1214. Prigioniere della battaglia.

di carrozzella
(/viewuser.php?uid=99334)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prigioniere. ***
Capitolo 2: *** scuse ***
Capitolo 3: *** Accordo ***
Capitolo 4: *** Prima prova ***



Capitolo 1
*** Prigioniere. ***


Due amiche, due vite, una storia. Anno 1214

Battaglia di Bounvines, Francia.
Guerra tra I francesi e i fiamminghi  - appartenenti sempre agli inglesi- (…) catturati 240 soldati, 70 arcieri e 2 capitani. (…)


Un attimo prima, buio. Non ricordavano cosa fosse successo.  Le svegliò un mal di testa.
Due ragazzine. Avrebbero potuto avere 14-15 anni.
Una di queste si svegliò. Portava capelli che le sfioravano le spalle. Si stiracchiò piano, mentre sentiva sotto di sé la pietra umida. Restò sgomenta.
Cosa ci faceva seduta sulla pietra? Cominciò a guardarsi attorno. Pareva una cella. Un braccio le era stato legato da una catena rugginosa. Stranamente aveva gambe e braccia a pezzi. Non si era mai sentita così stanca in tutta la sua vita.
Poi, all’improvviso, sfiorò il cinturone. Oggetto che lei non possedeva.
Vide che era vestita con una strana e antica divisa. Pareva Medioevale. Annusò l’aria di chiuso. Ma dov’era? E perché aveva addosso quella roba?
In preda al panico si sedette contro il muro. Doveva essere un sogno.
Con le iridi scure fissò la finestra. Si accarezzò i capelli neri. Fuori pioveva. L’umidità era penetrante, e sinceramente le condizioni della “prigione” non erano le migliori. Poteva persino rassegnarsi all’evidenza.
All’improvviso scorse un’ombra buia davanti a lei. Aveva pelle chiara e lunghi capelli neri. La sua amica! Cosa ci faceva lì anche lei? Non le importava, era felicissima di vederla.
-Monica! Sveglia, su!-
Questa continuava a dormire della grossa. Era persino ridotta peggio di lei. Era completamente bardata. L’armatura però le stava bene. Chissà che caldo aveva.
Per fortuna non era sola in quell’inferno.
Dopo pochi minuti anche l’amica aprì gli occhi grigi. Spalancò questi ultimi, e gridò in faccia all’altra che attendeva il suo risveglio.
-Che ci faccio qui?!-
-Non lo so!-
-Ah, ciao Nadia-
-Ciao Mo-
Mo, la ragazza coi capelli lunghi, provò invano di togliere l’armatura. Era pesantissima. Per di più stava facendo un baccano terribile. Le giunture di metallo cozzavano fra di loro. La ragazza notò con orrore che l‘armatura era ricoperta da una patina rossa, quasi nera, in certi punti. Aveva il sospetto che fosse sangue, ma in realtà non voleva sapere veramente cos’ era.
Nadia intanto cercava di alzarsi, cosa non da lei. Eppure era bloccata. Stava cominciando ad aver sete.
L’altra nel frattempo, squadrava male la pesante cintura. Era vuota, ma vari segni provavano l’esistenza di armi.
Mo si elettrizzò. Aveva sempre sognato maneggiare una spada, o un arco. Adorava il medioevo. Anche se in quel momento non poteva fregargliene di meno.
-senti, non saremo mica sole qui dentro, vero?-
Ora Nadia pareva preoccupata. Vero, non potevano essere le uniche “abitanti” delle celle, ma chi erano gli altri?
Dopo alcuni minuti di silenzio si sentirono delle urla concitate. Uomini, decisamente rozzi.
Imprecavano contro  – Si presume- altri prigionieri. Passi pesanti si dirigevano contro la loro cella, sovrastati dalle grida.
Videro un uomo smilzo, quasi viscido. Si piazzò davanti a loro, e le fissò stranito.
Altre due guardie, vestite più o meno come Mo, si presentarono al fianco dell’omuncolo.
Tenevano due alabarde in mano.
-Ebbene, ecco le due persone che tanto ci hanno fatto penare…-
Le ragazzine si spaventarono. Fissarono l’uomo.
-Sono Harbur, il segretario delle amministrazioni generali delle forze armate.-
(Bisogna ammettere che la frase è scenografica.)
Mo e Nadia si guardarono senza fiatare, poi scoppiarono a ridere.
-E questo qua chi è?-
-Ma hai sentito come parla?!-
Harbur parve offeso, ma da avversari di quel calibro non si poteva aspettare di meglio.
Sbuffò, cercando di non perdere il contegno. Erano prigionieri pericolosi, quelli dinnanzi a lui. E se avessero deciso di attaccare sarebbero stati tutti spacciati.
Ignorando i pensieri del segretario, le ragazze si chiedevano se fossero finite in una strana fiction.
Ma l’uomo proseguì.
-Abbiamo bisogno del capitano.-
Posò gli occhi freddi su Mo.
-L’arciere non deve seguirlo.-
La guardie entrarono, fermandosi davanti a Monica. Questa li fissò terrorizzata.
Esitanti, non sapevano come prenderla. Alla fine uno le tese la mano, ma questa la rifiutò.
-Faccio da sola, grazie. Dove si va?-
Questi la fissarono allibiti. Sprezzante del pericolo, il comandante.
-Seguici.-
Nadia sperò in cuor suo che l’amica non facesse nulla di avventato. Ma sapendo che tipo era, avrebbe certo combinato guai. Li vide sparire dietro le sbarre.
Sbuffò, guardando il soffitto.

Mo Seguiva quegli omoni che tanto la terrorizzavano. Era brava a nascondere la paura.
E sinceramente, il più inquietante era Harbur, con quel naso adunco …
Dopo aver percorso vari corridoi, sbucarono al primo piano. Lasciare i sotterranei era un sollievo.
Vide una delle guardie bisbigliare alle orecchie del segretario. Riuscì a capire ben poco.
-Signore, quella è una donna … -
Ques’t ultimo annuì , sconfortato. Mo non riusciva a capire il perché.
E se fossero davvero nel medioevo? Impossibile.
Giunsero ad una porta tarlata, scura e imponente.
Le guardie la aprirono, non senza un po’ di fatica.
Dentro un giovane, seduto davanti al caminetto. La stanza era grande, elegante. Vari quadri decorativi appesi alle pareti.
Spinsero Monica all’interno, per poi chiudere il portone. Queste non sapeva come reagire, di fronte allo sconosciuto.
Questo si girò, rivelando una folta chioma rossa, e due occhi smeraldini. Era molto giovane. Forse due anni in più di lei. Parlò.
-Benvenuto … -
-Sono una femmina.- Disse la ragazza accigliata.
Il ragazzo sorrise.
-Allora ciò che dicono è vero. Nel vostro plotone ci sono anche donne.-
-Non è mica una tragedia, sai?-
Lui non ci fece caso. Si avvicinò, tenendo le mani sui fianchi, vicine alla spada.
Mo non fece nulla, anche perché non aveva armi.
-Siete famose anche per la vostra bravura. Mi sembra davvero strano che delle femmine possano combattere.-
Non doveva dirlo. Mo non sopportava chi riteneva le femmine appunto “femminucce” I maschi non sapevano ciò che erano in grado di fare.
-Ma sentilo! Come ti permetti?!-
Il terrore era decisamente “svaporizzato”.
Il ragazzo sguainò la spada.
-VOI come vi permettete!-
Si avvicinò minacciosamente. Il sibilo della lama riempiva le orecchie della ragazzina. Sprezzante del pericolo, continuò a parlare, fiduciosa nel fatto che al massimo l’avrebbe rinchiusa ancora.
-Oh, signore, dubitate nella forza delle donne per caso?-
Il giovane si fermò, ma non mutò espressione.
-Mi state sfidando? Qual è il vostro nome?-
-Monica. Emh … Casato Magem.
-Ho sentito molto parlare di voi.-
Cosa? Si era inventata tutto a caso! Come poteva conoscere il suo cognome, che per l’appunto  aveva appena inventato?
D’un tratto si sentì importante. Allora erano davvero nel Medioevo? Cavolo, aveva fatto bene ad introdurre parole come “casato”.
Avrebbe solo dovuto dargli del lei.
-Bene. Posso sapere perché sono rinchiusa? Anzi, pretendo di essere rilasciata.-
-Calma.- Disse questo, sorridendo spavaldo. – Siete prigioniera, rammentatelo. Sono io qui che faccio domande.-
-E io mi rifiuto di rispondere.-
Lui la fissò truce.
-Ebbene la terra nemica non vi spaventa. Ma sappiate che anche se siete una donna rimanete comunque un cavaliere. Non mi dispiacerebbe sfidarvi, o magari estorcervi parole secondo le regole della cavalleria.-
-Troppa fifa a torturarmi, neh?-
Monica sentiva dei brividi lungo la schiena, ma non si voleva fermare. Sentiva di dover ribattere, forse per il suo onore, o un carattere a lei sconosciuto, ma doveva farlo. Forse per mantenere viva la laggenda delle due “lady da battaglia”.
-Vi state spingendo troppo oltre. Se non volete davvero passare alla frusta, rispondete.-
La ragazza fissò il giovane. Quello sguardo le incuteva timore. Ma ancor di più una specie di lazo nero attaccato alla cinte di pelle. Frusta.
Cercò di respirare. Doveva giocarsi bene il ruolo.
-Non credo che lo farò. – Disse Mo, anche perché in realtà non sapeva nulla.
-Non rivolgetevi così a me, sergente Hanry de Laci!- Aveva alzato la voce.
Ma era un francese? Non sembrava dall’accento. Strano. Forse viveva sulle terre di confine con i possedimenti delle fiandre o … ma che stava pensando? Lei non sapeva di possedimenti vari. Che fosse impazzita? Probabile. Nomi e stendardi vari le affiorarono in mente pian piano. Ora aveva paura di se stessa. Sentì di poter farcela diplomaticamente contro l’avversario … se solo fosse stata il “comandante” che avrebbe dovuto essere.
-Forse perlerò se … avrò i miei agi.-
Hanry la fissò senza capire. Come poteva chiedere questo un cavaliere?
-Cosa intendete?-
Forse si riferiva ad un territorio. Poi Monica parlò.
-Dovrei andare in bagno.-
Il giovane si soffermò a fissarle il viso. Lineamenti fini, rispetto ad un cavaliere. Occhi grandi che lo scrutavano. Capelli lunghi. Santi numi, era pur sempre una femmina.
Sentendosi a disagio biascicò poche parole.
-Emh … si, vi-vi accompagneranno le guardie. Ma badate a fare movimenti avventati che … -
Vide la ragazza fissarlo truce.
-IO dovrei essere ACCOMPAGNATA IN BAGNO?-
Bhè, e adesso pretendeva che la lasciasse scorrazzare libera per la magione? Quanti anni aveva? 14? Perché non era rimasta dalla sua famiglia, se era così giovane? Perché una femmina si doveva interessare alla guerra? Pure lui l’aveva fatto, e non si era pentito. Aveva molto talento se solo a 16 anni era sergente della forze. O forse merito di suo padre, chissà. Anche Il comandante avversario doveva essere un valente condottiero. Anche più giovane di lui.
Chiamò due guardie,e  portarono quel demonio fuori dalla stanza.
Vide chiaramente il cavaliere scrutarlo prima di sparire dietro la porta.
De Laci stava per inchinarsi, come pretendeva l’etichetta verso le donne, ma si bloccò. Era sicuro che l’avversaria non avrebbe gradito.
Stanco, si sedette su una poltrona. Mettendosi le mani nei capelli pensò a come si doveva comportare con quei tipi di prigionieri. Non che avesse timore del gentil sesso, ma questa volte le femmine sembravano sapersi difendere troppo bene.
Si scaldò vicino al caminetto, fissando la spada luccicante riflessa dal fuoco.




Bhè, speriamo vi sia piaciuta^^ come avete capito scriviamo questa fic assieme! Vi prego, carità a due povere prigioniere, recensite!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** scuse ***


a causa di un problema di html, pubblicheremo tra poco^^

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Accordo ***


2 chappy 1214 a voi CAPITOLO 2
 
Nadia stava fissando il soffitto appoggiata sul muro umido della cella, pensando a dove era finita la sua amica. Non sapeva come fosse capitata in quel posto sconosciuto quanto sinistro, ma in quel momento i problemi erano altri. Come  era arrivata lì? Che fosse solo un sogno era escluso, troppo realistico.                                                 

 In quel momento si toccò la lunga ferita sul braccio. Dolorante cercò di strapparsi un pezzo di quella stana divisa che aveva addosso per fasciare il taglio profondo (lo aveva visto fare in un film di azione, non era granché come imitazione ma tanto vale provare no?).                                                                                                       
 Dopo aver stretto la fascia intorno al braccio si perse ancora nei suoi pensieri. Ricordava vagamente la giornata precedente,  come le altre, si presumeva.                                                                                                                     
Era andata a scuola, aveva parlato con i suoi compagni, Mo aveva anche litigato(per l’ennesima volta) con il suo vicino di banco e lei aveva perfino preso una nota per un compito non fatto. Poi tutto buio, non ricordava più niente. No, aspettate, una cosa se la ricordava.
Lei e Mo erano andate in un mercatino nel paese vicino ma poi non sapeva cosa fosse successo.  Sbuffò rumorosamente, stava anche iniziando ad avere fame e della sua amica neanche l’ombra. Nadia sentì una voce flebile provenire dall’altra cella. Si girò di scatto spaventata, anzi letteralmente terrorizzata. Quello che vide se lo ricordò per tutta la vita.                                                                           
Un uomo sulla sessantina, magro e gracile stava dall’altra parte delle sbarre che dividevano la cella in due.          
<< D-dice a me? >> chiese lei balbettante. L’uomo si sedette meglio sotto la luce della luna facendo vedere le profonde ferite sparse in tutto il corpo, probabilmente provocate da frecce. Nadia sussultò.                                    
<< Cos’è, sei diventata una pappamolle dopo l’ultima battaglia?Ieri non avresti di sicuro avuto paura davanti a ferite peggiori >>  Affermò lui con voce roca e stanca.<< Scusi ma io non so chi siate >> Si giustificò la ragazza. Ogni secondo che passava le sembrava una vita all’inferno.                                                                                                                                                                               
<< Ha ha, oggi fai anche del sarcasmo arciere Nadia Rennes. Sarai anche brava con l’arco ma non prenderti gioco di un vecchio che sta morendo come me >> Nadia impallidì ancora di più se è possibile.Come stava morendo? Non scherziamo, lei stava già per avere un infarto, dirle che quell’uomo era in fin di vita per lei era come avergli regalato un biglietto solo andata per l’altro mondo. << Sai, credevo che quando sarebbe arrivata la mia ora la tua sfacciataggine sarebbe scomparsa, … bhè mi devo ricredere! Ma meglio così, mi avresti deluso se non ti fossi comportata in questo modo – Si fermò per prendere fiato – saresti stata troppo prevedibile, cosa non da te >> Nadia era scioccata. Quell’uomo l’avrà di certo scambiata per un’altra persona. E poi questa Rennes chi doveva essere?                                                         

<< Senta io … >> La ragazza si fermò. Ok, facciamo un passo indietro! Lei stava parlando in inglese senza fare errori, e per di più anche con l’accento giusto? A malapena riusciva a prendere 5 nei compiti in classe. << Oddio ma io sto parlando in inglese >>                                                 
<< No guarda in aramaico, ma stai bene? >> Chiese l’uomo adesso seriamente preoccupato per la salute mentale della ragazza. "L’arciere”non ascoltò le parole del vecchio e continuò a blaterale da sola << La prof sarebbe orgogliosa di me! >> Poi la ragazza si girò verso il vecchio accorgendosi di aver fatto una figura di merda parlando da sola. << Ehm, scusi, ma io davvero non so chi sia lei, e per di più dove siamo? >> Il vecchio la guardò stranito. << Ma allora ti sei presa proprio un brutto colpo alla testa!Comunque siamo nelle celle sotterranee dei nostri nemici, precisamente non so, ma così su due piedi direi nel castello vicino al confine di Belga -Si toccò la ferita sulla spalla e sospirò – Ed io sono il tuo capitano, insieme a Magem >> Dicendo quelle parole il suo volto si fece fiero e rispettoso.                                                                                                                                      
<< Chi? >>                                                                                                                                                                             

<< L’incredibile capitano che, anche se non so come, è amica tua >> I due si fissarono intensamente.                            
<< Ma chi Monica? >>                                                                                                                                                                    
<< Bene stiamo facendo passi  avanti,vedo che ti ricordi anche il suo nome! >> Il suo volto,però, si piegò in una smorfia dolorosa per poi iniziare a tossire senza tregua. Nadia era letteralmente spaventata. << Ok,ok adesso chiedo di portarti dell’acqua e vedrai che tu non muori, Parola di Nadia … ehm Rennes >> Non aveva mai detto tante cazzate una dietro l’atra. L’uomo la guardò e fece un sorriso amaro, a parer suo la botta in testa era dovuta essere un bella batosta per conciarla così.                                                                               
<< Si, e adesso dimmi! Se ci sarebbe la minima possibilità che mi diano l’acqua io adesso non l’avrei già chiesta da un pezzo? >> La ragazza doveva ammettere che il ragionamento non faceva una piega. Cacca, ma lei di queste cose del medioevo non sapeva niente, era stata sempre Mo quella che sapeva tutto al riguardo. << Si in effetti hai ragione, comunque tu non muori ok? Non sei poi ridotto così male >>                                                        
<< Se spetta e spera >> Borbottò il capitano. Passarono 2 ore, a detta di Nadia interminabili,finche l’uomo non borbottò qualcosa di incomprensibile. Era peggiorato molto in quelle poche ore e ormai le ferite si erano infettate. Non c’era più speranza.                                                                                                                             
L’arciere si avvicinò al presunto capitano e attraverso le sbarre gli prese la mano destra. Era fredda, troppo fredda. << Giuro non mi sarei mai aspettato che gli ultimi istanti su questo mondo li avrei passati con te. Sai speravo di farlo nel mio letto accanto a mia moglie e le mie piccoline. >>
Ormai non riusciva più a parlare da quanto stava male, probabilmente si stava sforzando. A Nadia scese una lacrima. Lei quell’uomo non lo conosceva neanche, ma portava un enorme rispetto e ammirazione per lui. << No ti prego non morire adesso! Tu sei l’unica certezza della mia vita! Ok? Dato che quella là non si fa più vedere da ore! >> Nadia ne era estremamente convinta. Il vecchio strinse improvvisamente la presa sulla mano, provocando un leggero dolore alla ragazza. Le sue pupille di strinsero fino a formare una fessura, ormai l’occhio sembrava formato solo dalle sue iridi chiare.                
E poi fine.                                                                                                                                                                                     
Si era chiesta molte volte come era vedere una persona morire, ma adesso che lo sapeva avrebbe voluto non scoprirlo. La mano stretta nella sua si era fatta pesante, ormai era finita, gli sarebbe solo piaciuto sapere qualcosa di più su quel vecchio. Si asciugò le lacrime che rigavano ancora il suo viso e allungò la mano, attraversando le sbarre, per chiudergli gli occhi. Sembrava addormentato.Restò alcuni minuti ad osservare il morto finché non si decise ad entrare in azione. Ormai non c’era più posto per la tristezza, ma solo rabbia. Ok l’uomo aveva detto che erano lì perché avevano perso una battaglia. Perfetto, ma contro chi? Si alzò di scatto, incurante della ferita ancora dolorante sul braccio, e si trascinò davanti alla porta che chiudeva la cella.
<< EHY TU! >> Nadia si rivolse ad un soldato sulla quarantina che, grazie alla piccola finestrella nella porta, poteva vedere benissimo.
Questo la guardò come se non avesse capito niente di quello che gli aveva detto, e in effetti era così. Allora come si voleva dimostrare questi non parlavano inglese, se non sbagliava quel Harbur qualcosa aveva uno strano accento.                                                                                                                                                                      Francese.                                                                                                                                                                                                  
Ok, diciamo pure che Nadia e le lingue non andavano molto d’accordo visto che anche in francese non arrivava al 6.
<< Nadia sta calma, andrà tutto bene! Insomma cosa ci vorrà per fare una misera frasetta in francese? >> La ragazza borbottò fra sè.
<< Demander  pardon >>*    E questo dove era saltato fuori? Forse era come l’inglese, improvvisamente sapeva non una lingua ma ben due.Il soldato si girò come per proseguire il discorso.                                                                                                     
<< Desidererei andar in bagno, è urgente >>Balla, era solo un modo per uscire di lì.                                                              
<< Non puoi sei un prigioniero e come tutti o te la fai addosso o te la tieni per i prossimi 5 anni >> Nadia non ci vide più.    
<< Senti francese dei mie stivali! Forse tu non sai con chi parli. Io sono l’arciere Rennes e so io come lo sai tu che potrei uscire di qui in meno di un millisecondo! Volevo solo risolvere la cosa diplomaticamente ma mi vedo costretta ad usare le maniere forti! Allora, a te la scelta, o mi lasci andare in bagno o io qui faccio una strage >> Chissà dove gli erano saltate fuori quelle parole. Sapeva benissimo che non poteva fare niente ma meglio tentare no?                                                                                                                                                                    
<< Ehm, ok esci ma ti accompagnerò io >> Con suo grande stupore il soldato la assecondò. Che pollo.                   
<< Scusa e come faccio a uscire da sola? Cos’è, volo? >> Sbraitò la ragazza per incutere ancora più terrore, ma in realtà quella più terrorizzata era lei.                                
Uscirono in silenzio dai sotterranei. Le scale che portavano alla superficie erano umide e purtroppo Nadia rischiò più volte di cadere e farsi ancora più male di quanto se lo era già fatta chissà quando nella battaglia. Quando uscirono fu sovrastata da un’aria fresca e pulita, gli ci voleva proprio una bella arietta per sentirsi meglio. L’erba era umida, segno che era piovuto da poco, e si potevano scorgere i primi raggi di sole. Camminarono per 10 minuti massimo per poi fermarsi davanti ad una specie di casetta fatta in legno larga 4 metri per 4.                                     
<< E questo che è? >>                                                                                                                                                                      
<< Il bagno >> Affermò il soldato ancora impaurito.                                                                                                             
<< Perfetto, iniziamo bene! >> Borbotto ha bassa voce l’arciere.                                                                                                          
Si avvicinarono, e il soldato iniziò a confabulare con i suoi colleghi appostati anche l’oro davanti al “bagno”. << Come mai anche voi qui? >> Chiese.
<< Quella peste è li dentro da due ore, e non ci fa entrare >> Stavano di sicuro parlando di una bambina.              

<< Donne, e chi le capisce >> Affermò un altro.                                                                                                                
<< Credete che sia saggio mandare dentro anche quell’altra? magari non esce neanche lei poi >>                         
<< Oppure escono tutte e due no? Vale tentare, al massimo chiamiamo i capi >> Ma di chi parlano?                                     
<< Ok ragazzina, entra, ma vedi di uscire presto che non abbiamo tutto il tempo del mondo! >>Disse il soldato che l’aveva fatta uscire.
                                                                                ***                                                                                                              
Era da quasi 3 ore chiusa in quella casetta maleodorante, ma non voleva uscire per niente al mondo. Per cosa poi? Sentirsi dire ancora della femminuccia? Mai. Sentì delle voci provenire dall’esterno del bagno, ma non capì cosa dicevano. Aveva perfino scoperto di parlare due lingue, ma purtroppo le voci erano troppo basse per essere udite. La porta scricchiolò rumorosamente, segno che qualcuno stava entrando.                                                                   
<< ESCI IMMEDIATAMENTE ,MALEDUCATO, SE NON VUOI CHE TI FACCIA SECCO >> Aveva notato che queste persone avevano un’enorme paura di lei, per questo cercava di impaurirli più possibile.                                            
<< Ma sei impazzita o cosa sono io idiota, Nadia! >>                                                                                                           
<< Nadia? >>Affermò quando vide la figura della sua amica davanti.                                                                                                                                                                                        
<< Si caro il mio capitano, e adesso mi vuoi spiegare perché sei rinchiusa in questa letamaia, o cosa? >>                  
<< Ehm, storia lunga e pallosa, raccontami invece tu come sei finita qui >> Disse Mo.                                                   
<< Nella cella c’era un capitano che mi ha spiegato che abbiamo perso una battaglia – Si fermò un istante – e ha detto che anche tu sei un capitano mentre io un arciere! Poi mi chiamava con una specie di cognome, mi sembra Rennes >> Confessò triste Nadia. << Perfetto adesso ritorniamo nelle celle e gli chiediamo di più >>                                                                                                       
<< È morto >>                                                                                                                                                                                            
<< Chi è morto? >> Chiese preoccupata Mo.                                                                                                                           
<< Secondo te? Quell’uomo no? >> Nadia era visibilmente scocciata.                                                                                        
<< Ah >>                                                                                                                                                                                 

<< Comunque parliamo d’altro! Perché sei rinchiusa qui dentro? >>                                                                                           
<< Uff, stavo pensando come scappare >> Affermò il capitano.                                                                                              
<< E per questo devi stare qui dentro per ben 3 ore? >>                                                                                                             
<< Questo posto mi aiuta a pensare, e poi fuori tutti dicono che sono una femminuccia, e sai che io mi innervosisco >> Mo sembrava seria.
<< Dai usciamo di qui se no mi sento male - La ragazza si portò la mano sinistra sul naso, per poi fare una faccia disgustata – l’odore qui dentro è nauseante >>
<< Dopo un po’ ci si abitua te lo dico io >>                                                                                                                           
<< MONICA HO DETTO USCIAMO! >> e quando Nadia dice un ordine bisogna eseguirlo.
                                                                                       ***
In seguito non erano tornate nelle celle, anzi si trovavano dinanzi ad una porta. Mo l’aveva già vista, poche ore prima. << Ma dove cacca di muflone sia mo?>> Chiese Nadia confusa.
<< Uff, adesso vedrai il demente in persona >> Disse Mo con fare arrabbiato.                                                                     
<< Ma … >> La ragazza non poté finire la frase che la porta si spalancò.                                                                           
Davanti a loro, il ragazzo dai capelli rossi si fece avanti, seguito da uno sbuffo da parte di Monica.                       
<< Ah ecco l’altra guerriera del gentil sesso, che piacere fare la vostra conoscenza >> Questo iniziava proprio con il piede sbagliato, mai dire ad una donna cose del genere, può diventare aggressiva.                                       
<< Mmmh, si un bel terzetto: io, Mo e … lei! Dai che lo sappiamo tutti del vostro segreto, sarebbe anche ora di dirlo che non è del tutto un uomo >> (COSA?? N.D. Mo)
Il ragazzo divenne rosso in viso, assomigliava molto ad un pomodoro. Tenne la mano ferma sull'elsa della spada a stento.                  
<< Vi è andata di fortuna che sono un uomo molto paziente, a quest’ ora avreste patito la frusta – In quel preciso istante le due ragazze sbadigliarono contemporaneamente – e adesso ascoltatemi >> Le due si fecero attente.
 <
< Devo ammettere a malincuore che siete davvero incontenibili. Spero solo non sia maleducazione. Dato che senza i “vostri agi” non potete vivere, vi propongo il nostro metodo di esame per comandanti. Delle prove, insomma. Ovviamente dovete vincerle. Se invece fallirete mi dovrete dire tutto >> Affermò il  ragazzo.
<< E se anche perdessimo non volessimo dirti niente? >> Chiese Mo. << Verrete uccise voi e i vostri soldati >>
Ed indicò l comandante. << Ci sto! >> Affermò Nadia. << Non sono una tipa che si ritira dalle scommesse. >> I tre si guardarono intensamente.
<< Allora affare fatto? >> Disse il ricciolino.                                                                                                                            
<< Affare fatto >> Mo allungò la mano per stringerla al capitano nemico, che ricambiò felice.                                        
<< Spero di non dovervi uccidere >>Disse lui.                                                                                                                           
<< Non vi preoccupate, non succederà >> Detto ciò l’uomo se ne andò scomparendo dietro la porta. Ritornarono nella cella, consapevoli della cazzata che avevano appena fatto.
<< Tu lo sai che ne io ne te sappiamo come usare un’arma, vero? >> Disse Nadia.                                                                           
<< Si >>                                                                                                                                                                                                               

<< E visto che perderemo non potremmo comunque dire niente, e quindi ci uccideranno >>                                     
<< Certo >>                                                                                                                                                                        

<< Siamo fottute >>                                                                                                                                                             
<< Esattamente >>                                                                                                                                                                               

E sconsolate aspettarono la loro ora.


Fineeeee! Bhè, che vi è parso? Aspettiamo recensioni e qualcuno che sappia usare la spada, magari un piccolo aiutino O.O. Allora, ringraziamo calorosamente secretdyary e Black87 che hanno recensito... solo che quando abbiamo postato c'era un piccolo problemino html, e sinceramente Non so che abbiate letto, però siamo contente che vi sia piaciuto^^ se non aveta capito qualcosa, meglio che rileggete! XD

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Prima prova ***


Emh...scusate il raccapricciante ritardo...abbiamo avuto problemi con Pc e non potevamo usarlo....ci scusiamo e buona lettura! capitolo 3 prontooooooo! Prima prova – Alla morte.

Nadia fissava con ostinata insistenza i mattoni della cella, e ormai aveva dato un nome ad ognuno di essi.
Mo camminava avanti e indietro come un’ossessa, brontolando parole in una lingua sconosciuta, mentre a scatti scalciava per aria.
Gli altri prigionieri si erano già abituati a loro, senza contare (e per fortuna) che parte della parete era murata.
-Nadia.-
Mo stava sclerando.
-Moriremo tutti, si lo so, non ti preoccupare.-
-Ma io non voglio! Sono ancora giovane! E senza contare che non riesco nemmeno a tirare fuori la spada dal fodero!!-
Detto questo ci provò con scarso successo, con l’unico risultato di esser caduta per terra e aver imbrigliato le fibbie dei guanti con la spada.
Nadia la lasciò perdere, e si mise a parlare con l’arco.
-Senti, devi aiutarmi, va bene?-
Inutile dire che l’arco non rispose.
La disperazione fa brutti scherzi. Tutte e due le ragazze stavano ripensando al segretario che sarebbe venute a prenderle. Il naso adunco e la sua “viscidezza” non davano affatto sicurezza. Poi, il ragazzo coi capelli rossi a Mo faceva venire il nervoso solo a guardarlo. Aveva notato anche un altro ragazzo, fuori dalla porta, seduto su una sedia. Ridacchiava fra sé, mentre aspettava Hanry, almeno sembrava fosse così.
Monica ricordava appena una chioma scura e l’armatura con il drappo azzurro e giallo.
Le due ragazze sentirono dei passi pesanti provenire dal corridoio che portava alle celle.
-Oddio è ora- Disse Mo in preda al panico.
-Sta tranquilla al massimo moriamo-
Quando le guardie si affacciarono alla cella con un ghigno stampato in volto Mo cominciò a schiamazzare maledizioni in tutte le lingue che conosceva, mentre Nadia semplicemente pregava.
Il giorno prima erano a casa a fare la bella vita, mentre ora dovevano ammazzarsi contro dei soldati medievali. Bene.
Aprirono la prigione, e presero le due carcerate legandole, mentre le trasportavano quasi di peso ai piani più alti.
Tranne qualche borbottio da parte delle due non ci furono intoppi e presto furono davanti a quella grande porta che le guerriere avevano imparato ad odiare.
Durante il tragitto, Nadia aveva osservato ammirata i molteplici quadri, raffinati, sfarzosi, accostati ad una parete sobria o di legno. Non le sarebbe dispiaciuto vivere lì.
Dall’entrata uscì un ragazzo a loro sconosciuto, ma che Mo aveva intravisto un momento prima.
Sarà stato anche lui di 16 anni, o di più. Corporatura robusta, alto. Ci guardava dall’alto in basso, attraverso le iridi azzurre. Si passò una mano tra i capelli corti e scuri, mentre ci apriva la porta ridendo.
Nadia lo osservò per un istante, per poi girarsi verso l’amica.
-Guarda che faccia ha questo.-
Lo fissò ancora.
-è un delinquente, vedi che ci fa fuori.-
Mo non fece a meno che soffermarsi sulla sciabola che il cavaliere portava allegramente sul fianco sinistro.
Non fece in tempo a vedere che blasone avesse che si ritrovò davanti uno sguardo smeraldino che odiava.
-Henry, ma che piacere, non potevi ammazzarti durante la nostra assenza?-
Questo la fissò stranito, strabuzzando gli occhi.
Già la situazione era grave, se poi Mo rispondeva così al loro carnefice …
-No, voleva dire, Buongiorno.-
Nadia si affrettò a correggere l’amica, che grazie al cielo aveva solamente bisbigliato.
Il cavaliere Francese le fissò ancora male senza, però, dire niente.
Ancora circondate dalle guardie le due ragazze vengono portate al centro della stanza.
-Me lo sento qui crepiamo subito- Mo di sicuro non era molto tranquilla.
-Che ottimismo Monica mi riempi il cuore- Bisbiglio Nadia per non farsi sentire.
Mo non la ascoltò e andò avanti a parlare –Nadia, senti, voglio che tu sappia che ti voglio un mondo di bene-
-Anch’io te ne voglio ma avrei immaginato il giorno della mia morte un po’ diverso ... che ne so ... io vecchia sul mio letto circondata da persone che amo ... sta tranquilla, ci sei anche tu-
Dopo alcuni minuti di silenzio Henry si decise a parlare – Allora, nel caso non vi ricordiate delle regole del gioco vi rinfresco la memoria! La gara consiste in tre prove che, naturalmente, se volete restare vive dovrete superare. Oppure dovrete dimmi i progetti dell’Inghilterra.-
Le due si guardarono. Come facevano a rivelargli cose che non sapevano?
Il francese ricominciò a parlare –Allora vi do un’ultima possibilità! Ditemi tutto e verrete risparmiate-
-No grazie oggi non ne ho voglia-
Henry assottigliò gli occhi, mentre accarezzava non molto docilmente la frusta e l’elsa della spada.
Nadia fulminò con lo sguardo Monica. Diamine, già erano nella merda se poi lei saltava fuori con queste battutine spiritose si potevano già dichiarare morte e sepolte.
-Posso considerarlo un no! Perfetto prima di iniziare la prova vi voglio presentare un mio caro amico, sarà lui a tagliarvi la testa se non superate le prove- Un ghigno si stampò sulla sua faccia.
Alle due amiche si avvicinò lo stesso ragazzo che prima aveva aperto la porta.
-Henry permettimi di presentarmi, il mio nome è Paul Voldeire. Sono molto onorato di conoscere due leggende come voi, non credevo alla vostra esistenza. Sapete, è stato un colpo basso sapere che siete donne-
Disse, sempre con quel sorrisetto da sbruffone sulla faccia.
-Se sei davvero così lieto di conoscerci perché ci uccidete?- Chiese Nadia.
-Forse per  il semplice fatto che sono ancora più lieto di uccidervi con le mie stesse mani, e poi volevo fare un piccolo favore al mio vecchio Henry-
Disse facendo un cenno all’amico. Nadia fece una smorfia, dire che quei due erano vecchi era tutto un dire.
-Bene! Adesso che vi siete presentati possiamo iniziare la prima prova-    
Così detto i quattro si incamminarono verso il campo dall’allenamento. Per le due quel tragitto fu interminabile. Una tortura. Una specie di “Miglio”. L’ultima passeggiata poco piacevole che avrebbero fatto in quella vita. Diciamolo, non sapevano usare né la spada né l’arco e di sicuro non avevano la minima idea dei progetti dell’Inghilterra sui vari possedimenti e artiglieria militare.
Camminarono fino a trovarsi davanti ad una porticina su retro del forte. Superata l’uscita i quattro ragazzi e le guardie si ritrovarono di fronte ad un immenso prato interrotto da recinzioni dove i vari guerrieri si allenavano.
Mo era molto interessata. Gli era sempre piaciuto il Medioevo, e per lei quel posto era come un parco giochi, se non fosse che a distanza di poche ora sarebbe andata all’altro mondo.
Il giovane gruppo entrò in una delle numerose cinte, anche se questa sembrava molto più lunga delle altre, e proseguiva attraverso i boschi. Come se fosse una pista da corsa.
 Quando arrivarono esattamente al centro della pista Henry iniziò a parlare.
-Allora la prima prova consiste in una  corsa di 400m, un piccolo tratto è anche nel bosco-
Le due amiche si guardarono terrorizzate. 400m; ma erano pazzi? Nel Medioevo potevano essere addirittura POCHI ma per due ragazzine del XXI secolo, per giunta non atlete... No, forse le volevano morte e basta.
Henry continuò a parlare –Solo una di voi parteciperà a questa sfida, quindi vi consiglio di scegliere accuratamente- Disse sempre sorridendo. -Il vostro avversario sarà il campione in carica François.-
-Bene, Monica... è naturale chi sia quella che deve correre- Disse Nadia sicura di sé.
-Chi?- Chiese Monica.
-Tu!-
-Dove? Cosa? Quando?-
-Ma si Mo, lo sai benissimo che tu sei la più atletica delle due, e poi io mi sono fatta male al braccio- Disse Nadia con gli occhi versione “CUCCIOLO FERITO CHE HA BISOGNO DI COCCOLE”.
-Guarda che si corre con le gambe, mica con le braccia-
-Dio santo, questi sono solo dettagli! E poi sta’ tranquilla che ho un piano perfetto per farti vincere-
 -E quale sarebbe?-
-Ehm ... se te lo dico non è una sorpresa!- Una scusa più patetica non poteva trovarla.
Hanry si avvicinò con il suo solito passo fiero.
-Avete deciso chi di voi due sarà la sfidante?- Il suo tono era sempre pieno di presunzione ed arroganza, cosa che Monica odiava.
-Certo! Sarà il capitano- disse Nadia saltellando felice di non essere la prima.
Hanry fissò male la sfidante. –Vuoi correre con l’armatura?- Un ghigno gli apparve in volto.
Mo diventò bianca al solo pensiero. Non era capace di muoversi con quella roba addosso, figuriamoci di correre.
-Ma certo che no!- Sbraitò. Il francese la fissò stavolta dubbioso.
-E se la tolga, allora.-
Merda. E chi era capace di togliere un’armatura medioevale? Senza contare il fatto che non sapeva bene cosa aveva sotto quella ferraglia. Bhè...di sicuro non poteva dire di non saper togliere l’armatura. Chissà come avrebbe riso quell’idiota! Magari avrebbe perso anche l’aura di “semi-terrore” che riusciva a far suscitare nei nemici. Dovette davvero pensarci un po’ su prima di rispondere al cavaliere.
-Pretendo che un servo me la tolga.-
Rennes si mise una mano sulla faccia per poi bisbigliare un “la frase è ambigua, Mo.”
De Laci ridusse gli occhi ad una fessura, mentre con un gesto della mano chiamò la servitù.
Si fece avanti un ragazzo smilzo, con la faccia però piena e abbronzata. Si inchinò al suo signore per poi avvicinarsi a Mo. Bhè, era un’armatura normale, come tutte. Incontrò lo sguardo freddo della ragazza una sola volta.
-Stai attento a dove metti le mani, te.-
Nadia intanto ridacchiava fra sé, cercando di non farsi vedere dall’amica. Notò che anche lei sotto l’armatura aveva pressappoco i suoi vestiti, solo più leggeri, con un grande blasone rosso e nero stampato sul petto.
-Spero sia soddisfatta, ora.-
-Tenete la mia armatura come si deve.-
E, mentre Mo si stava mettendo in posizione, maledì mentalmente la sua amica.
 –Questa me la paghi arciere dei miei stivali-
-Ti sbagli mi ringrazierai- Così facendo andò a prendere gli avanzi di cibo posti di fianco alla gabbia dei cani e, senza farsi vedere, mise del sangue della carne cruda sulla maglietta (se si poteva definire così) di Mo.
Stranamente, Nadia, era sicurissima che la sua amica avrebbe vinto.
François si avvicinò all’avversaria e le porse la mano.
-Che vinca il migliore.- Disse.
Ma va a quel paes...
Pochi secondi dopo sentì della bava appiccicosa sulla sua mano. Un ringhio sommesso, appena dietro di lei.  Vide che anche il suo avversario si allontanava piano, e dopo una “delicata” emh... “leccata” sulla schiena, decise di girarsi. Era una specie di alano, quasi più grande di lei. Inutile dire che cacciò un urlo per poi partire a razzo. Non avevano nemmeno dato i via, e lei era già in testa. Probabilmente durante la corsa non pensò cosa fare alla sua amica dopo quel Grande piacere, ma anche dopo che ebbe tagliato il traguardo come vincitrice si ricordò poco di ciò che era successo. Infatti non si fermò alla fine della corsa, no. Entrò nel castello, chiuse le porte, prese una sedia e si affacciò alla finestra vicina urlando che avrebbe squartato il cane se si fosse avvicinato.
Inutile dire che Rennes Rideva.
Delle guardie la convinsero a lasciare giù la sedia, e dopo aver rinchiuso il cane portarono fuori la ragazza. Questa, appena vide l’amica, le si avventò contro con l’intento di ucciderla.
-Ma cosa vuoi? Hai vinto! L’ho fatto per il tuo bene!-  Mo si ripeté di non fare scenate, anche se una morte premeditata da parte della sua amica avrebbe dovuto farla incavolare un po’.
Si girò verso il francese, il suo sfidante.
-Complimenti, io...-
-Ma sta zitto va!-
Dopo aver salutato cordialmente François si rivolse a Hanry.
-Giuro che se non mi abbuoni questa ti uccido.-
Questo, che era rimasto a guardare la corsa a bocca aperta tutto il tempo, riuscì solo ad annuire.
Mentre le due ritornavano in cella per passare il resto della serata Nadia iniziò a parlare –Monica, non so ancora come hai fatto a vincere-
-Io lo so perfettamente! Sai qualcuno di molto furbo mi ha spalmato sui vestiti del sangue puzzolente, ritrovandomi così a correre con un alano, e dico un alano, affamato e in ottima forma- Disse Mo seccata.
-Ma insomma cosa ti lamenti! In fondo un capitano deve essere capace di superare ogni difficoltà-
-Si, e domani toccherà a te utilizzare le tue qualità fisiche, chissà forse con un cane di fianco- Si poteva anche dire che Monica non aveva ancora perdonato l’amica che se la rideva di gusto.
-E va bene, ritorniamo in cella. Abbiamo vinto, è questo ciò che conta.-
-Hey, son quasi morta...almeno un po’ di ringraziamento!-
-va bene, hai vinto. Ma adesso cambiamo discussione! Ho fame.-

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=505224