Il patto

di allanon9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 capitolo ***



Capitolo 1
*** 1 capitolo ***


Autore: Allanon9
Spoilers:
Qualcuno per la seconda stagione.
Pairing:
Jisbon.
Rating: Per tutti, qualche scena però potrebbe essere forte.
Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "
The Mentalist" di proprietà della CBS.

 

IL PATTO

 

 

1° Capitolo.

 

Teresa Lisbon si svegliò per l’insistente squillo del cellulare.

“Pronto?” mugugnò.

“Agente Lisbon è stato rinvenuto un cadavere giù a downtown e il vice procuratore vuole che ve ne occupiate lei ed il suo team.” Disse senza tanti convenevoli l’agente speciale Hightower, la donna che aveva sostituito Minnelli a capo del CBI.

“Vado subito signora.” Rispose Lisbon che già aveva cominciato a vestirsi.

Riattaccò e, dopo aver ricevuto il messaggio con le coordinate del luogo del delitto, chiamò prima Cho e poi Rigsby e Van Pelt.

Lasciò Jane per ultimo perché, alle quattro e mezza di mattina, ci avrebbe scommesso il suo distintivo, che fosse già sveglio.

Infatti quando Jane rispose alla sua telefonata, la sua voce era calma e non rivelava assolutamente la minima traccia di sonno residuo.

“Ci vediamo là Lisbon.” Le rispose riagganciando.

Meno di venti minuti dopo il team al completo si riunì davanti ad una palazzina abbastanza fatiscente nel cuore di Downtown.

L’agente Mallory, il poliziotto incaricato del caso, si avvicinò al gruppo appena Teresa gli fece vedere il distintivo.

“Agente Lisbon.” Si presentò Teresa. “Cosa abbiamo?”

“Una donna ha chiamato il 911 dicendo di aver trovato il corpo di una bambina nel locale caldaie del palazzo, signora.” Le illustrò l’uomo, facendole strada verso il luogo del ritrovamento.

“Quando siamo arrivati ed abbiamo visto il corpo…è stato orribile!” esclamò l’agente facendosi da parte.

Lisbon, tallonata da Jane e dal resto della squadra, entrò nel locale caldo ed umido.

Il corpo era stato pietosamente coperto con un telo e Jane, senza tante cerimonie, lo scostò.

“Jane…” cercò di fermarlo Lisbon.

Troppo tardi. Lo scempio che l’uomo si trovò di fronte era agghiacciante; in quei sei anni di collaborazione col CBI aveva visto tanti cadaveri, oltre a quelli di sua moglie e sua figlia, ma mai in condizioni così pietose.

Gli occhi azzurri di Jane si allargarono per l’orrore e un improvvisa nausea lo spinse ad uscire boccheggiando dal locale.

“Van Pelt, va da lui.” Ordinò Lisbon alla giovane recluta.

“Sì capo.” Rispose la ragazza, anche lei abbastanza sconvolta da quello spettacolo.

“Tutto ok Jane?” gli chiese Grace avvicinandosi al collega.

“Sì, sto bene.” Mormorò lui passandosi nervosamente le mani sulla faccia.

“Che razza di pazzo può fare una cosa simile ad una bambina?” continuò Van Pelt aggirandosi nervosamente davanti alla porta.

Jane la guardò un secondo dritto negli occhi, come se stesse cercando la risposta al suo quesito.

“E’ quello che scopriremo Grace.” Disse rientrando nella sala caldaie.

“Jane…” disse Lisbon vedendolo avvicinarsi al cadavere.

“Sto bene.” Si inginocchiò per esaminare i resti.

“Avrà avuto sette o otto anni, castana scura, il corpo è stato portato qui dopo che l’hanno uccisa. Grace hai i guanti?” disse alla giovane che gliene porse uno.

“Grazie. Intorno al collo ha un medaglione.” E dopo averlo sfilato lo porse a Cho, che lo mise in una bustina per le prove.

“Come fai a dire che è stata portata qui dopo la morte?” gli chiese Rigsby.

“Guarda…” disse indicando la zona sotto ed intorno al cadavere.

“A parte i fluidi corporei non c’è traccia di sangue.” Disse dopo essersi schiarito la gola, l’odore dolciastro della putrefazione era insopportabile.

“E’ vero.” Concordò Cho.

“E poi guarda la sua postura, chi l’ha messa qua l’ha posizionata come se dormisse.” Aggiunse schiarendosi ancora la gola.

“Poteri già dirti chi è l’assassino Lisbon, ma aspetterò ancora un po’ per esserne certo al 100%. E ora scusatemi, sto soffocando.” Disse uscendo a precipizio dal locale, strizzando gli occhi in una delle sue espressioni tipiche di quando era turbato.

“Ok ragazzi, andiamo. Lasciamo alla scientifica il campo libero.” Disse Lisbon, grata di poter uscire a respirare dell’aria fresca.

“Agente Mallory ci faccia avere tutti i risultati della scientifica appena pronti.”

“Sì signora.” Rispose quello toccandosi il cappello.

Avendo ognuno la propria auto si diressero al quartier generale per iniziare a coordinare le indagini.

Appena entrati nel bullpen Jane si sdraiò sul divano chiudendo gli occhi, sperava di potersi riposare un po’; Grace si sedette alla sua scrivania avviando il computer, Lisbon gli aveva chiesto di cercare nel database se ci fosse qualche bambina castana e di sette o otto anni, scomparsa nella zona di downtown nelle ultime settimane.

Rigsby e Cho erano andati a prendere la donna che aveva trovato il corpo per l’interrogatorio.

Lisbon si chiuse nel suo ufficio con l’umore cupo, odiava i casi che coinvolgevano i bambini.

 

“Ho trovato qualcosa.” Disse Grace.

“La settimana scorsa Maurine Scott ha denunciato la scomparsa di sua figlia, una bambina di otto anni, castana, occhi castani, che abitava a duecento metri dal luogo del ritrovamento.”

Jane aprì lentamente gli occhi e disse “Lasciami indovinare qualcosa sulla madre Grace: disoccupata, single e con problemi di esaurimento nervoso sin dall’adolescenza.”

Van Pelt eseguì una silenziosa ricerca sul database e guardandolo incredula mormorò: “Ma come hai fatto? Tutto giusto, anche se l’esaurimento risale a quando aveva vent’anni.”

Jane si alzò sorridendo dal divano.

“Mi sembra logico Grace, il quartiere in cui è stata ritrovata la piccola è abitato da povera gente, famiglie dove se lavora anche un solo membro è un miracolo.”

“Ma il fatto che fosse single e con l’esaurimento? Non l’abbiamo ancora mai vista e non sappiamo neppure se è la denuncia giusta.” Continuò lei.

Jane fece spallucce.

“Sarà quella giusta vedrai. Vado a dirlo a Lisbon.” Ed uscì dal bullpen con quella sua andatura elastica ed  un po’ ondeggiante.

Grace si volse verso il monitor e disse alla sua immagine riflessa: “Puoi negarlo quanto vuoi Patrick Jane, ma tu sei davvero un sensitivo.” 

Ringrazio le ragazze che hanno recensito la Oneshot Sorry, sono contenta che vi sia piaciuta, io adoro i finali alternativi.

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Capitolo 2
*** 2 capitolo ***


2° Capitolo.

 

“Lisbon!” gridò Jane già dal corridoio.

“Cosa?” disse lei seduta alla sua scrivania, quando lui mise la testa dentro l’ufficio.

“Abbiamo trovato la madre della vittima, si chiama Maurine Scott.” Le comunicò trionfante.

“E come avreste fatto a trovare la madre se non sappiamo ancora nemmeno chi sia la vittima? I risultati della scientifica non sono ancora arrivati.”

“ Abbi fede Lisbon, vedrai che ho ragione.” E sorrise per la prima volta quel giorno.

Lei roteò gli occhi esasperata. “Andiamo, ho bisogno di te per confermare alcuni punti della deposizione della donna che ha trovato il corpo della bambina.” Gli disse porgendogli il file inerente la donna.

“Prego.” Disse lui facendola passare per prima.

Arrivati nella stanza degli interrogatori Lisbon si rivolse a Cho.

“Cho, Jane ha delle domande per la signora Maine.”

“Accomodati.” Disse quello allontanandosi imperturbabile come sempre.

“Buon pomeriggio signora Maine, sono l’agente speciale Lisbon e questo è Patrick Jane, il nostro consulente.”

“Piacere.” disse la donna ad entrambi.

“Sig.ra Maine potrebbe prendere la mia mano?” le chiese Jane col suo solito sorriso affascinante.

Lei gli porse la mano destra e lui la strinse leggermente con entrambe le sue mani, incatenando i suoi occhi chiari a quelli castani della donna.

“Perché si trovava in cantina ieri sera?” le chiese.

La donna sorrise: “Sono anziana e spesso vado fuori città per lunghi periodi. I vicini mi chiudono le valvole di acqua e riscaldamento, quando sono assente, per evitare brutte sorprese. Avevo freddo nonostante il termostato fosse al massimo, quindi ho pensato che magari la valvola del gas potesse essere chiusa e sono scesa a controllare.”

“Ed era chiusa?” domandò Jane con la voce calda e morbida. Teresa lo guardò di sottecchi, si sorprendeva sempre di questo suo lato…spirituale? Si, si poteva dire così.

“Non lo so, ho visto quel corpicino straziato e…” non riuscì a finire di parlare che la voce le si spezzò.

“Va tutto bene, sig.ra Maine. Grazie, può andare.” Le disse dandogli un colpetto sulla mano.

Poi aggiunse: “ Non lasci che il suo dolore la allontani da chi la ama.”

La donna aprì la bocca e poi la richiuse, lacrime brillavano nei suoi occhi.

“Lei è un sensitivo sig. Jane?” gli chiese.

Lui sorrise.

“No, i sensitivi non esistono.” Disse uscendo dalla saletta.

“Uhm, sig.ra Maine aspetti qui l’agente Cho, le farà firmare la deposizione e poi potrà andare.” Disse Lisbon prima di seguire il suo consulente.

Nel corridoio lo colpì su un braccio.

“Ahi!”

“Quante volte devo dirti che non hai l’autorità per lasciare andare i sospettati?” lo rimproverò.

“Ma lei non era una sospettata, comunque scusa non ci ho fatto caso.” Le rispose.

“E la frase finale cosa diavolo voleva dire?” gli chiese ancora arrabbiata.

“Ah, sì.” Rispose Jane con un sorriso un po’ tirato.

“Ha perso qualcuno di recente, è vestita di nero come usano le persone anziane quando sono in lutto. E’ vedova da vent’anni, lo so dal file che mi hai dato prima, per cui ho pensato che magari ha perso un figlio ed è ai ferri corti con la nuora ed i nipoti.” Fece spallucce. “La sua solitudine è tangibile come il suo dolore, i suoi occhi sono come un libro aperto.”

“E tu, da bravo supereroe hai voluto provare a consolarla.” Disse lei canzonandolo per alleggerire il momento.

Lui si schernì: “Nah!”

E insieme si diressero al cucinino, dove li trovò Hightower.

“Agente Lisbon ho qui i risultati della scientifica. La bambina è morta inseguito ad una botta in testa, è stata sgozzata dopo la morte. Sul medaglione trovato dal sig. Jane al collo del cadavere, c’era scritto il nome della vittima: Annelise Scott. Questo nome corrisponde nel database delle persone scomparse. Datevi da fare.” Disse la donna col suo solito tono severo e sbrigativo.

“Sarà fatto signora. Ci mettiamo subito all’opera.” Disse Teresa, prendendo la cartellina che le porgeva il suo capo.

“Buon lavoro allora.” Disse allontanandosi non senza aver dato un’ occhiata a Jane.

Lui gli sorrise in quel suo modo affascinante e Teresa si vide costretta a dargli un colpetto sul braccio.

“Jane, lei ti piace!” esclamò accusatoria.

“Cosa? No, è molto brava nel suo lavoro e mi intriga parecchio. La sto ancora studiando.” Disse lui senza sorridere.

Teresa roteò gli occhi.

“Andiamo da Van Pelt.”

Grace fece la sua ricerca e confermò i sospetti di Jane di quella mattina, Annelise era figlia di Maurine Scott.

“Andiamo ad interrogarla Jane.” Disse Teresa esasperata.

Grazie di cuore per i commenti a Cifri e Sasita.

 

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Capitolo 3
*** 3 Capitolo ***


3° Capitolo.

 

La donna viveva in un monolocale a due isolati dal luogo del ritrovamento.

Quando aprì loro la porta, indossava un vecchio pigiama e i capelli erano così spettinati ed aggrovigliati che, Lisbon pensò, sembrava non li spazzolasse da giorni.

Dopo il tradizionale “Ci dispiace per la sua perdita”, Lisbon si accinse a fare alla donna le domande di rito.

“Dov’era la notte dell’omicidio?”

La donna si passò una mano tremante sugli occhi e rispose: “Uhm…al lavoro, suppongo.”

Lisbon e Jane si guardarono per un attimo.

“Suppone o ne è sicura?” chiese Lisbon annotando qualcosa sul notes.

“Sono sicura.” Disse la donna stringendo gli occhi, sembrava quasi che la luce la infastidisse.

Jane stava  vagando per la stanza, in cerca di indizi visibili solo a lui, ogni tanto toccava qualcosa e, con la coda dell’occhio, notava che questo irritava Maurine.

Lisbon continuò il suo interrogatorio.

“Può dirmi chi può attestare la sua presenza al lavoro?”

La donna la guardò confusa.

“Lavoro al drive in, alla cassa, il mio capo credo che mi abbia vista, oltre ai clienti.”

Jane si avvicinò a Lisbon e guardò Maurine dritto negli occhi.

“Perché sua figlia era sola?” Le chiese.

“Non posso permettermi una baby-sitter e la vicina era fuori.”

Jane non staccò un attimo i suoi occhi dal viso della donna, studiandola.

Aveva da poco passato la trentina, occhi e capelli castani, magrissima, non più alta di Lisbon, la bocca era piccola e generosa ma quello che colpì Jane furono i suoi occhi duri e freddi, non un briciolo di emozione vi si poteva leggere.

Un brivido interno lo riscosse e, sempre tenendola incatenata ai suoi occhi verde-azzurri, le chiese: “Qual’era il giocattolo preferito di Annelise?”

Lisbon lo guardò sorpresa, che attinenza poteva avere quella domanda col loro caso.

La donna sbatté le palpebre perplessa: “Io…non lo so…è importante?”

Jane sedette vicino a Lisbon e disse: “Sig.ra Scott, da quanto fa uso di antidepressivi?” fece una breve pausa, non lasciandole il tempo di rispondere.

“La fanno dormire troppo e poi, quando si sveglia, è come se si trovasse in un mondo ovattato, dove suoni e colori sono sfocati. In quel limbo anche la voce di Annelise la infastidisce perché è forte, stridente.”

La donna non riusciva a staccare i suoi occhi da quelli di Jane, la sua voce calma e dolce la stava irretendo.

Lisbon si rese conto che Jane cercava di ipnotizzarla.

“Jane, dannazione ma che fai!” gli gridò, svegliando dalla trance la donna.

“Niente.” Sorrise lui.

“Vuole sapere cosa penso sig.ra Scott? Quella sera si sentiva più depressa del solito, era stanca ma doveva andare al lavoro. Per qualche ragione Annalise richiedeva la sua attenzione, forse voleva un aiuto per i compiti?”

L’espressione della donna tremolò impercettibilmente, cosa che non sfuggì a Jane.

“Stanca delle sue insistenze l’ha colpita con tutte le sue forze e la bambina è caduta sbattendo la testa. In qualche modo si doveva liberare del cadavere, per cui perché non simulare un aggressione? Ha portato il corpo dove poteva occultare il sangue e le ha tagliato la gola, quindi l’ha abbandonata in quella cantina. Ha commesso un errore però, un vero aggressore non avrebbe spostato il corpo e non l’avrebbe composto come se dormisse.”

La donna lo guardava senza espressione: “Lei è pazzo, non ha prove contro di me.” Farfugliò.

“Verificheremo il suo alibi signora.” Disse Lisbon alzandosi.

“Nel frattempo se vuole seguirci alla centrale…”

“Sono in arresto?” chiese la donna alzandosi a sua volta.

“No, ma se oppone resistenza l’arresterò.”

La scortarono al CBI e la consegnarono a Cho, che continuò ad interrogarla.

Van Pelt e Rigsby andarono a verificare l’alibi della donna, ma il suo capo disse che lei non si era presentata al lavoro, gli aveva telefonato per darsi malata.

“Succede spesso sapete? Quella donna è pazza, urla spesso anche contro i clienti, dovrebbe essere rinchiusa.” Disse l’uomo

I due agenti lo ringraziarono, lo invitarono a recarsi al CBI per firmare la dichiarazione e se ne andarono.

A quel punto Hightower chiese al giudice un mandato di perquisizione per l’appartamento della Scott.

Ad un primo esame col luminor furono rinvenute evidenti ed abbondanti tracce di sangue nella vasca da bagno, dove probabilmente Maurine aveva sgozzato la figlia.

Cho ammanettò la donna e la portò nella cella di detenzione preventiva, in attesa che la polizia penitenziaria la prelevasse.

Jane e Lisbon si incontrarono davanti all’ascensore.

“Come l’hai capito che era stata lei? Voglio dire, a parte il modo com’era sistemata la bambina.” Aggiunse, non riusciva a dire solo il corpo.

Lui fece uno di quei rari sorrisi che mettevano a nudo la sua anima.

“Non sapeva quale fosse il giocattolo preferito di sua figlia. Anche il più sbadato dei genitori conosce i gusti dei propri figli. Lei era sempre sotto l’effetto degli psicofarmaci, credimi so di cosa parlo, non riesci ad avere la giusta percezione del mondo in quei momenti. L’ha uccisa sotto l’effetto di quella roba Lisbon, è orribile.”

Lisbon cercò di leggere l’espressione dei suoi occhi ma dentro l’ascensore, sul quale erano nel frattempo saliti, c’era troppa penombra.

“Jane…” provò a dirgli qualcosa avvertendo la sua tristezza, ma non ci riuscì.

“Buonanotte.” Lo salutò.

“Notte Lisbon.” Rispose lui dirigendosi alla sua Citroen con passo elastico.

Teresa non aveva molta voglia di tornare a casa. Dopo la morte di Bosco non si erano più concessi la pizza del caso chiuso e adesso che Van Pelt e Rigsby non stavano più insieme le cose erano ancora peggiorate.

Salì in auto e si diresse al bar.

Il locale era affollato, si avvicinò al bancone ed ordinò una tequila.

Era già al secondo drink, quando un uomo le si avvicinò.

“Posso offrirti un altro giro?”

Teresa lo guardò da sopra l’orlo del bicchiere. Era alto, bello, occhi e capelli scuri ed aveva una voce molto sensuale. Era stanca e si sentiva sola, gli sorrise.

“Grazie. Mi chiamo Teresa.”

L’uomo ricambiò il sorriso e si sedette di fianco a lei.

“Io sono Ruben.”

 

Mentre Lisbon viveva la sua notte brava, Jane aveva comprato del cibo Thay e l’aveva mangiato nella perfetta solitudine del suo piccolo appartamento.

Aveva guardato un documentario sugli squali e poi, sentendosi stanco, ma sapendo già che il sonno avrebbe tardato ad arrivare, si fece la doccia e si preparò un the. Si distese sul letto a berlo con ancora l’accappatoio umido addosso.

Posò la tazza sul comodino e senza accorgersene scivolò nel sonno. Il sogno arrivò quasi subito a riempirgli la mente.

Si trovava nella stanza di sua figlia nella grande villa di Malibù. La bimba stava giocando con le sue bambole.

“Ehi tesoro.” Disse lui sorridendole.

“Papà!” gli corse incontro la bambina, stampandogli un sonoro bacio sulla guancia e abbracciandolo forte.

Adorava quel suo strano papà, sempre pronto a fare i giochi più assurdi con lei.

“Guarda cos’ho trovato…” disse lui mostrandole una bambolina bionda con gli occhi azzurri ed il vestito da fata.

“Una Winx!” strillò entusiasta la piccola.

“Grazie papà, questo sarà sempre il mio giocattolo preferito.” Disse abbracciandolo.

Jane rise insieme alla figlia, mentre lei presentava la sua nuova amica alle altre bambole.

Jane si svegliò ansimando come se avesse fatto una lunga corsa, era infreddolito e avvertiva dentro un grande vuoto che rischiava di divorarlo.

Si tolse l’accappatoio e indossato il pigiama si mise sotto le coperte, il desiderio di averla tra le braccia lo stava sopraffacendo e cercò di scacciarlo, ma un altro pensiero prese possesso della sua mente stanca, la voglia di avere qualcuno accanto a confortarlo. La cosa peggiore era che quel qualcuno aveva un volto ed un nome: Teresa Lisbon.

Grazie di cuore a Cinfri, Sasita ed Evelyn_cla.

Sasita: Non do titoli ai capitoli, perchè per darne uno alla storia me la vedo col Signore, non ho fantasia per queste cose. A Jane piace l'Hightower in senso professionale, e poi bisogna che Lisbon capisca che Jane può essere attratto da altre donne!

Un abbraccio a tutte.

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Capitolo 4
*** 4 capitolo ***


4° Capitolo.

Teresa si svegliò con un gran mal di testa.

Guardò la sveglia sul comodino accanto al letto e si rese conto di non essere nella sua stanza.

Agitata si girò dall’altro lato. Un uomo nudo, disteso a pancia in giù, dormiva al suo fianco.

“Dio mio.” Borbottò “Ma che cavolo…”

Si alzò in fretta ricordandosi quello che era successo la sera precedente.

Aveva bevuto troppo e aveva seguito uno sconosciuto in un motel e ci aveva fatto sesso, sfrenato ed appagante sesso.

Ai piedi del letto vide una confezione semivuota di preservativi, almeno erano stati prudenti. Ma santo cielo, quante volte l’avevano fatto?

Arrossì al pensiero e mentre si rivestiva sentì la voce calda di Ruben: “Ehi!”

Lei si voltò lentamente e la sua attenzione fu catturata dal corpo nudo dell’uomo. Lisbon arrossì ancora di più sentendo crescere l’eccitazione dentro di lei.

Santo cielo, lei non era così.

“Ehm…ciao. Io… devo andare.” Balbettò.

Lui si avvicinò a lei sorridendo, le sfiorò la guancia con un dito e le disse: “Ma certo, capisco. E’ stato bello Teresa la notte scorsa, anche se mi hai chiamato Jane tutto il tempo.”

Teresa rimase a bocca aperta.

“Io…scusa…devo scappare.”

“Lo so, addio.” E si spostò per farla passare.

Lei fuggì via imbarazzata: come gli era saltato in mente di nominare Jane? E allo stesso tempo sentiva leggera, sì era stato quasi catartico lasciarsi andare per una volta.

Pensò alle parole di Jane, qualche mese prima, quando Walter Mashburn l’aveva invitata ad uscire: “Avresti dovuto accettare il suo invito, una piccola relazione senza importanza ti farebbe bene. Ma tu non sei così.” Aveva aggiunto.

Il senso di colpa la aggredì mentre metteva in moto l’auto.

Ma colpa verso chi? Lei era single non doveva niente a nessuno e allora perché davanti agli occhi aveva la faccia dell’uomo, col nome di donna, che aveva invocato per tutta la notte?

 

Jane arrivò presto al CBI, dopo il sogno non aveva più dormito ma al mattino aveva rimesso la maschera al suo posto.

Lisbon lo trovò nel cucinino che beveva il suo the e appena lui la vide le sorrise indicandole la tazza di caffè fumante e il blister dell’aspirina alla sua destra.

“Buongiorno Jane.” Lo salutò lei, prendendo la tazza in mano. Come facesse a sapere sempre il momento esatto in cui sarebbe arrivata o quando aveva il mal di testa, per lei, rimaneva un mistero.

“Buongiorno a te Lisbon.” Jane la guardò intensamente notando qualcosa di diverso in lei.

La studiò per uno o due minuti, mettendola a disagio, poi esclamò: “Wow!” gli occhi gli si allargarono dalla sorpresa.

Lei deglutì forte, non poteva aver capito.

“Che c’è?” chiese sulla difensiva.

“C’è che il tuo corpo sta gridando talmente forte che rischia di assordarmi.” Disse lui non lasciando i suoi occhi.

Lei arrossì. “Non fare lo scemo Jane, il mio corpo non parla, figurasi se urla.”

“E invece sì. Lasciami indovinare Lisbon. Hai vissuto un’ intensa, appassionata, catartica nottata di sesso, è chiaro come il sole.”

L’espressione di Jane era a dir poco sorpresa. Il sorriso era sempre lì sulle sue belle labbra, ma gli occhi sembravano…delusi?

Teresa si infuriò con sé stessa per essersi tradita così stupidamente e se la prese con lui.

“No! Io…Questi non sono affari tuoi Patrick Jane, smetti di entrare dentro la mia testa senza il mio permesso, non hai nessun diritto di farlo!” gridò furiosa, sbattendo la tazzina sul tavolino e andandosene nel suo ufficio, afferrando prima il blister delle aspirine.

Jane rimase un momento immobile, ferito dalla sua furia. Non era mica colpa sua se riusciva a leggere le persone, in special modo lei, così bene.

“Lisbon.” Disse entrando nel suo ufficio senza bussare.

“Esci.” Sibilò lei sedendosi alla scrivania.

“Non volevo offenderti. Sono contento per te, davvero. Voglio dire…si vede che sei più rilassata, la tua pelle  e i tuoi occhi sono più luminosi. Sei più bella.” Aggiunse sottovoce.

“Grazie, ma ero più rilassata prima di parlare con te!” sbottò.

Lui sorrise mestamente.

“Touché!”

“Ora vuoi lasciarmi lavorare?”

“Ok.” Era quasi uscito, quando tornò indietro infilandosi a metà nell’ufficio: “Lo conosco?”

“Jane!” gridò lei.

Lui uscì ridacchiando, ma raggiunto il suo divano nel bullpen, sentì il cuore streingersi per la gelosia.

Si distese cercando di riposare un po’, pensando che non aveva davvero nessun diritto per essere geloso di Lisbon.

Lisbon, dalla finestra del suo ufficio guardò il suo consulente disteso sul divano con le mani sotto la testa, con un misto di rabbia e senso di colpa per come l’aveva trattato.

“Dannato Jane, avrei dovuto immaginare che te ne saresti accorto!” pensò a voce alta.

 

Più tardi nella mattinata, Lisbon andò a parlare con Cho di alcuni report sugli interrogatori del giorno prima, che necessitavano della sua firma.

Cho, pacifico come sempre, dopo aver svolto il suo dovere, uscì a pranzo.

Rigsby e Van Pelt erano nel cucinino a consumare il loro pasto e Jane era sempre disteso sul divano con gli occhi chiusi e le mani intrecciate sul petto.

Teresa si sentì un po’ a disagio anche se l’uomo dormiva.

“Non essere imbarazzata Lisbon.” Disse Jane ad un tratto, facendola sobbalzare dalla sorpresa.

“Jane…pensavo dormissi.” Disse lei sulla difensiva.

“Meh, mi stavo rilassando. Sai che non dormo mai.”

Si mise seduto e si stiracchiò pigramente. Lisbon non riuscì a distogliere gli occhi da lui.

Stranamente la notte di passione avuta con uno sconosciuto, l’aveva  resa più conscia della fisicità del suo consulente.

Lisbon aveva sempre pensato che Jane fosse dannatamente affascinante, ma quel particolare giorno notava cose in lui che in genere le sfuggivano, come per esempio il suo profumo. Non riusciva a distinguerne i componenti come faceva lui, ma la leggera fragranza di muschio era dominante.

E il colore dei suoi occhi: sorprendente come virasse dal verde all’azzurro in base non solo al suo umore, ma anche al colore della giacca o della camicia che indossava.

O i riflessi dorati che i suoi ricci assumevano quando i raggi del sole, che entravano come in quel momento dalla finestra sopra il suo divano, li colpivano.

Persino la forma della sua bocca, la pienezza delle labbra, tutte cose che le sembrava di notare solo oggi.

“Che c’è? Ho un brufolo sul naso o cosa Lisbon? Sono cinque minuti che mi fissi imbambolata.”

Disse Jane col suo solito mezzo sorriso.

Lei sbatté le palpebre un paio di volte come se si stesse svegliando da un breve sonno e si schiarì la gola prima di rispondergli.

“No io…stavo pensando. Scusa.” Disse uscendo imbarazzata dal bullpen.

Jane si alzò e la seguì sospirando.

“Ti va un gelato?” le chiese mettendo la testa dentro il suo ufficio.

“Uhm…perché no? Finirò dopo questi rapporti.” Disse lei afferrando la giacca dalla spalliera della sedia.

“Magnifico.” Sorrise lui. 

 

Grazie a tutte le mie fedeli commentatrici, vi comunico che il prox sarà l'ultimo capitolo.

Buona lettura!!!

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Capitolo 5
*** 5 capitolo ***


5° Capitolo. 

La caffetteria dietro il CBI aveva anche una discreta fornitura di gelati artigianali e all’ora di pranzo era sempre affollata.

Comprato il loro cono, alla fragola per Lisbon e alla vaniglia per Jane, si incamminarono lentamente verso l’ufficio, gustandosi il fresco pasto e la bella giornata primaverile.

“Jane io…” cominciò Teresa a disagio.

“Lo so Lisbon, non importa.” Le rispose lui sorridendo.

“Ma come fai a sapere cosa stavo per dire?” si spazientì lei.

“Andiamo Lisbon, ti conosco abbastanza per sapere cosa passa per la tua testa anche senza sforzarmi di interpretarti.” Il tono saccente di Jane la infastidì.

“Davvero?”si fermò a fissarlo.

“Non ti arrabbiare di nuovo, ti prego…ok scusa cercherò di trattenermi.” Disse lui rivolgendole il suo miglior sguardo da cucciolo a mo’ di scusa.

Lei sollevò gli occhi al cielo esasperata, avere a che fare con Jane era come dover badare con un bambino irrequieto ma tanto, tanto dolce.

“Mi fai assaggiare il tuo gelato?” le chiese sorridendole in quel modo irresistibile.

“Ok.” E gliel’ho offrì. Lui le prese mano con la sua e guidò il cono verso la sua bocca in un gesto che a lei sembrò così sensuale che si trovò a fissarlo senza fiato.

“Uhm…buono. Vuoi assaggiare il mio?” offrì sorridendole con l’espressione innocente.

Lei si leccò le labbra secche e rispose con la voce roca: “No…uhm…no grazie, non mi piace la vaniglia.”

“Peccato perché è buonissimo.” Disse lui facendo spallucce e riavviandosi.

Lei lo seguì in silenzio.

Nell’ascensore Jane la guardò di sottecchi e improvvisamente serio le disse: “Lisbon tu meriti di essere felice, non chiudere fuori le possibilità che la vita ti offre.”

Lei deglutì a disagio prima di rispondergli.

“Senti da che pulpito viene la predica.”

Si pentì subito di averlo detto, ma ormai era troppo tardi.

Lui abbassò gli occhi per impedirle di capire quanto l’avessero ferito le sue parole.

“Uhm…credo che andrò a stendermi un po’.” Disse allontanandosi in fretta appena si aprirono le porte.

“Jane!” gridò lei cercando di fermarlo.

Lui ondeggiò la mano come a dirle di lasciar perdere e lei si diresse depressa al suo ufficio.

La giornata si concluse senza che si presentassero nuovi casi e Lisbon poté smaltire parecchie scartoffie arretrate.

Hightower l’aveva chiamata nel pomeriggio ma, per fortuna, non l’aveva rimproverata per nessuno dei comportamenti eccessivi di Jane.

Alle sette si alzò dalla scrivania con l’intento di andare a casa presto e dedicarsi un po’ a se stessa.

Andò nel bullpen per congedare anche i il suo team.

“Potete andare a casa se volete, ci vediamo domani.” Disse rivolta a tutti in generale.

Cho, Rigsby e Van Pelt non se lo fecero ripetere due volte, si alzarono e raccolte le loro cose la salutarono contenti.

Jane rimase disteso sul divano, come se non l’avesse sentita.

“Jane…va a casa.” Gli disse lei piuttosto sicura che fosse sveglio.

Lui non rispose subito e Lisbon pensò che forse dormiva davvero. Si avvicinò per svegliarlo ma lui aprì gli occhi prima che potesse toccarlo.

“Uhm…” si stiracchiò l’uomo. “E’ già ora di andare? Bene.” Disse alzandosi ed infilandosi la giacca.

“Jane…” cominciò Lisbon.

“Cosa?” le chiese lui fermandosi sulla porta del bullpen.

“Non volevo essere così dura prima, mi dispiace.” Mormorò non staccando gli occhi da quelli di lui.

Jane le si avvicinò piano, l’espressione indecifrabile.

“Non devi scusarti, hai solo detto la verità. Tu sai quanta vergogna io provi per le mie debolezze, quanto io odi mostrarle, ma ci sono e a volte anch’io sento il bisogno di un contatto umano.”

La guardava con quei suoi incredibili occhi, la maschera che indossava ogni giorno scomparsa.

“Ma non posso permettermi nulla Lisbon, Red John è ancora libero ed ho già troppo sangue innocente sulle mie mani. Lui ha ucciso l’unica cosa buona della mia vita: la mia famiglia. La mia priorità ora è prenderlo ed ucciderlo, vivo per questo. Ma tu no, tu sei la legge non la vendetta e puoi permetterti di pensare alla tua vita.” Un sorriso affiorò sulle sue labbra, dolce e tenero.

“Non permetterò a nessuno di farti del male Lisbon, lo sai che puoi sempre contare su di me.” Le disse.

Teresa sbatté due volte le palpebre, velocemente, per ricacciare le lacrime. Una grande rabbia le incendiò lo sguardo.

“Come puoi pretendere di salvarmi Jane, se non sai neanche come salvare te stesso!” gli gridò in faccia.

Patrick sorrise ancora di più. La maschera di nuovo al suo posto.

“Bene, ti preferisco arrabbiata piuttosto che pietosa. Non voglio la tua pietà Lisbon. Ora è meglio che vada, in questi giorni non ho dormito granchè neppure qui.” Disse passandosi stancamente la mano sugli occhi.

“Prenderai le pillole?” gli chiese Lisbon a voce bassa, la rabbia scomparsa, si sentiva sconfitta.

“Uhm…credo di sì, a volte è l’unico modo. Notte Lisbon.” La salutò lui andando verso l’ascensore.

“Jane…aspetta, scendo con te.” Lo rincorse lei.

Entrarono in ascensore in uno scomodo silenzio, appena le porte si aprirono lui la fece passare per prima.

“Voglio fare un patto con te Jane.” Disse lei avvicinandosi alle auto.

Patrick la guardò sorpreso. “Un patto? Che tipo di patto?”

Teresa sorrise brevemente prima di parlare.

“Ti permetterò di salvarmi, se sarà davvero necessario, a patto che tu mi lasci salvare te.”

Patrick sentì qualcosa agitarsi nel suo petto, una sensazione strisciante che gli chiuse il cuore in una morsa ferrea. Cos’era? Non riusciva a capirlo. Il sorriso dipinto in faccia come sempre, le rispose:

“Sei una pessima bugiarda Lisbon, lo sai? Sappiamo benissimo tutt’e due che stai bluffando e che non accetterai mai che io provi a salvarti e grazie per l’altra parte del discorso è molto dolce da parte tua, ma so già che non ci riuscirai.”

Lei sorrise di rimando e sullo stesso tono disse: “Patrick Jane, mi conosci abbastanza per sapere che se mi metto in testa una cosa non mi arrendo finchè non la ottengo.”

Si guardarono sfidandosi per parecchi minuti, alla fine stesero le loro mani destre e se le strinsero in un silenzioso patto.

“Non sia mai detto che Patrick Jane si tira indietro in una sfida.” Sussurrò lui ritirando la mano e prendendo le chiavi della sua Citroen dalla tasca della giacca.

“Bene. A domani Jane.” Disse lei salendo sulla sua macchina.

“A domani Lisbon.” Rispose lui salendo a sua volta sull’auto.

Misero in moto e ogni uno prese la strada verso il proprio appartamento.

Forse non tutto era perduto per quei due, unendo le loro forze ne sarebbero venuti fuori, malconci forse, conoscendo i loro caratteri, ma vivi.

 

 

Ringrazio tutte per la vostra fedeltà, devo confessare che non è facile scrivere di Teresa e Patrick perché, almeno alla luce degli ultimi accadimenti nella serie, loro due non sono ancora così presi l’uno dall’altra.

O meglio a volte sì, vedi lui che vuole proteggerla ad ogni costo e lei che lo difende nonostante sia un dolore nel c**o!, e a volte no.

Spesso è lei poco attenta verso Jane.

Ad ogni modo alla prox storia.

Un bacione a tutte.

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