Zakuro, un melograno tra l'erba di Hika86 (/viewuser.php?uid=10731)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO: Il progetto ***
Capitolo 2: *** A piedi nudi nell'erba [1#] ***
Capitolo 3: *** A piedi nudi nell'erba [2#] ***
Capitolo 4: *** I petali della campanula [1#] ***
Capitolo 5: *** I petali della campanula [2#] ***
Capitolo 6: *** Una coccinella dispettosa [1#] ***
Capitolo 7: *** Una coccinella dispettosa [2#] ***
Capitolo 8: *** Il calore del sole [1#] ***
Capitolo 9: *** Il calore del sole [2#] ***
Capitolo 10: *** Sotto un grande cielo blu [1#] ***
Capitolo 11: *** Sotto un grande cielo blu [2#] ***
Capitolo 12: *** EPILOGO: "Lei" Un melograno in mezzo all'erba ***
Capitolo 1 *** PROLOGO: Il progetto ***
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'
Era un giorno particolarmente caldo nonostante l'inverno inoltrato. Fino a una settimana prima c'era stata neve ovunque per le strade, ma ora tutto era pulito come il cielo azzurro sgombro di nuvole. Il sole che riscaldava, seppur a stento, l'aria di metà gennaio, sembrava veramente caldo rispetto al ghiaccio che aveva tormentato Tokyo nelle ultime settimane.
Una ragazza dai grandi occhi scuri osservava l'atmosfera luminosa dei grandi palazzi a vetri guardando fuori dall'ampia finestra di quello dove si trovava lei e avrebbe continuato a fissare il nulla, vagando con la mente nei propri pensieri, se una voce non l'avesse improvvisamente riportata alla realtà. Così accadde quando una mano le toccò la spalla e una voce le sussurrò gentilmente «Scusi, Ahn san»
«Mh... mh?» mugugnò sbattendo le palpebre e volgendo lo sguardo verso la donna in piedi al suo fianco che l'aveva richiamata
«Tra poco è il suo turno. Ha bisogno che la traduca?» domandò questa con cortesia, accennando ad un lieve inchino col busto
«Nh... no grazie, posso farcela» rispose piegando a sua volta il capo, timidamente, quindi riportò la sua più completa attenzione a ciò che avveniva nella stanza dove il giovane seduto nel posto alla sua sinistra stava concludendo il suo discorso. «Vi ringrazio ancora per avermi chiesto di partecipare a questo progetto. Farò del mio meglio» e anche lui si inchinò profondamente, arrivando a guardare con gli occhi il tavolo semicircolare a cui erano seduti
«Grazie, Sugita san» pronunciò la persona seduta al posto centrale del tavolo rettangolare davanti a quello a cui era seduta lei. Questi, dopo che le persone sedute con lui ebbero espresso i loro ringraziamenti, posò lo sguardo su di lei ed allungò una mano ad indicarla: non dovette dire nulla dato che bastò quell'occhiata perchè lei si alzasse in piedi e si inchinasse profondamente a sua volta. Aveva visto i vari giapponesi che si erano comportati così prima di lei così li aveva semplicemente imitati «Buongiorno» cominciò in giapponese, ma non appena fece per riprender fiato e cominciare uno del tavolo rettangolare si intromise
«Prego, c'è un interprete apposta» le propose con un sorriso affabile
«Oh... ah! Io...» fece per ribattere, ma la donna al suo fianco fece un passo avanti e così venne nuovamente interrotta
«Scusate, io sono l'interprete. Ritengo che la signorina Ahn parli un giapponese sufficiente a farsi capire da tutti in questa stanza. Se dovesse avere bisogno però rimango a vostra disposizione» spiegò con un inchino per poi tornare alle sue spalle, non senza averle fatto un cenno d'incoraggiamento.
«Buongiorno» ripetè, ancora un po' confusa e imbarazzata «Il mio nome è Ahn Yun-seo. Piacere di conoscerVi. Sono onorata dalla Vostra richiesta e dall'incarico che mi avete offerto. Ho accettato con gioia e spero di essere all'altezza dei compiti che mi assegnerete... cioè» stavolta si interruppe da sola sbattendo le palpebre e stropicciandosi le mani tra di loro, tenendo le dita intrecciate tra loro all'altezza del ventre «Farò del mio meglio» si corresse facendo un ulteriore inchino e cercando di controllare il suo respiro che andava affannandosi più andava avanti in quella presentazione
«La signorina Ahn è una delle migliori ballerine coreane. Ha collaborato con alcuni degli artisti più famosi del suo paese e, se non ricordo male, questa non è la prima collaborazione giapponese per lei» spiegò l'uomo al centro
«No, infatti» rispose prontamente Yun-seo
«"ballerina" è un termine piuttosto generale» spiegò un ragazzo giovane al tavolo rettangolare «Esattamente in cosa siete specializzata? Per cosa siete stata chiamata?»
«Ho cominciato con la danza contemporanea. In seguito ho partecipato a dei corsi di danza moderna per cui ho conseguito un diploma e l'abilitazione all'insegnamento. Da circa tre anni ho cominciato lo studio della danza classica, mentre da tempo approfondisco per passione personale i balli popolari dei paesi più diversi» spiegò quasi d'un fiato, rialzando il corpo e guardando il ragazzo, suo interlocutore «Da quello che ho capito dovrei... essere la prima ballerina» spiegò quindi, ora titubante e incerta a darsi quel nome che suonava tanto importante «Mi hanno detto che una conoscenza di diversi stili di danza era un requisito non indifferente quindi ho partecipato ai provini e...»
«Ahn san» la interruppe ancora il signore al centro «Grazie per essere venuta fino a qui da così lontano»
«Si, grazie a voi. Farò un buon lavoro» rispose lei facendo ancora l'ennesimo inchino e sedendosi trattenendo il fiato. Dopo ciò attaccò discorso la persona alla sua destra e lei potè rilassarsi. «Ben fatto» sussurrò la donna dietro di lei «E' andata bene».
Il giro di presentazioni continuò fino ad esaurire il folto gruppo che occupava il tavolo semicircolare e fin quando il sole non stava quasi tramontando «Bene, vi ringrazio per aver anticipato di qualche giorno il vostro arrivo a Tokyo per partecipare a questo incontro» disse quindi l'uomo, alzandosi in piedi e posando le mani sul tavolo rettangolare, con fare sapiente «Contro ogni mia aspettativa abbiamo impiegato parecchio tempo perciò non starò a ripresentarvi i membri dello staff organizzativo, nè lascerò la possibilità ai nostri ragazzi di presentarsi come voi: sapete perfettamente chi sono»
«Come?» «No, ma come? Anche io volevo l'inchino e la presentazione» «Si, era divertente» «Se non c'è tempo» «Facile che non avresti saputo cosa dire oltre al tuo nome» protestarono i ragazzi al tavolo con lui, sulla destra
«Va bene, alzatevi in piedi e facciamo in fretta» sospirò l'uomo ed attese che questi si fossero tutti alzati dalle loro sedie «In ordine: Satoshi Ohno, Masaki Aiba, Sakurai Sho, Kazunari Ninomiya, Matsumoto Jun» li presentò in ordine e parlando il più velocemente possibile. I cinque lo guardarono con gli occhi sgranati «Ma...» «Come?» «Da solo!»
«Siamo stati rapidi come volevo, potete risedervi» sorrise questi compiaciuto e facendo loro segno di tornare ai loro posti precedenti
«Eeeh?» «Ma dai...» sbuffarono mentre la scena provocò una leggera ilarità a qualcuno dei presenti al tavolo semicircolare
«Come avrete notato al vostro arrivo, davanti a voi avete trovato un piccolo depliant: vi trovate il progetto di cui siete entrati a far parte, per cui siete stati scritturati e per il quale lavorerete a partire da oggi, in più c'è anche la tabella di marcia indicativa dei primi due mesi di lavoro. Più o meno fino ai primi di Marzo.
Ognuno, inizialmente, è stato sistemato alla JH, facilmente raggiungibile da qui con la Linea Chiyoda, a Kita Senju. Nella struttura sono ospitati dormitori, stanze singole, bagni in condivisione, spazi comuni e le aule, le palestre e gli studi dove facciamo allenare e studiare i nostri ragazzi. Se qualcuno dovesse trovarsi meglio con altre soluzioni di vitto e alloggio può spostarsi tra sei giorni a partire da oggi, non abbiamo problemi. L'importante è la puntualità sul lavoro, la presenza e la precisione in ciò che facciamo» disse con un grosso sorriso, quindi allargò le braccia verso i presenti e concluse «Benvenuti al "Arashi 10th anniversary project&tour"!».
Facile a dirsi, ma Kita Senju, sulla linea Chiyoda, si trovava più o meno dall'altra parte di Tokyo rispetto alla sede della Kabushikigaisha Janizu Jimusho (Johnny & Associates, Inc.) ed arrivarci con la metropolitana tokyota richiedeva un po' di pazienza. Durante il viaggio Ahn Yun-seo, ballerina coreana di riconosciuto talento, ebbe tutto il tempo per conoscere la sua manager temporanea, lì, in Giappone: Takechi Miya. E viceversa. «Questo...» annunciò inizialmente Yun-seo, brandendo l'opuscolo preso durante la riunione «Non credo... non credo mi sevirà» spiegò balbettando e dando un'occhiata generale alle sue pagine
«Gliene ho fatta fare una copia in coreano» rispose prontamente l'altra frugando nella borsa da lavoro
«No, no... non credo serva nemmeno quello. Insomma...» si affrettò a dirle per poi bloccarsi imbarazzata e portarsi una mano sugli occhi, chiudendoli, cercando di raccogliere i pensieri
«Sono stata avvisata da Suu Hon-Yong» la informò la giovane manager al suo fianco che, smettendo di frugare tra i documenti, aveva alzato lo sguardo su di lei, sorridendole rassicurante «Farò del mio meglio per ovviare al suo problema. Però tenete lo stesso la copia in coreano, non si sa mai»
«Va bene» annuì la ballerina, tornando a guardarla e sfogliando ora la versione nella sua lingua «Come mai mi hanno affiancato proprio a te?» domandò usando da subito un linguaggio più familiare e meno formale «Sai parlare coreano?»
«Veramente so solo pochissime parole, ma io e Suu san ci conosciamo e quando ha dovuto mandare Ahn san in Giappone ha chiesto espressamente di me alla Johnny» spiegò la manager aggrappandosi ai sostegni della metro mentre arrivavano alla stazione di Otemachi
«Puoi chiamarmi Yun-seo o Yun, va bene lo stesso. Non so parlare bene il giapponese più formale. Il discorso di oggi me l'ero scritto e studiato in precedenza» ammise subito dopo, arrossendo lievemente «Così conosci Suu Hon-Yong?»
«Già. Sappi che farò del mio meglio per darti una mano, perchè tu non debba preoccuparti di altro che del tuo lavoro»
«Di ballare» pronunciò con un tono che pareva volerla correggere, ma insieme anche domandarle conferma «Ci sono ancora molte fermate?»
«Mmmh... siamo a poco più della metà, poi c'è un pezzo a piedi» spiegò la giovane Takechi
«Puoi quindi spiegarmi meglio il progetto? Così non devo sforzarmi con i fogli» domandò cortese la coreana per poi appoggiarsi meglio ad uno dei sostegni del vagone e mettersi in ascolto della sua manager temporanea. «Va bene. Dunque l'"Arashi 10th anniversary project&tour" è a mio avviso uno dei più grandi progetti di spettacolo che la Johnny abbia mai intrapreso. Si divide in due fasi: i lavori in studio e quelli dei live.
I primi si svolgeranno a partire da domani fino ai primi di Aprile e riguardano tutta le registrazione ex-novo dei brani scelti per la scaletta del CD speciale in uscita per l'anniversario del gruppo e l'inserimento di alcune nuove tracce speciali, ideate e composte apposta per questo evento. Sono queste tracce ad interessarti: sono otto pezzi i cui video, uno dopo l'altro, raccontano una storia e prima di tutto apparirai in questi video come personaggio femminile»
«Dovrò mostrarmi anche in viso?» domandò allargando leggermente gli occhi
«Questo punto è ancora in discussione» spiegò frettolosamente Takechi, troppo presa dalla spiegazione complessiva «Alla fine dei lavori di Aprile verrà lanciato il CD e verranno date alle TV i video, uno ogni settimana così da far passare due mesi circa. In quel periodo potrai tornare in Corea e occuparti degli altri lavori, ma per Giugno verrai richiamata in Giappone: sarà un mese difficile perchè saranno scelte finalmente le tappe del tour e ci saranno i primi preparativi, prove per i costumi, coreografie da adattare al palcoscenico e da riprovare. Due settimane prima della prima data del concerto cominceremo il tour arrivando alla prima tappa, una volta allestito il minimo indispensabile del palco cominceranno le prove di ballo nello spazio che effettivamente avrete a disposizione e molto altro».
A seguito di questa complessa spiegazione seguì un minuto di silenzio «Ah! Ho parlato troppo velocemente? C'è qualcosa che non hai capito?» domandò improvvisamente nel panico «Ah! E' la nostra fermata, me ne stavo dimenticando!» esclamò indicandole la banchina davanti a loro
«Mh? Eh? Questa?» domandò Yun-seo riprendendosi dai suoi pensieri e sbarrando gli occhi, quindi prese l'altra per l'avambraccio e la tirò con se saltando giù di corsa dalla metro. Per un pelo non rimasero dentro le porte. «Aaah... è stato pericoloso» sospirò Takechi
«Per lo meno non dovremo scendere e farcela a piedi. Andiamo, ti seguo» le disse accennando all'uscita
«Oh si, andiamo!» annuì l'altra e la accompagnò verso l'uscita della stazione di Kita-Senju.
Note per il resto della Fanfiction
Zakuro 石榴 è la parola giapponese per "melograno".
La storia si svolge in quello che per noi è il passato dato che ho scelto come occasione l'anno del decimo anniversario degli Arashi, il 2009, quindi alcune cose sono per forza di pura finzione ed invenzione mia. Prendetela com'è e divertitevi.
Quando vedete un * significa che c'è un nota alla fine del testo del capitolo. Le parti scritte in blu sono dette in coreano. |
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Capitolo 2 *** A piedi nudi nell'erba [1#] ***
La JH, abbreviazione di Johnny's House, era a tutti gli effetti un campus: un mondo a parte ed un piccolo paradiso provvisto di ogni cosa per chiunque lavorasse nel campo della musica pop. Nell'area, sistemata a verde (il che non pareva strano in quella zona dato che il grande parco di Ueno non era molto distante), si trovavano moltissimi edifici che comprendevano: centro conferenze e uffici, dormitori, una biblioteca, diversi impianti sportivi, mensa, un piccolo conbini interno e,infine, un intero edificio, il più grande, che ospitava sale di registrazione video e audio, postazioni internet, sale di lavorazione e montaggio, ampie sale alcune a specchi (per il ballo), altre ingombre di scenografie.
Dato che la Johnny promuove esclusivamente idol di sesso maschile non accadeva spesso di avere ospiti femminili nel complesso, ma dato che non vi risiedevano solo gli idol e dato che era capitato e poteva ancora capitare di ospitare qualcuna era stato costruito un dormitorio più piccolo, a fianco di quello più grande e principale, per gli artisti della Johnny, dedicato proprio alle ospiti che si fermavano al campus. Quella sarebbe stata la sistemazione di Yun-seo nei mesi invernali per la lavorazione dei video e la promozione del progetto. Takechi, che lei nella sua testa aveva ribattezzato Takechin, le aveva dato tutte le indicazioni per raggiungere l'edificio e poi l'aveva abbandonata all'entrata per andare agli uffici del campus a sistemare le ultime cose. Yun-seo attraversò il parco del campus guardandosi intorno: gli alberi erano spogli e i prati verde scuro parevano addormentati, i lampioni sparsi qui e là erano già accesi ed il buio cominciava a calare in fretta facendoli risplendere sempre di più, in giro vi erano poche persone mentre le finestre illuminate erano sempre di più.
Il cellulare squillò improvvisamente e smise altrettanto repentinamente. Lo recuperò dalla tasca ed aprì lo schermo luminoso 「Com'è andato il volo? Spero non ci sia stato nessun problema :-) Quando ti sei sistemata possiamo sentirci? Aspetto una tua chiamata. Chang」Lo richiuse di scatto con un sospiro seccato, solo quando tornò a far caso al campus intorno a sè si rese conto di aver continuato a camminare senza controllare la propria direzione già dallo squillo del cellulare e quindi doveva aver girato un angolo sbagliato: ma sbagliato da che parte? E quale? Guardando nella semioscurità delle strade si mise a ridacchiare tra sè quindi si mise una mano sugli occhi, chiudendoli e prese a girare su se stessa «Vediamo se funziona. Il dio degli stupidi è con me: allo stupido che perde la strada, il dio degli stupidi la ritrova» cantilenò come i bambini prima di bloccarsi sentendo di aver urtato qualcosa con la mano. «Cos'è? Un gioco coreano?» domandò la persona che si ritrovò davanti. Yun-seo riaprì gli occhi e arrossì fino alla radice dei capelli non prima di aver fissato il tipo per un paio di secondi, incapace di accettare il fatto di aver appena fatto una figura di quelle memorabili. «No» biascicò abbassando lo sguardo, si mise ad osservare l'asfalto come se potesse trovarvi scritto un suggerimento per uscire da quella situazione imbarazzante. Quello che aveva davanti non solo era uno di quelli che stavano nella sala quel mattino, alla presentazione del progetto, ma era pure uno dei membri del gruppo: uno dei protagonisti principali, uno di quelli con cui avrebbe dovuto lavorare e quindi uno di quelli con cui avrebbe preferito mantenere un atteggiamento professionale, serio e distaccato. I propositi erano ottimi, peccato non essere riuscita a rispettarli a lungo. «E' un...» farfugliò cercando una scusa ad un atteggiamento che era manifestamente stupido e quindi difficile da far passare come normale. Dopo due secondi di riflessione si arrese «E' un'uniforme» ammise infine con un sospiro, sperando nella bontà della persona davanti a lei che, nonostante tutto, sorrideva di genuino divertimento
«Un'uniforme?» domandò quello guardandola stupito: il divertimento era sparito dal suo viso per lasciar spazio allo sbigottimento
«Si, me l'ha insegnato un amico...» cominciò a spiegare sperando di potersi salvare in qualche modo
«Ah! Intendi un incantesimo!*» la corresse il ragazzo davanti a lei, che tentò di trattenere una risata
«Eh? Ah, si» ammise arrossendo una seconda volta «Si, intendevo incantesimo»
«Ah ecco» annuì per poi stringere le labbra tra loro in un sorriso divertitissimo e aggiungere «Che incantesimo era?» domandò questi scherzoso sempre nel tentativo di mischiare le risatine che gli scappavano con le parole che pronunciava
«Eh? Un amico mi ha insegnato un incantesimo da fare se mi fossi persa, ma è una sciocchezza, stavo solo giocando! E' solo che non ricordo da che parte andare...» tentò di giustificarsi portando la discussione sulla sua "penosa" situazione piuttosto che sul suo penoso errore «Dato che non c'era nessuno a cui chiedere tanto valeva provare una strada a caso e allora ho scelto chiudendo gli occhi!». A quella spiegazione fu impossibile trattenersi oltre e il ragazzo si piegò in due: perchè non era riuscita a mantenere un tratto serio e professionale almeno per le prime ventiquattro ore? «Non... NON IMPORTA!» esclamò chiudendosi meglio il bavero della giacca «L'incantesimo ha indicato quella parte, io vado. Con permesso» concluse facendo il giro intorno a lui e avviandosi a passi pesanti: era stata colta in un momento stupido, d'accordo, ma era maleducato da parte sua riderle in faccia a quel modo!
«Aspetta, hai detto che non funziona» pronunciò questi dopo aver preso un profondo respiro per riprendersi «E' la direzione sbagliata»
«Che? Diamine...» si bloccò all'istante guardando il bivio davanti a lei con lo sconforto nel cuore, oltre al danno anche la beffa
«Ti accompagno io per farmi perdonare» si propose questi raggiungendola e allungando una mano per prenderle il borsone che portava a tracolla (era stato il suo bagaglio a mano durante il volo) «Lo porto io, posso? Vai al dormitorio femminile, giusto? Andiamo» e accennò alla sua sinistra con il capo attendendo di vederla muovere un passo
«Grazie» disse lei con un lieve inchino, tornando seria. Due secondi dopo però alzò lo sguardo su di lui aggrottando le sopracciglia «Non era da questa parte?» domandò vedendolo entrare in un edificio
«Il dormitorio è questo» spiegò alzando il dito verso un cartello a fianco dell'entrata con le porte a vetri scorrevoli «Ci eri davanti» spiegò ridacchiando ancora mentre entrava nell'atrio: poteva andare peggio di così? Allungò il passo e lo raggiunse all'interno dove lo trovò a parlare con l'inquilino di quella che era una piccola portineria «Hai la stanza 6, al secondo piano» le spiegò porgendole la chiave «La aiuto con la valigia e scendo» disse all'omino oltre il vetro quindi si avviò. Ancora se la rideva tra sè e sorrideva tutto divertito anche quando entrarono nell'ascensore. Un volta dentro, però, caddero nel più completo silenzio: Yun-seo non aveva intenzione di aprire la bocca dato che tutte le volte che l'aveva fatto ci aveva ricavato solo brutte figure, in più era irritata da tutto il ridere di quel ragazzo che sfociava nella maleducazione. «Devi perdonarmi: tu sei la prima ballerina, giusto? Di nome...» disse questi ad un certo punto
«Ahn Yun-seo» rispose secca, uscendo per prima dall'ascensore e cercando con lo sguardo la porta della camera, smaniosa di esser lasciata in pace
«Giusto, non mi è subito facile capire i nomi stranieri. Io son...»
«Trovata, grazie mille» lo interruppe allungando la mano sul borsone e facendo un sorriso forzato e poco convinto «Buona serata» aggiunse per lanciare un chiaro segnale all'altro
«Ah, si... hai ragione. Sarai stanca per il viaggio, allora ti lascio disfare le valige. A domani, generale Ahn-san!» fece questi che, scherzando, si mise sull'attenti una volta che lei ebbe preso la borsa «Ci vediamo, non perderti di nuovo, mi raccomando» quindi fece un lieve inchino e si voltò per tornare verso l'ascensore. Yun-seo ne osservò la schiena ampia mentre si allontanava e si accorse in quel momento che non aveva giacca: che fosse uscito di fretta dal suo dormitorio solo per aiutarla vedendola spaesata? Con un piede in stanza e l'altro ancora fuori si sentì in colpa per la freddezza mostratagli, nonostante il suo atteggiamento non fosse stato dei migliori con tutte quelle risate forse non si meritava tanto. «Non so leggere i kanji, quindi non avrei riconosciuto il palazzo» disse mentre lui premeva il bottone per far aprire le porte dell'ascensore «Quindi grazie» l'altro girò lo sguardo su di lei, con un'espressione stupita dipinta in viso, ma non gli diede la possibilità di rispondere dato che, dopo quell'ennesima umiliazione, non avrebbe retto un secondo di più a guardarlo in faccia per quella sera. Fece un rapido passo indietro e richiuse la porta con decisione: orribile prima impressione, ma forse sarebbe riuscita a migliorare. Ma come, dopo quell'ultimo ringraziamento che, seppur dettato da buone intenzioni, gli era uscito dalle labbra così sgarbato? Poteva solo sperare che non andasse a raccontare il fatto a tutto il resto del gruppo.
Appoggiò il borsone in un angolo, con profondo sospiro, e si tolse la giacca. Bussarono alla porta quando si trovava a metà del gesto di buttarla sul letto «Si, arrivo» disse afferrando la maniglia ed aprendola di un poco «Nh?» sgranò gli occhi ritrovandosi davanti lo stesso ragazzo di prima
«Scusami. Sul serio, scusami» disse piegando il capo «Mi rendo conto di non essermi comportato bene, sono stato veramente un cafone a ridere in quel modo»
«Si, lo sei stato» rispose senza pietà
«Si, lo so. Hai tutte le ragioni di essere arrabbiata, eppure... mi hai ringraziato lo stesso» aggiunse guardandola «Grazie»
«Sei senza giacca» spiegò dopo un secondo, presa leggermente in contropiede da quelle parole «Ho pensato che fossi uscito solo per aiutarmi e poi... beh.. credo che chiunque avrebbe riso al tuo posto: ho davvero fatto una cosa stupida»
«Come si chiama il tuo amico dell'incantesimo?»
«Jae-joong...»
«Dì al tuo amico Jiajon...» fece cercando di assumere un tono solenne
«Jae-joong» lo corresse
«Sì, lui» annuì sbrigativo per riprendere la sua frase «Digli che le sue tecniche sono per prestigiatori da quattro soldi: ti insegnerò io le formule corrette per trovare la strada giusta e stavolta funzionerà» concluse con un sorriso orgoglioso prima che le porte dell'ascensore si aprissero e ne uscisse una donna, anch'ella con qualche borsa tra le mani. I tre si scambiarono un inchino poi attesero che questa sparisse nella stanza otto. «Va bene, io vado, altrimenti gli altri si chiederanno dove sono finito. Buona notte»
«Buona notte» rispose Yun-seo, rivolgendogli un sorriso divertito, ma del tutto sincero.
Non appena raggiunse il secondo piano corse rapidamente lungo il corridoio, già intravedendo Takechin infondo. «Yun-seo san!» esclamò questa non appena la vide a sua volta, sentendone anche i passi in lontananza che si avvicinavano rapidamente «Dov'eri finita? Mi spiace infinitamente io...»
«No, no! E' colpa mia! Maledizione!» aggiunse la giovane coreana una volta che l'ebbe raggiunta «Non lo so io cosa ho fatto! Ho girato a destra, invece era sinistra. Le mensa era lì, ma l'edificio non era quello giusto e poi.. non lo so, non lo so» spiegò con una serie di concetti random che chiarivano solamente come si fosse nuovamente persa
«Avrei dovuto disegnarti una mappa del campus, è colpa mia!» insistè la manager continuando a chinare il capo e stringersi nelle spalle, mortificata
«Avrei potuto studiarmela da sola o procurarmela!» ribattè la ballerina, con il fiato leggermente corto
«Ma sei stata affidata a me! Era compito mio!» pensava che se la manager si fosse inchinata di nuovo le vertebre della schiena avrebbero fatto i bagagli per abbandonare la loro padrona e i suoi metodi di sfruttamento
«Va bene, allora è colpa tua, ma non perdiamo ancora tempo» sospirò Yun-seo sbirciando oltre il vetro della porta, dove c'era già gente che ballava «Andiamo?»
«Si» annuì Takechin, sempre più afflitta. C'era effettivamente poco da star allegre, l'occhiata dei responsabili, quando le videro entrare nella stanza, fu a dir poco agghiacciante. O infuocata, l'effetto era uguale. Una persona però stava ancora ballando, con la musica lanciata a tutto volume nelle casse del mega stereo della sala da ballo, quindi alle due disperate venne lasciato qualche secondo per orientarsi nella stanza e scegliere l'angolo migliore per ricevere la prima sonora ramanzina della giornata, nonchè di tutto il progetto "Arashi nantoka nantoka**" come lei lo aveva rinominato dato che con l'inglese non ci andava molto d'accordo.
La stanza era effettivamente molto ampia e a pianta rettangolare: la parete dove si trovava la porta dalla quale erano entrate era, a parte per quei pochi metri dell'ingresso, ricoperta di specchi per tutta la sua lunghezza; la parete opposta era dotata di ampie finestre scorrevoli che illuminavano perfettamente lo spazio dell'intera sala. Le altre due pareti, i lati più corti del rettangolo, erano dotate l'una di panchine e appendiabiti, l'altra di tre porte scorrevoli in vetro e la parete era del tutto trasparente lasciando vedere dall'altra parte una stanza identica, forse leggermente più piccola. La parete trasparente e le finestre erano tutte dotate di tende da tirare in caso di bisogno.
Tutti quanti avevano appoggiato le proprie cose sulle panchine e si erano seduti più o meno in fila o a piccoli gruppi sotto le finestre, che cominciavano a circa un metro da terra per raggiungere quasi il soffitto. In un angolo vicino agli specchi era stato preparato un tavolo dove stavano sedute delle persone con un'aria perfettamente seria e solenne che cozzava con le loro tute multicolori creando un effetto comico notevole, tanto che Yun-seo non potè trattenersi dal sorridere divertita non appena li vide. Un tavolo uguale, ma dalla parte delle finestre, vedeva come occupanti i cinque membri degli Arashi: persino loro vestivano in maniere tanto differenti da formare un quadro quanto mai eterogeneo, ma perlomeno parlottavano, ridevano, si sgomitavano, cercando nel frattempo di seguire la dimostrazione in corso. La giovane coreana riconobbe il ragazzo con cui aveva parlato la sera prima e, nel resto del gruppo di ballerini, un paio di facce viste quella mattina a colazione quando, comunque, non aveva avuto occasione di parlare o conoscere nessuno. Lei e Takechin si accomodarono nell'angolo più lontano dai tavoli, più vicine alle panche che alle finestre, ma questo non valse loro la possibilità di essere dimenticate dagli istruttori e direttori che supervisionavano quella dimostrazione. Quando il ballo in corso si concluse e gli applausi sfumarono, infatti, il meglio piazzato del gruppo -un palestrato che sarà stato alto quasi due metri, a giudizio di Yun-seo- si alzò e le apostrofò ad alta voce «Takechi-san! E' arrivata la vostra ballerina?» domandò retoricamente
«Si, maestro, è arrivata. Mi scuso per il ritardo, mi scuso tantissimo» rispose la giovane scattando in piedi e inchinandosi profondamente
«In qualità di prima ballerina ci aspettiamo che il suo atteggiamento sia d'esempio al resto del corpo di ballo ed in qualità di prima ballerina del "Arashi (nantoka nantoka)" ci aspettiamo responsabilità, impegno e puntualità. L'opportunità che le è stata data non è qualcosa che si trova girato l'angolo, spero che di questo se ne renda conto. Mi hanno detto» aggiunse rincarando la dose «Che anche il giorno della presentazione Ahn san ha fatto ritardo. Data l'importanza e la portata del progetto, dato il duro lavoro da svolgere per i prossimi mesi a venire, è auspicabile che dimostri di aver compreso e apprezzato l'opportunità datale con un cambiamento di atteggiamento nei prossimi giorni». Takechin, in tutto questo, non si era ancora rialzata: eppure non aveva visto vertebre allontanarsi con dei bagagli in mano; con un lieve sospiro si alzò in piedi a sua volta e imitò la manager esclamando «Mi scuso. Non si ripeterà più» e nient'altro, anche perchè di tutti i paroloni detti dal palestrato non aveva capito quasi nulla: paradossalmente avrebbe compreso di più un maleducato "non fare più ritardo, cafona irrispettosa", piuttosto che quell'ipocrita ramanzina infarcita di termini formali.
Seguirono altre frasi simili da parte di qualche istruttrice dopodichè una di loro si avvicinò, staccandosi dal tavolo (o era più corretto chiamarlo "banco d'inquisizione"?) «Come prima ballerina speravamo di vedere la tua esibizione per prima, ma dato che non c'eri abbiamo cominciato con gli altri»
«Esibizione?» domandò di punto in bianco Yun-seo, ancora inchinata
«Puoi alzarti» le sussurrò Takechin, che si era rialzata da un pezzo. Nell'aula si sollevò qualche risatina soffocata che improvvisamente ruppe il silenzio tombale che segue tipicamente una qualsiasi lavata di capo. «Ahn-san non sapeva che doveva fare una dimostrazione stamattina?» domandò sbigottita la signora in tuta lilla e verde pisello. Effettivamente no, non ne sapeva niente, ma era chiaro che invece avrebbe dovuto saperlo. Le tornò in mente l'opuscolo con il progetto dei primi mesi di lavoro alla JH: era ancora sul tavolo in camera sua, o meglio sul tavolo sotto la valigia aperta per essere disfatta. Sentì Takechin irrigidirsi di fianco a lei e sentendo già che qualche borbottio di protesta si alzava dal tavolo rispose prontamente «Potete continuare con gli altri, non voglio intralciare il lavoro più di quanto non abbia già fatto. Farò per ultima» si inchinò ancora. Bastò a farli desistere «La prossima è l'ultima, in ogni caso» e chiamarono la persona successiva. Entrambe si sedettero su una panchina facendo un rumoroso sospiro -che gli altri non potevano sentire dato che era partita la musica. «La dimostrazione» piagnucolò la manager tenendosi il viso tra le mani «Ieri sera ho dimenticato di leggerti il programma, almeno quello di oggi o di questa settimana»
«E io ho dimenticato di chiederti di farlo. Takech... i san» si corresse automaticamente «Il problema è mio. Questo causa lavoro in più a te e ha sempre causato disagi a chi mi stava intorno da quando sono piccola. Dovrei, quindi, essere la prima a ricordarmi cosa c'è da fare per ovviare alla cosa, invece non è così»
«Sarai stanca per il viaggio, è comprensibile» mugolò l'altra che sembrava volersi proprio prendere tutte le colpe
«Ci risiamo, questo comunque non risolve il problema che non abbiamo letto il programma e non so cosa dovrò fare oggi» sospirò la coreana guardando distrattamente il ballo di chi si stava esibendo in quel momento, ma l'urletto della manager la riportò a guardarla
«Hai ragione! Non c'è scampo!» esclamò «C'era una traccia da portare, un ballo preparato da mostrare, tutte cose che non possiamo inventarci su due piedi» scosse il capo guardando il parquet lucido della sala «E' la fine»
«Non esageriamo. Questo è il mio campo, quindi sono io a decretare se siamo finite o meno. Mentre i miei ritardi sta a te dire quanto sono gravi, qui si parla di musica e di ballo e se sono la prima ballerina significa che qui dentro nessuno ne sa meglio di me, non tu e nemmeno i cinque Arashi» annunciò con sicurezza aprendo la borsa che si era portata dietro
«Nemmeno loro?» domandò perplessa la giovane giapponese che con tutta la preoccupazione e la pressione che si sentiva addosso sembrava invecchiata di colpo «Sono professionisti da dieci anni, come puoi dirlo con sicurezza»
«Perchè sono idol, Takechin. Io invece sono una ballerina» le spiegò con un sorriso tanto raggiante da spazzar via tutta l'insicurezza della manager. Frugò in una tasca laterale e ne tirò fuori un paio di CD. Li osservò uno alla volta, leggendone l'etichetta e alzando lo sguardo al cielo, farfugliando tra sè qualcosa in coreano, per poi guardare il CD successivo. Alla fine del brano che suonava si alzò dalla panchina scegliendo un disco tra tutti e affidandolo al ragazzo vicino allo stereo. Una volta spenta la musica si alzarono i soliti applausi e, a malincuore, Yu-seo capì perfettamente tutto quello che le persone in quella stanza dissero: «Ottimo, è il turno della prima ballerina» «Prima in cosa? In ritardi?» «Ma siamo sicuri che sia brava?» «Se non sa nemmeno leggere l'orario come fa ad imparare dei passi?» «Per me non è buona» «Sicuramente è per quello che le hanno affidato una manager alle prime armi come Takechi san» «Se la rispediscono a casa chi ci va al suo posto?» «Ci vai tu?» «Perlomeno la mia manager è una persona seria e non così incapace» «Lei è sicuramente meglio di questa qui» «E abbassa la voce che ti sente!» «Ma figurati!» «Può pure sentirlo, tanto non è giapponese» «Ma prima le hanno parlato in giapponese» «Non lo è?» «No, non sapevi che fosse coreana?» «Io nemmeno» «Non avrà capito nulla» «Si capiva dalla sua risposta corta di prima, l'accento è diverso» «E' coreana, che ci capisce quella di giapponese?».
Tutto: ma non poteva dirglielo. Anche se erano fastidiose, come insinuazioni, non poteva rispondere: la sua arma non erano le parole, ma il ballo e aveva in mente un modo molto più divertente degli insulti per far loro rimangiare tutto, fino all'ultima sillaba.
«Sicura di volerlo fare?» domandò l'istruttore palestrato «Mi è sembrato di capire che non fossi pronta»
«E' vero» ammettere la sua impreparazione a quel punto andava solo a suo vantaggio «Ma volete una dimostrazione delle nostre capacità reali, sarebbe vera se mi preparassi qualcosa prima? Conosco questo ballo, chiaramente, non improvviserò, ma non l'ho preparato per oggi, quindi non l'ho fatto recentemente» ammise scuotendo il capo «Giudicate voi se non sono stata chiamata proprio perchè le mie abilità rispondono al bisogno di un progetto importante e unico come questo. E il tutto a dispetto della mia nazionalità e dei miei problemi di orario» pronunciò quelle parole arroganti e dalle quali non riusciva a cancellare una nota di rabbia per ciò che aveva sentito, quindi si voltò e si mise vicina agli specchi girata verso di essi. Il ragazzo dello stereo fece partire il disco e la musica partì. Era "Mirotic"***: impossibile che non lo conoscessero dato che i DBSK (da loro conosciuti come Tohoshinki) erano famosi in tutta l'Asia ed il singolo era rimasto in testa alla classifica Oricon per un bel pezzo. Chiaramente, non prevedendo affatto di doverlo far ascoltare, il suo CD conteneva la versione coreana e non quella cantata in giapponese. Era un ballo che faceva il suo effetto in gruppo, ma anche da sola sapeva come valorizzarlo: movimenti fluidi alternati a scatti rapidi e ritmati, si inventò dei passi dato che non li ricordava effettivamente tutti, quindi, dato che aveva tutta la stanza a disposizione, si concesse qualche spostamento più ampio che, se gli riusciva e se non stava esagerando, avrebbe dovuto essere abbastanza teatrale. Nonostante questi accorgimenti tecnici da parte sua lei non stava effettivamente pensando a cosa fare: stava ballando e quella era la sua dimensione, poteva avere tanti difetti e incontrare migliaia di problemi in un paese straniero, ma la danza era sempre stata e avrebbe continuato ad essere un linguaggio internazionale e lei, di quel metodo di comunicazione, conosceva tutte le regole, i vocaboli e le espressioni. Come un interprete parla una lingua senza più dover ragionare sulla costruzione della frase, come un musicista suona senza dover più guardare le proprie dita, lei non pensava affatto ai passi da compiere: ascoltava la musica, il suo corpo la riconosceva e ripeteva dei gesti impressi nella sua memoria e, dove non riusciva a recuperare un ricordo, continuava a muoversi seguendo l'ispirazione del momento, seguendo il movimento precedente o contrastandolo a seconda di quello che le note suggerivano.
Effettivamente non le dissero nulla, nè dei complimenti, nè delle frecciatine velenose per salvarsi la faccia, il pubblico si limitò ad applaudire come alle presentazioni precedenti. Aveva avuto la sua personale vendetta a tutte le cattiverie dette su Takechin e sulla messa in dubbio del suo talento, ma ancora quelle parole le bruciavano, quindi non fece nemmeno un inchino e tornò verso la panchina dove proprio lei applaudiva entusiasta. «Bene, avete del tempo libero e poi il pranzo. Ci vediamo qui questo pomeriggio alle tre per cominciare la suddivisione in gruppi per il lavoro. A più tardi» annunciarono dal tavolo, ma lei stava già frugando nella borsa per trovare l'asciugamano: "Mirotic" non era una canzoncina tranquilla da ballare. «Sei stata fantastica!» esclamò la manager ancora applaudendo «Non credevo che fossi così brava! Voglio dire... sapevo che eri brava o non ti avrebbero mai scelto per questo ruolo, ma non pensavo... non pensavo tanto!» parlava ricolma di ammirazione. Yun-seo la guardò con metà del viso ancora affondato nell'asciugamano, era così entusiasta ed eccitata che le fece tenerezza: potevano dire tutto quello che gli pareva, ma in quel momento si sentì contenta di trovarsi a lavorare con quella manager e non l'avrebbe cambiata con nessun'altra. Fece per risponderle, ma venne interrotta proprio mentre prendeva fiato «Complimenti» si sentì dire notando, con la coda dell'occhio, una persona che si avvicinava
«Oh, Masaki san, buongiorno!» salutò cortese la manager inchinandosi verso il ragazzo
«Takechi san, buongiorno» ricambiò il giovane. Era particolarmente alto, dai capelli corti, castano scuri e leggermente ondulati, le sorrideva mentre applaudiva leggermente con le mani «Sei stata impressionante, veramente. In senso buono, chiaro! Non pensavo fossi così brava!» l'avevano tutti sottovalutata?
«Grazie» rispose educatamente chinando il capo «Aspetto di vedere come ve la cavate voi»
«Probabilmente accadrà domani mattina, questo pomeriggio saremo impegnati con la registrazione di una trasmissione, ma da domani cominceremo a lavorare insieme» le rispose lui
«Si, per favore» concluse Yun-seo con l'ennesimo mezzo inchino, notando come alcune ballerine li stavano fissando dalle panchine a cui si erano avvicinate per recuperare le loro cose. «Takechi san» un secondo ragazzo, di poco più basso dell'altro, lo raggiunse e salutò verso la manager «Aiba chan» aggiuse poi mettendogli una mano sulla spalla
«Jun» rispose il primo girandosi verso di lui
«Dobbiamo andare o faremo tardi agli studi» gli ricordò per poi lanciare un'occhiata a Yun-seo, prima di voltarsi e raggiungere gli altri. Fu un attimo rapido, ma guardarlo negli occhi a sua volta era stato sufficiente a far intendere ad entrambi parecchie cose l'uno dell'altra. Da parte sua lo trovò irritante: la sua occhiata era stata gelida, come se l'avesse analizzata e non l'avesse trovata di suo gusto, sentiva come se ci avesse appena litigato; contemporaneamente aveva trovato in lui uno sguardo profondo al punto tale da farle venire un brivido. «Allora io vado, con permesso» annunciò l'altro facendo un inchino rapido e raggiungendo il gruppo che usciva dalla stanza in quel momento. Alcune ballerine assistettero all'uscita dei cinque con sguardo sognante, il più di loro seguiva con occhio languido i passi del moro: il fatto che fosse particolarmente bello glielo rese ancora più irritante. «Yun-seo, quando hai avuto occasione di conoscere Masaki san?» domandò Takechin curiosa
«Mh? Ieri, quando sono arrivata. E' stato molto gentile e mi ha aiutato a portare le valige in camera» spiegò approssimativamente
«E devi aver fatto qualcosa a Matsujun» riflettè ancora la manager, leggermente preoccupata «Non ti ha nemmeno salutato anche se era venuto fin qui»
«E' quello moro e riccio vero?» domandò come conferma
«Si lui» annuì Takechin con un sorrisino imbarazzato «E' sicuramente il più bello dei cinque ed ha moltissimo stile... beh insomma, voglio dire che generalmente è una persona molto gentile e disponibile ed è sempre il primo che vuole conoscere i collaboratori e tutti quelli che lavorano con il gruppo. E' molto responsabile» cercò di spiegarsi, dandosi nuovamente il contegno professionale perso già davanti al ritardo della coreana poco prima «E' quindi strano che non abbia cercato di conoscerti, dato che sarai una di quelle che lavorerà di più con loro in persona»
«Takechi san sei una fan di Matsumoto san?» domandò la ballerina, ma aveva già intuito la risposta
«Eh? Io?» fece questa confusa «No beh.. lo ammiro professionalmente, riconosco la sua serietà e l'impegno che riversa nel suo lavoro. A dispetto di quanto pensa la massa, il mondo dello spettacolo non è solo soldi e divertimento: spesso ci vogliono giornate intere, a volte mesi per preparare eventi, trasmissioni e spettacoli che si esauriscono invece in pochissime ore. E' il pubblico a divertirsi in prima istanza, per chi è del settore prima viene il lavoro e l'impegno, il divertimento è solo effetto di ciò che si è fatto in precedenza»
«Brava Takechi san, così si parla» ridacchiò prendendo la borsa e mettendosela in spalla dopo averci rimesso l'asciugamano «Hai abilmente sviato la mia domanda, ma anche la mancanza di una risposta esplicita è una risposta, quindi sei una fan di Matsumoto san e ti piace parecchio»
«No, no! Solo professionalmente!» ribattè debolmente mentre uscivano per ultime dalla sala «Piuttosto, Yun-seo, sbaglio o prima mi hai chiamato "Takechin"?»
«Affatto. O al massimo ho aggiunto una enne sbagliando la pronuncia, non sono brava col giapponese io. Andiamo a pranzare?» effettivamente doveva esserselo lasciato scappare, ma prendere un po' in giro la sua manager teporanea si stava rivelando molto divertente.
* Yun-seo ha detto "soroi" (uniforme), invece di "noroi" (incantesimo).
** "nantoka" è l'equivalente di "eccetera" in giapponese, in giapponese suonava molto più musicale che in italiano, quindi ho preferito dargli un nome giapponese XD
*** per darvi un'idea di come sia questo balletto (e per farvi sentire la canzone) cliccate QUI (è il video di alcuni alunni di una scuola di danza coreana, così da darvi l'idea di come sia il ballo fatto da gente che NON sono i DBSK XD) |
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Capitolo 3 *** A piedi nudi nell'erba [2#] ***
Inutile dire che, come a colazione, anche a pranzo nessuno le rivolse la parola. Solo occhiate incuriosite o, in un certo senso, ostili.
Dato che aveva imparato la strada, ma col dubbio di sbagliarla per colpa di tutte le deviazioni fatte quel mattino, si avviò con largo anticipo verso la sala che trovò ancora deserta. Si tolse giacca e felpa rimanendo con la canottiera nera e i pantaloni della tuta, neri anch'essi ma con delle strisce bianche e viola ai lati, e si mise a fare del riscaldamento.
I primi ad arrivare, dopo di lei, furono alcuni ragazzi giovani che chiacchieravano tra di loro. Yun-seo li riconobbe e li salutò, soprattutto perchè non erano del gruppo che aveva parlato male di lei e di Takechin. Inaspettatamente questi risposero al saluto con un lieve inchino e alcuni cominciarono a parlare con lei dopo che tutti ebbero cominciato a riscaldarsi «Ehm... Ahn san?»
«Si, sono io» rispose finendo il piegamento che stava facendo e volgendosi verso i tre che si erano avvicinati
«Mi chiamo Sugita Takuto. Volevamo dirti che ci è piaciuta molto la tua dimostrazione di questa mattina» disse il primo con un mezzo inchino
«Sono Kuramoto Sashiro. è stata molto bella. Era "Mirotic" vero?» domandò il secondo
«Io sono Chen Bai Qiao*. Sono sicuro che fosse "Mirotic", sono un fan dei DBSK e ho anche studiato su alcuni dei loro passi»
«Ahn Yun-seo» si presentò a sua volta con un mezzo inchino «Vi ringrazio per i complimenti. Ti piacciono? Allora siamo in due» annuì sorridendo contenta «Da dove vieni?»
«Sono cinese, ma noi tre e gli altri veniamo tutti dalla stessa scuola di ballo. Facciamo parte del corpo di ballo principale della compagnia. Volevamo chiederti un favore»
«Si, dato che sei la prima ballerina speravamo ci potessi dare una mano con la tua esperienza» aggiunse Kuramoto.
Quando arrivò il resto del corpo di ballo i tre, più altri compagni, e Yun-seo stavano facendo riscaldamento provando dei passi insieme. Poco dopo arrivarono anche i coreografi e gli insegnanti che organizzarono il lavoro in gruppi e cominciarono ad illustrare le coreagrafie (otto, essendo otto i video). L'allenamento e l'insegnamento dei primi passi durò tutto il pomeriggio fino alle sette di sera. Vi fu solo una pausa verso le quattro. «Chen san, stai andando a prendere qualcosa da bere?» domandò Yun-seo vedendolo uscire dalla sala
«Si, vuoi che ti porto qualcosa?» domandò questi fermandosi sulla porta e facendo passare gli altri dietro di lui
«Vengo con te, così vedo dove sono i distributori» e lo raggiunse per uscire con lui. Dovevano scendere a piano terra e mentre si avviavano la ballerina attaccò subito bottone «E' molto che sei in Giappone?»
«Sono venuto qui alla fine delle scuole elementari. Mia madre è cinese, mio padre è giapponese»
«Parli bene il giapponese, non si sente che sei straniero»
«Anche tu sei brava, anche se è chiaro che sei coreana» ridacchiò il cinese «Devi scusarci se non ti abbiamo parlato prima. La più brava della nostra compagnia ha fatto l'audizione per il tuo posto e non è stata presa, quindi eravamo dispiaciuti per lei»
«Mmmmh... non importa» fece lei, pensierosa
«Poi abbiamo visto che altre persone non sono contente dell'idea della Johnny di assumere anche alcuni artisti stranieri tagliando fuori quelli giapponesi. All'inizio quindi non ce la sentivamo di parlarti» Chen chinò il capo mentre scendevano le scale, ma era chiaro che non lo faceva per vedere attentamente i gradini «Però noi non la pensiamo così e dopo la tua esibizione abbiamo capito che non è una questione di nazionalità: vogliono solo il meglio per uno dei gruppi più famosi del giappone, ed è giusto. Mi spiace molto»
«Non importa» ripetè scuotendo il capo «Sono la prima a non essere brava a farmi amici. Non ho molto coraggio per avvicinare le persone e non ho nemmeno un carattere facile»
«Però sei onesta!» scherzò il cinese mentre giravano nel corridoio e si avvicinavano alle macchinette. Il gruppo che era uscito dalla sala prima di loro si era accomodato sulle panchine in corridoio, prima dei distributori e discuteva animatamente: «E quant'è fastidiosa!» «Sembra solo un'incapace alle prime armi» «Com'è arrivata a far parte di questo progetto?» «Ha un bel corpo! Io me la farei» «Shibata san si farebbe chiunque respiri» «Ma piantala!» «Beh avrà qualcosa di buono se l'hanno scelta, no?» «Non è vero. Il suo ballo è stentato come il suo giapponese. Ma l'avete sentita come parla?».
Non stavano parlando di lei, altrimenti sperava che avrebbero smesso di farlo dato che erano passati in mezzo al loro gruppo per oltrepassarlo e prendere da bere. Presero le bibite in silenzio, lasciandoli parlare e Chen le indicò le vetrate dall'altra parte del corridoio per evitare di passar di nuovo vicini al gruppo «Ma chi accidenti sono quelli?» domandò a bassa voce, riferendosi al gruppo, maschi e femmine, che era poi lo stesso che aveva criticato lei e Takechin
«Sono della compagnia Masanobu. Il direttore della Johnny e quello della Masanobu sono ottimi amici, infatti la maggior parte dei corpi di ballo usati per i video e i concerti dei gruppi sono scelti da lì. Dato che il progetto degli Arashi è uno dei più imponenti che abbiano mai fatto hanno deciso di dare opportunità anche ad altre compagnie, come noi, e singoli professionisti, come te» spiegò altrettanto a bassa voce il cinese «Ma dato che hanno sempre avuto una posizione di privilegio alcuni si comportano in questo modo arrogante». Arrivarono alle vetrate e sorseggiarono le bibite calde in silenzio. Nel riflesso del vetro poteva guardare alle sue spalle e vedere il gruppetto che parlava sulle panchine. Solo dopo qualche minuto si accorse che vi era specchiata anche un'altra persona, nascosta a lato dei distributori, dalla parte opposta dalle panchine e stretta in un angolo tanto che nemmeno loro due, passandoci vicino, l'avevano notata. Era la ragazza che era arrivata in stanza poco dopo di lei la sera prima, mentre ancora parlava con Aiba. Si chiamava Sakura Kaneko e, nonostante il nome giapponese, era per metà Thailandese e non aveva mai vissuto in giappone, quindi non parlava bene la lingua.
Si allontanò dalle vetrate e raggiunse la ragazza chinandosi vicino a lei «Ehm... tutto bene? Vuoi qualcosa da bere?» domandò a mezza voce
«No, grazie, stavo per andare» rispose quella inchinandosi per poi uscire dal suo angolo e cominciare a camminare per tornare alle scale. Gli apprezzamenti che vennero fatti da due o tre ragazzi erano in un giapponese tanto particolare, usando delle espressioni particolari e dei modi di dire che non erano comprensibili nemmeno a lei che comunque il giapponese lo aveva studiato parecchio. La straniera aumentò il passò quando uno del gruppo si alzò per avvicinarsi ed infastidirla ed infatti questi non riuscì a raggiungerla: un po' perchè quella prese quasi a correre, un po' perchè questi venne strattonato per il braccio. «Dove vai?» domandò Yun-seo placcandolo «Lasciala in pace»
«Ma che...» fafugliò questi quasi inciampando sui suoi stessi piedi quando si senti placcare e strattonare con forza «Che... che diamine vuoi?» domandò quando, una volta giratosi, si accorse che era stata la coreana a trattenerlo
«Ehi, ma che vuole questa?» «Lascialo stare» «Shibata san torna qui»
«Mi vuoi mollare?» continuò il giovane dato che non accennava a lasciare la salda presa che aveva su di lui: e dire che lei era alta uno sgabello e un'oliva, eppure quello non riusciva a liberarsi. «Stammi bene a sentire, stupido pomposo» nella sua lingua gliene avrebbe dette di peggio, ma non aveva un vocabolario giapponese molto vasto in fatto di insulti e parolacce «Se pensi davvero di essere migliore di qualcuno, in questo progetto, dimostralo coi fatti: balla, invece di parlare» Gli strinse le mani intorno al polso e lo strattonò verso di sè guadandolo, ahimè, dall'alto verso il basso, il che smorzava l'effetto minaccia «Perchè se ti muovi come parli significa che danzi nella maniera più sgraziata che io possa immaginare, quindi NON sei meglio proprio di nessuno» gli disse con un sibilo che però fu ben udibile dagli amici che assistevano attoniti alla scena. Gli lasciò il braccio semplicemente riaprendo la mano di scatto e quello fece un passo indietro avendo ancora i muscoli tesi nel tentativo di sottrarsi «Mi hai fatto diventare cattivo il caffè» concluse quindi prima di rivoltargli il fondo del bicchierino in testa. Quella era l'intenzione, in realtà arrivò a rovesciarglielo sull'orecchio e il bicchierino gli finì sulla spalla. Lo oltrepassò con un sospiro e tornò sui suoi passi per andare verso le scale che portavano al secondo piano.
La notizia del litigio fece il giro di tutta la compagnia in pochi minuti e il lavoro di quel giorno si concluse un po' nel trambusto: le persone spettegolavano tra di loro invece di seguire le spiegazioni, erano disattente in quello che facevano e i passi non riuscivano. Come risultato le uniche che risultarono fare un ottimo lavoro e partire con il piede giusto furono Yun-seo e Sakura Kaneko, a cui nessuno raccontò nulla dato che era l'oggetto del litigio: entrambe furono lodate dai coreografi.
「Hero, come state? Il lavoro procede? Qui è una schifezza. Sto pensando di tornare. Mi ospiti per qualche giorno se rientro in Corea?」
Era una settimana che era arrivata in Giappone e la situazione non era migliorata affatto. Anzi: aveva scoperto che l'ambiente della danza, in quel paese, era particolarmente competitivo, le persone potevano essere amiche ma il giorno dopo avrebbero potuto essere rivali ed odiarsi. Dopo aver fatto arrabbiare il gruppetto della Masanobu e avergli fatto abbassare la cresta l'ambiente di lavoro era diventato molto pesante. Loro la lasciavano stare, avendo capito che non era il caso di infastidirla ancora, il resto del gruppo però la trattava freddamente: solo Chen ogni tanto si dimostrava più gentile di altri, ma le poche volte che riusciva a parlarci non era comunque nella stessa maniera rilassata del primo giorno. Questo per via delle ripercussioni "professionali" che quel litigio aveva provocato. Takechin, atterrita, l'aveva dovuta riprendere per il suo comportamento: la Masanobu si era lamentata con la Johnny direttamente ed il suo posto era stato seriamente a rischio così com'era stato probabile che l'avrebbero rimandata a casa. L'emergenza era poi rientrata, anche se inspiegabilmente dato che quando si era ritrovata a dover fare delle scuse ufficiali alla compagnia questi avevano fatto sapere che non sarebbe stato abbastanza. Cosa avesse fatto cambiare idea ai grandi capi non lo sapeva, ma da quel momento era stata bollata come elemento potenzialmente disturbante, seppur valido a livello professionale. Probabilmente era proprio per non avere problemi che più nessuno l'avvicinava.
Schiacciata dalla pessima atmosfera del corpo di ballo e oppressa dalla solitudine nella quale imperversava la sua vita in quel campus, era seriamente tentata di lasciar perdere e tornarsene a casa. Ciò che ancora la bloccava era pensare a tutti gli sforzi del suo manager coreano per farla comparire nella lista dei candidati al ruolo affidatole e anche l'idea che avrebbe messo in discussione la carriera e il futuro di manager di Takechin. Non vedeva vie d'uscita, in ogni caso, se non quella di dimettersi: come poteva lavorare tutto l'inverno in quel clima e dover poi condividere il periodo di un tour estivo con gente che non voleva avere a che fare con lei? Angosciata da questi pensieri passava le giornate a lavorare di malavoglia, con un perenne mal di testa, e le notti non riusciva a chiudere occhio se non dalle cinque di mattina fino alle otto, ora della sveglia. Da tre notti, quindi, aveva deciso di abbandonare il letto nel quale, in ogni caso, non avrebbe fatto altro che rigirarsi di continuo. Sgattaiolava fino alla sala da ballo (arrivava fino al secondo piano camminando nel buio perchè non aveva il coraggio di accendere le luci), passando le prime due ore ad osservare i fogli con i passi dei balli e la riprese che venivano fatte a volte durante gli allenamenti diurni, finchè non si faceva abbastanza tardi perchè nessuno avrebbe ronzato intorno all'edificio da notare che le luci erano accese. Intorno alle 3/4 di notte, infatti, si azzardava infine ad accendere alcuni luci in sala e provare i passi visti sullo schermo tenendo sempre il volume basso.
♫Hai mai pensato alla vita come un gioco?
Si vince, si perde
e sarà sempre così, che tu lo voglia o no.
Con chi hai deciso di giocare?
Chi vuoi al tuo fianco per andare avanti?
Questo lo puoi scegliere
Chi sceglierai tra tanti? Non vorresti me?♫
In una cosa era brava, a ballare, e quello faceva da anni dato che era la cosa migliore che le venisse. Doveva avere una predisposizione naturale: le bastava vedere i passi, provarli una volta lentamente ed era fatta. Il suo corpo registrava il ballo come se fosse una sequenza naturale di gesti e movimenti e con un po' di concentrazione, per non confondersi con altri, le era possibile riprodurre alla perfezione qualsiasi cosa (stili che aveva studiato, chiaramente: difficilmente avrebbe saputo ballare una samba alla giusta maniera solo guardandola). L'unica cosa che le serviva era la possibilità di ripetere un ballo intero lentamente, con attenzione e calma, riflettendo nella sua mente sulla posizione di piedi e mani in ogni momento, sulla direzione del movimento di una parte del corpo e di cos'avrebbe fatto il resto. Poteva metterci ore per imparare dei passi che a velocità naturale duravano appena una trentina di secondi, ma a quel punto non aveva dubbio su come farlo e si muoveva come se ballasse quella musica da una vita.
Si legò i capelli della frangia in un codino sulla testa, di modo da non averli davanti agli occhi, e cominciò nel suo studio notturno osservandosi allo specchio. Dopo circa due ore aveva già sudato abbondantemente e si era tolta la maglietta scaraventandola contro lo specchio con rabbia (sotto aveva una canotta): le era bastato ripetere un paio di volte un passo in maniera sbagliata che ora, provando l'intero ballo a tempo di musica, non riusciva a correggersi. Si sedette sul parquet con un sospiro seccato e si piegò su se stessa, affondando le mani nei capelli corti con un mugolio di insoddisfazione. «Già finito?» sentì domandare da una voce che rimbombò per tutta l'ampiezza della sala vuota. Scattò in piedi, colta alla sprovvista ed improvvisamente con il cuore in gola: l'avevano scoperta?
In piedi, appoggiato alla porta che aveva aperto, stava Masaki Aiba. Il gruppo, dall'inizio delle prove, non si era ancora visto ed era mancato per i consecutivi cinque giorni dopo quello fatidico delle dimostrazioni. «Non riuscivo a dormire così ho deciso di fare quattro passi e ho notato le luci» spiegò indicandole i faretti della sala «Insonne anche tu?» e lei rispose solo annuendo con il capo «Capisco, ti va qualcosa da bere?»
«Mh, si» mugugnò in risposta
«Allora rivestiti e andiamo ai distributori» la invitò indicandole la maglia a terra. Si rivestì del tutto, dato che a piano terra faceva freddo e non era il momento di ammalarsi, ma anche perchè ora che era stata scoperta aveva perso la voglia di continuare quegli allenamenti segreti.
♫Hai mai pensato alla vita come una danza?
A volte si fanno lunghi giri
ma se ci si muove a tempo di musica ogni passo è quello giusto
Con chi hai deciso di ballare?
Chi vuoi che segua l'armonia della vita con te?
Tra tanti che possono incrociare il tuo cammino
Chi sceglierai? Non vorresti me?♫
Si avviarono in silenzio. Avrebbe voluto dire qualcosa: tutto sommato sembrava un tipo simpatico, ma dopo cinque giorni che non si vedevano non sapeva proprio come cominciare o quale argomento usare e mentre ci pensava arrivarono fino ai distributori. «Lascia, offro io» le rispose lui quando la vide cercare delle monete nelle tasche
«Grazie» rispose con un mezzo inchino. Due secondi dopo le porse una lattina color rubino «Cos'è?» domandò guardando le scritte che non riconosceva
«Succo di melograno»
«Un che?» domandò ancora non riconoscendo affatto la parola usata da lui per descrivere la bevanda
«Me-lo-gra-no. Questo, vedi?» scandì con pazienza per poi mostrarle la sua lattina, girata dall'altra parte, dove era rappresentato proprio il frutto: lei stava guardando dal lato opposto
«Oh... che strana scelta» osservò semplicemente la coreana lanciando un'occhiata al distributore. Dopo quella giornata era quasi vuoto eppure la colonnina col succo era praticamente ancora intatta e piena di lattine. «Pensavo che al mio ritorno non ti avrei rivista» disse quello di punto in bianco mentre si sedeva sulle panchine vicine alle vetrate (il piano terra era illuminato 24h su 24) «Mentre eravamo via abbiamo saputo del litigio che c'è stato con alcuni ballerini» spiegò lasciando in sospeso la frase
«Mi stupisco anche io di essere ancora qui» rispose con l'amarezza nella voce
«Stai pensando di andartene?». Perchè detta a quel modo suonava come un gesto da vigliacchi? Eppure se lo diceva a se stessa non dava quella impressione. Se lo diceva qualcun'altro invece dava proprio quell'idea. «Si» rispose in tono flebile sedendosi poco distante da lui e abbassando lo sguardo sulla lattina, muovendola per vedere i riflessi rosso sangue del liquido quando la luce che proveniva dall'apertura lo illuminava
«Sono rimasto sorpreso quando ho saputo che avevi litigato con qualcuno. Anche noi non ci siamo subito conosciuti in maniera... gradevole, eppure, anche se sono stato scortese, non ti sei comportata male a tua volta» spiegò questi mentre piegava le gambe e appoggiava i piedi sul bordo della panchina, rannicchiandosi a sedere su di essa, tenendo la lattina sulle ginocchia «Insomma non sembri una che attacca briga facilmente» in realtà lo era, ma solo se c'era una buona motivazione: la scortesia momentanea di un "datore di lavoro" era sopportabile, le ripetute molestie di un ballerino provolone no.
«Mi dispiace, ho causato molti problemi a più persone» riuscì semplicemente a dire
«Al posto tuo non avrei chiesto scusa» ammise Aiba «Non eri tu quella a doversi scusare, ma Sugita che si è comportato male importunando una collega»
«Come lo sai?» domandò allibita, sollevando lo sguardo su di lui. Era certa che ai vertici non si sapesse niente: Kaneko san non era mai stata convocata, a lei nessuno aveva mai domandato nulla sulle motivazioni e a sua volta aveva taciuto per evitare una situazione imbarazzante all'altra ballerina; credeva quindi che il motivo del litigio fosse rimasta un'informazione nota solo al corpo di ballo (e forse alla Masanobu) che non aveva fatto trapelare nulla di modo da far ricadere su di lei l'intera colpa.
«Kaneko san è una ballerina nuova e alle prime armi. Non aveva il coraggio di parlare con nessuno di ciò che era successo per paura di finire invischiata nella faccenda: non è brava quanto te, quindi le sue capacità non sarebbero state sufficienti a scongiurare il licenziamento» le spiegò Aiba, ricambiando il suo sguardo «Però la sera di quel litigio è stata nuovamente importunata e in un momento di sconforto ha raccontato tutto al suo manager. Siamo venuti a saperlo tramite lui»
«Non sapevo fosse successo ancora» scosse il capo
«Siamo stati tutti molto presi negli ultimi giorni. Volevamo registrare quante più puntate possibili per avere almeno due settimane libere dagli impegni televisivi e dedicarci di più allo studio per le riprese dei video»
«Mi dispiace, la notizia di un problema deve avervi infastidito durante il lavoro» non sapeva dove volesse arrivare Aiba, ma si sentiva sempre più atterrita e sempre più convinta ad andarsene, anche se era da vigliacchi
«Abbiamo alcuni problemi con l'ottava traccia, il testo non è stato ancora definito, l'arrangiamento musicale nemmeno e tra una ripresa e l'altra, un tentativo e l'altro di risolvere anche quest'ultimo problema, la notizia del tuo litigio è stato come un fulmine a ciel sereno»
«Mi spiace, mi spiace moltissimo» quella era veramente una ramanzina coi fiocchi. Non credeva che l'avrebbe mai fatto, ma si voltò verso il ragazzo e, posando la lattina da una parte, si inchinò quasi a toccare la panchina col naso «Non so proprio come farmi perdonare».
♫La vita è come una ricetta
Mischia la polvere di stelle, il sorriso degli amici
il silenzio candido della neve e il sale di una lacrima
è la tua ricetta, la tua vita.
Non ti smarrire nel labirinto del cuore
sarò sempre al tuo fianco qualunque cosa accada.
Giochiamo, balliamo,
mischiamo le nostre felicità♫
«Non devi scusarti sei stata fantastica!» esclamò invece quello, prendendola per le spalle e facendola rialzare «Intuendo che non sei quel tipo di persona ho chiesto in giro e abbiamo così saputo la reale motivazione del litigio. Ci hai colpiti tutti»
«Eh?»
«Il tuo gesto ci ha quasi commossi, soprattutto contando che pur essendo dalla parte del giusto hai avuto lo stesso l'umiltà di chiedere scusa senza rivelare una verità che avrebbe potuto mettere in imbarazzo una collega» le spiegò sorridente, pareva quasi che gli occhi gli brillassero e che si fosse appassionato a quella vicenda, nemmeno fosse stato un libro! «Ne abbiamo discusso insieme e improvvisamente ci siamo sbloccati: abbiamo buttato giù le prime idee serie per la traccia mancante, dopodichè abbiamo parlato noi con i capi del progetto affinchè non ti rimandassero a casa». Non credeva alle sue orecchie: gli Arashi al completo erano rimasti folgorati da quella scaramuccia più di Sugita (che si era preso pure il caffè in faccia), tanto da intercedere per lei. «Non so cosa dire...» farfugliò «Mi hai pure offerto il succo! Te ne offro altri tre!» esclamò prendendo la lattina, completamente nel panico
«Ma veramente... non importa» ammise Aiba, che nemmeno aveva finito il suo, ma era troppo tardi: la ballerina si era già lanciata verso i distributori e si agitava tutta per farlo funzionare, cercando nelle tasche «E dire che dovremmo essere noi a ringraziare lei» mormorò tra sè. La vide tornare di corsa verso di lui, rossa in viso e nel panico più totale «Che succede? Non funziona?» domandò
«No! E' che non ho portato la casalinga con me!» spiegò sconsolata. Aiba la osservò in silenzio per qualche secondo, completamente spiazzato da quella affermazione «Non ci ho pensato, non credevo potessero servirmi dei soldi di notte» si giustificò lei
«Ah! Il portafoglio**» la corresse scoppiando a ridere «Volevi dire il portafoglio» ripetè non riuscendo a calmarsi e piegandosi in due, tentando di tenere alta la lattina per non rovesciarla
«Aaaah! Masaki san, il succo, il succo!» esclamò lei prendendoglielo dalle mani «Ma che c'è da ridere?» domandò indispettita «Cosa c'è da ridere? Me lo puoi spiegare?» quasi, quasi veniva da ridere anche a lei, pure se non sapeva perchè!
♫Sarai sempre una persona preziosa.
Credi nel mio sorriso e afferra questa mano.
Oltre le montagne
Oltre il mare
fiumi e foreste
la vita è meravigliosa insieme a te.♫
Dopo un po' si immersero nel freddo dell'alba: erano le sei passate, ed avevano passato tanto di quel tempo a chiacchierare che Yun-seo si era completamente sciolta perdendo il carattere timido e riservato (a volte pure scontroso) che riservava per tutti gli sconosciuti. Masaki Aiba non era un ragazzo con cui si riuscisse a fare i riservati a lungo tanta era la genuina sincerità di ogni sua frase, la passione che metteva nello spiegare e raccontare qualsiasi cosa e tanto brillante era il suo sorriso. «Masaki san, perchè hai voluto bere succo di melograno? Non è così buono» domandò mentre si stavano per avvicinare ai dormitori
«No?» domandò sgranando gli occhi, piegandosi verso di lei, come a controllare sul suo viso se stesse dicendo la verità o se stesse scherzando «Accidenti, a me piace! Non pensavo potesse non piacerti!» ma se era l'unico prodotto inutilizzato del distributore? «Però ho pensato che fosse adatto»
«Adatto?»
«Giusto» spiegò con un sinonimo
«No intendo... in che senso?» facendogli capire che sapeva il significato intrinseco di quella parola, ma non nel contesto del loro discorso
«Lo sapevi che i Babilonesi masticavano semi di melograno prima di una battaglia? Dicevano che li rendevano invincibili» spiegò, tutto preso da quelle parole che cominciò addirittura a gesticolare «E poi mi hanno detto che nel linguaggio dei fiori il colore del melograno esprime maturità, volontà e determinazione. Insomma ti dà la carica, è forte!» concluse fermandosi davanti al piccolo dormitorio femminile. Yun-seo non rispose nulla, rimanendo stupita a riflettere su quelle parole «Aiba chan!» sentirono una voce provenire dall'oscurità delle stradine del campus
«Matsujun» rispose quello alzando un braccio e voltandosi verso il dormitorio maschile. Ne aveva chiaramente riconosciuto il timbro vocale, dato che al momento del richiamo per lei era impossibile capire chi fosse la sagoma che si avvicinava. «Sono ore che ti stiamo cercando!» lo riprese il bel moro che compariva dalle tenebre
«Eh? Perchè?»
«Ma quale "perchè"? Domani cominciamo presto, sei ancora in giro a divertirti a quest'ora?» domandò sconcertato quell'altro notando la presenza della coreana solo in quel momento «Ma che...» farfugliò squadrandola
«L'ho incontrata poco fa che gironzolava per il campus» mentì per coprire la sua nuova abitudine di andare a ballare nel cuore della notte «Nessuno dei due prendeva sonno e abbiamo continuato a fare una passeggiata insieme»
«Hai idea di quanto dobbiamo impegnarci in questi giorni? Non è il momento di perdere tempo» pronunciò quelle parole in tono più duro rispetto alle altre frasi, tanto che pareva una vera sgridata, e le disse alternando lo sguardo su entrambi pure se le occhiate a lei erano molto più brevi, come se non volesse far intendere ad altri all'infuori di Yun-seo che in realtà si rivolgeva proprio a lei! «Avvisiamo gli altri che non sei scomparso deambulando nel sonno e andiamo tutti a dormire» lo strattonò per spingerlo verso il dormitorio. Dopo quell'atteggiamento Matsumoto Jun le stava sempre meno simpatico: cos'era quelle occhiatine? Aveva distratto Masaki dai suoi doveri ed era tutta colpa sua?
«Perchè mi fai storie? Nino gioca fino alle due di notte da più di una settimana!» si lagnò Aiba mentre veniva trascinato via, quindi si girò verso di lei prima di essere troppo lontani «Spero ci mostrerai la tua risolutezza riflettendo attentamente e, alla fine, venendo alle prove di domani» le spiegò prima di scomparire inghiottito dal buio. Tutto quello che aveva detto quindi era per convincerla a non tornare a casa?
Ancora combattuta tra l'amarezza delle parole di Jun e la profondità di quelle di Aiba sentì il cellulare squillare e lo recuperò dalla tasca aprendolo per leggere il messaggio. Rimase in piedi davanti all'entrata del dormitorio, quindi pigiò rapidamente i tasti per comporre la risposta 「Sapevo di poter contare su di te. Scusami se continuo a creare problemi anche quando sono lontana, ma penso che mi fermerò qui ancora un po'」.
*Per chi non studia cinese: si pronuncia "cen bai siao". Chen è il cognome
** Yun-seo ha detto "shifu" (casalinga) invece di "saifu" (portafoglio)
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Capitolo 4 *** I petali della campanula [1#] ***
Yun-seo prese un profondo respiro per rilassarsi e calmare i battiti del cuore. Aveva fatto ritardo apposta e adesso doveva decidersi.
Aprì la porta della sala da ballo facendo più rumore possibile e ottenne l'effetto voluto: l'intero corpo di ballo si voltò verso di lei. Li guardò intensamente uno ad uno, rimanendo in piedi davanti all'entrata e ascoltò la porta richiudersi. Calò improvvisamente il silenzio e tutti si bloccarono a fissarla: era chiaro che avesse voluto attirare l'attenzione, ma ancora non si decideva a parlare. «Ahn san?» domandò timidamente Cheng
«Si» rispose riscuotendosi e osservandolo stupita, come se non si aspettasse di vederlo lì
«Avevi bisogno di qualcosa?» la incoraggiò ancora il cinese
«Si» rispose ancora «Si, avevo bisogno di qualcosa. Avevo bisogno di parlare con voi»
«Cos'avrai mai da dirci?» domandarono dal gruppo
«Mh? Chi è stato?» domandò incrociando le braccia, ma non ricevette risposta «Allora?» ancora nulla «Ottimo, è proprio la risposta che mi aspettavo» cominciò quindi ad alta voce, piantando bene i piedi a terra «Come potrei aspettarmi un atteggiamento diverso da un branco di vigliacchi come voi?
Volevo mettere bene in chiaro una cosa, perchè sono stufa di questa situazione. Sappiate che posso accettate di lavorare per due stagioni con persone razziste, dall'atteggiamento discriminante o che non mi apprezzano, ma non posso, in nessun modo, accettare di lavorare al fianco di un branco di ipocriti e voltafaccia. Quindi vorrei spiegarmi una volta per tutte. Sappiamo tutti perfettamente perchè Shibata san si è meritato quello che gli ho fatto, quindi non starò qui a dire a voi perchè ho reagito in quel modo, ne deduco che sappiate che se lo meritava e, se pure ho esagerato, è stato giusto reagire ai suoi atteggiamenti. Assodato questo gradirei che: primo, non si andasse in giro a parlar male di me dato che, se pure mi sono scaldata troppo, non ero dalla parte del torno; secondo, se non volete avere a che fare con me abbiate il coraggio di venire da me e di ammetterlo "Yun-seo mi fai schifo, non voglio avere a che fare con te". Preferisco la sincerità e una chiara dichiarazione di reciproca ignoranza, piuttosto che atteggiamenti ipocriti e pettegolezzi alle mie spalle come se foste bambini di cinque anni. Non volete avere a che fare con me? Perfetto: per quel che mi riguarda siete solo pezzi dell'ingranaggio del ballo di gruppo quindi posso anche arrivare alla fine di agosto senza sapere che siete esistiti, ma ditemelo» concluse per poi sciogliere l'intreccio delle braccia «E' chiaro che mi piacerebbe conoscervi. Sono una carota, non un automa. Vorrei poter lavorare in un ambiente sereno e condividere con voi questa esperienza, oltre che opinioni sulla danza e allenamenti divertenti. Anche voi siete carote, siamo tutti carote, quindi immagino che la sincerità, almeno per chiarire e migliorare i rapporti tra noi, siano il desiderio di tutti» si inchinò davanti al corpo di ballo «Per favore» concluse per poi affrettarsi dall'altra parte della sala da ballo. Si avvicinò alla parete trasparente e oltre passò la porta scorrevole che gli Arashi avevano lasciato aperta. Erano tutti ammassati a lato della porta, come se potessero spuntar fuori sono con il viso e nascondere il resto del corpo nonostante la parete fosse trasparente. Mentre però erano stati tutti in ascolto mentre parlava, da quando aveva finito erano inspiegabilmente tutti seduti a terra, piegati in avanti. Solo Aiba era rimasto in piedi, ben in vista sulla porta «Meglio di quello che mi sarei aspettato!» esclamò lui vedendola arrivare verso di lui e allungò il palmo della mano aperta
«Stupito con effetti speciali vero?» domandò lei, ancora rossa in viso, allungandosi a sua volta e battendo un cinque al ragazzo per poi continuare a camminare ed entrare nella stanza. Aiba invece le strinse la mano e la tirò verso di sè facendole fare rapidamente dei passi indietro: una volta che l'ebbe con la schiena contro il suo braccio abbassò la voce e si piegò leggermente verso di lei «Non vorrei rovinarti l'effetto teatrale, ma si dice "esseri umani", non "carote"*». Inutile dire che a quel punto gli altri, che si erano piegati a terra per trattenersi, scoppiarono a ridere di gusto «Eh? Sul serio? Io ero convinta...» spalancò gli occhi la coreana «Si somigliano» riflettè arrossendo di nuovo
«Non importa, sicuramente abbiamo cominciato bene la giornata» disse Ohno, alzandosi da terra e tossicchiando cercando di darsi un contegno «Certo che dopo l'uniforme...» riflettè tornando a ridere. Yun.seo sgranò gli occhi e lasciò andare la mano di Aiba dandogli uno schiaffo sulla spalla «Gliel'hai raccontato?» esclamò a metà tra l'imbarazzato completo e l'offeso
«Ma no, giuro!» rideva quello
«E allora come fanno a saperlo?»
«Ce lo ha raccontato. Anche quello della casalinga»
«Eeeh? Nino, stai zitto!» cercò di difendersi Aiba
«Mmmh... che cosa... mh.. succede?» chiese Sho, che arrivò solo in quel momento, mentre mangiava una caramella
«Sho kun te ne sei persa una bellissima!» gli spiegò Nino mentre ancora si contorceva a terra
«Eeemmh? Cosa? Cosa?» domandò quello curioso, piegandosi su di lui
«LA CARAMELLAAAAAA!!!» aveva urlato Aiba prima di partire in corsa e lanciarsi nel mucchio degli amici per avventarsi su Sho «Era l'ultima, era mia, era mia!!»
«Come l'ultima? Sho era l'ultima?» scattò Nino dando manforte ad Aiba «Sho sul serio?»
«Nooo, sputala! Sputala! Avevamo detto che era miaaa!! Era miaaa!!» ribatteva il ragazzo che si era avventato su Sho per poi attaccarlo con del solletico selvaggio, forse nella speranza di fargliela sputare
«Ridagliela Sho, ridagliela!!» Nino gli dava manforte per il puro gusto di divertirsi con loro
«Aiba chan non ti conviene, gli è caduta a terra» spiegò Ohno con una smorfia di disgusto e i due attaccanti si allontanarono immediatamente, dando anche alla vittima un po' di respiro
«Che schifo, Sho kun»
«Disgustoso, veramente» ridacchiarono tutti insieme.
A quella scena Jun assisteva sorridendo, senza intervenire, e all'ultima reazione dei due, che da uno scalmanato solletico erano passati a tranquille smorfie di disprezzo, scoppiò a ridere senza trattenersi, contagiato un po' da tutti. Le sue risate si fermarono improvvisamente quando incontrò per caso lo sguardo della ballerina coreana, si smorzarono e il sorriso scemò leggermente dalle sue labbra. Lo stava facendo di nuovo: perchè quando i loro sguardi si incrociavano aveva quell'occhiata strana? Yun-seo si innervosiva ogni volta che lo vedeva: più lo osservava più sembrava avvolto da un aura di fascino e magnetismo, tanto forte che avrebbe potuto sbatterci contro ballando, ed il suo sguardo la trasmetteva tutta anche a distanza, comunicando la forza di cui quel ragazzo era ricco. Eppure fino a quel momento era sempre sembrata una persona seria, posata, silenziosa, quasi un felino che attenda quieto il momento giusto per uscire allo scoperto. Non le era nemmeno sfuggita l'occhiata che si erano scambiati prima e non avrebbe saputo descriverla, forse quella che le persone vedono ritrovandosi in pericolo davanti ad un animale feroce: l'occhiata gelida di chi sta ancora decidendo se farsi uno spuntino per aprirsi lo stomaco oppure no. «Ohi» Ohno richiamò Jun colpendogli la fronte con l'indice «Pronto? Hai sentito?»
«Aho!» esagerò il moro portandosi una mano alla fronte, distogliendo l'attenzione da Yun-seo «No, io... che cosa?» rispose sbattendo le palpebre, passando lo sguardo sui tre con lui
«Va tutto bene?»
«Mh? In che senso?» chiese a sua volta appoggiando la schiena al muro trasparente
«Sono due giorni che ti vedo un po' tra le nuvole e non proprio di buon umore. Hai dei problemi?» continuò ad indagare
«Mi dispiace se vi sto facendo preoccupare, ma sto bene. Aiba chan piuttosto? Gli piace la nuova collaboratrice eh?» sviò il discorso facendo un mezzo sorrisino.
«Buongiorno a tutti!» esclamò la coreografa, una donna sulla quarantina energica e sorridente, entrata proprio in quel momento. Il discorso tra i due venne interrotto «Saito san, buongiorno!» risposero in coro gli Arashi alzandosi dai loro posti e raggiungendola
«Pieni di energie come al solito vedo» scherzò la donna mentre appoggiava da una parte il borsone che si portava dietro «Ogni volta mi aspetto di vedervi almeno un po' stanchi, dato i numerosi impegni che avete, e invece sembra che niente vi abbatta»
«E' che siamo sempre ansiosi di allenarci con Saito Sensei» spiegò Ohno, appoggiato dall'annuire degli altri
«Spero siate pronti allora» attese la risposta decisa del gruppo quindi guardò alle loro spalle «Prima di tutto volete presentarmi la nuova collaboratrice?». Ci fu un attimo di imbarazzo: anche se avevano riso fino a quel momento, quattro di loro non conoscevano abbastanza la coreana per potersi azzardare a presentarla, non sarebbe stato corretto; ma Aiba prese in mano la situazione «Ahn san è coreana. E' stata scelta per fare la prima ballerina» spiegò allungando un braccio verso la ragazza facendole segno di avvicinarsi, era infatti rimasta al centro della sala senza muoversi «Ah è così? Beh, io sono Saito Kaoru, coreografa del gruppo»
«E' un po' la mamma sostituta di tutti noi» azzardò a spiegare Ohno chinando leggermente il capo
«Sono Ahn Yun-seo, molto piacere» si inchinò profondamente la ballerina «Sono onorata di fare la sua conoscenza, lavorerò duramente e farò del mio meglio» pronunciò nervosamente, si era preparata quella frase quella stessa mattina mentre osservava imbambolata la sua ciotola di cereali a colazione (chiaramente aveva nuovamente fatto colazione da sola). «Perlomeno è cortese» disse con una risata divertita la coreografa «Ma non hai bisogno di essere così formale con me. Conosco i ragazzi più o meno dal loro debutto e mi sono occupata della loro preparazione per tutti questi anni, ormai il mio lavoro di insegnamento si basa sulla fiducia e lo scambio di idee sul lavoro. Insomma non sentirti sotto pressione» spiegò la donna
«Saito san ha ragione, Ahn san. Lei è qui per insegnarci i passi, ma più che altro ci affianca nell'apprendimento, non è che sia proprio una nostra superiore» spiegò Aiba
«Se però non studiate vi caccio in corridoio con un secchio d'acqua sulla testa!» scherzò questa per poi voltasi verso la borsa «Forza, cominciamo!». Yun-seo, ancora una volta, si era dimostrata timida e di poche parole di fronte ad una sconosciuta: forse era sembrata scortese ai suoi occhi?
Saito san passò la maggior parte della mattinata a spiegare in cosa consisteva esattamente il progetto delle otto tracce. Tutte insieme formavano idealmente una storia che, seppur raccontata molto astrattamente dal testo di ognuna, sarebbe stata invece chiaramente comprensibile quando avessero girato i video. Questo tipo di video che raccontano un'unica storia, si sa, appassionano il pubblico ed era proprio per quello che la Johny aveva deciso di intraprendere questa mossa pubblicitaria per promuovere l'anniversario di uno dei suoi gruppi di punta. La storia, in breve, raccontava di cinque personaggi che in modi differenti fanno la conoscenza di un sesto personaggio, femminile, e se innamorano. Ognuno di essi in maniera differente tenta di conquistarla esponendo il proprio cuore e il proprio carattere. Le tracce erano otto: una di introduzione, una di conclusione e una per personaggio. Ognuno dei cinque membri degli Arashi aveva ideato personalmente un personaggio a proprio piacere e su di esso era stato fatto il testo. Aiba, per esempio, aveva ideato un ragazzo spensierato e amante della vita, con mille amici, ma che si sentiva sempre solo: l'incontro con la ragazza lo cambiava. I suoi tentativi di mostrarle le gioie semplici di ogni giorno, trasmetterle la sua gioia di vivere, gli avevano fatto capire cosa mancava realmente alla sua esistenza per non sentirsi più solo: fiducia e affetto sincero. Questo a Yun-seo spiegava molto del testo della sua canzone "Credi nel mio sorriso e afferra questa mano. Oltre le montagne/Oltre il mare/fiumi e foreste/la vita è meravigliosa insieme a te" proprio quella che ascoltava la sera prima.
«Va bene, cominciamo?» annunciò Saito san battendo le mani «Solitamente chiedo ai ragazzi di impararsi i passi prima di cominciare il lavoro con me, quando gli impegni glielo permettono. In questa sede solitamente correggo loro gli errori del loro primo apprendimento, lavoriamo sullo spostamento nello spazio che avranno a disposizione, palco o set di un video, li aiuto a coordinarsi, aggiungiamo movimenti e perfezioniamo il tutto» spiegò mente sistemava i CD con le tracce «Ma, lo ammetto, ho totalmente dimenticato di raccomandare questa cosa alla tua manager. Se preferisci oggi lavorerò con loro e tu...»
«Posso farlo» rispose chinando il capo «A grandi linee so già i passi delle cinque tracce principali» spiegò rimanendo chinata
«Oh» espresse semplicemente la coreografa squadrandola attentamente «Va bene, allora... Jun kun, cominciamo con te?» domandò richiamandolo con un gesto del braccio e avvicinandosi allo stereo. Se c'era una persona dalla quale preferiva non cominciare era proprio Matsumoto Jun, ma allo stesso tempo era molto curiosa: come avrebbe ballato una persona che lanciava quel genere di sguardi?
Prese posto da un lato della sala mentre la coreografa dava delle istruzioni al moro, che si era alzato dal suo posto di malavoglia, ed attese di sentire la musica. Il cuore le batteva all'impazzata, ma cercò di concentrarsi solo sulla musica lasciando che ogni nota la raggiungesse ed accarezzasse la sua coscienza risvegliando i ricordi dei passi, solleticandole la pelle e spingendola a muoversi.
Il personaggio di Matsumoto Jun era l'opposto di quello di Aiba: era complesso, controverso, pieno di luci ed ombre, ma esteriormente perfetto, elegante, raffinato, dai modi e dalle parole perfette. La musica era ritmata in maniera dolce, accompagnata da lunghe note di un quartetto di violino ed ogni tanto il suono morbido e limpido di un clarinetto spezzava il ritmo continuo della melodia principale. I passi che doveva fare da sola ricordavano molto quelli della danza classica: morbidi, eleganti, calcolati al millimetro, ma armoniosi e perfetti; mentre una volta incontratolo sarebbe sembrato più un valzer, seppur ballato su una melodia particolare e quindi più moderno. Secondo quel che raccontava la storia il personaggio di Yun-seo inciampava sul suo cammino, ma la sua caduta veniva fermata da uno sconosciuto che la afferrava al volo. E' così che si innamorava il personaggio di Jun, ma per quante volte la coreografa li facesse provare quel pezzo: lei che cadeva, lui che la salvava e l'occhiata decisiva; non c'era verso che fosse contenta. Yun-seo si estraniava sempre quando ballava, agiva d'istinto e le capitava spesso di essere lodata per aver trasmesso qualcosa tramite la sua danza, mentre a lei era sembrato semplicemente di ripetere senza sforzo i passi studiati. Le continue interruzioni della coreografa, la rigidità che lei avvertiva ogni volta che Jun la prendeva al volo e la aiutava a girare su se stessa prima di un semi casquet, il suo sguardo improvvisamente sfuggente, erano tutti elementi che dopo alcune prove cominciarono a disturbarla, a farla inciampare veramente, a ragionare meglio su quello che stava facendo e, quindi, a non ricordare i passi, a sbagliare dove pochi secondi prima era invece andata benissimo. Per quella mattina non andarono mai oltre i primi 30 secondi del pezzo.
«Va bene, va bene. Basta» sospirò sconsolata Saito san, battendo le mani «E' quasi ora di pranzo, riprenderemo nel pomeriggio». I due ballerini si erano inchinati e la tensione del pubblico, cresciuta con i loro continui errori, si rilassò improvvisamente. Solo in quel momento si accorse che la maggior parte del corpo di ballo era appiccicato alla parete trasparente per osservare le loro prove. «Volevamo tirare le tende, ma dato che nessuno di voi due se n'è lamentato...» spiegò Saito san mentre raccoglieva la sua roba e faceva per uscire «Ci vediamo più tardi» e si fece largo tra i ballerini per oltrepassare la porta a vetri e attraversare il resto della sala, guadagnando l'uscita. Il ragazzo oltrepassò Yun-seo senza degnarla di uno sguardo, visibilmente abbattuto e frustrato, ma lei si voltò per seguirlo con gli occhi ed aprì bocca mentre le passava a fianco «Ecco...» accennò lievemente
«Mh? Cosa?» domandò questi bloccandosi ed osservandola, mentre metteva le mani nelle tasche dei pantaloni
«Se posso permettermi» cominciò guardandolo dritto negli occhi, quando si trattava di danza non c'era niente che la intimidisse «Sei un professionista, non dubito che tu abbia talento, quindi non capisco perchè non ti riesca»
«Prego?» chiese quello aggrottando le sopracciglia. Gli altri quattro Arashi, che stavano raccogliendo i loro borsoni, si volsero a guadare la scena «Si, non capisco come mai non ti riesca. Eppure è facile, li avete scelti e ideati voi i personaggi, no?» domandò piegando il capo
«Si, sono nostre» rispose Ohno per Jun che dopo una manciata di secondi ancora non le aveva risposto
«Allora lo sai cosa dice questa canzone: il tuo personaggio è profondo, dietro una facciata di raffinatezza e fredda eleganza nasconde semplicemente il bisogno di fidarsi di qualcuno, di innamorarsi ed affidare a qualcuno i suoi veri sentimenti. Pensa di trovarlo nella ragazza che incrocia per caso e con lei da elegante diventa gentiluomo, attento ai suoi bisogni. Si innamora e comincia a cambiare, perchè non ti riesce di trasmetterlo se hai tutte le carte per farlo?» spiegò lentamente
«Cosa vorresti dire?» fece lui, sempre più perplesso
«Che tu sei il primo a nascondere la tua sensibilità agli altri mostrando un'aria composta e silenziosa, quindi sai cosa prova ed è per questo che hai descritto questo personaggio e non un altro. Io non so niente del mio, non ho ancora nemmeno sentito la sua canzone o letto il suo testo, eppure non sta andando male, perchè invece tu balli bene finchè sei da solo e quando dobbiamo farlo insieme c'è qualcosa che non funziona? Sono io il problema? Deve essere così, mi rifiuto di pensare che sia tu a non sapere cosa fare»
«E se fosse così?» domandò quello a bassa voce. La stava prendendo in giro, era arrabbiato o faceva sul serio? Non avrebbe saputo dirlo «Devi essere il tuo personaggio sia ballando da solo che con me: devi innamorarti, come capita a lui» concluse con un sorriso timido, ora che aveva finito di spiegarsi tornavano a galla i pensieri e i sentimenti personali che aveva su quel ragazzo. «E di chi? Di te?» domandò con un sorriso ironico il moro
«Certo, sono io il sesto personaggio» annuì osservandolo dubbiosa «Il primo attore di teatro ad ogni commedia deve innamorarsi della protagonista di turno. Loro lo fanno, tu non pensi di riuscirci?» ma non ricevette risposta. Jun sembrò semplicemente arrossire, si inchinò verso di lei e raggiunse l'angolo dove aveva appoggiato le sue cose. Yun-seo lo osservò finchè Aiba non la raggiunse e le mise una mano sulla spalla «Ho esagerato?» domandò
«Forse si» ammise annuendo «Ma magari gli farà bene... e poi tu esageri sempre»
«Masaki san, non dirlo come se mi conoscessi da una vita» sbuffò Yun-seo.
*Nel suo discorso Yun-seo ha detto "ninjin" (carote) invece di "ningen" (umano)
Bonus, un piccolo schizzo dei cinque baka vestiti da carota *_* (le frasi in giapponese sono semplicemente quelle dette nella ff: "Anche voi siete carote, tutti siamo carote!" "è 'umani', non 'carote'". Mentre la scritta colorata è laparola "ZAKURO" scritta in katakana ^_*)
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