A Year of Darkness di Relly (/viewuser.php?uid=101205)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La Scuola delle Ombre ***
Capitolo 3: *** Rivelazioni tra le Piante ***
Capitolo 4: *** Fiamme dell'Inferno ***
Capitolo 5: *** Lacrime e Tempo ***
Capitolo 6: *** Un aiuto dalla Francia ***
Capitolo 7: *** Polvere e Thestral ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Il rumore dei tacchi echeggiava nella stretta scala a chiocciola che
conduceva nei sotterranei. Due figure incappucciate illuminate fiocamente dalle
torce di fuoco verde appese all’alta parete correvano saltando qualche gradino.
In fondo alla scala una porta dava su un corridoio. Di fronte alla scala c’era
l’aula di pozioni, ma le figure la oltrepassarono ed entrarono in una specie di
cantina. Un ragazzo era incatenato al muro, la testa china, alcune gocce di
sangue a terra. Quando le figure entrarono nella stanza non alzò lo sguardo. Una
delle due figure parlò con una voce grottesca, modificata dalla maschera di
bronzo che portava sul volto.
“Fallo, o il signore oscuro potrebbe rivedere la tua posizione!” disse
all’altra. Questa alzò la bacchetta e mormorò con voce preoccupata e tremolante:
“Crucio!”.
Il ragazzo incatenato al muro gridò di dolore, ma smise dopo pochi
secondi. L’uomo mascherato disse: “Non era intenso, ma la prossima volta lo
sarà, a meno che tu non voglia che mi occupi personalmente del tuo ragazzo…” poi
girò su se stesso e uscì dalla stanza. La ragazza incappucciata attese che i
passi dell’uomo cessassero, poi corse verso il ragazzo, si tolse il cappuccio e
sollevò il volto del ragazzo.
“Ron, parlami, ti prego, mi dispiace, non volevo farlo, mi dispiace…”
disse velocemente, e lo baciò sulle labbra. Il ragazzo la guardò debolmente,
ansimando, e disse: “Non preoccuparti, lo so che non avevi scelta. E poi non è
stato molto intenso. Non come quello di Pansy…”.
La ragazza puntò la
bacchetta verso le manette che lo tenevano incatenato e mormorò: “Alohomora!”.
Le manette si aprirono all’istante liberando Ron.
“Grazie, Hermione…” disse, prima di cadere. Hermione lo aiutò a rialzarsi
e chiese: “Come ti hanno scoperto?”. Il ragazzo, barcollando leggermente,
rispose: “I dissennatori. Ho provato a chiudere la mente ma il pensiero di
quello che facevo…” e tirò fuori dalla tasca una piccola scatola viola, la aprì
e ne tirò fuori una piccola rana di cioccolato.
“Allora ce l’hai fatta!” disse Hermione allegra. Ron annuì.
“Si, ma ho dovuto nascondere le casse con il mantello dell’invisibilità.
Ora sono nella rimessa delle barche, domani troverò un modo per farle arrivare
in torre.”. Ma Hermione scosse la testa.
“Non puoi rischiare ancora. Ho un’idea migliore, te la dico quando saremo
al sicuro. Dai torniamo sù…” e uscirono dal sotterraneo, dopo aver ripulito le
gocce di sangue. Quando raggiunsero la scalinata principale si accorsero che
l’enorme quadro di Voldemort dormiva, cosa molto rara. Arrivati al settimo piano
si fermarono di fronte all’unico altro quadro presente nella scalinata, grande
poco più di una persona, raffigurante un serpente che usciva dalla mandibola di
un teschio. Il serpente cominciò a fissare i ragazzi come in attesa. Ron ed
Hermione tirarono su la manica delle rispettive divise e mostrarono al serpente
due tatuaggi sull’avambraccio simili al soggetto del dipinto. Il serpente annuì
e il quadro scattò in avanti, lasciando vedere un’entrata. Per un attimo ai
ragazzi parve di scorgere una luce, ma doveva essere stato solo un gioco delle
torce della scalinata. Quando però entrarono e il quadro si fu richiuso alle
loro spalle, le luci della sala di ritrovo si accesero, rivelando tre persone
sedute. La luce mise in risalto le varie cicatrici di tutti i presenti in sala.
Ron, che era stato torturato da poco, mostrava un taglio nuovo che sanguinava
ancora, e la camicia era macchiata di sangue.
“Pensavamo fosse Bellatrix” disse il ragazzo seduto più vicino a loro,
decisamente sollevato nel vedere gli amici.
“Beh, Neville, non siamo Bellatrix…” disse Ron, sedendosi nella poltrona
rimasta libera. Ginny Weasley, la sorella di Ron, lo squadrava come per trovare
qualche malattia. Accanto a lei c’era Luna Lovegood, che guardava sognante i
ragazzi, mentre di fronte a loro c’era Neville Paciock. Hermione corse nel suo
dormitorio, mentre Ron raccontava ai ragazzi quello che era successo.
“Ma voi? Che cosa stavate facendo?” chiese Ron dopo aver finito il suo
racconto.
“Stavamo controllando se Bellatrix era tornata a scuola. A quanto pare è
uscita di nuovo, l’abbiamo vista prendere un passaggio segreto che conduceva ad
Hogsmeade…” disse Neville, indicando la mappa che aveva di fronte. Alcune
piccole scritte si muovevano in quella che sembrava essere la pianta del
castello.
“E allora perché pensavate che fossimo Bellatrix?” chiese Ron. Neville
indicò un corridoio del settimo piano nella mappa. Ron si sporse per guardare e
notò che era un corridoio molto conosciuto.
“Giusto… la stanza delle necessità. Voldemort avrà detto a Bellatrix come
raggiungerla…” disse Ron. Neville aveva l’aria molto abbattuta quando disse:
“Ovvio… nel momento che siete entrati, Ginny era appena andata in dormitorio a
prendere tre bottiglie di burrobirra che erano avanzate…- indicò le tre bottiglie sul tavolo - quindi
nessuno stava controllando la mappa, e se Bellatrix fosse tornata da quel
passaggio, ammesso che sappia come trovarlo…” e guardò perplesso la mappa.
Certo, Bellatrix era molto intelligente, ma era difficile trovare quel passaggio
segreto, e né lei né Voldemort erano a conoscenza del quadro di Ariana Silente
che portava al pub ‘La Testa di Porco’ a Hogsmeade. Poco dopo, Hermione tornò
con un bicchiere in mano.
“Vieni Ron, sono tentacoli di Purvincolo filtrati in salamoia, ti
allevieranno il dolore e cicatrizzeranno la ferita.” disse Hermione, mettendo
una mano nella pozione e spargendola sul taglio di Ron.
“Grazie mille!” disse il ragazzo. Poi tornarono all’argomento Bellatrix.
“Comunque è strano che sia fuori, non lascia mai il castello, di solito
resta per punire gli studenti che escono dai dormitori!” disse Ginny.
“Allora è una fortuna che sia fuori, Ginny, altrimenti questo taglio
sarebbe stato un po’ più in basso!” disse Ron, facendo passare un dito sotto la
gola. Hermione passò la bacchetta sulla camicia di Ron mormorando: “Tergeo!” e
tutto il sangue venne aspirato. Poi Ron si rivolse a Luna.
“Tuo padre ha mandato una lettera con i dolci, Luna, ma non sono riuscito
a prenderla ancora. È giù insieme alle scatole, domani…” ma Hermione lo
interruppe.
“No, Ron, hai rischiato anche troppo stasera! Senti, ho un’idea
migliore!” poi mormorò, scandendo bene la parola “Kreacher!”. Pochi secondi e
con un sonoro CRACK un’esserino basso con le orecchie molto grandi apparve
proprio accanto ad Hermione. Volse il suo sguardo verso la ragazza e fece un
profondo inchino.
“Mi avete chiamato, padrona Hermione?” disse gentilmente l’elfo. Ron
guardò la ragazza e mormorò: “E il C.R.E.P.A.?”, ricordando la fondazione che
Hermione aveva creato al loro quarto anno di Hogwarts, il Comitato per la
Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti. Hermione senza guardare Ron e con
una scrollata di spalle disse: “Si cambia. Kreacher, ti devo chiedere un favore
immenso… ci sono delle casse nascoste da un mantello dell’invisibilità alla
rimessa delle barche. Contengono molti tipi di dolci! Ci aiuteresti a far
arrivare le casse qui in torre?” chiese la ragazza all’elfo. Kreacher la squadrò
per un secondo, poi mormorò: “Naturalmente… a patto che possiate lasciare un po’
di dolci anche per gli elfi… abbiamo avuto molti problemi a causa dei
dissennatori, e Winky è svenuta tre volte questa settimana!” e guardò Hermione
speranzoso. La ragazza acconsentì, e l’elfo fece un inchino profondo e schioccò
le dita. Istantaneamente, casse e mantello apparvero nella sala di ritrovo.
“Kreacher, puoi prendere quella cassa, se vi basta!” disse Hermione,
indicandone una a terra lì vicino. Kreacher schioccò le dita e la cassa sparì,
poi mormorò: “Grazie, signorina
Granger, Hermione… noi elfi vi saremo debitori per il vostro gran cuore!” e si
smaterializzò. Hermione sorrise per qualche secondo verso il punto in cui l’elfo
era scomparso, poi si girò verso le casse, ne aprì una con la bacchetta e ne
fece uscire cinque scatole di cioccorane, che fece poi planare verso di loro.
“Beh, Bellatrix è tornata adesso, quindi credo che possiamo anche tornare
a letto!” disse Neville, guardando la mappa. Appoggiò la bacchetta sulla
pergamena e mormorò: “Fatto il misfatto!”.
Le figure sulla mappa
sparirono come anche le varie stanze disegnate sopra. Ginny prese un foglio che
aveva poggiato sul tavolo e lo arrotolò.
“Meglio non perdere il compito di babbanologia, altrimenti mi dimentico
come posso evitare di prendere il cattivo odore tipico dei babbani!” disse con
sarcasmo, poi si spruzzò del profumo e mormorò: “Con questo la mia anima
dovrebbe essere salva…” e si alzò dalla poltrona. Anche Luna si alzò, si avviò
verso le scatole e prese una lettera chiusa in una di quelle.
“Bene, papà dice che va tutto bene e che il Cavillo vende ancora… questa
settimana l’ha mascherato in modo che sembrasse la gazzetta del profeta!” disse
allegra.
“Guardate, me ne ha mandata una copia!” disse, mostrando una rivista con
la copertina coperta dalla foto di Voldemort e la scritta
“Colui-che-deve-essere-ammazzato!” e altre scritte che da lontano apparivano
incomprensibili. Anche gli altri ragazzi si alzarono, ma il rintocco della torre
dell’orologio gli ricordò che erano le tre di notte.
“Andiamo a dormire, dai!” disse Hermione “Ron, ci pensi tu a spegnere le
luci?”. Il ragazzo annuì, prese uno strumento simile ad un accendino dalla tasca
e lo fece scattare, e la luce lasciò spazio alle tenebre, mentre le porte dei
due dormitori si chiudevano.
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Capitolo 2 *** La Scuola delle Ombre ***
La scuola delle ombre
La
Scuola delle Ombre
Quando
la mattina dopo i ragazzi si svegliarono, il cielo era come al solito nuvoloso,
tetro, grigio. Ron e Neville scesero prima dei compagni, molti dei quali ex
studenti di Corvonero e Tassorosso. Da quando Lord Voldemort era tornato al
potere, la scuola non aveva più le quattro case. Tutti erano uniti sotto il
simbolo verde-argento di Serpeverde, le divise delle ragazze erano state
sostituite da un abito molto simile a quello usato solitamente da Bellatrix,
lungo e scollato, più adatto ad un ballo che ad una scuola. Hermione, Ginny e
Luna scesero poco dopo i ragazzi e si avviarono tutti alla prima lezione della
giornata (la colazione era stata momentaneamente abolita in seguito ad un
tentativo di un gruppo di ex Corvonero di entrare nelle cucine per avere un
croissant alla crema, tutti i dolci erano stati aboliti dai Mangiamorte perché
rendevano i ragazzi troppo allegri), così si incamminarono verso l’aula di
Incantesimi.
L’
insegnante era ancora il professor Vitius, ma ora i suoi alunni imparavano come
nascondere cadaveri rendendoli invisibili e distruggere le persone con delle
formule speciali invece degli incantesimi come il Wingardium Leviosa o
l’incantesimo Accio. Quel giorno la lezione era incentrata sul Marchio Nero,
come imponeva il nuovo programma approvato dal nuovo Ministero della Magia, il
tutto sotto la supervisione di un Mangiamorte che doveva controllare e punire
coloro che non fossero ritenuti degni dell’incantesimo.
“Il
Marchio Nero è una magia oscura che evoca il marchio del Signore Oscuro, ovvero
un teschio immenso con un serpente che esce dalla sua mandibola. Esso
rappresenta il riferimento per ogni mangiamorte, e in genere viene usato in caso
di omicidio o di richiamo. La formula per evocarlo è Morsmordre. Naturalmente per oggi vi
eserciterete parlando a bassa voce, in modo da crearne uno piccolo… uno troppo
grosso potrebbe spaventarc… spaventarvi tutti…” si corresse il minuscolo
Professor Vitius, in preda ad un attacco di panico alla vista della bacchetta
del mangiamorte.
Così
i ragazzi cominciarono a provare l’incantesimo. Hermione ci riuscì al primo
colpo. Ginny riuscì a far uscire una certa quantita di fumo dalla bacchetta che
si condensò in un teschio sconnesso, e così fecero gli altri. Tutti tranne
Neville, che al primo tentativo riuscì soltanto a far uscire fumo bianco dalla
bacchetta, ed il mangiamorte non lo trovò idoneo all’incantesimo.
“Ma
bravo… allora non sei totalmente fedele all’Oscuro Signore, eh? Beh, vediamo
come lo sarai tra poco… Sectumsempra!” tuonò puntando la bacchetta contro
Neville. Hermione gridò, Ginny trattenne Ron che stava per fare un passo avanti
e gli mormorò: “Non possiamo farci niente…” e dagli occhi di Luna scesero
lacrime silenziose.
Il
ragazzo cadde a terra con due tagli che gli squarciavano il volto e la camicia,
totalmente insanguinata. Il mangiamorte uscì per fare rapporto e i ragazzi si
gettarono sull’amico. Con un colpo di bacchetta, Hermione richiuse le ferite e
vi spalmò sopra dell’essenza di Dittamo (ormai ne portava sempre una fiala con
sé, per le emergenze), Ron gli passò una Cioccorana per farlo riprendere e il
Professor Vitius pose fine alla lezione per occuparsi del ragazzo.
Dopo
dieci minuti Neville era tornato in forze, sia per le cure che gli erano state
prestate, ma anche grazie alla Cioccorana. Poi, finalmente, la campana suonò, il
che voleva dire Trasfigurazione, ma il Professor Vitius trattenne in classe i
cinque ragazzi con la scusa di aiutarlo a ripulire il sangue sul pavimento.
“Allora,
ragazzi, so perfettamente che rischio la vita dicendovi questo - bisbigliò il
piccolo professore in un sussurro appena udibile - infatti spero sappiate far
buon uso dell’Occlumanzia per nascondere queste informazioni, ma vedete… ho
sentito la Professoressa Sprite parlare con alcuni Mangiamorte. A quanto pare
stanno organizzando una gita, una specie di dimostrazione… non ne so di più
perché parlavano molto piano e quando ho svoltato l’angolo hanno chiuso la
bocca. Comunque volevo solo avvertirvi, forse la professoressa Sprite però
potrebbe darvi qualche informazione in più…”
Poi
alzando la voce aggiunse: “Grazie dell’aiuto, ragazzi. Ci vediamo alla prossima
lezione” e strizzando l’occhio si diresse verso la cattedra. I ragazzi si
avviarono verso Trasfigurazione senza dire una parola, ma guardandosi un po’
stupiti, un po’ preoccupati. Si stavano chiedendo tutti la stessa cosa: dove
potesse essere una gita per un gruppo di potenziali mangiamorte? Sicuramente non
Diagon Alley o Hogsmeade… forse Notturn Alley, che era un posto abbastanza
oscuro… ma una dimostrazione a Notturn Alley cosa poteva essere, imparare a
rapinare con il Crucio? Difficile che potesse essere questo…
Ed
infine giunsero di fronte alla porta dell’aula di Trasfigurazione,
sovrappensiero, la mente ancora invasa dal pensiero della gita. Anche per quella
materia c’era ancora Minerva McGranitt ad insegnare, e anche per quella materia
non si imparava più a trasformare scarafaggi in bottoni, ma corpi in ossa da
nascondere o da dare al proprio Crup domestico. Quella lezione era incentrata
sulla trasformazione di un animale invertebrato in un osso di piccole
dimensioni. Hermione ci riuscì al primo colpo, Neville no, ma l’assenza di
mangiamorte nelle vicinanze lo salvarono dalla punizione, e la Professoressa
McGranitt non avrebbe certo fatto la spia. L’assenza di mangiamorte diede anche
a Ron ed Hermione modo di parlare dei nuovi sviluppi.
“Potrebbe
essere ovunque, a Notturn Alley, alla Gringott per vedere chi è degno di rubare
tesori, al Ministero della Magia…” mormorò Ron, sovrappensiero. Hermione era di
tutt’altro parere.
“No,
a Notturn Alley sarebbe inutile, metà dell’elenco scolastico riguarda oggetti
oscuri che si trovano solo lì, ci andiamo spesso… alla Gringott ci portano le
Quinte, noi siamo solo in Terza… per quanto riguarda il Ministero… potrebbe
essere un’idea! Chissà, potrebbero portarci in una delle sale di tortura, così
vediamo come possiamo torturarli quando usciremo da questo inferno…” suggerì,
puntando la bacchetta contro la sua lumaca senza guscio, che si trasformò in un
piccolo osso bianco. Anche Ron fece un tentativo, ma invece di trasformarsi, la
sua lumaca esplose ricoprendolo di bava.
“Dopo questo, credo proprio che mi darò
alla macchia!” esclamò, pulendosi con la bacchetta. Dopo circa un’ora in cui non
erano giunti a nessuna conclusione, tranne per Hermione, il cui osso era
perfetto, la campana suonò di nuovo, segnando l’ora di pranzo.
“Finalmente!
- fu il commento di Ron - sto morendo di fame!” e lasciarono l’aula, diretti
verso la Sala Grande. Anche questa era cambiata molto rispetto alla Sala Grande
di un tempo. Le vecchie candele luminose e calde adesso emanavano una luce
verdastra che rendeva tutta la sala più tetra e fredda. Il tavolo dei professori
era stato spostato un po’ più avanti rispetto alla posizione originale, e dietro
di esso era stata messa un’alta statua della Morte che veniva usata come
altoparlante da Voldemort quando aveva annunci da fare alla scuola, cioè quando
non era occupato al ministero o in un omicidio, quindi molto raramente. Anche il
soffitto era cambiato: era costantemente nuvoloso, grigio, proprio come il cielo
al di fuori di esso. L’unica cosa rimasta intatta era il pranzo, preparato dagli
elfi domestici nelle cucine, che era ancora buonissimo. Quando tutti gli
studenti ebbero preso posto, dal tavolo degli insegnanti si alzò Voldemort, che
cominciò a parlare, mentre la grande statua alle sue spalle si apriva, imitando
il movimento delle labbra del nuovo preside.
“Questa
notte un altro negozio di Hogsmeade è stato chiuso e il proprietario arrestato e
scortato ad Azkaban. Per chiunque avesse avuto bisogno di articoli di Mondomago,
vi rimandiamo ad un negozio di Diagon Alley approvato dal Ministero della Magia.
Troverete il suo nome nell’elenco sulla porta di Mastro Gazza e sulla bacheca
delle vostre sale di ritrovo” gridò, la voce amplificata dalla statua. Sulla
sala calò un gelo totale, seguito poi dai soliti mormorii che da tre anni
rendevano ancor più deprimente la sala.
“E
pensare che mi stava tanto simpatico…” disse Hermione, triste. “Uno dei pochi
negozianti ancora dalla nostra parte…”.
Ron
si riempì il piatto e mormorò: “E’ inutile Hermione, siamo rimasti solo noi,
ormai. Quasi tutti si sono convertiti per paura o per potere. non credo che si
metteranno contro il Signore Oscuro tanto facilmente…” e cominciò a mangiare al
suo solito modo.
Ginny
mormorò, spettrale: “Beh, almeno adesso sappiamo dov’era Bellatrix ieri sera…”
ed iniziò anche lei a riempire il suo piatto.
Note
dell’Autore:
Per prima cosa, grazie mille a tutte coloro che hanno recensito e che stanno
seguendo la mia storia. È molto importante per me, che mi sono affacciato appena
su questa nuova passione. Per seconda cosa, vorrei rispondere ad alcune delle
vostre domande. I mangiamorte hanno preso possesso della scuola e Voldemort è il
nuovo preside/ministro della magia, dato che in passato affidare questo ruolo ad
altri ha portato a troppi errori. Harry non è scomparso, capirete cosa gli è
successo al prossimo capitolo, per intanto… bè, un po’ di suspance non fa mai
male! E terza ed ultima cosa, sono un ragazzo. Ci sentiamo al prossimo capitolo!
Ancora grazie!
relly
|
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Capitolo 3 *** Rivelazioni tra le Piante ***
Rivelazioni tra le piante
Rivelazioni tra le piante
Due
giorni dopo le rivelazioni di Voldemort sui negozi di Hogsmeade, non erano più
accaduti fatti di alcun genere. I ragazzi non potevano parlare con la
professoressa Sprite prima della successiva lezione di Erbologia, quindi per
adesso l’unico lume di speranza di un gruppo ristretto di studenti restava il
fatto che erano giunti al 31 di ottobre, occasione di festeggiamenti clandestini
per la festa di Halloween, bandita dalla comunità magica dal nuovo regime. Ron
era riuscito a farsi inviare altri dolci per la festa, e questa volta senza
tornare in sala comune con tagli o maledizioni, mentre Hagrid aveva coltivato e
stregato delle zucche in gran segreto. Così mentre Hermione andava a lezione di
Rune Antiche, Ron si diresse alla sala comune con i pacchi nascosti dal mantello
dell’invisibilità (un paio di studenti vennero colpiti, ma diedero la colpa a
Pix), e Ginny, Neville e Luna si
occuparono di portare di nascosto le zucche nella scuola, con l’aiuto del
guardiacaccia. Quando Hermione uscì dalla lezione era quasi tutto pronto per la
serata.
“Ottimo,
abbiamo già praticamente tutto! Allora, pensavo che per i festeggiamenti di
quest’anno potremmo rimettere degli stendardi, l’anno scorso sono piaciuti!
Luna, ci pensi tu? Così io mi occupo delle zucche…”.
Naturalmente,
Luna assentì e si mise subito a lavoro. Quella sera la sala di ritrovo non era
più illuminata solo di verde, ma anche di rosso, giallo e blu, i vecchi colori
delle case di Hogwarts. Le zucche prese quello stesso giorno erano state
incantate da Hermione, e adesso illuminavano la sala fluttuando liberamente in
aria. Luna aveva dipinto degli stendardi con il vecchio simbolo di Hogwarts: il
leone, il tasso, il corvo e il serpente, tutti uniti attorno ad una H. Avevano
deciso di metterci anche Serpeverde perché a quel tempo era comunque una delle
case, non la sola.
“Quelli
sì che erano bei tempi…” la voce di Ron si fece sognante guardando quel simbolo
di speranza
“A
quei tempi ci ammazzavamo con i Serpeverde, poi li battevamo a Quidditch, e ogni fine anno rischiavamo la vita in
qualche modo… ora invece la rischiamo tutto l’anno! Ah beh, beviamoci su!” e si
diresse al banco degli alcolici per versarsi dell’idromele aromatico (evitava
quello barricato da quando era finito avvelenato a sedici anni nell’ufficio del
Professor Lumacorno). Neville invece cercò Ginny con lo sguardo, e la trovò
seduta vicino ad una finestra, in lacrime, lacrime silenziose, che cadevano
lentamente sul pavimento di parquet. Lo sguardo era rivolto al cielo oltre il
vetro, un cielo ormai troppo conosciuto e troppo disprezzato. Sopra le nuvole
che ormai da tre anni ricoprivano tutta la Gran Bretagna, si stagliava un
immenso Marchio Nero, la luce verde che non lasciava capire quando era giorno e
quando era notte, se non per il fatto che di tanto in tanto un raggio di sole
usciva furtivamente dalle nuvole dense e scure come un mare profondo. E quel
marchio, visibile solo ai maghi, era quanto di più terribile e frustrante ci
potesse essere in quel momento. Fino quando era visibile, Lord Voldemort
regnava. Neville si avvicinò così alla ragazza e tentò di rassicurarla.
“Ginny,
Harry è salvo, lo sai. Lui non si lascerà sconfiggere da quei dissennatori. La
prigione di Azkaban…” ma non trovò altre parole. La ragazza annuì in silenzio,
poi dopo qualche secondo mormorò, la voce straordinariamente limpida nonostante
le lacrime che sgorgavano dai suoi occhi: “Si, lo so… ma non posso non pensare
che lui… che… non merita tutto questo! Mi manca, mi manca tutto di lui, il suo
volto, la sua voce… il suo bacio… ricordo ancora l’ultimo, al suo compleanno…
l’ultimo bacio prima di…” ma fu troppo. Si
alzò, correndo verso il dormitorio delle ragazze, senza degnare di uno
sguardo il tavolo, dove era stata posta una foto di Harry contornata da numerose
candele accese, ad illuminare una targhetta in ottone scritta da Hermione che
riportava la seguente frase: ‘Venti anni fa un grande mago sconfisse
inspiegabilmente il signore oscuro, e tre anni fa riuscì quasi a sconfiggerlo
nuovamente. Oggi quel mago è stato arrestato per l’idiozia di un regime
dittatoriale che nessuno ha mai voluto ma che tutti devono accettare. Ma non
possono avere i nostri cuori, e finchè essi resteranno nostri, continueremo a
gridare buona fortuna a Harry Potter, il ragazzo che è sopravvissuto’.
Luna,
che per tutta la sera aveva parlato con dei compagni, Ernie Macmillan e Rolf
Scamandro, stava rileggendo nuovamente quella frase quando si accorsero che
erano quasi le tre di notte. Spensero le candele, fecero sparire le zucche e
nascosero la foto di Harry, e quando tutto tornò alla normalità i ragazzi
poterono tornare nei loro odiati letti.
La
notte passò molto velocemente. i ragazzi dormirono poco, un po’ per l’ora che
avevano fatto, un po’ per l’insonnia che ormai li affliggeva da anni, dovuta
alla preoccupazione. Fattostà che la mattina dopo, quando arrivarono alle serre
di erbologia, si sentivano leggermente stanchi. La Professoressa Sprite li
salutò come al solito sorridendo per cercare di rincuorarli, anche se spesso ad
aver bisogno di un sorriso era proprio lei. Era una situazione imbarazzante
alcune volte, ma ormai gli studenti non ci facevano più molto caso. Così la
lezione passò normalmente, e Neville riuscì per primo a far crescere la sua
pianta di Tranello del Diavolo, dimostrando in una scuola votata ormai alla
magia oscura, come era diventata Hogwarts, la sua spiccata attitudine all’Erbologia.
Ma a fine lezione la Professoressa Sprite trattenne Ron, Hermione, Ginny,
Neville e Luna con la scusa di farsi aiutare per mettere a posto i vasi.
“Non
potevo parlare con quei deficienti in classe… stupidi mangiamorte! Un altro anno
così e giuro che mi faccio ammazzare io!” esclamò, con rabbia
crescente.
“Comunque vi ho trattenuti qui perché so
che voi volete far tornare Harry tra noi, e forse io so qualcosa che vi potrebbe
aiutare…” disse. Hermione prese un attimo la parola.
“Il
professor Vitius ci ha detto di parlare con lei proprio di questo” bisbigliò, e
la professoressa annuì. I ragazzi erano tutti orecchie.
“Allora,
sappiamo tutti che al terzo anno della vera Hogwarts voi avevate i l permesso di
accedere al villaggio di Hogsmeade come gita scolastica, giusto? Bene,
quest’anno ci sarà un piccolo cambiamento… non verrete portati ad Hogsmeade ma
ad Azkaban. In gita ovviamente, e vi consiglio caldamente di non comportarvi
male in questi giorni per non allungare il periodo di gita a tutta la vita. Però
ora viene la parte brutta… A quanto pare, Voldemort vuole rendersi ancora più
potente agli occhi degli studenti, e vuole commettere un omicidio in pubblico
proprio quel giorno, e il soggetto che ha deciso di uccidere è… Harry Potter”.
Per
qualche secondo i ragazzi non ebbero reazioni, poi la paura e il dolore
cominciarono a crescere, misti a puro panico e rabbia. Hermione fu la prima a ritrovare
la voce.
“Si
sa quando ci sarà questa gita?” chiese, con la voce tremante. La Professoressa
Sprite scosse la testa.
“No,
ma appena lo verremo a sapere noi professori, troverò senz’altro il modo di
comunicarvelo… Ora andate, se vi fate trovare fuori dalle aule a quest’ora
potrebbero cruciarvi di nuovo…” e fece cenno ai ragazzi di allontanarsi. Quando
uscirono dalle serre erano sconvolti.
“Non
avrei mai creduto che potesse succedere… non ora almeno…” mormorò Hermione.
Luna
era meno pessimista. “Abbiamo ancora dei giorni, possiamo sempre inventarci
qualcosa, un piano… Dobbiamo soltanto capire come potremmo tirar fuori Harry
dalla prigione…” mormorò. “Facile! - commentò Ron, sarcastico - Basterà bussare
e ordinare un Harry Potter con patatine per favore! Purtroppo non è così
facile.”
Ma
Neville era della stessa idea di Luna. “Non è facile, ma neanche impossibile.
Invece di fare commenti sarcastici, pensiamoci un po’ su. Abbiamo fatto di
peggio in passato, abbiamo spodestato la Umbridge, siamo entrati nell’ufficio
misteri, e voi, che avete salvato la scuola per sei anni di seguito, vi siete
infiltrati al Ministero, avete rubato alla Gringott… possiamo riuscire anche in
questo, tutti insieme!” e si avviarono tutti e cinque verso l’aula di Pozioni,
mentre tra le piante della serra un fruscio lasciava presagire che qualcosa
sarebbe accaduto troppo presto.
Note
dell’Autore: Nuovamente, mi ritrovo a ringraziare di
cuore tutti coloro che stanno seguendo la mia storia con tanta pazienza, dato
che per un periodo sono stato impossibilitato a postare. In questa nota vorrei
anche rispondere a qualche quesito che potreste esservi poste: la scuola di
Hogwarts, che non è più la Hogwarts di un tempo, prevede sette anni di scuola.
Per ora l’anno più avanzato è il terzo, dato che Harry è stato catturato tre
anni prima e Voldemort ha ripreso la scuola e il mondo magico in
quell’occasione, però agli studenti viene dato un programma completo di quello
che impareranno per tutti i sette
anni di studio. In verità volevo scrivere questo nella storia, ma ormai siamo
già al terzo capitolo e non ho mai trovato occasione di scriverlo, e se ve lo
avessi detto più avanti sarebbe potuto essere troppo tardi. Poi vorrei fare un
ringraziamento speciale alla mia gemellina Dark Lady, senza la quale questa
storia non avrebbe mai visto la luce. Bè, per adesso basta, ci vediamo al
prossimo capitolo!
Relly
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Capitolo 4 *** Fiamme dell'Inferno ***
Fiamme dell'inferno
Fiamme
dell’inferno
Quando
la mattina dopo i ragazzi entrarono nella Sala Grande per la colazione,
finalmente ripristinata dopo il periodo di punizione, giravano strane voci
sull’arresto di una professoressa durante la notte. Ai ragazzi non occorse molto
per capire cosa fosse successo.
“La
professoressa Sprite! Qualcuno deve averla sentita!” bisbigliò Hermione,
nervosa.
“Già,
ma speriamo che non abbiano sentito anche con chi parlava!” mormorò Ron, più
preoccupato per la loro vita che per quella della professoressa. Ginny guardò
verso il tavolo degli insegnanti, un fremito di disgusto che le sfigurava il
volto. “Mancano lei e Voi-sapete-chi. Bellatrix è al tavolo. Guardate che
espressione, quanto è…” esclamò a voce alta, prima che un’altra voce da dietro
la fermasse. “Termini quella frase e dovrò metterla in punizione, signorina
Weasley!”.
I
ragazzi si girarono. Era Fenrir Greyback, il mangiamorte lupo mannaro, uno di
quelli che più terrorizzava gli studenti.
“E
sai benissimo che se sono io a punire… beh, non c’è bisogno di !” aggiunse, e si
allontanò con un ghigno, strizzando l’occhio alla ragazza e passandosi la lingua
tra le labbra. Ginny lo guardò con immenso disprezzo.
“Sediamoci
e mangiamo qualcosa, che è meglio!” ma per tutta la colazione non toccò cibo,
così come gli altri. Dopo venti minuti seduti in silenzio, tutti e cinque
continuavano a provare un certo rimorso per quanto accaduto alla Professoressa
Sprite. Dopotutto era con loro che aveva parlato, e si sentivano in qualche modo
responsabili dell’accaduto. Così uscirono dalla sala grande diretti ai giardini,
verso una costruzione nera, minacciosa, composta da quattro torri più piccole e
una pericolosamente grande e traballante, posta all’esatto centro di quello che
un tempo era lo stadio di Quidditch, di cui ora rimanevano soltanto una torre e
i tre pali di una parte del campo, uno di questi piegato e poggiato al palo
centrale. Entrarono nell’edificio, che non era sorvegliato (per non far fuggire
i prigionieri bastavano gli incantesimi posti attorno all’edificio e alle sbarre
della prigione) e trovarono la Professoressa Sprite in una delle tante celle.
Era molto provata, sciupata, con la veste strappata in più punti e il sangue che
ancora usciva da alcuni dei tagli, ma aveva un sorriso molto ampio sul volto.
“Salve
ragazzi! È molto carino da parte vostra venire a farmi visita!” disse. Hermione
scoppiò a piangere. Ron la abbracciò, e quando Neville disse: “Professoressa, ci
sentiamo in qualche modo responsabili per questa faccenda. volevamo chiederle
scusa, ma quando in gioco c’è la vita di una persona non…” i singhiozzi della
ragazza aumentarono. Ma la professoressa tentò di tranquillizzarli comunque.
“Suvvia, se avessi saputo che sarei stata arrestata di sicuro vi avrei detto
ugualmente quelle cose! Non mi interessa essere in prigione e rischiare la vita!
Se morirò, sarà per una giusta causa. Voi dovete solo promettermi che fermerete
quel pazzoide montato e che farete tornare Hogwarts ai suoi antichi splendori”.
I
ragazzi rimasero ancora dieci minuti a parlare con la Professoressa, poi però
dovettero correre al castello per ricominciare a trasformare in osso gli animali
invertebrati.
“Stupide
lumache senza guscio!!! - mormorò Ron, in preda ad un attacco di rabbia - Non
bastava quello che sta accadendo alla Sprite, devono anche mettercisi queste
inutili lumache! Ti vuoi trasformare?!? Ossea Avifors! Ossea Avifors!!!” ma la
lumaca diventò viola e morì soffocata.
“Ron,
se ti farai beccare a far morire una lumaca al giorno ti rimetteranno ai ferri
nei sotterranei!” mormorò la McGranitt, guardando verso la porta, le labbra
talmente strette da far sembrare la sua bocca più simile ad un taglio. Il
mangiamorte di sorveglianza era uscito per punire Ernie Macmillan che aveva per
sbaglio allungato la sua lumaca senza però darle la forma di osso per la terza
volta consecutiva.
“Professoressa,
sinceramente, è proprio necessario studiare come trasformare un corpo in un
osso?” chiese Hannah Abbott, preoccupata per le sorti del suo amico. La
professoressa McGranitt guardò verso la porta un’altra volta e poi mormorò:
“Ovviamente no, ma sapete che un mangiamorte deve saper occultare bene un
cadavere, quindi dobbiamo per forza insegnarvi anche questo, spero solo di non
dover arrivare ad insegnarvi come trasformare un uomo in un dirigibile e farlo
esplodere, ma col nuovo regime ci
si può aspettare di tutto” terminò la McGranitt, visibilmente contrariata, le
labbra ora invisibili, tanto erano strette.
Dopo
dieci minuti le campane scandirono la fine della seconda ora, il che significava
ora buca per Ron, Ginny, Neville e Luna e Aritmanzia per Hermione, ma prima che
i cinque potessero uscire dall’aula, la McGranitt li chiamò alla cattedra. I
ragazzi si avvicinarono un po’ impauriti, convinti che volesse rimproverarli per
quanto successo alla Sprite. Invece non fu così
”Ho
saputo che avete ricevuto informazioni preziose dalla Professoressa Sprite!”
disse, con uno sguardo tranquillo.
“Si
professoressa, ci dispiace moltissimo per…” cominciò Neville, ma la McGranitt lo
interruppe.
“Non
sono qui per rimproverarvi, la scelta di Pomona è stata ammirevole, e voi non
siete in alcun modo responsabili. Quello che invece ho da dirvi… anzi, da darvi,
è questo!” ed estrasse da un cassetto della cattedra un foglio di pergamena con
sopra disegnata una piantina di un edificio di forma triangolare.
“Quella
che vedete, ragazzi, è la mappa di Azkaban. Visto che la professoressa Sprite è
stata arrestata, ne ho procurata una e incantata. Se mostrata ai mangiamorte si
rivelerà essere soltanto un ritaglio della Gazzetta del Profeta. Usatela per
trovare Harry, che si trova in questa cella” e indicò un piccolo quadrato nel
lato più a nord dell’edificio. “Mi raccomando, dovete essere cauti… Avete già un
piano?” mormorò la professoressa.
“Non
ancora, ma ci stiamo lavorando” rispose Hermione. La McGranitt sospirò, poi
guardò i ragazzi e disse: “Se avete bisogno, potete contare sul corpo insegnanti
di questa scuola… o almeno, su quello che conta veramente!” disse, e congedò i
ragazzi con un cenno verso la porta.
La
mattina dopo, i ragazzi si svegliarono con un rarissimo raggio di sole che
attraversava le finestre. Sembrava quasi un sogno rivedere quel scintillio
meraviglioso che solo il sole poteva dare loro, ma durò solo pochi minuti, poi
tutto tornò dello stesso colore verdastro. Ron e Neville si alzarono, preparando
le divise da indossare e ripensando alla mappa di Azkaban che la professoressa
McGranitt aveva dato loro. Sarebbe bastata una mappa per aiutarli a salvare
Harry? Hermione si stava ponendo la stessa domanda quando la voce di Ginny la
riportò a terra.
“Hermione,
abbiamo la colazione tra dieci minuti, ci conviene avviarci per non perdere il
discorso mattutino di Voldy, altrimenti ci becchiamo un’altra punizione” disse,
indicando una cicatrice sul suo mento. Hermione si girò lentamente verso la
ragazza.
“Io…
io non riesco a capire… Perché proprio ad Azkaban? Perché non ad Hogwarts, dove
ci sono centinaia di maghi che possono vedere?” chiese Hermione. Stava ancora
pensando all’esecuzione di Harry. Pensava a quello ogni giorno, anche se non
assiduamente quanto Ginny, che rischiava di piangere ogni minuto in cui la sua
mente andava a cosa sarebbe successo se non avessero messo a punto un piano, se
avessero fallito.
“E’
proprio perché qui ci sono centinaia di maghi che non possono! Hanno paura che
noi uniti potremmo sconfiggerli… e hanno ragione! Noi potremmo davvero, e dobbiamo riuscirci anche se saremo
solo noi cinque!” disse con fervore Ginny. Aveva una strana luce negli occhi,
come se l’idea di agire la stesse risvegliando da un periodo di letargo. Lei,
Hermione e Luna scesero così la scala a chiocciola per raggiungere la sala
comune, dove Ron e Neville le stavano già aspettando. Mentre scendevano la
scalinata principale, il quadro di Voldemort osservava gli studenti con sguardo
compiaciuto, e i ragazzi furono colti da un ricordo: ogni volta che il quadro
aveva quello sguardo, Voldemort aveva notizie importanti, che nella maggior
parte dei casi terminavano con la morte di uno dei buoni. Arrivati in sala
grande, così, con un misto di paura e preoccupazione si sistemarono al vecchio
tavolo dei Grifondoro e osservarono impazienti il tavolo degli insegnanti, dove
gli unici posti vuoti erano ancora quelli della professoressa Sprite e di
Voldemort.
“Credete
che l’abbia già fatto?” chiese Ron, preoccupato, lanciando un’occhiata di
traverso al tavolo. Hermione gli prese la mano, guardandolo dolcemente.
“Se
l’avesse già fatto lo sapremmo, ma la sua assenza mi preoccupa… quella di
Voldemort, intendo. Ok, Ron, quella di Tu-Sai-Chi…” si corresse, sentendo la
mano del ragazzo stringersi più forte quando pronunciò il nome del signore
oscuro. Rimasero nella sala dieci minuti ad aspettare, sempre più in ansia. Luna
leggeva distrattamente Il Cavillo, lanciando occhiate furtive verso la porta di
quercia della Sala Grande. Ginny fissava il suo bicchiere, sobbalzando ad ogni
minimo rumore. Ron ed Hermione si tenevano per mano, guardandosi intorno, come
se si aspettassero di vedere Voldemort uscire dalle pareti. Ma Neville era fuori
di sé: tutti sapevano quanto lui tenesse alla professoressa Sprite, la prima ad
aver riconosciuto in lui un qualche talento, in questo caso per le piante
magiche. Stava tremando, guardando il soffitto incantato e sudando. Quando Luna
se ne accorse, gli prese la mano e gli sorrise, e Neville provò a ricambiare, ma
gli uscì solo una strana smorfia poco convincente. Finalmente, dopo altri cinque
minuti, Voldemort entrò nella Sala Grande, si diresse verso il suo posto e la
statua della morte che torreggiava dietro di lui aprì la bocca e abbassò la
testa, guardando verso gli studenti.
“A
quanto pare la professoressa Sprite ha aperto la bocca con alcuni studenti che
però non sono stati identificati. Non verrete puniti questa volta, non ce ne
sarà bisogno, ci penseranno coloro che sanno la verità a punire chi lo meriterà,
ma la professoressa verrà giustiziata questa sera a mezzanotte su un colle qui
vicino. Tutti gli studenti sono quindi pregati di dirigersi, alle undici e
trenta di questa sera, nei giardini dove troveranno gli insegnanti ad attenderli
per accompagnarli sul luogo dove verrà fatta giustizia”.
La
Sala Grande rimase senza fiato per parecchi minuti, dopo questa notizia
scioccante. Hermione e Ginny cominciarono a piangere silenziosamente, Ron emise
uno strano suono, a metà tra un singhiozzo e un gridolino, Luna abbassò la testa
verso il piatto vuoto, ma Neville non ce la fece. Mormorò qualcosa riguardo un
bagno e uscì velocemente dalla sala, troppo arrabbiato, devastato e spaventato
per poter aggiungere altro. Mentre uscivano dalla sala Luna disse, ancora sotto
shock: “Povera professoressa, come è possibile che venga uccisa così, per
nulla…”.
Nessuno parlò, tutti sapevano che con il
nuovo regime era più che plausibile che una persona venisse uccisa per nulla. Ma
i ragazzi erano anche preoccupati per la reazione dell’amico, che fuori dalla
sala non si vedeva. Non si presentò nemmeno alla lezione di Arti Oscure, dove
quel giorno dovevano imparare a riconoscere una persona su cui veniva usato
l’imperio, e nemmeno alla successiva ora di Babbanologia. All’ora di pranzo però
li raggiunse in Sala Grande, mostrando due tagli sulla camicia e sui pantaloni e
parecchi graffi sulla guancia.
“Bellatrix
mi ha scoperto mentre andavo dalla Sprite” spiegò ai ragazzi. Era ancora in
preda alle lacrime, non per il dolore fisico, ma per la sofferenza del pensiero
di quello che avrebbe dovuto vedere quella sera. “Sta abbastanza bene, la
professoressa intendo. È un po’ provata, ma sembra non abbia molta paura. Forse
voleva solo fa-farsi vedere fo-forte per no-no-non far-mi preoccupare…” e
ricominciò a piangere, singhiozzando. Luna gli strinse la mano dolcemente, e
Ginny ed Hermione lo abbracciarono, cominciando anche loro a piangere
nuovamente.
La
sera arrivò fin troppo in fretta. Per tutto il pomeriggio, i ragazzi dovettero
stare chiusi nel castello per evitare a chiunque di avere altri colloqui con la
professoressa Sprite, che comunque si era dimostrata ottimista, nonostante
avesse una condanna a morte sulle spalle. La sala comune era silenziosa quella
sera. Nessuno aveva voglia di parlare, di leggere, di studiare. Ron e Neville
stavano seduti su due poltroncine, mentre Ginny, Luna ed Hermione occupavano un
divano di fronte al camino. Poi alle undici e venti uscirono tutti insieme, con
gli altri studenti, verso i giardini della scuola. I mangiamorte li fecero
scendere a coppie. Ron con Hermione, Neville con Ginny e Luna con Rolf
Scamandro, loro compagno di casa. I due, cercando di pensare il meno possibile
alla tragedia che stava per arrivare, cominciarono a parlare di creature
magiche. Mentre quindi parlavano di Runespoor e Mooncalf si ritrovarono nei
giardini, dove i professori McGranitt e Vitius li aspettavano. Li guidarono, in
ordine e in silenzio, sul colle dove si sarebbe svolto lo scempio. In condizioni
normali la vista sarebbe stata meravigliosa: si vedevano Hogwarts, il lago e il
parco da una visuale veramente incantevole, ma la luce verdastra che il Marchio
Nero gettava sul mondo magico lo rendeva cupo e terribile. Dopo pochi metri da
quella vista, all’esatto centro della cima della collina c’era un cerchio di
paglia, con al centro un palo di legno.
“Ma
come, la mettono al rogo?!” esclamò Ron, il volto disgustato. Neville si sentì
mancare e cadde, mentre Ginny tentava di sorreggerlo cercando di consolarlo.
Attorno al cerchio era stato posto un incantesimo di protezione per non
permettere agli studenti di entrarvi. Poi arrivò la mezzanotte, e tutti i
mangiamorte portarono la professoressa Sprite in cima alla collina, in fila, le
bacchette illuminate. Questa sorrise ai ragazzi, camminando lentamente sulla
paglia, verso il palo, dove i mangiamorte la legarono prima di disporsi in
cerchio attorno agli studenti e alla professoressa. Voldemort, invece, si mise
di fronte alla Sprite, la bacchetta alta, una fiamma che usciva dalla sua punta
ad illuminare lo sguardo della donna di una luce tremolante, uno sguardo che era
normale come fosse una lezione di fronte ai suoi studenti, mentre quello di
Voldemort era gelido, distaccato, e quando parlò la voce era esattamente fredda
come i suoi occhi.
“Questa
strega ha disonorato il nostro regime e rivelato informazioni che sarebbero
dovute rimanere segrete. La punizione per questo? La morte! Che le fiamme
dell’inferno puniscano la tua sconsideratezza e la tua totale avversione verso
le regole!” e detto questo, abbassò la bacchetta, dando fuoco al fieno.
I
ragazzi rimasero pietrificati, nessuno si aspettava che facesse così in fretta.
Neville gridò, come anche Hermione e Ginny. Ron si portò le mani alla bocca,
incapace di emettere alcun suono, e Luna si strinse a Rolf, che la abbracciò,
tenendole la testa premuta sul suo petto, una mano sugli occhi per coprirle
l’orribile visione. Gli occhi di Neville e della Sprite si intercettarono per
l’ultima volta. Lei lo guardò sorridendo, poi le fiamme la avvolsero, e non potè
più vedere.
Note
dell’Autore:
così, ridendo e scherzando, siamo arrivati al quarto capitolo di questo oscuro
futuro nel mondo magico. Ancora grazie a chi mi segue pazientemente! Questo
capitolo per me è stato una vera sfida, era la prima volta che toccavo
l’argomento “morte” in una fan fiction, ma è un momento che prima o poi arriva
per tutti coloro che vogliono provare nuove esperienze di penna. Poi, come
sempre, rispondo alle domande. Non ho ancora accennato a cosa sono gli Horcrux
perché ancora non lo sappiamo. Dovranno scoprirlo ragionando e pensando al
passato e al presente dei personaggi che ne hanno creati. I vecchi serpeverde,
invece, sono mangiamorte come era ovvio che sarebbero stati, ma sono molto più
impauriti adesso. Faranno la loro comparsa, promesso! Che dire, ci sentiamo al
prossimo capitolo! Grazie ancora a chi mi segue! A presto
^^
Relly
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Capitolo 5 *** Lacrime e Tempo ***
Capitolo 4: Lacrime e Tempo
Quando
le fiamme si furono spente del tutto, Voldemort lasciò i ragazzi sulla collina
per andare ad occuparsi di un’altra famiglia che stava disonorando il regime, e
i mangiamorte tornarono al castello per passare la notte. Gli insegnanti e gli
studenti, tuttavia, rimasero di fronte all’erba annerita e ancora fumante dove
le ceneri della Sprite erano ancora posate. La professoressa McGranitt e il
professor Vitius le recuperarono con un gesto della bacchetta, entrambi in
lacrime, il volto sconvolto. Per tutta la durata dell’esecuzione avrebbero
voluto ribellarsi, lanciare incantesimi sui mangiamorte pur sapendo che
sarebbero morti subito, ma senza di loro gli studenti sarebbero stati ancora più
in pericolo, e dovevano pensare anche al bene della loro scuola, seppur non
fosse più la scuola che avevano amato. Le ceneri della professoressa Sprite
vennero poste in un vaso decorato con piante e foglie e portate dietro la
capanna di Hagrid, dove era stato creato un cimitero in cui riposavano le varie
vittime della guerra di Hogwarts e le successive. Era un luogo molto bello, al
sicuro dalla luce verde del marchio nero, dove un incantesimo faceva ancora
splendere il sole e la luna, e i fiori crescevano rigogliosi e colorati tra le
varie tombe. La professoressa Sprite venne posta tra le tombe di Fred Weasley e
Remus Lupin, entrambi morti per salvare il mondo magico dall’oppressione di Lord
Voldemort durante la guerra che era stata combattuta tre anni prima. Quando
uscirono dal cimitero incantato, notarono un piccolo raggio di sole venire
dall’orizzonte. Era rosa, in netto contrasto con il verde del marchio nero. Un
raggio d’alba.
Nessuno
riuscì a dormire, nonostante fossero svegli ormai da ventiquattro ore. Nessuno
poteva togliere dalla mente quella vista, quelle fiamme, quello scempio. Nessuno
avrebbe più rivisto la professoressa che da ormai dieci anni vedevano come
insegnante di Erbologia. Era tutto strano, confuso, doloroso e devastante. Ma
dopo qualche ora da quel tragico evento, i ragazzi capirono che stare a piangere
non li avrebbe portati a nulla, così decisero di concentrarsi su come tirare
fuori Harry da quella fortezza, per fare in modo che la Sprite non fosse morta
invano.
“Dunque
– iniziò Hermione con tono incerto - sappiamo che Harry si trova in questa
pa-parte di Azkaban e ch-che è dall’altra parte dell’entrata, qu-quindi dobbiamo
trovare il modo di tirarlo fuori mentre i mangiamorte sono da un’altra pa-parte”
ma si dovette fermare, i singhiozzi diventavano sempre più frequenti, così Ginny
prese la parola.
“Certo,
dobbiamo portarlo fuori quando i mangiamorte non ci vedono, ma non pensate che
ci staranno con il fiato sul collo peggio di Ron quando stavo con Dean?” chiese,
lanciando uno sguardo di traverso a Ron, che la guardò storto. Poi Hermione,
sotto gli occhi preoccupati degli amici, tracciò la strada più breve per
raggiungere Harry e decise di andare a dormire almeno un’ora, prima dell’inizio
delle lezioni pomeridiane, dato che quelle della mattina erano state sospese per
lutto sotto concessione di Voldemort.
I
giorni seguenti furono quasi privi di eventi, ma le punizioni inflitte agli
studenti aumentarono di numero e di cattiveria. Ron si ritrovò a sfoggiare un nuovo taglio per
aver torturato un ragazzino del primo anno per soli tre secondi, Neville e Luna
dovettero resistere alla maledizione Cruciatus per aver detto ad una ragazza del
secondo di mandare al diavolo la professoressa Alecto Carrow, mentre Ernie e
Rolf vennero sorpresi a studiare gli incanti patronus in biblioteca. Il sangue
che sgorgava dalle loro braccia gli fece passare la voglia di uscire dai
dormitori, ma si esercitarono ugualmente quando erano tutti a letto, insieme a
Ron e gli altri.
Fu
proprio durante una di queste serate che accadde qualcosa che gli diede modo
finalmente di andare avanti con il piano: avevano una data. Comparve infatti un
cartello nella bacheca che diceva “Gita Scolastica ad Azkaban: tutti gli
studenti del terzo anno si recheranno alla prigione di Azkaban scortati dai
mangiamorte il giorno 23 novembre per una dimostrazione pratica delle torture e
delle uccisioni nella prigione”. Il cartello non riportava altri dettagli, ma i
ragazzi capirono che dovevano sbrigarsi: mancavano solo due settimane alla gita.
Così ricominciarono a parlare del piano, mentre Ernie e Rolf si allenavano sotto
lo sguardo divertito di Luna, che lanciava strane occhiate al secondo.
“La
cosa peggiore - esclamò Hermione, scossa da un brivido - è che non possiamo
farlo uscire così facilmente, visto che i mangiamorte vogliono farci fare
pratica. Comunque, stando al cartello, l’uccisione è riservata per la fine!”.
Ron era di tutt’altro pensiero.
“Ma
Hermione, perché non usiamo il mantello dell’invisibilità? Possono andare due di
noi e poi…” ma la reazione degli altri fu prevedibile: nessuno sarebbe stato
lasciato indietro, era una cosa che dovevano fare insieme.
“Se
solo potessimo avere più tempo… Perché abbiamo distrutto le scorte di Giratempo
del ministero?! Adesso ci sarebbero state utili!” pensò Ginny, ad alta voce.
Rimasero qualche secondo in silenzio a pensare, finchè Luna che stava ancora
guardando i due ragazzi dall’altra parte della sala mormorò, sognante: “Non
esiste solo il ministero inglese. Potremmo chiedere un giratempo ad un ministero
straniero, anche loro hanno l’ufficio misteri dove studiano il tempo, la morte e
dove tengono i goblin cattivi che si ribellano alla comunità e vi fanno
esperimenti di ritorsione gastrica magica”.
Ignorando
l’ultima parte, Hermione chiese: “Ma chi conosciamo che potrebbe farci avere un
giratempo in un luogo straniero? Non credo che Viktor potrebbe avere accesso
all’ufficio Misteri. Bisogna essere un funzionario del ministero, o un
indicibile, o un…” ma si interruppe. Mentre i ragazzi la fissavano con uno
sguardo interrogativo, la sua mente viaggiava, il ricordo di una donna alta tre
metri che si faceva sempre più vivido.
Quando
Hermione raggiunse la capanna di Hagrid venti minuti dopo, nascosta dal mantello
dell’invisibilità, la trovò vuota. L’unico rumore che proveniva dall’interno era
il raschiare di Thor, il grosso cane nero di Hagrid, che aveva sentito la
ragazza bussare. Così Hermione si mise seduta ad aspettare, sempre nascosta dal
mantello, sul gradino più alto della capanna. Era la loro unica speranza di
poter mettere le mani su un Giratempo, un’occasione d’oro che non andava
sprecata. Proprio mentre pensava questo, venne illuminata da un timido, raro
raggio di sole che passava furtivo attraverso le nuvole, raggio che venne presto
coperto da una grossa massa in movimento: il guardiacaccia era tornato. Hermione
si spostò in fretta per non essere travolta dal mezzogigante e attese che fosse
entrato per bussare nuovamente alla porta.
“Zitto
Thor… zitto, stupido cagnone! Ah, Hermione! Cosa ci fai qui? E se ti vedessero i
mangiamorte?!” chiese Hagrid, preoccupato, lasciando entrare la ragazza che posò
il mantello su una poltrona e si sistemò su uno sgabello.
“Hagrid,
ti devo parlare di una cosa… tu… sei ancora in contatto con Madame Maxime,
vero?” chiese incerta Hermione, non sapendo se il guardiacaccia scriveva ancora
alla preside della scuola di Beauxbatons. Hagrid arrossì leggermente quando
rispose: “Certo che ci sentiamo ancora, che domande! Anzi, se vuoi proprio
saperlo ogni tanto ci viene a trovarmi qui alla capanna, oppure ci vado io a
trovarla in Francia… ma perché ti interessa di sapere la mia vita sentimentale,
Hermione?” le chiese poi, guardandola un po’ divertito ma anche leggermente
sospettoso. Hermione si affrettò a rispondere: “Non è per me, è un’idea che ho
avuto… Non posso rivelarti tutti i dettagli perché correresti un enorme rischio,
ma ho bisogno che tu chieda a Madame Maxime se posso riuscire ad ottenere un
Giratempo dal ministero della magia francese. E’ per salvare Harry, Hagrid”. A
queste parole, il mezzo gigante sgranò gli occhi, preoccupato.
“Mi
stai dicendo che avete un piano per tirar fuori Harry da quel buco? Hermione, lo
sai quanto è pericoloso? Poi ora con tutti quei mangiamorte che stanno
dappertutto, e i dissennatori…” ma Hermione lo interruppe prima che avesse tempo
di finire la frase.
“Lo
so Hagrid, ed è per questo che abbiamo bisogno di quel Giratempo, per togliere
di mezzo i mangiamorte per un po’. Potresti mandarle una lettera in cui le
spieghi la situazione? Ti prego, so che è un rischio per te come per noi, ma
renderò la lettera indesignabile, farò tutto io…”. Hagrid la guardò per qualche
secondo, poi si alzò, prese piuma, calamaio e pergamena e cominciò a scrivere.
Hermione lo guardò mentre scriveva, gli suggeriva qualche parola e alla fine
della lettera asciugò l’inchiostro con un incantesimo e la incantò per far sì
che se un mangiamorte l’avesse letta avrebbe visto soltanto una comune lettera
di Hagrid alla sua “ragazza”, senza poter sospettare che si trattasse di una
disperata richiesta d’aiuto.
Note
dell’Autore:
questo è solo uno dei capitoli di transito che ci separano dall’azione vera e
propria, quindi spero mi perdoniate se non è proprio il massimo. L’idea del
cimitero l’ho presa da una vecchia intervista della Rowling secondo la quale a
Hogwarts ci sarebbe dovuto essere un cimitero che alla fine non è stato messo.
Tra pochi capitoli arriverà il momento dell’azione ma anche della psicologia dei
personaggi, che in questa fan fiction avrà molto spazio. E se ci riesco dovrei
postare anche una locandina che ho fatto appositamente per la ff. Beh, per
adesso vi risaluto, al prossimo capitolo!
Relly
|
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Capitolo 6 *** Un aiuto dalla Francia ***
Un aiuto dalla Francia
Un
Aiuto dalla Francia
Dopo
tre giorni dalla partenza del gufo, non arrivava ancora nessuna
risposta. Non che Hermione si aspettasse di riceverne una
così presto, ma purtroppo il tempo stringeva, stringeva
eccome! E a questo si aggiungevano molti altri pensieri, come le
lezioni che continuavano ancora. La professoressa Sprite era stata
sostituita momentaneamente da Neville, che era l’unico ad
avere una certa conoscenza di piante magiche, almeno fino al momento in
cui Voldemort avesse trovato un degno sostituto. La mattina del quarto
giorno dall’invio del gufo, Neville tenne la sua lezione di
Erbologia, spiegando con bravura insospettabile, spesso
sull’orlo delle lacrime, come le piante di Tentacula Velenosa
potessero diventare più pericolose se messe in un vaso di
Terra di Scozia durante una notte di luna nuova e di come diventassero
più docili solo durante la luna crescente. Alla fine della
lezione, il mangiamorte di controllo si dimostrò soddisfatto
del supplente, e questo gli evitò una lunga punizione. La
successiva lezione era invece pozioni, tenuta dal professor Lumacorno,
che per quel giorno aveva in serbo un argomento molto interessante: la
preparazione di una pozione corrosiva, cosa che fece molto felice Ron
che in tre mesi aveva già fuso cinque calderoni.
“Almeno
stavolta prenderò un bel voto per aver fuso il sesto, invece
che i soliti tagli dai mangiamorte!” esclamò
allegro, tirando fuori gli ingredienti necessari. Alla fine della
lezione, il calderone di Ron non si era fuso, in compenso
però aveva fatto esplodere la provetta con grande efficacia,
vedendosi assegnare un punto di merito dal mangiamorte, cosa positiva
perché avrebbe significato che alla punizione successiva se
la sarebbe cavata con un crucio di bassa intensità. Usciti
dal sotterraneo Hermione corse al dormitorio, sperando di vedere un
gufo, o magari anche solo una lettera posata sul suo letto, ma rimase
nuovamente delusa.
“Sarebbe
dovuta arrivare ormai! Hagrid mi aveva detto che dopo quattro giorni di
solito riceve la risposta con quel gufo, è sempre
veloce…” disse la ragazza agli altri, un
po’ preoccupata e piena di dubbi. E se la lettera fosse stata
intercettata e controllata? E se avessero trovato il modo di leggerla?
“Tranquillizzati
Hermione, anche se non è ancora arrivata la risposta non
significa per forza che è stato intercettato il gufo.
Può darsi che Madame Maxime avesse altri impegni e che non
abbia ancora controllato la posta” sussurrò Ginny.
Era notte e come al
solito i ragazzi erano in sala comune a controllare la mappa del
malandrino e ad allenarsi con i patronus.
“A
proposito… Ron, hai chiesto ad Hagrid se domani possiamo
andare a pranzo da lui? Almeno potremo parlarci in modo più
tranquillo che dopo le lezioni con i mangiamorte che ci fiatano sul
collo” chiese Ginny, girandosi verso il fratello. Questo
annuì, senza alzare gli occhi dalla copia del
‘Cavillo’ che teneva tra le mani.
“Sì,
ha detto che per le dodici e venti dobbiamo essere a casa sua. Ha detto
che ha già parlato con la McGranitt e che ha acconsentito a
farci lasciare l’aula un po’ prima con la scusa che
dobbiamo aiutarlo a catturare dei Billywig per pozioni”
mormorò Ron, immerso nella lettura di un articolo intitolato
‘Cosa fanno di sera gli amici
mangiamorte? Ecco i luoghi da evitare se volete sopravvivere!’.
Le ragazze annuirono lentamente, poi si rimisero a scrivere il tema per
storia della magia oscura.
La
mattina dopo, la prima lezione fu incantesimi, e quella mattina
avrebbero dovuto imparare a riconoscere una persona soggetta
all’incantesimo confundus. Gli studenti vennero bendati uno
alla volta mentre i compagni venivano incantati, poi una volta tolte le
bende avrebbero dovuto riconoscere chi tra i due compagni che si
sarebbe trovato davavnti era quello stregato. Ce la fecero tutti tranne
Rolf e Hannah, ma il mangiamorte era distratto da un gruppo di ragazze
che passavano fuori dall’aula, dirette verso la biblioteca in
fondo al corridoio, e questo evitò ai ragazzi la punizione.
Al suono della campana, gli studenti scesero di un piano e uscirono nel
cortile dove si trovava l’aula di trasfigurazione. Quella
mattina avrebbero cominciato con gli incantesimi di trasfigurazione
ossea su invertebrati con il guscio, ovvero delle comuni lumache per i
più deboli e delle lumache velenose arancioni per i
più bravi, ovvero Hermione e Ernie. Per fortuna, nessuno
ebbe problemi troppo gravi durante la lezione, quindi non ci furono
punizioni, con grande delusione da parte di Goyle, il mangiamorte di
turno. Quando mancavano venti minuti alla fine della lezione, la
professoressa McGranitt si avvicinò al suo ex alunno di
Serpeverde e gli chiese: “Gli alunni Weasley, Weasley,
Granger, Paciock e Lovegood sono stati richiesti da Hagrid per un
lavoro importante. Ho il permesso firmato e ci sono già
stati tutti i controlli necessari. Posso farli uscire?”.
Goyle li guardò di traverso, poi assentì e ai
ragazzi venne dato il permesso di prendere le loro cose e uscire
dall’aula. Quando attraversarono il portone si accorsero che
il tempo sembrava più buio del solito, nonostante fosse
quasi ora di pranzo.
“E
pensare che in questo periodo cadevano sempre i primi fiocchi di
neve…” mormorò Hermione sovrappensiero.
Da quando i mangiamorte avevano il controllo del mondo magico non si
vedeva più un fiocco di neve. Le temperature non aumentavano
e non diminuivano, non si sentivano il caldo e il freddo, non pioveva,
non nevicava e soprattutto non usciva il sole. Questo rendeva il
paesaggio ancora più triste e desolato di quanto fosse mai
stato prima.
Il
pranzo da Hagrid era sempre occasione di scambio di informazioni e
idee, ma quel giorno era tutto incentrato sul loro piano. Dopo averci
riflettuto, Hermione capì che i mangiamorte non avrebbero
potuto leggere i pensieri di Hagrid per via del lato gigante del suo
sangue, quindi rivelargli il piano poteva essere rischioso solo se
fosse andato ai Tre Manici di Scopa o alla Testa di Porco, e dato che a
studenti e insegnanti era proibito uscire dai confini del castello era
piuttosto improbabile che ciò accadesse.
“Quindi
voi userete il giratempo per tornare indietro, sbarazzarvi dei
mangiamorte e scappare prima che questi vi portano nella prigione,
vero?” chiese quando Hermione finì di raccontare
il piano.
“Sì,
più o meno è così… solo che
dobbiamo fare molto in fretta, tornare indietro di due ore sarebbe
troppo rischioso, meglio tornare indietro solo di un’ora
quando sappiamo che sicuramente non ci sarà
nessuno…” rispose.
“Perché
siamo sicuri che un’ora prima non ci sarà
nessuno?” chiese Ron, curioso. Hermione finì il
suo boccone di pasticcio, poi rispose: “Perché
sappiamo che i detenuti vengono portati dentro di notte. Se partiamo di
mattina, cosa piuttosto ovvia, non possiamo rischiare di andare a
trovare un gruppo di mangiamorte che porta dentro qualcuno. Se
però arriviamo là ad esempio alle dieci e
torniamo indietro fino alle nove, siamo sicuri che non ci saranno
mangiamorte nei dintorni, perché saranno tutti a Hogwarts
per scortarci verso la prigione” spiegò con
sicurezza. Gli altri la guardarono con ammirazione, prima di voltarsi
velocemente verso la finestra dove qualcosa era appena andato a
sbattere violentemente.
“Per
le mutande di Merlino! - esclamò Ron –
E’ un gufo! Hermione, potrebbe essere…”
ma la ragazza era già partita ad aprire la finestra,
lasciando entrare il gufo che aveva mandato a Madame Maxime.
Lasciò cadere una busta lilla pallido con sopra un elaborato
blasone che i ragazzi riconobbero come quello della scuola di magia di
Beauxbatons. Sopra c’era una scritta ad inchiostro blu:
‘Hermione Granger, Hogwarts, Scozia,
Gran Bretagna’. Mentre Hagrid si occupò
di curare il gufo, che in seguito alla botta sembrava piuttosto
frastornato, Hermione strappò la busta e prese velocemente a
leggere la lettera.
“Bonsoir
Hermione,
ho
riscevuto la tua lettera giusto in tempo, prima che prendessi troppi
impegni per quei jorni. Sono rimasta très colpita dal tuo
piano, molto intéressant, e sono pronta ad esservi
d’aiuto. Vengo a prendere vous a le chateau
mercoledì prossimo, verso le diesci di mattina.
Dì ad Agrìd che mi manca molto e che spero di
poter passare a trovarlo presto.
Avec
affetto,
Olympe
Maxime
Hermione
rilesse più volte la lettera, poi si girò verso
gli altri.
“Mercoledì…
ottimo! Tre giorni prima della gita! Allora, dobbiamo assolutamente
ideare tutti i minimi dettagli per quel giorno, controllare tutto,
allenarci sui patronus e far arrivare qui a scuola
un'altra scatola di cioccorane, non si sa
mai…” stava dicendo, senza parlare con nessuno in
particolare, lo sguardo illuminato da nuove possibilità e
dal pensiero che forse quel piano tanto pazzo non era più
così impossibile come più volte aveva pensato.
Note
dell’Autore:
e così siamo arrivati al sesto capitolo di questa storia.
Tutto si fa sempre più oscuro, ma una piccola luce di
speranza sta finalmente illuminando il buio che infesta le aule ed i
corridoi della nostra meravigliosa Hogwarts. Questo capitolo serve
soprattutto per darci un altro scorcio di ciò che
è diventata la scuola, che vedremo ancora per poco. Nei
prossimi capitoli cercherò anche di approfondire
maggiormente la psicologia dei vari personaggi, come ho fatto con Neville nei capitoli
precedenti e come ho iniziato a fare con Hermione. Per il resto,
ringrazio chi mi segue ancora, sia chi lascia una recensione che chi
non la lascia ma legge comunque la mia storia. Grazie mille a tutti!!!
A presto con il nuovo capitolo!
Relly
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Capitolo 7 *** Polvere e Thestral ***
Polvere e Thestral
Polvere e Thestral
Il
mercoledì successivo, Hermione si svegliò all’alba, o almeno così diceva il suo
orologio. Si preparò in fretta, si diresse al dormitorio dei ragazzi, si chinò
su Ron e gli mormorò all’orecchio: “Ci vediamo più tardi” e gli diede un bacio
sulla guancia. Poi si diresse velocemente verso la sala grande, scendendo la
scalinata principale mentre il quadro di Voldemort la osservava minaccioso.
Arrivata al suo solito posto al vecchio tavolo dei Grifondoro prese solamente un
toast e un po’ di succo di zucca. Quello che stava per fare le sarebbe potuto
costare la vita, ma d’altronde con il suo stato di sangue l’avrebbe rischiata
ugualmente anche se avesse soltanto preso un’insufficienza. Pensò moltissimo a
quello che stava per fare. Rifletté sul Ministero francese, sulla sua scarsa
conoscenza della lingua, nonostante fosse stata in Francia più volte in passato,
rifletté su cosa sarebbe successo se avessero fallito il tentativo di salvare
l’amico, il suo migliore amico, che più volte in passato l’aveva consolata,
sorretta, e che ora era lui ad aver così bisogno di aiuto…
Questo
la fece sentire quasi in colpa. Per loro Harry c’era sempre stato, ed ora che
era lui ad aver così bisogno di aiuto aveva dovuto aspettare tre anni per avere
la prima occasione di uscire da quel baratro. Ma con tutti quei mangiamorte
ovunque, quale modo sarebbe stato il migliore? Andare subito a salvare Harry,
rischiando la propria vita e soprattutto la sua, o aspettare di trovare il
momento più adatto e poter scappare quasi indisturbati? Questo parve risollevare
leggermente l’umore della ragazza. Guardò il suo orologio. Erano le otto e
venti. Mancava ancora un bel po’ all’appuntamento con Madame Maxime, così decise
di fare un giro nei giardini. Non appena aprì il portone, un fascio di luce
verde entrò nel castello. Il marchio nero sembrava sempre più minaccioso sulle
loro teste, ma ormai non ci facevano più caso da molto tempo. Il cortile era
deserto, il pendolo del grande orologio della torre rintoccava rumorosamente
ogni secondo. Era quasi angosciante, così Hermione accelerò il passo e superò il
ponte sospeso per arrivare al cerchio di pietre. Quanti ricordi… Un tempo,
davanti ad una di quelle pietre, aveva dato un pugno in faccia a Draco Malfoy.
Chissà che fine aveva fatto ora. L’ultima volta che avevano sentito parlare dei
Malfoy era stato durante una cena di soli mangiamorte in cui avevano origliato
tramite orecchie oblunghe che a Lucius Malfoy era stato nuovamente concesso
l’uso della bacchetta, ma che questo gli era costato il suo immenso maniero.
Adesso anche loro erano contro il signore oscuro? Anche loro adesso combattevano
in segreto? O si limitavano a dire sì e a fare quello che gli veniva detto senza
fiatare e senza dare alcun segno di vita propria? Era strano, si disse Hermione,
che una delle famiglie più antiche e più potenti del mondo magico fosse
costretta ad essere i cagnolini da compagnia di un pazzo. E gli altri
Serpeverde, quelli che non erano rimasti a Hogwarts per punire gli studenti? Che
fine avevano fatto? Erano nella stessa situazione dei Malfoy, gli era stato
tolto tutto? Tremò al solo pensiero di cosa avrebbe potuto fare Pansy Parkinson
se fosse stata a lavorare a Hogwarts, e rise al pensiero di cosa le avrebbe
potuto fare lei se solo avesse provato a toccarla!
Riguardò
l’orologio. Le nove e dieci… mancava ancora molto, ma si diresse comunque verso
la capanna di Hagrid, dove avrebbe potuto parlare e passare il tempo con
l’amico. Ma dentro la capanna trovò una sorpresa-
“Bonjour,
Hermione!” disse Madame Maxime, che aveva aperto la porta, stringendo nella sua
mano immensa quella piccola della ragazza.
“Buongiorno!
Non mi aspettavo di trovarla già qui. Ero passata da Hagrid per salutarlo, ma se
vuole torno tra poco, vi lascio soli un momento…” mormorò, la voce che diventava
sempre più piccola e la faccia rossa.
“Naaah,
macchè! Resta, resta, tanto io e Olympe abbiamo parlato molto, è arrivata qui
ieri sera…” disse Hagrid, un sorriso malizioso che gli dava uno sguardo da
bambino. Madame Maxime fece una strana risatina, e Hermione mormorò: “Davvero,
torno tra poco, non c’è problema”. Ma la mezza gigantessa la fermò e la spinse
verso l’interno, con una delicatezza che poco si addiceva alla sua mole.
“Tranquilla,
Hermione… partiremo immédiatement! Mais… Agrìd, potresti mandarmi trois billywig
chez moi? Mi servono per delle pozioni…” chiese al mezzo gigante. Ovviamente
Hagrid non avrebbe mai rifiutato una richiesta della donna che amava, così
esclamò, gonfiandosi: “Ovviamente! Ti prenderò i migliori billywig di tutta
Hogwarts!” ed uscì di corsa con un retino di metallo.
“Bien,
adesso che siamo da sole, possiamo partire. Se Agrìd mi avesse vista andare via
così…” e tirò fuori da una tasca del cappotto un sacchetto viola. Prese la
bacchetta, accese il fuoco e porse il sacchetto ad Hermione, che mormorò tra sé:
“Polvere volante”.
“Sì,
Hermione! – disse Madame Maxime – Questa è polvere volante. Non possiamo andare
directamonte al Ministero francese, ma arriveremo ad un camino sul confine, poi
potremo volare fino al confine della Francia e smaterializzarci direttamonte
davanti al minister”. Detto questo, prese un foglietto dal cappotto e disse:
“Devi dire che vuoi allé a Clifton Crescent in Folkestone. Ti spiegherò tutto
quando saremo là!” e porse a Hermione il foglietto.
Una volta che lo ebbe imparato a memoria,
e le ci volle molto poco, si avvicinò al camino, prese una manciata di polvere
volante e la gettò nel fuoco, che divenne verde smeraldo.
“Clifton
Crescent, Folkestone!” e si buttò tra le fiamme. Con un risucchio piuttosto
rumoroso, la ragazza venne inghiottita in un vortice di fuoco e cenere. Tenne
gli occhi e la bocca chiusi, i gomiti ben serrati lungo il corpo, pronta
all’urto imminente con il camino verso cui si dirigeva. Ma quando arrivò
dall’altra parte si accorse di essere caduta sul morbido. A quanto pareva,
Madame Maxime aveva fatto un incantesimo al pavimento di parquet di quella che
era indubbiamente una casa appartenente ad un mago. Le pareti erano in pietra,
con delle torce, e il tutto si sposava perfettamente con il pavimento di parquet
scuro, molto bello. Si allontanò dal camino proprio mentre stava per comparire
Madame Maxime, che atterrò anche lei sul morbido. Prima però che Hermione
potesse fare domande, la donna la portò velocemente fuori.
“Questa
– mormorò – è la maison di un monjamorte. Per questo ho usato questa maison come
luogo di partenza: è la più viscina al confine e non è controllata. Se ci
fossimo smaterializzate saremmo state rintracciate facilmente, ed è meglio non
rischiare anche se non stiamo facendo niente di illegale, tecnicamente, n’est
pas?”. Hermione annuì in silenzio, poi chiese timidamente: “Perché Hagrid non
voleva che usasse la polvere volante?”. Con sua grande sopresa, Madame Maxime
rise forte prima di rispondere: “E’ solo una delle sue manie. Il pense que je me
sporchi il vestito se je usa la polvere volante”. Hermione sorrise, poi si
guardò intorno. Si trovavano in una via a forma di arco. Di fronte a loro c’era
un enorme prato, in fondo al quale si vedevano molti alberi. Si incamminarono
proprio sull’erba, e Hermione dovette camminare più velocemente per poter
seguire i passi più grandi della signora che l’accompagnava.
“Più
giù c’è la mer. Troveremo dei Thestral ad aspettarsci. Tu puoi vedere Thestral,
ouì?” chiese alla ragazza, che annuì. Dopo la battaglia di Hogwarts, non avrebbe
mai dimenticato tutti quei cadaveri, quei volti conosciuti che adesso non poteva
più vedere. Il pensiero di quelle persone la rattristì moltissimo. Lupin, Tonks,
Fred Weasley… una lacrima solcò il volto di Hermione, ma Madame Maxime non se ne
accorse.
“Già
si sente la risacca de la mer…” mormorò, chiudendo gli occhi e respirando a
pieni polmoni. In quel punto della Gran Bretagna il marchio nero si vedeva molto
meno. In lontananza si vedevano i raggi del sole che uscivano dalle nuvole, e
ancora più avanti c’era uno strano bagliore blu intenso. Camminarono per
mezz’ora quasi, finchè raggiunsero una spiaggia piuttosto lunga e ampia. Il mare
era grigio, le onde alte almeno tre metri, ma quella luce lontana rendeva tutto
più bello di quanto potesse apparire in realtà. Madame Maxime notò lo sguardo di
Hermione, che si perdeva nel blu lontano, e disse: “Non sei più abituata alla
luce, ora che siete nelle tenebre, ouì?”. Hermione lasciò cadere un’altra
lacrima, poi entrambe si diressero verso i Thestral, chiusi in un recinto
invisibile ai babbani. In poco tempo, le due erano sui cavalli scuri, e con un
piccolo movimento di gambe i cavalli spalancarono le ali e si librarono nel
cielo. L’aria in movimento era fresca, frizzante, un toccasana per le varie
ferite che Hermione riportava sul volto. Madame Maxime fece sollevare il suo
Thestral più in alto, sopra le nuvole, e lo stesso fece Hermione col suo. Sotto
di loro si intravedevano a malapena le onde altissime. Dall’alto sembrava un
enorme lenzuolo grigio tutto pieghe, e l’aria si faceva sempre più fresca e
sempre più piacevole. Ma dopo soltanto un chilometro, mentre volavano sopra la
manica, Madame Maxime si fermò bruscamente e gridò: “Dissennatori! Nous ne
possiamo pas passare da la mer! Giriamo di là, à gauche, e passiamo dal tunnel!”
e girò velocemente a sinistra. Hermione la seguì per venti minuti sulla costa,
nascoste dalle nuvole, finchè videro la ferrovia sparire sotto un tunnel che
passava in fondo al mare. Scesero di quota quel tanto che bastava per rimanere
nascoste ed avere una buona visuale del luogo, poi scesero in picchiata verso il
tunnel e a tutta velocità vi si infilarono. Entrarono dalla parte in cui i treni
si dirigevano verso la Francia per essere sicure che nessun treno potesse
colpirle frontalmente. Dopo dieci minuti però un rumore alle loro spalle le
costrinse a voltarsi.
“Qu
est-ce que c’est quella luce?” chiese Madame Maxime poco più avanti.
“E’
un treno!” gridò Hermione. Un treno si stava dirigendo verso di loro a tutta
velocità. La ragazza tirò fuori la bacchetta, la puntò dietro di loro, mormorò
qualcosa di incomprensibile a causa del fischio del treno alle loro spalle e un
enorme getto di fuoco partì dalla sua bacchetta. Madame Maxime fece la stessa
cosa e usarono i getti per andare più veloci. Sempre più veloci, finchè
finalmente trovarono l’uscita da quel lunghissimo tunnel. La luce del sole quasi
accecò Hermione, non più abituata a vedere tanto splendore. Poteva finalmente
rivedere tutti quei meravigliosi colori. Il mare cristallino, con l’azzurro del
cielo riflesso su di esso, la neve che nel nord della Francia poteva liberamente
cadere, il freddo, il gelo, quel gelo che tanto mancava agli studenti di
Hogwarts. E in quel bianco così candido si intravedevano degli alberi, alcuni
senza più foglie, altri, sempreverdi, che mostravano le loro sfumature di verde.
Tutto questo agli occhi delle persone del luogo appariva come normale, ma chi
viveva nel mondo magico in quei periodi lo riteneva lo spettacolo più fantastico
che la natura potesse regalare. Dopo pochi minuti di volo, Madame Maxime e
Hermione atterrarono in una spiaggia bianchissima dove c’era un recinto simile a
quello che era stato messo dall’altra parte della Manica. Salutarono i Thestral
con una carezza e si smaterializzarono. Quando la solita sensazione soffocante
di essere infilati in un tubo di gomma finì, Hermione pensò che si fossero
perse. Erano in qualcosa di stretto e buio, che odorava di legno. Madame Maxime
si sporse leggermente in avanti e mormorò: “Ok, via libera!” e uscì dalla
parete. Hermione rimase a bocca aperta, ma fece subito altrettanto e si accorse
che non era una stanza minuscola: era un albero. La preside rise allo sguardo
attonito della ragazza, e si diresse dall’altra parte di quella che sembrava una
piazza piuttosto grande. Si guardò intorno e quello che vide quasi le tolse il
fiato.
“No,
non ci credo… questa è Parigi! E quella è…” balbettò. Maxime sorrise di nuovo.
“Ouì,
Hermione, quella è Notre Dame de Paris, e il Minister est qui vicino!”. Dopo
pochi minuti arrivarono dall’altra parte della piazza, e si fermarono di fronte
ad una statua. Rappresentava due uomini, uno dei quali a cavallo che reggeva un
lungo bastone. Madame Maxime vi si avvicinò appoggiò la bacchetta su una delle
lastre del piedistallo e mormorò alcune parole in francese. Dopo poco, alcune
lastre si spostarono, rivelando una scaletta a chiocciola illuminata da fate che
svolazzavano allegre. Hermione seguì la preside, scendendo sempre più in basso,
finchè raggiunsero una porta. Madame Maxime la aprì e rivelò ad Hermione il
meraviglioso Ministero della Magia Francese.
Note
dell’Autore:
Finalmente il momento tanto atteso si avvicina. La nostra Hermione è finalmente
arrivata al Ministero della Magia francese per avere un Giratempo e poter
finalmente salvare l’amico. Pochi capitoli quindi ci separano dal salvataggio, e
intanto si delinea sempre più il profilo psicologico dei vari personaggi. In questo capitolo ho deciso
di approfondire la personalità di Hermione inserendo alcuni dei suoi pensieri
prima di partire per la Francia con Madame Maxime, parlando del senso di colpa
per aver lasciato Harry tanto a lungo chiuso in quella prigione più psicologica
che fisica, menzionando alcune “vecchie glorie” di Hogwarts e del mondo magico
ed il suo desiderio di sapere se anche loro stessero combattendo. Questo aspetto
verrà presto approfondito, ma al momento concentriamoci sul Ministero di Notre
Dame e lasciamoci invadere dalla sua bellezza e dal suo profumo di
lavanda.
Relly
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