghignazzò.
-I documenti
sono una parte importante della storia- proseguì Tseng- perché sono il motivo
per cui Gammon si è dato tanto da fare per infiltrarsi alla ShinRa.Probabilmente, sono legati al motivo per cui
Karima disertò.-
-La domanda è:
cosa c’era scritto in quei documenti? E cosa riguardavano?-
Sephiroth ci
pensò, ma non gli venne in mente nulla, quindi tentò di seguire un ragionamento
a caso.-Abbiamo detto che i documenti furono rubati al professor Hojo, giusto?
Quindi potrebbero riguardare l’ambito scientifico... magari un esperimento o
qualcosa di simile.-
-Esatto- fece
Tseng, annuendo- è l’unica soluzione a cui possiamo giungere.-
-Già...-
borbottò Genesis- ma è anche la più complicata. Alla ShinRa si fanno miriadi di
esperimenti, e non abbiamo modo di sapere quale interessasse a Gammon.-
-Genesis ha
ragione- concordò Sephiroth.
-E invece no- li
contraddì Tseng, sorridendo nuovamente con sicurezza- Abbiamo tutti gli indizi
necessari, dobbiamo solo metterli insieme e restringeremo il campo.
L’organizzazione di Gammon è molto piccola, eppure lui conta di affrontare i
Soldier... alle condizioni in cui si trova però, non potrebbe mai raggiungere
un obiettivo del genere. Quindi c’è solo un tipo di esperimenti che potrebbero
interessargli: l’alterazione delle capacità fisiche. È ben conosciuto, infatti,
che una trentina di Soldier potrebbero mettere sottosopra un intero esercito di
fanti.-
Sephiroth si
sentì stranamente a disagio nel sentire quell’affermazione.
-Ah! Questo vuol
dire che Gammon stava cercando i documenti riguardanti l’energia Mako!- esclamò
Genesis, battendosi un pugno sul palmo dell’altra mano.
-Sbagliato- fece
Tseng.-Il tuo ragionamento sarebbe corretto se non tenessimo conto del fatto
che la ShinRa ha il monopolio su tutte le sorgenti Mako. E se dico tutte, intendo tutte.-
-Quindi cosa
stava cercando Gammon?- si arrese a chiedere Genesis, leggermente irritato che
il suo ragionamento non fosse corretto.
-Credo di avervi
parlato di Taiji e della sua vera identità, giusto?- domandò Tseng, con un
sorrisetto che su Sephiroth ebbe l’effetto di un fulmine che colpisce un campo
di grano in un giorno di sole.
-Esperimenti con
la Materia?!- esclamò Sephiroth.
-Esatto- concluse
Tseng. Lasciò che la sua voce si perdesse in un silenzio ammirato, poi riprese
con le dovute spiegazioni.-La materia si trova abbastanza frequentemente in
giro per i continenti, e non solo. Possiamo dedurre anche che l’accanimento di
Gammon verso il Wutai sia dettato dal fatto che tra loro ci sono dei
Cercamateria... e che probabilmente, l’unico motivo per cui Gammon si è alleato
con il Wutai, è stato quello di poter sfruttare quella gente al fine di trovare
la Materia.-
-Ma non c’è modo
di provarlo, giusto?- domandò Sephiroth.
-Ovviamente no-
disse Tseng.
-E quindi queste
rimangono solo congetture- concluse Genesis, in tono ascetico.
-... sì. Però
seguendo questa linea di logica, non sembra che ci siano grosse “falle”...-
fece Tseng, spostando lo sguardo in alto con aria assorta.
-Mmmm... è vero.
Gammon potrebbe aver saputo da Taiji della possibilità di impiantare la Materia
negli esseri umani, e forse da allora si è messo in testa di poterlo fare... ma
qual è la ragione per cui Helinor e Uriah avrebbero dovuto uccidere il
presidente?- domandò Genesis.
-Bella domanda-
sospirò Tseng.-Ci ho pensato molto anche io... ma la cosa non assume un senso.-
-Vorrei sapere
cosa passa per la testa a quell’uomo.- Sbottò Sephiroth.-Aspetta un attimo... i
documenti che cercava di recuperare Gammon, sono ancora alla ShinRa?-
Tseng scosse la
testa.-Verdot mi ha detto che sono spariti il giorno dell’infiltrazione di
Gammon.-
-Quindi dobbiamo
supporre che il capo dell’Ombra possegga quei documenti?- fece Sephiroth.
Il Turk ebbe un
tuffo al cuore.-Impossibile, perché altrimenti avrebbe già tentato un modo per
eseguire gli esperimenti... aspetta... possibile che Gammon...-
Genesis non gli
lasciò terminare la frase e la completò da sé:-... Voglia uccidere il
presidente per avere il controllo sulla compagnia e sui laboratori al suo
interno?-
Tseng scosse la
testa.-No, perché altrimenti non avrebbe più senso fare gli esperimenti...
Gammon avrebbe già il controllo sulla ShinRa e a quel punto potrebbe usare il
Mako... a meno che...-
Il rosso
sorrise.
-A meno che
Gammon non abbia più i documenti e stia agendo per ordine di qualcun altro...- mormorò Tseng.
-Qualcun altro?- fece Sephiroth,
scettico.-Il Wutai?-
-No. Non il
Wutai. Hai mai sentito parlare di Avalanche?-
-Avalanche?- fece
eco Genesis. Adesso da dove saltava fuori quel nome?
-Le informazioni
su questo gruppo sono state occultate a chiunque tranne a poche persone della
compagnia, i Turks del mio dipartimento e i Soldier di prima classe. Avalanche
sarebbe una nuova banda di rivoluzionari che vorrebbe mettere fine al monopolio
della ShinRa sul mondo.- Disse Tseng.-In termini normali, sarebbe la
“resistenza”, ma loro si fanno chiamare Avalanche.-
Tseng aveva
l’impressione di aver già sentito una frase del genere, prima d’ora... una nuova banda di rivoluzionari che
vorrebbe mettere fine al monopolio della ShinRa sul mondo.
-Quindi Gammon
starebbe contrattando con questa gente?- domandò Sephiroth, confuso.-Ma non era
alleato con il Wutai?-
-Sì, ma forse
Gammon non si interessa molto delle alleanze o con chi le stringe. E comunque
il Wutai potrebbe anche sapere del patto.-
-Sempre che il
nostro ragionamento sia corretto- fece Sephiroth, scettico.-Non abbiamo prove.-
-Già... però
teniamolo tra le possibilità, ok?- disse Genesis.
-Eppure ho la
sensazione che se Gammon odia tanto Karima è anche per via di quei documenti.-
Riflettè Tseng.
-Intendi dire
che Karima sapeva dell’intenzione di Gammon di eseguire esperimenti e che sia
scappata con i documenti?- domandò Genesis, sbigottito.
-Bella pensata,
Genesis!- esclamò Tseng, euforico.-Dev’essere così! Karima ha letto i documenti
e ha pensato bene di andarsene...-
-Codarda- fece
Sephiroth.
-Non
dimenticarti che aveva una figlia!- disse Tseng con entusiasmo- Forse Karima
aveva conosciuto la storia di Taiji e aveva deciso che sua figlia non avrebbe
dovuto soffrire il suo destino... che non sarebbe dovuta diventare un mostro. E
neanche gli altri ragazzi dell’Ombra avrebbero avuto la stessa sorte, in questo
modo...-
Sephiroth fece
un passo indietro, ma tentò di mantenere la sua solita compostezza. Dovette
impegare uno sforzo sovraumano per non far trapelare il disagio e
l’inquietudine che si stavano impossessando di lui, quindi strinse i pugni
tanto da far affondare le unghie nella carne e abbassò lo sguardo. Anche lui
era un mostro?
-E a questo
punto posso anche dire che Karima rubò quei documenti per salvare anche il
resto dell’accampamento!- disse Tseng, trionfante.-Per questo Gammon la
diseredò dall’Ombra e la cercò in lungo e in largo: non solo perché voleva
punirla, ma perché aveva con sé i documenti che tanto gli servivano!-
-Ah!- esclamò
Genesis.-Vuoi dire che Karima era ricercata da Gammon perché aveva i
documenti?!?-
-Questo è
proprio quello che ho detto. E a questo punto, anche Verdot la stava cercando
per riavere la stessa cosa, ne sono certo.-
-Quindi Verdot
dovrebbe averli recuperati! Non era lui ad aver ucciso Karima?!- domandò
Sephiroth, con voce lievemente affannata.
-Certo... Ma il
fatto che non li abbia trovati, vuol soltanto dire che Karima li ha nascosti da
qualche parte! E che sono ancora lì!- disse Tseng, mentre si immaginava tutta
una serie di scene che secondo lui sarebbero avvenute in passato.
-Beh, allora
abbiamo Gammon in pugno- scherzò Genesis, sollevando una mano e avvicinandosela
alla fronte per simulare un saluto militare.
-Harila...-
mormorò Tseng.-Mi viene in mente una spiegazione per cui avrebbe fatto la
spia... spiegazione che, tra l’altro, si adatta anche al motivo per cui Gammon
avrebbe fatto uccidere suo marito.-
-Una relazione
sentimentale con il capo, scommetto- disse Sephiroth, incrociando le braccia
sul petto e battendosi l’indice di una mano sull’avambraccio.-Sarebbe una
spiegazione più che logica. Harila era gelosa di Karima, e Gammon del marito di
Harila.-
-Non credo sia
così semplice, perché se ci pensi bene, Harila spifferò la posizione di Karima
ai Turk dopo aver disertato l’Ombra.-
Gli ricordò Genesis, scuotendo il capo a destra e a sinistra.
-Genesis ha
ragione. Io penso che ci fosse qualcosa tra Gammon e Harila, ma non è certo
questo il motivo per cui Harila fece la spia...-
-Io invece credo
di sì- insitè Sephiroth.-Abbiamo visto Gofna com’è... forse sua madre era
ingenua e credeva che i Turk avrebbero protetto Karima dall’Ombra, invece di
ucciderla. Dopotutto erano amiche.-
-No- disse
Tseng.- Altrimenti Harila non avrebbe chiesto perdono alla fotografia.-
Sephiroth decise
di ignorare l’ultima, strana, affermazione di Tseng per risparmiare tempo, ma
comunque si chiese che cosa avesse voluto dire.
-Diamo una
scossa ai nostri ragionamenti- disse Tseng, improvvisamente.-Dobbiamo pensare
ad una possibile relazione Gammon-Harila-Karima-
-E cosa se non
un triangolo amoroso?- rise Genesis, che voleva fare una battuta, ma che invece
ebbe l’effetto di far trasalire Tseng.
-Un triangolo?-
ripetè Sephiroth, disgustato.
-Perché non ci
abbiamo pensato prima? Karima e Gammon. Harila e Gammon. Forse Gammon era
sposato con Harila!-
-Sposato con
chi?!- esclamò Genesis, strabuzzando gli occhi.
Tseng
sorrise.-Certo! Forse Harila e Gammon erano sposati, ma Karima ebbe una
relazione con lui! Karima disertò, e forse Harila venne a saperlo, quindi seguì
l’esempio dell’amica e in seguito spifferò tutto ai Turk per vendicarsi! E non
solo: Gammon era ancora innamorato di lei, quindi decise di far uccidere il
marito in modo da poter avere una chance... ecco com’è andata.- concluse.
Erano finalmente
venuti a capo del mistero! Tutti i pezzi del puzzle andavano al loro posto, e
il quadro che veniva fuori combaciava perfettamente!
-No- proruppe
Sephiroth, con una sicurezza tale che fece piombare il silenzio
all’istante.-Non sono convinto. C’è ancora un dettaglio che mi sfugge.-
-Quale?- domandò
Tseng, che ormai era certo della correttezza della soluzione che aveva
proposto.
-Abbiamo detto
che Karima disertò ben quindici anni fa, giusto? Ma allora dobbiamo supporre
che prima abitava nell’accampamento. Se prendiamo in considerazione il lasso di
tempo tra i diciassette e i quindici anni fa, possiamo giungere alla
conclusione che Helinor era qui con la madre.-
Teng corrugò le
sopracciglia. Non ci aveva pensato, ma Helinor era già nata diciassette anni
prima, dunque pteva voler dire solo una cosa: era figlia di qualcuno
dell’accampamento. Strano che non si ricordasse niente dei suoi primi due anni
di vita.
-Suo padre è di
qui.- Terminò Sephiroth.- Non abbiamo nessuna informazione riguardo alla
nascita di Helinor?-
Genesis si
sporse in avanti:- Aspetta, aspetta, aspetta!-
-Karima aveva un
legame molto saldo con Nhata, se non sbaglio.- Ricordò Tseng.-Questo vuol dire
che...-
-Che Nhat era il padre di Helinor!-
esclamò Genesis.
Angolino dell’autrice:
E anche il quattordicesimo capitolo è andato XD. È dedicato
alle riflessioni di Tseng, che però vi assicuro non sono tutte giuste XD. Comunque,
nei prossimi capitoli ci si avvierà verso una conclusione, ma visto che, come
ho già detto, questa storia appartiene ad una serie, non tutte le domande
troveranno risposta.
Intanto, rispondo alle recensioni ^^
the one winged
angel: nipote, mi fai piangere con tutti questi complimenti *-*! Io ti
ringrazio tanto *abbraccia*. Ma andiamo con ordine:
per quanto riguarda Helinor e Uriah, avevo detto all’inizio
che i due si volevano bene, anche se non lo dimostravano apertamente ^^, quindi
quella scena è tra le mie preferite e ci tenevo molto a descriverla al meglio
che potevo. Cioè, in pratica aspettavo di scrivere quel capitolo da quando ho
iniziato la storia XD. Uno dei miei preferiti, senza dubbio, dunque ho cercato
di esprimere quelche emozione scrivendo…spero di esserci riuscita.
Anche la scena di Nhat, ho adorato scriverla. Sì, anche
secondo me è la più triste, anche perché se ne è andata una delle persone più
importanti per Uriah, e questa cosa sarà fondamentale per la sua prossima
decisione. Ma niente spoiler XD ho già parlato abbastanza.
No, non è stata Gofna a dire tutto a Gammon. È stato Kay.
XD è lui la spia. Se leggi bene la fine del capitolo, Gammon dice che lo
ripagherà per tutte le informazioni che gli ha dato. Il bastardo...
Intanto mi preparo il terreno per Gammon. Sì, c’è un
motivo per cui non li sta uccidendo subito, un po’ perché nel suo carattere
fare le cose senza che gli altri se ne rendano conto, un po’ perché ha qualcosa
in mente. Ma questo si vedrà poi.
Nara da un parte mi fa pena, dall’altra lo trovo odioso. È
anche vero quello che hai detto, però, anzi verissimo *le sagge parole della
nipote* e per questo mi fa un po’ pena. Quello che mi dà fastidio è l’eccessivo
servilismo nei confronti di Gammon.
Infine, il sogno di Sephy mi servirà per i prossimi
episodi della serie. Ci tengo a fare una storia diversa da quella del gioco,
soprattutto perché il motivo per cui ho iniziato questa fic, la cui storia sto
curando da circa un anno (ebbene sì), è perché avevo voglia di scrivere
qualcosa di più elaborato di quello che scrivo di solito. Lo so, sono pazza XD
non ci si puù fare niente. E un po’ perché volevo allenarmi con lo scrivere, e
questa fic è perfetta per lo scopo.
Beh, ti saluto nipote, e spero che ci abbia capito
qualcosa XD come già tutti sappiamo i pensieri comprensibili non sono il mo forte.
XD Un abbraccione.
Kairih:
bravissima!!!!! Solo le undici O.o hai fatto dei progressi enormi! XD Ma
passiamo alle cose serie… … …XD non mi
viene in mente niente di serio XD
Sì, infatti avevi indovinato la relazione tra quei due!
Solo che allora non potevo dire niente, altrimenti non c’era suspence XD
Alla fine Gammon è proprio il padre di Helinor, però mi
sta sempre più antipatico >.< cioè, si può trattare una figlia in quel
modo? E poi povero Nhat. Sigh, è vero quello che hai detto, le persone buone
finiscono sempre col soffrire... mi è dispiaciuto un sacco farlo morire così
ingiustamente… però devo ammettere che è una delle mi scene preferite. Ce l’avevo
in mente da non so quanto tempo. Comunque... beh, spero che questo capitolo ti
sia piaciuto, anche se non è niente al di fuori dei dialoghi senza senso del
nuovo detective Tseng XD. Ha parte gli scherzi, tra poco Gammon passerà all’offensiva.
Un bacio tesoro *smack* e spero che riusciremo a sentirci
presto ç_ç
Helinor guardò
Gofna, che in piedi al centro della piazza armeggiava con il suo bastone e il
suo cappello da maga, attirando una buona dose di persone a vedere il suo
piccolo spettacolo. Notò che Adrian e Kay erano in prima fila, incantati dai
trucchi di Gofna, mentre qualche metro più dietro c’era Nara, intento a pensare
ai fatti suoi con aria indifferente. Vicino a lui, James di tanto in tanto gli
scoccava un’occhiata spaventata.
Helinor si
mantenne a una dozzina di metri di distanza e fece scivolare una mano sull’elsa
del coltello, mentre le sue spalle si abbassavano per la delusione. Harila
aveva tradito sua madre e Gammon aveva fatto lo stesso con Helinor. Adesso
doveva pareggiare i conti con Gofna e poi avrebbe dovuto trovare il coraggio di
affrontare Gammon. Già... quello era un bel problema.
Aspettò
pazientemente che lo spettacolo di Gofna si avviasse ad una conclusione, poi la
vide infilarsi in testa il cilindro dopo averlo fatto roteare in aria, mentre
la folla se ne andava soddisfatta.
Nara fece una
smorfia perplessa e diede le spalle a tutti, avviandosi nella propria tenda con
passo pesante, seguito dallo sguardo vigile e ostile di Uriah, che subito dopo
se ne andò nella direzione opposta. Kay gli andò dietro. Forse avevano stretto
amicizia?
Vide il
ragazzino indietreggiare ad un gesto irritato di Uriah.
No, decisamente
non avevano fatto amicizia.
Helinor si sentì
sollevata, poi si diresse verso Gofna, che stava per prendere James a braccetto
e scappare via.
-Gofna...
posso... parlare con te?- domandò Helinor, cercando di mantenere il suo tono di
voce ad un livello civile.
La bionda la
guardò quasi con disprezzo, tuttavia non la trattò male, e accettò la sua
richiesta di buon grado.-Vai pure, James! Ci vediamo dopo!-
-A dopo tesoro-
rispose James, lanciando a Helinor un’occhiata di sfuggita.
Helinor rimase
in silenzio per un lungo istante, mentre insieme a Gofna entrava nella propria
tenda. Stava formando nella sua mente un discorso sensato, scartando le parole
che si ammucchiavano l’una sull’altra e mettendo insieme quelle che potevano
costuire una frase di senso compiuto. Non era ancora lucida perché quello
strano blocco mentale la costringeva a non ragionare, tuttavia sentiva qualcosa
di strano che si faceva strada nel suo cuore. Un sentimento strano, mai provato
prima d’ora.
Chiunque altro,
l’avrebbe chiamato compassione, ma Helinor non sapeva cosa volesse dire, dunque
non gli diede un nome, limitandosi ad ascoltare la sua voce.
Gofna la
fissava, curiosa, sostenendo però un’aria abbastanza arrabbiata.
-Mi dispiace-
proruppe Helinor, cadendo in ginocchio con lo sguardo rivolto al volto di
Gofna, che fece un passo indietro per lo stupore.-Io non avevo altra scelta, se
non uccidere tuo padre. Non potevo far altro, perché il mio maestro me lo aveva
ordinato. Non potevo disubbidire agli ordini...-
-Tu menti!-
esclamò Gofna, arrossendo dalla rabbia.-Il mestro Gammon è un uomo buono e
sincero! Non avrebbe mai fatto del male a mia madre!-
-E tu sbagli!-
esclamò Helinor, estraendo di scatto il pugnale dalla fodera facendo sussultare
Gofna.-Perché se avessi avuto la possibilità di scegliere, le cose sarebbero
andate diversamente! Gammon ha ordinato a me e al mio compagno di uccidere te e
tua madre!-
-Non è vero...-
balbettò Gofna, arretrando alla vista del coltello.
Helinor prese il
pugnale dalla parte della lama e lo porse a Gofna dalla parte del manico.-Vuoi
provare cosa vuol dire uccidere una persona? E allora prendi questo e prova, Gofna
Brown!- gridò, accompagnando l’oggetto verso le mani della ragazza in
piedi.-Uccidimi come io ho ucciso tuo padre e senti cosa vuol dire ammazzare
una persona per la prima volta!-
Gli occhi di
Gofna si fecero lucidi e lei prese il pugnale tra le mani tremanti,
impugnandolo con entrambe, mentre Helinor gli si parava davanti, in ginocchio,
con le braccia spalancate.
-Ma ti avverto
che se lo fai... niente sarà più come prima- mormorò Helinor.
Gofna rimase
immobile davanti a Helinor a guardarla negli occhi. Occhi azzurri e brillanti,
velati da una patina di solitudine e tristezza, ma anche da un grande desiderio
di vivere. Vi lesse la scintilla della speranza in un futuro migliore, la
stessa scintilla che il tempo aveva spento negli occhi disua madre. Strinse il
pugnale. Era pur sempre l’assassina di suo padre, però, e doveva pagare per ciò
che aveva fatto.
-Tu hai ucciso
mio padre...- disse Gofna, più a se stessa che a Helinor, mentre tentava di
combattere la paura e le lacrime.
Helinor rimase
in silenzio ad aspettare.
-Perché ce l’hai
tanto con me?- iniziò a singhiozzare Gofna.
-Perché io
vorrei essere te- fu la risposta.-Io non ho mai conosciuto mio padre, e mia
madre mi ha abbandonata quando avevo due anni. Io non so fare altro che
provocare dolore alle persone che mi circondano...-
-Non ho pensato
che la morte di tuo padre avrebbe potuto ferirti, né tantomento che tu avresti
sofferto tanto... perché io non ho mai provato niente che somigli all’affetto
tra un padre e una figlia. Ti chiedo soltanto di perdonarmi.-
Gofna la fissò,
incerta.-Tu... non hai mai...?-
-Uccidere e combattere
sono le uniche cose che mi vengono bene, per quanto mi sforzi!- esclamò Helinor
con voce angosciata.-Ti chiedo soltanto di comprendere e di perdonarmi, poi
potrai fare ciò che vuoi...- avvertì un leggero tonfo vicino alle sue
ginocchia, e abbassati gli occhi, vide il suo pugnale, poi qualcosa la investì,
e due braccia esili la strinsero. Rabbrividì, non perché non volesse un
abbraccio, ma perché sentiva che stava nuovamente per piangere.
-Sono tanto
triste per te...- susurrò Gofna, stringendo la castana a sé con una forza che
Helinor non avrebbe mai immaginato avesse.-Deve essere stata una brutta vita,
la tua...-
-Lo è ancora-
rispose Helinor, nascondendo il volto tra i capelli biondi di Gofna, senza
restitire però il calore dell’abbraccio. Lasciò che le braccia restassero ferme
lungo i fianchi, e che i sottili capelli della ragazza bionda le solleticassero
le guance e il collo. Era quasi più bello di quando l’aveva abbracciata Uriah,
perché adesso sapeva che quel peccato che si era portata dietro per anni, era
stato finalmente perdonato. Chiuse gli occhi e allacciò le braccia intorno alla
vita di Gofna. Finalmente perdonata... finalmente libera.
Dopo svariati
minuti, la bionda si staccò da Helinor e le passò una mano sul viso per
spostarle i capelli dagli occhi, sorridendo con le lacrime agli occhi, poi si
alzò e se ne andò di corsa.
Helinor si tirò
in piedi a sua volta e rimase a fissare il suo pugnale per terra. Il rubino
sull’elsa sembrava opaco adesso, ma forse era soltanto la sua immaginazione.
Sorrise. Forse
c’era ancora speranza...
-Ah, sei qui!-
esclamò una voce, improvvisamente.
Lei si voltò.-E
a te chi ha dato il permesso di entrare?!- domandò, irritata.
Sephiroth abbozzò
un sorriso, ma il tentativo risultò quasi penoso, così si limitò a scuotere il
capo.-Tseng mi ha chiesto di tenerti d’occhio in caso decidessi di fare
pazzie...-
Helinor battè un
piede a terra e si mise le mani sui fianchi.-Guarda che non sono una bambina,
so prendere le mie decisioni e assumermene la responsabilità...-
-Sì, certo...-
disse Sephiroth, beffardo.-Insomma, che è successo con Gofna qui?-
-Non sono affari
tuoi- fu la risposta, accompagnata da un tentativo di colpire Sephiroth con un
sassolino calciato con un piede.-E comunque, ora siamo amiche, va bene?-
-Cambi idea
molto facilmente, vedo... fino a un’ora fa volevi ucciderla...-
Al contrario
delle aspettative di Sephiroth, che già si era immaginato recapitare un pugno
in qualche parte del corpo, Helinor sorrise enigmatica e nascose le mani dietro
la schiena. Si sorprese di leggere una sorta di sollievo nel suo sguardo, e si
stupì ancora di più quando lei si chinò a raccogliere il coltello con un
sorriso sghembo sulle labbra. Lo ringuainò.
-Io... ci ho
pensato- disse Helinor, guardando la lama entrare nel fodero.
Sephiroth la
guardò con aria interrogativa, ma non si azzardò a chiedere niente. Non voleva
dare a vedere la sua curiosità. Fu tentato dal farle quelle domanda che gli
frullavano in testa da fin troppo tempo. Perché li aveva aiutati? Se non lo
aveva fatto per la ShinRa, eneanche per
il puro gusto nel tradimento, che motivo poteva averla spinta a voler ammettere
due Soldier e un Turk nell’accampamento?
-Sono stanca di
provare odio- dichiarò Helinor, posando gli occhi sul viso inespressivo del
Soldier.-Gofna è... una vittima, proprio come me. È insopportabile, questo è
vero... e probabilmente non saremo mai grandi amiche però... sento che ottenere
il suo perdono per quello che ho fatto a suo padre è stato un po’ come
rinascere.-
Sephiroth
socchiuse gli occhi e distolse lo sguardo da quello della ragazza.
-Non sei
d’accordo- osservò Helinor, un po’ delusa.
-Il fatto è che
sei una totale contraddizione, Helinor- affermò il ragazzo, in tono lugubre.-Tu
sembri divisa in due. Prima sei una ragazza calma e allegra, e un attimo dopo,
un’assassina a sangue freddo.-
Helinor
sorrise.-Non ho ancora trovato me stessa- si schermì.
Lui le rivolse
un’occhiata di sfuggita.-Sono un figlio della ShinRa- confessò.-Io... credo che
nella vita non avrò bisogno di trovare me stesso. Devo solo combattere, per
questo sono nato.-
Per un po’
rimasero entrambi in silenzio a squadrare due direzioni differenti, poi irruppe
la voce di Helinor:-I tuoi occhi sono diversi.-
Sephiroth non
rispose.
-Perché?-
-Se una persona
viene esposta più degli altri al Mako, i suoi occhi assumono questo colore un
po’ verde...- disse. Per qualche strana ragione, sentiva che esprimere quel
concetto significava mettere a nudo una parte di sé. Era qualcosa di segreto e
di intimo, che dopotutto, non era neanche un segreto, visto che alla ShinRa
tutti conoscevano quel particolare. I Soldier di prima classe avevano più o
meno lo stesso bagliore verde negli occhi...
Helinor lo guardò
con una sfumatura di compassione che a Sephiroth non piacque affatto. Sapeva
cosa stesse pensando... che lui era diverso, che era un mostro...
-Fanno
esperimenti su di voi...- mormorò Helinor.
Sephiroth annuì.
-Ho sempre
pensato che se qualcuno avesse fatto degli esperimenti su di me, non l’avrei
accettato. Ma adesso... temo che di non essere più sicura su questo punto... -
disse Helinor.
Non sai quanto ci sei andata vicino...
Si guardarono,
di nuovo in silenzio. Non che Sephiroth fosse un ottimo disquisitore, tuttavia
i membri dell’Ombra non erano certamente meglio, quindi per Helinor fu facile non
farci troppo caso. In fondo, anche solo il fatto che il Soldier non parlasse
più per monosillabi, era una grande conquista.
-Credo che...
dovrò riflettere sull’offerta della ShinRa...- concluse Helinor, in tono
incerto.
Sephiroth storse
il naso.-Non starai scherzando!-
Helinor cambiò
immediatamente discorso, imbarazzata:-Tu sei veramente troppo serio!-
-I-io?!?-
esclamò Sephiroth, preso in contropiede.-Ma... che c’entra?!-
-Smetti di
essere così rigido. Mi metti a disagio!- sentenziò Helinor, in tono severo.
Per un attimo,
Sephiroth prese seriamente in considerazione l’idea che lo stesse veramente
rimproverando, poi si disse che forse lo stava soltanto prendendo in giro.
Helinor
simulò un sbuffo:-Però, anche con quella tua faccia di marmo, mi sei abbastanza
simpatico.-
Certo, avrebbe
preferito che ci fosse Zack al posto del Soldier dai capelli argentati, ma non
si poteva avere tutto dalla vita... anzi, Helinor doveva ammettere che parte
della sua improvvisa voglia di entrare in Soldier, era dettata proprio dal
grande desiderio di rivedere Zack.
-Simpatico?-
ripetè Sephiroth, a voce bassa.
Helinor annuì,
anche se pensò che “simpatico” non fosse proprio il termine adatto a descrivere
i suoi sentimenti verso di lui. Sentiva una specie di affinità dettata dalla
solitudine che aveva vissuto anche Sephiroth. La connessione tra loro, pensò
Helinor, si basava semplicemente su un fatto di uguaglianza, giacchè vedeva nello
sguardo del platinato tanto di ciò che apparteneva anche al suo.
-Sì.- Semplificò
Helinor. Dopotutto, conosceva molto bene la solitudine nello sguardo del
platinato.-Potremmo addirittura essere amici, se tu non fossi così serio... ma
in fondo...-
Potremmo essere amici comunque, perché un amico è
una persona speciale che sa apprezzare anche i difetti della persona a cui
vuole bene...
-Non farmi
ridere. Noi siamo nemici, e i nemici si combattono a vicenda.- Replicò
Sephiroth.
Ma dentro di sé,
sorrise. Negli occhi di Helinor poteva leggere qualcosa che li accomunava; un
piccolo ponte di comunicazione fragile e delicato, ma era comunque qualcosa.
Aveva sperimentato che trovare qualcuno simile a lui era un’impresa a dir poco
impossibile, e anche se Helinor non era proprio ciò che aveva sempre avuto in
mente, sentiva che c’era qualcosa di lei, in lui.
Forse era
soltanto la solitudine e l’amarezza, o forse era il desiderio di credere in
qualcosa di migliore, in un fine più alto legato alla loro esistenza.
-Helinor...-
-Sì?-
Le domande si
affollarono nella testa di Sephiroth, tanto che alla fine lui riuscì soltanto a
dire:-C’è qualcuno che aspetta qui fuori...-
Lei spalancò gli
occhi, confusa.
-Io devo
andare... gli dico di entrare, va bene?- chiese Sephiroth. Lei annuì.
Il Soldier uscì
e al suo posto entrò Uriah.
-Finalmente hai
finito di cospirare contro l’Ombra...- disse Uriah, con una punta di sarcasmo
nella voce.
Helinor guardò
il suo volto pallido.-Come stai?-
Lui si passò una
mano sul viso e si coprì gli occhi stanchi.-Non molto bene...-
-Vuoi sederti?-
domandò Helinor, indicando il sacco a pelo disteso a terra. Lui acconsentì
all’invito e si lasciò scivolare sul fagotto di coperte con un sonoro sbuffo.
La ragazza gli
si sedette vicino.
-Forse ho sbagliato
tutto...- esordì Uriah, mentre raccoglieva le ginocchia al petto.-Forse questo
posto non è quello che ho sempre pensato.-
-In che senso?-
-Una nuova casa-
disse il ragazzo con voce tremante.-Un posto dove essere in pace con me stesso.
Credevo che l’Ombra fosse questo per me, ma mi sbagliavo. Stavo soltanto
cercando di dare un significato a qualcosa che mi è capitato di punto in
bianco. E ora che Nhat non c’è più...-
Helinor lo
fissò, dispiaciuta.
-Nhat è stato
ucciso dal maestro. Ne sono sicuro.-
-Sì. L’avevo
pensato anche io- mormorò Helinor, in risposta.
Uriah appoggiò
il mento alle ginocchia e sospirò.-Credevo che questa fosse la mia famiglia, e
in quanto tale che non l’avrei mai tradita... invece mi sono sbagliato-
-Cosa stai
dicendo, Uriah?- chiese Helinor, perplessa.-Non è che ti stanno venendo strane
idee in mente, eh?-
-Stai parlando
tu, che hai fatto entrare sue Soldier e un Turk in incognito- ribattè Uriah,
stentoreo.
-Non c’entra
niente...- farfugliò Helinor, imbarazzata- adesso stiamo parlando di te, non di
me...-
Uriah abbozzò un
sorrisetto.-Qui non c’è la mia famiglia, Helinor... la mia famiglia è morta
tredici anni fa. Qui non c’è la mia casa, perché la mia casa adesso è abitata
da qualcun altro, o molto propbabilmente è in rovina...-
-Non ti seguo
più...- gli fece notare Helinor.
Lui sollevò una
mano e la avvicinò ad una guancia di Helinor.-Qui non c’è niente per me.-
-Non è vero...-
bisbigliò Helinor. Non capiva eprchè Uriah stesse facendo quello strano
discorso, ma intuì che qualunque cosa avesse detto non sarebbe stato nulla
buono, e il cuore di Helinor aveva preso a battere forte. Sentiva una strana
sensazione allo stomaco, come un vuoto, e per un attimo credette di non essere
più seduta a terra, ma sull’orlo di baratro in cui sarebbe caduta da un momento
all’altro.
-Il maestro non
era la persona che credevo- disse Uriah, accarezzando il viso di Helinor.-E ora
che non c’è più neanche Nhat...-
-Ci sono io...-
disse Helinor in un soffio.-Che hai intenzione di fare?-
-Ucciderò Nara...-
Helinor tentò di
allontanarsi da lui, ma il ragazzo l’afferrò prontamente e la strinse a sé,
circondandola con entrambe le braccia.
-Lasciami
andare...- sibilò Helinor.
-No. Non finchè
non mi avrai ascoltato...-
La ragazza
appoggiò la testa al petto di Uriah, in silenzio. Adesso le mancavano davvero
le forze, e il suo cuore si era come fermato.
-Affronterò Nara
nell’arena, alla festa di plenilunio... non lo perdonerò mai per quello che ti
ha fatto... o delle frustate che mi ha dato. Vedi... ci sono persone che
possono cambiare... io sono cambiato. Non voglio più essere un burattino.
Finalmente sono libero, e tutto questo lo devo a te.- Sentì una mano di Helinor
correre sul suo torace e stringere la stoffa della divisa. Si sentì quasi in
colpa, ma non poteva stare zitto.-Tu sei sempre stata quella forte,
intraprendente e un po’ eccentrica. In tutti questi anni ho sempre pensato che
fossi una pazza visionaria, ma non ho mai messo in dubbio il mio affetto per
te. Adesso sento che posso dirtelo...-
-Perché? Perché
adesso?- mormorò Helinor.-Perché in tredici anni non me l’hai mai detto? Ti
prego... sei l’unico che mi è rimasto...-
-No. Tu puoi
avere di meglio, Helinor. La tua vita può continuare, perché tu sei in grado di
andare avanti. Ma io no. Io non sono mai stato come te, mi spiace...- allentò
la presa per permetterle di discostarsi quel tanto che bastava per potersi
guardare l’uno negli occhi dell’altro.-Per me non c’è più niente. Non una
famiglia. Non una casa. Non un’amica.-
-Uriah...-
susurrò Helinor, deglutendo rumorosamente.-Cosa sono io, per te?-
-Tu sei la mia
salvatrice- disse Uriah, posandole due dita sotto il mento.-Sei più di
un’amica. Io ero come morto, dopo l’attacco ai miei genitori, e tu hai saputo
riportarmi alla vita. non lo dimenticherò mai, perché sono in debito con te.
Per questo devo affrontare Nara...-
Helinor tentò di
abbassare la testa, ma le dita di Uriah opposero resistenza, e lei fu costretta
a rimanere nella sua posizione.-... sarò di nuovo sola...-
-Non sarai sola.
Te l’ho detto, tu hai il coraggio necessario per vivere. Io credo in te...-
-Uriah... io...
io...-
Lui sorrise con
calma e le scoccò un lieve bacio sulla fronte.-Ti voglio bene anche io. Non ti
dimenticherò mai.-
Helinor scosse
la testa.-Neanche io...-
-Grazie per avermi
capito.-
-Di niente... è
questo che fanno gli amici... no?- si costrinse a sorridere facendo appello ad
ogni più piccola molecola del suo corpo in grado di darle forza.
Uriah vide la
falsità nascosta da quel sorriso, ma si ritenne soddisfatto. Si alzò, le posò
un’ultima volta la mano sulla testa e uscì di corsa.
-Sarò sola...-
bisbigliò Helinor, incrociando le gambe e iniziando a disegnare cerchi sulla
terra. Si sentiva troppo giù di morale per fare qualsiasi altra cosa, e al
pensiero che a breve sarebbe dovuta andare all’allenamento insieme a Nara sentì
una dolorosa morsa allo stomaco.
Si alzò a fatica
e si posò il dorso della mano guantata sulle labbra per frenare quelle lacrime
che continuavano a insistere per scendere dai suoi occhi. Respirò profondamente.
Avrebbe soffocato qualsiasi dolore nel combattimento. Gammon le avrebbe dato
volentieri il permesso di girare per la pianura in cerca di mostri. Dopotutto,
Gammon aveva un’inclinazione particolare nel darle il permesso di fare
qualsiasi cosa che avrebbe potuto ferirla.
Sarò sola...
Sarò sola di nuovo...
Nara lo ucciderà... e se non lo farà lui, ci penserà
Gammon.
In entrambi i casi, sarò di nuovo sola.
(...)
-Divideremo le
truppe in due squadre composte da venti uomini. In tutto avremo quindici Soldier
di Terza classe, quattro Soldier di Seconda Classe; un Soldier di prima classe
per la squadra A e un Turk per la squadra B. Quaranta soldati in tutto.
Chiaro?-
Zack correva
dietro a Angeal, mentre il corridoio rimbombava dei loro passi e delle parole
precise e sicure del Soldier di prima classe.
-Angeal...
perché due squadre? Sono solo una trentina di ragazzi, dopotutto...- disse
Zack, trotterellando dietro al suo maestro che attraversava il corridoio a
grandi falcate.
-La squadra A è
addetta alla soppressione. Noi due facciamo parte di questa partizione- lo
informò Angeal, svoltando un angolo.
Zack fu lì lì per inciampare quando Angeal cambiò direzione, gli andò
dietro cercando di stare al suo passo, ma era un’impresa.-Sopressione?!-
-Hai capito, no?
Noi dobbiamo distruggere l’accampamento. L’ordine è di non lasciare superstiti-
-Ma Angeal...
credevo che il presidente volesse stringere un’alleanza con loro...- disse
Zack, confuso.
-Voleva.- Fece
Angeal, fermandosi di botto. Zack si bloccò appena in tempo per non
travolgerlo.-Ma credo che tutto questo improvviso desiderio di attaccare sia
dettato dal messaggio che abbiamo consegnato...-
-Quello che ti
ha dato Gammon e che non dovevamo aprire per nulla al mondo?- domandò Zack,
grattandosi la nuca.
Angeal lo
guardò.-Esatto Zack, vedo che sei attento.-
-Io sono sempre
attento!-
-Sì, come no...
nella tua testa forse.- Replicò Angeal, dopodichè si gettò di nuovo a capofitto
lungo il corridoio.
Arrivarono
all’ascensore e lo imboccarono prima che le porte si richiudessero.
-E la squadra
B?-
-Devono tenere i
prigionieri.-
-Ma insomma, che
dobbiamo fare? Li dobbiamo uccidere o catturare?- domandò Zack con una tale
veemenza da aggiudicarsi un’occhiataccia di Angeal e una sessione di allenamento
speciale.
-Non tutti vanno
uccisi, se tu avessi letto il dossier che ti ho fatto consegnare stamattina,
dossier che tra l’altro, Lazard ha distribuito a tutti, avresti scoperto che
alcuni vanno catturati vivi.- Lo rimproverò Angeal, premendo il pulsante che li
avrebbe portati al piano terra.
Zack fece mente
locale. Dossier? Mai visti dossier in vita sua... a meno che...
-Zack! Zack! Sono Kunsel! Devi aprirmi, è una cosa
importante!-
-Puoi scortartelo! Sono stufo dei tuoi scherzi!-
-Dai Zack, giuro che non volevo rovesciarti addosso
quel secchio di vernice...!-
-NO! Devo farmi una doccia! Smamma!-
-Come vuoi! Ma dopo non prendertela con me!-
-Cavolo!-
ringhiò Zack, stringendo un pugno.-Kunsel...-
-Sì, si chiamava
proprio così il ragazzo a cui ho detto di portarti i documenti- disse Angeal,
in tono severo. Lo spazio tra le sue folte sopracciglia si era ridotto ai
minimi termini, tanto le teneva aggrottate.
Zack
arrossì.-Sii buono, Angeal... non è che mi daresti qualche informazione...-
-Spero per te
che ne sia valsa la pena.-
-In che senso?-
-Non do
informazioni gratuite- lo rimbeccò Angeal, con una nota di divertimento nella
voce che a Zack non prometteva nulla di buono.
-Ah... non
voglio pulire i bagni!- piagnucolò Zack.-Io sono un Soldier, non una donna
delle pulizie!- si zittì non appena Angeal gli ebbe lanciato l’ennesima
occhiataccia della giornata.
-Silver Gammon,
Helinor Hinari, Gofna Brown e il nostro carceriere, Taiji... non so se te lo ricordi...-
-Certo che me lo
ricordo. Mi ricordo tutti tranne questa Gofna... ha un nome davvero simpatico!-
fece Zack, con un sorriso a trentadue denti.
-Bizzarro,
direi. Mi piacerebbe proprio vederla al fianco di Sephiroth- aggiunse poi, tra
sé e sé.
-Hai detto
qualcosa?-
-No, no. Tieni,
la foto è questa. Ma ti costerà una settimana di allenamenti supplementari.-
-Ma! Angeal!!!-
esclamò Zack, disperato.
Angeal fu
irremovibile.-Devi essere più disciplinato, più controllato, più riflessivo...
più tutto!- rimproverò.-Zack, io non vivrò in eterno, e presto ti assegneranno
missioni che dovrai compiere anche da solo! Devi darti una svegliata!-
Le porte
dell’ascensore si aprirono.-E la prossima volta che buttate a terra un secchio
di vernice, giuro che vi faccio pulire con lo spazzolino da denti!-
Zack aprì la
bocca per ribattere, ma Angeal era già volato via. Lo seguì.
Chissà come
stava Helinor. Era passato un bel po’ di tempo dal loro ultimo incontro...
(...)
-Avalanche...-
Il presidente
poggiò i gomiti sulla sua scrivania e intrecciò le dita delle mani, guardando
fisso davanti a sé con aria vacua.
L’uomo di fronte
a lui teneva in mano un foglio completamente bianco, se non per la scritta
“AVALANCHE”, che occupava gran parte dello spazio vuoto.
-Gammon... quel...
lo sapevo che alla fine sarebbe spuntato fuori nuovamente. Lui e
quell’organizzazione di incompetenti inconcludenti...- disse Shinra.
-P-Presidente,
io non credo che ci sia nulla di cui preoccuparsi. Ho già predisposto quaranta
Soldier per un attacco all’accampamento di Silver Gammon.-
-Bene,
Heiddegger- si complimentò Shinra, che già iniziava a sentirsi più sollevato.-E
Verdot?-
-Sta ancora
cercando i documenti rubati- disse Heiddegger, posando il foglio sulla
scrivania del presidente con mani tremanti.-Sembra che quella signorina li
abbia nascosti bene...-
-Karima...-
bisbigliò Shinra, avvicianando i palmi delle mani l’una all’altra.-Non mi sarei
mai aspettato nulla di simile... voglio Verdot a Kalm. Si dice che uno dei
gruppi di questa nuova resistenza sia locato lì... posso giocarmi il cravattino
che Gammon è in contatto con loro, e mentre tu te la sbrighi con l’Ombra, mi serve
che Verdot si occupi di Kalm.-
-Bene, bene,
bene...- disse una voce fastidiosa alle loro spalle.-Ho saputo che un mio
vecchio collega è stato catalogato nella lista dei prossimi prigionieri.- Si
sfregò le mani.-Non vedo l’ora di mettere di nuovo le mani su di lui...-
Il professore
che fino ad allora era rimasto in disparte, sorrise gaiamente.-E tutto per il
bene della scienza.-
-Ovviamente,
professor Hojo.- Disse Shinra, con un sorriso mellifluo.-So quanto dev’essere
stato difficile per lei perdere tre cavie in poco tempo, ma credo che il suo
collega Foster, sarà di ritorno a breve. Come vede, almeno una l’abbiamo
recuperata.-
-Ho sentito che
adesso si fa chiamare Taiji- osservò Hojo, contrariato.-Un successo buttato
così... che spreco per il progresso...-
-A proposito di
progresso, professore. Io e lei dobbiamo discutere di una faccenda...
Heidegger, lasciaci soli.-
Angolino dell’autrice:
questo è l’ultimo capitolo prima della partenzaaaa! Sigh,
mi mancherete tuttiiii! (Guarda che non vai in guerra – nd Sephiroth)
Beh, mettiamola così: i prossimi capitoli saranno pieni
di colpi di scena, dunque mi farò perdonare per la mia lunga assenza... u.u mi
mancheranno gli aggiornamenti… Sob sob... e mi
mancherà la mia cara nipote (che tra parentesi saluto e ringrazio) XD
Saluto anche la mia maestra ç_ç!!! E grazie per tutta la
pazienza che hai con questo impiastro che sono!!!
E infine KiaElle, che è già in vacanza!! U.u per lo meno
adesso so che non l’ha rapita Jenova XD
the one winged
angel: nipoteeee! Mi mancherai tantissimoooo! Sigh, hai sempre la pazienza
di lasciare delle recensioni fantastiche *me commossa* …
Comunqueeee… è_è cattivo Tseng, cattivo!!! Adesso
butteremo la tua statua e la regaleremo a Genesis (anche io voglio una statua! Perché
a me non ci pensa nessuno? – nd Genesis)! XD
Sì, era Kay che origliava XD Solo lui poteva farsi
beccare, di tutta l’ogranizzazione. Forse si è svegliato, ma nel modo sbagliato...
XD. Qualcuno dovrebbe appenderlo da
qualche patre in modo che non faccia più danni u.u. Dai Sephy, contiamo su di
te!
Secondo me sei una ragazza molto saggia nipote^^, non sottovalutarti. Dici un sacco di cose
intelligenti, per quanto mi riguarda. Ma sì, capiamo Nara, poveraccio. Ha avuto
una brutta storia... e ha incontrato il capo dei capi (Gammon) che gli ha dato
solo quello che voleva. Stando con Gammon si sente accettato e speciale, al
contrario di come si sentiva con i suoi genitori. Per questo quello che è
potrebbe essere un affetto puro e semplice, è diventata una mania di servilismo
nei confronti di Gammon.Dopotutto,
anche Nara ha bisogno di affetto... anche se non lo sa *-*. Fa parte della mia
visione secondo il quale tutti gli esseri umani sono portati ad amare, in modi
diversi, ma nessuno è escluso da questa regola. Che ne dici nipote? Non so
neanche io se ho espresso il concetto in modo efficace *-*
Non sai quanto mi rendi felice dicendomi che vorresti
leggere un mio libro ^^. Sono la persona più felice del mondo! *abbraccia*
Yeeee! Pubblicherò un libro, te lo prometto!!! Giuro sul sommo Sephy che lo
farò!
W LA NIPOTEEEE!!!
Un bacione enorme e buone vacanze, visto che presto
partirai anche tuuu! Ti auguro tanto divertimento!!! ^^
La festa di
plenilunio rappresentava l’ultimo giorno di sosta prima di trasferirsi altrove,
per l’Ombra. Anche dopo la morte improvvisa di Nhat, Gammon aveva deciso di non
posticipare la partenza e aveva dato l’ordine di sistemare l’accampamento per
la festa.
Tseng guardava
il centro della piazza, dove alcuni ragazzi, tra cui Loi e James, stavano
sistemando alcune fiaccole agli angoli di un quadrato disegnato a terra. Quello
doveva essere il famoso ring dove si sarebbe svolto il combattimento di cui gli
aveva parlato Nhatan. Sembrava un po’ troppo casalingo, ma solo perché l’occhio
di Tseng era abituato all’alta tecnologia della ShinRa.
Il Turk vide
Sephiroth vagare intorno alla tenda di Gammon, con aria assorta.
Nara stava
accatastando la legna per il falò giusto a pochi metri di distanza dal ring,
mentre
Shon gli correva
dietro con un accendino in mano. Forse voleva venderglielo, perché vide Nara
fare una faccia che spaventò Shon a tal punto, da spingerlo a cambiare
direzione.Solo allora Tseng notò Uriah,
in disparte. Sembrava molto pensieroso. Quando Shon gli si avvicinò per dirgli
qualcosa annuì, e insieme entrarono nella tenda-negozio.
Non c’era
traccia di Helinor da nessuna parte. Erano tre giorni che quella ragazza era
latitante.
Più o meno da
quando Tseng aveva tentato di mettersi di nuovo in contatto con Verdot,
fallendo. Il GPS non funzionava più, la batteria era esaurita.
Tseng guardò
l’orologio. Erano le undici e mezza. Si era quasi abituato a stare in quel
posto, era quasi strano pensare che quella sera la missione sarebbe terminata
definitivamente. Ancora qualche ora, e l’Ombra non sarebbe più esistita.
Chissà cosa
sarebbe successo...
Alzò lo sguardo
al cielo azzurro. Quella pace non sarebbe durata a lungo.
(...)
-Hai visto
Helinor per caso?- domandò Gofna a Sephiroth, non appena lo vide apparire
vicino alla tenda di Gammon.
Sephiroth scosse
la testa, ma non le disse che la stava cercando anche lui.-Sono tre giorni che
non la vedo.-
Gofna sospirò,
affranta.-Mi aveva promesso che sarebbe stata con me prima della festa...-
-Io mantengo
sempre le promesse, non lo sai?- disse una voce rauca e stanca alle loro
spalle.
Sephiroth e
Gofna si voltarono. Dietro di loro c’era Helinor, con il viso sporco di terra e
un bel taglio sanguinante sulla fronte.
-Dove sei
stata?!- gridò Gofna, arretrando alla vista del sangue.
Helinor sorrise
e si passò una mano sulla fronte, poi la guardò e disse:-Non me ne ero accorta...
non volevo spaventarti...-
-Dove vai tutta
sporca in quel modo?!- squittì Gofna, inorridendo.-E sudata, anche!-
-Mi sono
allenata- tagliò corto la ragazza.
Sephiroth notò
che i pantaloni erano strappati all’altezza delle ginocchia. Un segno di artigli,
e la pelle era stata lacerata insieme alla stoffa sporca. I suoi occhi corsero
dalle gambe alle braccia di Helinor e si fermarono in un punto preciso. Stette
in silenzio ad osservare il sangue colare dall’avambraccio destro fino alla
mano.
-Ma dove sei
andata?! Guarda come ti sei ridotta!!!- la rimproverò Gofna, mettendosi le mani
sui fianchi.-Guarda che Nhat non c’è più! Non farti del male in questo modo!
Aspetta! Ti curo io... vado a prendere del disinfettante. Sai, me la cavo
piuttosto bene come medico! Mia madre mi ha insegnato un sacco di cose utili!-
e corse via trotterellando allegramente.
Helinor si morse
il labbro inferiore con i denti e cercò di evitare lo sguardo indifferente di
Sephiroth. Si immaginava che dietro quella maschera di compostezza, lui la
stesse rimproverando.
-Sei ferita.-
Constatò Sephiroth.
-Se vuoi dirmi
qualcosa fallo, perché devo andare...-
Lui alzò le
spalle.-Niente. Tu non sei un mio subordinato, e anche se lo fossi, saresti
comunque libera di decidere cosa fare del tuo corpo. Sei stata nel deserto,
vero?-
-Già. Lì i
mostri sono tanti- disse Helinor, scostandosi la frangia spettinata dagli
occhi.-E poi posso allenarmi senza avere paura di ferirli.-
-Ho capito. Ci
vai tutti i giorni?- domandò Sephiroth, più per curiosità che altro.
Helinor annuì
con vigore.-Mi diverte stare sotto il sole...-
-Anche farti
sbranare, a quanto pare- replicò ironicamente il Soldier, indicando lo strappo
ai pantaloni. Lei sorrise furbetta.-Ne hai di fegato... combattere con quel
pugnale da due soldi...-
-Non è un
pugnale da due soldi, ma un’arma resistente e versatile!- esclamò Helinor,
irritata.-Pensa per te, con quella katana enorme!-
Sephiroth
sorrise con evidente sarcasmo.-Perché non la provi, una volta di queste?
Scommetto che non riusciresti a brandirla neanche con cinque anni di
allenamenti...-
-Lo dici tu!-
gli buttò in faccia Helinor.- Io posso fare qualsiasi cosa, capito?!- e scoppiò
a ridere con arroganza.
Dall’ultima “ah”
lugubre della sua risata, Sephiroth capì che Helinor doveva essere a pezzi sia
fisicamente che psicologicamente. Forse lei non se n’era accorta, ma la sua
risata assumeva un suono diverso ogni volta che cercava di nascondere qualcosa.
Se si stava attenti, si potevano capire i suoi veri sentimenti. Inutile
guardarla negli occhi, era troppo abituata a recitare per trovarvi qualcosa che
lei non volesse trasmettere di sua volontà.
-Stasera sarà
tutto finito- disse Sephiroth, pensando che il motivo della sua preoccupazione
fosse l’imminente irruzione della ShinRa.
Lei smise immediatamente
di ridere.-Lo so.-
Spero che i Soldier arrivino prima della fine del
combattimento tra Nara e Uriah...
-Helinor... tu
hai idea di chi sia tuo padre?- domandò Sephiroth all’improvviso. Non voleva
gettare la discussione sul passato della ragazza, ma la storia di Karima era
ancora troppo confusa per un perfezionista come lui.
-No!- esclamò
Helinor, tranquillamente.-Credo che sia di questo posto, però. Considerando che
mia madre abitava ancora qui, diciassette anni fa...-
Sephiroth annuì.
-Perché lo
volevi sapere?-
-Niente, solo
curiosità.-
Helinor lo fissò
per qualche istante, poi gli sorrise di nuovo e disse:-Adesso devo andare.
Queste ferite iniziano a bruciarmi.-
-Certo... ci
vediamo stasera...- rispose Sephiroth, guardando a terra con aria
impenetrabile.
-Ciao...- fece
Helinor, prima di scappare via.
Sephiroth girò
sui tacchi e andò da qualche altra parte ad informarsi sulla festa.
Era stato Taiji
a cedere la propria tenda a Gofna, in modo che potesse sistemarsi al meglio.
Lui era andato a dormire insieme ad un quanto mai contrariato Uriah.
La piccola tenda
era stata personalizzata con ogni accessorio che Gofna era stata capace di
recuperare tra le cianfrusaglie di Shon. Mazzolini di finti fiori rosa, un
sacco a pelo verde chiaro e una buona dose di ghirlande spelacchiate a causa
del troppo uso. Roba vecchia, ma che Gofna aveva saputo apprezzare.
La bionda aveva
dovuto faticare un bel po’ prima di riuscire a convincere Helinor a togliersi i
pantaloni, ma alla fine era riuscita ad ottenere una resa.
-Ecco, stai
ferma così...- disse Gofna, mentre imbrattava di disinfettante un batuffolo
d’ovatta.-L’ho trovato nella tenda di Nhat, quindi è un rimedio testato.-
-Ok, ok. Fai in
fretta, però- protestò Helinor, mentre Gofna le tamponava la ferita alla
gamba.-Fa male, sai?!-
Gofna conticchiò
un motivo allegro mentre puliva i graffi di Helinor, poi prese un po’ di bende
e le fasciò la gamba.-Fatto!!- esclamò soddisfatta. Buttò a terra l’ovatta e ne
prese dell’altra.-Adesso facciamo qualcosa per quella brutta ferita sul
braccio!-
Helinor le porse
l’avambraccio con stizza e rassegnazione.-Ma fai piano! Mi fa male!-
-Quanto sei
lagnosa!- esclamò Gofna, mentre prendeva il secchio d’acqua e bagnava un po’
d’ovatta per ripulire il braccio dal sangue.-Dovresti ringraziarmi, sai? E poi
a me tutto questo pomodoro fa impressione...- miagolò.
-Non è pomodoro,
è sangue!- disse Helinor, ritraendo leggermente il braccio quando Gofna posò
l’ovatta sulla ferita.
-Io lo chiamo
pomodoro. È rosso uguale, no?-
-Non proprio-
sospirò Helinor, rassegnata.-Chiamalo come ti pare... anzi, fai finta che sia
pomodoro, così non ti impressioni.-
-Bene!- disse
Gofna, sollevata.-Adesso non muoverti che disinfetto la ferita...-
Helinor soffocò
i gemiti che le salivano alla gola. Le mani Gofna erano piuttosto pesanti, e la
ferita le bruciava maledettamente. Si morse il labbro.
Gofna intanto
aveva ripreso a canticchiare. Fichiettò per qualche istante, poi si interruppe
e passò l’ovatta sul taglio. Fuoriusciva ancora un rivolo di sangue rosso.
-Qualcosa non
va?- domandò Helinor, quando notò che Gofna si era bloccata.
-Tu hai ucciso
delle persone?- chiese Gofna improvvisamente.
Helinor fece
roteare gli occhi, scocciata.-Sì- disse, tagliente.
-E... usciva
tutto questo pomodoro?-
La ragazza
castana sorrise dolcemente e le posò la mano libera sulla testa.-Se ferisci una
persona a morte, esce molto più sangue...-
-Anche da mio
padre?-
Helinor
deglutì.-Sì.-
-Io non ho mai
visto una persona morire- disse Gofna.-Quando sono arrivata a casa, mamma era
già... era già... andata via.-
-Non
preoccuparti, Gofna- disse Helinor in tono spento.-Non pensare a queste cose.-
Gofna annuì e
continuò a medicare la ferita.
Helinor sospirò.
Gofna doveva stare molto male per la perdita dei suoi genitori. La sentì un po’
più vicina, e per un attimo si sentì meno sola. Forse anche Gofna provò la
stessa cosa, perché quando finì di fasciare la ferita le regalò un sorriso
sincero e triste. Aveva giudicato male quella ragazza. Doveva sentirsi sola
proprio come lei.
-Grazie di
nuovo, Gofna...- mormorò Helinor, mentre l’altra le progeva i pantaloni
sporchi.
-Non c’è di
che!- esclamò Gofna in risposta.-Fa sempre piacere aiutare un’amica in
difficoltà.-
Helinor prese i
pantaloni e annuì. Forse era un po’ piagnona e viziata, ma gli amici si devono
accettare a vicenda, no? Così aveva detto Zack... e Uriah...
Non sarai sola. Te l’ho detto, tu hai il coraggio
necessario per vivere. Io credo in te...
Solo allora
capì. Comprese il significato di quelle parole guardando Gofna.
Non sarebbe più
stata sola, e neanche Gofna. C’erano tante persone come Helinor, a quel mondo.
Persone che avevavano bisogno di aiuto per sentirsi meno abbandonate... persone
indifese, incapaci di combattere il destino...
Strinse la
stoffa dei pantaloni tra le dita.
È questo che farò da grande. Aiuterò la gente in
difficoltà. Perché anche io vorrei che qualcuno mi aiutasse. Ci sono tante
persone sole come me, ma insieme... potremmo non esserlo più!
-Non te li metti
quelli?- domandò Gofna.
Helinor si
riscosse e guardò i pantaloni neri.-Sono praticamente distrutti...- osservò.
-Dai, mettili
per stasera. Poi te li aggiusto!- esclamò Gofna.
La compagna
rabbrividì. Non che Gofna fosse un asso nel cucire, ma avrebbe dovuto
accontentarsi.-V-va bene.-
E poi,
probabilmente , quei pantaloni non le sarebbero mai più serviti dopo quella
sera.
-Vuoi venire ad
aiutarmi a preparare lo show?- chiese Gofna, sorridendo allegramente.
-Show?-
-Il mio
spettacolo di magia!- rispose Gofna, tirando fuori dal nulla il suo cilindro
nero.
Helinor
sussultò.-Ma come...?!-
-I prestigiatori
non rivelano mai i loro trucchi! Non lo sai?- rise Gofna.
Le labbra di
Helinor ebbero un leggero tic nervoso.-Em... sì, certo che lo so...-
Gofna continuò a
ridere di gusto, e visto che non accennava a smettere, Helinor decretò che era
meglio andare via. La ringraziò crecando di sovrastare le risate con la sua
voce, si infilò i pantaloni e se ne andò.
(...)
-Hey!!!-
Una voce immatura, da bambina.
-Svegliati, signorina!!-
Karima sentì qualcosa di soffice sotto le sue mani.
Mosse un po’ le dita per cercare di capire cosa fosse quella cosa morbida.
Seta? No... c’era qualcosa che pungeva, tra la roba morbida. Era erba. Erba e
fiori.
Fiori?
Karima avvertì distintamente due piccole mani
posarsi sul suo petto per scuotere leggermente il suo corpo. Sorrise. Quanto
avrebbe voluto che quelle fossero le mani della sua bambina... lo desiderò con
tutto il cuore, e tentò di aprire un po’ le palpebre.Vide due occhi smeraldini che la fissavano
preoccupati.
-Chi sei?- domandò flebilmente la donna.
-Aerith!- esclamò vivacemente la bambina.
-Aerith...- ripetè piano la donna, delusa.
No, non era sua figlia. Ma come aveva potuto
sperarlo? Forse era ancora troppo insonnolita e poco lucida.
-Ti sei addormentata qui...- disse Aerith.
Karima si ricordò. Era entrata in una chiesa
deserta, poi aveva avuto uno svenimento, causato dalla malattia. Era caduta a
terra, e probabilmente quella bambina l’aveva soccorsa. Si tirò a sedere,
piegando una gamba e avvicinandola al petto.-Scusa.-
La bambina rise, avvicinandosi una mano alla
bocca.-Non preoccuparti! Ma potresti alzarti?I fiori si rovineranno tutti...-
-Fiori?- domandò Karima,facendo appello a tutte le
forze che aveva in corpo per alzarsi e andarsi a sedere su una delle panche
della chiesa. Gemette.
-Li ho piantati io!- esclamò Aerith,
sorridendo.-Volevo fare un esperimento, e qui crescono molto bene!-
-Non avevo mai visto dei fiori a Midgar...- disse
Karima, fissando le belle piante colorate.
Aerith fu contenta di sentirselo dire.-Già!-
-Non mi sono ancora presentata. Mi chiamo Karima-
disse la donna, con un sorriso materno.-Ti sono grata per avermi aiutata.-
-Sei malata?- domandò Aerith, dispiaciuta.
Karima la guardò negli occhi. Erano così profondi e
vivaci, di un verde intenso... si leggevano tutti i sentimenti di Aerith
attraverso di essi. Si chiese se anche gli occhi di sua figlia fossero così...
-I tuoi vestiti sono tutti sporhi... vuoi venire a
casa mia?- chiese la bambina.
Karima sbarrò gli occhi.-No, non credo che sia una
buona idea...-
-Puoi farti una doccia, mangiare qualcosa di
caldo... e poi potrò lavare i tuoi vestiti!- esclamò Aerith, prendendola per
mano.-Vieni, casa mia non è lontana da qui!-
-Aspetta!- tentò di protestare Karima.-E tua madre
cosa dirà...?-
-Non preoccuparti! Vieni con me!-
La casa di Aerith era come immersa in un’atmosfera
mistica, magica. Era tutto così tranquillo e irreale, che Karima si sentì
subito meglio.
Aerith la portò dentro casa mentre le parlava di
come era risucita a piantare tutti quei fiori e di quanto le piacessero.
Karima la seguiva, e intanto pensava a quanto le
sarebbe piaciuto poter abitare in un posto così con sua figlia. Un sogno ormai
irrealizzabile, visto com’erano andate le cose.
Appena le due ebbero messo piede nella casetta, apparve
il volto precoccupato di una madre.-Aerith...-
-Karima, ti presento mia madre, Elmyra! Mamma, ti
presento Karima!- esclamò Aerith, prendendo anche la mano di Elmira
costringendola a stringere quella di Karima.
-P-piacere...- farfugliò Karima, imbarazzatissima.
Era ovvio che Elmyra non desiderasse estranei in casa, soprattutto se
indossavano una veste vecchia e sporca...
Invece, Elmyra sorrise e la invitò a sedersi attorno
al tavolino rotondo al centro del salotto.-Ti preparo un tè caldo, va bene?-
Karima annuì, senza sapere cosa dire.
Aerith saltò su una sedia all’altro capo del tavolo
e, dopo aver messo i gomiti sulla tovaglia, posòla testa sulle mani.-Visto?
Mamma è molto comprensiva.-
La donna non seppe che rispondere.
Non aveva mai trovato nessuno così accogliente, in
anni di vagabbondaggio. Negli Slums l’aria era avvelenata, e la gente diffidava
degli sconosciuti come lei.
-Puoi anche restare a dormire, lo sai?- domandò
Aerith.-Sei stanca.-
-Un pochino.- Disse Karima, sforzandosi di
sorridere.
Era molto stanca, non un pochino. Era colpa della
malattia, e lo sapeva bene. Sicuramente le rimaneva un altro anno di vita, o
forse due...
Guardando Aerith, era come vedere sua figlia
cresciuta. Aveva solo due anni quando l’aveva vista l’ultima volta... quei
pensieri le strapparono un sorriso commosso.
-Tu ce l’hai una figlia?- chiese Aerith, quasi
avesse captato i suoi pensieri.-Può venire qui anche lei.-
Karima sentì una fitta al cuore quando
rispose.-No... non ce l’ho...-
-Peccato, una donna giovane come te dovrebbe
averne.-
Elmyra le mise una tazza piena di liquido fumante
davanti al naso.
-Anche se non sembra, ho i miei annetti- rispose Karima.-La
ringrazio, signora Elmyra...-
Aerith ridacchiò.
-Non si preoccupi, non mi fermerò a lungo- disse
Karima, avvicinandosi la tazza alle labbra.
Il liquido bollente le bruciò la lingua e la gola,
ma non se ne preoccupò. Dopo tutto il freddo che aveva affrontato, quel caldo
eccessivo era quasi un sollievo. Sentì il calore scendere nello stomaco e si
sentì immediatamente meglio. Quella sensazione la portò a sperare di poter
stare meglio, in qualche modo. Forse la morte non era certa...
-Karima è malata, lo sai mamma?- disse Aerith,
preoccupata.
Elmyra esaminò il volto scarno di Karima.-Non credo che
sia il suo unico problema. Vuoi mangiare qui da noi?-
-Io non credo che sia il caso...- fece Karima,
arrossendo.-Non voglio approfittare...-
-Ma ti ho invitata io!- esclamò Aerith, sporgendosi
sul tavolo.-Puoi farmi un po’ di compagnia...-
Karima guardò di nuovo la bambina con aria sognante.
Elmyra sorrise.-Ma certo. Può rimanere qui, Karima.-
-Mi sdebiterò...- esordì Karima, ma Aerith era già
scesa dalla sedia, aveva fatto il giro del tavolo e l’aveva presa per la mano,
trascinandola di nuovo fuori di casa.
-Voglio farti vedere il mio giardino!- esclamò la
bambina.
-Aspetta!- tentò di protestare Karima.
-Questo è il mio angolo di paradiso!- disse Aerith,
lasciandosi cadere su una fazzoletto di terreno coperto da fiori colorati. Sembrava
un altro fiore in mezzo a tanti altri.
Karima notò che se sua figlia fosse stata lì, le due
avrebbero subito stretto amicizia, e avrebbero potuto piantare fiori e giocare
insieme.
Invece...
Affondò la mano nella grande tasca della casacca e
ne estrasse alcuni fogli rovinati e accartocciati.
Aerith guardò il blocco, interessata.-Cos’è?-
-Un cosa che dovrei nascondere...- rispose Karima,
in tono flebile.-Sono documenti importanti.-
-E perché vuoi nasconderli?-
-Perché così nessuno potrà trovarli. Perché quello
che c’è scritto potrebbe fare del male a della gente- disse Karima.
Aerith si alzò e si fece seria.-Dalli a me. Li
nascondo io.-
-Eh?-
-Li metterò al sicuro e mi assicurerò che nessuno li
trovi- le assicurò Aerith, con l’aria di chi la sa lunga.-Almeno non sarai più
preoccupata!-
Karima sorrise e glieli porse. Pensò che nessuno
avrebbe mai immaginato che documenti di quella portata fossero nelle mani di
una bambina fissata con i fiori. Li consegnò nelle mani di Aerith e si sentì
più tranquilla. Almeno adesso poteva sbarazzarsi di quel peso.
Neanche Gammon li avrebbe trovati, ne era sicura! E
così non avrebbe più fatto del male a sua figlia.
Quella sera, Karima ritrovò il piacere di mangiare.
Elmyra era un’ottima cuoca, e persino i bocconcini sbruciacchiati di Aerith
sembravano squisiti.
Poi, Karima aiutò Aerith a sparecchiare, mentre Elmyra
lavava i piatti.
-Vado a preparare il letto di Karima!- esclamò
Aerith, una volta sistemata la cucina.
Elmyra annuì e le raccomandò di metterle il pigiama
sulle coperte, in modo che Karima avesse potuto trovarlo in fretta.
-Davvero peperina, eh?- domandò Karima, mentre
Aerith correva su per le scale.
Elmyra sorrise malinconicamente.-Già... è veramente
piena di energie...-
-Dev’essere bello averla in giro per casa- disse Karima,
più a se stessa che a Elmyra.
-Lei ce l’ha una figlia, vero signora Karima? Ha
mentito prima- disse la madre di Aerith.
Karima abbassò lo sguardo.-Sì. Non volevo dire una
bugia, ma poi Aerith avrebbe insistito per incontrarla... e in questo momento
non è possibile...-
Elmyra guardò la donna.-Le è successo qualcosa?-
-Purtroppo, la guerra...- farfugliò Karima. Prima
che potesse aggiungere altro, Elmyra le aveva posato una mano sulla spalla e le
aveva detto:-Capisco- con voce tremante.
-Mio marito è morto in guerra- spiegò poi.
Karima pensò al suo, di marito, e le vennero in
mente molti ricordi confusi.
-E Aerith non è mia figlia naturale- aggiunse Elmyra.
-Ah, no?- domandò Karima.
-Sai, qualche anno fa, è arrivata in treno insieme a
sua madre... lei stava per morire, e mi ha affidato sua figlia. Per fortuna
Aerith è una bambina forte, e ha superato tutto- disse Elyira.
-Lo immagino-
-Si è ambientata molto in fretta!- esclamò la madre
di Aerith.-Lei è l’unica persona che mi fa compagnia, dopo la morte di mio
marito. Non sai che dispiacere ho provato... io lo amavo tanto... eravamo così
giovani...- mormorò Elmira.
Karima sentì le lacrime salirle agli occhi.
-Spero soltanto che Aerith abbia una vita felice.
Solo questo è importante- disse Elmyra, con voce tremante.
-Karima! La stanza è pronta!- gridò la bambina, dal
piano di sopra.
Elmyra sorrise a Karima.-Vai pure, sarai molto
stanca. Laverò i tuoi vestiti, almeno potrai indossarli puliti...-
-Grazie.-
-Non c’è di che. Mi ha fatto piacere conoscerti.-
Karima guardò il calendario dopo essersi infilata
una maglietta di cotone a righe. Quella notte ci sarebbe stato il plenilunio,
quindi all’Ombra doveva essere festa. Chissà se dopo tredici anni si sarebbero finalmente
sistemati vicino a Midgar. Avrebbe potuto rivedere Nhat e Harila, sapere cosa
era successo in quegli anni...
Sicuramente Nhat sarebbe andato in quel negozio dove
andava sempre quando sif ermava a Midgar. Maria, la moglie del titolare, era
una donna molto accogliente, che aveva offerto ospitalità a Karima varie volte,
durante la sua latitanza a Midgar. Doveva avere anche un figlio, perché
l’ultima volta che Karima aveveva visto Maria, quest’ultima era incinta. Chissà
se era maschio o femmina...
Femmina, come Helinor? Sorrise a quel pensiero.
Chissà dov’era sua figlia... come stava... aveva
fatto bene a lasciarla al Gold Saucer? Aveva pensato che lì avrebbe potuto
trovare qualcuno che l’avrebbe portata via dalla strada, ma forse si era solo
illusa. Tuttavia, non riusciva ad immaginare uno scenario diverso. Era l’unica
speranza che le rimaneva... la felicità di sua figlia. E certamente, vedere sua
madre morire da un momento all’altro non l’avrebbe resa di certo felice.
Meglio lasciarla da piccola, invece di farla
soffrire da grande.
Eppure, guardando Aerith, non poteva fare a meno di
vedere sua figlia. Si era affezionato a quella bambina in meno di un giorno.
Parte di lei
le ricordava Harila, la sua migliore amica... chissà se l’avrebbe rivista,
prima o poi... avevano diviso così tante avventure.
Prima Harila era stata fidanzata con Gammon. Si
chiese se ce l’avesse avuta con lei perché si era sposata con il suo ex.
Beh, in fondo non c’era nulla da invidiare. Sposare
Gammon era stato l’errore più grosso di tutta una vita. Era un folle, e dopo
l’arrivo di Taiji era notevolmente peggiorato.
Karima si sedette sul letto e si sdraiò tossendo.
Il materassoera così morbido che Karima arrivo a pensare che morire lì non sarebbe
stato male.
Chiuse
gli occhi.
All’accampamento
doveva essere notte di festa...
La
festa di plenilunio.
Angolino dell’autrice!
Rieccomi!!! La vostra autrice è tornata e si porta dietro
anche un vagone di scuse! Bene, adesso mettiamoci comodi qui nell’angolino e
facciamo due chiacchiere XD. Ora vi spiego com’è andata...
Volevo aggiornare come al solito, però avrei dovuto farlo
dal computer della biblioteca... fin qui nessun problema, ho ricontrollato il
capitolo, l’ho fatto bello in html e l’ho salvato sulla pennetta USB per
portarlo in biblioteca. Quando sono arrivata, quello st**** (censura) del
bibliotecario mi ha detto che, a causa di un virus che gli ha fuso i computer,
non si potevano più mettere le pennette USB (perché avevano paura che ci
fossero virus). Beh, io da brava ragazza ho pensato che se non mi facevo vedere
avrei potuto farlo comunque XD. Ma gli st**** (censura) hanno bloccato le
risorse del computer con un programma… e mi hanno fregata. Morale della favola i miei programmi sono
saltati, e con loro anche gli aggiornamenti ç_ç.
Comunque ho continuato a scrivere, e sono arrivata fino
alla fine della storia (ventesimo capitolo).Intanto aggiorno sia questo che il 17, così mi metto un po’ in pari con
le pubblicazioni che il bibliotecario st*** (aricensura) mi ha fatto saltare
con il suo giochetto U.u.
Se non rispondo alle recensioni è perché sono appena
tornata e devo andare a disfare le valige, e imploro perdono in ginocchio...
comunque ho messo Sephiroth al banco reclami, quindi se avete bisogno di
uccidere qualcuno c’è lui.
XD Adesso devo salutare che vado a mettere a posto… *si
rimbocca le maniche*
Ciao a tutti…
Volevo anche augurare buon ferragosto SIGH. COLPA DEL
BIBLIOTECARIO! GRRRRR… >.<
Helinor infilò un dito in uno dei buchi
dei pantaloni. Sospirò e dopo esserseli stesi davanti agli occhi per valutare
il loro stato, se li infilò. Mentre si allacciava la cintura alla vita, si
disse che gli strappi li avrebbero resi più alla moda. Estrasse il pugnale
dalla guaina, lo fissò per un istante rigirandolo tra le dita, poi lo ringuainò
con un gesto annoiato. Era l’unico elemento rimasto intatto tra tutto ciò che
indossava.
Preferì non indagare sullo stato del
corpetto e lo indossò senza guardare.In
ultimo, raccolse da terra il guanto nero e ci infilò dentro la mano sinistra.
Sbadigliò e uscì dalla tenda.
Era tardo pomeriggio, e il cielo già
volgeva all’imbrunire. L’aria era ancora secca, ma la frescura serale iniziava
a dare i primi segnali del suo imminente arrivo.
Uriah era fermo al centro del ring e
guardava il cielo. Forse stava pensando ad una strategia per battere Nara? O
forse stava pensando a Nhat?
Helinor si rattristò. Se Uriah fosse
riuscito ad uccidere Nara, Gammon gliel’avrebbe fatta pagare con il sangue. E
se non ci fosse riuscito, Nara non glielo avrebbe certamente perdonato...
In entrambi i casi, Uriah avrebbe
sofferto. E lei con lui.
Chissà com’era aver avuto una madre, una
famiglia, e poi perderla. Cosa si provava? Helinor non ricordava precisamente cos’aveva
provato quando sua madre l’aveva lasciata. Non ricordava neanche cos’aveva
fatto. Forse aveva pianto e aveva cercato disperatamente Karima.
Guardò il padiglione centrale. Gammon
era lì dentro, e sicuramente non immaginava cosa gli sarebbe piombato addosso
da un momento all’altro.
(...)
-Se tutto andrà secondo i miei calcoli,
i Soldier dovrebbero arrivare qui da un momento all’altro.-
Nara terminò di ripulire la spada e
guardò il suo maestro, che stava seduto con la testa riversa all’indietro e lo
sguardo puntato verso l’alto.
-È sicuro di volerlo fare?- domandò
Nara.
-Tanto sarebbe finita comunque, prima o
poi- disse Gammon, in tono tranquillo.-Niente dura in eterno.-
Il ragazzo ringuainò la spada e fece un
passò verso Gammon, che abbassò la testa e lo guardò. Sembrava che avesse
qualcosa da dire.
-Io la proteggerò da qualsiasi cosa,
maestro.- Disse Nara, stringendo l’elsa della spada.-Lo giuro sulla mia vita.-
Gammon sollevò una mano e ci appoggiò il
mento, mentre guardava Nara con aria assorta, intento a pensare ad un modo
efficace per servirsi di lui.-Per adesso, ho bisogno che combatti contro Uriah.
Devi ucciderlo, sono stato abbastanza chiaro?-
Il ragazzo fece un singolo cenno con il capo,
poi sorrise.-E per quanto riguarda Helinor?-
-Porterò avanti ciò per cui ho vissuto
questi diciassette anni. Sarà il mio modo di vendicarmi e di sbarazzarmi di un
peso.- Affermò Gammon, assottigliando gli occhi.-Avere una figlia non è mai
stata mia intenzione, ma neanche avere una moglie traditrice, dopotutto...-
-E allora perché sposare Karima?-
domandò Nara, che pendeva dalle labbra del suo maestro.
-Non so, Nara. Non so cosa mi fosse
preso in quel periodo- ammise il gran maestro, scrollando lievemente la testa.-Lei
era... una donna molto particolare, e io... io ero come te.-
Gli occhi di Nara brillarono.-Come
me...-
-Ero forte, abile, spietato. Doti
essenziali per un guerriero- si vantò Gammon, sorridendo sornione.-Ogni tanto
mi piaceva divertirmi con una delle donne dell’accampamento. Allora ce n’erano
due: la madre di Helinor e quella di Gofna.-
-La madre di quella cornacchia abitava
qui?- osservò Nara con una smorfia di disgusto.
-Sì, abitava qui. Mi piaceva spassarmela
con lei.-Rise Gammon.-Era disponibile per qualsiasi cosa. Sua figlia è
completamente diversa da lei, devo ammetterlo. Harila era una donna molto
passionale, anche se a volte tendeva ad essere un po’ idiota, mentre Gofna è
solo un’ingenua ragazzina che si atteggia come la madre. Ma è una romantica, e penso
che da quando è nata non abbia mai conosciuto il vero carattere di sua madre.
Dopotutto, Harila riusciva a nascondere a tutti le sue sembianze di serpe.-
Nara guardò il maestro con ammirazione.
-Karima era tutta un’altra storia. Era
imprevedibile. Una volta mi trattava come un dio, l’altra non mi degnava di uno
sguardo. Era... interessante.
Inoltre, aveva un coraggio fuori dal comune ed era molto versatile.-
-Versatile? Cosa vuol dire?- domandò
Nara.
-Poteva essere spietata e dolce. Mi
interessava molto, e non c’era mai da annoiarsi.- Rispose Gammon,
tagliente.-Forse è questo che mi ha catturato di lei, e ho deciso di sposarla.
Credo di aver pensato che se anche avessimo avuto un figlio, avrebbe potuto
succedermi nel comando dell’organizzazione. Naturalmente, questo prima che mi
tradisse.-
Nara sorrise crudelmente.
-Helinor è un po’ come lei.
Imprevedibile, a volte spietata a volte sensibile. Mi ricorda troppo una parte
del mio passato che desidero soltanto cancellare.-
Gammon si crogiolò un po’ nel guardare
l’espressione rapita di Nara, e capì che stava covando qualcosa dentro di
sé.-Qualcosa non va?- gli domandò infine.
Il ragazzo scosse la testa.-No, maestro.
Tutto a meraviglia.-
-Credevo che dovessi chiedermi qualcosa,
ma forse è solo una mia impressione...- e lasciò in sospeso la frase per
sostituire un sorriso incoraggiante alle parole.-Sai che con me puoi parlare di
tutto, mio caro allievo?-
-Non ho niente da chiedere, maestro. Ma
la ringrazio comunque.- Disse Nara, con un profondo inchino.
-Allora devi fare una cosa per me.-
Rispose Gammon, alzandosi dallo scranno.
Nara sorrise.
(...)
Era sera.
Le torce che illuminavano l’accampamento
correvano per tutto il perimetro delineato dalle tende, e il focolare che era
stato acceso contrubuiva in modo sostanziale all’illuminazione della piazza
centrale. Intorno al grande fuoco si erano raggruppati quasi tutti i ragazzi
dell’Ombra, la maggior parte con un calice di vino o di birra in mano, altri,
quelli più seri, stavano in disparte e guardare il proseguire allegro della
festa. Tra quelli c’erano Uriah e il timido Kay, che quella sera sembrava anche
nervosissimo e si torceva le mani. Adrian e Genesis stavano in mezzo ad un
gruppetto di persone a giocare a carte. Genesis faceva il finto cieco e
sbirciava le carte degli altri per poi suggerire a Adrian, raccimolando una
buona manciata di Guil.
Shon tentava di vendere qualche oggetto
inutile a James, approfittando del fatto che fosse un po’ brillo.
Tutto era musica e festa, Loi aveva
preso a cantare poco più in là, seguito a ruota da alcuni ragazzi della sua
compagnia.
Alcuni più sensibili, che sentivano il
lutto di Nhat in modo particolare, erano rimasti nella propria tenda a
criticare quel modo così irrispettoso di comportarsi.
Nara e Gammon dovevano ancora essere nel
padiglione centrale, perché non si trovavano da nessuna parte.
Taiji era seduto davanti alla tenda dei
prigionieri, e chiacchierava con uno dei ragazzi. Si vedeva lontano un
chilometro che non aveva nessuna voglia di parlare, ma si sforzava ugualmente
di essere gentile.
Sephiroth lo fissò perplesso. Se non
aveva voglia di parlare, non avrebbe dovuto affaticarsi nel farlo. Cosa lo
costringeva ad essere gentile anche quando non voleva?
Intravide Gofna farsi avanti in mezzo
alla folla con il cilindro in mano e l’aria di chi ha la seria intenzione di
combinare qualcosa. Rabbrividì e cercò un posto dove scappare. Le feste non
facevano per lui, e tantomento gli show di Gofna. Si ricordò di quel piccolo slargo
dove si rifugiava Helinor e se ne andò in quella direzione.
Si infilò nello stretto spazio tra la
tenda di Nara e quella di Taiji, ora di Gofna, e sbucò nel piccolo spiazzo.
Era rimasta poca legna da ardere a
terra, ma si accontentò e si lasciò cadere su di essa sbuffando. Quanto ci
mettevano i Soldier ad arrivare? Eppureda lì a Midgar non era poi tutta questa strada. E poi, dov’era finito
Tseng? Non si faceva vedere da almeno due ore, era come scomparso.
Un rumore di passi.
-Ah, ci sei tu qui!- esclamò Helinor,
apparsa improvvisamente a coprire la luce, con un calice in mano.-Che fai? Hai
deciso di provare a tagliare i bastoncini?-
-Non credo proprio.-Replicò Sephiroth,
sprezzante.-Ma forse tu sei qui per questo, quindi credo che ti lascerò
sola...- e fece per alzarsi, ma Helinor lo fermò muovendo una mano
freneticamente.
-No, no! Rimani pure dove sei, tanto io
non devo fare niente qui! Volevo soltanto andarmene da quella confusione... ai,
che mal di testa...- bofonchiò, e caracollò fino alla piccolla catasta di
legno.
Sephiroth la guardò perplesso mentre
inciampava e si sedeva per terra.-Sei ubriaca?- chiese.
-Solo un po’ brilla- rispose Helinor,
sorridendo.-Vuoi un goccio?-
-No.- Borbottò Sephiroth.
La
ragazza si avvicinò il calice alle labbra stringendosi nelle spalle, mandò giù
il liquido tutto d’un sorso e si passò il dorso della mano sulle labbra per
asciugarle. Il guanto di cuoio si scurì leggermente laddove l’umido lo aveva
toccato, e lei rimase a guardare la macchia con intensità.
-Helinor...-
Lei
fece un grosso sbadiglio.-Sì?-
-Perché
non hai detto a Gammon di noi?- chiese tutto d’un fiato il platinato.
-Perché
mi andava - fu la semplice risposta, abbinata ad una scrollata delle spalle.
-“Perché
mi andava”? Tu sei in squadra con lui, no? Sbaglio o si prende cura di te da
sempre? Bel modo di ripagarlo- fece Sephiroth,
stizzito.
Un
grido di stupore si levò dalla piazza centrale. Helinor si voltòverso il fumo che si alzava verso il cielo
notturno, e immaginò che lo spettacolo di Gofna stesse coinvolgendo tutti.
-Forse-
rispose Helinor, in tono asciutto.
Sephiroth
esitò.- Ma... vivi con loro. Combatti con loro.-
-Ho
ucciso della gente per loro.- mugugnò Helinor, gettando il calice a terra con
un gesto annoiato. Quello tintinnò fastidiosamente e rotolò ai piedi di
Sephiroth.- Non mi sono mai sentita parte del loro gruppo, perché mi hanno
sempre e solo vista come una pedina.-
-Una
pedina...- ripetè Sephiroth, sottovoce.
Lei
sorrise placidamente.- Esatto. E la cosa non mi è mai piaciuta. Tuttavia...
stando qui, ho avuto la possibilità di avere qualcosa di simile a dei
compagni.- Aggiunse, iniziando a giocare con una ciocca dei suoi capelli
castani.
-Non
lo sono?- chiese Sephiroth, incuriosito.
Per
qualche strano motivo riusciva a capire il dolore di Helinor. Questo lo
spaventava, ma al tempo stesso era bello e misterioso, e lui avrebbe voluto
sondare quanto potere avesse su di lui quel mistero.
-Non
direi.- Rispose Helinor, e i suoi occhi blu incontrarono quelli verdi di
Sephiroth.- I compagni, gli amici, ti perdonano se fai un errore. Loro no. Non
mi hanno mai perdonato alcun errore. Ho portato i segni della loro rabbia per
così tanto tempo...-
Sephiroth
vide un’ombra velare gli occhi di lei, e per un attimo non riuscì a guardare
altro che quelli, perché aveva avvertito che il dolore di Helinor era simile al
suo, perché attraverso quel contatto visivo, lui la sentiva vicina.
-Io
sono il frutto di un rapporto tra una donna e un uomo che neanche conosco!-
disse Helinor, dando un calcio al calice in terra, che rotolò via.-Sono stata
abbandonata quando ero molto piccola. Non ho mai capito qual era stata la mia
colpa per essere trattata in quel modo... e poi c’era il maestro...-
-Una
colpa...-
-Sì.
Una colpa.- Annuì Helinor, senza far trapelare nessuna traccia di tristezza o
di dolore dalla sua voce.- Gammon mi ha accolta con sé. Gli sono sempre stata
grata per ciò che ha fatto.-
Sephiroth
la interruppe.- Perché non gli hai detto di noi?- era solo quello che gli
interessava sapere.
-Perché
ad un certo punto, mi sono accorta che il suo interessamento nei miei confronti
era soltanto una finzione.- Tagliò corto Helinor, dopodichè sbuffò
sonoramente.- Non capisco perché venga a dirle proprio a te, queste cose.-
Sephiroth
dischiuse un po’ le labbra e fece per rispondere, poi ci ripensò e rimase in
silenzio.
Lei
lo guardò attentamente e sorrise cupamente.- Com’è stare alla ShinRa?-
Il
Soldier trattenne il respiro e chinò il capo in avanti.-Più o meno la stessa
situazione. Noi Soldier viviamo per servire la ShinRa... e io non ho mai avuto
altra casa che quella.- Disse in un mormorio.
-Noi
due siamo proprio simili, eh?- fece una pausa, poi proseguì.- Eppure... ti sei
mai sentito come se quella non fosse la tua vera casa? A volte... hai mai desiderato
sapere perché ti hanno lasciato solo al mondo?- chiese, in tono solenne.
Lui
era confuso.- Io...-
Sì, molte volte.
Helinor
lo fissò, e fece scivolare una mano su quella di lui, che rimase pietrificato.
-Forse
un giorno noi due troveremo la nostra casa, non trovi? Tutti ne hanno una.-
-E
se non dovessimo riuscirci?-
Lei
scosse il capo, come a voler dire che non lo sapeva.-Ma cosa vuol dire
veramente avere una casa?-
Sephiroth
abbassò lo sguardo a terra e non rispose. Dopotutto, capiva che non era una
domanda a cui Helinor non voleva ancora una risposta.
-Quando
avremo scoperto cos’è una casa, forse potremo averne una, non trovi?- domandò
lei, sorridendo.
Lui
si limitò a perforarla con uno sguardo intenso, poi ritrasse la mano e appoggiò
i gomiti sulle ginocchia.
Dopo
un attimo di silenzio, Sephiroth domandò:-Non ricordi chi fosse tuo padre? Hai
abitato qui per due anni, come puoi essertelo dimenticato?-
Helinor
si alzò da terra e sbadigliò sonoramente, facendogli capire che non aveva
alcuna voglia di rispondere.
Sephiroth
si tirò su a sua volta.-Possibile che tuo padre fosse Nhat?-
-No.
Te lo assicuro. Non era lui- disse Helinor con sicurezza.
-Capisco...-
mormorò Sephiroth. Avevano sbagliato...
-Hai
visto Tseng, a proposito?-
-No-
rispose Sephiroth.
Lei
corrugò le sopracciglia.-Vado a cercarlo. Ci vediamo, Sephiroth!- e se ne andò
muovendo una mano con fare gioviale.
Prima
di sbucare nella pizza centrale, Helinor esitò, e le prese una forte fitta alla
testa.
Gente. Tanta
gente.
Era un miscuglio
di colori e di luci che si mescolavano e si rendevano indistinguibili,
confondendo Helinor e costringendola ad andare in giro a tentoni, con le mani
allungate in avanti e un nome sulle labbra. Quello di sua madre.
Molti voli si giravano e la guardavano, alcuni con pena,
altri con disgusto.
Solo uno ebbe il
coraggio di raffiorare tra la confusione, e le porse la mano con uno sguardo
gentile negli occhi. Il sorriso gli illuminava il viso. Era un sorriso da lupo,
ma Helinor non se ne sarebbe mai resa conto.
Finalmente era
salva...
-...-
Lui scosse la
testa.
La
Helinor del presente trasalì perché qualcuno l’aveva presa per mano.
-Vieni,
Helinor! Uriah sta per cominciare a combattere!- gridò Gofna.
-Come...?-
domandò Helinor, ancora troppo scossa da quello stralcio di ricordi. Era sicura
di aver detto qualcosa a Gammon, prima che la portasse via, ma non riusciva a
farselo venire in mente.
Aveva
come l’impressione che se l’avesse ricordato, la sua vita sarebbe crollata, e
per un attimo si concentrò su Gofna per non pensarci. Si lasciò trascinare
dalla ragazza fino al ring e, con la vista annebbiata, riuscì a capire solo
indistintamente che l’aveva portata in prima fila. Girò la testa a destra e a
sinistra per distinguere i volti dei compagni, ma vedeva soltanto colori
confusi e lontani, esattamente come era successo quindici anni prima al Gold
Saucer.
E
poi una musica irritante e ripetitiva. Un carillon... un pagliaccio. Rosso,
bianco, verde... si posò le mani sulle orecchie per non sentire quella musica
tintinnante e cadde in ginocchio.
-Helinor!-
Respirò
affannosamente. Doveva riprendere il controllo... cosa sarebbe successo se
avesse ricordato? Mosse gli occhi intorno a sé convulsamente, come a cercare
qualcosa su cui concentrarsi e ritrovare l’equilibrio. Alzò lo sguardo...
Gammon
era in piedi dall’altro lato del ring e la fissava.
Proprio
come quel giorno di quindici anni fa, aveva qual sorriso da lupo e gli occhi
gentili. Intorno a lui solo colori confusi e la musica che si faceva sempre più
fastidiosa e rimbombante. Fu come se il Gammon del passato si staccasse dalla
figura di quello del presente. Lo vide venire verso di lei come fece a suo
tempo, allungare la mano...
Helinor
sbarrò gli occhi. Le sue labbra si mossero, ma dalla sua gola non uscì alcun
suono.
La
sagoma scomparve.
I
colori tornarono chiari e distinguibili.
La
musica del carillon si trasformò nelle grida dei compagni.
Solo
una cosa sentì Helinor prima di tornare in sé: la risata diabolica dell’uomo
che l’aveva salvata.
La
risata cessò in un rumore metallico, e stavolta Helinor riprese il controllo
del suo corpo in meno di un secondo. Si alzò di scatto, tremante.
-Helinor...-
La
voce preoccupata di Gofna la chiamava, e le sue mani avevano preso a tormentare
il braccio di Helinor, muovendolo come se ciò avesse dovuto riportarla in sé.
Helinor
ansimava ancora, ed era pallida. Dovette fare appello anche alle forze che non
aveva per non cadere a terra o scappare il più lontano possibile. Girò appena
la testa e intravide Sephiroth. Doveva dirgli tutto... doveva cercare Tseng...
Un
altro rumore metallico. Helinor si voltò di scatto verso il ring e distinse la
figura possente di Nara che cercava di rompere la difesa che Uriah aveva
costruito con la spada, parando un colpo venuto dall’alto.
-Si
faranno male!- esclamò Gofna.
-Sì...-
mormorò Helinor, guardando i due. Notò di sfuggita che gli occhi di Nara si
erano girati nella sua direzione.
Uriah
lo respinse con uno sforzo sovraumano e gli gridò:-Stà lontano da lei!-
Nara
indietreggiò di un paio di passi e sguainò la spada con un sorriso felino sulle
labbra.-Non prendo ordini da te, ragazzino- ringhiò con spavalderia.
-Invece
credo proprio che lo farai- ribattè Uriah, preparandosi ad attaccare. Corse
verso Nara e tentò un affondo rischioso, facilmente schivabile e a cui Nara
avrebbe facilmente contrattaccato. Uriah fece appena in tempo a saltare
indietro per evitare che la spada di Nara lo trafiggesse al fianco.
Helinor
si sporse in avanti.-No!- gridò.
Uriah
abbassò lo sguardo e notò che aveva un piede nel ring e l’altro al di là della
linea.
Nel
tempo in cui lo fece, Nara gli diede una spinta così forte da farlo rotolare
completamente fuori dal ring, e in un attimo gli fu sopra, pronto ad abbassare la
spada su di lui.
-Perché
non si fermano?!- si udì gridare.
Le
grida di incitazione si fermarono a poco a poco, e i volti eccitati si
trasformarono in espressioni di puro sgomento.
-Nara!
Hai vinto, fermati!- gridò Loi.
Il
sorriso di Gammon si fece ancor più ampio, ma si spense non appena vide che
Uriah aveva evitato il colpo di Nara rotolando di lato. Schiacciò la terra con
un piede, furioso.
Helinor
scosse la testa e guardò Gofna che si portava una mano alla bocca.-Stai bene?-
Gofna
annuì debolmente.-Si faranno del male!-
-Lo
so- ansimò Helinor. la luce tremolante delle fiaccole aumentava il terrore e la
disperazione che erano tornati a solcare il suo viso.-Adesso cerco di fare
qualcosa, va bene? Non muoverti da qui...!- esclamò.
-Sì...
ti prego, Helinor... non voglio vedere nessuno morire...- la implorò Gofna.
Helinor,
di nuovo, si costrinse a sorridere e si tuffò nella folla per cercare di
raggiungere Gammon. Intanto, Uriah aveva perso la spada, che era finita qualche
metro lontano da lui, ai piedi James. Nara si tentò di nuovo di colpirlo, e
stavolta Uriha fu costretto a prendere la lama tra le mani per non farsi
tagliare la gola. La forza di Nara era incontenibile, e faticò moltissimo per
non permettere che la lama si conficcasse nella sua gola. Era soltanto il suo
istinto di sopravvivenza a guidarlo, in quel momento. Riuscì a dare un calcio
al ginocchio di Nara, che per un secondo perse l’equilibrio, permettendogli di
rotolare all’indietro e di alzarsi.
Uriah
si gettò verso la spada, ma Nara gli saltò addosso, atterrandolo.
James
indietreggiò e guardò il ragazzo a terra allungare il braccio verso la spada.
Le sue dita non arrivavano a sfiorare l’elsa per un centimetro appena.
-James!!-
ansimò Uriah, alzando un poco lo sguardo.-Aiutami!-
Il
giovane guardò prima lui, poi Nara, terrorizzato.
-James!
Aiutalo!- gridò Gofna a squarciagola.
Nel
silenzio attonito che li circondava, la voce della biondina trovò solo qualche
eco qua e là.
-Ei,
ti sei rincoglionito per caso?!- strillò Loi, rivolto a James.
Helinor
riaffiorò tra la folla con il cuore in gola, al fianco di Gammon.-Maestro, deve
fermarli!-
Gammon
stava fissando la scena impassibile. Quando la ragazza arrivò, lui si limitò a
girare la testa verso di lei senza dire niente.
-Maestro!-
lo pregò Helinor, con occhi supplicanti.
Gammon
si voltò di nuovo.
-Maestro!!-
gridò Helinor, seguita da molti altri.
Nara
esibì un sorriso animalesco verso James, che scappò via urlando di perdonarlo,
poi alle sue grida si sovrapposero quelle di Uriah.
Gli
occhi di Helinor catturarono con orrore un bagliore, eseppe per certo che Nara aveva affondato la
sua spada da qualche parte nel corpo del suo amico. Il suo cuore smise di
battere.
La
urla dei compagni esplosero come una bomba mentre Nara si rialzava e ritraeva
la spada sanguinante.
Gammon
sorrise soddisfatto.
-Signore!
Signore!-
Altri
voci, stavolta provenienti da un uomo che era stato incaricato di sorvegliare
il perimetro esterno all’accampamento.
-Soldier,
signore! Soldier nell’accampamento!-
Helinor
si gettò tra la folla urlante che iniziava a disperdersi per la piazza. La
gente si accalcava e la confusione era troppa.
In
un attimo fu addosso a Nara con il coltello sguainato e una voglia
incontenibile di trapassargli il cuore da parte a parte. Riuscì a scalfirgli
solo un fianco, accecata com’era dalla rabbia. Si sentì afferrare e trascinare
verso il terreno duro.
Nara
le cadde sopra con tutto il peso e la bloccò a terra, afferrandole il polso con
il coltello in modo che non potesse più fargli del male. Lo strinse così forte
che Helinro, dopo un po’ lasciò andare la presa sull’elsa. Il coltello scivolò
a terra.
Helinor
avvertì un vago odore di sangue. Era Uriah... Uriah era lì vicino... forse era
ancora vivo... forse poteva salvarlo!
Tentò
di divincolarsi e uscire dalla presa di Nara, ma per tutta risposta, lui
afferrò saldamente la spada e si preparò a colpire, assaporando già la sua
prossima e agognata vittoria. La seconda della serata.
Possibile
che nessuno fosse in grado di aiutarla? Erano tutti troppo occupati?
Sentì
una rabbia sorda e un ronzio alle orecchie, e spinta da quella furia colpì Nara
al viso con un pugno. Lui fece una smorfia e arricciò il naso, poi fece per
trafiggerla con la spada, ma si fermò a metà del movimento, con gli occhi
spalancati e la bocca mezza aperta. Sembrava che stesse annaspando, cercando di
trarre un respiro che gli riempisse l’ampio petto.
La
spada gli cadde la mano, e i suoi occhi cercarono la fonte del dolore al petto.
Girò la testa e il viso di Uriah apparve dietro la sua nuca.
-Tu...-
ringhiò Nara.
-Ti...
avevo... detto... di starle lontano- rantolò Uriah.
Helinor
approfittò per calciarlo via e tirarsi in piedi, terrorizzata.
Il
corpo di Nara rotolò due volte e si fermò bocconi, e Helinor potè vedere il proprio
pugnale conficcato nella sua schiena.
Sotto
di lei c’era Uriah, che si era girato di schiena e si teneva lo stomaco, dove
si stava allargando una macchia rossa. Helinor rabbrividì e si inginocchiò
accanto a lui, mentre i suoi occhi saettavano dalla mano sulla ferita agli
occhi quasi vitrei di Uriah.
Il
suo caro amico...
Sollevò
una mano e gli spostò i riccioli fulvi dagli occhi, mentre sentiva gli occhi
bruciare di lacrime, quelle che le scendevano calde e copiose sulle guance.
-Uriah...-
mormorò Helinor, senza riuscire ad andare avanti. La voce le tremava, ed era
spezzata dal dolore.
Lui
spostò la mano dalla ferita, rivelando un taglio ampio e profondo che gli aveva
praticamente squarciato lo stomaco da parte a parte.
Helinor
sbarrò gli occhi.-No... non sono pronta... non posso accettarlo...-
-Devi...-
ansimò Uriah, a fatica.
-Credevo
che sarei andata avanti, ma no!- pianse Helinor.-Non posso perdere anche te...-
si portò le mani davanti agli occhi e continuò a singhiozzare
disperatamente.-Tu sei la mia famiglia!-
-Basta...-
mormorò Uriah, scuotendo lievemente la testa.
-Ti
sbagli Uriah... io non sono forte...- disse Helinor, tra le lacrime.-Sto
piangendo...-
Uriah
alzò una mano lentamente e le posò l’indice sotto un’occhio per catturare le
lacrime che scendevano interrotte.
-Piangere...
non vuol dire essere deboli... Helinor... vuol dire soltanto... essere umani-
ansimò.
-Allora
non voglio essere umana!- gridò Helinor con quanto fiato aveva in corpo.
Lo
guardò piangendo in silenzio per un po’. Era sfinito, e la vita abbandonava i
suoi occhi attimo dopo attimo, mano a mano che il sangue zampillava dalla sua
ferita. Le sorrise.
Helinor
deglutì.
Uriah
era felice. Era felice di poter porre fine al suo dolore...
Anche
lei voleva quella felicità.
La
guardò un’ultima volta. Non riuscì a dire niente, ma Helinor sapeva che voleva
comunicarle tutti i suoi sentimenti con quell’unico, ultimo, sguardo. Le parole
non sarebbero mai bastate.
Si
guardò le mani sporche di sangue.Vide il corpo di Nara steso a terra poco
lontano, si avvicinò strisciando, sfilò il coltello dal corpo inerme e fissò la
lama brillare invitante. Il corpetto di pelle era interamente macchiato di
sangue fresco, e anche la sua pelle era maculata di rosso. Forse era il sangue
di Nara, misto a quello di Uriah.
Lasciarmi
andare, ecco cosa devo fare... se non posso vivere in pace... voglio morire.
Rivolse
la punta del coltello verso il proprio cuore. Dal riflesso sulla lama vide le
lacrime riprendere a scenderle sulle guance. Erano così belle e brillanti. Il
punto che aveva toccato Uriah era sporco di sangue, e il rubino sull’elsa
sembrava catturare sulla sua superficie ogni riflesso scarlatto.
Un guerriero non
piange.
Le
mani presero a tremarle. La sua volontà, che non aveva vacillato neanche un
attimo fino a quel momento, ora le stava scivolando via dal corpo, e per quanto
provasse ad avvicinare il pugnale nel punto vitale, non ci riusciva.
Lasciò
che il pugnale cadesse di nuovo a terra, producendo un suono metallico. Finì
vicino alle sue ginocchia.
Lo
guardò con odio.
Non
riusciva neanche più a suicidarsi, ora?
Si
accasciò a terra, avvicinando il viso al pavimento, e si piantò le dita tra i
capelli castani, colta dalla disperazione.
La
sua unica colpa...
Era
soltanto quella di essere nata!
Respirava
a fatica, il corpetto le impediva di riempire i polmoni come avrebbe voluto, le
mancava l’aria.
Vide
i suoi capelli che le pendevano a pochi centimetri dagli occhi, legati nella severa
treccia come sempre, e si sentì travolgere da una rabbia cieca. Allungò una
mano verso il coltello, lo afferrò saldamente e tranciò di netto la treccia,
scoppiando di nuovo a piangere.
Un
pianto disperato unito ad una rabbia e un’amarezza senza precedenti.
Helinor
tirò il pugnale lontano e si lasciò andare a terra, si girò su un fianco e
raccolse le ginocchia al petto, singhiozzando.
Sono solo una
bambina che si è sbrigata a crescere.
In
meno di cinque minuti l’accampamento si era trasformato in un campo di
battaglia. Alcune tende erano andate a fuoco e altre lo sarebbero state da un
momento all’altro, perché molte delle fiaccole erano cadute a terra e il fuoco
rischiava di divorare la stoffa.
Helinor
era ancora a terra esanime, ma stava iniziando a riprendere conoscienza.
Nessuno sembrava voler fare caso a lei, forse perché a causa del sangue che
aveva addosso, pensavano che fosse morta.
Ci
mise molto tempo per aprire gli occhi, e quando lo fece vide molti corpi
intorno a sè, oltre a quello di Nara e di Uriah. Tutti quelli che erano stati i
suoi compagni stavano combattendo contro i Soldier, molti erano già a terra,
altri ci sarebbero finiti a breve.
Un
brivido le percorse la schiena così velocemente da costringerla ad alzarsi in
piedi di scatto.-Gofna!- gridò.
Nessuna
risposta, a parte le urla dei compagni e il cozzare delle spade.
Helinor
rintracciò il coltello, lo afferrò e si catapultò nell’unico posto dove sapeva
di dover andare.
(...)
Intanto,
Sephiroth aveva ripreso la Masamune, si era liberato del basco grigio e si era
messo a cercare Tseng. Aveva controllato ovunque tranne che nel posto più
ovvio, quindi corse davanti alle tende, sorvolandole tutte con lo sguardo, fino
ad incontrare quella dei prigionieri.
Quando
arrivò, Tseng era libero e si massaggiava i polsi, mentre Taiji era disteso a
terra con le mani legate dietro la schiena.
Angeal
era in piedi sopra di lui, con la punta della spada conficcata nel terreno, a
pochi centimetri dal naso di Taiji.
Quando
Angeal vide l’amico svelse la spada e lo guardò.-Ce ne hai messo di tempo-
Sephiroth
non rispose e si avvicinò al trio.
-Nara
mi ha catturato, e non ho potuto opporre resistenza- raccontò Tseng.-Quel
ragazzo ha una potenza incredibile per essere soltanto un soldato semplice-
-Uriah
è morto- tagliò corto Sephiroth.-Nara l’ha appena ucciso, poi è arrivato
l’avviso che i Soldier avevano fatto irruzione e ho lasciato la piazza centrale
per recuperare la Masamune- e indicò la lunga katana che aveva in mano.
Tseng
strinse i pugni.-Helinor?-
-Non
lo so- rispose Sephiroth, a fatica.-Sarei dovuto rimanere con lei, ma dovevo
trovarti...-
Tseng
lo zittì con un cenno della mano.-Angeal, ho bisogno che mi aiuti a trovare una
ragazza di nome Helinor-
-So
già tutto. Il presidente ha dato l’ordine di non farle del male- rispose
Angeal.-Ma poi dovrai spiegarmi chi è- disse, rivolto a Sephiroth che annuì con
poca convinzione.-Zack la sta cercando proprio ora, comunque.-
-E
Gofna?- chiese Tseng, anche se sapeva già la risposta.
-Non
ne ho idea- fece Sephiroth.
-Ho
precisi ordini di portare i prigionieri all’elicottero della squadra B- informò
Angeal, rivolgendosi a Tseng.
-Chi
conduce la squadra B?- domandò Tseng, sperando che fosse Verdot.
Angeal
rispose:-Un Turk di nome Jaques Manon.-
Tseng
fece mente locale, ma quel nome non gli diceva niente.-Bene, porta Taiji da
questo tipo e torna qui prima che puoi.-
Angeal
si caricò in spalla il corpo di Taiji e scomparve tra quel marasma di gente.
-Io
cosa faccio?- domandò Sephiroth.
-Devi
trovare Helinor prima che si cacci nei guai- disse Tseng- Ho bisogno di averla
viva. Lei è la figlia di Gammon.-
Sephiroth
non fece una piega. D’altronde era ovvio, ormai.
-Harila
fece la spia per vendicarsi di Karima- disse Tseng, contrariato.-La donna che
aveva sposato l’uomo della sua vita.- Scosse la testa, come se ancora non fosse
riuscito a farsene una ragione.-Ma adesso non perdiamoci in chiacchiere. Io
vado all’elicottero, tu rintraccia Helinor...-
Sephiroth
annuì.
(...)
Gammon trascinò Gofna, tirandola
furiosamente per un braccio, fino al padiglione centrale.
-Maestro!- gridò Gofna, scoppiando in
lacrime- Dobbiamo salvare Helinor!-
-Lasciala perdere!- rispose Gammon,
spostando la tenda d’ingresso con un gesto seccato.-Adesso abbiamo cose più
importanti da fare!-
Gofna puntò i piedi a terra e cercò di
fare resistenza.-No!- singhiozzò.-Helinor potrebbe morire!-
Gammon si stufò di tutti quei capricci,
e con uno strattone gettò Gofna dentro la tenda.
La ragazzina inciampò e cadde a terra
sulle ginocchia, continuando a piangere silenziosamente.
-Possibile che non capisci?! Helinor è
soltanto una traditrice!- urlò Gammon, fuori di sé, estraendo la sua vecchia spada
dal fodero che aveva recuperato tra i cimeli del suo passato. Quella spada che
lo aveva accompagnato in mille avventure, brillò cupamente alla luce delle
fiaccole, come se soffrisse del comportamento che stava tenendo il suo
proprietario.
Gofna gattonò verso la parte opposta
della tenda, cercando di allontanarsi da lui il più in fretta possibile,
raggiunse lo scranno e ci si nascose dietro, tremante.
-Sei una sciocca!- le gridò Gammon, che
intanto si stava avvicinando, spada alla mano.-Non ho bisogno di traditori,
qui!-
-Io pensavo che tu fossi buono, maestro!-
singhiozzò Gofna, spaventata a morte.
-Lo sarei stato, Gofna!- disse Gammon,
fermandosi di colpo, come se non potesse parlare e camminare allo stesso
tempo.-Io non avevo niente contro di te, ma se hai deciso di essere amica di
quella...-
Gofna deglutì e appoggiò la schiena allo
scranno, mentre pregava che Gammon non la raggiungesse. Strinse le ginocchia al
petto, come se pensasse che quel gesto bastasse a proteggerla.
-Vieni fuori, ragazzina- ringhiò Gammon,
rivolto allo scranno.-Giuro che non ti ucciderò-
Gofna soffocò un singhiozzo. Aveva paura
che il più piccolo rumore avrebbe potuto far scattare l’uomo, spingendolo ad
ucciderla.
Sentì i passi di Gammon riprendere a
suonare per la tenda.
Allora era così che doveva finire? E per
cosa? Non aveva fatto niente di male...
Strinse le mani l’una sull’altra e
iniziò a pregare. Era l’unica cosa che le rimaneva da fare.
-Esci fuori- ordinò Gammon.
La sua voce era vicina, troppo vicina.
Ed era vibrante. Sembrava che Gammon si stesse controllando con difficoltà dal
fare una sfuriata.
Il cuore di Gofna sussultò, quando la
figura austera del maestro le si piantò davanti.
L’ombra di Gammon la coprì, e lei si
portò un braccio davanti agli occhi per non vedere quello che sarebbe successo.
-GAMMON!-
Quella voce arrivò come un fulmine.
Il maestro si distrasse, e Gofna tentò
di alzarsi per scappare. Fu tutto inutile, perché Gammon fu più veloce.
L’afferrò, le passò un braccio attorno al collo e le posò il filo della lama
sul collo.
Gofna rabbrividì, ricordando quando il
giorno del loro incontro a Kalm, Helinor l’aveva bloccata usando lo stesso
metodo.
-O forse dovrei dire... padre?!?- ringhiò Helinor, appena
comparsa nella tenda a salvare la situazione.
Gofna la guarò terrorizzata. Era tutta
sporca di sangue e di terra, molto peggio di quando era stata ad allenarsi
nella piana. I suoi occhi lucidi iniziarono a vagare sul corpo di Helinor in
cerca di una ferita che avesse provocato tutto quel sangue. Per fortuna, non
c’era niente di grave. Riuscì ad assimilare le parole di Helinor solo dopo un
paio di minuti.-Padre?- mormorò.
Gammon fece un smorfia.-Non chiamarmi in
quel modo, ragazzina. Te l’ho già detto il giorno che ci siamo incontrati: io
non sono tuo padre!- tuonò Gammon.
Helinor strinse il pugnale.
Gente. Tanta
gente.
Era un miscuglio
di colori e di luci che si mescolavano e si rendevano indistinguibili,
confondendo Helinor e costringendola ad andare in giro a tentoni, con le mani
allungate in avanti e un nome sulle labbra. Quello di sua madre.
Molti volisi giravano e la guardavano, alcuni con pena,
altri con disgusto.
Solo uno ebbe il
coraggio di raffiorare tra la confusione, e le porse la mano con uno sguardo
gentile negli occhi. Il sorriso gli illuminava il viso. Era un sorriso da lupo,
ma Helinor non se ne sarebbe mai resa conto.
Finalmente era
salva...
-Papà...-
Lui scosse la
testa.
-Non ti credo!- gridò Helinor, fuori di
sé dalla rabbia.-Tu sei mio padre, che ti piaccia o no! E non m’importa se non
mi vuoi!-
Gammon sogghignò, spietato.-Non ti
importa? Sì, in effetti è vero. Hai sempre odiato tua madre, senza curarti di
pensare che avevi anche un padre- rise.
-Non è divertente...- sibilò Helinor,
sempre più furiosa ad ogni attimo che passava a guardare quell’uomo.-Lascia
Gofna! Lei non c’entra niente!-
-Questo lo dici tu!- Gammon scoppiò a
ridere sguaiatamente, e Gofna temette davvero di morire, stavolta.
-Ti prego... maestro...- singhiozzò, con
le lacrime che le rigavano il volto.
Helinor la fissò. Gofna era
terrorizzata. Credere di morire non era una bella esperienza per chi non ci era
abituato.
-Grazie di aver partecipato al mio
gioco!- gridò Gammon.
Helinor ringhiò un’imprecazione. Gofna
era sul punto di svenire dalla paura.
-Che gioco?!- strillò Helinor, facendo
un passo avanti.-Che stupidaggine è mai questa?! Un gioco?!?Hai distrutto la mia vita!-
-Era proprio quello il gioco, sciocca-
rispose con cattiveria Gammon.
Helinor si bloccò e fu percorsa da un
brivido. Era come se tutti gli eventi di quelgi ultimi quindici anni,
acquistassero un senso, e mentre prima Helinor li aveva visti come una confusa
matassa di episodi macabri e tristi, ora li riconosceva per quello che erano:
il disegno di uno squilibrato padre che cercava di far soffrire sua figlia.-Perché?-
chiese, mentre i suoi occhi blu assumevano la stessa consistenza del ghiaccio.
Gammon la fissò divertito. Il suo piano
sembrava essere andato in porto, anche se non come avrebbe desiderato lui.-Per
tua madre. Lei ha rovinato i miei piani.-
-Che piani? Quest’organizzazione non ha
un piano! Siamo solo mercenari!- gridò Helinor di rimando.
-Ti sbagli. Io sono molto di più di un
mercenario! Io sono un salvatore del mondo!- urlò Gammon.
-Sei un folle!- ribattè Helinor.
-Non capisci, figlia mia- disse Gammon,
socchiudendo gli occhi.
Alcune grida di battaglia riempirono
quella breve pausa.
-Io sono un membro di qualcosa di molto
più grande- continuò il gran maestro, delirante.-Non capisci? La ShinRa
dev’essere distrutta, e lo scopo dell’Ombra è solo quella di essere una sede
distaccata della resistenza... detta anche Avalanche.-
-Avalanche...- ripetè piano Helinor.-Mai
sentito.-
Gammon cambiò argomento.-Dimmi,
Helinor... chi ti ha salvato dalla strada? Chi ti ha insegnato a leggere e a
scrivere? Chi ti ha datto un riparo e del cibo? Chi ti ha addestrato a
combattere?- domandò.
Helinor si morse il labbro.
-Ti sembra questo il modo di ripagarmi?
Chi ti ha dato la vita, Helinor? RISPONDI!-
-TU!- gridò Helinor.-Ma non è questo che
avrei voluto! Sai che ti dico?! Era meglio se fossi rimasta al Gold Saucer, quel
giorno!-
Gammon la guardò.
-Mi hai reso la vita impossibile! Mi
punivi per qualsiasi cosa! Mi hai uccisa dentro, e non mi hai insegnato a
leggere e a scrivere! Mi hai insegnato soltanto a uccidere!-
-Questa è la tua gratitudine per tutto
quello che ho fatto per te?- rise Gammon, che finalmente lesse negli occhi di
sua figlia tutta la disperazione che era sempre riuscita a nascondergli. Si
sentiva come svuotato, ora che aveva raggiunto il suo scopo. Cosa fare, se non
mettere finalmente fine a tutto? Sorrise crudelmente.-Guarda Gofna, Helinor. il
motivo per cui l’ho fatta entrare nell’Ombra è perché lei doveva ucciderti,
alla fine di tutto.-
Gofna sbarrò gli occhi.-Non lo farei
mai!-
-Lo so, per questo adesso...- strinse la
presa sull’elsa e si preparò ad affondare la lama nella gola di Gofna.
-NO!- gridò Helinor, disperata. Afferrò
il pugnale con due mani e se lo piantò nello stomaco.
Gammon lasciò andare Gofna di scatto,
soffocando un grido di vittoria.
Gofna corse vicino a Helinor, che cadde
in ginocchio tossendo. Le mise le mani sulle spalle.
-Ma tu morirai!- pianse Gofna, spostando
gli occhi sul coltello. Mosse una mano verso l’impugnatura, per estrarlo, ma
Helinor la fermò, bloccandole il polso.
-Se lo estrai, morirò dissanguata...-
gemette la ragazza.
Gofna tirò su con il naso.
Helinor non fece in tempo a ripeterle di
scappare, che dovette spingerla di lato con un braccio, estrasse il pugnale di
scatto lanciando un grido di dolore e si tuffò in avanti.
Era l’unica soluzione, anche se il prezzo
era alto.
Gofna cadde a terra e si girò quando era
già tutto finito.
Gammon era in piedi, con la spada a
mezz’aria che già gli scivolava dalla mano, ed Helinor sotto di lui lo aveva
colpito al cuore con un singolo, preciso colpo dettato dall’odio e dalla
disperazione.
-Non le farai del male...- tossì
Helinor.-... non la ferirai come hai fatto con me!-
Gammon sbarrò gli occhi, ma l’ombra
della soddisfazione non se ne andava dal suo volto. La spada cadde a terra con
un tonfo metallico.-Hai perso... Helinor... hai perso comunque...- e il suo
corpo crollò all’indietro, finendo nella polvere.
Helinor si inerpicò sul cadavere e
svelse il pugnale dal corpo. Si passò una mano sulla ferita e quando la
ritrasse, era completamente rossa di sangue. Si voltò verso Gofna, pallida come
un cencio.
-Vado a chiamare aiuto!- esclamò Gofna,
con voce tremante.
-No! Se vai lì fuori sarà tutto
inutile...- Helinor barcollò, cercando di raggiungere l’amica, ma non ce la
fece, e cadde di nuovo in ginocchio.-Ti uccideranno...-
-Ma...-
-Non preoccuparti per me...- sussurrò
Helinor.-C’è sempre una speranza...- si lasciò cadere a terra con un sospiro.
Gofna scattò in avanti e l’afferrò per
le spalle, in modo che la ferita non toccasse il terreno. Il sangue sembrava
uscire a fiotti, non aveva nessuna intenzione di fermarsi, e Gofna non sapeva
cosa fare, a parte guardare l’amica morire.
-Non era un gioco...- sussurrò Gofna in
un singhiozzo sommesso.-La vita delle persone è preziosa...- strinse il corpo
di Helinor al suo e guardò Gammon che giaceva a terra. Era terribile. Fu come
se l’unica cosa che potesse guardare era quell’uomo di cui si era fidata la
prima volta che l’aveva visto. Non era la persona che aveva pensato. Era un
uomo meschino e crudele, disposto ad uccidere sua figlia pur di perseguire i
suoi scopi...
E adesso Helinor rischiava di morire.
Lacrime di dolore si mischiarono a
quelle di terrore. Era spaventata, si sentiva come una bambina indifesa e ingannata
da tutti.
Come aveva potuto Gammon tradire così la
sua fiducia? E con tanta disinvoltura, poi.
-Helinor...- mormorò, stringendo la
ragazza come se avesse voluto proteggerla dalla morte. Ma era inutile, e Gofna
lo sapeva. Lei stessa, era inutile.
Era viziata, capricciosa e antipatica, e
non aveva saputo capire il dolore di Helinor finchè non l’aveva visto con i
suoi occhi. Suo padre era morto, questo era vero, ma di lui, Gofna aveva solo
ricordi dolci e confortanti. Era terribile pensare che Helinor avesse ucciso il
proprio padre per salvare un’estranea. E ancora più terribile era stato sentire
le parole crudeli che aveva pronunciato Gammon nei confronti di Helinor.
L’ingresso della tenda si aprì
improvvisamente, e le urla provenienti dalla piazza centrale, accompagnarono
l’entrata in scena di Sephiroth.
Gofna ebbe un tuffo al cuore dalla
felicità.-Sephiroth!!!-
Lui guardò prima la bionda, poi Helinor,
e corse ad inginocchiarsi accanto a loro.-Cosa è successo?!-
-Gammon mi voleva uccidere, e lei si è
sacrificata per me, ma non volevo che accadesse!- Gofna scoppiò di nuovo a
piangere, e Sephiroth capì solo la metà di tutto il discorso che stava
facendo.-Poi Helinor ha usato il pugnale e ha assassinato Gammon! Era suo
padre, capisci?!-
Sephiroth guardò la ferita di Helinor, e
per un attimo temette il peggio.-Dobbiamo portarla fuori di qui...-
-Come facciamo?- domandò Gofna,
asciugandosi le lacrime.-Voglio aiutarti!-
Sephiroth scosse la testa.-Non ci
pensare. È pericoloso. Sono arrivate alcune truppe dal Wutai, e la battaglia è
troppo pericolosa per te...-
Gofna strinse il corpo di Helinor come
una madre strige il proprio figlio nei momenti di pericolo.
Sephiroth la fissò, sorpreso.-Cosa?!-
-Io voglio aiutare! Lascia che lo
faccia!- esclamò Gofna, con decisione.
-E va bene. Ce la fai a sollevarla?-
domandò Sephiroth, rassegnato. Voleva solo salvare Helinor, non gli importava
come.
-Penso di sì...- rispose Gofna.
-Bene. Devi passarle un braccio sotto le
ginocchia e l’altro sotto le spalle. Ce la fai? Non sembra molto pesante...-
Gofna raccolse tutte le energie e
sollevò Helinor.-Caspita quanto pesa...- borbottò.
Sephiroth annuì.-Brava. Adesso devi
correre fino a che non usciamo dall’accampamento.-
-Io... non so se ce la farò...-
piagnucolò Gofna, al pensiero di dover correre con il peso di Helinor che
perdeva più sangue ad ogni movimento sbagliato che avrebbe fatto.
Il Soldier la guardò intensamente.
-Tu vuoi che lo faccia, vero?- domandò
Gofna, tirando su con il naso.
-Sì. So che puoi farlo.-
-Gofna...- mormorò Helinor, senza aprire
gli occhi.
-Io ti copro le spalle- disse
Sephiroth.-Con me non hai nulla da temere. Devi solo pensare a correre, poi
fuori dall’accampamento la prendo io.-
Gofna prese coraggio e annuì.-Sì! Posso
farcela! Andiamo!-
Sephiroth sospirò, prese il coltello di
Helinor da terra e se lo infilò in tasca, dopodichè uscì dalla tenda.
(...)
Helinor
si ritrovò sospesa nel buio. Non riusciva a muovere nessun muscolo del corpo,
ma almeno non sentiva più il dolore della ferita. Eppure avvertiva grida di
disperazione e urla disumane, miste ad un acre odore di fumo. Era anche caldo.
Doveva
esserci un incendio, da qualche parte.
Dovette
ammettere di sentirsi un po’ delusa. Allora non era degna del paradiso, perché
quel posto aveva tutta l’aria di essere il diretto opposto.
Inoltre,
sentiva addosso una matassa ignombrante di sentimenti. Riuscì a dare un nome a
tutti.
L’affetto
lo riservò per Uriah.
Il
volto di Gammon che rideva in faccia al suo dolore le fece venire la nausea.
Non poteva pensare che quell’uomo orribile potesse essere suo padre. Lo odiò
con tutta se stessa.
Voleva
che soffrisse? C’era riuscito, senza dubbio, ma lei non aveva sacrificato la
sua vita perché sopraffatta dal dolore. Gammon non aveva affatto vinto, perché
Helinor aveva soffocato il suo desiderio di vivere per donare la libertà a
Gofna.
Helinor
sapeva che non sarebbe mai stata libera, ma Gofna poteva ancora scegliere.
Ecco,
questa sarebbe stata la sua speranza: la libertà che non aveva mai avuto, nelle
mani di una persona che ancora l’aveva.
Per
la prima volta in vita sua, Helinor aveva potuto prendere una decisione da
sola. Avrebbe potuto lasciar morire Gofna e scappare, oppure assescondare il
desiderio meschino di Gammon, salvandola. Era stata felice di salvare la sua
nuova amica.
Suo
padre non aveva affatto vinto.
Helinor
sorrise.
Aveva
pur perso la fiducia in tutto, e ora avrebbe dovuto ricominciare daccapo.
Cosa
importava, se ora sapeva di non essere più sola?
Avvertì
un calore diverso. Era quello di un corpo, non quello soffocante e bruciante
del fuoco vivo.
Finalmente
capì.
Non
si trovava né nell’inferno né nel paradiso.
Stava
semplicemente guardando dentro di sé, e quel buio... preferì lasciare in
sospeso il pensiero. Non importava. Buio o no, l’importante era vivere.
Al
resto avrebbe pensato dopo.
Angolino dell’autrice:
Eccomi qui! Rispondo subito alle recensioni che sono in
arretrato XD^^
the one winged
angel: Capitolo 16: anche tu mi sei mancato nipote!!! Ç_ç che bello
risentirti! *ricambia abbraccio*
Partiamo da Aerith e Karima! Anche a me piace molto
Aerith. In realtà, la prima volta che l’ho vista non mi stava molto simpatica,
ma poi ho capito che era un personaggio stupendo ^^ così forte e fragile allo
stesso tempo! Ho pensato che se Karima l’avesse incontrata, avrebbero stretto
subito amicizia. Da una parte perché Aerith
a me sembra una ragazza sempre disposta a dare una mano alle persone, dall’altra
Karima, che sente nostalgia della figlia che ha dovuto lasciare ç_ç poverina. È
un po’ di pace che si è meritata, ma Aerith non serve solo a questo. Hai notato
che adesso i documenti che cerca Tseng ce li ha lei è_é se ne vedranno delle
belle. XD
Helinor... sì, si allena intensamente per sfogarsi. Anche
lei, come la madre, è una ragazza forte che ama la vita, ma è sempre una
ragazzina e a volte eccede in uno dei suoi “sfoghi”. Gofna diventerà la sua
migliore amica, ma è normale quando si condividono tante sventure *-*. Per la
storia del pomodoro XD, è proprio da Gofna pensare in quel modo.
Sephy ti sembra più umano O.o. Ma che bello! ^^ Vuol dire
che sono riuscita a descriverlo come volevo io! Poveraccio... secondo me ne ha
passate tante anche lui. Io sono del club “a difesa di Sephy”!!!! non lo vedo
soltanto come un essere spietato, ma come uno che ha un certo passato che gli
grava sulle spalle. Comunque... XD
Capitolo 17: Ti ringrazio per i complimenti ç_ç mi fanno
commmuovere… io non so come ringraziarti... *-*
Uriah si è preso la rivincita su Nara. L’aveva detto che
l’avrebbe fatto a tutti i costi, e insieme ha anche salvato Helinor. Comunque
Uriah è piuttosto fortunato e non si sa mai cosa potrebbe succedere U.u
James è un vigliacco, e non sarà certo l’ultima
vigliaccheria che farà. Anche perché se si fosse dato una mossa, Uriah si
sarebbe salvato T_T è un idiota.
Sephiroth e Helinor XD dai, non disperarti. Ho incaricato
Helinor di prendersi cura del nostro Sephy a tutti i costi è_é. E non è solo questo... ma mi sono venuti dei
dubbi anche su Genesis... sto facendo a testa e croce per sapere se salvarlo. È
un po’ complicato se lo facessi... ma su questa fic ormai mi aspetto di tutto...
praticamente si scrive da sola...
Beh, nipote... io non so proprio come ringraziarti per
tutto il tuo sostegno ç_ç... io credo che mi metterò a piangere ... sob...
WAAAAAH!!! Ti ringrazioooooooo!!!!! *abbraccia*
Kairih:
capitolo 16: sono tornata YEEEEEEAH! Mi fa piacere risentirtiiiii *abbraccia*. Sono
felice che l’altra sera siamo riuscite a incontrarci!!! ^^
Aerith è molto bella, vera? E per bella, non intendo
soltanto per l’aspetto esteriore, ma anche per come si comporta con gli altri. La
trovo stupenda *ama*. Ho pensato che se c’era un personaggio che si sarebbe
potuta prendere cura di Karima, quella era proprio la nostra Aerith ^^.
Capitolo 17: non preoccuparti ^^. C’è tutto il tempo *-*,
anzi, non so come ringraziarti per tutta la pazienza che hai con me... ç_ç mi
sento impotente su questo punto.
Sono felice che ti sia piaciuto il capitolo, anche perché
era quello che mi premeva scrivere al meglio... mi sono emozionata anche io
quando l’ho scritto, sai? Mi sono immedesimata un po’ troppo nella scena XD.
Nel complesso sono felice che la fic ti sia piaciuta...
ormai è praticamente arrivata alla fine XD, ma credo che pubblicherò anche il
seguito che sarà più incentrato sul rapporto Sephirot-Helinor e su Avalanche. Sì,
intendo farlo così U.u.
Beh, alla prossima, carissima X3!!! Ti voglio un mondo di
beneeeee!!!!!
Le truppe venute in sostegno
dell’organizzazione dal Wutai si erano ritirate poco prima dell’alba. Quello
che fino a qualche ora prima era stato un accampamento ordinato e pieno di
vita, si era trasformato in qualcosa di morto e immobile.
Tseng era arrivato nella piazza centrale
all’incirca un’ora dopo la battaglia, per contare le vittime e scrivere tutto
nel verbale che avrebbe dovuto consegnare al presidente. Un uomo di quarantatré
anni, dall’aspetto giovanile sebbene avesse i capelli brizzolati, lo seguiva
come un’ombra nel suo lavoro.
Il falò che era stato acceso nella pizza
centrale era ora ridotto ad un cumulo di cenere, e la scena generale era
piuttosto macabra. C’erano morti ovunque; alcuni ancora in fin di vita, si
trascinavano verso i Turk e i Soldier che popolavano la piazza.
-Alla fine è stata la scelta giusta-
disse improvvisamente l’uomo che seguiva Tseng, sistemandosi gli enormi
occhiali da sole sul naso.
Tseng si voltò e annuì. In realtà non
sapeva se fare una strage era stata la scelta giusta, ma quelli erano ordini, e
gli ordini non si discutevano.
-Comunque, non mi sono ancora
presentato- disse l’uomo, mentre le sue labbra sottili si curvavano in un
sorriso.-Gabriel Voss, del dipartimento per la pubblica sicurezza. Sono un sottoposto
del signor Heiddeger.-
L’altro gli strinse la mano.-Tseng, mi
occupo delle indagini sull’organizzazione Ombra.-
-Ti occupavi-
lo corresse Voss con un altro, fastidioso, sorriso.-Adesso non devi
preoccuparti più di niente. Lascia a me il resto del lavoro...-
Tseng era infastidito, ma non lo dava a
vedere.-Devo compilare il verbale, dopodichè potrò passarle il testimone,
signor Voss.-
Voss gli diede le spalle e se ne andò in
un’altra direzione, con le mani nelle tasche e l’aria di chi ha fretta di fare
qualcosa.
Tseng continuò il conteggio delle
vittime, e vide molti volti noti giacere a terra privi di vita. Persone con cui
aveva condiviso praticamente tutto in quei giorni, che non erano riusciti a
sopravvivere.
Nara era morto, ma Tseng aveva fatto
appena in tempo ad accorgersi che Uriah repirava ancora. Gli aveva preso il
polso, e con stupore aveva sentito dei deboli e timidi battiti. Si era subito
attivato per portarlo in salvo.
Helinor era arrivata con Sephiroth e
Gofna nel mezzo della battaglia, coperta di sangue, anche lei in fin di vita.
Kay era morto pochi minuti prima che
Tseng arrivasse, nel postoin cui si era
nascosto insieme a Loi. Entrambi aveano la avuto la stessa, lugubre, sorte.
Tseng si fermò nel centro della piazza e
iniziò a scrivere i nomi delle vittime, non solo ragazzi dell’organizzazione,
ma anche soldati del Wutai e Soldier. Non avrebbe mai immaginato che Gammon
avrebbe predisposto una controffensiva così efficace. Probabilmente aveva
previsto tutto, perché dal Wutai all’accampamento erano giorni di viaggio.
Era ovvio che avesse chiamato rinforzi
subito dopo aver spedito il messaggio al presidente.
Terminò di scrivere l’ultimo nome e si
spostò in un’altra zona.
Dopo qualche minuto arrivò Genesis.
Sembrava su di giri. Probabilmente aveva preso parte alla battaglia anche lui,
perché si era tolto la benda e casacca, e aveva ancora la spada macchiata di
sangue in mano.
-Ci sono due superstiti- disse. Il suo
modo di parlare era stranamente serio, non più spavaldo.
Tseng lo esaminò attentamente.-Chi?-
-James Atmey e... Adrian- disse,
sbattendo le palpebre varie volte.
-Lo hai aiutato tu?- si azzardò a
chiedere Tseng.
Genesis si schiarì la voce.-Certo che
no! Non aiuto i damerini, io!-
-No, non Atmey. Adrian- specificò Tseng,
nervoso.
Ci fu un attimo di silenzio in cui
Genesis abbassò la testa mortificato.
-Va bene così- disse Tseng, facendo
finta di niente.
Genesis lo guardò.
-Che rimanga tra noi due, va bene? Era
solo un bambino.- Tagliò corto il Turk.
Il rosso sorrise e se ne andò.
Sembrava tutto finito, pensò Tseng. Si
era concluso tutto in un bagno di sangue, ma quei giorni passati nell’Ombra,
avevano permesso a Tseng di scoprire molte cose che non avrebbe mai avuto
l’occasione di sapere. Era stato in certo senso... istruttivo.
Si ricordò del suo tacuino, e
improvvisamente gli venne in mente Shon. Non l’aveva ancora visto tra le
vittime. Possibile che fosse riuscito a scappare anche lui?
-Bah...- mormorò, prendendo qualche
appunto accanto al nome di Shon.
-Abbiamo trovato alcune armi e della
Materia- disse una voce alle sue spalle.
-Ancora qui signor Voss?- domandò Tseng.
Quel tipo non gli piaceva proprio.
Voss guardò il cielo con aria
ispirata.-E dove altro dovrei essere? Sto semplicemente facendo il mio dovere.-
Potresti
farlo stando il più lontano possibile dal sottoscritto?
Tseng annuì.-Ho quasi finito qui.-
-Bene- disse Voss, sbadigliando
sonoramente.-Finalmente possiamo andarcene. Mi sto annoiando, e ho un
interrogatorio da condurre alla ShinRa.-
-Un interrogatorio?- fece eco Tseng.
-Il signor Rain Foster, alias Taiji, ci
deve molte spiegazioni- rispose Voss, massaggiandosi la radice del naso. Si
tirò via gli occhiali da sole dal viso, rivelando due occhi grigi e freddi come
il ghiaccio.-Era uno scienziato della ShinRa, anni fa, e il professor Hojo
vorrebbe tanto scambiarci due chiacchiere in privato.-
-E di Gammon che ne facciamo?- domandò
Tseng.
Sephiroth gli aveva raccontato che era
morto, ma era stato molto vago sulle modalità del sua decesso.
-Sembra che facesse parte dell’organizzazione
Avalanche. L’Ombra era solo una copertura per nascondere alcuni traffici nel
Wutai, come avevamo sempre sospettato. Abbiamo saputo di uno spaccio illegale
di Materia che si svolge in punti dislocati nel Gaia- aggiunse, iniziando a
giocare con i suoi grossi occhiali.-Con Avalanche, appunto. Gammon era il
tramite per muovere alcuni carichi di Materia da un posto all’altro. Sembra che
seguisse gli ordini di un uomo la cui identità ci è finora sconosciuta. Verdot
è a Kalm per una missione proprio in questo momento.-
-Quindi alcuni membri di Avalanche sono
a Kalm?- domandò Tseng.
-Esattamente. Sospettiamo che il punto
di scambio tra Ombra e Avalanche fosse Kalm. Certo, ora che Gammon è morto non
potremo più interrogarlo...- fece Voss, visibilmente contrariato, inforcando di
nuovo gli occhiali.-Adesso il traffico di Materia dovrà trovare un altro modo
per avvenire... e questo vuol dire più lavoro per noi.-
Tseng non sorrise a quella battuta. Non
la trovava divertente.
Voss dovette accorgersene perché alzò un
sopracciglio e interruppe la pausa che aveva creato per permettere a Tseng di
ridere.-Beh, dovresti avere più senso dell’umorismo, collega.-
Tseng si guardò intorno. Come se la
scena di morte che li circondava fosse il luogo giuso per le risate...
Voss intercettò i pensieri di Tseng e
scoppiò a ridere.-Suvvia, non era mia intenzione mancare di rispetto a nessuno-
ma il suo sorrisetto lasciava intendere il contrario.-Sarà l’abitudine. Sai, al
dipartimento sicurezza se ne vedono di cotte e di crude.-
Che c’era di tanto divertente?
-Poi dovremo ascoltare la testimonianza
di quella ragazzina di nome Helinor Hinari- aggiunse Voss.-Anche perché
dobbiamo verificare la veridicità di questa lettera.- Porse un foglio a Tseng,
che lo prese con aria interrogativa.
Tseng quardò la firma in basso.
Nhatan.
La lettera era di Nhat? E quando sarebbe
stata scritta?
In alto c’era la data, e Tseng potè
constatare che risaliva al giorno della sua morte.
“Helinor,
so che tutto quello che sto per scrivere avrei dovuto dirtelo a voce tanti anni
fa, ma davvero non ce l’ho fatta. So che sei una ragazza forte, e so che
avresti superato anche questo, eppure ho sempre pensato in cuor mio che fosse
troppo per te. Certo, aspettando tutto questo tempo non ho fatto altro ce peggiorare
la situazione, ma aspettavo una sorta di redenzione da parte di quel maestro
che ammiri tanto. Aspettavo che lui ti rivelasse la verità, e che non spettasse
a me farlo. Ma mi sbagliavo.
Io
sono il tuo padrino, e in quanto tale mi sarei dovuto occupare di te più di
quanto abbia fatto in questi anni, soprattutto perché Gammon non ti ha mai
lasciato respirare da quando sei tornata all’accampamento. Devi sapere che lui
in realtà è il marito di tua madre,e dunque è tuo padre.
So
che a questo punto smetterai di leggere, ma semmai ti andrà di continuare, io
proseguirò per far luce su molti dei misteri che ti circondano.
Gammon
e Karima si sono sposati per colpa mia. Se io non fossi stato così spaventato
da Gammon, non avrei mai lasciato che tua madre si rovinasse la vita così. Lei
lo amava, certo, ma io ero certo che quello non era l’uomo giusto per lei.
Gammon la stava soltanto studiando. Studiava il suo carattere, non l’amava
davvero.
Il
resto è successo tutto così in fretta che io quasi non me ne resi conto.
Il
frutto di quel matrimonio fosti tu, Helinor. Tuo padre però non voleva un
figlio, ma soltanto qualcuno su cui provare le sue nuove teorie. Ultimamente si
era fissato con un metodo che avrebbe potuto impiantare della Materia nel corpo
degli esseri umani.
Tu
saresti stata la prima di una lunga serie. Erano tutti troppo spaventati per
poter offrirsi di fare da cavie, quindi rimaneva un’unica possibilità: usare
una bambina troppo piccola per poter capire ciò che le stava accandendo.
Tua
madre non poteva accettarlo.
Taiji
era stato coinvolto nell’esperimento in passato, e le aveva raccontato come
l’avesse trasformato in un vero mostro, e che quel viso fosse solo opera della
chirurgia, e non della natura.
Karima
ebbe paura e decise di andarsene. Nel farlo, portò con sé anche i documenti che
avevano suscitato in Gammon quelle idee folli.
Fu
allora che lui la considerò una traditrice.
Pensavo
che gli sarebbe bastato vederla morire, forse per la malattia, forse uccisa per
mano dei Turks che a loro volta cercavano quei documenti. Invece, un giorno,
tornò con te in braccio.
Eri
così piccola in confronto a lui, ed assomigliavi tremendamente a tua madre. Per
questo, sono scappato di nuovo.
Non
avevo avuto il coraggio di fermare Gammon, nonostante avessi promesso a tua
madre che lo avrei ostacolato semmai gli fossero venute in testa strane idee.
Ho
sempre detto che Gammon era un capo saggio. Beh, era una bugia. Non l’ho mai
pensato davvero, ma non avevo il coraggio di dirlo. Mi spiace che tu abbia
pagato i miei errori.
Comunque,
Gammon voleva vendetta, e l’avrebbe presa con la forza. Aveva deciso di
renderti la vita impossibile e di farti soffrire finchè non ti saresti uccisa
da sola. Quella sarebbe stata la punizione adatta per tua madre.
Io
sono rimasto in silenzio, sempre. Se mi vorrai biasimare, fallo pure. Non ti do
torto. Non sono mai stato un leone, e non ne vado fiero, soprattutto perché
Karima credeva in me... ed io l’amavo con tutto me stesso. Forse non è vero che
l’amore cambia le persone...
Non
so cosa vorrai fare adesso, ma io ho deciso di affrontare Gammon.
Sento
di poterlo fare, finalmente.
Sento
di non aver più paura, e tutto grazie a te e tua madre.
Hai
coraggio da vendere Helinor, cerca solo di prenderti cura di te stessa... e di
Uriah.
Addio.”
-Che lettera sdolcinata- commentò Voss,
storcendo il naso.-Non ho mai letto niente di più orrendo. Che i codardi
rimangano codardi per tutta la vita, questo è certo... ma addirittura ammettere
di esserlo...-
Tseng sentì di detestare quell’uomo ad
ogni minuto passato con lui. Nhat era una persona stupenda, come poteva
giudicarlo senza neanche conoscerlo? Certo, aveva fatto degli errori, ma
certamente non era l’unico lì dentro.
Lui, Tseng, aveva fatto molti errori.
Helinor stessa, ne aveva commessi tanti. Tutti commettono errori, alcuni
irreparabili, altri no.
-Meglio un giorno da leone che cento da
pecora!- esclamò Voss.-Era così il proverbio, giusto?-
Tseng mugugnò qualcosa di
incomprensibile.
-Ad ogni modo, quella lettera spiega
molte cose!- disse Voss, soddisfatto.-Quello che non capisco è dove Karima
abbia potuto nascondere quei maledetti documenti che piacciono tanto al
professor Hojo. È un mistero...- e lanciò a Tseng un’occhiata inquisitoria da
sotto le lenti nere degli occhiali.
-Non ne ho idea- sospirò Tseng.-Da
quando sono qui non ho fatto altro che sbrogliare nodi, ma non l’ho scoperto.-
Voss rimase in silenzio. Evidentemente
aveva esaurito gli argomenti su cui discutere.
-Servirà anche la tua testimonianza,
Tseng- disse improvvisamente. Quella frase risuonò più come un avvertimento che
come una semplice affermazione.
(...)
L’ambiente era sterile, e c’era odore di
disinfettante.
Helinor storse il naso. Non aveva mai
sentito un’odore così pungente in tutta la sua vita, quindi decise di aprire
gli occhi. C’era anche qualcosa che le dava fastidio sul braccio.
La luce l’accecò, e dovette richiudere
subito le palpebre.
Sentì un suono ritmico e acuto, da
qualche parte accanto a lei, e si chiese dove fosse finita stavolta.
I ricordi della sera prima erano ancora
confusi, e impiegò un bel po’ di tempo a metterli tutti in ordine cronologico
affinchè acquisissero un senso. Quando arrivò alla parte della morte di suo
padre avvertì una forte fitta allo stomaco, dove c’era la ferita.
Faceva ancora molto male, e Helinor
avrebbe voluto alzare il braccio e posarci una mano sopra per vedere se perdeva
ancora sangue. Invece, i suoi arti non rispondevano ancora del tutto al suo
cervello, dunque rimase immobile, cercando di abituarsi alla luce accecante di
quel posto strano.
Tutto d’un tratto sentì una potra
aprirsi e chiudersi subito dopo.
-I valori vitali sono stabili, professor
Hollander-
-Bene-
Erano due uomini.
A giudicare dalle loro voci, uno doveva
essere giovane, l’altro più avanti con gli anni.
Quello che aveva parlato per primo
doveva essere l’uomo giovane, dunque l’altro doveva chiamarsi Hollander.
-Però... avrebbe dovuto essere già
sveglia- osservò l’uomo più giovane, con un moto di perplessità.
Helinor era sveglia, solo che non
riusciva ad aprire gli occhi. La luce era troppo forte.
Rimase a crogiolarsi su quel posto
soffice dove era stata adagiata. Era molto morbido. Mai provato niente di
simile...
Un tocco leggero all’altezza del cuore
interruppe di colpo i suoi pensieri.
Il suo braccio scattò come le branche di
una tagliola, e le dita della mano si serrarono attorno ad un polso grassoccio,
quasi stritolandolo.
-Professore!-
Hollander iniziò a sudare freddo, e
rimase immobile fino a che Helinor non ebbe aperto gli occhi e li ebbe puntati
su di lui.
-Dove sono?- ringhiò Helinor.-E chi sei
tu?-
-Stai tranquilla. Vogliamo solo
aiutarti... sei nell’ospedale della ShinRa- rispose Hollander, cercando di
mostrarsi il più gentile e affabile possibile.-E io... sono il tuo dottore: il
professor Hollander.-
Helinor lo lasciò così come l’aveva
afferrato. Quell’improvviso movimento aveva fatto tornare a bruciare la ferita
allo stomaco. Soffocò un gemito e lasciò cadere il braccio lungo un fianco,
sfinita.
Finalmente la luce non era più
accecante, e poteva vedere tutto distintamente.
Si trovava in una stanza bianca, in cui
c’erano tre letti. Due erano vuoti, il terzo era occupato dal lei.Alla sua destra si trovava un monitor che
segnava strani numeri. Era quello che faceva quel rumore ritimico che aveva
ascoltato prima. La cosa che le dava fastidio al braccio era un piccolo ago che
comunicava ad una sacca tramite un filo trasparente. Helinor si chiese cosa ci
fosse in quella sacca.
Poi, sopra di lei c’era il viso di
Hollander, che sorrideva nervosamente, lasciando trasparire un velo d’ansia che
non riusciva proprio a nascondere.
-Sembra che la nostra paziente si sia
svegliata- concluse Hollander, rivolgendosi al giovane medico che sostava
insicuro dietro di lui.-Dopotutto l’abbiamo presa in tempo. Io ho sempre detto
che quel ragazzo è sveglio.-
-Dov’è il mio pugnale?- domandò Helinor.
-Di che sta parlando?- chiese il medico
sconosciuto, con voce tremante.-Perché le serve un pugnale?-
E
tu perché non chiedi le cose a me, invece di domandarle al tuo capo?
-Noi non abbiamo nessun pugnale- disse
Hollander, mentre porgeva una mano al suo sottoposto. Quello sussultò e gli
passò una cartella marrone.-E poi non si possono portare armi qui dentro.
L’ambiente deve essere perfettamente pulito e disinfettato.-
Helinor lo guardò con ostilità.-Non mi
piacciono gli ospedali- sbuffò.
-Sarà anche così, ragazzina...- fece
Hollander, ridacchiando- Ma se non esistessero gli ospedali, saresti bella che
andata.-
-Può darsi- borbottò Helinor, avendo
esaurito le dosi di sarcasmo.
Hollander scrisse due righe sulla
cartella e fece segno al suo sottoposto di seguirlo.-Andiamo, lasciamo che la
ragazza riposi.-
Helinor lo seguì con la coda
nell’occhio. Era troppo stanca per muoversi, e il dottore lo sapeva bene.
-Gofna...-
Si riaddormentò non appena la porta si
fu chiusa.
(...)
L’ufficio del presidente Shinra era
zeppo di gente.
Davanti alla scrivania, in piedi con un
plico di fogli in mano c’era Tseng, visibilmente agitato. Alla sua destra, con
una mano infilata in tasca e l’altra che si aggiustava gli occhiali da sole in
testa, si trovava Voss, affiancato da Heiddeger.
Un lato della stanza, quello più buio,
era occupato da Sephiroth.
Angeal e Genesis erano seduti su un
divano di pelle che costeggiava la parete alla destra del presidente.
-Quarantacinque vittime...- stava
dicendo Tseng.-Tra cui cinque Soldier di seconda classe. I superstiti
dell’Ombra sono sette.-
Il presidente sospirò e lanciò
un’occhiata a Heidegger, che guardava il Turk come se volesse eclissarlo dal
resto del pianeta.
-Cosa dobbiamo fare con loro?- domandò
Sephiroth, facendo un passo nella direzione del presidente.
Tutti si voltarono a guardarlo, come se
con quella semplice domanda avesse concretizzato i pensieri di tutti.
-Per adesso niente.Cosa vuoi fare? Sono solo ragazzini impauriti
senza una guida...- disse il presidente, incrociando le dita della mani e
posandoci sopra il mento con aria assorta.-Per quanto riguarda Foster, in
questo momento è rinchiuso nella sala interrogatori, e conto su di lei,
Heiddegger, affinchè venga indotto a vuotare il sacco.-
Heidegger si lanciò un’occhiata di
sfuggita con Voss, che annuì.
-Per quanto riguarda il suo lavoro,
Tseng...- esordì il presidente, con un sorriso accondiscendente sulle
labbra,-Devo ammettere che è solo grazie a lei se abbiamo scoperto così tante
cose prima dello sterminio dell’Ombra. Almeno, adesso sappiamo chi dobbiamo
cercare... e cosa, soprattutto.-
Tseng chinò lievemente la testa.-La
ringrazio, presidente.-
Genesis si scambiò un’occhiata con
Sephiroth, che tuttavia continuò a guardare la parete di fronte senza dare
adito a mostrare nessuna emozione. Così come era partito dalla ShinRa era
rientrato. Il solito, glaciale e impenetrabile Sephiroth, sempre vestito di
nero, esattamente come il suo umore.
In effetti, l’umore di Sephiroth non era
dei migliori. Sapeva che prima o poi sarebbe dovuto andare a trovare Helinor,
ma la cosa non lo allettava affatto. Quel che nell’accampamento gli era
sembrata un’amicizia debole, ma possibile da rafforzare, ora gli appariva soltanto
come una minaccia oscura. Avrebbe dovuto dedicarle del tempo, e lui non aveva
tempo.
-Per adesso, vorrei che quei due ragazzi
si riprendessero- disse ShinRa, senza promettere nulla a nessuno.-Almeno potrò
scambiare due chiacchiere con loro in privato. Per quanto riguarda la signorina
Brown, temo che non sarà né di aiuto, né costituirà un pericolo per la ShinRa.
La cosa migliore da fare è interrogarla e lasciarla andare. In fondo, il piano
era questo dall’inizio- guardò Tseng, che si sentì vagamente a disagio.
Heiddeger si guardò intorno come se
stesse cercando qualcuno.-Hojo dov’è?- domandò.
-Hojo è fuori per lavoro- disse ShinRa,
tagliando corto.
L’altro fece per ribattere, ma le porte
dell’ufficio di ShinRa si aprirono improvvisamente, e entrò un Reno molto
agitato.
-Signor presidente... è successo un
disastro...-
Shinra si alzò di scatto, come se avesse
intuito cosa gli avrebbe detto il Turk di lì a poco.
-C’è stato un inconveniente a Kalm... la
città è bruciata... il signor Verdot... Beh, è ridotto molto male, signor
presidente.-
Tseng si voltò.-Verdot?!-
-La missione è fallita...- ansimò Reno,
posandosi una mano sul petto. Aveva corso così tanto che il cuore gli stava per
scoppiare.-Kalm è distrutta, signore!-
Un attimo di silenzio.
-Entità dei danni?- si azzardò a
chiedere Shinra, stringendosi la cravatta attorno al collo, come se avesse
voluto strangolarsi.
-Un disastro, signore- rispose Reno.-Il
signor Verdot versa in condizioni disperate... lo stanno portando qui...-
Shinra annuì.-Heiddeger, Voss. Voglio il
verbale dell’interrogatorio di cui abbiamo parlato. Lo farete adesso. Angeal,
Genesis, ho bisogno che voi andiate a dare una mano ai civili, a Kalm. Non
voglio che la gente pensi che sia stata la ShinRa a fare tutto questo.
Sephiroth... tu vieni con me, ragazzo.-
E detto ciò fece il giro della scrivania
e si diresse verso l’uscita.
-Signore... io?- domandò Tseng.
-Devi interrogare Gofna. Non avrà molto
da dire, sarà una cosa breve.-
Tseng annuì. Cos’ era successo a Kalm,
di tanto grave?
Angolino dell’autrice:
Vorrei
aprire una parentesi su quest’ultimo fantomatico incidente a Kalm... che è una
cosa accaduta davvero, e viene detto in before crisis. Questo gioco non è
uscito in Italia (né credo che uscirà mai), ma io mi sono andata a cercare
qualche informazione qua e la per internet.
E
adesso rispondo alle recensioni:
the one winged
angel:
^^ Nipoteeeee!!!! *me felice* Sono super contenta che il capitolo ti sia
piaciutooo!!! È stata una fatica enorme scriverlo (anche quello prima, due
capitoli difficili), quindi se mi dici che ti è piaciuto, è come se mi
regalassi la luna *_*. E poi mi fai sempre così tanti complimenti che non so se
meritarmeli o no T_T Come farei senza di te, nipotuccia?
Comunque
hai ragione su Gofna ^_^! Lei ed Helinor sono diventate amiche, e lo rimarranno
per sempre *_*. Mi piacciono molto, Helinor sembra la sorella maggiore...
Karima
sì, da una parte ha rischiato a lasciarli ad Aerith (considerando che viene
sorvegliata 24 ore su 24 da Tseng, in seguito), però lei non sapeva chi è
Aerith, né tantomeno che fosse un’Antica. L’ha presa come una semplice bambina
graziosa e carina XD, insospettabile. E neanche la ShinRa sospetterà mai che i
documenti ce li abbia Aerith (proprio perché sarebbe da stupidi lasciarli a
lei)... Certi ragionamenti contorti XD.
James
è un codardo, ma questo si era capito. prima pensa a salvarsi la pellaccia, poi
a tutto il resto XD. Quanto a Uriah, visto che sorpresa? XD In realtà ho
pensato che potesse anche starci il suo ritorno, visto che la ShinRa possiede
tecnologie avanzatissime... dopotutto Helinor era talmente poco lucida che
poteva anche aver tralasciato il fatto che Uriah fosse ancora vivo... >.<
Insomma, è un colpo di scena che ho fatto perché il povero Uriah non si
meritava di morire... (Avendo già fatto morire Nhat, poi XD. Mi sembro
piuttosto cattiva)
Nuuu
non ucciderti nipote! Dammi quel coltello! XD Ah, niente. Non farci caso. Sono i
miei deliri di autrice. Lascia stare Genesis, a lui ci penso io ok? È in buone
mani! *_*
Ah,
Gofna E’ scema. Non lo sembra. È. XD Poverina, è dall’inizio della storia che
la prendiamo in giro.
W
la nipoteeee!!! XD
Ps:
Forse con i capelli di Genesis possiamo farci anche il sugo (ei! anche tu?!- nd
Genesis)
Kairih:
Carissimaaaa!!!! X3 Grazie dei complimenti!!!! Comunque eccoci qui, siamo
arrivati alla fine, manca più un capitolo...Questa è la mia seconda opera completa, ne sono proprio fiera ^_^
Sì,
Gammon è pazzo. Non è cambiato dall’inizio della storia, anzi è solo
peggiorato. Era talmente preso dal vendicarsi di Helinor e Karima che si è
dimenticato di tutto il resto... ç_ç Helinor non se lo meritava un padre così
(ma guarda che gliel’hai appioppato tu!- nd tutti; dettagli!! - nd me)
Per
Gofna hai ragione ^_^ Sì, è cresciuta, è diventata un po’ più saggia! Poverina,
dopotutto anche lei ha avuto una storia triste *_*
Davvero
pensi che i personaggi siano buoni? *me felice* Non so esprimere la mia
felicità nel sentirti dire una cosa del genere!!! E dalla grande maestra
poiii!!! *onorata e felice allo stesso tempo*
Comunque
sai che hai ragione? Anche i personaggi che piacciono a me muoiono sempre ç_ç. Sarà
una maledizione? Sob.
^_^
Sono tanto felice che la storia ti sia piaciuta!!! Grazie tesoro *_* non sai
quanto sono contenta di averti conosciuta ç_ç
Ps:
Aspetto con ansia i tuoi aggiornamenti ^_^ (Tra Shine e Utopia non so cos’è
meglio...)
Trenta giorni di prognosi erano stati
più che sufficienti per far sì che Helinor si rialzasse dal letto e cominciasse
a girare per i corridoi di quello che Hollander si ostinava a chiamare ospedale. Per quanto riguardava Helinor,
quel posto era soltanto un labirinto opprimente e senza finestre.
Ancora non era riuscita a trovare
l’uscita, eppure era una settimana che lavorava sulla sua fuga. Ogni volta, il
sottoposto di Hollander, un tale di nome Nive, la prendeva, la sedava e la
riportava a letto.
Nive era un tipo molto insicuro, e
doveva ringraziare soltanto la ferita di Helinor se non era ancora finito a
terra con un braccio rotto.
Il trentesimo giorno, poco mancò che
Nive si prendesse un pugno in faccia.
-Sono stufa, lasciatemi andare!-
I passi di Helinor risuonarono per tutto
il corridoio, accompagnati dalla sua voce infuriata.
Alcuni medici si affacciarono, ma non
intervennero. Alla ShinRa ormai erano abituati a quello spettacolo.
-Signorina Hinari!- ansimò Nive,
correndole dietro con una siringa nella mano e una cartella nell’altra.-Deve
venire qui! Non si è ancora ristabilita del tutto!-
-Questo lo dici tu!- gli gridò Helinor
di rimando.
Quella specie di tunica bianca che
indossava non era il massimo della comodità per correre e saltare, ma Helinor
rimaneva comunque molto più allenata di quanto potesse essere il gracile Nive,
e con la ferita in condizioni migliori e il dolore ridotto aun niente, si sentiva come rinata.
Si sentiva come se fosse tornata a
respirare dopo tanto tempo sott’acqua.
Nive tentò di afferrarla, ma lei saltò
all’indietro, fece una capriola in aria, gli atterrò alle spalle e lo
immobilizzò a terra, stando attenta a tenere ben fermo il braccio con la
siringa. Glielo prese e glielo torse dietro la schiena facendolo gemere di
dolore.
-Adesso chi è che comanda?!- gli gridò
contro, esultante.
-Signorina Hinari, la prego!- piagnucolò
Nive.-Io voglio solo aiutarla!-
-Non mi aiuti tenendomi ferma a letto!-
esclamò Helinor, impuntandosi.-Voglio essere libera di muovermi, capito?!-
Quella frase la fece quasi volare.
Libera...
Aveva realizzato solo ora che era libera
dalle catene dell’Ombra. Libera da suo padre, da sua madre e da tutto il
resto...
Lasciò andare Nive e sorrise a se stessa.
-Signorina Hinari... per favore...- la
implorò Nive, rialzandosi a fatica.-Non le chiedo molto, solo di prendere le
sue medicine.-
-Non voglio quella siringa nel mio
braccio!- gli ringhiò in faccia Helinor, prendendo il dottore per il bavero del
camice.
-Sempre
la solita capricciosa, Helinor-
Lei si bloccò.
Iniziò a tremare.
Scrollò la testa.
Una voce alle sue spalle che le era
veramente familiare, ma non poteva essere vero, perché quella persona era morta
sotto i suoi occhi, tra le sue braccia.
-Si
può sapere che hai fatto ai capelli?-
Helinor lasciò Nive, che si preoccupò di
mettere almeno un paio di metri di distanza tra lui e la ragazza.
Uriah era dietro di lei, con i soliti
riccioli fulvi che gli ricadevano sulla fronte, più lunghi dell’ultima volta
che si erano visti. Indossava una veste scomoda simile a quella di Helinor, e lei
potè intuire facilmente che anch’egli era stato rinchiuso in quel posto.
Ma non poteva essere vero. O sì?
Dovette sbattere le palpebre varie
volte.
Uriah sembrava invecchiato di anni, ma
era pur sempre lui. Alto, slanciato e molto più magro del solito, tanto che le
guance erano incavate. Gli occhi chiari erano presenti e brillanti. Era stanco,
ma vivo.
Helinor gli si avvicinò lentamente e gli
prese una mano tra le sue. Era solida e consistente.
-Uriah...- mormorò.-Sei tu...-
Il ragazzo annuì, e lasciò che lei gli
gettasse le braccia al collo e nascondesse il viso tra i suoi capelli.-Sei
tu...- continuò a dire Helinor, a bassa voce.
-Devi ringraziare Tseng, se ora sono
qui- disse Uriah, posandogli una mano sulla schiena.-Mi ha salvato in
extremis...-
-Tseng...?-
-Mi ha trovato in fin di vita e mi ha
fatto portare qua. Hanno dei macchinari molto avanzati... sono riusciti a
salvarmi, anche se per un bel po’ di tempo non ho potuto mangiare niente- rise
Uriah.
Helinor si strinsea lui ancora di più e sbottò:-Non è
divertente.-
Lui soffocò una lacrima in una
risatina.-Davvero non lo è?-
-No- borbottò Helinor, staccandosi da
lui.-Credevo fossi morto.-
-Anche io- rispose Uriah, tornando
serio.-E dammi retta, non mi è piaciuto affatto.-
Per un po’ si guardarono negli occhi,
poi lui le posò le mani sulle spalle e lanciò un’occhiata a Nive, che intanto
li guardava in disparte.
Helinor si girò a sua volta per guardare
il medico.
Nive indietreggiò, arrossendo.
-Mi sono sbagliato sul conto dei Turk.
Non sono tutti cattivi- disse Uriah, tornando a guardare Helinor.-Qualunque
cosa ti abbia detto in precendenza... sappi che hai fatto bene a fidarti di
Tseng. E anche Nhat lo sapeva.-
Helinor abbassò lo sguardo.-Nhat...- e
raccontò a Uriah tutto quello che si era perso. Il tentato omicidio di Gofna,
la morte di Gammon, lo sterminio dell’Ombra. Solo allora si rese conto di
quanto le facesse male la separazione forzata da quella che era stata la sua
casa per diciassette anni. Ora era libera, certo. Ma non avrebbe proprio saputo
dove andare.
Non si era neanche accorta di aver
iniziato a piangere. Di nuovo.
Uriah le sorrise e le spostò la frangia
dagli occhi. Guardò il taglio dei suoi capelli, ormai ridotti fino alle
spalle.-Li hai tagliati?- domandò.
Helinor si asciugò le lacrime e
annuì.-Non so cosa mi sia preso. Dovevo prendermela con qualcosa.-
-E adesso... cosa pensi di fare?- chiese
Uriah.
-Tu cosa farai?- fece subito Helinor,
guardandolo dritto negli occhi, sperando in qualcosa che non avrebbe mai saputo
definire.
-Ho intenzione di partire- rispose
Uriah, rimanendo sul vago.
-Per dove?- Helinor reclinò la testa di
lato.
-Non lo so neanche io- rise amaramente
Uriah.-Quello che è certo... è che non posso rimanere qui, dove c’è la ShinRa.-
-Midgar è molto grande...- tentò di
replicare Helinor.
Uriah scosse la testa.-Ma ti prometto
che ci rivedremo!-
-Ogni promessa è debito, lo sai?-
domandò Helinor, arrabbiata.
-Certo. Io mantengo le promesse- replicò
Uriah, sorridendo.
Helinor lo fissò. Qualsiasi cosa fosse
cambiata in lui, era qualcosa che lo rendeva più felice. E se era felice lui...
beh, diciamo solo che Helinor si sentiva molto meglio del solito.
Nive fece per dire qualcosa, ma una voce
stridula irruppe per tutto il corridoio, facendolo sobbalzare per lo spavento.
-Mi hanno trattata come un cane!- piagnucolò
Gofna, gettandosi addosso a Helinor.-Devi dirgliene quattro a quegli
antipatici!-
Helinor non tentò nemmeno di
divincolarsi. La strinse subito a sé e la rassicurò:-Certo che lo farò, non
preoccuparti!-
Gofna tirò su con il naso e la stritolò,
facendole emettere un gemito.
-SCUSA!- urlò Gofna, ritraendosi di
colpo.-NON VOLEVO FARTI MALE!-
Helinor si posò una mano sulla stomaco e
si costrinse a sorridere.-Dai, non preoccuparti...-
Gofna scoppiò a piangere.-MI
DISPIACEEEE!-
-Smettila!- esclamò Uriah, tappandosi le
orecchie.-Mi rompi i timpani!-
-Si può sapere cos’è tutta questa
confusione?!-
-Genesis!- fece Helinor, sorpresa.-Che
ci fai qui?!-
Il rosso ridacchiò.-Volevo venire a
salutare! Oggi ho il giorno libero, sai com’è...-
Uriah lo guardò male.-No, io non so
com’è. Perché non me lo spieghi?-
Genesis guardò prima Helinor, poi Gofna,
poi Uriah con un sorrisetto stampato sulle labbra, ma nessuna intenzione di
rispondere.-Qualcuno qui è geloso!-
Gofna si tramutò da fontana ambulante a
bambina ridente in meno di un secondo, indicandolo tra le risate.-Sei diventato
tutto rosso!!-
-Piantatela!- sbottò Uriah, offeso.
Helinor si portò una mano alle labbra
per nascondere un sorrisetto malizioso.
-Non dargli retta, Helinor!- esclamò
Uriah.
Gofna continuò a ridere di gusto, finchè
un’altra voce nota si sommò alla sua.
-Perché qui si ride?- domandò Zack,
spuntato appena da dietro le spalle di Genesis.-Dove c’è una risata, c’è il
mitico Zack!-
-Anche tu hai il giorno libero?- domandò
Helinor, arrossendo livemente quando lo vide.
Zack si mise le mani sui fianchi e
scoppiò a ridere. Gofna lo seguì subito.
Erano due risate così sincere che faceva
quasi piacere ascoltarle. Dopo qualche borbottio infastidito, anche Uriah
cominciò a ridacchiare, quasi senza rendersene conto.
Il buonumore di Zack e di Gofna aveva
portato un po’ di luce su tutte quelle tenebre che aleggiavano intorno a loro.
Finalmente, quel corridoio non sembrava
più così angusto.
Era sempre il solito labirinto senza
finestre, ma adesso Helinor non si sentiva più oppressa da quelle pareti. Era
incredibile che effetto potesse fare la compagnia, in una persona.
Ben presto si lasciò andare anche lei
alle risate.
C’erano tutti i sentimenti di Helinor,
in quell’ ilarità liberatoria... la speranza, l’amarezza, la deluzione, la tristezza...
era come piangere, ma in un modo diverso.
(...)
-Sono veramente sollevato che ti sia
ripresa, signorina Hinari- disse il presidente, in piedi davanti alla grande
vetrata del suo ufficio.
Helinor sorrise e guardò alla sua
sinistra. Sephiroth si affrettò a volgere lo sguardo da un’altra parte.
Era passato pù di un mese dal loro
ultimo incontro, e da allora non si era più fatto vivo in alcun modo.Aveva ripreso le sue vesti di Soldier, e
sembrava essere tornato l’uomo solitario di sempre, anche se stavolta poteva
vantare il titolo di Prima Classe.
Lui, Genesis e Angeal erano diventati
Prima Classe poco dopo le vicende dell’Ombra e quelle di Kalm. Helinor non
conosceva i dettagli, ma Genesis le aveva detto che la città era stata bruciata
e rasa al suolo.Aveva anche saputo da
Tseng, durante l’interrogatorio, che Verdot era stato gravemente ferito, e che
sua moglie e sua figlia erano stati uccisi.
-Volevo parlarle di una faccenda- esordì
il presidente.-Ma non voglio che risponda subito... si prenda un paio di mesi
per pensarci bene...-
Helinor lo guardò, curiosa.
Sephiroth approfittò dell’attenzione di
Helinor verso il presidente per guardarla un po’. Era sempre lei, ma aveva
cambiato il suo look in modo piuttosto radicale. Niente più vestiti da ninja:
soltanto una camicia bianca e un paio di pantaloncini neri. Sembrava quasi una
ragazza normale, vestita così. Aveva anche pettinato la frangia in modo che
convergesse verso il centro della fronte e non fosse spettinata come al solito.
I capelli avevano subito un rigoroso taglio. Adesso li portava a caschetto, più
lunghi e scalati ai lati del viso, più corti dietro la nuca.
Sì, decisamente sembrava una ragazza
normale.
-Vorrei che lei entrasse nel nostro
corpo d’armi Soldier- disse Shinra, annuendo.-Forse le sembrerà affrettato, ma
le sue capacità ci farebbero molto comodo.-
Helinor sussultò.
-L’abbiamo chiesto anche al suo amico
Uriah, ma purtroppo ci ha già dato una risposta negativa- proseguì il
presidente.-Non so che progetti abbia in mente lui, Helinor... ma io credo che
il tuo talento andrebbe sprecato se non accettassi.-
-Posso... avere un po’ di tempo per
pensare?- chiese Helinor, colta alla sprovvista. In realtà, aveva in programma
di decidere se fare il suo ingresso nella carriera militare, ma adesso non si
sentiva più così pronta.
-Ma certo- disse Shinra, sorridendo.-Come
ho già detto, due mesi ti saranno più che sufficienti! Adesso, Sephiroth,
accompagna la signorina Hinari all’ingresso della ShinRa-
Helinor si piegò in un
inchino.-Arrivederci, signor Shinra.-
-Arrivederci, Helinor.-
Sephiroth gli fece cenno di seguirlo, ed
entrambi uscirono dall’ufficio del presidente.
Il corridoio era vuoto, uguale a tutti
gli altri, freddo. Tutto in quell’edificio sembrava non avere sentimenti, a
cominciare dalle pareti.
Helinor si fermò e diede un’occhiata in
giro. Sarebbe stata quella, la sua nuova casa?
-Andiamo- ordinò Sephiroth, dirigendosi
a passo svelto verso l’ascensore.
Lei gli trotterellò dietro.-Perché non
sei mai venuto a trovarmi?-
-Avevo molto lavoro da fare- si
giustificò Sephiroth senza neanche guardarla. Spinse il bottone per chiamare
l’ascensore e incrociò le braccia sul petto con aria gelida.
Se l’era chiesto anche lui, perché in
tutto quel tempo non avesse voluto vedere Helinor.
-Ora che sono un Prima Classe, sono
sommerso dalle scartoffie. E non solo- proseguì, mentre guardava una lucina
sopra l’ascensore accendersi e le porte aprirsi subito dopo.
Sephiroth entrò per primo.-A
proposito... questo è tuo- disse, infilando una mano in tasca ed estraendone il
pugnale di Helinor. Glielo porse.-L’ho recuperato, pensando che potesse
servirti. O al massimo, che avresti voluto riaverlo.-
-Troppo disturbo- sbottò Helinor,
afferrando il pugnale con una certa stizza.-Forse però avresti dovuto
disturbarti un po’ di più e venire a trovarmi-
-Te l’ho detto... il lavoro- le ricordò
Sephiroth. Il suo tono di voce era chiaramente impostato sulla fine della
discussione.
Il Soldier impostò la destinazione
dell’ascensore e rimase in silenzio per un po’, poi lanciò un’occhiata di
sfuggita a Helinor e disse:-Farai uno sbaglio.-
Lei lo fissò, sorpresa.-A che ti
riferisci?-
-Al venire a lavorare qui- rispose
Sephiroth, guardando da un’altra parte.-Te lo dico io, che qui ci sono nato.
Non venire a rovinarti ulteriormente la vita. Hai sempre detto che avresti
voluto avere la libertà di scegliere, no? E allora usala. Parti, vai a farti
una vacanza e poi trasferisciti il più lontano possibile da questo posto.-
Helinor strinse il pugnale tra le dita.
Era stato ripulito e tirato a nuovo, ma il rubino rosso era un tacito monito a
tutto il sangue che aveva toccato quella lama. Era difficile pensare che non
avrebbe più sfiorato quel pugnale per il resto della sua vita.
Certo, un’esistenza tranquilla era ciò
che aveva sempre desiderato, ma adesso che per qualche settimana l’aveva vissuta,
il suo corpo si era come ribellato. Era stata stesa su un letto per giorni,
servita e riverita. Eppure le sue braccia e le sue gambe, insieme a qualsiasi
altra parte del suo corpo, avevano scalpitato per tornare all’azione. E quando
aveva tentato la fuga, quel desiderio era stato finalmente assecondato, fino a
farla sentire libera.
-Grazie del consiglio, Sephiroth-
rispose Helinor- ma credo che farò di testa mia.-
-Va bene- borbottò lui,
irritato.-Comunque sappi che se deciderai di venire a lavorare qui, per te sarà
come avere una nuova identità. Non so esattamente cosa si provi, ma so che i
Soldier vengono creati con l’energia Mako del pianeta. Potrebbe cambiarti,
Helinor.- Disse.
-E dov’è il problema?- domandò lei,
alzando un sopracciglio.-Le persone cambiano spesso, non mi fa paura...-
-Gli allenamenti saranno dieci volte più
faticosi...-
-Vorrà dire che mi adeguerò.-
-Fai come ti pare- borbottò
Sephiroth.-D’altronde questa è la tua vita.-
Helinor socchiuse gli occhi e
sorrise.-Ho bisogno di trovare qualcosa che mi dia soddisfazione. Fin da quando
ero bambina non ho fatto altro che combattere, e secondo me è l’unica cosa che
mi viene bene... in questi due mesi vedrò se riuscirò a trovare qualcosa da
fare che sia adatta a me. Magari un lavoro... se lo troverò, non verrò qui.-
Sephiroth sospirò e ricacciò la mano in
tasca. Stavolta prese un bigliettino.-Il mio numero di cellulare- spiegò,
mentre glielo dava.-Semmai avessi bisogno di qualcosa, chiamami.-
-Il tuo numero?- ripetè Helinor,
perplessa.
-Sì, non hai mai visto un cellulare?-
Sephiroth tirò fuori il suo e glielo mostrò.
-Serve per chiamare le persone?- domandò
Helinor, curiosa.-Ma dai... è solo una scatoletta...-
Lui sospirò di nuovo.-Basta comporre il
numero sulla tastiera... poi premi questo bottone verde e puoi parlare con la
persona che hai chiamato-
Helinor guardò il cellulare,
affascinata.-Queste cose non c’erano all’accampamento.-
-Diciamo soltanto che lì non c’erano
parecchie cosette- disse Sephiroth, rimettendo a posto il cellulare con un sorrisetto
ironico.-Comunque, tieni il mio numero e non perderlo. E non fartelo rubare- si
raccomandò.
Helinor quasi scoppiò a ridere.-Rubare?
E chi vorrebbe parlare con te?-
Sephiroth la guardò male.
-Scusa, scusa!- mormorò Helinor,
imbarazzata.-Scommetto che hai un sacco di ammiratrici, vero?- aggiunse, in
fretta.
-Suppongo sia così- terminò Sephiroth.
Sperò che lo avrebbe chiamato prima o poi.
L’ascensore si aprì proprio in quel
momento.
Helinor e Sephiroth uscirono dalla
cabina e si fermarono poco distante dall’ingresso.
-Beh, buona fortuna con la tua nuova
vita- disse il Soldier, senza guardarla.
-Grazie- rispose Helinor, non sapendo
che altro dire.
Sephiroth avrebbe aggiunto altro, ma
vide con la coda nell’occhio che accanto alla porta d’uscita c’erano Uriah,
Gofna e Zack, quindi smise di parlare e abbozzò un leggero sorriso.
-Allora ciao...- disse Helinor,
sistemandosi un po’ i capelli. Aveva ancora il pugnale in mano, e qualcuno la
stava guardando notevolmente male.
Il Soldier annuì, come se con quel gesto
volesse salutarla, poi si raccomandò:-Non perderti il mio numero.-
-Perché ci tieni così tanto?- volle
sapere Helinor, ridacchiando.
Lui le diede le spalle. Non voleva
proprio darle la soddisfazione di farle vedere che era arrossito.-Ci sentiamo,
Helinor.-
Sephiroth rientrò nell’ascensore e si
voltò verso di lei.
Si scambiarono un’ultima occhiata.
Sephiroth le sorrise debolmente, poi le
porte si chiusero, e l’ascensore ripartì alla volta del piano Soldier.
-Ci sentiamo...- mormorò Helinor, poi si
voltò e raggiunse di corsa Uriah.-Beh? Che facciamo adesso?-
Uriah sbadigliò.-E che ne so...?-
Gofna fece apparire il suo cilindro dal
nulla e porse una mano a Helinor.-Vuoi che ti nasconda il pugnale?!-
-Non strillare, Gofna!- la pregò Zack,
guardandosi intorno nervosamente.
-Io direi che per prima cosa potremmo
andare prenderci una cioccolata calda- propose Uriah, grattandosi il mento con
aria assorta.-Ho sentito dire che quella roba è buonissima...-
-Puoi giurarci, amico!- esclamò Zack.
Gofna infilò magicamente il pugnale di
Helinor nel cilindro, poi se lo rimise in testa suscitando lo stupore
generale.-Non hai mai assaggiato una cioccolata?-
-No- rispose Uriah.
Zack sogghignò.-Allora bisogna che la
vostra nuova guida vi porti un po’ in giro per Midgar... per fortuna oggi
Angeal è in missione...-
-Mmm... non mi avevi detto che oggi era
di nuovo il tuo giorno libero- osservò Helinor, perplessa.
Zack si grattò la nuca, arrossendo.-Non
è il mio giorno libero, infatti... ma che rimanga tra noi, ok?-
-Zack!- esclamò Uriah, inorridendo.-Il
dovere prima di tutto!-
-Ah, pensa anche a divertirti, Uriah!-
ribattè Zack con molta energia.-Mi sembra di sentir parlare Angeal...-
Helinor sorrise e annuì.-Allora, tutti
d’accordo per la cioccolata?-
Gofna la prese sottobraccio e la tirò
verso l’uscita.-Ma non c’è solo quella! Ci sono tante altre cose buonissime! Te
le faccio assaggiare tutte, va bene?!- urlò.-Cornetti, gelati, granite, cialde,
muffin, torte, crostate...- e continuò con un elenco infinito di cose succulente.
Zack gli andò dietro con la bava alla
bocca.-Aspettatemi! Non andate senza di me!!! Che festa sarebbe senza il vostro
Zack?!-
Uriah rimase un attimo sulla soglia
della porta a pensare. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il
giorno in cui non avrebbe più fatto parte dell’Ombra. In realtà, non avrebbe
mai neanche immaginato che sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe dovuto
dire addio a Nhat e a Gammon.
Adesso avrebbe dovuto ricominciare a
vivere a modo suo e trovarsi una nuova casa dove vivere. La cosa un po’ lo
spaventava, doveva ammetterlo.
Eppure, ora respirava prufumo di
libertà.
Ed era davvero l’odore più buono che
avesse mai sentito in vita sua.
Homless
VerbaleC.O (Caso Ombra)
Deposizione di
Rain Foster: Dopo essere scappato dal laboratorio
della ShinRa, sono stato fortunato ad imbattermi nell’accampamento di Silver
Gammon. Grazie a lui, ho potuto avere una vita tranquilla. All’incirca sei mesi
fa, ci trovavamo nel Wutai, e lì Gammon decise di stringere un’alleanza con i
loro soldati. Non conosco i patti nei dettagli, mi dispiace.
Ci
siamo trasferiti vicino Midgar soltanto un mese fa, e da allora Gammon ha
iniziato ad essereinquieto, nervoso.
Ha
deciso di mandare Helinor e Uriah ad assassinare il vostro presidente, ma
davvero non saprei dire il motivo di tale gesto. So soltanto che ultimamentre
Gammon mi chiedeva spesso se ricordassi come si potesse impiantare la materia
negli uomini.
Sapeva
che ero uno scienziato, perché gliel’ho detto io. Sapeva anche da dove derivano
i miei poteri.
So che
non avrei dovuto farlo, ma lui riusciva a farmi sentire così importante... che
non ho potuto nasconderglielo. Lui mi faceva dimenticare di essere un mostro.
Deposizione di Helinor Hinari: Non ho mai fatto domande. Il maestro ordinava e noi
eseguivamo, qualsiasi cosa dicesse di fare. Se non avessimo ubbidito, Gammon ci
avrebbe puniti molto duramente.
Non
sapevo niente di questi documenti, credevo che la nostra organizzione fosse
soltanto un gruppo di mercenari senza fissa dimora.
Solo
qualche giorno fa sono venuta a sapere che mia madre aveva rubato dei documenti
alla vostra compagnia, e che mio padre li cercava. Sì, Gammon era mio padre.
Ho
dovuto ucciderlo per difendere me e la mia amica.
Appena
prima di morire ha dichiarato che l’Ombra era una sede distaccata di un’altra
organizzazione chiamata Avalanche.
Non
posso esservi di aiuto, perché nessuno sapeva di questa cosa. Eravamo tutti
concentrati sul Wutai. Ci siamo alleati con loro circa sei mesi fa. La cosa è
stata sorprendente, perché Gammon non aveva mai stretto alleanza con nessuno.
Deposizione di Gofna Brown: Hanno ucciso loro mia madre! E io che mi sono fidata del
signor Gammon! Helinor aveva ragione, era solo un... non posso dire parolacce,
scusatemi...
Non so
niente dell’Ombra, io ero entrata a far parte del loro gruppo da pochissimo.
Mmm...
non so perché Gammon mi abbia chiesto di unirmi a loro. Credo fosse perché era
un vecchio amico di mia madre.
Deposizione di Uriah: Non ho idea né di chi fosse Gammon, né di cosa avesse in
mente. O meglio, credevo che fosse il nostro maestro, e che il nostro dovere
fosse servirlo al meglio, ma mi rendo conto che ho sbagliato a pensarla così.
Io
sono entrato nell’Ombra tredici anni fa. Non so niente di nulla, mi sono solo limitato
ad eseguire gli ordini. Poi, ultimamente è uscito fuori che la madre di Helinor
faceva parte dell’ Ombra e che Gammon era suo padre.
Si può
sapere cosa sta succedendo qui?
Deposizione di Tseng: Da quando sono arrivato nell’accampamento, non ho fatto
altro che indagare. Devo ammettere che all’inizio la storia era troppo
intricata, ma alla fine i nodi sono venuti tutti al pettine.
I
documenti che Karima rubò alla nostra compagnia sono la chiave di tutto. Il
signor Foster parlò a Gammon del suo passato e di come avesse acquisito i suoi
poteri. Gammon si fissò con gli esperimenti con la Materia, e decise di farsi
dare altre informazioni su dove gli scienziati tenessero i documenti che gli
interessavano.
Non è
chiaro il motivo che l’abbia spinto a tanto, perché manca un’informazione
fondamentale: Gammon è un membro di Avalanche, un’organizzazione nata per
distruggere la ShinRa.
Gammon
parlò della storia di Foster con altri membri di Avalanche, e insieme decisero
di rubare quei documenti in modo da poter costruire un potere che tenesse testa
a quello dei Soldier.
Karima
e Harila furono mandate ad eseguire l’incarico, molto probabilmente con una
scusa. Tutavia, ci fu inconveniente: le ragazze vennero catturate, e Gammon fu
costretto a venire ad aiutarle.
In
situazioni normali, Gammon le avrebbe lasciate al nemico, ma i documenti che
avevano con sé, erano troppo importanti.
Nonostante
ciò, nessuno si offrì di fare da cavia per l’esperimento, e la nominà toccò ad
una bambina troppo piccola per potersi sottrarre a quel destino.
Fortunatamente, l’esperimento era applicabile solo su un corpo di un bambino di
almeno diciotto mesi, quindi Gammon fu costretto a rimandare.
Questo
mise in moto un meccanismo di eventi che condussero Karima a fuggire, portando
con sé sua figlia di appena due anni.
Mesi
dopo essere partita, Karima si accorse di essere troppo malata per badare a sua
figlia e a se stessa, quindi decise di abbandonarla al Gold Saucer: un posto
affollato, dove Gammon forse non l’avrebbe trovata.
Evidentemente
di sbagliava, perché Helinor fu chiamata ad entrare nell’Ombra proprio da suo
padre, che per volere del caso si trovava nei dintorni.
Ad
ogni modo, Karima morì tre anni dopo, uccisa per sua esplicità volontà da
Verdot.
Queste
sono le linee principali che hanno dettato la storia.
Quanto
all’arrivo dei soldati del Wutai nel mezzo della battaglia contro l’Ombra, la
spiegazione è semplice.
Nara
era partito per Junon pochi giorni prima, in contemporanea al rilascio di
Angeal e Zack. Alcuni Turk, che sono stati uccisi proprio da Nara, avevano
lasciato degli appunti su i suoi spostamenti.
È
avvenuto un incontro tra un ambasciatore del Wutai e Nara, dunque Gammon aveva
previsto che il presidente avrebbe attaccato, e aveva disposto una
controffensiva ancora prima che il messaggio con la scritta “Avalanche”,
arrivasse a destinazione.
La
morte di Gammon ci impedirà di sapere di più su Avalanche, ma ormai abbiamo una
pista molto valida da seguire.
L’Ombra
era un tramite per spostare della Materia da un posto all’altro. Adesso che lo
sappiamo, abbiamo bisogno di seguire lo spaccio fino alla fonte e scoprire chi
si nasconde dietro a questa storia.
Chi è
la mente dello spaccio?
Evidentemente
Avalanche ha preso sul serio gli esperimenti con la Materia.
Il
gruppo locato a Kalm è stato annientato, ma qualcosa è andato storto, e la
missione è fallita. La città è stata bruciata, e Verdot ha perso un braccio.
Sembra
che sua moglie sia morta e sua figlia sia dispersa.
Quanto
al suo braccio, Hojo l’ha sostituito con una protesi.
Dobbiamo
continuare le ricerche. Avalanche è un’organizzione troppo pericolosa per noi,
non possiamo lasciare che si rafforzi fino asoffocarci.
Dipartimento per la pubblica sicurezza:
Gabriel Voss
Heiddeger
Angolino
dell’autrice
Non posso credere
che sia finita *_*. È una grande soddisfazione per me pubblicare quest’ultimo
chappy ç_ç, io... che emozione. Una grande emozione perché questa è la mia
seconda opera completa!!! *esulta*
Che
soddisfazione ^_^
Ringrazio
tutti quelli che l’hanno letta e seguita, in particolare a the one winged angel, Kairih
e KiaElle che hanno recensito
*abbraccia fortissimo*. Le ringrazio per tutto il loro sostegno! Vi voglio
bene, ragazze ç_ç
Ho deciso che
pubblicherò anche il seguito, dopo essermi presa un po’ di pausa... la
pubblicazione *sfoglia il calendario freneticamente*, dovrebbe avvenire il 10
ottobre se la scuola non mi mette sotto terra prima XD. Non so se l’ho già
detto su EFP, ma quest’anno il secondo giorno già mi hanno fatto fare il
compito di latino X_X
the
one winged angel:
nipote... io… sono troppo onorata di ricevere sia I tuoi complimenti che quelli
di tua sorella *_*. Ringraziala infinitamente da parte mia ç_ç… ho fatto del
mio meglio per scrivere questa fic, e se è piaciuta non posso altro che esserne
felice!
Ma passiamo alla storia ^_^
Uriah l’ho fatto tornare in vita perché ho
pensato “Uffa… tutti i personaggi buoni devono morire” XD, quindi non ho potuto
farne a meno. Ho pensato che sicuramente alla Shinra non gli mancano i mezzi… e
così... ^^
Sì, ho fatto morire Kay e Loi, ma l’intenzione
era quella fin dall’inizio, lo ammetto °_°. Mentre James e Adrian sono fuggiti
(quest’ultimo grazie al beniamino Genesis)
^^ Il ragù lo possiamo fare
tranquillamente *Genesis cerca di fuggire* XD
Quanto a Kalm, hai ragione. Sono rimasta
sorpresa anche io quando l’ho saputo, però credo che da qualche parte nel gioco
(non ricordo bene dove), accenna al fatto che Kalm era già stata danneggiata in
passato, prima di DOC... Se non sbaglio (il che è probabile XD)
Comunque grazie nipotuccia mia ^^. Sei
tu quella speciale da queste parti *_*, mi sono davvero affezionata, non so
davvero cosa farei senza di te ^^