Zakuro, un melograno tra l'erba

di Hika86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO: Il progetto ***
Capitolo 2: *** A piedi nudi nell'erba [1#] ***
Capitolo 3: *** A piedi nudi nell'erba [2#] ***
Capitolo 4: *** I petali della campanula [1#] ***
Capitolo 5: *** I petali della campanula [2#] ***
Capitolo 6: *** Una coccinella dispettosa [1#] ***
Capitolo 7: *** Una coccinella dispettosa [2#] ***
Capitolo 8: *** Il calore del sole [1#] ***
Capitolo 9: *** Il calore del sole [2#] ***
Capitolo 10: *** Sotto un grande cielo blu [1#] ***
Capitolo 11: *** Sotto un grande cielo blu [2#] ***
Capitolo 12: *** EPILOGO: "Lei" Un melograno in mezzo all'erba ***



Capitolo 1
*** PROLOGO: Il progetto ***


'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'

Era un giorno particolarmente caldo nonostante l'inverno inoltrato. Fino a una settimana prima c'era stata neve ovunque per le strade, ma ora tutto era pulito come il cielo azzurro sgombro di nuvole. Il sole che riscaldava, seppur a stento, l'aria di metà gennaio, sembrava veramente caldo rispetto al ghiaccio che aveva tormentato Tokyo nelle ultime settimane.
Una ragazza dai grandi occhi scuri osservava l'atmosfera luminosa dei grandi palazzi a vetri guardando fuori dall'ampia finestra di quello dove si trovava lei e avrebbe continuato a fissare il nulla, vagando con la mente nei propri pensieri, se una voce non l'avesse improvvisamente riportata alla realtà. Così accadde quando una mano le toccò la spalla e una voce le sussurrò gentilmente «Scusi, Ahn san»
«Mh... mh?» mugugnò sbattendo le palpebre e volgendo lo sguardo verso la donna in piedi al suo fianco che l'aveva richiamata
«Tra poco è il suo turno. Ha bisogno che la traduca?» domandò questa con cortesia, accennando ad un lieve inchino col busto
«Nh... no grazie, posso farcela» rispose piegando a sua volta il capo, timidamente, quindi riportò la sua più completa attenzione a ciò che avveniva nella stanza dove il giovane seduto nel posto alla sua sinistra stava concludendo il suo discorso. «Vi ringrazio ancora per avermi chiesto di partecipare a questo progetto. Farò del mio meglio» e anche lui si inchinò profondamente, arrivando a guardare con gli occhi il tavolo semicircolare a cui erano seduti
«Grazie, Sugita san» pronunciò la persona seduta al posto centrale del tavolo rettangolare davanti a quello a cui era seduta lei. Questi, dopo che le persone sedute con lui ebbero espresso i loro ringraziamenti, posò lo sguardo su di lei ed allungò una mano ad indicarla: non dovette dire nulla dato che bastò quell'occhiata perchè lei si alzasse in piedi e si inchinasse profondamente a sua volta. Aveva visto i vari giapponesi che si erano comportati così prima di lei così li aveva semplicemente imitati «Buongiorno» cominciò in giapponese, ma non appena fece per riprender fiato e cominciare uno del tavolo rettangolare si intromise
«Prego, c'è un interprete apposta» le propose con un sorriso affabile
«Oh... ah! Io...» fece per ribattere, ma la donna al suo fianco fece un passo avanti e così venne nuovamente interrotta
«Scusate, io sono l'interprete. Ritengo che la signorina Ahn parli un giapponese sufficiente a farsi capire da tutti in questa stanza. Se dovesse avere bisogno però rimango a vostra disposizione» spiegò con un inchino per poi tornare alle sue spalle, non senza averle fatto un cenno d'incoraggiamento.
«Buongiorno» ripetè, ancora un po' confusa e imbarazzata «Il mio nome è Ahn Yun-seo. Piacere di conoscerVi. Sono onorata dalla Vostra richiesta e dall'incarico che mi avete offerto. Ho accettato con gioia e spero di essere all'altezza dei compiti che mi assegnerete... cioè» stavolta si interruppe da sola sbattendo le palpebre e stropicciandosi le mani tra di loro, tenendo le dita intrecciate tra loro all'altezza del ventre «Farò del mio meglio» si corresse facendo un ulteriore inchino e cercando di controllare il suo respiro che andava affannandosi più andava avanti in quella presentazione
«La signorina Ahn è una delle migliori ballerine coreane. Ha collaborato con alcuni degli artisti più famosi del suo paese e, se non ricordo male, questa non è la prima collaborazione giapponese per lei» spiegò l'uomo al centro
«No, infatti» rispose prontamente Yun-seo
«"ballerina" è un termine piuttosto generale» spiegò un ragazzo giovane al tavolo rettangolare «Esattamente in cosa siete specializzata? Per cosa siete stata chiamata?»
«Ho cominciato con la danza contemporanea. In seguito ho partecipato a dei corsi di danza moderna per cui ho conseguito un diploma e l'abilitazione all'insegnamento. Da circa tre anni ho cominciato lo studio della danza classica, mentre da tempo approfondisco per passione personale i balli popolari dei paesi più diversi» spiegò quasi d'un fiato, rialzando il corpo e guardando il ragazzo, suo interlocutore «Da quello che ho capito dovrei... essere la prima ballerina» spiegò quindi, ora titubante e incerta a darsi quel nome che suonava tanto importante «Mi hanno detto che una conoscenza di diversi stili di danza era un requisito non indifferente quindi ho partecipato ai provini e...»
«Ahn san» la interruppe ancora il signore al centro «Grazie per essere venuta fino a qui da così lontano»
«Si, grazie a voi. Farò un buon lavoro» rispose lei facendo ancora l'ennesimo inchino e sedendosi trattenendo il fiato. Dopo ciò attaccò discorso la persona alla sua destra e lei potè rilassarsi. «Ben fatto» sussurrò la donna dietro di lei «E' andata bene».
Il giro di presentazioni continuò fino ad esaurire il folto gruppo che occupava il tavolo semicircolare e fin quando il sole non stava quasi tramontando «Bene, vi ringrazio per aver anticipato di qualche giorno il vostro arrivo a Tokyo per partecipare a questo incontro» disse quindi l'uomo, alzandosi in piedi e posando le mani sul tavolo rettangolare, con fare sapiente «Contro ogni mia aspettativa abbiamo impiegato parecchio tempo perciò non starò a ripresentarvi i membri dello staff organizzativo, nè lascerò la possibilità ai nostri ragazzi di presentarsi come voi: sapete perfettamente chi sono»
«Come?» «No, ma come? Anche io volevo l'inchino e la presentazione» «Si, era divertente» «Se non c'è tempo» «Facile che non avresti saputo cosa dire oltre al tuo nome» protestarono i ragazzi al tavolo con lui, sulla destra
«Va bene, alzatevi in piedi e facciamo in fretta» sospirò l'uomo ed attese che questi si fossero tutti alzati dalle loro sedie «In ordine: Satoshi Ohno, Masaki Aiba, Sakurai Sho, Kazunari Ninomiya, Matsumoto Jun» li presentò in ordine e parlando il più velocemente possibile. I cinque lo guardarono con gli occhi sgranati «Ma...» «Come?» «Da solo!»
«Siamo stati rapidi come volevo, potete risedervi» sorrise questi compiaciuto e facendo loro segno di tornare ai loro posti precedenti
«Eeeh?» «Ma dai...» sbuffarono mentre la scena provocò una leggera ilarità a qualcuno dei presenti al tavolo semicircolare
«Come avrete notato al vostro arrivo, davanti a voi avete trovato un piccolo depliant: vi trovate il progetto di cui siete entrati a far parte, per cui siete stati scritturati e per il quale lavorerete a partire da oggi, in più c'è anche la tabella di marcia indicativa dei primi due mesi di lavoro. Più o meno fino ai primi di Marzo.
Ognuno, inizialmente, è stato sistemato alla JH, facilmente raggiungibile da qui con la Linea Chiyoda, a Kita Senju. Nella struttura sono ospitati dormitori, stanze singole, bagni in condivisione, spazi comuni e le aule, le palestre e gli studi dove facciamo allenare e studiare i nostri ragazzi. Se qualcuno dovesse trovarsi meglio con altre soluzioni di vitto e alloggio può spostarsi tra sei giorni a partire da oggi, non abbiamo problemi. L'importante è la puntualità sul lavoro, la presenza e la precisione in ciò che facciamo» disse con un grosso sorriso, quindi allargò le braccia verso i presenti e concluse «Benvenuti al "Arashi 10th anniversary project&tour"!».

Facile a dirsi, ma Kita Senju, sulla linea Chiyoda, si trovava più o meno dall'altra parte di Tokyo rispetto alla sede della Kabushikigaisha Janizu Jimusho (Johnny & Associates, Inc.) ed arrivarci con la metropolitana tokyota richiedeva un po' di pazienza. Durante il viaggio Ahn Yun-seo, ballerina coreana di riconosciuto talento, ebbe tutto il tempo per conoscere la sua manager temporanea, lì, in Giappone: Takechi Miya. E viceversa. «Questo...» annunciò inizialmente Yun-seo, brandendo l'opuscolo preso durante la riunione «Non credo... non credo mi sevirà» spiegò balbettando e dando un'occhiata generale alle sue pagine
«Gliene ho fatta fare una copia in coreano» rispose prontamente l'altra frugando nella borsa da lavoro
«No, no... non credo serva nemmeno quello. Insomma...» si affrettò a dirle per poi bloccarsi imbarazzata e portarsi una mano sugli occhi, chiudendoli, cercando di raccogliere i pensieri
«Sono stata avvisata da Suu Hon-Yong» la informò la giovane manager al suo fianco che, smettendo di frugare tra i documenti, aveva alzato lo sguardo su di lei, sorridendole rassicurante «Farò del mio meglio per ovviare al suo problema. Però tenete lo stesso la copia in coreano, non si sa mai»
«Va bene» annuì la ballerina, tornando a guardarla e sfogliando ora la versione nella sua lingua «Come mai mi hanno affiancato proprio a te?» domandò usando da subito un linguaggio più familiare e meno formale «Sai parlare coreano?»
«Veramente so solo pochissime parole, ma io e Suu san ci conosciamo e quando ha dovuto mandare Ahn san in Giappone ha chiesto espressamente di me alla Johnny» spiegò la manager aggrappandosi ai sostegni della metro mentre arrivavano alla stazione di Otemachi
«Puoi chiamarmi Yun-seo o Yun, va bene lo stesso. Non so parlare bene il giapponese più formale. Il discorso di oggi me l'ero scritto e studiato in precedenza» ammise subito dopo, arrossendo lievemente «Così conosci Suu Hon-Yong?»
«Già. Sappi che farò del mio meglio per darti una mano, perchè tu non debba preoccuparti di altro che del tuo lavoro»
«Di ballare» pronunciò con un tono che pareva volerla correggere, ma insieme anche domandarle conferma «Ci sono ancora molte fermate?»
«Mmmh... siamo a poco più della metà, poi c'è un pezzo a piedi» spiegò la giovane Takechi
«Puoi quindi spiegarmi meglio il progetto? Così non devo sforzarmi con i fogli» domandò cortese la coreana per poi appoggiarsi meglio ad uno dei sostegni del vagone e mettersi in ascolto della sua manager temporanea. «Va bene. Dunque l'"Arashi 10th anniversary project&tour" è a mio avviso uno dei più grandi progetti di spettacolo che la Johnny abbia mai intrapreso. Si divide in due fasi: i lavori in studio e quelli dei live.
I primi si svolgeranno a partire da domani fino ai primi di Aprile e riguardano tutta le registrazione ex-novo dei brani scelti per la scaletta del CD speciale in uscita per l'anniversario del gruppo e l'inserimento di alcune nuove tracce speciali, ideate e composte apposta per questo evento. Sono queste tracce ad interessarti: sono otto pezzi i cui video, uno dopo l'altro, raccontano una storia e prima di tutto apparirai in questi video come personaggio femminile»
«Dovrò mostrarmi anche in viso?» domandò allargando leggermente gli occhi
«Questo punto è ancora in discussione» spiegò frettolosamente Takechi, troppo presa dalla spiegazione complessiva «Alla fine dei lavori di Aprile verrà lanciato il CD e verranno date alle TV i video, uno ogni settimana così da far passare due mesi circa. In quel periodo potrai tornare in Corea e occuparti degli altri lavori, ma per Giugno verrai richiamata in Giappone: sarà un mese difficile perchè saranno scelte finalmente le tappe del tour e ci saranno i primi preparativi, prove per i costumi, coreografie da adattare al palcoscenico e da riprovare. Due settimane prima della prima data del concerto cominceremo il tour arrivando alla prima tappa, una volta allestito il minimo indispensabile del palco cominceranno le prove di ballo nello spazio che effettivamente avrete a disposizione e molto altro».
A seguito di questa complessa spiegazione seguì un minuto di silenzio «Ah! Ho parlato troppo velocemente? C'è qualcosa che non hai capito?» domandò improvvisamente nel panico «Ah! E' la nostra fermata, me ne stavo dimenticando!» esclamò indicandole la banchina davanti a loro
«Mh? Eh? Questa?» domandò Yun-seo riprendendosi dai suoi pensieri e sbarrando gli occhi, quindi prese l'altra per l'avambraccio e la tirò con se saltando giù di corsa dalla metro. Per un pelo non rimasero dentro le porte. «Aaah... è stato pericoloso» sospirò Takechi
«Per lo meno non dovremo scendere e farcela a piedi. Andiamo, ti seguo» le disse accennando all'uscita
«Oh si, andiamo!» annuì l'altra e la accompagnò verso l'uscita della stazione di Kita-Senju.


Note per il resto della Fanfiction Zakuro 石榴 è la parola giapponese per "melograno".
La storia si svolge in quello che per noi è il passato dato che ho scelto come occasione l'anno del decimo anniversario degli Arashi, il 2009, quindi alcune cose sono per forza di pura finzione ed invenzione mia. Prendetela com'è e divertitevi.
Quando vedete un * significa che c'è un nota alla fine del testo del capitolo. Le parti scritte in blu sono dette in coreano.

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Capitolo 2
*** A piedi nudi nell'erba [1#] ***


La JH, abbreviazione di Johnny's House, era a tutti gli effetti un campus: un mondo a parte ed un piccolo paradiso provvisto di ogni cosa per chiunque lavorasse nel campo della musica pop. Nell'area, sistemata a verde (il che non pareva strano in quella zona dato che il grande parco di Ueno non era molto distante), si trovavano moltissimi edifici che comprendevano: centro conferenze e uffici, dormitori, una biblioteca, diversi impianti sportivi, mensa, un piccolo conbini interno e,infine, un intero edificio, il più grande, che ospitava sale di registrazione video e audio, postazioni internet, sale di lavorazione e montaggio, ampie sale alcune a specchi (per il ballo), altre ingombre di scenografie.
Dato che la Johnny promuove esclusivamente idol di sesso maschile non accadeva spesso di avere ospiti femminili nel complesso, ma dato che non vi risiedevano solo gli idol e dato che era capitato e poteva ancora capitare di ospitare qualcuna era stato costruito un dormitorio più piccolo, a fianco di quello più grande e principale, per gli artisti della Johnny, dedicato proprio alle ospiti che si fermavano al campus. Quella sarebbe stata la sistemazione di Yun-seo nei mesi invernali per la lavorazione dei video e la promozione del progetto. Takechi, che lei nella sua testa aveva ribattezzato Takechin, le aveva dato tutte le indicazioni per raggiungere l'edificio e poi l'aveva abbandonata all'entrata per andare agli uffici del campus a sistemare le ultime cose. Yun-seo attraversò il parco del campus guardandosi intorno: gli alberi erano spogli e i prati verde scuro parevano addormentati, i lampioni sparsi qui e là erano già accesi ed il buio cominciava a calare in fretta facendoli risplendere sempre di più, in giro vi erano poche persone mentre le finestre illuminate erano sempre di più.
Il cellulare squillò improvvisamente e smise altrettanto repentinamente. Lo recuperò dalla tasca ed aprì lo schermo luminoso 「Com'è andato il volo? Spero non ci sia stato nessun problema :-) Quando ti sei sistemata possiamo sentirci? Aspetto una tua chiamata. Chang」Lo richiuse di scatto con un sospiro seccato, solo quando tornò a far caso al campus intorno a sè si rese conto di aver continuato a camminare senza controllare la propria direzione già dallo squillo del cellulare e quindi doveva aver girato un angolo sbagliato: ma sbagliato da che parte? E quale? Guardando nella semioscurità delle strade si mise a ridacchiare tra sè quindi si mise una mano sugli occhi, chiudendoli e prese a girare su se stessa «Vediamo se funziona. Il dio degli stupidi è con me: allo stupido che perde la strada, il dio degli stupidi la ritrova» cantilenò come i bambini prima di bloccarsi sentendo di aver urtato qualcosa con la mano. «Cos'è? Un gioco coreano?» domandò la persona che si ritrovò davanti. Yun-seo riaprì gli occhi e arrossì fino alla radice dei capelli non prima di aver fissato il tipo per un paio di secondi, incapace di accettare il fatto di aver appena fatto una figura di quelle memorabili. «No» biascicò abbassando lo sguardo, si mise ad osservare l'asfalto come se potesse trovarvi scritto un suggerimento per uscire da quella situazione imbarazzante. Quello che aveva davanti non solo era uno di quelli che stavano nella sala quel mattino, alla presentazione del progetto, ma era pure uno dei membri del gruppo: uno dei protagonisti principali, uno di quelli con cui avrebbe dovuto lavorare e quindi uno di quelli con cui avrebbe preferito mantenere un atteggiamento professionale, serio e distaccato. I propositi erano ottimi, peccato non essere riuscita a rispettarli a lungo. «E' un...» farfugliò cercando una scusa ad un atteggiamento che era manifestamente stupido e quindi difficile da far passare come normale. Dopo due secondi di riflessione si arrese «E' un'uniforme» ammise infine con un sospiro, sperando nella bontà della persona davanti a lei che, nonostante tutto, sorrideva di genuino divertimento
«Un'uniforme?» domandò quello guardandola stupito: il divertimento era sparito dal suo viso per lasciar spazio allo sbigottimento
«Si, me l'ha insegnato un amico...» cominciò a spiegare sperando di potersi salvare in qualche modo
«Ah! Intendi un incantesimo!*» la corresse il ragazzo davanti a lei, che tentò di trattenere una risata
«Eh? Ah, si» ammise arrossendo una seconda volta «Si, intendevo incantesimo»
«Ah ecco» annuì per poi stringere le labbra tra loro in un sorriso divertitissimo e aggiungere «Che incantesimo era?» domandò questi scherzoso sempre nel tentativo di mischiare le risatine che gli scappavano con le parole che pronunciava
«Eh? Un amico mi ha insegnato un incantesimo da fare se mi fossi persa, ma è una sciocchezza, stavo solo giocando! E' solo che non ricordo da che parte andare...» tentò di giustificarsi portando la discussione sulla sua "penosa" situazione piuttosto che sul suo penoso errore «Dato che non c'era nessuno a cui chiedere tanto valeva provare una strada a caso e allora ho scelto chiudendo gli occhi!». A quella spiegazione fu impossibile trattenersi oltre e il ragazzo si piegò in due: perchè non era riuscita a mantenere un tratto serio e professionale almeno per le prime ventiquattro ore? «Non... NON IMPORTA!» esclamò chiudendosi meglio il bavero della giacca «L'incantesimo ha indicato quella parte, io vado. Con permesso» concluse facendo il giro intorno a lui e avviandosi a passi pesanti: era stata colta in un momento stupido, d'accordo, ma era maleducato da parte sua riderle in faccia a quel modo!
«Aspetta, hai detto che non funziona» pronunciò questi dopo aver preso un profondo respiro per riprendersi «E' la direzione sbagliata»
«Che? Diamine...» si bloccò all'istante guardando il bivio davanti a lei con lo sconforto nel cuore, oltre al danno anche la beffa
«Ti accompagno io per farmi perdonare» si propose questi raggiungendola e allungando una mano per prenderle il borsone che portava a tracolla (era stato il suo bagaglio a mano durante il volo) «Lo porto io, posso? Vai al dormitorio femminile, giusto? Andiamo» e accennò alla sua sinistra con il capo attendendo di vederla muovere un passo
«Grazie» disse lei con un lieve inchino, tornando seria. Due secondi dopo però alzò lo sguardo su di lui aggrottando le sopracciglia «Non era da questa parte?» domandò vedendolo entrare in un edificio
«Il dormitorio è questo» spiegò alzando il dito verso un cartello a fianco dell'entrata con le porte a vetri scorrevoli «Ci eri davanti» spiegò ridacchiando ancora mentre entrava nell'atrio: poteva andare peggio di così? Allungò il passo e lo raggiunse all'interno dove lo trovò a parlare con l'inquilino di quella che era una piccola portineria «Hai la stanza 6, al secondo piano» le spiegò porgendole la chiave «La aiuto con la valigia e scendo» disse all'omino oltre il vetro quindi si avviò. Ancora se la rideva tra sè e sorrideva tutto divertito anche quando entrarono nell'ascensore. Un volta dentro, però, caddero nel più completo silenzio: Yun-seo non aveva intenzione di aprire la bocca dato che tutte le volte che l'aveva fatto ci aveva ricavato solo brutte figure, in più era irritata da tutto il ridere di quel ragazzo che sfociava nella maleducazione. «Devi perdonarmi: tu sei la prima ballerina, giusto? Di nome...» disse questi ad un certo punto
«Ahn Yun-seo» rispose secca, uscendo per prima dall'ascensore e cercando con lo sguardo la porta della camera, smaniosa di esser lasciata in pace
«Giusto, non mi è subito facile capire i nomi stranieri. Io son...»
«Trovata, grazie mille» lo interruppe allungando la mano sul borsone e facendo un sorriso forzato e poco convinto «Buona serata» aggiunse per lanciare un chiaro segnale all'altro
«Ah, si... hai ragione. Sarai stanca per il viaggio, allora ti lascio disfare le valige. A domani, generale Ahn-san!» fece questi che, scherzando, si mise sull'attenti una volta che lei ebbe preso la borsa «Ci vediamo, non perderti di nuovo, mi raccomando» quindi fece un lieve inchino e si voltò per tornare verso l'ascensore. Yun-seo ne osservò la schiena ampia mentre si allontanava e si accorse in quel momento che non aveva giacca: che fosse uscito di fretta dal suo dormitorio solo per aiutarla vedendola spaesata? Con un piede in stanza e l'altro ancora fuori si sentì in colpa per la freddezza mostratagli, nonostante il suo atteggiamento non fosse stato dei migliori con tutte quelle risate forse non si meritava tanto. «Non so leggere i kanji, quindi non avrei riconosciuto il palazzo» disse mentre lui premeva il bottone per far aprire le porte dell'ascensore «Quindi grazie» l'altro girò lo sguardo su di lei, con un'espressione stupita dipinta in viso, ma non gli diede la possibilità di rispondere dato che, dopo quell'ennesima umiliazione, non avrebbe retto un secondo di più a guardarlo in faccia per quella sera. Fece un rapido passo indietro e richiuse la porta con decisione: orribile prima impressione, ma forse sarebbe riuscita a migliorare. Ma come, dopo quell'ultimo ringraziamento che, seppur dettato da buone intenzioni, gli era uscito dalle labbra così sgarbato? Poteva solo sperare che non andasse a raccontare il fatto a tutto il resto del gruppo.
Appoggiò il borsone in un angolo, con profondo sospiro, e si tolse la giacca. Bussarono alla porta quando si trovava a metà del gesto di buttarla sul letto «Si, arrivo» disse afferrando la maniglia ed aprendola di un poco «Nh?» sgranò gli occhi ritrovandosi davanti lo stesso ragazzo di prima
«Scusami. Sul serio, scusami» disse piegando il capo «Mi rendo conto di non essermi comportato bene, sono stato veramente un cafone a ridere in quel modo»
«Si, lo sei stato» rispose senza pietà
«Si, lo so. Hai tutte le ragioni di essere arrabbiata, eppure... mi hai ringraziato lo stesso» aggiunse guardandola «Grazie»
«Sei senza giacca» spiegò dopo un secondo, presa leggermente in contropiede da quelle parole «Ho pensato che fossi uscito solo per aiutarmi e poi... beh.. credo che chiunque avrebbe riso al tuo posto: ho davvero fatto una cosa stupida»
«Come si chiama il tuo amico dell'incantesimo?»
«Jae-joong...»
«Dì al tuo amico Jiajon...» fece cercando di assumere un tono solenne
«Jae-joong» lo corresse
«Sì, lui» annuì sbrigativo per riprendere la sua frase «Digli che le sue tecniche sono per prestigiatori da quattro soldi: ti insegnerò io le formule corrette per trovare la strada giusta e stavolta funzionerà» concluse con un sorriso orgoglioso prima che le porte dell'ascensore si aprissero e ne uscisse una donna, anch'ella con qualche borsa tra le mani. I tre si scambiarono un inchino poi attesero che questa sparisse nella stanza otto. «Va bene, io vado, altrimenti gli altri si chiederanno dove sono finito. Buona notte»
«Buona notte» rispose Yun-seo, rivolgendogli un sorriso divertito, ma del tutto sincero.

Non appena raggiunse il secondo piano corse rapidamente lungo il corridoio, già intravedendo Takechin infondo. «Yun-seo san!» esclamò questa non appena la vide a sua volta, sentendone anche i passi in lontananza che si avvicinavano rapidamente «Dov'eri finita? Mi spiace infinitamente io...»
«No, no! E' colpa mia! Maledizione!» aggiunse la giovane coreana una volta che l'ebbe raggiunta «Non lo so io cosa ho fatto! Ho girato a destra, invece era sinistra. Le mensa era lì, ma l'edificio non era quello giusto e poi.. non lo so, non lo so» spiegò con una serie di concetti random che chiarivano solamente come si fosse nuovamente persa
«Avrei dovuto disegnarti una mappa del campus, è colpa mia!» insistè la manager continuando a chinare il capo e stringersi nelle spalle, mortificata
«Avrei potuto studiarmela da sola o procurarmela!» ribattè la ballerina, con il fiato leggermente corto
«Ma sei stata affidata a me! Era compito mio!» pensava che se la manager si fosse inchinata di nuovo le vertebre della schiena avrebbero fatto i bagagli per abbandonare la loro padrona e i suoi metodi di sfruttamento
«Va bene, allora è colpa tua, ma non perdiamo ancora tempo» sospirò Yun-seo sbirciando oltre il vetro della porta, dove c'era già gente che ballava «Andiamo?»
«Si» annuì Takechin, sempre più afflitta. C'era effettivamente poco da star allegre, l'occhiata dei responsabili, quando le videro entrare nella stanza, fu a dir poco agghiacciante. O infuocata, l'effetto era uguale. Una persona però stava ancora ballando, con la musica lanciata a tutto volume nelle casse del mega stereo della sala da ballo, quindi alle due disperate venne lasciato qualche secondo per orientarsi nella stanza e scegliere l'angolo migliore per ricevere la prima sonora ramanzina della giornata, nonchè di tutto il progetto "Arashi nantoka nantoka**" come lei lo aveva rinominato dato che con l'inglese non ci andava molto d'accordo.
La stanza era effettivamente molto ampia e a pianta rettangolare: la parete dove si trovava la porta dalla quale erano entrate era, a parte per quei pochi metri dell'ingresso, ricoperta di specchi per tutta la sua lunghezza; la parete opposta era dotata di ampie finestre scorrevoli che illuminavano perfettamente lo spazio dell'intera sala. Le altre due pareti, i lati più corti del rettangolo, erano dotate l'una di panchine e appendiabiti, l'altra di tre porte scorrevoli in vetro e la parete era del tutto trasparente lasciando vedere dall'altra parte una stanza identica, forse leggermente più piccola. La parete trasparente e le finestre erano tutte dotate di tende da tirare in caso di bisogno.
Tutti quanti avevano appoggiato le proprie cose sulle panchine e si erano seduti più o meno in fila o a piccoli gruppi sotto le finestre, che cominciavano a circa un metro da terra per raggiungere quasi il soffitto. In un angolo vicino agli specchi era stato preparato un tavolo dove stavano sedute delle persone con un'aria perfettamente seria e solenne che cozzava con le loro tute multicolori creando un effetto comico notevole, tanto che Yun-seo non potè trattenersi dal sorridere divertita non appena li vide. Un tavolo uguale, ma dalla parte delle finestre, vedeva come occupanti i cinque membri degli Arashi: persino loro vestivano in maniere tanto differenti da formare un quadro quanto mai eterogeneo, ma perlomeno parlottavano, ridevano, si sgomitavano, cercando nel frattempo di seguire la dimostrazione in corso. La giovane coreana riconobbe il ragazzo con cui aveva parlato la sera prima e, nel resto del gruppo di ballerini, un paio di facce viste quella mattina a colazione quando, comunque, non aveva avuto occasione di parlare o conoscere nessuno. Lei e Takechin si accomodarono nell'angolo più lontano dai tavoli, più vicine alle panche che alle finestre, ma questo non valse loro la possibilità di essere dimenticate dagli istruttori e direttori che supervisionavano quella dimostrazione. Quando il ballo in corso si concluse e gli applausi sfumarono, infatti, il meglio piazzato del gruppo -un palestrato che sarà stato alto quasi due metri, a giudizio di Yun-seo- si alzò e le apostrofò ad alta voce «Takechi-san! E' arrivata la vostra ballerina?» domandò retoricamente
«Si, maestro, è arrivata. Mi scuso per il ritardo, mi scuso tantissimo» rispose la giovane scattando in piedi e inchinandosi profondamente
«In qualità di prima ballerina ci aspettiamo che il suo atteggiamento sia d'esempio al resto del corpo di ballo ed in qualità di prima ballerina del "Arashi (nantoka nantoka)" ci aspettiamo responsabilità, impegno e puntualità. L'opportunità che le è stata data non è qualcosa che si trova girato l'angolo, spero che di questo se ne renda conto. Mi hanno detto» aggiunse rincarando la dose «Che anche il giorno della presentazione Ahn san ha fatto ritardo. Data l'importanza e la portata del progetto, dato il duro lavoro da svolgere per i prossimi mesi a venire, è auspicabile che dimostri di aver compreso e apprezzato l'opportunità datale con un cambiamento di atteggiamento nei prossimi giorni». Takechin, in tutto questo, non si era ancora rialzata: eppure non aveva visto vertebre allontanarsi con dei bagagli in mano; con un lieve sospiro si alzò in piedi a sua volta e imitò la manager esclamando «Mi scuso. Non si ripeterà più» e nient'altro, anche perchè di tutti i paroloni detti dal palestrato non aveva capito quasi nulla: paradossalmente avrebbe compreso di più un maleducato "non fare più ritardo, cafona irrispettosa", piuttosto che quell'ipocrita ramanzina infarcita di termini formali.
Seguirono altre frasi simili da parte di qualche istruttrice dopodichè una di loro si avvicinò, staccandosi dal tavolo (o era più corretto chiamarlo "banco d'inquisizione"?) «Come prima ballerina speravamo di vedere la tua esibizione per prima, ma dato che non c'eri abbiamo cominciato con gli altri»
«Esibizione?» domandò di punto in bianco Yun-seo, ancora inchinata
«Puoi alzarti» le sussurrò Takechin, che si era rialzata da un pezzo. Nell'aula si sollevò qualche risatina soffocata che improvvisamente ruppe il silenzio tombale che segue tipicamente una qualsiasi lavata di capo. «Ahn-san non sapeva che doveva fare una dimostrazione stamattina?» domandò sbigottita la signora in tuta lilla e verde pisello. Effettivamente no, non ne sapeva niente, ma era chiaro che invece avrebbe dovuto saperlo. Le tornò in mente l'opuscolo con il progetto dei primi mesi di lavoro alla JH: era ancora sul tavolo in camera sua, o meglio sul tavolo sotto la valigia aperta per essere disfatta. Sentì Takechin irrigidirsi di fianco a lei e sentendo già che qualche borbottio di protesta si alzava dal tavolo rispose prontamente «Potete continuare con gli altri, non voglio intralciare il lavoro più di quanto non abbia già fatto. Farò per ultima» si inchinò ancora. Bastò a farli desistere «La prossima è l'ultima, in ogni caso» e chiamarono la persona successiva. Entrambe si sedettero su una panchina facendo un rumoroso sospiro -che gli altri non potevano sentire dato che era partita la musica. «La dimostrazione» piagnucolò la manager tenendosi il viso tra le mani «Ieri sera ho dimenticato di leggerti il programma, almeno quello di oggi o di questa settimana»
«E io ho dimenticato di chiederti di farlo. Takech... i san» si corresse automaticamente «Il problema è mio. Questo causa lavoro in più a te e ha sempre causato disagi a chi mi stava intorno da quando sono piccola. Dovrei, quindi, essere la prima a ricordarmi cosa c'è da fare per ovviare alla cosa, invece non è così»
«Sarai stanca per il viaggio, è comprensibile» mugolò l'altra che sembrava volersi proprio prendere tutte le colpe
«Ci risiamo, questo comunque non risolve il problema che non abbiamo letto il programma e non so cosa dovrò fare oggi» sospirò la coreana guardando distrattamente il ballo di chi si stava esibendo in quel momento, ma l'urletto della manager la riportò a guardarla
«Hai ragione! Non c'è scampo!» esclamò «C'era una traccia da portare, un ballo preparato da mostrare, tutte cose che non possiamo inventarci su due piedi» scosse il capo guardando il parquet lucido della sala «E' la fine»
«Non esageriamo. Questo è il mio campo, quindi sono io a decretare se siamo finite o meno. Mentre i miei ritardi sta a te dire quanto sono gravi, qui si parla di musica e di ballo e se sono la prima ballerina significa che qui dentro nessuno ne sa meglio di me, non tu e nemmeno i cinque Arashi» annunciò con sicurezza aprendo la borsa che si era portata dietro
«Nemmeno loro?» domandò perplessa la giovane giapponese che con tutta la preoccupazione e la pressione che si sentiva addosso sembrava invecchiata di colpo «Sono professionisti da dieci anni, come puoi dirlo con sicurezza»
«Perchè sono idol, Takechin. Io invece sono una ballerina» le spiegò con un sorriso tanto raggiante da spazzar via tutta l'insicurezza della manager. Frugò in una tasca laterale e ne tirò fuori un paio di CD. Li osservò uno alla volta, leggendone l'etichetta e alzando lo sguardo al cielo, farfugliando tra sè qualcosa in coreano, per poi guardare il CD successivo. Alla fine del brano che suonava si alzò dalla panchina scegliendo un disco tra tutti e affidandolo al ragazzo vicino allo stereo. Una volta spenta la musica si alzarono i soliti applausi e, a malincuore, Yu-seo capì perfettamente tutto quello che le persone in quella stanza dissero: «Ottimo, è il turno della prima ballerina» «Prima in cosa? In ritardi?» «Ma siamo sicuri che sia brava?» «Se non sa nemmeno leggere l'orario come fa ad imparare dei passi?» «Per me non è buona» «Sicuramente è per quello che le hanno affidato una manager alle prime armi come Takechi san» «Se la rispediscono a casa chi ci va al suo posto?» «Ci vai tu?» «Perlomeno la mia manager è una persona seria e non così incapace» «Lei è sicuramente meglio di questa qui» «E abbassa la voce che ti sente!» «Ma figurati!» «Può pure sentirlo, tanto non è giapponese» «Ma prima le hanno parlato in giapponese» «Non lo è?» «No, non sapevi che fosse coreana?» «Io nemmeno» «Non avrà capito nulla» «Si capiva dalla sua risposta corta di prima, l'accento è diverso» «E' coreana, che ci capisce quella di giapponese?».
Tutto: ma non poteva dirglielo. Anche se erano fastidiose, come insinuazioni, non poteva rispondere: la sua arma non erano le parole, ma il ballo e aveva in mente un modo molto più divertente degli insulti per far loro rimangiare tutto, fino all'ultima sillaba.
«Sicura di volerlo fare?» domandò l'istruttore palestrato «Mi è sembrato di capire che non fossi pronta»
«E' vero» ammettere la sua impreparazione a quel punto andava solo a suo vantaggio «Ma volete una dimostrazione delle nostre capacità reali, sarebbe vera se mi preparassi qualcosa prima? Conosco questo ballo, chiaramente, non improvviserò, ma non l'ho preparato per oggi, quindi non l'ho fatto recentemente» ammise scuotendo il capo «Giudicate voi se non sono stata chiamata proprio perchè le mie abilità rispondono al bisogno di un progetto importante e unico come questo. E il tutto a dispetto della mia nazionalità e dei miei problemi di orario» pronunciò quelle parole arroganti e dalle quali non riusciva a cancellare una nota di rabbia per ciò che aveva sentito, quindi si voltò e si mise vicina agli specchi girata verso di essi. Il ragazzo dello stereo fece partire il disco e la musica partì. Era "Mirotic"***: impossibile che non lo conoscessero dato che i DBSK (da loro conosciuti come Tohoshinki) erano famosi in tutta l'Asia ed il singolo era rimasto in testa alla classifica Oricon per un bel pezzo. Chiaramente, non prevedendo affatto di doverlo far ascoltare, il suo CD conteneva la versione coreana e non quella cantata in giapponese. Era un ballo che faceva il suo effetto in gruppo, ma anche da sola sapeva come valorizzarlo: movimenti fluidi alternati a scatti rapidi e ritmati, si inventò dei passi dato che non li ricordava effettivamente tutti, quindi, dato che aveva tutta la stanza a disposizione, si concesse qualche spostamento più ampio che, se gli riusciva e se non stava esagerando, avrebbe dovuto essere abbastanza teatrale. Nonostante questi accorgimenti tecnici da parte sua lei non stava effettivamente pensando a cosa fare: stava ballando e quella era la sua dimensione, poteva avere tanti difetti e incontrare migliaia di problemi in un paese straniero, ma la danza era sempre stata e avrebbe continuato ad essere un linguaggio internazionale e lei, di quel metodo di comunicazione, conosceva tutte le regole, i vocaboli e le espressioni. Come un interprete parla una lingua senza più dover ragionare sulla costruzione della frase, come un musicista suona senza dover più guardare le proprie dita, lei non pensava affatto ai passi da compiere: ascoltava la musica, il suo corpo la riconosceva e ripeteva dei gesti impressi nella sua memoria e, dove non riusciva a recuperare un ricordo, continuava a muoversi seguendo l'ispirazione del momento, seguendo il movimento precedente o contrastandolo a seconda di quello che le note suggerivano.
Effettivamente non le dissero nulla, nè dei complimenti, nè delle frecciatine velenose per salvarsi la faccia, il pubblico si limitò ad applaudire come alle presentazioni precedenti. Aveva avuto la sua personale vendetta a tutte le cattiverie dette su Takechin e sulla messa in dubbio del suo talento, ma ancora quelle parole le bruciavano, quindi non fece nemmeno un inchino e tornò verso la panchina dove proprio lei applaudiva entusiasta. «Bene, avete del tempo libero e poi il pranzo. Ci vediamo qui questo pomeriggio alle tre per cominciare la suddivisione in gruppi per il lavoro. A più tardi» annunciarono dal tavolo, ma lei stava già frugando nella borsa per trovare l'asciugamano: "Mirotic" non era una canzoncina tranquilla da ballare. «Sei stata fantastica!» esclamò la manager ancora applaudendo «Non credevo che fossi così brava! Voglio dire... sapevo che eri brava o non ti avrebbero mai scelto per questo ruolo, ma non pensavo... non pensavo tanto!» parlava ricolma di ammirazione. Yun-seo la guardò con metà del viso ancora affondato nell'asciugamano, era così entusiasta ed eccitata che le fece tenerezza: potevano dire tutto quello che gli pareva, ma in quel momento si sentì contenta di trovarsi a lavorare con quella manager e non l'avrebbe cambiata con nessun'altra. Fece per risponderle, ma venne interrotta proprio mentre prendeva fiato «Complimenti» si sentì dire notando, con la coda dell'occhio, una persona che si avvicinava
«Oh, Masaki san, buongiorno!» salutò cortese la manager inchinandosi verso il ragazzo
«Takechi san, buongiorno» ricambiò il giovane. Era particolarmente alto, dai capelli corti, castano scuri e leggermente ondulati, le sorrideva mentre applaudiva leggermente con le mani «Sei stata impressionante, veramente. In senso buono, chiaro! Non pensavo fossi così brava!» l'avevano tutti sottovalutata?
«Grazie» rispose educatamente chinando il capo «Aspetto di vedere come ve la cavate voi»
«Probabilmente accadrà domani mattina, questo pomeriggio saremo impegnati con la registrazione di una trasmissione, ma da domani cominceremo a lavorare insieme» le rispose lui
«Si, per favore» concluse Yun-seo con l'ennesimo mezzo inchino, notando come alcune ballerine li stavano fissando dalle panchine a cui si erano avvicinate per recuperare le loro cose. «Takechi san» un secondo ragazzo, di poco più basso dell'altro, lo raggiunse e salutò verso la manager «Aiba chan» aggiuse poi mettendogli una mano sulla spalla
«Jun» rispose il primo girandosi verso di lui
«Dobbiamo andare o faremo tardi agli studi» gli ricordò per poi lanciare un'occhiata a Yun-seo, prima di voltarsi e raggiungere gli altri. Fu un attimo rapido, ma guardarlo negli occhi a sua volta era stato sufficiente a far intendere ad entrambi parecchie cose l'uno dell'altra. Da parte sua lo trovò irritante: la sua occhiata era stata gelida, come se l'avesse analizzata e non l'avesse trovata di suo gusto, sentiva come se ci avesse appena litigato; contemporaneamente aveva trovato in lui uno sguardo profondo al punto tale da farle venire un brivido. «Allora io vado, con permesso» annunciò l'altro facendo un inchino rapido e raggiungendo il gruppo che usciva dalla stanza in quel momento. Alcune ballerine assistettero all'uscita dei cinque con sguardo sognante, il più di loro seguiva con occhio languido i passi del moro: il fatto che fosse particolarmente bello glielo rese ancora più irritante. «Yun-seo, quando hai avuto occasione di conoscere Masaki san?» domandò Takechin curiosa
«Mh? Ieri, quando sono arrivata. E' stato molto gentile e mi ha aiutato a portare le valige in camera» spiegò approssimativamente
«E devi aver fatto qualcosa a Matsujun» riflettè ancora la manager, leggermente preoccupata «Non ti ha nemmeno salutato anche se era venuto fin qui»
«E' quello moro e riccio vero?» domandò come conferma
«Si lui» annuì Takechin con un sorrisino imbarazzato «E' sicuramente il più bello dei cinque ed ha moltissimo stile... beh insomma, voglio dire che generalmente è una persona molto gentile e disponibile ed è sempre il primo che vuole conoscere i collaboratori e tutti quelli che lavorano con il gruppo. E' molto responsabile» cercò di spiegarsi, dandosi nuovamente il contegno professionale perso già davanti al ritardo della coreana poco prima «E' quindi strano che non abbia cercato di conoscerti, dato che sarai una di quelle che lavorerà di più con loro in persona»
«Takechi san sei una fan di Matsumoto san?» domandò la ballerina, ma aveva già intuito la risposta
«Eh? Io?» fece questa confusa «No beh.. lo ammiro professionalmente, riconosco la sua serietà e l'impegno che riversa nel suo lavoro. A dispetto di quanto pensa la massa, il mondo dello spettacolo non è solo soldi e divertimento: spesso ci vogliono giornate intere, a volte mesi per preparare eventi, trasmissioni e spettacoli che si esauriscono invece in pochissime ore. E' il pubblico a divertirsi in prima istanza, per chi è del settore prima viene il lavoro e l'impegno, il divertimento è solo effetto di ciò che si è fatto in precedenza»
«Brava Takechi san, così si parla» ridacchiò prendendo la borsa e mettendosela in spalla dopo averci rimesso l'asciugamano «Hai abilmente sviato la mia domanda, ma anche la mancanza di una risposta esplicita è una risposta, quindi sei una fan di Matsumoto san e ti piace parecchio»
«No, no! Solo professionalmente!» ribattè debolmente mentre uscivano per ultime dalla sala «Piuttosto, Yun-seo, sbaglio o prima mi hai chiamato "Takechin"?»
«Affatto. O al massimo ho aggiunto una enne sbagliando la pronuncia, non sono brava col giapponese io. Andiamo a pranzare?» effettivamente doveva esserselo lasciato scappare, ma prendere un po' in giro la sua manager teporanea si stava rivelando molto divertente.

* Yun-seo ha detto "soroi" (uniforme), invece di "noroi" (incantesimo).
** "nantoka" è l'equivalente di "eccetera" in giapponese, in giapponese suonava molto più musicale che in italiano, quindi ho preferito dargli un nome giapponese XD
*** per darvi un'idea di come sia questo balletto (e per farvi sentire la canzone) cliccate QUI (è il video di alcuni alunni di una scuola di danza coreana, così da darvi l'idea di come sia il ballo fatto da gente che NON sono i DBSK XD)

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Capitolo 3
*** A piedi nudi nell'erba [2#] ***


Inutile dire che, come a colazione, anche a pranzo nessuno le rivolse la parola. Solo occhiate incuriosite o, in un certo senso, ostili.
Dato che aveva imparato la strada, ma col dubbio di sbagliarla per colpa di tutte le deviazioni fatte quel mattino, si avviò con largo anticipo verso la sala che trovò ancora deserta. Si tolse giacca e felpa rimanendo con la canottiera nera e i pantaloni della tuta, neri anch'essi ma con delle strisce bianche e viola ai lati, e si mise a fare del riscaldamento.
I primi ad arrivare, dopo di lei, furono alcuni ragazzi giovani che chiacchieravano tra di loro. Yun-seo li riconobbe e li salutò, soprattutto perchè non erano del gruppo che aveva parlato male di lei e di Takechin. Inaspettatamente questi risposero al saluto con un lieve inchino e alcuni cominciarono a parlare con lei dopo che tutti ebbero cominciato a riscaldarsi «Ehm... Ahn san?»
«Si, sono io» rispose finendo il piegamento che stava facendo e volgendosi verso i tre che si erano avvicinati
«Mi chiamo Sugita Takuto. Volevamo dirti che ci è piaciuta molto la tua dimostrazione di questa mattina» disse il primo con un mezzo inchino
«Sono Kuramoto Sashiro. è stata molto bella. Era "Mirotic" vero?» domandò il secondo
«Io sono Chen Bai Qiao*. Sono sicuro che fosse "Mirotic", sono un fan dei DBSK e ho anche studiato su alcuni dei loro passi»
«Ahn Yun-seo» si presentò a sua volta con un mezzo inchino «Vi ringrazio per i complimenti. Ti piacciono? Allora siamo in due» annuì sorridendo contenta «Da dove vieni?»
«Sono cinese, ma noi tre e gli altri veniamo tutti dalla stessa scuola di ballo. Facciamo parte del corpo di ballo principale della compagnia. Volevamo chiederti un favore»
«Si, dato che sei la prima ballerina speravamo ci potessi dare una mano con la tua esperienza» aggiunse Kuramoto.
Quando arrivò il resto del corpo di ballo i tre, più altri compagni, e Yun-seo stavano facendo riscaldamento provando dei passi insieme. Poco dopo arrivarono anche i coreografi e gli insegnanti che organizzarono il lavoro in gruppi e cominciarono ad illustrare le coreagrafie (otto, essendo otto i video). L'allenamento e l'insegnamento dei primi passi durò tutto il pomeriggio fino alle sette di sera. Vi fu solo una pausa verso le quattro. «Chen san, stai andando a prendere qualcosa da bere?» domandò Yun-seo vedendolo uscire dalla sala
«Si, vuoi che ti porto qualcosa?» domandò questi fermandosi sulla porta e facendo passare gli altri dietro di lui
«Vengo con te, così vedo dove sono i distributori» e lo raggiunse per uscire con lui. Dovevano scendere a piano terra e mentre si avviavano la ballerina attaccò subito bottone «E' molto che sei in Giappone?»
«Sono venuto qui alla fine delle scuole elementari. Mia madre è cinese, mio padre è giapponese»
«Parli bene il giapponese, non si sente che sei straniero»
«Anche tu sei brava, anche se è chiaro che sei coreana» ridacchiò il cinese «Devi scusarci se non ti abbiamo parlato prima. La più brava della nostra compagnia ha fatto l'audizione per il tuo posto e non è stata presa, quindi eravamo dispiaciuti per lei»
«Mmmmh... non importa» fece lei, pensierosa
«Poi abbiamo visto che altre persone non sono contente dell'idea della Johnny di assumere anche alcuni artisti stranieri tagliando fuori quelli giapponesi. All'inizio quindi non ce la sentivamo di parlarti» Chen chinò il capo mentre scendevano le scale, ma era chiaro che non lo faceva per vedere attentamente i gradini «Però noi non la pensiamo così e dopo la tua esibizione abbiamo capito che non è una questione di nazionalità: vogliono solo il meglio per uno dei gruppi più famosi del giappone, ed è giusto. Mi spiace molto»
«Non importa» ripetè scuotendo il capo «Sono la prima a non essere brava a farmi amici. Non ho molto coraggio per avvicinare le persone e non ho nemmeno un carattere facile»
«Però sei onesta!» scherzò il cinese mentre giravano nel corridoio e si avvicinavano alle macchinette. Il gruppo che era uscito dalla sala prima di loro si era accomodato sulle panchine in corridoio, prima dei distributori e discuteva animatamente: «E quant'è fastidiosa!» «Sembra solo un'incapace alle prime armi» «Com'è arrivata a far parte di questo progetto?» «Ha un bel corpo! Io me la farei» «Shibata san si farebbe chiunque respiri» «Ma piantala!» «Beh avrà qualcosa di buono se l'hanno scelta, no?» «Non è vero. Il suo ballo è stentato come il suo giapponese. Ma l'avete sentita come parla?».
Non stavano parlando di lei, altrimenti sperava che avrebbero smesso di farlo dato che erano passati in mezzo al loro gruppo per oltrepassarlo e prendere da bere. Presero le bibite in silenzio, lasciandoli parlare e Chen le indicò le vetrate dall'altra parte del corridoio per evitare di passar di nuovo vicini al gruppo «Ma chi accidenti sono quelli?» domandò a bassa voce, riferendosi al gruppo, maschi e femmine, che era poi lo stesso che aveva criticato lei e Takechin
«Sono della compagnia Masanobu. Il direttore della Johnny e quello della Masanobu sono ottimi amici, infatti la maggior parte dei corpi di ballo usati per i video e i concerti dei gruppi sono scelti da lì. Dato che il progetto degli Arashi è uno dei più imponenti che abbiano mai fatto hanno deciso di dare opportunità anche ad altre compagnie, come noi, e singoli professionisti, come te» spiegò altrettanto a bassa voce il cinese «Ma dato che hanno sempre avuto una posizione di privilegio alcuni si comportano in questo modo arrogante». Arrivarono alle vetrate e sorseggiarono le bibite calde in silenzio. Nel riflesso del vetro poteva guardare alle sue spalle e vedere il gruppetto che parlava sulle panchine. Solo dopo qualche minuto si accorse che vi era specchiata anche un'altra persona, nascosta a lato dei distributori, dalla parte opposta dalle panchine e stretta in un angolo tanto che nemmeno loro due, passandoci vicino, l'avevano notata. Era la ragazza che era arrivata in stanza poco dopo di lei la sera prima, mentre ancora parlava con Aiba. Si chiamava Sakura Kaneko e, nonostante il nome giapponese, era per metà Thailandese e non aveva mai vissuto in giappone, quindi non parlava bene la lingua.
Si allontanò dalle vetrate e raggiunse la ragazza chinandosi vicino a lei «Ehm... tutto bene? Vuoi qualcosa da bere?» domandò a mezza voce
«No, grazie, stavo per andare» rispose quella inchinandosi per poi uscire dal suo angolo e cominciare a camminare per tornare alle scale. Gli apprezzamenti che vennero fatti da due o tre ragazzi erano in un giapponese tanto particolare, usando delle espressioni particolari e dei modi di dire che non erano comprensibili nemmeno a lei che comunque il giapponese lo aveva studiato parecchio. La straniera aumentò il passò quando uno del gruppo si alzò per avvicinarsi ed infastidirla ed infatti questi non riuscì a raggiungerla: un po' perchè quella prese quasi a correre, un po' perchè questi venne strattonato per il braccio. «Dove vai?» domandò Yun-seo placcandolo «Lasciala in pace»
«Ma che...» fafugliò questi quasi inciampando sui suoi stessi piedi quando si senti placcare e strattonare con forza «Che... che diamine vuoi?» domandò quando, una volta giratosi, si accorse che era stata la coreana a trattenerlo
«Ehi, ma che vuole questa?» «Lascialo stare» «Shibata san torna qui»
«Mi vuoi mollare?» continuò il giovane dato che non accennava a lasciare la salda presa che aveva su di lui: e dire che lei era alta uno sgabello e un'oliva, eppure quello non riusciva a liberarsi. «Stammi bene a sentire, stupido pomposo» nella sua lingua gliene avrebbe dette di peggio, ma non aveva un vocabolario giapponese molto vasto in fatto di insulti e parolacce «Se pensi davvero di essere migliore di qualcuno, in questo progetto, dimostralo coi fatti: balla, invece di parlare» Gli strinse le mani intorno al polso e lo strattonò verso di sè guadandolo, ahimè, dall'alto verso il basso, il che smorzava l'effetto minaccia «Perchè se ti muovi come parli significa che danzi nella maniera più sgraziata che io possa immaginare, quindi NON sei meglio proprio di nessuno» gli disse con un sibilo che però fu ben udibile dagli amici che assistevano attoniti alla scena. Gli lasciò il braccio semplicemente riaprendo la mano di scatto e quello fece un passo indietro avendo ancora i muscoli tesi nel tentativo di sottrarsi «Mi hai fatto diventare cattivo il caffè» concluse quindi prima di rivoltargli il fondo del bicchierino in testa. Quella era l'intenzione, in realtà arrivò a rovesciarglielo sull'orecchio e il bicchierino gli finì sulla spalla. Lo oltrepassò con un sospiro e tornò sui suoi passi per andare verso le scale che portavano al secondo piano.
La notizia del litigio fece il giro di tutta la compagnia in pochi minuti e il lavoro di quel giorno si concluse un po' nel trambusto: le persone spettegolavano tra di loro invece di seguire le spiegazioni, erano disattente in quello che facevano e i passi non riuscivano. Come risultato le uniche che risultarono fare un ottimo lavoro e partire con il piede giusto furono Yun-seo e Sakura Kaneko, a cui nessuno raccontò nulla dato che era l'oggetto del litigio: entrambe furono lodate dai coreografi.

「Hero, come state? Il lavoro procede? Qui è una schifezza. Sto pensando di tornare. Mi ospiti per qualche giorno se rientro in Corea?」
Era una settimana che era arrivata in Giappone e la situazione non era migliorata affatto. Anzi: aveva scoperto che l'ambiente della danza, in quel paese, era particolarmente competitivo, le persone potevano essere amiche ma il giorno dopo avrebbero potuto essere rivali ed odiarsi. Dopo aver fatto arrabbiare il gruppetto della Masanobu e avergli fatto abbassare la cresta l'ambiente di lavoro era diventato molto pesante. Loro la lasciavano stare, avendo capito che non era il caso di infastidirla ancora, il resto del gruppo però la trattava freddamente: solo Chen ogni tanto si dimostrava più gentile di altri, ma le poche volte che riusciva a parlarci non era comunque nella stessa maniera rilassata del primo giorno. Questo per via delle ripercussioni "professionali" che quel litigio aveva provocato. Takechin, atterrita, l'aveva dovuta riprendere per il suo comportamento: la Masanobu si era lamentata con la Johnny direttamente ed il suo posto era stato seriamente a rischio così com'era stato probabile che l'avrebbero rimandata a casa. L'emergenza era poi rientrata, anche se inspiegabilmente dato che quando si era ritrovata a dover fare delle scuse ufficiali alla compagnia questi avevano fatto sapere che non sarebbe stato abbastanza. Cosa avesse fatto cambiare idea ai grandi capi non lo sapeva, ma da quel momento era stata bollata come elemento potenzialmente disturbante, seppur valido a livello professionale. Probabilmente era proprio per non avere problemi che più nessuno l'avvicinava.
Schiacciata dalla pessima atmosfera del corpo di ballo e oppressa dalla solitudine nella quale imperversava la sua vita in quel campus, era seriamente tentata di lasciar perdere e tornarsene a casa. Ciò che ancora la bloccava era pensare a tutti gli sforzi del suo manager coreano per farla comparire nella lista dei candidati al ruolo affidatole e anche l'idea che avrebbe messo in discussione la carriera e il futuro di manager di Takechin. Non vedeva vie d'uscita, in ogni caso, se non quella di dimettersi: come poteva lavorare tutto l'inverno in quel clima e dover poi condividere il periodo di un tour estivo con gente che non voleva avere a che fare con lei? Angosciata da questi pensieri passava le giornate a lavorare di malavoglia, con un perenne mal di testa, e le notti non riusciva a chiudere occhio se non dalle cinque di mattina fino alle otto, ora della sveglia. Da tre notti, quindi, aveva deciso di abbandonare il letto nel quale, in ogni caso, non avrebbe fatto altro che rigirarsi di continuo. Sgattaiolava fino alla sala da ballo (arrivava fino al secondo piano camminando nel buio perchè non aveva il coraggio di accendere le luci), passando le prime due ore ad osservare i fogli con i passi dei balli e la riprese che venivano fatte a volte durante gli allenamenti diurni, finchè non si faceva abbastanza tardi perchè nessuno avrebbe ronzato intorno all'edificio da notare che le luci erano accese. Intorno alle 3/4 di notte, infatti, si azzardava infine ad accendere alcuni luci in sala e provare i passi visti sullo schermo tenendo sempre il volume basso.

♫Hai mai pensato alla vita come un gioco?
Si vince, si perde
e sarà sempre così, che tu lo voglia o no.
Con chi hai deciso di giocare?
Chi vuoi al tuo fianco per andare avanti?
Questo lo puoi scegliere
Chi sceglierai tra tanti? Non vorresti me?♫

In una cosa era brava, a ballare, e quello faceva da anni dato che era la cosa migliore che le venisse. Doveva avere una predisposizione naturale: le bastava vedere i passi, provarli una volta lentamente ed era fatta. Il suo corpo registrava il ballo come se fosse una sequenza naturale di gesti e movimenti e con un po' di concentrazione, per non confondersi con altri, le era possibile riprodurre alla perfezione qualsiasi cosa (stili che aveva studiato, chiaramente: difficilmente avrebbe saputo ballare una samba alla giusta maniera solo guardandola). L'unica cosa che le serviva era la possibilità di ripetere un ballo intero lentamente, con attenzione e calma, riflettendo nella sua mente sulla posizione di piedi e mani in ogni momento, sulla direzione del movimento di una parte del corpo e di cos'avrebbe fatto il resto. Poteva metterci ore per imparare dei passi che a velocità naturale duravano appena una trentina di secondi, ma a quel punto non aveva dubbio su come farlo e si muoveva come se ballasse quella musica da una vita.
Si legò i capelli della frangia in un codino sulla testa, di modo da non averli davanti agli occhi, e cominciò nel suo studio notturno osservandosi allo specchio. Dopo circa due ore aveva già sudato abbondantemente e si era tolta la maglietta scaraventandola contro lo specchio con rabbia (sotto aveva una canotta): le era bastato ripetere un paio di volte un passo in maniera sbagliata che ora, provando l'intero ballo a tempo di musica, non riusciva a correggersi. Si sedette sul parquet con un sospiro seccato e si piegò su se stessa, affondando le mani nei capelli corti con un mugolio di insoddisfazione. «Già finito?» sentì domandare da una voce che rimbombò per tutta l'ampiezza della sala vuota. Scattò in piedi, colta alla sprovvista ed improvvisamente con il cuore in gola: l'avevano scoperta?
In piedi, appoggiato alla porta che aveva aperto, stava Masaki Aiba. Il gruppo, dall'inizio delle prove, non si era ancora visto ed era mancato per i consecutivi cinque giorni dopo quello fatidico delle dimostrazioni. «Non riuscivo a dormire così ho deciso di fare quattro passi e ho notato le luci» spiegò indicandole i faretti della sala «Insonne anche tu?» e lei rispose solo annuendo con il capo «Capisco, ti va qualcosa da bere?»
«Mh, si» mugugnò in risposta
«Allora rivestiti e andiamo ai distributori» la invitò indicandole la maglia a terra. Si rivestì del tutto, dato che a piano terra faceva freddo e non era il momento di ammalarsi, ma anche perchè ora che era stata scoperta aveva perso la voglia di continuare quegli allenamenti segreti.

♫Hai mai pensato alla vita come una danza?
A volte si fanno lunghi giri
ma se ci si muove a tempo di musica ogni passo è quello giusto
Con chi hai deciso di ballare?
Chi vuoi che segua l'armonia della vita con te?
Tra tanti che possono incrociare il tuo cammino
Chi sceglierai? Non vorresti me?♫

Si avviarono in silenzio. Avrebbe voluto dire qualcosa: tutto sommato sembrava un tipo simpatico, ma dopo cinque giorni che non si vedevano non sapeva proprio come cominciare o quale argomento usare e mentre ci pensava arrivarono fino ai distributori. «Lascia, offro io» le rispose lui quando la vide cercare delle monete nelle tasche
«Grazie» rispose con un mezzo inchino. Due secondi dopo le porse una lattina color rubino «Cos'è?» domandò guardando le scritte che non riconosceva
«Succo di melograno»
«Un che?» domandò ancora non riconoscendo affatto la parola usata da lui per descrivere la bevanda
«Me-lo-gra-no. Questo, vedi?» scandì con pazienza per poi mostrarle la sua lattina, girata dall'altra parte, dove era rappresentato proprio il frutto: lei stava guardando dal lato opposto
«Oh... che strana scelta» osservò semplicemente la coreana lanciando un'occhiata al distributore. Dopo quella giornata era quasi vuoto eppure la colonnina col succo era praticamente ancora intatta e piena di lattine. «Pensavo che al mio ritorno non ti avrei rivista» disse quello di punto in bianco mentre si sedeva sulle panchine vicine alle vetrate (il piano terra era illuminato 24h su 24) «Mentre eravamo via abbiamo saputo del litigio che c'è stato con alcuni ballerini» spiegò lasciando in sospeso la frase
«Mi stupisco anche io di essere ancora qui» rispose con l'amarezza nella voce
«Stai pensando di andartene?». Perchè detta a quel modo suonava come un gesto da vigliacchi? Eppure se lo diceva a se stessa non dava quella impressione. Se lo diceva qualcun'altro invece dava proprio quell'idea. «Si» rispose in tono flebile sedendosi poco distante da lui e abbassando lo sguardo sulla lattina, muovendola per vedere i riflessi rosso sangue del liquido quando la luce che proveniva dall'apertura lo illuminava
«Sono rimasto sorpreso quando ho saputo che avevi litigato con qualcuno. Anche noi non ci siamo subito conosciuti in maniera... gradevole, eppure, anche se sono stato scortese, non ti sei comportata male a tua volta» spiegò questi mentre piegava le gambe e appoggiava i piedi sul bordo della panchina, rannicchiandosi a sedere su di essa, tenendo la lattina sulle ginocchia «Insomma non sembri una che attacca briga facilmente» in realtà lo era, ma solo se c'era una buona motivazione: la scortesia momentanea di un "datore di lavoro" era sopportabile, le ripetute molestie di un ballerino provolone no.
«Mi dispiace, ho causato molti problemi a più persone» riuscì semplicemente a dire
«Al posto tuo non avrei chiesto scusa» ammise Aiba «Non eri tu quella a doversi scusare, ma Sugita che si è comportato male importunando una collega»
«Come lo sai?» domandò allibita, sollevando lo sguardo su di lui. Era certa che ai vertici non si sapesse niente: Kaneko san non era mai stata convocata, a lei nessuno aveva mai domandato nulla sulle motivazioni e a sua volta aveva taciuto per evitare una situazione imbarazzante all'altra ballerina; credeva quindi che il motivo del litigio fosse rimasta un'informazione nota solo al corpo di ballo (e forse alla Masanobu) che non aveva fatto trapelare nulla di modo da far ricadere su di lei l'intera colpa.
«Kaneko san è una ballerina nuova e alle prime armi. Non aveva il coraggio di parlare con nessuno di ciò che era successo per paura di finire invischiata nella faccenda: non è brava quanto te, quindi le sue capacità non sarebbero state sufficienti a scongiurare il licenziamento» le spiegò Aiba, ricambiando il suo sguardo «Però la sera di quel litigio è stata nuovamente importunata e in un momento di sconforto ha raccontato tutto al suo manager. Siamo venuti a saperlo tramite lui»
«Non sapevo fosse successo ancora» scosse il capo
«Siamo stati tutti molto presi negli ultimi giorni. Volevamo registrare quante più puntate possibili per avere almeno due settimane libere dagli impegni televisivi e dedicarci di più allo studio per le riprese dei video»
«Mi dispiace, la notizia di un problema deve avervi infastidito durante il lavoro» non sapeva dove volesse arrivare Aiba, ma si sentiva sempre più atterrita e sempre più convinta ad andarsene, anche se era da vigliacchi
«Abbiamo alcuni problemi con l'ottava traccia, il testo non è stato ancora definito, l'arrangiamento musicale nemmeno e tra una ripresa e l'altra, un tentativo e l'altro di risolvere anche quest'ultimo problema, la notizia del tuo litigio è stato come un fulmine a ciel sereno»
«Mi spiace, mi spiace moltissimo» quella era veramente una ramanzina coi fiocchi. Non credeva che l'avrebbe mai fatto, ma si voltò verso il ragazzo e, posando la lattina da una parte, si inchinò quasi a toccare la panchina col naso «Non so proprio come farmi perdonare».

♫La vita è come una ricetta
Mischia la polvere di stelle, il sorriso degli amici
il silenzio candido della neve e il sale di una lacrima
è la tua ricetta, la tua vita.
Non ti smarrire nel labirinto del cuore
sarò sempre al tuo fianco qualunque cosa accada.
Giochiamo, balliamo,
mischiamo le nostre felicità♫

«Non devi scusarti sei stata fantastica!» esclamò invece quello, prendendola per le spalle e facendola rialzare «Intuendo che non sei quel tipo di persona ho chiesto in giro e abbiamo così saputo la reale motivazione del litigio. Ci hai colpiti tutti»
«Eh?»
«Il tuo gesto ci ha quasi commossi, soprattutto contando che pur essendo dalla parte del giusto hai avuto lo stesso l'umiltà di chiedere scusa senza rivelare una verità che avrebbe potuto mettere in imbarazzo una collega» le spiegò sorridente, pareva quasi che gli occhi gli brillassero e che si fosse appassionato a quella vicenda, nemmeno fosse stato un libro! «Ne abbiamo discusso insieme e improvvisamente ci siamo sbloccati: abbiamo buttato giù le prime idee serie per la traccia mancante, dopodichè abbiamo parlato noi con i capi del progetto affinchè non ti rimandassero a casa». Non credeva alle sue orecchie: gli Arashi al completo erano rimasti folgorati da quella scaramuccia più di Sugita (che si era preso pure il caffè in faccia), tanto da intercedere per lei. «Non so cosa dire...» farfugliò «Mi hai pure offerto il succo! Te ne offro altri tre!» esclamò prendendo la lattina, completamente nel panico
«Ma veramente... non importa» ammise Aiba, che nemmeno aveva finito il suo, ma era troppo tardi: la ballerina si era già lanciata verso i distributori e si agitava tutta per farlo funzionare, cercando nelle tasche «E dire che dovremmo essere noi a ringraziare lei» mormorò tra sè. La vide tornare di corsa verso di lui, rossa in viso e nel panico più totale «Che succede? Non funziona?» domandò
«No! E' che non ho portato la casalinga con me!» spiegò sconsolata. Aiba la osservò in silenzio per qualche secondo, completamente spiazzato da quella affermazione «Non ci ho pensato, non credevo potessero servirmi dei soldi di notte» si giustificò lei
«Ah! Il portafoglio**» la corresse scoppiando a ridere «Volevi dire il portafoglio» ripetè non riuscendo a calmarsi e piegandosi in due, tentando di tenere alta la lattina per non rovesciarla
«Aaaah! Masaki san, il succo, il succo!» esclamò lei prendendoglielo dalle mani «Ma che c'è da ridere?» domandò indispettita «Cosa c'è da ridere? Me lo puoi spiegare?» quasi, quasi veniva da ridere anche a lei, pure se non sapeva perchè!

♫Sarai sempre una persona preziosa.
Credi nel mio sorriso e afferra questa mano.
Oltre le montagne
Oltre il mare
fiumi e foreste
la vita è meravigliosa insieme a te.♫

Dopo un po' si immersero nel freddo dell'alba: erano le sei passate, ed avevano passato tanto di quel tempo a chiacchierare che Yun-seo si era completamente sciolta perdendo il carattere timido e riservato (a volte pure scontroso) che riservava per tutti gli sconosciuti. Masaki Aiba non era un ragazzo con cui si riuscisse a fare i riservati a lungo tanta era la genuina sincerità di ogni sua frase, la passione che metteva nello spiegare e raccontare qualsiasi cosa e tanto brillante era il suo sorriso. «Masaki san, perchè hai voluto bere succo di melograno? Non è così buono» domandò mentre si stavano per avvicinare ai dormitori
«No?» domandò sgranando gli occhi, piegandosi verso di lei, come a controllare sul suo viso se stesse dicendo la verità o se stesse scherzando «Accidenti, a me piace! Non pensavo potesse non piacerti!» ma se era l'unico prodotto inutilizzato del distributore? «Però ho pensato che fosse adatto»
«Adatto?»
«Giusto» spiegò con un sinonimo
«No intendo... in che senso?» facendogli capire che sapeva il significato intrinseco di quella parola, ma non nel contesto del loro discorso
«Lo sapevi che i Babilonesi masticavano semi di melograno prima di una battaglia? Dicevano che li rendevano invincibili» spiegò, tutto preso da quelle parole che cominciò addirittura a gesticolare «E poi mi hanno detto che nel linguaggio dei fiori il colore del melograno esprime maturità, volontà e determinazione. Insomma ti dà la carica, è forte!» concluse fermandosi davanti al piccolo dormitorio femminile. Yun-seo non rispose nulla, rimanendo stupita a riflettere su quelle parole «Aiba chan!» sentirono una voce provenire dall'oscurità delle stradine del campus
«Matsujun» rispose quello alzando un braccio e voltandosi verso il dormitorio maschile. Ne aveva chiaramente riconosciuto il timbro vocale, dato che al momento del richiamo per lei era impossibile capire chi fosse la sagoma che si avvicinava. «Sono ore che ti stiamo cercando!» lo riprese il bel moro che compariva dalle tenebre
«Eh? Perchè?»
«Ma quale "perchè"? Domani cominciamo presto, sei ancora in giro a divertirti a quest'ora?» domandò sconcertato quell'altro notando la presenza della coreana solo in quel momento «Ma che...» farfugliò squadrandola
«L'ho incontrata poco fa che gironzolava per il campus» mentì per coprire la sua nuova abitudine di andare a ballare nel cuore della notte «Nessuno dei due prendeva sonno e abbiamo continuato a fare una passeggiata insieme»
«Hai idea di quanto dobbiamo impegnarci in questi giorni? Non è il momento di perdere tempo» pronunciò quelle parole in tono più duro rispetto alle altre frasi, tanto che pareva una vera sgridata, e le disse alternando lo sguardo su entrambi pure se le occhiate a lei erano molto più brevi, come se non volesse far intendere ad altri all'infuori di Yun-seo che in realtà si rivolgeva proprio a lei! «Avvisiamo gli altri che non sei scomparso deambulando nel sonno e andiamo tutti a dormire» lo strattonò per spingerlo verso il dormitorio. Dopo quell'atteggiamento Matsumoto Jun le stava sempre meno simpatico: cos'era quelle occhiatine? Aveva distratto Masaki dai suoi doveri ed era tutta colpa sua?
«Perchè mi fai storie? Nino gioca fino alle due di notte da più di una settimana!» si lagnò Aiba mentre veniva trascinato via, quindi si girò verso di lei prima di essere troppo lontani «Spero ci mostrerai la tua risolutezza riflettendo attentamente e, alla fine, venendo alle prove di domani» le spiegò prima di scomparire inghiottito dal buio. Tutto quello che aveva detto quindi era per convincerla a non tornare a casa?
Ancora combattuta tra l'amarezza delle parole di Jun e la profondità di quelle di Aiba sentì il cellulare squillare e lo recuperò dalla tasca aprendolo per leggere il messaggio. Rimase in piedi davanti all'entrata del dormitorio, quindi pigiò rapidamente i tasti per comporre la risposta 「Sapevo di poter contare su di te. Scusami se continuo a creare problemi anche quando sono lontana, ma penso che mi fermerò qui ancora un po'」.

*Per chi non studia cinese: si pronuncia "cen bai siao". Chen è il cognome
** Yun-seo ha detto "shifu" (casalinga) invece di "saifu" (portafoglio)

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Capitolo 4
*** I petali della campanula [1#] ***


Yun-seo prese un profondo respiro per rilassarsi e calmare i battiti del cuore. Aveva fatto ritardo apposta e adesso doveva decidersi.
Aprì la porta della sala da ballo facendo più rumore possibile e ottenne l'effetto voluto: l'intero corpo di ballo si voltò verso di lei. Li guardò intensamente uno ad uno, rimanendo in piedi davanti all'entrata e ascoltò la porta richiudersi. Calò improvvisamente il silenzio e tutti si bloccarono a fissarla: era chiaro che avesse voluto attirare l'attenzione, ma ancora non si decideva a parlare. «Ahn san?» domandò timidamente Cheng
«Si» rispose riscuotendosi e osservandolo stupita, come se non si aspettasse di vederlo lì
«Avevi bisogno di qualcosa?» la incoraggiò ancora il cinese
«Si» rispose ancora «Si, avevo bisogno di qualcosa. Avevo bisogno di parlare con voi»
«Cos'avrai mai da dirci?» domandarono dal gruppo
«Mh? Chi è stato?» domandò incrociando le braccia, ma non ricevette risposta «Allora?» ancora nulla «Ottimo, è proprio la risposta che mi aspettavo» cominciò quindi ad alta voce, piantando bene i piedi a terra «Come potrei aspettarmi un atteggiamento diverso da un branco di vigliacchi come voi?
Volevo mettere bene in chiaro una cosa, perchè sono stufa di questa situazione. Sappiate che posso accettate di lavorare per due stagioni con persone razziste, dall'atteggiamento discriminante o che non mi apprezzano, ma non posso, in nessun modo, accettare di lavorare al fianco di un branco di ipocriti e voltafaccia. Quindi vorrei spiegarmi una volta per tutte. Sappiamo tutti perfettamente perchè Shibata san si è meritato quello che gli ho fatto, quindi non starò qui a dire a voi perchè ho reagito in quel modo, ne deduco che sappiate che se lo meritava e, se pure ho esagerato, è stato giusto reagire ai suoi atteggiamenti. Assodato questo gradirei che: primo, non si andasse in giro a parlar male di me dato che, se pure mi sono scaldata troppo, non ero dalla parte del torno; secondo, se non volete avere a che fare con me abbiate il coraggio di venire da me e di ammetterlo "Yun-seo mi fai schifo, non voglio avere a che fare con te". Preferisco la sincerità e una chiara dichiarazione di reciproca ignoranza, piuttosto che atteggiamenti ipocriti e pettegolezzi alle mie spalle come se foste bambini di cinque anni. Non volete avere a che fare con me? Perfetto: per quel che mi riguarda siete solo pezzi dell'ingranaggio del ballo di gruppo quindi posso anche arrivare alla fine di agosto senza sapere che siete esistiti, ma ditemelo» concluse per poi sciogliere l'intreccio delle braccia «E' chiaro che mi piacerebbe conoscervi. Sono una carota, non un automa. Vorrei poter lavorare in un ambiente sereno e condividere con voi questa esperienza, oltre che opinioni sulla danza e allenamenti divertenti. Anche voi siete carote, siamo tutti carote, quindi immagino che la sincerità, almeno per chiarire e migliorare i rapporti tra noi, siano il desiderio di tutti» si inchinò davanti al corpo di ballo «Per favore» concluse per poi affrettarsi dall'altra parte della sala da ballo. Si avvicinò alla parete trasparente e oltre passò la porta scorrevole che gli Arashi avevano lasciato aperta. Erano tutti ammassati a lato della porta, come se potessero spuntar fuori sono con il viso e nascondere il resto del corpo nonostante la parete fosse trasparente. Mentre però erano stati tutti in ascolto mentre parlava, da quando aveva finito erano inspiegabilmente tutti seduti a terra, piegati in avanti. Solo Aiba era rimasto in piedi, ben in vista sulla porta «Meglio di quello che mi sarei aspettato!» esclamò lui vedendola arrivare verso di lui e allungò il palmo della mano aperta
«Stupito con effetti speciali vero?» domandò lei, ancora rossa in viso, allungandosi a sua volta e battendo un cinque al ragazzo per poi continuare a camminare ed entrare nella stanza. Aiba invece le strinse la mano e la tirò verso di sè facendole fare rapidamente dei passi indietro: una volta che l'ebbe con la schiena contro il suo braccio abbassò la voce e si piegò leggermente verso di lei «Non vorrei rovinarti l'effetto teatrale, ma si dice "esseri umani", non "carote"*». Inutile dire che a quel punto gli altri, che si erano piegati a terra per trattenersi, scoppiarono a ridere di gusto «Eh? Sul serio? Io ero convinta...» spalancò gli occhi la coreana «Si somigliano» riflettè arrossendo di nuovo
«Non importa, sicuramente abbiamo cominciato bene la giornata» disse Ohno, alzandosi da terra e tossicchiando cercando di darsi un contegno «Certo che dopo l'uniforme...» riflettè tornando a ridere. Yun.seo sgranò gli occhi e lasciò andare la mano di Aiba dandogli uno schiaffo sulla spalla «Gliel'hai raccontato?» esclamò a metà tra l'imbarazzato completo e l'offeso
«Ma no, giuro!» rideva quello
«E allora come fanno a saperlo?»
«Ce lo ha raccontato. Anche quello della casalinga»
«Eeeh? Nino, stai zitto!» cercò di difendersi Aiba
«Mmmh... che cosa... mh.. succede?» chiese Sho, che arrivò solo in quel momento, mentre mangiava una caramella
«Sho kun te ne sei persa una bellissima!» gli spiegò Nino mentre ancora si contorceva a terra
«Eeemmh? Cosa? Cosa?» domandò quello curioso, piegandosi su di lui
«LA CARAMELLAAAAAA!!!» aveva urlato Aiba prima di partire in corsa e lanciarsi nel mucchio degli amici per avventarsi su Sho «Era l'ultima, era mia, era mia!!»
«Come l'ultima? Sho era l'ultima?» scattò Nino dando manforte ad Aiba «Sho sul serio?»
«Nooo, sputala! Sputala! Avevamo detto che era miaaa!! Era miaaa!!» ribatteva il ragazzo che si era avventato su Sho per poi attaccarlo con del solletico selvaggio, forse nella speranza di fargliela sputare
«Ridagliela Sho, ridagliela!!» Nino gli dava manforte per il puro gusto di divertirsi con loro
«Aiba chan non ti conviene, gli è caduta a terra» spiegò Ohno con una smorfia di disgusto e i due attaccanti si allontanarono immediatamente, dando anche alla vittima un po' di respiro
«Che schifo, Sho kun»
«Disgustoso, veramente» ridacchiarono tutti insieme.
A quella scena Jun assisteva sorridendo, senza intervenire, e all'ultima reazione dei due, che da uno scalmanato solletico erano passati a tranquille smorfie di disprezzo, scoppiò a ridere senza trattenersi, contagiato un po' da tutti. Le sue risate si fermarono improvvisamente quando incontrò per caso lo sguardo della ballerina coreana, si smorzarono e il sorriso scemò leggermente dalle sue labbra. Lo stava facendo di nuovo: perchè quando i loro sguardi si incrociavano aveva quell'occhiata strana? Yun-seo si innervosiva ogni volta che lo vedeva: più lo osservava più sembrava avvolto da un aura di fascino e magnetismo, tanto forte che avrebbe potuto sbatterci contro ballando, ed il suo sguardo la trasmetteva tutta anche a distanza, comunicando la forza di cui quel ragazzo era ricco. Eppure fino a quel momento era sempre sembrata una persona seria, posata, silenziosa, quasi un felino che attenda quieto il momento giusto per uscire allo scoperto. Non le era nemmeno sfuggita l'occhiata che si erano scambiati prima e non avrebbe saputo descriverla, forse quella che le persone vedono ritrovandosi in pericolo davanti ad un animale feroce: l'occhiata gelida di chi sta ancora decidendo se farsi uno spuntino per aprirsi lo stomaco oppure no. «Ohi» Ohno richiamò Jun colpendogli la fronte con l'indice «Pronto? Hai sentito?»
«Aho!» esagerò il moro portandosi una mano alla fronte, distogliendo l'attenzione da Yun-seo «No, io... che cosa?» rispose sbattendo le palpebre, passando lo sguardo sui tre con lui
«Va tutto bene?»
«Mh? In che senso?» chiese a sua volta appoggiando la schiena al muro trasparente
«Sono due giorni che ti vedo un po' tra le nuvole e non proprio di buon umore. Hai dei problemi?» continuò ad indagare
«Mi dispiace se vi sto facendo preoccupare, ma sto bene. Aiba chan piuttosto? Gli piace la nuova collaboratrice eh?» sviò il discorso facendo un mezzo sorrisino.
«Buongiorno a tutti!» esclamò la coreografa, una donna sulla quarantina energica e sorridente, entrata proprio in quel momento. Il discorso tra i due venne interrotto «Saito san, buongiorno!» risposero in coro gli Arashi alzandosi dai loro posti e raggiungendola
«Pieni di energie come al solito vedo» scherzò la donna mentre appoggiava da una parte il borsone che si portava dietro «Ogni volta mi aspetto di vedervi almeno un po' stanchi, dato i numerosi impegni che avete, e invece sembra che niente vi abbatta»
«E' che siamo sempre ansiosi di allenarci con Saito Sensei» spiegò Ohno, appoggiato dall'annuire degli altri
«Spero siate pronti allora» attese la risposta decisa del gruppo quindi guardò alle loro spalle «Prima di tutto volete presentarmi la nuova collaboratrice?». Ci fu un attimo di imbarazzo: anche se avevano riso fino a quel momento, quattro di loro non conoscevano abbastanza la coreana per potersi azzardare a presentarla, non sarebbe stato corretto; ma Aiba prese in mano la situazione «Ahn san è coreana. E' stata scelta per fare la prima ballerina» spiegò allungando un braccio verso la ragazza facendole segno di avvicinarsi, era infatti rimasta al centro della sala senza muoversi «Ah è così? Beh, io sono Saito Kaoru, coreografa del gruppo»
«E' un po' la mamma sostituta di tutti noi» azzardò a spiegare Ohno chinando leggermente il capo
«Sono Ahn Yun-seo, molto piacere» si inchinò profondamente la ballerina «Sono onorata di fare la sua conoscenza, lavorerò duramente e farò del mio meglio» pronunciò nervosamente, si era preparata quella frase quella stessa mattina mentre osservava imbambolata la sua ciotola di cereali a colazione (chiaramente aveva nuovamente fatto colazione da sola). «Perlomeno è cortese» disse con una risata divertita la coreografa «Ma non hai bisogno di essere così formale con me. Conosco i ragazzi più o meno dal loro debutto e mi sono occupata della loro preparazione per tutti questi anni, ormai il mio lavoro di insegnamento si basa sulla fiducia e lo scambio di idee sul lavoro. Insomma non sentirti sotto pressione» spiegò la donna
«Saito san ha ragione, Ahn san. Lei è qui per insegnarci i passi, ma più che altro ci affianca nell'apprendimento, non è che sia proprio una nostra superiore» spiegò Aiba
«Se però non studiate vi caccio in corridoio con un secchio d'acqua sulla testa!» scherzò questa per poi voltasi verso la borsa «Forza, cominciamo!». Yun-seo, ancora una volta, si era dimostrata timida e di poche parole di fronte ad una sconosciuta: forse era sembrata scortese ai suoi occhi?
Saito san passò la maggior parte della mattinata a spiegare in cosa consisteva esattamente il progetto delle otto tracce. Tutte insieme formavano idealmente una storia che, seppur raccontata molto astrattamente dal testo di ognuna, sarebbe stata invece chiaramente comprensibile quando avessero girato i video. Questo tipo di video che raccontano un'unica storia, si sa, appassionano il pubblico ed era proprio per quello che la Johny aveva deciso di intraprendere questa mossa pubblicitaria per promuovere l'anniversario di uno dei suoi gruppi di punta. La storia, in breve, raccontava di cinque personaggi che in modi differenti fanno la conoscenza di un sesto personaggio, femminile, e se innamorano. Ognuno di essi in maniera differente tenta di conquistarla esponendo il proprio cuore e il proprio carattere. Le tracce erano otto: una di introduzione, una di conclusione e una per personaggio. Ognuno dei cinque membri degli Arashi aveva ideato personalmente un personaggio a proprio piacere e su di esso era stato fatto il testo. Aiba, per esempio, aveva ideato un ragazzo spensierato e amante della vita, con mille amici, ma che si sentiva sempre solo: l'incontro con la ragazza lo cambiava. I suoi tentativi di mostrarle le gioie semplici di ogni giorno, trasmetterle la sua gioia di vivere, gli avevano fatto capire cosa mancava realmente alla sua esistenza per non sentirsi più solo: fiducia e affetto sincero. Questo a Yun-seo spiegava molto del testo della sua canzone "Credi nel mio sorriso e afferra questa mano. Oltre le montagne/Oltre il mare/fiumi e foreste/la vita è meravigliosa insieme a te" proprio quella che ascoltava la sera prima.
«Va bene, cominciamo?» annunciò Saito san battendo le mani «Solitamente chiedo ai ragazzi di impararsi i passi prima di cominciare il lavoro con me, quando gli impegni glielo permettono. In questa sede solitamente correggo loro gli errori del loro primo apprendimento, lavoriamo sullo spostamento nello spazio che avranno a disposizione, palco o set di un video, li aiuto a coordinarsi, aggiungiamo movimenti e perfezioniamo il tutto» spiegò mente sistemava i CD con le tracce «Ma, lo ammetto, ho totalmente dimenticato di raccomandare questa cosa alla tua manager. Se preferisci oggi lavorerò con loro e tu...»
«Posso farlo» rispose chinando il capo «A grandi linee so già i passi delle cinque tracce principali» spiegò rimanendo chinata
«Oh» espresse semplicemente la coreografa squadrandola attentamente «Va bene, allora... Jun kun, cominciamo con te?» domandò richiamandolo con un gesto del braccio e avvicinandosi allo stereo. Se c'era una persona dalla quale preferiva non cominciare era proprio Matsumoto Jun, ma allo stesso tempo era molto curiosa: come avrebbe ballato una persona che lanciava quel genere di sguardi?
Prese posto da un lato della sala mentre la coreografa dava delle istruzioni al moro, che si era alzato dal suo posto di malavoglia, ed attese di sentire la musica. Il cuore le batteva all'impazzata, ma cercò di concentrarsi solo sulla musica lasciando che ogni nota la raggiungesse ed accarezzasse la sua coscienza risvegliando i ricordi dei passi, solleticandole la pelle e spingendola a muoversi.
Il personaggio di Matsumoto Jun era l'opposto di quello di Aiba: era complesso, controverso, pieno di luci ed ombre, ma esteriormente perfetto, elegante, raffinato, dai modi e dalle parole perfette. La musica era ritmata in maniera dolce, accompagnata da lunghe note di un quartetto di violino ed ogni tanto il suono morbido e limpido di un clarinetto spezzava il ritmo continuo della melodia principale. I passi che doveva fare da sola ricordavano molto quelli della danza classica: morbidi, eleganti, calcolati al millimetro, ma armoniosi e perfetti; mentre una volta incontratolo sarebbe sembrato più un valzer, seppur ballato su una melodia particolare e quindi più moderno. Secondo quel che raccontava la storia il personaggio di Yun-seo inciampava sul suo cammino, ma la sua caduta veniva fermata da uno sconosciuto che la afferrava al volo. E' così che si innamorava il personaggio di Jun, ma per quante volte la coreografa li facesse provare quel pezzo: lei che cadeva, lui che la salvava e l'occhiata decisiva; non c'era verso che fosse contenta. Yun-seo si estraniava sempre quando ballava, agiva d'istinto e le capitava spesso di essere lodata per aver trasmesso qualcosa tramite la sua danza, mentre a lei era sembrato semplicemente di ripetere senza sforzo i passi studiati. Le continue interruzioni della coreografa, la rigidità che lei avvertiva ogni volta che Jun la prendeva al volo e la aiutava a girare su se stessa prima di un semi casquet, il suo sguardo improvvisamente sfuggente, erano tutti elementi che dopo alcune prove cominciarono a disturbarla, a farla inciampare veramente, a ragionare meglio su quello che stava facendo e, quindi, a non ricordare i passi, a sbagliare dove pochi secondi prima era invece andata benissimo. Per quella mattina non andarono mai oltre i primi 30 secondi del pezzo.
«Va bene, va bene. Basta» sospirò sconsolata Saito san, battendo le mani «E' quasi ora di pranzo, riprenderemo nel pomeriggio». I due ballerini si erano inchinati e la tensione del pubblico, cresciuta con i loro continui errori, si rilassò improvvisamente. Solo in quel momento si accorse che la maggior parte del corpo di ballo era appiccicato alla parete trasparente per osservare le loro prove. «Volevamo tirare le tende, ma dato che nessuno di voi due se n'è lamentato...» spiegò Saito san mentre raccoglieva la sua roba e faceva per uscire «Ci vediamo più tardi» e si fece largo tra i ballerini per oltrepassare la porta a vetri e attraversare il resto della sala, guadagnando l'uscita. Il ragazzo oltrepassò Yun-seo senza degnarla di uno sguardo, visibilmente abbattuto e frustrato, ma lei si voltò per seguirlo con gli occhi ed aprì bocca mentre le passava a fianco «Ecco...» accennò lievemente
«Mh? Cosa?» domandò questi bloccandosi ed osservandola, mentre metteva le mani nelle tasche dei pantaloni
«Se posso permettermi» cominciò guardandolo dritto negli occhi, quando si trattava di danza non c'era niente che la intimidisse «Sei un professionista, non dubito che tu abbia talento, quindi non capisco perchè non ti riesca»
«Prego?» chiese quello aggrottando le sopracciglia. Gli altri quattro Arashi, che stavano raccogliendo i loro borsoni, si volsero a guadare la scena «Si, non capisco come mai non ti riesca. Eppure è facile, li avete scelti e ideati voi i personaggi, no?» domandò piegando il capo
«Si, sono nostre» rispose Ohno per Jun che dopo una manciata di secondi ancora non le aveva risposto
«Allora lo sai cosa dice questa canzone: il tuo personaggio è profondo, dietro una facciata di raffinatezza e fredda eleganza nasconde semplicemente il bisogno di fidarsi di qualcuno, di innamorarsi ed affidare a qualcuno i suoi veri sentimenti. Pensa di trovarlo nella ragazza che incrocia per caso e con lei da elegante diventa gentiluomo, attento ai suoi bisogni. Si innamora e comincia a cambiare, perchè non ti riesce di trasmetterlo se hai tutte le carte per farlo?» spiegò lentamente
«Cosa vorresti dire?» fece lui, sempre più perplesso
«Che tu sei il primo a nascondere la tua sensibilità agli altri mostrando un'aria composta e silenziosa, quindi sai cosa prova ed è per questo che hai descritto questo personaggio e non un altro. Io non so niente del mio, non ho ancora nemmeno sentito la sua canzone o letto il suo testo, eppure non sta andando male, perchè invece tu balli bene finchè sei da solo e quando dobbiamo farlo insieme c'è qualcosa che non funziona? Sono io il problema? Deve essere così, mi rifiuto di pensare che sia tu a non sapere cosa fare»
«E se fosse così?» domandò quello a bassa voce. La stava prendendo in giro, era arrabbiato o faceva sul serio? Non avrebbe saputo dirlo «Devi essere il tuo personaggio sia ballando da solo che con me: devi innamorarti, come capita a lui» concluse con un sorriso timido, ora che aveva finito di spiegarsi tornavano a galla i pensieri e i sentimenti personali che aveva su quel ragazzo. «E di chi? Di te?» domandò con un sorriso ironico il moro
«Certo, sono io il sesto personaggio» annuì osservandolo dubbiosa «Il primo attore di teatro ad ogni commedia deve innamorarsi della protagonista di turno. Loro lo fanno, tu non pensi di riuscirci?» ma non ricevette risposta. Jun sembrò semplicemente arrossire, si inchinò verso di lei e raggiunse l'angolo dove aveva appoggiato le sue cose. Yun-seo lo osservò finchè Aiba non la raggiunse e le mise una mano sulla spalla «Ho esagerato?» domandò
«Forse si» ammise annuendo «Ma magari gli farà bene... e poi tu esageri sempre»
«Masaki san, non dirlo come se mi conoscessi da una vita» sbuffò Yun-seo.

*Nel suo discorso Yun-seo ha detto "ninjin" (carote) invece di "ningen" (umano)
Bonus, un piccolo schizzo dei cinque baka vestiti da carota *_* (le frasi in giapponese sono semplicemente quelle dette nella ff: "Anche voi siete carote, tutti siamo carote!" "è 'umani', non 'carote'". Mentre la scritta colorata è laparola "ZAKURO" scritta in katakana ^_*)

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Capitolo 5
*** I petali della campanula [2#] ***


Stava accovacciato a terra, con lo sguardo rivolto verso l'alto ad osservare il televisore acceso e una mano impegnata a muovere lo spazzolino per lavarsi i denti. Non è che guardasse realmente lo schermo, lo osservava ma non faceva caso al programma. In un attimo di pubblicità si rialzò e andò in bagno a sciacquarsi la bocca. Si lavò il viso e mentre passava l'asciugamano sulle guance uscì dal bagno cominciando a gironzolare a caso per la propria camera. Si fermò vicino alla finestra quando una goccia d'acqua dalle ciglia gli entrò nell'occhio. Proprio mentre cercava di asciugarsi guardò fuori dalla finestra: era buio, ormai era passata l'ora di cena e le tenebre in inverno arrivavano già a metà del pomeriggio, però non c'era proprio oscurità completa dato che già dopo pranzo aveva cominciato a nevicare e la precipitazione si era fatta sempre più insistente di ora in ora. La neve col suo candore aveva ricoperto tutto di un manto chiaro e luminoso, quindi si vedeva perfettamente ogni cosa fuori: i lampioni tondi con un capellino bianco, i marciapiedi del campus con gli angoli ammorbiditi dalla curva dei fiocchi caduti, la camminata delle persone che sprofondava rompendo la perfezione di quella liscia copertura.
Un movimento nell'angolo del suo campo visivo richiamò la sua attenzione. Erano quasi le dieci di sera e la caduta della neve somigliava sempre più ad una piccola bufera: allora chi mai era così pazzo da avventurarsi fuori? Il movimento era nella cabina telefonica davanti all'entrata del dormitorio maschile e lui dal primo piano poteva solo vedere l'individuo dalle scapole in giù, ma gli stivali erano chiaramente da donna e quel cappotto grigio e lungo lo aveva già visto. Sapeva di chi si trattava anche senza vederne il viso. Abbandonò la finestra e prese al volo i vestiti abbandonati precedentemente sulla sedia. Mentre scendeva le scale di fretta si chiuse i bottoni della giacca e si calcò il cappello in testa, ma, nonostante si fosse praticamente fiondato a pian terreno, una volta davanti alle porte automatiche del dormitorio si bloccò e non uscì, nè si avvicinò abbastanza da farle aprire dalla cellula ottica. Rimase impalato nell'atrio ad osservare la cabina telefonica oltre il vetro delle porte. Il movimento che aveva notato era di Ahn Yun-seo che sicuramente non stava facendo una telefonata tranquilla dato che gesticolava molto e alcuni rumori arrivavano persino a lui, pure se ovattati e quindi incomprensibili. Non poteva vederla bene in viso, dato che lei gli dava il fianco sinistro e teneva la cornetta da quella parte essendo mancina, ma non aveva bisogno di vederla per capire che qualcosa non andava. La vide sbattere la cornetta contro il telefono della cabina tentando di riagganciare, ma il gesto fu tanto brusco e poco accurato che non riuscì nel suo intento la prima volta, così come la seconda, la terza, la quarta, quinta, sesta... La ragazza si piegò con le braccia sul telefono, affondando il viso tra di esse e non mise più forza nelle sue dita: lasciò penzolare il ricevitore nel vuoto. Poco dopo dovette perdere anche la forza nelle gambe perchè la vide piegarsi e accucciarsi sul fondo della cabina telefonica: il viso nascosto tra le braccia incrociate sulle ginocchia. Il ricevitore la colpì la testa, mentre ancora dondolava nel vuoto, e le sue spalle sussultavano ritmicamente. Abbassò lo sguardo e dopo qualche secondo fece un profondo respiro prima di chiudersi meglio il bavero della giacca e avviarsi verso le porte.
«Ahn san» si sentì richiamare alle sue spalle. Sussultò, spaventata da quelle improvvise parole, e volse a metà il capo per guardare dietro di sè con la coda dell'occhio. Era Matsumoto Jun, che aveva aperto un po' la porta della cabina, scostando la neve che si era depositata mentre lei era dentro. «Ah Matsumoto san! Ti serviva la cabina, adesso vado, tanto avevo finito» disse cercando di mantenere ferma la voce. Si alzò in piedi, tornando a dargli le spalle, e si passò una mano sugli occhi mentre l'altra riappendeva decentemente quella stramaledetta cornetta. «E' tutta tua, scusa se ci ho messo tanto!» esclamò sorridendo ed uscendo dalla cabina, sgusciando nello spazio che aveva liberato il ragazzo. Sentiva di aver parlato troppo ad alta voce e di aver sorriso in maniera esagerata alla persona che doveva aver offeso quella stessa mattina (nel pomeriggio non si era presentato alle prove), ma ogni volta che piangeva, e non voleva farlo capire agli altri, esagerava tutte le sue smorfie e le sue parole, sperando -tra l'altro invano- che non ci si accorgesse di nulla. Si fece da parte e ci fu un momento di silenzio «Allora, buonanotte» concluse rapidamente lei, che stava tanto male da sentire di non poter rimanere in compagnia di chicchessia un momento di più. Fece un inchino e si avviò rapidamente senza aggiungere altro. Il suo prima passo in avanti però era stato poco accurato e si sentì scivolare sulla neve schiacciata, rischiando di cadere all'indietro e colpire la cabina alle sue spalle. Fortunatamente non avvenne, Jun l'aveva presa al volo passandole un braccio dietro le spalle, esattamente come si erano "allenati" a fare tutta la mattina. Yun-seo guardò il cielo con gli occhi sgranati dallo spavento «Uuuuh...» sospirò «Questo era pericoloso, grazie» disse respirando profondamente e prendendo la mano che lui le offriva per rimettersi stabile sulle proprie gambe
«Tutto bene?» domandò lui squadrandola
«Si, si... sei stato rapido. Grazie ancora» annuì per poi piegare il capo e fare per riprendere a camminare, con più attenzione. Si sentì però afferrare per un braccio e si girò ancora «Ce la faccio» ribadì
«Che cosa è successo?» domandò questi
«Niente, sto bene, lasciami andare» ripetè cercando debolmente di sottrarsi alla presa del ragazzo: prima le lanciava solo occhiate gelide e poi si riscopre premuroso? «Lo so che non ti sei fatta niente, non parlo di quello» precisò in tono tagliente «Ti ho vista mentre parlavi al telefono e non va tutto bene»
«Senti, ma chi ti conosce? Non sono problemi che racconto al primo che me li viene a chiedere» ribattè lei, stavolta in tono acido, finalmente dando uno strattone deciso e liberandosi dalla presa di Jun «Pensa ai tuoi di problemi, non ti sei nemmeno presentato questo pomeriggio, dimmi tu se questa è professionalità. Ti eri offeso per le mie osservazioni? E io che pensavo di lavorare con gente matura» sbuffò arrabbiata dandogli le spalle e facendo i primi passi
«Vuoi continuare?» sembrò incitarla
«A fare che? Ma si può sapere cosa vuoi da me? Mi tratti come se fossi la guastafeste di turno e poi ficchi il naso negli affari miei?»
«Esattamente» ribattè lui con sufficienza, incrociando le braccia -un po' per atteggiarsi un po' perchè cominciava a fare seriamente freddo sotto quella tormenta «Non mi piaci neanche un po' quindi con te non voglio avere a che fare, ma con questi tuoi piagnistei da femminuccia sei ancora più fastidiosa, quindi pensavo che confidarti aiutasse a farti smettere con questi atteggiamenti!» aggiunse alzando la voce
«Piagnistei? PIAGNISTEI?» domandò con voce sempre più acuta «Non confondo mai la vita privata col lavoro. Sono una professionista seria io, mica come te!»
«Io cosa? Se qualcosa non va con me sei tu la ragione!» la additò Jun, arrabbiato
«Ma cosa sei? Un bambino delle elementari? Prenditi le tue responsabilità: se sei un incapace è solo tua la colpa!» Yun-seo quasi ci vedeva doppio dalla rabbia
«Tutto andrà a catafascio per colpa tua! Sei un'incapace! Un ostacolo! Sei una palla al piede e non ho mai condiviso l'idea che fossi tu a fare la prima ballerina!» ribattè alzando la voce di più di lei
«Eeeeh? Cosa, cosa, cosa?» sgranò gli occhi la ballerina cercando di superarlo ancora nel volume di voce
«Hai sentito bene, oppure non hai capito il mio giapponese e devo ripetere?»
«Stammi a sentire, brutto saputello» ancora una volta si segnò mentalmente di andare ad un corso di insulti giapponesi, faceva davvero una figura fiacca con quel genere di offese «Se qui c'è qualcuno che fa la palla nella bacchetta sei tu! Io il giapponese lo capisco perfettamente» e per ribadire la cosa pestò il piede a terra con l'intenzione di ribadire la sua rabbia con quel gesto: peccato che la neve attutisse qualsiasi suono quindi il suo sembrò solo uno scatto isterico, per non dire ridicolo. «Si dice piede, stupida, non bacchette!*» reclamò Jun
«Ecchissenefrega!» strillò «Giuro che adesso ti salto alla giugulare e ti sbrano come un leone fa con la sua gazzella per colazione. Ma io lo farò solamente per vedere il tuo sangue che sgorga a terra, metterti un piede in faccia e ridere sguaiatamente del mio efferato omicidio!».
Tacquero entrambi, con il fiato corto per il troppo sforzo, Jun si piegò in avanti appoggiando le mani sulle ginocchia e dopo qualche secondo prese un profondo respiro «Va meglio ora?» ma dovette rialzare lo sguardo perchè non riceveva risposta. Effettivamente Yun-seo aveva ripreso a piangere, ma teneva le labbra serrate con le mani per trattenersi come possibile . Il moro la raggiunse e la costrinse ad appoggiare la fronte sul suo petto (la differenza di altezza era troppa per farla appoggiare alla spalla) «L'ho fatto apposta, quindi vedi di non vanificare i miei sforzi» spiegò passandole una mano sui capelli che si erano riempiti di fiocchi di neve. Bastarono quelle parole a farla scoppiare a piangere senza ritegno.

Non sapeva quanto tempo erano rimasti davanti alla cabina aspettando che lei avesse versato tutte le lacrime che aveva, ma quando si era calmata aveva accettato l'invito di Jun ad andare a bere qualcosa. Andarono all'edificio dove lavoravano di solito e lui le disse di sciacquarsi la faccia mentre prendeva da bere. Yun-seo si guardò allo specchio e realizzò in quel momento quanto fosse terrificante la sua espressione: aveva gli occhi e il naso rossi come pomodori, gli uni per il pianto l'altro per il freddo, tra i capelli aveva tanta di quella neve che sembrava uno dei lampioni del campus, col berretto bianco. Scosse i capelli dentro al lavandino con la mano e si diede una sciacquata generale con l'acqua calda cercando di recuperare le parti intirizzite dal freddo.
Quando uscì si avviò verso i distributori che ormai parevano una tappa obbligatoria di ogni sua serata e trovò Jun seduto sulle panchine che si era tolto gli stivali e si asciugava i piedi con una salvietta «Ne ho recuperate due» le disse porgendogliene una bianca per lei
«Grazie» la prese e se la passò sulla testa frizionando i capelli che fortunatamente si sarebbero asciugati in fretta dato che erano corti «Sarebbe stato meglio avere un kotatsu»
«Mh» annuì lui mentre si alzava e a piedi nudi si piazzava davanti al distributore scegliendo le bevande
«Non ho soldi con me» specificò lei, evitando la parola che aveva sbagliato la sera prima
«Offro io» rispose il ragazzo per poi porgerle la lattina. Poco ci mancò che Yun-seo non scoppiasse a ridere dopo aver sgranano gli occhi guardando la bevanda: era la stessa che gli aveva offerto Aiba la sera prima! «Che strana scelta» commentò solamente
«Mh? Dici?» domandò lui risedendosi e osservando la lattina rossa «Non è che ne vada pazzo, ma un'ora prima del nostro primo concerto ero tanto agitato da ritrovarmi con la gola arida»
«Arida?» lo interruppe lei «Cioè?»
«Secca, avevo bisogno di bere. Nei distributori dei camerini c'era solo questa alla portata dei pochi spicci che erano finiti nelle tasche del primo costume dello spettacolo e quella è stata la prima volta che l'ho bevuto» spiegò prendendo un sorso «Dato che a volte sono un po' scaramantico ho fatto la stessa cosa per il secondo concerto, poi per il terzo e alla fine è diventata un'abitudine. Lo bevo ogni volta che sento il bisogno di qualcosa che mi dia senso di sicurezza e questo sapore ha finito col farmi questo effetto»
«E quando fate i concerti all'estero?» domandò la coreana
«Mi porto dietro due lattine apposta» ridacchiò lui, seguito a ruota dalla coreana.
Rimasero qualche minuto in silenzio ad osservare il muro davanti a loro mentre bevevano «Mi dispiace per le parole che ho detto prima» esordì lei «A parte il volerti sbranare e il resto... le altre cose devo ammettere che erano abbastanza vere»
«Lo immaginavo, non sembri una con i peli sulla lingua» le rispose lui con un sorriso, forse era la prima volta che Yun-seo lo vedeva ridere
«Dal primo momento non sei stato molto amichevole, ma quello che ho detto stamattina era un consiglio... forse più che per aiutarti con il ballo, dato che credo tu sappia perfettamente quali sono i tuoi problemi in una tua performance, credo di aver tentato semplicemente un approccio differente con te, per vedere se riuscivo a conoscerti attraverso altri canali: anche lo scambio di opinioni lavorative andava bene» finita la lattina la mise da parte «Per questo, quando non ti ho visto nel pomeriggio, ci sono rimasta male e ho seriamente temuto di aver peggiorato la situazione invece di migliorarla passando per altre vie» sospirò quando finì la sua spiegazione
«Io invece non ho detto niente di vero» si confessò Jun «Sono rimasto folgorato dal tuo talento il primo giorno, quando hai ballato davanti a tutti nonostante fossi impreparata a farlo. La tua fusione con la musica, il modo in cui seguivi ogni nota e ogni stacco, era affascinante e provava che avevano scelto la persona giusta» spiegò finendo la sua lattina e prendendo la mira per tirarla nel cestino contro l'altra parete «Allo stesso tempo però ho percepito perfettamente i sentimenti che stavi trasmettendo con quel ballo. Erano emozioni forti, evidenti e spiazzanti, come si addice ad un ballo tanto energico, ma esprimevano una tristezza con queste qualità: una tristezza forte, profonda, spiazzante» tirò la lattina e fece canestro, quindi allungò la mano per farsi passare la sua lattina «Dici di non mischiare i sentimenti con il lavoro, è vero, ma lo fai solo in apparenza perchè anche senza volerlo il tuo corpo parla per te e questo rischia di disturbare e colpire chi sta intorno a te. Non accetto che i problemi personali di ognuno di noi vadano a difettare il lavoro che stiamo portando avanti con tanto sforzo. Io pretendo molto dai nostri collaboratori». Yun-seo non gli passò la lattina, ma la prese e tentò a sua volta di fare canestro, fortunatamente riuscendoci per un soffio «Io penso che tu pretenda dagli altri per colmare una tua mancanza. Da quello che mi dici capisco che ciò che mi porto dietro lo trasmetto involontariamente quando lavoro e se puoi dirmelo è perchè tu stesso raccogli questa trasmissione. Quindi il tuo lavoro di oggi era imperfetto perchè ciò che esprimo ballando ti disturba ed interferisce con la tua concentrazione.
Tu non vuoi che gli altri portino i problemi sul lavoro perchè sei il primo a raccoglierne gli effetti e a non riuscire a staccarli dal piano professionale. Tenti di risolvere la cosa alla radice evitando di dover percepire le note stonate» detto questo si zittì e sentì i suoi muscoli tendersi uno ad uno: forse aveva nuovamente esagerato con la franchezza e poteva aver rovinato quel tentativo di buttar giù le basi di una prima conoscenza. «Forse hai ragione» ammise Jun arrossendo mentre si passava l'asciugamano sui capelli, così da nascondere anche il viso «Ti ho evitato in questi giorni perchè il tuo stato d'animo rompeva l'armonia che cercavo di creare nel team di lavoro e perchè disturbava me. Forse inconsciamente ti ho trattato male per allontanarti da me.
Qualcosa in quel che ho detto quindi era vero: pensavo veramente che fosse colpa tua: non riesco ad entrare nel mio personaggio perchè non mi aspettavo che il sesto fosse una donna così triste.». Seguirono lunghi attimi di silenzio durante i quali Yun-seo non si mosse dalla panchina e si osservava le dita dei piedi che anche lei aveva liberato da calze e scarpe ormai fradici per la neve. «Che cosa è successo?» domandò nuovamente lui
«Prima di partire per il Giappone ho litigato con il mio ragazzo» rispose quasi subito mentre muoveva le dita dei piedi una dopo l'altra, piegandole e poi stendendole, le fissava come incantata «Il nostro non è un rapporto facile, diciamo. Negli ultimi tempi abbiamo litigato spesso e uno dei motivi per cui ho accettato è che avevo bisogno di allontanarmi da lui, staccarmi dal nostro rapporto per un po', prendere respiro. E invece mi scrive più volte al giorno. Stasera mi ha chiesto di sentirci e quando gli ho chiesto di smetterla di scrivermi così spesso abbiamo ricominciato a litigare.
"Sei ancora la mia ragazza", "ho tutto il diritto di chiamarti quando mi pare", "non puoi dirmi cosa fare e non fare", "se vuoi che ti lascio in pace dovresti piuttosto lasciarmi" ed ero tanto esasperata che a quelle parole gli ho urlato che per me andava bene, lo lasciavo. Poi ho agganciato»
«Ora non dovrebbe più assillarti, no?» domandò Jun, anche lui in fissa sui piedi della ballerina dopo averla vista tanto assorta
«E' vero ma...» trattenne un singhiozzo «Io non volevo lasciarlo veramente. Mi ha fatto arrabbiare e non ho più pensato a quello che stavo dicendo. Io non volevo, veramente... non volevo» e anche se non voleva nemmeno quello riprese a piangere. Jun in silenzio lasciò che l'ennesimo sfogo andasse scemando, quindi, quando la sentì rilassarsi sorrise «Perlomeno non gli hai detto che avresti banchettato con le sue interiora se continuava» fortunatamente sentì uno sbuffo divertito, segno di una debole risata, mista alle ultime lacrime «A quanto pare è tipico di te farti prendere dalle emozioni forti e dire poi tutto quello che ti passa per la testa»
«Diciamo piuttosto che le parole smettono di passare per il cervello e aprono un canale diretto con la bocca» mugugnò lei asciugandosi gli occhi con la manica «Ma mi stai fissando i piedi?» domandò stranita poi ritirando le gambe che aveva allungato davanti a sè
«Stai tremando» ridacchiò senza rispondere «Rischiamo di ammalarci entrambi, quindi è meglio rimettere le scarpe e fare una corsa in camera per metterci al caldo. Che ne dici?»
«Mh» annuì recuperando le scarpe. Si rivestirono in silenzio quindi si avviarono all'uscita «Non sarà facile lasciare da parte qualsiasi pensiero e ballare isolando la tristezza, ma ci proverò» spiegò Yun-seo osservando il cielo di colore arancione, ma una tonalità quasi surreale, mentre i fiocchi continuavano a cadere seppur con meno insistenza
«E non sarà facile cambiare per me. Cercare di separare le sensazioni degli altri, quelle che mi trasmetti tu, per lavorare al massimo in ogni caso, ma ci proverò» le fece il verso, parlando però seriamente, annuendo tra sè
«Vedila così: se tu sei quello che organizza il lavoro per tutti, la tua serietà deve spronare a migliorare il lavoro anche di chi non riesce a separare bene privato e lavoro. Se ti vedranno come un esempio sarai ancora più utile e un professionista sempre migliore» lo incoraggiò
«D'accordo. Tu invece se ne senti bisogno puoi venire a piangere da me» ridacchiò
«Ma non piango sempre!» ribattè lei indispettita
«Ahahah!! Va bene, va bene. Allora quando hai bisogno di sfogarti, in generale» si corresse con un sorrisino innocente sul viso
«Che faccia di bronzo» sbuffò la coreana chiudendo meglio la zip del cappotto
«E se il tuo ragazzo dovesse darti ancora noie dillo a Matsujun: ci pensa lui a sistemargli i connotati» si scrocchiò le dita con fare teatrale
«Che pallone gonfiato» ridacchiò divertita
«Ehi, stavo cercando di tirarti su di morale sai? Dove scappi?!» domandò vedendola uscire dall'edificio cominciando a camminare d'improvviso
«Vuoi ammalarti, Paladino Matsujun? Cammina su» ridacchiò avviandosi sotto la neve.

♫Ti ho sognata tante notti
ballavi sul pavimento di cristallo
che la luna illuminava radiosamente
solo per te, anima solitaria.♫


«Il destro prima, il destro!» «E' il destro!» «Non è il destro!» «Non è che stai dicendo destro, ma intendi sinistro?» «Eh? Ma che fai, dubiti delle mie istruzioni? Ti dico che è destro» «Giuro che è il sinistro!».
La scena che il gruppo degli Arashi si ritrovò davanti il mattino seguente, verso le undici, era piuttosto singolare: Jun si stava già allenando, infatti era uscito un'ora prima dal dormitorio annunciando che quella mattina andava a riscaldarsi in anticipo, e con la prima ballerina. Per di più non si capiva se stessero bisticciando seriamente o se era solo una divergenza d'opinioni, perchè lei sembrava protestare seriamente, mentre Jun rideva ogni volta che la contraddiceva. «Ma non si sopportavano quei due?» domandò Nino agli altri mentre oltrepassavano le porte a vetri per accedere allo spazio più piccolo della sala da ballo
«Boh» fece spallucce Sho, mentre li osservava ridacchiando alla loro scenetta «Magari si è innamorato. A volte chi disprezza compra» e pochi attimi dopo gli arrivò una scarpa dritta in testa «AHI!»
«Frena la linguaccia» gli intimò Jun, con un piede scalzo
«Aaah, ora è tutto chiaro» lo sgomitò Yun-seo ridacchiando «E' proprio vero che bastano un paio di lacrime per far cadere gli uomini ai nostri piedi»
«Ma cosa dici, scema?!» esclamò il moro «Quali lacrime? Hai minacciato di azzannarmi al coll... AHI!» esclamò quando la scarpa gli tornò indietro colpendolo sulla spalla. Stavolta era stato Aiba a lanciargliela «Non chiamarla scema!» esclamò causando l'ilarità generale. Saito-san arrivò in quel momento e preparò il lavoro della mattinata: era decisa a far riprovare Yun-seo e Jun, ma non sapeva che i due non chiedevano di meglio.

♫Allora ho versato i miei sentimenti
in un bicchiere d'argento
e in quello di vetro
solo vino rosso raffinato.♫


La musica partì e la melodia uscì dolce dalle casse dello stereo, eppure sembrava di ascoltare qualcosa di diverso rispetto al giorno prima. Il ballo era tanto ben sincronizzato con il suono che sembrava sprigionarsi dal movimento stesso dei due ballerini. Sulla fuga di alcune note sui tasti del pianoforte i piedi della coreana scivolarono sul terreno come se avessero camminato essi stessi sulla tastiera del pianoforte. Perse l'equilibrio e Jun la afferrò al volo.

♫A me l'argento,
nasconde il suo contenuto.
Il vetro agli altri.
cercandoti dietro il vetro trasparente
nessuno era splendente come te.♫


Cosa c'era negli occhi della ballerina che col suo ballo aveva tanto armoniosamente assecondato la musica nei suoi capricci? Lo stesso smarrimento e lo stesso spavento che lui le aveva visto la sera prima, scivolando sul ghiaccio.
Cosa c'era negli occhi del ragazzo che con movimenti decisi sembrava aver diretto lui stesso il susseguirsi di note finora suonate? Un'espressione ferma e determinata, ma insieme rassicurante e rasserenante.
Si sorrisero a vicenda e la nuova nota li trascinò nel vortice della canzone.

♫Quando sei comparsa
invece del vetro hai scelto l'argento.
Luminosa e leggera come se avessi ali
mi hai indicato la luce.♫

* Yun-seo ha detto "hashi" (bacchette) invece di "ashi" (piede).

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Capitolo 6
*** Una coccinella dispettosa [1#] ***


Al termine della seconda settimana dall'inizio dei lavori, due balli (quello di Jun e quello di Aiba) erano pronti per essere portati davanti alla macchina da presa, mentre per i balli di gruppo l'intero corpo riusciva quasi impeccabilmente nel primo studiato ed era a buon punto con il secondo. Arrivò la seconda domenica da quando avevano cominciato a lavorare e fu il primo giorno di riposo che ebbero.
I cinque Arashi si ritrovavano in camera di Nino la sera prima: torneo di Rabbids alla wii che si era fatto portare da casa. «Allora, cosa fate domani?» domandò Sho mentre sfogliava una rivista, steso sul letto di Nino, aspettado il suo turno
«Appuntamento!» rispose Aiba alzando una mano, dato che l'altra era impegnata ad arraffare dei pop-corn dalla ciotola sul tavolo
«Io anche» rispose il proprietario di stanza agitando freneticamente il controller «Dai che ti batto, dai che ti batto, dai che ti battoooo!!!»
«Eeeeeeeeeh!!!» esclamava Jun, il suo rivale, smettendo di muoversi e guardando allibito lo schermo «Hai vinto ancora! Ma accidenti... che gusto c'è a giocare con Nino? Mi arrendo!»
«No daiii... abbiamo cominciato la partita in cinque e finiremo in cinque»
«Vuole vincere» spiegò sghignazzando Ohno che condivideva la ciotola con Aiba
«Tu...» sosospirò scuotendo il capo verso l'altro che esultò scegliendo la partita successiva
«Che fai, Jun?» domandò ancora Sho, alzando lo sguardo dalla rivista
«Mh? Devo incontrare un paio di compagnie a cui stavamo pensando di affidare gli allestimenti per i concerti estivi nella zona del Kanto e a Kyūshū» rispose il moro
«Ah, ok... siamo nelle tue mani» rispose Sho
«Io vado a trovare la mia famiglia, è da Capodanno che non mi vedono» si intromise Ohno mentre allungava la mano verso Jun, per farsi passare il controller
«Aaaaah.. ma non è giusto! Avete tutti da fare!» sospirò infine Sho chiudendo la rivista e rotolandosi sul materasso per stendersi a pancia in su «E io che volevo andare da qualche parte a divertirmi con voi»
«Ma ci vediamo tutti i giorni Sho kun» rise Aiba «Almeno nei giorni liberi devo allontanarmi, altrimenti finirete con l'essere fastidiosi!» scherzò
«Ma l'hai sentito?» domandò Jun fingendosi offeso, cominciando a lanciargli un pop-corn alla volta «Aiba chan, che antipatico»
«Si ma io volevo andare da qualche parte» mugugnò tristemente Sho rimettendosi a pancia sotto e aiutando Jun nel lanciare i pop-corn ad Aiba, che tentava di prenderli in bocca al volo
«Ssssssinistraaaaaa» diceva intanto Nino che aveva cominciato il round con Ohno «Perchè non ti rilassi invece? In questi giorni stai lavorando molto, no?»
«Ha ragione. Sho kun ti sei impegnato sia nel ballo che nell'ultimo testo, per non parlare dei pezzi rap. Riposati» concordò il leader «Eh? Ma che si deve fare qui? Nino, aiutamiii».
Sho non sembrava convinto e lanciava di malavoglia il cibo verso Aiba che invece riusciva a prendere al volo almeno il 50 percento dei lanci. «Perchè non chiedi ad Ahn san?» domandò d'improvviso Jun, smettendo coi lanci
«Nh?»
«Non credo che abbia nulla da fare, infondo non conosce nessuno in Giappone. Potresti farle fare un giro» gli propose cominciando a mangiare
«Riida ti sto battendo!!»
«Ma sei impazzito? Per fare da guida ad una straniera dovrei portarla in posti famosi, affollati. Domani è ancora prevista pioggia, quindi niente occhiali: non posso correre un rischio così alto» obiettò Sho mangiando pop-corn a sua volta
«Nino, ma non puoi avere pietà? Non è divertente!» e la musica dal televisore decretò la fine della gara e la vittoria del padrone di stanza «Concordo comunque, è troppo pericoloso»
«Ma non possiamo lasciare Ahn san da sola» fece Aiba con aria abbattuta
«Perchè non ci esci tu con lei?» domandò ironico Sho
«Se dò buca a Sumire nel mio giorno libero per stare con un'altra donna mi ammazza» spiegò prendendo un cuscino dalla poltrona e rigirandoselo tra le mani, mentre tornava seduto a terra, vicino al tavolino «E poi è un sacco che non ci vediamo: ho voglia di stare con lei» spiegò abbassando lo sguardo quando gli amici fecero seguire un coro di fischi a quella sua frase sdolcinata «Però! Però... mi spiace lo stesso che rimanga da sola» e lanciò a Sho un'occhiata che si poteva definire un misto tra un bambino davanti alla torta dei suoi sogni e un gattino abbandonato. L'altro sospirò profondamente e spostò lo sguardo su Nino che, vinte quasi tutte le sfide del gioco, stava sistemando la console. «Quindi?» lo incalzò Jun
«Ok, ok» rispose alla fine «Le chiederò se ha voglia di andare da qualche parte». Aveva ceduto per diversi motivi: non aveva voglia di rimanere al campus della JH, non aveva voglia di rimanerci da solo e poi era raro che Jun si interessasse così a qualcuno esterno al gruppo, quindi gli era venuta curiosità.
«Ma che avete combinato?!» esclamò Nino sgranando gli occhi quando finalmente si voltò a guardarli ed ebbe una visuale della camera: il letto si era disfatto con il continuo rotolare di Sho, c'erano pop-corn ovunque a terra dato che Aiba non era riuscito a prenderli tutti e sparsi sui vari mobili c'erano riviste aperte di quelle che un po' tutti si erano portati per guardarle insieme. «Mette a posto, ma si può?» domandò sospirando, poi si accorse che i quattro, silenziosi, si stavano avviando alla porta «Dove andate?!» esclamò muovendosi per raggiungerli
«Aaah via via scappa!» esclamò Jun spintonandoli tutti verso la porta
«Apri Ochan, apri!»
«Fatto!» annunciò girando la chiave dall'interno e uscendo di corsa in corridoio
«Maledetti! Dove scappate tornate qui SUBITO!!!» «Aibachan non rubarti i pop-corn!!» «Ahahah!!» «Che fai? Vai in stanza tua!» «La mia è di fianco a Nino, posso tornare indietro! Ospitamiii» «Se vi prendo! Siete degli zozzoni!» «Riida fammi entrare!» «Aibachan, i pop-corn!!».

Il mattino dopo Sho si alzò non avendo in alcun modo a chiuso occhio per più di qualche minuto in tutta la notte. Aveva dormito malissimo, forse a causa delle troppe schifezze mangiate la sera prima o per colpa dei videogiochi: gli facevano sempre un effetto di sovreccitazione, come se fossero un iniezione di caffeina dagli occhi. O forse, ancora, era troppo scomodo a dormire in un letto singolo insieme ad Ohno a cui aveva dovuto chiedere ospitalità. Al momento della fuga non ci aveva pensato, ma lui era uno di quelli con cui era meglio non dividere lo spazio notturno: aveva il brutto vizio di dormire praticamente a stella, il che portava via un sacco di spazio a lui e gli faceva rimediare gomitate in faccia e calci agli stinchi. L'altro da evitare era Nino che dormiva in posizione fetale, ma nella notte si girava talmente tanto che la mattina potevi trovarlo con la testa sul fondo del letto e i piedi sul cuscino. Le scelte migliori, se le circostanze lo imponevano, erano sempre Aiba o Jun che avevano un sonno molto più tranquillo. Il problema era che Aiba parlava nel sonno e non riuscivi a svegliarlo per farlo smettere dato che a volte nemmeno le cannonate gli avrebbero mai fatto aprire gli occhi. Jun dormiva tra una montagna di cuscini, sceglieva una posizione e da quella non si schiodava tutta la notte, tanto che pareva morto. Però aveva il sonno leggero, quindi se dormivi con lui dovevi dormire come se fossi morto anche tu e poi, accerchiato da cuscini com'era, non lasciava alcuno spazio ad una seconda persona.
Sospirò e scivolò fuori dalla coperta del letto per posare a terra i piedi ed uscire dalla stanza facendo meno rumore possibile. Dato che rigirarsi ancora nel letto non gli andava andò in camera per farsi una doccia e mettersi dei vestiti puliti. Si bardò per bene di modo da resistere al freddo di fine gennaio ed uscì dal dormitorio: il cielo era terso e pulito, non vi si vedeva una nuvola, ma il suo colore era indaco scuro ed alcune stelle erano ancora visibilissime dato che era presto: dove le avevano viste le nuvole quelli del meteo? Si avviò verso il dormitorio femminile ed entrò nel caldo dell'ingresso. «Buongiorno, ha bisogno di qualcosa?» sentì domandare e si voltò verso la guardiola notando ora il guardiano notturno
«Oh, buongiorno. No, in realtà.. niente» rispose perplesso
«Ah! Sakurai san giusto? E' un piacere fare la sua conoscenza» disse allora il vecchio guardiano facendo un profondo inchino. Quello era uno degli inconvenienti dell'essere famosi: il più delle volte gli individui più anziani di lui, che non fossero i suoi superiori, gli si rivolgevano molto umilmente e portandogli grande rispetto cosa che lo metteva in imbarazzo dato che, con la differenza d'età, sarebbe stato lui a dover portare rispetto a loro. «Senta, sto cercando una persona» tagliò corto avvicinandosi a lui «La conosce una piccoletta così, coi capelli corti e l'accento straniero?» domandò facendo segno con la mano della scarsa altezza della prima ballerina
«Ahn san dice?»
«Si lei» annuì
«Si certo, dorme qui e la vedo ogni giorno»
«Sa dirmi a che ora scende per la colazione?» domandò allora guardando verso l'ascensore
«Per la verità è già uscita» rispose timoroso il guardiano
«Come? Già uscita?» raddrizzò la schiena e sgranò gli occhi per la sorpresa «E per andare a dove?»
«Ormai è circa una settimana che la vedo scendere verso le sei con un borsone da palestra grosso. Va in piscina. Torna per le otto che ha già fatto colazione. Scende di nuovo alle otto e mezza che ha posato il borsone da piscina e se ne va con la borsa per le prove di ballo» spiegò scrupolosamente l'uomo «Se la cerca urgentemente può trovarla in piscina quindi» gli indicò la direzione anche se immaginava fosse inutile dopo dieci anni che gli Arashi bazzicavano per la JH.
Il campus prevedeva anche una piscina. La sua struttura era piuttosto particolare: si componeva di un edificio in cemento grigio molto semplice che conteneva l'ingresso, gli spogliatoi maschile e femminile, le docce, una piccolissima palestra e un magazzino; il secondo non poteva propriamente definirsi "edificio". Le piscine erano state costruite scavando nel terreno e ponendo la loro superficie a circa 3 metri al di sotto del livello della strada, in una specie di conca. Sui lati, in discesa, erano stati messi alcuni spalti dove potevano sedersi gli ospiti o si potevano appoggiare gli asciugamani, sul fondo invece la superficie era abbastanza ampia da ospitare una piscina olimpionica a sei corsie, una vasca più piccola di minore profondità e una vasca, in un angolo, ad idromassaggio. La conca intera era coperta da una cupola di vetro e acciaio che conferiva all'ambiente una luminosità insolita e piacevole. Dall'ingresso, se lo si attraversava tutto e si arrivava sul fondo, era possibile vedere giù verso le piscine da una parete a vetri. Era possibile anche entrare accedendo direttamente agli spalti, grazie ad una porta, ma Sho non aveva voglia di immergersi nel caldo umido di quell'ambiente e si fermò guardando attraverso i vetri, alla ricerca della coreana. Era difficile non vederla dato che la piscina era assolutamente deserta, come quasi tutto il resto del campus (i dormitori cominciavano ad animarsi solo in quei minuti, essendo già le sette passate). C'erano però due persone che stavano facendo ripetutamente le vasche avanti e indietro a bracciate, ma era facile capire che una delle due faceva meno spruzzi ed era quindi più minuta: non poteva che essere lei. Rimase con la fronte appoggiata al vetro osservando il movimento avanti e indietro dei due nuotatori, mentre dentro di sè cercava di trovare una soluzione ai suoi dilemmi: come invitarla? Meglio un invito diretto a fare un'uscita oppure presentarla come una possibilità se non aveva meglio da fare? O ancora, supplicarla di fargli compagnia altrimenti sarebbe rimasto da solo?
Mentre si arrovellava su questa questione, di per sè inutile, i due avevano smesso di nuotare e si erano issati, stanchi, a sedere sul bordo della vasca, ai due lati opposti del trampolino numero 3. Li osservò che discutevano, l'altra persona con lei addirittura gesticolava, ma dato che gli dava le spalle non riusciva a capire chi fosse. Dopo qualche minuto fu la coreana ad accorgersi di lui e rimase a fissarlo senza muoversi. Il compagno di nuotata notò il suo atteggiamento strano e si voltò: era Yamashita Tomohisa, lo conosceva, era difficile che non conoscesse qualcuno alla Johnny. Questi alzò una mano e la agitò verso di lui per salutarlo. Sho la alzò a sua volta osservando poi che Yun-seo aveva invece chinato il capo quanto bastava per fargli vedere da quella distanza che si era inchinata per salutarlo. I due si alzarono dalla piscina, raggiunsero gli spalti e si coprirono con gli asciugamani, quindi il ragazzo sembrò farle segno di salire su per le scale e in pochi secondi furono alla porta che dava sull'ingresso. «Sakurai Sho kun!» esclamò Yamapi sbucando con solo la testa «Buongiorno»
«Buongiorno Yamashita san» rispose facendo un mezzo inchino
«Sakurai san» salutò Yun-seo, sbucando con il capo più in basso rispetto al ragazzo «Ah, che freddo!» e subito la vide tornare oltre il vetro
«Sakurai kun, perchè non entri? Tanto abbiamo finito di allenarci» propose Yamapi aprendo di più la porta. Anche se controvoglia Sho accettò l'invito e si sedette sugli spalti con i due «Vi conoscete?» domandò per rompere il ghiaccio: si stava ancora chiedendo cosa fare e si sentiva quasi in imbarazzo a trovarsi lì. «Per la verità no» rispose la coreana scuotendo il capo e stringendosi nell'asciugamano: ci aveva potuto far caso solo di sfuggita, quando l'aveva vista alzarsi dalla vasca per coprirsi, ma la ballerina aveva un bel corpo, peccato avesse pochissimo seno (ma era possibile dirlo anche quando era vestita, in sala prove). «Ci siamo conosciuti una settimana fa, circa: credevo di essere l'unico a venire ad allenarsi la mattina in piscina e invece lunedì ci ho trovato lei» ridacchiò Yamapi
«Yamashita san è un ottimo nuotatore» osservò la ballerina «Sakurai san voi non venite qui spesso?»
«Mh? No, per la verità no. Spesso siamo in giro, le volte che stiamo alla JH in un anno si contano sulle dita di una mano e solitamente sono solo pochi giorni»
«Gli Arashi è più facile incontrarli per i corridoi degli studi televisivi» scherzò l'altro «Ma siamo sicuri di vederci tutti gli anni a capodanno perlomeno»
«Verissimo! E' strano come noi della Johnny ci si ritrovi a festeggiare sempre il capodanno insieme anche se effettivamente ci si consce poco e ci si vedrà, si e no, un paio di volte in tutto il resto dell'anno» annuì divertito Sho «Ma voi non avete freddo?» domandò vedendo Yun-seo cominciare a tremare leggermente sotto l'asciugamano
«E' quasi ora di colazione, non vai Ahn san?» domandò Yamapi
«Sì, hai ragione. Avevi bisogno di qualcosa Sakurai san?» fece quella, diretta, mentre si alzava dal sedile degli spalti
«Beh... mmmh... si, per la verità c'era qualcosa» annunciò tentennante
«Si» lo incitò lei mentre recuperava il borsone da piscina, l'altro pure si mosse dalla sua seggiola e si avvicinò alle sue cose lasciando un po' di spazio tra lui e gli altri due, come a dar loro un po' di privacy, tentativo peraltro inutile dato che ogni minima parola rimbombava nel luogo semideserto. «Ecco, mi chiedevo se non ti andasse di uscire» disse per poi maledirsi mentalmente e correggersi «O meglio, magari volevi fare un giro per Tokyo e non ti andava di girare da sola. Avere una guida è più comodo» ma quando la vide alzare su di lui uno sguardo indecifrabile si corresse di nuovo «Per la verità gli altri sono già tutti occupati e io non ho voglia di starmene da solo campus». Alla fine aveva usato tutte e tre le possibilità e, invece di trovarne una migliore o peggiore dell'altra, pensava di aver fatto, sommando tutto, una pessima figura. «Scusa» rispose invece lei «Credo di aver capito solo metà di quello che hai detto. Puoi ripetere più piano?» domandò arrossendo
«Eh? Ah no, scusa tu» sospirò Sho, stava proprio facendo la figura dell'idiota
«Perchè non ne approfitti Ahn san?» domandò Yamapi «Potresti chiedere a Sakurai kun di portarti in giro per Tokyo»
«Posso approfittare davvero?» domandò quella sorpresa
«Si... si certo» annuì il ragazzo, grazie a quel terzo intervento forse se l'era cavata meglio del previsto.

Non aveva creduto alle sue orecchie: oltre alla disponibilità di Jun, nell'ascoltarla e sostenerla, quella era la prima volta che qualcuno le faceva un gesto gentile. Incredibile!
Era anche vero che dal giorno del discorso di Yun-seo i ballerini della compagnia di Chen, Sanshiro e altri avevano ripreso a parlarle: le avevano fatto le loro più sentite scuse per il loro comportamento e lei non volle sapere ragioni, le bastò vedere che ai pasti c'erano persone che la invitavano a sedersi con loro. Anche Kaneko Sakura, la Tahilandese, era venuta da lei a parlarle: si era profusa in scuse per il suo silenzio e le aveva addirittura portato un vassoio di dolci ben impacchettato per ringraziarla di ciò che aveva fatto per difenderla. Con i ballerini della Masanobu invece fu più difficile: molti di loro non dissero niente e ad ogni giorno che passava le avevano semplicemente dato maggior confidenza fino a chiederle consigli su alcuni passi, altri ancora le dissero frasi del tipo "bel discorso", "tutto sommato non sei male" che era un modo impacciato di chiedere scusa probabilmente, altri ancora non le dissero mai niente ma fecero solo il loro lavoro. Shibata diede le dimissioni e la compagnia mandò qualcun'altro al suo posto. Takechin era convinta che se Yun-seo fosse andata da lui a chiedergli di rimanere lui l'avrebbe fatto, ma lei si oppose: importunare insistentemente una collega di lavoro e insieme fare discriminazione su di lei solo perchè di nazionalità diversa non era stato corretto sia dal punto di vista professionale che dal punto di vista umano, perdonarlo non spettava a lei, ma a Sakura san e perdere quell'opportunità sicuramente lo avrebbe fatto riflettere due o tre volte in futuro prima di fare il cascamorto e lo xenofobo sul posto di lavoro. La situazione, insomma, era migliorata e finalmente si lavorava in armonia con un affiatamento sempre crescente nel corpo di ballo. L'arrivo del ragazzo quella mattina, in ogni caso, era stato veramente inaspettato: che ci stava a fare lì Sakurai Sho? A quell'ora del mattino e nel giorno di riposo? Credeva che il gruppo avesse lasciato il campus la sera prima e invece eccolo lì ad invitarla! Gli Arashi erano pieni di sorprese.
Fu con quei pensieri che Yun-seo si preparò per uscire dopo la colazione: scarpe da ginnastica, pantaloni della tuta, chiodo in pelle e una sciarpa bianchissima dall'aspetto morbido. «Cosa?» domandò a Sho che la fissava come in trance quando arrivò davanti al cancello d'uscita della JH
«Pensavo ti vestissi meglio» disse lui per poi correggersi muovendo una mano nell'aria «Volevo dire... di solito le ragazze si agghindano tutte per uscire»
«Non è un appuntamento e per quello che dobbiamo fare è meglio stare comoda» spiegò lei stringendosi nelle spalle, con le mani affondate nelle tasche
«Sai già dove vuoi andare?» domandò incredulo
«Esattamente, e poi non posso indossare niente di vistoso perchè potrei attirare l'attenzione. Se la gente mi notasse finirebbe col notare te, cosa che non deve accadere»
«Però... sembra che non sia la prima volta che esci con una celebrità» scherzò lui
«Infatti» gli sorrise amaramente, poi aggiunse subito un'altra frase «Tu piuttosto: pensi seriamente di andare in giro conciato a quel modo?» lo indicò con l'indice dalla testa ai piedi
«Perchè no?»
«Giacca azzurra e sciarpa gialla? Senza contare le scarpe rosse sotto i jeans» elencò lei scuotendo il capo «Ti noterebbe anche un daltonico e non va bene per il posto dove andiamo, cambiati»
«Cosa?» domandò lui incredulo
«Andiamo in camera tua e ti cambi» lo acchiappò per la manica e lo trascinò fino al dormitorio «Giacca nera, oppure grigia, sciarpa di colore scuro e scarpe pure. Mettiti una tuta, devi stare comodo»
«Ma... dai sul serio?» fece svogliato
«Serissima. Occhiali scuri, sento che uscirà il sole, e mettiti un bel capello di lana a tinta unita» concluse per poi incrociare le braccia e appoggiarsi al muro del dormitorio: segno che l'avrebbe aspettato lì, quando si fu cambiato però si era spostata nell'ingresso del dormitorio dato che faceva troppo freddo per stare ferma fuori. Dopo aver ricevuto il suo ok poterono partire alla volta di Tokyo.
«Laser Game Center?» domandò basito Sho, con il naso per aria a leggere la grossa scritta che campeggiava sulla facciata di un edificio in periferia di Tokyo
«Esattamente» annuì Yun-seo avviandosi all'entrata «Se siamo fortunati troveremo già un gruppo pronto a cominciare». La coreana aveva cercato attentamente in internet un posto che somigliasse a quello che stava cercando e quello, nella zona di Chiba, era più o meno ciò che cercava: chi voleva giocare si iscriveva all'entrata e ad ogni ora, con i nomi scritti, si formavano squadre, coppie o singoli assegnando a ciascuno un colore di pettorina. Si avevano 45 minuti di gioco in un edificio "abbandonato" (in realtà era tenuto molto bene e non era pericolante, ma l'aspetto era proprio quello) a due piani, con scale e corridoi. I fucili laser di ogni concorrente erano l'arma per colpire gli avversari, la cui pettorina era sensibile al fascio luminoso. Vinceva la squadra con più superstiti allo scadere dei 45 minuti. «Io non ho mai fatto sta roba» sussurrò Sho alla ragazza, mentre sbirciava gli avversari che si preparavano come loro «E mi pare pericolosa»
«Che femminuccia! Mica spari sul serio» spiegò lei sgranando gli occhi
«Non per quello! Se qualcuno dovesse riconoscermi?»
«Le bambine che ascoltano musica pop sono troppo piccole per partecipare, quelle che hanno l'età sono troppo perfette per farlo, rischiano un'unghia o di rovinarsi la permanente, quelle sulla ventina devono studiare o lavorare e se hanno tempo libero non fanno questo. E infine» disse caricando il fucile che le avevano dato (sparavano laser, ma erano giocattoli fatti per riprodurre lo stesso rumore di quelli veri) «Le signore trentenni hanno una casa da mandare avanti, figli a cui badare e una schiena da tenere sotto controllo. Puoi stare tranquillo». Con la coda dell'occhio notò che Sho la guardava da dietro le lenti scure degli occhiali «Ci giocano principalmente uomini o piccoli nerd senza una vita sociale» concluse
«Dato che non sei un uomo devo classificarti nel secondo gruppo?» domandò lui, che cominciava a divertirsi
«No, apri una parentesi e chiamala "Gente che ha bisogno di sfogare rabbia, depressione e frustrazione". Mi trovi lì, carissimo» annunciò alzandosi in piedi «E se riesci a rimanere in vita per almeno venti minuti pago io il prossimo round» gli disse atteggiandosi mentre si avviava nell'edificio con gli altri
«Facciamo trenta» propose seguendola «E se vinco, non solo paghi tu, ma ritiri il "femminuccia" di prima».
Venticinque minuti dopo si ritrovarono al secondo piano, comparendo improvvisamente l'uno davanti all'altro tanto improvvisamente che quasi si sparavano a vicenda «Sakurai san!» esclamò col fiatone lei
«Ahn san! Ottimo, ne ho giusto due alle calcagna e si sono divisi: uno arriva da destra e uno da là. Quello è tuo, all'altro ci penso io» le annunciò mettendosi contro il muro. Yun-seo annuì e lo imitò: ascoltarono i passi avvicinarsi, quindi uscirono allo scoperto e aprirono il "fuoco" verso gli altri concorrenti. «Sakurai san!» urlò la ballerina, in difficoltà. Quando Sho fece fuori il suo avversario accorse ad aiutarla: era un osso duro, ma non abbastanza da difendersi da un attacco doppio. «Ottimo lavoro» annuì la coreana
«Abbiamo ancora 20 minuti prima della fine» sospirò l'altro, già sudato. Sentirono le voci dei compari, lontane, rendersi contro dei due fuori gioco ed erano intenzionati a prendere entrambi per toglierseli dai piedi e vincere. Sho adocchiò le scale e fece segno alla ragazza di seguirlo. Volarono sugli scalini fino al secondo piano, poi scelsero la prima porta a sinistra ed entrarono. Si misero con le spalle alla parete e tesero l'orecchio per sentire i rumori oltre la porta, verso le scale
«Sono loro?» domandò piano
«Si, stanno arrivando» annuì «Usciamo da lì» ma quando arrivarono fuori dalla seconda porta della stanza si accorsero che era cieca e non aveva altre uscite «Siamo in trappola» mormorò a denti stretti «E ci fanno fuori entrambi in un colpo solo, maledizione: non dovevamo unirci»
«Non è detto, non ci hanno visto salire, giusto?» domandò lei trascinandolo nella stanza precedente
«Non credo, ma che fai? Gli vai incontro?» sussurrò per poi vederla aprire un armadio mezzo distrutto che lui non aveva nemmeno notato
«Dentro» lo spinse al volo e lo seguì subito dopo richiudendosi l'anta alle spalle, lasciandola socchiusa come prima. Trattennero il fiato e ascoltarono i passi che si avvicinavano. Era stata tanta la fretta di nascondersi che non avevano nemmeno potuto sistemarsi e, se pure l'armadio era ampio, non c'era stato modo di mettersi in maniera differente da come si trovavano in quel momento: Sho era schiacciato con la schiena al fondo dell'armadio, guardando verso le ante e spiando oltre la sottile fessura che lasciava intravedere fuori, Yun-seo, entrando, gli si era ritrovata davanti e dato che il mobile non era profondo si erano ritrovati attaccati l'uno all'altra. Insomma, dopo qualche secondo passato a tranquillizzarsi per non respirare forte in quello spazio e rischiare di essere sentiti, si resero entrambi conto di quanto imbarazzante fosse quella situazione. Lei era andata lì per sfogare un po' tutta la rabbia e la frustrazione che aveva addosso, non per trovarsi a zero centimetri da un collega di lavoro! «Li hai visti salire?» «Si» «Sei sicuro?» «Ho detto di sì, che rompipalle» chiacchieravano i due sul pianerottolo «Tu guarda da quella parte, io di qua». Ricadde il silenzio, si sentivano ancora alcuni rumori dal piano di sotto dove altri proseguivano il gioco, ma al primo piano era tutto silenzioso. Yun-seo alzò lo sguardo lentamente per sbirciare il viso di Sho e capire come evolvesse la situazione alle sue spalle -sempre che lui potesse vederla-, ma quando lo guardò si accorse che non stava guardando fuori, ma proprio lei ed incrociò il suo sguardo in quella penombra. Quasi si sentì un tuffo al cuore: in che situazione assurda si era cacciata? Era sicuramente carino, anzi bello, attraente e sexy, era inutile negarlo, ma non era quello il momento di pensarci, di ritrovarsi appiccicata a lui! Di scatto riabbassò lo sguardo, sentendo che le orecchie e le guance cominciava a scaldarsi più del dovuto, e nel farlo diede una capocciata all'anta dell'armadio. L'avversario sentì il rumore: erano spacciati. Questi si avvicinò lentamente, puntando il fucile-laser nella loro direzione. «Venticinque minuti sono comunque passati, ho vinto» le sussurrò lui nell'orecchio: il suo fiato sul collo la fece irrigidire, ma non ebbe tempo di distrarsi nuovamente. Il ragazzo aprì l'anta dell'armadio con in piede e puntò l'arma contro il nemico. Fu più veloce e lo fece fuori al primo colpo, senza dargli la possibilità di colpire Yun-seo che lo copriva col corpo, nascondendo il bersaglio della sua pettorina. «Cavolo!» sbuffò questi e il compare lo sentì. La coreana fece un passo indietro e mancò l'appoggio al fondo dell'armadio sbilanciandosi all'indietro. Imbracciò il fucile e arrivò di schiena sul pavimento, giusto in tempo per sparare contro il secondo con tutta la comodità di avere liberi i movimenti e prendere la mira. Non fu però abbastanza veloce e questi ebbe il tempo di sparare a Sho il secondo prima che il colpo della ragazza gli colpisse in pieno la pettorina. Poi un terzo, arrivato sentendo i rumori, colpì la coreana prima che riuscisse a rialzarsi e muoversi liberamente.
Fecero in tutto tre partite, la seconda la pagò Yun-seo, come promesso, la terza Sho, per arrivare a pagare entrambi la stessa cifra a fine gioco: dopo la prima partita, in ogni caso, giocarono separati, ufficialmente per evitare di essere beccati insieme dagli avversari e perdere in una volta sola, ma in realtà la ballerina non voleva ritrovarsi in una qualsiasi situazione simile a quella dell'armadio, se poi anche Sho avesse appositamente evitato di giocare fianco a fianco lei non poteva saperlo. Quando uscirono da lì era passata l'ora di pranzo e ridevano come pazzi raccontandosi per la quarta volta i vari momenti più emozionanti delle partite. «Allora? Come me la sono cavata?» domandò Sho mentre si sistemava il capello sulla testa
«Benissimo per essere un principiante» fece lei, vaga
«Bugiarda, proprio non ce la fai a farmi un complimento?»
«Avresti dovuto far qualcosa per meritartelo» ridacchiò lei trottando qualche passo più avanti a lui
«Facciamo che se mi fai un complimento ti offro qualcosa da bere?» propose lui fermandosi davanti ad un locale
«Va bene, ma scelgo io dove» e quando Sho accettò non sapeva a cosa sarebbe andato incontro. Yun-seo girò sei posti prima di fermarsi al settimo: gli aveva imposto di farla entrare da sola e ogni volta la vedeva uscire e scuotere il capo proponendo il prossimo. Quando finalmente poterono fermarsi la vide affacciarsi alla porta e fargli cenno di entrare. Era una piccola tavola calda su una via abbastanza trafficata di Chiba, e si sistemarono ad un tavolo di fianco alla vetrina che dava sulla strada. «Mettiti lì» gli disse lei indicandogli la sedia contro il muro e lui con un sospiro si accomodò
«Sei una di quelle donne che devono sempre comandare?» domandò incuriosito mentre si toglieva la giacca
«No, è solo per la tua sicurezza» spiegò lei sedendosi davanti a lui a sua volta «Non togliere la giacca altrimenti dovresti levare anche cappello e occhiali, apri solo la zip e togliti gli occhiali. Sciogli il nodo alla sciarpa ma lasciala al collo e tieni il cappello» gli fermò la mano prima che si spogliasse «Farò lo stesso anche io, al massimo passeremo per una coppia di freddolosi». Quello si tolse gli occhiali da sole e mise quelli finti da vista, osservandola con gli occhi sgranati «Vuoi dire che tutto quello che hai fatto era per me?» domando incredulo
«Mh» annuì la coreana aprendo il menù «Sono entrata in ogni locale con la scusa di chiedere delle indicazioni di un posto assurdo tipo una sala da go, un negozio di borse straniere, un ristorante vietnamita. Mentre il personale scrupoloso si consultava per darmi l'indicazione impossibile io osservavo il locale e lo valutavo. Quando sono entrata qui e non hanno saputo darmi l'indicazione ho ringraziato e ho detto che ormai era molto che giravamo, così avremmo fatto bene a riposarci. Con questa scusa ti ho fatto entrare e ci siamo fermati»
«Impressionante» disse lui sbalordito
«Tu sei seduto lì perchè se sei vicino al muro, a lato della vetrina, la gente ti nota di meno, ma insieme puoi guardare fuori, come chiunque» concluse chiudendo il menù «Facciamo che scegli tu cosa prendere?» gli propose, non sembrava aver letto molto attentamente la carta
«Ci porta l'infuso di melograno?» domandò quindi lui, rivolto alla cameriera che si era avvicinata
«Certo, cinque minuti e torno con la vostra ordinazione» rispose questa facendogli un largo sorriso, ma abbastanza tranquillo da lasciar intuire che non aveva capito chi lui fosse. Attesero in silenzio finchè non arrivarono le tazze e nel frattempo entrambi guardavano verso la strada. «Insomma sei un'esperta di appuntamenti con gente che non dev'essere riconosciuta?» domandò lui dopo un po'
«Diciamo di sì» annuì appoggiando i gomiti al tavolo e il mento tra le mani
«E sei una donna nervosa che per sfogarsi si fa venti vasche ogni mattina e, quando può, va a sparare per finta a perfetti sconosciuti al laser game» stavolta non era una domanda e Yun-seo non rispose. Non perchè non lo fosse, ma perchè proprio non sentiva di dover dire nulla: era la verità, che altro? «Lui chi è?» sembrò insistere Sho
«Non penso sia indispensabile dire chi sia» rispose allora lei «Siete dei gran pettegoli voi cinque» constatò: se lui faceva quella domanda significava che Jun aveva spifferato della loro serata sotto la neve. «A che ti riferisci?» e sembrava sincero nel tono di voce
«Mh... non lo sai? E come fai a dire che è colpa di un uomo?» chiese a sua volta
«Non lo so, è la prima cosa che mi è venuta in mente. Sarei andato per tentativi, ma tu hai confermato subito la mia prima ipotesi» insomma si era fregata da sola: ottimo. Si azzittirono nuovamente e la ragazza si mise un cucchiaino di zucchero nell'infuso dall'intenso color rubino. «Jun o Aiba chan lo sanno allora?» continuò a domandare «E' per questo che sono interessati a te?» domandò cominciando a sorseggiare dalla tazza
«Cosa?» domandò incredula «Interessati? Abbiamo fatto amicizia: Aiba... Masaki san è un bravo ragazzo, dev'essere un amico affidabile e mi ha trasmesso molta forza e speranza, Matsumoto san invece è talmente sensibile che non ha potuto fare a meno di notare alcune cose che, per sua natura, trovava scomode... irritanti, credo, comunque problematiche» tentò di spiegare mentre girava il cucchiaino «Ha tentato di ignorare le sue sensazioni, ma è la sua sensibilità a renderlo una persona profonda e particolare: era inevitabile che avremmo dovuto trovare un punto di contatto e così è stato»
«Forse non sono affari miei, ma com'è che con loro vai d'accordo dopo poche settimane e con una persona che ami da tanto invece no?» le chiese ancora, con sorrisetto, tornando a guardare fuori
«Perdonami, ma effettivamente non credo siano affari tuoi»
«E' così terribile da non poterne parlare? Così terribile da poter liberare i tuoi sentimenti solo tramite gesti violenti?» domandò osservandola attentamente, socchiudendo le palpebre
«Che cosa intendi dire?» domandò Yun-seo che cominciava ad irritarsi: cos'era quell'improvviso cambiamento? Perchè quell'arroganza? «Che non puoi andare in tutti i laser game che trovi a Tokyo: prima o poi scoppierai»
«Oh, è arrivato lo studioso delle foreste!» esclamò lei alzandosi in piedi di scatto, pronta ad andarsene
«Siediti, o attirerai l'attenzione» le sussurrò lui, finalmente girandosi a guardarla e prendendole una mano per riportarla al suo posto «Si dice psicologia*, ma non ci vuole una laurea per capirti» specificò aspettando che si riaccomodasse e le fece appoggiare la mano sul tavolo, prendendola con entrambe le sue «Tu tenti sempre di nascondere il tuo stato d'animo, vero?»
«Mh» annuì leggermente, abbassando lo sguardo e mettendo il broncio, avrebbe preferito andarsene, la discussione stava prendendo una piega che non le piaceva, proprio perchè cadere sull'argomento che più le doleva rendeva difficile mascherare ciò che provava. «Perchè?» chiese ancora, ma prima di avere una risposta dovette aspettare parecchio. Le luci del soffitto riflesse nel liquido rosso dell'infuso guizzavano sulla superficie smossa poco prima dal cucchiaino, creavano giochi di luce e colore meravigliosi nella tazza, eppure gli occhi non sembravano vederli, incantati, per colpa dei tanti pensieri che si affollavano nella mente della giovane. «Non è facile allontanarsi da casa... lasciare tutti e trovarsi in un altro paese da soli. Qualsiasi problema tu abbia non ci sono più i tuoi amici che ti conoscono, ti ascoltano e sanno cosa dirti. Sono sola, mi sento sola... e fino a pochi giorni fa non avevo nessuno a cui rivolgermi» cominciò con un soffio di voce «Le parole di Matsumoto san, la sua offerta di amicizia mi è stata molto d'aiuto, ma lo conosco talmente poco che non ho il coraggio di parlargli di Chang, di prenderlo in disparte, rubarlo ai suoi amici per chiedergli di regalarmi un po' del suo tempo»
«Però oggi ci sono io» fece notare Sho a bassa voce. Yun-seo alzò lo sguardo quando si rese conto di una vena di calore nel tono di voce del collega. Si ritrovò nuovamente in contatto visivo con i suoi occhi: se di Aiba aveva notato il sorriso sincero e spontaneo e di Jun la freddezza a mascherare la sensibilità, di Sho non poteva far a meno di rendersi conto quanto ogni suo gesto, ogni sua parola e sguardo fosse sempre carico di emozione. Metteva passione in ogni cosa: dall'energia dei passi di ballo, alla forza nelle parole di una canzone, fino all'inevitabile sensualità dei suoi movimenti. Senza motivo evidente si sentì arrossire fino alla radice dei capelli «E... mi hai assecondato, ti sono molto riconoscente» farfugliò per poi chinare il capo tentando di nascondere l'imbarazzo. Stava anche continuando a tenerle la mano e aveva l'impressione che le bruciasse la pelle. «Mi sei piaciuta dal primo giorno, sai?» disse quello improvvisamente e Yun-seo sbiancò improvvisamente
«Eh?» sospirò sgranando gli occhi
«Si, vedi... sei una... tosta, diciamo. Non ti sei mai fatta veramente cogliere impreparata, hai sempre trovato il modo di rispondere a tono, agire con forza in qualsiasi situazione: per questo ci sei piaciuta e abbiamo insistito perchè ti tenessero. Volevamo qualcuno con una personalità, che ci aiutasse e ci ispirasse, non avremmo saputo che farcene di una campionessa olimpionica di danza dallo spessore caratteriale di un comodino» la coreana non potè fare a meno di ridacchiare divertita «Però da qualche giorno non sei più la stessa» scosse il capo
«In che senso? Sono sempre io» domandò aggrottando le sopracciglia
«Si certo... ma hai cambiato atteggiamento e in quello che fai non c'è più la passione e le emozioni che vedevo invece trasparire prima. Ti sei come... raffreddata».
Capiva cosa intendeva, ma era anche confusa: per Jun doveva trattenersi e sfogarsi a parole, mentre per Sho doveva dare libero sfogo alle sue sensazioni, non era mica un pezzo di pongo che potevano adattare tutti e cinque alle loro artistiche esigenze! Persa in quei pensieri non disse nulla per un bel pezzo, mentre Sho continuava a fissarla e lei a sua volta. Una risata più forte di altre nel locale li risvegliò «Ah... così sembriamo proprio una coppia di fidanzatini!» lo sentì esclamare divertito. Effettivamente lui la teneva ancora per mano, sul tavolo e dato che la ballerina aveva parlato piano lui era finito inevitabilmente a sporgersi su di lei che, per stupidi motivi tutti suoi (e forse anche per colpa dell'infuso caldo), aveva ancora le guance rosse. «Ah! Imbecille» sospirò lei sfilando la mano da sotto la sua e scuotendo il capo quando lui si mise a ridacchiare divertito. Adesso aveva capito, Sho era così: passionale e profondo in ogni cosa e spingeva gli altri ad essere come lui ad esprimere le proprie emozioni, a mettere passione nella propria vita. «Così va meglio, anche imbarazzarsi è mettere cuore nella nostra vita» le spiegò ridendo appoggiando il viso al braccio piegato vicino alla tazza, piegandosi sul tavolo a ridere
«Che cretino» ridacchiò anche lei passandogli una mano tra i capelli per scompigliarli «Tiè, punizione!»
«Aaaah.. no dai.. già il capello li schiaccia!» guaì lui cercando di fermarla
«Infatti sembrava te li avessero appiccicati in testa» rise continuando a d infastidirlo
«E ora che ho messo le dita in una presa: la pianti?» le chiese prendendola per il polso e guardandola seriamente. Si guardarono di nuovo in un'altra di quelle occhiate intense, ma ora sapeva che lo sguardo di Sho era così, profondo, accattivante e attraente di natura e non perchè stava guardando lei nello specifico. Risero entrambi e ripresero a bere l'infuso.

Quella sera erano tutti rientrati alla JH per passare lì la notte ed essere presenti la mattina di lunedì per riprendere il lavoro. «Yun-seo!» la chiamò Sanshiro «Vieni qui, ti abbiamo tenuto il posto!» lui e altri si erano seduti ad un tavolo della mensa del campus e avevano da poco cominciato a mangiare. Si aggiunse al gruppo e cominciarono a chiacchierare di come avevano passato la giornata libera «Tu cos'hai fatto? Ognuno di noi è tornato a casa da amici e parenti, ci spiace averti lasciata da sola» disse una della compagnia
«Non preoccupatevi io ero...» si bloccò un attimo, riflettendo sulla risposta da dare «... troppo stanca per andare da qualche parte: ho poltrito tutto il giorno e ho guardato la tv giapponese. I programmi della domenica sono un vero spasso!» cercò di giustificarsi. Forse non era il caso di far sapere che era stata in giro con uno degli Arashi, i rapporti si erano appena rinsaldati con tutti, non era il momento di far scoppiare gelosie: persino lei non sapeva spiegarsi come mai fosse finita a fare amicizia in maniera particolare con tre di loro. «E cos'hai visto? Riuscivi a capire tutto?» le domandarono
«Oh beh.. ecco, insomma non tutto e poi non...» cercava dentro di sè delle frasi convincenti, ma per fortuna qualcuno interruppe il loro discorso
«Ah! Guardate! Alla TV parlano degli Arashi!»
... INCREDIBILE SOTTO MOLTI PUNTI DI VISTA. PROPRIO IN QUESTI GIORNI INFATTI IL FAMOSO GRUPPO POP ARASHI STA LAVORANDO ALLA PREPARAZIONE DI UNA SERIE DI VIDEO NUOVI PER LANCIARE IL TOUR ESTIVO PER IL DECISO ANNIVERSARIO DAL LORO DEBUTTO. C'E' QUINDI DA CHIEDERSI SE SIA STATA UNA MOSSA PUBBLICITARIA O SE VI SIA EFFETTIVAMENTE QUALCOSA DIETRO. DIAMO LA POSSIBILITA' AL PUBBLICO DI VEDERE NUOVAMENTE LE FOTO IN QUESTIONE, FATTE OGGI DA...⎬
Ci mancò poco che la zuppa di miso le uscisse dal naso: parte riuscì a sputarla e solo una parte le andò di traverso. Sullo schermo della televisione della mensa campeggiavano due foto con lei e Sho, di pessima qualità ma sufficiente a non lasciar dubbi sull'identità dei soggetti, in uno dei momenti passati alla caffetteria. La prima era proprio di quando lui le aveva preso il polso e si erano fissati prima di scoppiare a ridere, ma in quell'istante sembravano completamente seri e, anzi, molto presi da ciò che facevano; nella seconda lui era proteso verso di lei: sapeva che era un momento precedente a quello della prima foto, ma l'avevano manipolata di modo da piegarla al bisogno di scandalo, senza contare che visti così sembrava che lui stesse tentando di baciarla tenendola per mano!
«Ahn san?» domandarono gli amici al tavolo con lei osservandola stupiti, ma nessuno poteva essere stupita quanto lei mentre fissata quelle foto campeggiare a tutto schermo, trasmesse in tutta la nazione... e oltre!

*Qui l'errore è dovuto al fatto che Yun-seo intende dire shinrigaku, ossia psicologia (lettaralmente: shinri "mentalità" e gaku "studio"), mentre dice shinringaku (letteralmente: shinrin "foresta", ma questa parola non esiste in Giapponese!)


E' il turno di Sho! Questo è lo Sho che ho pensato per questa fic: una persona passionale e appassionata, diciamo. La passione è un altro dei significati del Melograno e siccuramente uno dei significati del rosso, il colore di Sho.. e il colore della coccinella.
Questa è la prima parte sconvolgenti rivelazioni nella seconda *-* Gli effetti dello scandalo, la reazione del fidanzato in Corea, i sentimenti degli Arashi tutti... ci sarà una soluzione a questo gran casino? Stay tuned XD
Un grazie sentitissimo va a KikyoHIME! La sezione Arashi non è che sia pienissima (se riesco a portare avanti tutte le ff in cantiere la riempio io ahaha.. seee o.o cominciamo con queste prime due) quindi già immaginavo che non ci sarebbero stati poi tanti commenti, se non nessuno. Quando ho visto il tuo mi son quasi commossa: esistono altre patite degli Arashi! E quindi grazie del commento, sei stata carinissima! I capitoli con Nino verranno dopo questi due con Sho (il mio preferito *.*), ma sono strettamente collegati.
Ancora grazieeeeeee!!

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Capitolo 7
*** Una coccinella dispettosa [2#] ***


Passarono due giorni interi, dalla sera in cui era scoppiato lo scandalo, prima che qualcosa dall'agenzia si muovesse. L'unica cosa che avevano fatto era riportare subito gli Arashi al lavoro sui programmi televisivi (avevano registrato puntate in anticipo per potersi dedicare alcuni giorni solo ai balli per i video, ma ora dovevano tornare a registrare quelle nuove), così che in quei due giorni dei cinque non ci fu traccia nè sul lavoro, nè nel dormitorio. La sera del primo giorno, passato senza aver loro notizie e senza poter rintracciare Takechin di modo da chiedere a lei, si era appostata fuori dal dormitorio maschile: una volta aveva capito qual era la stanza di Jun ed era intenzionata a vedere se la luce fosse accesa, se fossero tornati almeno la sera. Quando aveva visto la finestra illuminata si era fiondata all'interno dell'edificio, inseguita dal portinaio che, vedendola di corsa, aveva creduto fosse una sconosciuta che irrompeva lì dentro senza motivo. Dovette affrontare una grande delusione quando realizzò che la luce era accesa solo perchè stavano pulendo approfittando che la sede centrale aveva avvisato che gli Arashi non sarebbero tornati quella sera. Il mattino dopo, prima di andare verso la piscina, si azzardò a domandare al portinaio se magari fossero tornati nel cuore della notte: niente. Passò la seconda sera chiusa nella cabina telefonica a controllare l'entrata e le finestre del dormitorio: niente. Non tornavano. Nel frattempo avevano cominciato ad arrivare gli sms: 「Yun cosa sta succedendo laggiù? Ci sono arrivate delle notizie strane, cos'è successo? J.」「Sei sicura di volerlo sapere? Lo sa, certo, ma... Jaejoong」「Yu-yun come va in Giappone? Senti, stasera abbiamo saputo di uno scandalo lì in Giappone: sembri tu in foto! Yoochun」「Avevo intuito che qualcosa non andava, ma non pensavo fino a questo punto. Cosa ti sta combinando quello scemo? Y.」「Per la verità niente. Non ha detto, nè fatto nulla. Non sembra pensare sia una cosa che lo riguardi più. Dovresti essere contenta, o no? Jaejoong」. Anche i rapporti con i compagni di lavoro era cambiati di nuovo: qualcuno aveva cominciato a pensare che lo scandalo fosse vero, per quanto lei avesse spiegato dettagliatamente la situazione a tutti quelli che avevano chiesto; fortunatamente queste persone erano poche ed erano quelle che con lei non avevano legato molto dopo la chiarificazione avuta all'inizio del lavoro. Chi le era ormai diventato amico vedeva il suo tormento in quei giorni e aveva deciso di credere alle sue parole e di supportarla semplicemente andando avanti con il lavoro come avevano sempre fatto. Sakura san, che di solito non alloggiava alla JH, erano giorni che si fermava per tutti i pasti e le stava vicina intuendo che qualcosa non andava già dal giorno in cui Yun-seo aveva lasciato il fidanzato (anche se lei non sapeva cos'era successo dato che la coreana era molto riservata con chiunque di loro, poteva quindi solo intuire e vedere la sua tristezza).
Finalmente, il mattino del terzo giorno, venne convocata alla sede principale. Takechin le aveva fatto arrivare un disegno con la strada da fare, non certa che Yun-seo si ricordasse a ritroso quella fatta il primo giorno che era arrivata. Arrivò in orario, era uscita in anticipo di modo da non fare tardi se avesse sbagliato strada o avuto altri problemi, e trovò la manager ad aspettarla all'ingresso. «Buongiorno» la salutò dopo aver superato le porte a vetri girevoli. Dato che si trattava di un incontro ufficiale con alcuni capi della Johnny aveva abbandonato la tuta che indossava alla JH e si era sistemata meglio: aveva indossato una camicia bianca a maniche lunghe senza bottoni, ma con un piccolo fiocco da allacciare sul davanti poco sotto il seno, una maglia a righe bianche e nere sotto e un paio di jeans a vita bassa, attillati e neri, che si intonavano alle scarpe con il tacco, scure anch'esse, lucide e con un cinturino da allacciare poco sotto il collo del piede. Non si era truccata, era capitato poche volte e in quelle occasioni ci aveva pensato qualcun'altro quindi lei non sapeva farlo da sola, e non si era acconciata i capelli, troppo corti per poterci fare qualcosa a parte indossare qualche molletta. Aveva solo indossato dei braccialetti fini, argentati ai polsi e non si era tolta il pendente a croce che indossava sempre all'orecchio sinistro, tranne quando doveva ballare. «Ahn san, buongiorno» si inchinò Takechin prima di farle segno di seguirla. Si avviarono all'ascensore in silenzio ed entrarono. «E' grave anche stavolta?» domandò quando finalmente si trovarono da sole. Takechin attese un po' prima di risponderle «Per la verità, non saprei dire» scosse leggermente il capo
«Capisco...»
«Ad ogni modo non è in discussione il tuo incarico» la rassicurò subito dopo «Ormai avete cominciato a lavorare ed è innegabile che tu riesca a lavorare bene sia con il gruppo che con il corpo di ballo. Da quel che ho capito con loro le cose vanno bene e se c'è bisogno di qualcosa è a te che si rivolgono» sembrò chiederle
«E' un po' come un branco» rispose stringendosi nelle spalle. Takechin sgranò gli occhi «In che senso?»
«E' come quando i due maschi dominanti lottano per essere i capi. Ho vinto quindi sono un po' il capo branco: ad alcuni non sta bene, ma sanno che sono più forte e non si ribellano, per altri va bene così e si adeguano sfruttandomi per migliorare loro stessi» a quel punto sentì ridacchiare la manager
«Va bene, ma se dovessero chiedere qualcosa non spiegarla in questo modo» la redarguì «Ma non dovrebbe succedere, il lavoro è a buon punto, sostituirti sarebbe da pazzi, anche perchè questo pomeriggio dovreste registrare il primo video. Dovete finirlo entro domani pomeriggio per poterlo sistemare in un'altra mezza giornata e mandarlo in onda da dopodomani. E' troppo tardi per cambiarti insomma»
«Così rapidamente? Chi sono il regista e gli addetti al montaggio che si prestano ad una simile tabella di marcia?» fu il suo turno di risultare stupita
«Quelli che si acchiappano un mucchio di soldi per cui ne vale la pena farlo» e fu la prima volta che sentì parlare la pacata manager in modo così colorito: forse la stava influenzando con il suo giapponese imperfetto? Arrivarono finalmente al ventesimo piano del palazzo della Johnny e attraversarono un paio di corridoi e porte finchè non arrivarono ad una porta alla quale la manager bussò timidamente «Prego». Quando entrarono c'erano tre persone sedute dietro un grosso tavolo ovoidale in vetro dalla parte opposta alla porta, altre due su delle poltrone vicine alla parete dell'entrata e Sakurai Sho accomodato su una sedia dall'altro lato del tavolo rispetto ai primi tre. Aveva tutta l'aria di una sala per le riunioni, dalla parete a vetri entrava la luce del sole dei primi di febbraio, e sembrava simile a quella dove avevano fatto le presentazioni il primo giorno. C'era un numero indefinito di sedie libere, ma una di fianco a Sho era leggermente scostata dal tavolo e quindi aveva tutta l'aria di aspettare lei: ci mancava che arrivasse sua madre, trafelata, a chiedere scusa e si sarebbe sentita tornare ai tempi della scuola. Salutò i presenti e riconobbe i tre dietro la scrivania, ma mentre si avvicinava e si sedeva non poteva non continuare a chiedersi come salutare Sho: dopo la loro uscita non si erano più visti nè parlati, quindi non sapeva cosa ne pensava lui di quella storia e lì davanti a tutti non trovava un modo per salutarlo che non sembrasse troppo freddo per lui, che ormai la conosceva, nè troppo affettuoso dal punto di vista degli altri che parevano lì pronti proprio ad esaminare loro e quello che c'era ipoteticamente stato tra loro. Sho però non alzò lo sguardo, quindi non dovette affrontare la questione. Scoprì quindi che avrebbe preferito affrontarla e sbagliare piuttosto che realizzare quell'improvvisa e completa freddezza da parte sua. «Il tempo è poco sia per noi che per voi, quindi verremo subito al dunque» cominciò l'uomo seduto al centro, era piccolo e pelato «Capitano di rado notizie e avvistamenti dei nostri artisti che siano così chiari ed espliciti quindi non dobbiamo affrontare spesso situazioni come questa. Ogni volta si sono presentate con modalità ed effetti differenti: in questo caso possiamo dire che il fatto è andato più a nostro favore che a discapito del progetto o dell'immagine del gruppo». Al sentire questo Yun-seo non potè fare a meno di tirare un leggero sospiro di sollievo, ma continuava a far caso all'atteggiamento di Sho: era completamente irrigidito sulla sedia e teneva le mani l'una nell'altra sulla superficie trasparente del tavolo. «La campagna pubblicitaria per l'anniversario degli Arashi è stata massiccia fin dai primi dell'anno e le varie pubblicità in televisione e sulle riviste hanno creato una grande attesa per gli otto nuovi video. Sono già previsti i sold out per i concerti estivi nelle maggiori città del Giappone» si intromise quello a sinistra, era cicciotto e più giovane degli altri due «Questo improvviso scandalo ha contribuito ad aumentare l'attesa e la tensione invece di screditare il gruppo o Sakurai san in persona». Sbirciò una possibile reazione del ragazzo, ma il suo profilo, occhi sottili, labbra morbide e sguardo intenso, non cambiò di una virgola. «Non significa che non abbiate sbagliato» riprese quello basso «Simili inconvenienti non devono più versificarsi» specificò con una voce che aveva un tono quasi minaccioso «E' andata bene questa volta, non è detto che la prossima non sia invece quella che stroncherà la carriera di tutti e cinque». Fece una pausa, molto teatrale, che però servì a far pesare quelle ultime parole come macigni, a farle aleggiare come una nube scura nella stanza che, per contrappasso, era invece luminosa, quasi brillante grazie al sole. Le parve quasi di dover piegare la schiena sotto quel rimprovero: era andata bene, ma avevano rischiato grosso, come aveva potuto non pensarci? «Le è chiaro ciò che abbiamo detto Ahn san?» domandarono spostando lo sguardo su di lei
«Si» rispose semplicemente, annuendo appena con il capo «Mi dispiace molto per aver causato altri problemi. Mi dispiace veramente» concluse piegando il capo e inchinandosi quanto poteva essendo già seduta e avendo una lastra di vetro davanti a sè contro cui certamente non poteva sbattere la fronte
«Pensa di aver bisogno di un interprete?»
«No, capisco quello che dite» tutto sommato erano vocaboli facili e se erano complicati li conosceva perchè era il mondo dello spettacolo, ossia quello in cui lavorava e di cui doveva essere esperta «Mi dispiace molto». Capiva, capiva perfettamente, eppure quell'atmosfera era tanto sgradevole che avrebbe preferito non comprendere una sillaba di giapponese. «Sakurai san?» domandarono rivolgendosi a lui
«E' tutto chiaro, ne abbiamo già discusso con il gruppo i giorni passati» rispose una delle persone sedute dietro di lei. Il ragazzo non disse nulla, semplicemente abbassò lo sguardo sul tavolo.
«Dobbiamo aspettarci altri rischi?» domandò il terzo al tavolo, uno smilzo magrissimo, che la osservava con gli occhi socchiusi. Quella le sembrò un'intromissione esplicita e fastidiosa nei suoi affari personali e in quelli di Sho: era un modo indiretto per chiedere se sarebbero ancora usciti insieme. «No» forse «No» ripetè come a sottolineare una convinzione che però, a voler essere sincera, non aveva
«Ecco...» cominciò a dire Sho e finalmente Yun-seo ebbe la prova che perlomeno respirava: cominciava a dubitarne dato che non muoveva un muscolo da svariati minuti. Fu interrotto e fu nuovamente una delle due persone sulle sedie vicine all'entrata a parlare «Non si ripeterà più niente del genere. Sakurai san ha molto lavoro a cui dedicarsi, non c'è tempo per uscire con le ragazze». Quell'affermazione parve una riproverò diretto proprio a Yun-seo, come se lei avesse messo le grinfie sul ragazzo e volesse intenzionalmente rovinarlo, come se avesse architettato lei quello scandalo e loro dovessero invece evitare che potesse ripetere il suo diabolico piano per far affondare la nave degli Arashi. Da parte sua sentì come se le avessero dato uno schiaffo o una coltellata alla schiena: che li sgridassero andava bene, che facessero loro presente il rischio corso era giusto, ma che la trattassero come la ragazzina in cerca di fama a discapito dei pupilli della Johnny no! Sbattè le mani sul vetro con forza e prese un profondo respiro. I presenti si ammutolirono, guardandola con gli occhi sgranati di stupore, e Sho finalmente girò lo sguardo verso di lei «Sentite un po', adesso stiamo esagerando» borbottò a mezza voce «Non penso di aver fatto niente di male, non penso che nessuno dei due lo abbia fatto. Era un giorno libero: ci sono restrizioni su quello che si può o non si può fare? A me non risulta!»
«Veramente sì» fece il ragazzo a bassa voce
«Sì, no!» esclamò lei scuotendo il capo «E' vero, ci sono! Ma le conosco!» si corresse «So che non abbiamo infranto alcuna regola, sono stata attenta... che dico? Attentissima! Ho badato al minimo dettaglio perchè Sakurai san non venisse scoperto: i vestiti, gli occhiali, il cappello, i posti che abbiamo frequentato, dove ci siamo fermati» sospirò incrociando le braccia al petto e appoggiando la schiena alla sedia «No, sinceramente... nessuno è mai stato beccato quando usciva con me e posso assicurarvi che mi è capitato più volte: nessun problema» scosse il capo «Ma a parte questo: qui sembra un tribunale di inquisizione! Abbiamo sbagliato, abbiamo rischiato moltissimo, ma ho stima sufficiente per Sakurai san da pensare che sia professionale quel che basta per capire da solo quel che c'è in gioco ogni volta che agisce fuori dagli schemi. Non so cosa dire di me, sapevo quello che stavo facendo, sapevo il rischio e ho agito per prevenirlo al meglio delle mie possibilità. PIù di così... se non volevamo correre alcun rischio non saremmo nemmeno dovuti uscire»
«Ed è quello il punto» si intromise nuovamente la persona alle sue spalle «Non dovevate uscire, fine del discorso» finalmente si girò per guardarla in faccia e non potè fare a meno di lanciargli l'occhiata più ostile che aveva
«Quindi gli altri possono andare a trovare la famiglia ma Sakurai san non può uscire con gli amici?» domandò alzando la voce
«E' quella la differenza: se lo fotografano con la famiglia non c'è nulla di male, se lo fotografano con una ragazza sono pronti ad imbastire una storia che serve solo a far vendere di più la rivista. A loro non importa che sia vera o meno, che rovini oppure no la carriera di un artista: l'importante è che faccia vendere» replicò questi, un tipo sulla trentina in giacca e cravatta, alto e ben piazzato di spalle
«Allora rinchiudiamoli con le loro famiglie o nelle loro case» cominciò a gesticolare mentre Takechin le si avvicinava cautamente
«Non intendevo tanto» replicò questi colpito dalla veemenza della coreana
«Facciamoli uscire solo con gli uomini finchè non diventeranno omosessuali!» la manager cercò di fermare il suo gesticolare e di tenerla sulla sedia quando la vide che stava per alzarsi in piedi nella foga
«Ahn san non credo il collega volesse...» tentò di spiegare uno dei tre al tavolo
«E allora non potranno più farsi vedere in giro con nessuno all'infuori della mamma! Non sono animali accidenti, sono esseri umani! Umani capito?» sbraitò prima che Sho intervenisse
«Basta così!» esclamò a voce alta e riprese a parlare solo quando sentì che tutti si erano nuovamente calmati «So benissimo qual'è il mio posto, quali sono i miei doveri, i miei obblighi e anche i miei diritti. Non ho bisogno che nessuno me lo venga a dire» pronunciò con voce dura, difficile dire se stesse rimproverando Yun-seo per aver esagerato, parlando di una situazione che non era la sua, o con gli altri che stavano invece parlando al posto suo senza lasciarlo intervenire in una questione che riguardava lui soltanto. «Mi dispiace per ciò che è successo, non ripeterò l'errore di venir fotografato nella vita privata. Per arginare gli eventuali effetti negativi di quello che è successo collaborerò come posso e sono pronto a seguire le istruzioni che mi darete».
Impossibile non ammirarlo dopo quella risposta così seria, pacata e professionale. Impossibile, per Yun-seo, non cogliere come Sho avesse detto esattamente quello che volevano sentirsi dire i tre al tavolo, senza però mai dire che avrebbe smesso di vedere lei o altre eventuali amiche. L'atmosfera si calmò dopo quelle parole e dissero alla coreana che poteva pure andare, invece avrebbero trattenuto Sho ancora qualche minuto.

Tra i mille volti della gente
ho sentito un battito in più.
Il tuo ritmo è diverso,
come fai a tenere questa velocità?


Non se lo fece ripetere due volte e uscì, senza che Takechin la seguisse. Non attese fuori dalla porta, ma si incamminò per seguire qualche corridoio a caso e fermarsi solo alla fine di uno di questi, che terminava con una finestra ampia che dava sulla strada trafficata, molti piani più sotto. «AL DIAVOLO!» strillò dando un calcio al cestino di fianco a lei, ribaltandolo. Fortunatamente era vuoto, ma non accennò a rimetterlo in piedi, fissandolo con odio. «Al diavolo, al diavolo, al diavolo, al diavolo, al diavolo, al diavolo!» continuò a ripetere dando calci al cestino guardandolo mentre rotolava contro la parete ad ogni colpo per rimbalzarvi e tornare verso di lei, pronta ad affibbiargli l'ennesimo calcio. «Stupidi imbecilli rincoglioniti! Vi odio schifosi! Ma cosa volete dalla mia vita? Posso uscire con chi mi pare e può farlo anche lui! Dovete morire maledetti schifosi! Vi uccido con le mie mani, lo giuro!» e su quell'ultima frase perse l'equilibrio precario che aveva sul tacco, quello dell'unico piede su cui poggiava il suo peso, sbilanciandosi all'indietro. Già sentiva il colpo che avrebbe preso alla schiena e anche la probabile storta al piede, ma niente di tutto questo accadde. «Voi carote siete violente...» sentì dire ed alzò lo sguardo «Tutto bene?» le venne domandato. Era Nino che l'aveva presa al volo prima che atterrasse sul pavimento. La aiutò a rimettersi in piedi «Kazunari san! Mi spiace... scusami»
«Tutto bene?» chiese ancora lui
«Si, è che non indossavo i tacchi da un po' e non sono più abituata» rispose rimettendosi a posto la camicia. «Ah! E' vero, non vediamo Ahn san vestita elegante dal primo giorno» osservò Nino «Mi ero abituato a vederti in tuta» ridacchiò
«Ah si?» annuì leggermente osservando l'altro: era alto quanto lei e questo le risultò quasi strano abituata com'era ad aver a che fare con giganti. «Non mi sembrava il caso stavolta» aggiunse poi
«Vieni, stavamo aspettando che avessero finito con te e Sho kun» le sorrise pacato e fece segno di seguirlo. La accompagnò ad un piano diverso, nemmeno lei fece caso dove dato che parlarono tutto il tempo, en infine entrarono in una stanza alla fine di un corridoio breve. Era uguale a quella dov'era stata prima: spaziosa e con la parete a vetri; ma c'erano divani, tavolini, poltrone, una televisione e addirittura un lettino per massaggi. Quando entrarono Jun, Aiba e Ohno si alzarono in piedi dai divani su cui stavano parlando, piegati su un tavolino a vedere qualcosa tutti insieme. «L'ho trovata che prendeva a calci un cestino e urlava qualcosa di incomprensibile» ridacchiò Nino facendole cenno di accomodarsi
«Devi essere proprio arrabbiata» sorrise stupito Aiba
«Non... non blateravo! Era... era coreano» specificò arrossendo, mentre Jun le si avvicinava
«Di nuovo arrabbiata quindi, carotina?»la domandò mettendole una mano sulla testa
«Sono antipatici e mi hanno fatto arrabbiare» perchè in giapponese la sua opinione suonava patetica mentre con la giusta coloritura coreana le parole esprimevano il suo esatto grado di incazzatura?*
«Aaaah.. ora ho capito cosa intendevi!» sospirò d'improvviso Ohno mettendosi una mano in fronte
«Vero? E' terribilmente carina quando si arrabbia!» ridacchiava Aiba. Doveva immaginarlo che in giapponese faceva tutt'altro effetto! «E' vero, la carota fa tenerezza quando si arrabbia» rise Jun scompigliandole i capelli
«Dai, sediamoci aspettando il ritorno di Sho» propose Nino avviandosi ai divani. Yun-seo rimaneva ancora sulla porta ma fu Jun a spingerla leggermente in avanti, verso di sè, con la mano dietro la sua nuca «Tu non devi preoccuparti di nulla» le sussurrò in quel secondo in cui si ritrovarono vicini «E' tutto a posto. Intesi?» e gli rispose semplicemente annuendo. Non ebbero il tempo di sedersi che la porta si riaprì ed emerse Sho «Sho kun!»
«Sakurai san!»
«Sho!»
«Che ti hanno detto Sho kun?». Il ragazzo mise le mani in tasca dopo essersi richiuso la porta alle spalle «E' tutto a posto, abbiamo solo discusso del lavoro» sorrise lievemente «Dimentichiamo che ci abbiano convocato e diamo il massimo questo pomeriggio» aggiunge spostando lo sguardo su Yun-seo «Va bene?» domandò quindi agli altri e tutti risposero con un "si" in coro, a cui si aggiunse anche la coreana. Si sistemarono sui divani, più sollevati, ma lei non si era ancora decisa: preferiva stare vicino ad Aiba e farsi contagiare dalla sua spensieratezza per trovare la calma necessaria al lavoro del pomeriggio? Oppure era meglio piazzarsi di fianco a Jun che era il solo a trasmetterle l'impressione che tutto sarebbe andato per il verso giusto, che poteva contare su di lui? O ancora, sarebbe stato meglio avvicinarsi a Sho per chiacchierare e capire che non era successo realmente nulla di grave e poteva stare tranquilla? Ma alla fine decise di fare un passo indietro, certa di dover lasciare la stanza: non era il suo posto quello, chi era lei per rimanere? Chi erano loro per arrivare a cercare nella loro presenza o nelle loro parole il conforto di cui aveva bisogno? «Beh, Ahn san non ti siedi?» domandò Nino sbattendo le palpebre ed osservandola in piedi in mezzo alla stanza
«No, scusate, non credo sia il caso» rispose facendo un inchino ed uscendo dalla stanza prima che potessero dire altro oltre al suo nome.

Era sempre lo stesso paesaggio
poi qualcosa è cambiato
un nuovo ritmo, nuovo movimento
lentamente, rapidamente, tu sei diversa


Girò a caso un paio di angoli cominciando a perdersi nel dedalo di corridoi degli uffici finchè non si stancò e si fermò di nuovo vicino ad una finestra: quei luoghi risultavano tanto opprimenti per lei che affacciarsi ai vetri trasparenti e guardare l'azzurro del cielo della città le dava sollievo e alleviava quel senso di claustrofobia che l'edificio le trasmetteva. Prese il cellulare dalla tasca della giacca e compose un numero con prefisso per la Corea: avrebbe finito i suoi soldi ma ne sarebbe valsa la pena.〈Siamo spiacenti, ma il numero da lei selezionato potrebbe essere spento o n...〉richiuse di scatto l'apparecchio e appoggiò la fronte alla finestra, con un sospiro. «Volevi chiamarlo?» la voce di Jun risuonò alle sue spalle. Lei scosse la testa «No, volevo sentire JaeJoong»
«L'amante?» domandò Nino mentre altri passi segnalavano che tutti la stavano raggiungendo
«Eh? Davvero?» domandò stupito Aiba
«Ma che dite, scemi» sembrò rimproverarli Ohno
«Il mio migliore amico» rispose girandosi, mostrando loro il fianco
«Ma sta in Corea no? Non è costoso chiamare fino a lì?» domando Aiba
«Si che lo è» annuirono gli altri
«Hai bisogno di parlare con qualcuno che conosci laggiù?» domandò Ohno «Possiamo farti chiamare da un fisso dell'agenzia, ti costerebbe meno»
«No, è solo che... mi sento soffocare» tentò di spiegarsi tenendo gli occhi sul cielo, evitando di guardarli
«Chang è stato così cattivo da sconvolgerti al punto di doverti sfogare con degli estranei ad un lasergame o con un amico a chilometri di distanza?» domandò seriamente Sho, la sua voce sembrava dura, quasi la stesse accusando di qualcosa
«Non è lui il problema... è complicato» ma non bastò a sfuggire alle domande di Nino, Aiba e Ohno che, con tutta la calma del mondo, le cavarono fuori tutto il racconto. Yun-seo era, seppur un'ottima ballerina, una perfetta sconosciuta in Corea. Di viso non compariva mai nei video, se non per poco, aveva partecipato a concorsi e spettacoli, ma era conosciuta nell'ambiente, mentre per il grande pubblico, che vede solo la bellezza esteriore e si rifà al nome famoso, lei era una qualsiasi. Il fidanzato al contrario era uno ben conosciuto in tutta la nazione ed il fatto che lei non dubitasse della sua fedeltà, nonostante la sua popolarità lo avesse portato ad essere un sex symbol per molti, lo aveva sempre messo in ansia, dubitava che dietro a quella fiducia che lei gli dava ci fosse invece uno scarso interesse. Si aggiungeva il fatto che, seppur non famosa, anche lei non era certo una brutta ragazza e qualcuno che si faceva avanti c'era sempre, ma non essendo conosciuta non era nel mirino di nessun fotografo e di nessuna rivista scandalistica: controllare una possibile relazione segreta di lei, anonima nella folla, con un altro era pressoché impossibile per il fidanzato costretto a starle lontano per via degli impegni di lavoro. La fiducia di lei che avrebbe dovuto giocare a favore di una relazione pacifica agitava lui e la sua ansia pesava su di lei che, si vedeva, era invece una che alla sua libertà teneva parecchio. Essersi allontanata per prendere le distanze non era servito: l'agitazione di lui pareva proporzionale ai chilometri che li separavano e il fatto che gliel'avesse trasmessa apposta anche dopo quella voluta separazione pesava ancora di più su di lei, la opprimeva. Avevano litigato prima della sua partenza, aveva litigato due volte dopo il suo arrivo in Giappone e alla seconda volta, quella a cui aveva "assistito" Jun, lei aveva tagliato i ponti per la rabbia. «Adesso che, seppur non realmente, si è verificato ciò che lui ha sempre temuto: che lo tradissi con qualcuno; adesso che l'ha saputo proprio tramite uno scandalo sui mass media... non ha battuto ciglio.»
«Ma tu l'hai lasciato no?» domandò Aiba
«E' vero, e non mi interessa cosa faccia o pensi» annuì, pareva più per convincere se stessa che per sottolineare le sue parole agli altri con quel gesto. Nel frattempo si erano tutti spostati sulle panche di uno dei corridoi lì vicini: Jun e Ohno seduti con lei in mezzo, Aiba e Nino accovacciati a terra davanti a loro e Sho seduto sulla panca di fronte contro la parete opposta del corridoio. «Era solo che speravo ci fosse una qualche reazione ora che le sue noiose e patetiche paranoie si sono realizzate» borbottò incrociando le braccia
«Ma chiamare il mago scadente a cosa ti serviva?» domandò Aiba ricordando di aver già sentito il nome dell'amico di Yun-seo, il primo giorno che l'aveva conosciuta
«Mago?» domandò Nino
«E' per il motivo che vi ho detto prima: mi sento soffocare»
«Avevo capito che era colpa del tuo ragazzo» aggrottò le sopracciglia Jun, che rifletteva attentamente sulla situazione della coreana che non era mai venuto a sapere prima nonostante l'avesse vista piangere davanti a sè
«No, è stato Sh... Sakurai san a tirarlo fuori prima, con la sua domanda. Non sto soffocando per colpa sua, ma... ma...» balbettò improvvisamente incerta sulle parole che stava per dire «Per voi» tentò di spiegarsi appoggiando i gomiti alle ginocchia e nascondendo il viso nelle mani.

Come mi hai conquistato?
Hai stregato solo me o anche altri?
Ha senso agitarsi tanto in questa vita?
Me l'ero sempre chiesto, senza risposta


>Ci fu un attimo di silenzio in cui ognuno rimase solo coi suoi pensieri «Ci tratti così freddamente eppure noi abbiamo sentito la tua mancanza in questi giorni» intervenne d'improvviso Sho. Yun-seo alzò lo sguardo stupito a guardarlo. «Sho kun ha ragione» annuì imbarazzato Ohno passandosi una mano tra i capelli corti «Senza rendercene conto ci siamo abituati alla tua presenza nei giorni in cui siamo rimasti alla JH. Era diventato quasi normale che ci fosse qualcuno a salutarci al nostro arrivo alle prove»
«A me è mancato che non ci fosse nessuno a dirci "lavoriamo bene anche domani" tutte le sere prima di separarci» annuì Nino incrociando le gambe a terra
«E poi non c'era una persona che si scusava per ogni suo errore» ridacchiò Aiba «Perchè Ahn san lo fa sempre credendo di essere un peso per il nostro lavoro, mentre non si rende conto che nel ballo è più brava di noi e siamo piuttosto noi a non agevolare il suo lavoro con un ballo di livello inferiore»
«E non vi è capitato, ogni giorno di pensare "Ah, questa parola somiglia a quest'altra... Yun-seo l'avrebbe sbagliata?"» domandò Jun ridendo, con quel suo sorriso divertito, tutto particolare «E magari cercare una frase buffa che avrebbe potuto dire?» gli altri annuirono ognuno ridendo per conto suo: tutti avevano realmente pensato ai suoi possibili errori?!!
«Insomma, ci conosciamo poco eppure è successo tutto questo, è strano no?» riprese Ohno, sorridente
«Per me non le siamo mancati manco un po'. Ecco perchè ha chiamato in corea invece di parlare con noi» asserì Aiba, incrociando le braccia
«Eh?» esclamò Yun-seo abbassando le braccia «Ma non è vero! Sono due giorni che non ho vostre notizie e che aspettavo che tornaste»
«Bugiarda» dissero lui e Nino in coro
«No, è vero» si intromise Sho, che quel giorno era stranamente silenzioso «Ieri ha chiamato il portinaio del dormitorio chiedendo di Jun, ma dato che non c'eri ho risposto io. Avvisava che c'era una ragazza che dalla cabina telefonica continuava a fissare la sua camera fino a tarda notte»
«La mia? Perchè la mia?» domandò lui stupito
«Perchè è l'unica che conosco» spiegò Yun-seo arrossendo «Ma credevo che quello là avesse capito chi sono»
«Allora ti siamo mancati?» domandò sorpreso Nino
«Che domande sono? E' solo che... parlare con voi non è come parlare con gli altri in corea: sono come fratelli, posso contare su ognuno di loro per qualcosa e in qualsiasi momento. Ci conosciamo da tanti anni che ormai non abbiamo più segreti tra di noi, quindi so di poter parlare con loro di qualsiasi cosa» spiegò tristemente
«Ho capito» esordì Jun e tutti lo osservarono stralunati che capivano sempre meno «Sei abituata ad avere i tuoi amici insieme a te. Quello che è successo con Chang è stato triste e in una situazione normale avresti cercato appoggio e consiglio con loro. Ma non è possibile da qui quindi hai dovuto tenere tutto per te. E' quello che io ti dissi di aver notato e che anche altri hanno percepito successivamente»
«Ma certo!» esclamò Aiba «Per via di una serie di coincidenze e perchè lavoriamo insieme ti sei ritrovata a aprirti con noi, ma da quel che ho capito sei piuttosto riservata Ahn san... quindi quando la situazione è stata aggravata dallo scandalo non potevi tenere tutto per te e avevi bisogno di sfogarti»
«Probabilmente però non te la senti di aprirti con noi, è per quello che hai tentato di chiamare?» domandò Nino. Era la verità, ma non c'era da stupirsi se l'avessero capita da soli. Involontariamente aveva dato un po' di se stessa a qualcuno di loro cinque ed era bastato unire i pezzi per cominciare a capirla, eppure ancora non avvertivano il suo ultimo ostacolo. «E' chiaro che non potendo raggiungere nessuno in Corea stavo inconsciamente sovrapponendo voi agli altri» sospirò.
«E allora?» domandò Sho intervenendo di nuovo e guardandola seriamente «Non ci conosciamo da anni, ma ti fidi giusto?» lei annuì lentamente «Perchè allora non ti rivolgi a noi? Siamo qui, vicini e senza spese di chiamata all'estero: non vuoi contare su di noi?» e in quelle parole, nella sua espressione, vide lo stesso sentimento e la stessa comprensione che aveva intravisto il giorno in cui erano usciti
«E' che siete così uniti... insomma che diritto ho io di intromettermi e buttarvi in faccia i miei problemi? Tutto sommato sono un'estranea, perchè dovreste farlo?» Aveva bisogno di qualcuno e, nonostante riconoscesse di aver condiviso qualcosa con qualcuno di loro, non aveva il coraggio di dire a se stessa che voleva poter contare sul loro appoggio. «Direi che è tardi» annuì piano Jun «Mi hai portato via una preziosa serata di riposo frignando per ore sulla mia spalla»
«Mi hai tenuto una notte intera sveglio a chiacchierare e ballare, che è il tuo personale modo di sfogarti» aggiunse Aiba alzando una mano
«Mi hai trascinato nel mirino dei paparazzi dopo che ho ceduto al tuo capriccio del lasergame» lo imitò Sho
«Sicuramente romperai le scatole anche a noi» asserì Nino
«Non c'è dubbio» rise Ohno
«Quindi perchè ti fai ancora problemi? In un modo o nell'altro ci siamo incontrati. Hai bisogno di un permesso scritto per diventare nostra amica e affidarti al nostro appoggio?» domandò Sho. Negò con il capo e arrossì senza riuscire a dire nulla, ma ormai non c'era altro da aggiungere, o no?

Dai un senso a questa vita
perdermi e ritrovarmi, fare scelte
cambiare: semplicemente vivere.
Puoi insegnarmi tutto questo?


Le scene principali del primo video vennero girate quel pomeriggio. Il regista quasi non ci credeva, ma le scene di gruppo andavano tutte bene dopo il primo ciak. Ne fece fare due per sicurezza, ma sia lui che il resto della troupe non poterono fare a meno di complimentarsi con il gruppo per l'ottimo lavoro. Chiaramente ringraziarono anche Yun-seo ma nessuno attribuì a lei, e al nuovo affiatamento con il gruppo, la buona riuscita delle riprese. Le inquadrature singole e più particolari vennero fatte la mattina successiva. Se pure gli Arashi continuavano a non poter andare alla JH li poteva incontrare sul lavoro e questo evidentemente la sollevava. Il suo umore era migliorato, i problemi la opprimevano meno ed aveva trovato un equilibrio interiore che le permetteva di esprimersi senza problemi durante il ballo, così come Sho si era augurato, e di trasmettere solo sentimenti positivi, cosa che aiutava la sensibilità di Jun.
Al termine delle riprese del video era quasi mezzogiorno e un corriere rapido portava la pellicola al montaggio mentre tutti potevano dedicarsi ad una meritata pausa pranzo. Aiba entrò nella sala dove tutti si rilassavano portando due sacchi della spesa «Ahn san! Ahn san!» la chiamò ad alta voce mentre poggiava i sacchetti e tirava fuori una piastra riscaldata portatile
«Nh?» domandò quella alzando lo sguardo dal portafoglio dove stava contando le monete per andare a recuperare un panino «Cosa c'è Masaki san?»
«Ho comprato tutto l'occorrente: cucina!». Per poco non le cadde il portafoglio di mano «Eh?» rantolò guardandolo sorpresa
«Voglio il Kimchi**» disse con decisione prima di cominciare a svuotare i sacchetti «Ho preso tutti gli ingredienti necessari, c'è la piastra portatile su cui cuocere tutto, se ti serve dell'altro lo vado a prendere. Lo fai?» era chiaramente una domanda retorica: come poteva dire di no se era già tutto pronto? E come si poteva dire di no alle richieste di Aiba quando lo si vedeva tanto convinto ed entusiasta? «E' un po' che non lo cucino per la verità» ammise lei alzandosi dal divano dove si trovava. Sbirciò lo sguardo del ragazzo che sembrava leggermente rattristato «Ma basterà ripassare la ricetta e dovrei farcela» cedette e non riuscì a pentirsene quando anche gli altri si unirono all'entusiasmo di Aiba. Le quantità degli ingredienti erano tante che sarebbe riuscita a prepararne una porzione per ognuno dei presenti quindi si rimboccò le mani e si diede da fare «Non posso farti il kimchi normale, ci voglio alcuni giorni per la ricetta che conosco io, ma possiamo fare il Paech’u kŏtchŏri» gli spiegò mentre prendeva il cavolo dal sacchetto
«Il.. cosa?» domandò Nino avvicinandosi, come se quel nuovo nome complesso rendesse il futuro piatto molto meno invitante di quanto sembrasse precedentemente
«Diciamo un Kimchi istantaneo, rapida preparazione» cercò di spiegarsi. Sembrarono rincuorati e parte della troupe si attivò per recuperare le sedie necessarie, mentre il gruppo e altri decisero di andare a cercare piatti e bacchette che non erano stati comprati. «Sakurai san» lo richiamò lei mentre apriva la scatoletta dei gamberetti. Il ragazzo si fermò sulla soglia della porta e si girò verso di lei «Rimarresti a darmi una mano? Non ce la farò mai da sola» gli propose
«Certo. Voi andate, io rimango a dare una mano» annunciò al resto del gruppo già fuori dalla sala
«C'è bisogno di qualcun'altro?» domandò qualche voce
«C'è bisogno?» domandò a sua volta verso Yun-seo, rimanendo sulla soglia
«No, basta una persona, altrimenti non riusciremmo a muoverci» gli disse facendo un sorriso tirato. Era la sua occasione. Anche se si era creato un nuovo legame con gli Arashi lei sentiva di non aver ancora chiarito del tutto con Sho e non aveva trovato un momento per rimanere sola con lui e spiegarsi: o erano presi con il lavoro o c'erano altri quattro ragazzi chiassosi insieme a loro. «Bisogna tritare tutti questi gamberetti, puoi farlo mentre mi occupo degli altri ingredienti?» gli domandò accennandogli alle cinque confezioni di gamberetti salati
«Mh, ho capito» annuì con un sorriso tranquillo e si mise al lavoro. Qualcuno portò loro ciotole e coltelli richiesti e Yun-seo dovette aspettare un momento buono in cui non ci fosse nessuno che entrava e usciva portando utensili. Lasciò da parte il cavolo salato in una ciotola e prese gli altri ingredienti mettendosi davanti a Sho a tagliuzzarli, dall'altra parte del tavolo. «Sakurai san» cominciò prendendo un profondo respiro mentre affondava la lama del coltello
«Nh? Cosa?» domandò lui concentrato sui gamberetti
«Cosa ti hanno detto i capi della Johnny quando me ne sono andata?» domandò lentamente
«Niente che richiedesse la tua presenza. E' la nostra agenzia, lavoriamo per loro, hanno sempre cose da dirci» le spiegò stringendosi nelle spalle, tranquillo
«Devo averli fatti arrabbiare» disse lei abbassando lo sguardo
«Loro tre no, ma Sunada se l'è presa parecchio» ridacchiò divertito
«Ah! Il tizio antipatico che parlava al posto tuo?!» esclamò smettendo di tagliare per qualche secondo «Me lo sarei mangiato vivo»
«L'avevo intuito. Non è propriamente il nostro manager, ma spesso ci aiuta e ci sostiene. Lui e Jun si conoscono meglio dato che è proprio Jun a curare meglio gli aspetti tecnici del nostro lavoro, mentre io ho un buon rapporto, ma solo di lavoro. Abbiamo caratteri diversi e finiremmo per scontrarci duramente se approfondissimo la nostra amicizia, quindi è meglio confrontarci solo per questioni lavorative» si strinse nelle spalle «Ma ieri ha infastidito anche me, infatti gli ho risposto in maniera irritata» quindi la dura frase che aveva pronunciato non era per lei «Per la verità ho sperato che servisse anche a te per calmarti, ha funzionato eh?»
«Mi spiace, mi scaldo facilmente» disse con voce sottile e lamentosa
«Me ne sono reso conto in più occasioni, infatti mi aspettavo la tua reazione. Ad ogni modo lo scandalo è andato talmente a nostro favore che qualcuno ha cominciato a pensare che non ci fosse nulla di vero nella foto e che fosse solo una mossa pubblicitaria completamente architettata»
«Mi dispiace lo stesso. Ho fatto del mio meglio eppure ho rischiato seriamente di rovinarvi, tutti quanti. So che gli altri mi hanno perdonato altrimenti non ci sarebbe il rapporto che c'è tra noi, ma con te non ho parlato molto in questi giorni quindi pensavo che fossi arrabbiato» gli spiego con voce tremante
«Ahn san, stai piangendo?» domandò sconcertato Sho, alzando lo sguardo su di lei
«Nooo... cioè si» piagnucolò con le lacrime che le scendevano sulle guance «Ma è colpa delle uova» gli rispose tirando su con il naso
«Sono cipolle***» specificò Sho. Effettivamente ne stava tagliando una grossa quantità e l'aroma stava quasi arrivando dalla sua parte del tavolo «Non sono arrabbiato con te» le spiegò trattenendo una risata al vederla in quello stato «O meglio... forse un po' si» riflettè meglio lasciando i gamberetti e passando dalla sua parte
«Vedi? Allora sì che sei arrabbiato» continuò a dire con la voce piegata dalle lacrime
«Si, ma per un motivo tutto diverso» le spiegò mentre le faceva fare un passo più in là, per fargli spazio davanti alle cipolle, di modo da darle una mano
«Non capisco» ammise passandosi la manica sugli occhi nel tentativo di asciugarsi le lacrime, gesto inutile dato che una volta che li riapriva gli effluvi delle cipolle tornavano a stimolarle il pianto
«Hai negato così facilmente davanti a loro» le disse sorridendo amaramente e poi tirando su con il naso, mentre cominciava a tagliare «Quando hanno chiesto se dovevano aspettarsi altri errori del genere... è come se avessero chiesto se avevamo ancora intenzione di vederci»
«Quello? Beh io...» farfugliò riprendendo a tagliare e sbattendo le palpebre, infastidita
«E intendevano "vederci da soli"» specificò subito dopo Sho «Hai negato, per ben due volte, e con molta convinzione. Mi ha dato fastidio, forse sono rimasto deluso» da qualche secondo aveva cominciato a piangere anche lui
«Come?» domandò sbalordita lei, fermandosi e guardandolo in faccia «Credevo che davanti a loro fosse la cosa più saggia da fare, tutto qui» cercò di spiegarsi
«Quindi» aggiunse lui subito dopo, alzando lo sguardo a ricambiare la sua occhiata «Se ora, mentre siamo soli, ti chiedessi di uscire di nuovo e da soli diresti di sì?» domandò. Ci fu qualche attimo di silenzio durante i quali i due si guardarono, lui piuttosto seriamente e lei completamente stupita (o perlomeno così sarebbero stati se la cipolla non li avesse fatti piangere di continuo), poi la porta si aprì d'improvviso e sussultarono «Ecco i piatti!» esclamò Nino
«Accendo la piastra, accendo la piastra!» canticchiò Aiba entrando nella sala tutto contento
«Ma state bene?» domandò Jun vedendoli entrambi in lacrime piegati sul tavolo e con i coltelli affilati in mano
«State piangendo?» si unì Ohno scrutandoli sorpreso
«E' colpa delle uova!»
«E' colpa delle cipolle!» esclamarono insieme i due al tavolo «Sakurai san, mi stai facendo il verso?» domandò Yun-seo improvvisamente, realizzando che l'altro aveva scimmiottato il suo errore di prima
«Oh... scusa, scusa!!» rise lui divertito «E' stato più forte di me!»
«Ho un coltello in mano, lo sai?».

⎨... DURANTE LA CONFERENZA STAMPA SERALE PER IL LANCIO DEL PRIMO VIDEO DI QUELLO CHE I FAN ORMAI CHIAMANO "8DRAMA". RIPROPONIAMO QUINDI AGLI SPETTATORI LE PAROLE PRONUNCIATE DA SAKURAI SHO KUN IN QUESTA OCCASIONE.
"COSA POTETE DIRCI DELLE VOCI CHE HANNO COMINCIATO A GIRARE DOPO LO SCANDALO DI UNA SETTIMANA FA?"
"SI DICE CHE SIA STATO ARCHITETTATO DALL'ETICHETTA COME PUBBLICITA' GRATUITA AL GRUPPO E AI LAVORI CHE STATE PORTANDO AVANTI"
"NON C'E' STATO NIENTE DEL GENERE DA PARTE DELL'ETICHETTA"
"ECCO... NINO, PREFERIREI RISPONDERE IO"
"MH... VA BENE"
"COM'E' GIA' STATO DETTO NON C'ERA NULLA DI ARCHITETTATO. EFFETTIVAMENTE SONO STATO RIPRESO IN UN MOMENTO DI VITA PRIVATA. MI SPIACE SE QUESTO HA CAUSATO PROBLEMI A QUALCUNO, HA INFASTIDITO MOLTO ANCHE ME. A QUESTO PUNTO PREFERIREI NON SE NE PARLASSE PIU'"
"MA CHI ERA LA PERSONA CON TE?"
"NON E' UNA PERSONA FAMOSA, E' UNA MIA CONOSCENZA PERSONALE QUINDI NON CREDO SIA CORRETTO RIVELARE IL SUO NOME E CHI ELLA SIA. POTETE STARE PERO' CERTI CHE E' UNA BUONA AMICA E CHE NULLA DI QUELLO CHE E' STATO SCRITTO O DETTO FINO AD OGGI SU UNA MIA POSSIBILE RELAZIONE CON LEI E' VERO"
"QUINDI NON E' LA TUA FIDANZATA?"
"EPPURE SEMBRAVATE MOLTO INTIMI IN QUELLA FOTO"
"NON SI PUO' RIASSUMERE IL RAPPORTO CHE SI HA CON QUALCUNO DALLO SCATTO DI UN SECONDO SOLO. SIAMO BUONI AMICI. OLTRETUTTO, IN UN MODO STRANO E TUTTO SUO, SI PUO' DIRE CHE LEI SIA GIA' FIDANZATA"
"QUINDI E' UN AMORE A SENSO UNICO?"
"..."
"QUELLO CHE INTENDEVA DIRE SHO KUN E'..."
"E' UN'AMICA, CI VADO D'ACCORDO... MA NON MI DISPIACE. AHAHAH! NON SO CON PRECISO COME DESCRIVERE QUESTA SITUAZIONE, MA CREDO CHE SE IL SUO FIDANZATO NON SI SBRIGA A RIPRENDERSELA QUALCUN'ALTRO POTREBBE PORTARGLIELA VIA E QUEL QUALCUNO POTREI ANCHE ESSERE IO"⎬
Ci mancò poco che la zuppa di miso le uscisse nuovamente dal naso. Sulla televisione della mensa poteva sentire che altre domande seguivano quella dichiarazione spiazzante e i flash dei fotografi aumentavano a dismisura, mentre gli altri quattro cercavano di riportare il discorso sul video che avrebbe cominciato ad andare in onda dal mattino successivo: ossia il tema principale della conferenza stampa.
«Ahn san?» domandarono gli amici al tavolo con lei osservandola stupiti, ma nessuno poteva essere stupito quanto lei che si sentiva risucchiata in una specie di déjà vu di ciò che era successo pochi giorni prima. Cosa voleva dire Sho con la sua domanda di quel pomeriggio? Aveva pensato stesse solo scherzando o che la stesse mettendo alla prova, ma non c'era stato modo di chiederglielo durante il lavoro. Alla luce di quelle sue nuove parole però quella domanda sembrava essere una richiesta vera e seria, non un invito fatto per caso come l'ultima volta. Doveva essere tutto a posto adesso e invece? Invece Sho le aveva dato un nuovo motivo per preoccuparsi, si divertiva a farle i dispetti?

*Il giapponese è piuttosto povero di parolacce e insulti, il coreano invece è piuttosto ricco! I coreani stessi sono famosi per essere delle teste calde che si incavolano facilmente (chi l'avrebbe mai immaginato guardando Yun-seo eh? -.-)
** Assieme al riso bollito, il kimchi rappresenta uno dei piatti basilari per i coreani. E' un alimento fermentato molto nutriente con una fragranza e un sapore unici e, soprattutto, terribilmente piccante! A grandi linee la ricetta prevede verdure, salsa salata, paprica piccante e aglio, ma la ricetta varia a seconda dei gusti individuali e a seconda della tradizione regionale.
*** ennesimo errore: tra "uova" (tamago) e "cipolla" (tamanegi, che si pronuncia con la G dura, non come se fosse scritta con la J)


Ni hao!
Frrrrr... ormai è proprio estate vero? Quanti di voi sono alle prese con la maturità? Io no: ahhhahahah!! Io sono alle prese con l'ultimo esame della sessione estiva: è difficile, è lungo, non ho voglia di farlo. Gli argomenti sono interessanti, ma dopo 5 esami, al sesto cominci a vederci doppio :S
Anyway, come ho avvisato in "Ame" (l'altra ff sugli Arashi che sto portando avanti) avviso anche qui. Dal 2 al 31 Luglio sarò a Tokyo, dopodichè tornerò per 1 giorno a casa e ripartirò per il mare. In Giappone avrò la connessione, ma non è che riuscirò ad aggiornare frequentemente come ora. Penso sia doveroso annunciarvi quindi che prima di partire magari posterò un altro capitolo, ma per quelli dopo bisognerà attendere un po'.
Posso comunque assicurarvi ("assicurarvi" a chi? Siamo io e la mia ombra che la leggiamo! XD) che questa ff NON rimarrà incompiuta dato che in realtà è praticamente già tutta scritta, devo solo rimettere mano ai capitoli e sistemarli prima di pubblicarli. Al prossimo capitolo! u.u it's Nino-time!

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Capitolo 8
*** Il calore del sole [1#] ***


«Si può sapere come ti salta in mente?»
«E' colpa di Jun, è stato lui a mettermi la pulce nell'orecchio. Mi sono incuriosito e allora ci ho pensato un po' su»
«Sei pericoloso quando pensi, te l'ha mai detto nessuno?»
«Eh? Che antipatico!»
«Io? Ma ti rendi conto di quello che hai appena progettato? Se qualcosa dovesse andare storto?»
«Ci penseremo allora. Io non faccio mai un piano B: i miei piani A vanno sempre a segno»
«Che sbruffone... mettiamo in chiaro una cosa però: io non condivido affatto questa idea, lo faccio solo perchè... bah! Non lo so! Forse perchè non riesco a dirti di no!»
«Arriverà il momento in cui ammetterai, magari non con me, che tutto quello che avrai fatto sarà stato solo per te stesso»
«Togliti quel ghigno dalla faccia e andiamo. Uff...»

Era scoppiato il finimondo: non come se avessero sganciato una bomba vera, ma poco ci mancava. I varietà richiedevano insistemente gli Arashi o qualcuno di loro come ospite, i loro programmi erano i più seguiti di tutta la programmazione giapponese, i drama in realizzazione registravano indici di ascolto spaventosi, il CD speciale per l'anniversario dei 10 anni del gruppo era il più atteso, le nuove canzoni (man mano che uscivano) le più scaricate. In tutto questo, fortunatamente, non era mai venuto fuori chi fosse la ragazza della foto con Sho, questo soprattutto grazie al fatto che lui non aveva mai detto niente in più oltre alle poche parole già dette nella prima conferenza stampa, e anche perchè nei video non compariva mai il viso di Yun-seo. Pagare una modella o un'attrice in più solo per riprenderle il viso non sarebbe stato un problema, ma i registi avevano accettato un ritmo di lavoro serrato a patto che non dovessero fare riprese dedicate esclusivamente ad una persona in più, tanto più che far coincidere gli impegni di una modella con quelli degli Arashi, che erano ogni giorno più indaffarati, sarebbe stato difficile e avrebbe richiesto un prolungamento delle tempistiche di lavoro. Si era così risolto usando i primi piani esclusivamente dei ragazzi del gruppo e facendo sì che il viso di Yun-seo, se inevitabile, comparisse solo in parte e, dove la ripresa l'avesse inquadrata completamente, avesse un effetto sfocato per concentrare l'immagine sul cantante.
Tutto quello che era successo aveva anticipato certi avvenimenti e spostato di un mese la tabella di marcia. I video avevano cominciato ad uscire ogni due settimane da quando avevano cominciato con il primo invece che girarli tutti e mandarli in onda da Aprile a Giugno. Inizialmente per i primi di Aprile avrebbero dovuto finire i lavori e lasciare due mesi circa di riposo a tutti per lavorare da Giugno al tour, ora invece si era a fine Marzo e ancora stavano girando. I numerosi impegni degli Arashi avevano rallentato la realizzazione di tutto e così anche il lavoro del corpo di ballo si era diluito nel tempo. Yun-seo aveva trovato il tempo di visitare Tokyo, perdendosi ogni volta, e di raccogliere documenti e informazioni sulle danze tradizionali giapponesi, oltre che di fare del buon allenamento con alcuni insegnanti disponibili alla JH (spesso si affiancava ai Johnny's Junior durante le lezioni di ballo). Grazie a questi impegni, all'espandersi delle sue conoscenze con le persone dell'ambiente, non era stato difficile evitare di trovarsi sola con Sho. Alla JH, quando il gruppo tornava, era quasi naturale non incrociarlo, mentre tutte le volte che si erano ritrovati in fase di riprese, essendo i video singoli, le scene di gruppo con tutti altri erano ben poche e il video specifico di Sho continuava ad essere rimandato come pura strategia di mercato della casa madre, per aumentare la tensione.
Attraversò gli studi di corsa, aveva fatto tardi nel camerino per mettersi il vestito di scena. Ne aveva uno diverso per ognuno dei cinque video da fare con loro, ma la costante era che era sempre in bianco: con Aiba aveva un look casual con jeans chiari, maglietta e accessori bianchi, con Jun aveva dovuto semplicemente vestirsi da ballerina di danza classica per cui il bianco era stato naturale, per il video con Sho sapeva che avrebbe dovuto mettersi una tenuta abbastanza scoperta, ma sempre bianca, che bene si intonasse al ballo che seguiva il rap tipico del cantante. Quel giorno cominciava le riprese per il video di Nino e la tenuta era decisamente scomoda dato che era una specie di vestito da principessa delle fiabe, ma, essendo bianco, ricordava molto quello di una sposa occidentale. Le toccava quindi correre per i corridoi dal camerino alla sala di riprese su un paio di tacchi che cominciava a perdere l'abitudine ad indossare. Ma in ogni caso non era mai stata tipo da tacchi, men che meno li aveva mai trovati comodi per correre più veloce che potesse. «Eccomi! Scusate il ritardo!» esclamò piombando nella sala. Nino e gli altri dello staff stavano semplicemente guardando lo schermo con le riprese appena fatte. «Ahn san, finalmente!» esclamarono alcuni dello staff sorridendole, ormai la conoscevano bene vedendola ad ogni video, mentre gli Arashi li vedevano solo ogni tanto e ci lavoravano intensamente per uno, massimo due, giorni. «Buongiorno» le sorrise Nino girandosi verso di lei e facendole un lieve inchino. Ripose inchinandosi a sua volta, impacciata nel farlo per via del vestito ampio.
Senza troppe cerimonie cominciarono le riprese della coppia durante il ballo. Ballare con Nino era strano, non era molto abituata a muoversi con una persona alta esattamente quanto lei, ma piuttosto a cavalieri ben più alti: certo, se doveva fare un confronto allora anche Aiba risultava basso rispetto alle sue abitudini, ma non sentiva molto la differenza dato che risultava in ogni caso più alto di lei e rivolgersi ad un partner che svettava su di lei le era sempre sembrato normale. Con Nino era diverso: i suoi occhi arrivavano esattamente dove arrivavano i suoi, le era facile vederlo in viso, sentirne il respiro mentre si muovevano ballando per il set e la voce suonava così vicina ogni volta che parlava...
Dopo ore di lavoro e ripetizione dei passi, per poter essere ripresi da varie angolazioni, finalmente poterono fare un po' di pausa in concomitanza con l'ora di pranzo. Quelli del set avevano preso l'abitudine di ordinare cibo via telefono e farselo portare, quindi Yun-seo, appena arrivata agli studi, aveva scritto cosa voleva sul piccolo quaderno che usavano per registrare gli ordini. Nino invece aveva un bento, chiaramente fatto in casa e non comprato in giro a qualche stazione. La coreana prese la sua porzione e si avviò in un angolo, dove si trovavano alcuni scatoloni che facevano al caso suo, dato che sedersi al tavolo con quell'abito era impossibile. «Ahn san, non hai preso gli udon?» chiesero alcuni tecnici vedendola prendere la sua porzione
«Mh, no. Ho pensato che non fosse il caso di mangiare cibi che possono sporcare facilmente il vestito» spiegò scuotendo il capo
«Ahn san è proprio una lavoratrice coscienziosa» risero loro
«Sembra una presa in giro!» rise anche lei prima di accomodarsi sulle scatole. Sistemò la ciotola del cibo sulle ginocchia, tenendola in bilico sui vari strati di vestito, e ruppe le bacchette «Masitge deuseyo»
«Spero non fossero parolacce» si sentì dire, rialzò lo sguardo e vide che Nino le si stava avvicinando «No, no... Kazunari san, non mangi al tavolo con gli altri?» domandò guardando il resto della troupe che si accomodava parlottando e spartendosi le sedie
«Vedere Ahn san da sola in questo angolo rovinerebbe il sapore del cibo» spiegò con un sorriso serafico prima di sistemarsi su uno scatolone vicino «Allora, ittadakimasu» e cominciarono a mangiare insieme. «Come ti stai trovando sul set?» chiese lui poco dopo
«Benissimo, benissimo» annuì la ragazza «I ragazzi del corpo di ballo mi invidiano perchè sono qui tutti i giorni, se fossero al mio posto girerebbero tutti gli studi a cercare persone famose»
«Tu non lo fai?» domandò stupito Nino
«Perchè dovrei? Conosco già voi» rispose facendo spallucce «E poi non conosco i personaggi famosi del Giappone. Potrebbe passarmi di fianco... non so... Gackt, e non lo riconoscerei»
«Come sei carina» sospirò il ragazzo, quasi con le lacrime agli occhi «Lascia stare gli altri, gli altri puzzano. Noi per te siamo più che sufficienti. Sei tanto carina che meriti un wurstel. Tieni» disse prendendone uno con le bacchette e allugandosi per passarglielo nel suo bento
«Eh? Ma sei impazzito? Carina per cosa? Non lo voglio il tuo wurstel»
«No, no, prendilo! Preferisci la frittata?» continuò cambiando cibo, ma cominciando anche a ridere
«La smetti? Mi stai prendendo in giro?»
«Siamo tutto il tuo mondo, prendi la frittatina di papà Nino!» continuò cercando di raggiugnere il bento della ragazza che si ostinava ad allontanarlo
«Nonno Nino, se ti allunghi ancora un po' ti verrà il colpo della strega» lo prese in giro lei, per la differenza d'età che c'era tra loro
«Aaaah! E' lo schiaffo definitivo!» sospirò tornando composto sulla scatola, piegandosi su se stesso, fingendosi offeso «Le nipoti di oggi non hanno rispetto per gli anziani, che mondo!» risero entrambi. Avrebbero continuato a scambiarsi idiozie se qualcuno non fosse arrivato ad interromperli «Ahn san, scusa» era una donna del team di montaggio che arrivò alle sue spalle, per affiancarla
«Mh? Cosa?» domandò alzando lo sguardo verso di lei, mentre mangiava il suo secondo onigiri al salmone
«C'è qualcuno che chiede di te» le spiegò, rossa in viso, indicando la porta d'entrata a cui dava le spalle. Yun-seo girò il capo guardando verso l'entrata con la coda dell'occhio e si bloccò. Tossicchiò leggermente e fece un piccolo sforzo per tentare di girarsi meglio nonostante il vestito ingombrante. Quando finalmente riuscì a vedere la porta con più chiarezza le caddero le bacchette di mano e rimase impietrita. «Lo conosci Ahn san?» domandò Nino alzandosi a raccogliere quel che era caduto a terra «Ahn s.... ops!» prese al volo il bento che la ragazza aveva allungato distrattamente nella sua direzione, per lasciarglielo, prima di alzarsi in piedi. Non fece in tempo a chiederle o dirle altro perchè, nonostante i tacchi, la vide cominciare una rapida corsa verso la porta lanciandosi tra le braccia dello sconosciuto.
«Ohi! Quale uomo è stato tanto idiota da lasciar scappare una sposa così carina?» domandò questi quando acchiappò al volo Yun-seo che gli si era lanciata addosso. Per la verità svettava su di lei di più di dieci centimetri e, dato che vederle i piedi sotto quel vestito era impossibile, si sarebbe quasi detto che l'avesse sollevata. «Uno di questi giorni sposo te» farfugliò la ragazza mentre schiacciava il viso sul suo petto, stringendolo con tutta la forza che aveva
«Accidenti! Ho preso i voti giusto poche ore fa, a saperlo prima...» rispose questi, in tono fintamente dispiaciuto «Ahi!!» esclamò quando ricevette un pizzicotto
«Che cosa ci fai qui?» domando quindi lei, esprimendo solo ora il suo stupore e lasciandolo andare per squadrarlo da capo a piedi, incredula
«Il ventidue esce il nuovo singolo in Giappone, dobbiamo registrare a partire da domani e gireremo un video in questi studi. Siamo venuti a fare un sopralluogo» spiegò l'amico mettendole a posto il vestito sgualcito dall'abbraccio, un po' come se fosse stata sua madre a sistemare la figlia per il ballo
«Il ventidue?» domandò sorpresa «Ma è pochissimo tempo! Ce la farete?»
«Abbiamo al massimo due settimane» sorrise lui, amaramente «La SM non è riuscita a liberarci prima dagli impegni»
«Ti vedo un po' stanco infatti» annuì Yun-seo, prima di irrigidirsi ancora «Un secondo... significa che siete tutti qui?» domandò con voce tremante, si piegò per sbirciare se dietro di lui vi fossero altre persone pronte a farle una sorpresa. «Sono da solo» le spiegò a mezza voce, con un leggerissimo sorriso sulle labbra, più triste che divertito «Pensi veramente che te l'avrei portato qui, sul lavoro, senza avvisarti?»
«No, hai ragione...» sospirò lei, sollevata «Ti hanno mandato da solo in Giappone?»
«No, siamo io e Yunho»
«Gli altri?» chiese abbassando il capo
«Sono qui per questo» spiegò lui «Non so se faccio bene a dirti tutto questo, in realtà. Poi ho pensato che se in futuro tu dovessi scoprire cosa è successo e che io, pur sapendolo, non ti avevo avvisato, mi daresti un pugno nelle costole e forse me le incrineresti pure... se sarai sufficientemente arrabbiata. Vorrei evitarlo e quindi, a rischio di combinare un casino, ti dirò tutto». La giovane fece un profondo respiro e annuì tornando a guardarlo «Sono pronta»
«Eh? Ora?» domandò lui sorpreso, lanciano un'occhiata alla troupe che lanciava occhiate verso di loro «Pensavo che... beh, ma puoi?» si informò
«Sì, siamo in pausa. Usciamo un attimo?» accennò lei indicandogli la porta alle se spalle. In un primo momento in tutto lo studio era quasi calato il silenzio, poco dopo l'ingresso del ragazzo e lo stupore nello scoprire che la ragazza lo conosceva, e bene, poi però tutto era tornato più o meno alla normalità dato che parlavano coreano e nessuno capiva niente. Si spostarono in corridoio, nonostante comunque la porta rimanesse aperta e loro fossero in ogni caso nella cornice della porta per poter essere reperibile nel momento in cui avessero dovuto riprendere il lavoro. «Ti ho detto che Chang non aveva reagito allo scandalo, ma non era vero» cominciò lui appoggiandosi al muro del corridoio, incrociando le braccia
«Perchè?» domandò sconcertata
«Perchè ho pensato che fosse meglio così. Eravate lontani, le cose non andavano bene da tempo, praticamente vi eravate lasciati... il fatto che tu fossi interessata alla sua reazione significava che ancora ci tenevi e forse ti serviva qualcosa per staccarti da lui del tutto. Allora ho deluso volontariamente le tue aspettative» abbassò lo sguardo staccando gli occhi da lei «Mi spiace... probabilmente non avrei dovuto»
«Non importa» rispose lei, ma il tono di voce era duro quanto bastava per fargli comprendere comunque che la sua interferenza non era stata del tutto apprezzata «Piuttosto perchè vieni a dirmi questo adesso?»
«Perchè dopo la dichiarazione di quel cantante, qualche giorno fa, Chang sembrava impazzito. Quando è scoppiato lo scandalo si è arrabbiato tanto che ha praticamente distrutto la camera d'albergo, ma quando c'è stata quella dichiarazione è stato talmente tranquillo che faceva ancora più paura. Se il contratto con la SM non ci imponesse ritmi di lavoro serrati credo che avrebbe preso il primo volo per venire a strozzarlo. Abbiamo fatto fatica a convincerlo a non partire con me e raggiungerci dopo» spiegava, mentre Yun-seo lo ascoltava in silenzio «Lo abbiamo calmato noi in ogni caso. In questo modo sono abbastanza certo che non farà nulla di stupido anche se dovesse scoprire che siamo nello stesso edificio a registrare dei video.
Però pensavo che forse è il momento di decidere, non credi?
» le domandò con un'espressione un po' amara in viso «O vi chiarite o la finite qui. Siete due testoni, poi lui è uno geloso fino nel midollo, mentre tu sei una a cui piace sentirsi libera e, al contrario di lui, non sei affatto gelosa, ma ti fidi e gli lasci le stesse libertà che speri lui ti lasci. O trovate un accordo o forse non siete fatti per stare insieme, non credi?» le domandò molto semplicemente. Era quello il motivo per cui JaeJoong era diventato il suo migliore amico: perchè era uno senza peli sulla lingua, esattamente come lei; con la differenza che lui era più professionale e si tratteneva almeno sul lavoro o con le persone con cui era conveniente tenersi per sè certi pensieri, mentre lei era totalmente incapace di farlo. E poi JaeJoong era fatto così, agiva un po' come se fosse la mamma di tutti: si preoccupava, teneva sotto controllo la situazione, rappacificava gli altri dopo un litigio, manteneva l'armonia delle persone intorno a lui. «Sì, credo sia giusto» annuì la ragazza
«Arriva insieme agli altri, domani con il volo 5202 della JAL delle 12:30. Mi spiace ci sia poco tempo, ma temo che il nostro passaggio a Narita sarà l'unico momento abbastanza tranquillo per poter rubare un po' di tempo al lavoro e qui agli studi potrebbe non essere il luogo milgiore. Pensi di poterlo o di volerlo fare?»
«Parlerò con i registi oggi e vedrò cosa posso fare» annuì abbassando il capo a guardare il pavimento. Improvvisamente si sentiva nel panico: non pensava di dover affrontare il discorso con Chang così presto, meno di ventiquattro ore. Senza nemmeno accorgersene aveva cominciato a tremare leggermente, se ne rese conto solo quando JaeJoong le posò una mano sulla spalla: l'immobilità del ragazzo sottolineò i suoi tremiti. «Calmati» le disse a bassa voce «Lo sai che sosterremo entrambi, qualsiasi decisione prenderete alla fine. L'importante, per tutti, è che la vostra decisione sia quella giusta e che per essa andiate avanti con sicurezza. Mi hai capito?» lei annuì «Noi saremo lì con te. Aspettaci alla zona check-in della China Air Lines, in quell'orario non c'è nessun imbarco quindi dovrebbe essere tranquilla» lui e gli altri conoscevano Narita come le loro tasche ormai, se diceva che così era, così sarebbe stato. «Va bene»
«Torno al lavoro, non ho detto a Yunho che venivo da te: ho pensato fosse meglio che non si sapesse dell'edificio in comune finchè non vi sarete chiariti» lei annuì di nuovo e gli strinse le mani respirando lentamente «Ci vediamo domani»
«Mh... a domani»
«Ah! L'hai detto in giapponese! Non starai dimenticando il coreano spero?!» esclamò lui per sdrammatizzare, quindi ridacchiò divertito e la salutò prima di andarsene.
Non le lasciarono nemmeno cinque minuti, o il tempo di finire il suo pranzo, la gente e si affollò intorno riempiendola di domande: lo conosceva? Erano amici? Come si erano conosciuti? Ma conosceva anche gli altri del gruppo? Era il suo fidanzato? Come mai era lì? Sarebbe tornato? Da solo o con gli altri quattro?
Toglierseli di dosso fu possibile solo quando la regia chiese di prepararsi per il lavoro pomeridiano. «Lo conoscevi?» domandò Nino mentre si preparavano per tornare nello spazio del set, davanti alla telecamera
«E' JaeJoong, il mio migliore amico»
«Ah! Quindi è lui il famoso mago?» domandò lui, ricordando le parole di Aiba «Non lo avrai fatto venire fin qui per risparmiare sulla bolletta del telefono, spero»
«Ma che dici?» domandò trattenendo a stento una risata. Quando sentì il divertimento salirle dal cuore di rese conto della tensione che cominciava a permeare ogni suo modo di fare, ad inquinare i suoi pensieri. Rischiava di rovinare il lavoro di quel giorno e di quelli futuri «Cosa fai domenica?» domandò improvvisamente Nino, mentre si sistemavano al centro dello spazio di ripresa
«Eh? Niente, perchè?» rispose mentre alzava le braccia e una costumista rimetteva in ordine le pieghe della gonna
«Nemmeno noi, lo staff della Johnny's ci ha invitato a fare un picnic sul fiume per andare a vedere i fiori di ciliegio. Con gli altri abbiamo pensato di invitarti, hai bisogno di rilassarti un po' no?» lei, basita, ringraziò rapidamente, prima che lo staff richiamasse la loro attenzione per riprendere a girare.

Jun aprì la porta della camera camminando in punta di piedi sul parquet del corridoio, freddo per colpa della pioggia dei primi d'aprile che rinfrescava l'aria tanto da rendergli fastidiosamente ghiacciato il legno del pavimento. «... RAAAA?? Sei un mostro!!» un urlo, colto a metà, lo investì improvvisamente, ma prima di interessarsene saltellò al di là della soglia appoggiando i piedi sulla moquette. Stava per chiudere la porta quando Aiba ci sbattè contro con la testa nel tentativo di entrare prima che chiudesse «Ahio!»
«Aiba chan!» esclamò Jun spaventato al ritrovarselo alle spalle «Ma sei ammattito? Avvisami che sei qui»
«Fa freddo, entra, entra, entra!» gli disse semplicemente spintonandolo oltre l'uscio per farsi spazio sulla moquette tiepida «Ero troppo di fretta per avvisarti»
«Ma.. chi ti capisce è bravo» ridacchiò incredulo prima di oltrepassare la piccola anticamera ed entrare nella stanza vera e propria. Nino e Yun-seo erano accovacciati a terra, con la schiena contro il materasso del letto e i joystick in mano, lo sguardo fisso sulla televisione accesa. «Oh, buona sera Ahn san»
«Juuuun!!! Picchiamola!» esordì Nino lasciando cadere il joystick a terra «Non voglio più giocarci con lei» piagnucolò fingendosi terribilmente triste e offeso
«Eh? Cosa? Cosa?» domandò Aiba raggiungendoli e sbirciando la scena da sopra la spalla di Jun
«Cos'è successo?» domandò questi incredulo. Yun-seo, con un sorrisetto ebete, appoggiò il suo controller e li guardò «Detesta perdere vero?» domandò indicando Nino che continuava la sua sceneggiata mordendo il cuscino che si era messo in grembo
«Eh? Sul serio? Non dirmi che lo batti!» esclamò Aiba correndo a vedere la televisione col punteggio
«Non mi batte!» ribattè secco l'altro «Quello che mi dà fastidio è che non sa giocare, ma ha la fortuna del principiante!» spiegò additandola accusatorio
«Ehi, mica è colpa mia!» esclamò lei
«Cavoli, ti ha stracciato, ma in confronto al solito hai fatto un punteggio orribile Nino» osservò Jun, ridendo divertito, mente si sedeva a terra anche lui
«Perchè si innervosiva vedendo il mio punteggio che saliva. Si distraeva» spiegava la coreana ridendo «Ma io non ho mai giocato ai videogiochi, cioè non è che siano il mio passatempo preferito... nemmeno casuale a dire il vero...» riflettè
«Vediiiii??? Che rabbia!! La maledetta fortuna del principiante: la odio!»
«BANZAAAAAAAAIIII!!!!!» un urlo interruppe l'animata conversazione e spuntò Ohno dalla porta d'entrata, lanciato in corsa verso Aiba che si era accucciato a terra dando le spalle all'entrata. Con un piede usò la schiena del ragazzo come trampolino e spiccò un salto per atterrare di sedere sul materasso del letto di Nino, rimbalzando più volte in preda alle risate. «Riida, un giorno gli sfonderai il letto!» osservò Jun che si era ormai steso a terra e giocherellava col controller schiacciando tasti a caso
«Un giorno lo uccido anche a lui» ribattè nervoso Nino
«Qualcuno sta progettando un omicidio?» domandò Sho appoggiando con la spalla al muro ed un sorrisino malizioso stampato in faccia mentre brandiva un coltello da cucina
«Oh accidenti...» dissero in coro Yun-seo e Ohno mentre quest'ultima faceva per muoversi ed allontanarsi prima di rischiare il linciaggio
«Tadaaaaan! Stasera ho portato uno spuntino salutare per tutti!» aggiunse poi il ragazzo, raggiante, facendo notare come il coltello fosse stato portato insieme ad una scatola piena di frutta e serviva quindi a sbucciarla. «Spuntinooo!!!» esclamò Aiba battendo le mani e ridendo divertito
«Voglio una pesca» esordì Jun
«Non è ancora periodo di pesche» spiegò la ragazza, scuotendo il capo con disapprovazione «Io voglio una prugna»
«Non è ancora periodo di prugne» spiegò Sho a sua volta, guardandola perplesso «Però c'è un ananas!» annunciò raggiante mostrando un sacchetto a parte
«Questo non è periodo di ananas!» sbottarono gli altri Arashi in coro.
Si sedettero in cerchio aprendo un paio di tovaglioli a terra e si girarono il coltello per sbucciare ognuno un frutto «Jun, la vuoi una mela?» domandò Yun-seo
«Mh... ok»
«Te la sbuccio io allora, sono un asso nello sbucciare le mele!» si vantò ridacchiando
«Allora io ti sbuccio quello che vuoi tu»
«No, il frutto di Ahn san lo sbuccio io!» ribattè Aiba intromettendosi
«Allora ognuno sbuccia il frutto per un'altra persona» propose lei «Voglio un kiwi»
«Kiwi sia! Io voglio una pera» annunciò aspettando che qualcuno si proponesse di sbucciarla
«Faccio io» disse Nino alzando la mano «Io voglio un pompelmo»
«Pompelmo mio!» disse Ohno piegandosi d scatto da sopra il letto a pescare il frutto dalla scatola messa al centro del cerchio «Mandarino!»
«Mandarino?» domandarono gli altri «Che sbucciatura è quella del mandarino?» aggiunse Sho
«E me lo chiedi? Sei tu che li hai portati, guarda quanti ce ne sono. Puoi sbucciarne cinque se preferisci» spiegò facendo spallucce
«Riida hai uno stomaco infinito» sospirò Nino dopodichè tutti calarono in un silenzio concentrato nell'osservare la sbucciatura di ognuno che poi passava ad altri l'unico coltello disponibile. Cominciarono a mangiare tutti insieme con la musichetta del videogioco che, a basso volume, faceva da colonna sonora. «Buono» annunciò Yun-seo
«Buona» aggiunse Jun
«Buono» dissero tutti gli altri, uno ad uno
«Sembra che piova sempre di più» esordì d'improvviso la ballerina
«Eh?» domandò Nino strabuzzando gli occhi
«Non senti? Buono... buonoooo... questo rumore, se tu ripeti la parola tante volte sembra il rumore della pioggia*» spiegò mangiando il kiwi
«Oishiiiii» provò Aiba
«Oishiiiii» lo seguì Jun, con tono di domanda
«Tanoshiiiii» disse Ohno
«Ureshiiiiii» riprese il primo
«Tsutsushiiiiimi» tentò Sho «Mi!» aggiunse subito dopo, per completare il verbo e facendo ridere gli altri
«Takumashiiiiii» suggerì Yun-seo godendo degli sguardi ammirati di tutti dato che conosceva quella parola
«Wazurawashiiiii!!» concluse Nino, abbassando di molti toni la voce. Gli altri scoppiarono a ridere e partì qualche insulto. Aveva rovinato il divertimento, ma rimanendo nelle regole: la classe di Nino era insuperabile in quei giochi!
La serata andò avanti con qualche partita e con l'arrabbiatura di Nino che saliva, grazie al fatto che la ballerina, continuando a schiacciare tasti a caso, vinceva la maggior parte delle volte, causando l'ilarità generale e la soddisfazione di tutti nel veder lui sconfitto almeno una volta nella sua vita!
Due ore dopo la televisione era spenta, Yun-seo era rannicchiata sul materasso, stesa sul bordo perchè aveva tentato di resistere al sonno e di parlare con loro fino all'ultimo, poi era crollata senza alcun preavviso. «Ah!» esclamò Aiba «Attento che ti sbava sulla coperta» ridacchiò
«Ma nooo...» sospirò Nino
«Mettiamole il cuscino sotto la testa, almeno sbava nel tuo stesso punto» propose Jun
«Ehi! Io non sbavo nel sonno!» ribattè mentre osservava Sho che si era alzato per prendere il cuscino e sistemarlo sotto la testa della ragazza. Ci furono alcuni minuti di silenzio da parte di tutti. Non era un silenzio imbarazzato, era ila classica tranquillità che può calare quando si è tra amici, quello durante il quale ognuno si ritrova per qualche secondo con i propri pensieri e sa di potersi soffermare su di essi per un po' senza che nessuno si senta a disagio. Sono silenzi, sono attimi particolari che solo con gli amici è possibile avere. «Sono rimasto sorpreso, non mi aspettavo di vederla in camera tua stasera» esordì Jun, come se sapesse che in quel momento tutti erano pronti a riprendere a parlare: erano passati dieci anni per loro, lo si vedeva anche da quello. «Per la verità non me lo aspettavo nemmeno io» spiegò Nino «Credevo piuttosto che sarebbe venuta da te o che proponesse ad Aiba una delle loro passeggiate durante le quali spariscono per ore»
«E' successo qualcosa quindi?» domandò Sho incrociando le braccia mentre mordicchiava uno stuzzicadenti
«E' arrivato il mago» annuì
«No! Sul serio?» domandò basito Aiba
«Il chi?» chiesero Ohno e Jun
«Il suo migliore amico. Quello che ha provato a chiamare al telefono una volta»
«Ah si, il mago!» annuirono entrambi «Significa che c'è anche "lui"?» domandò Jun
«Non so... non credo. Altrimenti si sarebbe visto. Per la verità parlavano in coreano, non ho capito niente e comunque sono usciti dagli studi»
«E' venuto sul lavoro?» l'incredulità a quella notizia era generale
«Sì» annuì «E' vero che è gente dello spettacolo o non sarebbero potuti entrare, ma non potete nemmeno immaginare chi fosse» scosse il capo con sgomento «Non avrei mai immaginato... ad ogni modo l'ho sentita chiedere insistemente un permesso per allontanarsi un paio di ore dal set domani, in concomitanza con la pausa pranzo, cosa che non le è stata permessa e prima ancora ho scoperto che stava cercando di capire come si potesse andare all'aeroporto senza prendere il taxi»
«Quindi arriva domani, nella pausa pranzo, e lei non può vederlo» riflettè Ohno «Domani siamo tutti agli studi, vero?»
«Si, noi dobbiamo arrivare per pranzo. Le scene di gruppo le girano nel pomeriggio» rispose Jun, annuendo «Cosa facciamo?» domandò guardando Sho. Il ragazzo lo osservò a sua volta, poi girò lo sguardo su Nino e anch'egli lo guardava a sua volta
«Sentite, ma perchè lo chiedete a me? Non lo so, non so niente!» sbottò ad alta voce. Calò di nuovo il silenzio e stavolta l'aria era carica di tensione: il famoso fidanzato stava per arrivare. A seguito dello scatto di Sho, Yun-seo si rigirò sul materasso ed aprì gli occhi «Mh... che ore sono?» mugugnò
«Ahn san, ti accompagno in camera tua, va bene?» domandò Nino alzandosi in piedi e dandole una mano a sollevarsi dal letto
«Mmmh...» annuì piano «Buona notte» salutò pigramente gli altri e si avviò all'uscita strusciando i piedi sulla moquette. Nino l'accompagnò rimanendole vicino. Quando uscirono una ventata fresca e umida, grazie alla pioggia che aveva però smesso di cadere, scompigliò i capelli di entrambi. «Accidenti.. che tempo» sospirò la coreana sbadigliando, la voce impastata di stanchezza
«Domani dovrebbe essere più bello» spiegò Nino fermandosi davanti alle porte automatiche del dormitorio femminile «Riposati, tra poche ore dobbiamo lavorare ancora»
«Mh» annuì «Buonanotte» lo salutò. La osservò che si avviava verso le porte: ma quale lavoro? Lo sapeva benissimo che il giorno dopo, con molta probabilità, la cosa più preoccupante non sarebbe stata il lavoro! «Ahn san» la richiamò e attese che si girasse «Tiè, portatelo in camera e mangiatelo domani mattina» disse lanciandole qualcosa. Nonostante la stanchezza Yun-seo riuscì a prenderla al volo «Dicono che sia energetico ed è anche uno degli ultimi. Buonanotte!» la salutò prima di allontanarsi con il resto della scatola della frutta, per andare a riconsegnarla alla mesa del campus. La ragazza, stancamente, si guardò le mani e scoprì di aver preso al volo un melograno ben maturo: aveva ragione, non era quasi più stagione per quel frutto. Ridacchiò e sbadigliò insieme prima di avviarsi in stanza.

«Beneeee... taglia!»
«Otsukaresama deshita**» «Otsukaresama deshita» «Ottimo lavoro» «Chi ha preso le ordinazioni del pranzo?» «Otsukaresama deshita» «Riprendiamo tra un'ora e mezza circa!». Lo staff si disperse e i due ragazzi abbandonarono l'angolo del set dove era stato preparato il blue screen davanti al quale avevano ballato quella mattina. «E' stata dura oggi eh?» domandò Yun-seo mentre la costumista le si avvicinava
«Si, ma perlomeno la nostra parte è fatta. Otsukaresama deshita» e la coreana rispose solo con un cenno del capo «Non c'è in coreano un modo per ringraziare del lavoro svolto?» domandò quindi facendole così capire cosa significassero quelle parole, senza però farla sentire una sciocca
«Mh? Si: swiseyo***» rispose sbalordita: finalmente capendo le parole che tutti si scambiavano dal primo giorno di lavoro e che lei ripeteva a macchinetta un po' come le capitava
«Nel pomeriggio rimani?» le chiese lui mentre si allentava la cravatta
«Credo di sì, Saito sensei mi ha chiesto di rimanere con voi almeno all'inizio se avete bisogno di una mano per i passi, se invece vedo che fila tutto liscio posso tornare alla JH» spiegò prima che la esortassero a tornare ai camerini «Ci vediamo tra poco, mi tolgo questa roba»
«Yun-seo saaaan!» Takechi san si avvicinò rapidamente «Ottimo lavoro!»
«Allora a dopo!» salutò Nino
«Grazie» sorrise quindi la ballerina alla donna che la raggiungeva
«Ti è arrivato un messaggio mentre lavoravi, ti ho custodito il cellulare» spiegò la manager porgendole l'oggetto. Inutile dire che queste parole non sfuggirono all'orecchio attento di Nino e nemmeno l'espressione contratta della ragazza quando ebbe letto le scritte sullo schermo: 「Immaginavo che non ti avrebbero lasciato, tranquilla. Non rimane che vederci agli studi dove porterò gli altri per far vedere loro dove lavoreremo. Ci vediamo vicino al tuo per l'una e mezza. JJ」

* "buono" in giapponese si dice "oishii", con la I lunga. Questo "shii" finale si trova in moltissimi aggettivi giapponesi, da qui il gioco di parole che segue. Gli aggettivi sono, in ordine: divertente, felice, modesto, muscoloso, noioso.
** modo di dire Giapponese che si può tradurre "Grazie per esserti disturbato"
*** se a qualcuno interessa: 쉬세요. Non è esattamente l'equivalente coreano di "otsukaresama deshita", che sarebbe invece "shugo hassyosseumnida". Però i giapponesi lo dicono alla fine del giorno o di un lavoro, mentre i coreani no. Non so bene in che ambito lo dicano, ma nel modo in cui i giapponesi usano le loro parole i coreani usano invece le parole che ho usato nella storia.


Parto domani. Nel malaugurato caso in cui io non riesca a mettere almeno un altro capitolo durante questo mese dall'altra parte del globo ho pensato di regalarvi questo prima di partire >_<
Ci sarà qualcuno di voi che apprezza?
Qualcuno che ha intuito chi sia il fidanzato di Yun.seo?
Guest star in questi due capitoli dedicati a Nino *_* Nel prossimo, finalmente l'incontro! Si lasceranno e lei sarà libera e disponibile per uno degli Arashi? Oppure appianeranno le divergenze e leir imarrò con il misterioso fidanzato?
Se ci siete, se leggete.. vi voglio bene *-* (domani cerco di mettere un altro capitolo anche di Ame)
BUONA ESTATE!!

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Capitolo 9
*** Il calore del sole [2#] ***


Yun-seo era abilissima nel ballo e a far ridere (involontariamente) le persone, ma era chiaramente incapace di fingere o dissimulare qualsiasi emozione forte. Nel momento in cui arrivò il messaggio, per chiunque la stesse guardando, fu chiaro che qualsiasi cosa ci fosse scritta era qualcosa di terribile: terribilmente bello o terribilmente brutto non si sapeva, ma di certo non era l'sms di qualcuno che chiedeva cosa voleva mangiare per cena quella sera.
«Tutto bene?» domandò Takechi al suo fianco, prima tra tutti a notare l'improvvisa rigidità della ragazza
«Si... vado a cambiarmi» rispose muovendo appena il capo
«Non mangi?» domandarono alle sue spalle. La ragazza si voltò, colta alla sprovvista, e guardò Nino, sbattendo le palpebre «Si... no... mi cambio» rispose «Scusatemi» aggiunse poi facendo un lieve inchino e avviandosi verso l'uscita della sala di riprese. Attraversò i corridoi a passi incerti sui tacchi alti del vestito di scena e si richiuse nel camerino che avevano dato a disposizione di tutte le ragazze del corpo di ballo: sapeva che in quel momento sarebbe stato probabilmente vuoto. Lentamente si svestì dell'ingombrante costume e delle scarpe indossando nuovamente i jeans consumati e la maglietta azzurra in contrasto con la larga felpa bordeaux. Sistemò la borsa a tracolla con la sciarpa, gli occhiali e lo stretto necessario che si portava sempre dietro, sicura che non sarebbe tornata in camerino, ma che, qualsiasi cosa sarebbe successa, sarebbe fuggita da lì il più rapidamente possibile. Avrebbe voluto scappare in quel momento, ma una parte di sè, la più testarda e combattiva, le vietava di farlo: provava quasi gusto all'idea di poter finalmente scontrarsi con Chang. Fece un profondo respiro e tornò dagli altri.
Posò la borsa in un angolo, declinò l'offerta di qualsiasi boccone le proponessero ed uscì nuovamente quando il cellulare le vibrò nella tasca. «Se hanno bisogno di me mi chiami sul cellulare?» domandò a Takechi appoggiandole una mano sul braccio e stringendolo troppo per essere solo un gesto per richiamare la sua attenzione
«Io? Si, ma non ti senti bene?» domandò nuovamente notando il pallore che aveva in faccia la ballerina «Niente di grave, esco un attimo a prendere una boccata d'aria. Se qualcosa non va e c'è bisogno rintracciarmi con il cellulare» ripetè prima di allontanarsi e aprire la porta che dal corridoio dava sull'esterno. Nessuno sembrò notare il suo allontanarsi e nessuno la fermò, improvvisamente sembrò che il Giappone e i Giapponesi si fossero dimenticati di lei o che la volessero tagliare fuori lasciandola a tu per tu con le sue importanti faccende coreane.
Il sole brillava indisturbato nel cielo, nemmeno una nuvola che ne oscurasse la luce, e il calore dei primi di aprile si espandeva per l'aria portando un profumo di primavera che dopo tanto freddo non poteva che far piacere a chiunque ne beneficiasse. Yun-seo se ne stava impalata al centro di uno spiazzo di ghiaia dei giardini che circondavano i padiglioni e i fabbricati degli studi i cui edifici erano circondati prima da una striscia di siepi basse. Non muoveva un muscolo, si poteva immaginare quanto fosse tesa in quel momento, poi sussultò quando si sentirono dei passi in avvicinamento. «Yu-yun!» esclamò il primo ragazzo che, svoltato l'angolo, la vide
«C'è sul serio, visto?» domandò un altro
«E' proprio Yun!» si aggiunse un terzo. Una volta che ebbero tutti svoltato per avviarsi verso di lei furono in cinque «Ciao ragazzi» salutò lei alzando una braccio e muovendo semplicemente la mano, ancora bloccata lì dov'era una volta uscita dalla porta «"Ciao ragazzi"? Cos'è questa freddezza?»
«I giapponesi ti hanno fatto male Yu-Yun! Da che ti conosco non ti sei mai fatta problemi ad abbracciarci per salutarci, vero?» domandò questi verso gli altri
«Verissimo, ma che ci vuoi fare? Ormai è giapponese! Yun-seo san konnichiwa!» le fece il verso uno di loro, facendo un inchino
«Ci scuserai se risultiamo brutali vero? Ma abbiamo pochissimo tempo» esordì JaeJong, il ragazzo che era venuto a salutarla il giorno prima «Max» si voltò verso il quinto ragazzo che ancora non aveva aperto bocca «Direi che è il tuo turno» gli amici lo spintonarono in avanti facendo loro qualche passo indietro per lasciarlo da solo, davanti a Yun-seo. Tra i due c'era una differenza di quasi venti centimetri, ma il ragazzo era rosso come un peperone e teneva lo sguardo basso, questo sembrava renderlo più piccolo di lei che invece lo guardava dritto in faccia anche se senza muovere un muscolo.
«Beh.. come va?»
«Per niente bene, Chang. Posso sapere cos'hai da dirmi?» domandò, vigliaccamente buttando sulle sue spalle la responsabilità di quell'incontro
«Mh... alla fine è successo proprio come dicevo io, non ti pare?» cominciò l'altro risentendo di qual colpo e facendo un po' più sicuro di sè
«Sarebbe a dire?»
«Sono venuto a sapere del tuo tradimento dai girnali scandalistici. Che ironia» sospirò con tono acido
«Io non ti ho tradito, Chang, noi non stiamo più insieme dopo la nostra ultima telefonata: l'hai dimenticato?»
«Si che stiamo insieme» disse cocciutamente
«No che non lo siamo. Ti ho lasciato e da qual momento potevo anche farmi il primo che passava e non sarebbe stato tradimento. Ero e sono tuttora libera di fare quello che voglio»
«Stiamo insieme da anni, come puoi pensare che una telefonata tronchi la nostra relazione?» domandò qello spiazzato: la durezza nella voce di Yun-seo era spiazzante. «Hai ragione, forse è troppo poco»
«Buon segno che devo essere io a farti realizzare che non sono l'ultimo scemo che hai incontrato e che puoi scaricare come se nulla fosse» puntualizzò acido
«Hai ragione Chang, scusa la mia insensibilità» si scusò in tono acido «Quindi, secondo il tuo ragionamento, la cosa migliore è che io te lo dica adesso: ti lascio, non sono più la tua ragazza» spuntò fuori quelle parole e calò un silenzio di tomba. Non era la scena strappalacrime che si era immaginata, lui non la stava supplicando di tornare insieme, i ragazzi non si intromettevano disperati nel tentativo di farli ragionare. Nessuno sembrava opporsi: perchè? A nessuno stava a cuore quella faccenda? Interessava solo a lei chiarire le cose con Chang? E perchè lei stessa sembrava incapace di dire, fare e risolvere la faccenda nel modo in cui avrebbe voluto realmente? Non voleva lasciarlo, ma il suo orgoglio non le dava la possibilità di pronunciare parole concilianti. «E' tutto» disse a denti stretti per poi girare sui tacchi e fare qualche passo per andarsene. Il ragazzo invece la afferrò per il braccio seguendola e bloccandola «Non è tutto. Non puoi trattarmi così: che cosa ti ho fatto per meritare questo atteggiamento maleducato?» domandò con voce dura, ma lei non rispose, girando lo sguardo di lato per non ossevarlo «Allora? Sono appiccicoso, geloso e testardo, ma non penso che nessuna di queste cose meriti la tua freddezza! Spiegati!» esclamò perdendo la pazienza e scuotendola, ancora con la presa ben salda sul suo braccio
«Lasciami! Mi stai facendo male!» esclamò lei cercando di divincolarsi, ma la presa era troppo forte per lei. Gli altri fecero qualche passo avanti «Max...» «Max ascolta...» «Calmatevi entrambi...»
«Non mi calmo, mi sta prendendo in giro!» urlò Chang
«Lasciami! Chang, lasciami!» improvvisamente tutta la tensione e le preoccupazioni sfociarono in una crisi di panico completamente insensata e cominciò a tremare e a piangere senza più alcun controllo sul suo corpo
«Yun ma cos'hai?» «Dobbiamo chiamare un medico?» «Max che cosa le hai fatto?»
«Non fare la vittima! Smettila con questo tuo atteggiamento vigliacco!» sbraitò dandole una scossa
«Ehi!» Yun-seo sentì improvvisamente allentarsi la presa sul suo braccio e nello stesso momento si sentì spinta all'indietro, finalmente libera dalla presa del fidanzato
«Basta così» intimò una voce al suo fianco ed un braccio si frappose tra lei e Chang: era Nino. «E questi?» domandò JaeJong squadrando sorpreso il gruppo che ero sbucato da dietro le siepi
«E' lui, il mago!» lo indicò Nino agli altri e tutti lo scrutarono con attenzione
«E' altissimo...» farfugliò Aiba, sbigottito. La sua voce arrivava da sopra la testa di Yun-seo, quindi era lui ad averla spinta indietro facendola appoggiare con la schiena al suo petto, tirandola a sè
«Lo sono tutti...» lo imitò Ohno
«Forse lo sembrano perchè sono vicini a Yun-seo che è bassa»
«E' alta quanto me, vuoi dire che sono basso?» domandò Nino lanciando un'occhiata a Sho che aveva parlato
«Non posso nemmeno dire che sei alto»
«Sono gli Arashi.. in persona?» farfugliò uno degli sconosciuti
«Parlano la nostra lingua, pazzesco» sospirò Aiba
«Abbiamo disturbato i lavori negli studi? Ci dispiace molto, noi...» cercò di spiegarsi uno dei coreani
«Macchè!» esclamò Jun, che fino a quel momento era rimasto silenzioso e lanciò un'occhiata raggelante al fidanzato della coreana. Nino, davanti al coreano che lo superava abbondantemente, incrociò le braccia e venne fuori dalle siepi «E' questo il modo di trattare una ragazza? Trattala ancora male e ti spezziamo il collo» lo minacciò. Il ragazzo osservò quel piccoletto atteggiarsi in quella maniera così sicura e strafottente, quasi da yakuza, e non ebbe la forza di controbattere: fece qualche passo indietro ed osservò Yun-seo che si era messa a piangere contro Aiba. «Tutto questo è esagerato, con quel pianto sembro io il mostro» borbottò incrociando le braccia e abbassando lo sguardo
«Probabilmente ha solo una crisi di panico, nessuno sta pensando male di te» precisò Sho, affiancandosi a Nino «Dovevi solo capire che è in ansia per questo incontro da ieri pomeriggio e il vostro ha mischiato l'adrenalina del litigio all'agitazione che già aveva addosso»
«Ma.. tu sei Sakurai Sho san! Quello della foto» lo riconobbe uno dei ragazzi
«Quindi sei tu...» mormorò Chan scrutandolo
«Max, stai calmo» dissero gli altri osservandolo preoccupati, mentre lo osservava con odio
«Non ho alcuna intenzione di lasciare Yun-seo a te»
«Ho una domanda» si intromise Nino «Sul Fuji ci vai col treno, oppure ci arrivi in due falcate?» domandò alzando in aria una mano per segnare la quindicina di centimetri che li separava. Per gli amici di Chang fu difficile trattenere le risate e così pure per gli Arashi, tra i quali Aiba fu l'unico a non riuscirci proprio per nulla e a scoppiare a ridere appoggiandosi a Yun-seo che non sapeva più se stava piangendo o ridendo dopo quella scemata. «Aaaah.. questo ti ha fatto calare la voglia di litigare, vero?» domandò con un sorriso allegro. Yun-seo si staccò dall'amico e fece dei profondi respiri, prima di riuscire a parlare «Non so cosa ci facciate qui, ma possiamo andarcene ora» sospirò lentamente
«Perchè credi che siamo qui, se non per aiutarti?» domandò Ohno con un sospiro
«Ma...» fece per ribattere Chang, prima che Yun-seo lo interrompesse
«A fare cosa? Non ho nulla da dire» ma a quelle parole Nino le puntò il dito contro
«Ferma lì!» esclamò «Non ti permetterò di rovinare tutto, quindi direi che è arrivato il mio momento»
«Tutto tuo» sospirò Sho scuotendo il capo e scostandosi per lasciargli la scena, mentre tutti li guardavano perplessi
«Si, dunque...» si schiarì la voce avvicinandosi alla ballerina e prendendola per le spalle. La spinse fino a metterla davanti al fidanzato: le mise una mano sulla testa e allungò un braccio per fare lo stesso con Chang, ma era decisamente impossibile, quindi gli sfiorò il braccio «Signor Fidanzato, Ahn san: siete stati vittime di uno scherzo, se coì si può dire» cominciò «E non solo voi due per la verità, ma un po' tutto il Giappone... e la Corea... e tutti quelli che in giro per il mondo sono nostri fan, a voler essere precisi» scosse il capo realizzando la portata delle sue parole «Ma l'obiettivo eravate voi due e la gente intorno a voi»
«Kazunari san?» domandò spiazzata la coreana
«Vedete... Ahn-san è una persona piuttosto comune, eppure ha delle particolarità tutte sue che hanno colpito il gruppo. A parte ciò, lei è talmente poco professionale, che la sua intricata questione sentimentale non ha potuto non toccarci dato che più volte ha inquinato i suoi atteggiamenti e le sue performance durante il lavoro. Ho cominciato ad informarmi quindi e ad elaborare un meraviglioso piano affinchè la questione, in un modo o nell'altro, si risolvesse: perchè Yun-seo non merita tanto travaglio sentimentale e perchè noi non possiamo perdere tempo e lavorare con una talentuosa ballerina che però non riesce ancora a staccare la vita privata dal campo professionale» Yun-seo si chiese seriamente se doveva prendere quelle parole come una manifestazione di preoccupazione per lei o come una critica al suo modo di lavorare. «Cosa significa?» domandarono i coreani
«Significa che sono stato io a fare quella foto ad Ahn san e a Sho kun, io a darla ai rotocalchi, io a suggerire loro la storia, anche se, bisogna ammetterlo, non ce n'era granchè bisogno: sanno inventarsi baggianate anche meglio di me. Sho kun al tempo non ne sapeva nulla, ma dopo la lavata di capo che ha ricevuto dalla nostra casa madre ho ben pensato di parlare del mio piano con lui, con gli altri del gruppo e con i capi: a loro ho detto che potevamo sfruttare la cosa come pubblicità per gli eventi dell'anniversario, mentre a tutti noi raccontai esattamente il mio piano. La foto però non ha avuto l'effetto desiderato: voi non vi siete rappacificati, nè Ahn san si è completamente staccata da questa storia, quindi ho ben pensato che una dichiarazione ufficiale magari avrebbe finalmente fatto smuovere il misterioso fidanzato: così è stato. Ho spinto Sho kun a fare quella dichiarazione alla televisione e ad evitare Ahn san per rendere reale, nella sua mente, il fatto che lui fosse innamorato di lei»
«Non c'era nulla di vero?» domandò sbigottito Chang
«Niente» scosse il capo Nino, con un sorriso di trionfo «E ho ottenuto il risultato che volevo: vi siete incontrati e ora vi dovete chiarire per il bene di tutti».
Yun-seo girò il capo, sconvolta, a guardare Nino che la osservava tutto tronfio della bella riuscita del suo piano, poi spostò lo sguardo su Sho. I loro sguardi si incrociarono e l'espressione di Sho diventò immediatamente seria «Mi dispiace» mormorò chinando il capo
«Vi state impicciando di cose che non vi riguardano» incrociò le braccia Chang
«Probabile» disse Nino, facendo spallucce
«Si probabilissimo» annuì Sho
«Non ci metterei la mano sul fuoco, ma direi di sì» ridacchiò Ohno
«Però è inevitabile, Yun-seo ci sta a cuore ormai» spiegò con decisione Aiba
«Dovreste fare attenzione a quello che dite. E' inutile che vi atteggiate da amiconi, voi di lei non sapete nulla» li accusò il ragazzo
«Max... è vero, ma non è questo il punto» azzardò uno dei coreani
«No, stanno sbagliando loro!»
«Cosa importa cosa sappiamo o non sappiamo di lei?» domandò Jun, sgranando gli occhi «Gli amici li appoggiamo in ogni caso, sappiamo abbastanza di questa storia per capire che ha bisogno di affrontarla e che non sa trovare il coraggio di farlo da sola. Voi per primi dovresti incoraggiarla invece di lasciarla scappare»
«Ehi.. parlate come se non ci fossi» provò a farsi sentire lei
«Sono anni che la conosciamo, sappiamo cosa fare con lei» spiegò JaeJong «Magari invece siete voi che la state sforzando»
«Lascia stare, Hero... cosa vuoi che ne sappiano loro?»
«In ogni caso non è questo il punto» si intestardì Nino
«Lo è invece! Saprò meglio io cosa fare con lei dato che è la mia ragazza!» si scaldò l'altro
«Non sono la tua ragazza, e volete smetterla?» domandò irritata la coreana
«Ma saprai meglio cosa? Che ti sei anche fatto lasciare...» insinuò ancora il ragazzo, velenoso
«Ah si? Scommetto invece che avete dato un sacco di fogli a Yun-seo e lei non ha letto manco uno!» lo sfidò il fidanzato, ormai era guerra aperta tra lui e Nino
«Ehi! Questo non c'entra nulla!» esclamò lei adirata
«Max, non mi pare il caso...» convenirono gli amici
«Questo cos'ha a che vedere col discorso fatto fin'ora?» domandò il giapponese che lo osservava con aria di sfida dal basso verso l'alto
«Chiunque sia amico di Yun sa che le cose vanno spiegate a voce con lei dato che non sa leggere!» concluse lui con aria di trionfo. A quelle parole calò il silenzio, mentre la ragazza diveniva sempre più rossa, di vergogna oppure di rabbia. I discorsi si erano fatti accesi, l'aria pareva quasi irrespirabile, improvvisamente immobile dopo quella rivelazione. Nessuno aveva la forza di rompere quell'improvviso silenzio, o forse era difficile trovare delle parole per riprendere il discorso. «Yun-seo» esordì Jun avvicinandosi a lei e richiamando la sua attenzione «Con il tuo atteggiamento tu non affronti il discorso: tu vuoi chiudere così come ti riesce e scappare via. Sia tu che il tuo ragazzo avete delle colpe, ma non risolverai nulla se ora, dopo tanti mesi di sofferenza, fuggi senza dire ciò che ti stai tenendo dentro da tanto» la sua voce era tranquilla, pacata, e non fece alcun riferimento alla rivelazione appena fatta da Chang
«Lo sappiamo che non è quello che vuoi. Tu vuoi chiarirti veramente o non avresti sofferto tutti questi mesi, non saresti venuta qui con tanta decisione» lo appoggiò Sho annuendo
«E' solo che Ahn san è una testarda vero?» domandò Aiba con un sorriso incoraggiante «Per una volta dovresti mettere da parte paura e orgoglio e affrontare le tue colpe, così come le sue»
«Se non lo fai non sarai mai soddisfatta, non credi?» domandò Ohno. La coreana annuì piano «Va bene, va bene... potete lasciarci da soli?» domandò lentamente «Sicuro» annuirono gli amici coreani
«Se volete vi facciamo vedere il set del video di oggi» propose Aiba
«Mh.. beh... si può fare» annuirono
«E riprendiamoli col backstage, fa scena vedere Arashi e Tohoshinki insieme, no?» propose Nino mentre si avviavano
«Il vostro amico fa paura» ridacchiarono i quattro coreani, seppur nervosamente, ancora risentendo dell'atmosfera pesante calata poco prima
«E' un malefico calcolatore» le parole del gruppo si spensero dietro la porta che dava sugli studi.

Continuava a passeggiare avanti e indietro per la stanza, osservando il vestito blu, ripiegato sul letto, senza decidersi ad indossarlo. «Yun-seo, non sei ancora pronta?» domandarono da dietro la porta, era Takechin
«Andate pure avanti, io prenderò un taxi» rispose accasciandosi sul letto con un sospiro. Ascoltò i passi della manager che si allontanava e il rumore del pulmino che si allontanava dopo qualche minuto. Pochi giorni prima era stata invitata ad andare a vedere i fiori di ciliegio insieme ai ragazzi e ad altri dello staff e aveva accettato volentieri, ma allora la situazione era diversa. Ora, dopo ciò che era successo due giorni prima agli studi, non aveva più voluto parlare con nessuno degli Arashi per la troppa rabbia. Tutti sapevano del tranello di Nino che, per quanto fosse stato a fin di bene, era pur sempre una presa in giro e lei non aveva potuto a fare a meno di arrabbiarsi con tutti riconoscendo che le avevano mentito a tutti gli effetti, nessuno escluso. Sho non era mai stato innamorato di lei e aveva addirittura sopportato la pressione dei media per il solo capriccio di Nino, l'intera Johnny's aveva accettato quell'azzardo con il solo scopo di aumentare l'audience, la tensione e l'attenzione sul gruppo: lei era l'unica idiota che ci era cascata in pieno e si era tormentata per giorni! Provava una vergogna indicibile e una rabbia feroce nei confronti di quei cinque ragazzi nei quali credeva ciecamente e che invece l'avevano ingannata per tutto quel tempo. Così non aveva alcuna voglia di andare a vedere i ciliegi con loro come se nulla fosse successo. 「Anche io mi sono sentito così, ma penso che non ci fosse malignità nelle loro intenzioni. Però li conosci meglio di me: pensi davvero che lo avrebbero fatto solo per tornaconto personale? Chang」rilesse quel messaggio e con un sospiro si alzò dal letto.

♫Ho sempre guardato dritto davanti a me
non ho mai pensato a nessuno
io sono importante
io conto più di ogni altro♫


Arrivò al luogo di ritrovo con circa un'ora di ritardo e pagando una cifra stratosferica per il taxi, dato che era stato scelto un luogo fuori città molto tranquillo e appartato, apposta per evitare sconvolgenti incontri tra il gruppo e le possibili fan. Il gruppo sul prato era composto da lavoratori della Johnny's e qualcuno del corpo di ballo. Yun-seo scese e raggiunse il gruppo: buona parte dei presenti si girò verso di lei e cominciò a fissarle il vestito blu notte. Con un sospiro abbassò lo sguardo e si avvicinò a Takechin che rideva a crepapelle con alcune colleghe «Cosa significa tutto questo?» domandò a denti stretti, mettendole una mano sulla spalla. La manager si girò che ancora rideva «Oh! Sei arrivata finalmente! Voi bere anche tuuuu?» domandò strascicando le parole. La coreana la osservò sgranando gli occhi e alcune donne con lei, ridacchiando divertite e agitando lattine di birra la avvisarono «E' ubriaca persa!»
«Ahn san, puoi accompagnarla tu al bagno?» chiesero e a lei non rimase che annuire. La ballerina si alzò e prese la manager sottobraccio per aiutarla a camminare, trascinandola via. «Takechin sei un'infida bastarda» borbottò tra sè nella sua lingua «Perchè mi hai detto che è una cosa tradizionale questo hanami*
«Perchè lo èèè...» sospirò profondamente
«Ho capito, ma non c'è nessuno... sottolineo nessuno, che vesta un kimono! Io mi son fatta portare il vestito tradizionale apposta pensando che sarei sembrata una sciocca a vestirmi con i jeans in mezzo a persone col kimono» spiegò cercando di farsi capire dalla donna che straparlava e cantava canzoni stonando terribilmente «Invece è tutto il contrario. Ma dimmi tu! Mi hanno guardato malissimo!»
«Ti vedo in difficoltà, posso occuparmene io?» si sentì chiedere dopo alcuni metri che la trascinava a fatica. Era Jun che già tendeva le mani per prendere con sè la manager: non aveva nemmeno fatto in tempo a guardarsi in giro per evitare di incrociare gli Arashi che già se ne trovava uno davanti! «Non preoccuparti, ci penso io a lei» la rassicurò. Infondo a Jun non riusciva a dire di no, quindi gli lasciò Takechin tra le braccia: dato che era una sua fan ora le doveva un favore. «Però devi darmi una mano, puoi?» domandò lui
«Dimmi» farfugliò semplicemente
«C'è un'altra persona che non sta bene» spiegò indicando con il capo uno dei pulmini parcheggiati poco lontani «Ero andato a cercare il bagno per poi accompagnarcela, ma non posso lasciarti fare tutto da sola. Potesti andare là e accompagnarla in questa direzione? Appena so che Takechi san è al sicuro vengo ad aiutarti»
«Va bene» annuì Yun-seo con un sospiro, quindi si inchinò e si avviò verso i pulmini. Stava di nuovo comportandosi freddamente quanto non era propriamente quello che voleva e la persona davanti a sè non lo meritava... non del tutto, per lo meno.
Si avviò al pulmino con cui erano arrivati tutti -motivo per cui non aveva voluto fare il viaggio con loro- e salì lentamente i gradini «Ehm.. c'è nessuno?» domandò notandolo deserto
«Siiii» sentì una vocina debole arrivare dal fondo e una mano sollevarsi sopra i sedili. Si avviò lentamente per non far muovere troppo il mezzo «Matsumoto san mi ha detto che anche lei si sente poco be...» cominciò a dire prima di raggiungere la persona e notare che era Nino
«Matsujun ti ha detto esattamente quel che gli ho chiesto di dirti» le spiegò con un sorrisino serafico
«Scusami» tagliò corto lei e fece per andarsene dopo aver inchinato leggermente il capo
«Eeeh? No, no, noooo... ferma lì» la richiamò scattando in piedi, ma non ci fu bisogno di placcarla fisicamente dato che ubbidì alle sue parole «Oh ehi... funziona!» ridacchiò divertito
«Come potevi sperare che non funzionasse?» domandò lei «Se così non fosse stato mi avresti fermato tu, no? Tutto deve andare sempre come dici tu o sbaglio?» «Mi stai accusando di qualcosa?» domandò lui incrociando le braccia svaccandosi sul sedile
«No, ti sto accusando di tutto. Possibile che non ti sia chiaro il fatto che con te non voglio parlare?»
«Uhm... quindi non ci parleremo più fino a fine Agosto quando finiremo il tour? E così sarà con Matsujun, Aiba chan, Shokun e il Riida?» domandò aggrottando le sopracciglia
«Si» rispose testardamente l'altra, incrociando le braccia
«Oh bene... è giusto saperlo. Ok, grazie!» annuì con un sorriso e guardò fuori dal finestrino senza aggiungere altro.

♫Non c'è cosa che valga la pena di esser fatta
se non porta qualche vantaggio
ma quel giorno sono inciampato nel destino
Tu mi hai aiutato a rialzarmi♫


Quella reazione la lasciò spiazzata e per qualche secondo non ebbe la forza di dire niente «Come "ok"?» domandò poi
«Sì, "ok"» annuì senza guardarla
«Ti odio»
«E io ti adoro» ridacchiò cercando di contenersi. La coreana gli si sedette di fianco con un profondo sospiro, rassegnata «Quanto sono insopportabile?» gli chiese incrociando le gambe sotto il vestito
«Da uno a dieci? Undici, ma sei solo testarda. E dire che ormai sei grande per essere una che fa i capricci, scappa dalle situazioni importanti e mette il broncio alla gente!»
«Oh ma finiscila!» sbuffò la ballerina «Tu invece sei troppo scemo per fare piani così diabolicamente intelligenti»
«Così potrei quasi scambiarlo per un complimento» rise Nino piegandosi in due sul sedile
«Tu invece non sembri renderti conto di quello che hai fatto» sentenziò quella «Non ho messo il broncio, mi sono arrabbiata seriamente»
«Non ce n'è motivo, tutto è finito per il meglio, o no? Avete fatto pace, giusto?»
«Più o meno. Ci siamo lasciati di comune accordo... ma il punto è quello che hai combinato tu per arrivare a questo! Io sarò vigliacca e testarda, ma tu non sai riconoscere i tuoi errori... quando esageri» concluse prima di cadere nel silenzio. Il sole brillava nel cielo occupato solo da qualche nuvola bianca sparsa qua e là, il vento agitava i rami dei ciliegi in fiore facendo frusciare tra di loro le foglie appena apertesi e qualche piccolo fiore o petalo cadeva in terra. Era un luogo perfetto per l'hanami, tanto bello che pure farlo dal pulmino dava emozione. «Forse hai ragione» disse lentamente Nino guardando gli alberi
«Forse?» insistè lei
«Va bene, va bene... ho sbagliato» sospirò girandosi a guardarla
«Eppure tu conosci Sakurai san meglio di me, l'ho capito persino io che per quanto fosse uno scherzo ci stava quasi credendo. E' un ragazzo talmente emotivo e passionale, vive in maniera così intensa ogni cosa...» spiegò con aria triste
«Non ci ho pensato... è vero. Ma è uno coi piedi per terra, tutto sommato... se non gli fai sapere che vi siete lasciati del tutto forse riuscirà a far finta di niente e dimenticare dei possibili sentimenti»
«Devi calcolare tutto così?» domandò esasperata guardandolo dritto negli occhi «Non puoi semplicemente pensare di aver fatto un errore e che, nonostante tutto, siamo tutti amici e ognuno di noi farà di tutto per riportare la situazione in equilibrio come prima? A volte le cose possono andare a posto anche senza che tu faccia le tue trame da dietro le quinte» gli spiegò scuotendo il capo
«Allora cosa devo fare? Pensavo solo di agire per il meglio» domandò indispettito
«Basta che tu chieda scusa, Kazunari san!» esclamò allargando le braccia «A me e a Sakurai san... basta che tu capisca e chieda scusa. Poi tutto si sistemerà senza che tu te ne renda conto».

♫Mi hai insegnato cosa significa "altruismo"
mi hai mostrato che fare per gli altri
significa fare qualcosa anche per me
ancora più che farlo per puro egoismo♫


Nino la osservò boccheggiando per qualche secondo poi chinò il capo, arrossendo «Volevo che tutto questo ti aiutasse.. ci aiutasse.. pensavo di agire al meglio, ma probabilmente ho più tenuto conto del mio divertimento e dei miei scopi, meno ai sentimenti delle persone con me. Se ha funzionato, meglio... però pare che io abbia sbagliato lo stesso eh?» abbozzò un sorrisino «Scusa... scusatemi» chinò il capo, e in parte anche il busto, rimanendo piegato in avanti
«Ci sono solo io» sospirò Yun-seo
«Scuse accettate direi» sentì sospirare al suo fianco: seduto sul sedile davanti a lei stava Sho, che si alzò e si girò per guardarli «Tu non pensi?»
«Quando sei arrivato?» domandò la coreana sgranando gli occhi
«Siamo sempre stati qui, ma non ci hai minimamente notato» ridacchiò indicando Aiba e Ohno che si sporgevano dai sedili dietro di lei
«Io sono entrato gattonando mentre gli davi dello scemo» spiegò Jun, comparendo al fianco di Sho. Risero tutti insieme mentre Yun-seo spingeva Nino a rialzarsi, quindi qualcuno tirò fuori un pacchetto di dolcetti e un paio di lattine di birra, dando il via a quel piccolo e strano hanami. «Ahn san» esordì ad un certo punto Aiba «Veramente non sai leggere?» domandò con candore, lei per poco non si strozzò con la birra
«Mh.. si, è vero, più o meno» annuì arrossendo
«In giapponese?» domandò ancora
«Si... anche in coreano ho delle difficoltà»
«Eh? Sul serio?» domandò sbalordito
«Sono dislessica**» spiegò con un sospiro
«E' un disturbo dell'apprendimento» spiegò Sho, evitando l'ennesima domanda del compagno «Per dirla in soldoni: si ha difficoltà nella lettura»
«Dev'essere stato difficile studiare il giapponese allora» riflettè Jun mentre si sbafava l'ennesimo dolcetto
«Per la verità l'ho imparato solo ascoltandolo, infatti non so leggere quasi nulla. Chang e gli altri hanno un buon giapponese, sono stati loro ad insegnarmelo. A volte io e lui abbiamo passato notti intere a studiare anche se il giorno dopo lui aveva del lavoro: hanno avuto moltissima pazienza»
«L'hai imparato ascoltando?» Ohno strabuzzò gli occhi «Pazzesco... non me lo sarei aspettato da chi ha una sindrome del genere» si disse bevendo da una lattina
«Non è una malattia, è solo un disturbo nella lettura e nella scrittura» spiegò lei, colpita sul vivo «Nonostante questo ho un sacco di altre abilità. Non sono mai andata bene a scuola e spesso nemmeno ci andavo, all'insaputa dei miei. E' così che ho cominciato a ballare, con amici, lavativi, ragazzi di strada... quel tipo di ballo è quello che mi riesce meglio»
«Vedremo cosa farai nel video con Sho» annuirono tutti
«Ho un ottimo orecchio musicale, quindi mi era facile registrare le parole e le frasi giapponesi come pezzi di una musica: di uno spartito devi capire le note per ripeterlo, io dovevo capire il significato delle parole e poi avrei saputo ripetere la melodia, ma anche comporne una mia». Gli altri la osservarono sbigottiti «Significa che parlare la nostra lingua, per te, è come cantare?»
«Uhm.. forse si» ridacchiò «Ma ogni tanto sono stonata»
«Le carote...» annuì Jun
«Ad ogni modo... si può sapere cosa stai indossando?» domandò stranito Nino, fissando l'ampio abito blu, ricamato con delle fenici bianche e argentate sul fondo e la giacchetta in seta color crema, con le maniche bordate con un nastro di raso celeste. «Ignorante» sbuffò lei «E' un hanbok, un vestito tradizionale coreano!»
«Che ci fai con quello, scusa?» si domandarono tutti
«Come "cosa"?» chiese sconvolta «Kazunari san ha detto che l'hanami è una tradizione! Anche Takechin ha detto così, pensavo foste tutti in kimono e che venire con i jeans sarebbe stato sconveniente! Me lo son fatta portare da Yoochun apposta»
«Nino? L'hai presa in giro?» domandò Aiba
«Eh? No, no» annuì con poca convinzione «E' solo che.. ogni tanto mi viene naturale scegliere delle parole specifiche per vedere se Ahn san le percepisce in qualche maniera strana. Poi può darsi che la reazione mi faccia ridere!» spiegò colpevole
«Eeeeh? Mi hai preso ancora in giro? Io ti picchio!» gli altri erano combattuti tra l'idea di fermarla e le risate che li piegavano in due.

Una decina di giorni più tardi il gruppo di coreani tornava in patria per diversi problemi con l'etichetta di bandiera, non senza aver prima finito la lavorazione del video e aver partecipato a qualche talkshow. L'aeroporto era un via vai di persone e tutti e cinque erano tenuti sotto stretta sorveglianza, ma una sala d'attesa isolata dallo staff diede loro la possibilità di riposarsi un attimo prima del volo.
Ad un certo punto si sentì un baccano venire da fuori: «Scusate! Scusate!» «Permesso!!» «Noi possiamo eh? Non siamo pazzi maniaci» «Mi guardi bene, non sembro lui? Certo che sono lui!» «Aiba, la pianti con questi giochini scemi?» «Lei è con noi!» «Due minuti solamente e li lasciamo partire» «Scusi eh?» «Permesso!»
I cinque Arashi fecero irruzione nella sala d'attesa con al seguito Yun-seo «Ce l'abbiamo fatta!» esclamò Aiba
«Tutto merito di Jun!» lo appoggiò Aiba
«Banzai!» si intromise Ohno, tanto per far scena
«Dopo voglio vedere come la accontenti quella della sicurezza, con un cesto di frutta?» ridacchiava Sho
«Parla quello che vorrebbe l'ananas!» lo spintonava la coreana
«Il mio fascino irresistibile la farà squagliare due secondi prima che io possa accontentare qualche sua fantasia: lei sarà felice, noi soddisfatti e io non dovrò fare niente» spiegò Nino atteggiandosi
«Buuuh, sei pessimo» suggerì Yun-seo, seguita un coro di "buuuh" degli altri.
«Come avete fatto a...» fece JaeJong
«Preferiresti non saperlo» rispose rapidamente Nino «Ad ogni modo abbiamo accompagnato lei, perchè voleva salutarvi» spiegò spintonandola in avanti. Seguirono vari e non poco accesi discorsi in coreano, ma era chiaro dal sorriso di tutti che non stavano facendo altro che scherzare. Ci fu solo un momento di calma durante il quale la ex-coppietta si scambiò un paio di parole impacciate, entrambi rossi come peperoni, poi venne annunciato il volo. «Dobbiamo andare» «Yu-yun fai la brava e non dare più fastidio sul lavoro» «Non far pensare a questi giapponesi che tutti i coreani sono smidollati come te, porta alto il nome del nostro paese» «Buona fortuna allora, con il lavoro e con il concerto» «Porterò i tuoi saluti ai tuoi, ma chiamali più spesso, tua madre quando la vedo sgrida me per le tue mancanze!» i ragazzi le diedero un ultimo abbraccio poi si avviarono alle porte d'uscita.
«Ehi!» si sentirono richiamati dalla voce di Jun che spiccò, profonda e minacciosa tra le altre «Per ora ve la curiamo noi la carotina» spiegò
«Però c'è la possibilità che alla fine non vorremo più ridarvela» concluse Nino «Bye, bye!» li salutò con un sorrisino serafico che, fatto dall'architetto di tutto quel diabolico piano, pareva più minaccioso che altro. Il fatto che Sho passasse un braccio intorno alle spalle di Yun-seo e copiasse il saluto di Nino rendeva la presa in giro ancora più evidente, ma il gruppo di coreani non poteva certo ribattere avendo ormai un piede fuori dalla sala e la sicurezza che li spingeva per andare avanti.
Quando finalmente rimasero soli la ballerina li guardò perplessa «Che significa?»
«Non è mica giusto che tutte le volte che eri in difficoltà pensavi al mago» sospirò Aiba
«Eravamo gelosi, in un certo senso» spiegò Jun calandosi il berretto sugli occhi per nascondere l'imbarazzo
«Ci voleva una specie di vendetta» annuì Sho lasciandola andare
«Una sorta di ripicca» fece spallucce Ohno accennando agli altri di avviarsi per tornare alla zona dei taxi prima che qualcuno li vedesse
«In realtà non ce ne importava nulla di accompagnarti da quelli lì, volevamo solo infastidirli approfittando di questa scusa. L'idea chiaramente è stata mia!» spiegò Nino seguito dalle risate divertite di tutti.

♫Aiutami a rialzarmi
indicami il modo più corretto
per camminare al tuo fianco
e gioirne insieme♫

*L'hanami è un'usanza tradizionale giapponese. Ci si reca in qualche parco o in qualche località dove è possibile ammirare i fiori di ciliegio giapponesi la cui fioritura è particolarmente bella e spettacolare. Questa usanza viene ripresa non solo dalle famiglie ma a volte anche dagli uffici creando dei gruppi con i quali recarsi a godere della fioritura facendo dei picnic dove mangiare e bere sake in abbondanza!
**Premettendo che i sono diversi gradi di dislessia QUI trovate una spiegazione dettagliata. Yun-seo non è gravissima, ma avendo riscontrato il problema da piccola e avendo poca voglia di studiare non ci si è mai applicata realmente, ha preferito ballare XD questo spiega perchè sia così brava nonostante la giovane età (nun c'aveva 'n cazzo da studià >_>)


Ed eccomi tornata dal Japan. Vi regalo il nuovo capitolo! (dopo questo ci sono ancora due e poi l'epilogo) Non è stato complicatissimo, è solo che avevo già trentamila idee su queste scene e continuavo a dimenticarmele, quindi dovevo tornare indietro, inserirle e modificare.
Yun-seo è decisamente la protagonista col peggior carattere mai descritto XD se dovesse avere un segno zodiacale direi che è del Toro o.o Di suo è cocciuta, determinata, ma a volte vigliacca e timorosa di essere ferita. Spietata quando si tratta di difendere se stessa... e tratta malissimo Chang XD Che dal canto suo è uno bello acidello °_° geloso, testardo pure lui e capriccioso. Direi che a modo loro sono una bella coppia XD aahahahahahahahaah!! (la band di cui fa parte è chiaramente famosissima, ma dato che non è questa la sede per trattarli non sono nemmeno stata lì a ricamarci su. I protagonisti sono gli Arashi, non loro)
Nino cmq è il diavolo protagonista impagabile di questi capitoli! Ammettilo nanerotto, dietro a quella faccina angelica si nasconde un demone spietato!

Ancora una volta (ma non mi stancherò mai di farlo) devo ringraziare KIKYOhanamuke per il suo commento! Grazie, grazie, grazie!! Chiaramente hai azzeccato in pieno chi è il fidanzato: Chanming *ç* il io preferito... e spero che il piccolo cameo dei bellissimi DBSK sia gradito *-* (se penso a come sta messo ora il gruppo T_T sigh...) E' il secondo capitolo dedicato a Nino uhuhuh! è decisamente terribile XD Ohno sarà nei prossimi due *-* Spero che la tua estate stia andando bene. In Giappone è andata benissimo, in realtà non c'era tutto sto casino per l'uscita di "To be Free" (si, ME-RA-VI-GLIO-SO) nè ha cominciato ad essercene per "Boku no Miteiru Fuukei", il nuovo album che usciva 4 gg dopo il nostro rientro in Italia. La differenza è che per "To be free" non ho visto pubblicità n giro menter per l'album c'era un edificio intero a Ropponghi con la foto di copertina XD Più che altro ero circondata dalle pubblicità dei cellulari (quelli per la AU), quelle della Kirin (con aiba, Ohno e Jun) e quelle per il nuovo drama di Jun. Erano tutte ovunque! O_O Se ti interessa ho tenuto giornalmente un blog da lì con anche le foto incorporate!! (non metto il link perchè non vorrei fosse spam o.o comunque prova con google a cercare "La Zukky in japan" e dovresti trovarlo XD) Un bacio e al prossimo capitolo *_*

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Capitolo 10
*** Sotto un grande cielo blu [1#] ***


〈Mittente: yunyun83@hotmail.kr
Titolo: Re: Qui problemi, lì?
Messaggio:
Ciao ragazzi \^o^
scusate se vi rispondo solo a qualche giorno dalla vostra mail, ma c'era molto da fare.
Mi dispiace di leggere le notizie che mi riportate. Purtroppo non ho mai fatto parte di una grande compagnia e le uniche volte che ho lavorato per la SM il contratto aveva una validità pari al tempo di lavorazione, non c'era quindi nessuna clausola come quelle che mi raccontate. Devo dire, in ogni caso, che me lo sentivo che qualcosa non andava con il lavoro. Già JaeJoon mi accennava qualcosa gli scorsi mesi, ma quello che mi ha preoccupato è stato il vostro stato fisico: non vi ho visto molto in forma quando ci siamo incontrati in Giappone. Spero che i problemi si risolvano presto, ma non sapendo se siete insieme o meno manderò questa stessa mail ai vostri 5 indirizzi.*
Per quanto riguarda me invece va tutto a gonfie vele. L'avete visto il video con Sakurai-san? Eheheh!! Mi sono divertita parecchio a farlo! >:-D
Qualche giorno fa ho concluso anche il video con Satoshi-san. E' indubbiamente il miglior ballerino che ci sia tra gli Arashi, se solo venisse ad allenarsi e a seguire delle lezioni da noi in Corea per sei o sette mesi si divertirebbe molto e migliorerebbe ancora di più. Gliel'ho proposto e mi ha ringraziato molto per i complimenti e per l'invito, ma ha declinato. Ha detto che, per quanto gli piaccia, il ballo non è il suo unico lavoro, che la sua passione sono gli Arashi e quindi non può farlo. Io non posso capirlo, sapete che farei di tutto pur di migliorare nel ballo, che è l'unica cosa in cui riesco bene... voi invece capirete le sue parole: il suo lavoro sono gli altri Arashi, il vostro lavoro siete voi?
Oltre a quello ho fatto delle strane riprese per l'ultimo video... non è che le ho capite bene, fatto sta che gli "8Drama" sono conclusi! ^^Y Mi sento più leggera!
Nonostante ci fossero due settimane di pausa non sono riuscita a tornare in Corea: troppo poco tempo e poi son stata ancora occupata. Uno dello staff che ha girato i video mi ha proposto come istruttrice per il corpo di ballo di una puntata speciale di un qualche programma. Ho dovuto impegnarmi per una decina di giorni, ma alla fine le persone hanno imparato i passi e la puntata sarà registrata domani. Insomma la mia pausa è stata questa: preparazione del gruppo della trasmissione e visita di Tōkyō quando ero libera. Strano, ma vero sono riuscita a farmi amici molti dei ballerini che hanno lavorato con me questo inverno e che continueranno ad esserci nel tour estivo. Forse perchè non ho mai impegnato me stessa in un lavoro di così lunga durata, ma non mi era mai successo prima di legare così con i miei colleghi.
Adesso vi saluto, lo staff della JH sta caricando il pullmann e tra poco partiremo alla volta della prima tappa del Tour estivo *_* Mancano ancora tre giorni alla data del concerto, ma ancora devono finire le istallazioni (cominciate già una settimana fa) e noi dobbiamo provare i balli imparati questo inverno sul palco vero e proprio, lavorare sull'ampiezza dei passi e dei movimenti, sul tempo per gli spostamenti accostato alla musica, adattandoci allo spazio che abbiamo. Insomma è ora di mettere in pratica tutto quello che fin'ora è stato dentro una sala da ballo >__< Sarà solo la prima data, staremo in giro due mesi, non so nè quando troverò il tempo nè se troverò un pc per leggere le vostre mail e rispondere. Prometto che farò quel che posso.
Sappiate che mi mancate: voi, la Corea, la mia città... cercherò di divertirmi e non pensare alla nostalgia. Tornerò tra poco in ogni caso!
Un bacio a tutti e cinque ❤
Yun-seo
Data: 16/06/2009〉
«Ahn san! Takechi san! Avete finito?» chiamarono dalla porta d'entrata
«Sì, arriviamo subito!!» risposte la manager «Devo rileggertela?»
«No, va bene così» rispose la ballerina scuotendo il capo
«Sei sicura?»
«Me lo chiedi ogni volta da Gennaio e ogni volta ti dico sì» ridacchiò alzandosi dalla sedia e stiracchiandosi «Io ti ho detto cosa scrivere a grandi linee, se poi l'hai messa giù in modo migliore va bene lo stesso. Tanto i ragazzi lo sanno che non le scrivo io»
«Ahn san, stiamo aspettando voi» annunciò Aiba comparendo sulla porta alle sue spalle
«Eccoci, eccoci!»
«Invio allora» annunciò Takechi dando un'ultima controllata alla mail e schiacciando su "invio" mentre la ballerina già usciva dall'edificio principale della JH per avviarsi al pullmann. «Cosa stavate facendo?» domandò Aiba guardando il computer mentre la manager lo spegneva
«Mh? Ahn san voleva scrivere ai suoi amici in Corea dato che per un po' non riuscirà a farlo»
«Eeeh? Magnifico! Sapete il coreano?» domandò sorpreso mentre quella si alzava e recuperava borsa e giacca leggera
«No, no!» scosse il capo «Me l'ha dettata in giapponese e io l'ho scritta, cambiando solo qualche parola per renderla più leggibile. Facciamo così da quando è arrivata qui in Gennaio»
«E' proprio vero allora.. eh?» sospirò lui pensieroso
«Polentone!» urlò la coreana
«Partiamo senza di te sai? Ti toccherà prendere lo Shinkansen per raggiungerci!» la appoggiò Nino urlando dal finestrino del pullmann
«Si, si!» rispose Aiba agitando la mano ed avviandosi con la manager
«Che cosa stanno dicendo? Il Ko...» fece per dire lei
«Eh? Ehi! Hanno acceso i motori sul serio! Sbrighiamoci!» la interruppe lui prima di salire sul mezzo.
Cinque minuti dopo la partenza qualcuno rubò il microfono dal cruscotto del guidatore e inserì un DVD di basi per karaoke che comparve sui tre monitor messi sul soffitto del corridoio del bus. «CHI COMINCIA?!» urlarono nel microfono «Ah! Arashi sama, voi non potete!»
«Eeeeh?» strillò dal fondo Aiba che già si era alzato con le mani in aria per proporsi a cantare «Perchè?»
«E' un karaoke che ha anche canzoni vostre, non è corretto che le facciate voi!» la gente sui sedili si mise a ridere e qualcuno si trovò d'accordo. Fecero cantare due tecnici e quattro del corpo di ballo finchè non toccò a Yun «Io?» domandò strabuzzando gli occhi «Io non so cantare» cercò di scusarsi
«Dai... anche Ichi kun è stato pessimo, non potrai mai essere peggio di lui» la incoraggiandolo lasciandole in mano il microfono. Lo guardò come se avesse tra le dita un porro e non sapesse cosa farsene «Ma sul serio?»
«Prova, prova!» la incito Sakura Kaneko, seduta di fianco a lei ed in quel momento partì la base
«Eh? Ah! Na na na na na na na! ...re... ah yeah yeah! ... oooo aaa.. ai u o**» farfugliò guardando lo schermo senza riuscire a seguire il testo. Spazientita smise di cantare «Basta! Mi sono rotta!» esclamò poi nel microfono e, per liberarsene del tutto, lo lanciò verso i ragazzi che lo portavano in giro, senza farsi alcuno scrupolo di poter colpire qualcuno. «Ooooh!! Ma dai Ahn san!» insisterono quelli prendendo al volo l'oggetto
«Proponilo ancora e la prossima cosa che lancio sarà uno di voi!» urlò furiosa, arrossendo da capo a piedi
«Si deve per forza fare tutto questo baccano?» domandarono dal fondo. Era stato Ohno che era sprofondato nel sedile a braccia incrociate «Non è una gita di piacere, stiamo lavorando». Le sue parole funzionarono e nessuno cantò più nulla. «Ahahah! Li ha spaventati» disse a bassa voce Sakura «Non pensavo che anche uno tranquillo come Satoshi san potesse parlare così duramente» disse aprendo il foglio che avevano consegnato all'inizio del viaggio ed osservarlo attentamente «Ci aspetta un periodo difficile vero?» domandò analizzandolo
«Mmmh... pare di sì» rispose annuendo e fingendo di guardare il foglio con attenzione
«Ah! Guarda qui!» esclamò la Tahilandese
«Eh? Dove?» sembrò risvegliarsi lei, spalancando gli occhi
«Qui, qui.. più o meno a metà foglio! Che bello! Non è un'idea grandiosa?»
«Ah...» Yun-seo passava lo sguardo sul foglio: quei segni erano tutti uguali per lei, esattamente come quelli del karaoke! Doveva essere il suo giorno sfortunato quello. «Si, beh...»
«Ahn san!» si senti chiamare. Ohno l'aveva raggiunta e stava in piedi di fianco al suo sedile «Potresti seguirmi un attimo? Ho bisogno della tua esperienza»
«Ah, si certo! Scusa Sakura, torno subito» fece all'amica prima di alzarsi
«Nessun problema» le sorrise lei annuendo.
Yun-seo seguì il leader fino agli ultimi posti da due della fila a destra, infondo al pullmann, dietro di loro, nei posti da sei, gli altri Arashi stavano giocando a qualcosa. Ohno si sedette nel sedile vicino al finestrino e le fece segno di accomodarsi di fianco a lui. «Di cosa avevi bisogno Satoshi san?» domandò una volta sistematasi
«Voi che te lo legga?» domandò lui
«Come?» chiese lei guadandolo sorpresa
«Se vuoi ti leggo il programma. Quando ti abbiamo visto in difficoltà con il karaoke abbiamo pensato che probabilmente avresti avuto qualche difficoltà anche con il foglio del programma. Takechi san è nel pullmann dello staff quindi non puoi chiederle di leggertelo, ma posso farlo io» spiegò sventolando il foglio di cui lei parlava prima con Sakura
«Sul serio?» domandò piegando il capo
«Si, gli altri sono impegnati a sfidarsi con qualche gioco sul Nintendo, io non sono bravissimo, quindi se ti vado bene ti aiuto io» spiegò rimanendo serio in viso, parlando a mezza voce con quel suo modo di fare pacato e tranquillo
«Oh, si! Certo che va bene! Grazie!» esclamò annuendo e inchinandosi per ringraziarlo. Ohno Satoshi: per quel che aveva potuto vedere lei, era un leader strano per quel gruppo. Non si occupava di nessuna questione tecnica o organizzativa, cose per le quali invece era Jun a spendere tempo e fatica e se aveva bisogno di una mano era a Sho che si rivolgeva, non a lui. Inoltre quest'ultimo era quello che più si preoccupava della parte di comunicazione ed immagine. Ohno si occupava solo di organizzare il lavoro che riguardava se stesso ed era uno degli Arashi meno impegnati in lavori che non riguardavano il gruppo, ed era una bella differenza data la mole di lavoro -drama, film, programmi- che invece gli altri svolgevano. "leader" pareva solo un soprannome insomma.
«E' tutto chiaro?» domandò questi alla fine
«Si, è chiaro» annuì lei «E' proprio vero che sarà un periodo difficile. Lontani da Tokyo poi... chissà dove staremo»
«Come?» domandò Ohno aggrottando le sopracciglia «In che senso lontani?»
«Ho guardato la cartina l'altro giorno. Kazunari san me ne ha procurata una: Ōsaka è proprio lontana»
«Eh? Ōsaka? Guarda che...»
«Riida!» lo interruppe Nino con prepotenza «Allora, vuoi deciderti a giocare con noi o no?»
«Quante volte devo ripeterti che non sono in vena di fare alcun giochino stupido?» domandò con un sospiro seccato ripiegando il foglio e consegnandolo a Yun-seo «E' tuo, ora puoi tornare al tuo posto» concluse
«Si... grazie» annuì perplessa e si inchinò ancora, prima di alzarsi e avviarsi
«Aspetta, aspetta! Gioca tu al posto di Ohno!» la placcò Jun «In cinque è più divertente!»
«Ci manca solo una persona in più a fare cagnara qui dietro» sbottò nervoso il leader prima di voltarsi a guardare fuori dal finestrino con le braccia incrociate e il viso imbronciato. La coreana lo osservò perplessa e allo stesso modo osservò gli altri quattro sospirare o alzare gli occhi al cielo. Nessuno aggiunse nulla e lei se ne tornò al posto.

«Ma questo... questo...» farfugliava Yun-seo con gli occhi sbarrati «QUESTO NON E' L'ŌSAKA-JO HALL!!***» strillò ritrovandosi davanti al Kokuritsu Kyōgijyō****. Nino scoppiò a ridere «Credevi che stessimo andando ad Ōsaka?» domandò Jun confuso
«Si!» esclamò lei convinta «Kazunari san mi ha raccontato dell'arena, mi ha fatto vedere la cartina del Giappone per farmi capire dove si trova Ōsaka. Credevo andassimo lì!» spiegò disperata mentre Nino cominciava a piegarsi in due tanto stava ridendo
«Non ti è parso un po' corto come viaggio?» domandò l'altro
«Ero distratta...» si giustificò
«A me piuttosto è sembrato lunghissimo» intervenne Sho sventolandosi il viso con la mano per il caldo «Ogni tanto guardavo fuori e non capivo che razza di giro stessimo facendo»
«Perdonatemi» intervenne l'autista del bus, scendendo e tenendo tra le mani il cappello «Ma mi è stato chiesto di fare un giro largo per dare la possibilità agli ospiti stranieri di vedere qualcosa di Tōkyō. Dato che il pullman non ha segni di riconoscimento del gruppo e i vetri non lasciano vedere dentro non c'era pericolo di essere riconosciuti e non credevo ci fosse nulla di male» spiegò inchinandosi «Mi spiace moltissimo»
«Nino... sei stato tu?» domandò Jun
«Ahahahahah!!» fu la sola risposta che ricevettero
«E' stato lui» annuì Sho
«Che crudeltà» scosse il capo Aiba
«Con questa faccia da angioletto nessuno direbbe che potrei dire una bugia no?» domandò quello fermando le proprie risate e riprendendo subito dopo. Fu interrotto quando Ohno gli assestò uno scappellotto in testa, di quelli forti «Con i tuoi stupidi scherzi abbiamo perso del tempo prezioso per le prove e siamo in ritardo proprio il primo giorno. Muoviamoci!» lo rimproverò avviandosi verso l'entrata degli addetti. Nessuno dei quattro disse nulla, ma si limitarono a seguirlo. Nino aveva smesso di ridere. «Masaki san» lo richiamò Yun-seo a bassa voce, raggiungendolo «Che cos'ha Satoshi san? Sembra di cattivo umore oggi»
«Uhm... beh ecco...» farfugliò grattandosi il mento, pensieroso «E' sempre nervoso prima di un concerto live, si rilassa solo una volta che cominciamo»
«Però non è mai successo che cominciasse ad essere così intrattabile a giorni prima del concerto. Diventa così solo il giorno prima» si intromise Sho
«Sì, anche questo è vero» riflettè Aiba
«Ad ogni modo... dove siamo?» domandò la coreana con decisione suscitando le risatine divertite degli altri due che tentavano di trattenersi per non fare troppo rumore mentre attraversavano i meandri del Kokuritsu. «Il Kokuritsu Kyōgijyō si trova sulla linea Ōedo, stazione di Kokuritsu Kyōgijyō» spiegò il primo
«Qui vicino c'è anche la stazione di Meiji-jingūmae, sulla linea Chiyoda quella su cui si trova anche la JH» precisò Sho «Siamo semplicemente dall'altra parte della città rispetto alla JH» concluse e si astenne dall'aggiungere altro, o non sarebbe riuscito a trattenere le risate per via del sospiro sconsolato della ragazza.
Il palco principale era già stato montato e durante la giornata provarono alcuni balli che dovevano svolgersi lì, inoltre vennero accompagnati a fare un giro di tutti i corridoi dello stadio perchè riuscissero a muoversi e a non perdersi durante i preparativi e, in seguito, durante il concerto. Intanto i tecnici provavano il suono mentre facevano ascoltare loro la musica per i passi, i lavoratori montavano le passerelle che prolungavano il palco e davano la possibilità di attraversare tutto il prato dello stadio, gli elettricisti stendevano metri e metri di cavo: sotto il sole cocente dei primi di Giugno tutti davano il massimo per coprire gli ultimi giorni prima del concerto. Anche gli Arashi lavorarono con il corpo di ballo quella mattina, mentre nel primo pomeriggio dovettero salutarli dato che dovevano raggiungere gli studi televisivi per registrare una puntata di un programma televisivo.
Per l'ora di cena, mentre i tecnici provavano le luci appena montate, il resto dello staff si riposava in una sala messa a disposizione dei ballerini. I vari manager avevano portato del cibo da asporto, bottigliette d'acqua e asciugamani per tutti che erano abbastanza provati dalle prove continuate sotto il sole. «Dobbiamo migliorare la nostra resistenza, c'è poco da fare» dicevano i ragazzi «Si, durante i concerti non c'è molta pausa e dobbiamo tenere il ritmo per delle ore, dall'inizio alla fine» «Quelli che si stancano di più sono sicuramente loro, ma anche noi ne abbiamo di lavoro da fare» «Beh ma per alcuni pezzi non devono ballare, useranno le pedane no? Sono un classico» «Vero, a noi toccherà ballare tutto il tempo invece» «E nemmeno ci riprendono, che ingiustizia eh?» «Tu vorresti essere ripreso? Io non ci tengo» «Io nemmeno, se sbaglio posso guardare gli altri e riprendere, se sbaglia uno di loro cinque lo vedono tutti» «Si, ma se loro ballano lo vedono tutti, noi siamo un semplice sfondo» «Sfondo? Noi siamo parte dello show: se mancassimo, il palco sarebbe statico e l'atmosfera agli occhi del pubblico non sarebbe la stessa» «Concordo, anche noi facciamo parte di questo progetto, non possiamo fermarci». Con un sorriso Yun-seo constatò come il pensiero del corpo di ballo fosse maturato in quei mesi di lavoro, come la vicinanza e la coesione tra tutti avesse dato la spinta al lavoro, la voglia di fare e la consapevolezza dell'importanza di ciò che facevano. E lei lo aveva capito?
«Buona sera! Siamo della band!» annunciarono dalla porta. Entrarono delle persone che si portavano dietro vari strumenti musicali: dovevano essere i musicisti per il concerto. «Gli Arashi ci hanno detto che il corpo di ballo ha lavorato tutto il giorno quindi abbiamo portato qualche anguria per rinfrescarvi» annunciarono appoggiando le loro cose e mostrando le cinque angurie portate in alcuni sacchetti
«Sono tornati?» chiese qualcuno in sala
«Si, qualcuno di noi li ha incontrati agli studi che stavano uscendo per tornare e siamo venuti qui insieme. Credo siano andati a riposare nel loro camerino. Mangiamo l'anguria?» e vennero appoggiate su un tavolo per essere affettate. Yun-seo riuscì a raccattare cinque fette, dopo essersi rinfrescata con quella che spettava a lei, e le sistemò rapidamente su un piatto prima di sgattaiolare fuori dalla sala dove tutti bevevano le ultime lattine di birra prima di prepararsi a tornare alla JH.
Attraversò a passo rapido i corridoi. Dato che non avrebbe mai capito i cartelli che indicavano luoghi e direzioni era stata particolarmente attenta ad ascoltare le spiegazioni e si era impressa gli angoli e i corridoi per poterli poi riconoscere con la memoria fotografica. Era un lavoro difficile, ma ormai erano anni che usava quel trucco per potersi muovere nei vari studi e ambienti a lei sconosciuti senza dare a vedere il suo problema. Raggiunse il camerino e Jun era lì fuori a parlare con un paio di tecnici. Quando la vide le sorrise e le fece cenno verso la porta alla quale lei bussò leggermente «Avanti» sentì dire dalla voce di Nino
«Ecco...» accennò aprendo la porta e sbirciando dentro «Buona sera» salutò con un lieve inchino ed un sorriso versi i ragazzi stesi sui divanetti, chi completamente svaccato, chi senza maglietta o con la camicia sbottonata per il caldo. «E' arrivata la band che ha detto che siete tornati... stavamo mangiando dell'anguria e ho pensato di portarvene un po'»
«Ah! MIA!» esclamò Sho scattando in piedi per agguantare la fetta più grande prima degli altri
«Ehi fermo! Ne voglio una anche io!» esclamò Aiba seguendolo a ruota
«Ce n'è una a testa» spiegò Yun-seo «Kazunari san, la vuoi?» domandò ad alta voce a quello che era completamente sprofondato nella poltrona e non si muoveva
«Portamelaaaa...» piagnucolò allungando un braccio verso di lei, come se fosse morente
«Masaki san! Una sola! Dovete lasciarla per Matsumoto san!» lo rimproverò lei mentre gli si allontanava per raggiungere Nino
«Ma io volevo solo... conservarla per lui, prima che quell'ingordo se le sbafasse tutte» additò il ragazzo in poltrona
«Tutte scuse Aiba chan, sei tu l'ingordo» farfugliò Nino
«Ma sono stanco e ho sete» piagnucolò
«Tu sei un viziato, comunque, non potevi alzarti come tutti? Devi farti servire» fece notare Sho addentando la sua fetta. Era una sua impressione o l'atmosfera sembrava leggermente tesa? «Satoshi san la vuoi anche tu?» domandò guardando l'ultimo ragazzo che, seduto al tavolo, si rigirava tra le mani un foglio
«No» rispose secco
«Ma...» fece per ribattere lei, gli altri alzarono la mano per bloccarla «Allora lascio qui il piatto con quella per Matsumoto san» concluse prima di girarsi e uscire dal camerino. Jun non era più davanti alla porta, ma vide la sua sagoma appoggiata al parapetto di uno degli spiragli che davano sull'esterno. Gli si avvicinò ed osservò il paesaggio della città notturna da lì «Ancora pochi giorni eh?» domandò ad un certo punto
«Mh» annuì semplicemente
«Sei teso?»
«Non particolarmente» sorrise lui «Più che altro ho talmente tante cose per la testa e mille problemi da risolvere che non riesco a trovare un momento per pensare bene a quello che sta per fare e diventare ansioso. Di solito lo sono solo il giorno del concerto: dal mattino fino al momento d'inizio, la sera: qualsiasi problema accadrà rimarrà poco tempo per risolverlo, ma in generale, a quel punto, le questioni son già risolte per la maggior parte e allora sì che ho tempo di preoccuparmi» ridacchiò «Non avevi portato dell'anguria?» domandò quindi
«Mh, sì. L'ho lasciata nel vostro camerino»
«Ti scoccia portare la mia fetta? Preferisco prendere un po' d'aria qui»
«Vado» annuì lei con un sorriso, tornando indietro. Aprì la porta e la richiuse «... amo, perchè è sempre così. Però non vedo il punto nell'accanirsi contro esterni» sentì dire. La voce dei ragazzi era seria e non riuscì a trovare il coraggio di interromperla comparendo nella stanza dopo il breve corridoio dall'entrata, nè di uscire di nuovo, rischiando di fare rumore. «Non mi accanisco» fu la risposta di Ohno
«Non direi. Non ti ricordi di aver risposto male a tutti sul autobus?» domandava Sho
«No, non ricordo» fu la risposta secca
«Beh adesso te lo ricordo io. Per non parlare della costumista agli studi e quella risposta mezzo rabbiosa alla coreografa stamattina durante le prove. Inoltre mi sembra esagerato rispondere in quel modo a Yun-seo solo se ti offre una fetta di anguria. A questo punto non pensi di star esagerando?»
«Non ho bisogno che qualcuno mi dica come parlare con le persone e cosa fare con il mio carattere. In più non vedo perchè Ahn san avrebbe dovuto portare dell'anguria»
«Riida... era solo un gesto gentile» mormorò Aiba
«E chi è? La nostra manager? Nostra sorella? Abbiamo già chi si occupa di noi, non c'è bisogno che lo faccia anche lei»
«A me ha fatto piacere che l'abbia fatto lei invece che qualcuno dello staff che nemmeno conosciamo» spiegò Nino stringendosi nelle spalle, la sua voce era diventata gelida come quella di Ohno, era il suo modo di reagire le rare volte in cui il leader diventava aggressivo. Aiba si ritraeva per evitare un litigio, Sho cercava di mediare per i primi minuti poi però cominciava a scaldarsi anche lui e la mediazione andava a farsi benedire, mentre Jun, le poche volte in cui finiva ad ascoltare quei discorsi, prendeva le parti di Ohno per quanto irragionevoli fossero, ma era tipico suo schierarsi dalla parte della minoranza. Ad ogni modo era raro che lui venisse a sapere di quel tipo di discussioni: serviva che qualcuno rimanesse a mente lucida per tutti quanti e portasse avanti la baracca, qualsiasi cosa accadesse; in più capitava proprio poche volte che Ohno perdesse la calma. Purtroppo quello era uno di quei rari momenti. «Stiamo allargando il gruppo a sei membri e non mi avete detto nulla?» domandò sarcastico
«Nessuno sta dicendo niente del genere» ribattè Sho
«Ma insomma che vuole questa? Io nemmeno la conosco, non so niente di lei. Vengo a sapere per puro caso che non è manco in grado di leggere, che abbiamo assunto un'analfabeta, mentre fino a quel momento si è spacciata per normale. Comunque è una dello staff e del corpo di ballo come gli altri, quindi perchè lei porta l'anguria e non lo fanno anche altri?»
«Ma che stai dicendo?» borbottò l'altro
«Non abbiamo bisogno di una persona che cerchi di intromettersi tra di noi e che tenti di essere parte del gruppo, o sbaglio?»
«Non è quello il punto»
«Non importa, a me da fastidio in ogni caso!»
«Se è così perchè non l'hai detto prima?» domandò Yun-seo comparendo finalmente nella stanza «Avrei preferito mille volte la verità piuttosto che atteggiamenti ipocriti come quello di oggi: non si dà una mano a persone con cui si preferisce non avere a che fare»
«Che... cosa ci fai qui?» farfugliò il leader sgranando gli occhi al vederla, d'improvviso la sua maschera di rabbia e nervosismo sembrò sciogliersi
«Stavo venendo a prendere la fetta per Matsumoto san, ma suppongo che sia meglio se viene lui a prendersela» spiegò facendo poi un passo indietro «Perchè sia chiaro: non è mai stata mia intenzione intromettermi nella vostra amicizia nè mi sognerei mai di farlo in futuro. Sono la prima a pensare di non aver alcun diritto a trovarmi così vicina a voi, sono solo una ballerina come tante ce ne sono: faccio bene il mio lavoro e niente di più. E questo è anche ciò che deve interessare a voi: che io faccia del mio meglio per la buona riuscita dei vostri prodotti e del vostro concerto; che io sappia leggere, che sappia calcolare il cambio Yen-dollaro o che sappia barare a poker non sono cose che devono interessarvi finchè questo non interferisce con il lavoro che stiamo svolgendo. Sbaglio?» domandò, ma nella sala tutti rimasero silenziosi «Anzi, come aiutante della coreografa ti faccio notare che i tuoi errori di oggi hanno fermato le prove più di una decina di volte. Spero che la cosa non si ripeta domani perchè le coreografie devono essere pronte entro i prossimi due giorni e ci stiamo tutti impegnando al massimo... per voi» sottolineò «Buonanotte» fece un inchino rapido ed uscì dalla stanza dove per poco non si scontrò con Jun
«Ehi! Tutto bene? Non tornavi più»
«Prenditela da solo e cercate di concentrarvi, nessuno è qui per giocare e tutti stiamo dando il massimo, ci si aspetta la stessa cosa dai protagonisti» gli rispose secca per poi tornarsene verso la sala con il resto dello staff.
Lei era maturata in quei mesi? Si, una volta avrebbe urlato contro la scortesia e la scorrettezza di Ohno, mentre quella volta gli aveva risposto con calma e freddezza riportando tutto sul piano lavorativo. Sapeva di non essere nessuno, sapeva che il suo problema risultava essere un ostacolo per alcuni, ma aveva sempre fatto del suo meglio per non pesare su nessuno e per non risultare un impiccio, soprattutto a loro cinque dato che per puro caso si erano trovati a condividere esperienze, pensieri ed emozioni. Tirò un calcio ad un cestino -fortunatamente vuoto- per scaricare la rabbia e si morse le labbra per trattenere le lacrime di frustrazione che altrimenti le sarebbero scese lungo e guance. Aveva fatto affidamento sul calore di Aiba, aveva cercato conforto nella gentilezza di Jun e l'appoggio incondizionato di Sho l'aveva sostenuta. Addirittura Nino si era scomodato a fingere uno scandalo per aiutarla e riportare la situazione alla normalità perchè lei fosse serena e il suo lavoro -e quello degli altri- non fosse più contaminato da problemi personali. Aveva imparato tanto, ancora avrebbe dovuto imparare, e quei ragazzi, ognuno a modo loro, l'avevano aiutata moltissimo.
Fece qualche respiro profondo calmando il proprio stato d'animo e lasciò che i rumori della città, immersa nella confusione notturna, fossero l'unica cosa a riempire la sua mente per qualche minuto.

✩☆✩
«Il mio nome è Ahn Yun-seo. Piacere di conoscerVi. Sono onorata dalla Vostra richiesta e dall'incarico che mi avete offerto. Ho accettato con gioia e spero di essere all'altezza dei compiti che mi assegnerete... cioè... farò del mio meglio»

«Non devi scusarti sei stata fantastica! Spero ci mostrerai la tua risolutezza riflettendo attentamente e, alla fine, venendo alle prove di domani»

«Non sarà facile lasciare da parte qualsiasi pensiero e ballare isolando la tristezza, ma ci proverò» «E non sarà facile cambiare per me. Cercare di separare le sensazioni degli altri, quelle che mi trasmetti tu, per lavorare al massimo in ogni caso, ma ci proverò»

«E allora? Non ci conosciamo da anni, ma ti fidi giusto? Perchè allora non ti rivolgi a noi? Siamo qui, vicini e senza spese di chiamata all'estero: non vuoi contare su di noi?»

«Sei solo testarda. E dire che ormai sei grande per essere una che fa i capricci, scappa dalle situazioni importanti e mette il broncio alla gente!» «Oh ma finiscila! Tu invece sei troppo scemo per fare piani così diabolicamente intelligenti» «Così potrei quasi scambiarlo per un complimento»

«Vuoi ammalarti, Paladino Matsujun? Cammina su»

«E' vero, la carota fa tenerezza quando si arrabbia»

«State piangendo?» «E' colpa delle uova!» «E' colpa delle cipolle!»

«Lascia stare gli altri, gli altri puzzano. Noi per te siamo più che sufficienti. Sei tanto carina che meriti un wurstel. Tieni» «Eh? Ma sei impazzito? Carina per cosa? Non lo voglio il tuo wurstel» «No, no, prendilo! Preferisci la frittata?» «La smetti? Mi stai prendendo in giro?» «Siamo tutto il tuo mondo, prendi la frittatina di papà Nino!»

«Per ora ve la curiamo noi la carotina» «Però c'è la possibilità che alla fine non vorremo più ridarvela»

«Non senti? Buono... buonoooo... questo rumore, se tu ripeti la parola tante volte sembra il rumore della pioggia» «Oishiiiii» «Oishiiiii» «Tanoshiiiii» «Ureshiiiiii» «Tsutsushiiiiimi... mi!» «Takumashiiiiii» «Wazurawashiiiii!!»

«Ci tratti così freddamente eppure noi abbiamo sentito la tua mancanza in questi giorni» «Sho kun ha ragione. Senza rendercene conto ci siamo abituati alla tua presenza nei giorni in cui siamo rimasti alla JH. Era diventato quasi normale che ci fosse qualcuno a salutarci al nostro arrivo alle prove» «A me è mancato che non ci fosse nessuno a dirci "lavoriamo bene anche domani" tutte le sere prima di separarci» «E non vi è capitato, ogni giorno di pensare "Ah, questa parola somiglia a quest'altra... Yun-seo l'avrebbe sbagliata?". E magari cercare una frase buffa che avrebbe potuto dire?» «E poi non c'era una persona che si scusava per ogni suo errore. Perchè Ahn san lo fa sempre credendo di essere un peso per il nostro lavoro, mentre non si rende conto che nel ballo è più brava di noi e siamo piuttosto noi a non agevolare il suo lavoro con un ballo di livello inferiore»
✩☆✩

Dentro di lei riaffiorarono ricordi sparsi di quei mesi passati lì in Giappone, con i cinque ragazzi degli Arashi. Quasi si mise a piangere per nostalgia, ma ormai era abbastanza tranquilla da riuscire a controllarsi. Quando riprese a camminare per riunirsi allo staff aveva recuperato la sua lucidità: dopo tutto quello che era successo... forse stavolta sarebbe toccato a lei aiutare gli Arashi.

*Si riferisce ai problemi che i DBSK hanno avuto con la SM Entertainment (la loro agenzia) nel 2009 e che ancora oggi non sono risolti. L'annuncio ufficiale della rottura con l'agenzia è stato fatto i primi di Agosto, qui ho anticipato perchè Yun-seo è una persona vicina a loro e che, quindi, può essere avvicata in anticipo dei problemi dei suoi amici.
** Se non si capisse (e non credo), è l'inizio di "NA! NA! NA!" degli Arashi XD
*** L'Ōsaka-Jo Hall è un'arena di Osaka dalla capienza di circa 16.000 persone (VUOTA e PIENA)
**** Il Kokuritsu Kyōgijyō è lo Stadio Olimpico Nazionale di Tōkyō. Lo conosciamo bene dato che spesso gli Arashi ci hanno fatto i loro concerti (VUOTO E DA NON-CONCERTO & DA CONCERTO). In realtà il tour dell'anniversario è cominciato alla fine di Agosto, al Kokuritsu, ed è finito in inverno al Nagoya stadium. Nella ff siamo a Giugno, ma, dato che tutto il progetto descritto in questa ff è pura invenzione, ho pensato che anche le date potevo tranquillamente cambiarle. Ho voluto comunque farli partire dal Kokuritsu, credo sia anche uno dei luoghi a cui noi, fan lontani, siamo più legati perchè è un po' quello che abbiamo visto più spesso. (forse più volte di un giapponese appassionato di baseball XD)


P.S. il video con Sho è un pezzo in parte rap in parte melodico che prevedeva una poco vestita Yun-seo e un particolarmente provocante Sho XD ecco perchè Yun lo cita nella mail ahahahah!! Che cattiva! Povero Max!


Dopo taaaaanto aspettare (perdonatemiiiii) ecco il penultimo capitolo. Dopo questo mancheranno solo l'ultimo e l'epilogo (che posterò insieme appena saranno finiti). Questo, intanto, ha già il sapore del finale... almeno per me.. quasi mi commuovo >.<
Perchè sta gente si trova sempre a litigare per un motivo o per l'altro? Forse perchè Yun-seo è la persona meno azzeccata per far amicizia con la gente, ha un carattere difficile... e forse anche perchè l'amicizia tra gli Arashi è molto forte. In parte credo sia anche perchè il decimo anno è stato il più importante, ma anche il più stancante: quando le cose hanno più significato sono anche quelle per le quali proviamo più pressione e lo stress... lo sappiamo tutti, gioca brutti scherzi.
Comunque ancora chiedo scusa per il ritardo, ma dato che è passato il compleanno di Junnino bello mi sono concentrata a scrivere "Kaze", la oneshot dedicata a lui *.* Auguri scimmio patatoso!!
Vado a studiare che la sessione settembrina d'esami è cominciata. Alla prossima! ❤

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Capitolo 11
*** Sotto un grande cielo blu [2#] ***


Il giorno successivo era il penultimo giorno prima del concerto. Tutto sarebbe cominciato a breve.
Il Kokuritsu, mastodontica costruzione che avrebbe contenuto quasi sessanta mila persone, era costantemente attraversato da persone di fretta, in completa fibrillazione: i tecnici sistemavano le ultime cose, facevano un continuo controllo delle luci e del suono, l'orchestra sistemava gli strumenti e faceva il soundcheck quando il corpo di ballo faceva una pausa così da non disturbare il loro ritmo, una troupe faceva alcune riprese per il dietro le quinte seguendo i cinque Arashi ed intervistandoli, lo staff e i vari lavoratori controllavano la stabilità delle passerelle montavano le transenne per il pubblico, appendevano i cartelli per guidarlo quando sarebbe entrato e cominciavano ad issare le bandiere con i simboli del tour in cima allo stadio.
Nell'ora di pranzo cominciò a piovere e nessuno dei lavoratori si fermò a mangiare cominciando a fare i controlli per vedere se tutte le istallazioni reggevano il maltempo, mentre i ballerini si riposarono nella sala riservata e mangiavano qualcosa portato dai manager e dallo staff. Fortunatamente le prove del mattino erano andate bene, Ohno non aveva intralciato nessuno, ma rimaneva quello più intrattabile, tranne davanti alle telecamere dove sembrava diventare un'altra persona per dare una buona immagine nel dietro le quinte. Yun-seo li osservava da una delle aperture nelle tribune, mentre parlavano a turno davanti alla telecamera con una mantella addosso per non bagnarsi. «Vuoi prenderti un malanno il giorno prima?» domandò Takechi, arrivando alle sue spalle e coprendola con un ombrello
«Mh» mugugnò
«Sei nervosa? C'è qualcosa che ti preoccupa?»
«Non lo so» rispose sinceramente «E' come se oggi fosse l'inizio della fine» spiegò per poi fare una pausa, ma la manager non aggiunse nulla, attendendo che continuasse «E' buffo no? E' come se fino ad oggi avessimo lavorato per arrivare alla fine di tutto. Infondo è questo il nostro lavoro: prepararci perchè le cose siano fatte e finite. Abbiamo lavorato duramente questi mesi per arrivare fino ad oggi e oggi mi sento come se mi pentissi di aver speso così tanta fatica nel lavoro precedente, se il risultato dev'essere che tutto finirà»
«Ma non possiamo rimanere per sempre così. Se anche qualcosa finisce ci sarà qualcos'altro che comincerà, non credi?» azzardò Takechi
«Sì, è sempre così nel nostro lavoro. Tutto quello che finisce apre nuove porte, magari ancora più grandi, ancora più importanti e magnifiche... ma non posso fare a meno di guardarmi alle spalle e provare nostalgia per la strada percorsa, pensare alla me di quel passato»
«Se puoi fare una cosa del genere significa che sei cresciuta e maturata, che questo lavoro ti ha lasciato qualcosa. Chissà, magari posso sperare di esserti stata d'aiuto in qualche modo e di aver partecipato alla tua crescita: sarebbe un bel traguardo come manager» ridacchiò quella
«Più che "sperare" direi che puoi "avere la certezza" di aver partecipato al mio cambiamento, così come spero a mia volta di esserti stata d'aiuto... anche se ne ho combinate veramente di cotte e di crude»
«Ne hai combinate talmente tante che la mia incompetenza come manager ha aiutato a peggiorare la situazione»
«Siamo due frane insomma?»
«Sì, una provetta di nitroglicerina e una studiosa con le mani tremanti. Che coppia!» entrambe risero appoggiandosi l'una alla spalla dell'altra: forse era la prima volta che Takechi la vedeva ridere così di cuore.
I ragazzi avevano finito l'intervista e le raggiunsero di corsa «Aaaah... speriamo che non continui così anche domani!» «Che roba! E' aumentata o sbaglio?» dicevano mentre cercavano tutti di accalcarsi sotto il loro ombrello «Guardate che non ci stiamo!» «Riida fatti più in là» avevano trascinato anche Ohno che si ritrovava stretto tra Yun-seo e Aiba e non pareva molto contento «Ma siete stupidi? Cinque passi e c'è il corridoio sotto gli spalti che è asciutto» sbuffò tirandosi fuori dalla calca, dando una leggera spinta ad entrambi. I ragazzi si lamentarono e lei lo guardò allontanarsi a passo nervoso: cos'avrebbe potuto fare?

♫E' come togliere la polvere ad un vecchio scrigno
le memorie riaffiorano quando alzi il coperchio.
Sarai al mio fianco mentre sorrido la ricordo?♫

Bussarono alla porta del camerino, dopo cena, con foga ed insistenza. A poco serviva chiedere di aspettare che finisse di indossare i vestiti togliendo il costume di scena. «Ma insomma! Se dico "un attimo" significa che in un attimo apro, no?» sbuffò arricciando il naso
«Scusa Ahn san» disse Aiba, tutto agitato, quando lei aprì la porta «Non è che hai visto il Riida?»
«Eh? Ohno san? No... dopo l'altra sera cosa ti fa pensare che sia con me? Nel camerino poi...» aggrottò le sopracciglia
«Hai ragione... sono stato uno stupido» rispose lui abbassando lo sguardo
«Cos'è successo?» chiese con un sospiro, vedendolo così agitato e abbattuto
«Mah... dopo ieri sera non è che ci siamo parlati molto. E' anche vero che ormai la tensione c'è per tutti... solo che adesso dobbiamo avviarci agli studi e ci eravamo ripromessi di incontrarci sul pullman prima di tutti per fare una breve riunione tra di noi, ma Ohno non arriva...» spiegò
«Non potete farla alla JH dopo cena?»
«Potremmo si, ma preferivamo tutti farla adesso per poterci rilassare stasera e non pensare a domani»
«Mi spiace Aiba san... non ne ho proprio idea» concluse lei scuotendo il capo
«Va bene, allora continueremo a chiamarlo, scusa» si inchinò e si allontanò. Yun-seo rientrò finendo si sistemare tutto: poi era lei quella che combinava pasticci e che non era professionale? Perlomeno non sarebbe mai scappata la sera prima del concerto senza dire nulla. Raccolse i vestiti di scena e li appese mettendoli da parte, nella grande sala, pronti per il giorno dopo. Afferrò la borsa e la felpa che aveva indossato quel giorno, ma nel portarsela via perse le cose dalle tasche «Ahn san, ti son caduti dei soldi credo» la avvisò un collega aiutandola a raccoglierli
«Oh grazie, sono talmente sbadata che ho preso la giacca sottosopra» sorrise debolmente
«Siamo tutti un po' provati. Riposiamoci stanotte e domani saremo in perfetta forma» la rassicurò quello «Tieni, c'era anche questo» le disse tendendo un foglio e un elastico
«Questo è mio, ma quello no»
«C'è il tuo nome sopra» disse quando la ballerina gli fece notare che il foglio non era suo. Era piegato in quattro, ma si era aperto rivelando che, tra le altre parole scritte, per primo c'era il suo nome «Ma dai? Allora grazie. Ci vediamo sul bus» rispose lei sorpresa. Rimise i soldi in tasca e si avviò verso l'uscita del Kokuritsu leggendo li foglio che non aveva mai visto prima.

Per Ahn YunSeo
Probabilmente sono l'ultima persona con cui hai voglia di parlare, ma se potessi vorrei avere la possibilità di scusarmi per il litigio di ieri. Io sarò dietro la torcia dello Stadio fino all'ora di andarcene.
Ohno

Le luci della città brillavano come diamanti da lassù. Erano nel cuore della città eppure si trovavano così in alto da poterla vedere come un panorama brillante fino all'orizzonte. Da lassù i rumori arrivavano un po' più lontani, mentre il continuo soffiare del vento era meglio udibile e distinguibile dal resto. C'era una sagoma scura, appoggiata alla balaustra, che guardava il panorama in silenzio «Non potevi dirmelo a voce invece di scriverlo?» sbottò dal silenzio la coreana. La sagoma si mosse per volgersi verso di lei ed il viso di Ohno venne illuminato dalle luci dello stadio «Non era facile con le persone intorno a noi. Ce ne hai messo di tempo a venire»
«Ad averlo saputo venivo prima, ma se non avessi rovesciato la felpa per sbaglio non mi sarei mai accorta del biglietto» spiegò lei mettendosi al suo fianco con uno sbuffo «Che tipi complessi che siete, non è così difficile dire le cose come stanno» borbottò prima che entrambi cadessero nel silenzio.
«Come hai cominciato a ballare?» domandò dal nulla il ragazzo
«Nh? Mmmh... beh, come direi... è stato quasi naturale» si mise a riflettere lei guardando il traffico nella strada sotto di loro «Dato il mio problema a scuola non ero brava anzi...
Era impossibile per me stare al passo con i compagni. Diciamo che sono riuscita a raggiungere la capacità di lettura di un bambino di quinta elementare ai vent'anni»
«Così tardi?» domandò lui sgomento
«Avrei potuto far prima se mi fossi impegnata a combattere la mia malattia. Il punto è che non ero una bambina forte, il mio problema mi emarginava dal resto della classe e mi rendeva facile bersaglio dei bulli, ed io non avevo la forza di resistere o rispondere così scappavo dalla situazione e spesso marinavo la scuola. I primi due anni di elementari stavo chiusa in qualche bagno pubblico o in piccoli angoli poco controllati dei parchi, così da non farmi vedere da nessun adulto o poliziotto. Poi ho cominciato a girare da sola e un giorno delle ragazze mi trovarono che guardavo una vetrina di una panetteria nell'ora di pranzo -ero troppo piccola perchè mi lasciassero dei soldi, così spesso digiunavo a pranzo. Mi aiutarono e da quel giorno si affezionarono a me. Così ho fatto amicizia con una banda di liceali, maschi e femmine, appassionati di danza e musica. Ballavano per la strada, occupavano spazi pubblici e li utilizzavano per provare passi, ballare insieme, per poi scappare non appena arrivavano i poliziotti. Mi accettarono come loro mascotte e da quel momento cominciai a stare loro» spiegò, improvvisamente persa nei ricordi
«Ma non erano pericolosi?» domandò Ohno, perplesso
«Forse qualcuno di loro beveva e fumava qualcosa di strano, sicuramente le ragazze si scambiavano gli altri sotto le lenzuola, ma io non potevo immaginare, ero troppo piccola, e comunque tutti mi trattavano bene. Mi presero in simpatia quando cominciai a voler imparare da loro: divennero dei maestri. Con loro ho imparato i primi passi di hip hop e l'improvvisazione, ho imparato a scappare dalla polizia e poi a diventare più forte»
«Questo spiegherebbe perchè, certe volte, hai un modo di fare più da scaricatore di porto che da ragazza» ridacchiò l'altro
«Uhm.. beh» farfugliò lei arrossendo «Non saprei.. ecco... tanto è finito tutto quando i miei mi hanno scoperto, in quinta elementare» scosse il capo con un sospiro «Ma ho dei bravi genitori: ascoltarono i miei problemi e mi vennero incontro. Decidemmo che avrei fatto lezione con un'insegnante privato finchè non avessi superato l'età per la scuola dell'obbligo e nel frattempo accettarono di farmi coltivare l'unica passione che avevo, la danza. Era anche l'unica cosa in cui sembravo riuscire bene»
«E così hai cominciato fin da piccola...» annuì lentamente
«Si, una volta che fu possibile abbandonai gli studi e mi iscrissi ad una scuola di ballo per dedicarmici seriamente. Ho ripreso a studiare quando ho conosciuto gli altri... sono stati Jae-Joong e Chang a costringermi ad imparare almeno a leggere il coreano» sorrise teneramente al ricordo «Poi è stato Chang ad insegnarmi il giapponese»
«Quindi il tuo rapporto con loro è molto più profondo di quanto non sembri»
«Siamo come voi» azzardò la ragazza, voltandosi a guardare il ragazzo al suo fianco «Scherziamo e ridiamo davanti agli altri: guardandoci non ci si immagina che connessione profonda ci sia tra noi» e detto quello si bloccò aspettando che Ohno dicesse qualcosa, ma così non fu. Tornò di nuovo il silenzio tra loro «Scusa» disse dopo un po'
«Non devi scusarti Satoshi san» lo interruppe lei con un profondo sospiro «Sei agitato, nervoso e sotto pressione, lo dimostra anche il fatto che mi hai riempito di domande senza andare subito al dunque. Ieri sera hai detto cose che non pensavi veramente. Non c'è bisogno di dire altro, ho intuito da sola il perché delle tue parole»
«Capisco...» annuì piano lui
«Ascolta» aggiunse subito lei, prima che si avviasse qualsiasi altro discorso «Se tratti male me va bene, non c'è problema»lo rassicurò
«Eh? In che senso?» domandò lui
«Satoshi san, adesso raccontami qualcosa tu: come sei diventato il leader degli Arashi?» chiese lei come risposta
«Giocandomi il ruolo a Jan-ken-pon» rispose candidamente
«Eh?» fece incredula
«Non avevamo scelto un leader e un presentatore in diretta ci disse di farlo. Quando chiese ad ognuno di noi chi dovesse farlo gli altri nominarono me, ma io nominai Sho kun, così ci spinsero a giocarcela tra noi due a Jan-ken-pon. Ho vinto e sono il leader»
«Pazzesco» ridacchiò la coreana
«Vero? Lo penso anche io» disse lui con un sorriso
«Nonostante ciò, Satoshi, penso che tu sia veramente il loro leader» disse lei «Gli altri non mi sembrano persone da diventare nervose per via della tensione, o comunque non sembrano persone da scaricarla gli uni sugli altri sapendo di essere tutti nella stessa situazione; eppure negli ultimi giorni il nervosismo non è solo evidente, ma è chiaramente palpabile nell'atmosfera che c'è tra voi. Credo sia perchè sei teso anche tu... e tu lo stai mostrando»
«Co... in che senso?» strabuzzò gli occhi lui
«E' questo che intendo con "essere il leader": se tu non sei tranquillo non riescono ad esserlo nemmeno loro. Se tu sei con loro, se li controlli, i loro caratteri tanto diversi riescono a trovare l'armonia, ma se tu non stai bene allora nemmeno gli altri lo sono e l'equilibrio si spezza. Per questo puoi trattare male me, se vuoi, ma ti prego di non farlo con loro perchè hanno bisogno di te, del loro leader e della sua sicurezza» spiegò la coreana appoggiandosi anche lei alla balaustra. Il momento era intenso, ma suonò il cellulare, come se quello fosse stato un colpo di scena da tlefilm. «Pronto?» rispose lei «Ah si! Siamo vicini alla torcia... va bene» e mise giù «Stanno arrivando, sono tutti preoccupati perchè non ti trovavano e ora non vedevano nemmeno me in giro» ridacchiò, lui sorrise dopo di lei.

♫E' come uscire in un giorno di sole radioso
e comincia a piovere quando non hai l'ombrello.
Ci sarai tu a coprirmi?♫

«Sono passati dieci anni da quando abbiamo cominciato. Sono tanti.. vero?»
«Si, tanti» annuì
«Abbiamo fatto tanti lavori insieme, tanti lavori separati. Siamo i nostri migliori amici, ma anche i nostri migliori rivali, eppure ognuno di noi riesce ad avere ancora la sua fetta di mondo a parte oltre questo gruppo, perchè, per quanto tempo possa passare, rimaniamo sempre diversi ed ognuno di noi conserva le sue caratteristiche. C'è equilibrio, è vero... c'è anche se siamo tutti diversi. E forse ho sempre sentito di doverlo preservare, senza però rendermene conto. Poi sei arrivata tu, una persona qualsiasi, e senza dover fare alcuno sforzo sembra che tu metta d'accordo tutti» sospirò profondamente e piegò le spalle, appoggiandosi di più sui gomiti «Aiba e Jun, così diversi, sembrano sostenerti allo stesso modo. Sho e Nino, anche loro che sono due mondi a parte, ti hanno protetta con la stessa decisione. Io... io mi sono sentito improvvisamente inutile e superfluo per il gruppo perchè tutti scherzavano e andavano d'accordo senza che io facessi niente... non che l'armonia degli Arashi esista solo grazie a me, beninteso... però... ho sempre pensato di svolgere un ruolo fondamentale per controllarla e farla durare» si passò una mano tra i capelli, tormentandosi qualche ciocca «E' stupido pensare una cosa così infantile alla mia età? Sono un adulto ormai, ma arrivati a questo traguardo, a questi dieci importanti anni, ho improvvisamente paura di non riuscire ad apprezzarlo a pieno con le persone che amo di più al mondo, che mi hanno spronato ad arrivare fin qui giorno dopo giorno e che hanno fatto questa strada con me, al mio fianco» spiegò lentamente Ohno prima di piegare il capo verso il basso
«Io ti ho dato questa impressione?» domandò dubbiosa lei, con tono più leggero rispetto a quello del ragazzo «Io ho dato un'impressione contraria a me stessa. Mi sembra di aver combinato solo pasticci, di non essere stata utile e, anzi, di aver creato solo confusione»
«Probabilmente a te viene naturale tenerli insieme, mentre io mi devo sforzare» spiegò lui con voce tremante: erano quelli i veri pensieri che tormentavano Ohno?
«No, non ci credo! Sai cosa penso? Che il giornale è il giornale, mentre Ohno san è Ohno san!»
«Scusa?» la interruppe lui
«Eh?» domandò strabuzzando gli occhi
«Giornale?»
«Giornale?»
«Ah! Intendevi "te stessa"!*» esclamò il ragazzo dandosi una manata sulla fronte
«Oh vabbè è lo stesso!» sospirò quella prima di continuare «Io... non sono del gruppo, io non sono nemmeno giapponese, appartengo ad un paese diverso, con una cultura diversa, una lingua diversa... io non potrò rimanere qui in eterno. Ho solo due mesi da passare qui, poi tornerò a casa mia e in parte sono felice perchè manco da tanto tempo a casa e mi mancano gli amici e le persone che conosco lì... potrò tornare qui, certo, non siamo lontanissimi, ma io non abito qui, non prendo un autobus e sono a casa vostra. Oltretutto io... io non vi conosco!» esclamò raddrizzando la schiena e mettendosi bene in piedi, senza appoggiarsi più a nulla «Cosa sono 6 mesi scarsi paragonati a 10 anni di lavoro fianco a fianco, di esperienze condivise, di pensieri, paure e successi vissuti insieme? Io spero che gli altri mi vogliano bene almeno un po', ma penso che quello che provano per te non sia nemmeno paragonabile a quello che c'è nei miei confronti! Se non ci sei tu gli Arashi cominciano a perdersi, e così succederebbe se venisse a mancare uno qualsiasi di voi cinque. Quando io me ne andrò le cose tra voi non cambieranno: magari ogni tanto mi scriverete una mail, se avrete tempo, se mai tornerò a Tokyo ci incontreremo per un caffè... ma la vostra carriera continuerà come prima, anzi meglio di prima, dopo questo anno. Io non cambio gli Arashi, solo voi potete cambiare voi stessi» gli spiegò con la voce tremante, aveva paura di star combinando il pasticcio più imperdonabile di tutti: che Ohno lasciasse tutti per colpa sua.
«Forse non faccio abbastanza» sospirò lui sollevandosi a sua volta
«Cosa significa che non fai abbastanza?!» urlò Aiba comparendo lungo il perimetro del Kokuritsu, dopo aver saluto le scale e avvicinandosi a loro alla velocità della luce, seguito a ruota dagli altri tre
«Riida ci hai fatto prendere un accidente!!» esclamò Jun
«Pure tu, che accidenti ti passa per la testa: sparire senza dirci nulla!» borbottò Sho dando a Yun-seo uno scappellotto sulla testa
«Scusate, non volevo farvi preoccupare così tanto... è che non ci ho proprio pensato» mormorò Ohno
«O chan» esclamò Nino puntandogli il dito addosso «Sei uno stupido! L'idea della riunione sul pullman era tua!» aveva le lacrime agli occhi
«Riida... forse non ti occupi dell'organizzazione del lavoro come fa Jun, non ti preoccupi della nostra immagine o della comunicazione del gruppo nel modo in cui fa Sho... ma ti preoccupi di noi» spiegò Aiba, già lacrimando «Non è abbastanza per te?»
«Aiba chan...» sospirò l'altro
«Per noi è sufficiente, Riida! Anzi, è quello che vogliamo! Nessuno può prendere il tuo posto!» esclamò Jun con convinzione
«Jun... grazie io...»
«Riida tu ci conosci, noi non possiamo farcela senza di te. Ognuno di noi ha tante di quelle cose da fare, tanti di quei pensieri e caratteri così diversi, che se non ci fosse qualcuno a tenerci sempre uniti ci perderemmo senza nessuno ad indicarci la strada da seguire tutti insieme»
«Sho, veramente non l'avevo mai vista in questa ottica»
«E poi ad Ahn san l'unica cosa che viene naturale è creare pasticci, di certo non tenerci uniti: cosa vuoi che ne sappia una che non sa leggere nemmeno i nostri nomi?» domandò Nino cercando di trattenere il tremore della voce
«Ehi! Questo è un insulto!» sbottò la ragazza, ma venne interrotta quando vennero spente le luci dello stadio e finirono nella penombra, illuminati solo dal resto della città. «Sei l'unico che possa smuoverci così tanto... se fosse scomparso Aiba "avrà perso la strada, vedrai che per cena torna" avremmo pensato. Se fosse scomparso Jun "quanto tempo pensa di passare ancora a discutere dei dettagli? Domani si va in scena e quel che succede, succede". Se fosse scomparso Sho... ma Sho non scompare, al massimo è in camera sua a leggere, mentre a me mi si ritrova dove si può giocare a qualcosa» continuò Nino «Ma O chan è il nostro leader, dove vuoi che vada un leader? Deve essere con noi adesso, se non c'è, può essere successa qualsiasi cosa»
«E invece dovevo solo parlare con Ahn san, brutti ficcanaso» ridacchiò Ohno
«Ohno san, non lo vedi?» intervenne Yun-seo «Non sei il leader degli Arashi per gli altri. Tu sei il leader degli Arashi per gli Arashi» e cadde il silenzio.
«Che frase profonda Ahn san...» mormorò Ohno
«Wow» sospirò Nino
«Mi ha colpito» disse Aiba portandosi una mano al cuore
«Vero eh?» ridacchiò Jun
«Aspetta che me la segno» concluse l'ultimo dei cinque

♫E' come sentire una melodia improvvisa
venire colti da un senso di benessere ascoltandola.
Sei tu che stai cantando per me?♫

«Siete cinque imbecilli, ecco perchè state bene tra voi» sospirò la coreana alzando gli occhi al cielo «Forza, abbraccio di gruppo e urlo di incoraggiamento prima di domani» li incitò spingendoli ad avvicinarsi. Nonostante qualcuno di loro fosse restio alla fine fecero cerchio in cinque. Si scambiarono qualche frase di incoraggiamento: «Dieci anni eh?» «Tanti, no?» «Se pensi che dobbiamo farne altrettanti sembrano pochi, siamo solo a metà» «Altri dieci?» «Perchè Jun? Hai di meglio da fare?» «No, in effetti no» «E allora di cosa ti lamenti» «Ehi, fratelli... dieci anni» «Mh...» «Già...» «Siamo arrivati in cima?» «Forse sì» «Il nostro "sogno" eh?» «Mh... "arriviamo fino in cima" abbiamo detto» «Forse ci siamo riusciti, no?» «Grazie compagni» «Prego, prego» «Sei scemooo?» «Va bene, allora Oo chan grida "Arashi" e noi "fight", per tre volte» «Ma vuoi farlo davvero?» «Io mi vergogno» «Ci avranno chiuso nello stadio?» «Ma figurati, però ci staranno cercando, facciamo sì che ci sentano per farci venire a prendere» «Siamo proprio un gruppo di dementi» «ARASHI!» «FIGHT!» «ARASHI!» «FIGHT!» «ARASHI!» «FIGHT! FIGHT FIGHT!» e scoppiarono a ridere quando Aiba prese a tossire all'ultimo "fight" «Sono felice di essere negli Arashiiiii!!!!!!!**» urlò Jun per concludere, prima di buttarsi steso a terra. Gli altri lo imitarono e ridendo si misero a sedere sul cemento del Kokuritsu «Che rumore ha fatto la tua borsa Matsumoto san?» domandò la ballerina sedendosi con loro
«Ah! Ho dimenticato di lasciar giù le lattine!» esclamò lui
«Non dirmi che sono quelle di succo al melograno?» domandò sconcertata lei
«Si» annuì lui togliendo lo zaino dalle spalle
«Ricordo che quella sera me l'avevi detto che te le portavi dietro, ma credevo che scherzassi»
«Eh? Il succo delle macchinette della JH?» domandò Aiba avvicinandosi «Lo adoro!»
«Sul serio?» domandò Jun sgomento «Non mi hai mai detto nulla quando mi portavo le lattine ai concerti»
«Veramente non ci ho mai fatto caso» ammise quello
«Hai da bere Jun? Passa che sto morendo. Ne vuoi una O chan?» domandò Nino
«Vada per il succo al melograno» ridacchiò lui. Fu proprio il leader ad alzare la sua verso l'alto per proporre un brindisi «Kanpai!!» dissero tutti insieme facendo scontrare tra loro le lattine. In quel momento si riaccesero le luci dello stadio, tutte insieme ⎨ARASHI SAMA? SIETE ANCORA NELLO STADIO? VI ABBIAMO SENTITO URLARE, STATE BENE? VENITE FUORI SE POTETE!⎬annunciarono agli altoparlanti. Scoppiarono tutti a ridere. Ognuno raccolse la propria borsa e, prima di scendere lanciarono uno sguardo verso il paesaggio della Tokyo notturna in direzione di Shinjuku, prendendo i primi sorsi della bevanda.

♫Se le cose accadono c'è un perchè
Mi insegnerai qual'è il mio posto?
Tu, che ci sei sempre, hai già un posto nel mio cuore♫

«In ogni caso... "non è il momento di fermarci"***» disse uno di loro e tutti sorrisero con le luci della città riflesse negli occhi. «Pensandoci bene poi... perchè proprio Yun-seo?» domandò ancora qualcuno
«Credo sia capitato per caso, ma d'altra parte è difficile non notarla no?»
«Si, lo penso anche io: pochi si danno delle carote»
«Vero, vero! ma a parte ciò è strano... boh Yun-seo è strana: diciamo che è inevitabile farci caso»
«Lo prenderò come un complimento» sospirò lei, sentendoli ridacchiare
«E' proprio quello che si dice: "Un melograno in mezzo all'erba"****» mormorò Ohno e tutti, nel silenzio, sorseggiarono ancora dalle loro lattine. Il mondo pareva lontano da lassù e l'entusiasmo che cominciava a bruciare dentro di loro, in vista delle nuove sfide che li aspettavano, sembrava avere la capacità di abbracciare tutta la città: era l'inizio di qualcosa di nuovo? Bastava aspettare il domani.

*Yun seo confonde Jibun (se stessi) con Shinbun (giornale)
**Jun cita una loro frase famosissima "Arashi de yokatta" che a noi stranieri è stata spesso tradotta come "Sono felice di essere negli Arashi"
***Altra citazione di loro stessi. "Orera ga todomaru tokoro ja nai kara" frase che si ritrova anche in "Sketch".
****E' un modo di dire giapponese (poco conosciuto, io l'ho trovato anni e anni fa come nota di spiegazione in un manga dove usavano questa espressione) per indicare il particolare nella folla, diciamo. (il rosso brillante spicca subito in mezzo ad un prato verde, no?)


Ultimo capitolo. L'ho riscritto mille volte, non è stato facile ecco. Vi metto anche l'epilogo e concluderò tutto lì. Su su andate a leggere pure quello se siete arrivati fin qui (difficile XD ad oggi c'è stata UNA sola lettura del capitolo 9 o.o che tristezza!)

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Capitolo 12
*** EPILOGO: "Lei" Un melograno in mezzo all'erba ***


Il Kokuritsu riempito sembrava più grande che a vederlo da vuoto. Ad un primo impatto, appena uscita sul palco, con le urla e la musica alta, Yun-seo si era quasi spaventata: sembrava di essere andata a sbattere contro un muro invisibile, di aver visto una cosa improbabile o di esser salita sul palco dimenticando di vestirsi. Insomma, lo shock iniziale era stato incredibile. Ma quello fu nulla a confronto delle scoperte che fece una volta cominciato il concerto. Non aveva mai lavorato live con gli Arashi: durante le prove, durante le registrazioni, scherzavano sempre, ridevano, e si impegnavano anche con il sorriso. Dietro le quinte del concerto i ragazzi erano diventati improvvisamente seri, concentrati, non vedevano più niente oltre al loro obiettivo: tornare sul palco ed incantare il pubblico. E quando apparivano davanti a quella folla, davanti alla vista di persone a perdita d'occhio, cambiavano completamente. Jun, il più tranquillo e pacato tra loro, era un vero e proprio animale da palco: incitava la folla, si rivolgeva al corpo di ballo e ai suonatori, era il vero burattinaio di quello spettacolo ed era forse quello che si divertiva di più. Quando le capitava di poter guardare i suoi primi piani giurava di avere le palpitazioni, l'aura di entusiasmo e sensualità che sprigionava quel ragazzo si scatenava completamente, e Sho gli andava dietro. Lui, che era sempre quello che non diceva mai niente senza un senso (pure le idiozie che diceva avevano un senso) era quello che più di tutti urlava, a volte blaterava anche versi, urli non ben definiti, e la folla lo seguiva aumentando la carica e la tensione dello stadio. Nino rimaneva il solito viziato, a volte nemmeno lo vedeva cantare, ma seguiva tutti i compagni, correva a destra e a manca, saltellava e lanciava occhiate alla folla. Aiba, che fino a quel momento gli era sembrato svolgesse solo il ruolo di quello che sparava più assurdità, si era rivelato il più dolce: rivolgeva al pubblico i sorrisi più belli, salutava le fan agitando la mano con entusiasmo e gioiva di ogni canzone che cantavano come se ogni parola fosse dedicata ad ognuna delle persone presenti quella sera. Ohno invece era proprio come lo vedeva lei, una colonna portante: faceva la seconda voce, seguiva il pubblico con gli occhi, si rivolgeva a loro con le canzoni e richiamava i compagni.
Arrivò anche il momento più toccante di tutto il concerto. Passò il filmato di quei 10 anni, i ragazzi ringraziarono il pubblico di persona e cantarono tutti insieme la canzone che avevano scritto apposta per i loro fan. Non potè trattenere le lacrime per la commozione, ma dovette presto asciugarsele per continuare con il resto dello spettacolo.
Alla fine i ragazzi salutarono il pubblico, si inchinarono, ringraziarono più volte e sparirono alla vista. Inutile dire che dagli spalti ancora li acclamavano. Dietro le quinte li vide cambiarsi nuovamente e tutti si guardarono in faccia «Ahn san, ma abbiamo ancora qualcosa da fare?» vennero a chiederle quelli del corpo di ballo
«Non ne ho idea» scosse il capo lei osservandoli basita. Non appena lo disse le tornò in mente il particolare del foglio, quello che non sapeva leggere, quello che Ohno le aveva detto quando le aveva letto la scaletta: l'ultima canzone degli "8Dramas" sarebbe stata usata come ultima del concerto, ed era quella che nessuno ancora conosceva. I ragazzi finirono di cambiarsi in fretta ed ognuno di loro indossò il costume nero che usava nei video della serie. «Takechi san» esclamò Jun col fiato corto «Noi andiamo, lei dia le istruzioni» disse prima di incitare gli altri. Yun-seo li vide riavviarsi verso il palco mentre lo staff si complimentava con i ballerini e li tranquillizzava. La manager la prense per un braccio e la caricò su uno dei mezzi elettrici che usavano per muoversi lungo il perimetro del Kokuritsu «Vai dall'altra parte, prendi l'ascensore e sali fino a sopra. Indossa questo e aspetta lì, intesi?» disse lei
«Ma...»
«Te l'ho letta la scaletta no? Lo sai cosa devi fare, non devi ballare, devi solo stare là sopra. Vai ora, che non 'è tempo»
«Va bene» annuì quindi prima di avviarsi sul piccolo mezzo e attraversare il Kokuritsu a tutta velocità. Cominciò a vestirsi nell'ascensore, era un vestito elaborato, ma fortunatamente facile da indossare: era bianco, chiaramente, con la gonna corta fino a poco sopra il ginocchio, sul davanti, e molto più lunga dietro, aveva addirittura uno strascico. Le maniche erano a sbuffo e i guanti di seta coprivano fino a metà dell'avambraccio terminando con un bordo in pizzo. Doveva anche indossare delle ballerine con il nastro da intrecciare fino al ginocchio, la parrucca di capelli castano scuri che aveva indossato nei video e una mascherina in pizzo bianca da fissare con gli elastici dietro le orecchie per coprire gli occhi. Era lo stesso costume usato per le riprese strane dell'ultimo video. Era rimasta stranita da quelle riprese: non aveva dovuto ballare niente, avevano inquadrato parti del suo corpo, gli occhi, le mani mentre le muoveva, magari i piedi mentre faceva un paio di passi, il collo o le labbra, ma sempre e solo a pezzi per non farla riconoscere. A volte quelle stesse riprese erano state fatte con uno degli Arashi: le loro mani o i loro piedi, le spalle vicine. Si era limitata a fare il lavoro chiestole, ma ancora nessuno sapeva nulla di quell'ottavo pezzo il cui video non era ancora stato trasmesso in TV e di cui non si conosceva nulla. L'ottavo pezzo per il quale, in quei mesi, ogni tanto loro le avevano raccontato di avere problemi a scrivere e comporre.
Indossò il vestito rapidamente e quando arrivò in cima era praticamente pronta, mancava la parrucca e la maschera, ma la zip del vestito si trovava sulla schiena quindi riusciva solo a chiuderne un pezzo, non tutta! Fece del suo meglio, poi, quando sentì i primi suoni di pianoforte, solitari, rimbombare per il Kokuritsu, decise di gettare la spugna, indossare le ultime cose e prendere posto.
«Kanojo*» pronunciò piano Jun nel microfono. Erano loro cinque, soli sul palco buio, illuminati ciascuno da un fascio di luce. Le melodia che riempiva l'aria era dolce e morbida, composta solo dal pianoforte come strumento portante e da un sottofondo di Sax e violino elettrico nei ritornelli.

♬❦♬
❝Lei
che sembra sempre così felice nella folla,
Il cui sguardo è indecifrabile e orgoglioso.
Nessuno ha il permesso di vederla quando piange:
Rivela solo quello che vuole tu veda,
Non è di nessuno ed è padrona di sè.

Lei
aspetta quanto vuole e quando vuole se ne va.
Non cederà e non si arrenderà mai
Semmai si adatta, cambia i suoi modi.
Prenderà quel che dai, darà quel che vuole.
Non puoi afferrarla anche se ci provi.

Lei
ti indica l'amore: prendere o lasciare.
Può chiederti la verità e non crederti mai,
Puoi ferirla e pentirti, essere ferito ma perdonarla.
E' così che tira fuori il meglio e il peggio di te,
Ma non puoi condannarla, è solo colpa tua:
Perchè lei è sempre un passo avanti

Lei
il visto che non si può dimenticare,
una traccia di piacere e un rimorso d'odio.
E' un tesoro oppure il prezzo da pagare?
Lei
la canzone che canta l'estate,
il brivido che porta l'autunno.
E' il fuoco del camino o l'acqua gelata?

Oggi prenderò le sue risate e le sue lacrime
E diventeranno tutte preziosi ricordi del passato,
Perché ora so guardare oltre.
In futuro ovunque lei andrà, io ci sarò
Il senso della mia vita è
LEI❞
♬❦♬

Sugli schermi alle spalle del palco passava il video di quella canzone. Erano le riprese fatte e che le erano sembrate così strane: ora avevano un senso accostate a quelle parole. Stavano parlando di lei?
Ai tre quarti della canzone gli ingranaggi costruiti in quei giorni si azionarono un'altra volta e tutti e cinque vennero sollevati in aria lentamente e trasportati attraverso il Kokuritsu, così come avevano aperto il concerto. Dalle costruzioni delle passerelle vennero sparati dei coriandoli esclusivamente bianchi e lentamente, mentre la canzone finiva, gli Arashi si ritrovarono in alto, dall'altra parte, finalmente raggiungendola. La circondarono e in gesto teatrale le si strinsero intorno sulle ultime parole del pezzo. Sull'ultima nota di chiusura tutti e cinque tirarono fuori una rosa bianca da sotto le giacche e le lanciarono nella folla sottostante, sorridendo alle telecamere che riportavano i loro volti a tutto lo stadio. Le urla di commozione del pubblico erano toccanti: era come se quella canzone fosse stata una dedica d'amore a tutte le fan.
La musica finì, le luci si spensero e tutto era veramente finito. I cinque ragazzi si rialzarono togliendosi di dosso i microfoni e le si strinsero di nuovo attorno, facendo cerchio come la sera prima «Ehi, dì qualcosa» disse Nino
«Stai piangendo?» domandò Ohno
«Dovrei piangere io, miseria... Jun, tu e queste pessime trovate di volteggio in aria» borbottò Sho che tremava leggermente
«Non è che stessimo parlando precisamente di te» spiegò Jun per non dover rispondere al compagno «Non ci è permesso dedicare canzoni a qualcuno. Però ti abbiamo preso come modello e così abbiamo costruito il tuo personaggio: non avendo un viso può essere accostato a qualsiasi donna. Ci hai aiutato a creare delle parole belle che, pur di potersi adeguare a chiunque venga dedicata questa canzone, non risultassero vuote»
«Però... in un certo senso, possiamo dedicartela. Quella per noi sei tu, ma nessuno lo saprà» spiegò Aiba
«Siamo amici no? Continua a supportarci fino alla fine e completiamo questa esperienza insieme» incoraggiò Nino
«Si, stasera possiamo dedicarla a te» annuì Sho
«Va bene Ahn san? Andiamo fino infondo» la incitarono tutti
«Solo a due condizioni» sussurrò la coreana «Prima di tutto chiamatemi per nome, e niente "san"**»
«Devi fare la stessa cosa anche tu però» risero loro
«Secondo: aiutatemi a chiudere la bufera, altrimenti perdo il vestito» piagnucolò
«Mh?» «Bufera?» «Ahn... Yun chan stai impazzendo?» «Forse cercava di fare un gioco di parole?»
«Il vestito, il vestito» farfugliò lei
«Ah! La "zip", chiudiamo la zip!***» esclamò Aiba. I ragazzi ridacchiarono e le diedero una mano. «Aiba chan, Sho kun, Ohno kun, Nino, Matsujun...» sussurrò lei lentamente. I ragazzi si bloccarono sentendosi chiamare ma lei ancora non disse nulla «Cosa?» domandò l'ultimo chiamato da lei
«Mmmh... niente, solo "grazie"» e ridacchiarono. «Prima che riaccendano le luci per il pubblico è meglio squagliarcela» fece notare Ohno
«Si, si, via come la luce!» «Come la tormenta!» «La bufera!» «La zip!» e risero tutti insieme.

*"Kanojo" (titolo che avrebbe realmente la canzone) è traducibile come "lei".
** il "san" è un suffisso usato dopo il cognome o il nome (a seconda del grado di confidenza che si ha) di un'altra persona (MAI da usare per se stessi) e può essere tradotto con mr./mrs./miss./signore/signora/signorina. Dà un senso di formalità verso la persona a cui si parla. Se si omette il "san" e si chiama una persona con il suo nome senza onorifici è indice di confidenza.
***La confusione qui è tra Jippu (zip) e Shippū (bufera, uragano). Però Yun-seo è emozionata e intorno a loro c'è il rumore di uno stadio intero: sarà stata le ad aver sbagliato la parola o loro ad aver sentito male?


Doverose conclusioni alla fine di questa ff.
Prima di tutto, se vi è piaciuta mi fa piacere, se non vi è piaciuta non importa: io mi sono divertita un mondo a scriverla, credo sia stata una delle più divertenti che abbia mai realizzato e sono felice che sia proprio sugli Arashi.
Sono abbastanza soddisfatta di me stessa: penso, pian piano, di essere riuscita a buttar giù un abbozzo di personalità a tutti e sei i personaggi cercando di renderli il più reali possibili e il più diversificati tra loro. Sono contenta di aver ritrovato punti di contatto con la realtà per quanto questa storia sia completamente finzione (gli 8Drama non esistono, il progetto stesso non è mai esistito, eppure il concerto si è svolto al Kokuritsu, sono stati sospesi per aria e hanno comunque cantato 5x10). Yun-seo è forse uno degli OC che mi siano riusciti meglio fino ad oggi (non che sia perfetta), ho cercato di rifuggire il più possibile gli stereotipi: non è particolarmente bella, nè una sfigata completa orfana e depressa. Ha un problema di cuore, come qualsiasi ragazza di questo mondo, ha un handicap, è vero, ma è semplicemente una caratteristica non c'è niente di incentrato su questo, non ha un carattere meraviglioso e perfetto, ma non è nemmeno una cafonazza di prima categoria. Doveva essere esattamente un melograno in mezzo all'erba: una come tanti, ma che in un modo o nell'altro spicca.
Ho apprezzato di essere riuscita a rifuggire una qualsiasi storia d'amore con uno dei cinque, eppure ho adorato lasciar credere una possibilità con qualcuno di loro che alla fine non si è mai concretizzata.
posso anche illustrarvi le mie seghe mentali! XD Fin dall'inizio avevo in mente un illustrazione: un melograno, base del titolo, ed intorno ad esso glie lementi che hanno suggerito i titoli dei capitoli. Lo schema è praticamente riassumibile come: ogni titolo è un elemento dell'immagine (il prato, i fiori -violette in questo caso- la coccinella, il sole e il cielo) ed ogni elemento richiama il colore di riferimento di ognuno degli Arashi (verde, viola, rosso, giallo, blu) che sono stati protagonisti di turno del loro capitolo, al fianco dell'elemento ho aggiunto altre parole come metafora di ciò che avveniva nel capitolo ("piedi nudi" la spesieratezza di Aiba, "i petali" la sensibilità di Jun, "i dispetti" le emozioni di Sho, "il calore" le attenzioni di Nino, "il cielo" il senso di protezione di Ohno). Adoro fare questi giochini scemi XD Il fatto che poi ogni capitolo sia stato diviso in due e che nel secondo fosse accennato il testo della canzone degli 8Drama relativa al personaggio è successo per caso all'inizio, poi l'ho usato come schema fisso da Jun in poi.
Ah... i testi delle canzoni non sono niente di che, prima di tutto perchè non avevo voglia di sprecarmi a scrivere poesie filosofeggianti (che merdaccia che sono), secondariamente perchè i testi Jpop sono un po' così.. sconclusionati e puntellati magari di frasi belle qui e là senza alcun legame tra loro XD ahahahah!!

Si ringraziano:
- i DBSK, per il cameo XD
- la mia lettrice di giapponese, che ha dato il cognome alla manager; Sanshiro e Chen, miei compagni di università, a cui ho rubato i nomi per darli ad alcuni personaggi comparsi nei primi capitoli
- "santo" internet, grazie al quale ho fatto ricerche su: nomi coreani (è stato difficilissimo trovare quello della protagonista), dislessia, arene per concerti giapponesi, altezza e età di Arashi e DBSK (ahaha), funzionamento dei laser game, hanami e chi più ne ha più ne metta (non sembra, ma spendo ore a documentarmi prima di scrivere. Mi piace dare un senso di realtà alle mie storie)
- me stessa, perchè tutti i malapropismi di Yun-seo sono stati i miei di quest'anno (dovrei vergognarmi)
- Reru chan, mia beta reader di fiducia
- KIKYOhanamuke, mia unica lettrice palesata inq uanto unica commentatrice. Generalmente non sono a caccia di commenti e recensioni, ma fa sempre piacere riceverli (positivi o negativi). Grazie per il piccolo appoggio che mi hai dato, è stato preziosissimo, sul serio!!!
- Quel gruppo di cinque baka, che se non esistessero loro non ci sarebbe il forum e non ci sarebbe la fic ^_* 皆ありがとう!

Se a qualcuno, di non palesato, fosse piaciuta la ff sappiate che ne ho pubblicate o ne sto pubblicando altre (tutte arashiche si, solo quelle vecchie non lo sono) quindi se vi va mi farebbe piacere se leggeste anche quelle (personalmente sono innamorata follemente di Kaze... ma forse non è fairplay innamorarsi di una propria ff XD). Adesso mi darò da fare per completare Ame entro fine Ottobre massimo e per il nuovo anno voglio aver già cominciato la nuova ff a capitoli che sto architettando un po', oltre al fatto che io e la Reru dobbiamof inire la nostra demenzialissima Mago Majokko Arashi!
Ne ho da fare eh? Alla prossima ff!! Grazie ancora!!!

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