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Le sue iridi trasparenti scrutavano attentamente ogni
lettera che avevano davanti mentre le sue dita affusolate scorrevano la pelle
che ricopriva quei libri più o meno antichi disposti in perfetto ordine sugli
scaffali impolverati di quella biblioteca. Non cercava un libro in particolare,
semplicemente era in attesa che uno di essi lo chiamasse, che un qualcosa lo
attraesse. Spesso si era trovato in quel luogo, in mezzo a quelle storie che
aspettavano soltanto di essere lette, in quel silenzio che lo circondava
completamente dandogli tempo di ascoltare i suoi pensieri. In quel luogo
nessuno gli stava tra i piedi, nessuno lo guardava, nessuno pensava a lui: ogni
tanto perfino il rampollo della famiglia Malfoy ha bisogno di starsene da solo.
Camminava lentamente, senza che alcun particolare di quel luogo perennemente
immerso nella penombra sfuggisse alla sua attenzione.
E solo il tuo nome
che m'è nemico, e tu sei te stessoanche senza chiamarti Montecchi. Cos'è Montecchi? Non è una mano, un piede,
un braccio, un volto, o qualunque parte
di un uomo. Prendi un altro nome! Cos'è
un nome? Ciò che chiamiamo rosa, con
qualsiasi altro nome avrebbe lo stesso profumo,
così Romeo, se non si chiamasse più Romeo, conserverebbe quella cara perfezione che
possiede anche senza quel nome. Romeo, getta via il tuo nome, e al suo posto, che non è parte di te, prendi
tutta me stessa.
Si
fermò d’improvviso: una voce proveniva da poco lontano. Rimase in ascolto di
quelle parole così soavi, del sentimento con cui chiunque stesse leggendo
metteva in ciò che faceva. Si stupì, chiedendosi chi mai aveva deciso di
interrompere il filo dei suoi pensieri con parole non sue, probabilmente lette
da uno di quei bellissimi libri dalle bordature dorate che si trovavano in
quell’ala della biblioteca. Si mosse lentamente, senza troppa convinzione, in
cerca dal luogo dal quale proveniva quella voce. Superò un paio di scaffali
cercando di fare meno rumore possibile, fino a che non raggiunse un paio di
tavoli allineati l’uno accanto all’altro. Non v’era nessuno, se non una figura
di spalle dai lunghi capelli ramati che si perdevano sulla sua schiena in
morbide onde impegnata a leggere ad alta voce le parole di un libro dalla
copertina di pelle nera. Il Serpeverde rimase in ascolto, pronto a cogliere
ancora le parole che si diffondevano per tutta la stanza come fiori in un campo
d’estate.
Con un nome non so dirti chi sono: il mio nome,
sacra creatura, mi è odioso in quanto
tuo nemico. L'avessi qui scritto, strapperei la parola.
Conosceva quella voce, l’aveva sentita così tante volte che
a malapena la sopportava; ma in quel posto tutto sembrava diverso e perfino
quella voce tanto odiosa risuonava leggiadra, come il canto di una sirena. Le parole
si increspavano, si accavallavano, scorrevano e si fermavano d’improvviso per
poi riprendere in una folle corsa. Era affascinante, era uno spettacolo che
aveva ormai completamente rapito il ragazzo dai capelli d’avorio che se ne
stava in silenzio, la mente offuscata da quei suoni tanto avvincenti. Poi, con
un tonfo, la ragazza chiuse il libro e si alzò, come se tutto fosse bruscamente
finito in pochi istanti. Draco si nascose dietro gli scaffali, sperando che lei
non lo vedesse, sperando che in quel modo avrebbe potuto dimenticare tutto. Lui
era così, rimaneva sempre turbato dalle cose più insignificanti: spesso era un
odore, un colore, un suono particolare; si creava una dipendenza dalla quale
non riusciva mai ad uscire. La ragazza gli passò accanto, quasi sfiorandolo
senza vederlo: lei correva, forse era in ritardo, forse qualcosa di importante
fuori da quella stanza la attendeva. Fatto sta che d’improvviso il ragazzo si
trovò solo in quella stanza troppo grande per lui e quando voltò lo sguardo
verso il posto dove fino a pochi istanti prima era seduta la ragazza notò che
un libro chiuso era rimasto lì, abbandonato. Si avvicinò, sfiorando la pelle
della copertina e leggendone il titolo: Romeo and Juliet. Lo aprì lentamente ed
il cuore gli sussultò. Un nome spiccava nella prima pagina, scritto in una
bella calligrafia a ridosso del bordo inferiore: Hermione Granger.
Sai che la maschera della notte è sul mio viso, altrimenti un rossore verginale tingerebbe le
mie guance per ciò che m'hai sentito
dire stanotte.
Davvero, vorrei rispettare le forme, davvero, davvero cancellare ciò che mi è
uscito di bocca, ma ormai, addio cerimonie!
Mi ami davvero? So che mi dirai di sì e che io ti crederò.
Respirava a fondo, scrupoloso perfino nel
catturare ogni singola sfumatura del profumo che proveniva da quelle pagine
appena ingiallite del libro che stringeva tra le mani come fosse un talismano
troppo prezioso per poter essere lasciato incustodito. Sfogliava delicatamente
ogni pagina, pronto a cogliere un qualsiasi segno della sua presenza: lei aveva
lasciato un segno profondo non solo nell’anima del ragazzo ma perfino tra
quelle parole stampate grazie a dei piccoli commenti, delle riflessioni appena
accennate impresse ai bordi delle pagine. Lui si sentiva soltanto uno
spettatore di un qualcosa che non aveva mai compreso fino in fondo, di una vita
che andava per una strada che lui non conosceva; era rimasto turbato da quella
mattinata in libreria, qualcosa aveva lasciato una traccia dentro di lui, una
traccia che non riusciva a cancellare. E come se non bastassero quelle parole
che gli rimbombavano nella mente senza lasciargli tregua adesso si ritrovava
quel libro, simbolo dell’inizio di ciò che lui stesso non avrebbe potuto
controllare.
Io desidero quello che possiedo; il mio
cuore, come il mare, non ha limiti e il mio amore è profondo quanto il mare:
più a te ne concedo più ne possiedo, perché l'uno e l'altro sono infiniti.
Inquieto a causa dei pensieri che gli galoppavano per la mente cercava di
distrarsi in un modo qualsiasi, eppure quelle pagine aperte accanto a lui lo
chiamavano ad andare fino in fondo, ad esplorare ancora di più la vita di una
persona che aveva sempre detestato per il solo fatto che non avesse il sangue
puro. D’improvviso qualcuno bussò alla sua porta, distraendolo dal filo delle
sue riflessioni che lo stavano portando alla deriva; rapidamente infilò il
libro dentro un cassetto, facendo ben attenzione che nessuno potesse trovarlo:
ormai gli apparteneva. La porta si aprì poco dopo e, sebbene Draco avesse
bisogno di starsene da solo, una figura ben conosciuta fece il suo ingresso.
- Cosa ci fai in camera a quest’ora? Forza usciamo, non ho voglia di
starmene chiusa quaggiù!
Una voce fastidiosa irruppe, irrispettosa, ben diversa da quella che era riuscita ad
affascinare il bel Serpeverde la mattina stessa. Lui si voltò verso quel viso
che tante volte aveva creduto di vedere bello e scuotè la testa, con un ghigno
stampato sul volto.
- Intanto buongiorno. Sai, si dice così quando si decide di entrare in camere altrui
senza permesso. Poi vorrei sottolineare il fatto che sei libera di andare dove
vuoi con chi vuoi, senza bisogno di venire a disturbare me ad ogni costo.
La ragazza avvampò improvvisamente, mentre una collera inaspettata le montava dentro: era abituata
a sentire quelle parole rivolte verso altre ragazze ma non verso di lei che era
sempre stata la prediletta di Draco. Cercò di contenersi, decisa a non litigare
con il ragazzo che aveva di fronte sebbene avrebbe avuto voglia di prenderlo a
schiaffi una volta per tutte.
- Luna storta Malfoy? Non provare a trattarmi più così, io non sono una di quelle
stupide ragazzine che ti corrono dietro.
Draco rise, osservando i pugni
stretti della Serpeverde che si ostinava a fare l’orgogliosa.
- Sicura Pansy? Stai dimostrando esattamente il contrario.
Rispose, con una calma che
soltanto lui poteva avere. Non si era minimamente scomposto, era troppo
abituato ad avere tutto quello che desiderava per curarsi anche solo un po’
delle persone che aveva davanti.
- Mi nascondi qualcosa Draco!
- Non sono affari tuoi, Parkinson.
Pansy si infuriò e mentre mille
pensieri diversi le affollavano la mente decise di andarsene, senza dare
ulteriori soddisfazioni al ragazzo che amava e che non avrebbe mai ricambiato
l’adorazione che lei provava per lui. Se ne andò, sbattendo la porta, decisa a
scoprire cosa tramasse il Serpeverde, decisa a riprendersi il posto che le
spettava: quello accanto a lui. E mentre cercava vendetta le sue lacrime non
ressero più e le inondarono il viso durante la corsa verso la camera, l’unico
luogo in cui era libera di piangere, di provare tutti i suoi stupidi dolori che
la rendevano una persona come tutte le altre.
Chi non
ha mai avuto una ferita, ride di chi ne porta i segni.
Le sue dita pallide abbottonarono
agilmente i bottoni della camicia candida che aveva appena indossato, mentre i
suoi occhi controllavano il riflesso nello specchio. Si riavviò i capelli
all’indietro, ben attento che nessun ciuffo ribelle lo rendesse imperfetto, ed
uscì dalla stanza a passo deciso, le mani in tasca e lo sguardo vigile. Qualche
ragazzina nei corridoi si fermò a guardarlo senza che la sua attenzione venisse
ricambiata dall’oggetto dei suoi desideri e mentre lui raggiungeva l’aula di
pozioni una Pansy poco dietro di lui gli lanciava occhiate iraconde. Si sedette
al suo solito posto, accanto all’amico di una vita Blaise Zabini che si limitò
ad un cenno della testa come saluto: non parlavano mai molto, spesso bastava
uno sguardo perché i due si capissero al volo. Forse era soltanto questo che li
aveva resi amici, il fatto che non dovessero mai spiegare nulla.
Un odore, improvvisamente un
odore. Colpì le narici del ragazzo ed in un istante tutto si fermò; lui si
voltò e lei gli passò accanto, tranquilla, senza comprendere l’effetto che quei
pochi passi avevano creato su uno dei presenti nella stanza. I suoi capelli
ramati ondeggiavano seguendo la camminata della ragazza ed ammirato Draco la
osservò, cogliendo perfino i più piccoli dettagli: non si era mai accorto, ad
esempio, che la ragazza avesse un neo sull’avambraccio destro. Gli ci volle
qualche istante per distogliere lo sguardo da lei e quando lo fece trovò le
iridi smeraldo di Blaise puntate su di lui: aveva capito, Draco lo sapeva. Non
disse niente, semplicemente fece come se nulla fosse mai accaduto ma durante
quella lezione, ogni volta che Hermione prese la parola, Draco rivisse la scena
di poche ore prima quando in quella biblioteca c’erano soltanto loro due e lei
sembrava lì per lui.
Il mio
cuore aveva mai amato? Occhi rinnegatelo, perchè non ha mai conosciuto la
bellezza fino ad ora.
I suoi grandi occhi nocciola
apparivano quasi dorati grazie alla profonda luce che entrava cristallina dalla
vetrata della Sala Grande.Le sue labbra
sottili erano invitanti, tremendamente invitanti, ma tutta la sua attenzione
continuava ad essere concentrata su quello sguardo talmente ingenuo da fargli
venire quasi i brividi. L’aveva spinta praticamente al muro, costringendola a
non muoversi, mettendo un braccio sulla parente alle sue spalle così da non
farla andare via. L’aveva fatto decine di volte alle ragazze che voleva
portarsi a letto ma, adesso che si trattava di Lei, non aveva intenzione di
farlo.
Nei suoi occhi leggeva soltanto
un profondo rancore misto a quel briciolo di paura del tutto comprensibile ed
un sorriso increspò le labbra tanto perfette da apparire quasi disegnate di
Draco Lucius Malfoy che, finalmente, era riuscito a rimanere da solo con
l’oggetto dei suoi momentanei desideri.
Hermione Jane Granger continuava
a guardarlo senza riuscire a proferire parola, maledicendosi per non aver
seguito Harry e Ron e per aver a tutti i costi voluto attardarsi in Sala Grande
senza rendersi conto di essere rimasta sola con il rampollo dei Serpeverde che
tanto la detestava.
- Malfoy,
sei pregato di lasciarmi andare. Dovrei essere a lezione, adesso.
Lui rise. In sua compagnia
nessuna ragazza si era mai preoccupata di dover partecipare ad una lezione ed
il fatto che il suo unico pensiero in quel momento fosse quello lo divertiva.
L'amore
è bensì una nebbia sollevata con il fumo dei sospiri e se questa si dissipi è
un fuoco che sfavilla negli occhi degli amanti e se sia contrariato non è che
un mare nutrito dalle lacrime di quegli stessi amanti. E che cos'altro può mai
esser l'amore se non una follia molto segreta, un'amarezza soffocante e una
salutare dolcezza.
Scossa da ciò che era accaduta
poco prima la ragazza dai lunghi capelli ramati corse via, verso l’aula di
antiche rune che l’attendeva, con la consapevolezza di aver visto qualcosa
negli occhi quasi trasparenti di Malfoy, con la certezza di avervi visto un turbamento,
forse. Cosa era accaduto non lo sapeva neanche lei, la sua mente confusa vagava
tra le possibilità, mentre il grande orologio della scuola segnava ormai le
undici di mattina. Un peso al cuore era quello che si portava dentro la
Grifondoro.
Dal canto suo Draco era tornato a
sedersi al tavolo dai colori verde-argento, chiedendosi per quale ragione si
ostinasse a desiderare ancora una sporca Mezzosangue: possibile che la sua voce
e le sue parole l’avessero rapito fino a quel punto?
Buttò all’aria i libri che aveva
davanti e senza curarsi minimamente di raccoglierli si diresse verso i
sotterranei, deciso a dimenticarsi quello sguardo, quella voce, quel sorriso:
per Dio, lui era Draco Lucius Malfoy, lui non si lasciava abbindolare da un’innocente
grifoncina.
Mentre camminava per gli umidi
corridoi dei sotterranei, il biondo rampollo incontrò il suo migliore amico,
abbracciato alla Greengrass.
- Draco!
Cosa ci fai qui? Non hai lezione?
Chiese una divertita Daphne dai
grandi occhi chiari: era sempre stata bellissima.
Il bel Serpeverde non rispose, ma
si limitò a lanciare un’occhiata complice al ragazzo che cingeva gelosamente la
vita della sua ragazza: quasi nessuno sapeva che i due stavano insieme, molti
pensavano che si intrattenevano a vicenda, ma nulla più.
- Capisco,
evidentemente hai una nuova preda.
Era incredibile come la ragazza
riuscisse a capire tutto quello che passava per la testa di Draco!
- E’ una
Nata Babbana.
Esordì Zabini, rimasto fino a
quel momento in silenzio. Malfoy lo fulminò con lo sguardo, maledicendosi per
essere stato un libro aperto, eppure sembrava che si fosse tolto un peso dal
cuore: adesso qualcuno sapeva. La Greengrass scrollò appena le spalle, piegando
leggermente la testa di lato.
- Non sono
affari tuoi, Daphne.
La ragazza si limitò a voltarsi
verso Blaise ed a lasciare un leggero bacio sulla guancia destra .
- Lasciati andare,
la vita è decisamente troppo breve.
Asserì la ragazza facendogli l’occhiolino,
poi si allontanò insieme a Zabini.
Draco e Daphne avevano avuto una
relazione l’anno precedente: lui l’aveva sempre trovata di una bellezza
mozzafiato eppure tra loro non aveva funzionato. Lei desiderava Blaise ormai da
troppo tempo e Draco non aveva intenzione di mettersi in mezzo tra quei due,
una volta che il suo migliore amico si era reso conto di ciò che stava per
perdere.
Proseguì di qualche passo, fino a
quando non raggiunse l’entrata della Sala Comune dei Serpeverde e lì, con sua
somma sorpresa, vide una figura poggiata al muro in pietra, con in mano un paio
di libri e sul volto un’espressione leggermente spaurita. Malfoy la guardò, un
sorriso gli colorò il volto ed una strana luce brillò nei suoi occhi
solitamente opachi.
- Sapevo che
saresti venuta a cercarmi, Granger.
E se
davvero gli occhi di lei, gli occhi del suo volto, fossero stelle? Tanto
splendore farebbe scomparire le altre stelle come la luce del giorno fa
scomparire la luce di una lampada: in cielo i suoi occhi brillerebbero tanto
che gli uccelli si metterebbero a cantare credendo che non fosse più notte.
Si mordicchiava nervosamente il
labbro inferiore, mentre le sue agili dita continuavano ad attorcigliare una
ciocca di capelli ramati come se cercasse un modo qualsiasi per non guardare
negli occhi il ragazzo che, di fronte a lei, la osservava in silenzio, con uno
strano ghigno dipinto sul volto ed uno sguardo che avrebbe intimidito ed
attratto perfino la più innocente della ragazze. Lei non sapeva per quale
ragione avesse deciso di scendere nei sotterranei alla ricerca di Lui, eppure
lo aveva fatto: era corsa fuori dall’Aula di Antiche Rune subito dopo essere
entrata, fingendo un fortissimo dolore all’addome ed invece di recarsi da Madama
Chips come aveva detto di fare aveva imboccato tutt’altro percorso che l’aveva
condotta fino ai sotterranei. Lì aveva incontrato un divertito Blaise Zabini
che le aveva indicato dove aspettare il biondo e poi il ragazzo era andato via,
accompagnato da un’ esageratamente bella Greengrass. Hermione non sapeva per
quale ragione Zabini non le avesse detto di andarsene, non sapeva neanche come
faceva a sapere che lei stava aspettando proprio Malfoy, ma sembrava che in
quella scuola nessuno riuscisse ad avere segreti, il che non era sempre un male
come le era appena stato dimostrato.
-L’altro
giorno in biblioteca hai dimenticato questo.
Esordì uno stranamente gentile
Draco, estraendo dal cassetto proprio dietro di lui il libro di Romeo e
Giulietta che tanto l’aveva affascinato. Un’espressione di stupore si dipinse
sul volto della Grifondoro che non avrebbe mai creduto di rivedere
quell’amatissimo libro cercato così a lungo da aver perso ogni speranza. Si
chiedeva come mai l’avesse trovato proprio Malfoy, ma in quel momento non le
sembrava certo la domanda più opportuna da fare; diciamo che più che altro non
aveva proprio idea di cosa dire, ma non le sembrava il caso di mostrare quella
sua debolezza di fronte al Serpeverde.
Prese il libro con mani tremanti,
mentre un sorriso di ringraziamento le colorò il volto. Naturalmente al ragazzo
non sfuggì lo strano tremore che aveva animato le dita della Granger e,
sorpreso per quello strano atteggiamento rimase in silenzio, quasi in
contemplazione: nessuna ragazza che era stata con lui in una camera da letto
aveva mai avuto paura, anzi. Spesso molte ragazze cercavano di mostrarsi sicure
e decise, convinte che fosse questo ciò che Malfoy desiderava.. lo pensava
anche lui, almeno fino a quando non si trovò di fronte ad uno spettacolo tanto
innocente quanto i comportamenti della Mezzosangue.
-Tranquilla,
non mordo.
-Mi hanno
sempre riferito il contrario.
Lo strano lampo d’orgoglio che
illuminò gli occhi color nocciola della ragazza sorprese incredibilmente il
giovane rampollo, che trovava la Grifa ogni secondo più interessante. A dire il
vero neanche lui aveva la minima idea del perché provasse un simile interesse
verso di lei, sapeva soltanto che non riusciva a distogliere lo sguardo.
-Coraggiosa,
Granger; non a caso sei una Grifondoro.
-Amabile,
Malfoy; non a caso sei un Serpeverde.
Lui rise, chiedendosi per quale
ragione la ragazza sembrasse acquisire ogni istante di più una sicurezza di cui
non era a conoscenza: l’aveva sempre vista in compagnia di quegli idioti di
Sfregiato e Lenticchiaed era sempre
stato portato a credere che anche lei fosse come loro. Eppure adesso era quasi
certo che quella ragazza dalla bellezza talmente naturale da spiazzarlo
nascondesse un carattere forte, focoso, che non si sarebbe voluto perdere per
nessuna ragione al mondo.
-Io...devo
andare. È tardi ed Harry e Ron mi aspettano… devo studiare.
Asserì confusamente la ragazza
che sembrava aver intuito i pensieri di Draco. In realtà non aveva un vero
motivo per andarsene, ma aveva paura di cadere in qualche stupida trappola e
non aveva tempo da perdere, lei. Draco alzò il sopracciglio destro.
-Vuoi dirmi
che davvero ti piace passare il tuo
tempo in compagnia di quegli sfigati?
-Si dà il caso che quegli sfigati, come li chiami tu, siano i miei migliori amici.
Il ragazzo scosse appena la
testa, leggermente divertito da quella situazione.
-Non
preferiresti rimanere qui, con me?
Chissà per quale ragione le
parole appena pronunciate dal Serpeverde apparivano più come un’affermazione
che come una domanda, quale avrebbe dovuto essere. Confusa, forse con la mente
leggermente annebbiata, Hermione puntò le sue iridi scure in quelle del
ragazzo, cercando di capire cosa davvero volesse da lei.
Draco poggiò delicatamente la
mano destra sul volto della ragazza che quasi immediatamente avvampò; le lasciò
una leggere carezza sulla guancia, senza proferire alcuna parola, poi aprì la
porta e lasciò che lei uscisse dalla stanza, senza domandarle altro.
Non appena si trovò da solo si
chiese cosa diamine gli stesse accadendo: lui non aveva mai accarezzato una
ragazza in vita sua e di certo non aveva mai permesso a nessuno di lasciare la
camera senza avere una piccola ricompensa. Sentiva uno strano fastidio,
provocato dal suo stesso comportamento; si era forse dimenticato di essere
Draco Malfoy? Dio, perché quella ragazza lo confondeva così.
Poggiò la testa al muro,
socchiudendo appena gli occhi, cercando di riprendere possesso di se stesso e
soprattutto del suo solito comportamento che, diciamocelo, era ben diverso da
quello adottato fino a pochi istanti prima. Non sapeva cosa fare, qualsiasi
mossa gli sembrava sbagliata.
Qualcosa catturò d’improvviso la
sua attenzione: sul letto, un libro aperto sembrava quasi aspettarlo. Che la
Granger se ne fosse dimenticata di nuovo?
Si avvicinò e, sottolineata, v’era
una frase che convinse definitivamente il caro Draco Malfoy.
Oh
Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, e rifiuta il tuo nome! O,
se non lo vuoi, tienilo pure e giura di amarmi, ed io non sarò più una
Capuleti.
Una settimana, due giorni, tre ore dopo. Sala Grande, tavolo dei
Serpeverde.
- -
Sai che ho
già scelto il vestito per il ballo? È davvero meraviglioso, l’ha fatto
importare la mamma dall’Indonesia, figurati che è dello stesso colore dei miei
occhi!
-- Marrone?
-
- Verdi
Draco, i miei occhi sono verdi.
-- Peccato.
-- Cosa?
-- Niente
Pansy, niente.
Silenziosamente il ragazzo
dall’aria pensierosa riportò la sua attenzione alle ali di pollo che giacevano
nel suo piatto, chiedendosi dove diamine fosse finita la Granger: non l’aveva
più rivista dopo il loro incontro nella camera del rampollo e, suo malgrado,
quest’ultimo si era ritrovato più volte a cercarla tra i volti dei Grifondoro,
senza successo. Pansy Parkinson continuava a blaterare con la sua vocina
stridula, illustrando quanto fosse bello il vestito, quanto fossero uniche le
scarpe e stupidaggini simili. Certo, il fatto che la ragazza non facesse altro
che pensare alla serata che si prospettava a tutti gli studenti della scuola
permetteva a Draco di passare inosservato e di non doversi sorbire le domande
idiote che spesso la Serpeverde gli faceva, ma qualcosa gli diceva che la
ragazza era convinta che sarebbe stata accompagnata al ballo proprio da lui.
L’aveva sempre fatto, è vero, ma negli ultimi giorni non aveva avuto più la
testa per stare dietro alla Parkinson, né tantomeno alle altre ragazze. Perché,
ammettiamolo, tra tutte le amichette del Serpeverde, Pansy aveva sempre avuto
un ruolo piuttosto rilevante, aveva sempre offuscato tutte le altre, nel bene e
nel male. Draco provava per lei una sorta di ossessione dovuta probabilmente al
fatto che era affascinato da lei esteticamente e dunque non tollerava l’idea
che qualcun altro potesse avere il suo corpo;per quel che riguardava la sfera emotiva.. bhè, meglio lasciar perdere.
Giocherellava nervosamente con un
tovagliolo poggiato appena accanto al bicchiere quando, d’improvviso, sentì un
paio di occhi su di sé. Non gli fu necessario neanche riflettere per intuire
subito chi fosse: soltanto una persona era in grado di metterlo a disagio in
quel modo.
-- Pensi di
poter evitare di guardarmi così, Daphne?
-- Così come?
-- Come se
stessi cercando di capire quello che penso.
-- Ma io lo
so già cosa pensi caro Draco, non mi è necessario guardarti.
Spiazzato. Draco Malfoy
eternamente spiazzato da quello spettacolo di ragazza, era destino. Sbuffò
appena, senza lasciare intuire quanto quelle parole lo facessero sentire
fragile. Lui non poteva essere fragile per Dio!
-- Ho sentito
dire che la Granger è tornata.
Draco alzò gli occhi, puntandoli
in quelli cristallini della Greengrass. Non fu necessario che nessuno dei due
dicesse altro: era inutile cercare di negare, l’amicizia che esisteva tra i due
impediva l’uno di nascondere qualcosa all’altra, ed era sempre stato così:
forse per questo Daphne Greengrass era stata l’unica ragazza a non essere mai
stata nel letto di Draco Malfoy. Forse.
Una settimana, due giorni, quattro ore dopo. Torre dei Grifondoro, Sala
Comune.
-- Per quale
assurda ragione ogni anno devono indire un maledettissimo ballo?
- -
Non ne ho
idea, ma non credo sia necessario prenderla così male Ronald.
- -
Non
chiamarmi Ronald! E come mai non stai indicendo una protesta contro lo
sfruttamento di qualche specie sconosciuta al mondo?
-- Perché sto
pensando a che vestito potrei indossare al ballo.
Il pesante libro in pelle scura
cadde dalle mani di un Harry Potter che, stupefatto, puntò i suoi occhi prima
sull’amico dai capelli rossi e poi sulla ragazza che aveva appena pronunciato
una frase che non le apparteneva. Si grattò appena la testa, chiedendosi se il
suo udito funzionasse ancora come avrebbe dovuto.
-- Tu cosa?!
Esclamò Ron, alzandosi in piedi
dalla poltrona in pelle scura posta proprio accanto alla finestra.
-- Pretendi
che vada al ballo nuda?
Esterrefatti dall’improvvisa
superficialità della loro migliore amica i due ragazzi scrollarono le spalle,
decisi a non fare altre domande: perché mai i ragazzi non riescono a
comprendere che davanti ad occasioni fiabesche le ragazze sono tutte uguali?
Leggermente seccata dalle
reazioni dei due, la Granger si alzò, sistemandosi l’uniforme e raccogliendo un
paio di pergamene che aveva precedentemente abbandonato lì vicino. Salutò rapidamente
gli altri Grifi ed uscì dalla Sala Comune senza voltarsi indietro, dirigendosi
rapidamente verso l’aula di Antiche Rune: aveva smarrito i guanti che il padre
le aveva regalato per natale e sospettava di averli lasciati in quell’aula
durante l’ora di lezione. Non era tanto per i guanti in sé, quanto per il
legame affettivo: un regalo del padre era la cosa più importante in assoluto,
li avrebbe custoditi sempre con cura.
Fece il suo ingresso nell’aula
silenziosamente, sebbene conscia del fatto che in quell’ora quasi nessuno si trovasse
lì dentro: il pranzo in Sala Grande doveva essere terminato circa da una
quarantina di minuti, più o meno. Il suo sguardo percorse rapidamente tutti i
tavoli presenti nell’aula e, sorpresa delle sorprese, incontrarono una persona
ben precisa. La Grifa fece finta di niente e si concentrò nuovamente sulla
ricerca dei suoi indumenti, ma quando la voce cristallina e sofisticata dell’altra
risuonò nell’aula, non potè far altro che portare il suo sguardo e la sua
attenzione su di lei.
-- La tua
assenza ha reso Draco molto pensieroso.
Bum, un colpo in pieno petto.
-- Solitamente
non si scompone molto quando le sue donne scompaiono, ma a quanto pare la tua
misteriosa uscita di scena ha causato un qualcosa di ben preciso in lui.
Per quanto si sforzasse Hermione
non riusiciva a rispondere ed il tono con cui la ragazza parlava non sembrava
lasciarle comunque molto spazio per intromettersi.
-- Inutile dire
che non ritengo in alcun modo degna di sfiorarlo anche solo con un dito..
La Grifa serrò i pugni.
-- Ma si dà
il caso che ho tutta l’intenzione di aiutarti ad arrivare dove vuoi. Senza di
me non potrai mai entrare nelle grazie di uno come Draco Malfoy: le attenzioni
che ti ha dato finora svaniranno in poco tempo senza i miei consigli.. e te lo
dice una che sa come prenderlo.
Hermione sapeva che ribattere
sarebbe stato inutile, non sapeva neanche come negare tutte quelle verità che
le venivano gettate addosso da una perfetta estranea.
-- Cosa vuoi
in cambio?
-- Niente.
Altra risposta, altra volta senza
fiato.
-- Perché lo
fai?
-- Perché mi
diverte.
Poi la ragazza che si trovava
nella posizione ‘svantaggiata’ fece per aprire bocca e porre una nuova domanda,
ma l’altra – in quell’esatto istante- si alzò e le passò accanto, uscendo dall’aula.
-Non farmi
troppe domande, non avresti comunque risposta.
La porta si chiuse ed un’Hermione
Granger totalmente, completamente, assolutamente spiazzata rimase nella
penombra dell’aula, mentre le parole della ragazza appena uscita le
rimbombavano nella mente. Non le sembrava vero, sembrava tutto un incubo. Oh,
dannatissima Daphne Greengrass!