Patchwork

di wari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Patchwork ***
Capitolo 2: *** Film horror e conversazioni notturne ***
Capitolo 3: *** Turismo obbligato ***
Capitolo 4: *** La lettera e l'idiota ***
Capitolo 5: *** Impatto casuale ***



Capitolo 1
*** Patchwork ***


Non sono abituata a scrivere cose pseudo romantiche e infatti mi sono iscritta al contest mentre ero sotto l’effetto di stupefacenti (un mix di ingenti quantitativi di caffeina ed analgesici, ma tanto il risultato è quello). E il bello (?) è che la storia dura ben cinque capitoli (perché il mio fegato ormai ci mette tempo per smaltire ^^”).  Comunque, complimenti a tutte le partecipanti e grazie alle giudici e alla bannerista^^.

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Il paesaggio correva veloce fuori dal finestrino.

Tenere la fronte premuta contro il vetro era servito unicamente ad aumentare la sua emicrania, ma decise di non curarsene: al momento, un mal di testa era l'ultima delle sue preoccupazioni.

Anzi, avrebbe persino potuto usarla come scusa per eclissarsi in un antro buio il prima possibile.

« Non ti viene mal di testa a stare così, otouto? »

Sasuke Uchiha distolse lo sguardo dal paesaggio, controvoglia.

« Può darsi. » grugnì, in mancanza di una risposta migliore.

Itachi si strinse nelle spalle, rivolgendo un gesto vago a Mikoto che, molto impegnata nella guida – attività nella quale non eccelleva – si era voltata brevemente a lanciare un'occhiata preoccupata al figlio minore.

« Lascia stare, kaa san. » la tranquillizzò, stiracchiandosi sul sedile anteriore. « Gli passerà. »

Lei annuì, non troppo convinta, ma ritenne più saggio restare in silenzio e concentrarsi nell'ardua impresa di farli arrivare vivi a destinazione. Anche se, considerando che procedevano alla spaventosa andatura di novanta all'ora in autostrada, la possibilità che arrivassero prima del tramonto era praticamente utopistica.

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Le nove.

E sarebbero dovuti arrivare per le sette.

« Ma non dovevano arrivare per le sette? »

Hinata Hyuuga emise un gemito soffocato.

Possibile che Hanabi, ad undici anni suonati, non riuscisse ancora a capire quando tenere la bocca chiusa?

« Eh, tou san? Tou san! »

Se suo padre avesse rivolto a lei quell'occhiata assassina, Hinata non sarebbe rimasta a pensare neanche un secondo prima di squagliarsela nel modo più rapido possibile.

« Staranno per arrivare, Hanabi. Avranno trovato traffico. » disse, in un patetico tentativo di rassicurazione.

Hanabi non colse i segnali e prese a sbuffare, irritata.

« Ma io voglio vederli! Tu non muori dalla voglia di vederli, nee san? »

Hinata sospirò, annuendo distrattamente e facendole segno di tornare a sedersi sul divano, possibilmente prima che a suo padre saltassero in aria le coronarie.

Morire dalla voglia di vederli?

Proprio no.

Sapeva bene che il suo era un atteggiamento sbagliato.

Sbagliato ed egoista.

Ma chi era più egoista?

Lei, che non riusciva a provare entusiasmo per il loro arrivo o su padre che, solo due settimane prima era tornato a casa annunciando di avere conosciuto una donna e di aver deciso di sposarla?

Una donna mai vista, incontrata per caso durante un viaggio di lavoro a Nagano.

Una donna che aveva accettato la proposta su due piedi – e questo la diceva lunga su che tipo di donna dovesse essere – decidendo di traslocare e trasferirsi da loro, portandosi appresso i figli.

Famiglie tagliuzzate e ricucite a piacimento da genitori impulsivi.

Hanabi aveva accettato la cosa con entusiasmo e naturalezza, come in ogni occasione.

Ma Hinata no. Non c' era riuscita.

Perché le persone non sono pezzi di stoffa da tagliare e cucire e non si può pretendere che restino unite, se troppo diverse.

Per questo ne era certa: non avrebbe funzionato. Decisamente no.

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Ci avevano messo sei ore. Sette, contando anche le numerose soste vomito.

E dire che, con un volo nazionale, ci avrebbero impiegato neanche cinquanta minuti per raggiungere Osaka.

Non che avesse mai avuto fretta di arrivare, ma trovava ingiusto che il suo mal d'auto passasse in secondo piano rispetto alla fobia di sua madre per gli aerei. Dopotutto era più sensato che fosse lei a resistere per cinquanta minuti in volo, piuttosto che lui per sette ore di curve e frenate.

« Sasuke, suona il campanello, su! »

La pazza – sì, oramai non c'era altro modo per definire quella malvagia entità che da due settimane si era impossessata del corpo di sua madre – era decisamente su di giri. Sasuke esitò, decidendosi solo dopo un'occhiata incalzante di Itachi; suo fratello pareva l' unico rilassato, in quella situazione.

« Era ora! » fu l' esordio, scocciato, della bambina che venne ad aprire la porta.

Itachi alzò impercettibilmente le sopracciglia e Sasuke decise di imitarlo, restando accostato al suo fianco in religioso silenzio.

« Ciao! » sorrise invece Mikoto. « Tu devi essere Hanabi. »

La presunta Hanabi la scrutò in volto per una manciata di secondi. Poi si concesse una lunga contemplazione da capo a piedi di Itachi e Sasuke.

I suoi occhi, chiarissimi, davano la sgradevole sensazione di essere esaminati ai raggi x.

« Mikoto. Siete in ritardo. »

« Hiashi! Che bello vederti! »

E mentre sua madre si sporgeva con impeto per abbracciare quell'uomo dalla voce severa e la fronte spaziosa che era appena comparso sulla soglia, Sasuke si chiese se fosse davvero possibile innamorarsi di qualcuno in meno di due settimane.

Decisamente improbabile.

Assurdo.

Inconcepibile.

Quindi, a giudicare dall'evidenza dei fatti, il mondo era semplicemente impazzito.

Lanciò un'occhiata ad Itachi. Ma lui, invece di dargli man forte, alzò le spalle come ad invitarlo per l'ennesima volta ad accettare la faccenda così com'era, e lo precedette all'interno.

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Timida per natura, Hinata non aveva avuto il coraggio necessario per andare ad accogliere gli ospiti – anzi, i futuri coinquilini – alla porta, preferendo di gran lunga attendere in soggiorno.

Aveva poi salutato educatamente la donna.

Una bella donna, sì. Ma, da quel che ricordava di sua madre, una giovane inglese dagli occhi chiarissimi, Mikoto Uchiha non arrivava certamente a reggere il confronto.

E poi, i figli.

Itachi Uchiha, diciannove anni e Sasuke Uchiha, quindici.

Itachi, i capelli scuri raccolti in una coda, faceva un po' hyppie. Aveva salutato con cortesia suo padre e rivolto un occhiolino a sua sorella. A lei aveva stretto la mano, sorridendo impercettibilmente davanti alle sue guance di fuoco.

Sasuke, infagottato in una felpa che, a giudicare dalle dimensioni, doveva essere appartenuta al fratello, aveva invece l'espressione di qualcuno che avrebbe preferito masticare frammenti di vetro piuttosto che essere lì in quel momento; più o meno come lei, del resto.

Hanabi non perse tempo, iniziando a tempestare di domande i nuovi arrivati, mentre Hiashi li guidava tutti in cucina.

Saggia decisione, considerando che il gyudon* preparato da Hinata all'incirca due ore prima – ovvero quando sarebbero dovuti arrivare se fossero stati a conoscenza del significato della parola “puntualità” - doveva avere ormai raggiunto all'incirca la consistenza del marmo grezzo.

Si sedettero a tavola ed iniziarono una ridicola conversazione sul pasto.

La carne era immangiabile ed il riso si era solidificato in curiosi aggregati mollicci, eppure Mikoto Uchiha riuscì a profondersi in coloriti complimenti sull'ottima cena, riuscendo persino a zittire suo padre quando questi tentò di farla ragionare razionalmente sulle assurdità che stava dicendo.

Hinata si fece piccola, sperando che l'orologio iniziasse a muoversi più velocemente.

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La cena, a detta di sua madre, era ottima.

Sasuke, comunque, non fu in grado di appurare direttamente la cosa: al momento, dopo sei ore di auto, il solo trattenersi dal vomitare richiedeva già un notevole sforzo; mangiare quello che aveva davanti era assolutamente fuori discussione.

« E' davvero ottimo, Hinata. Complimenti, sei una cuoca eccellente! » e sette. Mikoto ci stava dando dentro con i complimenti. In realtà il cibo aveva un aspetto a dir poco pessimo ma, considerato che Mikoto era abile ai fornelli se possibile meno che alla guida – e le numerose intossicazioni alimentari che figuravano sulle anamnesi sue e di suo fratello ne erano la prova schiacciante – Sasuke non si stupì di tutta quell’espansività nei commenti alla cena.  La cuoca abbassò lo sguardo ad arrossì, borbottando qualcosa di simile a « veramente è un po' freddo » e poi il silenzio ricadde sulla tavola.

« E così, Itachi, tua madre mi diceva che ti sei inscritto all'università. »

Per iniziare una conversazione tanto banale, evidentemente persino Hiashi Hyuuga doveva essere stato contagiato dall'imbarazzo generale.

Sasuke osservò suo fratello annuire con compostezza e spiegare che, sì, effettivamente aveva deciso di frequentare la facoltà di giurisprudenza.

« Deciso? » borbottò Sasuke, sarcastico.

Itachi avrebbe frequentato l'università, si sarebbe laureato col massimo dei voti e sarebbe finito a lavorare nello studio legale di suo padre. Era stato programmato più o meno al momento della sua nascita. Se non al suo concepimento.

Tutti si voltarono verso di lui, ma Sasuke, visto che il commento era rivolto solo a suo fratello ed era certo che questi l'avesse recepito perfettamente, si strinse nelle spalle, concentrando la sua attenzione sul bicchiere che aveva in mano.

« Tu Sasuke, vai a scuola, invece. Hai un buon rendimento? »

Il signor Hyuuga era estremamente tenace. Sasuke si soffocò con l'acqua quando fu Itachi a rispondere al suo posto. Ora avrebbe pagato lo scotto della precedente frecciatina.

« Oh, il mio otouto è un piccolo genio. » fece, ghignando.

« Itachi. »

« Non essere timido, Sasuke. Eri il più bravo della tua classe, no? Il piccolo cocco dei professori... »

« Può darsi. Ma mai quanto te, aniki. » l'avrebbe strangolato. Oh sì. L'avrebbe fatto.

« E tu, Hinata? » chiese Mikoto, interrompendo il litigio con un'occhiata fiammeggiante.

« I... io... Ecco... »

Ma Hiashi non le diede il tempo di dire qualcosa di più sensato.

« Se si impegnasse di più i suoi voti orali migliorerebbero notevolmente, non è così Hinata? » sentenziò, severo.

« La mia nee san è troppo fifona per sopportare un'intera interrogazione senza svenire! » intervenne Hanabi, che aveva appena finito di adoperarsi per versare il contenuto della sua ciotola nel vaso alle sue spalle, senza farsi notare.

« Comunque, sei ancora in attesa per quella borsa di studio, non è così, Hinata? »

Lei sussultò, come colta in fallo, ed annuì pianissimo, sprofondando il mento così in basso che tutto il viso fu adombrato dalla massa scurissima dei capelli.

« Una borsa di studio? Davvero, Hinata? » fece invece Mikoto, gioiosa. « Allora devi essere molto brava! Come sempre esageri in senso negativo, Hiashi. »

Lui emise un mezzo verso burbero e si portò dignitosamente le bacchette alla bocca, ricomponendosi in un atteggiamento fiero ed austero.

E mentre Hinata arrossiva fino alla punta dei capelli e Mikoto si lanciava in una fiera dissertazione sulle virtù della timidezza, Sasuke non poté fare a meno, in un angolo imprecisato della sua mente, di provare qualcosa di simile all'empatia per quella ragazzina che pareva sciogliersi sotto lo sguardo severo del padre.

E non riuscì neanche ad evitare di chiedersi perché sua madre finisse sempre con lo scegliere uomini dal carattere detestabilmente simile a quello del suo primo marito.

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Terminata quella cena disgustosa – sia per via del cibo che per le conversazioni orrendamente banali - Hiashi li aveva scarrozzati tutti in giro, per mostrare la casa.

La villa, di dimensioni perfette per la loro famiglia, aveva dovuto subire dei drastici “ammodernamenti”.

« Perché gli Hyuuga si adattano ad ogni situazione. » aveva detto orgoglioso suo padre, subito dopo aver terminato le modifiche.

Certo. Per lui era assolutamente irrilevante che lei ora dovesse dormire con Hanabi.

Hanabi: disordinata, rumorosa ed irrequieta.

Trattenne quindi a stento una replica quando, mentre passavano al piano superiore, suo padre prese a dire, soddisfatto.

« Hinata è stata felicissima di sapere che avrebbe diviso la stanza con sua sorella. »

Felicissima?! La smorfia costernata comparsa sul suo volto quando lui, due giorni prima, aveva finalmente avuto la decenza di comunicarle quella decisione inappellabile – come tutte le decisioni di Hiashi Hyuuga, del resto – non poteva essere classificata neanche come serena rassegnazione. Ci voleva un bel coraggio a definirla “felicissima”.

« In questo modo Itachi e Sasuke avranno una stanza tutta per loro. »

Il lungo secondo di basito silenzio che seguì questa affermazione, parve ad Hinata come la calma prima della tempesta.

Rabbrividì.

« Cosa...? » iniziò Sasuke, le ciocche scure ad adombrargli il volto. « Io non ho alcuna intenzione di dormire con questo individuo. Piuttosto la morte. »

L’individuo in questione mise su un'espressione divertita, anche se Hinata colse una vibrazione pericolosa nella sua voce.

« Questo non è affatto gentile da parte tua, otouto. » commentò avvicinando il viso a quello del fratellino. « Dopotutto quando eri un caro frugolettoadoravi intrufolarti nel mio letto di notte, o sbaglio? »

Touché, a giudicare dall'espressione ferita di Sasuke.

« Avevo quattro anni, aniki. »

« A me risulta che tu l'abbia fatto fino a ieri, otouto. »

Hinata stette in silenzio in disparte mentre suo padre, indeciso su come comportarsi, rimaneva a fissare quello scambio di battute come di fronte ad una partita di ping pong.

In compenso, prima che si arrivasse alle mani – perché se non Itachi, Hinata era certa che almeno Sasuke fosse seriamente sul punto di azzannare suo fratello alla giugulare – Mikoto li divise, squadrando prima l'uno, poi l'altro con un sorriso che le illuminava il viso di una luce inquietante.

« Ragazzi. » disse. « Vi ricordate cosa avevo detto a proposito delle vostre... Amichevoli piccole discussioni? »

Evidentemente sì, se lo ricordavano. Perché, dopo un attimo di esitazione in cui Hinata colse un'ombra di panico negli occhi di entrambi, Itachi adottò lo stesso sorriso falso di Mikoto e con un cortese  « Certo, kaa san. », si allontanò da suo fratello. Il minore, dal canto suo, si limitò ad abbassare lo sguardo e a borbottare qualche maledizione tra i denti.

Hiashi, sollevato, fece per proseguire il giro, ma Sasuke lo interruppe prima che avesse il tempo di profondersi nella minuziosa descrizione di tutti i comfort offerti da quell'unico bagno che da quel giorno avrebbero dovuto usare in sei, salvo caracollare giù per le scale in piena notte.

« Io me ne vado a dormire. » sentenziò, rivolgendosi direttamente a sua madre. Lei parve tentare una blanda resistenza, ma lo sguardo deciso del figlio la fece desistere.

« Sasuke soffre il mal d'auto, non si sente molto bene. » spiegò, conciliante.

Hiashi annuì, anche se un po' irritato: Hinata sapeva bene quanto detestasse essere interrotto; i nuovi arrivati stavano giocando col fuoco.

Ma la questione morì lì, con suo padre che, insolitamente gentile, invitava Sasuke a riposarsi e gli augurava buona notte. O almeno così pensava, prima che, dopo neanche due passi, Itachi imitasse il fratello.

« Sapete, credo che andrò a letto anche io. »  disse. « Magari al mio piccolo otouto serve assistenza... »

Sasuke stava per ribattere qualcosa, piccato, ma Itachi lo interruppe, fulminandolo con un'occhiata.

I due rivolsero un contrito, falsissimo sorriso di scuse alla madre. Lei, interdetta, emise una risatina nervosa e poi si voltò verso Hiashi.

Costernata, Hinata vide il padre borbottare il suo consenso, dicendo che in effetti era tardi e la casa avrebbero anche potuto visitarla il giorno seguente.

In anni – quindici, per l'esattezza – non l'aveva mai visto comportarsi tanto gentilmente.

Mai, se non con sua madre.

E fu questo, più d'ogni altra cosa, che la spinse a mollare tutti lì, in corridoio, ed eclissarsi in camera sua senza salutare.

Nota:

*gyudon: piatto popolare composto da riso bollito e carne di manzo.

 

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Capitolo 2
*** Film horror e conversazioni notturne ***


Avrei potuto aggiornare prima, ma la Genitrice si fregò il pc (che tecnicamente sarebbe suo… ma questo è solo un irrilevante dettaglio <___<). Ora, poiché sono in fase istaminico-depressiva, pubblico. E starnutisco pure sull’html: magari per una volta la pagina mi riesce come voglio io e non come decide lui xD

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Con un leggero fruscio di carta strappata, Hinata gettò il foglio del calendario nel cestino.

Erano trascorsi sei giorni.

Se durante la giornata evitare i contatti con i nuovi coinquilini risultava in verità piuttosto semplice - a causa degli stessi che, fatta eccezione per Mikoto, erano soliti farsi educatamente i fatti loro - alle ore dei pasti lo scontro diventava inevitabile.

Richieste innocenti come “passami la salsa di soia” erano quasi fonte di panico per Hinata, che ormai condiva il cibo solo se le salsiere erano a portata di mano sua o di Hanabi.

Ad essere obiettivi, Itachi non rappresentava un grosso problema; ma Sasuke pareva assolutamente ben disposto a sgozzare chiunque avesse osato rivolgergli incautamente la parola.

In effetti, suo fratello sembrava rimasto l'unico che riuscisse a cavargli di bocca più di tre sillabe, fosse anche la minaccia di una morte dolorosa.

La casa era in uno stato di tensione costante, nonostante i buoni propositi di Hiashi che, invece, si mostrava quasi di umore allegro mentre cercava di coinvolgere poli opposti a partecipare a simpatiche attività di gruppo. Aveva rinunciato però la quarta sera quando, dopo aver proposto di vedere un film tutti assieme, Sasuke gli aveva rivolto un'occhiata tanto raggelante che sua madre si era vista costretta a rimproverarlo apertamente, per una volta.

E così, con quella stralunata situazione domestica, Hinata aveva quasi dimenticato la spada di Damocle che pendeva sul suo collo.

Anzi, con il comportamento quasi esasperante di Sasuke, che sembrava ben deciso ad osteggiare l'instaurazione di un clima – certo non felice - ma perlomeno di pacifica sopportazione, era persino arrivata a prendere in considerazione quella disgrazia come una possibile soluzione ai suoi problemi: una fuga.

Non molto onorevole, ma comunque legalizzata e persino approvata da suo padre; la soluzione perfetta.

Ma ora, con quella data cerchiata di rosso sotto il naso, non poté evitare di sentire il consueto macigno posarglisi dritto sullo stomaco. Probabilmente la sua era una preoccupazione del tutto infondata, del resto aveva tentato l'ammissione unicamente per far contento Hiashi; solo che adesso, la prospettiva di vedersi comparire tra le mani i risultati delle prove e la possibilità di aver superato il test ed essere stata ammessa in quella stupida, prestigiosa scuola privata di Tokyo esattamente come suo padre aveva sempre desiderato, le fecero montare un'ansia serpeggiante che le tolse l'appetito.

Non voleva andarci, assolutamente.

Si trovava bene, ad Osaka. Aveva degli amici, non molti, ma ne era contenta. E poi era il posto dove era cresciuta, casa sua. La casa dove c'era stata la mamma; aveva il dovere di proteggerne il ricordo, prima che Hanabi, troppo piccola per conservare qualcosa di più di una nebbia confusa, dimenticasse del tutto.

Andarsene a Tokyo era fuori discussione.

Quando suo padre l'aveva accompagnata all'esame di ammissione, due mesi prima, era stata quasi tentata di sbagliare di proposito il test, ma non ne aveva avuto il coraggio, sentendosi una specie di truffatrice ai suoi occhi. In compenso, era certa di non essere stata brillante nell'orale, il suo tallone d'Achille. C'erano quindi buone probabilità che la sua richiesta venisse gentilmente respinta.

Certo, a quel punto suo padre l'avrebbe biasimata, disprezzata per la sua incapacità e l'avrebbe trattata con freddezza, ma poi, forse, gli sarebbe passata. Lei, da parte sua, avrebbe fatto del suo meglio per diplomarsi con un buon voto e poi avrebbe continuato gli studi, per non deluderlo più.

Sospirò.

Dalla finestra, le pareva quasi che la cassetta della posta occhieggiasse nella sua direzione.

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Dalla tromba delle scale arrivava un vago odore di minestra che, nonostante i suoi fermi propositi di reclusione spontanea in camera sua – o meglio, sua e di Itachi - riuscì a fargli venire un certo appetito. Stette per un po' a fissare in modo vacuo la copertina del libro che aveva tirato fuori dalla roba di suo fratello - solo per scoprire che, come aveva sempre supposto, il Diritto non lo interessava neanche minimamente – e poi si alzò, lasciando il tomo sulla libreria.

Ormai Sasuke aveva adottato una politica che Itachi definiva di “guerra fredda”, con gli altri abitanti della casa. Scendeva alle ore dei pasti, elargendo sguardi truci a chi osava intralciare il suo cammino e rispondendo in modo così gelido da rasentare la maleducazione. Già dotato di un carattere naturalmente scostante, il nuovo esasperante atteggiamento gli riusciva in verità piuttosto semplice da attuare, ma subodorava che a breve il leggero biasimo di Mikoto la quale, intuendo il suo disagio per la nuova situazione in quanto adolescente in fase di crescita - e Sasuke era quasi convinto che fosse stato Itachi a persuadere la madre in questo senso – si stava comportando più pazientemente di quanto lui si fosse ragionevolmente aspettato, sarebbe esploso in una ramanzina secolare.

Sasuke aveva quindi trascorso gli ultimi giorni a formulare nuovi piani per poter esprimere efficacemente il suo muto risentimento, senza però incappare nelle ire di sua madre; attività molto impegnativa che attualmente lo aveva visto costretto a trascorrere più di due terzi della giornata chiuso in camera da solo o in compagnia di un silenzioso Itachi ed i suoi manuali di Diritto.

All'ennesimo brontolio di protesta del suo stomaco, si decise ad uscire, chiudendosi silenziosamente alle spalle la porta della stanza.

« Ah, Sasuke, eccoti qua... » Mikoto spuntò fuori dalla camera da letto. Si stava infilando un orecchino – impresa che doveva essere quantomeno titanica, a giudicare da come stava stirando il lobo con aria concentrata – ed indossava un abito blu, piuttosto elegante. Sasuke la squadrò da capo a piedi, registrando quei dettagli con vago panico.

« State uscendo. » asserì infine, quando dalla stanza emerse anche Hiashi Hyuuga, in completo scuro.

Mikoto sorrise, radiosa.

« L'ho sempre detto che sei perspicace. » lo prese in giro. Poi assunse un tono pratico, riuscendo finalmente a piazzare il gioiello al suo posto. « Hinata chan sta preparando la cena... Noi faremo tardi, non aspettate alzati. Comunque c'è Itachi ed il numero del ristorante... »

« Quanti anni pensi che io abbia, kaa san? » si ritrovò a chiederle, paziente.

Lei sospirò, dandogli un leggero buffetto sulla guancia.

« Lo so, lo so... Fammi fare la mamma, ogni tanto. »

Sasuke si strinse nelle spalle, sibilando qualcosa di indefinito e cedendo il passo a lei e a Hiashi, che lo salutò con un breve cenno del capo. Poco dopo, sentì la voce flebile di Hinata che li salutava dalla cucina e quella squillante di Hanabi, che li accompagnò alla porta, raccomandandogli di fare tardi. L'ammonimento di Hiashi, che intimava alle figlie di andare a letto presto, perse di qualsiasi serietà sotto le falsissime rassicurazioni della bambina.

« Guardiamo un film dell'orrore? Ne inizia uno alle undici meno un quarto! » propose infatti neanche cinque minuti dopo, non appena si sedettero a tavola.

Hinata finì di servirle la sua porzione, scoccandole uno sguardo di rimprovero.

« Non credo proprio sia una buona idea... »

« Che film è? » intervenne Itachi, mentre si ingegnava a rompere l'uovo nella sua ciotola di tsukimi udon*.

« “L'alba dei morti ammazzati quattro”! »

«Almeno non è “I criceti contro Dracula”. E' già un passo avanti. » brontolò Sasuke, rimestando il contenuto della sua ciotola con aria annoiata. L'insana passione per i film horror che Itachi aveva ereditato da Shisui, un individuo che Sasuke preferiva evitare di considerare suo cugino – sebbene, purtroppo, quello fosse esattamente il suo ruolo - non aveva mai portato a felici conseguenze. Ricordava con orrore tutte le notti che, da bambino, aveva passato nel terrore di veder spuntare zombie putrescenti dall'armadio e psicolabili armati di motosega in giardino. Ora, cresciuto, questo genere di cose gli scivolava addosso senza danno, ma, a parte la nervosa eccitazione di Hanabi, quello che aveva letto negli occhi di Hinata al solo sentire il titolo del film, lo aveva messo in all'erta.

« Non è meglio se ce ne andiamo a dormire come persone normali? » propose quindi, atono.

« Hai paura, otouto? » lo stuzzicò invece Itachi, mentre Hanabi ghignava, la testa opportunamente nascosta dietro la ciotola.

Sasuke sospirò. Era una battaglia persa in partenza.

« E va bene. Ma nessuno venga a piangere da me, stanotte. » e con un'occhiata di sfuggita ad Hinata, tornò a concentrarsi sulla cena.

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Con le palpebre serrate, le erano arrivati solo inquietanti lampi di colore. Bagliori rossastri che il cervello di Hinata era riuscita ad associare ad una serie infinita di carneficine, squartamenti e stragi più o meno truculente. Del resto, le grida torcibudella dei protagonisti erano state un valido supporto alle sue fantasie.

Gli altri invece parevano essersi divertiti, chi più chi meno.

Itachi aveva seguito il film con serietà, sorridendo in alcuni punti che, secondo l'annoiata telecronaca di Sasuke, erano così ridicoli che una partita di bocce tra anziani sarebbe stata ben più coinvolgente. E, in effetti, in era in questi momenti che le risate di Hanabi avevano superato i decibel consentiti, costringendo Hinata ad ammonire la sorella; Hanabi aveva semplicemente continuato a soffocare le risa con un cuscino premuto sulla faccia; cosa ci fosse di esilarante in un cadavere macilento che sgorgava sangue dalle orbite vuote, poi, questo Hinata non l'aveva ancora capito; ma si era coperta gli occhi con discrezione, stritolando il bracciolo del divano e aspettando che finisse.

E ora, nonostante non avesse fatto altro che protestare, sostenendo di non avere sonno, Hanabi era crollata come un sasso non appena aveva posato la testa sul cuscino, e lei era rimasta lì, nel buio della stanza ad ascoltare il silenzio.

Ora, logica e razionalità le stavano spiegando con voce pacata che, a quasi sedici anni, avere paura di zombie risorti o qualsiasi cosa fossero, era estremamente patetico ed infantile. Del resto, la casa silenziosa, i rumori attutiti in strada, l'odore un po' stantio degli avanzi di minestra, le urlavano di accendere la luce prima che un cadavere le comparisse alle spalle.

Si tirò a sedere di scatto, odiandosi per quel suo comportamento da bambina paurosa.

Ci mise quasi venti minuti per decidere che aveva urgente bisogno del bagno e, quando finalmente sgattaiolò fuori dalla stanza, prese a voltarsi per guardarsi le spalle più volte di quanto fosse umanamente comprensibile, soprattutto in considerazione del fatto che, col buio del corridoio, fosse stata seguita da un corteo vestito a festa, non se ne sarebbe accorta.

Quando uscì dal bagno, chiudendo cautamente la porta, si era un po' tranquillizzata e con un moto di orgoglio, si stava decidendo ad accantonare quelle paure infondate e tornarsene a letto, risoluta a dormire senza curarsi del resto.

Poi urtò qualcosa. Qualcosa che emise un gemito sordo.

Hinata restò paralizzata al suolo, gli occhi spalancati, senza avere il coraggio di voltarsi. Boccheggiò per una frazione di secondo, poi gridò.

O almeno cercò di gridare, ma l'urlo le morì in gola, quando una mano le si serrò stretta proprio davanti alla bocca.

Si divincolò, assestando una gomitata all'aggressore, pestando piedi e contorcendosi come un'anguilla, cercando di liberarsi. Doveva gridare, fuggire, svegliare Hanabi, chiamare la polizia...

« Hinata... Hinata! » il bisbiglio, più forte dei precedenti, la spinse ad immobilizzarsi di colpo.

« Sa... Sasuke kun...? »

Una voce contrariata, attutita.

« Sasuke kun un corno... volevi uccidermi? »

Hinata riprese a respirare.

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Il pendolo batté le due.

Il naso era ancora lì, attaccato alla sua faccia, ma Sasuke aveva la netta impressione che Hinata glielo avesse quasi rotto, con quella maledetta gomitata.

« Mi... mi spiace... » borbottò ancora, imbarazzata.

Sasuke scosse la testa, brusco. Dopotutto, era stato lui ad afferrarla alle spalle come un malintenzionato. Che poi le avesse tappato la bocca solo per evitare che svegliasse il vicinato, lei non poteva saperlo.

« La prossima volta sii meno silenziosa. Così me ne accorgerò, se c'è qualcuno in bagno. » brontolò, burbero.

Lei gli passò il ghiaccio, premurosa, studiandogli il naso come se fosse il cadavere di un truculento omicidio commesso da lei stessa. Gli occhi chiari, grandi e un po' spettrali, esprimevano dolore e contrizione.

« Senti, non è il caso di fare quella faccia. » iniziò Sasuke, sorprendendo per primo se stesso, considerato che, almeno a detta di Itachi, tra i suoi più grandi talenti c'era quello di drammatizzare fino allo spasmo ogni inezia. « Non è morto nessuno, dopotutto. Solo, se decidi di farmi fuori, sappi che preferisco una fine rapida ed indolore. »

Lei annuì, nascondendo il viso paonazzo sotto la frangetta. Sasuke scrollò le spalle, rassegnato, e fece per andarsene.

« Tu... » Hinata aveva iniziato a borbottare qualcosa, pianissimo. « Io... volevo chiedertelo da un po'... ecco... »

Sasuke sollevò un sopracciglio e si voltò, rivolgendole uno sguardo incalzante, ma ben deciso a voltarle le spalle se non fosse riuscita ad articolare una frase almeno comprensibile entro i tre secondi seguenti.

« Tu... ci odi? »

La domanda, insolita, quasi impertinente, pronunciata come un sussurro poco più che inudibile, riuscì non si sa come a risuonare nel silenzio della cucina.

« Chi. » si trovò a domandare Sasuke, che non era certo di aver afferrato correttamente il senso della domanda.

Hinata prese ad agitarsi sulla sedia, torturandosi i polpastrelli, con evidente disagio.

« Noi... nostro padre, Hanabi... me. »

L'altro non rispose, preferendo invece spostare la sua attenzione sul soprammobile a forma di tanuki* che stava appollaiato sul tavolino del salotto, accanto ad un vaso cinese.

« E tu? Tu non ci odi? » borbottò, senza guardarla. Era piuttosto bruttino, quel tanuki.

Hinata restò in silenzio per quasi trenta secondi. Poi mugolò qualcosa di indistinto.

« Io... non so. » sussurrò, infine. « Siete piombati qui... è stato tutto così... veloce... »

Lo sbuffo di Sasuke fece quasi eco.

« Non è che noi siamo stati così entusiasti di venire qui così, su due piedi. » disse, amaro.

« Immagino... » iniziò lei, cauta. « Anche io sarei almeno... arrabbiata, con noi... »

« Non siamo noi, i malvagi invasori? » ribatté Sasuke, sarcastico.

Hinata si alzò, spingendo indietro la sedia senza far rumore.

« Non... non ha importanza chi è arrabbiato con chi, oramai... » più che un'affermazione era un'ammissione. Un'ammissione che le stava costando evidente fatica. « Loro... tou san e Mikoto san... sembrano felici, insomma... »

« Pare siano gli unici. » sputò fuori Sasuke, lapidario.

« Ma lo sono. Noi non... Non abbiamo il diritto di impedirgli di esserlo... »

Sasuke affondò le mani nelle tasche del pigiama, stizzito.

« E noi? Non non ne abbiamo il diritto? » lo disse tanto rapidamente e tanto a bassa voce che, per un attimo, sperò di averlo solo pensato. Ma non doveva essere così, perché, con la coda dell'occhio, distinse Hinata che spalancava gli occhi, sorpresa, per poi riabbassarli subito dopo, le mani a stritolare un lembo del pigiama a pois, decisamente troppo infantile per le forme generose della ragazza; Sasuke distolse completamente lo sguardo, costringendosi a fissare quel maledetto tanuki di cattivo gusto.

« Me ne vado... » lo dissero contemporaneamente, lui tra l'imbarazzato e lo scocciato e lei, tremante e dubbiosa, come se avesse appena sganciato una bomba senza conoscerne gli esatti effetti.

Sasuke, che intendeva solo andarsene a dormire, lasciando cadere quel dialogo sin troppo intimo e quasi folle, specialmente a quell'ora del mattino, sollevò un sopracciglio, voltandosi.

Hinata stava sformando la stoffa del suo pigiama con perizia chirurgica.

« Io... forse... forse presto me ne andrò... a Tokyo. »

« Per quella storia della borsa di studio... ? » chiese Sasuke, ripescando vaghi ricordi di conversazioni tenute a tavola; lo chiese più per la curiosità di scoprire quale fosse il nesso che connetteva la faccenda al precedente dialogo.

Lei annuì.

« Così... toglierò il disturbo... dovrete solo... trovare qualcuno che cucini, ma c'è la governante, che... »

« Ma questo che c'entra? » si ritrovò a chiederle, esplicitamente, prima che lei andasse del tutto alla deriva. Da come l'aveva superato, a passi leggeri, dirigendosi verso le scale, sembrava che una volta sfiorato l'argomento fosse saltata sulla difensiva ed ora stesse cercando di battere in ritirata in tutta fretta.

Si bloccò, le dita già tese verso il corrimano.

« Io... toglierò il disturbo... voi... starete più larghi... »

« Tu non ci vuoi andare affatto. » sentenziò Sasuke, sicuro. E fu certo di aver colto nel segno, quando lei si girò di scatto, muta.

« E' perché lo vuole tuo padre. » concluse, e fu quasi certo di aver messo il dito in una piaga aperta. Hinata si mordicchiò nervosamente il labbro.

« E' meglio per tutti. »

« E cosa è meglio per te? » la domanda, scettica e quasi accusatoria, restò sospesa nel vuoto.

Hinata augurò una fugace buona notte e salì rapida i gradini.

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Note:

*tsukimi udon: minestra di uova e pasta

*tanuki: procione. E non ho idea del perché qualcuno dovrebbe comprare un soprammobile a forma di procione. Mah.

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Sono così brava che rispondo persino ai commen… *linciaggio*

Un milione di grazie per le recensioni, comunque. Mi aggiro in acque sconosciute e sentire pareri (oltre a quelli delle giudici) fa bene alla salute xD

 

Ainsel: sono felice (enormemente felice *-*) che ti piaccia. A dire il vero i personaggi, soprattutto Itachi, sono un po’ OOC… mi sono fatta gli sconti sulla pena, visto che la storia è ambientata in AU (sporchi mezzucci e labili scuse *si fustiga*). E nei dialoghi tra Itachi e Sasuke mi sono lasciata trascinare troppo. Devono essere le ripercussioni che l’avere un fratello ha inciso nella mia povera psiche a livello inconscio *scuote la testa*

Aspetta… da dove hai detto che hai fatto l’accesso…?! …ok, vado a gongolare in un angolo. Con estrema dignità, eh. *saltella spargendo petali di viole*

 

Wendy94: difatti, non ho mai scritto niente di più romantico di questa roba (e sorge spontanea la domanda: “ma sei pazza ad iscriverti ad un contest sul SasuHina?” Risposta: “sì.”). Diciamo che “si fa quel che si può con i mezzi che si hanno” xD Spero comunque possa essere di tuo gradimento. Bax, abbrax e abracadabrax anche a te xD (orpò sembra una maledizione celtica *lol*)

 

apheniti:  mah, buono a sapersi… io pensavo fosse alquanto banale, a dire la verità ^^” (anche se le giudici mi avevano rassicurato su questo punto… sì, sono un essere patetico che necessita di rassicurazioni, a quanto sembra) Ma se mi dici che il tema è originale son contenta *-*

 

evechan: oh che bello, l’hai notato *-*. No, perché il cambio di paragrafo mi costa un combattimento corpo a corpo col tag p che mi fa perdere in media tre anni di vita a capitolo *distrugge il pc a colpi di rasengan*… sì, sono catastroficamente inabile.

 

ecila94hina: mi spiace di averti lasciata preda di  un simile dilemma morale xD E’ già bello che tu abbia letto il primo capitolo e ti sia fermata a commentare, quindi libera da vincoli e mettila dove ti pare. Secondo me stampata e accartocciata, ‘sta storia è utile pure da mettere sotto la gamba del banco per evitare che traballi u__u (metodologia Art attack per il riciclo delle Cose Inutili).

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Turismo obbligato ***


Ho ritrovato il cd dei Radiohead che credevo d’avere perso *-*. Quindi, si pubblica.
Sì, lo so. Cose come la logica ed il principio di causa-effetto mi sono del tutto estranee.

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SpazioCome Hinata gli aveva fatto notare, Mikoto sembrava così felice che, al confronto, il suo malumore era divenuto solo una piccola ombra opaca che si aggirava inquieta nella casa.
Sasuke era parecchio restio ad ammetterlo, ma sua madre era molto più serena, ora.
Da quando il primo marito, Fugaku Uchiha, l'aveva lasciata, dopo la terza intossicazione alimentare e per via delle ferme convinzioni da donna emancipata, che la rendevano ben diversa dall'ideale di moglie remissiva e all'antica che Fugaku si era figurato per la sua sposa, Mikoto era stata una madre stressata; sempre allegra con i figli per carattere, ma comunque inquieta, costantemente di fretta, spesso triste.
Fugaku, dal canto suo, non aveva, almeno in apparenza, minimamente risentito del colpo. Del resto pareva aver ottenuto tutto ciò che desiderava dopo la nascita di Itachi: un erede maschio, intelligente ben oltre la media e disposto ad assecondare i suoi propositi futuri.
Sasuke, nato pochi anni prima della separazione, aveva ormai dovuto accettare il suo essere un semplice incidente di percorso, una persona qualunque la cui esistenza né interessava né infastidiva Fugaku.
Semplicemente, era superfluo.
Lo aveva realizzato con coscienza intorno agli undici anni, quando si era finalmente stufato di dover essere sempre lui a chiedere che gli venisse passato il padre a telefono dato che Fugaku, dopo un breve scambio di freddi convenevoli con Mikoto ed una lunga, formale conversazione con Itachi - al quale si preoccupava sempre di chiedere come procedessero gli studi - aveva l'abitudine di chiudere semplicemente la conversazione, dimenticando l'esistenza di un'altro prodotto del suo DNA, sempre ansioso di ricevere il suo fiacco interesse di circostanza.
Alla fine, Sasuke si era stancato.
E aveva deciso di ignorare l'esistenza di suo padre, così come l'uomo si rifiutava di ammettere la sua.
Ma, mentre per Fugaku non sembrava esserci stato alcun cambiamento, a lui era costato più di quanto fosse disposto ad ammettere.
Ed ora Hiashi Hyuuga, forse per il portamento fiero da uomo affermato; forse per quel suo atteggiamento di educato distacco, poco propenso ad esprimere qualsiasi sentimento che non fosse irritazione o contenuto sdegno; forse per lo sguardo severo che riservava alla figlia maggiore – soprattutto per quello – era paurosamente simile a Fugaku.
C'era però da ammettere che, specie per quanto riguardava il trattamento riservato a Mikoto, paritario e, anzi, spesso di rassegnata sottomissione alla sua evidente superiorità negli scontri verbali, Hiashi era ben diverso da suo padre.
Questo gli aveva fatto guadagnare qualche punto. Solo qualcuno. Itachi diceva che era pur sempre un inizio.
Inoltre, poteva essere considerato vagamente apprezzabile - non da lui, certo. Solo in terini puramente oggettivi, ecco - il fatto che Hiashi impegnasse tutto se stesso per mandare avanti quel mostruoso ibrido familiare, soprattutto durante i pasti.
« Perché non andate a fare un giro in città, ragazzi? » aveva suggerito un sabato mattina, a colazione. Non doveva lavorare e aveva deciso di infestare la tavola con la sua presenza, intrattenendo dialoghi che, era palese, imbarazzavano lui per primo. « Sono certo che Hinata sarebbe disposta a farvi da guida. »A giudicare dall'espressione di puro panico che le si era dipinta sul volto, Hinata era tutt'altro che disposta.
« Mi piacerebbe... » iniziò Itachi, e Sasuke, intuendo dove volesse andare a parare, gli assestò una gomitata sotto il tavolo. Lui parò con destrezza. « Ma purtroppo devo studiare. Diritto Civile. Non posso restare indietro con il programma. Desolato. » disse, con un'espressione vagamente dispiaciuta. « Ma Sasuke non ha nulla di meglio da fare, non è così otouto? »
« Ma veramente... » « Se... se Sasuke kun non ne ha voglia sarebbe meglio... » Hiashi si accigliò, zittendo il borbottio della figlia con una sola occhiata, e Mikoto, colta la vibrazione pericolosa del suo sopracciglio destro, si intromise, con voce squillante.
« Andiamo ragazzi, non vorrete restarvene tappati in casa! Scommetto che in realtà morite dalla voglia di fare quattro passi. »
I nove rintocchi del pendolo in salotto consentirono ai due di evitare una risposta che, era evidente, non avrebbe fatto felice nessuno dei presenti.

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Alla stazione di Umeda, dopo essere passati davanti al Grattacielo* che da sempre, un po' l' affascinava, un po' l'impensieriva - forse per via di quell'imponenza - ma che, come c'era da aspettarsi, non suscitò in Sasuke maggiore reazione di un laconico « Uhn. Alto. », Hinata decise, in uno slancio di coraggio, di trascinare il suo ospite fino al castello*.
Inizialmente, aveva rimpianto fortemente l'assenza di Hanabi che, parlando per tre, le avrebbe evitato il problema di dover intavolare una conversazione. Purtroppo, la situazione non le appariva nuova: era abituata a trovarsi nella scomoda condizione di non sapere mai cosa dire; borbottare frasi impacciate era l'unica cosa che le riusciva, le poche volte che si lasciava convincere da amiche e compagni di classe a partecipare a qualche uscita di gruppo. Inoltre, l'unica vera conversazione, se così poteva essere definita, che avesse mai tenuto con Sasuke si era svolta alle due di notte, in una cucina, dopo che lei era quasi riuscita a rompergli il setto nasale. E, tra l'altro, non era stato esattamente un pacifico scambio di opinioni su questioni filosofiche.
Era stata quindi la prima a stupirsi, quando dopo un'ora di silenzi, si era resa conto di essersi abituata al curioso atteggiamento di Sasuke con una facilità ed una naturalezza quasi impressionanti. Ed ora, seduta accanto a lui nel vagone affollato, non riusciva a sentirsi particolarmente a disagio; lei e Sasuke non si erano rivolti più di tre frasi, da quando avevano imboccato il vialetto di casa sfuggendo alle pedanti raccomandazioni di Mikoto, e lui non pareva propenso a spezzare quel clima di silenziosa compagnia, quasi impercettibile, come se fosse solo per un caso che fossero usciti insieme e saliti sullo stesso treno.
« Scendiamo. » sussurrò infine Hinata, alzando di poco lo sguardo. Lui annuì, precedendola tra gli altri passeggeri, lungo la banchina. 
Il castello di Osaka le era sempre piaciuto.
In tempi ormai remoti, suo padre aveva portato lei ed Hanabi a visitarlo, mostrando alle figlie anche l'antica lapide di Toyotomi Hideyori e sua madre, lady Yodo, suicidatisi insieme ad altri trenta per non finire nelle mani dei nemici.
Hanabi trovava esaltanti i racconti guerreschi delle gesta dei samurai, con grande gioia del padre, che ne conosceva a centinaia; Hinata invece, con grande disappunto di lui, amava i giardini.
Aveva neanche otto anni, e rimase incantata dai ciliegi in fiore, tanto che non voleva andarsene più. 
Peccato che ora gli alberi fossero spogli. 
Sorrise imbarazzata allo sguardo interrogativo di Sasuke: scioccamente, doveva essere parsa delusa. Sapeva benissimo che non era la stagione giusta, ma per lei, il castello ed i ciliegi fioriti erano una cosa sola; un'immagine così ben radicata nella sua mente, che, senza l'uno o gli altri, era come fissare un'istantanea sfocata. 
« Vuoi... vuoi entrare? » chiese dopo un po', riscuotendosi. 
Era ormai abituata a vedere Sasuke annuire praticamente ad ogni proposta, come se non gli importasse realmente di nulla, si stupì quindi sinceramente nel vederlo rivolgere un breve segno di diniego direttamente in direzione dell'imponente ingresso.
« Dopo le guerre civili del periodo Meiji, incendi vari e la seconda guerra mondiale, dubito seriamente che gli interni abbiano ancora a che fare con gli originali all'epoca dell'edificazione. Credo di preferirlo dall'esterno. » spiegò, a nessuno in particolare, studiando il profilo dell'edificio. 
Hinata non seppe sinceramente come ribattere. 
Presero a camminare lungo il perimetro, evitando deliberatamente di incrociare troppi passanti. Inspiegabilmente, dopo una decina di minuti, fu Sasuke a rompere il silenzio. 
« Ci andrai? »
Lei restò un attimo interdetta. « Nel castello? Ma non avevi detto che... » 
« A Tokyo. » 
Hinata spalancò gli occhi e deglutì, a capo chino. « Io... ma probabilmente non sarò ammessa. Io... non sono molto brava, ecco. » 
Lui non parve soddisfatto dalla risposta e le rivolse un'occhiataccia di lieve biasimo. 
« Ma, nel caso, ci andrai? » 
« Mio padre... » 
« Non ti ho chiesto se tuo padre ti ci manderà. Ti ho chiesto se tu ci andrai comunque, anche se non vuoi. Insomma... al diavolo. Lascia perdere. » e ammutolì, voltandosi a guardare con ostinazione una comitiva di americani dalle appariscenti camicie a fiori e le macchine fotografiche al collo. 
Hinata si rivolse alla sua nuca, nervosa. 
« Io... devo andare. Mio padre... lui non mi perdonerebbe mai se non cogliessi quest'occasione. Lui... dice che è per il mio futuro... se frequenterò una buona scuola, poi... » 
Poi cosa? 
Non lo sapeva bene, in verità. 
Avrebbe frequentato una facoltà universitaria scelta da suo padre. Probabilmente economia, sì. Per lavorare nell'azienda di famiglia. E dire che di bilanci, numeri e quotazioni, non aveva mai capito niente. Né le era mai interessato.
« Ma dai. Divertente. » sibilò finalmente Sasuke, guardandola in faccia. « Finirai come Itachi, allora. Buon per voi. » 
Hinata non rispose, non riuscendo a cogliere appieno quella che doveva essere un'accusa, forse perché le sfuggivano alcuni nessi causali – ad esempio, cosa c'entrasse Itachi – e sospirò, piano, tenendosi sul vago.
« Sarebbe così terribile? » 
« Forse no. Ma sarebbe triste. » 
Hinata non seppe come aveva fatto a guadagnarsi tanta partecipazione emotiva, ma decise di non chiederlo. 
Probabilmente non c'era alcuna ragione. O forse ce ne erano molte. 
« Sai... mi piacerebbe frequentare una scuola d'arte. » si ritrovò a dire, quasi di slancio. 
Lui sollevò appena lo sguardo. Senza una parola si andò ad accomodare su una panca di pietra. 
« E perché non lo fai? » borbottò poi, approfittando del fatto che lei era impegnata a scostare qualche foglia morta, prima di accomodarglisi affianco, anche se a debita distanza. 
« Mio padre crede che sia... una perdita di tempo. E dopotutto il disegno è solo un hobby. Non sono neanche molto brava... » 
Lui emise uno sbuffo. 
« Ma ti piace, no? Se ti piace fallo e basta. » disse neutro, continuando a guardare un punto imprecisato davanti a sé. 
Un'altra comitiva armata di macchine fotografiche e indumenti appariscenti sfilò rumorosamente davanti alla loro panchina. 
« …Grazie. »
« Eh? » 
Davanti al sorriso di Hinata, l'espressione perplessa di Sasuke si trasformò in un mezzo imbarazzo, subito celato dalle ciocche scure che fece ricadere sapientemente sul viso.
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Non che fosse particolarmente interessato ad attività frivole come il turismo, ma tutto sommato, non poteva lamentarsi. 
Hinata si era appena guadagnata un posto nella sua personale top five delle compagnie non esecrabili. 
Era discreta e silenziosa, molto più di qualsiasi persona con cui avesse mai avuto a che fare. Quasi ai livelli di Itachi che, fin da quando Sasuke aveva memoria, parlava solo se interpellato e solo se strettamente necessario.
Anche se poteva diventare quasi loquace a suo modo; ed essere uno dei pochi individui con cui suo fratello riusciva a sciogliersi era sempre stato motivo d'orgoglio per il bambino in cerca d'attenzioni che Sasuke era stato. 
Scosse la testa: ormai, non aveva più molta importanza. 
Un'altra ondata di passeggeri lo spinse ancora più incollato ad Hinata. Lei si rannicchiò accanto alla maniglia, ondeggiando pericolosamente quando il treno ripartì. 
Era pomeriggio inoltrato; avevano mangiato un'okonomiyaki* a testa, in un chiosco semideserto nei pressi del castello, masticando in silenzio e studiando con interesse scientifico altri gruppi di turisti stranieri, forse europei, che si aggiravano per il parco con aria un po' smarrita. 
Avevano lasciato il castello solo all’imbrunire, e avevano atteso il treno riuscendo persino ad ingannare l’attesa scambiando quattro parole – non una di più – riguardo argomenti generici, ad esempio su perché diavolo una bambina come Hanabi, apparentemente innocua ed innocente, dovesse apprezzare un film come “L’alba dei morti ammazzati quattro”, nonché i presunti tre che l’avevano preceduto. 
« D... dovremmo essere quasi arrivati, Sasuke kun... » lo avvertì Hinata, studiando fuori dal finestrino con occhi nervosi e staccandosi dalla maniglia. 
Incurante, un tizio in impermeabile quasi la buttò a terra, scostandola per raggiungere l'uscita. 
Sasuke, senza riflettere, la sorresse, rimettendola in piedi e voltandosi subito verso l'imbecille che a quanto sembrava, riteneva di poter calpestare i passanti solo perché di stazza superiore alla media; ma Hinata lo precedette e, quando l'uomo si voltò, con un'espressione quasi infastidita sul volto, lei chinò il capo, chiedendo scusa con una sincerità disarmante; come se fosse convinta di essere lei, ad aver sbagliato a trovarsi lì in quell'istante, nel momento in cui avrebbe invece dovuto immaginare di dover cedere il passo. 
Sasuke non poté far altro che fissarla, basito.
« Piantala. » gli uscì fuori, prima che riuscisse a trattenersi.
Lei lo guardò negli occhi – era forse solo la seconda volta che lo faceva – fissandolo per una frazione di secondo con aria sorpresa. Poi lo stupore fu sostituito da un'espressione pentita. 
« S... scusami... » iniziò.
E fu questo ad irritare Sasuke più di ogni altra cosa. 
Sembrava che la più minima variazione attorno a lei, fosse sedersi accanto ad uno sconosciuto o scendere dal treno senza calpestare nessuno, le causasse uno stato d'ansia quasi patologico. Come se temesse di poter disturbare qualcuno con la sua stessa esistenza. 
Chiedere scusa e guardare per terra, pentirsi senza ragione e annuire, solo per compiacere il prossimo. 
Non era abituato a farsi gli affari degli altri, e non aveva intenzione di iniziare da quel momento, ma non poté farne a meno, ed il rimprovero, in tono più rude di quanto in realtà volesse, gli sgorgò dalle labbra prima che avesse il tempo materiale per vagliare le possibili conseguenze; c'era qualcosa in Hinata, in quel suo atteggiamento remissivo ed insicuro, che lo innervosiva. 
« Lo stai facendo di nuovo. Ti fissi i piedi in modo così insistente che finiranno per cascarti gli occhi. » le sibilò, astioso. « Cos'è, ti fa piacere essere calpestata da perfetti sconosciuti? » 
« I... io... Mi spiace... » Hinata si sforzò di alzare lo sguardo, ma ottenne solo di riuscire a puntarlo verso la sua spalla. 
Con un certo disappunto ed una sensazione dolorosamente simile al senso di colpa, Sasuke vide i suoi occhi riempirsi di lacrime trattenute. 
« Ehi, non è il caso di piangere, ora. » brontolò. « Non puoi essere così esageratamente emotiva. » 
Sbagliato, di nuovo. 
Ma lo sapeva, non era mai stato bravo, né a chiedere scusa, né a consolare gli altri. Specie quando era stato lui ad offendere.
Non se la sentì quindi di trattenerla, quando lei si allontanò scendendo insieme alla fiumana di passeggeri, né ebbe il coraggio di seguirla, nonostante avesse distinto con chiarezza una chioma bruna che spariva inghiottita dalla folla.
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Note (le informazioni sono tratte da Wikipedia):
*grattacielo Umeda: è il settimo edificio più alto di Osaka. Consiste in due torri connesse tramite ponti.
*castello di Osaka: aperto al pubblico e molto frequentato, specie durante le festività. L'edificazione risale alla seconda metà del 1500, ad opera di Toyotomi Hideyoshi, samurai e daimyo dell'epoca Sengoku. Suo figlio, Toyotomi Hideyori, si suicidò insieme a sua madre, Lady Yodo (nipote del famoso samurai Nobunaga Oda) nel 1615, quando il castello si trovò assediato durante la Guerra di Osaka. La loro lapide commemorativa si trova nei giardini che circondano l'edificio. Come dice il Saccente Sasuke, il castello ha subito ristrutturazioni tanto radicali che, anche se gli esterni sono fedeli all’originale, gli interni non hanno nulla a che vedere con l’antico Giappone (ci sono persino gli ascensori). *okonomiyaki: quelle che fa Ukyo di Ranma ½ xD No, ok… è un piatto fatto con un impasto di base composto da acqua, farina ed uova a cui poi vengono aggiunti vari ingredienti (letteralmente infatti significa “quello che vuoi fatto alla piastra”, più o meno il corrispettivo della nostra pizza, concettualmente parlando).

Beh io, ehm. Cioè. Grazie, per Ishvara. Sono molto più belle le vostre recensioni che la storia… mi avete fatto grattare la testa per l’imbarazzo xD

Slice:innanzitutto, grazie per i complimenti (e si spera che tu abbia potuto poltrire fino a mezzogiorno, dopo xD). Concordo all’incirca su tutte le tue considerazioni: scrivere au è facile, perché a meno che non si decida di ambientare la storia su Koligon, capitale dell’Impero degli Smrin, nel quadrante alfa-ventisei della diciottesima galassia (ma quanto mi fa male leggere fantascienza?), far muovere i personaggi in un ambiente conosciuto che non sia quello chiaro solo nella testa dell’autore, e oltretutto risparmiarsi i risvolti drammatici (“un Itachi felice rallegra la lettrice”…ehm) è decisamente meno faticoso. Di contro, si rischia di inciampare nell’ooc più meschino. Se sono davvero riuscita a trattare la cosa in modo decente, mi posso sentire almeno un po’ contenta xD
Hinata non so, io la vedo così: piuttosto che parlare si farebbe mozzare la lingua, ma pure lei ce le ha le sue opinioni, e che cavolo.

Secchan: eheheh *si gratta di nuovo la testa*. Guarda che anche io non pensavo di saperla fare… l’ho detto che mi sono iscritta al contest sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, no? Falla anche tu dai *-* (però non assumere stupefacenti, eh u__u). Itachi e Sasuke senza massacri e turbe varie, io l’avrei visti così… e, per i dialoghi, sempre colpa di mio Fratello che oltre ad essere il mio muro da scavalcare (xD), mi ha allenata alle rispostacce ed alle lotte sotto al tavolo a colpi di pedate fin dalla più tenera età =__=. Comunque, sono felicissima che ti piaccia. Specialmente perché sei una fan del SasuHina, quindi un’esperta in materia, al contrario della sottoscritta, che si lancia nei pairing come una kamikaze*-*

Elos: le rassicurazioni sull’ic erano esattamente ciò che la mia anima semplicetta ricercava (o le bastonate, ma se sono rassicurazioni è meglio xD) e sì, mi piace pensare che sia come dici tu: Itachi ha solo vissuto una “deliziosa vita normale”. Anche perché, rispetto alla vita di cacca che gli ha assegnato quel demonio di Kishimoto (perdono, sensei!) anche fare Oliver Twist (a cui almeno alla fine va di lusso) ad Itachi sarebbe parso un netto miglioramento e la cara marmotta sarebbe venuta su con un carattere adorabile ed una disposizione d’animo benevola verso tutte le creature. Direi lo stesso di Sasuke, ma lui pare resti st**o in ogni contesto. Solo un po’ meno del consueto, per ovvi motivi xD

Princess Hina: a parte tutti i complimenti che mi hanno fatto grattare la testa così tanto che ora sono peggio spettinata di prima (e giuro che ce ne vuole, per incrementare il mio tasso di disordine parruccoso *tasta l’acconciatura dinamica da eroe byroniano*)… devo assolutamente concordare con te per la critica (che detta così sembro solo un’ipocrita accomodante: lo sono quando mi fa comodo, eh. Ma oggi no xD): devi sapere che sono la Signora delle Digressioni. Praticamente campo di parentetiche e fosse per me ce ne ficcherei almeno una a frase. Questo genera periodi immensamente lunghi che di solito cerco di tagliare e cucire ma che, ahimé, alle volte mi sfuggono di mano^^”. Cercherò di farci più attenzione e vedrò di mettermi in testa di evitarli seriamente (in questo capitolo penso che ce ne sia ancora qualcuno di periodo troppo lungo, accidenti a me). Per la tua domanda sul titolo… beh, una coperta patchwork è quella che si fa unendo pezzi di diverse stoffe, se non erro. E visto che la fic parlava di due famiglie diverse unite a forza, mi è venuto in mente questo (d’accordo, anche la Creatura di Frankenstein è composta di pezzi tagliati e cuciti, ma ammetterai che le coperte sono meno truculente xD) E, beh, se vuoi sapere proprio tutta la sacrosanta verità… mancava poco alla consegna, il suono della parola non mi pareva sgradevole e non avevo voglia di scervellarmi troppo. Sono una persona tragicamente approssimativa, sì.

Ainsel: ah per Hanabi non saprei… ma ha mai parlato, all’interno del manga? (Collezione fallace, mi mancano decine di volumetti, tipo colabrodo xD). Sasuke non sa cosa sia lo stoicismo. Neanche lontanamente xD. In verità, pur nella mia totale incapacità di comprendere le complesse questioni di pairing, credo di avere una particolare predilezione per le SasuSaku. E quindi, ancora una volta mi domando: ma perché ho scritto una SasuHina? Bah… forse perché hai ragione tu: Hinata è l’unico altro essere vivente di sesso femminile che potrebbe avere la forza morale per sopportare Sasuke xD. Poi ci sono quelli di sesso maschile, ma è tutta un’altra storia <__< *yaoi mode*

Evechan: ahah xD non dare retta a me, su queste cose… in realtà separare i paragrafi è una cosa da nulla, sono io che sono catastroficamente catastrofica (se riesco a postare è solo grazie alle illuminanti istruzioni fornite da efp^^”). Il computer è l’oggetto che più sfida la mia ferma tendenza all’atarassia: neanche il decoder mi fa venire voglia di sangue/distruzione/morte tanto quanto lui *sospiro*. Sasuke in fondo in fondo è buono? Io lo dico sempre quando lo difendo dalle accuse di tradimento u__u. Poi lo insulto in svariati modi (perché è un pirla megalomane, saccente, egocentrico, capriccioso, vittimista, sociopatico, insensato, impulsivo e fortemente autolesionista) ma comunque non riesco a non provare un po’ di simpatia nei suoi confronti xD.
Ti ringrazio tantissimo per i complimenti… anche se mi fanno perdere l’aria compassata e mi tocca nascondermi dietro ai capelli, mi fanno tanto piacere, sì >__<. Se mettessi tutto l’impegno che profondo nell’apprendimento dell’html in una qualsiasi materia scolastica, forse riuscirei davvero bene a scuola, chissà xD

Grazie anche a Salice per aver recensito il primo capitolo ^^. Sono felice che ti piaccia, nonostante sia una SasuHina e nonostante sia in au xD Su Itachi hai detto all’incirca quello che mi hanno fatto notare anche le giudici e su cui ( sì,è incoerente, ne sono consapevole =_=) concordo anche io. Mi è uscito così, tipo parto spontaneo *sospiro* Elos dice che è perché “ha vissuto una deliziosa vita normale”, ma in effetti, probabilmente anche così Itachi sarebbe stato più carino e protettivo nei confronti di Sasuke, invece di scassare le balle come è scritto nel Codice del Fratello Maggiore… mh… devo ponderare a fondo la cosa xD Se riesci davvero a trovare il tempo di leggere questa roba ti sarò gratissima (si dice gratissima? Che brutto O_o)

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Capitolo 4
*** La lettera e l'idiota ***


Posto prima di finire risucchiata dall’ennesima riunione del mio clan, la cui tragica idiozia dei membri ha sempre il potere di stupirmi. Sì, la consapevolezza di dover indossare scarpe scomode mi rende molto poco incline all’affetto. 

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La busta giaceva inerte sul letto.
Accanto a lei, Hinata emise un mezzo sospiro affranto.
Alla fine, le era arrivata.
Era tornata correndo a testa bassa, alzando lo sguardo solo quando aveva scorto l'angolo giallino che sbucava fuori dalla cassetta della posta. Con un tuffo al cuore, aveva infilato il bottino sotto il maglione, defilandosi in camera e salutando a stento Itachi che, appollaiato sul divano, sorbiva il telegiornale con aria annoiata.
Solo dopo averla esaminata da ogni angolazione, stringendola tra le mani tremanti, si era finalmente decisa ad aprire la busta.
Ne aveva tirato fuori un plico di fogli troppo spesso perché si trattasse della cortese ma ferma lettera di rifiuto che aveva desiderato. Tra le pagine, un opuscolo informativo ed i moduli di ammissione, da compilare entro la settimana corrente, le diedero la conferma della sua condanna ancora prima di leggere il fatidico “siamo lieti di ammetterLa nel nostro Istituto”. Le lacrime iniziarono a sgorgare di nuovo, prima che avesse il tempo materiale per iniziare a trattenerle.
Avrebbe dovuto dirlo a suo padre; sarebbe stato felice. Anche Mikoto san le avrebbe di certo fatto i complimenti. Itachi avrebbe annuito compostamente, regalandole uno dei suoi bizzarri sorrisi appena accennati ed Hanabi l'avrebbe presa festosamente in giro, annunciandole il suo predominio sulla camera, che sarebbe finalmente divenuta di sua esclusiva proprietà.
E poi, Sasuke.
Sasuke che era l'unico con cui ne aveva parlato veramente. Sasuke che era stato l'unico a chiederle cosa ne pensasse sul serio. Sasuke che la riteneva una ragazzina immatura e sottomessa.
E aveva ragione.
Sussultò, quando due colpi batterono rapidi sulla porta.
 « Hinata chan... Posso entrare? »
Hinata saltò sull'attenti, lanciando sguardi disperati dalla porta alla busta, scompostamente aperta sul letto.
Mikoto entrò, scivolando piano all'interno.
« Sei tornata correndo come una furia... E' tutto apposto? Dov'è finito Sasuke? »
Hinata a quel nome, deglutì.
« S... Sasuke... Noi... Ci siamo separati. Io... »
Mikoto emise un breve sospiro rassegnato.
« Che ha combinato? Ti ha detto qualcosa di cattivo? » chiese, andandosi a sedere sul letto di Hanabi con aria affranta.
Hinata non disse nulla, preferendo sedersi compostamente con le mani in grembo, davanti alla busta, in una complicata manovra di copertura.
Mikoto lo prese per un assenso.
 « Ti prego di non farci troppo caso. Lui è così di carattere, non ce l'ha con te. Cioè, forse sì. Ma non per colpa tua. Lui ce l'ha con tutti abitualmente, ecco. » cercò di aggiungere qualcos'altro, forse per dare un senso allo sproloquio precedente, ma poi si perse in un borbottio.
« E'... è tutto apposto Mikoto san, noi abbiamo solo... »
Una porta sbatté al piano di sotto, seguita da passi attutiti sulle scale mentre, di nuovo, un mezzo saluto di Itachi si perdeva nell'aria, restando senza risposta.
« Ah, sei qui. » fu lo sbuffo di Sasuke, quando si trovò a passare davanti alla sua stanza.
Hinata ammutolì, arrossendo.
Era arrivato con uno scarto di quasi venti minuti rispetto a lei; di sicuro si era perso.
 « Ti eri perso, Sasuke? » chiese subito Mikoto, alzandosi.
Fu quasi comico sentirgli dire che no, ovviamente aveva consapevolmente scelto un percorso alternativo, più lungo ma meno affollato.
Mikoto sorrise sotto i baffi, seguendo con lo sguardo la schiena del figlio che si ritirava dignitosamente in camera sua.
« Si è perso. » rise. « Non lo ammetterebbe mai... Oh, ti è arrivata una lettera, Hinata chan? »
La schiena di Hinata fu percorsa da una scarica elettrica; sorpresa per l'arrivo di Sasuke, si era spostata, svelando il piccolo cumulo di carte dietro di lei. Prima che avesse il tempo di borbottare una scusa decente, Mikoto si era già lanciata sui fogli e, dopo una breve occhiata alla busta, un lampo di comprensione le aveva attraversato lo sguardo.
« Oh, Hinata chan, ma è meraviglioso! Hiashi, guarda! » uscì in corridoio, entusiasta.
E Hinata non riuscì a muovere un passo per fermarla.
Si odiò, con tutte le sue forze, ma i suoi piedi non si mossero e la lingua le rimase incollata al palato.
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Il cuscino cadde sul pavimento, quando Sasuke si rigirò sul fianco, nervoso.
Non sarebbe sceso a chiederle scusa.
Anche perché, tutto considerato, gli pareva di essere già stato punito a sufficienza: ci aveva messo più di venti minuti per imboccare la via di casa Hyuuga, percorrendo l'isolato almeno cinque volte.
E poi non è che le avesse detto chissà cosa; era Hinata ad essere fastidiosamente ipersensibile, ecco. Lui le aveva solo fatto notare, forse in modo lievemente brutale, quanto il suo atteggiamento remissivo fosse patetico e ridicolo, tutto qui.
Si tirò a sedere con uno sbuffo. Raccolse il cuscino, soprappensiero e poi si decise finalmente ad uscire dalla stanza.
Dalla tromba delle scale arrivava un vago odore di cibo che nonostante quel piccolo peso alla bocca dello stomaco – Itachi l'avrebbe chiamato Coscienza – riuscì a fargli venire un certo appetito; doveva ammettere che non essere più costretti a nutrirsi di pasti precotti per evitare di morire avvelenati per mano della propria madre rappresentava un’evidente nota positiva nell’economia della vicenda.
« Ah, Sasuke! Sentito che bello? »
 In cucina c'era aria di festa: Mikoto blaterava emozionata, Hiashi aveva stampato sul volto severo una sorta di smorfia che, con uno slancio di fantasia, poteva anche essere assimilata al sorriso; Hanabi saettava da un lato all'altro della stanza, iperattiva.
Sasuke cercò istintivamente gli occhi di Itachi, che era l'unico a cui gli sarebbe venuto in mente di chiedere spiegazioni, ma il fratello era attualmente impegnato a scambiare qualche breve parola con Hinata.
Lei pareva rimpicciolita, in un angolo, quasi discosta. Si tormentava le mani nervosamente, interrompendosi di tanto in tanto per soddisfare Itachi con qualche nervoso cenno di assenso.
« ... congratularti con lei! »
Sasuke si riscosse, voltandosi verso la madre. Lei si infastidì un poco: probabilmente uno sguardo vacuo e sorpreso non era esattamente la risposta che si era aspettata.
« Ho detto che dovresti congratularti anche tu con Hinata chan, Sasuke. » gli ripeté, un po' seccata dalla sua mancanza di partecipazione.
« Congratularmi... ? » poi vide la busta sul tavolo, l'espressione soddisfatta – o fiera? - di Hiashi e quella umile – o era triste? - di Hinata. E fece due più due. Stava per aprire bocca, non sapeva bene per dire cosa, se congratularsi con sarcasmo o sgridarla di nuovo per la sua mancanza di decisione ed autostima, quando squillò il telefono.
Itachi scivolò in soggiorno, borbottando un « Vado io. » e scostandosi finalmente da Hinata che, persa la scusa che le aveva impedito di notare l'ingresso di Sasuke, si ritrovò scoperta, ed indietreggiò ancora, facendosi piccola. Sembrava quasi volesse sparire nel muro.
E Sasuke sentì montare di nuovo quello strano miscuglio tra rabbia e compassione, che ribollendo, stava per fargli sputare fuori delle perfide congratulazioni nel tono più cattivo possibile, quando Itachi, un'espressione sorpresa in volto, si ripresentò sulla soglia della cucina con la cornetta in mano.
 « Kaa san... Beh. E' tou san. Vuole parlare con te. » 
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Hinata era felice. Naturale che lo fosse.
Era stata brava ed ora suo padre era fiero di lei. Davvero, sorrideva, quasi.
Solo dopo aver compilato i moduli di iscrizione, e imbucandoli aveva sentito sul suo collo lo sguardo truce di Sasuke, si era resa conto di non essere felice. Per niente. Ci sarebbe andata. A Tokyo. Non c'era più via di scampo, ormai.
Avrebbe dato qualsiasi cosa perché nella testa di suo padre si accendesse una lampadina, un lume, una candela - qualsiasi cosa – che lo spingesse a chiedere la sua opinione in merito. Ma, in effetti, si fosse anche verificato questo improbabile evento miracoloso, lei non avrebbe certamente trovato il coraggio di dire la verità.
Per qualche ragione che non riusciva a spiegarsi, al momento era arrivata persino a desiderare che fosse Sasuke a saltar fuori dalla sua stanza e a spiattellare tutto a Hiashi. Aveva riso di se stessa subito dopo averlo pensato: era tanto patetica da dover sperare che qualcun'altro parlasse a suo padre delle sue opinioni. Qualcuno che, a conti fatti, non c'entrava niente. E poi, anche volendo, da quasi tre giorni, Sasuke si era barricato nel suo mutismo – che suo fratello aveva diagnosticato come “cupaggine depressivo-vittimista” - togliendo la parola persino ad Itachi. Ma probabilmente era dovuto più che altro a Fugaku Uchiha.
Da quello che Hinata aveva potuto dedurre, l'uomo, si era un tantino indispettito per quel trasloco subitaneo del quale, a quanto pareva, non era stato neanche avvertito.
La sera della telefonata, Mikoto, dopo una discussione rapida e serrata, aveva sbattuto la cornetta in modo abbastanza violento e c'era voluta tutta la calma di Itachi – che invece, a giudicare dalla tranquillità con cui accoglieva ogni avvenimento, pareva aver raggiunto il Nirvana numerosi anni addietro – per placare il suo nervosismo.
« Che imbecille. » stava bofonchiando, ancora nervosa, poco meno di tre giorni dopo. « Non si fa vivo per sei mesi, sei mesi! E pretende pure di controllarmi! Imbecille. »
« In effetti, noi ce ne siamo andati senza avvertirlo. » ripeté Itachi, paziente. « E non è stata una cosa molto corretta. »
Lei lo fulminò. « Oh, certo, ora noi non siamo corretti!... Sei mesi che non telefona, Itachi! Per non parlare di quanto tempo è passato dall'ultima volta che si è fatto vivo di persona... Che saranno, tre anni? » decise di prendersela con il tanuki che stava cercando di spolverare, rischiando seriamente di mutilargli alcune delle estremità, ed ignorò Itachi, quando questi rettificò placidamente che, in realtà, si trattava di due anni e mezzo.
Prevedendo gesti inconsulti, Hinata accorse per prendere il soprammobile in custodia e riporlo al sicuro su di una mensola.
Mikoto aveva insistito per essere lei ad occuparsi di almeno alcune delle faccende, approfittando di alcuni giorni di malattia che la governante aveva richiesto - forse dovuti all'esaurimento che le provocava il doversi rapportare giornalmente con Sasuke, che la degnava della stessa considerazione che aveva per lo scendiletto, e con Mikoto stessa che, ansiosa di rendersi utile, aveva già macchiato il pavimento con mezza bottiglia di acido per lo scarico del bagno e massacrato diversi soprammobili; proprio per questo, Hinata era costretta a trascorrere buona parte delle sue giornate a tallonare la matrigna affinché non devastasse il mobilio.
« E ora con che diritto chiede di vedervi? Il suo è solo un capriccio! »
« Non è da prendersi neanche in considerazione l'idea che possa davvero desiderare di vederci? » tentò Itachi, cauto.
Lei gli ringhiò di nuovo contro, ed Hinata non fece materialmente in tempo a soccorrere il vaso cinese, che, per fortuna, fu afferrato al volo da Itachi.
La smorfia che comparve sul viso di Mikoto, comunque, fece capire ad Hinata – che pure non riusciva a seguire completamente il discorso – che la donna riteneva quell'eventualità la più improbabile tra le assurdità.
« Ma forse, e dico forse, dovremmo dargli questo contentino. » riprese Itachi, posizionando con cautela il vaso al suo posto. « Per quieto vivere. Un sacrificio per un fine superiore. »
Mikoto stette a guardarlo per una po', prima di sospirare, sconsolata.
« Io sono sicura di averti partorito, ma a volte mi chiedo come tu abbia fatto a nascere così, in questa famiglia di guerrafondai. »
Itachi si strinse nelle spalle, serafico. 
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Come era finito lì? 
Sasuke si ripeteva la domanda da più di mezz'ora, in modo sempre più martellante con il passare dei minuti.
Itachi, accanto a lui, sembrava a suo agio, ma ad un occhio attento era difficile non notare la posa più rigida, i movimenti più bruschi.
Doveva essersene reso conto anche da solo, però, perché finalmente si decise ad abbandonare il caffè sul tavolo, così da evitarsi la straziante fatica di dover scegliere il momento giusto per portarsi la tazzina alla bocca.
« Come mai hai deciso di venire? » chiese, infine, in un tono calmo che Sasuke gli invidiò.
Fugaku, la faccia seria, imitò il figlio, poggiando con calma il caffè nel piattino.
« Dato che tua madre mi è parsa un po' troppo impegnata per trovare il tempo di avvertimi che ve ne andavate ad Osaka, mi è sembrato opportuno verificare la cosa di persona. Inoltre, sono qui per lavoro. »
Sasuke si lasciò scappare un piccolo sbuffo.
Come aveva supposto, lui ed Itachi erano una pratica burocratica da sistemare nella pausa caffè. Anzi, Itachi lo era. Lui, cui il padre aveva rivolto a stento un saluto, da quando si erano incontrati, era la nota a piè di pagina della pratica, una di quelle faccende di poco conto che si lasciano sbrigare alla segretaria.
Si distrasse, perdendosi a vagare con lo sguardo oltre il vetro appannato del locale.
Mikoto non era stata contenta della cosa, e neanche lui, ma Itachi li aveva persuasi a lasciar correre e, chissà come, era persino riuscito a convincerlo a partecipare a quella specie di patetica rimpatriata da programma televisivo.
Senza lacrime, sentimenti o qualcosa di simile al coinvolgimento emotivo di uno qualsiasi dei partecipanti, comunque.
C'era da dire che Sasuke aveva condotto una ferma resistenza per almeno un’altra settimana, prima di capitolare sotto lo sguardo paziente - ma anche un po' terrificante – di Itachi.
Per qualche motivo suo fratello, riusciva sempre a fargli fare e credere quello che voleva, neanche fosse dotato di chissà quali abilità ipnotiche.
« Sasuke. Hai sentito, Sasuke? »
Una voce rude lo riportò alla realtà.
« Ero distratto. » si ritrovò a borbottare, odiandosi per quel tono sottomesso che assumeva la sua voce ogni volta che si trovava davanti a lui. Che idiota. Non aveva più sei anni.
Si costrinse ad alzare lo sguardo, ma Fugaku era impegnato a studiare la sua tazzina.
« Sarebbe bene che ascoltassi le conversazioni nelle quali sei chiamato in causa, Sasuke. Tua madre non te l'ha insegnato? »
« Mi ero distratto, tutto qui. » rispose, freddo.
Itachi si voltò verso di lui.
« Ci ha chiesto di tornare con lui. » spiegò, atono. « Con lui a Nagano. »
Sasuke si soffocò col caffè.
« Co... come? »
Fugaku brontolò qualcosa, prima di schiarirsi la voce.
 « Tu non hai ancora confermato il trasferimento dall'università, Itachi. » disse, guardando il figlio maggiore. « E tuo fratello non si è ancora iscritto a scuola. Potreste tornare con me e concludere lì gli studi. »
Più che una proposta amichevole, sembrava una specie di offerta di lavoro.
« Perché. »
Fugaku sollevò lo sguardo su di lui, per la prima volta considerato che, da quando si erano seduti, si era rivolto esclusivamente ad Itachi, anche quando parlava al plurale.
Non che la cosa avesse stupito Sasuke: era abituato ad essere considerato da lui come un'appendice del fratello, a parte quando veniva rimproverato per qualche ragione.
« Perché penso che possa essere conveniente per voi... » sembrava in difficoltà; per la prima volta dacché Sasuke aveva memoria, suo padre si stava ingarbugliando nel bel mezzo di un discorso.
Fugaku si schiarì di nuovo la voce.
« Oltretutto Mikoto non mi sembra in grado di crescere dei figli. Insomma, quale madre traslocherebbe da un giorno all'altro, così... E non credo che abbia ancora imparato a cucinare...»
Sasuke lo fissò, sbalordito.
« E ti viene in mente ora? » gli uscì fuori, spontaneo. « Quanti anni sono passati da quando l'hai lasciata? Nove? Dieci? »
Fugaku lo ignorò deliberatamente, voltandosi verso Itachi.
« Io... io credo di aver sbagliato diverse cose, con voi. Ma sono sempre vostro padre... Mikoto non ha il diritto di rapirvi e trascinarvi... Insomma, ne avremmo dovuto parlare... »
« Senza offesa, tou san, ma la tua ultima telefonata risale all'estate scorsa. » commentò Itachi, che iniziava ad apparire un po' infastidito. « Ad un certo punto è naturale iniziare quantomeno a ... sospettare, che tu non sia molto interessato. » intrecciò le dita su tavolo. « Kaa san non ti ha mai chiesto niente, dopotutto. E anche se concordo con te sul fatto che avrebbe almeno dovuto provare ad avvertirti, non è che tu ti sia reso, come dire... rintracciabile. »
« Io lavoro, Itachi. » ribatté l'uomo, piccato.
« Anche kaa san lavora. » sibilò Sasuke, snervato.
« Oh, ma certo! » il finto sussiego di Fugaku non fece che acuire la sua rabbia.
« Cos'è che faceva? L'insegnante in una scuola media? Molto impegnativo. »
Alla fine morì anche quell'ultimo briciolo di rispetto che Sasuke aveva nei suoi confronti.
Fugaku Uchiha era, e sempre sarebbe stato, un borioso, ottuso uomo d'affari, impelagato nel suo lavoro e con la ferma convinzione di essere sempre migliore degli altri, per un motivo o per l'altro.
« Allora, cosa hai deciso? » stava chiedendo, ad Itachi. « Verrete? »
E Sasuke rise. Una risata breve e fredda.
« Idiota. » sentenziò, infine, sotto lo sguardo incredulo di Fugaku.
Non gli diede il tempo di ribattere alcunché, e, anche se gli sarebbe piaciuto illuminarlo su quanto fosse maleducato chiedere ad Itachi se entrambi sarebbero venuti, dando la sua opinione per scontata, decise che, alla fine dei conti, la faccenda non lo interessava poi un gran che.
Suo padre era un idiota, e non era neanche questa grande novità, solo che averglielo detto così, in faccia, lo fece sentire per un attimo incredibilmente più leggero.
E sfrecciò via dal locale, a passo svelto, lasciando Itachi a sbrigarsela da solo.
 
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Insomma, il prossimo è l’ultimo capitolo, finalmente xD 
Probabilmente non ve ne frega niente, ma per un mio personale scrupolo morale ci tengo a rettificare che:
a me Fugaku Uchiha in verità non sta antipatico. Cioè, era fissatissimo col clan ed aveva evidenti problemi di sociopatia (da qualcuno i figli dovranno pur aver preso), però non penso affatto fosse una cattiva persona e mi piace pensare che avesse un suo contortissimo modo di voler bene ai figli u__u.
Secondo, mia madre fa l’insegnante in una scuola media. E’ un lavoro impegnativo e scarsamente retribuito, quello che dice Fugaku in merito, sono opinioni di Fugaku (perché lo decido io, sì. Ma son dettagli <__<) .
Sì, ora ho finito di delirare xD
Graziegraziegrazie per le vostre recensioni, davvero. Per me che non faccio leggere la mia sbobba ad alcun conoscente è davvero importante sentire pareri esterni. Quindi, grazie di cuore u__u.


Vaius: eh, sì. Sasuke è davvero una personcina delicata e piena di tatto xD Itachi e Hanabi? Eheh, mica è male come idea… insomma, dove la trovi un’altra persona (eccezion fatta per Shisui) che ami film come L’alba dei morti ammazzati quattro o il cult I criceti contro Dracula? Ah, tra l’altro il titolo, I criceti contro Dracula, è preso da PK. Solo che non so più che numero e quale fosse lo sceneggiatore genio che l’inventò xD

Secchan: eheh xD a dire il vero, l’altra long fic che ho in corso e che non aggiorno da bah, saranno tre mesi? Ti da una vaga idea di quanto io sia in realtà assolutamente inaffidabile xD. Questa storia è già finita ed è una delle poche che ho scritto direttamente al computer (altrimenti, conoscendo la mia naturale propensione al ritardo cronico – uno dei peggiori sintomi causati dalla mia SK, Sindrome di Kakashi – avrei sicuramente dovuto chiedere una proroga alle giudici), quindi se ci metto un po’ad aggiornare è semplicemente per pigrizia e perché devo combattere con l’html xD
Sono davvero felice che ti piaccia il rapporto tra Itachi e Sasuke, perché piace anche a me, (nonostante sotto un ceto punto di vista questo renda Itachi ooc), del resto, il mio quasi perfetto fratello (che tra l’altro studia Giurisprudenza, ragion per cui ho potuto sfruttarlo per sapere il nome di qualche esame xD) è una fonte infinita di ispirazione v__v.
Se le tue recensioni sono prive di senso… beh, hai notato quanto sono illogiche le mie risposte? E non dipende da te, te l’assicuro *sospiro*

Ainsel: ma la normalità è un concetto del tutto relativo. A qualcuno piace la parola “elucubrare” o “properispomeno”, ad alcuni fanno schifo i bottoni, qualcun altro legge camminando (ogni riferimento a cose, persone o me è assolutamente casuale) e tu vuoi spupazzare Sasuke di coccole u__u. Non ci vedo assolutamente nulla di male xD
 Fugaku poverino, mi serviva un po’ più stronzo di quanto io in realtà lo consideri, come ho detto prima.
In effetti, Hinata e Sasuke non stanno messi affatto bene in quanto a gravi turbe psichiche. Sarà per questo che insieme potrebbero non esser male? Solo in au, però. Sinceramente, in altro modo non riesco a vederli. Probabilmente nel manga non si sono mai guardati in faccia… magari Sasuke non sa nemmeno che esiste, e la ricorda come “Neji femmina” (sto delirando, sì u__u). Non credo che riuscirò mai a farmi problemi sui pairing. Vado molto ad istinto, su questo genere di cose, quindi dubito che potrò mai dire di essere “sostenitrice” di una coppia. Però in effetti, a parlar semplicemente di numeri, leggo molte SasuSaku, ecco ^^.

Slice: te lo spiego io come ci sei arrivata così in fretta, alla fine: i capitoli sono corti xD A parte gli scherzi, è vero. E’ una cosa da malati, e lo so, ma quando ho deciso che il capitolo deve finire lì, non riesco ad aggiungere pezzi o ad allungare il brodo in qualche modo non troppo disonorevole (prima o poi me lo farò passare, ‘sto brutto disturbo =__=). Sasuke è Sasuke, e poveri quelli che ci devono avere a che fare. Sul piedistallo ci sta incollato col Bostik, e non scenderà mai (a meno che qualcuno non lo spinga giù. Itachi, fai il tuo dovere, cortesemente, visto che l’hai lasciato in vita <__<).
Flash su Hinata? Sicuro che la leggo, io non ho mai nulla da fare. E se ho da fare, procrastino. Rimandare ad un fantomatico “più tardi” è tra le cose che mi vengono meglio xD

Evechan: eheh xD E tutto quest’entusiasmo giovanile? *posa Gai con pollice su*
Sauke, se pensasse alle conseguenze di quello che dice e fa, non sarebbe Sasuke: “vado ad Oto perché sì”, “ti uccido per un mio capriccio”, “distruggere la Foglia”… ecco. Uno che è consapevole delle conseguenze delle sue azioni non blatererebbe a ‘sto modo xD. Due come Hinata e Sasuke che chiacchierano mi sembrerebbe bislacco (in effetti, anche solo “Sasuke che chiacchiera” mi sembrerebbe bislacco xD) quindi, meglio un sano silenzio u__u. Sono davvero felice che ti piaccia *-*.

Smivanetto: hallo xD Mikoto e Hiashi sono una coppia improbabile, concordo. Però se lei a riesce a stare con un ciocco di marmo di Carrara come Fugaku, allora si farà andare bene anche uno Hiashi (solo perché a me fa comodo, sì. Ma questi sono solo dettagli <__<). Hanabi non ho idea di che carattere abbia, ma così mi piace, ci vuole qualcuno di spigliato e privo di freni inibitori in casa Hyuuga, se no sai che depressione?
Le descrizioni in realtà credo siano una delle mie numerosissime (issime issime issime…) mancanze ^^”. Nelle fanfiction si parte avvantaggiati perché chi legge sa già come sono fatti i personaggi e non c’è alcun bisogno di soffermarsi sulle descrizioni, ma alle volte mi chiedo se non sia fin troppo sintetica… e per i luoghi, non ne parliamo. Sono di quelle autrici (orpò, che parolona) che finché Tizio, che so, non inciampa nei gradini, non dice neanche che in casa ci sono delle scale ^^”. Comunque, lietissima che ti piaccia *-*

Elos: Hiashi è un uomo inquietante. Però è anche un personaggio interessante da far comparire ogni tanto xD Le persone incapaci di esprimere i loro sentimenti sono quelle che mi stanno più simpatiche, in certo contorto modo. Principalmente perché così posso risparmiarmi la fatica di farglieli effettivamente esprimere *fischietta*
Eh, Sasuke ed Hinata. Depression mode… on! Sì, che ragazzi elucubranti u__u. Niente drammi, no xD la trama e scemotta e non c’è alcun intento di profondità. Questo perché, evidentemente, io ho la stessa sensibilità e profondità di un cucchiaino da caffè u__u Ho seri problemi a prendermi sul serio, sì. Morbida? *ci ballonzola dentro* oh, forte *ride* Grazie tantissimo, sono davvero felice che ti piaccia *-*

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Capitolo 5
*** Impatto casuale ***


Mh, vacanze. Buone vacanze, gente che va a scuola *-* Per gli altri, buon giugno. Così, a caso. Ah, non l’avevo ancora detto (sì, sono disorganizzata): in pratica il contest consisteva nello scegliere una frase tra le venti proposte nel bando ed inserirla obbligatoriamente all’interno della fiction. La mia era « Partita? » , che si trova appunto in questo capitolo ( e che quindi appartiene alle giudici xD).

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Aprì il finestrino. 
Si sentiva soffocare nell'aria riscaldata della macchina. 
« Allora... ricorda di chiamare, quando arrivi. » 
Hinata annuì, stringendosi lo zaino al petto. 
Sul sedile posteriore la valigia ondeggiava un poco. 
Era piuttosto leggera, a dire il vero, ed Hinata si era stupita di quanto fosse in effetti discreto lo spazio che occupava in casa. Un pezzo di armadio, un letto ed una parte della scrivania, tutto qui. 
Niente che non si potesse riempire comprando un paio di gerani. O al massimo un gatto. 
In verità, Hanabi le era parsa triste di vederla andar via, ma era certa che presto le sarebbe passata. Mikoto san l'aveva abbracciata, sorridendole, ma si conoscevano da così poco che dubitava seriamente che la donna avrebbe potuto rimpiangerla in alcun modo. 
In effetti, la verità era che le sarebbe piaciuto salutare Sasuke. 
Così, tanto per sapere se la sua partenza avrebbe generato in lui un qualche effetto a livello emotivo; anche se supponeva che la cosa si sarebbe risolta in un « Ah. Ciao. », se non in un mutismo indifferente.
Sorrise, triste. 
« Qualcosa non va? » 
La domanda di suo padre la fece quasi sobbalzare. 
« No... niente, tou san. » 
Se l'avesse posta qualche settimana prima, forse le cose sarebbero potute andare diversamente. 
Sul parabrezza iniziarono a comparire le prime gocce di pioggia. 
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Rientrò in casa proprio mentre iniziava a piovere. 
Era stranamente allegro, come non si sentiva da anni. Non che la sua faccia esprimesse in alcun modo questo miracoloso cambiamento, ma Mikoto dovette comunque notare qualcosa, forse nella sua andatura, che la spinse ad accoglierlo con un'espressione un po' perplessa. 
« E... Itachi? » chiese, cauta. 
Sasuke si mise ad esplorare il contenuto di un pentolino che ribolliva pigro sul fornello.
« Sta arrivando... che stai cucinando? » chiese, sospettoso, esalando un po' di quel vapore scuro che fuoriusciva borbottando. 
Lei ignorò la domanda e continuò a studiarlo con sospetto, indecisa. 
« Ehm... vostro padre? Che voleva, allora? » si decise a chiedere. 
« E' un idiota. » sentenziò Sasuke, assaporando la parola con una certa soddisfazione. Mikoto strabuzzò gli occhi ma non fece in tempo a replicare che la porta si aprì, nell'ingresso. 
« Potevi almeno aspettarmi, otouto. » rimbrottò la voce di Itachi. « Sta piovendo. » annunciò poi, serafico, raggiungendoli in cucina e riservando un'occhiata inquieta alla brodaglia nel pentolino. 
« Itachi, ma che è success... »
Lui parve non far caso alla domanda e avvicinò il naso al fumo scuro, per poi scostarsi subito. 
« Perché stai cucinando tu? » chiese, cauto. « Dov'è Hinata? » 
Mikoto alzò gli occhi al cielo, rinunciando a chiedere spiegazioni. Si limitò ad afferrare delle carote ed iniziare a sminuzzarle con ferocia, in pezzi decisamente disuguali. « Beh, è partita. » disse, fingendo con diplomazia di non vedere i figli che, alle sue spalle, ancora esaminavano la brodaglia scambiandosi sguardi preoccupati. « Voleva aspettarvi, ma rischiava di perdere il treno, così Hiashi l'ha accompagnata alla stazione. » 
« Partita? » 
Itachi pronunciò la domanda in tono leggero, ancora concentrato sulla sbobba che brontolava sinistra, ma alle orecchie di Sasuke suonò come un urlo. E mentre Mikoto ricordava a suo fratello la questione della borsa di studio lui decise, in estemporanea, che no. Non andava bene.
« Quanto? Quanto tempo fa? » 
Mikoto, interdetta, balbettò un poco. 
« Mah... meno di venti minuti fa... » 
Neanche il tempo di lasciarle finire la frase e Sasuke - che stava spiando il colore della misteriosa salsa - mollò il coperchio del pentolino tra le mani di Itachi, rischiando di provocargli un’ustione di terzo grado, e sfuggì rapido al suo sguardo sorpreso, evitando per un pelo di sbattere all'aria Hanabi, che doveva essere appena scesa dalle scale. 
Imboccò il corridoio e si lanciò fuori, senza neanche recuperare il giaccone, uscendo in strada sotto quella che ormai era diventata una pioggia battente. 

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Era in ritardo. 
Hiashi sbuffò qualcosa sull'inefficienza dei trasporti nazionali, porgendole il biglietto già obliterato. 
Hinata lo ripose con cura nella tasca interna della giacca, sbirciando lungo il binario, per avvistare il treno. 
Ancora niente. 
Arrivata a questo punto, sperava solo che la faccenda finisse in fretta. 
Sarebbe salita, si sarebbe accomodata in un vagone qualunque e sarebbe arrivata dritta a Tokyo. 
Doveva solo lasciare che gli eventi scorressero, ignorando quella specie di groppo alla gola che non ne voleva sapere di andar via. 
Poi la voce metallica annunciò l'arrivo del suo treno, che comparve poco dopo, sferragliando sui binari. 
La fiumana di passeggeri scese, quasi travolgendola. 
Un uomo, alto, per poco non la fece cadere. 
Lo sbirciò di sottecchi, arrossì, ma per una volta non chiese scusa. 

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Non avrebbe fatto in tempo neanche se avesse avuto la possibilità di guidare un'auto da corsa. Figuriamoci con la bici. 
Tra l'altro era la bici di Hanabi. 
Piccola, rosa. Con quei dannati nastrini appariscenti legati al manubrio. 
Se mai fosse riuscito a sopravvivere a quella folle corsa contro mano su pista non ciclabile, avrebbe poi dovuto fare seppuku per la vergogna, come minimo. 
Svoltò in un altro vicolo, adocchiando la stazione in lontananza. 
Forse era impazzito; non sapeva neanche perché lo stava facendo. Ma era come se gli fosse suonata una specie di sveglia nel cervello. Semplicemente, non voleva che lei andasse via. 
Hiashi Hyuuga non era ottuso come Fugaku. Avrebbe capito, forse. E se anche si fosse ostinato a non capire, non sarebbe stata Hinata a pagarne le conseguenze. 
Che ci andasse lui a Tokyo, se ci teneva tanto. E, per una volta, le consentisse di prendere una decisione con la propria testa. 

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«Allora... ciao, Hinata. » 
Lei annuì, sorridendo appena. 
Era rigido come sempre, ma sembrava quasi triste, di vederla andar via. Si sporse dal finestrino, salutandolo con un cenno. 
Hiashi si stava già scostando dalla carrozza, quando un insolito trambusto richiamò l'attenzione di entrambi. 
In fondo al binario, un indemoniato pedalava a cavallo di una bici rosa. 
« Ma quella... non è la bici di Hanabi...? » 
Hinata ignorò il borbottio sconcertato di suo padre, preferendo concentrarsi non sul mezzo ma sul conducente. 
Si alzò, varcando svelta la porta del vagone e caracollando giù per i due gradini di metallo. 
Sasuke, aveva mollato la bici con poca delicatezza e stava correndo lungo la banchina, verso di lei. Hinata si rese appena conto di star facendo più o meno la stessa cosa e neanche fece caso alla voce di suo padre che la richiamava, interdetto, mentre lei correva verso Sasuke, rischiando seriamente di scivolare sul pavimento bagnato. 
Lasciò fare all'istinto e gli si avventò contro; Sasuke barcollò e quasi cadde all'indietro. 
Hinata l'aveva sperato. Senza neanche capacitarsi della vera ragione, aveva sperato fino all'ultimo che lui arrivasse, per fermarla. 
E lui era lì, insolitamente colorito e mezzo soffocato dai suoi stessi capelli, che gli si erano appiccicati sulla faccia per via della pioggia, ma comunque lì, per lei. 
« Non partire. » esalò, senza fiato, ma con un tono autoritario che lo rendeva ridicolmente solenne. « Non partire se non vuoi. » 
E Hinata decise qual era la cosa più sensata da fare, in quel frangente. 
E, per una volta, fu sicura che fosse esattamente la scelta giusta. 

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L'aveva baciato. Lei. 
E dire che Sasuke aveva sempre pensato di essere una persona dotata di iniziativa. 
Era stato un contatto lieve, impacciato e alquanto breve, ma gli dispiacque, quando si separarono, restando vicini, ma senza avere il coraggio di alzare lo sguardo. 
Il treno stava partendo, incurante, mentre la folla, dimenticato in fretta l'inconveniente del pazzo sulla bici da bambina, riprendeva a scorrere, frettolosa. 
Sasuke deglutì, ricomponendosi e riacquistando il solito tono distaccato. 
« Ora, sarebbe meglio se non ti voltassi. » 
Hinata spalancò gli occhi, perplessa. 
« Pe... perché? » 
« Beh, come dire... C'è tuo padre che, dallo sguardo che ha, si sta pentendo di non aver portato la katana. » 
Hinata avvampò, ma il sorriso non sparì. 
« Oh, beh... Se ne farà una ragione, prima o poi... » si ritrovò a sussurrare, piano. 

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-Epilogo- 

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Le tremavano le gambe. 
Non le era mai piaciuto fare le cose di nascosto e questo... beh, per suo padre sarebbe stata la mazzata finale. 
Fece un profondo respiro. 
« E se non funziona? E se non sono abbastanza brava? E se mi cacciano a calci? » 
Itachi assunse un'aria fintamente meditabonda. 
« In quel caso, penso possa essere considerata aggressione, Hinata. Con l'aggravante dei futili motivi, per di più. » 
Sasuke cercò di colpire suo fratello con una manata. 
« Smettila di elargire perle giuridiche. Non frega niente a nessuno. » 
Itachi parò il colpo, rapido.
« Facevo per smorzare la tensione, otouto. » 
Hinata mugolò, stringendosi la cartellina al petto e lasciando Itachi a sedare con la consueta calma il nervosismo di Sasuke. 
Una scuola d'arte. Con un gruppo di studenti che disegnava, in giardino. Probabilmente anche dentro. Ma non avrebbe potuto appurarlo mai se le sue gambe non si fossero decise a muoversi da lì. 
« Hinata, entra e basta. » 
Si voltò. 
Sasuke aveva la sua solita espressione seria, quasi spazientita, come se tutta la questione non fosse altro che un'enorme perdita di tempo. 
« E... e Itachi san? » 
chiese, scorgendo la schiena del ragazzo che si allontanava, passeggiando con noncuranza. 
« L'ho persuaso a tornarsene in macchina. Anche perché la sua funzione era solo quella di accompagnarti fin qui, o sbaglio? » 
Hinata sospirò. 
Quando si era sparsa la voce del loro presunto bacio – che Hiashi, comunque, si ostinava a definire un “impatto casuale dovuto alla velocità”, sorvolando deliberatamente sulle motivazioni che avrebbero spinto la sua primogenita ad accelerare per fiondarsi addosso al suo figliastro - Mikoto, dopo un primo disappunto, aveva commentato la cosa con un rassegnato « beh, magari tu riuscirai a fargli mettere la testa a posto. », eppure tuttora, dopo quasi due mesi, non sembrava che la vicinanza ad Hinata avesse sortito gli effetti sperati, né che mai ci sarebbe riuscita. 
Anche se c'era da considerare che lei e Sasuke non avevano ancora avuto l'occasione di passare molto tempo insieme: Hinata aveva dovuto trascorrere più di trenta giorni in clausura punitiva, per via della sua sovversiva rivolta all'autorità paterna. 
Hiashi era stato tanto perentorio, su questo punto, che neanche gli interventi di Mikoto erano riusciti a farlo desistere. 
Aveva persino preteso che le spese di spedizione dei suoi bagagli – arrivati a Tokyo senza di lei – fossero detratte dalla paghetta settimanale della figlia. 
Se fosse stata un’esagerazione o meno, Hinata aveva preferito accettare la cosa così com’era, grata che suo padre non avesse semplicemente deciso di disconoscerla. 
E, dopotutto, non era riuscita a dargli torto neanche quando lui aveva cominciato a sostenere che, al contrario, fosse stato il carattere sovversivo di Sasuke, a condizionare lei. 
Perché Hinata non riusciva a spiegare altrimenti il motivo della sua presenza lì, quella mattina in cui avrebbe dovuto essere a casa a studiare, davanti all'ingresso di una scuola di belle arti, con i suoi disegni ben incartati in una vecchia cartelletta anonima e l’opuscolo informativo sulle lezioni. 
« Allora? Aspetti che cresca l'erba? »
« Potresti, non so... farmi gli auguri. » borbottò, agitata. 
Sasuke si strinse nelle spalle. « Lo sanno tutti che gli auguri portano sfortuna. » 
Hinata tentennò un poco davanti a lui, indecisa. 
Si avvicinò, cauta e gli stampò un fugace bacio sulla guancia. 
« Allora… vado. » 
Lui aveva chinato il capo, lasciando che le ciocche scure dei capelli gli adombrassero il volto, meccanismo collaudato che - Hinata ormai l'aveva capito – serviva semplicemente a nascondere virilmente la faccia in caso di manifestazioni emotive troppo evidenti, come l'insolito colorito che ora gli arrossava le guance. 
Decise di accontentarsi e si voltò. 
Poteva farcela, si trattava solo di mettere un piede dietro l'altro e raggiungere l'ingresso. 
Ce l'avrebbe fatta, sì. 
Forse. 
« Mpf. Si dice “in bocca al lupo”, comunque. » 
Sorrise, rinfrancata. 
« Grazie, Sasuke. » 
E si avviò, ignorando il suo brontolio insofferente che, con somma saccenza, le ricordava che la risposta giusta avrebbe dovuto essere « crepi », sottolineando per di più che rispondere « grazie » portava sfortuna quasi quanto fare gli auguri. 
Hinata non si curò neanche di fargli notare quanto fosse buffa tutta quella superstizione e si voltò, procedendo a passo sicuro, dritta verso l’ingresso.

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Ahn… beh, fine. Insomma, è davvero frettoloso, a rileggerlo ora, con un paio di mesi di distanza *scuote la testa* Praticamente sembra sparaflashato con una mitragliatrice O__o. 
Prendetemi per pazza, ma modificarla mi pareva brutto: dopotutto così l’ho spedita, così è rimasta (ok, ho corretto gli errori di battitura – pare che quelli ci siano sempre, pure quando rileggo al contrario *muore* - e gli abomini grammaticali *si ritira in un angolo con dignità*, ma il resto è rimasto più o meno com’era), inserire pezzi o modificare la storia mi sarebbe sembrato troppo, non so, boh… ok, ignorate le mie profonde turbe psichiche, per il vostro bene ^^’. 
Spero che il finale possa comunque essere di vostro gradimento (almeno concettualmente parlando e nonostante il cliché trito e ritrito del treno). In caso contrario, insultate a profusione (non mi offendo facilmente, basta che non mi si tocchino i parenti – quindi attenetevi agli insulti standard: Le Tre I – Idiota, Incapace, Imbecille – e Le Due D – Defenestrati e Datti all’ippica ). 
Ancora una volta, graziegraziegrazie elevato alla milionesima a tutti coloro che hanno letto ‘sta storia, e a chi l’ha inserita nei preferiti, nelle seguite e qual è l’altra? Ah, sì. Quelle da ricordare (scusate, io ancora mi ci perdo, nell’account. ). E, ovviamente, a chi ha recensito *elargisce amichevoli pat pat sulle teste*

Salice: Itachi è un uomo meraviglioso con così tante sfighe da far invidia a tutti i martiri del calendario u__u. Non amarlo è inconcepibile. A parte questo sclero da fangirl (una parte preponderante del mio essere, sì *sospira*) il fatto che ti sia piaciuto questo Itachi e che ti sia piaciuto anche un po’ Sasuke, mi provoca una reazione di gioia gioconda simile agli attacchi di allergia ai pollini: intensa, violenta e pruriginosa. Pruriginosa è per l’imbarazzo, sì. Ah, voleva essere un ringraziamento, il mio *-* sono una persona poco comprensibile, perdonami. Spero che l’ultimo capitolo non ti abbia troppo delusa, visto che ti sei cuccata un’intera SasuHina in au ^^’

Elos: per citare Everet Ducklair (che non puoi conoscere a meno di non aver letto PK ^^”): “Argh! L’ho fatto di nuovo!” *sob* certo che si scrive “a posto”… ci credi se ti dico che continuo a confonderlo con “apposta”? Lo so, non c’entra nulla, sono gli scherzi della mente, chissà. E certo che puoi farmelo notare, no devi farmelo notare, se no che accidenti pubblico a fare? Quindi, grazie^^ Ah, e… a parte mia madre (ma lei non vale xD) sei la prima persona al mondo che mi dice che sono sensibile *eheheh* Grazie tantissimo per le tue recensioni, davvero. Spero che il finale non ti abbia fatto completamente schifo (si può dire anche questo, eh) xD

Ainsel:
oh, povera Mikoto xD ma sì, in effetti è parecchio vivaciotta e poco attenta ai sentimenti degli altri, qui. Sembra un Sasuke allegro *il cervello si disconnette nel vano tentativo di concepire un Sasuke allegro* Che tu adori Sasuke non è una novità, mica posso assumermi il merito *ride* Grazie all’infinitesima ( ha senso, ‘sta parola?) per tutte le tue recensioni *-*

Secchan:
tranquilla, è normale non azzeccare le reazioni di Sasuke. E’ una cosa ottima: significa che sei ancora dotata di parziale sanità mentale xD E il fatto che tu non condivida i suoi metodi ne è un’ulteriore conferma *ti applica il bollino sanità dei ricercatori Oral-b* Ma no dai! Se ci fosse qualcuno in “attesa trepidante”, sì che inizierei a preoccuparmi per le sorti dell’universo. Se poi qualcuno legge ed è contento, la cosa solitamente mi rallegra non poco. Ma da qui ai fans… se mai diventerò “amica” di Maria DeFilippi (il che contemplerebbe una mia precedente lobotomia, suppongo, oltre che una qualche parziale abilità canora/motoria di cui sono gravemente sprovvista sin dalla nascita), comincerò a pormi problemi in tal senso xD Grazie tantissimimissimissi… vabbé, per le recensioni xD

Vaius:
fratello! *-* No, ehm… scusa il pathos, ma sai, ormai girano pochi estimatori di PK u__u. E’ stato uno dei primi fumetti che ho letto e provo ancora una sorta di venerazione per certi numeri (e certi disegnatori *-*). Il numero zero mio fratello me lo fa leggere solo sotto la sua supervisione, per paura che lo rovini (malfidato, tz). Sì, ho concluso la fic in un solo capitolo, e infatti è molto… ehm, molto… beh, molto poco…molto… ehm, hai capito, no?Il succo è: bacchettami, attendo un tuo parere (non mi offendo facilmente, quindi sii anche brutale). Anche a te un enorme grazie per le recensioni *-*

Ecila94hina: già finita, scusa ^^” Dubito che ne potrà saltar fuori un seguito, però, insomma, siamo gente aperta ad ogni prospettiva (detta così sembro un politico in campagna elettorale, eh ^^”) Grazie mille per la recensione xD


Slice:
*rotola* leggere le tue recensioni riesce sempre a farmi sghignazzare come una povera sociopatica, che poi è esattamente ciò che sono (come tutta la gente che mi orbita attorno mio malgrado, si ostina a farmi notare senza il dovuto tatto =__=) davanti al computer xD Ecco qual era l’abilità innata di Sasuke. Altro che atomo di Bohr negli occhi (ma dico, Kishimoto quel poco di senso estetico che aveva l’ha perso dopo aver concepito una tecnica come Susanoo?), si trattava della stronzeria congenita u__u Tutto torna. Un milione di grazie per tutte le tue spettacolose (neologismo) recensioni. Si spera che la conclusione non ti abbia provocato convulsioni/nausee/voglie di battuto d’olive. Sto delirando sì, colpa del caldo. Ah, cos’è “tata”? E’ carino, “tata”*-* … sì, non farci caso, eh.

Evechan:
lieto fine alla caramella mou (sparaflashato e bruttinino) xD Ma no, su. Vedi che Hiashi non è poi tanto male. Più o meno. E Fugaku ha solo qualche problemuccio a livello affettivo ehm… sì, ormai difendo l’indifendibile xD Ok, interniamoli! *sfodera storditore e camicia di forza* Grazie un milione per tutte le tue recensioni ^^

_Chibi_chan:
oh, in Giappone, beata *-* Anche se è poco prossimo, già il fatto che sia, mi ha fatto crescere una cosa grossa , verde ed arcigna sulla spalla: si chiama Invidia xD Google maps è meraviglioso, da Nagano ad Osaka ci vogliono davvero sei ore di viaggio (quindi sette più le soste vomito di Sasuke u__u) ed Osaka me la sono studiata un po’ in foto, saltellando da un sito all’altro (per la serie: no, non ho nulla di meglio da fare nella vita) xD I capitoli sono rapidi e cortini, vero? ^^’ E dire che invece quando parlo di stupidaggini sono affetta da una bruttissima logorrea xD sto cercando di migliorarmi, sotto questo punto di vista, però questa roba partecipava ad un contest, e il limite di pagine per la long era di trenta quindi mi sono anche un po’ tenuta. Sì, è solo una patetica giustificazione *annuisce con sospiro*, la verità è che sono ancora parecchio imbranata. Grazie per la recensione, io ed Invidia speriamo che l’ultimo capitolo ti non ti sia spiaciuto *Invidia grugnisce un assenso*

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