Real Web Dating

di maz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


REAL WEB DATING

Capitolo 1

Al Hudson - You can do it

Come può essere possibile che la gente si innamori su internet? Nemmeno le persone che ti conoscono da tutta la vita possono davvero affermare di conoscerti veramente. Come può farlo una persona che si nasconde dietro un avatar? 

Questo è ciò che pensavo ogni volta che le mie ricerche venivano interrotte da quelle stupide finestre. Non credevo all’amore trovato su una chat e soprattutto ero diffidente nei confronti di chi per cercare l’amore si nascondeva dietro un nome finto.

Un giorno poi, un mio caro amico mi sfidò. Darren aveva conosciuto la sua Abbie proprio in una di queste chat. Stavano insieme già da tre anni e andavano d’amore e d’accordo. Quella sera ci eravamo ritrovati ancora una volta a discutere sulla credibilità di questi siti e quanto per me fosse sbagliato cercare di conoscere la propria anima gemella attraverso una tastiera e non alla vecchia maniera.

“Neil, ogni volta con questa storia. Ancora non capisco perché ti ostini a pensarla in questo modo.” sbuffò Darren “L’amore dei romanzi non esiste più. Non ci sono più principi e principesse.” disse prendendomi in giro. 

“Darren smettila di ripetermelo, il fatto che tu abbia trovato Abbie è stato solo un caso. Potresti conoscere chiunque, magari anche infatuarti, ma potresti avere anche  delle brutte sorprese.” dissi perorando la mia causa.

“Non puoi parlare in questo modo se tu non sai nemmeno di cosa si tratta. Ci sei mai stato in uno di questi siti?” mi chiese aspettando una mia risposta.

“No, non ci sono mai stato.” dissi sospirando.

“Bene,” continuò Darren “iscriviti in uno di questo siti e vedi cosa succede. Se cambi idea vinco io, in caso contrario vinci tu.”

“Ma sei impazzito Darren? Mi stai chiedendo di fare una cosa assurda.” urlai arrabbiato.

“Neil, prendila così: 1000 £ in palio. Se vinci tu sono tue.” rise Darren.

“Accetto!”risposi stringendogli una mano.

 

Così mi ritrovai una sera davanti al portatile, alla ricerca di un sito che sembrasse serio.

“Sempre che tutto ciò si possa considerare serio.”pensai.

Aprii la pagina principale di Answers.com e digitai ‘web dating’ nella casella di ricerca e schiacciai il tasto invio. Mi apparvero più di 300 siti dove potersi iscrivere per conoscere nuova gente. Cliccai sul primo sito dell’elenco.

Nella pagina iniziale di ‘Real web dating’ apparve il regolamento del sito. Iniziai a leggere gli avvertimenti e la procedura da eseguire per la registrazione. Una volta inseriti tutti i dati personali, scelsi il mio nickname e il mio avatar e confermai la registrazione.

Iniziai a cercare così la mia ‘anima gemella’.

Nel sito non vi era nessuna foto personale e nessuna descrizione. L’unica informazione visibile era il sesso, l’età e il nome. Mi sorpresi nel vedere che la maggior parte degli utenti si era registrato con i propri nomi, sempre se si poteva credere che quelli erano i loro reali nomi, altri invece come me avevano scelto un nickname.

 

Cercai tra le varie pagine ma nessun nome attirò la mia attenzione. La barra della mia finestra personale iniziò a lampeggiare, ma non risposi a nessuno degli inviti. Volevo essere io a scegliere il mio interlocutore.

Quando arrivai alla quindicesima pagina dell’elenco ero già stanco di tutta quella messa in scena. Avrei dato la vittoria a Darren senza provarci. I soldi non erano un problema. Il mio lavoro rendeva tanto e in ogni caso li avrei recuperati con un’altra scommessa.

Poi un nickname attirò la mia attenzione. Cliccai sulla bustina e attesi che la mia richiesta fosse accettata.

 

Il pallino diventò verde, segno che la richiesta era stata accettata. Cosa dovevo fare adesso? Cosa si diceva in questi casi? Il panico prese il sopravvento e la tentazione di chiudere quella maledetta finestra si fece prepotente.

 

 

·        Alone scrive: Allora, sei nuovo di qui? Non avevo mai visto il tuo nickname prima d’ora.

Inizia a scrivermi ed io non so ancora se chiudere la conversazione o meno. Quasi automaticamente, senza pensarci, rispondo alla sua domanda. Non cascherà mica il mondo se per una sera fingo di essere qualcuno.

·        Idon’tBelieveIt scrive: Si vede così tanto? Mi sono appena iscritto. Tu invece è da tanto che sei qui?

Sperai di non essere stato tanto banale. Le avevo praticamente rigirato la domanda.

·        Alone scrive: Si, si vede =). Mi sono iscritta un paio di settimane fa. Avevo voglia di conoscere gente nuova.

·       Idon’tBelieveIt scrive: Per conoscere gente nuova non c’è bisogno di iscriversi in una chat. Potresti uscire a fare una passeggiata in un parco.

·        Alone scrive: Se la pensi così perché allora sei qui a chattare con me in questo momento?

“Bene, e adesso cosa dovrei rispondere?”pensai.

·        Idon’tBelieveIt scrive: È una storia lunga. E poi mi sono iscritto anche per curiosità. Volevo vedere fino a che punto questi siti sono da prendere in considerazione.

·       Alone scrive: Capisco. Allora visto che siamo qui potremmo parlare di noi. È questo che si fa qui no?

·        Idon’tBelieveIt scrive: Giusto. Di cosa vuoi parlare?

·        Alone scrive: Di te! Parlami un po’ di te.

·        Idon’tBelieveIt scrive: D’accordo. Ho 26 anni e ti sto scrivendo da Londra.

·        Alone scrive: Questo posso leggerlo dal tuo profilo. Dimmi qualcosa che non posso sapere.

“Perfetto. Cosa le racconto ora?” Optai per la verità, tanto non mi avrebbe mai incontrato.

·        Idon’tBelieveIt scrive: Mi chiamo Neil.

·        Alone scrive: Piacere di conoscerti Neil. Io sono Madeleine, ho 24 anni e vivo in Francia.

·       Idon’tBelieveIt scrive: Il piacere è tutto mio. Quindi sei francese? Pensavo che qui gli scritti erano tutti londinesi.

·       Alone scrive: Si sono nata in Francia e ci ho sempre vissuto. Mi sono iscritta in questa chat per conoscere gente che non fosse della mia stessa città. In realtà vorrei solo conoscere qualcuno con cui parlare, non mi aspetto niente di più.

·        Idon’tBelieveIt scrive: Non hai amici con cui parlare?

·        Alone scrive: A dire il vero ne ho molti, ma vedi è un periodo difficile e nessuno può aiutarmi.

·        Idon’tBelieveIt scrive: Mi dispiace per te. Se vuoi parlarne ti ascolto.

·        Alone scrive: Grazie, magari un’altra volta.

·        Idon’tBelieveIt scrive: Io sono qui. Quando vuoi sono a tua disposizione.

·        Alone scrive: Ti va di descriverti? Almeno così posso farmi un’idea di come sei.

·        Idon’tBelieveIt scrive: Vediamo … Sono biondo e ho gli occhi verdi. Sono abbastanza alto e abbastanza snello. Scusami ma non riesco a fare di meglio.

·        Alone scrive: Non preoccuparti va bene così. Anch’io sono bionda, ma i miei occhi sono azzurri. Non sono molto alta. Insomma una comune ragazza francese. XD

·        Idon’tBelieveIt scrive: Bene. Ora che so come sei fatta dimmi qualcosa in più di te.

·       Alone scrive: Allora, vediamo, sono una studentessa della Sorbona. Sono iscritta al corso di Études européennes e sto per laurearmi. Tu invece cosa fai?

·        Idon’tBelieveIt scrive: Io sono un avvocato. Ho avviato uno studio con un mio amico e per il momento mi occupo anche di pubblicizzare la mia attività. Stiamo cercando di farci conoscere anche in altre città oltre a Londra. Ho studiato all’università di Cambridge.

·        Alone scrive: Bene, allora qui abbiamo un avvocato =). Nel tuo tempo libero invece di cosa ti occupi?

·        Idon’tBelieveIt scrive: Mi piace suonare e spesso organizzo dei viaggi con i miei amici in giro per l’Europa. Sai era in programma anche Parigi, ma il lavoro ha fatto saltare il viaggio. Per il resto faccio tutto ciò che fanno le persone normali. Tu invece?

·        Alone scrive: A me piace dipingere ed è l’unica cosa che faccio quando ho un po’ di tempo. Adoro le sensazioni che provo mentre lo faccio. Mi sento libera di essere quello che sono.

·        Idon’tBelieveIt scrive: Posso capire le sensazioni che provi. Anch’io sento lo stesso quando compongo qualcosa. In quei momenti è il vero me stesso che prende il sopravvento.

·        Alone scrive: Mi ha fatto piacere chattare con te, ma purtroppo si è fatto tardi e ho bisogno di riposare. Domani mi aspetta una giornata piuttosto impegnativa.

“No, ti prego, non chiudere, è così piacevole passare del tempo con te.”

·        Idon’tBelieveIt scrive: È stato un piacere anche per me fare la tua conoscenza. Non mi resta che augurarti una buona notte e una buona giornata per domani.

·        Alone scrive: Auguro una buona notte anche a te. So che può sembrare strano che ti dica questo, ma visto che non potrò per un po’ utilizzare questa chat, potremmo scriverci utilizzando l’indirizzo mail messo a disposizione dal sito. Sempre se a te fa piacere scrivermi ancora.

·        Idon’tBelieveIt scrive: Certo che mi fa piacere. Lo aggiungo ai mie contatti privati, così appena avrò tempo ti scriverò. Buona notte e a presto.

·        Alone scrive: Aspetterò con ansia una tua mail. A presto.

E la conversazione finì. La barra lampeggiava con insistenza. Non mi ero reso conto degli inviti ricevuti. Li rifiutai tutti. Non mi interessavano. Mi interessava solo di lei. Madeleine. Era assurdo. Non ci eravamo detti nulla, ma parlare con lei mi aveva lasciato addosso una sensazione mai provata prima. Ero esaltato come un adolescente. Le avrei scritto presto sicuramente. Forse Darren aveva ragione. Spensi il computer e andai a letto provando ad immaginare il suo volto e il suono della sua voce.

 

 

 

Ciao, sono ancora qui. Ci siete ancora? Se si vi ringrazio.

Questa storia nasce qualche mese fa ma dopo aver scritto il primo capitolo mi sono fermata.

Vi starete chiedendo come mai ho deciso di pubblicarlo ora, se non ve lo state chiedendo ve lo dirò lo stesso.

Il motivo è solo uno.

Ho appena concluso una storia e nell’attesa di iniziare a scrivere il seguito ho pensato che concludere questa sarebbe stato un bel regalo,

soprattutto per me stessa. Real Web Dating non sarà lunghissima, non supererà i 10 capitoli credo.

Volevo solo cimentarmi in qualcosa che non riguardasse Twilight.

Per il momento il rating di questa storia sarà arancione, ma forse, ancora non ne sono sicura, potrebbero esserci dei capitolo a rating rosso.

In quel caso vedrò cosa fare.

Bene, per ora credo di aver detto tutto. Per qualsiasi domanda vi ricordo che nella mia pagina principale ci sono tutti i miei contatti.

Un bacio a tutti!!!

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


REAL WEB DATING

 

Capitolo 2

Good Charlotte - The truth

Sono passate due settimane da quando l’ho sentita l’ultima volta, con grande sorpresa era stata lei a contattarmi, mi aveva anticipato.

Non mi aspettavo di ricevere un suo messaggio la sera stessa in cui ci siamo conosciuti.

Da quel momento ogni giorno c’erano stati dei messaggi.

Alcuni solo per augurarci buona giornata, altri invece erano vere e proprie lettere.

Ci eravamo raccontati l’uno la vita dell’altra attraverso un computer.

Non ero però riuscito a scavare più di tanto nel suo passato.

Ogni volta che le chiedevo qualcosa sui suoi amici o su i suoi ex amori lei ignorava la domanda e questo mi irritava non poco.

 

Era inutile, non potevo nascondere a me stesso che Madeleine mi piaceva e mi ero ricreduto sulle chat. Darren aveva vinto e gli avevo consegnato le 1000 £ in palio.

Eppure, nonostante non la sentivo da un po’, in questi giorni, non avevo fatto altro che pensare a lei. Per alcune notti ho perfino sognato il suono della sua voce. E non solo quello.

Me la immaginavo talmente bella da togliere il fiato.

Dopo quei sogni iniziai ad arrabbiarmi con me stesso, Madeleine non si era fatta sentire ed era evidente che volesse nascondermi qualcosa.

Non avevo però la più pallida idea di cosa fosse.

Probabilmente era fidanzata e non voleva che lo scoprissi, oppure mi aveva mentito su tutto ed era solo una che si divertiva a prendere in giro la gente.

Ed io ci ero cascato.

 

Certo era anche vero che nemmeno io mi ero fatto sentire.

Mi ero limitato a passare un po’ di tempo su quella chat, nella speranza che lei si facesse viva. Controllavo con una certa costanza la casella della posta e come ogni volta niente, solo una miriade di messaggi di persone nuove, ma che non mi interessavano.

Dopo quelle due settimane avevo deciso di cancellare l’account.

Non mi serviva più.

Madeleine era sparita e io non avevo più motivo di far parte di quel mondo.

 

Il telefono squillò.

Mi alzai lasciando per un attimo la postazione del computer.

“Neil ma che fine hai fatto?” la voce di Darren tuonò dall’altro capo della cornetta.

“Ciao Darren.” Borbottai irritato dal tanto urlare di quel pazzo.

“Non dirmi che sei ancora davanti al computer? E dire che non volevi nemmeno sentirne parlare.” rise.

“Ecco, appunto. Darren, sto per cancellare il mio account.” Dissi.

“Non ti ha mandato nessun messaggio vero?” chiese riferendosi a Madeleine.

Avevo raccontato a lui e ad Abbie di lei.

Ancora non riesco a togliermi le battutine di Darren dalla testa.

“No. E comunque non mi interessa, l’amore non si trova in chat.” Dissi.

“Fa come vuoi, io però, fossi in te, non lo cancellerei. Rifletti, se un giorno dovesse ricordarsi di te come fa a rintracciarti?” Ma che diavolo stava dicendo? Mi stava dando ai nervi.

“Basta Darren, ho deciso. Ci sentiamo.” Dissi salutandolo velocemente.

“Aspetta, ti avevo chiamato per dirti se ti andava di andare a bere qualcosa stasera.” Disse, sorvolando sulla conversazione appena avvenuta.

“No Darren, preferisco di no, ho un sacco di lavoro arretrato e la causa che sto preparando è davvero un campo minato. Magari un’altra volta.” Dissi.

“Ok. Ci vediamo domani.” Rispose chiudendo la chiamata.

Riagganciai la cornetta e tornai al computer.

 

La casella dei messaggi lampeggiava.

Aprii la pagina, sperando che fosse lei.

Il mittente era proprio Madeleine. Cliccai sulla busta e mi irritai per la lentezza del server.

 

“Ciao Neil. Come stai? Aspettavo un tuo messaggio … Ho avuto dei problemi e non so quando riuscirò a ricontattarti di nuovo, ma spero davvero che tu possa aspettare. È un momento difficile e ho bisogno di tempo. Un bacio.”

 

Lessi il messaggio più e più volte, analizzando ogni singola parola. Aspettava un mio messaggio. Lei voleva sentirmi. Chissà che tipo di problemi ha? Avevo voglia di sapere quel qualcosa in più su di lei che segnava tra di noi un confine invisibile. Avevo voglia di conoscere tutto su di lei e avevo bisogno di sapere se stava bene. Risposi immediatamente, cancellando completamente le paranoie mentali che fino a qualche minuto fa mi ero fatto.

 

“Ciao Madeleine. Sto bene, a parte il lavoro. È anche per questo che non ti ho scritta.”mentii, “Spero che i tuoi problemi non siano gravi e che tu possa risolverli in fretta. Per qualsiasi cosa io sono qui. Ti aspetterò fino a quando vorrai. Un bacio.”

 

Inviai senza rileggere. Sapevo che se l’avessi fatto avrei cancellato tutto. Le avevo scritto che l’avrei aspettata. Non era per niente vero. Avevo già bisogno di leggere di lei. Come avrei fatto ad aspettare altre due settimane? E se fossero stati mesi? Ma in che guaio mi ero cacciato?

L’icona dei nuovi messaggi lampeggiò ancora. E ancora una volta era lei.

 

“Non posso parlartene qui e credimi, vorrei davvero tanto parlarne con qualcuno. Spero anch’io di risolverli in fretta. Non ho nessuna intenzione di continuare a vivere questo incubo.”

 

Cosa le stava succedendo? Troppe domande e nessuna risposta.

 

“Come faccio a sapere se stai bene? Madeleine, ti prego dimmi qualcosa.”

 

Inviai di nuovo.

 

“Non posso. Non scrivermi più.”

 

Il panico mi invase non appena lessi l’ultima frase. Non voleva che io le scrivessi ancora. Non voleva sentirmi più. La rabbia che con il suo primo messaggio era scemata, ora ritornava in me prepotente. Non voleva sentirmi più? Perfetto, sarei sparito dalla sua vita.

Cancellai l’account senza pensarci due volte e spensi il computer.

Non avevo nemmeno voglia di lavorare.

Forse l’invito di Darren non era più una cattiva idea.

 

Ero in quel locale da un paio d’ore, ma nella mia testa non c’era spazio per altro, c’era spazio solo per Madeleine. Pensavo e ripensavo ai suoi messaggi.

Aveva detto che stava vivendo un incubo e che sperava finisse tutto molto presto.

Cosa diavolo le stava succedendo?

Avrei dovuto insistere, non avrei dovuto lasciarmi prendere dalla rabbia.

Se avesse avuto bisogno di me come avrebbe fatto?

Salutai frettolosamente Darren e Abbie e tornai di corsa a casa.

Accesi il computer e controllai la posta.

Un messaggio.

 

“Aiutami.”

 

Era Madeleine.

 

 

 

Ciao a tutti…

Ho notato poche visite per questa storia?

Non vi piace? Devo continuare?

In ogni caso vi presento Neil e Madeleine.

Aspetto i vostri consigli!!!

Un bacio!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


REAL WEB DATING

 

 

Capitolo 3

Luca Barbarossa - L'amore rubato

POV Madeleine

Ho paura. Paura che lui non abbia ancora finito.

Sento i suoi passi dietro la porta.

Ha fatto la doccia e adesso deciderà se è soddisfatto o meno.

 

È sempre stato così.

Entra in camera mia, inizia a canticchiare melodie che conosce solo lui, si avvicina al mio letto e inizia a accarezzarmi.

Prima il viso, poi le mani, le spalle, le braccia.

Poi passa ai seni, ci gioca e quando quel gioco non gli piace più, inizia il suo sporco passatempo.

Quando ha finito si riveste e se ne va.

Va a farsi una doccia e poi ritorna.

Oggi, grazie al cielo, ha deciso che una sola volta è abbastanza.

 

Sono stanca di questa vita, sono stanca di essere lo svago di un uomo perverso.

In cinque anni, non ho mai capito cosa di quell’uomo ha fatto innamorare mia madre.

Ma più di ogni altra cosa, sono cinque anni che mi chiedo perché permetto a Vincent di toccarmi in quel modo e di usarmi come e quando vuole.

Mi alzo dal letto e mi guardo allo specchio.

Basta uno sguardo e rispondo alla mia stessa domanda.

Glielo permetto perché ogni volta che mi sono opposta mi ha picchiata.

Glielo permetto perché ogni volta che sono scappata lui è riuscito a trovarmi.

Glielo permetto perché quando lo minaccio di dire tutto lui minaccia di fare del male a mia madre.

Glielo permetto perché ogni volta che mi guardo allo specchio vedo solo una donna sporca che nessuno vorrà mai se si dovesse sapere che per due anni è stata violentata dal patrigno.

 

Mi sento sporca e una doccia non basterebbe a pulire via tutto il marcio che ho dentro.

Ho bisogno di andare via, in un posto dove Vincent non esiste. Mi basta solo quello.

 

Sobbalzo quando sento la porta di casa chiudersi.

Vincent è uscito, l’aereo della mamma dovrebbe atterrare tra poco meno di un’ora.

Ecco perché oggi mi ha graziata ed è stato gentile più del solito.

Se mi avesse picchiata mia madre avrebbe fatto domande.

E Vincent non può permettersi di essere scoperto.

 

Forse però una doccia non è una cattiva idea.

Devo mandare via il suo odore prima che impregni la mia pelle.

Mi rilasso sotto il getto dell’acqua calda e le lacrime iniziano a bagnare il mio viso.

Ho poco tempo per poter dar sfogo a tutta la mia rabbia e al mio dolore.

 

Accarezzata dal mio accappatoio che profuma di lavanda accendo il computer.

Sono giorni che non sento Neil.

Non lo sento da quando mia madre è partita per via del lavoro.

Durante la sua assenza ero impegnata a tenere Vincent il più lontano possibile da me.

 

Entro nella chat.

Ero davvero contenta di essermi iscritta su quel sito.

Nascosta dietro quell’avatar potevo essere me stessa.

Potevo finalmente vivere la vita senza dover spiegare a nessuno perché un giorno si e l’altro pure avevo una guancia livida o le labbra tumefatte.

Potevo fingere di essere normale. E poi avevo conosciuto lui. Non sapevo che volto aveva,  non sapevo se era bello oppure no, non sapevo se era vero oppure no. Sapevo solo che ogni volta che leggevo un suo messaggio stavo bene e questo mi bastava.

Controllo la posta.

Nessun messaggio.

Neil non mi ha scritta.

Chissà cosa avrà pensato.

In fretta digito un messaggio destinato a lui.

 

“Ciao Neil. Come stai? Aspettavo un tuo messaggio … Ho avuto dei problemi e non so quando riuscirò a ricontattarti di nuovo, ma spero davvero che tu possa aspettare. È un momento difficile e ho bisogno di tempo. Un bacio.”

 

Sorrido al pensiero di lui.

Da quando ci siamo conosciuti non abbiamo fatto altro che scoprirci.

Mi ha raccontato di lui, della sua vita, del suo lavoro, dei suoi amici.

Abbiamo imparato a conoscerci messaggio dopo messaggio.

Mi si stringe il cuore al pensiero che ho mentito molte volte.

Non gli ho mai parlato di Vincent, faceva troppo male e lui non avrebbe più voluto sentirmi se avesse saputo.

Non ho mai risposto alle sue domande sui miei vecchi amori, perché non ho mai amato nessuno.

Non ho mai avuto nessun ragazzo.

Vincent mi ha sempre punita ogni volta che un mio amico veniva a casa.

Non ho più invitato le mie amiche a casa, non ho conosciuto altra gente, non sono riuscita a legarmi a nessuno. Non volevo che chiunque entrasse nella mia vita subisse di riflesso Vincent.

Un suono mi avverte che è arrivato un nuovo messaggio.

 

“Ciao Madeleine. Sto bene, a parte il lavoro. È anche per questo che non ti ho scritta. Spero che i tuoi problemi non siano gravi e che tu possa risolverli in fretta. Per qualsiasi cosa io sono qui. Ti aspetterò fino a quando vorrai. Un bacio.”

 

Sapevo che avrei dovuto dargli delle risposte, ma sapevo anche che tramite un messaggio non sarebbe stato giusto. Magari un giorno gli avrei detto la verità

“Vorrei davvero risolverli Neil. E vorrei che ad aiutarmi ci fossi tu.” Pensai.

Invio un altro messaggio.

 

“Non posso parlartene qui e credimi, vorrei davvero tanto parlarne con qualcuno. Spero anch’io di risolverli in fretta. Non ho nessuna intenzione di continuare a vivere questo incubo.”

E non volevo davvero.

Dovevo trovare un modo per andare via da qui.

Magari sarei potuta andare a Londra a trovare Neil.

Lui era l’unica cosa buona che mi era capitata. Mi avrebbe fatto bene la sua presenza.

Un altro messaggio.

 

“Come faccio a sapere se stai bene? Madeleine, ti prego dimmi qualcosa.”

 

“Neil per favore non insistere. Non farmi questo.” rimuginai.

 

“Non posso. Non scrivermi più.”

 

Mi pentii l’istante successivo all’invio.

Non dovevo trattarlo in quel modo, lui non lo meritava.

Neil era la mia unica via d’uscita e io avevo appena gettato via l’unica possibilità di salvezza che avevo.

Mi alzai dal letto arrabbiata con me stessa.

Aprii l’armadio e tirai fuori dei vestiti comodi.

Sentii la porta di casa aprirsi.

Finalmente la mamma era tornata.

Con un tonfo la porta della mia camera si aprii.

Ebbi a mala pena il tempo di portare il maglione davanti al mio corpo per coprirmi.

Vincent mi guardava con desiderio.

“Ringrazia Dio che Audrine salirà tra qualche attimo. Non vedo l’ora di rimanere da solo con te.” Disse con voce roca.

Avrei voluto rispondere, urlargli conto, invece riuscii solo a scoppiare a piangere non appena Vincent si chiuse la porta alle spalle.

 

Avrei tanto voluto che Neil fosse qui con me. Digitai il messaggio con la speranza che lui accogliesse la mia richiesta d’aiuto senza esitare.

 

“Aiutami.”

 

Passarono solo pochi minuti e la casella della posta si illuminò ancora.

 

“Parto per Parigi appena posso.”

 

Il sollievo mi invase.

Neil sarebbe venuto da me.

Neil finalmente avrebbe portato luce nella mia vita.

 

 

 

 

Ciao a tutti….

Ho un paio di cose da dire.

Innanzitutto ringrazio i preferiti e i seguiti e chi ha solamente letto.

Ringrazio nana_86 e SASA 89 per le loro recensioni.

Quando ho pensato a questa storia non avevo pensato minimamente a questo,

ma quando è venuto fuori questo capitolo non ho avuto il coraggio di cancellarlo.

Non so se può piacere o meno.

Intanto lo posto, mi direte voi se sarà il caso di proseguire su questa strada o no.

Credo di aver detto tutto.

Un bacio…

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


REAL WEB DATING

 

Capitolo 4

Muse - Can't take my eyes off you (cover)

POV Neil

“Parto per Parigi appena posso.”

 

E lo avrei fatto. La mia era una promessa.

Mi alzai di scatto dalla scrivania. I fogli del processo che stavo seguendo volarono via.

Oh al diavolo la causa!

Ci sarebbero state altre occasioni per il mio lavoro.

E poi poteva occuparsene Darren.

Il buon nome della nostra società non avrebbe subito gravi danni.

Afferrai il telefono quasi con rabbia. Avevo fretta.

 

Il telefono squillò a vuoto per qualche minuto.

Dove era finito Darren?

“Pronto.”

“Darren sono Neil. Ho bisogno di un favore.” Grazie al cielo era riuscito ad arrivare al telefono.

“Non potevi aspettare di vedermi a lavoro?” rispose irritato.

“Darren è importante. Ho bisogno di qualche giorno di ferie dal lavoro.” dissi.

“Neil, non puoi. L’appello è tra due settimane e sai che abbiamo bisogno di sfruttare al meglio il tempo.”

“Darren, puoi occupartene tu. Hai seguito questo caso dall’inizio, non avrai problemi. Ti prego è l’ultimo favore che ti chiedo.” Insistetti.

“Si può sapere cosa diavolo devi fare di più importante del lavoro?”

“Vado a Parigi. Madeleine ha bisogno di me.”

“Neil, anch’io ho bisogno di te in quella maledetta aula di tribunale. Potrai dedicarti all’amore quando sarà il momento.”

“Darren, non vado a Parigi solo per conoscerla. Non ho ben capito di cosa si tratta, ma nelle ultime mail ha scritto che ha dei problemi seri e che ha bisogno del mio aiuto per risolverli. Darren non voglio pregarti per tutto il giorno.”

“E va bene Neil, ma non chiedermi altri favori. E cerca di essere reperibile se dovessi avere bisogno di te.”

“Grazie Darren. Più tardi prima che l’ufficio chiuda, avrai tutti i documenti sulla tua scrivania.” Dissi felice di aver sistemato almeno una parte dei problemi che rischiavano di impedirmi di partire.

“Si certo. Quando hai intenzione di partire?”

“Prendo il primo volo disponibile non appena ho sistemato tutto.”

“Va bene Neil. Ti chiamo se ho bisogno di te.”

“Certo. Ciao.”

“Ciao.”

 

Riagganciai la cornetta e iniziai a raccogliere i fogli sparsi sul pavimento.

Mi sedetti davanti al computer e prenotai il mio volo per Parigi. Solo andata.

Merda! Il primo volo disponibile era per il mattino successivo.

Digitai il codice della mia carta di credito e aspettai che l’agenzia mi inviasse tutti i dettagli.

Andai in bagno e feci una doccia per distendere i nervi.

Cercai di calmarmi. Era quasi tutto pronto, non era il caso di essere così teso.

Il lavoro era sistemato e presto avrei visto Madeleine.

 

Ancora avvolto nell’asciugamano controllai i dettagli del volo.

Il volo partiva dal Luton International alle 7.20 del mattino.

L’atterraggio era previsto per le 9.40 all’aeroporto di Charles du Galle.

Inviai una mail a Madeleine avvisandola dell’ora del mio arrivo.

Lei mi avrebbe aspettato lì.

Prenotai un albergo non molto lontano dall’aeroporto.

Mi vestii ed uscii per raggiungere l’ufficio.

 

“Buon pomeriggio signor Moore.” La voce della segretaria mi fece sobbalzare.

“Salve Aghata. Potrebbe lasciare questi documenti al signor White?”

“Certo. Vuole lasciargli anche un messaggio?”

“No. Lui sa già di cosa si tratta. Grazie.”

“Si figuri signor Moore. Le auguro una buona serata.”

“Grazie Aghata. Buona serata anche a lei.” La salutai con un cenno della mano e uscii dallo studio.

 

Mentre guidavo non riuscivo a non pensare a lei.

Da giorni ormai le stesse domande vorticavano nella mia testa.

Non ero riuscito a trovare una spiegazione al suo comportamento e adesso era tutto ancora più confuso.

Cosa era successo di tanto grave da dover chiedere aiuto ad uno sconosciuto?

Perché io ero uno sconosciuto. Anche se ci eravamo raccontati gran parte della nostra vita quotidiana tramite le mail, in fin dei conti entrambi non sapevamo niente dell’altra.

 

Preparai i bagagli ed ordinai la cena.

Il tempo non accennava a voler passare.

Magari uscire mi avrebbe calmato. Chiamai qualche amico e uscii per fare un giro.

L’aria fresca della sera mi avrebbe aiutato a respirare.

Era notte fonda quando tornai a casa. Meglio così, avrei avuto solo il tempo per riposarmi e per non pensare.

 

Quando la sveglia suonò sembrava che avessi appena poggiato la testa sul cuscino.

Feci una doccia veloce, presi i miei bagagli e chiamai un taxi per arrivare in aeroporto.

Il tempo passò in fretta. Non avevo avuto il tempo di rendermi conto che tra poco meno di un’ora avrei visto finalmente Madeleine.

 

La voce gentile e calda dell’hostess ci avvisò che l’atterraggio era imminente, invitandoci ad allacciare le cinture.

Solo pochi minuti mi separavano da lei.

Solo pochi minuti.

Fortunatamente recuperai il bagaglio velocemente e camminai verso l’uscita.

I corridoi sembravano così lunghi e malinconici tanto da riuscire a innervosirmi.

Cosa avrei fatto non appena l’avrei vista?

Non sapevo nemmeno come fare a sapere che era lei.

Quando il corridoio terminò mi guardai intorno.

Giovani innamorati si salutavano con affetto.

Genitori attendevano i figli con estrema impazienza.

Uomini e donne d’affari si facevano strada tra la gente.

Rimasi stordito da tutto quel via vai di gente.

 

Alzai lo sguardo dal pavimento per qualche secondo. Fu in quel momento che la vidi.

Una ragazza minuta, bionda e bellissima era appoggiata ad una delle colonne che sostenevano la grande struttura dell’edificio. Si mordeva il labbro e cercava con lo sguardo qualcuno.

Era imbarazzata e confusa dalla gente quasi quanto me.

Mi avvicinai a lei cercando di non spaventarla.

“Madeleine?” Fu quasi un sussurro il mio.

Lei si voltò di scatto verso di me. Non si aspettava di trovarmi così vicino a lei.

Indietreggiò di qualche passo.

“Neil?” disse.

Annuii felice per averla trovata così presto.

 

Un sorriso si aprì sul suo viso. Era bellissima.

Niente a che vedere con le mie fantasie.

I suoi occhi azzurri, così belli e profondi come l’oceano mi osservavano divertiti e allo stesso tempo imbarazzati.

Non stava bene fissare così una ragazza.

Mi ripresi dal mio stato di estasi e le sorrisi.

“Come è stato il viaggio?”chiese timida.

La sua voce era musica per le mie orecchie, il suo inglese quasi perfetto misto al suo marcato accento francese era qualcosa di veramente singolare.

“Bene grazie.” Non mentii. Avevo dormito per tutto il tempo.

L’ansia non aveva minato il mio stato d’animo, per lo meno non durante il viaggio.

“Hai fatto colazione Neil?” il mio nome tra le sue labbra ebbe il potere di sciogliermi completamente.

Cosa mi stava facendo?

Ero totalmente rapito da Madeleine.

Non riuscivo a togliere gli occhi da lei. Dal suo piccolo corpo, ma allo stesso tempo perfetto.

Sorrisi quando mi resi conto che non mi aveva mentito sul suo aspetto fisico. Anche se aveva dimenticato di dirmi che era la creatura più bella che esisteva a questo mondo. Ed io mi sentivo tremendamente fortunato ad averla accanto a me in quel momento.

“Non ancora. Tu?” chiesi.

“Nemmeno io. Avevo voglia di fare colazione con te.” Rispose, abbassando la sua voce nella parte finale della frase.

Una sensazione strana, che non avevo mai provato si insinuò delicata dentro di me.

“Bene. Posso offrirle la colazione Madame?”spinsi in fuori un braccio per invitarla a precedermi. Per un attimo si irrigidì. Con un sorriso cercò di nascondere quel suo riflesso involontario.

“Mais oui Mounsieur!” rispose lei, allargando ancor di più il suo sorriso.

 

Insieme, uno accanto all’altra ci avviammo verso il bar più vicino.

L’imbarazzo iniziale sembrava sparito.

Prendemmo posto in quel caotico, ma allo stesso tempo accogliente, locale.

Ordinammo la colazione non appena un cameriere si avvicinò al nostro tavolo.

“Allora, ti va di raccontarmi cosa sta succedendo?” chiesi di getto. Non avevo avuto il tempo di pensare.

Madeleine si rannicchiò nella sua poltroncina e io mi maledissi per quella domanda.

Eppure ero lì per quello, no? Avevo preso il primo volo per Parigi proprio perché lei aveva bisogno di me.

Quanto era sbagliato voler fare chiarezza su di lei?

Il cameriere lasciò la nostra ordinazione sul tavolo.

 

Bevemmo i nostri caffè in silenzio.

Madeleine non aveva nessuna intenzione di rispondere alla mia domanda.

“Perdonami, non avrei dovuto chiedertelo così.” Provai a scusarmi.

“Non preoccuparti, è giusto che tu voglia sapere la verità, magari ne parliamo un’altra volta.” Mi rispose quasi sussurrando.

In quel momento tutta l’ansia e la tensione che avevo provato nei giorni precedenti si tramutò in rabbia.

“Ho preso il primo aereo disponibile perché avevo paura che ti stesse accadendo qualcosa di terribile e tu non vuoi dirmi nulla?” sbottai.

Madeleine si rannicchiò su se stessa ancora di più.

Lasciò la sua tazza di caffè sul tavolo.

Il suo sguardo mi trafisse perfino l’anima.

“Scusami se mi riesce difficile parlarne.” La sua voce si incrinò e i suoi occhi si riempirono di lacrime.

“Buona permanenza a Parigi Neil.” Sputò e alzandosi uscì dal bar.

 

Non avevo avuto il tempo di fare nulla.

Non mi aveva dato nemmeno il tempo di chiederle scusa per le parole che le avevo rivolto.

Mi girai verso l’uscita, ma la sua sagoma sembrava sparita nel nulla.

“Sei un’idiota Neil, ecco cosa sei!” imprecai a me stesso.

Pagai il conto della colazione e arrabbiato con me stesso raggiunsi il mio albergo.

 

 

 

Ciao a tutti!!!

Eccovi il nuovo capitolo.

Innanzitutto ringrazio tutti: quelli che seguono la storia, quelli che la preferiscono e quelli che leggono solamente.

Vi invito ad ascoltare le canzoni che scelgo per ogni capitolo. Se le ascoltate prima, dopo o durante la lettura, non è importante.

Tutti i brani che fin’ora sono stati inseriti, raccontano il senso di ogni capitolo, soprattutto per quanto riguarda i testi.

Un’ultima cosa prima di lasciarvi. Questa storia avrà in tutto 10 capitoli.

Non so ancora se ci saranno degli extra oppure no, ma per quanto riguarda ciò, ne parlerò più avanti.

 

@Marti94: benvenuta!!!! Sono contenta di avere una nuova lettrice. Hai fatto bene ad aspettare, avrei fatto lo stesso anch’io.

Ed è anche vero che l’argomento che ho scelto di trattare è davvero molto complesso. Vorrei tanto non fare casini.

Spero che con il procedere dei capitoli, continuerai a trovare interesse per questa storia. Un bacio e alla prossima!

@SASA 89: benvenuta anche a te! Ti ringrazio, sono felicissima che ti piaccia.

E sono contenta che l’argomento trattato ti abbia incuriosita.

Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio e alla prossima!

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


REAL WEB DATING

 

Capitolo 5

Linkin Park - Somewhere I belong

POV Madeleine

Una stupida. Ecco cos’ero. Una totale e irrecuperabile stupida.

Ero scappata via da Neil in modo davvero insensata.

In fondo non mi aveva chiesto niente. Aveva solo bisogno della verità ed io non ero riuscita a dirgliela.

Non sono stata capace di dargli una spiegazione alle mia richiesta di volerlo con me.

Nemmeno dopo averlo visto lasciare tutto, perfino il suo lavoro, pur di starmi vicina.

 

Non riuscivo a dimenticare il colore intenso dei suoi occhi. Un verde talmente profondo tanto da penetrarmi l’anima. In quelle iride c’era desiderio, e non solo desiderio per il mio corpo.

C’era il desiderio di scoprirmi, di conoscermi, di sentire i nostri corpi a contatto.

La maglia che indossava definiva minuziosamente il profilo dei suoi muscoli. Le sue braccia, scoperte per metà, sembravano forti e energiche, fatte apposta per accogliere il mio piccolo corpo.

Le sue mani grandi e affusolate parevano in grado di sorreggermi ogni qualvolta ne avessi avuto bisogno.

Le gambe tornite, fasciate dai jeans, lo slanciavano facendolo sembrare più alto di quanto già lo fosse.

Le sue labbra piccole e carnose si erano mosse impercettibilmente quando avevano pronunciato il mio nome. La sua voce una deliziosa sinfonia.

I suoi capelli pettinati in modo disordinato, apparivano soffici tanto da accendere in me il desiderio di tuffare tra quelle ciocche apparentemente arruffate.

Poi ho avuto paura. Paura per il tono che ha usato.

Per un attimo al suo posto ho visto Vincent.

Ho visto il mio patrigno pretendere qualcosa che in quel momento non volevo offrire.

Solo dopo essere uscita da quel bar mi sono resa conto che era stato Neil a parlarmi, ma non avevo avuto il coraggio di tornare indietro. Non avrebbe sopportato un altro sbalzo di umore da parte mia e sicuramente non avrei avuto ancora la forza di chiarire tutta la verità.

 

Stanca e tormentata aprii la porta di casa.

“Mamma?” chiesi in un sussurro. Nessuno mi rispose.

Quasi in punta di piedi, rilassandomi con il dolce suono del silenzio, entrai in cucina. Il bloc-notes poggiato sul tavolo catturò il mio sguardo.

“Tesoro mi dispiace ma non ho potuto aspettarti. Il mio capo questa volta mi ha spedita in Norvegia. Tornerò tra un paio di settimane. Vincent mi accompagnerà all’aeroporto. Ti bacio piccola mia. Fa la brava e non far arrabbiare Vincent. A presto. Mamma.”

Tremai quando finii di leggere il messaggio. Due settimane. Due settimane in balia del mostro.

Non sarei sopravvissuta. Avevo bisogno di scappare e solo una persona poteva aiutarmi.

Forse non era troppo tardi. Corsi nella mia camera ed accesi il computer.

La casella dei messaggi in arrivo lampeggiò.

“Non ho le parole per dirti quanto sono stato stupido. Vorrei chiederti scusa un milione di volte, ma so che non servirà. Lo capisco se non vuoi sentirmi più. Sono stato un’idiota. Avrei dovuto rispettare i tuoi tempi e non l’ho fatto. Non ti ho capita ed ho preteso da te qualcosa che ancora non eri pronta a dirmi. Mi fermerò per qualche giorno ancora a Parigi. Alloggerò all’Elysées Union. Un bacio, Neil.”

Il mio cuore tornò a battere.

 

Un applauso ruppe la quiete della mia stanza.

“Ma che cattiva ragazza. Audrine si arrabbierebbe molto sapendo che sua figlia cerca compagnia maschile su internet.” La voce di Vincent rimbombò nelle mie orecchie.

Lentamente si avvicinò a me.

“Real Web Dating. Direi proprio che ti ho scoperta a fare una marachella, bambina cattiva.” Disse indicando lo schermo del computer.

Non risposi, sapevo dove volevo andare a parare. Era sempre così, ogni piccola scusa era buona per punirmi e io gliene avevo appena fornita una. Spensi il computer lentamente.

Un gesto brusco o una risposta sbagliata avrebbe solo accelerato la ma tortura.

Piano mi allontanai dalla scrivania, cercando con lo sguardo la mia borsa.

Appena si sarebbe distratto sarei fuggita. Dovevo solo aspettare il momento giusto.

 

“Dimmi Madeleine, cosa penserebbe Audrine di me, sapendo che ho sorvolato su questa malefatta? Lo sai anche tu che devo fare la cosa giusta. Lo faccio per te, tesoro.” Un ghigno comparve sul suo volto.

Le sue mani si portarono sulla sua cintura.

“Vieni qui Madeleine. Fai la brava.” Si sfilò la cintura e avanzava divertito verso di me.

Il suo gioco preferito era appena iniziato.

La cintura schioccò tra le sue mani. I pantaloni calati quanto bastava.

Indietreggiai piano. La porta solo a qualche passo da me.

“Non osare fiorellino. Non farmi arrabbiare.” Si era accorto delle mie intenzioni.

Non glielo avrei lasciato fare ancora. Con uno scatto veloce mi voltai verso la porta e iniziai a correre.

Lo sentivo dietro di me, il suo respiro accelerato dallo sforzo.

La sua mano afferrò saldamente il mio braccio.

“Piccola cagna. Cosa credevi di fare? Adesso dovrò essere più cattivo.” La cinta fischiò sul mio corpo.

La pelle bruciava, ma riuscii a contenere le urla per il dolore.

Non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi soffrire.

La sua mano schiaffeggiò il mio volto. Il mio calvario aveva appena avuto inizio.

Ancora una volta mi percosse con la cintura. Questa volta il viso.

Potevo sentire il sapore del sangue sulla lingua.

Non temeva di lasciare segni sul mio corpo. Sarebbero guariti prima dell’arrivo di mia madre.

Con la cintura mi legò le mani e si accanì sul mio corpo e sul mio volto con una ferocia che non aveva mai avuto. Il dolore quasi mi fece perdere i sensi. Purtroppo non accadde. Non lo avrebbe permesso, mi avrebbe voluta sveglia fino alla fine.

 

“Ora il tuo Vincent ti farà un piccolo regalo. Non dirlo alla mamma.” Sussurrò al mio orecchio.

I suoi pantaloni volarono sul pavimento.

La sua erezione premeva viscidamente sulle mie cosce ormai nude.

Le sue labbra finirono sul mio corpo, senza lasciare libero un lembo di pelle.

Non so per quanto tempo giocò con il mio corpo, potei sentire però quando quel suo stesso gioco lo aveva stancato. Ora era solo l’eccitazione a guidarlo. Era accecato dal desiderio di provare piacere. Mi sentii morire di nuovo quando prese, per l’ennesima volta, posto dentro di me.

Nei miei pensieri solo vuoto.

Quando il gioco terminò mi slegò le mani. Sul suo viso soddisfazione e appagamento.

“Non ho ancora finito con te. Prepara da mangiare, sono affamato.” Mi schernì.

Si sdraiò sul divano e accese la tv. Mi rivestii lentamente e mi avviai verso la cucina.

Non c’era modo di scappare. Avrei dovuto aspettare che uscisse, non potevo rischiare di rendere le cose più complicate.

Poggiai il sandwich sul tavolo accanto a lui e andai verso il bagno.

“Dove vai?”

“A fare una doccia.” sbottai.

“Non andrai da nessuna parte. Spogliati e siediti lì.” Ancora una volta non avevo la possibilità di rifiutarmi.

Trangugiò il sandwich e tornò di nuovo ad occuparsi di me. Stavolta fu meno violento. Non mi picchiò, si limitò solamente a soddisfare il desiderio sessuale che aveva verso di me.

Per qualche istante rimase steso sul mio corpo impedendomi di muovermi. Mi guardò per qualche istante. Facevo fatica a contenere le lacrime. Avevo bisogno solo di lavare via tutto quello schifo.

Si alzò dal mio corpo senza dire nulla e si avviò verso il bagno.

Non avevo il tempo di raccogliere i cocci della mia anima, avevo solo pochi minuti e avrei dovuto impiegarli per uscire di casa.

Veloce corsi in camera e mi vestii.

Non badai molto a ciò che stavo indossando, mi bastava che i vestiti nascondessero la maggior parte dei mie lividi. Indossai un cappello che copriva la maggior parte del mio volto.

Afferrai la borsa  ed uscii di casa senza guardarmi indietro, Vincent ci avrebbe messo poco a scoprire che non ero più in casa.

 

Presi il primo autobus che passava, non avevo tempo per aspettare un taxi.

Volevo solo allontanarmi il prima possibile da quella casa. Volevo solo allontanarmi dai tetri ricordi di qualche ora prima, consapevole che non avrei mai cancellato quel dolore che mi scavava l’anima.

Avevo bisogno di respirare, avevo bisogno di sentirmi libera, avevo bisogno di andare dove avrei potuto sentirmi di nuovo me stessa.

 Avevo bisogno di non sentirmi più la causa di tutto questo dolore, avevo bisogno di sapere che ero destinata a qualcosa di puro, avevo bisogno di sapere che nel mondo c’era qualcuno che avrebbe cancellato tutto il marcio che mi portavo dietro, avevo bisogno di Neil.

Il silenzio che avevo dentro di me mi stava uccidendo e solo lui avrebbe riempito di dolcezza la mia vita.

Neil era il mio porto sicuro, colui che avrebbe guarito le mie ferite.

 

L’Elysées Union si ergeva maestoso davanti ai miei occhi. Solo pochi passi mi separavano da lui.

Una ragazza dall’aria gentile sistemava dei documenti dietro il banco della reception.

“Posso esserle utile.” Un sorriso cordiale si dipinse sulle labbra della receptionist.

“Ho bisogno del numero della stanza del signor Moore Neil.” Sussurrai, la voce ancora tremante.

“Chi devo annunciare?” chiese ancora gentile.

“Madeleine.” Dissi.

La ragazza controllò sul computer l’elenco dei clienti dell’albergo e digitò il numero interno della stanza sulla tastiera telefonica.

“Signor Moore? Mi dispiace disturbarla, ma chi c’è una ragazza che chiede di poterla raggiungere nella sua stanza.” Una breve pausa di silenzio mi fece salire l’ansia.

“La signorina dice di chiamarsi Madeleine. Come desidera.” La ragazza riagganciò il telefono e mi sorrise.

“Stanza 487, ottavo piano.” Disse indicandomi l’ascensore.

“Grazie.” Soffiai e senza aspettare che la ragazza aggiungesse altro corsi verso l’ascensore.

 

La porta della stanza sembrava enorme. Esitai qualche istante prima di bussare.

Stavo davvero facendo la cosa giusta?

L’unica cosa certa era che non potevo tornare indietro.

Leggera poggiai il pugno sul legno pregiato.

La porta si aprii immediatamente.

“Pensavo di non rivederti mai più.” Neil mi accolse tra le sue braccia.

Non ebbi il tempo di fuggire dal suo abbraccio. Con le braccia lo spinsi lentamente lontano da me, non ero ancora pronta a sentire sul mio corpo le mani di qualcun altro.

“Vieni entra.” Disse, facendo finta di non aver notato il mio strano gesto.

La porta si richiuse dietro le mie spalle.

“Sono felice di rivederti.” Continuò Neil. I miei occhi ancora fissi sul pavimento. Nel cuore solo vergogna per l’aspetto che avevo, vergogna di apparire ai suoi occhi lercia e corrotta.

La sua mano sfiorò il mio volto con l’intenzione di richiamare la mia attenzione su di lui.

“Non toccarmi!” urlai. Le mie mani, prese dalla foga di allontanare quelle di Neil da me, fecero volare via il mio cappello, lasciando così il mio volto, pieno di lividi, scoperto.

Il volto di Neil si trasformò in una maschera di dolore e preoccupazione.

In quel momento mi resi conto che era a lui che dovevo appartenere e a nessun altro.

Mi tuffai tra le sue braccia e per la prima volta in tutta la mia vita mi sentii davvero al sicuro.

 

 

 

 

Salve a tutti!!!

Ho un po’ paura per questo capitolo. Non sono proprio soddisfatta di ciò che è venuto fuori.

Lascerò comunque a voi il verdetto finale.

Ringrazio tutti coloro che hanno letto solamente la storia, chi l’ha inserita tra le preferite e chi tra le seguite.

Per chi segue le altre mie storie sa già dell’esistenza del mio blog personale.

Cliccando qui potrete arrivarci direttamente oppure trovate l’indirizzo nella mia pagina principale.

Sul blog ci sono tutti i testi delle canzoni (e le relative traduzioni) che ho utilizzato per questa storia.

Inoltre tra qualche giorno inserirò un piccolo teaser per il prossimo capitolo e la data del prossimo aggiornamento.

 

@ nana_86: ti ringrazio tantissimo per il tuo commento. Fa sempre piacere sapere che chi legge apprezza il tuo lavoro. Un bacio.

@ Marti94: sono contenta che hai apprezzato la scelta della canzone e spero che anche per questo capitolo valga la stessa cosa.

Con questo capitolo ho risposta alla tua domanda. Infatti come avrai notato la chat è sempre in mezzo e sarà sempre utile quando si perderanno di vista.

Per quanto riguarda un incontro tra Neil e il patrigno di Madeleine non posso ancora dirti nulla. Ringrazio anche te per la tua recensione. Un bacio.

@ SASA 89: questo capitolo risponde alla tua domanda. Grazie per aver commentato. Un bacio.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


REAL WEB DATING

 

Capitolo 6

Placebo - I'll be yours

POV Neil

Tremava.

Madeleine tra le mie braccia, scossa dai singhiozzi, mi pregava di stringerla a se.

Non le avrei rifiutato nulla.

In quel momento volevo solo darle ciò che mi chiedeva.

 

Avevo bisogno di guardarla, di assicurarmi che stesse bene, di sapere chi e cosa l’avevano ridotta così.

Il suo viso per metà tumefatto, le sue labbra segnate da solchi profondi, i suoi occhi coperti da grandi lividi. I miei pensieri formularono senza che potessi fermarli una spiegazione valida a quel terribile spettacolo. Non volevo pensarci, non accettavo questa spiegazione.

Mi stavo sbagliando.

Si, avevo sicuramente immaginato male. Poteva aver avuto un incidente o magari era caduta.

Ancora una volta i miei pensieri mi costrinsero ad apprendere la verità.

Chi era stato tanto meschino da rovinare una splendida creatura come Madeleine?

Chiunque fosse il responsabile non l’avrebbe certo passata liscia, ma ci avrei pensato più tardi.

 

“Shh. Calmati. Ci sono o adesso.” Non facevo altro che sussurrarle all’orecchio quelle parole.

Piano provai ad allontanarla da me. Le sue piccole mani corsero a coprirsi il viso. I suoi polsi mostravano evidenti ematomi.

“Fammi guardare.” Dissi, cercando di spostare le sue mani.

Non si aspettava quel contatto da parte mia. Si ritrasse spaventata.

“Madeleine, calmati. Sono io, Neil. Mi vedi? Non voglio farti del male. Voglio solo sapere se è il caso di chiamare un medico.” Dissi. Il mio tono di voce quasi una carezza.

Madeleine piano si rilassò e mi permise di controllare l’entità dei suoi danni.

“Non ho bisogno di un medico.” Parlò. La sua voce dilaniata dai singhiozzi.

“Tesoro, un medico potrebbe guarirti.” Dissi. Era la verità.

Io avrei potuto guarire le ferite dentro di lei, ma prima di tutto dovevo pensare alla sua salute fisica.

“Ti prego.” La sua voce era una preghiera.

“Va bene.” Mi arresi all’intensità del suo sguardo.

“Ho solo bisogno di un bagno.” Sussurrò. Annuii alla sua richiesta.

 

L’accompagnai nel bagno della mia camera.

Senza dire niente riempii la vasca fino all’orlo, stando attento alla temperatura dell’acqua.

Presi uno degli accappatoi puliti messi a disposizione dell’hotel, lasciandolo accanto alla vasca.

“Lascio la porta socchiusa. Chiamami se hai bisogno di me.” dissi.

“Ho bisogno di te adesso.” Soffiò, tenendosi stretta tra le sue stessa braccia.

Annuii e mi avvicinai a lei. Il suo sguardo dilaniato dai sensi di colpa.

Credeva davvero che mi dispiacesse prendermi cura di lei? L’avrei fatto tutta la vita se me l’avesse permesso. Ero lì per lei e per me ogni sua piccola richiesta sarebbe stata solo una scusa per renderla felice.

Solo quello era importante.

Volevo che stesse bene, che dal suo viso sparissero le ombre, volevo rivedere il suo sorriso sulle sue labbra.

 

“Posso?” chiesi indicando i suoi vestiti. Non dovevo fare nessun gesto avventato. Dovevo stare attento e fare in modo che fosse lei a volere qualcosa. Annuì impercettibilmente.

Leggero afferrai i lembi della sua maglietta. La sfilai stando attento a non farle del male.

I suoi lunghi capelli biondi scesero sulle sue spalle come una dolce cascata, coprendole le esili spalle e il seno rivestito da un leggero strato di tessuto color della notte.

Le sue braccia in un riflesso involontario ripararono il suo corpo scoperto.

Le mie mani timorose raggiunsero il bottone dei suoi pantaloni. Mi fermai e la guardai negli occhi. Aspettavo il suo permesso che lei mi concesse timorosa.

Delicatamente slacciai i suoi pantaloni e li feci scivolare lungo le gambe gracili e tremanti tanto da farmi temere che non avrebbero ancora retto a lungo il peso del suo corpo . Le sollevai una alla volta e gettai i pantaloni sul pavimento.

Per un attimo mi fermai ad osservare il suo corpo. Ovunque sulla sua pelle si stagliavano enormi lividi.

Sulla pancia, sulle gambe, all’interno delle sue cosce.

Un gemito di rabbia uscii dalle mie labbra.

Cercai di trattenere la mia frustrazione quando mi accorsi che sul volto di Madeleine l’unica emozione visibile era la vergogna. Nessuna donna meritava tutto questo, soprattutto non lo meritava Madeleine.

Mi piegai sulle ginocchia e feci scivolare una mano sotto le sue gambe e l’altra intono alla sua spalla.

La sollevai e la immersi nella vasca.

Le avevo lasciato l’intimo addosso. Non mi sembrava il caso di costringerla ad un ulteriore imbarazzo.

La guardai raccogliere le se gambe tra le braccia e sospirare.

 

“Perdonami Neil.” Mormorò. Per quale assurdo motivo avrei dovuto avercela con lei?

“Non hai nulla da farti perdonare.” Dissi. Dalla mia bocca uscii un lamento di dolore misto a frustrazione.

“È solo colpa mia tutto questo.” Continuò.

“Madeleine, io non capisco. Cosa è colpa tua? Guardati, sei stata picchiata duramente e Dio solo sa cos’altro ti hanno fatto. Ed è colpa tua?” forse ero stato troppo scontroso. La vidi singhiozzare ancora.

“Scusami. Non volevo spaventarti.” Mi avvicinai a lei lasciandole un lieve bacio sul capo.

“Stingimi Neil.” Non mi sarei lasciato pregare.

 

I miei vestiti assorbirono l’acqua che fuoriusciva dalla vasca e Madeleine mi fece segno di toglierli e di entrare nella vasca con lei.

Obbedii alla sua richiesta, tolsi via la maglia e i pantaloni, lasciandomi addosso soltanto l’intimo.

Entrai nella vasca e mi posizionai dietro di lei avvolgendola tra le mie braccia.

Madeleine si strinse a me e lasciò che il calore del mio corpo misto a quello dell’acqua la rilassasse.

Dopo molto tempo passato in un silenzio rotto solo tra sospiri, afferrai la spugna accanto alla vasca imbevuta di bagnoschiuma al miele.

Leggero lavai il suo corpo.

Lavai le sue ferite, quelle che ad occhio nudo non erano visibili.

Quel gesto era molto di più di quello che era.

Stavo lavando via, pian piano, il suo dolore.

Poi passai ai suoi capelli. Li lavai con cura cercando di toccarla il meno possibile.

Sapevo che la paura che provava era ancora viva dentro di lei.

 

L’acqua intorno a noi ormai aveva perso il suo tepore, causando a Madeleine dei piccoli brividi di freddo.

La spostai delicatamente ed uscii dalla vasca, aiutando anche lei a sollevarsi.

Presi l’accappatoio che le avevo preparato e l’avvolsi attorno al suo fragile corpo.

Lei mi guardava senza dire nulla. Afferrai l’asciugamano più vicino e lo avvolsi attorno al mio corpo.

Mi avvicinai di nuovo a lei e la presi ancora una volta tra le mie braccia.

Con un calcio spalancai la porta del bagno.

La lasciai scivolare dolcemente dalla mia tenera gabbia non appena raggiunsi il letto.

“Ti senti meglio adesso?” chiesi.

“Si, grazie a te.” Mi rispose in imbarazzo.

“Madeleine, non devi ringraziarmi.” Le dissi avvicinandomi all’armadio e tirando fuori una delle mie magliette. Gliela porsi. Diedi uno sguardo all’orologio e mi avvicinai al telefono.

“Indossa questa. Cercherò di farti avere qualcosa di più comodo.” Le dissi, dandole le spalle per concederle un po’ di privacy.

Al secondo squillo la receptionist rispose.

“Sono il signor Moore. Avrei bisogno di un favore se le è possibile.” Dissi aspettando la risposta dall’altro capo del telefono che non tardò ad arrivare.

“Avrei bisogno di abiti e intimo femminile. E vorrei ordinare la cena.” Dissi. La donna all’altro capo del telefono mi chiese la taglia degli abiti e cosa preferivo per cena.

“Quello che prevede il menu va benissimo. Per la taglia credo che la taglia più piccola vada bene.” La receptionist disse che avrebbe fatto il più presto possibile e mi salutò cordiale.

“La ringrazio.” Dissi e riagganciai la cornetta.

 

La cena e gli abiti non tardarono ad arrivare.

Dopo aver ringraziato il cameriere, lasciandogli una mancia adeguata al servizio, trascinai il carrello con le vivande accanto al letto e posai gli abiti sulla poltrona di fronte al letto.

Madeleine era avvolta nelle lenzuola che stringeva tra le mani, come se quelle potessero proteggerla dal mondo esterno.

La lasciai scegliere ciò che preferiva e mi assicurai che mettesse più di qualcosa nello stomaco.

Mangiai anch’io qualcosa. Non avevo molta fame, ciò che pensavo le fosse successo mi aveva chiuso lo stomaco, lo feci solo per farla sentire meno in imbarazzo.

Allontanai il carrello dal letto, lasciandolo fuori dalla porta della camera.

“Ho chiesto di farti avere degli abiti puliti.” Dissi, indicando la poltrona sulla quale erano poggiati.

“Non dovevi Neil. Va bene così. Hai già fatto tanto.” Ammise.

“Niente di quello che ho fatto è abbastanza.” Ribattei.

Conclusi quel breve scambio di battute uscendo dalla stanza e lasciai che Madeleine potesse indossarli.

 

“Neil?” La sua voce delicata sovrastò la tv che avevo accesso per evitare che i pensieri mi assalissero mentre aspettavo che Madeleine fosse pronta.

Mi alzai velocemente e la raggiunsi.

“Ti andrebbe di farmi compagnia?” chiese indicando il posto vuoto sul letto accanto a lei.

Annuii e mi sdraiai accanto a lei.

In un gesto involontario, ma che sembrava essere così naturale, come se lo avessi fatto da una vita, la strinsi a me. Nessuno dei due interruppe quel silenzio che si era creato tra di noi.

Madeleine lasciò che le mie mani disegnassero il profilo dei suoi lividi senza dire niente.

Quando arrivai al suo viso notai che una piccola lacrima si faceva strada sulla pelle liscia.

“Ci sono io adesso. È tutto finito.” La rassicurai ancora, senza stancarmi di ripeterlo e lasciando che il pianto le alleviasse in parte il dolore.

I suoi singhiozzi, che per un attimo sembravano soffocarla tanto erano intensi, si placarono lasciandole gli occhi arrossati e il respiro spezzato.

Potevo sentire il suo cuore battere nel suo petto. Correva e sembrava non voler terminare la sua corsa impazzita. Le sussurrai ancora una volta che tutto era finito.

“Ti va di dirmi chi è stato?” provai ad iniziare un discorso che sapevo che lei avrebbe affrontato non con piacere.

La sua testa si muoveva veloce, negandomi quella risposta che in quel momento avevo bisogno di sapere.

“Va bene, non importa.” Sussurrai, cercando di calmarla ancora. L’avrebbe fatto quando sarebbe stata pronta. Stavolta ero sicuro che mi avrebbe raccontato tutto, senza omissioni.

Dopo qualche minuto il sonno rapì Madeleine.

 

Era così fragile tra quelle lenzuola.

Così piccola, ma con un grande coraggio. Stava sopportando tutto quel dolore senza lamentarsi.

Si vergognava di quella sorte che le era toccata. Lo potevo capire dallo sguardo che aveva quando posavo i miei occhi sul suo corpo violato.

Una miriade di emozioni le attraversavano il viso non appena si lasciava distrarre dai ricordi dolorosi. Smarrimento, confusione, disagio, tensione, angoscia, inquietudine, ansia, terrore.

Nei miei occhi invece, solo amore e sofferenza.

Amore e sofferenza per quella donna che aveva subito il più triste e il più tragico dei disonori.

Amore  e sofferenza per quella creatura delicata che aveva solo bisogno di tenerezza e dolcezza.

Amore e sofferenza per quella donna che volevo accanto per tutta la vita, che volevo proteggere a qualunque costo.

Era questo che dovevo fare ora. Dovevo proteggerla e donarle quella giustizia che meritava.

Chiunque fosse stato avrebbe pagato per quell’affronto.

“Lasciami!” urlò nel sonno.

Mi rattristai per non poterla proteggere dai suoi incubi.

Il suo corpo agitato e teso.

“Chi sei?” pensai divorato dalla voglia di sapere chi fosse quel mostro.

 

Larry Wilson. Quel nome fu proprio ciò di cui avevo bisogno.

Sapevo cosa dovevo fare adesso.

Mi alzai dal letto facendo attenzione a non disturbare Madeleine.

Afferrai il cellulare sul comodino ed uscii dalla stanza.

Dopo pochi squilli colui di cui avevo bisogno mi rispose.

“Ciao Larry, sono Neil.” Lo salutai.

“Ehi Neil, come te la passi?” chiese.

“Bene, grazie. Tu invece come stai?” domandai.

“Sempre la solita. Il lavoro non mi da tregua.” Disse.

“È proprio per questo che ti ho chiamato.” Arrivai al sodo.

“Spara!” disse.

“Ho bisogno di sapere tutto su Madeleine Leclerc. Dove vive, con chi, chi sono i suoi amici. Tutto quello che riesci a scoprire.” Spiegai.

Larry avrebbe potuto aiutarmi. La nostra collaborazione era iniziata da quando lo studi legale aveva aperto. Era un ex agente di polizia che aveva deciso di lasciare l’arma per dedicarsi ad un lavoro tutto suo.

Era un ottimo investigatore e sapevo che avrebbe ottenuto tutte le informazioni che desideravo.

Lo faceva sempre e spesso era stato grazie a lui che molti casi si erano risolti a nostro favore.

“Domani sera ti mando una mail con tutte le informazioni che riesco a trovare.” Disse assumendo un tono professionale.

“Ti ringrazio Larry.” Dissi.

“È il mio lavoro Neil. Buona serata.” Disse. Lo salutai anch’io e lasciai il telefono sulla superficie piana più vicina.

 

Il sonno di Madeleine si era fatto più tranquillo.

Mi stesi accanto a lei e tornai a bearmi della presenza del suo corpo accanto al mio.

 

 

 

Salve a tutti!!!!

Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento.

‘Real Web Dating’, probabilmente subirà un piccolo ritardo nel prossimo aggiornamento che non so quando potrà esserci.

Ringrazio tutti coloro che seguono, leggono e preferiscono questa storia.

Vi ricordo il blog dove potete trovare tutte le traduzione delle canzoni utilizzate e tra qualche giorno anche il teaser del prossimo capitolo.

Vi lascio le immagini della camera d’albergo di Neil.

 

Foto 1 - Foto 2 - Foto 3

 

@ nana_86: sono contenta che questo capitolo ti sia piaciuto. Alla prossima, un bacio.

@ eliana1991: ti ringrazio. Sono contenta che la storia ti piaccia. Vincent non morirà purtroppo, ma Madeleine avrà giustizia. Spero di aver placato la tua curiosità.

Alla prossima, un bacio.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


REAL WEB DATING

 

Capitolo 7

Lene Marlin - Another day

POV Madeleine

Mi risvegliai confusa. Ricordavo poco della sera prima.

Il cielo era ancora scuro, segno che probabilmente era notte fonda.

Mi rigirai nel letto e fu in quel momento che lo vidi. I suoi occhi chiusi, le sue labbra appena socchiuse. Il suo respiro caldo e tranquillo.

La vergogna mi colpì il petto, provocandomi un dolore talmente forte da togliermi il respiro.

Pian piano i ricordi riaffiorarono nella mia mente. Le mani di Vincent sul mio corpo, il dolore provato per ogni percossa, la fuga da casa. Poi ricordai lui.

Il suo volto sconvolto quando aveva capito cosa mi fosse successo, le sue cure, il suo modo delicato per evitare di ferirmi ancor di più, i suoi occhi pieni di dolore.

Mi mossi piano per evitare di svegliarlo, ma fu inutile.

I suoi occhi si spalancarono e le sue braccia involontariamente si chiusero sui miei fianchi con una presa salda, ma allo stesso tempo delicata, come se avesse paura di perdermi.

Rilassai i miei muscoli e mi lasciai riscaldare dal calore del suo corpo.

Per un istante mi permisi di essere felice.

 

“Come ti senti?” la sua voce un lieve sussurro.

“Tra le tue braccia sto meglio.” Risposi. Le sue mani mi trascinarono ancor più vicino a lui.

“Ti va di parlarne?” chiese timido.

Io annuii. Avrei dovuto farlo prima o poi.

“Posso aspettare se non te la senti.” Aggiunse notando la mia leggera esitazione.

Meglio togliersi subito quella spina nel fianco. Se avessi aspettato ancor di più non sarei riuscita ad aprirmi. Presi un lungo respiro ed iniziai a parlare.

“Cinque anni fa mia madre ha conosciuto un uomo, Vincent. All’inizio era carino con entrambe, soprattutto con me. Pensavo si comportasse così per via di mia madre. Non mi era mai piaciuto e questo lui lo sapeva. I primi mesi si dedicava completamente a mia madre e non si curò molto della mia presenza. La portava fuori a cena, le faceva regali sempre più costosi e la felicità di mia madre mi costrinse a smettere di diffidare di lui. In quel periodo mia madre ricevette una promozione e i suoi nuovi impegni la costringevano a stare spesso via da casa. Fu in quel momento che Vincent cambiò atteggiamento nei miei confronti. Iniziò a corteggiarmi a farmi dei regali, a volte anche molto maliziosi. Cercai di essere indifferente a tutto quello e mi limitavo solo a minacciarlo di dire tutto a mia madre. Un giorno si stancò dei miei rifiuti ed iniziarono le prime percosse. Più mi rifiutavo di cedere al suo corteggiamento, più diventava violento, fino a quando si prese con la forza il mio corpo.” Mi fermai.

I ricordi della prima volta che Vincent abusò di me bruciavano ancora.

Lacrime salate iniziarono a solcare le mie gote e i singhiozzi scuotevano il mio corpo.

Neil mi stringeva a se implorandomi di stare calma, assicurandomi che ormai era tutto finito.

Cercai di riprendere forza e contro la volontà di Neil continuai il mio racconto.

“Le prime volte dosava la sua forza. Il dolore era sopportabile e lui aveva paura di essere scoperto da mia madre. Durante gli anni ha imparato a capire quando poteva dar sfogo alla sua rabbia e quando invece doveva starsene buono e tutto ciò dipendeva dalla durata dei viaggi di mia madre. Più erano lunghi, più lui diventava violento.” Mi fermai ancora. Non avevo più la forza di continuare.

Neil continuava a tenermi stretta tra le sue braccia.

 

“Perché non hai mai detto niente a tua madre o non sei andata dalla polizia?” il suo tono un misto tra dispiacere e rabbia.

“Mia madre era così felice. Non me la sentivo di rovinarle la vita. Vincent con lei si è sempre comportato bene. E poi il senso di vergogna era troppo forte perché potessi parlarne. Sono consapevole del fatto che l’ho voluto io. L’ho provocato e lui continuava a ripetere che ero io che lo tentavo, che ero io a costringerlo a comportarsi in quel modo.” I singhiozzi continuavano a scuotermi e sentivo che una crisi di panico stava per arrivare.

“Madeleine, come puoi pensare una cosa del genere? Non è colpa tua. Non sei stata tu a provocarlo. È solo un bastardo e pagherà per quello che ha fatto. Me ne occuperò io Madeleine. Permettimi di aiutarti.” La sua voce dapprima dura divenne una leggera preghiera.

“Mia madre ne morirà, non posso farlo. Neil ti prego, tieni per te ciò che ti ho detto. Puoi farlo per me?” chiesi.

Neil annuì, nei suoi occhi il tormento.

 

“Ne parliamo un’altra volta amore mio. Adesso calmati e cerca di dormire.” Disse, facendomi distendere sul suo petto. Continuava ad accarezzarmi i capelli e a sussurrarmi parole d’amore.

In quel momento mi accorsi di provare qualcosa per lui.

Qualcosa che andava al di là del semplice affetto. Mi accorsi di essere innamorata di lui e di non riuscire più a fare a meno di lui e del suo calore. Mi rannicchiai contro di lui e lentamente smisi di piangere. Sulle mie labbra affiorò un sorriso.

Era Neil a farmi stare bene. Sapevo che sarebbe stato difficile dimenticare, ma avevo fatto dei grandi passi in avanti e tutto ciò era merito dell’uomo che ora mi stringeva tra le sue braccia.

I miei occhi si chiusero e per la prima volta dormii senza che Vincent disturbasse i miei sogni.

 

 

 

Glen Hansard & Marketa Irglova - Falling slowly

POV Neil

‘Tre giorni dopo.’

 

Non sapevo di preciso quanti giorni erano passati.

Eravamo rimasti chiusi nella mia camera d’albergo senza mettere il naso fuori dalla porta.

Madeleine non aveva più parlato di Vincent ed io non le avevo fatto pressioni.

 

Il mattino successivo alla notte in cui Madeleine mi aveva raccontato tutto, nella mia posta trovai le informazione che Larry mi aveva inviato.

Tutto ciò che nella chat mi aveva raccontato Madeleine era vero e nel suo fascicolo spuntava anche il nome di Vincent. Quel bastardo ora aveva anche un volto.

Sentii i passi di Madeleine avvicinarsi e chiusi veloce la mail per evitare che scoprisse ciò che avevo intenzione di fare. Me ne sarei occupato a tempo debito.

 

Il cameriere bussò alla porta interrompendo le mie riflessioni e lasciandoci la colazione che avevo ordinato. Presi il vassoio ed entrai nella camera dove Madeleine ancora dormiva tranquilla.

Il suo aspetto in quei giorni era peggiorato, i lividi si erano fatti più scuri e ne erano comparsi molti altri. Spesso l’avevo sorpresa a cercare di nascondermi quello spettacolo orribile.

Nei suoi occhi, ogni volta che la guardavo, potevo leggere la sua vergogna.

La svegliai con un bacio, cercando di non spaventarla.

Il suo volto si illuminò in un sorriso che mi fece tremare tanto la rendeva bella.

“Buongiorno.” Gracchiò, la voce ancora impastata dal sonno.

“Buongiorno a te. Come ti senti oggi?” non riuscivo a fare a meno di chiederglielo. Avevo bisogno di sapere come si sentiva e se potevo fare in qualche modo qualcosa per lei.

“Sempre meglio.” Rispose e un altro sorriso spuntò sulle sue labbra.

Facemmo colazione in silenzio e lasciai che utilizzasse il bagno per rinfrescarsi un po’.

Quando uscii dal bagno, indossava una delle mie magliette che nascondevano buona parte del suo corpo, escluse le gambe. Si sedette accanto a me sul letto, cercando di coprire i lividi che tappezzavano le sue cosce.

La mia mano si posò leggera sul suo volto e senza che me ne potessi rendere conto, con le labbra iniziai a tracciare i contorni del suo viso. Madeleine si irrigidii e mi ritrassi bruscamente da lei. Cosa diavolo mi era saltato in mente?

“Perdonami, non avrei dovuto farlo.” Mi scusai e feci per alzarmi dal letto. Una sua mano si strinse attorno al mio braccio costringendomi a fermarmi.

Senza parlare gattonò sul letto avvicinandosi di più a me.

Le sue mani seguirono il contorno dei miei occhi, del mio naso, dei miei zigomi, per poi fermarsi sulle mie labbra. Rimasi immobile, un po’ per la sorpresa di quel gesto, un po’ per la paura di ferirla ancora.

Le sue labbra piccole e rosse, si avvicinarono al mio viso seguendo lo stesso tragitto delle sue piccole dita. Poi delicate si posarono per un istante sulle mie labbra.

La mia pelle bruciava al contatto con la sua.

Si stese sul letto trascinandomi per la maglietta su di lei.

I suoi occhi limpidi e pieni di caldi inviti, i miei invece pieni di paura.

“Ho bisogno di te Neil, aiutami a dimenticare.” Sussurrò e il suo viso s’infiammo alle sue stesse parole. La guardai e ciò che vidi mi diede la forza di andare avanti.

 

Leggero le baciai il viso, le spalle coperte dal tessuto della maglietta.

Le accarezzai le braccia e le gambe scoperte. La sua pelle calda rabbrividì al mio tocco.

Mi fermai per paura di aver osato troppo. La sua mano prese la mia e la guidò lungo il suo corpo. Il suo volto, pericolosamente si avvicinò al mio.

Non avrei mai dimenticato quel bacio.

Un bacio che ci travolse in una passione che non credevo potesse trascinarci così.

Attento ad ogni piccola espressione del suo viso, mi muovevo delicato su di lei.

Le tolsi la maglietta, aspettando sempre che fosse lei a darmi il permesso.

Per la prima da quando l’avevo incontrata i suoi occhi mi sembrarono felici.

L’amore che provavo per lei si intensificò di colpo e senza aspettare, mi unii a lei nel più dolce dei giochi, nel gesto più importante per un uomo e una donna.

Lasciai che lei guidasse i miei movimenti, doveva essere lei a desiderare di più e non avrei avuto problemi se mi per lei fosse stato troppo. Mi sarei fermato non appena me lo avesse chiesto.

Il piacere ci travolse nello stesso istante.

Un sorriso, che finalmente contagiò anche i suoi occhi, si aprì sulle sue labbra.

Poggiai la mia fronte sulla sua e non mi permisi di rompere il contatto con quei meravigliosi occhi.

 

“Ti amo Madeleine. Ti amo più di qualunque altra cosa.” Sussurrai prima di lasciarle un bacio delicato sul suo delicato naso.

“Ti amo anch’io Neil.” Disse e il mio cuore sembrò esplodere nel mio petto.

Il silenzio nella stanza rotto solamente dai nostri respiri ancora irregolari.

Quello era decisamente il giorno più bello della mia vita.

Avevo lei, ora in tutti i sensi. Sarei potuto anche morire, avevo avuto tutto ciò che desideravo.

Il suo amore per me e la sua felicità.

Senza allontanarmi da lei, baciai uno per uno i suoi lividi, sperando che sparissero sotto le mie labbra e lasciando che i nostri respiri e i battiti dei nostri cuori tornassero regolari.

 

“Grazie.” Disse, spiazzandomi.

“Per cosa mi ringrazi?” chiesi tirandola ancora più a me.

“Per questo, per tutto, perché mi ami, perché mi sei vicino, perché sai ascoltarmi, perché mi rispetti e perché per la prima volta oggi ho fatto l’amore.” Spiegò.

Il mio cuore perse un battito alle sue parole e senza curarmi di nulla mi tuffai sulle sue labbra.

Non era lei che doveva ringraziarmi. Ero io a doverle dire grazie.

“Grazie a te. Grazie per avermi permesso di entrare nella tua vita, grazie per avermi donato il tuo amore, grazie per avermi dato l’opportunità di essere tuo.” Dissi.

Lei mi sorrise, nascondendo la testa sul mio petto.

“Vieni via con me Madeleine. Vieni a Londra con me.” dissi senza avere il tempo di riflettere su ciò che stavo dicendo.

I suoi occhi si riempirono di lacrime.

Con un intenso bacio, accettò la mia richiesta.

 

 

 

 

Ciao a tutti.

Innanzitutto mi scuso per il ritardo.

Detto questo, ringrazio tutti coloro che leggono, seguono e preferiscono questa storia.

Sul blog, nel pomeriggio potrete trovare le traduzioni e i testi delle canzoni e il teaser del prossimo capitolo.

Un bacio a tutti.

 

@ eliana1991: grazie, davvero. Sono contenta che ti piaccia e che tu abbia a preso a cuore Neil. Nel prossimo capitolo vedremo cosa succederà a Vincent.

Spero che anche questo capitolo ti piaccia. Un bacio. Alla prossima.

@ nana_86: grazie cara. Sono felice che il capitolo ti sia piaciuto. Spero sia così anche per questo. Alla prossima. Un bacio.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


REAL WEB DATING

 

Capitolo 8

Lene Marlin - My love

POV Madeleine

I miei sogni quella notte furono pieni di colori. Non ricordavo di aver mai provato nella mia vita tanta gioia come in quel momento.

Per la prima volta qualcuno aveva avuto il mio corpo per amore e non per capriccio.

Per la prima volta il mio corpo era stato amato e venerato e non percosso e violentato.

Per la prima volta io ero stata amata.

Non era solo quello a rendermi felice. Buona parte della serenità che provavo in quel momento era dovuta al fatto che, finalmente, mi si era presentata la via di fuga che, inutilmente, in quegli anni avevo invano cercato.

Sarei andata via da Parigi, via di Vincent.

Avrei finalmente avuto una vita normale, accanto ad un uomo che mi amava.

Niente in quel momento riusciva a turbarmi nemmeno il pensiero di mia madre con Vincent.

Sarei tornata a trovarla per assicurarmi che Vincent non le facesse del male, magari le avrei proposto di venire con me. In fondo, nonostante tutto, sapevo che io per mia madre venivo sempre prima di tutto, anche prima di Vincent.

Neil dormiva tranquillo al mio fianco. Un sorriso piegava le sue morbide labbra e le sue erano braccia strette ai miei fianchi. Accarezzai i suoi capelli, facendo scivolare le mia dita sul suo collo, sulle sue spalle, sulle sue braccia, fino ad arrivare a toccare le sue mani che riscaldavano la mia pelle. Le sue dita si strinsero attorno alle mie. Mi tirò a se e mi baciò la fronte.

“Buongiorno amore mio.” Disse.

“Buongiorno a te.” Risposi, posando le mie labbra sulle sue. Mi piacevano quelle effusioni, era tutto nuovo per me e me le sarei godute appieno.

“Dormito bene? Hai fame? Ordino la colazione?” Sorrisi alle sue premurose domande.

“Perché sorridi?” mi disse alzandosi e facendo leva sulle sue braccia per reggersi.

“Perché sto bene.”il sorriso di Neil si allargò.

“E poi, si ho dormito bene e si ho fame.” Continuai. Entrambi scoppiammo a ridere. Una risata leggera, una risata sincera.

Neil si alzò e ordinò la colazione.

Il cameriere arrivò poco dopo. Con professionalità ci servì la colazione e ci augurò una buona giornata.

“Cosa facciamo oggi?” chiesi. Ero felice di stare rinchiusa in camera con lui, ma avevo voglia di prendere aria, di godermi la città in sua compagnia. Avevo voglia di fare quello che qualunque coppia a Parigi faceva.

“Ho del lavoro da sbrigare.” Rispose frettolosamente. Probabilmente il mio sorriso aveva perso vigore perché Neil veloce si affrettò a parlare. “Tesoro, starò via solo la mattina. Questo pomeriggio possiamo fare tutto ciò che vuoi.” Le sue parole mi rincuorarono e misi il broncio da parte.

 

“Quando partiremo per Londra?” chiesi di getto senza poter fermare le mie parole.

“Quando sarai pronta. Darren mi ha dato qualche altro giorno libero, non c’è nessuna fretta.” La voce di Neil mi arrivava ovattata dal bagno.

Uscii dal bagno e sorridendomi prese i suoi abiti dall’armadio.

Si preparò in fretta e mi augurò una buona mattinata.

“Tornerò presto. Non ti accorgerai della mia assenza, promesso.” Mi donò un dolce bacio e chiuse dietro di se la porta.

 

Mi alzai controvoglia dal letto. Avevo bisogno di una doccia.

Il getto dell’acqua mi rilassò, facendomi tornare in quel mondo di felicità che avevo assaporato al mio risveglio.

Prima di partire per Londra, avrei dovuto sistemare alcune cose. Avevo bisogno dei documenti, di vestiti, del computer, ma soprattutto, avevo bisogno dei documenti dell’università.

Nel pomeriggio, magari sarei passata in facoltà per sistemare il trasferimento. Non mi andava di lasciarmi alle spalle l’unica cosa che in questi anni mi aveva aiutata ad andare avanti.

I progetti che avevo per il mio futuro e gli obiettivi che avevo raggiunto con non pochi sacrifici che erano l’unica cosa che mi avevano fatto andare avanti e volevo portarli con me nel nuovo futuro che mi aspettava.

Mi vestii con gli unici abiti che avevo. Neil li aveva fatti lavare e stirare dall’albergo e per fortuna, non puzzavano più di Vincent. L’indossai facendo attenzione a non farmi male. I dolori erano ancora presenti e i lividi non facevano che ricordarmi quanto ero sporca.

Il dolore e la vergogna tornarono di nuovo a tenermi compagnia.

Distolsi quasi con violenza lo sguardo dalla mia figura riflessa nello specchio ed afferrai un foglio di carta dal blocnotes poggiato sul tavolo all’ingresso della stanza.

 

“Amore mio, non sono scappata. Avevo bisogno di alcune cose e sono tornata a casa. Spero di riuscire a tornare prima del tuo ritorno. Ti amo, Mad.”

 

Presi la borsa e il cellulare ed uscii dall’albergo.

Il sole faceva quasi male agli occhi. Era da tanto che non mettevo fuori il naso da quella stanza. Quel pensiero non mi disturbò affatto. Presto avrei potuto assaporare tutto ciò di cui mi ero privata in quegli anni. Finalmente avrei potuto indossare abiti che lasciavano scoperte buone parti del mio corpo, senza dovermi preoccupare di nascondere quei lividi che finalmente sarebbero spariti via per sempre.

Il taxi mi lasciò davanti alla porta di casa. Per un attimo esitai. E se Vincent fosse dentro?

Diedi un’occhiata veloce al parcheggio. La sua macchina non c’era. Un sospiro di sollievo uscii dalle labbra. Se avessi fatto in fretta, non ci sarebbe stato nessun intoppo.

Salii i gradini del portico ed infilai la chiave nella toppa. L’odore di sigari mi arrivò dritto alle narici, facendomi storcere il naso per il disgusto.

Chiusi dietro di me la porta e quasi di corsa raggiunsi la mia camera. Afferrai la valigia riempiendola dei primi vestiti che mi capitavano sottomano. 

Aprii il cassetto della scrivania e tirai fuori tutti i documenti dell’università e quelli che mi servivano per partire. Presi il computer e lo infilai nella borsa.

Per il momento quello che avevo preso poteva bastarmi. Le altre cose avrei potuto prenderle quando mia madre sarebbe tornata a casa, anche se in fin dei conti niente di ciò che era presente nella mia stanza mi portava alla mente dei bei ricordi. Avrei potuto farne a meno.

Infilai la giacca e tirai verso l’uscita i miei bagagli.

Lo scatto della serratura mi fece rabbrividire.

Dentro di me lentamente morivo.

 

La porta si spalancò e il mio peggior incubo mi sorrise.

“Ma che brava bambina. Sei venuta a trovare il tuo papà?” disse chiudendo la porta alle sue spalle.

Il suo sorriso fiero ancora stampato sulla faccia. Se non sapessi cosa stava per accadere avrei potuto pensare che era davvero felice di vedermi.

Forse lo era davvero, ma non di vedermi. Era felice di potermi punire.

“Non sei mio padre.” Sputai. Il mio tono non scalfì per niente Vincent.

“Sei appena arrivata e già fai i capricci? Non va bene Madeleine, sai che adesso dovrò metterti in punizione.” Avanzava verso di me, le sue mani slacciavano veloci la sua cintura.

“Stai lontano da me.” gli intimai. Questa volta non glielo avrei permesso.

“Se non lo faccio cosa succederà? Vuoi picchiarmi Madeleine?” chiese.

Pochi passi ci dividevano. Lasciai cadere la borsa ai miei piedi.

Non gli avrei permesso di rovinarmi ancora una volta la vita, non dopo che Neil con tanto amore e cura aveva ripulito il mio corpo da tutto quello schifo.

“Non avvicinarti Vincent.” Gridai.

Per un attimo il mostro davanti a me si sorprese. Con un’ultima falcata mi raggiunse.

Le sue mani strinsero il mio volto sollevandomi qualche centimetro dal pavimento.

“Finalmente Madeleine, un po’ di carattere. Sarà più bello giocare con te oggi.” Non appena pronunciò quelle parole mi resi conto che avevo di nuovo sbagliato.

Invece di intimidirlo, non avevo fatto altro che rendergli il gioco più interessante.

“Piccola bambolina, non dovevi scappare in quel modo. Ricorda che mi appartieni.” Sputò sulle mie labbra. Il primo colpo arrivò dritto nello stomaco.

Poi, le sue mani iniziarono a violare il mio corpo, questa volta nel modo più duro e bestiale che avesse mai utilizzato.

“Madeleine fa la brava. Fammi sentire quanto ti piace.” Sussurrava viscido al mio orecchio.

Le mie lacrime mi aiutarono a velare quello scempio.

Nella mia mente una silenziosa preghiera a Neil che speravo riuscisse a trovarmi e ancora una volta a salvarmi.

Chiusi gli occhi con forza quando prese con brutalità il mio corpo. Durò più del solito o perlomeno così mi sembrò. Non era esausto nemmeno quando per la seconda volta uscì dal mio corpo.

Non ebbi nemmeno il tempo di sospirare per quell’attimo di pace che iniziarono le percosse. Feroce mi prese a calci, senza stare attento a dove colpisse. Iniziai a sentire il sapore del sangue nella mia bocca, mentre ogni singolo muscolo, bruciava dal dolore.

Mi afferrò per i capelli e mi trascinò nell’angolo della casa.

Riuscivo a vedere solo i suoi piedi.

Si sfilò le scarpe e i pantaloni e si preparò ad entrare ancora una volta in me.

Non riuscivo a tenere gli occhi aperti tanto l’intensità del dolore era forte.

Quando le sue mani toccarono prepotenti il mio corpo persi i sensi e mi abbandonai a quel limbo privo di qualsiasi emozione.

 

 

 

Placebo - Running up the hill

POV Neil

Lasciato l’albergo raggiunsi l’uomo che Larry mi aveva indicato.

Larry mi aveva detto che aveva fatto delle scoperte su Vincent che non potevano essere prese alla leggera. Incontrai il signor Armand Dumont in un pub non molto lontano dall’albergo.

“Salve signor Moore.”

“Signor Dumont.” Risposi al saluto stringendogli la mano.

“Larry mi ha chiesto di metterla a conoscenza di alcune cose importanti.” Annuii alle parole di Armand.

“Da molto tempo la polizia è sulle tracce di un uomo che ha come hobby preferito quello di stuprare e picchiare le sue vittime. Nessuna delle donne che ha avuto a che a fare con lui, è stata in grado di dare informazioni utili per la sua cattura. Per ogni vittima ha utilizzato un’identità diversa e modo differente di approcciarsi a loro. Dopo la telefonata di Larry ho avuto modo di fare alcune ricerche e ho sospettato che fosse proprio Vincent Gaillard l’uomo che cerchiamo. L’unico modo che abbiamo per incastrarlo però è coglierlo in flagrante oppure ottenere una testimonianza valida per poterlo incastrare.” Spiegò.

“Signor Moore, lei mi può assicurare che la sua cliente sia disposta a testimoniare?” chiese.

“Signor Dumont, la persona che mi ha portato a chiedere informazioni su Vincent, non è una mia cliente, ma una persona a cui tengo molto. Abbiamo avuto solo poche occasioni per parlare di questa situazione e da quello che mi ha detto so che non ha nessuna intenzione di denunciarlo. Non so cosa faccia quell’uomo alle sue vittime, ma mi creda quando le dico che non appena viene fuori il suo nome, il terrore prende il sopravvento su qualsiasi altra emozione.”

“Va bene signor Moore. La aggiornerò non appena saprò qualcosa. Nel frattempo organizzerò una pattuglia che tenga d’occhio l’abitazione di Gaillard.” Disse e mi strinse la mano.

Accennai un saluto con la testa.

 

Ritornai all’albergo quasi di corsa.

Avevo bisogno che Madeleine mi desse qualche informazione in più e avrei voluto portarla lontano da Parigi prima che la polizia si scagliasse su Vincent.

Salutai la receptionist e pigiai impaziente sul pulsante dell’ascensore.

“Madeleine?” chiamai non appena spalancai la porta. Nessuna risposta.

Entrai nella camera da letto e un piccolo foglietto di carta attirò la mia attenzione.

Lo lessi in fretta e tremai quando pensai a cosa sarebbe potuto accadere in quella casa.

In fretta uscii di nuovo dall’albergo e fermai un taxi rischiando quasi di essere investito.

Diedi al tassista l’indirizzo di casa di Madeleine.

Lasciai i soldi della corsa sul sedile posteriore dell’auto e velocemente attraversi la strada che mi divideva dall’appartamento.

 

Buttai giù la porta ed entrai.

Vincent era chinato sul corpo di Madeleine, che giaceva priva di sensi nell’angolo.

Quel mostro non ebbe il tempo di prepararsi ai miei colpi per la sorpresa di vedermi lì.

In quel momento solo voglia di ucciderlo di botte, poi mi lasciai distrarre dal corpo ferito e sanguinante di Madeleine.

Assestai un ultimo colpo sul volto di Vincent, facendogli perdere i sensi.

Tirai fuori il telefono dalla tasca e veloce chiamai Dumont.

“Gaillard ha abusato ancora di Madeleine Leclerc. Ho cercato di fermarlo, ma non posso aspettare che voi arriviate. Madeleine ha bisogno di essere portata in ospedale.” Dissi velocemente.

“Una pattuglia sta arrivando. Ce ne occuperemo noi adesso.” Ringraziai e chiusi la chiamata.

Chiamai un taxi e avvolsi il corpo di Madeleine in una coperta.

Uscii dalla casa, facendo attenzione a non smuovere troppo il corpo inerme tra le mie braccia.

Il suono delle sirene della polizia mi giungevano ormai rumorose.

Salii sul taxi lieto che almeno qualcosa fosse andato nel modo giusto.

Vincent era finalmente nelle mani giuste.

 

“Signor Moore?” mi alzai di scatto quando il dottore si avvicinò per darmi notizie sullo stato di Madeleine. Il caffè che avevo tra le mani si versò sul pavimento.

“La signorina Leclerc sta bene adesso. Ha subito dei forti traumi, ma se la caverà. Ha solo bisogno di riposo adesso.” Disse posando una mano sulla mia spalla.

“Posso vederla?” chiesi.

“Certo, l’infermiera l’accompagnerà.” Disse, facendo segno alla donna dietro di lui di accompagnarmi.

“La ringrazio.” Sussurrai e seguii l’infermiera.

 

Madeleine stava dormendo tranquilla. I sonniferi e gli antidolorifici l’aiutavano a mantenere lontani gli incubi e i dolori.

Nuovi lividi ricoprivano il suo corpo.

Una lacrima solitaria scese sul suo volto.

“Madeleine, perché non hai aspettato che tornassi in albergo?” sussurrai.

Nessun rumore nella stanza solo il bip della macchina collegata al suo cuore a farmi compagnia.

Avrei dato tutto quello che potevo pur di essere io al suo posto. Pur di patire io tutto quello che aveva provato lei.

Avrei voluto essere io quello lacerato dentro e fuori.

Il telefono squillò rompendo il silenzio.

“Pronto.” Risposi, cercando di dare alla mia voce un tono tranquillo.

“Signor Moore, sono l’agente Dumont. Volevo avvertirla che Gaillard è stato arrestato.” Disse Armand. “Ho bisogno che lei venga qui in centrale per lasciare la sua testimonianza.” Continuò.

“La raggiungo subito.” Dissi e chiusi la telefonata.

Madeleine avrebbe dormito ancora per molto. Sarei tornato prima che si svegliasse.

Baciai delicato la sua fronte e uscii dalla stanza, lasciando il mio cuore a tenerle compagnia.

 

 

 

Ciao.

Visto che avevo un po’ di tempo libero, ho pensato di portarmi avanti con questa storia.

Vi ricordo che, domani, sul blog potete trovare la traduzione e i testi dei brani utilizzati e lo spoiler del prossimo.

Ringrazio tutti coloro che seguono, preferiscono e leggono questa storia.

Alla prossima.

 

@ nana_86: finalmente Vincent ha avuto quel che si meritava anche se non è finita qui. Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio e alla prossima.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


REAL WEB DATING

 

Capitolo 9

Placebo - Broken promise

POV Madeleine

Un fastidioso bip martellava nella mia testa. Stava insistentemente disturbando il mio riposo, tanto da costringermi ad aprire gli occhi.

Le palpebre erano pesanti e con difficoltà riuscii a spalancare del tutto gli occhi.

Il soffitto era bianco come le nuvole. Capii subito da quel piccolo particolare che non mi trovavo nella camera di Neil.

Ero in ospedale a giudicare da ciò che avevo intorno e dall’odore forte di disinfettante.

La consapevolezza di ciò che era successo si fece violentemente strada dentro di me. Ricordavo tutto, perfino i particolari più inutili. Solo poche cose rimanevano ancora confuse.

Ricordavo di aver perso i sensi e non sapevo come ero finita lì.

Il mio cuore iniziò a battere forte, facendo impazzire le macchine a cui ero collegata. Il respiro accelerò senza che riuscissi a regolarizzarlo.

Un’infermiera spalancò la porta della mia camera muovendosi sicura.

“Stia calma signorina Leclerc.” Disse mentre le sue mani esperte cercavano nel carrello dei medicinali.

“Cosa mi è successo?” gracchiai.

“Non ricorda nulla?” chiese infilando l’ago della siringa nel tubo della flebo.

Il battito del mio cuore aumentò di nuovo alla sua domanda e lei si affrettò a velocizzare il suo lavoro. La flebo gorgogliò per qualche secondo e subito dopo avvertii un strano senso di tranquillità. L’infermiera mi aveva somministrato un calmante e a giudicare dalla velocità con cui aveva agito il medicinale doveva essere anche molto forte.

 

Un lieve colpo alla porta mi fece sussultare, distraendomi dai brutti ricordi.

Neil era appoggiato allo stipite della porta e mi sorrideva.

Il mio cuore alla sua vista riprese a battere regolarmente e il respiro si stabilizzò all’istante.

Lui era lì e il resto non mi importava. Era tutto finito, mi avrebbe portata via da Parigi e tutto sarebbe tornato a posto.

Sollevai la mano e lo invitai ad avvicinarsi.

L’infermeria prima di uscire e lasciarci soli diede un’ultima sbirciata al monitor accanto al mio letto, assicurandosi che tutti i valori fossero normali.

Neil nel frattempo si era seduto accanto a me, prendendo la mia mano tra le sue.

“Mad, tesoro mio, come ti senti?” mi chiese portando la mia mano alle sue labbra.

“Non lo so.”mormorai, la mia voce ancora rauca. “Cosa è successo?” continuai.

“Sei andata a casa tua e mi hai lasciato un biglietto …” iniziò, ma non lo feci andare avanti.

“Mi ricordo cosa è successo prima. Voglio sapere quello che è successo quando ho perso i sensi.” Dissi.

“Quando sono arrivato Vincent stava per farti ancora del male. L’ho colpito e ti ho portato in ospedale.” Disse in evidente difficoltà.

Non doveva essere stato facile per lui trovarsi di fronte a quella scena.

“Lui dov’è?” chiesi.

“La polizia l’ha arrestato. Lo tratterranno con l’accusa di abuso sessuale.” Disse quasi come se non volesse farsi sentire.

“Sei stato tu a denunciarlo?” chiesi.

“Mad, perdonami, ma ho dovuto farlo. Non potevo lasciarlo libero di farti ancora del male.” cercò di scusarsi. I miei occhi si riempirono di lacrime.

“Neil, come hai potuto? Mi avevi promesso che avresti mantenuto il segreto per me.” quasi urlai. Le mie lacrime ormai scendevano copiose dai miei occhi. Mi sentivo tradita.

Tradita dall’uomo che amavo e che diceva di amarmi. Aveva rovinato tutto.

Aveva infranto la promessa che mi aveva fatto e io mi sentivo stupida.

Stupida per avergli dato fiducia, stupida per aver pensato che lui mi amasse talmente tanto da custodire con me e per me questo segreto. Invece aveva mandato tutto all’aria.

Mi aveva umiliata raccontando alla polizia ciò che ero costretta a subire. Perché era così che mi sentivo, mi sentivo umiliata e priva di qualsiasi difesa che potesse proteggermi dagli occhi intrisi di pietà di chi mi guardava e sapeva.

“Amore mio, perdonami ti prego. Non potevo lasciarlo fare. Pensa a tua madre.” Disse provando ad attirare la mia attenzione.

Mia madre.

Era proprio a lei che stavo pensando.

“Come credi starà mia madre ora che saprà tutta la verità? Te lo dico io. Ne morirà Neil. Tu non sai niente di quello che ho sacrificato per proteggerla da se stessa e da tutto ciò che potesse farle male e tu in questo modo hai buttato all’aria tutti i miei sforzi.” Sbottai.

La rabbia ormai aveva preso pieno possesso di me.

Ora avevo solo voglia di fargli provare quello che sentivo io. Avevo un estremo bisogno di fargli provare tutta la delusione che in quel momento stava uccidendo me.

Ero consapevole che Neil non stesse capendo affatto il mio comportamento, non sapeva perché proteggevo mia madre in quel modo, ma questo non mi avrebbe fermato.

Neil mi aveva tradita ed era arrivato il momento di prendersi le sue responsabilità.

 

“Mad, guardami.” Disse Neil cercando i miei occhi. “Guardami.” Mi implorò ancora.

Voltai il mio viso verso il suo e fissai i suoi occhi lucidi.

“Perdonami Mad, dimmi che mi perdoni.” Mi pregò.

“Non le voglio le tue scuse. Voglio che tu adesso esca da questa stanza e sparisca dalla mia vita.” dissi acida.

“Mad, ti prego. Prova a capire …” lo interruppi con un gesto della mano.

“Ho detto che devi uscire da questa stanza e che non voglio rivedere la tua faccia mai più.” Ripetei lenta assicurandomi che le mie parole arrivassero chiare nonostante il tremolio della mia voce.

Non volevo vederlo più, non era stato migliore di Vincent. Quel mostro aveva ferito ed umiliato il mio corpo, lui aveva ferito ed umiliato la mia anima ed il mio amore per lui.

Neil mi guardò un’ultima volta e poi uscii silenzioso dalla mia stanza senza aggiungere altro.

 

Non appena la porta si chiuse scoppiai a piangere.

 

 

 

Placebo - Blind

POV Neil

Chiudere quella porta era stato davvero difficile.

Non potevo perderla adesso. Non ora che Vincent era fuori dalla sua vita. Non adesso che l’amavo così profondamente.

Ci doveva pur essere qualcosa per riuscire a convincerla che l’avevo fatto per lei, che avrei dato la mia vita pur di cancellare per sempre dalla sua mente tutti quei brutti ricordi.

Avrei voluto avere il dono di tornare indietro nel tempo per fare in modo che lei tornasse ad avere di nuovo fiducia in me.

Speravo solamente che il passare del tempo l’avrebbe fatta riflettere, speravo che prima o poi sarebbe tornata da me.

Era furiosa per ciò che avevo fatto, ma non potevo lasciarla in balia delle mani di quell’uomo che da anni le faceva del male e che l’aveva fatto anche ad altre prima di lei.

Ed ora senza di lei mi sentivo cieco. Privato di tutto ciò che illuminava le mie giornate, che le rendeva migliori, che le riscaldava con un solo sorriso. Era stata Madeleine a regalarmi quella felicità ed era stata lei stessa a togliermela. Era stata lei a riempire le mie giornate con un singolo respiro ed ora mi sentivo in apnea da troppo tempo. La rivolevo con me e avrei fatto tutto ciò che era in mio potere perché i miei desideri diventassero realtà.

Ma prima di tutto dovevo occuparmi di Vincent. Era stata tutta colpa sua e l’avrebbe pagata cara.

E non mi sarei fermato davanti a nulla, perché se stavo perdendo Madeleine era solo a causa sua.

Non avrei lasciato a Vincent la possibilità di rimanere libero.

Non volevo correre il rischio che un giorno sarebbe tornato a vendicarsi del mio angelo.

Denunciarlo era stata l’unica cosa buona che avevo fatto e sarei andato avanti per assicurarmi che Vincent non avesse più la possibilità di aggirarsi indisturbato per le vie di Parigi o di qualche altra città.

Non avrebbe più avuto la possibilità di entrare nella vita delle persone distruggendogliela.

 

Afferrai il telefono e digitai il numero del mio migliore amico.

“Darren?” dissi.

“Ce l’hai fatta a fare una telefonata. Che fine hai fatto? Non ti sento da quando sei partito.” Mi disse lui scherzando.

“Lo so Darren ma qui ci sono stati dei problemi che ora devo risolvere. È per questo che ti sto chiamando. Ho per le mani un caso molto delicato e vorrei portarlo in tribunale.” Spiegai.

“Di cosa si tratta?”

“Non posso spiegartelo adesso. Ti manderò tutto via mail. Ho solo bisogno di qualche giorno in più per rimanere a Parigi e organizzare tutto.”

“Certo Neil. Qui non c’è nulla di interessante per il momento. Prenditi tutto il tempo che ti serve. Tienimi aggiornato.”

“Certo Darren. Ti chiamo se ci sono delle novità. Ti ringrazio.” Dissi chiudendo la telefonata.

 

Il sole batteva forte sull’asfalto e la scritta sopra la stazione di polizia sembrava brillare come l’insegna di un motel. Entrai chiedendo di Dumont e una volta ricevute le indicazioni per il suo ufficio mi diressi verso di esso.

Bussai lievemente alla porta socchiusa.

L’agente Dumont parlava al telefono e con un gesto della mano mi fece segno di accomodarmi.

“Mi perdoni per l’attesa signor Moore. Cosa posso fare per lei?” mi chiese.

“Come ben sa sono un avvocato ed ho deciso di rappresentare le parti lese nel processo contro Vincent Gaillard. Per farlo però ho bisogno di tutti i fascicoli che lo riguardano e di tutte le informazioni di cui lei è a conoscenza.” Spiegai.

“Sono lieto che sia lei a rappresentare quelle povere donne. Comprendo quanto deve essere stato difficile per lei denunciarlo visti i suoi rapporti con l’ultima vittima. La aiuterò per quanto mi è possibile. Entro stasera riceverà al suo albergo tutto ciò che abbiamo di Gaillard. Per qualsiasi altra cosa sono a sua disposizione.” Mi rispose lui.

“La ringrazio.” Dissi alzandomi e stringendo la sua mano.

 

La stanza del mio albergo sembrava vuota. Le lenzuola ancora disfatte, le magliette che Madeleine aveva indossato sparse sul pavimento, i miei vestiti piegati malamente per la fretta di godermi il mio angelo. Ero lo specchio di quella stanza, dentro di me il caos più assoluto.

Mi stesi sul letto con la speranza che tutto si risolvesse nel migliore dei modi.

 

“Tre settimane dopo”

 

Era da quella notte che non sentivo e vedevo Madeleine.

L’avevo aspettata ogni sera nella chat sperando di trovarla lì a dirmi che mi aveva perdonato. Speranza inutile.

Il processo aveva occupato tutto il mio tempo e mi aveva salvato da una profonda depressione che sapevo l’assenza di Madeleine mi avrebbe causato.

Tutti gli appelli erano andati bene a parte le varie rogne dei ricorsi che l’avvocato di Gaillard chiedeva continuamente.

Ero riuscito a raccogliere un buon numero di testimoni che avevano raccontato come i fatti si erano svolti. Ma il testimone più importante non si era presentato.

Madeleine era rimasta fuori dal processo nonostante le varie sollecitazioni da parte del mio studio legale. Aveva chiesto espressamente di essere lasciata fuori da tutto quel trambusto ed io avevo rispettato la sua decisione chiedendo a Darren di sospendere qualsiasi tentativo di convincimento nei suoi confronti. Le prove raccolte sarebbero bastate per far condannare Vincent al massimo della pena. Un ultimo appello e Vincent sarebbe rimasto a vita dietro le sbarre.

 

Mi guardai attorno cercando qualcosa che mi ricordasse i momenti che io e Madeleine avevamo passato insieme in quella stanza.

Avevo chiesto all’albergo di lasciare la stanza così com’era. Non volevo che venisse spostato nulla.

Presi tra le mani una maglietta e la portai al volto.

Il suo odore era quasi svanito, ma quel poco che percepivo riusciva a tenermi a galla.

La amavo ancora disperatamente e ciò che provavo non sarebbe ai cambiato.

 

 

One Republic - Secrets

POV Madeleine

“Due settimane dopo”

I poliziotti continuavano ad assillarmi con le loro domande su Vincent e lo studio legale di Neil non era da meno.

Prima in ospedale, ora anche a casa. Non ne potevo più di raccontare sempre le stesse cose.

A nulla erano valse le mie richieste di rimanere fuori da quella faccenda.

Potevano chiedere alle altre sue vittime di testimoniare contro di lui. Io non l’avrei fatto sicuramente, soprattutto dopo aver saputo che era Neil a rappresentarmi.

Non avevo nessuna voglia di rivederlo. Tutto questo inferno che ora stavo rivivendo testimonianza dopo testimonianza era dovuto a lui.

E non l’avrei perdonato facilmente. Aveva tradito la mia fiducia, aveva scelto di fare l’avvocato.

Chiusi la porta non appena l’agente Dumont si congedò.

Con un sospiro mi voltai e mi diressi verso la mia stanza.

 

Mia madre attirò la mia attenzione. Era immobile sul divano del soggiorno. Se non fosse stato per il movimento del suo petto ad ogni respiro avrei potuto pensare benissimo che fosse morta.

Il cuore mi strinse a vederla così. Il mio silenzio in tutti quegli anni non era servito a nulla.

Mi fermai a guardarla ancora un po’ e tutti i ricordi ritornarono alla mente.

Mi sembrava di rivivere gli anni successivi alla scomparsa di mio padre.

Mio padre, l’uomo che mia madre aveva amato più di se stessa.

 

Era ricaduta nello stesso stato catatonico. Non mangiava, non beveva, non parlava. Rimaneva semplicemente immobile su quel divano aspettando chissà cosa.

Io sapevo però cos’era quel qualcosa che lei stava aspettando.

Aspettava il momento giusto per farla finita. Come tanti anni prima era successo.

 

Ero ancora una ragazzina all’epoca, ma ricordo ancora bene la pozza di sangue che si allargava sul pavimento del bagno.

Ero tornata da scuola ed entrai in bagno per lavare le mani prima del pranzo. La trovai lì, con i polsi squarciati che grondavano sangue.

Ricordo di essere riuscita a mantenere la calma e di aver fatto tutto quello che a scuola ci avevano insegnato di fare nel momento in cui si presentasse un’emergenza.

Digitai sulla tastiera numerica del telefono il numero di emergenza e spiegai ciò che stava succedendo. Ricordavo l’ambulanza, un infermiera che mia avvolse in una coperta e che mi offrì una cioccolata calda. Ricordavo l’ospedale, i medici che mi rassicuravano che mia madre stava bene. Ricordavo che mia madre si riprese in fretta facendosi forza per evitare che gli assistenti sociali mi portassero via da lei.

Da quel momento in poi mia madre indossò una maschera in mia presenza facendomi credere che era guarita e che da sole saremmo state comunque felici.

Non sapeva che però ogni notte la sentivo piangere e mormorare che non poteva farcela.

Poi Vincent è entrato nella sua vita.

Non piangeva più, era ritornata a sorridere e quella maschera non sembrava più tale.

Si frequentarono per molti anni prima che lui venisse a vivere da noi. E da quel momento l’incubo iniziò per me.

All’inizio ero stata tentata di dire a mia madre tutta la verità su di lui, ma poi ogni volta che ci provavo nella mia testa risuonava nitido il ricordo il fiume di sangue che sgorgava dai suoi polsi.

Ed ora eravamo tornate di nuovo a quel punto.

 

Mi avvicinai a lei accarezzandole il capo, sedendomi sul divano.

Sembrò non percepire il mio tocco.

“Mamma?” nessuna risposta arrivò alle mie orecchie.

“Hai fame?” tentai ancora.

“Mamma ti prego, parlami.” Implorai. Riuscii solo ad ottenere il suo sguardo su di me.

Ormai erano due settimane che andavamo avanti così.

L’ultima volta che avevo udito la sua voce era stato in ospedale.

Gli infermieri l’avevano avvertita delle mie condizioni di salute e i poliziotti si erano premurati di farle sapere che la colpa di tutto ciò che mi era capitato era stata di Vincent.

Da allora non aveva più parlato.

Non mi aveva chiesto come stavo o cosa fosse accaduto davvero. Era rimasta semplicemente in silenzio a crogiolarsi nel suo dolore.

“Mamma ti prego torna in te.” Continuavo a dirle.

Niente. Il suo sguardo tornò a posarsi su un punto indefinito della stanza.

Per un attimo sembrava di vedere me stessa tra le braccia di Neil, smarrita e spaventata.

Non so cosa scattò in me, ma ad un tratto la mia gentilezza e la mia premura nei confronti di mia madre lasciarono spazio alla rabbia e alla frustrazione.

Mi alzai di scatto dirigendomi in cucina.

Afferrai un coltello e ritornai da mia madre.

 

“Tieni. Facciamola finita una volta per tutte.” Dissi allungando il coltello verso di lei.

Per un attimo lo sguardo di mia madre si accese.

“Credi che non ricordi nulla di quello che è successo tanto tempo fa? È iniziata così anche quella volta. Ti sei chiusa nel tuo mondo fatto di sensi di colpa non preoccupandoti del dolore che anch’io stavo vivendo per la morte di papà ed ora lo stai facendo di nuovo. Non ho nessuna intenzione questa volta di mettermi in un angolo a guardarti mentre ti lasci morire. Vuoi farla finita? Fallo adesso.” Dissi spingendo verso di lei la lama.

“Mad …” fu l’unica cosa che uscì dalle sue labbra.

“Mad cosa? Ti sei mai chiesta come sto io? Ti sei almeno preoccupata del perché ho subito la violenza di Vincent senza mai lamentarmi? Ti sei mai chiesta cosa ho provato vedendoti stesa sul pavimento del bagno? No che non te lo sei chiesta. Sei rimasta indifferente a tutto preoccupandoti solo della tua felicità.”

Le lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi man mano che io vomitavo ogni piccolo segreto che avevo tenuto nascosto fino ad allora.

“Sai perché non ti ho mai detto niente? Lo sai mamma?” sapevo che probabilmente stavo esagerando, ma non riuscivo a fermarmi.

“Te lo dico io. L’ho fatto per evitare questo. Per evitare di vederti stare male e per impedirti di farti ancora del male.” poi d’un tratto senza che riuscissi a registrare i miei movimenti lasciai cadere a terra il coltello e mi lanciai su di lei stringendola a me.

“Per favore mamma, superiamolo insieme. Non lasciarmi da sola ancora una volta.” Come una madre dovrebbe fare con una figlia la strinsi a me e la lasciai piangere sul mio petto.

“Perdonami Mad.” Ripeteva tra i singhiozzi.

“Shh. Ci sono io adesso. Ci siamo solo tu ed io. Saremo felici adesso. Shh.” Dissi facendola accoccolare sulle mie gambe.

 

Piangemmo insieme tutta la notte rimanendo abbracciate, come se entrambe vivessimo di quel contatto.

 

 

 

Rieccomi qui...
Gli esami per questa sessione sono finalmente terminati ed io mi sono rimessa subito al lavoro.

Per oggi aggiornerò questa storia durante la settimana ricominceranno gli aggiornamenti anche delle altre.
Prima di lasciarvi alla lettura del penultimo capitolo volevo solo darvi una piccola indicazione.

I riferimenti temporali dovete considerarli rispetto al primo POV.
Spero che il capitolo vi piaccia.

Vi ricordo il blog dove potete trovare tutti i testi e le traduzioni utilizzate per questo capitolo e lo spoiler del prossimo.

Ringrazio tutti coloro che leggono, preferiscono e seguono questa storia.

Ringrazio anche chi mi ha inserita tra gli autori preferiti.

Un bacio e alla prossima!

 

@_sospiro_dimenticato_: benvenuta. Ti ringrazio per il tuo commento. Sono felice di avere una nuova lettrice e soprattutto che la storia ti piaccia.

Alla prossima anche se sarà l’ultima per questa storia. Un bacio.

@nana_86: ti ringrazio ancora una volta. Vincent finalmente, come avrai potuto leggere anche da questo capitolo è uscito definitivamente dalla storia.

Ancora grazie e alla prossima.

@Marti94: ciao. Non preoccuparti se rimani indietro, i capitoli da qui non si muovono. Fai con calma le cose che per te sono più importanti.

Un bacio e alla prossima.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


REAL WEB DATING

 

Capitolo 10

REM - Leave

POV Neil

“Tre mesi dopo”

L’ultimo appello era andato a mio favore. Vincent Gaillard non avrebbe fatto più male a nessuno. Il processo aveva scatenato un putiferio mediatico che mi aveva reso uno degli avvocati più in vista in quel momento. A fiumi arrivavano nuove richieste. Tutti volevano essere rappresentati dal mio studio legale.

Uscii dal tribunale con il sorriso sulle labbra. Allentai la cravatta.

Il caldo quasi soffocante di Parigi mi toglieva il respiro. Indossai i miei occhiali da sole e voltai lo sguardo sulla strada davanti a me. Un numeroso gruppo di giornalisti si accalcava all’uscita dell’ufficio giudiziario per poter accaparrarsi l’intervista migliore. Sbuffai e con lo sguardo cercai una via di fuga, non avevo voglia in questo momento di parlare. Volevo solo fare una doccia, raccogliere le mie cose e ritornare nella mia Londra. Nonostante fossi felice di aver raggiunto un obiettivo così importante per la mia carriera, in quel momento il pensiero di Madeleine mi spense il sorriso. Ora che tutto era finito non c’era più niente che mi teneva legato a Parigi.

 

Era passato parecchio tempo e lei non si era fatta viva, dubitavo che a quel punto lo facesse.

Anche se molto fragile, Madeleine sapeva essere determinata quando voleva.

Lo aveva dimostrato con tutti quegli anni di silenzio. La determinazione che aveva avuto nel proteggere sua madre era stata più forte di tutte le umiliazioni subite.

Ormai ero consapevole che era determinata a non volermi vedere mai più ed ero consapevole che cercandola avrei solo peggiorato le cose.

L’unica cosa che potevo fare era lasciare che il tempo passasse e lenisse le mie ferite. Non l’avrei mai dimenticata e non avrei nemmeno smesso di amarla.

 

L’interfono dell’aeroporto avvisava che era arrivato il momento di imbarcarsi.

E così con il cuore sotto i piedi mi diressi verso il corridoio che mi avrebbe portato via da lei.

Partivo lasciando lì metà di me, o forse tutto me stesso. (1)

 

 

 

 

Lene Marlin - What if

POV Madeleine

La luce del sole filtrava tenue dalla finestra. Aprii gli occhi lentamente.

Era da tanto tempo che non mi svegliavo così serena. La maniglia della porta si abbassò leggermente. Per un attimo rimasi immobile nel mio letto.

La porta cigolò lievemente e mostrò l’esile figura di mia madre. Sospirai dandomi della stupida. Non avevo più nulla da temere adesso.

Vincent non mi avrebbe più fatto del male e mia madre stava visibilmente meglio.

Dopo la nostra chiacchierata abbiamo deciso di consultare uno psicologo che ci aiutasse a superare i nostri brutti momenti.

Eravamo solo all’inizio, ma ce l’avremmo fatta. Insieme tutto si sarebbe risolto.

Il sorriso che mia madre mi regalò mi fece ritornare la gioia nel cuore.

Posò il vassoio sul mio letto e si sdraiò accanto a me.

 

“Buongiorno piccola mia.”

“Buongiorno mamma.” Dissi e mi sporsi per lasciarle un bacio sulla guancia.

“È da tanto che non facciamo colazione insieme.” disse porgendomi una fumante tazza di caffè.

L’afferrai sorridendole ed aspettai che anche lei prendesse la sua.

Bevemmo il caffè in silenzio.

Un silenzio che però sembrava pieno di mille parole e di tutto l’affetto che in quegli anni io e mia madre non avevamo saputo dimostrarci.

Posai la tazza sul vassoio e come una bambina asciugai con la mano una goccia di caffè che usciva dalle mie labbra.

Il mio sguardo si posò sul giornale che mia madre mi aveva portato. La guardai senza capire.

“Ho pensato che forse leggerlo ti avrebbe dato un pizzico di tranquillità in più e forse potresti decidere di ritornare su alcune tue decisioni.” Disse. Capii solo la seconda parte della sua frase.

Neil. Le avevo raccontato di lui e di quello che aveva fatto.

Mia madre, ovviamente, non era d’accordo con me. lei pensava che Neil aveva agito nel modo giusto e che se adesso io e lei ci eravamo ritrovate era stato anche grazie a lui.

Senza risponderle afferrai il giornale e lessi la notizia in prima pagina.

 

“Il processo contro Gaillard si è concluso questa mattina. L’avvocato Neil Moore è riuscito ad ottenere il massimo della pena per il reato commesso dall’imputato. L’avvocato non ha lasciato nessuna dichiarazione alla fine del processo che gli ha portato molta fama. Le vittime di Gaillard hanno ringraziato pubblicamente il giovane avvocato per l’ardore e la determinazione mostrata nel difendere la parte lesa. L’avvocato ritornerà nel suo Paese d’origine entro la fine di questa giornata.”

 

Chiusi il giornale ed alzai lo sguardo pieno di lacrime verso mia madre che mi guardava apprensiva.

“È tutto finito piccola. È tutto finito.” Disse.

Il peso che per tutti quegli anni avevo sentito su di me, i dissolse in un istante. Era davvero tutto finito. Vincent era stato condannato ed io non avevo più nulla da temere.

“Piccola, credo che dovresti fare una sola cosa adesso.” Annuii alle parole di mia madre e mi alzai dal letto.

Era arrivato il momento di mettere da parte il mio stupido orgoglio e riprendermi l’unico uomo che avevo mai amato e che mi aveva amata con tutto se stesso.

Feci una doccia velocemente e feci in fretta la valigia. Uscii dalla mia camera e mi diressi verso il telefono. Dovevo prenotare un volo.

Mia madre si avvicinò a me e mi porse un foglietto.

“Il tuo volo parte tra due ore. L’indirizzo di Neil è scritto in fondo.” Mi baciò la testa e mi strinse a se.

“Grazie.” Mormorai sul suo petto.

Conservai con cura il biglietto nella borsa ed uscii di casa. Un taxi stava aspettando all’entrata del viale. Mia madre aveva davvero pensato a tutto.

“All’aeroporto.” Dissi al tassista.

 

Sorvolavo ormai da qualche minuto il cielo di Parigi e i chilometri che mi dividevano da Neil diminuivano secondo dopo secondo. Cosa avrei dovuto dirgli non appena l’avrei visto?

Mi sarei scusata e poi l’avrei implorato di riprendermi con se.

 

Il tassista mi lasciò davanti ad una abitazione tipica di Londra. Ormai a dividermi da lui c’erano solo 4 piani.

 

La porta color crema del suo appartamento era l’ultimo ostacolo da superare. Il mio cuore batteva forte e le mani tremavano per l’emozione.

Con un sospiro mi feci coraggio ed alzai le braccia per bussare.

Riuscivo a sentire dei passi veloci correre per l’appartamento e la sua voce ovattava che mi avvertiva che stava arrivando. I passi ad un certo punto si fermarono e il click della maniglia rimbombò nelle mie orecchie.

La porta si aprì e l’uomo più bello che avessi mai visto si presentò ai miei occhi.

 

Il suo sguardo dapprima era sconvolto poi divenne sorpreso. Il suo volto si illuminò e le sue labbra si piegarono in un sorriso.

Tutto quello che volevo davvero era lì davanti a me.

Dovevo parlare, dovevo chiedergli scusa, dovevo ringraziarlo per ciò che aveva fatto per me e mia madre, dovevo raccontargli le emozioni che provavo in quell’istante, dovevo dirgli quant’era importante per me. invece riuscii a fare solo un’unica cosa.

Mi lanciai su di lui e lo strinsi a me.

Le sue braccia ci misero un po’ prima di stringersi attorno al mio corpo.

Iniziai a piangere per la gioia che stavo provando in quel momento.

Pregai che non tutto fosse perduto.

Se non volessi nessuno tranne te, se ti dicessi che ti voglio, se ti dicessi che ho bisogno di te, se ti dicessi che ti amo, cosa faresti? Lasciami solo stare qui con te. Non voglio lasciarti andare. Non me ne voglio andare.”(2) Sussurrai al suo orecchio.

Neil non disse nulla.

Trascinò nel suo appartamento me e le mie cose e chiuse dietro di se la porta con un calcio.

Mi sollevò da terra ed io allacciai le mie gambe ai suoi fianchi, lasciando cadere sul pavimento i miei bagagli.

Non badai a quello che c’era intorno a me. Sentivo solo le sue labbra sul mio viso, sulle mie labbra, sul mio collo e le sue mani stringermi spasmodicamente.

Mi lasciò cadere su qualcosa di morbido che immaginai fosse il letto e si prese cura di me.

 

 

 

Muse - Endlessly

 

POV Neil

 

“Cinque mesi dopo”

 

Erano giorni che ormai il sorriso non spariva dalle mie labbra. Esattamente si trovava lì dal giorno in cui Madeleine era venuta a Londra.

Quello era stato decisamente il giorno più bello della mia vita.

La donna che amavo aveva deciso che valeva la pena vivere la sua vita accanto a me ed io non avrei voluto davvero di meglio.

In quei mesi Mad aveva deciso di trasferirsi a Londra da me. Sua madre ogni tanto veniva a trovarci e sembrava che la terapia le stava facendo molto bene. Qualche volta Mad era costretta a tornare a Parigi per via dei suoi studi. Non le avevano ancora accordato il trasferimento per poter affrontare il suo percorso universitario qui a Londra. Era una tragedia ogni volta che lei andava via, quasi una sofferenza fisica. Come adesso. Mad era a Parigi.

Stava organizzando il trasloco delle sue ultime cose e finalmente avrebbe ottenuto la possibilità di trasferirsi completamente qui a Londra.

 

Mi avvicinai al computer e o accesi. La chat di Real Web Dating si aprì sullo schermo.

Io e Mad quando eravamo lontani utilizzavamo quel metodo per sentirci.

Un modo che ci ricordava come ci eravamo conosciuti.

Nessun nuovo messaggio.

Bene, perché avevo un’idea che mi frullava nella testa da un po’ e l’idea di realizzarla in questo modo mi piaceva sempre di più.

 

“Ti amerò disperatamente per tutta la vita. E per tutta la vita mi prenderò cura di te. Non lascerò che niente e nessuno possa più ferirti. Sei la mia vita adesso e vorrei che tu lo fossi per sempre. Mad, amore mio, mi vuoi sposare? Neil.”(3)

 

Inviai il messaggio e attesi la sua risposta che non tardò ad arrivare.

 

“Saremo sempre tu ed io, eternamente saremo sempre tu ed io. Si, Neil, voglio sposarti. Mad.”(4)

 

Sorrisi. Ora nella mia vita avevo tutto ciò che desideravo e l’ironia della sorte aveva voluto che lo trovassi proprio grazie ad una chat.

Chiusi il computer ed uscii.

Avevo un matrimonio da organizzare.

 

 

Fine

 

The Cranberries - You and me

 

 

 

 

In ritardo ma finalmente ce l'ho fatta. 
L'ultimo capitolo.
Mettere il punto a questa storia è diventata quasi un'impresa.
Ma adesso che è finita non vi nascondo che mi dispiace davvero molto.
Neil e Madeleine rimarranno per sempre dei personaggi speciali per me.
Il capitolo non è venuto proprio come l'avevo immaginato,
ma purtroppo non sono riuscita a fare di meglio.
Spero che non l’abbiate trovato banale e scontato e che vi piaccia come vi sono piaciuti gli altri.

Nel blog troverete i testi e le traduzioni delle canzoni per questo capitolo.

 

(1) Questa frase è venuta fuori dalla canzone dei REM - Leave. L'ultima frase di quella canzone dice appunto: 'Partire, lasciare. Partendo, lasciando.'

(2) Le parole sono state prese dalla canzone What if di Lene Marlin.

(3) Le parole sono state prese dalla canzone Endlessly dei Muse.

(4) Le parole sono state prese dalla canzone You and me dei Cranberries.

 

La scelta della canzone di inserire 'You and me' dopo la parole fine,non è casuale. Prendetela come le canzoni che si ascoltano durante i titoli di coda di un film.

 

Bene è arrivato il momento dei ringraziamenti finali.

Non sono bravissima in queste cose, ma ci tengo a dirvi GRAZIE.

 

Grazie a SASA_89, Marti94, nana_86, eliana1991, _sospiro_dimenticato_. Grazie perché non vi siete limitate a leggere solamente, ma avete anche commentato e spesso contribuito alla scrittura di ogni nuovo capitolo.

Grazie a che ha inserito questa storia nelle seguite.

Grazie a chi l’ha inserita nelle preferite.

Grazie a chi l’ha inserita nella ricordate.

Grazie a chi con questa storia mi ha inserita negli autori preferiti.

Grazie a chi ha letto solamente.

Insomma, grazie a tutti.

Sono davvero contenta di avervi come lettori. Grazie ancora.

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