Tenere
la fronte premuta contro il vetro era servito unicamente ad aumentare
la sua emicrania, ma decise di non curarsene: al momento, un mal di
testa era l'ultima delle sue preoccupazioni.
Anzi,
avrebbe persino potuto usarla come scusa per eclissarsi in un antro
buio il prima possibile.
«
Non ti viene mal di testa a stare così, otouto? »
Sasuke
Uchiha distolse lo sguardo dal paesaggio, controvoglia.
«
Può darsi. » grugnì, in mancanza di una
risposta migliore.
Itachi
si strinse nelle spalle, rivolgendo un gesto vago a Mikoto che, molto
impegnata nella guida – attività nella quale non
eccelleva – si era voltata brevemente a lanciare un'occhiata
preoccupata al figlio minore.
«
Lascia stare, kaa san. » la tranquillizzò,
stiracchiandosi sul sedile anteriore. « Gli
passerà. »
Lei
annuì, non troppo convinta, ma ritenne più saggio
restare in silenzio e concentrarsi nell'ardua impresa di farli arrivare
vivi a destinazione. Anche se, considerando che procedevano alla
spaventosa andatura di novanta all'ora in autostrada, la
possibilità che arrivassero prima del tramonto era
praticamente utopistica.
spazio
spazio
spazio
Le
nove.
E
sarebbero dovuti arrivare per le sette.
«
Ma non dovevano arrivare per le sette? »
Hinata
Hyuuga emise un gemito soffocato.
Possibile
che Hanabi, ad undici anni suonati, non riuscisse ancora a capire
quando tenere la bocca chiusa?
« Eh, tou san? Tou san! »
Se
suo padre avesse rivolto a lei quell'occhiata
assassina, Hinata non sarebbe rimasta a pensare neanche un secondo
prima di squagliarsela nel modo più rapido possibile.
«
Staranno per arrivare, Hanabi. Avranno trovato traffico. »
disse, in un patetico tentativo di rassicurazione.
Hanabi
non colse i segnali e prese a sbuffare, irritata.
«
Ma io voglio vederli! Tu non muori dalla voglia di vederli, nee san?
»
Hinata
sospirò, annuendo distrattamente e facendole segno di
tornare a sedersi sul divano, possibilmente prima che a suo padre
saltassero in aria le coronarie.
Morire
dalla voglia di vederli?
Proprio
no.
Sapeva
bene che il suo era un atteggiamento sbagliato.
Sbagliato
ed egoista.
Ma
chi era più egoista?
Lei,
che non riusciva a provare entusiasmo per il loro arrivo
o su padre che, solo due settimane prima era tornato a casa annunciando
di avere conosciuto una donna e di aver deciso di sposarla?
Una
donna mai vista, incontrata per caso durante un viaggio di lavoro a
Nagano.
Una
donna che aveva accettato la proposta su due piedi – e questo
la diceva lunga su che tipo di donna dovesse essere –
decidendo di traslocare e trasferirsi da loro, portandosi appresso i
figli.
Famiglie
tagliuzzate e ricucite a piacimento da genitori impulsivi.
Hanabi
aveva accettato la cosa con entusiasmo e naturalezza, come in ogni
occasione.
Ma
Hinata no. Non c' era riuscita.
Perché
le persone non sono pezzi di stoffa da tagliare e cucire e non si
può pretendere che restino unite, se troppo diverse.
Per
questo ne era certa: non avrebbe funzionato. Decisamente no.
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spazio
spazio
Ci
avevano messo sei ore. Sette, contando anche le numerose soste vomito.
E
dire che, con un volo nazionale, ci avrebbero impiegato neanche
cinquanta minuti per raggiungere Osaka.
Non
che avesse mai avuto fretta di arrivare, ma trovava ingiusto che il suo
mal d'auto passasse in secondo piano rispetto alla fobia di sua madre
per gli aerei. Dopotutto era più sensato che fosse lei a
resistere per cinquanta minuti in volo, piuttosto che lui per sette ore
di curve e frenate.
«
Sasuke, suona il campanello, su! »
La
pazza – sì, oramai non c'era altro modo per
definire quella malvagia entità che da due settimane si era
impossessata del corpo di sua madre – era decisamente su di
giri. Sasuke esitò, decidendosi solo dopo un'occhiata
incalzante di Itachi; suo fratello pareva l' unico rilassato, in quella
situazione.
«
Era ora! » fu l' esordio, scocciato, della bambina che venne
ad aprire la porta.
Itachi
alzò impercettibilmente le sopracciglia e Sasuke decise di
imitarlo, restando accostato al suo fianco in religioso silenzio.
«
Ciao! » sorrise invece Mikoto. « Tu devi essere
Hanabi. »
La
presunta Hanabi la scrutò in volto per una manciata di
secondi. Poi si concesse una lunga contemplazione da capo a piedi di
Itachi e Sasuke.
I
suoi occhi, chiarissimi, davano la sgradevole sensazione di essere
esaminati ai raggi x.
«
Mikoto. Siete in ritardo. »
«
Hiashi! Che bello vederti! »
E
mentre sua madre si sporgeva con impeto per abbracciare quell'uomo
dalla voce severa e la fronte spaziosa che era appena comparso sulla
soglia, Sasuke si chiese se fosse davvero possibile innamorarsi di
qualcuno in meno di due settimane.
Decisamente
improbabile.
Assurdo.
Inconcepibile.
Quindi,
a giudicare dall'evidenza dei fatti, il mondo era semplicemente
impazzito.
Lanciò
un'occhiata ad Itachi. Ma lui, invece di dargli man forte,
alzò le spalle come ad invitarlo per l'ennesima volta ad
accettare la faccenda così com'era, e lo precedette
all'interno.
spazio
spazio
spazio
Timida
per natura, Hinata non aveva avuto il coraggio necessario per andare ad
accogliere gli ospiti – anzi, i futuri coinquilini
– alla porta, preferendo di gran lunga attendere in soggiorno.
Aveva
poi salutato educatamente la donna.
Una
bella donna, sì. Ma, da quel che ricordava di sua madre, una
giovane inglese dagli occhi chiarissimi, Mikoto Uchiha non arrivava
certamente a reggere il confronto.
E
poi, i figli.
Itachi
Uchiha, diciannove anni e Sasuke Uchiha, quindici.
Itachi,
i capelli scuri raccolti in una coda, faceva un po' hyppie. Aveva
salutato con cortesia suo padre e rivolto un occhiolino a sua sorella.
A lei aveva stretto la mano, sorridendo impercettibilmente davanti alle
sue guance di fuoco.
Sasuke,
infagottato in una felpa che, a giudicare dalle dimensioni, doveva
essere appartenuta al fratello, aveva invece l'espressione di qualcuno
che avrebbe preferito masticare frammenti di vetro piuttosto che essere
lì in quel momento; più o meno come lei, del
resto.
Hanabi
non perse tempo, iniziando a tempestare di domande i nuovi arrivati,
mentre Hiashi li guidava tutti in cucina.
Saggia
decisione, considerando che il gyudon* preparato da Hinata all'incirca
due ore prima – ovvero quando sarebbero dovuti arrivare se
fossero stati a conoscenza del significato della parola
“puntualità” - doveva avere ormai
raggiunto all'incirca la consistenza del marmo grezzo.
Si
sedettero a tavola ed iniziarono una ridicola conversazione sul pasto.
La
carne era immangiabile ed il riso si era solidificato in curiosi
aggregati mollicci, eppure Mikoto Uchiha riuscì a
profondersi in coloriti complimenti sull'ottima cena, riuscendo persino
a zittire suo padre quando questi tentò di farla ragionare
razionalmente sulle assurdità che stava dicendo.
Hinata
si fece piccola, sperando che l'orologio iniziasse a muoversi
più velocemente.
spazio
spazio
spazio
La
cena, a detta di sua madre, era ottima.
Sasuke,
comunque, non fu in grado di appurare direttamente la cosa: al momento,
dopo sei ore di auto, il solo trattenersi dal vomitare richiedeva
già un notevole sforzo; mangiare quello che aveva davanti
era assolutamente fuori discussione.
«
E' davvero ottimo, Hinata. Complimenti, sei una cuoca eccellente!
» e sette. Mikoto ci stava dando dentro con i complimenti. In
realtà il cibo aveva un aspetto a dir poco pessimo ma,
considerato che Mikoto era abile ai fornelli se possibile meno che alla
guida – e le numerose intossicazioni alimentari che
figuravano sulle anamnesi sue e di suo fratello ne erano la prova
schiacciante – Sasuke non si stupì di tutta
quell’espansività nei commenti alla cena. La
cuoca abbassò lo sguardo ad arrossì, borbottando
qualcosa di simile a « veramente è un po' freddo
» e poi il silenzio ricadde sulla tavola.
«
E così, Itachi, tua madre mi diceva che ti sei inscritto
all'università. »
Per
iniziare una conversazione tanto banale, evidentemente persino Hiashi
Hyuuga doveva essere stato contagiato dall'imbarazzo generale.
Sasuke
osservò suo fratello annuire con compostezza e spiegare che,
sì, effettivamente aveva deciso di frequentare la
facoltà di giurisprudenza.
« Deciso?
» borbottò Sasuke, sarcastico.
Itachi
avrebbe frequentato l'università, si sarebbe laureato col
massimo dei voti e sarebbe finito a lavorare nello studio legale di suo
padre. Era stato programmato più o meno al momento della sua
nascita. Se non al suo concepimento.
Tutti
si voltarono verso di lui, ma Sasuke, visto che il commento era rivolto
solo a suo fratello ed era certo che questi l'avesse recepito
perfettamente, si strinse nelle spalle, concentrando la sua attenzione
sul bicchiere che aveva in mano.
«
Tu Sasuke, vai a scuola, invece. Hai un buon rendimento? »
Il
signor Hyuuga era estremamente tenace. Sasuke si soffocò con
l'acqua quando fu Itachi a rispondere al suo posto. Ora avrebbe pagato
lo scotto della precedente frecciatina.
«
Oh, il mio otouto è un piccolo genio. » fece,
ghignando.
«
Itachi. »
«
Non essere timido, Sasuke. Eri il più bravo della tua
classe, no? Il piccolo cocco dei professori... »
«
Può darsi. Ma mai quanto te, aniki.
» l'avrebbe strangolato. Oh sì. L'avrebbe fatto.
«
E tu, Hinata? » chiese Mikoto, interrompendo il litigio con
un'occhiata fiammeggiante.
«
I... io... Ecco... »
Ma
Hiashi non le diede il tempo di dire qualcosa di più sensato.
«
Se si impegnasse di più i suoi voti orali migliorerebbero
notevolmente, non è così Hinata? »
sentenziò, severo.
«
La mia nee san è troppo fifona per sopportare un'intera
interrogazione senza svenire! » intervenne Hanabi, che aveva
appena finito di adoperarsi per versare il contenuto della sua ciotola
nel vaso alle sue spalle, senza farsi notare.
«
Comunque, sei ancora in attesa per quella borsa di studio, non
è così, Hinata? »
Lei
sussultò, come colta in fallo, ed annuì
pianissimo, sprofondando il mento così in basso che tutto il
viso fu adombrato dalla massa scurissima dei capelli.
«
Una borsa di studio? Davvero, Hinata? » fece invece Mikoto,
gioiosa. « Allora devi essere molto brava! Come sempre
esageri in senso negativo, Hiashi. »
Lui
emise un mezzo verso burbero e si portò dignitosamente le
bacchette alla bocca, ricomponendosi in un atteggiamento fiero ed
austero.
E
mentre Hinata arrossiva fino alla punta dei capelli e Mikoto si
lanciava in una fiera dissertazione sulle virtù della
timidezza, Sasuke non poté fare a meno, in un angolo
imprecisato della sua mente, di provare qualcosa di simile all'empatia
per quella ragazzina che pareva sciogliersi sotto lo sguardo severo del
padre.
E
non riuscì neanche ad evitare di chiedersi perché
sua madre finisse sempre con
lo scegliere uomini dal carattere detestabilmente simile a quello del
suo primo marito.
spazio
spazio
spazio
Terminata quella cena disgustosa
– sia per via del cibo che per le conversazioni orrendamente
banali - Hiashi li aveva scarrozzati tutti in giro, per mostrare la
casa.
La villa, di dimensioni perfette per
la loro famiglia, aveva dovuto subire dei drastici
“ammodernamenti”.
« Perché gli
Hyuuga si adattano ad ogni situazione. » aveva detto
orgoglioso suo padre, subito dopo aver terminato le modifiche.
Certo. Per lui era assolutamente
irrilevante che lei ora dovesse dormire con Hanabi.
Hanabi: disordinata, rumorosa ed
irrequieta.
Trattenne quindi a stento una replica
quando, mentre passavano al piano superiore, suo padre prese a dire,
soddisfatto.
« Hinata è stata
felicissima di sapere che avrebbe diviso la stanza con sua sorella.
»
Felicissima?! La smorfia costernata
comparsa sul suo volto quando lui, due giorni prima, aveva finalmente
avuto la decenza di comunicarle quella decisione inappellabile
– come tutte le
decisioni di Hiashi Hyuuga, del resto – non poteva essere
classificata neanche come serena rassegnazione. Ci voleva un bel
coraggio a definirla “felicissima”.
« In questo modo Itachi e
Sasuke avranno una stanza tutta per loro. »
Il lungo secondo di basito silenzio
che seguì questa affermazione, parve ad Hinata come la calma
prima della tempesta.
Rabbrividì.
« Cosa...? »
iniziò Sasuke, le ciocche scure ad adombrargli il volto.
« Io non ho alcuna intenzione di dormire con questo individuo. Piuttosto
la morte. »
L’individuo in questione
mise su un'espressione divertita, anche se Hinata colse una vibrazione
pericolosa nella sua voce.
« Questo non è
affatto gentile da parte tua, otouto. » commentò
avvicinando il viso a quello del fratellino. « Dopotutto
quando eri un caro frugolettoadoravi intrufolarti
nel mio letto di notte, o sbaglio? »
Touché, a giudicare
dall'espressione ferita di Sasuke.
« Avevo quattro anni, aniki.
»
« A me risulta che tu
l'abbia fatto fino a ieri, otouto.
»
Hinata stette in silenzio in disparte
mentre suo padre, indeciso su come comportarsi, rimaneva a fissare
quello scambio di battute come di fronte ad una partita di ping pong.
In compenso, prima che si arrivasse
alle mani – perché se non Itachi, Hinata era certa
che almeno Sasuke fosse seriamente sul punto di azzannare suo fratello
alla giugulare – Mikoto li divise, squadrando prima l'uno,
poi l'altro con un sorriso che le illuminava il viso di una luce
inquietante.
« Ragazzi. »
disse. « Vi ricordate cosa avevo detto a proposito delle
vostre... Amichevoli
piccole discussioni? »
Evidentemente sì, se lo
ricordavano. Perché, dopo un attimo di esitazione in cui
Hinata colse un'ombra di panico negli occhi di entrambi, Itachi
adottò lo stesso sorriso falso di Mikoto e con un cortese «
Certo, kaa san. », si allontanò da suo fratello.
Il minore, dal canto suo, si limitò ad abbassare lo sguardo
e a borbottare qualche maledizione tra i denti.
Hiashi, sollevato, fece per proseguire
il giro, ma Sasuke lo interruppe prima che avesse il tempo di
profondersi nella minuziosa descrizione di tutti i comfort offerti da
quell'unico bagno che da quel giorno avrebbero dovuto usare in sei,
salvo caracollare giù per le scale in piena notte.
« Io me ne vado a dormire.
» sentenziò, rivolgendosi direttamente a sua
madre. Lei parve tentare una blanda resistenza, ma lo sguardo deciso
del figlio la fece desistere.
« Sasuke soffre il mal
d'auto, non si sente molto bene. » spiegò,
conciliante.
Hiashi annuì, anche se un
po' irritato: Hinata sapeva bene quanto detestasse essere interrotto; i
nuovi arrivati stavano giocando col fuoco.
Ma la questione morì
lì, con suo padre che, insolitamente gentile, invitava
Sasuke a riposarsi e gli augurava buona notte. O almeno così
pensava, prima che, dopo neanche due passi, Itachi imitasse il fratello.
« Sapete, credo che
andrò a letto anche io. » disse.
« Magari al mio piccolo otouto serve assistenza... »
Sasuke stava per ribattere qualcosa,
piccato, ma Itachi lo interruppe, fulminandolo con un'occhiata.
I due rivolsero un contrito,
falsissimo sorriso di scuse alla madre. Lei, interdetta, emise una
risatina nervosa e poi si voltò verso Hiashi.
Costernata, Hinata vide il padre
borbottare il suo consenso, dicendo che in effetti era tardi e la casa
avrebbero anche potuto visitarla il giorno seguente.
In anni – quindici, per
l'esattezza – non l'aveva mai visto
comportarsi tanto gentilmente.
Mai, se non con sua madre.
E fu questo, più d'ogni
altra cosa, che la spinse a mollare tutti lì, in corridoio,
ed eclissarsi in camera sua senza salutare.