Le profezie di Ruggeri

di Diana924
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 parte ***
Capitolo 2: *** 2 parte ***
Capitolo 3: *** 3 parte ***
Capitolo 4: *** Conclusioni ***



Capitolo 1
*** 1 parte ***


Sento dei rumori sopra di me, nelle stanze di mio figlio. Faccio per alzarmi, ma è inutile, non è ho la forza. Io che da trent’anni reggo lo Stato non ho la forza di alzarmi! Chiedo ad una delle mie damigelle di andare a vedere e ricado sui cuscini. Sogno, quel sogno di tanti anni fa, più di mezzo secolo fa. Io in un prato di gigli, accanto a tre leoni, dopo un istante di buio i tre leoni giacevano morti ai miei piedi. Ora so cosa voleva significare: il prato di gigli è la Francia, i tre leoni i miei figli, Francesco II, Carlo IX ed Enrico III, tre re, due morti, uno cacciato da Parigi, che gli preferisce il signore di Guisa.   Io, Caterina de’Medici, regina di Francia! Ancora considero tutto questo un miracolo, io una semplice fiorentina sul trono dei gigli. Devo ringraziare Ruggeri, il mio astrologo di fiducia, che da quando ero bambina mi segue e mi consiglia.

Firenze, la mia città, dove riposano mio padre e mia madre, morti poco dopo la mia nascita. Firenze, la città dove sono cresciuta, la città che governavano mio cugino Ippolito e il mio fratellastro Alessandro de’Medici.

Ippolito, il gentile, il colto Ippolito, un autentico Medici.

Alessandro, il violento, il bastardo, l’ignorante Alessandro. Si odiavano, ricordo che una volta quando avevo dieci anni, se le diedero di santa ragione. Mi spaventai moltissimo e corsi da Ippolito: << Non vi picchiate! >> urlai. << Bene, andate da lui, e io che sono vostro fratello? >> disse Alessandro. Corsi verso di lui e lo abbracciai. All’epoca mi era così facile risolvere le dispute.

Poi ci fu il Sacco di Roma e la mia vita cambiò. Il mio prozio Clemente VII fu fatto prigioniero dai lanzichenetti di Carlo V, l’imperatore sul cui impero non tramontava mai il sole, e noi a Firenze perdemmo tutto il nostro potere. Ippolito e Alessandro riuscirono a fuggire, io rimasi a Firenze, protetta da mia zia Clarice Strozzi. Poi instaurarono la repubblica e decisero che dovevo andare in convento. Prima mi misero in un convento di suore francescane, poi in uno di suore benedettine. Nel secondo, quello delle Murate, mi trovai subito a mio agio. Poi mi fecero uscire, solo quando Sua Santità riuscì a riprendersi Firenze. Insidiò come duca Alessandro, rese Ippolito cardinale e ci mandò a Roma, io e Ippolito. Ippolito è stato il mio primo amore, e so che anche lui mi amava, secondo i progetti di papa Leone X, zio di mio padre, l’avrei dovuto sposare, ma evidentemente Clemente VII aveva altri piani per me.

Mi promise in sposa a vari uomini, prima di decidere che avrei sposato il duca d’Orleans, figlio cadetto del Re di Francia Francesco I; si chiamava Enrico di Valois. Partimmo da La Spezia, il papa mio zio viaggiava su una nave sontuosissima, e su un’altra aveva collocato Il Santissimo Sacramento. Arrivammo a Marsiglia e là conobbi il mio futuro marito, il duca d’Orleans Enrico di Valois. Enrico di Valois, quanto l’ho amato, lo amo ancora. Fu amore a prima vista.

Mio zio fu contento di me, e mio suocero mi trovò incantevole. Mio marito invece aveva il cuore preso da un’altra donna. La mia nemica, solo ora che è morta sono in pace. Diana di Poitiers, vedova del Gran Siniscalco Luigi di Bréze. Aveva vent’anni più di mio marito, ma lui l’ha sempre amata con incredibile passione. Io scoprì però che Diana era una mia alleata, contro Anna de Pisseleu, potente favorita di mio suocero. Madame d’Etampes, suo titolo di duchessa era calvinista convinta e odiava la siniscalco. Povera Eleonora d’Asburgo, seconda moglie di Francesco I, venne messa da parte e la vera moglie era la Pisseleu.   Era una donna arrogante, e si circondava di eretici. Mi resi conto che la vera lotta era fra le due donne, era meglio aspettare. Aspettare ed osservare. Attesi, per dieci anni, nell’ombra, facendo lo sforzo di mostrarmi sottomessa ed umile. Non avevo figli, ma Diana impedì che venissi ripudiata, una nuova moglie non sarebbe stata accomodante come me.

Nel frattempo il fratello di mio marito era morto e lui era divenuto Delfino ed io Delfina. Un passo verso il trono che Ruggeri e i suoi colleghi mi avevano promesso.

Poi nel 1544 nacque il mio primo figlio, Francesco, come il nonno, la mia salvezza, niente conventi, niente ripudio.                                                                                           Non lo vidi molto a lungo, perché Diana si occupò di lui, come con tutti gli altri miei figli. Ho avuto dieci figli e oramai solo due sono vivi, Enrico e Margherita.

Nel 1547 morì mio suocero, universalmente rimpianto dalla Francia e soprattutto dalla Pisseleu, che si ritirò in un suo castello. Il marito ve la tenne per anni. Ne uscì solo cadavere diciassette anni dopo.

Diana ora regnava, su mio marito, sulla Corte e sulla Francia.Era aiutata in questo dalla potente famiglia dei Guisa, cadetti dei Lorena. Il duca Francesco e i suoi fratelli spadroneggiavano a corte. Subito dopo di loro veniva il vecchio connestabile Anne de Montmorency e i suoi nipoti, gli Chatillon. Uno di loro, Gaspard, era amico di Francesco di Guisa e divenne Ammiraglio, io lo chiamavo il mio compare. Ricevette l’ordine di San Luigi; vent’anni dopo l’avremmo voluto strangolare con quello. Ma allora erano loro i miei alleati, non i Guisa.

Il giorno dell’incoronazione a Reims ricevetti il primo degli affronti che ho dovuto subire dalla vecchia, ossia Diana.  Avevano addobbato la città con i colori di Diana, il bianco e il nero, che mio marito ha portato per tutta la vita. E in Chiesa, quando la corona di regina di Francia mi era troppo pesante sua figlia, la duchessa di Mayenne cognata del duca Francesco, la prese e la depose ai piedi di sua madre. Perché non sulla sua testa pensai, tanto è lei la regina, non io, io sono solo la madre dei Figli di Francia.

E poi c’era il monogramma di mio marito. Una “ H ” e una “ D ” intrecciate. Qualcuno vi vedeva due falci di luna, emblema di Diana, pochi la mia iniziale, la “ C ”, tutti il simbolo di un concubinato reale che è durato ben dodici anni.

L’anno dopo il duca Francesco e Diana, insieme al cardinale di Lorena, organizzarono e combinarono il matrimonio fra mio figlio, il Delfino Francesco, e Maria Stuart, piccola regina di Scozia, figlia di una sorella del duca, Maria di Guisa. La bimba arrivò a corte e fu un successo: incantò tutti. Mi piacque, ma mi riferirono che mi aveva chiamata questa figlia di banchieri fiorentini, quante lacrime di amarezza sopportate, quanti oltraggi. Io sapevo chi ne era l’autrice, una bimba di sei anni non poteva pensare quelle cose: Diana.

La piccola Maria aveva come governante una scozzese, lady Fleming. Ora il connestabile pensò che se il re avrebbe avuto una nuova amante sarebbe finito l’impero di Diana. Sciocco, la vecchia stravinse e io mi irritai profondamente quando scoprì che lady Fleming era incinta.                                                                                                              

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Capitolo 2
*** 2 parte ***


Nel 1558 la Francia perse la secolare guerra con l’Impero ed Enrico fu obbligato a firmare una pace con la Spagna. Il re Filippo II decise di infilare in mezzo alla pace anche tre matrimoni. La mia figlia più grande, Elisabetta di Valois, sposò lo stesso re di Spagna, anche se era stata promessa all’inizio al principe delle Asturie. La terza, Claudia, sposò il duca di Lorena, imparentato con i Guisa. Infine mia cognata Margherita sposò il duca Filiberto di Savoia.

Fu allora che accadde. Era una mattinata soleggiata ed Enrico aveva deciso di partecipare a un torneo. Aveva già disarcionato il cognato, quando decise di misurarsi contro il conte scozzese Gabriel de Montgomery. Io non ne ero felice e cercammo tutti di dissuaderlo, ma non ci ascoltò. Ad un certo punto la lancia del conte gli perforò l’elmo e gli si conficcò nell’occhio destro.

Lo riportammo subito al Louvre e si convocò Ambroges Parée, il miglior medico di Parigi. Fu tutto inutile.

Enrico II di Valois, re di Francia, mio amato marito morì dieci giorni dopo quell’infernale duello.

Mio figlio Francesco era divenuto re, re Francesco II di Valois, io ero vedova, Diana era in disgrazia e i Guisa regnavano tramite la giovane Maria Stuart. La felicità più grande per me fu quella di cacciare Diana di Poitiers, duchessa del Valentinois, finalmente non l’avrei più dovuta vedere, quella vecchia che aveva stregato mio marito.

Le proposi uno scambio: il suo castello di Chenonceaux, dominio della corona regalatone da mio marito, in cambio del nostro castello di Anet, dove è vissuta in esilio e dove è morta.

Sapevo che mio figlio era re, ma ero anche certa che sarebbe stato un fantoccio nelle mani del duca Francesco e dei suoi fratelli.

Mi dicono che il re sta arrivando e per un po’ smetto di ricordare, voglio ricevere degnamente mio figlio, anche se sono a letto. Chiederò a lui il motivo dei rumori che ho avvertito poco fa. Lo sento arrivare e mi sforzo di alzarmi. Mio figlio non cambierà mai, è sempre vestito in modo stravagante e nonostante l’età si muove come un bimbo.

<< Ho fatto uccidere il signore di Guisa, madre mia! >> E’ la prima cosa che mi dice, l’unica che non avrei mai voluto sentire. Enrico di Guisa morto; Enrico di Guisa ucciso, ucciso da mio figlio. Questo è il crollo rovinoso di tutta la mia politica, mio figlio ha distrutto in tre minuti il lavoro di trent’anni. Trent’anni di paziente lavoro andati in fumo.                                                                                                       << Vi dico che ho ucciso il re di Parigi e ora sono il re di Francia! >> mi ripete mio figlio, felice come non mai. Ha eliminato un rivale politico e un rivale in amore con un colpo solo, lo sciocco.

<< Voglia Iddio che con questo colpo non vi siete nominato Re di Niente >> rispondo gelida, è questo il suo unico titolo: Re di niente. Mi fissa e poi se ne va, a festeggiare un atto che lo ha rovinato.

Come nel peggiore dei sogni rivedo i loro volti, di tutti loro. Mio figlio Francesco II, morto dopo solo un anno di regno. Mia nuora Maria Stuart, decapitata in Inghilterra dopo aver chiesto aiuto a sua zia la regina Elisabetta Tudor, l’eretica. Mia figlia Elisabetta di Valois, morta a soli ventisette anni, in Spagna, e a quelle voci, secondo le quali lei e il suo figliastro erano amanti. Mio cugino Ippolito, fatto avvelenare da mio fratello Alessandro, invidioso della sua popolarità. Alessandro stesso, ucciso a tradimento dal nostro cugino Lorenzino de’Medici, che è morto assassinato più di quarant’anni fa. Il duca Francesco, ucciso vilmente a Blois, da un assassino pagato da Coligny, morto chiedendo vendetta. Antonio di Borbone, che prima di morire si fece confessare da un prete e da un pastore. Jeanne d’Albret, sua moglie, l’irrinunciabile fanatica, la temibile regina di Navarra. Io non l’ho fatta avvelenare, è stato il mal di petto, ma questo suo figlio non lo vuole sapere. Coligny. Il mio sbaglio più grande e la mia vittoria più completa.

Mia figlia Margot, era bella, giovane e io dovevo rimediare al suo sbaglio. Lei si era infatti innamorata di Enrico di Guisa ma io non potevo permetterlo, non i Guisa. Avevo già sperimentato il loro strapotere e avevo promesso a me stessa che non sarebbe più accaduto, poco importava se avessi spezzato il cuore di Margherita. Quando mio figlio Enrico mi avvertì convocai il re Carlo IX e tutti e tre andammo nelle sue stanze. Lei ci salutò cortesemente. Carlo diede ordine ad Enrico di sorvegliare la porta. La picchiammo a sangue per un’ora, come si permetteva di amare un membro di quella famiglia! 

Dopo cercai di renderla presentabile, anche se fu un’impresa disperata.

Dovevo trovarle un marito; alla fine scelsi suo cugino, Enrico di Borbone, figlio della fanatica Jeanne d’Albret, regina di Navarra. Io e mio figlio Carlo ci pensammo a lungo e decidemmo che era il partito giusto, un matrimonio per la pace. Ma Jeanne d’Albret morì due mesi prima del matrimonio, non m’importò tanto, sarebbe tutto proseguito.

Il giorno del matrimonio Carlo dovette dare un pugno sulla nuca di Margot, per farle abbassare la testa e il cardinale di Borbone considerò quel gesto come un si e consacrò la regal coppia. Era ciò che io volevo.

Tre giorni dopo un sicario dei Guisa, un certo Maurevel, ferì gravemente Coligny, ma non abbastanza gravemente, doveva morire, il “mio compare” non doveva più essere d’intralcio alla nostra politica.

Dovemmo prendere provvedimenti. Si occuparono di tutto i Guisa, Enrico di Guisa in testa, ansioso di vendicare suo padre. A loro si unì mio figlio Enrico, allora duca d’Angiò, ora re di Francia, domani forse cadavere. Il segnale doveva essere la campana di Saint-Germain-l’Auxerois, che si trova vicino il Louvre. Fu allora che mi spaventai, perché mi dissero che anche dei borghesi si erano uniti ai Guisa e ai loro uomini. Ordinai che si fermasse tutto, che si sospendesse.  Mi fu risposto che era impossibile, ma che l’Ammiraglio era morto. Purtroppo non fu il solo a morire. Morirono metà dei capi ugonotti. Io nel frattempo avevo dato ordine che si salvasse mio genero, poteva essermi utile.

Il giorno dopo Carlo lo obbligò, lui e suo cugino il principe di Condé, ad abiurare la loro Fede ugonotta e a divenire cattolici, o meglio per il Bearnese si trattò di tornare cattolico, perché già in precedenza aveva abiurato, con disperazione della sua fanatica madre.

Nel frattempo Enrico, la luce dei miei occhi, era divenuto re di Polonia, grazie a me. E eravamo a buon punto per le trattative con l’Inghilterra, per far sposare il mio ultimo figlio con la regina Elisabetta. Ma poi cambiò tutto.

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Capitolo 3
*** 3 parte ***


Carlo morì, a soli ventiquattro anni, ucciso dalla tubercolosi, lasciando una moglie affranta, una  figlia troppo piccola ed un bastardo. La mia unica speranza era Enrico, ma si trovava in Polonia. Lo richiamai e sperai che arrivasse in tempo. Arrivò solo dopo tre mesi e dopo aver ceduto le ultime piazzeforti francesi al duca di Savoia. Sciagurato, l’eredità di suo padre era distrutta, e io non potevo fare nulla per cambiare le cose.

Poi mi estromise dal Consiglio, lo riempì dei suoi favoriti, gli odiosi mignons e si mise a recitare. Si, recitare, recitava il ruolo del re. A volte è intelligente e capace, altre volte si comporta come se fosse su un palco. Ha preso moglie, la piccola e cara Luise de Vaudemont, cugina del duca di Lorena, dopo aver molto pianto e aver fatto piangere la Corte per la morte della  sua amata Maria di Cleves, principessa di Condé. Ad Avignone ci ha fatto camminare per ore, circondati dai frati che cantavano e salmodiavano. E il povero cardinale di Lorena ci ha rimesso la vita, perché è morto pochi giorni dopo.

Che regno, quello di mio figlio, che regno! Tre guerre civili e migliaia di morti. La lega e i protestanti. La Francia che ha rischiato di essere invasa. Il mio ultimo nato, Francesco duca d’Alençon, morto di tubercolosi, dopo averci tradito e ingannato. Mio figlio che ora ha fatto uccidere Enrico di Guisa. Lo hanno fatto fuggire da Parigi; e lui ha giurato vendetta, voglia Iddio che questa vendetta non debba terminare con la fine dei Valois.

Io ormai non me ne curo, ma cercherò, finché sarò ancora in vita, di salvare la Francia, quel Paese in cui sono arrivata ad appena quattordici anni, per sposare l’unico uomo che ho amato, Enrico II. Ah, Ruggeri aveva ragione, la sua profezia era esatta. E anche il suo specchio, come quello di Nostradamus, non mente, ma cercherò di impedire che Enrico di Navarra diventi re di Francia, il trono è dei Valois. Devo impedirlo.

nella prossima puntata le conclusioni

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Capitolo 4
*** Conclusioni ***


Caterina de’Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico e Regina di Francia, morì il 6 gennaio 1589. Fu una delle più grandi regine di Francia e una meravigliosa reggente. Il suo unico cruccio fu il dilagare del calvinismo, che diede ai grandi signori del regno un valido motivo per lottare contro l’autorità regia. Caterina li sconfisse tutti, Condé, Coligny, Enrico IV, ma fu sconfitta dalla Lega. Donna di notevole ingegno, non capì che i francesi non volevano una pace condita di belle parole, ma dei fatti concreti. A questa politica si opposero sempre i Guisa, duchi di Lorena. Caterina odiava i Guisa, che vedeva come gli eredi di Carlo di Borgogna, e li combatte per anni. Poi si servì di loro durante la Strage di san Bartolomeo. In seguito il duca Enrico di Guisa, detto lo Sfregiato, acquisì un’immensa popolarità, superando il sovrano. Se Carlo IX li sopportò, suo fratello Enrico III cercò di combatterli fino alla morte. Il giorno di Natale del 1588 fece uccidere a tradimento Enrico di Guisa e suo fratello il cardinale di Lorena dai famosi Quarantacinque.

Enrico III di Valois morì sei mesi dopo la madre, ucciso alle porte di Parigi, che stava assediando insieme al futuro Enrico IV, da un monaco cattolico fanatico, Jacques Clèment. Con lui ebbe fine la dinastia dei Valois e Caterina morì per la seconda volta. Uomo eclettico, pigro ma studioso, serio ma amante delle feste, probabilmente bisessuale, Enrico III incarna perfettamente l’uomo rinascimentale italiano, ma non quello francese, per questo il popolo gli fu sempre avverso. Alla sua morte divenne re suo cugino, Enrico IV, detto il Pacificatore, tuttora ricordato come uno dei migliori re di Francia.

L’estinguersi di una dinastia portò con sé anche una leggenda nera nei confronti di Caterina. Tra i delitti che le sono stati imputati vi sono la morte di Jeanne d’Albret, regina di Navarra e madre di Enrico IV, i famosi guanti di veleno, i veleni. Molti romanzieri e molti registri ci mostrano una donna intenta a organizzare metodicamente la strage di san Bartolomeo, mentre lei fece di tutto per evitare il massacro.

Donna di fine educazione umanistica importò in Francia le culottes, la machiavellica diplomazia, i cibi italiani e la sella all’amazzone.

Sua figlia Margherita, detta in famiglia Margot, non divenne mai regina di Francia. Enrico IV, di fronte alla sterilità di sua moglie e alle sue infedeltà, decise di divorziare da lei. La prescelta fu la principessa italiana Maria de’Medici, lontana parente di Caterina.  Margot passò gli ultimi anni della sua vita nel castello di Anet, dove morì nel 16113, sopravvivendo ai suoi fratelli, morti nel 1574, 1584 e 1589, e al marito, pugnalato nel 1610 dal cattolico Ravillac.

Dei figli di Caterina solo sette, su dieci raggiunsero l’adolescenza e solo Margot sopravvisse alla madre. Francesco II morì a sedici anni di un’infezione all’orecchio. Elisabetta morì di parto, ci avrebbero pensato Verdi e Schiller a farla divenire un’eroina romantica. Claudia morì di tubercolosi, la malattia letale per gli ultimi Valois. Carlo IX morì a soli ventiquattro anni, anche lui di tubercolosi; falsi sono i resoconti secondo i quali il re morì tra atroci rimorsi per le vittime della notte di san Bartolomeo, Carlo morì in pace, una morte onorevole per un uomo che probabilmente non era mentalmente sano.

Francesco duca d’Alençon, morì nel 1584, anch’esso di tubercolosi. Rachitico e quasi nano fu sul punto di sposare Elisabetta I Tudor, regina d’Inghilterra; dopo aver tradito tutti, sia i cattolici che i protestanti che i politici, morì odiando il fratello maggiore. Enrico III, Enrico IV ed Enrico di Guisa ebbero una morte alquanto singolare: infatti tutti e tre vennero assassinati, nel momento in cui la loro popolarità era alle stelle, da fanatici. Il terzo dai Quarantacinque, la famosa guardia del corpo di Enrico III, costui da Clèment ed il bearnese da Ravillac.

Bibliografia

Alexander Dumas padre: la regina Margot

André Castelot: Regina Margot

Jean Orieux: Caterina de’Medici

Benedetta Craveri: Amanti e regine

 

x farrahlennington:

Mia cara, di +, di +, anche Margot ha 1 suo racconto, ma pazienza, questa volta seguo lo schema: regina/amante, quindi manca.....

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