LA SPIA ED IL LICANTROPO

di Pleasance Carroll
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.TRAMA ***
Capitolo 2: *** 2.vorrei morire... ***
Capitolo 3: *** casa ***
Capitolo 4: *** 3. dolore ***
Capitolo 5: *** 4. perdono ***
Capitolo 6: *** 5. difesa ***
Capitolo 7: *** avviso ***
Capitolo 8: *** 6. abbandono ***
Capitolo 9: *** 7. la ragazza che tornò dal Regno dei Morti ***
Capitolo 10: *** 8. in pericolo PARTE 1 ***
Capitolo 11: *** 8. in pericolo PARTE 2 ***
Capitolo 12: *** 9. scoperte PARTE1 ***
Capitolo 13: *** 9. scoperte PARTE 2 ***
Capitolo 14: *** 9. scoperte PARTE 3 ***
Capitolo 15: *** 10. verità ***
Capitolo 16: *** 10. verità PARTE 2 ***
Capitolo 17: *** 11. il semplice ma efficace piano di Erice Volturi ***
Capitolo 18: *** 12. studiare il nemico è sempre un bene: assicura maggiori possibilità di vittoria ***
Capitolo 19: *** 13. profumo di battaglia ***
Capitolo 20: *** 14. il Giorno del Giudizio ***
Capitolo 21: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** 1.TRAMA ***


LA SPIA ED IL LICANTROPO

TRAMA

Jacob torna al parco dove è già stato in precedenza a cercare una ragazza che potesse scatenare in lui l’imprinting,e dove ha incontrato Lizzie,il nostro licantropo è triste perché non è riuscito ad uccidere Renesmee,di conseguenza non ha avuto l’imprinting con lei,e lì incontra di nuovo questa ragazza dagli occhi cannella(come la definisce il libro);inizia a frequentare questa ragazza che lo consola e gli insegna che nonostante il lutto per Bella che porta nel cuore,la sua vita deve andare avanti.

Quando,camminando insieme incontrano Bella a caccia sotto forma di vampira Jacob salva Lizzie da una quasi-morte e i rapporti d’amicizia tra i due si raffreddano,Jacob si sente nuovamente perso poiché aveva visto in lei una possibilità di salvezza dalla sua vita,così contorta e malinconica,e mentre cerca di poter parlare di nuovo con lei,scopre che la ragazza è una spia che lavora per il governo americano che dopo esser stata con Jacob per amicizia è decisa ad indagare su di lui e sulla famiglia Cullen poiché non si spiega l’esistenza dei vampiri...

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Capitolo 2
*** 2.vorrei morire... ***


1.vorrei morire

 

Non c’era modo di descrivere come mi sentissi in quel momento:quella bambina,quel mostro aveva ucciso Bella,la mia Bella;la mia migliore amica.

Non per biasimare il suo comportamento,anche perché la scelta di sposare e fare l’amore con un vampiro era stata sua,ma credevo che Bella sapesse a cosa andava incontro, eppure nonostante mi pungesse la lingua a parlar male dei defunti;era stata una vera stupida perché non aveva avuto la forza di uccidere quel demonietto nero che aveva ospitato nel suo grembo sin dall’inizio,finchè si era approfittato di lei a tal punto da toglierle la vita,e che lei aveva addirittura avuto il coraggio di definire sua figlia.

Sconvolto dalla rabbia e dall’odio poiché solo in quel momento avevo provato sulla mia pelle ciò contro cui Sam mi aveva messo in guardia,avevo tentato di uccidere la neonata,perché non nocesse mai più a nessuno,ma Rosalie,la biondina aveva previsto le mie mosse;e nonostante fossi entrato nel salone di casa Cullen cercando di fare meno rumore possibile,era scattata in piedi privando quella piccola testa con i riccioli bronzei alla mia mano grande che l’avrebbe privata della vita.

-         STA LONTANO DA RENESMEE,CANE!-urlò la barbie con la pelle di neve scoprendo i denti minacciosa.

Feci un balzo indietro,acquattandomi carponi in terra e ringhiandole in risposta,sentivo il pelo ritto sulla schiena ma non attaccai immediatamente,prima le sue parole mi balenarono in testa e involontariamente risi in modo spudorato.

Le avevano anche dato un nome? Era un demone assassino che avrebbe solo procurato dolore e morte e Rosalie la proteggeva?

Il suo visino piccolo incorniciato da due occhi color cioccolato,incrociò il mio sguardo,e per un attimo,un attimo di troppo,rimasi interdetto dall’innocenza di quella fisionomia permisi a Miss Universo di assestarmi un calcio nel ventre,fino a cacciarmi letteralmente a calci fuori da casa Cullen,dove Bella aveva cessato di vivere.

Per la seconda volta avevo abbandonato Leah e Seth,ed ora,dopo aver corso per chilometri sotto forma di lupo me ne stavo seduto su una fredda altalena nello stesso buio parco di Olimpia nel quale ero stato qualche giorno prima alla ricerca del mio imprinting.

“Maledizione all’imprinting!”pensai mentre mi dondolavo calciando con forza i sassolini che erano in terra e strusciando i piedi sui pochi ciuffi d’erba gelida che crescevano nel terreno.

Ma cosa diavolo era quella forza?

Jared e Sam me ne parlavano sempre come qualcosa di magico,ma io ormai stentavo a credere nella sua esistenza;ero certo che sarei stato condannato a soffrire per il resto dell’eternità poiché Bella era morta ed io di certo non sarei uscito incolume dal lutto.

L’immagine di Renesmee che beveva un bicchiere pieno di sangue, tornò viva tra i miei ricordi e con un urlo simile ad un ringhio riconobbi la rabbia e l’odio che tornavano ad esplodermi nel petto.

Non ero riuscito ad ucciderla! Ed ora da quella bionda psicopatica le sarebbe stato permesso di far strage di chiunque incontrasse.

Non era giusto!

Mi sentivo inutile in quel silenzio denso di rimorsi quando mi resi conto,rimanendo a bocca spalancata che Renesmee aveva gli stessi occhi color cioccolato di sua madre,e forse,poiché aveva conservato quel suo aspetto fisico,avrei riconosciuto il lei molti altri aspetti di Bella.

Ma cosa diavolo stavo dicendo?

Una folata di vento gelido mi schiaffeggiò la faccia come per rimproverarmi di quei pensieri,e solo allora mi resi conto che una grossa lacrima era sgorgata dai miei occhi. Stavo piangendo.

La mia anima ed il mio corpo venivano logorate dal dolore,mentre mi convincevo che non valeva la  pena vivere se dovevo soffrire a quel modo…

Avrei voluto porre fine alla mia vita cosicché io e Bella avremmo potuto ricongiungerci,ma a quanto pareva il mio destino era quello di soffrire in silenzio.

Sollevai gli occhi e quasi picchiandomi impedii ad una lacrima appena nata di rigarmi le guance,fu in quel momento che riconobbi nel drappo scuro del cielo notturno un grosso globo argenteo:la luna.

Io ero un lupo,un alfa,anche se al momento mi sentivo fragile come vetro per essere definito tale,ed i lupi potevano essere definiti i signori indiscussi della notte per la loro forza e la capacità di opporci a degli assassini come erano i vampiri,tuttavia dopo qualche attimo di calma,infusa dalla luna,la mia triste consigliera,fui travolto di nuovo da un’ondata di malinconia…

Non potevo sfuggire all’evidenza dei fatti,nascondendomi dietro la certezza che ero un’alfa…

Come avrei agito ora?avevo la sensazione che con una sola goccia di pioggia mi sarei sciolto con facilità.

Era dunque più giusto che me ne stessi lì a soffrire attendendo la morte oppure avrei dovuto avvertire Sam di ciò che i Cullen avevano fatto e lasciare che facesse giustizia da solo?

ndata di malinconia...e consigliera,fui travolto di nuovo da un'o erano i vampiri,tuttavia dopo qualche attimo di calma,infusa

-         ehy…ti senti bene ragazzo?- sollevai lo sguardo umido in direzione di quella voce femminile che aveva parlato senza alcun preavviso riscuotendoti di colpo dalle mie riflessioni.

I suoi occhi color cannella,intensi e preoccupati,mi fissavano risplendendo nel buio;la riconobbi immediatamente:il suo viso lentigginoso dalla pelle chiara e la fossetta del suo mento quando mi aveva sorriso,avevano cercato di offrirmi aiuto,mentre ero alla ricerca della ragazza che avesse potuto sciogliere la mia rabbia la prima volta che ero stato lì.

Lei si chiamava Lizzie,ed ora,incontrando i miei occhi castani e piangenti fece un passo indietro,spaventata dal mio stato,che doveva risplendere sul mio viso in modo molto chiaro.

Balzai in piedi e prima che potesse aggiungere altro le gettai le braccia al collo rifugiandomi sulla sua spalla e lasciando che le lacrime scendessero in modo liberatorio.

La sentivo rigida,distaccata ma quando implorante sussurrai:

-         aiutami Lizzie…- lei mi strinse al suo petto ed in quel momento ebbi la certezza che per me la ragazza rappresentasse un salvagente nel bel mezzo del mare in tempesta della mia vita.




NOTA DELL'AUTRICE
Che ne pensate?
un baciotto
marty23

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Capitolo 3
*** casa ***


2. casa

 

-…perdonami…penserai che sono folle…-ripetei ancora una volta,ad occhi bassi mentre Lizzie camminava al mio fianco.

Dopo averle permesso di liberarsi dalle mie braccia roventi,mi aveva guardato con diffidenza,ma infine riconoscendo sul mio viso la disperazione più pura aveva accettato di scambiare qualche parola molto imbarazzata con me mentre uscivamo dal parco.

Avanzavo nel buio,con le mani in tasca e lanciavo calci distratti a piccole zolle di terra smosse;la ragazza che era vicina a me,camminava stringendo le spalle nel giaccone che indossava e tenendo la sua piccola borsa con entrambe le mani con fare timido e silenzioso,toccandosi di tanto in tanto la lunga chioma biondo rossiccia raccolta in una crocchia nella speranza di ricordare chi fossi e perché mi ero preso tanta libertà di abbracciarla.

Nonostante stesse zitta,per un tempo interminabile a mio parere,percepivo provenire da lei un’aura di rassicurazione ed equilibrio e questo bastò a non farmi piangere anche se sembrava che la luna piena alle mie spalle pretendesse un mio triste ululato al suo cospetto.

Giunti all’uscita del parco,mi appoggiai al recinto di metallo dipinto di verde che lo circondava,raccogliendo le braccia al petto.

Lizzie si fermò solo pochi secondi dopo poiché non sentiva più vicino a sè il suono dei miei passi,e mi venne incontro appoggiandomi una mano sulla spalla con cautela.

-         io sono arrivata…perché non torni a casa,ragazzo?- mi chiese,con una nota d’ansia nella voce.

-         Perché non ho una macchina con me…- replicai piano sollevando il viso in sua direzione,scosso da un forte brivido di freddo;mi meravigliai di questo,perché era piuttosto strano siccome la mia temperatura corporea era di quaranta gradi!

-         Ora ricordo!tu sei quello della Aston Martin Vanquish!l’hai più riportata al tizio che te l’aveva prestata?- disse ad alta voce,e dopo essersi battuta un palmo sulla fronte bianca per la sorpresa,portò le mani ai fianchi come se mi volesse sottoporre ad un interrogatorio ancora evidentemente non fiduciosa nei miei confronti.

Mi limitai ad annuire in modo stanco,perché me ne stavo lì dinnanzi ad una perfetta sconosciuta?

Come potevo sperare di trovare consolazione nella sua simpatia,se neppure si fidava di me?

-         non ho più bisogno d’altro…lei non c’è più…non ci sarà mai più…- piagnucolai,con il cuore che mi sembrava volesse rallentare i battiti. Feci per alzarmi ed andarmene ma non appena mossi un passo Lizzie disse:

-         aspetta…vuoi che ti riaccompagni a casa?starai morendo di freddo con quella T-shirt!-

guardai il mio abbigliamento:una maglietta nera a maniche corte che aderiva perfettamente ai miei addominali;mi venne quasi da ridere,ma non fui in grado di emettere alcun suono,sentivo il cuore sanguinante.

 

Pochi minuti più tardi,seduto sul sedile del passeggero di una Volvo alla cui guida c’era Lizzie,mi lasciai avvolgere dal più totale silenzio ed avvertii subito dopo la macchina che si fermava.

Lei,sospirando e spegnendo i fanali,attirò la mia attenzione;quindi sollevai appena la testa dal petto,dove l’avevo nascosta,in attesa che parlasse.

-         vuoi indicarmi dove abiti?- la fissai con aria interrogativa,e lei replicò con una muta occhiata di disapprovazione; in effetti,constatai guardando fuori dal finestrino,ci eravamo fermati nel bel mezzo di un piazzale buio,a metà strada tra Olimpia e Phoenix.

-         Io non ho più una casa…ho perso tutto…-

-         Smettila!ascolta!io non ti conosco,non so il tuo nome,e per quanto mi riguarda,ricordando la prima volta che ci siamo incontrati,potresti essere un ladro o un assassino…-stava per continuare,ne ero certo e nonostante le sue offese non mi procurassero alcun dolore,decisi di soddisfare le sue curiosità,anche perché notai che le sue guance bianche si erano colorite appena con l’arrabbiatura,ed era adorabile,avevo come la sensazione di doverla proteggere eppure in quel momento mi sentivo totalmente dipendente da lei.

-         Ciao,mi chiamo Jacob ho 17 anni e abitavo in una piccola cittadina chiamata Forks…hai presente la ragazza che cercavo nel parco quando ci siamo visti e che ti sei offerta di aiutarmi a cercare?-iniziai con tono atono,ma poi la mia voce si incrinò mentre le ricordavo di quella ragazza.

Lei annuì semplicemente con gli occhi che le si ingrandivano ed illuminavano mentre mi ascoltava attenta.

-         lei…bhè non c’era quella volta e…non ci sarà mai più…perché ha cessato di vivere…- scoppiai di nuovo a piangere,ma questa volta nonostante i brividi iniziali,per quel racconto crudo e senza veli,fu Lizzie ad abbracciarmi.

-         Non ci voglio più tornare lì,non hai idea del dolore che mi provochi…- continuai tra i singhiozzi.

-         Shh…ti capisco…mi dispiace di essere stata sgarbata con te, ma se può consolarti sappi che lei non è scomparsa del tutto…rimarrà per sempre nel tuo cuore se la ricorderai…-

In quel momento si sciolse i capelli lisci che mi carezzarono il viso,abbandonato sulla sua spalla,e fui inebriato dal profumo di orchidee che il suo corpo emanava,sentii la sua stretta farsi più dolce mentre i nostri occhi si incontrarono e lei disse:

- vieni,ti porto a casa mia…- ma fu come se non potessi sentire quelle parole,perché tra le sue braccia,nei suoi occhi,mi sentii immediatamente a casa.

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Capitolo 4
*** 3. dolore ***


3.dolore

 

Non ricordo quasi nulla del viaggio di andata verso casa di Lizzie, so solo che, dopo essersi staccata da me, aveva sistemato il sedile del passeggero, sul quale sedevo, per darmi la possibilità di riposare un po’e rilassare i muscoli in una posizione semisupina.

Che dolce era stata! Quello era un gesto di premura che ormai non ricevevo più da molto tempo!

Poi, con un sorriso aveva acceso la radio e subito una vivace e soffusa musica si era diffusa in tutto l’abitacolo…

-         è “la marcia turca”di Mozart…- mi aveva informato la ragazza seduta al mio fianco, osservando la mia espressione incuriosita ma anche spaesata.

Infine, Lizzie aveva allungato una mano,accarezzandomi in maniera fugace il viso e, sotto il tocco leggero delle sue dita ricordo che chiusi gli occhi, sopraffatto dalla stanchezza…

Dopo quelli che mi parvero semplicemente attimi, mi risvegliai quasi con un sussulto facendo schioccare le labbra.

Prima che potessi rimettere a fuoco il mondo, un denso e piacevole profumo di orchidee mi avvolse e, con un’espressione in parte spaventata ed in parte soggiogata, la vidi, che mi studiava.

Ho ancora oggi la sensazione che Lizzie, vedendomi, intese che avevo dimenticato dove mi trovassi o chi fosse la ragazza al mio fianco.

Quando il tepore del sonno mi abbandonò, capii di trovarmi all’interno di una macchina,violentemente minacciata da un flusso incessante di pioggia.

-         dove…dove siamo?- domandai.

-         Portland, sotto casa mia. E piove a catinelle…- colsi un’evidente nota di rammarico nella sua voce armoniosa.

Non le chiesi se avesse un ombrello oppure una giacca con il cappuccio, che potesse ripararmi dalla pioggia; avevo lasciato vagare lo sguardo oltre il finestrino della macchina ferma, e stavo ammirando stupito i gigantisti grattacieli che si stagliavano come colonne, nel cielo, quasi tentassero di arrivare a toccare le stelle; ed oltre quelli, un ampio bosco sembrava rivendicare il dominio della natura in quella città; le alte fronde color bottiglia degli alberi danzavano al vento.

Incurante di quale fosse il motivo della preoccupazione di Lizzie, aprii lo sportello dell’auto, ed uscii sotto l’acqua, senza problemi.

Poco dopo aver chiesto alla ragazza di coprirsi bene, la rassicurai dicendole che presto l’avrei portata a casa.

Lei mi seguì dopo aver preso la borsa e chiuso la macchina con attenzione. Si avvolse nel cappotto bianco panna,e, mentre si chinava sembra di più su se stessa, una goccia le colpì il capo fasciato in un cappuccio.

Mi fissava con diffidenza,gli occhi profondi ridotti a fessure per la disapprovazione.

Improvvisamente iniziò ad urlare contro di me ma, per fortuna, un intensa folata di vento coprì la sua voce, dandomi solo la possibilità di osservare la bella figura di Lizzie rilassare e contrarre i muscoli con la stessa velocità di un arco, e muoversi al vento con armonia, grazia, forza, esattamente simile ad un fuscello di bambù.

Mi avvicinai a lei, e le custodii le mani in una stretta decisa ma delicata nello stesso tempo; a causa del vento forte mi ritrovai ad urlare per farmi capire, ma ben presto quasi lottai contro di lei, contro le sue mani lunghe ed affusolate.

Ancora oggi non so spiegarmi con esattezza perché avesse reagito così, ma probabilmente le urla erano un rimprovero per la mia imprudenza e il nostro “scontro” era dovuto all’incomprensione del motivo della mia vicinanza.

Danzai con lei, evitandone i colpi, quasi giocando per un po’, eppure infine, infastidito dalla sua resistenza, la spinsi al mio petto con rabbia,costringendola ad abbracciarmi.

-         allora…si può sapere dove abiti?- strillai.

-         Perché la tua pelle è tanto calda?non senti freddo?- domandò lei, di rimando, sviando la mia domanda.

-         No. Perché, tu sì?- replicai io, ed in quel momento come a conferma dei miei dubbi, Lizzie fu scossa da un vigoroso brivido.

Subito la presi tra le braccia: avvinta al mio petto non aveva la possibilità di muoversi.

Quando iniziai a correre, non la udii emettere alcun grido, solo qualche sospiro sorpreso le usciva dalle labbra rosee.

Corsi attraverso il bosco, cercando di chinarmi su di lei quanto più mi fosse possibile perché non si bagnasse, eppure quando una goccia, forse caduta da una verde foglia degli alberi del bosco, le accarezzava il viso, alle mie narici arrivò fortissimo il suo profumo.

-         si può sapere dove abiti?-le chiesi ancora.

-         Non avevo mai avuto l’onore di essere portata in braccio fino a casa! Comunque abito in quella casetta poco distante dalla scogliera…- Lizzie rise forte, in parte divertita; ma principalmente pensai che fosse un modo per allontanare la paura e la sorpresa dovuta al mio gesto.

Vicino alla scogliera?

A Portland c’era il mare?

Improvvisamente una brezza, più dolce delle altre, mi accarezzò, avvolgendomi con una zaffata di salsedine.

Sorrisi di riflesso alla mia stupidità, ma quasi immediatamente mi detestai: come potevo sorridere con tutto il dolore che stavo soffrendo?

Era forse la vicinanza di Lizzie?

Con mio grande sollievo, il dolore non riuscì ad impadronirsi di me, e, senza che me ne fossi accorto oltre che in meno di quanto credessi possibile, io e quella ragazza ci ritrovammo in una piccola casa, strutturata su due piani, le cui ampie vetrate offrivano una bellissima vista della scogliera poco lontana, sulla quale le onde si infrangevano impetuose…

Rimasi affascinato da quel panorama, il mio respiro si fermò. Solo il cuore continuava a battere anche se in maniera irregolare; il mare che scrosciava e la scogliera mi ricordavano moltissimo i luoghi che avevo frequentato quando vivevo a LaPush…

Ancora una volta, a quella parola, la malinconia minacciò di incombere sopra di me, ma stringendo i denti, mentre Lizzie scendeva in terra, divincolandosi agilmente dalle mie braccia, respinsi quella brutta sensazione e mi concentrai sulla ragazza che mi stava davanti, che velocemente si stava togliendo le scarpe.

Automaticamente, feci lo stesso e, senza dire nulla Lizzie prese le mie scarpe, oltre le sue e sistemò entrambe le paia, dove potessero asciugarsi.

-         dove posso dormire? Mi basta un pezzetto di pavimento ed una coperta di lino…- iniziai, guardandomi intorno.

-         Già hai intenzione di dormire? Non vuoi toglierti di dosso quegli abiti bagnati? Non vuoi mangiare? Non vorrai farmi credere che il dolore che provi ora ti sta addirittura facendo dimenticare i tuoi bisogni più primari, o chi sei…ti dirò una cosa, Jacob: non devi lasciare mai che un’emozione, in particolare un dolore simile, abbia il sopravvento su di te, altrimenti non ne riemergerai.- fece, con decisione.

La fissai. Era una razionale. Ero assolutamente sbalordito. Da ogni cosa: da lei, dalle sue parole, dalla sua forza.

Prima che potessi aggiungere altro, scomparve al piano superiore e ricomparve quasi immediatamente, con un involto di abiti accuratamente ripiegati tra le braccia.

Me li lanciò mentre si trovava ancora a metà scala, li ripresi al volo ed ascoltai mentre impartiva con la stessa decisione di poco prima:

-         questi abiti sono per te, il bagno è in fondo al corridoio; cambiati mentre accendo il camino e ordino un po’ di pizza.-

mi limitai ad annuire, perché ero certo che se avessi parlato la mascella mi sarebbe caduta in terra.

Lasciai che Lizzie mi superasse e memorizzai che la cucina si trovava oltre la prima porta del lungo corridoio che avrei dovuto superare per arrivare al bagno.

Quindi, scosso, presi a trascinare i piedi in quel corridoio che profumava di legno, e mi rifugiai nel capiente bagno ricoperto di piastrelle bianche.

Un violento getto di acqua gelata mi accolse non appena mi infilai sotto la doccia.

Mi presi cura di me in maniera quasi inconsapevole, avevo la mente assolutamente svuotata, ero senza parole per aver visto la veemenza con cui Lizzie mi aveva parlato; riuscii persino a sorridere mentre mi asciugavo i capelli nell’asciugamano ma, inevitabilmente, nel momento in cui vidi il mio riflesso nello specchio sopra il lavandino, mi ritrovai a chiedermi di chi fossero il maglione con la scollatura a V e i pantaloni bianchi che mi fasciavano il corpo. Mi domandai addirittura se Lizzie avesse un fidanzato…

Sentendo un leggero fastidio dietro le orecchie, mi precipitai fuori dalla porta, e feci praticamente irruzione nella stanza dove poco prima si era rifugiata lei.

Con sorpresa costatai che non era una cucina, ma la sala da pranzo e oltre il lunghissimo tavolo di legno lucido, c’era un angioletto appartato, che spandeva un’atmosfera rassicurante grazie ai cuscini sparsi sul pavimento e al camino nel quale ardeva un crepitante ed allegro fuoco.

La trovai seduta su uno di quei morbidi cuscini colorati; accanto a lei, sul pavimento, c’erano due cartoni di pizza fumante.

Possibile che non avessi sentito l’arrivo del fattorino per la consegna delle pizze?

-         vieni, siedi Jacob, spero ti piaccia la pizza Margherita…onestamente, non sapevo cosa ordinare per te, ho preso la più semplice.- disse lei, voltandosi verso di me dopo aver sentito il mio arrivo. Aveva un tono pacato questa volta, e mi faceva segno di sederle accanto.

-         Grazie…- replicai, imbarazzato. Era davvero da molto tempo che qualcuno non si prendeva cura di me in quel modo. Ed era in assoluto la prima volta, da quando avevo iniziato a vivere il mio inferno, che non riuscivo a pensare, mi ritrovavo la mente del tutto svuotata.

Presi posto vicino a Lizzie, e, in silenzio aprii il mio cartone di pizza, scoprendo con piacere che era gia stata tagliata in quattro parti.

Era alta e leggermente gommosa, ma buona.

Mi sentivo assolutamente a mio agio, tuttavia quando mi accorsi della troppa vicinanza con il fuoco…

-         Jacob, scusa…che cosa stai facendo?- mi domandò Lizzie, con fare allarmato.

-         Mi stavo solo togliendo la maglietta: sento caldo, tu no? Comunque, se ti da fastidio lascio perdere…- le spiegai, visto che avevo smesso di mangiare per rimanere a dorso nudo.

La ragazza scosse la testa, ma distinsi sulle sue guance lentigginose un lieve rossore espandersi con lentezza.

Il velo di un imbarazzato silenzio ci avvolse, ma non riuscivo a resistere dalla curiosità così chiesi:

-         Lizzie…hai un fidanzato, per caso?-

Si irrigidì all’istante:

-         Sono troppo vecchia per te…in ogni caso no, non ho un fidanzato.- disse, ironizzando.

-         Fiuuu…quando ho indossato questi abiti ho temuto che ci fosse un uomo ad aspettarti, al quale avrei dovuto spiegare il motivo della mia presenza qui.

E comunque, perché dici di essere vecchia? Quanti anni hai? Chi si prende cura di te, se sei single?- dissi, senza pensare.

E i risultati della mia stupidità ebbero un effetto devastante ed immediato.

Lizzie strinse tra le dita un pezzetto di cartone dell’involucro della pizza, riducendolo a brandelli; voltò il viso verso di me, dalla crocchia in cui aveva raccolto i capelli sfuggì una ciocca ed i suoi occhi si ridussero a fessure piccolissime.

-         perché mi fai tutte queste domande? Come ti sentiresti, tu, se ti rivolgessi un interrogatorio su quella tua amica per la quale stai soffrendo tanto? So badare benissimo a me stessa, e non sono tanto sprovveduta da portare uno sconosciuto in casa mia! Attento a non giocare con la fiducia che la riposto in te, ragazzino perché potresti pentirtene!- la rabbia che provava era evidente, ma anche ora, che sembrava aver perso la pazienza, non alzò la voce, il suo tono rimase basso e pungente, tanto da farmi male.

-         Scusami…hai ragione…- sussurrai, col fiato corto. Cercai di parlare il meno possibile perché mi sentivo la voce rotta.

Lizzie mi diede le spalle per qualche minuto respirando profondamente, poi, quando torno a sedersi si barricò dietro una maschera impenetrabile e un silenzio logorante.

Era incredibile quanto fossi stupido: vicino a questa ragazza, ero riuscito da subito a sentirmi meglio perché con i suoi modi decisi era capace di farmi smettere di pensare, e quindi anche di provare dolore; ma, quell’ondata inesorabile di dolore ora mi stava di nuovo sopraffacendo poiché avevo appena deluso l’unica persona che sembrava in grado di farmi stare meglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti! Vi ringrazio per i commenti che mi avete lasciato e mi scuso per aver postato tanto in ritardo questo nuovo capitolo, ma, sapete, non avevo ispirazione. Spero che questo capitolo vi piaccia, spero soprattutto che la reazione di Lizzie non vi abbia spaventati…immagino si sia capito che intende nascondere quanto più possibile su di sé.

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 5
*** 4. perdono ***


4. perdono

 

la mattina seguente ebbi la certezza che il mio udito di lupo funzionava ancora.

Sentii Lizzie alzarsi prestissimo, fare una doccia e vestirsi freneticamente, per poi dirigersi, di soppiatto nella mia stanza.

Riuscivo quasi ad immaginarla: immobile sulla soglia della porta mentre mi osservava dormire, cercando di non fare il minimo rumore per evitare di svegliarmi, e, probabilmente mossa da una leggera compassione poiché ero sicuro che dal mio volto trasparisse una serenità che non avevo mai trovato prima nel sonno.

La sentii sospirare, ma subito dopo entrò, ed iniziò a rovistare in cerca di qualcosa…

Udii che prendeva un pezzo di carta e ci scriveva distrattamente qualcosa…

Poi sentii il suo profumo proprio al mio fianco, sul letto, avvertii la delicatezza del suo tocco, che si posava per un attimo sul mio polso e sulla mia guancia…

Infine, in lontananza riconobbi il rumore di una porta che veniva sbattuta, e supposi che la ragazza fosse uscita per andare a lavorare.

Benché fossi riuscito a sentire distintamente tutti quei rumori, che delineavano i particolari che mi circondavano, non fui in grado di emergere dal sonno per un bel po’ e, nel momento in cui aprii gli occhi mi resi conto che era pomeriggio inoltrato.

Rigirandomi tra le coperte, notai di avere al polso un sottile braccialetto di gomma, semplice, di un unico colore, e nonostante la sorpresa fosse stata grande, mi stupii ancora di più quando per poco non mi sedetti sul biglietto che Lizzie mi aveva lasciato.

caro Jacob,

sono andata al lavoro; torno questa sera verso le 18.

Sarebbe meglio che tu non ti alzassi dal letto, toccando il tuo polso ho notato che hai la temperatura alta…

Ah, per farmi perdonare per come mi sono comportata ieri sera, ti ho lasciato un braccialetto in regalo. Spero ti piaccia

                                                                              Torno presto

                                                                                  Lizzie”

Mi venne quasi da ridere: Lizzie pensava di doversi fare perdonare? E io, allora? Cosa avrei dovuto fare per far sì che lei mi perdonasse, per la mia insolenza? Gettarmi ai suoi piedi?

Fissai a lungo il braccialetto, persino quando mi resi conto che lei sarebbe tornata a momenti ed avrei avuto il tempo solo di gettarmi sotto la doccia e cambiarmi.

Non riuscivo a fare a meno di pensare che per compiere un gesto del genere, doveva tenerci a me…e perciò ero alla disperata ricerca di un’idea che avrebbe rallegrato Lizzie.

Poi, proprio nel momento in cui stavo per sgraffignare un toast dall’organizzata e funzionale cucina di quella casa, l’idea prese forma di colpo e mi divenne chiara come il sole: avrei organizzato un pick nick!

Per diverso tempo setacciai ogni scaffale, cassetto, sportello o ripiano di quella cucina, ed infine, trionfante riuscii a ripiegare con cura una grossa tovaglia blu cobalto in un cestino di vimini, assieme ad alcuni piatti, qualche posata e un paio di bicchieri.

Nel momento in cui la porta di casa sbatté, annunciandomi il ritorno di Lizzie, stavo per accendere la piastra nella quale avrei tostato dei buonissimi panini: la mia specialità.

-         Jacob? Cos’è questo profumo? Cosa stai cucinando? Pensavo stessi male…- mi giunse, poco distante, la sua voce allarmata e preoccupata.

-         Stavo preparando dei panini. Pensavo di portarti a fare un pick nick…per farmi perdonare…- spiegai, quando mi fu accanto.

Notai che sorrideva e mi sfuggì un sospiro di sollievo, fortunatamente non sembrò essersi accorta che avevo palesemente evitato di parlare della mia temperatura corporea.

-         cosa? Adesso?-

-         perché no? C’è ancora il timido sole del tramonto all’orizzonte, non temere.- la rassicurai.

Non replicò, segno evidente che ero riuscito a convincerla.

Insieme uscimmo, ma non ci allontanammo troppo dalla casa, piuttosto scelsi un colorato fazzoletto di bosco, e mi occupai di stendere a terra la tovaglia dove ci saremmo seduti e, tutt’attorno a noi, il resto necessario.

Mi divertiva vedere il diverso colore che le foglie verdi assumevano quando i raggi caldi del sole le colpivano. Era piacevole. Non avevo mai fatto caso alle bellezze della natura, o meglio, mi risultavano tanto belle forse, perché era la prima volta che avevo la possibilità di condividere le mie sensazioni con qualcuno.

Lizzie era visibilmente tesa: evitava di parlare, facendo invece apprezzamenti sul cibo che mangiava.

Di nuovo un assordante silenzio ci inghiottì, ma questa volta decisi che non avevo voglia di sopportare che non potevo sentire la sua voce.

-         mi dispiace per…ieri sera- esordii – forse dovrei iniziare a parlarti di me… dunque, vediamo…la mia amica, quella che non c’è più…aveva un anno più di me e si chiamava Isabella. Credo di averla amata, ma lei non mi ricambiava; infatti, qualche tempo fa si è sposata con un’altra persona…ma, poco dopo…- feci. Cercavo di parlare di tutto ciò non solo per dimostrare a Lizzie che poteva fidarsi di me, ma anche forse, perché ero un pazzo masochista e volevo esorcizzare il dolore.

-         Basta Jacob! Per favore…immagino che tutto questo debba farti male…- mi fermò lei.

-         Sì, è vero. Ma voglio che tu capisca che puoi fidarti di me…ed inoltre…vorrei il tuo perdono.- esposi, sinceramente.

-         Tranquillo, ti perdono, anche perché capisco la tua curiosità. D’altro canto ci conosciamo da pochissimo e…per ringraziarti di esserti aperto con me, ti dirò qualcosa sul mio conto…dunque…mi chiamo Elizabeth Barrett, ho 20 anni e, come dici tu “non ho nessuno a prendersi cura di me”. Gli abiti che hai indossato ieri sono di mio padre, che viene a trovarmi ogni tanto…ah, inoltre lavoro come poliziotta a New Port.- fu veloce e precisa, ma, per la sua ultima affermazione, non riuscii a fare a meno di ridere.

Lei mi fissò interrogativa.

-         scusa se rido…ma, da come mi hai parlato la prima volta che ci siamo incontrati, non riuscivo a vederti fare un altro lavoro.- mi giustificai; in breve anche lei mi seguì: non avevo mai sentito una risata tanto genuina.

D’un tratto notai che Lizzie fu scossa da un brivido di freddo.

Gettai lo sguardo lontano, e non trovando più il sole la invitai a trovare conforto tra le mie braccia.

-         vieni…- le dissi ancora, poiché mostrava qualche titubanza.

-         Sicuro di non avere la febbre?- chiese, per l’ennesima volta, lei.

Prendendola in braccio e stringendola al petto, per darle modo di scaldarsi, evitai di nuovo di rispondere.

E feci lo stesso mentre raccoglievo tutto l’occorrente del pick nick.

Solo quando la porta di casa di Lizzie si chiuse alle mie spalle, ripresi a parlare.

-         grazie per quello che stai facendo per me…-

-         grazie a te, per quello che hai fatto oggi, piuttosto. Era da quando avevo 10 anni che non facevo un pick nick.- mi rispose dalla stanza da letto, dove era andata per indossare la camicia da notte.

Quando l’ebbi di nuovo davanti, con i suoi occhi profondi e sinceri nei miei, spinto da uno strano desiderio, decisi: posai le labbra roventi sulla sua guancia, in un bacio fugace e poi scomparvi al piano superiore, rifugiandomi nella stanza degli ospiti.

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Capitolo 6
*** 5. difesa ***


5. difesa

 

la mattina seguente, per quanto mi fossi sforzato di alzarmi presto, quando andai nella stanza di Lizzie, non la trovai.

Sentii uno stranissimo prurito allo stomaco: la sera precedente, quando l’avevo baciata, mi ero sentito leggero come una piuma, prima ancora che potessi chiedermi come lei avrebbe reagito al mio gesto.

Non c’erano biglietti in giro. Temetti che quella mancanza potesse essere di per sé una risposta. Negativa. Segnale che avevo tradito la sua fiducia.

Stavo per girare sui tacchi, e chiudere la porta della sua stanza, per riservatezza, ma qualcosa attirò la mia attenzione…

…era il riflesso delle tre cornici che ornavano il comò di camera di Lizzie.

Ne presi una in mano, dopo essere tornato sui miei passi, e la osservai: era in bianco e nero.

Due persone sorridevano all’obiettivo, e sullo sfondo, una valle boscosa.

L’uomo con i capelli leggermente mossi e neri come la pece, avvolgeva un braccio attorno alle spalle della donna, con fare amorevole; lei, i capelli bianchi come neve, adagiati sulle spalle, sembrava tesa e aveva gli occhi chini su un fagotto che teneva tra le braccia. Un neonato; di cui si vedevano di sfuggita solo le piccole manine, protese verso la donna.

Pieno di curiosità, immaginai che quei due fossero i genitori di Lizzie, e che quella bambina, fosse proprio lei.

Che strano…Lizzie mi aveva accennato qualcosa su suo padre, ma mai nulla sulla madre…

Con un sospiro mi concentrai sulla seconda fotografia.

Stavolta, venivano ritratti cinque ragazzi, seduti su un prato verdissimo, vestiti con toghe e cappelli quadrati tipici del diploma. Non potei proprio resistere e, aprendo il vetro, guardai sul retro della foto, nella speranza di trovare una didascalia.

La calligrafia pulita e tonda di Lizzie, diceva:

“ diploma. Da sinistra a destra: io, Julian, Esther, Michael e Danielle.”

Mentre la rimettevo a posto, controllai ed analizzai una per una le persone di cui ora conoscevo i nomi.

Lizzie, aveva un sorriso sincero, i capelli biondo rossicci raccolti in una coda di cavallo e, i suoi erano così luminosi che sembrava stessero vivendo un sogno.

Mi domandai se all’epoca della foto fosse stata razionale come ora.

Il ragazzo accanto a lei, Julian, sembrava un dannato tronfio, pieno di sé e spavaldo; solo allora notai che i suoi occhi di ghiaccio fissavano ardentemente Lizzie. Sentii una morsa gelida attorno alla nuca, e mi ritrovai ad odiarlo.

Passai all’altra ragazza: Esther. Lucenti boccoli neri le incorniciavano il viso, egli occhi color nocciola, che guardavano verso l’obiettivo, erano sereni, come se fossero consapevoli nel profondo di un’importante conquista.

Nel momento in cui vidi Michael, per poco non mi cadde la foto dalle mani a causa della forte risata che non riuscii a trattenere.

I capelli color carota erano pettinati alla perfezione, con la riga precisissima. La camicia sotto il maglione sembrava essere stata sistemata con un righello. Dietro gli occhiali da vista si nascondevano due occhi che sembravano adorare lo schermo del computer e, invece, non curarsi troppo del proprio aspetto fisico: come per esempio i radi brufoli che aveva in faccia.

Infine, scrutai Danielle. Il nome mi sembrò francese. Era una bellissima di colore, con gli occhi neri, e dei soffici capelli castani.

La posai, per passare ad ammirare l’ultima foto che stava sul comò. E per poco non mi venne un colpo: erano Lizzie e Julian! Sedevano su un divanetto di pelle colorata, abbracciati…

Che stessero insieme?

Mi scoprii ad essere pungolato da una dilaniante fitta di fastidio…

Mi sembrava che stessi per perdere il controllo, poi, la tensione che minacciava di farmi trasformare, scese di colpo.

Mi ricordai che Lizzie, durante il nostro pick nick, mi aveva assicurato che “non c’era nessuno a prendersi cura di lei”.

Respirai profondamente e mi accorsi di essere letteralmente affamato su quella ragazza tanto riservata e, tuttavia, mi imposi di rispettarla.

Se avesse voluto, mi avrebbe parlato lei stessa dei suoi legami, dei suoi interessi…

Mi sforzai di mettere un piede davanti all’altro, per uscire dalla stanza di Lizzie; quindi, mi gettai sotto la doccia, e rimasi lì per diverso tempo, in attesa che la mente mi si svuotasse.

Mi vestii con i primi indumenti che trovai e, presi a girovagare per casa masticando un toast, che mi ero preparato.

Mi sorpresi del silenzio che c’era in quella casa, dell’armonica quiete in cui era immersa, tanto da sembrare parte integrante della foresta.

Sentire il verso squillante degli uccellini, mi fece desiderare di trasformarmi, di entrare di nuovo in contatto con la natura, sotto forma di lupo.

D’un tratto però, lo sguardo mi cadde sul braccialetto di gomma: era un regalo di Lizzie. Non potevo abbandonarla così, sparendo di punto in bianco.

Inoltre, da quando ero al suo fianco e, mi ero occupato di venire a capo del mistero sulla sua vita, su cui lei manteneva il silenzio, avevo la mente vuota il dolore sembrava diminuire, e mi sentivo meglio.

Con il sorriso sulle labbra mi abbandonai sul divano color crema che si trovava nel salotto, al piano inferiore.

La stanza era circoscritta da immense vetrate, e, mentre mi perdevo ad osservare le fronde verdi degli alberi, che sembravano vividamente vicine, scivolai nell’oblio.

-         Jacob…Jacob?- una voce mi chiamò, in lontananza.

Aprii gli occhi a fatica, e riconobbi Lizzie, seduta accanto a me, che mi sfiorava una spalla.

Ritirò la mano non appena la guardai, segno evidente che non voleva che ci toccassimo…

Oddio, baciarla era forse stato un errore?

-         ti sei alzato dal letto, per venire a dormire qui?- ironizzò, con un sorriso radioso, notando che ero vestito.

-         Addormentato?- chiesi, di rimando, mentre mi mettevo a sedere.

Dalle finestre, la morbida luce del tramonto inondava la stanza.

Fissai quella ragazza, con un sorriso ebete.

In seguito acconsentii anche a preparare la cena assieme a lei, e, mosso da un sentimento sconosciuto feci:

-         sai? Penso di non averti ringraziato abbastanza per quanto stai facendo…vorrei raccontarti qualcos’altro su di me…

quando ero piccolo mia madre morì in un incidente d’auto, e mio padre, in quello stesso incidente, perse l’uso delle gambe. Da allora mi sono sempre occupato di lui, ma, pur essendo figlio unico, non mi sono mai sentito solo…perché…bhè, alla riserva, dove vivevo, ho trovato molti amici, che considero come fratelli.- senza accorgermene avevo abbassato gli occhi sulle mani, concentrandomi su quanto dicevo.

Il tonfo di una padella, che cadeva in terra, mi riportò bruscamente alla realtà. Lizzie mi stava davanti, con gli occhi persi nel vuoto, forse immersi in un ricordo.

-         a me è successa una cosa simile…vedi, anche mia madre è morta in un incidente d’auto. Avevo quattro anni ed ero con la tata, per questo a me non accadde nulla. Mio padre, che era accanto a lei, in macchina, ne uscì illeso, e da allora si dedicò quasi totalmente al lavoro, per assicurare alla giustizia l’ubriaco che aveva causato l’incidente.

Mi sentii molto sola in quegli anni, imparai a fare della solitudine la mia forza; ma era anche un’arma a doppio taglio: se da una parte mi insegnava ad essere riservata e costruiva dei muri tra me e il mio dolore, dall’altra mi provocava profonda paura e sofferenza.

Poi, quando iniziai gli studi, conobbi delle persone che ancora adesso posso considerare come fratelli; condividemmo molte cose, pensa che ora lavoriamo anche insieme.- un lieve sorriso le accarezzò le labbra.

Probabilmente stava parlando delle persone che avevo visto nella foto. Voleva loro bene, era chiaro.

Venire a conoscenza di una parte della sua vita tanto delicata così in fretta, però, mi sconvolse e per tutta la sera mi sentii colpevole per l’ombra di malinconia che le contaminò gli occhi.

Mi stupii di quanto avessimo in comune. Forse era per questo che accanto a lei mi sentivo in pace, al sicuro.

La sentii ancora più vicina a me quando, in piena notte, sentendola piangere, mi precipitai da lei per abbracciarla, mentre le chiedevo perdono per averle fatto ricordare particolari tanto dolorosi.

La settimana trascorse tranquilla e l’unico avvertimento degno di nota, attorno al quale ruotava la mia giornata, era il puntuale ritorno di Lizzie, la sera, e, a giudicare dall’entusiasmo che metteva nel raccontarmi gli avvenimenti della sua giornata, e, qualche particolare in più sulla sua vita di tanto in tanto, pensai che grazie a quel mio abbraccio, tra me e lei dovevano essere cadute molte barriere.

Il sabato, poiché non doveva lavorare, decise che, siccome ero da lei da quasi una settimana, non potevo continuare ad indossare gli abiti del padre, e perciò dovevamo andare a far compre.

Era una cosa che detestavo, ma accettai ugualmente rendendomi conto che era del tempo in più che avrei trascorso con lei.

Mentre ci muovevamo per l’affollata città di New Port, non prestai attenzione a nulla, mi lasciai solo trascinare dalla mano di Lizzie, che stringeva con sicurezza la mia.

In un grande magazzino, la ragazza scelse per me alcune paia di pantaloni, qualche maglietta e camicia, e poi, dopo averle ammassate tutte assieme, si sedette e mi ordinò di andare nei camerini per provare tutta quella roba, poi uscire e lasciar giudicare lei.

Sbuffai, alzando gli occhi al cielo; decisi però che l’avrei presa come un gioco: ad ogni completo che indossavo uscivo dal camerino atteggiandomi in una posa diversa.

Lizzie rideva con sincerità, ma alla fine riprese il controllo di sé e mi consigliò di acquistare alcuni jeans attillati (perché secondo lei, quelli morbidi a vita bassa, di moda in quel momento, mi davano un aspetto troppo trasandato), qualche maglietta colorata e una sola camicia.

Alla cassa mentre lei pagava, ed io prendevo le buste per non farla affaticare, mi abbandonai al ricordo della sua mano che mi accarezzava di sfuggita il petto seminudo, in bella vista sotto la camicia che avevo avuto difficoltà ad abbottonare.

-         andiamo?- mi invitò, carezzandomi i capelli con fare giocoso.

All’improvviso udimmo una voce: lei si paralizzò; io sentii il sangue ribollirmi nelle vene…

-        bene…bene…bene…Elizabeth…non sapevo che ti divertissi a vestire i bambolotti…- era la voce gelida di Julian.

Lizzie me l’aveva descritta quando c’eravamo ritrovati a parlare della sua relazione con lui.

Mi girai lentamente, fulminandolo con lo sguardo.

Mi parve di scorgere nell’espressione di Julian, una scintilla di puro terrore. Deglutì rumorosamente, a disagio.

Forse, ora che gli stavo di fronte, si era effettivamente reso conto che non gli conveniva fare lo sbruffone, dal momento che la mia altezza e la mia stazza erano nettamente superiori alle sue.

Lo squadrai, teso, come quando sotto forma di lupo mi preparavo ad attaccare una preda.

Era il classico tipo che cura maggiormente l’apparenza rispetto alle qualità interiori: completamente abbronzato, con i capelli biondi stirati, e quegli occhi di ghiaccio che avevo detestato sin dall’inizio, da quando li avevo trovati nella foto.

Notai solo dopo che teneva per mano una ragazza di appena diciotto anni, con i capelli biondo platino, la carnagione chiarissima e un completino rosa addosso che le copriva pochissimo il fisico.

Mi ricordava così tanto la vampira biondina che stava con i Cullen…

-         e tu, invece?povero stupido non sapevo che ti piacesse ancora giocare con le barbie…- sbottai, incapace di trattenermi.

La ragazzina affianco a Julian scoppiò a piangere e corse fuori dal negozio; lui fece alcuni passi indietro, col cuore a mille, per lasciarmi passare.

Fuori di me per la rabbia, lo afferrai per la camicia e lo sollevai da terra:

-         devi delle scuse alla mia ragazza, buffone !- gli intimai, scuotendolo come un pupazzo di pezza.

-         Jacob…basta, andiamocene.- mi sussurrò Lizzie, che si era avvicinata e mi aveva posato una mano sulla spalla.

Il suo tocco era freddo, segno evidente che era a disagio. In effetti, tutti, all’interno del negozio ci stavano fissando.

-         aspetta…non ho ancora sentito nulla…- replicai, scuotendo ancora un po’ quell’uomo patetico.

-         E va bene…va bene…mi dispiace per ciò che ti ho fatto, Lizzie.- si scusò con voce tremante e strozzata, Julian.

Lo lasciai andare subito dopo, e presi per mano Lizzie, tra il silenzio generale.

*

- che cos’hai? Non hai detto una parola da quando siamo usciti dal negozio…- buttai là, mentre Lizzie spegneva la macchina davanti casa.

Sbatté con rabbia un pugno sul volante.

-         perché l’hai fatto, Jacob? C’era per forza bisogno di attirare l’attenzione in quel modo? Avrei saputo difendermi da sola, e poi…come ti viene in mente che io possa essere “la tua ragazza”? Mi hai resa ridicola davanti a tutti!- proruppe in un fiume di parole, e quando ebbe finito, uscì dalla macchina senza aspettarmi.

-         Lizzie, aspetta! Lo so che puoi difenderti da sola, ma detestavo il modo in cui quello ti ha rivolto la parola.- le spiegai quando fummo in casa, cercando di afferrarle un braccio, perché si voltasse verso di me.

Ma le mie parole arrivarono tardi: per tutto il resto del giorno mi evitò, rifugiandosi nel silenzio.

Quell’assenza di parole era straziante, logorante e ben presto mi ritrovai da solo, steso sul letto di quella che era diventata la mia stanza, completamente confuso.

All’inizio non ero riuscito a capire il mio desiderio di sapere quanto più possibile su Lizzie; il fastidio che avevo provato vedendo le foto in cui Julian la fissava con bramosia; la necessità di proteggerla da chi, anche solo verbalmente voleva ferirla; o i brividi caldi che mi erano corsi lungo la schiena quando lei mi aveva sfiorato il petto e i capelli…

Ma ora, tutto mi appariva più chiaro, anche se impossibile: io la desideravo.

Desideravo stringerla tra le braccia, sentire il suo respiro sulla mia pelle…

Chiusi gli occhi, respirando a fatica. Non riuscivo a capire da dove mi nascesse questo desiderio, non aveva eguali, non era neanche paragonabile a quello flebile che un tempo avevo provato per Bella. Era tanto intenso da annebbiarmi la vista, da togliermi il respiro. Lizzie stava diventando tutto il mio mondo.

Che fosse quello, l’imprinting?

Caddi in ginocchio, prostrato dalla forza di ciò che provavo nei confronti di Lizzie, e decisi che, poiché probabilmente l’avevo umiliata, affrontando Julian quel pomeriggio, nonostante le mie intenzioni fossero nobili, ora, avrei dovuto stimolare in lei “l’istinto di autodifesa”.

D’altro canto, lavorando in polizia, doveva essere abituata alle esercitazioni per l’autodifesa, no?

Tuttavia, non potevo spingerla a battersi con me; si sarebbe di certo fatta male, ed avrebbe scoperto che le mie ferite si rigeneravano più velocemente rispetto a quelle delle persone normali.

Come avrei potuto fare?

Presi a pugni un cuscino, frustrato, ed improvvisamente ebbi un’idea.

*

non appena la sveglia suonò, annunciando l’inizio della domenica, mi svegliai, precipitandomi giù dal letto, con un soffice cuscino tra le mani.

-         sveglia, sveglia, sveglia! In piedi Lizzie, dai!- esordii correndo in camera sua e gettandomi di peso, sul suo letto.

Presi a picchiarle delicatamente il cuscino addosso, e di tanto in tanto lasciavo qualche morbido bacio sulle sue spalle, sulle braccia, sulla fronte…

Trovai i suoi splendidi occhi color cannella a fissarmi, stanchi a spaesati.

-         Jacob…che cosa stai facendo?- mi chiese, senza sapere bene cosa fare.

-         Dici di saperti difendere da sola…perché non me lo dimostri, combattendo contro di me ad una battaglia di cuscini…all’ultima piuma?- proposi, per farla ridere.

E funzionò. La risata di Lizzie fu così radiosa da rallegrare anche me.

Approfittando della mia distrazione, la ragazza si tolse il cuscino da sotto la testa, e mi colpì in pieno viso.

Nonostante fosse solo un gioco, e Lizzie si stesse divertendo come una matta, mi dimostrò ciò che le avevo chiesto: in breve mi disarmò e si sedette su di me.

Sorrise, poi appoggiò l’orecchio sul mio cuore e con una mano mi accarezzò dolcemente il petto.

Era incredibile quanto i miei muscoli fossero docili sotto il suo tocco.

Chiusi gli occhi e, lentamente, mi spinsi verso Lizzie per baciarla…

Il tocco delle sue labbra sulle mie mi provocò un brivido caldo simile a una scossa, che mi si propagò in tutto il corpo.

-         no…no…cosa stiamo facendo?Oddio, che cosa ho fatto?-domandò Lizzie, d’un tratto, più a se stessa che a me. Posò la fronte contro la mia e, tenendo gli occhi chiusi, scosse la testa, nervosa.

-         Che cos’hai? C’è qualcosa che non va?- le chiesi, spaesato.

-         Sei minorenne Jacob, non capisci? Quello che ti ho fatto è sbagliato!- replicò, pronta. La razionalità stava di nuovo avendo il sopravvento su di lei.

Fece per alzarsi, ma la trattenni.

-         non andartene, per favore, lasciami spiegare…Lizzie, tu non mi hai fatto nulla. Sono stato io a baciarti, ad abbracciarti. Ci vedi qualcosa di sbagliato in questo? Vedi qualcosa di sbagliato nell’amore?- ammutolii di colpo quando l’ultima parola uscì dalle mie labbra. L’avevo detto: l’amavo.

La sottile paura che sentivo svanì, e ripresi a parlare:

-         è così: io ti amo. Non voglio nient’altro se non saperti al mio fianco, sempre.- confessai, poi alzai gli occhi, facendomi coraggio.

-         Non provi anche tu, questo?-

Per tutta risposta Lizzie tornò con slancio tra le mie braccia, ed unì le sue labbra alle mie, in un lungo, appassionato bacio.

Quando ci dividemmo, mentre lei esplorava il mio corpo con le mani, fui costretto a riprendere fiato.

Poi facemmo l’amore. La sentivo vicina a me, più di quanto non fosse mai stata prima, ed ero felice.

Ma avevo anche paura, perché il dolore era intensissimo.

D’un tratto, come per magia, Lizzie mi baciò e il dolore mutò in piacere.

L’abbracciai mentre le nostre anime diventavano una sola.

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Capitolo 7
*** avviso ***


AVVISO

ciao a tutti, non so quanti di voi ancora seguono questa storia, ma, volevo ugualmente avvisarvi che, poiché l’ho iniziata un sacco di tempo fa e ripresa a scrivere solo ora,(ed ho come la sensazione di essere una “persona diversa”rispetto a quella che ero quando ho cominciato a postare questa ff) questa ff potrebbe nel suo svolgimento subire variazioni di trama, rispetto a quella che io stessa ho postato nel primo capitolo.

un bacio a tutti

marty23

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Capitolo 8
*** 6. abbandono ***


6. abbandono

 

Lizzie ed io rimanemmo abbracciati tra le coperte per diverso tempo, mentre lei esplorava con delicatezza i tratti del mio viso, sussurrando il mio nome.

Mi sentivo la persona migliore del mondo: finalmente ero completo, in equilibrio con me stesso, felice.

Mi occupai io – non senza imbarazzo, certo- di mettere a lavare le lenzuola, sporche del mio sangue.

Quando ci alzammo per fare colazione, le coprii il corpo perfetto ed armonioso con la camicia che lei stessa mi aveva comprato, il giorno prima, e, per il resto della giornata mi persi ad osservare qualsiasi particolare mi fosse sfuggito di lei.

Aveva un modo sinuoso di muoversi, i gesti che faceva mentre parlava erano sempre diversi, variopinti come l’universo di emozioni che solcavano il suo viso; i capelli la seguivano docilmente quando voltava il volto, tesa, oppure divenivano ribelli canne di bambù quando scuoteva la testa, felice; e poi i suoi occhi…per me ora costituivano ogni angolo del mio mondo: brillavano, diventando castano dorati, quando qualcosa di semplice la meravigliava oppure quando la paura la sfiorava i suoi occhi sembravano accesi da fiamme color nocciola.

Oddio, mi toglieva il respiro tanto era speciale:era un insieme complesso e meraviglioso di tante piccole cose, ma ora per me era semplice riuscire a comprenderla, come guardare un fiore che sboccia.

D’un tratto, quando schioccò le dita, per farmi riprendere contatto con la realtà, la trovai davanti a me, pericolosamente vicina.

-        ti eri imbambolato…- mi fece notare, mentre mi serviva una fetta di pane con burro e marmellata.

-        Lo so, stavo pensando a te, sei così bella.- le dissi, posando la guancia su una mano.

Mi sorrise, arricciando il naso come una bambina, segno che non si aspettava quel complimento, ma che le avesse fatto piacere.

Le avvolsi le braccia attorno ai fianchi proprio quando stava per tornare ai fornelli e l’attirai a me, facendola sedere sulle mie gambe.

Posai le labbra sulle sue, rubandole un bacio e, subito dopo le cosparsi il naso di marmellata.

Risi, e lei fece lo stesso, mentre cercava giocosamente di liberarsi dalla mia presa.

Giocammo così per un po’, simili a due bambini che non riuscivano a smettere di ridere…

Riuscii a guadagnare un altro bacio, mentre le accarezzavo una guancia, ma poi, Lizzie si fece improvvisamente seria, e mi passò le mani tra i capelli.

-        Jacob… c’è qualcosa che devo dirti…- esordì

-        Ti ascolto.- le assicurai con il sorriso sulle labbra.

-        Ti amo, immensamente. In una settimana sei arrivato ed hai sconvolto la mia vita. Mi sembra impossibile vivere senza di te, ma…non sono la persona che…- l’ultima parte del discorso la rendeva insicura: abbassò gli occhi incerta, senza sapere come continuare.

-        Sei la persona giusta per me, e questo mi basta. Perché ti guardo con il cuore.- la rassicurai, sollevandole il mento con due dita.

Alcune lacrime le fecero brillare gli occhi, illuminandone il bellissimo colore.

Mi strinse per un attimo, posando la testa sulla mia spalla.

-        sì, ma vedi…io…io sono…- stava per dire, ma in quel momento il campanello suonò.

-        Non lasciarti sfuggire il pensiero, amore. Torno subito, vado a vedere chi è…- le dissi.

-        Aspetta, vengo con te.- replicò, un po’ in ritardo; probabilmente sorpresa dal nuovo appellativo che le avevo dato. Si passò una mano tra i capelli e balzò in piedi, correndo scalza sulla moquette.

Evidentemente voleva sbrigarsi per non far attendere troppo chi stava fuori la porta, o magari aveva voglia di giocare ancora e vedere quanto fossi veloce.

In un paio di falcate la recuperai, la presi tra le braccia e me la caricai sulle spalle, mentre lei rimaneva senza fiato e io ridevo a crepapelle.

-        sorpresa, eh?- feci.

In quello stesso istante spalancai la porta. Ciò che vidi mi sorprese a tal punto, che ebbi la sensazione che qualsiasi colore o espressione fosse scomparsa dal mio viso.

 

 

Davanti a me, a braccia conserte, c’erano Leah e quella pallida succiasangue di Edward.

Misi Lizzie a terra, lentamente e subito Leah attaccò, con una voce che mi sembrò estremamente petulante:

-        ah, Jacob, finalmente ti abbiamo trovato! Ma chi è la ragazza…?-

-        Leah, ti presento…- iniziai, con voce atona.

-        Ciao, sono Lizzie, tu sei…- soggiunse Lizzie, con slancio.

-        Un’amica di Jacob, e tu una pervertita: non sai che non puoi portarti a letto i minorenni?- la aggredì Leah,squadrandola a causa del suo abbigliamento: in effetti la mia camicia le copriva il corpo solo fino a parte della coscia.

Lizzie si irrigidì come se avesse ricevuto uno schiaffo in faccia, il bellissimo sorriso che aveva avuto fino ad un attimo prima, scomparve ed abbassò gli occhi.

-        che cosa vuoi?- la assalii di rimando, il corpo scosso da violenti tremiti di rabbia.

-        Devi venire subito Jacob, per favore…abbiamo bisogno del tuo aiuto, no, io ho bisogno del tuo aiuto, ti prego…- questa volta fu Edward a parlare, con voce pacata ma ferma.

Mi voltai verso di lui, arrabbiato.

Come si permetteva di venirmi a chiedere aiuto?

Perché sia lui che Leah si erano presentati, adesso, a disturbare la mia felicità?

L’espressione eloquente che il vampiro mi rivolse però, mi placò immediatamente. Capii subito era lì perché c’era qualcosa che riguardava l’unica persona a cui entrambi tenevamo: Bella.

Che fosse ancora viva?

E, se era così, perché non ne aveva fatto il nome ad alta voce?

Poi, ebbi una rivelazione: forse aveva evitato di farne il nome perché aveva rovistato tra i pensieri di Lizzie.

-        aspettate un attimo…- sussurrai.

Chiusi loro la porta in faccia e trascinai Lizzie con me al piano di sopra.

Mi infilai alla cieca i primi indumenti che trovai, tanto che notai a malapena che Lizzie aveva afferrato il suo cellulare per leggere un messaggio.

infine, mi sedetti sul letto, abbracciando Lizzie, che nel frattempo, era ammutolita.

-        Quelli che hai visto di sotto sono i miei “fratelli”,non so cosa vogliano, ma li devo aiutare. Spero di tornare presto, ricordati che devi dirmi quella cosa…- le sussurrai, liquidando le presentazioni al termine “fratelli”; di certo non potevo spiegarle la faccenda dei vampiri e dei licantropi.

-        Ah sì? Quelli sono i tuoi fratelli? Non noto somiglianze…ah ma forse sono quelli di cui mi hai parlato, dicendo che li consideri come fratelli…sono davvero delle strane persone…- notai che si asciugò di sfuggita gli occhi. Stava piangendo. – mi chiedo come abbiano fatto a trovare questa casa…e che diritto abbiano di arrivare qui e chiamarmi “pervertita”…- ormai aveva la voce rotta, ma gli occhi…non li avevo mai visti ardere di così vivide fiamme.

-        Gliela farò pagare, non preoccuparti, poi tornerò qui, solo per te, amore mio…- le dissi. Leah era stata davvero indelicata.

-        E perché dovresti? D’altro canto sono i tuoi fratelli… anzi, ti dirò di più, nonostante le parole della tua amica siano state assolutamente scortesi, non ha tutti i torti. La nostra relazione è contro natura ,Jacob…non possiamo più stare insieme. Era questo che stavo cercando di dirti prima: non sono la persona giusta per te. Ed ora per favore, vattene.-

Si era alzata in piedi e mi fissava da una specie di “distanza di sicurezza.

-        Cosa…come…non capisco Lizzie, ma di che parli?- le chiesi, perso.

-        Non ti voglio più, Jacob. Devi andartene.- le poche, semplici parole che le uscirono dalla bocca furono come una doccia gelida per me, una pugnalata in pieno cuore.

-        Ma Lizzie, io…io ti…- cercai di dire.

-        Ah! Cosa? Tu mi ami? Possibile che a voi maschi basti una scopata e subito pensate di amare la persona con cui l’avete fatto?- le sue frasi ora erano intrise di cattiveria. Mi spaventarono.

Mi precipitai al piano di sotto seguito da Lizzie; riuscivo a sentire i suoi passi ma non mi sentivo in grado di guardarla.

Nel momento in cui la porta sbatté con forza alle mie spalle, e mi ritrovai in piena foresta con Leah ed Edward, ebbi la sensazione che in quella casa fosse rimasta una parte di me, e non sarei più stato in grado di sentirmi completo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Di nuovo ciao a tutti! Spero che il capitolo vi piaccia, anche se ho dovuto alzare un po’ il rating a causa del linguaggio presente nel capitolo. Ditemi se ho fatto bene. A proposito, secondo voi, perché, se prima si amavano alla follia Jacob è stato cacciato così bruscamente da Lizzie?

Un bacio

Marty23

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Capitolo 9
*** 7. la ragazza che tornò dal Regno dei Morti ***


7. la ragazza che tornò dal Regno dei Morti

 

Mi trasformai immediatamente in lupo e presi a correre senza curarmi di essere seguito da Leah ed Ewdard.

Ogni mio senso, sotto forma di lupo, era amplificato: riuscivo a vedere ogni singola goccia di pioggia cadere sulle foglie verdi degli alberi, sentire anche il più lontano richiamo degli animali della foresta, ma anche il dolore che provavo era forte. Potente come un uragano, sembrava troppo grande per essere contenuto dal mio piccolo cuore.

Continuavo a correre, rispondendo con rabbiosi brontolii alle incessanti domande mentali che Leah mi porgeva, su chi fosse Lizzie, o su quanto sapesse su di noi; non le era bastato che le sue domande avessero fatto scattare in Lizzie una reazione tale da chiedermi di andarmene? Doveva anche continuare a rompere?

-         Leah, per favore…- la richiamò Edward, l’espressione inflessibile in quei suoi occhi castano dorati quando nei pressi di casa Cullen tornai umano.

Sollevai gli occhi stancamente, non mi ero neppure accorto che, a causa della grande distanza che avevamo coperto, era ormai scesa la notte.

-         Lasciami stare succhiasangue, lui è il mio capo branco, non sei tu a dovermi richiamare all’ordine…allora Jacob, si può sapere chi era…?- non la lasciai terminare, mi voltai verso di lei, ringhiando:

-         Hai ragione Leah, non è Edward a doverti richiamare all’ordine, ma io! Perciò, ti ordino di farla finita con le domande su Lizzie!- senza volerlo, mentre cercavo di distinguere dei particolari, al buio, a causa della rabbia, avevo utilizzato il tono da alfa; e subito la ragazza lupo, abbassò le orecchie, ammutolendosi.

-         E tu, lurido succhiasangue, si può sapere cosa diavolo vuoi?!- lo aggredii, senza pensare.

-         Guarda…- mi invitò il vampiro, con i suoi soliti modi gentili che mi irritarono.

Voltai lo sguardo in quell’istante e scorsi a malapena, accanto a Seth, una chioma corvina che mi venne immediatamente incontro.

Prima che avessi il tempo di reagire in qualsiasi modo, una roccia, gelida come il polo, mi si depositò tra le braccia; stringendomi.

Il puzzo di vampiro mi riempì le narici, e stavo per respingerla, quando…

-         Jacob! Jacob, sono così felice di vederti! Ma dove sei stato tutto questo tempo?- abbassai gli occhi, e dietro la pelle bianco perla, dietro la chioma corvina e gli occhi rossi tipici dei vampiri neonati, la voce era leggermente diversa, somigliava ad un’eco di campane, ma la riconobbi ugualmente…

-         Bella?! Bella! Ti credevo morta! Oddio, che bello vederti!- la strinsi tra le braccia, sollevandola da terra.

Per un attimo quell’incontro mi aveva di nuovo liberato la mente: Bella era di nuovo accanto a me! certo, il parto l’aveva quasi uccisa, e per questo il dottor Cullen era dovuto ricorrere alla trasformazione, ed era diversa dalla ragazza impacciata che ricordavo, ma…non ero mai stato tanto felice di vederla!

-         ah grazie!- fece, con fare scherzoso,- possibile che pensi sempre al peggio?- mi rimproverò rinnovando la stretta al mio petto, in un violento abbraccio.

-         Ehm…Bella, scusa se te lo dico, ma dovremmo staccarci…insomma…puzzi veramente troppo…- le feci notare, ora che l’odore nauseabondo delle succhiasangue mi aveva riempito le narici, rischiando di farmi soffocare.

-         Bhè…si può dire lo stesso di te, cuccioliolotto…- replicò lei, ridendo mentre ci separavamo.

-         Devo farti vedere una cosa! Vieni!- mi invitò, con la voce piena di entusiasmo.

Mi strinse la mano, con forza bruta e mi trascinò dentro casa.

-         ahi! Bella!- mi lamentai, sentendo le ossa della mano rotte.

-         Lo so, scusa! Devo imparare a calibrare la mia nuova forza!-

Davanti la porta incrociai di nuovo Seth, fui sorpreso del balzo che fece per stringermi in un abbraccio.

-         bentornato, capo!- disse, felice. Non c’erano dubbi, era davvero un cuccioletto.

-         Ehi pivello, come stai?- fu tutto ciò che riuscii a dirgli, mentre gli scompigliavo i capelli, con un sorriso tirato, perché il pensiero di Lizzie mi tornò subito in mente.

Nell’immenso salone di casa Cullen, era riunita l’intera famiglia.

Non fui sorpreso dalla fredda battuta d’accoglienza che ricevetti dalla biondina mozzafiato, ma piuttosto dell’abbraccio caloroso (per quanto caloroso possa essere l’abbraccio di un vampiro dalla pelle gelida) da parte dell’elfo dai capelli sbarazzini, Alice, e dell’amichevole pugno sulla spalla da parte di quell’orso grosso come un armadio di Emmet.

-         bentornato, Jacob. Siediti, per favore; vuoi qualcosa da mangiare? – mi chiese la chioccia vampira, Esme, facendomi segno di prendere posto in uno dei divani che stavano lì.

-         No, grazie…-

-         Ah! Jacob, guarda chi ti presento?- Bella irruppe di nuovo nella stanza, con quel piccolo demonietto di sua figlia tra le braccia.

Però, era cresciuta: era più alta e i capelli le si erano allungati; morbidi boccoli ramati le accarezzavano le spalle.

-         mi sa che già ci conosciamo, Renesmee…- feci, con voce flebile.

Perché me ne stavo lì, a riallacciare legami con i morti, quando dovevo cercare di capire il motivo della reazione di Lizzie?

Ma prima che potessi replicare, Bella, sorridendo, me la depositò tra le braccia.

La piccola mezzavampira con la carnagione color crema e gli stessi occhi color cioccolato, che un tempo erano stati di Bella; mi fissò per un secondo e poi si avventò sulla mia mano con quei dentini aguzzi.

-         ne hai tutte le ragioni, piccola. Sono stato proprio un bastardo.- le dissi, mentre mi guardavo le ferite che si richiudevano rapidamente. Fortuna che non era velenosa!

Bella ed Edward, erano scattati per togliermela dalle mani, ed ora, vicini, mi fissavano sconcertati.

-         che cos’hai Jacob? Non ti ho mai visto così triste…- mi fece notare Bella.

Perfetto! La mia sofferenza era diventato anche qualcosa di visibile ad occhi esterni! Poi? Che altro? Qualche altra malignità in arrivo da parte del mio destino che si stava prendendo gioco di me?

-         eh? Come? Nooo! Non ho niente tranquilla.- la rassicurai, ma vidi Jasper, con la coda dell’occhio fare una smorfia. Cavolo! Avevo dimenticato che il vampiro biondo poteva sentire le emozioni altrui.

Bella mi abbracciò di nuovo, dopo aver lasciato Renesmee tra le braccia di Rosalie.

-         e così tu sei la ragazza che tornò dal Regno dei Morti! Dai, raccontami la tua storia!- la sollecitai, sorridendo a fatica.

La mia amica si sedette accanto al marito, ed iniziò a raccontare tutto nei minimi particolari…

La sua voce melodiosa mi cullò e mi ritrovai ben presto appoggiato contro una finestra, a pensare a Lizzie. Ancora adesso non riesco a dimenticare le fiamme che avevano animato i suoi occhi quando mi aveva cacciato via.

Non so per quanto tempo ciondolai tra le mie riflessioni, e non so neppure come fece ad accorgersene, ma d’un tratto la voce di Bella mi richiamò:

-         Jacob…Jacob? Ma mi stai ascoltando?-

-         Eh? Sì…sì, sì! Hai detto qualcosa che riguardava un certo Nessie, ma ti posso chiedere una cosa…? Che c’entra il mostro di Loch ness in tutto questo?- buttai là, colto di sorpresa.

Bella scattò in piedi, e si irrigidì, sicuramente pronta ad attaccarmi…

-         Nessie, è il soprannome che è stato dato a mia figlia!- mi rimproverò tra le risate generali.

-         Comunque, ti stavo dicendo che Irina, una delle cugine di Edward, vedendo da lontano Nessie, l’ha denunciata ai Volturi, credendo che fosse stata violata qualche legge… abbiamo deciso di chiamare tutti i vampiri che conoscevamo, per dimostrare loro che Nessie non è una dei bambini immortali; presto verranno e si faranno testimoni, davanti ai Volturi della nostra innocenza…abbiamo anche chiesto protezione al branco di Sam e loro, grazie a Leah e a Seth hanno acconsentito…-

-         Perché vi serve protezione, se siete innocenti? Insomma, voglio dire, il cuore di Nessie, batte.- intervenni; per quanto mi sforzassi non riuscivo a capire.

-         Perché, i Volturi sono famosi per la loro intransigenza. Temiamo che quest’accusa, infondata tra l’altro, sia per loro una scusa servita su un piatto d’argento per dividerci e, uccidere una parte di noi, e per costringere gli altri ad unirsi al clan.- mi spiegò Edward, digrignava i denti spesso, parlando; evidentemente si era finalmente reso conto che quei vampiri erano degli ipocriti.

-         E allora a che vi servo io?- domandai, con la voce quasi incrinata dalle lacrime. Era incredibile che per delle congetture, per qualcosa che ancora doveva avvenire, mi avessero strappato dal mio angolo di felicità.

-         Abbiamo ottenuto il favore di Sam, come ti dicevo, ma ora ho bisogno di sapere se anche tu e il tuo branco sarete con noi.- soggiunse Bella, riprendendo la storia che le avevo interrotto più di una volta.

-         Fate come volete…- sospirai.

-         Jacob! Per la miseria, si può sapere che hai?! Sembri come spento…e quegli abiti non sono i tuoi!- Bella questa volta alzò la voce con rabbia, Seth si irrigidì, ed Edward cercò di trattenere la moglie tenendola per una spalla.

-         Vuoi sapere che cos’ho? Ho avuto l’imprinting ieri, e la ragazza in questione, prima mi si porta al letto, dicendo che mi ama, ma poi, improvvisamente, questa mattina, vedendo tuo marito e la lupacchiotta là in fondo- feci indicando Leah con il pollice- mi chiede di andarmene perché la nostra relazione è contro natura…-

La rabbia che mi aveva scosso in violenti tremiti, scemò di colpo, lasciandomi vuoto, stanco, distrutto.

Quando trovai il coraggio e la calma necessarie per alzare lo sguardo, li trovai tutti lì, vampiri e licantropi, a fissarmi muti come tombe.

-         mi dispiace Jacob…c’è qualcosa che posso fare?- mi chiese Bella, con un’espressione addolorata che mi spezzò il cuore ancora di più. Immaginai che se avesse potuto, avrebbe pianto.

-         No, niente, perciò…volevi la conferma che quando verranno i Volturi sarò al tuo fianco? Ora ce l’hai; ovviamente se anche Leah e Seth sono d’accordo.- mi voltai verso di loro: Seth, alzò un pollice, sorridendo con fare affermativo, Leah si limitò ad annuire; nei suoi occhi vidi un velo di rammarico per le parole che aveva rivolto a Lizzie, e per la sofferenza che stavo patendo - Spero solo che vengano in fretta e che mi si mangino, almeno smetto di soffrire.- replicai, tristemente.

-         Mangiare…non ti mangeranno, Caius odia i licantropi; sicuramente se si arriverà ad uno scontro ti ucciderà lui stesso tra le più atroci sofferenze.- riflettè la vampira bionda.

Edward le ringhiò contro, mentre Bella mi gettò di nuovo le braccia al collo, cercando di confortarmi. Non era cambiata affatto, nonostante il cambiamento di natura; era sempre pronta ad aiutare il prossimo.

 

*

 

Quella notte stessa, su suggerimento di Edward, Bella uscì con lui a caccia per nutrirsi. Nonostante le occhiaie scure sotto i suoi occhi si stessero facendo sempre più profonde, attese che mangiassi tutta la bistecca che aveva chiesto ad Esme di preparare per me.

La Barbie bionda della famiglia Cullen si offrì di darmi un piatto per metterci la mia cena: ritirò fuori la padella che aveva piegato qualche tempo prima, facendola somigliare ad una ciotola sul quale stava scritto, con la sua bella calligrafia: “fido”. Non potei fare a meno di ridere con amarezza.

Edward e Bella correvano accanto a me, nella foresta; la mia amica affondava costantemente una delle sue mani gelide nella mia pelliccia; era piacevole correre col silenzio della notte come complice.

Sotto forma di lupo potei vedere come al rallentatore i balzi lesti che i due vampiri facevano di tanto in tanto, per agguantare le prede; Bella sembrava a disagio che ci fossi io come spettatore al suo pasto, ma forse la infastidiva che arricciassi eccessivamente il naso all’intenso odore di sangue che sgorgava dalle carcasse o che di volta in volta le macchiava la bocca.

-         parlami di lei, Jacob. Ti va?- mi chiese, dopo un po’ mettendosi a sedere su un grosso masso che sporgeva dal terreno, e raccogliendo le gambe al petto.

-         Che vuoi che ti dica? Lizzie è il mio mondo, Bella. L’amo. Mi sembra impossibile che mi abbia detto quelle cose. Quando ha parlato di “relazione contro natura” ho temuto che sapesse che sono un licantropo…- sussurrai, mentre riprendevo le mie forme umane, e stanco mi accasciavo sul terreno umido; ero sicuro che comunque lei, grazie al suo nuovo udito mi avrebbe sentito.

-         Non sa nulla, sta’ tranquillo. Di questo sono certo, l’unica cosa che non so spiegarmi è perché ti abbia cacciato con tanta veemenza; l’ultima cosa che ha pensato è stata: “ci sono problemi al lavoro, non posso mettere in mezzo anche Jacob, sarebbe in pericolo”.- mi disse Edward, mentre si ripuliva il mento da una goccia di sangue.

-         Come lo sai?- gli chiesi, senza fiato; il cuore che mi faceva male.

Edward mi rivolse un’unica occhiata, particolarmente eloquente.

Avevo dimenticato che era “il lettore di menti” di casa Cullen! Alle sue parole, balzai in piedi, spinto da una nuova energia.

-         ci crederesti se ti dicessi che ti si sono illuminati gli occhi, Jake?- Bella mi sorrise, scompigliandomi i capelli con una mano.

-         Lo sai che significa, questo? Che mi ama! E che mi ha allontanato solo perché pensa che potrebbe mettermi in pericolo! Oddio, la amo! La adoro! Glielo devo assolutamente dire! Ragazzi scusatemi se vi lascio, portate  ma devo parlare subito con Lizzie!- mi ritrovai ad urlare ed a parlare in maniera frenetica, quella rivelazione aveva fatto esplodere in me una miriade di pensieri, ed ora così tante riflessioni mi affollavano la testa, che non riuscivo a mettere in ordine una frase di senso compiuto.

Avvolsi sia Bella che Edward in una stretta vigorosa, e prima che potessero aggiungere altro, oltre quel “corri da lei, e buona fortuna!” mutai in lupo, e la pelliccia mi riparò da una folata di aria gelida.

-         qualche volta ce la farai conoscere?- mi chiese Bella, affidando le parole al vento.

Mi voltai un’ultima volta verso di loro, giusto il tempo di strizzare l’occhio in segno d’intesa e vedere i primi raggi del sole che timidamente spuntavano, facendo risplendere entrambi di un chiarore iridescente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

Ciao a tutti! Prima di tutto vi vorrei ringraziare per le recensioni che avete lasciato, mi fa piacere che la storia vi piaccia; spero che sia lo stesso con questo nuovo capitolo!

A proposito mi dispiace se il capitolo può risultare un po’ frettoloso, e poco approfondito, ma credo di essermi lasciata prendere un po’ dall’emozione, visto che ieri sera mi è magicamente venuta in mente la fine della storia.

Fatemi sapere comunque che ne pensate

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 10
*** 8. in pericolo PARTE 1 ***


8. in pericolo

parte 1

 

il cuore mi batteva a mille, mentre correvo nella foresta, in direzione di New Port. Lo sentivo così grande, così ricolmo di gioia da riempirmi persino la gola.

La certezza che Lizzie mi amasse, che mi avesse allontanato per non mettermi in pericolo (chissà da cosa poi, visto che, nonostante non glielo avessi detto, mi ero ripromesso che sarei stato io a proteggere lei), mi fece sentire forte come una montagna, veloce come…bhè come un licantropo e di nuovo felice.

Mi godevo con l’allegria di un bambino ogni singola falcata che mi avvicinasse alla città, i colori della foresta e i suoi suoni, che sembravano essere tornati di nuovo limpidi, vivaci, vivi.

E, quando finalmente potei distinguere in lontananza l’abitazione di Lizzie, il tetto spiovente, le vetrate rivolte sempre verso il sole; mi sentii come se stessi tornando a casa.

 

Ripresi le mie forme umane nascondendomi dietro un albero lì vicino, ed indossai gli abiti che mi ero portato dietro, tenendoli in bocca.

Mi avvicinai di soppiatto, nell’aria c’era qualcosa che non andava: certo, quel luogo era intriso del suo dolce odore di fiori, ma era un profumo in un certo senso affievolito

Mi tormentai, domandandomi se fosse andata via da molto.

Poi, passando accanto all’albero i cui rami spesso si intrufolavano nella camera di Lizzie, dalla finestra; notai con sollievo che era aperta, e decisi che sarei entrato.

Facendo leva sulle gambe e posando le braccia su alcune sporgenze del tronco, mi mossi agile come un giunco nonostante la mia stazza ed in breve mi ritrovai a toccare il pavimento della stanza di Lizzie.

Le lenzuola del letto erano tanto in disordine da allarmarmi, e, uno strano ticchettio che non avevo mai sentito prima, dal momento che in camera di Lizzie non c’erano orologi, mi dava tremendamente fastidio all’udito.

-         Lizzie? Lizzie dove sei? Ti prego, devo parlarti!- la chiamai, aggirandomi per tutto il piano superore; di lei però, neppure l’ombra, ed ogni cosa sembrava essere rimasta esattamente come l’avevo lasciata quando ero andato via.

Quello strano ticchettio, inoltre, continuava, rischiando di farmi impazzire.

Quando feci per scendere per le scale, fui interrotto da un gran fragore: a giudicare dalla frequenza e dalla forza dei passi, in casa doveva esserci più di una persona.

A metà scala, mi trovai davanti Esther e Danielle, leggermente più alte rispetto alla foto che avevo visto, ma in un certo senso sempre le stesse; le espressioni erano spaesate ma piene di rabbia, e mi stavano davanti, minacciandomi con  delle piccole pistole nere puntate addosso.

- ehi…voi dovete essere Esther e Danielle, piacere di conoscervi. Sapete dove posso trovare Lizzie? Le devo parlare subito.- feci, leggermente a disagio per quell’accoglienza strana.

Va bene che erano della polizia, e che magari erano lì mentre Lizzie era assente, per impedire che la casa della loro amica venisse svaligiata dai ladri, ma erano un tantino eccessive.

- chi diavolo sei? Cosa vuoi da lei? Come sai i nostri nomi?- i pochi boccoli neri di Esther, che sfuggirono dalla crocchia rigida in cui erano raccolti, ondeggiarono mentre lei avanzava verso di me, decisa.

Sentii la fredda canna della pistola pericolosamente vicina alla gola.

-         calmatevi, sono qui solo per parlare con Lizzie: è davvero urgente.- dissi, con tono pacato, sollevando le mani visto che loro non accennavano ad abbassare le armi.

-         Che cosa vuoi da lei?- scandì Danielle, scuotendo la bruna coda in cui aveva raccolto i capelli.

-         Sono stato da lei tutta la settimana scorsa, mi ha parlato di voi, del suo lavoro in polizia e…bhè stavamo insieme. Ma oggi mi ha mandato via, a causa di un malinteso, è per questo che le devo parlare, voglio chiarire ogni cosa.- pensavo che la voce mi sarebbe uscita dalle labbra in maniera flebile, specchio della vergogna che provavo a parlare dei miei affari più intimi, invece la voce mi uscì chiara e fiera.

Danielle fissò l’amica che le stava accanto con occhi sbalorditi, forse perché Lizzie non aveva mai parlato loro di me ma tra le due balenò anche uno sguardo complice; che non seppi spiegarmi, e rimasi teso, all’oscuro da quel significato per un attimo interminabile, finchè le due non abbassarono le pistole.

-         scusaci per la nostra reazione. Lizzie non è qui comunque, e noi ci stiamo occupando di controllare la sua casa.- mi spiegò Danielle, mentre mi stringeva la mano.

-         Che care siete,- feci, sorridendo falsamente, per schernirle. Detestavo ammetterlo ma il loro modo di fare mi aveva davvero spaventato - avete controllato la sua stanza piuttosto? Sento uno stranissimo ticchettio…- chiesi loro.

Prima che una delle due potesse fare o dire qualsiasi cosa, il telefono nella tasca di Esther prese a squillare allegramente.

La donna, rispose prontamente mentre Danielle mi stringeva la mano, presentandosi e mi invitava a scendere al piano di sotto.

Cercando di essere gentile, rivolsi comunque le orecchie alla conversazione che Esther stava tenendo al cellulare; era molto strano che a quell’ora del mattino in casa non ci fosse Lizzie, e invece ci fossero due delle sue migliori amiche.

-         ah, ciao Michael! Sono così contenta di sapere che stai bene. Anche a me risulta impossibile che Julian ci abbia traditi. Sì, ha ucciso il padre di Lizzie; sì, lei lo sa è per questo che è partita…- stava dicendo, al Michael che avevo visto nella foto.

Mi irrigidii, sentendo quelle parole.

Danielle, agitata cercava di attirare l’attenzione di Esther per intimarle di stare zitta.

Che cosa dovevano nascondere?

Era un problema per loro parlare davanti a me?

Lizzie era anche affar mio ora, e dopo quel poco che avevo saputo, giurai a me stesso che Julian l’avrebbe pagata per ciò che aveva causato a Lizzie.

Presi a girovagare per casa, controllando in ogni più piccolo angolo, con un brutto presentimento addosso.

Danielle cercava di tenere il mio passo e di impedire che facessi qualsiasi cosa: quelle due nascondevano sicuramente qualcosa ed immaginai che non appena Esther avesse terminato la comunicazione, io e quelle due avremmo fatto una lunghissima chiacchierata.

Incurante di quella ventenne di colore, abbastanza piccola di statura per l’età che aveva, presi a ragionare ad alta voce, mentre prestavo sempre un orecchio alle parole di Esther e un altro a quel ticchettio che mi stava facendo impazzire.

Poi, d’un tratto la trovai…

Rimasi senza fiato, così come la piccola Danielle che seguiva i miei movimenti.

-         o mio dio…è una bomba…- riuscì solo a dire.

A giudicare dallo schermo con i numeri colorati, ci rimaneva davvero poco tempo.

Riuscii a recuperare in poche falcate Danielle, che dopo aver visto la bomba sotto il letto di Lizzie, era corsa ad avvisare Esther; e mi caricai la moretta sulle spalle, senza preoccuparmi del fatto che fosse ancora al telefono.

Mi precipitai giù per le scale, e immediatamente fuori di casa, mentre la donna si dimenava come un anguilla, sbraitando e urlandomi contro come una matta.

Di colpo, senza preavviso, vi fu un boato folle e l’onda d’urto dovuta all’esplosione ci scaraventò tutti sul prato.

Ero senza fiato, però mi accasciai tra i fili d’erba solo dopo essermi assicurato che Danielle ed Esther fossero salve.

-         Michael, sei ancora lì? Julian ha messo una bomba in casa di Elizabeth. Puoi contattare il tuo amico pilota e chiedergli se porta sia me che Danielle in Alaska? Temo che Lizzie sia in pericolo.- disse solo, riportandosi, con la freddezza dovuta allo shoc il cellulare all’orecchio.

-         Senti, non starò qui ad assillarti con inutili domande, tipo che cavolo ci faceva una bomba in casa di Lizzie? Ma voglio venire con voi, e non osare dirmi di no, perché se non fosse stato per me, moretta, ora non avresti più la pelle attaccata alle ossa! Se Lizzie è in pericolo devo venire con voi per salvarla, e devo farla pagare a Julian per ciò che le ha fatto.- dissi, tutto d’un fiato, fissando con veemenza Esther negli occhi ed usando inconsapevolmente il tono da alfa.

Mi sarei aspettato che lei replicasse, ma forse in parte per merito del mio tono particolare, forse anche grazie alle occhiate di convinzione che le lanciava Danielle da dietro la mia spalla, bisbigliandole che dovevano fidarsi di me poiché avevo salvato loro la vita; lei non osò replicare, annuì soltanto e, mentre ci alzavamo riuscii a malapena a sentire il timido grazie da parte di Danielle.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Altro capitolo! Spero vi piaccia, anche per questo vi porgo le mie scuse se dovesse risultare frettoloso e poco chiaro...

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 11
*** 8. in pericolo PARTE 2 ***


8. in pericolo

parte 2

 

I pensieri nella mia testa erano tanti, e vorticavano tanto velocemente da farmi male.

Ero come cieco, sordo e muto.

Davanti ai miei occhi potevo solo vedere il volto serio di Lizzie, distrutto dal dolore per la perdita del padre; potevo vederne poi, bei lineamenti cambiare, trasfigurati dall’odio più puro nel momento stesso in cui era venuta a sapere che Julian era colpevole di quel gesto.

Potevo sentire le sue urla di rabbia; la sua furia mentre si scagliava contro Julian tra i paesaggi sconfinati dell’Alaska.

Non osavo però immaginare a come avrebbe reagito se avesse saputo anche che la sua casa era stata distrutta da quel bastardo.

E temevo, nel più profondo del mio cuore, che le fosse capitato qualcosa…

D’altro canto, nonostante la sua ira la rendesse forte, era sola, e Julian…bhè a quanto avevo capito in Alaska, quello doveva avere una sorta di…casa…o laboratorio e di conseguenza anche dei collaboratori e perciò Lizzie si trovava in svantaggio numerico.

Lizzie era sola, in quell’impresa, nonostante io Danielle ed Esther, ci stessimo dirigendo da lei, in quel momento poteva contare solo su se stessa.

Il tentativo di Julian era stato chiaro: annullarla, spazzarla letteralmente via dalla faccia della terra; le aveva ucciso il padre, le aveva fatto esplodere la casa; le stava distruggendo il passato.

Giurai a me stesso che l’avrebbe pagata.

Quando l’aereo privato decollò, la pressione mi fece male alle orecchie. Ero stato tanto assorbito dal pensiero della donna che amavo, da non notare nient’altro attorno a me.

Era la prima volta che volavo, e in quell’istante, distratto dalle mie riflessioni, fui preso dal panico.

Lasciai correre, teso, lo sguardo da Esther, seduta a quattro file di distanza da me, a Danielle, che mi sorrideva, cercando di far diminuire il mio disagio, che evidentemente era visibile anche ad occhi altrui. Quella ragazza di colore, doveva avermi preso in simpatia.

Dopo qualche minuto, mentre cercavo di concentrarmi sui miei stessi pensieri, e su Lizzie, per scacciare il nervosismo che mi pervadeva; Danielle prese posto sul sedile di fronte a me, nonostante un’infiammata occhiata di disapprovazione da parte di Esther.

-         deve davvero detestarmi…- dissi, sforzandomi di sorridere.

-         Non t’è sfuggito il suo sguardo, vero?- mi chiese, distogliendo lo sguardo mentre si mordeva un labbro, a disagio.

Scossi la testa.

-         scusala, anche se non sembra, ti è grata per averci salvato la vita. È solo riservata perché è preoccupata per Lizzie…- mi spiegò, gentilmente.

-         Anche io lo sono, credimi. Se dovesse succederle qualcosa…non me lo perdonerei. Ma mi sono ripromesso che Julian pagherà sicuramente per ciò che ha fatto.- per la prima volta il sudore dell’ansia scomparve e mi sentii freddo, lucido, traboccante di rabbia.

-         Sembri molto determinato. Devi tenere molto a lei; posso chiederti come l’hai conosciuta?- stavolta colsi nella sua voce, finta cortesia, e piuttosto venne fuori la deformazione personale da poliziotta di quella ragazza, con l’inclinazione all’investigazione.

-         Credevo di aver perso da poco una persona cui tengo molto, il dolore mi stava distruggendo, ma lei mi ha salvato: adesso è il mio mondo. Ma a causa di quel malinteso di cui vi ho accennato, ci siamo divisi; però, tengo troppo a lei, e qualsiasi sarà la sua reazione, io devo dirglielo.- troppo preso da quel discorso, non avevo notato che Esther era scomparsa oltre la cabina di pilotaggio, per rispondere ad una chiamata del pilota, e che ora era tornata.

Era appoggiata allo schienale del sedile di Danielle, e mi fissava, fredda.

-         le tue parole sono bellissime…ma…Jacob, dubito che tu conosca Lizzie nel profondo…- attaccò.

-         Che vuoi dire…?- replicai, duro, sostenendo il suo sguardo.- piuttosto, perché Julian ha agito così contro di lei? E dove stiamo andando, ora?- chiesi.

-         Julian è un pazzo…tutti noi lo credevamo un amico, penso che abbia agito così per vendicarsi del fatto che Lizzie ha rotto con lui…- sussurrò Esther, abbassando gli occhi, tristemente.

-         No, non credo. Lizzie ha lasciato Julian troppo tempo fa, ed inoltre, un sabato mentre io e Lizzie stavamo facendo compre, lo abbiamo incontrato nel negozio. Ti assicuro che quella volta il suo intento era solo ed esclusivamente mirato alla pubblica umiliazione di Lizzie…- raccontai, mentre i ricordi di quel sabato mi tornavano vividi alla mente.

Danielle ed Esther si scambiarono un’occhiata criptica.

-         perché stiamo andando proprio in Alaska? Lizzie vi ha forse parlato di ciò che aveva intenzione di fare? Avete almeno sue notizie o l’avete lasciata completamente sola?- feci, mentre la rabbia mi scuoteva le membra.

Danielle si frappose prontamente tra me ed Esther.

-         alcuni colleghi dicono che hanno visto Lizzie, tramite un satellite, entrare in una grotta nei pressi della periferia di Valdez…- riferì, più all’amica che a me.

-         Ma che razza di persone siete? Lasciate che Lizzie vada da sola nella tana di un assassino che ha provato a farla fuori, e la controllate con un satellite? Cosa vi fa pensare che Julian sia proprio lì? Non potrebbe essere una trappola?- sbraitai, accecato dalla collera.

-         Non stare a giudicare noi; piuttosto prometti che non ci creerai problemi, e ti impegnerai al massimo per salvare Lizzie, allora, forse potrai venire con noi.- soggiunse Esther, come lanciandomi una sfida.

-         Non serve che vi faccia questa promessa. Io amo Lizzie.- dissi, freddo.

Nessuna delle due osò replicare.

*

l’aereo atterrò leggero sulla pista, e, nel momento in cui uscimmo all’aperto, una folata di vento gelido ci colpì.

Le due ragazze rabbrividirono, ma io ne approfittai per ampliare i miei sensi di lupo, nella speranza di cogliere il suo profumo…

Mentre seguivo Danielle ed Esther verso una macchina lasciata sulla pista appositamente per noi, continuavo la mia ricerca. Stavo per perdere le speranze, quando…

-         andate avanti voi, io vi raggiungo. Ci rivediamo qui!- urlai, gettando loro un’occhiata veloce per avvisarle.

Spiccai un balzo e corsi tra le fronde della foresta, che sembrava addirittura voler ingoiare il limitare della pista d’atterraggio; mentre ringraziavo per la presenza di quegli alberi ombrosi, che mi davano la possibilità di trasformarmi.

Mentre sentivo la pelliccia comparirmi sulla schiena e sul dorso, provai ad immaginare l’espressione rassegnata di Esther, e quella perplessa di Danielle, per la mia improvvisa scomparsa.

 

Finalmente, da lupo, lanciai un ululato e presi a correre follemente tra le selci del terreno. Se non fossi stato così annebbiato dal desiderio di riavere quanto prima Lizzie, accanto a me, avrei ammirato con maggiore trasporto il verde intensissimo di quegli alberi, che in parte già rischiava di essere celato da una coltre di neve bianca; oppure la piccola cascata che scrosciava allegra versando ogni secondo litri e litri di acqua cristallina e pura.

Di tanto in tanto segnavo con le unghie la corteccia degli alberi, per ricordarmi dove fossi passato e nel frattempo seguivo l’odore di Lizzie, che si faceva sempre più intenso.

Solo quando mi fermai davanti al luogo dove il suo odore era tanto forte da darmi quasi la nausea, mi resi conto che era una grotta.

Cercando di fare il minimo rumore, entrai di soppiatto nel lungo ingresso dalle pareti gelate.

Il terreno, man mano che avanzavo, si ricopriva sempre di più di uno spesso strato di ghiaccio…

La paura mi pervase: se avessi rotto con il mio peso quello strato, sarei stato subito scoperto, e per Lizzie, oltre che per me, sarebbe stata la fine; cercai quindi di posare minor peso possibile sulle zampe, mentre iniziavo a sentire la voce della mia amata e di Julian.

Ciò che trovai davanti ai miei occhi, mi fece ribollire il sangue nelle vene: Lizzie era con le spalle contro la parete rocciosa, completamente disarmata, coperta solo da uno spesso cappotto bianco che la faceva somigliare ad un grosso pasticcino ricoperto di panna. Lanciava accuse sibilanti, contro Julian, che era a parecchia distanza da lei, ma le puntava un’arma contro.

Ringraziai il cielo che quel bastardo fosse vicinissimo a me, e mi desse le spalle.

La mia mente quindi, resa lucida dalla rabbia, lavorò veloce e decisi immediatamente cosa fare…

Da quel momento, tutto accadde in una frazione di secondo: ringhiai, pronto a balzare addosso a Julian colpendolo alle spalle.

Il ragazzo si girò lesto nella mia direzione, il viso una maschera di terrore, cominciando a sparare già mentre ruotava il busto.

Un fracasso infernale regnò per un attimo interminabile in quella grotta silenziosa.

Gli fui addosso prima che potesse colpirmi, ma alcune pallottole finirono sull’opaca e sottile lastra di ghiaccio che si trovava esattamente al centro della grotta…

Lizzie, approfittando della distrazione di Julian spiccò una corsa, cercando di allontanarsi il più possibile.

Un proiettile le colpì il ventre e lei, perdendo l’equilibrio, mise un piede in fallo, sulla lastra di ghiaccio nel centro, già incrinata, e sprofondò nel vuoto, urlando, mentre la lastra si rompeva, sotto il suo peso.

Io, allarmato dalle urla della ragazza, abbandonai la coscia di Julian, che avevo azzannato per sbranarla, e lasciai che se ne andasse, ormai disarmato e pieno di paura.

Mi precipitai invece, a vedere come stava Lizzie, e con una così intensa  sorpresa che mi raggelò il cuore, scoprii che era caduta in una pozza profondissima di acqua gelata.

Era scomparsa, inghiottita dall’acqua…un’intensissima angoscia mi avvolse il cuore in una morsa d’acciaio. Ero pronto a tuffarmi per riprenderla, ma d’un tratto, scorsi un lembo del suo cappotto che riemergeva.

L’afferrai tra i denti, mettendo tutte le mie forze nel tentativo di tirarla fuori…

Si abbandonò a terra, immobile, e solo allora corsi a vedere come stava: il viso era cereo, ed aveva le labbra livide…

Se non le avessi tolto di dosso immediatamente quegli abiti fradici, non si sarebbe scaldata, e a causa del gelo ristagnante sulla sua pelle, il cuore le si sarebbe fermato.

Cercando di essere il più delicato possibile, presi in bocca il suo cappotto, ma lo strappai, nel tentativo di sfilarglielo; la stessa sorte toccò ai pantaloni che erano tanto aderenti alle sue gambe, che per un attimo temetti che, per toglierglieli, l’avrei ferita.

Lizzie nel frattempo cercava di scacciarmi, dimenandosi; forse essere spogliata da un lupo non era ciò che desiderava, ma chissà, magari se avesse saputo che ero io…

Fortunatamente la ferita al ventre e il gelo che sentiva addosso gli impedirono di fare dei movimenti completi, e ben presto, quando rimase in completo intimo, potei gettarmi su di lei e far sì che si riscaldasse.

Per lungo tempo, Lizzie non si mosse, ed io di conseguenza, non riuscivo a fare altro che guaire, preoccupato; poi, tutt’a un tratto, dopo aver appurato che il suo cuore fosse tornato a battere regolarmente, capii che riuscì in qualche modo ad affondare le mani nella mia pelliccia, e, subito dopo mi alzò il muso, in modo da potermi guardare negli occhi.

Incrociato il mio sguardo, la sua espressione seria mutò, e si fece dolcissima:

-         hai degli occhi bellissimi, sai? Mi ricordano così tanto quelli di un mio amico…- la sua voce era lievemente roca, ma non aveva perso quel tono sognante che adoravo.

Le leccai il viso, nella vana speranza che capisse, poi, mentre schifata si puliva con una mano, tornai balzellando felice come un bambino verso l’entrata della grotta, dove avevo visto che Julian aveva abbandonato il suo cappotto.

Lo portai a Lizzie e, mentre si metteva faticosamente in piedi, premendosi una mano sulla ferita al ventre, strusciai affettuosamente la testa contro la sua gamba, invitandola ad indossarlo.

-         vuoi che…lo indossi?- mi chiese, con la voce piegata dal dolore, mentre le facevo dei chiari segni.

Finì di nuovo in ginocchio mentre si copriva con cappotto, ed io fui preso dal panico: quella piccola ferita stava facendo più danni del previsto. Avrei dovuto sbrigarmi se avessi voluto salvarla.

Quando finalmente si fu coperta, mi avvicinai a Lizzie, premendo la mia fronte contro la sua…poi, mi acquattai a terra, facendole segno di salirmi in groppa.

Fui felice che eseguì senza fare domande per assicurarsi di aver capito bene; ringraziai anche per la mia stazza notevole, sotto forma di lupo, che mi permise di tenerla in groppa; ma mi allarmò che si accasciasse poco dopo sulla mia schiena, ripiegandosi su se stessa per il dolore della ferita al ventre e mi gettai in una corsa folle, sperando di arrivare nel minor tempo possibile all’aereo.

*

- ripetimelo un’altra volta, Jacob, ti prego: come hai trovato Lizzie?- mi interrogò Esther, scettica in merito al mio racconto.

- ho raggiunto la grotta a piedi, ed ho trovato Lizzie, completamente bagnata, mentre un gigantesco lupo la teneva al caldo. E senza che mi fai altre domande ti rispondo subito: era bagnata perché in seguito ad una colluttazione con Julian, è caduta in una sorta di pozza ricoperta di ghiaccio, che si trovava nella grotta; ed io dopo aver cacciato il lupo mi sono limitato a riportarla qui.- ripetei, per la centesima volta ad Esther che, dopo aver curato la ferita di Lizzie, aveva chiesto a Danielle di vestirla, sconcertata dal fatto che fosse in intimo.

Ora, Lizzie era stata sedata e dormiva beatamente, abbandonata su uno dei comodi sedili dell’aereo, ed io, mi ostinavo a non perderla mai d’occhio.

Esther e Danielle, mi fissavano perplesse, incapaci di spiegarsi come avessi potuto trovare Lizzie, e potarla in salvo in così breve tempo, poiché mi ero rifiutato di andare in macchina con loro.

L’aereo decollò: mi rilassai, nonostante le orecchie mi facessero di nuovo male, perché stavamo tornando a casa e la minaccia rappresentata da Julian ormai non contava più nulla.

-         stiamo tornando a casa, non è vero?- chiesi, distrattamente, grattandomi il mento.

Le due ragazze annuirono.

-         stavo pensando…visto che la casa di Lizzie è andata distrutta, posso portarla con me?- domandai, cercando di sembrare educato.

Danielle si irrigidì, ma non disse nulla, Esther invece, scattò in piedi, con i nervi a fior di pelle.

-         lascia che ti dica, Jacob, che non credo a una sola parola di ciò che hai detto; per quanto mi riguarda, visto che hai riportato Lizzie in intimo e in parte priva di sensi, potresti averle usato violenza…- fece, gelida.

-         Esther, prima di tutto lascia che ti dica che io amo Lizzie, e non oserei mai farle del male. Inoltre, non sappiamo che fine abbia fatto Julian, potrebbe essere ancora vivo; ti ho detto, prima, che l’ho visto correre fuori dalla grotta con una gamba insanguinata; perciò per quanto ne so io potrebbe tornare a cercarla. Sinceramente, non conosco un luogo più sicuro di casa mia: è un luogo dove quel bastardo non si sognerebbe mai di cercarla; ci vive anche un dottore, perciò se dovesse succedere qualcosa alla sua ferita, sarà pronto ad intervenire.- la rassicurai, con un ragionamento logico.

La ragazza si inanellò un ricciolo attorno al dito, poi annuì, dandomi il permesso di portarla con me.

Sorrisi, sfiorando i capelli ancora un po’ umidi di Lizzie, e riuscii solo a pensare: cari Cullen, sto arrivando!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE AUTRICE

Ciao a tutti, scusatemi per l’attesa, solo ora sono riuscita a postare questo nuovo pezzetto; mi auguro vi piaccia e, a proposito ci terrei a dire, che siccome non sono mai stata in Alaska, il nome della città Valdez, è vero ( ho controllato su una cartina) ma le descrizioni del paesaggio sono completamente inventate da me.

Fatemi sapere che ne pensate,

un baciotto

marty23

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Capitolo 12
*** 9. scoperte PARTE1 ***


9. scoperte

 

Parte 1

 

-         Jacob, dovresti riposare…- mi bisbigliò il dottor Cullen in un orecchio, posandomi una mano sulla spalla.

Sussultai. Ero chino sul divano del salotto dei Cullen a vegliare su Lizzie, da tutto il pomeriggio, ed ormai l’anestesia che le aveva somministrato Esther, avrebbe dovuto finire a breve il suo effetto.

Ero rimasto sempre accanto a quella ragazza, beatamente addormentata, in attesa che si svegliasse.

Carlisle mi sorrise benevolo, invitandomi con un cenno, a seguire sua moglie che, immobile sulla soglia della cucina, mi aveva preparato qualcosa da mangiare.

Mi alzai con lentezza, distendendo i muscoli: avevo sonno, ma la tensione non mi abbandonava. Lasciai scorrere lo sguardo sul viso di Lizzie, e mi affrettai a sparire oltre la porta della cucina, per sedermi al tavolo dal design moderno e mangiare meccanicamente, senza sapere con esattezza cosa mettessi in bocca.

Non riuscivo a tenere gli occhi sul piatto, l’immagine del volto della mia ragazza non mi lasciava; credetti però, a giudicare dalle flebili risate che mi arrivavano alle orecchie, da parte della Barbie Biondina, che lei stessa si fosse occupata di servirmi il cibo, nel mio- ormai famoso- piatto- ciotola.

Mentre voltavo la testa, agitato,  verso quel piccolo spiraglio di salotto che si scorgeva dalla cucina- nella speranza di udire anche solo un piccolissimo rumore proveniente da Lizzie – Rosalie finalmente percepì lo stato di preoccupazione in cui mi trovavo e, ad un solo sguardo di quello scimmione di Emmett, divenne silenziosa come una tomba.

-         Jake, vieni!- mi chiamò Bella, d’un tratto.

Mi precipitai nel salone, col cuore a mille, e il respiro corto. Notai di sfuggita che Bella era seduta sulle scale e abbracciava con lo sguardo il divano, dall’alto.

Le sorrisi, grato; il suo gesto era un chiaro segno di rispetto nei miei confronti: Bella era una vampira ancora neonata. Io le avevo portato in casa Lizzie, una ragazza umana e anche sanguinante; e lei, poiché sapeva quanto amassi Lizzie, si stava sforzando con tutta se stessa di starle lontana, per non attaccarla.

Sedetti delicatamente su una porzione di divano rimasta libera, e presi la mano di Lizzie tra le mie. Edward e suo padre erano accovacciati davanti al viso della ragazza, passandole piano dei Sali davanti al naso, per farla rinvenire.

Ma, mi infastidì non poco che quei due le fossero tanto vicini, poiché lei, siccome sotto la coperta che Esme mi aveva dato per coprirla, non aveva altro se non il suo completo intimo, era seminuda e addormentata…

-         tranquillo, è tutta tua…si sta svegliando…- mi disse Edward, toccandomi un braccio. Mi aveva di nuovo letto nei pensieri, ma non gli risposi.

Ero letteralmente sommerso dai ricordi impressi a fuoco nella mia memoria; vi stavo quasi annegando dentro.

Non appena Estther e Danielle avevano lasciato me e Lizzie all’aeroporto di Seattle, avevo assunto forma di lupo per poi lanciarmi in una folle corsa, diretto nell’unico luogo che consideravo sicuro.

Non riuscivo a togliermi dalla testa la forza con cui Lizzie aveva affondato le mani nella mia pelliccia, come se volesse pregarmi di andare più veloce, o forse perché, visto che di tanto in tanto percepivo i suoi gemiti di dolore, sentire la mia pelle contro la sua, le dava abbastanza forza da impedirle di svenire.

Finalmente, tornato uomo, mi ero presentato nel giardino di casa Cullen, con Lizzie tra le braccia, avvolta solo nel cappotto bianco di Julian, che già avevo usato per scaldarla in quella grotta dell’Alaska; tuttavia le arrivava solo fino a metà coscia, ed inoltre era macchiato di sangue all’altezza del ventre.

Dovevo avere un’espressione disperata, perché, forse su consiglio di Edward( e per la prima volta nella mia vita benedii quel succhiasangue), Carlisle mi si era parato tempestivamente davanti, stringendo la ragazza al petto e facendo attenzione a tenere tutti i suoi familiari a distanza, tutti tranne Edward, che con estrema perizia, sotto i miei occhi, disinfettò la ferita di Lizzie e la richiuse velocemente con dei punti. Nel frattempo, Esme si era preoccupata di distruggere quel dannato cappotto.

Io, in quegli istanti, ero rimasto per tutto il tempo con un’angoscia opprimente nel cuore, mentre cercavo di vedere attentamente ciò che i vampiri facevano, ma mi era impossibile: si muovevano troppo velocemente.

Infine, mi rinchiusi nel silenzio, ed a nulla servirono le battute di Seth, che cercava di distrarmi dalle mie preoccupazioni; o le osservazioni di Leah su quanto Lizzie fosse bella( probabilmente voleva farsi perdonare per avermi portato via da lei, qualche tempo prima); mi ero fossilizzato sul divano fino a quel momento, in cui, quella piccola umana si stava svegliando.

La sua mano dalla pelle di senta si mosse tra le mie, e scivolò dolcemente lungo la mia guancia, riportandomi alla realtà.

Mi sciolsi nei suoi occhi color cannella, non appena sollevai lo sguardo e mi sentii come un bambino che torna a casa.

-         Jacob…sei qui…mi sei mancato così tanto! Sai, ho fatto uno strano sogno: c’era un lupo che aveva i tuoi occhi…- esordì lei, con la voce flebilissima, mentre sul suo viso si spandeva una quasi tangibile luce di soddisfazione. Nonostante avesse provato a fingere le era impossibile nascondere ciò che provava per me!

Senza pensare troppo al “sogno” di cui mi aveva parlato(chissà se presto o tardi, le sarebbe tornato in mente che non era solo un sogno; che ero giunto fino in Alaska per salvarla, e che proprio in quella gelida grotta avevo fatto quella stessa considerazione?)l’attirai a me e la baciai.

Mi sembrò che quell’attimo durasse ore, giorni, un’eternità. Sentii le sue labbra sulle mie, pastose, il sapore alterato dall’anestesia, ma ero troppo contento di averla accanto; non riuscivo quindi a preoccuparmi di altro, neppure del fatto che Lizzie, dapprima perplessa e spaesata da quella mia reazione espansiva, sembrava avesse bisogno di riprendere confidenza con il mio viso.

A poco a poco infatti, avvertii che si rilassava, e con immenso piacere riconobbi il tocco delle sue mani, carezzarmi delicatamente la pelle.

D’un tratto, un violento brivido la scosse, e senza essere brusca ma con fermezza, mi fece scostare.

Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso, perché in brevissimo tempo sembrava cambiata: cercava di non muoversi, perché probabilmente sentiva la coperta che le aderiva perfetta al corpo, il viso ave va ripreso colore ed anche se i capelli erano arruffati, mi guardava tanto intensamente, con quegli occhi profondi e languidi, da togliermi il respiro.

Sembrava combattuta tra ciò che provava per me e qualcosa di indefinito che non riusciva a ricordare.

Per la prima volta da quando si era svegliata, lasciò correre lo sguardo nel luogo in cui si trovava:

- dove…dove siamo?- mi chiese, facendo schioccare le labbra disidratate.

Pregai che si fosse dimenticata di quello che aveva scoperto su Julian, del viaggio in Alaska, ed addirittura, mi augurai, non ricordasse più di avermi allontanato.

-         per ora l’ultimo ricordo che ha risale a quando ti ha mandato via, tutto il resto è come una confusione nebulosa…non contare troppo sul fatto che non ricorderà, perché basterebbe un piccolo particolare, per farle tornare in mente tutto…nel frattempo però, se preferisci, io e Leah, essendo legati a lei da dei ricordi possiamo starle lontano, per evitare che rammenti.- mi bisbigliò Edward, con un tono tanto basso che solo io, oltre agli altri vampiri della casa, riuscii a sentire.

Mi irrigidii. Lizzie aveva sofferto molto ultimamente, e forse l’aver “dimenticato”era un bene per lei, l’idea che potesse ricordare mi dava la sensazione di perderla di nuovo.

Come all’improvviso, la saggia figura di Carlisle le apparve davanti, irradiando calma; con un sorriso disarmante si presentò, senza tuttavia stringerle la mano, e le offrì un bicchiere d’acqua.

Lizzie lo prese, con le mani che le tremavano, e trattenne il respiro prima di bere avidamente: era incredibile! Anche lei non era immune al fascino di quel dottore simile ad un divo del cinema!

Edward mi posò una mano sulla spalla, ed ebbi la sensazione che nella stanza, ma anche nella mia anima, calasse un gelo impenetrabile, che addirittura mi bruciava la pelle:

-         non ci pensare neanche: Lizzie ti ama, non penserebbe mai a Carlisle in quel senso.- sorrise appena. Che fosse stato anche lui geloso di suo padre, un tempo?

-         Lizzie, che tu ci creda o no, noi già ti conosciamo: Jacob ci ha parlato molto di te. Vedi, hai un brutto taglio all’altezza del ventre, che noi abbiamo ricucito, ma i punti potrebbero saltare facilmente, perciò ti consiglio di rimanere a riposo per almeno una settimana, ti ospiteremo noi…- spiegò gentilmente il dottor Cullen. Apprezzai molto come avesse usato il termine taglio, per allontanare l’idea che a Lizzie avessero sparato all’altezza del ventre.

-         Ma no…non voglio disturbare…- tentò di balbettare la ragazza, mentre le guance le si ricoprivano di rossore.

Sospirai amareggiato. Chi le avrebbe spiegato che Julian aveva fatto saltare in aria la sua casa? La casa dei Cullen era davvero l’unico posto sicuro che conoscevo, anche se presto sarebbero arrivati decine e decine di vampiri, Volturi o Testimoni che fossero.

Lesta come un lampo, con Renesmee tra le braccia, Bella(con gli occhi celati da delle strambe lenti a contatto) comparve al mio fianco; spostava il peso da un piede all’altro, tesa, e cercava di mantenersi a distanza.

-         tranquilla, nessun disturbo…se vuoi puoi utilizzare la stanza di mia figlia…- consigliò, cercando di sorridere.l’odore umano doveva davvero darle fastidio.

Non si era presentata. Forse il marito le aveva detto ciò che avevo raccontato alla mia ragazza su di lei.

Renesmee d’un tratto, inaspettatamente, fece capolino da dietro la sua massa bronzea di ricci e la salutò, amichevole.

Per non lasciare a Lizzie il tempo di controbattere, la presi tra le braccia, e mi affrettai a salire le scale. Bella mi seguì, e riuscì ad anticiparmi aprendo la porta della stanza.

Adagiai Lizzie sul piccolo letto con slancio, e mi aspettai che si risollevasse immediatamente, ma si nascose solo la testa tra le mani.

-         ahi! Jacob, per favore, fa più piano…mi sento scombussolata…- mi spiegò, con voce roca.

Mi sentii divorato dal senso di colpa: le avevo fatto del male.

Bella riportò pronatamente l’equilibrio lì dentro, dicendo:

-         mia sorella Alice non c’è al momento, è lei l’esperta di vestiario, ma…visto che sei arrivata qui in completo intimo, penso di poterla sostituire, prestandoti qualcosa di mio…- mi lanciò un fagotto di abiti, ed uscì, seguita da sua figlia, mostrando molto tatto; ma in realtà voleva dissimulare la tristezza che la scomparsa di Alice le procurava: lo sapevo.

Un silenzio logorante calò nella stanza e ci vollero alcuni minuti prima che Lizzie riuscisse ad alzarsi. Rimasi però sorpreso dalla sua dignità: si mise in piedi lentamente, senza chiedere il mio aiuto.

Attenta ad ogni passo si posizionò davanti al grosso specchio dalla cornice dorata, appartenuto a Rosalie, che ora era appeso alla parete; istintivamente si accarezzò il taglio richiuso dai punti all’altezza del ventre. Il suo sguardo si perse nel vuoto per qualche secondo, poi si voltò verso di me, frustrata:

-         c’è qualcosa che non riesco a ricordare…perché sono in un luogo che non conosco, in completo intimo? E come mi sono fatta questa ferita?-

-         piano Lizzie…affrontiamo una cosa alla volta: il dottor Cullen ti ha detto che devi stare a riposo…- le ricordai, infilandole la camicia da notte di flanella che Bella mi aveva consegnato. Le avvolsi le braccia attorno alle spalle, abbracciandola da dietro, e le appoggiai la testa nell’incavo del collo mentre contemplavo il nostro riflesso.

-         Non riesco a stare ferma. Mi distrugge non ricordare alcune cose, è come se avessi il buio in testa.-

Me la caricai di peso e non la lasciai andare fincè anch’io non sentii la morbidezza del materasso sotto le ginocchia.

La baciai ancora, ma questa volta seppi di non essere più in grado di nascondere la disperazione che sentivo dentro.

-         Jacob, cosa mi stai nascondendo?- chiese, fissandomi.

-         Questo posto, “che non conosci” è la casa dei Cullen, persone fidate; e la ragazza che hai visto, Bella, è la mia migliore amica, quella di cui ti ho parlato…- le spiegai, deciso a non farle ricordare tutto; perciò raccontandole solo una parte di verità.

-         Credevo fosse morta…- intervenne.

-         …lo credevo anche io, ma la verità è che è scivolata in coma e non ho avuto il coraggio di restare a guardare cosa sarebbe stato della sua vita…- dissi, tenendo gli occhi bassi mentre stringevo la sua mano.

-         Sicuro che sia solo un’amica?- sussurrò, abbassando lo sguardo.

-         Sì, perché? Sei gelosa?- la schernii, sentendomi risollevato da quella semplice battuta.

Annuì, come se si vergognasse di se stessa:

-         è solo che…è bellissima, gentile e…perfetta; ed io…oddio, per come sono non mi stupirei se foste stati insieme.- bisbigliò Lizzie.

-         Perché ti disprezzi? Io ti amo, Elizabeth.- dissi, convinto, mentre la guardavo negli occhi.

La camicia da notte che bella aveva prestato alla mia ragazza, non resistette neppure un’ora addosso a lei, perché presto(in assenza anche del suo dolce completino intimo) mi ritrovai ad accarezzare e baciare la sua pelle, mentre si univa alla mia. Senza peraltro curarmi dei vampiri in casa, che senz’altro avrebbero sentito tutto.

-         ‘sta tranquilla- dissi, abbracciandola.- qui sei al sicuro Lizzie.- e non riuscii a trattenermi dal baciarle la ferita che aveva al ventre.

*

Avevo creduto che nascondendo a Lizzie la verità, il più a lungo possibile, l’avrei protetta; pensavo che facendo l’amore con lei avrei potuto dimostrarle quanto tenevo a noi, e speravo che la sua frustrazione per la nebbia che aveva in testa sarebbe svanita.

Tuttavia per i successivi quattro giorni, che a me parvero lunghissimi, si rinchiuse in un silenzio affollato di ragionamenti machiavellici, su ciò che avevo detto e fatto mentre i nostri corpi si erano intrecciati- a detta di Edward, che non voleva rivelarmi completamente i suoi pensieri.

Il marito di Bella sosteneva che il bacio che avevo lasciato sul ventre di Lizzie, le aveva fatto credere che io sapessi come si fosse ferita, e si stava arrovellando sul motivo per cui non gliel’avessi spiegato. Inoltre la mia convinzione del fatto che in casa Cullen si trovasse al sicuro, l’aveva spinta a chiedersi da cosa dovessi difenderla.

Lizzie però, era intelligente e furba: sapeva nascondere quel suo turbamento e quel silenzio dietro una maschera di sorrisi e interessamento che sfoderava ogniqualvolta Carlisle, Esme o Bella comparivano sulla porta.

In quei momenti, per quei vampiri iperattivi, il tempo si fermava e loro si mostravano cortesi e gentili nei confronti di lei, che aveva imparato a studiarli ed a capirli nonostante non le fosse mai stato permesso di uscire da quella stanza(era per la sua sicurezza: i vampiri Testimoni iniziavano ad arrivare, e l’odore di sangue umano non li avrebbe di certo rabboniti). Apprezzai che né Edward né Leah l’andassero a trovare, avevano entrambi compreso le mie paure e il succhiasangue aveva mantenuto la sua promessa.

*

Anche se mi nascondevo volentieri dietro quell’idillio, sapevo che l’amnesia di Lizzie non sarebbe durata per sempre.

Infatti, un malaugurato giorno, mentre Lizzie stava rannicchiata vicino alla finestra e, fasciata da un maglione verde bottiglia e un paio di jeans di Rosalie( la Biondina si stava addirittura affezionando a lei), fissava la strada ed il bosco, dove la neve stava imbiancando ogni cosa; Leah comparve come un fulmine a ciel sereno, sulla porta, annunciando:

-         Jake, Edward dice che i Volturi stanno arrivando!-

Lizzie, voltò la testa per guardarla, allarmata dal suo tono, e in una frazione di secondo il suo viso parve mutare in una maschera di terrore.

Non avevo bisogno che dicesse nulla. Sapevo già che Lizzie aveva ricordato tutto.

Si precipitò giù per le scale, le orecchie le fischiavano mentre correva, ma sembrava incurante di tutto ciò che le stava attorno: i vampiri Testimoni ormai erano al completo, e fissavano sconcertati quella frugoletta umana, scostandosi al suo passaggio.

Inavvertitamente, come ostacolo sul suo cammino, Lizzie urtò Edward e quando sollevò gli occhi su di lui, fece un balzo indietro, il respiro le si bloccò in gola e scoppiò a piangere.

Non c’era più neppure un angolo di buio nella sua memoria.

-         Lizzie, aspetta!- la chiamai.

Le ero stato praticamente alle calcagna per tutto il tragitto, ma, giunto nel salone, il puzzo di vampiro, moltiplicato per mille, mi aveva rallentato.

-         no! Devo uscire di qui, subito!- mi urlò, senza voltarsi.

Detto questo scomparve oltre la porta d’entrata, sbattendola.

Mi sentivo perso, completamente. L’odore di vampiro mi bruciava le narici, ma sentivo più d’ogni altra cosa, il fuoco che mi ardeva sulla pelle al seguito di quelle stupide lacrime che mi scivolavano lungo le guance.

-         seguila. Avete molto di cui parlare; probabilmente potrete chiarirvi, l’uno sulla natura dell’altra…- mi suggerì Edward, con frasi enigmatiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti!chiedo venia per aver postato così in ritardo il nuovo capitolo! Mi auguro vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate!

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 13
*** 9. scoperte PARTE 2 ***


9. scoperte

 

Parte 2

 

Non mi fu difficile ritrovare Lizzie: sul sottile velo di neve che accarezzava la terra c’erano le sue impronte.

Da bravo segugio le seguii e scorsi la sua figura, circondata da altissimi alberi, accasciata su un masso; il volto rigato di lacrime e nascosto tra le mani.

Muovendomi di soppiatto riuscii ad arrivarle dinnanzi e mi inginocchiai davanti a lei.

-         Lizzie…- sussurrai, mentre qualche fiocco di neve mi cadeva fra i capelli .

-         Perché non me l’hai detto, Jacob?- sibilò, senza allontanare le mani dal viso ed assestandomi un calcio nel ventre.

Mi afflosciai letteralmente sulle sue gambe, senza respiro, mentre lei continuava:

-         ormai ricordo tutto. Perché non mi hai detto nulla, Jacob?-

-         temevo di perderti; è successo già una volta e non lo sopporterei ancora…- mi giustificai, sentivo ancora le lacrime in agguato.

-         Io ti amo, Jacob. Non capisci che quando ti ho allontanato, ho dovuto farlo? Perché altrimenti saresti stato in pericolo?- mi spiegò, con la voce rotta.- e adesso, portandomi in mezzo ai tuoi amici, stai facendo rischiare la vita anche a loro! L’hai già incontrato una volta, e dovresti aver capito che Julian non ha la testa a posto. Mi troverebbe dovunque. Sai che ha ucciso mio padre? Sono dovuta correre in Alaska per fargliela pagare, a quel…- iniziò, ma si trattenne, e la rabbia la avvolse come un’aura, che sentivo scrosciare addosso a me come un’onda.

-         Lo so, l’ho capito.- la interruppi. Quello che non avevo capito era perché lui la odiava tanto? E, il suo odio era davvero così profondo da spingerlo ad ucciderla?- poco dopo che mi hai mandato via, sono tornato a casa tua, perché non riuscivo a strati lontano, e lì ho incontrato le tue amiche- e colleghe- Esther e Danielle. Mentre loro mi spiegavano che Julian ha ucciso tuo padre, sono riuscito a salvarle dalla bomba che ha distrutto la tua casa; e che, per inciso, era stata messa da Julian. Così, siamo volati in Alaska per salvarti, perché sapevamo che eri in pericolo. Quando sono arrivato nella grotta in cui avevi lottato con Julian, l’ho messo fuori combattimento…- raccontai.

-         Strano…non devo averti visto, mi ricordo solo di un lupo…- mi fece quasi ridere il fatto che avesse volutamente eluso le mie mille domande sul tipo di lavoro che faceva, che l’aveva esposta a tante pericolose situazioni; così come mi trattenni a fatica dall’osservare come mai non avesse battuto ciglio a proposito di ciò che le avevo detto sulla sua casa.

Restammo muti per qualche istante, fissandoci: era un silenzio carico di disperazione, attesa, incomprensioni e centinaia di domande.

-         chi non muore si rivede, eh, Eliza?- quella voce fece gelare il sangue nelle vene di entrambi…

quando ci voltammo, vedemmo sbucare dall’ombra di un albero la figura di Julian: il volto trasfigurato dall’odio, una pistola nera tra le mani, e avanzava verso di noi, zoppicando vistosamente.

La mano di Lizzie strinse convulsamente la mia; non osava respirare per domare la paura, ma sentivo il suo cuore battere a ritmo del mio, così che il nostro sangue ci scorreva nelle vene come un fiume in piena.

Sia io che Lizzie, con una pistola puntata contro, sapevamo di dover cercare in poco tempo qualsiasi particolare che giocasse a nostro favore, per evitare di rimetterci la vita e…in una frazione di secondo, senza neppure guardarci negli occhi, sapemmo cosa fare: scattammo in piedi insieme e spiccammo una corsa.

D’un tratto udii due tuoni squarciare l’aria, avvertii, vicina, una forte folata di vento, e subito qualcosa andò a conficcarsi nella corteccia dell’albero che avevo vicino. Julian aveva iniziato a sparare!

Anche se riuscii a benedire il cielo per la presenza di quegli alberi, tutt’attorno a noi, mi lasciai sopraffare dalla paura.

Avevo affrontato vampiri, azzannato Julian – anche se sotto forma di lupo- ma mai avevo dovuto fare i conti con una pistola!

Nella fretta rischiai di far scivolare Lizzie, che, fortunatamente, prese il controllo della situazione, ed iniziò a correre a zig zag, mentre la seguivo, per far sì che evitassimo i proiettili.

Rimasi sconcertato dalla sua forza d’animo: doveva essere sconvolta, sia per quel tuffo improvviso nella realtà, dovuto al ritorno improvviso dei suoi ricordi; sia per la velocità con cui Julian l’aveva ritrovata. Aveva ragione: non c’era posto in cui si sarebbe potuta nascondere.

Era la prima volta che condividevo qualcosa con lei, avevo davanti a me una sua sfaccettatura pericolosa ed elettrizzante, di cui non mi aveva mai messo a parte, né quando mi aveva parlato dei suoi ricordi, né quando le nostre anime si univano.

Un altro tuono; un colpo che si incastonò in un frassino vicino, e tirai un sospiro di sollievo. Tuttavia, nel momento in cui giungemmo in una radura, uno spazio aperto con l’erba quasi completamente ricoperta di neve, dove nessun albero avrebbe potuto nasconderci; mi sentii perso.

Lizzie si fermò, piegandosi su se stessa-mettendo a serio rischio la sua ferita- per riprendere fiato e mi accarezzò una guancia di sfuggita:

-         va’ via, Jacob! Sei in pericolo! Questa è una faccenda che devo risolvere io, non voglio che tu ti faccia male.-

-         non ti lascerò qui da sola con quel pazzo!- ribattei, deciso.

Quella ragazza ed io ci fissammo di nuovo. Nei suoi occhi scorsi scintille di stupore sparse qua e là: era come se la vedessi veramente per la prima volta.

Ci guardammo attorno, in cerca di una via di fuga. La radura era immensa; avremmo impiegato come minimo dieci minuti per coprirla tutta, correndo, e raggiungere gli alberi dall’altra parte.

Nonostante Julian fosse armato, però, noi avevamo un vantaggio rispetto a lui: potevamo seminarlo.

 

Presto, senza che mi rendessi conto della sua presenza, l’odore di vampiro mi riempì le narici, ed allora ogni fibra del mio corpo fu pervasa dal panico.

Un umano ci perseguitava, con una pistola, e la mia Lizzie aveva quei fragili punti che da un momento all’altro minacciavano di saltare; se in quel momento un vampiro fosse piombato su di noi, avremmo passato dei seri guai.

-         ragazzi, state bene? Ho sentito degli strani rumori…- Bella ci arrivò alle spalle, ed entrambi sobbalzammo.

Lizzie si appiattì contro il mio petto e temetti che avesse scoperto che dietro quella bellezza assurda, Bella, per lei, poteva rappresentare la morte.

-         Bella, non è il momento…- bisbigliai.

-         I Volturi stanno arrivando, no?- mi chiese, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. La sua frase sottolineava che fosse quindi necessario proteggere Elizabeth, ed apprezzai non poco quel particolare.

All’improvviso, come dal nulla, esplose un altro tuono: udii la pallottola che andava a frantumarsi contro l’ultimo nostro baluardo, un albero che era alle mie spalle, ed un secondo più tardi vidi Lizzie che si accasciava tra le mie braccia, scivolava in ginocchio sul suolo bianco ed infine, cercava di trattenere un gemito.

La ragazza alzò quasi subito gli occhi verso di me, come per scusarsi, e notai che sulle dita, che aveva posato sul ventre, si stava raccogliendo del sangue.

-         sta tranquillo, Jacob. Sono stata colpita di striscio…- sussurrò.

Una brezza leggera si sollevò di colpo, e sfiorò i capelli corvini di Bella, che nel frattempo si era avvicinata a me.

Mi sembrò che il tempo si fermasse: come al rallentatore, vidi le lenti a contatto di Bella cadere al suolo; digrignò i canini color perla…scorsi lo sguardo di Lizzie farsi sempre più terrorizzato dinnanzi agli occhi rossi di Bella, che la fissavano famelici.

Il mio cervello iniziò a lavorare velocissimo, ed ebbi appena il tempo di pararmi davanti a Lizzie e spingere via Bella prima che l’attaccasse.

Feci un balzo indietro e sentii le forme di lupo prendere in me il posto di quelle umane.

Non volevo fare del male alla mia migliore amica, perciò mi limitai ad allontanarla, spingendola con la testa, sopportando a suon di ringhi i suoi graffi e i suoi morsi.

Dovevo difendere Lizzie, ma non avevo il coraggio di cercarla con gli occhi: mi avrebbe visto come un mostro.

Finalmente, quando riuscii ad atterrare Bella ed a posarle le zampe sulle spalle, per non darle modo di muoversi; sollevai il muso e ciò che vidi mi tolse il respiro…

Lizzie era in piedi, la mia maglia fatta a brandelli e stretta attorno al ventre per l’emorragia; qualche metro più in là, la sua mano insanguinata aveva imbrattato la neve. E Julian le stava davanti, minacciandola con la pistola.

La ragazza lo fissò con odio e subito gli assestò un calcio sulla gamba claudicante. Il ragazzo cadde e la pistola gli sfuggì di mano, facendo partire un colpo a vuoto.

Lizzie raccolse l’arma e gliela puntò contro:

-         e adesso, Julian, dimmi che cosa hai fatto?- la voce era fredda, ribollente di rabbia.

-         Ho fatto giustizia. L’Organizzazione era corrotta, e tuo padre, che ne era a capo, doveva pagare…-  spiegò, con fermezza e, nonostante la sua voce fosse bassa, ciò che disse arrivò sia alle mie orecchie, sia a quelle di Bella, e ci guardammo, perplessi per quelle parole.

-         …con la vita?- continuò Lizzie, indignata.

Julian annuì, ed immediatamente a Lizzie partì un colpo, che ferì la gamba di lui.

-         e io? Che fine avrei fatto? È vero che hai fatto esplodere la mia casa?- domandò.

-         Dovevi morire anche tu! Sei sua figlia, ed avresti preso il suo posto; un posto che volevo io! Ed inoltre…ti odio!- confessò.

Un’altra pallottola da parte di lei. Un’altra ferita sul corpo di quell’individuo. Stava diventando un colabrodo.

-         perché sei scappato in Alaska? Cosa c’era lì?- fece la ragazza.

-         C’era, la mia base: i miei contatti, con cui avrei potuto rifondare un’organizzazione migliore. Ma tu l’hai distrutta!-

-         Sono stata proprio brava, eh?- lo schernì lei, sparandogli  ancora.

 

Sentendo l’odore del sangue di quell’uomo, Bella si dimenò sotto di me. Doveva essere davvero una tortura per lei.

-         pagherai per quello che hai fatto!- urlò la ragazza, accecata dalla rabbia; senza pensare, gli svuotò il caricatore addosso, aprendogli un buco in testa con l’ultimo colpo.

Feci segno a Bella di scegliere: o trattenere il respiro, o correre a casa.

Quello era un momento pieno di domande, sarebbe divenuto il momento della verità, in cui avrei potuto finalmente scoprire il mistero di quella ragazza; perciò non volevo assolutamente che le venisse fatto del male.

La mia amica vampira, quindi, comprese che era meglio per lei sparire, perché non avrebbe resistito oltre.

Mi decisi finalmente a farmi più vicino, e, mentre mi avvicinavo, Lizzie si inginocchiò a terra, scoppiando a piangere. Un pianto liberatorio, per la morte del padre innocente, e per il ruolo che aveva dovuto ricoprire, di Giustiziere, troppo pesante per lei.

Quando le fui accanto, mi abbracciò ed abbandonò la testa nella mia pelliccia poco dopo aver incontrato i miei occhi, continuando a versare lacrime.

Solo allora, da quando la conoscevo, la sentii davvero vicina. La contemplai nella sua completezza; tutto ciò che sapevo di lei, tutto ciò che mi aveva raccontato, andò a sommarsi a ciò che avevo appena visto, ed emerse, infine, davanti ai miei occhi, Lizzie; la mia Lizzie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti! Eccomi qua con un altro cap, mi scuso se è un po’ cruento, premetto che ogni particolare è inventato. Mi auguro vi piaccia.

Fatemi sapere che ne pensate.

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 14
*** 9. scoperte PARTE 3 ***


9. scoperte

 

Parte 3

 

Lizzie aveva il respiro corto. Riusciva solo a stare piegata su se stessa, il dolore che provava- sia fisico sia psicologico- era straziante; lo vedevo sul suo viso.

Spingendola delicatamente con la testa, la feci stendere tra la neve, strappai attentamente i lembi della mia maglia attorno al suo ventre con i denti, e le leccai la ferita, per disinfettarla.

Poi, approfittando del fatto che, per un secondo avesse chiuso gli occhi, ripresi le mie forme umane e mi preoccupai di fasciarle di nuovo la lesione, con ciò che restava della mia T-shirt.

-         Lizzie, vieni. Andiamo a casa…- la chiamai, dolcemente.

Lei gettò un ultimo sguardo al cadavere di Julian, asciugandosi a fatica le lacrime:

-         Jacob…- iniziò, non senza un certo stupore- hai visto la parte peggiore di me…come riesci addirittura a toccarmi?- chiese, raccogliendo le braccia al petto e tremando.

-         Ti prego, non giudicarmi…- continuò, bisbigliando sulla mia spalla, con la voce che le vibrava mentre la stringevo tra le braccia.

 

Ciò che accadde in seguito, avvenne tanto velocemente, che riuscii a malapena a vederlo: tre figure, avvolte in svolazzanti mantelli rossi, giunsero nella radura col delicato passo di una farfalla. Una di loro fece scendere dalle proprie spalle la terza figura, che, quando posò i piedi in terra, affondò leggermente nella neve.

Senza guardarsi attorno, né calarsi sulle spalle il cappuccio che le celava il volto, quella appena scesa iniziò a parlare:

-         padre, zio, perdonatemi. Questo è l’unico posto sicuro in cui possiamo parlare, lontani dalle orecchie di Aro. Ho un piano per spodestarlo, e fargliela pagare per ciò che ha fatto a mia madre Didyme; senza che i vegetariani Cullen – che voi sapete essere innocenti- ne paghino le conseguenze.- quella voce femminile era abbastanza alta, tanto che il suo tono arrivò persino alle orecchie di Lizzie, che si voltò e strinse la mia mano, in cerca di qualcosa con cui potessimo difenderci. La pistola che aveva in mano era prima di proiettili, ed ebbi la sensazione che per questo Lizzie si sentisse persa.

Ringraziai il cielo che quei tre non ci avessero notato, ma non osavo muovermi, perché un qualsiasi gesto avrebbe segnalato loro la nostra presenza.

-         Erice, cosa dice la Guardia? È con noi?- domandò una delle due figure, quella che l’aveva fatta scendere dalle spalle; non riuscivo a vederne il volto ma la sua voce era stanca anche se costellata di speranza.

-         Non mi è stato facile chiedere, sai che Aro non mi ama…comunque Non tutti i componenti, padre. Come da sempre sappiamo alcuni componenti  del Corpo di Guardia, sono ciecamente fedeli ad Aro, come…- rispose diligente la voce femminile.

-         …Jane, Alec, Felix, Demetri, Renata…poveri folli! Quando uccideremo Aro non avremo pietà neppure per loro!- sibilò, l’altra figura incappucciata.

-         Calma Caius…il nostro piano può assicurarci la vittoria, ma va perfezionato nei dettagli…forse dovremmo metterne a parte i Cullen…non mi piacerebbe che qualcuno di noi o di loro, si facesse del male. Tuttavia temo che, con un semplice tocco su uno dei vegetariani, Aro potrebbe scoprirci. Ed allora ne pagheremo conseguenze.- replicò quello con la voce stanca.

Il mio cervello iniziò a lavorare spedito: Aro…Caius…non erano alcuni dei nomi dei Volturi?

Ma se Caius era presente, ed insieme a quei due stava progettando di spodestare Aro, chi erano le altre due figure assieme a lui?

-         non è una cattiva idea, padre. So che la nuova  Signora Cullen ha una bambina, e di certo non sarà contenta di farle correre dei pericoli…il potere di Aro però, rappresenta un ostacolo per noi, non sono sicura che i Cullen saranno in grado di nascondergli i loro ricordi come avete fatto voi e lo zio: dietro le vostre emozioni.- ponderò la voce femminile, che era stata chiamata Erice. – guardate! Un umano morto da poco! Credo che dobbiate bere il suo sangue, finchè è fresco, perché domani avrete bisogno di tutte le vostre forze.-

Con un passo lento, tipicamente umano la ragazza scavalcò il corpo di Julian e fece segno a Caius, che chiamava zio, ed al vampiro che lei definiva padre, di posizionarsi ognuno su un lato rispetto a dove si trovava lei.

Quei due, veloci come solo un vampiro sa essere, si ritrovarono dove lei aveva indicato e si calarono il cappuccio, poco prima di cominciare a mangiare, mordendo punti diversi della pelle del cadavere.

Caius, gli occhi fissi sul corpo di Julian, aveva raccolto i suoi lunghi capelli chiarissimi- tra il biondo e il bianco- in una coda di cavallo.

L’altro, la pelle cerea decadente, aveva dei fluenti capelli corvini abbandonati sulle spalle e gli occhi color cremisi praticamente vuoti; solo quella ragazza, che gli stava davanti, sembrava dargli la forza di continuare a vivere. Tutti gli altri particolari che lo componevano, lasciavano pensare che fosse stanco della vita, di tutto.

-         padre, vi prego, sarò più tranquilla quando avrete mangiato.- lo supplicò Erice, notando che era restio a bere il sangue di quel morto.

Il vampiro moro si sforzò di sorriderle e, seguito da Caius, iniziò ad abbeverarsi del sangue di Julian.

Lizzie trattenne il respiro, orripilata. Non seppi come avesse fatto ad ascoltare ed osservare ogni cosa, sino a quel momento. Sembrò sul punto di dare di stomaco…

Ebbi appena il tempo di nasconderla dietro le mie spalle, perché immediatamente, insospettiti da quel rumore, i sue vampiri e la ragazza, si voltarono verso di noi.

Sconvolto dalla paura che potessero ferire Lizzie, mutai in lupo e, col pelo ritto sulla schiena iniziai a ringhiare loro contro.

Caius, il vampiro che- secondo Edward- era terrorizzato dai licantropi, fece un balzo indietro, iniziando a tremare e trattenendo il respiro, per non sentire il mio odore.

L’altro vampiro, invece, nascose la ragazza dietro le proprie spalle, per proteggerla- mi stupii dei nostri gesti così simili- ma lei non intimorire e fissò sia me che Lizzie con arroganza.

-         calma signori, questo è un licantropo, ma non un Figlio della Luna, perciò non abbiamo di che temere.- disse, tranquilla.

Le ringhiai con forza addosso, per spaventarla, ma non si mosse.

-         fermo Jacob! Ti autorizzo a far loro del male solo se ci feriscono.- intervenne Lizzie.

Poverina! Lo choc che le aveva provocato il quasi- attacco di Bella e l’assassinio di Julian, la stavano facendo vaneggiare. Tuttavia, la stretta che teneva serrata sulla mia pelliccia mi fece capire che era seria e lucida.

-         sei umana?- azzardò Erice, con strafottenza.

Lizzie annuì.

-         anche io. – fece la ragazza al seguito dei Volturi.

-         Cosa volete dai Cullen?- li aggredì Lizzie, senza preamboli.

-         Siete con loro? Non mi aspettavo che reclutassero licantropi ed umani tra le loro fila, ma questo gioca a loro favore. È anche una buona notizia per me. Comunque…mio zio Aro ha inventato una scusa qualsiasi (in questo caso la figlia della nuova Signora Cullen) per intentare loro un’accusa, distruggerli- grazie ai molteplici poteri del Corpo di Guardia- e poi annettere i più dotati tra i Cullen tra i Volturi…è solito fare così. – spiegò la giovane Volturi.

-         Bisogna avvisarli!- fece, allarmata la mia ragazza, guardandomi.

-         Penso che la famiglia Cullen lo sappia già; ciò di cui non è a conoscenza è che io, Marcus Volturi, voglio Aro morto. Deve pagare per aver ucciso mia moglie Didyme.- soggiunse il vampiro dalla chioma corvina.

La ragazza che lo chiamava padre gli avvolse un braccio attorno alle spalle, sospirando addolorata, poi, si girò verso di noi e notai che aveva gli occhi dorati.

-         ci possiamo fidare di loro, il cuore dell’umana è puro, così come quello del licantropo…- sentenziò con una voce diversa, a metà tra il nebuloso ed il melodioso.

-         Tornate dai Cullen e riferite loro che vorremmo parlargli del nostro piano, entro domani.- ringhiò Caius, puntandoci un dito contro.

-         Mio bellicoso fratello, pensa prima di parlare: per favore, parlate di questo con i Cullen, ma solo con coloro di cui vi fidate ciecamente, qualcuno che sia in grado di nascondere i propri ricordi, o che sarete sicuri Aro non sarà interessato a toccare.- ci pregò Marcus, con gentilezza.

Feci salire Lizzie in groppa, preoccupandomi solo di mettere quanta più distanza possibile tra noi, e quei due vampiri, seguiti da quella stramba umana.

Ebbi appena il tempo di vedere gli occhi di Erice che tornavano a farsi normali, poi, Marcus riprese tra le braccia la ragazza; ed i tre sparirono nel nulla, velocissimi lasciandosi alle spalle la carcassa di Julian, ormai ridotta ad un mucchietto d’ossa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti ragazzi! Eccomi ancora qui con un nuovo capitolo!

Com’è? Mi scuso ancora una volta se è un po’ cruento…ma…chi sarà questa Erice? Perché, se è umana chiama padre e zio Marcus e Caius? E quale sarà il suo piano?

Fatemi sapere che ne pensate

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 15
*** 10. verità ***


10. verità

 

Lizzie sfrecciò con gli occhi bassi su per le scale, trascinandomi con sé, incurante degli sguardi di tutti i Cullen fissi su di noi e, solo dopo che si chiuse la porta della stanza di Renesmee alle spalle, osò respirare.

Io, che nel frattempo, mentre salivo verso la camera, ero riuscito a notare che non c’erano altri vampiri, oltre ai Cullen; avevo fissato Edward, pensando:

-         dove sono tutti?-

-         sappiamo cos’è successo. Li abbiamo mandati a caccia perché sappiamo vogliamo darvi il tempo di chiarirvi tra di voi, e di parlare con Bella…- sussurrò, velocissimo, così che solo io riuscii a sentirlo.

*

Con la porta che ci divideva dalla famiglia Cullen, mi sentivo in un certo senso più sicuro. Guardai Lizzie che, mentre la tensione la stava abbandonando, si stava accasciando a terra come un pupazzo di pezza.

Mi inginocchiai davanti a lei; la sua schiena contro la porta, e gli occhi vuoti che fissavano il pavimento.

-         Lizzie…la tua ferita si è riaperta. Dovresti fartela ricucire dal dottor Cullen.- le consigliai.

La ragazza allontanò la mia mano calda dalla sua guancia, come fosse un insetto molesto e poi nascose il viso tra le ginocchia, raccolte al petto.

-         mi serve un momento per…per assimilare la cosa. – iniziò a tremare. La sua voce sembrava quella di una bambina.

Trascorsero diversi eterni minuti, durante i quali combattei contro me stesso per non toccarle i capelli. Li aveva abbandonati lungo le spalle e sulle gambe, quindi le coprivano completamente il volto ed ondeggiavano come una cascata di foglie autunnali, ogniqualvolta veniva scossa da un singhiozzo.

-         amore…mi…dispiace per quello che è successo…- riuscii solo a dire, ma in verità, non sapevo cosa fare.

Lizzie aveva scoperto nel modo peggiore- rischiando di essere divorata da un vampiro- la mia vera natura. Come avrei potuto spiegarle quanto era successo? Non mi avrebbe più voluto accanto a sé.

L’unico modo che avevo per dimostrarle che i miei sentimenti non erano cambiati, era chiamarla “amore”, speravo se ne fosse accorta ma continuava a non riemergere dalla sua chioma; quindi feci per alzarmi, presentendo delle sensazioni che tanto mi spaventavano: un vuoto nel petto e la gola serrata in una morsa.

-         Jacob…- mi chiamò Lizzie. Il suo viso, notai, quando lo sollevò per guardarmi, era una maschera di lacrime.

Tolse immediatamente la mano che aveva posato sul mio braccio, per asciugarsi le lacrime, e si sforzò di continuare:

-         mi dispiace per quanto è successo…poco fa hai visto la parte peggiore di me. Mi dispiace perché ti ho sempre messo in pericolo, da quando ti conosco.- il suo tono sembrava tentennante, ma le sue parole erano sincere.

Davvero era così distrutta solo per aver ucciso un uomo? Possibile che non la toccasse minimamente il ricordo di una lotta tra un licantropo e una vampira, che aveva quasi tentato di mangiarla?

L’abbracciai, per farle capire che non m’importava. Ormai Julian era morto, non avevamo più problemi umani- di certo però, i Volturi sarebbero stati un altro paio di maniche.

-         qualche tempo fa…quanto ti ho allontanato da casa mia…ti ho detto che non ero la persona giusta per te…ed è quello che penso ancora, perché non sono la persona che credi, Jacob. Tuttavia, sono troppo egoista per lasciarti andare: quando ti ho rincontrato, ho sentito qualcosa sbocciarmi dentro, qualcosa di innocente, e ti ho accolto a casa mia perché ho visto sul tuo viso la sofferenza che sentivo nella mia anima. Volevo dimostrare a me stessa che sono in grado di far stare bene una persona, di essere un’amica, di amare: volevo essere certa di poter essere una persona buona, non un’assassina, ma…bhè, hai visto cos’è successo…non sono una persona definibile come tale…-

-         Lizzie, amore…non sei un’assassina, ti sei semplicemente difesa da quel pazzo. Ora sei libera.- la rassicurai, ritentando ad accarezzarle una guancia.

Stava per rinchiudersi in quel silenzio tipico di chi detesta se stesso, ma, incontrando i miei occhi, vi vide qualcosa, e seppe che la conoscevo, che la guardavo col cuore.

-         aspetta, fammi finire…- grazie a quel particolare riprese forza e di conseguenza, attesi.- poi, man mano che ci siamo conosciuti, mi sono resa conto che accanto a te mi sentivo forte, sicura, protetta, in equilibri con me stessa e tutto ciò che mi circondava e, nonostante la tua giovane età, sapevo di poter apprendere molto da te, come le buone emozioni di cui sei intriso- come l’amicizia, l’amore, la lealtà e la purezza tipica di chi ha l’animo bambino.- terminò il suo racconto con un profondo sospiro.

Non resistetti oltre: presi il suo viso tra le mani e la baciai.

-         non ti sei mai chiesto perché io e Julian ci odiassimo così tanto? Perché lui avesse messo una bomba in casa mia? Perché avesse ucciso mio padre? Avrai sicuramente avuto mille domande, per tutto questo tempo…- fece Lizzie, staccandosi quasi subito dalle mie labbra e rifugiandosi sulla mia spalla.- sono pronta a rispondere a qualunque di esse.- promise.

Per un attimo i problemi soprannaturali che riguardavano vampiri e licantropi, divennero nebulosi, perdendo importanza e mi tornò alla mente il mistero che da sempre aveva circondato quella ragazza e che, fino a qualche minuto prima mi aveva assillato.

In effetti di domande ne avevo molte, rendendomi improvvisamente conto che ognuno aveva un mistero personale da rivelare all’altro; ma, sarei stato pronto ad ascoltare la sua storia? Da come me l’aveva presentata sembrava celare un terribile segreto.

Sospirai, ma non riuscivo a parlare.

-         Jacob…io lavoro per il governo. Mio padre era a capo della sezione in cui lavoro anche io. La chiamiamo “l’Organizzazione” e quello che facciamo è…spionaggio. Ci mettiamo in azione ogni volta che è necessario “salvare il mondo”.- la voce di Lizzie era stata chiara e fluida per tutto il tempo. Seppi istintivamente che quella era la verità.

L’imponenza di quella considerazione mi investì, travolgendomi completamente: Lizzie era una spia.

Rimasi a bocca aperta. Non sapevo davvero cosa dire.

-         sono stata addestrata ad uccidere, Jacob. Ad essere un fantasma che entra ed esce dalle situazioni,  senza essere notata. Ogniqualvolta entro in un posto so se mi trovo in pericolo, quante sono le uscite e se le persone al suo interno sono una minaccia per me; perché le studio. All’inizio avevo fatto lo stesso con te. – confessò, fissandomi.

Che donna, era! Mentre parlava non aveva mai abbandonato i miei occhi.

Finalmente riuscii a spiegarmi perché, quando le chiedevo qualcosa su di lei, era sempre restia a parlarmene, ed invece, era insistente per sapere il più possibile su di me.

-         sono un mostro, eh?- sussurrò Lizzie, abbassando il volto, mortificata.

Le passai delicatamente le dita tra i capelli:

-         Lizzie, quello che mi hai detto, non definisce chi sei, ma cosa sei…e sei soltanto un’impiegata del governo, non un mostro.- le feci ancora una carezza, adesso erano le mie mani a tremare.

Ora era il momento della mia verità. Se lei si definiva un mostro, io cosa sarei sembrato ai suoi occhi?

-         Lizzie…amore…c’è qualcosa che anch’io devo dirti: qui il vero mostro sono io. –iniziai, utilizzando proprio le sue ultime parole.

La ragazza mi divenne bianca in viso, e si portò istintivamente le dita alla fasciatura sul ventre.

Ora che mi aveva rivelato la sua verità, alleggerita, aveva potuto ricordare ciò che era accaduto nella radura.

-         che cosa è successo lì? Gli occhi di Bella sono diventati…rossi…e i suoi denti…sembravano come quelli dei vampiri dei film. – farfugliò, respirando a fatica.

-         È così. Bella è una vampira. I vampiri esistono, Lizzie. Tutti i Cullen lo sono.- dissi, grave.

-         E…e…mi mangeranno?- domandò, mentre premeva di più la mano sulla ferita.

-         No, sta tranquilla. Il dottor Cullen e la sua famiglia hanno fatto una scelta di vita: sono vegetariani e si nutrono solo di sangue animale. Bella…è da poco diventata una vampira, e in lei il richiamo del sangue umano è ancora forte. Ad averla fatta scattare, è stata la vista del tuo sangue. Ma non ti farà del male, ha visto quanto tengo a te, e di conseguenza ti adora; inoltre non lo permetterò. La mia missione è proteggere vite umane, da bravo licantropo quale sono. E poi ti amo, ti difenderei a qualsiasi costo.-

Ormai l’avevo detto. Avevo detto tutto.

Spostai lo sguardo in un posto indefinito, a disagio.

Quale sarebbe stata la sua reazione?

In silenzio, Lizzie si alzò e mi invitò a fare lo stesso.

Nel momento in cui la guardai negli occhi lei seguì delicata i tratti del mio viso, e poco dopo passò a sfiorare il mio petto nudo; sentii che un’infinità di brividi mi pervadevano, ma mi sforzai di rimanere lucido.

-         anch’io ti amo, Jacob. E non per la tua natura di licantropo, che definisce cosa sei, ma per chi sei.- disse, riutilizzando le mie parole.

Sorrise, poco prima di baciarmi.

La sentivo completamente accanto a me, in quel gesto d’amore. Lei era lì, corpo e anima, tra le mie braccia e la sentii.

Eravamo l’uno davanti all’altra: una spia e un licantropo che si conoscevano ormai nel profondo, e si amavano.

Non mi importava dell’imminente arrivo dei Volturi, dei pericoli in cui saremo incorsi. Al di là della porta il mondo scorreva, ma non qui: avevo Lizzie al mio fianco, sentivo il nostro legame saldo, come mai prima d’allora; ed avvertivo la sua anima vicinissima alla mia.

L’amavo e questo mi bastava.

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Capitolo 16
*** 10. verità PARTE 2 ***


10. verità

 

Parte 2

 

La luce della luna piena bagnava il viso di Lizzie di un magnifico, argenteo pallore.

Dovevamo esserci addormentati, l’uno tra le braccia dell’altra, ma ero stato risvegliato di soprassalto dalle parole di Marcus Volturi, che mi risuonavano nella testa simili ad un cupo vaticinio.

Ricordavo perfettamente il suo sguardo, il suo tono, il suo discorso: ci aveva pregati di mettere a parte qualcuno dei Cullen, qualcuno di cui ci fidavamo, del suo piano; ma doveva solo qualcuno immune al potere di Aro.

Chi poteva corrispondere quella descrizioni?

Sentivo un mal di testa martellante, e il respiro corto per via della tortura che mi procurava quel pensiero. Poi, all’improvviso fui quasi accecato da degli scoppi di luce che quasi mi accecarono; assieme ad essi, nelle orecchie mi frusciarono, come se fossero state urlate, altre parole, un altro discorso: quello fatto tempo prima da Eleazar, uno dei vampiri Testimoni che si era unito ai Cullen.

Era stato un componente della Guardia del Corpo dei Volturi, e la sua abilità era “scovare i poteri”. Quando aveva posato i suoi occhi su Bella non aveva forse accennato ad uno “scudo”, una sorta di “schermatura”dai poteri degli altri vampiri, che lei possedeva?

M misi a sedere di scatto, con un sorriso smagliante e circondato dal silenzio; il volto della mia amica mi appariva in testa di tanto in tanto, come fosse una vecchia foto.

Lei poteva essere la soluzione ai miei problemi! Sicuramente vi avrei trovato un’alleata, poiché odiava che la sua Renesmee fosse minacciata dai Volturi.

 

Svegliai Lizzie, sussurrando piano il suo nome, come fosse la cosa più preziosa che avevo, e ricoprendole il viso di baci; non appena incontrai i suoi occhi color cannella, mi sentii l’uomo più felice del mondo.

La felicità tuttavia, durò poco; non era il momento di farsi sopraffare da quelle piccole, semplici gioie, mi sentivo completamente oscurato dall’urgenza di parlare con la mia amica vampira.

Accostai le labbra alle orecchie di Lizzie, parlando con voce flebilissima, per evitare di essere ascoltato da qualsiasi Cullen:

-         forse ho trovato la persona con cui possiamo parlare del piano di Erice. Evita però, di pensare al discorso di Marcus, il marito di Bella legge nel pensiero. E…un’ultima cosa: i vampiri non dormono.-

la ragazza strabuzzò gli occhi, spaesata e, temetti che non mi avesse sentito, tuttavia, dopo essersi coperta la testa con le mani, poiché si sentiva defraudata dei suoi più intimi pensieri; con un certo ritardo, mi rispose:

-         quindi…credi che potrei farmi ricucire la ferita, anche ora?-

risi di gusto, incapace di contenermi e la presi con slancio tra le braccia, mentre uscivo deciso dalla stanza. Non avevo di che preoccuparmi, ero certo che la mia risata avesse risvegliato tutta la casa.

Così fu, infatti: mi ritrovai davanti Emmett, solo un grosso asciugamano a coprirgli la vita, che stringeva Rosalie tra le braccia, cingendola da dietro; Bella, avvolta esclusivamente da una camicia di Edward, aveva chiuso la sua salda stretta attorno al braccio del marito, trattenendo il respiro; e il dottor Cullen era già vicino al divano.

-         scusatemi per il disturbo, signori. Potreste ricucirmi Lizzie?- domandai, ironicamente tra le risate generali; dopodiché adagiai la mia ragazza sul quel divano, ancora una volta.

Carlisle e suo figlio, le si avvicinarono, pronti a fissarle di nuovo i punti, ma nel momento in cui fecero per somministrarle l’anestesia, lei rifiutò, ferma.

Strinse la mia mano con delicatezza, per tutto il tempo; non un  gemito uscì dalle sue labbra.

D’un tratto Emmett, scherzò, accarezzando i capelli di Lizzie:

-         però, tosta la ragazza! Certo, ci ha disturbato mentre…eravamo occupati, ma vale la pena guardarla: sopporta il dolore anche senza anestesia!-

-         Eh già, caro vampiro- armadio. C’è chi sa sopportarlo, il dolore!- sghignazzò lei, in risposta, facendo sbattere il pugno contro quello di Emmett.

Per un interminabile attimo, nel salone e nell’intera casa dei Cullen, calò un silenzio tombale.

-         perciò…sai di noi?- chiese, la Biondina.

-         Sì, è per questo che vorrei parlare con Bella…per scusarmi…- confermò Lizzie, annuendo.

Era davvero brava a dissimulare! Infatti, il-lettore-di-menti-dalla-chioma-bronzea-Cullen, che prima ci aveva fissati con una certa diffidenza, perché probabilmente aveva sentito qualcosa della nostra conversazione, tirò un sospiro di sollievo, e sorrise.

Bella, sentendosi chiamata in causa, dopo un attimo di incertezza, si sistemò una ciocca scura dietro le orecchie, e si sistemò al fianco della mia ragazza, accettando di tenerle la mano mentre Carlisle ed Edward completavano il loro lavoro.

-         mi dispiace di aver interrotto la vostra intimità, ma…credimi, è davvero urgente che io ti parli; non immagini che tortura sia per me non chiederti perdono…- fece, mentre il suo sguardo guizzava da Bella ad Edward.

Confermai con piacere quanto fosse brava Lizzie a mentire: il mio punteggio di apprezzamento per lei stava decisamente salendo!

Solo in quel momento notai che fu scossa da un brivido:

-         e così…i licantropi sono caldi, ed i vampiri…freddi?- chiese, rivolta verso di me.

-         Esatto. È per questo che noi li chiamiamo “i freddi”- le rivelai, annuendo.

-         Chi preferisci? Il freddo o il licantropo, piccola umana?- le domandò Carlisle, per alleggerire la situazione, e distrarla dal possibile dolore che temeva sentisse.

-         Non vi nascondo che siete splendidi, e perfetti, ma…decisamente adoro i tipi calienti…- mi strizzò l’occhio, con un pizzico di malizia nello sguardo.

Altro scoppio di risa. Cominciai a sentirmi a mio agio tra quelle persone, nonostante l’ora tarda.

Poco dopo Emmett e Rosalie scomparvero in una stanza, troppo intenti a baciarsi anche solo per respirare.

Anche Bella, senza però lasciare la mano di Lizzie, si scambiò un gesto d’affetto con il marito, e solo allora compresi che aveva finito di sistemarle la ferita.

-         puoi andare Lizzie, ti abbiamo ricucito- disse il dottor Cullen, sfiorandole affettuosamente una guancia.

Lei ed io ci guardammo sconcertati: non erano trascorsi neppure cinque minuti, non un gemito era uscito dalle labbra di Lizzie, ed ora la sua ferita aveva smesso di sanguinare.

*

Ben presto, io, Lizzie e Bella( fasciata in un semplice abitino di lana), dopo una corsa ristoratrice nella fresca aria notturna, ci ritrovammo nella radura e solo allora feci scendere Lizzie dalla mia groppa, riprendendo le mie forme umane.

-         mi dispiace di averti allontanato da Edward, Bells, ma c’è qualcosa di cui ti dobbiamo parlare. È qualcosa successo appena poco tempo dopo che tu te ne sei andata da qui, ieri…- introdussi il discorso, parlando piano, per paura che, nonostante la distanza Edward fosse in ascolto.

-         Aspetta. Prima che diciate qualsiasi cosa, vorrei scusarmi con te, Lizzie, sono io a doverti chiedere perdono, non viceversa, per quanto è successo ieri, ormai. Mi dispiace immensamente per come ho reagito, non volevo, credimi. So quanto significhi per Jake, ed anche io ti considero un’ottima persona. Perciò…mi dispiace.- le scuse di Bella quasi mi commossero: erano accorate e sincere.

La vampira si mise davanti a Lizzie, e, dolcemente prese le mani di lei tra le sue, mentre la fissava con i suoi occhi cremisi.

-         non c’è problema. Jacob mi ha spiegato che fa parte della tua natura, è difficilissimo opporsi ad essa, io stessa non credo ci sarei riuscita; ma tu ce l’hai fatta: ti stimo molto per questo.- Lizzie si azzardò ad accarezzarle una guancia, nonostante tremasse a contatto con la sua pelle fredda e, anche se non voleva ammetterlo, penso tremasse per la paura di essere divorata ancora.

-         Comunque, pur apprezzando le tue scuse, c’è qualcosa di cui io e Jacob vorremo metterti a parte e, a detta del cucciolotto, qui, tu sei l’unica con cui possiamo parlarne.

Proprio qui, ieri, dopo che sei andata via, abbiamo fatto un incontro; con Caius, Marcus, e una certa Erice, che dicono di portare il cognome “Volturi”- continuò Lizzie.

-         quella ragazza, Erice, è umana, eppure chiama Caius “zio” e Marcus “padre”. Secondo te, perché? Pensavo che i Volturi si nutrissero di sangue umano…- soggiunsi, esponendo i miei dubbi e chiedevo l’opinione di Bella; ma subito me ne pentii perché il viso di Lizzie assunse una cera cadaverica.

-         Un secondo. Calma, piccioncini. Voi mi state dicendo che ieri avreste incontrato, in questa stessa radura, Marcus e Caius Volturi, assieme ad un’umana, che però non hanno mangiato? È impossibile.-

Lizzie allontanò le proprie mani da quelle di Bella, e se le sfregò, per riscaldarle. Un ultimo brivido la scosse, poi, decisa, iniziò a raccontare:

-         l’uomo che hai visto ieri, quello cui ho sparato, ha ucciso mio padre e di conseguenza io gliel’ho fatta pagare. Poco dopo, mentre mi sfogavo sulla spalla di Jacob, sono arrivati quei tre, avvolti in mantelli cremisi…

Marcus, ha fatto scendere dalle proprie spalle la ragazza, Erice; della quale però, non ho mai visto il viso. Lei subito, senza fare caso a noi, ha iniziato a dire al padre ed a Caius, di avere un piano per “spodestare Aro”- testuali parole- e fargliela quindi pagare per aver ucciso una certa Didyme, che ho capito essere la moglie di Marcus, ma Erice la chiamava “madre”…non pensavo che due vampiri potessero generare un essere umano…-

-         infatti non possono, i vampiri non possono generare vita…- mi affrettai a spiegarle, ma ottenni solo un’espressione confusa.

-         Didyme…sì, Carlisle mi ha parlato di lei: era la moglie di Marcus, ma anche la sorella di Aro. La più attiva ed influente tra le mogli, perché disponeva di un potere simile a quello di Jasper. Si diceva che Aro l’avesse uccisa, ma non pensavo fosse vero…- riflettè Bella, toccandosi il mento. Era tanto immersa nei suoi pensieri da non aver udito lo scambio di battute tra me e Lizzie.

-         Ha fatto uccidere…sua sorella?!- mormorai, scandalizzato.

-         Non lasciarti ingannare dall’affascinante bellezza di quei vampiri. Bevono sangue umano e sono interessati solo al potere: se Aro considerava sua sorella “scomoda” nulla gli avrebbe impedito di toglierle la vita. - mi fece notare Bells, con saggezza.

-         Poi, purtroppo si sono accorti di noi perché, pur essendo io un’assassina, mi ha scosso un po’ il fatto che Erice abbia consigliato ai sue vampiri di cibarsi dei resti di Julian.

Così ci hanno pregato di dire a qualcuno di cui ci fidavamo, immune al potere di Aro, del “piano”. Perché Marcus, come anche Caius, sa che voi siete innocenti e che l’accusa mossavi da Aro, in merito a tua figlia, Bella (a proposito, non sapevo ne avessi una)è falsa. Di conseguenza non vuole che ciò che sta architettando sia scoperto, né che qualcuno di voi venga ferito.- terminò, Lizzie.

Mi stupii di quanto fosse pronta e lucida, nonostante l’ora tarda.

-         per questo abbiamo pensato a te, Bells. So del tuo “scudo”.- m’intromisi, cingendo il mio amore tra le braccia.

Gli occhi di Bella scintillarono nel buio, poi, tesa, iniziò a muoversi in linea retta, avanti e indietro nella neve- che ormai aveva completamente attecchito sul terreno-, con passo tanto leggero che, sono certo, Lizzie, non potesse udirlo.

-         è qualcosa che non mi aspettavo. Sinceramente è l’ultima cosa che mi aspettavo di sentire. Non vedrei nulla di sbagliato in un’alleanza con questa Erice, se questo mi desse la sicurezza che né il Branco né la mia famiglia, subiranno alcuna conseguenza. Tuttavia, prima di potermi fidare, dovrei ascoltare questo piano…- considerò, attenta.

-         È proprio per questo che siamo qui, Signora Cullen…- disse una voce, che uscì improvvisamente dal buio.

Bella si parò prontamente tra questa e Lizzie, in posizione di difesa, per proteggerla; io, dopo essere tornato lupo, feci lo stesso, ed iniziai a ringhiare cupamente.

Era Marcus ad aver parlato. Seguito da Caius ed Erice - appena scesa agilmente da un albero- venne sotto la luce della luna.

Fu uno spettacolo inquietante, ma magnetico: tre mantelli ondeggiavano nel vento, senza mostrare il volto dei loro proprietari; sembrava fossero indossati da fantasmi.

-         sapevo di potermi fidare di voi!- sorrise allegra, la ragazza Volturi; fissando me e Lizzie.

-         Venite, vi parleremo di ciò che abbiamo in mente; ma non fatene parola con nessuno: sarebbe la morte per tutti!- ringhiò Caius.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo! Cosa ne pensate?

Fatemi sapere.

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 17
*** 11. il semplice ma efficace piano di Erice Volturi ***


11. il semplice ma efficace piano di Erice Volturi

 

Eravamo lì, all’aperto da diverso tempo, e la presenza di tre vampiri non stava di certo aiutando la mia Lizzie.

Disposti in fila, a brevissima distanza gli uni dagli altri, ci squadravamo, come nemici. Ma, troppo preoccupato per la salute di Lizzie, mi arrischiai ad infrangere quella stupida, rigida e tacita regola, per avvicinarmi a lei e scaldarla.

A contatto con il mio pelo folto, la ragazza si rilassò, ed iniziò ad accarezzarmi dolcemente la testa. Sembrava muoversi a tentoni, come se in quel buio non vedesse.

- chi di voi ha ideato questo piano?- li aggredì Bella. Era tesa, nervosa, non si aspettava quel cambio di programma.

Erice, che si trovava tra Caius e Marcus, fece un passo avanti, calandosi il cappuccio sulle spalle,  per la prima volta da quando l’avevo vista.

-io. – disse seria.

- tu? Che strano…sei l’unica umana tra i Volturi, l’unica che non sia stata mangiata. Sei un’eccezione particolare ma sei pur sempre un’umana. Possibile che i Volturi abbiano fatto decidere a te di architettare un piano simile? Da cui dipenderà la vita o la morte della famiglia Cullen, e del Clan Volturi?- disse Bella, decisa, schematica, lucida mentre le girava attorno con le braccia raccolte al petto, esaminandola. Non si fidava davvero!

Però era chiaro che teneva alla sua famiglia, a noi. Non l’avevo mai vista reagire così.

-         e poi…il tuo nome, Erice, ha la stessa pronuncia del termine “eris” che in greco antico significa “discordia”. Come potrei fidarmi di te?- continuò.

Wow! Non la facevo amante della lingua greca!

-         sì, Signora Cullen, è possibile e…ci si può fidare di lei. Io e mia moglie consideriamo Erice come figlia: ha vissuto tra i Volturi da quando è nata; il suo destino era diventare il nostro pasto- o dessert, come l’ha sempre definita Aro- ma grazie a mia moglie Didyme ho scoperto quanto fosse speciale, e che spreco sarebbe stato mangiarla.- Marcus, punto nel vivo era intervenuto in quella sorta d’interrogatorio e, nonostante all’inizio pensassi che Erice fosse stata ammessa tra i Volturi, solo grazie al potere di Didyme, dovetti ricredermi, notando la stima e l’affetto con cui Marcus la guardava.

-         Inoltre, l’abbiamo istruita ed addestrata; conosce i pi intimi segreti della nostra famiglia ed è stata l’unica testimone dell’assassinio di mia moglie. Per questo si è attirata l’odio di Aro, ed ho dovuto allontanarla…essendo perciò esperta delle nostre pratiche, e la sola ad avere la possibilità di ideare questo piano, io le ripeto, Signora Cullen, che possiamo fidarci di lei.- il vampiro moro si interruppe, con la voce rotta. Sono certo che se avesse potuto avrebbe pianto.

Sotto lo sguardo sdegnato di Caius, per quella reazione, Erice posò dolcemente una mano sulla spalla del padre.

Fu allora che potei osservarla con attenzione: era sottile e slanciata come un giunco, aveva modi posati, ma maniere ferme e decise; puzzava lievemente di vampiro.

Il suo viso tondo era incorniciato da una massa di soffici ricci scuri, che forse al sole sarebbero diventati lucidi, splendenti, di un castano chiaro; le labbra sembravano disegnate, tanto erano piene e rosee; e mi stupii, guardandola negli occhi, ora di un intenso verde bottiglia. Non seppi quindi spiegarmi, come mai la volta precedente le fossero diventati dorati.

-         padre, basta. Penso che la signora Cullen si sia convinta, ora.- disse Erice, con voce pacata.

Evidentemente quel ricordo del suo passato, per quanto vicino o distante potesse essere, le faceva ancora male.

-         va bene, ascoltiamo questo piano. Ma voglio conoscerne tutti i particolari: le tattiche del nemico, gli stratagemmi che hai intensione di usare, e i tuoi alleati. Hai detto di averne alcuni, no?- soggiunse Lizzie, riassumendo per un attimo quell’atteggiamento razionale, tipica del suo essere quando ancora veniva influenzata dalla deformazione professionale del suo lavoro.

Tirai un sospiro di sollievo: Bella si era zittita e valutava, senza parole il legame che univa Marcus ed Erice. Mi sembrò che Lizzie avesse salvato la situazione.

-         è un piano abbastanza semplice e, spero, efficace. Per molto tempo sono dovuta stare lontana dai Volturi, ma sono rimasta in contatto col Corpo di Guardia, all’insaputa di Aro. Loro sanno che domani, allo scontro, sarò presente, ma non immaginano dove, né come. Sappiate che i vostri- e nostri- unici e principali nemici saranno Alec, Jane, Felix, Demetri ed Heidi.

-         Dunque, come già ho detto, conosco alla perfezione le tattiche dei Volturi e, come sicuramente saprete, Aro soffre di manie di protagonismo, perciò porterà con sé dei Testimoni, al fine di far divulgare loro quanto sia stata imparziale la loro giustizia nei vostri confronti.

Ciò che vi chiedo di fare, cara Signora Cullen, è usare modi diplomatici per rendere evidente che Aro ha usato semplicemente un pretesto per arrivare a distruggervi -perché avanti, sappiamo entrambe che lei e suo marito non siete creatori di Bimbi Immortali. Così facendo, metterete Aro a disagio e, i Testimoni saranno spinti ad andarsene; sarà in quel momento che io agirò. Di conseguenza, voi Cullen, dovrete proteggervi, perché immagino non abbiate mai assistito ad una lotta intestina tra vampiri di uno stesso clan e, inoltre, superdotati.-

-         non mancherò di chiedere ad Eleazar le abilità del Corpo di Guardia.- promise Bella, apparentemente convinta da quelle parole.

-         Ah, il caro Eleazar. Come sta?- domandò Caius, con forzata cortesia.

Ma non ottenne risposta, e ringhiò appena.

-         come intendi agire, esattamente?- la incalzò Lizzie, fissando Erice, in parte scontenta per i pochi particolari che ci erano stati forniti.

-         Perché me lo domandi?intendi partecipare alla battaglia?-

La mia ragazza si limitò ad annuire, solenne.

In una frazione di secondo sentii l’intero peso del mondo, addosso; così, accecato dal panico, afferrai un lembo del vestito di Lizzie.

Lei mi si inginocchiò vicino, mentre Belle le si avvicinava, guardandola sconvolta:

-         non puoi farlo, Lizzie.- le disse, agitata. Doveva tenere davvero a lei.

-         Voglio rendermi utile, e non credo che se mi trovassi tra le vostre fila, Bella, vi renderei la vita facile. Se è vero che la nascita di vostra figlia ha scatenato questo, per la presenza di un’umana, tra di voi, Aro vi condannerebbe a morte seduta stante.-

-         Potrei nascondermi tra i Testimoni dei Volturi, ed attaccare insieme ad Erice, quando se ne andranno. Cosa devo usare? Paletti di frassino? Acquasanta?- domandò, rivolta alla ragazza Volturi, che le rise in faccia.

Ringhiai contro Erice per zittirla: era proprio una presuntuosa!

Lizzie era solo inesperta in merito agli “esseri soprannaturali”, non poteva comportarsi così.

La ragazza si ricompose quasi subito, dopo il mio ammonimento:

-         Lizzie…giusto? Guardi troppi film di fantascienza! I vampiri non si uccidono né con picchetti di frassino, né con l’acquasanta. Bisogna fare a pezzi il loro corpo e bruciarne i resti.- la istruì Erice.

-         Ok, ok…allora…posso unirmi a voi?- domandò Lizzie per nulla scoraggiata, guardando i tre Volturi.

Ancora una volta mi aggrappai ai suoi abiti, terrorizzato.

Anche se il compito di noi licantropi era proteggere vite umane, Lizzie aveva ragione: se Aro l’avesse trovata tra le fila dei Cullen, sarebbe stata la morte per tutti; perciò il suo piano filava di più di quello semplice, ma- sperava- efficace di quello di Erice, tuttavia la ritenevo pur sempre una follia.

Non riuscivo a staccarmi dalla mia amata: la sola idea della sua lontananza da me, mi straziava il cuore; figuriamoci poi doverla lasciar andare, per salvare la vita di noi tutti, infiltrandosi in incognito tra vampiri che bevevano sangue umano.

Guaii piano, per attirare la sua attenzione.  Mi accarezzò dolcemente il muso, ma l’espressione con cui mi fissò quando voltò la testa, era quella fiera ed impassibile di un guerriero prima della battaglia.

Per tutto questo tempo, avevo temuto che fosse spaventata dalla mia natura di licantropo, e dall’esistenza dei vampiri, ma la verità era che mi amava a tal punto da lasciarsi trascinare in quella faccenda, e volermi aiutare.

Mi posò con fermezza una mano sulla testa, ed io, diligente, mi sedetti, per comunicarle che condividevo la sua scelta.

Probabilmente era proprio quello il gesto che aspettavano, perché solo in quel momento Lizzie ottenne una risposta, alla domanda che era rimasta sospesa nell’aria, prima; e fu Caius a parlare:

-         e sia, umana, o forse dovrei chiamarti “Domatrice di Licantropi”. Ti nasconderemo tra i Testimoni, e sarà solo quando loro se ne saranno andati, che tu agirai, seguendo Erice. E…usa questo: è l’unico modo che avresti per bruciare i resti di un vampiro.- mentre Lizzie si avvicinava, dopo avermi lasciato un morbido bacio sul pelo, il vampiro biondo le lanciò uno strano oggetto di metallo, inciso e decorato* : sospirai di sollievo quando lei lo prese al volo.

Nel momento in cui ebbe completamente coperto la poca distanza che la divideva dai Volturi e, si ritrovò tra di loro, Lizzie fu fissata da Marcus che, un attimo dopo, posò gli occhi su di me:

-         non temere, faremo sì che non le accada nulla…- mi rassicurò, sorridente.

Non compresi la sua frase. Era pur sempre un vampiro che beveva sangue umano, no? Perché c’era quella delicatezza nella sua voce? Che fosse di vedere il legame che mi univa a Lizzie?

-         ti ringrazio per “l’arma”…Caius…giusto?- fece Lizzie, rigirandosi quell’oggetto tra le mani- ma Erice ha sottolineato che “per uccidere un vampiro, bisogna prima farlo a pezzi, e poi bruciare i suoi resti”…- continuò, mettendo in evidenza quel particolare.

-         Non  preoccuparti, penserò io a quel lavoretto sporco; veglierò io su di te durante la battaglia…o ti affibbierò qualcuno del Corpo di Guardia.- le promise, con voce melliflua, guardandola maliziosamente.

Lizzie fece un passo indietro, fissandolo con durezza. Il messaggio era chiaro: non doveva oltrepassare quel limite.

Ringhiai con forza, il pelo ritto sulla schiena, per rimarcare il concetto: Lizzie era solo mia.

Caius chinò impercettibilmente la testa, perdendo colore in viso: mi temeva davvero!

-         no, Jacob; non è come pensi. Caius non vuole Lizzie: è sposato. La stima semplicemente, perché lei è riuscita a dominare ciò che lui teme di più.- mi spiegò Bella, bisbigliando, e afferrandomi la coda, per paura che lo attaccassi.

Tuttavia, diffidente, non staccai gli occhi da Lizzie, neppure quando Caius si sfilò il mantello che indossava, e lo gettò sulle spalle della mia ragazza, dicendo che era necessario che lo mettesse, perché così non sarebbe stata riconosciuta; oppure quando lei, un attimo dopo, rabbrividì dentro quell’enorme palandrana che avrebbe dovuto scaldarla. Ma come poteva, visto che era stata “raffreddata” da un vampiro?

Fu allora che Lizzie mi guardò, per l’ultima volta, avvolta in quel gigantesco mantello e con la testa abbandonata nel cappuccio. Il suo viso era un mosaico di emozioni: aveva paura per quello che sarebbe successo l’indomani mattina; temeva di deludermi; ma mi amava, lo vedevo dai suoi occhi,  nonostante l’idea della lontananza non andasse a genio neppure a lei.

-         abbi fiducia…- mimò, muovendo solo le labbra.

Poi, seguendo l’esempio di Erice- che Marcus aveva accolto sulla sua schiena- montò sulle spalle di Caius e scomparve nella notte.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qua con un nuovo capitolo! Manca davvero poco alla battaglia contro i Volturi, che ne pensate del piano di Erice?

Fatemi sapere cosa ne pensate?

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 18
*** 12. studiare il nemico è sempre un bene: assicura maggiori possibilità di vittoria ***


12. studiare il nemico è sempre un bene: assicura maggiori possibilità di vittoria

 

Tornai a casa logorato. Avevo voglia di piangere ma mi affrettai a schizzare via, correndo come un folle, per sfuggire al dolore ed al sole, che stava sorgendo.

Bella mi seguì, agile, mentre qualche sbuffo di luce le baciava la pelle, facendola risplendere di un chiarore iridescente, che mi pungeva gli occhi. Notai un’ombra di tristezza sul suo volto, come riflesso del mio malessere, che sembrava apparirle chiaro.

Nei pressi del giardino dei Cullen, tornai umano, e mi affrettai a vestirmi; Bella giunse un secondo dopo di me e mi abbracciò dolcemente, mentre mi bisbigliava nell’orecchio:

-         ora Lizzie è al sicuro…-

mi lasciai cullare dalle sue gelide braccia, stanco e triste, ma poi ebbi un’illuminazione: afferrai la vampira per le spalle, fissandola mentre mi strizzava l’occhio. Aveva appena stabilito un “codice”: in presenza di Edward pensando a Lizzie, avrei dovuto riferirmi solo al fatto che era al sicuro, per non lasciare che venisse a conoscenza del patto che avevamo appena stipulato.

Entrammo in casa, tenendoci per mano. Non so come, ma la presenza della mia amica riusciva a darmi forza.

Ormai mancava davvero poco alla battaglia, dovevamo prepararci, studiare delle tattiche, essere a conoscenza di ogni abilità dei Testimoni, per capire quanto accessibile ci sarebbe stata la vittoria.

Dovevo solo stare tranquillo, la mia unica pena era la salute di Lizzie, ma non avevo di che temere, lei era al sicuro, era al sicuro, ERA AL SICURO. Cercai di convincermene.

Subito, Edward, intento a parlare con suo padre, voltò la testa verso di me, insospettito dalla mia fredda rabbia; fortunatamente in quel momento, a salvarmi da una spiegazione che mi avrebbe tratto in inganno, arrivò Renesmee, i ricci capelli bronzei ondeggiavano nel vento innaturale mosso dalla sua stessa corsa.

La presi tra le braccia, sforzandomi di sorridere, e subito lei, fissandomi con i suoi grandi occhi così simili a quelli della madre, mi posò una manina dalla pelle color crema, sulla fronte.

Lizzie dov’è?

Avevo sempre apprezzato il suo potere- ovviamente appena ne ero venuto a conoscenza- perché in un certo senso era complementare a quello del padre e quello della madre; inoltre le permetteva di ottenere senza sforzo ciò che voleva.

La sua domanda muta mi risuonò nella testa come il tintinnio di una moneta caduta in terra, e immediatamente dopo essa, seguirono delle immagini di me e Lizzie assieme.

Anche se non le era stato permesso di vederla, per paura che Nessie desiderasse il suo sangue, quell’originale mezza vampira aveva trovato il modo di osservarci di nascosto.

Aveva prestato particolare attenzione ai nostri sguardi, incuriosita dall’insistente ricerca dei nostri occhi, dalla loro intensità, dal nostro saper prevedere i gesti reciproci, come fossimo l’uno il prolungamento dell’altra. Mi soffermai anch’io su di essi: Lizzie mi amava profondamente, ne ebbi l’ennesima conferma. Quindi ora, anche se eravamo lontani, lei aveva fatto la sua scelta, ed era si trovava al sicuro.

-         tra poco verranno i Volturi, per conoscerti, piccola Nessie. Non sarebbe stato un posto sicuro per lei; le ho chiesto di tornare a casa. -

con una semplice risposta, parve che avessi convinto due vampiri assieme. Sia Nessie che suo padre mi fissarono addolorati. Possibile che il mio amore per lei fosse tanto evidente?

In quel momento Bella prese sua figlia dalle mie mani, raccolse i capelli corvini in un’unica treccia, e con decisa pacatezza chiamò a raccolta tutti i Testimoni e la sua famiglia nel salotto.

-         perdonate la mia arroganza, signori. Presto ci confronteremo con i Volturi. Non sappiamo se sarà uno scontro pacifico o meno; perciò avrò bisogno di sapere di quali abilità disponete.-

decine e decine di occhi la scrutarono, perplessi.

-         io…sono in grado di capire quando una persona mente…- si fece avanti una vampira minuta, dai riccioli rossi, giunta dall’Irlanda, chiamata Meggie.

-         Io posso controllare gli elementi.- seguì un vampiro che stava col clan degli Egizi, di nome Benjamin.

Nonostante tutto si stesse svolgendo a “modalità vampiro”, quindi abbastanza velocemente, mi sembrava che il tempo non scorresse più.

Puntai gli occhi su Eleazar, e mi abbandonai ad un torpore in cui la voce di Bella divenne solo un’eco lontana.

Quando mi “risvegliai”, prendendo di nuovo possesso del corpo e delle mie facoltà mentali, compresi che la piccola irlandese Meggie scopriva i bugiardi; la sua compatriota Siobhan, sembrava essere in grado di trasformare ogni suo desiderio in un atto di effettiva volontà- e siccome nonostante l’aspetto da donnona massiccia sembrava pacifica, dovevo fare in modo che non esprimesse desideri su quanto sarebbe successo con i Volturi; l’egiziano dai capelli blu scuro, Benjamin controllava gli elementi; tra il clan delle Amazzoni, solo Zafrina aveva un potere, e creava illusioni; l’unica ad avere un potere nel clan Denali, era Kate, ed era “elettrificata”…e tanto mi bastava, aggiungendo ovviamente anche lo scudo di Bella, perché, valutando attentamente compresi che bastavano quei pochi elementi per garantirci la salvezza, e forse anche la vittoria.

Quando Bella terminò il suo interrogatorio, tutti quei vampiri scomparvero lesti, e decisero di allenarsi nel giardino, spaventati da quanto la mia amica vampira aveva detto.

Dopo un rapido scambio di sguardi tra lei e il marito, che non capiva il suo comportamento, io e Bella ci avvicinammo ad Eleazar.

-         so che sei stato tra le fila dei Volturi, Eleazar; ho bisogno di conoscere tutti i poteri dei tre Reggenti, e del Corpo di Guardia, per favore…- disse la vampira, fissandolo seria ma risoluta. Ero certo che già li conoscesse, ma sicuramente aveva posto quella domanda a quel vampiro, per metterne a parte me.

-         Perché, Bella?- le domandò cortese, con voce profonda.

-         Studiare il nemico è sempre un bene: assicura maggiori possibilità di vittoria.- aggiunsi io, sollevando il mento.

-         Sappiate che la maggior parte della forza dei Volturi, deriva dalla loro capacità di aver accumulato un gran numero di vampiri con dote straordinarie. Ad Aro, infatti, basta un semplice contatto per leggere i pensieri di qualcuno; Renata è il suo scudo, letteralmente. È la sua guardia del corpo. Marcus, è in grado di vedere i legami che uniscono le persone…- sospirò.

Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva: ecco perché poco prima quel vampiro moro mi aveva guardato, rassicurandomi che non sarebbe stato fatto del male a Lizzie!

-         Chelsea, invece, può percepirli e, se necessario, annullarli o rafforzarli; il suo compagno, Afton, sa “accecare” le sue vittime, dando loro la sensazione di essere sul punto di decomporsi; qualcosa di simile è il potere di Alec, che, insieme a sua sorella Jane, è uno dei favoriti di Aro, infatti, è la sua arma segreta: rende inermi gli avversari dei Volturi, mentre gli Anziani decidono cosa ne sarà della loro sorte. Sua sorella Jane, è la più temuta. Può creare l’illusione del dolore nella mente dei suoi nemici. Demetri è il segugio personale del Caln; infatti, a lui basta un piccolo tocco, tuttavia per una finalità diversa da quella di Aro: lui è in grado di rintracciare qualsiasi persona, ovunque essa si trovi. Infine, l’inseparabile compagno di Demetri, Felix, non dispone di nessun potere in particolare, ma è incredibilmente forte, come Santiago.- spiegò.

Era stato veloce, silenzioso, preciso, più di un computer, ma non aveva mancato nel mostrare la sua umanità.

Ci lasciò, per unirsi a Carmen, la sua compagna, del clan dei Denali, ma vedevo chiaramente sul suo viso i suoi dubbi in merito al motivo per cui gli avevamo fatto quella domanda.

-         contento? Sei riuscito a farti un’idea?- mi chiese Bella, leggermente nervosa, quando il vampiro non fu più a portata d’orecchio.

Stavo per risponderle, ma fui interrotto dall’arrivo di Seth e Leah.

-         è il momento, capo. Sam e gli altri sono già nella radura.- fece il novellino, tutto trafelato.

mi sentii precipitare nel vuoto…

rivolsi gli occhi a Bella, che, pronta, si girò verso il marito. Fu uno scambio di occhiate e, proprio per questo più insopportabile. Se avessero reagito tutti con un moto di panico, seppur minima, avrei saputo che c’era qualcuno con cui potevo condividere le mie emozioni; ma tutti quei vampiri, così freddi, anche dinnanzi a quella notizia non si scomposero; carezzarono il viso color crema di Renesmee ed uscirono in fila, senza parlare.

Sentivo l’ansia addosso, come un cappio troppo stretto che mi toglieva il respiro; la paura mi aggrovigliava le viscere. Fissai il cielo dove, ormai, i timidi raggi del sole tingevano ogni cosa.

Stavo per perdere la lucidità. Il Giorno del Giudizio si stava avvicinando, ma anche se quella minima attesa era snervante, mi morsi un labbro, costringendomi a mantenere la calma, altrimenti sarebbe andato tutto perduto.

L’ultima cosa che vidi, fu Bella che abbracciava sua figlia e baciava Edward. Gli occhi del lettore di menti, sembravano velati di terrore, come se temesse la morte, la separazione dalle persone che di più amava; e, nello stesso tempo sperasse nell’esistenza di qualcosa oltre morte, dove, evidentemente, avrebbe potuto riunire la sua famiglia ed essere felice con essa.

Stranamente- ed io stesso rimasi sorpreso dalla mia reazione, poiché mi aspettavo di prorompere in una valanga di frasi a sproposito- lo compresi, ed attesi tutto il tempo di cui aveva bisogno.

Poi, riprese le forme di lupo, assieme a Leah e Seth scortai Bella, Edward e Renesmee fino alla radura, dove potemmo unirci ai Testimoni, e ai licantropi, già schierati.

D’un tratto, in lontananza distinsi un brulicare d’alberi e vidi un essere compatto e fluido, una sorta di unico vessillo, una serie di mantelli; e seppi che erano loro.

I Volturi erano arrivati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti! Eccovi un nuovo capitolo! Manca davvero poco allo scontro con i Volturi, e quindi alla fine, spero vi piaccia!

A proposito, avrete notato che nel capitolo precedente l’oggetto che Caius da a Lizzie è lo stesso che in BD Caius usa per bruciare Irina.

Fatemi sapere che ne pensate

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 19
*** 13. profumo di battaglia ***


13. profumo di battaglia

 

Arrivarono con grande sfarzo, non senza una certa bellezza.

Arrivarono in formazione rigida, solenne. Si muovevano all’unisono, ma non era una marcia: affluivano con perfetta sincronia dagli alberi. Una sagoma scura e ininterrotta che sembrava sospesa di qualche centimetro sopra la neve bianca, tanto fluida era la sua avanzata.

Le ali esterne erano grigie: il colore si scuriva ad ogni fila di corpi, fino ad arrivare al cuore della formazione, che era del nero più intenso. Tutti i visi erano ricoperti da cappucci e in ombra. Il vago fruscio dei piedi era così regolare da sembrare musica, un ritmo complicato che non mostrava esitazione.

A un segnale che non notai- o forse non vi fu alcun segnale, ma solo millenni di esercizio- la struttura si allargò verso l’esterno.

La loro avanzata era lenta ma decisa, senza fretta, senza tensione, senza ansia. Era l’andatura degli invincibili.

Le figure con il mantello grigio si disposero sui fianchi, mentre quelle più scure avanzarono con precisione verso il centro, misurando al millimetro ogni movimento. *

Lasciai vagare lo sguardo su quel tripudio di colori. Il suo lento arrivo mi ricordava un fiume di fango, tremendamente simile alle emozioni che stavo provando in quel momento: le mantelle grigio chiaro, poste ai lati, mi facevano pensare ad un mare in tempesta, esattamente come quello di cui mi sentivo in balia, mentre annegavo nelle mie paure, a causa delle poche idee che avevo su come si sarebbe svolta la lotta interna tra i Volturi. Il grigio fumo- dei vampiri posti nelle prime linee- erano le nubi di rabbia che mi offuscavano la mente, al solo pensiero di essermi allontanato da Lizzie. Il rosso scuro mi rimandava al sangue che Erice, Caius e Marcus desideravano e, che, di lì a poco, avrebbe irrigato la terra. Infine, le mantelle nere indossate dagli Anziani- mi fece piacere che Caius e Marcus avessero avuto il tempo di cambiarsi d’abito- mi faceva ribollire d’odio, quello stesso che sarebbe esploso, se i Volturi con cui avevo parlato, non avessero mantenuto la parola.

Poi, vi fu un attimo di assoluto, religioso silenzio, e temetti che “la sfilata” fosse terminata lì.

Dove diavolo erano i Testimoni?

Erice, così come Eleazar ed Edward non avevano forse affermato che ad Aro piaceva avere un pubblico?

Mi sfuggì un brontolio sommesso. Bella guardò verso di me, mentre con una mano sfiorava le dita di Edward, per farsi forza e con l’altra avvolgeva Renesmee, con fare protettivo: seppi che i miei stessi pensieri le stavano attraversando la mente.

Infine, dopo un lunghissimo, eterno secondo- di massima tensione per quanto mi riguarda- tirai un sospiro di sollievo, vedendo muoversi, dall’estremità della foresta, centinaia di figure; alcuni venivano verso i Volturi, ma altri rimasero al limitare del bosco. I Testimoni. Erano arrivati, finalmente!

Li esaminai uno per uno, severo e lesto: avevano gli occhi timorosi, perché non erano abituati agli scontri; la maggior parte, tuttavia, a causa dell’odio per la fama dei Bambini Immortali, facevano trasparire senza troppa difficoltà il loro folle desiderio di battaglie e roghi. Era proprio quello che avrebbero avuto, dissi tra me e me, con un sorriso.

Poco dopo però, con stupore notai che nessuno di loro aveva il viso coperto. Come avrebbero fatto Erice e Lizzie a nascondersi tra quelle fila?

Sconvolto dall’irritazione per quei piccoli cambiamenti di programma, avrei voluto camminare avanti e indietro, tra i miei amici, per allontanare l’ansia che era tornata ad aggredirmi; avrei voluto urlare, attaccare quei luridi succhiasangue, staccare loro la testa a morsi…ma mi imposi di piantare bene i piedi in terra, fino a sentire dei solchi sotto le zampe.

Dovevo stare calmo, dovevo stare calmo: se avessi perso la lucidità, tutto sarebbe andato perduto e Lizzie, così come Bella e la sua famiglia, on sarebbero più stati al sicuro.

Alle orecchie mi giunse il possente battito dei gradi cuori dei miei fratelli, e ringraziai per la loro presenza, che riusciva a rilassarmi, a non farmi sentire solo; così come, quell’imponente battere, copriva, alle orecchie dei Volturi, il respiro e il battito dei cuori di Erice e Lizzie, nascoste tra di loro.

D’un tratto, come una carezza sulla pelliccia, avvertii l’inquietudine spargersi tra le fila eterogenee e disordinate dei Cullen: molti vampiri che, come Bella si erano soffermati a contare le forze di cui i Volturi disponevano, si erano scoraggiati.

Sbuffai, infastidito: loro erano solo 32 ed il nostro gruppo contava 17 licantropi e 19 vampiri che avrebbero combattuto. Avremmo vinto di certo!

Possibile che nessuno sapesse che i Testimoni dei Volturi non si battevano? Che l’unico scopo della loro presenza lì era “divulgativo”, poiché dovevano spargere la voce nel mondo su quanto fosse stata giusta ed imparziale la giustizia dei Volturi?

Mentre Edward sussurrava quest’informazione a sua moglie, aggiungendo – poiché evidentemente l’aveva appresa leggendo la mete di qualcuno- che eravamo in vantaggio perché la presenza di noi licantropi allertava quei succhiasangue, facendoli quindi tentennare.

Un ghigno mi si stampò in faccia. Ero felicissimo di ciò che il lettore di menti aveva detto, ma non avevo tempo per soffermarmi ad ascoltare i pensieri di tutti, le strategie, i timori…

Sollevai, invece, lo sguardo- tra quelle infinite statue di cera, alle quali ora si era ridotto il Corpo di Guardia- sulla triade nera degli Anziani: nessuno di loro parlava, ma le loro dita si toccavano appena. Ero certo che Aro, posto al centro, percepisse i loro pensieri.

Lo sguardo di Marcus sembrava annoiato, fluttuante nel vuoto; era assolutamente diverso dall’uomo dagli occhi rabbiosi, dannati, assetati di vendetta, che avevo incontrato solo un giorno prima. Ora capivo come avesse fatto a nascondere le sue vere intenzioni ad Aro.

Caius, invece, mi fissava digrignando i denti.

“ma che bravi!” mi ritrovai ad elogiarli, mentre scorgevo i nostri bersagli, più prossimi al Consiglio. Marcus e Caius erano davvero vampiri di parola: Renata, lo scudo di Aro era tanto vicina a quei tre che sembrava avesse le dita cucite al mantello del suo signore; - ma era chiaro che non era una guerriera, sembrava più una tartaruga timorosa, con la testa ritratta nel cappuccio; e Caius e Lizzie,  se solo avessero voluto, l’avrebbero distrutta in un batter d’occhio- Alec e sua sorella Jane, i sorrisetti beffardi sulle labbra carnose e quei volti bambini e angelici, erano in prima fila, l’uno accanto all’altra, avvolti da mantelli della gradazione più scura di tutti, appena più chiari di quelli degli Anziani. Forse era vero ciò che aveva detto Erice, ossia che Aro fondava tutta la forza dei Volturi sui vampiri superdotati che aveva al suo seguito e, se così era, quei due ragazzini dovevano essere i suoi gioielli.

Dopo qualche febbrile sguardo sulla folla, individuai Felix e Demetri: erano a pochi metri di distanza, coperti da mantelli grigio chiaro, erano alti e dai capelli scuri; il primo però, era massiccio come un armadio, l’altro sottile come una spada.

Dovetti, invece, faticare parecchio per trovare Heidi…ed infine la individuai:una bellezza statuaria, simile a quella della Biondina Cullen, incorniciata però da due occhi cremisi e una chioma castana, posta a difesa delle esili e pallide mogli, nella retroguardia.

Perfetto! Una volta uccisa lei, anche la moglie di Aro, la smunta Sulpicia, avrebbe trovato la morte, se non altro per evitare che per l’assassinio del marito, meditasse vendetta contro di noi. E- mi dissi- se Caius si fosse comportato male, l’avrei privato della bionda Anthenodora.

-         guarda Vladimir, sono proprio venuti tutti oggi! Ci sono addirittura le mogli!- fece Stefan, uno dei due vampiri rumeni cui i Volturi avevano distrutto il regno, dando una leggera gomitata d’ammirazione al compagno.

Mi venne da ridere, ma stavo cominciando ad annoiarmi. Quando avremmo iniziato?

In quel momento, come se qualcuno mi avesse letto nel pensiero, dopo un tempo che mi sembrò interminabile; - allora compresi che i vampiri, esseri eterni, avevano tempo da perdere- accadde qualcosa: il vampiro al centro, dalla chioma castana, chiamato Aro, passò le sue pupille screziate da Liam a Siobhan, circondati da due file di licantropi.

Mi parve che un fremito attraversasse il suo volto d’alabastro poroso.

A quel segnale di titubanza, l’intero Corpo di Guardia, scattò in posizione d’attacco.

- veniamo in pace, cari Cullen…- sospirò l’anziano Volturi.

Ebbi appena il tempo di scorgere il dottor Cullen che cercava lo sguardo di suo figlio, in attesa di qualcosa, e quando Edward gli fece un cenno d’assenso, lo vidi passare davanti ai miei occhi, con i palmi delle mani in alto, in segno di resa.

Cosa? Lo lasciavamo andare da solo, tra i Volturi?

-         Aro, amico mio…sappiamo quali sono le tue vere intenzioni, infatti, quelli che vedi qui sono Testimoni. Li abbiamo chiamati solo per dimostrarvi che l’accusa che avete mosso contro di noi, è infondata.- sorrise benevolo ed innocuo, ma non mi sfuggì il significato profondo delle “vere intenzioni”. Possibile che il dottore sapesse che non sarebbe stato facile farsi ascoltare, e che quindi, ci sarebbe stata una battaglia?

-         Ecco, toccala, e saprai la verità…- Carlisle tese una mano in avanti, aspettandosi che Aro la prendesse tra le sue e venisse a conoscenza della vera storia di Renesmee.

-         Carlisle! Ti crei così tante leggi…ma poi non rispetti la più importante e rinneghi la tua stessa natura!- urlò Caius, scattando in avanti come un serpente mentre puntava un suo dito uncinato contro il dottore.

Mi giunse il respiro strozzato di Renata che, evidentemente, non apprezzava quei cambi di programma.

-         pace, fratello…- lo richiamò Aro, alzando una mano, e continuò- no, amico Carlisle, voglio conoscere la verità da chi ne è stato interessato in prima persona; e siccome la Bambina sta attaccata alle spalle della compagna neonata di Edward, penso che vorrò parlare con tuo figlio…- lo fermò con durezza, mentre Caius si acquattava, in posizione d’attacco accanto a Marcus.

Edward, sentendosi chiamato in causa, serrò per un attimo i pugni, poi baciò sulla fronte sua moglie e sua figlia, come a voler passare loro la sua forza, e si affrettò ad affiancare suo padre.

Con la coda dell’occhio, vidi Bella irrigidirsi, ringhiare appena, e tendere la bocca in una smorfia. Anche lei desiderava dei roghi, dove poter far espiare le colpe a quei bastardi Volturi, che minacciavano la sua famiglia; lo vedevo da suo sguardo. Ma la sua più imminente ed evidente preoccupazione era proteggere Edward, perché sarebbe stato a stretto contatto con Aro.

Sono certo che avesse tentato di modellare addosso al marito il proprio scudo, tuttavia, nonostante mi fossi irrigidito anche io, perché le idee di Bella cozzavano con ciò che era necessario succedesse, ossia che Aro si rendesse conto che Renesmee era una vampira solo per metà, non avvertii nessun cambiamento.

Edward fece un altro passo avanti e tese la sua mano bianca verso Aro, con fare sprezzante, come se gli stesse concedendo un grande onore.

L’Anziano Volturi ebbe un attimo d’esitazione e dal Corpo di Guardia alle sue spalle giunsero ringhi di tensione, poi con un sorrisetto beffardo prese la mano di Ed tra le sue.

Chiuse gli occhi.

Trascorse un minuto…

Chinò le spalle sotto il peso delle informazioni che stava apprendendo da Edward.

Trascorsero due minuti…

-         vedi?- gli domandò Edward, con la testa china a sua volta, perché leggeva le reazioni che quelle informazioni causavano nella mente del vampiro.

-         Certo che vedo…- sorrise Aro, curioso, con un tono divertito ed imparte ammirato.

Passarono altri minuti e persi il conto, perché cominciai ad annoiarmi.

Ancora una volta scrutai i Testimoni, alla ricerca della mia ragazza, ma senza risultati perché molti di loro erano nascosti benissimo tra gli alberi, tanto che ebbi l’impressione che fossero diminuiti da quando erano arrivati.

A richiamare la mia attenzione su Aro ed Edward, fu un sospiro sorpreso di Aro:

- e così lei…è tua figlia naturale…- aveva esclamato l’Anziano, fissando il lettore di menti negli occhi, ora che si era staccato da lui.

- cosa dici, Aro? Stai vaneggiando?- gli sibilò Caius, ringhiando.

- fratello…la bambina è unica…io stesso, da quando sono in vita, non credo d’aver mai visto nulla di simile. È la figlia naturale di Edward, data alla luce dalla sua compagna, quando era ancora umana. Il suo cuore batte, e cresce.- gli disse Aro, voltando la testa verso di lui, ammirato.

- impossibile. È un trucco, è tutta una menzogna!- replicò duramente Caius.

- Caius…dubiti forse del mio potere?- gli occhi cremisi di Aro si infiammarono di rabbia mentre la sua voce si faceva tagliente. Era ovvio che non amava che le sue opinioni venissero messe in discussione.

- lasciaci vedere ciò che vedi, fratello: consultiamoci.- intervenne Marcus, con un sospiro più delicato della pergamena.

Aro fissò suo cognato e parve apprezzare il suggerimento; anzi avrei detto che ne era meravigliato, perché probabilmente non era abituato a sentirlo parlare.

-         consutiamoci.- convenne quindi.

-         Consultiamoci.- gli fece eco Caius.

In un attimo i tre vampiri si presero le mani e, chiusi in un cerchio nero, pareva fossero altrove con le menti.

Il tempo si fermò ancora; gli Anziani immobilizzati, il Corpo di Guardia di nuovo fermo come un’unica statua di cera, ma questa volta mi parve che quell’intervallo fosse stato troppo breve, perché durante questo, ero stato troppo impegnato ad incontrare gli sguardi di Bella, Edward, ed altri testimoni, che si facevano tutti la mia stessa domanda: possibile che fossimo così fortunati? Che i Volturi fossero divisi internamente, tra le loro stesse fila?

Poi, troppo presto, i tre del Consiglio tornarono a muoversi e la mia attenzione si concentrò ancora una volta su di loro.

Marcus era tornato in silenzio accanto a Renata; Caius si guardava attorno, come se fosse alla ricerca di qualcuno; ed Aro, stampandosi di nuovo sulle labbra il suo falso sorriso, si rivolse ad Edward:

-         posso conoscerla?- gli chiese, con voce sognante e carica di desiderio.

Il pelo mi si rizzò sulla schiena e sentii Bella che ringhiava. Quel vampiro psicopatico voleva essere messo a parte anche dei pensieri di Renesmee?

Il lettore-di-menti-Cullen stava per rispondergli, ma le sue parole furono coperte dal ringhio rabbioso di Caius:

-         Tu! Vieni qui, subito!- fece, perché evidentemente aveva trovato chi stava cercando.

Una vampira bionda con i capelli tagliati a regolo, posta nella retroguardia, assieme alle mogli, sobbalzò, sentendosi chiamare e, con passo incerto, venne avanti, fino a trovarsi al cospetto di Caius.

Lo sguardo di quella vampira era fisso su Kate e Tanya, che si tesero in avanti non appena la riconobbero.

Caius la afferrò per il collo e, facendole forzatamente fare qualche passo verso i Cullen, disse:

-         è lei? È quella la Bambina che hai visto?- e indicò Renesmee, con un cenno sprezzante del mento.

Solo allora capii che quella vampira bionda doveva essere Irina, quella di cui Edward e Bella mi avevano parlato, quella che li aveva denunciati ai Volturi.

Mi ritrovai a ringhiarle contro.

In quel momento Irina raddrizzò le spalle, anche se con una certa difficoltà, visto che Caius non le lasciava il collo, esaminò Renesmee attentamente, poi sussurrò:

-         sì, ma…è diversa…non so come spiegarlo, è…cambiata-

-         quindi, mi pare di capire che, siccome è diversa, cresce; perciò non può essere una Bambina Immortale, no?- le sibilò Caius, mellifluo, fissandola con odio.

Poi la schiaffeggiò, ed Irina cadde in ginocchio. Sono certo che quel gesto non la ferì fisicamente, ma la volontà d’umiliazione era chiara.

D’improvviso, dal mantello quel sadico vampiro biondo estrasse un oggetto tutto inciso e decorato e, nel momento in cui vi posai gli occhi sopra, realizzai che l’avevo già visto: era lo stesso che aveva dato a Lizzie!

Allora intendeva bruciare Irina!

Sconvolto dalla rabbia- perché il suo gesto non rientrava nei nostri patti- iniziai a ringhiare, deciso, ed a me si unirono Kate, Tanya e Bella.

-         per cosa intendete punire nostra sorella Irina, se è lecito chiederlo, signori?- proruppe un vampiro nomade dalla chioma bionda che stava accanto a Kate.

Mi parve di ricordare che si chiamasse Garrett, ma non compresi perché parlando di Irina l’avesse chiamata “nostra sorella”; insomma, non aveva parenti, era un nomade.

-         per aver fornito falsa testimonianza? Non servirà a nulla, e lo sapete! Senza neppure toccare la bambina mezza vampira, per cui tutti noi siamo venuti a fare da testimoni, siete già a conoscenza della verità si di lei, eppure ora vi state nascondendo dietro futili scuse per portare a compimento il vero compito per cui siete giunti fin qui: distruggere questa famiglia.- Garrett fece un altro passo avanti, e prese la mano di Kate. Ok, ora capivo perché aveva definito Irina “sorella”: era innamorato di Kate.

Bel discorso. Bene! Questa sarebbe stata la sfida cui i Volturi avrebbero dovuto saper rispondere a dovere, se non volevano che i loro Testimoni si insospettissero e andassero via.

Arò fissò con disapprovazione il fratello, poi guardò fugacemente, con disagio i Testimoni, che si erano tesi in avanti, per un attento ascolto.

Nonostante fossi felice che il vero secondo fine di Aro stesse venendo a galla, ero confuso dal comportamento di Caius: aveva solo finto di bruciare Irina per smascherare il fratello? O voleva davvero punirla?

-         questa famiglia,e dico famiglia, non congrega, ha uno stile di vita diverso dal vostro: i suoi legami sono fondati sull’amore, e non sull’amore per il potere. Rinnegano la loro stessa natura e non feriscono gli umani; voi siete venuti a distruggerli, ma sospetto sia perché vedete in loro dei nemici, non perché abbiano infranto la legge; poiché, come vedete, non è stata infranta alcuna legge. Riflettete su quanto vi dico, Testimoni: noi abbiamo la verità dalla nostra parte, eppure i Volturi non intendono ascoltarci, sono venuti qui con la precisa idea di distruggerci e non sentiranno ragioni. Pensate bene al motivo per cui siete qui, e fate una scelta, altrimenti vi renderete complici di una strage.- detto questo, Garrett sorrise a Kate e si preparò in posizione d’attacco.

Che bel discorso! Chiaro, breve, incisivo e che avrebbe lasciato il segno.

Mi augurai che i Testimoni dei Volturi, ai quali Garrett di era rivolto, riflettessero su ciò che Aro era realmente venuto a fare e scegliessero di andar via, per chiarire ai Volturi che non avevano più il loro appoggio e, ovviamente, così facendo, lasciavano la possibilità ad Erice e Lizzie di agire.

-         è questa, Aro, l’unica scelta che abbiamo? Dichiararci con te o contro di te?- intervenne, dal limitare del bosco, una voce femminile che, con una rapida occhiata di ricerca, compresi appartenesse ad una vampira mora, una Testimone dei Volturi, vicina agli alberi.

Una nuova ondata di decisione mi spinse a cercare ancora il nascondiglio di Erice e Lizzie.

Quando le trovai, praticamente mimetizzate dietro un possente albero, riuscii solo a scorgere qualche loro sguardo, e non del tutto, i loro volti; ma con piacere vidi che Erice era china sull’orecchio di Lizzie, e bisbigliava, probabilmente perché la mia ragazza non riusciva a sentire quanto stava succedendo, e la ragazza Volturi, abituata da sempre al tono bassissimo tipicamente vampiresco, voleva tenerla aggiornata.

A stento trattenni un ululato di gioia, e per la prima ed unica volta nella mia vita fui grato ad Aro perché prese la parola, costringendomi a concentrarmi su di lui:

- ma certo che no, affascinante Mekenna- fece, scandalizzato dall’idea che quel discorso avesse potuto dare quell’impressione- siete liberi di andarvene in pace, se è questo che desiderate.-

- bene, allora la nostra testimonianza è questa: la famiglia Cullen è innocente.- disse risoluto un vampiro che era accanto alla mora chiamata Mekenna, poi le prese la mano, e sparirono all’orizzonte, correndo.

Altri vampiri seguirono il loro esempio, ed in breve il limitare della foresta, prima tanto affollato, si fece deserto.

Un sorriso soddisfatto mi si stampò in faccia: il momento scelto da Erice per agire era arrivato!

-         che strana piega hanno preso gli eventi…perdonateci cari Cullen, ma io e i miei fratelli dobbiamo consultarci.- disse Aro, falsamente dispiaciuto, con le mani giunte al petto.

Poco prima di toccare ancora una volta le mani di Aro e Marcus, Caius si guardò attorno e schioccò le dita in direzione di Felix e Demetri.

I due, svolazzando, gli si fecero accanto e, fecero alzare Irina- che fissò sconsolata le sue sorelle- prendendola in custodia, almeno fino a quando non si sarebbe deciso cosa fare di lei.

Per ora le parole di Garrett e l’eloquente gesto dei Testimoni, le avevano salvato la vita, ma il fatto che la lasciassero vivere per me non era più una certezza, ed ormai non mi fidavo più molto di Caius, anche se- dovetti ammettere- forse aveva fatto avanzare Felix e Demetri per darci maggiori possibilità di attaccarli ed ucciderli.

Quando il cerchio nero dei tre Anziani tornò a formarsi, Edward corse accanto a Bella e Renesmee, radunando attorno a sé anche un certo numero di testimoni, e disse:

-         preparatevi. Sento profumo di battaglia…-

subito, alle mie spalle, sentii che ognuno si sceglieva un bersaglio tra i componenti del Corpo di Guardia, ma non vi prestai attenzione perché ero troppo impegnato ad osservare quelle due figure dal viso coperto, avvolte in lunghi mantelli bianchi, che avanzavano silenziose come angeli vendicatori, dal limitare del bosco, al centro della radura.

Nessuno oltre a me sembrava averle notate, né qualcuno fra i Volturi, né fra i Cullen, e solo io sapevo chi erano quelle due.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

* sono le parole utilizzate dalla Meyer in “Breaking dawn” capitolo 36 “sete di sangue” pagg 613-614

 

Ciao a tutti! Questo è il penultimo capitolo di questa storia, ci stiamo avvicinando allo scontro corpo a corpo Cullen VS Volturi(anche se, abbiate pietà, ma non sono molto brava nella descrizione delle battaglie)a proposito mi dispiace di aver stravolto il magnifico discorso di Garrett, ma spero si capisca lo stesso qualcosa.

spero vi piaccia!

Chi saranno le due figure vestite di bianco che solo Jacob vede e riconosce?

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 20
*** 14. il Giorno del Giudizio ***


14. il Giorno del Giudizio

 

Avevo il corpo ridotto ad un fascio di nervi, tesissimi. Mi sentivo come un cane che ha appena avvistato la sua preda. La differenza, era che le prede, quelle due figure slanciate ed ammantate di bianco, erano le mie alleate e, fino a quel momento, sembrava che io fossi l’unico ad averle notate.

Ero concentrato con tutto me stesso su di loro; sempre attento a non farmi notare né dai Cullen né dai Volturi, tanto che, anche se non potevo vederne i volti, sapevo istintivamente chi erano quelle due: Erice, il passo agile, quasi lesto come quello dei vampiri, che le permetteva di non essere udita, anche se i suoi piedi affondavano nella neve; e Lizzie, a poca distanza da lei, più lenta ma dignitosa, maestosa e terribile, con una mano che reggeva il grosso oggetto inciso e decorato- datole da Caius- abbandonata lungo un fianco.

Dietro di me sentivo ancora i Cullen ed i loro testimoni che si sceglievano i bersagli da attaccare:

-         a Jane penso io: ha bisogno di essere ripagata con la sua stessa moneta.- stava dicendo Kate.

-         Alec è mio. È in debito con me di parecchie vite. - affermò uno dei romeni. Non seppi mai chi, perché non lo degnai di uno sguardo.

-         Io voglio solo Felix. Sono certa che quel bastardo non aspetta altro che uccidere Irina. Non mi piace come le sta addosso, come la guarda: vorrà giocare con il cibo prima di mangiarlo, e deve pagare, anche solo per aver avuto questo pensiero!- ringhiò Tanya, sporgendosi in avanti, con gli occhi fissi sull’Armadio Volturi che stringeva il braccio di Irina con troppo vigore.

-         Per il bene di tutti, qui: Renesmee…Alice…Jasper…io devo uccidere Demetri.- soggiunse Bella, un sadico sorriso sulle labbra e i denti scoperti.

-         Ti terrò lontani gli altri.- fece Edward, sorpreso dal vigore di sua moglie; poi cercò lo sguardo di Zafrina, probabilmente perché doveva essersi reso realmente conto di quanti fossero gli avversari che doveva tenere lontano.

-         Tranquillo Edward, nessuno toccherà questa ragazza. Le mie illusioni allontaneranno tutti.- lo rassicurò l’Amazzone, passando un braccio attorno alle spalle di Bella.

Solo allora realizzai le parole della mia amica…cosa? Che…che cosa? Se Bella avesse scelto di combattere, chi avrebbe protetto tutti i Testimoni?

-         ehm…scusami sorellina ma…di Demetri voglio occuparmi io. Tu dovresti rimanere qui a proteggere tua figlia e i Testimoni che non combatteranno, col tuo scudo.- intervenne Emmett.

Oddio, fatelo santo subito!

Emmett, il gorillone vampiro tutto muscoli, che aveva detto una cosa spettacolare, logica e, che aveva subito fatto placare la disumana ondata di panico che aveva rischiato di assalirmi non appena avevo sentito che Bella aveva intensione di combattere; diede voce alle mie preoccupazioni.

Bella ringhiò contro suo cognato( perché era suo cognato, vero?), imbronciata.

-         e va bene, va bene, non mettermi il broncio, dai! Potrai pensare a Renata. In fondo, avete lo stesso potere, no? Combattereste ad armi pari- replicò il compagno di Rosalie, sorridendo.

Era incredibile come riuscisse a stare calmo nonostante una battaglia incombesse.

Bella stese le labbra a quelle parole, palesemente soddisfatta.

Quindi- ripetei tra me e me- tutti i bersagli erano assegnati: Renata a Bella( cui coprivano le spalle Edward e Zafrina); Demetri a Emmett; Jane a Kate; Alec ad uno dei romeni…ma chi avrebbe pensato ad Heidi e Sulpicia?

Mi augurai che Erice ne fosse in grado…

-         Bella, attenta! Jane sta per attaccarci.- il tono allarmato di Edward fu come una doccia gelata: per un attimo la mia voglia immane di vedere Lizzie si offuscò, così come l’euforia per una vittoria praticamente sicura.

Fui costretto a voltare il muso verso il lettore di menti, che fissava il sorrisetto perverso di Jane Volturi, con paura.

Alle parole del marito, vidi Bella, tesa, flettersi leggermente sulle ginocchia, forse preoccupata di mantenere integro il suo scudo.

Un attimo dopo, dalla sua espressione sofferente compresi che Jane ci stava attaccando per davvero; alzai lo sguardo mentre il mio ruggito rabbioso copriva ogni suono: gli occhi di quell’indemoniata mi fissarono mentre rideva beffarda.

Giurai a me stesso che avrei staccato di persona la testa dal resto del corpo, a quella piccola stronza.

Chiusi gli occhi, aspettando, tremante, l’arrivo del dolore…

Tuttavia, trascorsi alcuni secondi capii che non era accaduto nulla: lo scudo stava funzionando!

In segno di ringraziamento strusciai la mia grossa testa di lupo contro le spalle della mia amica vampira, e Remesmee mi afferrò un orecchio, ridendo divertita.

-         sta’ pronta, amore: ora è il turno di Alec…- la avvisò ancora, la voce di Edward.

Io, come sempre non avvertii nulla ma, a quanto sembrava, neppure Bella: si guardava attorno, spaesata, come se non sapesse esattamente cosa doveva cercare; di tanto in tanto fissava il gemello di Jane, che aveva gli occhi ridotti a fessure dietro la corta capigliatura castana.

Poi, all’improvviso la mia amica aguzzò gli occhi verso qualcosa che strisciava tra l’erba, come una lenta serpe, e digrignò i denti in segno di sfida.

Poco dopo la vidi ancora una volta flettere le ginocchia per predisporre lo scudo a parare il colpo.

-         ora stanno iniziando a stancarmi…- proclamò Benjamin.

Con un ringhio seccato il vampiro egiziano sedette in terra a gambe incrociate, simile ad un maestro zen e parò una mano davanti a sé, le dita allargate e il palmo aperto…

All’improvviso, avvertii la terra che mi franava sotto i piedi. Se da una parte sembravo pervaso dalla gioia di vedere per la prima volta il potere di Ben, in azione; dall’altra avevo il cuore stretto in una morsa di paura.

Sollevai istintivamente lo sguardo verso le schiere dei Volturi: sapevo che quell’attacco era diretto a loro- anche se, serafico, il trio degli Anziani ancora stretto in cerchio, pareva non essersi accorto di nulla- per spaventarli, e intimare loro di smettere; ma mi augurai che Erice e Lizzie non ne venissero colpite.

Con difficoltà, a causa della terra che tremava, le trovai con gli occhi, ed a stento resistetti all’istinto di balzare al loro fianco…

Erice e Lizzie erano alle spalle delle due mogli e né Sulpicia o Antenodora, né Heidi sembravano essersi accorte di loro. Erano vicine ad un vampiro alto e possente, dalla pelle olivastra e una massa corvina di ricci che gli adombravano gli occhi rossi. Erice aveva estratto un pugnale dalla lama scintillante, mentre Lizzie stava pronta, col suo strano oggetto, che avrebbe arso tutti i resti dei vampiri.

Chi diavolo era quel vampiro? Che le avesse scoperte?

Alzai le orecchie, teso, curioso di scoprire cosa stesse succedendo:

-         Per gli Immortali la vittoria è certa, è dovuta! Noi siamo nel giusto: questa vittoria è nostra, di diritto!- stava declamando Sulpicia, la moglie di Aro.

Componeva poesie? Strano passatempo per un vampiro sanguinario…

-         mi chiedo se per un Immortale, che non è puro, né nel corpo o nella mente, che non è più degno di errare su questa terra; all’ombra della morte, sia invece oggi giunto non un giorno di vittoria, ma il Giorno del Giudizio!- gli rispose Erice, sempre declamando, come se avesse completato la poesia della “zia”.

Trasalendo al suono di quella voce, Sulpicia, Anthenodora ed Heidi si voltarono lentamente.

Da allora, tutto avvenne in pochi attimi, ma riuscii a scorgere tutto in maniera distinta: Erice afferrò Sulpicia per i lunghi capelli biondi, costringendola ad inginocchiarsi e, con una scintilla d’odio negli occhi verdi, fendette l’aria con la sua arma finchè non riuscì a far rotolare lontano la testa della vampira.

Che pugnale poteva aver usato perché riuscisse a distruggere la pelle di granito di un succhiasangue?

Osservai quella ragazza che continuava ad accanirsi sul corpo acefalo della moglie di Aro, facendolo a pezzi, come fosse stato un semplice pezzo di carne.

Quante angherie doveva aver subito da Sulpicia e suo marito, per arrivare a tanto!

Mentre la ragazza Volturi, era tutta concentrata nella sua opera di smembramento, Heidi, che dapprima proteggeva Anthenodora col suo stesso corpo, decise di avventarsi sull’umana, per punirla di quanto aveva fatto…

Ma, velocissimo, il vampiro riccioluto- che fino a quel momento aveva nascosto Lizzie dietro le sue spalle- si frappose fra Erice ed Heidi, e lo scontro tra i due corpi, produsse il fragore di un tuono.

In quel momento, tutto il Corpo di Guardia si voltò, sussultando e mormorando, come un mare agitato. Mentre alcuni accorrevano in aiuto di Erice e del vampiro ricciuto, altri si preoccupavano di ostacolare Felix e Demetri che, a quel suono, avevano gettato a terra Irina, per correre in soccorso di Heidi.

Mi sentivo assolutamente sconvolto: desideravo ardentemente andare a proteggere Lizzie, ora che lei era accanto ad Erice ed insieme avevano acceso una pira per distruggere i resti di Sulpicia; ma probabilmente dovevo rimanere fermo, altrimenti le avrei denunciate all’intero clan dei Cullen, ed agli unici tre vampiri che sembravano non essersi accorti di nulla.

Alec, Jane e Renata, infatti, parevano estranei a quanto accadeva loro attorno, poiché i primi due erano troppo presi dagli attacchi che ci stavano sferrando contro, e l’altra, a fare da scudo ai suoi signori.

 

Tirai fuori la lingua e scossi la testa, nel tentativo di schiarirmi le idee; subito dopo mi sforzai di tenere gli occhi aperti, per vedere quanto stesse succedendo…

Un vampiro dalla disordinata chioma biondo rame e le labbra sottilissime, stava in piedi, leggermente distante dagli altri e, assieme al vampiro riccioluto- che aveva lasciato Erice e Lizzie a rassicurare la pallida, bionda Anthenodora, perché pensava che fosse giunto anche il suo momento di morire- si stava battendo con Heidi.

-         lascia fare a me, Santiago…- disse il vampiro dalla chioma ramata, che- notai solo allora- indossava lo scuro mantello dei Volturi come fosse una tonaca, tipica dei consoli dell’antica Roma.

Il vampiro dalla pelle olivastra, chiamato Santiago, si fermò e fece un passo indietro, imitato a ruota dal vampiro Console romano.

Heidi, che sino ad allora aveva lottato contro di loro con foga, in una pressante danza, si acquattò in posizione d’attacco.

Scoprì i denti, ringhiando, e poi attaccò…

All’ultimo momento, proprio mentre sentivo i muscoli pronti a scattare in loro soccorso, il vampiro Console levò una mano davanti a sé, quasi con fastidio, e la vampira che stava fronteggiando rimase sospesa in aria.

Però! Quel vampiro dai capelli ramati e l’aspetto di un ventenne, aveva un potere!

-         Heidi…Heidi…hai idea di cosa significhi il mio nome in Sabino?- le domandò, fissandola con un cipiglio di fiero disgusto.

Non ottenne risposta, era come se Heidi fosse stata afferrata per la gola, mentre levitava…

-         lancia. – continuò allora il Console- e…hai idea di quanto possa pungere una lancia sulla pelle?-

detto questo, sollevò l’altra mano, mentre Heidi boccheggiava, e la lasciò fluttuare nell’aria, come se stesse scacciando delle mosche. Solo quando sentii Heidi urlare, compresi quale fosse il suo potere: la stava dilaniando, senza il minimo sforzo.

-         bel lavoro, Corin!- si complimentò Santiago, dandogli una pacca sulla spalla e portandosi una mano alla rada barbetta che gli ornava il mento.

-         Lizzie, vieni! Ho un’altra pira da farti allestire.- il vampiro Console, di nome Corin, chiamò la mia ragazza(con tono troppo confidenziale, per i miei gusti), e lei, dopo aver gettato un ultimo sguardo ad Anthenodora, lo raggiunse con una leggera corsa, seguita da Erice, mentre alle loro spalle le due si lasciavano la tomba ardente della moglie di Aro.

Nel momento in cui Lizzie si fermò davanti a Corin, e una vampata di fiamme eruttava dal suo “accendino” sui resti di Heidi; il cappuccio bianco che la proteggeva, le scivolò sulle spalle, ed allora tutti i Cullen proruppero in un’esclamazione di sorpresa.

-         cosa ci fa Lizzie, lì?- domandò Edward, apparentemente a nessuno in particolare, ma mi fissava bieco, con fare accusatorio.

-         È proprio forte quella ragazza! Ma…non è giusto che lei stia combattendo ed io devo rimanere qui, senza fare niente…voglio andare ad aiutarla!- farfugliò Emmett, mettendo il broncio come un bambino capriccioso.

-         No Emmett, non te lo lascerò fare: anche se apprezzo che tu voglia aiutare Lizzie, che voglia divertirti con qualche bello scontro…non è saggio che tu ti muova ora. Alec e Jane ci stanno attaccando e, senza il mio scudo, non saresti immune ai loro poteri.- sussurrò Bella, e con quelle poche, assennate parole, impedì sia a me che ad Emmett di agire.

Mi fece piacere che lo scimmione compagno della Biondina nutrisse per Lizzie una tale stima e simpatia, ed avrei voluto comunicarglielo, ma sapevo di dover stare in silenzio, altrimenti avrei insospettito i due Gemelli Volturi e, l’attacco a sorpresa organizzato da Erice, avrebbe perso il suo effetto sorpresa.

-         amore, tu sapevi che sarebbe successo?- chiese d’un tratto Edward a sua moglie, notando che non perdeva d’occhio Lizzie un solo attimo.

La mia amica annuì, senza voltarsi verso di lui, sorridendo mentre carezzava una guancia a Renesmee; Emmett aveva ancora il broncio, così Rosalie lo stava consolando dicendo che avrebbero avuto la loro occasione di dimostrare il loro valore; Esme fissava preoccupata la mia ragazza, stretta tra le braccia di Carlisle, probabilmente che potessi farsi male…

Avevo attorno a me un mosaico di emozioni contrastanti o che fluivano in mille sfumature, ma per la prima volta eravamo tutti come una sola persona mentre assistevamo a quanto stava accadendo tra le fila dei Volturi.

-         ben fatto!- udii che si complimentava Corin con Lizzie, mentre del fumo nero si levava dalla pira di Heidi, scurendo il cielo.

Ma lei non ci prestò attenzione, guardava solo verso di me.

-         interessante la trovata del pugnale dalla lama di diamante per dilaniare Sulpicia…- distinsi la voce di Santiago, in quel momento mentre portava Erice sulle spalle, e la depositò a terra solo quando fu accanto a Lizzie.

-         Grazie, amore: era l’unica arma che potevo usare perché mi difendesse da un vampiro, senza il tuo aiuto…anche se…mi sei mancato immensamente.- scherzò Erice, per poi tornare seria e premere le sue labbra carnose contro quelle del vampiro.

Allora, le difese di Santiago, la sua freddezza, sembrarono crollare. Nonostante fosse alto più di dieci centimetri rispetto a quell’umana, si chinò su di lei ed ebbi la sensazione che perdesse la propria lucidità, come se avesse a lungo atteso, sperato, agognato quel bacio, ed ora se ne stesse abbeverando sulle labbra di Erice.

Dal modo in cui la stava stringendo tra le braccia, traspariva disperazione ed il suo desiderio.

Pensai che avesse sentito la mancanza della sua “compagna”, e che forse Marcus non ci aveva mentito accennando al fatto che aveva dovuto allontanare Erice per proteggerla da Aro.

Magari a Sntiago era venuta una vera e propria crisi d’astinenza a causa della lontananza della ragazza Volturi.

-         andiamo, romanticone. Non è il momento di perdere di vista tutto, per un bacio. Il resto del gruppo ha bisogno di noi per fare fuori Felix e Demetri.- soggiunse Corin, trascinando via Santiago dopo avergli afferrato un braccio – quanto a voi, siete state brave fin ora, ma adesso non potete competere con il Segugio e il suo compare; neppure con un pugnale dalla lama di diamante. Lasciate fare a noi, poi venite a bruciare i loro resti.- concluse infine, rivolto alle due ragazze. Poco prima di svolazzare via, e tornare accanto ai suoi compagni, il Console strizzò l’occhio a Lizzie; che, tuttavia, di nuovo non se ne accorse, perché troppo intenta a distogliere lo sguardo da Erice e Santiago, con fare schifato, mentre sembrava chiedersi: “bleah! Come si fa a baciare un vampiro?”

ero certo che molti dei vampiri che ora la circondavano, si domandavano invece, come poteva lei, baciare un licantropo.

Scossi la testa, scacciando quel leggero velo di malinconia, concentrandomi su Erice: quella ragazza doveva avere davvero parecchi segreti, e poi…wow! Davvero non mi aspettavo che nel clan dei sanguinari Volturi, fosse “concessa” una relazione tra un vampiro e un’umana; che, in teoria doveva essere il loro cibo. Ma, a quanto sembrava, poiché Erice era considerata una Volturi a tutti gli effetti, questo le era permesso.

Nonostante quei pensieri, nel momento in cui Corin mi passò davanti agli occhi, mantenni un’espressione dura e gli ringhiai contro: doveva capire che Lizzie era mia.

 

Mi resi conto, con una frazione di secondo di ritardo che Erice e Lizzie si erano voltate verso uno stretto cerchio di mantelli multicolore, che si stava formando in fondo alla radura, cui avevano preso fisicamente parte tutti gli alleati di Erice, per non lasciare la possibilità a Felix e Demetri di fuggire. Ci davano entrambe appena le spalle, ma vedevo le loro espressioni.

La terra continuava a tremare ma a Lizzie sembrava non importare; fissava rapita tutti quei vampiri che, velocissimi assestavano a turno colpi ai due malcapitati, e di tanto in tanto quella cerchia si faceva più serrata.

Ai suoi occhi, quegl’infidi -ma efficaci, a giudicare dalle urla di Felix e Demetri – attacchi di guerriglia, dovevano sembrare un’esotica danza tribale che, da lenta e magnetica si faceva via via più incalzante.

Per la seconda volta nella mia vita, temetti di perderla; ebbi paura che, con occhi adoranti mi avrebbe abbandonato per Corin, e le sue affascinanti maniere decise…

-         e così…tu e quel vampiro…Santiago, state insieme?- sentii che osava chiedere Lizzie, mentre guardava confusamente Erice e si torturava le mani.

-         Può sembrarti strano, e in effetti anch’io non mi capacito di come tu possa stare con un licantropo, ma…sì, stiamo insieme; da quando sono entrata a far parte del clan Volturi…- raccontò la ragazza, sorridendo timidamente. Per la prima volta mi parve una semplice, timida ragazza di 21 anni, che stesse confessando ad un’amica una sua storia d’amore.

-         Non sei sempre stata con loro? Insomma…Marcus ti adora…- bisbigliò meditabonda la mia ragazza, arricciando le labbra, come faceva sempre quando pensava.

-         No. Come saprai ormai, i Volturi si nutrono di sangue umano. Io, inizialmente, servivo loro solo come fonte di sostentamento, ma poi mia madre Didyme, assieme a mio padre, hanno convinto il Consiglio e la Guardia a lasciarmi vivere, ad essere un membro del clan.

Per capire se fossi all’altezza di quel posto, sono stata sottoposta a dei “test” da parte di ognuno dei Volturi…per tre mesi…- la voce di Erice andò affievolendosi, venata di sofferenza finchè non si zittì.

Mi voltai verso Edward, con fare interrogativo:

-         ciò che dice quella ragazza è vero; anche se non mi aspettavo che i Volturi concedessero un tale “onore”ad un essere umano: il suo destino era essere mangiata, ma Didyme ha convinto tutti gli Anziani, usando il suo potere- una sorta di persuasione(doveva essere simile a quello di Jasper)- a tenerla con loro e da allora, per tre mesi, Erice è stata tenuta nelle celle sotterranee di Volterra, sottoposta a pestaggi e a tutti i poteri della Guardia. Quando si sono accorti che era sopravvissuta…è stata ammessa nel clan. – mi informò il lettore di menti.

Pensando al dolore che Erice doveva aver passato, guaii mentre mi giravo ancora una volta verso di lei, perché aveva ripreso a parlare:

-         poi…una sera Santiago è venuto nella mia cella…mi aspettavo che mi picchiasse, come avevano fatto gli altri, ma…mi baciò. Più tardi si preoccupò di pulirmi le ferite e bevve il mio sangue; mi offrì il suo…su quel gesto si è basata la nostra promessa d’amore.- confessò, sorridendo.

-         Hai bevuto il sangue di un vampiro? Il suo sangue? È per questo che riesci a sentire ciò che dicono i vampiri? A muoverti veloce come loro? Ad essere tanto silenziosa? E…diventerai un vampiro?- volle sapere Lizzie, strabuzzando gli occhi.

Ad essere sincero ero confuso quanto lei. Anche per me- come pure per Edward, a giudicare dal suo atteggiamento- era la prima volta che sentivo parlare di quella “promessa d’amore”.

-         bere il sangue di Santiago mi ha dotato di particolari capacità, come la velocità, la forza…ma le altre mie abilità sono frutto di anni e anni di addestramenti. E…no, non diventerò un vampiro, almeno non finchè Santiago non mi ucciderà, dopo che avrò bevuto il suo sangue. Allora rinascerò a nuova vita, col suo sangue nelle vene. Ma per ora lui non vuole, e così devo limitarmi a bere il suo sangue, e spesso anche, visto che mi resta in corpo per un certo periodo di tempo, e poi svanisce; come anche le mie “superdoti”- rise sinceramente Erice, giunta alla fine della sua storia.

Sentii Lizzie che le faceva eco, ed insieme risero sonoramente…

E così la ragazza Volturi, nata e cresciuta tra i vampiri, desiderava diventare come loro…non resistetti all’impulso di voltarmi verso Bella ed Edward, con un sincero sorriso perché quel desiderio mi aveva improvvisamente ricordato qualcosa che avevo conosciuto e vissuto…

All’improvviso una forte folata di vento abbassò i cappucci di tutte e due le ragazze e ne schiaffeggiò i capelli…

Tutti, all’interno dello scudo di Bella, ci guardammo terrorizzati e, ancor prima che lei aprisse bocca, sapevo cosa stava per succedere: avevo infatti notato le minute figure di Alec e Jane che si fermavano impietriti, e chiudevano gli occhi, annusando l’aria.

Senza pensare mi gettai al loro inseguimento, seguito a ruota da Emmett che, nel frattempo, urlava:

-         Benjamin, fermali!-

A nulla sembravano però servire i tentativi del vampiro egiziano di creare, tramite delle scosse di terremoto, pezzi natanti di terra crepata: i due gemelli avanzavano rapidi, saltando, di tanto in tanto, per evitare i pezzi di terra che franavano sotto i loro piedi.

 

Ero ancora troppo lontano quando loro, quando quelli arrivarono alle spalle di Erice e Lizzie, e il cuore mi vibrò violentemente, per una scossa di paura…

Nonostante la distanza, vidi nitidamente Jane arrivare assieme al fratello alle spalle delle mie due alleate e, muovendosi lestissima tolse il pugnale dalla lama di diamante, dalle mani di Erice, con un unico, semplice gesto.

La ragazza Volturi si accorse del vento innaturale che l’aveva avvolta, con una frazione di secondo di ritardo, e si voltò spaventata verso Jane, che la fissava ridendo crudelmente mentre faceva ondeggiare, vicinissimo al viso di quell’umana, la lama del pugnale in maniera pericolosa.

Alec rimase per un attimo ancora, a braccia conserte, poi con un balzo, invisibile all’occhio umano, intrappolò Erice nella sua stretta di gelido acciaio, bloccandola.

-         sai qual è il tuo problema, Erice? Hai doti abbastanza promettenti per essere un’umana, ma averti innalzato allo stesso piano di noi vampiri, è stato un nostro grandissimo errore, perché ora, piena di tracotanza, credi di essere come noi e pensi di poterti prendere la libertà di sovvertire i nostri ordinamenti. Ma sei solo un’umana e ti lasci sopraffare dai sentimenti…e per questo devi pagare!- urlò infine Jane, dopo aver mantenuto un tono glaciale durante tutto il suo monologo.

Con una risata maligna la vampira fece per lanciare il coltello contro Erice, mentre suo fratello la teneva ferma, ma, all’ultimo momento Lizzie –che era rimasta immobile ed in silenzio sino ad allora- si gettò sulla ragazza Volturi, e l’arma, che era diretta al cuore di Erice deviò, andando a conficcarsi nella spalla della mia amata.

Ringhiai, sconvolto dalla paura e dalla rabbia, così accelerai il passo perché sentivo letteralmente il bisogno di aiutare Lizzie.

Il puzzo di vampiro accanto a me si fece d’un tratto più intenso e mi sentii soffocare: Emmett, da solo non poteva emanare tutto quell’odore, ed ero ancora troppo lontano da Alec e Jane, che stavano fissando Erice e Lizzie, immobili, stese a terra. La mia ragazza, un coltello che le spuntava dalla spalla, non riusciva a muoversi.

Voltai la testa, sentendomi perduto perché la distanza da coprire mi sembrava infinita, e scoprii, non senza sorpresa, che la bionda Kate, del clan dei Denali, si era unita a me e ad Emmett in quella corsa. Questo mi diede una rinnovata energia.

-         mi dispiace per quanto sta succedendo, ma…grazie per quello che hai fatto. Non appena avrò ucciso questi due bastardi, ti toglierò il pugnale…- sussurrò Erice, stesa sull’erba, sotto il peso di Lizzie.

-         Tranquilla, sono abituata al dolore…so sopportarlo.- la rassicurò lei, di rimando; ma dalla sua voce flebile, appariva chiaro che soffriva.

-         Ah sì? Bhè, lo vedremo…- intervenne Jane, improvvisamente interessata.

Le bastò uno sguardo uno sguardo d’intesa con il fratello e, un attimo dopo…

 

Le urla strazianti della mia Lizzie mi riempirono le orecchie, ripetendosi come un’eco mille e mille volte. sotto i miei occhi, si contorceva sofferente a terra, mordendosi le labbra per cercare di non strillare. Mi veniva voglia di piangere, per il suo dolore.

-         Lizzie…Lizzie…dove sei?- la chiamava Erice, allarmata mentre la cercava nonostante fosse rannicchiata su se stessa, gli occhi vitrei, vuoti.

Fu allora che compresi cosa stava succedendo: Jane infliggeva sofferenza a Lizzie, grazie al suo potere; Alec, invece, aveva accecato Erice, facendo uso della sua abilità.

Mancava qualche metro, ed avremmo avuto la possibilità di attaccarli, ma da lì Kate riuscì ugualmente, concentrandosi, ad infliggere a Jane le pene conseguenti al proprio potere.

Perciò quello fu il turno di quella bastarda di urlare. Provai un piacere perverso vedendo quella ragazzina piegarsi sotto il dolore provocato dalle scosse elettriche di Kate, così come mi sentii sollevato udendo il respiro di Lizzie che si regolarizzava, poiché la presenza di Jane non aveva più effetto su di lei.

Con un’unica falcata, fui accanto alla mia ragazza che, seppur a fatica, si mise in piedi appoggiandosi alla mia pelliccia.

Ci fissammo intensamente quando fummo l’uno davanti all’altra, e non resistetti all’impulso di leccarle una guancia: era viscido e squallido, ma era l’unico bacio che potessi darle in quel momento, ed io, inoltre, sentivo la necessità di baciarla.

Lei sorrise. Un attimo dopo mi gettò le braccia al collo e rise contro il mio folto pelo.

Il suo viso, quei gesti, erano lo specchio della felicità che sentivo, nell’averla di nuovo accanto.

Dopo essermi goduto per un attimo il nostro ricongiungimento, approfittando del fatto che il mio muso sporgeva dalla sua spalla, afferrai con i denti il pugnale che la feriva, e lo estrassi.

Lizzie trattenne a stento un gemito di dolore, poi mi fissò con le sopracciglia inarcate, mentre ancora stringevo l’arma in bocca.

Con un lampo di lucidità, ripresi le mie forme umane e l’aiutai a sfilarsi il mantello, del quale feci tanti bendaggi, usando la lama di diamante, e le fasciai la ferita.

-         resta distante, avvicinati ad Alec solo quando sarà ridotto in tanti pezzettini e fanne un falò; ma non prima, perché per i Volturi, ora non sei altro che un buon bocconcino…- le dissi, con la voce che vibrava, allarmata.

La baciai, poiché il richiamo delle sue labbra era irresistibile; trascorse un attimo interminabile, in cui la battaglia ed ogni altra cosa che ci circondava, divenne sfocata e perse di significato. C’eravamo solo noi.

Poi, troppo presto, fui costretto a staccarmi e le confessai, convinto:

-         Kuk laule…-

Le diedi le spalle, riluttante, sebbene sapessi che ogni cosa stata per finire e, dopo ciò, saremmo stati sempre insieme; così, mentre con un balzo tornavo ad essere un lupo, la mia ragazza lanciava ad Erice il suo pugnale- accuratamente ripulito- e il suo “accendino”.

-         ti prego, và tu a finire tu a finire il lavoro con ciò che resta di Felix e Demetri, io non posso muovermi, altrimenti mi mangerebbero.- le spiegò, ed Erice, dopo essersi limitata ad annuire, spiccò subito una corsa, diretta al cerchio dei suoi alleati, che erano usciti senza un graffio dallo scontro con il Segugio e il suo compare; e già stavano chiamando Lizzie per accendere la pira dei due vampiri.

Sono certo che da allora Lizzie raccolse le braccia al petto, attenta a non rovinare la fasciatura che le avevo fatto, e mi fissò- sentivo il suo sguardo sulla schiena- mentre mi avventavo sul corpo di Alec, facendolo a brandelli, assistito da Emmett.

Erice tornò accanto a lei proprio quando, rialzato il muso, stavo per chiederle di bruciare i resti di quel vampiro, perciò, senza attendere altri permessi, fece eruttare una vampata di dell’ “accendino” di Caius, allestendo così, nell’immediato, un’altra pira.

 

Trotterellai accanto a Lizzie, ed insieme contemplammo lo spettacolo che ci si parava davanti agli occhi, terrificandoci: tutti i vampiri che avevano accettato di partecipare al piano di Erice, si stavano muovendo, come un corteo funebre, verso la triade degli Anziani, ancora estranei ad ogni cosa; alle spalle si erano lasciati due pire che, con potenza, boccheggiavano fumo nero; accanto a noi, con in sottofondo le urla di Jane – che Kate si stava ancora divertendo a torturare, rivoltandole contro il suo stesso potere- un’altra pira crepitava e, il fumo che ne usciva, diretto verso l’altro, scuriva a tal punto il cielo da far sembrare che l’Inferno fosse salito sulla Terra.

Avevo i brividi. Mi strinsi a Lizzie, per scaldarla con la mia pelliccia, e per non farle capire che ero sconcertato da quanto stava succedendo.

In quel momento, grazie ad un mormorio generale, capii che Aro, Caius e Marcus erano riemersi dal loro stato di emarginati-da-chiacchierata-mentale e fissavano i Cullen, famelici.

Fu allora che il potere di Benjamin tornò a fare il proprio dovere, e la terra si aprì a zig zag sotto i piedi dei tre Anziani, che trasalirono, presi alla sprovvista; e ringraziai il cielo per quel diversivo, perché almeno, setacciando i Cullen, non avevano notato la mia assenza.

Quello stato d’ignoranza però, non sarebbe durato a lungo se Kate avesse continuato a torturare Jane, poiché le sue urla non sarebbero passate inosservate.

Così, cercando lo sguardo di Lizzie, come se mi aspettassi una sua approvazione; un attimo dopo, mi gettai sulla sadica ragazzina vampira del clan Volturi, e scaricai su di lei tutta la mia rabbia, con l’idea di farle pagare la il dolore che aveva inflitto a Lizzie; preoccupandomi anche, di tanto in tanto, di controllare se la mia ragazza aveva gli occhi chiusi, come mi aveva promesso.

Quello stato di vantaggio per noi, sarebbe durato quindi ancora per qualche tempo, se Aro non avesse improvvisamente deciso di guardarsi attorno.

Non vedendo più Felix e Demetri, e scorgendo Irina in salvo accanto alle sorelle, si infuriò ed urlò:

-         Felix! Demetri! Alec! Jane!-

Nessuno dei quattro si presentò al suo cospetto ma, da lontano, io e Lizzie – visto che ora potevamo permetterci il lusso di starcene in disparte- ammirammo un nuvolo di vampiri  che, con passo regale si parò davanti al Consiglio.

Ormai eravamo salvi, non dovevamo più affrontare degli scontri, tuttavia, senza dire nulla all’altro, ognuno di noi sapeva che l’altro voleva rimanere per vedere come sarebbe andata a finire.

 

Come un sol uomo, il nuvolo di vampiri fece un inchino agli Anziani e poco dopo si aprì in due ali, per lasciar passare Erice, che manteneva un’andatura decisa e dignitosa.

Non appena la vide, Aro le ringhiò contro d fece per attaccarla- forse dopo averle detto qualcosa- ma fu prontamente fermato da Marcus e Caius, che gli afferrarono ognuno un braccio, costringendolo ad inginocchiarsi tra la neve.

-         non hai più nessuno a proteggerti, ti ho privato anche di tua moglie, per farti capire cosa si prova…ed ora, confessa: hai ucciso tua sorella Didyme, la mia Didyme, perché pensavi che per me fosse una distrazione. Erice era lì, ha scoperto la verità, e tu le hai dato la caccia perché nessuno doveva scoprire questo tuo scheletro nell’armadio. Poi hai costretto Chelsea ad annullare il legame che avevo con mia moglie, così che potessi dedicarmi unicamente ai tuoi interessi- il potere e la continua ricerca di vampiri con delle doti. – Marcus parlò per la prima volta con fermezza, durezza, decisione e digrignando i denti di tanto in tanto.

Aro fissò suo cognato, spaventato. Evidentemente non credeva che Marcus potesse “risvegliarsi” dal suo stato di noia perenne.

-         Aro, è giunto per te il Giorno del Giudizio…mi dispiace solo di non avere abbastanza veleno nelle labbra, altrimenti metterei io stessa fine alla tua vita. - decretò bisbigliando, Erice con gli occhi verdi che le fiammeggiavano. In quell’occasione notai che erano venati di nero e per la prima volta feci caso anche alle sue labbra: anche quelle erano diventate tanto scure da sembrare nere.

Possibile che avesse veramente del veleno nelle labbra? E chi poteva avercelo messo?

La ragazza, allora si fece da parte e, mentre Caius e Marcus rinvigorivano la loro stretta attorno alle braccia di Aro, fu Santiago a prendere il posto della sua compagna.

Dopo una sola, muta smorfia di disgusto prese la testa di quel vampiro folle tra le mani, e gliela staccò dal resto del corpo.

In breve gli altri componenti della guardi si preoccuparono di allestire una pira, e dopo solo un secondo di stupore generale e silenzio, i Volturi proruppero in urla di gioia e vi danzarono attorno.

Era uno spettacolo macabro, ma in un certo senso lo comprendevo: dopo aver accumulato odio per millenni, quello era l’unico modo che quei vampiri avevano per salutare la fine della tirannia di Aro.

Restai impietrito, come pure Lizzie, accanto a me, ma nessuno dei due sembrava riuscire a staccare gli occhi da quella scena.

Quando finalmente i Volturi decretarono di averne abbastanza, si voltarono verso i Cullen e gli altri testimoni- Kate era tornata accanto ad Irina e Tanya, ed Emmett vicino alla Biondina- e scomparvero, lasciando un mucchio di cenere dietro di loro.

Finalmente, il silenzio:  mi accorsi che, con nessuno che urlava più, col rumore, ormai assente del fuoco delle pire che crepitava, eravamo circondati dal silenzio.

Solo qualche secondo più tardi, notai che rimaneva ancora qualcuno nella radura: Erice, Marcus e Santiago, che ci fissavano con un misto di costernazione e soddisfazione.

Erice fu l’unica a parlare, perché il suo anziano padre era troppo contento  di aver ottenuto giustizia per l’omicidio della moglie, per parlare; e Santiago era invece, troppo preso dalla presenza- troppo a lungo mancatagli- della compagna, per proferire parola:

-         mi dispiace per l’orribile spettacolo cui avete dovuto assistere, sono costernata per avervi procurato dello schoc, ma vi ringrazio infinitamente per averci aiutato a fare giustizia…- a me rivolse un sorriso, e a Lizzie posò con riconoscenza una mano sulla spalla.

Infine, anche loro se ne andarono, portando via con sé anche la violenza, che ci aveva tanto offuscato la mente e spaventato.

A noi rimanevano solo la pace e la felicità.

 

Lizzie ed io- di nuovo in forme umane- ci dirigemmo abbracciati verso i Cullen, che si azzardavano appena a festeggiare l’esito della battaglia, perché ancora attoniti per gli avvenimenti imprevisti di quel giorno.

Qualcuno mi guardava sconvolto, spaventato, come se fossi un mostro, solo Bella, Edward, Renesmee, Emmett e Rosalie mi rivolsero sorrisi sinceri, mentre si complimentavano con Lizzie per la sua impresa.

Eravamo tutti liberi, ormai.

Presto sarebbero tornati anche Alice e Jasper, e la felicità nella famiglia di Bella, sarebbe diventata tangibile.

-         devi spiegarmi una cosa…- fece d’un tratto, Lizzie.- cosa significa “Kuk Laule”?-

-         ti amo…- e la baciai, al culmine della felicità, finalmente libero di amarla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti ragazzi!

Con questo cap si conclude la storia “la spia ed il licantropo” mi auguro che non sia stata troppo macabra nelle descrizioni, fatemi sapere che ne pensate.

Un baciotto

Marty23

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Capitolo 21
*** Ringraziamenti ***


RINGRAZIAMENTI

Ciao a tutti, questo qui, nonostante tutti gli spazi autore negli altri capitoli, è il mio “angoletto dei ringraziamenti.

Con il capitolo 14 la storia “la spia e il licantropo” è giunta al termine. Mi auguro che vi sia piaciuta, vorrei ringraziare con un mega abbraccio, tutti coloro che hanno innanzitutto avuto la pazienza di seguire questa storia- visto che l’avevo interrotta e l’ho ripresa a distanza di un anno, più o meno- e poi l’hanno recensita: Loli89, Piemme, Black_Berry, Blue_moon e Balenotta.

Un grazie forte va anche a quelli che hanno inserito questa storia tra i preferiti: Blue_moon e Kucciolottathebest.

Un altro mio ringraziamento è per l’utente che ha inserito questa storia tra le seguite: Elee_na.

Infine, ringrazio infinitamente tutti i lettori silenziosi!

 

Un baciotto

Marty23

 

Ps: sapete che questa storia ha in sé un doppio finale?

Il primo, molto più soft, comprende tutti i capitoli dall’1 all’8; la prima e la seconda parte del 9 capitolo e la prima parte del 10.

Il secondo finale, più guerresco, anche se non sono molto pratica di descrizioni di battaglie, comprende invece tutti i capitoli, fino al 14.

Personalmente preferisco il secondo, perché mi piacciono un casino i Volturi, e mi sono divertita ad inserire Erice, un personaggio appartiene ad un’altra mia storia- non completa, e che prima o poi dovrò decidermi a riprendere- dal titolo “Erice Volturi”. Fatemi sapere la vostra preferenza

^______^

 

 

 

 

Pps: scusate ma ho avuto bisogno di ripostare questo cap perché per sbaglio l’ho cancellato!!!!!!!!

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