Titolo:
Life in an
other world
Autore:
Atem & Toy
Serie:
Magic
Knight Rayearth
Capitolo: 3 di ?
Rating: PG
Pairing: Ancora
no T^T
Note di Atem:
Per colpa di Toy Ferio ancora non è arrivato ç_ç!!! Tutta colpa di Lantis>_< !
(Toy: Concordo, colpa di Lantis se il mio Eaggy non ha ancora fatto la sua
comparsa>.< ! Atem: Ma io sto parlando di Ferio, FERIO è_é!)
Note di Toy:
Yeha, altro capitolo per noi, in cui Lantx fa pure la figura del maniaco*_*””!
Wawawa XD in effetti ci abbiamo messo un po’ per decidere definitivamente
l’aspetto di Mudou, ma poi non abbiamo resistito a far fare la figura del fesso
al povero Spadaccino di Cephiro X3!!!
Disclaimers: I
personaggi di MKR sono © Clamp. Arisa Kamiyo e Satoru Mamiya sono proprietà di
Atem mentre il piccolo Yuu Mamiya e Mudou-kun che comparirà in questo chappo
sono targati Toy Anderson^__^!
*Way for Tokyo*
Canticchiando sottovoce Mudou aveva percorso più della metà della strada che lo
avrebbe condotto a casa. Camminava a passo sostenuto, allungandolo ogni qual
volta doveva attraversare la strada e superando velocemente i lampioni che si
erano appena accesi.
Immerso
nella musica del suo lettore non si era nemmeno accorto che il suo cellulare
stava suonando già da un paio di minuti, finché finalmente percepì una leggera
vibrazione dalla tasca dei pantaloni, ma quando lo prese in mano era già troppo
tardi. Chiunque avesse voluto chiamarlo aveva riattaccato.
Sospirò
rimettendolo in tasca notando un’ombra sfuggevole alle sue spalle.
Si voltò
incontrando lo sguardo attento di un ragazzo alto che aveva già visto da qualche
parte, strano si disse mentre tentava di ricordare dove mai aveva potuto vedere
un tipo così strano.
Niente da
fare, non ricordava.
Si
rivoltò e tornò al suo lettore mentre un flash gli attraversò la mente.
Fuori
dalla Tokyo Tower, quando era uscito per andarsene a casa. Ecco dove l’aveva già
visto!
Da quel
punto la sua camminata divenne una corsa, aumentando sempre progressivamente la
velocità e dietro di lui, il ragazzo alto lo seguiva ricalcando ogni suo
movimento.
“Ma che
cavolo vuole quello?”
Avrebbe
dovuto chiederglielo direttamente ma chi si fidava di un tizio vestito a quella
maniera, per di più era quasi certo che alla vita, legata alla cintura degli
scuri pantaloni, avesse stretto l’elsa di una spada!
“E chi
cavolo è???” domanda interessante, peccato che non voleva scoprirlo e veloce
svoltò a destra per ritrovarsi finalmente nel proprio quartiere. Ora la distanza
che lo separava da casa era molto poca.
Ansimò
stanco sentendo i pesanti passi del tizio che lo pedinava. Gli stivali scuri
sbattevano violentemente sull’asfalto e il mantello frusciava ad ogni suo passo.
Non lo
aveva mollato un attimo e non sembrava avere alcuna intenzione di farlo.
Prendendo
un profondo respiro Mudou si fermò e si voltò ad aspettare che l’altro lo
raggiungesse del tutto. Odiava quando qualcuno lo metteva sottopressione e quel
tipo, bè, ci stava riuscendo alla grande!
“Ok,
sentimi bene bell’imbusto…”
“Finalmente ti sei fermato!”
“Ma?”
“Si può
sapere perché ti sei messo a correre così? Ero preoccupato!”
Uno
sguardo profondo come l’oceano lo fissava severamente. Non gli aveva nemmeno
dato il tempo di parlare e dirgliene quattro, si era intromesso subito nella sua
frase ed ora lo sgridava come se lo conoscesse. Ma chi si credeva di essere
quello?!
Inoltre,
come se non bastasse, ora lo aveva persino circondato alla vita con il braccio e
tentava di trascinarlo con sé in chissà quale posto.
“Ehy, ma
che stai facendo?”
“Dobbiamo
trovare gli altri, sono sicuro che siano ancora vicino a quell’edificio alto a
punta.”
“Eh?”
L’altro
finalmente si fermò ad ascoltarlo, o meglio, lo fissò intensamente sondandolo
piuttosto preoccupato e stupendosi nello scoprire che gli abiti che indossava
non erano quelli che ricordava di avergli visto addosso…
“Eagle,
c’è qualcosa che non va?” domandò posandogli una mano alla guancia.
“Chi?
Stai parlando di me? Proprio tu me lo chiedi?!” rispose Mudou togliendosi a
forza la mano dell’altro mentre l’imbarazzo gli colorava le gote di rosso.
“Eagle…?”
Non
comprendeva perché quello strano ragazzo gli avesse detto quelle altrettante
strane cose o perché ora si ostinava a ripetere quella parola come se fosse il
suo nome. Eagle diceva… e che diavolo significava?
Lo fissò
bene a sua volta.
L’altro
troneggiava su di lui, di una spanna più alto aveva gli occhi di un intenso blu
e non si staccavano un momento dalla sua figura. Aveva uno sguardo penetrante,
freddo persino e veniva in parte nascosto da una frangia di nerissimi capelli.
Avrebbe
anche potuto pensare che fosse un bel ragazzo se non che la sua stranezza lo
colpiva di più, per i vestiti più che altro, un’armatura nera che gli dava
un’aria ancora più cupa e che lo faceva sembrare un cavaliere di chissà quale
casata medievale.
Di certo
un tipo così non poteva sperare di passare inosservato.
Ma perché
se l’era presa con lui?
“Tu…”
iniziò ad un certo punto spezzando il silenzio che si era creato “…non sei
Eagle…”
Ma che
genio.
La mano
del giovane si mosse a sfiorare la cascata di morbidi e candidi capelli
dell’altro, spostandoli delicatamente dal viso e dagli occhi, liberando lo
sguardo smeraldino che lo fissava dubbioso.
“Eppure…”
Lo
osservava attentamente, come a studiarne ogni parte, dagli occhi di un verde
smeraldo ed abbagliante, ai capelli chiari e candidi come l’argento, ai vestiti
che vagamente ricordavano gli abiti che indossava spesso Hikaru. Ricordava che
una volta gli aveva detto che si trattava della sua divisa scolastica… forse
anche lui faceva parte della sua scuola…
Ma ciò
non toglieva quella straordinaria somiglianza con Eagle.
“…gli
somigli così tanto…”
Se non
fosse stato per il diverso colore degli occhi, avrebbe giurato che quella fosse
stata la sua copia esatta…
Mudou
sospirò.
Lo aveva
scambiato per qualcun altro e questo in un qual modo lo aveva rincuorato.
“Ora che
hai finalmente scoperto che non sono la persona che cerchi, potresti lasciarmi?”
L’altro
continuava ad accarezzare i suoi capelli con le dita in un movimento automatico.
Lo faceva spesso con Eagle per cui non si era mai posto alcun problema…
“Scusa.”
La sua
voce era diventata improvvisamente più fredda, persino nel suo sguardo era
scomparsa quella scintilla di preoccupazione che l’aveva attraversato fino a
quel momento.
Ora
sembrava anche fin troppo serio. Talmente tanto da mettere soggezione…
“Non fa
niente…” mormorò Mudou pensieroso “Bè… allora… ciao.”
Forse era
meglio lasciarlo perdere e tornarsene in santa pace a casa… infondo lui non
aveva nulla a che fare con quel tipo. Gli dispiaceva che avesse perso il suo
amico, ma quelli non erano fatti suoi, lui aveva già i suoi problemi.
“Aspetta.”
Si fermò
limitandosi a dargli una veloce occhiata prima di guardare l’orologio e scoprire
l’ora tarda.
“Dove ci
troviamo qui?”
Gli
rispose pronunciando il nome del suo quartiere ma all’altro non sembrava bastare
e lo fissava attendendo che gli spiegasse meglio.
“Ehm… tu
non sei di Tokyo vero?” gli domandò allora Mudou, ma il ragazzo accentuò
soltanto l’espressione di smarrimento che aveva assunto e nulla di più.
Quello
effettivamente era un problema.
“Da dove
vieni?” domandò pazientemente. Anche troppo visto il suo carattere schivo e
riservato, non amava parlare troppo con gli altri. Infondo però quella era una
situazione diversa dal normale, poteva anche fare uno sforzo...
“Cephiro.”
Fu la
risposta.
Una
risposta che non significava nulla.
Una
risposta che li riportava al punto di partenza.
“Che
città sarebbe Cephiro?”
“Non è
una città.”
Mudou si
zittì. Non conosceva stati o nazioni con quel nome, eppure lo sguardo dell’altro
era troppo serio per poterlo prendere in giro. Sinceramente non sembrava nemmeno
il tipo.
“Questa è
forse la Terra?”
Poi la
sua domanda, e per un attimo il suo cervello ebbe un black-out e tutto quello
che aveva pensato fino a quel momento scomparve in insulti e maledizioni contro
quell’imbecille che gli faceva perdere tempo con i suoi giochetti.
“Senti,
se hai voglia di giocare a Guerre Stellari sono fatti tuoi, ma lasciami in
pace.”
Gli diede
le spalle e si incamminò per tornare a casa.
Eppure
l’altro non si mosse da lì.
Rimase a
fissarlo in silenzio, con quella maledetta espressione seria sul volto e i
penetranti occhi zaffirini puntati alle spalle di Mudou.
Era
irritante.
Ed era
maledettamente strano.
Ma lui
non poteva certo perdere tempo con uno che nemmeno conosceva, che gli parlava di
pianeti chiamati Cefario, Cestino, Cephiro o quel che era e pretendeva pure che
rispondesse alle sue insulse domanda.
Aveva
sicuramente di meglio da fare.
Giunto
davanti al portone della propria abitazioni frugò in tasca tirando fuori un
mazzo di chiavi per aprire. Aveva suonato più volte il citofono ma sua madre non
era mai venuta ad aprire e, socchiudendo la porta scoprì che non c’era nessuna
luce accesa nell’appartamento. Di sua madre nessuna traccia se non per un
messaggio in segreteria.
“Tesoro
sono la mamma, stasera tornerò tardi, mi dispiace. La cena è nel microonde, fai
il bravo.”
Come al
solito.
Sospirò
accendendo il microonde mentre un piatto ruotava dando bella mostra di sé e si
scaldava velocemente.
Infondo
che lei ci fosse o no a casa non gli cambiava molto…
-TO BE
CONTINUED…-
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