The Voyage Home

di SHUN DI ANDROMEDA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** San Francisco ***
Capitolo 2: *** Changes ***
Capitolo 3: *** HOME ***



Capitolo 1
*** San Francisco ***


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THE VOYAGE HOME

 

CAPITOLO 1

 

SAN FRANCISCO

 

§§§

 

La navicella che dal navettiporto portava nel cento di S. Francisco non era molto frequentata e il veloce e agile mezzo sfrecciava sotto il Sole, luccicando sotto il tocco dei suoi caldi raggi in un bel mattino di inizio giugno.

 

Il palazzo in vetro, sede della Federazione e della Flotta, si stagliava alto e superbo contro il cielo terso e azzurro, il mare della baia splendeva d’oro e argento, infrangendosi pigramente contro i piloni del Golden Gate: era senza dubbio una meravigliosa giornata e le leggere increspature sulla superficie dell’Oceano facevano ben sperare in un refolo di vento refrigeratore.

 

“Scusi signore... Stiamo per arrivare, cominci a prepararsi.”.

 

La voce gentile di una hostess strappò un sorriso malinconico al suo interlocutore, l’unico passeggero della navetta, che affossò il viso sotto il cappuccio della leggera tunica da viaggio vulcan che indossava: “Grazie signorina...” rispose lui, tenendo il volto nascosto, “è già stato a S. Francisco prima?” domandò la ragazza, curiosa, sedendosi nel posto  vuoto accanto a lui e allacciandosi la cintura, minuta nella sua divisa della Flotta fiammante, dai gradi doveva essere una guardiamarina fresca di Accademia; la voce dello sconosciuto assunse una sfumatura dolce, si voltò verso il finestrino, scrutando fuori.

 

“Tantissimi anni fa... una vita intera...” bisbigliò il misterioso personaggio.

 

All’improvviso, sgranò gli occhi, mentre una coda enorme emergeva possente dai flutti, colpendo ripetutamente la superficie dell’acqua, spruzzando un po’ ovunque e creando delicati giochi di luce, sembrava quasi salutarlo.

 

Lo straniero alzò una mano, ricambiando il saluto sotto lo sguardo stupito della fanciulla: “Deve essere Gracie...” mormorò lei, avvicinandosi con la testa al finestrino, “è strano, in tanti anni che vivo qui non l’ho mai vista comportarsi così.” riflettè lei ad alta voce, “Sono due balene megattere,” si affrettò poi a spiegare allo sconosciuto, “Furono portate qui dal XX secolo quasi ottant’anni fa per risolvere la crisi della Sonda, “narrò la guardiamarina, riesumando vecchi ricordi di scuola, “L’Ammiraglio Kirk e i suoi uomini, accusati di qualcosa come sei capi d’accusa, lasciarono Vulcano su cui si erano rifugiati per rientrare sulla Terra,” il suo tono somigliava tremendamente a quello di una maestra che cercava di far capire qualcosa a un bimbo particolarmente indisciplinato, “con una manovra degna del migliore pilota, l’allora tenente Sulu seguì gli ordini del suo capitano e, a bordo dello Sparviero Klingon Bounty, circumnavigarono attorno al Sole e riuscirono a giungere a destinazione. Mia nonna giunse qui a bordo proprio del Bounty.” esclamò con orgoglio la ragazza.

 

Lo scnosciuto si voltò improvvisamente verso di lei, sotto il cappuccio si poteva notare lo stupore sul suo viso: “Gillian...?” chiese con un filo di voce, afferrandole le mani; lei annuì, “Si, Gillian Taylor.” Sorrise incoraggiante, “La conosce?” domandò poi con aria contenta.

 

Il misterioso individuo annuì, ma non disse nulla.

 

Nella navicella cadde un silenzio strano, pregno di attesa.

 

“Senta,” riprese dolcemente la guardiamarina, alzandosi, “Credo di capire che sono parecchi anni che manca da S.F, ho ragione?” interloquì, levandosi un foglietto di tasca, “La nonna insegna biologia all’Accademia, se vuole la può trovare lì. Ah, quasi dimenticavo, se le interessano le vicende legate a George e Gracie, sul lungomare che costeggia la sede della Federazione c’è una statua, non può sbagliarsi, degli uomini del Capitano.” Spiegò raggiante la fanciulla, consegnandoglielo.

 

“Le auguro buona permanenza.” trillò, eclissandosi dietro la porta della cabina di pilotaggio.

 

 

NOTE DEL LEMURE:

Altra piccola fic, lunga non più di tre capitoli.

 

Per questa, credo mi tocchi dare un minimo di spiegazioni in più.

 

È ambientata dopo il romanzo “IL VENDICATORE”, ultimo di una trilogia che conta “Le Ceneri del Paradiso” e “Il Ritorno”, scritti da William Shatner in persona (se non sapete di chi sto parlando, allora potete anche andare da un’altra parte.... -.-‘’’’ Anche se non credo che un Trekker non sappia chi sia Shatner... è come non sapere che ST è nato dal genio indiscusso di papà Gene Roddenberry!).

 

Non vi spoilero molto, però sappiate che è ambientato dopo il VII film “Generazioni” e che compare qualcuno di MOLTO, MOLTO speciale.

 

*w*

 

Spero vi piaccia, anche se questo primo capitolo non spiega molto^^

 

SMAKKETE

 

DEDICATO A MAYA, EERYA, ROWEN, PERSEFONE E ABDULLA

 

CHARLIE

 

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Capitolo 2
*** Changes ***


THE VOYAGE HOME

 

CAPITOLO 2

 

CHANGES

 

La sagoma ondeggiante del misterioso personaggio scivolava leggera sul lungomare piastrellato che dava sulla Baia, il caldo sole passava attraverso il sottile tessuto della tunica, scaldando e rinfrancando quelle membra stanche per il lungo viaggio.

 

Un sorriso divertito salì alle labbra del viaggiatore, mentre ripensava alla faccia dei funzionari quando avevano visto i suoi documenti, aveva seriamente temuto che facessero una scenata; ma il nome di Chal, che oramai era la sua residenza effettiva, aveva ancora un certo ascendente sulla Federazione.

Il ricordo delle azioni dell’Ammiraglio Drake e delle origini del pianeta era ancora vivido nella memoria di tutti, la storia non si può cancellare e lui lo sapeva bene.

 

Ma ora, dopo l’epidemia che l’aveva colpita, Chal era pronta a rinascere.

 

E lui l’avrebbe aiutata.

 

Con un rapido movimento, scrollò la testa rassegnato, anche se l’avevano riconosciuto, non avrebbero potuto dire nulla o li avrebbero presi per pazzi, pochi sapevano di lui, e quel segreto se lo sarebbero portato nella tomba.

 

Le sue gambe lo condussero lungo un viale alberato, che lasciava la vista sul mare alle spalle e si inoltrava nei meandri di un grande parco; un cancello in rame decorato delimitava l’accesso a quella che, a prima vista, sembrava una proprietà privata. Eppure, il grande cartello in bronzo che scorgeva in lontananza diceva tutt’altro.

 

E il pellegrino si rallegrò di ricordare ancora quelle poche nozioni di lingua Vulcaniana che aveva faticosamente appreso in un remoto tempo della sua esistenza.

 

§§§

 

Non l’avrebbe mai ammesso, neppure sotto tortura, ma si sentiva tremendamente a disagio in quel luogo.

 

Tutto era troppo bianco, troppo candido per uno come lui, che aveva visto cose che andavano al di là di ogni immaginazione, che si era più e più volte trovato a dare la morte ad altri esseri viventi, che aveva vissuto nel terrore di vedere morire amici e compagni, quella purezza non gli si confaceva.

 

Nervosamente, si rialzò, per la quarta volta in dieci minuti, guardandosi attorno con aria sperduta, non c’era nessuno attorno a lui, ed erano passati ormai quasi venti minuti da quando il suo accompagnatore, un ragazzo appena adolescente, si era allontanato con la promessa di andare a cercare l’Ambasciatore.

 

Il viaggiatore era seccato da quella situazione.

 

Non comprendeva la ragione di un tale ritardo e, anche se fosse stato impegnato, il nome che aveva comunicato al ragazzo era più eloquente di ogni altra parola.

 

“Tenente Plummer, le chiedo scusa per il ritardo.”

 

La voce profonda dell’Ambasciatore Spock era velata di ironia mentre si rivolgeva a lui, i grandi occhi scuri del Vulcaniano erano puntati sul suo viso, seminascosto, ma non abbastanza per sfuggire allo sguardo penetrante dell’alieno; l’uomo accennò un leggero inchino, ridendo sommessamente: “credevo fosse troppo impegnato per venire a salutare un vecchio amico.” disse teatrale lui, consegnandogli un pacchetto che era stato improvvisamente riesumato dalle ampie tasche.

 

Spock scosse il capo con aria austera, prendendo il fagottino con attenzione tra le dita sottili: “Le chiedo scusa, ma l’improvvisa visita di un Ammiraglio della Flotta mi ha impegnato più del previsto.” aggiunse, tendendogli la mano in un gesto di saluto, “Venga con me.”.

 

I due si allontanarono in silenzio verso il centro del grande edificio che ospitava il corpo diplomatico di Vulcano: non parlarono minimamente lungo il tragitto, tra loro sembrava non esserci bisogno di parole.

 

Giunti infine presso una porta lucida color del mare, l’Ambasciatore bussò debolmente prima di aprirla; uno sfolgorante raggio di Sole colpì il tenente in viso, costringendolo a scostare lo sguardo con una mezza imprecazione di dolore: “Non sono abituato alla luce…” si scusò subito dopo, seguendo l’alieno all’interno di quello che doveva essere senza alcun dubbio l’Ufficio dell’alto dignitario.

 

La stanza era ampia e decorata con affreschi e mosaici dalle tinte rossastre che richiamavano la forma del simbolo dell’IDIC, le finestre aperte facevano entrare un refolo di vento che profumava di mare; il tenente inspirò a pieni polmoni quell’aria che sapeva di casa.

 

“Finalmente…” borbottò una voce roca alle sue spalle, “sei in ritardo.”.

 

L’Ammiraglio McCoy sedeva sull’ampio divano, fissando imbronciato la sagoma incappucciata del tenente; questi sbuffò, raggiungendolo a grandi passi: “E levati quel coso dalla testa,” lo rimbeccò ancora l’ex medico, “Guarda, non mi stupirei se ti ritrovassi con un paio di appuntite orecchie…” mugolò, guadagnandosi un’occhiataccia da parte dell’ambasciatore.

 

Plummer si guardò furtivamente attorno prima di scoprire il capo.

 

Il viso però che si mostrò non aveva nulla della giovinezza di un tenente e non c’era ragazzo o cadetto dell’Accademia che non lo avrebbe riconosciuto all’istante solo fissandolo per un attimo negli occhi.

 

James T. Kirk, l’uomo a cui la Federazione stessa doveva la vita mille e mille volte.

 

L’ex capitano scoppiò a ridere, sedendosi sul bracciolo del divano accanto al dottore, dandogli una pacca gentile sulla schiena: “Credevo fossi ancora su Marte,” osservò dubbioso, “Avevi detto che ci avresti raggiunto solo dopodomani.”.

 

Bones spostò lo sguardo su Spock, ritto come una statua davanti a loro: “Il congresso è finito prima del previsto perché uno dei relatori si è ammalato, e mi sono ritrovato Spock al di fuori del mio alloggio con i miei bagagli accanto. E così, senza dire né A ne B mi ha riportato qui. Spero non ti dispiaccia.” aggiunse, scrutandolo con attenzione.

 

“Il dottore è alquanto paranoico in questi ultimi tempi, credo sia colpa della vecchiaia,” notò argutamente l’ambasciatore, levandosi la tunica diplomatica per sostituirla con quella nera da meditazione, “Non farci caso.”.

 

Quello che sembrava uno dei tricorder dell’Ammiraglio saettò elegantemente attraverso la stanza, sfiorando appena la punta dell’orecchio del Vulcaniano, andando a finire con un leggero tonfo sulla moquette e rotolando sotto il tavolo.

 

Senza dire nulla, l’alieno si chinò per riprenderlo e lo restituì al legittimo proprietario: “Non l’ho detto con intento malevolo, è la verità.” assicurò lui, rivolgendosi a Jim.

 

Kirk scosse la testa rassegnato con l’ombra di un sorriso allegro sul viso mentre prendeva dal suo bagaglio un involto di stoffa: “Teilani vi manda i suoi saluti, avrebbe voluto venire anche lei, ma Chal ha ancora bisogno di lei, ora più che mai.” replicò con una sfumatura di orgoglio nella voce; il pacco era considerevolmente grosso, con un bel fiocco verde legato, sembrava un regalo di natale.

 

Quando lo aprirono, una fragranza di caramello e zucchero solleticò le loro narici, mentre un trionfo di quelli che somigliavano a dolci allietò la loro vista: “Cara ragazza!” esordì con gioia il medico, afferrando quello più vicino, ricoperto di cioccolato, “Quelli a destra devono essere senza,” prevenne Jim, vedendo l’espressione incupita di Spock, “Deve aver lavorato tantissimo per farli,” balbettò il medico con la bocca piena di zucchero, “e sono buonissimi! Dille che è una cuoca eccezionale.” esclamò con estrema serietà McCoy, “Dannato Elfo, mangiane uno anche tu, non credo ingrasserai per così poco!” sogghignò poi.

 

§§§

 

Un paio d’ore dopo, i tre amici lasciarono l’Ambasciata, godendosi una piacevole passeggiata sul lungomare che costeggiava la baia; in quegli anni di lontananza, la città era cambiata tantissimo agli occhi di Jim, quasi non la riconosceva.

 

Reggendosi a entrambi, l’Ammiraglio McCoy parlava a macchinetta di ogni cosa che fosse successa negli ultimi tempi, dalla più stupida alla più importante, ogni parola usciva rapida come un fiume in piena e anche se nessuno dei due lo stava ad ascoltare veramente, l’importante per loro era essere lì, di nuovo assieme.

 

Gruppi di ambasciatori e ufficiali della Flotta li superavano senza quasi degnarli di uno sguardo, come se fossero stati invisibili, mentre i loro passi li portavano irresistibilmente verso il basamento marmoreo che sorgeva al centro di un aiuola molto curata dai brillanti colori dell’arcobaleno per la miriade di fiori che la occupavano.

Il riverbero del Sole sul bronzo quasi li accecò per un momento.

 

Gentilmente, Kirk si staccò dalla presa di Leonard, avvicinandosi con una sorta di timoroso rispetto alla statua che dominava il paesaggio, i visi rivolti verso il mare azzurro, vite votate alla Federazione, alla vita e alla loro missione, romantici rottami di un’epoca che ormai era conclusa.

 

“Quanto ci sarà concesso ancora…?” mormorò il capitano, allungando una mano a sfiorare la targa metallica che decorava il piedistallo, “Quanto passerà prima che tutto questo finisca?” continuò con tono amaro, osservando furtivo alle proprie spalle la figura gracile di Bones, saldamente aggrappato alla spalla di Spock, pensò a Teilani, che lo stava aspettando a casa…

 

E pensò agli altri amici, ai suoi compagni, era per loro che si era deciso a ritornare, voleva rivederli a tutti i costi.

 

Forse stava invecchiando, però non sentiva più il tempo come un peso alla stregua del passato.

 

Il Capitano sentì all’improvviso il fruscio della veste del Vulcan sulle piastrelle della strada e il sibilo dell’esoscheletro che sorreggeva McCoy avvicinarsi a lui, anche senza voltarsi poteva vederli nelle loro espressioni serie: “Tieni…” sussurrò l’ufficiale, passando all’Ambasciatore un involto di stoffa estratto dalle profonde tasche della tunica.

 

Spock sembrava stupito mentre accoglieva tra le mani quel pacchetto semisfatto da cui si intravedeva qualcosa di nero; anche l’Ammiraglio si spostò per osservare curioso il contenuto: un medaglione dalla forma strana fu sollevato dal Vulcan davanti agli occhi nerissimi.

“L’ho fatto restaurare prima di venire qui, il magistrato che me lo ha riconsegnato mi ha detto che apparteneva a Sarek… è giusto che ti ritorni.” sorrise Jim, voltandosi verso di loro.

 

L’ex primo ufficiale lo osservò per un momento, poi se lo fece scivolare sotto la veste: “Grazie.” disse neutro, allungando una mano per stringere con calore e affetto quella del suo migliore amico.

McCoy fissò incerto ora il suo ex comandante ora l’alieno, poi scrollò le spalle esasperato: “Rinuncio a capirvi.” gemette, spostando il peso del proprio corpo su Jim, “Andiamo!” esclamò, “Non vorrete far aspettare una vecchia signora, spero!” li squadrò torvo.

Kirk sciolse il contatto con la mano del diplomatico e si concentrò con espressione dubbiosa sul terzo membro del gruppo: “Credo intenda il comandante Uhura.” interpretò saggiamente l’alieno, puntando i suoi occhi vispi e neri sul medico; Bones annuì con un mezzo sorriso, “è la direttrice della nuova sezione di musica, sono certo che le farà piacere rivederci!” dichiarò, poggiando con dolcezza la propria mano tremante sull’avambraccio destro di James.

 

Fu questione di un attimo.

 

Si erano appena allontanati dalla statua quando una serie di esplosioni ravvicinate ruppero la quiete e grida di dolore risuonarono per ogni dove; una colonna di denso fumo nero s’alzò dall’Accademia seguita dagli inconfondibili sibili dei phaser in funzione.

 

Jim sentì un tuffo al cuore mentre il suo corpo meccanicamente si muoveva verso il punto dello scontro in atto, non poteva essere altro: “State fermi qui!” gridò, sovrastando il fragore delle urla e degli scoppi, non udì la voce del medico chiamarlo a gran voce per fermarlo, sentiva solo quegli strilli acuti perforargli la mente e sovrapporsi ai ricordi di ottant’anni prima, unirsi e mischiarsi alle richieste accorate d’aiuto dei profughi…

Per un attimo, l’immagine di Bones si sovrappose a quella di Pavel ma scacciò quel pensiero subito dopo mentre l’adrenalina riprendeva a scorrere col sangue.

 

Da tasca estrasse un piccolo phaser e lo regolò su “stordimento”.

 

 

ANGOLO DEL LEMURE:

Eccomi qui!

Scusate, ma il trasloco mi sta uccidendo, sono giorni che sto impacchettando cose.. T_T

 

Comunque, eccoci qui! Il nuovo capitolo di THE VOYAGE HOME! Abbastanza corposo e con alcuni colpi di scena; rapido glossario, Plummer è il nome che Kirk ha assunto nel Vendicatore per nascondersi, il medaglione di Spock si era spaccato durante il tentativo di evasione dalle prigioni di Vulcano sempre nel Vendicatore, Chal e Teilani sono due importanti figure della Trilogia, il primo è un pianeta nato dall’alleanza Klingon-Romulana e popolato da ibridi tra le due specie modificati geneticamente per essere più resistenti e Teilani è la donna del Capitano, membro di questa nuova stirpe detta “Figli del Paradiso”.  Nel Vendicatore, Chal e la Federazione sono stati colpiti da un patogeno diffuso da un gruppo di terroristi chiamati Simmetristi tra le cui file ci sono anche dei Vulcaniani.

Credo di aver detto tutto^^

Spero che questo capitolo vi piaccia e ringrazio di tutto cuore coloro che mi hanno supportato nel precedente capitolo^^ GRAZIE ABDULLA, MAYA, EERYA&ROWEN E PERSEFONE^^

 

SHUN

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Capitolo 3
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THE VOYAGE HOME

 

CAPITOLO 3

 

HOME

 

Alle prime avvisaglie di scontro imminente, l'istinto dell'ex capitano scattò come una molla, spingendolo a gettarsi a terra.

Attorno a lui, il campus dell'Accademia era saturo di fumo nero, ovunque, cadetti terrorizzati fuggivano cercando di mettersi in salvo mentre un gruppo di loro compagni, sicuramente gli iniziatori di quel massacro, sparavano all'impazzata con phaser.

 

Kirk ne aveva riconosciuto il sibilo.

 

Erano settati per uccidere.

 

Con la coda dell'occhio vide tre figure viventi rannicchiate presso il monumento a Jonathan Archer, strette le une alle altre.

 

Erano nell'occhio del ciclone e, a giudicare dalla violenza dei colpi rivolti attorno a loro dagli aggressori, dovevano essere loro il vero obiettivo di quei pazzi invasati.

 

L'uomo respirò a fondo, cercando di regolarizzare il respiro e i battiti del cuore.

 

Strinse con forza il phaser e si tuffò dietro un frammento di colonnato ormai distrutto e, strisciando sui gomiti senza farsi notare, raggiunse finalmente il basamento marmoreo del monumento: "State bene?" chiese non appena arrivato, poggiando la schiena contro la pietra, "Sono qui per aiutarvi." dichiarò, spiando il campo di battaglia da dietro la protezione che la statua forniva loro.

 

"Grazie signore..." disse con una punta di sollievo nella voce quella che doveva essere l'unica femmina dei tre, un'andoriana che portava un elaborato scialle sulle spalle tremolanti, "Ce la saremmo anche cavati da soli." brontolò con un certo risentimento il suo compagno klingon, stringendosi nelle spalle larghe, "è logico accettare l'aiuto di qualcuno che forse è più preparato di noi." lo sgridò il cadetto vulcan, poi questi si rivolse a Kirk, "La ringraziamo del suo aiuto." aggiunse solo, concentrandosi sulla figura tremante e spaventata della sua collega, "Non c'è bisogno di avere paura." la rimproverò.

 

L'ex ufficiale non potè fare a meno di sorridere sommessamente: "D'accordo ragazzi, ora statemi a sentire, per quanto potete..." brontolò l'uomo, cercando di sovrastare il fragore dei phaser e degli insulti rivolti verso di loro, "Cosa diavolo avete combinato per far scoppiare questo inferno?" domandò severo.

 

Il Klingon alzò di scatto la testa: "La colpa è mia signore, quei pazzi là fuori hanno infastidito più volte Thula e io ho reagito piuttosto male alla cosa, gli ho intimato di piantarla. Ma non ho calcolato bene i tempi e, agendo istintivamente, ho colpito Andrei in faccia, mandandolo a sbattere contro i pilastri del corridoio dei laboratori, facendogli fare una figuraccia davanti a tutti i nostri compagni." spiegò brevemente l'alieno, senza però curarsi di nascondere una certa soddisfazione per le sue azioni.

 

Malgrado la situazione disperata, Kirk si sentiva sollevato, non sapeva perchè ma sentiva che forse avevano una possibilità di uscire tutti vivi.

 

"I tempi sono proprio cambiati." mormorò tra sè e sè l'uomo poi tornò a rivolgersi ai giovanissimi: "Non vi nascondo che la situazione non è delle più rosee..." e si interruppe un attimo per sparare qualche colpo verso i loro aggressori, "Ma possiamo uscirne. Ascoltate, vi copro io, correte verso il lungomare, lì troverete due persone che vi porteranno in salvo." ordinò, sparando ancora qualche scarica.

 

"Non è una soluzione logica, " saltò su il Vulcan, rischiando di venire spazzato via da una scarica vagante di phaser, "Per una volta sono d'accordo con il folletto, non è giusto che lei rischi la vita. Se il nostro destino è di morire qui, lo faremo assieme. Un Klingon non scappa come una femminuccia; e poi, il merito.. cioè... la responsabilità di questa battaglia è solo mia." decretò il guerriero.

 

Tremando, l'andoriana annuì: "Io da qui non me ne vado senza di loro." indicò i suoi amici, "Koragg e Sumak sono i miei migliori amici e mi vergognerei come un topo ad abbandonarli qui." disse lei risoluta, estraendo da tasca un coltello dalla lama lunga e affilata, "Se mi vogliono, dovranno prendermi con la forza." aggiunse, estremamente seria.

 

Jim li squadrò per un attimo, sentendo una fiamma calda ardergli nel cuore; con un sospiro, estrasse di tasca un piccolo laser: "Non credevo di doverlo usare così in fretta." soggiunse, passandolo al Klingon, "Settalo per stordire, non dobbiamo fare vittime. Se ricordo bene, la tua razza ha un'ottima mira, vedi di sfruttarla.". Pochi e concisi ordini che però fecero la felicità del guerriero, l'ex capitano ne vide gli occhi splendere prima di concentrarsi sugli obiettivi da colpire.

 

"Voi due riparatevi, tra poco farà ancora più caldo qui." disse ancora, rivolgendosi ai due nascosti tra i detriti.

 

Sumak annuì, coprendo la testa di Thula con il proprio corpo, sapeva che un attimo dopo, l'inferno, al confronto, sarebbe sembrato il Paradiso.

 

E così fu, infatti.

 

Una pioggia di fuoco si abbattè implacabile sugli aggressori, che furono costretti a cercare rifugio dietro il porticato ormai distrutto.

 

"VI SIETE ARMATI, DANNATI!" urlò una voce dall'inconfondibile accento russo, "USCITE FUORI E FORSE NON VI FAREMO TROPPO MALE.".

 

Kirk si sentì avvampare di rabbia: "RAZZA DI SELVAGGI! STATE DISONORANDO L'ACCADEMIA CON LE VOSTRE AZIONI, NON SIETE DEGNI DI ENTRARE NELLA FLOTTA STELLARE!" urlò, scattando in piedi e spostando la manopola del phaser non più su stordimento, "USCITE FUORI VOI, MA ATTENTI, FINORA HO SCHERZATO." esclamò, facendo cenno a Koragg di alzarsi in piedi a sua volta.

 

Ci fu un attimo di impasse silenziosa ma evidentemente la minaccia di Jim doveva essere stata ascoltata perchè quattro cadetti, tutti umani, lasciarono il loro rifugio, le mani sopra la testa, l'ex capitano aveva identificato subito il capo di quel quartetto, l'aria superba e traboccante di eccessiva sicurezza lo aveva tradito.

 

"Poggiate le armi a terra, veloci!" abbaiò rabbioso l'uomo, sempre tenendoli sotto tiro; i ragazzi eseguirono e l'uomo potè così avvicinarsi per prendere in custodia le loro pistole.

 

"Maledetti, avete chiesto aiuto a mammina..." li sfottè il capo, ma uno schiaffo sulla bocca da parte del capitano lo azzittì: "Taci." gli intimò, sventolandogli sotto il naso il phaser, "Ragazzi, uscite fuori!" esclamò, riponendo nelle tasche le armi dei quattro mentre i tre alieni facevano timidamente capolino, incerti se credere davvero che la battaglia fosse finita.

 

"Un momento... Ma io la conosco!" esclamò all'improvviso uno dei cadetti che tanto avevano dato loro da penare, "Mikail, è Kirk!" gridò sconvolto, aggrappandosi alle spalle del suo vicino, "è il capitano Kirk!".

 

Sette paia d'occhi si puntarono sull’espressione severa dell'uomo.

 

"Signore, ho letto moltissimi libri di storia su di lei e anche se le sue azioni sono state perlopiù illogiche, sono soddisfatto di studiare ciò che lei ha fatto." decretò in quel momento il Vulcan, ed era un gran complimento detto da un esponente di quella razza, "Ma non capisco come faccia a essere ancora vivo. Ciò vuol dire che le informazioni che la davano morto durante il varo dell'Enterprise B erano errate?" incalzò Sumak, osservandolo attentamente.

 

"Ora basta." tagliò corto l'ex ufficiale, "ci sarà tempo per le chiacchiere, dobbiamo portarli via e poi voi dovrete fare rapporto." disse Jim, aferrando Andrei per i polsi, "Sù, cammina!" ordinò, spingendo il ragazzo in avanti.

 

Il russo cercò di divincolarsi: "Ma signore, lei ha lottato contro i Klingon per anni, sono una razza senza onore, sono dei macellai!" gridò fuori controllo; un nuovo strattone bloccò i movimenti del ragazzo, "Ora stammi bene a sentire. Finora, gli unici macellai che ho visto siete te e i tuoi amici, chiaro, piccolo teppista?" ringhiò l'uomo, obbligandolo a proseguire il cammino, "Avanti, ma goditi questi ultimi attimi di libertà, perchè vedo arrivare da lontano due della sicurezza, ci penseranno loro a voi." aggiunse, scorgendo con un certo sollievo due figure agili correre verso di loro.

 

"Tutto bene?" gridò una, da lontano sembrava anche familiare, "Perfettamente, signore. Abbiamo risolto noi il problema, ora i guai sono solo di chi dovrà pulire!" esclamò visibilmente allegra l'andoriana, stringendosi nel suo scialle; quello più alto dei due prese in custodia gli aggressori, strappandogli senza tante cerimonie i gradi dalle spalline mentre l'altro raccoglieva le deposizioni dei tre aggrediti: "La ringrazio, signore..." disse rivolto a Kirk, ma imrpvvisamente la sua voce si spense in un sussurro sottile mentre gli occhi di entrambi si sgranavano, Jim si sentì in trappola.

 

Ma tra tutti i possibili doveva proprio incontrare loro due?

 

Ci fu un attimo di silenzio sconvolto, rotto dalla voce tranquilla di Chekov: "Hikaru, io ho finito." disse, avvicinandosi a loro; la sua espressione mutò di colpo non appena ebbe distinto chiaramente i lineamenti dell'uomo che aveva protetto i cadetti, aprì e richiuse più volte la bocca senza riuscire a spiccicare la minima parola.

 

"Dovevamo immaginarlo che c'entrava lei, signore. Questa confusione poteva essere solo opera sua" disse all'improvviso Sulu con aria visibilmente commossa, allungando la mano per stringere quella del suo ex comandante, "Come avremmo dovuto immaginare che non poteva essere morto in un modo così stupido come venire inghiottito dallo spazio." aggiunse allegro Pavel, trattenendo con presa d'acciaio i polsi dei due affidatigli.

 

Jim sorrise e allungò a sua volta le mani per stringere quelle dei suoi vecchi compagni: "Sono contento di rivedervi." disse solo, e quelle parole valevano più di mille altre, "Anche se avrei preferito che la nostra riunione avvenisse in un momento meno turbolento." scherzò, osservando con una punta di malinconia il cortile semidistrutto.

 

"Ha già incontrato Uhura e Scotty?" chiese improvvisamente Chekov, "Non ancora, per ora solo l'Ammiraglio e l'ambasciatore. Prima di finire in questo inferno ero con loro." spiegò.

 

"Dove possiamo trovarla?" chiese Hikaru, "il nostro compito di responsabili della sicurezza ci obbliga a compilare scartoffie per le prossime tre ore dopo un evento del genere." precisò con uno sbuffo il russo; l'ex capitano sorrise: "Chiedete all'ambasciata Vulcan dove sia l'ambasciatore e mi troverete." disse, salutando i cadetti e facendo per allontanarsi.

 

Tutto accadde in un istante.

 

Andrei, divincolatosi dalla presa di Sulu, doveva avere un altro phaser nascosto da qualche parte perchè la rapidità con cui sparò non avrebbe permesso a nessuno di prevederlo o di fermarlo.

 

Thula urlò.

 

Istintivamente, Kirk si gettò a terra, ma lo sparo era troppo ravvicinato e mancò di un soffio la testa, colpendolo in piena spalla; ruzzolò per qualche metro a causa del contraccolpo e andò a sbattere con la schiena contro un aiuola.

 

Sumak e Koragg corsero a soccorrere il capitano mentre con un calcio ben assestato Chekov metteva Andrei fuori combattimento: "Sta bene?" chiese spaventata l'andoriana, passando ai compagni il proprio scialle per tamponare la ferita.

L'ex ufficiale alzò la testa, annuendo incerto: "Ne ho avute di peggio." ammise, prendendo di persona il tessuto tra le mani per legarlo attorno alla parte lesa, "Al confronto, questa è una sbucciatura da bambini." cercò di scherzare, ma il dolore non gli permetteva di muoversi granchè.

 

"DANNAZIONE!! JIM!!"

 

La voce preoccupata e arrochita di Bones riscosse l'uomo, che si guardò freneticamente attorno; scorse chiaramente l'Ammiraglio camminare verso di lui più veloce possibile, ma l'esoscheletro che lo teneva in piedi non avrebbe retto a lungo, subito dietro veniva Spock.

Kirk scostò i cadetti, aiutandosi col braccio di Koragg per alzarsi in piedi e, sempre tamponando il sangue, barcollò sino al centro del piazzale, assistendo appena in tempo alla caduta del suo amico; entrambi scivolarono a terra ma il corpo decisamente più robusto dell'uomo attutì l'impatto sul selciato.

 

"Idiota!" brontolò McCoy, reggendosi alla spalla sana di James, le ginocchia che gli tremavano, "Non osare fare più giochetti simili, razza di incosciente!" gridò, annaspando alla ricerca di qualcosa nelle numerose tasche del gilet, "non hai più trent'anni e pure a quell'età erano più le volte che dovevo rattopparti come un paio di vecchie tute di Scott dopo simili stupidaggini!" lo sgridò, passando il tricorder su di lui, anche le mani gli tremavano.

 

L'analizzatore gli sfuggì di mano e cadde a terra: "Guarda che sto bene, è solo un graffio." lo rassicurò Kirk, prendendo il congegno e passandoglielo ma si sentiva profondamente in colpa lo stesso; i ricordi lo assalirono con forza, capiva bene l'inquietudine di Leonard, immaginava cosa significava per lui una situazione del genere, sapeva che per un attimo, come lui, aveva rivissuto il passato.

 

"NON DIRE CAVOLATE!" gridò il medico, riprendendo la calma e finendo di controllarlo, "Spock, dammi una mano ad alzarmi!" esclamò, rivolgendosi arrabbiato al Vulcaniano; senza protestare, questi eseguì, sollevando entrambi gli amici in piedi, "Per una volta, l'opinione dell'Ammiraglio è corretta, ti sei comportato illogicamente Jim." lo sgridò l'Ambasciatore con aria severa, "Oh, andiamo!        Sarò anche invecchiato ma non a tal punto da nascondermi come un bambino alla minima avvisaglia di pericolo, dovevo aiutare quei ragazzi." decretò, reggendosi al proprio migliore amico per non cadere di nuovo a terra come un sacco di patate e indicando il trio di cadetti che si allontanava dietro a Sulu.

 

Qualcuno lo afferrò per la spalla ferita, strappandogli un gemito di dolore: "Oh, la pianti capitano! Non ha appena detto a Len che si tratta solo di un graffio di poco conto?" la voce scherzosa di Scotty gli fece alzare la testa, nella luce del Sole distinse l'espressione allegra dell'ex capoingegnere, "Credo che la prossima volta dovremmo organizzare una rimpatriata in un posto più tranquillo, magari su Vulcan." propose, guardando Spock incoraggiante.

 

Uhura osservò il suo ex comandante con le lacrime agli occhi, tra le mani stringeva la propria lira mentre affiancava l'Ammiraglio: "Quando l'Ambasciatore ce lo ha detto quasi non ci credevamo, è meraviglioso rivederla!" esclamò la donna visibilmente commossa.

 

Sconvolto per quell'arrivo improvviso, Jim si voltò verso Bones: "Ah, non guardare me, sono sbucati loro come due funghi poco dopo che tu sei sparito a fare l'eroe..." borbottò imbronciato.

Kirk sorrise: il braccio gli faceva un male del diavolo ma non gli importava più di tanto in effetti.

 

Si probabilmente non avrebbero avuto molte altre possibilità di essere ancora riuniti e il destino aveva fatto loro un grande regalo quel giorno, però James T. Kirk sapeva per certo una cosa.

 

Anche se il tempo era contro di loro, ritrovarsi di nuovo tutti assieme era qualcosa senza prezzo.

Non erano ancora del tutto completi, ma presto anche Pavel e Sulu li avrebbero raggiunti e finalmente il puzzle sarebbe stato completo.

 

E per un giorno ancora, si sarebbe sentito a casa.

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