A Year of Darkness

di Relly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La Scuola delle Ombre ***
Capitolo 3: *** Rivelazioni tra le Piante ***
Capitolo 4: *** Fiamme dell'Inferno ***
Capitolo 5: *** Lacrime e Tempo ***
Capitolo 6: *** Un aiuto dalla Francia ***
Capitolo 7: *** Polvere e Thestral ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Il rumore dei tacchi echeggiava nella stretta scala a chiocciola che conduceva nei sotterranei. Due figure incappucciate illuminate fiocamente dalle torce di fuoco verde appese all’alta parete correvano saltando qualche gradino. In fondo alla scala una porta dava su un corridoio. Di fronte alla scala c’era l’aula di pozioni, ma le figure la oltrepassarono ed entrarono in una specie di cantina. Un ragazzo era incatenato al muro, la testa china, alcune gocce di sangue a terra. Quando le figure entrarono nella stanza non alzò lo sguardo. Una delle due figure parlò con una voce grottesca, modificata dalla maschera di bronzo che portava sul volto.

“Fallo, o il signore oscuro potrebbe rivedere la tua posizione!” disse all’altra. Questa alzò la bacchetta e mormorò con voce preoccupata e tremolante: “Crucio!”.

Il ragazzo incatenato al muro gridò di dolore, ma smise dopo pochi secondi. L’uomo mascherato disse: “Non era intenso, ma la prossima volta lo sarà, a meno che tu non voglia che mi occupi personalmente del tuo ragazzo…” poi girò su se stesso e uscì dalla stanza. La ragazza incappucciata attese che i passi dell’uomo cessassero, poi corse verso il ragazzo, si tolse il cappuccio e sollevò il volto del ragazzo.

“Ron, parlami, ti prego, mi dispiace, non volevo farlo, mi dispiace…” disse velocemente, e lo baciò sulle labbra. Il ragazzo la guardò debolmente, ansimando, e disse: “Non preoccuparti, lo so che non avevi scelta. E poi non è stato molto intenso. Non come quello di Pansy…”.

 La ragazza puntò la bacchetta verso le manette che lo tenevano incatenato e mormorò: “Alohomora!”. Le manette si aprirono all’istante liberando Ron.

“Grazie, Hermione…” disse, prima di cadere. Hermione lo aiutò a rialzarsi e chiese: “Come ti hanno scoperto?”. Il ragazzo, barcollando leggermente, rispose: “I dissennatori. Ho provato a chiudere la mente ma il pensiero di quello che facevo…” e tirò fuori dalla tasca una piccola scatola viola, la aprì e ne tirò fuori una piccola rana di cioccolato.

“Allora ce l’hai fatta!” disse Hermione allegra. Ron annuì.

“Si, ma ho dovuto nascondere le casse con il mantello dell’invisibilità. Ora sono nella rimessa delle barche, domani troverò un modo per farle arrivare in torre.”. Ma Hermione scosse la testa.

“Non puoi rischiare ancora. Ho un’idea migliore, te la dico quando saremo al sicuro. Dai torniamo sù…” e uscirono dal sotterraneo, dopo aver ripulito le gocce di sangue. Quando raggiunsero la scalinata principale si accorsero che l’enorme quadro di Voldemort dormiva, cosa molto rara. Arrivati al settimo piano si fermarono di fronte all’unico altro quadro presente nella scalinata, grande poco più di una persona, raffigurante un serpente che usciva dalla mandibola di un teschio. Il serpente cominciò a fissare i ragazzi come in attesa. Ron ed Hermione tirarono su la manica delle rispettive divise e mostrarono al serpente due tatuaggi sull’avambraccio simili al soggetto del dipinto. Il serpente annuì e il quadro scattò in avanti, lasciando vedere un’entrata. Per un attimo ai ragazzi parve di scorgere una luce, ma doveva essere stato solo un gioco delle torce della scalinata. Quando però entrarono e il quadro si fu richiuso alle loro spalle, le luci della sala di ritrovo si accesero, rivelando tre persone sedute. La luce mise in risalto le varie cicatrici di tutti i presenti in sala. Ron, che era stato torturato da poco, mostrava un taglio nuovo che sanguinava ancora, e la camicia era macchiata di sangue.

“Pensavamo fosse Bellatrix” disse il ragazzo seduto più vicino a loro, decisamente sollevato nel vedere gli amici.

“Beh, Neville, non siamo Bellatrix…” disse Ron, sedendosi nella poltrona rimasta libera. Ginny Weasley, la sorella di Ron, lo squadrava come per trovare qualche malattia. Accanto a lei c’era Luna Lovegood, che guardava sognante i ragazzi, mentre di fronte a loro c’era Neville Paciock. Hermione corse nel suo dormitorio, mentre Ron raccontava ai ragazzi quello che era successo.

“Ma voi? Che cosa stavate facendo?” chiese Ron dopo aver finito il suo racconto.

“Stavamo controllando se Bellatrix era tornata a scuola. A quanto pare è uscita di nuovo, l’abbiamo vista prendere un passaggio segreto che conduceva ad Hogsmeade…” disse Neville, indicando la mappa che aveva di fronte. Alcune piccole scritte si muovevano in quella che sembrava essere la pianta del castello.

“E allora perché pensavate che fossimo Bellatrix?” chiese Ron. Neville indicò un corridoio del settimo piano nella mappa. Ron si sporse per guardare e notò che era un corridoio molto conosciuto.

“Giusto… la stanza delle necessità. Voldemort avrà detto a Bellatrix come raggiungerla…” disse Ron. Neville aveva l’aria molto abbattuta quando disse: “Ovvio… nel momento che siete entrati, Ginny era appena andata in dormitorio a prendere tre bottiglie di burrobirra che erano avanzate…- indicò  le tre bottiglie sul tavolo - quindi nessuno stava controllando la mappa, e se Bellatrix fosse tornata da quel passaggio, ammesso che sappia come trovarlo…” e guardò perplesso la mappa. Certo, Bellatrix era molto intelligente, ma era difficile trovare quel passaggio segreto, e né lei né Voldemort erano a conoscenza del quadro di Ariana Silente che portava al pub ‘La Testa di Porco’ a Hogsmeade. Poco dopo, Hermione tornò con un bicchiere in mano.

“Vieni Ron, sono tentacoli di Purvincolo filtrati in salamoia, ti allevieranno il dolore e cicatrizzeranno la ferita.” disse Hermione, mettendo una mano nella pozione e spargendola sul taglio di Ron.

“Grazie mille!” disse il ragazzo. Poi tornarono all’argomento Bellatrix.

“Comunque è strano che sia fuori, non lascia mai il castello, di solito resta per punire gli studenti che escono dai dormitori!” disse Ginny.

“Allora è una fortuna che sia fuori, Ginny, altrimenti questo taglio sarebbe stato un po’ più in basso!” disse Ron, facendo passare un dito sotto la gola. Hermione passò la bacchetta sulla camicia di Ron mormorando: “Tergeo!” e tutto il sangue venne aspirato. Poi Ron si rivolse a Luna.

“Tuo padre ha mandato una lettera con i dolci, Luna, ma non sono riuscito a prenderla ancora. È giù insieme alle scatole, domani…” ma Hermione lo interruppe.

“No, Ron, hai rischiato anche troppo stasera! Senti, ho un’idea migliore!” poi mormorò, scandendo bene la parola “Kreacher!”. Pochi secondi e con un sonoro CRACK un’esserino basso con le orecchie molto grandi apparve proprio accanto ad Hermione. Volse il suo sguardo verso la ragazza e fece un profondo inchino.

 

“Mi avete chiamato, padrona Hermione?” disse gentilmente l’elfo. Ron guardò la ragazza e mormorò: “E il C.R.E.P.A.?”, ricordando la fondazione che Hermione aveva creato al loro quarto anno di Hogwarts, il Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti. Hermione senza guardare Ron e con una scrollata di spalle disse: “Si cambia. Kreacher, ti devo chiedere un favore immenso… ci sono delle casse nascoste da un mantello dell’invisibilità alla rimessa delle barche. Contengono molti tipi di dolci! Ci aiuteresti a far arrivare le casse qui in torre?” chiese la ragazza all’elfo. Kreacher la squadrò per un secondo, poi mormorò: “Naturalmente… a patto che possiate lasciare un po’ di dolci anche per gli elfi… abbiamo avuto molti problemi a causa dei dissennatori, e Winky è svenuta tre volte questa settimana!” e guardò Hermione speranzoso. La ragazza acconsentì, e l’elfo fece un inchino profondo e schioccò le dita. Istantaneamente, casse e mantello apparvero nella sala di ritrovo.

“Kreacher, puoi prendere quella cassa, se vi basta!” disse Hermione, indicandone una a terra lì vicino. Kreacher schioccò le dita e la cassa sparì, poi  mormorò: “Grazie, signorina Granger, Hermione… noi elfi vi saremo debitori per il vostro gran cuore!” e si smaterializzò. Hermione sorrise per qualche secondo verso il punto in cui l’elfo era scomparso, poi si girò verso le casse, ne aprì una con la bacchetta e ne fece uscire cinque scatole di cioccorane, che fece poi planare verso di loro.

“Beh, Bellatrix è tornata adesso, quindi credo che possiamo anche tornare a letto!” disse Neville, guardando la mappa. Appoggiò la bacchetta sulla pergamena e mormorò: “Fatto il misfatto!”.

 Le figure sulla mappa sparirono come anche le varie stanze disegnate sopra. Ginny prese un foglio che aveva poggiato sul tavolo e lo arrotolò.

“Meglio non perdere il compito di babbanologia, altrimenti mi dimentico come posso evitare di prendere il cattivo odore tipico dei babbani!” disse con sarcasmo, poi si spruzzò del profumo e mormorò: “Con questo la mia anima dovrebbe essere salva…” e si alzò dalla poltrona. Anche Luna si alzò, si avviò verso le scatole e prese una lettera chiusa in una di quelle.

“Bene, papà dice che va tutto bene e che il Cavillo vende ancora… questa settimana l’ha mascherato in modo che sembrasse la gazzetta del profeta!” disse allegra.

“Guardate, me ne ha mandata una copia!” disse, mostrando una rivista con la copertina coperta dalla foto di Voldemort e la scritta “Colui-che-deve-essere-ammazzato!” e altre scritte che da lontano apparivano incomprensibili. Anche gli altri ragazzi si alzarono, ma il rintocco della torre dell’orologio gli ricordò che erano le tre di notte.

“Andiamo a dormire, dai!” disse Hermione “Ron, ci pensi tu a spegnere le luci?”. Il ragazzo annuì, prese uno strumento simile ad un accendino dalla tasca e lo fece scattare, e la luce lasciò spazio alle tenebre, mentre le porte dei due dormitori si chiudevano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** La Scuola delle Ombre ***


La scuola delle ombre

La Scuola delle Ombre


Quando la mattina dopo i ragazzi si svegliarono, il cielo era come al solito nuvoloso, tetro, grigio. Ron e Neville scesero prima dei compagni, molti dei quali ex studenti di Corvonero e Tassorosso. Da quando Lord Voldemort era tornato al potere, la scuola non aveva più le quattro case. Tutti erano uniti sotto il simbolo verde-argento di Serpeverde, le divise delle ragazze erano state sostituite da un abito molto simile a quello usato solitamente da Bellatrix, lungo e scollato, più adatto ad un ballo che ad una scuola. Hermione, Ginny e Luna scesero poco dopo i ragazzi e si avviarono tutti alla prima lezione della giornata (la colazione era stata momentaneamente abolita in seguito ad un tentativo di un gruppo di ex Corvonero di entrare nelle cucine per avere un croissant alla crema, tutti i dolci erano stati aboliti dai Mangiamorte perché rendevano i ragazzi troppo allegri), così si incamminarono verso l’aula di Incantesimi.

L’ insegnante era ancora il professor Vitius, ma ora i suoi alunni imparavano come nascondere cadaveri rendendoli invisibili e distruggere le persone con delle formule speciali invece degli incantesimi come il Wingardium Leviosa o l’incantesimo Accio. Quel giorno la lezione era incentrata sul Marchio Nero, come imponeva il nuovo programma approvato dal nuovo Ministero della Magia, il tutto sotto la supervisione di un Mangiamorte che doveva controllare e punire coloro che non fossero ritenuti degni dell’incantesimo.

“Il Marchio Nero è una magia oscura che evoca il marchio del Signore Oscuro, ovvero un teschio immenso con un serpente che esce dalla sua mandibola. Esso rappresenta il riferimento per ogni mangiamorte, e in genere viene usato in caso di omicidio o di richiamo. La formula per evocarlo è Morsmordre. Naturalmente per oggi vi eserciterete parlando a bassa voce, in modo da crearne uno piccolo… uno troppo grosso potrebbe spaventarc… spaventarvi tutti…” si corresse il minuscolo Professor Vitius, in preda ad un attacco di panico alla vista della bacchetta del mangiamorte.

Così i ragazzi cominciarono a provare l’incantesimo. Hermione ci riuscì al primo colpo. Ginny riuscì a far uscire una certa quantita di fumo dalla bacchetta che si condensò in un teschio sconnesso, e così fecero gli altri. Tutti tranne Neville, che al primo tentativo riuscì soltanto a far uscire fumo bianco dalla bacchetta, ed il mangiamorte non lo trovò idoneo all’incantesimo.

“Ma bravo… allora non sei totalmente fedele all’Oscuro Signore, eh? Beh, vediamo come lo sarai tra poco… Sectumsempra!” tuonò puntando la bacchetta contro Neville. Hermione gridò, Ginny trattenne Ron che stava per fare un passo avanti e gli mormorò: “Non possiamo farci niente…” e dagli occhi di Luna scesero lacrime silenziose.

Il ragazzo cadde a terra con due tagli che gli squarciavano il volto e la camicia, totalmente insanguinata. Il mangiamorte uscì per fare rapporto e i ragazzi si gettarono sull’amico. Con un colpo di bacchetta, Hermione richiuse le ferite e vi spalmò sopra dell’essenza di Dittamo (ormai ne portava sempre una fiala con sé, per le emergenze), Ron gli passò una Cioccorana per farlo riprendere e il Professor Vitius pose fine alla lezione per occuparsi del ragazzo.

Dopo dieci minuti Neville era tornato in forze, sia per le cure che gli erano state prestate, ma anche grazie alla Cioccorana. Poi, finalmente, la campana suonò, il che voleva dire Trasfigurazione, ma il Professor Vitius trattenne in classe i cinque ragazzi con la scusa di aiutarlo a ripulire il sangue sul pavimento.

“Allora, ragazzi, so perfettamente che rischio la vita dicendovi questo - bisbigliò il piccolo professore in un sussurro appena udibile - infatti spero sappiate far buon uso dell’Occlumanzia per nascondere queste informazioni, ma vedete… ho sentito la Professoressa Sprite parlare con alcuni Mangiamorte. A quanto pare stanno organizzando una gita, una specie di dimostrazione… non ne so di più perché parlavano molto piano e quando ho svoltato l’angolo hanno chiuso la bocca. Comunque volevo solo avvertirvi, forse la professoressa Sprite però potrebbe darvi qualche informazione in più…”

Poi alzando la voce aggiunse: “Grazie dell’aiuto, ragazzi. Ci vediamo alla prossima lezione” e strizzando l’occhio si diresse verso la cattedra. I ragazzi si avviarono verso Trasfigurazione senza dire una parola, ma guardandosi un po’ stupiti, un po’ preoccupati. Si stavano chiedendo tutti la stessa cosa: dove potesse essere una gita per un gruppo di potenziali mangiamorte? Sicuramente non Diagon Alley o Hogsmeade… forse Notturn Alley, che era un posto abbastanza oscuro… ma una dimostrazione a Notturn Alley cosa poteva essere, imparare a rapinare con il Crucio? Difficile che potesse essere questo…

Ed infine giunsero di fronte alla porta dell’aula di Trasfigurazione, sovrappensiero, la mente ancora invasa dal pensiero della gita. Anche per quella materia c’era ancora Minerva McGranitt ad insegnare, e anche per quella materia non si imparava più a trasformare scarafaggi in bottoni, ma corpi in ossa da nascondere o da dare al proprio Crup domestico. Quella lezione era incentrata sulla trasformazione di un animale invertebrato in un osso di piccole dimensioni. Hermione ci riuscì al primo colpo, Neville no, ma l’assenza di mangiamorte nelle vicinanze lo salvarono dalla punizione, e la Professoressa McGranitt non avrebbe certo fatto la spia. L’assenza di mangiamorte diede anche a Ron ed Hermione modo di parlare dei nuovi sviluppi.

“Potrebbe essere ovunque, a Notturn Alley, alla Gringott per vedere chi è degno di rubare tesori, al Ministero della Magia…” mormorò Ron, sovrappensiero. Hermione era di tutt’altro parere.

“No, a Notturn Alley sarebbe inutile, metà dell’elenco scolastico riguarda oggetti oscuri che si trovano solo lì, ci andiamo spesso… alla Gringott ci portano le Quinte, noi siamo solo in Terza… per quanto riguarda il Ministero… potrebbe essere un’idea! Chissà, potrebbero portarci in una delle sale di tortura, così vediamo come possiamo torturarli quando usciremo da questo inferno…” suggerì, puntando la bacchetta contro la sua lumaca senza guscio, che si trasformò in un piccolo osso bianco. Anche Ron fece un tentativo, ma invece di trasformarsi, la sua lumaca esplose ricoprendolo di bava.

 “Dopo questo, credo proprio che mi darò alla macchia!” esclamò, pulendosi con la bacchetta. Dopo circa un’ora in cui non erano giunti a nessuna conclusione, tranne per Hermione, il cui osso era perfetto, la campana suonò di nuovo, segnando l’ora di pranzo.

“Finalmente! - fu il commento di Ron - sto morendo di fame!” e lasciarono l’aula, diretti verso la Sala Grande. Anche questa era cambiata molto rispetto alla Sala Grande di un tempo. Le vecchie candele luminose e calde adesso emanavano una luce verdastra che rendeva tutta la sala più tetra e fredda. Il tavolo dei professori era stato spostato un po’ più avanti rispetto alla posizione originale, e dietro di esso era stata messa un’alta statua della Morte che veniva usata come altoparlante da Voldemort quando aveva annunci da fare alla scuola, cioè quando non era occupato al ministero o in un omicidio, quindi molto raramente. Anche il soffitto era cambiato: era costantemente nuvoloso, grigio, proprio come il cielo al di fuori di esso. L’unica cosa rimasta intatta era il pranzo, preparato dagli elfi domestici nelle cucine, che era ancora buonissimo. Quando tutti gli studenti ebbero preso posto, dal tavolo degli insegnanti si alzò Voldemort, che cominciò a parlare, mentre la grande statua alle sue spalle si apriva, imitando il movimento delle labbra del nuovo preside.

“Questa notte un altro negozio di Hogsmeade è stato chiuso e il proprietario arrestato e scortato ad Azkaban. Per chiunque avesse avuto bisogno di articoli di Mondomago, vi rimandiamo ad un negozio di Diagon Alley approvato dal Ministero della Magia. Troverete il suo nome nell’elenco sulla porta di Mastro Gazza e sulla bacheca delle vostre sale di ritrovo” gridò, la voce amplificata dalla statua. Sulla sala calò un gelo totale, seguito poi dai soliti mormorii che da tre anni rendevano ancor più deprimente la sala.

“E pensare che mi stava tanto simpatico…” disse Hermione, triste. “Uno dei pochi negozianti ancora dalla nostra parte…”.

Ron si riempì il piatto e mormorò: “E’ inutile Hermione, siamo rimasti solo noi, ormai. Quasi tutti si sono convertiti per paura o per potere. non credo che si metteranno contro il Signore Oscuro tanto facilmente…” e cominciò a mangiare al suo solito modo.

Ginny mormorò, spettrale: “Beh, almeno adesso sappiamo dov’era Bellatrix ieri sera…” ed iniziò anche lei a riempire il suo piatto.

 

 

 

Note dell’Autore: Per prima cosa, grazie mille a tutte coloro che hanno recensito e che stanno seguendo la mia storia. È molto importante per me, che mi sono affacciato appena su questa nuova passione. Per seconda cosa, vorrei rispondere ad alcune delle vostre domande. I mangiamorte hanno preso possesso della scuola e Voldemort è il nuovo preside/ministro della magia, dato che in passato affidare questo ruolo ad altri ha portato a troppi errori. Harry non è scomparso, capirete cosa gli è successo al prossimo capitolo, per intanto… bè, un po’ di suspance non fa mai male! E terza ed ultima cosa, sono un ragazzo. Ci sentiamo al prossimo capitolo! Ancora grazie!

 

relly

 

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Capitolo 3
*** Rivelazioni tra le Piante ***


Rivelazioni tra le piante

Rivelazioni tra le piante


Due giorni dopo le rivelazioni di Voldemort sui negozi di Hogsmeade, non erano più accaduti fatti di alcun genere. I ragazzi non potevano parlare con la professoressa Sprite prima della successiva lezione di Erbologia, quindi per adesso l’unico lume di speranza di un gruppo ristretto di studenti restava il fatto che erano giunti al 31 di ottobre, occasione di festeggiamenti clandestini per la festa di Halloween, bandita dalla comunità magica dal nuovo regime. Ron era riuscito a farsi inviare altri dolci per la festa, e questa volta senza tornare in sala comune con tagli o maledizioni, mentre Hagrid aveva coltivato e stregato delle zucche in gran segreto. Così mentre Hermione andava a lezione di Rune Antiche, Ron si diresse alla sala comune con i pacchi nascosti dal mantello dell’invisibilità (un paio di studenti vennero colpiti, ma diedero la colpa a Pix),  e Ginny, Neville e Luna si occuparono di portare di nascosto le zucche nella scuola, con l’aiuto del guardiacaccia. Quando Hermione uscì dalla lezione era quasi tutto pronto per la serata.

“Ottimo, abbiamo già praticamente tutto! Allora, pensavo che per i festeggiamenti di quest’anno potremmo rimettere degli stendardi, l’anno scorso sono piaciuti! Luna, ci pensi tu? Così io mi occupo delle zucche…”.

Naturalmente, Luna assentì e si mise subito a lavoro. Quella sera la sala di ritrovo non era più illuminata solo di verde, ma anche di rosso, giallo e blu, i vecchi colori delle case di Hogwarts. Le zucche prese quello stesso giorno erano state incantate da Hermione, e adesso illuminavano la sala fluttuando liberamente in aria. Luna aveva dipinto degli stendardi con il vecchio simbolo di Hogwarts: il leone, il tasso, il corvo e il serpente, tutti uniti attorno ad una H. Avevano deciso di metterci anche Serpeverde perché a quel tempo era comunque una delle case, non la sola.

“Quelli sì che erano bei tempi…” la voce di Ron si fece sognante guardando quel simbolo di speranza

“A quei tempi ci ammazzavamo con i Serpeverde, poi li battevamo a Quidditch, e  ogni fine anno rischiavamo la vita in qualche modo… ora invece la rischiamo tutto l’anno! Ah beh, beviamoci su!” e si diresse al banco degli alcolici per versarsi dell’idromele aromatico (evitava quello barricato da quando era finito avvelenato a sedici anni nell’ufficio del Professor Lumacorno). Neville invece cercò Ginny con lo sguardo, e la trovò seduta vicino ad una finestra, in lacrime, lacrime silenziose, che cadevano lentamente sul pavimento di parquet. Lo sguardo era rivolto al cielo oltre il vetro, un cielo ormai troppo conosciuto e troppo disprezzato. Sopra le nuvole che ormai da tre anni ricoprivano tutta la Gran Bretagna, si stagliava un immenso Marchio Nero, la luce verde che non lasciava capire quando era giorno e quando era notte, se non per il fatto che di tanto in tanto un raggio di sole usciva furtivamente dalle nuvole dense e scure come un mare profondo. E quel marchio, visibile solo ai maghi, era quanto di più terribile e frustrante ci potesse essere in quel momento. Fino quando era visibile, Lord Voldemort regnava. Neville si avvicinò così alla ragazza e tentò di rassicurarla.

“Ginny, Harry è salvo, lo sai. Lui non si lascerà sconfiggere da quei dissennatori. La prigione di Azkaban…” ma non trovò altre parole. La ragazza annuì in silenzio, poi dopo qualche secondo mormorò, la voce straordinariamente limpida nonostante le lacrime che sgorgavano dai suoi occhi: “Si, lo so… ma non posso non pensare che lui… che… non merita tutto questo! Mi manca, mi manca tutto di lui, il suo volto, la sua voce… il suo bacio… ricordo ancora l’ultimo, al suo compleanno… l’ultimo bacio prima di…” ma fu troppo. Si  alzò, correndo verso il dormitorio delle ragazze, senza degnare di uno sguardo il tavolo, dove era stata posta una foto di Harry contornata da numerose candele accese, ad illuminare una targhetta in ottone scritta da Hermione che riportava la seguente frase: ‘Venti  anni fa un grande mago sconfisse inspiegabilmente il signore oscuro, e tre anni fa riuscì quasi a sconfiggerlo nuovamente. Oggi quel mago è stato arrestato per l’idiozia di un regime dittatoriale che nessuno ha mai voluto ma che tutti devono accettare. Ma non possono avere i nostri cuori, e finchè essi resteranno nostri, continueremo a gridare buona fortuna a Harry Potter, il ragazzo che è sopravvissuto’.

Luna, che per tutta la sera aveva parlato con dei compagni, Ernie Macmillan e Rolf Scamandro, stava rileggendo nuovamente quella frase quando si accorsero che erano quasi le tre di notte. Spensero le candele, fecero sparire le zucche e nascosero la foto di Harry, e quando tutto tornò alla normalità i ragazzi poterono tornare nei loro odiati letti.

La notte passò molto velocemente. i ragazzi dormirono poco, un po’ per l’ora che avevano fatto, un po’ per l’insonnia che ormai li affliggeva da anni, dovuta alla preoccupazione. Fattostà che la mattina dopo, quando arrivarono alle serre di erbologia, si sentivano leggermente stanchi. La Professoressa Sprite li salutò come al solito sorridendo per cercare di rincuorarli, anche se spesso ad aver bisogno di un sorriso era proprio lei. Era una situazione imbarazzante alcune volte, ma ormai gli studenti non ci facevano più molto caso. Così la lezione passò normalmente, e Neville riuscì per primo a far crescere la sua pianta di Tranello del Diavolo, dimostrando in una scuola votata ormai alla magia oscura, come era diventata Hogwarts,  la sua spiccata attitudine all’Erbologia. Ma a fine lezione la Professoressa Sprite trattenne Ron, Hermione, Ginny, Neville e Luna con la scusa di farsi aiutare per mettere a posto i vasi.

“Non potevo parlare con quei deficienti in classe… stupidi mangiamorte! Un altro anno così e giuro che mi faccio ammazzare io!” esclamò, con rabbia crescente.

 “Comunque vi ho trattenuti qui perché so che voi volete far tornare Harry tra noi, e forse io so qualcosa che vi potrebbe aiutare…” disse. Hermione prese un attimo la parola.

“Il professor Vitius ci ha detto di parlare con lei proprio di questo” bisbigliò, e la professoressa annuì. I ragazzi erano tutti orecchie.

“Allora, sappiamo tutti che al terzo anno della vera Hogwarts voi avevate i l permesso di accedere al villaggio di Hogsmeade come gita scolastica, giusto? Bene, quest’anno ci sarà un piccolo cambiamento… non verrete portati ad Hogsmeade ma ad Azkaban. In gita ovviamente, e vi consiglio caldamente di non comportarvi male in questi giorni per non allungare il periodo di gita a tutta la vita. Però ora viene la parte brutta… A quanto pare, Voldemort vuole rendersi ancora più potente agli occhi degli studenti, e vuole commettere un omicidio in pubblico proprio quel giorno, e il soggetto che ha deciso di uccidere è… Harry Potter”.

Per qualche secondo i ragazzi non ebbero reazioni, poi la paura e il dolore cominciarono a crescere, misti a puro panico e  rabbia. Hermione fu la prima a ritrovare la voce.

“Si sa quando ci sarà questa gita?” chiese, con la voce tremante. La Professoressa Sprite scosse la testa.

“No, ma appena lo verremo a sapere noi professori, troverò senz’altro il modo di comunicarvelo… Ora andate, se vi fate trovare fuori dalle aule a quest’ora potrebbero cruciarvi di nuovo…” e fece cenno ai ragazzi di allontanarsi. Quando uscirono dalle serre erano sconvolti.

“Non avrei mai creduto che potesse succedere… non ora almeno…” mormorò Hermione.

Luna era meno pessimista. “Abbiamo ancora dei giorni, possiamo sempre inventarci qualcosa, un piano… Dobbiamo soltanto capire come potremmo tirar fuori Harry dalla prigione…” mormorò. “Facile! - commentò Ron, sarcastico - Basterà bussare e ordinare un Harry Potter con patatine per favore! Purtroppo non è così facile.”

Ma Neville era della stessa idea di Luna. “Non è facile, ma neanche impossibile. Invece di fare commenti sarcastici, pensiamoci un po’ su. Abbiamo fatto di peggio in passato, abbiamo spodestato la Umbridge, siamo entrati nell’ufficio misteri, e voi, che avete salvato la scuola per sei anni di seguito, vi siete infiltrati al Ministero, avete rubato alla Gringott… possiamo riuscire anche in questo, tutti insieme!” e si avviarono tutti e cinque verso l’aula di Pozioni, mentre tra le piante della serra un fruscio lasciava presagire che qualcosa sarebbe accaduto troppo presto.

Note dell’Autore:  Nuovamente, mi ritrovo a ringraziare di cuore tutti coloro che stanno seguendo la mia storia con tanta pazienza, dato che per un periodo sono stato impossibilitato a postare. In questa nota vorrei anche rispondere a qualche quesito che potreste esservi poste: la scuola di Hogwarts, che non è più la Hogwarts di un tempo, prevede sette anni di scuola. Per ora l’anno più avanzato è il terzo, dato che Harry è stato catturato tre anni prima e Voldemort ha ripreso la scuola e il mondo magico in quell’occasione, però agli studenti viene dato un programma completo di quello che impareranno  per tutti i sette anni di studio. In verità volevo scrivere questo nella storia, ma ormai siamo già al terzo capitolo e non ho mai trovato occasione di scriverlo, e se ve lo avessi detto più avanti sarebbe potuto essere troppo tardi. Poi vorrei fare un ringraziamento speciale alla mia gemellina Dark Lady, senza la quale questa storia non avrebbe mai visto la luce. Bè, per adesso basta, ci vediamo al prossimo capitolo!

Relly

 

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Capitolo 4
*** Fiamme dell'Inferno ***


Fiamme dell'inferno

Fiamme dell’inferno

Quando la mattina dopo i ragazzi entrarono  nella Sala Grande per la colazione, finalmente ripristinata dopo il periodo di punizione, giravano strane voci sull’arresto di una professoressa durante la notte. Ai ragazzi non occorse molto per capire cosa fosse successo.

“La professoressa Sprite! Qualcuno deve averla sentita!” bisbigliò Hermione, nervosa.

“Già, ma speriamo che non abbiano sentito anche con chi parlava!” mormorò Ron, più preoccupato per la loro vita che per quella della professoressa. Ginny guardò verso il tavolo degli insegnanti, un fremito di disgusto che le sfigurava il volto. “Mancano lei e Voi-sapete-chi. Bellatrix è al tavolo. Guardate che espressione, quanto è…” esclamò a voce alta, prima che un’altra voce da dietro la fermasse. “Termini quella frase e dovrò metterla in punizione, signorina Weasley!”.

I ragazzi si girarono. Era Fenrir Greyback, il mangiamorte lupo mannaro, uno di quelli che più terrorizzava gli studenti.

“E sai benissimo che se sono io a punire… beh, non c’è bisogno di !” aggiunse, e si allontanò con un ghigno, strizzando l’occhio alla ragazza e passandosi la lingua tra le labbra. Ginny lo guardò con immenso disprezzo.

“Sediamoci e mangiamo qualcosa, che è meglio!” ma per tutta la colazione non toccò cibo, così come gli altri. Dopo venti minuti seduti in silenzio, tutti e cinque continuavano a provare un certo rimorso per quanto accaduto alla Professoressa Sprite. Dopotutto era con loro che aveva parlato, e si sentivano in qualche modo responsabili dell’accaduto. Così uscirono dalla sala grande diretti ai giardini, verso una costruzione nera, minacciosa, composta da quattro torri più piccole e una pericolosamente grande e traballante, posta all’esatto centro di quello che un tempo era lo stadio di Quidditch, di cui ora rimanevano soltanto una torre e i tre pali di una parte del campo, uno di questi piegato e poggiato al palo centrale. Entrarono nell’edificio, che non era sorvegliato (per non far fuggire i prigionieri bastavano gli incantesimi posti attorno all’edificio e alle sbarre della prigione) e trovarono la Professoressa Sprite in una delle tante celle. Era molto provata, sciupata, con la veste strappata in più punti e il sangue che ancora usciva da alcuni dei tagli, ma aveva un sorriso molto ampio sul volto.

“Salve ragazzi! È molto carino da parte vostra venire a farmi visita!” disse. Hermione scoppiò a piangere. Ron la abbracciò, e quando Neville disse: “Professoressa, ci sentiamo in qualche modo responsabili per questa faccenda. volevamo chiederle scusa, ma quando in gioco c’è la vita di una persona non…” i singhiozzi della ragazza aumentarono. Ma la professoressa tentò di tranquillizzarli comunque. “Suvvia, se avessi saputo che sarei stata arrestata di sicuro vi avrei detto ugualmente quelle cose! Non mi interessa essere in prigione e rischiare la vita! Se morirò, sarà per una giusta causa. Voi dovete solo promettermi che fermerete quel pazzoide montato e che farete tornare Hogwarts ai suoi antichi splendori”.

I ragazzi rimasero ancora dieci minuti a parlare con la Professoressa, poi però dovettero correre al castello per ricominciare a trasformare in osso gli animali invertebrati.

“Stupide lumache senza guscio!!! - mormorò Ron, in preda ad un attacco di rabbia - Non bastava quello che sta accadendo alla Sprite, devono anche mettercisi queste inutili lumache! Ti vuoi trasformare?!? Ossea Avifors! Ossea Avifors!!!” ma la lumaca diventò viola e morì soffocata.

“Ron, se ti farai beccare a far morire una lumaca al giorno ti rimetteranno ai ferri nei sotterranei!” mormorò la McGranitt, guardando verso la porta, le labbra talmente strette da far sembrare la sua bocca più simile ad un taglio. Il mangiamorte di sorveglianza era uscito per punire Ernie Macmillan che aveva per sbaglio allungato la sua lumaca senza però darle la forma di osso per la terza volta consecutiva.

“Professoressa, sinceramente, è proprio necessario studiare come trasformare un corpo in un osso?” chiese Hannah Abbott, preoccupata per le sorti del suo amico. La professoressa McGranitt guardò verso la porta un’altra volta e poi mormorò: “Ovviamente no, ma sapete che un mangiamorte deve saper occultare bene un cadavere, quindi dobbiamo per forza insegnarvi anche questo, spero solo di non dover arrivare ad insegnarvi come trasformare un uomo in un dirigibile e farlo esplodere,  ma col nuovo regime ci si può aspettare di tutto” terminò la McGranitt, visibilmente contrariata, le labbra ora invisibili, tanto erano strette.

Dopo dieci minuti le campane scandirono la fine della seconda ora, il che significava ora buca per Ron, Ginny, Neville e Luna e Aritmanzia per Hermione, ma prima che i cinque potessero uscire dall’aula, la McGranitt li chiamò alla cattedra. I ragazzi si avvicinarono un po’ impauriti, convinti che volesse rimproverarli per quanto successo alla Sprite. Invece non fu così

”Ho saputo che avete ricevuto informazioni preziose dalla Professoressa Sprite!” disse, con uno sguardo tranquillo.

“Si professoressa, ci dispiace moltissimo per…” cominciò Neville, ma la McGranitt lo interruppe.

“Non sono qui per rimproverarvi, la scelta di Pomona è stata ammirevole, e voi non siete in alcun modo responsabili. Quello che invece ho da dirvi… anzi, da darvi, è questo!” ed estrasse da un cassetto della cattedra un foglio di pergamena con sopra disegnata una piantina di un edificio di forma triangolare.

“Quella che vedete, ragazzi, è la mappa di Azkaban. Visto che la professoressa Sprite è stata arrestata, ne ho procurata una e incantata. Se mostrata ai mangiamorte si rivelerà essere soltanto un ritaglio della Gazzetta del Profeta. Usatela per trovare Harry, che si trova in questa cella” e indicò un piccolo quadrato nel lato più a nord dell’edificio. “Mi raccomando, dovete essere cauti… Avete già un piano?” mormorò la professoressa.

“Non ancora, ma ci stiamo lavorando” rispose Hermione. La McGranitt sospirò, poi guardò i ragazzi e disse: “Se avete bisogno, potete contare sul corpo insegnanti di questa scuola… o almeno, su quello che conta veramente!” disse, e congedò i ragazzi con un cenno verso la porta.

 

La mattina dopo, i ragazzi si svegliarono con un rarissimo raggio di sole che attraversava le finestre. Sembrava quasi un sogno rivedere quel scintillio meraviglioso che solo il sole poteva dare loro, ma durò solo pochi minuti, poi tutto tornò dello stesso colore verdastro. Ron e Neville si alzarono, preparando le divise da indossare e ripensando alla mappa di Azkaban che la professoressa McGranitt aveva dato loro. Sarebbe bastata una mappa per aiutarli a salvare Harry? Hermione si stava ponendo la stessa domanda quando la voce di Ginny la riportò a terra.

“Hermione, abbiamo la colazione tra dieci minuti, ci conviene avviarci per non perdere il discorso mattutino di Voldy, altrimenti ci becchiamo un’altra punizione” disse, indicando una cicatrice sul suo mento. Hermione si girò lentamente verso la ragazza.

“Io… io non riesco a capire… Perché proprio ad Azkaban? Perché non ad Hogwarts, dove ci sono centinaia di maghi che possono vedere?” chiese Hermione. Stava ancora pensando all’esecuzione di Harry. Pensava a quello ogni giorno, anche se non assiduamente quanto Ginny, che rischiava di piangere ogni minuto in cui la sua mente andava a cosa sarebbe successo se non avessero messo a punto un piano, se avessero fallito.

“E’ proprio perché qui ci sono centinaia di maghi che non possono! Hanno paura che noi uniti potremmo sconfiggerli… e hanno ragione! Noi potremmo davvero,  e dobbiamo riuscirci anche se saremo solo noi cinque!” disse con fervore  Ginny. Aveva una strana luce negli occhi, come se l’idea di agire la stesse risvegliando da un periodo di letargo. Lei, Hermione e Luna scesero così la scala a chiocciola per raggiungere la sala comune, dove Ron e Neville le stavano già aspettando. Mentre scendevano la scalinata principale, il quadro di Voldemort osservava gli studenti con sguardo compiaciuto, e i ragazzi furono colti da un ricordo: ogni volta che il quadro aveva quello sguardo, Voldemort aveva notizie importanti, che nella maggior parte dei casi terminavano con la morte di uno dei buoni. Arrivati in sala grande, così, con un misto di paura e preoccupazione si sistemarono al vecchio tavolo dei Grifondoro e osservarono impazienti il tavolo degli insegnanti, dove gli unici posti vuoti erano ancora quelli della professoressa Sprite e di Voldemort.

“Credete che l’abbia già fatto?” chiese Ron, preoccupato, lanciando un’occhiata di traverso al tavolo. Hermione gli prese la mano, guardandolo dolcemente.

“Se l’avesse già fatto lo sapremmo, ma la sua assenza mi preoccupa… quella di Voldemort, intendo. Ok, Ron, quella di Tu-Sai-Chi…” si corresse, sentendo la mano del ragazzo stringersi più forte quando pronunciò il nome del signore oscuro. Rimasero nella sala dieci minuti ad aspettare, sempre più in ansia. Luna leggeva distrattamente Il Cavillo, lanciando occhiate furtive verso la porta di quercia della Sala Grande. Ginny fissava il suo bicchiere, sobbalzando ad ogni minimo rumore. Ron ed Hermione si tenevano per mano, guardandosi intorno, come se si aspettassero di vedere Voldemort uscire dalle pareti. Ma Neville era fuori di sé: tutti sapevano quanto lui tenesse alla professoressa Sprite, la prima ad aver riconosciuto in lui un qualche talento, in questo caso per le piante magiche. Stava tremando, guardando il soffitto incantato e sudando. Quando Luna se ne accorse, gli prese la mano e gli sorrise, e Neville provò a ricambiare, ma gli uscì solo una strana smorfia poco convincente. Finalmente, dopo altri cinque minuti, Voldemort entrò nella Sala Grande, si diresse verso il suo posto e la statua della morte che torreggiava dietro di lui aprì la bocca e abbassò la testa, guardando verso gli studenti.

“A quanto pare la professoressa Sprite ha aperto la bocca con alcuni studenti che però non sono stati identificati. Non verrete puniti questa volta, non ce ne sarà bisogno, ci penseranno coloro che sanno la verità a punire chi lo meriterà, ma la professoressa verrà giustiziata questa sera a mezzanotte su un colle qui vicino. Tutti gli studenti sono quindi pregati di dirigersi, alle undici e trenta di questa sera, nei giardini dove troveranno gli insegnanti ad attenderli per accompagnarli sul luogo dove verrà fatta giustizia”.

La Sala Grande rimase senza fiato per parecchi minuti, dopo questa notizia scioccante. Hermione e Ginny cominciarono a piangere silenziosamente, Ron emise uno strano suono, a metà tra un singhiozzo e un gridolino, Luna abbassò la testa verso il piatto vuoto, ma Neville non ce la fece. Mormorò qualcosa riguardo un bagno e uscì velocemente dalla sala, troppo arrabbiato, devastato e spaventato per poter aggiungere altro. Mentre uscivano dalla sala Luna disse, ancora sotto shock: “Povera professoressa, come è possibile che venga uccisa così, per nulla…”.

 Nessuno parlò, tutti sapevano che con il nuovo regime era più che plausibile che una persona venisse uccisa per nulla. Ma i ragazzi erano anche preoccupati per la reazione dell’amico, che fuori dalla sala non si vedeva. Non si presentò nemmeno alla lezione di Arti Oscure, dove quel giorno dovevano imparare a riconoscere una persona su cui veniva usato l’imperio, e nemmeno alla successiva ora di Babbanologia. All’ora di pranzo però li raggiunse in Sala Grande, mostrando due tagli sulla camicia e sui pantaloni e parecchi graffi sulla guancia.

“Bellatrix mi ha scoperto mentre andavo dalla Sprite” spiegò ai ragazzi. Era ancora in preda alle lacrime, non per il dolore fisico, ma per la sofferenza del pensiero di quello che avrebbe dovuto vedere quella sera. “Sta abbastanza bene, la professoressa intendo. È un po’ provata, ma sembra non abbia molta paura. Forse voleva solo fa-farsi vedere fo-forte per no-no-non far-mi preoccupare…” e ricominciò a piangere, singhiozzando. Luna gli strinse la mano dolcemente, e Ginny ed Hermione lo abbracciarono, cominciando anche loro a piangere nuovamente.

La sera arrivò fin troppo in fretta. Per tutto il pomeriggio, i ragazzi dovettero stare chiusi nel castello per evitare a chiunque di avere altri colloqui con la professoressa Sprite, che comunque si era dimostrata ottimista, nonostante avesse una condanna a morte sulle spalle. La sala comune era silenziosa quella sera. Nessuno aveva voglia di parlare, di leggere, di studiare. Ron e Neville stavano seduti su due poltroncine, mentre Ginny, Luna ed Hermione occupavano un divano di fronte al camino. Poi alle undici e venti uscirono tutti insieme, con gli altri studenti, verso i giardini della scuola. I mangiamorte li fecero scendere a coppie. Ron con Hermione, Neville con Ginny e Luna con Rolf Scamandro, loro compagno di casa. I due, cercando di pensare il meno possibile alla tragedia che stava per arrivare, cominciarono a parlare di creature magiche. Mentre quindi parlavano di Runespoor e Mooncalf si ritrovarono nei giardini, dove i professori McGranitt e Vitius li aspettavano. Li guidarono, in ordine e in silenzio, sul colle dove si sarebbe svolto lo scempio. In condizioni normali la vista sarebbe stata meravigliosa: si vedevano Hogwarts, il lago e il parco da una visuale veramente incantevole, ma la luce verdastra che il Marchio Nero gettava sul mondo magico lo rendeva cupo e terribile. Dopo pochi metri da quella vista, all’esatto centro della cima della collina c’era un cerchio di paglia, con al centro un palo di legno.

“Ma come, la mettono al rogo?!” esclamò Ron, il volto disgustato. Neville si sentì mancare e cadde, mentre Ginny tentava di sorreggerlo cercando di consolarlo. Attorno al cerchio era stato posto un incantesimo di protezione per non permettere agli studenti di entrarvi.  Poi arrivò la mezzanotte, e tutti i mangiamorte portarono la professoressa Sprite in cima alla collina, in fila, le bacchette illuminate. Questa sorrise ai ragazzi, camminando lentamente sulla paglia, verso il palo, dove i mangiamorte la legarono prima di disporsi in cerchio attorno agli studenti e alla professoressa. Voldemort, invece, si mise di fronte alla Sprite, la bacchetta alta, una fiamma che usciva dalla sua punta ad illuminare lo sguardo della donna di una luce tremolante, uno sguardo che era normale come fosse una lezione di fronte ai suoi studenti, mentre quello di Voldemort era gelido, distaccato, e quando parlò la voce era esattamente fredda come i suoi occhi.

“Questa strega ha disonorato il nostro regime e rivelato informazioni che sarebbero dovute rimanere segrete. La punizione per questo? La morte! Che le fiamme dell’inferno puniscano la tua sconsideratezza e la tua totale avversione verso le regole!” e detto questo, abbassò la bacchetta, dando fuoco al fieno.

I ragazzi rimasero pietrificati, nessuno si aspettava che facesse così in fretta. Neville gridò, come anche Hermione e Ginny. Ron si portò le mani alla bocca, incapace di emettere alcun suono, e Luna si strinse a Rolf, che la abbracciò, tenendole la testa premuta sul suo petto, una mano sugli occhi per coprirle l’orribile visione. Gli occhi di Neville e della Sprite si intercettarono per l’ultima volta. Lei lo guardò sorridendo, poi le fiamme la avvolsero, e non potè più vedere.

 

Note dell’Autore: così, ridendo e scherzando, siamo arrivati al quarto capitolo di questo oscuro futuro nel mondo magico. Ancora grazie a chi mi segue pazientemente! Questo capitolo per me è stato una vera sfida, era la prima volta che toccavo l’argomento “morte” in una fan fiction, ma è un momento che prima o poi arriva per tutti coloro che vogliono provare nuove esperienze di penna. Poi, come sempre, rispondo alle domande. Non ho ancora accennato a cosa sono gli Horcrux perché ancora non lo sappiamo. Dovranno scoprirlo ragionando e pensando al passato e al presente dei personaggi che ne hanno creati. I vecchi serpeverde, invece, sono mangiamorte come era ovvio che sarebbero stati, ma sono molto più impauriti adesso. Faranno la loro comparsa, promesso! Che dire, ci sentiamo al prossimo capitolo! Grazie ancora a chi mi segue! A presto ^^

 

Relly

 

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Capitolo 5
*** Lacrime e Tempo ***


Capitolo 4: Lacrime e Tempo


Quando le fiamme si furono spente del tutto, Voldemort lasciò i ragazzi sulla collina per andare ad occuparsi di un’altra famiglia che stava disonorando il regime, e i mangiamorte tornarono al castello per passare la notte. Gli insegnanti e gli studenti, tuttavia, rimasero di fronte all’erba annerita e ancora fumante dove le ceneri della Sprite erano ancora posate. La professoressa McGranitt e il professor Vitius le recuperarono con un gesto della bacchetta, entrambi in lacrime, il volto sconvolto. Per tutta la durata dell’esecuzione avrebbero voluto ribellarsi, lanciare incantesimi sui mangiamorte pur sapendo che sarebbero morti subito, ma senza di loro gli studenti sarebbero stati ancora più in pericolo, e dovevano pensare anche al bene della loro scuola, seppur non fosse più la scuola che avevano amato. Le ceneri della professoressa Sprite vennero poste in un vaso decorato con piante e foglie e portate dietro la capanna di Hagrid, dove era stato creato un cimitero in cui riposavano le varie vittime della guerra di Hogwarts e le successive. Era un luogo molto bello, al sicuro dalla luce verde del marchio nero, dove un incantesimo faceva ancora splendere il sole e la luna, e i fiori crescevano rigogliosi e colorati tra le varie tombe. La professoressa Sprite venne posta tra le tombe di Fred Weasley e Remus Lupin, entrambi morti per salvare il mondo magico dall’oppressione di Lord Voldemort durante la guerra che era stata combattuta tre anni prima. Quando uscirono dal cimitero incantato, notarono un piccolo raggio di sole venire dall’orizzonte. Era rosa, in netto contrasto con il verde del marchio nero. Un raggio d’alba.

Nessuno riuscì a dormire, nonostante fossero svegli ormai da ventiquattro ore. Nessuno poteva togliere dalla mente quella vista, quelle fiamme, quello scempio. Nessuno avrebbe più rivisto la professoressa che da ormai dieci anni vedevano come insegnante di Erbologia. Era tutto strano, confuso, doloroso e devastante. Ma dopo qualche ora da quel tragico evento, i ragazzi capirono che stare a piangere non li avrebbe portati a nulla, così decisero di concentrarsi su come tirare fuori Harry da quella fortezza, per fare in modo che la Sprite non fosse morta invano.

“Dunque – iniziò Hermione con tono incerto - sappiamo che Harry si trova in questa pa-parte di Azkaban e ch-che è dall’altra parte dell’entrata, qu-quindi dobbiamo trovare il modo di tirarlo fuori mentre i mangiamorte sono da un’altra pa-parte” ma si dovette fermare, i singhiozzi diventavano sempre più frequenti, così Ginny prese la parola.

“Certo, dobbiamo portarlo fuori quando i mangiamorte non ci vedono, ma non pensate che ci staranno con il fiato sul collo peggio di Ron quando stavo con Dean?” chiese, lanciando uno sguardo di traverso a Ron, che la guardò storto. Poi Hermione, sotto gli occhi preoccupati degli amici, tracciò la strada più breve per raggiungere Harry e decise di andare a dormire almeno un’ora, prima dell’inizio delle lezioni pomeridiane, dato che quelle della mattina erano state sospese per lutto sotto concessione di Voldemort.

I giorni seguenti furono quasi privi di eventi, ma le punizioni inflitte agli studenti aumentarono di numero e di cattiveria. Ron si  ritrovò a sfoggiare un nuovo taglio per aver torturato un ragazzino del primo anno per soli tre secondi, Neville e Luna dovettero resistere alla maledizione Cruciatus per aver detto ad una ragazza del secondo di mandare al diavolo la professoressa Alecto Carrow, mentre Ernie e Rolf vennero sorpresi a studiare gli incanti patronus in biblioteca. Il sangue che sgorgava dalle loro braccia gli fece passare la voglia di uscire dai dormitori, ma si esercitarono ugualmente quando erano tutti a letto, insieme a Ron e gli altri.

Fu proprio durante una di queste serate che accadde qualcosa che gli diede modo finalmente di andare avanti con il piano: avevano una data. Comparve infatti un cartello nella bacheca che diceva “Gita Scolastica ad Azkaban: tutti gli studenti del terzo anno si recheranno alla prigione di Azkaban scortati dai mangiamorte il giorno 23 novembre per una dimostrazione pratica delle torture e delle uccisioni nella prigione”. Il cartello non riportava altri dettagli, ma i ragazzi capirono che dovevano sbrigarsi: mancavano solo due settimane alla gita. Così ricominciarono a parlare del piano, mentre Ernie e Rolf si allenavano sotto lo sguardo divertito di Luna, che lanciava strane occhiate al secondo.

“La cosa peggiore - esclamò Hermione, scossa da un brivido - è che non possiamo farlo uscire così facilmente, visto che i mangiamorte vogliono farci fare pratica. Comunque, stando al cartello, l’uccisione è riservata per la fine!”. Ron era di tutt’altro pensiero.

“Ma Hermione, perché non usiamo il mantello dell’invisibilità? Possono andare due di noi e poi…” ma la reazione degli altri fu prevedibile: nessuno sarebbe stato lasciato indietro, era una cosa che dovevano fare insieme.

“Se solo potessimo avere più tempo… Perché abbiamo distrutto le scorte di Giratempo del ministero?! Adesso ci sarebbero state utili!” pensò Ginny, ad alta voce. Rimasero qualche secondo in silenzio a pensare, finchè Luna che stava ancora guardando i due ragazzi dall’altra parte della sala mormorò, sognante: “Non esiste solo il ministero inglese. Potremmo chiedere un giratempo ad un ministero straniero, anche loro hanno l’ufficio misteri dove studiano il tempo, la morte e dove tengono i goblin cattivi che si ribellano alla comunità e vi fanno esperimenti di ritorsione gastrica magica”.

Ignorando l’ultima parte, Hermione chiese: “Ma chi conosciamo che potrebbe farci avere un giratempo in un luogo straniero? Non credo che Viktor potrebbe avere accesso all’ufficio Misteri. Bisogna essere un funzionario del ministero, o un indicibile, o un…” ma si interruppe. Mentre i ragazzi la fissavano con uno sguardo interrogativo, la sua mente viaggiava, il ricordo di una donna alta tre metri che si faceva sempre più vivido.

Quando Hermione raggiunse la capanna di Hagrid venti minuti dopo, nascosta dal mantello dell’invisibilità, la trovò vuota. L’unico rumore che proveniva dall’interno era il raschiare di Thor, il grosso cane nero di Hagrid, che aveva sentito la ragazza bussare. Così Hermione si mise seduta ad aspettare, sempre nascosta dal mantello, sul gradino più alto della capanna. Era la loro unica speranza di poter mettere le mani su un Giratempo, un’occasione d’oro che non andava sprecata. Proprio mentre pensava questo, venne illuminata da un timido, raro raggio di sole che passava furtivo attraverso le nuvole, raggio che venne presto coperto da una grossa massa in movimento: il guardiacaccia era tornato. Hermione si spostò in fretta per non essere travolta dal mezzogigante e attese che fosse entrato per bussare nuovamente alla porta.

“Zitto Thor… zitto, stupido cagnone! Ah, Hermione! Cosa ci fai qui? E se ti vedessero i mangiamorte?!” chiese Hagrid, preoccupato, lasciando entrare la ragazza che posò il mantello su una poltrona e si sistemò su uno sgabello.

“Hagrid, ti devo parlare di una cosa… tu… sei ancora in contatto con Madame Maxime, vero?” chiese incerta Hermione, non sapendo se il guardiacaccia scriveva ancora alla preside della scuola di Beauxbatons. Hagrid arrossì leggermente quando rispose: “Certo che ci sentiamo ancora, che domande! Anzi, se vuoi proprio saperlo ogni tanto ci viene a trovarmi qui alla capanna, oppure ci vado io a trovarla in Francia… ma perché ti interessa di sapere la mia vita sentimentale, Hermione?” le chiese poi, guardandola un po’ divertito ma anche leggermente sospettoso. Hermione si affrettò a rispondere: “Non è per me, è un’idea che ho avuto… Non posso rivelarti tutti i dettagli perché correresti un enorme rischio, ma ho bisogno che tu chieda a Madame Maxime se posso riuscire ad ottenere un Giratempo dal ministero della magia francese. E’ per salvare Harry, Hagrid”. A queste parole, il mezzo gigante sgranò gli occhi, preoccupato.

“Mi stai dicendo che avete un piano per tirar fuori Harry da quel buco? Hermione, lo sai quanto è pericoloso? Poi ora con tutti quei mangiamorte che stanno dappertutto, e i dissennatori…” ma Hermione lo interruppe prima che avesse tempo di finire la frase.

“Lo so Hagrid, ed è per questo che abbiamo bisogno di quel Giratempo, per togliere di mezzo i mangiamorte per un po’. Potresti mandarle una lettera in cui le spieghi la situazione? Ti prego, so che è un rischio per te come per noi, ma renderò la lettera indesignabile, farò tutto io…”. Hagrid la guardò per qualche secondo, poi si alzò, prese piuma, calamaio e pergamena e cominciò a scrivere. Hermione lo guardò mentre scriveva, gli suggeriva qualche parola e alla fine della lettera asciugò l’inchiostro con un incantesimo e la incantò per far sì che se un mangiamorte l’avesse letta avrebbe visto soltanto una comune lettera di Hagrid alla sua “ragazza”, senza poter sospettare che si trattasse di una disperata richiesta d’aiuto.

Note dell’Autore: questo è solo uno dei capitoli di transito che ci separano dall’azione vera e propria, quindi spero mi perdoniate se non è proprio il massimo. L’idea del cimitero l’ho presa da una vecchia intervista della Rowling secondo la quale a Hogwarts ci sarebbe dovuto essere un cimitero che alla fine non è stato messo. Tra pochi capitoli arriverà il momento dell’azione ma anche della psicologia dei personaggi, che in questa fan fiction avrà molto spazio. E se ci riesco dovrei postare anche una locandina che ho fatto appositamente per la ff. Beh, per adesso vi risaluto, al prossimo capitolo!

Relly

 

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Capitolo 6
*** Un aiuto dalla Francia ***


Un aiuto dalla Francia

Un Aiuto dalla Francia


Dopo tre giorni dalla partenza del gufo, non arrivava ancora nessuna risposta. Non che Hermione si aspettasse di riceverne una così presto, ma purtroppo il tempo stringeva, stringeva eccome! E a questo si aggiungevano molti altri pensieri, come le lezioni che continuavano ancora. La professoressa Sprite era stata sostituita momentaneamente da Neville, che era l’unico ad avere una certa conoscenza di piante magiche, almeno fino al momento in cui Voldemort avesse trovato un degno sostituto. La mattina del quarto giorno dall’invio del gufo, Neville tenne la sua lezione di Erbologia, spiegando con bravura insospettabile, spesso sull’orlo delle lacrime, come le piante di Tentacula Velenosa potessero diventare più pericolose se messe in un vaso di Terra di Scozia durante una notte di luna nuova e di come diventassero più docili solo durante la luna crescente. Alla fine della lezione, il mangiamorte di controllo si dimostrò soddisfatto del supplente, e questo gli evitò una lunga punizione. La successiva lezione era invece pozioni, tenuta dal professor Lumacorno, che per quel giorno aveva in serbo un argomento molto interessante: la preparazione di una pozione corrosiva, cosa che fece molto felice Ron che in tre mesi aveva già fuso cinque calderoni.

“Almeno stavolta prenderò un bel voto per aver fuso il sesto, invece che i soliti tagli dai mangiamorte!” esclamò allegro, tirando fuori gli ingredienti necessari. Alla fine della lezione, il calderone di Ron non si era fuso, in compenso però aveva fatto esplodere la provetta con grande efficacia, vedendosi assegnare un punto di merito dal mangiamorte, cosa positiva perché avrebbe significato che alla punizione successiva se la sarebbe cavata con un crucio di bassa intensità. Usciti dal sotterraneo Hermione corse al dormitorio, sperando di vedere un gufo, o magari anche solo una lettera posata sul suo letto, ma rimase nuovamente delusa.

“Sarebbe dovuta arrivare ormai! Hagrid mi aveva detto che dopo quattro giorni di solito riceve la risposta con quel gufo, è sempre veloce…” disse la ragazza agli altri, un po’ preoccupata e piena di dubbi. E se la lettera fosse stata intercettata e controllata? E se avessero trovato il modo di leggerla?

“Tranquillizzati Hermione, anche se non è ancora arrivata la risposta non significa per forza che è stato intercettato il gufo. Può darsi che Madame Maxime avesse altri impegni e che non abbia ancora controllato la posta” sussurrò Ginny. Era notte  e come al solito i ragazzi erano in sala comune a controllare la mappa del malandrino e ad allenarsi con i patronus.

“A proposito… Ron, hai chiesto ad Hagrid se domani possiamo andare a pranzo da lui? Almeno potremo parlarci in modo più tranquillo che dopo le lezioni con i mangiamorte che ci fiatano sul collo” chiese Ginny, girandosi verso il fratello. Questo annuì, senza alzare gli occhi dalla copia del ‘Cavillo’ che teneva tra le mani.

“Sì, ha detto che per le dodici e venti dobbiamo essere a casa sua. Ha detto che ha già parlato con la McGranitt e che ha acconsentito a farci lasciare l’aula un po’ prima con la scusa che dobbiamo aiutarlo a catturare dei Billywig per pozioni” mormorò Ron, immerso nella lettura di un articolo intitolato ‘Cosa fanno di sera gli amici mangiamorte? Ecco i luoghi da evitare se volete sopravvivere!’. Le ragazze annuirono lentamente, poi si rimisero a scrivere il tema per storia della magia oscura.

La mattina dopo, la prima lezione fu incantesimi, e quella mattina avrebbero dovuto imparare a riconoscere una persona soggetta all’incantesimo confundus. Gli studenti vennero bendati uno alla volta mentre i compagni venivano incantati, poi una volta tolte le bende avrebbero dovuto riconoscere chi tra i due compagni che si sarebbe trovato davavnti era quello stregato. Ce la fecero tutti tranne Rolf e Hannah, ma il mangiamorte era distratto da un gruppo di ragazze che passavano fuori dall’aula, dirette verso la biblioteca in fondo al corridoio, e questo evitò ai ragazzi la punizione. Al suono della campana, gli studenti scesero di un piano e uscirono nel cortile dove si trovava l’aula di trasfigurazione. Quella mattina avrebbero cominciato con gli incantesimi di trasfigurazione ossea su invertebrati con il guscio, ovvero delle comuni lumache per i più deboli e delle lumache velenose arancioni per i più bravi, ovvero Hermione e Ernie. Per fortuna, nessuno ebbe problemi troppo gravi durante la lezione, quindi non ci furono punizioni, con grande delusione da parte di Goyle, il mangiamorte di turno. Quando mancavano venti minuti alla fine della lezione, la professoressa McGranitt si avvicinò al suo ex alunno di Serpeverde e gli chiese: “Gli alunni Weasley, Weasley, Granger, Paciock e Lovegood sono stati richiesti da Hagrid per un lavoro importante. Ho il permesso firmato e ci sono già stati tutti i controlli necessari. Posso farli uscire?”. Goyle li guardò di traverso, poi assentì e ai ragazzi venne dato il permesso di prendere le loro cose e uscire dall’aula. Quando attraversarono il portone si accorsero che il tempo sembrava più buio del solito, nonostante fosse quasi ora di pranzo.

“E pensare che in questo periodo cadevano sempre i primi fiocchi di neve…” mormorò Hermione sovrappensiero. Da quando i mangiamorte avevano il controllo del mondo magico non si vedeva più un fiocco di neve. Le temperature non aumentavano e non diminuivano, non si sentivano il caldo e il freddo, non pioveva, non nevicava e soprattutto non usciva il sole. Questo rendeva il paesaggio ancora più triste e desolato di quanto fosse mai stato prima.

Il pranzo da Hagrid era sempre occasione di scambio di informazioni e idee, ma quel giorno era tutto incentrato sul loro piano. Dopo averci riflettuto, Hermione capì che i mangiamorte non avrebbero potuto leggere i pensieri di Hagrid per via del lato gigante del suo sangue, quindi rivelargli il piano poteva essere rischioso solo se fosse andato ai Tre Manici di Scopa o alla Testa di Porco, e dato che a studenti e insegnanti era proibito uscire dai confini del castello era piuttosto improbabile che ciò accadesse.

“Quindi voi userete il giratempo per tornare indietro, sbarazzarvi dei mangiamorte e scappare prima che questi vi portano nella prigione, vero?” chiese quando Hermione finì di raccontare il piano.

“Sì, più o meno è così… solo che dobbiamo fare molto in fretta, tornare indietro di due ore sarebbe troppo rischioso, meglio tornare indietro solo di un’ora quando sappiamo che sicuramente non ci sarà nessuno…” rispose.

“Perché siamo sicuri che un’ora prima non ci sarà nessuno?” chiese Ron, curioso. Hermione finì il suo boccone di pasticcio, poi rispose: “Perché sappiamo che i detenuti vengono portati dentro di notte. Se partiamo di mattina, cosa piuttosto ovvia, non possiamo rischiare di andare a trovare un gruppo di mangiamorte che porta dentro qualcuno. Se però arriviamo là ad esempio alle dieci e torniamo indietro fino alle nove, siamo sicuri che non ci saranno mangiamorte nei dintorni, perché saranno tutti a Hogwarts per scortarci verso la prigione” spiegò con sicurezza. Gli altri la guardarono con ammirazione, prima di voltarsi velocemente verso la finestra dove qualcosa era appena andato a sbattere violentemente.

“Per le mutande di Merlino! - esclamò Ron – E’ un gufo! Hermione, potrebbe essere…” ma la ragazza era già partita ad aprire la finestra, lasciando entrare il gufo che aveva mandato a Madame Maxime. Lasciò cadere una busta lilla pallido con sopra un elaborato blasone che i ragazzi riconobbero come quello della scuola di magia di Beauxbatons. Sopra c’era una scritta ad inchiostro blu: ‘Hermione Granger, Hogwarts, Scozia, Gran Bretagna’. Mentre Hagrid si occupò di curare il gufo, che in seguito alla botta sembrava piuttosto frastornato, Hermione strappò la busta e prese velocemente a leggere la lettera.

“Bonsoir Hermione,

ho riscevuto la tua lettera giusto in tempo, prima che prendessi troppi impegni per quei jorni. Sono rimasta très colpita dal tuo piano, molto intéressant, e sono pronta ad esservi d’aiuto. Vengo a prendere vous a le chateau mercoledì prossimo, verso le diesci di mattina. Dì ad Agrìd che mi manca molto e che spero di poter passare a trovarlo presto.

Avec affetto,

Olympe Maxime

 

Hermione rilesse più volte la lettera, poi si girò verso gli altri.

“Mercoledì… ottimo! Tre giorni prima della gita! Allora, dobbiamo assolutamente ideare tutti i minimi dettagli per quel giorno, controllare tutto, allenarci sui patronus e far arrivare qui a scuola  un'altra scatola di cioccorane, non si sa mai…” stava dicendo, senza parlare con nessuno in particolare, lo sguardo illuminato da nuove possibilità e dal pensiero che forse quel piano tanto pazzo non era più così impossibile come più volte aveva pensato.

 

Note dell’Autore: e così siamo arrivati al sesto capitolo di questa storia. Tutto si fa sempre più oscuro, ma una piccola luce di speranza sta finalmente illuminando il buio che infesta le aule ed i corridoi della nostra meravigliosa Hogwarts. Questo capitolo serve soprattutto per darci un altro scorcio di ciò che è diventata la scuola, che vedremo ancora per poco. Nei prossimi capitoli cercherò anche di approfondire maggiormente la psicologia dei vari personaggi, come ho fatto  con Neville nei capitoli precedenti e come ho iniziato a fare con Hermione. Per il resto, ringrazio chi mi segue ancora, sia chi lascia una recensione che chi non la lascia ma legge comunque la mia storia. Grazie mille a tutti!!! A presto con il nuovo capitolo!

 

Relly

 

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Capitolo 7
*** Polvere e Thestral ***


Polvere e Thestral

Polvere e Thestral


Il mercoledì successivo, Hermione si svegliò all’alba, o almeno così diceva il suo orologio. Si preparò in fretta, si diresse al dormitorio dei ragazzi, si chinò su Ron e gli mormorò all’orecchio: “Ci vediamo più tardi” e gli diede un bacio sulla guancia. Poi si diresse velocemente verso la sala grande, scendendo la scalinata principale mentre il quadro di Voldemort la osservava minaccioso. Arrivata al suo solito posto al vecchio tavolo dei Grifondoro prese solamente un toast e un po’ di succo di zucca. Quello che stava per fare le sarebbe potuto costare la vita, ma d’altronde con il suo stato di sangue l’avrebbe rischiata ugualmente anche se avesse soltanto preso un’insufficienza. Pensò moltissimo a quello che stava per fare. Rifletté sul Ministero francese, sulla sua scarsa conoscenza della lingua, nonostante fosse stata in Francia più volte in passato, rifletté su cosa sarebbe successo se avessero fallito il tentativo di salvare l’amico, il suo migliore amico, che più volte in passato l’aveva consolata, sorretta, e che ora era lui ad aver così bisogno di aiuto…

Questo la fece sentire quasi in colpa. Per loro Harry c’era sempre stato, ed ora che era lui ad aver così bisogno di aiuto aveva dovuto aspettare tre anni per avere la prima occasione di uscire da quel baratro. Ma con tutti quei mangiamorte ovunque, quale modo sarebbe stato il migliore? Andare subito a salvare Harry, rischiando la propria vita e soprattutto la sua, o aspettare di trovare il momento più adatto e poter scappare quasi indisturbati? Questo parve risollevare leggermente l’umore della ragazza. Guardò il suo orologio. Erano le otto e venti. Mancava ancora un bel po’ all’appuntamento con Madame Maxime, così decise di fare un giro nei giardini. Non appena aprì il portone, un fascio di luce verde entrò nel castello. Il marchio nero sembrava sempre più minaccioso sulle loro teste, ma ormai non ci facevano più caso da molto tempo. Il cortile era deserto, il pendolo del grande orologio della torre rintoccava rumorosamente ogni secondo. Era quasi angosciante, così Hermione accelerò il passo e superò il ponte sospeso per arrivare al cerchio di pietre. Quanti ricordi… Un tempo, davanti ad una di quelle pietre, aveva dato un pugno in faccia a Draco Malfoy. Chissà che fine aveva fatto ora. L’ultima volta che avevano sentito parlare dei Malfoy era stato durante una cena di soli mangiamorte in cui avevano origliato tramite orecchie oblunghe che a Lucius Malfoy era stato nuovamente concesso l’uso della bacchetta, ma che questo gli era costato il suo immenso maniero. Adesso anche loro erano contro il signore oscuro? Anche loro adesso combattevano in segreto? O si limitavano a dire sì e a fare quello che gli veniva detto senza fiatare e senza dare alcun segno di vita propria? Era strano, si disse Hermione, che una delle famiglie più antiche e più potenti del mondo magico fosse costretta ad essere i cagnolini da compagnia di un pazzo. E gli altri Serpeverde, quelli che non erano rimasti a Hogwarts per punire gli studenti? Che fine avevano fatto? Erano nella stessa situazione dei Malfoy, gli era stato tolto tutto? Tremò al solo pensiero di cosa avrebbe potuto fare Pansy Parkinson se fosse stata a lavorare a Hogwarts, e rise al pensiero di cosa le avrebbe potuto fare lei se solo avesse provato a toccarla!

Riguardò l’orologio. Le nove e dieci… mancava ancora molto, ma si diresse comunque verso la capanna di Hagrid, dove avrebbe potuto parlare e passare il tempo con l’amico. Ma dentro la capanna trovò una sorpresa-

“Bonjour, Hermione!” disse Madame Maxime, che aveva aperto la porta, stringendo nella sua mano immensa quella piccola della ragazza.

“Buongiorno! Non mi aspettavo di trovarla già qui. Ero passata da Hagrid per salutarlo, ma se vuole torno tra poco, vi lascio soli un momento…” mormorò, la voce che diventava sempre più piccola e la faccia rossa.

“Naaah, macchè! Resta, resta, tanto io e Olympe abbiamo parlato molto, è arrivata qui ieri sera…” disse Hagrid, un sorriso malizioso che gli dava uno sguardo da bambino. Madame Maxime fece una strana risatina, e Hermione mormorò: “Davvero, torno tra poco, non c’è problema”. Ma la mezza gigantessa la fermò e la spinse verso l’interno, con una delicatezza che poco si addiceva alla sua mole.

“Tranquilla, Hermione… partiremo immédiatement! Mais… Agrìd, potresti mandarmi trois billywig chez moi? Mi servono per delle pozioni…” chiese al mezzo gigante. Ovviamente Hagrid non avrebbe mai rifiutato una richiesta della donna che amava, così esclamò, gonfiandosi: “Ovviamente! Ti prenderò i migliori billywig di tutta Hogwarts!” ed uscì di corsa con un retino di metallo.

“Bien, adesso che siamo da sole, possiamo partire. Se Agrìd mi avesse vista andare via così…” e tirò fuori da una tasca del cappotto un sacchetto viola. Prese la bacchetta, accese il fuoco e porse il sacchetto ad Hermione, che mormorò tra sé: “Polvere volante”.

“Sì, Hermione! – disse Madame Maxime – Questa è polvere volante. Non possiamo andare directamonte al Ministero francese, ma arriveremo ad un camino sul confine, poi potremo volare fino al confine della Francia e smaterializzarci direttamonte davanti al minister”. Detto questo, prese un foglietto dal cappotto e disse: “Devi dire che vuoi allé a Clifton Crescent in Folkestone. Ti spiegherò tutto quando saremo là!” e porse a Hermione il foglietto.

 Una volta che lo ebbe imparato a memoria, e le ci volle molto poco, si avvicinò al camino, prese una manciata di polvere volante e la gettò nel fuoco, che divenne verde smeraldo.

“Clifton Crescent, Folkestone!” e si buttò tra le fiamme. Con un risucchio piuttosto rumoroso, la ragazza venne inghiottita in un vortice di fuoco e cenere. Tenne gli occhi e la bocca chiusi, i gomiti ben serrati lungo il corpo, pronta all’urto imminente con il camino verso cui si dirigeva. Ma quando arrivò dall’altra parte si accorse di essere caduta sul morbido. A quanto pareva, Madame Maxime aveva fatto un incantesimo al pavimento di parquet di quella che era indubbiamente una casa appartenente ad un mago. Le pareti erano in pietra, con delle torce, e il tutto si sposava perfettamente con il pavimento di parquet scuro, molto bello. Si allontanò dal camino proprio mentre stava per comparire Madame Maxime, che atterrò anche lei sul morbido. Prima però che Hermione potesse fare domande, la donna la portò velocemente fuori.

“Questa – mormorò – è la maison di un monjamorte. Per questo ho usato questa maison come luogo di partenza: è la più viscina al confine e non è controllata. Se ci fossimo smaterializzate saremmo state rintracciate facilmente, ed è meglio non rischiare anche se non stiamo facendo niente di illegale, tecnicamente, n’est pas?”. Hermione annuì in silenzio, poi chiese timidamente: “Perché Hagrid non voleva che usasse la polvere volante?”. Con sua grande sopresa, Madame Maxime rise forte prima di rispondere: “E’ solo una delle sue manie. Il pense que je me sporchi il vestito se je usa la polvere volante”. Hermione sorrise, poi si guardò intorno. Si trovavano in una via a forma di arco. Di fronte a loro c’era un enorme prato, in fondo al quale si vedevano molti alberi. Si incamminarono proprio sull’erba, e Hermione dovette camminare più velocemente per poter seguire i passi più grandi della signora che l’accompagnava.

“Più giù c’è la mer. Troveremo dei Thestral ad aspettarsci. Tu puoi vedere Thestral, ouì?” chiese alla ragazza, che annuì. Dopo la battaglia di Hogwarts, non avrebbe mai dimenticato tutti quei cadaveri, quei volti conosciuti che adesso non poteva più vedere. Il pensiero di quelle persone la rattristì moltissimo. Lupin, Tonks, Fred Weasley… una lacrima solcò il volto di Hermione, ma Madame Maxime non se ne accorse.

“Già si sente la risacca de la mer…” mormorò, chiudendo gli occhi e respirando a pieni polmoni. In quel punto della Gran Bretagna il marchio nero si vedeva molto meno. In lontananza si vedevano i raggi del sole che uscivano dalle nuvole, e ancora più avanti c’era uno strano bagliore blu intenso. Camminarono per mezz’ora quasi, finchè raggiunsero una spiaggia piuttosto lunga e ampia. Il mare era grigio, le onde alte almeno tre metri, ma quella luce lontana rendeva tutto più bello di quanto potesse apparire in realtà. Madame Maxime notò lo sguardo di Hermione, che si perdeva nel blu lontano, e disse: “Non sei più abituata alla luce, ora che siete nelle tenebre, ouì?”. Hermione lasciò cadere un’altra lacrima, poi entrambe si diressero verso i Thestral, chiusi in un recinto invisibile ai babbani. In poco tempo, le due erano sui cavalli scuri, e con un piccolo movimento di gambe i cavalli spalancarono le ali e si librarono nel cielo. L’aria in movimento era fresca, frizzante, un toccasana per le varie ferite che Hermione riportava sul volto. Madame Maxime fece sollevare il suo Thestral più in alto, sopra le nuvole, e lo stesso fece Hermione col suo. Sotto di loro si intravedevano a malapena le onde altissime. Dall’alto sembrava un enorme lenzuolo grigio tutto pieghe, e l’aria si faceva sempre più fresca e sempre più piacevole. Ma dopo soltanto un chilometro, mentre volavano sopra la manica, Madame Maxime si fermò bruscamente e gridò: “Dissennatori! Nous ne possiamo pas passare da la mer! Giriamo di là, à gauche, e passiamo dal tunnel!” e girò velocemente a sinistra. Hermione la seguì per venti minuti sulla costa, nascoste dalle nuvole, finchè videro la ferrovia sparire sotto un tunnel che passava in fondo al mare. Scesero di quota quel tanto che bastava per rimanere nascoste ed avere una buona visuale del luogo, poi scesero in picchiata verso il tunnel e a tutta velocità vi si infilarono. Entrarono dalla parte in cui i treni si dirigevano verso la Francia per essere sicure che nessun treno potesse colpirle frontalmente. Dopo dieci minuti però un rumore alle loro spalle le costrinse a voltarsi.

“Qu est-ce que c’est quella luce?” chiese Madame Maxime poco più avanti.

“E’ un treno!” gridò Hermione. Un treno si stava dirigendo verso di loro a tutta velocità. La ragazza tirò fuori la bacchetta, la puntò dietro di loro, mormorò qualcosa di incomprensibile a causa del fischio del treno alle loro spalle e un enorme getto di fuoco partì dalla sua bacchetta. Madame Maxime fece la stessa cosa e usarono i getti per andare più veloci. Sempre più veloci, finchè finalmente trovarono l’uscita da quel lunghissimo tunnel. La luce del sole quasi accecò Hermione, non più abituata a vedere tanto splendore. Poteva finalmente rivedere tutti quei meravigliosi colori. Il mare cristallino, con l’azzurro del cielo riflesso su di esso, la neve che nel nord della Francia poteva liberamente cadere, il freddo, il gelo, quel gelo che tanto mancava agli studenti di Hogwarts. E in quel bianco così candido si intravedevano degli alberi, alcuni senza più foglie, altri, sempreverdi, che mostravano le loro sfumature di verde. Tutto questo agli occhi delle persone del luogo appariva come normale, ma chi viveva nel mondo magico in quei periodi lo riteneva lo spettacolo più fantastico che la natura potesse regalare. Dopo pochi minuti di volo, Madame Maxime e Hermione atterrarono in una spiaggia bianchissima dove c’era un recinto simile a quello che era stato messo dall’altra parte della Manica. Salutarono i Thestral con una carezza e si smaterializzarono. Quando la solita sensazione soffocante di essere infilati in un tubo di gomma finì, Hermione pensò che si fossero perse. Erano in qualcosa di stretto e buio, che odorava di legno. Madame Maxime si sporse leggermente in avanti e mormorò: “Ok, via libera!” e uscì dalla parete. Hermione rimase a bocca aperta, ma fece subito altrettanto e si accorse che non era una stanza minuscola: era un albero. La preside rise allo sguardo attonito della ragazza, e si diresse dall’altra parte di quella che sembrava una piazza piuttosto grande. Si guardò intorno e quello che vide quasi le tolse il fiato.

“No, non ci credo… questa è Parigi! E quella è…” balbettò. Maxime sorrise di nuovo.

“Ouì, Hermione, quella è Notre Dame de Paris, e il Minister est qui vicino!”. Dopo pochi minuti arrivarono dall’altra parte della piazza, e si fermarono di fronte ad una statua. Rappresentava due uomini, uno dei quali a cavallo che reggeva un lungo bastone. Madame Maxime vi si avvicinò appoggiò la bacchetta su una delle lastre del piedistallo e mormorò alcune parole in francese. Dopo poco, alcune lastre si spostarono, rivelando una scaletta a chiocciola illuminata da fate che svolazzavano allegre. Hermione seguì la preside, scendendo sempre più in basso, finchè raggiunsero una porta. Madame Maxime la aprì e rivelò ad Hermione il meraviglioso Ministero della Magia Francese.

Note dell’Autore: Finalmente il momento tanto atteso si avvicina. La nostra Hermione è finalmente arrivata al Ministero della Magia francese per avere un Giratempo e poter finalmente salvare l’amico. Pochi capitoli quindi ci separano dal salvataggio, e intanto si delinea sempre più il profilo psicologico dei vari  personaggi. In questo capitolo ho deciso di approfondire la personalità di Hermione inserendo alcuni dei suoi pensieri prima di partire per la Francia con Madame Maxime, parlando del senso di colpa per aver lasciato Harry tanto a lungo chiuso in quella prigione più psicologica che fisica, menzionando alcune “vecchie glorie” di Hogwarts e del mondo magico ed il suo desiderio di sapere se anche loro stessero combattendo. Questo aspetto verrà presto approfondito, ma al momento concentriamoci sul Ministero di Notre Dame e lasciamoci invadere dalla sua bellezza e dal suo profumo di lavanda.

Relly

 

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