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Le decisioni sono un modo per definire se stessi. Sono il modo per
dare vita e significato ai sogni. Sono il modo per farci diventare ciò
che vogliamo.
Il delfino – Sergio Bambarén
Fin da piccola
ho sempre sognato di andare in Irlanda, c’era qualcosa in quella terra che mi
attirava inesorabilmente e non sapevo spiegarmi che cosa fosse. Sarà per la sua
bellezza che mi ricorda le favole che mi raccontava mio padre, oppure il
semplice fatto che nasconde alcuni misteri che mi riportano in un epoca
passata.
Ovunque io mi
giri vedo solo folletti vestiti di verde e castelli sparsi per le colline
verdeggianti, visi spensierati, volti dalla carnagione chiara e i capelli
biondi.
Il taxi
percorre la strada principale, a quanto pare il tassista vuole farmi fare un
giro turistico della zona e ogni tanto attira la mia attenzione indicandomi un
monumento o un negozio particolarmente tradizionale.
Mentalmente
sto già pensando alle mille cose da fare, scaricare bagagli, andare a
recuperare i pacchi contenenti i miei libri e materiali, cercare la signora
Tymoty e farmi dare le chiavi di casa…mille e mille cose.
Quando presi
la decisione di trasferirmi per un periodo in Irlanda, sapevo che dovevo
accollarmi anche tutte le problematiche che questo trasferimento comportava, ma
a dispetto di molti che continuavano a dirmi che sarebbe stato difficile, che
sarebbe stato faticoso, che avrei avuto problemi, a me non sembrava tanto
difficoltoso.
Non si può
vivere solo di abitudini, bisogna saper rischiare e mettersi in gioco nella
vita ed io mi sono riproposta di fare proprio questo, mettermi in gioco e
cominciare a fare qualcosa per me.
Sono nata in
Italia, da madre americana e padre italiano ed ho sempre vissuto e lavorato a
Roma, la città della storia, a quattordici anni, quando le mie coetanee
andavano a farsi fare le unghie dalle amiche, io avevo scoperto che mi piaceva
più andare in biblioteca a fare ricerche; mentre le mie amiche cominciavano a
subire le conseguenze delle prime cotte, io mi stavo innamorando della storia e
dell’archeologia fino a decidere di incentrare la mia vita su questo splendido
lavoro.
La mia
carriera scolastica si era incentrata tutta sullo scopo della mia vita,
diventare una ricercatrice ed effettivamente ci sono riuscita. Ora all’età di
ventisei anni sono una ricercatrice dell’università e sto per scrivere il mio
primo manuale.
Alla mente mi
sovviene il volto della miamigliore
amica, una ragazza bionda e carina che mi regala ogni volta un sorriso e tanti
momenti felici.
“Evelyn..hai
bisogno di pace e tranquillità, staccati da questo mondo fatto di cellulari e
citofoni e fai in modo che le tue orecchie possano ascoltare il suono del nulla…”
l’avevo guardata un po’ scioccata al suo dire.
“Viky…da
quando ti sei sposata con il filosofo…mi stai diventando filosofa a tua volta?”
le domandai stranita ma atterrita dal fatto che infondo…aveva ragione.
E la mia cara
Viky aveva così ragione che adesso mi ritrovo a percorrere la strada verso la
mia nuova casa…sei mesi in Irlanda…in una casa dove non esiste il telefono,
vicini isterici, clacson di macchine e dove avrei trovato la mia pace.
Mentre nella
mia mente si susseguono le immagini di un pomeriggio passato con la mia
migliore amica e con le sue teorie filosofiche, mi rendo conto che abbiamo
lasciato la città e che la stradina che stiamo percorrendo si dirige verso la
campagna. Ben presto anziché case e negozi i miei occhi si ritrovarono a
fissare praterie e cieli azzurri… uno spettacolo paradisiaco che mi lasciò a
bocca aperta. Sapevo che la casa era fuori città ma di certo non immaginavo di
sentirmi nella Terre di Mezzo.
La macchina
non deve aver fatto una manutenzione da tempo, visto che sobbalza sulla strada
sassosa e accidentata, ma me ne rendo conto troppo tardi perché all’ennesima
buca, mi ritrovo a fare un salto così grande che sbattei la testa contro la
maniglia del passeggero.
“Mi scusi
signorina, ma qui la strada non è delle migliori!”dice costernato l’autista
guardandomi dallo specchietto retrovisore.
“Non si
preoccupi…” sorrido nella sua direzione e mi massaggio lentamente la testa, un
piccolo bernoccolo forse…un ricordo del mio primo viaggio verso la mia nuova
casa.
Percorriamo la
strada ancora per un po’ e dopo aver superato una curva mi ritrovo a bocca
aperta ad osservare il luogo più bello che potessi immaginare.
Davanti a me
avevo la casa più bella che avessi mai visto in vita mia, aveva le mura di
pietra come nei film antichi e una scalinata che portava all’ingresso. Sapevo
che aveva un giardino e anche il camino ma non avrei mai immaginato di trovarmi
davanti a questo splendore medioevale.
Scendendo dal
taxi rimango per ben dieci minuti ad osservare la casa e non posso fare e meno
di sorridere come un ebete.
“Signorina…”
il tassista mi sta osservando ma io non me ne curo...ero assorta nella
contemplazione di quella bellissima casa che mi avrebbe ospitato per la mia
vacanza creativa.
Afferro
velocemente il telefono e cerco sotto la lettera V il nome della mia amica e la
chiamo subito fremendo come una bambina.
“Vic…sai
quella casa che volevi comprare per te e il Filosofo? È qui davanti a me!”
sentendo la mia amica urlare d’invidia non potevo fare altro che ridere.
Le predizioni sono molto difficili,
specialmente per il futuro.
Niels Bohr
Una
casa immersa nel verde, completamente circondata da una prateria, con due
enormi montagne come sfondo e un laghetto a due km di distanza dalla
casa...ecco dove sono finita...nel nulla, nella totale assenza di civiltà e
nella totale pace...un luogo paradisiaco per chi come me deve scrivere il
manoscritto della sua vita. Seduta presso il tavolo della cucina a sorseggiare
il caffè non posso fare a meno di osservare l'ambiente caldo e accogliente.
I
mobili in legno con le piastrelline colorate, le tende in tinta, le tazze
colorate che da sempre mi hanno affascinata e incuriosita.
Sorseggio
il mio caffè macchiato, con un aria sorniona e compiaciuta. Niente può scalfire
il mio nuovo animo, niente di niente. In giardino avevo notato, all'arrivo, un
bellissimo gazebo con un comodissimo tavolo di legno e sedie comode, adatto per
il lavoro e per la quantità di carte che mi trascino da casa.
Accavallo
le gambe sotto il tavolo e porto la tazza color turchese, il mio colore
preferito, alle labbra sentendo il caldo fiotto scendere sulle mie labbra fino
alla gola, un estasi del corpo e della mente...interrotto improvvisamente da un
inaspettato inconveniente...chiamiamolo inconveniente. Mentre la mia mente si
sta inabissando in pensieri e piccoli brividi ecco che la porta della cucina si
spalanca e un uomo si presenta sulla soglia. La mia reazione è immediata, quasi
sputo il caffè per la sorpresa e spalanco gli occhi mentre “il tizio” mi
sorride e non sembra affatto sorpreso.
“Ah,
s'è svegliata... Buongiorno!” mi saluta entrando nella cucina con in mano un
secchio e uno sguardo così compiaciuto da sembrare quasi finto.
“Sono
contento che si sia riposata, mi avevano detto che avrebbe fatto un viaggio
faticoso... fatto colazione? gradisce del latte appena munto?” fa tutto solo
questo visitatore inopportuno.
Respiro
per un momento cercando di apparire calma e tranquilla ma la mia voce perde un
colpo e sento che potrebbe uscire stridula.
“Ma...ma
lei chi è?” non riesco a tralasciare lo sgomento.
Mi
osserva, punta i suoi occhi scuri su di me e mi osserva con un aria compiaciuta
per giunta. E' un uomo molto alto, con i capelli lunghi sul collo nudo e un bel
sorriso, lo devo ammettere... scuoto la testa cercando di rinsavire e attendo
una risposta da parte sua.
“Come
chi sono?Sono Ray...” mi guarda come se dovessi sapere chi è questo Ray ma io
non conosco nessun Ray, nessun uomo piacente e completamente affascinante come
lui...chiudo gli occhi, mi sto perdendo troppo nei pensieri.
Se
ne sta li davanti, con un sorriso veramente disarmante, un paio di fossette
sulle guance ispide di barba e la camicia a quadretti dalla quale si scorge una
canottiera bianca, jeans che non lo fanno respirare, o almeno questo penso
mentre lo osservo, e stivali a metà gamba.
“Lei
è il custode?” domando ancora un po' scossa a dirla tutta, non è da tutti i
giorni vedere uno sconosciuto entrare in cucina così.
Il
suo viso sembra una maschera di emozioni, non sa se ridere o rispondermi, in
realtà però credo si stesse trattenendo dal farlo.
“Ehm...Signorina...
io sono Ray Olsen...”
“Scusi,
ma dovrei conoscerla?” domando stranita.
“Eh...
direi che sarebbe il caso...”
“E
perchè scusi?”
E'
evidentemente divertito, non smette di sorridere e non sa esattamente che cosa
dire perchè continua a tormentare il suo fianco con la mano poggiata con
maestria e audacia aggiungerei.
“Perchè...
lei è seduta sulla mia sedia, nella mia cucina...della mia casa, sul mio
terreno, nella mia tenuta!”
All'inizio
non mi sono alzata perchè la sorpresa non mi ha fatto reagire come volevo ma
adesso potevano alzarmi in venti perchè lo sconforto era tale da farmi venire
meno le gambe.
“Si-Si
può spiegare meglio?”domando cercando di apparire calma e tranquilla.
“Certamente...”
si avvicina e si mette seduto proprio davanti a me con le gambe lunghe
accavallate e il gomito sul tavolo.
“Io
sono Ray Olsen, questa è la mai tenuta da ben tre generazioni e lei ha firmato
un contratto per avere in affitto una parte della mia casa, o meglio
l'appartamentino al piano superiore...” spiega lentamente, non sono certo scema
ma in quel momento mi sento peggio di un frullato.
“Io
ho firmato un contratto...”mormoro cercando di riprendermi dalla botta appena
subita.
“Si,
e nel contratto si dice che io metto in affitto l'appartamentino e che avrà i
migliori comfort e la tranquillità che voi cittadini cercate nelle nostre
praterie...”
“Scusi,
mi faccia capire un momento...io ho affittato la casa e quindi lei che ci fa
ancora qui?”
“Io?
Ci abito...la cucina e tutto il resto sono un ambiente comune, non posso
accedere solo alla sua stanza ma il resto... è tutto mia signorina...si
aspettava che me ne andassi lasciando il mio lavoro a metà?” giocherella con le
dita sul tavolo e io mi incanto a guardarle mentre apprendo la notizia.
“Mi
perdoni ma... non me ne sono proprio accorta...non intendevo screditare la sua
autorità ma io non...”
“...lo
sapeva! Non fa nulla, credo che adesso le cose siano chiare...signorina...”
“Evelyn...”
“Evelyn...”
lo sta gustando come un cioccolatino fra le labbra “...bene io son Ray, credo
che sia il caso che io le spieghi qualche cosa...e magari le potrei fare vedere
parte della mia tenuta che ne dice?”
“Dica
pure... l'ascolto...”
Non
è vero sei distratta, non solo per la sorpresa di esserti trovata qui davanti
un vero CowBoy ma anche per il fatto che tu...quel dannatissimo contratto non
lo hai letto a fondo, hai solo firmato con disattenzione.
“Ecco
come può notare siamo immersi nel verde, nel ventre caldo e morbido di madre
natura...io nella mia tenuta ci tengo molto a questo piccolo
paradiso...purtroppo la modernità e la voglia dell'uomo di costruire ha
distrutto parte delle tenute circostanti ma qui... si vive nella pura vita
della prateria.”
Immersi...ventre
caldo...paradiso...smettila segui la discussione.
“...quindi
può fare qualsiasi cosa, anzi.. dietro la casa ci sono le stalle con vitellini,
caprette e pecorelle. Ci sono coniglietti e anche i cavalli... se poi ha un po'
di tempo libero le faccio vedere il resto della tenuta e parte del bosco...”
“Si,
molto interessante davvero ma io dovrei lavorare...ho approfittato di questa
piccola vacanza per fare un po' di lavori...arretrati!” Ray spalanca le braccia
come a difendersi e sorride.
“Come
vuole...” si alza dalla sedia e mi osserva attentamente ma senza malizia o
interesse, solo un viso molto calmo e sereno.
“Sempre
a sua disposizione se dovesse servire...” aggiunge mentre sistema la sedia e si
volta per tornare di nuovo al suo lavoro.
Mi
avevano detto che il padrone voleva mettere in affitto l'appartamento della
tenuta ma non immaginavo fosse...così... mi cadde lo sguardo verso una
particolare zona anatomica del “Tizio”.
Poi
un pensiero all'improvviso, afferro il cellulare e compongo il numero di
telefono, attendo un momento fino a quando una voce non mi risponde...fin
troppo allegra.
“Eve...tutto
bene???”
“Vic...hai
scelto tu questo posto?” dall'altra parte del telefono sento un sorrisino
trattenuto.
“Si
perchè? Hai scoperto l'attrazione principale?”
“Vic...
ma come ti viene in mente?”
“E
tu avevi bisogno di distrazioni genuine... e a quanto ne so è abbastanza
genuino...”
“Vic...
tu sei matta”
“E
tu sei fortunata...” non posso non sorridere... quella donna mi fa sempre
sorridere.
Note: Intanto vorrei ringraziare chi si sta prendendo la briga di leggere questa mia piccola avventura, sto cercando di seguire l'istinto e il momento di ispirazione e spero che non deluda ne voi ne me. In ogni caso...Grazie!!!
Il
lavoro e
l’applicazione continui sono il cibo del mio spirito.
Quando comincerò a cercare il riposo, allora smetterò di
vivere.
F.
Petrarca
La mattina mi
aveva sorpreso, è vero lo ammetto non mi aspettavo certamente un simile
cambiamento, ma di solito non mi lascio influenzare dagli avvenimenti della
giornata e punto sul mio obbiettivo.
Dopo una
doccia fresca , decido che è il momento di cominciare a fare quello per cui
sono venuta qui in Irlanda…lavorare.
Afferrato il
pc portatile e le mie scartoffie scendo le scale velocemente e esco dalla porta
di servizio della cucina diretta in giardino a passo spedito e cercando di non
cercare con lo sguardo il padrone di casa. Non voglio dare una brutta
impressione e tantomeno essere beccata in fragrante mentre lo cerco con lo
sguardo…non mi interessa sapere dov’è o cosa fa, mi interessa lavorare.
Il prato emana
profumo di fiori freschi, odore di primavera e del sole caldo, lo attraverso ma
non posso fare a meno di guardarmi attorno ammirata e felice di aver dato
ascolto a quella testolina di Vic.
Il tavolo è
abbastanza grande da contenere tutta la mia roba, e in men che non si dica ho
già sparpagliato la qualsiasi davanti a me.
Piantine,
cartine geografiche, manuali, riviste, fogli volanti, articoli e foto di
reperti archeologici di cui sono l’autrice.
Afferrata una
sedia comoda e dotata di cuscino mi metto seduta e con la mia fedele penna
comincio il mio lavoro di ricerca e concentrazione.
Credo di aver
viaggiato per circa un ora e mezza nei meandri di 2 millenni di storia che sto
analizzando, prima di sentire dei passi in avvicinamento.
Alzo lo
sguardo e noto che l’uomo è li a pochi metri da me e si avvicina ad ampie
falcate.
“Mi perdoni
posso?” mi chiede indicando una sedia li vicino, mi ritrovo a sorridere…
“Ma
certo…quella è sua no?” anche lui ricambia il mio sorriso e scuote la testa.
“Si.. è
mia…senta, lo so che deve lavorare ma dato che è il suo primo giorno…mi
piacerebbe portarla a fare un giro della tenuta così che evitiamo che si possa
perdere…”
“La…ringrazio…”
mi mordo le labbra un po’ interdetta sul da farsi ma alla fine annuisco.
“Perché no?
Credo che sia meglio sapere dove sono e come devo muovermi…” affermo mentre
afferro le mie cose e comincio a chiudere tutto cercando di trasformare tutto
in una pila bene ordinata.
“Eccomi sono
pronta!” infondo non devo inabissarmi nel lavoro, è pur sempre una vacanza… di
lavoro ma pur sempre vacanza.
Si alza di
scatto sorridente e mi fa cenno di seguirlo, cammina silenzioso e sembra voler
raggiungere una zona dietro la casa.
“Lei sa
cavalcare?”
“Eh? Ah si… si
quando ero adolescente ho fatto dei corsi di equitazione…” si volta a guardarmi
quasi sorpreso ma compiaciuto. Che pensava che non potessi imparare?
“Molto
bene…allora prendiamo i cavalli e la porto a vedere il mio paradiso…”
osservandolo bene, nei movimenti, nell’aspetto… non riesco ad immaginarlo in
città in preda al traffico cittadino, dietro una scrivania o alla posta… sembra
più un uomo della natura…si uomo della natura.
La stalla non
dista molto dal giardino tanto che girando l’angolo mi ritrovo a fissare una
vera e propria stalla, con tanto di porte ammezzate dove sporgono alcuni
strumenti e anche alcuni rumori familiari.
Sento il
nitrire di cavalli, l’odore acre degli escrementi, il fieno, ci sono della
galline che stanno covando e che borbottano tra loro e anche delle caprette che
giocano nel cortiletto antistante.
Mi blocco
vedendo un cane seduto che mi osserva con la testolina piegata di lato, è un border
collie, un animale adatto alle campagne, un cane da pastore molto bello e dal
musino dolce.
“Oh, non si
spaventi…Charlie non fa nulla…”
“Charlie?...oh
no no non ho paura…è un bel cane…morde?”
“Prego faccia
pure… è buono come un agnellino!” si fa da parte l’uomo andando a prendere
delle redini ed io mi concentro su Charlie.
Il cane sembra
curioso e scodinzola come se volesse alzarsi per farmi festa ma non si muove e
mi permette di avvicinarmi a lui senza problemi. Più mi avvicino e più lui esce
la lingua, si volta e mi mostra il ventre bianco.
Rido, perché
Charlie mi ha davvero conquistata con quel suo musino simpatico e la sua
semplicità.
“Venga…le
voglio fare conoscere il resto della combriccola…” mi richiama Ray.
Mi stacco da
Charlie con un po’ di riluttanza ma alla fine mi dirigo da lui e lo trovo
intento ad accarezzare un cavallo pezzato il cui muso sporge dalla porta.
Ha gli occhi
nocciola e un ciuffo di pelo scuro sulla fronte castana e il resto del muso è
bianco tranne il mento chiazzato di marrone. Il suo corpo è chiazzato a tratti
e il suo petto è bianco candido così come le quattro zampe.
“E’
bellissimo…”mormoro ammirata cercando di allungare la mano verso il muso.
“Bellissima…
lei è Diana…” nel suo sguardo c’è amore per quella creatura così bella e io non
posso fare a meno di ammirare la bellezza della puledra.
“Ecco è per
lei…io cavalcherò Black!” mi lascia sola con i finimenti nelle mani e si
avvicina da un altro box mentre io apro quello della mia nuova amica e la
lascio uscire lentamente sussurrandole parole per metterla a suo agio.
Sento
armeggiare dietro di me e dal box accanto ecco che esce un cavallo bellissimo
che mi ricorda molto…il cavallo di Zorro.
“Questo è
Black?è bellissimo…”
“Si, lo so è
il mio preferito… o meglio il primo che ho preso con me qui!” mentre parla del
cavallo non posso fare a meno di notare quanto amore c’è verso queste creature
da parte del Tizio. Non riesco ancora a dargli il suo nome.
Monta in sella
con una facilità mai vista e subito mi prodigo a fare altrettanto impiegandoci
qualche secondo in più. Non ricordavo che i cavalli fossero così alti.
Pronti per una
avventura ci muoviamo a passo lento a fianco seguiti da Charlie, usciamo
dall’atrio della stalla e ci immettiamo in un sentiero di terra battuta.
“Allora…come
vede qui non c’è altro che verde… e boschi.. il primo paesino dista 30km mentre
la città..”
“Si, ho capito
il concetto…ma lei ha una macchina?”
“Si certo in
garage c’è un 4x4…”
“Buono a
sapersi…” sorrido, infondo se avessi avuto bisogno di qualcosa mi sarei
catapultata verso il garage.
Rimaniamo
vicinima in silenzio, sento solo la
natura attorno a me e la cosa mi piace da morire, chiudo gli occhi un momento…niente
caos, niente auto, niente che possa farmi venire il mal di testa.
“Le piace?” mi
chiede in un mormorio roco e divertito.
“Si, mi piace
molto qui…” mi sorride e indica davanti a noi un boschetto.
“Facciamo una
corsa…”mi sfida ed io non perdo certo occasione, afferro le briglie e mi sollevo
sulle staffe per dare meno peso alla cavalla, poi con uno schiocco di lingua la
incito a correre.
La folle corsa
si ferma sotto la quercia del bosco, Diana nitrisce come soddisfatta dalla
corsa appena fatta mentre Black è già libero di pascolare e il suo padrone è
poggiato sotto la quercia con le spalle al tronco.
“Allora
Signorina… come le pare questo posto?”
“Bellissimo…davvero…è
un piccolo paradiso…” mi esce fuori una smorfia un po’ comica l’ammetto e
aggiungo “…può chiamarmi Evelyn!”
“Evelyn…è un
bel nome…ce ne sono pochi in giro di così belli…” gli occhi mi saettano verso
la figura ma prima che le mie labbra possano pronunciare una qualsiasi parola
capisco che ho evitato una gaffe mostruosa. Il Tizio indica davanti a se, la
prateria.
“Ah… si? Come
mai? Insomma l’Irlanda è un paese che si potrebbe dire verde…e rigoglioso…”
“Beh… c’è chi
preferisce costruire nel verde e rigoglioso suolo grandi alberghi per grandi
ricconi… o per le fabbriche!” il suo tono è rammaricato, deluso da una simile
prospettiva e immediatamente il disagio si trasferisce a me stessa. Mi sembra
impossibile che qualcuno possa anche solo pensare di distruggere una simile
bellezza naturale, sto per ribattere quando sento il rumore di una Jeep.
Mi volto di
scatto ed il Tizio fa altrettanto ma non appena i suoi occhi si posano sul
mezzo sento un borbottio infastidito. Che succede?per si e per no rimango
ferma, vicino alla quercia.
La jeep si
ferma proprio davanti a noi, i freni stridono e sento che il conducente ha
tirato di scatto il freno a mano facendolo fischiare in modo brusco.
“Ehi…Olsen…che
ci fai da queste parti?” un uomo elegantemente vestito scende dalla macchina e
si ferma propri davanti a noi. Un uomo avvenente, con i capelli biondi tagliati
da poco scende con i suoi stivali perfettamente lucidati e un ghigno sul volto
affascinante.
“Worren…sempre il
solito tempismo…non ti avevo detto che non dovevi più entrare nelle mie terre?”
risponde il Tizio innervosito della presenza del nuovo giunto.
“Ehi ehi…
calmati amico.. non c’è bisogno di scaldarsi…stavo facendo un giro”
“Un giro eh… e
lo vieni a fare nella mia prateria?”domanda battendo il pugno sulla corteccia
della quercia.
“Si…certo… sai
che mi piace guardarmi intorno…” mormora il belloccio osservando ME allo stesso
modo.
“Gira a
largo…”
“Ehi, come
siamo maleducati… non mi presenti la tua ospite?”
“No!” risponde
ma mi ha già afferrato la mano e poggia lentamente le labbra sulla mia pelle
con gli occhi puntati su di me.
“Salve…io sono
Worren...” affascinante, per carità a chiunque piacciano i biondi, ma per me era
solo un essere infimo.
“Salve…”
rispondo ritirando la mano infastidita e lui lo sa, s’è accorto che non ho
gradito tanto da fare un movimento di sopracciglia convulso.
“Bene…adesso
puoi andare Worren…vedi di toglierti di torno e se ti trovo dentro la mia
proprietà giuro che la prossima volta non sarò così cordiale!” qualunque cosa
abbia fatto quest’uomo per innervosire Tizio, io comincio a capire da cosa
nasce il nervosismo del mio accompagnatore… quell’uomo lo stava palesemente
sfidando.
“Per quanto
ancora saranno tue? Sai che ti costringerò a firmare il contratto vero?goditi
questi momenti Ray… dopo sarai costretto a pregarmi di comprare la tua
proprietà!” scatta in avanti Ray con uno grugnito che tutto sa meno che di
bene.
“Vattene via
Worren…” non riesco a capire se sia il caso che trattenga il Tizio o lo lasci
andare..in ogni caso il mio pensiero dura solo pochi attimi visto che da solo
si ferma davanti a me per guardare male il biondo.
“Vedrai… sarà
un piacere vederti pregare…” ricambia l’altro mettendo in moto la jeep.
Freme il
braccio di Ray e vedo la sua mano stringersi in pugno mentre quell’essere
viscido si allontana sogghignando.
“Andiamo…
meglio dimenticare tutto questo…” mormora voltandosi per raggiungere Black.
La realtà dell’altro non è in ciò che ti rivela, ma in quel che non può
rivelarti. Perciò, se vuoi capirlo, non ascoltare le parole che dice, ma
quelle che non dice. Gibran Khalil Gibran
Dal giorno
della famosa cavalcata sono passati tre giorni, non ho avuto modo di rivedere
Tizio perché la realtà è che lui…è partito per questioni lavorative.
Ebbene il
mattino dopo scendendo in cucina avevo trovato un biglietto vicino alla
caffettiera carica.
Evelyn
Sono dispiaciuto per questo biglietto,
ma non ho avuto modo di avvisarla prima. Mancherò da casa per qualche giorno,
le lascio le chiavi dell’auto e spero che si trovi bene.
A presto
Ray
Ebbene la
lettera parlava chiaro, avrei avuto per me qualche giorno prima che il Tizio
tornasse dal suo viaggio.
Le giornate
passano più lentamente, mi sembra di vivere più ore e di avere più tempo a
disposizione da dividere tra lavoro, ricerche, passeggiate con Charlie e anche
con Diana.
La mia
ispirazione sta tornando, lo sento ogni volta che mi concentro per scrivere la
mia bozza, sono più rilassata e la mia mente scorre veloce come un fiume in
piena e le mie mani sono frenetiche nella ricerca tra le mie piantine, le
cartine e i manuali tanto da non accorgermi della presenza di un nuovo…ospite.
“E’ una bella
giornata…per passarla a lavorare!” alzo di scatto il volto con il cuore in gola
e i battiti accelerati, sento un pizzicore alla nuca e i capelli irti per lo
spavento appena preso.
“Oh, non
volevo spaventarla…” risponde l’uomo avvicinandosi con passo felpato mentre io
mi siedo pesantemente sulla sedia per evitare di cadere.
“Non l’ho
sentita arrivare…lei deve essere…”
“Worren…” si
presenta sorridendo accattivante.
“Ah, si
Worren…beh, cerca qualcosa?”
“Diritta al
sodo…. Mi piace…cercavo Ray…” si sta sporgendo verso di me sicuro del suo
fascino da biondo e tenebroso…ma con me non attacca.
“Non c’è… mi
dispiace che ha fatto tutta questa strada per niente…”
“Chi dice che
sono venuto per niente?” mormora tra se.
“Senta… Ray
non c’è..torni quando sarà a casa...”
“Mi sta
mandando via?” domanda alzando un sopracciglio sconcertato dalla mia risposta.
“No…”
“Ma io si…” mi
volto di scatto notando Tizio proprio davanti al gazebo con le braccia
incrociate sul petto e improvvisamente mi sento meglio, meno a disagio e
sicuramente più forte davanti alla bella faccia tosta del biondone.
“Sempre
gentile…non c’è che dire…” si lamenta il nostro ospite alzandosi dalla sedia.
Mi mette i
nervi, non lo conosco e di solito non sono solita giudicare a primo sguardo ma
quest’uomo non riesco a digerirlo…per come si atteggia, per come si comporta,
per come risponde Tizio alle sue parole.
“Vedrai che
non morirai per la mia maleducazione… va via!” la voce bassa che usa Ray sembra
quasi un brontolio, un ringhio represso tanto che Worren si alza dalla sedia e
si volta senza neanche salutare e va via dalla proprietà.
“Mi
dispiace…ogni volta sembra che non succeda altro qui eh…” il suo tono è
cambiato, è tranquillo, dispiaciuto e rattristito.
“Non deve
dispiacergli… non è successo niente” si siede di fronte a me e si prende la
testa fra le mani, improvvisamente mi pare più stanco. Mi sollevo e gli verso
un po’ di thè fresco in un bicchiere e glielo avvicino.
“Invece per me
ogni volta succede…” risponde senza guardarmi negli occhi, afferra il bicchiere
e se lo porta alle labbra.
“Che cosa
vuole?” domando di getto senza pensare, infondo per me è uno sconosciuto con il
quale divido casa, forse non dovrei immischiarmi. Tizio alza gli occhi di
scatto verso di me, sono verdi ed intensi e sembrano stupiti ma compiaciuti.
“Evelyn
conosce…”
“Conosci…” lo
interrompo “…mi dia del tu…” sorrido cercando di farlo sentire a proprio agio e
a quanto pare gradisce la cosa perché mi sorride di ricambio.
“Solo se farai
lo stesso…” annuisco e attendo che continui a raccontare.
“Questa tenuta
è della mia famiglia da generazioni, diciamo pure che è il nostro bene più
prezioso… i Woods hanno un appezzamento vicino a questo, anche loro sono qui da
sempre e addirittura il bis nonno di Worren era il migliore amico del
mio…almeno fino a quando ha cercato di prendersi la nostra tenuta…” trattengo
il fiato mentre racconta, impressionata e curiosa di sapere la fine.
“Ha usato i
mezzi più subdoli…voleva comprare l’intera zona ma il mio bis nonno tenne duro
e non gli diede mai la possibilità di prendersi la nostra terra…i Woods hanno
comprato qualsiasi cosa potesse essere vicino alla loro terra… la loro
proprietà è tre volte la mia e non hanno intenzione di fermarsi… vogliono la
mia tenuta…” allunga una mano ed afferra una delle mie matite sul tavolo e
comincia a giocarci involontariamente.
“Adesso da
mesi oramai non fa altro che venire a farmi proposte su proposte ma io non ho
nessunissima intenzione di andare via da qui…”
“Che uomo..spregevole…
lo avevo capito dal modo in cui si muove e guarda le cose…” mormoro alzandomi
dalla sedia innervosita come se la cosa mi toccasse sul vivo.
“Si lo è e per
questo ti chiedo Evelyn… di non dargli corda…sa essere molto convincente e tu
non devi dargli modo di parlare…mandalo via sempre e fregatene delle buone
maniere!” mi sorride e io non posso fare a meno di ricambiare il suo sorriso.
“Tranquillo…ho
capito il tipo!”
“Benissimo…
allora tutto a posto qui? Che ne dici di cenare con delle bistecche arrostite e
delle patate al cartoccio?”
“Direi che è
una buona idea!” ribatto mentre sistemo le mie cose e le impilo come sempre in
modo ordinato.
Il tempo di
una doccia e di un cambio d’abito ed ecco che mi trovo seduta in cucina a
pelare patate mentre Ray prepara gli aromi per la carne. Non so spiegarmi
perché ma trovo simpatia per l’uomo misterioso che mi sono ritrovata come
coinquilino… o meglio dovrei dire che si è trovato me come coinquilina.
“Che cosa fai
nella vita?” mi chiede di botto.
“Sono un archeologa,
al momento sto scrivendo il mio primo manuale…” rispondo concentrata e non
tagliarmi le mani.
“Ah…che cosa
bella la storia e l’archeologia…mi ha sempre affascinato… è un mondo dove puoi
viaggiare nel tempo e sentirti parte di esso…” mormora mentre io alzo lo
sguardo scioccata.
“E’ quello che
dico sempre anche io…” rispondo con voce melliflua mentre lui si volta e mi
guarda ridendo.
“E tu invece?
Cosa fai per vivere?” domando stentatamente per non sembrare invadente, ma
nella realtà sono curiosa.
“Io? Oltre a
quello che mi dà da fare questo posto?” sembra volerci pensare su un momento e
io rimango a fissare le sue spalle in attesa di una risposta.
“Io
scrivo…sono uno scrittore di romanzi…” la notizia mi fa rimanere un po’
scioccata…avevo creduto fino a pochi minuti fa che l’uomo che mi sta davanti
fosse stato un proprietario terriero immerso totalmente nel suo lavoro ignaro
della civiltà a km dalla sua casa. Invece ho davanti a me uno scrittore, di
romanzi per giunta.
“Bellissimo..un
lavoro splendido…e se posso quali romanzi hai scritto?”
“Uso uno
pseudonimo sono Red Oneill… scrivo romanzi sull’antico popolo celtico…” c’è un
ronzio nella mia testa, lo sento sempre più forte e alla fine capisco il motivo
del mio turbamento, ho una copia del suo ultimo romanzo tra i libri da leggere
nella borsa.
“Sorpresa?sei
silenziosa….”
“No…no… ho
letto qualcosa si di te e mi ha sempre affascinato il mondo che descrivi…come
fai?”
“Perché ho una
laurea in storia e archeologia del mondo celtico e una specialistica in lingua
gaelica…” risponde ridendo e capisco poco dopo che ride per la mia faccia
sconvolta.
“Ah…” rispondo
riscoprendo in quest’uomo molto più di quello che ho immaginato fino ad ora.
“Ecco perché
vivi qui… per scrivere è suggestivo e rilassante…”
“Eh si, ma a volte
la solitudine è pesante da reggere!” risponde portando a tavola un insalata
condita.
“Beh, ancora
per un po’ avrai me che ne combino di tutti i colori e disturberò le tue
giornate…” rispondi mostrando un sorriso a trentaduemila denti.
“Bene…” mi risponde
andando fuori ad arrostire le bistecche.
Sistemo le
sedie che abbiamo utilizzato sotto il gazebo con la mano libera perché la mia
mano sinistra sta tenendo lo scialle che Ray mi ha dato per coprirmi dal fresco
serale. Charlie se ne sta li seduto a guardarci mentre noi sistemiamo, ma in
realtà è in attesa della sua dose di coccole tanto che mentre mi avvicino si
stende per terra mostrandomi il ventre bianco.
“Ah, uno li
cresce e poi ecco come si vendono al primo che passa…” borbotta Ray osservando
la scena con finta preoccupazione.
“Non sono la
prima che passa… lui è mio amico…” rispondo a tono ridendo.
“Bene…spera
che non passi nessun’altro allora…” borbotta offeso e io non posso fare a meno
di ridere spingendolo verso casa.
“Andiamo a
dormire brontolone...”
“Ora mi dai
ordini?”
“No… consigli…
domani dobbiamo lavorare!”
“Che? No no…
domani andiamo al lago…”
“No, devo
lavorare… mi aspettano tremila anni di storia da rendere leggibile…”
“Ah allora…
non posso mica mettermi contro Sargon…”
“Ma che Sargon…
cammina..!” rispondo ridendo divertita, come poche volte negli ultimi anni.
“Va bene…
buonanotte…”
“Notte!”
rispondo salendo le scale verso la mia stanza.
Recitare n è la cosa più
importate. Importante è l vita: la nascia,l'amore, il dolore e infine la
morte.
Katharine Hepburn
Incredibile a dirsi ma dal giorno del mio
arrivo sono passati altri trenta giorni, è un mese che sono qui e mi sento già
una donna diversa, più consapevole della sua natura umana, volenterosa e
inoltre ho scritto ben 500 pagine del mio manoscritto.
Le giornate qui passano lente e piene di
lavoro, quando non scrivo do una mano a Ray anche se lui è via per un convegno
che lo ha tenuto lontano ben due settimane. Dopo i primi giorni ho deciso che
se devo vivere qui lo devo fare completamente quindi mi sono proposta per
aiutare Ray nei lavori di casa e della tenuta. Eh si non più Tizio ma Ray, un
uomo che mi mostra ogni giorno i miei limiti e che mi sta dando l’opportunità
della mia vita.
Parliamo molto tra un lavoro ed un altro,
anzi a dirla tutta ci sono momenti in cui non parliamo proprio ma scriviamo. E’
strano ma stiamo nella stessa stanza, unico rumore la tastiere dei nostri pc ma
alla fine riusciamo a collaborare anche così, io gli porto il caffè e lo lascio
sulla scrivania, lui mi porta da mangiare fino al momento cruciale in cui io
leggo ad alta voce e lui corregge la mia bozza e viceversa.
In tutto questo devo sedare le mille
domande che la mia carissima amica Vic mi propone ogni sera attraverso la
chiamata web…fatico a non fare sentire a Ray cosa dice quella sconcia.
“Allora… che si dice li… dicono che gli
irlandesi sono molto… maschi!”
“Vic ma che cosa ti salta in
mente?smettila…”
“Che ho detto la verità…”
“Tesoro… tu pensi di dire la verità ma
alla fine pianti un enorme coltello sulla giugulare delle persone e non ti
rendi conto che le porti a dire cose che non vorrebbero…”
“Ciao filosofo… come vanno le cose li?”
“Molto bene grazie, non darle ascolto è
una pazza scatenata…”
“Ehi.. voi due io esisto, sono qui
davanti a voi…”
“Tesoro…L’esistenza è in realtà un tempo
imperfetto che non diventa mai un presente..”
“Ehi non filosofeggiare con me…”
Fortuna vuole che dalla mia parte cisia il Filosofo, il marito che con la sua
filosofia sta cominciando a sedare quell’animale che è dentro di lei. In senso
figurato non letteralmente.
Da quando sono rimasta solaCharlie è diventato la mia ombra, mi fa
compagnia in ogni momento e spesso si accuccia ai miei piedi per ricevere la
sua dose di coccole giornaliere. Ormai mi sembra di stare a casa mia, come se
la mia vita precedente fosse un ricordo lontano…credo che quando tornerò a casa
niente sarà lo stesso per me.
Non posso fare a meno di pensare alla mia
casa immersa nel caos cittadino, alle corse tra un mezzo ed un altro quando la
macchina si ferma, le mia giornate chiusa in casa a lavorare. Ma è il caso di
non pensarci, ho ancora cinque mesi qui nella mia casa… credo che scaduti
questi cinque mesi mi metto a cercare casa qui…e potrei anche comprare un
cavallo…delle pecore…rumore di auto in arrivo.
Charlie solleva la testa di scatto e
comincia a scodinzolare convulsamente ma non si muove, rimane fermo a fissare
la porta. Afferro subito il cardigan grigio e mi ritrovo a correre verso la
porta con un sorriso immenso sulle labbra. E’ tornato, forse Ray è tornato e
potrò metterlo al corrente delle pagine appena scritte, potrebbe aver fame o
magaristanco e preferisce farsi una
doccia…mi tremano le mani mentre scosto la tendina della finestrella e ciò che
vedo mi fa rimanere di ghiaccio. Non è lui.
Esco dalla porta avvolta nel mio super
maglione caldo e osservo l’uomo scendere dalla macchina con aria bonacciona e
un sorriso sbilenco sul volto.
“Che cosa vuole Worren?” domando
infastidita dalla sua ennesima visita indesiderata. Qualche giorno addietro
l’avevo beccato che stava prendendo misure nella proprietà e la cosa mi aveva
infastidito molto.
“Ehi… è così che si accolgono gli amici?”
“Non è mio amico…quindi… che cosa vuole?”
“Volevo vedere come stavi…” mi risponde
passando al tu, una confidenza che non mi fa affatto piacere.
“Beh, sto bene quindi può andare via…”
“Che fretta c’è bellezza?”
“Non sono bellezza… va via, portati quel
suv che non merita di stare sul giardino di casa e non farti vedere più da
queste parti” questa volta il tu lo uso io e come voglio io… e mi sono
certamente contenuta.
“Ehi… ti ha addestrata per bene…”
“Si...non ho bisogno di addestramento per
sapere trattare con la gente come te…va via!” sono risoluta nel tono e lui
sembra capire tanto che alza le mani e torna sul suv ma non prima di avermi
lanciato un ultima frase ad effetto.
“Puoi fare la preziosa ma un giorno saprò
zittirti per bene !” lo vedo sorridere in un modo che non mi piace affatto ma
poi fa dietro fronte e scompare oltre l’orizzonte.
La mia espressione schifata dura poco,
ecco che all’orizzonte scorgo un'altra macchina, ma questa volta è lui. Charlie
al mio fianco comincia ad abbaiare e corre verso la macchina , io potrei fare
lo stesso ma mi contengo… lo ammetto con me stessa quell’uomo mi è mancato, mi
mancava il suo sorriso e le sue premure. Va bene sto nascondendo la vera natura
della questione… quell’uomo era una meraviglia, aveva un paio di occhi verdi,
un sorriso che sapeva far girare la testa alle donne, e una voce calda
profonda.
Chiudo gli occhi un momento ripensando a
Vic e alla sua filosofia sugli uomini, da quanto tempo non mi succedeva di
stare sulla soglia ad aspettare un uomo che neanche sa della mia esistenza? Da
mai. Non ho mai fatto una cosa simile e di fatti non mi riconosco mentre
attendo che la macchina si fermi vicino a me.
Scende di corsa dalla macchina e si ferma
poco distante da me con un sorriso e il viso di chi finalmente respira aria di
casa.
“Ehi…che bell’accoglienza…buongiorno!”
“Buongiorno e Bentornato…”
“Come va?” mi chiede mentre scende dalla
macchina i pacchetti, sono indecisa se dirgli tutto ma infondo so che devo.
“Bene… è appena andato via Worren…” tutto
d’un fiato!!!
“Che voleva?” domanda con un tono freddo
chiudendo di scatto la portiera della macchina.
“Le solite cose…”
“Gli hai risposto a tono?” sembra quasi
ringhiare e ha ragione, mi comporterei allo stesso modo.
“Si..certamente…” sorrido mostrando una
spavalderia che in realtà non ho e Ray deve essersene accorto perché mi si
avvicina e mi sorride tornando sereno, almeno in apparenza.
Si avvicina a me e mi lascia un bacio
sulla fronte, un gesto del tutto naturale che credo ci spiazzi entrambi perché
rimaniamo immobili per un momento lungo una vita.
“Dai… non pensiamoci…” un semplice gesto
che mi manda in confusione ma lui sembra non accorgersene, non è confuso come
me…anzi passa avanti ed entra in casa con i suoi pacchi.
Ray si è ritirato nella sua stanza per
una doccia mentre io sono rimasta in cucina a preparare da mangiare. Sono
completamente assorta nei miei pensieri mentre preparo un insalata e come
sottofondo c’è della musica rilassante. Sento un pizzicore alla nuca e non ho
bisogno di girarmi per sapere che lui è li.
“Mi dispiace di essere rimasto fuori così
a lungo…”
“Non è un problema…ho lavorato e mi sono
concessa un po’ di relax con Diana…” rimane in silenzio, sembra pensoso.
“E’ andata male?”
“No, no… è andata benissimo…” si alza e
viene verso di me a passo lento “…solo che…” mi volto lentamente e attendo che
finisca la frase ma non lo fa, mi fissa un momento ma non dice nulla.
“Vieni andiamo a cenare…”lo seguo verso
il tavolo ma sento che qualcosa mi viene taciuto, non so dire cosa ma spero che
presto si decida a rendermi partecipe.
“Ti sei sentita sola?” mi domanda
improvvisamente riscuotendomi dal torpore.
“No…Charlie è stato con me!” affermo
giocando con una fogliolina di lattuga sul bordo del mio piatto. Devo
dirglielo, anche se questo significa che si arrabbierà e diventerà freddo e
scostante.
“Ray, devo dirti una cosa…”
“Che succede?” mi domanda preoccupato
fissandomi negli occhi.
“L’altro giorno sono andata a fare un
giro con Diana…” lo vedo sorridere compiaciuto e mi rammarico di essere la
causa del suo prossimo attacco d’ira.
“Ho trovato Worren nella proprietà…aveva
con se un uomo e prendevano delle misure…” lo dico tutto d’un fiato e non posso
fare a meno di notare che la mascella si indurisce mentre si alza di scatto
buttando il tovagliolo sul tavolo rumorosamente.
“Che cosa?” cammina avanti ed indietro
nervoso ed io non so come calmarlo, sento una morsa alla gola…lo so non mi
riguarda ma non riesco a non provare fastidio in questa storia.
“E.. diamine non mi posso allontanare
neanche per respirare… e lui ne approfitta…è un vile, mi vuole prendere tutto
ciò che ho… ma non…posso permetterlo!” borbotta mentre io lo fisso
ostentatamente cercando di capire che cosa fare.
“Ray…calmati…”
“Calmarmi?non posso…” risponde passandosi
una mano fra i capelli, un gesto che lo rende così indifeso alla mia vista, per
me quest’uomo è una roccia, una montagna di forza d’animo.
“Lo so che da fastidio ma…”
“E tu…che cosa hai detto?” sento montare
la rabbia dentro al ricordo di quello smidollato e ora sbuffo cercando di
trattenere la rabbia ma la mia voce risulta alzata di un tono e i miei capelli
si staccano dalla pettinatura lasciando ciocche libere attorno alla mia testa.
“Che cosa ho detto? Gli ho detto che deve
stare alla larga dalla nostra terra e che non deve…” mi trattengo mentre vedo
che cambia espressione e si avvicina a me a passi lunghi e misurati, mi prende
il viso tra le mani e sospira forte. Sento il suo respiro caldo sulla mia
faccia e non so che fare se non stare ferma immobile con il cuore che martella
nelle orecchie, mi fa male anche a respirare.
Il suo viso è così vicino da poter
scorgere quell’angoscia che i suoi occhi non riescono a celare… poi sento le sue
labbra impossessarsi delle mie, un bacio dolce e carezzevole. Le sue labbra
incontrano le mie come se volessero accertarsi che io voglia davvero baciarlo,
il suo labbro inferiore accoglie il mio superiore e sento che sorride mentre io
sono sbalordita.
Il suo braccio scivola lungo la mia
schienae piano mi stringe fino a fare
aderire i nostri corpi come uno solo.
“Mi sei mancata…” mormora, ma io non lo
sento, non ho sentito nulla tanto che chiedo nella totale confusione…
“Eh?” ho gli occhi chiusi e sento una
fusione interna dei miei organi ma lo sento ridere piano.
“Mi sei mancata…” mormora ancora
prendendo le mie labbra e cercando la mia nuca per cominciare un massaggio che
mi porta in estasi, come se fossi drogata.
“Anche tu…” rispondo mentre sento che mi
sta sollevando da terra, non capisco nulla se non che mi era mancato davvero,
che aspettavo il suo ritorno e non lo voglio ammettere… non c’è verso..sono
completamente persa.
Sento che cammina a stento e ora scivolo
per terra baciandolo a mia volta e ridendo…
“Ehi…cammino sola..” ci fermiamo vicino
alla scala e sento già i suoi baci lungo il collo e sulle tempie.
“Davvero?” mormora mentre piano
cominciamo a salire le scale, un gradino alla volta e ogni volta un bacio o una
carezza e mille sorrisi…la sua bocca è dolce e delicata e quando sorride si
formano delle piccole pieghe ai lati che mi fanno letteralmente impazzire.
Sento che mentre cammino, e non saprei
dire come ci siamo arrivati, lui apre una porta e mi fa entrare nella sua
stanza da letto, mi volta e chiude la porta e mi poggia su questa.
Oramai i nostri respiri sono accelerati e
sento dal suo tocco che vuole di più e anche io voglio di più.
“Sei sempre in tempo per…” credo di
avergli messo una mano in bocca per zittirlo prima di cominciare a baciare la
mandibola sporgente lentamente e con piccoli baci misurati.
“Eve…come è possibile…” mormora cercando
di scostarmi dalla porta per togliermi il cardigan dalle spalle e lasciarmi in
maglietta.
“Non lo so…” rispondo mentre gli tolgo la
giacca e infine la maglietta, rimango un momento interdetta, ma non per
indecisione solo perché so che non sta succedendo niente al caso è tutto
giusto.
Lentamente comincio ad accarezzargli il
petto ed il contatto con la sua pelle calda mi fa sorridere e allo stesso tempo
tremare le mani. A sua volta Ray mi toglie delicatamente la maglietta e sfiora
la pelle della mia schiena nuda con il respiro trattenuto.
Sospira prima di farmi indietreggiare
piano verso il letto, mi bacia sul viso, sulle labbra dischiuse e la sua lingua
è un tocco carezzevole sulla mia pelle che scotta al suo tocco.
Piano mi stende e lentamente scivola su
di me sorridendomi sempre e senza staccare gli occhi dal mio viso, mi sfiora le
spalle e sento che mi desidera almeno quanto lo voglio io.
In poco tempo e non so dire come e
quando, mi ritrovo nuda stretta a lui in un momento intenso e mi rendo conto
ora…tanto agognato.
Ray mi guarda negli occhi e accarezza i
miei fianchi con delicatezza mentre con o sguardo mi domanda muto di non
attendere oltre…aspetta il mio permesso, una cosa incredibile.
Annuisco e mi sporgo in avanti ad
afferrare le sua labbra in un bacio carico della passione che provo, sento che
si muove e si sistema su di me e io capisco che sta per succedere…trattengo il
respiro, non riesco a fare altro che attendere con angoscia quasi quel momento.
Sento che anche Ray trattiene il respiro
e nello stesso momento in cui i nostri corpi si fondono e sento che come me
sospira di sollievo…scoppiamo a ridere ma subito dopo la risata muore nelle
nostre gole e l’emozione ci avvolge.
Credo si siano fatte le undici, o
mezzanotte addirittura, sono abbracciata a Ray, lui sta steso di schiena con il
mezzo busto sorretto dal cuscino e io ho la testa poggiata sul suo petto mentre
lui mi accarezza la spalla.
“Non abbiamo neanche finito di cenare…”
mormora lui ridendo ed io gli assesto un colpetto al braccio ancora stordita da
tutte le novità che ho vissuto in pochi giorni.
“Dopo scendo a prendere qualcosa da
mangiare…” mormoro stanca ma appagata.
“Eve…guardami!” mi chiede improvvisamente
ed io lentamente alzo lo sguardo su di lui con cautela.
“Si?” mi osserva con i suoi occhi verdi e
un lato della sua bocca si alza in un mezzo sorriso.
“Non sono solito fare così con le donne…”
a queste parole sento che qualcosa si sta incrinando dentro e mi sollevo
coprendomi col lenzuolo.
“No, no… non capire male…” s’affretta a
spiegarmi prendendomi le mani e tirandomi a se.
“Non sono tipo che va a letto per una
sera con una donna e poi la dimentica… anzi non lo faccio proprio…e non voglio
che tu pensi che sia così…” mi accarezza il viso…
“Mi piaci molto…e sono stato per due
settimane in attesa del giorno del mio ritorno, perché sapevo che tornando
avrei trovato te…non so come definirlo ma…” improvvisamente si sentì uno strano
grido fuori dalla casa. Rimanemmo col sangue congelato in quella posizione poi
capimmo chi aveva gridato con terrore… un nitrito.
Mi tolsi subito dalla traiettoria e mi
alzai infilandomi la camicia da notte in tutta fretta, vedo Ray vestirsi
freneticamente, si infila i pantaloni di corsa e poi a scapicollo ci fiondammo
per le scale, rischiando di scivolare ma infine Ray arrivò a spalancare la
porta di casa e corse fuori sul sentiero verso la stalla.
Cerco di stargli dietro ma ho il terrore
in corpo, non so che cosa troverò ma la cosa mi fa ribrezzo già da ora,
svoltiamo l’angolo e entrambi freniamo la nostra corsa...la stalla è in fiamme.
L’odore di bruciato ora si fa più vivo e
gli animali sembrano terrorizzati, gridano per la paura e per le fiamme alte
che si scorgono da fuori.
“Sta attento!” grido dietro le sue spalle
prima di seguirlo per andare ad aprire i box.
Corro e Diana esce come una furia dalla
stalla mentre Black è bloccato fra le fiamme terrorizzato a morte. Sento Ray
che grida al cavallo di uscire ma questo non lo ascolta, rimane fermo li con le
gambe tremanti.
Ray si volta a guardarmi ed io leggo nel
suo sguardo che sta per fare qualcosa che mi lascerà sgomentata. Afferra una
coperta e la immerge dentro il barile li vicino, si avvolge ed entra nella
stanza in fiamme per recuperare Black.
Ho il cuore in gola, non riesco a tenere
gli occhi lontani dalle fiamme per cercare Ray ma non lo trovo, non lo vedo…e
la cosa mi mette ansia e non riesco a muovermi.
Ad un tratto dalla porta si ode un
nitrito acuto e poi Black in un susseguirsi di calci uscire dal box mentre
dietro di lui scorgo la figura di Ray, deve fare caldissimo la dentro perché mi
guarda sofferente. Sta per muoversi quando sento un rumore che non dimenticherò
mai, una trave di legno si stacca e vedo che Ray non fa in tempo a spostarsi,
lo prende in testa e cade per terra pesantemente.
“RAY!” grido con tutto il fiato che ho in
corpo, ma mo muovo subito, stranamente, mi dirigo verso il barile e li c’è una
seconda coperta, faccio la stessa cosa che ha fatto lui e mettendomi la coperta
zuppa entro nella stalla.
Sento che dalla coperta si alza il vapore
ma cerco di non pensare al calore e mi dirigo verso Ray, ricaccio le lacrime e
lo prendo per le braccia e piano piano tra un colpo di tosse ed un altro lo
trascino fuori dall’inferno.
Se c’è una cosa che mai dimenticherò di questa notte è la
folle corsa verso l’ospedale di turno, la strada mi sembra tutta uguale e ogni
tanto mi si appannano gli occhi per lo sforzo di tenerli aperti e leggere i
cartelli stradali.
Ray è in stato incosciente dietro di me, steso sul sedile
posteriore con un braccio sul petto ed uno penzoloni, il volto coperto di
fuliggine ha una strana espressione dolorante.
Dopo un primo momento di smarrimento ho tentato di
rianimarlo ma ogni mio sforzo è stato vano, non si sveglia e poggiando una mano
sulla testa nuda ho scorto del sangue fra i suoi capelli e questo mi ha
terrorizzata.
Con la forza che non ho mai avuto in corpo, l’ho trascinato
verso la Jeep e
l’ho fatto stendere sul sedile posteriore cercando di creare un cuscino con una
giacca dimenticata la sera prima.
Le mani mi tremano ma il magone in gola si fa pressante
tanto da costringermi a fermarmi un momento, chiudere gli occhi e tentare di
inghiottire il tutto… non devo cedere,
non posso cedere lui ha bisogno di me!
Entro di corsa in auto e stringo il volante fra le mani,
dimentica di tutto compresa la camicia da notte e la vestaglia sporca di sangue
che indosso.
Non riesco a non voltarmi, non posso lasciare che il mio
sguardo non cada per una volta sul viso dell’uomo che sta seduto dietro di me,
ho paura e non so cosa fare se non guidare e cercare di leggere i cartelli che
al buio sembrano scritti in arabo.
La mia mente è confusa si ma dentro di me so perfettamente
che in questo momento sto pregando, prego che si salvi e che non sia… finito
tutto così, ancora prima che cominciasse a ancora prima che capisse.
Frastornata non mi rendo conto che sto girando in tondo e
che torno sempre alla stessa rotonda nella stessa strada, freno e poggio la
testa sul volante cercando di non perdere la calma è come giocare dentro un
labirinto magico.
Sento una sirena dietro di me e poi noto che un poliziotto
su una moto mi si accosta al finestrino, subito abbasso questo e lo guardo con
urgenza.
“Per favore l’ospedale è un emergenza!” il poliziotto mi
guarda, mi squadra e butta l’occhio dietro nel sedile notando la figura di Ray.
Mi fa cenno di seguirlo e io mi fiondo immediatamente dietro
la sua moto cercando di non metterlo sotto per la fretta. In mezz’ora siamo
fuori da quello che dovrebbe essere l’ospedale, fuori dall’ingresso c’è un
infermiere che sta fumando una sigaretta e pare non aver visto la mia macchina
arrivare a tutta velocità, tiro il freno a mano e scendo come una scapicollata
dall’auto e ora mi rivolgo a lui.
“Vi prego aiutatemi…” in un primo momento pare avermi
scambiato per una folle perché mi guarda sgomentato e stranito ma poi si muove
subito quando lo tiro verso l’auto con insistenza.
“Presto è ferito…”cerco di smuoverlo ridestandolo questa
volta completamente visto che apro lo sportello e nota l’uomo steso nel sedile,
mi scosta bruscamente e ora comincia ad armeggiare su Ray mentre io mi passo
nervosamente una mano fra i capelli mossi sussurrando fra me e me parole di
incoraggiamento.
Un altro infermiere si avvicina con una lettiga e mi scosta
ancora allontanandomi da Ray e insieme lo sistemano con un lenzuolo bianco a
coprire il petto nudo chiazzato di fuliggine.
“Che è successo?” mi domanda il secondo uomo che indossa un
camice, un dottore.
“Un incendio…nella stalla…una trave lo ha colpito in testa…”
rispondo in stato confusionale e noto che il poliziotto si trova al mio fianco
e sta prendendo appunti.
“E’ ancora in corso?”
“No…prima di venire ho chiamato i pompieri e sul viale li ho
incrociati…” rispondo mentre lui continua a prendere appunti sul taccuino.
“Come si chiama suo marito?” la testa mi pulsa e sento che
sta per scoppiare ma riesco a rispondere.
“Ray Olsen!” mi avvicino al dottore “Dottore, ma si
sveglierà?”
“Non so dirle…” temporeggia ed io capisco che sta per dire
una bugia, lo afferro per il braccio con forza e lo strattono un po’.
“Dottore mi dica la verità…”
“Signora segua il mio collega, le farà una visita e le darà
un calmante…e magari io posso lavorare…” lascio di scatto il suo braccio e
seguo l’altro dottore mentre il medico comincia la sua visita su Ray.
La camomilla che il dottore mi ha messo in mano è
fortissima, credo abbia messo due bustine nella tazza d’acqua calda, ma sembra
fare effetto, riesco a riflettere lucidamente ora. Mi trovo seduta fuori dalla
stanza dove è stato ricoverato Ray, con una coperta e rannicchiata sulla sedia
in attesa di una notizia da parte dei dottori che nella stanzetta a fianco
confabulano a nostra insaputa.
La porta della saletta si apre e subito scatto in piedi
andando incontro al dottore che mi sorride simpaticamente.
“Dottore…”
“Signora..può stare tranquilla…non si agiti!”
“Sono tranquilla ma vorrei sapere di più…”
“Il colpo alla testa lo ha stordito, fumo e fiamme hanno
causato difficoltà respiratorie che ora sono state superate…ma… per ora sta
riposando!”
“Scusi, ma quando si riprenderà? E che è quel ma…se deve
dirmi qualcosa me la dica per favore!”
“Signora… noi speriamo che suo marito non sia soggetto a
nessun trauma cranico visto la botta, ma per sapere ciò dobbiamo attendere che
riprenda conoscenza…quindi aspettiamo solo che suo marito si svegli!”
Marito?che sta dicendo?sto quasi per ribattere quando mi
fermo mordendomi la lingua…se ammetto di non essere né moglie e tantomeno
parente mi manderanno a casa e non mi faranno sapere più niente…meglio non
confermare ma neanche smentire per adesso.
“Si sente bene?”
“Si, scusi… è che siamo sposati da poco e la cosa mi ha
scossa…”
“Stia tranquilla e riposi, vediamo cosa succede quando si
sveglia…” annuisco e mi faccio da parte per lasciarlo andare via, mi avvicino
alla porta e sto per aprirla quando sento una risata sommessa e odiosa.
“La signora Olsen?e da quando Eve?”
“Non chiamarmi così lurido verme schifoso…”
“E come dovrei chiamarti? Signora Olsen?”
“Non giocare con me vigliacco…che cosa ci fai qui? Che cosa
vuoi?”
“Ho saputo del mio caro amico e sono corso qui a vedere come
sta…mi dispiace che sia rimasto ferito…” Worren mi fissa e nel frattempo mette
le mani nelle tasche posteriori del jeans.
“Come?” domando mentre un pensiero mi sovviene alla mente.
“Non fare domande… tu come stai?”
“Sei stato tu?” domando scioccata mentre leggo la colpa nel
suo volto bello ma diabolico.
“Non fare strani scherzi con me…”
“Potevi ucciderci…” si avvicina fino a mettermi con le spalle
al muro.
“No, non lo avrei mai fatto…se solo mi avesse ceduto ciò che
mi spetta!”
“Non ti spetta niente quella terra è…”
“Vostra?” ride ancora allungando una mano verso il mio viso,
ma mi scosto di scatto.
“Sei un vile…”
“E tu una bugiarda se per caso sapessero che non sei la
moglie…”
“Non puoi farlo…
“Perché?”
“Perché sarei pronta a denunciarti e a farti passare i
guai…so tutta la storia…”
“E io potrei dimostrare che non sei la moglie…”
“Non puoi farlo…perché ho le prove che sei venuto nella
tenuta a prendere le misure…”
“Sei infida…e spassionata…e bella!” scosto la sua mano di
scatto e ora lo fisso negli occhi.
“Tu parla e sarai costretto a fissare il muro della prigione
a vita…” si allontana con le mani aperte come a difendersi ed ora sogghigna fra
se prima di andare via.
Non conta più né Worren e neanche il mio mal di testa, mi
volto e apro piano la porta della stanza dove sta riposando Ray, piano scivolo
all’interno e scorgo subito il letto e la luce soffusa della lampada, mi
avvicino piano per paura di svegliarlo e lo osservo mentre riposa beatamente
sul letto di calde e bianche lenzuola.
La mano mi trema mentre la porto vicino alla fronte e la
accarezzo delicatamente per accertarmi che sia caldo e vivo anche se immobile.
Fino a che punto la malvagità di un uomo può arrivare?voleva
ucciderci?o ucciderlo? A che prezzo? Solo per avere in cambio qualcosa che non
gli spetta di diritto?che uomo è uno che agisce così?
Il viso è sereno ma scorgo sulla guancia e sul petto alcune
chiazze di fuliggine ancora si notano, quindi mi volto a prendere del cotone e
dell’acqua e comincio piano a pulirlo delicatamente, senza pressare troppo per
non fargli male. Controllo anche la ferita alla testa e noto che è stato
applicato un enorme cerotto a coprire la zona della botta ricevuta, poi
delicatamente poggio le mie labbra sulla sua guancia, mi siedo li vicino e
poggio la testa sul letto per guardarlo meglio e in men che non si dica mi
addormento esausta.
“Signora Olsen…si svegli…” sento una voce lontana ed il
dottore che mi chiama e subito mi alzo di scatto ansimando e osservando ben
quattro persone attorno al letto di Ray.
“Si?”
“Sta bene?”
“Si…” il dottore mi sorride mentre mi controlla il polso e
ora piano mi tiene ferma.
“Signora s’è svegliato…” spalanco gli occhi e lo scosto per
passare e andare al suo fianco, un dottore sta misurando la pressione, uno sta
controllando la reattività della pupilla e infine un terzo controlla le gambe.
“Ray…” vedo i suoi occhi verdi fissare la luce e poi piano
posarsi su di me, istintivamente gli sorrido e cerco di avvicinarmi ma il suo
sguardo è vacuo, vuoto per l’esattezza.
“Deve dargli tempo signora…” mi dice il dottore mentre si fa
avanti e gli parla da vicino.
“Può parlare Signor Olsen?” Ray sembra avere un mal di testa
allucinante ma annuisce
“Si…”
“Come si chiama?”
“Ray…”
“Bene! Si ricorda in che anno siamo?”
“Nel… 2010”
risponde mentre mi fissa e non posso fare a meno di sentire le lacrime di
sollievo agli occhi mentre risponde alle domande.
“Chi è il presidente degli stati uniti?”
“Ehm…Barak?”
“Si, e mi dica quanti anni ha?”
“37…” non smette di fissarmi ed io cerco di contenere le
emozioni stropicciandomi le mani e gli occhi.
“Conosce questa donna?”
“Mi è familiare…”mormora lui.
“E chi è?”
Il suo sguardo si posa su di me mentre io attendo una
risposta sensata e corretta ma non so qualcosa mi dice che quello sguardo
così…è strano.
“Signor Olsen, chi è questa donna?”
“Io… non ricordo…” il dottore mi fissa frastornato ed io
trattengo il respiro.
“Sa che cosa le è successo?”
“No…”
“Ricorda cosa stava facendo prima dell’incidente?”
“No…”
“Non ricorda sua moglie?” il suo sguardo si fa più ampio e
sembra sgranare gli occhi nel guardarmi…come fa a ricordare una bugia? Ma
oramai gli è stato detto, non posso smentire…io devo aiutarlo, devo proteggerlo
da Worren e devo proteggerlo da chi lo vuole morto con ogni mezzo.
Ray mi guarda, si sforza di ricordare una donna che non ha
mai sposato ed io non posso fare a meno di sentire che mi viene voglia di
piangere, per il sollievo, per la rabbia, per l’angoscia, per la tristezza e
per la delusione. Ray sembra accorgersene e allunga una mano che mi appresto a
prendere tra le mie.
“Mi dispiace…non riesco a ricordare…perdonami, se sei mia
moglie sono sicuro che se ti ho sposata c’è un motivo ma… perdonami!”
“Sta tranquillo…pensa a guarire, poi tutto tornerà a essere
chiaro… ma per ora non sforzarti…”
“Ben detto Signora Olsen, adesso riposate…” dice il dottore
andando via dalla stanza e lasciandoci da soli.
Mi siedo sul letto e lo osservo mentre lui non molla la mia
mano e non posso fare a meno di provare una tenerezza infinita.
“Ti fa male la testa?”
“Si…molto!”
“Riposa allora…” mi sollevo per sistemare la coperta e mi
piego in avanti, nello stesso istante posa una mano sulla guancia.
“Sei bella…e mi dispiace non ricordarti vestita da
sposa…così come non ricordo come ti ho conosciuta…” trattengo il respiro e non
riesco a distogliere lo sguardo dal suo, così triste.
“Lo ricorderai…”
“Voglio ricordarlo… se ti ho sposata c’è un motivo… devo
amarti molto tanto da voler averti con me per sempre…”
“Non devi sforzarti…riposa!” mormoro deglutendo ma lui mi
afferra la mano improvvisamente.
“Stai con me… stenditi con me…voglio sentire il tuo profumo
e vedere se mi aiuta a ricordare…” così come poche ore prima, mi trovo stesa
sul fianco, con la testa poggiata nel suo petto, stretta da quell’abbraccio e
stanca e triste.
Il tempo e il cuore cambiano gli avvenimenti,
cambiano a seconda del tempo che fa,
a seconda della luce della luna che riesce a catturare la propria anima. Anonimo
Mi svegliai sentendo
un peso addosso, abbasso lo sguardo e mi ritrovo la donna che ieri mi hanno
presentato come mia moglie… è bella e stanca ed ha dei segni sotto gli occhi,
non avrà dormito molto ultimamente… cosa che non avrei fatto neanche io se avessi
saputo mia moglie in ospedale.
Mi stona questo
pensiero… io non ricordo di averla sposata, non ricordo di aver atteso che
varcasse la porta di casa mia, non ricordo di averla baciata, di aver condiviso
un viaggio o anche solo un minuto con lei.
Si muove nel sonno e
istintivamente l’abbraccio, non voglio che soffra per causa mia, non voglio che
possa pensare che suo marito non la vuole ma…è difficile pensare a qualcosa che
non riesco a ricordare…e ogni volta che penso, un mal di testa mi assale.
“Ray?”mugugna nel
sonno ed io la stringo con il braccio destro a me, mi piace sentirla vicino e
anche il suo calore e la sua voce.
“Si?” le rispondo
mentre lei si solleva e mi guarda dritta negli occhi con un lieve rossore nelle
guance.
“Buongiorno…come
stai?”
“Sto bene… buongiorno
a te…” rispondo osservando le labbra arrossate e la guancia velata di rosso,
non resisto e le accarezzo il volto assonnato.
“Hai dormito scomodo…”
“No, affatto, anzi ho
dormito come non dormivo da tempo…”
“La testa?”
“Pulsa, ma sopportabile…”
“Bene!” si alza dal
letto e si scosta con mio enorme disappunto, la osservo mentre si appunta i
capelli e si liscia la maglia prima di avvicinarsi al comodino per darmi
dell’acqua.
“Tieni bevi…” mi
avvicina il bicchiere ed ora io sorseggio pian piano guardandola negli occhi e
la cosa sembra darle imbarazzo perché non riesce a reggere il mio sguardo.
Cerca di ritirare la mano ma io la fermo in tempo.
“Vorrei potermi
ricordare di te…davvero…” il suo sguardo è sbalordito e anche triste, il genere
di tristezza che non vorrei mai lei provasse… e mi sento arrabbiato, la causa
sono io.
“Ce la farai…” mormora
prima di avvicinarsi per darmi un bacio sulla guancia ispida di barba, io le
accarezzo la testa prima di sorriderle.
** **
Quando mi sono svegliata stamattina tra le braccia di Ray ho
sperato che i miei ricordi della sera precedente fossero solo un brutto,
orribile e angoscioso sogno…aprendo gli occhi la prima cosa che ho visto è
stata la finestra e il suo paesaggio verde, ma poi mettendo a fuoco ho visto la
flebo e anche il monitor e ho capito che non era niente di finto. Ray è davvero
ricoverato in ospedale.
Dopo essermi accertata che dormisse e che bevesse dell’acqua
mi sono diretta di filata a casa per cambiarmi, farmi una doccia e togliermi di
dosso la camicia da notte macchiata del sangue di Ray.
Al mio arrivo scorgo il perito che sta controllando la
stalla ed i danni insieme ad un pompiere, mi fanno cenno di saluto ma io non mi
trattengo, preferisco andare sotto il getto caldo della doccia.
Davanti la porta di casa Charlie mi aspetta con il muso
poggiato sulle zampe e gli occhi tristi e sconsolati, sorrido e mi chino ad
accarezzarlo.
“Povero piccolo…” mormoro mentre lo osservo, poi mi sollevo
ed aperta la porta entro in casa seguita a ruota dal mio migliore amico.
Salgo le scale senza guardarmi attorno e percorro la strada
per raggiungere la mia camera da letto, mentre mi avvicino mi spoglio degli
abiti sporchi e subito mi infilo sotto la doccia con gli occhi chiusi e il
getto sulla testa inclinata.
Charlie mi ha seguito, sta sedutovicino all’ingresso e sembra indeciso sul da
farsi, entrare o stare in corridoio.
La doccia sembra togliere via tutta la pesantezza dei miei
pensieri e subito dopo di fatti sto meglio, esco temprata di nuova energia e mi
dirigo verso la stanza dove afferro un paio di jeans, il mio maglione bianco
preferito e indosso le mie converse bianche, comode e uniche.
Lascio i capelli umidi sulle spalle, man mano che asciugano
si arricciano gonfiandosi un po’, ma la cosa non mi dispiace, donano un certo
movimento ai miei lineamenti.
Sempre seguita da Charlie mi dirigo verso la stanza di Ray e
una volta aperta la porta mi fermo ad osservare il letto disfatto, mi scuoto e
subito mi dirigo verso l’armadio dove trovo una sacca, una borsa e comincio a
mettere dentro qualche maglia, due maglioni, due pantaloni e anche dei boxer
puliti ed infine un pigiama migliore.
Chiudo in fretta la borsa e la stanza e mi dirigo in cucina,
prendo una buona dose di cibo per Charlie e glielo sistemo nella sua ciotola
all’esterno, lui sembra felice e comincia a mangiare mentre a me non resta che
sorridere e dargli una carezza.
Un pensiero le sovviene alla mente, fruga nella sua borsa e
trova il vecchio anello di Vic, ricordo di averlo conservato, anche se è un
imitazione di un solitario, uno scherzo per il quale abbiamo riso un intera
serata.
Lo infilo al dito, al momento poteva essere un ottimo modo
per poter sviare l’interesse dei curiosi e non solo.
Il perito che sta con il pompiere sta parlando e ciò che dice
mi fa salire un sentore di nausea mai provato fino ad ora.
“Credo che il Signor Woods possa sperare di allargare la
stalla facendo i lavori pre stabiliti e che possa facilmente recuperare lo
spazio incendiato e perduto” mi volto e noto che c’è un forcone poggiato contro
la parete, l’afferro di scatto e svolto l’angolo puntandolo sull’uomo anche se
siamo distanti due metri o poco meno.
“Chi è lei e che cosa ci fa a casa mia?” l’uomo sembra
sorpreso e mette la mani avanti come a volersi discolpare dal fattaccio.
“Chi è lei?”
“Siete sul mio terreno, nella mia casa e devo pure subire la
sua maleducazione?”
“Signora Olsen?” domanda stranito, ma spaventato.
“Si, che cosa sta facendo qui e chi la manda?”
“Il signor Woods mi ha incaricato di fare un calcolo dei danni
subiti, quando comprerà la propr…”
“Dica al signor Woods che può andare a farsi fottere e lei
con lui! Questa proprietà non è in vendita e non intendo vedere ne lei ne
nessun altro apprendista lavoratore nelle mie terre, se no vi faccio diventare
colabrodo!”
“Signora stia calma…”
“No, non sto calma…spero che sia chiaro quello che sto
cercando di dirvi, non vendiamo! Ora andate via…subito!” il mio sguardo deve
essere veramente duro perché questo si muove in fretta con la sua cartelletta e
se ne va correndo verso la sua macchina.
** **
Ricordo la mia casa,
la mia terra, i miei adorati cavalli e Charlie ma non ricordo nulla che possa
riguardare mia moglie… il dottore dice che siamo sposati da un mese, che siamo
sposini e allora come mai non porto la fede? La mia mano è segnata dal lavoro
ma non porto la fede al dito.
Questo letto è così
scomodo che non riesco neanche a vedere bene il dottore che seduto accanto a me
mi parla da un po’.
“Signor Olsen, si
sente bene?”
“Si, si…solo che sto
scomodo, vorrei alzarmi…”
“Beh, questo dipende
da lei, se non ha fastidio alla testa o nausea improvvisa può stare seduto
sulla poltrona…”
“Possiamo
provare?”domando con un certo ardore ed il dottore si prodiga ad aiutarmi a
mettermi dritto e a raggiungere la sedia poco distante.
Il movimento non mi
causa nausea come mi aveva detto lui ma solo la consapevolezza che i miei
muscoli erano indolenziti per la postura assunta nelle ultime ore.
Con il suo aiuto
riesco a sedermi e a stare diritto contro lo schienale della sedia e con un
sorriso osservo il dottore.
“Bene Signor Olsen
direi che stiamo recuperando in fretta…la mancata nausea è un ottimo segnale di
ripresa…”
“Sono contento dottore
ma… quando…”
“Ci vuole tempo,
secondo le analisi il suo trauma è segnato non solo dalla botta presa ma anche
dallo stress che ha subito in questi ultimi giorni…”
“Ma tornerà?”
“Certamente, pian
piano e con la pillola che le ho prescritto può sperare in un ritorno di
memoria!” sorrido mentre mi rendo conto che la sto aspettando, l’attendo con ansia,
ho voglia di stringerla tra le braccia e di baciarla e di sentirmi al sicuro
con lei a fianco.
“Quando potrò tornare
a casa?”
“Beh, fra qualche
giorno…”la porta si apre di scatto e la scorgo sulla soglia con le guance
arrossate, il petto che si abbassa e si alza ritmicamente, ha corso, ed uno
sguardo sperso per non avermi trovato a letto.
“Vi lascio…a dopo!”
dice il dottore mentre io osservo mia moglie sulla soglia.
** **
Non appena entro nella stanza il cuore mi sobbalza perché
Ray non è più steso con la flebo, ma è li davanti a me, seduto comodamente
sulla sedia davanti la finestra ed un sorriso dolce in volto.
“Ciao…” che saluto stupido m’è venuto fuori…
“Ciao…” mi saluta di rimando mentre io mi avvicino a poso
sul letto la sua borsa e mi volto per andare da lui, per accarezzargli una
guancia e sedermi li vicino.
Lui blocca una delle mie mani ma non smette di fissarmi in
volto, non lo fa mai e quel suo sguardo mi crea un certo disagio, sarà perché
mi sento in colpa di ciò che ho fatto.
“Casa nostra…”domanda stringendomi la mano, la stringo a mia
volta come se fosse il mio ancoraggio verso le sperdute memorie e menzogne.
“Tutto apposto, non te ne devi preoccupare…ho chiamato un
esperto che progetterà la stalla e recupererà il tutto…”
“Brava…” mi attira a se e poggia delicatamente le labbra
alla mia fronte, un tocco leggero e misurato che mi mette i brividi e lui lo
sente, se ne rende conto tanto da sorridere appena.
“Voglio tornare a casa con te…stare nel nostro giardino, con
Charlie, nel nostro letto…” mormora tra un bacio e l’altro.
“Ray, dobbiamo attendere che il dottore sia d’accordo
prima…”
“Si, lo so… ha detto qualche giorno!”
“Bene…” rispondo soddisfatta mentre sento dentro di me che
voglio aiutarlo e proteggerlo e capire che cosa mi lega indissolubilmente a
lui.
Sono tre giorni che faccio avanti e indietro dalla casa
all’ospedale, non mi pesa affatto perché è li che vorrei stare sempre, ma non
sono io la paziente, io sto bene no? Me lo domando da stamane ma non riesco a
trovare risposta, sento un forte magone alla gola ma non riesco ad alleggerirmi
la coscienza. Va bene, non è niente di terribile…lo faccio per difesa, lo
faccio per Ray e per evitare che quel bastardo di Worren possa approfittare
della sua amnesia improvvisa, ma questo non mi rincuora. Quando sto così,
quando sento che dentro c’è una tempesta da placare di solito chiamo subito la
mia amica e mi faccio consigliare da lei. Lei che mi conosce e mi sa criticare,
che mi fa crescere e che mi aiuta quando ho bisogno, si lei avrebbe capito.
Accosto con l’auto in una piazzola e poi afferro il telefono
e compongo il numero, mi basta sentire la sua voce per scoppiare in lacrime e
raccontare di getto ogni cosa, ogni dettaglio ogni singolo ricordo e Vic
capisce, capisce tutto ed ascolta silenziosa fino alla fine.
“Hai fatto bene Eve, sono fiera di te…stai facendo tutto per
una buona causa…non devi sentirti in colpa, Ray è il tuo uomo e tu lo stai
difendendo…”Ray è il tuo uomo e tu lo stai difendendo…
“Vic, questo non fa di me una disonesta?”
“No tesoro ma cosa ti viene in mente?”
“Non so se ce la faccio a continuare così…”
“Ascoltami, domani saremo li da te e insieme stabiliremo un
piano di condotta e ci muoveremo per distruggere questo fantomatico Worren” lo
dice con la voce disgustata e la cosa mi fa sorridere.
“Grazie Vic, ma non devi…”
“Ehi… ma dico… sai chi sono io vero?”
“Si, una dolce piccola matta…grazie Vic, stasera ti dirò la
strada…”
“Vai ora… non farlo aspettare… domani vedremo se è così
bello…”
“Vic, non cambierai mai!” mi ritrovo a sorridere e a scuotere
la testa ma soprattutto, leggera, mi sento meglio, mi sento piena di energia e
con la vitalità ritrovata mi reco all’ospedale rinata.
Entrando nell’atrio scorgo il dottore che parla con un
infermiera, mi vede e mi sorride facendo cenno di avvicinarmi.
“Buongiorno Signora Olsen, come sta oggi?”
“Molto bene dottore…mi deve dire qualcosa?”
“No, no non si allarmi volevo solo dirle che suo marito è
stabile e che deve riposare tranquillo nella sua casa… per fargli ritornare la
memoria non dobbiamo stargli addosso quindi credo che sia meglio farlo vivere
in casa sua, in mezzo alle sue cose ed ogni settimana lo porta qui per fare
delle analisi e le sedute con il dottore…”
“Veramente?possiamo tornare a casa?” domando di slancio
troppo felice per contenermi, forse con troppa enfasi visto che il dottore ride
e mi da una pacca sulla spalla.
“Andate su, siete sposini dovete stare insieme…” questa
frase mi colpisce un po’ ma cerco di non pensarci, come ha detto Vic.
Corro invece da Ray, aprendo la porta noto che è andato a
sedersi davanti la finestra per leggere un libro e vedendomi lo richiude
mantenendo un dito fra le pagine.
“Buongiorno…” corro da lui e lo bacio sulle labbra
prendendogli il viso tra le mani.
“Ehi…come mai tanta foga?” mi sono già dileguata e sto riempiendo
la sua borsa con le sue cose.
“Si torna a casa…”
“Che cosa?” anche lui sembra elettrizzato all’idea e la cosa
mi fa sorridere e intenerire allo stesso tempo.
“Si, si torniamo a casa…” si alza e viene mi incontro
abbracciandomi stretta a lui.
“Non sono mai stato più felice di oggi…” gli sorrido mentre
sistemo e ora gli metto fra le mani un paio di jeans e una camicia bianca.
“Su vestiti, io devo firmare delle carte dalla dottoressa…e
poi torniamo a casa!” lui mi sorride ed io corro a mettere la firma alle carte
lasciandolo solo.
** **
Incredibile,
finalmente posso tornare alla mia vita o meglio alla vita che non ricordo e che
spero tanto di ricordare presto. Anche se ancora non ricordo nulla di Lei, non
riesco a non provare qualcosa, forse una piccola parte del sentimento che provo
nei suoi confronti, ho bisogno di lei ecco la verità.
Mi vesto in fretta ma
sento la porta che si apre ed il dottore fare il suo ingresso sorridente e
soddisfatto almeno quanto me.
“Sua moglie le ha dato
la notizia vero?”
“Si!”
“Signor Olsen, se la
stiamo mandando a casa è proprio perché magari vivendo da vicino la sua vita
può ricordare qualcosa ma non si sforzi, non lo faccia perché creerebbe solo un
forte mal di testa… deve aspettare che le cose vengano da sole…”
“Si, dottore… ma
quindi non posso fare il mio… lavoro?”
“Certo, deve fare il
suo lavoro, deve fare quello che fa tutti i giorni…fisicamente non è provato… è
una cosa mentale, un disturbo che deve avere i suoi tempi…”
“Quindi posso tornare
alla mia vita normale…”
“Si e… non solo a
livello lavorativo, può tornare ai suoi affetti, a sua moglie…” il modo in cui
dice la parola moglie mi fa aggrottare le sopracciglia in modo interrogativo.
“Mi spiego meglio…
magari averla vicina, avere delle emozioni comuni, fare l’amore con lei, ridere
e scherzare..potrebbe aiutarla a ricordare…”spalanco gli occhi.
“Lei mi sta dicendo
che…se faccio l’amore con mia moglie potrei ricordarla?”
“Ma no… non funziona
così però se lei si vivesse sua moglie, il ricordo potrebbe riaffiorare…”
“Ho capito..grazie!”
dopo queste mie ultime parole sento la porta che si apre ed Evelyn sulla soglia
che sorride estasiata.
“Allora andiamo?”
domanda ed io non posso fare a meno di sorriderlee afferrare la borsa al volo, la seguirei
ovunque.
Sta guidando piano per
potermi permettere di guardare il panorama, sorride e canticchia una canzone che
non conosco ma che mi piace e mi mette allegria. Il paesaggio mi è familiare
certo ma è come se non lo avessi visto da tempo e piano comincio a
riconoscerlo.
“Stasera ti cucino
delle omelette ai funghi e formaggio… che ne dici?”
“Uhm…sembrano buone”
“Lo sono… e magari
prendiamo una bottiglia di vino bianco che dici?”
“Si, certamente… è una
cena a lume di candela?” domando stuzzicandola volutamente.
“No, è una cena normale…”
“Va bene… vedremo!”
mentre dico questo noto che mi sorride in modo strano, un piccolo movimento
delle sopracciglia come a dire… vedremo per l’appunto.
Mentre le parlo vedo
il viale che porta a casa e mi sento estremamente felice di esser tornato alla
mia vita insieme a mia moglie.
Posteggia e scendendo
scorgo subito Charlie seduto presso l’atrio che corre verso di me scodinzolante
e felice di vedermi.
“Vecchio mio… come
stai?” lo riempio di attenzioni e nel mentre vedo che Evelyn sorride a sua
volta chiudendo la macchina.
“Che ne dici se mentre
preparo la cena ti concedi una doccia fresca?”
“Moglie….dici che
puzzo?”
“Assolutamente… volevo
ti rilassassi…”
“Va bene… ma stasera
possiamo cenare all’aperto?”
“Sotto il gazebo?”
“Si, si…”
“Va bene…” approva ed
io mi avvicino per baciarla di sfuggita, è deliziosa.
** **
Mi sento rinata davvero, sentire che in questa casa non sono
sola mi mette allegria, sapere che lui c’è mi mette allegria…mi sovviene un
sorriso perché fino a un mese fa alla notizia che avrei dovuto dividere la casa
con qualcuno mi aveva infastidita molto, mi aveva reso la cosa pesante e poco
gradita, ma Ray non è uno qualunque, lui è speciale.
Preparo in fretta la mia specialità e una volta sistemate le
omelette nella teglia le metto al forno per gratinaree nel mentre vado in giardino ad
apparecchiare la tavola.
Ho scelto una tovaglia turchese, il mio colore preferito,
dei bei bicchieri dalla forma strana e simpatica, i piatti con il perfilo
turchesi così da non creare contrasto con la tovaglia e infine ho sistemato il
pane e gli spinaci nella loro ciotola come contorno.
Stavo sistemando le posate sui tovaglioli piegati con cura
quando ho sentito le sue mani scivolare sui miei fianchi fino a stringermi in
un abbraccio caloroso.
“E’ pronto?”
“Quasi…” al mio olfatto giunge quell’odore muschiato del
bagnoschiuma che avevo sistemato sulla doccia, mi era piaciuto quando l’ho
comprato ma su di lui,fa un altro
effetto.
“Domani vengono a trovarci degli amici…o meglio la mia
migliore amica…dice che le mancavo…” se solo mi avesse sentita Vic mi avrebbe
dato una lezione e la cosa mi fece sorridere.
“Certo, non preoccuparti va bene… ci sono tante stanze qui!”
mi sussurra all’orecchio.
“Vado a prendere le omelette ma tu perché non apri il vino?”
gli sorrido e mi dirigo a passo svelto verso casa per andare a prendere la
teglia. Sulla strada del ritorno lo trovo assorto nella degustazione del vino,
uno sguardo così intenso e pensieroso, le sue papille gustative attente per
sentire il gusto fruttato del vino, la sua essenza… sono rimasta distante ad
osservarlo, unico problema è stato il calore della teglia che mi ha fatto
sussultare e fare gli ultimi passi di corsa fino al tavolo.
“Eccomi, scusa…” poso la teglia e mi avvicino a lui per
potergli mettere sul piatto la cena, lui mi sorride e versa il vino dentro il
calice che avevo messo li vicino.
“Che buon odore…”
“Grazie, ora mi dirai se anche il sapore è buono!” dopo
essermi servita a mia volta prendo posto al suo fianco e cominciamo a mangiare.
“E’ ottimo…complimenti!”
“Grazie!” rispondo contenta di aver fatto qualcosa per lui.
Lo osservo mentre cena, non è diverso dalle altre volte è
solo inconsapevole e la cosa mi fa tenerezza perché lui è sempre stato di
carattere forte e coraggioso, l’uomo che ho innanzi attende che il mondo gli
sveli la sua vera identità.
“Eve, posso farti delle domande?”
“Certo…”
“Come ci siamo conosciuti?” alza lo sguardo su di me e io mi
sento mancare il fiato è arrivato il momento tanto atteso.
“Beh…”
“Non voglio ferirti…lo so che deve essere difficile per te
avere un marito che non ricorda niente ma aiutami a ricordare…”
“Ma il dottore…”
“Voglio solo sapere quando ti ho dato il primo bacio…” come
posso non rispondere ad una simile richiesta?
“Avevi cucinato per me e stavamo parlando…ci siamo
conosciuti per caso e ci siamo frequentati sempre di più…siamo pure usciti a
cavallo…e mi hai baciato…non lo dimenticherò mai…” troppo tardi…ho detto la
cosa sbagliata al momento sbagliato…
“Scusami..”
“No, no non dire così…ehi… siamo una coppia e si può parlare
di tutto…”
“Si, è vero…”
“Me ne ricorderò…lo so che lo farò… senti abbiamo foto del
matrimonio?” boccheggio e per eludere la cosa alla sua vista bevo del vino.
“No, ancora no… è troppo presto il fotografo ha detto che le
manderà a casa tra qualche mese…”
“Ah va bene…” mi accarezza una guancia e mi sorride come
sempre, lo ammiro io al suo posto sarei già impazzita.
“Sparecchiamo…” si alza ed io subito lo seguo verso casa,
siamo silenziosi questa sera ma a me poco importa mi basta sapere che c’è e che
ogni tanto mi pizzica per farmi arrabbiare il braccio.
“Bene, finito andiamo a letto…” tutto avviene in modo
automatico, saliamo le scale e io mi fermo nella mia stanza, rimango un momento
ferma per rendermi conto dell’errore.
“Eve…la nostra stanza non è sopra?”
“Si, si… volevo, chiudere la finestra per evitare che
sbatta…” mi osserva un momento ma poi comincia a salire le scale seguito da me.
** **
Il mio letto, il mio
comodino, le mie pantofole, il mi libro, la mia stanza e… alzo lo sguardo e vedo
mia moglie che entra nella stanza e si viene a mettere sotto le coperte con il
viso basso e in parte arrossato, come intimidita.
Si stende accanto a me
e ora mi sorride, spengo la luce e mi stendo anche io volgendole lo sguardo,
sento la sua presenza ed il suo calore, ho voglia di lei, di riavere mia
moglie.
Mi avvicino e le
accarezzo il volto, sorride piano prima di avvicinarsi ancora di più a me, mi
accarezza il viso con il suo tocco leggero e nel suo sguardo leggo il suo
sentimento.
“Il dottore…”
“Ha detto che possiamo…”
“Come ha detto?”
“Beh si… lo ha detto,
fisicamente sto bene…” rispondo e nel vederla sorridere l’avvicino a me, la
stringo e le sue gambe avvolgono i miei fianchi in una presa salda.
“Sei così bella…”
mormoro e lei mi risponde con un bacio carico di passione che mi inebria e mi
da nuova forza.
“Ray…Ray…” sospira tra
le mia labbra tra un bacio e l’altro e non posso fare a meno di sentire…che
questa sensazione è familiare, ho davvero mia moglie tra le braccia.
Un amico è un regalo che si fa a se stessi. Robert L. Stevenson
La mattina risplende sulla valle, gli uccellini sembrano
gioire di questo nuovo giorno e del calore dei raggi e canticchiano
allegramente fuori dalla finestra e si inseriscono fra le balze della tenda
illuminando la stanza a giorno.
Apro piano gli occhi e istintivamente nascondo il viso
contro il cuscino con un gemito, mi sento stanca e insonnolita come se non
avessi dormito proprio. Allungo la mano verso il lato dove dorme Ray ma non lo
trovo, un gemito di diniego mi sale alle labbra ed ora sospiro stiracchiandomi
ma sento il letto che si muove e Ray accanto a me.
“Buongiorno…” mi da un bacio sulla nuca mentre io mi giro
piano verso di lui e sorrido ancora assonnata e con i capelli scarmigliati.
“Giorno… ma…” noto che porta tra le mani un vassoio per la
colazione con caffè caldo, fette di pane bianco con marmellata di mirtilli,
succo d’arancia, yogurt… di tutto!
“Ma…”
“Ho voluto portarti la colazione!” mormora e io non posso
fare a meno di sentire una fitta al petto, quest’uomo mi sta facendo qualcosa
alla quale non posso porre rimedio da sola.
“Grazie…” nell’alzarmi a sedere vedo che posa il vassoio e
mi prende tra le braccia, sento che sta respirando il mio odore e che le sue
mani si muovono sulla mia schiena con lenti carezze che mi confondono
terribilmente.
“Hai dormito bene?” poco più di un sussurro mentre sento il
suo alito caldo sul mio collo e poi le labbra sulla mia pelle e sotto
l’orecchio. Ray… perché si comporta così? Gli basta sapere che sono la moglie? in
effetti lui ha un estranea…no, no non lo farebbe mai, non lui.
Ray mi accarezza il volto dopo aver notato il mio sguardo
perso nel vuoto ed ora mi sorride come solo lui sa fare, un bacio pone sulla
fronte ed ora mi chiede calmo e tranquillo.
“A cosa stai pensando?”
“Che abbiamo passato interi giorni di calma e tranquillità…”
“Si, lo so!” mormora baciandomi il collo e sfiorandomi la
nuca con il suo tocco leggero…
“Ray…”
“Uhm…”
“La pace…sta…”
“Uhm?” dal giardino si sente uno stridio di ruote e poi un
clacson insistente.
“Mi sa che è arrivata Vic…” scoppio a ridere alzandomi dal
letto, afferro la vestaglia e scendo le scale al piano di sotto.
Charlie abbaia come un forsennato e io apro la porta e mi
poggio sullo stipite vedendo una jeep e una favolosa bionda scendere ridendo
dall’auto seguita dal fidanzato alto e moro.
“Eve…ciao!”
“Vic, che bello vederti…”
“Ehi…ma quella è la mia studiosa preferita?”
“Ciao Joseph..” saluto il mio amico e dietro di me sento che
c’è la presenza di Ray che mi abbraccia sorridendo agli ospiti. Vic si ferma
con un piede nel gradino e ci osserva a bocca aperta mentre Joseph che la
spinge piano. C’è silenzio e io rimango per un momento con il fiato sospeso a
guardare i miei due amici e mentalmente spero che qualcuno dica qualcosa di
intelligente.
“Ray…quanto tempo!” fu Vic a muoversi veloce e andare ad
abbracciarlo con nessuna riluttanza nel gesto, lui dal canto suo poverino,
ricambia ma nel volto si legge una sola espressione..dispiacere per non
riconoscere l’amica della moglie.
“Tranquillo… non fa nulla…” cerca di tranquillizzarlo Vic e
Ray sembra invece trovare l’energia per affrontare la cosa perché scende le
scale va verso Joseph e gli stringe la mano con affetto.
“Come va amico?”
“Bene e tu?”
“Ottimamente, vieni ti aiuto con la valigia!”
Vic si trova accanto a me, pare guardare la scena ma in
realtà mi afferra per la manica e mi tira dentro casa trascinandomi.
“Allora?”
“Cosa?”domando
“Dico… che marito…”
“Vic, per favore… ti prego, non fare così mi rendi le cose
difficili!”
“Mi sei mancata…” mi dice abbracciandomi stretta a se.
“Anche tu…” la stringo a mia volta, mi è mancata davvero, mi
è mancata la sua presenza e la sua risata e la sicurezza che mi da quando mi è
vicina. Mi sento vacillare accanto a lei ma il suo abbraccio è forte e sicuro.
“Ci sono io ora… ti aiuterò!”
“Vic… è dura…che cosa ho fatto?”
“La cosa giusta…lui è importante per te…”
“Si, lo so!”
“E alloranon perdere
la fede in te stessa…lo aiuteremo!”
Ecco la mia cara e dolce Vic, chiassosa forse ma di gran
cuore, sincera e umile, la mia amica…la sorella che non ho mai avuto, la mia
metà perfetta.
Non sento la porta chiudersi e alzando lo sguardo vedo Ray
sulla soglia che mi fissa e Joseph intento a portare la valigia dentro.
“Venite, vi porto nella vostra stanza…” affermo più allegra
facendo strada verso quella che era la mia stanza seguita da Vic e Joseph.
Una volta tornata indietro vestita e lavata trovo Ray seduto
a leggere il giornale in cucina e scorgo per un momento il profilo dell’uomo
che avevo conosciuto tempo addietro una famosa partita.
“Ray…perché non prendi i cavalli e porti Joseph a fare un
giro per la tenuta?”
“Certamente…ci avevo già pensato…”si alza dalla sedia e si
avvicina per darmi una carezza sul volto mentre dietro di me Joseph e Vic si
palesano sorridenti.
“Bene, andiamo Jos…andiamo a fare un giro cowboy!”
“Certo…!”
Poco dopo ci ritroviamo sotto il gazebo a bere the freddo in
amorevole compagnia, Charlie si è messo sotto la mia sedia e pare ascoltare le
nostre discussioni e il volto di Vic è radioso e felice.
“Ed eccoci qui… in piena vacanza, beh non proprio vacanza ci
siamo portati il lavoro…”
“Benvenuti nel mio mondo!”
“Ma come sei gentile…” mi dice tirandomi un fazzoletto
appallottolato, scoppiamo a ridere mentre sentiamo un rumore strano dietro la
casa.
Charlie si raddrizza e guarda un punto fisso e ringhia, la
cosa non mi piace e mi sollevo subito e osservo il punto che sta fissando
Charlie.
“Eve…”
“Sssh!” mormoro facendole segno con la mano mentre comincio
a camminare lentamente verso la direzione in completo silenzio.
Cammino quatta fino al muro ed ora sento delle voci
indistinte, sono Joseph e Ray che sono tornati.
“Alle volte mi sento come se fossi nato in questo momento,
non ricordo una parte della mia vita e la cosa mi blocca, non riesco ad essere
felice, non riesco a guardarla con gli occhi di un…marito!”
“Ray, è normale…vedrai che un giorno questa nube si
schiarirà e tornerai a capire…”
“Lo so…io vorrei tanto…mi vengono tanti dubbi ad esempio… ho
trovato delle carte, il mio manoscritto, l’ho aperto e riletto tutto ma poi…
non sapevo come continuarlo, mi sono fermato…oppure le carte sul mio tavolo…
sono atti notarili, che cosa volevo fare?”
“Questo non lo so, direi che non devi fare nulla…certe cose
rimandale a quando sarà il momento…”
“Si, certo!” risponde Ray mentre porta nella stalla i due
cavalli.
Mi volto e corro verso il tavolo in silenzio e la prima cosa
che noto è l’espressione di Vic e il biscotto che sta mangiando.
“Allora?”
“Niente…tutto bene!” mormoro mentre cerco di memorizzare,
atto notarile sulla scrivania, dovevo vederlo.
Non ho avuto modo di vederlo, la serata è continuata in modo
tranquillo, una cena con gli amici, un liquore sotto il cielo stellato, le
risate e la voglia di pensare che tutto ciò è reale.
Ray pare stanco e la prima cosa che faccio è alzarmi dal
divanetto da giardino e raccogliere le cose per la cucina.
“Andiamo a letto, domani abbiamo tanto da fare…”
“Si, hai ragione Eve, io e Ray vogliamo aggiustare la stalla…”
“Voi due Jos?” domando sconcertata.
“Si, noi due…” risponde Ray spingendomi verso casa con un
gesto preciso, Vic mi sorride e insieme chiudiamo le imposte per prepararci a
dormire.
“Buonanotte..”
“Buonanotte Vic…”
“Mi raccomando…”
“Che cosa?”
“Metti la cravatta sulla maniglia porta come facevamo quando
eravamo all’università!”
“Vic…ma smettila… non entro nella tua stanza…” rido di gusto
e la spingo verso la porta.
“Buonanotte Victoria!”
“Buonanotte Evelyn!”
Salgo le scale e apro piano la porta della camera da letto,
Ray mi ha preceduta e non so se sta già dormendo, ma non sta dormendo, è in
piedi davanti la finestra e si sta spogliando.
Chiudo la porta e rimango a fissare le sue spalle larghe e
ben fatte, il profilo contro la finestra ed ora i suoi occhi puntati su di me.
** **
La fuori è buio, si
vede la luna che si staglia nel cielo scuro della notte e le stelle sono così
belle e luminose che sembrano quasi mandare messaggi…ecco, adesso so che cosa
mi piace dell’Irlanda. Mi volto e vedo Evelyn davanti la porta che mi guarda
con una strana espressione sul volt, non è triste mi sorride ma vorrei
sorridesse diversamente.
Le vado incontro, la
prendo di peso e la butto sul letto mentre lei ride e cerca di divincolarsi e
le faccio il solletico sui fianchi morbidi.
“Ray… smettila!”
“No, non la smetto!”
“Rayy!” grida e non
posso fare a meno di bloccarla con il mio peso per poter chiudere il suo urlo
con un bacio. Un bacio che infonde in me un ricordo, ricordo di un viso
sconosciuto che ogni giorno ho imparato ad amare, il ricordo della nostra prima
notte d’amore, la notte in cui lei è diventata mia.
Un flash che mi lascia
stordito e profondamente scosso, mi sollevo di scatto e la guardo negli occhi
come incantato, come se non volessi più dimenticare.
“Ti amo!”
Mi esce di getto,
senza pensarci così come il piccolo flash che ora è andato via, un piccolo frammento
che rimarrà sempre per me.
Devo recuperare la
memoria, voglio ricordare tutto… devo farcela.
GRazie, ragazzi spero di non deludere nessuna aspettativa, speriamo che vad a finire bene... un particolare saluto va a Bloody D XD che mi fa ridere tanto...a presto
Lo sguardo disonesto è l'indizio di un cuore disonesto
S.Agostino
La presenza di Vic non ha cambiato la mia vita, anzi ha
riempito ogni singolo momento della mia vita e di quella di Ray che ogni volta
ride e scuote la testa divertito mentre Joseph, suo marito e anche compagno di
avventure non può fare a meno di ammirarla con sguardo innamorato e fiero.
D’altronde Vic o la si adora o non la si sopporta e a dirla
tutta sono poche le persone che possono definirla noiosa e insopportabile.
Dopo aver fatto la spesa al paese siamo tornate a casa
cantando a squarciagola Think in macchina e quando siamo arrivate davanti la
porta di casa Joseph è venuto da noi ballando per baciare la moglie.
Afferrato il sacchetto sono corsa in casa per non essere il
terzo incomodo ma quando sono entrata canticchiando allegra e la prima cosa che
ho fatto mentre portavo alla bocca un albicocca è stato chiamare Ray e la sua
voce mi è giunta chiara dalla stanza a fianco.
Allegramente svoltato l’angolo continuo a cantare ma non mi
aspetto certo di trovare ospiti ed in particolare un ospite che Ray a quanto
pare ha accolto cordialmente a casa nostra… casa nostra? A casa sua.
“Eccoti Eve, vieni…” mi chiama Ray ma i miei occhi sono
puntati su quelli dell’uomo che ha preso posto nella poltrona del salotto, che
mi sorride con aria di vittoria assoluta.
“Lei deve essere la Signora
Olsen…” mormora compiaciuto mentre cerca di prendermi la mano
che io ritraggo in tempo.
“Il signor Woods è un nostro… diciamo vicino di casa!”
“Piacere mio Signora…”
“Prendo del brandy … arrivo subito…!” afferma Ray alzandosi
e sorridendomi ma il mio volto è impassibile e imperturbabile ed una volta soli
non mi trattengo e la prima cosa che faccio e guardarlo sconvolta.
“Che diavolo ci fai qui Worren?”
“Ehi.. che linguaggio…”
“Ti assicuro che mi sto trattenendo…”
“Non avevo dubbi… sai essere così cruda alle volte…”
“Non te lo chiederò più, che cosa ci fai qui!”
“Sto discutendo di affari con Rayche mi ha gentilmente invitato a sedermi con
lui in casa…”
“Non sa ciò che fa… va via!”
“Ora non dare la colpa alla demenza eh?”
“Worren, dio solo sa quale angelo mi sta trattenendo… non
farmi perdere la pazienza… vattene!”
“Mi sa che tu non comprendi…”
“Comprendo benissimo.. comprendo che adesso tu prendi le tue
cose e …” l’occhio mi cade sulle carte poste sul tavolo e dentro sento scattare
una rabbia che invade il mio sangue fino a farlo diventare marcio.
“Atto notarile?” mi sollevo e vado a prendere i fogli, con
un unico movimento strappo i fogli e li butto sopra Worren che come
risvegliatosi si alza di scatto innervosito.
“Che…cosa stai facendo Eve?”
“Non vendiamo e non intendo permettere che succeda ne ora ne
mai!”
“Non sai di cosa ti stai impicciando…”
“Va via… avvicinati un'altra volta a Ray e giuro che la
prossima volta ti denuncio!”
“E per cosa?”
“Per molestie e come disturbatore!”
“Ho capito… ma non hai vinto che la battaglia… la guerra la
vincerò io!”
“Non credo!” se ne va velocemente chiudendo la porta con uno
scatto e poco dopo spunta Ray sorridendo e portando bottiglia e bicchierini.
“Ma dove è andato il signor Woods?”
“Ray… ma come ti salta in mente di invitarlo a bere con te
qualcosa?”
“Che significa io…”
“Ray quell’uomo non è bene accetto in questa casa…non ha
fatto altro che portare danno nella tua vita e ora anche nella mia!”
“Eve, non so di cosa parli ma tranquillizzati…. Ti ha fatto
qualcosa?”
“No, non posso tranquillizzarmi… tu.. tu non ricordi ma
quell’uomo è il nostro peggior nemico e tu stavi per…”
“Per fare cosa?”
“L’atto notarile…”
“Mi ha fatto una proposta è vero ma che cosa c’entra con…”
“Tu, non hai nessuna intenzione di vendere…”
“Io? Avrei parlato con te prima… la tenuta non è cosa mia ma
nostra!”
“Ray… che cosa volevi fare? Vendere e perché?”
“Lui ha detto…”
“Lui può dire ciò che vuole e saranno tutte bugie… malefatte
e ha intenzione di toglierci la terra e la casa…”
“Eve…”
“No, che cosa avevi intenzione di fare?”
“Stavo solo parlando…”
“Ma tu non ricordi, se ricordassi potresti sapere che lui…”
una rabbia improvvisa si impadronisce del suo sguardo, posa i bicchieri
rumorosamente sul tavolo e mi guarda arrabbiato.
“Non lo ricordo, non so che cosa ha fatto quest’uomo per
farti reagire così… non lo ricordo e la cosa mi rende… pazzo… non ricordo
niente del passato troppo recente, non mi ricordo e la cosa è dolorosa…!”
mentre parla si avvicinaa me con fare
frustrato e ha ragione… ha ragione ad esserlo, non ricorda nulla della sua vita
e di ciò che è…chi sia io che cosa succedeva prima.
“Ray…”
“Non farmi sentire peggio di come sto…!” detto questo si
volta e va via sbattendo la porta e lasciandomi completamente svuotata.
Rimango seduta sulla poltrona cercando di capire che cosa è
successo ma non riesco a fare altro se non stare ferma mentre le lacrime mi
scendono, deve stare male, malissimo…ed io che cosa ho fatto? Ho alimentato la
sua confusione rendendolo più solo di quanto si crede.
Vic entra nella stanza insieme a Joseph e si fermano a
guardare me, fa un cenno per avvicinarsi ma io le faccio cenno che non è il
caso.
“Eve…”
“Va tutto bene Vic…io credo che farò una doccia ed andrò a
letto!” mi sollevo e piano mi allontano cercando di apparire dignitosa, ma sto
male, troppo male.
** **
La testa fa male, non
riesco a far smettere di pulsare la vena della mia tempia, cammino lungo il
sentiero che mi porta al paese a alla solita taverna dove vado quando sono
pensieroso ed in effetti quando entro nella sala mi sento già meglio anche se
il mal di testa si sta attenuando.
Ho fatto l’unica cosa
che non dovevo, sforzare la mia testa per ricordare e il dottore ha detto che
non va bene.
Davanti alla birra
fresca che Tuny mi prepara mi siedo a riflettere alle parole di Evelyn e alla
sua reazione e alla mia reazione.
Quell’uomo deve
davvero aver avuto qualcosa con noi perché Evelyn non si comporta così, non
riesce a pensare che sia così con tutti per via della sua dolcezza…no, la notte
mi soffermo a guardarla dormire contro il mio petto e mi sento completo, mi
sento bene con lei accanto…mi sento un uomo diverso e mi ricordo…mi ricordo di
lei, mi ricordo quanto amore provo per lei anche se non la riesco a ricordare
vestita di bianco…starò così tutta la vita?senza ricordare mia moglie?
Mentre sono assorto
sento un movimento a fianco e noto la presenza del signor Wood.
“Tua moglie è
risoluta!”
“Mia moglie è
fantastica!”
“Dura…”
“La smetta…ha motivo
di stare così..”
“Non credo…”
“Vedremo…”
“Mi venda la
proprietà…”
“No, non lo farò…stia
attento a come parla con me e mia moglie…”detto ciò capisco che non devo stare
qui, il mio posto è altrove e uscendo dal locale corro verso casa da mia
moglie.
Entrando in casa c’è
silenzio e tranquillità, trovo Vic seduta nel divano ed ora le sorrido cosa che
lei ricambia.
“E’ di sopra, non ha
cenato!”
“Sono uno scemo!”
“No, è normale…”
“Vado?”
“Si, corri…!”
“Grazie Victoria!”
“Di niente Ray!”
Corro al piano di
sopra e la prima cosa che vedo è il letto illuminato dalla luce della luna e
una sagoma stesa raggomitolata su se stessa.
Mi avvicino piano e mi
stendo al suo fianco abbracciandola stretta a me contro il mio petto, è così
piccola che vorrei proteggerla dal mondo intero.
“Sei tornato!”
“Credevi me ne potessi
andare via?!”
“No…ma eri
arrabbiato!”
“Non con te!”
“Ma sembrava…”
“Con me stesso!”
“Che colpa hai tu?”
“Mi fa stare male non
ricordare Eve...devi avere pazienza tesoro… io non so alle volte cosa faccio…
come oggi!”
“Non potevi saperlo ed
io sono stata dura…”
“No, eri nella
ragione..”
“Forse…” la volto
piano verso di me e noto che ha pianto e questo mi fa male.
“Sempre…sei la mia
guida!”
“Grazie…”
“E di cosa?amore?”la
sento tremare e allungarsi a baciarmi sulle labbra e la cosa mi piace, mi fa
sentire un re.
Questa volta facemmo
l’amore in modo diverso, in un modo passionale ma la cosa che più mi ha colpito
è che entrambi abbiamo bisogno l’uno dell’altra, come se non esistesse nulla se
non il fatto che insieme siamo una cosa sola.
La felicità non è un cielo sempre sereno, ma un arcobaleno dopo la
tempesta
La settimana passò in fretta, ogni mattina Vic ed io
lavoriamo in giardino mentre Ray e Joseph vanno a cavallo, pescano al lago e
sistemano alcuni lavori nella tenuta che non possono essere rimandati come la
rimessa a nuovo della stalla.
Il mio manoscritto prende forma ogni giorno che passa e
adesso è giunto a 500 pagine nette, un vero e proprio trofeo per me che da sola
m’appresto ad una simile impresa che potrebbe segnare la mia vita accademica.
Anche se non alzo lo sguardo so bene che Vic mi sta fissando
intensamente e la mia tempia pulsa non solo per il fastidio ma anche per il mal
di testa che mi ha colpito da qualche giorno a questa parte.
“Vic, piantala!”
“Di fare che?”
“Di fissarmi…”
“No è che penso e mi fisso a guardare te…”
“Si e allora dato che siamo in mezzo alla pianura perché non
fissi una roccia?”
“La roccia non mi ispira quanto il tuo volto…” alzo lo
sguardo e mi rendo conto anche senza vedermi che risulterà sarcastico e
smorfioso.
“Vic…”
“Eve…davvero va tutto bene…e tu… va tutto bene vero?” come
fa ogni volta a capire che c’è qualcosa che non va?come? cerco sempre di non
farlo capire a nessuno ma ogni volta è sempre la stessa storia… lei mi guarda,
mi fissa e capisce. Poggio la schiena sulla sedia e incrocio le braccia al
petto rassegnata, mi tocca parlare.
“Come diamine fai?”
“Cosa?”
“Vic..”
“E’ che non so… sei diversa quando hai qualcosa, non riesco
mai a capire che cosa ti passa per la testa…anche se ora posso immaginarlo…”
afferro la mia agenda mentre la nausea mi assale e comincio a cercare la pagina
del giorno.
“Pensarci mi fa stare molto male, davvero. Questa storia
deve finire…ho chiamato l’avvocato ma stanno cercando le documentazioni per
poter dichiarare chiusa questa storia per sempre…” Vic afferra il pacchetto di
patatine e comincia a sgranocchiarle pensierosa e nel mentre continua a
fissarmi ed io per evitare il suo sguardo indagatore mi metto a leggere i miei
appunti sull’agendina.
Sento come un rumore, qualcosa che si incrina come un
cristallo che si sta per rompere ma in realtà capisco che è dentro la mia
testa, gli occhi sono puntati sul foglio e non riesco a staccarli da questo
neanche se lo volessi.
Come ho potuto non pensarci prima? E come ho potuto non
accorgermene? Eppure il giorno è quello…sono precisa.
Mi alzo di scatto dalla sedia e sotto lo sguardo scioccato
di Vic mi dirigo velocemente verso la casa cercando di mantenermi calma,
infondo non può essere davvero così magari c’è un errore.
Comincio a camminare avanti e indietro nel salone, la mano
che non smette di toccare i capelli e di torturarli così come dentro mi sto
torturando l’anima.
“Eve… va tutto bene?” quasi salto in aria, non ho sentito
Vic che si avvicinava dietro di me e non riesco a parlare per un po’, ma lei
sembra capire e attende silenziosa.
“Non voglio crederci, ma credo di essermi complicata di più
la vita…”
“Che cosa stai dicendo?”
“Si, tutto mi sta sfuggendo di mano…” sono nervosissima
tanto che mi trema la mano e con questa la voce e la testa, mi sta scoppiando.
“Eve, ti voglio bene come una sorella ma se non ti
spieghi…io non ti posso aiutare…” la buona e cara Vic, che cosa le sto
facendo?la faccio impazzire quando in realtà dovrei stare tranquilla e rivedere
la situazione… o forse il fatto è che non voglio ammetterlo.
“Ok, va bene…” sospiro forte esasperata “Ho preso
l’agenda…stavo cercando degli appunti e ho trovato questo…” le passo l’agenda
in mano e lei con l’aria corrucciata mi osserva prima di prenderla e leggere.
“Che cosa dovrei vedere?”
“Segno ogni cosa, in quell’agenda…”
“Eh si e allor…” rimane a fissare la pagina ed ora alza lo
sguardo verso di me…
“Quella nota è segnata ben dieci giorni fa…capisci?che
significa?”
“Eve…può esserci un errore…”
“No, io sono sempre regolare..spacco il secondo…” rimaniamo
a fissarci per un bel po’ fino a quando non crollo sul divano sconsolata.
“Ci mancava solo questo Vic, ci mancava solo questo…ma ti
rendi conto? Non solo devo fingere di essere chi non sono ma devo anche vedere
l’uomo che amo stare male e cercare di ricordare qualcosa che non è mai
successo e devo anche tenere nascosta questa cosa…”
“Ehi…” alzo lo sguardo e Vic sta sorridendo “Lo hai appena
detto lo sai?...” la osservo per un po’ ed ora mi rendo conto di ciò che ho
detto…e lo penso davvero, lo sento dentro di me e Vic lo sa.
Mi sorride gentile e dolce come sempre ed ora afferra le
chiavi della macchina dal cruscotto e mi fa cenno di seguirla ed io lo faccio
senza remore.
La campanella del negozietto trilla al nostro ingresso e ci
rallegra al punto che sembra quasi di esser tornate ragazzine, tanto che
ridiamo a crepapelle mentre Vic corre al reparto snack per scegliere un po’ di
schifezze e gelato.
Il mio passo è lento, anzi credo di non aver mai camminato
così lentamente in vita mia, mi avvicino al banco e una signora di mezza età mi
sorride.
“Buonasera, posso esserle utile?”
“Si, buonasera…vorrei della panna per il gelato e poi delle
caramelle alla liquirizia…” so benissimo di perdere tempo e fortunatamente
arriva Vic a darmi una mano.
Posa tutto sul bancone ed ora sorride facendo illuminare il
volto con la sua solarità e sicurezza.
“Prendiamo questi e un test di gravidanza!” la dolce signora
sorride e ci passa tutto dentro una busta.
“Ecco il resto e buona fortuna per chiunque sia…” la
guardammo e sorridemmo di ricambio.
** **
Joseph è un buon compagno
di pesca, di certo non ha mai visto pescare così tanto in così poco tempo ed
io… la realtà è che sono distratto, la mia mente è altrove un po’ per i
pensieri e un po’ per la mia mente che non vuole ricordare.
Quanto tempo ancora
deve passare? Quanto ancora devo dover sentire il vuoto dentro di me?
“Ehi…tutto bene?”
“Si, Jos, va tutto
bene…stavo pensando!”
“Beh lo vedevo…”
“Scusami non sono di
compagnia…”
“Ehi non scusarti, la
pesca va fatta in silenzio…”
“Lo so…”
“Senti, io vorrei
andare a controllare alcune cose, ti dispiace se vado e torno?”
“Certo vai pure io sto
ancora un po’ qui e ti raggiungo…”
“Bene…!” non lo guardo
ma so che ha raccolto tutto e so che lo ha fatto in parte per farmi rimanere da
solo con i miei pensieri… certamente pensieri vuoti ma sempre pensieri.
Non so esattamente
quanto tempo passa ma sento dei passi e poi li sento fermarsi dietro di me.
“Hai cambiato idea?”
“Io no Ray e tu?” una
voce maschile mi irrita e mi volto di scatto osservando il biondo davanti a me.
“Che cosa vuole?non le
avevo detto di andarsene?”
“E invece sono ancora
qui…”
“Spero per poco… che
cosa vuole?”
“Vorrei… vorrei poter
parlare con te Ray, posso chiamarti Ray vero?”
“Veloce non gradisco
né la tua presenza né il suono della sua voce…”
“Bene… posso capire che
non ti fidi ma se ti dicessi che ti fidi delle persone sbagliate?”
“Che cosa vuoi dire?”
“Che stai subendo un
torto e che io non posso assistervi così impotente…”
“Vuoi fare il buon
samaritano?”
“No, voglio solo
aprirti gli occhi… e farti capire che ti stanno prendendo in giro…”
“Chi?”
“Quella donna che tu
chiami moglie e i suoi amici…”
“Ti ho detto che non
devi nominare o fare un solo passo falso verso mia moglie…”
“E infatti io sto
mantenendo la parola… lei non è tua moglie!”
“Che cosa stai
dicendo?”
“Ecco… i documenti…!”
afferro quei fogli di carta e quasi li strappo dalle sua mani e leggo ciò che è
scritto…il mondo mi crolla addosso.
** **
Chiuse dentro la mia stanza attendiamo silenziosa buttate
nel letto, sento caldo e un minuto dopo freddo e la cosa mi infastidisce e mi
rende nervosa…qualsiasi sia il risultato io sono comunque una donna orribile,
non sto tenendo conto né dei miei sentimenti e neanche quelli di Ray che crede
in me ciecamente.
“Vuoi?” una caramella gommosa alla frutta a forma di porcellino
mi viene avvicinata alla faccia e io l’afferro esasperata per masticarla con
ardore.
“Ecco brava!” mormora Vic mentre mastica la sua liquirizia e
attende con me. Rimaniamo in silenzio, come in tacito accordo fino a quando non
sento un rumorino e Vic si solleva guardandomi.
“Vai…”
“Eh?”
“Eve è il momento…” mi sollevo e guardo verso il bagno quasi
vedessi spuntare da quello un mostro terrificante.
“Si…” mi alzo e vado verso questo, sul lavandino il test di
gravidanza ma non lo guardo, mi osservo allo specchio e poco dopo abbasso lo
sguardo per leggere la risposta.
Rimango un po’ li, immobile non so dire se sollevata o
spaventata e prendo tra le mani il test e mi volto verso la stanza da letto
dove vedo Vic che mi aspetta… ma lei capisce dal mio sguardo e mi viene
incontro per abbracciarmi.
“Ehi… dai su, ce la faremo…possiamo fare tutto se solo lo
vogliamo!” non mi sono neanche resa conto che le lacrime mi scendono sul viso…
ma contrastante è il sorriso che non riesco a trattenere, aspetto un bambino da
Ray…
** **
Torno verso casa,
frastornato con il foglio nel jeans dietro la schiena e ora noto che Charlie è
li ad attendermi, mio unico vero amico.
Quell’uomo mi ha
dimostrato che la donna che dice di essere mia moglie in realtà non lo è e che
da quando sono stato ricoverato ha preso possesso di tutte le mie cose e le
gestisce senza dare respiro a chi come il Signor Woods mi vuole aiutare.
Salgo le scale e entro
in casa lasciando che Charlie entri con me, poso tutto all’ingresso ed ora vedo
che tutti e tre sono nel salotto a ridere fra loro e lei… è così bella e solare
anche se ha lo sguardo stanco, come se avesse pianto.
“Ehi Ray… eccoti
qui…!” la vedo irrigidirsi e osservarmi dritto negli occhi e dentro di me c’è
solo una delusione immensa.
“Vuoi da bere?”
“No, vorrei parlare
con mia moglie…!”
“Si, certo anche lei!”
Vic sta sorridendo come un ebete mentre si tira dietro suo marito che ridacchia
facendo spallucce verso la mia direzione. Una volta soli mi siedo davanti a lei
sul tavoli nodi fronte.
“Che cosa vuoi
dirmi?”domando scrutandola negli occhi mentre vorrei tanto che dicesse la
verità.
“No, comincia tu…!”
“Eve, che cosa ti ha
portato qui in Irlanda?” la vedo che boccheggia stranita ma fa spallucce.
“Beh, dopo che ci
siamo sposati abbiamo deciso di venire qui…”
“E tu hai fatto tutto
questo per rimanere con me?”
“Certo…”
“Hai fatto sacrifici…”
“Si, è vero ma ne
valeva la pena!” sorride e dentro di me cade un macigno.
“Io… non so come… tu
possa aver fatto una cosa simile…”
“Beh, è semplice
potevo lasciare mio marito da solo?”
“Eve…smettila!”rimane
un momento frastornata ed ora mi fissa in volto come se fossi un estraneo.
“Che…”
“Zitta, hai già detto
abbastanza…!” mi sollevo disgustato ed ora lascio cadere sulle sue gambe i
fogli che Woods mi aveva consegnato e vedo nel suo volto un espressione di
shock e di spavento.
“Che cosa mi
dici?Eh?Mi pare chiaro questo documento…!”
“Ray… io…”
“Tu cosa?che cosa
Eve?volevi aiutarmi? O prenderti tutto?”
“Che cosa stai dicendo
non capisci… c’è una spiegazione per questo…”
“Ah si? C’è? Non
credevo ci fosse visto che hai finto di essere mia moglie e mi hai fatto
credere questo fino ad ora…”
“Ray…c’è un motivo…”
“No, non c’è… mi hai
mentito…!”
“Ray ma…”
“Non voglio vederti
mai più… va via da casa mia!” amareggiato scuoto la testa e vado ad afferrare
le chiavi della mia macchina, guidare mi ha sempre fatto bene e adesso ne ho
bisogno.
Credo di avere guidato
fino a notte fonda, senza una meta ma solo guidando come se non avessi dimora,
risetto, felicità… non ho nulla.
Quando sono tornato a
casa, ho trovato la casa vuota, Vic e Jos se ne sono andati e con loro Evelyn.
In cucina poche righe scritte di fretta e sbiadite da una macchia umida.
Corpi fragili da proteggere. Da guardare negli occhi per capire il
senso della Vita!... Anonimo
“Non voglio
vederti mai più… va via da casa mia!”
Le parole che Ray
mi ha gridato rimbombavano dentro la mia testa mentre l’aereo decollava da
Dublino, rimbombavano la sera del nostro ritorno mentre ero a letto, rimbombano
mentre lavoro, rimbombano mentre sto in aula con i ragazzi tanto da rimanere
completamente assorta a guardare il vuoto mentre gli studenti sono in attesa.
Ho ripreso a lavorare al mio studio al’università ma non riesco a scrivere più
un solo rigo. Ho lasciato l’Irlanda, lui non voleva spiegazioni, non voleva
niente da me se non che me ne andassi ed io l’ho fatto, con la morte nel cuore
ho preso le mie cose e me ne sono andata via, ma porto via l’unica cosa che
l’Irlanda mi ha regalato e che Ray non sa neanche di avermi dato. Ma d’altronde
come dirglielo? Non ha voluto sentire ragioni e non mi ha dato modo di
spiegarmi.
Sulla scrivania c’è
il calendario, è il 15 e sono passati esattamente quattro mesi dall’ultima
volta che ho avuto notizie, non ho neanche provato a cercarlo anche se ogni sera
ci penso.
Al mio ritorno
dall’Irlanda sono andata da un medico, da un ginecologo per l’esattezza e ho
fatto i dovuti controlli, porto davvero dentro di me il figlio di Ray ed ora
sono 16 settimane che vive dentro di me e si nutre di me.
Dopo il terzo mese
il mio corpo ha cominciato a reagire alla presenza del piccolo essere che
cresce dentro di ma tanto che ora è visibile anche a tutti quelli che incontro,
sul frigorifero di Vic troneggiano due foto delle mia ultime ecografie e lei ne
va fiera quasi come se fosse lei incinta.
Non riesco a
dimenticare questa storia e di fatto Vic e Joseph mi stanno vicino come non
mai, mi sono pure trasferita a casa loro nella stanza degli ospiti pur di non
stare da sola, ma è difficile ogni giorno che passa, è come doversi costringere
un’esistenza che in realtà non è la propria.
L’unica cosa che
faccio per sentirmi meglio è comprare i suoi libri e leggerli perché ogni
parola mi fa sentire più vicina a lui, perché immagino la sua voce e il suo
calore.
Sento dei passi ed
anche la porta che si apre e dal passo felpato so bene che si tratta di Joseph
e mi metto seduta sul divano per accoglierlo.
“Ehi…bentornato!”
“Eve…come va?”
“Sto bene… ogni
tanto nausea ma capita!”
“Già...c’è Vic in
casa?”
“No…non è ancora
tornata!”
“Ah bene… ti secca
se mi siedo un po’ a parlare con te?”
“No, certo che no!”
“Dimmi la verità,
come stai?”
“Male…molto
male…non per il bambino, solo perché mi sento un’impostora, una donna senza
scrupoli e perché non c’è lui qui….”
“Sai, io ho saputo
che sta uscendo il suo nuovo libro?”
“Veramente?”
“Si verrà pubblicizzato
in tutte le librerie !”
“Beh, sono contenta
che ha ricominciato a scrivere…significa che sta bene!”
“Si…” elude il mio
sguardo, qualcosa non va.
“Jos, che c’è?”
“Eve, tu sai che ti
voglio benema stai sbagliando…tu devi
dirglielo!”
“Non è così facile
Jos, mi ha esplicitamente chiesto di uscire dalla sua vita e sapere di avere un
figlio significherebbe ritenersi legato all’unica donna che lo ha ferito!”
“Si ma…”
“Nessun ma…non
voglio costringerlo!”
“Eve… non sarebbe
costretto…”
“Io credo che si
sentirebbe così!” rispondo alzandomi e baciandolo sulla guancia come ogni sera
prima di andare a letto.
“E’ mio figlio…e me
ne occuperò io!” mi volto sicura di sentire il suo sguardo addosso e mi dirigo
in camera mia.
** **
“Ray, che splendido romanzo pieno di avventura, di
suspense, di calore…devo complimentarmi! ho in serbo per te una serie di
conferenze e di incontri con alcune librerie e pub letterari…” Jeff, il mio
editore non fa che adularmi, mandarmi inviti e complimenti dai grandi editori
di tutto il mondo. Dovrebbe farmi piacere, dovrebbe rendermi orgoglioso ma non
è così, mi sento snervato e così inutile.
“Dovresti
tagliarti la barba ed i capelli sai?capisco che vieni da mesi di natura
selvaggia ma…”
“Jeff…piantala!”
“Non so cosa sia più irritante se il fatto che non hai
recuperato la memoria o che sei diventato orso e musone!”
“Jeff… ti ho detto di non fare parola del mio incidente
con nessuno…”
“Si lo so… però non credi che sia più logico…”
“Te l’ho detto mille volte, non voglio che sfrutti il mio
incidente per incrementarle vendite!”
“Ma…”
“Jeff… non costringermi a cambiare casa editrice…”
“Come vuoi Ray, ma perdiamo molti soldi sai?ma che cosa
t’è successo? Si può sapere?”
“Lasciami perdere…!” mi alzai di scatto per andare via da
quell’ufficio asfissiante ma Jeff mi ferma ancora una volta.
“Sappi che presto cominceremo la promozione del libro, si
comincia con Dublino, Londra, Boston e New York…”mi fermo e lo guardo per un
momenti senza capire.
“Come?”
“Sei pure sordo ora?” NewYork… Eve è a NewYork… e anche
Vic e Joseph sono di NewYork… che sia destino? No, non posso andare a New York
e fare di me un bamboccio…perché so che lo farei perché metterei a soqquadro
l’intera città per trovarla e per vedere ancora una volta lei.
“Ma non possiamo cambiare località?”
“No, Ray… non si può… siamo già sotto contratto!”
“Tranquillo Jeff, non ci sono problemi!” affermo
prendendo le mie cose per lasciare la stanza.
Uscendo dall’edificio mi immetto nella strada principale
con mille pensieri per la testa, la vista di Dublino non mi fa nessun effetto
se non avere voglia di fuggire e di andare via dall’Irlanda perché ogni cosa mi
ricorda lei.
Cammino e cerco disperatamente le chiavi della macchina e
mentre cerco di aprire la macchina sento vibrare nella mia tasca il telefonino
e senza guardare chi sia rispondo.
“Pronto?”
“Ehi… ciao!”
“…”
“Lo so che non vorresti sentirmi…ma per
favore…ascoltami!”
“Ti ascolto…”
“Non è vero ciò che ti è stato riferito… dovresti venire
qui!”
“Non credo sia una buona idea…”
“Invece dovresti…”
“Al momento non è possibile…”
“Ray..hai tutte le ragioni per essere…”
“Sono arrabbiato come non mai”
“Lo so…ma…”
“Non lo so Jos…vedremo… tra sei settimane sono a
NewYork…”
“Bene… potresti…!”
“Non credo…Ciao!”
“Ciao Ray… a presto!”
** **
Le strade di
NewYork sono una dimostrazione pura e vera del caos, mille persone al giorno e
mille teste che vivono insieme a mille anime che percorrono tutte lo stesso
marciapiede. Io invece sono estranea a tutto questo, non mi piace la confusione
soprattutto ora che il mio ventre sta già cominciando a gonfiare a dismisura.
Cammino lentamente verso il Central Park e non posso fare a meno di sedermi su
una delle panchine visto che la schiena mi fa male da morire e i piedi pulsano
come due zampogne.
Mi guardo attorno e
sembra quasi fatto apposta ma ultimamente vedo solo famiglie con passeggini e
donne incinte sorridenti con accanto il padre dei loro figli, bambini che
corrono chiamando a voce il loro papà, donne intente a ricever coccole dai
compagni inteneriti dal loro stato.
Stizzita, perché
sono stizzita da tutto questo, mi alzo dalla panchina e nel farlo il mio
sguardo si posa su un uomo di spalle con indosso una camicia a quadri.
Credo che la
sensazione successiva fu di panico, sembrava tanto Ray, con le spalle larghe ed
i capelli corti sul collo abbronzato. Sento le gambe cedere ma cerco di
resistere rimanendo in piedi e ordinando al mio cervello di camminare e in un
certo senso credo di esser convincente perché mi muovo anche se tremo
vistosamente, ma gli occhi non smettono di fissare l’uomo di spalle che sta
davanti a me.
Ad un tratto questo
si volta e il cuore mi si ferma, non è lui… non è Ray…sono sollevata? Non lo
so… sono spaventata? Si, ho terrore che lui scopra cosa nascondo e in quel caso
non avrebbe torto.
Mi volto e corro
praticamente verso l’autobus che passa di li, non mi volto indietro mentre
schiacciata fra più persone mi trovo a dovermi tenere con una mano.
“Signorina si sente
bene?” mi chiede una signora anziana ed io annuisco ma in realtà mi sento
vuota.
Scendo subito alla
terza fermata e corro verso l’edificio universitario come se fossi inseguita
dalla mia stessa ombra.
“Buongiorno
Signorina Low!”
“Prof. Low…”
“Salve Evelyn!” per
una volta i saluti degli studenti e dei miei colleghi non risultano essere
graditi e corro subito verso la sessione di lingue della facoltà, esisto solo
io a questo mondo adesso.
“Vic!” apro la
porta e non mi rendo conto del fatto che sia in aula a fare lezione fino a
quando non vedo i ragazzi fissarmi straniti e a bocca aperta.
“Scusatemi…” dice
lei mentre mi spinge verso fuori con aria corrucciata.
“Vic…”
“Eve che cosa
succede?”
“Vic, credevo di
averlo visto al Central Park, non era lui ma…”
“Calma, calma che
cosa stai cercando di dirmi?”
“Ero al Central
Park… e stavo riposando…e ho visto un uomo che sembrava…”
“Ray…”
“Si…”
“Ma non era lui…”
“Si…”
“E tu che hai
pensato?”
“Ero terrorizzata…
o meglio in parte… vorrei vederlo ma lui mi odia e mi odia di più se vede
questa…” dico indicando la pancia che sporge.
“No, Eve…non ti
odierebbe…”
“Si, lo farebbe….
Ho avuto tanta paura e mi sono sentita così sola..!”
“Ma no che cosa
dici non sei sola…c’è tuo figlio!”
“Ma io…” mi blocco
un momento e mi asciugo gli occhi dalle lacrime e abbasso la testa a guardare
il mio ventre.
“Evelyn stai bene?”
“Si… è che… s’è
mosso…o almeno credo ho sentito….muoversi qualcosa…” dentro di me mio figlio mi
ha appena dato la prova della sua esistenza e capisco, capisco che non sono
sola che dentro di me c’è una vita, un bambino il mio bambino.
Alzo lo sguardo e
vedo Vic in preda alle lacrime e io non riesco a non imitarla così ci
ritroviamo tutte e due nel corridoio spoglio di un università a ridere e
piangere come due matte, forse si matte ma che si vogliono bene…
Ti ritrovo
in uno sguardo senza tempo
inaspettato
come uno schiaffo dopo un grazie
o una carezza dopo un'ingiuria. (Anonimo)
Sono appena entrata
all’ultima settimana del sesto mese, mi guardo allo specchio e tutto ciò che
vedo è la mia immagine riflessa in modo bizzarro…come se fossi al lunapark
dentro la sala degli specchi. La mia pancia cresce a vista d’occhio e ogni
giorno che passa sembra acquisire la propria indipendenza, tanto che a volte mi
sento come l’appartamento vuoto preso in affitto tutto ad un tratto.
“Ehi Eve…che stai
facendo?” sento la voce di Jos e la prima cosa che faccio è coprire la pancia e
diventare rossa sulle guance.
“Niente, guardavo
quanto cresce…”
“Cresce tanto…”
“Eh si…”
“Posso?” mi indica
ed io sorrido avvicinandomi per poter prendere la sua grande mano e poggiarla
sul mio ventre. Lo vedo sorridere e non posso fare a meno di farlo anche io con
la sua stessa intensità.
“E’ grosso…”
“E’ normale Jos!”
“E…spetta ma ho
sentito bene? S’è mosso?”
“Si…ogni tanto lo
fa…credo che sogni…qualcosa…!”
“Che bella
sensazione…” lo osservo per un po’ e noto che è vestito in modo impeccabile ed
elegante.
“Ehi, ma dove stai
andando?”
“Beh a lavoro no?
C’è una riunione importante!”
“Ah allora buona
giornata!” gli sorrido, Joseph è come un fratello per me e in questi mesi mi ha
aiutato molto.
“Buona giornata
anche a te…ma scusa esci un po’…vai in giro a passeggiare, per i negozi…in
libreria..” come non volere bene a quest’uomo?sa cosa mi fa stare bene e cosa
no ed ora mi incoraggia.
“Vedrò che cosa
posso fare…sempre se non mi vengono i dolori…”
“Bene.. a dopo!”
mormora baciandomi la fronte prima di sparire fuori dalla mia vista,
lasciandoci soli.
Durante la
mattinata, sono rimasta immobile nella mia sedia a dondolo vicino alla finestra
a guardare la gente vivere mentre io mi ritrovo chiusa in casa. Il movimento
della sedia fa stare più tranquillo il bambino che non si muove e mi lascia a
riflettere su ciò che mi frulla per la testa.
“Che dici? Andiamo
in giro?” domando e senza attendere risposta, che non sarebbe comunque
arrivata, mi alzo e vado verso il bagno per truccarmi un po’, poi mi dirigo
all’ingresso, prendo la giacca a vento e le chiavi e finalmente decido di
andare in giro per NewYork con la compagnia e la complicità del mio bambino o
bambina che sia.
La città è in
fermento, è quasi mezzogiorno e sicuramente la gente esce dagli uffici per
perdersi nei ristoranti o davanti alle file dei carretti degli Hotdog, il cielo
è azzurro e la cosa mi mette allegria tanto che passando accanto ad un negozio
che conosco bene, decido di entrare dentro per vedere qualcosa per il bambino e
per me.
RyeTown è un
negozio grandissimo, con circa venti negozi diversi che riempiono tutto
l’edificio dall’abbigliamento, alla pasticceria ai libri la mia passione.
Entrando la prima
cosa che faccio è salire al piano superiore dove so di trovare il reparto
premaman, li qualche giorno prima con Vic avevamo visto un completino niente
male per il bambino, una specie di tutina dai colori neutri e un passeggino
multifunzionale che mi aveva colpito per la praticità.
La commessa si
ricorda e non è difficile lasciare il recapito per il passeggino e afferrare la
busta che contiene il mio vestitino, mi sento meglio perché ho fatto qualcosa
di diverso e qualcosa per il mio bambino.
Cammino fra la
folla, guardandomi intorno e poco dopo compro una ciambella calda da mangiare
mentre cammino in piena contemplazione della gente che mi sta attorno che mi
rendo conto sorride vedendomi camminare col pancione e la ciambella in mano...
alle volte la gente pensa che una donna incinta stia meglio con del cibo fra le
mani che con un sorriso.
Mentre cammino
scorgo la vetrina della libreria e la prima cosa che faccio è entrare e subito
l’odore dei libri mi investe, mi piace tantissimo tanto quanto lo sfogliare e
leggere i libri.
Cammino fra gli
scaffali guardandomi attorno. Afferro alcuni libri, li sfoglio e ne leggo le
copertine assorta e felice.
** **
NewYork è grande, è immensa ma non mi interessa quello
che può offrirmi, non adesso che ogni volta che mi giro penso di poterla
incontrare e poterla vedere ancora una volta.
Scuoto la testa ed afferro uno dei libri sugli scaffali e
comincio a sfogliarlo in attesa che Jeff possa sbrigarsi a chiamarmi così da
fare questa benedetta conferenza così posso tornare a casa.
Alzo lo sguardo svogliato e per un momento penso di avere
le allucinazioni, lei è qui… Evelyn sta due scaffali più sotto e guarda un
libro sulla maternità con un attenzione meticolosa tanto da non rendersi conto
che io sono qui.
Qualcosa mi stona in quell’immagine ma non so che cosa
sia fino a quando non osservo meglio il maglione aderire alle sue forme, ciò
che vedo non può che essere realtà…è incinta!
Rimango di sasso e non capisco nulla se non la confusione
che sto provando nel vederla e nel vederla così triste in volto da sentirmi
improvvisamente l’unico responsabile.
Mi sento afferrare al braccio e mi volto trovandomi
davanti Joseph, rimango li a fissarlo per un po’ come impietrito.
“Capisci perché ti dicevo di dover venire a NewYork?” mi
domanda ma ancora non riesco a parlar, lo osservo desideroso di sapere che cosa
sta succedendo.
“Che cosa vuoi dire?”
“Non lo hai capito?”
“Che cosa?” mi guarda ma sorride in modo triste, come se
non volesse fare questa parte ma è costretto per forza di causa.
“Evelyn…aspetta un figlio da te…”rimango fermo a fissarlo
per un bel po’ prima di capire le sue parole.
“No, non può essere…”
“Si certo che può…non ha avuto storie prima e dopo di te…
è tuo, ne siamo sicuri i calcoli tornano!” abbasso lo sguardo intontito da una
simile notizia…lei aspetta un figlio da me.
“Perché non…”
“Perché ha paura…ha sofferto tanto, moltissimo!” aggiunge
e la cosa non mi fa stare meglio.
“Joss…”
“No, ti prego ascoltami… lo so che non ricordi ma…lei ti
è stata accanto, nel momento del bisogno e Worren è uno stronzo di prima
categoria… vuole prendere le terre che appartenevano a tuo nonno e Eve ha fatto
di tutto per poter proteggerti anche se in certe condizioni. Ha mentito è vero,
ma non è stato fatto per male…ha voluto solo aiutare te…!”
Mi sento come una vittima di una valanga immensa caduta
sulla mia testa ma ora non devo cedere, non posso cedere per nessun motivo.
“Io devo vederla e parlarle…” Joss sorride e mi da un
biglietto con su scritto un indirizzo.
“Io e Vic staremo fuori per pranzo…solo non farla
innervosire…non è nelle condizioni!” mi da una pacca sulla spalla e si
allontana lasciandomi sconvolto e privo di ogni sicurezza.
Un bambino…
** **
Possibile che è
quasi ora di pranzo ma di Vic e Joss non ho ancora notizie? Mi aggiro per casa
cercando il cellulare per poter chiamare uno dei due ma la realtà dei fatti è
che non arrivo a comporre il numero perché sento suonare alla porta e mi
precipito borbottando fra me e me frasi divertita.
“Non ci posso
credere che lasciate me, in queste condizioni ad aspettare voi per pranzare???”
apro la porta e la sensazione che provo è bruttissima. Sento come una forte
pressione nelle orecchie e alla pancia tanto che istintivamente porto la mano
al ventre come a sorreggere mio figlio.
Davanti a me in
tutta la sua interezza c’è Ray con uno sguardo strano e con gli occhi puntati
su di me come se volesse fare una radiografia del mio corpo.
“Che cosa…” non
riesco a terminare la frase e non riesco neanche a muovermi o a dire altro, lo
fisso.
“Ciao, posso?”
entra nella casa e improvvisamente mi sembra piccola e piena della sua
presenza.
“Joseph e Victoria
non torneranno a casa per pranzo!” mi informa mentre si guarda attorno, io
chiudo la porta e il suo sguardo torna su di me.
“A quando il grande
giorno?”
“Fra…nove
settimane…”rispondo rimanendo ferma nella mia posizione.
“Sta bene?”
annuisco e mi avvicino al divano per poggiarmi sullo schienale, più che altro
per tenermi diritta.
“Ray…”
“Per favore Eve…
non dire nulla…”
“Ma io…” si
spazienta e un gesto esasperato viene fatto con la mano come a volermi dire di
star zitta e di non dire altro.
“Evelyn, per favore
non dire nulla è difficile già così…” si passa una mano sul volto ed ora
domanda a bassa voce.
“E’ mio?” sento un
tuffo al cuore e mi vengono le lacrime agli occhi, vorrei fosse una situazione
diversa, dove padre e madre potessero gioire dell’arrivo di un nuovo bambino ma
non è questo il momento.
“Si!”
“Perché non…”
non so che cosa dire e mi si ferma il fiato. alzo lo sguardo verso Ray che mi guarda perplesso, svolto
l’angolo e mi siedo sul divano.
“Perché Eve… non me
lo hai detto?”
“Tu…”
“Io cosa? È mio
figlio…devo saperlo non ti pare?!”
“Ma Ray, tu mi hai
detto di sparire dalla tua vita…che cosa dovevo fare?tornaredirti…ah guarda che l’impostora è incinta di
te…”
“Tu non hai diritto
di decidere per me…”
“E tu non puoi
dirmi cosa devo e non devo fare….”
“Si che posso…tu
ora torni in Irlanda con me e insieme provvediamo al bambino…”
“E se io dicessi di
no?”
“Non puoi… mi hai
tolto già sei mesi, non puoi togliermi il resto!” ha ragione, perfettamente
ragione ma come posso dargli un altro peso del genere?
“Non voglio essere
un peso…”
“Non lo sei…”
“Va bene verrò con
te…” mormoro mentre lui sembra così arrabbiato.
La
felicità della vita è fatta di frazioni
infinitesimali: i piccole elemosine, presto dimenticate, di un bacio, di un sorriso, di uno
sguardo
gentile, di un complimento fatto col cuore.
Samuel
Taylor Coleridge
Seduta sotto il
gazebo della tenuta di Ray, sfoglio le pagine del libro che ho preso a leggere
senza una reale attenzione, lui è seduto poco distante e sta scrivendo delle
cose al pc senza deconcentrarsi e senza alzare lo sguardo, ma la verità è che
io nonmi concentro a leggere perché
ancora nella mia testa si affollano le immagini degli ultimi giorni.
Quando due giorni
fa Vic e Jos sono tornati a casa, ci trovarono ancora seduti sul divano in
silenzio e con un aria afflitta, Ray si è alzato e ha parlato a tutti esponendo
al sua idea e la mia decisione.
Vic ne fu molto
contenta, anzi direi soddisfatta per l’esattezza della decisione di tornare in
Irlanda con lui, tanto che dopo averlo abbracciato si precipitò ad aiutarmi a
fare la valigia.
In aereo rimasi silenziosa,
non riuscivo ad associare il fatto che stessi partendo con Ray dopo mesi di
solitudine e paura di andare avanti da sola.
Ray invece aveva
una faccia come poco convinta, come se stesse cercando di assimilare la notizia
e la responsabilità che intendeva prendersi, ma poco dopo mi parlò.
“Hai bisogno di
qualcosa?”
“No grazie sto
bene!” poi rimase in silenzio, come se stesse pensando a qualcosa.
“Quando l’hai
capito?” mi domandò spiazzandomi per qualche minuto.
“Non ci avevo fatto
attenzione… fino a quando Vic non mi ha messo in testa la pulce…”
“Vic… era con te?”
“Si, quando abbiamo
fatto il test si eravamo a casa tua… quando seti tornato quella sera, eravamo
li che aspettavamo te per dirtelo ma… non c’è stata occasione!”
“Mi dispiace…io
sono confuso…”
“Non è un problema…
è naturale…” improvvisamente mi parve stanco, come se non avesse dormito.
“Vic è sempre stata
con te?”
“Si, lei e Jos…”
“Mi… da fastidio
pensare che non ero li…”
“Ray…”
“No, fammi parlare…Sono
arrabbiato con me stesso perché ho sempre creduto che il giorno in cui avrei
appreso di diventare padre sarebbe stato il giorno più bello della mia vita…la
felicità, la notizia che arriva inaspettata, l’attesa dal dottore, il fiato
sospeso…” si voltò a guardarmi e vedere quegli occhi verdi così malinconici mi
fece male.
“Mi dispiace Ray…”
“Tranquilla… da
questo momento mi prenderò cura di voi due fino alla sua nascita e non gli
faremo mancare mai niente…” mi sorrise ma io pensai subito a quella cosa
chiamata senso del dovere.
Ritornata alla realtà
ora mi ritrovo a guardarlo scrivere e capisco quanto deve essere difficile per
lui avere un vuoto di memoria e scoprire tutte le cose più assurde in un solo
colpo. Capisco che lui si senta escluso dall’arrivo del nostro bambino e
capisco quanto possa essere triste per lui non esserne parte.
“Quando sono
tornata a NewYork, ho fatto subito una visita medica…” Ray alza la testa di
scatto e ora punta su di me gli occhi verdi che tanto amo e che tanto mi
piacciono.
“Ancora non si
vedeva nulla, ma dalle analisi era palese che lui ci fosse e che era presente…
è stato strano perché non mi sentivo diversa…” sospiro e ricambio il suo
sguardo, lui si alza e si viene a sedere accanto a me.
“Il primo mese è
passato in fretta, ho fatto la mia prima ecografia alla 7° settimana…” apro il
libro dove avevo sistemato le ecografie e esco la prima foto.
“Ecco vedi? Vedi
questo puntino nero? È il cuore e qui c’è il bambino…è ancora piccolo qui…” si
avvicina evidentemente emozionato e prende tra le mani la foto…trema nel farlo.
“Lo vedo…”
“Ho cominciato a
stare male al secondo mese, la nausea mi prende al mattino ma per me è sempre
stato un suo modo di manifestarsi…” rimase ad osservarmi.
“Ecco questa l’ho
fatta al 5° mese…vedi che adesso si vede? Ecco la testa tonda, le braccia, le
gambe…e la bocca…” sento Ray trattenere il fiato e automaticamente lo faccio
anche io.
“Si…”
“Dovresti sentire
che battito forte e veloce…” alza lo sguardo su di me e mi guarda commosso ma
felice.
“E’ bellissimo
Eve…” mormora prima di poggiare la testa sulla mia pancia e lasciarsi andare in
un abbraccio. Mi basta poco per capire che sta piangendo e subito lo abbraccio
forte a me.
“Ray…”
“Vorrei tanto che
quello che credevo che fossimo fosse vero…che non ci sia questo immenso buco
dentro la mia testa e che finalmente potessimo vivere questa cosa come la
normalità che dovrebbe essere…”
“Ray… non abbiamo
finto del tutto…tu mi hai detto di amarmi e di volermi con te…così come io ti
amo e ti voglio con me…” alza lo sguardo su di me come incredulo.
“Tu mi vorresti
ancora?”
“Certo…sei…l’uomo
più incredibile che io conosca…mi hai fatto capire quanto in realtà io sia…
sempre stata soggetta solo alla mia vita lavorativa… tu mi hai insegnato a
voler bene e a voler questo… una famiglia….”
“Eve…io ho sempre
sentito affetto per te e io ti credo quando dici che ci amiamo…e ora con il
bambino in arrivo…mi hai reso felice da morire e… mi dispiace di essermi
comportato da stolto e di aver lasciato che l’orgoglio parlasse per me per
tutti questi mesi…”
“Forse in realtà
questo periodo c’è servito per capire realmente che cosa vogliamo e cosa
siamo…”
“Si..hai ragione…”
mi sorrise mostrandomi non solo i suoi bei lineamenti ma anche due deliziose
fossette che mi fecero stringere il cuore.
“Sposami…” per un
momento ho pensato che stesse scherzando poi vedendo la sua faccia a pochi
centimetri dalla mia e il suo ardore nel parlare ho capito che non era così…
“Eve…sposami…eravamo
felici quando facevamo finta…pensa quanto possiamo esserlo se ci sposiamo
ora…io voglio che tu e il bimbo diventiate parte della mia vita…”
“Ray… non devi fare
questo…io non voglio che tu ti senta in obbligo verso di me e verso …”
“Evelyn…io lo
voglio…mi sei mancata terribilmente in questi mesi, io ho sentito la tua
mancanza e credo di aver ricordato come doveva essere stare senza di te per poi
averti ritrovata…tu eri qui… con me…ricordo quanto ti vidi la prima mattina…”
“Ricordi?”
“Si, ho dei momenti
di lucidità ogni tanto…. Io lo voglio… voglio potermi svegliare e trovarti giù
come quella volta…”
“Ray…ne sei sicuro?
Insomma tu non puoi…è la verità?”
“Certo…pensi che
sia solo un chiacchierone?”
“Non so che dire
Ray…” abbasso lo sguardo sulle mani in grembo ma subito Ray mi alza il viso per
guardarmi e poi pian piano baciarmi delicatamente.
Dopo mesi e mesi che
ho immaginato e vissuto nella mie testa il tocco delle sue labbra e delle sue
mani, adesso che finalmente lo sento mi sembra di tornare a respirare.
Il suo bacio è
leggero, un sospiro, un gemito sfugge dalle sue labbra mentre mi stringe a se
fino a farmi male e poi ecco che cambia tono e capisco che anche lui ha bisogno
quanto me di poter stare insieme.
Ricambio il bacio e
non posso fare a meno di sorridere mentre lo stringo e lo sento accanto a me,
Ray mi guarda e sollevandosi mi prende per mano e mi porta con lui.
“Ma dove andiamo?”
“Vieni…non
discutere!”
“Non discuto…sono
solo curiosa…”
“Aspetta e vedrai…”
scuoto la testa e osservo il suo profilo mentre camminiamo verso il prato verde
poco distante.
Ray ha portato una
coperta e ora la stende prima di prendermi per mano ed aiutarmi a stendermi a
mia volta, un po’ impedita e un po’ divertita.
“Che facciamo qui?”
“Guardiamo il cielo
e pensiamo…!”
“Ah e a che cosa?”
“Come a che cosa?
Al matrimonio e al nome per nostro figlio…”
“Uhm…” si stende
accanto a me e si solleva su un gomito a guardarmi con gli occhi verdi pieni di
felicità.
“Allora… mi
piacerebbe sposarti qui.. in questo prato…sotto la quercia…che ne dici?”
“Qui?”
“Si, proprio qui…
conosco un buon pastore, metteremo un bel gazebo bianco e chiameremo Vic e
Jos…”
“E’ una bella
idea…”
“Si… faremo una
cerimonia molto intima, solo noi e i testimoni e poi dopo daremo una festa dove
invitiamo i nostri amici e conoscenti che dici?”
“Si..sarebbe
bellissimo…”
“No… sei tu
bellissima… nostro figlio ti ha fatto diventare più bella sai?”
“Grazie…”
“Maschio eh…potremmo
chiamarlo Declan…”
“Declan?”
“Si… era il nome di
mio padre…
“Declan, James…”
Ray mi sorride e automaticamente gli accarezzo il volto seguendo un impulso
“Si…mi piace…”
sussurra abbassandosi fino ad arrivare alla mia pancia dove poggia una mano e
sussurra…
“Declan…sono
papà…cerca di non fare disperare la mamma…” scoppio a ridere, sono felice…
felicissima come non mai.
** **
La sera stessa tornando a casa la prima cosa che fa Eve è
stata quella dichiamare Vic e Jos per
raccontare loro tutto ciò che è success, la sento ridere e la vedo seduta sul
divano impegnata a raccontare e a accarezzare con la mano la pancia.
Declan… mio figlio sta crescendo li e io mi sento pieno
di vita…
Un flash mi sovviene mentre osservo quella scena, una
jeep e un uomo biondo… l’uomo che si fa chiamare Worren ma che io chiamerei
volentieri bastardo.
Mi parla e mi sta minacciando, mi sta chiedendo una firma
e mi sventola davanti alla faccia un foglio da firmare… ricordo di Eve e della
sua venuta qui e del fatto che sono partito lasciandola da sola…ero andato
dall’avvocato a Londra, ho stilato un accordo… c’è un foglio da qualche parte
con delle istruzioni.
Passo una mano sul viso ed ora sento che Eve sta in
silenzio, mi osserva come preoccupata e mi si avvicina piano.
“Va tutto bene?”
“Si, certo…a meraviglia!” ho ricordato… che cosa devo
fare.
Chi non conosce il male non ne sospetta alcuno Ben Jonson
Da qualche giorno il cielo sembra più blu e la natura
si manifesta in tutta la sua bellezza, con i suoi colori, i suoi animali e la
sua immensa saggezza.
Davanti alla finestra, sul davanzale c'è un pettirosso
che sta beccando le briciole di pane che ho messo li per l'occasione e Charlie
curioso se ne sta in disparte a guardarlo mentre becca allegramente.
“Ehi, tutto bene?” una voce mi desta dal mio pensiero e
subito mi volto verso Ray sorridendogli e prendendo una mano tra le mie.
“Si, sto benissimo, stavo guardando il pettirosso...”
“C'è un pettirosso?” domanda allungando il collo con
curiosità.
“Si... o meglio c'era Charlie lo ha fatto volare...”
“Curiosone...” risponde lui ridendo e mangiando
l'ultimo pezzetto di torta alle mele.
“Ascolta, io devo andare dall'avvocato, mi sono
ricordato che devo fare una cosa assolutamente...tu stai qui?”
“Eh...in realtà volevo andare a fare qualche compera in
città...mi servono dei vestiti nuovi, questi non mi stanno più bene!”
“Facciamo così... vieni con me, ti lascio al negozio e
poi vengo a prenderti poco dopo che dici?”
“Va bene...ci sto!”
“Perfetto!” mi alzo lentamente sentendo il solito
dolore alla schiena e alle gambe e mi tengo al tavolo mentre riacquisto la
posizione eretta trionfante.
“Comincia a diventare pesante eh?”
“Zitto tu... sono io che lo porto!” ribatto scherzando
“Non ho bisogno della tua compassione!”
“Ma io non voglio darti quella...” risponde alzandosi e
prendendomi il viso tra le mani con un movimento lento e delicato così come il
bacio che mi lascia sulle labbra.
“Andiamo va...!”
“Si!” rispondo prendendo la borsa e gli occhiali da
sole, felice che finalmente qualcosa gira nel verso giusto in questa vita così
strana e piena di avvenimenti stravolgenti.
***
...And you
feel like no-one before
You steal right under my door
And I kneel ‘cos I want you some more
I want the lot of what you got
And I want nothing that you’re not...
Ray guida la macchina canticchiando con un gran sorriso
la canzone del gruppo più amato in Irlanda, gli U2 e per l'esattezza sta
cantando una canzone molto bella che il cantante ha scritto per la figlia,
Original of the Species, dove le parla con l'amore di un padre e l'amore di un
uomo che sta vedendo crescere in fretta la sua bambina.
“Ehi... credo che la canterò alla bambina!” dice d'un
tratto voltandosi sorridente e portando una mano sul mio pancione.
“Ma chi ti dice che sia femmina?”
“Chiamiamolo pure sesto senso maschile!”
“Ah... beh credo che invece sia maschietto...”
“E come fai a dirlo?”
“Sesto senso femminile!” Ray scoppia a ridere di botto
stringendomi la mano fino a farmi male, incredibile come quest'uomo possa
diventare bello quando è rilassato e felice come adesso.
Si ferma poco dopo presso il negozio e scende ad aprire la portiera della
macchina canticchiando ancora quella canzone.
“Divertiti e compra tante cose belle...”
“Va bene...”
“Ci vediamo fra un ora...”
“Va bene...”
“Ti sei incantata?”
“Va bene...” non posso fare a meno di sorridere e
lasciare sulla sua guancia un bacio mentre lo lascio per entrare dentro il
negozio.
E' incredibile la quantità di cose che servono per un
bambino solo, sono tantissime e coloratissime etroppe da tenere a mente. La commessa non fa altro che mettere sul banco
una serie di prodotti che non pensavo manco esistessero
“Ecco la macchinetta per fare l'omogeneizzato in casa,
la macchinetta per sterilizzare i ciucci, la macchinetta per tirare il latte
dal seno e mantenerlo fresco per il bambino, la macchinetta per pulire e
igienizzare i biberon, la macchinetta per lavare i bavaglini e renderli
asettici...” la signorina continua a dire mille cose ma io mi sono già persa
alla prima macchinetta.
“Credo che sia il caso di tornare con mio marito...”
dico stonata mentre mi allontano a gambe levate da quella specie di Shuttle
umano.
Riprendo il mio cammino e tra gli scaffali trovo alcuni
bavaglini, ciuccetti, un set di biberon molto utile, li prendo e li metto nella
sacca ma decido di non comprare nulla di abbigliamento, voglio prima sapere che
cosa è.
Cammino per gli scaffali quando sento una voce dietro
di me molto familiare e irritante tanto che mi sento accapponare la pelle sul
braccio.
“Salve Evelyn!” mi volto piano piano e mi ritrovo a
fissare i capelli biondi e quel ghigno conosciuto.
“Worren... che cosa vuoi?”
“Vedo con piacere che siamo in vena di compere... e in
tutti i sensi...”
“...”
“Evelyn non devi nascondere a me la verità... so per
certo che aspetti un figlio da Ray, spero che non venga su come lui ma che
prenda la tua bellezza!” afferma, allungando la mano per toccarmi la guancia.
“Toccami e te ne pentirai!”
“Ma come siamo bisbetiche...” afferma infilandosi le
mani in tasca e guardandomi con aria viscida.
“Non voglio fare del male a nessuno e non voglio
passare alle minacce o ai fatti però adesso la cosa diventa una questione
d'onore. Voglio che tu dica a Ray di vendermi la proprietà.. per il bene tuo e
del bambino!” una fitta mi passa nel costato al sentire quelle parole di
minaccia e subito porto la mano a toccare la pancia.
“Tu...”
“Hai capito benissimo tesoro...non fare la furba... se
parli e io scopro che mi hai messo addosso la polizia ti farò pentire di essere
nata...” un sogghigno sul volto. Ora si avvicina sfiorandomi i capelli legati
alla ben che meglio.
“Se non vuole sentire ragioni da te... allora è il caso
che io mi prenda cura di te!” afferma allontanandosi lentamente da me e dal
negozio lasciandomi in preda al terrore.
**
Entrando nell'ufficio legale mi ricordo piccole cose,
come ad esempio la discussione con l'avvocato, le carte pronte per la firma,
l'odore della carta da parati e della colla dei fogli volanti e anche l'odore
del tabacco del sigaro dell'avvocato.
“Signor Olsen, che piacere rivederla, non pensavo
tornasse ancora qui... o meglio che se ne ricordasse...”
“Ah signor Tynwi... invece ho ricordato e anche se non
ricordo, i vostri fogli sono troppo dettagliati per poter dimenticare...”
“Allora ha pensato alla proposta che le ho fatto?”
“Si, ci ho pensato e ho trovato l'uomo che fa per
me...”
“Davvero? Ne sono felice, è chiaro che è bene fidarsi
di persone che possono solo darci buoni risultati!”
“Si, penso che questo Detective sia il massimo nel suo
campo e poi lo conosco benissimo!”
“Ah bene...”
“Si... ho pensato che ha ragione. Gli incidenti
avvenuti in questi ultimi due anni non possono essere coincidenze, sono atti
deliberatamente voluti e un investigatore può solo capirne di più. La rete
delle amicizie di Worren sono tante e svariate... siamo sotto controllo
continuo!” è la prima volta che ammetto di aver bisogno di aiuto ma adesso so
che posso contare sull'uomo che mi aiuterà a proteggere la mia famiglia..
L'avvocato mi guarda annuendo e non posso fare a meno
di sentirmi sollevato e rincuorato dal saper fare la cosa giusta.
“Bene Signor Olsen... credo che sia il caso di chiamare
il vostro uomo!” mi alzo ed ora mi sposto verso la finestra mentre la mano
recupera il telefonino e il numero viene composto.
Pochi squilli e dall'altra parte si sente un voce
chiara e familiare.
“Ray, come mai mi chiami a questo numero?”
“Ho bisogno del tuo aiuto... Jos...” spero solo di fare
la cosa giusta.
**Note Autrice** Scusate il ritardo nello scrivere il capitolo ma anche io mi sono presa una vacanzina. Ho voluto dare una smossa, il racconto è proprio nella fase centrale e spero che quanto verrà fatto dopo vi piaccia quanto vi sta piacendo ora la mia storia. Grazie per avermi seguito e per aver scelto di seguire la mia storia. Commentate, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate e cosa pensate del racconto.
Soltanto una madre sa che cosa vuol dire amare ed essere
felice.
Adalbert von Chamisso, Gedichte,
1831
La buca delle
lettere indica che il postino è già passato stamattina e ha lasciato il suo
carico di posta, la levetta rossa mi fa sentire meglio come se non fossimo
fuori dal mondo, come se il mondo vive in una dimensione diversa, come se le
catastrofi e le vicende moderne non facessero parte della nostra vita.
Seguita da Charlie
mi dirigo verso la cassetta della posta guardandomi attorno, schermando il sole
con la mia mano e una volta li abbasso la levetta rossa per prendere il
contenuto e leggerlo con attenzione.
“Pubblicità…pubblicità…bolletta…”
l’occhio mi cade su una scritta e uno stemma nobiliare e su una scritta… Trinity
College Dublin.
Mi guardo attorno
quasi non fosse per me e come se non fosse il mio nome scritto sulla busta e la
apro elettrizzata da una scarica di adrenalina improvvisa. La Trinity è l’università più
antica d’Irlanda e mi hanno inviato una lettera, non ci posso credere.
Camminando comincio
a leggere il contenuto e ciò che leggo fa si che sul volto si disegni un
sorriso enorme e compiaciuto, Ray è alle stalle e io devo raggiungerlo subito e
allungo il passo seguita sempre dalla mia guardia del corpo Charlie.
Entrando nella
stalla con la lettera fra le mani mi guardo attorno alla ricerca di Ray, ma non
si trova fra i cavalli ma su sul soppalco dove sta sistemando le balle di
fieno.
“Ehi che ci fai
qui?”
“Ci abito!”risposi
ridendo ma brandendo la mia lettera “Mi è arrivata una lettera…”
“Ah si? Chi
scrive?”
“Il Trinity College
di Dublino…vogliono farmi tenere un seminario che dura due giorni presso il
loro istituto!”
“Davvero? ma è una
notizia magnifica…quando?”
“Tra tre giorni…”
“Capisco… è un
ottima notizia…cosa devi discutere?”
“Le tombe del
cimitero reale di Ur… penso che vogliano parlare della regina Paduhipa!”
“Bellissima…!”
rispose mentre sposta l’ennesimo fascio, io sorrido ma subito mi blocco e nella
mia testa balenano mille cose da fare.
“Mi devo
organizzare…mi servono foto, diapositive, devo creare la bozza, creare la
presentazione al pc…” ci manca solo che mi metto le mani ai capelli e sembro
proprio una pazza da internare.
Mi volto e torno
verso casa mentre mentalmente già mi segno alcune delle idee balenate per
evitare che sfuggano completamente al mio controllo.
“Dove vai?”
“Devo lavorare…”
rispondo prima di sparire dalla traiettoria e varcare la soglia di casa.
In pochissimo tempo
il tavolo dello studio si riempie di qualsiasi volume, testo, foto, diapositive
e matite volanti. Si, quando lavoro non so come ma volano in aria parecchie
cose.
Una mano alla penna
e l’altra sulla pancia dove sento piccoli movimenti non mi rendo conto che
squilla qualcosa accanto a me fino a quando nella mia mente non si inserisce
questo suono fastidioso e trilloso. Mi volto alla ricerca del cellulare ma alla
fine butto uno sguardo sul pc e li c’è una finestra dove lampeggia la scritta:
Chiamata in corso…Victoria! Clicco sulla cornetta verde e comincio a sentire un
fruscio e poi la voce di Vic.
“Pronto…Eve?”
“Vic…ci sei?”
“Si, scusa… stavo
mangiando…tutto bene mammina?”
“E quando mai?
Sempre che mangi…sto bene, stiamo bene. Ma quando venite?”
“Ehm… non so…Jos
deve sbrigare dei lavori…sai i corsi e i suoi …ragazzi!”
“Il filosofo… che
personaggio…!”
“Tralaltro gli
hanno assegnato la cattedra di Letteratura inglese…”
“Ma dai… non dirmi
che… ha preso Will vero?”
“Si, lo sai che
decanta ogni giorno Shakespeare… è il mio secondo marito…!”
“Già..” risposi
distratta mentre appuntavo piccole note sul mio taccuino.
“Che stai facendo?”
gli spiegai tutto, del seminario e dell’università e ne parve sorpresa.
“Quindi andrai a
Dublino…ci hai rovinato la sorpresa, noi siamo li qualche giorno prima.
Volevamo comprare delle cose e poi venire da voi… ma dato che vieni tu qui
possiamo vederci e tornare insieme…”
“Perfetto Vic è una
notizia bellissima…allora ci vediamo li!”
“Certo a presto
allora…” la comunicazione si interrompe di botto e finalmente posso riprendere
a lavorare.
**
Vedere Eve così entusiasta e contenta è come veder
sbocciare i fiori in primavera, le manca il suo lavoro e questa richiesta da
parte del Trinity College cade proprio a fagiolo.
Da quando ha preso a sistemare i suoi appunti al casa è
tutto un subbuglio di volumi enciclopedici, foto di scavi e diapositive
proiettate sulla parete del salone. La cosa mi diverte perché si vede che ha
passione per fare questo lavoro.
Fortuna vuole che sia impegnata, così quando lei sta
chiusa in stanza a rimuginare su cosa dire e cosa non dire ai ragazzi del
college io riesco a sgattaiolare nella stanza al piano di sotto per mettermi
all’opera con la mia sorpresa.
Scendendo in cucina mi guardo attorno e noto solo Charlie
intento a dormire sul tappeto della porta, al mio passaggio neanche si sveglia
così non mi rimane che andare verso la credenza per prendermi da bere. Sul
frigorifero c’è un biglietto con scritto: ore
11 ecografia dott.sa Finlay.
Leggendo meglio mi rendo conto che l’appuntamento è
fissato per oggi così salgo su nella stanza adibita a studio e scorgo Eve
intenta a scrivere al pc alcune note.
“Buongiorno, ti avevo preparato la colazione sul tavolo…”
non è vero, lo ha pensato ma non l’ha fatto ma sorrido comunque.
“Squisita tesoro, però… mi sa che devi staccare il
lavoro…”
“Perché?” domanda mentre mi avvicino e le lascio un bacio
sulle labbra che mi porge, è raggiante.
“Perché abbiamo appuntamento per l’ecografia…”
“E’ oggi?”
“Eh si…”
“Va bene, termino qui e andiamo… cioè… vuoi venire?” mi
domanda guardandomi preoccupata.
“Certamente, non voglio perdermi questa occasione…andiamo
su, finisci dopo!”
“Si…” si volta a spegnere tutto e io la osservo in ogni
movimento e ogni gesto.
“Pronta…”
“Bene…” si alza e noto che porta automaticamente la mano
alla pancia prima di avvicinarsi con un espressione da bambina sperduta.
“Ray… dopo… non potremmo passare dal Thiodor? Vorrei le
caramelle gommose…”
“Certo…” rispondo scoppiando a ridere di gusto mentre
lei, invece, mette un delizioso broncio sul bel viso.
**
Mi stavo
completamente dimenticando dell’ecografia, fortuna vuole che Ray ha letto il
biglietto, sono talmente presa dal lavoro che non ricordo nulla.
In macchina verso
lo studio della dottoressa mi ritrovo a guardare il panorama mozzafiato delle
pianure e le valli irlandesi e sorrido pensando che mio figlia o figlio possa
nascere qui e non nelle caotiche città del resto del mondo.
“Sono più contento
che ci siano Vic e Jos con te a Dublino!”
“Beh, non sono ne
malata e neanche una poppante…potevo andarci anche da sola…”
“Si beh questo è
vero però… li ci sono i papponi!”
“Chi?”
“Gli uomini
papponi… quelli che fregano le mogli agli altri…”
“Ah Ray di questo
non devi preoccuparti…so come fare in certi casi…”
“Ah e come se
posso?”
“Basta grattarsi
nel punto giusto e fare un rutto…vedi come scappano!” scoppia a ridere così
tanto che gli occhi gli si riempiono di lacrime e io a mia volta non posso fare
a meno di ridere a mia volta, sono felice come non mai e questo lo devo a lui e
al mio bambino.
Arrivati allo
studio della dottoressa noto che Ray comincia ad essere un po’ rigido e
nervoso, si guarda attorno spaesato e non sa esattamente che cosa succederà,
compito mio rincuorarlo così prendo la sua mano fra le mie e la stringo
facendogli vedere alcune foto di altre mamme con altri bambini.
“Evelyn che piacere
vederti!”
“Ciao
Barbara…eccomi qui, lui è Ray!”
“Buongiorno signor
Olsen, non si ricorda di me ma sono la nipote di Byron, l’allevatore!”
“Certo, Barbara…
quanto tempo che non lo sento, salutalo da parte mia!”
“Certamente… prego
seguitemi da questa parte!” mentre seguiamo Barbara lungo il corridoio e lungo
la sala dove mi verrà fatta l’ecografia, lancio un occhiata a Ray e poi gli
faccio cenno di rilassarsi e lui a sua volta mi sorride amabilmente.
“Prego..Evelyn…sai
cosa fare…!” detto ciò Barbara ci lasca soli nella sala, Ray mi aiuta a
stendermi nel lettino.
“Puoi anche
sorridere sai?”
“Veramente?”
“Certo… sai come si
fa no?” sorride ma so che sta ancora nervoso.
“Ti faranno male?”
“Assolutamente, la
dottoressa Finlay è bravissima e poi ti renderai conto che non è così difficile
come esame.”
“Bene…” non termina
la frase che nella stanza entra la dottoressa.
“Buongiorno Eve,
come va? E lei deve essere il Signor Olsen.. piacere mio!” allunga una mano che
Ray stringe cercando di sorridere di più.
“Allora… oggi se
siamo fortunati vediamo se il signorino o la signorina ci fanno capire con chi
abbiamo a che fare…”
“Davvero dottoressa?”
chiesi entusiasta.
“Si, sei alla
seconda settimana del sesto mese Eve… mi pare sia ora di sapere…” mi spiega
slacciando il pantalone e sollevando la maglietta.
“E’ freddo!” dice
la dottoressa prima di mettermi il gel sulla pancia. Ray se ne sta seduto in un
angolo della stanza, i gomiti sulle gambe, le mani unite e il viso che sporge
verso di me e la mia pancia.
“Ok, ci siamo…”
dice la dottoressa sedendosi sullo sgabello vicino, avvicina la macchina e ora
l’accende e poi lentamente poggia il cursore sulla mia pancia. In un primo
momento si sente un fruscio e poi ecco che sul monitor spunta…nostro figlio.
Ray allunga il
collo e sembra quasi che stia per cadere dalla sedia, la dottoressa lo nota e
ora sorride.
“Può avvicinarsi…
non mordiamo mica!” Ray non ribatte ma si avvicina piano a me e si mette al mio
fianco. Ha gli occhi aperti e puntati sull’immagine del nostro bambino o
bambina e nel frattempo mi stringe la mano.
“E’… quella è la
testa?” domanda stordito.
“Si, ecco vede? Si
sta muovendo… ecco le braccia, le gambe…” Ray allunga ancora il collo mentre io
osservo ogni cosa.
“Sta bene?”
“Benone!” afferma
la dottoressa attivando il sonoro. Subito la stanza si riempie del suono del
suo cuoricino che batte forte e abbastanza veloce. Ray sussulta e boccheggia
meravigliato da questo suono così rincuorante.
“Sta benissimo Eve,
è forte, il cuore è perfetto e pensa… apre e chiude le manine… guarda!” afferma
indicandomi la scena che si stava svolgendo sotto i nostri occhi.
“ Come volete
chiamarlo?” fu Ray a rispondere come imbambolato.
“Declanse è maschio e Allison se è femmina!”
“Bellissimi nomi…”
la dottoresa rimase in silenzio per un po’ a contemplare il monitor e Ray mi
prese la mano fra le sue, dopo un po’ si volta verso noi sorridente.
“Complimenti Declan
sta crescendo forte e perfetto!Congratulazioni!”
“Come?” allora ho
capito bene? Un maschio? Mi sollevo dal lettino sui gomiti e mi sporgo a
guardare bene e infine vedo mio figlio e mi volto verso Ray.
“E’ un maschio? È
bellissimo!” credo che non lo vedrò mai così emozionato come in questo momento,
credo che Ray ami già come me quel bambino che sembra salutare con la sua
manina dentro la mia pancia.
**
Sulla strada del ritorno non sono in me, mio
figlio…aspettiamo un figlio e Eve è così contenta che s’è dimenticata della sua
partenza e del seminario.
“Declan, è un maschio… avremo un figlio!” ripeto per
l’ennesima volta mentre mi immetto nel nostro giardino di casa.
“Si, Ray… ho capito!” afferma lei mangiando l’ennesima
caramella e sorridendo con le guance rosse dal divertimento.
“Lo sapevo me lo sentivo…” affermo ancora ridendo, lo
sapevo così tanto che non avevo avuto dubbi sul colore della stanza.
“Devo mostrarti una cosa…” posteggio l’auto e scendo di
corsa andando ad aprire lo sportello a Eve, la prendo per mano e lei ancora
ride mentre corriamo verso casa seguiti da Charlie.
Entrando lascio la porta aperta e la tiro verso la sua
vecchia stanza da letto chiusachiave
per ogni evenienza.
“Ho una sorpresa!”
“Per me?”
“Per noi!”
“E che cosa è?”
“Ecco…” giro la chiave nella toppa e ora le faccio cenno
di aprire la stanza tenuta segreta fino ad ora.
“Ray… che hai combinato?”
“Nulla… su apri!”
“Apro apro…” mi dice ridendo mentre piano apre la stanza
e rimane con la bocca aperta dallo stupore.
Durante le sue assenze e il suo lavoro allo studio, ho
dipinto le pareti di un bianco candido,da metà parete però partiva un secondo
colore, il blu del mare a creare piccole onde immaginarie. Mi sono premunito di
tutto e nella stanza ho montato il lettino, il box dei giochi, il fasciatoio e
il bagnetto portatile tutti bianchi e azzurri con dei piccoli disegni, i
folletti d’ Irlanda.
“Ray…ma come…”
“Mentre tu eri via, mentre lavoravi alla tua conferenza…
di nascosto è ovvio…”
“Ma sono meravigliosi!”
“Sono contento che ti piacciono, puoi cambiarli se vuoi…
il venditore è mio amico ed è disponibile ad effettuare cambi…”
“No, sono perfetti… sono bellissimo!” la vedo aggirarsi
per la stanza e notare la sedia a dondolo di vimini bianca.
“Questa è per te è ovvio… e questa per Declan!” rispondo
andando a prendere la carrozzina che ho comprato per il bambino.
“Ma sono tutte cose per maschietto…”
“Si, ma avrei potuto cambiarle nel caso fosse femmina o
non piacciono a te…”
“No, no sono bellissime…”
“Me lo sentivo Eve, sapevo che era un maschietto!”
“Sono…non so come ringraziarti!” noto solo ora che ha gli
occhi lucidi e mi si stringe il cuore alla sua vista.
Mi avvicino e ora l’attiro a me in un abbraccio, le
accarezzo il volto e bacio la sua fronte liscia.
“Non devi farlo… mi hai regalato un figlio e questo è il
minimo che potessi fare…” la vedo sorridere e sollevarsi in punta di piedi.
“Ti adoro!” mi mormora a fior di labbra,
“Ti amo!” le rispondo prendendo le sue labbra e
gustandone ogni centimetro.
Su ciò di cui non si può parlare è bene tacere.
Ludwig Wittgenstein
Per le strade di Dublino
impazza la febbre dei concerti, camminando per strada non posso fare a meno di
leggere i cartelloni pubblicitari…Guns N' Roses , Michael Bolton, Andrea Boccelli, Sting…
ci sarebbe stato il delirio per mesi se non per l’intero anno da qui ai
prossimi concerti, ma il primato è designato a loro, il gruppo che più
rappresenta l’Irlanda e che io amo. Gli U2 da per tutto si vede il faccione di
Bono che ammicca e sorride, che salta o che fa il gesto della vittoria e
mentalmente prendo nota delle date, magari Ray mi avrebbe portata a vedere il
concerto.
Sono felice, non
posso dire diversamente e l’aria frizzante di Dublino e le sue strade piene di
gioiosi ragazzi mi fanno tornare il sorriso.
Lungo la
Dame St. poi si cominciano a vedere le case
degli studenti, con i loro portoni colorati e l’allegria delle giovani
matricole che si aggirano trasportando libri e fogli volanti. Il mondo dove
sono cresciuta si può dire. Nello stesso momento in cui mi immetto nella strada
detta College Green sento squillare il telefono e rallentando un po’ lo cerco
nella tasca della borsa e rispondo subito.
“Pronto?”
“Sei arrivata?”
“Ray…” sorride
scuotendo la testa “In questo preciso istante… non mi hai dato neanche il
tempo…”
“Ah bene. Tutto
apposto?”
“Certo, non soffro
mica la macchina… tu tutto bene?”
“Si, ho avuto
qualche problema con i cavalli, sono un po’ nervosi ed è difficile cambiare
loro i ferri quando sono così!”
“E tu non lo fare,
non da solo almeno…”
“No, c’è Bill che è
venuto ad aiutarmi…”
“Ah bene… ma
intendi Bill della Signora Ryvel?”
“No, non è lui ma
tranquilla… non credo che lo conosci… vado! Ha bisogno del mio aiuto…”
“Va bene, a dopo!”
“Ciao, divertiti e
falli neri!” scoppiai a ridere e chiusi il telefono posandolo sul sedile e
allungai il collo verso la struttura che mi si presentò davanti, in piedi e in
tutta la sua magnificenza dal 1592 per volere della regina Elisabetta I, 220.000 metri
quadrati di cultura e di storia.
Improvvisamente mi
rendo conto che il mio futuro, o almeno quello che credevo futuro, è già il
presente e che mio figlio potrebbe essere uno dei ragazzi che ora vedo
camminare lungo i viali con la stessa contentezza di ogni ragazzo, la stessa
stanchezza sugli occhi ma la stessa determinazione.
Posteggio l’auto e
lentamente cammino lungo il viale che porta all’ingresso principale ma vengo
fermata proprio mente sto mettendo il piede sulla strada da una voce.
“Dott.ssa Woods…”
un uomo con un giaccone di pelle marrone si avvicina inforcando un paio di
occhiali da sole molto alla moda e un sorriso sfavillante, ma io non lo
conosco.
“Salve..siete…”
lascio volutamente la frase a mezz’aria e attendo che lui si presenti poi tutto
si succede come un flash o un lampo.
Mentre l’uomo si
avvicina un furgone passa di la e si para dietro di me, l’uomo sorride
apertamente e ora si avvicina e mi afferra per un braccio, il portellone si
apre improvvisamente e mi sento sollevare da terra. Il fiato in gola non riesco
neanche ad urlare, mi viene tappata la bocca con una mano guantata di pelle
nera, ne sento il sapore sulle labbra serrate e ne sento l’odore mentre vengo
tirata dentro e l’uomo sale a sua volta.
“Non vorrai che
usiamo un sedativo oppure farti respirare qualche sostanza… non gioverebbe a
tuo figlio quindi non gridare e stai buona, non ti verrà fatto alcun male!” la
voce dell’uomo è profonda e quasi metallica e mi mette i brividi. Devo stare
tranquilla però e devo farlo per il mio bambino, non mi devo agitare quindi
comincio a fare grandi respiri nella speranza che il mio cuore torni a battere
normale e che il mio respiro non si affannoso. L’uomo mi sorride e fa un cenno
agli altri due di lasciarmi andare. Mi fa male tutto ciò che le loro mani hanno
toccato.
“Brava… mi aveva
detto che saresti stata ragionevole…”
“Chi siete? Che
cosa volete?”
“Non ti è dato
sapere per ora…sappi che non ti faccio ammanettare solo perché so che farai ciò
che dico… e lo dico per il tuo bene…quindi sta buona e non fare scherzi!”
Che cosa vogliono
da me, che cosa posso dire per convincerli a lasciarmi andare? Che cosa posso
dargli? Non mi viene in mente niente, non riesco a pensare. Mi siedo contro lo
sportello e poggio la testa contro una parete del furgone. Devo stare tranquilla
e devo farlo per Declan.
**
21.00
Da quando ho guardato l’ultima volta l’orologio non è
passato un solo minuto, che cosa starà facendo? Dal suo messaggio di arrivo non
ho ricevuto alcuna notizia da parte di Eve, ma ora sarà a cena.
21.02
Il tempo passa troppo lentamente e non riesco a fare
altro che accarezzare lentamente la testa di Charlie seduto con me sul divano,
sul tavolino di fronte l’orologio che batte l’ora lentamente e con una flemma
tipica del bradipo.
21.03
Non è successo niente, probabilmente è a cena con il
direttore del dipartimento e starà mostrando loro che cosa significa la
passione e la voglia di riuscire nel proprio lavoro e nelle proprie
aspettative. Eve è troppo in gamba per non essere notata…sarei dovuto andare
con lei.
23.08
Mi sveglio di colpo, mi sono addormentato e la cosa mi fa
sentire in colpa e in difetto, Charlie dorme beato accanto a me e non sembra
avere i miei stessi rimorsi. Allungo la mano verso il telefono e… niente, non
c’è niente…si è addormentata?Compongo il numero di telefonino e lo porto
all’orecchio immaginando di sentire la sua voce assonnata e il suo rimprovero ma il telefono squilla e Eve
non risponde. Chiudo la chiamata, le mani vanno alla testa e passano fra i
capelli scombinati prima di posarsi sul volto.
23.15
Drin…drin… il telefono!
Mi catapulto sul tavolino dove l’ho lasciato ed ora
rispondo ansioso.
“Eve?”
“…”
“Eve…sei tu?”
“Ray…” la sua voce, la sua voce ha un effetto calmante su
di me e subito mi sento meglio e comincio a sperare, mi assale la rabbia che
spero di riuscire a controllare.
“Eve…ma stai bene? Non ti sento da stamattina…”
“Ray…” mi rendo conto solo ora che la sua voce non è
normale, è spezzata come se…stesse piangendo.
“Eve, tesoro, tutto bene?”
“Si… no…Ray…” sento dei rumori e il pianto di Eve
sottofondo prima di sentire una voce che mi fa raggelare il sangue.
“Evelyn… tutto bene?”
“Signor Olsen…sua moglie sta bene…”
“Chi sei? Che cosa vuoi da mia moglie?”
“Non si agiti, non deve agitarsi…agitarsi fa male…”
“Che cosa volete da mia moglie?è incinta non vedete?”
“Si, lo sappiamo bene… Signor Olsen, l’avverto… non
contatti la polizia e tantomeno cerchi di fare l’eroe, abbiamo sua moglie in
custodia e la stiamo trattando bene e vorremmo continuare a farlo… presto avrà
nostre notizie…” sembra che voglia chiudere la conversazione.
“Ho capito…voglio parlarle…”
“Ero sicuro che sarebbe stato ragionevole…”
“Voglio parlare con lei…”
“Ray…”
“Evalyn…”
“Ray…non so cosa vogliono…ho paura…”
“No, no sta tranquilla tesoro, non agitarti fallo per
Declan…stai calma e presto risolviamo… ti tirerò fuori da questa situazione te
lo prometto…”
“Va bene…”
“Brava sii coraggiosa…”sentoun singhiozzo ed è come una coltellata al
costato. La comunicazione cade e io non la sento più. Mi lascio cadere esausto
e frastornato sul divano.
**
Rimango ferma,
immobile mentre l’uomo che mi ha rapita chiude la chiamata con Ray e mi passa
un fazzolettino. Il furgone continua a muoversi e non riesco a vedere nulla dai
finestrini oscurati.
“Non piangere…”
“Come non dovrei
farlo?dove mi state portando? Che cosa volete da me?” domando.
“Domattina saprai
tutto ciò che devi sapere…intanto, tieni, ecco una coperta e riposa…”
Anche se sono i
miei rapitori sono estremamente gentili nei gesti e negli atteggiamenti e la
cosa mi stranizza e mi rende un po’ diffidente ma ora come ora non posso fare
altro. Se mi ribello potrebbero farmi del male e questo non deve accadere.
Afferro la coperta
e ora mi rannicchio in un angolo coprendomi mentre sotto quel manto protettivo mi
accarezzo la pancia li dove Declan dorme ignaro di ciò che sta accadendo.
Nel mondo c'e' quanto basta per le necessita' dell'uomo, ma non per la sua avidita'.
Mi sveglio proprio
mentre il furgone imbocca il vialetto di una casa, no una villa e non siamo più
in città ma in una campagna… non mi troveranno mai lo so. Mi sento in una
pressa, una pressa senza freni che mi sta rovinando la vita.
Che cosa vogliono
da me queste persone? Che cosa posso avere di così importante, che cosa posso
sapere? Sento che stiamo passando sopra un sentiero di ciottoli, il furgoncino
sobbalza e subito l’uomo che sta alla mia sinistra mi mette una mano sulla
schiena.
“Ehi… fa piano…non
vorrai mica che partorisce qui…”
“Sto facendo il
possibile…” sono stordita, come mai tanta gentilezza? Chi li manda? Mille
domande nella mia mente e nessuna risposta.
Il furgoncino si
ferma e l’uomo accanto a me mi mormora, senza farsi sentire dagli altri
presenti.
“Devo metterle
questo… non faccia resistenza non li trattengo per molto…!” detto ciò mi mette
un cappuccio di feltro sopra la testa e mi spinge verso fuori.
Sento l’aria fredda
sulle mie mani e non posso fare a meno di sentire un odore familiare, un odore
che mi richiama alla mente gli ultimi mesi, è l’odore dell’erba bagnata, di
terra umida e di campagna.
Sono in campagna…da qualche parte…Come mi possono
trovare? Posso essere ovunque.
“cammina bellezza…”
l’autista mi incita e sento il suo fiato sul collo ma l’uomo che mi è stato
accanto per l’intero viaggio lo spinge da parte in malo modo.
“Ehi… non ti
azzardare… non è roba per te…” dice il mio “amico”
“E di chi sarebbe
per te?” risponde l’altro sputando per terra, una cosa che mi fa rabbrividire.
“Non è per
nessuno!” ribatte l’amico mentre mi fa entrare in casa, o almeno penso perché
l’aria è più calda e meno umida e sento legno sotto le mie scarpe e poi il
rumore di una porta che si chiude dietro di me dopo che mi viene tolto il
cappuccio. Sono in una stanza da letto…
**
“Jos…che cosa sta succedendo?” non riesco a trattenere
l’ansia e la rabbia mentre il mio amico sembra alquanto tranquillo e pacato. Lo
sguardo va da Vic a lui e negli occhi della migliore amica di mia moglie vedo
la stessa apprensione che ho io.
“E’ incinta dannazione…”
“Vic… sta tranquilla… Ray… dimmi esattamente che cosa ti
hanno detto…”
“Non lo so Jos, so solo che lei era spaventata e che mi…
hanno detto di non chiamare la polizia…”
“Va bene… questo è chiaro… tu mi avevi detto di stare
attento a lei… adesso lascia fare a me…”
“Va bene ma…loro hanno detto…”
“Giuro sulla mia vita che non si accorgeranno di me o dei
miei uomini, tua moglie sarà al sicuro…non la metterei mai in pericolo…!”
“Va bene… mi voglio fidare” la mia mano si ferma sul viso
mentre lo sguardo si ferma su Victoria.
“Voglio sperare che stia davvero bene…” mi dice
guardandomi fissa negli occhi.
“Credimi… non ho mai voluto uccidere prima di adesso…”ed
è la pura verità.
**
Credo di essermi addormentata, sento gli
occhi appiccicaticci e anche le labbra stoppose, non bevo da un po’. Mi sollevo
a sedere lentamente per via del giramentodi testa che mi viene e mi stravolge per pochi attimi e mi guardo
attorno alla ricerca di acqua e sul tavolo davanti a me trovo un vassoio con
acqua e pollo arrosto con delle verdure. Che razza di rapimento è? Non so
spiegarlo…tantomeno capirlo. Bussano alla porta…qualcuno entra…
“Buonasera Eve…come
stai?la cena non è di tuo gradimento?”
“Che diavolo ci fai
qui? E che cosa c’entro io?”
“Eve… c’entri
eccome… siamo più simili di quanto sembra…”
“No, non mettermi a
paragone con te Worren…che cosa vuoi? Perché mi hai fatto rapire?”
“ No…no no… non
capisci…!” si è avvicinato al tavolo ma io non ci ho fatto caso presa come sono
a disprezzarlo e nel vederlo così vicino non mi aspetto certo che afferri il
mio volto con un gesto brusco e repentino.
“Non parlarmi così
Evelyn o sarò costretto a fare qualcosa per la quale mi odierai…”
“Sei un lurido…”
“Non sei nella
posizione di poter dire quello che pensi tesoro… sai bene a cosa andiamo
incontro e che cosavoglio… fino ad ora
ti ho trattata bene ma non puoi pretendere che sia sempre così…quindi collabora
Evelyn e non farmi fare cose per le quali puoi chiamarmi come stavi per fare…” mi
sta minacciando… sento il sangue gelare nelle mie vene perché ha ragione…
sa perfettamente che sono in sua balia e non vuole perdere l’occasione.
“Che cosa vuoi?”
“Ciò che mi
spetta…”
“Non ti spetta
proprio niente…”
“Dici? Non credo
che le cose stiano così…”
“E tu che ne sai?”
Questa discussione
comincia a darmi sui nervi, ma devo stare attenta… non posso agitarmi per
Declan e per me stessa…non posso proprio agitarmi.
“Credo che sia
meglio che tu riposi…hai bisogno di dormire…” non rispondo alla sua finta
gentilezza, non ho bisogno di lui.
Worren rimane un
po’ li a fissarmi e poi prende la strada per la porta ma non prima di averla
sbattuta per bene.
**
Le ore passano e non mi piace sentire questa sensazione
dentro, l’impotenza. Non posso fare niente per Eve se non stare qui a passare e
ripassare le mani fra i capelli sperando di poter scoprire cosa le è successo e
il perché.
Jos fa telefonate e non mi mette al corrente di niente e
per uno come me che sono sempre stato io a dirigere, questo ruolo da spettatore
mi viene stretto.
“Ottimo… va bene Michael…capisco…bene!” Jos continua a
non dire nulla ma alla fine ecco che finalmente parla e diretto a me.
“Ray...va tutto bene…uno dei miei uomini, un infiltrato
si è fatto passare per uno degli uomini della banda… sta cercando informazioni
sul mandente ma continuano a definirlo il Califfo… non usano nomi propri e non
ha ancora scoperto niente che possa ricondurre…Eve è trattata bene, lui stesso
la tiene d’occhio!” Jos mi sorrise e così anche Vic ma io mi sento solo sollevato…ma
a metà.
“Grazie al cielo… non potevo sperare di meglio… almeno
non è sola…dov’è?”
“Non sappiamo con certezza, non può comunicare spesso con
noi per paura di far saltare la copertura… sapremo pian piano… almeno ora
sappiamo che sta veramente bene…!”
Vic mi viene incontro e mi abbraccia, mi serviva ma in
questo momento mi sento solo un inutile peso.
“La troveremo…Jos è il più bravo!”
“Me lo auguro…” si sentono dei passi sulla porta
d’ingresso e subito corro verso la porta uscendo come se dovessi trovarmi li
davanti il colpevole.
“Ispettore… abbiamo trovato questa…” non sapevo che fuori
da casa mia ci fossero i poliziotti e subito mi volto a guardare Jos.
“Ottimo lavoro Kyle…lascia a me!” la lettera passa dalle
mani dell’uomo a quelle del suo amico.
Tua moglie sta
bene,
persino tuo
figlio…sta bene e scalcia…se vuoi, un giorno, gustare la sensazione di un
piedino che si mostra cerca di fare le cose per bene e senza scherzi.
Consegnami l’atto
di proprietà e non le verrà torto un capello, ti avverto Olsen, se fai scherzi
questa volta non mi limito ad un incendio.
Ti farò recapitare
l’ora e il luogo dell’appuntamento.
Mentre Jos legge sento una rabbia ceca nascere dentro di
me…Worren, è stato lui…è disposto a tutto pur di mettere in difficoltà me e per
avere la mia terra.
“Ray… Ray… va tutto bene?”
“Quel figlio di puttana…” mi sento girare la testa e ho
voglia di spaccare la faccia a qualcuno.
“Calmati… intanto ricordati che ogni mossa avventata può
essere nociva per Eve e per il bambino…sta calmo e lascia fare a noi della
polizia!”
“Come puoi chiedermi di stare così, fermo ad aspettare?”
grido nel pieno della mia angoscia.
“Ray… non fare così è peggio per te e ti fai solo del
male… ascolta cosa ti dice Jos e vedrai che una soluzione la troveremo… ora
devi riposare!” Vic, la temeraria Vic, la osservo per un momento stordito ma
forse ha ragione, non posso uscire e farmi giustizia da solo.
“Va bene… facciamo come dite voi…”
“Ottimo amico mio… adesso riposa e noi lavoreremo per
te…” Jos sembra sicuro di se e io vorrei tanto credergli ma sono preoccupato.
Riposare mi è impossibile, ci ho provato, ho fatto una
doccia ma non riesco a stare li steso a riposare. La sveglia al mio fianco
segna le 3.15 del mattino, scendo al piano di sotto e noto che Jos è ancora li
fra carte e telefonate.
“Ehi… non dormi?”
“Tu dormiresti se Vic fosse incinta e rapita dall’unica
persona al mondo che vorresti uccidere?”
“No… ma se ti chiedo di star buono un motivo c’è…”
“Lo so…” mi siedo accanto a lui, è stanco e ha gli occhi
cerchiati anche lui.
“Jos… non facciamo eroismi… se vedi che non c’è altra via
d’uscita, consegniamo i documenti…e andiamo a prendere Eve!”
“Ne sei sicuro?”
“Si.”
Perdonatemi l'assenza, ma ho avuto un pò di cose da fare, volevo ringraziare in particolar modo Pirilla88 per avermi incitato a scrivere ancora... perdonami!!!!
Un uomo gira tutto il mondo in cerca di quello che gli occorre,
poi torna a casa e lo trova.
George Moore
Sento delle voci nella stanza di
fianco, ci sono parecchi uomini che camminano e si agitano e tra loro
ci sarà lui? Il mio punto di riferimento? La mia protezione? Spero
tanto di si.
Seduta su un lettino mi sollevo in
piedi, sento la testa che gira ma mi tengo alla spalliera di una
sedia e nello stesso momento sento la porta della stanza che si apre
di scatto e sulla soglia compare un uomo con in mano un piatto e del
cibo. E' lui...
Vorrei tanto potergli andare incontro
ma capisco che non devo fare movimenti bruschi, lui mi fissa... ci
fissiamo per un lungo momento quando da dietro le sue spalle sento
una voce.
“Ehi... muoviti! Che hai visto un
fantasma?” l'uomo non si lascia prendere dalla paura e fa qualche
passo avanti fino a poggiare sul tavolo il piatto, la sua espressione
è serena e dal labiale riesco a capire che il cibo è buono e che
devo mangiare, poi come è entrato esce lasciandomi di nuovo sola.
Osservo il piatto davanti a me, mi
siedo lentamente e comincio a mangiare, lo faccio per mio figlio.
Che cosa può esserci nella mente di
una persona per farla arrivare al punto di rapire la gente per
ottenere un pezzetto di terra?che cosa spinge Worren a comportarsi
così?solo la smania di possedere tutto? o c'è qualcos'altro?
Termino di mangiare e mi guardo attorno incuriosita dal luogo che sta
diventando il mio rifugio.
Attorno a me ci sono libri e il tavolo
dove sono seduta è una scrivania, deve essere uno studio.
Le mie mani sfiorano il bordo della
scrivania e poi si posano sullo scaffale accanto a me dove sono stati
disposti i libri, sfioro le copertine, per me sono come un uomo
affascinante che mi guarda e mi blocco improvvisamente... sono tutti
titoli di testi archeologici e diari di scavo.
Ne prendo uno a caso e leggo il nome in
bella vista.. Robert Worren II 1896...deve essere il nonno di Worren.
Aprendo il testo scopro che questo
fantomatico nonno era stato un esploratore molto famoso durante i
suoi anni e per tanti anni aveva portato avanti ricerche in tutta
l'Irlanda, ma la sua passione erano i celti e i guerrieri.
Rimasi a fissare quei volumi così
interessanti per un bel po' cercando di capire come un uomo così
erudito potesse aver fatto un nipote così... mi cadde l'occhio su
uno scritto, un diario scritto a mano dal vecchio.
“...Quell'essere immondo di Olsen
non vuole cedere... ho sempre saputo che Alec è un testardo ma non
può stentare ancora a credermi. Non vuole scavare con me? Bene...
scaverò da solo... io so che lui è qui. Lo sento! Ho già comprato
tutte le terre della zona e manca solo la sua... aveva detto che
voleva aiutarmi a cercarlo ma adesso non mi autorizza. Devo
escogitare qualcosa... lui è lì!...”
Sicuramente Alec è
il bisnonno di Ray, ma di che sta parlando? Chi è lui? Che cosa
stanno cercando da generazioni in modo così ossessivo da arrivare a
tutto? Continuai a sfogliare velocemente le pagine fino a che non
trovo un disegno interessante. Raffigura una tomba, o meglio una
mappatura per una tomba.
“...Se solo riuscissi a trovarlo,
io so che lui è qui! Lo so perchè lo sento! Se solo riuscissi a
trovare un indizio so che passere il resto della mia vita a studiarlo
e a venerarlo perchè lui era unico e irripetibile. Un guerriero
dalla possente...”
Cercano una tomba!
Eve rimase a bocca aperta a contemplare per un solo istante la
scoperta appena fatta... una tomba di qualcuno... forse un re del
passato...
**
Continuo a guardare la piantina
della zona in modo ossessivo, come se volessi leggere attraverso i
terreni segnati per trovare Eve, stava per segnare l'ennesima
campagna quando sento il telefono trillare. Subito la mano lo prende
e sul display leggo dei numeri... 41°
53’
24“ N, 12° 29’
32″
E
E' lui il mio uomo e mi ha mandato
le coordinate... Ottimo lavoro, ti sei guadagnato una promozione! Mi
alzo velocemente e corro verso Vic e Ray che sonnecchiano sul divano.
“Svegliatevi! Il mio uomo ha fatto
il suo dovere... ho le coordinate di dove si trova Evelyn!” Ray
scatta subito in piedi e mi afferra il braccio.
“andiamo a prenderla..” mi dice,
è stanco e angosciato.
“Non è lontana da qui!” vedo la
sua espressione cambiare e capisco che Ray non si fermerà stavolta.
**
C'è una confusione
nella stanza accanto che mi fa rintanare in un angolo, sta succedendo
qualcosa. Sento urla sconnesse e non capisco cosa sta cercando di
dire il terzo uomo che parla sopra gli altri due. C'è un botto e poi
la porta si apre e un uomo viene scaraventato dentro la mia stanza
prima che la porta si richiuda alle sue spalle.
Rintanata in un
angolo lo osservo attentamente e quando questo con un gemito si volta
sulla schiena mi si stringe il petto in un momento di terrore. Era
lui il mio angelo custode. Mi avvicino subito e capisco che gli hanno
spaccato il naso e un sopracciglio.
“Che cosa è
successo?”
“Va tutto bene...
lei sta bene?”
“Si, sono
solo...”
“Spaventata... è
chiaro e normale non si preoccupi per favore e faccia ciò che le
dico io...stia tranquilla sanno che siamo qui e ci verranno a
prendere...”
“Chi lo sa?”
“L'ispettore...”
“Jos?”
“Si... si lo
sanno, sono un infiltrato...”
“E come mai...
non dirmi che...”
“Si, mi hanno
scoperto... ma oramai il segnale l'ho inviato, verranno a prenderci
presto... siamo più vicini di quanto pensa...”
“Dammi del tu ti
prego... non so come ringraziarti, tu ti sei messo in mezzo in
pericolo per me...”
“E' il mio
lavoro... sta tranquilla!”
“Adesso che si
fa?”
“Si aspetta!”
mi risponde prendendo un fazzoletto per tamponare il sangue.
**
Le volanti della polizia stanno
setacciando il terreno, vedo le luci delle sirene mentre ci
avviciniamo al luogo dove tengono Eve, il luogo dove presto ritroverò
la mia serenità mentale.
Siamo in tanti e questo mi conforta,
Jos l'ha trovata come promesso e questo mi rende felice come non so
cosa. Stiamo percorrendo gli ultimi metri, poi finalmente la
troveremo e la riporteremo a casa. Sulle mie gambe le mani tremano,
ma non ho il tempo di riprendermi perchè la macchina frena davanti
ad una cascina. Jos prende la pistola e mi fa cenno.
“Non ti muovere da qui... hai
capito?” rispondo con un cenno mentre lui scende armato e si
avvicina ai suoi uomin per cominciare il blitz.
I poliziotti sono ordinati e si
posizionano davanti la casa puntando i fucili e cercando di
intercettare movimenti. Vengono sparati due colpi in aria e Jos si
erge in tutta la sua altezza.
“ATTENZIONE, LA POLIZIA HA
CIRCONDATO LA CASA, QUALSIASI MOVIMENTO RITENUTO MINACCIOSO VERRA'
SEDATO CON LE ARMI, USCITE CON LE MANI SULLA TESTA E NON FATE
SCHERZI...!” per un momento le sue parole rimasero nell'aria con un
riverbero e sembrarono non fare effetto, poi si sentì un movimento e
Worren uscì all'aperto.
“Ehi... Tenente ma che cosa sta
succedendo?” sembrava come caduto dalle nuvole e questo mi fece
imbestialire al punto da dare un pugno alla porta dell'auto che mi
teneva prigioniero.
“Lei è in arresto per sequestro
di persona, incendio doloso e tentata estorsione... si consegni alla
polizia di sua spontanea volontà...”
“Vi state sbagliando... io non ho
fatto niente di tutto questo...uscite dalla mia proprietà!”
“Lurido figlio di puttana dov'è
Eve?” non mi trattengo e infine sono scendo dalla macchina
infuriato come una belva.
“Restituiscimi mia moglie...”
“Non so di cosa stai parlando...”
risponde Worren facendo cenno con la mano di riavviarsi i capelli...
ho capito il gesto ma succede troppo in fretta.
Dalla finestra della cucina si sente
un esplosione e poi un proiettile va a finire sul braccio di un degli
agenti, il panico si diffonde ma Jos incurante del pericolo si
slancia in avanti e afferra il fucile per sparare nella direzione del
proiettile. Vedo Worren scappare e istintivamente mi metto a correre
nella sua direzione. Lo inseguo per un bel po' fino a quando non mi
butto su di lui per fermarlo. Mi colpisce con un pugno allo zigomo,
il dolore è immenso ma non mi lascio fermare da nulla e
istintivamente lo colpisco a mia volta e non una sola volta.
E' lo stesso Jos a fermarmi, una
raffica di pugni si era abbattuta sul viso di Worren al punto da
farlo svenire.
“Ray... Ray... fermati lo ammazzi
così...” riesco a tornare in me... riesco a respirare finalmente e
subito lascio la presa per lasciare il lurido verme a Jos. E' finita.
Mi sposto e corro verso la casa, i piedi scivolano ma non mi importa.
Corro ed entro dentro cercando Evelyn.
“EVELYN!” grido cercandola e
dalla stanza sento un rumore e poi una voce.
“RAY!” non ci penso due volte,
corro verso la porta e capisco che è chiusa, con una spallata sento
i cardini cedere e con la seconda infine si apre e lei è li.
“E' tutto finito!” riesco a dire
prima di abbracciarla.
Chiedo umilmente scusa ma ho fatto un trasloco e solo ora mi hanno dato internet. Il prossimo sarà il prologo. Spero vi sia piacita la mia storia.
L'unica
cosa buona di questa storia orribile è che Worren, aveva tutte le
ragioni per volere la nostra terra. Infatti analizzando i documenti
lasciati dal nonno di Worren venne fuori che proprio nel nostro
terreno si nascondeva da secoli la tomba di un guerriero celtico,Ulfedhnar
, l'uomo lupo, una tomba che portava con se grandi tesori.
In
effetti pochi giorni dopo la mia scarcerazione Ray aveva letto i
diari del vecchio e si è messo alla ricerca di questo fantomatico
lui
nominato
nei diari.
Jos, invece ha
predisposto l'arresto e ha portato in tribunale Worren e tutti i suoi
scagnozzi ricavandone un buon indennizzo che Ray ed io abbiamo usato
come finanziamento per lo scavo.
Quando abbiamo dato
inizio allo scavo presso le nostre terre oramai ero alla fine della
mia gestazione e il mio pancione mi impediva di portare avanti il
lavoro, così ho dovuto attendere altri tre mesi prima di prenderne
parte e devo dire che la febbre archeologica che il vecchio ci
trasmette dai suoi scritti potrebbe influenzare chiunque.
La stessa Vic si è
trasferita da noi, a detta sua per via della presenza di Declan, ma
la realtà è che è sempre ai margini dello scavo alla ricerca di
qualcosa... ancora devo capire esattamente che cosa.
I miei pensieri
vengono interrotti da un gorgoglio alla mia destra e mi viene
istintivo guardare nella sua direzione. Declan, seduto sul suo
seggiolino sotto il portico mi fissa con i suoi occhi chiari e con la
manina in bocca, si potrebbe dire una smorfia pensierosa.
“Ah lo so... non
dire nulla...sto cercando da un po' qualcosa di più ma...” una
voce dietro le mie spalle finì per me
“il vecchio pare
abbia terminato le direttive eh... Eve, non stai lavorando troppo?”
domanda Ray facendosi vicino.
“No... non
credo...manca un ultima cosa... una sola...” rispondo mentre
controllo i carteggi una centesima volta.
“Ma abbiamo già
trovato la meraviglia delle meraviglie... che cosa...”
“Non so Ray... ho
una sensazione...” all'improvviso un urlo mi fredda all'istante le
viscere... Vic... la prima cosa che mi viene in mente è indicare
Declan a Ray come a dirgli “tienilo d'occhio...!” poi mi
precipito verso la zona degli scavi e arrivo in tempo per vedere Vic
uscire trionfante dalla fossa numero 4.
“Che cosa
succede???” domando con il cuore in gola.
“sapevo che
l'avrei trovato...”
“Che cosa?”
domando con l'ansia in corpo mentre si avvicina anche Jos alla moglie
stordito.
“Che ha trovato?”
domanda mentre si avvicina Ray con Declan in braccio...
“VIC... che cosa
hai trovato?” domando cercando di non farmi venire l'isteria...
daltra parte Vic sembra non aver capito che ci ha fatti correre tutti
li per il suo urlo e mostra ora un orecchino... il tagio è
sicuramente moderno e non antico o celtico... la guardo per un po' ma
sento che il sopracciglio mi trema nel farlo.
“Lo avevo perso al
vostro matrimonio... ero disperata e non lo trovavo più ma ora è
qui... non siete contenti?”.
Come risponderle?
Ecco perchè girava attorno al nostro scavo da giorni, è vero che
senza saperlo avevamo pranzato al nostro matrimonio sopra una tomba
antica ma... sento un sibilo dietro di me e istintivamente mi volto.
Ray, fermo con in braccio mio figlio ha gli occhi rossi e le labbra
contratte per trattenere la risata, Jos non ci prova neanche e
scoppia a ridere mentre Vic pare incredula e caduta dalle nuvole.
“Vic... comincia a
correre...” mormoro presa da un raptus improvvis, lei pare non
rendersi conto fino a che non si volta e comincia a correre nella
direzione opposta.
“Ma.. ma... che ho
fatto?” domanda tra un respiro e l'altro. La rincorsi per un po',
poi cademmo insieme sul prato ridendo come pazze.
Che cosa mi manca?
Nulla. Ho una famiglia, un marito, una casa e amici come Vic e Jos
che mi hanno salvato la vita più di una volta da una terrificante
esperienza che però mi ha portato ad avere questo... sono la donna
più fortunata del mondo e tr poco avrò accanto l'uomo più felice
del mondo... devo dirlo a Ray... non posso tenere tutto per me... la
famiglia si allarga e la felicità aumenta. Chissà che non sia
proprio il guerriero celtico a portarmi fortuna....
Volevo ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito e tenuto nelle loro storie da ricordare, da seguire e da leggere... sno dispiaciuta perchè il trasferimento mi ha fatto perdere tempo ma ho cercato di recuparare.. è anche vero che io scrivevo giorno per giorno il mio capitolo senza seguire uno schema e senza pensare prima ma lasciando tutto alla fantasia del momento.
Vi ringrazio e ringrazio... l mia Pirilla... Xe tutti gli altri.