Jonnie Walker

di Rowena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Uno ***
Capitolo 3: *** Due ***
Capitolo 4: *** Tre ***
Capitolo 5: *** Quattro ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Note: Questa è dedicata alle polle, a Rani, un po' in ritardo per il suo compleanno, a Lady che si è laureata, a Roby che ha compiuto gli anni... Un po' a tutte le mie pungolatrici preferite! ^^
Ed è dedicata anche a chi ha letto e gradito la prima puntata, spero vi piaccia anche questa.

Ooh, il dolore è così vicino al piacere, si sa
Un giorno ci amiamo, poi ci combattiamo l' un l'altro
e così per tutto il tempo
Quando ero giovane e appena agli inizi
E la gente mi parlava, mi sembrava che lo facesse
con atteggiamento sconsolato
Poi sono cresciuto e ho compreso le mie sensazioni
E tutto ciò che volevo era poter iniziare un nuovo rapporto
Innamorarmi ma l'amore mi dette una cattiva risposta
Cercavo un po' di quel buon vecchio appagamento
Ma il dolore è tutto ciò che ho ottenuto
quando ciò di cui avevo bisogno era un po' d'amore e affetto
Ooh, ooh il dolore è così vicino al piacere, yeah, yeah
[Queen, Pain is so close to pleasure]


L’inverno inglese era sempre gelido e penetrante, come ogni anno, accompagnato da quel tempo strano che prometteva a lungo neve prima di lasciarla cadere davvero e quel freddo che raggiungeva le ossa.
Un uomo in particolare, quella notte, sentiva la stagione con tutti i suoi sensi e malediceva quel clima tanto ingrato.
Come un animale in trappola, l’uomo si muoveva da una stanza all’altra della casa senza alcun motivo, desiderando solo di trovare una via d’uscita. Ogni odore di quel luogo lo mandava in confusione, scatenando in lui una rabbia disperata e cieca, una furia che a malapena riusciva a trattenere. La cosa ironica era che quell’uomo – Remus John Lupin – si trovava nel proprio appartamento per la prima volta da mesi e, tuttavia, quello era l’ultimo posto in cui avrebbe desiderato rimanere: la convivenza con i suoi simili lo aveva trasformato, forse più in profondità di quanto si fosse reso conto, e ora il lupo e il suo istinto ululavano perché l’uomo si arrendesse e decidesse di tornare nelle foreste dove si nascondevano Greyback e i suoi seguaci. Poco importava che solo poche ore prima quegli stessi Mannari avessero cercato di fargli la pelle, e non in senso metaforico; il periodo alla macchia aveva risvegliato sensi che l’essere umano aveva cercato di reprimere per tutta la vita, sensi che ora si rifiutavano di acquietarsi.
Doveva calmarsi, sì, e riprendere le forze: con la mano sinistra si tastò appena il fianco opposto, per poi ringhiare dal dolore. Quei dannati non avevano pietà per i traditori come lui, questo lo sapeva benissimo fin da prima della sua partenza, quando aveva accettato l’incarico, eppure la delusione per non essere riuscito nel suo intento era perfino più forte del dolore. Era riuscito a malapena a fuggire prima di fare una brutta fine, e il solo pensiero di cosa sarebbe potuto capitargli lo fece rabbrividire.
Remus sapeva di avere degli obblighi e dei doveri: Silente si aspettava sicuramente un resoconto dettagliato della sua missione entro l’alba, tanto per dirne una, ma almeno quella notte il mago non aveva intenzione di muoversi dalla sua casetta. Era in condizioni talmente malconce… Qualche ora per se stesso, per riflettere e prepararsi come affrontare gli altri, Albus, Molly e tutti i Weasley, Moody – oh, sarebbe stato divertente! – e, da non dimenticare, Tonks.
Avrebbe potuto considerarsi fortunato se al loro primo incontro lei non gli avesse scagliato una Maledizione prima ancora che cominciasse a parlare, visto come l’aveva trattata.
Non era ancora pronto ad affrontare Ninfadora, forse non lo sarebbe mai stato.
Questi e molti altri pensieri, la maggior parte, forse tutti, sulla strega dai capelli rosa, affollavano la sua mente: si trascinò in cucina, sperando che fosse rimasta qualche provvista anche muffita e magari un po’ di liquore per dimenticare la nottata, ma prima che potesse cominciare a esplorare le ante della credenza qualcuno suonò il campanello.
Chi poteva mai essere? O meglio, chi poteva non essere?
Qualche minuto prima aveva inviato il proprio Patronus a Hogwarts, per informare Silente del fallimento della sua missione, e di certo il vecchio mago aveva preferito inviare qualcuno a controllare le sue condizioni. Poteva trattarsi dello stesso Albus, sebbene il suo messaggio specificasse che non c’era alcun bisogno di preoccuparsi e che voleva essere lasciato solo per un paio di giorni, prima di fare rapporto, ma il capo dell’Ordine disponeva di molti sottoposti che si sarebbero recati volentieri a casa del Licantropo al suo posto. Con che intenti, era meglio non saperlo.
Molly Weasley, ad esempio, non aspettava altro da mesi per tirargli le orecchie e sgridarlo come se fosse uno dei suoi figli. Ma aveva lasciato molte altre faccende in sospeso – non pensare ai suoi capelli! – che presto o tardi, che lo volesse o no, avrebbe dovuto sistemare.
Non capiva perché non poteva essere accontentato neanche in una simile occasione: aveva paura, di se stesso, di cosa ancora poteva fare, del giudizio che avrebbe letto negli occhi del suo visitatore, chiunque esso fosse.
Certo, era ferito, ma non era pronto a confessare che il programma per la sua serata consisteva nell’andare a dormire sperando di non svegliarsi più. Ma ovviamente le cose non potevano andare come desiderava, neanche in quell’occasione: di fatto, di lì a dieci secondi qualcuno suonò il campanello.
Maledetti scocciatori. Quella sera non sarebbe stato il solito bravo e tenero Remus, no, quella sera aveva tutto il diritto per starsene da solo. Recuperò la propria bacchetta dal comodino, dove l’aveva nascosta prima di partire per la sua missione, e zittì lo scocciante trillo che continuava a suonare a ripetizione, segno che chiunque si trovasse dall’altra parte della porta d’ingresso non aveva la minima intenzione di aspettare, salvando in extremis i suoi poveri nervi.
Tuttavia, questo non bastò a far desistere il suo ospite, che si mise a bussare con insistenza: doveva essere Tonks, solo lei riusciva a essere così insistente quando si trattava di lui.
«Ninfadora», esordì ad alta voce prima ancora di aprire la porta, sperando di metterla di cattivo umore e convincerla così ad andarsene, «Ninfadora, non è proprio serata. Vattene via».
Quando la luce dell’appartamento investì la sagoma della ragazza, però, Remus si rese conto in un istante che non si trattava affatto della ragazza in questione. Non era neanche una donna, a voler essere più precisi: aveva di fronte lo scocciatore più inaspettato e ugualmente più insopportabile che ci potesse essere.
«Che cosa ci fai qui?» domandò asciutto, sorpreso come non mai.

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Capitolo 2
*** Uno ***


Sulla soglia di casa sua, Remus fece un passo indietro, aggrappandosi alla porta per non cadere: di tutte le persone che si aspettava alla sua porta, lui proprio era la più inaspettata.
«Che cosa ci fai qui?», ripeté, sempre più sconvolto.
Severus Piton ridacchiò, prima di incrociare le braccia sul petto, quasi in posizione da battaglia. «Silente mi ha eletto crocerossina dell’anno, non sei felice?»
«No, sul serio».
L’ospite sembrò scocciato, ma rispose con calma e ironia, come suo solito. «Sai com’è, il tuo Patronus si è dissolto prima ancora di finire il messaggio… Non era buon segno così, contro la mia volontà – ci tengo a ribadirlo – Albus mi ha spedito qui a vedere come stai».
Tipico di Silente, non ascoltare o fingere di non aver capito e fare di testa propria. Remus scosse il capo, prima di rispondere, e fissò l’altro con fierezza.
«Non ne ho bisogno, perciò vattene». Fece per chiudere la porta, ma la sua debolezza lo tradì un’altra volta; per Piton fu fin troppo facile fermarlo e infilarsi in casa. Sostenne il Lupo Mannaro, per quanto la cosa lo disgustasse, e lo portò fino al divano.
«La scelta era tra me, Molly Weasley e la Chips, se preferisci chiamo una delle due e me ne torno a letto. Fallo, per favore», disse Severus. Come se lui sognasse di passare la notte a curare una delle persone che più odiava al mondo!
«Va bene, le alternative sono di gran lunga peggiori» borbottò Remus, smettendo una buona volta di protestare. Non era in forma per sostenere l’interrogatorio dell’infermiera più burbera nella storia di Hogwarts, né tantomeno per ascoltare le ansie di Molly, che di certo si sarebbe preoccupata di fargli sapere come stesse Tonks. Non era pronto ad affrontare l’argomento, non ancora.
«Allora, quanto ti hanno conciato male i tuoi amichetti?», domandò Piton con troppa allegria nella voce per anche solo fingere di essere preoccupato. Il che, ovviamente, irritò Remus ancora di più.
«Lo trovi divertente?»
«Devo pur saper far fruttare questo tempo perso, no?»
Ok, la conversazione cominciava a essere assurda.
«E facendoti gioco di me non butteresti via del tempo?», ripeté Lupin sgomento. «Sei più strano di quanto credessi», e tuttavia si lasciò aprire parte della camicia, che era tutta strappata e sporca di sangue.
Alla vista di ciò che quei miseri brandelli di stoffa nascondevano, persino Severus Piton si sentì male e trattenne un sussulto solo grazie il suo più che allenato autocontrollo: non sapeva nemmeno spiegarsi come il Lupo Mannaro potesse ancora reggersi in piedi, visto le ferite che sfoggiava. In alcuni punti… Gli venne la nausea, perché Remus sembrava quasi maciullato.
«Quando hanno iniziato a mordermi mi sono Smaterializzato, sembravano davvero intenzionati a divorarmi», spiegò Lupin guardando un punto avanti a sé, quasi parlando da solo. Istintivamente cercò di coprirsi, vergognoso delle sue condizioni.
Severus non disse nulla, ma comprese che la spia non era fuggita subito, perché altrimenti le ferite non sarebbero state così serie; sapeva che si era recato nella tana del lupo – che gioco di parole idiota, pensò – senza bacchetta per recitare al meglio la parte del Mannaro reietto finalmente pronto ad abbandonare il mondo degli umani. Ma non era quella la spiegazione.
«Perché non gli hai permesso di finire l’opera? Visto che ti sei lasciato ridurre così, a quel punto potevi anche rimanere a farti sbranare».
«L’istinto», rispose piano Remus, infastidito per essere così trasparente, «alla fine la parte di me che più odio mi ha salvato la vita. E, in ogni caso, tu sei sempre stato più bravo di me a punirti per gli insuccessi, Severus».
Il Pozionista non commentò e aprì la cartella in pelle di drago che aveva portato con sé, cercando il filtro più adatto a curare simili ferite. Non sarebbe stato affatto divertente: la pozione più indicata avrebbe stordito il suo odiato nemico fino a fargli perdere conoscenza…
Gli spiegò cosa aveva intenzione di fare, versare quel rimedio direttamente sulle ferite, e le conseguenze che ne sarebbero derivate: «Se preferisci essere sedato… Ho portato anche pozioni per farti dormire, dato che Albus ha accennato qualcosa sul fatto che non riesci a prendere sonno da parecchio tempo».
Remus storse il naso: l’idea di lasciare Piton solo a girovagare per il suo appartamento con lui addormentato profondamente non gli piaceva, ma aveva già provato simili trattamenti da sveglio e acconsentì, mesto, poiché una volta era quasi andato in shock per il dolore, e in quel caso le sue ferite erano state ben più lievi.
Inoltre, non aveva più le forze per discutere, combattere, cercare di fermare l’altro mago. Probabilmente sarebbe crollato esanime di lì in pochi minuti, ma decise di bere il contenuto della fialetta che Severus gli stava offrendo.
«Prima di prendere la pozione però dovresti mangiare qualcosa, nello stato in cui sei potrebbe farti male a stomaco vuoto».
«E da quando ti preoccupi tanto per la mia salute?»
«Non è il Filtro della Morte Vivente, ma ci si avvicina molto», spiegò sospirando Piton, stanco del fare malfidente del lupastro. «Al momento sei troppo debole per assumerlo: se ti addormentassi per sempre saresti inutile e non potresti rivelare le informazioni che hai; nessun bacio di principessa ti riporrebbe alla vita, perciò smetti di fare storie e dammi retta. Cosa c’è da mangiare qui?»
«Secondo te? Sono stato via per mesi, non c’è nulla. Scusami se non sono andato a fare la spesa».
Ovviamente, avrebbe anche potuto evitare una domanda così sciocca. Severus sospirò di nuovo, quindi si girò verso l’altra parte della stanza: «Dobby», chiamò.
Crac. Un Elfo Domestico comparve dal nulla, combinato in una maniera che, decretò Piton, sarebbe stata assurda perfino per Tonks. Di bizzarrie ne aveva viste tante, nel corso della sua vita, ma quell’esserino che gli stava di fronte, con tutti quei vestiti spaiati e un copriteiera a mo’ di berretto, le superava tutte, perfino il Cerbero accudito da Hagrid, o la sua tenera Acromantula.
«Il signore ha chiamato Dobby, signore?»
«Sì: portaci qualche avanzo dalle cucine, e che sia caldo», ordinò sbrigativamente, pur sapendo che il suo tono non sarebbe andato a genio alla creatura. L’Elfo infatti fece una smorfia strana e blaterò qualcosa che suonò alle orecchie del mago come diritti e despota, ma fece ugualmente un piccolo inchino ai due umani e scomparve.
Il mago si mise a sedere sulla profonda poltrona in un angolo del salotto, riflettendo su quanto la situazione in cui era costretto stesse prendendo pieghe sempre più strane. Pensò a quanto sarebbero stati perfetti in quel momento un bicchiere di whiskey e qualche patatina fritta…
«Per favore non si usa più?», domandò Lupin, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
«A forza di stare a scuola si perde qualunque buona abitudine», rispose l’altro amabilmente, «ma tu non puoi capire, sei rimasto solo un anno».
Si guadagnò un’occhiataccia. «Non per mia scelta», gli ricordò il Licantropo con voce appena appena accusatoria, «ma Silente dice che in ogni caso era destino che andassi via».
«Una maledizione dell’Oscuro in persona», commentò con aria distratta, pensando che, molto presto, sarebbe toccata anche a lui. «Fino all’anno prima, il professore in carica è morto prima della chiusura del periodo accademico, ma la distruzione di un artefatto magico da parte del piccolo, prode Harry Potter a quanto pare l’ha indebolita. Peccato».
Peccato che l’anatema si fosse fatto più blando proprio l’anno di Gilderoy Allock, pensò Piton, sarebbe stata una perdita da festeggiare. Per non parlare dell’uomo che gli stava di fronte…
Non aveva il dovere di essere gentile con Lupin, né di mostrarsi suo amico, e Piton voleva che non se ne dimenticasse: lo odiava, in fin dei conti, ed era già tanto che avesse acconsentito a recarsi lì per medicarlo.
«Chissà cosa sarebbe successo», si domandò Remus ad alta voce, stando al gioco. «Forse ti avrei sbranato e sarei finito ad Azkaban a vita per omicidio».
«Forse», rispose placidamente Severus, che stava di nuovo pensando a un certo cartoccio di patatine fritte. Fu sul punto di raccontargli di quella serata passata con Tonks, del suo tentativo di portarla a letto, magari anche di fargli credere che lei avesse acconsentito… Era curioso di sapere come avrebbe reagito, ma si trattenne.
In quell’istante, prima che potesse dire qualcosa, Dobby ricomparve con un carrello coperto di qualunque piatto era comparso sulle tavole della Sala Grande qualche ora prima. Remus fu così impressionato che si sentì gli occhi pieni di lacrime e ringraziò l’Elfo a profusione, tanto che anche quello si commosse e cominciò a esprimere gratitudine più volte, tanto che Piton si sentì in dovere di zittire entrambi e rispedire Dobby a Hogwarts. «Quante scene per un po’ di cibo…», commentò annoiato, «ora mangia, stai sbavando».
«Sono mesi che non vedo un pezzo di carne cotto a puntino», confessò il Licantropo, che ancora non osava avvicinarsi ai piatti, quasi impaurito che sparissero nel nulla. «E non mangio dall’ultimo Plenilunio: quando avevo il controllo di me stesso, ho cercato di evitare la dieta degli altri mannari, non faceva proprio per me».
Carne, carne cruda, Piton poteva immaginarsi come da essere umano Lupin fosse disgustato da quella roba. Senza sapere quale fosse la vittima messa in tavola, se un animale o, peggio, un umano… Remus prese con mano tremante un pezzo di stufato, mentre raccontava come l’istinto di lupo avesse cercato di convincerlo a nutrirsi anche senza la Luna Piena in cielo, sebbene lui avesse resistito il più possibile.
«Greyback ama organizzare cacce, sai? Da qualche tempo rapisce Babbani e li tiene in trappola… Fino al Plenilunio, poi li lascia liberi nella foresta».
Piton lo fissò negli occhi, sentendosi pieno di orrore. «A un incontro ha accennato a qualcosa del genere, ma speravo scherzasse».
«No, è tutto vero; grazie a Merlino è il solo ad avere la piena consapevolezza di sé quando si trasforma…» A lui bastava il sangue che si ritrovava addosso la mattina dopo per sentirsi mortalmente colpevole.
Severus intuì a cosa stava pensando il lupastro, e senza volerlo si trovò a riflettere sulla propria situazione, su Albus e su ciò che il fato gli aveva riservato; non avrebbe mai potuto dimenticare i suoi occhi azzurri, così sereni e placidi mentre loro due progettavano la sua fine, e l’idea di essere costretto a ucciderlo, prima o poi, gli dava la nausea. Certo, sempre che fosse arrivato a quel momento fatidico, visto che la sua vita era nelle mani di un arrogante e viziato sedicenne troppo orgoglioso per fermarsi a riflettere su cosa poteva comportare ogni sua azione. Forse era l’eredità dei Black che lo faceva comportare così, chissà.
Rimasero in silenzio, mentre Remus finalmente si riempiva lo stomaco senza remore. «Lei come sta?», domandò a bruciapelo quando ebbe terminato.
Sapessi Lupin, sapessi… Piton sorrise a modo suo, con la solita smorfia sarcastica. «E perché io dovrei saperlo?»
«Perché sono certo che alle riunioni dell’Ordine non ti sfugge niente», rispose Lupin serio, «sono sicuro che sai perfino quante volte Dung si è scaccolato durante l’ultimo incontro».
Sei, in effetti, e solo nei primi quindici minuti, poi Severus si era obbligato a non farci più caso per il disgusto. «Sta da schifo, che pretendi? Come qualunque stupido innamorato che è stato abbandonato. I suoi poteri da Metamorphmagus sono senza controllo, e quando non riesce a concentrarsi non le vengono nemmeno le magie più semplici. Ah», aggiunse alla fine, come se ancora non avesse colpito abbastanza, «il suo Patronus ha cambiato forma. Ti lascio indovinare il nuovo animale».
Proprio tu dovresti capirmi più di chiunque altro, allora. Scacciò quel particolare ricordo della serata passata con la ragazza, infastidito; non era certo il momento per farsi prendere dal sentimentalismo, quello.
«Anche tu mi giudichi senza cuore?»
«Ho cose più importanti da fare, se permetti, che preoccuparmi il tuo comportamento», rispose acido, ridendo per quanto era caduto in basso Lupin a chiedere pareri sulla sua vita sentimentale a uno come lui.
«Meglio i nemici che i conoscenti», bofonchiò l’altro.
«Va bene… Ora prendi il sonnifero, è meglio non aspettare oltre per medicare quelle ferite».
Decisero di spostarsi in camera da letto, e Piton sorresse il ferito; con Remus addormentato, il mago usò le sue pozioni per curarlo, quindi fasciò quel corpo straziato per proteggere le parti lese, senza fretta.
Un moto d’orrore lo percorse più volte, ripensando ai suoi sedici anni, a uno scherzo idiota e alle terribili conseguenze che avrebbe potuto comportare: anche lui sarebbe stato ridotto in quella maniera, se lui non fosse tornato indietro ad aiutarlo? Vent’anni prima si sarebbe tenuto le cicatrici, lo sapeva bene, e in più i morsi lo avrebbero maledetto a sua volta…
Piton sospirò, maledicendosi ancora una volta. Odiava quel senso di gratitudine che lo aveva invaso, quella consapevolezza di dovere la propria vita, per quanto nera e contorta, alla persona che più aveva odiato al mondo.
Sollevò il lenzuolo e coprì il corpo martoriato di Remus, che ormai dormiva profondamente, e lasciò la stanza. Aveva sperato di cavarsela con molto meno, così da poter rientrare entro un paio d’ore, ma in quella situazione non poteva andarsene: avrebbe aspettato che il Licantropo si svegliasse, quindi gli avrebbe posto alcune domande sulle ultime informazioni che era riuscito a ricavare prima di essere scoperto e, infine, se le sue ferite avessero cominciato a cicatrizzare in maniera corretta, avrebbe lasciato il lupastro alla sua solitudine.
Lunga attesa, dunque: ma perché non aveva pensato di portarsi dietro un libro? Uno di quei manuali sulle Arti Oscure, qualcosa che gli suggerisse un modo per sciogliere un Voto infrangibile che non implicasse la sua morte, o una spiegazione della maledizione che stava lentamente uccidendo Albus… Così da non sprecare davvero neanche un minuto!
Si guardò intorno, approfittando della situazione per sbirciare tra le cose di Lupin: per anni si era chiesto che vita conducesse, con i suoi problemi, come vivesse e in che genere di abitazione. Era un appartamento piccolo, le giuste stanze per un uomo solo, ed era evidente che da mesi nessuno vi entrava; un po’ come appariva la sua casa a Spinner’s End ogni volta che faceva ritorno, in sostanza. Beh, ora aveva il piccolo Codaliscia, che non sapeva fare le pulizie ma non si creava problemi a vuotargli la cantina, davvero un pessimo acquisto!
Per lo meno, Lupin aveva una biblioteca ben fornita, pensò notando la grande libreria che occupava un’intera parete. Su uno scaffale stavano alcune fotografie, le solite pose prevedibili da Remus, i Malandrini – un angolo era strappato, là dove probabilmente prima stava Peter Minus – una con il dannato Black e il suo amabile figlioccio, una Tonks ancora multicolore, dall’aria felice… E poi, dietro alle altre, un’immagine che lo colpì come un pugno nello stomaco: il Mannaro al braccio di Lily, e lei che sorrideva radiosa come non mai in quello che sembrava un abito da sposa.
Le aveva fatto da testimone, dunque, e l’aveva accompagnata all’altare al posto di suo padre. Severus si sforzò di passare oltre, sentendo la gelosia che lo attanagliava, ma poi rise di se stesso: geloso di Lupin, che non aveva mai spartito altro che una forte amicizia con la donna che lui aveva sempre amato? Stava diventando patetico, notò con disprezzo.
Cominciò a passare in rassegna i libri, ma rimase deluso: Come fare del Kappa il miglior amico dell’uomo sembrava il volume più interessante della collezione, il che era tutto dire. Abbandonò il settore dei testi magici, passando al ripiano sottostante, dove una graziosa etichetta recitava Letteratura babbana.
Scorse qualche titolo: l’opera omnia di Tolkien, uno dei pochi autori che anche lui aveva amato da ragazzo, occupava quasi tutto lo scaffale, seguito da qualche volume di una tale Rowling – nome sconosciuto, ma che per qualche strano motivo gli diede i brividi – e da altri tomi che conosceva bene. Jane Austen, l’autrice preferita da sua madre.
Accarezzò uno di quei libri con le dita, prima di prenderlo in mano: la ricordava bene, mentre recitava i suoi brani preferiti a voce alta, con aria sognante…
Era buffo che la sua povera madre e Lupin avessero letture in comune. Ridacchiò, prima di rivoltare il volume tra le mani. Aveva appena cominciato a sfogliare le pagine, quando qualcuno suonò il campanello.
Allarmato, si avvicinò alla porta d’ingresso: chi poteva mai essere? Qualcuno dell’Ordine?
Qualcosa gli disse di fare finta di niente, di tacere e aspettare che l’ospite indesiderato alzasse le tende, come un presentimento catastrofico.
Una bussata, molto energica. Oh no, realizzò in quel momento, non poteva essere…
Ebbene sì, era.
Dall’altro lato della porta, una più che scocciata Ninfadora Tonks picchiò ancora, sempre più forte.
«Apri ».
Silenzio. Piton non rispose, sperando che se ne andasse.
«Remus, apri la porta ».
Silenzio, ancora.
«Apri immediatamente questa porta o giuro sulla barba di Silente che ti faccio diventare uguale identico a Piton, doppie punte unticce comprese!»
Tonks cominciava ad arrabbiarsi, ma la sua ira scomparve in un baleno non appena sentì una risata sommessa provenire dall’altra parte della porta. Una risata malevola, una voce sgradevole e fin troppo nota.
«Questa sarebbe una magia facile facile perfino per te, Ninfadora».
Oh, no.
 

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Capitolo 3
*** Due ***


Angoletto dell'autrice: Eccomi qua, mi scuso per il ritardo (per una volta che prometto un aggiornamento in tempi umani XD) ma spero che il capitolo nuovo valga l'attesa. La settimana prossima conto di dare l'esame più impegnativo di tutto questo anno accademico, perciò se sparissi di nuovo non preoccupatevi... Spero comunque di riuscire ad aggiornare il prima possibile!
Grazie a tutte le persone che hanno recensito, Xela, Daicchan, Fri, Tina, Ely e ZetaSev. Ely, il whiskey e le patatine fritte sono un rimando alla prima storia legata a questa idea, Tullamore Dew, in cui Severus e Tonks finiscono a bere in un pub e a raccontarsi. Sono assai vanesia e mi autocito con piacere, diciamo così! XD Tina, spero che la soluzione in questo capitolo ti soddisfi, anche se dovrai aspettare ancora un po' per vedere fuoco e fiamme...
Buona lettura a tutti! Rowi





Era la prima volta che si trovavano uno di fronte all’altra – sebbene ancora separati da una porta – da quella sera al pub, con la birra, il whiskey dal nome strano, le patatine fritte… E una delle conversazioni più assurde che entrambi avessero mai sostenuto.
Il loro patto di pseudo-rispetto reciproco aveva funzionato al meglio, visto che tra i turni di Tonks e i vari impegni di Piton non si erano più visti.
Sconvolta, la ragazza ripeté ancora una volta di aprire la porta e finalmente il mago l’accontentò. Si stava contenendo per rimanere calma, Severus se ne rese subito conto: chiunque altro non le avrebbe dato torto, scoprire che il proprio fidanzato o simili è tornato da una missione suicida e trovare l’ultima persona che avrebbe mai immaginato a casa sua…
Ma Piton non era chiunque altro.
Tonks incrociò le braccia sul petto, respirando profondamente per mantenersi calma e non esplodere subito, quindi gli pose la domanda più ovvia.
«Che cosa ci fai qui?»
«Silente mi ha mandato a sincerarmi delle condizioni del tuo lupacchiotto», rispose lentamente Severus.
«No, sul serio».
Per Merlino! Quella scena non l’aveva già vissuta neanche un’ora prima? Il vecchio adagio come diceva… Ah sì, prima li creano e poi li accoppiano!
«Lupin è ferito, ma ha tentato di fare l’eroe fingendo di non avere bisogno di aiuto», spiegò sempre più esasperato, «Silente non l’ha bevuta e mi ha mandato a controllare le sue condizioni».
Malgrado il suo intento, le sue parole allarmarono la ragazza, che cercò di obbligarlo a lasciarla entrare. Inutile, era troppo forte per lei, la spinta che diede alla porta fu del tutto inutile. «Hai detto che è ferito? Come sta? Lasciami entrare!»
Ecco il dramma che Severus avrebbe tanto voluto evitare. «Prima di tutto, parla piano; il tuo lupastro sta riposando, e ne ha bisogno. Ho curato quello che potevo, vedrò come sta non appena si sarà svegliato, fino ad allora non c’è niente da fare. Ergo, la tua presenza qui non è di alcuna utilità».
«Fammi entrare», ripeté ostinata Tonks, impassibile.
Dannata testarda.
«Mi ha detto che non vuole vederti».
«E da quando esattamente tu rispetteresti le decisioni altrui?», urlò Tonks con voce vagamente stridula. «Da quando hai capito che in questo modo hai un’arma in più per ferirmi? Voglio solo vederlo e sapere se va tutto bene, fuori fa un freddo cane e io voglio entrare; ergo, lasciami passare o ti Schianto e ti calpesto. Posso trasformare gli anfibi in tacchi a spillo e camminare tu-sai-dove, perciò non sfidarmi».
Piton tralasciò l’essere stato scimmiottato un’altra volta – del resto la ragazza era l’unica che osava tanto, a parte Silente, e prese un profondo respiro prima di cercare di spiegarle meglio le cose. «Ninfadora, non è saggio: è stato tra i Mannari…»
Era l’unica cosa che Tonks non voleva sentirsi dire.
«Questo lo so, dannazione: volete smettere tutti quanti di ripetere sempre le stesse cose? Non sono stupida! Molly non ha blaterato altro, ed è stato da quello che ho capito che Remus era tornato», gridò ancora, ormai furibonda, «tutti lo sapevano, eccetto me! Come avete osato farmi una cosa simile?»
Non si degnò di risponderle, in fondo non era affar suo tenere aggiornata la fidanzatina di Remus sui fallimentari esiti della sua missione. «Ha bisogno di riposare in tranquillità, di riflettere su questa brutta avventura; ti sembra così crudele lasciargli un paio di giorni per recuperare le forze e la lucidità, cacciando gli istinti animali?»
«Istinti… Cosa?», ripeté sconvolta Tonks, incredula. Che stava dicendo quel pipistrellaccio?
«Quando t’impegni sai essere davvero stupida, Ninfadora», commentò Severus con disprezzo, con quel vecchio tono con cui l’aveva vessata durante gli anni di scuola. «Come credi che abbia vissuto, per non farsi scoprire dai suoi simili, se non adattandosi al loro modo di fare, lasciandosi andare agli istinti del Lupo che ha represso da quando è stato morso? Ora, però, è di nuovo tra noi, tra gli umani, e deve rendere conto di quello che ha fatto, almeno a se stesso. Si farà del male, ma è troppo sensibile perché sappia accettare i costi del dovere senza torturarsi».
La ragazza non rispose, non trovava le parole giuste; tuttavia, fissò il mago con aria sempre più minacciosa, come a intimargli di farsi da parte. Non fu quella pantomima a convincere Severus, fu il guizzo di disperazione che scorse per un istante negli occhi di Tonks.
«Possiamo anche porre fine a questa sceneggiata, tanto non te ne andrai nemmeno sotto Imperius», commentò in uno sbuffo prima di lasciarla entrare.
Tonks lo osservò attentamente, sorpresa che quell’uomo terribile avesse fatto così poca resistenza, ma non perse tempo: in un attimo fu dentro, sistemò sciarpa e cappotto sull’appendiabiti e si diresse in cucina.
Dopo aver notato come la goffaggine innata della ragazza fosse improvvisamente sparita, Piton chiuse la porta e la seguì; un lungo brivido freddo gli scese giù per la schiena nel vedere che si era messa ad armeggiare con i fornelli, ma grazie a Merlino il bricco del tea fu messo sul fuoco senza incidenti.
«Sembri la padrona di casa, Ninfadora», osservò ad alta voce, sinceramente sorpreso. «Non sei ancora inciampata, e per te è un record o sbaglio?»
Tonks si voltò e gli fece una linguaccia, prima di cominciare a cercare la scatola di bustine in uno stipetto della credenza. «Qui mi sento a mio agio», rispose, già più tranquilla. «Sapessi quante volte ci mi sono risvegliata…»
Oh no, un resoconto sulla vita sessuale della ragazza col lupastro no! «Risparmiami i dettagli, te ne prego».
Lei riuscì perfino a ridacchiare, mormorando qualcosa che stranamente suonò alle orecchie del mago come invidioso. «Come sta?», domandò infine, voltandosi verso il mago e appoggiandosi al bancone della cucina con la schiena.
Di nuovo. Che ragazzina ostinata!
«È ferito, stanco, dorme per recuperare le forze», rispose meccanicamente incrociando le braccia sul petto, «esattamente come ti ho detto due minuti fa».
«Ma è sempre… Sempre il solito Remus, vero?»
«No, si è trasformato nella fata turchina! È in condizioni psicologiche migliori di quanto si aspettasse Silente, se devo essere sincero: è molto lucido, ma anche nervoso e suscettibile. Ricaccerà indietro il lupo in poco tempo, da quello che ho potuto vedere».
«Merlino, ti ringrazio», mormorò Tonks lasciandosi sfuggire una lacrima.
Non era corsa nella stanza di Lupin come Severus si sarebbe aspettato, anzi, fino a quel momento non aveva neanche guardato in direzione del corridoio.
«Che cosa ti aspettavi, che rimanesse in parte lupo anche nell’aspetto come Greyback?»
Soppesando le parole, Tonks si sedette al tavolo senza guardarlo in viso. «Dopo la nostra ultima chiacchierata, ho spulciato la sezione sui Lupi Mannari dell’archivio dell’ufficio Auror; ho trovato cose da far accapponare la pelle, sai? E dire che mia madre usava quel mostro come spauracchio per convincermi ad andare a dormire…»
Sadica Andromeda. Piton non l’aveva mai conosciuta ma, da quello che sentiva raccontare di lei probabilmente sarebbe stata l’unica Black con cui andare d’accordo.
«È meglio non sapere, vero? Perfino se si è Auror, è meglio ignorare le verità più ovvie».
Tonks non lo guardò, sembrava quasi che stesse ancora sfogliando un fascicolo top secret gonfio di osceni ed efferati delitti. «Sapevo anche prima che mi parlassi delle sue condizioni che Remus non potrebbe mai diventare così, eppure la paura mi è rimasta».
«Qui ci vuole un bicchiere», mormorò Piton prima di sedersi di fronte alla ragazza.
«Ma ho appena messo su il tea!»
«Questa situazione, tu ed io che aspettiamo il risveglio di Lupin, intendo, è talmente surreale che ho bisogno di essere almeno un po’ alticcio per convincermi davvero».
«Convincerti di cosa?»
«Che questa patetica scenetta non stia avvenendo davvero».
«Antipatico. I liquori sono nell’antina in basso a sinistra, serviti pure. A questo punto, meglio un bel caffè», e detto questo mosse la bacchetta: al posto del bollitore comparve uno strano arnese metallico, che Piton non aveva mai visto, ma non fece domande.
Al contrario, il mago guardò dove gli era stato indicato: non si stupì quando lesse la etichetta della prima bottiglia – Tullamore Dew.
«Non quello, è troppo fruttato per stare bene col caffè», disse Tonks. «Ci deve essere un’altra bottiglia di whiskey, più in fondo».
Detto fatto, eccola lì. Jonnie Walker. Severus la posò vicino ai fornelli e tornò a sedersi.
«Perché trovarti qui dovrebbe essere surreale?» domandò ancora la ragazza.
«Dunque, riassumendo: Silente mi ha mandato qui, a casa di Lupin, a occuparmi della sua salute. Riesco a farmi ascoltare e a metterlo a letto, poi arrivi tu e ti metti perfino a trafficare in cucina senza scatenare un disastro atomico. Non ti sembra surreale?»
«Hai mangiato il mezzo limone avanzato dall’altra volta, prima di venire qui?»
«Che diavolo stai dicendo?»
Tonks fece spallucce. «Sei acido come in poche occasioni, stasera! E poi, si ha sempre un mezzo limone, nel frigo».
Certo, se si possedeva un frigorifero, ma era meglio non fornire una risposta strampalata a quella piccola pazza, o la conversazione avrebbe preso pieghe ancora più astruse.
Dalla stanza di Lupin si udì un grugnito, una sorta di gemito, e lo sguardo di Tonks corse verso il corridoio.
«Puoi andare a vederlo, se vuoi», commentò Piton, «mica ti mangia».
«Mi basta esserci quando si sveglierà, così che sappia che può contare su di me per qualsiasi cosa», mormorò lei, distratta. «Per il resto, non voglio fare l’ansiosa della situazione, Molly è molto più brava di me in questo ruolo».
«E la cosa dovrebbe interessarmi per me… Ah no, proprio non m’interessa».
Tonks portò gli occhi al cielo e allargò le braccia, come a chiedere cosa mai avesse fatto per ritrovarsi in una situazione tanto stramba. «Sei qui e perciò ascolterai i miei casini, quant’è vero che mi chiamo Ninfadora Tonks!»
Suonava come una condanna peggiore di Azkaban, per Piton. «Ho notato che non mi riprendi mai quando ti chiamo per nome, Ninfadora».
«Sei il solo a poter vantarti di un simile privilegio, a parte zia Bellatrix», disse lei sputando fuori con rabbia quel nome, «ma tra una maledizione mortale e l’altra non sono riuscita a lasciarle un appunto. Con te è diverso».
Con me è sempre diverso, a quanto pare, che si tratti di sesso o di questioni altrettanto stupide.
Quel pensiero a Piton sembrò una follia; gli rodeva così tanto che quella piccola peste non gli avesse detto di sì? E da quando?
«Ah sì? Sei troppo presa a insultarmi mentalmente, per irritarti?», ribadì con lo stesso tono, nascondendo il suo improvviso disagio; Merlino, non aveva neanche bevuto… «A quindici anni parlavi peggio di un Goblin ubriaco, usavi termini che io non avevo neanche mai sentito!»
Tonks sogghignò: «Sei mai stato a vedere una partita del Liverpool?»
«Eh?»
«Lo prendo per un no», disse lei continuando a ridere. «Beh, te le consiglio, se mai il Quidditch dovesse annoiarti; mio padre mi ci portava spesso, quand’ero più piccola, allo stadio o in qualche pub pieno di tifosi. Migliore scuola di parolacce e ingiurie non esiste».
«E tornando al fatto che non mi correggi mai quando ti chiamo Ninfadora, Ninfadora?», sibilò Piton. «Come ti spieghi questo?»
«Ho fatto il callo alle tue prese in giro quando ero a scuola, mi dispiace. Sette anni di umiliazioni servono a diventare più resistenti; e poi, se ti rimbeccassi proveresti ancora più gusto, perciò è meglio evitare».
«Mi conosci bene».
«Non quanto vorrei, ma so a memoria l’essenziale guida di sopravvivenza a Severus Piton».
«I primi due volumi al massimo», la riprese con tono sarcastico. «Allora, con quale delizia alcolica vuoi tentarmi oggi?»
Lo strano arnese fatto comparire da Tonks cominciò a borbottare, tanto che Severus temette di assistere al tanto canzonato disastro tipico della ragazza, ma lei si limitò a spegnere il fuoco, con molta nonchalance.
«Moka italiana, sentirai la differenza», gli disse a mo’ di spiegazione quando notò lo sguardo preoccupato del mago. «Allora, abbiamo il whiskey, il caffè… Ah sì, manca la panna montata: c’è su quel carrello?»
«Sì, ma è liquida».
«Passami il bricco, ci penso io», disse Tonks, prima di animare con la magia una frusta da cucina, trovata in uno dei cassetti. Aggiunse lo zucchero alla panna, poi lo strumento si mise a sbattere il tutto molto velocemente.
«Allora avevo ragione io: quando hai voglia di rimpinzarti ti vengono bene tutti gli incantesimi».
«Credevo avessi imparato quanto sono golosa… Ma se preferisci lo faccio a mano, trasformando la cucina in un campo di battaglia e imbrattando te dalla testa ai piedi».
In un altro momento, Severus non avrebbe aspettato altro – ovviamente, dopo essersi messo al sicuro con un incantesimo scudo – ma Lupin era nella stanza accanto e, per quanto gli avesse dato una dose di sonnifero molto potente, era meglio evitare che si svegliasse; se lo avesse trovato a chiacchierare con tanta confidenza con la donna che amava… Beh, proprio non gli andava a genio di mettere subito alla prova il controllo che il lupastro aveva riacquisito sul proprio istinto.
«Ecco qui, Irish Coffee per tutti e due», annunciò Tonks ridestandolo dai suoi pensieri, mentre gli offriva una tazza guarnita con un’abbondante dose di panna montata. «Con la crema al whiskey sarebbe venuto meglio, ma ci accontenteremo».
Severus bevve un primo sorso, finse di non vedere lo sbaffo bianco sulle labbra della ragazza e ridacchiò. «Sei davvero ferrata sui metodi preferiti dagli irlandesi per rovinarsi il fegato».
«Ci ho passato l’estate successiva al settimo anno, dopo gli esami, con Charlie Weasley e un paio di altri amici», disse a mo’ di spiegazione la ragazza. «È stata una gran bella vacanza, anche se l’idea del tatuaggio commemorativo non è stata tra le migliori».
«Spero che sia qualcosa di estremamente imbarazzante».
«Una fatina dai capelli rosa, se vuoi saperlo, ma tu non la vedrai mai», rispose lei facendogli la linguaccia, «ad ogni modo, è sempre meglio del draghetto di Charlie, comunque. Quello sì che è imbarazzante».
Silenzio. Piton bevve altro caffè corretto, non avendo nulla da aggiungere.
«È una questione d’occhi, comunque» mormorò Tonks senza alzare lo sguardo dalla sua tazza.
E ora che farfugliava? Piton aggrottò le sopracciglia. «Cosa sarebbe, una brillante perla di saggezza del tuo defunto cugino?»
«No, lui parlava del naso», lo corresse Dora toccando la punta del proprio, che improvvisamente era diventato più grande e adunco. Che, osava prenderlo in giro su quel fronte? «Anche se immagino che dopo essersi trasformato in cane così spesso sia normale avere l’odorato particolarmente sensibile».
Severus s’impose di ignorare lo scherzo, sebbene simili prese per i fondelli lo irritassero da sempre e sbuffò. «Bene, e tornando al discorso originale, che vorrebbe dire?»
«Ah sì, dicevo che è una questione d’occhi; non il fatto che non verrò mai a letto con te – perché lo so che è da quando sono entrata che stai ripensando all’altra volta – perché sono dannatamente monogama, è che non posso mettermi con te per…»
«Una questione d’occhi, ho capito», concluse Piton per lei roteando gli occhi. «Ma continuo a non capire che diavolo vuoi dire».
«Vedi, a me piaceva l’immagine che Remus aveva di me: la vedevo nei suoi occhi, insieme al suo amore, ed ero felice. Per lui era lo stesso, ma poi ha cominciato a guardarmi diversamente, a credere che sarei stata infelice, triste», spiegò lei con l’amaro in bocca. «Io me ne sono accorta e ho capito che mi avrebbe lasciato, perciò eccomi qua in questa versione spenta color topo».
Patetico, ma sensato, ma ancora il mago non si spiegava perché avesse tirato fuori quel discorso. «Non capisco come questo c’entri con me», espresse ad alta voce.
Ninfadora sorrise, riprendendo il suo solito aspetto. «Scommetto che hai iniziato a disprezzarti il giorno in cui hai letto un simile sentimento negli occhi di Lily», questa volta disse il suo nome, senza vergogna, senza paura. «Vorresti rivederti come sapeva fare lei quando ancora eravate amici, qualunque cosa sia successa tra voi, ma io non potrei mai farlo. Per questo non potrebbe mai esserci qualcosa tra noi».
Colto di sorpresa, Piton dovette prendersi un attimo per mantenere il controllo. «Chiara e concisa», sibilò. E molto più saggia di quanto si sarebbe mai aspettato.
Tonks scrollò le spalle con un mezzo sorriso sarcastico. «Spero di averti convinto a non farmi altre avances. Anche perché Remus, che si nasconde dietro la porta», esclamò alzando d’improvviso la voce, «potrebbe anche non gradire».
Severus si voltò in direzione della porta, sorpreso, e vide il Licantropo venire allo scoperto con aria mesta. Anzi, era palesemente irritato. Merlino, ci sarebbe stato da divertirsi.
La ragazza rimase impassibile e continuò a bere dalla sua tazza. «Questa volta era sesto senso».



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Capitolo 4
*** Tre ***


Angoletto dell'autrice: Ed eccomi di nuovo qua, esami e quant'altro permettendo! Devo avvisare che questo sarà l'ultimo capitolo prima di agosto, perché venerdì partirò per le vacanze e starò via due settimane. Detto questo, buona lettura!
@Xela: Ciao! Beh, basta mostrare Tonks sempre impedita, in fondo è un Auror, no? ^_^ Se non facesse altro che inciampare nella vita sarebbe stata eliminata molto in fretta... Guarda, ogni volta che mi sento dire che evito l'OOC faccio la ruota come un pavone (di Lucius? XD), perciò grazie! ^^
@Daicchan: Grazie mille, spero ti piaccia anche questo! Tonks è un personaggio in cui mi immedesimo molto, se non si fosse capito. Io non sono così saggia, ma amo molto toglierla dai panni banali della ragazzina imbranata e infantile come per lo più viene descritta.
Ely: Figurati, per l'altra storia, è solo che ci sono diversi riferimenti a cose successe in quella, essendo un seguito, e magari senza la lettura può essere meno chiara... Il tatuaggio di Charlie... Ce l'avevo in mente da un pezzo, però penso di ripescarlo e usarlo da qualche parte: avevo in mente una emoticon che ho su msn, per lo più, è un draghetto con i lacrimoni, molto molto tenero... E molto molto buffo su un personaggio del genere! XD Io devo sempre scrivere qualcosa su Charlie e Tonks, me li immagino amici da ragazzi... e non solo. Ma se comincio un'altra longfic mi sparo! XDDDD
@Tina: Guarda, dovendo essere onesta l'idea di una rissa non mi piaceva proprio per niente. Anche perché Remus è ferito seriamente, sarebbe sciocco da parte sua rischiare in uno scontro fisico per nulla, vista l'imparità della situazione... Spero che comunque quello che ho architettato ti piaccia lo stesso.
@fennec: Ciao, ben trovata! Guarda, ti consiglio di cercare la mia storia Tullamore Dew, deve essere tra le più vecchie credo, perché questa è il suo seguito e dopo averla letta è tutto più chiaro. Anche la faccenda di Lily! ^^
@purepura: Ciao! Sono contenta che ti piaccia, ti ringrazio un sacco per i complimenti... Tullamore è una storia a cui sono molto legata, perciò mi sono presa del tempo prima di scrivere questa per continuare a rendere la stessa atmosfera anche con un personaggio importante come Remus in più. Lieta che lo scopo sia stato raggiunto! ^^




E si fecero in tre. Lui, lei, e l’acido terzo incomodo.
Il whiskey decisamente stava diventando indispensabile.
«Lupin, ti sei svegliato prima del previsto», commentò freddamente Severus per rompere il gelo che era calato nella stanza.
Il padrone di casa non lo guardò, aveva occhi solo per Tonks. «Le urla di poco fa», sospirò a voce bassa.
La ragazza fece spallucce: «Non voleva lasciarmi entrare, così ho dovuto insistere. Come stai, piuttosto?»
«Come un Lupo Mannaro maltrattato e punito per il tentato tradimento della colonia», rispose Lupin con una smorfia amara.
Nel vederlo così, Tonks cercava di farsi forza per non correre ad abbracciarlo; sentiva già gli occhi lucidi, ma era divisa tra la voglia di stare con lui e il desiderio di strigliarlo per bene per quello che le aveva fatto passare, quindi si limitò a domandare se voleva un po’ di caffè, corretto magari, ma Lupin scosse il capo.
Piton sbuffò e s’intromise, scocciato da simili perdite di tempo. «Bene, dopo questo festival delle ovvietà, posso portare a termine la mia missione? Vorrei tanto tornare a Hogwarts, così da lasciare libera la peste di tirarti i piatti».
«Sciocchezze, non sono così incivile», commentò Tonks con uno schiocco di lingua.
«Non ne sono così sicuro, ma ti concederò il beneficio del dubbio».
Remus sorrise appena, ma all’ultimo commento di Piton tornò serio. «Volevi farmi delle domande, se non sbaglio».
«Silente vorrebbe un resoconto preciso degli ultimi giorni nella colonia».
«Per l’amor del cielo, non hai visto come è conciato?», sbottò la ragazza sconvolta, «Non può aspettare? Insomma, Albus capirà…»
«No, non può, Dora», la interruppe Remus. «Spostiamoci in salotto, ho bisogno di sedermi».
Lei corse a sostenerlo, poggiando il suo braccio sulla propria spalla, e cambiarono stanza; lo aiutò a sistemarsi sul divano, ma non si sedette accanto a lui, preferendo la poltrona. Era ancora arrabbiata e ci teneva a ricordarlo.
«Sicuro di non voler sapere tutta la storia prima di cominciare, Lupin?», lo stuzzicò Severus senza riuscire a trattenersi. Ormai il danno era fatto, perciò perché trattenersi? «Non vorrei che mi saltassi alla gola per la gelosia».
Ninfadora fece per aprir bocca, ma Remus fu perfino più veloce: «Dora forse non comprende bene il suo valore, ma di certo non è così disperata. E anche se fosse, non ricopro più alcun ruolo nella sua vita che mi permetta di essere geloso di quello che fa o non fa, non più almeno. Certo, se Sirius fosse ancora qui prima la disconoscerebbe e poi verrebbe da te per finire il lavoro», disse con voce pacata, «ma io non sono il tipo».
Stranamente, la ragazza sembrò più inviperita per la risposta del mago che amava che per le insinuazioni di Piton, come al solito fuori luogo, ma cercò comunque di minimizzare e si alzò per prendere la bottiglia di whiskey.
«Non bere a stomaco vuoto», le disse dietro Remus con fare premuroso, «lo sai che i Metamorphmagi non reggono bene l’alcol».
Severus vide la ragazza fermarsi per un attimo e tremare, ma non disse nulla. Ecco spiegato il motivo per cui aveva tanto insistito a prendere le patatine fritte la volta precedente, per non finire ubriaca davanti a lui! Si rivelava ogni minuto un personaggio più interessante, quella ragazzina.
Ancora stupito, spostò lo sguardo dalla schiena della ragazza al mago che gli sedeva di fronte, che aveva una faccia che non prometteva niente di buono.
«Quanto a te, ora che è di là», sibilò Remus allungandosi verso di lui, «mi dirai tutto quello che le hai fatto, o giuro sulla memoria di James e Lily che ti uccido con le mie stesse mani».
«Ancora sensibile al feromone, Lupin, o ti senti minacciato ora che il tuo terreno di caccia non sembra essere così inviolato?», lo canzonò senza paura. «Non è successo nulla, comunque: lei si è detta… Ah sì, maledettamente monogama, anche se non ho idea se si riferisse ancora a te o no. È una ragazza più carina di quello che appare a prima vista, sai, se uno riesce a non badare ai suoi modi un po’ mascolini».
«Non per sconvolgervi, ma non è che i Metamorphmagi diventino improvvisamente sordi cambiando stanza», osservò Tonks ricomparendo tra i due, con in mano la bottiglia di Jonnie Walker e un piatto di biscotti della scorta portata da Dobby. «E poi tu non sei mio padre», aggiunse rivolta a Remus, «perciò non hai diritto a impicciarti della mia vita privata, se non vuoi stare con me».
Era stata odiosa, se ne rendeva perfettamente conto, eppure non aveva saputo trattenersi. In fondo, aveva anche il diritto di essere cattiva, visto che quell’uomo l’aveva lasciata senza neanche permetterle di dire la sua!
Lupin sembrò incassare piuttosto bene la frecciata, forse perché dentro di sé sentiva che la ragazza non aveva poi tutti i torti. Era meglio che lo detestasse, o almeno di questo si era convinto negli ultimi mesi, ma se si fosse buttata nelle braccia di Piton… No, orribile prospettiva!
«Scusate se interrompo l’idillio, ancora», sospirò Severus, che cominciava a spazientirsi, «ma gradirei tanto rientrare a Hogwarts prima che faccia giorno».
Remus si sistemò meglio sul divano facendo una smorfia di dolore ma che, con attenzione, poteva anche essere interpretata come disgusto. Piton fu consapevole di essere improvvisamente ritornato a essere più sgradevole della Weasley o di Madama Chips, ma poco importava. Fissò il Mannaro con attenzione, aspettando che fosse lui a cominciare la discussione.
«Che cosa vuoi sapere, esattamente? Non ho molte informazioni in più rispetto all’ultimo incontro con Silente».
Piton alzò le spalle. «Di preciso, quanti sono i Mannari realmente convinti della direzione in cui Greyback sta portando la colonia? Lui… Si fa spesso vanto davanti all’Oscuro di avere almeno un centinaio di Lupi pronto a seguirlo anche in capo al mondo».
«Sciocchezze, la colonia è molto più piccola e quelli decisi a dare ragione a Greyback sono ben pochi: l’istinto del branco mira alla sopravvivenza del maggior numero di individui, non so se mi spiego, e di certo questo non è possibile combattendo dalla parte di Voldemort».
«Hanno paura?», domandò Tonks. «O vogliono battersi per noi?»
«No, nessuna delle due; nella loro ottica sarebbe meglio vivere senza badare agli umani: non mirano certo al potere sul mondo o allo sterminio della specie, vogliono stare in pace e non badare alle nostre questioni».
«Le nostre?», ripeté sardonico Piton, come a rimarcare in quale gruppo dovesse collocarsi il padrone di casa.
Remus non vi badò, sospirando profondamente: «Soprattutto le femmine sono scontente», continuò, «nella natura del branco, dovrebbero essere loro a gestire ogni questione relativa alla vita del gruppo. I maschi possono fare la voce grossa, certo, ma sono le femmine a tenere uniti gli elementi, a procurare il cibo e tutto il resto. Per questo un solo maschio che pretende di fare il bello e il cattivo tempo senza neanche prendere in considerazione le opinioni degli altri non può durare a lungo in una simile società».
«Come le capisco, certi maschi che vogliono fare tutto di testa loro sono davvero insopportabili», disse Tonks a voce alta senza rivolgersi a nessuno dei due maghi in particolare, tanto per fare la difficile.
«Possono costituire un pericolo reale?»
«Se Voldemort decidesse di attaccare solo nelle notti di Luna Piena, forse, ma per il resto del tempo non sono molto pericolosi. Greyback è un’eccezione, può tramutarsi anche senza luna, almeno parzialmente, ma è un dono tutto suo», rispose Remus. «Per il resto, noi Licantropi non siamo un rischio reale; certo, se fossero addestrati nella magia…»
«Ma tu sei l’unico che abbia mai tenuto una bacchetta in mano», finì per lui Piton, «perciò sono inutili quanto un gruppo di Babbani, senza la luna in cielo. Perché ti hanno aggredito così? Voglio dire, il perché lo capisco, ma come hanno fatto a scoprirti?»
«È stato Greyback, lui mi ha riconosciuto subito, al mio arrivo, ma ha voluto permettermi di continuare la recita, per vedere quanto sarei riuscito a spingermi in là, suppongo».
Piton alzò un sopracciglio, scettico. «Ne sei sicuro? Voglio dire, non è che Greyback spicchi per intelligenza; almeno, davanti a me non ha mai fatto parola di una spia nella colonia».
«Forse non voleva apparire inetto davanti agli occhi dei tuoi amichetti, Severus», fu la risposta sarcastica di Remus, che iniziava a essere stanco.
La voglia di riposare gli era del tutto passata, dopo le insinuazioni dell’altro mago, e se si era mantenuto calmo era solo perché Tonks era presente.
Inoltre, la ferita tirava e razionalmente sapeva che non era ancora pronto a uno scontro fisico. Peccato. «Ad ogni modo, neanche lui è particolarmente entusiasta di servire Voldemort; vorrebbe essere lui il capo, certo, ed essere considerato inferiore a voi burattini lo infastidisce molto… È una mina vagante, per usare un’espressione dei Babbani, e non aspetta che il momento più adatto per esplodere».
L’unica cosa che preoccupava seriamente Remus, in realtà, era la politica sempre più restrittiva che il Ministero attuava verso i Mannari: se le cose fossero peggiorate ancora, molti più reietti avrebbero seguito Greyback nella sua folle crociata. Quella dannata Umbridge, non riusciva a capire che non era il momento migliore per inimicarsi creature potenzialmente molto, molto, molto pericolose!
Quando espresse tutto ciò ad alta voce, fu Tonks a roteare gli occhi: «È una pazza, non capisco perché Scrimgeour non abbia colto l’occasione per fare pulizia nel Ministero e liberarsi di certa gentaglia».
«Speravo che ciò che le è successo a giugno nella Foresta Proibita la tenesse lontana più a lungo dal Ministero», confessò Remus, «ma come racconta Rita Skeeter, è tornata subito al lavoro per rimettersi prodemente dalla sua tragedia».
«L’unica tragedia è che i Centauri non hanno picchiato abbastanza duro», disse Tonks tra i denti. Non erano solo le leggi contro i Lupi Mannari che la disturbavano, ma tutti gli atteggiamenti senza controllo che quella pazza teneva, nei confronti di ogni essere che non fosse per lei abbastanza puro nel sangue e nelle origini.
E con una Metamorphmaga con sangue babbano nelle vene figlia di una traditrice della specie com’era lei, quella psicopatica sapeva essere davvero cattiva. Figuriamoci se avesse saputo che frequentava un Licantropo… Aveva frequentato, meglio usare i tempi verbali giusti e non illudersi.
«L’Ordine che può fare?»
«Per chi, loro? Non abbiamo né il tempo né le risorse per aiutarli, e in ogni caso loro non gradiscono che i maghi s’impiccino dei loro affari. La cosa migliore che possiamo fare è uccidere Greyback e liberarli dalla sua influenza».
Remus ora guardava per terra, duro, i denti serrati, e il suo aspetto fece preoccupare la ragazza, che di nuovo dovette stringere i braccioli della poltrona per non scattare al suo fianco. Sapeva perché lui aveva detto quelle parole, lo aveva visto altre volte così, ad ogni riunione dell’Ordine in cui si era parlato degli attacchi di quel mostro.
Tonks non conosceva tutta la sua storia, era qualcosa di così terribile che probabilmente il mago non l’avrebbe mai confessata a nessuno, tuttavia sapeva che era stato attaccato da bambino perché il Licantropo voleva vendicarsi di uno sgarbo fatto dal signor Lupin e che era stato fortunato a salvarsi dal rapimento.
La maggior parte dei ragazzi e bambini morsi da Greyback venivano poi portati via e cresciuti come lupi… Tonks non poteva neanche pensarci.
«Noi Auror accorriamo a ogni segnalazione, ma spesso è troppo tardi, quando raggiungiamo il posto lui se n’è già andato», mormorò rivolta al suo ex-fidanzato. E molto spesso con lui sono sparite le sue vittime, pensò, atterrita. «Quanti bambini ha portato alla colonia? Sono arrivate diverse denunce di scomparsa, ma…»
«Ma non sapete quanti Babbani sono spariti, o se ce ne sono altri per cui non è stata fatta denuncia», finì Remus per lei, sempre guardando il pavimento. «Non ne ha portati molti, nel periodo in cui sono stato là, ma potrebbe avere altri nascondigli in cui li tiene e li addestra; ogni tanto compaiono alcuni ragazzi, giovani e sbandati, che non fanno parte del branco e che lo seguono abbastanza ciecamente. Potrebbero essere quelli i fidati guerrieri di cui si pavoneggia, Piton».
Il mago sbuffò, incredulo: proprio una quisquilia da tralasciare! Iniziava a sentirsi di troppo, il che era sempre irritante, in quel tenero quadretto; Tonks poteva anche fare l’offesa, l’arrabbiata, e Lupin ugualmente continuava a fingere che la presenza della ragazza gli fosse d’impiccio, eppure sembrava annusare l’aria nella stanza per percepire il suo odore, quasi disperato.
Patetico. Patetici entrambi.«E se la tua ragazza non avesse posto il problema ti saresti dimenticato di dirmelo? Mi sembra davvero una cosa di poco conto».
«Ho visto tante cose, laggiù, e ora fare mente locale su tutto non mi è semplice. Chiedi e cercherò di risponderti», lo rimbeccò Lupin con tono freddo. «C’erano solo un paio di bambini, Dora, e sembravano abbastanza spaventati per essere stati rapiti dopo il morso, ma sono stati affidati alle femmine e non ho mai avuto il motivo né l’occasione per avvicinarli. Se mi porti le fotografie degli scomparsi, potrò indicarti se si tratta di alcuni di loro».
«Così potrò comunicare altre brutte notizie a famiglie disperate, fantastico», commentò Dora, per niente entusiasta. Faceva parte del suo lavoro, però, quindi si sarebbe adeguata.
Meglio buttare giù un altro po’ di whiskey.
«Secondo me non stai raccontando tutta la verità, Lupin», esclamò ad un tratto Piton con voce più arcigna del solito, «Greyback si è vantato spesso di voler ripopolare il mondo di lupi, di aver dato il via a una sorta di programma degli accoppiamenti per accrescere il branco».
Era tutto vero, quel pazzo aveva spiegato di come cercasse di obbligare i membri della colonia a procreare, perché bramava di eliminare il più rapidamente possibile ogni stilla di sangue umano ancora presente nei suoi sottoposti: anche mordere e bambini non era abbastanza, per lui, perché ai piccoli neofiti rimaneva un ricordo di una vita precedente, dell’amore della famiglia originaria…
Aveva provato a mordere dei ragazzi e a lasciare che i parenti li rifiutassero, prima di ricomparire nelle loro vite, ma a quell’età erano troppo ribelli e, inoltre, avevano già ricevuto una parte dell’istruzione magica che li allontanava dal mondo dei Licantropi.
«Per questo vuole aumentare il numero dei piccoli lupi: i figli di due maledetti dovrebbero seguire la stessa sorte già prima della nascita, ho ragione?», domandò Severus al padrone di casa, che si era fatto più pallido. «E se così non fosse, sarebbe pronto a morderli già da piccolissimi, perché si convincano di essere stati così da sempre. Nonostante sia sempre più convinto che voglia solo assaggiare carne più tenera, mi riesce difficile pensare che con un altro maschio mediamente giovane, forte e sano non abbia deciso di darti una femmina con cui dare il tuo contributo».
Anche Tonks sbiancò, nel sentire quelle parole.
Mediamente giovane. Chissà da dove gli era uscito, pensò Piton, visto che erano quasi coetanei.
Sì, ma sono proprio quei due o tre mesi che cambiano le cose!
Lanciò uno sguardo di sottecchi alla ragazza, che stava stringendo con forza i braccioli della poltrona, questa volta per motivi diversi. Tonks se ne accorse e ricambiò con odio, puro e semplice odio.
«È la verità?», domandò seccamente a Lupin, che ora stava di nuovo fissando il pavimento. La ragazza non lo guardava, non voleva: aveva occhi solo per Piton, ed erano colmi di disprezzo.
Così simili a quelli di Lily dopo quel disgraziato pomeriggio…
«Ci ha provato, anche se lei non era molto d’accordo. Se avesse dovuto decidere, credo che non mi avrebbe neanche toccato. Non è successo niente, non è andata», mormorò infine, pieno di vergogna.
Aveva riso di lui, la giovane lupa, lo aveva apertamente canzonato dicendo che aveva visto giusto nel non volerlo come compagno. Solo quando lo aveva guardato negli occhi, spiegò, si era resa conto della verità. «Sei innamorato», aveva mormorato la ragazzina, sorpresa.
Come avesse fatto a capirlo, Remus non lo sapeva, ma da quel momento aveva cercato di scoprire l’identità della sua donna. «Le ho detto che si trattava di un vecchio amore, e che lei era morta da tanti anni, e allora si è quietata. Due giorni dopo, però, Greyback ha provato a infilare uno dei suoi ragazzi nel mio letto, tanto per vedere se fossi di gusti diversi. Che animale».
«Mi hai fatto morire?», sibilò Tonks, per niente convinta.
Remus alzò lo sguardo e la osservò, infastidito.
«Ho dovuto: temevo che qualunque cosa le avessi detto sarebbe arrivata a Greyback», le spiegò con pazienza e paura allo stesso tempo, «non volevo farti correre dei rischi inutili. Quella bestia sarebbe stato capace di morderti solo per portarti da me e obbligarmi a rimanere là».
Piton roteò gli occhi, nauseato: «Hai detto che ti aveva riconosciuto subito…»
«Appunto: io sono il suo fallimento, il figlio che gli ha voltato le spalle e ha preferito gli umani alla sua via. Trovare il modo per farmi restare alla colonia, a vivere sotto i suoi ordini e a comportarmi come un mostro per lui sarebbe stato il massimo. Costringere il figliol prodigo a tornare a casa, ne sarebbe entusiasta».
Remus terminò così la sua spiegazione, sperando che fosse abbastanza; non voleva confessare di aver mentito ancora, né che il suo istinto di lupo aveva preso il sopravvento, quella notte, e che soltanto a metà era riuscito a fermarsi, prima di andare incontro a spiacevoli complicanze ma troppo tardi per non sentirsi colpevole. Il resto era vero, la ragazza che aveva compreso perché non era riuscito ad andare fino in fondo e lo scherzetto di Greyback.
Avrebbe potuto dirlo, davanti a lei, così l’avrebbe persa per sempre, come aveva sperato mesi prima, quando ancora non era stato decisa questa missione nella colonia.
Dora l’avrebbe odiato, a sapere la verità, ma quella notte… Era grato che lei fosse lì, con lui, malgrado le strane cose che era venuto a sapere origliando dietro la porta e che gli facevano ribollire il sangue. Aveva creduto che la sua presenza sarebbe stata solo peso, un fastidio in più in quella situazione già abbastanza misera di per sé, ma con sua stessa sorpresa si era sentito felice nel vederla. Tonks aveva sempre la capacità di farlo stare meglio, malgrado non riuscisse a sostenere il suo sguardo carico di tristezza e rabbia. Eppure... Doveva chiarire qualcosa, prima.
«Non sono l’unico che ha qualcosa da raccontare, vero?», disse alla fine, tornando a essere più duro e controllato. «Avanti, è una storia che gradirei davvero ascoltare».




Eccoci qua... Ci sentiamo presto, allora, purtroppo tra esami e altri impegni prima di partire non riuscirò a fare altri aggiornamenti. Buone vacanze a tutti!

Rowi
d

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Capitolo 5
*** Quattro ***


Angoletto dell'autrice: Sì, avevo detto che questo capitolo sarebbe arrivato mooooolto presto. Ne ero seriamente convinta, quando l'ho detto, ma inaspettatamente mi sono incartata. Perché come dice una mia amica, la fregatura delle frecciatine è che potrebbero continuare all'infinito, e io avevo isogno di impedirmi che la cosa si cristallizzasse troppo. Il finale di questa storia mi piace, ne sono molto soddisfatta, e spero che sia così anche per voi. Mi spiace per chi ha aspettato, ma essendo io stessa la mia prima lettrice, mi permetto di non pubblicare, se quello che scrivo non mi convince. Detto questo, buona lettura, e alla prossima storia.

Rowi

A sentire quella richiesta, il pensiero di Piton fu di compatire Lupin per la sua inclinazione a essere così tristemente monotematico.
Tonks, invece, fu sul punto di esplodere: come si permetteva, come poteva essere così insistente, curioso, e poi sostenere di non essere più innamorato di lei?
Era stanca, stanca di lottare con Remus e i suoi complessi, stanca di non capire cosa c’era ancora tra loro, di tutto quanto stava accadendo in quel mondo sempre più scuro e pericoloso.
Inoltre, la ragazza odiava l’incoerenza; certo, era lei la prima spesso a non comportarsi in maniera sensata rispetto ai suoi principi, ma non sopportava che il mago prima negasse di farsi problemi sul suo possibile nuovo compagno, solo per poi minacciare quest’ultimo alla sua prima assenza.
Certo, Piton come rimpiazzo la faceva sembrare veramente disperata… Ma di chi sarebbe stata la colpa, se fosse stata così disperata da arrivare a tanto?
Si chiedeva di cosa Remus esattamente potesse essere tanto geloso; forse del loro modo di chiacchierare che avevano instaurato così in fretta, con il professore che la prendeva in giro ma che, allo stesso tempo, sotto la solita acredine, la rispettava. Lei, d’altro canto, gli rispondeva in maniera calma e controllata, in modo così diverso dal solito, dalle sue uscite abituali…
Presa da tutti questi pensieri, Tonks guardò il suo compagno di sottecchi: il lupo forse poteva essere infuriato all’idea che lei, che nell’ottica distorta dell’istinto animale doveva essere la sua femmina, fosse andata a letto con un altro, ma conosceva a sufficienza l’uomo per sapere che soffriva al pensiero di quell’anomala complicità. Uomini, proprio strani.
«Ti ho già detto più volte che non sono affari tuoi, oltre al fatto che non c’è niente da dire», disse alla fine con voce piatta. «Non ci siamo dati un appuntamento».
Piton fino a quel momento era rimasto in silenzio, curioso di vedere come la ragazza avrebbe reagito alla richiesta del Licantropo; deluso, fece per dire la sua, quando lo sguardo di Tonks lo congelò con un chiaro messaggio per il suo istinto di sopravvivenza. Taci.
Doveva continuare a essere spettatore, dunque, e la cosa non gli piaceva affatto. Lupin dal canto suo fissava il pavimento; dalla sua faccia, però, non premetteva nulla di buono.
Cominciavano a sconfinare nel ridicolo, ne era consapevole: se ne sarebbe andato al volo, se non avesse comportato sembrare un vigliacco in fuga.
«Se non c’è stato niente, non c’è ragione di fare tante storie per raccontare», biascicò alla fine il lupastro, «inoltre, prima ho sentito di una proposta per condividere il letto, da quando per te questo è niente?»
«Forse, da quando l’attribuirvi una certa importanza mi ha portato a soffrire come un cane», ribatté Tonks sempre più acida e arrabbiata. Se Lupin non fosse stato così accecato dalla gelosia, avrebbe potuto notare i suoi occhi lucidi.
«O forse perché non c’è stato nulla più di una proposta messa lì senza troppa intenzione e rifiutata con la stessa leggerezza, Lupin», scandì con particolare attenzione a ogni sillaba Piton.
La ragazza lo fissò con odio, come se le avesse rovinato la festa.
«Per favore, quanto ancora avevi intenzione di tenerlo in sospeso con questa storia? Ci hai messo molto meno a dire di no», continuò il mago deciso a uscire da quella fastidiosa situazione il prima possibile.
«Perché, voi uomini avete il diritto di cambiare le Gobbiglie in tavola in ogni momento ed io no? Sono stufa di tutto questo!»
Remus si sentì di nuovo messo in un angolino, da parte, quasi di troppo. Sentì il morso della gelosia stringerlo, proprio come quando si era svegliato sentendoli discutere e si era alzato in silenzio, per origliare.
Non aveva capito, inizialmente, credeva di essere sotto l’effetto delle pozioni di Piton e di stare sognando. In fin dei conti, perché Tonks avrebbe dovuto parlare con lui?
Si detestavano, era palese a tutti… Perciò, perché quel tono confidenziale, quasi da amici, ben oltre il solito modo che avevano di discutere come persone che non speravano altro che la disfatta reciproca?
Si era alzato lentamente, assicurandosi di non produrre rumore, facendo attenzione perché non saltassero le medicazioni. Il dolore era atroce e il suo istinto non era stato particolarmente felice di essere messo a dormire forzatamente. Era una cosa che gli dava sempre fastidio, prendere sonniferi e cose del genere, gli lasciava sempre una certa rabbia latente addosso.
Non aveva voluto credere alle sue orecchie, all’inizio, neanche per considerare la possibilità che quello che stava udendo fosse vero. Il lupo avrebbe voluto saltare nella stanza, combattere, far abbassare le orecchie a quel rivale inaspettato in qualunque modo possibile… Beh, trattandosi di Piton forse anche il suo lato cosciente e umano lo desiderava, a volte.
Poteva capire che Tonks fosse così decisa a non rispondergli? Sì, aveva un carattere tale, con quello che avevano passato insieme e che lui soprattutto le aveva fatto subire, ma non si sarebbe mai aspettato che Ninfadora potesse godere nel vederlo stare sulle spine a quel modo.
Razionalmente, era davvero convinto che la strega avesse il diritto di fare ciò che più le andava, ma essendo ancora innamorato di lei… Per Merlino, si sentiva impazzire al solo pensiero che un altro la toccasse.
«L’ho portato al pub dopo una riunione dell’Ordine», ammise la ragazza con riluttanza, sentendo improvvisamente il bisogno di liquidare quella storia in fretta. «C’era la Luna Piena e io non voleva stare sola, ma allo stesso tempo non mi andava la maggior parte della gente che era a Grimmauld Place. Immagino che tu mi capisca».
Sì, certo, era lo stesso motivo per cui in un qualche e strano modo si era sentito sollevato, malgrado tutto, quando era stato Piton a varcare la sua soglia, mandato da Silente. I loro amici erano tutte brave persone, ma avevano la tendenza di lasciarsi andare alle frasi fatte, senza neanche cercare di capire la situazione dal loro punto di vista.
Buona parte dei membri dell’Ordine, pur apprezzando entrambi, non trovava accettabile la loro relazione.
Tuttavia, Remus non riuscì a fare altro se non a porre una domanda stupida. «Al pub? Il nostro?»
«Sì, il nostro, è dietro il numero 12 e il personale è abituato a vedere personaggi abbastanza strani da non farsi problemi alla nostra vista», rispose Tonks senza guardarlo negli occhi. Sapeva cosa intendeva il suo uomo: la stava silenziosamente accusando di aver portato Piton in un posto loro, dove avevano passato delle belle ore sia con Sirius che da soli.
«Qual è il problema, ho profanato il vostro posto segreto?», domandò con scherno Severus, capendo a sua volta cosa disturbasse il Licantropo.
Remus strinse i pugni, cercando di controllarsi.
«Smettila di essere così odioso; avevamo un accordo, mi pare».
«Davvero? Non mi pare comprendesse anche il tuo lunatico fidanzato».
Ripresero a battibeccare, mentre il padrone di casa li osservava, sempre provando un certo disagio, quando la vista gli si annebbiò, si sentì mancare all’improvviso…
«Remus!», esclamò Tonks notando che era privo di sensi, prima di rivolgersi a Piton. «Che cos’ha?» la ragazza corse a soccorrerlo, visibilmente spaventata; l’aveva visto cadere di colpo, senza che neanche provasse a fermare il proprio corpo prima di finire a terra.
Il mago la scostò sbuffando, per accertarsi delle condizioni del suo paziente. «Sai quando dicevo “è ferito, stanco, dorme per recuperare le forze”? Ecco, era esattamente questo che temevo».
«Non sei divertente», commentò lei tornando a fissare il povero Licantropo.
«La medicazione è a posto, ma sarebbe più saggio rimetterlo a letto. Effettivamente, tutte queste emozioni non sono la medicina migliore per le sue condizioni».
Se non ci fosse stato l’uomo che amava a terra e bisognoso d’aiuto, Tonks avrebbe preso a pugni il suo ex professore di Pozioni come riteneva che meritasse; come poteva essere così meschino? Lei era certamente responsabile dello stress di Remus, ma non era la sola!
«Stai zitto e dammi una mano», biascicò stizzita, mentre afferrava il corpo del mago per un braccio, sotto un’ascella, per tirarlo su.
Piton scosse il capo: «Rischiamo che la sua ferita si riapra, in questo modo. Lascia fare a me, io non ho problemi a usare la magia».
«Potresti evitare», fu il sussurro della giovane strega, mentre guardava l’altro che estraeva la bacchetta da una tasca e faceva levitare Remus fino alla sua stanza da letto. Riconobbe che, se fosse stata lei a compiere l’incantesimo, lo avrebbe lasciato cadere a metà strada, o almeno lo avrebbe fatto scontrare contro gli spigoli delle pareti, pasticciona com’era, eppure…
Si sentì inutile, come spesso le capitava in quel periodo, e non poté fare altro che seguire Severus nella camera e attendere il suo responso.
I due mozziconi di candela accesi sul comodino illuminavano sinistramente il volto emaciato del mago svenuto, le sue profonde occhiaie e diverse rughe che la ragazza non ricordava così profonde. Era stata così egoista da concentrarsi su ciò che avevano lasciato in sospeso alla sua partenza, sul proprio dolore, sull’angoscia che aveva provato in quei mesi… Ma cosa aveva affrontato l’uomo che amava, in quel lungo periodo d’isolamento da qualunque persona che provava affetto e stima per lui?
Piton gli aprì la camicia e controllò le bende, che almeno esteriormente apparivano pulite. «Sì, la mia fasciatura è a posto, ma immagino che questo idiota stia soffrendo parecchio, tra un attacco di gelosia e l’altro; quando sono arrivato qui era allo stremo delle forze, perciò non mi sorprende che sia caduto in quel modo».
Senza commentare, Tonks si sedette sul letto e prese una mano del mago tra le sue e se la portò alle labbra; a quel contatto, Remus aprì gli occhi, cominciando a riprendere conoscenza.
«Dora…»
«Non parlare, stupido. Mi hai fatto prendere un colpo, lo sai?», gli domandò con un filo di voce. «Come ti senti?»
«Peggio di prima, conta come risposta?», replicò con voce impastata.
Tonks si voltò verso l’altro uomo, che nel frattempo si era scostato dai due, e gli domandò se in tutto quel ben di Dio che aveva fatto portare ci fosse un po’ di brodo. «Deve mangiare».
«No, ho voglia solo di carne», disse Remus lentamente, quasi vergognoso.
«Un po’ di brodo di pollo ti farà bene e metterà d’accordo tutti», fu la replica gentile della ragazza, che ripeté la sua richiesta implicitamente con lo sguardo al mago. Piton decise che non era il momento di polemizzare, in fondo il Mannaro non poteva ancora concedersi il lusso di tirare le cuoia, e andò in cucina a cercare quello che aveva chiesto la strega.
Fece con tutta la calma che gli era possibile, osservando con cura ogni piatto sul carrello e assaggiando qua e là le pietanze che aveva visto qualche ora prima sulla tavola degli insegnanti a Hogwarts, prima di concentrarsi sul brodo. Lo scaldò un poco con un tocco di bacchetta – per un attimo gli venne in mente di portarlo a temperatura di ebollizione per fare un tiro mancino a Lupin, ma ci ripensò subito all’idea della reazione di Tonks – cercò un cucchiaio nel primo cassetto della credenza e si apprestò a tornare in camera.
Era sulla soglia, quando vide che i due piccioncini erano ancora come li aveva lasciati, ma evidentemente avevano approfittato della sua assenza per passare a un discorso più intimo e personale. Sussurravano, sempre tenendosi le mani, e senza staccare lo sguardo dal volto dell’altro.
Si fece forza per entrare, sentendosi davvero di troppo, e posò la ciotola sul comodino accanto alle candele senza parlare, poi tornò in salotto. Un ultimo sguardo alla coppia e vide Tonks che prendeva il cucchiaio e con una risata tentava di imboccare il lupastro.
Perché quella fitta al cuore, così improvvisa? Piton non riusciva a capire. Razionalmente era consapevole di non aver minimamente bisogno di quel genere di attenzioni, anzi, un comportamento del genere dalla ragazzina che fino a qualche minuto prima difendeva la propria indipendenza sentimentale… Sì, gli provocava il solito senso di nausea che lo coglieva quando scopriva qualche coppia di studenti nascosta tra i cespugli o negli angoli più bui dei corridoi per scambiarsi qualche acerba e immatura effusione romantica.
Eppure, in qualche modo la scena a cui aveva appena assistito lo faceva sentire in difetto, oltre che pieno d’invidia. C’era stato un tempo in cui aveva voluto una persona accanto a sé che si prendesse cura di lui, che lo amasse… Aveva scelto un’altra via, però, che quella persona non poteva accettare.
E alla fine, alla fine si era macchiato del sangue di quella persona.
Lily.
Stava avendo una vista di quella vita di coppia che forse avrebbe potuto avere e a cui aveva rinunciato per inseguire l’illusione del potere?
Fu proprio in quel momento che ricomparve Tonks in punta di piedi. «Ha mangiato qualcosa e ora si è rimesso a dormire… Spero che riesca a riprendere le forze».
«Forse gli farebbe bene prendere un’altra dose di sonnifero».
«A meno che tu non abbia un sedativo da Licantropi...» commentò la ragazza un poco annoiata. «Credo che nel suo stato i normali calmanti da umani non gli facciano effetto».
«Non gli cantare la ninna nanna, ti prego».
Se Tonks non fosse stata consapevole che Remus stava dormendo e che aveva bisogno di silenzio, avrebbe attaccato una scenata: si lasciò cadere sul divano occupato prima dal suo compagno, invece, guardando Piton con disprezzo.
«Stai perdendo tutti i punti che hai guadagnato l’altra volta, sappilo», commentò poi tornando a guardare in direzione del corridoio.
Piton alzò le spalle, prima di servirsi un bicchierino di whiskey. «Secondo te la cosa mi sconvolge tanto?»
«Secondo me sì, ma in fondo in qualche masochistico sistema godi nell’allontanare tutti da te».
Il sapore amaro del liquore e soprattutto l’alcol gli bruciarono la gola. Come faceva quella ragazzina a leggergli dentro con tale facilità? «Non so di cosa parli».
«Farò finta di crederti, o forse ti concederò il beneficio del dubbio».
«Non dovresti legarti al dito le battute in questo modo».
Fu Tonks ad alzare le spalle, con un sorrisetto. «Tu non dovresti essere così stronzo, ma nessuno è perfetto. Ora prendi il cappotto e usciamo».
«Perché, vuoi ripetere l’esperienza al pub così da dare un ulteriore motivo di disperazione al tuo ex fidanzato?», domandò Piton con scherno. Lo aveva stupito sinceramente come Lupin era rimasto turbato dal luogo scelto da Tonks per la loro chiacchierata: la ragazza aveva detto che ci si era recata spesso con lui e con Black, quand’era vivo, quindi probabilmente era diventato il santuario dei ricordi del povero martire… Non gli importava.
La strega però sembrava decisa a non farsi mettere i piedi in testa: «No, perché Remus ha bisogno di riposare ed io non voglio fare altre scenate».
«E se avesse una crisi? Le sue condizioni non lo fanno pensare, ma potrebbe peggiorare…»
«Ho lasciato il mio Patronus di sentinella, non è il più bello esteticamente ma non fallirà». Era legato ai ricordi felici con Remus, d’altronde, non sarebbe svanito neanche tra centinaia di Dissennatori.
Tonks si alzò per prima e s’infilò il cappotto, intimando al mago di fare altrettanto.
«Eri pronta a fargli la festa, poco fa, ora che è successo?»
«Oh, posso aspettare qualche giorno, il tempo perché si sistemi e possa discutere per bene», commentò con aria distratta la strega; forse nel delirio o nella scarsa lucidità delle sue condizioni, Remus aveva parlato a ruota libera in quei pochi minuti d’intimità che si erano concessi. Non era arrivato ad ammettere che aveva fatto un grosso errore ad abbandonarla com’era successo, ma forse ci sarebbero arrivati.
Certo la sua lotta per vivere l’amore che voleva non finiva lì, ma non era il momento, non davanti a un soggetto come Piton, che avrebbe poi usato qualunque parola udita contro di loro.
Scesero le scale della palazzina continuando a lanciarsi frecciatine velenose, com’erano abituati a fare, e allora la ragazza capì: quella sera al pub, il mondo si era ristretto a loro due.
Due individui soli che cercavano un po’ di calore, anche se non nello stesso senso. L’ingresso di Remus in quel delicato equilibrio aveva sbilanciato quei pochi compromessi che avevano raggiunto.
E la loro strana, assurda intesa non era comprensibile dall’esterno, bastava vedere come l’idea di una proposta per passare la notte insieme aveva sconvolto Remus. Lui non era presente in quel vicolo, pensò, non aveva sentito né visto come Piton si era fatto subito da parte nel vedere come non era interessata.
Scesero in strada e Tonks osò dare una spintarella a quel bacchettone insopportabile, libera finalmente di sfogarsi senza doversi preoccupare di dare fastidio. Piton sembrò poco contento, ma la freddò con un’altra battutina, prontamente rispedita indietro.
Come si poteva avere apprensione sulla natura del loro rapporto? Avevano solo trovato un modo per non uccidersi a vicenda ogni minuto!
Quando Tonks si voltò, tuttavia, vide che non solo Remus non si era addormentato, ma era alla finestra e li stava fissando. Riconobbe la sua sagoma illuminata appena dalla luce delle candele, ma non il suo viso. Poteva solo pensare che stesse immaginando il peggio.
«Cos’hai visto nei suoi occhi, Ninfadora?», le chiese Piton notando cosa aveva attirato la sua attenzione.
«È confuso», rispose con una vocina sottile sottile, «non credo sappia nemmeno lui cosa sente».
Silenzio. Il mago non sapeva cosa dire, anzi, si stava chiedendo perché s’interessasse di quello che le passava per la testa.
«Allora ci salutiamo l’altra volta, con una stretta di mano e via?», domandò la ragazza con aria più indifferente. Che la serata l’avesse sconvolta era fuori questione, ma che volesse darlo a vedere… Era un altro problema.
«Fai tu: la mia proposta è sempre valida, lo sai».
Tonks scosse la testa, senza sapere se arrabbiarsi o ridere della situazione. «Perché, portarmi a letto dopo questa serata significherebbe qualcosa di più? No, per carità: se Remus lo venisse a sapere, ti avrei sulla coscienza».
Piton aveva la faccia di chi non credeva di essere più di tanto in pericolo. «Addirittura?»
«Per me possiamo anche fare una prova», disse Ninfadora guardando il cielo. Un sottile spicchio di luna brillava tra una miriade di stelle, lontanissimo. «Poi però non dirmi che non ti avevo avvisato».
«È un rischio che non ho intenzione di correre. Allora buonanotte, Ninfadora», rispose con garbo distaccato il mago. Era stanco, voleva andare a dormire; una pozione per un sonno senza sogni così da accantonare i pensieri di quella sera e via.
«Buonanotte, pipistrellone», sghignazzò la ragazza prima di Smaterializzarsi. Ricomparve non ai confini di Hogsmeade, come il mago suppose, ma molto più vicino di quanto potesse immaginare.
Nella stanza, Tonks notò che Remus si era rimesso a letto e, senza dire una parola, si stese accanto a lui, dopo essersi tolta gli stivali.
«Se l’è bevuta», mormorò qualche minuto dopo allungando un braccio a cingere l’uomo, che le dava le spalle.
«Potevi andare via con lui».
«E dove? Preferisco stare qui, e Piton è una compagnia da sorbire a piccole dosi».
Remus le prese la mano, felice e allo stesso tempo ancora preso… Dalla gelosia, da quale sentimento amaro? Non lo sapeva.
Le aveva confessato di avere gli incubi ogni volta che chiudeva gli occhi e lei aveva deciso di fermarsi a dormire lì, per aiutarlo a cacciarli via.
Aveva voluto ribadire che non sarebbe cambiato niente tra loro, e Tonks aveva sghignazzato. «Ho capito, ho capito, ma se lo ripeti ancora una volta, vado davvero da Piton!»
Pensò a quell’uomo solitario e acido, che sarebbe rimasto in quella condizione per sempre. Non era riuscito a dirgli che, secondo lei, nessuna l’avrebbe mai guardato come faceva Lily – ne era abbastanza convinta – ma forse qualcun’altra avrebbe potuto trovare del buono in lui e amarlo, a suo modo. Non lei, ma qualcuna forse sì. Gli avrebbe fatto così bene…
Non l’aveva detto perché era certa che Severus non avrebbe voluto ascoltare. In fondo, chi era lei per giudicare un altro testardo?
Si strinse a Remus, che borbottò qualcosa d’incomprensibile, e chiuse gli occhi. Era felice che la sua ostinazione indicasse un destino diverso. Lei avrebbe combattuto, oh sì.
Non sarebbe arrivata a mangiarsi il mezzo limone che rimaneva sempre a fare la muffa nel frigo, mai, né avrebbe permesso che il suo cuore facesse quella triste fine.
 
 

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