Everything An gá dom

di Antalya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.L'arrivo ***
Capitolo 2: *** L'imprevisto ***
Capitolo 3: *** Una pausa lavorativa... ***
Capitolo 4: *** Scoprirsi per conoscersi ***
Capitolo 5: *** L'incidente ***
Capitolo 6: *** La folle corsa ***
Capitolo 7: *** In cerca di ricordi ***
Capitolo 8: *** Si torna a casa ***
Capitolo 9: *** Ospiti in arrivo ***
Capitolo 10: *** L'intruso ***
Capitolo 11: *** La dura verità ***
Capitolo 12: *** Lo sento dentro di me ***
Capitolo 13: *** Ritrovarsi per caso ***
Capitolo 14: *** Progetti futuri ***
Capitolo 15: *** Tutto è sospetto ***
Capitolo 16: *** Maschio o femmina? ***
Capitolo 17: *** Paura e apprensione ***
Capitolo 18: *** Un attesa angosciante... ***
Capitolo 19: *** La fine ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***
Capitolo 21: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** 1.L'arrivo ***


Le decisioni sono un modo per definire se stessi. Sono il modo per dare vita e significato ai sogni. Sono il modo per farci diventare ciò che vogliamo.

Il delfino – Sergio Bambarén

Fin da piccola ho sempre sognato di andare in Irlanda, c’era qualcosa in quella terra che mi attirava inesorabilmente e non sapevo spiegarmi che cosa fosse. Sarà per la sua bellezza che mi ricorda le favole che mi raccontava mio padre, oppure il semplice fatto che nasconde alcuni misteri che mi riportano in un epoca passata.

Ovunque io mi giri vedo solo folletti vestiti di verde e castelli sparsi per le colline verdeggianti, visi spensierati, volti dalla carnagione chiara e i capelli biondi.

Il taxi percorre la strada principale, a quanto pare il tassista vuole farmi fare un giro turistico della zona e ogni tanto attira la mia attenzione indicandomi un monumento o un negozio particolarmente tradizionale.

Mentalmente sto già pensando alle mille cose da fare, scaricare bagagli, andare a recuperare i pacchi contenenti i miei libri e materiali, cercare la signora Tymoty e farmi dare le chiavi di casa…mille e mille cose.

Quando presi la decisione di trasferirmi per un periodo in Irlanda, sapevo che dovevo accollarmi anche tutte le problematiche che questo trasferimento comportava, ma a dispetto di molti che continuavano a dirmi che sarebbe stato difficile, che sarebbe stato faticoso, che avrei avuto problemi, a me non sembrava tanto difficoltoso.

Non si può vivere solo di abitudini, bisogna saper rischiare e mettersi in gioco nella vita ed io mi sono riproposta di fare proprio questo, mettermi in gioco e cominciare a fare qualcosa per me.

Sono nata in Italia, da madre americana e padre italiano ed ho sempre vissuto e lavorato a Roma, la città della storia, a quattordici anni, quando le mie coetanee andavano a farsi fare le unghie dalle amiche, io avevo scoperto che mi piaceva più andare in biblioteca a fare ricerche; mentre le mie amiche cominciavano a subire le conseguenze delle prime cotte, io mi stavo innamorando della storia e dell’archeologia fino a decidere di incentrare la mia vita su questo splendido lavoro.

La mia carriera scolastica si era incentrata tutta sullo scopo della mia vita, diventare una ricercatrice ed effettivamente ci sono riuscita. Ora all’età di ventisei anni sono una ricercatrice dell’università e sto per scrivere il mio primo manuale.

Alla mente mi sovviene il volto della mia migliore amica, una ragazza bionda e carina che mi regala ogni volta un sorriso e tanti momenti felici.

“Evelyn..hai bisogno di pace e tranquillità, staccati da questo mondo fatto di cellulari e citofoni e fai in modo che le tue orecchie possano ascoltare il suono del nulla…” l’avevo guardata un po’ scioccata al suo dire.

“Viky…da quando ti sei sposata con il filosofo…mi stai diventando filosofa a tua volta?” le domandai stranita ma atterrita dal fatto che infondo…aveva ragione.

E la mia cara Viky aveva così ragione che adesso mi ritrovo a percorrere la strada verso la mia nuova casa…sei mesi in Irlanda…in una casa dove non esiste il telefono, vicini isterici, clacson di macchine e dove avrei trovato la mia pace.

Mentre nella mia mente si susseguono le immagini di un pomeriggio passato con la mia migliore amica e con le sue teorie filosofiche, mi rendo conto che abbiamo lasciato la città e che la stradina che stiamo percorrendo si dirige verso la campagna. Ben presto anziché case e negozi i miei occhi si ritrovarono a fissare praterie e cieli azzurri… uno spettacolo paradisiaco che mi lasciò a bocca aperta. Sapevo che la casa era fuori città ma di certo non immaginavo di sentirmi nella Terre di Mezzo.

La macchina non deve aver fatto una manutenzione da tempo, visto che sobbalza sulla strada sassosa e accidentata, ma me ne rendo conto troppo tardi perché all’ennesima buca, mi ritrovo a fare un salto così grande che sbattei la testa contro la maniglia del passeggero.

“Mi scusi signorina, ma qui la strada non è delle migliori!”dice costernato l’autista guardandomi dallo specchietto retrovisore.

“Non si preoccupi…” sorrido nella sua direzione e mi massaggio lentamente la testa, un piccolo bernoccolo forse…un ricordo del mio primo viaggio verso la mia nuova casa.

Percorriamo la strada ancora per un po’ e dopo aver superato una curva mi ritrovo a bocca aperta ad osservare il luogo più bello che potessi immaginare.

Davanti a me avevo la casa più bella che avessi mai visto in vita mia, aveva le mura di pietra come nei film antichi e una scalinata che portava all’ingresso. Sapevo che aveva un giardino e anche il camino ma non avrei mai immaginato di trovarmi davanti a questo splendore medioevale.

Scendendo dal taxi rimango per ben dieci minuti ad osservare la casa e non posso fare e meno di sorridere come un ebete.

“Signorina…” il tassista mi sta osservando ma io non me ne curo...ero assorta nella contemplazione di quella bellissima casa che mi avrebbe ospitato per la mia vacanza creativa.

Afferro velocemente il telefono e cerco sotto la lettera V il nome della mia amica e la chiamo subito fremendo come una bambina.

“Vic…sai quella casa che volevi comprare per te e il Filosofo? È qui davanti a me!” sentendo la mia amica urlare d’invidia non potevo fare altro che ridere.

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Capitolo 2
*** L'imprevisto ***


Le predizioni sono molto difficili, specialmente per il futuro.
Niels Bohr

Una casa immersa nel verde, completamente circondata da una prateria, con due enormi montagne come sfondo e un laghetto a due km di distanza dalla casa...ecco dove sono finita...nel nulla, nella totale assenza di civiltà e nella totale pace...un luogo paradisiaco per chi come me deve scrivere il manoscritto della sua vita. Seduta presso il tavolo della cucina a sorseggiare il caffè non posso fare a meno di osservare l'ambiente caldo e accogliente.

I mobili in legno con le piastrelline colorate, le tende in tinta, le tazze colorate che da sempre mi hanno affascinata e incuriosita.

Sorseggio il mio caffè macchiato, con un aria sorniona e compiaciuta. Niente può scalfire il mio nuovo animo, niente di niente. In giardino avevo notato, all'arrivo, un bellissimo gazebo con un comodissimo tavolo di legno e sedie comode, adatto per il lavoro e per la quantità di carte che mi trascino da casa.

Accavallo le gambe sotto il tavolo e porto la tazza color turchese, il mio colore preferito, alle labbra sentendo il caldo fiotto scendere sulle mie labbra fino alla gola, un estasi del corpo e della mente...interrotto improvvisamente da un inaspettato inconveniente...chiamiamolo inconveniente. Mentre la mia mente si sta inabissando in pensieri e piccoli brividi ecco che la porta della cucina si spalanca e un uomo si presenta sulla soglia. La mia reazione è immediata, quasi sputo il caffè per la sorpresa e spalanco gli occhi mentre “il tizio” mi sorride e non sembra affatto sorpreso.

“Ah, s'è svegliata... Buongiorno!” mi saluta entrando nella cucina con in mano un secchio e uno sguardo così compiaciuto da sembrare quasi finto.

“Sono contento che si sia riposata, mi avevano detto che avrebbe fatto un viaggio faticoso... fatto colazione? gradisce del latte appena munto?” fa tutto solo questo visitatore inopportuno.

Respiro per un momento cercando di apparire calma e tranquilla ma la mia voce perde un colpo e sento che potrebbe uscire stridula.

“Ma...ma lei chi è?” non riesco a tralasciare lo sgomento.

Mi osserva, punta i suoi occhi scuri su di me e mi osserva con un aria compiaciuta per giunta. E' un uomo molto alto, con i capelli lunghi sul collo nudo e un bel sorriso, lo devo ammettere... scuoto la testa cercando di rinsavire e attendo una risposta da parte sua.

“Come chi sono?Sono Ray...” mi guarda come se dovessi sapere chi è questo Ray ma io non conosco nessun Ray, nessun uomo piacente e completamente affascinante come lui...chiudo gli occhi, mi sto perdendo troppo nei pensieri.

Se ne sta li davanti, con un sorriso veramente disarmante, un paio di fossette sulle guance ispide di barba e la camicia a quadretti dalla quale si scorge una canottiera bianca, jeans che non lo fanno respirare, o almeno questo penso mentre lo osservo, e stivali a metà gamba.

“Lei è il custode?” domando ancora un po' scossa a dirla tutta, non è da tutti i giorni vedere uno sconosciuto entrare in cucina così.

Il suo viso sembra una maschera di emozioni, non sa se ridere o rispondermi, in realtà però credo si stesse trattenendo dal farlo.

“Ehm...Signorina... io sono Ray Olsen...”

“Scusi, ma dovrei conoscerla?” domando stranita.

“Eh... direi che sarebbe il caso...”

“E perchè scusi?”

E' evidentemente divertito, non smette di sorridere e non sa esattamente che cosa dire perchè continua a tormentare il suo fianco con la mano poggiata con maestria e audacia aggiungerei.

“Perchè... lei è seduta sulla mia sedia, nella mia cucina...della mia casa, sul mio terreno, nella mia tenuta!”

All'inizio non mi sono alzata perchè la sorpresa non mi ha fatto reagire come volevo ma adesso potevano alzarmi in venti perchè lo sconforto era tale da farmi venire meno le gambe.

“Si-Si può spiegare meglio?”domando cercando di apparire calma e tranquilla.

“Certamente...” si avvicina e si mette seduto proprio davanti a me con le gambe lunghe accavallate e il gomito sul tavolo.

“Io sono Ray Olsen, questa è la mai tenuta da ben tre generazioni e lei ha firmato un contratto per avere in affitto una parte della mia casa, o meglio l'appartamentino al piano superiore...” spiega lentamente, non sono certo scema ma in quel momento mi sento peggio di un frullato.

“Io ho firmato un contratto...”mormoro cercando di riprendermi dalla botta appena subita.

“Si, e nel contratto si dice che io metto in affitto l'appartamentino e che avrà i migliori comfort e la tranquillità che voi cittadini cercate nelle nostre praterie...”

“Scusi, mi faccia capire un momento...io ho affittato la casa e quindi lei che ci fa ancora qui?”

“Io? Ci abito...la cucina e tutto il resto sono un ambiente comune, non posso accedere solo alla sua stanza ma il resto... è tutto mia signorina...si aspettava che me ne andassi lasciando il mio lavoro a metà?” giocherella con le dita sul tavolo e io mi incanto a guardarle mentre apprendo la notizia.

“Mi perdoni ma... non me ne sono proprio accorta...non intendevo screditare la sua autorità ma io non...”

“...lo sapeva! Non fa nulla, credo che adesso le cose siano chiare...signorina...”

“Evelyn...”

“Evelyn...” lo sta gustando come un cioccolatino fra le labbra “...bene io son Ray, credo che sia il caso che io le spieghi qualche cosa...e magari le potrei fare vedere parte della mia tenuta che ne dice?”

“Dica pure... l'ascolto...”

Non è vero sei distratta, non solo per la sorpresa di esserti trovata qui davanti un vero CowBoy ma anche per il fatto che tu...quel dannatissimo contratto non lo hai letto a fondo, hai solo firmato con disattenzione.

“Ecco come può notare siamo immersi nel verde, nel ventre caldo e morbido di madre natura...io nella mia tenuta ci tengo molto a questo piccolo paradiso...purtroppo la modernità e la voglia dell'uomo di costruire ha distrutto parte delle tenute circostanti ma qui... si vive nella pura vita della prateria.”

Immersi...ventre caldo...paradiso...smettila segui la discussione.

“...quindi può fare qualsiasi cosa, anzi.. dietro la casa ci sono le stalle con vitellini, caprette e pecorelle. Ci sono coniglietti e anche i cavalli... se poi ha un po' di tempo libero le faccio vedere il resto della tenuta e parte del bosco...”

“Si, molto interessante davvero ma io dovrei lavorare...ho approfittato di questa piccola vacanza per fare un po' di lavori...arretrati!” Ray spalanca le braccia come a difendersi e sorride.

“Come vuole...” si alza dalla sedia e mi osserva attentamente ma senza malizia o interesse, solo un viso molto calmo e sereno.

“Sempre a sua disposizione se dovesse servire...” aggiunge mentre sistema la sedia e si volta per tornare di nuovo al suo lavoro.

Mi avevano detto che il padrone voleva mettere in affitto l'appartamento della tenuta ma non immaginavo fosse...così... mi cadde lo sguardo verso una particolare zona anatomica del “Tizio”.

Poi un pensiero all'improvviso, afferro il cellulare e compongo il numero di telefono, attendo un momento fino a quando una voce non mi risponde...fin troppo allegra.

“Eve...tutto bene???”

“Vic...hai scelto tu questo posto?” dall'altra parte del telefono sento un sorrisino trattenuto.

“Si perchè? Hai scoperto l'attrazione principale?”

“Vic... ma come ti viene in mente?”

“E tu avevi bisogno di distrazioni genuine... e a quanto ne so è abbastanza genuino...”

“Vic... tu sei matta”

“E tu sei fortunata...” non posso non sorridere... quella donna mi fa sempre sorridere.

Note:
Intanto vorrei ringraziare chi si sta prendendo la briga di leggere questa mia piccola avventura, sto cercando di seguire l'istinto e il momento di ispirazione e spero che non deluda ne voi ne me.
In ogni caso...Grazie!!!

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Capitolo 3
*** Una pausa lavorativa... ***


Il lavoro e l’applicazione continui sono il cibo del mio spirito.
Quando comincerò a cercare il riposo, allora smetterò di vivere.

F. Petrarca

La mattina mi aveva sorpreso, è vero lo ammetto non mi aspettavo certamente un simile cambiamento, ma di solito non mi lascio influenzare dagli avvenimenti della giornata e punto sul mio obbiettivo.

Dopo una doccia fresca , decido che è il momento di cominciare a fare quello per cui sono venuta qui in Irlanda…lavorare.

Afferrato il pc portatile e le mie scartoffie scendo le scale velocemente e esco dalla porta di servizio della cucina diretta in giardino a passo spedito e cercando di non cercare con lo sguardo il padrone di casa. Non voglio dare una brutta impressione e tantomeno essere beccata in fragrante mentre lo cerco con lo sguardo…non mi interessa sapere dov’è o cosa fa, mi interessa lavorare.

Il prato emana profumo di fiori freschi, odore di primavera e del sole caldo, lo attraverso ma non posso fare a meno di guardarmi attorno ammirata e felice di aver dato ascolto a quella testolina di Vic.

Il tavolo è abbastanza grande da contenere tutta la mia roba, e in men che non si dica ho già sparpagliato la qualsiasi davanti a me.

Piantine, cartine geografiche, manuali, riviste, fogli volanti, articoli e foto di reperti archeologici di cui sono l’autrice.

Afferrata una sedia comoda e dotata di cuscino mi metto seduta e con la mia fedele penna comincio il mio lavoro di ricerca e concentrazione.

Credo di aver viaggiato per circa un ora e mezza nei meandri di 2 millenni di storia che sto analizzando, prima di sentire dei passi in avvicinamento.

Alzo lo sguardo e noto che l’uomo è li a pochi metri da me e si avvicina ad ampie falcate.

“Mi perdoni posso?” mi chiede indicando una sedia li vicino, mi ritrovo a sorridere…

“Ma certo…quella è sua no?” anche lui ricambia il mio sorriso e scuote la testa.

“Si.. è mia…senta, lo so che deve lavorare ma dato che è il suo primo giorno…mi piacerebbe portarla a fare un giro della tenuta così che evitiamo che si possa perdere…”

“La…ringrazio…” mi mordo le labbra un po’ interdetta sul da farsi ma alla fine annuisco.

“Perché no? Credo che sia meglio sapere dove sono e come devo muovermi…” affermo mentre afferro le mie cose e comincio a chiudere tutto cercando di trasformare tutto in una pila bene ordinata.

“Eccomi sono pronta!” infondo non devo inabissarmi nel lavoro, è pur sempre una vacanza… di lavoro ma pur sempre vacanza.

Si alza di scatto sorridente e mi fa cenno di seguirlo, cammina silenzioso e sembra voler raggiungere una zona dietro la casa.

“Lei sa cavalcare?”

“Eh? Ah si… si quando ero adolescente ho fatto dei corsi di equitazione…” si volta a guardarmi quasi sorpreso ma compiaciuto. Che pensava che non potessi imparare?

“Molto bene…allora prendiamo i cavalli e la porto a vedere il mio paradiso…” osservandolo bene, nei movimenti, nell’aspetto… non riesco ad immaginarlo in città in preda al traffico cittadino, dietro una scrivania o alla posta… sembra più un uomo della natura…si uomo della natura.

La stalla non dista molto dal giardino tanto che girando l’angolo mi ritrovo a fissare una vera e propria stalla, con tanto di porte ammezzate dove sporgono alcuni strumenti e anche alcuni rumori familiari.

Sento il nitrire di cavalli, l’odore acre degli escrementi, il fieno, ci sono della galline che stanno covando e che borbottano tra loro e anche delle caprette che giocano nel cortiletto antistante.

Mi blocco vedendo un cane seduto che mi osserva con la testolina piegata di lato, è un border collie, un animale adatto alle campagne, un cane da pastore molto bello e dal musino dolce.

“Oh, non si spaventi…Charlie non fa nulla…”

“Charlie?...oh no no non ho paura…è un bel cane…morde?”

“Prego faccia pure… è buono come un agnellino!” si fa da parte l’uomo andando a prendere delle redini ed io mi concentro su Charlie.

Il cane sembra curioso e scodinzola come se volesse alzarsi per farmi festa ma non si muove e mi permette di avvicinarmi a lui senza problemi. Più mi avvicino e più lui esce la lingua, si volta e mi mostra il ventre bianco.

Rido, perché Charlie mi ha davvero conquistata con quel suo musino simpatico e la sua semplicità.

“Venga…le voglio fare conoscere il resto della combriccola…” mi richiama Ray.

Mi stacco da Charlie con un po’ di riluttanza ma alla fine mi dirigo da lui e lo trovo intento ad accarezzare un cavallo pezzato il cui muso sporge dalla porta.

Ha gli occhi nocciola e un ciuffo di pelo scuro sulla fronte castana e il resto del muso è bianco tranne il mento chiazzato di marrone. Il suo corpo è chiazzato a tratti e il suo petto è bianco candido così come le quattro zampe.

“E’ bellissimo…”mormoro ammirata cercando di allungare la mano verso il muso.

“Bellissima… lei è Diana…” nel suo sguardo c’è amore per quella creatura così bella e io non posso fare a meno di ammirare la bellezza della puledra.

“Ecco è per lei…io cavalcherò Black!” mi lascia sola con i finimenti nelle mani e si avvicina da un altro box mentre io apro quello della mia nuova amica e la lascio uscire lentamente sussurrandole parole per metterla a suo agio.

Sento armeggiare dietro di me e dal box accanto ecco che esce un cavallo bellissimo che mi ricorda molto…il cavallo di Zorro.

“Questo è Black?è bellissimo…”

“Si, lo so è il mio preferito… o meglio il primo che ho preso con me qui!” mentre parla del cavallo non posso fare a meno di notare quanto amore c’è verso queste creature da parte del Tizio. Non riesco ancora a dargli il suo nome.

Monta in sella con una facilità mai vista e subito mi prodigo a fare altrettanto impiegandoci qualche secondo in più. Non ricordavo che i cavalli fossero così alti.

Pronti per una avventura ci muoviamo a passo lento a fianco seguiti da Charlie, usciamo dall’atrio della stalla e ci immettiamo in un sentiero di terra battuta.

“Allora…come vede qui non c’è altro che verde… e boschi.. il primo paesino dista 30km mentre la città..”

“Si, ho capito il concetto…ma lei ha una macchina?”

“Si certo in garage c’è un 4x4…”

“Buono a sapersi…” sorrido, infondo se avessi avuto bisogno di qualcosa mi sarei catapultata verso il garage.

Rimaniamo vicini  ma in silenzio, sento solo la natura attorno a me e la cosa mi piace da morire, chiudo gli occhi un momento…niente caos, niente auto, niente che possa farmi venire il mal di testa.

“Le piace?” mi chiede in un mormorio roco e divertito.

“Si, mi piace molto qui…” mi sorride e indica davanti a noi un boschetto.

“Facciamo una corsa…”mi sfida ed io non perdo certo occasione, afferro le briglie e mi sollevo sulle staffe per dare meno peso alla cavalla, poi con uno schiocco di lingua la incito a correre.

 

 

La folle corsa si ferma sotto la quercia del bosco, Diana nitrisce come soddisfatta dalla corsa appena fatta mentre Black è già libero di pascolare e il suo padrone è poggiato sotto la quercia con le spalle al tronco.

“Allora Signorina… come le pare questo posto?”

“Bellissimo…davvero…è un piccolo paradiso…” mi esce fuori una smorfia un po’ comica l’ammetto e aggiungo “…può chiamarmi Evelyn!”

“Evelyn…è un bel nome…ce ne sono pochi in giro di così belli…” gli occhi mi saettano verso la figura ma prima che le mie labbra possano pronunciare una qualsiasi parola capisco che ho evitato una gaffe mostruosa. Il Tizio indica davanti a se, la prateria.

“Ah… si? Come mai? Insomma l’Irlanda è un paese che si potrebbe dire verde…e rigoglioso…”

“Beh… c’è chi preferisce costruire nel verde e rigoglioso suolo grandi alberghi per grandi ricconi… o per le fabbriche!” il suo tono è rammaricato, deluso da una simile prospettiva e immediatamente il disagio si trasferisce a me stessa. Mi sembra impossibile che qualcuno possa anche solo pensare di distruggere una simile bellezza naturale, sto per ribattere quando sento il rumore di una Jeep.

Mi volto di scatto ed il Tizio fa altrettanto ma non appena i suoi occhi si posano sul mezzo sento un borbottio infastidito. Che succede?per si e per no rimango ferma, vicino alla quercia.

La jeep si ferma proprio davanti a noi, i freni stridono e sento che il conducente ha tirato di scatto il freno a mano facendolo fischiare in modo brusco.

“Ehi…Olsen…che ci fai da queste parti?” un uomo elegantemente vestito scende dalla macchina e si ferma propri davanti a noi. Un uomo avvenente, con i capelli biondi tagliati da poco scende con i suoi stivali perfettamente lucidati e un ghigno sul volto affascinante.

“Worren…sempre il solito tempismo…non ti avevo detto che non dovevi più entrare nelle mie terre?” risponde il Tizio innervosito della presenza del nuovo giunto.

“Ehi ehi… calmati amico.. non c’è bisogno di scaldarsi…stavo facendo un giro”

“Un giro eh… e lo vieni a fare nella mia prateria?”domanda battendo il pugno sulla corteccia della quercia.

“Si…certo… sai che mi piace guardarmi intorno…” mormora il belloccio osservando ME allo stesso modo.

“Gira a largo…”

“Ehi, come siamo maleducati… non mi presenti la tua ospite?”

“No!” risponde ma mi ha già afferrato la mano e poggia lentamente le labbra sulla mia pelle con gli occhi puntati su di me.

“Salve…io sono Worren...” affascinante, per carità a chiunque piacciano i biondi, ma per me era solo un essere infimo.

“Salve…” rispondo ritirando la mano infastidita e lui lo sa, s’è accorto che non ho gradito tanto da fare un movimento di sopracciglia convulso.

“Bene…adesso puoi andare Worren…vedi di toglierti di torno e se ti trovo dentro la mia proprietà giuro che la prossima volta non sarò così cordiale!” qualunque cosa abbia fatto quest’uomo per innervosire Tizio, io comincio a capire da cosa nasce il nervosismo del mio accompagnatore… quell’uomo lo stava palesemente sfidando.

“Per quanto ancora saranno tue? Sai che ti costringerò a firmare il contratto vero?goditi questi momenti Ray… dopo sarai costretto a pregarmi di comprare la tua proprietà!” scatta in avanti Ray con uno grugnito che tutto sa meno che di bene.

“Vattene via Worren…” non riesco a capire se sia il caso che trattenga il Tizio o lo lasci andare..in ogni caso il mio pensiero dura solo pochi attimi visto che da solo si ferma davanti a me per guardare male il biondo.

“Vedrai… sarà un piacere vederti pregare…” ricambia l’altro mettendo in moto la jeep.

Freme il braccio di Ray e vedo la sua mano stringersi in pugno mentre quell’essere viscido si allontana sogghignando.

“Andiamo… meglio dimenticare tutto questo…” mormora voltandosi per raggiungere Black.

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Capitolo 4
*** Scoprirsi per conoscersi ***



La realtà dell’altro non è in ciò che ti rivela, ma in quel che non può rivelarti. Perciò, se vuoi capirlo, non ascoltare le parole che dice, ma quelle che non dice.
Gibran Khalil Gibran

Dal giorno della famosa cavalcata sono passati tre giorni, non ho avuto modo di rivedere Tizio perché la realtà è che lui…è partito per questioni lavorative.

Ebbene il mattino dopo scendendo in cucina avevo trovato un biglietto vicino alla caffettiera carica.

 

Evelyn

Sono dispiaciuto per questo biglietto, ma non ho avuto modo di avvisarla prima. Mancherò da casa per qualche giorno, le lascio le chiavi dell’auto e spero che si trovi bene.

A presto

Ray

 

Ebbene la lettera parlava chiaro, avrei avuto per me qualche giorno prima che il Tizio tornasse dal suo viaggio.

Le giornate passano più lentamente, mi sembra di vivere più ore e di avere più tempo a disposizione da dividere tra lavoro, ricerche, passeggiate con Charlie e anche con Diana.

La mia ispirazione sta tornando, lo sento ogni volta che mi concentro per scrivere la mia bozza, sono più rilassata e la mia mente scorre veloce come un fiume in piena e le mie mani sono frenetiche nella ricerca tra le mie piantine, le cartine e i manuali tanto da non accorgermi della presenza di un nuovo…ospite.

“E’ una bella giornata…per passarla a lavorare!” alzo di scatto il volto con il cuore in gola e i battiti accelerati, sento un pizzicore alla nuca e i capelli irti per lo spavento appena preso.

“Oh, non volevo spaventarla…” risponde l’uomo avvicinandosi con passo felpato mentre io mi siedo pesantemente sulla sedia per evitare di cadere.

“Non l’ho sentita arrivare…lei deve essere…”

“Worren…” si presenta sorridendo accattivante.

“Ah, si Worren…beh, cerca qualcosa?”

“Diritta al sodo…. Mi piace…cercavo Ray…” si sta sporgendo verso di me sicuro del suo fascino da biondo e tenebroso…ma con me non attacca.

“Non c’è… mi dispiace che ha fatto tutta questa strada per niente…”

“Chi dice che sono venuto per niente?” mormora tra se.

“Senta… Ray non c’è..torni quando sarà a casa...”

“Mi sta mandando via?” domanda alzando un sopracciglio sconcertato dalla mia risposta.

“No…”

“Ma io si…” mi volto di scatto notando Tizio proprio davanti al gazebo con le braccia incrociate sul petto e improvvisamente mi sento meglio, meno a disagio e sicuramente più forte davanti alla bella faccia tosta del biondone.

“Sempre gentile…non c’è che dire…” si lamenta il nostro ospite alzandosi dalla sedia.

Mi mette i nervi, non lo conosco e di solito non sono solita giudicare a primo sguardo ma quest’uomo non riesco a digerirlo…per come si atteggia, per come si comporta, per come risponde Tizio alle sue parole.

“Vedrai che non morirai per la mia maleducazione… va via!” la voce bassa che usa Ray sembra quasi un brontolio, un ringhio represso tanto che Worren si alza dalla sedia e si volta senza neanche salutare e va via dalla proprietà.

“Mi dispiace…ogni volta sembra che non succeda altro qui eh…” il suo tono è cambiato, è tranquillo, dispiaciuto e rattristito.

“Non deve dispiacergli… non è successo niente” si siede di fronte a me e si prende la testa fra le mani, improvvisamente mi pare più stanco. Mi sollevo e gli verso un po’ di thè fresco in un bicchiere e glielo avvicino.

“Invece per me ogni volta succede…” risponde senza guardarmi negli occhi, afferra il bicchiere e se lo porta alle labbra.

“Che cosa vuole?” domando di getto senza pensare, infondo per me è uno sconosciuto con il quale divido casa, forse non dovrei immischiarmi. Tizio alza gli occhi di scatto verso di me, sono verdi ed intensi e sembrano stupiti ma compiaciuti.

“Evelyn conosce…”

“Conosci…” lo interrompo “…mi dia del tu…” sorrido cercando di farlo sentire a proprio agio e a quanto pare gradisce la cosa perché mi sorride di ricambio.

“Solo se farai lo stesso…” annuisco e attendo che continui a raccontare.

“Questa tenuta è della mia famiglia da generazioni, diciamo pure che è il nostro bene più prezioso… i Woods hanno un appezzamento vicino a questo, anche loro sono qui da sempre e addirittura il bis nonno di Worren era il migliore amico del mio…almeno fino a quando ha cercato di prendersi la nostra tenuta…” trattengo il fiato mentre racconta, impressionata e curiosa di sapere la fine.

“Ha usato i mezzi più subdoli…voleva comprare l’intera zona ma il mio bis nonno tenne duro e non gli diede mai la possibilità di prendersi la nostra terra…i Woods hanno comprato qualsiasi cosa potesse essere vicino alla loro terra… la loro proprietà è tre volte la mia e non hanno intenzione di fermarsi… vogliono la mia tenuta…” allunga una mano ed afferra una delle mie matite sul tavolo e comincia a giocarci involontariamente.

“Adesso da mesi oramai non fa altro che venire a farmi proposte su proposte ma io non ho nessunissima intenzione di andare via da qui…”

“Che uomo..spregevole… lo avevo capito dal modo in cui si muove e guarda le cose…” mormoro alzandomi dalla sedia innervosita come se la cosa mi toccasse sul vivo.

“Si lo è e per questo ti chiedo Evelyn… di non dargli corda…sa essere molto convincente e tu non devi dargli modo di parlare…mandalo via sempre e fregatene delle buone maniere!” mi sorride e io non posso fare a meno di ricambiare il suo sorriso.

“Tranquillo…ho capito il tipo!”

“Benissimo… allora tutto a posto qui? Che ne dici di cenare con delle bistecche arrostite e delle patate al cartoccio?”

“Direi che è una buona idea!” ribatto mentre sistemo le mie cose e le impilo come sempre in modo ordinato.

 

Il tempo di una doccia e di un cambio d’abito ed ecco che mi trovo seduta in cucina a pelare patate mentre Ray prepara gli aromi per la carne. Non so spiegarmi perché ma trovo simpatia per l’uomo misterioso che mi sono ritrovata come coinquilino… o meglio dovrei dire che si è trovato me come coinquilina.

“Che cosa fai nella vita?” mi chiede di botto.

“Sono un archeologa, al momento sto scrivendo il mio primo manuale…” rispondo concentrata e non tagliarmi le mani.

“Ah…che cosa bella la storia e l’archeologia…mi ha sempre affascinato… è un mondo dove puoi viaggiare nel tempo e sentirti parte di esso…” mormora mentre io alzo lo sguardo scioccata.

“E’ quello che dico sempre anche io…” rispondo con voce melliflua mentre lui si volta e mi guarda ridendo.

“E tu invece? Cosa fai per vivere?” domando stentatamente per non sembrare invadente, ma nella realtà sono curiosa.

“Io? Oltre a quello che mi dà da fare questo posto?” sembra volerci pensare su un momento e io rimango a fissare le sue spalle in attesa di una risposta.

“Io scrivo…sono uno scrittore di romanzi…” la notizia mi fa rimanere un po’ scioccata…avevo creduto fino a pochi minuti fa che l’uomo che mi sta davanti fosse stato un proprietario terriero immerso totalmente nel suo lavoro ignaro della civiltà a km dalla sua casa. Invece ho davanti a me uno scrittore, di romanzi per giunta.

“Bellissimo..un lavoro splendido…e se posso quali romanzi hai scritto?”

“Uso uno pseudonimo sono Red Oneill… scrivo romanzi sull’antico popolo celtico…” c’è un ronzio nella mia testa, lo sento sempre più forte e alla fine capisco il motivo del mio turbamento, ho una copia del suo ultimo romanzo tra i libri da leggere nella borsa.

“Sorpresa?sei silenziosa….”

“No…no… ho letto qualcosa si di te e mi ha sempre affascinato il mondo che descrivi…come fai?”

“Perché ho una laurea in storia e archeologia del mondo celtico e una specialistica in lingua gaelica…” risponde ridendo e capisco poco dopo che ride per la mia faccia sconvolta.

“Ah…” rispondo riscoprendo in quest’uomo molto più di quello che ho immaginato fino ad ora.

“Ecco perché vivi qui… per scrivere è suggestivo e rilassante…”

“Eh si, ma a volte la solitudine è pesante da reggere!” risponde portando a tavola un insalata condita.

“Beh, ancora per un po’ avrai me che ne combino di tutti i colori e disturberò le tue giornate…” rispondi mostrando un sorriso a trentaduemila denti.

“Bene…” mi risponde andando fuori ad arrostire le bistecche.

 

Sistemo le sedie che abbiamo utilizzato sotto il gazebo con la mano libera perché la mia mano sinistra sta tenendo lo scialle che Ray mi ha dato per coprirmi dal fresco serale. Charlie se ne sta li seduto a guardarci mentre noi sistemiamo, ma in realtà è in attesa della sua dose di coccole tanto che mentre mi avvicino si stende per terra mostrandomi il ventre bianco.

“Ah, uno li cresce e poi ecco come si vendono al primo che passa…” borbotta Ray osservando la scena con finta preoccupazione.

“Non sono la prima che passa… lui è mio amico…” rispondo a tono ridendo.

“Bene…spera che non passi nessun’altro allora…” borbotta offeso e io non posso fare a meno di ridere spingendolo verso casa.

“Andiamo a dormire brontolone...”

“Ora mi dai ordini?”

“No… consigli… domani dobbiamo lavorare!”

“Che? No no… domani andiamo al lago…”

“No, devo lavorare… mi aspettano tremila anni di storia da rendere leggibile…”

“Ah allora… non posso mica mettermi contro Sargon…”

“Ma che Sargon… cammina..!” rispondo ridendo divertita, come poche volte negli ultimi anni.

“Va bene… buonanotte…”

“Notte!” rispondo salendo le scale verso la mia stanza.

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Capitolo 5
*** L'incidente ***



Charlie

Recitare n è la cosa più importate. Importante è l vita: la nascia,l'amore, il dolore e infine la morte.

Katharine Hepburn

Incredibile a dirsi ma dal giorno del mio arrivo sono passati altri trenta giorni, è un mese che sono qui e mi sento già una donna diversa, più consapevole della sua natura umana, volenterosa e inoltre ho scritto ben 500 pagine del mio manoscritto.

Le giornate qui passano lente e piene di lavoro, quando non scrivo do una mano a Ray anche se lui è via per un convegno che lo ha tenuto lontano ben due settimane. Dopo i primi giorni ho deciso che se devo vivere qui lo devo fare completamente quindi mi sono proposta per aiutare Ray nei lavori di casa e della tenuta. Eh si non più Tizio ma Ray, un uomo che mi mostra ogni giorno i miei limiti e che mi sta dando l’opportunità della mia vita.

Parliamo molto tra un lavoro ed un altro, anzi a dirla tutta ci sono momenti in cui non parliamo proprio ma scriviamo. E’ strano ma stiamo nella stessa stanza, unico rumore la tastiere dei nostri pc ma alla fine riusciamo a collaborare anche così, io gli porto il caffè e lo lascio sulla scrivania, lui mi porta da mangiare fino al momento cruciale in cui io leggo ad alta voce e lui corregge la mia bozza e viceversa.

In tutto questo devo sedare le mille domande che la mia carissima amica Vic mi propone ogni sera attraverso la chiamata web…fatico a non fare sentire a Ray cosa dice quella sconcia.

“Allora… che si dice li… dicono che gli irlandesi sono molto… maschi!”

“Vic ma che cosa ti salta in mente?smettila…”

“Che ho detto la verità…”

“Tesoro… tu pensi di dire la verità ma alla fine pianti un enorme coltello sulla giugulare delle persone e non ti rendi conto che le porti a dire cose che non vorrebbero…”

“Ciao filosofo… come vanno le cose li?”

“Molto bene grazie, non darle ascolto è una pazza scatenata…”

“Ehi.. voi due io esisto, sono qui davanti a voi…”

“Tesoro…L’esistenza è in realtà un tempo imperfetto che non diventa mai un presente..”

“Ehi non filosofeggiare con me…”

Fortuna vuole che dalla mia parte ci  sia il Filosofo, il marito che con la sua filosofia sta cominciando a sedare quell’animale che è dentro di lei. In senso figurato non letteralmente.

Da quando sono rimasta sola  Charlie è diventato la mia ombra, mi fa compagnia in ogni momento e spesso si accuccia ai miei piedi per ricevere la sua dose di coccole giornaliere. Ormai mi sembra di stare a casa mia, come se la mia vita precedente fosse un ricordo lontano…credo che quando tornerò a casa niente sarà lo stesso per me.

Non posso fare a meno di pensare alla mia casa immersa nel caos cittadino, alle corse tra un mezzo ed un altro quando la macchina si ferma, le mia giornate chiusa in casa a lavorare. Ma è il caso di non pensarci, ho ancora cinque mesi qui nella mia casa… credo che scaduti questi cinque mesi mi metto a cercare casa qui…e potrei anche comprare un cavallo…delle pecore…rumore di auto in arrivo.

Charlie solleva la testa di scatto e comincia a scodinzolare convulsamente ma non si muove, rimane fermo a fissare la porta. Afferro subito il cardigan grigio e mi ritrovo a correre verso la porta con un sorriso immenso sulle labbra. E’ tornato, forse Ray è tornato e potrò metterlo al corrente delle pagine appena scritte, potrebbe aver fame o magari  stanco e preferisce farsi una doccia…mi tremano le mani mentre scosto la tendina della finestrella e ciò che vedo mi fa rimanere di ghiaccio. Non è lui.

Esco dalla porta avvolta nel mio super maglione caldo e osservo l’uomo scendere dalla macchina con aria bonacciona e un sorriso sbilenco sul volto.

“Che cosa vuole Worren?” domando infastidita dalla sua ennesima visita indesiderata. Qualche giorno addietro l’avevo beccato che stava prendendo misure nella proprietà e la cosa mi aveva infastidito molto.

“Ehi… è così che si accolgono gli amici?”

“Non è mio amico…quindi… che cosa vuole?”

“Volevo vedere come stavi…” mi risponde passando al tu, una confidenza che non mi fa affatto piacere.

“Beh, sto bene quindi può andare via…”

“Che fretta c’è bellezza?”

“Non sono bellezza… va via, portati quel suv che non merita di stare sul giardino di casa e non farti vedere più da queste parti” questa volta il tu lo uso io e come voglio io… e mi sono certamente contenuta.

“Ehi… ti ha addestrata per bene…”

“Si...non ho bisogno di addestramento per sapere trattare con la gente come te…va via!” sono risoluta nel tono e lui sembra capire tanto che alza le mani e torna sul suv ma non prima di avermi lanciato un ultima frase ad effetto.

“Puoi fare la preziosa ma un giorno saprò zittirti per bene !” lo vedo sorridere in un modo che non mi piace affatto ma poi fa dietro fronte e scompare oltre l’orizzonte.

La mia espressione schifata dura poco, ecco che all’orizzonte scorgo un'altra macchina, ma questa volta è lui. Charlie al mio fianco comincia ad abbaiare e corre verso la macchina , io potrei fare lo stesso ma mi contengo… lo ammetto con me stessa quell’uomo mi è mancato, mi mancava il suo sorriso e le sue premure. Va bene sto nascondendo la vera natura della questione… quell’uomo era una meraviglia, aveva un paio di occhi verdi, un sorriso che sapeva far girare la testa alle donne, e una voce calda profonda.

Chiudo gli occhi un momento ripensando a Vic e alla sua filosofia sugli uomini, da quanto tempo non mi succedeva di stare sulla soglia ad aspettare un uomo che neanche sa della mia esistenza? Da mai. Non ho mai fatto una cosa simile e di fatti non mi riconosco mentre attendo che la macchina si fermi vicino a me.

Scende di corsa dalla macchina e si ferma poco distante da me con un sorriso e il viso di chi finalmente respira aria di casa.

“Ehi…che bell’accoglienza…buongiorno!”

“Buongiorno e Bentornato…”

“Come va?” mi chiede mentre scende dalla macchina i pacchetti, sono indecisa se dirgli tutto ma infondo so che devo.

“Bene… è appena andato via Worren…” tutto d’un fiato!!!

“Che voleva?” domanda con un tono freddo chiudendo di scatto la portiera della macchina.

“Le solite cose…”

“Gli hai risposto a tono?” sembra quasi ringhiare e ha ragione, mi comporterei allo stesso modo.

“Si..certamente…” sorrido mostrando una spavalderia che in realtà non ho e Ray deve essersene accorto perché mi si avvicina e mi sorride tornando sereno, almeno in apparenza.

Si avvicina a me e mi lascia un bacio sulla fronte, un gesto del tutto naturale che credo ci spiazzi entrambi perché rimaniamo immobili per un momento lungo una vita.

“Dai… non pensiamoci…” un semplice gesto che mi manda in confusione ma lui sembra non accorgersene, non è confuso come me…anzi passa avanti ed entra in casa con i suoi pacchi.

 

Ray si è ritirato nella sua stanza per una doccia mentre io sono rimasta in cucina a preparare da mangiare. Sono completamente assorta nei miei pensieri mentre preparo un insalata e come sottofondo c’è della musica rilassante. Sento un pizzicore alla nuca e non ho bisogno di girarmi per sapere che lui è li.

“Mi dispiace di essere rimasto fuori così a lungo…”

“Non è un problema…ho lavorato e mi sono concessa un po’ di relax con Diana…” rimane in silenzio, sembra pensoso.

“E’ andata male?”

“No, no… è andata benissimo…” si alza e viene verso di me a passo lento “…solo che…” mi volto lentamente e attendo che finisca la frase ma non lo fa, mi fissa un momento ma non dice nulla.

“Vieni andiamo a cenare…”lo seguo verso il tavolo ma sento che qualcosa mi viene taciuto, non so dire cosa ma spero che presto si decida a rendermi partecipe.

“Ti sei sentita sola?” mi domanda improvvisamente riscuotendomi dal torpore.

“No…Charlie è stato con me!” affermo giocando con una fogliolina di lattuga sul bordo del mio piatto. Devo dirglielo, anche se questo significa che si arrabbierà e diventerà freddo e scostante.

“Ray, devo dirti una cosa…”

“Che succede?” mi domanda preoccupato fissandomi negli occhi.

“L’altro giorno sono andata a fare un giro con Diana…” lo vedo sorridere compiaciuto e mi rammarico di essere la causa del suo prossimo attacco d’ira.

“Ho trovato Worren nella proprietà…aveva con se un uomo e prendevano delle misure…” lo dico tutto d’un fiato e non posso fare a meno di notare che la mascella si indurisce mentre si alza di scatto buttando il tovagliolo sul tavolo rumorosamente.

“Che cosa?” cammina avanti ed indietro nervoso ed io non so come calmarlo, sento una morsa alla gola…lo so non mi riguarda ma non riesco a non provare fastidio in questa storia.

“E.. diamine non mi posso allontanare neanche per respirare… e lui ne approfitta…è un vile, mi vuole prendere tutto ciò che ho… ma non…posso permetterlo!” borbotta mentre io lo fisso ostentatamente cercando di capire che cosa fare.

“Ray…calmati…”

“Calmarmi?non posso…” risponde passandosi una mano fra i capelli, un gesto che lo rende così indifeso alla mia vista, per me quest’uomo è una roccia, una montagna di forza d’animo.

“Lo so che da fastidio ma…”

“E tu…che cosa hai detto?” sento montare la rabbia dentro al ricordo di quello smidollato e ora sbuffo cercando di trattenere la rabbia ma la mia voce risulta alzata di un tono e i miei capelli si staccano dalla pettinatura lasciando ciocche libere attorno alla mia testa.

“Che cosa ho detto? Gli ho detto che deve stare alla larga dalla nostra terra e che non deve…” mi trattengo mentre vedo che cambia espressione e si avvicina a me a passi lunghi e misurati, mi prende il viso tra le mani e sospira forte. Sento il suo respiro caldo sulla mia faccia e non so che fare se non stare ferma immobile con il cuore che martella nelle orecchie, mi fa male anche a respirare.

Il suo viso è così vicino da poter scorgere quell’angoscia che i suoi occhi non riescono a celare… poi sento le sue labbra impossessarsi delle mie, un bacio dolce e carezzevole. Le sue labbra incontrano le mie come se volessero accertarsi che io voglia davvero baciarlo, il suo labbro inferiore accoglie il mio superiore e sento che sorride mentre io sono sbalordita.

Il suo braccio scivola lungo la mia schiena  e piano mi stringe fino a fare aderire i nostri corpi come uno solo.

“Mi sei mancata…” mormora, ma io non lo sento, non ho sentito nulla tanto che chiedo nella totale confusione…

“Eh?” ho gli occhi chiusi e sento una fusione interna dei miei organi ma lo sento ridere piano.

“Mi sei mancata…” mormora ancora prendendo le mie labbra e cercando la mia nuca per cominciare un massaggio che mi porta in estasi, come se fossi drogata.

“Anche tu…” rispondo mentre sento che mi sta sollevando da terra, non capisco nulla se non che mi era mancato davvero, che aspettavo il suo ritorno e non lo voglio ammettere… non c’è verso..sono completamente persa.

Sento che cammina a stento e ora scivolo per terra baciandolo a mia volta e ridendo…

“Ehi…cammino sola..” ci fermiamo vicino alla scala e sento già i suoi baci lungo il collo e sulle tempie.

“Davvero?” mormora mentre piano cominciamo a salire le scale, un gradino alla volta e ogni volta un bacio o una carezza e mille sorrisi…la sua bocca è dolce e delicata e quando sorride si formano delle piccole pieghe ai lati che mi fanno letteralmente impazzire.

Sento che mentre cammino, e non saprei dire come ci siamo arrivati, lui apre una porta e mi fa entrare nella sua stanza da letto, mi volta e chiude la porta e mi poggia su questa.

Oramai i nostri respiri sono accelerati e sento dal suo tocco che vuole di più e anche io voglio di più.

“Sei sempre in tempo per…” credo di avergli messo una mano in bocca per zittirlo prima di cominciare a baciare la mandibola sporgente lentamente e con piccoli baci misurati.

“Eve…come è possibile…” mormora cercando di scostarmi dalla porta per togliermi il cardigan dalle spalle e lasciarmi in maglietta.

“Non lo so…” rispondo mentre gli tolgo la giacca e infine la maglietta, rimango un momento interdetta, ma non per indecisione solo perché so che non sta succedendo niente al caso è tutto giusto.

Lentamente comincio ad accarezzargli il petto ed il contatto con la sua pelle calda mi fa sorridere e allo stesso tempo tremare le mani. A sua volta Ray mi toglie delicatamente la maglietta e sfiora la pelle della mia schiena nuda con il respiro trattenuto.

Sospira prima di farmi indietreggiare piano verso il letto, mi bacia sul viso, sulle labbra dischiuse e la sua lingua è un tocco carezzevole sulla mia pelle che scotta al suo tocco.

Piano mi stende e lentamente scivola su di me sorridendomi sempre e senza staccare gli occhi dal mio viso, mi sfiora le spalle e sento che mi desidera almeno quanto lo voglio io.

In poco tempo e non so dire come e quando, mi ritrovo nuda stretta a lui in un momento intenso e mi rendo conto ora…tanto agognato.

Ray mi guarda negli occhi e accarezza i miei fianchi con delicatezza mentre con o sguardo mi domanda muto di non attendere oltre…aspetta il mio permesso, una cosa incredibile.

Annuisco e mi sporgo in avanti ad afferrare le sua labbra in un bacio carico della passione che provo, sento che si muove e si sistema su di me e io capisco che sta per succedere…trattengo il respiro, non riesco a fare altro che attendere con angoscia quasi quel momento.

Sento che anche Ray trattiene il respiro e nello stesso momento in cui i nostri corpi si fondono e sento che come me sospira di sollievo…scoppiamo a ridere ma subito dopo la risata muore nelle nostre gole e l’emozione ci avvolge.

 

Credo si siano fatte le undici, o mezzanotte addirittura, sono abbracciata a Ray, lui sta steso di schiena con il mezzo busto sorretto dal cuscino e io ho la testa poggiata sul suo petto mentre lui mi accarezza la spalla.

“Non abbiamo neanche finito di cenare…” mormora lui ridendo ed io gli assesto un colpetto al braccio ancora stordita da tutte le novità che ho vissuto in pochi giorni.

“Dopo scendo a prendere qualcosa da mangiare…” mormoro stanca ma appagata.

“Eve…guardami!” mi chiede improvvisamente ed io lentamente alzo lo sguardo su di lui con cautela.

“Si?” mi osserva con i suoi occhi verdi e un lato della sua bocca si alza in un mezzo sorriso.

“Non sono solito fare così con le donne…” a queste parole sento che qualcosa si sta incrinando dentro e mi sollevo coprendomi col lenzuolo.

“No, no… non capire male…” s’affretta a spiegarmi prendendomi le mani e tirandomi a se.

“Non sono tipo che va a letto per una sera con una donna e poi la dimentica… anzi non lo faccio proprio…e non voglio che tu pensi che sia così…” mi accarezza il viso…

“Mi piaci molto…e sono stato per due settimane in attesa del giorno del mio ritorno, perché sapevo che tornando avrei trovato te…non so come definirlo ma…” improvvisamente si sentì uno strano grido fuori dalla casa. Rimanemmo col sangue congelato in quella posizione poi capimmo chi aveva gridato con terrore… un nitrito.

Mi tolsi subito dalla traiettoria e mi alzai infilandomi la camicia da notte in tutta fretta, vedo Ray vestirsi freneticamente, si infila i pantaloni di corsa e poi a scapicollo ci fiondammo per le scale, rischiando di scivolare ma infine Ray arrivò a spalancare la porta di casa e corse fuori sul sentiero verso la stalla.

Cerco di stargli dietro ma ho il terrore in corpo, non so che cosa troverò ma la cosa mi fa ribrezzo già da ora, svoltiamo l’angolo e entrambi freniamo la nostra corsa...la stalla è in fiamme.

L’odore di bruciato ora si fa più vivo e gli animali sembrano terrorizzati, gridano per la paura e per le fiamme alte che si scorgono da fuori.

“Sta attento!” grido dietro le sue spalle prima di seguirlo per andare ad aprire i box.

Corro e Diana esce come una furia dalla stalla mentre Black è bloccato fra le fiamme terrorizzato a morte. Sento Ray che grida al cavallo di uscire ma questo non lo ascolta, rimane fermo li con le gambe tremanti.

Ray si volta a guardarmi ed io leggo nel suo sguardo che sta per fare qualcosa che mi lascerà sgomentata. Afferra una coperta e la immerge dentro il barile li vicino, si avvolge ed entra nella stanza in fiamme per recuperare Black.

Ho il cuore in gola, non riesco a tenere gli occhi lontani dalle fiamme per cercare Ray ma non lo trovo, non lo vedo…e la cosa mi mette ansia e non riesco a muovermi.

Ad un tratto dalla porta si ode un nitrito acuto e poi Black in un susseguirsi di calci uscire dal box mentre dietro di lui scorgo la figura di Ray, deve fare caldissimo la dentro perché mi guarda sofferente. Sta per muoversi quando sento un rumore che non dimenticherò mai, una trave di legno si stacca e vedo che Ray non fa in tempo a spostarsi, lo prende in testa e cade per terra pesantemente.

“RAY!” grido con tutto il fiato che ho in corpo, ma mo muovo subito, stranamente, mi dirigo verso il barile e li c’è una seconda coperta, faccio la stessa cosa che ha fatto lui e mettendomi la coperta zuppa entro nella stalla.

Sento che dalla coperta si alza il vapore ma cerco di non pensare al calore e mi dirigo verso Ray, ricaccio le lacrime e lo prendo per le braccia e piano piano tra un colpo di tosse ed un altro lo trascino fuori dall’inferno.

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Capitolo 6
*** La folle corsa ***



Il tempo svela tutto e lo porta alla luce
Sofocle

Se c’è una cosa che mai dimenticherò di questa notte è la folle corsa verso l’ospedale di turno, la strada mi sembra tutta uguale e ogni tanto mi si appannano gli occhi per lo sforzo di tenerli aperti e leggere i cartelli stradali.

Ray è in stato incosciente dietro di me, steso sul sedile posteriore con un braccio sul petto ed uno penzoloni, il volto coperto di fuliggine ha una strana espressione dolorante.

Dopo un primo momento di smarrimento ho tentato di rianimarlo ma ogni mio sforzo è stato vano, non si sveglia e poggiando una mano sulla testa nuda ho scorto del sangue fra i suoi capelli e questo mi ha terrorizzata.

Con la forza che non ho mai avuto in corpo, l’ho trascinato verso la Jeep e l’ho fatto stendere sul sedile posteriore cercando di creare un cuscino con una giacca dimenticata la sera prima.

Le mani mi tremano ma il magone in gola si fa pressante tanto da costringermi a fermarmi un momento, chiudere gli occhi e tentare di inghiottire il tutto… non devo cedere, non posso cedere lui ha bisogno di me!

Entro di corsa in auto e stringo il volante fra le mani, dimentica di tutto compresa la camicia da notte e la vestaglia sporca di sangue che indosso.

Non riesco a non voltarmi, non posso lasciare che il mio sguardo non cada per una volta sul viso dell’uomo che sta seduto dietro di me, ho paura e non so cosa fare se non guidare e cercare di leggere i cartelli che al buio sembrano scritti in arabo.

La mia mente è confusa si ma dentro di me so perfettamente che in questo momento sto pregando, prego che si salvi e che non sia… finito tutto così, ancora prima che cominciasse a ancora prima che capisse.

Frastornata non mi rendo conto che sto girando in tondo e che torno sempre alla stessa rotonda nella stessa strada, freno e poggio la testa sul volante cercando di non perdere la calma è come giocare dentro un labirinto magico.

Sento una sirena dietro di me e poi noto che un poliziotto su una moto mi si accosta al finestrino, subito abbasso questo e lo guardo con urgenza.

“Per favore l’ospedale è un emergenza!” il poliziotto mi guarda, mi squadra e butta l’occhio dietro nel sedile notando la figura di Ray.

Mi fa cenno di seguirlo e io mi fiondo immediatamente dietro la sua moto cercando di non metterlo sotto per la fretta. In mezz’ora siamo fuori da quello che dovrebbe essere l’ospedale, fuori dall’ingresso c’è un infermiere che sta fumando una sigaretta e pare non aver visto la mia macchina arrivare a tutta velocità, tiro il freno a mano e scendo come una scapicollata dall’auto e ora mi rivolgo a lui.

“Vi prego aiutatemi…” in un primo momento pare avermi scambiato per una folle perché mi guarda sgomentato e stranito ma poi si muove subito quando lo tiro verso l’auto con insistenza.

“Presto è ferito…”cerco di smuoverlo ridestandolo questa volta completamente visto che apro lo sportello e nota l’uomo steso nel sedile, mi scosta bruscamente e ora comincia ad armeggiare su Ray mentre io mi passo nervosamente una mano fra i capelli mossi sussurrando fra me e me parole di incoraggiamento.

Un altro infermiere si avvicina con una lettiga e mi scosta ancora allontanandomi da Ray e insieme lo sistemano con un lenzuolo bianco a coprire il petto nudo chiazzato di fuliggine.

“Che è successo?” mi domanda il secondo uomo che indossa un camice, un dottore.

“Un incendio…nella stalla…una trave lo ha colpito in testa…” rispondo in stato confusionale e noto che il poliziotto si trova al mio fianco e sta prendendo appunti.

“E’ ancora in corso?”

“No…prima di venire ho chiamato i pompieri e sul viale li ho incrociati…” rispondo mentre lui continua a prendere appunti sul taccuino.

“Come si chiama suo marito?” la testa mi pulsa e sento che sta per scoppiare ma riesco a rispondere.

“Ray Olsen!” mi avvicino al dottore “Dottore, ma si sveglierà?”

“Non so dirle…” temporeggia ed io capisco che sta per dire una bugia, lo afferro per il braccio con forza e lo strattono un po’.

“Dottore mi dica la verità…”

“Signora segua il mio collega, le farà una visita e le darà un calmante…e magari io posso lavorare…” lascio di scatto il suo braccio e seguo l’altro dottore mentre il medico comincia la sua visita su Ray.

 

 

La camomilla che il dottore mi ha messo in mano è fortissima, credo abbia messo due bustine nella tazza d’acqua calda, ma sembra fare effetto, riesco a riflettere lucidamente ora. Mi trovo seduta fuori dalla stanza dove è stato ricoverato Ray, con una coperta e rannicchiata sulla sedia in attesa di una notizia da parte dei dottori che nella stanzetta a fianco confabulano a nostra insaputa.

La porta della saletta si apre e subito scatto in piedi andando incontro al dottore che mi sorride simpaticamente.

“Dottore…”

“Signora..può stare tranquilla…non si agiti!”

“Sono tranquilla ma vorrei sapere di più…”

“Il colpo alla testa lo ha stordito, fumo e fiamme hanno causato difficoltà respiratorie che ora sono state superate…ma… per ora sta riposando!”

“Scusi, ma quando si riprenderà? E che è quel ma…se deve dirmi qualcosa me la dica per favore!”

“Signora… noi speriamo che suo marito non sia soggetto a nessun trauma cranico visto la botta, ma per sapere ciò dobbiamo attendere che riprenda conoscenza…quindi aspettiamo solo che suo marito si svegli!”

Marito?che sta dicendo?sto quasi per ribattere quando mi fermo mordendomi la lingua…se ammetto di non essere né moglie e tantomeno parente mi manderanno a casa e non mi faranno sapere più niente…meglio non confermare ma neanche smentire per adesso.

“Si sente bene?”

“Si, scusi… è che siamo sposati da poco e la cosa mi ha scossa…”

“Stia tranquilla e riposi, vediamo cosa succede quando si sveglia…” annuisco e mi faccio da parte per lasciarlo andare via, mi avvicino alla porta e sto per aprirla quando sento una risata sommessa e odiosa.

“La signora Olsen?e da quando Eve?”

“Non chiamarmi così lurido verme schifoso…”

“E come dovrei chiamarti? Signora Olsen?”

“Non giocare con me vigliacco…che cosa ci fai qui? Che cosa vuoi?”

“Ho saputo del mio caro amico e sono corso qui a vedere come sta…mi dispiace che sia rimasto ferito…” Worren mi fissa e nel frattempo mette le mani nelle tasche posteriori del jeans.

“Come?” domando mentre un pensiero mi sovviene alla mente.

“Non fare domande… tu come stai?”

“Sei stato tu?” domando scioccata mentre leggo la colpa nel suo volto bello ma diabolico.

“Non fare strani scherzi con me…”

“Potevi ucciderci…” si avvicina fino a mettermi con le spalle al muro.

“No, non lo avrei mai fatto…se solo mi avesse ceduto ciò che mi spetta!”

“Non ti spetta niente quella terra è…”

“Vostra?” ride ancora allungando una mano verso il mio viso, ma mi scosto di scatto.

“Sei un vile…”

“E tu una bugiarda se per caso sapessero che non sei la moglie…”

“Non puoi farlo…

“Perché?”

“Perché sarei pronta a denunciarti e a farti passare i guai…so tutta la storia…”

“E io potrei dimostrare che non sei la moglie…”

“Non puoi farlo…perché ho le prove che sei venuto nella tenuta a prendere le misure…”

“Sei infida…e spassionata…e bella!” scosto la sua mano di scatto e ora lo fisso negli occhi.

“Tu parla e sarai costretto a fissare il muro della prigione a vita…” si allontana con le mani aperte come a difendersi ed ora sogghigna fra se prima di andare via.

 

Non conta più né Worren e neanche il mio mal di testa, mi volto e apro piano la porta della stanza dove sta riposando Ray, piano scivolo all’interno e scorgo subito il letto e la luce soffusa della lampada, mi avvicino piano per paura di svegliarlo e lo osservo mentre riposa beatamente sul letto di calde e bianche lenzuola.

La mano mi trema mentre la porto vicino alla fronte e la accarezzo delicatamente per accertarmi che sia caldo e vivo anche se immobile.

Fino a che punto la malvagità di un uomo può arrivare?voleva ucciderci?o ucciderlo? A che prezzo? Solo per avere in cambio qualcosa che non gli spetta di diritto?che uomo è uno che agisce così?

Il viso è sereno ma scorgo sulla guancia e sul petto alcune chiazze di fuliggine ancora si notano, quindi mi volto a prendere del cotone e dell’acqua e comincio piano a pulirlo delicatamente, senza pressare troppo per non fargli male. Controllo anche la ferita alla testa e noto che è stato applicato un enorme cerotto a coprire la zona della botta ricevuta, poi delicatamente poggio le mie labbra sulla sua guancia, mi siedo li vicino e poggio la testa sul letto per guardarlo meglio e in men che non si dica mi addormento esausta.

 

“Signora Olsen…si svegli…” sento una voce lontana ed il dottore che mi chiama e subito mi alzo di scatto ansimando e osservando ben quattro persone attorno al letto di Ray.

“Si?”

“Sta bene?”

“Si…” il dottore mi sorride mentre mi controlla il polso e ora piano mi tiene ferma.

“Signora s’è svegliato…” spalanco gli occhi e lo scosto per passare e andare al suo fianco, un dottore sta misurando la pressione, uno sta controllando la reattività della pupilla e infine un terzo controlla le gambe.

“Ray…” vedo i suoi occhi verdi fissare la luce e poi piano posarsi su di me, istintivamente gli sorrido e cerco di avvicinarmi ma il suo sguardo è vacuo, vuoto per l’esattezza.

“Deve dargli tempo signora…” mi dice il dottore mentre si fa avanti e gli parla da vicino.

“Può parlare Signor Olsen?” Ray sembra avere un mal di testa allucinante ma annuisce

“Si…”

“Come si chiama?”

“Ray…”

“Bene! Si ricorda in che anno siamo?”

“Nel… 2010” risponde mentre mi fissa e non posso fare a meno di sentire le lacrime di sollievo agli occhi mentre risponde alle domande.

“Chi è il presidente degli stati uniti?”

“Ehm…Barak?”

“Si, e mi dica quanti anni ha?”

“37…” non smette di fissarmi ed io cerco di contenere le emozioni stropicciandomi le mani e gli occhi.

“Conosce questa donna?”

“Mi è familiare…”mormora lui.

“E chi è?”

Il suo sguardo si posa su di me mentre io attendo una risposta sensata e corretta ma non so qualcosa mi dice che quello sguardo così…è strano.

“Signor Olsen, chi è questa donna?”

“Io… non ricordo…” il dottore mi fissa frastornato ed io trattengo il respiro.

“Sa che cosa le è successo?”

“No…”

“Ricorda cosa stava facendo prima dell’incidente?”

“No…”

“Non ricorda sua moglie?” il suo sguardo si fa più ampio e sembra sgranare gli occhi nel guardarmi…come fa a ricordare una bugia? Ma oramai gli è stato detto, non posso smentire…io devo aiutarlo, devo proteggerlo da Worren e devo proteggerlo da chi lo vuole morto con ogni mezzo.

Ray mi guarda, si sforza di ricordare una donna che non ha mai sposato ed io non posso fare a meno di sentire che mi viene voglia di piangere, per il sollievo, per la rabbia, per l’angoscia, per la tristezza e per la delusione. Ray sembra accorgersene e allunga una mano che mi appresto a prendere tra le mie.

“Mi dispiace…non riesco a ricordare…perdonami, se sei mia moglie sono sicuro che se ti ho sposata c’è un motivo ma… perdonami!”

“Sta tranquillo…pensa a guarire, poi tutto tornerà a essere chiaro… ma per ora non sforzarti…”

“Ben detto Signora Olsen, adesso riposate…” dice il dottore andando via dalla stanza e lasciandoci da soli.

Mi siedo sul letto e lo osservo mentre lui non molla la mia mano e non posso fare a meno di provare una tenerezza infinita.

“Ti fa male la testa?”

“Si…molto!”

“Riposa allora…” mi sollevo per sistemare la coperta e mi piego in avanti, nello stesso istante posa una mano sulla guancia.

“Sei bella…e mi dispiace non ricordarti vestita da sposa…così come non ricordo come ti ho conosciuta…” trattengo il respiro e non riesco a distogliere lo sguardo dal suo, così triste.

“Lo ricorderai…”

“Voglio ricordarlo… se ti ho sposata c’è un motivo… devo amarti molto tanto da voler averti con me per sempre…”

“Non devi sforzarti…riposa!” mormoro deglutendo ma lui mi afferra la mano improvvisamente.

“Stai con me… stenditi con me…voglio sentire il tuo profumo e vedere se mi aiuta a ricordare…” così come poche ore prima, mi trovo stesa sul fianco, con la testa poggiata nel suo petto, stretta da quell’abbraccio e stanca e triste.

 

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Capitolo 7
*** In cerca di ricordi ***




Il tempo e il cuore cambiano gli avvenimenti, cambiano a seconda del tempo che fa, a seconda della luce della luna che riesce a catturare la propria anima.
Anonimo


Mi svegliai sentendo un peso addosso, abbasso lo sguardo e mi ritrovo la donna che ieri mi hanno presentato come mia moglie… è bella e stanca ed ha dei segni sotto gli occhi, non avrà dormito molto ultimamente… cosa che non avrei fatto neanche io se avessi saputo mia moglie in ospedale.

Mi stona questo pensiero… io non ricordo di averla sposata, non ricordo di aver atteso che varcasse la porta di casa mia, non ricordo di averla baciata, di aver condiviso un viaggio o anche solo un minuto con lei.

Si muove nel sonno e istintivamente l’abbraccio, non voglio che soffra per causa mia, non voglio che possa pensare che suo marito non la vuole ma…è difficile pensare a qualcosa che non riesco a ricordare…e ogni volta che penso, un mal di testa mi assale.

“Ray?”mugugna nel sonno ed io la stringo con il braccio destro a me, mi piace sentirla vicino e anche il suo calore e la sua voce.

“Si?” le rispondo mentre lei si solleva e mi guarda dritta negli occhi con un lieve rossore nelle guance.

“Buongiorno…come stai?”

“Sto bene… buongiorno a te…” rispondo osservando le labbra arrossate e la guancia velata di rosso, non resisto e le accarezzo il volto assonnato.

“Hai dormito scomodo…”

“No, affatto, anzi ho dormito come non dormivo da tempo…”

“La testa?”

“Pulsa, ma sopportabile…”

“Bene!” si alza dal letto e si scosta con mio enorme disappunto, la osservo mentre si appunta i capelli e si liscia la maglia prima di avvicinarsi al comodino per darmi dell’acqua.

“Tieni bevi…” mi avvicina il bicchiere ed ora io sorseggio pian piano guardandola negli occhi e la cosa sembra darle imbarazzo perché non riesce a reggere il mio sguardo. Cerca di ritirare la mano ma io la fermo in tempo.

“Vorrei potermi ricordare di te…davvero…” il suo sguardo è sbalordito e anche triste, il genere di tristezza che non vorrei mai lei provasse… e mi sento arrabbiato, la causa sono io.

“Ce la farai…” mormora prima di avvicinarsi per darmi un bacio sulla guancia ispida di barba, io le accarezzo la testa prima di sorriderle.

 

 

** **

 

Quando mi sono svegliata stamattina tra le braccia di Ray ho sperato che i miei ricordi della sera precedente fossero solo un brutto, orribile e angoscioso sogno…aprendo gli occhi la prima cosa che ho visto è stata la finestra e il suo paesaggio verde, ma poi mettendo a fuoco ho visto la flebo e anche il monitor e ho capito che non era niente di finto. Ray è davvero ricoverato in ospedale.

Dopo essermi accertata che dormisse e che bevesse dell’acqua mi sono diretta di filata a casa per cambiarmi, farmi una doccia e togliermi di dosso la camicia da notte macchiata del sangue di Ray.

Al mio arrivo scorgo il perito che sta controllando la stalla ed i danni insieme ad un pompiere, mi fanno cenno di saluto ma io non mi trattengo, preferisco andare sotto il getto caldo della doccia.

Davanti la porta di casa Charlie mi aspetta con il muso poggiato sulle zampe e gli occhi tristi e sconsolati, sorrido e mi chino ad accarezzarlo.

“Povero piccolo…” mormoro mentre lo osservo, poi mi sollevo ed aperta la porta entro in casa seguita a ruota dal mio migliore amico.

Salgo le scale senza guardarmi attorno e percorro la strada per raggiungere la mia camera da letto, mentre mi avvicino mi spoglio degli abiti sporchi e subito mi infilo sotto la doccia con gli occhi chiusi e il getto sulla testa inclinata.

Charlie mi ha seguito, sta seduto  vicino all’ingresso e sembra indeciso sul da farsi, entrare o stare in corridoio.

La doccia sembra togliere via tutta la pesantezza dei miei pensieri e subito dopo di fatti sto meglio, esco temprata di nuova energia e mi dirigo verso la stanza dove afferro un paio di jeans, il mio maglione bianco preferito e indosso le mie converse bianche, comode e uniche.

Lascio i capelli umidi sulle spalle, man mano che asciugano si arricciano gonfiandosi un po’, ma la cosa non mi dispiace, donano un certo movimento ai miei lineamenti.

Sempre seguita da Charlie mi dirigo verso la stanza di Ray e una volta aperta la porta mi fermo ad osservare il letto disfatto, mi scuoto e subito mi dirigo verso l’armadio dove trovo una sacca, una borsa e comincio a mettere dentro qualche maglia, due maglioni, due pantaloni e anche dei boxer puliti ed infine un pigiama migliore.

Chiudo in fretta la borsa e la stanza e mi dirigo in cucina, prendo una buona dose di cibo per Charlie e glielo sistemo nella sua ciotola all’esterno, lui sembra felice e comincia a mangiare mentre a me non resta che sorridere e dargli una carezza.

Un pensiero le sovviene alla mente, fruga nella sua borsa e trova il vecchio anello di Vic, ricordo di averlo conservato, anche se è un imitazione di un solitario, uno scherzo per il quale abbiamo riso un intera serata.

Lo infilo al dito, al momento poteva essere un ottimo modo per poter sviare l’interesse dei curiosi e non solo.

Il perito che sta con il pompiere sta parlando e ciò che dice mi fa salire un sentore di nausea mai provato fino ad ora.

“Credo che il Signor Woods possa sperare di allargare la stalla facendo i lavori pre stabiliti e che possa facilmente recuperare lo spazio incendiato e perduto” mi volto e noto che c’è un forcone poggiato contro la parete, l’afferro di scatto e svolto l’angolo puntandolo sull’uomo anche se siamo distanti due metri o poco meno.

“Chi è lei e che cosa ci fa a casa mia?” l’uomo sembra sorpreso e mette la mani avanti come a volersi discolpare dal fattaccio.

“Chi è lei?”

“Siete sul mio terreno, nella mia casa e devo pure subire la sua maleducazione?”

“Signora Olsen?” domanda stranito, ma spaventato.

“Si, che cosa sta facendo qui e chi la manda?”

“Il signor Woods mi ha incaricato di fare un calcolo dei danni subiti, quando comprerà la propr…”

“Dica al signor Woods che può andare a farsi fottere e lei con lui! Questa proprietà non è in vendita e non intendo vedere ne lei ne nessun altro apprendista lavoratore nelle mie terre, se no vi faccio diventare colabrodo!”

“Signora stia calma…”

“No, non sto calma…spero che sia chiaro quello che sto cercando di dirvi, non vendiamo! Ora andate via…subito!” il mio sguardo deve essere veramente duro perché questo si muove in fretta con la sua cartelletta e se ne va correndo verso la sua macchina.

 

 

** **

 

Ricordo la mia casa, la mia terra, i miei adorati cavalli e Charlie ma non ricordo nulla che possa riguardare mia moglie… il dottore dice che siamo sposati da un mese, che siamo sposini e allora come mai non porto la fede? La mia mano è segnata dal lavoro ma non porto la fede al dito.

Questo letto è così scomodo che non riesco neanche a vedere bene il dottore che seduto accanto a me mi parla da un po’.

“Signor Olsen, si sente bene?”

“Si, si…solo che sto scomodo, vorrei alzarmi…”

“Beh, questo dipende da lei, se non ha fastidio alla testa o nausea improvvisa può stare seduto sulla poltrona…”

“Possiamo provare?”domando con un certo ardore ed il dottore si prodiga ad aiutarmi a mettermi dritto e a raggiungere la sedia poco distante.

Il movimento non mi causa nausea come mi aveva detto lui ma solo la consapevolezza che i miei muscoli erano indolenziti per la postura assunta nelle ultime ore.

Con il suo aiuto riesco a sedermi e a stare diritto contro lo schienale della sedia e con un sorriso osservo il dottore.

“Bene Signor Olsen direi che stiamo recuperando in fretta…la mancata nausea è un ottimo segnale di ripresa…”

“Sono contento dottore ma… quando…”

“Ci vuole tempo, secondo le analisi il suo trauma è segnato non solo dalla botta presa ma anche dallo stress che ha subito in questi ultimi giorni…”

“Ma tornerà?”

“Certamente, pian piano e con la pillola che le ho prescritto può sperare in un ritorno di memoria!” sorrido mentre mi rendo conto che la sto aspettando, l’attendo con ansia, ho voglia di stringerla tra le braccia e di baciarla e di sentirmi al sicuro con lei a fianco.

“Quando potrò tornare a casa?”

“Beh, fra qualche giorno…”la porta si apre di scatto e la scorgo sulla soglia con le guance arrossate, il petto che si abbassa e si alza ritmicamente, ha corso, ed uno sguardo sperso per non avermi trovato a letto.

“Vi lascio…a dopo!” dice il dottore mentre io osservo mia moglie sulla soglia.

 

 

** **

 

Non appena entro nella stanza il cuore mi sobbalza perché Ray non è più steso con la flebo, ma è li davanti a me, seduto comodamente sulla sedia davanti la finestra ed un sorriso dolce in volto.

“Ciao…” che saluto stupido m’è venuto fuori…

“Ciao…” mi saluta di rimando mentre io mi avvicino a poso sul letto la sua borsa e mi volto per andare da lui, per accarezzargli una guancia e sedermi li vicino.

Lui blocca una delle mie mani ma non smette di fissarmi in volto, non lo fa mai e quel suo sguardo mi crea un certo disagio, sarà perché mi sento in colpa di ciò che ho fatto.

“Casa nostra…”domanda stringendomi la mano, la stringo a mia volta come se fosse il mio ancoraggio verso le sperdute memorie e menzogne.

“Tutto apposto, non te ne devi preoccupare…ho chiamato un esperto che progetterà la stalla e recupererà il tutto…”

“Brava…” mi attira a se e poggia delicatamente le labbra alla mia fronte, un tocco leggero e misurato che mi mette i brividi e lui lo sente, se ne rende conto tanto da sorridere appena.

“Voglio tornare a casa con te…stare nel nostro giardino, con Charlie, nel nostro letto…” mormora tra un bacio e l’altro.

“Ray, dobbiamo attendere che il dottore sia d’accordo prima…”

“Si, lo so… ha detto qualche giorno!”

“Bene…” rispondo soddisfatta mentre sento dentro di me che voglio aiutarlo e proteggerlo e capire che cosa mi lega indissolubilmente a lui.

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Capitolo 8
*** Si torna a casa ***



Prendi la vita e vivila così come vuoi tu
Anonimo

Sono tre giorni che faccio avanti e indietro dalla casa all’ospedale, non mi pesa affatto perché è li che vorrei stare sempre, ma non sono io la paziente, io sto bene no? Me lo domando da stamane ma non riesco a trovare risposta, sento un forte magone alla gola ma non riesco ad alleggerirmi la coscienza. Va bene, non è niente di terribile…lo faccio per difesa, lo faccio per Ray e per evitare che quel bastardo di Worren possa approfittare della sua amnesia improvvisa, ma questo non mi rincuora. Quando sto così, quando sento che dentro c’è una tempesta da placare di solito chiamo subito la mia amica e mi faccio consigliare da lei. Lei che mi conosce e mi sa criticare, che mi fa crescere e che mi aiuta quando ho bisogno, si lei avrebbe capito.

Accosto con l’auto in una piazzola e poi afferro il telefono e compongo il numero, mi basta sentire la sua voce per scoppiare in lacrime e raccontare di getto ogni cosa, ogni dettaglio ogni singolo ricordo e Vic capisce, capisce tutto ed ascolta silenziosa fino alla fine.

“Hai fatto bene Eve, sono fiera di te…stai facendo tutto per una buona causa…non devi sentirti in colpa, Ray è il tuo uomo e tu lo stai difendendo…”  Ray è il tuo uomo e tu lo stai difendendo

“Vic, questo non fa di me una disonesta?”

“No tesoro ma cosa ti viene in mente?”

“Non so se ce la faccio a continuare così…”

“Ascoltami, domani saremo li da te e insieme stabiliremo un piano di condotta e ci muoveremo per distruggere questo fantomatico Worren” lo dice con la voce disgustata e la cosa mi fa sorridere.

“Grazie Vic, ma non devi…”

“Ehi… ma dico… sai chi sono io vero?”

“Si, una dolce piccola matta…grazie Vic, stasera ti dirò la strada…”

“Vai ora… non farlo aspettare… domani vedremo se è così bello…”

“Vic, non cambierai mai!” mi ritrovo a sorridere e a scuotere la testa ma soprattutto, leggera, mi sento meglio, mi sento piena di energia e con la vitalità ritrovata mi reco all’ospedale rinata.

 

Entrando nell’atrio scorgo il dottore che parla con un infermiera, mi vede e mi sorride facendo cenno di avvicinarmi.

“Buongiorno Signora Olsen, come sta oggi?”

“Molto bene dottore…mi deve dire qualcosa?”

“No, no non si allarmi volevo solo dirle che suo marito è stabile e che deve riposare tranquillo nella sua casa… per fargli ritornare la memoria non dobbiamo stargli addosso quindi credo che sia meglio farlo vivere in casa sua, in mezzo alle sue cose ed ogni settimana lo porta qui per fare delle analisi e le sedute con il dottore…”

“Veramente?possiamo tornare a casa?” domando di slancio troppo felice per contenermi, forse con troppa enfasi visto che il dottore ride e mi da una pacca sulla spalla.

“Andate su, siete sposini dovete stare insieme…” questa frase mi colpisce un po’ ma cerco di non pensarci, come ha detto Vic.

Corro invece da Ray, aprendo la porta noto che è andato a sedersi davanti la finestra per leggere un libro e vedendomi lo richiude mantenendo un dito fra le pagine.

“Buongiorno…” corro da lui e lo bacio sulle labbra prendendogli il viso tra le mani.

“Ehi…come mai tanta foga?” mi sono già dileguata e sto riempiendo la sua borsa con le sue cose.

“Si torna a casa…”

“Che cosa?” anche lui sembra elettrizzato all’idea e la cosa mi fa sorridere e intenerire allo stesso tempo.

“Si, si torniamo a casa…” si alza e viene mi incontro abbracciandomi stretta a lui.

“Non sono mai stato più felice di oggi…” gli sorrido mentre sistemo e ora gli metto fra le mani un paio di jeans e una camicia bianca.

“Su vestiti, io devo firmare delle carte dalla dottoressa…e poi torniamo a casa!” lui mi sorride ed io corro a mettere la firma alle carte lasciandolo solo.

 

 

** **

 

Incredibile, finalmente posso tornare alla mia vita o meglio alla vita che non ricordo e che spero tanto di ricordare presto. Anche se ancora non ricordo nulla di Lei, non riesco a non provare qualcosa, forse una piccola parte del sentimento che provo nei suoi confronti, ho bisogno di lei ecco la verità.

Mi vesto in fretta ma sento la porta che si apre ed il dottore fare il suo ingresso sorridente e soddisfatto almeno quanto me.

“Sua moglie le ha dato la notizia vero?”

“Si!”

“Signor Olsen, se la stiamo mandando a casa è proprio perché magari vivendo da vicino la sua vita può ricordare qualcosa ma non si sforzi, non lo faccia perché creerebbe solo un forte mal di testa… deve aspettare che le cose vengano da sole…”

“Si, dottore… ma quindi non posso fare il mio… lavoro?”

“Certo, deve fare il suo lavoro, deve fare quello che fa tutti i giorni…fisicamente non è provato… è una cosa mentale, un disturbo che deve avere i suoi tempi…”

“Quindi posso tornare alla mia vita normale…”

“Si e… non solo a livello lavorativo, può tornare ai suoi affetti, a sua moglie…” il modo in cui dice la parola moglie mi fa aggrottare le sopracciglia in modo interrogativo.

“Mi spiego meglio… magari averla vicina, avere delle emozioni comuni, fare l’amore con lei, ridere e scherzare..potrebbe aiutarla a ricordare…”spalanco gli occhi.

“Lei mi sta dicendo che…se faccio l’amore con mia moglie potrei ricordarla?”

“Ma no… non funziona così però se lei si vivesse sua moglie, il ricordo potrebbe riaffiorare…”

“Ho capito..grazie!” dopo queste mie ultime parole sento la porta che si apre ed Evelyn sulla soglia che sorride estasiata.

“Allora andiamo?” domanda ed io non posso fare a meno di sorriderle  e afferrare la borsa al volo, la seguirei ovunque.

 

Sta guidando piano per potermi permettere di guardare il panorama, sorride e canticchia una canzone che non conosco ma che mi piace e mi mette allegria. Il paesaggio mi è familiare certo ma è come se non lo avessi visto da tempo e piano comincio a riconoscerlo.

“Stasera ti cucino delle omelette ai funghi e formaggio… che ne dici?”

“Uhm…sembrano buone”

“Lo sono… e magari prendiamo una bottiglia di vino bianco che dici?”

“Si, certamente… è una cena a lume di candela?” domando stuzzicandola volutamente.

“No, è una cena normale…”

“Va bene… vedremo!” mentre dico questo noto che mi sorride in modo strano, un piccolo movimento delle sopracciglia come a dire… vedremo per l’appunto.

Mentre le parlo vedo il viale che porta a casa e mi sento estremamente felice di esser tornato alla mia vita insieme a mia moglie.

Posteggia e scendendo scorgo subito Charlie seduto presso l’atrio che corre verso di me scodinzolante e felice di vedermi.

“Vecchio mio… come stai?” lo riempio di attenzioni e nel mentre vedo che Evelyn sorride a sua volta chiudendo la macchina.

“Che ne dici se mentre preparo la cena ti concedi una doccia fresca?”

“Moglie….dici che puzzo?”

“Assolutamente… volevo ti rilassassi…”

“Va bene… ma stasera possiamo cenare all’aperto?”

“Sotto il gazebo?”

“Si, si…”

“Va bene…” approva ed io mi avvicino per baciarla di sfuggita, è deliziosa.

** **

 

Mi sento rinata davvero, sentire che in questa casa non sono sola mi mette allegria, sapere che lui c’è mi mette allegria…mi sovviene un sorriso perché fino a un mese fa alla notizia che avrei dovuto dividere la casa con qualcuno mi aveva infastidita molto, mi aveva reso la cosa pesante e poco gradita, ma Ray non è uno qualunque, lui è speciale.

Preparo in fretta la mia specialità e una volta sistemate le omelette nella teglia le metto al forno per gratinare  e nel mentre vado in giardino ad apparecchiare la tavola.

Ho scelto una tovaglia turchese, il mio colore preferito, dei bei bicchieri dalla forma strana e simpatica, i piatti con il perfilo turchesi così da non creare contrasto con la tovaglia e infine ho sistemato il pane e gli spinaci nella loro ciotola come contorno.

Stavo sistemando le posate sui tovaglioli piegati con cura quando ho sentito le sue mani scivolare sui miei fianchi fino a stringermi in un abbraccio caloroso.

“E’ pronto?”

“Quasi…” al mio olfatto giunge quell’odore muschiato del bagnoschiuma che avevo sistemato sulla doccia, mi era piaciuto quando l’ho comprato ma su di lui,  fa un altro effetto.

“Domani vengono a trovarci degli amici…o meglio la mia migliore amica…dice che le mancavo…” se solo mi avesse sentita Vic mi avrebbe dato una lezione e la cosa mi fece sorridere.

“Certo, non preoccuparti va bene… ci sono tante stanze qui!” mi sussurra all’orecchio.

“Vado a prendere le omelette ma tu perché non apri il vino?” gli sorrido e mi dirigo a passo svelto verso casa per andare a prendere la teglia. Sulla strada del ritorno lo trovo assorto nella degustazione del vino, uno sguardo così intenso e pensieroso, le sue papille gustative attente per sentire il gusto fruttato del vino, la sua essenza… sono rimasta distante ad osservarlo, unico problema è stato il calore della teglia che mi ha fatto sussultare e fare gli ultimi passi di corsa fino al tavolo.

“Eccomi, scusa…” poso la teglia e mi avvicino a lui per potergli mettere sul piatto la cena, lui mi sorride e versa il vino dentro il calice che avevo messo li vicino.

“Che buon odore…”

“Grazie, ora mi dirai se anche il sapore è buono!” dopo essermi servita a mia volta prendo posto al suo fianco e cominciamo a mangiare.

“E’ ottimo…complimenti!”

“Grazie!” rispondo contenta di aver fatto qualcosa per lui.

Lo osservo mentre cena, non è diverso dalle altre volte è solo inconsapevole e la cosa mi fa tenerezza perché lui è sempre stato di carattere forte e coraggioso, l’uomo che ho innanzi attende che il mondo gli sveli la sua vera identità.

“Eve, posso farti delle domande?”

“Certo…”

“Come ci siamo conosciuti?” alza lo sguardo su di me e io mi sento mancare il fiato è arrivato il momento tanto atteso.

“Beh…”

“Non voglio ferirti…lo so che deve essere difficile per te avere un marito che non ricorda niente ma aiutami a ricordare…”

“Ma il dottore…”

“Voglio solo sapere quando ti ho dato il primo bacio…” come posso non rispondere ad una simile richiesta?

“Avevi cucinato per me e stavamo parlando…ci siamo conosciuti per caso e ci siamo frequentati sempre di più…siamo pure usciti a cavallo…e mi hai baciato…non lo dimenticherò mai…” troppo tardi…ho detto la cosa sbagliata al momento sbagliato…

“Scusami..”

“No, no non dire così…ehi… siamo una coppia e si può parlare di tutto…”

“Si, è vero…”

“Me ne ricorderò…lo so che lo farò… senti abbiamo foto del matrimonio?” boccheggio e per eludere la cosa alla sua vista bevo del vino.

“No, ancora no… è troppo presto il fotografo ha detto che le manderà a casa tra qualche mese…”

“Ah va bene…” mi accarezza una guancia e mi sorride come sempre, lo ammiro io al suo posto sarei già impazzita.

“Sparecchiamo…” si alza ed io subito lo seguo verso casa, siamo silenziosi questa sera ma a me poco importa mi basta sapere che c’è e che ogni tanto mi pizzica per farmi arrabbiare il braccio.

“Bene, finito andiamo a letto…” tutto avviene in modo automatico, saliamo le scale e io mi fermo nella mia stanza, rimango un momento ferma per rendermi conto dell’errore.

“Eve…la nostra stanza non è sopra?”

“Si, si… volevo, chiudere la finestra per evitare che sbatta…” mi osserva un momento ma poi comincia a salire le scale seguito da me.

 

 

** **

 

Il mio letto, il mio comodino, le mie pantofole, il mi libro, la mia stanza e… alzo lo sguardo e vedo mia moglie che entra nella stanza e si viene a mettere sotto le coperte con il viso basso e in parte arrossato, come intimidita.

Si stende accanto a me e ora mi sorride, spengo la luce e mi stendo anche io volgendole lo sguardo, sento la sua presenza ed il suo calore, ho voglia di lei, di riavere mia moglie.

Mi avvicino e le accarezzo il volto, sorride piano prima di avvicinarsi ancora di più a me, mi accarezza il viso con il suo tocco leggero e nel suo sguardo leggo il suo sentimento.

“Il dottore…”

“Ha detto che possiamo…”

“Come ha detto?”

“Beh si… lo ha detto, fisicamente sto bene…” rispondo e nel vederla sorridere l’avvicino a me, la stringo e le sue gambe avvolgono i miei fianchi in una presa salda.

“Sei così bella…” mormoro e lei mi risponde con un bacio carico di passione che mi inebria e mi da nuova forza.

“Ray…Ray…” sospira tra le mia labbra tra un bacio e l’altro e non posso fare a meno di sentire…che questa sensazione è familiare, ho davvero mia moglie tra le braccia.

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Capitolo 9
*** Ospiti in arrivo ***



Un amico è un regalo che si fa a se stessi.
Robert L. Stevenson

La mattina risplende sulla valle, gli uccellini sembrano gioire di questo nuovo giorno e del calore dei raggi e canticchiano allegramente fuori dalla finestra e si inseriscono fra le balze della tenda illuminando la stanza a giorno.

Apro piano gli occhi e istintivamente nascondo il viso contro il cuscino con un gemito, mi sento stanca e insonnolita come se non avessi dormito proprio. Allungo la mano verso il lato dove dorme Ray ma non lo trovo, un gemito di diniego mi sale alle labbra ed ora sospiro stiracchiandomi ma sento il letto che si muove e Ray accanto a me.

“Buongiorno…” mi da un bacio sulla nuca mentre io mi giro piano verso di lui e sorrido ancora assonnata e con i capelli scarmigliati.

“Giorno… ma…” noto che porta tra le mani un vassoio per la colazione con caffè caldo, fette di pane bianco con marmellata di mirtilli, succo d’arancia, yogurt… di tutto!

“Ma…”

“Ho voluto portarti la colazione!” mormora e io non posso fare a meno di sentire una fitta al petto, quest’uomo mi sta facendo qualcosa alla quale non posso porre rimedio da sola.

“Grazie…” nell’alzarmi a sedere vedo che posa il vassoio e mi prende tra le braccia, sento che sta respirando il mio odore e che le sue mani si muovono sulla mia schiena con lenti carezze che mi confondono terribilmente.

“Hai dormito bene?” poco più di un sussurro mentre sento il suo alito caldo sul mio collo e poi le labbra sulla mia pelle e sotto l’orecchio. Ray… perché si comporta così? Gli basta sapere che sono la moglie? in effetti lui ha un estranea…no, no non lo farebbe mai, non lui.

Ray mi accarezza il volto dopo aver notato il mio sguardo perso nel vuoto ed ora mi sorride come solo lui sa fare, un bacio pone sulla fronte ed ora mi chiede calmo e tranquillo.

“A cosa stai pensando?”

“Che abbiamo passato interi giorni di calma e tranquillità…”

“Si, lo so!” mormora baciandomi il collo e sfiorandomi la nuca con il suo tocco leggero…

“Ray…”

“Uhm…”

“La pace…sta…”

“Uhm?” dal giardino si sente uno stridio di ruote e poi un clacson insistente.

“Mi sa che è arrivata Vic…” scoppio a ridere alzandomi dal letto, afferro la vestaglia e scendo le scale al piano di sotto.

Charlie abbaia come un forsennato e io apro la porta e mi poggio sullo stipite vedendo una jeep e una favolosa bionda scendere ridendo dall’auto seguita dal fidanzato alto e moro.

“Eve…ciao!”

“Vic, che bello vederti…”

“Ehi…ma quella è la mia studiosa preferita?”

“Ciao Joseph..” saluto il mio amico e dietro di me sento che c’è la presenza di Ray che mi abbraccia sorridendo agli ospiti. Vic si ferma con un piede nel gradino e ci osserva a bocca aperta mentre Joseph che la spinge piano. C’è silenzio e io rimango per un momento con il fiato sospeso a guardare i miei due amici e mentalmente spero che qualcuno dica qualcosa di intelligente.

“Ray…quanto tempo!” fu Vic a muoversi veloce e andare ad abbracciarlo con nessuna riluttanza nel gesto, lui dal canto suo poverino, ricambia ma nel volto si legge una sola espressione..dispiacere per non riconoscere l’amica della moglie.

“Tranquillo… non fa nulla…” cerca di tranquillizzarlo Vic e Ray sembra invece trovare l’energia per affrontare la cosa perché scende le scale va verso Joseph e gli stringe la mano con affetto.

“Come va amico?”

“Bene e tu?”

“Ottimamente, vieni ti aiuto con la valigia!”

Vic si trova accanto a me, pare guardare la scena ma in realtà mi afferra per la manica e mi tira dentro casa trascinandomi.

“Allora?”

“Cosa?”domando

“Dico… che marito…”

“Vic, per favore… ti prego, non fare così mi rendi le cose difficili!”

“Mi sei mancata…” mi dice abbracciandomi stretta a se.

“Anche tu…” la stringo a mia volta, mi è mancata davvero, mi è mancata la sua presenza e la sua risata e la sicurezza che mi da quando mi è vicina. Mi sento vacillare accanto a lei ma il suo abbraccio è forte e sicuro.

“Ci sono io ora… ti aiuterò!”

“Vic… è dura…che cosa ho fatto?”

“La cosa giusta…lui è importante per te…”

“Si, lo so!”

“E allora  non perdere la fede in te stessa…lo aiuteremo!”

Ecco la mia cara e dolce Vic, chiassosa forse ma di gran cuore, sincera e umile, la mia amica…la sorella che non ho mai avuto, la mia metà perfetta.

Non sento la porta chiudersi e alzando lo sguardo vedo Ray sulla soglia che mi fissa e Joseph intento a portare la valigia dentro.

“Venite, vi porto nella vostra stanza…” affermo più allegra facendo strada verso quella che era la mia stanza seguita da Vic e Joseph.

Una volta tornata indietro vestita e lavata trovo Ray seduto a leggere il giornale in cucina e scorgo per un momento il profilo dell’uomo che avevo conosciuto tempo addietro una famosa partita.

“Ray…perché non prendi i cavalli e porti Joseph a fare un giro per la tenuta?”

“Certamente…ci avevo già pensato…”si alza dalla sedia e si avvicina per darmi una carezza sul volto mentre dietro di me Joseph e Vic si palesano sorridenti.

“Bene, andiamo Jos…andiamo a fare un giro cowboy!”

“Certo…!”

Poco dopo ci ritroviamo sotto il gazebo a bere the freddo in amorevole compagnia, Charlie si è messo sotto la mia sedia e pare ascoltare le nostre discussioni e il volto di Vic è radioso e felice.

“Ed eccoci qui… in piena vacanza, beh non proprio vacanza ci siamo portati il lavoro…”

“Benvenuti nel mio mondo!”

“Ma come sei gentile…” mi dice tirandomi un fazzoletto appallottolato, scoppiamo a ridere mentre sentiamo un rumore strano dietro la casa.

Charlie si raddrizza e guarda un punto fisso e ringhia, la cosa non mi piace e mi sollevo subito e osservo il punto che sta fissando Charlie.

“Eve…”

“Sssh!” mormoro facendole segno con la mano mentre comincio a camminare lentamente verso la direzione in completo silenzio.

Cammino quatta fino al muro ed ora sento delle voci indistinte, sono Joseph e Ray che sono tornati.

“Alle volte mi sento come se fossi nato in questo momento, non ricordo una parte della mia vita e la cosa mi blocca, non riesco ad essere felice, non riesco a guardarla con gli occhi di un…marito!”

“Ray, è normale…vedrai che un giorno questa nube si schiarirà e tornerai a capire…”

“Lo so…io vorrei tanto…mi vengono tanti dubbi ad esempio… ho trovato delle carte, il mio manoscritto, l’ho aperto e riletto tutto ma poi… non sapevo come continuarlo, mi sono fermato…oppure le carte sul mio tavolo… sono atti notarili, che cosa volevo fare?”

“Questo non lo so, direi che non devi fare nulla…certe cose rimandale a quando sarà il momento…”

“Si, certo!” risponde Ray mentre porta nella stalla i due cavalli.

Mi volto e corro verso il tavolo in silenzio e la prima cosa che noto è l’espressione di Vic e il biscotto che sta mangiando.

“Allora?”

“Niente…tutto bene!” mormoro mentre cerco di memorizzare, atto notarile sulla scrivania, dovevo vederlo.

Non ho avuto modo di vederlo, la serata è continuata in modo tranquillo, una cena con gli amici, un liquore sotto il cielo stellato, le risate e la voglia di pensare che tutto ciò è reale.

Ray pare stanco e la prima cosa che faccio è alzarmi dal divanetto da giardino e raccogliere le cose per la cucina.

“Andiamo a letto, domani abbiamo tanto da fare…”

“Si, hai ragione Eve, io e Ray vogliamo aggiustare la stalla…”

“Voi due Jos?” domando sconcertata.

“Si, noi due…” risponde Ray spingendomi verso casa con un gesto preciso, Vic mi sorride e insieme chiudiamo le imposte per prepararci a dormire.

“Buonanotte..”

“Buonanotte Vic…”

“Mi raccomando…”

“Che cosa?”

“Metti la cravatta sulla maniglia porta come facevamo quando eravamo all’università!”

“Vic…ma smettila… non entro nella tua stanza…” rido di gusto e la spingo verso la porta.

“Buonanotte Victoria!”

“Buonanotte Evelyn!”

Salgo le scale e apro piano la porta della camera da letto, Ray mi ha preceduta e non so se sta già dormendo, ma non sta dormendo, è in piedi davanti la finestra e si sta spogliando.

Chiudo la porta e rimango a fissare le sue spalle larghe e ben fatte, il profilo contro la finestra ed ora i suoi occhi puntati su di me.

 

 

** **

 

La fuori è buio, si vede la luna che si staglia nel cielo scuro della notte e le stelle sono così belle e luminose che sembrano quasi mandare messaggi…ecco, adesso so che cosa mi piace dell’Irlanda. Mi volto e vedo Evelyn davanti la porta che mi guarda con una strana espressione sul volt, non è triste mi sorride ma vorrei sorridesse diversamente.

Le vado incontro, la prendo di peso e la butto sul letto mentre lei ride e cerca di divincolarsi e le faccio il solletico sui fianchi morbidi.

“Ray… smettila!”

“No, non la smetto!”

“Rayy!” grida e non posso fare a meno di bloccarla con il mio peso per poter chiudere il suo urlo con un bacio. Un bacio che infonde in me un ricordo, ricordo di un viso sconosciuto che ogni giorno ho imparato ad amare, il ricordo della nostra prima notte d’amore, la notte in cui lei è diventata mia.

Un flash che mi lascia stordito e profondamente scosso, mi sollevo di scatto e la guardo negli occhi come incantato, come se non volessi più dimenticare.

“Ti amo!”

Mi esce di getto, senza pensarci così come il piccolo flash che ora è andato via, un piccolo frammento che rimarrà sempre per me.

Devo recuperare la memoria, voglio ricordare tutto… devo farcela.

 


 Grazie a chi ha messo la storia tra le preferite:

1 - Amy5
2 - neru

3 - pirilla88
4 - robychan88


e GRazie a chi tra le seguite:

1 - Alych
2 - Bella_kristen
3 - bersa
4 - Bloody D
5 - GinevraMalfoy90
6 - mary__93
7 - underworld_max
8 - _Valy_


GRazie, ragazzi spero di non deludere nessuna aspettativa, speriamo che vad a finire bene... un particolare saluto va a Bloody D XD che mi fa ridere tanto...a presto

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Capitolo 10
*** L'intruso ***


 Lo sguardo disonesto è l'indizio di un cuore disonesto

 S.Agostino

La presenza di Vic non ha cambiato la mia vita, anzi ha riempito ogni singolo momento della mia vita e di quella di Ray che ogni volta ride e scuote la testa divertito mentre Joseph, suo marito e anche compagno di avventure non può fare a meno di ammirarla con sguardo innamorato e fiero.

D’altronde Vic o la si adora o non la si sopporta e a dirla tutta sono poche le persone che possono definirla noiosa e insopportabile.

Dopo aver fatto la spesa al paese siamo tornate a casa cantando a squarciagola Think in macchina e quando siamo arrivate davanti la porta di casa Joseph è venuto da noi ballando per baciare la moglie.

Afferrato il sacchetto sono corsa in casa per non essere il terzo incomodo ma quando sono entrata canticchiando allegra e la prima cosa che ho fatto mentre portavo alla bocca un albicocca è stato chiamare Ray e la sua voce mi è giunta chiara dalla stanza a fianco.

Allegramente svoltato l’angolo continuo a cantare ma non mi aspetto certo di trovare ospiti ed in particolare un ospite che Ray a quanto pare ha accolto cordialmente a casa nostra… casa nostra? A casa sua.

“Eccoti Eve, vieni…” mi chiama Ray ma i miei occhi sono puntati su quelli dell’uomo che ha preso posto nella poltrona del salotto, che mi sorride con aria di vittoria assoluta.

“Lei deve essere la Signora Olsen…” mormora compiaciuto mentre cerca di prendermi la mano che io ritraggo in tempo.

“Il signor Woods è un nostro… diciamo vicino di casa!”

“Piacere mio Signora…”

“Prendo del brandy … arrivo subito…!” afferma Ray alzandosi e sorridendomi ma il mio volto è impassibile e imperturbabile ed una volta soli non mi trattengo e la prima cosa che faccio e guardarlo sconvolta.

“Che diavolo ci fai qui Worren?”

“Ehi.. che linguaggio…”

“Ti assicuro che mi sto trattenendo…”

“Non avevo dubbi… sai essere così cruda alle volte…”

“Non te lo chiederò più, che cosa ci fai qui!”

“Sto discutendo di affari con Ray  che mi ha gentilmente invitato a sedermi con lui in casa…”

“Non sa ciò che fa… va via!”

“Ora non dare la colpa alla demenza eh?”

“Worren, dio solo sa quale angelo mi sta trattenendo… non farmi perdere la pazienza… vattene!”

“Mi sa che tu non comprendi…”

“Comprendo benissimo.. comprendo che adesso tu prendi le tue cose e …” l’occhio mi cade sulle carte poste sul tavolo e dentro sento scattare una rabbia che invade il mio sangue fino a farlo diventare marcio.

“Atto notarile?” mi sollevo e vado a prendere i fogli, con un unico movimento strappo i fogli e li butto sopra Worren che come risvegliatosi si alza di scatto innervosito.

“Che…cosa stai facendo Eve?”

“Non vendiamo e non intendo permettere che succeda ne ora ne mai!”

“Non sai di cosa ti stai impicciando…”

“Va via… avvicinati un'altra volta a Ray e giuro che la prossima volta ti denuncio!”

“E per cosa?”

“Per molestie e come disturbatore!”

“Ho capito… ma non hai vinto che la battaglia… la guerra la vincerò io!”

“Non credo!” se ne va velocemente chiudendo la porta con uno scatto e poco dopo spunta Ray sorridendo e portando bottiglia e bicchierini.

“Ma dove è andato il signor Woods?”

“Ray… ma come ti salta in mente di invitarlo a bere con te qualcosa?”

“Che significa io…”

“Ray quell’uomo non è bene accetto in questa casa…non ha fatto altro che portare danno nella tua vita e ora anche nella mia!”

“Eve, non so di cosa parli ma tranquillizzati…. Ti ha fatto qualcosa?”

“No, non posso tranquillizzarmi… tu.. tu non ricordi ma quell’uomo è il nostro peggior nemico e tu stavi per…”

“Per fare cosa?”

“L’atto notarile…”

“Mi ha fatto una proposta è vero ma che cosa c’entra con…”

“Tu, non hai nessuna intenzione di vendere…”

“Io? Avrei parlato con te prima… la tenuta non è cosa mia ma nostra!”

“Ray… che cosa volevi fare? Vendere e perché?”

“Lui ha detto…”

“Lui può dire ciò che vuole e saranno tutte bugie… malefatte e ha intenzione di toglierci la terra e la casa…”

“Eve…”

“No, che cosa avevi intenzione di fare?”

“Stavo solo parlando…”

“Ma tu non ricordi, se ricordassi potresti sapere che lui…” una rabbia improvvisa si impadronisce del suo sguardo, posa i bicchieri rumorosamente sul tavolo e mi guarda arrabbiato.

“Non lo ricordo, non so che cosa ha fatto quest’uomo per farti reagire così… non lo ricordo e la cosa mi rende… pazzo… non ricordo niente del passato troppo recente, non mi ricordo e la cosa è dolorosa…!” mentre parla si avvicina  a me con fare frustrato e ha ragione… ha ragione ad esserlo, non ricorda nulla della sua vita e di ciò che è…chi sia io che cosa succedeva prima.

“Ray…”

“Non farmi sentire peggio di come sto…!” detto questo si volta e va via sbattendo la porta e lasciandomi completamente svuotata.

Rimango seduta sulla poltrona cercando di capire che cosa è successo ma non riesco a fare altro se non stare ferma mentre le lacrime mi scendono, deve stare male, malissimo…ed io che cosa ho fatto? Ho alimentato la sua confusione rendendolo più solo di quanto si crede.

Vic entra nella stanza insieme a Joseph e si fermano a guardare me, fa un cenno per avvicinarsi ma io le faccio cenno che non è il caso.

“Eve…”

“Va tutto bene Vic…io credo che farò una doccia ed andrò a letto!” mi sollevo e piano mi allontano cercando di apparire dignitosa, ma sto male, troppo male.

 

 

** **

 

La testa fa male, non riesco a far smettere di pulsare la vena della mia tempia, cammino lungo il sentiero che mi porta al paese a alla solita taverna dove vado quando sono pensieroso ed in effetti quando entro nella sala mi sento già meglio anche se il mal di testa si sta attenuando.

Ho fatto l’unica cosa che non dovevo, sforzare la mia testa per ricordare e il dottore ha detto che non va bene.

Davanti alla birra fresca che Tuny mi prepara mi siedo a riflettere alle parole di Evelyn e alla sua reazione e alla mia reazione.

Quell’uomo deve davvero aver avuto qualcosa con noi perché Evelyn non si comporta così, non riesce a pensare che sia così con tutti per via della sua dolcezza…no, la notte mi soffermo a guardarla dormire contro il mio petto e mi sento completo, mi sento bene con lei accanto…mi sento un uomo diverso e mi ricordo…mi ricordo di lei, mi ricordo quanto amore provo per lei anche se non la riesco a ricordare vestita di bianco…starò così tutta la vita?senza ricordare mia moglie?

Mentre sono assorto sento un movimento a fianco e noto la presenza del signor Wood.

“Tua moglie è risoluta!”

“Mia moglie è fantastica!”

“Dura…”

“La smetta…ha motivo di stare così..”

“Non credo…”

“Vedremo…”

“Mi venda la proprietà…”

“No, non lo farò…stia attento a come parla con me e mia moglie…”detto ciò capisco che non devo stare qui, il mio posto è altrove e uscendo dal locale corro verso casa da mia moglie.

Entrando in casa c’è silenzio e tranquillità, trovo Vic seduta nel divano ed ora le sorrido cosa che lei ricambia.

“E’ di sopra, non ha cenato!”

“Sono uno scemo!”

“No, è normale…”

“Vado?”

“Si, corri…!”

“Grazie Victoria!”

“Di niente Ray!”

Corro al piano di sopra e la prima cosa che vedo è il letto illuminato dalla luce della luna e una sagoma stesa raggomitolata su se stessa.

Mi avvicino piano e mi stendo al suo fianco abbracciandola stretta a me contro il mio petto, è così piccola che vorrei proteggerla dal mondo intero.

“Sei tornato!”

“Credevi me ne potessi andare via?!”

“No…ma eri arrabbiato!”

“Non con te!”

“Ma sembrava…”

“Con me stesso!”

“Che colpa hai tu?”

“Mi fa stare male non ricordare Eve...devi avere pazienza tesoro… io non so alle volte cosa faccio… come oggi!”

“Non potevi saperlo ed io sono stata dura…”

“No, eri nella ragione..”

“Forse…” la volto piano verso di me e noto che ha pianto e questo mi fa male.

“Sempre…sei la mia guida!”

“Grazie…”

“E di cosa?amore?”la sento tremare e allungarsi a baciarmi sulle labbra e la cosa mi piace, mi fa sentire un re.

Questa volta facemmo l’amore in modo diverso, in un modo passionale ma la cosa che più mi ha colpito è che entrambi abbiamo bisogno l’uno dell’altra, come se non esistesse nulla se non il fatto che insieme siamo una cosa sola.

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Capitolo 11
*** La dura verità ***


 

La felicità non è un cielo sempre sereno, ma un arcobaleno dopo la tempesta

La settimana passò in fretta, ogni mattina Vic ed io lavoriamo in giardino mentre Ray e Joseph vanno a cavallo, pescano al lago e sistemano alcuni lavori nella tenuta che non possono essere rimandati come la rimessa a nuovo della stalla.

Il mio manoscritto prende forma ogni giorno che passa e adesso è giunto a 500 pagine nette, un vero e proprio trofeo per me che da sola m’appresto ad una simile impresa che potrebbe segnare la mia vita accademica.

Anche se non alzo lo sguardo so bene che Vic mi sta fissando intensamente e la mia tempia pulsa non solo per il fastidio ma anche per il mal di testa che mi ha colpito da qualche giorno a questa parte.

“Vic, piantala!”

“Di fare che?”

“Di fissarmi…”

“No è che penso e mi fisso a guardare te…”

“Si e allora dato che siamo in mezzo alla pianura perché non fissi una roccia?”

“La roccia non mi ispira quanto il tuo volto…” alzo lo sguardo e mi rendo conto anche senza vedermi che risulterà sarcastico e smorfioso.

“Vic…”

“Eve…davvero va tutto bene…e tu… va tutto bene vero?” come fa ogni volta a capire che c’è qualcosa che non va?come? cerco sempre di non farlo capire a nessuno ma ogni volta è sempre la stessa storia… lei mi guarda, mi fissa e capisce. Poggio la schiena sulla sedia e incrocio le braccia al petto rassegnata, mi tocca parlare.

“Come diamine fai?”

“Cosa?”

“Vic..”

“E’ che non so… sei diversa quando hai qualcosa, non riesco mai a capire che cosa ti passa per la testa…anche se ora posso immaginarlo…” afferro la mia agenda mentre la nausea mi assale e comincio a cercare la pagina del giorno.

“Pensarci mi fa stare molto male, davvero. Questa storia deve finire…ho chiamato l’avvocato ma stanno cercando le documentazioni per poter dichiarare chiusa questa storia per sempre…” Vic afferra il pacchetto di patatine e comincia a sgranocchiarle pensierosa e nel mentre continua a fissarmi ed io per evitare il suo sguardo indagatore mi metto a leggere i miei appunti sull’agendina.

Sento come un rumore, qualcosa che si incrina come un cristallo che si sta per rompere ma in realtà capisco che è dentro la mia testa, gli occhi sono puntati sul foglio e non riesco a staccarli da questo neanche se lo volessi.

Come ho potuto non pensarci prima? E come ho potuto non accorgermene? Eppure il giorno è quello…sono precisa.

Mi alzo di scatto dalla sedia e sotto lo sguardo scioccato di Vic mi dirigo velocemente verso la casa cercando di mantenermi calma, infondo non può essere davvero così magari c’è un errore.

Comincio a camminare avanti e indietro nel salone, la mano che non smette di toccare i capelli e di torturarli così come dentro mi sto torturando l’anima.

“Eve… va tutto bene?” quasi salto in aria, non ho sentito Vic che si avvicinava dietro di me e non riesco a parlare per un po’, ma lei sembra capire e attende silenziosa.

“Non voglio crederci, ma credo di essermi complicata di più la vita…”

“Che cosa stai dicendo?”

“Si, tutto mi sta sfuggendo di mano…” sono nervosissima tanto che mi trema la mano e con questa la voce e la testa, mi sta scoppiando.

“Eve, ti voglio bene come una sorella ma se non ti spieghi…io non ti posso aiutare…” la buona e cara Vic, che cosa le sto facendo?la faccio impazzire quando in realtà dovrei stare tranquilla e rivedere la situazione… o forse il fatto è che non voglio ammetterlo.

“Ok, va bene…” sospiro forte esasperata “Ho preso l’agenda…stavo cercando degli appunti e ho trovato questo…” le passo l’agenda in mano e lei con l’aria corrucciata mi osserva prima di prenderla e leggere.

“Che cosa dovrei vedere?”

“Segno ogni cosa, in quell’agenda…”

“Eh si e allor…” rimane a fissare la pagina ed ora alza lo sguardo verso di me…

“Quella nota è segnata ben dieci giorni fa…capisci?che significa?”

“Eve…può esserci un errore…”

“No, io sono sempre regolare..spacco il secondo…” rimaniamo a fissarci per un bel po’ fino a quando non crollo sul divano sconsolata.

“Ci mancava solo questo Vic, ci mancava solo questo…ma ti rendi conto? Non solo devo fingere di essere chi non sono ma devo anche vedere l’uomo che amo stare male e cercare di ricordare qualcosa che non è mai successo e devo anche tenere nascosta questa cosa…”

“Ehi…” alzo lo sguardo e Vic sta sorridendo “Lo hai appena detto lo sai?...” la osservo per un po’ ed ora mi rendo conto di ciò che ho detto…e lo penso davvero, lo sento dentro di me e Vic lo sa.

Mi sorride gentile e dolce come sempre ed ora afferra le chiavi della macchina dal cruscotto e mi fa cenno di seguirla ed io lo faccio senza remore.

La campanella del negozietto trilla al nostro ingresso e ci rallegra al punto che sembra quasi di esser tornate ragazzine, tanto che ridiamo a crepapelle mentre Vic corre al reparto snack per scegliere un po’ di schifezze e gelato.

Il mio passo è lento, anzi credo di non aver mai camminato così lentamente in vita mia, mi avvicino al banco e una signora di mezza età mi sorride.

“Buonasera, posso esserle utile?”

“Si, buonasera…vorrei della panna per il gelato e poi delle caramelle alla liquirizia…” so benissimo di perdere tempo e fortunatamente arriva Vic a darmi una mano.

Posa tutto sul bancone ed ora sorride facendo illuminare il volto con la sua solarità e sicurezza.

“Prendiamo questi e un test di gravidanza!” la dolce signora sorride e ci passa tutto dentro una busta.

“Ecco il resto e buona fortuna per chiunque sia…” la guardammo e sorridemmo di ricambio.

 

 

** **

 

Joseph è un buon compagno di pesca, di certo non ha mai visto pescare così tanto in così poco tempo ed io… la realtà è che sono distratto, la mia mente è altrove un po’ per i pensieri e un po’ per la mia mente che non vuole ricordare.

Quanto tempo ancora deve passare? Quanto ancora devo dover sentire il vuoto dentro di me?

“Ehi…tutto bene?”

“Si, Jos, va tutto bene…stavo pensando!”

“Beh lo vedevo…”

“Scusami non sono di compagnia…”

“Ehi non scusarti, la pesca va fatta in silenzio…”

“Lo so…”

“Senti, io vorrei andare a controllare alcune cose, ti dispiace se vado e torno?”

“Certo vai pure io sto ancora un po’ qui e ti raggiungo…”

“Bene…!” non lo guardo ma so che ha raccolto tutto e so che lo ha fatto in parte per farmi rimanere da solo con i miei pensieri… certamente pensieri vuoti ma sempre pensieri.

Non so esattamente quanto tempo passa ma sento dei passi e poi li sento fermarsi dietro di me.

“Hai cambiato idea?”

“Io no Ray e tu?” una voce maschile mi irrita e mi volto di scatto osservando il biondo davanti a me.

“Che cosa vuole?non le avevo detto di andarsene?”

“E invece sono ancora qui…”

“Spero per poco… che cosa vuole?”

“Vorrei… vorrei poter parlare con te Ray, posso chiamarti Ray vero?”

“Veloce non gradisco né la tua presenza né il suono della sua voce…”

“Bene… posso capire che non ti fidi ma se ti dicessi che ti fidi delle persone sbagliate?”

“Che cosa vuoi dire?”

“Che stai subendo un torto e che io non posso assistervi così impotente…”

“Vuoi fare il buon samaritano?”

“No, voglio solo aprirti gli occhi… e farti capire che ti stanno prendendo in giro…”

“Chi?”

“Quella donna che tu chiami moglie e i suoi amici…”

“Ti ho detto che non devi nominare o fare un solo passo falso verso mia moglie…”

“E infatti io sto mantenendo la parola… lei non è tua moglie!”

“Che cosa stai dicendo?”

“Ecco… i documenti…!” afferro quei fogli di carta e quasi li strappo dalle sua mani e leggo ciò che è scritto…il mondo mi crolla addosso.

 

 

** **

 

Chiuse dentro la mia stanza attendiamo silenziosa buttate nel letto, sento caldo e un minuto dopo freddo e la cosa mi infastidisce e mi rende nervosa…qualsiasi sia il risultato io sono comunque una donna orribile, non sto tenendo conto né dei miei sentimenti e neanche quelli di Ray che crede in me ciecamente.

“Vuoi?” una caramella gommosa alla frutta a forma di porcellino mi viene avvicinata alla faccia e io l’afferro esasperata per masticarla con ardore.

“Ecco brava!” mormora Vic mentre mastica la sua liquirizia e attende con me. Rimaniamo in silenzio, come in tacito accordo fino a quando non sento un rumorino e Vic si solleva guardandomi.

“Vai…”

“Eh?”

“Eve è il momento…” mi sollevo e guardo verso il bagno quasi vedessi spuntare da quello un mostro terrificante.

“Si…” mi alzo e vado verso questo, sul lavandino il test di gravidanza ma non lo guardo, mi osservo allo specchio e poco dopo abbasso lo sguardo per leggere la risposta.

Rimango un po’ li, immobile non so dire se sollevata o spaventata e prendo tra le mani il test e mi volto verso la stanza da letto dove vedo Vic che mi aspetta… ma lei capisce dal mio sguardo e mi viene incontro per abbracciarmi.

“Ehi… dai su, ce la faremo…possiamo fare tutto se solo lo vogliamo!” non mi sono neanche resa conto che le lacrime mi scendono sul viso… ma contrastante è il sorriso che non riesco a trattenere, aspetto un bambino da Ray…

 

** **

 

Torno verso casa, frastornato con il foglio nel jeans dietro la schiena e ora noto che Charlie è li ad attendermi, mio unico vero amico.

Quell’uomo mi ha dimostrato che la donna che dice di essere mia moglie in realtà non lo è e che da quando sono stato ricoverato ha preso possesso di tutte le mie cose e le gestisce senza dare respiro a chi come il Signor Woods mi vuole aiutare.

Salgo le scale e entro in casa lasciando che Charlie entri con me, poso tutto all’ingresso ed ora vedo che tutti e tre sono nel salotto a ridere fra loro e lei… è così bella e solare anche se ha lo sguardo stanco, come se avesse pianto.

“Ehi Ray… eccoti qui…!” la vedo irrigidirsi e osservarmi dritto negli occhi e dentro di me c’è solo una delusione immensa.

“Vuoi da bere?”

“No, vorrei parlare con mia moglie…!”

“Si, certo anche lei!” Vic sta sorridendo come un ebete mentre si tira dietro suo marito che ridacchia facendo spallucce verso la mia direzione. Una volta soli mi siedo davanti a lei sul tavoli nodi fronte.

“Che cosa vuoi dirmi?”domando scrutandola negli occhi mentre vorrei tanto che dicesse la verità.

“No, comincia tu…!”

“Eve, che cosa ti ha portato qui in Irlanda?” la vedo che boccheggia stranita ma fa spallucce.

“Beh, dopo che ci siamo sposati abbiamo deciso di venire qui…”

“E tu hai fatto tutto questo per rimanere con me?”

“Certo…”

“Hai fatto sacrifici…”

“Si, è vero ma ne valeva la pena!” sorride e dentro di me cade un macigno.

“Io… non so come… tu possa aver fatto una cosa simile…”

“Beh, è semplice potevo lasciare mio marito da solo?”

“Eve…smettila!”rimane un momento frastornata ed ora mi fissa in volto come se fossi un estraneo.

“Che…”

“Zitta, hai già detto abbastanza…!” mi sollevo disgustato ed ora lascio cadere sulle sue gambe i fogli che Woods mi aveva consegnato e vedo nel suo volto un espressione di shock e di spavento.

“Che cosa mi dici?Eh?Mi pare chiaro questo documento…!”

“Ray… io…”

“Tu cosa?che cosa Eve?volevi aiutarmi? O prenderti tutto?”

“Che cosa stai dicendo non capisci… c’è una spiegazione per questo…”

“Ah si? C’è? Non credevo ci fosse visto che hai finto di essere mia moglie e mi hai fatto credere questo fino ad ora…”

“Ray…c’è un motivo…”

“No, non c’è… mi hai mentito…!”

“Ray ma…”

“Non voglio vederti mai più… va via da casa mia!” amareggiato scuoto la testa e vado ad afferrare le chiavi della mia macchina, guidare mi ha sempre fatto bene e adesso ne ho bisogno.

Credo di avere guidato fino a notte fonda, senza una meta ma solo guidando come se non avessi dimora, risetto, felicità… non ho nulla.

Quando sono tornato a casa, ho trovato la casa vuota, Vic e Jos se ne sono andati e con loro Evelyn. In cucina poche righe scritte di fretta e sbiadite da una macchia umida.

 

Ti prego Ray…Perdonami

Eve


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Capitolo 12
*** Lo sento dentro di me ***





Corpi fragili da proteggere.
Da guardare negli occhi
per capire il senso della Vita!...

Anonimo

“Non voglio vederti mai più… va via da casa mia!”


Le parole che Ray mi ha gridato rimbombavano dentro la mia testa mentre l’aereo decollava da Dublino, rimbombavano la sera del nostro ritorno mentre ero a letto, rimbombano mentre lavoro, rimbombano mentre sto in aula con i ragazzi tanto da rimanere completamente assorta a guardare il vuoto mentre gli studenti sono in attesa. Ho ripreso a lavorare al mio studio al’università ma non riesco a scrivere più un solo rigo. Ho lasciato l’Irlanda, lui non voleva spiegazioni, non voleva niente da me se non che me ne andassi ed io l’ho fatto, con la morte nel cuore ho preso le mie cose e me ne sono andata via, ma porto via l’unica cosa che l’Irlanda mi ha regalato e che Ray non sa neanche di avermi dato. Ma d’altronde come dirglielo? Non ha voluto sentire ragioni e non mi ha dato modo di spiegarmi.

Sulla scrivania c’è il calendario, è il 15 e sono passati esattamente quattro mesi dall’ultima volta che ho avuto notizie, non ho neanche provato a cercarlo anche se ogni sera ci penso.

Al mio ritorno dall’Irlanda sono andata da un medico, da un ginecologo per l’esattezza e ho fatto i dovuti controlli, porto davvero dentro di me il figlio di Ray ed ora sono 16 settimane che vive dentro di me e si nutre di me.

Dopo il terzo mese il mio corpo ha cominciato a reagire alla presenza del piccolo essere che cresce dentro di ma tanto che ora è visibile anche a tutti quelli che incontro, sul frigorifero di Vic troneggiano due foto delle mia ultime ecografie e lei ne va fiera quasi come se fosse lei incinta.

Non riesco a dimenticare questa storia e di fatto Vic e Joseph mi stanno vicino come non mai, mi sono pure trasferita a casa loro nella stanza degli ospiti pur di non stare da sola, ma è difficile ogni giorno che passa, è come doversi costringere un’esistenza che in realtà non è la propria.

L’unica cosa che faccio per sentirmi meglio è comprare i suoi libri e leggerli perché ogni parola mi fa sentire più vicina a lui, perché immagino la sua voce e il suo calore.

Sento dei passi ed anche la porta che si apre e dal passo felpato so bene che si tratta di Joseph e mi metto seduta sul divano per accoglierlo.

“Ehi…bentornato!”

“Eve…come va?”

“Sto bene… ogni tanto nausea ma capita!”

“Già...c’è Vic in casa?”

“No…non è ancora tornata!”

“Ah bene… ti secca se mi siedo un po’ a parlare con te?”

“No, certo che no!”

“Dimmi la verità, come stai?”

“Male…molto male…non per il bambino, solo perché mi sento un’impostora, una donna senza scrupoli e perché non c’è lui qui….”

“Sai, io ho saputo che sta uscendo il suo nuovo libro?”

“Veramente?”

“Si verrà pubblicizzato in tutte le librerie !”

“Beh, sono contenta che ha ricominciato a scrivere…significa che sta bene!”

“Si…” elude il mio sguardo, qualcosa non va.

“Jos, che c’è?”

“Eve, tu sai che ti voglio bene  ma stai sbagliando…tu devi dirglielo!”

“Non è così facile Jos, mi ha esplicitamente chiesto di uscire dalla sua vita e sapere di avere un figlio significherebbe ritenersi legato all’unica donna che lo ha ferito!”

“Si ma…”

“Nessun ma…non voglio costringerlo!”

“Eve… non sarebbe costretto…”

“Io credo che si sentirebbe così!” rispondo alzandomi e baciandolo sulla guancia come ogni sera prima di andare a letto.

“E’ mio figlio…e me ne occuperò io!” mi volto sicura di sentire il suo sguardo addosso e mi dirigo in camera mia.

 

 

** **

 

“Ray, che splendido romanzo pieno di avventura, di suspense, di calore…devo complimentarmi! ho in serbo per te una serie di conferenze e di incontri con alcune librerie e pub letterari…” Jeff, il mio editore non fa che adularmi, mandarmi inviti e complimenti dai grandi editori di tutto il mondo. Dovrebbe farmi piacere, dovrebbe rendermi orgoglioso ma non è così, mi sento snervato e così inutile.

Dovresti tagliarti la barba ed i capelli sai?capisco che vieni da mesi di natura selvaggia ma…”

“Jeff…piantala!”

“Non so cosa sia più irritante se il fatto che non hai recuperato la memoria o che sei diventato orso e musone!”

“Jeff… ti ho detto di non fare parola del mio incidente con nessuno…”

“Si lo so… però non credi che sia più logico…”

“Te l’ho detto mille volte, non voglio che sfrutti il mio incidente per incrementarle vendite!”

“Ma…”

“Jeff… non costringermi a cambiare casa editrice…”

“Come vuoi Ray, ma perdiamo molti soldi sai?ma che cosa t’è successo? Si può sapere?”

“Lasciami perdere…!” mi alzai di scatto per andare via da quell’ufficio asfissiante ma Jeff mi ferma ancora una volta.

“Sappi che presto cominceremo la promozione del libro, si comincia con Dublino, Londra, Boston e New York…”mi fermo e lo guardo per un momenti senza capire.

“Come?”

“Sei pure sordo ora?” NewYork… Eve è a NewYork… e anche Vic e Joseph sono di NewYork… che sia destino? No, non posso andare a New York e fare di me un bamboccio…perché so che lo farei perché metterei a soqquadro l’intera città per trovarla e per vedere ancora una volta lei.

“Ma non possiamo cambiare località?”

“No, Ray… non si può… siamo già sotto contratto!”

“Tranquillo Jeff, non ci sono problemi!” affermo prendendo le mie cose per lasciare la stanza.

Uscendo dall’edificio mi immetto nella strada principale con mille pensieri per la testa, la vista di Dublino non mi fa nessun effetto se non avere voglia di fuggire e di andare via dall’Irlanda perché ogni cosa mi ricorda lei.

Cammino e cerco disperatamente le chiavi della macchina e mentre cerco di aprire la macchina sento vibrare nella mia tasca il telefonino e senza guardare chi sia rispondo.

“Pronto?”

“Ehi… ciao!”

“…”

“Lo so che non vorresti sentirmi…ma per favore…ascoltami!”

“Ti ascolto…”

“Non è vero ciò che ti è stato riferito… dovresti venire qui!”

“Non credo sia una buona idea…”

“Invece dovresti…”

“Al momento non è possibile…”

“Ray..hai tutte le ragioni per essere…”

“Sono arrabbiato come non mai”

“Lo so…ma…”

“Non lo so Jos…vedremo… tra sei settimane sono a NewYork…”

“Bene… potresti…!”

“Non credo…Ciao!”

“Ciao Ray… a presto!”

 

 

** **

 

Le strade di NewYork sono una dimostrazione pura e vera del caos, mille persone al giorno e mille teste che vivono insieme a mille anime che percorrono tutte lo stesso marciapiede. Io invece sono estranea a tutto questo, non mi piace la confusione soprattutto ora che il mio ventre sta già cominciando a gonfiare a dismisura. Cammino lentamente verso il Central Park e non posso fare a meno di sedermi su una delle panchine visto che la schiena mi fa male da morire e i piedi pulsano come due zampogne.

Mi guardo attorno e sembra quasi fatto apposta ma ultimamente vedo solo famiglie con passeggini e donne incinte sorridenti con accanto il padre dei loro figli, bambini che corrono chiamando a voce il loro papà, donne intente a ricever coccole dai compagni inteneriti dal loro stato.

Stizzita, perché sono stizzita da tutto questo, mi alzo dalla panchina e nel farlo il mio sguardo si posa su un uomo di spalle con indosso una camicia a quadri.

Credo che la sensazione successiva fu di panico, sembrava tanto Ray, con le spalle larghe ed i capelli corti sul collo abbronzato. Sento le gambe cedere ma cerco di resistere rimanendo in piedi e ordinando al mio cervello di camminare e in un certo senso credo di esser convincente perché mi muovo anche se tremo vistosamente, ma gli occhi non smettono di fissare l’uomo di spalle che sta davanti a me.

Ad un tratto questo si volta e il cuore mi si ferma, non è lui… non è Ray…sono sollevata? Non lo so… sono spaventata? Si, ho terrore che lui scopra cosa nascondo e in quel caso non avrebbe torto.

Mi volto e corro praticamente verso l’autobus che passa di li, non mi volto indietro mentre schiacciata fra più persone mi trovo a dovermi tenere con una mano.

“Signorina si sente bene?” mi chiede una signora anziana ed io annuisco ma in realtà mi sento vuota.

Scendo subito alla terza fermata e corro verso l’edificio universitario come se fossi inseguita dalla mia stessa ombra.

“Buongiorno Signorina Low!”

“Prof. Low…”

“Salve Evelyn!” per una volta i saluti degli studenti e dei miei colleghi non risultano essere graditi e corro subito verso la sessione di lingue della facoltà, esisto solo io a questo mondo adesso.

“Vic!” apro la porta e non mi rendo conto del fatto che sia in aula a fare lezione fino a quando non vedo i ragazzi fissarmi straniti e a bocca aperta.

“Scusatemi…” dice lei mentre mi spinge verso fuori con aria corrucciata.

“Vic…”

“Eve che cosa succede?”

“Vic, credevo di averlo visto al Central Park, non era lui ma…”

“Calma, calma che cosa stai cercando di dirmi?”

“Ero al Central Park… e stavo riposando…e ho visto un uomo che sembrava…”

“Ray…”

“Si…”

“Ma non era lui…”

“Si…”

“E tu che hai pensato?”

“Ero terrorizzata… o meglio in parte… vorrei vederlo ma lui mi odia e mi odia di più se vede questa…” dico indicando la pancia che sporge.

“No, Eve…non ti odierebbe…”

“Si, lo farebbe…. Ho avuto tanta paura e mi sono sentita così sola..!”

“Ma no che cosa dici non sei sola…c’è tuo figlio!”

“Ma io…” mi blocco un momento e mi asciugo gli occhi dalle lacrime e abbasso la testa a guardare il mio ventre.

“Evelyn stai bene?”

“Si… è che… s’è mosso…o almeno credo ho sentito….muoversi qualcosa…” dentro di me mio figlio mi ha appena dato la prova della sua esistenza e capisco, capisco che non sono sola che dentro di me c’è una vita, un bambino il mio bambino.

Alzo lo sguardo e vedo Vic in preda alle lacrime e io non riesco a non imitarla così ci ritroviamo tutte e due nel corridoio spoglio di un università a ridere e piangere come due matte, forse si matte ma che si vogliono bene…

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Capitolo 13
*** Ritrovarsi per caso ***




Ti ritrovo in uno sguardo senza tempo inaspettato come uno schiaffo dopo un grazie o una carezza dopo un'ingiuria.
(Anonimo)

Sono appena entrata all’ultima settimana del sesto mese, mi guardo allo specchio e tutto ciò che vedo è la mia immagine riflessa in modo bizzarro…come se fossi al lunapark dentro la sala degli specchi. La mia pancia cresce a vista d’occhio e ogni giorno che passa sembra acquisire la propria indipendenza, tanto che a volte mi sento come l’appartamento vuoto preso in affitto tutto ad un tratto.

“Ehi Eve…che stai facendo?” sento la voce di Jos e la prima cosa che faccio è coprire la pancia e diventare rossa sulle guance.

“Niente, guardavo quanto cresce…”

“Cresce tanto…”

“Eh si…”

“Posso?” mi indica ed io sorrido avvicinandomi per poter prendere la sua grande mano e poggiarla sul mio ventre. Lo vedo sorridere e non posso fare a meno di farlo anche io con la sua stessa intensità.

“E’ grosso…”

“E’ normale Jos!”

“E…spetta ma ho sentito bene? S’è mosso?”

“Si…ogni tanto lo fa…credo che sogni…qualcosa…!”

“Che bella sensazione…” lo osservo per un po’ e noto che è vestito in modo impeccabile ed elegante.

“Ehi, ma dove stai andando?”

“Beh a lavoro no? C’è una riunione importante!”

“Ah allora buona giornata!” gli sorrido, Joseph è come un fratello per me e in questi mesi mi ha aiutato molto.

“Buona giornata anche a te…ma scusa esci un po’…vai in giro a passeggiare, per i negozi…in libreria..” come non volere bene a quest’uomo?sa cosa mi fa stare bene e cosa no ed ora mi incoraggia.

“Vedrò che cosa posso fare…sempre se non mi vengono i dolori…”

“Bene.. a dopo!” mormora baciandomi la fronte prima di sparire fuori dalla mia vista, lasciandoci soli.

Durante la mattinata, sono rimasta immobile nella mia sedia a dondolo vicino alla finestra a guardare la gente vivere mentre io mi ritrovo chiusa in casa. Il movimento della sedia fa stare più tranquillo il bambino che non si muove e mi lascia a riflettere su ciò che mi frulla per la testa.

“Che dici? Andiamo in giro?” domando e senza attendere risposta, che non sarebbe comunque arrivata, mi alzo e vado verso il bagno per truccarmi un po’, poi mi dirigo all’ingresso, prendo la giacca a vento e le chiavi e finalmente decido di andare in giro per NewYork con la compagnia e la complicità del mio bambino o bambina che sia.

La città è in fermento, è quasi mezzogiorno e sicuramente la gente esce dagli uffici per perdersi nei ristoranti o davanti alle file dei carretti degli Hotdog, il cielo è azzurro e la cosa mi mette allegria tanto che passando accanto ad un negozio che conosco bene, decido di entrare dentro per vedere qualcosa per il bambino e per me.

RyeTown è un negozio grandissimo, con circa venti negozi diversi che riempiono tutto l’edificio dall’abbigliamento, alla pasticceria ai libri la mia passione.

Entrando la prima cosa che faccio è salire al piano superiore dove so di trovare il reparto premaman, li qualche giorno prima con Vic avevamo visto un completino niente male per il bambino, una specie di tutina dai colori neutri e un passeggino multifunzionale che mi aveva colpito per la praticità.

La commessa si ricorda e non è difficile lasciare il recapito per il passeggino e afferrare la busta che contiene il mio vestitino, mi sento meglio perché ho fatto qualcosa di diverso e qualcosa per il mio bambino.

Cammino fra la folla, guardandomi intorno e poco dopo compro una ciambella calda da mangiare mentre cammino in piena contemplazione della gente che mi sta attorno che mi rendo conto sorride vedendomi camminare col pancione e la ciambella in mano... alle volte la gente pensa che una donna incinta stia meglio con del cibo fra le mani che con un sorriso.

Mentre cammino scorgo la vetrina della libreria e la prima cosa che faccio è entrare e subito l’odore dei libri mi investe, mi piace tantissimo tanto quanto lo sfogliare e leggere i libri.

Cammino fra gli scaffali guardandomi attorno. Afferro alcuni libri, li sfoglio e ne leggo le copertine assorta e felice.

 

** **

 

NewYork è grande, è immensa ma non mi interessa quello che può offrirmi, non adesso che ogni volta che mi giro penso di poterla incontrare e poterla vedere ancora una volta.

Scuoto la testa ed afferro uno dei libri sugli scaffali e comincio a sfogliarlo in attesa che Jeff possa sbrigarsi a chiamarmi così da fare questa benedetta conferenza così posso tornare a casa.

Alzo lo sguardo svogliato e per un momento penso di avere le allucinazioni, lei è qui… Evelyn sta due scaffali più sotto e guarda un libro sulla maternità con un attenzione meticolosa tanto da non rendersi conto che io sono qui.

Qualcosa mi stona in quell’immagine ma non so che cosa sia fino a quando non osservo meglio il maglione aderire alle sue forme, ciò che vedo non può che essere realtà…è incinta!

Rimango di sasso e non capisco nulla se non la confusione che sto provando nel vederla e nel vederla così triste in volto da sentirmi improvvisamente l’unico responsabile.

Mi sento afferrare al braccio e mi volto trovandomi davanti Joseph, rimango li a fissarlo per un po’ come impietrito.

“Capisci perché ti dicevo di dover venire a NewYork?” mi domanda ma ancora non riesco a parlar, lo osservo desideroso di sapere che cosa sta succedendo.

“Che cosa vuoi dire?”

“Non lo hai capito?”

“Che cosa?” mi guarda ma sorride in modo triste, come se non volesse fare questa parte ma è costretto per forza di causa.

“Evelyn…aspetta un figlio da te…”rimango fermo a fissarlo per un bel po’ prima di capire le sue parole.

“No, non può essere…”

“Si certo che può…non ha avuto storie prima e dopo di te… è tuo, ne siamo sicuri i calcoli tornano!” abbasso lo sguardo intontito da una simile notizia…lei aspetta un figlio da me.

“Perché non…”

“Perché ha paura…ha sofferto tanto, moltissimo!” aggiunge e la cosa non mi fa stare meglio.

“Joss…”

“No, ti prego ascoltami… lo so che non ricordi ma…lei ti è stata accanto, nel momento del bisogno e Worren è uno stronzo di prima categoria… vuole prendere le terre che appartenevano a tuo nonno e Eve ha fatto di tutto per poter proteggerti anche se in certe condizioni. Ha mentito è vero, ma non è stato fatto per male…ha voluto solo aiutare te…!”

Mi sento come una vittima di una valanga immensa caduta sulla mia testa ma ora non devo cedere, non posso cedere per nessun motivo.

“Io devo vederla e parlarle…” Joss sorride e mi da un biglietto con su scritto un indirizzo.

“Io e Vic staremo fuori per pranzo…solo non farla innervosire…non è nelle condizioni!” mi da una pacca sulla spalla e si allontana lasciandomi sconvolto e privo di ogni sicurezza.

Un bambino…

 

 

** **

 

Possibile che è quasi ora di pranzo ma di Vic e Joss non ho ancora notizie? Mi aggiro per casa cercando il cellulare per poter chiamare uno dei due ma la realtà dei fatti è che non arrivo a comporre il numero perché sento suonare alla porta e mi precipito borbottando fra me e me frasi divertita.

“Non ci posso credere che lasciate me, in queste condizioni ad aspettare voi per pranzare???” apro la porta e la sensazione che provo è bruttissima. Sento come una forte pressione nelle orecchie e alla pancia tanto che istintivamente porto la mano al ventre come a sorreggere mio figlio.

Davanti a me in tutta la sua interezza c’è Ray con uno sguardo strano e con gli occhi puntati su di me come se volesse fare una radiografia del mio corpo.

“Che cosa…” non riesco a terminare la frase e non riesco neanche a muovermi o a dire altro, lo fisso.

“Ciao, posso?” entra nella casa e improvvisamente mi sembra piccola e piena della sua presenza.

“Joseph e Victoria non torneranno a casa per pranzo!” mi informa mentre si guarda attorno, io chiudo la porta e il suo sguardo torna su di me.

“A quando il grande giorno?”

“Fra…nove settimane…”rispondo rimanendo ferma nella mia posizione.

“Sta bene?” annuisco e mi avvicino al divano per poggiarmi sullo schienale, più che altro per tenermi diritta.

“Ray…”

“Per favore Eve… non dire nulla…”

“Ma io…” si spazienta e un gesto esasperato viene fatto con la mano come a volermi dire di star zitta e di non dire altro.

“Evelyn, per favore non dire nulla è difficile già così…” si passa una mano sul volto ed ora domanda a bassa voce.

“E’ mio?” sento un tuffo al cuore e mi vengono le lacrime agli occhi, vorrei fosse una situazione diversa, dove padre e madre potessero gioire dell’arrivo di un nuovo bambino ma non è questo il momento.

“Si!”

“Perché non…” non so che cosa dire e mi si ferma il fiato. alzo lo sguardo verso Ray che mi guarda perplesso, svolto l’angolo e mi siedo sul divano.

“Perché Eve… non me lo hai detto?”

“Tu…”

“Io cosa? È mio figlio…devo saperlo non ti pare?!”

“Ma Ray, tu mi hai detto di sparire dalla tua vita…che cosa dovevo fare?tornare  dirti…ah guarda che l’impostora è incinta di te…”

“Tu non hai diritto di decidere per me…”

“E tu non puoi dirmi cosa devo e non devo fare….”

“Si che posso…tu ora torni in Irlanda con me e insieme provvediamo al bambino…”

“E se io dicessi di no?”

“Non puoi… mi hai tolto già sei mesi, non puoi togliermi il resto!” ha ragione, perfettamente ragione ma come posso dargli un altro peso del genere?

“Non voglio essere un peso…”

“Non lo sei…”

“Va bene verrò con te…” mormoro mentre lui sembra così arrabbiato.

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Capitolo 14
*** Progetti futuri ***




La felicità della vita è fatta di frazioni infinitesimali: i piccole elemosine, presto dimenticate, di un bacio, di un sorriso, di uno sguardo gentile,  di un complimento fatto col cuore.

 

Samuel Taylor Coleridge


Seduta sotto il gazebo della tenuta di Ray, sfoglio le pagine del libro che ho preso a leggere senza una reale attenzione, lui è seduto poco distante e sta scrivendo delle cose al pc senza deconcentrarsi e senza alzare lo sguardo, ma la verità è che io non  mi concentro a leggere perché ancora nella mia testa si affollano le immagini degli ultimi giorni.

Quando due giorni fa Vic e Jos sono tornati a casa, ci trovarono ancora seduti sul divano in silenzio e con un aria afflitta, Ray si è alzato e ha parlato a tutti esponendo al sua idea e la mia decisione.

Vic ne fu molto contenta, anzi direi soddisfatta per l’esattezza della decisione di tornare in Irlanda con lui, tanto che dopo averlo abbracciato si precipitò ad aiutarmi a fare la valigia.

In aereo rimasi silenziosa, non riuscivo ad associare il fatto che stessi partendo con Ray dopo mesi di solitudine e paura di andare avanti da sola.

Ray invece aveva una faccia come poco convinta, come se stesse cercando di assimilare la notizia e la responsabilità che intendeva prendersi, ma poco dopo mi parlò.

“Hai bisogno di qualcosa?”

“No grazie sto bene!” poi rimase in silenzio, come se stesse pensando a qualcosa.

“Quando l’hai capito?” mi domandò spiazzandomi per qualche minuto.

“Non ci avevo fatto attenzione… fino a quando Vic non mi ha messo in testa la pulce…”

“Vic… era con te?”

“Si, quando abbiamo fatto il test si eravamo a casa tua… quando seti tornato quella sera, eravamo li che aspettavamo te per dirtelo ma… non c’è stata occasione!”

“Mi dispiace…io sono confuso…”

“Non è un problema… è naturale…” improvvisamente mi parve stanco, come se non avesse dormito.

“Vic è sempre stata con te?”

“Si, lei e Jos…”

“Mi… da fastidio pensare che non ero li…”

“Ray…”

“No, fammi parlare…Sono arrabbiato con me stesso perché ho sempre creduto che il giorno in cui avrei appreso di diventare padre sarebbe stato il giorno più bello della mia vita…la felicità, la notizia che arriva inaspettata, l’attesa dal dottore, il fiato sospeso…” si voltò a guardarmi e vedere quegli occhi verdi così malinconici mi fece male.

“Mi dispiace Ray…”

“Tranquilla… da questo momento mi prenderò cura di voi due fino alla sua nascita e non gli faremo mancare mai niente…” mi sorrise ma io pensai subito a quella cosa chiamata senso del dovere.

 

Ritornata alla realtà ora mi ritrovo a guardarlo scrivere e capisco quanto deve essere difficile per lui avere un vuoto di memoria e scoprire tutte le cose più assurde in un solo colpo. Capisco che lui si senta escluso dall’arrivo del nostro bambino e capisco quanto possa essere triste per lui non esserne parte.

“Quando sono tornata a NewYork, ho fatto subito una visita medica…” Ray alza la testa di scatto e ora punta su di me gli occhi verdi che tanto amo e che tanto mi piacciono.

“Ancora non si vedeva nulla, ma dalle analisi era palese che lui ci fosse e che era presente… è stato strano perché non mi sentivo diversa…” sospiro e ricambio il suo sguardo, lui si alza e si viene a sedere accanto a me.

“Il primo mese è passato in fretta, ho fatto la mia prima ecografia alla 7° settimana…” apro il libro dove avevo sistemato le ecografie e esco la prima foto.

“Ecco vedi? Vedi questo puntino nero? È il cuore e qui c’è il bambino…è ancora piccolo qui…” si avvicina evidentemente emozionato e prende tra le mani la foto…trema nel farlo.

“Lo vedo…”

“Ho cominciato a stare male al secondo mese, la nausea mi prende al mattino ma per me è sempre stato un suo modo di manifestarsi…” rimase ad osservarmi.

“Ecco questa l’ho fatta al 5° mese…vedi che adesso si vede? Ecco la testa tonda, le braccia, le gambe…e la bocca…” sento Ray trattenere il fiato e automaticamente lo faccio anche io.

“Si…”

“Dovresti sentire che battito forte e veloce…” alza lo sguardo su di me e mi guarda commosso ma felice.

“E’ bellissimo Eve…” mormora prima di poggiare la testa sulla mia pancia e lasciarsi andare in un abbraccio. Mi basta poco per capire che sta piangendo e subito lo abbraccio forte a me.

“Ray…”

“Vorrei tanto che quello che credevo che fossimo fosse vero…che non ci sia questo immenso buco dentro la mia testa e che finalmente potessimo vivere questa cosa come la normalità che dovrebbe essere…”

“Ray… non abbiamo finto del tutto…tu mi hai detto di amarmi e di volermi con te…così come io ti amo e ti voglio con me…” alza lo sguardo su di me come incredulo.

“Tu mi vorresti ancora?”

“Certo…sei…l’uomo più incredibile che io conosca…mi hai fatto capire quanto in realtà io sia… sempre stata soggetta solo alla mia vita lavorativa… tu mi hai insegnato a voler bene e a voler questo… una famiglia….”

“Eve…io ho sempre sentito affetto per te e io ti credo quando dici che ci amiamo…e ora con il bambino in arrivo…mi hai reso felice da morire e… mi dispiace di essermi comportato da stolto e di aver lasciato che l’orgoglio parlasse per me per tutti questi mesi…”

“Forse in realtà questo periodo c’è servito per capire realmente che cosa vogliamo e cosa siamo…”

“Si..hai ragione…” mi sorrise mostrandomi non solo i suoi bei lineamenti ma anche due deliziose fossette che mi fecero stringere il cuore.

“Sposami…” per un momento ho pensato che stesse scherzando poi vedendo la sua faccia a pochi centimetri dalla mia e il suo ardore nel parlare ho capito che non era così…

“Eve…sposami…eravamo felici quando facevamo finta…pensa quanto possiamo esserlo se ci sposiamo ora…io voglio che tu e il bimbo diventiate parte della mia vita…”

“Ray… non devi fare questo…io non voglio che tu ti senta in obbligo verso di me e verso …”

“Evelyn…io lo voglio…mi sei mancata terribilmente in questi mesi, io ho sentito la tua mancanza e credo di aver ricordato come doveva essere stare senza di te per poi averti ritrovata…tu eri qui… con me…ricordo quanto ti vidi la prima mattina…”

“Ricordi?”

“Si, ho dei momenti di lucidità ogni tanto…. Io lo voglio… voglio potermi svegliare e trovarti giù come quella volta…”

“Ray…ne sei sicuro? Insomma tu non puoi…è la verità?”

“Certo…pensi che sia solo un chiacchierone?”

“Non so che dire Ray…” abbasso lo sguardo sulle mani in grembo ma subito Ray mi alza il viso per guardarmi e poi pian piano baciarmi delicatamente.

Dopo mesi e mesi che ho immaginato e vissuto nella mie testa il tocco delle sue labbra e delle sue mani, adesso che finalmente lo sento mi sembra di tornare a respirare.

Il suo bacio è leggero, un sospiro, un gemito sfugge dalle sue labbra mentre mi stringe a se fino a farmi male e poi ecco che cambia tono e capisco che anche lui ha bisogno quanto me di poter stare insieme.

Ricambio il bacio e non posso fare a meno di sorridere mentre lo stringo e lo sento accanto a me, Ray mi guarda e sollevandosi mi prende per mano e mi porta con lui.

“Ma dove andiamo?”

“Vieni…non discutere!”

“Non discuto…sono solo curiosa…”

“Aspetta e vedrai…” scuoto la testa e osservo il suo profilo mentre camminiamo verso il prato verde poco distante.

Ray ha portato una coperta e ora la stende prima di prendermi per mano ed aiutarmi a stendermi a mia volta, un po’ impedita e un po’ divertita.

“Che facciamo qui?”

“Guardiamo il cielo e pensiamo…!”

“Ah e a che cosa?”

“Come a che cosa? Al matrimonio e al nome per nostro figlio…”

“Uhm…” si stende accanto a me e si solleva su un gomito a guardarmi con gli occhi verdi pieni di felicità.

“Allora… mi piacerebbe sposarti qui.. in questo prato…sotto la quercia…che ne dici?”

“Qui?”

“Si, proprio qui… conosco un buon pastore, metteremo un bel gazebo bianco e chiameremo Vic e Jos…”

“E’ una bella idea…”

“Si… faremo una cerimonia molto intima, solo noi e i testimoni e poi dopo daremo una festa dove invitiamo i nostri amici e conoscenti che dici?”

“Si..sarebbe bellissimo…”

“No… sei tu bellissima… nostro figlio ti ha fatto diventare più bella sai?”

“Grazie…”

“Maschio eh…potremmo chiamarlo Declan…”

“Declan?”

“Si… era il nome di mio padre…

“Declan, James…” Ray mi sorride e automaticamente gli accarezzo il volto seguendo un impulso

“Si…mi piace…” sussurra abbassandosi fino ad arrivare alla mia pancia dove poggia una mano e sussurra…

“Declan…sono papà…cerca di non fare disperare la mamma…” scoppio a ridere, sono felice… felicissima come non mai.

 

 

** **

 

La sera stessa tornando a casa la prima cosa che fa Eve è stata quella di  chiamare Vic e Jos per raccontare loro tutto ciò che è success, la sento ridere e la vedo seduta sul divano impegnata a raccontare e a accarezzare con la mano la pancia.

Declan… mio figlio sta crescendo li e io mi sento pieno di vita…

Un flash mi sovviene mentre osservo quella scena, una jeep e un uomo biondo… l’uomo che si fa chiamare Worren ma che io chiamerei volentieri bastardo.

Mi parla e mi sta minacciando, mi sta chiedendo una firma e mi sventola davanti alla faccia un foglio da firmare… ricordo di Eve e della sua venuta qui e del fatto che sono partito lasciandola da sola…ero andato dall’avvocato a Londra, ho stilato un accordo… c’è un foglio da qualche parte con delle istruzioni.

Passo una mano sul viso ed ora sento che Eve sta in silenzio, mi osserva come preoccupata e mi si avvicina piano.

“Va tutto bene?”

“Si, certo…a meraviglia!” ho ricordato… che cosa devo fare.

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Capitolo 15
*** Tutto è sospetto ***




Chi non conosce il male non ne sospetta alcuno
Ben Jonson

Da qualche giorno il cielo sembra più blu e la natura si manifesta in tutta la sua bellezza, con i suoi colori, i suoi animali e la sua immensa saggezza.

Davanti alla finestra, sul davanzale c'è un pettirosso che sta beccando le briciole di pane che ho messo li per l'occasione e Charlie curioso se ne sta in disparte a guardarlo mentre becca allegramente.

“Ehi, tutto bene?” una voce mi desta dal mio pensiero e subito mi volto verso Ray sorridendogli e prendendo una mano tra le mie.

“Si, sto benissimo, stavo guardando il pettirosso...”

“C'è un pettirosso?” domanda allungando il collo con curiosità.

“Si... o meglio c'era Charlie lo ha fatto volare...”

“Curiosone...” risponde lui ridendo e mangiando l'ultimo pezzetto di torta alle mele.

“Ascolta, io devo andare dall'avvocato, mi sono ricordato che devo fare una cosa assolutamente...tu stai qui?”

“Eh...in realtà volevo andare a fare qualche compera in città...mi servono dei vestiti nuovi, questi non mi stanno più bene!”

“Facciamo così... vieni con me, ti lascio al negozio e poi vengo a prenderti poco dopo che dici?”

“Va bene...ci sto!”

“Perfetto!” mi alzo lentamente sentendo il solito dolore alla schiena e alle gambe e mi tengo al tavolo mentre riacquisto la posizione eretta trionfante.

“Comincia a diventare pesante eh?”

“Zitto tu... sono io che lo porto!” ribatto scherzando “Non ho bisogno della tua compassione!”

“Ma io non voglio darti quella...” risponde alzandosi e prendendomi il viso tra le mani con un movimento lento e delicato così come il bacio che mi lascia sulle labbra.

“Andiamo va...!”

“Si!” rispondo prendendo la borsa e gli occhiali da sole, felice che finalmente qualcosa gira nel verso giusto in questa vita così strana e piena di avvenimenti stravolgenti.

 

 

***

 

...And you feel like no-one before
You steal right under my door
And I kneel ‘cos I want you some more
I want the lot of what you got
And I want nothing that you’re not...

 

Ray guida la macchina canticchiando con un gran sorriso la canzone del gruppo più amato in Irlanda, gli U2 e per l'esattezza sta cantando una canzone molto bella che il cantante ha scritto per la figlia, Original of the Species, dove le parla con l'amore di un padre e l'amore di un uomo che sta vedendo crescere in fretta la sua bambina.

“Ehi... credo che la canterò alla bambina!” dice d'un tratto voltandosi sorridente e portando una mano sul mio pancione.

“Ma chi ti dice che sia femmina?”

“Chiamiamolo pure sesto senso maschile!”

“Ah... beh credo che invece sia maschietto...”

“E come fai a dirlo?”

“Sesto senso femminile!” Ray scoppia a ridere di botto stringendomi la mano fino a farmi male, incredibile come quest'uomo possa diventare bello quando è rilassato e felice come adesso.
Si ferma poco dopo presso il negozio e scende ad aprire la portiera della macchina canticchiando ancora quella canzone.

“Divertiti e compra tante cose belle...”

“Va bene...”

“Ci vediamo fra un ora...”

“Va bene...”

“Ti sei incantata?”

“Va bene...” non posso fare a meno di sorridere e lasciare sulla sua guancia un bacio mentre lo lascio per entrare dentro il negozio.

 

 

E' incredibile la quantità di cose che servono per un bambino solo, sono tantissime e coloratissime e  troppe da tenere a mente. La commessa non fa altro che mettere sul banco una serie di prodotti che non pensavo manco esistessero

“Ecco la macchinetta per fare l'omogeneizzato in casa, la macchinetta per sterilizzare i ciucci, la macchinetta per tirare il latte dal seno e mantenerlo fresco per il bambino, la macchinetta per pulire e igienizzare i biberon, la macchinetta per lavare i bavaglini e renderli asettici...” la signorina continua a dire mille cose ma io mi sono già persa alla prima macchinetta.

“Credo che sia il caso di tornare con mio marito...” dico stonata mentre mi allontano a gambe levate da quella specie di Shuttle umano.

Riprendo il mio cammino e tra gli scaffali trovo alcuni bavaglini, ciuccetti, un set di biberon molto utile, li prendo e li metto nella sacca ma decido di non comprare nulla di abbigliamento, voglio prima sapere che cosa è.

Cammino per gli scaffali quando sento una voce dietro di me molto familiare e irritante tanto che mi sento accapponare la pelle sul braccio.

“Salve Evelyn!” mi volto piano piano e mi ritrovo a fissare i capelli biondi e quel ghigno conosciuto.

“Worren... che cosa vuoi?”

“Vedo con piacere che siamo in vena di compere... e in tutti i sensi...”

“...”

“Evelyn non devi nascondere a me la verità... so per certo che aspetti un figlio da Ray, spero che non venga su come lui ma che prenda la tua bellezza!” afferma, allungando la mano per toccarmi la guancia.

“Toccami e te ne pentirai!”

“Ma come siamo bisbetiche...” afferma infilandosi le mani in tasca e guardandomi con aria viscida.

“Non voglio fare del male a nessuno e non voglio passare alle minacce o ai fatti però adesso la cosa diventa una questione d'onore. Voglio che tu dica a Ray di vendermi la proprietà.. per il bene tuo e del bambino!” una fitta mi passa nel costato al sentire quelle parole di minaccia e subito porto la mano a toccare la pancia.

“Tu...”

“Hai capito benissimo tesoro...non fare la furba... se parli e io scopro che mi hai messo addosso la polizia ti farò pentire di essere nata...” un sogghigno sul volto. Ora si avvicina sfiorandomi i capelli legati alla ben che meglio.

“Se non vuole sentire ragioni da te... allora è il caso che io mi prenda cura di te!” afferma allontanandosi lentamente da me e dal negozio lasciandomi in preda al terrore.

 

 

**

 

Entrando nell'ufficio legale mi ricordo piccole cose, come ad esempio la discussione con l'avvocato, le carte pronte per la firma, l'odore della carta da parati e della colla dei fogli volanti e anche l'odore del tabacco del sigaro dell'avvocato.

“Signor Olsen, che piacere rivederla, non pensavo tornasse ancora qui... o meglio che se ne ricordasse...”

“Ah signor Tynwi... invece ho ricordato e anche se non ricordo, i vostri fogli sono troppo dettagliati per poter dimenticare...”

“Allora ha pensato alla proposta che le ho fatto?”

“Si, ci ho pensato e ho trovato l'uomo che fa per me...”

“Davvero? Ne sono felice, è chiaro che è bene fidarsi di persone che possono solo darci buoni risultati!”

“Si, penso che questo Detective sia il massimo nel suo campo e poi lo conosco benissimo!”

“Ah bene...”

“Si... ho pensato che ha ragione. Gli incidenti avvenuti in questi ultimi due anni non possono essere coincidenze, sono atti deliberatamente voluti e un investigatore può solo capirne di più. La rete delle amicizie di Worren sono tante e svariate... siamo sotto controllo continuo!” è la prima volta che ammetto di aver bisogno di aiuto ma adesso so che posso contare sull'uomo che mi aiuterà a proteggere la mia famiglia..

L'avvocato mi guarda annuendo e non posso fare a meno di sentirmi sollevato e rincuorato dal saper fare la cosa giusta.

“Bene Signor Olsen... credo che sia il caso di chiamare il vostro uomo!” mi alzo ed ora mi sposto verso la finestra mentre la mano recupera il telefonino e il numero viene composto.

Pochi squilli e dall'altra parte si sente un voce chiara e familiare.

“Ray, come mai mi chiami a questo numero?”

“Ho bisogno del tuo aiuto... Jos...” spero solo di fare la cosa giusta.

**Note Autrice**
Scusate il ritardo nello scrivere il capitolo ma anche io mi sono presa una vacanzina. Ho voluto dare una smossa, il racconto è proprio nella fase centrale e spero che quanto verrà fatto dopo vi piaccia quanto vi sta piacendo ora la mia storia.
Grazie per avermi seguito e per aver scelto di seguire la mia storia.
Commentate, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e cosa pensate del racconto.


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Capitolo 16
*** Maschio o femmina? ***



Soltanto una madre sa che cosa vuol dire amare ed essere felice.

Adalbert von Chamisso, Gedichte, 1831


La buca delle lettere indica che il postino è già passato stamattina e ha lasciato il suo carico di posta, la levetta rossa mi fa sentire meglio come se non fossimo fuori dal mondo, come se il mondo vive in una dimensione diversa, come se le catastrofi e le vicende moderne non facessero parte della nostra vita.

Seguita da Charlie mi dirigo verso la cassetta della posta guardandomi attorno, schermando il sole con la mia mano e una volta li abbasso la levetta rossa per prendere il contenuto e leggerlo con attenzione.

“Pubblicità…pubblicità…bolletta…” l’occhio mi cade su una scritta e uno stemma nobiliare e su una scritta… Trinity College Dublin.

Mi guardo attorno quasi non fosse per me e come se non fosse il mio nome scritto sulla busta e la apro elettrizzata da una scarica di adrenalina improvvisa. La Trinity è l’università più antica d’Irlanda e mi hanno inviato una lettera, non ci posso credere.

Camminando comincio a leggere il contenuto e ciò che leggo fa si che sul volto si disegni un sorriso enorme e compiaciuto, Ray è alle stalle e io devo raggiungerlo subito e allungo il passo seguita sempre dalla mia guardia del corpo Charlie.

Entrando nella stalla con la lettera fra le mani mi guardo attorno alla ricerca di Ray, ma non si trova fra i cavalli ma su sul soppalco dove sta sistemando le balle di fieno.

“Ehi che ci fai qui?”

“Ci abito!”risposi ridendo ma brandendo la mia lettera “Mi è arrivata una lettera…”

“Ah si? Chi scrive?”

“Il Trinity College di Dublino…vogliono farmi tenere un seminario che dura due giorni presso il loro istituto!”

“Davvero? ma è una notizia magnifica…quando?”

“Tra tre giorni…”

“Capisco… è un ottima notizia…cosa devi discutere?”

“Le tombe del cimitero reale di Ur… penso che vogliano parlare della regina Paduhipa!”

“Bellissima…!” rispose mentre sposta l’ennesimo fascio, io sorrido ma subito mi blocco e nella mia testa balenano mille cose da fare.

“Mi devo organizzare…mi servono foto, diapositive, devo creare la bozza, creare la presentazione al pc…” ci manca solo che mi metto le mani ai capelli e sembro proprio una pazza da internare.

Mi volto e torno verso casa mentre mentalmente già mi segno alcune delle idee balenate per evitare che sfuggano completamente al mio controllo.

“Dove vai?”

“Devo lavorare…” rispondo prima di sparire dalla traiettoria e varcare la soglia di casa.

In pochissimo tempo il tavolo dello studio si riempie di qualsiasi volume, testo, foto, diapositive e matite volanti. Si, quando lavoro non so come ma volano in aria parecchie cose.

Una mano alla penna e l’altra sulla pancia dove sento piccoli movimenti non mi rendo conto che squilla qualcosa accanto a me fino a quando nella mia mente non si inserisce questo suono fastidioso e trilloso. Mi volto alla ricerca del cellulare ma alla fine butto uno sguardo sul pc e li c’è una finestra dove lampeggia la scritta: Chiamata in corso…Victoria! Clicco sulla cornetta verde e comincio a sentire un fruscio e poi la voce di Vic.

“Pronto…Eve?”

“Vic…ci sei?”

“Si, scusa… stavo mangiando…tutto bene mammina?”

“E quando mai? Sempre che mangi…sto bene, stiamo bene. Ma quando venite?”

“Ehm… non so…Jos deve sbrigare dei lavori…sai i corsi e i suoi …ragazzi!”

“Il filosofo… che personaggio…!”

“Tralaltro gli hanno assegnato la cattedra di Letteratura inglese…”

“Ma dai… non dirmi che… ha preso Will vero?”

“Si, lo sai che decanta ogni giorno Shakespeare… è il mio secondo marito…!”

“Già..” risposi distratta mentre appuntavo piccole note sul mio taccuino.

“Che stai facendo?” gli spiegai tutto, del seminario e dell’università e ne parve sorpresa.

“Quindi andrai a Dublino…ci hai rovinato la sorpresa, noi siamo li qualche giorno prima. Volevamo comprare delle cose e poi venire da voi… ma dato che vieni tu qui possiamo vederci e tornare insieme…”

“Perfetto Vic è una notizia bellissima…allora ci vediamo li!”

“Certo a presto allora…” la comunicazione si interrompe di botto e finalmente posso riprendere a lavorare.

 

 

**

 

Vedere Eve così entusiasta e contenta è come veder sbocciare i fiori in primavera, le manca il suo lavoro e questa richiesta da parte del Trinity College cade proprio a fagiolo.

Da quando ha preso a sistemare i suoi appunti al casa è tutto un subbuglio di volumi enciclopedici, foto di scavi e diapositive proiettate sulla parete del salone. La cosa mi diverte perché si vede che ha passione per fare questo lavoro.

Fortuna vuole che sia impegnata, così quando lei sta chiusa in stanza a rimuginare su cosa dire e cosa non dire ai ragazzi del college io riesco a sgattaiolare nella stanza al piano di sotto per mettermi all’opera con la mia sorpresa.

Scendendo in cucina mi guardo attorno e noto solo Charlie intento a dormire sul tappeto della porta, al mio passaggio neanche si sveglia così non mi rimane che andare verso la credenza per prendermi da bere. Sul frigorifero c’è un biglietto con scritto: ore 11 ecografia dott.sa Finlay.

Leggendo meglio mi rendo conto che l’appuntamento è fissato per oggi così salgo su nella stanza adibita a studio e scorgo Eve intenta a scrivere al pc alcune note.

“Buongiorno, ti avevo preparato la colazione sul tavolo…” non è vero, lo ha pensato ma non l’ha fatto ma sorrido comunque.

“Squisita tesoro, però… mi sa che devi staccare il lavoro…”

“Perché?” domanda mentre mi avvicino e le lascio un bacio sulle labbra che mi porge, è raggiante.

“Perché abbiamo appuntamento per l’ecografia…”

“E’ oggi?”

“Eh si…”

“Va bene, termino qui e andiamo… cioè… vuoi venire?” mi domanda guardandomi preoccupata.

“Certamente, non voglio perdermi questa occasione…andiamo su, finisci dopo!”

“Si…” si volta a spegnere tutto e io la osservo in ogni movimento e ogni gesto.

“Pronta…”

“Bene…” si alza e noto che porta automaticamente la mano alla pancia prima di avvicinarsi con un espressione da bambina sperduta.

“Ray… dopo… non potremmo passare dal Thiodor? Vorrei le caramelle gommose…”

“Certo…” rispondo scoppiando a ridere di gusto mentre lei, invece, mette un delizioso broncio sul bel viso.

 

 

**

 

Mi stavo completamente dimenticando dell’ecografia, fortuna vuole che Ray ha letto il biglietto, sono talmente presa dal lavoro che non ricordo nulla.

In macchina verso lo studio della dottoressa mi ritrovo a guardare il panorama mozzafiato delle pianure e le valli irlandesi e sorrido pensando che mio figlia o figlio possa nascere qui e non nelle caotiche città del resto del mondo.

“Sono più contento che ci siano Vic e Jos con te a Dublino!”

“Beh, non sono ne malata e neanche una poppante…potevo andarci anche da sola…”

“Si beh questo è vero però… li ci sono i papponi!”

“Chi?”

“Gli uomini papponi… quelli che fregano le mogli agli altri…”

“Ah Ray di questo non devi preoccuparti…so come fare in certi casi…”

“Ah e come se posso?”

“Basta grattarsi nel punto giusto e fare un rutto…vedi come scappano!” scoppia a ridere così tanto che gli occhi gli si riempiono di lacrime e io a mia volta non posso fare a meno di ridere a mia volta, sono felice come non mai e questo lo devo a lui e al mio bambino.

Arrivati allo studio della dottoressa noto che Ray comincia ad essere un po’ rigido e nervoso, si guarda attorno spaesato e non sa esattamente che cosa succederà, compito mio rincuorarlo così prendo la sua mano fra le mie e la stringo facendogli vedere alcune foto di altre mamme con altri bambini.

“Evelyn che piacere vederti!”

“Ciao Barbara…eccomi qui, lui è Ray!”

“Buongiorno signor Olsen, non si ricorda di me ma sono la nipote di Byron, l’allevatore!”

“Certo, Barbara… quanto tempo che non lo sento, salutalo da parte mia!”

“Certamente… prego seguitemi da questa parte!” mentre seguiamo Barbara lungo il corridoio e lungo la sala dove mi verrà fatta l’ecografia, lancio un occhiata a Ray e poi gli faccio cenno di rilassarsi e lui a sua volta mi sorride amabilmente.

“Prego..Evelyn…sai cosa fare…!” detto ciò Barbara ci lasca soli nella sala, Ray mi aiuta a stendermi nel lettino.

“Puoi anche sorridere sai?”

“Veramente?”

“Certo… sai come si fa no?” sorride ma so che sta ancora nervoso.

“Ti faranno male?”

“Assolutamente, la dottoressa Finlay è bravissima e poi ti renderai conto che non è così difficile come esame.”

“Bene…” non termina la frase che nella stanza entra la dottoressa.

“Buongiorno Eve, come va? E lei deve essere il Signor Olsen.. piacere mio!” allunga una mano che Ray stringe cercando di sorridere di più.

“Allora… oggi se siamo fortunati vediamo se il signorino o la signorina ci fanno capire con chi abbiamo a che fare…”

“Davvero dottoressa?” chiesi entusiasta.

“Si, sei alla seconda settimana del sesto mese Eve… mi pare sia ora di sapere…” mi spiega slacciando il pantalone e sollevando la maglietta.

“E’ freddo!” dice la dottoressa prima di mettermi il gel sulla pancia. Ray se ne sta seduto in un angolo della stanza, i gomiti sulle gambe, le mani unite e il viso che sporge verso di me e la mia pancia.

“Ok, ci siamo…” dice la dottoressa sedendosi sullo sgabello vicino, avvicina la macchina e ora l’accende e poi lentamente poggia il cursore sulla mia pancia. In un primo momento si sente un fruscio e poi ecco che sul monitor spunta…nostro figlio.

Ray allunga il collo e sembra quasi che stia per cadere dalla sedia, la dottoressa lo nota e ora sorride.

“Può avvicinarsi… non mordiamo mica!” Ray non ribatte ma si avvicina piano a me e si mette al mio fianco. Ha gli occhi aperti e puntati sull’immagine del nostro bambino o bambina e nel frattempo mi stringe la mano.

“E’… quella è la testa?” domanda stordito.

“Si, ecco vede? Si sta muovendo… ecco le braccia, le gambe…” Ray allunga ancora il collo mentre io osservo ogni cosa.

“Sta bene?”

“Benone!” afferma la dottoressa attivando il sonoro. Subito la stanza si riempie del suono del suo cuoricino che batte forte e abbastanza veloce. Ray sussulta e boccheggia meravigliato da questo suono così rincuorante.

“Sta benissimo Eve, è forte, il cuore è perfetto e pensa… apre e chiude le manine… guarda!” afferma indicandomi la scena che si stava svolgendo sotto i nostri occhi.

“ Come volete chiamarlo?” fu Ray a rispondere come imbambolato.

“Declan  se è maschio e Allison se è femmina!”

“Bellissimi nomi…” la dottoresa rimase in silenzio per un po’ a contemplare il monitor e Ray mi prese la mano fra le sue, dopo un po’ si volta verso noi sorridente.

“Complimenti Declan sta crescendo forte e perfetto!Congratulazioni!”

“Come?” allora ho capito bene? Un maschio? Mi sollevo dal lettino sui gomiti e mi sporgo a guardare bene e infine vedo mio figlio e mi volto verso Ray.

“E’ un maschio? È bellissimo!” credo che non lo vedrò mai così emozionato come in questo momento, credo che Ray ami già come me quel bambino che sembra salutare con la sua manina dentro la mia pancia.

 

 

**

 

Sulla strada del ritorno non sono in me, mio figlio…aspettiamo un figlio e Eve è così contenta che s’è dimenticata della sua partenza e del seminario.

“Declan, è un maschio… avremo un figlio!” ripeto per l’ennesima volta mentre mi immetto nel nostro giardino di casa.

“Si, Ray… ho capito!” afferma lei mangiando l’ennesima caramella e sorridendo con le guance rosse dal divertimento.

“Lo sapevo me lo sentivo…” affermo ancora ridendo, lo sapevo così tanto che non avevo avuto dubbi sul colore della stanza.

“Devo mostrarti una cosa…” posteggio l’auto e scendo di corsa andando ad aprire lo sportello a Eve, la prendo per mano e lei ancora ride mentre corriamo verso casa seguiti da Charlie.

Entrando lascio la porta aperta e la tiro verso la sua vecchia stanza da letto chiusa  chiave per ogni evenienza.

“Ho una sorpresa!”

“Per me?”

“Per noi!”

“E che cosa è?”

“Ecco…” giro la chiave nella toppa e ora le faccio cenno di aprire la stanza tenuta segreta fino ad ora.

“Ray… che hai combinato?”

“Nulla… su apri!”

“Apro apro…” mi dice ridendo mentre piano apre la stanza e rimane con la bocca aperta dallo stupore.

Durante le sue assenze e il suo lavoro allo studio, ho dipinto le pareti di un bianco candido,da metà parete però partiva un secondo colore, il blu del mare a creare piccole onde immaginarie. Mi sono premunito di tutto e nella stanza ho montato il lettino, il box dei giochi, il fasciatoio e il bagnetto portatile tutti bianchi e azzurri con dei piccoli disegni, i folletti d’ Irlanda.

“Ray…ma come…”

“Mentre tu eri via, mentre lavoravi alla tua conferenza… di nascosto è ovvio…”

“Ma sono meravigliosi!”

“Sono contento che ti piacciono, puoi cambiarli se vuoi… il venditore è mio amico ed è disponibile ad effettuare cambi…”

“No, sono perfetti… sono bellissimo!” la vedo aggirarsi per la stanza e notare la sedia a dondolo di vimini bianca.

“Questa è per te è ovvio… e questa per Declan!” rispondo andando a prendere la carrozzina che ho comprato per il bambino.

“Ma sono tutte cose per maschietto…”

“Si, ma avrei potuto cambiarle nel caso fosse femmina o non piacciono a te…”

“No, no sono bellissime…”

“Me lo sentivo Eve, sapevo che era un maschietto!”

“Sono…non so come ringraziarti!” noto solo ora che ha gli occhi lucidi e mi si stringe il cuore alla sua vista.

Mi avvicino e ora l’attiro a me in un abbraccio, le accarezzo il volto e bacio la sua fronte liscia.

“Non devi farlo… mi hai regalato un figlio e questo è il minimo che potessi fare…” la vedo sorridere e sollevarsi in punta di piedi.

“Ti adoro!” mi mormora a fior di labbra,

“Ti amo!” le rispondo prendendo le sue labbra e gustandone ogni centimetro.

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Capitolo 17
*** Paura e apprensione ***




Su ciò di cui non si può parlare è bene tacere.
Ludwig Wittgenstein


Per le strade di Dublino impazza la febbre dei concerti, camminando per strada non posso fare a meno di leggere i cartelloni pubblicitari…Guns N' Roses , Michael Bolton, Andrea Boccelli, Sting… ci sarebbe stato il delirio per mesi se non per l’intero anno da qui ai prossimi concerti, ma il primato è designato a loro, il gruppo che più rappresenta l’Irlanda e che io amo. Gli U2 da per tutto si vede il faccione di Bono che ammicca e sorride, che salta o che fa il gesto della vittoria e mentalmente prendo nota delle date, magari Ray mi avrebbe portata a vedere il concerto.

Sono felice, non posso dire diversamente e l’aria frizzante di Dublino e le sue strade piene di gioiosi ragazzi mi fanno tornare il sorriso.

Lungo la Dame St. poi si cominciano a vedere le case degli studenti, con i loro portoni colorati e l’allegria delle giovani matricole che si aggirano trasportando libri e fogli volanti. Il mondo dove sono cresciuta si può dire. Nello stesso momento in cui mi immetto nella strada detta College Green sento squillare il telefono e rallentando un po’ lo cerco nella tasca della borsa e rispondo subito.

“Pronto?”

“Sei arrivata?”

“Ray…” sorride scuotendo la testa “In questo preciso istante… non mi hai dato neanche il tempo…”

“Ah bene. Tutto apposto?”

“Certo, non soffro mica la macchina… tu tutto bene?”

“Si, ho avuto qualche problema con i cavalli, sono un po’ nervosi ed è difficile cambiare loro i ferri quando sono così!”

“E tu non lo fare, non da solo almeno…”

“No, c’è Bill che è venuto ad aiutarmi…”

“Ah bene… ma intendi Bill della Signora Ryvel?”

“No, non è lui ma tranquilla… non credo che lo conosci… vado! Ha bisogno del mio aiuto…”

“Va bene, a dopo!”

“Ciao, divertiti e falli neri!” scoppiai a ridere e chiusi il telefono posandolo sul sedile e allungai il collo verso la struttura che mi si presentò davanti, in piedi e in tutta la sua magnificenza dal 1592 per volere della regina Elisabetta I, 220.000 metri quadrati di cultura e di storia.

Improvvisamente mi rendo conto che il mio futuro, o almeno quello che credevo futuro, è già il presente e che mio figlio potrebbe essere uno dei ragazzi che ora vedo camminare lungo i viali con la stessa contentezza di ogni ragazzo, la stessa stanchezza sugli occhi ma la stessa determinazione.

Posteggio l’auto e lentamente cammino lungo il viale che porta all’ingresso principale ma vengo fermata proprio mente sto mettendo il piede sulla strada da una voce.

“Dott.ssa Woods…” un uomo con un giaccone di pelle marrone si avvicina inforcando un paio di occhiali da sole molto alla moda e un sorriso sfavillante, ma io non lo conosco.

“Salve..siete…” lascio volutamente la frase a mezz’aria e attendo che lui si presenti poi tutto si succede come un flash o un lampo.

Mentre l’uomo si avvicina un furgone passa di la e si para dietro di me, l’uomo sorride apertamente e ora si avvicina e mi afferra per un braccio, il portellone si apre improvvisamente e mi sento sollevare da terra. Il fiato in gola non riesco neanche ad urlare, mi viene tappata la bocca con una mano guantata di pelle nera, ne sento il sapore sulle labbra serrate e ne sento l’odore mentre vengo tirata dentro e l’uomo sale a sua volta.

“Non vorrai che usiamo un sedativo oppure farti respirare qualche sostanza… non gioverebbe a tuo figlio quindi non gridare e stai buona, non ti verrà fatto alcun male!” la voce dell’uomo è profonda e quasi metallica e mi mette i brividi. Devo stare tranquilla però e devo farlo per il mio bambino, non mi devo agitare quindi comincio a fare grandi respiri nella speranza che il mio cuore torni a battere normale e che il mio respiro non si affannoso. L’uomo mi sorride e fa un cenno agli altri due di lasciarmi andare. Mi fa male tutto ciò che le loro mani hanno toccato.

“Brava… mi aveva detto che saresti stata ragionevole…”

“Chi siete? Che cosa volete?”

“Non ti è dato sapere per ora…sappi che non ti faccio ammanettare solo perché so che farai ciò che dico… e lo dico per il tuo bene…quindi sta buona e non fare scherzi!”

Che cosa vogliono da me, che cosa posso dire per convincerli a lasciarmi andare? Che cosa posso dargli? Non mi viene in mente niente, non riesco a pensare. Mi siedo contro lo sportello e poggio la testa contro una parete del furgone. Devo stare tranquilla e devo farlo per Declan.

 

 

**

 

21.00

Da quando ho guardato l’ultima volta l’orologio non è passato un solo minuto, che cosa starà facendo? Dal suo messaggio di arrivo non ho ricevuto alcuna notizia da parte di Eve, ma ora sarà a cena.

21.02

Il tempo passa troppo lentamente e non riesco a fare altro che accarezzare lentamente la testa di Charlie seduto con me sul divano, sul tavolino di fronte l’orologio che batte l’ora lentamente e con una flemma tipica del bradipo.

21.03

Non è successo niente, probabilmente è a cena con il direttore del dipartimento e starà mostrando loro che cosa significa la passione e la voglia di riuscire nel proprio lavoro e nelle proprie aspettative. Eve è troppo in gamba per non essere notata…sarei dovuto andare con lei.

23.08

Mi sveglio di colpo, mi sono addormentato e la cosa mi fa sentire in colpa e in difetto, Charlie dorme beato accanto a me e non sembra avere i miei stessi rimorsi. Allungo la mano verso il telefono e… niente, non c’è niente…si è addormentata?Compongo il numero di telefonino e lo porto all’orecchio immaginando di sentire la sua voce assonnata e  il suo rimprovero ma il telefono squilla e Eve non risponde. Chiudo la chiamata, le mani vanno alla testa e passano fra i capelli scombinati prima di posarsi sul volto.

23.15

Drin…drin… il telefono!

Mi catapulto sul tavolino dove l’ho lasciato ed ora rispondo ansioso.

“Eve?”

“…”

“Eve…sei tu?”

“Ray…” la sua voce, la sua voce ha un effetto calmante su di me e subito mi sento meglio e comincio a sperare, mi assale la rabbia che spero di riuscire a controllare.

“Eve…ma stai bene? Non ti sento da stamattina…”

“Ray…” mi rendo conto solo ora che la sua voce non è normale, è spezzata come se…stesse piangendo.

“Eve, tesoro, tutto bene?”

“Si… no…Ray…” sento dei rumori e il pianto di Eve sottofondo prima di sentire una voce che mi fa raggelare il sangue.

“Evelyn… tutto bene?”

“Signor Olsen…sua moglie sta bene…”

“Chi sei? Che cosa vuoi da mia moglie?”

“Non si agiti, non deve agitarsi…agitarsi fa male…”

“Che cosa volete da mia moglie?è incinta non vedete?”

“Si, lo sappiamo bene… Signor Olsen, l’avverto… non contatti la polizia e tantomeno cerchi di fare l’eroe, abbiamo sua moglie in custodia e la stiamo trattando bene e vorremmo continuare a farlo… presto avrà nostre notizie…” sembra che voglia chiudere la conversazione.

“Ho capito…voglio parlarle…”

“Ero sicuro che sarebbe stato ragionevole…”

“Voglio parlare con lei…”

“Ray…”

“Evalyn…”

“Ray…non so cosa vogliono…ho paura…”

“No, no sta tranquilla tesoro, non agitarti fallo per Declan…stai calma e presto risolviamo… ti tirerò fuori da questa situazione te lo prometto…”

“Va bene…”

“Brava sii coraggiosa…”sento  un singhiozzo ed è come una coltellata al costato. La comunicazione cade e io non la sento più. Mi lascio cadere esausto e frastornato sul divano.

 

 

**

 

Rimango ferma, immobile mentre l’uomo che mi ha rapita chiude la chiamata con Ray e mi passa un fazzolettino. Il furgone continua a muoversi e non riesco a vedere nulla dai finestrini oscurati.

“Non piangere…”

“Come non dovrei farlo?dove mi state portando? Che cosa volete da me?” domando.

“Domattina saprai tutto ciò che devi sapere…intanto, tieni, ecco una coperta e riposa…”

Anche se sono i miei rapitori sono estremamente gentili nei gesti e negli atteggiamenti e la cosa mi stranizza e mi rende un po’ diffidente ma ora come ora non posso fare altro. Se mi ribello potrebbero farmi del male e questo non deve accadere.

Afferro la coperta e ora mi rannicchio in un angolo coprendomi mentre sotto quel manto protettivo mi accarezzo la pancia li dove Declan dorme ignaro di ciò che sta accadendo.

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Capitolo 18
*** Un attesa angosciante... ***





Nel mondo c'e' quanto basta per le necessita' dell'uomo, ma non per la sua avidita'.

Mi sveglio proprio mentre il furgone imbocca il vialetto di una casa, no una villa e non siamo più in città ma in una campagna… non mi troveranno mai lo so. Mi sento in una pressa, una pressa senza freni che mi sta rovinando la vita.

Che cosa vogliono da me queste persone? Che cosa posso avere di così importante, che cosa posso sapere? Sento che stiamo passando sopra un sentiero di ciottoli, il furgoncino sobbalza e subito l’uomo che sta alla mia sinistra mi mette una mano sulla schiena.

“Ehi… fa piano…non vorrai mica che partorisce qui…”

“Sto facendo il possibile…” sono stordita, come mai tanta gentilezza? Chi li manda? Mille domande nella mia mente e nessuna risposta.

Il furgoncino si ferma e l’uomo accanto a me mi mormora, senza farsi sentire dagli altri presenti.

“Devo metterle questo… non faccia resistenza non li trattengo per molto…!” detto ciò mi mette un cappuccio di feltro sopra la testa e mi spinge verso fuori.

Sento l’aria fredda sulle mie mani e non posso fare a meno di sentire un odore familiare, un odore che mi richiama alla mente gli ultimi mesi, è l’odore dell’erba bagnata, di terra umida e di campagna.

Sono in campagna…da qualche parte…Come mi possono trovare? Posso essere ovunque.

“cammina bellezza…” l’autista mi incita e sento il suo fiato sul collo ma l’uomo che mi è stato accanto per l’intero viaggio lo spinge da parte in malo modo.

“Ehi… non ti azzardare… non è roba per te…” dice il mio “amico”

“E di chi sarebbe per te?” risponde l’altro sputando per terra, una cosa che mi fa rabbrividire.

“Non è per nessuno!” ribatte l’amico mentre mi fa entrare in casa, o almeno penso perché l’aria è più calda e meno umida e sento legno sotto le mie scarpe e poi il rumore di una porta che si chiude dietro di me dopo che mi viene tolto il cappuccio. Sono in una stanza da letto…

 

 

**

 

“Jos…che cosa sta succedendo?” non riesco a trattenere l’ansia e la rabbia mentre il mio amico sembra alquanto tranquillo e pacato. Lo sguardo va da Vic a lui e negli occhi della migliore amica di mia moglie vedo la stessa apprensione che ho io.

“E’ incinta dannazione…”

“Vic… sta tranquilla… Ray… dimmi esattamente che cosa ti hanno detto…”

“Non lo so Jos, so solo che lei era spaventata e che mi… hanno detto di non chiamare la polizia…”

“Va bene… questo è chiaro… tu mi avevi detto di stare attento a lei… adesso lascia fare a me…”

“Va bene ma…loro hanno detto…”

“Giuro sulla mia vita che non si accorgeranno di me o dei miei uomini, tua moglie sarà al sicuro…non la metterei mai in pericolo…!”

“Va bene… mi voglio fidare” la mia mano si ferma sul viso mentre lo sguardo si ferma su Victoria.

“Voglio sperare che stia davvero bene…” mi dice guardandomi fissa negli occhi.

“Credimi… non ho mai voluto uccidere prima di adesso…”ed è la pura verità.

 

 

**

 

 Credo di essermi addormentata, sento gli occhi appiccicaticci e anche le labbra stoppose, non bevo da un po’. Mi sollevo a sedere lentamente per via del giramento  di testa che mi viene e mi stravolge per pochi attimi e mi guardo attorno alla ricerca di acqua e sul tavolo davanti a me trovo un vassoio con acqua e pollo arrosto con delle verdure. Che razza di rapimento è? Non so spiegarlo…tantomeno capirlo. Bussano alla porta…qualcuno entra…

“Buonasera Eve…come stai?la cena non è di tuo gradimento?”

“Che diavolo ci fai qui? E che cosa c’entro io?”

“Eve… c’entri eccome… siamo più simili di quanto sembra…”

“No, non mettermi a paragone con te Worren…che cosa vuoi? Perché mi hai fatto rapire?”

“ No…no no… non capisci…!” si è avvicinato al tavolo ma io non ci ho fatto caso presa come sono a disprezzarlo e nel vederlo così vicino non mi aspetto certo che afferri il mio volto con un gesto brusco e repentino.

“Non parlarmi così Evelyn o sarò costretto a fare qualcosa per la quale mi odierai…”

“Sei un lurido…”

“Non sei nella posizione di poter dire quello che pensi tesoro… sai bene a cosa andiamo incontro e che cosa  voglio… fino ad ora ti ho trattata bene ma non puoi pretendere che sia sempre così…quindi collabora Evelyn e non farmi fare cose per le quali puoi chiamarmi come stavi per fare…” mi sta minacciando… sento il sangue gelare nelle mie vene perché ha ragione… sa perfettamente che sono in sua balia e non vuole perdere l’occasione.

“Che cosa vuoi?”

“Ciò che mi spetta…”

“Non ti spetta proprio niente…”

“Dici? Non credo che le cose stiano così…”

“E tu che ne sai?”

Questa discussione comincia a darmi sui nervi, ma devo stare attenta… non posso agitarmi per Declan e per me stessa…non posso proprio agitarmi.

“Credo che sia meglio che tu riposi…hai bisogno di dormire…” non rispondo alla sua finta gentilezza, non ho bisogno di lui.

Worren rimane un po’ li a fissarmi e poi prende la strada per la porta ma non prima di averla sbattuta per bene.

 

 

**

 

Le ore passano e non mi piace sentire questa sensazione dentro, l’impotenza. Non posso fare niente per Eve se non stare qui a passare e ripassare le mani fra i capelli sperando di poter scoprire cosa le è successo e il perché.

Jos fa telefonate e non mi mette al corrente di niente e per uno come me che sono sempre stato io a dirigere, questo ruolo da spettatore mi viene stretto.

“Ottimo… va bene Michael…capisco…bene!” Jos continua a non dire nulla ma alla fine ecco che finalmente parla e diretto a me.

“Ray...va tutto bene…uno dei miei uomini, un infiltrato si è fatto passare per uno degli uomini della banda… sta cercando informazioni sul mandente ma continuano a definirlo il Califfo… non usano nomi propri e non ha ancora scoperto niente che possa ricondurre…Eve è trattata bene, lui stesso la tiene d’occhio!” Jos mi sorrise e così anche Vic ma io mi sento solo sollevato…ma a metà.

“Grazie al cielo… non potevo sperare di meglio… almeno non è sola…dov’è?”

“Non sappiamo con certezza, non può comunicare spesso con noi per paura di far saltare la copertura… sapremo pian piano… almeno ora sappiamo che sta veramente bene…!”

Vic mi viene incontro e mi abbraccia, mi serviva ma in questo momento mi sento solo un inutile peso.

“La troveremo…Jos è il più bravo!”

“Me lo auguro…” si sentono dei passi sulla porta d’ingresso e subito corro verso la porta uscendo come se dovessi trovarmi li davanti il colpevole.

“Ispettore… abbiamo trovato questa…” non sapevo che fuori da casa mia ci fossero i poliziotti e subito mi volto a guardare Jos.

“Ottimo lavoro Kyle…lascia a me!” la lettera passa dalle mani dell’uomo a quelle del suo amico.

 

 

Tua moglie sta bene,

persino tuo figlio…sta bene e scalcia…se vuoi, un giorno, gustare la sensazione di un piedino che si mostra cerca di fare le cose per bene e senza scherzi.

Consegnami l’atto di proprietà e non le verrà torto un capello, ti avverto Olsen, se fai scherzi questa volta non mi limito ad un incendio.

Ti farò recapitare l’ora e il luogo dell’appuntamento.

 

Mentre Jos legge sento una rabbia ceca nascere dentro di me…Worren, è stato lui…è disposto a tutto pur di mettere in difficoltà me e per avere la mia terra.

“Ray… Ray… va tutto bene?”

“Quel figlio di puttana…” mi sento girare la testa e ho voglia di spaccare la faccia a qualcuno.

“Calmati… intanto ricordati che ogni mossa avventata può essere nociva per Eve e per il bambino…sta calmo e lascia fare a noi della polizia!”

“Come puoi chiedermi di stare così, fermo ad aspettare?” grido nel pieno della mia angoscia.

“Ray… non fare così è peggio per te e ti fai solo del male… ascolta cosa ti dice Jos e vedrai che una soluzione la troveremo… ora devi riposare!” Vic, la temeraria Vic, la osservo per un momento stordito ma forse ha ragione, non posso uscire e farmi giustizia da solo.

“Va bene… facciamo come dite voi…”

“Ottimo amico mio… adesso riposa e noi lavoreremo per te…” Jos sembra sicuro di se e io vorrei tanto credergli ma sono preoccupato.

Riposare mi è impossibile, ci ho provato, ho fatto una doccia ma non riesco a stare li steso a riposare. La sveglia al mio fianco segna le 3.15 del mattino, scendo al piano di sotto e noto che Jos è ancora li fra carte e telefonate.

“Ehi… non dormi?”

“Tu dormiresti se Vic fosse incinta e rapita dall’unica persona al mondo che vorresti uccidere?”

“No… ma se ti chiedo di star buono un motivo c’è…”

“Lo so…” mi siedo accanto a lui, è stanco e ha gli occhi cerchiati anche lui.

“Jos… non facciamo eroismi… se vedi che non c’è altra via d’uscita, consegniamo i documenti…e andiamo a prendere Eve!”

“Ne sei sicuro?”

“Si.”


Perdonatemi l'assenza, ma ho avuto un pò di cose da fare, volevo ringraziare in particolar modo  Pirilla88 per avermi incitato a scrivere ancora... perdonami!!!!

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Capitolo 19
*** La fine ***




Un uomo gira tutto il mondo in cerca di quello che gli occorre,
poi torna a casa e lo trova.

 

George Moore


Sento delle voci nella stanza di fianco, ci sono parecchi uomini che camminano e si agitano e tra loro ci sarà lui? Il mio punto di riferimento? La mia protezione? Spero tanto di si.

Seduta su un lettino mi sollevo in piedi, sento la testa che gira ma mi tengo alla spalliera di una sedia e nello stesso momento sento la porta della stanza che si apre di scatto e sulla soglia compare un uomo con in mano un piatto e del cibo. E' lui...

Vorrei tanto potergli andare incontro ma capisco che non devo fare movimenti bruschi, lui mi fissa... ci fissiamo per un lungo momento quando da dietro le sue spalle sento una voce.

“Ehi... muoviti! Che hai visto un fantasma?” l'uomo non si lascia prendere dalla paura e fa qualche passo avanti fino a poggiare sul tavolo il piatto, la sua espressione è serena e dal labiale riesco a capire che il cibo è buono e che devo mangiare, poi come è entrato esce lasciandomi di nuovo sola.

Osservo il piatto davanti a me, mi siedo lentamente e comincio a mangiare, lo faccio per mio figlio.

Che cosa può esserci nella mente di una persona per farla arrivare al punto di rapire la gente per ottenere un pezzetto di terra?che cosa spinge Worren a comportarsi così?solo la smania di possedere tutto? o c'è qualcos'altro? Termino di mangiare e mi guardo attorno incuriosita dal luogo che sta diventando il mio rifugio.

Attorno a me ci sono libri e il tavolo dove sono seduta è una scrivania, deve essere uno studio.

Le mie mani sfiorano il bordo della scrivania e poi si posano sullo scaffale accanto a me dove sono stati disposti i libri, sfioro le copertine, per me sono come un uomo affascinante che mi guarda e mi blocco improvvisamente... sono tutti titoli di testi archeologici e diari di scavo.

Ne prendo uno a caso e leggo il nome in bella vista.. Robert Worren II 1896...deve essere il nonno di Worren.

Aprendo il testo scopro che questo fantomatico nonno era stato un esploratore molto famoso durante i suoi anni e per tanti anni aveva portato avanti ricerche in tutta l'Irlanda, ma la sua passione erano i celti e i guerrieri.

Rimasi a fissare quei volumi così interessanti per un bel po' cercando di capire come un uomo così erudito potesse aver fatto un nipote così... mi cadde l'occhio su uno scritto, un diario scritto a mano dal vecchio.


...Quell'essere immondo di Olsen non vuole cedere... ho sempre saputo che Alec è un testardo ma non può stentare ancora a credermi. Non vuole scavare con me? Bene... scaverò da solo... io so che lui è qui. Lo sento! Ho già comprato tutte le terre della zona e manca solo la sua... aveva detto che voleva aiutarmi a cercarlo ma adesso non mi autorizza. Devo escogitare qualcosa... lui è lì!...”


Sicuramente Alec è il bisnonno di Ray, ma di che sta parlando? Chi è lui? Che cosa stanno cercando da generazioni in modo così ossessivo da arrivare a tutto? Continuai a sfogliare velocemente le pagine fino a che non trovo un disegno interessante. Raffigura una tomba, o meglio una mappatura per una tomba.


...Se solo riuscissi a trovarlo, io so che lui è qui! Lo so perchè lo sento! Se solo riuscissi a trovare un indizio so che passere il resto della mia vita a studiarlo e a venerarlo perchè lui era unico e irripetibile. Un guerriero dalla possente...”


Cercano una tomba! Eve rimase a bocca aperta a contemplare per un solo istante la scoperta appena fatta... una tomba di qualcuno... forse un re del passato...



**


Continuo a guardare la piantina della zona in modo ossessivo, come se volessi leggere attraverso i terreni segnati per trovare Eve, stava per segnare l'ennesima campagna quando sento il telefono trillare. Subito la mano lo prende e sul display leggo dei numeri... 41° 53 24“ N, 12° 29 32 E

E' lui il mio uomo e mi ha mandato le coordinate... Ottimo lavoro, ti sei guadagnato una promozione! Mi alzo velocemente e corro verso Vic e Ray che sonnecchiano sul divano.

Svegliatevi! Il mio uomo ha fatto il suo dovere... ho le coordinate di dove si trova Evelyn!” Ray scatta subito in piedi e mi afferra il braccio.

andiamo a prenderla..” mi dice, è stanco e angosciato.

Non è lontana da qui!” vedo la sua espressione cambiare e capisco che Ray non si fermerà stavolta.



**



C'è una confusione nella stanza accanto che mi fa rintanare in un angolo, sta succedendo qualcosa. Sento urla sconnesse e non capisco cosa sta cercando di dire il terzo uomo che parla sopra gli altri due. C'è un botto e poi la porta si apre e un uomo viene scaraventato dentro la mia stanza prima che la porta si richiuda alle sue spalle.

Rintanata in un angolo lo osservo attentamente e quando questo con un gemito si volta sulla schiena mi si stringe il petto in un momento di terrore. Era lui il mio angelo custode. Mi avvicino subito e capisco che gli hanno spaccato il naso e un sopracciglio.

“Che cosa è successo?”

“Va tutto bene... lei sta bene?”

“Si, sono solo...”

“Spaventata... è chiaro e normale non si preoccupi per favore e faccia ciò che le dico io...stia tranquilla sanno che siamo qui e ci verranno a prendere...”

“Chi lo sa?”

“L'ispettore...”

“Jos?”

“Si... si lo sanno, sono un infiltrato...”

“E come mai... non dirmi che...”

“Si, mi hanno scoperto... ma oramai il segnale l'ho inviato, verranno a prenderci presto... siamo più vicini di quanto pensa...”

“Dammi del tu ti prego... non so come ringraziarti, tu ti sei messo in mezzo in pericolo per me...”

“E' il mio lavoro... sta tranquilla!”

“Adesso che si fa?”

“Si aspetta!” mi risponde prendendo un fazzoletto per tamponare il sangue.



**


Le volanti della polizia stanno setacciando il terreno, vedo le luci delle sirene mentre ci avviciniamo al luogo dove tengono Eve, il luogo dove presto ritroverò la mia serenità mentale.

Siamo in tanti e questo mi conforta, Jos l'ha trovata come promesso e questo mi rende felice come non so cosa. Stiamo percorrendo gli ultimi metri, poi finalmente la troveremo e la riporteremo a casa. Sulle mie gambe le mani tremano, ma non ho il tempo di riprendermi perchè la macchina frena davanti ad una cascina. Jos prende la pistola e mi fa cenno.

Non ti muovere da qui... hai capito?” rispondo con un cenno mentre lui scende armato e si avvicina ai suoi uomin per cominciare il blitz.

I poliziotti sono ordinati e si posizionano davanti la casa puntando i fucili e cercando di intercettare movimenti. Vengono sparati due colpi in aria e Jos si erge in tutta la sua altezza.

ATTENZIONE, LA POLIZIA HA CIRCONDATO LA CASA, QUALSIASI MOVIMENTO RITENUTO MINACCIOSO VERRA' SEDATO CON LE ARMI, USCITE CON LE MANI SULLA TESTA E NON FATE SCHERZI...!” per un momento le sue parole rimasero nell'aria con un riverbero e sembrarono non fare effetto, poi si sentì un movimento e Worren uscì all'aperto.

Ehi... Tenente ma che cosa sta succedendo?” sembrava come caduto dalle nuvole e questo mi fece imbestialire al punto da dare un pugno alla porta dell'auto che mi teneva prigioniero.

Lei è in arresto per sequestro di persona, incendio doloso e tentata estorsione... si consegni alla polizia di sua spontanea volontà...”

Vi state sbagliando... io non ho fatto niente di tutto questo...uscite dalla mia proprietà!”

Lurido figlio di puttana dov'è Eve?” non mi trattengo e infine sono scendo dalla macchina infuriato come una belva.

Restituiscimi mia moglie...”

Non so di cosa stai parlando...” risponde Worren facendo cenno con la mano di riavviarsi i capelli... ho capito il gesto ma succede troppo in fretta.

Dalla finestra della cucina si sente un esplosione e poi un proiettile va a finire sul braccio di un degli agenti, il panico si diffonde ma Jos incurante del pericolo si slancia in avanti e afferra il fucile per sparare nella direzione del proiettile. Vedo Worren scappare e istintivamente mi metto a correre nella sua direzione. Lo inseguo per un bel po' fino a quando non mi butto su di lui per fermarlo. Mi colpisce con un pugno allo zigomo, il dolore è immenso ma non mi lascio fermare da nulla e istintivamente lo colpisco a mia volta e non una sola volta.

E' lo stesso Jos a fermarmi, una raffica di pugni si era abbattuta sul viso di Worren al punto da farlo svenire.

Ray... Ray... fermati lo ammazzi così...” riesco a tornare in me... riesco a respirare finalmente e subito lascio la presa per lasciare il lurido verme a Jos. E' finita. Mi sposto e corro verso la casa, i piedi scivolano ma non mi importa. Corro ed entro dentro cercando Evelyn.

EVELYN!” grido cercandola e dalla stanza sento un rumore e poi una voce.

RAY!” non ci penso due volte, corro verso la porta e capisco che è chiusa, con una spallata sento i cardini cedere e con la seconda infine si apre e lei è li.

E' tutto finito!” riesco a dire prima di abbracciarla.

Chiedo umilmente scusa ma ho fatto un trasloco e solo ora mi hanno dato internet. Il prossimo sarà il prologo. Spero vi sia piacita la mia storia. 

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Capitolo 20
*** Epilogo ***



Epilogo


un anno dopo



L'unica cosa buona di questa storia orribile è che Worren, aveva tutte le ragioni per volere la nostra terra. Infatti analizzando i documenti lasciati dal nonno di Worren venne fuori che proprio nel nostro terreno si nascondeva da secoli la tomba di un guerriero celtico, Ulfedhnar , l'uomo lupo, una tomba che portava con se grandi tesori.

In effetti pochi giorni dopo la mia scarcerazione Ray aveva letto i diari del vecchio e si è messo alla ricerca di questo fantomatico lui nominato nei diari.

Jos, invece ha predisposto l'arresto e ha portato in tribunale Worren e tutti i suoi scagnozzi ricavandone un buon indennizzo che Ray ed io abbiamo usato come finanziamento per lo scavo.

Quando abbiamo dato inizio allo scavo presso le nostre terre oramai ero alla fine della mia gestazione e il mio pancione mi impediva di portare avanti il lavoro, così ho dovuto attendere altri tre mesi prima di prenderne parte e devo dire che la febbre archeologica che il vecchio ci trasmette dai suoi scritti potrebbe influenzare chiunque.

La stessa Vic si è trasferita da noi, a detta sua per via della presenza di Declan, ma la realtà è che è sempre ai margini dello scavo alla ricerca di qualcosa... ancora devo capire esattamente che cosa.

I miei pensieri vengono interrotti da un gorgoglio alla mia destra e mi viene istintivo guardare nella sua direzione. Declan, seduto sul suo seggiolino sotto il portico mi fissa con i suoi occhi chiari e con la manina in bocca, si potrebbe dire una smorfia pensierosa.

Ah lo so... non dire nulla...sto cercando da un po' qualcosa di più ma...” una voce dietro le mie spalle finì per me

il vecchio pare abbia terminato le direttive eh... Eve, non stai lavorando troppo?” domanda Ray facendosi vicino.

No... non credo...manca un ultima cosa... una sola...” rispondo mentre controllo i carteggi una centesima volta.

Ma abbiamo già trovato la meraviglia delle meraviglie... che cosa...”

Non so Ray... ho una sensazione...” all'improvviso un urlo mi fredda all'istante le viscere... Vic... la prima cosa che mi viene in mente è indicare Declan a Ray come a dirgli “tienilo d'occhio...!” poi mi precipito verso la zona degli scavi e arrivo in tempo per vedere Vic uscire trionfante dalla fossa numero 4.

Che cosa succede???” domando con il cuore in gola.

sapevo che l'avrei trovato...”

Che cosa?” domando con l'ansia in corpo mentre si avvicina anche Jos alla moglie stordito.

Che ha trovato?” domanda mentre si avvicina Ray con Declan in braccio...

VIC... che cosa hai trovato?” domando cercando di non farmi venire l'isteria... daltra parte Vic sembra non aver capito che ci ha fatti correre tutti li per il suo urlo e mostra ora un orecchino... il tagio è sicuramente moderno e non antico o celtico... la guardo per un po' ma sento che il sopracciglio mi trema nel farlo.

Lo avevo perso al vostro matrimonio... ero disperata e non lo trovavo più ma ora è qui... non siete contenti?”.

Come risponderle? Ecco perchè girava attorno al nostro scavo da giorni, è vero che senza saperlo avevamo pranzato al nostro matrimonio sopra una tomba antica ma... sento un sibilo dietro di me e istintivamente mi volto. Ray, fermo con in braccio mio figlio ha gli occhi rossi e le labbra contratte per trattenere la risata, Jos non ci prova neanche e scoppia a ridere mentre Vic pare incredula e caduta dalle nuvole.

Vic... comincia a correre...” mormoro presa da un raptus improvvis, lei pare non rendersi conto fino a che non si volta e comincia a correre nella direzione opposta.

Ma.. ma... che ho fatto?” domanda tra un respiro e l'altro. La rincorsi per un po', poi cademmo insieme sul prato ridendo come pazze.


Che cosa mi manca? Nulla. Ho una famiglia, un marito, una casa e amici come Vic e Jos che mi hanno salvato la vita più di una volta da una terrificante esperienza che però mi ha portato ad avere questo... sono la donna più fortunata del mondo e tr poco avrò accanto l'uomo più felice del mondo... devo dirlo a Ray... non posso tenere tutto per me... la famiglia si allarga e la felicità aumenta. Chissà che non sia proprio il guerriero celtico a portarmi fortuna....


.

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Capitolo 21
*** Ringraziamenti ***


Volevo ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito e tenuto nelle loro storie da ricordare, da seguire e da leggere... sno dispiaciuta perchè il trasferimento mi ha fatto perdere tempo ma ho cercato di recuparare.. è anche vero che io scrivevo giorno per giorno il mio capitolo senza seguire uno schema e senza pensare prima ma lasciando tutto alla fantasia del momento. Vi ringrazio e ringrazio... l mia Pirilla... Xe tutti gli altri.

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