LA SPIA ED IL LICANTROPO di Pleasance Carroll (/viewuser.php?uid=34896)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.TRAMA ***
Capitolo 2: *** 2.vorrei morire... ***
Capitolo 3: *** casa ***
Capitolo 4: *** 3. dolore ***
Capitolo 5: *** 4. perdono ***
Capitolo 6: *** 5. difesa ***
Capitolo 7: *** avviso ***
Capitolo 8: *** 6. abbandono ***
Capitolo 9: *** 7. la ragazza che tornò dal Regno dei Morti ***
Capitolo 10: *** 8. in pericolo PARTE 1 ***
Capitolo 11: *** 8. in pericolo PARTE 2 ***
Capitolo 12: *** 9. scoperte PARTE1 ***
Capitolo 13: *** 9. scoperte PARTE 2 ***
Capitolo 14: *** 9. scoperte PARTE 3 ***
Capitolo 15: *** 10. verità ***
Capitolo 16: *** 10. verità PARTE 2 ***
Capitolo 17: *** 11. il semplice ma efficace piano di Erice Volturi ***
Capitolo 18: *** 12. studiare il nemico è sempre un bene: assicura maggiori possibilità di vittoria ***
Capitolo 19: *** 13. profumo di battaglia ***
Capitolo 20: *** 14. il Giorno del Giudizio ***
Capitolo 21: *** Ringraziamenti ***
Capitolo 1 *** 1.TRAMA ***
LA
SPIA ED IL LICANTROPO
TRAMA
Jacob
torna al parco dove è
già stato in precedenza a cercare una ragazza che potesse
scatenare in lui
l’imprinting,e dove ha incontrato Lizzie,il nostro licantropo
è triste perché
non è riuscito ad uccidere Renesmee,di conseguenza non ha
avuto l’imprinting
con lei,e lì incontra di nuovo questa ragazza dagli occhi
cannella(come la
definisce il libro);inizia a frequentare questa ragazza che lo consola
e gli
insegna che nonostante il lutto per Bella che porta nel cuore,la sua
vita deve
andare avanti.
Quando,camminando
insieme
incontrano Bella a caccia sotto forma di vampira Jacob salva Lizzie da
una
quasi-morte e i rapporti d’amicizia tra i due si
raffreddano,Jacob si sente
nuovamente perso poiché aveva visto in lei una
possibilità di salvezza dalla
sua vita,così contorta e malinconica,e mentre cerca di poter
parlare di nuovo
con lei,scopre che la ragazza è una spia che lavora per il
governo americano
che dopo esser stata con Jacob per amicizia è decisa ad
indagare su di lui e sulla
famiglia Cullen poiché non si spiega l’esistenza
dei vampiri...
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Capitolo 2 *** 2.vorrei morire... ***
1.vorrei
morire
Non
c’era modo di descrivere
come mi sentissi in quel momento:quella bambina,quel mostro
aveva ucciso Bella,la mia
Bella;la mia migliore amica.
Non
per biasimare il suo
comportamento,anche perché la scelta di sposare e fare
l’amore con un vampiro
era stata sua,ma credevo che Bella sapesse a cosa andava incontro,
eppure
nonostante mi pungesse la lingua a parlar male dei defunti;era stata
una vera
stupida perché non aveva avuto la forza di uccidere quel
demonietto nero che
aveva ospitato nel suo grembo sin
dall’inizio,finchè si era approfittato di lei
a tal punto da toglierle la vita,e che lei aveva addirittura avuto il
coraggio
di definire sua figlia.
Sconvolto
dalla rabbia e
dall’odio poiché solo in quel momento avevo
provato sulla mia pelle ciò contro
cui Sam mi aveva messo in guardia,avevo tentato di uccidere la
neonata,perché
non nocesse mai più a nessuno,ma Rosalie,la biondina aveva
previsto le mie
mosse;e nonostante fossi entrato nel salone di casa Cullen cercando di
fare
meno rumore possibile,era scattata in piedi privando quella piccola
testa con i
riccioli bronzei alla mia mano grande che l’avrebbe privata
della vita.
-
STA LONTANO DA
RENESMEE,CANE!-urlò la barbie con la pelle di neve scoprendo
i denti minacciosa.
Feci
un balzo
indietro,acquattandomi carponi in terra e ringhiandole in
risposta,sentivo il
pelo ritto sulla schiena ma non attaccai immediatamente,prima le sue
parole mi
balenarono in testa e involontariamente risi in modo spudorato.
Le
avevano anche dato un
nome? Era un demone assassino che avrebbe solo procurato dolore e morte
e
Rosalie la proteggeva?
Il
suo visino piccolo
incorniciato da due occhi color cioccolato,incrociò il mio
sguardo,e per un
attimo,un attimo di troppo,rimasi interdetto dall’innocenza
di quella
fisionomia permisi a Miss Universo di assestarmi un calcio nel
ventre,fino a
cacciarmi letteralmente a calci fuori da casa Cullen,dove Bella aveva
cessato
di vivere.
Per
la seconda volta avevo
abbandonato Leah e Seth,ed ora,dopo aver corso per chilometri sotto
forma di
lupo me ne stavo seduto su una fredda altalena nello stesso buio parco
di
Olimpia nel quale ero stato qualche giorno prima alla ricerca del mio
imprinting.
“Maledizione
all’imprinting!”pensai mentre mi dondolavo
calciando con forza i sassolini che
erano in terra e strusciando i piedi sui pochi ciuffi d’erba
gelida che
crescevano nel terreno.
Ma
cosa diavolo era quella
forza?
Jared
e Sam me ne parlavano
sempre come qualcosa di magico,ma io ormai stentavo a credere nella sua
esistenza;ero
certo che sarei stato condannato a soffrire per il resto
dell’eternità poiché
Bella era morta ed io di certo non sarei uscito incolume dal lutto.
L’immagine
di Renesmee che
beveva un bicchiere pieno di sangue, tornò viva tra i miei
ricordi e con un
urlo simile ad un ringhio riconobbi la rabbia e l’odio che
tornavano ad
esplodermi nel petto.
Non
ero riuscito ad
ucciderla! Ed ora da quella bionda psicopatica le sarebbe stato
permesso di far
strage di chiunque incontrasse.
Non
era giusto!
Mi
sentivo inutile in quel
silenzio denso di rimorsi quando mi resi conto,rimanendo a bocca
spalancata che
Renesmee aveva gli stessi occhi color cioccolato di sua madre,e
forse,poiché
aveva conservato quel suo aspetto fisico,avrei riconosciuto il lei
molti altri
aspetti di Bella.
Ma
cosa diavolo stavo
dicendo?
Una
folata di vento gelido mi
schiaffeggiò la faccia come per rimproverarmi di quei
pensieri,e solo allora mi
resi conto che una grossa lacrima era sgorgata dai miei occhi. Stavo
piangendo.
La
mia anima ed il mio corpo
venivano logorate dal dolore,mentre mi convincevo che non valeva la pena vivere se dovevo
soffrire a quel modo…
Avrei
voluto porre fine alla
mia vita cosicché io e Bella avremmo potuto
ricongiungerci,ma a quanto pareva
il mio destino era quello di soffrire in silenzio.
Sollevai
gli occhi e quasi
picchiandomi impedii ad una lacrima appena nata di rigarmi le guance,fu
in quel
momento che riconobbi nel drappo scuro del cielo notturno un grosso
globo
argenteo:la luna.
Io
ero un lupo,un alfa,anche
se al momento mi sentivo fragile come vetro per essere definito tale,ed
i lupi
potevano essere definiti i signori indiscussi della notte per la loro
forza e
la capacità di opporci a degli assassini come erano i
vampiri,tuttavia dopo
qualche attimo di calma,infusa dalla luna,la mia triste consigliera,fui
travolto di nuovo da un’ondata di malinconia…
Non
potevo sfuggire
all’evidenza dei fatti,nascondendomi dietro la certezza che
ero un’alfa…
Come
avrei agito ora?avevo la
sensazione che con una sola goccia di pioggia mi sarei sciolto con
facilità.
Era
dunque più giusto che me
ne stessi lì a soffrire attendendo la morte oppure avrei
dovuto avvertire Sam
di ciò che i Cullen avevano fatto e lasciare che facesse
giustizia da solo?
ndata
di malinconia...e consigliera,fui travolto di nuovo da un'o erano i
vampiri,tuttavia dopo qualche attimo di calma,infusa
-
ehy…ti senti bene
ragazzo?- sollevai lo sguardo umido in direzione di quella voce
femminile che
aveva parlato senza alcun preavviso riscuotendoti di colpo dalle mie
riflessioni.
I
suoi occhi color
cannella,intensi e preoccupati,mi fissavano risplendendo nel buio;la
riconobbi
immediatamente:il suo viso lentigginoso dalla pelle chiara e la
fossetta del
suo mento quando mi aveva sorriso,avevano cercato di offrirmi
aiuto,mentre ero
alla ricerca della ragazza che avesse potuto sciogliere la mia rabbia
la prima
volta che ero stato lì.
Lei
si chiamava Lizzie,ed
ora,incontrando i miei occhi castani e piangenti fece un passo
indietro,spaventata dal mio stato,che doveva risplendere sul mio viso
in modo
molto chiaro.
Balzai
in piedi e prima che
potesse aggiungere altro le gettai le braccia al collo rifugiandomi
sulla sua
spalla e lasciando che le lacrime scendessero in modo liberatorio.
La
sentivo rigida,distaccata
ma quando implorante sussurrai:
-
aiutami Lizzie…-
lei mi strinse al suo petto ed in quel momento ebbi la certezza che per
me la
ragazza rappresentasse un salvagente nel bel mezzo del mare in tempesta
della
mia vita.
NOTA DELL'AUTRICE
Che ne pensate?
un baciotto
marty23
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Capitolo 3 *** casa ***
2.
casa
-…perdonami…penserai
che sono
folle…-ripetei ancora una volta,ad occhi bassi mentre Lizzie
camminava al mio
fianco.
Dopo
averle permesso di
liberarsi dalle mie braccia roventi,mi aveva guardato con diffidenza,ma
infine
riconoscendo sul mio viso la disperazione più pura aveva
accettato di scambiare
qualche parola molto imbarazzata con me mentre uscivamo dal parco.
Avanzavo
nel buio,con le mani
in tasca e lanciavo calci distratti a piccole zolle di terra smosse;la
ragazza
che era vicina a me,camminava stringendo le spalle nel giaccone che
indossava e
tenendo la sua piccola borsa con entrambe le mani con fare timido e
silenzioso,toccandosi
di tanto in tanto la lunga chioma biondo rossiccia raccolta in una
crocchia nella
speranza di ricordare chi fossi e perché mi ero preso tanta
libertà di abbracciarla.
Nonostante
stesse zitta,per
un tempo interminabile a mio parere,percepivo provenire da lei
un’aura di
rassicurazione ed equilibrio e questo bastò a non farmi
piangere anche se
sembrava che la luna piena alle mie spalle pretendesse un mio triste
ululato al
suo cospetto.
Giunti
all’uscita del
parco,mi appoggiai al recinto di metallo dipinto di verde che lo
circondava,raccogliendo le braccia al petto.
Lizzie
si fermò solo pochi
secondi dopo poiché non sentiva più vicino a
sè il suono dei miei passi,e mi
venne incontro appoggiandomi una mano sulla spalla con cautela.
-
io sono
arrivata…perché
non torni a casa,ragazzo?- mi chiese,con una nota d’ansia
nella voce.
-
Perché non ho una
macchina con me…- replicai piano sollevando il viso in sua
direzione,scosso da
un forte brivido di freddo;mi meravigliai di questo,perché
era piuttosto strano
siccome la mia temperatura corporea era di quaranta gradi!
-
Ora ricordo!tu
sei quello della Aston Martin Vanquish!l’hai più
riportata al tizio che te l’aveva
prestata?- disse ad alta voce,e dopo
essersi battuta un palmo sulla fronte bianca per la
sorpresa,portò le mani ai
fianchi come se mi volesse sottoporre ad un interrogatorio ancora
evidentemente
non fiduciosa nei miei confronti.
Mi
limitai ad annuire in modo
stanco,perché me ne stavo lì dinnanzi ad una
perfetta sconosciuta?
Come
potevo sperare di trovare
consolazione nella sua simpatia,se neppure si fidava di me?
-
non ho più
bisogno d’altro…lei non c’è
più…non ci sarà mai
più…- piagnucolai,con il cuore
che mi sembrava volesse rallentare i battiti. Feci per alzarmi ed
andarmene ma
non appena mossi un passo Lizzie disse:
-
aspetta…vuoi che
ti riaccompagni a casa?starai morendo di freddo con quella T-shirt!-
guardai
il mio
abbigliamento:una maglietta nera a maniche corte che aderiva
perfettamente ai
miei addominali;mi venne quasi da ridere,ma non fui in grado di
emettere alcun
suono,sentivo il cuore sanguinante.
Pochi
minuti più tardi,seduto
sul sedile del passeggero di una Volvo alla cui guida c’era
Lizzie,mi lasciai
avvolgere dal più totale silenzio ed avvertii subito dopo la
macchina che si
fermava.
Lei,sospirando
e spegnendo i
fanali,attirò la mia attenzione;quindi sollevai appena la
testa dal petto,dove
l’avevo nascosta,in attesa che parlasse.
-
vuoi indicarmi
dove abiti?- la fissai con aria interrogativa,e lei replicò
con una muta
occhiata di disapprovazione; in effetti,constatai guardando fuori dal
finestrino,ci eravamo fermati nel bel mezzo di un piazzale buio,a
metà strada
tra Olimpia e Phoenix.
-
Io non ho più una
casa…ho perso tutto…-
-
Smettila!ascolta!io
non ti conosco,non so il tuo nome,e per quanto mi riguarda,ricordando
la prima
volta che ci siamo incontrati,potresti essere un ladro o un
assassino…-stava
per continuare,ne ero certo e nonostante le sue offese non mi
procurassero
alcun dolore,decisi di soddisfare le sue curiosità,anche
perché notai che le
sue guance bianche si erano colorite appena con
l’arrabbiatura,ed era
adorabile,avevo come la sensazione di doverla proteggere eppure in quel
momento
mi sentivo totalmente dipendente da lei.
-
Ciao,mi chiamo
Jacob ho 17 anni e abitavo in una
piccola cittadina chiamata Forks…hai presente la ragazza che
cercavo nel parco
quando ci siamo visti e che ti sei offerta di aiutarmi a
cercare?-iniziai con
tono atono,ma poi la mia voce si incrinò mentre le ricordavo
di quella ragazza.
Lei
annuì semplicemente con
gli occhi che le si ingrandivano ed illuminavano mentre mi ascoltava
attenta.
-
lei…bhè non
c’era
quella volta e…non ci sarà mai
più…perché ha cessato di
vivere…- scoppiai di
nuovo a piangere,ma questa volta nonostante i brividi iniziali,per quel
racconto crudo e senza veli,fu Lizzie ad abbracciarmi.
-
Non ci voglio più
tornare lì,non hai idea del dolore che mi
provochi…- continuai tra i
singhiozzi.
-
Shh…ti
capisco…mi
dispiace di essere stata sgarbata con te, ma se può
consolarti sappi che lei
non è scomparsa del tutto…rimarrà per
sempre nel tuo cuore se la ricorderai…-
In
quel momento si sciolse i
capelli lisci che mi carezzarono il viso,abbandonato sulla sua spalla,e
fui
inebriato dal profumo di orchidee che il suo corpo emanava,sentii la
sua
stretta farsi più dolce mentre i nostri occhi si
incontrarono e lei disse:
-
vieni,ti porto a casa mia…-
ma fu come se non potessi sentire quelle parole,perché tra
le sue braccia,nei
suoi occhi,mi sentii immediatamente a casa.
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Capitolo 4 *** 3. dolore ***
3.dolore
Non
ricordo quasi nulla del
viaggio di andata verso casa di Lizzie, so solo che, dopo essersi
staccata da
me, aveva sistemato il sedile del passeggero, sul quale sedevo, per
darmi la
possibilità di riposare un po’e rilassare i
muscoli in una posizione
semisupina.
Che
dolce era stata! Quello
era un gesto di premura che ormai non ricevevo più da molto
tempo!
Poi,
con un sorriso aveva
acceso la radio e subito una vivace e soffusa musica si era diffusa in
tutto
l’abitacolo…
-
è “la marcia
turca”di
Mozart…- mi aveva informato la ragazza seduta al mio fianco,
osservando la mia
espressione incuriosita ma anche spaesata.
Infine,
Lizzie aveva
allungato una mano,accarezzandomi in maniera fugace il viso e, sotto il
tocco
leggero delle sue dita ricordo che chiusi gli occhi, sopraffatto dalla
stanchezza…
Dopo
quelli che mi parvero
semplicemente attimi, mi risvegliai quasi con un sussulto facendo
schioccare le
labbra.
Prima
che potessi rimettere a
fuoco il mondo, un denso e piacevole profumo di orchidee mi avvolse e,
con
un’espressione in parte spaventata ed in parte soggiogata, la
vidi, che mi
studiava.
Ho
ancora oggi la sensazione
che Lizzie, vedendomi, intese che avevo dimenticato dove mi trovassi o
chi
fosse la ragazza al mio fianco.
Quando
il tepore del sonno mi
abbandonò, capii di trovarmi all’interno di una
macchina,violentemente
minacciata da un flusso incessante di pioggia.
-
dove…dove siamo?-
domandai.
-
Portland, sotto
casa mia. E piove a catinelle…- colsi un’evidente
nota di rammarico nella sua
voce armoniosa.
Non
le chiesi se avesse un
ombrello oppure una giacca con il cappuccio, che potesse ripararmi
dalla
pioggia; avevo lasciato vagare lo sguardo oltre il finestrino della
macchina
ferma, e stavo ammirando stupito i gigantisti grattacieli che si
stagliavano
come colonne, nel cielo, quasi tentassero di arrivare a toccare le
stelle; ed
oltre quelli, un ampio bosco sembrava rivendicare il dominio della
natura in
quella città; le alte fronde color bottiglia degli alberi
danzavano al vento.
Incurante
di quale fosse il
motivo della preoccupazione di Lizzie, aprii lo sportello
dell’auto, ed uscii
sotto l’acqua, senza problemi.
Poco
dopo aver chiesto alla
ragazza di coprirsi bene, la rassicurai dicendole che presto
l’avrei portata a
casa.
Lei
mi seguì dopo aver preso
la borsa e chiuso la macchina con attenzione. Si avvolse nel cappotto
bianco
panna,e, mentre si chinava sembra di più su se stessa, una
goccia le colpì il
capo fasciato in un cappuccio.
Mi
fissava con diffidenza,gli
occhi profondi ridotti a fessure per la disapprovazione.
Improvvisamente
iniziò ad
urlare contro di me ma, per fortuna, un intensa folata di vento
coprì la sua
voce, dandomi solo la possibilità di osservare la bella
figura di Lizzie
rilassare e contrarre i muscoli con la stessa velocità di un
arco, e muoversi
al vento con armonia, grazia, forza, esattamente simile ad un fuscello
di
bambù.
Mi
avvicinai a lei, e le
custodii le mani in una stretta decisa ma delicata nello stesso tempo;
a causa
del vento forte mi ritrovai ad urlare per farmi capire, ma ben presto
quasi
lottai contro di lei, contro le sue mani lunghe ed affusolate.
Ancora
oggi non so spiegarmi
con esattezza perché avesse reagito così, ma
probabilmente le urla erano un
rimprovero per la mia imprudenza e il nostro
“scontro” era dovuto
all’incomprensione del motivo della mia vicinanza.
Danzai
con lei, evitandone i
colpi, quasi giocando per un po’, eppure infine, infastidito
dalla sua
resistenza, la spinsi al mio petto con rabbia,costringendola ad
abbracciarmi.
-
allora…si può
sapere
dove abiti?- strillai.
-
Perché la tua
pelle è tanto calda?non senti freddo?- domandò
lei, di rimando, sviando la mia
domanda.
-
No. Perché, tu
sì?- replicai io, ed in quel momento come a conferma dei
miei dubbi, Lizzie fu
scossa da un vigoroso brivido.
Subito
la presi tra le
braccia: avvinta al mio petto non aveva la possibilità di
muoversi.
Quando
iniziai a correre, non
la udii emettere alcun grido, solo qualche sospiro sorpreso le usciva
dalle
labbra rosee.
Corsi
attraverso il bosco, cercando
di chinarmi su di lei quanto più mi fosse possibile
perché non si bagnasse, eppure
quando una goccia, forse caduta da una verde foglia degli alberi del
bosco, le
accarezzava il viso, alle mie narici arrivò fortissimo il
suo profumo.
-
si può sapere
dove abiti?-le chiesi ancora.
-
Non avevo mai
avuto l’onore di essere portata
in braccio
fino a casa! Comunque abito in quella casetta poco distante dalla
scogliera…-
Lizzie rise forte, in parte divertita; ma principalmente pensai che
fosse un
modo per allontanare la paura e la sorpresa dovuta al mio gesto.
Vicino
alla scogliera?
A
Portland c’era il mare?
Improvvisamente
una brezza,
più dolce delle altre, mi accarezzò, avvolgendomi
con una zaffata di salsedine.
Sorrisi
di riflesso alla mia
stupidità, ma quasi immediatamente mi detestai: come potevo
sorridere con tutto
il dolore che stavo soffrendo?
Era
forse la vicinanza di
Lizzie?
Con
mio grande sollievo, il
dolore non riuscì ad impadronirsi di me, e, senza che me ne
fossi accorto oltre
che in meno di quanto credessi possibile, io e quella ragazza ci
ritrovammo in
una piccola casa, strutturata su due piani, le cui ampie vetrate
offrivano una
bellissima vista della scogliera poco lontana, sulla quale le onde si
infrangevano impetuose…
Rimasi
affascinato da quel
panorama, il mio respiro si fermò. Solo il cuore continuava
a battere anche se
in maniera irregolare; il mare che scrosciava e la scogliera mi
ricordavano
moltissimo i luoghi che avevo frequentato quando vivevo a
LaPush…
Ancora
una volta, a quella
parola, la malinconia minacciò di incombere sopra di me, ma
stringendo i denti,
mentre Lizzie scendeva in terra, divincolandosi agilmente dalle mie
braccia,
respinsi quella brutta sensazione e mi concentrai sulla ragazza che mi
stava
davanti, che velocemente si stava togliendo le scarpe.
Automaticamente,
feci lo
stesso e, senza dire nulla Lizzie prese le mie scarpe, oltre le sue e
sistemò
entrambe le paia, dove potessero asciugarsi.
-
dove posso
dormire? Mi basta un pezzetto di pavimento ed una coperta di
lino…- iniziai,
guardandomi intorno.
-
Già hai
intenzione di dormire? Non vuoi toglierti di dosso quegli abiti
bagnati? Non
vuoi mangiare? Non vorrai farmi credere che il dolore che provi ora ti
sta
addirittura facendo dimenticare i tuoi bisogni più primari,
o chi sei…ti dirò
una cosa, Jacob: non devi lasciare mai che un’emozione, in
particolare un
dolore simile, abbia il sopravvento su di te, altrimenti non ne
riemergerai.-
fece, con decisione.
La
fissai. Era una razionale.
Ero assolutamente sbalordito. Da ogni cosa: da lei, dalle sue parole,
dalla sua
forza.
Prima
che potessi aggiungere
altro, scomparve al piano superiore e ricomparve quasi immediatamente,
con un
involto di abiti accuratamente ripiegati tra le braccia.
Me
li lanciò mentre si
trovava ancora a metà scala, li ripresi al volo ed ascoltai
mentre impartiva
con la stessa decisione di poco prima:
-
questi abiti sono
per te, il bagno è in fondo al corridoio; cambiati mentre
accendo il camino e
ordino un po’ di pizza.-
mi
limitai ad annuire, perché
ero certo che se avessi parlato la mascella mi sarebbe caduta in terra.
Lasciai
che Lizzie mi
superasse e memorizzai che la cucina si trovava oltre la prima porta
del lungo
corridoio che avrei dovuto superare per arrivare al bagno.
Quindi,
scosso, presi a
trascinare i piedi in quel corridoio che profumava di legno, e mi
rifugiai nel
capiente bagno ricoperto di piastrelle bianche.
Un
violento getto di acqua
gelata mi accolse non appena mi infilai sotto la doccia.
Mi
presi cura di me in
maniera quasi inconsapevole, avevo la mente assolutamente svuotata, ero
senza
parole per aver visto la veemenza con cui Lizzie mi aveva parlato;
riuscii
persino a sorridere mentre mi asciugavo i capelli
nell’asciugamano ma, inevitabilmente,
nel momento in cui vidi il mio riflesso nello specchio sopra il
lavandino, mi
ritrovai a chiedermi di chi fossero il maglione con la scollatura a V e
i pantaloni
bianchi che mi fasciavano il corpo. Mi domandai addirittura se Lizzie
avesse un
fidanzato…
Sentendo
un leggero fastidio
dietro le orecchie, mi precipitai fuori dalla porta, e feci
praticamente
irruzione nella stanza dove poco prima si era rifugiata lei.
Con
sorpresa costatai che non
era una cucina, ma la sala da pranzo e oltre il lunghissimo tavolo di
legno
lucido, c’era un angioletto appartato, che spandeva
un’atmosfera rassicurante
grazie ai cuscini sparsi sul pavimento e al camino nel quale ardeva un
crepitante ed allegro fuoco.
La
trovai seduta su uno di
quei morbidi cuscini colorati; accanto a lei, sul pavimento,
c’erano due
cartoni di pizza fumante.
Possibile
che non avessi
sentito l’arrivo del fattorino per la consegna delle pizze?
-
vieni, siedi
Jacob, spero ti piaccia la pizza Margherita…onestamente, non
sapevo cosa
ordinare per te, ho preso la più semplice.- disse lei,
voltandosi verso di me
dopo aver sentito il mio arrivo. Aveva un tono pacato questa volta, e
mi faceva
segno di sederle accanto.
-
Grazie…-
replicai, imbarazzato. Era davvero da molto tempo che qualcuno non si
prendeva
cura di me in quel modo. Ed era in assoluto la prima volta, da quando
avevo
iniziato a vivere il mio inferno, che non riuscivo a pensare, mi
ritrovavo la
mente del tutto svuotata.
Presi
posto vicino a Lizzie,
e, in silenzio aprii il mio cartone di pizza, scoprendo con piacere che
era gia
stata tagliata in quattro parti.
Era
alta e leggermente
gommosa, ma buona.
Mi
sentivo assolutamente a
mio agio, tuttavia quando mi accorsi della troppa vicinanza con il
fuoco…
-
Jacob, scusa…che
cosa stai facendo?- mi domandò Lizzie, con fare allarmato.
-
Mi stavo solo
togliendo la maglietta: sento caldo, tu no? Comunque, se ti da fastidio
lascio
perdere…- le spiegai, visto che avevo smesso di mangiare per
rimanere a dorso
nudo.
La
ragazza scosse la testa,
ma distinsi sulle sue guance lentigginose un lieve rossore espandersi
con
lentezza.
Il
velo di un imbarazzato silenzio
ci avvolse, ma non riuscivo a resistere dalla curiosità
così chiesi:
-
Lizzie…hai un
fidanzato, per caso?-
Si
irrigidì all’istante:
-
Sono troppo vecchia
per te…in ogni caso no, non ho
un fidanzato.- disse, ironizzando.
-
Fiuuu…quando ho
indossato questi abiti ho temuto che ci fosse un uomo ad aspettarti, al
quale
avrei dovuto spiegare il motivo della mia presenza qui.
E comunque,
perché dici di essere vecchia? Quanti anni hai? Chi si
prende cura di te, se
sei single?- dissi, senza pensare.
E i
risultati della mia stupidità ebbero un effetto devastante
ed immediato.
Lizzie
strinse tra le dita un pezzetto di cartone dell’involucro
della pizza,
riducendolo a brandelli; voltò il viso verso di me, dalla
crocchia in cui aveva
raccolto i capelli sfuggì una ciocca ed i suoi occhi si
ridussero a fessure
piccolissime.
-
perché mi fai
tutte queste domande? Come ti sentiresti, tu, se ti rivolgessi un
interrogatorio su quella tua amica per la quale stai soffrendo tanto?
So badare
benissimo a me stessa, e non sono tanto sprovveduta da portare uno sconosciuto in casa mia! Attento a non
giocare con la fiducia che la riposto in te, ragazzino
perché potresti pentirtene!- la rabbia che provava era
evidente, ma anche ora, che sembrava aver perso la pazienza, non
alzò la voce,
il suo tono rimase basso e pungente, tanto da farmi male.
-
Scusami…hai
ragione…- sussurrai, col fiato corto. Cercai di parlare il
meno possibile perché
mi sentivo la voce rotta.
Lizzie
mi diede le spalle per
qualche minuto respirando profondamente, poi, quando torno a sedersi si
barricò
dietro una maschera impenetrabile e un silenzio logorante.
Era
incredibile quanto fossi
stupido: vicino a questa ragazza, ero riuscito da subito a sentirmi
meglio perché
con i suoi modi decisi era capace di farmi smettere di pensare, e
quindi anche
di provare dolore; ma, quell’ondata inesorabile di dolore ora
mi stava di nuovo
sopraffacendo poiché avevo appena deluso l’unica
persona che sembrava in grado
di farmi stare meglio.
ANGOLO
AUTRICE
Ciao
a tutti! Vi ringrazio
per i commenti che mi avete lasciato e mi scuso per aver postato tanto
in
ritardo questo nuovo capitolo, ma, sapete, non avevo ispirazione. Spero
che
questo capitolo vi piaccia, spero soprattutto che la reazione di Lizzie
non vi
abbia spaventati…immagino si sia capito che intende
nascondere quanto più
possibile su di sé.
Un
baciotto
Marty23
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Capitolo 5 *** 4. perdono ***
4.
perdono
la
mattina seguente ebbi la
certezza che il mio udito di lupo funzionava ancora.
Sentii
Lizzie alzarsi
prestissimo, fare una doccia e vestirsi freneticamente, per poi
dirigersi, di
soppiatto nella mia stanza.
Riuscivo
quasi ad
immaginarla: immobile sulla soglia della porta mentre mi osservava
dormire,
cercando di non fare il minimo rumore per evitare di svegliarmi, e,
probabilmente mossa da una leggera compassione poiché ero
sicuro che dal mio
volto trasparisse una serenità che non avevo mai trovato
prima nel sonno.
La
sentii sospirare, ma
subito dopo entrò, ed iniziò a rovistare in cerca
di qualcosa…
Udii
che prendeva un pezzo di
carta e ci scriveva distrattamente qualcosa…
Poi
sentii il suo profumo
proprio al mio fianco, sul letto, avvertii la delicatezza del suo
tocco, che si
posava per un attimo sul mio polso e sulla mia guancia…
Infine,
in lontananza riconobbi
il rumore di una porta che veniva sbattuta, e supposi che la ragazza
fosse
uscita per andare a lavorare.
Benché
fossi riuscito a
sentire distintamente tutti quei rumori, che delineavano i particolari
che mi
circondavano, non fui in grado di emergere dal sonno per un bel
po’ e, nel
momento in cui aprii gli occhi mi resi conto che era pomeriggio
inoltrato.
Rigirandomi
tra le coperte,
notai di avere al polso un sottile braccialetto di gomma, semplice, di
un unico
colore, e nonostante la sorpresa fosse stata grande, mi stupii ancora
di più
quando per poco non mi sedetti sul biglietto che Lizzie mi aveva
lasciato.
“caro Jacob,
sono
andata al lavoro; torno questa sera verso le 18.
Sarebbe
meglio che tu non ti alzassi dal letto, toccando il tuo polso ho notato
che hai
la temperatura alta…
Ah, per
farmi perdonare per come mi sono comportata ieri sera, ti ho lasciato
un
braccialetto in regalo. Spero ti piaccia
Torno presto
Lizzie”
Mi
venne quasi da ridere: Lizzie pensava di doversi fare perdonare? E io,
allora? Cosa
avrei dovuto fare per far sì che lei mi perdonasse, per la
mia insolenza? Gettarmi
ai suoi piedi?
Fissai
a lungo il braccialetto, persino quando mi resi conto che lei sarebbe
tornata a
momenti ed avrei avuto il tempo solo di gettarmi sotto la doccia e
cambiarmi.
Non
riuscivo a fare a meno di pensare che per compiere un gesto del genere,
doveva
tenerci a me…e perciò ero alla disperata ricerca
di un’idea che avrebbe
rallegrato Lizzie.
Poi,
proprio nel momento in cui stavo per sgraffignare un toast
dall’organizzata e
funzionale cucina di quella casa, l’idea prese forma di colpo
e mi divenne
chiara come il sole: avrei organizzato un pick nick!
Per
diverso tempo setacciai ogni scaffale, cassetto, sportello o ripiano di
quella
cucina, ed infine, trionfante riuscii a ripiegare con cura una grossa
tovaglia
blu cobalto in un cestino di vimini, assieme ad alcuni piatti, qualche
posata e
un paio di bicchieri.
Nel
momento in cui la porta di casa sbatté, annunciandomi il
ritorno di Lizzie,
stavo per accendere la piastra nella quale avrei tostato dei buonissimi
panini:
la mia specialità.
-
Jacob?
Cos’è questo profumo? Cosa stai cucinando? Pensavo
stessi male…- mi giunse,
poco distante, la sua voce allarmata e preoccupata.
-
Stavo
preparando dei panini. Pensavo di portarti a fare un pick
nick…per farmi
perdonare…- spiegai, quando mi fu accanto.
Notai
che sorrideva e mi sfuggì un sospiro di sollievo,
fortunatamente non sembrò
essersi accorta che avevo palesemente evitato di parlare della mia
temperatura
corporea.
-
cosa?
Adesso?-
-
perché
no? C’è ancora il timido sole del tramonto
all’orizzonte, non temere.- la
rassicurai.
Non
replicò, segno evidente che ero riuscito a convincerla.
Insieme
uscimmo, ma non ci allontanammo troppo dalla casa, piuttosto scelsi un
colorato
fazzoletto di bosco, e mi occupai di stendere a terra la tovaglia dove
ci
saremmo seduti e, tutt’attorno a noi, il resto necessario.
Mi
divertiva vedere il diverso colore che le foglie verdi assumevano
quando i
raggi caldi del sole le colpivano. Era piacevole. Non avevo mai fatto
caso alle
bellezze della natura, o meglio, mi risultavano tanto belle forse,
perché era
la prima volta che avevo la possibilità di condividere le
mie sensazioni con
qualcuno.
Lizzie
era visibilmente tesa: evitava di parlare, facendo invece apprezzamenti
sul
cibo che mangiava.
Di
nuovo un assordante silenzio ci inghiottì, ma questa volta
decisi che non avevo
voglia di sopportare che non potevo sentire la sua voce.
-
mi
dispiace per…ieri sera- esordii – forse dovrei
iniziare a parlarti di me… dunque,
vediamo…la mia amica, quella che non
c’è più…aveva un anno
più di me e si chiamava
Isabella. Credo di averla amata, ma lei non mi ricambiava; infatti,
qualche
tempo fa si è sposata con un’altra
persona…ma, poco dopo…- feci. Cercavo di
parlare di tutto ciò non solo per dimostrare a Lizzie che
poteva fidarsi di me,
ma anche forse, perché ero un pazzo masochista e volevo
esorcizzare il dolore.
-
Basta
Jacob! Per favore…immagino che tutto questo debba farti
male…- mi fermò lei.
-
Sì,
è vero. Ma voglio che tu capisca che puoi fidarti di
me…ed inoltre…vorrei il
tuo perdono.- esposi, sinceramente.
-
Tranquillo,
ti perdono, anche perché capisco la tua
curiosità. D’altro canto ci conosciamo
da pochissimo e…per ringraziarti di esserti aperto con me,
ti dirò qualcosa sul
mio conto…dunque…mi chiamo Elizabeth Barrett, ho
20 anni e, come dici tu “non
ho nessuno a prendersi cura di me”. Gli abiti che hai
indossato ieri sono di
mio padre, che viene a trovarmi ogni tanto…ah, inoltre
lavoro come poliziotta a
New Port.- fu veloce e precisa, ma, per la sua ultima affermazione, non
riuscii
a fare a meno di ridere.
Lei
mi fissò interrogativa.
-
scusa
se rido…ma, da come mi hai parlato la prima volta che ci
siamo incontrati, non
riuscivo a vederti fare un altro lavoro.- mi giustificai; in breve
anche lei mi
seguì: non avevo mai sentito una risata tanto genuina.
D’un
tratto notai che Lizzie fu scossa da un brivido di freddo.
Gettai
lo sguardo lontano, e non trovando più il sole la invitai a
trovare conforto
tra le mie braccia.
-
vieni…-
le dissi ancora, poiché mostrava qualche titubanza.
-
Sicuro
di non avere la febbre?- chiese, per l’ennesima volta, lei.
Prendendola
in braccio e stringendola al petto, per darle modo di scaldarsi, evitai
di
nuovo di rispondere.
E
feci lo stesso mentre raccoglievo tutto l’occorrente del pick
nick.
Solo
quando la porta di casa di Lizzie si chiuse alle mie spalle, ripresi a
parlare.
-
grazie
per quello che stai facendo per me…-
-
grazie
a te, per quello che hai fatto oggi, piuttosto. Era da quando avevo 10
anni che
non facevo un pick nick.- mi rispose dalla stanza da letto, dove era
andata per
indossare la camicia da notte.
Quando
l’ebbi di nuovo davanti, con i suoi occhi profondi e sinceri
nei miei, spinto da
uno strano desiderio, decisi: posai le labbra roventi sulla sua
guancia, in un
bacio fugace e poi scomparvi al piano superiore, rifugiandomi nella
stanza
degli ospiti.
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Capitolo 6 *** 5. difesa ***
5.
difesa
la
mattina seguente, per quanto mi fossi sforzato di alzarmi presto,
quando andai
nella stanza di Lizzie, non la trovai.
Sentii
uno stranissimo prurito allo stomaco: la sera precedente, quando
l’avevo
baciata, mi ero sentito leggero come una piuma, prima ancora che
potessi
chiedermi come lei avrebbe reagito al mio gesto.
Non
c’erano biglietti in giro. Temetti che quella mancanza
potesse essere di per sé
una risposta. Negativa. Segnale che avevo tradito la sua fiducia.
Stavo
per girare sui tacchi, e chiudere la porta della sua stanza, per
riservatezza,
ma qualcosa attirò la mia attenzione…
…era
il riflesso delle tre cornici che ornavano il comò di camera
di Lizzie.
Ne
presi una in mano, dopo essere tornato sui miei passi, e la osservai:
era in
bianco e nero.
Due
persone sorridevano all’obiettivo, e sullo sfondo, una valle
boscosa.
L’uomo
con i capelli leggermente mossi e neri come la pece, avvolgeva un
braccio attorno
alle spalle della donna, con fare amorevole; lei, i capelli bianchi
come neve,
adagiati sulle spalle, sembrava tesa e aveva gli occhi chini su un
fagotto che
teneva tra le braccia. Un neonato; di cui si vedevano di sfuggita solo
le
piccole manine, protese verso la donna.
Pieno
di curiosità, immaginai che quei due fossero i genitori di
Lizzie, e che quella
bambina, fosse proprio lei.
Che
strano…Lizzie mi aveva accennato qualcosa su suo padre, ma
mai nulla sulla
madre…
Con
un sospiro mi concentrai sulla seconda fotografia.
Stavolta,
venivano ritratti cinque ragazzi, seduti su un prato verdissimo,
vestiti con
toghe e cappelli quadrati tipici del diploma. Non potei proprio
resistere e,
aprendo il vetro, guardai sul retro della foto, nella speranza di
trovare una
didascalia.
La
calligrafia pulita e tonda di Lizzie, diceva:
“
diploma. Da sinistra a destra: io, Julian, Esther, Michael e
Danielle.”
Mentre
la rimettevo a posto, controllai ed analizzai una per una le persone di
cui ora
conoscevo i nomi.
Lizzie,
aveva un sorriso sincero, i capelli biondo rossicci raccolti in una
coda di
cavallo e, i suoi erano così luminosi che sembrava stessero
vivendo un sogno.
Mi
domandai se all’epoca della foto fosse stata razionale come
ora.
Il
ragazzo accanto a lei, Julian, sembrava un dannato tronfio, pieno di
sé e
spavaldo; solo allora notai che i suoi occhi di ghiaccio fissavano
ardentemente
Lizzie. Sentii una morsa gelida attorno alla nuca, e mi ritrovai ad
odiarlo.
Passai
all’altra ragazza: Esther. Lucenti boccoli neri le
incorniciavano il viso, egli
occhi color nocciola, che guardavano verso l’obiettivo, erano
sereni, come se
fossero consapevoli nel profondo di un’importante conquista.
Nel
momento in cui vidi Michael, per poco non mi cadde la foto dalle mani a
causa
della forte risata che non riuscii a trattenere.
I
capelli color carota erano pettinati alla perfezione, con la riga
precisissima.
La camicia sotto il maglione sembrava essere stata sistemata con un
righello.
Dietro gli occhiali da vista si nascondevano due occhi che sembravano
adorare
lo schermo del computer e, invece, non curarsi troppo del proprio
aspetto
fisico: come per esempio i radi brufoli che aveva in faccia.
Infine,
scrutai Danielle. Il nome mi sembrò francese. Era una
bellissima di colore, con
gli occhi neri, e dei soffici capelli castani.
La
posai, per passare ad ammirare l’ultima foto che stava sul
comò. E per poco non
mi venne un colpo: erano Lizzie e Julian! Sedevano su un divanetto di
pelle
colorata, abbracciati…
Che
stessero insieme?
Mi
scoprii ad essere pungolato da una dilaniante fitta di
fastidio…
Mi
sembrava che stessi per perdere il controllo, poi, la tensione che
minacciava
di farmi trasformare, scese di colpo.
Mi
ricordai che Lizzie, durante il nostro pick nick, mi aveva assicurato
che “non
c’era nessuno a prendersi cura di lei”.
Respirai
profondamente e mi accorsi di essere letteralmente affamato
su quella ragazza tanto riservata e, tuttavia, mi imposi
di rispettarla.
Se
avesse voluto, mi avrebbe parlato lei stessa dei suoi legami, dei suoi
interessi…
Mi
sforzai di mettere un piede davanti all’altro, per uscire
dalla stanza di
Lizzie; quindi, mi gettai sotto la doccia, e rimasi lì per
diverso tempo, in
attesa che la mente mi si svuotasse.
Mi
vestii con i primi indumenti che trovai e, presi a girovagare per casa
masticando un toast, che mi ero preparato.
Mi
sorpresi del silenzio che c’era in quella casa,
dell’armonica quiete in cui era
immersa, tanto da sembrare parte integrante della foresta.
Sentire
il verso squillante degli uccellini, mi fece desiderare di
trasformarmi, di
entrare di nuovo in contatto con la natura, sotto forma di lupo.
D’un
tratto però, lo sguardo mi cadde sul braccialetto di gomma:
era un regalo di
Lizzie. Non potevo abbandonarla così, sparendo di punto in
bianco.
Inoltre,
da quando ero al suo fianco e, mi ero occupato di venire a capo del
mistero
sulla sua vita, su cui lei manteneva il silenzio, avevo la mente vuota
il
dolore sembrava diminuire, e mi sentivo meglio.
Con
il sorriso sulle labbra mi abbandonai sul divano color crema che si
trovava nel
salotto, al piano inferiore.
La
stanza era circoscritta da immense vetrate, e, mentre mi perdevo ad
osservare
le fronde verdi degli alberi, che sembravano vividamente vicine,
scivolai
nell’oblio.
-
Jacob…Jacob?-
una voce mi chiamò, in lontananza.
Aprii
gli occhi a fatica, e riconobbi Lizzie, seduta accanto a me, che mi
sfiorava
una spalla.
Ritirò
la mano non appena la guardai, segno evidente che non voleva che ci
toccassimo…
Oddio,
baciarla era forse stato un errore?
-
ti
sei alzato dal letto, per venire a dormire qui?- ironizzò,
con un sorriso
radioso, notando che ero vestito.
-
Addormentato?-
chiesi, di rimando, mentre mi mettevo a sedere.
Dalle
finestre, la morbida luce del tramonto inondava la stanza.
Fissai
quella ragazza, con un sorriso ebete.
In
seguito acconsentii anche a preparare la cena assieme a lei, e, mosso
da un
sentimento sconosciuto feci:
-
sai?
Penso di non averti ringraziato abbastanza per quanto stai
facendo…vorrei
raccontarti qualcos’altro su di me…
quando
ero piccolo mia madre morì in un incidente d’auto,
e mio padre, in quello
stesso incidente, perse l’uso delle gambe. Da allora mi sono
sempre occupato di
lui, ma, pur essendo figlio unico, non mi sono mai sentito
solo…perché…bhè,
alla riserva, dove vivevo, ho trovato molti amici, che considero come
fratelli.- senza accorgermene avevo abbassato gli occhi sulle mani,
concentrandomi su quanto dicevo.
Il
tonfo di una padella, che cadeva in terra, mi riportò
bruscamente alla realtà.
Lizzie mi stava davanti, con gli occhi persi nel vuoto, forse immersi
in un
ricordo.
-
a
me è successa una cosa simile…vedi, anche mia
madre è morta in un incidente
d’auto. Avevo quattro anni ed ero con la tata, per questo a
me non accadde
nulla. Mio padre, che era accanto a lei, in macchina, ne
uscì illeso, e da
allora si dedicò quasi totalmente al lavoro, per assicurare
alla giustizia
l’ubriaco che aveva causato l’incidente.
Mi
sentii molto sola in quegli anni, imparai a fare della solitudine la
mia forza;
ma era anche un’arma a doppio taglio: se da una parte mi
insegnava ad essere
riservata e costruiva dei muri tra me e il mio dolore,
dall’altra mi provocava
profonda paura e sofferenza.
Poi,
quando iniziai gli studi, conobbi delle persone che ancora adesso posso
considerare come fratelli; condividemmo molte cose, pensa che ora
lavoriamo
anche insieme.- un lieve sorriso le accarezzò le labbra.
Probabilmente
stava parlando delle persone che avevo visto nella foto. Voleva loro
bene, era
chiaro.
Venire
a conoscenza di una parte della sua vita tanto delicata così
in fretta, però,
mi sconvolse e per tutta la sera mi sentii colpevole per
l’ombra di malinconia
che le contaminò gli occhi.
Mi
stupii di quanto avessimo in comune. Forse era per questo che accanto a
lei mi
sentivo in pace, al sicuro.
La
sentii ancora più vicina a me quando, in piena notte,
sentendola piangere, mi
precipitai da lei per abbracciarla, mentre le chiedevo perdono per
averle fatto
ricordare particolari tanto dolorosi.
La
settimana trascorse tranquilla e l’unico avvertimento degno
di nota, attorno al
quale ruotava la mia giornata, era il puntuale ritorno di Lizzie, la
sera, e, a
giudicare dall’entusiasmo che metteva nel raccontarmi gli
avvenimenti della sua
giornata, e, qualche particolare in più sulla sua vita di
tanto in tanto,
pensai che grazie a quel mio abbraccio, tra me e lei dovevano essere
cadute
molte barriere.
Il
sabato, poiché non doveva lavorare, decise che, siccome ero
da lei da quasi una
settimana, non potevo continuare ad indossare gli abiti del padre, e
perciò
dovevamo andare a far compre.
Era
una cosa che detestavo, ma accettai ugualmente rendendomi conto che era
del
tempo in più che avrei trascorso con lei.
Mentre
ci muovevamo per l’affollata città di New Port,
non prestai attenzione a nulla,
mi lasciai solo trascinare dalla mano di Lizzie, che stringeva con
sicurezza la
mia.
In
un grande magazzino, la ragazza scelse per me alcune paia di pantaloni,
qualche
maglietta e camicia, e poi, dopo averle ammassate tutte assieme, si
sedette e
mi ordinò di andare nei camerini per provare tutta quella
roba, poi uscire e
lasciar giudicare lei.
Sbuffai,
alzando gli occhi al cielo; decisi però che
l’avrei presa come un gioco: ad
ogni completo che indossavo uscivo dal camerino atteggiandomi in una
posa
diversa.
Lizzie
rideva con sincerità, ma alla fine riprese il controllo di
sé e mi consigliò di
acquistare alcuni jeans attillati (perché secondo lei,
quelli morbidi a vita
bassa, di moda in quel momento, mi davano un aspetto troppo
trasandato),
qualche maglietta colorata e una sola camicia.
Alla
cassa mentre lei pagava, ed io prendevo le buste per non farla
affaticare, mi
abbandonai al ricordo della sua mano che mi accarezzava di sfuggita il
petto
seminudo, in bella vista sotto la camicia che avevo avuto
difficoltà ad
abbottonare.
-
andiamo?-
mi invitò, carezzandomi i capelli con fare giocoso.
All’improvviso
udimmo una voce: lei si paralizzò; io sentii il sangue
ribollirmi nelle vene…
-
bene…bene…bene…Elizabeth…non
sapevo che ti divertissi a vestire i bambolotti…- era la
voce gelida di Julian.
Lizzie
me l’aveva descritta quando c’eravamo ritrovati a
parlare della sua relazione
con lui.
Mi
girai lentamente, fulminandolo con lo sguardo.
Mi
parve di scorgere nell’espressione di Julian, una scintilla
di puro terrore.
Deglutì rumorosamente, a disagio.
Forse,
ora che gli stavo di fronte, si era effettivamente reso conto che non
gli
conveniva fare lo sbruffone, dal momento che la mia altezza e la mia
stazza
erano nettamente superiori alle sue.
Lo
squadrai, teso, come quando sotto forma di lupo mi preparavo ad
attaccare una
preda.
Era
il classico tipo che cura maggiormente l’apparenza rispetto
alle qualità
interiori: completamente abbronzato, con i capelli biondi stirati, e
quegli
occhi di ghiaccio che avevo detestato sin dall’inizio, da
quando li avevo
trovati nella foto.
Notai
solo dopo che teneva per mano una ragazza di appena diciotto anni, con
i
capelli biondo platino, la carnagione chiarissima e un completino rosa
addosso
che le copriva pochissimo il fisico.
Mi
ricordava così tanto la vampira biondina che stava con i
Cullen…
-
e
tu, invece?povero stupido non sapevo che ti piacesse ancora giocare con
le
barbie…- sbottai, incapace di trattenermi.
La
ragazzina affianco a Julian scoppiò a piangere e corse fuori
dal negozio; lui
fece alcuni passi indietro, col cuore a mille, per lasciarmi passare.
Fuori
di me per la rabbia, lo afferrai per la camicia e lo sollevai da terra:
-
devi
delle scuse alla mia ragazza, buffone !-
gli intimai, scuotendolo come un pupazzo di pezza.
-
Jacob…basta,
andiamocene.- mi sussurrò Lizzie, che si era avvicinata e mi
aveva posato una
mano sulla spalla.
Il
suo tocco era freddo, segno evidente che era a disagio. In effetti,
tutti,
all’interno del negozio ci stavano fissando.
-
aspetta…non
ho ancora sentito nulla…- replicai, scuotendo ancora un
po’ quell’uomo
patetico.
-
E
va bene…va bene…mi
dispiace per ciò
che ti ho fatto, Lizzie.- si scusò con voce tremante e
strozzata, Julian.
Lo
lasciai andare subito dopo, e presi per mano Lizzie, tra il silenzio
generale.
*
-
che cos’hai? Non hai detto una parola da quando siamo usciti
dal negozio…-
buttai là, mentre Lizzie spegneva la macchina davanti casa.
Sbatté
con rabbia un pugno sul volante.
-
perché
l’hai fatto, Jacob? C’era per forza bisogno di
attirare l’attenzione in quel
modo? Avrei saputo difendermi da sola, e poi…come ti viene
in mente che io
possa essere “la tua ragazza”? Mi hai resa ridicola
davanti a tutti!- proruppe in
un fiume di parole, e quando ebbe finito, uscì dalla
macchina senza aspettarmi.
-
Lizzie,
aspetta! Lo so che puoi difenderti da sola, ma detestavo il modo in cui
quello ti ha rivolto la parola.- le
spiegai
quando fummo in casa, cercando di afferrarle un braccio,
perché si voltasse
verso di me.
Ma
le mie parole arrivarono tardi: per tutto il resto del giorno mi
evitò, rifugiandosi
nel silenzio.
Quell’assenza
di parole era straziante, logorante e ben presto mi ritrovai da solo,
steso sul
letto di quella che era diventata la mia stanza, completamente confuso.
All’inizio
non ero riuscito a capire il mio desiderio di sapere quanto
più possibile su
Lizzie; il fastidio che avevo provato vedendo le foto in cui Julian la
fissava
con bramosia; la necessità di proteggerla da chi, anche solo
verbalmente voleva
ferirla; o i brividi caldi che mi erano corsi lungo la schiena quando
lei mi
aveva sfiorato il petto e i capelli…
Ma
ora, tutto mi appariva più chiaro, anche se impossibile: io
la desideravo.
Desideravo
stringerla tra le braccia, sentire il suo respiro sulla mia
pelle…
Chiusi
gli occhi, respirando a fatica. Non riuscivo a capire da dove mi
nascesse
questo desiderio, non aveva eguali, non era neanche paragonabile a
quello flebile che un tempo avevo
provato per
Bella. Era tanto intenso da annebbiarmi la vista, da togliermi il
respiro.
Lizzie stava diventando tutto il mio mondo.
Che
fosse quello, l’imprinting?
Caddi
in ginocchio, prostrato dalla forza di ciò che provavo nei
confronti di Lizzie,
e decisi che, poiché probabilmente l’avevo
umiliata, affrontando Julian quel
pomeriggio, nonostante le mie intenzioni fossero nobili, ora, avrei
dovuto
stimolare in lei “l’istinto di
autodifesa”.
D’altro
canto, lavorando in polizia, doveva essere abituata alle esercitazioni
per
l’autodifesa, no?
Tuttavia,
non potevo spingerla a battersi con me; si sarebbe di certo fatta male,
ed
avrebbe scoperto che le mie ferite si rigeneravano più
velocemente rispetto a
quelle delle persone normali.
Come
avrei potuto fare?
Presi
a pugni un cuscino, frustrato, ed improvvisamente ebbi
un’idea.
*
non
appena la sveglia suonò, annunciando l’inizio
della domenica, mi svegliai,
precipitandomi giù dal letto, con un soffice cuscino tra le
mani.
-
sveglia,
sveglia, sveglia! In piedi Lizzie, dai!- esordii correndo in camera sua
e
gettandomi di peso, sul suo letto.
Presi
a picchiarle delicatamente il cuscino addosso, e di tanto in tanto
lasciavo
qualche morbido bacio sulle sue spalle, sulle braccia, sulla
fronte…
Trovai
i suoi splendidi occhi color cannella a fissarmi, stanchi a spaesati.
-
Jacob…che
cosa stai facendo?- mi chiese, senza sapere bene cosa fare.
-
Dici
di saperti difendere da sola…perché non me lo
dimostri, combattendo contro di
me ad una battaglia di cuscini…all’ultima
piuma?- proposi, per farla ridere.
E
funzionò. La risata di Lizzie fu così radiosa da
rallegrare anche me.
Approfittando
della mia distrazione, la ragazza si tolse il cuscino da sotto la
testa, e mi
colpì in pieno viso.
Nonostante
fosse solo un gioco, e Lizzie si stesse divertendo come una matta, mi
dimostrò
ciò che le avevo chiesto: in breve mi disarmò e
si sedette su di me.
Sorrise,
poi appoggiò l’orecchio sul mio cuore e con una
mano mi accarezzò dolcemente il
petto.
Era
incredibile quanto i miei muscoli fossero docili sotto il suo tocco.
Chiusi
gli occhi e, lentamente, mi spinsi verso Lizzie per baciarla…
Il
tocco delle sue labbra sulle mie mi provocò un brivido caldo
simile a una
scossa, che mi si propagò in tutto il corpo.
-
no…no…cosa
stiamo facendo?Oddio, che cosa ho fatto?-domandò Lizzie,
d’un tratto, più a se
stessa che a me. Posò la fronte contro la mia e, tenendo gli
occhi chiusi,
scosse la testa, nervosa.
-
Che
cos’hai? C’è qualcosa che non va?- le
chiesi, spaesato.
-
Sei
minorenne Jacob, non capisci? Quello
che ti ho fatto è sbagliato!- replicò, pronta. La
razionalità stava di nuovo
avendo il sopravvento su di lei.
Fece
per alzarsi, ma la trattenni.
-
non
andartene, per favore, lasciami spiegare…Lizzie, tu non mi
hai fatto nulla. Sono stato io a
baciarti, ad
abbracciarti. Ci vedi qualcosa di sbagliato in questo? Vedi qualcosa di
sbagliato nell’amore?-
ammutolii di colpo quando l’ultima parola uscì
dalle
mie labbra. L’avevo detto: l’amavo.
La
sottile paura che sentivo svanì, e ripresi a parlare:
-
è
così: io ti amo. Non voglio nient’altro se non
saperti al mio fianco, sempre.-
confessai, poi alzai gli occhi, facendomi coraggio.
-
Non
provi anche tu, questo?-
Per
tutta risposta Lizzie tornò con slancio tra le mie braccia,
ed unì le sue
labbra alle mie, in un lungo, appassionato bacio.
Quando
ci dividemmo, mentre lei esplorava il mio corpo con le mani, fui
costretto a
riprendere fiato.
Poi
facemmo l’amore. La sentivo vicina a me, più di
quanto non fosse mai stata
prima, ed ero felice.
Ma
avevo anche paura, perché il dolore era intensissimo.
D’un
tratto, come per magia, Lizzie mi baciò e il dolore
mutò in piacere.
L’abbracciai
mentre le nostre anime diventavano una sola.
|
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Capitolo 7 *** avviso ***
AVVISO
ciao a tutti,
non so quanti di voi ancora seguono questa
storia, ma, volevo ugualmente avvisarvi che, poiché
l’ho iniziata un sacco di
tempo fa e ripresa a scrivere solo ora,(ed ho come la sensazione di
essere una “persona
diversa”rispetto a quella che ero quando ho cominciato a
postare questa ff)
questa ff potrebbe nel suo svolgimento subire variazioni di trama,
rispetto a
quella che io stessa ho postato nel primo capitolo.
un bacio a tutti
marty23
|
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Capitolo 8 *** 6. abbandono ***
6.
abbandono
Lizzie
ed io rimanemmo abbracciati tra le coperte per diverso tempo, mentre
lei
esplorava con delicatezza i tratti del mio viso, sussurrando il mio
nome.
Mi
sentivo la persona migliore del mondo: finalmente ero completo, in
equilibrio
con me stesso, felice.
Mi
occupai io – non senza imbarazzo, certo- di mettere a lavare
le lenzuola,
sporche del mio sangue.
Quando
ci alzammo per fare colazione, le coprii il corpo perfetto ed armonioso
con la
camicia che lei stessa mi aveva comprato, il giorno prima, e, per il
resto
della giornata mi persi ad osservare qualsiasi particolare mi fosse
sfuggito di
lei.
Aveva
un modo sinuoso di muoversi, i gesti che faceva mentre parlava erano
sempre
diversi, variopinti come l’universo di emozioni che solcavano
il suo viso; i
capelli la seguivano docilmente quando voltava il volto, tesa, oppure
divenivano ribelli canne di bambù quando scuoteva la testa,
felice; e poi i
suoi occhi…per me ora costituivano ogni angolo del mio
mondo: brillavano,
diventando castano dorati, quando qualcosa di semplice la meravigliava
oppure
quando la paura la sfiorava i suoi occhi sembravano accesi da fiamme
color
nocciola.
Oddio,
mi toglieva il respiro tanto era speciale:era un insieme complesso e
meraviglioso di tante piccole cose, ma ora per me era semplice riuscire
a
comprenderla, come guardare un fiore che sboccia.
D’un
tratto, quando schioccò le dita, per farmi riprendere
contatto con la realtà,
la trovai davanti a me, pericolosamente vicina.
-
ti
eri imbambolato…- mi fece notare, mentre mi serviva una
fetta di pane con burro
e marmellata.
-
Lo
so, stavo pensando a te, sei così bella.- le dissi, posando
la guancia su una
mano.
Mi
sorrise, arricciando il naso come una bambina, segno che non si
aspettava quel
complimento, ma che le avesse fatto piacere.
Le
avvolsi le braccia attorno ai fianchi proprio quando stava per tornare
ai
fornelli e l’attirai a me, facendola sedere sulle mie gambe.
Posai
le labbra sulle sue, rubandole un bacio e, subito dopo le cosparsi il
naso di
marmellata.
Risi,
e lei fece lo stesso, mentre cercava giocosamente di liberarsi dalla
mia presa.
Giocammo
così per un po’, simili a due bambini che non
riuscivano a smettere di ridere…
Riuscii
a guadagnare un altro bacio, mentre le accarezzavo una guancia, ma poi,
Lizzie
si fece improvvisamente seria, e mi passò le mani tra i
capelli.
-
Jacob…
c’è qualcosa che devo dirti…-
esordì
-
Ti
ascolto.- le assicurai con il sorriso sulle labbra.
-
Ti
amo, immensamente. In una settimana sei arrivato ed hai sconvolto la
mia vita.
Mi sembra impossibile vivere senza di te, ma…non sono la
persona che…- l’ultima
parte del discorso la rendeva insicura: abbassò gli occhi
incerta, senza sapere
come continuare.
-
Sei
la persona giusta per me, e questo mi basta. Perché ti
guardo con il cuore.- la
rassicurai, sollevandole il mento con due dita.
Alcune
lacrime le fecero brillare gli occhi, illuminandone il bellissimo
colore.
Mi
strinse per un attimo, posando la testa sulla mia spalla.
-
sì,
ma vedi…io…io sono…- stava per dire,
ma in quel momento il campanello suonò.
-
Non
lasciarti sfuggire il pensiero, amore. Torno subito, vado a vedere chi
è…- le
dissi.
-
Aspetta,
vengo con te.- replicò, un po’ in ritardo;
probabilmente sorpresa dal nuovo
appellativo che le avevo dato. Si passò una mano tra i
capelli e balzò in piedi,
correndo scalza sulla moquette.
Evidentemente
voleva sbrigarsi per non far attendere troppo chi stava fuori la porta,
o
magari aveva voglia di giocare ancora e vedere quanto fossi veloce.
In
un paio di falcate la recuperai, la presi tra le braccia e me la
caricai sulle
spalle, mentre lei rimaneva senza fiato e io ridevo a crepapelle.
-
sorpresa,
eh?- feci.
In
quello stesso istante spalancai la porta. Ciò che vidi mi
sorprese a tal punto,
che ebbi la sensazione che qualsiasi colore o espressione fosse
scomparsa dal
mio viso.
Davanti
a me, a braccia conserte, c’erano Leah e quella pallida
succiasangue di Edward.
Misi
Lizzie a terra, lentamente e subito Leah attaccò, con una
voce che mi sembrò
estremamente petulante:
-
ah,
Jacob, finalmente ti abbiamo trovato! Ma chi è la
ragazza…?-
-
Leah,
ti presento…- iniziai, con voce atona.
-
Ciao,
sono Lizzie, tu sei…- soggiunse Lizzie, con slancio.
-
Un’amica
di Jacob, e tu una pervertita: non sai che non puoi portarti a letto i
minorenni?- la aggredì Leah,squadrandola a causa del suo
abbigliamento: in
effetti la mia camicia le copriva il corpo solo fino a parte della
coscia.
Lizzie
si irrigidì come se avesse ricevuto uno schiaffo in faccia,
il bellissimo
sorriso che aveva avuto fino ad un attimo prima, scomparve ed
abbassò gli occhi.
-
che
cosa vuoi?- la assalii di rimando, il corpo scosso da violenti tremiti
di
rabbia.
-
Devi
venire subito Jacob, per favore…abbiamo bisogno del tuo
aiuto, no, io ho
bisogno del tuo aiuto, ti prego…- questa volta fu Edward a
parlare, con voce
pacata ma ferma.
Mi
voltai verso di lui, arrabbiato.
Come
si permetteva di venirmi a chiedere aiuto?
Perché
sia lui che Leah si erano presentati, adesso, a disturbare la mia
felicità?
L’espressione
eloquente che il vampiro mi rivolse però, mi
placò immediatamente. Capii subito
era lì perché c’era qualcosa che
riguardava l’unica persona a cui entrambi
tenevamo: Bella.
Che
fosse ancora viva?
E,
se era così, perché non ne aveva fatto il nome ad
alta voce?
Poi,
ebbi una rivelazione: forse aveva evitato di farne il nome
perché aveva
rovistato tra i pensieri di Lizzie.
-
aspettate
un attimo…- sussurrai.
Chiusi
loro la porta in faccia e trascinai Lizzie con me al piano di sopra.
Mi
infilai alla cieca i primi indumenti che trovai, tanto che notai a
malapena che
Lizzie aveva afferrato il suo cellulare per leggere un messaggio.
infine,
mi sedetti sul letto, abbracciando Lizzie, che nel frattempo, era
ammutolita.
-
Quelli
che hai visto di sotto sono i miei “fratelli”,non
so cosa vogliano, ma li devo
aiutare. Spero di tornare presto, ricordati che devi dirmi quella cosa…- le sussurrai,
liquidando le presentazioni al termine “fratelli”;
di certo non potevo spiegarle la faccenda dei vampiri e dei licantropi.
-
Ah
sì? Quelli sono i tuoi fratelli?
Non noto
somiglianze…ah ma forse sono quelli di cui mi hai parlato,
dicendo che li consideri come
fratelli…sono davvero
delle strane persone…- notai che si asciugò di
sfuggita gli occhi. Stava piangendo.
– mi chiedo come abbiano fatto a trovare questa
casa…e che diritto abbiano di
arrivare qui e chiamarmi “pervertita”…-
ormai aveva la voce rotta, ma gli occhi…non
li avevo mai visti ardere di così vivide fiamme.
-
Gliela
farò pagare, non preoccuparti, poi tornerò qui,
solo per te, amore mio…- le
dissi. Leah era stata davvero indelicata.
-
E
perché dovresti? D’altro canto sono i tuoi fratelli…
anzi, ti dirò di più, nonostante le parole della
tua amica siano state
assolutamente scortesi, non ha tutti i torti. La nostra relazione
è contro natura
,Jacob…non possiamo più
stare insieme. Era questo che stavo cercando di dirti prima: non sono
la
persona giusta per te. Ed ora per favore, vattene.-
Si
era alzata in piedi e mi fissava da una specie di “distanza
di sicurezza.
-
Cosa…come…non
capisco Lizzie, ma di che parli?- le chiesi, perso.
-
Non
ti voglio più, Jacob. Devi andartene.- le poche, semplici
parole che le
uscirono dalla bocca furono come una doccia gelida per me, una
pugnalata in
pieno cuore.
-
Ma
Lizzie, io…io ti…- cercai di dire.
-
Ah!
Cosa? Tu mi ami? Possibile che a
voi
maschi basti una scopata e subito pensate di amare la persona con cui
l’avete
fatto?- le sue frasi ora erano intrise di cattiveria. Mi spaventarono.
Mi
precipitai al piano di sotto seguito da Lizzie; riuscivo a sentire i
suoi passi
ma non mi sentivo in grado di guardarla.
Nel
momento in cui la porta sbatté con forza alle mie spalle, e
mi ritrovai in
piena foresta con Leah ed Edward, ebbi la sensazione che in quella casa
fosse
rimasta una parte di me, e non sarei più stato in grado di
sentirmi completo.
ANGOLO
AUTRICE
Di
nuovo ciao a tutti! Spero che il capitolo vi piaccia, anche se ho
dovuto alzare
un po’ il rating a causa del linguaggio presente nel
capitolo. Ditemi se ho
fatto bene. A proposito, secondo voi, perché, se prima si
amavano alla follia
Jacob è stato cacciato così bruscamente da Lizzie?
Un
bacio
Marty23
|
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Capitolo 9 *** 7. la ragazza che tornò dal Regno dei Morti ***
7.
la ragazza che tornò dal
Regno dei Morti
Mi
trasformai immediatamente
in lupo e presi a correre senza curarmi di essere seguito da Leah ed
Ewdard.
Ogni
mio senso, sotto forma
di lupo, era amplificato: riuscivo a vedere ogni singola goccia di
pioggia cadere
sulle foglie verdi degli alberi, sentire anche il più
lontano richiamo degli
animali della foresta, ma anche il dolore che provavo era forte.
Potente come
un uragano, sembrava troppo grande per essere contenuto dal mio piccolo
cuore.
Continuavo
a correre,
rispondendo con rabbiosi brontolii alle incessanti domande mentali che
Leah mi
porgeva, su chi fosse Lizzie, o su quanto sapesse su di noi; non le era
bastato
che le sue domande avessero fatto scattare in Lizzie una reazione tale
da
chiedermi di andarmene? Doveva anche continuare a rompere?
-
Leah, per
favore…- la richiamò Edward,
l’espressione inflessibile in quei suoi occhi
castano dorati quando nei pressi di casa Cullen tornai umano.
Sollevai
gli occhi
stancamente, non mi ero neppure accorto che, a causa della grande
distanza che
avevamo coperto, era ormai scesa la notte.
-
Lasciami stare
succhiasangue, lui è il mio capo branco, non sei tu a
dovermi richiamare
all’ordine…allora Jacob, si può sapere
chi era…?- non la lasciai terminare, mi
voltai verso di lei, ringhiando:
-
Hai ragione Leah,
non è Edward a doverti richiamare all’ordine, ma io! Perciò, ti ordino di farla
finita con le domande su Lizzie!-
senza volerlo, mentre cercavo di distinguere dei particolari, al buio,
a causa
della rabbia, avevo utilizzato il tono da alfa; e subito la ragazza
lupo,
abbassò le orecchie, ammutolendosi.
-
E tu, lurido
succhiasangue, si può sapere cosa diavolo vuoi?!- lo
aggredii, senza pensare.
-
Guarda…- mi
invitò il vampiro, con i suoi soliti modi gentili che mi
irritarono.
Voltai
lo sguardo in
quell’istante e scorsi a malapena, accanto a Seth, una chioma
corvina che mi
venne immediatamente incontro.
Prima
che avessi il tempo di
reagire in qualsiasi modo, una roccia, gelida come il polo, mi si
depositò tra
le braccia; stringendomi.
Il
puzzo di vampiro mi riempì
le narici, e stavo per respingerla, quando…
-
Jacob! Jacob,
sono così felice di vederti! Ma dove sei stato tutto questo
tempo?- abbassai
gli occhi, e dietro la pelle bianco perla, dietro la chioma corvina e
gli occhi
rossi tipici dei vampiri neonati, la voce era leggermente diversa,
somigliava
ad un’eco di campane, ma la riconobbi ugualmente…
-
Bella?! Bella! Ti
credevo morta! Oddio, che bello vederti!- la strinsi tra le braccia,
sollevandola da terra.
Per
un attimo quell’incontro
mi aveva di nuovo liberato la mente: Bella era di nuovo accanto a me!
certo, il
parto l’aveva quasi uccisa, e per questo il dottor Cullen era
dovuto ricorrere
alla trasformazione, ed era diversa dalla ragazza impacciata che
ricordavo,
ma…non ero mai stato tanto felice di vederla!
-
ah grazie!- fece,
con fare scherzoso,- possibile che pensi sempre al peggio?- mi
rimproverò
rinnovando la stretta al mio petto, in un violento abbraccio.
-
Ehm…Bella, scusa
se te lo dico, ma dovremmo
staccarci…insomma…puzzi veramente
troppo…- le feci
notare, ora che l’odore nauseabondo delle succhiasangue mi
aveva riempito le
narici, rischiando di farmi soffocare.
-
Bhè…si
può dire
lo stesso di te, cuccioliolotto…- replicò lei,
ridendo mentre ci separavamo.
-
Devo farti vedere
una cosa! Vieni!- mi invitò, con la voce piena di entusiasmo.
Mi
strinse la mano, con forza
bruta e mi trascinò dentro casa.
-
ahi! Bella!- mi
lamentai, sentendo le ossa della mano rotte.
-
Lo so, scusa!
Devo imparare a calibrare la mia nuova forza!-
Davanti
la porta incrociai di
nuovo Seth, fui sorpreso del balzo che fece per stringermi in un
abbraccio.
-
bentornato,
capo!- disse, felice. Non c’erano dubbi, era davvero un
cuccioletto.
-
Ehi pivello, come
stai?- fu tutto ciò che riuscii a dirgli, mentre gli
scompigliavo i capelli,
con un sorriso tirato, perché il pensiero di Lizzie mi
tornò subito in mente.
Nell’immenso
salone di casa
Cullen, era riunita l’intera famiglia.
Non
fui sorpreso dalla fredda
battuta d’accoglienza che ricevetti dalla biondina
mozzafiato, ma piuttosto
dell’abbraccio caloroso (per quanto caloroso possa essere
l’abbraccio di un
vampiro dalla pelle gelida) da parte dell’elfo dai capelli
sbarazzini, Alice, e
dell’amichevole pugno sulla spalla da parte di
quell’orso grosso come un
armadio di Emmet.
-
bentornato,
Jacob. Siediti, per favore; vuoi qualcosa da mangiare? – mi
chiese la chioccia
vampira, Esme, facendomi segno di prendere posto in uno dei divani che
stavano
lì.
-
No, grazie…-
-
Ah! Jacob, guarda
chi ti presento?- Bella irruppe di nuovo nella stanza, con quel piccolo
demonietto di sua figlia tra le braccia.
Però,
era cresciuta: era più
alta e i capelli le si erano allungati; morbidi boccoli ramati le
accarezzavano
le spalle.
-
mi sa che già ci
conosciamo, Renesmee…- feci, con voce flebile.
Perché
me ne stavo lì, a
riallacciare legami con i morti, quando dovevo cercare di capire il
motivo
della reazione di Lizzie?
Ma
prima che potessi
replicare, Bella, sorridendo, me la depositò tra le braccia.
La
piccola mezzavampira con
la carnagione color crema e gli stessi occhi color cioccolato, che un
tempo
erano stati di Bella; mi fissò per un secondo e poi si
avventò sulla mia mano
con quei dentini aguzzi.
-
ne hai tutte le
ragioni, piccola. Sono stato proprio un bastardo.- le dissi, mentre mi
guardavo
le ferite che si richiudevano rapidamente. Fortuna che non era velenosa!
Bella
ed Edward, erano
scattati per togliermela dalle mani, ed ora, vicini, mi fissavano
sconcertati.
-
che cos’hai
Jacob? Non ti ho mai visto così triste…-
mi fece notare Bella.
Perfetto!
La mia sofferenza
era diventato anche qualcosa di visibile ad occhi esterni! Poi? Che
altro?
Qualche altra malignità in arrivo da parte del mio destino
che si stava
prendendo gioco di me?
-
eh? Come? Nooo!
Non ho niente tranquilla.- la rassicurai, ma vidi Jasper, con la coda
dell’occhio fare una smorfia. Cavolo! Avevo dimenticato che
il vampiro biondo
poteva sentire le emozioni altrui.
Bella
mi abbracciò di nuovo,
dopo aver lasciato Renesmee tra le braccia di Rosalie.
-
e così tu sei la
ragazza che tornò dal Regno dei Morti! Dai, raccontami la
tua storia!- la
sollecitai, sorridendo a fatica.
La
mia amica si sedette
accanto al marito, ed iniziò a raccontare tutto nei minimi
particolari…
La
sua voce melodiosa mi
cullò e mi ritrovai ben presto appoggiato contro una
finestra, a pensare a
Lizzie. Ancora adesso non riesco a dimenticare le fiamme che avevano
animato i
suoi occhi quando mi aveva cacciato via.
Non
so per quanto tempo
ciondolai tra le mie riflessioni, e non so neppure come fece ad
accorgersene,
ma d’un tratto la voce di Bella mi richiamò:
-
Jacob…Jacob? Ma
mi stai ascoltando?-
-
Eh?
Sì…sì, sì!
Hai detto qualcosa che riguardava un certo Nessie, ma ti posso chiedere
una
cosa…? Che c’entra il mostro di Loch ness in tutto
questo?- buttai là, colto di
sorpresa.
Bella
scattò in piedi, e si
irrigidì, sicuramente pronta ad attaccarmi…
-
Nessie, è il
soprannome che è stato dato a mia figlia!- mi
rimproverò tra le risate
generali.
-
Comunque, ti
stavo dicendo che Irina, una delle cugine di Edward, vedendo da lontano
Nessie, l’ha denunciata ai
Volturi,
credendo che fosse stata violata qualche legge… abbiamo
deciso di chiamare
tutti i vampiri che conoscevamo, per dimostrare loro che Nessie non
è una dei
bambini immortali; presto verranno e si faranno testimoni, davanti ai
Volturi
della nostra innocenza…abbiamo anche chiesto protezione al
branco di Sam e
loro, grazie a Leah e a Seth hanno acconsentito…-
-
Perché vi serve
protezione, se siete innocenti? Insomma, voglio dire, il cuore di
Nessie,
batte.- intervenni; per quanto mi sforzassi non riuscivo a capire.
-
Perché, i Volturi
sono famosi per la loro intransigenza. Temiamo che
quest’accusa, infondata
tra l’altro, sia per loro una
scusa servita su un piatto d’argento per dividerci e,
uccidere una parte di
noi, e per costringere gli altri ad unirsi al clan.- mi
spiegò Edward,
digrignava i denti spesso, parlando; evidentemente si era finalmente
reso conto
che quei vampiri erano degli ipocriti.
-
E allora a che vi
servo io?- domandai, con la voce quasi incrinata dalle lacrime. Era
incredibile
che per delle congetture, per qualcosa che ancora doveva avvenire, mi
avessero
strappato dal mio angolo di felicità.
-
Abbiamo ottenuto
il favore di Sam, come ti dicevo, ma ora ho bisogno di sapere se anche
tu e il
tuo branco sarete con noi.- soggiunse Bella, riprendendo la storia che
le avevo
interrotto più di una volta.
-
Fate come
volete…- sospirai.
-
Jacob! Per la
miseria, si può sapere che hai?! Sembri come spento…e
quegli abiti non sono i tuoi!- Bella questa volta alzò la
voce con rabbia, Seth si irrigidì, ed Edward
cercò di trattenere la moglie
tenendola per una spalla.
-
Vuoi sapere che cos’ho?
Ho avuto l’imprinting ieri, e la
ragazza in questione, prima mi si porta al letto, dicendo che mi ama,
ma poi,
improvvisamente, questa mattina, vedendo tuo marito e la lupacchiotta
là in
fondo- feci indicando Leah con il pollice- mi chiede di andarmene
perché la
nostra relazione è contro
natura…-
La
rabbia che mi aveva scosso
in violenti tremiti, scemò di colpo, lasciandomi vuoto,
stanco, distrutto.
Quando
trovai il coraggio e
la calma necessarie per alzare lo sguardo, li trovai tutti
lì, vampiri e
licantropi, a fissarmi muti come tombe.
-
mi dispiace
Jacob…c’è qualcosa che posso fare?- mi
chiese Bella, con un’espressione
addolorata che mi spezzò il cuore ancora di più.
Immaginai che se avesse
potuto, avrebbe pianto.
-
No, niente,
perciò…volevi la conferma che quando verranno i
Volturi sarò al tuo fianco? Ora
ce l’hai; ovviamente se anche Leah e Seth sono
d’accordo.- mi voltai verso di
loro: Seth, alzò un pollice, sorridendo con fare
affermativo, Leah si limitò ad
annuire; nei suoi occhi vidi un velo di rammarico per le parole che
aveva
rivolto a Lizzie, e per la sofferenza che stavo patendo - Spero solo
che
vengano in fretta e che mi si mangino, almeno smetto di soffrire.-
replicai,
tristemente.
-
Mangiare…non ti
mangeranno, Caius odia i licantropi; sicuramente se si
arriverà ad uno scontro
ti ucciderà lui stesso tra le più atroci
sofferenze.- riflettè la vampira
bionda.
Edward
le ringhiò contro,
mentre Bella mi gettò di nuovo le braccia al collo, cercando
di confortarmi.
Non era cambiata affatto, nonostante il cambiamento di natura; era
sempre
pronta ad aiutare il prossimo.
*
Quella
notte stessa, su suggerimento di Edward, Bella uscì con lui
a caccia per
nutrirsi. Nonostante le occhiaie scure sotto i suoi occhi si stessero
facendo
sempre più profonde, attese che mangiassi tutta la bistecca
che aveva chiesto
ad Esme di preparare per me.
La
Barbie bionda della famiglia Cullen si offrì di darmi un
piatto per metterci la
mia cena: ritirò fuori la padella che aveva piegato qualche
tempo prima,
facendola somigliare ad una ciotola sul quale stava scritto, con la sua
bella
calligrafia: “fido”. Non potei fare a meno di
ridere con amarezza.
Edward
e Bella correvano accanto a me, nella foresta; la mia amica affondava
costantemente
una delle sue mani gelide nella mia pelliccia; era piacevole correre
col
silenzio della notte come complice.
Sotto
forma di lupo potei vedere come al rallentatore i balzi lesti che i due
vampiri
facevano di tanto in tanto, per agguantare le prede; Bella sembrava a
disagio
che ci fossi io come spettatore al suo pasto, ma forse la infastidiva
che
arricciassi eccessivamente il naso all’intenso odore di
sangue che sgorgava
dalle carcasse o che di volta in volta le macchiava la bocca.
-
parlami di lei,
Jacob. Ti va?- mi chiese, dopo un po’ mettendosi a sedere su
un grosso masso
che sporgeva dal terreno, e raccogliendo le gambe al petto.
-
Che vuoi che ti
dica? Lizzie è il mio mondo, Bella. L’amo. Mi
sembra impossibile che mi abbia
detto quelle cose. Quando ha parlato di “relazione contro
natura” ho temuto che
sapesse che sono un licantropo…- sussurrai, mentre
riprendevo le mie forme
umane, e stanco mi accasciavo sul terreno umido; ero sicuro che
comunque lei,
grazie al suo nuovo udito mi avrebbe sentito.
-
Non sa nulla, sta’
tranquillo. Di questo sono certo, l’unica cosa che non so
spiegarmi è perché ti
abbia cacciato con tanta veemenza; l’ultima cosa che ha
pensato è stata: “ci
sono problemi al lavoro, non posso mettere in mezzo anche Jacob,
sarebbe in
pericolo”.- mi disse Edward, mentre si ripuliva il mento da
una goccia di
sangue.
-
Come lo sai?- gli
chiesi, senza fiato; il cuore che mi faceva male.
Edward
mi rivolse un’unica occhiata, particolarmente eloquente.
Avevo
dimenticato che era “il lettore di menti” di casa
Cullen! Alle sue parole, balzai
in piedi, spinto da una nuova energia.
-
ci crederesti se
ti dicessi che ti si sono illuminati gli occhi, Jake?- Bella mi
sorrise,
scompigliandomi i capelli con una mano.
-
Lo sai che
significa, questo? Che mi ama! E
che
mi ha allontanato solo perché pensa che potrebbe mettermi in
pericolo! Oddio,
la amo! La adoro! Glielo devo assolutamente dire! Ragazzi scusatemi se
vi
lascio, portate ma
devo parlare subito
con Lizzie!- mi ritrovai ad urlare ed a parlare in maniera frenetica,
quella
rivelazione aveva fatto esplodere in me una miriade di pensieri, ed ora
così
tante riflessioni mi affollavano la testa, che non riuscivo a mettere
in ordine
una frase di senso compiuto.
Avvolsi
sia Bella che Edward in una stretta vigorosa, e prima che potessero
aggiungere
altro, oltre quel “corri da lei, e buona fortuna!”
mutai in lupo, e la
pelliccia mi riparò da una folata di aria gelida.
-
qualche volta ce
la farai conoscere?- mi chiese Bella, affidando le parole al vento.
Mi
voltai un’ultima volta verso di loro, giusto il tempo di
strizzare l’occhio in
segno d’intesa e vedere i primi raggi del sole che
timidamente spuntavano,
facendo risplendere entrambi di un chiarore iridescente.
NOTE
AUTRICE
Ciao
a tutti! Prima di tutto vi vorrei ringraziare per le recensioni che
avete
lasciato, mi fa piacere che la storia vi piaccia; spero che sia lo
stesso con
questo nuovo capitolo!
A proposito
mi dispiace se il capitolo può risultare un po’
frettoloso, e poco
approfondito, ma credo di essermi lasciata prendere un po’
dall’emozione, visto
che ieri sera mi è magicamente venuta in mente la fine della
storia.
Fatemi
sapere comunque che ne pensate
Un
baciotto
Marty23
|
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Capitolo 10 *** 8. in pericolo PARTE 1 ***
8.
in pericolo
parte
1
il
cuore mi batteva a mille, mentre correvo nella foresta, in direzione di
New
Port. Lo sentivo così grande, così ricolmo di
gioia da riempirmi persino la
gola.
La
certezza che Lizzie mi amasse, che mi avesse allontanato per non
mettermi in
pericolo (chissà da cosa poi, visto che, nonostante non
glielo avessi detto, mi
ero ripromesso che sarei stato io a
proteggere lei), mi fece sentire
forte come una montagna, veloce come…bhè come un
licantropo e di nuovo felice.
Mi
godevo con l’allegria di un bambino ogni singola falcata che
mi avvicinasse
alla città, i colori della foresta e i suoi suoni, che
sembravano essere
tornati di nuovo limpidi, vivaci, vivi.
E,
quando finalmente potei distinguere in lontananza
l’abitazione di Lizzie, il
tetto spiovente, le vetrate rivolte sempre verso il sole; mi sentii
come se
stessi tornando a casa.
Ripresi
le mie forme umane nascondendomi dietro un albero lì vicino,
ed indossai gli
abiti che mi ero portato dietro, tenendoli in bocca.
Mi
avvicinai di soppiatto, nell’aria c’era qualcosa
che non andava: certo, quel
luogo era intriso del suo dolce odore di fiori, ma era un profumo in un
certo
senso affievolito…
Mi
tormentai, domandandomi se fosse andata via da molto.
Poi,
passando accanto all’albero i cui rami spesso si
intrufolavano nella camera di
Lizzie, dalla finestra; notai con sollievo che era aperta, e decisi che
sarei
entrato.
Facendo
leva sulle gambe e posando le braccia su alcune sporgenze del tronco,
mi mossi
agile come un giunco nonostante la mia stazza ed in breve mi ritrovai a
toccare
il pavimento della stanza di Lizzie.
Le
lenzuola del letto erano tanto in disordine da allarmarmi, e, uno
strano
ticchettio che non avevo mai sentito prima, dal momento che in camera
di Lizzie
non c’erano orologi, mi dava tremendamente fastidio
all’udito.
-
Lizzie? Lizzie
dove sei? Ti prego, devo parlarti!- la chiamai, aggirandomi per tutto
il piano
superore; di lei però, neppure l’ombra, ed ogni
cosa sembrava essere rimasta
esattamente come l’avevo lasciata quando ero andato via.
Quello
strano ticchettio, inoltre, continuava, rischiando di farmi impazzire.
Quando
feci per scendere per le scale, fui interrotto da un gran fragore: a
giudicare
dalla frequenza e dalla forza dei passi, in casa doveva esserci
più di una
persona.
A
metà scala, mi trovai davanti Esther e Danielle, leggermente
più alte rispetto
alla foto che avevo visto, ma in un certo senso sempre le stesse; le
espressioni erano spaesate ma piene di rabbia, e mi stavano davanti,
minacciandomi con delle
piccole pistole
nere puntate addosso.
-
ehi…voi dovete essere Esther e Danielle, piacere di
conoscervi. Sapete dove
posso trovare Lizzie? Le devo parlare subito.- feci, leggermente a
disagio per
quell’accoglienza strana.
Va
bene che erano della polizia, e che magari erano lì mentre
Lizzie era assente,
per impedire che la casa della loro amica venisse svaligiata dai ladri,
ma
erano un tantino eccessive.
-
chi diavolo sei? Cosa vuoi da lei? Come sai i nostri nomi?- i pochi
boccoli
neri di Esther, che sfuggirono dalla crocchia rigida in cui erano
raccolti,
ondeggiarono mentre lei avanzava verso di me, decisa.
Sentii
la fredda canna della pistola pericolosamente vicina alla gola.
-
calmatevi, sono
qui solo per parlare con Lizzie: è davvero urgente.- dissi,
con tono pacato,
sollevando le mani visto che loro non accennavano ad abbassare le armi.
-
Che cosa vuoi da
lei?- scandì Danielle, scuotendo la bruna coda in cui aveva
raccolto i capelli.
-
Sono stato da lei
tutta la settimana scorsa, mi ha parlato di voi, del suo lavoro in
polizia
e…bhè stavamo insieme. Ma oggi mi ha mandato via,
a causa di un malinteso, è
per questo che le devo parlare, voglio chiarire ogni cosa.- pensavo che
la voce
mi sarebbe uscita dalle labbra in maniera flebile, specchio della
vergogna che
provavo a parlare dei miei affari più intimi, invece la voce
mi uscì chiara e
fiera.
Danielle
fissò l’amica che le stava accanto con occhi
sbalorditi, forse perché Lizzie
non aveva mai parlato loro di me ma tra le due balenò anche
uno sguardo
complice; che non seppi spiegarmi, e rimasi teso, all’oscuro
da quel significato
per un attimo interminabile, finchè le due non abbassarono
le pistole.
-
scusaci per la
nostra reazione. Lizzie non è qui comunque, e noi ci stiamo
occupando di
controllare la sua casa.- mi spiegò Danielle, mentre mi
stringeva la mano.
-
Che care siete,-
feci, sorridendo falsamente, per schernirle. Detestavo ammetterlo ma il
loro
modo di fare mi aveva davvero spaventato - avete controllato la sua
stanza
piuttosto? Sento uno stranissimo ticchettio…- chiesi loro.
Prima
che una delle due potesse fare o dire qualsiasi cosa, il telefono nella
tasca
di Esther prese a squillare allegramente.
La
donna, rispose prontamente mentre Danielle mi stringeva la mano,
presentandosi
e mi invitava a scendere al piano di sotto.
Cercando
di essere gentile, rivolsi comunque le orecchie alla conversazione che
Esther
stava tenendo al cellulare; era molto strano che a quell’ora
del mattino in
casa non ci fosse Lizzie, e invece ci fossero due delle sue migliori
amiche.
-
ah, ciao Michael!
Sono così contenta di sapere che stai bene. Anche a me
risulta impossibile che
Julian ci abbia traditi. Sì, ha ucciso il padre di Lizzie;
sì, lei lo sa è per
questo che è partita…- stava dicendo, al Michael
che avevo visto nella foto.
Mi
irrigidii, sentendo quelle parole.
Danielle,
agitata cercava di attirare l’attenzione di Esther per
intimarle di stare
zitta.
Che
cosa dovevano nascondere?
Era
un problema per loro parlare davanti a me?
Lizzie
era anche affar mio ora, e dopo quel poco che avevo saputo, giurai a me
stesso
che Julian l’avrebbe pagata per ciò che aveva
causato a Lizzie.
Presi
a girovagare per casa, controllando in ogni più piccolo
angolo, con un brutto
presentimento addosso.
Danielle
cercava di tenere il mio passo e di impedire che facessi qualsiasi
cosa: quelle
due nascondevano sicuramente qualcosa ed immaginai che non appena
Esther avesse
terminato la comunicazione, io e quelle due avremmo fatto una
lunghissima
chiacchierata.
Incurante
di quella ventenne di colore, abbastanza piccola di statura per
l’età che
aveva, presi a ragionare ad alta voce, mentre prestavo sempre un
orecchio alle
parole di Esther e un altro a quel ticchettio che mi stava facendo
impazzire.
Poi,
d’un tratto la trovai…
Rimasi
senza fiato, così come la piccola Danielle che seguiva i
miei movimenti.
-
o mio dio…è
una bomba…-
riuscì solo a dire.
A
giudicare dallo schermo con i numeri colorati, ci rimaneva davvero poco
tempo.
Riuscii
a recuperare in poche falcate Danielle, che dopo aver visto la bomba
sotto il
letto di Lizzie, era corsa ad avvisare Esther; e mi caricai la moretta
sulle
spalle, senza preoccuparmi del fatto che fosse ancora al telefono.
Mi
precipitai giù per le scale, e immediatamente fuori di casa,
mentre la donna si
dimenava come un anguilla, sbraitando e urlandomi contro come una matta.
Di
colpo, senza preavviso, vi fu un boato folle e l’onda
d’urto dovuta all’esplosione
ci scaraventò tutti sul prato.
Ero
senza fiato, però mi accasciai tra i fili d’erba
solo dopo essermi assicurato
che Danielle ed Esther fossero salve.
-
Michael, sei
ancora lì? Julian ha messo una bomba in casa di Elizabeth.
Puoi contattare il
tuo amico pilota e chiedergli se porta sia me che Danielle in Alaska?
Temo che
Lizzie sia in pericolo.- disse solo, riportandosi, con la freddezza
dovuta allo
shoc il cellulare all’orecchio.
-
Senti, non starò
qui ad assillarti con inutili domande, tipo che cavolo ci faceva una
bomba in
casa di Lizzie? Ma voglio venire con voi, e non osare dirmi di no,
perché se
non fosse stato per me, moretta, ora non avresti più la
pelle attaccata alle
ossa! Se Lizzie è in pericolo devo venire con voi per
salvarla, e devo farla
pagare a Julian per ciò che le ha fatto.- dissi, tutto
d’un fiato, fissando con
veemenza Esther negli occhi ed usando inconsapevolmente il tono da alfa.
Mi
sarei aspettato che lei replicasse, ma forse in parte per merito del
mio tono
particolare, forse anche grazie alle occhiate di convinzione che le
lanciava Danielle
da dietro la mia spalla, bisbigliandole che dovevano fidarsi di me
poiché avevo
salvato loro la vita; lei non osò replicare,
annuì soltanto e, mentre ci
alzavamo riuscii a malapena a sentire il timido grazie da parte di
Danielle.
ANGOLO
AUTRICE
Altro
capitolo! Spero vi piaccia, anche per questo vi porgo le mie scuse se
dovesse
risultare frettoloso e poco chiaro...
Un
baciotto
Marty23
|
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Capitolo 11 *** 8. in pericolo PARTE 2 ***
8.
in pericolo
parte 2
I
pensieri nella mia testa
erano tanti, e vorticavano tanto velocemente da farmi male.
Ero
come cieco, sordo e muto.
Davanti
ai miei occhi potevo
solo vedere il volto serio di Lizzie, distrutto dal dolore per la
perdita del
padre; potevo vederne poi, bei lineamenti cambiare, trasfigurati
dall’odio più
puro nel momento stesso in cui era venuta a sapere che Julian era
colpevole di
quel gesto.
Potevo
sentire le sue urla di
rabbia; la sua furia mentre si scagliava contro Julian tra i paesaggi
sconfinati dell’Alaska.
Non
osavo però immaginare a
come avrebbe reagito se avesse saputo anche che la sua casa era stata
distrutta
da quel bastardo.
E
temevo, nel più profondo
del mio cuore, che le fosse capitato qualcosa…
D’altro
canto, nonostante la
sua ira la rendesse forte, era sola, e Julian…bhè
a quanto avevo capito in
Alaska, quello doveva avere una
sorta
di…casa…o laboratorio e di conseguenza anche dei
collaboratori e perciò Lizzie
si trovava in svantaggio numerico.
Lizzie
era sola, in quell’impresa,
nonostante io Danielle ed Esther, ci stessimo dirigendo da lei, in quel
momento
poteva contare solo su se stessa.
Il
tentativo di Julian era
stato chiaro: annullarla, spazzarla letteralmente via dalla faccia
della terra;
le aveva ucciso il padre, le aveva fatto esplodere la casa; le stava
distruggendo il passato.
Giurai
a me stesso che
l’avrebbe pagata.
Quando
l’aereo privato decollò,
la pressione mi fece male alle orecchie. Ero stato tanto assorbito dal
pensiero
della donna che amavo, da non notare nient’altro attorno a me.
Era
la prima volta che
volavo, e in quell’istante, distratto dalle mie riflessioni,
fui preso dal
panico.
Lasciai
correre, teso, lo
sguardo da Esther, seduta a quattro file di distanza da me, a Danielle,
che mi
sorrideva, cercando di far diminuire il mio disagio, che evidentemente
era
visibile anche ad occhi altrui. Quella ragazza di colore, doveva avermi
preso
in simpatia.
Dopo
qualche minuto, mentre
cercavo di concentrarmi sui miei stessi pensieri, e su Lizzie, per
scacciare il
nervosismo che mi pervadeva; Danielle prese posto sul sedile di fronte
a me,
nonostante un’infiammata occhiata di disapprovazione da parte
di Esther.
-
deve davvero
detestarmi…- dissi, sforzandomi di sorridere.
-
Non t’è
sfuggito
il suo sguardo, vero?- mi chiese, distogliendo lo sguardo mentre si
mordeva un
labbro, a disagio.
Scossi
la testa.
-
scusala, anche se
non sembra, ti è grata per averci salvato la vita.
È solo riservata perché è
preoccupata per Lizzie…- mi spiegò, gentilmente.
-
Anche io lo sono,
credimi. Se dovesse succederle qualcosa…non me lo
perdonerei. Ma mi sono
ripromesso che Julian pagherà sicuramente per ciò
che ha fatto.- per la prima
volta il sudore dell’ansia scomparve e mi sentii freddo,
lucido, traboccante di
rabbia.
-
Sembri molto
determinato. Devi tenere molto a lei; posso chiederti come
l’hai conosciuta?-
stavolta colsi nella sua voce, finta cortesia, e piuttosto venne fuori
la
deformazione personale da poliziotta di quella ragazza, con
l’inclinazione
all’investigazione.
-
Credevo di aver
perso da poco una persona cui tengo molto, il dolore mi stava
distruggendo, ma
lei mi ha salvato: adesso è il mio mondo. Ma a causa di quel
malinteso di cui
vi ho accennato, ci siamo divisi; però, tengo troppo a lei,
e qualsiasi sarà la
sua reazione, io devo dirglielo.-
troppo preso da quel discorso, non avevo notato che Esther era
scomparsa oltre
la cabina di pilotaggio, per rispondere ad una chiamata del pilota, e
che ora
era tornata.
Era
appoggiata allo schienale
del sedile di Danielle, e mi fissava, fredda.
-
le tue parole
sono bellissime…ma…Jacob, dubito che tu conosca
Lizzie nel profondo…-
attaccò.
-
Che vuoi dire…?-
replicai, duro, sostenendo il suo sguardo.- piuttosto,
perché Julian ha agito
così contro di lei? E dove stiamo andando, ora?- chiesi.
-
Julian è un
pazzo…tutti noi lo credevamo un amico, penso che abbia agito
così per
vendicarsi del fatto che Lizzie ha rotto con lui…-
sussurrò Esther, abbassando
gli occhi, tristemente.
-
No, non credo.
Lizzie ha lasciato Julian troppo tempo fa, ed inoltre, un sabato mentre
io e
Lizzie stavamo facendo compre, lo abbiamo incontrato nel negozio. Ti
assicuro
che quella volta il suo intento era solo ed esclusivamente mirato alla
pubblica
umiliazione di Lizzie…- raccontai, mentre i ricordi di quel
sabato mi tornavano
vividi alla mente.
Danielle
ed Esther si
scambiarono un’occhiata criptica.
-
perché stiamo
andando proprio in Alaska? Lizzie
vi
ha forse parlato di ciò che aveva intenzione di fare? Avete
almeno sue notizie
o l’avete lasciata completamente sola?- feci, mentre la
rabbia mi scuoteva le
membra.
Danielle
si frappose
prontamente tra me ed Esther.
-
alcuni colleghi
dicono che hanno visto Lizzie, tramite un satellite, entrare in una
grotta nei
pressi della periferia di Valdez…- riferì,
più all’amica che a me.
-
Ma che razza di
persone siete? Lasciate che Lizzie vada da sola nella tana di un
assassino che
ha provato a farla fuori, e la controllate con un satellite? Cosa vi fa
pensare
che Julian sia proprio lì? Non potrebbe essere una
trappola?- sbraitai,
accecato dalla collera.
-
Non stare a
giudicare noi; piuttosto prometti che non ci creerai problemi, e ti
impegnerai
al massimo per salvare Lizzie, allora, forse
potrai venire con noi.- soggiunse Esther, come lanciandomi
una sfida.
-
Non serve che vi
faccia questa promessa. Io amo
Lizzie.-
dissi, freddo.
Nessuna
delle due osò
replicare.
*
l’aereo
atterrò leggero sulla pista, e, nel momento in cui uscimmo
all’aperto, una
folata di vento gelido ci colpì.
Le
due ragazze rabbrividirono, ma io ne approfittai per ampliare i miei
sensi di
lupo, nella speranza di cogliere il suo
profumo…
Mentre
seguivo Danielle ed Esther verso una macchina lasciata sulla pista
appositamente per noi, continuavo la mia ricerca. Stavo per perdere le
speranze, quando…
-
andate avanti
voi, io vi raggiungo. Ci rivediamo qui!- urlai, gettando loro
un’occhiata
veloce per avvisarle.
Spiccai
un balzo e corsi tra le fronde della foresta, che sembrava addirittura
voler
ingoiare il limitare della pista d’atterraggio; mentre
ringraziavo per la
presenza di quegli alberi ombrosi, che mi davano la
possibilità di
trasformarmi.
Mentre
sentivo la pelliccia comparirmi sulla schiena e sul dorso, provai ad
immaginare
l’espressione rassegnata di Esther, e quella perplessa di
Danielle, per la mia
improvvisa scomparsa.
Finalmente,
da lupo, lanciai un ululato e presi a correre follemente tra le selci
del
terreno. Se non fossi stato così annebbiato dal desiderio di
riavere quanto
prima Lizzie, accanto a me, avrei ammirato con maggiore trasporto il
verde
intensissimo di quegli alberi, che in parte già rischiava di
essere celato da
una coltre di neve bianca; oppure la piccola cascata che scrosciava
allegra versando
ogni secondo litri e litri di acqua cristallina e pura.
Di
tanto in tanto segnavo con le unghie la corteccia degli alberi, per
ricordarmi
dove fossi passato e nel frattempo seguivo l’odore di Lizzie,
che si faceva
sempre più intenso.
Solo
quando mi fermai davanti al luogo dove il suo odore era tanto forte da
darmi
quasi la nausea, mi resi conto che era una grotta.
Cercando
di fare il minimo rumore, entrai di soppiatto nel lungo ingresso dalle
pareti
gelate.
Il
terreno, man mano che avanzavo, si ricopriva sempre di più
di uno spesso strato
di ghiaccio…
La
paura mi pervase: se avessi rotto con il mio peso quello strato, sarei
stato
subito scoperto, e per Lizzie, oltre che per me, sarebbe stata la fine;
cercai
quindi di posare minor peso possibile sulle zampe, mentre iniziavo a
sentire la
voce della mia amata e di Julian.
Ciò
che trovai davanti ai miei occhi, mi fece ribollire il sangue nelle
vene:
Lizzie era con le spalle contro la parete rocciosa, completamente
disarmata,
coperta solo da uno spesso cappotto bianco che la faceva somigliare ad
un
grosso pasticcino ricoperto di panna. Lanciava accuse sibilanti, contro
Julian,
che era a parecchia distanza da lei, ma le puntava un’arma
contro.
Ringraziai
il cielo che quel bastardo fosse vicinissimo a me, e mi desse le spalle.
La
mia mente quindi, resa lucida dalla rabbia, lavorò veloce e
decisi
immediatamente cosa fare…
Da
quel momento, tutto accadde in una frazione di secondo: ringhiai,
pronto a
balzare addosso a Julian colpendolo alle spalle.
Il
ragazzo si girò lesto nella mia direzione, il viso una
maschera di terrore,
cominciando a sparare già mentre ruotava il busto.
Un
fracasso infernale regnò per un attimo interminabile in
quella grotta
silenziosa.
Gli
fui addosso prima che potesse colpirmi, ma alcune pallottole finirono
sull’opaca
e sottile lastra di ghiaccio che si trovava esattamente al centro della
grotta…
Lizzie,
approfittando della distrazione di Julian spiccò una corsa,
cercando di
allontanarsi il più possibile.
Un
proiettile le colpì il ventre e lei, perdendo
l’equilibrio, mise un piede in
fallo, sulla lastra di ghiaccio nel centro, già incrinata, e
sprofondò nel
vuoto, urlando, mentre la lastra si rompeva, sotto il suo peso.
Io,
allarmato dalle urla della ragazza, abbandonai la coscia di Julian, che
avevo
azzannato per sbranarla, e lasciai che se ne andasse, ormai disarmato e
pieno
di paura.
Mi
precipitai invece, a vedere come stava Lizzie, e con una
così intensa sorpresa
che mi raggelò il cuore, scoprii che
era caduta in una pozza profondissima di acqua gelata.
Era
scomparsa, inghiottita
dall’acqua…un’intensissima angoscia mi
avvolse il cuore
in una morsa d’acciaio. Ero pronto a tuffarmi per
riprenderla, ma d’un tratto,
scorsi un lembo del suo cappotto che riemergeva.
L’afferrai
tra i denti, mettendo tutte le mie forze nel tentativo di tirarla
fuori…
Si
abbandonò a terra, immobile, e solo allora corsi a vedere
come stava: il viso
era cereo, ed aveva le labbra livide…
Se
non le avessi tolto di dosso immediatamente quegli abiti fradici, non
si
sarebbe scaldata, e a causa del gelo ristagnante sulla sua pelle, il
cuore le
si sarebbe fermato.
Cercando
di essere il più delicato possibile, presi in bocca il suo
cappotto, ma lo
strappai, nel tentativo di sfilarglielo; la stessa sorte
toccò ai pantaloni che
erano tanto aderenti alle sue gambe, che per un attimo temetti che, per
toglierglieli, l’avrei ferita.
Lizzie
nel frattempo cercava di scacciarmi, dimenandosi; forse essere
spogliata da un
lupo non era ciò che desiderava, ma chissà,
magari se avesse saputo che ero io…
Fortunatamente
la ferita al ventre e il gelo che sentiva addosso gli impedirono di
fare dei
movimenti completi, e ben presto, quando rimase in completo intimo,
potei
gettarmi su di lei e far sì che si riscaldasse.
Per
lungo tempo, Lizzie non si mosse, ed io di conseguenza, non riuscivo a
fare
altro che guaire, preoccupato; poi, tutt’a un tratto, dopo
aver appurato che il
suo cuore fosse tornato a battere regolarmente, capii che
riuscì in qualche
modo ad affondare le mani nella mia pelliccia, e, subito dopo mi
alzò il muso,
in modo da potermi guardare negli occhi.
Incrociato
il mio sguardo, la sua espressione seria mutò, e si fece
dolcissima:
-
hai degli occhi
bellissimi, sai? Mi ricordano così tanto quelli di un mio
amico…- la sua voce
era lievemente roca, ma non aveva perso quel tono sognante che adoravo.
Le
leccai il viso, nella vana speranza che capisse, poi, mentre schifata
si puliva
con una mano, tornai balzellando felice come un bambino verso
l’entrata della
grotta, dove avevo visto che Julian aveva abbandonato il suo cappotto.
Lo
portai a Lizzie e, mentre si metteva faticosamente in piedi, premendosi
una
mano sulla ferita al ventre, strusciai affettuosamente la testa contro
la sua
gamba, invitandola ad indossarlo.
-
vuoi che…lo
indossi?- mi chiese, con la voce piegata dal dolore, mentre le facevo
dei
chiari segni.
Finì
di nuovo in ginocchio mentre si copriva con cappotto, ed io fui preso
dal
panico: quella piccola ferita stava facendo più danni del
previsto. Avrei dovuto
sbrigarmi se avessi voluto salvarla.
Quando
finalmente si fu coperta, mi avvicinai a Lizzie, premendo la mia fronte
contro
la sua…poi, mi acquattai a terra, facendole segno di salirmi
in groppa.
Fui
felice che eseguì senza fare domande per assicurarsi di aver
capito bene;
ringraziai anche per la mia stazza notevole, sotto forma di lupo, che
mi
permise di tenerla in groppa; ma mi allarmò che si
accasciasse poco dopo sulla
mia schiena, ripiegandosi su se stessa per il dolore della ferita al
ventre e
mi gettai in una corsa folle, sperando di arrivare nel minor tempo
possibile all’aereo.
*
-
ripetimelo un’altra volta, Jacob, ti prego: come hai trovato
Lizzie?- mi
interrogò Esther, scettica in merito al mio racconto.
-
ho raggiunto la grotta a piedi, ed ho trovato Lizzie, completamente
bagnata,
mentre un gigantesco lupo la teneva al caldo. E senza che mi fai altre
domande
ti rispondo subito: era bagnata perché in seguito ad una
colluttazione con
Julian, è caduta in una sorta di pozza ricoperta di
ghiaccio, che si trovava
nella grotta; ed io dopo aver cacciato il lupo mi sono limitato a
riportarla
qui.- ripetei, per la centesima volta ad Esther che, dopo aver curato
la ferita
di Lizzie, aveva chiesto a Danielle di vestirla, sconcertata dal fatto
che
fosse in intimo.
Ora,
Lizzie era stata sedata e dormiva beatamente, abbandonata su uno dei
comodi
sedili dell’aereo, ed io, mi ostinavo a non perderla mai
d’occhio.
Esther
e Danielle, mi fissavano perplesse, incapaci di spiegarsi come avessi
potuto
trovare Lizzie, e potarla in salvo in così breve tempo,
poiché mi ero rifiutato
di andare in macchina con loro.
L’aereo
decollò: mi rilassai, nonostante le orecchie mi facessero di
nuovo male, perché
stavamo tornando a casa e la minaccia rappresentata da Julian ormai non
contava
più nulla.
-
stiamo tornando a
casa, non è vero?- chiesi, distrattamente, grattandomi il
mento.
Le
due ragazze annuirono.
-
stavo pensando…visto
che la casa di Lizzie è andata distrutta, posso portarla con
me?- domandai,
cercando di sembrare educato.
Danielle
si irrigidì, ma non disse nulla, Esther invece,
scattò in piedi, con i nervi a
fior di pelle.
-
lascia che ti
dica, Jacob, che non credo a una sola
parola di ciò che hai detto; per quanto mi
riguarda, visto che hai
riportato Lizzie in intimo e in parte priva di sensi, potresti averle
usato
violenza…- fece, gelida.
-
Esther, prima di
tutto lascia che ti dica che io amo Lizzie, e non oserei mai farle del
male. Inoltre,
non sappiamo che fine abbia fatto Julian, potrebbe essere ancora vivo;
ti ho
detto, prima, che l’ho visto correre fuori dalla grotta con
una gamba
insanguinata; perciò per quanto ne so io potrebbe tornare a
cercarla. Sinceramente,
non conosco un luogo più sicuro di casa mia: è un
luogo dove quel bastardo non
si sognerebbe mai di cercarla; ci vive anche un dottore,
perciò se dovesse
succedere qualcosa alla sua ferita, sarà pronto ad
intervenire.- la rassicurai,
con un ragionamento logico.
La
ragazza si inanellò un ricciolo attorno al dito, poi
annuì, dandomi il permesso
di portarla con me.
Sorrisi,
sfiorando i capelli ancora un po’ umidi di Lizzie, e riuscii
solo a pensare: cari Cullen, sto arrivando!
NOTE
AUTRICE
Ciao
a tutti, scusatemi per l’attesa, solo ora sono riuscita a
postare questo nuovo
pezzetto; mi auguro vi piaccia e, a proposito ci terrei a dire, che
siccome non
sono mai stata in Alaska, il nome della città Valdez,
è vero ( ho controllato
su una cartina) ma le descrizioni del paesaggio sono completamente
inventate da
me.
Fatemi
sapere che ne pensate,
un
baciotto
marty23
|
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Capitolo 12 *** 9. scoperte PARTE1 ***
9. scoperte
Parte 1
-
Jacob, dovresti
riposare…- mi bisbigliò il dottor
Cullen in un orecchio, posandomi una mano sulla spalla.
Sussultai. Ero
chino sul divano del salotto dei Cullen a vegliare su Lizzie, da tutto
il
pomeriggio, ed ormai l’anestesia che le aveva somministrato
Esther, avrebbe
dovuto finire a breve il suo effetto.
Ero rimasto sempre accanto a quella
ragazza, beatamente
addormentata, in attesa che si svegliasse.
Carlisle mi sorrise benevolo,
invitandomi con un cenno, a
seguire sua moglie che, immobile sulla soglia della cucina, mi aveva
preparato
qualcosa da mangiare.
Mi alzai con lentezza, distendendo i
muscoli: avevo sonno,
ma la tensione non mi abbandonava. Lasciai scorrere lo sguardo sul viso
di
Lizzie, e mi affrettai a sparire oltre la porta della cucina, per
sedermi al
tavolo dal design moderno e mangiare meccanicamente, senza sapere con
esattezza
cosa mettessi in bocca.
Non riuscivo a tenere gli occhi sul
piatto, l’immagine del
volto della mia ragazza non mi lasciava; credetti però, a
giudicare dalle
flebili risate che mi arrivavano alle orecchie, da parte della Barbie
Biondina,
che lei stessa si fosse occupata di servirmi il cibo, nel mio- ormai
famoso-
piatto- ciotola.
Mentre voltavo la testa, agitato, verso quel piccolo
spiraglio di salotto che
si scorgeva dalla cucina- nella speranza di udire anche solo un
piccolissimo
rumore proveniente da Lizzie – Rosalie finalmente
percepì lo stato di
preoccupazione in cui mi trovavo e, ad un solo sguardo di quello
scimmione di
Emmett, divenne silenziosa come una tomba.
-
Jake, vieni!- mi
chiamò Bella, d’un tratto.
Mi precipitai nel salone, col cuore a
mille, e il respiro
corto. Notai di sfuggita che Bella era seduta sulle scale e abbracciava
con lo
sguardo il divano, dall’alto.
Le sorrisi, grato; il suo gesto era
un chiaro segno di
rispetto nei miei confronti: Bella era una vampira ancora neonata. Io
le avevo
portato in casa Lizzie, una ragazza umana
e anche sanguinante; e lei, poiché sapeva quanto amassi
Lizzie, si stava
sforzando con tutta se stessa di starle lontana, per non attaccarla.
Sedetti delicatamente su una porzione
di divano rimasta
libera, e presi la mano di Lizzie tra le mie. Edward e suo padre erano
accovacciati davanti al viso della ragazza, passandole piano dei Sali
davanti
al naso, per farla rinvenire.
Ma, mi infastidì non poco
che quei due le fossero tanto
vicini, poiché lei, siccome sotto la coperta che Esme mi
aveva dato per
coprirla, non aveva altro se non il suo completo intimo, era seminuda e
addormentata…
-
tranquillo,
è tutta tua…si sta svegliando…- mi
disse
Edward, toccandomi un braccio. Mi aveva di nuovo letto nei pensieri, ma
non gli
risposi.
Ero letteralmente sommerso dai
ricordi impressi a fuoco
nella mia memoria; vi stavo quasi annegando dentro.
Non appena Estther e Danielle avevano
lasciato me e Lizzie
all’aeroporto di Seattle, avevo assunto forma di lupo per poi
lanciarmi in una
folle corsa, diretto nell’unico luogo che consideravo sicuro.
Non riuscivo a togliermi dalla testa
la forza con cui Lizzie
aveva affondato le mani nella mia pelliccia, come se volesse pregarmi
di andare
più veloce, o forse perché, visto che di tanto in
tanto percepivo i suoi gemiti
di dolore, sentire la mia pelle contro la sua, le dava abbastanza forza
da
impedirle di svenire.
Finalmente, tornato uomo, mi ero
presentato nel giardino di
casa Cullen, con Lizzie tra le braccia, avvolta solo nel cappotto
bianco di
Julian, che già avevo usato per scaldarla in quella grotta
dell’Alaska;
tuttavia le arrivava solo fino a metà coscia, ed inoltre era
macchiato di
sangue all’altezza del ventre.
Dovevo avere un’espressione
disperata, perché, forse su
consiglio di Edward( e per la prima volta nella mia vita benedii quel
succhiasangue),
Carlisle mi si era parato tempestivamente davanti, stringendo la
ragazza al
petto e facendo attenzione a tenere tutti i suoi familiari a distanza,
tutti
tranne Edward, che con estrema perizia, sotto i miei occhi,
disinfettò la
ferita di Lizzie e la richiuse velocemente con dei punti. Nel
frattempo, Esme
si era preoccupata di distruggere quel dannato cappotto.
Io, in quegli istanti, ero rimasto
per tutto il tempo con
un’angoscia opprimente nel cuore, mentre cercavo di vedere
attentamente ciò che
i vampiri facevano, ma mi era impossibile: si muovevano troppo
velocemente.
Infine, mi rinchiusi nel silenzio, ed
a nulla servirono le
battute di Seth, che cercava di distrarmi dalle mie preoccupazioni; o
le
osservazioni di Leah su quanto Lizzie fosse bella( probabilmente voleva
farsi
perdonare per avermi portato via da lei, qualche tempo prima); mi ero
fossilizzato sul divano fino a quel momento, in cui, quella piccola
umana si
stava svegliando.
La sua mano dalla pelle di senta si
mosse tra le mie, e
scivolò dolcemente lungo la mia guancia, riportandomi alla
realtà.
Mi sciolsi nei suoi occhi color
cannella, non appena
sollevai lo sguardo e mi sentii come un bambino che torna a casa.
-
Jacob…sei
qui…mi sei mancato così tanto! Sai, ho fatto
uno strano sogno: c’era un lupo che aveva i tuoi
occhi…- esordì lei, con la
voce flebilissima, mentre sul suo viso si spandeva una quasi tangibile
luce di
soddisfazione. Nonostante avesse provato a fingere le era impossibile
nascondere ciò che provava per me!
Senza pensare troppo al
“sogno” di cui mi aveva
parlato(chissà se presto o tardi, le sarebbe tornato in
mente che non era solo un sogno;
che ero giunto fino in Alaska
per salvarla, e che proprio in quella gelida grotta avevo fatto quella
stessa
considerazione?)l’attirai a me e la baciai.
Mi sembrò che
quell’attimo durasse ore, giorni,
un’eternità.
Sentii le sue labbra sulle mie, pastose, il sapore alterato
dall’anestesia, ma
ero troppo contento di averla accanto; non riuscivo quindi a
preoccuparmi di
altro, neppure del fatto che Lizzie, dapprima perplessa e spaesata da
quella
mia reazione espansiva, sembrava avesse bisogno di riprendere
confidenza con il
mio viso.
A poco a poco infatti, avvertii che
si rilassava, e con
immenso piacere riconobbi il tocco delle sue mani, carezzarmi
delicatamente la
pelle.
D’un tratto, un violento
brivido la scosse, e senza essere
brusca ma con fermezza, mi fece scostare.
Non riuscivo a toglierle gli occhi di
dosso, perché in
brevissimo tempo sembrava cambiata: cercava di non muoversi,
perché
probabilmente sentiva la coperta che le aderiva perfetta al corpo, il
viso ave
va ripreso colore ed anche se i capelli erano arruffati, mi guardava
tanto
intensamente, con quegli occhi profondi e languidi, da togliermi il
respiro.
Sembrava combattuta tra
ciò che provava per me e qualcosa di
indefinito che non riusciva a ricordare.
Per la prima volta da quando si era
svegliata, lasciò
correre lo sguardo nel luogo in cui si trovava:
- dove…dove siamo?- mi
chiese, facendo schioccare le labbra
disidratate.
Pregai che si fosse dimenticata di
quello che aveva scoperto
su Julian, del viaggio in Alaska, ed addirittura, mi augurai, non
ricordasse
più di avermi allontanato.
-
per ora
l’ultimo ricordo che ha risale a quando ti ha
mandato via, tutto il resto è come una confusione
nebulosa…non contare troppo
sul fatto che non
ricorderà, perché
basterebbe un piccolo particolare, per farle tornare in mente tutto…nel frattempo
però, se preferisci,
io e Leah, essendo legati a lei da dei ricordi possiamo starle lontano,
per
evitare che rammenti.- mi bisbigliò Edward, con un tono
tanto basso che solo
io, oltre agli altri vampiri della casa, riuscii a sentire.
Mi irrigidii. Lizzie aveva sofferto
molto ultimamente, e
forse l’aver “dimenticato”era un bene per
lei, l’idea che potesse ricordare mi
dava la sensazione di perderla di nuovo.
Come all’improvviso, la
saggia figura di Carlisle le apparve
davanti, irradiando calma; con un sorriso disarmante si
presentò, senza
tuttavia stringerle la mano, e le offrì un bicchiere
d’acqua.
Lizzie lo prese, con le mani che le
tremavano, e trattenne
il respiro prima di bere avidamente: era incredibile! Anche lei non era
immune
al fascino di quel dottore simile ad un divo del cinema!
Edward mi posò una mano
sulla spalla, ed ebbi la sensazione
che nella stanza, ma anche nella mia anima, calasse un gelo
impenetrabile, che
addirittura mi bruciava la pelle:
-
non ci pensare
neanche: Lizzie ti ama, non penserebbe
mai a Carlisle in quel senso.-
sorrise appena. Che fosse stato anche lui geloso di suo padre, un tempo?
-
Lizzie, che tu ci
creda o no, noi già ti conosciamo:
Jacob ci ha parlato molto di te. Vedi, hai un brutto taglio
all’altezza del
ventre, che noi abbiamo ricucito, ma i punti potrebbero saltare
facilmente,
perciò ti consiglio di rimanere a riposo per almeno una
settimana, ti
ospiteremo noi…- spiegò gentilmente il dottor
Cullen. Apprezzai molto come
avesse usato il termine taglio, per
allontanare l’idea che a Lizzie avessero sparato
all’altezza del ventre.
-
Ma
no…non voglio disturbare…- tentò di
balbettare la
ragazza, mentre le guance le si ricoprivano di rossore.
Sospirai amareggiato. Chi le avrebbe
spiegato che Julian
aveva fatto saltare in aria la sua casa? La casa dei Cullen era davvero
l’unico
posto sicuro che conoscevo, anche se presto sarebbero arrivati decine e
decine
di vampiri, Volturi o Testimoni che fossero.
Lesta come un lampo, con Renesmee tra
le braccia, Bella(con
gli occhi celati da delle strambe lenti a contatto) comparve al mio
fianco;
spostava il peso da un piede all’altro, tesa, e cercava di
mantenersi a
distanza.
-
tranquilla, nessun
disturbo…se vuoi puoi utilizzare la
stanza di mia figlia…- consigliò, cercando di
sorridere.l’odore umano doveva
davvero darle fastidio.
Non si era presentata. Forse il
marito le aveva detto ciò
che avevo raccontato alla mia ragazza su di lei.
Renesmee d’un tratto,
inaspettatamente, fece capolino da dietro
la sua massa bronzea di ricci e la salutò, amichevole.
Per non lasciare a Lizzie il tempo di
controbattere, la
presi tra le braccia, e mi affrettai a salire le scale. Bella mi
seguì, e
riuscì ad anticiparmi aprendo la porta della stanza.
Adagiai Lizzie sul piccolo letto con
slancio, e mi aspettai
che si risollevasse immediatamente, ma si nascose solo la testa tra le
mani.
-
ahi! Jacob, per
favore, fa più piano…mi sento
scombussolata…- mi spiegò, con voce roca.
Mi sentii divorato dal senso di
colpa: le avevo fatto del
male.
Bella riportò pronatamente
l’equilibrio lì dentro, dicendo:
-
mia sorella Alice
non c’è al momento, è lei
l’esperta
di vestiario, ma…visto che sei arrivata qui in completo
intimo, penso di
poterla sostituire, prestandoti qualcosa di mio…- mi
lanciò un fagotto di
abiti, ed uscì, seguita da sua figlia, mostrando molto
tatto; ma in realtà
voleva dissimulare la tristezza che la scomparsa di Alice le procurava:
lo
sapevo.
Un silenzio logorante calò
nella stanza e ci vollero alcuni
minuti prima che Lizzie riuscisse ad alzarsi. Rimasi però
sorpreso dalla sua
dignità: si mise in piedi lentamente, senza chiedere il mio
aiuto.
Attenta ad ogni passo si
posizionò davanti al grosso
specchio dalla cornice dorata, appartenuto a Rosalie, che ora era
appeso alla
parete; istintivamente si accarezzò il taglio richiuso dai
punti all’altezza
del ventre. Il suo sguardo si perse nel vuoto per qualche secondo, poi
si voltò
verso di me, frustrata:
-
c’è
qualcosa che non riesco a ricordare…perché sono in un luogo che non conosco, in completo
intimo? E come mi sono fatta questa ferita?-
-
piano
Lizzie…affrontiamo una cosa alla volta: il dottor
Cullen ti ha detto che devi stare a riposo…- le ricordai,
infilandole la
camicia da notte di flanella che Bella mi aveva consegnato. Le avvolsi
le
braccia attorno alle spalle, abbracciandola da dietro, e le appoggiai
la testa
nell’incavo del collo mentre contemplavo il nostro riflesso.
-
Non riesco a stare
ferma. Mi distrugge non ricordare
alcune cose, è come se avessi il buio in
testa.-
Me la caricai di peso e non la
lasciai andare fincè anch’io
non sentii la morbidezza del materasso sotto le ginocchia.
La baciai ancora, ma questa volta
seppi di non essere più in
grado di nascondere la disperazione che sentivo dentro.
-
Jacob, cosa mi
stai nascondendo?- chiese, fissandomi.
-
Questo posto,
“che non conosci” è la casa dei Cullen,
persone fidate; e la ragazza che hai visto, Bella, è la mia
migliore amica,
quella di cui ti ho parlato…- le spiegai, deciso a non farle
ricordare tutto;
perciò raccontandole solo una parte di verità.
-
Credevo fosse
morta…- intervenne.
-
…lo
credevo anche io, ma la verità è che è
scivolata in
coma e non ho avuto il coraggio di restare a guardare cosa sarebbe
stato della
sua vita…- dissi, tenendo gli occhi bassi mentre stringevo
la sua mano.
-
Sicuro che sia
solo un’amica?-
sussurrò, abbassando lo sguardo.
-
Sì,
perché? Sei gelosa?- la schernii, sentendomi
risollevato da quella semplice battuta.
Annuì, come se si
vergognasse di se stessa:
-
è solo
che…è bellissima,
gentile e…perfetta;
ed io…oddio, per come
sono non mi stupirei se foste stati insieme.-
bisbigliò Lizzie.
-
Perché
ti disprezzi? Io ti amo, Elizabeth.- dissi,
convinto, mentre la guardavo negli occhi.
La camicia da notte che bella aveva
prestato alla mia
ragazza, non resistette neppure un’ora addosso a lei,
perché presto(in assenza
anche del suo dolce completino intimo) mi ritrovai ad accarezzare e
baciare la
sua pelle, mentre si univa alla mia. Senza peraltro curarmi dei vampiri
in
casa, che senz’altro avrebbero sentito tutto.
-
‘sta
tranquilla- dissi, abbracciandola.- qui sei al
sicuro Lizzie.- e non riuscii a trattenermi dal baciarle la ferita che
aveva al
ventre.
*
Avevo creduto che nascondendo a
Lizzie la verità, il più a
lungo possibile, l’avrei protetta; pensavo che facendo
l’amore con lei avrei
potuto dimostrarle quanto tenevo a noi, e speravo che la sua
frustrazione per
la nebbia che aveva in testa sarebbe svanita.
Tuttavia per i successivi quattro
giorni, che a me parvero
lunghissimi, si rinchiuse in un silenzio affollato di ragionamenti
machiavellici, su ciò che avevo detto e fatto mentre i
nostri corpi si erano
intrecciati- a detta di Edward, che non voleva rivelarmi completamente
i suoi
pensieri.
Il marito di Bella sosteneva che il
bacio che avevo lasciato
sul ventre di Lizzie, le aveva fatto credere che io sapessi come si
fosse
ferita, e si stava arrovellando sul motivo per cui non
gliel’avessi spiegato.
Inoltre la mia convinzione del fatto che in casa Cullen si trovasse al
sicuro,
l’aveva spinta a chiedersi da cosa dovessi difenderla.
Lizzie però, era
intelligente e furba: sapeva nascondere
quel suo turbamento e quel silenzio dietro una maschera di sorrisi e
interessamento che sfoderava ogniqualvolta Carlisle, Esme o Bella
comparivano
sulla porta.
In quei momenti, per quei vampiri
iperattivi, il tempo si
fermava e loro si mostravano cortesi e gentili nei confronti di lei,
che aveva
imparato a studiarli ed a capirli nonostante non le fosse mai stato
permesso di
uscire da quella stanza(era per la sua sicurezza: i vampiri Testimoni
iniziavano ad arrivare, e l’odore di sangue umano non li
avrebbe di certo
rabboniti). Apprezzai che né Edward né Leah
l’andassero a trovare, avevano
entrambi compreso le mie paure e il succhiasangue aveva mantenuto la
sua
promessa.
*
Anche se mi nascondevo volentieri
dietro quell’idillio,
sapevo che l’amnesia di Lizzie non sarebbe durata per sempre.
Infatti, un malaugurato giorno,
mentre Lizzie stava
rannicchiata vicino alla finestra e, fasciata da un maglione verde
bottiglia e
un paio di jeans di Rosalie( la Biondina si stava
addirittura affezionando a lei), fissava la
strada ed il bosco, dove la neve stava imbiancando ogni cosa; Leah
comparve
come un fulmine a ciel sereno, sulla porta, annunciando:
-
Jake, Edward dice
che i Volturi stanno arrivando!-
Lizzie, voltò la testa per
guardarla, allarmata dal suo
tono, e in una frazione di secondo il suo viso parve mutare in una
maschera di
terrore.
Non avevo bisogno che dicesse nulla.
Sapevo già che Lizzie
aveva ricordato tutto.
Si precipitò
giù per le scale, le orecchie le fischiavano
mentre correva, ma sembrava incurante di tutto ciò che le
stava attorno: i
vampiri Testimoni ormai erano al completo, e fissavano sconcertati
quella
frugoletta umana, scostandosi al suo passaggio.
Inavvertitamente, come ostacolo sul
suo cammino, Lizzie urtò
Edward e quando sollevò gli occhi su di lui, fece un balzo
indietro, il respiro
le si bloccò in gola e scoppiò a piangere.
Non c’era più
neppure un angolo di buio nella sua memoria.
-
Lizzie, aspetta!-
la chiamai.
Le ero stato praticamente alle
calcagna per tutto il
tragitto, ma, giunto nel salone, il puzzo di vampiro, moltiplicato per
mille,
mi aveva rallentato.
-
no! Devo uscire di
qui, subito!- mi urlò,
senza voltarsi.
Detto questo scomparve oltre la porta
d’entrata, sbattendola.
Mi sentivo perso, completamente.
L’odore di vampiro mi
bruciava le narici, ma sentivo più d’ogni altra
cosa, il fuoco che mi ardeva
sulla pelle al seguito di quelle stupide lacrime che mi scivolavano
lungo le
guance.
-
seguila. Avete
molto di cui parlare; probabilmente
potrete chiarirvi, l’uno sulla natura
dell’altra…- mi suggerì Edward, con
frasi
enigmatiche.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!chiedo venia per aver
postato così in ritardo
il nuovo capitolo! Mi auguro vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate!
Un baciotto
Marty23
|
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Capitolo 13 *** 9. scoperte PARTE 2 ***
9. scoperte
Parte 2
Non mi fu difficile ritrovare Lizzie:
sul sottile velo di
neve che accarezzava la terra c’erano le sue impronte.
Da bravo segugio le seguii e scorsi
la sua figura,
circondata da altissimi alberi, accasciata su un masso; il volto rigato
di
lacrime e nascosto tra le mani.
Muovendomi di soppiatto riuscii ad
arrivarle dinnanzi e mi
inginocchiai davanti a lei.
-
Lizzie…-
sussurrai, mentre qualche fiocco di neve mi
cadeva fra i capelli .
-
Perché
non me l’hai detto, Jacob?- sibilò, senza
allontanare le mani dal viso ed assestandomi un calcio nel ventre.
Mi afflosciai letteralmente sulle sue
gambe, senza respiro,
mentre lei continuava:
-
ormai ricordo
tutto. Perché non mi hai detto nulla,
Jacob?-
-
temevo di
perderti; è successo già una volta e non lo
sopporterei ancora…- mi giustificai, sentivo ancora le
lacrime in agguato.
-
Io ti amo,
Jacob. Non capisci che quando ti ho allontanato, ho dovuto
farlo? Perché altrimenti saresti stato in pericolo?- mi
spiegò, con la voce rotta.- e adesso, portandomi in mezzo ai
tuoi amici, stai
facendo rischiare la vita anche a loro! L’hai già
incontrato una volta, e
dovresti aver capito che Julian non ha la testa a posto. Mi troverebbe
dovunque. Sai che ha ucciso mio padre? Sono dovuta correre in Alaska
per
fargliela pagare, a quel…- iniziò, ma si
trattenne, e la rabbia la avvolse come
un’aura, che sentivo scrosciare addosso a me come
un’onda.
-
Lo so,
l’ho capito.- la interruppi. Quello che non
avevo capito era perché lui la odiava tanto? E, il suo odio
era davvero così
profondo da spingerlo ad ucciderla?- poco dopo che mi hai mandato via,
sono
tornato a casa tua, perché non riuscivo a strati lontano, e
lì ho incontrato le
tue amiche- e colleghe- Esther e Danielle. Mentre loro mi spiegavano
che Julian
ha ucciso tuo padre, sono riuscito a salvarle dalla bomba che ha
distrutto la
tua casa; e che, per inciso, era stata messa da Julian.
Così, siamo volati in
Alaska per salvarti, perché sapevamo che eri in pericolo.
Quando sono arrivato
nella grotta in cui avevi lottato con Julian, l’ho messo
fuori combattimento…-
raccontai.
-
Strano…non
devo averti visto, mi ricordo solo di un
lupo…- mi fece quasi ridere il fatto che avesse volutamente
eluso le mie mille
domande sul tipo di lavoro che faceva, che l’aveva esposta a
tante pericolose situazioni;
così come mi trattenni a fatica dall’osservare
come mai non avesse battuto
ciglio a proposito di ciò che le avevo detto sulla sua casa.
Restammo muti per qualche istante,
fissandoci: era un
silenzio carico di disperazione, attesa, incomprensioni e centinaia di
domande.
-
chi non muore si
rivede, eh, Eliza?- quella voce fece
gelare il sangue nelle vene di entrambi…
quando ci voltammo, vedemmo sbucare
dall’ombra di un albero
la figura di Julian: il volto trasfigurato dall’odio, una
pistola nera tra le
mani, e avanzava verso di noi, zoppicando vistosamente.
La mano di Lizzie strinse
convulsamente la mia; non osava
respirare per domare la paura, ma sentivo il suo cuore battere a ritmo
del mio,
così che il nostro sangue ci scorreva nelle vene come un
fiume in piena.
Sia io che Lizzie, con una pistola
puntata contro, sapevamo
di dover cercare in poco tempo qualsiasi particolare che giocasse a
nostro
favore, per evitare di rimetterci la vita e…in una frazione
di secondo, senza
neppure guardarci negli occhi, sapemmo cosa fare: scattammo in piedi
insieme e
spiccammo una corsa.
D’un tratto udii due tuoni
squarciare l’aria, avvertii,
vicina, una forte folata di vento, e subito qualcosa andò a
conficcarsi nella
corteccia dell’albero che avevo vicino. Julian aveva iniziato
a sparare!
Anche se riuscii a benedire il cielo
per la presenza di
quegli alberi, tutt’attorno a noi, mi lasciai sopraffare
dalla paura.
Avevo affrontato vampiri, azzannato
Julian – anche se sotto
forma di lupo- ma mai avevo dovuto fare i conti con una pistola!
Nella fretta rischiai di far
scivolare Lizzie, che,
fortunatamente, prese il controllo della situazione, ed
iniziò a correre a zig
zag, mentre la seguivo, per far sì che evitassimo i
proiettili.
Rimasi sconcertato dalla sua forza
d’animo: doveva essere
sconvolta, sia per quel tuffo improvviso nella realtà,
dovuto al ritorno
improvviso dei suoi ricordi; sia per la velocità con cui
Julian l’aveva
ritrovata. Aveva ragione: non c’era posto in cui si sarebbe
potuta nascondere.
Era la prima volta che condividevo
qualcosa con lei, avevo
davanti a me una sua sfaccettatura pericolosa ed elettrizzante, di cui
non mi
aveva mai messo a parte, né quando mi aveva parlato dei suoi
ricordi, né quando
le nostre anime si univano.
Un altro tuono; un colpo che si
incastonò in un frassino
vicino, e tirai un sospiro di sollievo. Tuttavia, nel momento in cui
giungemmo
in una radura, uno spazio aperto con l’erba quasi
completamente ricoperta di
neve, dove nessun albero avrebbe potuto nasconderci; mi sentii perso.
Lizzie si fermò,
piegandosi su se stessa-mettendo a serio
rischio la sua ferita- per riprendere fiato e mi accarezzò
una guancia di
sfuggita:
-
va’ via,
Jacob! Sei in pericolo! Questa è una faccenda
che devo risolvere io, non voglio che tu ti faccia male.-
-
non ti
lascerò qui da sola con quel pazzo!- ribattei,
deciso.
Quella ragazza ed io ci fissammo di
nuovo. Nei suoi occhi
scorsi scintille di stupore sparse qua e là: era come se la
vedessi veramente per la prima
volta.
Ci guardammo attorno, in cerca di una
via di fuga. La radura
era immensa; avremmo impiegato come minimo dieci minuti per coprirla
tutta,
correndo, e raggiungere gli alberi dall’altra parte.
Nonostante Julian fosse armato,
però, noi avevamo un
vantaggio rispetto a lui: potevamo seminarlo.
Presto, senza che mi rendessi conto
della sua presenza,
l’odore di vampiro mi riempì le narici, ed allora
ogni fibra del mio corpo fu
pervasa dal panico.
Un umano ci perseguitava, con una
pistola, e la mia Lizzie
aveva quei fragili punti che da un momento all’altro
minacciavano di saltare;
se in quel momento un vampiro fosse piombato su di noi, avremmo passato
dei
seri guai.
-
ragazzi, state
bene? Ho sentito degli strani rumori…-
Bella ci arrivò alle spalle, ed entrambi sobbalzammo.
Lizzie si appiattì contro
il mio petto e temetti che avesse
scoperto che dietro quella bellezza assurda, Bella, per lei, poteva
rappresentare la morte.
-
Bella, non
è il momento…- bisbigliai.
-
I Volturi stanno
arrivando, no?- mi chiese, come se
fosse la cosa più ovvia del mondo. La sua frase sottolineava
che fosse quindi
necessario proteggere Elizabeth, ed apprezzai non poco quel particolare.
All’improvviso, come dal
nulla, esplose un altro tuono: udii
la pallottola che andava a frantumarsi contro l’ultimo nostro
baluardo, un
albero che era alle mie spalle, ed un secondo più tardi vidi
Lizzie che si
accasciava tra le mie braccia, scivolava in ginocchio sul suolo bianco
ed
infine, cercava di trattenere un gemito.
La ragazza alzò quasi
subito gli occhi verso di me, come per
scusarsi, e notai che sulle dita, che aveva posato sul ventre, si stava
raccogliendo del sangue.
-
sta tranquillo,
Jacob. Sono stata colpita di striscio…-
sussurrò.
Una brezza leggera si
sollevò di colpo, e sfiorò i capelli
corvini di Bella, che nel frattempo si era avvicinata a me.
Mi sembrò che il tempo si
fermasse: come al rallentatore,
vidi le lenti a contatto di Bella cadere al suolo; digrignò
i canini color
perla…scorsi lo sguardo di Lizzie farsi sempre
più terrorizzato dinnanzi agli
occhi rossi di Bella, che la fissavano famelici.
Il mio cervello iniziò a
lavorare velocissimo, ed ebbi
appena il tempo di pararmi davanti a Lizzie e spingere via Bella prima
che
l’attaccasse.
Feci un balzo indietro e sentii le
forme di lupo prendere in
me il posto di quelle umane.
Non volevo fare del male alla mia
migliore amica, perciò mi
limitai ad allontanarla, spingendola con la testa, sopportando a suon
di ringhi
i suoi graffi e i suoi morsi.
Dovevo difendere Lizzie, ma non avevo
il coraggio di
cercarla con gli occhi: mi avrebbe visto come un mostro.
Finalmente, quando riuscii ad
atterrare Bella ed a posarle
le zampe sulle spalle, per non darle modo di muoversi; sollevai il muso
e ciò
che vidi mi tolse il respiro…
Lizzie era in piedi, la mia maglia
fatta a brandelli e
stretta attorno al ventre per l’emorragia; qualche metro
più in là, la sua mano
insanguinata aveva imbrattato la neve. E Julian le stava davanti,
minacciandola
con la pistola.
La ragazza lo fissò con
odio e subito gli assestò un calcio
sulla gamba claudicante. Il ragazzo cadde e la pistola gli
sfuggì di mano,
facendo partire un colpo a vuoto.
Lizzie raccolse l’arma e
gliela puntò contro:
-
e adesso, Julian,
dimmi che cosa hai fatto?- la voce
era fredda, ribollente di rabbia.
-
Ho fatto
giustizia. L’Organizzazione era corrotta, e
tuo padre, che ne era a capo, doveva pagare…-
spiegò, con fermezza e, nonostante la sua voce
fosse bassa, ciò che
disse arrivò sia alle mie orecchie, sia a quelle di Bella, e
ci guardammo,
perplessi per quelle parole.
-
…con la
vita?- continuò Lizzie, indignata.
Julian annuì, ed
immediatamente a Lizzie partì un colpo, che
ferì la gamba di lui.
-
e io? Che fine
avrei fatto? È vero che hai fatto
esplodere la mia casa?- domandò.
-
Dovevi morire
anche tu! Sei sua figlia, ed avresti
preso il suo posto; un posto che volevo io! Ed inoltre…ti
odio!- confessò.
Un’altra pallottola da
parte di lei. Un’altra ferita sul
corpo di quell’individuo. Stava diventando un colabrodo.
-
perché
sei scappato in Alaska? Cosa c’era lì?- fece la
ragazza.
-
C’era,
la mia
base: i miei contatti, con cui avrei potuto rifondare
un’organizzazione
migliore. Ma tu l’hai distrutta!-
-
Sono stata proprio
brava, eh?- lo schernì lei,
sparandogli ancora.
Sentendo l’odore del sangue
di quell’uomo, Bella si dimenò
sotto di me. Doveva essere davvero una tortura per lei.
-
pagherai per
quello che hai fatto!- urlò la ragazza,
accecata dalla rabbia; senza pensare, gli svuotò il
caricatore addosso,
aprendogli un buco in testa con l’ultimo colpo.
Feci segno a Bella di scegliere: o
trattenere il respiro, o
correre a casa.
Quello era un momento pieno di
domande, sarebbe divenuto il
momento della verità, in cui avrei potuto finalmente
scoprire il mistero di
quella ragazza; perciò non volevo assolutamente che le
venisse fatto del male.
La mia amica vampira, quindi,
comprese che era meglio per
lei sparire, perché non avrebbe resistito oltre.
Mi decisi finalmente a farmi
più vicino, e, mentre mi
avvicinavo, Lizzie si inginocchiò a terra, scoppiando a
piangere. Un pianto
liberatorio, per la morte del padre innocente, e per il ruolo che aveva
dovuto
ricoprire, di Giustiziere, troppo pesante per lei.
Quando le fui accanto, mi
abbracciò ed abbandonò la testa
nella mia pelliccia poco dopo aver incontrato i miei occhi, continuando
a
versare lacrime.
Solo allora, da quando la conoscevo,
la sentii davvero
vicina. La contemplai nella sua completezza; tutto ciò che
sapevo di lei, tutto
ciò che mi aveva raccontato, andò a sommarsi a
ciò che avevo appena visto, ed
emerse, infine, davanti ai miei occhi, Lizzie; la mia
Lizzie.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti! Eccomi qua con un altro
cap, mi scuso se è un
po’ cruento, premetto che ogni particolare è
inventato. Mi auguro vi piaccia.
Fatemi sapere che ne pensate.
Un baciotto
Marty23
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Capitolo 14 *** 9. scoperte PARTE 3 ***
9. scoperte
Parte 3
Lizzie aveva il respiro corto.
Riusciva solo a stare piegata
su se stessa, il dolore che provava- sia fisico sia psicologico- era
straziante; lo vedevo sul suo viso.
Spingendola delicatamente con la
testa, la feci stendere tra
la neve, strappai attentamente i lembi della mia maglia attorno al suo
ventre
con i denti, e le leccai la ferita, per disinfettarla.
Poi, approfittando del fatto che, per
un secondo avesse
chiuso gli occhi, ripresi le mie forme umane e mi preoccupai di
fasciarle di
nuovo la lesione, con ciò che restava della mia T-shirt.
-
Lizzie, vieni.
Andiamo a casa…- la chiamai, dolcemente.
Lei gettò un ultimo
sguardo al cadavere di Julian,
asciugandosi a fatica le lacrime:
-
Jacob…-
iniziò, non senza un certo stupore- hai visto la
parte peggiore di me…come riesci addirittura a toccarmi?-
chiese, raccogliendo
le braccia al petto e tremando.
-
Ti prego, non
giudicarmi…- continuò, bisbigliando sulla
mia spalla, con la voce che le vibrava mentre la stringevo tra le
braccia.
Ciò che accadde in
seguito, avvenne tanto velocemente, che
riuscii a malapena a vederlo: tre figure, avvolte in svolazzanti
mantelli
rossi, giunsero nella radura col delicato passo di una farfalla. Una di
loro
fece scendere dalle proprie spalle la terza figura, che, quando
posò i piedi in
terra, affondò leggermente nella neve.
Senza guardarsi attorno,
né calarsi sulle spalle il
cappuccio che le celava il volto, quella appena scesa iniziò
a parlare:
-
padre, zio,
perdonatemi. Questo è l’unico posto sicuro
in cui possiamo parlare, lontani dalle orecchie di Aro. Ho un piano per
spodestarlo, e fargliela pagare per ciò che ha fatto a mia
madre Didyme; senza
che i vegetariani Cullen
– che voi
sapete essere innocenti- ne paghino
le conseguenze.- quella voce femminile era abbastanza alta, tanto che
il suo
tono arrivò persino alle orecchie di Lizzie, che si
voltò e strinse la mia
mano, in cerca di qualcosa con cui potessimo difenderci. La pistola che
aveva
in mano era prima di proiettili, ed ebbi la sensazione che per questo
Lizzie si
sentisse persa.
Ringraziai il cielo che quei tre non
ci avessero notato, ma
non osavo muovermi, perché un qualsiasi gesto avrebbe
segnalato loro la nostra
presenza.
-
Erice, cosa dice la Guardia?
È con noi?- domandò una delle due
figure, quella che l’aveva fatta scendere dalle spalle; non
riuscivo a vederne
il volto ma la sua voce era stanca anche se costellata di speranza.
-
Non mi
è stato facile chiedere, sai che Aro non mi
ama…comunque Non tutti i componenti, padre. Come da sempre
sappiamo alcuni
componenti del
Corpo di Guardia, sono
ciecamente fedeli ad Aro, come…- rispose diligente la voce
femminile.
-
…Jane,
Alec, Felix, Demetri, Renata…poveri folli!
Quando uccideremo Aro non avremo pietà neppure per loro!-
sibilò, l’altra
figura incappucciata.
-
Calma
Caius…il nostro piano può assicurarci la
vittoria, ma va perfezionato nei dettagli…forse dovremmo
metterne a parte i
Cullen…non mi piacerebbe che qualcuno di noi o di loro, si
facesse del male.
Tuttavia temo che, con un semplice tocco su uno dei vegetariani, Aro
potrebbe
scoprirci. Ed allora ne pagheremo conseguenze.- replicò
quello con la voce
stanca.
Il mio cervello iniziò a
lavorare spedito: Aro…Caius…non
erano alcuni dei nomi dei
Volturi?
Ma se Caius era presente, ed insieme
a quei due stava
progettando di spodestare Aro, chi erano le altre due figure assieme a
lui?
-
non è
una cattiva idea, padre. So che la nuova
Signora Cullen ha una bambina, e di certo non
sarà contenta di farle correre dei pericoli…il
potere di Aro però, rappresenta
un ostacolo per noi, non sono sicura che i Cullen saranno in grado di
nascondergli i loro ricordi come avete fatto voi e lo zio: dietro le
vostre
emozioni.- ponderò la voce femminile, che era stata chiamata
Erice. – guardate!
Un umano morto da poco! Credo che dobbiate bere il suo sangue,
finchè è fresco,
perché domani avrete bisogno di tutte le vostre forze.-
Con un passo lento, tipicamente umano
la ragazza scavalcò il
corpo di Julian e fece segno a Caius, che chiamava zio,
ed al vampiro che lei definiva padre,
di posizionarsi ognuno su un lato rispetto a dove si trovava
lei.
Quei due, veloci come solo un vampiro
sa essere, si
ritrovarono dove lei aveva indicato e si calarono il cappuccio, poco
prima di
cominciare a mangiare, mordendo punti diversi della pelle del cadavere.
Caius, gli occhi fissi sul corpo di
Julian, aveva raccolto i
suoi lunghi capelli chiarissimi- tra il biondo e il bianco- in una coda
di
cavallo.
L’altro, la pelle cerea
decadente, aveva dei fluenti capelli
corvini abbandonati sulle spalle e gli occhi color cremisi praticamente
vuoti;
solo quella ragazza, che gli stava davanti, sembrava dargli la forza di
continuare a vivere. Tutti gli altri particolari che lo componevano,
lasciavano
pensare che fosse stanco della vita, di tutto.
-
padre, vi prego,
sarò più tranquilla quando avrete
mangiato.- lo supplicò Erice, notando che era restio a bere
il sangue di quel
morto.
Il vampiro moro si sforzò
di sorriderle e, seguito da Caius,
iniziò ad abbeverarsi del sangue di Julian.
Lizzie trattenne il respiro,
orripilata. Non seppi come
avesse fatto ad ascoltare ed osservare ogni cosa, sino a quel momento.
Sembrò
sul punto di dare di stomaco…
Ebbi appena il tempo di nasconderla
dietro le mie spalle,
perché immediatamente, insospettiti da quel rumore, i sue
vampiri e la ragazza,
si voltarono verso di noi.
Sconvolto dalla paura che potessero
ferire Lizzie, mutai in
lupo e, col pelo ritto sulla schiena iniziai a ringhiare loro contro.
Caius, il vampiro che- secondo
Edward- era terrorizzato dai
licantropi, fece un balzo indietro, iniziando a tremare e trattenendo
il
respiro, per non sentire il mio odore.
L’altro vampiro, invece,
nascose la ragazza dietro le
proprie spalle, per proteggerla- mi stupii dei nostri gesti
così simili- ma lei
non intimorire e fissò sia me che Lizzie con arroganza.
-
calma signori,
questo è un licantropo, ma non un Figlio
della Luna, perciò non abbiamo di che temere.- disse,
tranquilla.
Le ringhiai con forza addosso, per
spaventarla, ma non si
mosse.
-
fermo Jacob! Ti
autorizzo a far loro del male solo se
ci feriscono.- intervenne Lizzie.
Poverina! Lo choc che le aveva
provocato il quasi- attacco
di Bella e l’assassinio di Julian, la stavano facendo
vaneggiare. Tuttavia, la
stretta che teneva serrata sulla mia pelliccia mi fece capire che era
seria e
lucida.
-
sei umana?-
azzardò Erice, con strafottenza.
Lizzie annuì.
-
anche io.
– fece la ragazza al seguito dei Volturi.
-
Cosa volete dai
Cullen?- li aggredì Lizzie, senza
preamboli.
-
Siete con loro?
Non mi aspettavo che reclutassero
licantropi ed umani tra le loro fila, ma questo gioca a loro favore.
È anche
una buona notizia per me. Comunque…mio zio Aro ha inventato
una scusa qualsiasi
(in questo caso la figlia della nuova Signora Cullen) per intentare
loro
un’accusa, distruggerli- grazie ai molteplici poteri del
Corpo di Guardia- e
poi annettere i più dotati tra i Cullen tra i
Volturi…è solito fare così.
–
spiegò la giovane Volturi.
-
Bisogna
avvisarli!- fece, allarmata la mia ragazza,
guardandomi.
-
Penso che la
famiglia Cullen lo sappia già; ciò di cui
non è a conoscenza è che io, Marcus Volturi,
voglio Aro morto. Deve pagare per
aver ucciso mia moglie Didyme.- soggiunse il vampiro dalla chioma
corvina.
La ragazza che lo chiamava padre gli avvolse un braccio attorno alle
spalle, sospirando
addolorata, poi, si girò verso di noi e notai che aveva gli
occhi dorati.
-
ci possiamo fidare
di loro, il cuore dell’umana è puro,
così come quello del licantropo…-
sentenziò con una voce diversa, a metà tra il
nebuloso ed il melodioso.
-
Tornate dai Cullen
e riferite loro che vorremmo parlargli
del nostro piano, entro domani.- ringhiò Caius, puntandoci
un dito contro.
-
Mio bellicoso
fratello, pensa prima di parlare: per
favore, parlate di questo con i Cullen, ma solo con coloro
di cui vi fidate ciecamente, qualcuno che sia in grado di
nascondere i propri ricordi, o che sarete sicuri Aro non
sarà interessato a
toccare.- ci pregò Marcus, con gentilezza.
Feci salire Lizzie in groppa,
preoccupandomi solo di mettere
quanta più distanza possibile tra noi, e quei due vampiri,
seguiti da quella
stramba umana.
Ebbi appena il tempo di vedere gli
occhi di Erice che
tornavano a farsi normali, poi, Marcus riprese tra le braccia la
ragazza; ed i
tre sparirono nel nulla, velocissimi lasciandosi alle spalle la
carcassa di
Julian, ormai ridotta ad un mucchietto d’ossa.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti ragazzi! Eccomi ancora
qui con un nuovo
capitolo!
Com’è? Mi scuso
ancora una volta se è un po’
cruento…ma…chi
sarà questa Erice? Perché, se è umana
chiama padre e zio Marcus e Caius? E
quale sarà il suo piano?
Fatemi sapere che ne pensate
Un baciotto
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Capitolo 15 *** 10. verità ***
10. verità
Lizzie sfrecciò con gli
occhi bassi su per le scale,
trascinandomi con sé, incurante degli sguardi di tutti i
Cullen fissi su di noi
e, solo dopo che si chiuse la porta della stanza di Renesmee alle
spalle, osò
respirare.
Io, che nel frattempo, mentre salivo
verso la camera, ero
riuscito a notare che non c’erano altri vampiri, oltre ai
Cullen; avevo fissato
Edward, pensando:
-
dove sono tutti?-
-
sappiamo
cos’è successo. Li abbiamo mandati a caccia
perché sappiamo vogliamo darvi il tempo di chiarirvi tra di
voi, e di parlare
con Bella…- sussurrò, velocissimo,
così che solo io riuscii a sentirlo.
*
Con la porta che ci divideva dalla
famiglia Cullen, mi
sentivo in un certo senso più sicuro. Guardai Lizzie che,
mentre la tensione la
stava abbandonando, si stava accasciando a terra come un pupazzo di
pezza.
Mi inginocchiai davanti a lei; la sua
schiena contro la
porta, e gli occhi vuoti che fissavano il pavimento.
-
Lizzie…la
tua ferita si è riaperta. Dovresti fartela
ricucire dal dottor Cullen.- le consigliai.
La ragazza allontanò la
mia mano calda dalla sua guancia,
come fosse un insetto molesto e poi nascose il viso tra le ginocchia,
raccolte
al petto.
-
mi serve un
momento per…per assimilare la cosa.
– iniziò a tremare. La sua voce
sembrava quella di una bambina.
Trascorsero diversi eterni minuti,
durante i quali combattei
contro me stesso per non toccarle i capelli. Li aveva abbandonati lungo
le
spalle e sulle gambe, quindi le coprivano completamente il volto ed
ondeggiavano come una cascata di foglie autunnali, ogniqualvolta veniva
scossa
da un singhiozzo.
-
amore…mi…dispiace
per quello che è successo…- riuscii
solo a dire, ma in verità, non sapevo cosa fare.
Lizzie aveva scoperto nel modo
peggiore- rischiando di
essere divorata da un vampiro- la mia vera natura. Come avrei potuto
spiegarle
quanto era successo? Non mi avrebbe più voluto accanto a
sé.
L’unico modo che avevo per
dimostrarle che i miei sentimenti
non erano cambiati, era chiamarla “amore”, speravo
se ne fosse accorta ma
continuava a non riemergere dalla sua chioma; quindi feci per alzarmi,
presentendo delle sensazioni che tanto mi spaventavano: un vuoto nel
petto e la
gola serrata in una morsa.
-
Jacob…-
mi chiamò Lizzie. Il suo viso, notai, quando lo
sollevò per guardarmi, era una maschera di lacrime.
Tolse immediatamente la mano che
aveva posato sul mio
braccio, per asciugarsi le lacrime, e si sforzò di
continuare:
-
mi dispiace per
quanto è successo…poco fa hai visto la
parte peggiore di me. Mi dispiace
perché ti ho sempre
messo in
pericolo, da quando ti conosco.- il suo tono sembrava tentennante, ma
le sue
parole erano sincere.
Davvero era così distrutta
solo per aver ucciso un uomo?
Possibile che non la toccasse minimamente il ricordo di una lotta tra
un
licantropo e una vampira, che aveva quasi tentato di mangiarla?
L’abbracciai, per farle
capire che non m’importava. Ormai
Julian era morto, non avevamo più problemi umani-
di certo però, i Volturi sarebbero stati un altro paio di
maniche.
-
qualche tempo
fa…quanto ti ho allontanato da casa
mia…ti ho detto che non ero la persona giusta per
te…ed è quello che penso
ancora, perché non sono la persona che credi, Jacob.
Tuttavia, sono troppo
egoista per lasciarti andare: quando ti ho rincontrato, ho sentito
qualcosa
sbocciarmi dentro, qualcosa di innocente, e ti ho accolto a casa mia
perché ho
visto sul tuo viso la sofferenza che sentivo nella mia anima. Volevo
dimostrare
a me stessa che sono in grado di far stare bene una persona, di essere
un’amica, di amare: volevo essere certa di poter essere una
persona buona, non un’assassina,
ma…bhè, hai visto cos’è
successo…non sono una persona
definibile come tale…-
-
Lizzie,
amore…non sei un’assassina, ti sei
semplicemente difesa da quel pazzo. Ora sei libera.- la rassicurai,
ritentando
ad accarezzarle una guancia.
Stava per rinchiudersi in quel
silenzio tipico di chi
detesta se stesso, ma, incontrando i miei occhi, vi vide qualcosa, e
seppe che
la conoscevo, che la guardavo col
cuore.
-
aspetta, fammi
finire…- grazie a quel particolare
riprese forza e di conseguenza, attesi.- poi, man mano che ci siamo
conosciuti,
mi sono resa conto che accanto a te mi sentivo forte, sicura, protetta,
in
equilibri con me stessa e tutto ciò che mi circondava e,
nonostante la tua
giovane età, sapevo di poter apprendere molto da te, come le
buone emozioni di
cui sei intriso- come l’amicizia, l’amore, la
lealtà e la purezza tipica di chi
ha l’animo bambino.- terminò il suo racconto con
un profondo sospiro.
Non resistetti oltre: presi il suo
viso tra le mani e la
baciai.
-
non ti sei mai
chiesto perché io e Julian ci odiassimo
così tanto? Perché lui avesse messo una bomba in
casa mia? Perché avesse ucciso
mio padre? Avrai sicuramente avuto mille domande, per tutto questo
tempo…- fece
Lizzie, staccandosi quasi subito dalle mie labbra e rifugiandosi sulla
mia
spalla.- sono pronta a rispondere a qualunque di esse.- promise.
Per un attimo i problemi
soprannaturali che riguardavano
vampiri e licantropi, divennero nebulosi, perdendo importanza e mi
tornò alla
mente il mistero che da sempre aveva circondato quella ragazza e che,
fino a
qualche minuto prima mi aveva assillato.
In effetti di domande ne avevo molte,
rendendomi
improvvisamente conto che ognuno aveva un mistero personale da rivelare
all’altro; ma, sarei stato pronto ad ascoltare la sua storia?
Da come me
l’aveva presentata sembrava celare un terribile segreto.
Sospirai, ma non riuscivo a parlare.
-
Jacob…io
lavoro per il governo. Mio padre era a capo
della sezione in cui lavoro anche io. La chiamiamo
“l’Organizzazione” e quello
che facciamo è…spionaggio. Ci mettiamo in azione
ogni volta che è necessario
“salvare il mondo”.- la voce di Lizzie era stata
chiara e fluida per tutto il
tempo. Seppi istintivamente che quella era la verità.
L’imponenza di quella
considerazione mi investì,
travolgendomi completamente: Lizzie era una spia.
Rimasi a bocca aperta. Non sapevo
davvero cosa dire.
-
sono stata
addestrata ad uccidere, Jacob. Ad essere un
fantasma che entra ed esce dalle situazioni,
senza essere notata. Ogniqualvolta entro in un posto so se
mi trovo in
pericolo, quante sono le uscite e se le persone al suo interno sono una
minaccia per me; perché le studio. All’inizio
avevo fatto lo stesso con te. –
confessò, fissandomi.
Che donna, era! Mentre parlava non
aveva mai abbandonato i
miei occhi.
Finalmente riuscii a spiegarmi
perché, quando le chiedevo
qualcosa su di lei, era sempre restia a parlarmene, ed invece, era
insistente
per sapere il più possibile su di me.
-
sono un mostro,
eh?- sussurrò Lizzie, abbassando il
volto, mortificata.
Le passai delicatamente le dita tra i
capelli:
-
Lizzie, quello che
mi hai detto, non definisce chi
sei, ma cosa sei…e sei
soltanto un’impiegata
del governo, non un mostro.- le feci ancora una carezza,
adesso erano le
mie mani a tremare.
Ora era il momento della mia
verità. Se lei si definiva un mostro, io cosa sarei sembrato
ai suoi occhi?
-
Lizzie…amore…c’è
qualcosa che anch’io devo dirti: qui
il vero mostro sono io.
–iniziai,
utilizzando proprio le sue ultime parole.
La ragazza mi divenne bianca in viso,
e si portò
istintivamente le dita alla fasciatura sul ventre.
Ora che mi aveva rivelato la sua
verità, alleggerita, aveva
potuto ricordare ciò che era accaduto nella radura.
-
che cosa
è successo lì? Gli occhi di Bella sono
diventati…rossi…e i suoi
denti…sembravano come quelli dei vampiri dei film.
–
farfugliò, respirando a fatica.
-
È
così. Bella è una vampira. I vampiri esistono, Lizzie. Tutti i Cullen lo
sono.- dissi, grave.
-
E…e…mi
mangeranno?- domandò, mentre premeva di più la
mano sulla ferita.
-
No, sta
tranquilla. Il dottor Cullen e la sua famiglia
hanno fatto una scelta di vita: sono vegetariani e si nutrono solo di
sangue
animale. Bella…è da poco diventata una vampira, e
in lei il richiamo del sangue
umano è ancora forte. Ad averla fatta scattare, è
stata la vista del tuo sangue. Ma
non ti farà del male, ha
visto quanto tengo a te, e di conseguenza ti adora; inoltre non lo
permetterò.
La mia missione è proteggere vite umane, da bravo licantropo
quale sono. E poi
ti amo, ti difenderei a qualsiasi costo.-
Ormai l’avevo detto. Avevo
detto tutto.
Spostai lo sguardo in un posto
indefinito, a disagio.
Quale sarebbe stata la sua reazione?
In silenzio, Lizzie si
alzò e mi invitò a fare lo stesso.
Nel momento in cui la guardai negli
occhi lei seguì delicata
i tratti del mio viso, e poco dopo passò a sfiorare il mio
petto nudo; sentii
che un’infinità di brividi mi pervadevano, ma mi
sforzai di rimanere lucido.
-
anch’io
ti amo, Jacob. E non per la tua natura di
licantropo, che definisce cosa sei, ma per chi sei.- disse,
riutilizzando le
mie parole.
Sorrise, poco prima di baciarmi.
La sentivo completamente
accanto a me, in quel gesto d’amore. Lei era lì,
corpo e anima, tra le mie
braccia e la sentii.
Eravamo l’uno davanti
all’altra: una spia e un licantropo
che si conoscevano ormai nel profondo, e si amavano.
Non mi importava
dell’imminente arrivo dei Volturi, dei
pericoli in cui saremo incorsi. Al di là della porta il
mondo scorreva, ma non
qui: avevo Lizzie al mio fianco, sentivo il nostro legame saldo, come
mai prima
d’allora; ed avvertivo la sua anima vicinissima alla mia.
L’amavo e questo mi bastava.
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Capitolo 16 *** 10. verità PARTE 2 ***
10. verità
Parte 2
La luce della luna piena bagnava il
viso di Lizzie di un
magnifico, argenteo pallore.
Dovevamo esserci addormentati,
l’uno tra le braccia
dell’altra, ma ero stato risvegliato di soprassalto dalle
parole di Marcus
Volturi, che mi risuonavano nella testa simili ad un cupo vaticinio.
Ricordavo perfettamente il suo
sguardo, il suo tono, il suo
discorso: ci aveva pregati di
mettere
a parte qualcuno dei Cullen, qualcuno di cui ci fidavamo, del suo
piano; ma
doveva solo qualcuno immune al potere di Aro.
Chi poteva corrispondere quella
descrizioni?
Sentivo un mal di testa martellante,
e il respiro corto per
via della tortura che mi procurava quel pensiero. Poi,
all’improvviso fui quasi
accecato da degli scoppi di luce che quasi mi accecarono; assieme ad
essi,
nelle orecchie mi frusciarono, come se fossero state urlate, altre
parole, un
altro discorso: quello fatto tempo prima da Eleazar, uno dei vampiri
Testimoni
che si era unito ai Cullen.
Era stato un componente della Guardia
del Corpo dei Volturi,
e la sua abilità era “scovare i poteri”.
Quando aveva posato i suoi occhi su
Bella non aveva forse accennato ad uno “scudo”, una
sorta di “schermatura”dai
poteri degli altri vampiri, che lei possedeva?
M misi a sedere di scatto, con un
sorriso smagliante e
circondato dal silenzio; il volto della mia amica mi appariva in testa
di tanto
in tanto, come fosse una vecchia foto.
Lei poteva essere la soluzione ai
miei problemi! Sicuramente
vi avrei trovato un’alleata, poiché odiava che la
sua Renesmee fosse minacciata
dai Volturi.
Svegliai Lizzie, sussurrando piano il
suo nome, come fosse
la cosa più preziosa che avevo, e ricoprendole il viso di
baci; non appena
incontrai i suoi occhi color cannella, mi sentii l’uomo
più felice del mondo.
La felicità tuttavia,
durò poco; non era il momento di farsi
sopraffare da quelle piccole, semplici gioie, mi sentivo completamente
oscurato
dall’urgenza di parlare con la mia amica vampira.
Accostai le labbra alle orecchie di
Lizzie, parlando con
voce flebilissima, per evitare di essere ascoltato da qualsiasi Cullen:
-
forse ho trovato
la persona con cui possiamo parlare
del piano di Erice. Evita però, di pensare al discorso di
Marcus, il marito di
Bella legge nel pensiero. E…un’ultima cosa: i
vampiri non dormono.-
la ragazza strabuzzò gli
occhi, spaesata e, temetti che non
mi avesse sentito, tuttavia, dopo essersi coperta la testa con le mani,
poiché
si sentiva defraudata dei suoi più intimi pensieri; con un
certo ritardo, mi
rispose:
-
quindi…credi
che potrei farmi ricucire la ferita, anche
ora?-
risi di gusto, incapace di contenermi
e la presi con slancio
tra le braccia, mentre uscivo deciso dalla stanza. Non avevo di che
preoccuparmi, ero certo che la mia risata avesse risvegliato tutta la
casa.
Così fu, infatti: mi
ritrovai davanti Emmett, solo un grosso
asciugamano a coprirgli la vita, che stringeva Rosalie tra le braccia,
cingendola da dietro; Bella, avvolta esclusivamente da una camicia di
Edward,
aveva chiuso la sua salda stretta attorno al braccio del marito,
trattenendo il
respiro; e il dottor Cullen era già vicino al divano.
-
scusatemi per il
disturbo, signori. Potreste ricucirmi
Lizzie?- domandai, ironicamente tra le risate generali;
dopodiché adagiai la
mia ragazza sul quel divano, ancora una volta.
Carlisle e suo figlio, le si
avvicinarono, pronti a fissarle
di nuovo i punti, ma nel momento in cui fecero per somministrarle
l’anestesia,
lei rifiutò, ferma.
Strinse la mia mano con delicatezza,
per tutto il tempo; non
un gemito
uscì dalle sue labbra.
D’un tratto Emmett,
scherzò, accarezzando i capelli di
Lizzie:
-
però,
tosta la ragazza! Certo, ci ha disturbato
mentre…eravamo occupati, ma vale la pena guardarla: sopporta
il dolore anche
senza anestesia!-
-
Eh già,
caro vampiro- armadio. C’è chi sa sopportarlo,
il dolore!- sghignazzò lei, in risposta, facendo sbattere il
pugno contro
quello di Emmett.
Per un interminabile attimo, nel
salone e nell’intera casa
dei Cullen, calò un silenzio tombale.
-
perciò…sai
di noi?- chiese, la Biondina.
-
Sì,
è per questo che vorrei parlare con Bella…per
scusarmi…- confermò Lizzie, annuendo.
Era davvero brava a dissimulare!
Infatti,
il-lettore-di-menti-dalla-chioma-bronzea-Cullen, che prima ci aveva
fissati con
una certa diffidenza, perché probabilmente aveva sentito
qualcosa della nostra
conversazione, tirò un sospiro di sollievo, e sorrise.
Bella, sentendosi chiamata in causa,
dopo un attimo di
incertezza, si sistemò una ciocca scura dietro le orecchie,
e si sistemò al
fianco della mia ragazza, accettando di tenerle la mano mentre Carlisle
ed
Edward completavano il loro lavoro.
-
mi dispiace di
aver interrotto la vostra intimità,
ma…credimi, è davvero urgente che io ti parli;
non immagini che tortura sia per
me non chiederti perdono…- fece, mentre il suo sguardo
guizzava da Bella ad
Edward.
Confermai con piacere quanto fosse
brava Lizzie a mentire:
il mio punteggio di apprezzamento per lei stava decisamente salendo!
Solo in quel momento notai che fu
scossa da un brivido:
-
e
così…i licantropi sono caldi,
ed i vampiri…freddi?-
chiese, rivolta verso di me.
-
Esatto.
È per questo che noi li chiamiamo “i
freddi”-
le rivelai, annuendo.
-
Chi preferisci? Il
freddo o il licantropo, piccola
umana?- le domandò Carlisle, per alleggerire la situazione,
e distrarla dal
possibile dolore che temeva sentisse.
-
Non vi nascondo
che siete splendidi, e perfetti,
ma…decisamente adoro i tipi calienti…-
mi strizzò l’occhio, con un pizzico di malizia
nello sguardo.
Altro scoppio di risa. Cominciai a
sentirmi a mio agio tra
quelle persone, nonostante l’ora tarda.
Poco dopo Emmett e Rosalie
scomparvero in una stanza, troppo
intenti a baciarsi anche solo per respirare.
Anche Bella, senza però
lasciare la mano di Lizzie, si
scambiò un gesto d’affetto con il marito, e solo
allora compresi che aveva
finito di sistemarle la ferita.
-
puoi andare
Lizzie, ti abbiamo ricucito- disse il
dottor Cullen, sfiorandole affettuosamente una guancia.
Lei ed io ci guardammo sconcertati:
non erano trascorsi
neppure cinque minuti, non un gemito era uscito dalle labbra di Lizzie,
ed ora
la sua ferita aveva smesso di sanguinare.
*
Ben presto, io, Lizzie e Bella(
fasciata in un semplice
abitino di lana), dopo una corsa ristoratrice nella fresca aria
notturna, ci
ritrovammo nella radura e solo allora feci scendere Lizzie dalla mia
groppa,
riprendendo le mie forme umane.
-
mi dispiace di
averti allontanato da Edward, Bells, ma
c’è qualcosa di cui ti dobbiamo parlare.
È qualcosa successo appena poco tempo
dopo che tu te ne sei andata da qui, ieri…- introdussi il
discorso, parlando
piano, per paura che, nonostante la distanza Edward fosse in ascolto.
-
Aspetta. Prima che
diciate qualsiasi cosa, vorrei
scusarmi con te, Lizzie, sono io a doverti chiedere perdono, non
viceversa, per
quanto è successo ieri, ormai. Mi dispiace immensamente per
come ho reagito,
non volevo, credimi. So quanto significhi per Jake, ed anche io ti
considero
un’ottima persona. Perciò…mi dispiace.-
le scuse di Bella quasi mi commossero:
erano accorate e sincere.
La vampira si mise davanti a Lizzie,
e, dolcemente prese le
mani di lei tra le sue, mentre la fissava con i suoi occhi cremisi.
-
non
c’è problema. Jacob mi ha spiegato che fa parte
della tua natura, è difficilissimo opporsi ad essa, io
stessa non credo ci
sarei riuscita; ma tu ce l’hai fatta: ti stimo molto per
questo.- Lizzie si
azzardò ad accarezzarle una guancia, nonostante tremasse a
contatto con la sua
pelle fredda e, anche se non voleva ammetterlo, penso tremasse per la
paura di
essere divorata ancora.
-
Comunque, pur
apprezzando le tue scuse, c’è qualcosa di
cui io e Jacob vorremo metterti a parte e, a detta del cucciolotto,
qui, tu sei
l’unica con cui possiamo
parlarne.
Proprio qui, ieri, dopo che sei
andata via, abbiamo fatto un
incontro; con Caius, Marcus, e una certa Erice, che dicono di portare
il
cognome “Volturi”- continuò Lizzie.
-
quella ragazza,
Erice, è umana, eppure
chiama Caius “zio” e Marcus
“padre”. Secondo te,
perché? Pensavo che i Volturi si nutrissero di sangue
umano…- soggiunsi,
esponendo i miei dubbi e chiedevo l’opinione di Bella; ma
subito me ne pentii
perché il viso di Lizzie assunse una cera cadaverica.
-
Un secondo. Calma,
piccioncini. Voi mi state dicendo che
ieri avreste incontrato, in questa
stessa radura, Marcus e Caius Volturi, assieme ad un’umana,
che però non hanno
mangiato? È impossibile.-
Lizzie allontanò le
proprie mani da quelle di Bella, e se le
sfregò, per riscaldarle. Un ultimo brivido la scosse, poi,
decisa, iniziò a
raccontare:
-
l’uomo
che hai visto ieri, quello cui ho sparato, ha
ucciso mio padre e di conseguenza io gliel’ho fatta pagare.
Poco dopo, mentre
mi sfogavo sulla spalla di Jacob, sono arrivati quei tre, avvolti in
mantelli
cremisi…
Marcus, ha fatto scendere dalle
proprie spalle la ragazza,
Erice; della quale però, non ho mai visto il viso. Lei
subito, senza fare caso
a noi, ha iniziato a dire al padre ed a Caius, di avere un piano per
“spodestare Aro”- testuali parole- e fargliela
quindi pagare per aver ucciso
una certa Didyme, che ho capito essere la moglie di Marcus, ma Erice la
chiamava “madre”…non pensavo che due
vampiri potessero generare un essere
umano…-
-
infatti non
possono, i vampiri non possono generare
vita…- mi affrettai a spiegarle, ma ottenni solo
un’espressione confusa.
-
Didyme…sì,
Carlisle mi ha parlato di lei: era la moglie
di Marcus, ma anche la sorella di Aro. La più attiva ed
influente tra le mogli,
perché disponeva di un potere simile a quello di Jasper. Si
diceva che Aro
l’avesse uccisa, ma non pensavo fosse vero…-
riflettè Bella, toccandosi il
mento. Era tanto immersa nei suoi pensieri da non aver udito lo scambio
di
battute tra me e Lizzie.
-
Ha fatto
uccidere…sua sorella?!- mormorai,
scandalizzato.
-
Non lasciarti
ingannare dall’affascinante bellezza di
quei vampiri. Bevono sangue umano e sono interessati solo al potere: se
Aro
considerava sua sorella “scomoda” nulla gli avrebbe
impedito di toglierle la
vita. - mi fece notare Bells, con saggezza.
-
Poi, purtroppo si
sono accorti di noi perché, pur
essendo io un’assassina, mi ha scosso un po’ il
fatto che Erice abbia
consigliato ai sue vampiri di cibarsi dei resti di Julian.
Così ci hanno pregato di
dire a qualcuno di cui ci fidavamo,
immune al potere di Aro, del “piano”.
Perché Marcus, come anche Caius, sa che
voi siete innocenti e che l’accusa mossavi da Aro, in merito
a tua figlia,
Bella (a proposito, non sapevo ne avessi una)è falsa. Di
conseguenza non vuole
che ciò che sta architettando sia scoperto, né
che qualcuno di voi venga
ferito.- terminò, Lizzie.
Mi stupii di quanto fosse pronta e
lucida, nonostante l’ora
tarda.
-
per questo abbiamo
pensato a te, Bells. So del tuo
“scudo”.- m’intromisi, cingendo il mio
amore tra le braccia.
Gli occhi di Bella scintillarono nel
buio, poi, tesa, iniziò
a muoversi in linea retta, avanti e indietro nella neve- che ormai
aveva
completamente attecchito sul terreno-, con passo tanto leggero che,
sono certo,
Lizzie, non potesse udirlo.
-
è
qualcosa che non mi aspettavo. Sinceramente è l’ultima
cosa che mi aspettavo di
sentire. Non vedrei nulla di sbagliato in un’alleanza con
questa Erice, se
questo mi desse la sicurezza che né il Branco né
la mia famiglia, subiranno
alcuna conseguenza. Tuttavia, prima di potermi fidare, dovrei ascoltare
questo
piano…- considerò, attenta.
-
È
proprio per questo che siamo qui, Signora Cullen…-
disse una voce, che uscì improvvisamente dal buio.
Bella si parò prontamente
tra questa e Lizzie, in posizione
di difesa, per proteggerla; io, dopo essere tornato lupo, feci lo
stesso, ed
iniziai a ringhiare cupamente.
Era Marcus ad aver parlato. Seguito
da Caius ed Erice -
appena scesa agilmente da un albero- venne sotto la luce della luna.
Fu uno spettacolo inquietante, ma
magnetico: tre mantelli
ondeggiavano nel vento, senza mostrare il volto dei loro proprietari;
sembrava
fossero indossati da fantasmi.
-
sapevo di potermi
fidare di voi!- sorrise allegra, la
ragazza Volturi; fissando me e Lizzie.
-
Venite, vi
parleremo di ciò che abbiamo in mente; ma
non fatene parola con nessuno: sarebbe la morte per tutti!-
ringhiò Caius.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qui con
un altro capitolo!
Cosa ne pensate?
Fatemi sapere.
Un baciotto
Marty23
|
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Capitolo 17 *** 11. il semplice ma efficace piano di Erice Volturi ***
11. il semplice ma efficace piano di
Erice Volturi
Eravamo lì,
all’aperto da diverso tempo, e la presenza di
tre vampiri non stava di certo aiutando la mia Lizzie.
Disposti in fila, a brevissima
distanza gli uni dagli altri,
ci squadravamo, come nemici. Ma, troppo preoccupato per la salute di
Lizzie, mi
arrischiai ad infrangere quella stupida, rigida e tacita regola, per
avvicinarmi a lei e scaldarla.
A contatto con il mio pelo folto, la
ragazza si rilassò, ed
iniziò ad accarezzarmi dolcemente la testa. Sembrava
muoversi a tentoni, come
se in quel buio non vedesse.
- chi di voi ha ideato questo piano?-
li aggredì Bella. Era
tesa, nervosa, non si aspettava quel cambio di programma.
Erice, che si trovava tra Caius e
Marcus, fece un passo
avanti, calandosi il cappuccio sulle spalle, per
la prima volta da quando l’avevo vista.
-io. – disse seria.
- tu? Che strano…sei l’unica
umana tra i Volturi, l’unica che non sia stata
mangiata. Sei un’eccezione
particolare ma sei pur sempre un’umana. Possibile che i Volturi abbiano fatto decidere a te di architettare un piano simile? Da
cui dipenderà la vita o la
morte della famiglia Cullen, e del Clan Volturi?- disse Bella, decisa,
schematica, lucida mentre le girava attorno con le braccia raccolte al
petto,
esaminandola. Non si fidava davvero!
Però era chiaro che teneva
alla sua famiglia, a noi. Non
l’avevo mai vista reagire
così.
-
e
poi…il tuo nome, Erice,
ha la stessa pronuncia del termine “eris” che in
greco antico significa
“discordia”. Come potrei fidarmi di te?-
continuò.
Wow! Non la facevo amante della
lingua greca!
-
sì,
Signora Cullen, è possibile e…ci si
può fidare di
lei. Io e mia moglie consideriamo Erice come figlia: ha vissuto tra i
Volturi
da quando è nata; il suo destino era diventare il nostro
pasto- o dessert, come
l’ha sempre definita Aro-
ma grazie a mia moglie Didyme ho scoperto quanto fosse speciale, e che
spreco
sarebbe stato mangiarla.- Marcus, punto nel vivo era intervenuto in
quella
sorta d’interrogatorio e, nonostante all’inizio
pensassi che Erice fosse stata
ammessa tra i Volturi, solo grazie al potere di Didyme, dovetti
ricredermi,
notando la stima e l’affetto con cui Marcus la guardava.
-
Inoltre,
l’abbiamo istruita ed addestrata; conosce i pi
intimi segreti della nostra famiglia
ed è stata l’unica
testimone
dell’assassinio di mia moglie. Per questo si è
attirata l’odio di Aro, ed ho
dovuto allontanarla…essendo perciò esperta delle
nostre pratiche, e la sola ad
avere la possibilità di ideare questo piano, io le ripeto,
Signora Cullen, che
possiamo fidarci di lei.- il vampiro moro si interruppe, con la voce
rotta.
Sono certo che se avesse potuto avrebbe pianto.
Sotto lo sguardo sdegnato di Caius,
per quella reazione,
Erice posò dolcemente una mano sulla spalla del padre.
Fu allora che potei osservarla con
attenzione: era sottile e
slanciata come un giunco, aveva modi posati, ma maniere ferme e decise;
puzzava
lievemente di vampiro.
Il suo viso tondo era incorniciato da
una massa di soffici
ricci scuri, che forse al sole sarebbero diventati lucidi, splendenti,
di un
castano chiaro; le labbra sembravano disegnate, tanto erano piene e
rosee; e mi
stupii, guardandola negli occhi, ora di un intenso verde bottiglia. Non
seppi
quindi spiegarmi, come mai la volta precedente le fossero diventati
dorati.
-
padre, basta.
Penso che la signora Cullen si sia
convinta, ora.- disse Erice, con voce pacata.
Evidentemente quel ricordo del suo
passato, per quanto
vicino o distante potesse essere, le faceva ancora male.
-
va bene,
ascoltiamo questo piano. Ma voglio conoscerne
tutti i particolari: le tattiche del nemico, gli stratagemmi che hai
intensione
di usare, e i tuoi alleati. Hai detto di averne alcuni, no?- soggiunse
Lizzie,
riassumendo per un attimo quell’atteggiamento razionale,
tipica del suo essere
quando ancora veniva influenzata dalla deformazione professionale del
suo
lavoro.
Tirai un sospiro di sollievo: Bella
si era zittita e
valutava, senza parole il legame che univa Marcus ed Erice. Mi
sembrò che
Lizzie avesse salvato la situazione.
-
è un
piano abbastanza semplice e, spero, efficace. Per
molto tempo sono dovuta stare lontana dai Volturi, ma sono rimasta in
contatto
col Corpo di Guardia, all’insaputa di Aro. Loro sanno che
domani, allo scontro,
sarò presente, ma non immaginano dove, né come.
Sappiate che i vostri- e nostri-
unici e principali nemici saranno Alec, Jane, Felix, Demetri ed Heidi.
-
Dunque, come
già ho detto, conosco alla perfezione le
tattiche dei Volturi e, come sicuramente saprete, Aro soffre di manie
di
protagonismo, perciò porterà con sé
dei Testimoni, al fine di far divulgare
loro quanto sia stata imparziale la loro giustizia nei vostri confronti.
Ciò che vi chiedo di fare,
cara Signora Cullen, è usare modi
diplomatici per rendere evidente che Aro ha usato semplicemente un pretesto per arrivare a distruggervi
-perché avanti, sappiamo entrambe che lei e suo marito non
siete creatori di
Bimbi Immortali. Così facendo, metterete Aro a disagio e, i
Testimoni saranno
spinti ad andarsene; sarà in quel momento che io
agirò. Di conseguenza, voi
Cullen, dovrete proteggervi, perché immagino non abbiate mai
assistito ad una
lotta intestina tra vampiri di uno stesso clan e, inoltre, superdotati.-
-
non
mancherò di chiedere ad Eleazar le abilità del
Corpo di Guardia.- promise Bella, apparentemente convinta da quelle
parole.
-
Ah, il caro
Eleazar. Come sta?- domandò Caius, con
forzata cortesia.
Ma non ottenne risposta, e
ringhiò appena.
-
come intendi
agire, esattamente?- la incalzò Lizzie,
fissando Erice, in parte scontenta per i pochi particolari che ci erano
stati
forniti.
-
Perché
me lo domandi?intendi partecipare alla
battaglia?-
La mia ragazza si limitò
ad annuire, solenne.
In una frazione di secondo sentii
l’intero peso del mondo,
addosso; così, accecato dal panico, afferrai un lembo del
vestito di Lizzie.
Lei mi si inginocchiò
vicino, mentre Belle le si avvicinava,
guardandola sconvolta:
-
non puoi farlo,
Lizzie.- le disse, agitata. Doveva
tenere davvero a lei.
-
Voglio rendermi
utile, e non credo che se mi trovassi
tra le vostre fila, Bella, vi renderei la vita facile. Se è
vero che la nascita
di vostra figlia ha scatenato questo, per la presenza di
un’umana, tra di voi,
Aro vi condannerebbe a morte seduta stante.-
-
Potrei nascondermi
tra i Testimoni dei Volturi, ed
attaccare insieme ad Erice, quando se ne andranno. Cosa devo usare?
Paletti di
frassino? Acquasanta?- domandò, rivolta alla ragazza
Volturi, che le rise in
faccia.
Ringhiai contro Erice per zittirla:
era proprio una
presuntuosa!
Lizzie era solo inesperta in merito
agli “esseri
soprannaturali”, non poteva comportarsi così.
La ragazza si ricompose quasi subito,
dopo il mio
ammonimento:
-
Lizzie…giusto?
Guardi troppi film di fantascienza! I vampiri non si uccidono
né con picchetti
di frassino, né con l’acquasanta. Bisogna fare a
pezzi il loro corpo e
bruciarne i resti.- la istruì Erice.
-
Ok,
ok…allora…posso unirmi a voi?- domandò
Lizzie per
nulla scoraggiata, guardando i tre Volturi.
Ancora una volta mi aggrappai ai suoi
abiti, terrorizzato.
Anche se il compito di noi licantropi
era proteggere vite
umane, Lizzie aveva ragione: se Aro l’avesse trovata tra le
fila dei Cullen,
sarebbe stata la morte per tutti; perciò il suo piano filava
di più di quello
semplice, ma- sperava- efficace di quello di Erice, tuttavia la
ritenevo pur
sempre una follia.
Non riuscivo a staccarmi dalla mia
amata: la sola idea della
sua lontananza da me, mi straziava il cuore; figuriamoci poi doverla
lasciar
andare, per salvare la vita di noi tutti, infiltrandosi in incognito
tra
vampiri che bevevano sangue umano.
Guaii piano, per attirare la sua
attenzione. Mi
accarezzò dolcemente il muso, ma
l’espressione con cui mi fissò quando
voltò la testa, era quella fiera ed
impassibile di un guerriero prima della battaglia.
Per tutto questo tempo, avevo temuto
che fosse spaventata
dalla mia natura di licantropo, e dall’esistenza dei vampiri,
ma la verità era
che mi amava a tal punto da lasciarsi trascinare in quella faccenda, e
volermi
aiutare.
Mi posò con fermezza una
mano sulla testa, ed io, diligente,
mi sedetti, per comunicarle che condividevo la sua scelta.
Probabilmente era proprio quello il
gesto che aspettavano,
perché solo in quel momento Lizzie ottenne una risposta,
alla domanda che era
rimasta sospesa nell’aria, prima; e fu Caius a parlare:
-
e sia, umana, o
forse dovrei chiamarti “Domatrice di
Licantropi”. Ti nasconderemo tra i Testimoni, e
sarà solo quando loro se ne
saranno andati, che tu agirai, seguendo Erice. E…usa questo:
è l’unico modo che
avresti per bruciare i resti di un vampiro.- mentre Lizzie si
avvicinava, dopo
avermi lasciato un morbido bacio sul pelo, il vampiro biondo le
lanciò uno strano oggetto di
metallo, inciso e
decorato* : sospirai di sollievo quando lei lo prese al volo.
Nel momento in cui ebbe completamente
coperto la poca
distanza che la divideva dai Volturi e, si ritrovò tra di
loro, Lizzie fu
fissata da Marcus che, un attimo dopo, posò gli occhi su di
me:
-
non temere, faremo
sì che non le accada nulla…- mi
rassicurò, sorridente.
Non compresi la sua frase. Era pur
sempre un vampiro che
beveva sangue umano, no? Perché c’era quella delicatezza nella sua voce? Che fosse di vedere il legame che mi univa a Lizzie?
-
ti ringrazio per
“l’arma”…Caius…giusto?-
fece Lizzie, rigirandosi quell’oggetto tra le mani-
ma Erice ha sottolineato che “per uccidere un vampiro,
bisogna prima farlo a pezzi, e poi bruciare i suoi
resti”…- continuò,
mettendo in evidenza quel particolare.
-
Non
preoccuparti, penserò io a quel lavoretto
sporco; veglierò io su di te durante la
battaglia…o ti affibbierò qualcuno
del Corpo di Guardia.- le promise, con voce melliflua, guardandola
maliziosamente.
Lizzie fece un passo indietro,
fissandolo con durezza. Il
messaggio era chiaro: non doveva oltrepassare quel limite.
Ringhiai con forza, il pelo ritto
sulla schiena, per
rimarcare il concetto: Lizzie era solo mia.
Caius chinò
impercettibilmente la testa, perdendo colore in
viso: mi temeva davvero!
-
no, Jacob; non
è come pensi. Caius non vuole
Lizzie: è sposato. La stima
semplicemente, perché lei è riuscita a dominare
ciò che lui teme di più.- mi
spiegò Bella, bisbigliando, e afferrandomi la coda, per
paura che lo
attaccassi.
Tuttavia, diffidente, non staccai gli
occhi da Lizzie,
neppure quando Caius si sfilò il mantello che indossava, e
lo gettò sulle
spalle della mia ragazza, dicendo che era necessario che lo mettesse,
perché
così non sarebbe stata riconosciuta; oppure quando lei, un
attimo dopo,
rabbrividì dentro quell’enorme palandrana che
avrebbe dovuto scaldarla. Ma come
poteva, visto che era stata “raffreddata” da un
vampiro?
Fu allora che Lizzie mi
guardò, per l’ultima volta, avvolta
in quel gigantesco mantello e con la testa abbandonata nel cappuccio.
Il suo
viso era un mosaico di emozioni: aveva paura per quello che sarebbe
successo
l’indomani mattina; temeva di deludermi; ma mi amava, lo
vedevo dai suoi occhi, nonostante
l’idea della lontananza non
andasse a genio neppure a lei.
-
abbi
fiducia…- mimò, muovendo solo le labbra.
Poi, seguendo l’esempio di
Erice- che Marcus aveva accolto
sulla sua schiena- montò sulle spalle di Caius e scomparve
nella notte.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qua con
un nuovo capitolo!
Manca davvero poco alla battaglia contro i Volturi, che ne pensate del
piano di
Erice?
Fatemi sapere cosa ne pensate?
Un baciotto
Marty23
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Capitolo 18 *** 12. studiare il nemico è sempre un bene: assicura maggiori possibilità di vittoria ***
12. studiare il nemico è
sempre un bene: assicura maggiori
possibilità di vittoria
Tornai a casa logorato. Avevo voglia
di piangere ma mi
affrettai a schizzare via, correndo come un folle, per sfuggire al
dolore ed al
sole, che stava sorgendo.
Bella mi seguì, agile,
mentre qualche sbuffo di luce le
baciava la pelle, facendola risplendere di un chiarore iridescente, che
mi
pungeva gli occhi. Notai un’ombra di tristezza sul suo volto,
come riflesso del
mio malessere, che sembrava apparirle chiaro.
Nei pressi del giardino dei Cullen,
tornai umano, e mi
affrettai a vestirmi; Bella giunse un secondo dopo di me e mi
abbracciò
dolcemente, mentre mi bisbigliava nell’orecchio:
-
ora Lizzie
è al sicuro…-
mi lasciai cullare dalle sue gelide
braccia, stanco e
triste, ma poi ebbi un’illuminazione: afferrai la vampira per
le spalle,
fissandola mentre mi strizzava l’occhio. Aveva appena
stabilito un “codice”: in
presenza di Edward pensando a Lizzie, avrei dovuto riferirmi solo al
fatto che era al sicuro, per non
lasciare che
venisse a conoscenza del patto che avevamo appena stipulato.
Entrammo in casa, tenendoci per mano.
Non so come, ma la
presenza della mia amica riusciva a darmi forza.
Ormai mancava davvero poco alla
battaglia, dovevamo
prepararci, studiare delle tattiche, essere a conoscenza di ogni
abilità dei
Testimoni, per capire quanto accessibile ci sarebbe stata la vittoria.
Dovevo solo stare tranquillo, la mia
unica pena era la
salute di Lizzie, ma non avevo di che temere, lei era al sicuro, era al
sicuro,
ERA AL SICURO. Cercai di convincermene.
Subito, Edward, intento a parlare con
suo padre, voltò la
testa verso di me, insospettito dalla mia fredda rabbia; fortunatamente
in quel
momento, a salvarmi da una spiegazione che mi avrebbe tratto in
inganno, arrivò
Renesmee, i ricci capelli bronzei ondeggiavano nel vento innaturale
mosso dalla
sua stessa corsa.
La presi tra le braccia, sforzandomi
di sorridere, e subito
lei, fissandomi con i suoi grandi occhi così simili a quelli
della madre, mi
posò una manina dalla pelle color crema, sulla fronte.
Lizzie
dov’è?
Avevo sempre apprezzato il suo
potere- ovviamente appena ne
ero venuto a conoscenza- perché in un certo senso era
complementare a quello
del padre e quello della madre; inoltre le permetteva di ottenere senza
sforzo
ciò che voleva.
La sua domanda muta mi
risuonò nella testa come il tintinnio
di una moneta caduta in terra, e immediatamente dopo essa, seguirono
delle
immagini di me e Lizzie assieme.
Anche se non le era stato permesso di
vederla, per paura che
Nessie desiderasse il suo sangue, quell’originale mezza
vampira aveva trovato
il modo di osservarci di nascosto.
Aveva prestato particolare attenzione
ai nostri sguardi,
incuriosita dall’insistente ricerca dei nostri occhi, dalla
loro intensità, dal
nostro saper prevedere i gesti reciproci, come fossimo l’uno
il prolungamento
dell’altra. Mi soffermai anch’io su di essi: Lizzie
mi amava profondamente, ne
ebbi l’ennesima conferma. Quindi ora, anche se eravamo
lontani, lei aveva fatto
la sua scelta, ed era si trovava al
sicuro.
-
tra poco verranno
i Volturi, per conoscerti, piccola
Nessie. Non sarebbe stato un posto sicuro per lei; le ho chiesto di
tornare a
casa. -
con una
semplice
risposta, parve che avessi convinto due vampiri assieme. Sia Nessie che
suo
padre mi fissarono addolorati. Possibile che il mio amore per lei fosse
tanto
evidente?
In quel momento Bella prese sua
figlia dalle mie mani,
raccolse i capelli corvini in un’unica treccia, e con decisa
pacatezza chiamò a
raccolta tutti i Testimoni e la sua famiglia nel salotto.
-
perdonate la mia
arroganza, signori. Presto ci
confronteremo con i Volturi. Non sappiamo se sarà uno
scontro pacifico o meno;
perciò avrò bisogno di sapere di quali abilità
disponete.-
decine e decine di occhi la
scrutarono, perplessi.
-
io…sono
in grado di capire quando una persona mente…-
si fece avanti una vampira minuta, dai riccioli rossi, giunta
dall’Irlanda,
chiamata Meggie.
-
Io posso
controllare gli elementi.- seguì un vampiro
che stava col clan degli Egizi, di nome Benjamin.
Nonostante tutto si stesse svolgendo
a “modalità vampiro”,
quindi abbastanza velocemente, mi sembrava che il tempo non scorresse
più.
Puntai gli occhi su Eleazar, e mi
abbandonai ad un torpore
in cui la voce di Bella divenne solo un’eco lontana.
Quando mi
“risvegliai”, prendendo di nuovo possesso del
corpo e delle mie facoltà mentali, compresi che la piccola
irlandese Meggie
scopriva i bugiardi; la sua compatriota Siobhan, sembrava essere in
grado di
trasformare ogni suo desiderio in un atto di effettiva
volontà- e siccome
nonostante l’aspetto da donnona massiccia sembrava pacifica,
dovevo fare in
modo che non esprimesse desideri su quanto sarebbe successo con i
Volturi;
l’egiziano dai capelli blu scuro, Benjamin controllava gli
elementi; tra il
clan delle Amazzoni, solo Zafrina aveva un potere, e creava illusioni;
l’unica
ad avere un potere nel clan Denali, era Kate, ed era
“elettrificata”…e tanto mi
bastava, aggiungendo ovviamente anche lo scudo di Bella,
perché, valutando
attentamente compresi che bastavano quei pochi elementi per garantirci
la
salvezza, e forse anche la vittoria.
Quando Bella terminò il
suo interrogatorio, tutti quei
vampiri scomparvero lesti, e decisero di allenarsi nel giardino,
spaventati da
quanto la mia amica vampira aveva detto.
Dopo un rapido scambio di sguardi tra
lei e il marito, che
non capiva il suo comportamento, io e Bella ci avvicinammo ad Eleazar.
-
so che sei stato
tra le fila dei Volturi, Eleazar; ho
bisogno di conoscere tutti i poteri dei tre Reggenti, e del Corpo di
Guardia,
per favore…- disse la vampira, fissandolo seria ma risoluta.
Ero certo che già
li conoscesse, ma sicuramente aveva posto quella domanda a quel
vampiro, per
metterne a parte me.
-
Perché,
Bella?- le domandò cortese, con voce profonda.
-
Studiare il nemico
è sempre un bene: assicura maggiori
possibilità di vittoria.- aggiunsi io, sollevando il mento.
-
Sappiate che la
maggior parte della forza dei Volturi,
deriva dalla loro capacità di aver accumulato un gran numero
di vampiri con
dote straordinarie. Ad Aro, infatti, basta un semplice contatto per
leggere i
pensieri di qualcuno; Renata è il suo scudo,
letteralmente. È la sua guardia del corpo. Marcus,
è in grado di vedere i
legami che uniscono le
persone…- sospirò.
Per poco non mi strozzai con la mia
stessa saliva: ecco
perché poco prima quel vampiro moro mi aveva guardato,
rassicurandomi che non
sarebbe stato fatto del male a Lizzie!
-
Chelsea, invece,
può percepirli e, se necessario,
annullarli o rafforzarli; il suo compagno, Afton, sa
“accecare” le sue vittime,
dando loro la sensazione di essere sul punto di decomporsi; qualcosa di
simile
è il potere di Alec, che, insieme a sua sorella Jane,
è uno dei favoriti di
Aro, infatti, è la sua arma segreta: rende inermi gli
avversari dei Volturi,
mentre gli Anziani decidono cosa ne sarà della loro sorte.
Sua sorella Jane, è
la più temuta. Può creare l’illusione
del dolore nella mente dei suoi nemici.
Demetri è il segugio
personale del
Caln; infatti, a lui basta un piccolo tocco, tuttavia per una
finalità diversa
da quella di Aro: lui è in grado di rintracciare
qualsiasi persona, ovunque essa si trovi. Infine,
l’inseparabile compagno di
Demetri, Felix, non dispone di nessun potere in particolare, ma
è
incredibilmente forte, come Santiago.- spiegò.
Era stato veloce, silenzioso,
preciso, più di un computer,
ma non aveva mancato nel mostrare la sua umanità.
Ci lasciò, per unirsi a
Carmen, la sua compagna, del clan
dei Denali, ma vedevo chiaramente sul suo viso i suoi dubbi in merito
al motivo
per cui gli avevamo fatto quella domanda.
-
contento? Sei
riuscito a farti un’idea?- mi chiese
Bella, leggermente nervosa, quando il vampiro non fu più a
portata d’orecchio.
Stavo per risponderle, ma fui
interrotto dall’arrivo di Seth
e Leah.
-
è il
momento, capo. Sam e gli altri sono già nella
radura.- fece il novellino, tutto trafelato.
mi sentii precipitare nel
vuoto…
rivolsi gli occhi a Bella, che,
pronta, si girò verso il
marito. Fu uno scambio di occhiate e, proprio per questo più
insopportabile. Se
avessero reagito tutti con un moto di panico, seppur minima, avrei
saputo che
c’era qualcuno con cui potevo condividere le mie emozioni; ma
tutti quei
vampiri, così freddi, anche dinnanzi a quella notizia non si
scomposero;
carezzarono il viso color crema di Renesmee ed uscirono in fila, senza
parlare.
Sentivo l’ansia addosso,
come un cappio troppo stretto che
mi toglieva il respiro; la paura mi aggrovigliava le viscere. Fissai il
cielo
dove, ormai, i timidi raggi del sole tingevano ogni cosa.
Stavo per perdere la
lucidità. Il Giorno del Giudizio si
stava avvicinando, ma anche se quella minima attesa era snervante, mi
morsi un
labbro, costringendomi a mantenere la calma, altrimenti sarebbe andato
tutto
perduto.
L’ultima cosa che vidi, fu
Bella che abbracciava sua figlia
e baciava Edward. Gli occhi del lettore di menti, sembravano velati di
terrore,
come se temesse la morte, la separazione dalle persone che di
più amava; e,
nello stesso tempo sperasse nell’esistenza di qualcosa oltre
morte, dove,
evidentemente, avrebbe potuto riunire la sua famiglia ed essere felice
con
essa.
Stranamente- ed io stesso rimasi
sorpreso dalla mia
reazione, poiché mi aspettavo di prorompere in una valanga
di frasi a
sproposito- lo compresi, ed attesi tutto il tempo di cui aveva bisogno.
Poi, riprese le forme di lupo,
assieme a Leah e Seth scortai
Bella, Edward e Renesmee fino alla radura, dove potemmo unirci ai
Testimoni, e
ai licantropi, già schierati.
D’un tratto, in lontananza
distinsi un brulicare d’alberi e
vidi un essere compatto e fluido, una sorta di unico vessillo, una
serie di mantelli;
e seppi che erano loro.
I Volturi erano arrivati.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti! Eccovi un nuovo
capitolo! Manca davvero poco
allo scontro con i Volturi, e quindi alla fine, spero vi piaccia!
A proposito, avrete notato che nel
capitolo precedente
l’oggetto che Caius da a Lizzie è lo stesso che in
BD Caius usa per bruciare
Irina.
Fatemi sapere che ne pensate
Un baciotto
Marty23
|
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Capitolo 19 *** 13. profumo di battaglia ***
13. profumo di battaglia
Arrivarono con grande sfarzo, non
senza una certa bellezza.
Arrivarono in formazione rigida,
solenne. Si muovevano
all’unisono, ma non era una marcia: affluivano con perfetta
sincronia dagli
alberi. Una sagoma scura e ininterrotta che sembrava sospesa di qualche
centimetro sopra la neve bianca, tanto fluida era la sua avanzata.
Le ali esterne erano grigie: il
colore si scuriva ad ogni
fila di corpi, fino ad arrivare al cuore della formazione, che era del
nero più
intenso. Tutti i visi erano ricoperti da cappucci e in ombra. Il vago
fruscio
dei piedi era così regolare da sembrare musica, un ritmo
complicato che non
mostrava esitazione.
A un segnale che non notai- o forse
non vi fu alcun segnale,
ma solo millenni di esercizio- la struttura si allargò verso
l’esterno.
La loro avanzata era lenta ma decisa,
senza fretta, senza
tensione, senza ansia. Era l’andatura degli invincibili.
Le figure con il mantello grigio si
disposero sui fianchi,
mentre quelle più scure avanzarono con precisione verso il
centro, misurando al
millimetro ogni movimento. *
Lasciai vagare lo sguardo su quel
tripudio di colori. Il suo
lento arrivo mi ricordava un fiume di fango, tremendamente simile alle
emozioni
che stavo provando in quel momento: le mantelle grigio chiaro, poste ai
lati,
mi facevano pensare ad un mare in tempesta, esattamente come quello di
cui mi
sentivo in balia, mentre annegavo nelle mie paure, a causa delle poche
idee che
avevo su come si sarebbe svolta la lotta interna
tra i Volturi. Il grigio fumo- dei vampiri posti nelle prime linee-
erano le
nubi di rabbia che mi offuscavano la mente, al solo pensiero di essermi
allontanato da Lizzie. Il rosso scuro mi rimandava al sangue che Erice,
Caius e
Marcus desideravano e, che, di lì a poco, avrebbe irrigato
la terra. Infine, le
mantelle nere indossate dagli Anziani- mi fece piacere che Caius e
Marcus
avessero avuto il tempo di cambiarsi d’abito- mi faceva
ribollire d’odio,
quello stesso che sarebbe esploso, se i Volturi con cui avevo parlato,
non avessero
mantenuto la parola.
Poi, vi fu un attimo di assoluto,
religioso silenzio, e
temetti che “la sfilata” fosse terminata
lì.
Dove diavolo erano i Testimoni?
Erice, così come Eleazar
ed Edward non avevano forse
affermato che ad Aro piaceva avere un pubblico?
Mi sfuggì un brontolio
sommesso. Bella guardò verso di me,
mentre con una mano sfiorava le dita di Edward, per farsi forza e con
l’altra
avvolgeva Renesmee, con fare protettivo: seppi che i miei stessi
pensieri le
stavano attraversando la mente.
Infine, dopo un lunghissimo, eterno
secondo- di massima
tensione per quanto mi riguarda- tirai un sospiro di sollievo, vedendo
muoversi, dall’estremità della foresta, centinaia
di figure; alcuni venivano
verso i Volturi, ma altri rimasero al limitare del bosco. I Testimoni.
Erano
arrivati, finalmente!
Li esaminai uno per uno, severo e
lesto: avevano gli occhi
timorosi, perché non erano abituati agli scontri; la maggior
parte, tuttavia, a
causa dell’odio per la fama dei Bambini Immortali, facevano
trasparire senza troppa
difficoltà il loro folle desiderio di battaglie e roghi. Era
proprio quello che
avrebbero avuto, dissi tra me e me, con un sorriso.
Poco dopo però, con
stupore notai che nessuno di loro aveva
il viso coperto. Come avrebbero fatto Erice e Lizzie a nascondersi tra
quelle
fila?
Sconvolto dall’irritazione
per quei piccoli cambiamenti di
programma, avrei voluto camminare avanti e indietro, tra i miei amici,
per
allontanare l’ansia che era tornata ad aggredirmi; avrei
voluto urlare,
attaccare quei luridi succhiasangue, staccare loro la testa a
morsi…ma mi
imposi di piantare bene i piedi in terra, fino a sentire dei solchi
sotto le
zampe.
Dovevo stare calmo, dovevo stare
calmo: se avessi perso la
lucidità, tutto sarebbe andato perduto e Lizzie,
così come Bella e la sua
famiglia, on sarebbero più stati al sicuro.
Alle orecchie mi giunse il possente
battito dei gradi cuori
dei miei fratelli, e ringraziai per la loro presenza, che riusciva a
rilassarmi, a non farmi sentire solo; così come,
quell’imponente battere,
copriva, alle orecchie dei Volturi, il respiro e il battito dei cuori
di Erice
e Lizzie, nascoste tra di loro.
D’un tratto, come una
carezza sulla pelliccia, avvertii
l’inquietudine spargersi tra le fila eterogenee e disordinate
dei Cullen: molti
vampiri che, come Bella si erano soffermati a contare le forze di cui i
Volturi
disponevano, si erano scoraggiati.
Sbuffai, infastidito: loro erano solo
32 ed il nostro gruppo
contava 17 licantropi e 19 vampiri che avrebbero combattuto. Avremmo
vinto di
certo!
Possibile che nessuno sapesse che i
Testimoni dei Volturi non si
battevano? Che l’unico scopo
della loro presenza lì era
“divulgativo”, poiché dovevano spargere
la voce nel
mondo su quanto fosse stata giusta ed imparziale la giustizia dei
Volturi?
Mentre Edward sussurrava
quest’informazione a sua moglie,
aggiungendo – poiché evidentemente
l’aveva appresa leggendo la mete di
qualcuno- che eravamo in vantaggio perché la presenza di noi
licantropi
allertava quei succhiasangue, facendoli quindi tentennare.
Un ghigno mi si stampò in
faccia. Ero felicissimo di ciò che
il lettore di menti aveva detto, ma non avevo tempo per soffermarmi ad
ascoltare i pensieri di tutti, le strategie, i timori…
Sollevai, invece, lo sguardo- tra
quelle infinite statue di
cera, alle quali ora si era ridotto il Corpo di Guardia- sulla triade
nera
degli Anziani: nessuno di loro parlava, ma le loro dita si toccavano
appena.
Ero certo che Aro, posto al centro, percepisse i loro pensieri.
Lo sguardo di Marcus sembrava
annoiato, fluttuante nel
vuoto; era assolutamente diverso dall’uomo dagli occhi
rabbiosi, dannati,
assetati di vendetta, che avevo incontrato solo un giorno prima. Ora
capivo
come avesse fatto a nascondere le sue vere intenzioni ad Aro.
Caius, invece, mi fissava digrignando
i denti.
“ma che bravi!”
mi ritrovai ad elogiarli, mentre scorgevo i
nostri bersagli, più prossimi al Consiglio. Marcus e Caius
erano davvero
vampiri di parola: Renata, lo scudo di Aro era tanto vicina a quei tre
che
sembrava avesse le dita cucite al mantello del suo signore; - ma era
chiaro che
non era una guerriera, sembrava più una tartaruga timorosa,
con la testa
ritratta nel cappuccio; e Caius e Lizzie,
se solo avessero voluto, l’avrebbero distrutta
in un batter d’occhio-
Alec e sua sorella Jane, i sorrisetti beffardi sulle labbra carnose e
quei
volti bambini e angelici, erano in prima fila, l’uno accanto
all’altra, avvolti
da mantelli della gradazione più scura di tutti, appena
più chiari di quelli
degli Anziani. Forse era vero ciò che aveva detto Erice,
ossia che Aro fondava
tutta la forza dei Volturi sui vampiri superdotati che aveva al suo
seguito e,
se così era, quei due ragazzini dovevano essere i suoi
gioielli.
Dopo qualche febbrile sguardo sulla
folla, individuai Felix
e Demetri: erano a pochi metri di distanza, coperti da mantelli grigio
chiaro,
erano alti e dai capelli scuri; il primo però, era massiccio
come un armadio,
l’altro sottile come una spada.
Dovetti, invece, faticare parecchio
per trovare Heidi…ed
infine la individuai:una bellezza statuaria, simile a quella della
Biondina
Cullen, incorniciata però da due occhi cremisi e una chioma
castana, posta a
difesa delle esili e pallide mogli, nella retroguardia.
Perfetto! Una volta uccisa lei, anche
la moglie di Aro, la
smunta Sulpicia, avrebbe trovato la morte, se non altro per evitare che
per
l’assassinio del marito, meditasse vendetta contro di noi. E-
mi dissi- se
Caius si fosse comportato male, l’avrei privato della bionda
Anthenodora.
-
guarda Vladimir,
sono proprio venuti tutti oggi! Ci
sono addirittura le mogli!- fece Stefan, uno dei due vampiri rumeni cui
i
Volturi avevano distrutto il regno, dando una leggera gomitata
d’ammirazione al
compagno.
Mi venne da ridere, ma stavo
cominciando ad annoiarmi.
Quando avremmo iniziato?
In quel momento, come se qualcuno mi
avesse letto nel
pensiero, dopo un tempo che mi sembrò interminabile; -
allora compresi che i
vampiri, esseri eterni, avevano tempo da perdere- accadde qualcosa: il
vampiro
al centro, dalla chioma castana, chiamato Aro, passò le sue
pupille screziate
da Liam a Siobhan, circondati da due file di licantropi.
Mi parve che un fremito attraversasse
il suo volto
d’alabastro poroso.
A quel segnale di titubanza,
l’intero Corpo di Guardia,
scattò in posizione d’attacco.
- veniamo in pace, cari
Cullen…- sospirò l’anziano Volturi.
Ebbi appena il tempo di scorgere il
dottor Cullen che
cercava lo sguardo di suo figlio, in attesa di qualcosa, e quando
Edward gli
fece un cenno d’assenso, lo vidi passare davanti ai miei
occhi, con i palmi
delle mani in alto, in segno di resa.
Cosa? Lo lasciavamo andare da solo, tra i Volturi?
-
Aro, amico
mio…sappiamo quali sono le tue vere
intenzioni, infatti, quelli che vedi qui sono Testimoni. Li abbiamo
chiamati
solo per dimostrarvi che l’accusa che avete mosso contro di
noi, è infondata.-
sorrise benevolo ed innocuo, ma non mi sfuggì il significato
profondo delle
“vere intenzioni”. Possibile che il dottore sapesse
che non sarebbe stato
facile farsi ascoltare, e che quindi, ci sarebbe stata una battaglia?
-
Ecco, toccala, e
saprai la verità…- Carlisle tese una
mano in avanti, aspettandosi che Aro la prendesse tra le sue e venisse
a
conoscenza della vera storia di Renesmee.
-
Carlisle! Ti crei
così tante leggi…ma poi non rispetti
la più importante e rinneghi la tua stessa natura!-
urlò Caius, scattando in
avanti come un serpente mentre puntava un suo dito uncinato contro il
dottore.
Mi giunse il respiro strozzato di
Renata che, evidentemente,
non apprezzava quei cambi di programma.
-
pace,
fratello…- lo richiamò Aro, alzando una mano, e
continuò- no, amico Carlisle, voglio conoscere la
verità da chi ne è stato
interessato in prima persona; e siccome la Bambina
sta attaccata alle spalle della compagna
neonata di Edward, penso che vorrò parlare con tuo
figlio…- lo fermò con
durezza, mentre Caius si acquattava, in posizione d’attacco
accanto a Marcus.
Edward, sentendosi chiamato in causa,
serrò per un attimo i
pugni, poi baciò sulla fronte sua moglie e sua figlia, come
a voler passare
loro la sua forza, e si affrettò ad affiancare suo padre.
Con la coda dell’occhio,
vidi Bella irrigidirsi, ringhiare
appena, e tendere la bocca in una smorfia. Anche lei desiderava dei
roghi, dove
poter far espiare le colpe a quei bastardi Volturi, che minacciavano la
sua
famiglia; lo vedevo da suo sguardo. Ma la sua più imminente
ed evidente
preoccupazione era proteggere Edward, perché sarebbe stato a
stretto contatto
con Aro.
Sono certo che avesse tentato di
modellare addosso al marito
il proprio scudo, tuttavia, nonostante mi fossi irrigidito anche io,
perché le
idee di Bella cozzavano con ciò che era
necessario succedesse, ossia che Aro si rendesse conto che
Renesmee era una
vampira solo per metà, non avvertii nessun cambiamento.
Edward fece un altro passo avanti e
tese la sua mano bianca
verso Aro, con fare sprezzante, come se gli stesse concedendo un grande
onore.
L’Anziano Volturi ebbe un
attimo d’esitazione e dal Corpo di
Guardia alle sue spalle giunsero ringhi di tensione, poi con un
sorrisetto
beffardo prese la mano di Ed tra le sue.
Chiuse gli occhi.
Trascorse un minuto…
Chinò le spalle sotto il
peso delle informazioni che stava
apprendendo da Edward.
Trascorsero due minuti…
-
vedi?- gli
domandò Edward, con la testa china a sua
volta, perché leggeva le reazioni che quelle informazioni
causavano nella mente
del vampiro.
-
Certo che
vedo…- sorrise Aro, curioso, con un tono
divertito ed imparte ammirato.
Passarono altri minuti e persi il
conto, perché cominciai ad
annoiarmi.
Ancora una volta scrutai i Testimoni,
alla ricerca della mia
ragazza, ma senza risultati perché molti di loro erano
nascosti benissimo tra
gli alberi, tanto che ebbi l’impressione che fossero
diminuiti da quando erano
arrivati.
A richiamare la mia attenzione su Aro
ed Edward, fu un
sospiro sorpreso di Aro:
- e così
lei…è tua figlia naturale…- aveva
esclamato
l’Anziano, fissando il lettore di menti negli occhi, ora che
si era staccato da
lui.
- cosa dici, Aro? Stai vaneggiando?-
gli sibilò Caius,
ringhiando.
- fratello…la bambina
è unica…io stesso, da quando sono in
vita, non credo d’aver mai visto nulla di simile.
È la figlia naturale di
Edward, data alla luce dalla sua compagna, quando era ancora umana. Il
suo
cuore batte, e cresce.- gli disse
Aro, voltando la testa verso di lui, ammirato.
- impossibile. È un
trucco, è tutta una menzogna!- replicò
duramente Caius.
- Caius…dubiti forse del
mio potere?- gli occhi cremisi di
Aro si infiammarono di rabbia mentre la sua voce si faceva tagliente.
Era ovvio
che non amava che le sue opinioni venissero messe in discussione.
- lasciaci vedere ciò che
vedi, fratello: consultiamoci.-
intervenne Marcus, con un sospiro più delicato della
pergamena.
Aro fissò suo cognato e
parve apprezzare il suggerimento;
anzi avrei detto che ne era meravigliato, perché
probabilmente non era abituato
a sentirlo parlare.
-
consutiamoci.-
convenne quindi.
-
Consultiamoci.-
gli fece eco Caius.
In un attimo i tre vampiri si presero
le mani e, chiusi in
un cerchio nero, pareva fossero altrove con le menti.
Il tempo si fermò ancora;
gli Anziani immobilizzati, il
Corpo di Guardia di nuovo fermo come un’unica statua di cera,
ma questa volta
mi parve che quell’intervallo fosse stato troppo breve,
perché durante questo,
ero stato troppo impegnato ad incontrare gli sguardi di Bella, Edward,
ed altri
testimoni, che si facevano tutti la mia stessa domanda: possibile che
fossimo
così fortunati? Che i Volturi fossero divisi internamente,
tra le loro stesse
fila?
Poi, troppo presto, i tre del
Consiglio tornarono a muoversi
e la mia attenzione si concentrò ancora una volta su di loro.
Marcus era tornato in silenzio
accanto a Renata; Caius si
guardava attorno, come se fosse alla ricerca di qualcuno; ed Aro,
stampandosi
di nuovo sulle labbra il suo falso sorriso, si rivolse ad Edward:
-
posso conoscerla?-
gli chiese, con voce sognante e
carica di desiderio.
Il pelo mi si rizzò sulla
schiena e sentii Bella che
ringhiava. Quel vampiro psicopatico voleva essere messo a parte anche
dei
pensieri di Renesmee?
Il lettore-di-menti-Cullen stava per
rispondergli, ma le sue
parole furono coperte dal ringhio rabbioso di Caius:
-
Tu! Vieni qui,
subito!- fece, perché evidentemente
aveva trovato chi stava cercando.
Una vampira bionda con i capelli
tagliati a regolo, posta
nella retroguardia, assieme alle mogli, sobbalzò, sentendosi
chiamare e, con
passo incerto, venne avanti, fino a trovarsi al cospetto di Caius.
Lo sguardo di quella vampira era
fisso su Kate e Tanya, che
si tesero in avanti non appena la riconobbero.
Caius la afferrò per il
collo e, facendole forzatamente fare
qualche passo verso i Cullen, disse:
-
è lei?
È quella la Bambina che hai visto?-
e indicò Renesmee, con un
cenno sprezzante del mento.
Solo allora capii che quella vampira
bionda doveva essere
Irina, quella di cui Edward e Bella mi avevano parlato, quella che li
aveva
denunciati ai Volturi.
Mi ritrovai a ringhiarle contro.
In quel momento Irina
raddrizzò le spalle, anche se con una
certa difficoltà, visto che Caius non le lasciava il collo,
esaminò Renesmee
attentamente, poi sussurrò:
-
sì,
ma…è diversa…non so come spiegarlo,
è…cambiata-
-
quindi, mi pare di
capire che, siccome è diversa, cresce;
perciò non può essere una
Bambina Immortale, no?- le sibilò Caius, mellifluo,
fissandola con odio.
Poi la schiaffeggiò, ed
Irina cadde in ginocchio. Sono certo
che quel gesto non la ferì fisicamente, ma la
volontà d’umiliazione era chiara.
D’improvviso, dal mantello
quel sadico vampiro biondo
estrasse un oggetto tutto inciso e decorato e, nel momento in cui vi
posai gli
occhi sopra, realizzai che l’avevo già visto: era
lo stesso che aveva dato a
Lizzie!
Allora intendeva bruciare Irina!
Sconvolto dalla rabbia-
perché il suo gesto non rientrava
nei nostri patti- iniziai a ringhiare, deciso, ed a me si unirono Kate,
Tanya e
Bella.
-
per cosa intendete
punire nostra sorella Irina, se è
lecito chiederlo, signori?- proruppe un vampiro nomade dalla chioma
bionda che
stava accanto a Kate.
Mi parve di ricordare che si
chiamasse Garrett, ma non
compresi perché parlando di Irina l’avesse
chiamata “nostra sorella”; insomma,
non aveva parenti, era un nomade.
-
per aver fornito
falsa testimonianza? Non servirà a
nulla, e lo sapete! Senza neppure toccare la bambina mezza vampira, per
cui
tutti noi siamo venuti a fare da testimoni, siete già a
conoscenza della verità
si di lei, eppure ora vi state nascondendo dietro futili scuse per
portare a
compimento il vero compito per cui siete giunti fin qui: distruggere
questa
famiglia.- Garrett fece un altro passo avanti, e prese la mano di Kate.
Ok, ora
capivo perché aveva definito Irina
“sorella”: era innamorato di Kate.
Bel discorso. Bene! Questa sarebbe
stata la sfida cui i
Volturi avrebbero dovuto saper rispondere a dovere, se non volevano che
i loro
Testimoni si insospettissero e andassero via.
Arò fissò con
disapprovazione il fratello, poi guardò
fugacemente, con disagio i Testimoni, che si erano tesi in avanti, per
un
attento ascolto.
Nonostante fossi felice che il vero
secondo fine di Aro
stesse venendo a galla, ero confuso dal comportamento di Caius: aveva
solo finto di bruciare Irina per
smascherare
il fratello? O voleva davvero punirla?
-
questa famiglia,e
dico famiglia, non congrega,
ha uno stile di vita diverso dal vostro: i suoi legami sono fondati
sull’amore, e non sull’amore per il potere.
Rinnegano la loro stessa natura e non
feriscono gli umani; voi siete venuti a distruggerli, ma sospetto sia
perché vedete
in loro dei nemici, non perché abbiano infranto la legge;
poiché, come vedete,
non è stata infranta alcuna legge. Riflettete su quanto vi
dico, Testimoni: noi
abbiamo la verità dalla nostra parte, eppure i Volturi non
intendono ascoltarci,
sono venuti qui con la precisa idea di distruggerci e non sentiranno
ragioni.
Pensate bene al motivo per cui siete qui, e fate una scelta, altrimenti
vi
renderete complici di una strage.- detto questo, Garrett sorrise a Kate
e si
preparò in posizione d’attacco.
Che bel discorso! Chiaro, breve,
incisivo e che avrebbe
lasciato il segno.
Mi augurai che i Testimoni dei
Volturi, ai quali Garrett di
era rivolto, riflettessero su ciò che Aro era realmente
venuto a fare e
scegliessero di andar via, per chiarire ai Volturi che non avevano
più il loro
appoggio e, ovviamente, così facendo, lasciavano la
possibilità ad Erice e
Lizzie di agire.
-
è
questa, Aro, l’unica scelta che abbiamo? Dichiararci
con te o contro di te?- intervenne, dal limitare del bosco, una voce
femminile
che, con una rapida occhiata di ricerca, compresi appartenesse ad una
vampira
mora, una Testimone dei Volturi, vicina agli alberi.
Una nuova ondata di decisione mi
spinse a cercare ancora il
nascondiglio di Erice e Lizzie.
Quando le trovai, praticamente
mimetizzate dietro un
possente albero, riuscii solo a scorgere qualche loro sguardo, e non
del tutto,
i loro volti; ma con piacere vidi che Erice era china
sull’orecchio di Lizzie,
e bisbigliava, probabilmente perché la mia ragazza non
riusciva a sentire
quanto stava succedendo, e la ragazza Volturi, abituata da sempre al
tono
bassissimo tipicamente vampiresco, voleva tenerla aggiornata.
A stento trattenni un ululato di
gioia, e per la prima ed
unica volta nella mia vita fui grato ad Aro perché prese la
parola,
costringendomi a concentrarmi su di lui:
- ma certo che no, affascinante
Mekenna- fece, scandalizzato
dall’idea che quel discorso avesse potuto dare
quell’impressione- siete liberi
di andarvene in pace, se è questo che desiderate.-
- bene, allora la nostra
testimonianza è questa: la famiglia
Cullen è innocente.- disse risoluto un vampiro che era
accanto alla mora
chiamata Mekenna, poi le prese la mano, e sparirono
all’orizzonte, correndo.
Altri vampiri seguirono il loro
esempio, ed in breve il
limitare della foresta, prima tanto affollato, si fece deserto.
Un sorriso soddisfatto mi si
stampò in faccia: il momento
scelto da Erice per agire era arrivato!
-
che strana piega
hanno preso gli eventi…perdonateci
cari Cullen, ma io e i miei fratelli dobbiamo consultarci.- disse Aro,
falsamente dispiaciuto, con le mani giunte al petto.
Poco prima di toccare ancora una
volta le mani di Aro e
Marcus, Caius si guardò attorno e schioccò le
dita in direzione di Felix e
Demetri.
I due, svolazzando, gli si fecero
accanto e, fecero alzare
Irina- che fissò sconsolata le sue sorelle- prendendola in
custodia, almeno
fino a quando non si sarebbe deciso cosa fare di lei.
Per ora le parole di Garrett e
l’eloquente gesto dei
Testimoni, le avevano salvato la vita, ma il fatto che la lasciassero
vivere
per me non era più una certezza, ed ormai non mi fidavo
più molto di Caius,
anche se- dovetti ammettere- forse aveva fatto avanzare Felix e Demetri
per
darci maggiori possibilità di attaccarli ed ucciderli.
Quando il cerchio nero dei tre
Anziani tornò a formarsi,
Edward corse accanto a Bella e Renesmee, radunando attorno a
sé anche un certo
numero di testimoni, e disse:
-
preparatevi. Sento
profumo di battaglia…-
subito, alle mie spalle, sentii che
ognuno si sceglieva un
bersaglio tra i componenti del Corpo di Guardia, ma non vi prestai
attenzione
perché ero troppo impegnato ad osservare quelle due figure
dal viso coperto,
avvolte in lunghi mantelli bianchi, che avanzavano silenziose come
angeli
vendicatori, dal limitare del bosco, al centro della radura.
Nessuno oltre a me sembrava averle
notate, né qualcuno fra i
Volturi, né fra i Cullen, e solo io sapevo chi erano quelle
due.
ANGOLO AUTRICE
* sono le parole utilizzate dalla
Meyer in “Breaking dawn”
capitolo 36 “sete di sangue” pagg 613-614
Ciao a tutti! Questo è il
penultimo capitolo di questa
storia, ci stiamo avvicinando allo scontro corpo a corpo Cullen VS
Volturi(anche se, abbiate pietà, ma non sono molto brava
nella descrizione
delle battaglie)a proposito mi dispiace di aver stravolto il magnifico
discorso
di Garrett, ma spero si capisca lo stesso qualcosa.
spero vi piaccia!
Chi saranno le due figure vestite di
bianco che solo Jacob
vede e riconosce?
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un baciotto
Marty23
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Capitolo 20 *** 14. il Giorno del Giudizio ***
14. il Giorno del Giudizio
Avevo il corpo ridotto ad un fascio
di nervi, tesissimi. Mi
sentivo come un cane che ha appena avvistato la sua preda. La
differenza, era
che le prede, quelle due figure
slanciate ed ammantate di bianco, erano le mie alleate e, fino a quel
momento,
sembrava che io fossi l’unico ad averle notate.
Ero concentrato con tutto me stesso
su di loro; sempre
attento a non farmi notare né dai Cullen né dai
Volturi, tanto che, anche se
non potevo vederne i volti, sapevo istintivamente chi erano quelle due:
Erice,
il passo agile, quasi lesto come quello dei vampiri, che le permetteva
di non
essere udita, anche se i suoi piedi affondavano nella neve; e Lizzie, a
poca
distanza da lei, più lenta ma dignitosa, maestosa e
terribile, con una mano che
reggeva il grosso oggetto inciso e decorato- datole da Caius-
abbandonata lungo
un fianco.
Dietro di me sentivo ancora i Cullen
ed i loro testimoni che
si sceglievano i bersagli da attaccare:
-
a Jane penso io:
ha bisogno di essere ripagata con la
sua stessa moneta.- stava dicendo Kate.
-
Alec è
mio. È in debito con me di parecchie vite. -
affermò uno dei romeni. Non seppi mai chi, perché
non lo degnai di uno sguardo.
-
Io voglio solo
Felix. Sono certa che quel bastardo non
aspetta altro che uccidere Irina. Non mi piace come le sta addosso,
come la
guarda: vorrà giocare con il cibo prima di mangiarlo, e deve
pagare, anche solo
per aver avuto questo pensiero!- ringhiò Tanya, sporgendosi
in avanti, con gli
occhi fissi sull’Armadio Volturi che stringeva il braccio di
Irina con troppo
vigore.
-
Per il bene di
tutti, qui: Renesmee…Alice…Jasper…io devo uccidere Demetri.- soggiunse
Bella, un sadico sorriso sulle labbra e i denti scoperti.
-
Ti
terrò lontani gli altri.- fece Edward, sorpreso dal
vigore di sua moglie; poi cercò lo sguardo di Zafrina,
probabilmente perché
doveva essersi reso realmente conto di quanti
fossero gli avversari che doveva tenere lontano.
-
Tranquillo Edward,
nessuno toccherà questa ragazza. Le
mie illusioni allontaneranno tutti.- lo rassicurò
l’Amazzone, passando un
braccio attorno alle spalle di Bella.
Solo allora realizzai le parole della
mia amica…cosa?
Che…che cosa? Se Bella avesse scelto di combattere, chi
avrebbe protetto tutti
i Testimoni?
-
ehm…scusami
sorellina ma…di Demetri voglio occuparmi
io. Tu dovresti rimanere qui a proteggere tua figlia e i Testimoni che
non
combatteranno, col tuo scudo.- intervenne Emmett.
Oddio, fatelo santo subito!
Emmett, il gorillone vampiro tutto
muscoli, che aveva detto
una cosa spettacolare, logica e, che aveva subito fatto placare la
disumana
ondata di panico che aveva rischiato di assalirmi non appena avevo
sentito che
Bella aveva intensione di combattere; diede voce alle mie
preoccupazioni.
Bella ringhiò contro suo
cognato( perché era suo cognato,
vero?), imbronciata.
-
e va bene, va
bene, non mettermi il broncio, dai!
Potrai pensare a Renata. In fondo, avete lo stesso potere, no?
Combattereste ad
armi pari- replicò il compagno di Rosalie, sorridendo.
Era incredibile come riuscisse a
stare calmo nonostante una
battaglia incombesse.
Bella stese le labbra a quelle
parole, palesemente
soddisfatta.
Quindi- ripetei tra me e me- tutti i
bersagli erano
assegnati: Renata a Bella( cui coprivano le spalle Edward e Zafrina);
Demetri a
Emmett; Jane a Kate; Alec ad uno dei romeni…ma chi avrebbe
pensato ad Heidi e
Sulpicia?
Mi augurai che Erice ne fosse in
grado…
-
Bella, attenta!
Jane sta per attaccarci.- il tono
allarmato di Edward fu come una doccia gelata: per un attimo la mia
voglia
immane di vedere Lizzie si offuscò, così come
l’euforia per una vittoria
praticamente sicura.
Fui costretto a voltare il muso verso
il lettore di menti,
che fissava il sorrisetto perverso di Jane Volturi, con paura.
Alle parole del marito, vidi Bella,
tesa, flettersi
leggermente sulle ginocchia, forse preoccupata di mantenere integro il
suo
scudo.
Un attimo dopo, dalla sua espressione
sofferente compresi
che Jane ci stava attaccando per davvero; alzai lo sguardo mentre il
mio
ruggito rabbioso copriva ogni suono: gli occhi di
quell’indemoniata mi fissarono
mentre rideva beffarda.
Giurai a me stesso che avrei staccato
di persona la testa
dal resto del corpo, a quella piccola stronza.
Chiusi gli occhi, aspettando,
tremante, l’arrivo del dolore…
Tuttavia, trascorsi alcuni secondi
capii che non era
accaduto nulla: lo scudo stava funzionando!
In segno di ringraziamento strusciai
la mia grossa testa di
lupo contro le spalle della mia amica vampira, e Remesmee mi
afferrò un
orecchio, ridendo divertita.
-
sta’
pronta, amore: ora è il turno di Alec…- la
avvisò
ancora, la voce di Edward.
Io, come sempre non avvertii nulla
ma, a quanto sembrava,
neppure Bella: si guardava attorno, spaesata, come se non sapesse
esattamente
cosa doveva cercare; di tanto in tanto fissava il gemello di Jane, che
aveva
gli occhi ridotti a fessure dietro la corta capigliatura castana.
Poi, all’improvviso la mia
amica aguzzò gli occhi verso
qualcosa che strisciava tra l’erba, come una lenta serpe, e
digrignò i denti in
segno di sfida.
Poco dopo la vidi ancora una volta
flettere le ginocchia per
predisporre lo scudo a parare il colpo.
-
ora stanno
iniziando a stancarmi…- proclamò Benjamin.
Con un ringhio seccato il vampiro
egiziano sedette in terra
a gambe incrociate, simile ad un maestro zen e parò una mano
davanti a sé, le
dita allargate e il palmo aperto…
All’improvviso, avvertii la
terra che mi franava sotto i
piedi. Se da una parte sembravo pervaso dalla gioia di vedere per la
prima
volta il potere di Ben, in azione; dall’altra avevo il cuore
stretto in una
morsa di paura.
Sollevai istintivamente lo sguardo
verso le schiere dei
Volturi: sapevo che quell’attacco era diretto a loro- anche
se, serafico, il
trio degli Anziani ancora stretto in cerchio, pareva non essersi
accorto di
nulla- per spaventarli, e intimare loro di smettere; ma mi augurai che
Erice e
Lizzie non ne venissero colpite.
Con difficoltà, a causa
della terra che tremava, le trovai
con gli occhi, ed a stento resistetti all’istinto di balzare
al loro fianco…
Erice e Lizzie erano alle spalle
delle due mogli e né
Sulpicia o Antenodora, né Heidi sembravano essersi accorte
di loro. Erano
vicine ad un vampiro alto e possente, dalla pelle olivastra e una massa
corvina
di ricci che gli adombravano gli occhi rossi. Erice aveva estratto un
pugnale
dalla lama scintillante, mentre Lizzie stava pronta, col suo strano
oggetto,
che avrebbe arso tutti i resti dei vampiri.
Chi diavolo era quel vampiro? Che le
avesse scoperte?
Alzai le orecchie, teso, curioso di
scoprire cosa stesse
succedendo:
-
Per gli Immortali
la vittoria è certa, è dovuta! Noi
siamo nel giusto: questa vittoria è nostra, di diritto!-
stava declamando
Sulpicia, la moglie di Aro.
Componeva poesie? Strano passatempo
per un vampiro
sanguinario…
-
mi chiedo se per
un Immortale, che non è puro, né nel
corpo o nella mente, che non è più degno di
errare su questa terra; all’ombra
della morte, sia invece oggi giunto non un giorno di vittoria, ma il
Giorno del
Giudizio!- gli rispose Erice, sempre declamando, come se avesse
completato la
poesia della “zia”.
Trasalendo al suono di quella voce,
Sulpicia, Anthenodora ed
Heidi si voltarono lentamente.
Da allora, tutto avvenne in pochi
attimi, ma riuscii a
scorgere tutto in maniera distinta: Erice afferrò Sulpicia
per i lunghi capelli
biondi, costringendola ad inginocchiarsi e, con una scintilla
d’odio negli
occhi verdi, fendette l’aria con la sua arma
finchè non riuscì a far rotolare
lontano la testa della vampira.
Che pugnale poteva aver usato
perché riuscisse a distruggere
la pelle di granito di un succhiasangue?
Osservai quella ragazza che
continuava ad accanirsi sul
corpo acefalo della moglie di Aro, facendolo a pezzi, come fosse stato
un
semplice pezzo di carne.
Quante angherie doveva aver subito da
Sulpicia e suo marito,
per arrivare a tanto!
Mentre la ragazza Volturi, era tutta
concentrata nella sua
opera di smembramento, Heidi, che dapprima proteggeva Anthenodora col
suo
stesso corpo, decise di avventarsi sull’umana, per punirla di
quanto aveva
fatto…
Ma, velocissimo, il vampiro
riccioluto- che fino a quel
momento aveva nascosto Lizzie dietro le sue spalle- si frappose fra
Erice ed
Heidi, e lo scontro tra i due corpi, produsse il fragore di un tuono.
In quel momento, tutto il Corpo di
Guardia si voltò,
sussultando e mormorando, come un mare agitato. Mentre alcuni
accorrevano in
aiuto di Erice e del vampiro ricciuto, altri si preoccupavano di
ostacolare
Felix e Demetri che, a quel suono, avevano gettato a terra Irina, per
correre
in soccorso di Heidi.
Mi sentivo assolutamente sconvolto:
desideravo ardentemente
andare a proteggere Lizzie, ora che lei era accanto ad Erice ed insieme
avevano
acceso una pira per distruggere i resti di Sulpicia; ma probabilmente
dovevo
rimanere fermo, altrimenti le avrei denunciate all’intero
clan dei Cullen, ed
agli unici tre vampiri che sembravano non essersi accorti di nulla.
Alec, Jane e Renata, infatti,
parevano estranei a quanto
accadeva loro attorno, poiché i primi due erano troppo presi
dagli attacchi che
ci stavano sferrando contro, e l’altra, a fare da scudo ai
suoi signori.
Tirai fuori la lingua e scossi la
testa, nel tentativo di
schiarirmi le idee; subito dopo mi sforzai di tenere gli occhi aperti,
per
vedere quanto stesse succedendo…
Un vampiro dalla disordinata chioma
biondo rame e le labbra
sottilissime, stava in piedi, leggermente distante dagli altri e,
assieme al
vampiro riccioluto- che aveva lasciato Erice e Lizzie a rassicurare la
pallida,
bionda Anthenodora, perché pensava che fosse giunto anche il
suo momento di
morire- si stava battendo con Heidi.
-
lascia fare a me,
Santiago…- disse il vampiro dalla chioma
ramata, che- notai solo allora- indossava lo scuro mantello dei Volturi
come
fosse una tonaca, tipica dei consoli dell’antica Roma.
Il vampiro dalla pelle olivastra,
chiamato Santiago, si
fermò e fece un passo indietro, imitato a ruota dal vampiro
Console romano.
Heidi, che sino ad allora aveva
lottato contro di loro con
foga, in una pressante danza, si acquattò in posizione
d’attacco.
Scoprì i denti,
ringhiando, e poi attaccò…
All’ultimo momento, proprio
mentre sentivo i muscoli pronti
a scattare in loro soccorso, il vampiro Console levò una
mano davanti a sé,
quasi con fastidio, e la vampira che stava fronteggiando rimase sospesa
in
aria.
Però! Quel vampiro dai
capelli ramati e l’aspetto di un
ventenne, aveva un potere!
-
Heidi…Heidi…hai
idea di cosa significhi il mio nome in
Sabino?- le domandò, fissandola con un cipiglio di fiero
disgusto.
Non ottenne risposta, era come se
Heidi fosse stata
afferrata per la gola, mentre levitava…
-
lancia.
–
continuò allora il Console- e…hai idea di quanto
possa pungere una lancia sulla
pelle?-
detto questo, sollevò
l’altra mano, mentre Heidi
boccheggiava, e la lasciò fluttuare nell’aria,
come se stesse scacciando delle
mosche. Solo quando sentii Heidi urlare, compresi quale fosse il suo
potere: la
stava dilaniando, senza il minimo
sforzo.
-
bel lavoro,
Corin!- si complimentò Santiago, dandogli
una pacca sulla spalla e portandosi una mano alla rada barbetta che gli
ornava
il mento.
-
Lizzie, vieni! Ho
un’altra pira da farti allestire.- il
vampiro Console, di nome Corin, chiamò la mia ragazza(con
tono troppo
confidenziale, per i miei gusti), e lei, dopo aver gettato un ultimo
sguardo ad
Anthenodora, lo raggiunse con una leggera corsa, seguita da Erice,
mentre alle
loro spalle le due si lasciavano la tomba ardente della moglie di Aro.
Nel momento in cui Lizzie si
fermò davanti a Corin, e una
vampata di fiamme eruttava dal suo “accendino” sui
resti di Heidi; il cappuccio
bianco che la proteggeva, le scivolò sulle spalle, ed allora
tutti i Cullen
proruppero in un’esclamazione di sorpresa.
-
cosa ci fa Lizzie,
lì?- domandò Edward, apparentemente
a nessuno in particolare, ma mi fissava bieco, con fare accusatorio.
-
È
proprio forte quella ragazza! Ma…non è giusto che
lei
stia combattendo ed io devo rimanere qui, senza fare
niente…voglio andare ad
aiutarla!- farfugliò Emmett, mettendo il broncio come un
bambino capriccioso.
-
No Emmett, non te
lo lascerò fare: anche se apprezzo
che tu voglia aiutare Lizzie, che voglia divertirti con qualche bello
scontro…non è saggio che tu ti muova ora. Alec e
Jane ci stanno attaccando e,
senza il mio scudo, non saresti immune ai loro poteri.-
sussurrò Bella, e con
quelle poche, assennate parole, impedì sia a me che ad
Emmett di agire.
Mi fece piacere che lo scimmione
compagno della Biondina
nutrisse per Lizzie una tale stima e simpatia, ed avrei voluto
comunicarglielo,
ma sapevo di dover stare in silenzio, altrimenti avrei insospettito i
due
Gemelli Volturi e, l’attacco a sorpresa organizzato da Erice,
avrebbe perso il
suo effetto sorpresa.
-
amore, tu sapevi
che sarebbe successo?- chiese d’un
tratto Edward a sua moglie, notando che non perdeva d’occhio
Lizzie un solo
attimo.
La mia amica annuì, senza
voltarsi verso di lui, sorridendo
mentre carezzava una guancia a Renesmee; Emmett aveva ancora il
broncio, così Rosalie
lo stava consolando dicendo che avrebbero avuto la loro occasione di
dimostrare
il loro valore; Esme fissava preoccupata la mia ragazza, stretta tra le
braccia
di Carlisle, probabilmente che potessi farsi male…
Avevo attorno a me un mosaico di
emozioni contrastanti o che
fluivano in mille sfumature, ma per la prima volta eravamo tutti come
una sola
persona mentre assistevamo a quanto stava accadendo tra le fila dei
Volturi.
-
ben fatto!- udii
che si complimentava Corin con Lizzie,
mentre del fumo nero si levava dalla pira di Heidi, scurendo il cielo.
Ma lei non ci prestò
attenzione, guardava solo verso di me.
-
interessante la
trovata del pugnale dalla lama di
diamante per dilaniare Sulpicia…- distinsi la voce di
Santiago, in quel momento
mentre portava Erice sulle spalle, e la depositò a terra
solo quando fu accanto
a Lizzie.
-
Grazie, amore: era
l’unica arma che potevo usare perché
mi difendesse da un vampiro, senza
il
tuo aiuto…anche se…mi sei mancato immensamente.-
scherzò Erice, per poi tornare
seria e premere le sue labbra carnose contro quelle del vampiro.
Allora, le difese di Santiago, la sua
freddezza, sembrarono
crollare. Nonostante fosse alto più di dieci centimetri
rispetto a quell’umana,
si chinò su di lei ed ebbi la sensazione che perdesse la
propria lucidità, come
se avesse a lungo atteso, sperato, agognato quel bacio, ed ora se ne
stesse
abbeverando sulle labbra di Erice.
Dal modo in cui la stava stringendo
tra le braccia,
traspariva disperazione ed il suo desiderio.
Pensai che avesse sentito la mancanza
della sua “compagna”,
e che forse Marcus non ci aveva mentito accennando al fatto che aveva
dovuto
allontanare Erice per proteggerla da Aro.
Magari a Sntiago era venuta una vera
e propria crisi
d’astinenza a causa della lontananza della ragazza Volturi.
-
andiamo,
romanticone. Non è il momento di perdere di
vista tutto, per un bacio. Il resto del gruppo ha bisogno di noi per
fare fuori
Felix e Demetri.- soggiunse Corin, trascinando via Santiago dopo
avergli
afferrato un braccio – quanto a voi, siete state brave fin
ora, ma adesso non
potete competere con il Segugio e il suo compare; neppure con un
pugnale dalla
lama di diamante. Lasciate fare a noi, poi venite a bruciare i loro
resti.-
concluse infine, rivolto alle due ragazze. Poco prima di svolazzare
via, e
tornare accanto ai suoi compagni, il Console strizzò
l’occhio a Lizzie; che,
tuttavia, di nuovo non se ne accorse, perché troppo intenta
a distogliere lo
sguardo da Erice e Santiago, con fare schifato, mentre sembrava
chiedersi:
“bleah! Come si fa a baciare un vampiro?”
ero certo che molti dei vampiri che
ora la circondavano, si
domandavano invece, come poteva lei,
baciare un licantropo.
Scossi la testa, scacciando quel
leggero velo di malinconia,
concentrandomi su Erice: quella ragazza doveva avere davvero parecchi
segreti,
e poi…wow! Davvero non mi aspettavo che nel clan dei
sanguinari Volturi, fosse
“concessa” una relazione tra un vampiro e
un’umana; che, in teoria doveva
essere il loro cibo. Ma, a quanto sembrava, poiché Erice era
considerata una
Volturi a tutti gli effetti, questo le era permesso.
Nonostante quei pensieri, nel momento
in cui Corin mi passò
davanti agli occhi, mantenni un’espressione dura e gli
ringhiai contro: doveva
capire che Lizzie era mia.
Mi resi conto, con una frazione di
secondo di ritardo che
Erice e Lizzie si erano voltate verso uno stretto cerchio di mantelli
multicolore, che si stava formando in fondo alla radura, cui avevano
preso
fisicamente parte tutti gli alleati di Erice, per non lasciare la
possibilità a
Felix e Demetri di fuggire. Ci davano entrambe appena le spalle, ma
vedevo le
loro espressioni.
La terra continuava a tremare ma a
Lizzie sembrava non
importare; fissava rapita tutti quei vampiri che, velocissimi
assestavano a
turno colpi ai due malcapitati, e di tanto in tanto quella cerchia si
faceva
più serrata.
Ai suoi occhi, quegl’infidi
-ma efficaci, a giudicare dalle
urla di Felix e Demetri – attacchi di guerriglia, dovevano
sembrare un’esotica
danza tribale che, da lenta e magnetica si faceva via via
più incalzante.
Per la seconda volta nella mia vita,
temetti di perderla;
ebbi paura che, con occhi adoranti mi avrebbe abbandonato per Corin, e
le sue
affascinanti maniere decise…
-
e
così…tu e quel vampiro…Santiago, state
insieme?-
sentii che osava chiedere Lizzie, mentre guardava confusamente Erice e
si
torturava le mani.
-
Può
sembrarti strano, e in effetti anch’io non mi
capacito di come tu possa stare con un licantropo,
ma…sì, stiamo insieme; da
quando sono entrata a far parte del clan Volturi…-
raccontò la ragazza,
sorridendo timidamente. Per la prima volta mi parve una semplice,
timida
ragazza di 21 anni, che stesse confessando ad un’amica una
sua storia d’amore.
-
Non sei sempre
stata con loro?
Insomma…Marcus ti adora…- bisbigliò
meditabonda la mia
ragazza, arricciando le labbra, come faceva sempre quando pensava.
-
No. Come saprai
ormai, i Volturi si nutrono di sangue
umano. Io, inizialmente, servivo loro solo come fonte di sostentamento,
ma poi
mia madre Didyme, assieme a mio padre, hanno convinto il Consiglio e la Guardia
a lasciarmi
vivere, ad essere un membro del
clan.
Per
capire se fossi all’altezza
di quel posto, sono stata sottoposta a dei “test”
da parte di ognuno dei
Volturi…per tre mesi…- la voce di Erice
andò affievolendosi, venata di
sofferenza finchè non si zittì.
Mi
voltai verso Edward, con fare
interrogativo:
-
ciò che
dice quella ragazza è vero; anche se non mi
aspettavo che i Volturi concedessero un tale
“onore”ad un essere umano: il suo
destino era essere mangiata, ma Didyme ha convinto tutti gli Anziani,
usando il
suo potere- una sorta di persuasione(doveva essere simile a quello di
Jasper)-
a tenerla con loro e da allora, per tre mesi, Erice è stata
tenuta nelle celle
sotterranee di Volterra, sottoposta a pestaggi e a tutti i poteri della
Guardia.
Quando si sono accorti che era sopravvissuta…è
stata ammessa nel clan. – mi
informò il lettore di menti.
Pensando al dolore che Erice doveva
aver passato, guaii
mentre mi giravo ancora una volta verso di lei, perché aveva
ripreso a parlare:
-
poi…una
sera Santiago è venuto nella mia cella…mi
aspettavo che mi picchiasse, come avevano fatto gli altri,
ma…mi baciò. Più
tardi si preoccupò di pulirmi le ferite e bevve il mio
sangue; mi offrì il
suo…su quel gesto si è basata la nostra promessa
d’amore.- confessò,
sorridendo.
-
Hai bevuto il
sangue di un vampiro? Il suo
sangue? È per questo che riesci a
sentire ciò che dicono i vampiri? A muoverti veloce come
loro? Ad essere tanto
silenziosa? E…diventerai un vampiro?- volle sapere Lizzie,
strabuzzando gli
occhi.
Ad essere sincero ero confuso quanto
lei. Anche per me- come
pure per Edward, a giudicare dal suo atteggiamento- era la prima volta
che
sentivo parlare di quella “promessa
d’amore”.
-
bere il sangue di
Santiago mi ha dotato di particolari
capacità, come la velocità, la
forza…ma le altre mie abilità sono frutto di
anni e anni di addestramenti. E…no, non diventerò
un vampiro, almeno non finchè
Santiago non mi ucciderà, dopo che avrò bevuto il
suo sangue. Allora rinascerò
a nuova vita, col suo sangue nelle vene. Ma per ora lui non vuole, e
così devo
limitarmi a bere il suo sangue, e spesso anche, visto che mi resta in
corpo per
un certo periodo di tempo, e poi svanisce; come anche le mie
“superdoti”- rise
sinceramente Erice, giunta alla fine della sua storia.
Sentii Lizzie che le faceva eco, ed
insieme risero
sonoramente…
E così la ragazza Volturi,
nata e cresciuta tra i vampiri,
desiderava diventare come loro…non resistetti
all’impulso di voltarmi verso
Bella ed Edward, con un sincero sorriso perché quel
desiderio mi aveva
improvvisamente ricordato qualcosa che avevo conosciuto e
vissuto…
All’improvviso una forte
folata di vento abbassò i cappucci
di tutte e due le ragazze e ne schiaffeggiò i
capelli…
Tutti, all’interno dello
scudo di Bella, ci guardammo
terrorizzati e, ancor prima che lei aprisse bocca, sapevo cosa stava
per
succedere: avevo infatti notato le minute figure di Alec e Jane che si
fermavano impietriti, e chiudevano gli occhi, annusando
l’aria.
Senza pensare mi gettai al loro
inseguimento, seguito a ruota
da Emmett che, nel frattempo, urlava:
-
Benjamin, fermali!-
A nulla sembravano però
servire i tentativi del vampiro
egiziano di creare, tramite delle scosse di terremoto, pezzi natanti di
terra
crepata: i due gemelli avanzavano rapidi, saltando, di tanto in tanto,
per
evitare i pezzi di terra che franavano sotto i loro piedi.
Ero ancora troppo lontano quando
loro, quando quelli
arrivarono alle spalle di Erice e Lizzie, e il cuore mi
vibrò violentemente,
per una scossa di paura…
Nonostante la distanza, vidi
nitidamente Jane arrivare
assieme al fratello alle spalle delle mie due alleate e, muovendosi
lestissima
tolse il pugnale dalla lama di diamante, dalle mani di Erice, con un
unico,
semplice gesto.
La ragazza Volturi si accorse del
vento innaturale che l’aveva
avvolta, con una frazione di secondo di ritardo, e si voltò
spaventata verso
Jane, che la fissava ridendo crudelmente mentre faceva ondeggiare,
vicinissimo
al viso di quell’umana, la lama del pugnale in maniera
pericolosa.
Alec rimase per un attimo ancora, a
braccia conserte, poi
con un balzo, invisibile all’occhio umano,
intrappolò Erice nella sua stretta
di gelido acciaio, bloccandola.
-
sai qual
è il tuo problema, Erice? Hai doti abbastanza
promettenti per essere un’umana, ma averti innalzato allo
stesso piano di noi
vampiri, è stato un nostro grandissimo errore,
perché ora, piena di tracotanza,
credi di essere come noi e pensi di poterti prendere la
libertà di sovvertire i
nostri ordinamenti. Ma sei solo un’umana
e ti lasci sopraffare dai sentimenti…e
per questo devi pagare!- urlò infine Jane, dopo aver
mantenuto un tono glaciale
durante tutto il suo monologo.
Con una risata maligna la vampira
fece per lanciare il
coltello contro Erice, mentre suo fratello la teneva ferma, ma,
all’ultimo
momento Lizzie –che era rimasta immobile ed in silenzio sino
ad allora- si
gettò sulla ragazza Volturi, e l’arma, che era
diretta al cuore di Erice deviò,
andando a conficcarsi nella spalla della mia amata.
Ringhiai, sconvolto dalla paura e
dalla rabbia, così
accelerai il passo perché sentivo letteralmente il bisogno di aiutare Lizzie.
Il puzzo di vampiro accanto a me si
fece d’un tratto più
intenso e mi sentii soffocare: Emmett, da solo non poteva emanare tutto
quell’odore, ed ero ancora troppo lontano da Alec e Jane, che
stavano fissando
Erice e Lizzie, immobili, stese a terra. La mia ragazza, un coltello
che le
spuntava dalla spalla, non riusciva a muoversi.
Voltai la testa, sentendomi perduto
perché la distanza da
coprire mi sembrava infinita, e scoprii, non senza sorpresa, che la
bionda
Kate, del clan dei Denali, si era unita a me e ad Emmett in quella
corsa.
Questo mi diede una rinnovata energia.
-
mi dispiace per
quanto sta succedendo, ma…grazie per
quello che hai fatto. Non appena avrò ucciso questi due
bastardi, ti toglierò
il pugnale…- sussurrò Erice, stesa
sull’erba, sotto il peso di Lizzie.
-
Tranquilla, sono
abituata al dolore…so sopportarlo.- la
rassicurò lei, di rimando; ma dalla sua voce flebile,
appariva chiaro che
soffriva.
-
Ah sì?
Bhè, lo vedremo…- intervenne Jane,
improvvisamente interessata.
Le bastò uno sguardo uno
sguardo d’intesa con il fratello e,
un attimo dopo…
Le urla strazianti della mia Lizzie
mi riempirono le
orecchie, ripetendosi come un’eco mille e mille volte. sotto
i miei occhi, si
contorceva sofferente a terra, mordendosi le labbra per cercare di non
strillare. Mi veniva voglia di piangere, per il suo dolore.
-
Lizzie…Lizzie…dove
sei?- la chiamava Erice, allarmata
mentre la cercava nonostante fosse rannicchiata su se stessa, gli occhi
vitrei,
vuoti.
Fu allora che compresi cosa stava
succedendo: Jane
infliggeva sofferenza a Lizzie, grazie al suo potere; Alec, invece,
aveva
accecato Erice, facendo uso della sua abilità.
Mancava qualche metro, ed avremmo
avuto la possibilità di
attaccarli, ma da lì Kate riuscì ugualmente,
concentrandosi, ad infliggere a
Jane le pene conseguenti al proprio potere.
Perciò quello fu il turno
di quella bastarda di urlare.
Provai un piacere perverso vedendo quella ragazzina piegarsi sotto il
dolore
provocato dalle scosse elettriche di Kate, così come mi
sentii sollevato udendo
il respiro di Lizzie che si regolarizzava, poiché la
presenza di Jane non aveva
più effetto su di lei.
Con un’unica falcata, fui
accanto alla mia ragazza che,
seppur a fatica, si mise in piedi appoggiandosi alla mia pelliccia.
Ci fissammo intensamente quando fummo
l’uno davanti
all’altra, e non resistetti all’impulso di leccarle
una guancia: era viscido e
squallido, ma era l’unico bacio che potessi darle in quel
momento, ed io,
inoltre, sentivo la necessità
di
baciarla.
Lei sorrise. Un attimo dopo mi
gettò le braccia al collo e
rise contro il mio folto pelo.
Il suo viso, quei gesti, erano lo
specchio della felicità
che sentivo, nell’averla di nuovo accanto.
Dopo essermi goduto per un attimo il
nostro ricongiungimento,
approfittando del fatto che il mio muso sporgeva dalla sua spalla,
afferrai con
i denti il pugnale che la feriva, e lo estrassi.
Lizzie trattenne a stento un gemito
di dolore, poi mi fissò
con le sopracciglia inarcate, mentre ancora stringevo l’arma
in bocca.
Con un lampo di lucidità,
ripresi le mie forme umane e
l’aiutai a sfilarsi il mantello, del quale feci tanti
bendaggi, usando la lama
di diamante, e le fasciai la ferita.
-
resta distante,
avvicinati ad Alec solo quando sarà
ridotto in tanti pezzettini e fanne un falò; ma non prima,
perché per i
Volturi, ora non sei altro che un buon bocconcino…- le
dissi, con la voce che
vibrava, allarmata.
La baciai, poiché il
richiamo delle sue labbra era
irresistibile; trascorse un attimo interminabile, in cui la battaglia
ed ogni
altra cosa che ci circondava, divenne sfocata e perse di significato.
C’eravamo
solo noi.
Poi, troppo presto, fui costretto a
staccarmi e le
confessai, convinto:
-
Kuk
laule…-
Le diedi le spalle, riluttante,
sebbene sapessi che ogni
cosa stata per finire e, dopo ciò, saremmo stati sempre
insieme; così, mentre
con un balzo tornavo ad essere un lupo, la mia ragazza lanciava ad
Erice il suo
pugnale- accuratamente ripulito- e il suo
“accendino”.
-
ti prego,
và tu a finire tu a finire il lavoro con ciò
che resta di Felix e Demetri, io non posso muovermi, altrimenti mi
mangerebbero.- le spiegò, ed Erice, dopo essersi limitata ad
annuire, spiccò
subito una corsa, diretta al cerchio dei suoi alleati, che erano usciti
senza
un graffio dallo scontro con il Segugio e il suo compare; e
già stavano
chiamando Lizzie per accendere la pira dei due vampiri.
Sono certo che da allora Lizzie
raccolse le braccia al
petto, attenta a non rovinare la fasciatura che le avevo fatto, e mi
fissò-
sentivo il suo sguardo sulla schiena- mentre mi avventavo sul corpo di
Alec,
facendolo a brandelli, assistito da Emmett.
Erice tornò accanto a lei
proprio quando, rialzato il muso,
stavo per chiederle di bruciare i resti di quel vampiro,
perciò, senza
attendere altri permessi, fece eruttare una vampata di dell’
“accendino” di
Caius, allestendo così, nell’immediato,
un’altra pira.
Trotterellai accanto a Lizzie, ed
insieme contemplammo lo
spettacolo che ci si parava davanti agli occhi, terrificandoci: tutti i
vampiri
che avevano accettato di partecipare al piano di Erice, si stavano
muovendo,
come un corteo funebre, verso la triade degli Anziani, ancora estranei
ad ogni
cosa; alle spalle si erano lasciati due pire che, con potenza,
boccheggiavano
fumo nero; accanto a noi, con in sottofondo le urla di Jane –
che Kate si stava
ancora divertendo a torturare, rivoltandole contro il suo stesso
potere-
un’altra pira crepitava e, il fumo che ne usciva, diretto
verso l’altro,
scuriva a tal punto il cielo da far sembrare che l’Inferno
fosse salito sulla
Terra.
Avevo i brividi. Mi strinsi a Lizzie,
per scaldarla con la
mia pelliccia, e per non farle capire che ero sconcertato da quanto
stava
succedendo.
In quel momento, grazie ad un
mormorio generale, capii che
Aro, Caius e Marcus erano riemersi dal loro stato di
emarginati-da-chiacchierata-mentale e fissavano i Cullen, famelici.
Fu allora che il potere di Benjamin
tornò a fare il proprio
dovere, e la terra si aprì a zig zag sotto i piedi dei tre
Anziani, che
trasalirono, presi alla sprovvista; e ringraziai il cielo per quel
diversivo,
perché almeno, setacciando i Cullen, non avevano notato la
mia assenza.
Quello stato d’ignoranza
però, non sarebbe durato a lungo se
Kate avesse continuato a torturare Jane, poiché le sue urla
non sarebbero
passate inosservate.
Così, cercando lo sguardo
di Lizzie, come se mi aspettassi
una sua approvazione; un attimo dopo, mi gettai sulla sadica ragazzina
vampira
del clan Volturi, e scaricai su di lei tutta la mia rabbia, con
l’idea di farle
pagare la il dolore che aveva inflitto a Lizzie; preoccupandomi anche,
di tanto
in tanto, di controllare se la mia ragazza aveva gli occhi chiusi, come
mi
aveva promesso.
Quello stato di vantaggio per noi,
sarebbe durato quindi
ancora per qualche tempo, se Aro non avesse improvvisamente deciso di
guardarsi
attorno.
Non vedendo più Felix e
Demetri, e scorgendo Irina in salvo
accanto alle sorelle, si infuriò ed urlò:
-
Felix! Demetri!
Alec! Jane!-
Nessuno dei quattro si
presentò al suo cospetto ma, da
lontano, io e Lizzie – visto che ora potevamo permetterci il
lusso di starcene
in disparte- ammirammo un nuvolo di vampiri
che, con passo regale si parò davanti al
Consiglio.
Ormai eravamo salvi, non dovevamo
più affrontare degli
scontri, tuttavia, senza dire nulla all’altro, ognuno di noi
sapeva che l’altro
voleva rimanere per vedere come sarebbe andata a finire.
Come un sol uomo, il nuvolo di
vampiri fece un inchino agli
Anziani e poco dopo si aprì in due ali, per lasciar passare
Erice, che
manteneva un’andatura decisa e dignitosa.
Non appena la vide, Aro le
ringhiò contro d fece per
attaccarla- forse dopo averle detto qualcosa- ma fu prontamente fermato
da
Marcus e Caius, che gli afferrarono ognuno un braccio, costringendolo
ad
inginocchiarsi tra la neve.
-
non hai
più nessuno a proteggerti, ti ho privato anche
di tua moglie, per farti capire cosa si prova…ed ora,
confessa: hai ucciso tua
sorella Didyme, la mia Didyme,
perché
pensavi che per me fosse una distrazione. Erice era lì, ha
scoperto la verità,
e tu le hai dato la caccia perché nessuno doveva scoprire
questo tuo scheletro
nell’armadio. Poi hai costretto Chelsea ad annullare il
legame che avevo con
mia moglie, così che potessi dedicarmi unicamente ai tuoi
interessi- il potere
e la continua ricerca di vampiri con delle doti. – Marcus
parlò per la prima
volta con fermezza, durezza, decisione e digrignando i denti di tanto
in tanto.
Aro fissò suo cognato,
spaventato. Evidentemente non credeva
che Marcus potesse “risvegliarsi” dal suo stato di
noia perenne.
-
Aro, è
giunto per te il Giorno del Giudizio…mi dispiace
solo di non avere abbastanza veleno nelle labbra, altrimenti metterei
io stessa
fine alla tua vita. - decretò bisbigliando, Erice con gli
occhi verdi che le
fiammeggiavano. In quell’occasione notai che erano venati di
nero e per la
prima volta feci caso anche alle sue labbra: anche quelle erano
diventate tanto
scure da sembrare nere.
Possibile che avesse veramente del
veleno nelle labbra? E
chi poteva avercelo messo?
La ragazza, allora si fece da parte
e, mentre Caius e Marcus
rinvigorivano la loro stretta attorno alle braccia di Aro, fu Santiago
a
prendere il posto della sua compagna.
Dopo una sola, muta smorfia di
disgusto prese la testa di
quel vampiro folle tra le mani, e gliela staccò dal resto
del corpo.
In breve gli altri componenti della
guardi si preoccuparono
di allestire una pira, e dopo solo un secondo di stupore generale e
silenzio, i
Volturi proruppero in urla di gioia e vi danzarono attorno.
Era uno spettacolo macabro, ma in un
certo senso lo
comprendevo: dopo aver accumulato odio per millenni, quello era
l’unico modo
che quei vampiri avevano per salutare la fine della tirannia di Aro.
Restai impietrito, come pure Lizzie,
accanto a me, ma
nessuno dei due sembrava riuscire a staccare gli occhi da quella scena.
Quando finalmente i Volturi
decretarono di averne
abbastanza, si voltarono verso i Cullen e gli altri testimoni- Kate era
tornata
accanto ad Irina e Tanya, ed Emmett vicino alla Biondina- e
scomparvero,
lasciando un mucchio di cenere dietro di loro.
Finalmente, il silenzio:
mi accorsi che, con nessuno che urlava più, col
rumore, ormai assente
del fuoco delle pire che crepitava, eravamo circondati dal silenzio.
Solo qualche secondo più
tardi, notai che rimaneva ancora
qualcuno nella radura: Erice, Marcus e Santiago, che ci fissavano con
un misto
di costernazione e soddisfazione.
Erice fu l’unica a parlare,
perché il suo anziano padre era
troppo contento di
aver ottenuto
giustizia per l’omicidio della moglie, per parlare; e
Santiago era invece,
troppo preso dalla presenza- troppo a lungo mancatagli- della compagna,
per
proferire parola:
-
mi dispiace per
l’orribile spettacolo cui avete dovuto
assistere, sono costernata per avervi procurato dello schoc, ma vi
ringrazio
infinitamente per averci aiutato a fare giustizia…- a me
rivolse un sorriso, e
a Lizzie posò con riconoscenza una mano sulla spalla.
Infine, anche loro se ne andarono,
portando via con sé anche
la violenza, che ci aveva tanto offuscato la mente e spaventato.
A noi rimanevano solo la pace e la
felicità.
Lizzie ed io- di nuovo in forme
umane- ci dirigemmo
abbracciati verso i Cullen, che si azzardavano appena a festeggiare
l’esito
della battaglia, perché ancora attoniti per gli avvenimenti
imprevisti di quel
giorno.
Qualcuno mi guardava sconvolto,
spaventato, come se fossi un
mostro, solo Bella, Edward, Renesmee, Emmett e Rosalie mi rivolsero
sorrisi
sinceri, mentre si complimentavano con Lizzie per la sua impresa.
Eravamo tutti liberi, ormai.
Presto sarebbero tornati anche Alice
e Jasper, e la felicità
nella famiglia di Bella, sarebbe diventata tangibile.
-
devi spiegarmi una
cosa…- fece d’un tratto, Lizzie.-
cosa significa “Kuk Laule”?-
-
ti
amo…- e la baciai, al culmine della felicità,
finalmente libero di amarla.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti ragazzi!
Con questo cap si conclude la storia
“la spia ed il
licantropo” mi auguro che non sia stata troppo macabra nelle
descrizioni,
fatemi sapere che ne pensate.
Un baciotto
Marty23
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Capitolo 21 *** Ringraziamenti ***
RINGRAZIAMENTI
Ciao a tutti, questo qui, nonostante
tutti gli spazi autore
negli altri capitoli, è il mio “angoletto dei
ringraziamenti.
Con il capitolo 14 la storia
“la spia e il licantropo” è
giunta al termine. Mi auguro che vi sia piaciuta, vorrei ringraziare
con un
mega abbraccio, tutti coloro che hanno innanzitutto avuto la pazienza
di
seguire questa storia- visto che l’avevo interrotta e
l’ho ripresa a distanza
di un anno, più o meno- e poi l’hanno recensita:
Loli89, Piemme, Black_Berry,
Blue_moon e Balenotta.
Un grazie forte va anche a quelli che
hanno inserito questa
storia tra i preferiti: Blue_moon e Kucciolottathebest.
Un altro mio ringraziamento
è per l’utente che ha inserito
questa storia tra le seguite: Elee_na.
Infine, ringrazio infinitamente tutti
i lettori silenziosi!
Un baciotto
Marty23
Ps: sapete che questa storia ha in
sé un doppio finale?
Il primo, molto più soft,
comprende tutti i capitoli dall’1
all’8; la prima e la seconda parte del 9 capitolo e la prima
parte del 10.
Il secondo finale, più
guerresco, anche se non sono molto
pratica di descrizioni di battaglie, comprende invece tutti i capitoli,
fino al
14.
Personalmente preferisco il secondo,
perché mi piacciono un
casino i Volturi, e mi sono divertita ad inserire Erice, un personaggio
appartiene ad un’altra mia storia- non completa, e che prima
o poi dovrò
decidermi a riprendere- dal titolo “Erice Volturi”.
Fatemi sapere la vostra
preferenza
^______^
Pps: scusate ma ho avuto bisogno di
ripostare questo cap
perché per sbaglio l’ho cancellato!!!!!!!!
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