Sweet memories

di Fiamma Drakon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mamma e papà ***
Capitolo 2: *** Goodnight my angel... ***
Capitolo 3: *** Vivacità ***
Capitolo 4: *** Indiscreta curiosità ***
Capitolo 5: *** Neve (spesso e volentieri sinonimo di malattia) ***



Capitolo 1
*** Mamma e papà ***


1. Mamma e papà
1. Mamma e papà
- Jack... che stai facendo? -.
Glen, appoggiato contro lo stipite della porta del bagno, fissava il biondo, in viso la sua espressione tipicamente seria e annoiata, quasi.
L’altro stava inginocchiato sotto il lavandino, chiave inglese alla mano, alcuni ciuffi di capelli e il busto completamente zuppi d’acqua.
- Oh, Glen! - esclamò Jack, voltandosi verso il moro, l’espressione felice e innocente.
L’altro scosse la testa e si volse: - Sempre una ne combini... sei un disastro ambulante... -.
- Ma non è colpa mia! C’è una falla in un tubo! - si difese il biondo, allentando per sbaglio una giuntura.
Un getto d’acqua lo colpì in faccia di sorpresa, bagnandolo ancor di più.
Si affrettò a stringere di nuovo la giuntura, quindi si alzò, asciugandosi il viso con l’asciugamano appoggiato lì vicino.
Uscì dalla stanza e corse nel soggiorno attiguo, dove trovò Glen piacevolmente intento a leggere.
- Glen, mi aiuti con il tubo? - domandò il biondo, facendo mostra del suo miglior sguardo supplicante.
- No - rispose immediatamente il moro, senza neppure distogliere l’attenzione dal suo libro.
Jack gli si appoggiò su una spalla.
- Ti preeeeeegoooo... -
- Chiama un idraulico, no? - propose Glen, senza scomporsi minimamente.
- Sì, ma chissà quando viene... se facciamo noi da soli è meglio, no? -
- Puoi dirgli che è urgente... -.
Jack si imbronciò teneramente, come un bambino.
- E non fare il broncio... - lo ammonì l’altro, neutro, continuando a leggere.
- Ma Glen, che cosa direbbe l’idraulico se vedesse che viviamo insieme? -.
Con sua somma soddisfazione, il biondo notò un lampo balenare nello sguardo dell’altro, come se gli fosse appena ritornato in mente qualcosa di importante, fondamentale.
Il moro chiuse il libro con uno scatto quasi rabbioso, quindi si voltò verso Jack, guardandolo negli occhi con sguardo torvo.
Il biondo sorrise innocentemente.
- Allora, mi aiuti? - domandò ancora.
- Certe volte non posso fare a meno di odiarti... - esclamò Glen, alzandosi, avviandosi verso il bagno.
Jack lo seguì quasi al trotto.
Una volta arrivato in bagno, Glen si sfilò la giacca nera e la poggiò da parte, per evitare che si bagnasse, quindi si inginocchiò sotto il lavandino, prendendo una chiave inglese.
Il biondo lo osservò pochi istanti in silenzio, prima di parlare: - Mi odi davvero? -.
Il moro gli rivolse un’occhiataccia dal basso: - Sono ancora qui, sto lavorando per te... farei una cosa del genere se ti odiassi? Piuttosto ti prenderei a schiaffi... -.
- Quindi non mi odi? - domandò ancora il biondo, illuminandosi.
Glen scosse la testa.
- Idiota... - mormorò a mezza voce: offenderlo era il miglior modo che avesse per dimostrargli affetto.
Infatti, Jack sorrise e gli si inginocchiò accanto, prendendo un’altra chiave inglese e posandogli un bacetto sulla guancia rivolta a lui.
Bacetto che Glen finse di ignorare.

- Niente da fare... c’è da cambiare la giuntura... - esclamò il moro, alzandosi, qualche ora più tardi.
Jack si alzò a sua volta, sorridente come al solito, tutte le volte che gli era vicino.
- Allora vado dal ferramenta! Torno tra poco! - annunciò, uscendo dalla stanza.
Glen alzò lo sguardo al soffitto: troppo entusiasmo, sempre troppo entusiasmo.
Ma quando mai Jack non era entusiasta di qualcosa?
Mai.
- Non perderti... - lo ammonì.
- So qual è la strada di casa! - controbatté Jack.
- Sì... certo... -.
Glen attese di sentire la porta d’ingresso chiudersi, prima di mettersi ad asciugare il pavimento sotto il lavandino, dove si era formata un bella pozza d’acqua.
Non gli piaceva mettersi a fare lavori simili con Jack intorno: lo trovava dannatamente umiliante.
Appena ebbe finito, andò a prendere una bacinella, che spinse sotto il tubo, per evitare che si allagasse il bagno, quindi se ne tornò in soggiorno a leggere.

Sentì la serratura della porta d’ingresso scattare e il cigolio dei cardini mentre si apriva.
Glen chiuse il libro e spostò lo sguardo sull’orologio da parete: ci aveva messo tre quarti d’ora per andare e tornare dal ferramenta.
Un record.
Si alzò.
- Jack, hai trovato la giuntura? - chiese.
- Ehm... sì! - rispose l’altro con una voce colpevole che lo fece insospettire.
Glen si avviò verso l’ingresso.
- Che cosa...? -.
Si interruppe quando vide che Jack teneva in braccio una bambina che, ad occhio e croce, doveva avere sei anni, forse meno.
Capelli biondi, occhi di un bell’azzurro intenso, grandi, espressivi ed incredibilmente innocenti. Stava abbracciata a Jack come fosse la persona più importante della sua vita e fissava Glen con sorpresa e paura.
- Jack... chi è questa bimba e da dove arriva? - domandò, il moro, freddo, osservando il biondo con sguardo accusatore.
- L’ho trovata in un vicolo... stava morendo di freddo, poverina, ed era sola. Non sa dove siano i suoi genitori, né dove abita. Non potevo lasciarla là fuori... -.
Glen si avvicinò alla bambina, che seguitava a guardarlo.
Infine, esalò un sospiro.
- Almeno un nome ce l’ha? -
- Emily... - decretò Jack.
Il moro e la bambina si guardarono ancora, infine lui disse: - Se proprio non sappiamo niente dei suoi... ma prima dobbiamo essere certi che... -.
- Sono già andato a chiedere alla stazione di polizia: non c’è nessuna bambina scomparsa che si chiama Emily o che corrisponde alla sua descrizione. Forse è orfana... per piacere, teniamola. Me ne occuperò io! - lo supplicò il biondo.
- Non è un cagnolino, Jack, ma una bambina... non va portata a passeggio o fatta dormire sul tappeto: crescere una bambina richiede un impegno molto più grande... - puntualizzò il moro.
- Però dà anche soddisfazioni maggiori... ti prego...! Dove altro la possiamo portare? -.
A quell’affermazione, Glen tacque: non sapeva che rispondere.
Odiava Jack quando lo privava di ogni obiezione.
Quel silenzio fu inteso dal biondo come un “sì”.
- Allora starai con noi, Emily! Sei contenta? - esclamò Jack, contento, rivolgendole un sorriso.
La bambina lo abbracciò stretto e mormorò: - Mamma! -.
Jack avvampò e Glen non riuscì a trattenere un sorrisino: scambiarlo per una donna non era poi molto difficile...
Emily si staccò da lui e si protese verso Glen, che l’accolse tra le sue braccia su pretesa dell’altro.
- Papà! - esclamò la biondina, abbracciando anche lui.
E stavolta fu Jack a sorridere.





Angolino autrice
So che è una grande, grandissima stupidaggine... però mi piaceva, così ho deciso di postarla, nella speranza che potesse essere apprezzata anche da altri.
Please lasciate un commentino, così che da sapere se continuare o no... ^^''

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Capitolo 2
*** Goodnight my angel... ***


2. Goodnight my angel...
2. Goodnight my angel...
Notte.
Tutto taceva nella stanza, non un fiato: nessuno dei due occupanti aveva niente da dire, a quell’ora della notte, ambedue beatamente appisolati nel letto a due piazze addossato ad una parete, immersi nei propri sogni.
Dalla finestra filtrava appena qualche labile raggio lunare, che andava ad illuminare il centro della stanza.
Jack si girò nel sonno, tornando supino, i ciuffi dorati sparsi sul viso, la treccia che cadeva oltre il bordo del letto.
Aveva un’aria così innocente mentre dormiva da farlo sembrare un bambino, invece che un uomo di ormai venticinque anni.
Nel posto accanto dormiva Glen, immobile, le labbra appena dischiuse, dalle quali fuoriuscivano sommessi respiri regolari.
Al contrario di Jack, lui emanava una sorta di aura oscura anche nel dormire, come un avvertimento: “non svegliatemi per nessuna ragione al mondo”.
C’erano una pace e una quiete tali nella stanza, che il piccolo rumore che d’improvviso li ruppe riecheggiò amplificato migliaia di volte.
Erano piccoli colpi, delicati, battuti sulla porta a ritmi più o meno regolari.
Ovattati, giungevano nella stanza, in un primo momento senza essere sentiti, finché questi non riuscirono a rompere il fragile sonno di Glen, che si svegliò, sbattendo confusamente le palpebre, ancora in fase di dormiveglia.
Rimase in ascolto qualche istante, gli occhi socchiusi.
Il colpetto che udì battere sulla porta lo fece sussultare impercettibilmente, sorpreso.
Attento a non svegliare l’altro, cosa peraltro impossibile, data la profondità del suo sonno, si alzò e andò alla porta, che aprì lentamente, scrutando le semitenebre del corridoio: niente.
D’un tratto sentì qualcosa tirargli timidamente i pantaloni e fu allora che incontrò un paio d’occhioni colmi di tristezza: Emily stava in mezzo al corridoio, fissandolo, stretto tra le braccia il suo coniglio di pezza.
Glen inarcò un sopracciglio con fare eloquente e la bambina indietreggiò di un passo sotto quello sguardo quasi accusatorio.
Comprendendo che col silenzio non avrebbe risolto un granché, il moro si chinò, in modo da essere alla sua stessa altezza.
- Che cosa c’è? - chiese.
Per tutta risposta, la bimba iniziò a piangere e lo abbracciò, affondando il visino nella sua spalla.
Non era un bravo consolatore e anche il fatto di non sapere quale fosse la ragione di quelle lacrime non contribuiva certo a migliorare la situazione.
La staccò a forza dalla sua spalla e la fissò negli occhi, come a cercare di estrapolarvi una spiegazione.
- Glen...? Che cosa succede...? -.
La voce assonnata di Jack lo raggiunse, facendolo voltare: il biondo stava seduto sul materasso, le coperte sgualcite in grembo, gli occhi socchiusi per il sonno.
Il moro si volse per metà, lasciando un esiguo passaggio tra sé e lo stipite della porta.
- Non lo so: Emily sta piangendo... - spiegò, pacato.
- Piange? - domandò Jack, perplesso.
Emily si sporse a sbirciare nello spiraglio tra lo stipite e Glen, prima di lanciarsi di corsa nella stanza, correndo dal biondo.
Lo abbracciò al petto, dato che non era abbastanza alta per arrivare fino alle spalle.
Jack le carezzò amorevolmente la testa.
- Emily, che c’è che non va? - chiese.
Silenzio, solo il rumore dei suoi singhiozzi.
- Avanti, torna a dormire... -.
Fu a quel punto che la bimba alzò il viso verso il suo e scosse la testa, intimorita.
- Perché no? È tardi... -
- Ho paura... - si limitò a sussurrare Emily, riprendendo a piangere.
Jack lanciò uno sguardo all’altro.
- Credo che abbia fatto un brutto sogno... -
Glen inarcò un sopracciglio con fare interrogativo.
Il biondo si strinse nelle spalle.
- Altrimenti non vorrebbe stare qui... - aggiunse.
Il moro si rialzò e tornò a letto.
Jack rimase seduto qualche istante, pensoso, quindi prese la bambina e la mise nello spazio tra sé e l’altro, che si girò, dandogli le spalle.
Il biondo ridacchiò.
- Glen, mica sarai geloso? -
- Io? Di una bimbetta? Figurati... - ribatté in tono scontroso l’altro, provocando una risata in Jack, pura e cristallina.
Quest’ultimo si ridistese, alzando un po’ le coperte affinché Emily potesse entrarvi: la bambina si rimpiattò sotto di esse, il coniglietto sempre stretto tra le braccia, e si accoccolò vicino a Jack, gli occhioni azzurri fissi su di lui, il quale le sorrise.
- E ora dormi... - l’ammonì bonariamente, sorridendole con affetto.
Lei annuì.
- Buonanotte, angioletto - le sussurrò.
- Buonanotte, mamma... -.




Angolino autrice
Ed eccovi il secondo capitolo! ^^
E' brevissimo, lo so, ma è sentito <3 ed è stato quello che mi ha ispirato la raccolta.
Ringrazio sana_chan e _Titti_ per le recensioni allo scorso capitolo ^^ e anche coloro che seguono in silenzio.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 3
*** Vivacità ***


3. Vivacità
3. Vivacità
- Jack... - mormorò Glen, ancora assonnato.
Sentiva qualcosa premergli sul ventre, un qualcosa di non troppo pesante, ma duro.
- Jack... spostati! -
- Glen... io non sto facendo niente... -.
Il moro aprì allora gli occhi e li abbassò a ispezionare il letto, incontrando a metà il profilo di Emily, gli occhioni puntati su di lui pieni di curiosità e innocenza fanciulleschi, i piccoli gomiti adagiati sulla coperta che gli copriva il ventre.
Si mise di scatto a sedere, scoprendo in parte anche Jack, che si rannicchiò sul materasso, cercando la coperta.
- Mmmh... Glen, che c’è? -
- Emily... perché sei qui? - domandò il moro, tranquillo.
Jack saltò su, osservando la bimba da oltre le spalle dell’altro.
- Emily? - ripeté, scioccato.
Lei si limitò a sorridere.
- Mi sono svegliata presto ♪ - replicò, allegra.
Osservò sia Glen che Jack.
- Perché dormite senza la maglia? - chiese, il tono curioso e innocente.
- Ahem... - esordì il biondo - ... ehm, Emily, perché non vai di là mentre ci vestiamo? -.
La bambina annuì, sorridendo, quindi uscì dalla camera.
- Fa troppe domande... mi ricorda una certa persona... - mormorò Glen, alzandosi, andando a prendere i suoi vestiti, appoggiati sullo schienale di una sedia.
- Davvero? Chi? - chiese Jack, abbottonandosi la camicia.
Il moro scosse il capo, esasperato.
- Credo che sia il caso di chiuderla a chiave la porta... o la nostra o la sua... - continuò Glen.
- Poverina! Non fa niente di male, in fondo... -.
I due uscirono in corridoio, diretti alla cucina.
- Non credi che due maschi che dormano nello stesso letto siano un po’... equivochi per una bimba? - chiese il moro, inarcando un sopracciglio.
Jack si strinse nelle spalle, sorridendo.
- Veramente a me mi crede una femmina... penso... -.
Glen tacque.
Un rumore di ceramica infranta li raggiunse con nitidezza indicibile.
Accorsero in cucina, la stanza dalla quale era venuto il rumore.
Una volta arrivati, si fermarono sulla soglia, osservando il piano di lavoro, sul quale stava in bilico Emily, un piedino appoggiato sulla spalliera di una sedia che aveva poggiato contro il mobile e che minacciava di cadere, protesa verso il ripiano più alto della credenza, sul quale stava un barattolo di biscotti.
A fare rumore, tuttavia, era stato il barattolo che si era sfracellato a terra in una pioggia di frammenti di vetro e quello che doveva essere caffè in polvere, a giudicare dall’odore.
La bambina si protese ancora e la sedia si sbilanciò, rovesciandosi a terra, sottraendole parte del sostegno.
- Emily! - esclamò Jack, correndole incontro.
Afferrò la sedia prima che si schiantasse a terra, la rimise a posto e afferrò la bimba per i fianchi, tirandola giù dal piano di lavoro.
- Mamma...! I biscotti! - esclamò Emily, indicando il barattolo in parte spostato oltre il bordo dello scaffale.
Jack alzò gli occhi sul suddetto barattolo e si sporse per prenderlo.
- Non potevi aspett... -.
S’interruppe vedendo Glen tenere in grembo Emily, la quale teneva la testa appoggiata sulla sua spalla.
Il moro mostrò un pezzetto di vetro che teneva in mano, evidentemente preso alla bambina.
Lo buttò e prese dalle mani dell’altro il barattolo dei biscotti.
- Meglio se pulisco... - mormorò Jack, sorridendo.
- Non si devono lasciare vetri in giro con dei bambini nei paraggi... - commentò Glen, andando in soggiorno.
Il biondo osservò l’altro: si era affezionato anche lui, nonostante non gli piacesse dimostrarlo in modo palese.
Era difficile non affezionarsi a una bambina così buona, gentile, delicata e innocente, anche per Glen.
Si mise al lavoro, un mezzo sorrisetto ad increspargli le labbra.
Intanto, nella stanza attigua, Emily era seduta in grembo a Glen e mangiava i suoi biscotti, mentre lui, come suo solito, leggeva.
- Che cosa leggi? - chiese dopo un po’ la bambina, sbirciando il libro.
Il moro tacque.
Allora, Emily si distese sul suo petto, il capo appoggiato sulla sua spalla, gli occhi rivolti alle pagine del  libro.
- “Angeli e Demoni” - replicò pacatamente Glen, senza alzare gli occhi dalle pagine.
- Oooooh... - mormorò Emily, innocentemente impressionata, continuando a studiare con attenzione il libro.
- Mangia, è meglio... - le suggerì il moro, freddo.
Emily seguì il consiglio.
- Venite a fare colazione! - li chiamò dopo un po’ Jack, affacciandosi alla cucina.
La bambina corse verso la stanza, contenta, seguita a distanza da Glen, inpassibile come suo solito.
Quando arrivò in cucina, trovò la bimba seduta a tavola intenta a bere un grosso bicchiere di latte.
Andò a sedersi di fronte a lei e si mise silenziosamente a mangiare, mentre Jack sciacquava la caffettiera.
- Tu non mangi? - chiese Glen, distaccato.
- Ho mangiato prima - replicò il biondo, allegro.
- Perché dormite senza maglia...? - intervenne Emily con innocenza, il visino affondato nel bicchiere.
Evidentemente, non si arrendeva.
Poco mancò che Jack si lasciasse sfuggire il bicchiere che stava lavando.
Cadde il silenzio, mentre timidamente Emily passava gli occhi dall’uno all’altro.
- E... perché la mamma non porta il reggiseno? -.
Glen lanciò un’occhiata al biondo, cogliendo uno scorcio del suo viso, divenuto all’improvviso paonazzo.
Notò anche che i muscoli del suo collo erano più rigidi.
La bambina fece per parlare di nuovo, ma il moro le intimò tacitamente il silenzio e le fece cenno di andare nella stanza accanto.
Intimorita dallo sguardo chiaramente accusatorio che le aveva rivolto Glen, Emily terminò il suo latte e uscì.
Non appena fu fuori, il moro si alzò e andò a chiudere la porta, quindi si girò ad affrontare Jack: - Se ne è andata... -.
Il biondo mandò un sospiro afflitto e si volse, appoggiandosi al bordo del lavello.
- Io... ti sembro per caso una femmina? - chiese, il tono infantile di quando aveva qualcosa di cui lamentarsi.
- Devo rispondere? -
- Glen! -.
Jack gonfiò le guance, offeso, incrociando le braccia sul petto.
- Jack... - lo riprese Glen in tono ragionevole - Prima o poi dovremmo dirglielo, lo sai... -.
- Lo so... - sospirò l’altro - Ma... è difficile! -.
- Non per noi: il difficile è farlo capire a lei... -.
- È ancora piccola... - si oppose ancora Jack.
- Infatti io non ho detto “diciamoglielo” ma “prima o poi dovremmo dirglielo”... - sottolineò Glen, lievemente spazientito.
Il biondo gli sorrise, gesto che l’altro non ricambiò: non sorrideva mai apertamente.
Andarono verso la porta della cucina e uscirono.
- Dov’è Emily? - chiese Glen, piatto, guardandosi intorno.
- Si sta arrampicando sulla libreria laggiù... - lo informò l’altro.
Gli occhi del moro scattarono sulla sua libreria, diventata terreno da alpinismo per la bambina.
Il Baskerville si gettò di corsa attraverso la stanza, scavalcando il divano con un agile balzo che lasciò Jack di stucco, quindi si allungò ad afferrarla saldamente per i fianchi e tirarla giù.
- Che cosa stavi facendo?! - la aggredì: guai a chi toccava la sua libreria.
Era l’unica cosa a cui teneva davvero, a parte Jack, ovviamente.
La piccola, al sentirsi rimproverare così duramente, iniziò a mugolare, quindi nel giro di pochissimi attimi gli occhi le si riempirono di lacrime e iniziò a piangere.
- Aah... Glen, sei troppo duro! - lo riprese l’altro, arrivandogli a fianco, prendendo in collo la bambina.
- Non deve fare alpinismo sulla mia libreria!! -
- Sono solo scaffali... -
- Sono importanti per me! -.
Detto ciò, Glen si allontanò, recandosi al divano, sul quale si sedette a leggere, in silenzio.
Jack lo seguì con Emily.
- Mica te la sarai presa? - chiese il biondo.
Il moro tacque.
- Dai, Glen! Non vorrai tenermi il muso per tutto il giorno? -.
Di nuovo silenzio.
Emily guardò intensamente Glen dalla sua posizione sulla spalla di Jack: le pareva assai triste.
Colpa sua?
Doveva rimediare.
Si scostò dalla spalla sulla quale era appoggiata e mormorò: - Mi dispiace... -.
Le sue scuse lasciarono perplessi ambedue.
- Visto? Si è scusata! - esclamò Jack, rivolto a Glen, il quale fissò ancora per qualche istante la bambina, prima di abbassare lo sguardo sul libro, a disagio: tutta quell’innocenza era innaturale per lui.
- Perdonata - sussurrò in tono appena udibile, senza perdersi in inutili sorrisi consolatori.
I bambini avevano la loro vivacità e, bene o male, doveva imparare a conviverci...





Angolino autrice
Eccomi finalmente con il terzo capitolo! ^^
Rispetto agli altri due non è un granché, ma ci tenevo a postarlo comunque ^^''' spero che piaccia.
Ringrazio come sempre xXxNekoChanxXx e namidachan che hanno recensito lo scorso capitolo, e poi coloro che leggono e seguono.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 4
*** Indiscreta curiosità ***


4. Indiscreta curiosità
4. Indiscreta curiosità
Un rumore ovattato di movimenti proveniva dal letto di Jack e Glen, ora non più stesi l’uno di fianco all’altro, ma impegnati in qualcosa di ben più vivo e in qualche modo interessante.
Jack, a cavallo del bacino di Glen, giocherellava con i ciuffi corvini di capelli sparsi sulla sua fronte, mentre l’altro lo osservava, una mano a trattenergli la treccia.
- Hai mai pensato di tagliarteli? In certi momenti sono davvero fastidiosi... - commentò il moro, senza scomporsi.
- Uhm... no. Ti danno tanto fastidio? - rispose Jack.
- Se fossi in te mi preoccuperei di non metterli in mezzo, invece di pensare se mi danno fastidio o no -.
Il moro strattonò appena la treccia, provocando un piccolo gemito nell’altro.
- Come volevasi dimostrare -
- Certe volte sei antipatico, lo sai? -
- È un impegno che prendo volentieri con chi mi sta antipatico... -.
Tacquero ambedue.
Jack si distese al suo fianco, il capo appoggiato sul suo petto, gli occhi rivolti a lui.
Glen lo sentiva: non sarebbe riuscito a rimanere in silenzio ancora a lungo.
Probabilmente era genetico.
Come ipotizzato, dopo appena pochi istanti Jack parlò di nuovo: - Mi trovi davvero antipatico...? -.
Aveva usato quel classico tono da vittima innocente, il che lo fece sentire in un certo senso a suo agio: se non riusciva a fargli usare quel tono almeno una volta al giorno non si sentiva realizzato.
- Saresti a dormire nel corridoio se mi fossi davvero antipatico... -
- Non sul divano? -
- No, ci staresti troppo comodo... -.
Jack sorrise.
A quel punto, Glen si issò con un movimento pratico e veloce a cavallo del bacino di Jack, schiacciando quest’ultimo sul materasso.
Negli occhi color pece del moro lampeggiò un fugace barlume di compiaciuto trionfo.
- Riesci sempre a fregarmi, non è giusto! - sbottò il biondo, fingendosi offeso.
- Accettalo e rassegnati -.
Jack piegò il busto a baciarlo.
- Già meglio... -
- Sei un bambino... - commentò Glen.
- Se serve a tenerti con me allora va bene -.
Era un’osservazione che, tutto sommato, era vera: se non fosse stato tanto esasperatamente infantile sarebbe stata la stessa cosa?
Probabilmente no.
Gli posò un bacio sulla fronte, troppo casto per l’occasione, ma che Jack apprezzò ugualmente.
- Non potremmo ribaltare la cosa? Sto scomodo... - si lamentò il biondo.
- Chi ti dice che io voglia? -
- Io -.
Jack gli afferrò le spalle e lo trascinò in basso, verso di sé, quindi si ribaltò, passando da sotto a sopra, anche se in modo goffo, affatto all’altezza dell’agilità dell’altro.
- Jack... è meglio dormire ora, non credi? -.
Il giovane Bezarius gonfiò le guance, offeso: - Perché devi sempre interrompere sul più bello? -.
Il moro, per tutta risposta, si limitò a fissarlo, serio: essere il più maturo comportava anche essere il più “noioso”, ma a fin di bene.
Responsabilizzare Jack era uno degli ingrati compiti che quella convivenza gli aveva imposto: non si poteva vivere nel mondo delle favole e della disattenzione per sempre, e il giovane Bezarius questo non l’aveva ancora capito.
Spettava a lui insegnarglielo.
- Coraggio... - lo esortò, con lo stesso tono con cui ci si rivolge ad un bambino capriccioso.
Nel far ciò, lo sguardo del moro cadde sulla porta.
- Jack...? - chiamò.
- Mmh...? - domandò il biondo, ancora non intenzionato a finire i giochi.
- La porta... l’avevamo lasciata aperta...? -.
L’altro si voltò a sua volta verso l’uscio, per metà aperto.
Lo fissò alcuni istanti, perplesso.
- Non mi pare... -.
I due si scambiarono uno sguardo e tacquero.
- Ihihih... -.
Nel silenzio sentirono distintamente un risolino molto femminile raggiungerli dalla soglia.
Si voltarono ambedue in tempo per scorgere una piccola figura che si affrettava a ritirarsi oltre lo stipite della porta.
Il moro mandò un sospiro.
- Glen... ma la porta non era chiusa a chiave? -
- Sì... ma inizio a pensare che quella bambina tenga attrezzi da scasso nascosti da qualche parte... - replicò in un rapido sussurro il Baskerville - Emily... esci fuori! - chiamò poi, a voce abbastanza alta da essere udibilissima dal corridoio.
Passarono alcuni istanti, che Jack utilizzò per scendere dal bacino del compagno e sedersi sul materasso, infine Emily uscì allo scoperto, entrando lentamente nella stanza.
- Perché stavi spiando dalla porta? - domandò Glen, sedendosi, accendendo il lume del comò.
La piccola arrossì violentemente.
- Sentivo dei rumori... strani - mormorò, a disagio.
Glen inarcò un sopracciglio, rivolgendo un’occhiata accusatoria all’altro, il quale si limitò a sorridere a mo’ di scusa.
- Be’, lo sai che non devi venire qui la notte - la ammonì il giovane Baskerville, cercando di non essere troppo duro.
- Mi dispiace... ma sembravate divertirvi... - s’interruppe un attimo, passando istantaneamente dal contrito all’eccitato - Che gioco era? -.
I due tacquero: il miglior modo di rispondere che riuscirono a trovare.
- S-sei ancora troppo piccola... capirai quando sarai più grande - le spiegò Jack, a disagio.
Emily abbassò gli occhi, dispiaciuta.
- Okay, mamma... se lo dici tu... -.
- Avanti, torna a dormire... - le suggerì Glen.
La bambina annuì.
- Buonanotte! - esclamò, girandosi verso la porta.
- ‘Notte! - replicarono ad una voce gli altri due.
Quando la piccola fu uscita, richiudendosi la porta alle spalle, Jack tirò un sospiro di sollievo e Glen si ridistese, allungandosi a spegnere di nuovo la luce.
- Un altro dei motivi per cui ti avevo avvertito che era meglio smettere... - commentò pacatamente il moro.
- E non sgridarmi! Non ero solo io! -
- Ma io ti avevo chiesto di finirla... -.
Jack si rintanò sotto le coperte.
- Be’... comunque la colpa non era solamente mia! - ripeté.
Glen conosceva quel modo di difendersi: era tipico di quando riconosceva di essere nel torto e non sapeva che ribattere per non ammettere il proprio errore.
- Okay... ma ora dormi -.
Detto ciò, si voltò su un fianco, dando le spalle all’altro, in modo da trovarsi a fissare la porta.
Decise che, forse, era meglio cambiare la serratura con una antiscasso...





Angolino autrice
Ecco il quarto capitolo! u.u
Eh sì, stavolta ce l'ho fatta in tempo record o-o incredibile! XD
Comunque... *riacquista serietà* ringrazio xXxNekoChanxXx, namidachan e Gloglo_96 per le recensioni allo scorso capitolo, con la speranza che anche questo vi piaccia! ^^
Inoltre, ringrazio coloro che seguono in silenzio.
Well... al prossimo chappy! ^^
F.D.

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Capitolo 5
*** Neve (spesso e volentieri sinonimo di malattia) ***


5. Neve (spesso e volentieri sinonimo di ''malattia'')
5. Neve (spesso e volentieri sinonimo di “malattia”)
- Mamma, papà! Svegliatevi! -.
La squillante voce di Emily riecheggiò nel silenzio della camera, raggiungendo Jack e Glen chiara e forte.
- Emily... che ci fai qui? - chiese il moro, sbattendo le palpebre, mettendo bene a fuoco il mondo.
Jack si puntellò sui gomiti e alzò il busto, apparendo da sotto le coperte, girandosi malamente verso il fondo del letto, dove stava la bambina.
Certo era che, a guardarlo, si poteva benissimo pensare che avesse appena fatto a botte con il cuscino: i capelli erano tutti spettinati, mezzi ciuffi sparati in aria, altri appiattiti sul capo, gli occhi ancora gonfi di sonno.
A detta di Glen, aveva un’aria particolarmente innocente e tenera appena sveglio, anche se il fatto che dormisse seminudo non dava esattamente l’idea dell’innocenza.
- Mmh? Emily... che c’è? - mugolò il biondo, sistemandosi goffamente sotto le coperte, in modo da poter guardare meglio la bambina.
Glen si sedette sul materasso, fissandola: pareva molto più eccitata del normale.
- C’è... c’è... la neve! - esclamò la bambina, talmente entusiasta che riusciva a malapena ad articolare una frase comprensibile: la sua espressione parlava per lei.
Corse quindi alla finestra e tirò le tende, inondando la stanza di luce biancastra.
- Eh? - chiesero ad una voce gli altri due, scendendo dal letto.
Mancò poco che Jack cadesse dal materasso, tant’era sveglio.
Raggiunsero Emily, ambedue perplessi: oltre il vetro cadevano, leggeri, bianchi fiocchi di candida neve.
- Nevica...? - esclamò il bondo, a metà tra l’inebetito e il sorpreso.
- Sembrerebbe di sì - confermò Glen in tono più composto, lievemente rigido, avvicinandosi al vetro: sì, quella era proprio neve.
- Mamma, papà, possiamo uscireee? - domandò Emily, allegra, saltellando intorno a Jack, il quale era ancora troppo intontito dal sonno per riuscire a formulare una risposta coerente.
- Se ci tieni tanto, va bene - acconsentì Glen al posto del compagno, suscitando nella bambina una nuova, fanciullesca esultanza.
- Sììììì! - esclamò, saltando ad abbracciare il moro, arrivandogli a cingere appena il torace - Grazie, grazie, grazie... grazieee! -.
Schizzò fuori della stanza senza attendere ulteriori risposte.
- Diamine, quella bimba è peggio di te... - constatò Glen, scuotendo il capo in classico moto d’esasperazione.
- Dici a me? - chiese Jack, ancora fermo dov’era.
Il Baskerville gli rivolse un’occhiata.
- È il caso che tu ti dia una rinfrescata... - mormorò, quindi uscì dalla stanza a sua volta, lasciando da solo il Bezarius, il quale volse lo sguardo verso la porta, perplesso.
Glen si recò in cucina, dove si mise a preparare la colazione.
Non era un grande esperto ai fornelli, ma qualche cosa pure lui sapeva farla, anche se non al livello di Jack.
Non si sprecò neppure troppo: scaldò un po’ di latte e mise in tavola un piatto di biscotti, molto semplicemente.
Si affacciò alla porta e si guardò intorno: di Emily, nessuna traccia.
- Emilyyy! - chiamò, rientrando in cucina.
Dopo pochi minuti, ecco avvicinarsi i passi della bambina, seguiti dalla sua esuberante apparizione sull’uscio, l’espressione più felice del mondo stampata in viso.
Andò a sedersi a tavola e si mise a mangiare senza proferir parola e Glen la raggiunse.
Poco più tardi, Jack fece la sua entrata in cucina.
- Ah, finalmente - commentò il moro, distogliendo fugacemente la propria attenzione dalla colazione.
Il biondo si esibì in uno dei suoi migliori sorrisi di scuse.
- Fino a dieci minuti fa non connettevo - disse, sedendosi a tavola.
- L’ho notato... - aggiunse il Baskerville in tono lievemente insinuante e sarcastico.
- Ho bisogno del mio tempo per svegliarmi! - esclamò Jack.
Glen tacque: inutile ribattere.
Qualsiasi risposta che avrebbe potuto dare sarebbe stata inevitabilmente provocatoria.
Jack versò del caffè nella sua tazza azzurra decorata con l’immagine di un paffuto pinguino e iniziò a sorseggiare la bevanda.
Emily si allungò sul tavolo e afferrò qualche biscotto dal piatto al centro di esso.
- Muoviamoci, poi dobbiamo uscire! - esclamò la bambina.
- La neve non scappa... - disse Glen, sorseggiando a sua volta il caffè, senza scomporsi minimamente.
Jack, però, sembrava non essere del suo stesso parere, a giudicare dalla fretta con cui terminò la bevanda e si alzò, iniziando a lavare i piatti.
- Dai, Glen sbrigati! - esortò, su di giri.
Il moro gli rivolse un’occhiata assai eloquente, mentre si apprestava a finire di bere.
Emily era un tripudio d’eccitazione: si alzò con uno scatto che pareva più un salto e, sgranocchiando un biscotto, corse fuori della cucina.
- Glen, andiamo! - incitò Jack, asciugandosi le mani ad un asciugamano appoggiato lì vicino.
- Prima sistemiamo - lo bloccò il Baskerville.
Sul viso del biondo si dipinse istantaneamente un’espressione imbronciata.
Tuttavia, lo sguardo del moro non ammetteva repliche di alcuna sorta, come l’altro ben sapeva.
- Uff... e va bene... - si arrese infine Jack.
Sparecchiò diligentemente e sciacquò con cura i piatti, il tutto sotto la rigida supervisione di Glen.
Quando anche l’ultimo cucchiaino fu riposto, i due tornarono in camera e, presa una giubba più pesante, uscirono.
In soggiorno trovarono Emily graziosamente abbigliata con un delizioso completino rosso e bianco che le avevano comperato qualche settimana addietro, in vista del gelo imminente.
- Andiamo? - chiese, non appena vide entrare nella stanza i due.
- Sì, andiamo... -
- Evvivaaa! -.
La bambina fu la prima a catapultarsi verso la porta, aprendola e schizzando fuori.
- Com’è tenera...! - sospirò Jack, rimanendo indietro ad osservare la soglia oltre la quale la piccola era appena sparita.
- Se non ti muovi la perderemo - gli ricordò Glen, fermo sull’uscio ad aspettarlo.
- Ah, eccomi! -.
Uscirono.
Fuori faceva freddo e la neve ammantava ogni cosa del suo bianco perfetto e immacolato, dando alla città un che di surreale, molto suggestivo. E romantico, come si premurò di puntualizzare Glen, con gran sorpresa da parte dell’altro: di solito era lui a fare battutine e appunti insinuanti, non il contrario.
Lui e il moro camminavano fianco a fianco, ravvolti l’uno nella giacca a vento, l’altro nell’impermeabile.
Il biondo, poi, si era pure bardato il collo con una grossa sciarpa rossa che sarebbe stata certamente più adatta sotto Natale.
Emily, invece, saltellava allegramente qua e là, osservando con meraviglia i fiocchi che continuavano a cadere.
- Mamma! - si sentì chiamare dopo un po’ Jack, richiamo al quale, come un riflesso condizionato, si volse.
- S...? -.
Non finì di parlare che una palla di neve lo colpì in faccia, spargendogliela sui capelli dorati.
- Ehi...! - si lamentò, con fare infantile, cercando con lo sguardo la sua bambina, che trovò pochi istanti dopo, in preda ad uno scoppio di risa.
Si chinò a prendere una manciata di neve, che appallottolò.
- Jack, che cosa...? - esordì Glen, ma il Bezarius lo interruppe con un forbito lancio ai danni di Emily, che fu presa in pieno, tra scrosci di risa da parte di entrambi.
Il moro scosse la testa, esasperato.
- Sei un bambino, Jack, un bambino... - mormorò, continuando a camminare.
Fu tuttavia bloccato da un proiettile di neve che lo colpì alla nuca.
Girandosi, vide il Bezarius che gli faceva la linguaccia.
Irritato, si chinò a sua volta, raccogliendo un po’ di neve e appallottolandola, lanciandola all’indirizzo dell’amante.
Passarono così il resto della mattina, lanciandosi la neve e rincorrendosi. Jack finì per bagnarsi da capo a piedi nel giro di poche ore.
Solo all’ora di pranzo, il terzetto fece ritorno a casa.
- ATCÌ! - starnutì Jack, infreddolito e bagnato, varcando la soglia.
- Ti sei preso il raffreddore - osservò Glen con tono piatto: aveva già starnutito una dozzina di volte durante il tragitto fino all’appartamento.
- No, non è vero! - lo contraddisse il biondo, ma fu a sua volta contraddetto da un altro starnuto.
Il moro sbuffò e lo osservò di sottecchi, notando il rossore intenso delle guance dell’altro.
Gli si accostò e gli tastò la fronte.
- Febbre - constatò semplicemente e, senza lasciare al Bezarius neppure il tempo di replicare, aggiunse: - Vai a letto -.
- Uffa...! - mormorò l’altro, abbattuto, ubbidendo.
Emily fece per seguire Jack, ma Glen la riprese: - Vieni con me, ti preparo qualcosa da mangiare -.
La condusse in cucina.
Qui il moro si scosse i capelli, schizzando neve sul pavimento.
- Odio le giornate così: finisce sempre che Jack si ammala...! - sbuffò tra sé e sé, scuotendo esasperamente la testa, prendendo le stoviglie e iniziando a preparare il pranzo.





Angolino autrice
Finalmente aggiorno! Mi spiace immensamente per la lunga attesa e per questo ultimo capitolo che, sinceramente, è un obbrobrio inguardabile °-°
Chiedo venia.
Ringrazio namidachan e xXxNekoChanxXx per le recensioni allo scorso capitolo e quanti seguono, augurandomi che anche questo capitolo sia gradito.
F.D.

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