Un idiota.. di sitael85 (/viewuser.php?uid=91699)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Riporto i disclaimer per
sicurezza: non conosco i 30 Seconds to Mars e non mi appartengono, non
ho la minima idea di come siano caratterialmente, non scrivo a scopo di
lucro e i fatti sono puramente inventati (tranne eventuali riferimenti
a concerti e/o interviste...).
Come già detto,
è la prima fanfiction che scrivo e pubblico, non sono una
scrittrice anche se leggere e “buttare giù
qualcosa” come dico io mi è sempre piaciuto. Le
recensioni sono accettate sempre e con piacere, non preoccupatevi di
dire quello che pensate!!
Ringrazio Shanna e Nicole per
avermi dato il loro parere iniziale, perché è
grazie a loro se questa storia vede un sito internet..e naturalmente
tutti voi che leggerete e commenterete e che amate la musica dei 30
Seconds to Mars.
UN IDIOTA…
Capitolo 1
Un idiota… un
completo idiota, ecco come mi sento.
Durante tutti questi anni di
aggettivi mortificatori me ne hanno affibbiati talmente tanti che non
riesco a ricordarne nemmeno la metà, se poi aggiungiamo
anche quelli con cui mi chiama a volte mio fratello allora il conto si
può tranquillamente evitare. Il problema sorge quando sono
io stesso a definirmi tale… voglio dire, come posso io,
quello che tutti conoscono come l’egocentrico Jared Leto,
pensare di essere così stupido?
Eppure certe cose non le posso
cambiare.
Ormai sono seduto sui gradini
appena fuori dalla porta di ingresso di casa mia a inzupparmi
d’acqua da almeno due ore, sapendo benissimo che domani
starò male visto che la temperatura è bassa per
la stagione e sto pure tremando di freddo. Se non mi uccide una
polmonite o qualcosa di simile di sicuro ci penserà Shannon.
Mi parte un brivido lungo la schiena al solo pensiero e la mia testa
già sta elaborando un percorso di fuga per non ritrovarmi le
sue mani sul collo. Non che mi farebbe mai niente di male, ma tra un
paio di settimane dovremo partire per il tour in Europa e un cantante
febbricitante e senza voce non è certo il massimo no?
Ma non riesco a smettere di
pensare che la ragazza che ho intravisto in quel piccolo bar potrebbe
essere stata lei. Non so veramente quanti anni siano che non la vedo,
ma il suo ricordo è sempre presente. Non che mi assilli
continuamente, ma a volte capita che spunti fuori prendendomi alla
sprovvista, colpendomi dritto alla testa e in un punto preciso del
petto.
Basta, devo riprendermi e
tornare in casa prima di morire assiderato o domani ci sarà
un bel titolo per i giornali “Jared Leto trovato congelato
davanti alla sua abitazione”.
L’acqua della doccia
scorre bollente sulla mia pelle, lasciando segni rossi ovunque per la
troppa differenza di temperatura, ma va bene così, almeno
sono concentrato su questa sensazione di semidolore che mi impedisce di
far vagare troppo i pensieri.
Esco dalla doccia e con solo
un grosso asciugamano bianco a cingermi la vita mi volto verso lo
specchio. Una passata veloce con la mano per togliere il vapore ed
eccomi lì, riflesso in una lastra d’argento che
potrebbe contenerne altri cinque di me. Mi guardo bene e devo ammettere
che Tomo ha ragione, sono dimagrito ancora nonostante tutte le
attenzioni di mio fratello sulla questione cibo e peso… dopo
“Requiem for a dream” e “Chapter
27” ero ridotto veramente male, ma fortunatamente avevo loro
che mi sostenevano. Ancora adesso ci sono dei momenti in cui non
capisco che mi è passato per la testa… forzare in
quella maniera il mio fisico è da idioti… ecco
che torna di nuovo quella parola… devo smetterla.
Altro sguardo veloce alla
figura davanti a me e quello che noto è quel paio di occhi
azzurri sotto una massa di capelli castani arruffati
dall’acqua e ancora gocciolanti. Rispondono senza paura al
mio sguardo indagatore e, se non sapessi che sono i miei, sarei quasi
sicuro che celino una domanda a cui però ho paura di non
saper rispondere.
Lascio perdere tutte queste
paranoie che mi sto facendo e vado in camera perché forse
è il caso di rivestirmi prima che arrivino i miei compagni
d’avventura e gli altri per controllare
un’ulteriore e speriamo ultima volta che tutto sia pronto per
il tour. Infilo velocemente la prima cosa che trovo sulla poltrona
nell’angolo, vale a dire i pantaloni azzurri della tuta a cui
abbino, senza perderci troppo tempo, una maglietta chiara e per
completare il tutto la felpa nera con la cerniera. Non sarà
il massimo forse, ma tanto non ho in programma di uscire di casa e poi
che a volte ho un pessimo gusto nel vestire me l’hanno detto
abbastanza spesso, ma sinceramente non me ne frega niente.
Ci mancava solo
l’emicrania per completare una giornata già di per
sé pessima. Stiamo ricontrollando queste carte da quello che
mi sembra un tempo infinito e non siamo neanche a metà. Non
ce la faccio, dopo l’ennesimo battibecco tra Emma che tiene
in mano una cartelletta contenente di tutto e di più e
David, una specie di
aiuto-organizzatore–incastratorediimpegni-ecchealtrosoio, in
cui dopo un po’ intervengono anche Shan e Tomo, mi alzo e
vado verso la cucina.
Quando poco dopo mi raggiunge
Shan, mi trova fermo immobile con le mani appoggiate sul ripiano di
marmo e la testa china mentre cerco di respirare profondamente. Si
avvicina e subito mi poggia una mano sulla spalla, facendomi sussultare.
“Si può
sapere che hai Jay? E’ da quando sono tornato che sei
strano… e non provare a tirare fuori la solita storia che te
lo dico da quando siamo piccoli ok?” mi dice con aria
leggermente preoccupata.
Lo fisso un momento negli
occhi, devo sostenere il suo sguardo prima di rispondere o
crederà davvero che ci sia qualcosa che non va, anche se a
dire il vero sono proprio io il primo a non sapere che sta succedendo.
“Niente, non ho
proprio niente. Avevo solo bisogno di un attimo di pausa per
riprendermi. Sai, quei due in soggiorno che alzano la voce non fanno
molto bene al mio mal di testa” e dicendo questo cerco di
sorridere per tentare di convincerlo che veramente è tutto a
posto.
Faccio per prendere
un’aspirina dall’armadietto, ma il suo sopracciglio
alzato è un chiaro segno che non se l’è
bevuta completamente e sì che non sono un attore proprio di
infima lega.
“Sai che credo alla
metà di quello che mi hai appena detto vero? Cristo, sono
tuo fratello e ti conosco bene. Non crederai di potermi rifilare questa
stronzata e pretendere che ci creda vero? Mi basta guardarti negli
occhi per capire che c’è dell’altro che
non mi vuoi dire, ma so che non caverei niente adesso,
perciò lasciamo stare ok? Ma non prendermi per il culo
Jay…”.
Fortunatamente Tomo spunta
dalla porta della cucina con il sorriso stampato sulla faccia e
un’aria soddisfatta, di là dev’essere
successo sicuramente qualcosa. Si avvicina e ci guarda attentamente,
poi fa un sospiro e scuote la testa. A volte proprio non lo capisco, ma
è un buon amico e un musicista eccezionale, oltre ovviamente
a una specie di eterno bambino con cui poter fare, o forse sarebbe
meglio dire combinare, tutto quello che la mia contorta mente riesce a
generare. Devo ammettere però che anche la sua di idee
malsane ne ha prodotte parecchie e che risate ci siamo fatti dopo tutti
e tre!
Senza dire una parola mi
sposta la mano dall’anta e apre quella vicina per prendere
una tazza in cui versarsi del caffè.
“Ragazzi, ma che
avete? Dovreste essere contenti che abbiamo finito per oggi, non vedete
il mio super sorriso? Finalmente Emma e David stanno facendo sparire
quella montagna di fogli e possiamo riposarci” ci informa,
non prima di aver sottolineato ulteriormente con un gesto della mano
una zona imprecisata del suo volto.
“Amico, è
difficile vedere la tua bocca sotto quella barba nera. Non è
il caso di dargli una bella tosata? Proprio non so come faccia Vicki a
sopportarti in questo stato” scherza Shan suscitando una
bella risata da parte del croato e un sorriso sincero da parte mia.
Sembra che
l’atmosfera si sia allentata, ma so che prima o poi mio
fratello cercherà di tornare sul discorso e allora
dovrò inventarmi qualcosa di sensato e credibile, o aver
dato una risposta a ciò che in qualche modo mi tormenta,
anche se questo è più complicato. Per lui
è una cosa innata questo senso di perenne protezione nei
miei confronti, e tutto perché è il maggiore. Fin
da bambini si è sempre occupato di me quando la mamma non
c’era per lavoro e, in un certo senso, sono quello che sono
anche grazie a lui… soprattutto perché mi ha
sempre incoraggiato a seguire i miei sogni e mi ha impedito
più di una volta di fracassarmi la testa durante le mie
arrampicate e/o scavalcate di alberi, muri e chissà che
altro.
Mi piace che ci sia qualcuno
che si preoccupa veramente per me, ma penso di essere abbastanza grande
e poi vorrei che pensasse un po’ di più a lui.
C’è da dire poi che anche se abbiamo quasi
quarant’anni entrambi, sono più le volte che ci
comportiamo come dei ventenni, perché è molto
più divertente dato anche il lavoro che facciamo, inoltre
dicono che uno non invecchia finché si sente giovane dentro.
Ho paura che appena comincerò a comportarmi davvero come uno
della mia età sarà la fine, niente più
in giro per il mondo a suonare, posti da visitare e perché
no altre cazzate da fare, ma solo una montagna di acciacchi…
quindi, perché fermarmi?
Mi riscuoto da questi pensieri
e li vedo entrambi che mi osservano corrucciati.
“Che
c’è?” faccio.
“Ti sei imbambolato
con quel sorrisetto da ebete sulla faccia, è lecito
preoccuparsi un attimo non credi? E poi stavamo anche notando quella
piccola ruga vicino all’occhio. Dovresti fare qualcosa, o
nostro personale Dorian Gray” mi risponde Tomo quasi
piegandosi in due dalle risate prima ancora di terminare la frase.
Con lui nei paraggi
è facile dimenticare tutti i problemi, perciò mi
lascio andare anch’io a una sonora risata che si sparge per
la casa ormai vuota dato che Emma, David e pure Tim se ne sono andati.
“Devo ammettere che
quella di Dorian Gray ti e venuta bene Tomo!” dice mio
fratello aggiungendo poi “Bene, e ora che ne dite di ordinare
qualcosa da mangiare e poi una bella partita alla playstation
ragazzi?”
Ci guardiamo di nuovo,
sorridiamo complici e poi loro spariscono verso il salotto lasciandomi
lì come sempre a ordinare la cena. Non
ringrazierò mai abbastanza per aver avuto la fortuna di
averli trovati entrambi… sono la mia famiglia e la mia
ancora di salvezza e a volte non saprei davvero che fare senza di loro.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Direi
che prima di tutto un ringraziamento è d’obbligo,
perciò grazie a tutti quelli che hanno letto il primo
capitolo e a Nicole che l’ha anche recensito.
Mi scuso per averci messo tanto a postare quello nuovo, ma con gli
esami di aprile alle porte il tempo per scrivere non è molto.
Boh, che altro dire.. semplicemente buona lettura e aspetto commenti!!
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate dei personaggi che compaiono
tra poco.
Ciao ciao!!
Capitolo 2
La luce filtra leggera dalla finestra posandosi inevitabilmente sul mio
viso e gli occhi, ancora chiusi per il sonno, mi mostrano uno strano
mondo di sfumature che vanno dal rosso al nero, dove però
non si distinguono forme. Tutto sommato non mi dispiacerebbe rimanere
in quel luogo, mi sembra sicuro e accogliente, ma sono consapevole che
non è reale e comunque non c’è niente
che attiri la mia attenzione o la mia sfrenata voglia di conoscere e
quindi mi stancherei presto.
Istintivamente sposto il braccio in modo da coprirli e proteggermi dal
nuovo giorno, ma è inutile… entro trenta secondi
Shan entrerà nella mia camera buttandosi a pesce sul letto e
schiacciandomi, come fa tutte quelle rare mattine in cui riesce a
svegliarsi prima di me. Sorrido inconsciamente. Dopo tutto il tempo che
viviamo assieme in questa casa, non si è ancora accorto del
piccolo scricchiolio che precede la sua comparsa e che più
di una volta mi ha salvato da altri lividi, perché, diciamo
la verità, non è propriamente un peso piuma.
E infatti ecco la porta che si spalanca e il mio caro fratellone che
con un urlo mi dà il buongiorno e mi costringe a spostarmi
per fargli spazio.
“Buongiorno principessa! Direi che è ora di
alzarsi visto che ci aspetta una giornata intensa piena di interviste e
servizi fotografici… ah, prima che mi dimentichi, ha
chiamato Emma dicendo che stasera ci sarebbe l’inaugurazione
di un locale e vorrebbero che suonassimo qualcosa in acustico. Le ho
detto che ne avremmo parlato, ma ho già sentito Tomo e lui
è d’accordo con me, quindi la maggioranza vince
fratellino!” e con questo mi toglie il braccio dalla faccia.
Sento che mi sta osservando dato che ha smesso di parlare di colpo,
perciò apro gli occhi con fatica e incrocio il suo sguardo.
C’è qualcosa che lo preoccupa, perché
in questo momento la sfumatura nocciola ha preso il sopravvento
diventando il colore prevalente nelle sue iridi, e posso anche provare
a indovinare di chi è la colpa… mia.
“Ti sei fatto di qualcosa ieri sera per caso? Hai una faccia
tiratissima e gli occhi lucidi, gonfi e contornati di rosso. Sembri un
vecchio malato, senza offesa eh, ma non mi piace per niente questa
cosa” così dicendo appoggia la sua fronte alla mia
e si sposta subito.
Deve aver capito che ho la febbre, ma è strano che non se ne
sia accorto prima… sono due giorni che prendo pastiglie per
farla abbassare e tenermi attivo, perché siamo pieni di
impegni ogni giorno e non voglio che siano rimandati per causa mia. Poi
dobbiamo anche partire per New York prima di arrivare finalmente in
Europa con il tour.
“Si può sapere da quant’è che
stai così?” continua imperterrito.
“Ciao anche a te Shan. Senti, ti puoi spostare che mi devo
preparare se vuoi che Emma ci trovi pronti entrambi quando
arriva?” rispondo stancamente e con questo sposto le coperte
di lato e mi metto seduto sul bordo del letto. La sensazione di freddo
quando i piedi toccano il pavimento si espande per tutto il mio corpo e
la pelle d’oca fa la sua comparsa seguita da un brivido
appena accennato.
“Rispondimi e smettila di fare il cretino Jared. Sai meglio
di me che non puoi permetterti di scherzare su cose come questa. Vai in
bagno, fai quello che devi fare e torna subito a letto… io
vado a chiamare Emma e le dico di annullare tutto per oggi e domani, a
meno che non siano interviste che possiamo fare tranquillamente io e
Tomo e dove la tua vita sentimentale non interessa”.
Riesco a sentire la rabbia nella sua voce, sovrastata però
dalla preoccupazione per me. Annuisco semplicemente senza voltarmi, non
riuscirei a sostenere la forza dei suoi occhi in questo momento, e mi
alzo con fatica. Prima di sparire dietro la porta gli lancio
un’occhiata furtiva e lo vedo scuotere la testa e passarsi
una mano sul viso.
“Scusa fratellone…” e con queste parole
sussurrate chiudo la porta alle mie spalle.
Osservo l’acqua del lavandino scorrere mentre piccole gocce
lasciano il mio viso per ricongiungersi a quel flusso vorticoso. Non
faccio neanche la sforzo di alzare lo sguardo sulla mia immagine
riflessa, tanto so già che cosa vedrei e non mi piace per
niente. Se c’è una cosa che proprio detesto
è sentirmi debole, ma soprattutto dipendente dagli altri.
Non l’ho mai sopportato. Anche da bambino, piuttosto di
chiedere aiuto preferivo farmi male per raggiungere ciò che
volevo, avere ematomi su gambe e braccia, ma non mi sarei mai abbassato
a chiedere una mano… sono sempre stato troppo
orgoglioso… forse è anche per questo che tendo ad
allontanare le persone.
Nel momento stesso in cui la mia mano gira la manopola del rubinetto e
l’acqua si blocca, mi giunge forte la voce di Shannon.
E’ sicuramente al telefono con Tomo perché, da
quello che riesco a capire dalla conversazione, mi sembra che si stia
mettendo d’accordo su orari e luoghi di ritrovo per le due
interviste del pomeriggio. Poi segue un lungo sospiro e quella che
credo essere la risposta a una domanda posta dalla persona
all’altro lato del telefono.
“Non so che gli passa per la testa negli ultimi giorni
Tomo… sembra sempre distante, con la testa da
un’altra parte e non mi dice niente…”
poi una pausa, e la voce che improvvisamente cambia tono
“… come cazzo faccio a saperlo? Purtroppo non sono
ancora entrato in quella sua testaccia dura! Ci provo da
quarant’anni ma niente, sai benissimo anche tu che se vuole
tenere qualcosa per sé non c’è modo di
cavarglielo fuori. Sì ok… ti aspetto qui tra un
paio d’ore allora… ah, senti Tomo…
scusami… è che a vederlo così non mi
abituerò mai… sarà il complesso del
fratello maggiore che ti devo dire. Va bene, a dopo”. Un
altro sospiro e poi avverto solo il silenzio provenire dalla stanza
accanto.
Trovo la forza di alzare gli occhi dal lavandino ormai vuoto e, forse
per la troppa velocità del gesto, la vista mi si appanna e
l’unica cosa che vedo è un manto nero che avvolge
tutto, poi il corpo che sfugge al mio controllo, le ginocchia che
cedono improvvisamente, le dita che tentano invano di stringere il
bordo del mobile lì accanto e poi un colpo violento.
… freddo… non riesco a percepire niente, tranne
questa sensazione di freddo che si insinua piano piano in quello che
dovrebbe essere il mio corpo, ma che non riconosco come tale in questo
momento… sembra quasi che io sia uno spettatore folle che
osserva in disparte la scena che si svolge nella stanza. Se ce la
facessi mi metterei a ridere per l’assurdità della
situazione.
La porta si apre di scatto e sbatte contro la parete. Una voce alterata
dallo spavento ripete incessantemente il mio nome e so che attende una
risposta, ma le parole non lasciano la mia gola,
c’è qualcosa che le blocca. Due mani forti e
gentili al tempo stesso mi sollevano la schiena e la testa dal
pavimento, facendo diminuire il gelo che mi circonda, e un attimo dopo
iniziano ad accarezzarmi i capelli e darmi dei colpi leggeri sul volto.
Lentamente riacquisto padronanza dei movimenti, sbatto un paio di volte
le palpebre e cerco di mettere a fuoco quegli occhi, tanto strani come
forma da ricordarmi un gatto a volte, che non lasciano i miei e che mi
stanno porgendo una serie infinita di domande silenziose.
“… non preoccuparti… sto bene
adesso… è stato solo un attimo, un movimento
brusco e nient’altro… solo un capogiro
che…” la mia giustificazione inizia
così, ma non ho il tempo di proseguire che lui subito
comincia a parlarmi sopra. La rabbia ha preso il sopravvento sul panico
e adesso sono sicuro che mi aspetta una ramanzina con i fiocchi.
“Mi hai fatto prendere un colpo brutto idiota! Ma ti rendi
conto che potevi restarci se sbattevi la testa da qualche parte? Va
bene che ce l’hai dura come una pietra, ma non è
indistruttibile… e neanche tu Jay… cristo, ho
perso dieci anni di vita per colpa tua, i quaranta mi sembrano stupendi
in questo momento... forza, ti riporto a letto, poi chiamo Tomo e gli
dico che annulliamo tutto almeno per oggi. Non ho la minima intenzione
di lasciarti a casa da solo in queste condizioni. Conoscendoti saresti
capace di strisciare fino alle scale se ti viene in mente qualcosa da
fare e non voglio di certo ritrovarmi figlio unico, quindi resto a
controllarti che è meglio” e detto questo cerca di
alzarmi.
Mi prende il braccio destro e se lo passa sulle spalle, mentre mi
afferra per la vita e mi aiuta a tirarmi su. Il corpo dolorante non
agevola di certo la situazione, tant’è che
trattengo un gemito per non fargli capire che sono veramente a pezzi;
lentamente, un passo dopo l’altro, raggiungiamo il letto e mi
lascio cadere sul materasso. Avrei voglia di urlare, di liberarmi da
tutto quello che mi opprime, di sparire per un po’, ma non
posso permettermelo… per lui e per tutti quelli che mi
vogliono bene.
Le coperte riprendono il loro posto sul mio corpo e sento Shan dirmi
che non devo preoccuparmi, che andrà tutto bene
perché sistemerà tutto lui, perché lui
è qui e ci sarà sempre per me… come se
avessi bisogno di sentirmelo dire.
Gli ultimi rumori che sento sono i suoi passi che si allontanano da me
per uscire dalla camera e la porta che si chiude, infine il familiare
scricchiolio del pavimento.
La testa mi pulsa, sicuramente dev’essere per la botta che ho
preso. Devo cercare di dormire se voglio guarire e recuperare le forza
in fretta, perciò distolgo lo sguardo dal soffitto scuro e
tento di rilassarmi. Morfeo non ci mette molto a trovarmi e portarmi
con sé nel mondo dei sogni, ma prima di perdere
lucidità del tutto il suo viso fa capolino tra i miei
pensieri. E’ un’immagine nitida e perfetta, come se
fosse qui davanti a me e mi bastasse solo allungare una mano per
sfiorarle la pelle. Mi rivolge quel suo sguardo particolare, quello che
ha catturato la mia attenzione fin dalla prima volta che sono entrato
in quel bar, quello che riservava solo per me. Questa allucinazione non
le rende pienamente giustizia, perché è
impossibile ricreare la complessità delle sue iridi. Hanno
sempre detto che i miei occhi sono come una calamita e che posseggono
un colore che spazia tra le mille sfumature dell’azzurro, ma
non hanno mai visto i suoi. La prima volta che li ho incrociati credevo
semplicemente che fossero grigi, ma quando si è avvicinata
mi sono perso nella loro complessità: sembrava che fossero
fatti di piccole scaglie che andavano dall’azzurro al grigio,
passando per il verde e in qualche punto anche un nocciola chiaro.
A un tratto i contorni del suo viso diventano sfocati e il sonno
comincia a farsi sentire in modo insistente, chiamandomi tra le sue
braccia, ma prima mi lascia ascoltare di nuovo quella voce che pensavo
di aver dimenticato… vedo le sue labbra muoversi veloci e
riesco ad afferrare una sola parola …
“forse…”.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Prima
di tutto devo scusarmi per non aver più aggiornato, ma tra
gli esami da preparare, la tesi a cui pensare e una piccola mancanza di
ispirazione non sapevo più dove sbattere la
testa..cercherò di postare un po’ più
spesso..
Ringrazio nuovamente chi ha la pazienza di leggere e commentare questa
piccola storia senza alcuna pretesa..
@Blue_moon:
esame fatto, adesso ho un po’ più tempo libero per
scrivere. Già con questo capitolo e dal prossimo si
comincerà a scoprire qualcosa in più sulla
ragazza sognata da Jared.
@shanna_b:
grazie per quello che hai scritto, sono contenta di essere riuscita a
trasmettere almeno un po’ della sua sofferenza. E ora
vedrò di andare avanti.
@candidalametta:
hai ragione su Shan e Tomo. Nella mia testa la storia dovrebbe
cominciare a prendere più vita con questo capitolo e nei
prossimi quando entrerà in scena il nuovo personaggio.
Detto questo non mi resta che augurarvi ancora una volta buona lettura!!
Capitolo 3
La fresca aria del mare mi circonda e l’odore della salsedine
è persistente a quest’ora del mattino. La baia di
Santa Monica è deserta: le onde si infrangono dolcemente
sulla sabbia della spiaggia, nessuna impronta nelle direzioni in cui
spazia il mio sguardo e nessun rumore dal luna park alle mie spalle.
Sono da solo, completamente in balia dei miei pensieri e di me stesso,
ma non mi dispiace questo senso di solitudine, perché ho
bisogno di pensare e per farlo ho scelto uno dei luoghi in cui amo
rifugiarmi, in cui la mia mente è in grado di librarsi nel
cielo, in cui i miei occhi riescono davvero a vedere
nell’infinito, in cui il mio cuore è libero di
fare tutte le sue strane congetture.
E’ la prima uscita che faccio dopo qualche giorno chiuso in
casa con la febbre, ma sentivo proprio la necessità di
venire qui, dove il tuo ricordo è persistente,
perché sei l’unica a cui ho mai mostrato questo
mio piccolo pezzo di mondo, questo piccolo angolo di baia da cui per
primi si è raggiunti dai raggi del nuovo giorno. Mi hai
quasi tormentato durante le notti di malattia… la tua
immagine non mi ha lasciato un solo momento e finalmente mi sono
deciso… voglio rivederti, scoprire se ti sei completamente
dimenticata di me e ti sei fatta una vita, oppure se hai relegato il
mio ricordo in uno scatolone malandato chiuso da qualche parte del tuo
cuore, oppure se in qualche modo ne faccio ancora parte.
L’unica soluzione a cui sono arrivato è che ho
bisogno di avere delle risposte, ma so anch’io che non posso
presentarmi da te all’improvviso e ricomparire dopo quasi
dieci anni dicendo un semplice “Ciao, sono Jared. Ti ricordi
di me?”. Se per caso tu non fossi cambiata di una virgola,
caratterialmente parlando, mi ritroverei preso a calci e con la faccia
strisciata sull’asfalto. Per certi comportamenti hai sempre
avuto un odio profondo, me lo ricordo molto bene perché ci
siamo fatti delle gran belle litigate, o meglio animati scambi di idee
come amavi chiamarle tu, per questo.
Dieci anni… il tempo è passato così
velocemente che ripensandoci ora non mi sembra possibile, come quando
stavamo insieme e ci sembrava sempre di non avere abbastanza ore da
passare in giro per le strade di Los Angeles o nel tuo appartamento. La
verità è che il tempo passa per tutti nella
stessa maniera; i secondi scorrono con la stessa veloce lentezza in
ogni angolo del mondo, simili ai battiti di un cuore che nonostante
tutto non si fermerà mai, qualunque cosa succeda.
Sono consapevole che era solo grazie alla tua presenza che ne volevo
ancora di quei secondi preziosi. Il solo fatto che tu fossi
lì con me modificava la mia percezione del mondo circostante
e mi sentivo in grado di fare qualunque cosa… su questo
aspetto non sono molto cambiato negli anni, faccio ancora tutto
ciò che mi passa per la testa, sono egocentrico e tutto il
resto, ma in una maniera diversa, perché i miei
“complici” sono cambiati.
Lancio un’ultima occhiata davanti a me, verso quel punto di
contatto tra cielo e terra anelato dai grandi eroi e ora reso infuocato
dalla corsa del carro di Apollo, e le mie labbra si increspano in un
sorriso prima di salire di nuovo sulla bici e tornare a casa.
Finalmente so cosa devo fare.
Faccio giusto in tempo a varcare la porta d’ingresso che
Shannon mi assale chiedendomi se mi ero dimenticato la riunione di oggi
per gli ultimi preparativi prima della partenza per l’Europa.
“Sono qui, per cui non direi che mi sono scordato qualcosa.
Credo di essere la persona meglio organizzata che tu conosca, o sbaglio
fratello?”.
“Sì sì, ok… Più
che organizzato però direi pignolo al limite
dell’umana sopportazione, oltre che
dannatamente…”
“Bello? Affascinante? Intelligente? Sexy? Stavi per dire sexy
non è vero?”. Senza rendermene conto ho sorriso di
nuovo e fatto la prima battuta da qualche giorno a questa parte; Shan
ovviamente se ne è accorto e mi risponde di conseguenza.
“In realtà ero più propenso verso un
fuori di testa, che in effetti comprenderebbe anche questo tuo
improvviso sbalzo d’umore rispetto agli ultimi giorni, ma
lasciamo perdere. Si può sapere che ti prende
invece?”
Eccolo lì che ci riprova, la solita domanda per cercare di
scoprire dov’è finita la mia testa negli ultimi
tempi. Stavolta però ho una risposta da dare rispetto ai
suoi tentativi precedenti.
“Ti ricordi di Hayley?”
Dal modo in cui mi osserva intuisco che non si ricorda di lei, oppure
è diventato davvero bravo come attore… no, questo
è impossibile… per quanto gli voglia bene, se
volesse darsi alla recitazione lo bloccherei subito.
“Il Secret Garden? Neanche questo nome ti dice
niente?”
Finalmente i suoi occhi felini si animano. Deve essergli tornato in
mente qualcosa.
“Quel locale minuscolo dove abbiamo suonato agli inizi dici?
Certo che lo ricordo quello! Non gli avrei dato niente da fuori, ma
l’acustica era fenomenale anche se era tipo un sotterraneo! E
poi c’era quel pezzo di giardino all’aperto. Dovrei
aver fatto delle foto, chissà dove le ho messe…
Aspetta un momento, questo cosa c’entra?”. Alzo gli
occhi al cielo e sospiro. “Faceva la cameriera lì.
E’ stata lei che ci ha seguiti tutto il tempo per aiutarci a
preparare tutto alla perfezione. Avevi tentato di farle uno scherzo dei
tuoi e lei per ripicca ti ha nascosto tutte le bacchette. Meno male che
ha avuto pietà e te le ha ridate, altrimenti avresti suonato
la batteria con le mani.”
Altro lampo nei suoi occhi. “E’ vero! Quella
sottospecie di mostriciattolo ce l’aveva con me
perché le avevo anche rovesciato addosso un boccale di birra
e l’avevo pure presa in giro non so quanto. Mentre suonavamo
era la più scatenata tra il pubblico… mai visto
una ragazza pogare quanto lei. Non siete usciti insieme per un
po’?”
“Già. Voglio rivederla Shan.”
Non ribatte niente. Mi fissa con quel suo sguardo da fratello maggiore
per un paio di minuti e poi un semplice cenno del capo per farmi capire
che va bene. Penso sappia che se anche avesse avuto qualcosa da ridire
comunque avrei fatto di testa mia, quindi tanto vale appoggiare questa
mia scelta e sperare nel minor numero di danni possibili dal suo punto
di vista.
Questa volta abbiamo deciso di metterci in cucina per vedere di
sistemare le ultime cose. Il tavolo praticamente è sommerso
di fogli e cartoni quasi vuoti di pizza, se non sapessi la sua esatta
posizione forse non capirei che c’è sotto quel
macello di roba.
Tutto procede bene ed è organizzato in maniera perfetta come
piace a me: date fissate, percorsi per i vari spostamenti europei
decisi, interviste varie incastrate a dovere, giorni di pausa inseriti.
Sono pure riuscito a crearmi dei percorsi alternativi per visitare
alcune città che non toccheremo con il tour, e magari
riuscirò a coinvolgere anche Tomo e Shannon a seguirmi per
centri storici e musei.
FINITO! Ci abbiamo impiegato mezza giornata ma finalmente abbiamo
finito. Emma è appena andata via e ha rischiato di
inciampare nei gradini del vialetto, per fortuna che David è
riuscito ad afferrarla prima che cadesse e spargesse in giro il lavoro
di un pomeriggio infinito di lavoro. Tomo e mio fratello invece stanno
trafficando in cucina; se non sapessi che il nostro chitarrista
è uno chef diplomato sarebbe il caso di preoccuparmi almeno
un po’, ma tanto non devo mangiare quello che stanno
preparando loro in teoria. Dovrebbe passare anche Vicki più
tardi, quasi quasi le chiedo di portare anche quella sua palla di pelo
rossiccio che ho voglia di qualcosa da stuzzicare e coccolare.
Di là è appena caduta una pentola per terra a
giudicare dal rumore, ma non ho intenzione di alzarmi dal divano. Sono
troppo comodo seduto qui e poi sto pensando a cosa fare domani:
presentarmi spudoratamente rischiando la faccia oppure fingere di
essere un semplice cliente che ha bisogno di un buon caffè?
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