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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
TROVAMI UN MODO
SEMPLICE
PER USCIRNE
PROLOGO
Ci sono volte in cui,
nel pieno della notte, ti svegli con il
cuore che batte troppo velocemente per essere controllato.
Ti porti una mano sul petto chiudendo gli occhi cercando di rimuovere
le
immagini che sono come marchiate a fuoco nella tua mente.
Nella tua stanza guardi ogni particolare, illuminato dalla luce lunare
che
rende tutto straordinariamente argenteo, con il respiro veloce e troppo
pesante.
Cerchi di riassumere la pace e la tranquillità.
Ma quelle immagini sono più forti di qualsiasi tuo tentativo
di cancellarle.
Riaffiorano prepotenti impossessandosi di quel briciolo di
autocontrollo che ti
permetteva di restare con con la testa alzata.
Era solo un sogno. Continui a ripeterti mentre ti
alzi a ti dirigi a
guardare la pioggia, che dietro il vetro della tua finestra, bagna la
strada
con violenza.
Poi, nel buio della notte, nel cielo coperto di nuvole, vedi il suo
viso,
quello marchiato a fuoco nella tua mente e senti le lacrime rigarti
inesorabilmente il viso.
Le senti calde e pungenti rotolarti sulla pelle liscia, morbida e
bianca. E ti
rendi conto che lui non c’è, che, come le foglie
al vento d’autunno è volato
via, per non fare mai più ritorno.
Gli avevi donato tutto ciò che il tuo fragile cuore era
capace di donare, avevi
dato tutta se stessa e lui aveva fatto lo stesso.
Ma un giorno tutto è finito, senza un reale e preciso motivo.
Poi un rumore attira la tua attenzione.
Un cuore che batte troppo piano.
Salve
gente!
Prima fiction su Robert e psero davvero vi sia piaciuto questo piccolo
prologo
e, soprattutto, attirato la vostra curiorità! Questa storia la dedico a delle persone speciali: Greta, Jess, Mona e , soprattutto, alla mi dolce e tenera Pattina... ti voglio bene.
A
presto!
Rò.
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Note
dell’autrice.
Salve
a tutti. Voglio premettere una cosa prima di tutto. Questo capitolo
è un
capitolo di introduzione, Robert entrerà in scena nel
prossimo capitolo (che è
quasi completato e posterò presto). Sono contenta che il
prologo sia piaciuto,
spero davvero di non deludervi con il primo capitolo. Nel secondo ci
sarà
azione… si si…
Volevo ringrazi ere le persone che anno recensito:
Merion: Grazie mille! Spero di non averti delusa e spero che leggerai
anche io
secondo capitolo! A presto!
ElfoMikey: honey! Sono contenta di sapere che ti piaccia! Spero di non
deluderti con questo! Alto fino al cielo e grande quanto il mare!
Luinil: ciao! Grazie per i complimenti, grazie davvero bella! Spero ti
piacerà
questo! Fammi sapere!
Kriscullen_: Ciao! Sono contenta che ti sia piaciuto il prologo! Questo
capitolo, come ho già detto, è solo
un’introduzione che spero comunque ti
piaccia. XD A
presto!
Ed ora… enjoy!
CAPITOLO I
“Audry?”
La voce di mia madre mi riportò alla realtà. Mi
voltai a
guardarlo distogliendo lo guardo dal libro che avevo sulle gambe.
“Domani
non ci sarò.” Non risposi, oramai era un rituale.
“Quanto
tempo?” Chiesi fredda.
“Credo…
un paio di settimane.” Ritornai a fissare il libro. Senza
rispondere.
“Tesoro… è per lavoro.
Tornerò il più presto possibile.” Con
la mano mi
accarezzò i capelli ramati. Alzai lo sguardo fissandola
negli occhi, poi, con
mio grande sforzo, sorrisi.
“Tranquilla
mamma. Voglio solo che tu sia felice.” Cercavo di essere il
più
convincente e il più credibile possibile. Il suo viso si
illuminò di un
sorriso. Sorprendente come mia madre credesse a tutti i miei sorrisi, a
tutte
le mie espressioni. Ma erano tutte finte, tutte costruite e mai
sen’era
accorta, in un certo senso era positivo. Ma a volte, avrei voluto se ne
rendesse conto.
“Quando
parti?” Aggiunsi chiudendo il libro e poggiandolo sulla
poltrona
accanto al divano.
“Domattina
presto.” Abbassò lo sguardo.
“E’ stato tutto improvviso. Scusami
piccola.” Sussurrò. Sapevo che non lo faceva di
proposito.
“Tranquilla
mamma. Oramai ho diciannove anni. So badare a me stessa.”
Dissi
cercando di sorridere, mentendo, in un certo qual modo.
Sospirò e, baciandomi
la fronte, si diresse verso il piano superiore.
Amavo mia
madre, era la donna più bella del mondo, sia dentro che
fuori.
Lavorava per una casa di moda e fu per questo che, quando avevo sei
anni ci
trasferimmo da un paesino sperduto della Francia in California. Ero
piccola e
ambientarmi fu abbastanza facile. Ma mia madre non c’era mai
e passavo i miei
giorni da sola o dalla vicina che aveva settantadue anni. Almeno fino
ai
quindici anni quando finalmente imparai a badare a me stessa. Arrivata
ai
diciannove anni, oramai, lasciarmi sola per mia madre non era un
più una
preoccupazione o un problema e, a me, infondo piaceva starmene per
conto mio.
Salì
anch’io in camera. La finestra era aperta e il sole del tardo
pomeriggio riscaldava
la stanza tingendo ogni cosa d’arancione. Riposi il libro sul
letto e mi ci
stesi sopra con un tonfo. Sospirai guardando il soffitto bianco.
Avrei
presto iniziato il college. Il solo pensiero di frequentare biologia mi
faceva venire i brividi, ma, infondo era la scelta giusta, mi piaceva.
Sarei
stata per conto mio, lontano da mia madre, dal suo continuo tentativo
di
volersi far perdonare della vita che aveva scelto.
Le mie
giornate in quella ultima settimana di settembre erano piuttosto
noiose.
Le mie mattinate erano fatte di lunghe dormite e i miei pomeriggi di
lunghe
camminate sulla spiaggia. La sera, bè, di locale in locale
con la mia unica
amica, l’unica che riusciva a sopportare i miei idioti sbalzi
d’umore. L’unica
che avrebbe fatto di tutto per vedermi felice, e le dovevo tutto.
Tutta la
mia vita era un sogno, un sogno noioso. Era così che la
consideravo.
Lentamente
sentì il mio respiro farsi più pesante, regolare
e tranquillo.
Quando riaprì gli occhi il sole illuminava flebile la
stanza. Mi misi a sedere
con un forte emicrania. Mi portai un mano sulla fronte e mi resi conto
che mi
era addormentata. Non avevo le scarpe e un lenzuolo mi copriva. Guardai
la
radiosveglia.
Le sette
del mattino?
Avevo
dormito all’incirca dodici ore. Mi misi in piedi
stiracchiandomi. Mi
sentivo riposata, il colmo sarebbe stato non esserlo. Mi madre
sicuramente la
notte precedente era venuta a controllare che tutto fosse a posto, e,
vedendomi
dormire, mi coprì con il lenzuolo chiudendo la finestra.
Scesi
rumorosamente le scale, come mio solito, e mi diressi in cucina.
“Mamma?”
Nessuna risposta.
“Cèline?”
Chiamai ancora. Quando varcai la soglia della cucina notai un
biglietto piegato con cura sul tavolo.
Ciao
tesoro. Mi dispiace
non averti salutato come si deve questa mattina, ma non volevo
svegliarti.
Tornerò presto te lo prometto.
Ti voglio bene piccola mia. Ti chiamerò appena
l’aereo atterra.
Dimenticavo di dirti che sono in Florida.
Mamma.
Era
la scrittura di mia madre. Impossibile confonderla.
“Florida?” Sussurrai scettica. “Vicino
eh?” Poggia il foglio su tavolo e mi
diressi verso il frigo. Avevo bisogno di succo d’arancia: il
mio preferito.
Mia madre si era dimenticata di dirmi dove andava. Non era la prima
volta,
capitava spesso soprattutto perché le sua partenze erano
improvvise. Non volevo
deprimermi quella mattina pensando a mia madre e alle pochi attenzioni
che
durante l’infanzia mi aveva dedicato. Decisi così
che era meglio uscire.
Magari sarei potuta passare dal negozio di tatoo dove Stephanie
lavorava prima
che iniziassimo insieme il college. Le avrei fatto un saluto.
Più tardi sarei
andata a controllare gli aerei per il college che si trovava nello
stato di
Wisconsin.
Feci colazione in fretta e mi vestì con straordinaria
lentezza perché mi resi
conto che erano soltanto le sette e mezza. Un’ora dopo dovevo
ancora scegliere
la maglia da mettere. Non ero una ragazza che curava particolarmente
l’estetica,
ma quella mattina andare lentamente era un obbligo.
Mi sporsi dalla finestra guardando il mare. Ebbene sì,
vivevo davanti al mare e
cosa più assurda… non sapevo nuotare. Pochi lo
sapevano, era piuttosto
imbarazzante. Dopo esserci trasferite qui Cèline
cercò, molto spesso, di
insegnarmi a nuotare, ovviamente, senza successo. Proprio non ci
riuscivo e
odiato il mare, era così... così…
bagnato.
Riuscì a mettermi le scarpe e lavarmi i denti
contemporaneamente senza rompermi
l’osso del collo. Mezz’ora dopo ero sulle strade
affollate di Long Beach.
“Stephanie?” Chiesi entrando nel locale, facendo
suonare il campanello sopra di
esso. Quel suono era parecchio irritante.
“Chi mi cerca?” Sentì la sua voce ma non
capì da dove venisse visto che nel
piccolo locale non c’era nessuno.
“Audry. Ma dove sei?” Chiesi dirigendomi verso il
laboratorio. Ad un tratto la
vidi scattare in piedi da dietro il bancone facendomi sobbalzare. La
fulminai
con lo sguardo.
“Sembri mia nonna. Ti spaventi per tutto.” Mi disse
infilandosi gli occhiali.
Scossi il capo.
“Se tu esci, così, senza preavviso è
normale.” Risposi in mia difesa. “ E poi
tua nonna è…”
“Strana?” Annuì.
“Più simili di così.” La
guardai torva e lei alzò gli occhi al
cielo, poi prese un catalogo e me lo mise sotto il naso.
“Fatti un tatuaggio. Tingi la tua pelle, come faccio io, mia
cara.” Feci una
smorfia storcendo il naso.
“Non credo sia una buona idea. Ago fobia, ricordi?”
Le dissi restituendole il
catalogo. Rabbrividì al solo pensiero.
“Ah, giusto. Avevo dimenticato.” Ripose il tutto su
uno scaffale.
“E poi non hai proprio tinto la tua pelle. Dovresti dire che
l’hai macchiata.”
Uscì da dietro il bancone e mi mostro la rosa sulla
caviglia. Poi si avviò a un
grande stereo, riposto con cura in un angolo della stanza.
“E’ tinta.”
“E’ macchiata.” Bofonchiai.
“Allora, hai fatto le valigie?” Cercò di
cambiare discorso o saremmo andate
avanti così per tutto il giorno. Inarcai un sopracciglio.
“Ma se partiamo fra poco più di due
settimane.” Dissi ovvia. Lentamente si giro
a guardarmi aggrottando la fronte.
“Audry… le due settimane sono passate. Audry,
partiamo domani, ricordi?”
Sgranai gli occhi nel sentire quelle parole e mi irrigidì.
“Domani? No! Partiamo il venticinque! Me lo ricordo
bene!” Dissi con voce
strozzata. Si alzò lentamente venendomi incontro e
poggiandomi una mano sulla
spalla.
“Oggi e ventiquattro.” Sgranai gli occhi e,
inevitabilmente, mi feci prendere,
come al solito, dal panico.
“Domani?” La voce mie era rimasta in gola.
Stephanie annuì. Mi voltai di scatto
e corsi via ignorando la sua voce che dalla soglia del locale gridava
il mio
nome.
C’era una questione urgente: avevo poche ore per preparare i
bagagli. Un’impresa
impossibile, ma non avevo alternativa. Afferrai il mio cellulare dalla
tasca
anteriore dei miei jeans scoloriti e composi il numero di mi madre,
sperando
che non fosse già salita sull’aereo. Dopo quattro
squilli la chiamata fu
aperta.
“Audry?”
“Mamma! Domani parto per il college!” Strillai.
“Lo so, tesoro.” La sua voce calma mi
sbigottì talmente tanto che mi bloccai al
centro della strada all’istante.
“Cosa?”
“Si tesoro. Non lo ricordavi? Guarda che è tutto
pronto, tutti i documenti sono
in camera. Me ne sono occupata io la settimana scorsa. I bagagli gli
hai fatti,
no? Di che ti preoccupi?” Sgranai gli occhi sorpresa.
Mia madre che organizza tutto?
Strabuzzai gli occhi qualche volta.
“E’ già tutto pronto?”
“Certo piccola!”
“Come ci arrivo nel Wisconsin?” Una cosa che
sicuramente non aveva pensato. La
sentì sospirare.
“Audry… hai l’aereo con Stephanie
domattina alle atto.” Nella sua voce c’era
rammarico. “Cosa ti succede?” Rimasi a fissar con
sguardo vuoto il la strada
grigia, resa ancora più chiara dal sole mattutino.
“Nulla, mamma.” Fu tutto quella che
riuscì a dire con voce piatta.
“Non è da te dimenticare certe cose. Sei sicura
che sia la scelta giusta?”
Nulla era certo nella mia giovane vita, ma di sicuro, lo stato di
Wisconsin era
ciò che desideravo. Una delle poche certezze che allora
avevo. Forse l’unica.
Probabilmente era anche la cura all’apatia.
“Si, è ciò che voglio. Ti richiamo
mamma. Ciao.” La sentì farfugliare qualcosa
che sembrava un saluto e chiusi la comunicazione.
Consapevole di dover solo riporre i miei pochi abiti dentro una valigia
rallentai i passo infilandomi le mani in tasca. Ero talmente tanto
presa dalla
routine, dalla noiosità delle mie giornate da aver
totalmente perso la
cognizione del tempo. Ero troppo occupata a compatire me stessa da aver
scordato che giorno fosse.
Non era mai successo.
Ma presto, tutto, sarebbe cambiato.
Quando la
mattina successiva mi alzai, realizzai per davvero ciò che
mi stava
succedendo: entro poche ore gran parte della mai vita sarebbe cambiata.
Il
college.
Mi alzai
lentamente dopo aver visto che la radio sveglia sarebbe suonata due
minuti dopo. La disattivai. Odiavo quel suono.
Mi lavai
vesti e feci colazione aspettando che Stephanie e sua madre passare a
prendermi.
Le
valigie erano poste con cura accanto alla porta di ingresso. Il clacson
suonò e mi fiondai in macchina.
Ma chi
mai avrebbe immaginato che, lì, in
un’università come tante, avrei
incontrato il mio peggior, e miglior, incubo?
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Note
dell’autrice:
salve gente! Chiedo scusa
per l’enorme ritardo, ma ero in fase trasloco e solo oggi ho
avuto internet.
Bene, e’ entrato in ballo Robert, un po’ antipatico
forse, dipende dai punti di
vista. Ho scritto altri capitoli, quindi spero di poter postare al
piu’ presto
il prossimo.
Ringrazio
di cuore chi ha messo tra i preferiti questa storia e
tuti coloro che hanno letto senza recensire.
E
un ringraziamento speciale va a ElfoMikey, che ha recensito il capitolo
scorso: grazie grazie grazie! Stephanie e’ ispirata ad una
mia amica, una pazza
sclerata che e’ un fenomeno. L’azione piano
arrivera’! Grazie ancora per aver
recensito Honey! <3
CAPITOLO 2
Scesi dal taxi che portò me e Stephanie al college. Una
struttura marrone e…
enorme. L’unica che cosa che uscì dalla mia bocca
mentre facevo cadere le
valigie dalle mie mani fu: “Waw.” Occhi sgranati e
bocca spalancata.
“Mamma mia. Questo posto è…
wow!” Non feci caso alle persone che passando ci
fissavano, prendendoci per pazze. Bhè, in effetti guardare
quel posto come
bambine davanti a Disneyland non era proprio l’ideale. Dopo
un minuto di
contemplazione decidemmo che forse era meglio entrare.
Mi chinai e presi le valige poggiate sull’erbetta verde. Era
sera e l’intero
campus era illuminato da lampioni posti vicino a panchine e alla
piccola piazza
vicino alla fontana che si trovava poco lontano dall’entrata
principale. I
ragazzi uscivano, ridendo e scherzando. Sicuramente andavano in qualche
locale
per divertirsi e passare del tempo insieme. Altri camminavano
sull’erba,
parlando. C’erano anche delle coppie di fidanzati che,
tenendosi per mano,
camminavano nel silenzio, apparente, della sera.
Entrammo nella struttura e ci facemmo dare le chiavi delle nostre
stanze. Avevo
bisogno di dormire. Avevo bisogno di riposarmi dopo un giorno di
viaggio.
Guardai il numero della mia stanza: 1264.
Guardai quello della stanza di Stephanie: 1235.
“Dici che se chiediamo una stanza in comune ci
mangia.” Esordì poggiando una
borsa.
“Non credo. Prova.” Incalzò lei.
“Perché io? Prova tu.” Mi difesi.
“No. È stata una tua idea.” La fissai
per qualche istante. Sbuffai.
“Okay, ci proverò io.” Mi avvicinai alla
signora biondo platino dietro il
bancone scuro.
“Ehm… scusi, mi chiedevo se fosse possibile stare
in stanza con la signorina
Sparks.” Dissi indicano con pollice Stephanie. La signora,
che avrà avuto
all’incirca cinquant’anni, smilza, piena di rughe e
la pelle abbronzata dalle
lampade, si tolse gli occhiali guardandomi con sufficienza.
“Siamo al completo, cara. Se foste arrivate qualche giorno fa
c’era ancora
possibilità.” Avrei voluto replicare, ma non
volevo farmi nemici. Non era il
caso.
“Oh grazie comunque.” Dire che il mio sorriso fosse
finto, era poco.
“Di nulla cara.” Tornai all’istante seria
girando i tacchi. Incrociando lo
sguardo di Stephanie scossi il capo e lei sbuffò. Ci
dirigemmo insieme verso le
stanze. Dopo aver vagato per i corridoi poco affollati
riuscì a trovare la mia
stanza. Il sollievo che provai fu indescrivibile. Finalmente avrei
dormito, mi
sei riposata. Finalmente, si cominciava una nuova vita.
Aprì vittoriosa la porta della mia stanza e ciò
che trovai sul divano fu molto
imbarazzante.
Un ragazzo dormiva, con la bocca socchiusa, l’espressione
rilassata, i capelli
arruffati e… in boxer.
Sgranai gli occhi lanciando un grido per lo spavento. Lui scatto
all’istante
cadendo giù dal divanetto posto sotto al finestra. Si
guardò intorno e mi vide.
Dire che la sua faccia diventò rossa per la vergogna era,
davvero, troppo poco.
“E tu chi sei?” Chiese ancora seduto sul pavimento.
“Io ci devo vivere qui!” Sbottai irritata.
“Impossibile. Qui ci sono io.” Aggrottò
irritato le sopracciglia prima di
rialzarsi.
“Ti sarei grata se ti coprissi.” La mia voce era
piana di acidità che trapelò
senza vergogna.
“Sai, sapendo che sarei stato solo in camera non mi sono
preoccupato di certi
piccoli particolari.” Disse isterico aprendo
l’armadio accanto a un letto
sfatto.
“Ci deve essere per forza uno sbaglio. Io dovrei dividere la
stanza con una
ragazza.” Si infilò un paio di jeans. “A
meno che tu non abbia” Alzai le mani
per indicare delle virgolette “Doti nascoste.” Mi
fulminò con lo sguardo. Alzai
gli occhi al cielo e furiosa mi diressi al piano inferiore.
“Ehi aspetta!” Lo sentì urlare. Non mi
voltai e mi diressi a grandi passi vero
la signora all’entrata.
“Mi sa che c’è stato un
errore.” Sbottai distogliendo la sua concentrazione
dalle parole crociate.
“Io non ci sto in camera con una ragazza!” Lo
sentì di fianco a me. Lo
intravidi con al coda dell’occhio, sentì la sua
voce vicinissima, potei
avvertire il profumo delicato del suo dopobarba. Mi voltai fissando per
una
attimo il suo profilo.
“Io non posso stare in stanza con questo!”
“Ehi!”
“Zitto!” Sbottai più acida che mai.
“Voi due! Basta!” La donna si alzò dalla
sedia puntandoci un dito contro. “Sono
gli ultimi posti liberi. A meno che qualcuno non se ne vada da qui, voi
siete
costretti a convivere. Non voglio sentire repliche. Non voglio sentire
i vostri
lamenti. Non vi voglio nemmeno sentirvi fiatare. Capito? Ed ora, cari,
sono
stanca e vorrei tornare su quella sedia e vorrei anche che voi ve ne
andaste.
Grazie.” Sgranai gli occhi sorpresa da tale risposta. La
donna si rimise gli
occhi sedendosi sulla sedia girevole di tessuto rosso.
Sentì la rabbia crescere e, voltandomi di scatto, mi diressi
verso la prima
rampa di scale disponibile.
Sentì i suoi passi dietro di me. Lo sentì
sbuffare. Entrai in camera con una
tale furia da far sbattere la porta al muro, nel momento in cui la
spalancai, e
scheggiare il muro bianco.
“Ehi faresti meglio a star calma.” Mi voltai
fulminandolo con gli occhi.
“Bene.” Esordì. “Questa
è la tua parte di stanza.” Dissi marcando con il
dito
una linea immaginaria sul pavimento. Mi guardò inarcando un
sopracciglio. “Non
superarla.” Conclusi seria.
“Altrimenti cosa fai? Mi cacci?”
“No. Voli dalla finestra.” La sua espressione
sarcastica si tramutò in rabbia.
“E ti sarei grata se ora stessi zitto e mi facessi andare a
letto.” Dissi alzando
l’indice. Mi guardò esterrefatto. Mi voltai per
sistemare la mia roba. Presi
infine spazzolino e asciugamano dirigendomi verso il bagno. Avrei
voluto farmi
una doccia ma era troppo stanca e probabilmente mi sarei addormentata
sotto l’acqua.
Quando uscì, nel buio della stanza, lo vidi seduto sul suo
letto con il viso
illuminato dai raggi lunari. Era assorto nei suo pensieri e non mi resi
conto
di quanto il suo viso mi fosse familiare e di quanto fosse, in un certo
qual
modo, affascinante. Feci un passo guardando il pavimento. Con al coda
dell’occhio lo vidi alzare il capo.
Forse ero stata troppo brusca. Forse non avrei dovuto reagire in quel
modo. In
fondo aveva ragione. Se li era stato detto che sarebbe stato da
solo… ma io ce
l’avevo con la signore rugosa al piano di sotto. La
conversazione che avevamo
avuto in presenza di Stephanie mi aveva di certo inacidita.
“Ehm…” Mi sedetti sul letto dopo aver
riposto nel beauty nel mie cose. “Forse
non avrei dovuto reagire in quel modo. Ecco, volevo innanzitutto
scusarmi per
la tremenda acidità e maleducazione. Forse siamo partiti col
piede sbagliato.”
Alzai la sguardo che fino a quel momento era fisso alla finestra e, al
buio,
incontrai due occhi chiari come il cielo in primavera.
“Forse.”
“Sono Audry Morel. Tu…” Sussurrai dopo
essermi infilata sotto le lenzuola.
“Non hai davvero capito chi sono?” La sua voce era
calda e bassa.
“Dovrei?” Chiesi confusa.
“No. Mi chiamo Robert. Robert Pattison.” E nel buio
delle notte, in quella
piccola stanza mi lasciai cullare dal suo respiro, che tranquillo mi
aiutò a
scivolare nel mondo dei sogni.
Quando la mattina mi svegliai ci misi un po’ per mettere a
fuoco la stanza e
ricordare dove fossi. Poi proprio mentre il sole, debole, filtrava
dalle
persiane semichiuse, ricordai ciò che la sera prima era
accaduto. Voltai la
testa e lo fissai. Era steso con un braccio dietro la testa.
L’espressione
rilassata di chi dorme, le labbra socchiuse. I suoi lineamenti erano
familiari
e all’inizio non capì perché.
Mi alzai e camminai a piedi nudi sul pavimento fresco dirigendomi in
bagno:
avevo bisogno di una doccia. La stanchezza del giorno prima era sparita
dopo
una lunga e rilassante dormita.
L’acqua calda scivolava sul mio corpo dalla pelle bianca,
portava con se alcuni
dei pensieri che mi affliggevano, in primis: mamma. Riuscì a
non pensare a lei
nemmeno quando uscì e mi avvolsi il corpo con un asciugamano
verde. Il mio
colore preferito. Asciugare la grande massa informe che avevo al posto
dei
capelli era quasi impossibile. Evitai con cura di guardarmi allo
specchio. Ero
piuttosto anonima come ragazza. Capelli rame, occhi verdi, viso
sottile. Alta
all’incirca un metro e sessanta, volendo essere generosi. Lo
specchio, possiamo
dire con fermezza, era il mio peggior incubo. Ma alla fine del mio
aspetto
fisico non mi interessava più di tanto. Il non passare ore a
truccarmi o a
scegliere i vestiti era un esempio lampante.
“Oh no.” Sussurrai non appena mi resi conto di aver
lasciato i vestiti sul
letto sfatto. “No no no.” Aggiunsi petulante. Mi
sarebbe toccato uscire dal
bagno. Entrare nella stanza. Nella stanza dove dormiva quel ragazzo.
Uscire con
solo un asciugamano addosso. Sospirai rassegnata e avvicinai
l’orecchio alla
porta di legno chiaro per cercare di capire se stesse dormendo ancora.
Non
proveniva alcun rumore.
Lentamente aprì la porta sbirciando. Lui era ancora steso,
nella stessa
posizione di prima. Sospirai di sollievo. In punta di piedi, nel
massimo del
silenzio, mi diressi verso il letto cercando di fare il meno rumore
possibile e
quindi evitare di svegliarlo. Afferrati i vestiti mi diressi verso il
bagno.
Afferrai la maniglia.
“E’ inutile tanto ero sveglio.” Mi voltai
di scatto spaventata, come colta con
le mani nel sacco. “Ho il sonno leggero. Carina con i capelli
bagnati.” Aggiunse
mentre io sgranavo gli occhi. Non dissi nulla, rossa in viso mi limitai
a
chiudermi nel bagno, senza smettermi di darmi della stupida e
dell’idiota.
Bussò alla porta.
“Ehi guarda che mi serve il bagno.” Dopo qualche
minuto aprì la porta asciutta
e vestita. Era seduto sul letto con lo sguardo perso nel vuoto e i
capelli
arruffati.
“Si, buon giorno anche a te.” Nella mia voce
avvertì una nota d’acidità e
sperai che non se fosse accorto. Non mi andava di litigare a
quell’ora del
mattino. Si alzò e solo allora mi resi conto di quanto fosse
alto.
“Certo, certo. Buon giorno.” E senza degnarmi di
uno sguardo si diresse in
bagno. Il tono con cui mi rispose sgonfiò tutte le mie buone
intenzioni. E io
che cercavo di essere gentile. Di certo, dopo quello, non gli avrei
reso al
convivenza una passeggiata. Sentì la rabbia salire mentre a
gran passi mi
dirigevo verso il letto. Sistemai la mia roba e uscì dalla
camera sbattendo la
porta con violenza. Lo sentì imprecare qualcosa, senza
capire cosa a causa
della spessa porta di legno.
Mi diressi verso la camera di Stephanie.
“Io non lo sopporto! Io non lo tollero.”
“Come?” Guardai due ragazzi dai capelli rossicci
guardarmi in cagnesco.
Diventai rossa in viso per la vergogna.
“Ehm. Ops, ho sbagliato stanza.” Sussurrai
chiudendo in fretta la porta. Era la
stanza 1634.
Feci qualche passo.
Stanza 1635.
Cercai un momento di cacciare indietro la penosa figuraccia di qualche
secondo
prima, vergognandomi ancora di più. Aprì la porta.
“Io non lo sopporto! Io non lo tollero!” Ripetei.
“Ma chi sei?” Una ragazza dai capelli neri e ricci
mi fisso’ stralunata ancora
nel mondo dei sogni. Balbettai delle scuse mentre Stephanie si metteva
in piedi
e mi guardava sbadigliando.
“Jane, perdona il suo stato mentale
ma, poveri ha subito un trauma qualche anno fa. Continua a
dormire.” La ragazza
annuì col capo e si rimise a letto. Con la mano feci segno a
Stephanie di
uscire. Seguì gli ordini.
“Il mio stato mentale è
impeccabile.”
Sibilai.
“Sarà meglio per te avere una scusa plausibile.
Nessuno osa svegliarmi in
questo modo.” Mi fulminò con lo sguardo.
“Lo sai bene.”. Alzai gli occhi al
cielo. Particolarmente irascibile.
“Il tizio con cui divido la camera!”
“Tizio?” Chiese confusa trovando, d’un
tratto interessante la conversazione.
“Si si. Un tizio assurdo!” Agitavo le ani in aria
come un’ossessa.
Fortunatamente fra i corridoi non si aggiravano persone o mi avrebbero
presa
per pazza.
“Aspetta. Non è una ragazza? E’ un
ragazzo?” Chiese aggrottando le
sopracciglia.
“Si Stephanie. E’ un ragazzo. Sai il sesso opposto
a nostro!”
“Ma non è possibile!” Alzai gli occhi al
cielo irritata. Lo sapevo anche io che
non era possibile. Eppure…
“Sai la signora al piano di sotto no? Bhè, non ci
sono più posti, quindi, devo
dividere la stanza con un essere che
non fa altro che farmi innervosire ogni secondo. E’
irritante.” Continuavo a
gesticolare e a muovere la braccia. Stephanie me le bloccandomele lungo
i
fianchi.
“Stai tranquilla. Respira. Ci devi solo dormire
lì. Puoi studiare in
biblioteca, no?”Annuì inerme. Poi scoppiai a
ridere.
“Cosa c’è ora?” Chiese
allontanandosi.
“Nulla… i tuoi capelli.” Si
voltò verso la finestra vendendo la sua sagoma
riflessa.
“Oddio!” Esclamò scioccata da se stessa.
“Sembro… sembro…”
“Tua nonna.” Dissi ridendo e trovandomi dopo alcuni
secondi piegata in due
dalle troppe risate.
“Mia nonna!” Scossi il capo. Fortuna che
c’era lei.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Note
dell’autrice: come
avevo promesso, non e’
passato molto prima di postare. Fortunatamente il capitolo era
gia’ pronto,
come i prossimi due.
Cerchero’ di essere il piu’ veloce possibile nel
postare, quindi nello
scrivere.
In questo capitolo ci sara’ un nuovo personaggio e spero vi
piacera’, anche se
ho i miei dubbi.
Fatemi sapere come vi sembra!
Ed ora… ENJOY!
CAPITOLO III
“Le regole
sono tre:
studia, divertiti e fatti gli affari tuoi.” Eravamo sedute al
tavolo del pub
dell’ università. La compagna di stanza di Steph
ci aveva, in un certo qual
modo, preso sotto la sua protezione. Era all’ultimo anno,
vicino alla laurea e
al nostro secondo giorno di permanenza li ci stava dando qualche
dritta.
Il locale era abbastanza grande, tavoli sparpagliati, musica in
sottofondo, un
grande bancone che il pomeriggio fungeva come punto di ristoro e di
sera luogo
per prendere da bere, a quanto mi era stato spiegato. Il bancone era di
vecchio
legno, logoro e consumato, ma aveva qualcosa di affascinate. I muri
erano di un
giallo chiaro che rendeva l’atmosfera luminosa anche con
poche piccole
finestre. Presi a sorseggiare la mia aranciata dopo aver addentato un
pezzo del
mio panino.
“Ovviamente chi vuole può chiedere di lavorare
qui, ma la fila è talmente lunga
e al posto vostro non pensieri nemmeno di prendere in considerazione
l’idea.”
“Non pensavo di farlo.” Dissi scuotendo la testa
prima di ingoiare un altro
boccone.
“Bene. Ci ho provato un anno e non e’ bello. Rimani
qui fino a tardi, se ti
capita il turno serale, e ti perdi tutte la feste.” Scosse la
testa inorridita
al solo pensiero. Risi, debolmente.
“Però se volete guadagnare qual cosina in
più senza muovervi dalla struttura,
bhe, potete provare in biblioteca. Lì non ci vuole lavorare
mai nessuno. Alzai
di colpo il capo.
“Biblioteca?” Annuì col capo.
All’istante mi si illuminarono gli occhi e con la
coda dell’occhio vidi Stephanie alzare gli occhi al cielo.
“A chi devo chiedere?” Jane la ragazza di fronte a
me mi guardò con aria
perplessa.
“Alla signora Darcy.” La guardai. Scosse il capo.
Chi era la signora Darcy?
“La bionda all’ingresso.” Spalancai gli
occhi. Non era possibile. Non lei.
Sbattei le palpebre qualche volta e sentì ridere Steph.
“Lei?” Chiesi balbettando.
“Cosa le hai fatto di male?” Sussurrò
Jane. Mi guardai intorno con aria
innocente.
“Io nulla.” Mi difesi e mi resi conto che la mia
voce era particolarmente
stridula.
“Sei strana Audry Morel. Molto strana. Solitamente
è gentile con tutti.”
Incredula seguì Jane e Stephanie in biblioteca. Da sola mi
diressi dalla
signora Darcy. Acida, come mi si era mostrata precedentemente mi diede
il
lavoro in biblioteca. Fra un libro e l’altro, fra un aiuto e
l’altro potevo
anche studiare. Sarebbe stato… rilassante.
Stranamente riuscì a evitare il mio compagno di stanza, la
notte andavo a
dormire presto e lui rientrava tardi, al mattino stessa identica scena.
Forse
tutto era tremendamente facile perché anche lui evitava me.
In questo li ero
molto grata. Steph, che si era adattata benissimo al luogo e alle
persone, a
differenza di me, non era ancora riuscita a inquadrare il mio compagno
di
stanza e ne ero felice. Se li fosse andato a genio? Se li fosse stato
simpatico
come, quasi, tutti lì dentro? Sarebbe stata una tragedia,
perche- lo avrei
dovuto vedere più spesso del solito e non andava bene, nel
modo più assolto
dovevo stare alla larga da lui.
Quattro giorni dopo la mia chiacchierata con Jane presi a lavorare in
biblioteca.
Avevo sempre amato i libri, sempre adorato leggere. Nonostante fossi un
genio
in matematica me l’ero sempre cavata egregiamente in lettere.
Cosa che
ovviamente non avevo ereditato da mia madre. Lei era un
tipo… leggero.
Dopo aver seguito la mia prima lezione chi biologia all’ora
di pranzo scesi in
biblioteca dove addentai il mio panino. Fra un morso e
l’altro presi a
sistemare dei libri di Wilde. Di tanto in tanto ne sbirciavo il
contenuto.
Stavo scendendo dalla scala che mi serviva per raggiungere li scaffali
più
alti, quando circa al quarto scalino, scivolai travolgendo qualcuno.
“Maledizione mi stai schiacciando.” Mi alzai di
corsa chiedendo scusa e
aiutando il ragazzo che avevo pestato.
“Perdonami perdonami.” Supplicai. Era un ragazzo
piuttosto alto con i capelli
nero corvino e occhi nocciola. Mi fisso un istante negli occhi.
“Tranquilla. Non preoccuparti.” Disse guardando per
terra. Sorrise tornando a
guardare il mio viso.
“Mark Clever.” Disse porgendomi una mano.
“Audry Morel.” Dissi stringendola. Ci guardammo per
qualche istante.
“Scusami ancora.” Sussurrai rossa in viso.
“Nah, non e’ la prima volta. Sai solitamente amo
farmi schiacciar da ragazze
carine.” Alla larga! Gridava una vocina nella mia testa. Ma
in fondo, chi segue
mai la propria coscienza?
“Studi qui?” Chiesi senza pensarci.
“Si. Seguo lingue. Tu suppongo di si.” Dire che la
mia domanda era stupida, era
fin troppo poco.
“Biologia.” Dissi in un risolino.
“Primo anno suppongo, non ti ho mai vista qui.”
Annuì energicamente col capo.
“Il tuo nome non è… di dove
sei?”
“California. Long Beach. I miei sono francesi.”
“Ecco spiegato il nome.” Disse sorridendo,
mostrando denti bianchissimi e
perfetti.
“Mark!” Una voce maschile poco familiare lo chiamo.
Lui alzò gli occhi al cielo
sospirando.
“Arrivo!” Urlò voltando appena la testa.
Poi tornò a guardare il mio viso.
“E’ stato un piacere conoscerti Audry. Un vero
piacere. Spero di rincontrarti
ancora.” E strizzandomi un occhio si allontanò.
“E’ stato un piacere anche per me!” Dissi
alzando la voce di un’ottava in modo
che mi sentisse. Mentre accelerava il passo, alzò una mano
in segno di saluto.
Erano
circa le otto quando rientrai in camera, circa mezz’ora prima
la
biblioteca era stata chiusa. Avevo un urgente bisogno di una doccia per
togliere via la polvere che sembrava essersi attaccata alla mia pelle
come
colla. A quanto pareva nessuno faceva visita a quelli scaffali da
tempo.
Sospirai mentre giravo la chiave nella serratura. La luce era accesa.
Notai
subito i vari fogli sparpagliati sulla moquette, i libri sul piccolo
tavolo, la
finestra spalancata, Robert seduto a gambe incrociate sul pavimento con
un
grande libro sulle gambe, una matita dietro un orecchio. Distrattamente
mentre
leggeva mordicchiava il tappo di una penna.
Alzò
lo sguardo fissandomi per qualche secondo.
“Ciao.”
Sussurro prima di ritornare al suo libro. Risposi al saluto e posai la
borsa sul letto attenta a non dare fastidio e soprattutto a non
parlargli. Mi
diressi verso l’armadio e aprendo l’anta feci
cadere una scarpa. Sobbalzai e mi
voltai verso Robert. Aveva gli occhi chiusi e le narici dilatate, le
labbra
contratte in una smorfia.
Non dissi
nulla.
“Ti
sarei grato se evitassi qualsiasi movimento che causi rumori
eccessivi.” Sibilò.
“Certo.”
Farfugliai. Presi la mia roba e mi diressi in bagno chiudendo la
chiave.
L’acqua
calda scendeva sul mio colpo. Riuscì a calmarmi e a
rilassarmi.
Pettinai il groviglio di capelli bagnati e lasciandoli umidi
pulì il bagno,
togliendo la mia roba. Robert aveva lasciato la finestra aperta
rinfrescando la
stanza, così optai per una tuta, invece dei soliti
pantaloncini e canotta che
usavo per dormire.
Sgranai
gli occhi.
La porta
non si apriva.
La porta
era bloccata.
Cercai di
non entrare nel panico.
“Aiuto!”
Gridai nel totale panico. In bagno diventò sempre
più piccolo,
stretto.
“Robert!”
Gridai sbattendo in pugni sulla porta.
“Che
c’e’? Chiese irritato.
“Sono
bloccata! La porta non si apre! Aiutami!”
“Gira
la chiave no?” Mi fermai all’istante. Li sembravo
per caso una cretina?
“Ovvio
che l’ho girata!”
“Esci
dalla finestra.” Rispose ovvio.
“Ma
saremo almeno a dieci metri d’altezza!” Lo
sentì sbuffare e dei passi si
avvicinarono alla porta.
“Sicura
di aver girato la chiave? Magari…”
“Si
che l’ho girata la chiave!” Cominciavo a sudare
freddo. Quel posto stava
diventando troppo piccolo.
“Robert
sono leggermente claustrofobica!” Urali nel panico mentre lui
tirava la
porta cercando di capir se non fosse solo colpa mia.
“Allora
facciamo così: tu spingi e io tiro.”
“Okay,
okay.” Poggia le mani sul legno e comincia a spingere.
“Sicura
di spingere?”
“Sicuro
di tirare?” Sbuffai.
Alcuni
minuti dopo eravamo ancora allo stesso punto.
“Forse
dovrei chiamare qualcuno.” Disse.
“Ma
non mi…” Non feci in tempo a finire la frase che
la porta di scatto si aprì.
Lui si allontanò di scatto ma io non potei fare a meno di
fermarmi finendo così
su di lui. Due in un giorno.
Il mio
viso a poche spanne dal suo. Rimasi pietrificata, non riuscivo a
muovere
nemmeno un muscolo.
“Ti
sarei grato che evitassi di rompermi le ossa.” Disse
sarcastico. Pesavo
appena sessanta chili.
Mi alzai
velocemente scusandomi e, ovviamente, ringraziandolo.
“La
prossima volta sta più attenta.”
Sussurrò. Annuì col capo diventando probabilmente
rossa.
“Mi
dispiace.” Due in un giorno. Che fenomeno.
Schioccò la lingua. Sorrisi e
prendendo un libro mi sedetti a gambe incrociate sul letto.
“Chimica.”
“Sei
qui per biologia?” Lo guardai confusa.
“Si.
Come hai…?”
“Chimica,
biologia, algebra... i tuoi libri parlano da soli.” Bhe
effettivamente il mio letto ne era sempre pieno, ma non credevo avesse
dato una
sbirciata.
“Tu?”
Chiesi e quasi avevo paura che mi rivoltasse contro, che rispondesse in
malo modo, come spesso succedeva fra di noi, in quei pochi attimi in
cui
parlavamo.
“Architettura.”
Sgranai gli occhi incredula.
“Cosa
c’e’?” Sussurrò.
“Nulla.”
“Si
è abbastanza complicato.” Rispose alla domanda
che, probabilmente, era
scritta a caratteri cubitali sul mio viso.
“A
che anno sei?”
“Ho
ripreso il secondo.” Aggrottai le sopracciglia.
“Presumo
tu abbia… vent’anni?”
“Ventitré.”
Aspettai che continuasse, ma non disse nulla. Ciò mi
convinse a non
insistere.
“Tu?”
Continuò dopo un po’. Alzai lo sguardo dal libro e
incontrai il suo
sguardo. I suoi occhi, illuminati dalla fioca luce della stanza erano
verdi e
limpidi. Difficile non perdercisi. Deglutì cercando di
trovare le parole che
d’un tratto erano sparite.
“Diciannove.”
Risposi con voce spezzata. Ma
che ti prende?
Ritornò
al suo libro e io al mio. Per il resto della serata nessuno dei due
disse una parola. Ci tenemmo compagnia silenziosamente mentre
studiavamo.
Guardavo di tanto in tanto la sua espressione assorta, il modo in cui
mordicchiava la penna, l’espressione contratta tipica di chi
pensa. Il modo in
cui si passava la mano fra i capelli arruffati, un gesto semplice e
involontario. Lo osservai anche quando, poggiando il viso su una mano,
cominciò
a disegnare assorto. Poi le palpebre mi si fecero pensanti.
Silenziosamente,
senza nemmeno guardare che ora fosse, chiusi il libro poggiandolo sul
comodino
e infilandomi sotto le coperte. Mi guardò con la coda
dell’occhio.
“Buona
notte Audry.” Chiusi gli occhi voltandomi su un fianco, verso
il muro al
quale era poggiato il letto.
“’Notte
Robert.”
*
ElfoMikey: ciao bella! Grazie, grazie
di tutto! Per la recensione, per l’appoggio… per
essermi amica! Sono contenta
di sapere che ti sia piaciuto il capitolo, tantissimo! Audry piace
tanto anche
a me! Un mio personaggio che finalmente mi piace! Tu adori le mie
storie? Bhe’,
io adoro te!
narcissa82: ciao! Grazie,
davvero non so che dire! Sono contenta che ti piaccia il mio modo di
scrivere
(anche se a me non tanto). Scrivere in prima persona pero; mi piace
molto,
soprattutto perche’ mi diverte e riesco a descrivere con
piu’ facilita’ quello
che sente il protagonista. Grazie per aver messo al storia fra i
preferiti,
grazie infinitamente! Per me e’ davvero importante. Alla fine
non hai dovuto
aspettare molto, no? XD
violae: salve! Si Aurdry mi
piace molto e su Robert non mi esprimo *_* Sono felice di sapere che ti
abbai
divertito! Spero ti sia piaciuto questo capitolo! Grazie per aver
recensito,
grazie mille!
Picci151: ciaoooo! Sono
contenta tu l’abbia scoperta e sono contenta che ti sia
piaciuta! Io m diverto
a scriverla e sapere che diverte anche gli atri e’ una cosa
bellissima! Grazie
per aver recensito e spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! XD
doddola93:
ciao! Alla fine lo hai letto! Sono contenta di sapere che ti piaccia!
Come sai adoro il tuo modo di scrivere e sono felice che ti sia
piaciuta la mia fic! Fammi sapere che ne pensi di questo capitolo!
Mille grazie, davvero!
Grazie anche a tutti
coloro che
leggono senza recensire e chi ha aggiunto la storia fra i preferiti!
Alla prossima! Baci, Panda.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Note
dell’autrice:
eccomi qui gente. Ancor in
ritardo per la stupida connessione che non reggeva e l’odioso
computer che per
una settimana è entrato in come, ma ora, finalmente,
è tutto sistemato!
Per il piacere di un genietto, non faccio nomi, Daiana, oggi ho
postato.
Allora, qualcosa, anche se piccola, in questo capitolo succede. Non
anticipo
nulla e lascio a voi il “divertimento”.
Ed
ora… Enjoy!
CAPITOLO
IV
Mi
sembra uguale a un dio
l’uomo che siede
di fronte a te e ascolta da vicino
il dolce mormorio della tua voce
ed il tuo riso
che accende il desiderio. Io sento il cuore
scoppiarmi in petto: basta che ti guardi
per un istante, e non esce un solo
filo di voce,
ma la lingua si spezza e un fuoco scorre
sottile per le membra e un’ombra scende
fitta sugli occhi e rombano di cupo
suono le orecchie,
e m’inonda un sudore freddo, un tremito
mi scuote tutta, e sono anche più pallida
dell’erba e sento i passi delle morte
che s’avvicina.
Ma tutto è sopportabile giacché….
Saffo
poetessa greca, VII sec. a. C.
Mi
svegliai la mattina dopo straordinariamente riposata.
Durante i giorni successivi le mie giornate funzionavano
così: al mattino
lezioni, pranzo, lezioni, biblioteca, studio. La parte più
difficile, chissà
per quale motivo, era rappresentata dalla sera. Quasi ogni giorno,
eccetto
feste del campus a cui decideva di partecipare, Robert e io ci facevamo
compagnia con lunghi silenzi, mentre cercavamo di assimilare
ciò che veniva
spiegato durate le lezioni. Non volevo trovarmi troppo lavoro per gli
esami.
Preferivo fare tutto e per bene. Puntavo al massimo,
d’altronde.
Avevo legato con qualche persona, oltre a Stephanie vedevo anche Jane e
una
ragazza conosciuta in biblioteca, Caroline. Di tanto in tanto mi
imbattei anche
in Mark.
Quella mattina ero in biblioteca, tutto era calmo, e non
c’era molto lavoro da
fare, così approfittai per leggere uno dei tanti libri che
erano li. Ero seduta
a gambe incrociate sulla moquette rossa, appoggiata con la schiena ad
uno
scaffale di legno scuro e massiccio.
“Audry! Non indovinerai mai!” La voce di Stephanie
mi fece sobbalzare e si
sedette accanto a me.
“Cosa? Ha trovato il punto dove fare il tuo fantasmagorico
tatuaggio?”
“No, non ancora, anche se…”
“Arriva al sodo.” Si avvicinò al mio
orecchio coprendosi la bocca con un mano.
“Guarda che siamo sole. Non c’e’
nessuno.” Non prese in considerazione in mio
suggerimento.
“Mi hanno detto che al campus abbiamo un attore!”
Sussurrò eccitata.
“Ah. Ma cosa devi dirmi?” Si allontanò
fulminandomi con lo sguardo. Mi diede un
scappellotto.
“Sei un’idiota!” Mi massaggiai il punto
colpito che cominciava a pulsare.
“Ahi.” Mugolai.
“Era quello.”
“Oh.” La guardai confusa.
“Non sei eccitata all’idea?” La fissai
per un breve istante. Scossi convinta il
capo.
“Morel tu sei strana forte.” Sussurrò
sgranando gli occhi.
“Me lo dicono in tanti.”
“Non sono riuscita a capire come si chiamasse
però. Ho sentito delle ragazze
parlarne, ma non hanno fatto nomi e poi lo hanno indicato, era su una
panchina.
Un gran bel tipo se devo essere sincera, e si sa ho dei gusti difficili
ma
quando si tratta di…” Si sedette accanto a me, la
schiena poggiata agli
scaffali, le gambe distese.
“Certo, certo.” La interruppi.
“Però ero in ritardo per cui non sono rimasta ad
ammirarlo. Devo averlo visto
da qualche parte. In un film intendo, ma non ricordo quale.”
“Per cosa eri in ritardo?”
“Il pranzo!” Ridacchiai scuotendo il capo. Non
sarebbe cambiata mai e quella
consapevolezza mi rendeva felice.
“Come va con il tuo amico?” Chiese esaminando il
libro che mi aveva rubato
dalle mani.
“Quale?”
“Il tuo compagno di stanza.” Disse dando una
sbirciata alla prima pagina.
“Oh, lui. Bhe’, direi… normale. Non ci
parlo molto e poi la nostra è
un’antipatia reciproca. Andiamo d’accordo solo la
sera, quando dobbiamo
studiare.” Borbottò qualcosa ma non
capì nulla.
“Speri ancora in un’altra stanza?”
“Sempre.” La sentì sospirare.
“Hai bisogno di uscire.”
Odiavo fare in bucato. Odiavo dover aspettare davanti ad una lavatrice
in
attesa che tutto venisse lavato.
Ero intenta a guardare i vestiti girare velocemente
nell’acqua, assorta nei
miei pensieri, riguardati un’ennesima volta, mia madre.
Quella mattina avevo ricevuto una sua chiamata. Ovviamente durante il
suo
soggiorno in Florida si era limitata a brevi messaggi vocali, in
segreteria.
Solo due volte. Dopo circa tre gironi dal suo ritorno a Long Beach
ricevetti la
sua prima vera chiamata, durata cinque minuti.
Ora devo scappare piccola, ti chiamo
presto. Ti voglio bene. Furono le sue parole che si
riappendere. Non avevo
avuto il tempo di salutarla.
“Morel.” Non mi voltai, sapevo già chi
era.
“Clever.” Gli sorrisi mentre poggiava la cesta
della biancheria si una
lavatrice, senza staccare lo sguardo dal mio.
“Come stai?” Chiese aprendo la portella.
“Bene, anche se terribilmente stanca. Tu?”
“Bene, direi.” In silenzio, per i minuti
successivi, mise la sua biancheria in
lavatrice. Dopo si sedette sulla poltroncina accanto alla mia.
“Allora, Audry… che si dice da quelle
parti?” I suoi occhi nocciola si
illuminarono all’istante.
“Bhe’… studio, biblioteca,
libri.”
“Non esci mai?” Chiese titubante.
Deglutì.
“Direi di… no.”
“Mmm.” Lo vidi riflettere un momento.
“Stasera in un locale c’e’ della musica
dal vivo. Ti andrebbe di… venire con me? Ho un amico che
suona li e insomma…”
“Certo.” Non gli diedi nemmeno il tempo di finire.
Se fossi uscita Steph non mi
avrebbe dato il tormento. Mi sembrava buono come piano.
“Alle otto all’ingresso?”
Annuì sorridente.
Ma il motivo era davvero Staphanie?
Tornai in camera che erano circa le sette. Robert non era in camera, il
letto
intatto. La sua roba sistemata.
Dopo essermi fatta una doccia, asciugata i capelli rame, mi misi
qualcosa di
semplice, che sembrava potesse andar bene. I miei soliti jeans
scoloriti, una
camicetta blu. I capelli che in dolci onde ricadevano sulle spalle.
Esci con un ragazzo? Le parole di
Stephanie non abbandonavano la mia testa, la sua voce non cessava.
Sbuffai,
mentre mi infilavo la giacca e la grande borsa di cuoio a tracolla.
Feci un respiro profondo e mi diressi giù per le scale. Mark
era già li,
all’entrata.
“Sono in ritardo?” Chiese cordiale. Consapevole di
essere stata precisa come un
orologio svizzero.
“Oh no, ero in anticipo. Waw… sei…
carina.” Disse deglutendo rumorosamente.
Sorrisi ancor di più, lusingata dal suo comportamento.
“Andiamo?” Chiesi. Annuì col capo e
uscimmo dalla struttura.
Salimmo sulla sua auto, nera e tirata a lucido. Piccola, ma spaziosa
all’interno. Durante il piccolo viaggio, parlammo del
più e del meno, senza
discorsi impegnativi. Mi disse che era di New York, ritrovatosi
lì per colpa di
un amico. Parlammo principalmente di lui, non amavo parlare di me, era
una cosa
che mi risultava particolarmente difficile e angusta. Sembrò
non capirlo.
Quando arrivammo nel locale erano quasi le nove, forse. Non era molto
affollato, nell’aria aleggiava un odore di alcool e fumo. Un
piccolo palco era
improvvisato in fondo alla stanza, su di esso degli strumenti e un
piano forte,
nero, lucido. Dei tavoli era disposti in maniera ordinata e il
pavimento di
legno, che scricchiolava ad ogni mio passo, era opaco, a differenza del
lucido
bancone che si trovava della parete frontale all’entrata. La
luce era debole,
creava un’atmosfera… intima. Il mormorio delle
persone faceva da sottofondo ai
miei pensieri.
“Facciamo così: tu scegli un tavolo mentre io
prendo da bere. Cosa preferisci?”
Ci pensai un momento.
“Birra, direi.” Annuì e si allontano
accarezzandomi un braccio. Scelsi un
tavolo, aggirandomi fra di essi, nell’angolo, tranquillo, la
fila più esterna.
Mi tolsi la giacca. E mi voltai per vedere Mark. Lo vidi parlare con
qualcuno,
un ragazzo castano di spalle. Intravide il mio sguardo e scusandosi,
prese i
due bicchieri e si diresse verso di me, sorridendo.
“Ecco a te. Fra un po’ dovrebbe
cominciare.”
“Grazie.” Bevvi un sorso, scese fredda e
ghiacciata. Sentì la gola congelarsi.
“Che musica fanno?” Chiesi poggiando i gomiti sul
tavolo, tenendomi il viso con
la mani.
“Mah, un po’ di tutto. Non so di preciso cosa,
oggi. Molte volte sono solo
improvvisazioni, ma quelle, bhe’, vengono fatte al piano e
sono… davvero
rilassanti.”
“Vedremo.” Dissi. Era facile stare con lui.
Semplice. Era di buona compagnia e
si poteva parlare tranquillamente senza essere a disagio. Proprio come
mi
capitava per Stephanie.
Parlammo ancora, questa volta delle sue band preferite. Avevamo gusti
differenti. Lui amava le pesanti chitarre, i ritmi veloci e feroci
delle
batterie. Io amavo le chitarre veloci e leggere, il tamburellare
leggero della
batterie, il suono cupo e forte dei bassi. Io ero
più… soft, in un certo qual
modo. Ma non sgradivo di certo alcuni pezzi che lui amava tanto. La
musica
classica, che lui sembrava odiare. Ero talmente presa dalla
conversazione, come
anche lui, che non ci rendemmo conto del ragazzo che si
posizionò davanti al
piano nero. Non notai i suoi sguardi fugaci e furtivi sul piccolo
pubblico. Sentì
dolci e lente note librarsi nell’aria, avvolgermi, entrarmi
dentro, fino a
fondersi con le mie ossa.
Alzai lo sguardo ammaliata, da tanta bellezza. Vidi il suo corpo
snello, seduto
sullo sgabello. La testa china e concentrata, le labbra serrate, la
mani che
lente si muovevano sui tasti d’avorio. Incrociai il suo
sguardo perplesso
quando alzò il capo. Sgranò gli occhi. Le labbra
si dischiusero appena, come
per dire qualcosa ad un immaginario microfono.
“Bravo eh?” Non risposi alla domani di Mark. Non
avevo la forza. Fissavo il suo
viso, la sua espressione che dalla sorpresa si tramutava in…
rabbia?
*
Doddola93:
Genio! Sono felicissima che tu abbia letto! I tuo parere sta
davvero diventando importante! Che dire? Mark probabilmente dopo questo
lo odi,
ma non e’ colpa mia! E’ colpa loro! Inserirti nella
storia… mmm… interessante.
Sono contenta che Audry ti piaccia come personaggio, la mia fantasia ha
qualche
possibilita’ forse! Spero la scena finale ti sia piaciuta,
per me e’ davvero
importante! *.* Grazie, grazie mille! A presto bella!
Dea1907: ciao! No, il film non
l’ho
mai visto. Mark perfido? Vedremo… spero ti sia piaciuto
questo capitolo! XD
Narcissa82: ciao! Waaaaa! Sono
contentissima di sapere che il capitolo ti è piaciuto, non
sai quanto! Spero ti
sia piaciuto anche questo. La fine l’ho lasciata in sospesa e
sarà ripresa nel
capitolo successivo che è già pronto! A presto!
Picci151: Mark? Mark… non
è così
male dai! Nel prossimo saranno svelati alcuni tuoi dubbi. Davvero te lo
vedi
architetto? Mmm… ci ho preso allora! XD
Last_Sunrise: ciaoooo! Sono contenta
tu abbia recensito! Davvero ti piace? Ecco a te il capitolo! Grazie,
grazie
mille!
ElfoMikey: mio mostriciattolo!
Robert carino… forse si, forse no… lo scoprirai!
Davvero ti è piaciuta la prima
frase? *_* Grazie, grazie di tutto! <3
Pucciat_: salve! La trovi originale?
Grazie, davvero, non so cosa dire! Ci tengo molto a questa storia,
davvero tanto!
Il loro rapporto conflittuale mi piace, strano ma vero. Forse
l’unica cosa che
mi convince realmente. A presto, e grazie mille!
A
voi,
Panda.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Note
dell’autrice: salve
gente! Eccomi qui, con il quinto
capitolo! Spero con tutto il cuore che vi piaccia!
Allora, vediamo un po’… non succede nulla di
(relativamente) eclatante. Qualcosina
ci sarà in questo il capitolo, ma non vi anticipo nulla.
Quindi..
enjoy!
CAPITOLO V
La
tua immagine abita tra
il mio occhio
e la mia palpebra chiusa. Il tuo ricordo
s’insinua in ogni battito
del mio cuore…
Le
mille e una notte,
XII-XVI sec.
Guardai
sbalordita il piano, anche dopo che Robert ebbe lasciato il palco. Per
il resto
della serata, dopo quello scambio di sguardi, non mi guardò
più.
Che mi fossi sbagliata? Li, sul quel piccolo palco improvvisato, con
l’espressione, a volte rilassata, a volte contratta dalla
concentrazione, la
fronte corrugata, la labbra arricciate, il sorriso,
l’irritazione, sembrava
un'altra persona. La voce calda, le labbra che mi muovevano lente sul
microfono. Perplessa e senza parole non riuscivo a togliermi dalla
tasta la sua
immagine, il suo corpo sullo sgabello, la linea sottile e snella del
suo
addome.
“Ehi, tutto okay?” Mi voltai verso Mark che,
ovviamente, si era accorto dalla
mia aria assente.
“Non dirmi che ha incantato anche te con il suo
carisma.” Borbottò. Sorrisi e
scossi il capo.
“No, no.” Mentì. “Mi chiedevo
se…”
“Cosa?” Fissai per un momento il tavolo logoro. Maledetta
boccaccia.
“Ti andrebbe… di fare in giro?” Chiesi.
Fu la prima cosa che mi saltò in mente.
“Certo!” Le sue labbra carnose si aprirono in un
largo sorriso.
Ci alzammo.
“Solo un attimo.” Sussurrò, e,
prendendomi per mano, mi guidò verso il bancone.
Feci attenzione a non sbattere contro i tavoli e le sedie.
“Rob!” Esclamò allegro. Il ragazzo si
voltò mostrando una schiera di denti
perfetti, gli occhi limpidi e chiari. Lo guardai scioccata e sgranai
gli occhi.
Stupida, stupida, stupida!
“Ciao Mark.” Sussurrò poi lui con al
fronte corrugata, senza degnarmi di uno
sguardo, il che mi irritò parecchio.
“Bravo come sempre. Ehm… ti
presento…”
“Audry.” Lo interruppe Robert, freddo. Mi rivolse
uno sguardo, duro e truce. Se
gli sguardi avessero potuto uccidere probabilmente mi sarei trovata a
terra,
priva di vita.
“Robert.” Risposi con la stessa freddezza e lo
stesso distacco, cercando di
controllare il tremare della ma voce.
“Vi conoscete?”
“Purtroppo si.” Risposi.
“Purtroppo?” Ribattè lui, irritato e
forse un po’… deluso.
“A quanto vedo dispiace anche a te.” Sibilai
sentendo la rabbia montare. Odiavo
quando qualcuno mi si rivolgeva in quel modo. Non rispose. Prevedibile.
“Qualcuno si degna di chiarirmi un po’ le
idee?” Sbottò Mark irritato dalle
nostre battutine acide.
“E’ la mia compagna di stanza, al
campus.” Mark aprì automaticamente la bocca,
sorpreso. Chiudi quella fogna, avrei voluto dirgli,
ma mi sembrava
piuttosto sgarbato. Optai per il silenzio.
“Compagna?” Ripetè lui incredulo.
“Sei sordo per caso?” Robert incrociò le
braccia al petto e sposto il tutto il
suo peso sulla gamba destra.
“Non c’erano più posti.”
Risposi in un sussurro. Mark sbattè le palpebre,
troppo velocemente.
“Non mi avevi detto di avere una ragazza.” Serrai
la mascella non appena quelle
parole uscirono come uno sputo dalla bocca di Robert.
“Io non sono la sua ragazza.” Mi guardò
torvo, digrignando i denti. Senti Mark
afferrare la mia mano e trascinarmi via. Non mi ero nemmeno accorta di
aver
avanzato, avvicinandomi a Robert, e che il suo viso era a poche spanne
dal mio,
rosso di rabbia.
“Credo sia meglio andare. Si è fatto
tardi.” Lo sentì sussurrare mentre ci dirigevamo
verso la porta. Lanciai un’ultima occhiata alla sua
espressione, contratta per
la rabbia. Avrei voluto fare marcia indietro e dargli un pugno in pieno
viso,
ma uno, Mark non me lo avrebbe permesso e due, la convivenza con Robert
sarebbe
stata ancora più difficile di quanto si presentava dopo quel
momento. Ah,
terzo… probabilmente avrebbe avuto lui la meglio, in caso si
sentisse di
picchiare una ragazza che le arrivava appena sopra la spalla.
Per tutto il tragitto per arrivare al campus stemmo in silenzio.
All’ingresso dalla grande struttura in pietra lui
parlò.
“Sei la prima che reagisce così con
lui.” Mi voltai perplessa.
“In che senso?”
“Bhè, solitamente tutte gli cascano ai piedi per
ciò che fa.” Enfatizzò le
ultime parole aiutandosi con le mani.
“Non vedo cosa ci sia di nuovo in qualcuno che suona il
piano. Un sacco di
ragazzi sono bravi, come lui.” Mi costò ammetterlo.
“Suonare… il piano?” Chiese incredulo.
Alzai un sopracciglio. Sorrise e scosse
il capo.
“Si, certo. Tutto okay, Mark?” Domandai preoccupata
mente un risolino usciva
dalla sua bocca.
“Mai stato meglio.” Disse annuendo. Gli sorrisi.
“Anche se non capisco perchè tu ce
l’abbia con lui. Siamo amici da tempo ed
è…
un tipo a posto.” Sussurrò le ultime parole, senza
esprimersi troppo. Ridussi
gli occhi a sue fessure.
“Okay, okay. Non mi riguarda.” Gli fui grata per
aver ceduto.
“Il mio sguardo inceneritore funziona, eh?” Gli
diedi una gomitata e
strizzandogli un occhio. Rise. Una risata dolce e sincera.
“Credo sia meglio se torni in camera prima che lo faccia lui.
Se ci
tieni al tuo amico.” Aggiunsi borbottando. Mi
stampò un bacio sulla guancia.
“A domani.” Non mi aveva dato la buona notte,
questo implicava che lo avrei
rivisto la mattina seguente. Non mi dispiaceva.
“Ciao ciao, Mark. E’ stato un piacere.”
“Oh no, il piacere è stato tutto mio.”
Sorrisi, divertita.
Dopo essermi svestita e infilata sotto le coperte, il viso che vidi, la
voce
che sentì, le immagini, non appartenevano al ragazzo che
pochi minuti prima
avevo salutato. Appartenevano a quel ragazzo che silenziosamente, in
quel
preciso istante, entrò in camera, facendo accelerare
vertiginosamente il
battito del mio cuore ed il mio respiro. Cos’era a causarlo?
Non riuscivo a
dare una risposta a quella domanda, almeno non ancora. Cercai di
immaginarlo,
udendo i suoi passi leggeri sulla moquette, mentre si aggirava per la
stanza in
cerca della sua maglia e dei suoi pantaloni grigi di tuta. Lo immaginai
sfilarsi la maglia prima i entrare in bagno, dove aprì
l’acqua. Sentì il getto
picchiare rumoroso sul fondo. Mi sorpresi a immaginare così
tanto su di lui. Mi
sorpresi e mi diedi ancora della stupida, mentre scuotevo il capo e mi
rannicchiavo sotto le lenzuola.
Cancellare quel viso dalla mia mente fu impossibile… per
tutta la notte.
La luce filtrava dalla finestra, illuminando fastidiosamente il mio
viso.
Sbattei le palpebre e strizzai gli occhi non ancora abituati alla luce
del
giorno. Mi misi a sedere. La porta del bagno si aprì, Robert
uscì con i capelli
bagnai, l’acqua li aveva resi più scuri. Non mi
guardò, fissava il pavimento,
le labbra chiuse in una linea retta.
Sbadigliai.
“Ciao.” Sussurrai con voce piatta e ancora
impastata dal sonno. Fece un cenno
con la testa a mo’ di saluto, senza aprire bocca. Bene, anche
di primo mattino.
Scossi la testa.
“Hai finito col bagno?”
“Si.” Un monosillabo sussurrato, appena udibile. Il
suo tono però era acido.
Cercai di mantenere la calma, che solo con lui sembravo perdere in
pochi
istanti e ciò di certo non contribuiva a mantenermi
tranquilla, era una
reazione a catena.
Per alcuni istanti, la sera prima, avevo creduto di aver esagerato.
Avevo
supposto che forse ero io a non vedere ed essere ceca. Forse ero io che
non
permettevo una convivenza semplice con quel ragazzo. Forse ero partita
io col piede
sbagliato, forse lui non c’entrava nulla…
bhè forse un pochino. Alla sua
reazione però, la sua freddezza, la sua scortesia, il suo
malumore, la sua
acidità in poche ore mi avevano convinta del contrario. Lui
c’entrava ed era
tutta colpa sua.
Sentì la porta sbattere. Sobbalzai nella doccia, mentre
l’acqua calda mi
scivolava sul corpo.
Fui assalita dalla rabbia.
“Sei morto Robert Pattinson.” Sibilai a denti
stretti.
“Salve.” Un sussurro al mio orecchio. Mi voltai e
mi ritrovai davanti al viso
una margherita.
“Ciao!” Risposi guardando i suoi occhi nocciola,
sorridendo.
“Ho deciso di invitarti al cinema.” Lo guardai
perplessa.
“Cinema?”
“Non ti piace?” Scossi il capo.
“Adoro andare al cinema.” Sorrisi e presi fra le
mani la margherita.
“E’ un si?” Increspai le labbra.
“Dipendaeda che vorresti farmi vedere.”
“Non saprei. A te la scelta.” Fissai il pavimento..
“Bhè, mi sembra un’ottima idea. Anche se
non so quanto ti convenga. Sono
piuttosto noiosa.” Dissi guardandolo negli occhi.
“Correrò il rischio”
“Cercherò di esserlo il meno possibile.”
Sorrise e prima di scappare via, mi
baciò una guancia.
Camminavo
sulla verde erbetta del campus diretta in biblioteca. In teoria avrei
dovuto trovare silenzio, tanto silenzio, e invece non fu possibile. I
miei pensieri
era chiassosi, si muovevano nella mia testa col rumore di mille auto da
corsa.
Andavano e venivano, l’auto si avvicinava silenziosa, si
aggirava per un po’
nella mia testa rumorosa, e poi andava via e il suo rumore piano
svaniva per
far spazio, ovviamente, a un’altra auto. Terribilmente tutto
frustrante, perchè
non riuscivo a liberarmi di quei pensieri, anche se avrei voluto con
tutta me
stessa.
Tutti si
muovevano attorno a me caotici. Ridevano, scherzavano, qualcuno
tentava anche di studiare, approfittando di quella pausa pranzo, ma era
impossibile farlo lì. Per questo mi stavo dirigendo in
biblioteca. Alcuni si
dirigevano al pub-ristoro pranzo del college, e fu lì che
vidi ciò che
probabilmente era meglio non vedere. Sentì
all’improvviso la rabbia montare,
gli occhi automaticamente mi si ridessero a due fessure e digrignai
forte i
denti. Alzai il passo e Stephanie mi notò… non
appena lei fui davanti.
“Che
stai facendo?!” Ringhiai… letteralmente.
“Ciao
anche a te Audry.” Rispose lei quasi imbarazzata. Mi
fulminò
immediatamente lo con lo sguardo.
“Cosa
stai facendo?” Ripetei ancora cercando di fissare i suoi
occhi e non
l’individuo accanto a lei.
“Come
cosa sto facendo? Audry? Tutto okay?” Chiese preoccupata,
alzandosi.
Probabilmente potevo sembrare una pazza, ma non lo ero ancora del
tutto….
Forse.
“Ciao
Morel.” Mi voltai e probabilmente gli occhi mi diventarono
rossi dalla
rabbia.
“Hai
deciso di rendermi la vita un inferno Pattinson?” Quasi
urali. Roteo gli
occhi e si alzò a fronteggiarmi, o meglio, a sovrastarmi.
Era abbastanza più
alto di me.
“Lo
conosci? La conosci? Okay, c’è qualcuno che vuole
spiegarmi cosa sta
accadendo?” Ignorai le parole di Stephanie, fissai i suoi
occhi azzurri piano
d’odio, la sua espressione contratta dalla rabbia. Ero una
ragazza, non avrebbe
alzato le mani su di me. Già, lui no… ma io si. E
se anche lo avesse fatto,
bhè, ero pronta a correre il rischio.
Gli diedi
uno spintone, allontanandolo da me.
“Audry!”
Gridò Stephanie prendendomi per un braccio.
“Non
mi toccare!” Urali scrollandomela di dosso. Attorno a noi si
era accalcata
una piccola folla, ma la ignorai. Per Jane tutto sarebbe stato
controproducente
alla mia popolarità.
“Tu
sei matta.” Sbottò Robert. Cercai inutilmente di
mantenere la calma,ma
il sangue mi ribolliva nelle vene. Fu allora che la migliore amica mi
trascinò
via, scusandosi con Robert. Quando fummo lontane si decise a parlarmi.
“Ma
che ti è preso?”
“A
me?”
“Si!”
Mi sedetti, incrociando le gambe, sull’erbetta verde e
sbuffai.
“Non
puoi socializzare col nemico.” Sussurrai. Piano la rabbia
stava svanendo e
subito mi resi conto della mia reazione esagerata. Mi diedi,
inevitabilmente,
della stupida.
“Il
nemico? Cavolo Audry, è il tipo di cui di parlavo
l’altro giorno! Sai…
l’attore! Quale nemico?!” Alzai lo sguardo su lei,
perplessa a occhi sbarrati.
“Non hai mai avuto con nessuno una ragione del genere. Un
secondo… non sarai
mica gelosa? Audry!” Mi alzai di scatto. Già, la
calma era la mia
caratteristica. Razionale e paziente. Due aggettivi che mi descrivevano
alla
perfezione. Eppure, in quel ragazzo, c’era qualcosa che mi
faceva andare in
escandescenza, che mi faceva salire il sangue al cervello, e non ero
più
responsabile delle mie azioni.
“Gelosa?
E’ il mio compagno di stanza! Quello che odio con tutto il
cuore! Non
credevo fosse… il tuo bell’attore.” Le
ultime parole uscirono in un sussurro.
“Cosa?
Il tuo compagno di stanza?”La sua voce aumento di qualche
ottava,
risultando un suono acuto e stridulo. Annuì.
“E
non me lo hai presentato?” La fulminai con lo sguardo.
“Come
facevo a saperlo io?” Sbottai.
“E
lo odi?” Incrociai le braccia al petto.
“Lo
detesto.” Sibilai.
“Hai
seri problemi ragazza.” Detto questo mi tirò per
un braccio facendomi
alzare e, circondandomi le spalle con un braccio, e ci dirigemmo verso
la
biblioteca.
*
Grazie
a tutti colore
che leggono senza recensire e chi ha messo al storia tra i preferiti.
Grazie,
grazie infinite!
Doddola93: tesoro! *.* Ti ho mai
detto
che il tuo parere per me è importantissimo? Forse
si… anzi, se senza il forse! Io
non sono un genio, sono solo una mezza pazza che fa ciò che
ama fare. Tu sei il
mito, e non scherzo. Mark ti sta antipatico? Ma come mai? E’
così simpatico… XD
Non potevo non inserire Caroline! Grazie, grazie di tutto bella. Grazie
dal
profondo del cuore! <3
pucciat_ : ciao! Ansia?
Waw… non
credevo di fare questo effetto. Grazie per i complimenti! Cerco sempre
di
mettere tutta me stessa nelle storie e cerco di render decentemente le
emozioni
dei vari personaggi. Sono felicissima di sapere che ti sono arrivate!
*.* Spero
questo capitolo ti sia piaciuto. Grazie, grazie ancora!
ElfoMikey: moglie! *.* Se mi dici
certe cose io mi sciolgo. Spero di non averti delusa,mostriciattolo!
<3
A voi, Panda.
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Note
dell’autrice:
salve gente! Eccomi qui con il sesto capitolo!
Fortunatamente sto riuscendo a postare senza ritardi, come
precedentemente. Il
computer mi è amico ultimamente!
Piano paino qualcosa
sta succedendo e le prossimo capitolo… basta non parlo
più o vi racconto tutta
la storia!
Il capitolo lo dedico al mio Genio che oggi ha un esame al
conservatorio! Buona
fortuna, dolcezza!
Vi avviso, nel prossimo capitolo c’è azione.
Questo è più che altro
un’introduzione.
Ed ora… enjoy!
CAPITOLO VI
Come
il giacinto che i pastori pestano per i monti,
e a terra il fiore purpureo sanguina.
Saffo, fr.
105 b Voigt
“Ho
sentito parlare di una ragazza che ha fatto una scenata di gelosia per
Pattinson.”
Sgranai gli occhi e fissai Jane.
“Non
era una scenata di gelosia!” Ribattei. Lei alzò lo
sguardo con espressione
confusa, poi guardò Stephanie intenta a divorare un piatto
di pasta.
“Era
lei.” Disse annoiata quella che era la mia migliore amica.
“Cosa
hai fatto? Vuoi rovinarti la carriera?” Sibilò.
“Ti piace Pattinson? Ma
hai bevuto? Quello è troppo per te.”
“Ora
non esageriamo, ragioniamo razionalmente. Primo: è un essere
infimo. Due:
non c’entra nulla la mia carriera. Tre: non mi piace.
Quattro: caso mai, sono
io a essere troppo per lui.” Presi a bere la mia soda, fiera
della mia
risposta.
“La
tua amica è strana.” Sussurrò poi a
Stephanie che, mentre mangiava, leggeva
Peter
Pan, o
meglio, la mia copia
sbrindellata di Peter Pan.
“Lo
so.”
“Ehi!
Vi sento!” Alzarono entrambe, contemporaneamente gli occhi al
cielo.
“Io
me ne vado.” Disse alzandomi, molto irritata.
“Perchè?”
Chiesero in contemporanea.
“Perché,
miei cari Pincopanco e Pancopinco, devo studiare e
poi
uscire.”
“Con
un ragazzo?”
“Mark?”
“Si
Jane, un ragazzo. Si Stephanie, Mark.”
“Mark
Clever?” Guardai incuriosita Jane.
“Si…
Mark Clever. Lo conosci?”
“Oh
certo. Lavorava qui l’anno scorso.”
Annuì. Mi chiesi se fossero usciti
insieme, ma non parlai. Eppure, quel pensiero, non mi irritava per
nulla.
“E
poi è il foglio della signora Darcy.” Aggiunse
mentre mi allontanavo. Mi
bloccai dov’ero, voltandomi lentamente.
“La
signoria Darcy?” Chiesi con voce stridula.
“Si.”
Riducendo gli occhi a due fessure mi allontanai maledicendo quel poco
di
sale in zucca che avevo.
Entrai n camera come una furia e lo vidi, lì, sul letto. Una
matita dietro un
orecchio, mordicchiava il tappo della sua biro assolto. Alzò
istantaneamente lo
sguardo, fulminandomi con una sola occhiata. Sbuffai ed entrai decisa,
e, soprattutto,
molto irritata. Combattuta tra rabbia e vergogna. Col senno di poi, mi
accorsi
che la mia reazione era stata, forse, troppo esagerata, ma per qualche
strano
motivo con lui mi era difficile mantenere la calma. La mia impeccabile
pazienza, era sparita da quando avevo iniziato a studiare
lì. Meglio dire, da
quando ero entrata per la prima volta in quella stanza.
Cercai di mantenere l’autocontrollo, di non mostrare il mio
viso, sul quale era
dipinta un’espressione fra la vergogna, il risentimento, la
rabbia,
l’irritazione. Mi avvicinai al letto e presi i libri che mi
servivano. Non mi
rivolse parola, non mi degnò di uno sguardo. Mi diressi
verso la porta a grandi
passi. Uscendo, sbattei la porta.
Con i libri in mano mi diressi in biblioteca, dove avrei trovato
silenzio e
dove nessuno mi avrebbe disturbato. Ma di certo, al mio autocontrollo
fu messo
ancora a dura prova perchè, mentre camminavo fra i
corridoio, tutti si
voltavano a guardarmi.
Maledizione, pensai.
Allungai il passo rifugiandomi fra gli scaffali della biblioteca.
Precisamente dinanzi ai miei occhi avevo le opere di Shakespeare.
Sfiorai i
libri polverosi e ne presi uno. Romeo e Giulietta.
Un classico della
letteratura di quel tempo, mi risposi di rileggerlo… un
giorno, dopo la lingua
lista di libri che mi era annotata sul taccuino che mai abbandonavo. Il
prossimo, dopo quello attuale, Anna Karenina, sarebbe
stato Peter
Pan… ancora.
Nelle ore successive il tempo per studiare fu davvero poco. La signora
Linton
mi aveva chiesto di catalogare dei vecchi libri, cosa che, ovviamente
feci con
grande piacere. Respirai fin troppo polvere e comunicai a starnutire.
Non ero
allergica alla polvere, ma d’altronde, da fastidio a tutti.
Quando ebbi finito
mi sedetti ad uno dei tavoli per gli studenti, con
l’intenzione di studiare.
”Non ci dovresti lavorare qui?” Alzai lo sguardo
mentre cercavo nella borsa la
mia matita.
”Fungo solo da aiuto.” Fissai i suoi occhi
nocciola, sorridendo.
”Ciao.” Disse allegro sedendosi sulla sedia davanti
alla mia.
”Ciao.” Risposi prima di tornare alla ricerca della
matita sperduta.
”Cosa cerchi?”
”La mia matita. Ero sicura di averla presa prima. La penna
è ancora qui. L’ho
usata per catalogare.” Risposi scuotendo la testa. Si, ne ero
sicura e dato che
ero sicura, che la pazzia non si fosse ancora del tutto impadronita di
me,
doveva essere da qualche parte. Cercai sulla moquet rossa, su tavolo
scuro, mi
voltai cercandola dietro di me, ma nulla, la matita non c’era.
”Ehm… Audry?”
”Si?” Lo vidi alzarsi dalla sedia e sporgersi verso
di me. Il suo viso a poche
spanne dal mio e potevo avvertire il suo respiro, il profumo di limone
che mi
colpì in pieno viso. Trattenni il fiato quando
alzò una mano portandola dietro
la mia testa. Sentì i capelli cadermi delicati sul collo e
fu allora che
ricordai.
”L’hai usata come fermacapelli.”
Sussurrò porgendola, senza allontanarsi però
da me. Sentì le guance avvamparmi di rossore mentre fissavo
la matita che
avevo, ora, fra le mani. Feci una piccola risata isterica.
”Giusto. L’avevo dimenticato.” Dissi
imbarazzata mentre lui tornava a sedere
sulla sua sedia.
Rise diverto e ancor di più sentì il viso
tingersi di rosso.
”Non credevo fossi così…
istintiva.” Disse aprendo un libro.
”Come?” Aggrottai la fronte, non capendo cosa
intendesse.
”Molti al campus parlano della tua scenata.”
Sgranai gli occhi e serrai le
labbra in una linea retta.
”Cosa?!?” La mia voce si era alzata di qualche
ottava, uscendo come un suono
strozzato e acuto.
”Anche tu cotta di Pattinson? Credevo non ti
piacesse… dopo il pub…” Nella sua
voce c’era rammarico e tristezza.
”Io cotta di quello? Oh no, no, no. Le
cose qui sono state fraintese. Io
odio quel ragazzo. E’ il mio peggior incubo. Non mi sono
arrabbiata perché ero
gelosa di lei, ma perché la mia migliore amica non
può socializzare con il nemico.
E mi sorprende che qui ne parlino tutti.” Sbuffai incrociando
le braccia al
petto. Lo sentì soffocare una risate.
”Perché ridi ora?” Chiesi irritata.
”Perché sei la prima ragazza che dice di odiare
Robert.” Abbassai lo sguardo e
sorrisi imbarazzata.
”E’ un bene?”
”Assolutamente si… per me.” Sorrise e i
suoi occhi si illuminarono.
”Sssh.” Sentimmo bisbigliare al tavolo accanto al
nostro.
Fu allora che mi alzai e mi sporsi sul tavolo, avvicinandomi al suo
viso. Posai
un bacio, leggero e delicato sulla sua guancia. Un tocco veloce e
fugace.
Ritornai a sedere.
Sul suo viso sorpreso, l’ombra di un sorriso. Imitandolo
cercai di concentrami
sul mio libro… con molto insuccesso.
Quando la sera successiva scesi al pian terreno, vicino
l’ingresso, lui era lì
ad attendermi. Le mani nelle tasche dei jeans scuri, poggiato al
bancone
dell’entrata, il viso verso… la signora Darcey.
Sbuffai dirigendomi verso i due che parlavano e ridevano
tranquillamente.
Quando la signora mi vide sul suo viso di dipinse
un’espressione irritata e
scocciata.
”Cosa vuoi ora?” Sbotto guardandomi con aria piena
di sufficienza. Aprì la
bocca per replicare, ma Mark si voltò, alle parole della
madre, sorpreso.
”Audry.” Esclamò raggiate. La signora
Darcey si voltò a guardarlo con occhi
sgranati.
”Ciao Mark.” Risposi sorridendo. La signora dietro
il bancone, sulla sua sedia
di tessuto rosso strabuzzo gli occhi alzandosi da essa.
”Vi conoscete?” La sua voce si era alzata di
qualche ottava.
”E’
la ragazza di sui ti parlavo mamma.” Sussurrò
lui imbarazzato. Feci un risolino e lui mi sorrise flebilmente.
”Ah…
lei.”
”Audry,
mamma. Mamma Audry.” Feci un piccolo passo in avanti con
sorriso più
finto che fossi stata capace di fare in tutta la mia giovane vita.
”Si
la conosco.” Sbotto lei acidamente tornando a sedere.
Sentì l’irritazione
salirmi. Feci un respiro profondo
affondando le mani nella tasche dei pantaloni.
”Andiamo?”
Chiesi spazientita. Odiavo quella donna.
”Si.”
Mi voltai a mi diressi verso la porta principale.
”Grazie
mamma. Gentile come sempre.” Lo sentì sussurrare
mentre aprivo la
grande porta di vetro. Risi scuotendo il capo. L’idea di
irritarla mi allettava
davvero tanto, in quel momento. Mi aveva allettato sin dalla prima
sera.
Avrebbe potuto dare a qualcun altro quella stanza, invece volle
infliggermi
quella atroce sofferenza: dividere la camera con un ragazzo che
qualsiasi cosa
facesse ti faceva ribollire il sangue nelle vene…perfino
quando respirava.
”Mi
dispiace.” La voce di Mark mi riporto alla realtà,
facendomi distaccare
dalla fitta rete di pensieri nel quale ero caduta.
“Solitamente non è così…
odiosa.”
”Oh
tranquillo. Tua madre mi odia dal giorno in cui ho messo piede in
questo
posto.” E così, gli raccontai tutta la storia. Il
primo incontro con la signora
Darcey, Robert, il secondo incontro, l’odio che lei nutriva
per me. Per tutto
il viaggio in macchina non fece altro che ascoltare
l’accaduto, ridendo di
tanto in tanto, contagiandomi.
Arrivammo
nel parcheggio, al cinema. Scesi dalla sua auto tirata a lucido, ci
dirigemmo verso l’edificio.
Ero
tranquilla e quella notte si prospettava tale, ma ovviamente la mia
sfortuna non poteva aver fine.
Alzai lo
sguardo incontrando quello di un ragazzo che mi fece ribollire
all’istante il sangue nelle vene.
*
doddola93:Genio! Io non
sono fenomenale, sono solo… non normale XD Sono contenta di
sapere che ti sia
piaciuto il capitolo precedente, ripeto, il tuo parere conta
tantissimo! E io
mi diverto farli litigare! Nel prossimo capitolo succederà
qualcosa e ne
prossimo ancora… okay, sto zitta! Grazie per aver recensito!
Grazie, grazie
mille! Ti voglio bene! <3
ElfoMikey: ciao! Eccomi
qui con il capitolo! Spero ti è piaciuto questo anche se un
po’ noioso e
piatto. Davvero ti piace Audry? Grazie Grè, grazie davvero!
<3 Ti adoro!
narcissa82: sta
tranquilla, davvero! L’importante per me è che tu
li abbia letti e che ti siano
piaciuti! Loro sue nella stessa stanza non possono strare…
forse. Farli
litigare mi risulta automatico, ma non sempre. Si probabilmente ha
fatto male
ma… okay ora va a finire davvero che ti anticipo tutto.
Questo capitolo ammetto
che è un po’ noioso, anzi lo so perché
è così, ma davvero nei prossimi capitoli
ci sarà più azione. Speri ti sia piaciuto questo!
Grazie ancora!
pucciat_: ciao! Sono
contenta di saper che sé piaciuto il capitolo, davvero
tanto! *_* I tuoi
complimento non li merito tutti, sono solo una povera pazza che fa un
qualcosa
che le piace XD Spero comunque questo capitolo ti sia piaciuto, lo
spero con
tutto il cuore! Grazie per al recensione, grazie davvero cara!
A voi, Panda.
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Note
dell’autrice: salve
gente! Eccomi qui con un nuovo capitolo!
Vi dico solo che all’interno vi è una piccola
sorpresina… ma di certo non dico
cosa! Solo una parola: Robert.
Okay, la pianto, a voi i giudizi!
Enjoy!
CAPITOLO
VII
Simile ad una
tempesta di primavera, Dionidoro,
il mio cuore segue
le onde incerte del mare.
Ora una grande
pioggia, altre volte appari sereno,
e ridendo riversi
tenerezza dagli occhi.
Io, come un
naufrago sopra i marosi, misuro le onde cieche,
sbattuto qua e
là dalla tremenda tempesta.
che possa sapere
qual è il mare in cui sto nuotando.
Meleagro, Antologia
Palatina, XII, 156.
Immobilizzata
guardavo
il suo viso, gli occhi azzurri, le labbra distese in un sorriso che si
spense
nell’esatto momento in cui vide me e Mark. Accanto a lui
c’era una ragazza,
dalla linea perfetta, il viso d’angelo, lunghi capelli del
color dell’oro e
occhi scuri come la notte.
Lei si
voltò a guardare il suo viso indurito e seguì la
direzione del suo
sguardo che portava dritto a me.
”Rob?”
Mark si avvicinò a lui, che subito sposto distolse lo
sguardo da me.
”Ehi,
Mark.” Sussurrò lui con l’ombra di un
sorriso sul viso. Non mi avvicinai,
rimasi lì in disparte, irritata guardando altrove, almeno
fino a che Mark non
mi invitò a raggiungerlo. Con passo pesante e strisciato mi
diressi verso i due
che parlavano. Sorrisi alla barbie che mi guardava con aria sprezzante,
ma non
ci feci caso. Il suo cervello, probabilmente, non riusciva a contenere
più di
un concetto alla volta.
Robert
non on si degnò nemmeno di una parola, un segno, un cenno.
Non si degnò
nemmeno di guardarmi. Tutto questo sarebbe dovuto essermi indifferente,
per
come io era fatta, ma sin dal mio arrivo al college, tutto era
cambiato, ed ero
sicura solo di chiamarmi Audry. Tutto aveva subito un vertiginoso
capovolgimento. Quel ragazzo, mi stava facendo impazzire. Iniziavo a
dare di
matto ed ero sicura che, se avrebbe continuato così, avrei
avuto una crisi di
nervi. Alla luce di tali pensieri, sentì, ancora, la rabbia
montarmi. Sbuffai e
Robert si voltò a guardarmi. Il viso indurito dalla rabbia e
l’irritazione.
”Nessuno
ti costringe a restare.” Sbotto incrociando le braccia la
petto. Lo
imitai.
”Qui
sei tu di troppo, Pattinson.” Ringhiai.
”Ah
si?” La sua impertinenza e sfacciataggine mi dava ai nervi.
”Si.
Io sono qui con Mark.”
”Okay,
ragazzi. Tranquilli!” Disse lui circondandomi le spalle con
un braccio.
Lui seguì quel movimento con lo sguardo, fissò la
mano di Mark che accarezzava
la mia spalla. La sua fronte era aggrottata e le labbra serrate. Scosse
il capo
guardando poi in basso. Mi mossi sul posto irritata.
”Ci
vediamo, Mark.” Sussurrò prima di alzare lo
sguardo su di me. Qualcosa
cambiò. Fu come se i suoi occhi, il suo sguardo, mi
penetrasse, sotto la pelle,
fino alle ossa. Come se i suoi occhi si fondessero con i miei, un
amalgamato di
cielo ed erba primaverile. Un espressione che non seppi decifrare, che
mi
lasciò scossa. Sgranai gli occhi, prima di sbattere le
palpebre qualche volta.
Un azzurro che ardeva. Trattenni il fiato, mentre il mio cuore perdeva
un
battito. Abbassò lo sguardo, per poi andare via. La barbie
mi fissò incredula e
confusa, per un attimo, poi lo seguì.
”Audry?”
Non mi voltai quando sentii la voce di Mark cercare la mia attenzione.
Rimasi a guardarlo mentre si allontanava, mentre entrava in una sala.
Scossa e
confusa, un po’ come la ragazza che gli era accanto.
”Audry?
Tutto okay?” Scossi il capo riprendendomi e mi voltai
sorridente.
”Tutto
okay.” Risposi mentendo.
”Non
si direbbe. Mi dispiace. Davvero, non credevo voi vi odiaste
così… tanto.”
”Nah,
sta tranquillo.” Risposi sorridendo e scuotendo il capo,
tanto che i
capelli color del rame mi finirono davanti al viso. Portò
una mano su di esso, spostandomeli
e portandoli dietro ad un orecchio. Il suo viso piano si
avvicinò al mio e, per
qualche strano motivo, fui presa dall’ansia. Così,
mi ritrassi, senza essere
troppo brusca.
”Allora,
lo vediamo questo film?” Dissi cercando di alleggerire la
tensione.
Lui annuì, flebilmente visibilmente rammaricato. Ci
dirigemmo alla biglietteria
e nella mia testa si alternavano immagini. I suoi occhi erano come
marchiati a
fuoco nella mia mente. Il colore dei suoi occhi, il loro ardore, erano
vividi
in essa, dai colori sfavillanti, come se fosse ancora, lì,
dinanzi a me. Scossi
il capo cercando di cancellarle… con grande insuccesso.
Sbuffai, frustrata.
Solo dopo
capii il perché.
”Aurdy? Tutto okay?” Mi voltai verso Stephanie che
mi scrutava dietro il suo
bicchierone di birra fresca.
”No. No che non va tutto bene.” Dissi poggiando la
fronte sulla braccia
conserte, poggiate sul tavolo. Mi accarezzò i capelli
affettuosamente.
”Che ti succede?” Sussurrò.
”Non lo so. Non so più nulla.” Ma in
verità il mio cuore urlava la risposta, ed
io troppo ceca ed orgogliosa non volli ammetterla, forse, semplicemente
perché,
non ne ero ancora consapevole.
”C’entra Mark?”
”Anche…”
”Anche? C’entra Pattinson?” Alzai di
colpo il capo fulminandola con lo sguardo.
Lei alzò gli occhi al cielo sbuffando. “Allora
perché hai detto anche?” Poggia
la testa sul tavolo, questa volta. La guancia che premeva sul legno
scuro,
gemendo.
”Audry…”
”No, lui… non c’entra. O forse si. Ma
non per quello che pensi tu. La
convivenza sta diventando pesante, e non riesco ad avere un altro
posto. Forse
c’è possibilità fra una
settimana.” Dissi strascinandomi le parole con tono
piatto.
”Capisco. Vedrai che si risolverà.” Mi
disse mettendomi davanti al viso il suo
hot dog. “Ed ora, cara, affoga i tuoi dispiaceri nel
cibo.” Allontanai il
piatto mettendomi diritta ed appoggiandomi allo schienale della sedia.
”Non ho fame.” Allora mi porse il suo bicchiere.
”Affoga i tuoi dispiaceri nell’alcool.”
Allontana anche quello.
”Io me ne vado in camera. Questa festa non la
sopporto.” Mi guardai intorno e
il locale, non molto lontano dal campus, ero immerso in una cappa di
fumo.
Nell’aria aleggiava odore di sigarette e alcool. Arriccia il
naso e presi al
mia giacca.
”Ma dai, non vorrai lasciarmi da sola. Devi avere una vita
sociale!” Mi
rimproverò.
”C’è Jane con te.”
”La ragazza che ci sta provando da un’ora con il
barista? Oh, di certo io non
la conosco.” Disse alzando le mani in segno di innocenza.
”Qualcuno dovrà riportarla sana e salva. E quel
qualcuno sarai tu, casa
Stephanie.” Sbuffò prima di poggiare il viso su
una mano.
”Non sbronzarti anche te.”
”Cero, certo.” Le scompigliai i capelli e,
infilandomi al giacca, uscì da quel
locale. Faceva caldo lì e la gente era troppo per i miei
gusti. La musica alta
che non faceva altro che aumentare la mia emicrania.
Il campus distava poche centinai di metri dal locale, sarebbe stata una
belle
passeggiata al frescure della sera se qualcuno non mi avesse disturbata.
Affondai le mani nella mia giacca verde stringendomi in essa.
Sentì dei passi dietro di me, pesanti e chiassosi, una mano
si poggio sulla mia
spalla facendomi trasalire. Mi costrinse a voltarmi mostrandomi il suo
volta,
l’iride azzurro cielo in netto contrasto con nero della notte.
”Pattinson?” Chiesi guardandolo con aria confusa.
Sul suo viso vi era stampato
un largo sorriso.
”Audry!” Disse lui raggiante. “Ti ho mai
detto che si splendida?” Sentì ancora
il sangue ribollire nelle vene, poi guardia i suoi occhi lucidi.
”Cavolo ma sei ubriaco.” Dissi sbuffando ed
allontanandomi da lui.
”Non del tutto.” Disse barcollando.
”Ma fammi il favore.” Con uno strattone allontanai
la sua mano e ripresi a
camminare. Lo sentì subito di fianco a me.
”Dove vai?” Chiese e quasi inciampò nei
suoi stessi piedi.
”A dormire.”
”No, rimani con me.” Mi voltai mettendomi le mani
sui fianchi. Fissai i suoi
occhi perdendomi per qualche attimo in quell’azzurro limpido
come il mare. Il suo
sguardo si fece serio mentre suo respiro, impregnato
d’alcool, mi colpì in
pieno viso. Indietreggiai mentre il suo sguardo penetrava il mio e non
fui
capace di scappare, di voltare il capo, fu come se i suoi occhi
imprigionarono
i miei, li catturarono senza possibilità di fuga, di
ribellione. I miei piedi,
spostandosi piano l’uno dietro l’altro, si
allontanavano da lui, lui che
avanzava con occhi ardenti, le labbra dischiuse. In pochi istanti mi
ritrovai
con le spalle contro il muro freddo, che costeggiava il marciapiede. Il
suo
viso a poche spanne dal mio, gli occhi che non mollavano i miei. Il
respiro
corto, il muoversi velocemente del mio torace, le vertigini che mi
assalirono
quando poco le labbra sulla mia guancia, quando piano si spostarono sul
mento,
sul collo, sfiorando la mia pelle con delicatezza. Un tocco che mi
provocò
tremolii e brividi. Intrappolata mi abbandona alle mie sensazioni,
bloccata
dalle sua braccia poggiate sul muro, accanto alla mia testa. Il suo
profumo mi
invase le narici penetrando nei polmoni. Seguì il profilo
della mia mascella
prima di allontanarsi.
”Non mi odiavi?” Disse ridendo. Sentì la
rabbia montare e gli diedi una
spintone, scollandomelo di dosso. Perse l’equilibrio e cadde
per terra.
”Sparisci!” Ringhiai riprendendo a camminare rossa
in viso per la collera. Lo
sentì gemere e mi voltai. Chino sulla strada cercava di
rialzarsi, con grande
insuccesso. Sbuffai e alzando le mani al cielo mi diressi verso si lui.
”Vieni, ti riposto al campus.” Così
portando un suo braccio intorno alle mie
spalle lo guidai, a fatica, verso gli alloggi. Non potevo lasciarlo
lì, i sensi
di colpa subito mi pervasero. Il buon senso aveva superato al collera.
L’unica
consolazione era che, l’indomani, non avrebbe ricordato nulla.
Quando
arriva in camera Robert si reggeva appena in piedi. Per tutto il
tragitto non fiatò, fortunatamente, forse perché
troppo stanco e ubriaco. Lo
condussi a fatica verso il suo letto, dove lo aiutai a distendersi.
Chiuse
gli occhi gemendo.
”Ti
prendo dell’acqua.” Mi diressi verso il mio letto,
sul quale vi era il mio
zaino. Tirai fuori una piccola bottiglia e gliela porsi. La
finì in pochi
attimi. Una gocciolina d’acqua gli scese lunga il mento,
percorrendo al pelle
chiara del collo. Mi costrinsi a distogliere lo sguardo, alzandomi dal
letto
sul quale mi ero seduta per aiutarlo a bere.
Lo
sentì afferrarmi il polso. I suoi occhi ardevo e sul suo
viso vi era l’ombra
di un’espressione intrisa di paura.
”Non
andare via.” Sussurrò. Fui colpita da tali parole,
come una secchiata
d’acqua gelida. Sgranai gli occhi sorpresa.
”Io…
non…” Le parole mi morirono in gola.
”Ti
prego.” La sua voce era ormai pari ad un sussurro appena
udibile. Sospirai
chiudendo gli occhi.
”Non
vado via.” Non so cosa mi convince a rimanere lì,
a sdraiarmi accanto a
lui, ad accarezzargli i capelli mentre poggiava la testa sul mio petto
e mi
circondava l’addome con un braccio. Non so quale parte di me
mi impedì di
alzarmi da quel letto prima delle cinque del mattino, sistemandomi nel
mio
letto. Non so cosa cambiò in me quella notte, ma in fondo,
ero io a non volerlo
ammettere.
*
Doddola93: tesoro! Che
bello trovare la tua recensione! Allora, che ne pensi di questo
capitolo? Spero
ti sia piaciuto, lo spero davvero tanto! Se io sono bravissima, allora
convinciti,
che lo sei anche tu! Grazie davvero di tutto, grazie! Gli occhi mi
brillano
quando leggo le tue recensioni! Ti voglio bene! <3
ElfoMikey: ciao! Ecco qui il settimo
capitolo! Sono contenta di sapere che ti è piaciuto il
capitolo e spero di non
averti delusa con questo! Chi hai incontrato Audyr?... boh…
XD
narcissa82: ciaooo! Sono contenta
che
tu non lo abbia noioso, ance se per me lo era. Sei una delle poche che
mi dice
di trovare Mark interessante. Lui è così
innocente e la competizione si, ci
vuole… per lui. Sul finale non anticipo nulla, nel modo
più assoluto! XD Spero
questo capitolo non ti abbai delusa… grazie mille per la
recensione! Grazie!
A voi, Panda.
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Note
dell’autrice: perdono
perdono perdono!
Se non si fosse capito chiedo perdono per l’enorme ritardo,
ma non ho avuto
tempo, la settimana scorsa, né di scrivere, né di
postare, per via della
scuola.
Sommersa da compiti, interrogazioni e verifiche, fortunatamente per il
momento
le acque si sono calmate, ed eccomi qui con un capitolo che spero sia
di vostro
gradimento.
Ed ora… enjoy!
CAPITOLO
VIII
You're just a sad
song with nothing to say
about a life long wait for a hospital stay
and if you think that I'm wrong,
this never meant nothing to you
at all, at all...
Disenchanted, My Chemical Romance.
Il sole filtrava dalle
persiane della stanza, illuminando fastidiosamente il mio viso. Aprii
piano gli occhi sbattendo più e più
volte le palpebre. Fissai il soffitto color del latte prima di
volgere lo sguardo alla mia destra, verso il letto di Robert. Era
vuoto. Mi
misi a sedere guardandomi intorno, scrutando oltre la porta del bagno,
ma
quella era aperta, e non vi era nessuna traccia di Robert,
né della sua
presenza. Mi presi il viso tra le mani, ricordando ciò che
era accaduto la
notte precedente. Sospirai passandomi una mano fra i capelli ramati e
scuotendo
il capo.
Mi alzai diretta nel bagno, di certo una doccia calda mi avrebbe
schiarito le
idee, fatto ragione. Nella mia testa vi era troppa confusione, far
chiarezza
sembrava un’impresa ardua e impossibile, ma dovevo provarci,
perché vivere
nell’indecisione e nell’insicurezza era la cosa che
odiavo di più.
Sbuffai irritata dai miei pensieri.
La doccia fortunatamente ebbe l’effetto che desideravo, per
metà. Mi sentivo
più calma e rilassata, ma la le auto da corsa erano ancora
in movimento nella
mia testa. Mi vestii velocemente e con i capelli ancora bagnati uscii
dal bagno
in cerca del mio asciugacapelli perduto. Ma quando varcai la soglia mi
bloccai.
Seduto sul bordo del suo letto c’era Robert. Lo sguardo basso
e i capelli
scompigliati. Alzò lo sguardo e sul suo viso vi era
l’ombra di un sorriso. Le
guance gli si tinsero di rosso, mentre alzava un sacchetto bianco e un
bicchiere di caffè.
”Ti ho portato la colazione.” Disse alzandosi e
venendo verso di me. Corrugai
la fronte, confusa.
”Perché?” Abbasso lo sguardo alzando un
angolo della bocca.
”Ecco… volevo ringraziarti per ieri…
per avermi riaccompagnato.” Chinai il capo
sorridendo e scuotendo il capo.
”Oh, tranquillo.” Risposi mentre mi porgeva la
colazione. Per qualche assurdo e
inspiegabile motivo sentii il viso avvamparmi di rossore e il cuore
aumentare i
battiti, quando, per una frazione di secondo le mie dita sfiorarono le
sue.
”Ho trovato solo quelle ricoperte di glassa al
cioccolato.” Dondolò da un piede
all’altro, imbarazzato. Sorrisi divertita da tale
comportamento e per un
momento dimenticai tutto, il rancore, l’odio, la rabbia.
Tutto.
Guardai all’interno del sacchetto e vi trovai un paio di
ciambelle.
”Amo quelle al cioccolato.”
”Ah, sono anche le mie preferite.” E ancora mi
persi nei suoi occhi,
dimenticando le dita che sembravano stessero andando a fuoco mente
mantenevano
il bicchiere di caffè. Il mio sguardo fu imprigionato dal
suo.
”Ne vuoi una?” Chiesi dirigendomi verso il mio
letto. Lui rimase, lì, in piedi
fermo, come combattuto se sedersi accanto a me, o andare via
congedandosi. In
fondo, noi eravamo nemici giurati… no?
Fisso il pavimento per qualche attimo, poi scuotendo il capo si diresse
verso
di me. Incrocia le gambe, poggiandomi al muro. Presi una ciambella e
gli porsi
il sacchetto.
”Non dovresti asciugarti i capelli?” Ingoia un
pezzo di ciambella.
”Si, ma prima faccio colazioni. Muoio di fame.” .
Rispose con un risolino,
rimanendo sempre sul bordo del letto.
”Se ho fatto cose che non avrei dovuto fare…ti
chiedo di perdonarmi.” Sussurrò
guardandomi.
”Tranquillo… non hai fatto nulla.”
Mentì. Non mi andava di litigare, almeno non
in quel momento, in cui per la prima e seconda volta, dipende dai punti
di
vista, stavamo parlando come persone normali e civili.
Rise e la sua risata calda e roca si diffuse nella stanza.
”Ti sei svegliato presto questa mattina.” Osservai,
bevendo un po’ di caffè.
”Si.Io…” Lo scrutai un momento mentre
voltava lo sguardo verso la finestra.
”Cosa?” Lo sentii sospirare prima di stringersi
nelle spalle.
”Volevo … ecco io sono uscito a prenderti al
colazione.” Strabuzzai gli occhi
qualche volte, incredula. “Per farmi perdonare, per la notte
scorsa.” Annuì col
capo. “Ma ora non ti montare la testa.” Aggiunse
alzandosi. Ecco come rovinare
un momento perfetto, di totale tranquillità. Sentii il
sangue ribollirmi nelle
vene mentre la rabbia montava sempre di più.
”Non ti montare la testa?” Sibilai a denti stretti,
chiudendo gli occhi.
”Si.” Scattai in piedi rossa in viso.
“Non ti montare la testa?” Ringhiai su
tutte le furie rossa in viso.
Si voltò, lentamente riducendo gli occhi a due fessure.
”No osare urlare con me!” Parole che uscirono dalla
sua bocca come uno sputo.
”Io urlo quanto mi pare!” Mi avvicinai a lui
dandogli uno spintone.
Indietreggiò di qualche passo e finì sul
pavimento, inciampando in una mia
scarpa. Il suo respirò accelerò e i suoi occhi si
riempirono d’odio. Scatto in
piedi ed istintivamente indietreggia spalancando gli occhi. Le sue mani
erano
percosse da leggeri tremolii e in pochi istanti mi ritrovai i suoi
viso,
furioso, a pochi centimetri dal mio.
”Non provarci mai più.”
Sibilò a denti stretti, sovrastandomi. Si voltò,
diretto a grandi passi verso la porta.
”Ma che problema hai!?” Gridai prima che aprisse la
porta. Non so perché non
stetti zitta, sarebbe stata la cosa migliore… o la cosa
peggiore. Non riuscivo
a tenere la lingua ferma e la bocca chiusa, non con lui perlomeno.
Lentamente
si voltò a guardarmi ed io, ferma lì, con cuore
che batteva talmente forte che
sembrava volesse squarciami il petto, lo fissavo, senza distogliere il
mio
sguardo.
”Che problema ho?!” Le labbra sigillate prima in un
linea retta si dischiusero.
”Si! Cavolo non ti ho fatto nulla! Se sei arrabbiato col modo
non prendertela
con me! Non hai capito nulla, come al solito!” Gridai alzando
le braccia al
cielo, scuotendo il capo.
”Scusami tanto. Tanta fatica e non ho capito nulla. Grazie
per avermi
illuminato, Audry.” Disse con voce monocorde e piena di
rammarico. La sua
espressione, il suo volto, la sua voce, i suoi occhi ardenti mi
lasciarono
spiazzata. Il suo viso nel giro di pochi istanti, era totalmente
cambiato. Come
se fosse caduto nell’ombra, il suo animo, come se lo avessi
detto qualcosa che
lo aveva ferito nel profondo, qualcosa che forse non potevo sapere.
Mi morsi la lingua.
Chinò il capo scuotendo la testa. Aprì la porta e
la sua figura sparì altre
esse.
”Robert…” Sussurrai.
Il vento
fresco di intrufola in ogni angolo della mia maglia, mi scompigliava i
lunghi capelli ramati, mi accarezzava dolcemente il viso. Il sole stava
tramontando illuminando le fronde degli alberi che si ergevano in
cortile. La
giornata era passata, senza essere stata vissuta. La discussione avuta
con
Robert al mattino mi aveva cambiato l’umore. Tutto sembrava
essere cominciato
per il meglio, per finire per il peggio. Presi il caffè che
avevo poggiato
affianco a me, sul muretto del tetto della grande struttura del campus
e ne
bevvi un sorso. Ancora il vento sul viso.
Che
stessi sbagliando?
Darmi
risposte, in quel periodo, era un’impresa ardua. La mia mente
era un
agglomerato di neuroni che litigavano fra loro, facendo solo un gran
baccano,
facendo il tifo alle auto da corsa. Tutto si era svolto così
lentamente e
inaspettato, che mi ritrovai a pensare ancora, come tutto il giorno e
il giorno
precedente a… Robert. Vedevo il suo viso, i suoi occhi, le
sue labbra, nella
mia mente. La sua voce sembrava un dolce eco di alcuni miei pensieri.
Che
avessi frainteso? Se fossi io il problema?
Sospirai,
scuotendo il capo.
Ero
arrivata fin lì con l’intendo di dare certezza
alle mie incertezze, ma
avevo ottenuto l’effetto contrario. Delle incertezze si erano
fatte largo,
aggiungendosi alle altre.
Sbuffai
irritata dai miei stessi pensieri, da me stessa, tanto che non
sentì la
porta aprirsi e dei passi avvicinarsi a me.
”Ehi.”
La voce di Stephanie fece breccia fra i miei pensieri, facendomi
sobbalzare.
”Ehi.”
Le risposi con l’ombra di un sorriso sul viso.
“Credevo di essere in un
mosto lontano dal mondo, in cui nessuno avrebbe potuto
scovarmi.”
”Se
vuoi vado via.”
”Ma
no, sciocca. Non intendevo questo, lo sai.” Le dissi dandole
una leggere
gomitata, dopo che si sedette accanto a me. Fece un risolino.
”Ti
stavo cercando.”
”Come
hai fatto?”
”Bhe,
vedi Audry, tu sei un tipo abbastanza strano. Di certo non sei un tipo
particolarmente socievole. Sono andata in biblioteca e lì
non c’eri, l’ho
dovuta anche perlustrare a fondo, è stato
traumatico.” Risi passandomi una mano
fra i capelli. “Di certo non potevi essere in posti pieni di
gente, in camera
tua non… “ Non finì la frase e gliele
fui grata. “Ecco ho cercato di pensare
con la tua testa ed eccomi qui.” Finì con un largo
sorriso.
”Sei
un genio.”
”Nah…
Caroline ti ha vista dalla finestra della biblioteca.”
Scoppiai a ridere
dopo una tale affermazione. Ed io che credevo fosse frutto del suo
sacco. “L’ho
sempre detto che sei un tipo strano, ho davvero provato a pensare come
Audry
Morel, ma cara mia, è davvero un’impresa. Arrivare
in Alaska a piedi sarebbe
più semplice.”
”Magari
un giorno lo farai.”
”E
morire di fame per una stupida pianta selvatica? No grazie,
passo.” Disse
scuotendo il capo e alzando le mani. Risi prima di bere un sorso di
caffè.
”Che
ci fai qui?” Ovviamente non potevo passarla liscia.
”Nulla.”
”Audry?”
”Si?”
”Spara.”
”Non
ce nulla.” Dissi volgendo lo sguardo al tramonto, al sole
quasi scomparso
oltre l’orizzonte.
”Non
mi inganni. Non sei brava a mentire.” Sospirai, oramai
rassegnata.
”Sono
venuta per pensare.” Risposi vaga.
”A
cosa.” Sospirai.
”Pattinson.”
Sgranò gli occhi, poi la sua espressione si
addolcì per mostrare
un sorriso. Così gli raccontai quelle che era successo il
giorno precedente e
la mattina stessa.
”Lo
sapevo.”
”Cosa?”
”Ti
piace.” Scossi il capo.
”Hai
frainteso.”
”Ne
sei sicura?” Il suo sguardo penetrò il mio, si
legò ad esso impedendomi di
sostarlo altrove.
”…
no…”
*
AlessandraMalfoy:
ciao bella! Sono contenta
di sapere che il capitolo precedente è stato di tuo
gradimento e spero che
anche questo ti sia piaciuto. La parte dei fissa la muro è
stato un parto
scriverla XD Grazie, grazie di tutto!
doddola93:
socia, mio adorato genio! Grazie! Sai quanto contino per me le tue
recensioni *_* nah, io scrivo soltanto, e non so come fai a dire che
tutto
questo sia stupendo, davvero non lo so. Ma sono contenta di sapere che
lo pensi,
dato l’opinione che io o di te. Sapere che ciò che
scrivo ti piace mi rende
felicissima. Grazie tesoro, grazie davvero! <3
ElfoMikey: ciaooooo!
*_* Adori come scrivo? Bhe, forse me lo hai detto qualche
volta XD Grazie honey, grazie davvero. Finalmente qualcuno che adora
Mark! Sei
un mito, un vero mito. Grazie di tutto, grazie davvero. <3
pucciat_:
speravo in una tua recensione! Io fantasia? Stiamo parlando della
stessa persona? Grazieeeee! Cavolo non sai quanto mi faccia piacere
sapere che
la fic ti piaccia, dato che ti reputo davvero brava a scrivere. Spero
che questo
capitolo ti sia piaciuto. E ancora grazie! =*
OkikkaO:
ciao! Sul serio ti piacciono? Oddio, grazie! *_*
Fairwriter: ciao!
Mi hai lasciata seriamente senza parole. Sapere che Audry ti
piace come personaggio mi rende felicissima… come sapere che
il resto della
storia ti piace! Per me è davvero importante! Tifo per Mark?
Finalmente un’altra!
XD A presto e grazie infinite per la recensione!
cloddy_94:
ciao! Se devo essere sincera l’unica cosa che davvero mi
piace di questa
fic è il rapporto amore-odio creatori tra i due ( che devo
ammettere non c’era quando
ho pensato la trama della fic). Ho cercato di postare il più
presto possibile e
spero questo capitolo ti sia piaciuto XD
A voi, Panda.
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Note
dell’autrice:
Imperdonabile.
Chiedo perdono.
Siate clementi.
Il cavo del mio computer è andato all’oltre tomba,
lasciandomi sola. Ecco
spiegato l’enorme ritardo. Ma, grazie un angelo, non faccio
nomi Dod, che mi ha
rinviato i miei file ho potuto postare.
la storia piano si sviluppa e delle cosucce vengono a galla nella
nostra Audry,
ma di certo non sarò qui ad anticiparle.
Ed ora, senza perdermi in stupide chiacchiere…
…
Enjoy!
CAPITOLO IX
Ascolta
il tuo cuore.
Esso conosce tutte le cose.
L’alchimista, Paulo Coelho.
Quella
notte Robert
non dormì in camera. Passai tutto il tempo con le orecchie
tese, in uno stato
di dormiveglia, sperando che tornasse. Lo speravo, certo, ed ero
convinta che
fosse perché la lite avvenuta quella mattina aveva forse
superato tutte le
nostre numerose liti, superando ogni limite. Era il mio peggior nemico
ma era
sempre una persona che, a quanto parava, per qualche oscuro motivo e
ragione,
avevo ferito. Mi sentivo in colpa, ovvio, ma ancora non avevo capito il
reale
motivo di tanta ansia. Troppo orgogliosa e cieca per vedere la
realtà con occhi
diversi, da un’altra prospettiva. Chiusa nelle mie stupide
convinzioni, nel mio
piccolo mondo, per vedere realmente ciò che mi stava
accadendo intorno, ciò che
stava accadendo in me, i cambiamenti e le rivelazioni celate e
soffocate
all’interno del mio cuore.
Riuscii a dormire qualche ora, forse. La mattina seguente mi alzai con
un gran
mal di testa e due occhiaie tendenti al violaceo. Davanti allo specchio
cercai
di dare un ordine ai capelli arruffati, senza grande successo, fu per
questo
che decidi di raccoglierli in una cada. Sospirai scuotendo il capo
rammaricata.
Con passo strisciato e il capo chino mi diressi verso la porta di legno
scuro,
con la borsa a tracolla, contenente i libri. Afferrai la maniglia ma la
porta
si aprì di scatto facendomi cadere all’indietro.
Davanti a me si ergeva la
figura snella e slanciata di Robert. I capelli erano più
arruffati del solito,
gli occhi arrossati e lucidi, due occhiaie evidenti quasi quanto le
mie, se non
di più. Il suo sguardo incrociò per pochi attimi
il mio, poi si fu spostato
altrove. Non disse nulla, le sue labbra erano chiuse in una linea
retta,
l’espressione vacua. Fu come se il mio stomaco fosse stretto
in una morsa, e
potei avvertire quasi dolore fisico. Non riuscivo a comprendere tale
espressione o tale comportamento. Non riuscivo a capire in cosa lo
avessi
ferito. Fra di noi c’era sempre stato odio, no? Forse con
qualche mi frase
avevo toccato un tasto dolente per lui, o una ferita non ancora
rimarginata.
Mi alzai dal pavimento, rimettendomi diritta. Lo guardai dirigersi
verso il
bagno con un asciugamano in mano.
”Cosa vuoi?” Chiese freddo. Aprii la bocca per
rispondere ma le parole mi
morirono il gola. Scosse il capo e passandosi una mano fra i capelli
strine la
maniglia della porta.
”Scusa.” Sussurrai. Si bloccò sulla
soglia e sposto la testa leggermente di
lato.
”Vattene.” Sibilò prima di chiudersi la
porta alle spalle. Rimasi pietrificata,
incapace di muovermi per minuti che sembravano infiniti. Potevo sentire
il
getto d’acqua battere sul fondo della doccia e sul suo corpo.
Mi voltai e con
occhi bassi mi diressi fuori per una boccata d’aria.
”Posso farti una domanda?” Mi voltai verso Caroline
che aveva poggiato dei
libri su un tavolo vuoto della biblioteca. Annuii col capo guardandola
negli
occhi.
”Cosa c’è fra te e Pattinson?”
Alzai le sopracciglia sorpresa. Lei si sfilò gli
occhiali poggiandoli su un libro.
”Fra me e lui?” Chiesi con un filo di voce, appena
percettibile. Lei annuì.
”Nulla. Perché?” Lei fissò un
attimo il pavimento.
”Ieri l’ho sentito urlare con la signora
Darcy.”
”Cosa c’entra quella vegera?” Corrugai la
fronte confusa.
”Diceva che non ce la fa più, che tu lo stai
esasperando e che vuole un’altra
camera. Ma lei ha detto che non è possibile al momento. Ed
è strano.”
”Perché?”
”Bhe, si potrebbe tranquillamente fare un cambio. Per questo
lei e Robert hanno
litigato. Ma perché ha tutta questa impazienza di andarsene
da quella stanza?”
Chinai il capo e sospirai.
”La signore Darcy mi odia e sa che io e lui non andiamo
d’accordo.”
”Dici che ci gioca su questo?”
”Si. E forse potrebbe c’entrare anche
Mark.”
”Sa che esci con lui?” Annuii col capo passandomi
una mano sul viso, frustrata.
”Capisco. Bhe, è un vostro diritto poter cambiare
stanza. Certo lo si può fare
solo in casi eccezionali ed estremi e questo mi pare proprio che lo
sia.
Nessuno litiga in quel modo…”
”Si, credo davvero lo sia.” Ammisi… mio
malgrado. “Hai ancora bisogno di me? Io
andrei… sono molto stanca.” Chiesi con sguardo
supplicante. Caroline sorrise e
scosse il capo.
”Tranquilla, io qui ho quasi finito. Ci vediamo
domani.”
”Grazie. A domani.”
”A domani.” E rimettendosi gli occhiali sul naso
riprese i libri che aveva
poggiato sul tavolo e si diresse verso uno dei tanti scaffali.
Uscii dalla biblioteca con le idee ancora più confuse di
prima. Tutti
sfrecciavano di fianco a me, tutti diritti verso le proprie camere, o
in
qualche locale. Persone che sostavano nei corridoi parlando del
più e del meno.
”Ehi!” Sentii qualcuno toccarmi il braccio e mi
voltai.
”Ciao Mark.” Dissi racimolando un po’ di
entusiasmo.
”Come stai?” Chiese sorridendo.
”Bene. Tu?” Mi portai una ciocca di capelli, che mi
era caduta davanti al viso,
dietro un orecchio.
”Potrebbe andare meglio. Stanotte Rob ha dormito da me e ha
avuto un sonno…
movimentato. Ma cosa è successo? Ieri non ha voluto dirmelo.
Era piuttosto
abbattuto.” Nell’udire quel nome il mio cuore perse
un battito.
Ma… perché?
Troppo cieca, troppo stupida.
”Non lo so.” Sussurrai chinando il capo.
”Oh. Ti va una pizza stasera?” Chiese entusiasta.
”Veramente sono molto stanca e vorrei andare a
dormire.” Balbettai.
”Capisco. Allora, buona notte Audry.” Si sporse e
il suo viso mi fu troppo
vicino in poco tempo. Il suo espiro sul mio viso, le sue labbra a pochi
centimetri dalle mie. Spostai il capo di lato intuendo le sue
intenzioni.
”Buona notte, Mark.” Così, mi voltai
diretta in camera mia, lasciandolo, lì,
solo e interdetto.
Quando entrai in camera lui non c’era. Mi sedetti sul
pavimento portandomi gli
auricolari alle orecchie. Poggiai la testa sul tavolino e chiusi gli
occhi.
Strane immagini si susseguivano nella mia testa, senza chiarezza, in
modo molto
confuso. Vedevo mille volti, mille espressioni, potevo sentire le voci
di
coloro con il quale avevo parlato, ed intravedevo il suo viso, i suoi
occhi, la
sua figura allontanarsi, la sua voce dura. E più mi
avvicinavo ad uno stato di
incoscienza, tipico di chi è sul punto di addormentarsi, la
sua immagina si
faceva sempre più flebile, sino a sparire.
Mi
sveglia con la testa che mi girava ed un’orribile sensazione
di nausea mi
attanagliava. Sbadigliai alzandomi leggermente, reggendomi sui gomiti.
Corrugai
la fronte quando mi resi conto di essere nel mio letto. Se la ragione
non mi
aveva ancora abbandonata, per far largo alla pura e totale pazzia, io
mi ero addormenta
su un tavolino. Così mi voltai verso di esso confusa
più che mai e fu allora
che capii.
Robert
era seduto sul suo letto a gambe incrociate. Istintivamente guardai la
radiosveglia che segnava le tre del mattino. Non riuscivo a capire se
fosse sveglio
dato che il suo viso era nascosto nel buio. Così affinai lo
sguardo sporgendomi
verso di lui, perdendo l’equilibrio e cadendo sul pavimento,
con un rumoroso
tonfo.
Sentii
soffocare una risata.
”Sono
sveglio.” Disse mentre cercavo si sbrogliare il groviglio di
coperta e
lenzuola che mi avvolgeva.
”Si,
me ne sono accorta.” Mi dimenai cercando si liberarmi, ma non
ebbi molto
successo. Sbuffai in segno di resa e mi stesi sul pavimento.
”Mi…
daresti una mano?” Chiesi con un filo di voce, sentendo le
guance
avvamparmi per l’imbarazzo.
”Dammi
un motivo valido per cui dovrei farlo.” La sua voce era dura,
e
qualsiasi forma di letizia sembrava essere sparita da essa.
”Perché
se rimango qui finirò per essere divorata dai cani
alsaziani.”
”Poco
convincente.” Sospirai.
”Ascolta,
Robert… qualsiasi cosa io abbia detto che ha potuto ferirti,
ti
chiedo perdono. Non volevo. È solo che tu sei
così… così…”
”Così
come?” La sua voce era ferma e cupa. Cercai di mettere da
parte
l’orgoglio o l’odio. Dovevo mostrarmi matura, quale
ero.
”Odioso.”
”E’
di rimando.” . Sbuffai irritata.
”Io
cerco di mettere da parte tutto il rancore e tu-“
”Perdonami.”
Quelle nove lettere mi lasciarono spiazzata e senza parole.
“Ti
chiedo perdono anch’io. Non avrei dovuto reagire in quel
modo, ma come è per te
difficile mantenere la calma, lo è per me.” Negli
attimi successivi nessuno dei
due parlò. Il suo viso rimase nascosto nell’ombra.
”Ma…
me la daresti un mano?” Chiesi con tono implorante. Lo sentii
fare un
risolino mentre si alzava dal letto per poi dirigersi verso di me. Un
raggio
argenteo della luna che filtrava attraverso le persiane
illuminò il suo viso
quando si chinò per aiutarmi, lasciandomi senza fiato. La
sua pelle aveva
assunto il color di una perla, e i suoi occhi apparivano limpidi e
chiari,
grigi come il cielo durante una nevicata. La sua mano calda
sforò la mia spalla
nuda, a causa della maglietta a collo largo che era scesa. Mi
sollevò con un
braccio, circondandomi le spalle con esso, e cerco di sbrogliare i
groviglio di
lenzuola. Respirai a fondo il suo profumo di pulito, e il suo respiro
mi
solleticava la pelle del collo, mentre lui, chino, cercava di aiutarmi.
Sperai
non sia accorgesse del mio cuore che batteva all’impazzata e
che mi era balzato
in gola. Il mio respiro si fece sempre più corto e
irregolare. Lo sentii
sogghignare e avvampai di rossore, maledicendomi. Dopo circa un minuto
riuscì a
liberarmi e porgendomi una mano, che accettai, mi aiutò ad
alzarmi.
”Grazie.”
Sussurrai sollevando coperte e lenzuola.
”Prego.”
Ritornò a sedersi sul suo letto. Cerai di regolarizzare il
battito del
mio cuore, il respiro corto.
Perché
tale reazioni? Avrei dato di tutto per saperlo, o di tutto per
riacquistare la vista.
”Sei
stato tu?”
”Che
intendi?” Chiese stendendosi sul letto.
”Ricordo
di essermi addormentata poggiata al tavolino.” Mi diressi
verso
l’armadio per prendere la tuta con cui dormivo.
”Si.
Sono stato io.” Mi fermai davanti alla porta del bagno,
quando lo senti
sospirare.
”Grazie,
ancora.” Dissi voltandomi.
”Prego,
ancora.”
”Perché
lo hai fatto?”
”Cosa?”
”Portarmi…
sul letto.” Chinai il capo e sentii una ciocca di capelli
ramati
coprirmi un occhio.
”Per
quanto io possa avercela con te, non ritenevo une giusta scelta
lasciarti
dormire sul pavimento.” . Annuii col capo.
”Ho
chiesto a Mark di parlare a sua madre. Magari potremo
cambiare… stanza.”
Sussurrò.
”Oh…
capisco.”
”E’
ciò che vuoi, no?” Chiese mettendosi a sedere,
poggiando i piedi sul
pavimento e o gomiti sulle ginocchia.
”Si…
ciò che voglio. E’ ciò che vuoi anche
tu, no?” Chiedi dirigendomi verso il
bagno, portandomi quella ciocca solitaria dietro l’orecchio.
”Si…
ciò che voglio.” Non riuscì a decifrare
il suo tono di voce, così
differente da come probabilmente me lo aspettavo.
Ma era
davvero ciò che volevo?
*
AlessandraMalfoy:
tesoro, ciao! Che piacere leggere la tua recensione! Spero ti sia
piaciuto
anche questo capitolo, lo spero con tutto il cuore. Non vedo
l’ora di sentirti!
A presto!
KeLsey: ciao! *_* Anche a me piace
l’odio-amore! Forse l’unica cosa che mi convince!
Cavolo come sono contenta di
sapere che la storia ti piaccia, non sai quanto mi faccia piacere
sapere cosa
ne pensi! Si, sono entrambi parecchio nervosi, ma non so
perché mi viene
spontanei farli litigare, è più forte di me XD
Spero di non averti delusa con
questo capitolo. A presto bella, ti voglio bene! (L)
fede_sganch: ciao! *_* Grazie mille
per la recensione! Sono contenta che la scena della colazione ti sia
piaciuta e
che ti piaccia l’intera storia! Scusa per l’attesa
ma il mio pc è davvero,
davvero molto sciocco ^^ A presto! Grazie mille ancora!
doddola93: tesoro! Che gioia leggere
la tua recensione! Mi fai commuovere come sempre! Uno dei miei intenti
è quello
di far sentire il lettore parte della fiction, farlo sentire un
personaggio e
sapere che in parte con te ci sono riuscita… è
una cosa bellissima! Sono io ch
emi inchino alla tua maestria. Che dire? Unica, sei unica e le tue
recensioni
mi mettono sempre il buon umore. A presto dolcezza, ti voglio bene!
<3
narcissa82: ciao! Che bello sapere
che l’hai seguita! Credevo di averti delusa in quel modo, di
averti annoiata!
*_* Sugli imprevisti, bhe, diciamo che la storia ne è piena,
cerco sempre di
non essere prevedibile anche se alla fine lo sono. Bhe, diciamo che
sono
entrambi ciechi e non vogliono capire ciò che succede
intorno a loro e ciò che
sono, in realtà. Okay, forse sto parlando troppo. Mi
incuriosisce la mezza idea
che hai, o avevi, dei prossimi capitoli. Mi piacerebbe tanto saperla!
Ci ha
presto? Grazie mille per la recensione, grazie davvero! *_* a presto!
Un ringraziamento speciale va ancora alla
dolce Dod, grazie anche per le
chiacchierate e le infinite risate e sorrisi.
E
un grazie speciale va alla mia Juliette,
per la nuova amicizia. Grazie Cip!
A voi è tutto,
Con affetto, Panda.
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
CAPITOLO
X
L'amore
non deve implorare e nemmeno
pretendere,
l'amore deve avere la forza di diventare certezza dentro di
sé.
Allora non è più trascinato, ma trascina.
Hermann
Hesse, poeta tedesco, 1877-1962.
premio nobel, 1946.
“Buon
giorno!” Aprii
piano gli occhi, svegliata dalla voce di Staphanie.
”Cosa ci fai qui?” Chiesi con voce impastata dal
sonno.
”Ho visto che non scendevi stamattina, così ho
deciso di venire qui.” Mi portai
la coperta fin sopra la testa rannicchiandomi, girata verso il muro
sulla quale
il letto era poggiato.
”E’ presto, va a dar fastidio a Jane.”
Grugnii cercando di riaddormentarmi.
”Audry, è quasi ora di pranzo.” .
Sgranai immediatamente gli occhi, mentre il
mio cervello elaborava le informazioni. Con grande velocità
mi misi a sedere,
tanto forte da avere per un attimo le vertigini.
”Ora di pranzo?” Chiesi con voce strozzata e acuta.
Le annuì energicamente col
capo sedendosi sul bordo del mio letto.
”Ho perso la lezione.” Mugugnai prendendomi il viso
fra le mani.
”Dai, non è così tragico,
Audry.” Disse con tono dolce Stephanie accarezzandomi
un braccio.
”Si, lo so. Ma ci tenevo.” Mi lasciai ricadere sul
materasso.
”Non hai mai dormito così tanto.”.
Annuii. Spiegarle l’accaduto della notte
precedente sarebbe stata un’impresa, e poi, non mi andava.
Era un discorso
troppo lungo da fare appena svegli.
”Si, lo so.” . I suoi occhi vagarono per la stanza
ordinata.
”Il tuo compagno?” Chiese fissando il suo letto
fatto.
”Non lo so.” Ammisi alzandomi e dirigendomi verso
l’armadio.
”Siete piuttosto ordinati.” Notò.
Iniziai a cercare un maglia.
”Sai quando devi condividere la stanza con un ragazzo devi
per forza essere
ordinata, e così credo sia per lui.” Afferrai un
jeans non appena l’ebbi
trovata e mi diressi verso il bagno.
”Giusta osservazione. Non ci avevo pensato.”
”Perché, da quando tu pensi?” Chiesi
aprendo l’acqua della doccia.
”Ah ah, divertente Morel.” Feci un risolino, prima
che comparisse sulla soglia.
”Mark?” . Mark, mi ero dimenticata di lui.
”Cavolo Mark.” Mormorai passandomi una mano sul
viso. “Credo di averlo offeso
ieri.”
”Perché?”
”Diciamo che sono stata… fredda.” Ammisi
mentre lei chiudeva la porta e si
dirigeva sul letto.
”Perché l’ho incontrato ieri, quando ho
finito di parlare con Caroline.” Il
rumore dell’acqua che si infrangeva contro il fondo della
doccia era forte e la
mia voce, probabilmente, era appena udibile
Stephanie, così dovetti alzarla di qualche
ottava. La sentii dire
qualcosa ma non riuscii a decifrare le sua parole.
”Aspetta, non ti sento!” Gridai. Cercai la lavarmi
il più in fretta possibile e
di asciugarmi e vestirmi, il più in fretta possibile. Con i
capelli ancora
umidi uscii dal bagno, trovandola seduta sul mio letto e gambe
incrociate.
”Dicevi?” Chiesi raggiungendola.
”Mark.” Annuii con capo e le raccontai
ciò che era avvenuto il giorno prima,
evitando di raccontarle delle notte, non seppi nemmeno io quale fu il
motivo
che mi spinse a tenerla allo scuro.
”Oh.” Fu tutto quello che disse non appena ebbi
finito.
”Oh?”
”E’ evidente che tu e Pattinson vi
odiate.” Mi portai le dita alle tempie
massaggiandomele.
”Ma non mi dire.” Risposi con sarcasmo.
”Ma è evidente che ti piace.” Alzai di
scatto il viso, fissandola con
sbigottimento. Lei si alzò in piedi sbuffando e alzando le
braccia al cielo.
”Dai, Audry! C’era note di delusione e tristezza
nella tua voce quando hai
detto che voleva andare via! Cavolo hai le guance rosse! Puoi prendere
in giro
te stessa ma non la tua migliore amica.” Rimasi con gli occhi
puntati sul
pavimento, sbigottita da tali affermazioni.
Che volessi mentire a me stessa? Che volessi illudermi di un qualcosa
che forse
non c’era e non vi era mai stato? Autodifesa? Insensata?
Scossi il capo. Tra me e lui vi era astio, ogni minima cosa ci portava
ad una
lite… eppure… momento in cui tale odio sembrava
essere sparito, lasciando
spazio a… alla normalità?
”No, impossibile.” Dissi più a me stessa
che a lei. La sentii sbuffare.
”Vivi nelle tue stupide convinzioni Audry. Ed ora alza il
deretano e andiamo a
mangiare. Ho fame.” Feci ciò che mi disse, con
l’ombra di un sorriso sul viso.
Presi la borsa, mettendola a tracolla, ed uscimmo insieme dalla stanza,
ma
oramai le parole di Stephanie si era insediate nella mia mente e non
volevano
andar via. Rumore come auto da corsa, mi impedivano di pensare ad
altro. Avrei
voluto vendicarmi, dandola in pasto ai coccodrilli, ma non ce
n’erano nei
dintorni, così decisi di ritrarre il piano di vendetta.
Mi passai una mano sul viso frustata.
Maledetta Stephanie… maledette auto da corsa.
Camminavo
per il
campus, diretta all’entrata principale. Mi servivano dei
libri da riportare in
biblioteca. Aprii la porta dell’ingresso e mi diressi verso
la scalinata.
”Audry.” Sobbalzai e mi girai verso al voce alle
mie spalle. Mark era poggiato
ad una di quelle panche di legno scuro poggiate alla parete , accanto a
lui, Robert.
Entrambi mi fissarono, ma gli occhi sul quale i miei si soffermarono
non erano
quelle di Mark, come credevo, bensì quelli di Robert. Mi
specchiai per attimi
infiniti in quell’azzurro cielo.
”Ti ho cercata tutta la mattina.” Disse Mark
venendomi incontro, per poi
baciarmi una guancia. Gli sorrisi flebilmente passandomi una mano fra i
capelli
ramati.
”Mi sono svegliata tardi.” Mormorai guardando con
la coda dell’occhio Robert,
che paino di dirigeva verso di noi.
”Hai studiato fino a tardi?” Chiese corrugando la
fronte.
”Non proprio.” Risposi vaga quando Robert gli fu
vicino con l’ombra di un
sorriso sul viso.
”Credo sia stata colpa mia.” Disse Robert
voltandosi verso Mark.
”Che intendi?” Rispose l’altro con un
tono di acidità nella voce. Alzai le
sopracciglia sorpresa da tale reazione.
”Che forse l’ho svegliata o quando sono tornata e
magari non è scucita più a
dormire.” Balbettò lui, sorpreso almeno quanto me.
”Certo,certo.” Sgranai gli occhi, fissando Mark
sbigottita. Incrociai le
braccia al petto, infastidita. Lui non gli aveva fatto nulla, e per
quanto
Pattinson poteva darmi ai nervi, non se lo meritava.
”Tranquilla piccola, ho parlato con mia madre. Forse vi
cambiano stanze.”
Guardai Robert per un momento che lo fissava con un sopracciglio alzato.
”Ma ti sei fumato il cervello?” Sbottò
poi portandosi una mano su un fianco. Ci
voltammo verso lui.
”Io Rob? Io?” Rimasi lì, impalata
cercando di capire cosa stesse succedendo,
senza capire nulla.
”Si, tu! Cavolo amico ma che ti prende? Non ti ho fatto
nulla!”Disse poi
allargando le braccia al cielo.
”Forse è meglio per me se me ne torni in camera.
Sapete, la biblioteca chiama.”
Mi voltai verso la scala.
”No Audry!” Rivolsi lo sguardo a Mark.
”Cosa?” Chiesi con leggera isteria.
”Questo tizio deve smetterla di darti fastidio!”
Sgranai gli occhi e sentii
l’irritazione salire.
”Lui non ha fatto nulla di male! Anzi se non fosse stato per
lui avrei dormito
sul pavimento!” Sbottai in difesa di Robert. La convinzione
delle mie parole,
il tono convinto con cui le avevo pronunciate, mi lasciò
scossa. Stavo
difendendo Robert Pattinson. Entrambi si voltarono verso di me, con
un’espressione scioccata.
”Lo stai difendo?” Chiese Mark con voce strozzata.
Robert mi guardava con le
sopracciglia alzate le sorpresa. Deglutii rumorosamente, sentendomi in
soggezione.
”Bhe, io… ecco…no,
cioè… si. Non ha fatto nulla, Mark.”
Entrambi strabuzzarono
gli occhi, sorpresi e quasi sbigottiti. Mi grattai la testa
imbarazzata,
avvampando di rossore in viso.
”Non so cosa dire.” Disse irritato Mark. Sbuffai
alzando gli occhi al cielo e
allargando le braccia.
”Io me ne vado.” Guardai per un istante gli occhi
azzurro cielo di Robert,
occhi che penetrarono i miei, distolsi immediatamente non lo sguardo, e
Mark si
accorse di quella piccola schermaglia di sguardi. Scossi il capo
salendo
velocemente la scalinata.
Sorpresa da me stessa, mi dirigevo a grandi passi verso la mia camera.
L’avevo difeso.
Era forse un’illusione? Un sogno? Un incubo? Un mondo
parallelo? Il mio organo dell’immaginazione
mi aveva forse giocato brutti scherzi?
La conferma che tutto ciò fosse realmente accaduto, che
fosse cruda realtà,
arrivò pochi istanti dopo, quando dietro me sentii i passi
accelerati di Mark.
”Audry!” Mi chiamò con un leggere
fiatone. Mi voltai , guardandolo in volto.
”Cosa c’è?” Chiesi incrociando
le braccia al petto.
”Io.. mi dispiace. Non avrei dovuto reagire così.
Perdonami, non so che mi sia
preso.” Era palesemente dispiaciuto, lo si poteva leggere in
quegli occhi
nocciola. Sospirai, chiudendo un secondo gli occhi.
”Non dovresti chiedere scusa a me, Mark, ma a…
Robert. Non credi?” Chiesi
piegando la testa leggermente di lato. Lui annuì col capo,
guardando il
pavimento.
”Si, forse hai ragione.”
”Io toglierei il forse.” Fece un risolino in
risposta, poi puntò ancora i suoi
occhi nei miei.
”Ti va di fare un giro stasera?” Chiese poco
dopo.”
”Veramente l’ho già promesso a
Sthephanie.” Dissi dirigendomi verso la stanza.
”Domani?”
”Ecco… io…” In
realtà, non mi andava molto di uscire il giorno successivo,
così
cercai in pochi attimi di inventare una scusa che potesse sembrare
plausibile.
”Ti prego, ti prego, ti prego.” Supplico facendo lo
sguardo innocente.
Sospirai, rassegnata.
”Okay.”
”Fantastico!” Trillò allegro. Sorrisi
flebilmente. Prima di andare via si avvicinò
scroccandomi un bacio a fior di labbra. Lo guardai andare via correndo
e
sbuffai.
”Ma che diamine mi sta succedendo?”
”Dai Audry, che male c’è? E’
solo una festa universitaria.” Guardai Stephanie
alzando un sopraciglio.
”Devo ricordarti le condizioni di Jane all’ultima
festa universitaria?” Lei mi
circondò la spalle con un braccio conducendomi
all’esterno del grande plesso.
Sbuffai quando Jane mi fu vicina.
”Che bello ragazze, un’altra festa!”
Gioì mentre la fulminavo con lo sguardo.
”Già, una festa.” Sibilai rivolta a
Stephanie che cercava di reprimere una
risata. Mi condussero oltre le scale pensando solo al divertimento e lo
svago.
Per qualsiasi cosa concernente la parola festa, quelle ragazze erano
un’unica
entità, pericolosa e spaventosa.
”Un momento! Dobbiamo aspettare Caroline.” Dissi
fermandomi di colpo.
”Alla fine ha deciso di venire?” Chiese Stephanie.
Annuii energicamente col
capo.
Sedendomi sul muretto che costeggiava la verde erbetta ben curata, non
ascoltai
le ciance di quei due strambi individui, incentrati sulla migliore
qualità di
birra in circolazione e quale tipo ci fosse stata alla festa.
”Audry?” alzai lo sguardo su Stephanie,
approfittando, dato che Jane era
momentaneamente al telefono. “Perché Pattinson ti
sta guardando?” Alzai le
sopracciglia sorpresa e mi guardai intorno cercando il suo viso che,
finalmente, intravidi oltre il vetro di una finestra. Incrociai per
pochi
istanti il suo sguardo, fissai esterrefatta i suoi occhi azzurri come
l’oceano,
ignorando quello di Stephanie fisso su di me. Poi qualcosa, oltre la
finestra,
attirò la sua attenzione e i suo viso scomparse altre una
leggera tenda chiara,
lasciando posto a due occhi color nocciola. Sgranai gli occhi: Mark.
Sul suo
viso comparve un sorriso ed io sgranai gli occhi. Alzò la
mano in segno di
saluto ed io, troppo sorpresa risposi con un cenno, mentre lui mi
faceva segno
di aspettare.
”Audry? Perché sei pallida?” Mi voltai
verso Jane che con aria confusa e
preoccupata mi fissava.
”Via!” Sussurrai scattando in piedi.
”Ma Caroline?” Chiese Stephanie.
“Perché tutta questa fretta? Mark non ti ha
fatto segno di attendere?” La fissai fulminandola negli
occhi. Evidentemente
non aveva capito che la chiave di tale comportamento stava proprio nel
dover
aspettare Mark, che, per qualche oscuro motivo, non volevo vedere.
”Salve ragazze!” Ci voltammo tutti di scatto verso
Caroline che aggrottò la
fronte quando incrociò i nostri sguardi.
”Bene, ci siamo tutte, ora andiamo.” Dissi con
convinzione e una nota di
impazienza nella voce. “Andiamo, andiamo!” Dissi
incitandole, vendendole ferme
come lucertole al sole.
Per la prima volta, ero contenta di andare ad una festa.
*
Salve
gente, eccomi qui!
Allora la nostra Audry ha sempre più le idee confuse, il che
può essere
positivo o negativo, dipende dai punti di vista.
La fine di questo capitolo ovviamente è
un’anticipazione del prossimo, dove vi
sarà una piccola “sorpresa”, ma non vi
dico cos’è.
Ora la pianto di parlare… alla fine non credo vi interesse
delle stupide
chiacchiere di una pazza squilibrata.
Un
enorme ringraziamento va a tutti coloro che hanno inserito
questa fic tra i preferiti e chi legge anche senza recensire.
Ma
soprattutto…
cloddy_94: ciao! *_*
Grazie… io… io
non so che dire! Cavolo questa storia per me è davvero
importante e sono
felicissima di sapere che ti piaccia! Visto? Non hai dovuto attendere
tanto per
il decimo capitolo! ^.^ Sul sentimento… non parlo. Alla
prossima, cara. Grazie
mille per la recensione!
Fairwriter: Juls, mia dorata! Sul
serio ti piace come ho reso Robert? Cioè è un
po’ difficile alla dine perché a
raccontare è lei e per la maggior parte del tempo litigano.
Bhe, ci vuole tempo
per cambiare stanza, o no. Ti lascio sulle spine che è
meglio XD Cavolo sapere
che tutto questo ti piace è…
è… bellissimo! Cavolo, il tuo parere è
importante
per me! Spero ti sia piaciuto anche questo, lo spero tanto! A presto
Cip, ti
voglio bene! <3
fede_sganch: ciao! Rob
innamorato…? Forse
si, forse no. Perché si, perché no…
okay, la pianto o potrei andare avanti all’infinito.
Alla fine, come ho già detto, non ho ritardato molto, no? Il
mio computer sta
collaborando… per sua fortuna. A presto cara, spero ti sia
piaciuto questo
capitolo!
ElfoMikey: semplicemente unica.
Audry
interessante?... boh. <3 Ti voglio bene!
doddola93: ciao! Giusta osservazione
la tua. Come fai poi a rotolarti sul pavimento? O.o A volte mi fai
paura sai?
XD Certo, te l’avevo detto che si sarebbe stata!
C’è anche qui! Si si, tu sei
un angelo. Si sentiva la mia mancanza? Sai che non si fumano i semi di
girasole, no? Davvero ti piacciono loro? Io mi diverto molto a scrivere
delle
loro liti, non so perché. Forse questo non è un
bene. Sono meravigliosa solo se
lo sei tu. Ti voglio bene, tesoro <3
A voi,
con affetto,
Panda.
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
ATTENZIONE: ho
scritto una one Confusion.
È il punto, di
vista di una scena di questo capitolo, di Robert.
CAPITOLO 11
Non capirsi
è terribile-
non capirsi e
abbracciarsi,
ma
benché sembri strano,
è
altrettanto terribile
capirsi totalmente.
In un modo o
nell’altro ci feriamo.
Ed io,
precocemente illuminato,
la tenere tua
anima non voglio
mortificare con
l’incomprensione,
né con
la comprensione uccidere.
Evgenij
A. Evtusenko, poeta russo, 1933.
Avvolta
dalla forte musica, riuscivo a malapena a capire ciò che mi
diceva
Caroline, al io fianco.
”Forse
dovresti andarci piano.” La sentii urlare per sovrastare la
musica. Mi
voltai a guardarla portandomi un ennesimo bicchiere alle labbra.
”Nah,
io no credo.” Risposi ridacchiando e bevendo un sorso di
rum… forse. Lo
sentii scendere lungo l’esofago, sentii bruciarmi la gola e
lo stomaco… del
tutto vuoto.
”Audry,
non hai mangiato nulla. Dai ti prendo un pezzo di pizza.”
Riflettei
sulle sue parole qualche attimo prima fare un cenno di disaccordo.
”Ma
io non ho fame.” Gridai in un lamento.
”Aspettami
qui, torno subito. E questo “ Disse togliendomi il bicchiere
di
mano. “Lo prendo io.” Le gridai di ridarmelo ma non
mi ascoltò. Per un momento
la stanza fu come se girasse vertiginosamente attorno a me,
così strabuzzai gli
occhi qualche volta mettendo a fuoco le figure che si muovevano troppo
velocemente e in maniera confusionaria intorno a me. Grugnii alzando e
dirigendomi barcollando verso il bagno. Non feci caso alle persone che
urtai
che le spalle, non feci caso alle imprecazioni e rimproveri provenienti
da
essi. Con la testa dolente, la vista offuscata e un forte senso di
nausea,
attraversai la moltitudine di gente che mi si presentava davanti.
Intravidi una
porta, credendo ovviamente che fosse quella del bagno delle donne,
così
afferrai la maglia, ma il caso volle che quello non lo fosse,
così di colpo si
aprì, scaraventandomi sul pavimento, freddo e duro.
Mugugnai
qualcosa poggiando la testa su di esso e chiudendo gli occhi,
corrugando la fronte.
Sentii
qualcuno sussurrare il mio nome. Sentii della mani accarezzate il mio
viso e sollevarmi la testa dal pavimento. Aprii gli occhi confusa e
stanca.
Cercai inutilmente di mettere a fuoco il viso che avevo davanti, ma la
sua
voce, la sua voce era come una dolce melodia sussurrata nel cuore della
notte,
sotto i raggi argentei della luna, in un mondo dove esiste solo
perfezione. La
sua voce, così calda e roca, bassa e rassicurante,
così tremendamente
familiare, mi fece immaginare quel viso che per giorni, settimane
intere avevo
odiato.
”Robert.”
Sussurrai in un lamento. Delle braccia avvolsero il mio corpo e mi
sollevarono.
”Si.
Sono io.” Un suono che arrivò alle mie orecchie in
modo ovattato. Poggia
la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi e gemendo. Lo sentii
muoversi,
leggero e costante come le onde del mare, tutto
quell’ondeggiare aumentò la
nausea che attanagliava il mio stomaco. Portai indietro la testa,
facendo
ricadere oltre il suo braccio e ciondolando così assieme
alle onde. Gemetti
ancora.
”Fammi
scendere.” Farfugliai.
”Cosa?”
Chiese mentre sentivo l’aria fredda accarezzarmi il viso
accaldato.
”Lo…
stomaco.” Sussurrai aprendo gli occhi e dimenandomi per
scendere.
Barcollando
feci qualche passo, ma le sue mani non mollarono i miei fianchi,
stringendoli mi attiravano a sé. Fu come se vedessi me
dall’esterno. Come
ricordassi la scena di un film, rimossa dalla mente. Immagini si
susseguirono
successivamente nella mia mente, e molte nemmeno riuscivo a metterle
tutte a
fuoco. Alcune sfocate altre nitide.
Sentii
una porta aprirsi e chiudersi. Il
suo suono era come quello di una portiera di auto. Sentii
l’aria fredda
assalirmi ancora una volta ed ebbi un brivido di freddo, delle braccia
calde mi
strinsero ancor di più a loro, mentre un dolce profumo
invadeva i miei polmoni.
Fluttuai fra quelle braccia, ancora in balia di dolci e costanti onde.
I
ricordi successivi furono sempre più nitidi e chiari.
Mi
posò sul letto e chiusi gli occhi sospirando. Le sue mani mi
accarezzarono
il viso, portandomi i capelli indietro, lasciandomelo scoperto.
”Non
ti muovere.” . Scossi debolmente il capo. Conciata in quel
modo dove sarai
potuta andare? Al massimo sarai rotolata giù dal letto,
senza possibilità di
rialzarmi. E avrei passato l’intera notte lì, al
freddo. Gemetti corrugando la fronte
e girandomi leggermente su un fianco.
”Se
stai ferma passa prima, Audry.” Ancora quelle voce invase la
mia mente,
rivoluzionandola. Ogni pensiero, ogni cosa assunse altri significati.
Prese
dolcemente il possesso di quel poco di coscienza che mi rimaneva
mozzandomi
quasi il fiato e facendomi, probabilmente, sorridere.
”Tieni
bevi questo.” Aprii gli occhi, incontrando i suoi occhi
azzurri. Annui
debolmente, mentre mi portava una tazza alle labbra. Riconobbi il forte
ed
amaro odore del caffè, che quasi mi bruciò la
lingua.
”Piano.”
Sussurrò, accarezzandomi la nuca con una mano. Guardai i
suoi occhi,
senza distogliere lo sguardo. Allontanò la tazza e la
poggiò sul comodino.
Le sue
mani ancora si posarono sul mio viso, e per qualche oscuro motivo
avvicinai famelica il mio viso al suo, attratta dalle rosee e succose
labbra
che a pochi centimetri dalle mie si schiudevano. Sentii il suo respiro
fondersi
con il mio mentre le sue dita sfioravano le mie labbra.
”Hai
bisogno di dormire.” Sussurrò spostandole poi
sulla guancia.
”Ho
bisogno di...” Sussurrai.
”Non
sai quello che dici.” Disse in un risolino. “Se non
fossi sotto l’effetto
dell’alcool non lo diresti.”
”No.
Si. Non lo so.” Dissi in un gemito lasciandomi cadere sul
materasso e
chiudendo gli occhi.
”Dormi,
Audry.”
”Resta.”
Sussurrai avvicinandomi ad uno stato di incoscienza.
Sussurrò
qualcosa, ma ero troppo stanca per capire. Voltai il capo di lato,
poggiando
una guancia sul fresco cuscino, mentre una sua mano mi sfiorava il viso
e
l’altra stringeva la mia mano. Poi, piano tutto
svanì, e le immagini sfocate e
confuse piano si fecero più scure, lasciando poi spazio
al… buio.
Mi sveglia la mattina successiva con un forte e terribile mal di testa.
Poggiandomi sui gomiti mi passai assonnata una mano sul viso e
sbadigliai e mi
ci volle qualche secondo per abituarmi alla luce mattutina. Ma,
spostando la
mano, mi accorsi di non essere sola. Qualcosa attirò la mia
attenzione, o
meglio qualcuno.
Robert era seduto per terra, con la testa poggiata sulle braccia,
incrociate
sul letto.
Accigliandomi non potei fare a meno di chiedermi perché lui
fosse lì. Fissai il
suo viso rilassato, tranquillo, come se stesse facendo un bel sogno.
Inclinai
la testa di lato, guardando le labbra dischiuse e ascoltando il leggero
suo respiro.
Sorrisi intenerita e conscia allo stesso tempo di non ricordare
assolutamente
nulla della sera prima. Cercai di fare mente locale, portandomi i
capelli
all’indietro con entrambe le mani. I miei ricordi si
fermavano alla festa. Ai
bicchieri di birra, ai cocktail… e piano le immagini si
facevano più chiare,
ricordando quei pochi momenti di lucidità.
”No.” mugugnai, capendo perché egli
fosse lì. Mi lasciai ricadere sul materasso
con un grosso tonfo, dimenticandomi di Robert poggiato al materasso.
Sobbalzò e
mi portai una mano davanti alla bocca.
Alzò di scatto il capo guadandosi allarmato intorno.
-Ma cosa… ah. – mormorò guardando il
letto.
-Scusami. – dissi grattandomi la nuca, imbarazzata. Il suo
sguardo incrociò il
mio per istanti che parvero infiniti. Dentro di me, la paura. Paura di
una sua
reazione, di una ipotetica lite, che oramai non riuscivo più
a reggere. Poi la
sua espressione, il sorriso che comparve su suo viso,
scacciò ogni
preoccupazione.
”Buon giorno.” Disse con voce dolce. Sorrisi
sporgendomi in avanti e
poggiandomi una mano sul collo.
”Buono giorno.” Risposi portandomi le gambe al
petto.
”Ehm… mi spieghi perché
sei…” Comincia sentendo le guance avvamparmi di
rossore
e mi concentrai sulle pieghe della trapunta.
”Ieri… ecco, non eri in condizioni di tornare a
casa da sola ed io-“
”Grazie.” Non gli diedi nemmeno il tempo di finire.
Il suo sguardo quasi
s’impossesso del mio e non potei, non riuscii a distogliere
il mio, forse
perché in fondo, non volevo.
”Insomma, hai fatto la stessa cosa con me.”
Sussurrò passandosi la mani sul
viso. Mi guardai le mani ed incrocia le gambe.
”L’hai fatto per dovere, quindi.” Dissi
con voce monocorde, un po’ rammaricata.
Non rispose. Fissò un punto indefinito delle trapunta con
oggi sgranati.
”Ho bisogno di una doccia.” Mormorò
alzandosi e stiracchiandosi.
”Si, anch’io.” La mia voce assunse una
nota di tristezza che non gli sfuggì.
Si diresse verso la porta del bagno, dopo aver preso ciò che
gli occorreva.
In fondo, cosa mia spettavo?
Era ovvio che a spingerlo a riportarmi a in camera era stato il senso
dovere o
il di colpa. Sospirai portandomi una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
Ovvio, aveva, in un certo qual modo, ricambiato il favore.
Mi diedi, della stupida sorpresa da tali miei pensieri.
Sciocca!, mi ammonii.
La mia testa sembrava dovesse scoppiarmi da un momento
all’altro, la nausea
ancora mi attanagliava, e le vertigini mi facevano vedere
l’intera stanza quasi
sfocata. In poche parole, i postumi della sbornia si facevano sentire,
e si
sarebbero fatti sentire, probabilmente, per tutta il giorno.
Fantastico, pensai.
”Audry?” Alzai lo sguardo quando la voce di Robert
fece breccia fra i miei
pensieri. Il suo sguardo cristallino mi trafisse con violenza che mai
avrei
ceduto possibile.
”A spingermi non è stata solo la gratitudine. Lo
avrei fatto comunque… anche…
con il tuo odio.” Fui travolta da tali parole, rimanendo
esterrefatta.
La porta alle sue spalle si chiuse e sentii l’acqua battere
sul fondo della
doccia.
Ripensai alle sue parole, al suo sguardo.
Anche con il tuo odio.
Confusa, sorpresa, felice, triste. Mille emozioni diverse,
s’impadronirono
contemporaneamente di me, dandomi alla testa. Improvvisamente avvertii
il dolce
suo profumo. Improvvisamente potei avvertire le sua dita sfiorare la
mia pelle,
il palmo della sua mano premere sulla mia guancia.
Che mi stava succedendo?
Cercai di liberarmi di quelle sensazione, del suo viso che sembrava
essere
marchiato a fuoco nella mia mente.
Anche con il tuo odio.
La sua voce sia aggirava nelle mia mente, eco di ogni
pensiero. Mi presi il
viso fra le mani, gemendo.
Mi lascia ricadere sul materasso, affondando il viso nel cuscino.
Anche con il tuo odio.
”Ma che accidenti mi prende?”
Camminavo
fra li scaffali della biblioteca, portando e dei libri alla titolare.
Era tardo pomeriggio e non avevo mangiati nulla per via del forte senso
di
nausea. Ciocca di capelli ribelli mi ricadevano sul viso e sentivo la
stanchezza farsi avanti, mentre i piedi e le braccia cominciavano a
dolermi.
Avrei voluto studiare, quel pomeriggio, ma la mia mente viaggiava
troppo e mi
era del tutto impossibile concentrarmi, e la stanchezza e a nausea non
contribuivano. Ma maggiormente, erano i miei pensieri. La mia mente
tornava
sempre al mattino, alle sue parole, al suo viso. Anche se avrei voluto
non
pensarci e, arrivata a quel punto lo desideravo con tutto il cuore
tendendo
conto che tra me e lui non correva buon sangue, mi era del tutto
impossibile.
Sbuffai
voltando uno scaffale, scontrandomi con qualcuno. Caddi a terra e i
libri
mi finirono sul ventre, mozzandomi il fiato e causandomi una lancinante
fitta.
Chiusi gli occhi, gemendo di dolore.
”Oddio,
perdonami.” riconobbi subito quella voce, impossibile non
dimenticarla
quando si aggirava senza sosta nella tua testa. Giusto per togliersela
via.
”Gli
scontri con i ragazzi di qui sembrano frequenti.” dissi a me
stessa.
”Come?”
chiese chinandosi e aiutandomi a impilare i libri che avevo addosso.
”Nulla.”
”Ti
sei fatta male?” chiese alzandosi a porgendomi una mano.
L’accettai e mi aiutò
a rimettermi in piedi.
”Un
po’, ma tranquillo è già
passato.” dissi chinandomi afferrando i libri. Ma
lui mi precedette, afferrandoli. Rimasi interdetta, fissandolo a bocca
aperta.
”Cosa
c’è?” chiese guardandomi.
”Da
quando ti sei addolcito?”chiesi inclinando il capo.
”Se
vuoi te li mollo per terra.” rispose serio. Sbuffai
avvicinandomi e
allungando le mani.
”Da
qui.” dissi cercando di prenderli.
”No,
ormai gli ho presi.” rispose ritraendosi
”No,
dammeli. E’ compito mio.” presi i libri e cominciai
a tirare,
sbilanciandolo in avanti.
”No!”
disse tirandoli a se.
”Si!-“tirai
e non calibrai molto la forza e persi l’equilibrio, cadendo
in
avanti, finendoli contro e facendo cadere nuovamente i libri. Puntai i
miei
occhi nei suoi, perdendomi in essi. Le mani possiate sul suo petto, il
mio
respiro che di confondeva col suo. Sgranai gli occhi, sorpresa da tanta
vicinanza.
”Audry?-
”Si?-
mi sorpresi accorgendomi del fiato che improvvisamente mi mancava.
”Sei
su un mio piede.” sbattei le palpebre qualche volte, prima di
allontanarmi.
”Se
tu avessi avuto buon senso non sarebbe successo.” dissi
acida, riprendendo
i libri.
”Se
tu non fossi così cocciuta non sarebbe successo.”
”Oh,
ora è colpa mia!” sbottai guardandolo in viso,
mentre le mani cominciavano
a prudermi.
”Certo!-
disse sprezzante.
”Certo,
è sempre e solo colpa mia, giustamente!”
”Dio,
non so nemmeno che ci faccio qui!” esclamò alzando
al voce di un’ottava.
”Allora
vattene!- dissi alzandola anch’io.
”E
quello che farò!” sentii il sangue ribollirmi
nella vene e se non se ne
fosse andata entro trenta secondi uno dei libri, o tutti, li sarebbero
finiti
su un piede.
”Bene!”
dissi avvicinandomi con gli occhi che probabilmente mi sarebbero potuti
uscire dalle orbite.
”Bene!”
ringhiò prima di andarsene, rosso in viso dalla rabbia.
Rimasi a
guardarlo mentre si allontanava col fiato corto e i denti digrignati.
Cercai di regolarizzare il battito accelerato del mio respiro ed il
cuore che
sembrava volesse uscire dal mio petto, squarciandolo crudelmente.
Sbuffai,
ancora, di irritazione prima di girare i tacchi e dirigermi verso la
dirigente, maledicendo quel maledetto giorno in ci decisi di studiare
in
quell’università.
*
pucciat_:
ciao! Che piacere sentire che hai seguito la fiction! *_* Davvero
ti piace così tanto? Oddio, grazie! Cavolo io ti reputo
bravissima a scrivere e
sapere che ti piace la mia storia… mi rende felicissima!
Si… anche a me piace
la dinamica amore-odio! Forse l’unica cosa che mi piace. Non
potrei mai
cacciarti a calci ^.^ A presto cara! =*
doddola93: Dà, mia socia!
*_* Il tuo
parere è a dir poco importantissimo! Ma dai Mark
è simpatico!... in fondo. Sono
contenta ti sia piaciuto il capitolo, non sai quanto! Caroline
c’è anche qui!
Come potevo non metterla?... Mi manchi tesoro, spero di poteri sentire
presto.
fede_sganch: ciao Fè! Mi
adori? *_*
Oddio, non merito tutti questi complimenti! Ma sono felicissima di
sapere che
reputi “bella” la mia fiction, non sai quanto! A
presto cara!
Fairwriter: Juls, ciao! Se Mark ti
da ora ai nervi aspetta i leggere i prossimi capitoli! XD Sono
contentissima di
sapere che non ti ho delusa! Ci tengo un sacco a sapere cosa pensi
ciò che
scrivo! Ti voglio bene Juls, te ne voglio tanto! (vedi di scrivere
presto
qualcosa anche tu!) <3
KeLsey: Eri, ciao! *_* Hai letto!
Davvero ti piace così tanto?? Tranquilla, sapere che il
capitolo è stato di tuo
gradimento è al cosa più importante per me! A
presto belle! (L)
A y s s a: ciao! *.* nuova lettrice!
Grazie, grazie mille per la recensione… mi ha fatto un sacco
piacere!
Addirittura dipendente? O.O Oddio… non so cosa dire.. solo:
grazie! Si Audry è
tremendamente confusa e ho cercato di darle un caratterino abbastanza
forte e…
singolare per certi versi. A presto e grazie ancora! *_*
A voi, Panda.
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
CAPITOLO 12
L'amore non deve implorare e
nemmeno
pretendere,
l'amore deve avere
la forza di diventare certezza dentro di sé.
Allora non
è più trascinato, ma trascina.
Hermann
Hesse,
1877-1962, poeta-scrittore-pittore
svizzero,
premio
nobel per le letteratura, 1946.
“E’
insopportabile, io non lo sopporto!”, dissi scandendo ogni
parola. Con rabbia
addentai il panino che avevo fra le mani e, sedendomi sul verde prato,
incrociai le gambe. Stephanie nel contempo scarabocchiava
distrattamente la
copertina di un quaderno, sorseggiando di tanto in tanto la sua soda.
”Io non so che diavolo abbia. Io non capisco.
Perché? Eh? Perché? Stephanie mi
stai ascoltando?”, chiesi
corrugando la
fronte.
”Certo, certo.”, rispose distrattamente annuendo
impercettibilmente col capo e
continuando a scrivere.
”Oh guarda c’è un gnomo
verde!”, esclamai fissandola. Fece un grugnito
d’assenso. Sospirai poggiando un gomito su un ginocchio e
passandomi una mano
intorno al collo. Decisi di rinunciare, di non sprecare fiato in parole
inutili, smettere di fare un discorso senza senso al vento.
Già, perché il mio
discorso era senza senso. La mia mente non poteva pensare a Robert
Pattinson,
l’odioso compagno di stanza che innumerevoli volta avevo
immaginato al
patibolo.
Mi passai una mano fra i capelli e tirai un altro morso al mio panino.
”Allora? Che facciamo stasera?”, alzai lo sguardo
su Sthepanie, che avevo
poggiato quaderno e penna sul prato, accanto a lei e con la soda in
mano mi
guardava eccitata. Alzai gli occhi al cielo. Avevo avuto la conferma
che per
ben quindici minuti avevo parlato più che altro a me stessa,
o meglio, al vento
che sembrava l’unico a volermi ascoltare e confortare. Ma in
fondo, cosa c’era
da confortare?
”Audry, tutto okay?”, sgranai gli occhi, prima di
scoppiare a ridere. Non aveva
davvero udito nulla ci ciò che le avevo detto. Scuotendo il
capo, mi portai una
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Arrabbiarmi non avrebbe avuto senso, nel modo più assoluto.
”Sei strana Morel.”, disse lei alzando un
sopracciglia e cercando qualcosa
nello zaino.
”Lo prendo come un complimento.”, risposi in un
risolino. Alzò gli occhi al cielo.
”Ti voglio comunque bene.”, mi accarezzò
un braccio in segno di conforto.
”Oh grazie. Te ne voglio anche io.”, e mi lasciai
andare ad una tranquilla
risata.
Parlammo ancora mentre io finivo il mio panino e lei la sua soda, poi
Stephanie
si diresse verso la sua camera e d io verso la mia, ma voltato
l’angolo del
corridoio vidi una figura longilinea poggiata al muro. Deglutendo mi
diressi
verso esse, portandomi una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
Che gli avrei detto? Che avrei fatto? Cosa gridava il mio cuore?
Perché mi
facevo tutte quelle domande?
Avrei voluto avere le risposte, qualcuno che mi dicesse cosa fare nei
momenti
critici, ma si sa, siamo noi a dover scegliere della nostra vita, siamo
noi a
scrivere la nostra vita attraverso quelle che sono le scelte
più difficili.
Sorrisi flebilmente quando i suoi occhi nocciola incontrarono i miei.
”Audry.”, disse raggiante mettendosi diritto.
”Mark.”
”Non ti ho più vista.”, si passo una
mano sulla luca guardandomi negli occhi.
”Ho…avuto un po’ di cosa da
fare.”, cercai la chiave nella borsa che avevo in
spalla.
”Capisco.”, cominciò da un piede
all’altro mentre io aprivo la porta della
camera e gli facevo segno di entrare. Posai la borsa su una sedia e con
un
tonfo sordo mi lascia andare sul letto.
”Tutto okay?”, chiese sedendosi accanto a me.
Annuii e sorrisi mettendomi a
sedere.
”Un po’ stanca. Tu stai bene?”, chiesi
sporgendomi verso di lui per poterlo
guardare meglio in volto.
”Si, sto… bene.”, corrugai la fronte
dinanzi al suo tono di voce incerto. Mi
avvicinai a lui tanto che le nostre spalle si sfiorarono e gli poggiai
una mano
su una guancia, costringendolo a guardarmi negli occhi.
”Mark… cos’hai?”, chiesi in un
sussurro. I suoi occhi nocciola parvero dorati,
illuminati dai raggio del solo che filtravano attraverso la leggera
tenda.
”Ti ho persa.”, mormorò senza abbassare
lo sguardo, fissandomi con occhi
ardenti.
”Cosa?”, sussurrai facendo scivolare la mano dalla
sua guancia.
”Sei andata via.” . Sbattei le palpebre qualche
volta, sorpresa.
”Io… no, Mark, sono qui.”, risposi
sorridendo. Lui mi imitò e prendendomi il
viso fra le mani mi baciò a fior di labbra. Quando si
allontanò da me, chinai
il capo.
”Ti va di uscire stasera?”, alzai lo sguardo su di
lui ed annuii flebilmente
dopo alcuni attimi.
”Alle otto all’entrata.”,
mormorò prima di baciarmi ancora sulla labbra.
Quando qualcuno che ti piace ti bacia il tuo cuore intraprende una
forte corsa,
il suo battito diventa simile al galoppare di un cavallo. La stanza
comincia a
girare e senti le gambe molli, mentre il cervello si scollega dal resto
del tuo
corpo. Qualcosa nel tuo cuore urla che è la cosa giusta e
senti qualcosa
cambiare all’interno di esso. Eppure, in quel momento, in me,
non cambiò nulla.
Quella sera mi vestii dedicando al mio armadio meno attenzione, meno di
quanto
gliene dedicassi normalmente. Mi infilai apaticamente dei pantaloni che
solo
dopo mi accorsi essere neri, un maglia verde. Distrattamente mi
spazzolai i
capelli e mi infilai la giacca pensando al pomeriggio trascorso. Pensai
a Mark,
ed ogni volta che tornavo alle sue labbra che si posavano sulle mie, un
viso
dalla pelle chiara e occhi azzurri si impossessava dei miei pensieri e
i
ricordi repentinamente mutavano, riportandomi ad una mattina in cui
quel viso,
poggiato sul mio letto, era ricolmo di serenità.
Scossi il capo, cercando di cacciare via, per l’ennesima
volta quei pensieri, e
uscii dalla mia stanza. Quando però aprii la porta quel
viso, che poco prima
avevo scacciato dalla mia mente, comparve dinanzi al mio. Sobbalzai,
portandomi
spaventata una mano sul cuore. Allarmato lo visi piegarsi leggermente
in
avanti, verso di me, per guardarmi in volto dato che il mio sguardo, in
quel
momento era fisso al pavimento.
”Perdonami, Audry. Non volevo spaventarti.”, e
sentii la sua mano poggiarsi
sulla mia spalla mentre cercavo di regolarizzare il mio respiro
accelerato. Lo
guardai negli occhi non conoscendo, probabilmente, quel che il mio
inconscio
già conosceva: vi era qualcos’altro, o meglio,
qualcun altro a contribuire a
quel battito accelerato.
Rimasi a fissar ei suoi occhi, quasi ammaliata. Lui corrugò
la fronte,
passandomi una mano davanti al viso.
”Audry?”, scossi il capo, come riprendendomi da un
momento, in realtà infinto,
di smarrimento.
”Si, ero…”, scossi il capo passandomi
una mano fra i capelli e portandomeli
indietro.
”Tutto okay?”, ancora la sua mano mi
sfiorò il braccio. Annuii energicamente
con la testa, sperando non mi ritenesse più strana di quanto
già gli risultassi.
”Si, si. Non è nulla.”. Sul suo viso si
dipinse un sorriso sghembo che
costrinse anche me a portare gli angolo della mia bocca verso gli
occhi.
”Esci?”, chiese guardandomi da capo a piedi con
un’espressione indecifrabile.
”Si.”, risposi sentendomi appena a disagio.
”Mark.”, rispose, ma la sua non era una domanda.
Chinai appena il capo,
fissandomi le scarpe da tennis.
”Divertiti.”, mi passò vicino, con
troppa violenza, dandomi urtandomi con la
spalla per entrare nella stanza, facendomi perdere appena
l’equilibrio.
La porta si chiuse dietro di me. Con occhi sgranati guardai la porta
oramai
chiusa.
”Grazie.”, mormorai, fissando il legno scuro.
Scossa e confusa, sorpresa da
quel repentino cambiò ci umore mi diressi verso
l’entrata. Più ci pensavo e più
sentivo l’irritazione montare. Non era possibile cambiare
così repentinamente
umore, non è possibile avercela tanto con una persona che,
in fondo, on ti ha
fatto nulla.
Sbuffando scesi le scale ed incontrai Mark che mi aspettava seduto su
una
sedia.
”Morel.”
”Cleever.”, dissi quando fui dinanzi a lui.
”Sei bellissima.”, sussurrò
accarezzandomi i capelli ramati. Scostai lo sguardo
dal suo.
”Andiamo?”, chiesi impaziente. Lui annuì
e insieme uscimmo dalla struttura.
”Bhe,
direi che il film era carino.”, disse Mark voltandosi verso
me. Alzai un
sopraciglio.
”Oh
si, certo. Molto interessante l’alba
dei morti viventi… o
quel che era. Educativo e di grande pregio
cinematografico.”
”Avevi
detto che i film d’azione ti piacciono.”, disse
accigliandosi. Incrocia
la braccia al petto, per mantenere con più
facilità la giacca che avevo in
mano.
”Ho
detto che mi piacciono i film d’azione, infatti. Non mi pare
che questo lo
fosse Mark.”, dissi in un risolino.
”Oh,
mi spiace.”, sussurrò guardando in basso. Gli
tirai una leggere gomitata,
ridendo.
”Tutto
sommato era abbordabile.” . Si fermò, piano, e fui
costretta a fermarmi
anch’io guardandolo con aria interrogativa.
”Mark?
Cosa c’è?”, sul suo viso era dipinta
un’espressione indecifrabile. I
suoi occhi fissarono per istanti infiniti i miei, poi accarezzandomi
piano il
collo mi attirò a se. Mi bacio la labbra, ma qualcosa mi
costrinse ad
allontanarmi e, a giudicare dalla sue espressione, lo lasciai alquanto
deluso.
”Mark.”,
rabbrividii, e non seppi per quale preciso motivo. In fin dei conti
non stavo facendo nulla di male. Non stavo uccidendo nessuno, o almeno
ancora
non lo sapevo.
Ci
voltammo entrambi verso quella voce che oramai conoscevo fin troppo
bene. Mi
irrigidii quando incontrai il suo sguardo duro, freddo. Il mio corpo
all’istante sembrò fatto di dura e ghiacciata
pietra.
”Ciao,
Rob.”, disse lui altrettanto freddo. Mi era persa qualcosa?
”Audry.”
, il modo in cui pronunciò il mio nome era strano, non lo
avevo mai
udito. La rabbia che trapelava dalle sua voce non era nemmeno
paragonabile a
quella che mi aveva riservato durante le nostre liti, ed ebbe
l’effetto di una
secchiata d’acqua ghiacciata in pieno viso.
Per un
breve istante incatenò il mio sguardo al suo, poi lo
spostò su Mark ed
io mi resi conto che non era solo. Accanto a lui vi era quella finta
bionda,
quello stampino di barbie. Fu strano come mille emozioni e sensazioni
diverse
si impossessarono del mio corpo. L’irritazione
salì, e volevo che quella
ragazza perdesse l’odioso sorriso che aveva dipinto sulle
labbra carnose. Lo
stomaco mi si strinse in una morsa ed ebbi un’irrefrenabile
voglia di
allontanarla da lui. Quella consapevolezza mi fece gelare il sangue.
Come
quando scopri che è successo qualcosa di terribile, quando
il tuo intero copro
sempre essere risucchiato dal tuo stomaco.
Vidi
nella mi testa, l’immagine di lui che la accarezzava i
capelli chiari, le
mani si lei sul suo viso, le loro labbra che piano si incontrarono.
Sgranai
gli occhi, sorpresa dalla natura dei miei pensieri e volli prendermi a
schiaffi per la scempiaggine che sembrò essersi impossessata
di me… come se non
fosse già abbastanza.
Le mani
mi prudevano mentre desideravo che quella ragazza dal corpo mozzafiato,
andasse via. Mentre immaginavo mille modi per tosarle i lunghi capelli
biondi.
Nessuno,
dopo Robert parlò.
Poi, lui,
scosse il capo, guardando in basso, prima di mischiare ancora
l’azzurro dei miei occhi con l verde dei miei. E dentro, vi
trovai tutto. In
pochi minuti ero riuscita a provare emozioni che certa gente vive nel
corso di
mesi. Fui colpita dall’intensità del suo sguardo,
tanto che trattenni il
respiro. Vidi rabbia, mischiata a delusione. Sentivo il cuore battere
furiosamente, quasi volesse squarciarmi crudelmente il patto; sentivo
il
respiro farsi più corto. Poi, sospirando a passo veloce
corse via.
Non so
cosa mi spinse in quel momento a corrergli dietro, ignorando la voce di
Mark che chiamava il mio nome, o quello della barbie che chiamava
quello del
ragazzo, che per qualche oscuro motivo, stavo inseguendo.
Non mi
curai delle imprecazioni di una signora quando la urtai con la spalla.
Non mi curai del perché il mio cuore non avesse decelerato
nelle sua corsa.
Non mi
curai, soprattutto di ciò che mi spine verso di lui.
Volevo
solo che sul suo viso comparisse un sorriso, volevo solo che quegli
occhi tornassero a brillare, come quella notte, quando ad avvolgermi
erano mortali lenzuola.
Chiamai
il suo nome, ma non si voltò. Lo seguii nel parcheggio, dove
vi si
diresse con passo quasi furioso.
Lo
chiamai ancora, nel silenzio della sera. Si voltò.
”Cosa
accidenti vuoi, Morel?”, esclamò alzando la
braccia la cielo.
Già,
cosa volevo?
Avrei
voluto rispondergli, la realtà era che non lo sapevo. Non
sapevo perché
fossi lì, perché avessi il cuore che batteva
furiosamente, e perché le mani e
le gambe mi tremassero.
”Io…
io non lo so.”, la verità alla fine, è
sempre la miglior strada.
Rise
isterico, passandosi nervoso una mano fra i capelli.
”Come
non detto. Segui una persona nel parcheggio e non sai nemmeno il
perché.
Brava, Audry, brava.”, la sua voce piani si
affievolì.
Scossa e
sbigottita dalla sua reazione e dalla tempesta di emozioni che il suo
sguardo poco prima mi aveva causato, tentai di parlare, optando ancora
per la
verità, troppo confusa per poter elaborare una mezza scusa.
Mi
avvicinai paino a lui e sentii gli occhi inumidirsi.
Spalancò
gli occhi, sorpreso probabilmente dalla mia reazioni. Le sue labbra si
dischiusero e portando una mano sul suo viso, scostai dalla sua fronte
quel
ciuffo di capelli solitario.
”Cosa…”,
la voce gli morì il gola.
”La
verità Pattinson?”, sussurrai accarezzandogli il
viso. “Non lo so. I tuoi
occhi… sono stati loro a portarmi fin qui.”
”Non
dire stupidaggini, Morel. Non…”. Non scostai il
mio sguardo dal suo, mi
persi ancora in quel mare azzurro.
”Non…?”,
lo incitai, quando una sua mano calda mi sfiorò il viso.
Chiusi gli
occhi, imprimendo nella mia mente quel tocco delicato.
”Non
mentirmi.”, mormorò mentre ancora mi graziavo di
quel leggero tocco.
”Non
mento.”
”Tu
mo idi.”, sussurrò quando riaprii gli occhi. I
suoi erano ricoperti da un
velo di tristezza, ma allo stesso tempo di felicità. Ancora
una tempesta mi si
scatenò dentro.
”Anche
tu mi odi.”, costammo entrambi le mani dal viso
dell’altro. Lui abbasso
lo sguardo.
”Dovresti
rientrare. Mark si arrabbierebbe.” . Guardai un momento la
struttura
alle mie spalle.
”Anche
lei.”. Non rispose, si limitò a guardare la strada
umida. “Capirà che
l’attendo in auto.” .
Sospirai
e senza dire una parola ritornai dentro, sentendo il suo sguardo
perforami la schiena.
Conscia
del fatto che qualcosa era cambiato… per sempre.
*
Salve
gente perdonatemi
l’enorme ritardo, ma la scuola mi sta facendo impazzire.
capitolo importante che spero vi sia piaciuto, direi che qualcuno si
è sbilanciato…
senza fare nomi.
Vorrei
ringraziare
decentemente tutte coloro che hanno recensito il capitolo precedente,
ma non ho
davvero tempo!
Grazie mille a:
doddola93;
Fairwriter;
lazzari;
fede_sganch;
JulyTHFreiheit92;
KeLsey;
Sognatrice85;
A l y s s a;
Nessie93.
Mi
rifarò, promesso!
A presto gente,
vostra Panda.
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
CAPITOLO
13
La ricchezza del
mio cuore è infinita come il
mare,
così profondo il mio amore:
più te ne do, più ne
ho,
perché entrambi sono infiniti.
William
Shakespeare, drammaturgo e poeta inglese,
1564-1616.
“Ci
vediamo Audry.”, mormorò Mark sulla soglia della
mia camera. La sua voce era
fredda e glaciale. Rimasi scossa dal suo tono.
”Okay. Ci… vediamo.”, sussurrai
voltandomi.
”Audry.”. Mi voltai e guardai il nocciola dei suoi
occhi per alcuni istanti.
”Si?”, chiesi senza sapere che aspettarmi.
”Niente. Buona notte.”, e col capo chino,
l’espressione frustrata si allontanò
lungo il corridoio, fino a che la sua figura longilinea non spari
dietro
l’angolo.
Entrai in camera chiudendomi la porta alle spalle, poggiandomi con la
schiena
contro lo scuro legno e poi scivolare lungo essa, fino a sedermi sul
pavimento.
Stesi le gambe, buttando la testa all’indietro.
Cosa stava succedendo?
Tutte quelle mie sicurezze erano vacillate, sgretolandosi come castelli
di
sabbia.
Rividi nella mia mente i suoi occhi persi, il suo viso, le sue labbra.
Cosa stava succedendo?
Ero partita tempo prima con l’idea di seguire semplici,
relativamente, corsi di
biologia. Laurearmi e poi trovarmi un lavoro, realizzarmi come meglio
potevo. E
invece, la prospettiva dello studio e vita tranquilla era andata a
farsi
benedire, con l’incontro di quel giovane ragazzo.
Lo odiavo da un lato per questo. In fondo era pure sempre colpa sue se
i miei
nervi erano a pezzi, se ogni volta che i suoi occhi incontravano i miei
il mio
respiro accelerava e, qui, entrava in gioco un altro punto cruciale: la
causa
di tale respiro non era sempre la rabbia, e l’avevo capito
quella sera. Quando
i suoi occhi incontravano i miei, quando la sua pelle veniva a contatto
con la
mia, il mio cuore cominciava a galoppare e le mie guance avvampavano di
rossore. Anche in quel momento, il mio cuore aveva accelerato i suoi
battiti.
Scossi il capo, come per cacciare dalla mia mente quegli odiosi
pensieri, che
piano mi conducevano alla realtà.
Mi alzai sospirando, mi diressi verso l’armadio e poi in
bagno, dove indossai
gli indumenti per la notte.
Mi accinsi ad infilarmi sotto le coperte, quando la porta lentamente si
aprì.
”Ciao.”, mormorò fermandosi sulla
soglia, con una mano sulla maniglia.
”Ciao.”, risposi. Si chiuse la porta, dandomi un
momento le spalle.
”Audry.”, non risposi attendendo che
continuasse… ma non lo fece. Deglutii,
rumorosamente.
”Rob…”, cominciai, senza sapere bene
cosa volessi dire. Lui si voltò
visibilmente sorpreso.
”Non mi hai mai chiamato così, Morel.”,
potei appena udire la sua voce, pari ad
un sussurro.
”Se vuoi posso chiamarti Pattinson.”, mormorai
d’improvviso irritata.
”No, ti prego… non… non
arrabbiarti.”, spalancai gli occhi, mentre lui
abbassava lo sguardo sulla punta delle scarpe.
”Perdonami.”, mormorai, rimanendo lì
accanto al mio letto. Sospirò frustrato,
passandomi una mano sul viso. Sentii il bisogno di andare da lui, di
accarezzarli il viso, cancellare quell’espressione dal suo
viso d’angelo, ma
non lo feci. Rimasi lì, inerme.
”Cosa c’è?”, sussurrai.
”Buona notte.”, disse prima di dirigersi nel bagno.
”Buona notte.”, mormorai quando fu dentro.
Mi infilai così sotto le coperte, girandomi su un fianco,
verso il muro bianco
e freddo come neve.
Sentii, come tempo prima, l’acqua battere sul fondo della
doccia. Immaginai
ancora l’acqua bagnargli il viso, i capelli arruffati.
Chiusi gli occhi, ripensando per un memento al tocco leggero della sua
mano. Mi
lascia cullare dal ritmo irregolare della doccia, del battere del getto
sull
fondo.
Piano, come il rumore delle auto da corsa nella mia mente,
un’importanza
consapevolezza si fece sempre più forte, in me. Supina, ora,
con gli occhi
chiusi, scavavo nel mio cuore, cercando quella risposta che da tempo
era celata
al suo interno. Poi piano, risalì a galla.
Spalancai d’improvviso gli occhi, quando nel buio pesto della
mia palpebra
chiusa, il suo viso si fece vivido come illuminato dal sole.
Il giorno successivo mentre camminavo nel campus, diretta in
biblioteca, vidi
Mark camminare verso me, dietro un ragazzo nerboruto. Credeva non lo
avessi
visto… credeva. Lo intravidi cambiare immediatamente strada,
ma non riuscii a
distinguere l’espressione sul suo viso.
Sbuffa sentendo l’irritazione salirmi e le mani prudermi.
Era possibile? Una continua contraddizione, Mark.
Sbattei le palpebre bloccandomi all’istante?
Mark? Ne sei sicura Audry?
Rimasi costernata dalla falsità e
dall’ipocrisia con cui trattavo me
stessa.
La contraddizione non era Mark, forse lui era il più
coerente… senza il forse.
Io ero l’incoerente. Io che primo odiavo ogni fibra del suo essere, io che non riuscivo a
sopportare un solo respiro che
emanava, io che la sera prima…
Sentii il mio respiro accelerare e il cuore battermi
all’impazzata mentre la
consapevolezza di ciò che il mio cuore cantava si faceva
ancora più chiara
della notte precedente.
Amicizia, interesse, dolcezza… sarebbe potuto diventare
qualcosa di più?
Scossi il capo.
Come potevo negare qualcosa di cui già ero venuta a
conoscenza?
E ripensai al suo viso, ai caldi occhi azzurri… al suo
respiro sul mio collo…
“Ehi, cavolo sta attenta!” . Mi voltai verso la
persona che avevo urtato
accidentalmente con la spalla. I libri mi caddero dal braccio e la
borsa insieme
ad essi. Guardai con chi mi ero scontrata ed il mio cuore perse un
battito.
“Scusa, non ti avevo visto.”, mormorai abbassandomi
e cercando di concentrare
la mia attenzione sui libri. Inspirai profondamente.
“Dove vai?”, chiese raccogliendo libri e fogli che
erano finiti sopra i miei.
“Biblioteca.”
“Ovviamente.” . Alzai su di lui lo sguardo,
incontrato i suoi occhi, il suo
viso sul quale era dipinta un’espressione indecifrabile.
“Come , scusa? Perché ovviamente?”,
chiesi confusa, alandomi, reggendo con le
braccia i vari libri.
“Sei sempre lì, in biblioteca.”, disse
imitandomi. Alzai un sopracciglio.
“E allora?”, risposi stizzita.
“Allora nulla. Potresti fare
qualcos’altro.” . Inclinai la testa leggermente di
lato.
“Tipo cosa?”, chiesi. Aprì la bocca per
rispondere ma dalla sua bocca non vi
uscì alcun suono. Scosse il capo, prima di sospirare.
“Non ho idea di cosa stia per fare.”,
mormorò guardandosi la punta delle
scarpe. Alzò poi lo sguardo su di me, ancora.
“Risarebbe una sottospecie di
conferenza, o come vuoi chiamarla. Leggono Shakespeare.
Ecco… vieni.”, disse
grattandosi la nuca.
“Shakespeare?”
“Bhe, stai sempre lì in biblioteca e pensavo ti
piacesse. Insomma, potrebbe
essere interessante… per te intendo.”
“Oh… capisco. Quando?”, sentii le guance
avvamparmi di calore.
“Stasera.”, rispose, gli occhi resi ancor
più chiari dalla luce del sole.
“Potrebbe essere interessante. A dopo, Pattinson.”
“E’ un si?”, chiese corrugando la fronte.
Annuii col capo.
“A dopo, Morel.“, e col più bel sorriso
che potesse rivolgermi si allontanò,
lasciando dietro di una dolce fragranza agli agrumi.
Mi godevo la piacevole sensazione che l’acqua calda produceva
a contatto sul
mio esile corpo.
Aveva il potere di rilassarmi, di sgombrarmi la mente da qualsiasi tipo
di
pensiero, pensieri che mi avevano tormentata per gran parte del
pomeriggio.
Due erano le parole che di aggiravano nella mia mente: Robert Pattinson.
Due semplici parole accompagnate dal battito accelerato del mio cuore,
un
battito che mi dava le vertigini.
Sospirai, passandomi piano le mani sul capelli buttandoli totalmente
all’indietro, godendomi l’acqua sul viso,
inebriandomi con il dolce profumo di
frutti dello shampoo, concentrandomi sullo scroscio
dell’acqua.
Sussultai quando qualcuno con violenza cominciò a bussare
alla porta. Spensi
così l’acqua, ponendo fine a quel magico e
rilassante momento. Uscii la testa
dalle doccia e mentre afferravo l’asciugamano gridai:
“Cosa c’è?”
”Audry, muoviti! Ho bisogno del bagno!” Il mio
cuore accelerò i battiti udendo
la sua voce.
Deglutii rumorosamente, “Okay!”, risposi avvolgendo
il mio corpo con
l’asciugamano.
Mi guardai allo specchio, prima di avvolgermi i capelli con una
salvietta.
Poggiai le mani sul lavandino prima di asciugarmi e vestirmi con
movimento
troppo frettolosi.
Uscii dalla camera con ancora i capelli umidi e ciò ce vidi
mi mozzò il fiato.
Era steso sul letto, in posizione supina. Il viso era rilassato e le
labbra
dischiuse. I capelli arruffati ricadevano castani sulla federe bianca.
Aprii
gli occhi di scatto, facendomi sussultare... ancora.
”Ora posso?”, chiese mettendosi in piedi. Annuii
col capo dirigendomi verso il
mio armadio, senza guardare il suo viso. Sentii la porta chiudersi alle
mie
spalle.
Mi guardai
distrattamente un’ultima volta allo
specchio, portandomi una ciocca color del rame dietro un orecchio.
”Sei ridicola, Audry.”, mi dissi scuotendo il capo
e guardando in basso. Io,
avrei seguito Pattinson ad una conferenza? Io e Pattinson?
La sola idea mi faceva venir un gran prurito lungo tutto il corpo e
farmi
ridere istericamente.
Era impossibile ormai non ammettere l’evidenza,
ciò che piano avevo capito e
non ancora del tutto compreso. Confusa e spaesata, facevo fatica a
capire ciò
che davvero volevo.
Così ignara di ciò che il destino aveva in serbo
per me, uscii dal bagno.
”Pronta.”, dissi affondando le mani nelle tasche.
Lui che era poggiato al muro,
mentre con le mani giocherellava con una sigaretta, alzò lo
sguardo incontrando
il mio.
”Ciao.”, disse con un filo di voce, spalancando gli
occhi, mostrando un azzurro
cielo più limpido del solito.
”Ciao.”, mormorai sentendo le guance avvamparmi di
rossore. Rimassi a fissare
il suo viso per attimi che mi parvero infiniti, poi un sorriso comparve
sul suo
viso ed insieme ci dirigemmo ad ascoltare Shakespeare.
Guardavo un uomo
di all’incirca trentenni
muoversi su di un palco. Aveva i capelli neri, che ribelli ondeggiavano
ad ogni
suo passo, la barba incolta e una voce calda e profonda.
Recitava sonetti e versi come solo gli attori teatrali sanno faro, di
quelli
che recitano per professione.
Chissà se Robert sarebbe stato convincente come
quell’uomo pieno di maestria e
perfezione.
Nel teatro immerso nel buio, illuminato dalle soli luce fioche del
palco,
guardai il suo viso, il suo profilo che per alcuni attimi mi ricordo
quello
delle marmoree ed imponendo statue greche. La sua pelle sembrava fatta
di
porcellana, fragile porcellana che, al solo tocco della mia mano,
avrebbe
potuto creparsi.
”…sian dunque i versi miei, unica eloquenza e muti
messaggeri della voce del
mio cuore, a supplicare amore e attender ricompensa.”
Quanto di vero c’era in quelle parole? Quanto reali erano?
Quanto applicate
alla realtà potevano essere Sopirai voltandomi a guardare
ancora l’uomo.
Shakespeare, ancora applicabile alla realtà, ad un mondo ben
diverso dal suo,
ma in realtà così vicino.
”Ti annoia?”, chiese sporgendosi verso me.
Involontariamente mi sporsi anch’io
verso di lui, senza distogliere lo sguardo dal palco.
”…ben più di quella lingua che
più e più parlò. Ti prego, impara a
leggere il
silenzio del mio cuore è intelletto sottil d'amore intendere
con gli occhi.”, conclusi
con l’attore, per poi poggiarmi con la schiena allo schienale
della
poltroncina. Con la coda dell’occhio lo vidi voltarsi verso
ma, ma non potei
capire quale fosse l’espressione sul suo volto.
”Questo conferma le mie tesi.” . Mi voltai verso
Robert che fissava dritto
davanti a se.
”Quali tesi?”, chiesi confusa.
”Che sei un topo da biblioteca.”, rispose ovvio.
Sgranai gli occhi ed aprii la bocca
scioccata.
”Come prego?”, chiesi con un filo di irritazione
nella voce.
”Mi hai sentito, Audry.”, sussurrò con
tono neutro. Sentii automaticamente la
rabbia montare e le mani prudermi, come sempre del resto.
”Cosa stai insinuando Pattinson?”, chiesi in un
sibilo sporgendomi verso di
lui. Si voltò di scatto verso di me, fissandomi con aria
stralunata.
”Stai bene? Forse dovresti prendere un po’
d’aria, Audry.”, disse notando
l’irritazione nella mia voce. Ridussi gli occhi a due fessure.
”Non cambierai mai, Pattinson.”
”Non cambierai mai, Morel.” .
”Se dovete discutere, andatevene!”, ci
ammonì una signore di mezza età, seduta
nelle file davanti alla nostra.
”Oh, non si preoccupi tolgo il disturbo.”
”Brava Audry, scappa.”, mi alzai di scatto,
guardandolo in cagnesco.
Ah, è così?
Non so perché lo feci, non so cosa mi spinse a
farlo, ma con prepotenza e
impertinenza gli schiaccia il piede con il tallone.
”Audry!”
”Dasvidania,
Pattinson.”, dissi prima
di uscire dal teatro fiera di me stessa.
Aprii con
forza e violenza la porta, desiderando solo di rifugiarmi sotto le
coperte.
Illusa,
ecco cos’ero. Mi ero solo illusa che dietro che
l’antipatica e
l’arroganza ci fosse qualcuno che valesse la pena scoprire,
qualcuno che magari
non era come risultava all’apparenza.
Stupida!, mi ammonii
all’istante,
dirigendo a gran passi furiosi verso le grande scalinata.
”Signorina
Morel.”, sentii la voce della signore Darcy chiamare il mio
nome, e,
con il viso rosso dalla rabbia, mi voltai a guardarla, pronta a
staccarle la
testa a morsi se solo aveva parlato di… Mark.
”Si
è liberata una camera.” .
Mi
bloccai, lì sul gradino, come se i miei piedi fossero
incollati al
pavimento.
Sospirai
sollevata, ma piano nella mia mente riaffiorò la sua
immagine.
”Oh
no!”, mormorai a me stessa.
Questa non
ci voleva!, pensai
sedendomi e prendendomi il viso fra la mani.
La pazzia
aveva terminato il suo corso, ”Cosa? Mi dispiace?”
*
Eccomi
gente! La scuola è finita, per mia grande fortuna!
Ora il tempo per scrivere non mancherà e di certo
potrò postare con più
frequenza!
La storia va avanti e le cose si sviluppano. Spero di non aver deluso
nessuno!
Tante
persone fra i preferiti? Grazie, grazie a tutte voi ragazze!
Un grazie enorme alla
mia Juls!
Grazie
a tutte coloro che hanno recensito soprattutto!
KeLsey: Eri,
mia adorata! Che piacere leggere la tua recensione! Faccio del mio
meglio,
quando scrivo e sono felice di sapere che è piaciuto il
capitolo, come ho reso
le viarie emozioni. Ci ho sudato un po’ quando l’ho
riletto. Almeno lei ha
capito “cosa il suo cuore canta”. Grazie mille,
tesoro. Ti voglio bene (L)
Nessie93: ciao! Guarda ultimamente
sto sudando, scrivere dal punto di vista di Audry, tipo incasinato, si
sta
rivelando un’impresa. Io ce la metto tutta e spero ti
piaceranno anche i
prossimi capitoli. A presto, cara! E grazie mille per la recensione! *.*
cloddy_94: ciao! Ehi, il fatto che
tu voglia continuare a leggere è una cosa positiva!... per
me. Si
effettivamente, mia cara Zombie, la
fanno più difficile di quella che è, ma se fosse
facile non ci sarebbe una
storia. Son contenta tu abbia recensito, davvero! Spero di non averti
fatta
attendere troppo! Grazie mille! A presto!
Piccola Ketty: ciao! *.* Ecco a te
il seguito. Tutta in una sera?... onoratissima! Spero ti sia piaciuto
questo
capitolo! A presto!
lazzari: ciao! Io direi che
entrambi
sono lunatici e soprattutto molto, ma molto, tonti. Ora che la scuola
è finita,
avrò più tempo per scrivere e postare! Almeno
fino a fine mese… -.-“ A presto
bella! Grazie mille per la recensione!
A l y s s a: ciao! Mia adorata
compagna! Parole sante! Almeno in questo capitolo Audry ha capito cosa,
più o
meno, prova. Non sai quanto mi rende felice sapere che il capitolo
precedente
ti è piaciuto! *.* ci tengo molto al tuo parere, lo sai!
Davvero ti ha commosso
la parte finale? A quella ci tengo molto, davvero tanto! Non sia quanto
mi
rende felice la tua recensione! Spero di non averti delusa con questo
capitolo!
A presto! =*
Bauci_Selvi: ciao! Tutti di seguito?
O.O okay, sono senza parole, ma felicissima! *.* Sono contenta di
sapere che ti
piace come scrivo! Io… grazieee! Spero ti sia piaciuto anche
questo! A presto!
Sogantrice85: ciao! *.* Okay, letta
la tua recensione ho iniziato a saltellare per la stanza come una
cretina. Ti
ringrazio davvero di cuore! Non mi merito recensioni così
belle! *.* Le cose si
evolveranno in positivo e in negativo, ma non parlo altrimenti rivelo
davvero
tutto! Spero questo capitolo ti sia piaciuto, ci tengo a sapere cosa ne
pensi
(sto iniziando a leggere la tua fiction *_* ). A presto,
cara… e grazie ancora!
Fairwriter: mia adorata Juls, mia
cip… sorella! Non sai quanto conti il tuo parere…
no, non è vero, lo sai! Beh,
che dire? Grazie, grazie infinite! La tua recensione è
bellissima come sempre!
*.* Spero questo
capitolo ti sia
piaciuto! Grazie per tutto, Juls, non smetterò mai di
dirtelo! A presto! Ti
voglio bene <3
pucciat_ : ciao! Che piacere leggere
una tua recensione! Dopo la quiete, la tempesta. Davvero
l’ultimo episodio ti
ha presa? *.* Il bacio… il bacio… non
c’è stato. Era troppo ovvio, no? Le cose
ovvie sono noiose, e cerco sempre di non rendere la fiction…
noiosa.
Montepulciano? … magari! La scuola mi ha tenuta occupata,
tanto che ho dovuto
portare ad un’interrogazione di filosofia tutto il programma
del secondo
quadrimestre… per questo posto solo ora XD (ed ora la scuola
è finita!). Ora
vedi di postare anche tu! A presto! =*
A
voi, con infinito affetto,
Panda.
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 ***
CAPITOLO 14
Tramontata
è la luna e le Pleiadi:
a mezzo
è la notte:
il tempo trascorre;
e io dormo sola.
Saffo,
poetessa greca, VII-VI sec a.C.
Chiusi un
momento gli occhi respirando
profondamente, poi sospirai.
”Quando?”, chiesi dirigendomi verso la signora
Darcy.
”Tre giorni.”, rispose con indifferenza, senza
guardarmi in volto. Fissai per
un momento le venature del legno del bancone, prima di annuire
debolmente e
congedarmi con educazione… che ovviamente quella donna non
meritava da parte
mia, data la sua infinita acidità ogni qual volta aprivo
bocca o irrompevo in
una stanza.
Salii con lentezza le scale, con un turbinio di pensieri nella testa,
con un
senso di nausea che mi attanagliava lo stomaco, per un motivo che, con
grande
difficoltà, dovetti ammettere: Robert Pattinson.
Una parte di me voleva cancellare il suo viso dalla mia mente, lo
odiava come
non aveva mai odiato nessuno. Mi irritava ogni suo movimento, ogni suo
gesto,
ogni sua parola, perfino il suo respiro mi irritava, ma
l’altra parte di me, lo
desiderava. Lo desiderava, lo agognava. Quella parte che da qualche
giorno
faceva aumentare di due battiti in mio cuore ogni volta che il suo
corpo era
vicino al mio, ogni volta che i suoi occhi si perdevano nei miei, che
mi
costringeva ad ascoltare ciò che aveva da dire,
ciò che aveva da ridire. Quella
parte che mi costringeva a lottare contro me stessa per non poggiare il
mio
orecchio sul suo petto ed udire il dolce battere incessante del suo
cuore.
Quella stessa parte che in quel momento desiderava poter rimanere,
contro la
volontà dell’altra, in quella camera, quella parte
che in quel momento dominava
il mio animo.
Con passo strisciato mi diressi verso la mia camera, ma arrivata
davanti alla
porta mi bloccai.
Cosa avrebbe significato dormire ancora una notte lì? Una
notte dopo
un’ennesima discussione? Una notte con la consapevolezza che
il ragazzo che mi
dormiva accanto era ormai ciò che i miei sensi desideravano?
La consapevolezza di tali sentimenti, di tali emozioni, di tali fatti
mi
costrinse a deviare il mio cammino per dirigermi alla stanza 1235.
Sperai Stephanie fosse in camera, che non avesse deciso di uscire
proprio quel
giorno. Bussai una, due, tre volte, poi sentii delle imprecazioni e
all’istante
capii che l’avevo svegliata. Feci un risolino sommesso, poi
la porta si aprii.
”Audry… stavo… Audry?”.
Stephanie indossava il suo solito pigiama giallo ed aveva
i capelli arruffati, il viso era assonnato ma la fronte immediatamente
di
aggrottò quando vide il mio viso. A giudicare dalla sua
espressione non dovevo
aver una bella cera.
”Posso dormire qui?”, chiesi grattandomi la nuca
imbarazzata.
”Se non ti scoccia dividere il letto con me,
ovviamente.”, rispose mostrandomi
un sorriso.
”Jane?”, domandai notando il letto vuoto.
”E’ uscita. Aveva un appuntamento se non
sbaglio.”, disse dirigendomi verso il
letto, accendendo l’abajour accanto ad esso. Calò
il silenzio nella piccola
stanza, lei seduta a gambe incrociate attendeva che io parlassi, si
vedeva, si
notava, ma io non ebbi la forza o la volontà di farlo.
Così, mi avvicinai alla finestra guardando la luna che di
tanto in tanto veniva
coperta dalle nuvole, cercando per un momento di sgombrare la mente dai
fastidiosi pensieri e dalle insistenti immagini che in essa si
susseguivano.
”Hai intenzione di parlare o devo cavarti le parole di
bocca?”, chiese dopo
alcuni attimi. Sopirai, passandomi una mano fra i lunghi capelli
ramati. “Si
tratta di Pattinson, vero Audry?”, aggiunse poi, quando i
miei occhi
incontrarono i suoi. Rassegata all’evidenza, annuii.
”Fra tre giorni cambio stanza.”, sussurrai
guardandomi la punta delle scarpe da
tennis.
”Oh…ora capisco.”, aggiunse lei prima di
farmi segno di sedermi accanto a lei.
“Lo sapevo, l’ho saputo sin
dall’inzio.”
”Cosa?”, chiesi confusa.
”Che sarebbe finita così.”
”Così come?”
”Che ti saresti innamorata, Audry.”. Mi voltai di
scatto verso Stephanie che
con infinita dolcezza mi sorrise, accarezzandomi appena una ciocca di
capelli.
”Non è amore.”, ribattei sicura di
ciò che dicevo.
”Ma è comunque qualcosa che va al di là
della semplice conoscenza, o della
semplice amicizia. Qualcosa che non è odio.”
”Come fai a dirlo?”
”Ora non saresti qui. Ti conosco bene, Audry, più
di quanto tu immagini. E lo
vedo nei tuoi occhi, vedo ciò che provano nel vedere i suoi
occhi. Puoi mentire
a tutti, Audry, anche a te stessa, ma non puoi mentire alla tua
migliore
amica.” . Abbassai lo sguardo, non riuscendo a reggere il suo.
”Lui mi odia, Stephanie.”, mormorai con vece roca.
”Ne sei sicura, Audry?”, chiese. Annuii col capo.
”Quando imparerai a vedere?”
”Io vedo.”, ribattei guardandola in viso.
Lei mi sorrise, “Guardare, Audry, non guardare.”,
disse poi accarezzandomi
dolcemente la guancia.
La
mattina seguente un forte tonfo mi costrinse ad aprire gli occhi,
terrorizzata. Cacciai un urlo, mettendomi a sedere di colpo, facendo
cadere dal
letto Stephanie, che mi maledisse in tre lingue diverse.
”Ops,
scusate, non volevo svegliarvi.”. Mi passai una mano fra i
capelli
portandomeli indietro e guardando Jane che seduta sul pavimento di
massaggiava
con una mano, mentre con l’altra reggeva un paio di scarpe
rosse dotate di un
vertiginoso tacco a spillo.
”Oh
si certo, Audry, ti perdono non preoccuparti se mi hai buttata
giù dal
letto procurandomi una frattura al coccige. Tranquilla,
amica.”, disse Stephanie
cercando di alzarti.
”Cosa?”,
chiesi voltandomi e guardandola con aria confusa un momento. Poi
sgranai
gli occhi, “Oddio, scusa, non volevo!”, mi
affrettai a dire mentre mi alzavo
per darle una mano.
”E
a me? Non mi aiuta nessuno?”, chiese Jane. Porsi una mano a
Stephanie ed
entrambe ci voltammo verso la ragazza, fulminandola con lo sguardo,
“Okay, faccio
da sola.”, si affrettò ad aggiungere. Guardai la
radiosveglia, segnava le otto
del mattino.
”Fatto
le ore piccola stanotte?”, chiese Stephanie a Jane che si era
stesa sul
letto, chiudendo gli occhi.
”Si,
mi sono addormentata a casa di mia sorella. Ieri sono stata a cena da
loro, ed ho incontrato l’amore della mia vita.”,
sospirò nel pronunciare amore.
”Non
lo avevi già incontrato la settimana scorsa?”
”No
Stephanie, quello era l’amore della settimana, non della
vita.” . Mi voltai
verso Stephanie che alzò automaticamente un sopracciglio.
Soffocai un risolino,
poi concentrò la sua attenzione un momento su di me.
”Dice
sempre così.”, sussurrò facendo roteare
l’indice vicino la tempia.
”Ti
ho vista Stephanie, non sono pazza.”, esordì Jane.
”Non
lo penso. E’ solo che il mio indice ha vita propria e si
muove
autonomamente.”, rispose lei facendo spallucce. Feci un
risolino, divertita da
quella piccola schermaglia di battute.
”Credo
sia meglio andare, per me. Ti restituisco la maglia più
tardi, okay?”,
dissi dirigendomi verso la porta. Lei annuii col capo, “Ci
vediamo dopo.”,
aggiunse salutandomi poi con la mano.”
”Buona
notte, Jane.”
”Buona
notte, Audry.”. Uscii dalla stanza con in mano la mia maglia
e i jeans
che avevo indossato al sera prima. Indosso avevo la maglia che
Stephanie mi
aveva prestato per la notte, la sera precedente. Una maglia di due
taglie in
più che mi arrivava sopra il ginocchio.
Silenziosamente
mi diressi verso la mia camera, nei corridoi deserti potevo
udire le voci provenire dalle stanze, persone che si accingevano ad
uscire,
così allungai il passo, sperando qualcuno non mi vedesse.
Arrivata sulla
soglia, mi ricordai di aver lasciato la mia chiave in camera.
”Oh
no.”, mormorai a me stessa. Sospirai e presi a bussare alla
porta,
all’inzio con leggerezza, poi aumentando la potenza vedendo
che Robert non
veniva ad aprirmi.
”Un
attimo.”, sbraitò.
Fantastico, pensai, preparati alla
furia, Audry.
La
porta si aprì a un Pattinson dai capelli arruffati e occhi
cristallini
mi fu davanti… e fu strano ciò che provai. Un
susseguirsi di emozioni di
sensazioni, che troncarono ogni collegamento esistente tra l cervello
ed il
corpo. Fu come se ogni mio organo fosse stato risucchiato da un enorme
buco
nero, presente nel mio stesso corpo. Spiegare ciò che
sentivo, è impossibile.
Provai un immediato e stupendo senso di appagamento, come se ogni cosa
in quel
momento fosse al suo giusto posso. Le api sui fiori, i canarini nei
loro nidi,
il bambino che guardava il suo aquilone librarsi nell’aria,
la nonna e la torta
appena sfornata sul davanzale, la mamma che sorrideva in risposta al
suo
bambino.
Mi
accorsi di aver trattenuto per istanti che mi parvero infiniti, il
respiro.
”Audry.”
”Robert.”
. Sulla soglia della stanza rimanemmo a guardarci, l’uno
perso negli
occhi dell’altra, con i visi che non tradivano emozioni,
soprattutto il suo,
per me difficile da leggere.
”Belle
gambe.”, furono le parole che qualcuno disse dopo un fischio
di
apprezzamento. Mi voltai di scatto sorpresa, sentendo le guance
avvamparmi di
rossore.
”Si,
e non sono tue.”. Mi voltai di scatto verso Robert che, rosso
in volto,
aveva risposto con ben troppa energia al ragazzo. Ma il suo volto dopo
alcuni
attimi cambiò espressione e ritornò a
guardare me, allibito.
”Come
scusa?”, chiesi con voce strozzata. Lui aprì la
bocca per rispondere, ma
da essa non i uscì alcun suono. Attesi, fino a che qualche
secondo dopo, non
arrivò.
”Ehm…
bhè, sono le tue no?”, chiese guardando un punto
alle mie spalle,
spostando poi lo sguardo ancora su di me.
”Giusto.”,
risposi spaesata e confusa da tale reazione. “Mi faresti
entrare?”,
aggiunsi vedendo che tra noi calò nuovamente in silenzio.
”Oh
si, scusami.”, mormorò entrando in camera e
lasciandomi il passaggio
libero. Mi diressi verso il mio armadio e quasi potei avvertire il suo
sguardo
non abbandonarmi.
”Non
hai dormito qui stanotte.”, la sua, ovviamente, non era una
domanda.
”No.”,
risposi in un sussurro.
”Sei
stata da Mark.”, anche questa non era una domanda. Il tono
freddo e dure
presente nelle sua voce mi irritò.
”Non
credo ti riguardi.”, risposi prendendo dei vestiti e
ciò che mi serviva
per la doccia.
”Si,
certo.”. Mi voltai a guardarlo ed il mio cuore
accelerò la sua corsa. Il
suo sguardo incatenò il mio ed un brivido mi attraverso da
capo a piedi.
”A
te che importa?”
”Mi
importa, Audry.”, fece un passo in avanti e il cuore fu come
mi salisse in
gola.
”Perché?
Perché potrei farlo soffrire? Perché è
tuo amico.”, chiesi con un filo
di voce, perdendomi nel mare dei suoi occhi.
”Importa
perché…”, la parole fu come gli
mancassero.
”Perché?”,
lo incitai prima di deglutire rumorosamente.
”Perché…
è mio amico.”, mormorò poi guardando in
basso. Mi voltai e mi diressi
verso il bagno, desiderosa di una doccia, ma prima di chiudermi alle
spalle la
porta, pronunciai ciò che forse ancora non sapeva:
“Si è liberata una camera,
fra tre giorni tutto questo finirà.”, poi entrai
nel bagno e dopo aver chiuso
la porta mi poggiai ad essa, scivolando fino al pavimento, buttando la
testa
indietro e chiudendo gli occhi.
”Ti
prego, impara a leggere il silenzio del mio cuore è
intelletto sottil
d'amore intendere con gli occhi”, sgranai gli occhi
nell’udire tali parole,
oltre la porta di legno scuro.
Ed il mio
cuore, perse un battito.
*
Eccomi gente,
qui con un altro capitolo Questo è più che
altro di… transizione, si si.
Allora, dato che ho davvero poco tempo, non riesco a ringraziare a modo
gli
angeli che hanno recensito il prossimo capitolo. Le cito, con la
promessa di
rifarmi nel prossimo aggiornamento:
Piccola Ketty;
Nessie93;
Sognatrice 85;
lazzari;
KeLsey;
ilachan89yamapi;
A l y s s a.
Ancora scusa,
per non potervi rispondere come vorrei,
perdonatemi, davvero.
A presto, un bacio, Panda.
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 ***
CAPITOLO 15
Sono salito sulla
cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre
guardare le cose da angolazioni diverse.
E il
mondo appare diverso da quassù.
Non vi ho
convinti?
Venite a veder voi
stessi.
Coraggio!
È
proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da
un'altra
prospettiva.
John
Keating ,l’attimo fuggente, 1989.
Scarabocchiavo
distrattamente la copertina del quaderno dove raccoglievo gli
appunti di chimica generale, mentre con la coda dell’occhio
osservavo Robert
studiare. Il suo viso era concentrato su un libro, che non riuscii a
capire di
cosa fosse.
Mordicchiava,
anche lui distrattamente, il tappo di una biro, mentre una
piccola ruga fra le folte sopracciglia rendeva la sua espressione
alquanto
concentrata.
Avrei
dovuto essere in biblioteca nel giro di dieci minuti, non ero mai
arrivata in ritardo, eppure non riuscivo ad alzarmi. Era come fossi
incollata
al letto, come se i miei muscoli fossero scollegati dalla parte
razionale di
me, costringendomi a resta lì, beandomi quasi, delle figura
di Robert.
Era
ovvio, oramai, anche se non volevo ammetterlo. Era ovvio,
ciò che mi
succedeva, dalla notte in cui nella mia palpebra chiusa avevo visto il
suo
viso. Era ovvio, eppure io non volevo ammetterlo.
Ammetter
cosa? Ammettere che… che ogni volta che i miei occhi
incontravano i
suoi i battiti del mio cuore aumentavano di frequenza, che mille
farfalle
spiccavano il volo nel mio stomaco, ogni cosa perdeva di significato e
ogni
fibra del mio essere mi conduceva a lui. Le mani fremevano per
accarezzare i
morbidi capelli chiari, la stessa pelle, le labbra rosee. Eppure anche
il suo
solo respirare mi dava ai nervi. I suoi gesti mi facevano ribollire il
sangue
nelle vene.
Che fosse
possibile? Che fosse normale?
In quel
periodo nella mia vita non vi era nulla di normale. E mentre guardavo
il suo viso concentrato, per la prima volti fui chiara a sincera a me
stessa.
Spalancai le porte del mio cuore, della mia mente e della mia anima,
dando
libero sfogo alle mie emozioni, ai miei sentimenti.
Si, ero
attratta da Robert Pattinson. Ero attratta dalla sua voce, quella
stessa voce che mille volte aveva dato voce a pensieri ostili, una voce
mutevole, una volta roca, una volta adolescenziale, attratta dal suo
dolce
viso, quel viso indurito dalla rabbia, addolcito dal sorriso, attratta
dall’oceano
blu e verde dei suoi occhi, nella quale amavo perdermi di tanto in
tanto, occhi
rossi dalla rabbia.
Tutto mi
piaceva e tutto mi irritava.
Una
tempesta di emozioni si era scatenata dentro me, e non avevo modo di
fermala.
Rimasi,
lì, a guardare il suo viso, finalmente conscia di
ciò che provavo.
Avevo
ammesso a me stessa di provare qualcosa per Robert Pattinson.
Sospirai,
arresa ai miei stessi sentimenti, alla testardaggine,
all’orgoglio
che mi aveva portato a celare ciò che il mio cuore da tempo
probabilmente
cercava di cantare.
Con la
coda dell’occhio lo vidi alzare il capo. Sentii le guance
avvampare di
calore, mentre scarabocchiavo sulla copertina del quaderno. Fu come se
il suo
sguardo bruciasse sulla mia pelle, come se mi perforasse la carne, come
se si
fondesse con le mie ossa.
Dopo
attimi che mi parvero eterni, chinò il capo.
Il mio
cuore rallentò la sua folle corsa.
”Non
dovresti essere in biblioteca?”, chiese prendendomi alla
sprovvista.
Cose
avrei dovuto rispondere? Cosa avrei dovuto dire? Che non andavo per
bearmi
della sua presenza?
Alzai il
capo, “Ehm… no oggi non ci vado. Oggi ho deciso di
prendermi una pausa
dal personaggio del topo da biblioteca.”, dissi con una nota
di acidità nella
voce. Mi morsi al lingua, maledicendomi. Sperai vivamente non nascesse
un’ennesima discussione. Non mi andava di litigare, non mi
andava di rendere le
cose ancor più difficili di quanto già erano.
Sbuffò,
scuotendo il capo, ma non parlò… e gliene fui
grata.
”Non
capisco perché tu debba interpretare sempre a modo tuo ogni
mia frase,
ogni mia parola.”, mormorò poco dopo. Quella
frase, mi lasciò interdetta.
Che fosse
vero?
”Cosa
intendi dire?”, chiesi incrociando le gambe e sporgendomi in
avanti,
inclinando il capo verso destra.
”Semplicemente
quello che ho detto, Audry. La mia non era un critica. Se tu non
te ne fossi accorta o resa conto, passo parte del mio tempo libero in
biblioteca.” . Sbattei le palpebre qualche volta, sorpresa.
Ogni mia
convinzione si sgretolò come castelli di sabbia. Mi sentii
una stupida
quando compresi ciò che mi aveva detto. Ero saltata alle
conclusioni sbagliata
e il dubbio che quella non fosse stata la prima volta mi assalii.
Se avessi
interpretato a modo mio ogni sua frase, ogni suo gesto, ogni suo
tono?
Come
avevo fatto a non notarlo in biblioteca?
Toppo
presa dall’odio, dalla confusione, da stupide ed errate
convinzioni.
Sgranai
gli occhi, mentre mi mettevo dritta, poggiandomi al muro. Il suo
sguardo, i suoi occhi, si incatenarono ai miei e non potei fare nulle
per
evitarlo. Inerme mi persi dentro essi, nelle mille congetture, nei
mille
pensieri, che caotici mi vorticavano nelle mente, senza un filo logico.
”Io…
io…”, le parole mi mancarono. Fui salvata dal
bussare alla porta.
”Audry,
apri questa porta o la butto giù.”, mi voltai
riconoscendo la voce di
Stephanie. Mi alzai e la feci entrare.
”Sono
passata dalla biblioteca ma non c’eri, così sono
venuta qui. Mi devi
accompagnare a fare shopping e non dire di no altrim-... oh,
ciao!”, disse
quando si voltò notando che Robert era nella stanza.
”Ciao.”,
rispose lui facendole segno con la mano.
”Ho
interrotto qualcosa?”, chiese spostando lo sguardo da lui a
me, confusa
dall’espressione indecifrabile del suo viso e probabilmente
anche del mio.
”No.”,
rispondemmo, mio malgrado, contemporaneamente. Dietro quel no, si
celava
un si, almeno da parte mia.
Il
silenzio calò nella stanza.
”Allora
Audry? Andiamo?”, mi chiese ulteriormente Stephanie. Annuii
col capo e
afferrando al giacca e la borsa mi diressi verso la porta.
”A
dopo… Robert.”, mormorai guardando ancora una
volta i suoi limpidi occhi
azzurri.
”A
presto, Audry.”. Fu per me difficile scostare lo sguardo.
”Arrivederci,
signor Pattinson.”, disse Stephanie facendo capolino con la
testa
altre la parta, poiché mi aveva preceduta
nell’uscire.
”Arrivederci.”
“Come
ti sembra questa?”. Mi voltai verso
Stephanie, sgranando gli occhi.
“E’
leopardata.”, risposi con un filo di voce, scioccata.
“Si
ma… guardala! Dice chiaramente: provami…
provami... non la senti, Audry?”,
chiese dolcemente.
“Si
è vero! Dice chiaramente: non provarmi… non
provarmi…”
Sbuffò,
“Mi rovini sempre tutto. Sei una
uccidi-entusiasmo.”
“Oh,
grazie.”, dissi facendo una smorfia.
“Prego.
Sempre disponibile per la verità.”, rispose
facendo spallucce.
Scossi il
capo, prendendola per le spalle, “Andiamo, prova questa
orribile maglia
leopardata.”, la spinsi nel camerino più vicino.
Poco dopo
fu fuori.
“Ingannatrice
tentatrice.”, rispose dirigendosi verso lo scaffale dal quale
aveva preso la maglia.
“Fammi
indovinare: avevo ragione io.”, chiesi con un sorriso
compiaciuto.
Mi
guardò fulminandomi con lo sguardo, “Non una sola
parola in più
sull’argomento, grazie.”, disse dirigendosi a gran
passo all’esterno del
negozio.
“Ti
va un frappé?”, chiese.
“I
centri commerciali ti fanno senza dubbio male.”, dissi mentre
i dirigevamo
al bar.
“Perché?”,
chiese corrugando la fronte.
“Beh,
passi il tuo tempo a provare vestiti su vestiti (non
c’è negozio che
passi inosservato), e magiare. Se la memoria non mi inganna, hai
mangiato un
hot dog mezz’ora fa.”
“Questi
sono dettagli, Audry.”
“Oh
si, senza dubbio.”
“Allora?
Lo vuoi un frappé?”, chiese incrociando le braccia
al petto e battendo
il piede, impaziente.
Annuii
col capo ed aprii la bocca per dirle a che gusto lo desideravo, ma mi
precedette.
“Cioccolato.”,
disse senza nemmeno guardarmi in volto, girandosi per dirigersi
all’interno del bar.
Feci un
risolino, affondando poi le mani nelle strette tasche dei jeans.
Quel
pomeriggio, riuscii a non pensare. Riuscii a non pensare a Mark,
riuscii a
non pensare a ciò che forse provava per me, e a cosa non
provavo io per lui,
forse. Riuscii a non pensare a Robert. Riuscii a evitare la sua
immagine nella
mia mente, il dolce eco della sua voce calda.
“Ecco
a te.”, Stephanie tornò con due bicchieri di
frappé.
“Grazie
mille.”, dissi portandomi la cannuccia alle labbra.
“Oh,
guarda! Quel negozio non dice chiaramente: entra…
entra…”
Roteai
gli occhi, sospirando. Quella tortura non avrebbe mai avuto fine.
Stephanie mi sorpassò, dirigendosi al negozio alle mie
spalle, che non avevo il
coraggio di guardare.
Sbuffando,
mi voltai.
“Ah!”,
gridai quando il freddo frappé mi fu sulla maglietta bianca.
Sgranai gli
occhi e spalancai la bocca, scioccata. Alzai lo sguardo per vedere con
chi mi
fossi scontrata… e sarebbe stato meglio non farlo.
“Oh
mio Dio.”, disse lui portandosi la mano sulla bocca, come a
tapparla.
“Aurdy, perdonami!”, disse allungando la mani verso
me. Istintivamente mi
allontanai.
“Non
mi toccare,” sbottai, “hai già fatto
abbastanza danni.”, conclusi
sporgendomi leggermente in avanti quando sentii il liquido freddo
scivolarmi
lungo il ventre, entrato crudelmente e prepotentemente dalla scollatura
della
maglia.
“Non
ti avevo vista!”, si difese.
“Uffa,
guardami!”, dissi indicandomi la grande macchia sul tessuto
bianco. Per
alcuni istanti rimase fermo. Oltre le spesse e scure lenti dei suoi
occhiali da
sole non riuscii a capire dove fosse indirizzato il suo sguardo.
Sospirò
e la sua mano circondo il mio polso.
“Ehi,
dove mi stai portando?”, chiesi opponendo resistenza quando
cominciò a
camminare.
“Non
puoi andare in giro così.”, disse trascinandomi.
“Ma
dai, non mi dire.”, ironizzai, ma non rispose.
“Devo avvisare Stephanie.”,
continuai cercando di liberarmi dalla sua ferrea presa.
“L’avviserai
dopo.”, rispose con voce monocorde. Sbuffai e, vinta, mi
lasciai
guidare all’interno di un negozio, senza opporre resistenza.
Di colpo si fermò,
guardandosi un po’ intorno. Il suo sguardo
incontrò quello di una ragazza che
riconobbi subito: la barbie che era con lui al cinema. Avvertii ancora
una
volta l’irrefrenabile voglia di tosarle i lunghi e setosi
capelli biondi. Le
mani cominciarono a prudermi, quando lei annuii a qualcosa che lei
aveva minato
con mani e labbra, probabilmente. A distrarmi furono le sue mani che
leggere si
posarono sulle mie spalle.
Sobbalzai
a quel tocco, presa di dieci modo per uccidere una barbie. Mi
condusse in un camerino.
“Ma
cosa…?”, cominciai.
“Entra,
ed aspettami qui. Non muoverti!”, disse puntandomi
l’indice contro,
come fossi una bambina.
Sbuffai
allargandole braccia e facendole poi ricadere lungo i fianchi,
“Ma tu
guarda questo.”, mormorai d’irritazione, ma non mi
udii poiché si era
allontanato troppo velocemente.
Mi voltai
e mi sedetti sullo sgabello che si trovava in un angolo del camerino.
Nella
testa l’immagine della ragazza bionda, simile ad una modella.
Sbuffa ancora,
portandomi la mani fra i capelli, e reggendomi la testa , poggiando i
gomiti
sulle ginocchia.
“Audry?”,
sentii la sua voce oltre la porta.
“Si?”,
chiesi, alzando lo sguardo. Dall’apertura sopra la porta del
camerino,
mi lanciò una maglia, che riuscii, per grande fortuna, a
prenderla senza farla
cadere.
Era
bianca, simile quella che già indossavo. Dalla grande borsa
marrone presi
delle salviette imbevute e mi pulii la striscia scura che il
frappé mi aveva
lasciata sul ventre piatto. Indossai la maglia, alzandomi leggermente
la
maniche.
Mi alzi
in punta di piedi, poggiando le braccia ed il gomito sulla porta di
legno.
Tossii
appena per attirare l’attenzione. Robert era poggiato al
muro, udendo la
mia voce alzò lo sguardo incontrando il mio. Per un istante
il mio cuore cessò
di battere.
Con un
colpo di schiena si mise eretto, avvicinandosi a me. Si era sfilato dal
viso i grandi occhiali da sole e il berretto nero.
“Come
va?”, chiese con voce calda.
Aprii la
porta, mostrandogli la maglia. Feci un giro si me stessa.
“Direi
che è esattamente uguale a quella di prima.”,
disse corrugando la
fronte. Annuii col capo.
Il suo
sguardo incrociò ancora il mio. Per attimi che mi parvero
infiniti.
“Direi
di si.”
“Scusami
ancora, Audry.”, mormorò facendosi avanti,
poggiando anch’gli le mani
sulla porta.
“Non
importa.”, mormorai fissano i suoi occhi ardenti.
Quale
mondo era celato dietro essi? Così vicini, eppure
così lontani. Con
facilità i miei occhi si fondevano con i suoi…
verde nell’azzurro, azzurro nel
verde. Un mondo così diverso da quello che custodivo dentro,
un mondo dal quale
cercavo quasi di escluderlo. Solo allora, quando piano, senza
premeditazione,
con un gesto semplice ed involontario, casuale e delicato, mi
accarezzò i
capelli, capii che era stato tutto un errore. Escluderlo dal mio
universo,
aveva causato i litigi, le incomprensioni.
La
diffidenza, la rabbia, l’irritazione, emozioni che io stessa,
con un
comportamento irresponsabile e immaturo, avevo causato.
Il
piacere, il riso, la spensieratezza... avrei potuto ottenerle. Se
avessi
lasciato da parte l’orgoglio e la testardaggine, forse le
cose, ora, sarebbero
diverse.
“Cosa
c’è?”, mormorò facendo
scivolare la mano, abbandonando la ciocca sulla
quale con dolcezza si era soffermato.
“Nulla.”,
soffiai.
“Non
ci credo.”
“Perché?”,
il respiro mi si fece più corto quando piano riprese a
giocare con
una lunga ciocca di capelli, in un gesto casuale.
“Dicono
che gli occhi sono lo specchio dell’anima. A volte quella
frase,
rispecchia la realtà.”. Sospirai e
l’aria fu come mi bruciasse i polmoni,
causandomi dolore.
“Se
fosse così, ora, cosa vedresti?”, chiesi con un
filo di voce.
“Vedrei
una ragazza che ha paura… paura di rivelarsi al mondo. Di
mostrare se
stessa. Una ragazza dai grandi occhi verdi, dai capelli color del rame
che si
ostina a rimanere nel buio. Una ragazza che si ostina a non guardarsi
intorno,
a capire. Di chi può fidarsi e di chi no. Una ragazza
tenace, ma allo stesso
tempo fragile. Che guarda con gli occhi, ma non con
l’anima.”
“Shakespeare.”,
soffiai, mentre la consapevolezza della veridicità delle sue
parole mi colpiva in pieno, come un secchio d’acqua fredda.
Cosa
c’è di reale, cosa c’è di
finto…
“Acuta.”,
rispose mostrando una schiera di denti perfetti e bianchi.
“Che
diresti a quella ragazza?”
“Di
lasciarsi andare… alla vita. Di vivere il momento.
‘Cogli
la rosa quando è il momento, che il tempo lo sai che vola e
lo
stesso fiore che oggi sboccia domani appassirà.’
“
Vidi
il suo viso farsi sempre più vicino. “Cogli
l’attimo, Audry.”, mormorò
poi al mio orecchio.
*
Eccomi qui,
gente. Eccomi di nuovo con un altro capitolo.
Perdonatemi il ritardo ma mi sono un po’ persa con questa
fiction e… e la
scorsa settimana ho dimenticato di postare ^.^”
Cosa molto importante che mi dimentico di dire da un sacco di tempo: il
Robert di questa fiction
è un Robert che
non ha fatto Twilight. E’
comunque un
attore, sia chiaro, semplicemente senza essere mai stato Edward
Cullen. Svolgere la storia mi sarebbe stato molto difficile,
anche impossibile. Ritrarlo come un
pezzo ragazzo normale è complicato.
Non ho molto tempo. Ho deciso di postare un’altra storia
questa settimana
perciò devo finire assolutamente
il
capitolo.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto la storia e coloro che
l’hanno inserita
fra i preferiti.
Ma soprattutto gli angeli che hanno recensito lo scorso capitolo:
cloddy_94:
Ciao! Ebbene si, Robert si è…
“esposto”, a modo suo. Allora credo che il
capitolo abbia risposto ad alcune tu domande e spero che il giudizio da
parte
tua sia comunque positivo. Ora diciamo pure che arriva la parte
più difficile e
complicata… solo io mi incasino la vita così.
Sono contenta ti sia piaciuta l’ultima
frase, non sai quanto! Grazie mille per al recensione *.* A presto,
cara!
KeLsey: ciao, Eri! *.* Sono
contentissima di sapere che la fiction ti piaccia! (io amo le tue ed
è
risaputo!) Quei due insieme?... mmm… io non parlo XD Mi
spiace per il ritardo.
Spero ti sia piaciuto questo capitolo. A presto, cara! Ti voglio bene
(L)
Nessie93: ciao! Bhe, alla fine lui
cedeva di parlare con la porta no? XD Lo psicologo servir,
più avanti ed anche
parecchio! Dichiarazione? Eeeeeeh, è più
probabile che io assomigli a Nicole
Kidman XD Okay, la smetto con le cavolate e le esagerazioni. Dovrai
aspettare
per sapere cosa succederà, non credi la situazioni di
sbrogli con molto
facilità e subito. Sono contenta ti siano piaciuto i
capitoli! Davvero tanto! A
presto, bella!
Sogantrice85: ciao! La mia faccia
dopo aver letto la tua recensione à
O.O sono
senza parole credimi. TI piace
davvero così tanto? E’ che… rileggendo
non capisco come sia possibile, a me non
sembra così… meravigliosa. Ma… grazie!
Sono felicissima di sapere che ti
piaccia, davvero tanto! *.* E spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo!
Grazie, grazie mille volte! A presto, cara!
Piccola Ketty: ciao! Grazie!
Insomma…
ci lavoro tanto a questo fiction e sudo quando devo scrivere i capitoli
perché non
voglio che siano banali… e spero di riuscirci almeno un
po’. Spero la maturità
sia andata bene ^.^ A presto! E grazie ancora!
Lazzari: ciao! Bhe, in questo
capitolo hanno parlato con calma, no? E lei ha ammesso finalmente a se
stessa
che è… cotta. Sono contenta che ti sia piaciuto
il capitolo, tanto tanto! Ci
tengo molto a questa storia e sapere che pensi…
ciò che pensi è gratificante,
in un certo qual modo. Perciò, grazie, grazie mille! A
presto! (Spero di non
averti fatta attendere molto XD)
Miss Simy Pattinson: ciao! O.O sono
scioccata. Io… okay, non so che dire. Mi hai lasciata senza
parole! Sai.. mi
diverte alla fine scrivere di Robert antipatico
e non so nemmeno perché. Non mi annoia XD Eh, Audry ora non
fa più finta, ha
ammesso a se stessa ciò che prova, dopo bene 14 capitoli.
Spero ti sia piaciuto
anche questo capitolo… è stato un po’
difficile scriverlo, dato che mi ero
bloccata all’ultima parte, non sapendo come andare aventi.
Grazie ancora per la
recensione! *.* E per i complimenti!
Fairwriter: Juls, mia Juls! Sarebbe
fico, già ti ci vedo a fare il discorsetto! Sono contenta di
non averti delusa
e soprattutto… non io ad essere magnifica, lo sei tu! *.*
Oh, Juls… ecco che mi
commuovo! Non puoi scrivermi certe cose! Sei speciale, davvero e ti
voglio
tanto bene, Cip. Spero ti sentirti presto, voglio un reso conto
Londinese! A
presto, tua Ciop.
Dream girl 2: ciao! Davvero
è la
prima? O.O Oddio! *ecco che si scioglie* Sono contenta ti piaccia,
davvero… e
che ti sia appassionando! Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo!
A
presto, e grazie mille per la recensione!
A l y s s a: principessa, Patt,
ciao! Tu mi fai commuovere ogni volta che leggo una tua recensione!
E’ un po’ difficile
credere in me stessa. Si,
Stephanie è
al sua migliore amica e, anche se non è un personaggio
sempre presente, è
fondamentale per Audry e, di conseguenza, per la storia. Le gambe di
Audry credo
saranno un punto debole per il nostro Patty. Spero vivamente che il
capitolo
non sia come te lo immaginavi XD Non li farò
soffrire… non troppo (scherzo).
Grazie per le bellissime parole, Patt e per le chiacchierate! Sei
davvero una
persona fantastica! A presto bella! Tua piccola
Rose.
Qui è tutto gente,
con immenso affetto,
vostra Panda.
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 16 ***
CAPITOLO 16
You could be my
unintended
Choice to live my
life extended
You could be the
one I'll always love
You could be the
one who listens
To my deepest
inquisitions
You could be the
one I'll always love.*
Muse,
Unintended.
“Audry!”.
Sentii le braccia di Stephanie
circondarmi il collo e stringermi forte a sé.
“Stephanie!”, risposi spaesata. Piano lei si
allontanò guardandomi poi con
espressione seria.
“Sei impazzita!”, esclamò diventando
rossa in viso.
“Cosa?”
“Ti ho cercata ma non ti ho trovata! Sono entrata nel panico
per colpa tua!
Irresponsabile!”, parlò prima il suo sguardo si
spostasse su un punto, non
molto indefinito, alle mie spalle, “Oh.” ,
sussurrò poi.
Con la coda dell’occhio vidi Robert affiancarmi e grattarsi
imbarazzato la
nuca. Feci spallucce, un movimento però appena percettibile.
Con sguardo perplesso e stralunato, Stephanie guardò prima
me poi Robert e
piano la sua espressione divenne quella tipica di qualcuno che la sa
lunga.
“Colpa mia.” , disse Robert alzando la mano,
indicandosi.
“Capisco. Oh, non importa.” , disse sorridendo.
“Signorina! Ha dimenticato questa busta!” , una
ragazza dai corti capelli neri
venne verso di noi, correndo.
Tutti ci voltammo.
“E’ stato un piacere per noi averla per
un’ora… mettendo a soqquadro un intero
reparto per cercarle la maglia giusta. Una maglia che ha
dimenticato.” ,
continuò sprezzante. Di scatto mi voltai verso Stephanie che
allungò un mano
per prendere la busta.
“Mi perdoni.”, disse sorridendo per poi girarsi
verso di me, quando la ragazza
andò via.
“Sei entrata nel panico, eh? Mi ha fatto anche sentire in
colpa!”, dissi
incrociando le braccia al petto.
Lei roteò gli occhi sbuffando, “Come la fa
drammatica.”, sospirò poi.
“Forse è meglio per me andare. Devo…
devo recuperare la mia roba.” , mormorò
Robert fissandomi negli occhi.
All’istante un brivido mi attraversò la schiena,
scuotendomi. Lo stomaco mi si
strinse in una dolorosa morsa.
“Ma sono io a dover… cambiare stanza.” ,
sussurrai perdendomi nel suo sguardo
ardente.
“Oh, no. La signora Darcy si è sbagliata, nella
stanza c’è un ragazzo, per cui
sono io a dover cambiare.”
Annuii flebilmente col capo, prima di guardarmi la punta dei piedi.
“Allora, ci vediamo, Audry.”, disse cominciando a
dondolare da un piede
all’altro.
“Si, a dopo, Robert.”, risposi guardandolo in viso,
ancora una volta per attimi
che mi parvero infiniti.
“Ciao, Stephanie.” . Anche lei lo
salutò, aiutandosi con la mano, poi si
allontanò, con quella sua stramba camminata, ma allo stesso
tempo…
affascinante. Rimasi a fissarlo, conscia del fatto che a legarmi a lui
non era
solo una stanza, che presto non ci sarebbe stata più, non
era solo odio,
antipatia, ma qualcosa di più forte, qualcosa che nasceva
dal profondo del mio
petto, lì nell’angolo più nascosto e
buio del mio cuore. Dove ogni cosa nasce
per poi propagarsi, impossessandosi di quel piccolo muscolo,
illuminando ogni
fibra del tuo essere, ogni fibra del tuo corpo, ogni fibra della tua
anima.
“Oramai non puoi più nascondere.”, la
voce di Stephanie, dolce ed ovattata,
fece breccia nei miei pensieri.
“Che ne sono attratta?”, soffiai con una nota di
malinconia. Mi voltai verso
lei.
“Non credevo l’avresti ammesso.”, disse
sgranando appena gli occhi.
“Arriva, ad un certo punto, il momento in cui nascondere non
serve più annulla.
Accettare la realtà, la potenza degli avvenimenti
è l’unica cosa saggia da
fare. Lottare contro se stessi, facendosi dolo del male, porta alla
rovina,
Stephanie. Solo alla… rovina.”, e la mia voce
andò scemando.
Non parlò, sentii solo il calore della sua mano sulla mia
guancia e la sue
braccia circondarmi poi le spalle. Mi abbandonai a quel semplice ed
importante
gesto, grata di avere con me la mia migliore amica.
Il vento fresco
mi scompigliava i capelli
ramati, raccolti in uno scignon trattenuto da un matita. Stringevo fra
le
braccia dei libri che avevo preso dalla biblioteca, che avevo
letteralmente
divorato in pochi giorni. Mi piaceva leggere, era una delle cose che mi
affascinava e divertiva, e, secondo mia madre una cosa del tutto
inutile.
Mia
madre. Da quanto non sentivo mia madre? Due settimane, tre settimane,
forse? Nemmeno più lo ricordavo.
Dai
computer della biblioteca ero riuscita a leggere la mia posta
elettronica.
Aveva detto che l’indomani mi avrebbe cercata al college,
dato la mia
ostinazione a non voler comprare un cellulare, cosa per me del tutto
inutile…
ma l’e-mail risaliva a tre giorni prima. Ovviamente non mi
aveva chiamata, come
suo solito.
Sospirai
portandomi dietro l’orecchio una ciocca che mi era finita
davanti al
viso, solleticandomi la palle del viso e soprattutto le palpebre.
“Audry.”,
sussultai quando udii quella voce troppo familiare alle mie spalle.
Prima di voltarmi, chiusi un momento gli occhi, inspirando sospirando.
Sorridendo, poi, mi voltai.
“Ciao,
Mark.”, mormorai.
“Non
ti sei fatta più sentire. Sei sparita.”, disse con
voce neutra.
“Perdonami,
ma ho avuto mille cose da fare, davvero. Non ne ho avuto il tempo
materiale.”, dissi sorridendo flebilmente. Lui
annuì col capo.
“Sei
impegnata stasera?”, chiese dopo alcuni attimi di silenzio.
Magnifico, pensai.
“Ehm…
io…”, con lo sguardo immerso nel panico e lo
stomaco annodato, cercai di
trovare una scusa plausibile per dire che quella sera ero
impegnata… anche se
non era vero. Ma dirgli la realtà,
quindi che non mi andava di uscire con lui perché mi era
accorta che il mio
cuore batteva per qualcun’ altro, ovvero il mio miglior
nemico, nonché suo
miglior amico… non era il caso.
Fortunatamente
mi salvai in calcio d’angolo… o meglio, qualcuno
mi salvò.
“Ciao.”,
la sua voce fece
irruzione
nella nostra conversazione. Il mio cuore prese, irrazionalmente, a
galoppare.
“Ciao.”,
mormorai.
“Rob.”,
rispose Mark, dandogli una pacca sulla spalla. La sua voce,
però era
monocorde.
Cattivo segno, pensai.
Lo
sguardo di Robert indugiò sul mio. Immediatamente sentii le
guance
avvamparmi di rossore e fui costretta ad abbassare lo sguardo.
“Ho
interrotto qualcosa?”, mormorò spostando lo
sguardo da me a Mark.
“Si.”,
rispose secco e glaciale l’altro. Vedi Robert fissarlo con
espressione
indecifrabile.
“No,
invece.”, dissi in sua difesa. Non fui stupida dalle mie
parole, oramai
conscia dei sentimenti che mi spingevano a desiderare la sua presenza,
ma loro
si. Ancora una volta, come tempo prima, mi guardarono sbalorditi: lo
stavo
difendendo.
Allargai
le braccia al cielo, “Non sono pazza.”, mi lamentai
ciondolando con la
testa a destra e sinistra.
“Oh
ma io lo so, tesoro.”, rispose Mark circondandomi le spalle
con un braccio,
attirandomi a se, quasi con uno strattone. Robert contrasse la mascella
e
strinse le mani in pugni, fino a che le nocche non divennero bianche,
come se
le ossa dovessero uscire dalla carne da un momento all’altro.
Il suo corpo si
irrigidii all’istante.
Cercai di
divincolarmi dalla presa ferrea di Mark, che guardava compiaciuto, in
un certo qual modo, Robert. Sentii un impeto di rabbia assalirmi e il
desiderio
di respingerlo con violenza si fece più forte. Ma non so per
quale motivo, non
lo feci. Con delicatezza cercai di spostare il suo braccio, ancora
senza
successo. Intanto i miei occhi cercavano quelli di Robert che freddi
reggevano
lo sguardo dell’amico.
“Ci
vediamo, Mark. A dopo, Audry.”
“Non
so se potrà venire.”, rispose Mark quando Robert
ci voltò le spalle per
andar via. Si immobilizzò all’istante, girando
appena il capo. Strinse ancor i
pugni, serrò ancora la mascella. Voltò il capo,
puntando i suoi occhi nei miei.
Ardevano… di… tristezza?
L’intensità di quello sguardo, in apparenza
innocuo,
ebbe la forza di una slavina, mi fece sussultare ed un brivido mi
attraverso da
capo a piedi, scuotendomi sotto il braccio di Mark. Lui se ne accorse.
Si voltò
a guardarmi, ma non avevo la forza di staccare gli occhi dal viso di
Robert, da
quegli occhi che nascondevano dietro sipari azzurri un modo a me
ignoto. Non
avevo la forza di scrollarmi quel braccio di dosso, anche se avrei
voluto.
“Lasciami.”,
dissi in un soffio. Ma Mark non sembrò udire la mia
richiesta,
perso ed assorto nei suoi pensieri, con lo sguardo fisso su quello di
Robert,
che invece udii alla perfezione le mie parole. Un angolo della sua
bocca si
sollevo verso l’occhio, illuminando appena il suo viso. Un
sorriso quasi…
compiaciuto. Fu per me inevitabile
rispondere a quel sorriso.
“Lasciala,
Mark.”, sibilò. Lui sgranò gli occhi.
“Come,
scusa?”, chiese l’altro.
“Lasciala.”
“Non
ci penso minimamente, amico.”
“Lasciami.”,
dissi con più convinzione, guardando in cagnesco Mark. Lui
rispose
allo sguardo, perplesso.
La figura
di Robert sparì dietro l’angolo del corridoio.
Per
alcuni istanti la sua immagine, l’immagine del suo volto,
rimase
imprigionata nel mio occhio, poi sentii delle labbra sfiorarmi
delicatamente la
tempia. Istintivamente mi ritrassi, sobbalzando.
Con forza
mi scollai di dosso il suo braccio.
“Ma
che pensi di fare, eh?”, strillai su tutte la furie,
“Ti sembra il modo, o
i momento per questi stupidi giochetti da bambini? Non so se
potrà venire… ma
ti è dato di volta il cervello?”
Lui mi
guardò sgranando gli occhi.
“Ma…
io… tu…”
“Quando
hai intenzione di emettere parole e non monosillabi, fammi un
fischio.”, dissi a denti stretti voltandomi, lasciandolo,
lì, con oggi sgranati
ed espressione sorpresa.
“Ti
piace.”, la sua voce poteva essere paragonata benissimo ad un
secco colpo
di frusta. Fu strano ciò che provai e sentii. Fu come se una
secchiata di acqua
gelata mi colpisse in pieno viso, in pieni petto. Mi immobilizzai,
lì, al
centro del largo corridoio. Quasi inerte. Non avevo la forza o il
coraggio per
voltarmi. Il mio respiro si fece più accelerato.
“Eh?
Si, Audry. Lui ti piace.”, disse sprezzante. Mi voltai,
seria, con le mani
che mi prudevano dalla rabbia.
“Tu
non sai niente.”, sibilai, prima di allontanarmi…
colpita, lì, al centro
del petto.
*
Eccomi
gente… che dire? Mi dispiace per l’enorme ritardo,
ma ultimamente in
casa siamo in sette e non si capisce nulla… diciamo anche
otto, considerando il
cane.
Però, oggi
sono riuscita a ritagliarmi un piccolo spazio ed eccomi qui.
Purtroppo non posso ringraziarvi come vorrei ç_ç
Perciò
ringraziare di cuore, dal profondo del cuore coloro che hanno recensito
lo scorso capitolo: grazie a Fefè, a
Satyricon, a Ryry_, a Marghe, a cloddy_94, a lazzari, a Luxi, a Piccola Ketty, alla mia Patt, a Kia.
Con la promessa di
rifarmi nel prossimo capitolo… dove ne vedrete di belle! ;P
*Potresti
essere la mia scelta
Involontaria di vivere la mia vita offerta
Potresti essere colei che amerò sempre
Potresti essere colei che ascolta
Le mie inquisizioni più profonde
Potresti essere colei che amerò sempre.
A voi è tutto, Panda.
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Capitolo 18 *** Capitolo 17 ***
CAPITOLO 17
È
finita la primavera,
il cipresso ha
teso alta la sua snella figura,
e la rosa ha
aperto ridente la scatola di canditi,
l’usignolo
è venuto,
s’è
posato sul ramo,
e ampio
s’è fatto il mercato del piacere,
il giardiniere ha
profumato le chiome del giardino,
ed un re
v’è entrato a rimirarlo,
e visto un calice
di vino,
lo ha preso in
mano,
ma è
caduta una pietra e ha infranto il calice.
O tu che hai
scheggiato tutto quanto possedevo,
solo se
avrò te sarò felice;
se anche quando
sto con te
mi vergogno di
quel che faccio,
l’idea
d’esser senza di te
non
m’entra nel cuore.
Nezami,
poeta persiano, XV sec. d. C.
Scesi le scale
velocemente, tanto che i miei
capelli sembrarono rimbalzare come molle sulla mia schiena. Mi sentivo
infastidita, irritata, nervosa, scocciata. Sbuffai pesantemente facendo
scorrere i palmi sul freddo corrimano della scala, incollato al muro.
Com’era possibile che una cosa che il mio cuore aveva di
recente scoperto,
qualcosa celato a lungo, probabilmente, nascosto quasi con gelosia nel
suo
angolo più remoto, fosse già ovvio ad altre
persone? Come avevano potuto
vedere?
Non potei fare a meno di desiderare che lui
non lo avesse capito. Ma una parte di me, una parte del mio
inconscio
invece, desiderava di si. L’altra aveva paura di un rifiuto,
di un semplice e
dolorosissimo no. Paura di esporsi,
di mostrare chi si è veramente… non essere
accettati… non essere… amati.
Ripensai al suo viso indurito dall’astio, ripensai al suo
viso ammorbidito
dalla gentilezza.
Chi era realmente Robert Pattinson?
Ancora non lo sapevo. Una volta gentile, una volta freddo. Cosa
cantava, cosa
gridava il suo cuore?
Desideravo risposte, risposte che mai sarebbero potute arrivare.
Perché? Chi
eravamo noi? Conoscenti? Compagni di stanza?
Eppure la parole amici, semplice parola con la
quale, in quel momento,
desideravo definirci, mi sfuggiva come foglie al vento. Troppo lontana
da ciò
che la realtà cruda e quasi violenta mi mostrava.
Mi diressi a grandi falcate verso l’ingresso. Non sapevo dove
stessi andando.
Seguivo le gambe, che sembravano essere totalmente scollegate dal resto
del
corpo, dalla cervello che si perdeva in futili congetture. Sobbalzai
quando
udii la voce della signora Darcy chiamarmi.
“Signorina Morel.”, disse alzandosi dalla rosse
sedia girevole. Prima di
voltarmi chiusi un attimo gli occhi, ispirando a fondo.
“Mi dica.”, risposi gentile dirigendomi verso lei.
“Deve chiamare questo numero. Sua madre. Non riusciva a
contattarla e ha
chiamato qui.”, disse impassibile distogliendo immediatamente
il suo sguardo
dal mio viso.
“Grazie.”, mormorai guardando il bigliettino fra le
mie dita. Lo fissai per
pochi istanti prima di dirigermi verso il telefono appeso al muro, in
fondo
alla grande stanza, accanto alla grande libreria dedicata ai volumi
riguardanti
il regolamento del college.
Inspiegabilmente mi tremarono le mani, mentre componevo il numero.
Amavo mia
madre, ma i rapporti fra me e lei erano più quelli di una
volta, quando era una
bambina che seguiva tutto ciò che gli adulti li
suggeriscono. Lei eterna
ragazza lavoratrice, troppo occupata e presa dalla carriera per
accorgersi
delle figlia che cresce. Non la colpevolizzavo per questo, non la
condannavo.
Le volevo troppo bene per farlo. Mi aveva cresciuta, da sola. Mi aveva
messa al
mondo. Mi amava.
Primo squillo. Secondo squillo. Terzo squillo….
all’ottavo rispose.
“Alò?”. Riconobbi la voce dolce sottile
voce di mia madre.
Sorrisi, “Maman?”, chiesi, riacquistando per pochi
secondi quel che era rimasto
del mio, oramai dimenticato, accento francese.
“Aurdy, mon cheri! Comment ça va?”,
chiese , “Tu me
manques...”, mormorò,
“Oh, mi manchi anche tu.”, mormorai portandomi una
ciocca di capelli dietro un
orecchio, “Io sto bene, mamma. Tu? Ora dove sei?”,
continuai.
“Oh Audry, sono a casa. È così vuota
senza te. Retour. Mi mancano i tuoi libri
in giro per casa. Tornerai alla fine del semestre? Anche solo per pochi
giorni.”, disse con voce tremante.
Sentii un nodo alla gola, deglutii a fatica. “Vorrei poter
tornare, mamma,
soprattutto ora… ma sai che non posso.”, mormorai
pensando al college… a Robert.
“Aspetta… ahi detto, ora?”
“Oh… ehm… nulla di particolare. Ora non
posso parlare, prometto che ti
spiegherò tutto in un e-mail dettagliata.”, mi
affrettai a dire, “ma dimmi
della Florida.”
“Oh tesoro, ti sarebbe piaciuta! Avresti dovuto esserci!
Prometto che ti ci
porterò, presto.”. Scossi il capo udendo le sue
parole, chinando appena il capo
tristemente. Non lo avrebbe fatto mai. Una frase che avevo sentito
altre volte…
per New York… per Milano… per
Vancouver… e tante, tante altre mete.
“C’est tres
beau!”
E’ bellissima. Ho i miei dubbi,
mamma.
Alle mie spalle sentii la signora Darcy tossire.
“Mamma, devo andare. Mi dispiace, il tempo è
scaduto.”
“Dovresti comprati un cellulare.”
Schioccai la lingua in segno di disapprovazione, “Non fanno
per me, lo sai.”
Rise, “Nous nous sentons tot?”
“Si, mamma. Ci sentiremo presto.”
“Me lo prometti?”
“Oui. Je vous promets.”, dissi in un risolino.
“téléphone-moi
dès que vous
pouvez. Bonne nuit,
mon cheri! Je t’aime.” *
“Bonne nuit
maman, je t'aime trop.”,
risposi prima di riappendere.
Con grande gioia della signora Darcy.
Mi voltai e sobbalzai quando mi ritrovai quel
viso a poche spanne dal viso.
“Credevo avessi solo origini francesi.”, disse con
sguardo indecifrabile.
Cercai di tenere a freno on battito accelerato del mio cuore, la sua
folle
corsa.
“Bhe… mi sono trasferita da bambina
qui… dalla Francia.”, mormorai colta di
sorpresa, perdendomi in un istante infinito nel suo sguardo, una
combinazione
perfetta di azzurro e verde.
“Come facevi a sapere delle… mie
origini?”, chiesi corrugando la fronte.
“Il tuo nome…”
“Oh.”, mormorai. Effettivamente era abbastanza
ovvio.
“E poi… Mark.”, mormorò con
voce dura. Tasto
dolente.
“Mi dispiace per prima.”, dissi in un soffio
chinando il viso, guardandomi al
punta delle scarpe.
“Anche e me.”. Nella sua voce vi era una nota di
malinconia.
“Forse dovrei chiudere il becco, di tanto in
tanto.”, sussurrai.
Soffocò una risata. Sentii le sue dita sotto il mio mento e
mi costrinse ad
alzare il capo, “Non potrebbe mai essere colpa
tua.”, la sua voce andò scemando
a causa del suo respiro sempre più corto. Sollevai un angolo
della bocca verso
l’alto.
Mi fece l’occhiolino e non potei non ridere.
“Parla ancora in francese.”, disse incrociando le
braccia al petto.
Corrugai la fronte, “E cosa vorresti che ti
dicessi?”
“Sorprendimi.”
“T’es fou.”, dissi roteando gli occhi ed
uscendo dal grande atrio.
“Che significa…”
“Tu sei pazzo, Robert Pattinson.”, ridacchiai
mentre l’aria fresca della sera
mi assaliva. Sentii i suoi passi dietro me. Il mio cuore ebbe un
sussultò
quando avvertii il suo profumo, grazie ad una folata di vento.
“Me lo dicono in molti.”. Fece un piccola pausa,
“Hai da fare?”
“Ora?”
“No. Ti va di fare un giro?”, chiesi . Le parole
mie uscirono dalle bocca e non
potei fare nulla per frenarle. Mi morsi la lingua, desiderando di
cancellare
gli ultimi tre secondi.
Sorrise, “Certo.” . Lo guardai incredula,
ma… sollevata. Sorrisi e cominciai a
camminare con lui al mio fianco.
Il cuore prese a galopparmi ed avrei voluto fermalo, ma mi era del
tutto
impossibile, così mi abbandonai e mi rassegnai ad esso. Mi
sentivo leggera,
quasi appagata. Forse tutto era dipeso dalla telefonata di mia madre,
dall’aver
sentito al sua voce che, nonostante tutto, riusciva sempre a
tranquillizzarmi,
o forse dalla sua vicinanza. Il mio corpo era come emettesse
elettricità e
sperai, con tutta me stessa, non si accorgesse del mio corpo teso e
rigido.
Potei quasi avvertire il calore del suo corpo, grazie
all’estrema vicinanza del
mio braccio al suo.
Feci un respiro profondo, riempiendo il più possibile
d’aria i miei polmoni.
Espirai, senza troppo rumore.
Robert soffocò una risata, così mi voltai
istintivamente verso lui, corrugando
appena la fronte.
“Perché ridi?”, chiesi increspando le
labbra.
“E’ che… sei così…
non lo so, Morel. Sei strana.”
“Oh. Ora , sì, che mi è tutto
chiaro.”, annuii guardando il verde prato del
campus.
“Intendevo dire che… tutto sommato
sei…”, si fermò in cerca delle parole
esatte, “… simpatica.”, disse infine. Mi
voltai a guardarlo incredula e spaesata,
in un certo qual modo.
“Simpatica.”, ripetei a bassa voce.
“Nonostante tutto.”
“Bhe, si, insomma…”
“Tendi davvero a spiegare ogni tua parola?”, chiesi
in un risolino.
“No… solo con te.”, mormorò.
Mi voltai a guardarlo ed incrocia i suoi occhi.
Resi verdi dalla fioca luce dei lampioni.
“Perché?”, chiesi curiosa con il cuore
che batteva frenetico nel mio petto.
Avevo paura della risposta.
Per pochi istanti rimase in silenzio. Guardò un punto
indefinito del
marciapiede, con espressione indecifrabile ed un brivido mi
attraversò la schiena…
e non fu la folata di vento che mi sfiorò il viso in quel
momento. “Non so mai
come comportarmi con te.”, nella sua voce vi era strana
incertezza, “Ogni mia
parola scatena il tuo odio.”, mormorò.
“Oh. Oh.”. Fui
sorpresa dalle sua
parole, inaspettata eppure estremamente dolci come il miele. Chiusi un
momento
gli occhi, respirando a fondo i suo profumo, inebriandomi con esso,
“Però… le
cose di fanno in due.”, mormorai,
“Imperdonabile.”, dissi facendo schioccare la
lingua.
“Se io avessi detto la stessa frase. Cosa avresti
fatto?”, chiese.
“Nulla.”, sussurrai. Alzò un
sopracciglio. “Nulla… okay, non lo so.”,
mormorai
sbuffando appena.
Rise, “Si, le cose si fanno in due.”
Sorrisi e rimasi quasi sbalordita dalla mia reazione. Forse, una
settimana
prima avrei sbraitato, mi sarei arrabbiata, come succedeva spesso con
lui… ma
in quel momento non ci riuscii, forse perché semplicemente
non volevo.
“Hai cenato?”, chiese. Scossi il capo.
“Ti va del messicano?”
Mi portai un dito su mento, “Sto ponderano,
Pattinson.”, dissi. Feci una
smorfia e poi sorrisi, “Con immenso piacere.”
“Ecco i
menù.”, disse un ragazzo dai capelli
neri e grandi occhi color del mare.
Eravamo
in un piccolo ristoranti dalle luci calde e soffuse. Un tavolo
appartato,
in fondo alla stanza. L’aria era calda, tanto che mi sfilai
di dosso la maglia
a maniche lunghe, rimanendo con una semplice canotta blu. Raccolsi i
capelli in
una coda, lasciando la pelle del collo e delle spalle scoperta.
Non vi
era nessuno, nel locale. Una coppia terminava la propria cena mentre
noi
prendevamo posto. Accanto all’entrata vi era un bancone dal
legno consumato dal
tempo, dietro esso un signore dalla pelle scura armeggiava con dei
bicchieri.
Sulle mensole appese al muro decine di bottiglie di alcolici.
“Grazie.”,
rispondemmo con cortesia in coro. Cominciammo a sfogliare il
menù.
“Tinga
de Puebla?”, chiesi corrugando la fronte.
“Scommetto
che non hai mai mangiato messicano.”, disse sorridendo.
“Intuitivo.”,
risposi.
“Bhe,
nemmeno io.”, sussurrò sporgendosi sul tavolo e
avvicinandosi a me, come
se mi stesse confidando un segreto.
“Secondo
te cosa c’è?”
“Non
ne ho la più pallida idea.”
“Okay,
passo.”, dissi senza permettergli di finire la frase.
“Sopa
de pollo a la mexicana?”, chiesi. Fece una smorfia.
“Passo.”
“Huevos
rencheros.”, dissi nascosta oltre il grande menù.
“Buono.
Ma non te lo consiglio.”. Mi sporsi oltre i vari fogli
rilegati con
della pelle.
“Non
ci sei mani venuto!”
“E
allora?”, chiese facendo spallucce.
“E
cosa mi consigli?”, chiesi scoprendo solo gli occhi.
“Sopa de limon?”
“Pollo
tapado.”, disse annuendo.
“Sarebbe?”,
chiesi.
“Pollo.”
“Oh,
giusto.”, mormorai in un risolino.
“Deciso?”,
la voce del ragazzo di prima mi fece sobbalzare.
“Allora,
pollo tapado e…”, fece una breve pausa guardando
confuso il menù, “….e
huanchinango a la veracruzana.”, disse poi annuendo.
Chiudemmo i menù,
porgendoli poi al ragazzo che, dopo aver preso le ordinazioni si
congedò con un
cenno della testa.
“Cos’hai
ordinato?”, ridacchiai.
“Non
ne ho la più pallida idea, Audry.”, rispose
facendo spallucce e sul suo
viso comparve un sorriso sghembo. Il mio cuore riprese a galoppare.
“Allora,
signor Pattinson,”, dissi, “di
dov’è originario?”, chiesi poggiando i
gomiti sulla tovaglia color della crema e prendendomi la mandibola fra
le mani.
“Londra.
E lei, signorina Morel?”
“Nata
a Parigi.”. Osservai le pagliuzze verdi dei suoi occhi,
cercando di
oltrepassare quel muro che li circondava, che mi sbarrava
l’accesso alla sua…
anima.
“Come
mai sei qui?”, mi chiese.
“A
sei anni mia madre ha deciso che, per seguire la sua carriera, era
meglio
trasferirci in California. Vengo da Long Beach.”, spiegai.
“Cosa
fa tua madre?”, chiese curioso.
“Lavora
per una casa di moda. Una cosa starna e complicata. Viaggia molto, da
sempre.”, mormorai chinando appena il capo, guardando il
piatto rosso.
“E
non ti è mai andata giù gran che.”, la
sua non era una domanda. Feci una
smorfia, senza parlare.
“Tua
padre?”, continuò. La curiosità nella
sua voce mi colse indubbiamente di sorpresa.
Da quando gli interessava chi fossi?
Deglutii,
“Non lo so. Non l’ho mai conosciuto.”,
mormorai.
“Mi
dispiace.”, sussurrò chinando lo sguardo, quasi
colpevole.
“Nah,”,
sorrisi, “non l’ho mai conosciuto. Non è
un tasto dolente… alla fine.”
“Long
Beach. Lontano dal Wisconsin.”, osservò dopo
alcuni attimi di silenzio.
“Esatto,
lontano.”,
risposi
guardandolo negli occhi, perdendomi in essi, cullata dal frenetico
battito del
mio cuore.
“Quindi
stai scappando.”, ancora una volta non era una domanda.
“No…
io… non credo.”, la voce mi tremò
appena e non potei controllarla.
“Non
credi o fingi di non crederlo?”. Sentii il respiro mancarmi,
le parole
premevano per uscire e già prevedevo il loro tono acido.
Lottai contro me
stessa per non rovinare tutto, ancora. Per non litigare, ancora.
Deglutii come
a mandare già quel groppone di stupide parole. Robert
attese, paziente, e su
suo viso si susseguirono varie emozioni: tranquillità,
ansia, paura.
“Fingere…
non fingere… cosa cambia?”, mormorai.
“Cambia…
per me.”. Corrugai la fronte confusa.
“Non
so da cosa io stia scappando, Pattinson. Se lo sapessi, probabilmente
non
negherei.”, sussurrai. Fu strano come quel ragazzo, con poche
e semplice
parole, era riuscito a farmi ammettere cose che fino ad allora avevo
evitato.
Solo allora mi resi conto che il mio era un precario tentativo di fuga.
Ma
fuggire da cosa?
“Sai
cosa vedo?”, chiese con voce dolce come miele, vellutata come
pesca.
Scossi il capo. “Ti mostri forte, tenace, ed in fondo, lo
sei. Ma sei fragile,
fragile come bicchieri di cristallo, come foglie pronte a cadere dai
rami alla
prima folata di vento. Cerchi di mascherare chi sei. Cerchi di negare a
te
stessa chi sei veramente. Hai paura che qualcuno possa farti soffrire,
Audry?
Magari devi solo allargare i tuoi orizzonti, guardare con nuovi occhi
persona
dalla quale diffidavi e guardare con attenzione che ti è
accanto. Forse…
forse…”, la parole sembrarono mancargli,
“hai solo bisogno di sicurezze,
Morel.”, mormorò in fine, chinando il capo, come a
scusarsi delle parole che
uscirono dalla sua bocca con la violenza di una cascata.
“Cosa
ne sai tu di me?”, soffiai a corto d’aria.
“Ancora
non lo so… è ciò che penso…
ciò che… sento.”, la sua voce fu un
suono
appena udibile. Sentii un brivido attraversarmi tanto forte da
scuotermi. Sul
suo viso vi era quasi panico.
“Perché
hai paura?”, quasi gemetti, sconvolta dal repentino cambio di
intensità
della conversazione che mi lasciò all’istante
prima di fiato. Aprii bocca per
replicare ma da essa non vi uscì alcun suono. I suoi occhi
mi scrutavano con
espressione indecifrabile. Il silenzio calò fra noi,
pesante, incolmabile,
imbarazzante.
“Anche
tu stai scappando.”, dissi con decisione.
“Come
fai a dirlo?”
“Londra
è lontano dal Wisconsin.”. Rise, facendo poi una
smorfia. “ Da chi
scappi, Rob?”
Esitò
appena, poi rilassò le spalle e le parole uscirono lente e a
volte
smorzate, “Da ciò che sono. Da quella che era la
mia vita. Da ciò che mi
riservava. Mi piace recitare, ma non è ciò che mi
serve ora nella vita. Non è
ciò… che desidero e di cui ho bisogno.
E’ come se a causa delle recitazione,
nell’interpretare vari ruoli, abbia perso me
stesso.”, soffiò.
“Non
puoi per sempre scappare da te stesso, Pattinson.”, mormorai,
poi sorrisi
con fare malizioso, “Christopher McAndless diceva: Ti sbagli se
pensi che le gioie della vita vengano soprattutto dai
rapporti tra le persone. Dio ha messo la felicità
dappertutto. E' ovunque, in
tutto ciò di cui possiamo fare esperienza. Abbiamo solo
bisogno di cambiare il
modo in cui guardiamo le cose. Ma lo stesso
Christopher McAndless ha poi
detto: la
felicità è autentica solo
quando è condivisa.”
Corrugò
la fronte, “Cosa cerchi di dirmi?”, chiese.
“Che
puoi scappare quanto vuoi, che puoi abbandonare la tua vita quanto
vuoi.
Ritrovi parte di te stesso, è vero. Vedi tutto con occhi
nuovi. Ma la felicità
arriva ed è totale, piena ed autentica,
quando al condividi con qualcuno. Quando condividi la tua vita con
qualcuno.”
“Uhm…”,
si portò un dito sul mento, pensando alle mie parole, con la
fronte
corrugata, una ruga che la solcava, “Sei consapevole di
quanto sia contorto il
tuo discorso?”, chiese poi fondendo il suo sguardo col mio.
Annuii, e sorrisi,
quando il suo volto si illuminò. E mi persi nelle mille
sfaccettature dei suoi
occhi.
to be
continued…
E voi pensate
che il capitolo sia finito qui?
Assolutamente no! E poi capirete perché XD
Cosa succederà con la cena messicana? (è un libro
chiuso al momento).
E non poteva mancare un riferimento-citazione. (Into
the wild <3)
*telefonami appena puoi.
Bene, avevo
detto che sarei riuscita a postare prima
(per grande gioia di Patt). Spero il capitolo non abbia annoiato.
Perciò, ora,
evitando stupide ciarle, ringrazio che ha recensito lo scorso capitolo.
Piccola
Ketty: ciao! Sono
contenta ti abbia lasciata in fibrillazione e
spero che questo abbia avuto lo stesso affetto… anche se
nutro parecchi dubbi.
*.* grazie davvero
cara, grazie davvero!
Nessie93: Chià! Le tue
recensioni
sono sempre… ooooh *.*
In questo
capitolo diciamo che si calmano entrambi, depongono le armi. Il fatto
che tu
possa capire Robert per me è importantissimo! Forse sono
almeno un po’ riuscita
nel mio intento! Sul serio non fanno annoiare? A me sembra di essere
ripetitiva
e trovare sempre metafore o similitudini diverse è
un’impresa. A volte ci sudo
davanti al pc. Sono contente ti sia piaciuto il capitolo, davvero! E
spero
anche questo! A presto cara, grazie di tutto!
Satyricon: ciao! Mark è
partito come
personaggio sopportabile (almeno quello era l’intento), per
poi trasformarsi in
un odioso rompiscatole. E non è nemmeno finita qui. Okay,
meglio se taccio o
combino casini. Spero non ti abbia deluso questo capitolo! Grazi per la
recensione!
Ryry_: ciao! Mark…
ehm… ehm… passo.
Bhe, dai, in questo capitolo tanto freddi non sono… no?
Cioè, hanno deposto per
un po’ le armi. Ho cercato di postare il prima possibile,
anche perché voglio
evitare di trascurare le altre fiction. Spero di non averti fatto
attendere
troppo. Grazie davvero per la recensione. A presto!
Sognatrice85: ciao! Eheh,
Mark… Mark
è una costante. Almeno a capita qualcosa della vita XD Direi
che leggere ciò
che scrivo fa male alla salute… respira! O.O Comunque, sono
felice ti sia
piaciuto il capitolo precedente, davvero tanto! E grazie mille per la
recensione, ci tengo ormai a sapere che ne pensi. A presto cara, un
bacio.
A l y s s a: ed eccoci qui,
Patt…
ciao! Bhe, si, Patty l’ho riposto nel cassetto e, quando devo
scrivere, lo tiro
fuori. E’ molto utile, sai? Sei molto intuitiva, Patt, ne sei
consapevole? Mark
inizio ad odiarlo anche io… e c’è da
dire che è un mio personaggio -.-“
Eh si, Audry è innamorata di Patty e
finalmente l’ho ha pienamente ammesso. Perciò ora
è da vedere cosa succederà
(per alcuni versi non lo so nemmeno io :S).
Direi che di entrambi i personaggi hai capitolo molto, si
si. L’ho
sempre detto che la mia Patt è un genio, e continuo a
ripeterlo! Visto? Grazie
per avermi dato i via per postare! XD Il tuo parere è il tuo
parere, cara, lo
sai! A presto, Patt! Ti voglio bene… e grazie. <3
A voi è tutto,
Panda.
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Capitolo 19 *** Capitolo 18 ***
CAPITOLO 18
Fra uomo e donna
non può esserci amicizia.
Vi può
essere passione,
ostilità,
adorazione,
amore,
ma non amicizia.
Oscar
Wilde,
1854-1900, scrittore, poeta e drammaturgo.
L’eco
della conversazione avuta con Robert non
faceva altro che risuonarmi nella testa. La conversazione per il resto
della
serata ebbe toni più leggeri, ma l’espressione
indecifrabile dipinta sul suo viso
non andava via dalla mia mente. Fui scossa da quella conversazione,
forse per
questo le parole di Robert non facevano altro che risuonarmi nella
testa. Gli
argomenti delicati della conversazioni mi diedero quasi alla testa.
Mentre mi perdevo nella mia fitta rete di pensieri mi fu portato sotto
il naso
il mio piatto di pollo al tapado. A
Robert il suo piatto…. di… in quel momento mi
sfuggiva il nome. Guardammo con
occhi sgranati i rispettivi piatti. Io poi guardai il suo, lui il mio.
Poi ci
cambiammo una fugace occhiata.
“L’aspetto del tuo pollo è migliore del
mio.”, mormorò.
“Buon per me!”, esclamai mostrando un largo
sorriso. Mi fece la linguaccia
prima di prendere una forchettata di cibo dal suo piatto. Ci guardammo,
“Pronto?”, chiesi. Annuì col capo.
Assaggiammo.
Masticai, una, due, tre volte… buono,
pensai. Ma accadde qualcosa di strano, di imprevisto. Di fronte a me il
viso di
Robert assunse diverse tonalità: dal rosa al rosso, al
viola, al blu.
“Acqua!”, gracchiò portandosi una mano
alla gola, afferrando il bicchiere che
aveva davanti. Bevve con avidità quel liquido trasparente.
Risi di gusto,
mentre si asciugava le lacrime che gli avevano inumidito gli occhi. Mi
fulminò
con lo sguardo.
“Non ridere.”, mugugnò,
“Poteva andarmi in fiamme la gola.”, disse
poggiando
alla sedia e guardando con disgusto il piatto davanti a sé.
“Ci saranno degli estintori, qui, no Pattinson?”,
ridacchiai.
“Ah ah, divertente.”, disse. Puntò il
piatto con l’indice, “Questo piatto ha
attentato alla mia vita.”, sibilò.
Risi, ancora, passandomi una mano sul collo, “Oh si certo,
arrestiamo la
pietanza assassina!”, esclamai portandomi le mani davanti al
viso, fingendomi
terrorizzata.
“Ma quanto sei divertente, stasera.”, disse acido.
Roteai gli occhi, “Scherzo.”, dissi, “E
poi sono sicura che non è così
terribile come dici.”, continuai guardando il piatto.
Mi avvicinò il piatto, “Serviti,
Morel.”, dissi in un ghigno. Incerta sul da
farsi, ma temeraria e orgogliosa come sempre affondai la forchetta nel
cibo
contenuto nel piatto portandomelo in bocca. Mi maledii
all’istante. Sgranai gli
occhi e dopo aver ingoiato il boccone, apri la bocca buttando
disperatamente
aria e aspirandola, sperando che attenuasse il bruciore. Mi fiondai sul
mio
bicchiere d’acqua. Era vuoto. Tutto intorno a me
diventò rosso, eco del
bruciore che mi ardeva la gola, disperata e senza pensarci, spinta
dall’istinto
di sopravvivenza afferrai la bottiglia bevendo direttamente da esse.
Mentre
trangugiavo il contenuto sentii Robert soffocare delle risate.
“Te l’avevo detto io.”,
ridacchiò. Staccai la labbra dal bordo della bottiglia
e con la gola che ancora pizzicava gli feci la linguaccia.
“Sto aspettando,
eh.”, disse incrociando le braccia al petto.
Alzai gli occhi al cielo, sbuffando, “Oh grande Robert
Pattinson. Lei aveva
ragione!”
“Ora va meglio.”, disse compiaciuto. Feci una
pernacchia.
“Faresti concorrenza ad una bambina.”
Storsi il naso, “Lo so. Stupida pietanza
assassina.”, sibilai riducendo gli occhi
a due fessure, quelli di Robert puntati sul mio viso. Curioso
avvicinò la sua
forchetta la mio piatto.
“Il mio pollo è buono.”, dissi guardando
l’aria diffidente con al quale
guardava il pezzo di carne conficcato fra i denti della posata. Si
portò alla
bocca il cibo. Spalancò gli occhi.
“Buono!”, esclamò cercando di prendere
un altro pezzo.
“Ehi, allontana le zampe dal mio pollo!”, esclamai
sfilandogli il piatto. Mi
guardò, incredulo.
“Audry! Condividi ciò che Dio a messo a
disposizione di tutti.”, disse.
“Ciò che il san e buon cuoco mi ha cucino,
semmai!”, risposi portandomelo
dietro le spalle.
“Poco… poco, poco. Audry, condividi il
cibo!”, disse sporgendosi sul tavolo
facendo cadere la cesta vuota del pane e il coltello accanto al suo
piatto.
“No, no!”, ghignai. Con la forchetta
cercò di prendere il mio pollo.
Non ci riuscì.
Si sedette con un tonfo a dir poco sordo.
“Guarda che hai combinato.”, mi ammonì
guardando al cesta del pane ed il
coltello. Sgranai gli occhi.
“Io?”
Annuì energicamente col capo. Sorrisi maliziosamente e mi
portai alla bocca un
pezzo di pollo. Masticai piano, lentamente, guastanti il buon sapere
della
pietanza, accompagnandomi con un accentuata mimica facciale. Ridusse
gli occhi
a due fessure. Nel giro di pochi istanti scattò in piedi
sporgendosi verso il
piatto, cercando di togliermelo dalle mani. Mi alzai dalla sedia e
scattai
all’indietro. I bicchieri vuoti sul tavolo caddero sulla
tavola. La posate si
schiantarono sul pavimento.
Risi, risi di gusto dell’espressione di Robert. La fronte
corrugata, la punta
della lingua che usciva dal lato sinistro delle labbra, in un
espressione
concentrata.
“Troppo lento, Mr Pattinson.”, ridacchiai.
“Troppo antipatica, Mrs Morel.”, sbuffò.
Sentimmo qualcuno tossire. Ci
voltammo, il cameriere ci fulminò con la sguardo. Tornammo a
guardarci e
colpevoli soffocando le risate, ci sedemmo ai nostri posti, sistemando
la
tavola, come bambini sorpresi a rubare biscotti. Quando il ragazzo fu
via,
scoppiamo entrambi in una fragorosa risata.
“Facciamo una cosa, Pattinson. Condividerò i mio
pollo solo se dopo passiamo a
prendere un hot dog.”, dissi con le lacrime agli occhi.
“Affare fatto, Morel.”, disse stringendo la mano
che gli avevo offerto.
Mangiammo insieme dal mio piatto, fra risate e battute.
“Questo
si che è cibo.”, dissi dopo aver tirato
un morso al mio hot dog.
“Ancora
una volta sono d’accordo con te, Audry. Il che non capita
mai.”, disse
pensieroso.
“Credo
non metterò più piede in un ristorante
messicano.”, dissi, “Se non per
magiare del pollo al tapado.”,
aggiunsi.
“Quello
di che era buono.”, disse dopo aver mandato giù un
boccone. Con i denti
afferrai la cannuccia del bicchiere di coca cola che tenevo in mano,
bevendo
una lunga sorsata. Sobbalzai quando
sentii qualcosa di freddo e bagnato toccarmi la guancia. Lanciai
istintivamente
un grido, allontanandomi e strofinandomi la parte del viso colpita. Era
appiccicosa. Spalancando la bocca e sgranando gli occhi, mi voltai
verso Robert
che, tranquillamente fischiettava guardandosi intorno, con aria
indifferente.
Osservai il bicchiere in coca cola che stringeva in mano. Fu allora che
capii.
“Robert?”
“Audry?”,
chiese lui innocentemente. Mi portai la cannuccia alle labbra e
tenendo un po’ di bevanda in bocca mi voltai verso si lui,
spruzzandoli in
piena faccia il liquido nero. Si bloccò
all’istante, con gli occhi sbarrati.
Compiaciuta
presi a camminare, dondolando a destra e sinistra , proprio come
una bambina appena vendicatasi di un dispetto.
“Audry?”,
mi voltai istintivamente. Sentii il getto del liquido freddo sulla
faccia.
“Robert!”,
strillai. Mi asciugai con la giacca la faccia e con espressione
scioccata lo guardai. Compiaciuto reggeva il mio sguardo. Poi, una luce
strana
si accese nei miei occhi.
Presi
ancora una sorsata di coca cola spruzzandogliela addosso, solo che
quella
volta, con un movimento fluido del
bacino, schivò il colpo che altrimenti lo avrebbe colpito in
pieno ventre. Lui
fece lo stesso, colpendo mi però la manica. Tolsi il
coperchio di plastica
incastrato ai bordi del bicchiere di carta blu. Afferrai un pezzo di
ghiacciò,
scuotendo la mano nel tentativo di scrollarmi dalla mano il liquido
nero. Con un
colpo secco e preciso, il pezzo di ghiaccio si scontrò con
la sua fronte.
“Mi
dispiace.”, dissi con un ghigno. Spalancò la bocca
e da esse uscì un
respiro mozzato.
“A
me, no.”, rispose poi imitandomi, ed il pezzo di
ghiacciò mi colpì freddo la
testa, mentre mi voltavo per scappare. Bloccandomi
nell’istante dopo il
contatto.
Fissai il
suo viso.
Non so
cosa fu a spingermi verso lui, ad avvicinarmi a passo lento con
espressione maliziosa. Era come se le mie gambe si muovessero senza il
mio
consenso. Avrei voluto tornare indietro, ma non vi era
possibilità, i miei arti
ed il mio… cuore, non me lo permisero.
Sentii il
cuore cominciare galoppare, mentre mi avvicinavo il mio viso al suo.
La testa prese a girarmi quando il suo profumo inondò i mie
polmoni. Il suo
respiro per qualche strano motivo, si fece più corto.
“Mai
fare arrabbiare Audry Morel.”, sussurrai a poche spanne dal
suo viso.
“E’
una minaccia?”, soffiò.
Storsi il
naso, “Libera interpretazione.”. Con discrezione,
approfittando del
suo momento di distrazione, rovesciai il contenuto del mio bicchiere
sulla sua
testa. Trattenne il respiro a contatto col liquido freddo e chiuse gli
occhi.
Spalancò la bocca e lo vidi, scendere freddo, sulle sue
labbra, bagnandole.
Sentii l’irrefrenabile voglia di posarci sopra sulle mie.
Quella consapevolezza
mi mozzò il fiato. Si passò le dita sugli occhi,
per riaprili. I suoi occhi si
accesero di una luce strana, desiderosa di vendetta.
Ebbi un
fremito, arretrando.
Allargò
le braccia, piano, sporgendosi verso me, sogghignando.
“Non.Ti.Avvicinare.”,
lo avvertii puntandogli l’indice contro. Non rispose.
Continuai ad arretrare accigliata per alcuni secondo, poi mi voltai e
scattai.
“Vieni
qui, Morel!”, urlò. Correvo più veloce
che potevo, con l’aria che mi
bruciava la pareti dei polmoni. Mi voltai un attimo per guardare
indietro,
quando sentii i suoi passi vicino ai miei. Persi l’equilibrio
inciampando in un
increspatura del marciapiede. Barcollai, rallentando. Fu allora che
sentii se
sue braccia fredde intorno alle mie spalle. Sentii la maglia sottile
attaccarsi
fastidiosamente alle scapole… ma oltre la sua maglia bagnata
e fredda, sentii il
calore sul suo corpo. Il suo petto, il suo ventre caldo mosso
ritmicamente dal
suo respiro, il battito del suo cuore contro la mia schiena. Il suo
respiro fra
i miei capelli, mi solleticava la pelle sotto l’orecchio,
facendomeli finire
delicatamente davanti al viso. Un fremito mi attraversò e,
lui, se ne rese
conto. Piano allentò la stretta, allontanando il suo viso
dal mio capo.
No!, gridai nella mia
testa. Tremai,
desiderando che le sua braccia tornassero a circondarmi, tenendomi
stretta a
se, cullata dal suo cuore.
Ma non
accadde ciò che temevo. Non mi allontanò. Con la
mani poggiate sulle mie
braccia, mi costrinse piano e delicatamente a voltarmi e fu allora che
trattenni il respiro.
I suoi
occhi erano vicini ai miei, ardevano e diffondevano calore, nonostante
il loro colore freddo.
Il petto
aderiva al suo, il mio ventre seguiva il suo respiro. Il battito del
mio cuore era un eco del suo. Il suo viso, così
tremendamente vicino al mio, mi
diede alla testa, ed ebbi un improvviso attacco di vertigini quando le
gambe mi
si fecero molli. Osservai le sua labbra, pochi centimetri mi
distaccavano da
lui. Se avessi voluto avrei potuto poggiare le mie sulle sue. Sentivo
il suo
respiro caldo sul mio viso, una piacevole sensazione provocava sulla
mia pelle.
Gli angoli della sua bocca di alzarono verso gli occhi, illuminando
appena il
suo sguardo ardente. Alzò la mano, portandola sul mio viso,
seguendo il
contorno della mia guancia, il profilo del collo scoperto. La sua mano
era come
bruciasse la mia, lasciando una scia incandescente, simile a pura
roccia
lavica.
“Sembra
pesca.”, mormorò, “Non ho mai sentito
pelle così… morbida.”
Tentai di
parlare, ma le parole mi morirono in gola, fattasi immediatamente
asciutta.
“Doni
della natura.”, risposi dopo alcuni istanti, chiudendo gli
occhi per
imprimere meglio nella mia mente quel momento, quel fugace e delicato
contatto.
I suoi
occhi erano un tutt’uno con i miei e il resto del corpo era
totalmente
scollegato dalla mia mente, non
rispondeva agli impulsi che gli invia.
Allontanati, suggeriva. Allontanati.
Senza
premeditazione, portai la mia mano fra i suoi capelli, così
morbidi al
tatto, simili a fili di seta. Scese sulla sua nuca, cominciandola ad
accarezzare. Tremò.
“Perché
stai tramando?”, soffiai.
“Anche
tu stai tremando.”, rispose. Solo allora me ne accorsi.
“Non
lo so.”, annaspai.
“Non
lo so.”, continuò lui col vico a poche spanne dal
mio.
“Vieni.”,
disse dopo alcuni istanti. Il suo corpo si allontanò dal mio.
No!, gridai dentro
me. Desideravo
ancora sentire il suo calore, la sua mano sulla pelle del mio viso, i
suoi
capelli sotto la mia. Fui tentata di andare verso lui e stringerlo
ancora a me,
ma non lo feci. L’osservai allontanarsi di qualche passo e
prendere la sua
giacca. Correndo appena, ritornò da me e me la
posò sulla spalle umide.
“No,
così avrei freddo tu.”, mormorai scuotendo il
capo. Cercai di togliermi la
giacca. Me lo impedì.
“Non
potrei mai.”, mormorò accarezzandomi uno zigomo
con i polpastrelli.
Chinai il
capo, leggermente imbarazzata. Lui ritrasse la mano.
“Ho
un’idea.”, dissi. Mi sfilai la
giacca, “Non fiatare!”, lo ammonii
all’istante. Richiuse la bocca.
“Indossala,”, dissi, “fidati per favore,
Rob.”, lo pregai con voce sottile. Mi
guardò negli occhi e dopo alcuni istanti di indecisione, mi
assecondo.
Fece un
risolino, cogliendomi di sorpresa.
“Ho
capito.”, disse in un ghigno. Mi bloccai, pietrificata sul
posto.
Mi
avrebbe respinta, lo sapevo. Sentii immediatamente e irrazionalmente
gli
occhi gonfiarsi e la rabbia salire.
Stupida, mi dissi. Stupida, stupida, mi ripetei
tremante.
Allargò
un lembo della giacca facendomi segno di avvicinarmi,
“E’ grande
abbastanza per entrambi.”, disse un sorriso bellissimo.
Dandomi ancora della
stupida per i pensieri appena avuti, mi avvicinai. Circondò
le mie spalle con
un braccio e io circondai con le mie i suoi fianchi. Rincuorata dal
calore del
suo corpo e il frenetico battito del suo cuore, mi diressi con lui
verso la
nostra… quasi ex stanza, senza sapere che quella stanza in
futuro avrebbe
cambiato tutto.
*
Eccomi qui,
gente, ancora una volta.
Allora, i nostri due strambi protagonisti si sono… per come
dire… avvicinati.
Non vi dirò nulla, altrimenti vi tolgo il gusto della
sorpresa.
Non ho molto perciò passo ai ringraziamenti,
poiché ci tengo a farli.
fede_sganch: ciao! Da quanto tempo!
Anche io amo Into the Wild! Sono
contenta ti sia piaciuto il capitolo precedente, e spero ti sia
piaciuto anche
questo. Eh si, almeno per il momento hanno deposto le armi. A presto,
cara!
Grazie davvero!
winnie poohiana: ciao! *_* Sul serio ti piace? Ooooh,
grazie infinite,
davvero! Spero di non averti annoiata con questo capitolo! A
presto… e ancora
mille grazie per la recensione!
akire83: ciao! Speravo in una tua
recensione!
Hai colto ciò che speravo arrivasse. Sul serio. Audry prova
ad essere più… accomodante
nei confronti di Robert, proprio perché in fondo vuol capire
chi è lui in
realtà, e così viceversa. Spero questo capitolo
non sia stato scontato o altro,
perché davvero, è difficile non esserlo delle
volte. Mi ha fatto piacere,
molto, la tua recensione. Spero di non averti fatto attendere molto.
Grazie
ancora di cuore! A presto!
Piccola Ketty: ciao! Si si, iniziano
ad avvicinarsi… e a non litigare. Spero ti sia piaciuto
anche questo capitolo!
XD Mille grazie!
Nessie93: ciao, Chià! Le
tue
recensioni sono sempre così.. *_*
Non
credo riuscirò a ringraziarti mai abbastanza. Quella sera mi
hai aiutata tanto,
e lo sai. Sapere che non ti annoia per me è importantissimo,
perché è proprio
quella la mia paura. La storia è lunga e le persone
potrebbero annoiarsi. Reinventarsi
non è mai facile, specialmente con questi due personaggi (io
che mi metto
sempre nei casini). Grazie davvero, tesoro. Grazie per
l’aiuto e le fantastiche
recensioni!
Ryry_ : ciao! *_*
Allora, per quanto riguarda il discorso
fatto, non è finita lì… insomma
sarà ripreso in futuro. Poi il messicano… bhe,
l’intento era creare una situazione leggere e rilassante per
i due ragazzi… che
poi tanto rilassante non è.
Sono
contenta ti sia piaciuto il capitolo, e spero di non averti delusa con
questo!
XD A presto, e mille grazie!
Satyricon: ciao! Bhe,
l’idea di loro
che parlano in francese mi piaceva, perciò l’ho
inserita J
Spero ti sia piaciuto cos’hanno ordinato. Mi
è venuto tutto di getto, e spero di non essere
risultata… stupida come scena.
Grazie mille per la recensione, davvero! A presto, cara!
lazzari: ciao! Eh si, parlano senza
ammazzarsi,
strano ma vero XD Spero di non averi fatto attendere troppo! E, tu, sei
troppo
buona *_* non merito tutti questi complimenti!
Sognatice85: ciao! Che piacere
leggere
la tua recensione! Bhe, si, entrambi più o meno, scappano da
se stessi… l’argomento
sarà poi ripreso, credo. Spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo! A presto,
cara. Grazie!
meginlove: ciao! Sono contenta ti
piaccia la mia storia… ci tengo molto a questa, e non so
nemmeno io perché!
Grazie per la recensioni, mi ha fatto un infinito piacere! Spero ti sia
piaciuto questo capitolo! XD
A l y s s a: ciao, mia dolce Patt!
Se tu non ci prendi su i capitolo mi dai ispirazione con le tue
ipotesi… tu sei
il mio genio malefico, Patt! Sono contenta ti sia piaciuto il capitolo
precedente,
sai che ci tengo tanto al tuo parere, per me è davvero
fondamentale! Patt, tu
sei di parte, io non scrivo capolavori…, ma mi fa tanto
piacere sapere che lo
pensi! Sei un angelo Patt e non potrò mai ringraziarti
abbastanza, tu che mi
dai ispirazione! Ti voglio bene! <3
Fairwriter: ciao, Juls! Mi sono
mancate le tue recensioni! Sempre pronte per viaggiare sulle ali della
fantasia. Mi mancano le tue fiction, Juls,
perciò… torna! Ti voglio bene, Cip.
Grazie, di cuore. Tua Ciop.
A
voi, con affetto,
Panda
|
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Capitolo 20 *** Capitolo 19 ***
CAPITOLO 19
Odi
et Amo. Quare id
faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior. (*)
Catullo,
poeta latino, 84
-55 a .C. , carme 85.
In silenzio, soffocando lievi risolini, varcata la soglia del
dormitorio, ci
dirigemmo al primo piano. Con passi felpati raggiungemmo la nostra camera. Sentivo
improvvisamente le palpebre pesanti e non desideravo altro che potermi
stendere
sul letto e perdermi in chissà quale mondo fatato.
Fu Robert
ad aprire la porta e fui io a varcare per prima la soglia.
“Prego.”,
disse spalancando la porta e facendomi spazio per farmi entrare.
“Grazie.”,
riposi avvampando appena di rossore. Sorrise per poi chiudersi la
porta alle spalle.
Fui
avvolta dal buio della stanza ed il mio cuore accelerò i
suoi battiti quando
sentii il suo respiro soffiarmi fra i capelli, filtrando fra essi, fino
ad
accarezzarmi la pelle del collo.
“I
tuoi capelli sanno di coca-cola.”, rise.
“Lo
so.”, fu ciò che riuscii ad emetter col cuore in
gola. Lo sentii sospirare
ed allontanarsi.
No, avrei voluto
gridare, ma non lo
feci, conscia che sarebbe stata la cosa più errata da fare.
“Ho
bisogno di una doccia.”,mormorai avvicinandomi al mio armadio
e prendendo
ciò che mi occorreva.
“Anche
io. Aspetterò il mio turno.”, disse lui con voce
calda. Mi voltai verso
il suo letto quando sentii un tonfo sordo e lo vidi, steso,
lì, sul letto. Gli
occhi chiusi e le labbra dischiuse. Fremetti. E scuotendo il capo,
entrai in
bagno, cercando di cacciare via la sua immagine perfetta, quella di cui
i miei
occhi si erano appena beati. Impossibile, ovviamente.
Il getto
caldo della doccia mi sciolse i nervi. L’acqua scorreva sul
mio corpo
portando va alcuni dei miei pensieri, lasciando però quelli
più impertinenti ed
odiosi.
Quanto
reale era quelle sera? Cosa sarebbe successo il giorno dopo? Cosa
significavano quei piccoli gesti? Tutto da allora sarebbe cambiato?
Non
riuscivo a darmi risposta.
Una parte
di me disperata si aggrappava alla speranza che tutto sarebbe potuto
cambiare. L’altra si ostinava a sostenere che nulla, invece,
sarebbe cambiato.
Divisa tra due parti di me stessa. Impossibile, ma vero. E si sa, a
volte, le
cose che ci appaiono impossibili, sono le più
reali… solo che ancora non lo
avevo capito.
Che fosse
tutto vero, che fosse tutta finzione, in quel momento volevo solo
bermi dei ricordi di una serata in cui il sorriso non mi aveva
abbandonata
nemmeno per un momento. Un sera in cui le nostre parole non erano
dettate dalla
rabbia o dall’ira, o dall’irritazione, ma
semplicemente da pensieri gentili.
Chiusi
l’acqua e rimasi in ascolto. Non provenivano rumori dalla
stanza.
Vestita,
uscii dalla stanza e guardai Robert disteso sul letto, le mani dietro
la testa,le gambe pendevano dal bordo del letto, il busto totalmente
storto.
“Robert?”,
sussurrai. Nessuna risposta. “Robert?”, chiesi
ancora, alzando la
voce di un’ottava. Nessuna risposta.
A piedi
nudi mi diressi verso il letto. Il suo viso, perfetto
nell’ombra, era
rilassato ed il suo respiro leggero e costante, allora capii: si era
addormentato. Sorridendo appena, gli afferrai le gambe e le portai sul
letto,
in modo che il mattino dopo non avesse dolori alle articolazioni.
Lo
osservai raggomitolarsi sul fianco sinistro, il viso rivolto verso il
mio
letto. Feci per dirigermi sotto le coperte, ma fui pietrificata dalla
sua voce.
“Audry.”,
mormorò con voce impastata. Mi voltai, con le mani alzate,
pronta a
chiedere scusa, ma la voce mi mori in gola.
Dormiva.
Non era cosciente, prima di giungere a tale conclusione me ne accertai
chiamando il suo nome. Il mio, l’aveva sussurrato nel sonno.
Con cuore
a mille, sotto le coperte, chiusi gli occhi. Mi addormentai cullata
dal suo respiro regolare.
Audry, aveva
sussurrato. Ed era
reale.
Uscii dal bagno,vestita e lavata.
Le immagini della sera prima sembravano solo il ricordo di un sogno.
Troppo
particolare per passare in osservato, troppo per essere vero.
Dopo aver essere caduta in uno stato di incoscienza avevo visto, per
l’ennesima
volta il suo viso, nella palpebra chiusa del mio occhio.
Sobbalzai, quando mi accorsi che si stava abbottonando la camicia.
Sobbalzai,
nel vederlo, prprio come prima che entrassi in bagno, quando lui,
invece,
usciva. Possibile una reazione del genere?
“Scusa, non volevo spaventarti.”,
mormorò guardandomi in volto mentre le mani
armeggiavano i bottoni.
“Non è colpa tua.”, dissi passandomi una
mano fra i capelli. Sorrise.
“Oh.”, soffiai vedendo degli scatoloni ai piedi del
letto. Robert alzò lo
sguardo e seguì piano il mio, poi capì.
“Giusto. Domani.”, dissi con voce monocorde.
“E’ ciò che volevi.”, disse
guardandomi in volto ed afferrando una felpa dalla
sedia. Sentii il mio stomaco stringersi in una morsa, mentre mi
risucchiava
piano verso luoghi oscuri.
Il suo sguardo ardeva in un’espressione indecifrabile.
“E’ ciò che volevi.”, dissi
ben ricordando quali sentimenti egli nutrisse nei
miei confronti.
Non rispose, si limitò a chinare lo sguardo, evitando il mio.
Si voltò ed aprì la porta della camera.
“Buona giornata, Morel.”
“Buona giornata, Pattinson.”, mormorò
lasciandomi lì, sola nella stanza, con il
cuore che batteva velocemente, lo stomaco stretto
dall’angoscia.
“Non andare.”, mormorai quando la porta fu chiusa.
Entrai in
biblioteca, tenendo in mano i miei
libri di biologia. Delle ciocche scomposte mi ricadevano sul viso,
mentre i
capelli erano raccolti grazie ad una matita.
Mi avviai
fra gli scaffali, desiderosa di pace. Mille pensieri mi vorticavano
caotici nella testa, un fastidioso ronzio d’api, uno sciame
che si aggirava in
essa. Più tentavo di cacciare via i pensieri più
le api di rafforzavano…
sicuramente la pazzia aveva fatto il suo corso.
A passo
svelto mi infilai nel corridoio contenente opere quattrocentesche. Mi
poggiai ad uno scaffale e mi lasciai scivolare lungo esso, fino a
sedermi sulla
rossa moquette. Lasciai i libri accanto a me, facendoli cadere con un
tonfo
sordo e mi lasciai cullare dal silenzio.
Silenzio.
Niente più.
Io, il
silenzio… e le api.
Non so
quanto tempo passai lì, poggiata agli scaffali, le testa
indietro, una
stesa l’altra alzata, con un braccio poggiato sul ginocchio.
Forse quindici
minuti, o trenta, o di più. A riportarmi alla
realtà fu una voce conosciuta.
“Audry?”,
chiese debolmente. Aprii gli occhi di scatto, sobbalzando.
“Scusa,
non volevo spaventarti.”, disse di fronte a me. Alzai lo
sguardo ed
incontrai due grandi occhi marroni.
“Caroline.”,
dissi sorridendo, “Tranquilla. Tutto okay?”, chiesi
sfilandomi la
matita dai capelli e lasciando che i capelli mi scivolassero sulle
spalle.
Annuì
col capo, “Tu, piuttosto? Cosa ci fa qui tutta
sola?”, chiese sedendosi
accanto a me.
“Avevo
bisogno di… silenzio.”, dissi facendo spallucce e
chiudendo gli occhi,
poggiando ancora la testa agli scaffali.
“Oh,
allora vado via.”, disse facendosi per alzarsi. Aprii gli
occhi di scatto
e afferrai il suo braccio.
“Volevo.”,
dissi, “Non andare via, tranquilla.”, sorridendo.
“Okay.”
“Secondo
me non c’è posto più bello di questo
corridoio. Non ci viene mai
nessuno.”
Caroline
fece un risolino, “Bhe si, il quattrocento non è
molto amato. Tutti
preferisco l’ottocento o il novecento. Un vero peccato, non
credi?”, chiese.
“Si,
un vero peccato.”, risposi fissando la moquette.
“Audry,
so che magari non ho il diritto… che, insomma, è
impertinente come
domanda… cosa ti tormenta? Non sei costretta a dirmelo,
insomma, voglio solo che
tu sappia che se hai bisogno di sfogarti con qualcuno io ci sono. Non
dirò mai
nulla a nessuno.”, disse tutto d’un fiato, poi. La
guardai negli occhi e capii
che era sincera. Sì, diceva la verità.
Sorrisi,
intenerita e lusingata dalle sua parole, comunque non pronta a parlare
di ciò che mi attanagliava.
“Grazie,
Caroline. E sappi che il tutto è reciproco. Comunque va
tutto bene,
solo un po’ stanca. Le lezioni e Stephanie mi stanno facendo
impazzire.”,
mentii col sorriso.
“Anche
a me… tranne per Stephanie, sia chiaro.”, disse,
“Anche se Jane
ultimamente… insomma mi è molto vicina,
il che non è un bene. Quella ragazza è peggio di
un uragano.”
“L’uragano
Jane.”, dissi in un risolino.
“Esatto,
è così la chiamo.”
Sorrisi e
calò il silenzio, rotto dai nostri respiri.
“Ascolta…
ho preso questo libro qualche giorno fa,”, disse
porgendomelo, “ci
sono delle belle poesie dentro. Perché non le leggi? Alcune
ti aiutano a
pensare o chiarire alcuni tuoi… sentimenti,
insomma… è interessante, almeno per me lo
è stato.”
Carezzai
con la punta delle dita la ruvida e rigida copertina del libro, prima
di sfogliarne velocemente la pagine. Alzai lo sguardo e sorrisi,
“Grazie,
Caroline.”
Lei fece
spallucce e si alzò, “Ci vediamo, Audry.”
“A
presto.”, risposi tornando a guardare il libro.
Non vi
erano scritte sulla copertina e la pagine del frontespizio era stata
stappata. Lessi la prima poesia, sfiorando la carta gialla ed
invecchiata
ruvida sotto i miei polpastrelli.
Odi et Amo. Quare id
faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri
sentio et excrucior.
Odio e amo. Forse
mi chiederai come sia possibile.
Non lo so, ma
è proprio così, e mi tormento.
… ma è proprio così, e mi
tormento, dissi
fra me.
“Non pensare a domani.”, mormorai, “Carpe
diem.”
E l’immagine del suo viso mi si prostrò alla
mente, e la sua voce era un debole
eco dei miei pensieri, nella mia testa.
Cogli
la rosa quando è il momento, che il tempo lo sai che vola e
lo stesso fiore che oggi sboccia domani appassirà. Cogli
l’attimo, Audry. , aveva detto.
“Robert.”,
mormorai ed il cuore sembrò esserci bloccato, quando il
fiato mi si
mozzò, procurandomi dolore la petto.
“No,
Audry. Mark.”, mormorò una voce, simile ad un
colpo di frusta.
Alzai lo
sguardo incontrando lunghe fiamme nocciola.
*
Salve gente, ed
eccomi, ancora una volta con un… ehm…
capitolo.
Allooooora, citazione di Catullo, ovviamente l’odi
et amo, in questa fiction, ora non poteva mancare XD
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Bhe, di certo non
sarò io a dirvelo ^.^
Passarei a rngraziare subito coloro che hanno recensito lo scorso
capitolo.
Xx_scrittrice_xX:
ciaoooo! Che dire? Cioè, tu sei un angelo, sei troppo buona!
*_* Io mi sono
divertita un sacco a scrivere di quei due al ristorante, ma tanto
tanto… il che
è strano. Eh si, si sono avvicinati, e la storia non
è di certo finita! Grazie
mille per la recensione cara, davvero, mi ha fatto tanto piacere ^.^ A
presto!
Piccola Ketty: ciao! Sono contenta
ti sia piaciuto il capitolo precedente! E spero sia stato di tuo
gradimento
anche questo. Dai, non ti ho fatto attendere troppo XD A presto. Grazie
davvero!
akire83: ciao *_*
Sono contenta ti sia piaciuto il capitolo! Ci
tengo moltissimo a questa storia, è una di quelle a cui sono
più legata. Eheh…
la scena del ristorante è un po’ simile a quello
che combino io con le mie
amiche… senza però provare ciò che
provano quei due XD A
volte è difficile sorprendere. A me piace
narrare la quotidianità... nel senso, mi piacerebbe che il
lettore si rivedesse
nei personaggi, nelle loro emozioni e pensieri, per me è
quella la grande
sfida. Non credo ci sia bisogno perennemente di colpi di
scena… mi piacciono le
cose avvenute gradualmente, ad un tratto ti rendiconto che le cose sono
cambiate… e non lo capisci durante il corso delle cose.
Okay, è un ragionamento
contorto e senza senso ^^”
Grazie mille
per la recensione! Grazie davvero!
Ryry_: ciao! Si dai, tutti sotto la
giacca! *_* Lì lì per baciarsi…
mmm… eheh, facevo il tifo anche io. So che può
non aver senso, ma un senso c’è. Dentro di me
c’è la lettrice e la
“scrittrice”.
Una tifa l’altra no. Okay, dai, non sono così
pazza come sembra… è che sono un
po’ malaticcia oggi. Spero di non averti fatat attendere
troppo. A presto e
grazie mille!
Nessie93: ciao! Le tue recensioni
è
inutile, sono le tue recensioni. Sul serio come stessi guardando un
film? E’
ciò che succede quando scrivo. Ho tutto nella mia testa,
come fosse un film.
Eheh, la giacca… chi non vorrebbe essere al posto di Audry!
Quando si è
direttamente coinvolti non ci si rende conto di come stanno realmente
le cose…
non si è razionali. Non credi? Grazie mille per la
recensione, tesoro, grazie
davvero! Pensare cosa ne pensi mi fa sempre piacere. Grazie per tutto.
Satyricon: ciao! Eh eh, la
fine… si
scoprirà presto, di certo, per il momento, non parlo. Sono
contenta ti siano
piaciute le scene al ristorante e con l’hot dog,
può sembrare stano, ma mi sono
divertita nel scriverle. Spero questo capitolo sia stato di tuo
gradimento.
Grazie mille per la recensione. A presto!
Sognatrice85: ciao! *_* Bhe,
si,credo sarà ripreso… la fiction è
composta da un bel po’ di capitoli XD Sono
felicissima di sapere che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, davvero
molto! E
spero di non averti fatta aspettare troppo! Grazie per la recensione,
ci tengo
a sapere cosa ne pensi! A presto, bella!
lazzari: ciao! *_* Io…
grazie! Hai
colto nel segno la tematica di questo capitolo…e di tutta la
storia: odi et amo. Sono contenta
ti piaccia la
storia! E su Robert e Audry in camere diverse, non mi esprimo. Ti dico
solo che
la fiction ha ancora in serbo per te molti capitoli. Grazie per al
recensione,
cara! A presto!
A l y s s a: ciao, mia Patt!
facciamo-finta-di-non-provare-niente-l'uno-per-l'altra-e-soffriamo-in-silenzio,
sono morta dalle risate quando l’ho letta! Sei sempre la
solita Patt troppo
buona, non c’è niente da fare. Oh, come sono
contenta ti sia piaciuto il
capitolo precedente! Il tuo parere sai che è
importantissimo! Eh si, Audry…
dai, dai, tanto noi prenderemo l’originale… parlo
di Patty, si intenda. Grazie
tesoro, le tue recensioni sono sempre così… *_*
Tu sei fantastica, non c’è nulla da
dire. Tanti auguri per gli esami!
Andrà benissimo! Ti voglio bene.
A voi, con immenso affetto,
Panda.
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Capitolo 21 *** Capitolo 20 ***
CAPITOLO 20
Non
lo so…
se abbiamo ognuno il suo destino
o se siamo tutti trasportati in giro per caso
come da una brezza…
ma io credo,
può darsi le due cose,
forse le due cose capitano nello stesso momento.
Forrest Gump, film 1994.
“Mark.”,
dissi con voce fredda, scattando in piedi.
“E così ho perso.”, disse in uno sputo.
“Non capisco di cosa tu stia parlando,”, dissi
chinandomi a prendere i miei
libri, “Perso? Sono un gioco, Mark?”, continuai
guardandolo in volto, sentendo
la rabbia montare.
“Non sei mai stata un gioco.”, mormorò e
la sua voce si addolcì, “Mai.”, fino a
diventare una dolce carezza.
“E’ ciò che hai detto.”
“Cosa c’è fra te e Robert,
Audry?”, chiese con espressione indecifrabile e voce
atona.
“Niente. Assolutamente niente.”
“Eppure hai sussurrato il suo nome, o credevi, o speravi che
al mio posto ci
fosse lui?”, chiese, “Ti prego dimmelo.”.
La sua voce aveva assunto toni amari,
malinconici. Ebbi una stretta allo stomaco.
“Credevo fosse lui. Ora scusami, ma devo andare.”,
risposi con voce piatta,
voltandomi per andare.
“Audry!”, lo sentii esclamare. Mi fermai e voltai
appena la testa guardandolo
con la coda dell’occhio.
“Devo andare, Mark. Ho lezione.”, e ripresi a
camminare.
“No!”, gridò nel silenzio del corridoio.
Lo sentii afferrarmi il braccio e
costringermi a voltarmi verso di lui, con un movimento secco e violento.
Sobbalzai, “Mark…”, mormorai sgranando
gli occhi, incredula e sorpresa.
“Non puoi andar via così.”, disse col
volto indurito dalla rabbia.
“Mark, lasciami, mi fai male.”, dissi con voce
incrinata. Mi stringeva il
polso, tanto forte che le nocche divennero bianche, intorno ad esso.
Con uno strattone mi avvicino a sé e la presa intorno al mio
polso si fece meno
intensa, ingabbiò il mio viso fra le sue mani e allora
capì cosa avesse
intenzione di fare. Le sue labbra furono in un attimo sulle mie,
crudeli e
prepotenti, le baciarono. Cercai di divincolarmi, cominciando a
graffiare il
dorso delle sue mani, sperando che mollasse la presa, poi il mio pugno
colpì il
suo stomaco. All’istante si allontanò arretrando,
tossendo.
“Non provare mai più a toccarmi!”,
ringhia col viso rosso per la furia, “Mai
più.”
“Non è finita, Audry.”, disse mentre mi
allontanavo.
“Non è mai iniziata, Mark.”, sibilai.
Con passi veloci e pesanti, con la rabbia che mi ribolliva nelle vene,
dandomi
alla testa, mi diressi all’esterno della grande struttura.
Sulle labbra potevo
ancora sentire il sapore delle sue. Le sue mani stringermi
energicamente.
Sbuffai, ringhiando, tanto che due ragazze, che per caso si trovavano a
passar
di lì, si voltarono confuse e quasi spaventate.
I capelli ondeggiavano ad ogni mio passo. Camminavo, nemmeno io sapevo
quale
fosse la meta, semplicemente mi allontanavo da quella gabbia di matti,
di cui
io ne facevo parte. Stretti al petto i miei libri e quel libro, dalla
copertina
smunta che mi aveva dato Caroline.
percossi, con lo stesso passo, il viale in cui si trovava il collage e
svoltato
l’angolo mi scontrai con qualcuno. I libri mi caddero,
rovesciandoti con un
gran tonfo sul marci piade.
“Diamine!”, gridai allargando la braccia al cielo e
sbuffando di rabbia. Mi
chinai per raccogliere i libri, ma rialzai immediatamente il capo,
udendo la
voce della persona con la quale mi ero scontrata.
“Mi scusi, signorina. “, era una voce sottile,
delicata, tramante, anziana. Una
vecchietta, dall’aria stanca, cercò di chinarsi
per raccogliere la busta della
spesa che le era caduta.
Mi sentii una stupida e il cuore mi strinse in una morsa, nel vedere il
viso
solcato da rughe segnate dal tempo, la pelle traslucida, simile a
fragile
porcellana bianca, i capelli color della neve.
“No, mi perdoni lei. “, dissi subito, scuotendo il
capo, “Aspetti, lasci che
l’aiuti.”, dissi facendo scivolare il libro che
avevo raccolto e mi protesi
verso la signora aiutandola a mettersi in posizione eretta. Sembrava di
maneggiare creta, sembrava che al minimo tocco potesse spezzarsi.
“Ti aiuto.”, disse una terza voce. Quella
voce. Voltai appena il capo per vedere il viso di quel ragazzo capace
di farmi
girare la testa, e mozzarmi il respiro.
Mi sorrise, flebilmente, prima di raccogliere la spesa della signora
per
metterla nella piccola busta di carta.
“Si è fatta male?”, chiesi tenendola per
un braccio, “Mi dispiace, non volevo.
“, sussurrai chinando il capo.
“No, no, sono una roccia.”, gracchiò lei.
“Ecco qui la sua spesa.”, disse raggiante Robert
alzandosi in piedi, “E i tuoi
libri.”, continuò rivolgendosi a me.
Sorrisi, flebilmente, grata che lui fosse lì.
“Purtroppo la nostra Audry è un
po’… come dire… distratta, per via
delle
lezioni, ma sono sicuro che non era sua intenzione.”, disse
rivolto alla
signora, “Io sono Robert e lei,”, disse
rivolgendomi un’occhiata, “come penso
abbia già capito, è Audry.”
Sorrisi alla fragile vecchietta, “Possiamo accompagnarla a
casa?”, chiesi.
Guardai Robert, immediatamente, nel panico, rendendomi conto che aveva
parlato
anche per lui, ma annuii piano con il capo.
Sospirai, piano, di sollievo.
“Oh no, non è necessario.”, disse
ridendo lei.
“Dove abita, signora…?”, chiese Robert.
“Olivia Williams. In fondo alla strada.”
“Bene, allora l’accompagniamo.”, sorrisi
prendendo a camminare.
“Grazie.”, rispose sincera la signora.
Con la coda dell’occhio guardavo Robert, che camminava
guardando avanti.
Perché era lì? Perché era sempre
presente?
Le cose arrivano sempre senza preavviso, avvenimenti inaspettati.
Quando meno
te lo aspetti.
E lui era lì. Come la sera precedente. Come nei corridoi, in
biblioteca, in
cortile, al centro commerciale.
“Magari avete da fare, vi starò facendo perdere
tempo.”, disse la signora
Williams.
“Oh no.”
“Magari volevate farvi una passeggiata.”, disse
imboccando un vialetto.
“Nah, si figuri. Ed poi io passavo per caso. Non ero con
Audry.”, disse Robert,
mentre io l’aiutavo a salire i gradini della veranda. La
signora mi guardò,
corrugando la fronte, e su di esse le rughe furono accentuate.
“E’ stata una coincidenza che lui fosse
lì.”, le sorrisi.
Lei fece un risolino, “Ragazza, non esistono
coincidenze.”
Corrugai la fronte confusa e alzai lo sguardo su Robert. Mi guardava.
L’intensità del suo sguardo mi colpì in
pieno viso come una secchiata d’acqua
fredda. Un brivido mi percosse la schiena, mentre i suoi occhi chiari
ardevano
come fiamme azzurre, illuminati da un solitario raggio di sole che
filtrava
attraverso i rami di un albero.
Non esistono coincidenze.
Scostò il suo sguardo dal mio e sul suo viso
comparve un sorriso.
“Le porto la spesa dentro.”, disse prima di
scomparire oltre la porta con la
signora Williams, lasciandomi lì, sola, immersa nei miei
stupidi pensieri.
Gli attimi parvero interminabili mentre riflettevo sulle parole
dell’anziana
signora.
“Tu non entri?”, la voce di Robert mi
riportò alla realtà. Sobbalzai colta di
sorpresa. Affacciato alla porte, poggiato allo stipite della porta,
sbilanciato
in avanti, sorrideva, mostrandomi quella bellissima schieri di denti
bianchi e
le stelle che gli brillavano negli occhi.
Scossi il capo, prima di sorridere ed entrare.
Non esistono coincidenze.
La
signora Willson, nella mezz’ora che passai a casa mangiando
biscotti e vendo
the, aveva ottantacinque anni. Vedova, aveva due figli, che abitavano
dall’altro capo della città. Cinque nipoti. Aveva
un gatto, Porzia che,
stranamente, mostrava simpatia nei miei confronti. Ci mostrò
delle foto di famiglia,
soprattutto del marito defunto cinque anni prima, per cancro.
Io e
Robert ascoltavamo in silenzio, scambiandomi di tanto in tanto fugaci
sguardi, che più di una volta mi intinsero le guance di
porpora.
Mille
domande mi vorticavano nelle testa, insistenti e rumorose. Attendevo il
momento giusto per poterle esporre a Robert, desiderosa di risposte.
“E’
stato un piacere conoscerla, signora Williams. “, disse
sorridente Robert.
“Oh
no, chiamami Olivia.”
“Olivia.”,
ripeté lui.
“Mi
scusi ancora.”, aggiunsi io rammaricata.
“Sta
tranquilla, cara. Goditi questo bel giovanotto. Siete persone splendide
e
davvero fortunate.”, confusa e spaesata guardai Robert, sul
suo viso
un’espressione concentrata, come se stesse pensando
intensamente a qualcosa.
Aveva le labbra arricciate.
Poi
capii. Mi voltai di scatto verso al signora, sventolando le mani in
aria,
per spiegarle che aveva frainteso, “Oh no, no, no. Noi stiamo
insieme.”. Robert
sgranò gli occhi.
“Ah
no?”, chiese lei voltandosi a guardarlo, come avesse bisogno
di una
conferma. Lui scosse il capo.
Olivia
sgranò gli occhi, “Allora cosa aspetta giovanotto!
Si faccia avanti!”,
lo sgridò.
Lui rise,
mentre io guardavo i due sconcertata. Lo stomaco chiuso in una morsa.
Le guance sembrano bruciassero, come ci fossero piccoli fiammelle
poggiate su
esse.
“Si
è fatto tardi,”, disse Robert per spezzare il
silenzio che pochi istanti
dopo calò, “dobbiamo tornare.”
“Grazie.”,
disse ancora Olivia. Sia io che Robert sorridemmo.
“Si
figuri.”, dissi.
Salutammo
quella dolce vecchietta con un braccio e ci allontanammo sul
vialetto, sotto il suo sguardo vigile e, in un certo senso, complice,
prima che
rientrasse in caso sorridente.
Che
avesse capito anche lei cosa il mio cuore celava?
Ancora il
silenzio calò. Udivo solo i nostri passi e il respiro
accelerato del
mio petto. Il cuore che batteva in esso, frenetico.
“Spero
tu sia consapevole che è arrivato il momento della
domanda.”, dissi stringendo al petto i libri.
“Suppongo
di si.”, disse con tono indecifrabile. Senza un preciso
motivo fui
pervasa da uno strano senso d’ansia.
“Da
dove sei sbucato?”, chiesi, voltandomi per guardarlo, mentre
ci dirigevamo
per il campus. Lui si passò una mano fra i capelli,
imbarazzato, prima di rivolgermi
uno sguardo.
“Bhe,
ti ho vista uscire furente dall’ingresso della biblioteca e,
non so
perché, sono sincero, ti ho seguita. Forse per
sapere… perché.”, disse
sorridendo appena e facendo spallucce. E, poi, fuse i suoi occhi nei
miei.
“Oh.”,
mormorai, fissando la strada.
“Olivia
ci è quasi rimasta secca.”, disse in un risolino.
Mugugnai
qualcosa e mi coprii immediatamente il viso, rossa per
l’imbarazzo,
chinando appena il capo. Scossi il capo, arrestandomi sul posto di
colpo.
“Cosa
c’è?”, chiese.
“Non
ricordarmelo. Mi sento tremendamente in colpa.”, mugugnai
ancora. Lo
sentii ridere sommessamente, un suono caldo e nascosto
all’interno del suo
petto. Poi, poggiò le sue mani sulla mi, spostandomele dal
viso. Un brivido mi
percosse la pelle.
“Quella
donna ti adora. Le stavi particolarmente simpatica.”, disse
con fare
dolce, la voce simile ad una morbida carezza.
“Bugiardo.
Lo dici solo per non farmi sentire in colpa.”, mormorai. Il
polso
ancora bloccati all’altezza delle mie spalle dalle sue mani.
“Non
darmi del bugiardo, Morel.”, disse serio. Il tono della sua
voce mi
sorprese.
“No.”,
soffiai. Il suo viso, così vicino al mio mi diede alla
testa.
“Bene.”,
disse prima di allontanarsi di un passo da me.
“Sei
strano Pattinson.”, dissi in un risolino, “Te
l’hanno ma detto?”
“Sei
strana Morel. Te l’hanno mai detto?”, ripete lui
dandomi una leggera
spinta.
*
Salve gente,
eccomi qui… ancora.
Bene, prima domenica in cui ho solo da fare inglese. Yeeeeeeh!
Okay, ciarle a parte.
Allora, che dire su Audry e Robert? Bhe, ci sarebbe da dire di
più su Mark, in
questo caso… o forse su entrambi. Mmm, a voi la decisione.
Ora mi eclisso, ma prima, ringrazio i nove angeli che hanno recensito
lo scorso
capitolo:
Piccola
Ketty: ciao! Eheh, ne
fanno uno avanti e poi cento indietro… e
poi altri centouno in avanti. Spero ti sia piaciuto il capitolo. Grazie
mille
per la recensione cara, grazie davvero!
Sognatrice85: Marghe, ciao! Sei
sempre così buona… non merito tanto! Sono
contenta ti sia piaciuta la
citazione. Non so da quanto attendevo il momento adatto per metterla e
giuro,
ce ne sono ancora un’infinità che vorrei mettere.
Spero ti sia piaciuto anche
questo capitolo. Ci tengo al tuo parere, oramai, lo sai. Grazie di
cuore.
Ryry_: ciao! Eh si, direi che Mark
spunta nei momenti più opportuni e devo dire che mi aiuta
molto XD è come… è
come una pulce (meno male che è una mia creazione). Mark
gira intorno a Audry,
ma sarà l’unico? E Audry non gira intorno a Mark
di certo, adesso. Spero ti sia
piaciuto il capitolo. A presto! E Grazie *_*
Nessie93: Chiarè! Che
dire? Sempre
troppo gentile, non mi merito tutto ciò, lo sai! Anche
questa la conosci, no?
(l’hai letta! XD). Spero la sua riflessione abbia anticipato
bene, il “seguito”
e soprattutto spero di non averti delusa con l’intero
capitolo, anche se sono
sicura che l’ultimo pezzo ti è piaciuto (ormai un
po’ ti conosco). Mi piace
passare dalla gioia alla tristezza, o viceversa. E’ bello
trattare un po’ tutte
le emozioni in un capitolo, non lo so perché ma mi diverte.
Okay, non sono così
strana come può sembrare ^.^ Ovviamente le tue recensioni
possono solo farmi
più che piacere! Ormai ci tengo troppo a sapere che ne
pensi! Alla prossima,
Chiarè! Grazie infinite per tutto!
Xx_scrittrice_xX: ciao, tesoro! Ehi,
ma Audry ha capito di essere cotta di Patty! Bene, ora sai che vuole
Mark ^.^”
ti prego non odiarmi! Spero di averti fatta attendere troppo e,
soprattutto
spero di non averti delusa. A presto, Eli. Grazie per tutto, la
compagnia, le
chiacchierate, gli schizzi e i consigli! A presto! =*
lazzari: ciao, Lory! Effettivamente
la storia non è finita e di certo Robert e Audry non possono
ignorarsi,
insomma… poi Olivia fa la sua bella parte. Santa donna.
Okay, la mia mente da
segni di inabilità mentale… o forse è
solo l’ora. Comunque, si, bhe, mi diverto
quando scrivo questa fiction, e non so nemmeno perché. Sono
un caso clinico.
Okay, ora basta. Sono felice di sapere che il capitolo ti è
piaciuto, davvero!
A presto, cara!
pucciat_: ciao! *_*
Che bello sapere che, più o meno, stai bene.
Era da tanto che eri sparita, da efp, intendo. Non ti devi preoccupare
delle
recensioni, perché sapere che tu
segui le mie fic è già tanto (inutile dire che
amo il tuo modo di scrivere).
Spero tutto si risolva per il meglio. A presto cara, e grazie, grazie
davvero
di cuore.
Satyricon: ciao! Eh si, qualcosa
è
cambiato, al di là dell’apparente freddezza.
Oooooh, anche io amo Catullo!
*_* Eheh, Mark cosa
vuole? Booooh. Vabè,
credo un po’ si sia capito. Ma tranquilla, non sono sadica XD
Sono contenta di
sapere che il capitolo precedente ti sia piaciuto e spero non ti abbia
deluso
con questo. A presto, cara!
A l y s s a: mia Patt! Visto?
Postato! Cito: “Secondo
me si è comportato così al mattino con Audry, non
perchè fosse pentito in
qualche modo della sera precenza, ma perchè aveva paura che
fosse Audry quella
che si fosse pentita di essersi lasciata andare, e così come
"difesa
personale" ha eretto una barriera per proteggersi; come se avesse
indossato una maschera per celare a Audry i suoi veri
sentimenti.” . L’ho detto io che tu sei
un genio U.U Si,
si, Patt, confida in me! Ehi, magari
possiamo soprannominare Mark Fungo… dai, il Fungo Mark.
Suona però. Okay, sto
delirando. Sono contenta ti sia piaciuto il capitolo, Patt. Inutile
dire che il
tuo parere è super importante! Ti voglio bene, tata.
A presto!
A voi, con immenso
affetto,
Panda.
|
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Capitolo 22 *** Capitolo 21 ***
Un grazie
speciale alla mia Ely…
CAPITOLO 21
Se è tardi a
trovarmi insisti
se non ci sono in un posto cerca in un altro,
perché io son fermo da qualche parte ad aspettare te.
Walt
Whitman, poeta
e
scrittore statunitense, 1819-1892.
“Ti va di uscire
stasera?”, mi voltai verso Stephanie che sgranocchiava
patatine. Alzai la testa, stesa sul suo letto, e la guardai. Era seduta
sul
davanzale della finestra.
“Okay.”, dissi, poggiando la testa sul cuscino.
“Sul serio?”, chiese lei incredula.
“Certo!”, dissi corrugando la fronte, rivolgendole
un’occhiata.
“Waw. Esci senza fare storie.”, e si
portò in bocca un’altra patatina. Feci
spallucce e chiusi gli occhi, pendendomi nelle dolci note di una
chitarra che
si diffondevano dallo stereo.
“Ehi… ti va di fare shopping?”
“No.”, risposi secca, senza aprire gli occhi.
“Ma Audry… insomma! Credevo ti fossi un
po’ addolcita. Merito di Pattinson o
Cleever?”, chiese.
Senti il sangue salirmi alla testa, l’ira ribollirmi nelle
vene. Scattai a
sedere e sentii il viso andarmi in fiamme, quando nella mie mente fu
chiara
l’immagine di Mark… le sue labbra prepotenti sulle
mie, il mio polso ingabbiato
nella sua mano. Con la coda dell’occhio vidi Stephanie
scattare in piedi,
preoccupata a confusa.
“Audry?”, chiese allarmata, guardandomi in viso.
“Non.nominarlo.mai.più.”, dissi a denti
stretti.
“Oh. Non credevo il rapporto con Robert potesse andare
peggio.”, rispose con
una nota di tristezza nella voce, sedendosi accanto a me, sul letto.
Chiusi un attimo gli occhi, scuotendo energicamente il capo,
“Non parlavo di
Robert.”, dissi poi guardandola in viso. Lei prima
corrugò la fronte,
increspando le labbra pensierosa, poi dilatò gli occhi
sorpresa.
“Parli di M-“
“Sssh!”, l’ammonì chiudendo
con forza gli occhi.
“Okay. Ho perso qualche passaggio. La cosa che più
mi sorprende Audry, è che tu
non me ne abbia parlato.”, disse con tono di rimprovero misto
a rammarico.
Aprii gli occhi, incrociando quelli tristi di lei. Sospirai, colpevole.
“Perdonami.”, dissi, “Non ho scusanti.
E’ solo che… volevo rimuovere
l’episodio, che ancora mi fa ribollire il sangue nelle vene.
Te lo avrei detto.
Non dirlo a te, sarebbe stupido, Stephanie. Lo sai.”, dissi
sincera, sorridendo
flebilmente. Era la verità, semplice e in ritardo.
“Cosa ti ha fatto?”, i suoi occhi ardevano di
preoccupazione.
Stramba ed adorabile Stephanie, lei, la mia migliore amica.
E così le raccontai ciò che era successo nella
libreria, non omettendo
particolari.
Alla fine del mio resoconto lei sgranò gli occhi ed aprii la
bocca.
“Waw. Ora lo odio, ancor di più.”
“Ancor di più?”, chiesi confusa.
Lei annuii col capo, “Non mi è mai andato a
genio… non lo so perché. Ha un
qualcosa di… non so che.”, disse socchiudendo
appena gli occhi e prendendosi il
mento fra indice e pollice.
Granai gli occhi, “E me lo dici solo ora?”, chiesi
e la mia voce era un suono
strozzato.
Fece spallucce, “Boh, sembrava ti piacesse. Parteggio in
definitiva per Pattinson.
Quel tipo si che mi è simpatico.”, disse annuendo
energicamente alle sue stessa
parole.
“Tu non parteggi per nessuno.”, risposi secca.
“Perché?”
“Perché non c’è nessuno per
cui parteggiare. Punto. Discorso chiuso.”, dissi.
“Ti ha baciata. Bleah.”, disse rabbrividendo.
“Stephanie!”, dissi ancor più
sconcertata dal sapere che considerazione di lui
aveva la mia migliore amica. Considerazione che mi era stata tenuta
nascosta.
Perché? Perché credevo
di piacesse.
“… e poi non è brutto.”,
aggiunsi incrociando le braccia al petto.
“Si, si certo.”, disse lei non curante. Sbuffai.
“Sono senza parole.”, disse sconcertata.
“Io ne avrei quattro.”, risposi sorridendo
flebilmente.
“Mi dai una patatina?”
Mi diressi, lungo il corridoio, a passo strisciato. Le spalle basse, il
capo
chino.
Sospirai e mi passai una mano fra i capelli.
Avevo lo stomaco chiuso ed annodato. Sentivo le gambe molli, la testa
mi doleva
e pulsava, come il sangue nelle ferite più recenti.
Immagini si susseguivano sulla retina del mio occhio, dolci e crudeli.
Diverse
emozioni si alternavano nel mio animo, mi costringevano prima a
sorridere, al
ricordo di quel limpido e vivido verdazzurro, poi a stringere i denti
per la
rabbia, al ricordo di quelle labbra premute prepotentemente sulle mie.
Aprii gli occhi di scatto, mentre le mani cominciavano a prudermi ed il
desiderio di picchiare il suo viso si fece più vivido. Fui
scossa e quasi
sconcertata dal repentino cambio di emozioni, dalla natura sanguinaria
di essa.
Non ero mai stata in tipo incline alla violenza, e quei pensieri mi
lasciarono
interdetta.
Scossi il capo, troppo violentemente, tanto che ebbi una piccola
vertigine, e
fu costretta ad appoggiarmi al muro per non cadere.
Aspettai di avere equilibrio sufficiente per evitare di cadere a terra
ed
arrancai fino alla porta di legno scuro della mia camera.
Afferrai la chiave, ma mi bloccai. Un brivido mi percosse la schiena,
un tutta
la sua lunghezza.
E se fosse dentro?, pensai.
Lo immaginai disteso sul letto, con gli occhi chiusi ed i muscoli
facciali
rilassati, i capelli arruffati e le labbra dischiuse.
Scossi il capo, cercando, inutilmente, di cacciare via quei pensieri.
Spinsi la porta. La camera era vuota. Fu terribile e quasi
imbarazzante,
riconoscere a me stessa la delusione dovuta alla sua assenza. Non
guardai con
attenzione la stanza, per cui non notai che qualcosa non andava. Con
passo
pesante mi diressi verso l’armadio, prendendo il beauty e
l’asciugamano col del
prato, per poi dirigermi in bagno.
“I vestiti puliti.”, mi dissi battendo il palmo
della mani sulla fronte.
Mi voltai e aprii di nuovo l’armadio, afferrando
ciò che mi occorreva, poi,
quando chiusi l’anta, capii. Capii cosa c’era di
strano, capii cosa avrei
dovuto notare appena entrata, ma ero troppo presa dal cercar di
sbollire la
rabbia e la delusione per vedere.
Il respiro mi si mozzò ed non potei fermare le mie braccia,
che velocemente,
scivolarono lungo i miei fianchi, facendo cadere gli abiti.
Stupida.
Sapevo che quel momento sarebbe arrivato prima o poi, ma non
lo immaginavo
così. Sapevo che sarebbe arrivato, ma non avevo mai pensato
che potesse
accadere davvero.
Fui colta di sorpresa, e non sarebbe dovuto succedere.
Giunsi alla conclusione che ero davvero una stupida ed il mio orgoglio
mi aveva
portata ad un punto in cui era impossibile tornare sui propri passi.
Oramai ci
ero dentro. Era impossibile riavvolgere la pellicola della vita, di
quelle
ultime settimane per cambiare il corso degli avvenimenti.
L’unica cosa che
potevo fare era continuare la mia vita, la strada che pericolosamente
avevo
appena intrapreso… che fosse giusta o meno.
Ma non ora. Non in quel momento.
Osservai la moquette, il letto vuoto.
La sua roba non c’era più.
Lottai contro le lacrime di nostalgia che premevano crudeli sulle mie
palpebre
chiuse.
Era andato via.
Sbattei
con violenza la porta, lottando contro il disprezzo che provavo per me
stessa.
Disgustata
dal mio orgoglio, dalla mia testardaggine.
Tutto era
cambiato, così, da un giorno all’altro e nemmeno
me n’ero resa conto.
Troppo
cieca, troppo stupida per vedere, per capire cosa la vita mi stava
regalando
su un piatto d’argento… o quasi.
Lottai
contro le lacrime prepotenti, sentendo gli occhi piano inumidirsi.
Lacrime di rabbia, lacrime di rancore.
Non era
possibile.
Tutto era
cambiato, ogni cosa, tutto della mia vita in quel momento era
diverso, soprattutto da ciò che mi aspettavo. Quando si
dice: la
vita è imprevedibile…
Con
passo pesante scesi le scale, furiosa, delusa.
Aprii con
violenza la porta ed uscii nell’aria del tardo pomeriggio.
Senza
meta, cominciai a camminare, sull’erbetta verde e fresca,
circondata dagli
alberi ciechi e sordi.
Stupida,
stupida, stupida.
Era
furiosa, ma con me stessa, col mio caratteraccio, con la mia arroganza,
con la mia inutile testardaggine.
Uno
sciame di api insistenti si aggirava nella mia testa con un gran
fracasso.
Camminavo,
credendo di essere sola. Poi, un voce attirò la mia
attenzione, mentre
camminavo a passo svelto. In un primo memento pensai fosse uno scherzo
giocatomi dall’immaginazioni, ma, quando quella voce
ripeté il mio nome, capì
che era reale.
“Audry?”,
chiese e sentii la sua mano sfiorare la mia spalla.
Mi
voltai, tremante per lo stupore, fino ad incontrare il suo viso
illuminato
dalla fioca luce del crepuscolo. Una ruga gli solcava la fronte. Avrei
voluto
passarci le dita sopra ed eliminarla… a fatica riuscii a
reprimere quello
sfrenato desiderio.
“Robert…”,
soffiai.
Poi un
angolo della bocca si sollevò verso l’altro,
illuminandogli di una
strana luce gli occhi. Raggiante disse: “Ciao.”,
*
Eccomi
qui gente, non ho molto tempo. Il letto mi chiama e il mio naso e la
mia testa
gridano pietà per questa stupida influenza.
Perciò passo direttamente ai
ringraziamenti, ci tengo davvero a farli.
Sognatrice85:
Marghe, ciao! Sono
contenta Olivia ti sia piaciuta, non era prevista…
è uscita da se. Cioè, ho
scritto di lei e nemmeno me ne sono accorta ^^” Ad ogni modo,
sono anche
contenta che le citazioni ti vadano a genio! Sono una delle parti che
più adoro
di più adoro nei capitoli! (forse perché non sono
mie, chi lo sa). Spero di non
averti delusa con il recente avvenimento. La storia non è
ancora finita ;P
doddola93: ciao, tesoro! Eheh, il
“non esistono coincidenze” con loro ci sta, si
capirà anche il perché più
avanti, direi. Sono contenta ti sia piaciuto il capitolo! Sai quanto ci
tengo
al tuo parere! E io, cara, mi diletto solo in ciò che mi
piace, perché amo
farlo nulla più. Non è niente di speciale, tu si
un po’ di parte ammettilo XD
Però mi fa piacere sapere che ciò che scrivo
è di tuo gradimento perché sai
cosa penso del tuo modo di scrivere. Spero ti sia piaciuto anche
questo. Mi
manchi.
Xx_scrittice_xX: Ely, ciao! Visto?
Ho postato! Te lo avevo promesso! Solo millenni anche XD Bhe, se vuoi
possiamo
fare un assalto insieme a Mark, potrebbe essere interessante cara! Sono
contenta che Olivia ti sia piaciuta! Mi ha ispirata un po’
mia nonna, che, più
o meno, è sveglia come Olivia. Ci tengo a sapere che ne
pensi. Un mega bacio!
Piccola ketty: ciao! Sono contenta
ti sia piaciuto il capitolo! Bhe, riguardo all’essere
più vicini, la risposta
in fondo già ce l’hai. Al momento non condividono
la camera, non si vedono lì…
dovranno pur vedersi in altri modi. Tolgo Robert finisce la fiction,
no? Spero
ti sia comunque piaciuto il capitolo. Grazie mille per la recensione,
davvero,
di cuore.
Ryry_ : ciao! Oh, oh, la ciabatta
Mark! Mi piace! XD Bhe, direi che Mark… non mi esprimo che
è meglio! *_* Sono
contenta il capitolo ti sia piaciuto e
che Olivia sia la nonna “perfetta”. Lo capiranno
prima o poi? La risposta è nel
titolo, direi. Sta solo interpretarlo nel modo giusto (non ti
preoccupare è
l’influenza che mi fa dire tante cavolate, più o
meno). Grazie mille per la
recensione cara!
lazzari: ciao, Lory! Visto, ho
postato! Audry è particolarmente testarda, forse anche
più di Robert XD Sono
contenta lo scorso capitolo ti sia piaciuto! Ormai ci tengo tanto a
sapere che
ne pensi della storia! Spero di non averti delusa troppo con questo
capitolo.
Mark, Mark… Mark è la ciabatta XD Un bacio, cara.
Grazie infinite, davvero.
Nessie93: Chiarì! Tu mi
fai sempre
troppi complimenti che non merito, davvero. Anche tu sei di parte. Ti
devo fare
un altro bel discorsetto XD Comunque, ciarle a parte. Sono contenta ti
piaccia…
come “descrivo” ciò che provano loro.
Insomma, mi diverte tanto farlo e sapere
che ti piace è per me… *_* importantissimo. Ero
sicura che la parte finale e
quella di Olivia ti sarebbero piaciute, ne ero sicura. Un po’
ho imparato a
conoscerti, sai? Sei un angelo, tesoro, non mi merito tutto questo. Se
vuoi
posso inserirti nella fiction con un mitra per andare a stanare Mark.
E’ una
possibilità, no? Grazie di cuore, Chià, davvero
<3
A l y s
s a: ciao, Patt! Ma quale bravura! O.O Bhe,
quello era il compito di
Mark sin dall’inizio, se non si fosse capito e credo non sia
ancora finito, in
tutta sincerità. Ad ogni modo, sono contentissima di sapere
che il capitolo ti
è piaciuto! Sai quanto conto per me il tuo parere! Troppo,
Patt, davvero!
Colpire il fungo Mark nella parti basse sarebbe stato troppo cattivo,
dai XD e
poi, testuale “Perché
era lì? Perché era sempre presente?...E
lui era lì. Come
la sera precedente. Come nei corridoi, in biblioteca, in
cortile, al centro commerciale.
Ma
tesoro, è ovvio, lui ti ama, è il tuo angelo
custode, è un filo invisibile che
vi lega.”, io
non mi esprimo ^.^ Ciò che volevo mettere in evidenza nella
parte finale era proprio la spensieratezza fra i due, il fatto che,
quando non
si scannano, stanno bene insieme, si divertono. Grazie, Patt, grazie di
cuore,
Ti voglio bene <3
Fairwriter: oddio, Juls, sei qui!
Anche a te Mark da fastidio? Batti il cinque fratella!
(meglio gemella ;) ) Sai quanto ci tengo a sapere che ne
pensi, sin dall’inizio. Mi sei mancata, Cip, davvero! Mi sono
mancate anche le
tue storie! Comunque, non potevi rendermi più felice! Sapere
che ti è piaciuto
il capitolo… per me è importantissimo, davvero!
Spero di non averti delusa con
questo! Ti voglio bene, Cip. Tua, Ciop.
Londoner: ciao! Oddio, che sorpresa!
Davvero non me lo aspettavo! Li hai letti tutti insieme? Sono contenta
ti
piaccia la storia! Per me è davvero molto importante! Spero
di non averti
delusa con questo capitolo. Grazie mille per la recensione, davvero! Di
cuore!
pucciat_: ciao, Ila! *_* Sono
contenta di “sentirti”. Non mi devi ringraziare,
amo ciò che scrivi e come lo
scrivi, davvero! Davvero quella frase ti è piaciuta
così tanto? O.O Non mi
merito tutto ciò! Mandy Moore? Io amo Mandy Moore, come
cantante e attrice! E
Audry fisicamente nella mia mente le assomiglia davvero molto! Solare,
allegra,
quel viso dolce ma sicuro di se. Mi piace *_*
Spero di sentirti. Un bacio <3
A voi è tutto,
con affetto,
Panda.
|
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Capitolo 23 *** Capitolo 22 ***
CAPITOLO 22
Fish in the sea
You know how I feel
River running free
You know how I feel
Blossom in the tree
You know how I feel
It's a new dawn
It's a new day
It's a new life
For me
And I'm feeling good(*)
Muse,
Feeling Good.
“Ciao.”,
disse con un largo sorriso sul
viso.
“Ciao.”, soffiai incredula, con il cuore
scoppiettante.
“E’… tutto
okay?”, chiese corrugando appena la fronte, mentre il sorriso
abbandonava il
suo viso.
Sospira e annuii piano col capo. Cosa avrei dovuto dirgli: Sei tu la causa del mio malumore? Riesci a sentire
il battito frenetico
del mio cuore?
Lui non avrebbe capito, si sarebbe arrabbiato ed io sulla difensiva
sarei stata
cattiva, come altre tante volte. In quel momento, quell’idea,
quel ricordo, mi
fecero inorridire.
“Sicura?”, chiese incerto.
“Si.”, mormorai annuendo. Sorrise, flebilmente,
chinando appena il capo, “Che
ci fai qui?”, chiesi curiosa, anche cercando di sviare il
discorso.
“Ero seduto lì,”, disse indicandomi il
muretto che costeggiava il verde prato,
“Leggevo.”
“Mi spiace di averti disturbato.”, dissi,
rammaricata.
Lui schioccò la lingua, “Nah.”, disse,
sul suo viso comparve un sorriso.
Sorrisi imbarazzata.
“La stanza…”, la mia voce uscii senza
premeditazione, senza il mio consenso.
Scemò quando mi resi conto cosa stavo per dire.
Avanti, dillo, diceva una vocina
dentro la mia testa.
Cosa? Che la stanza… è
vuota senza lui?
Che mi dispiace che sia andato via?
Esatto.
Con lo sguardo mi incitò a continuare, aprii la
bocca ma da essa non vi
uscì alcun suono.
Avanti, dillo.
“La stanza…”, ripetei con voce
tremante, poi sospirai e sentii il peso
della menzogna sulle spalle, “Com’è la
tua nuova stanza?”
Lui sbatté le palpebre un paio di volte, prima di passarsi
distrattamente una
mano fra i capelli chiari, “E’…
è okay.”, mormorò. Poi rise,
“Anche se l’aria è
sempre satura dell’odore di patatine al formaggio.”
Non potei fare a meno di sorridere, incantata dal dolce suono delle sua
risata,
“Positivo o negativo?”
“Bhe, non saprei con precisione. Insomma, può
diventare nauseante. Devo fare un
patto con il mio nuovo compagno.”
Feci un risolino.
“Alla fine… era ciò che
volevi?”, chiesi con voce pari ad un sussurro,
abbassando lo sguardo.
“E ciò che volevi anche tu.”
Si tornava, involontariamente sempre sullo stesso argomento. Oramai
sembrava
essere di tradizione, rispondere a quella domanda con
un’altra domanda, è
dovetti ammettere che un po’ mi irritava, ma il desiderio di
osservare il suo
viso in tranquillità, giunto dalla consapevolezza di non
essere più nella
stessa stanza, era più forte di quanto pensassi e
neutralizzò l’irritazione che
in pochi secondo pervase il mio corpo.
Mi portai distrattamente una ciocca di capelli dietro un orecchio.
“Ti va un birra?”, chiese dondolando sul posto.
Il mio cuore incespicò in quelle parole.
Sorrisi, “Posso prima prendere la borsa?”
Un angolo della sua bocca si sollevò verso l’alto,
una chiara e dolce risposta.
Camminavamo al buio. Mi strinsi nella giacca quando una leggera folata
di vento
filtrò fra i capelli, sfiorandomi la nuca.
La testa mi doleva ancora, pulsava esattamente come mezz’ora
prima. Entrata in
camera, dimenticai di prendere dal cassetto del comodino
un’aspirina, troppo
presa dal ragazzo che mi attendeva sulla soglia della porta, poggiato
allo
stipite.
Gli occhi mi bruciavano e mi facevano male, poi ricordai, cosa
l’oculista mi
aveva consigliato di usare in certi casi.
Frugai nella grande borsa marrone e, con la coda dell’occhio,
vidi Robert
osservarmi incuriosito.
“Trovati!”, esclamai alzando la piccola custodia
nera sopra la mia testa.
Robert al mio fianco si allontanò istintivamente, colto di
sorpresa, quasi
spaventato dal mio gesto. Abbassai il braccio e sorrisi, imbarazzata,
“Scusa.”
Lui mi guardo, corrugando la fronte.
Aprii la custodia e mi portai sul naso gli occhiali neri.
Robert strabuzzò gli occhi, incredulo, “Poeti gli
occhiali?”, chiese.
Chinai appena il capo, cercando di nascondere attraverso i capelli, le
mie gote
che si erano involontariamente intinte di rosso, “Bhe, quando
mi bruciano gli
occhi e comincia a far male la testa. Mi è stato
consigliato. Ma la mia vista è
impeccabile.”, dissi impettita.
Ridacchiò… ed il con lui.
Alzò lo sguardo su di me, ed ancora il mio cuore
balbettò, capriccioso.
“Ti donano.”, aggiunse, e la sua voce era una dolce
carezza.
Arrossii e sperai che non notasse il porpora vivo della mia pelle.
“Grazie.”, mormorai.
Tra noi cadde il silenzio, di quelli odiosi ed imbarazzanti che con
tutte le
tue forze vorresti riempire, ma non sai mai come fare, cosa dire e
magari spati
la prima idiozia che ti passa per la testa, senza pensare se sia
consona o se
abbia realmente senso.
“Quando si dice: ne sono passati di ponti sotto
l’acqua.”, dissi.
Robert mi guardò, scioccato, incredulo, dilatando gli occhi.
Mi guardai appena introno, muovendo solo gli occhi, cercando di capire
da dove
derivasse la sua strana espressione. Cercai di capire anche cosa avessi
potuto
dire di… e fu lì che mi sbattei il palmo della
mano sulla fronte, per poi
coprirmi il viso con una mano, rosse per la vergogna.
Ne sono passati di ponti sotto
l’acqua.
“No!”, mugugnai. Robert
soffocò un risolino e alzando lo sguardo, poggiando
i polpastrelli sulla mia spalla gli diedi una leggere spinta,
“Non ridere!”,
cercai di nascondere l’imbarazzo.
Lui alzò la mani, in segno di difesa, “Okay,
okay.”, aggiunse con un sorriso
mozzafiato sul viso.
Mi sistemai gli occhiali e chiusi un momento gli occhi,
“Intendevo dire: acqua
sotto i ponti.”, risposi solenne per poi riaprire le
palpebre, incontrando
ardenti fiamme azzurre.
Stupida.
Quella era sicuramente l’ennesima dimostrazione che
tacere, nel mio caso,
era sempre la cosa più giusta.
“Non lo metto in dubbio, Morel.”
“Volevo farti notare come le cose siano…
cambiate.”, feci spallucce e cercai
immediatamente di cambiare argomento. Comunque,”, esordii
cercando di condurre
il discorso su un’altra strada, “Cosa leggevi,
prima che arrivassi?”, chiesi
con nonchalance.
“Già… cambiate.”,
mormorò sovrappensiero, poi si voltò verso di me,
con un
mezzo sorriso,”So
we'll go no more a-roving.”
“Byron.”
Sorrise ed annuii, “Qualcosa mi dice che non ti è
sconosciuto.”
Feci un risolino, “Ma, credo di averlo letto qualcosa, se non
sbaglio.”, chiesi
facendo finta di nulla.
Scosse il capo, “Ne sono sempre più
convinto.”
“Di cosa?”, chiesi mentre attraversavano la strada
deserta, diretti ad un pub.
“Della tua instabilità mentale.”,
rispose ovvio.
Mi fermai e lo guardai, alzando scettica un sopracciglio. Sul suo viso
si
dipinse un’espressione preoccupata e subito prese ad agitare
le mani davanti a
sé.
“Scherzavo, Audry.”
“Oh.”, sussurrai interdetta, prima di sorridere
imbarazzata.
Lui sospiro e roteò gli occhi, poi, prendendomi sotto
braccio mi trascinò nel
locale… ed il mio cuore prese a galoppare.
“Da
quanto suoni?”, chiesi bevendo un sorso di fredda birra.
Robert alzò di
scatto il capo, sorpreso.
“Come?”,
chiese, poggiando il suo bicchiere sul tavolo.
“Da
quanto tempo suoni?”, chiese ancora corrugando appena la
fronte.
“Ehm…
da anni. Non ricordo nemmeno io da quanto.”, e rise. Una
risata rauca e
quasi soffocata, un caldo suono che, da quella vicinanza potevo udire
solo io,
nel caos del pub.
Sorrisi
ed annuii con capo, automaticamente e quasi distrattamente mi portai il
bicchiere alle labbra.
“Audry…”,
la sua voce era un delicato tocco sul viso.
“Si?”,
alitai alzando lo sguardo, perdendomi oceano dei suoi occhi, per attimi
che parvero minuti.
“Io…”,
le parole sembrarono morirgli in gola, mentre i suoi occhi fissavano i
miei, come se contenessero ciò di cui avesse bisogno per
continuare, “Non ho
mai avuto occasione… o coraggio, per chiederti
scusa.”, mormorò, abbassando lo
sguardo.
Rimasi
interdetta, con la bocca appena spalancata per la sorpresa,
“Non
capisco.”
“Mi
dispiace, Audry. Quella sera, quando eri con Mark, in quel pub...
io… sono
stato imperdonabile.”, scandì ogni parola con
estrema lentezza, con tono grave
e serio. Continuavo a fissare il verdazzurro dei suoi occhi, pervasa
ancora
dalla confusione. Per un minuto buono, entrambi tacemmo.
“Potresti…
dire qualcosa.”, disse con leggera isteria nella voce.
“Dispiace
anche a me, Robert.”, mormorai chinando lo sguardo,
circondando il
bicchiere con le mani, mentre sentivo le guance avvamparmi di rossore.
“Non
stai confessando un omicidio.”, ridacchiò lui,
sollevando appena un
sopracciglio, passandosi imbarazzato una mano fra i capelli arruffati.
“Potrei
dire lo stesso di te.”, ribattei mordendomi il labbro
inferiore, “Non
stai confessando un omicidio.”, sorrisi.
“Sei
incredibile, Morel.”, ridacchiò poggiandosi allo
schienale della sedia.
“Bene
o male?”
“Bene.”
Chinai
ancora il capo, avvampando irrazionalmente di rossore, “Non
ti ho mai
fatto i complimenti.”, annaspai.
Robert
corrugò la fronte, confuso, bevendo un altro sorso di birra.
“Si,
insomma… dai, ero ovvio. Bastava guardare come la gente ti
guardava!”,
esclamai.
“E
come?”, chiese mentre un sorriso sghembo si illuminava appena
il viso.
“Erano
tutti impressionati, Robert. Anche… Mark,”,
pronunciai quel nome in tono
acido, “lo era. Un dato di fatto insomma.”, sorrisi.
“Anche
tu?”
“Si,
anche io.”, ammisi sorridendo e bevendo un sorso di birra,
“Le mie
orecchie ne erano estasiate.”, enfatizzai aiutandomi con le
mani.
“E
se io portassi Audry Morel, ancora una volta, in quello stesso
locale?”
Sgranai
gli occhi, colta di sorpresa, “Quando?”
“Venerdì.”
“Questo
venerdì?”
“No
Audry, quello del mese prossimo.”, ridacchiò
scuotendo il capo.
Capii che
mi stava prendendo in giro, “Ehi!”, dissi dandogli
un buffetto sul
braccio. Non mi ero resa conti di quanto fossimo vicino. Quella
vicinanza fece
sorridere silenzioso il mio cuore.
“Cosa
dirò a Robert Pattinson?”, chiese con gli occhi
che ardevano come fiamme
azzurre.
“Che
Audry Morel ci sarà.”
*
(*)Un
pesce nel mare
Sai come mi sento
Un fiume che scorre libero
Sai come mi sento
Un fiorellino sull'albero
Sai come mi sento
e' una nuova alba
e' un nuovo giorno
e' una nuova vita
per me
e sto bene
Ed
eccomi gente, qui per voi dopo un weekend fantastico!
Citazione dei Muse, tanto per essere in tema, non potevo non metterla
dopo il
concerto di sabato.
Allora, ci tengo a ringraziare in particolare gli angeli che hanno
recensito lo
scorso capitolo, e grazie e lei, la mia lunatica pazza
schelarata.
Londoner: ciao! Waw, l’hai
letta! *_* Non sai che piacere, davvero! Sono contenta ti piaccia la
storia. Mi
spiace averti fatta aspettare ma non ho potuto postare prima. A presto,
cara!
Grazie mille, davvero!
Ryry_ : ciao! Eh si, la tua socia
è
davvero un angelo, l’ho sempre detto XD Molto
perspicace… okay, io non parlo!
Eh si, Robert si è trasferito… ma non
sarà di certo un ostacolo! Grazie mille
per la recensione, cara, grazie! A presto!
Sognatrice85: ciao, Marghe! *_* Sei
sempre così buona… non merito tutto questo! Spero
di non averti fatta attendere
troppo, ma per un motivo e per l’altro non ho potuto davvero
farlo prima. Spero
ti sia piaciuto questo. A presto cara!
pucciat_: ciao! Che piacere leggere
ancora una tua recensione! Ci tengo molto al tuo parere! Sono contenta
di
sapere che il capitolo ti è piaciuto, e spero di non averti
delusa! Prendo
molto seriamente la minaccia, sappi collo ;P A presto!
lazzari: ciao, Lory! Hai visto? Alla
fine ce l’ho fatta a postare! Un po’ in ritardo, ma
ce l’ho fatta! Eheh, Robert
è andato via… ma influirà davvero
sulla storia? Spero di questo capitolo sia
stato di tuo gradimento. Grazie davvero, cara, grazie infinte. A presto!
marina70: ciao! Che piacere leggere
una tua recensione! (ho letto qualcosa di tuo e scrivi davvero bene!)
Sono
contenta ti piaccia la mia fiction,ci tengo davvero molto… e
sono contenta
anche di sapere che ti piacciono le poesie! È una parte che
mi diverte molto! A
presto, cara. Grazie!
Lucy_Scamorosina: Waw,
l’hai davvero
“divorata”? Sono sconcertata o.o Sono contenta ti
piaccia la fiction, ci tengo
davvero tanto a questi due idioti *_*
Spero di non averti fatto attendere troppo, ma fra compiti
e concerto
non si è capito più nulla! A presto! Grazie mille
per la recensione!
Nessie93: ciao, Chià!
Dichiararsi?
O.o mi ritieni così ovvia e scontata? Però sono
contenta ti sia piaciuto il
capitolo e le varie parti. Spero di non averti delusa con questo
capitolo,
anche se conoscendoti credo ti sia piaciuto. Sei per il romanticismo ed
avvicinamenti, no? Perciò ora fai pure le tue
ipotesi… io di certo non parlo XD
A presto, cara. Ti voglio bene.
Xx_scrittrice_xX: ciao, Ely! Bhe,
Robert è andato… ma di certo non è
scomparso! *_* Sono contenta di sapere che
il capitolo ti è piaciuto! Ci tengo al tuo parere! E lo sai.
Eh, si, si cono
incontrati alla fine… e spero non aver deluso le tue
aspettative! Io non ti
voglio male e la fine di questo capitolo ne è la
dimostrazione! U.U Ti
voglio bene, tesoro. E grazie, grazi di
tutto.
A l y s s a: principessa
Patt! Ciao! Guarda, Stephanie è ispirato ad un
personaggio reale ed io l’adoro! *_* Sono felice che, anche
se Patty è andato
via, il capitolo ti è piaciuto. Il tuo parere è
sacro. Il finale ti ha tirato
su di morale… ora spero che questo capitolo ti sia piaciuto.
vUn po’ sapevi
cosa sarebbe successo XD Grazie di tutto, Patt. Per le chiacchierate,
per l’appoggio,
per le risate. Sei una persona speciale. Ti voglio bene. Mi manchi.
A
voi è tutto,
un bacio, Panda.
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Capitolo 24 *** Capitolo 23 ***
Per te...
Buon
compleanno, Fè!
CAPITOLO
23
Non mangia che
colombe l'amore,
e ciò
genera sangue caldo,
e il sangue caldo
genera caldi pensieri
e i caldi pensieri
generano calde azioni,
e le calde azioni
sono l'amore.
William
Shakespeare, poeta e scrittore inglese, 1564-1616.
- «Audry
Morel, brutta bugiarda dici-menzogne!».
Bene, un giretto all’inferno a braccetto a Belzebù
in quel momento era un’idea
piuttosto allettante. Effettivamente potevo apparire una bugiarda,
incoerente,
sciocca dici-menzogne -anzi, lo ero per davvero- , ma avevo le mie
buone
ragioni, ragioni del cuore che la mente non conosce.
Sapevo che nel giro di tre secondi una tempesta si sarebbe abbattuta
sul
tranquillo paesaggio del mio animo, e sapevo soprattutto, che il
l’uragano
Stephanie avrebbe lasciato dietro di se solo distruzione. E addio bel
paesaggio
naturale.
Ad ogni mondo, consapevole della natura pseudologia fantastica, mi
voltai.
Okay, non era pseudologia fantastica, ma ai miei occhi era buona
giustificazioni per tanti miei comportamenti… a partire da
Robert, gli stessi
che mi aveva aggiudicato il soprannome di
“dici-menzogne.”
«Okay, me lo merito», dissi alzando la mano in
difesa. Stephanie, a pochi metri
da me, mi guardava con espressione dura, bocca contratta e narici
dilatate.
Si… avrei
preferito un giretto con
Belzebù.
«Te lo meriti? Meriti che ti passi sopra con un tir
rimorchi?».
Risi, nervosa e mi grattai la nuca. Con mia grande sorpresa mi resi
conto che
era un gesto ereditato da Robert. Cominciai a sudare freddo.
«Beh… magari non proprio un tir rimorchi
vero… uno… giocattolo?». Sorrisi
innocentemente.
Mi incenerì, letteralmente, con lo sguardo.
Si avvicinò con passo lento, ma pesante, fino a
fronteggiarmi. Poi mi diede uno
scappellotto.
«Ehi!», esclamai massaggiandomi la mano colpita.
«Questo dovrebbe bastare», disse compiaciuta
incrociando le braccia al petto.
«Tu sei impazzita», dissi girando i tacchi e
dirigendomi verso la biblioteca.
«Io?», chiese isterica. «Fino a prova
contraria, mia dici-menzogne quella che
si nasconde dalla sua migliore amica perché non ha voglia di
uscire, nonostante
abbia proposto lei di fare un giro… sei tu», disse
allungando il passo per
affiancarmi e puntandomi un dito contro.
«Non mi nascondo da te! E’ solo che…
l’ho dimenticato». Le ultime due parole
furono un lieve mormorio.
Ed ecco che i sensi di colpa si facevano sempre più avanti,
intensificandosi ad
ogni secondo.
«L’ahi dimenticato?», chiese stupida,
fermandosi di colpo. Chinai appena il
capo, fissandomi la punta della scarpe da tennis. Annuii flebilmente,
colpevole.
«Sono sconcertata», disse. Alzai lo sguardo a
cercai di trattenere le risate
mentre fissavo la sua espressione. Ridere in quel momento non era la
mossa più
intelligente da fare.
«Mi dispiace. Stephanie, davvero, non ho scuse. Perdonami,
perdonami».
Chinò il capo, con espressione indecifrabile e mi senti
ancora più in colpa.
Stupida dici-menzogne, mi
sgridai.
«Spero almeno sia stato perché.. ti sei
addormentata», mugugnò. Era
visibilmente dispiaciuta e delusa. Lo stomaco mi si strinse in una
morsa.
«Veramente sono uscita», ammisi tormentandomi la
mani, nervosamente.
«Uscita?». La sua voce risulto un suono acuto e
strozzato.
«Con… Robert», risposi in un sussurro.
Lei sgranò gli occhi, guardandomi per un minuto con
espressione sconcertata.
Attesi quei sessanta secondi che parvero essere molti di
più, e forse lo erano
davvero. Poi, Stephanie si riprese, scrollando le spalle.
«Okay».
«Okay?». Lei annuii col capo e cominciò
a camminare verso la biblioteca.
«Si», rispose semplicemente. «Potevi
dirlo prima. Mi sorprende che tu non
l’abbia fatto, Audry».
«Ci sarei arrivata», dissi affiancandola.
«Non sei… più arrabbiata?»,
balbettai.
Lei scosse il capo e sorrise, «Come potrei, Audry».
E
nel suo sguardo vidi solo sincerità e dolcezza.
Sbattei le palpebre più volte e la guardai confusa.
«Mi hai chiamata
dici-menzogne».
Lei rise. «Da quando prendi tutto alla lettera».
La guardai ancora più confusa, o forse troppo cieca per
vedere, troppo testarda
per ammettere, per capire.
«Su di te quel ragazzo hai una certa… influenza.
Inutile nasconderlo a me. E poi
ha già confessato».
«Nemmeno fosse un omicidio», borbottai.
Automaticamente sorrisi al ricordo
della sera prima.
Lei scosse il capo in un risolino, prima di cominciare a camminare.
«Vieni in biblioteca?», chiesi.
«Si, Caroline mi ha consigliato un libro. Volevo
leggerlo», rispose facendo
spallucce.
«Quale?».
«Anna Karenina».
«Oh, l’ho letto! È una
meraviglia!», annuii energicamente alle mie stesse
parole.
«E’ ciò che ha detto anche
Caroline», sospirò Stephanie. Ridacchiai.
«E quindi… sei uscita con Pattinson,
eh?», chiese lei tirandomi una gomitata
giocosa.
Arrossii violentemente e mi portai una ciocca di capelli dietro un
orecchio.
«Non era proprio un appuntamento».
«Certo, certo. Ed ora? Uscirete ancora?», chiese
ostentando eccitazione.
«Ehm…», le mie guance divennero
probabilmente purpuree, «Venerdì».
«Waw», scandì lei, sgranando gli occhi.
«Ero sicura che l’avresti invitato ad uscire prima
o poi», disse lei occupando
un tavolo vuoto della biblioteca. Poggiai la mia borsa sul tavolo,
sedendomi.
«Veramente, Stephanie… è stato
lui».
Mi guardò, scioccata. «Waw». Alzai un
sopracciglio.
«Okay, ammetto che me l’aspettavo. Sapevo che non
lo avresti mai invitato di
tuo pugno. Ma è stato bello sentirtelo dire»,
ridacchiò.
«Sadica, ecco cosa sei», dissi riducendo gli occhi
a due fessure.
«E’ così divertente prenderti in giro,
Audry. Sei così ingenua, così priva di
cattiveria… mi chiedo infatti per quale assurdo motivo tu
abbia litigato così
tante volte con Pattinson. La cosa devo ammettere mi sorprende molto,
non è da
te. Beh, questo spiegherebbe davvero tante cose. Cioè, ovvio
che ne sei
attratta, ti comporti così solo con lui, fai e dici certe
cose solo con lui e
credo che-»
«Ne hai ancora per molto?», sbottai irritata,
muovendomi nervosa su posto.
Perché? Perché probabilmente aveva ragione da
vendere. Forse era quella la
chiave, sin dall’inizio, due facce della stessa medaglia.
Forse era chiaro al
mio inconscio, ed io non me n’era accorta. Troppo orgogliosa
per ammettere che
la chiave delle liti, delle discussioni, era racchiusa, custodita
segretamente
in un angolo della mia mente, e del mio cuore, successivamente. Incisa
sul suo
volto, dipinta nei suoi occhi, sospirata sulla sua labbra. Nascosta
nelle sue
parole, in ogni respiro, in ogni battito del suo cuore, in ogni
secondo.
Nell’aria. Ed io ancora non lo sapevo.
Quella consapevolezza si fece avanti, piano e lenta.
«Beh, potrei continuare davvero per molto… ma se
vuoi mi fermo, anche perché
Pattinson sta vendo qui», disse abbassando appena il capo e
sistemandosi i
capelli.
Quanto la sentii pronunciare il suo nome un fremito mi attraverso il
corpo,
come fosse colpito da una scarica di elettricità. Mi venne
la pelle d’oca sulla
nuca lo stomaco mi si torse in agonia.
«Cosa?», chiesi incapace di muovermi. «Se
è uno scherzo, non è divertente»,
sibilai con voce secca. Che reazione sciocca e infantile.
Lei scosse velocemente il capo, portandosi poi una mano dietro la nuca
e
alzando lo sguardo per poi sorridere. Pensai, finalmente, che non
stesse
scherzando e ne ebbi la conferma, quando una voce maschile, che ben
conoscevo,
fece irruzione fra noi.
«Ciao», disse alle mi spalle.
«Ciao», rispose Stephanie. Piano, lentamente, mi
voltai, quasi titubante, e lo
vidi. Alto, snello, davanti a me. Un sorriso largo sul viso asciutto,
gli occhi
chiari scintillavano come stelle nel cielo notturno senza nuvole.
Cosa succede, Audry?
Cos’è questo rumore?
Nelle orecchie l’eco del battito del mio cuore.
Sentivo il sangue pulsare.
Come potevano poche settimane, giorni, ore, cambiare tutto,
così radicalmente.
Cosa mi stava accadendo? Chi era lui per
farmi sentire così?
«Ciao», farfugliai, scuotendo impercettibilmente il
capo, dandomi della stupida
e riaffiorando da quel momento adolescenziale nel quale ero caduta.
«Sono venuto in biblioteca per studiare… vi ho
viste e ho pensato: “ehi, perché
non fare un saluto? Sarebbe scortese non farlo”»,
disse dondolandosi sui piedi,
grattandosi imbarazzato la nuca.
Sorrisi. «Sei venuto per studiare?», chiesi con
innocenza. Annuì col capo.
«Beh, anche noi», continuai. «Puoi
sederti qui». Sentii lo sguardo di Stephanie
sul viso ed arrossi appena. Cercai di non curarmene.
Lui sorrise. «Non vorrei-»
«Oh, no, non disturbi», esordì Stephanie
alzandosi dalla sedia, facendola
strisciare a ricevendo occhiatacce da altri studenti, seduti ad altri
tavoli. «Anzi,
perché non ti siedi al mio posto? Devo andare a cercare un
libro», agitò con
enfasi la mani in aria, sorridente.
Robert la guardò confuso mentre si metteva la borsa a
tracolla.
«Anna Karenina mi aspetta», disse rivolgendosi a
Robert, facendo spallucce.
«Oh bello quel libro, è uno dei miei
preferiti!», esclamò lui facendo un gesto
con la mano.
Stephanie guardò torvo prima lui, poi me.
«Possibile che sia l’unica a non
averlo letto?».
«Possibile», dissi scollando a spalle.
«Perché, l’hai letto?», chiese
poi Robert voltandosi verso me.
«Almeno tre volte», sorrisi. I suoi occhi
indugiarono limpidi nei miei, mentre
dimenticavo la sagoma di Stephanie ad un metro da me.
«Okay, okay, allora io vi lascio parlare… del
libro. Ci vediamo dopo, Audry.
Ciao Robert, è stato un piacere sapere che anche tu hai
letto quel maledetto
libro di cui non sapevo l’esistenza fino a ieri»,
disse allontanandosi e
facendoci segno con la mano. Robert soffocò una risata e si
accomodò di fronte
a me.
La sua espressione era indecifrabile. Mi mossi inquieta sul posto,
prima di
afferrare dalla mia tracolla un libro. Ne fissai la copertina anonima,
affranta. Era ridicolo. Non sarei mai riuscita a capire una sola frase
dell’argomento più recente con Robert davanti. Con
la coda dell’occhio mi
scrutava… ed era una cosa che mi aveva infastidita. Quando,
alle elementari,
Stephanie mi guardava fare i compiti, per poi copiarli, mi arrabbiavo.
Non
riuscivo a concentrarmi. Mi mossi ancora sul posto, come se la sedia
scottasse
ed alzai disperata lo sguardo su di lui. I miei occhi incrociarono i
suoi.
«Su di te si potrebbero fare molti studi», disse
con l’ombra di un sorriso.
Alzai un sopracciglio.«Tipo cavia da laboratorio? Assomiglio
ad un roditore?»,
chiesi sfiorandomi una ciocca di capelli che mi ricadeva davanti la
spalla.
Rise. «Non intendevo quello».
«Oh. E cosa?»,
chiesi corrugando la fronte confusa.
«Hai guardato il libro come ti stesse parlando. Insomma,
sembravi concentrata
in una conversazioni senza parole con la copertina. Ti sei agitata,
come ti
avesse… insultata? Infastidita? In tal caso, direi che non
sarebbe colpa del
libro, no, Audry?», ponderò prendendosi il meno
fra le mani ed annuendo.
Sospirai. «No, non è colpa del libro»,
mormorai.
Lui sorrise ed annuì paino col capo. «Come
immaginavo. Tolgo il disturbo», e
fece per alzarsi.
Fermalo!, gridò una
voce nella mia
testa.
«Aspetta!». Le parole fluirono dalla mia bocca
senza che me ne accorgessi, la
mia mano sfiorò la sua. Mi morsi la lingua.
Robert voltò il capo verso di me, accigliato.
«Scusa?»
«Non… non intendevo dire… questo. Non
volevo mandarti via», balbettai. Gli
occhi verdazzurro di Robert si posarono sulla mano. La ritrassi
all’istante,
come toccasse carboni ardenti.
«Scusami», dissi avvampando di rossore.
Cercò di reprimere un sorriso mentre si rideva.
Studiammo per l’ora successiva, o meglio, io cercai di
studiare. Ignorare la
figura di Robert davanti a me, il modo in cui mordicchiava il tappo
della biro,
o si passavo distrattamente la mano fra i capelli, o la fronte
increspata sopra
il suo sguardo concentrato. L’odore debole del suo dopobarba,
il costante
rumore del suo respiro. Dopo un’ora non ricordavo un
accidente di ciò che avevo
letto.
Spazientita chiusi ilo libro in uno sbuffo, Robert saltò sul
posto, alzando si
scatto lo sguardo.
«Cosa c’è?», chiese confuso.
«Non ce la faccio», sbuffai infilando il libro
nella tracolla.
«A…studiare?».
Annuii col capo, fissando i suoi occhi dapprima confusi, poi divertiti.
«Allora siamo in due. Non ricordo una sola parole di quello
che ho letto». Fece
un risolino, chiudendo il libro. «Ti va un
caffè?».
Annuii col capo e non potei controllare il sorriso che mi
colorò il viso.
-
«Allora…
allora ci si vedere, Robert», dissi portandomi una ciocca di
capelli dietro un
orecchio, avvampando irrazionalmente di rossore, lì, accanto
alla porta del
pub.
«Direi di si».
«Grazia per il caffè», aggiunsi
sistemandomi la borsa sulla spalla. Robert
sorrise, e fece un gesto con la mano per minimizzare il tutto. Feci un
risolino.
«Ci si vede in giro», aggiunsi,
«Ciao», ed in fretta mi allontanai.
«Ci si vede Venerdì, Morel!»,
urlò… ed il mio cuore accelerò i suoi
battiti.
-
*
Sono qui solo di passaggio, purtroppo. I compiti mi aspettano e ho un
sacco da
fare.
Ringrazio le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, e prometto
che
dalla settimana prossimo ricomincio a ringraziare a modo, giuro!
lazzari, Nessie93, fede_sganch, mamarty,
Xx_scrittrice_xX, Ryry_, Jordy Klein, rondone, Sognatice85, Fairwriter,
marina70, A l y s s a.
Grazie di cuore, ragazze, davvero.
A
presto,
con immenso affetto, Panda.
|
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Capitolo 25 *** Capitolo 24 ***
CAPITOLO 24
L’amore
è un fumo che nasce dalla nebbia dei sospiri;
se purificato,
è un fuoco, che guizza negli occhi degli amanti
se agitato,
è un mare che si nutre delle loro lacrime…
ma che altro
può essere?
pazzia discreta,
soffocante
amarezza
e dolcezza che
alla fine ti salva.
William
Shakespeare, drammaturgo e poeta inglese.
Seduta sulla
moquette della mia camera, mi
immergevo nelle lettura. Poggiata al letto, con le gambe strette al
petto ed il
libro sulle ginocchia sfogliavo il libro che mi aveva prestato
Caroline,
qualche giorno prima.
Distrattamente giocherellavo con il ciondolo della collana che mi aveva
regalato mia madre il Natale precedente, un semplice e argentato punto
interrogativo.
Mamma. Mi mancava, anche se odiavo ammetterlo, ferita
nell’animo dal suo
disinteresse. Ma sapevo che non lo faceva di proposito,
perciò cercavo di non
darci peso.
Da quanto non la sentivo? Sì, dalla sera in cui.. cenai con
Robert.
Scossi il capo, cercando di liberarmi dai pensieri dispettosi della mia
mente
e, facendo cadere sulla moquette il libro, mi diressi verso la
finestra,
guardando oltre il vetro. Osservai gli studenti fermi sul muretto del
cortile a
parlare ed immaginai il chiacchiericcio che poteva udirsi, osservai
ragazze
uscire dalla struttura, con libri stretti al petto. Ridevano,
scherzavano.
Fu allora che decisi che era giunta l’ora di uscire da quella
camera, da quel
luogo che in ogni istante mi ricordava lui,
la sua assenza. Il letto vuoto, niente lenzuola, niente
trapunta. Niente
maglie sulla testiera, niente scarpe ai piedi del letto. Niente libri,
niente
profumo di dopobarba. Sì, dovevo uscire, o sarei impazzita
in quelle quattro
mura che d’un tratto mi parvero la prigione di
François Villon.
Mi voltai, dando la spalle alla vetrata, e mi diressi verso il letto
afferrando
la felpa, ma col piede andai a sbattere contro qualcosa. Abbassai lo
sguardo e
vidi il libro, aperto ad una pagina che none a di certo quella che
stavo
leggendo. Mi chinai e lo afferrai il libro sbrindellato, lessi la prima
pagina.
Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che
appena ti veda, e la voce
non esce, e
la lingua si spezza.
Un fuoco
sottile affiora rapido alla pelle,
e gli occhi
più non vedono
e rombano
le orecchie.
Saffo.
Sbattei
più volte le palpebre incredula, fissando e rileggendo
quelle parole.
No, un libro non può aprirsi volontariamente. Coincidenze,
solo coincidenze. I
libri non sono vivi. Quel libro era pieno di poesie…
d’amore.
Scostai lo sguardo da quella pagina, guardando quella a fianco ed il
fiato mi
si mozzò, stringendomi il petto.
Rimani!
Non te n'
andare.
Io ti
veglierò.
Io ti
proteggerò.
Ti pentirai
di tutto fuorché di essere venuta a me, liberamente,
fieramente.
Ti amo.
Non ho
nessun pensiero che non sia tuo; non ho nel sangue nessun desiderio che
non sia per te.
Lo sai.
Non vedo
nella mia vita altra compagna, non vedo altra gioia... Rimani.
Riposati.
Non temere
di nulla.
Dormi
stanotte sul mio cuore...
Gabriele
D’Annunzio.
Risi,
con leggera isteria nella voce.
E le parole di Olivia mi tuonarono nella mia testa: “Non
esistono coincidenze”.
Sgranai gli occhi, facendo cadere il libero per terra, scivola tomi
dalle mani.
«Non è possibile… sono
pazza.» sussurrai fissando il libro ai miei piedi.
«Parlo con un libro.» dissi alzando lo sguardo e
guardandomi distrattamente
intorno, quasi nel panico.
Afferrai la borsa poggiata sulla sedia accanto al letto e fuggii dalla
stanza,
lasciando il libro, lì per terra… e in quella
prigione il ricordo del volto di
Robert.
Con passo
svelto mi diressi verso la camera 1635.
Era poco,
ma sicuro. Quando il tuo animo è scosso da qualcosa anche
solo
lontanamente simile all’amore, non puoi far altro che farti
trascinare dagli
eventi, in totale balia d’essi, non puoi opporre resistenza.
L’uomo è un essere
passionale e, che lo si voglia o no, la ragione non può
dominare sul
sentimento. Può mitigarla, ma non può dominarla.
Struggente esso si abbatte su
di te e non puoi fare niente per evitarlo. Mitigato alle bellezza, alla
pietà,
alla gioia, ti scuote.
E temevo
che… che il brivido che mi attraversava la schiena quando il
suo corpo
era accanto al mio, che il fuoco che mi bruciava la pelle quando mi
sfiorava,
potesse essere indice di… di un qualcosa che avrebbe potuto
tramutarsi in
amore. Tremai ancora, mentre mi dirigevo verso la 1635.
Il mio
torace, forse irrazionalmente, si muoveva veloce e non potevo far nulla
per evitare che il cuore battesse tanto forte da farmi male il petto.
Bussai
violentemente ed incessantemente alla porta, fino a che essa non fu
aperta e la figura di Stephanie non mi si presentò agli
occhi. Indossava i suoi
soliti occhiale rossi da lettura, ed aveva i capelli corti e ribelli
raccolti
in una coda scomposta.
Non
sapevo quale espressione fosse dipinta sul mio viso, ma non doveva
essere
una delle migliori perché Stephanie mi fisso allarmata,
sgranando gli occhi.
«Cos’è
successo?» chiese sfiorandomi il braccio, suggerendomi di
entrare.
Feci come
suggeritomi e ed entrai, affondando le mani nelle tasche della felpa.
Mi sedetti sul letto, con sguardo quasi perso e concentrato. Stephanie
si chinò
sulla ginocchia, davanti a me, il viso illuminato dalla flebile luce
dalla
lampada sul comò.
«Audry?
Devo cavarti le parole di bocca, o mi spieghi di tua spontanea
volontà
cosa succede? Se vuoi posso ricorrere ad infiniti modi di
tortura… e lo sai che
potrei farlo.»
La
guardai, sbattendo più volte le palpebre, confusa dalle sue
parole.
«Sto
scherzando.» chiarì corrugando la fronte.
«Morel, mi stai facendo
preoccupare.» continuò quasi in un lamento.
Aprii la
bocca per parlare, esprimere ciò che provavo, ma le parole
mi morirono
in gola. L’aprii nuovamente, per poi richiuderla. Stephanie
mi guardava, in
attesa, la fronte corrugata per l’ansia e la preoccupazione,
così feci un
respiro profondo, chiudendo un attimo gli occhi.
«E
se me ne innamorassi?» chiesi riaprendoli e guardando i suoi
grandi occhi
scuri.
Stephanie
mi guardò perplessa. er un minuto buono non
proferì parola,
mettendomi ancor più in agitazione. Poi sembrò
riprendersi, dal momento di
amnesia in sui era caduta. Alzò un sopracciglio ed
inclinò il capo. «Fammi
capire bene,» esordì, «tu mi hai fatto
preoccupare per… questo?». La sua voce
era pacata. Conoscevo quel tono e non era per nulla una cosa positiva.
Istintivamente presi il cuscino del letto, portandomelo davanti, quasi
a
proteggermi. Mi rannicchiai, su me stessa, fino a asconde il mento
dietro il
cuscino.
«Forse…»
Sobbalzai,
quando all’istante Stephanie scattò in piedi,
fissandomi con una
smorfia di rabbia. «Tu sei totalmente impazzita, ecco cosa
c’è!» ringhiò prima
di scuotere il capo e sedersi sul letto di Jane. «E se mi
innamorassi?» disse
cercando di imitare la mia voce ed il tono che avevo usato.
«Ed io che credevo
fosse successo qualcosa di grave… che dovessi dirmi qualcosa
di importante!»
sbuffò.
Spalancai
la bocca, offesa dalle sue parole… un gesto decisamente
teatrale, il
mio. «E’ importante!» ribattei indignata,
poggiando il cuscino che tenevo fra
le braccia, sul materasso.
«Ed
io sono la regina Elisabetta!» disse guardandomi con fare
serio.
Sbuffai
ed incrociai le braccia al petto, mettendo il broncio. «Io
vengo qui,
per confidarmi con te, e parlare di cose serie… e
tu?»
«Audry,»
disse Stephanie con voce ferma, gli occhi scuri puntai nei miei,
«innamorarsi non è un dramma. Non aver paura di
amare… non aver paura di
mostrare agli altri la meravigliosa persona che sei.», il suo
tono di voce era
dolce come il miele, sincera nell’animo e nel cuore, lo
vedevo dai suoi occhi,
occhi che per me non erano un ostacolo, ma un semplice laghetto
d’acqua
trasparente. Lo specchio di quell’anima pura e genuina.
«Non
temere la vita, Audry, non temere di amare…
perché è ciò che ci rende
uomini… in questo caso donne.». E
fece un risolino alle sue stesse parole.
Un angolo
della mia bocca istintivamente ed automaticamente si sollevò
verso
l’alto e chinai il capo, fissando i miei jeans scoloriti.
«Ma…»
«Niente
ma, ragazza!» disse e avvicinandosi a me, mi strinse in un
abbraccio
carico di dolcezza.
Sorrisi.
?Grazie.» dissi poggiando la guancia sulla sua spalla e
chiudendo gli
occhi.
«Sono
qui, Audry. Ci sarò sempre, lo sai.»
mormorò. «Dai, ti offro un
frullato.» continuò allontanandosi e mettendosi
diritta.
Feci un
risolino e scossi il capo. Era il bello di Stephanie. Era capace,
sempre, di tirati su di morale, ed io non potevo desiderare amica
migliore. Lei
era lì, era lì sempre, per la stramba amica Audry.
«Cioccolato?»
chiesi portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
Stephanie
sorrise. «Assolutamente si.»
Ed
insieme, legate da un’amicizia indissolubile, stretta
l’una all’altra in un
abbraccio, uscimmo da quella stanza.
«E
ricordi quel ragazzo…. come si chiamava?»
ridacchiò Stephanie voltandosi verso me.
«Chi?» chiesi in un risolino.
«Quello che ti spedì a casa le cinquanta rose
rosse.»
«Sam!» dissi io ridendo di gusto. Guardare ai primi
anni di liceo, con una nota
nostalgica, è sempre fonte di letizia, o rammarico, tutto
dipende dagli
avvenimenti che hanno caratterizzato la tua vita e come l’hai
vissuta. Per me,
guardare al liceo, era come guardare nei castelli di morbida plastica
che si
trovavano nei parchi. Dovevi solo preoccuparti di alzarti presto al
mattino e
compiere il tuo dovere di studente. Poi, basta.
«Quel ragazzo era totalmente cotto di te.»
ridacchiò dandomi una leggera
spallata.
«Beh, come dimenticare le cinquanta rose rosse davanti la
porta di casa. Una
cosa che passa davvero inosservata, non credi?» chiesi
ricordandomi
l’espressione divertita di mia madre e Stephanie il giorno in
cui compii
diciassette anni. Non fecero che prendermi in giro per un anno.
«La tua faccia, poi, era a dir poco rossa, Aurdy».
«Ah-ah, divertente» dissi tirandole una leggera
gomitata.
Ci stavamo dirigendo verso il pub-ristorante del college, per una cena
a base
si sandwich, quando, una volta varcata la porta il mio cuore si
bloccò,
osservato da due paia di occhi che ben conoscevo.
Stephanie, accanto a me s’irrigidì, e
ciò non era da lei.
«Oh… merda», sussurrò mentre
rimpiangevo di aver conosciuto quell’azzurro e…
quel nocciola.
*
Ed
eccomi ancora qui, dopo tanto. Questa stupida scuola giuro che mi
farà
impazzire prima o poi ç_ç
Ad ogni modo, non mi perdo in stupide e futili ciarle perché
ci tengo a
ringraziare gli angeli che hanno recensito lo scorso capitolo.
Perdonami, Patt.
Sognartice85:
ciao, Marghe! Sono contenta tu ti riveda
in lei… non sai quanto mi abbia fatto piacere leggere le tue
parole! Spero
anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento… grazie,
davvero, cara.
Grazie di cuore. A presto, e buona fortuna per tutto.
Ryry_: ciao, Sò!
Allora… ti dico
solo che succederanno delle cose abbastanza interessanti nei prossimi
due o tre
capitoli… ovviamente no ti dico cosa, sia chiaro XD La tua
recensione mi ha
fatto morire dalle risate e, come ben sai, mi ha dato anche
dell’ispirazione!
Beh, lei più o meno ha capito di esserne attratta, no?
Grazie cara, grazie
davvero.
lazzari: ciao! *_* grazie per la
magnifica recensione! Mi ha fatto davvero tanto piacere! Beh, dai,
è un po’ difficile
studiare con l’amato Rob davanti. Sfido chiunque a
concentrarsi su un libro avendo
davanti tanta fonte di bellezza ed ispirazione. Okay, la pianto.
Comunque, ti
chiedo perdono per il ritardo, con la speranza che questo capitolo ti
sia piaciuto
quanto gli altri. Grazie.
Nessie93: ciao, Chiarì!
Beh, come
puoi ben notare in ogni storia a capitoli c’è un
po’ d’amicizia… non può di
certo mancare! Sono contenta che la parte finale del capitolo ti sia
piaciuta,
sul serio! Ed ovvio che lei se ne fosse andata… vuole bene
ad Audry, e quale
migliore occasione per lasciarla sola con Robert? Tutti hanno una
conversazione
segreta con un libro, ma pochi lo ammettono XD Grazie per la bellissima
recensione. Sei sempre così gentile *.*
Grazie mille, Chià. Grazie. <3
Londoner: ciao, Fè!
Scusa se ti ho
fatto aspettare così tanto, ma davvero non ce l’ho
fatta a postare. Sono
contenta lo che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e che
l’intera storia ti
piaccia. Per me è davvero moto importante. Grazie davvero
per la recensione,
cara! A presto!
Xx_scrittrice_xX: mia Ely! Che farei
senza te? Sei un tale angelo… sono contenta ti sia piaciuto
il capitolo!
Davvero! E spero con tutto il cuore ti sia piaciuto anche questo! Il
tuo
parere, lo sai, è importante. Beh, i tontoloni…
okay, non parlo o rovino tutto
XD Ti voglio bene, sciocca. Grazie di tutto.
Jordy Klein: bellissimo? O.O oddio… grazie,
grazie! Scusa il ritardo, ma
per problemi (scuola) non ho potuto fare prima. A presto!
Fairwriter: mia amata Juls! Non hai
idea ti quanto mi faccia piacere leggere una tua recensione! Il tuo
parere per
me fondamentalissimo! Se io sono bravissima tu allora cosa sei? XD
Grazie Juls.
Spero tu riesca a leggere questo capitolo. Ti voglio bene, Cip. Tua,
Ciop <3
A voi è tutto, con immenso affetto,
Panda.
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Capitolo 26 *** Capitolo 25 ***
CAPITOLO
25
So excuse me
forgetting, but these things I do
You see I've
forgotten, if they're green or they're blue
Anyway, the thing
is, what I really mean
Yours are the
sweetest eyes I've ever seen.(*)
Elton
John, Your Song.
Il
mio
sguardo si spostava velocemente dal color del mare a quello del
caramello.
Incapace di muovermi o proferiva parole, li fissavo, statuari e belli
come
sempre. Mio malgrado, il mio cuore gridava il nome di uno solo di loro,
avrei
voluto che così non fosse. In quel momento avrei voluto
sprofondare in tre
metri di neve e rimanere lì fino anche non si fosse sciolta.
«Forse dovresti salutare, Audry.» disse Stephanie
dandomi una leggera gomitata,
facendomi riprendere dal momento d’amnesia in cui ero caduta.
Sbattei le palpebre più volte e notai che sia Robert, che
Mark, seduti ad un
tavolo avevano alzato una mano a mo’ si saluto, gli occhi che
brillavano. E fu
inevitabile per me, sentirmi in colpa, mentre i due ragazzi si
scambiavano una
fugace occhiata ricolma di risentimento.
«Si, certo.» risposi alzando la mano. Nel panico mi
voltai verso Stephanie.
«Prendiamo posto, Audry.» sibilò
Stephanie a denti stretti, conscia che gli
occhi dei ragazzi ci scrutavano attenti.
Annuii col capo e ci dirigemmo verso un tavolo libero,
nell’angolo della grande
stanza. Mentre mi allontanavo sorrisi impacciata e imbarazzata ai due,
indugiando, involontariamente, con lo sguardo sul viso di Robert. Mark,
accortosene, si mosse nervoso.
Mi sedetti, dando le spalle al loro tavolo ed osservai Stephanie
guardarli con
la coda dell’occhio.
«Dici che sono nei guai?» le chiese mordendomi il
labbro inferiore e corrugando
in ansia la fronte.
«Non saprei…» mormorò
prestandomi poca attenzione.
Sbuffai. «Ora si che mi sei di grande aiuto».
Poggiai il gomito sul tavolo di
legno invecchiato, reggendomi il mento con il palmo della mano.
«Smettila di
guardare!» ringhiai nervosa.
«Se proprio devo» sbuffò tornando a
guardarmi. I suoi occhi attesero nei miei,
consci che presto una domanda avrebbe rotto il silenzio.
La domanda non tardò ad arrivare.
«Cosa stanno facendo?» chiesi con la fronte
corrugata per l’ansia,
mordicchiandomi distrattamente un unghia.
«Stanno parlando… e bevono una birra».
«Più precisa».
«Sembrano…» Stephanie affinò
lo sguardo, poi spalancò le palpebre.
«Cosa succede?» chiesi sporgendomi verso lei,
sfiorandole il braccio,
spaventata. «Robert gli appena tirato un pugno! Oddio, Mark
ha un coltello!»
sibilò.
Spalancai gli occhi e l’aria quasi mi mancò,
mentre un vortice di emozioni mi
trascinava in un baratro il mio giovane animo. Con la paura e la morte
negli
occhi mi voltai, alzandomi appena dalla sedia, pronta a scattare in
soccorso
di… Robert. Ma, ciò che vidi, era diverso da come
mi aspettavo. Due occhi
incontrarono i miei, confusi. Mi scrutavano limpidi, fra il divertito
ed il
sorpreso. Anche se mi costava ammetterlo, terribilmente adorabili.
Robert mi
osservava, l’ombra di un sorriso sul viso illuminato, Mark
sorseggiava la sua
birra, concentrato sulle venature del legno del tavolo.
Immobile, incapace di muovere un solo muscolo fissai per attimi
infiniti i suoi
occhi chiari, poi scuotendo il capo, come riprendendomi dal momento di
amnesia
nel quale ero caduta, mi sedetti con le gote purpuree per
l’imbarazzo.
Stephanie sghignazzava di fronte a me, ed il suo sguardo vagava dal mio
viso a
quello dei ragazzi alle nostre spalle.
La fissai in cagnesco, e se il mio sguardo avrebbe potuto
incenerire… beh, lo
avrebbe fatto. «Sei assurda» ringhiai con il volto
rosso per la rabbia.
«Avresti dovuto vedere la tua faccia, Audry» disse
ridendo e poggiandosi con un
gomito al tavolo.
«Non è divertente!» sbottai.
«Che macabra figuraccia ho fatto» dissi in
un
lamento, poggiando la fronte sul tavolo e chiudendo gli occhi.
«Eppure Pattinson continua a fissarti»
ponderò.
«Non lo guardare!» esclamai alzando immediatamente
il capo.
Lei fece spallucce. «Okay». E guardò
ancora me.
Fissai i suoi occhi impaziente, poi le parole sgorgarono senza che me
ne
rendessi conto. «Davvero?»
Stephanie fece un risolino e scosse il capo, mentre io colpevole mi
morsi la
lingua, maledicendomi.
«Si».
«Oh. Oh».
«Aspettami qui, bella innamorata del bosco. Vado a prendere
da bere» disse
Stephanie alzandosi.
«Ehi! Bella cosa?», la mia voce risultò
un suono acuto e strozzato mentre con
lo sguardo seguivo Stephanie diretta al bancone. Fece spallucce,
strizzandomi
un occhio.
Sbuffai, poggiando entrambi i gomiti sul tavolo e incrociando le
braccia.
Sentivo sguardi bruciarmi la schiena ed automaticamente mi mossi
nervosa sul
posto. Di certo quello non era il posto adatto al il mio equilibrio
emotivo, ne
ero consapevole. Avrei dovuto uscire dal locale, convincere Stephanie
che non era
il posto adatto per un frappè, soprattutto dopo
l’episodio di pochi minuti
prima. Avvampai ancora di rossore, al ricordo.
Avevo dietro me due ragazzi, indubbiamente bellissimi, che per mio
grande
piacere sembravano immersi una tranquilla conversazione.
Riaffiorai dal mare dei miei pensieri quando sentii dei passi dietro di
me, e
potevo già sentire il gusto di frappé fragola
solleticarmi la gola.
Mi preparai a parlare, ma una voce mi batte sul tempo. Sobbalzai.
«Ciao, Audry». Conoscevo bene quella
voce… e non era la voce che in quel
momento desideravo sentire. Chiusi gli occhi un momento, ispirando, poi
mi
voltai e sentii le fiamme bruciare nei miei occhi.
«Mark.»
Un angolo della sua bocca si sollevò verso l’alto,
in un sorriso beffardo.
«Dobbiamo parlare». Lo disse con tono deciso e voce
ferma. Lo guardai negli
occhi, senza muovermi.
«Non abbiamo niente da dirci.»
«Audry.», la sua voce, un colpo di frusta.
Analizzai le varie possibilità. Uno, stenderlo e dargli il
ben servito con una
mossa di danza classica, magari un bel fuettè.
Versargli sul bel visino d’angelo maledetto delle
fredda birra, urticante
per gli occhi, ma mi accorsi che non ne avevo a portata di mano.
Perciò, con
mio grande rammarico, optai per una terza opzione: ascoltare a
malincuore ciò
che aveva da dirmi.
Sospirai. «Ti ascolto.»
Lui fece una smorfia schioccando la lingua, voltandosi un attimo
guardare
Robert, che aveva gli occhi ridotti a due fessure, disse: «In
privato. Usciamo,
per favore».
Scostai lo sguardo dal suo viso, e senza accorgermene si
posò su quello di
Robert. Mi guardava con espressione indecifrabile, come se desiderassi
comunicarmi qualcosa di importante con lo sguardo.
Mark tossì. A malincuore distolsi lo sguardo.
Sospirai. «Okay.»
Mi alzai e, con Mark alle mie spalle, ci dirigemmo fuori dal locale.
Voltandomi incrocia le braccia al petto. «Cosa
vuoi?» bottai freddamente.
«Forse sono stato un po’… brusco
l’ultima volta, Audry. Volevo chiederti
scusa.» mormorò abbassando lo sguardo. In quel
momento Mark sembrava l’essere
più innocuo sulla faccia della terra.
Sospirai, amaramente, conscia che ero una grande idiota.
«Scuse accettate.»
«Mi dispiace, davvero.»
Mi morsi il labbro inferiore e sospirai, passandomi una mano fra i
capelli. «Ti
credo.»
Incontrai il suo sguardo, serio e si fuse al mio ed io, ignara del
futuro,
rimasi lì immobile.
«Audry…» la sua voce era un lieve
sussurro perso nella tempesta ed avrebbe
dovuto mettermi in guardia, non fino a quando cominciò ad
avanzare verso di me.
«Ti prego…» continuò.
«Non hai intenzione di arrenderti, vero?» chiesi
con voce strozzata,
indietreggiando di un passo.
«No, per il momento.»
Oramai era a poche decine di centimetri da me e potevo avvertire il
forte
profumo di dopobarba. Feci per indietreggiare, ma mi afferrò
per il polso
bloccandomi.
«Lasciami, ora. O colpirai altre parti anatomiche del tuo
corpo.» sibilai a
denti stretti sentendo le mani prudermi.
«Okay, piantala, Mark». Conoscevo bene quella voce,
impressa a fuoco nella mia
mente. Chiara, limpida, decisa. Fu il raggio di sole filtrato
attraverso una
spessa coltre di nubi grigie, quello che ti illumina e riscalda il viso
all’improvviso. Col cuore che martellava contro il mio petto,
causandomi quasi
dolore, volsi lo sguardo oltre le spalle di Mark scorgendo la sua figura snella. Ogni cattiva
sensazione, ogni preoccupazione mi scivolò addosso e non
sentivo più la mano di
Mark stringere in una presa ferrea il mio gomito.
«Vattene, Rob.» ringhiò Mark voltandosi.
«No.», il tono di voce di Robert non ammetteva
repliche. Era un tono che non
credevo potesse appartenergli, mi lasciò scossa, rivelandomi
una delle tante
sorprese di quel strano ragazzo dagli occhi color del mare.
«Lasciala». Lingue di fuoco bruciavano negli occhi
di Robert. Fissava Mark con
sguardo impenetrabile.
«Non ti riguarda». Fu allora, quando Mark strinse
appena la presa al mio
braccio, che riaffiorai dal momento di ipnosi nel quale ero caduta e,
sentendo
le mani prudermi, mi scrollai il braccio di Mark da dosso e lui si
voltò di
scatto corrugando la fronte.
«Non provarci mai più, Mark. Ho rimpiangerai il
giorno in cui mi hai
conosciuta.» sibilai a denti stretti.
«L’impatto del mio piede sul tuo corpo
sarà così forte che non potrei avere
prole.»
Mark mi fissò, sconcertato, la bocca dischiusa.
«Audry…»
«Non hai sentito, Mark?» abbaiò Robert.
Mark si voltò rosso in volto per la
rabbia verso Robert, avanzando verso di lui, con una grande falcata.
Robert
fece lo stesso.
«Ehi!» gridai, frapponendomi fra i due che
distanziavano un paio di metri,
allargando le braccia. «Vi state comportando come
bambini!».
«Togliti, Audry.» sibilò, Mark.
«Sta zitto.» ribatté Robert.
«Gira alla larga, Pattinson. Lei non è
tua», la voce di Mark era carica di
odio, uscii dalle sue labbra come uno sputo.
«Non toccarla, Cleever.», il tono di Robert era
deciso, un tono che non
ammetteva repliche. Mi voltai a guardare il suo viso rosso di rabbia,
il petto
che veloce si muoveva ed il cuore che martellava, come quello di Mark,
a
contatto con la mia mano poggiata sul suo petto. Incontrai per un
attimo il suo
sguardo e la mano a contatto con la sua gabbia toracica
sembrò prendere fuoco.
Uno sbuffo di Mark ci riportò al suo viso.
«Audry, piccola…»
«Non chiamarmi piccola» sibilai facendo scivolare
le mie mani dai loro petti.
Mark mi
guardò con sguardo duro. «Non
sai quello che fai.»
«Vattene.» sillabai con voce chiara, calma e fredda
come il ghiaccio.
Per alcuni secondi, che parvero a me infiniti, i suoi occhi si persero
nei
miei, come cercassero di convincermi a cambiare idea, ma duri, i miei,
impenetrabili non cedettero ad essi. Sentii Robert alle mie spalle
quasi
trattenere il fiato, avrei voluto voltarmi, ma non lo feci.
Mark, finalmente cedette. Sul suo viso era dipinta
un’espressione afflitta.
Scosse il capo, voltandosi, con le spalle basse, come sotto il peso di
un
grosso macigno, si allontanò con spalle rigide, ripetendo:
«Non sai quello che
fai.»
Fissai la sua figura longilinea e statuaria allontanarsi e, quando
voltò
l’angolo, sentii Robert fare un respiro profondo alle mie
spalle.
Mi voltai e lo vidi passarsi le mani sul viso, che si soffermarono a
coprirglielo totalmente.
Il mio cervello mi gridava di star ferma, di non avvicinarmi di un
passo, ti
affondare le mani nelle tasche della felpa, ma il mio corpo, scollegato
dalla
parte raziocinante di me stessa, sprizzante
d’elettricità, si avvicinò piano a
lui. Non potei quasi controllare i miei movimenti, senza pensarsi
sfiorai la
sula sue mani e lui scattò subito, scoprendosi il viso, come
il sipario del
teatro, rivelando due occhi chiari e limpidi, come l’oceano.
Ardevano, come
fiamme blu, e si fusero ai miei. Solo quando ebbi una leggera vertigine
mi resi
conto di aver irrazionalmente trattenuto il fiato.
«Me la sarei cavata da sola.» mormorai con occhi
spalancati, rapita da quel
verdazzurro.
«Lo so.»
L’intensità de suo sguardo, uno sguardo che forse
desiderava rivelarmi un mondo
ignoto, rivelarmi come davvero essa era fatto, mi scosse
l’animo, lasciandomi
disarmata. «Ma non ho potuto non… la sua
mano… il tuo…». Le parole gli morirono
in gola, mentre i suoi occhi accigliati non si staccavano dai miei.
Tremai,
senza saperne il motivo. Attesi che continuasse, ma non lo fece.
«Il tuo…?» chiesi in un soffio.
Robert scosse il capo, facendo un risolino carico di isteria,
passandosi poi
una mano fra i capelli. Corrugai le sopracciglia confusa dal suo
repentino
cambio d’umore.
Con un lungo passo si avvicinò a me, tanto che potei sentire
il suo respiro
caldo sulla pelle del viso. Trattenni ancora il respiro.
«Non ha il diritto, Audry… lui… non
è nessuno per… per…» ancora
la parole gli
morirono in gola, mentre i suoi occhi, a poche spanne dai miei,
ardevano come
fiamme. «Audry, io…»
I suoi polpastrelli mi sfiorarono piano la pelle del viso, lasciando
una scia
lavica sulle mie gote. I suoi occhi vagarono sul mio viso, e
l’ombra di un
sorriso colorò il suo. Con l’altra mano mi
scostò una ciocca di capelli dal
viso, portandomela dietro un orecchio. Sussultai.
«Desideri che mi fermi?» chiese con voce bassa e
roca.
Impietrita, incapace di proferire parola, scossi appena il caso, e le
sue
labbra si distesero in un sorriso sghembo.
Era tutto strano. Era come se guardassi la scena
dall’esterno, e che la ragazza
che agognava le labbra di Robert non ero io. Non esisteva nulla
all’infuori
della bolla si sapone nella quale ci trovavamo. Nessun corridoio,
nessun suono,
nessuna voce. Immersi nel silenzio, nell’incessante
martellare del mio cuore
contro il petto, quasi volesse librarsi nella aria, e sbattere le ali
come una farfalla
in volo.
«Robert… io…» sussurrai
chiudendo gli occhi, godendomi per pochi attimi le
sensazione del suo respiro sulla pelle accaldata, il profumo di pulito
che
emanava.
«Tu?», la sua voce era appena percettibile.
«Audry! Oddio ho creduto che Mark… ops, ho
interrotto qualcosa?»
Riaprii di scatto gli occhi e Robert di allontanò da me in
un istante. Confusa,
tramortita, imbarazzata, furiosa, maledì Stephanie che, ad
occhi sgranati,
vagava con lo sguardo da me a Robert, da Robert a me.
Maledetta…
*
(*)
E
scusami se l'ho dimenticato
ma è una cosa che mi succede
lo vedi, ho dimenticato
se sono verdi o azzurri
comunque ciò che conta,
quello che voglio davvero dire,
è che i tuoi sono gli occhi più dolci che ho mai
visto.
Ringraziamenti.
Winnie
poohina:
ciao!
Grazie mille per la recensione! Sono contenta di sapere che il capitolo
ti è
piaciuto! E spero sia di gradimento anche questo capitolo! Grazie per
avermi
indicato il gruppo, è bellissimo *-* A presto, cara!
Nessie93: ciao, Chiarì!
Hai visto?
Ho postato alla fine! Il nome di Stephanie non c’entra un
pifferetto con la tua
vecchia zia. E’ una storia lunga, legata ad
un’amica reale. Sono contenta ti
sia piaciuto il capitolo, ovviamente. Le tue recensioni sono sempre
così belle
e corpose! *-* Beh, Villon è un poeta francese, non tutti lo
fanno a scuola. In
teoria lo si fa al quarto. Comunque, spero di non averti delusa con
questo
capitolo, davvero. E che Mark ti sia più antipatico. A
presto. Ti voglio bene.
Sognatrice85: ciao, Marghe! Che
piacere leggere la tua recensione, non immagini quanto! *-* Sono contenta ti sia
piaciuto il capitolo,
davvero, per me è molto importante! Spero di non averti
delusa con questo. A
presto, cara… e grazie, grazie davvero di cuore.
lazzari: ciao, Lory! *-* Si, lo so, Audry
è un po’…. Tarda, più che
altro orgogliosa. E’ restia ad ammettere il tutto dato i loro
precedenti. Spero
ti sia piaciuto questo capitolo. L’avevo detto che avrei
postato presto XD
Grazie mille per la recensione, davvero. A presto!
Ryry_ : ciao, Sori! *-* Grazie, grazie davvero!
Sono contenta ti sia
piaciuto il capitolo! Aww… spero non mi odierai
così tanto ora – o forse si -,
è stato fatto per una giusta causa. Ed ovviamente non
finisce tutto qui. E’
solo un assaggio, come mi piace definirlo. Ad ogni modo…
grazie ancora, tesoro.
Davvero. A presto!
Lucy_Scamorosina: ciao! Sono
contenta ti sia piaciuto lo scorso capitolo! E spero ti sia piaciuto
anche
questo! A presto! *-*
Xx_scrittrice_xX: adorata Ely! Ancora:
che
farei senza te? Eh si, il capitolo “amicizioso” ci
voleva. Sono contenta di
sapere che ti è piaciuto… anche se non
c’è il suo amato XD Ovviamente, spero
vivamente non averti delusa con questo capitolo e di aver suscitato
ulteriormente la tua curiosità. Grazie davvero, Ely. Ti
voglio bene.
doddola93: ciao, Dà. Non sai
quanto
mi abbia fatto piacere leggere la tua recensione,non immagini
minimante. Sono
contenta di sapere che il capitolo ti è piaciuto e, se
leggerai questo, spero
vivamente sia di tuo gradimento. Mi manchi, sai? Ti voglio bene.
A voi, con immenso affetto,
Panda.
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Capitolo 27 *** Capitolo 26 ***
CAPITOLO 26
Io l'ho già capito,
ma loro ancora no:
si stanno innamorando.
L'amore
avvolgerà i sogni e la realtà.
E tra voi si
forzerà un mondo di magia…
… e il giorno
poi le ombre dissolverà, spalancherà
la via.
E lui non ha che lei ormai
nei pensieri suoi.
Il Re
Leone, L’amore è
nell’aria stasera.
«Stavate
per baciarvi, non è vero?» chiese
Stephanie.
«No.» risposi secca, mentre mi dirigevo in camera.
«Si, certo, vallo a raccontare a qualcun altro.»
«Ricordo che sei stata tu ad interrompere tutto.»
dissi scuotendo il capo.
«Perciò ammetti che stavate per
baciarvi.»
Mi voltai a guardarla con occhi sgranati. «No, certo che
no!»
Stephanie roteò gli occhi. «Probabilmente non
cambierai mai. Sei così
testarda.» sbuffò.
«Probabile.» risposi facendo spallucce.
«Non capisco. Perché ti ostini a negare anche a me
che stava per baciarti, o
che stavi per baciarlo, o che stava per baciarti, o
che…»
«Va bene, va bene!» strillai con leggere isteria
nella voce. «Probabilmente lo
avrei baciato! Contenta ora?»
Stephanie sorrise. «Sì, ora
sì.»
Scossi il capo ed entrai in camera gettando sul letto i libri e la
borsa. Mi
avviai all’armadio, dopo essermi tolta le scarpe direttamente
dal tallone, e
presi un asciugamano.
«Credo che il tuo cervello non funzioni a modo,
Stephanie.» ironizzai andando
in bagno per gettarmi un po’ d’acqua sul viso.
«Stai dicendo che sono pazza?» chiese. Alzai il
capo, chiudendo l’acqua, per
poi affondare il viso nell’asciugamano. Stephanie comparve
sulla soglia della
porta, poggiandosi allo stipite.
«Io?» chiesi con aria innocente. «No,
assolutamente no.»
«Certo, certo.»
Feci un risolino. «Dovresti essere più
elastica.» aggiunsi facendo spallucce
riponendo l’asciugamano al suo posto.
Stephanie mi guardò accigliata e sconcertata. «Non
ero io quella che ti stava
prendendo in giro?»
Sorrisi, sedendomi sul letto. «Esattamente.»
Stephanie corrugo la fronte e, fissando il pavimento concentrata, mi
raggiunse.
Il materasso si piegò sotto il suo peso.
«Questo, devo ammettere, che non è
piacevole.» ponderò prendendosi il mento fra
l’indice ed il pollice.
Feci un risolino. «Ora sai cosa provo io.», e le
scompigliai i capelli.
Stephanie sbuffò e si stese di lato, poggiando la testa
sulle mie gambe.
«Quando esci con Pattinson?» chiese.
«Venerdì.»
«Sai già cosa metterti?»
Corrugai la fronte. «Pensavo ad un paio di jeans
e…»
Stephanie scatto in piedi, facendomi sobbalzare. Mi guardò
accigliata con la
bocca spalancata, come avessi commesso un’eresia. Sbattei le
palpebre più
volte, confusa.
«Cosa ho detto?» balbettai.
«Tu hai bisogno di un po’ di insano shopping. Su,
alzati.» disse scattando giù
dal letto e strattonandomi per un braccio.
«Stai scherzando vero?» chiesi, e la mia voce
risultò un sono strozzato. Sapevo
che qualcosa non funzionava nella testa di Stephanie, ma non fino a
questo
punto. Mi stava praticamente costringendo a fare shopping. Ed io odiavo
fare
shopping.
«Certo che no.» disse Stephanie facendo spallucce e
infilandosi la giacca.
«Devi essere perfetta.»
«Stephanie…» risposi in un lamento.
«Ti prego, non farmi questo.»
Lei roteò gli occhi trascinandomi fuori dalla stanza, senza
darmi il tempo di
infilarmi la giacca o la borsa a tracolla. «Ti sto solo
facendo un favore»
sbuffò. Ma la cosa che mi lasciò perplessa fu che
ci credeva davvero.
«Guarda quel vestito in vetrina, dimmi se non è
fantastico!»
«Non è fantastico.» sbuffai incrociando
le braccia al petto e spostando tutto
il peso sulla gamba destra, scocciata.
Stephanie si voltò di scatto con sguardo serio e sguardo,
come lo chiamavo io, inceneritore.
«Potresti metterci un po’ più di
allegria, Audry. E poi la frase era retorica.
A dire il vero non dovevi nemmeno rispondere, perché quel
vestito è davvero la
fine del mondo, ed ora, noi, entreremo in questo negozio e tu lo
proverai per
poi comprarlo. Certo che non hai preso proprio nulla da tua
madre.» disse d’un
fiato.
«Scherzi, vero?» chiesi con vocina stridula,
accigliandomi. Osservai un attimo
il vestito color del cielo privo di spalline e, chiudendo le palpebre,
scossi
il capo. «Tu sei pazza.»
Aprii di scatto gli occhi quando Stephanie mi afferrò il
polso trascinandomi
dentro. Persi appena l’equilibrio, ma non potei oppormi alla
presa ferrea della
sua mano, così, riluttante mi feci condurre dentro. Mi
guardai intorno con uno
strano senso di dejà-vù, ma senza capire da dove
derivasse. Osservai gli
scaffali d’entrata… le camicie da uomo, i golfini
da donna. Poi l’occhio mi
cadde sui camerini. Le porte di legno chiare che non coprivano per
intero la
piccola rientranza nel muro… i ricordi mi colpirono in pieno
viso come una
secchiata d’acqua gelata.
Mi alzai in punta di piedi, poggiando le
braccia ed il gomito sulla porta di legno.
Tossii appena per attirare l’attenzione. Robert era poggiato
al muro, udendo la
mia voce alzò lo sguardo incontrando il mio. Per un istante
il mio cuore cessò
di battere.
Con un colpo di schiena si mise eretto, avvicinandosi a me. Si era
sfilato dal
viso i grandi occhiali da sole e il berretto nero.
«Come va?» chiese con voce calda.
Aprii la porta, mostrandogli la maglia. Feci un giro si me stessa.
«Direi che è esattamente uguale a quella di
prima.» disse corrugando la fronte.
Annuii col capo.
Il suo sguardo incrociò ancora il mio. Per attimi che mi
parvero infiniti.
«Direi di sì.»
«Scusami ancora, Audry.» mormorò
facendosi avanti, poggiando anch’gli le mani
sulla porta.
«Non importa.» mormorai fissano i suoi occhi
ardenti.
Okay, ero stata
una sciocca a non accorgermene
prima, ma ,in balia dei sentimenti negativi circa quel vestito e
desiderosa di
essere altrove, magari sul letto della mia camera a leggere un buon
libro, non
mi ero accorta del negozio, dell’entrata,
dell’insegna, tanto meno della
ragazza bionda che si stava avvicinando con un sorriso smagliante verso
di noi,
mostrando una schiera di denti perfetti e bianchissimi.
«Salve. Posso aiutarvi?» chiese guardando prima
Stephanie, poi indugiando con
lo sguardo sul mio viso.
«Ecco, la mia amica qui vorrebbe provare il vestito in
vetrina. E’ possibile?»
chiese Stephanie con estrema educazione. Cosa che probabilmente io non
sarei
stata capace di fare in quel momento, presa dall’irritazione,
pensando alla
sera in cui la vidi per la prima volta, al cinema, accano a Robert. La
perfetta
Barbie bionda… e bellissima. E fu allora, che capii, fu
allora che la gelosia
si rivelò a me, facendomi aprire gli occhi. E mi accorsi che
ero stata gelosa
di lui sin dall’inizio, sin da quella sera, in cui temetti
che lei potesse
avere qualche… legame “speciale” con
lui. Troppo orgogliosa e ceca per capire
cosa il mio cuore provava e cantava come un usignolo in primavera.
La detestavo, senza nemmeno conoscerla. Ecco, quel’era la
verità.
Interdetta, immobile, incapace di muovere un solo muscolo, persa nei
miei
pensieri negativi, pervasa da una gelosia che non credevo di essere
capace di
provare, non mi accorsi che Stephanie si era allontanata seguendo la Barbie.
«Audry?» mi chiamò corrugando la fronte.
Scossi il capo. «Sì, arrivo». E mio
malgrado, riluttante, seguii anche io la
ragazza che avrei tanto voluto decapitare.
Guardavo
sorpresa la mia immagine riflessa
nello specchio. Guardai il mio corpo sottile fasciato dal tessuto
morbido, le
spalle scoperte, sulla quale mi ricadevano i lunghi capelli dai
riflessi
ramati.
«Allora?» domandò Stephanie ticchettando
sulla porta.
«E’… Dio, odio ammetterlo!»
sbuffai irritata sedendomi sullo sgabello
all’angolo del camerino. Vidi, riflessa nella specchio,
Stephanie alzarsi in
punta di piedi e sbirciare da sopra le porte.
Si accigliò. «E’ anche meglio di quanto
pensassi, Aurdy.» mormorò con sorpresa.
Grugnii fissando il riflesso dei suoi occhi. Subito le si illuminarono.
«Dai,
ammettilo.»
«Cosa?» chiesi con indifferenza sapendo
già cosa intendesse.
«Lo sai benissimo. Dai, avanti, ammettilo.»
La guardai con sguardo truce, incrociando le braccia al petto come
fanno i
bambini, grugnendo. «Okay, okay! Mi piace!»
esclamai allagando la braccia per
poi farle ricadere svogliatamente.
Stephanie annuii trionfante. «Ora si che ci siamo.»
annuii alle sue stesse
parole. «Chiamo la ragazza per…»
«No!» parlai, interrompendola, senza poter
controllare il monosillabo che uscii
come cascata dalla mia bocca. Mi morsi
immediatamente la lingua, dilatando gli occhi.
Stephanie sconcertata mi guardò negli occhi, sbattendo
più volte le palpebre.
«Perché?» chiese prima di aprire le
porte ed entrare nel camerino e puntarmi un
dito contro. «Sputa il rospo Morel.»
Messa alle stette, non avendo una bugia plausibile da utilizzare, dissi
la
verità. «Quando andai con Mark al
cinema… ecco… lei era con Robert.»
«Soli? Un appuntamento?» chiese curiosa.
«Suppongo di sì.» risposi facendo
spallucce.
«Waw.» sussurrò sbattendo più
volte le palpebre. Poi il suo sguardo cambiò, come
se la sapesse lunga. «Sei gelosa.»
«Questa non è una domanda.» latrai.
Rise. «Ti piace parecchio, eh?»
«Chi la bionda?» chiesi alzando un sopracciglio, in
realtà sapendo a chi si
riferisse.
«No, idiota. Lui.»
Sospirai. «Si. Più di quanto immagini.»
Stephanie si fece più vicino, carezzandomi la testa.
«Sapevo che ti saresti
innamorata di Robert.»
«Sssh!» l’ammonii. «Potrebbe
sentirti.»
«Chi?»
«Barbie!» bisbigliai. Stephanie roteò
gli occhi.
«Ora se non ti dispiace,» dissi alzandomi e aprendo
un’anta della porta,
«vorrei rivestirmi.» continuai spingendola fuori
dal camerino.
«D’accordo. Ma non c’è bisogno
di tutta questa violenza, Audry.»
Risi, felice al pensiero che presto avrei rivisto il viso di Robert.
Davanti
allo specchio del bagno mi riavviai con le mani i lunghi capelli,
indossando un golfino color della notte. Mi infilai un paio di piccoli
orecchini e rimansi a fissarmi davanti allo specchio. Avevo lo stomaco
annodato
e le guance purpuree, febbricitanti d’emozione. Mi sentivo
una ragazzina di quattordici
anni. Così, scuotendo il capo e dandomi della sciocca, mi
diressi in camera,
afferrandomi poi le scarpe da tennis. Mi sedetti sul letto per
allacciarle.
Mi
sentivo strana, questo era certo, ed avevo paura della reazione di
Robert
non appena mi avrebbe vista. Cercavo di tenere lontano tale pensiero,
immaginando la sua espressione disgustata mista al rimpianto.
«Audry!»
mi ammonii da sola, dimostrando ancora a me stessa che la pazzia stava
per davvero facendo il suo terribile corso.
Immersa
nei pensieri, con lo sguardo fisso sul letto di fronte a me, sobbalzai
quando qualcuno bussò alla porta. Il mio cuore prese a
galoppare frenetico e
sembrava non aver intenzione di rallentare la sua folle corsa. Tremante
mi avvicinai alla porta, e una volta afferrata
con forza la maniglia, l’aprii. Fu strano come
all’istante tutto intorno a me
sparisse, come ogni mia preoccupazione divenisse solo il ricordo di una
vita
passata, che nemmeno sembrava appartenermi. Mi sentii appagata e
felice,
immersa nell’azzurro cielo dei suoi occhi allegri.
Sorrideva
con aria maliziosa e sentii ancor di più le guance
avvamparmi di
rossore.
«Ciao.»
disse.
«Ciao.»
soffiai a corto di voce.
«Stai
benissimo.» mormorò scorrendo con lo sguardo sul
mio corpo, facendomi
muovere sul posto, a disagio.
«Grazie.»
riuscii a rispondere.
Poi
tornando al mio viso, sorridendo con infinita gentilezza mi chiese se
fossi
pronta. Annuii col capo e prendendo con ami tremanti la giacca e la
borsa dalla
testata del letto, mi chiusi la porta alla spalle.
Con occhi
imperturbabili, mi sorrise e mi porse il braccio. Feci un risolino e
scossi il capo, aggrappandomi al suo braccio.
«Anche
tu stai benissimo.» dissi guardandolo negli occhi, ammaliata
dalla luce
che emanavano.
Rise.
«Grazie, Morel.»
*
Ringraziamenti.
Ryry_: cara,
Sò, ciao! Bene… non saprò mai
ringraziarti abbastanza, credimi! Spero di non averti fatta attendere
troppo!
Sono contenta che, nonostante tutto, il capitolo sia stato un
po’ di tuo
gradimento. Spero di non averi annoiata con questo. Nel prossimo
c’è più
movimento. Questa la chiamerei… La Quiete Prima Della Tempesta. A presto, cara!
Mamarty: ciao! *-*
Sul serio ti è piaciuto? Grazie mille per la
recensione! E spero ti sia piaciuto questo capitolo, anche se non
succede nulla
di eclatante. Grazie davvero di cuore! A presto, cara!
Xx_scrittrice_xX: ciao, Ely! Eh
già
eccomi qui, finalmente. Non saprò mai ringraziarti
abbastanza… fai così tanto
per me. Spero di non averti delusa, e ti prego, se è
successo, dimmelo. A
presto, tesoro. Ti voglio bene. E mi manchi.
Londoner: Fè! Oh, non sia
che
piacere leggere la tua recensione! Mi ha fatto tanto piacere, sul
serio! La
scena di Stephanie è uscita così, senza
premeditazione e sono felice ti sia
piaciuta! Spero ti sia piaciuto questo capitolo… anche se il
“principe” non è
molto presente. Grazie mille per la recensione, cara! A presto!
lazzari: ciao, Lory! Tempo al tempo
cara… XD Comunque, l’alienato bacio…
mmm… era quasi arrivato, okay. Ma sarebbe
stato scontato, a parer mio. Grazie di cuore per la recensione e spero
ti sia
piaciuto questo capitolo, anche se non esageratamente elettrizzante
(come se
poi gli altro lo fossero. A presto, bella!
Sognatrice85: ciao, Marghe! *-* Oh,
le tue recensioni sono sempre così… belle. Eh,
Mark, Mark, Mark… è un fungo. E
Stephanie… beh, alla fine lei non poteva saperlo. Sono
contenta di non averti
delusa, sul serio. Spero che questo capitolo, in cui, come ho
già detto, non
succede gran che, ti sia piaciuto. A presto, cara!
winnie phooina: ciao! *-* Sono felice di sapere che
lo scorso capitolo
ti è piaciuto e spero ti sia piaciuto anche questo, davvero!
Grazie per tutto,
cara, davvero. A presto!
Piccola Ketty: oh, ciao! *-* non hai
idea di quanto mi faccia piacere leggere una tua recensione! Non
importa se non
puoi recensire ogni capitolo. Sapere che la segui mi rende comunque
felice,
credimi! Sono contenta di sapere che ti piaccia la storia, per me
è davvero
molto importante. Spero ti sia piaciuto questo capitolo. A presto,
cara. E
grazie mille… di tutto.
Nessie93: ciao, Chià!
Sono
contentissima di sapere che lo scorso capitolo è stato di
tuo gradimento e
spero lo sia stato anche questo. Eh, già, niente pugni per
Robert… ma non è
detto che le avrebbe prese. Non è sempre lo stesso in tutte
le fiction.
Parentesi a parte. E Stephanie… un bacio, a parer mio, non
ci stava molto. A
presto, cara!
carlottina: ciao! *-* dopo essermi
gongolata per la tua recensione, volevo vivamente ringraziarti di cuore
per le
bellissime parole. Sono contenta ti piaccia la storia e la
protagonista… ci
sono così dannatamente legata. Oddio, sono legata a tutti i
personaggi. XD Bob
nei panni di studente mi è sempre piaciuta come idea,
perciò n’è uscita una
fiction, patetica o interessante che sia. Spero che questo capitolo ti
sia
piaciuto, in caso contrario, mi piacerebbe saperlo. A presto! E grazie
davvero
mille!
A voi, con immenso affetto,
Panda.
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Capitolo 28 *** Capitolo 27 ***
La canzone è Your Song
di Elton John.
CAPITOLO
27
So excuse me
forgetting but these things I do
you see I've
forgotten if they're green or they're blue
anyway the thing
is what I really mean
yours are the
sweetest eyes I've ever seen.
I hope you don't
mind that I put down in words,
how wonderful life
is while you're in the world.(*)
Elton
John, Your Song.
«Non
sapevo avessi
un’auto.» dissi osservando la vettura nera che mi
si presentava davanti. Robert
accanto a me fece spallucce aprendomi la portiera dell’auto.
«Prego, Morel.» disse
facendo un
inchino.
Feci un risolino. «Che galanteria, Pattinson.»
dissi. Avrei voluto aggiungere oggi,
ma non mi permisi di farlo,
temendo potesse dar vita a qualche stupida discussione. Quella sera,
era meglio
andare cauti.
Sedutami al posto del passeggero, Robert richiuse la portiera
dell’auto per poi
fare il giro della macchina. Passò davanti al parabrezza e
non potei non
guardare il profilo del suo viso, la sagoma alta e snella del suo
corpo. Mi
costrinsi a non
fissarlo quando si
sedette al posto di guida.
«Come ben sai, non ci vorrà molto per
avvivare.» disse in un sorriso, facendo
partire l’auto.
«Già… vorrei non saperlo.»
mormorai, guardandomi le mani che reggevano la
giacca, sulle gambe.
Robert non rispose subito. Per alcuni istanti fissò
concentrato la strada
dinanzi a sé, ma non seppi dire se meditava circa
ciò che avevo detto o se era
concentrato sulla guida. Poi parlò. «Quando sei
uscita con Mark.» sibilò.
Mi voltai a guardarlo, sorpresa dal tono della sua voce.
«Sì.» annuii alle mie
stesse parole.
Osservai cauta la sua espressione. Sbatté le palpebre
più volte per poi
corrugare le sopracciglia. «Come “non vorresti
saperlo”?» chiese voltandosi un
attimo per guardarmi.
Un angolo della mia bocca istintivamente si sollevò verso
l’alto, senza che potessi
controllarlo. «Non vorrei saperlo. Tutto qui.»
mormorai passandomi una mano fra
i capelli.
Robert annuì impercettibilmente, e non riuscii a vedere che
espressione fosse
dipinta sul suo viso.
«Perché…» esordì
lui.
Deglutii rumorosamente e nervosa mi portai una ciocca di capelli dietro
un
orecchio. «Vorrei non essere mai uscita con Mark, quella
sera. Non avrei…», le
parole mi morirono in gola quando mi resi conto di ciò che
stavo per
pronunciare e che avrebbe potuto rovinare tutto.
«Non avrei?» chiese guardandomi un momento in viso.
Non avrei voluto litigare con te,
avrei voluto dire, ma non lo feci. Mi limitai a rispondere dicendo:
«Niente…
non avrei voluto.». La mia voce era incerta e tremante,
cercai di nasconderlo,
e sperai non se ne accorgesse. Sembrò non farci caso e non
fece domande. Gli
fui grata quando cambiò argomento.
«Allora Morel… parlami di ciò che ti
piace.» disse mostrandomi uno dei più bei
sorrisi che i miei occhi avessero mai potuto ammirare. E
così, grata che avesse
cambiato discorso, cominciai a parlare di ciò che
più mi entusiasmava nella
vita, sotto il suo sguardo vigile, attento… ma soprattutto
curioso.
«Ballavi?» chiese accigliandosi.
Sorrisi, portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
«Quando era
piccola. Cioè, in realtà ho ballato fino a..
sedici anni.» ammisi.
Lui parcheggiò sul ciglio della strada. Il tempo
sembrò volare e mi sorpresi
che fossimo già arrivati. Arricciai le labbra, consapevole
dell’effetto che lui
aveva su di me. Poi si voltò verso di me.
«Sorprendente.» rispose ammiccando.
Feci un risolino, scuotendo il capo. «Sì, certo,
certo.»
«Cosa?» mi chiese con gli occhi fissi nei miei,
illuminati dalla fioca luce di
un lampione.
Rimasi incantata dalla bellezza del suo viso, folgorata dal canto del
mio
cuore. Il cuore mi balzò in gola e la bocca
diventò secca. Fui rapita da quella
visione, come lo ammirassi per la prima volta, vedessi davvero il suo
viso.
«Audry?» chiese corrugando la fronte, preoccupato.
«Uhm…». Cercai di darmi un contegno e
sbattei più volte le palpebre, come per
imprendermi dal momento in cui mi ero, per un attimo, persa in un mondo
perfetto. «Danza classica.» farfugliai.
Robert inclinò il capo. «Sul serio?»
Sorrisi. «Difficile da credere?»
«Un po’. Ma in realtà questo spiega
alcune cose.»
«Cosa?»
«Il tuo modo di camminare. Il tuo essere agile,
aggraziata.»
Sentii le guance avvamparmi di rossore e chinai il capo, guardando il
lembo
della giacca che stavo torturando come le mani.
«Grazie.»
«Non era un complimento.» disse con voce bassa e
roca. Alzai di scatto il capo,
guardandolo scioccata, incapace di credere che avesse pronunciato per
davvero
quelle parole.
Lui alzò immediatamente le mani, probabilmente allarmato
dalla mia espressione,
o conscio che sarei potuta scoppiare di rabbia da un momento
all’altro.
«Scherzavo, Audry.» ridacchiò.
«Oh. Oh.»
mormorai con guance
purpuree, e fui grata che la poca luce non gli mermettesse di notarlo.
Per
alcuni istanti, che parvero infiniti, rimanemmo l’uno negli
occhi dell’altra,
dimenticando perché fossimo lì.
«Forse sarebbe meglio andare. Volevo bere qualcosa, prima
di…», la sua voce
scemò fino a spegnersi.
«Suonare.» completai la sua frase, abbozzando un
sorriso. Annuì col capo e
scendemmo. Chiuse l’auto e ci dirigemmo verso il locale.
«Ascolta.» cominciò grattandosi
imbarazzato la nuca.
Oh, oh, pensai allarmata, timorosa.
«E’ una serata un po’…
particolare.» continuò.
«Cosa intendi?» chiesi corrugando la fronte, mentre
si fermava davanti e
l’entrata e si voltava verso me. «Mi rendo conto
che forse avrei dovuto
parlartene.» disse abbassando lo sguardo.
mi irrigidii, ma cercai di mantenere un tono pacato. «Puoi
farlo ora.»
Sorrise, teneramente. «E’ una serata… rock’n’roll.
Probabilmente non troveremo gente al di sotto dei
trent’anni.»
«Oh.» sussurrai, annuendo paino col capo.
«Tutto qui?» chiesi sorridendo.
Robert si mordicchiò il labbro inferiore, guardandomi sotto
le lunghe ciglia,
ed annuì col capo.
«Sai una cosa Pattinson?» chiesi facendo un passo
in avanti.
«Amo il rock’n’roll. E non sono venuta
per stare con altra gente della mia età.
Sono venuta qui perché me l’hai chiesto tu,
perché volevo ancora sentirti
suonare. Del resto del mondo non mi importa.» mormorai e fui
sorpresa dalla
sincerità dalle mie parole. Mi morsi la lingua, sperando di
non aver parlato
troppo. Ma le parole mi erano uscite di bocca con la violenza di una
cascata e
non potei far nulla per fermarle.
Sul suo viso indecifrabile, fu come se potessi cogliere frammenti di
lotta
interiore. I suoi occhi ardevano e l’intensità del
suo sguardo mi scosse
l’animo, tanto che mi accorsi di trattenere il respiro. Solo
allora mi resi
conto di quanto il suo viso fosse vicino.
«Vieni spesso qui?» soffiai a corto
d’aria, cercando di riempire il silenzio
creatosi.
«Si. Mi piace molto. E mi lasciano usare il
pianoforte.» mormorò con voce
bassa, passandosi una mano fra i capelli e allontanandosi, per poi
voltarsi ad
aprire la porta. Col capo, mi fece segno di entrare.
«Grazie.» mormorai. Quando fui dentro,
m’accigliai sorpresa. Il locale era
affollato, molto più di quanto pensassi. Un forte
chiacchiericcio faceva da
sottofondo. Ai tavoli, sparsi nella stanza, davanti al piccolo palco
improvvisato uomini dai trenta ai quaranta, sorseggiavano birra, uomini
sui
sessanta bevevano scotch e whisky. Ad un tavolo in fondo, ragazzi di
poco più
di vent’anni bevevano super alcolici. Il forte odore di
sigaretta mi colpii in
pieno, tanto che, involontariamente, arricciai il naso. Robert mi prese
per
mano, un gesto casuale, ma che mi scatenò una tempesta
dentro. La mia mano
sembrò prendere fuoco ed il mio cuore accelerò i
suoi battiti mentre avvampavo
di rossore. Sperai non se ne accorgesse. Sembravo
un’adolescente alla sua prima
cotta. Avanzò
nella stanza e salutò con
la mano un tavolo – non riuscii a capire quale – al
centro della stanza.
Arrivati al bancone di scuro legno logoro, chiamò una
ragazza che ci dava le
spalle. Aveva lunghi capelli biondi che lisci le ricadevano lungo la
schiena.
«Candy?», la chiamò. La mia mano ancora
nella sua. La ragazza si voltò
rivelando due occhi chiari come il mare, così dannatamente
simili a quelli di
Robert. Quando riconobbi i lineamenti del suo viso, le labbra piene, la
pelle
rosea e simile a seta, sentii lo stomaco attorcigliarsi su stesso e mi
irrigidii, digrignando i denti.
Barbie.
I suoi occhi si soffermarono un momento sui miei.
«Ciao.» disse guardando anche
Robert.
«Ciao.» mormorai fredda.
Candy si voltò poi verso me, sorridendo cordiale. I suoi
occhi si posarono sul
mio vestito che si intravedeva dalla giacca aperta. «Bel
vestito.» disse abbozzando
un sorriso.
Seria annuii, sentendo le mani prudermi. «Grazie.»
risposi dondolandomi sui
talloni, nervosa.
«Mi porti… due birre?» chiese Robert
voltandosi verso me e corrugando la
fronte. Annuii flebilmente.
«Okay. Solito tavolo.» rispose raggiante Candy,
prima sorridermi ad
allontanarsi. Il suo comportamento non mi piaceva. Troppo gentile,
troppo
cordiale, per una che era uscita con Robert. Magari fra loro
c’era stata una
storia, o magari solo un bacio. Non lo sapevo e, anche se avrei voluto,
chiederlo a Robert era fuori discussione. Così mi limitai a
rimuginare
sull’idiota che ero mentre ci dirigevamo verso il tavolo al
lato del palco.
Sembrava mi perseguitasse, quella Candy, e ciò mi mandava in
escandescenza.
Feci un respiro profondo cercando di cancellare i cattivi e marci
pensieri
dalla mia testa. Ci sedemmo così al tavolo, in attesa delle
birre, che non
tardarono ad arrivare. Quando Candy si allontanò tirai un
respiro di sollievo.
Sì, era invitabile. La odiavo. E ciò che non
potei negare a me stessa, era che
ero dannatamente gelosa.
«Tutto okay?» mi chiese Robert corrugando la
fronte. Annuii col capo prima di
bere un sorso di birra. Con la coda dell’occhio lo notai
osservarmi, con
l’ombra di un sorriso sulla labbra. Sorrisi appena, mentre
bevevo.
«Ho qualcosa sul viso?» chiesi con molta
nonchalance poggiando il bicchiere sul
tavolo.
Robert fece un risolino. «Perché?»
«Mi stavi fissando.» risposi facendo spallucce. Si
portò il bicchiere alla
labbra, senza staccare i suoi occhi dai miei.
«Sì. Ma ti stavo osservando… per altri
motivi. Il tuo viso non ha nulla che non
vada.»
Poggiai un gomito sul tavolo, reggendomi il collo con una mano, mentre
fissavo
i suoi occhi verdazzurro. «E’ una cosa positiva,
Pattinson?» chiesi sorridendo.
«Assolutamente, sì.» mormorò,
e la sua voce fu una dolce e lieve carezza.
«E… questi altri motivi,» dissi facendo
roteare una mano in aria, «possono
essere rivelati al mondo?»
Mi parve di veder lampeggiare nei suoi occhi della malizia, mentre le
labbra di
allargavano in un sorriso sghembo.
«Un giorno, sarò felicissimo di farlo. Se lo
facessi ora, dolce Audry, sarei
costretto ad ucciderti.» disse schioccano la lingua.
«E sarebbe un peccato.» annuii portandomi una
ciocca di capelli dietro un
orecchio.
«Un vero peccato.» rispose lui. Fu lì,
mentre osservavo i suoi occhi limpidi e
cristallini, che mi resi conto di quando fossimo vicini, di quando ci
fossimo
avvicinati durante quel piccolo scambio di battute. Il mio cuore
riprese a
galoppare.
«Credo sia arrivato il momento di iniziare.» disse.
«Forse.» sussurrai col fiato corto.
Un angolo della sua bocca si sollevò verso l’altro
e, mentre si sporgeva verso
di me, il cuore mi balzò in gola. Le sue labbra si posarono
delicate sul mio
zigomo. «Ti tengo d’occhio, Morel. Non puoi
fuggire.» mormorò allontanandosi ed
alzandosi, prima di bere un sorso di birra.
«Non ho intenzione di farlo, Pattinson.» soffia
senza voce. Lui mi strizzò un
occhio e si diresse sul piccolo palco, sedendosi al piano.
L’osservavo ammaliata muovere le mani sui tasti
d’avorio. Non v’era al mondo
visione migliore di lui sorridente, allegro, solare… vivo, mentre suonava Great
Balls of Fire. Muoveva ritmicamente la testa. La fronte
luccicante per via
del velo di sudore. Era bravo e non c’erano dubbi, immerso
nella musica
rock’n’roll dei primi anni sessanta. Con lo sguardo
seguii la linea snella del
suo corpo, il profilo del viso, le labbra sorridenti. La camicia scura
gli
aderiva all’addome piatto, e dovetti darmi un contegno, per
non stramazzare al
suolo in preda ad un attacco di tachicardia. Mentre mi reggevo il viso
con una
mano e sorseggiavo un altro bicchiere di birra, sentii qualcuno posarmi
una
mano su una spalla. Sobbalzai e mi voltai. Un signore di
all’incirca
sessant’anni mi sorrideva.
«Mi scusi, signorina. Dato è qui tutta sola, le
andrebbe di ballare?» chiese.
Mi voltai a guardare il centro della grande stanza e notai che molte
coppie
sgambettavano in quella pista improvvisata. «Non ci sono
doppi fini. Ma le
damigelle sono tutte finite.» aggiunse.
«Certo che ballo con lei!» esclamai alzandomi.
«Io sono Audry.» dissi
porgendogli una mano.
«Michel, ma puoi chiamarmi Mich.»
Annuii e sorrisi. Poi Mich mi porse il braccio e, dopo averlo
afferrato, si
dirigemmo in pista. Iniziammo a ballare. Dire che Mich era un ballerino
provetto di rock’n’roll era davvero poco. Alto
quanto me, apparentemente
mingherlino, mi sballottava a destra e sinistra facendo sgambettare e
saltellare come una matta, ma soprattutto facendomi divertire. Ridevo,
ridevo di
gusto mentre Mich mi faceva ruotare su me stessa. Poi la musica, piano
scemò e
sfociò in una nuova melodia, più calma,
tranquilla. Mi voltai verso il piano
forte ed i ragazzi che dietro di lui suonavano
il resto degli strumenti. Conoscevo bene quella canzone, tanto che il
mio cuore
si sciolse mentre riconoscevo le prima note. Gli occhi Robert
incatenarono i
miei e sentii un brivido percorrermi la schiena, mentre il cuore
martellava
contro il mio petto.
Sì, non c’era dubbio. Mi stavo…
innamorando. E lo ammisi, totalmente, in quel
momento, a me stessa. Disarmata non mi curai che potesse capire tutto
dai miei
occhi, che ero sicura brillavano di una luce diversa. Mi sorrise e vidi
dolcezza e tenerezza nel verdazzurro della sua anima. Fremetti, col
cuore ricolmo
di gioia, leggero come una bolla di sapone. Tutto ciò che
v’era intorno sembrò
sparire in quell’attimo che mi parve infinito.
C’eravamo io e lui, e le note
del caro vecchio Elton ad inondare la stanza gremita di gente.
« It's a little bit funny, this feeling inside. I'm
not one of those, who can easily hide.» intonò al
microfono. Il suoi occhi
erano ancora fusi nei miei ed io, lì, inerme, non riuscivo a
muovere un solo
muscolo.
«Mi concede un ultimo ballo, madamigella Audry?»,
la voce di Mich mi riposto
alla realtà. Mi voltai verso l’uomo ed annuii
piano col capo, abbozzando un
sorriso. Così, poggiai una mano sulla spalla di Mich,
l’altra mano nella sua, e
prendemmo a ballare. I miei occhi però cercavano sempre i suoi, il suo dolce sorriso. Cantava con
estrema delicatezza, la sua
voce era simile al miele, denso, morbido, fluido, dolce.
«I
know it's not much, but it's the best I can do wy
gift is my song and this one's for you.», mi sorrise ed i
suoi occhi brillarono
di una stana luce, brillavano come Venere nel cielo notturno, e mi
mozzarono il
fiato. Le parole della canzone fu come se si fondessero al sangue che
caldo mi
circolava nelle vene, al sangue che il mio giovane cuore pulsava.
«And you can tell everybody, this is your song it may be
quite simple but now
that it's done, I hope you don't mind, I hope you don't mind that I put
down in
words,.», e fu allora che capii. Capii ciò che
avrei dovuto capire sin
dall’inizio. A legarmi a lui non era odio, non era
antipatia… era attrazione. Ero
stata attratta dal suo viso, dai suoi occhi sin dall’inizio,
ma ero troppo
orgogliosa e stupida per ammetterlo a me stessa. E se lo avessi fatto
prima,
probabilmente le cose sarebbero andate diversamente.
E i miei pensieri erano eco di quella canzone, del dolce sorriso che
aveva
accompagnato l’ultima frase. How
wonderful life is while you're in the world…
Che fosse reale? Che fosse sincero? Che fossero per me? Non
lo sapevo, ma
avevo intenzione di scoprirlo.
«Yours are the sweetest eyes I've ever seen.»
Continuai a
volteggiare con Miche,
perdendomi nell’infinito mare degli occhi di Robert. Poi la
canzone andò
scemando. Robert continuava a suonare le dolci noti finali e tutti in
pista
iniziarono a muoversi con estrema lentezza, fino a fermarsi.
Fu allora che mormorò, come perso nei suoi pensieri:
«Audry…»
Mi voltai di scatto spalancando gli occhi, il cuore che batteva troppo
velocemente per essere controllato.
Cosa?
*
(*)
scusami se l'ho dimenticato
ma è una cosa che mi succede
lo vedi, ho dimenticato
se sono verdi o azzurri
comunque ciò che conta,
quello che voglio davvero dire,
è che i tuoi sono gli occhi più dolci che ho mai
visto.
spero che non ti dispiaccia
quello che ho messo per iscritto
Come è meravigliosa la vita
ora ce ci tu sei nel mondo.
Ringraziamenti.
Piccola
Ketty: tesoro, ciao!
Che piacere leggere le tue
recensioni, non hai idea di quanto mi rendano felice! Sapere che leggi
comunque, anche senza recensire, mi rende felicissima, credimi! Visto?
Alla fine
sono usciti insieme! Spero che ti sia ancora col “fiato
sospeso”. A presto,
cara! Grazie, grazie di cuore! Ti voglio bene.
mamarty: ciao! Beh, qui qualcosa in
più c’è stata no? Spero di non averti
delusa. A presto! E grazie mille,
davvero, per le recensione. Grazie!
Xx_scrittrice_xX_ : ciao, Ely! Non
smetterò mai di ringraziarti a modo, sei un angelo, davvero!
Sono contenta che
il capitolo precedente p stato di tuo gradimento e spero di non averti
delusa
con questo. L’appuntamento non è finito,
ovviamente. Grazie di tutto, tesoro.
Ti voglio bene.
Sognatrice85: ciao, Marge! Che
piacere immenso ricevere un’altra tua recensioni! Mi fanno
sempre sorridere!
Spero ti sia piaciuto questo capitolo! A presto, cara! Grazie di cuore,
sul
serio.
lazzari: ciao, Lory!
L’appuntamento
è arrivato e spero sia stato di tuo gradimento, anche se non
è ancora finito.
Beh, sì, Adry l’ha ammesso, finalmente. Grazie
mille per la recensione,
davvero. Spero ti sia piaciuto questo capitolo. A presto!
Ryry_: ciao, So! Grazie mille per
la
recensione! Sono contenta, tutto sommato, tu voglia decapitare la
Barbie,
davvero! Spero di non averti delusa con questo capitolo. Cavolo, devo
ancora
leggere la storia che scrivi con Ely, per colpa della gita mi sono
persa un
sacco… ma oggi dovrei recuperare. Grazie di cuore per la
recensione! A presto,
cara!
Nessie93: ciao, Chià!
Recensione
bellissima come sempre, non saprò mai ringraziarti a modo.
Eh già, i due sono
usciti insieme e non si sono ancora scannati! XD Sono contenta che lo
scorso capitolo
sia stato di tuo gradimento e spero di non averti delusa con questo.
Grazie
mille, Chià, davvero. Ti voglio bene.
winnie poohina: ciao! *-* non sai che piacere sapere
che è stato di tuo
gradimento! Senza te non avrei scoperto quel magnifico gruppo. Ti
ringrazio di
cuore, per tutto! Sono contenta ti piaccia il mio Pattinson! A presto,
cara!
KeLsey: ciao, Eri! Che farei senza
te? Sono contentissima ti sia piaciuto lo scorso capitolo, non potevi
rendermi
più felice! Spero di non averti fatta attendere troppo, ma
con Praga è stato un
po’ un casino. Sei sempre così troppo buona.
Grazie davvero, Eri… grazie. Ti
voglio bene.
A voi, un bacio,
Panda.
Ed ora fuggo!
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Capitolo 29 *** Capitolo 28 ***
CAPITOLO 28
Donami
mille baci,
poi altri cento, poi
altri mille,
poi ancora altri cento, poi di seguito mille,
poi di nuovo altri cento.
Quando poi ne avremo dati migliaia, confonderemo le somme, per non
sapere,
e perché nessun malvagio ci invidi, sapendo che esiste un
dono così grande di
baci.
Catullo,
poeta latino.
Col cuore
palpitante d’emozione, impietrita al
centro della stanza, osservai Robert alzarsi dal pianoforte ed
asciugarsi la
fronte madida di sudore con un tovagliolo di stoffa. Batté
il cinque al
chitarrista e scese i quattro scalini al lato del palco.
Alzò il capo e, quando
incontrò il mio sguardo, sorrise. Il mio cuore
accelerò i suoi battiti e avrei
dato qualsiasi cosa per poter decelerarli. Si avvicinò con
passo lento ed un sorriso
mozzafiato sul viso roseo.
Il fiato
mi mancava, e tramavo, ma non era di certo a causa del freddo.
Accigliata lo guardai fermarsi a poche decine di centimetri da me.
«Hai
intenzione di rimanere qui in piedi tutta la sera?» chiese
grattandosi la
nuca.
Deglutii
e scossi il capo, più a me stessa che a lui, come a volermi
riprendere
dal momento di shock in cui ero caduta.
«Forse
sono troppo scossa per potermi muovere.» mormorai fissando i
suoi occhi.
Robert
rise. «Sono stato tanto terribile?»
«No,
affatto. Mi hai impressionata… è
stato… interessante.» sorrisi avvampando
di rossore.
«Sì,
lo credo anch’io.», il suo sguardo, di
un’intensità sconvolgente, sembrava
volesse comunicarmi qualcosa nascosto nella sua frase,
un’esortazione a leggere
fra le righe.
«Ho
bisogno di bere.» dissi dirigendomi verso il bancone. Non
sapevo se Robert
mi era dietro, non mi voltai a guardarlo, ancora scossa da quella
canzone e dal
modo in cui i suoi occhi mi avevano scrutata. Confusa,
scombussolata… avevo
bisogno di una birra.
Mi
sedetti ad uno sgabello del bancone. Un attimo dopo Robert era seduto
accanto a me.
«Ma
tu guarda un po’… ti lascio un attimo da sola e
tutti ti piombano addosso.
Spero tu non abbia spezzato il cuore del povero Mich.»
Mi voltai
e corrugai la fronte. «Mi ha solo chiesto di
ballare… non c’era…
doppi fini.» farfugliai.
«Vedi
Audrey, spezzare il cuore di un povero sessant’enne non
è di certo una
cosa piacevole…»
Scioccata
dal suo discorso aprii la bocca per replicare, ma lui mi
zittì con un
gesto della mano.
Per chi
mi aveva presa?
Si poggio
con un braccio al bancone. «Ci rimarrà malissimo
se non ballerai più
con lui, perciò… io credo… sia giusto,
nei confronti di Mich intendo, tornare
qui nuovamente, la settimana prossima. Lo faccio per Mich,
eh.» dissi mettendosi
dritto ed alzando la mani come per scolparsi.
Lo
guardai, accigliata, prima di sbattere ripetutamente le palpebre. Poi,
mi
presi il mento fra le mani. «Sai, credo tu abbia ragione. Non
potrei mai fare
questo al povero Mich.» annuii.
Robert
sorrise e rimanemmo, in attimi eterni, a guardarci negli occhi. Verde
nell’azzurro, azzurro nel verde. Ma il tutto fu crudelmente
interrotto.
«Possibile
con non abbia presentato la tua amica, Rob?» chiese
asciugando un
bicchiere.
Entrambi
ci voltammo verso Candy, che sorridente mi guardava. Sentii
l’irrefrenabile voglia di saltare sul bancone e staccarle la
testa a morsi.
Ma che ti
prende,
Audry?, pensai, la gelosia ti fa
andare fuori di testa. Prenderne nota.
«Oh,
sì, che maleducato. Candy, Audry. Audry, Candy.»
«Piacere
di conoscerti.»
«Il
piacere è tutto mio.» mentii sforzandomi di
sorridere. Mi chiesi se notò
che il mio sorriso era totalmente finto.
«Due
birre, Candy.» disse Rob poggiando le braccia sul bancone.
«Ci
dai dentro stasera.» ironizzò lei strizzandogli un
occhio.
Vidi
Robert irrigidirsi e guardarla torvo. «Divertente.
Davvero.» disse
sprezzante. Mi voltai a guardarlo, corrugando confusa la fronte. Cosa
c’era
dietro? Perché tale risposta? E cosa intendeva dire Candy?
Domande che mi
vorticavano nella mente, galleggiavano nel mare dei miei pensieri.
Candy
rise e si allontanò per riempire due bicchieri di birra.
«Che
intendeva dire?» chiesi voltandomi verso Robert. Le parole mi
uscirono di
bocca e non potei fermale, perché in fondo… non
volevo fermale.
«Niente.
Candy è solo molto idiota.» sviò il
discorso fissando le bottiglie
sistemate sugli scaffali dietro il bancone.
Annuii
piano col capo. «Okay.»
«Sei
incantevole oggi.» mormorò. Mi voltai ed incontrai
i suoi occhi. Il mio
cuore incespicò.
«Grazie.»
risposi sentendomi avvampare di rossore. «Potrei dire la
stessa cosa
di te.»
Robert
alzò le sopracciglia.
Corrugai
la fronte. «L’ho detto davvero?» chiesi.
Robert
fece un risolino, annuendo col capo.
«Fantastico.»
mormorai passandomi una mano fra i capelli. Sciocca, Audry.
Per un
attimo calò il silenzio. Sentivo lo sguardo di Robert sul
mio viso e
sembrò che la mia pelle prendesse fuoco.
Mi mossi
nervosa, desiderosa di riempire quell’imbarazzante silenzio.
«Ti ho
detto che sei stato bravo?» farfugliai.
«Sì.»
sorrise.
Arrivarono
le birre e Candy, sorridendo a Robert si allontanò.
Fantastico. «Oh.
Ehm… suonerai ancora
stasera?»
«Potrei.»
«E
dipende da cosa?»
«Da
te.»
«Cioè?»
chiesi avvicinando il bicchiere alle labbra per una lunga sorsata.
«Se
vorrai, sarò felice di farlo. Se non vorrai sarò
felice di non farlo,
Audry.» rispose prima di bere.
«Difficile
decisione.» mormorai accarezzandomi il mento.
«Premetto
però, che non ne ho la benché minima
voglia.» ridacchiò.
«Oh,
ti prego Robert, suona ancora!» dissi inclinando il capo
verso di lui e
sbattendo le ciglia con fare civettuolo.
«Giochi
sporco così.» sorrise. «Ma se
è ciò che vuoi…» fece per
alzarsi,
istintivamente gli afferrai un braccio.
«No!»
esclamai con troppa voce.
Robert si
voltò e mi guardò di sottecchi, poi
spostò lo sguardo sulla mia mano.
La ritrassi all’istante, come se il suo braccio scottasse.
Robert sorrise, una
traccia di malizia sulle labbra, e si sedette senza smettere di
guardarmi.
«Okay.
Resterò.»
«Oh,
non sei costretto.» annuii alle mie stessa parole, in totale
imbarazzo,
prima di bere un’altra lunga sorsata di birra.
«Ma
se ti ho appena detto che non ne ho voglia.»
«Oh,
giusto.» mormorai dandomi dell’idiota. Feci un
risolino nervosa, e Robert
rise. «Non ridere di me.» mi lamentai.
«Non
rido di te. Rido con te.»
Accennai
un sorriso ed il suo sguardo mi mandò ancora in confusione.
Il suo
viso, bello da mozzare, brillò.
«Ti
va di fare un giro?» chiese, seguendo con l’indice
le venature del bancone.
«Sì,
ne sarei felice.» risposi. «Concedimi solo un
minuto. Aspettami qui.»
aggiunsi scattando in piedi per dirigermi verso il bagno. Ero sicura
che mi
stesse guardando, mentre mi allontanavo. Okay, non ne ero sicura, ma ci
speravo.
Poggia le
mani al lavandino e feci un respiro profondo, prima di guardarmi allo
specchio. L’immagine che vidi riflessa mi lasciò
sorpresa e perplessa.
Apparentemente ero la Audry di sempre, però gli occhi verdi
brillavano come
smeraldi alla luce del sole e la gote erano intinte di rosso. Sorrisi e
scossi
il capo. Da quanto non mi sentivo così? Due? Tre anni?
Mi
sentivo leggera, allegra, felice. Mi riavviai i capelli e, sospirando,
uscii
dal bagno passandomi le mani sul vestito, sistemandomelo. Quando alzai
il capo
tutte quelle sicurezze acquisite nell’ora precedente si
sgretolarono come
castelli di sabbia bagnati dalle crudeli onde del mare. Mi irrigidii e
mi
bloccai, incapace di muovermi. Osservai Candy carezzare il viso di
Robert, a
poche spanne dal suo, prima di baciarlo sulla guancia e stringerlo a
sé.
Stupida!, pensai, Stupida, Audry!
Sì,
ero stata una stupida e pensare che ci fosse qualcosa che andava al di
là
della semplice amicizia, delle semplice conoscenza, mi ero illusa. Mi
ero
esposta, avevo spogliata la mia anima durante quella canzone, e credevo
lui
fosse sincero. Mi sbagliavo.
Sentii
irrazionali lacrime inumidirmi gli occhi, premere crudeli per uscire.
Cercai di trattenerla, ma il mio patetico tentativo di nascondere il
mio stato
d’animo fu inutile. Una lacrima di delusione, di rammarico,
di rabbia mi rigò
una guancia. L’asciugai velocemente, prima di dirigermi a
passo svelto verso il
tavolino. Recuperai la mia borsa, la giacca e senza nemmeno indossarla
mi
diressi verso l’uscita. Senti Robert chiamare il mio nome,
ma, troppo infuriata,
non mi voltai. Non mi voltai a guardare Candy, non mi voltai a guardare
i loro
corpi così vicini.
Ogni
volta che qualcosa, nella vita, sembrava andare per il verso giusto, un
nuovo evento la scombussola, scuote l’animo, lasciando
l’amaro ed il dispiacere
della delusione.
Uscii dal
locare, sbattendo la porta. Fui assalita dall’aria fredda
della sera,
ma non me ne curai. Presi a camminare, con la rabbia ch emi ribolliva
nelle
vene. Che
illusa.
«Audry!»
sentii chiamarmi. Conoscevo quella voce e sentirla fu come ricevere
una pugnalata in pieno petto. «Audry!»
gridò ancora, ma non mi voltai.
Continuavo a camminare imperterrita. Poi sentii la sua mano posarsi
sulla mia
spalla e costringermi a voltarmi.
«Ma
che diavolo ti prende?» chiese con fiatone.
Sentii le
mani prudermi e dovetti chiudere gli occhi per evitare di
stritolargli il collo fra le mani.
«Cosa
diavolo mi prende?» esclamai aprendo le braccia al cielo.
«Cosa diavolo
mi prende?»
«Sì!»
rispose rosso il volto.
«Sai
una cosa, Pattinson? Io mi sono esposta. Io mi sono aperta. Diamine, ho
messo da parte l’orgoglio, ho accantonato il passato. E tu?
Vai con la prima
che ti capita, quando mi inviti ad uscire?»
«Cosa?»
chiese lui corrugando la fronte, scioccato.
Fu
lì che capii. Capii ciò che avrei dovuto capire
prima. L’apparente verità mi
si rivelò agli occhi, come il sole che sorge al mattino.
«Oh.
Ora capisco.» dissi più a me stessa che a Robert,
annuendo col capo.
«Quest’appuntamento aveva per entrambi significati
diversi.»
Robert si
passò una mano fra i capelli, nervoso. «Vuoi
spiegarmi?» gridò
esasperato.
«Non
è possibile che stia per dire questo…»
mormorai abbassando lo sguardo.
«Sono uscita con te perché…
perché mi piaci, Robert! Perché, cavolo, credevo
fossi una persona fantastica ed io, scioccamente, mi sono fatta
trascinare dal
battito del mio cuore. Una parte di me gridava di non
fidarmi… ma io ho
ceduto.» la parole mi morirono in bocca, mentre la voce mi
tremava.
«Audry…
io…»
«Ma
davamo al tutto significati diversi, Robert.
Perché… tu hai Candy. Come ho
fatto a non capirlo prima? Da quel giorno al cinema! Sono stata una
sciocca.» mormorai
e mi asciugai la lacrima che spillò da un occhio. Il viso di
Robert era una
maschera di tristezza ed delusione.
«Ho
frainteso tutto.» sussurrai voltandomi per andare via.
«Era
tutto vero, Audry. Ogni parola, ogni respiro, ogni nota. Non
c’era
falsità, non c’era ironia, fraintendimenti. Ti ho
invitata per una ragione, la
stessa che mi ha portato a cantare quella canzone. E non avrei cercato
il tuo
viso, desiderato i tuoi occhi, se non fossi convinto di ogni singola
parola.
Era il mio appello al tuo cuore, non a quello di Candy.» la
sua voce era lieve
e dolce come il miele. Chiusi gli occhi per un istante.
«Audry… non posso amare
mia cugina.», a quelle parole li riaprii di scatto,
irrigidendomi. Fu come aver
sognato quel piccolo suo discorso. Fu come appartenesse ad un mondo
evanescente.
Mi voltai
lentamente ed incontrai il suo viso, imperscrutabile.
«Tua cugina?» chiesi, e la mia voce
risultò
un suono strozzato ed acuto.
Robert
annuì. «Sì.»
Scioccata
ed imbarazzata, fissai un punto indefinito della strada, assestando
il colpo appena ricevuto.
«Oh.»
Idiota!
Impulsiva! Idiota!
«Io…»
esordii rossa in volto per la vergogna. «Oh mio
dio.» mugugnai voltandomi
e avanzando di qualche passo per scappare via da quella scena carica di
imbarazzo, carica di scempiaggine. Sì, stavo scappando.
Odiavo farlo, ma non
avevo alternativa. La mia mente era un guazzabuglio di pensieri, il mio
animo
una tempesta di emozioni e sensazioni.
Ma le
cose non andarono come mi aspettavo. In fondo, nella mia vita, nulla
andava come mi aspettavo.
Sentii la
sua mano ingabbiarmi il polso in una stretta ferrea e, strattonandomi,
mi costrinse a voltarmi. Avvenne tutto velocemente e la mia mente ed il
mio
cuore non ebbero tempo di immagazzinare e codificare azioni, sensazioni
e
pensieri. Fu come essere in balia di un tornado. Non puoi opporti ad
esso,
lasci che ti trascini.
Le sue
labbra furono all’improvviso sulle mie.
Non erano
come avevo immaginavo nei miei sogni più segreti, erano
molto meglio.
Erano morbide, calde. Si plasmarono alle mie con estrema
semplicità e
descrivere ciò che il mio cuore palpitante provò,
è impossibile. Incespicò,
perse un battito, prima di ricominciare a galoppare più
velocemente di prima,
tanto che credevo potesse squarciarmi il petto.
Dimenticai
il mio nome, dove fossi e come fossimo arrivati fin lì. Mi
sentivo
appagata, felice… mi sentivo Audry. Nuda davanti
all’immensità delle emozioni
che si abbatterono sul mio animo.
Le sue
mani si posarono sul mio collo e mi sfiorò con il pollici la
mascella.
Dischiusi appena le labbra, annaspando ossigeno.
Robert
allontanò appena il suo viso, le sue labbra si distanziarono
di qualche
millimetro dalle mie.
«Potevi
deciderti prima.» mormorai con voce tremante.
«Perdonami.»
«Solo
ad una condizione.» dissi aprendo gli occhi ed incontrando i
suoi occhi
color del mare, illuminati dalla fioca luce di un lampione.
«Quale?».
Davanti al suo viso, alle sue labbra, al suo respirò caldo
sul mio
viso, al suo dolce e fresco profumo capii che Olivia aveva ragione. Non
esistono coincidenze.
«Baciami.»
sorrise e mi baciò ancora. Gli gettai le braccia al collo e
dischiusi le labbra, catturando avidamente le sue. Il mio corpo
aderì
totalmente al suo e sembrò prendere fuoco, in balia di un
fiume di lava. Le sue
mani si posarono sulla mia schiena, stringendomi a sé.
Sorrise
nel bacio e mi allontanai istintivamente.
«Se
avessi saputo tempo fa che avresti reagito così, ti avrei
baciata molto
prima.» mormorò sorridendo.
Un angolo
della mia bocca si sollevò verso l’alto e premetti
il palmo della mia
mano sulla sua guancia.
«Com’è
meravigliosa la vita…»
mormorai perdendomi nell’azzurro liquido dei suoi occhi.
«Ora che ci sei tu
nel mondo.»
continuò con voce gonfia d’emozione.
E
catturò, ancora, le mie labbra.
*
Ringraziamenti.
lazzari: ciao Lory! Sono contenta di
sapere che ti sia piaciuto lo scorso capitolo, non sai quanto.
E’ una parte
delicata ed importante questa (ed era
anche ora). Hai colto molto, sai? Entrambi hanno paura di lasciarsi
andare
completamente, ma il tempo, indubbiamente, è dalla loro
parte. Perciò con
questo capitoli, abbastanza importante, spero di non averti delusa.
Grazie
mille per la magnifica recensione, davvero.
Ello: ciao! *-* oh,
un’altra Eleonora! Amo quel nome! *-*
Comunque, ciarle a parte… l’hai letta tutta
d’un fiato? Davvero? Cioè… io non
so cosa dire, solo… grazie! Sono contenta ti piaccia e mi
scuso per l’enorme
ritardo dovuto al fattore scuola. Sono contenta ti piaccia il mio modo
di
scrivere, cerco sempre un linguaggio ricercato… ma non so se
ci riesco, anzi a
parer mio, non ci riesco proprio. Ma scrivere mi fa sentire bene,
perciò eccomi
qui. Spero di non averti delusa con questo capitolo. E grazie, grazie
mille,
davvero.
Nessie93: ciao, Chià! Eh,
già, siamo
arrivati. Bene, che dire? Prima di tutto, grazie. Davvero. Secondo,
davvero ti
è piaciuto? *-* cioè… oooh. Il tuo
essere stata agitata sin dal viaggio in auto
è stato un bene, nel senso… ne sono felice,
qualcosa è arrivato! Possiamo dire
che in questo capitolo entrambi hanno “inteso” e
spero che, il modo in cui
l’abbiano fatto, è stato di tuo
gradimento… qualcosa però mi dice di
sì. Un po’
ti conosco. Grazie, tesoro, per la bellissima recensione. Sei sempre
così
dannatamente accurata che è un piacere leggerle! Ti voglio
bene.
winnie phooina: ciao, Ale! E
finalmente siamo qui. XD Sono contenta ti sia piaciuto lo scorso
capitolo,
cara. Ricevere la tua recensioni mi ha fatto un enorme piacere,
davvero! Spero
ti sia piaciuto questo capitolo, lo spero davvero. Grazie mille per la
recensione!
KeLsey: ciao, Eri! *-* ce
l’abbiamo
fatta, o meglio… ce l’hanno fatta XD
Davvero te ne sei innamorata? Sono contenta ti piaccia…
“questo” Robert,
davvero! Lo sai che per me il tuo parer è dannatamente
importante! Spero di non
averti delusa con questo capitolo. L’aria si è
fatta un po’ tesa anche qui. Ti
voglio bene, Eri. (L)
Xx_scrittrice_xX: ciao, Ely! Sono
contenta di sapere che lo scorso capitolo ti è piaciuto. Che
tu ci creda o no,
mi fa un immenso piacere sapere cosa pensi di ciò che
scrivo. Eh, sì, Robert
l’ha detto veramente… ed, in questo capitolo,
l’ha fatto veramente XD Spero ti
sia piaciuto questo aggiornamento. Grazie.
Fairwriter: mia, Cip! Non sai che
piacere leggere la tua recensione! Sai quanto ci tenga a sapere cosa ne
pensi
dei capitoli! Sono contenta che la parte finale del capitolo scorso ti
sia
piaciuto e mi chiedo che impressione tu abbia avuto di questo. Ci sono
voluto
così tanti capitoli… se tu ti inchini a me, io mi
inchino a te, mia adorata. Ti
voglio bene, Juls… e mi manchi. Tua, Rose.
Piccola Ketty: ciao, Kè! Ma io
non
ti voglio morta, no, no! Non potrei mai volerlo XD Sono contenta ti
piaccia ciò
che scrivo, davvero, ci tengo così tanto al tuo parere. Eh,
sì, l’ha proprio
pronunciato. E in questo capitolo… beh, tanto lo sai.
Grazie, di cuore, Ketty.
Grazie di tutto, davvero. Il tuo aiuto… sta diventando
importante. Ti voglio
bene.
cris91: ciao! *-* Sono contenta ti
piaccia la mia fiction! Anche a me non piace far scoccare tutto
subito… non ha
senso. Che gusto c’è poi a scrivere e leggere?
Sono contenta tu abbia il fiato
sospeso, è una cosa a cui punto quando scrivo. Ti invoglia a
leggere, e sapere
che ti piace… oh, mi rende felicissima! Grazie per la
recensione!
Sognatrice85: ciao, Marghe! Anche io
amo Your Song e sono contenta ti sia piaciuto il capitolo! Un
attimo… ti sei
commossa? Davvero? Cioè… per la storia? Per
ciò che ho scritto io? O.O Sì, ha fatto
il nome di lei e spero ti sia
piaciuto questo capitolo! E’ importante! Grazie di cuore per
la recensione!
Lorelag: ciao! *-* divorata
in due giorni? Okay, ora mi sciolgo.
Sono contenta ti piaccia la storia e il mio modo di scrivere. Ci metto
il cuore
quando lo faccio. Il terrore che i dialoghi ed i pensieri risultino
banali è
tanto, perciò fa sempre piacere avere un riscontro esterno.
Questo Robert… è un
po’ strano… anche un po’ diverso dagli
altri delle mie fiction, cono contenta
ti piaccia. Spero ti sia piaciuto questo capitolo! Grazie mille per la
splendida recensione!
Ryry_: ciao, So! *-* Eh
sì, Robert ha sussurrato il suo nome e il
“capitolo” è arrivato. Son contenta ti
sia piaciuto il capitolo… come la
canzone! Ci ho messo il cuore nel scrivere questo capitolo, e spero sia
stato
di tuo gradimento. Grazie mille, davvero, per la recensione!
ginevrapotter: ciao! *-* grazie
per la recensione, grazie per avermi
detto che pensi di questa storia! Sono contenta di piacciano le
citazioni all’inizio
dei capitoli, mi diverte un sacco metterle… anticipano un
po’ ciò che è nel
capitolo. Sono anche contenta che trovi… bello il modo in
cui è scritta. Per me
è davvero importante! Grazie, grazie di cuore!
candidalametta: ciao! *-* oddio, non
sai che piacere mi ha fatto leggere la tua recensione. Ciò
che hai detto… mi ha
resa davvero felice. Per me è molto importante sapere che
ciò che scrivo riesca
a far staccare il lettore, anche per pochi minuti, dal mondo reale.
Sono
contenta, di esserti riuscita a regale piccole emozioni che ti hanno
fatta…
star meglio. Grazie, anche a te.
A voi, un bacio,
Panda.
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Capitolo 30 *** Capitolo 29 ***
CAPITOLO 29
I want to
recognise your beauty’s not just a mask…
… I
want to satisfy the undisclosed desires in your heart.
Muse,
Undisclosed Desires.
«Allora…
noi
andiamo, Candy.» disse Robert sporgendosi sul bancone, prima
di rivolgermi
un’occhiata divertita. Arricciai le labbra.
«Oh, okay. Ciao, Rob. E’ stato un piacere
conoscerti, Audry.» disse lei
raggiante, voltandosi per guardami.
«Sì, anche per me.» risposi imbarazzata,
portandomi una ciocca di capelli
dietro un orecchio.
«Ci vediamo, cugina.»,
sorrise
Robert, poggiando un gomito sul tavolo e rivolgendomi
un’occhiata colma di
malizia. Mi voltai a guardarlo riducendo gli occhi a due fessure e
fulminandolo
con lo sguardo. Gli tirai un pizzicotto sul fianco sinistro. Lui si
mosse, e si
massaggiò la parte dolorante sibilandomi un
“ahi”. Provai a tirargli un altro
pizzicotto, ma la sua mano fermò la mia, cacciandola via.
Credetti che quel
gioco finisse nel giro di pochi attimi, ma le sue mani indugiarono a
giocar con
le mie, fino ad intrecciare le nostre dita. Trionfante, sorrisi fra me.
«Non sparire, eh!» aggiunse Candy, fingendo di non
aver notato il piccolo
giocoso screzio.
«Okay.» ridacchiò lui carezzandomi il
dorso della mano con il pollice.
Candy mi strizzò un occhio, prima che ci allontanassimo,
uscendo dal locale.
L’aria frizzante pungeva sulla pelle accaldata del mio viso,
e fremevo per il
contatto delle nostre dita, ancora intrecciate fra loro.
Mentre ci dirigevamo verso l’auto, Robert rise.
«Ed ora cosa c’è?» domandai
alzando un sopracciglio.
Lui fece spallucce. «Niente.» sghignazzò.
Rotai gli occhi, sbuffando. «Se ridi per ciò che
penso io, non è di certo una
bella cosa. Molto imbarazzante, direi.» mugugnai chinando
appena il capo e
guardandomi la punta della scarpe, imbarazzata.
«Mi sa che ciò che penso io è
ciò che pensi tu.»
«Cosa pensi che io pensi?»
«Penso che tu pensi che io pensi cosa tu pensi.»
rispose aprendomi la portiera,
che così divideva i nostri corpi, e poggiò i
gomiti su essa.
«Quindi… tu pensi che io pensi cosa tu stia
pensando che io pensi?» chiesi
corrugando la fronte.
Lui rise. «Penso che non abbia senso.»
«Io penso che pensare faccia male.» ridacchiai
chinando appena il capo e
portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
«Sì, direi di si.» disse accarezzandomi
ciocche ribelli, prima di farle
ricadere sulla spalla.
«Ho sempre desiderato farlo.» mormorò
con voce calda.
«Cosa?» chiesi inclinando il capo e corrugando la
fronte.
«Questo.» mormorò premendo il palmo
della mano sulla mia guancia. Chiusi gli
occhi assaporando a fondo quel contatto, riponendolo accuratamente nel
cassetto
dei ricordi.
«Ho sempre desiderato riceverlo.» soffiai col fiato
corto. Quando la sua mano
scivolò dal viso, sfiorandolo piano con i polpastrelli.
Sentii la pelle
bruciarmi, piangeva il contatto perso, durato troppo poco. Ma, quando
aprii gli
occhi, pronta a salire in auto, il suo viso dannatamente vicino al mio,
mi
mozzò il respiro. Le sue labbra erano a pochi millimetri
dalle mie, potevano
sfiorarle. Il suo respirò caldo mi colpii in pieno viso,
dandomi alla testa.
«Ma più di tutto, Morel, ho sempre desiderato fare
questo.» mormorò prima di
premere le labbra sulle mie. Un semplice bacio, un posarsi di petali di
rosa,
ma che quasi m costò caro. Dovetti reggermi alla portiera
dell’auto per non
cadere.
Sorrisi. «Devi spiegarmi molto cose, Pattinson.»
mormori sfiorandogli la
mandibola con la punta delle dita.
«Abbiamo tanto tempo, Morel.»
«Mi piace.»
Sorrise e mi baciò ancora a fior di labbra, esattamente come
pochi istanti
prima. Si allontanò e, una volta entrata in auto, mi chiuse
la portiera.
Tremai, sorridente, e non era per il freddo.
I miei passi risuonavano ovattati grazie alla moquette del lungo
corridoio del
dormitorio. Tenevo la borsa con entrambe le mani mentre giocavo con il
manico di
pelle rigida. Fissavo la punta delle mie scarpe da tennis cercando di
evitare
di guardarlo e, così,
evitando di
aumentare il colore purpureo che mi colorava le gote. Il mio viso
sembrava
essere in fiamme, dannatamente scordante con il resto del corpo.
Anche lui, dal canto suo, era in silenzio. Non fiatava mentre guardava
dinanzi
a sé con sguardo concentrato. Non facevo che osservarlo con
la coda dell’occhio,
desiderosa di piccoli gesti o espressioni che potessero darmi un
pretesto
valido per voltarmi ed osservarlo.
Così, stanca, chiudendo un momento gli occhi, voltai il capo
e fui sorpresa di
incontrare il suo sguardo. Sul suo viso, un sorriso sghembo.
Corrugai la fronte. «Mi stavi per caso osservando?»
ridacchiai.
Lui scosse il capo. «No, certo che no… ma ho i
muscoli del collo che si muovono
da soli, mi spiace, ma non posso controllarli». Fece
spallucce.
Gli diedi una piccola spinta con la spalla. «Bella
questa.» osservai prima di
portarmi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
«Dannatamente bella.» mormorò e la sua
voce parve una lieve carezza, miele
sulla mia pelle.
Alzai lo sguardo su di lui ed abbozzai un sorriso imbarazzata, poi lui
si fermò
e guardò dietro di me. «Ci siamo.»
«Di già?» mugugnai voltandomi e
accorgendomi all’istante di ciò che avevo
pronunciato senza pensare. Strizzai gli occhi, dandomi della stupida.
Poi, mi
voltai.
«Intendevo… è passato in fretta il
tempo.»
Lui annuì sorridendo. «Certo, ovvio.»
Ridussi gli occhi a due fessure. «So a cosa stai
pensando.»
«Sul serio?»
«Certo.»
Lui sorrise ed incrociò le braccia al petto.
«Sentiamo.»
«Tu pensi che io si una totale imbranata e, date le
ultime… performance,
potrei anche darti ragione.
Ma, sai, Pattinson, mai fermarsi all’apparenza.»
annuii alle mie stesse parole
poggiandomi con una spalla allo stipite della porta.
Robert annuì piano col capo, con lo sguardo concentrato su
un punto indefinito
del mio abito. Poi alzò lo sguardo e scrollò le
spalle. «Sbagliato.», e
sorrise.
«No, non è vero.» sbuffai dandogli una
leggere spinta.
«Sì, è vero. Ritenta, Morel.»
disse con leggere malizia nella voce.
Aprii la bocca per parlare, ma la richiusi immediatamente rendendomi
conto che,
in realtà, non avevo nulla da dire.
«Ti serve una mano, Audry?» chiese innocentemente.
Arricciai le labbra. «No.» lo sfidai mettendomi
dritta ed incrociando come lui
le labbra al petto. «Allora,» esordii,
«tu stai pensando che… che… che io non
so a cosa tu stia
pensando!» esultando
puntandogli un dico contro, poggiandolo un attimo sul suo petto.
Sorride, ma scosse il capo. «Non ci siamo ancora.»
«Ah, no?» chiesi accigliandomi.
«No.» mormorò poggiando un braccio sullo
stipite della porta, quasi
sovrastandomi. Il suo profumo mi inondò i polmoni dandomi
alla testa. Cercai di
mantenere un minimo di controllo, ricordai all’istante le sue
labbra sulle mie,
una sensazione che mi si rivelò tanto potente da poterne
gustare il sapore
sulla lingua.
«Potrei dirti cosa sto pensando io.» mormorai con
bocca secca, annegando nel
mare dei suoi occhi.
«Uhm… e a cosa stai pensando, Morel?»
chiese. Il suo viso era vicinissimo al
mio, tanto che in un secondo avrei potuto annullare la distanza che era
a
separarci.
«Che vorrei baciarti.» soffiai col fiato corto.
«Guarda un po’,» mormorò
avvicinandosi piano, «è ciò che penso
anche io.», ed
annullò la distanza che vi era fra noi. Le sue labbra di
mossero piano sulle
mie, quasi avesse paura di romperle. Dolcemente si incastrano fra loro,
mentre
affondavo le mie mani fra i suoi capelli che, in quel momento, mi
parvero della
stessa consistenza della seta. Le sue, invece, si posarono delicate sui
miei
fianchi, attirandomi a sé.
Mi allontanai dal suo viso quel tanto che bastava per guardarlo negli
occhi.
«Mi stai viziando.» mormorai.
«Potrei dire lo stesso.»
«Sei stato tu a baciarmi ora… e prima.
Potrei…», ma non riuscii a terminare,
temendo una sua reazione.
E se quella sera fosse solo un episodio? Se avevo frainteso? Se il
giorno dopo
avesse fatto finta che non si fosse stato nulla?
«Potrei?» domandò con voce roca.
Deglutii rumorosamente. «Potrei desiderarne ancora
domani.» sussurrai
sfiorandoli la mandibola con i polpastrelli. Lui dischiuse le labbra
prima di
chiudere gli occhi.
«Come potrei non desiderarne altri, Audry.» disse
aprendo gli occhi e puntando
lo sguardo nel mio. Il mio cuore, a quelle parole, incespicò
prima di
accelerare vertiginosamente i suoi battiti. Mi morsi il labbro
inferiore
poggiando la fronte nell’incavo del suo collo.
«Hai un buon profumo.» mormorai sulla sua pelle
calda. Robert mi cinse le
spalle e mi strinse a sé, poggiando il mento sul mio capo,
io circondai con le
braccia il suo addome.
«Mi ignorerai domani?» chiesi chiudendo gli occhi e
poggiando le guancia sulla
sua spalla.
«Non ti ho mai ignorata, Audry. Non potrei farlo
mai.» sussurrò al mio
orecchio, carezzandomi i capelli.
Alzai il capo, per guardarlo in volto e sorrisi. «Che
situazione assurda.»
mormorai scuotendo il capo e poggiandomi ancora a lui, ma mi
allontanò da sé
tenendomi per le spalle.
«Che intendi dire?» chiese con l’ombra di
un sorriso.
Allungai le braccia sporgendo il labbro inferiore. «Ehi che
fai?» dissi
circondando con le braccia il suo addome e stringendomi a lui.
Sorrise sommessamente. «Sì, sei strana.»
«Forse.» dissi un risolino. «Comunque
intendevo dire che… tutto ciò è
strano...
e non mi dispiace.»
Rise. «Avevo avuto un sentore.»
«Shakespeare direbbe che è colpa della
luna.» aggiunsi.
Per qualche istante rimanemmo così, immobili, stretti
l’uno all’altra, prima
che mi allontanassi.
«Forse è meglio andare.» mormorai
guardandolo negli occhi.
«Lo credo anch’io.», abbozzò
un sorriso.
«Ci vediamo domani.» mormorai passandomi una mano
fra i capelli, cercando di
ignorare la parte di me stessa che urlava di trattenerlo.
«Sì. Buona notte, Morel.»
mormorò sfiorandomi il viso con una mano.
«Buona notte, Pattinson.» risposi ed attesi quel
bacio che non arrivò.
Corrugai la fronte e sbuffai. «Hai intenzione di non farlo
più?» chiesi quando
fece un passo indietro.
«Cosa?» chiese sorridendo.
«Lo sai.»
«No, non lo so. Perché non me lo mostri?»
Rotai gli occhi e sospirai, poi feci spallucce e mi avvicinai a lui,
alzandomi
sulle punte per baciarlo a fior di labbra.
«’notte». Mi allontanai e sorrisi.
Sul suo viso vi era un’espressione compiaciuta. Fece un
inchino e poi,
strizzandomi un occhio, si allontanò.
L’osservai con il cuore palpitante d’affetto ed
emozione, prima di entrare in
camera. Chiusi la porta e mi poggiai su essa lasciandomi poi cadere.
Con un
braccio poggiato su una gamba piegata osservai la stanza. Poggiai il
capo alla
porta e risi di felicità chiudendo gli occhi e osservando
l’immagine del suo
viso dipinta sulla palpebra chiusa del mio occhio.
La
radiosveglia suonò alle sette in punto e, mugugnando,
tastati il comodino
per poi spegnerla, facendo cadere tutto ciò che vi era
poggiato sul ripiano. Mi
portai il cuscino sulla testa, speranzosa di cadere ancora dolcemente
fra le
braccia di Morfeo, quando, una strana immagine, forse un ricordo, mi si
stagliò
davanti, come fosse… reale. Scattai a sedere e sgranai gli
occhi, per poi
strizzarli con forza. L’immagine, si rivelò
ancora, e capii che non era un
sogno che non era sciocca immaginazione che le sue labbra sulle mie
erano stati
reali, che, quel momento, non era frutto di una speculazione della mia
mente
che piano degenerava. No, era… era realtà.
Mi passai
una mano sul viso, poggiando il gomito sul ginocchio e sorrisi.
«Non
è possibile.» dissi prima di perdermi in un
risolino. «Non è possibile.»
ripetei.
Alzai lo
sguardo e mi voltai verso la finestra. Scesi dal letto e mi diressi
verso il vetro, poggiandoci sopra la mano. Un sole, timido come la luna
a
mezzanotte, illuminava il campus deserto, la strada trafficata da poche
auto.
Osservai un tre ragazzi rientrare nel dormitorio, ridacchiando fra loro
e
tirandosi spinte.
Sorrisi
senza rendermene conto. Mi sentivo il viso in fiamme, scossa ancora dal
ricordo della sera prima.
Sopirai
e, quasi saltellando, mi diressi in bagno per una doccia calda. Sotto
il getto d’acqua calda diedi il meglio di me stessa,
liberando la rockstar
nascosta da qualche parte in me. M’infilai un paio di jeans
scoloriti e una
maglia rossa, prima di afferrare la mia borsa e dirigermi al bar per la
colazione. Mi portai una ciocca di capelli dietro un orecchio, mentre
fischiettavo e mi dirigevo verso la stanza di Stephanie. Non cercarla,
in quel
momento, sarebbe stato folle.
Bussai
ripetutamente alla porta fino a quando delle imprecazioni mi fece
capire
che Stephanie era sveglia.
Di
scattò la porta si aprì e lei fece la sua
comparsa sulla porta,
perfettamente in… disordine.
«Sono
pronta.» disse chiudendosi la porta alle spalle.
Aggrottai
le sopracciglia. «Oh, vedo.» annuii.
«Ascoltami
bene… dieci minuto fa ero, con Alice
nel paese delle meraviglie.»
borbottò passandosi una mano fra i corti
capelli, cercando di darli un ordine.
Annuii
energicamente. «Ora mi è tutto chiaro.»
«Sei
allegra?» chiese quasi scioccata, guardandomi appena
terrorizzata.
«Potrei.»
risposi facendo spallucce e voltandomi per sorriderle.
Lei
sbatté le palpebre confusa, cercando quel tassello mancante
per poter
completare il quadro e capire finalmente cosa stesse accadendo.
«Non dovevi
uscire con Pattinson?» chiese grattandosi la nuca.
«Già.»
sorrisi.
All’improvviso
sgranò gli occhi. «Non dirmi
che…» sibilò gesticolando con le
mani.
Abbozzai
un sorriso e feci spallucce. «Io non ho idea di cosa tu stia
parlando.» mi voltai a guardarla e sperai che dal mio sguardo
capisse che non
volevo ulteriori domande, che l’argomento si concludesse in
quel momento.
Per
alcuni istanti i suoi occhi rimasero nei miei illuminandosi di gioia,
felicità. Chinai d’un tratto il capo, quasi
imbarazzata da ciò che lei aveva
letto nel libro dei miei occhi.
«Io
lo sapevo.»
«Che
sarebbe andata a finire così?» chiesi guardandomi
la punta delle scarpe da
tennis.
«Sì.
In fondo… ci ho sempre sparato e anche se non vuoi
ammetterlo, nemmeno a
te stessa, so che lo speravi anche tu.» disse mentre
scendevamo le scale,
dirette al pub per la colazione.
Non
risposi, conscia che forse aveva ragione… forse.
«Lo
rivedrai ancora?» chiese con fare dolce. Mi voltai a
guardarla ed accennai
un sorriso, quasi involontariamente, al ricordo del suo viso.
«Così
si dice.» risposi portandomi una ciocca di capelli dietro un
orecchio.
Mi era
sempre stato difficile, sì, parlare di ciò che
sentivo. Lo era stato con
mia madre, lo era stato con lei, la mia migliore amica. Non ero una che
esternava i proprio sentimenti con grande facilità, superare
il muro che
divideva il mio animo dal resto del mondo mi era quasi impossibile e,
per
quanto mi sforzassi di aprirmi, il tutto risultava impossibile.
«Bene.
Io lo sapevo!» canticchiò Stephanie facendomi
ridere.
Scossi il
capo prima di sospirare. «In fondo, me l’avevi
detto.»
Lei fece
un risolino prima di circondarmi le spalle con un braccio e stringermi
a sé.
«E
sai perché?»
«No.»
«Perché
ti voglio bene, Audry.»
*
05-06-10, ore 15.15:
grazie, di cuore.
Ti voglio bene.
Salve gente. Eccomi
qui, finalmente. E’ tardi e non ho molto tempo. Domani
mattina sono di “studio matto e disperatissimo”,
per cui ho deciso di postare
ora.
Non ho nemmeno il
tempo di ringraziare a modo. E’ un periodo difficile e il
tempo manca sempre.
Stupido quinto anno.
Perciò un
grazia speciale a:
Piccola Ketty, Ello, Xx_scrittrice_xX, lazzari, Nessi93, winnie poohina,
ginevrapotter, Sognatrice85, KeLsey, Bauci_Selvi, Fairwriter, CinziaBella1987,
Ryry_, candidalametta e uley.
Grazie, di cuore,
ragazze, davvero.
Vostra, Panda.
|
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