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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Mrs Harrison *** Capitolo 2: *** Oh daddy dear you know you're still number one *** Capitolo 3: *** The girl does what she wants to do *** Capitolo 4: *** The only living pirates in London (Part 1) *** Capitolo 5: *** Lucy, what is my life, without your love? *** Capitolo 6: *** The only living pirates in London (Part 2) “Homeward Bound” *** Capitolo 7: *** Don't Let Me Wait Too Long (We're living in the material world?) *** Capitolo 8: *** I'm looking through you... And you're nowhere ***
Time,
time, time See what's become of me While I looked around For
my possibilities I was so hard to please But look around
Leaves are brown And the sky is a hazy shade of winter
-Ray!
Dove corri?! Fermati, Ray!- gridò Lucy con quanto fiato aveva
in gola.
Ma
il bambino non si fermava.
-Ray,
ti prego, Ray...-
Dopo
aver visto cosa il ragazzino intendeva fare, però, un sorriso
fece capolino sulle sue labbra.
Scompigliò
i capelli castani-biondicci del figlio, continuando a sorridere.
-RAAAAAAYYYY!!
Non osare!-
Il
più anziano degli Harrison si precipitò in quella che
era stata, un tempo, la camera di Louise, e successivamente di Lucy.
Proprio
in quel momento, Ray lasciò scivolare una manciata di neve
soffice e ancora fresca sulla chitarra preferita del padre.
-La
mia Lucynaaaa!!-
Proprio
in quel momento Jim, sette anni, si affacciò alla stanza con
la sua eterna, adorabile espressione da cane bastonato.
-Tradisci
la mamma, papy?-
-Sì.
La tradisce con la sua chitarra- gli sussurrò in un orecchio
Ray, con il tono di chi stava rivelando un misterioso, oscuro,
indicibile segreto.
Jim
serrò le palpebre, le sue guancie si fecero di colpo arrossate
-Non
voglio vedere-
Una
lacrima iniziò a premere sotto le sue palpebre.
Jim
battè furiosamente i pugnetti contro lo stipite della porta.
-Non
voglio vedere, non voglio vedere!-
E
indovinate cosa c'era, seraficamente appoggiata allo stipite della
porta?
Proprio
così. Una chitarra.
Il
tonfo che seguì mise nuovamente a dura prova i battiti del
cuore del nostro Harrison.
-Lucy!
Legali, ingabbiali, chiama la disinfestazione, l'esercito!-
-Sono
i tuoi figli, George- gli fece notare Lucy, con una calma
quasi non da lei.
-Ma
io li diseredo! Perchè non gliel'hai impedito?!-
-Suvvia,
Geo, sono ragazzi...-
-Sono
ragazzi?! Ma che razza di giustificazione è?!-
Lucy
lo ignorò e si apprestò, invece, a versare una piccola
quantità di latte in una tazzina di vetro trasparente.
Esitò
per qualche secondo a guardare il liquido bianco riversarsi dalla
brocca nella tazza, finchè uno strattone all'orlo dei
pantaloni non ridestò bruscamente la sua attenzione.
-Johnny?-
-Stellina...-
-Che
stai dicendo, piccolo??-
-Non
ti ha chiamato così, papino, ieri sera?-
Lucy
mollò la tazza di latte sul pavimento.
Hear
the Salvation Army band
Down
by the riverside
It's
bound to be a better ride
Than
what you've got planned
Carry
your cup in your hand
And
look around
Leaves
are brown
And
the sky is a hazy shade of winter
-E
chi è che lo paga, il latte?? Chi è che lo paga?!-
gridò George, probabilmente in preda al suo ennesimo
esaurimento nervoso.
(Il
suo diciannovesimo esaurimento nervoso?)
You
better stop Look around Here it comes, here it comes, here it
comes, here it comes Here comes your nine-teenth nervous
breakdown.
Lucy,
però, gli fece cenno di tacere.
Un
orribile presentimento sfrecciò alla velocità della
luce nella sua mente.
Ma
non avevo detto a George di metterlo a letto??
George
probabilmente capì i suoi pensieri, perchè le rivolse
un debole sorriso come vana giustificazione.
Lucy
sospirò.
Anche
se capisco che ieri sera George avesse ben “altri pensieri”
per la testa...
Poi
lanciò a George un'occhiata fugace, da sopra la brocca del
latte.
Ieri
sera, come tutte le altre sere.
-Ma
non pensarci, Jo-Jo. Papà è un deficiente- spiegò
al bambino, con un sorriso.
-E,
sentiamo, chi sarebbe il deficiente, ragazzina??- la interruppe una
voce.
Lucy
si sentì afferrare per la maglietta e qualche secondo dopo si
ritrovò sollevata a dieci centimetri da terra, faccia a faccia
con “il Deficiente”.
-Ragazzina??
Suvvia, George! Ho ventisette anni!-
-Non
divagare! Rispondi!-
Lucy
cercò, invano, di guadagnare tempo, facendo vagare lo sguardo
in direzione dell'orologio a pendolo affisso alla parete di fronte a
lei, finchè quest'ultimo non le suggerì una possibile
via di fuga.
Hang
onto your hopes, my friend
That's
an easy thing to say
But
if your hopes should pass away
Simply
pretend
That
you can build them again
Look
around
The
grass is high
The
fields are ripe
It's
the springtime of my life
-Le
otto! Dobbiamo portare Jo a lezione di chitarra!- gridò,
sollevata per aver trovato una scusa plausibile all'ultimo momento.
-Lo
può accompagnare Jim, a lezione di chitarra!- la zittì
però George, con un espressione e un tono di voce che non
ammetteva repliche.
-Lo
accompagno io, Pà?- chiese Jim, con un pizzico di
soddisfazione nella voce.
-Accompagnalo,
accompagnalo...e già che ci sei...queste sono cinque sterline,
Jim- disse, allungandogli dieci monete.
Gli
occhi di Jimmy Harrison brillarono.
-Lo
so, Pà! Lo zio Paulie è sicuramente meno tirchio di
te!- gli rispose Jim, facendogli la linguaccia.
George
si lasciò andare a un sospiro esasperato, dopodichè
aggiunse:
-Comprati
un gelato, un'iguana, un ramarro, porta al cinema la tua compagna di
banco... Ma, ricorda, qualsiasi cosa succeda, non tornare- Lucy
gli lanciò un'occhiata di traverso.
-E
adesso cos'hai intenzione di fare, Harrison?- chiese, con un vago
tono di sfida.
-Nessuno
ti ha interpellato, Richards. Per il momento. Dicevamo, Jim...hai
capito, no? Sì che hai capito! Ormai sei un ometto!-
Jim
storse il naso.
-Credevo
di poter sperare in un futuro un po' più dignitoso che quello
di un appendiabiti...-
George
lanciò a Lucy un'occhiata interrogativa, a cui la ragazza
rispose con una malcelata risatina.
-Ehm...-
-Vorrei
ben vedere cosa c'è dietro ai tuoi “ehm”, Lucy
caaaara!- sibilò George in tono quasi impercettibile, in modo
da non farsi sentire da Jim.
-Semplicemente
perchè gli ho detto: “quando tuo padre ti dirà
che sei “un ometto”, non ti fidare!”-
-Maledetta...-
-Cia-ciao,
Deficiente!- lo salutò il piccolo John, indossando la cartella
sulle spalle con un espressione soddisfatta sul viso, come se la cosa
lo facesse sentire più grande.
Strinse
forte la mano del fratello maggiore e uscì.
-E
adesso a noi due, Lucy Richards!- lo sguardo rapace di George tornò
a posarsi su Lucy, che si dimenava invano, disperatamente in cerca di
un modo per liberarsi dalla sua stretta.
Fatica
sprecata.
-Che
c'è??-
George
stava per dire qualcosa, ma un urlo squarciò la quiete di
Arnold Grove.
-PAPYYYY!!-
-Cosa
vuoi, Raymond??- domandò George, cercando di mostrarsi
paziente, ma visibilmente scocciato.
-C'è
una lucertola!- gridò Ray, eccitato.
-E
CHE CAVOLO ME NE FRE... Fantastico, Raymond! Si vede che sei mio
figlio! Ce l'abbiamo nel sangue, noi Harrison! Semplicemente,
spacchiamo!- George
modificò provvidenzialmente il suo tono di voce,
conseguentemente all'occhiataccia di Lucy.
Poi
diede un lieve bacio sulla fronte di quest'ultima, posandola
finalmente a terra.
-E
adesso va a quel paese, Harrison- borbottò tra se e se Lucy,
fingendo di spolverarsi i vestiti, per darsi un contegno.
George
raggiunse a grandi falcate la camera del figlio, pensando tra se e
se:
Se
quella lucertola è entrata nella MIA chitarra, giuro che le
stacco la testa!
Raymond
“Ray” Harrison, undici anni a settembre, era il
primogenito di George e Lucy Harrison, nato il 6 Settembre del 1961,
in una giornata quasi estiva, nel viaggio da Amburgo a Liverpool.
Aveva
gli stessi capelli a caschetto spettinati del padre, di un castano
scuro quasi nero, con il ciuffo tinto di biondo, per insistenza sua e
appoggiata da un certo zio Paulie...
Jim,
sette anni, era l'unico ad essere nato a Manchester,
dove Lucy aveva frequentato l'università.
John,
il più piccolo, di cinque anni, invece, era nato a Dartford,
battezzato tra le braccia dello zio Keithy, chitarrista dei Rolling
Stones e ladro di motorini in incognito.
D'altra
parte, si sa, delinquenti si nasce e si diventa.
E
tra Harrison e Richards, capirete, c'è solo l'imbarazzo della
scelta.
(Vocina:Embè?
Si fa pubblicità occulta, eh?)
Quel
giorno Ray non sarebbe andato a scuola.
Era
domenica.
Era
domenica e nevicava.
Ray
ciondolava annoiato per la casa.
Passando
per il corridoio, si soffermò più volte ad ammirare le
chitarre del padre.
Ripensò
a quante volte, da piccolo, George l'aveva preso in braccio, mentre
Lucy studiava quasi freneticamente per gli esami, l'aveva portato
davanti alla finestra(e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare,
non per buttarlo giù) e gli aveva indicato la neve che
scendeva a morbidi, candidi fiocchi biancastri sulla città,
proprio come quel giorno.
Prima
in cielo, poi in terra.
Prima
il gelo, poi il caldo del sole.
Quant'era
breve, il viaggio di un fiocco di neve.
Quant'era
breve, la vita di un fiocco di neve.
Seasons
change with the scenery
Weaving
time in a tapestry
Won't
you stop and remember me
At
any convenient time?
Funny
how my memory skips
While
looking over manuscripts
Of
unpublished rhyme
Drinking
my vodka and lime
I
look around
Leaves
are brown
And
the sky is a hazy shade of winter
Look
around
Leaves
are brown
There's
a patch of snow on the ground
Quante
volte gli aveva detto “Sei forte, papà!”.
E
quante volte George gli aveva risposto: “Io sarò
forte...ma la più forte è lei.” e con la coda
dell'occhio aveva guardato Lucy, che aveva alzato lo sguardo e gli
aveva sorriso, per poi ritornare sui suoi libri.
Chi
la vedeva avrebbe potuto dire “Ha finalmente messo la testa a
posto, quella spericolata di Lucy Richards!”.
Anche
George l'aveva pensato, ma era stato un attimo.
Lucy
era ritornata quella di sempre.
D'altra
parte, quale altra giovane madre “con la testa a posto”
avrebbe lasciato uscire il figlio di sette anni solo con il fratello
di cinque, in una simile, innevata domenica?
Era
anche per questo che l'adorava...anche se certe volte l'avrebbe
volentieri strangolata.
Su
questo anche George era sempre stato d'accordo, ma, pensava Ray, a
quanto aveva capito, allo stringere il collo di Lucy, come avrebbero
voluto fare entrambi molte volte, lui preferiva “stringerla”
in un altro senso.
Questo
Ray l'aveva capito, ma non aveva mai capito qual'era, quell'altro
senso.
Ray
passò un dito sul dorso di una grossa chitarra acustica
marrone, e ancora gli sembrava di sentire le parole del padre
rieccheggiarli nella testa.
Le
sue parole e le sue magiche note, quelle che tutti avrebbero
applaudito per ore, quelle che per mesi erano sulle bocche di tutti,
in cima alla classifica, quelle per cui i suoi amici gli dicevano:
“Tuo padre è un grande, Ray!”
Probabilmente
era anche lo stesso motivo per cui le sue professoresse cercavano
sempe il modo di organizzare il maggior numero di consigli di classe
possibili, nella vana speranza che George vi partecipasse.
Anche
loro pensavano che George fosse “un grande”?
Ray
si era sempre sentito molto fiero di suo padre, come dei suoi vari
zietti, nonostante ormai gli rimassero solo i “Rolling Uncles”,
come li chiamava lui.
Letteralmente,
“gli zii rotolanti”.
Eppure,
ne lo Zio Pirata nello Zio Papera si erano mai lamentati di
quell'affettuoso appellativo.
Gli
zietti scarafaggi, invece, si erano sciolti...avevano per così
dire “messo le ali”, come facevano tutti gli scarafaggini
adulti dopo una certa età, o almeno così gli aveva
spiegato Lucy, insieme alla zie Ruby Tuesday e Elisa Jones.
Anche
la zia Angie glielo spiegava, a volte, quando riusciva a non
inciampare nei lacci delle scarpe.
Eppure,
Ray era molto affezionato anche a quel ramo “paterno” di
zii, in particolar modo a Paul, il mitico zio a cui si poteva
attribuire, in parte, il suo bel ciuffo biondo.
A
un certo punto, però, dei rumori attirarono la sua attenzione.
-Mamma!
Papà!- gridò, dopo qualche attimo di esitazione.
-R...Ray?-
sussurrò Lucy con un filo di voce.
-E
che cavolo, mamma!- sbottò il ragazzino, battendo nervosamente
un piede sul parquet grigiastro del corridoio.
-Ma
non dovrebbe essere a scuola, adesso?!- sibilò George,
infastidito.
-Di
domenica??-
-Chiudete
la porta, almeno! Cioè...un minimo di pudore no, eh?!-
Seguì
un silenzio imbarazzato.
-Chiudi
tu, ok?- lo liquidò infine George, che, nel silenzio della
stanza, si era fatto di colpo in tinta unita al colore dei muri della
George&Lucyslavia(ricordate?).
L'ex
camera da letto del bel chitarrista, ovviamente.
-Che
indecenza...- borbottò Ray, allontanandosi.
-Cresceranno
mai?-
And
here's to you, Mrs. Harrison.
George
loves you more than you will know...
Seeera
a tutti!!
Eccolo
qui, il progetto che vi avevo accennato nell'ultimo capitolo di
“Revolution”...il mio famoso compito di spagnolo xD
Ovviamente
un po' modificato, altrimenti sia la prof che i miei compagni di
classe mi strangolano... anche perchè l'ho trasformato in una
storia a capitoli xD
Ebbene
sì, immediatamente dopo al periodo di Manchester, di cui non
ho ancora parlato, ma penso che ne tratterò nei prossimi
capitolo di “Revolution”, (anche se probabilmente ce ne
sarà qualche stralcio anche qui), segue(forse) questa storia.
Insomma,
sarebbe una delle possibilità, non ancora deciso... nel
frattempo, però, non ho resistito alla tentazione di postarla
xD
E
non ho resistito alla tentazione di immaginarla così...xD
Così come non ho resistito alla tentazione di mettere quella squallida battuta sugli "ometti"...il fatto è che tutte le volte che, alle elementari, qualche maestra diceva ai miei compagni "ormai siete degli ometti!" io pensavo sempre agli appendiabiti, era più forte di me...xD
E infatti ho dato nuovamente mostra della mia "favolosa" idiozia...xD
Comunque...Penso
che la aggiornerò quasi con la stessa frequenza di
Revolution, oppure a giorni alterni...
Come
titolo ho scelto A Hazy Shade of Winter, da una canzone di Simon &
Garfunkel, perchè la storia si svolge prevalentemente in
inverno...e poi vedrete perchè ;)
Ovviamente,
presto entreranno in scena anche le attività degli Stones in
incognito, tra cui, ovviamente, il nostro ladro di
motorini-Keithy...xD
Nel
prossimo capitolo, invece, vedrò di postare anche la trama di
semi-fantascienza alternativa del compito, che ho buttato giù
a scuola, durante l'ora di supplenza, ma era troppo demenziale, così
l'ho scartata subito...ma forse riprenderò ancora qualche
spunto ;)
Insomma,
spero che vi piaccia!!
Note
aggiuntive: Il 6 Settembre, data di nascita di Ray(a proposito,
indovinate da chi ho preso i nomi?? xD), è un omaggio a Thief,
che, se non mi sbaglio, compie gli anni proprio in quel giorno(due
giorni dopo di me!!), che, con l'ultima scenetta della sua
recensione, mi ha convinto a dare il via definitivo a questo progetto
xD
Capitolo 2 *** Oh daddy dear you know you're still number one ***
2.
Oh daddy dear you know you're still number one
Era lunedì mattina, di nuovo.
Ray
infilò velocemente il libro di geometria nella cartella,
afferrò al volo una fetta di pane con il burro dalla tavola e
fece per uscire, ma qualcuno lo bloccò.
-Troppo
comodo, fratellino!- ridacchiò Jim, tentando di rubargli la
fetta dalle mani, ma Ray la alzò in alto, così in alto
che Jim, dall'alto dei suoi sette anni, non ci arrivava più.
Jimmy
incrociò le braccia al petto, imbronciato.
-Non
è giusto-
Solo
allora il ragazzino si accorse che quella che aveva in mano era
l'unica
fetta di pane presente sulla tavola.
-Ehm...mamma?
Sta ancora dormendo, papà?- chiese speranzoso.
Ma
non ricevette alcuna risposta.
-...mamma??-
-Mammina!-
gridò Johnny, saltando sulle ginocchia di Lucy, con un sorriso
a trentadue denti.
Come
Lucy sollevò la testa dal piatto su cui si era assopita, gli
occhi di Ray si illuminarono.
-Ah,
ma allora non era l'unica!-
Lucy
lanciò uno sguardo di traverso a una ciocca dei suoi lunghi
capelli neri, che quel mattino avevano preso una strana piega
ondulata.
Come
volevasi dimostrare, poco lontano dal nastro dorato che li legava
nell'accenno di una treccia spettinata, brillava il bianco quasi
latteo del burro.
Poco
lontano da lei, avrebbe dovuto esserci una fetta di pane...ma non
c'era più.
Cri
cri cri
Un
cri flebile
ma distinto.
-E
che è, il fantasma di Canterville?!-
-Il
fantasma di Arnold Grove!- gridò Ray, con un sorrisetto.
Un
sorrisetto terribilmente alla
Harrison.
Cri
cri cri
-Abbiamo
dei grilli in casa?-
-Grilli!
Grilli! Cra! Cra!- gridò John, battendo le mani eccitato.
-Quello
è il verso della rana, 'gnorante!- lo zittì il fratello
maggiore.
Ray
abbassò lo sguardo.
Aveva
appena avvertito un leggero movimento sulla sua scarpa destra.
-Il
grillo!-
-La
rana, la rana!- gridò di nuovo John, mettendosi in piedi sulle
ginocchia di Lucy, che perse l'equilibrio e cadde, con il bambino
addosso.
E
allora se ne accorse, George non stava affatto dormendo.
Tutt'altro!
George
era carponi sotto il tavolo, in compagnia di un vassoietto ricolmo di
fette di pane al burro, cioccolato fondente e marmellata.
Compresa
la sua.
In
una mano ne teneva una, che mordicchiava di tanto in tanto, e con
l'altra mano tentava di afferrare quella del figlio.
Aveva
perfino uno sbaffo di burro su una guancia.
Ditemi
che non sta succedendo veramente...
-Aspettate,
aspettate un secondo!- gridò Lucy, attirando l'attenzione dei
tre(o forse sarebbe meglio dire
quattro?)
piccoli Harrison su di lei.
-Semplice-
sorrise -Sto sognando. Loro non sono figli miei...- lo sguardo di
Lucy cadde su George, che le sorrise, leccandosi lo sbaffo di burro
sulla guancia.
Lucy
spalancò gli occhi e distolse lo sguardo.
-...e
io non
lo conosco.
E' così, no?-
-Mamma!-
strillò John, allungando una manina verso la guancia della
ragazza.
Lucy
gli rivolse un sorriso pieno di affetto.
-Ti
stai sbagliando, piccolo. Io non sono tua madre-
-Oh,
tu lo sei, invece-
Lucy
sbarrò gli occhi, dopodichè con un balzo raggiunse la
porta della cucina e si attaccò disperatamente alla maniglia.
Chiusa
a chiave.
Come
sempre, non aveva resistito alla tentazione di tentare la fuga da
tutto quello... ma ormai era abituata, le sarebbe passato presto.
Forse
era diventata madre un po' troppo giovane ed era rimasta ancora un
po' ragazzina...
D'altra
parte, non si può cambiare radicalmente da un momento
all'altro.
George
lo sapeva.
-George,
è sleale!-
George
sventolò il mazzo di chiavi da sotto il tavolo, sulle labbra
il solito sorriso diabolico, con anche un po' di burro.
-Vieni
a prenderle!-
-No!Non
mi piace quando mi guardi così...fai quasi paura!- protestò
Lucy, mordendosi il labbro inferiore con aria imbronciata, molto
simile a quella che aveva sempre Jim.
-Embè?
Sooono
il mostro GH!-
sussurrò George a voce bassissima, facendo strane smorfie per
far divertire Jim, che, poco lontano da lui, aveva abbandonato la sua
espressione imbronciata per far spazio a un timido sorriso.
John
incominciò ad applaudire.
-Grande
papiiiii!!-
Al
che George afferrò il bambinetto per la vita e se lo mise in
braccio, facendoselo saltellare sulle ginocchia.
Ad
ogni saltello John emetteva un risolino divertito e si stringeva
sempre più alle gambe del padre.
Nessuno
aveva notato, ovviamente, che sulle
gambe del padre
era già stazionato il vassoietto comprensivo di pane, burro,
marmellata e cioccolato fondente.
-Fila
a cambiarti, John- sibilò Lucy, a voce altrettanto bassa.
George
si voltò a guardarla e...
-Caspita!
Che faccia scura! Che succede, Lu'?-
-Mi
farete venire il
diabete...
E tu, Jim, l'orticaria! Chi ti ha detto di scorticarmi la mano con
quel tuo dannatissimo temperamatite?!-
In
quel momento, però, John richiamò l'attenzione del
padre spiaccicandogli una fetta di pane col burro tra i capelli.
A
quel gesto, George scompigliò i capelli nerissimi del figlio,
ridendo.
-Il
mio piccolino...-
-Mh...-
commentò Lucy, volgendo lo sguardo altrove.
Allora
il chitarrista si affrettò a passare una mano anche tra i
capelli della ragazza, che accennò un sorriso, anche se poco
convinto.
-La
mia piccolina...-
-Ehi!
Pensi di incantarmi con le stesse parole che dici a tuo figlio?!- si
lamentò Lucy, guardandolo malissimo.
-Nervosetta,
eh?-
-E
mamma è nervosa! E mamma è nervosa! Viva la mamma!-
strillò Jim, in piedi sul tavolo, atteggiandosi da
telecronista della BBC.
-Viva
George, ladies and gentleman, viva George! Mio padre è il
miglior chitarrista di tutti i tempi-e lo pensa anche la mamma!
Yeah!- ma John gli tirò un pizzicotto e Jim inciampò,
finendo dritto con la faccia nel burro.
Ray
concluse l'opera spalmandogli della cioccolata tra i capelli e
mettendogli una mano davanti agli occhi per impedirgli di rialzarsi.
-A
me gli occhi, signori! Qui è Raymond Harrison, in diretta
dalla cucina di 12 Arnold Grove!
Sono
desolato, ma mi vedo costretto ad annunciarvi che il nostro
telecronista, nientepopòdimeno che il mitico, fantastico,
straordinario, brillantissimo, cioccolatoso
Jimmy Keith Harrison non potrà salutare Liverpool, stamattina,
perchè...rapito dagli ufo!!-
-Ufo
XYZ, dal satellite Beatles, dalla Divisione di Maxwell's
Silver Hammer,
quinto anello di Sangiorgio!-
aggiunse John, convinto.
-Saturno,
John. Saturno.
Ed
è l'anello di George
Clerk Maxwell!- lo corresse Ray, felice di poter fare bella figura
davanti ai suoi genitori.
Ma
lo fu un po' meno davanti ai suoi fratelli.
-Secchione.
Secchione e sfigato!- lo canzonò John, tirandolo giù
dal tavolo per le stringhe delle scarpe.
-Intellettuale!
E' diverso!-
-Lucertola
di biblioteca! Ratto!- continuarono a sfotterlo Jim e John,
lanciandogli addirittura fette di pane con il burro.
-E
comunque si chiamava James...credo-
concluse George, con un sorriso imbarazzato.
-Anelli
di Sangiorgio?
George
Silver Maxwell? Cioè, come si chiama...-
-Long
Silver George! Vedi?? L'hai detto anche tu!!-
A
quelle parole Lucy mollò a George una tale gomitata da
perforargli una costola.
-Egocentrico!-
commentò, mentre il chitarrista piagnucolava:
-Mi
hai fatto male!-
-Via,
papà, non fare il bambino!- lo redarguì però
Ray, abbassandosi gli occhiali da sole con un solo gesto della mano.
-Sono
Ray-ban!-
-Ray-scemo!-
lo corresse Jim, sfilandogli gli occhiali e nascondendoli dietro la
schiena.
-Ridammi
gli occhiali, bandito! Io, Rayban Harrison, ti catturerò e
riconsegnerò alla giustizia!- gridò allora Ray, sempre
più infervorato.
-Oh
baby!
Yeeeeh
baby!
Woooooh
baby!- urlaronoin
coro Ray e John, imitando la performance di Elvis in “Long
Tall Sally”.
Poi
lo sguardo di Lucy e George si spostò quasi sincronicamente
verso il vecchio orologio a pendolo del corridoio.
Le
otto! Di nuovo.
Solo
che non era più domenica.
Era
Lunedì.
Un
altro tragico lunedì.
Ed
era appena scattata l'ora X.
Lucy
spostò lo sguardo sul tavolo della cucina, pensando che
probabilmente sarebbe stato in condizioni migliori dopo un assalto
dei vandali.
Eppure,
nonostante tutto, non aveva nessuna voglia di interrompere quel
momento.
In
quel momento era finita “più o meno”
accidentalmente in braccio a George, con un gomito sotto il ginocchio
di John, Ray con un braccio sulle sue spalle e Jim con una fetta di
pane su un occhio, a mo' di pirata, in una bislacca imitazione di
Keith, che la guardava con aria fintamente feroce.
George
se ne accorse e decise, in un attimo di responsabilità che non
era per
niente
da lui, di affrontare la situazione.
-Ehi,
Rayban...mi sa che dobbiamo andare-
-Di
già??- piagnucolò Ray, stringendosi drammaticamente
alle spalle della madre.
-Eddai...lo
sai che la maestre ti adorano!!- cercò di incoraggiarlo
George.
-Adorano
te, non me!! E odiano mammina!!-
A
quelle parole, George si voltò incuriosito verso Lucy.
-Cos'è
questa storia??-
-E'...è
una storia- spiegò Lucy, evasiva. -Tutto qua!-
-Quelle
streghe sono gelosissime della mia principessa!!- grugnì Ray,
sulla difensiva, abbracciando Lucy.
-Grazie,
campione!!- sorrise Lucy, scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Ray
sorrise soffisfatto.
Lucy
finse di guardare fuori dalla finestra, ma in realtà
pensava...pensava al primo giorno di scuola di Ray.
Allora
i Beatles non si erano ancora sciolti, e George era già
partito alla volta di Abbey Road.
Così
era stata lei ad accompagnare Ray...e, nemmeno per tutto l'oro del
mondo, avrebbe mai voluto ripetere quell'esperienza.
8.15
Erano
in ritardo, ma con un po' di fortuna nessuno ci avrebbe fatto casa.
Con
una corsa folle avevano raggiunto il motorino di George.
Lucy
si era infilata il casco, mentre una goccia di sudore per la corsa
appena terminata gli scivolava sulla fronte.
Ray
si era stretto forte a lei, piagnucolando:
-Ci
devo proprio andare, a scuola, mammina??-
-Uhm...non
necessariamente-
-Davvero??-
-Eddai,
Ray...lo sai che fosse per me ti porterei sempre al porto, ma oggi
non possiamo proprio... Quando torniamo, però, vedrai che
papino ti lascerà suonare la sua chitarra!-
-Papino??
Ma mica tu lo chiamavi...uhm...delinquente d'un GH??- recitò
Ray, imitando il tono ironico e al tempo stesso affettuoso di Lucy.
-Sì,
ma...GH adesso non ci può sentire! E noi possiamo dire quello
vogliamo, alla faccia del delinquente! Anzi, alla faccia di papino!-
Ray
aveva fatto un sorriso soddisfatto.
-Ti
voglio bene, mamma-
-Anch'io.
Ma ne voglio di più a “papino”-
-Cosa?!-
-Scherzo...sei
tu il migliore, Rayban!!-
-Migliore
perfino di papà??-
-Uhm...vediamo...-
-Mammaaaa!!!-
-Eh...sì,
direi di sì!-
-Mitica!!-
-E
adesso infilati il casco, che ti porto nel bosco, ti ci abbandono, e
ti guardo mentre i pirati cattivi ti si avvicinano con i loro
spaventosi canini...ti circondano....e...-
-Ed
è allora che il miticissimo Rayban Harrison con un
provvidenziale riflesso dei Power-Rayban, gli occhiali più
supermitici del mondo, li stende con una mano sola! One, two, three,
four...-
-...well,
she was just seventeen...-
-Mamy!!-
-E
va bene! Allora, com'era??-
-One,
two, three...Pooower Rayban! E Raymond viiiiince!!-
-Applausi
per il figlio del delinquente!!-
-A-ehm.
E della strega-
Lucy
gli aveva dato un lieve scappellotto sulla nuca, fingendosi offesa.
-Bah.
Non ti parlo più, Super-Rayban!-
-Maa...mamy!!
Me lo devo proprio infilare, questo casco?? Mi spettina tutto!!-
-Dio,
George, sei peggio di tuo padre e Paul messi insieme!-
-Come
mi hai chiamato??-
-Ehm...scusa.
Lo sai, mi confondo...-
-Uffaaa!!-
-Allora,
vogliamo andare, eroe??-
-Evabbene...-
aveva borbottato Ray, imbronciandosi.
Lucy
aveva premuto l'accelleratore e dieci minuti dopo erano davanti alla
scuola.
Poi
era scesa per prima, gli aveva scoccato un bacio sulla guancia e gli
aveva indicato le scale, con un sorriso.
-Vai
da solo, Super-Rayban?-
-Davvero??-
-Certo!
Anche se, beh, avendo nelle tue vene il sangue degli Harrison,
dovresti essere uno stordito cronico come tuo padre...ma tu non lo
sei, vero??-
-Noo!!-
-Bravo
bambino! E allora fila, prima che ti morda il naso!-
-Eh??-
-Boh...questo
era quello che mi diceva sempre Key quando voleva minacciarmi...-
-Zio
Keithy??-
-Esatto,
proprio lui! Il pirataccio brutto e cattivo!-
-Sei
una strana mamma, sai, Lu'?-
Lucy
l'aveva guardato incuriosita.
-Già...ma,
d'altronde, lo sai...Noi Harrison siamo così...-
-Noi Harrison siam così...noi siamo tutti blu...- incominciò a cantare Ray.
-Gli Harrison sanno che un tesoro c'è...nella chitarra accanto a te...- continuò, iniziando a saltellare intorno a Lucy nella buffa imitazione di un puffo.
Poi s'interruppe.
-Harrison,
hai detto? Anche tu sei una Harrison??-
-Beh...-
-Ma
siete sposati, tu e papà?-
-Non
ancora...-
-Io
e Jim saremo i testimoni! E John...il boquet!-
-Uhm...dubito
che sarà d'accordo, sai? Comunque...non lo so se ci sposeremo-
A
quelle parole, Ray aveva sgranato gli occhioni color cioccolata.
-Perchè??-
-Vedremo...
Nel frattempo tu vai, se non vuoi che la maestra ti strangoli!!-
-Ciao,
mamma! Ti voglio bene!-
-Sì,
vabbè...dite tutti così!-
-Ma
è vero!-
-Sarà...
divertiti, mi raccomando!-
-Aspetta
e spera...- aveva mormorato lui, salendo i gradini, incerto.
All'ultimo
momento, però, si era voltato e le aveva gridato:
-Attenta
a non cadere, maman!-
-Attenta
a...RAY!! Ah, George...quando torna mi sente!!-
Una
volta in classe, Ray era stato accolto dapprima da mille sguardi tra
l'incuriosito e l'annoiato e uno scintillante, più
scintillante di tutti gli altri.
Era
quello di Lindsay Song, una bella ragazzina dai tratti irlandesi, ma
dal padre coreano, Cin Song, il proprietario della vecchia libreria
di fronte alla scuola.
Il
suo vero nome era Chanel, nome che si era portato dietro fino al
liceo, scatenando l'ironia generale.
Il
che era durato fino a quando un suo compagno di classe, un certo
Delany detto Den, un tipo strano, a dir la verità, patito
della musica anni '50, Elvis e Chuck Berry in particolare, non gli
aveva appioppato quello strano, ma simpatico soprannome.
Cin.
Linds Song, figlia di Cin Song...a prima vista poteva sembrare
l'inizio di qualche stramba novella giapponese.
Linds
aveva i capelli castano scuro dai riflessi ramati raccolti in una
coda di cavallo portata alta e coronata da tanti sottili nastrini
argentati, gli occhi verdi-grigi e un bellissimo sorriso.
Era
stata la prima della classe a sorridere, la prima a far sorridere il
giovane e ancora inesperto Raymond “Rayban” Harrison.
Ma
il peggio doveva ancora arrivare...
-Raymond
Harrison!- aveva subito strillato la maestra, una certa Hannah
Margaret Yells.
Un
nome che era tutto un programma.
-Figlio
di George Harrison, la rivoluzione della chitarra e Lucy Richards, la
Rivoluzione del chitarrista!- aveva commentato sarcastica.
Ma
nell'intervallo l'aveva arpionato svelta, con quelle sue unghie
dipinte di rosso peperoncino e gli aveva sussurrato, arcigna,
mollandogli un bigliettino nell'incavo della mano:
-Questo
è il mio numero, piccino. Non scordartelo, dallo a tuo padre!-
-Ma
non esiste proprio!- era sbottato lui, trattenendosi a stento dallo
sputarle in faccia.
-Papà
è innamorato solo della mamma e non la lascerà mai,
nemmeno quando gli ufo invaderanno il pianeta, anche quando ci
rapiranno e rinchiuderanno Liverpool in una boccia di vetro e staremo
per morire tutti, lui sarà sempre con lei!-
-Sei...sssimpatico,
piccino- sibilò la maestra Yells e, in tutta sincerità,
Ray si era già largamente rotto le scatole di sentirsi
chiamare “piccino”.
E
così per tutti i giorni della settimana, salvo, grazie al
cielo, la domenica.
Quel
pomeriggio stesso, quando Ray aveva consegnato a Lucy il numero di
Hannah Yells, aveva assistito come unico spettatore alla distruzione
per singola molecola del suddetto bigliettino.
Non
aveva mai visto sua madre così furiosa.
Il
giorno dopo stesso, Lucy aveva richiesto un'udienza “urgente”
con la suddetta “maestra” e le aveva parlato chiaro.
-Lei
lascerà in pace mio figlio e mio marito, è chiaro??-
-Suvvia,
piccina...non sei un po' giovane per dire queste cose?? Anche perchè
non mi risulta che voi siate sposati, tesoro...- le aveva sussurrato
con un tono esageratamente, odiosamente smielato.
-Ma
abbiamo tre figli! E poi, non sono affari suoi-
-Suo
figlio è un tesssoro, sa?- si era subito ricomposta la
maestra, tornando a darle del lei.
“Contegno,
Hannah, contegno”.
-George
con riceverà mai quel bigliettino- disse infine, sedendosi
senza farsi troppi problemi sulla cattedra, sfoderando un sorriso
fiero e soddisfatto.
-Pare
che lei sia pazza di lui, piccina. E allora perchè non le ha
ancora chiesto di sposarla??-
-Perchè
io NON
SONO
pazza! Ma io...io...-
-Senta,
Mrs Harrison o quello che si crede di essere. Non è ancora
giornata di udienze, mi sono spiegata? Quindi, se vuole accomodarsi,
quella è la porta-
-Già.
Perchè non prende la rincorsa e va a “conoscerla un po'
più da vicino”??- le aveva consigliato Lucy.
-Mi
sta forse suggerendo di suicidarmi??- aveva strillato quella,
sdegnata.
-Perchè
no? Non si sa mai, mia cara Hannah, non si sa mai- e se ne era andata
sbattendo la porta.
Ebbene,
quella era stata soltanto
la prima
maestra.
George
non ne aveva mai saputo niente...ma la situazione non era ancora
stata completamente archiviata.
Buona
sera a tutte!! ;)
Già,
buona sera...per voi, spero xD
E'
da mezz'ora che sto ascoltando Riders on the Storm per consolarmi, ma
non c'è niente da fare...questa è ufficialmente,
categoricamente, decisamente
la giornata peggiore delle peggiori giornate della mia vita.
A
dir poco rivoltante.
(e
cominciamo bene, evvai!! xD)
E
dire che la mattina era cominciata pure decentemente(ritardo a scuola
a parte), alla prima ora avevamo geografia e, una volta finiti I
paesi baltici, mi sono messa a organizzare(con un po' di anticipo,
direi xD) la mappa della tesina di terza media del mio compagno di
banco, che ha intenzione di farla sul rock dagli anni '60 a oggi e
così gli ho suggerito I gruppi e scritto un bel po' di cose
come spunti(anche se a dir la verità mi ha rubato il soggetto
xD)...pensate che è pure venuto fuori George
Hendrix,
uno dei migliori chitarristi del mondo xD
Bene,
dalla seconda alla terza ora la situazione non è degenerata.
Cioè,
penso che più degenerata di così non si può xD
A
musica ci hanno fatto sentire Let it Be dalla compilation della
nostra prof-ufo e lì sono cominciati I commenti, sul fatto che
fosse uno schifo, una lagna e così via...ma ormai non mi
lamento nemmeno più perchè ci sono abituata, purtroppo.
Anche
se, sinceramente, certe volte I miei compagni di classe non so
proprio da che parte stiano: una volta che dicono che I Beatles sono
mitici, altre volte che fanno schifo, altre volte che li suonano alla
chitarra...boh.
Terza
ora: Geometria.
E,
visto che alcuni partono già domani, la prof si è
premurata di darci oggi I nostri cento bravi esercizi di aritmetica e
geometria.
10.45.
Un quarto d'ora all'intervallo.
Sto
giusto cominciando a tirare il fiato quando la prof tira fuori dei
libretti.
Gli
altri cento esercizi per chi, avendo quattro, cinque o cinque e
mezzo(io fino all'anno scorso avevo 8, poi 6...adesso 5 e mezzo xD)
in pagella, ha avuto il debito formativo.
Ovviamente,
io ho sperato fino all'ultimo di non essere tra questi, e questa è
stata forse la peggiore tortura.
Pensando,
stupidamente, che la prof stesse andando in ordine alfabetico, mentre
elencava gli alunni con il debito, ho notato che mi aveva saltato e
stavo quasi per tirare un sospiro di sollievo, ed è stato
proprio per questo che quando ho sentito il mio nome ho allegramente
mandato al diavolo qualsiasi forma di dignità e per poco non sono caduta
dalla sedia.
Debito
formativo in matematica, in seconda media. Cioè, in
seconda media.
Insomma,
anche mio padre l'ha avuto, ma al liceo!
Così
si conclude schifosamente
una mattinata schifosa
e adesso posso tranquillamente partire sullo scooter di Giacomo
Leopardi, con il libro di matematica e una scatola di
aspirine(possibilmente non scadute) sottobraccio.
Ecco,
adesso suppongo che la situazione vada leggermente meglio, domani a
Crema è vacanza, perchè è il giorno del Santo
Patrono e venerdì ricomincerò la scuola con...due ore
di geometria.
E venerdì ho pure il saggio di pianoforte...però almeno quello è bello, dai ;)
Poi,
grazie al cielo, sabato finisce.
Vabbè...c'est
la vie(spero) ;)
Scusatemi
per lo sfogo, davvero.
Lo
so che non me la dovrei prendere più di tanto, perchè
in terza, prometto solennemente, anzi, giuro di recuperare(e voi ne
siete testimoni!!), ma...insomma.
Quel
che è successo è successo xD
Passando
al capitolo...spero che vi sia piaciuto!!
La
trama di cui vi avevo parlato la volta scorsa...ehm...temo di averla
lasciata nel raccoglitore di musica(che, naturalmente,
non trovo) xD
Prometto
che domani la cerco e la metto nel prossimo capitolo!! ;)
Mentre per quanto riguarda Lucy madre...beh, non ho voluto cambiarla troppo, anche perchè, in effetti, è diventata madre giovanissima, nel 1961, a soli sedici anni(vabbè, quindici e mezzo xD)...
Così è rimasta sempre la solita, spericolata Lucy Richards che piace a noi!! ;)
Mentre George...beh, George è George, punto. xD
A proposito, ne approfitto per chiedervi...chi è il vostro preferito dei giovani Harrison??
Il mio è ...non ve lo dico xD Ve lo lascio indovinare xD
Passando
alle recensioni...
Zazy:Felice
che ti piaccia!! Sisi, gli Stones in incognito arriveranno presto,
insieme a tutti gli altri personaggi, compresi quelli nuovi!! ;) E anche il ritorno in scena di Pete, purtroppo...
Spero
che il capitolo ti sia piaciuto!!
Thief:Ooh,
sono contenta che ti sia piaciuta!! Sì sì, la tua
recensione ha fatto proprio colpo!! ;)
E...mi
è piaciuta troppo la scenetta. XD Bene, spero che questo
capitolo non ti abbia deluso ;)
Marty:Uhm...sì,
penso di si...anche se Lucy ha due anni meno di George e siamo nel
'72, quindi George ha 29 anni, 28 per la precisione, perchè,
essendo a gennaio, non li ha ancora compiuti...vabbè, dai, hai
mancato di poco! XD
Se
Lu' e Geo hanno fatto pace...eeh, non ti posso dire ancora niente,
perchè il capitolo lo posterò-se tutto va bene- domani,
ma...sì, ti dico già di sì xD
Guarda,
Geo non è l'unico a perdere il conto dei giorni della
settimana...*fischietta* xD
E...anche
tu ascoltavi sempre Mrs Robinson?? Anch'io!! Mio zio ha anche
scritto un articolo su un concerto di Paul Simon...ma purtroppo era a Taormina e non sono
riuscita a conoscerlo xD (sì, vabbè, iniziamo con i
miei scleri serali...anche se mi sarebbe piaciuto conoscerlo
veramente!!) ;)
Bene,
che dire? Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto!!
P.S:
A chi indovina la canzone del titolo regalerò...regalerò...il
mio “favoloooso” cinque e mezzo in matematica,
comprensivo di debito e libretto delle vacanze!! (e poi dicono che
non sono un genio...tsk!) xD
Capitolo 3 *** The girl does what she wants to do ***
The
girl does what she wants to do
Appena
finita la scuola, Ray si trovava davanti alla vecchia libreria di Cin
Song, esitando, incerto.
Quel
pomeriggio stesso Lucy avrebbe partecipato a un consiglio di classe,
e il che non lo tranquillizzava affatto.
Avrebbe
rivisto la maestra Yells, con cui non era affatto in buoni rapporti,
oltre a metà delle mamme dei suoi compagni di classe, che non
si rispiarmavano mai sul farle certe poco simpatiche battutine sulla
sua giovane età e il suo carattere, ribelle di natura, che
poco si addiceva a una probabile madre di famiglia, che, in
teoria, avrebbe dovuto starsene in casa a badare alla casa e alla
famiglia.
Probabile,
perchè Lucy era più che altro improbabile, come madre
di famiglia e come quasi-moglie del chitarrista dei Beatles.
Perchè
lei, in poche parole, viveva di quella sua improbabilità.
Forse,
chissà, invidiavano proprio quella sua spensieratezza, quella
sua tranquillità nell'essere madre di tre figli tutt'altro che
tranquilli(e solo il loro cognome lo dimostrava), quel suo modo assai
strano di approcciarsi ai ragazzi, che la rendeva sempre più
simile a una sorella che a una madre, quel suo non aver bisogno di
litigare ogni due per tre per farsi accettare. Forse invidiavano quel
suo quasi marito fin troppo sexy(l'ho già detto e continuo a
ripeterlo, io non sono di parte), invidiavano quella sua fama
di “arcobaleno vivente” che si era portata dietro da
Dartford e che, ovunque andasse, continuava ad avere.
Invidiavano
la singolare adorazione che George aveva per lei, che nessuna di loro
poteva vantare parlando del proprio marito, invidiavano il suo
essere a sue agio tra le più grandi star del rock di quegli
anni, perchè lei ci era cresciuta insieme.
Invidiavano il suo coraggio di fare in un attimo tutto quello che
loro, mai in tutta una vita, si sarebbero mai sognate di
fare...perchè per lei era naturale.
Lei
forse non se ne rendeva conto, ma, almeno per la maggior parte di
loro, era così.
Era
anche perchè, tutte ne erano, loro malgrado, consapevoli,
nonostante tutta questa invidia, sotto sotto loro la ammiravano,
che si comportavano così.
Lei,
semplicemente, era l'esatta corrispondenza, l'esempio vivente del
concetto di “Fakin' It” di Simon & Garfunkel:
“The
girl does what she wants to do.
She
knows what she wants to do”.
Tutto
quello che a loro era sempre mancato.
Ed
era anche quella sua ostinazioni nel comportarsi da ragazza normale
ad aumentare la loro irritazione nei suoi confronti.
Lei
aveva quasi ventisette anni, ormai, ma continuava a comportarsi come
una quindicenne.
Lei
aveva ancora i pensieri, il modo di ragionare e il cuore,
appassionato e fragile, di una quindicenne.
Punto
secondo, lei era la maledetta, adorabile, odiata padrona del cuore di
George Harrison, da ben dodici anni.
Punto
terzo, se proprio vogliamo mettere anche un punto terzo, lei era
la madre dei suoi figli.
La
madre dei suoi tre figli.
Ed
era anche per questo che, sebbene fosse un'ingiustizia addirittura
intollerabile, Hannah Yells aveva indetto un consiglio di classe
speciale, proprio per parlare di quello.
E,
prima ancora, aveva fatto girare una circolare.
“Cari
genitori dei miei meravigliosi alunni di quinta...
Già
sarete a conoscenza della sgradevole situazione che da ben cinque
anni turba la nostra meravigliosa classe.
Un
solo ragazzo.
Raymond
Harrison.
Con
il suo scarso rendimento e il comportamento eccessivamente ribelle e
spericolato, è la rovina della nostra classe da fin troppo
tempo.
Ma
soprattutto, è sua madre.
Non
ha neanche ventisette anni, non ha un minimo di vita vissuta su cui
basarsi per poter insegnare a suo figlio nemmeno l'educazione
basilare, ed è una costante vergogna.
Stiamo
pensando seriamente di escluderla dal consiglio di classe...siamo
stanchi di essere costretti a metterci sullo stesso livello di una
ragazzina.
Penso
che questo sia un pensiero comune.
Ed
è un vero peccato per suo marito, un uomo così gentile,
raffinato, bello...
La
mia, ovviamente, non è che una proposta, basata su un semplicemente
presentimento.
Non
mi sono mai fidata delle cosidette “madri bambine” e la
madre in questione non si può certo definire una donna.
Il
mio vuole essere solo un appello alla giustizia.
Cordiali
saluti,
Hannah
Margaret Yells
Il
labbro inferiore di Lucy incominciò a tremare.
Non
era giusto, non era semplicemente giusto.
Se
tra lei e la Yells era stato odio a prima vista, questo non la
autorizzava a mettergli contro tutta la classe.
L'aveva
insultata pubblicamente e spudoratamente, lei e Ray, che pure non
aveva fatto niente.
Era
un'ingiustizia.
Ma
Hannah Yells era la vicepreside, lei, in quella scuola, purtroppo,
aveva potere.
Il
tutto la riportava ai tempi di Manchester...tempi che avrebbe
preferito non ricordare.
Tempi
di illusioni, di sciocchi pregiudizi, che erano svaniti del nulla
esattamente come erano nati.
Se
ci fosse stato George, con lei, probabilmente l'avrebbe stretto a se
fino a dimenticarsi completamente quelle parole, e lui l'avrebbe
consolata in tutti i modi possibili del mondo.
Ma
George non c'era, e Lucy si sentiva persa.
Si
sentiva uno straccio. Un vero schifo.
E
non aveva mai rimesso piede in quella stanza...fino a quel
pomeriggio.
Ray
esitava ancora davanti alla libreria, quando il signor Song richiamò
la sua attenzione, distraendolo dalla contemplazione semi-assorta di
un massiccio tomo di poesie.
Ray
lesse brevemente il nome dell'autore, prima di spostare lo sguardo su
Cin Song.
Socrate.
-Non
è possibile!-
-Cosa
non è possibile, Raymond Harrison?- gli chiese Song, con un
sorriso amichevole.
Sicuramente,
Cin poteva dirsi l'unico a chiamare Ray con il suo nome completo,
nome e cognome.
Faceva
così con tutti, lui... ed era anche per questa caratteristica
che risultava sempre simpatico a tutti.
-Socrate
non ha mai scritto poesie!-
-Lo
dici tu!-
Dire
che la risposta del libraio lo sorprese, era dire poco.
Chanel
Song si poteva anche dire uno dei genitori più giovani del
consiglio di classe, ovviamente dopo Lucy e George.
Aveva
solo trentun'anni.
-Dimmi
un po', Raymond Harrison. Mark Grimaldi ha mai scritto poesie?-
Ray
sgranò gli occhi.
-Mark
Grimaldi?!-
-Non
sai chi è, vero?-
-Beh...no!-
-Non
lo so nemmeno io-
A
quelle parole, Ray sollevò la testa con uno scatto repentino,
inarcando un sopracciglio e squadrandolo con quel modo di fare che
era sempre stato un classico degli Harrison, da Harold al piccolo
John, di Briangeorge e forse anche prima, sgranando gli occhi
talmente scuri da sembrare una notte senza luce, ma dotati della più
potente e inimmaginabile luce mai vista.
Un
continuo controsenso.
-Ma
sei bacato?!- non riuscì a trattenersi dal ridere.
Cin
scoppiò a ridere.
-Probabile.
Anche Socs lo era- affermò, indicando il libro di poesie.
-Socs?!-
-Ritorniamo
al precendente concetto su Mark Grimaldi- insistette Cin, sempre più
convinto, mentre Ray non faceva che chiedersi chi diavolo fosse quel
Mark Grimaldi.
-Tu
sai chi è Mark Grimaldi? No. Io lo so? No. Mia moglie?
Nemmeno! Va bene, lo ammetto, me lo sono inventato al momento.
Appunto
perchè Mark Grimaldi rappresenta la persona qualsiasi, tu che
ne dici, Raymond Harrison, una persona qualsiasi scrive poesie?-
E
notando lo smarrimento più totale negli occhi di Ray,
aggiunse:
-Nel
senso che gli può capitare di scrivere poesie, Raymond-
-Beh...penso
di si-
-Tuo
padre scrive poesie, Raymond?-
A
quelle parole, Ray s'illuminò.
Finalmente
una domanda a cui sapeva rispondere!
-Non
sai quante! E sono tutte per la mamma!-
-Sicuro?-
-Beh,
no. Forse non tutte. Parla un po' di tutto, papà... Ma sono
molto belle, ne sono sicuro.
La
mamma...la mamma sorride sempre. E papà adora vedere la mamma
sorridere. Penso che sia l'unico motivo per cui le scrive...forse
l'unico per cui vive-
-Visto?
Anche tu hai l'anima del poeta, Raymond! Sei anche tu un piccolo
poeta, in fondo. Sei in gamba, Harrison!-
-Lo
so!- rispose Ray, con un sorriso soddisfatto.
-Allora,
ti ho convinto?-
Ray
dilatò gli occhi in un'espressione esageratamente contrariata,
ma proprio per questa buffissima.
-Più
o meno...-
Cin
gli indicò il tomo di poesie.
-Te
lo incarto?-
-Ma...non
credo di avere i soldi- ammise Ray, annegando le mani nelle tasche
dei pantaloni, con un espressione sinceramente dispiaciuta che
avrebbe intenerito una pietra.
-Ma
io te lo voglio regalare!-
Ray
sembrava stupito.
-Ah...ehm...ah.
A me?-
-Perchè
no? Te l'ho già detto. Mi sembri in gamba, Raymond Harrison-
-Le
apparenze ingannano...-
-Ma
dai! Quanti anni hai?-
-Boh...undici,
credo-
-Credi,
eh?-
-Sì-
bofonchiò Ray, già stufo delle stranezze del signor
Song, che lo stupivano e incuriosivano al tempo stesso...così
come lo incuriosiva la porta costantemente serrata nell'angolo più
buio della libreria.
La
porta che nessuno aveva mai oltrepassato.
Un
cartello, affisso in alto e anche storto, recitava, severo:
“DANGEROUS”
Qualcosa
gli suggeriva che forse nemmeno Chantal Song stesso vi era mai
entrato.
-E
lei?-
-Quello
è il bagno, Raymond-
Ray
sgranò gli occhi.
Gli
sarebbero usciti dalle orbite, a furia di sgranarli.
Cin
Song non avrebbe mai smesso di stupirlo.
Qualcosa
gli suggerì che forse, semplicemente, non aveva capito la
domanda.
-Trentuno.
E quello è il bagno-
Oh.
Raymond
scosse la testa.
Non
solo aveva capito benissimo, ma aveva anche notato il suo sguardo.
-E...perchè
c'è scritto “DANGEROUS”?-
Il
tono di Cin Song si fece improvvisamente più basso, quasi
confidenziale.
-Nessuno
è mai uscito da quella porta, Raymond...-
-Dalla
porta del bagno?!-
Chissà
perchè, la cosa non gli sembrava molto credibile.
-Oddio.
Immagino che qualche ratto sia anche uscito, talvolta... Di solito
nel periodo delle pulizie di primavera. In primavera, appunto-
-Ratti?-
-Ma
neanche tanti!-
-E
allora...voi Song non andate mai in bagno?!- gridò Ray,
scandalizzato.
Cin
sorrise.
-Ci
andiamo, ci andiamo...in casa nostra. D'altra parte, dove si è
mai vista una libreria con un bagno??-
-E
Linds?- domandò Ray all'improvviso.
Cin
sembrò essere piacevolmente sorpreso dalla domanda.
-Lei
non ci viene quasi mai, qui- rispose, nella voce una certa sfumatura
di malinconia.
-Papààà...ho
portato le pizze!- gridò a un certo punto una voce che a Ray
sembrava di conoscere.
-Linds!-
-Rayyy!!!-
gridò la ragazzina, lanciando le pizze sul bancone del padre e
correndo dall'amico.
All'ultimo
momento, però, il giovane Harrison sembrò cambiare
idea.
-Cosa
vuoi?-
Lindsay
si fermò.
-Come??
Sei stato tu a salutarmi per primo!!-
-Aaah...ehm.
Certo, giusto-
Lindsay
sollevò un sopracciglio.
-Raymond!!
Questo significa forse che l'unica utilità della sottoscritta,
ai tuoi occhi, sta nel suggerirti nelle interrogazioni di
geografia?!- esclamò all'improvviso la ragazzina, incrociando
le braccia al petto.
Improvvisamente
anche per Ray, che indietreggiò.
-Ma
se non mi suggerisci nemmeno! E' a Dylan che suggerisci, non a me-
-Ti
piacerebbe!! Macchè, Dyl ce l'ha già, la fidanzata. Tu
no-
-Aaaah...-
il secondo(o terzo?) “aaaaah” della giornata.
La
situazione gli piaceva sempre meno.
-No,
e allora?-
-Solo
che tu sei scemo e non te ne accorgi, quando ti suggerisco. Forse
solo perchè ti vergogni di essere amico della figlia dello
strambo del paese- solo in quel momento Lindsay si rese conto di aver
attirato su di se gli sguardi non proprio amorevoli del padre e di
Ray.
-Vabbè,
non tanto scemo...Solo un pochino. Tanto così!- concluse,
giocherellando con una ciocca di capelli ramati.
-Oh...ok,
io vado. Ci si vede, scemino!-
-Come
mi hai chiamato?!- le gridò dietro Ray, prima che Linds si
girasse a rispondergli:
-Ah...dimenticavo.
Se papà ti ha detto che di là c'è il bagno...non
gli credere. E non ci sono nemmeno i ratti. Le pulizie di primavera
le fa la mia mamma!-
-Va
bene...-
-Mentre
per le poesie di Socrate...ne riparleremo. Magari alla prossima
interrogazione di geografia!- concluse, girandosi a fargli
l'occhiolino.
Raymond
annuì, quasi meccanicamente.
Ma
lei come faceva a sapere...??
Ancora
prima che Ray se ne accorgesse, Lindsay era tornata indietro, rossa
in viso, spettinata e più sorridente che mai.
Chissà
dov'era stata, in così poco tempo! Si chiedeva Ray.
-Tua
madre ci va, al consiglio di classe, oggi?-
-Certo!
Papino non può...-
-E'
una grande, tua madre! Da grande, forse, sarò come lei...-
aggiunse Lindsay, ridendo.
-Davvero??-
-Voglio
sposare anch'io un chitarrista! E anche mio figlio si chiamerà
Ray. Anzi, no, non avrò figli. Magari insegnerò
geografia!-
La
prospettiva di vedere l'espressione esterrefatta dell'amico sembrava
divertirla assai.
E
infatti, quell'espressione non mancò di arrivare.
-Geografia?!-
Niente.
Linds era già sparita nel nulla. -Ma dove...??-
Cin
Song allargò le braccia.
-A
saperlo!-
Poco
dopo, Ray lanciò un drammatico sguardo al libraio.
-Oh...ma
perchè proprio geografia?? Io odio geografia!-
Uscendo
dal negozio del signor Song, Ray intravide un'ombra scura seguirlo.
Per
un po' fece finta di niente, ma quando si accorse che l'ombra seguiva
proprio lui, decise di fermarsi su una panchina all'ombra di un
platano, poco lontano da dove aveva lasciato la sua bicicletta.
-Ciao,
Raymond-
Il
ragazzino fece un balzo, e per poco non cadde all'indietro.
-Chi...chi...-
L'uomo
allungò una mano verso di lui, accarezzandogli una guancia.
Era
una strana carezza.
Molto
diversa da quelle di George e di Lucy, o da quelle che aveva visto
George fare a Lucy.
Quelle
erano carezze piene di dolcezza, carezze che sarebbero potute durare
per tutta la vita.
Quella
non era una vera e propria carezza.
Era...fredda,
come la lama di un coltello.
-Quanto
sei carino... proprio identico a tuo padre-
A
Ray non piacque il modo in cui l'uomo pronunciò quelle ultime
due parole.
Tuo
padre.
Cos'aveva
contro suo padre?!
E,
soprattutto, era possibile avercela con suo padre?
-Non
sono carino. E mio padre è bellissimo- ribattè,
calcando sulla parola “bellissimo”.
-E'
questo che pensa anche tua madre??- il tono dell'uomo si fece
improvvisamente cupo, serio.
-E
a te che importa?!-
-Mi
importa-
-Beh...no!
Lei pensa che mio padre sia fenomenale, straordinario, fantastico,
bellissimo e...insomma, lei lo ama!! Alla follia- aggiunse poi, con
un sorrisetto.
-Ma
che bella storia...e cosa mi dici, invece, dei tuoi fratellini??-
continuò l'uomo, in tono sempre più famelico.
-Stupidi.
Incredibilmente stupidi. A volte simpatici. A volte- rispose,
cercando di essere il più vago possibile, senza lasciar
trapelare niente.
-Era
una bellissima ragazza, sai, tua madre??-
-Lo
è ancora!!-
-Non
stento a crederlo-
-Ma
chi sei tu, per avere il diritto di crederlo?? E, soprattutto...chi
sei tu per poter rivolgere la parola al mitico Rayban Harrison senza
appuntamento ne colloquio con il mio manager!!- gridò, furioso
per i commenti dello sconosciuto su sua madre.
-Manager.
Proprio questo. Tua madre era la sua manager-
-Ma
chi sei?!-
-Un
tipo simpatico-
-Sì,
simpatico quanto un calcio nel...insomma. Se tu sei simpatico io sono
Art Garfunkel-
-Come
vuoi, Art. D'altra parte...nemmeno tua madre mi trovava simpatico. Ma
lei si ricorda bene di me, sai?? Ma non chiederle niente. Forse se lo
ricorda anche troppo bene...-
-Come
ti chiami?- chiese a un certo punto Ray. -Data di nascita, codice
fiscale, targa dell'auto, gruppo sanguigno, carta di credito...
-Ehi,
ehi, calma! Sappi soltanto che mi chiamo P...Potamak. Vincent
Potamak-
-Russo?-
chiese, d'istinto.
-Indiano-
e già questa parola, da sola, avrebbe dovuto dire molto.
Ma
prima di allontanarsi pedalando con quanta forza aveva in corpo,
sussurrò, più a se stesso che a altri:
-Sei un
persecutore, Vincent Potamak. Ma non avrai mai mia madre. Nemmeno se
dovessi rinunciare alla mia carriera come insegnante di
geografia...con Lindsay- e con quelle parole, rimaste sospese nel
vento, sfrecciò via.
Buonasera
a tutte!!
Ed
eccoci arrivati al terzo capitolo...
In questo capitolo ho parlato un po'più diffusamente della situazione di madre di Lu', non benvista da tutti...ma non credo che mi sia venuto un granchè bene xD
Dal prossimo capitolo invece vi annuncio che entreranno in scena gli Stones... anzi, i primi due incogniti;)
Con
Revolution, stranamente, sono a un punto fermo, e da due giorni che
vado avanti a fissare quella pagina e mezza che ho scritto,
aggiungendo circa una riga all'ora...xD
Ed
è strano, perchè non mi capita spesso...ma vabbè,
sarà soltanto un blocco momentaneo, probabilmente sabato
aggiornerò...sabato, perchè domani ho il saggio di
pianoforte e poi sono fuori quasi tutto il giorno...e sabato avrò
già finito la scuola!!
Finalmente...xD
Ho
contato quattordici giorni a Londra...xD
A
proposito...qualche idea sull'indiano Vincent Potamak??
Rispondo
brevemente alle recensioni e vado a farmi la doccia prima che arrivi
mia mamma e mi strangoli(gran bella prospettiva...xD):
Zazy:Esatto!!
Hai indovinato tutto!! Ed è proprio Ray il mio preferito xD
Sisi, è proprio tutto suo padre. XD
Mi
dispiace per l'esame...massì, dai, recupereremo tutte!! Forza
e coraggio, che abbiamo il pirataccio Keith dalla nostra parte! XD
(che però dubito che sarà molto d'aiuto...pigrone che
non è altro!! xD)
Thief:Essì,
sono sempre gli stessi...un po' meno dolci e innocenti xD Già
già, Ray ha una spasimante...ma, d'altra parte, come poteva
essere altrimenti?? E' un Harrison!! Degno figlio di quel benedetto
ragazzo...il nostro caro Georgino xD
Caspita,
vi danno già domani i risultati?? Io devo aspettare ancora
fino al 16...ma so già più o meno tutti i voti, dal
momento che ho continuato a calcolare le medie negli ultimi due
giorni xD
Per
scienze...uhm, si anch'io quest'anno sono peggiorata...diciamo che mi
aveva beccata per due volte di seguito impreparata(o preparata a
metà), ma poi credo di aver recuperato...credo xD
La
speranza è l'ultima a morire...xD
Marty:Finisci
già domani?? Beata te...noi finiamo sabato alle undici e il
preside ha pure fatto girare una circolare con cui ha proibito
qualsiasi tipo di festa in classe...vecchio imbecille!! xD
Oddio,
ma veramente ti ha interrogata il giorno prima della fine della
scuola?? Come fa sempre la mia prof di scienze...xD
Ma io non lo so, è mai possibile interrogare due giorni prima della fine?? Bah... a me forse toccherà domani xD
Dovremmo proprio aprire il circolo "Contro le Interrogazioni di fine quadrimestre" xD
Dai,
ancora un giorno e è finita per tutti!! *fa patpat*...speriamo
xD
E
beata te che non hai il debito...xD Ma vabbè, recupererò(si
spera) xD Il tuo gatto è disposto a farmi lezioni?? (il mio è
troppo pigro xD)
O
magari...Fido xD
Eh
lo so, la maestra è proprio irritante...e lo sarà
sempre di più xD Ma è ovvio che ne Ray ne Lucy si fanno
mettere i piedi in testa...sono Harrison, loro! XD
The:Theeeee!!
Bentornata!! Non preoccuparti per l'assenza, ti capisco, il periodo
prima della fine della scuola è sempre il più
tremendo...recupera quando vuoi ;)
E
sono contenta che la storia ti piaccia ;)
Per
la tesina dell'esame...no, non ce l'hanno ancora fatta fare, sono io
che mi porto avanti xD
Lo
so, non è molto normale, ma il mio compagno di banco ha
cominciato a parlarne e, visto il suo argomento, non ho resistito a
fargli la traccia xD
Anche
se poi probabilmente in terza dovremo rifare tutto...destino infame
xD
E
poi, non so perchè, mi gasa troppo il fatto di dover scrivere
una tesina xD
Capitolo 4 *** The only living pirates in London (Part 1) ***
The
only living pirates in London
(Part
1)
Lunedì,
di nuovo.
Dove
ci sembra di aver già sentito queste parole?
A
Liverpool, con gli Harrison.
Spostandoci
a Londra, però, vedremmo una situazione molto simile...anche
se alquanto più bislacca.
Due
strani individui vestiti di nero, con due
paia di occhiali da sole calcati sugli occhi e un cappuccio dello
stesso colore, decorato soltanto da un buffo pennacchio rosso e verde
che spuntava da un lato, si stavano avvicinando a Trafalgar Square.
C'era
poco da fare.
Era
lunedì pomeriggio e, come tutti i lunedì pomeriggio a
quell'ora, Duncan e Ronald
Duck si preparavano a bussare alle porte di mezza londra.
Una
coppia di anziani stava attraversando la piazza.
Ronald
e Duncan gli lanciarono un'occhiata di traverso, al che la donna
strinse il braccio del marito.
Non
era prevista la presenza di altra gente, nel loro piano, ma, d'altra
parte, era lunedì pomeriggio, erano a Londra, a Trafalgar
Square...
Soltanto
con uno sciopero del genere umano avrebbero potuto anche solo sperare
di trovare la piazza libera.
Ronald
lanciò uno sguardo a Duncan, che si accigliò.
Solo
quando il compagno gli mostrò il pollice alto, Ronald si
decise a girare la rotellina dell'ordigno che nascondeva nella tasca
del giubbotto, che si accese con un flebile ma distinto clic.
I
due vecchi non avrebbero intralciato i loro piani.
-Egidio!
Egidio, hai appena calpestato la mia dentiera!- strillò a un
certo punto la vecchia, facendo quasi saltare in aria il povero
Duncan, che si stava accostando a loro proprio in quel momento.
-Bella
giornata, eh, signora?- fece per dire, ma l'urlo ancora più
acuto del vecchio Egidio lo mise completamente a tacere.
-Elvira,
Elvira, perdonami!-
-Torno
da mia madre! E comunque mi chiamo
Algisia!-
-Povera
disg...ehm- Egidio si guardò intorno, giusto in tempo per
vedere Algisia
girare sui tacchi e scomparire dietro una siepe, sputacchiando saliva
sui poveri piccioni che facevano comunella lì intorno.
Duncan
scoccò a Ronald un'occhiata d'intesa.
Meno
uno.
-Stupide
lenti a contatto...- commentò Egidio, cercando di raggiungere
la moglie, ma Ronald lo fermò.
-Di
qui non si può, signore-
-Cosa?!
Sono colonnello, io!- protestò quello, agitando furiosamente i
pugni verso di lui.
-Di
qui non si può, colonnello-
si corresse.
In
quel momento, però, l'ordigno nella tasca di Ronald emise uno
strano ronzio e la voce di un radiocronista gridò:
-The
Beatles, live at the BBC!-
-Spegniiii!!-
strillò Ronald, tappandosi le orecchie.
Il
vecchio se l'era data a gambe, inciampando più volte nei suoi
stessi piedi, per via delle lenti a contatto.
Mistero
svelato.
L'ordigno
era un walkie-talkie.
-Pronto?
Pronto! Qui è K...Kristin Richardson. Individuo sospetto in
Trafalgar Square. Passo e chiudo! Passo è chiudo! Passo e...-
-CHUDI!!-
Ronald
mise una mano in tasca e poco dopo ne estrasse un fazzoletto ricamato
e profumato di violetta.
-Pronto
pronto pronto! Prova! Qui è sempre Kristin Richardson, adesso
l'individuo sospetto si sta soffiando il naso!-
-Sono
io,
l'individuo sospetto!-
Un
attimo dopo, Duncan dovette fare una completa rotazione di 180°
su se stesso, per schivare un motorino che, proprio in quel momento,
gli aveva tagliato la strada.
-Pronto
pronto pronto! Sono arrivato!-
-Tre
parole. TOGLITI. DI. MEZZO-
-Sont
les mots qui vont tres bien ensemble,
tres
bien ensemble-
-I
love you, I love you, I love you!- concluse Ronald, battendo le mani
come una foca.
-Sei
pronta,
Kristin?-
-A-ehm.
Pronto-
-Il
nostro giro sta per cominciare-
-Let's
go, go, go, go, GO!-
-If
you start me up...
I'll never stop. -
I
tre si stavano per avviare verso la prima casa, quando Kristin
si accorse che un poliziotto, poco lontano, aveva iniziato a
prendergli la targa del motorino.
-Bene.
Questo è quello sparito due mesi fa...-
-Allarme
rosso! Allarme rosso! Allarme rosso!- iniziò a gridare,
saltando in aria come una molla.
-Calma,
Kris. Stai calma-
-Ehi,
Ron...non è il tuo telefono, questo??- sussurrò a un
certo punto il maggiore dei Duck, indicando il giubbotto vibrante
dell'amico.
A
quelle parole, Ronald afferò il telefono e gridò:
-Pronto?!-
-Ronnie!
Cuginetto mio!-
Era
Lucy.
-Metti
giù, Lucy- borbottò il ragazzo, spaventato. -Rischi di
farci saltare la copertura-.
Ma
lei non l'ascoltò.
-Che
state facendo??-
-Ti
ho detto di mettere giù, Lu'! Aspetta... Keith!
C'è
tua sorella al telefono!-
-Genio!
Ce l'hai fatta saltare
tu,
la copertura!-
Un
urlo, all'improvviso, li raggelò tutti sul posto.
-I
ROLLING STONES!-
Nella
confusione, un ragazzo afferrò il telefono.
-Pronto?
Pronto? Ron!-
-Chi
parla?-
-Sono
Lucy!-
Il
ragazzo trattenne un urletto isterico.
-Lucy
Richards? Lucy Harrison? La Lucy Richards di Their
Satanic Majestic Request?
La Lucy Richards di
She's a Rainbow??-
-Sì,
sono io, ma...chi parla??-
-Mi
chiamo Julian!-
-Julian
Lennon? Jude?-
-Sì,
magari! No, io sono Julian Zimmerman!-
-Eehm...chi??
Non credo di ricordare chi...-
-Lucy
Richards al telefono!- gridò allora il suddetto
Julian, eccitato.
Qualcuno
cercò di rubargli il telefono di mano.
-Lucy,
sposami!-
Lucy,
inavvertitamente, aveva inserito il vivavoce.
Fu
allora che George, che aveva assistito a tutta la conversazione, le
prese il telefono di mano e gridò:
-MA
VA A QUEL PAESE!- e fece per chiudere la comunicazione, ma Jim gli
rubò a sua volta il telefono di mano.
-Qui
è Jimmy Keithy Harrison, in diretta da Arnold Grove! Mio padre
vi manda tutti a quel paese! Oh
baby!Yeeeeh
baby! Woooooh baby! Jimmy
Harrison vi saluta!-
-Chiudi,
Jim- gli ordinò George, ma il bambino non lo ascoltò.
-Ah,
dimenticavo! La telefonata e a carico del destinatario!- gridò.
Al
che il povero Ron si mise letteralmente le mani tra i capelli.
Poi,
all'improvviso, un altro urlo.
-NOI
NON
SIAMO
I ROLLING STONES!-
La
folla tacque di colpo.
-Voi...non
siete
chi??-
Kristin
sfoderò un sorriso smagliante e aprì un alquanto
sospetta valigetta, da cui Duncan e Ronald iniziarono ad estrarre
tirare di fuori di tutto, cavallette, aspirine, perfino pezzi di
motorino.
Dopodichè
Ron salì in piedi sulla valigetta e iniziò a gridare:
-Convertitevi
a Geovah, signori! Convertitevi!-
End
of Part 1
Buon
pomeriggio a tutti!!
Scusate
la brevità del capitolo, ma tra pochissimo ho le prove del
saggio di piano, così ho deciso di dividere il capitolo in due
parti...la seconda, con anche il consiglio di classe di Lucy e, prossimamente, il saggio di chitarra di John, la
posterò domani ;)
Domani
è anche l'ultimo giorno di scuola, grazie al cielo!!
E
sono anche riuscita a scampare l'interrogazione di scienze...xD
Wow...uno
dei venerdì più decenti di tutto l'anno
scolastico(forse perchè è l'ultimo?? xD).
Il
titolo del capitolo, invece, è preso da “The only living
boy in New York”...oppurtunamente modificato, ovviamente xD
Bene,
spero che il capitolo vi sia piaciuto!! ;)
Passiamo
alle recensioni!!
Zazy:Eggià...ma,
d'altra parte, Georgino è sempre adorabile xD Vedrai cosa farà
Lucy nel prossimo capitolo...ti dico già che sarà
un'azione degna di lei xD
Eh,
ma vedrai che non è proprio russo...anzi, non è russo
proprio per niente xD Ma l'identità dello pseudo-Potamak la
scopriremo poi...xD
Ecco
qui gli Stones...sono sempre i soliti, vero?? xD
E
adesso corro a provare, che come al solito devo smaltire l'ansia
“pre-saggio” che mi viene tutti gli anni(e sperando vivamente che non mi cada addosso il pianoforte-anche se è un po' improbabile-come a George Clooney xD)...fatemi gli
auguri!! xD
Capitolo 5 *** Lucy, what is my life, without your love? ***
Lucy,
what is my life, without your love?
-Allora,
Lucy...sei sicura di volerci andare??- chiese George alla fidanzata,
guardandola irrequieto.
-Sì,
George. Te l'ho già detto-
-Non
vuoi che venga anch'io?-
-Ma
come fai?! Devi andare in studio! E prima devi andare a prendere
John. Te lo ricordi, vero?-
-John
alle prove...certo! E poi lo porto con me in studio. Stasera dobbiamo
registrare una cosa...-
-Cosa??-
-Oh,
non te lo posso ancora dire...-
-George!-
-Posso
solo dirti che, dopo stasera, non avrai occhi che per me. E non ti
basterà tutto l'amore e la follia del mondo per
ringraziarmi... E poi...-
-George!
Più di così!!-
-Si
può sempre
fare più di così. Soprattutto quando ti propinano
proposte di matrimonio per
telefono...-
rispose George, ancora amareggiato.
-E
poi, Geo...un quarto figlio te lo puoi scordare!!-
-Ma...cos'hai
capito?? Il vero amore è quello spirituale...-
Lucy
sgranò gli occhi.
-Che
c'è, George, sei posseduto??- chiese, preoccupatissima.
-Lucy!!
Ti sembra così improbabile che dica una cosa del genere alla
mia adorabile fidanzatina Lucyna??-
-Bisognerebbe
registrarti!-
-D'accordo.
Vuoi anche che faccia l'accompagnamento alla chitarra??-
-Sono
già le cinque! Devo andare! Ron, Mick e Keith li ho già
salutati, quindi...non mi resta che salutare te-
-E
come
mi
saluterai??- chiese
il solito
George, speranzoso.
-Con
un simpatico
buffetto sulla guancia e un'allegra scompigliatina ai tuoi bellissimi
capelli...-
-...e
poi?-
-Finito,
no?-
-Veramente
pensavo a qualcosa di ancora più simpatico...-
-Ma
certo!- Lucy incominciò a farsi rigirare tra le dita un
bottone della camicetta, guardandolo di tanto in tanto con aria
smarrita.
Sembrava
in cerca di un'idea, ma quello George non lo notò.
Si
limitò a sorridere con aria vagamente
famelica.
-Adesso
sì che ragioniamo!-
-No,
aspetta. Devono per forza esserci anche quelli di scorta!-
-Ehm...non
ho capito, ma va bene lo stesso. Allora??-
Lucy
trovò i bottoni di scorta nella tasca e ne prese uno,
dopodichè lo posò nella mano di George.
-Un
bottone della mia camicia. In
Indotunisia
si salutano così. Credo-
-In...Indotunisia??-
-Certo,
perchè no?? Ci vediamo stasera, baci!!-
George
fissò il bottoncino che aveva in mano con aria truce,
dopodichè borbottò:
-Baci,
sì. A
parole!-
-Papyy...che
combini??- esclamò allegramente Ray, scendendo dalle scale
della sua camera.
-It's
a little secret, just the Harrisons' affair!- rispose
George, con un sorrisetto.
-Sei
sempre il solito, papà!! Io non so proprio come fa la
mamma...secondo me è una Santa!!-
-Sono
io, il Santo, semmai!-
-Macchè,
papy!! Tu sei solo un sacco perverso!-
-Innamorato
perso, hai detto??-
-Perverso!!-
-Ah...certo!
E per
questo verso me
ne vado in cucina... Ci sono ancora dei biscotti??-
-Non
lo so, papà- ammise Ray. -Mi sa che li hai finiti ieri sera-
-Ma
tua madre l'ha fatta, la spesa, no??- chiese speranzoso.
Ray
spalancò gli occhioni color ossidiana, per poi abbassarli sul
tappeto, scuotendo mestamente la testa.
-Non
credo, papà-
-Lucy
non sarà mai una “brava mogliettina”!- sbottò
George, mimando le ultime due parole tra virgolette.
-Ma
io non posso rimanere senza biscotti!!-
-Certo.
Però la mamma è buona e taaanto
caritatevole, e ti ha anche lasciato il gettone per il carello sul
comodino!-
-Che
angelo!-
Ray
trattenne una risatina.
-Adesso
però dobbiamo fare tutti il tifo per lei. Lo sai che è
andata al tuo consiglio, vero?-
-Povera
mamma... Le mie maestre sono tanto cattive con lei...-
-E'
così ingiusto. Dovrebbero reprimere le loro invidie personali
almeno per gli eventi scolastici-
-Ma
lo sai, papà, se la caverà...-
Nel
frattempo, Lucy era arrivata davanti alla scuola.
Parcheggiò
il motorino di George
davanti all'auto
di Hannah Yells, bloccandola così nel parcheggio.
-E'
arrivata!- commentò Hannah Yells, con tono funebre,
addocchiandola dalla finestra.
Lucy
scese dal motorino con un sorriso smagliante, che lasciò tutti
a bocca aperta.
-E' arrivata Lucy...- commentò sospirando qualcuno dei padri,
beccandosi automaticamente un'occhiataccia con gomitata allegata
dalla propria moglie.
-Smettetela!-
gracchiò la Yells, procurandosi il doppio delle occhiataccie.
Infatti,
per quanto potere potesse avere nella scuola, rimaneva pur sempre una
maestra.
Non
poteva rimproverare così esplicitamente i membri del consiglio
di classe.
Come
Lucy entrò nell'aula, ventitrè sguardi si posarono su
di lei.
Sguardi
sognanti o grondanti d'odio, sorrisi di circostanza e sorrisi falsi.
Solo
uno di quei sorrisi era sincero.
Quello
di Cin Song.
Lucy
si sedette accanto a lui e incrociò le gambe,
lanciando uno sguardo distratto fuori dalla finestra.
Nevicava
ancora.
-Cosa
mi sono persa?- bisbigliò piano, in modo da non farsi sentire
da Hannah Yells, che, appollaiata su una seggiola traballante,
sembrava aspettare solo lei per dare inizio al consiglio di classe.
-Si
è fatta aspettare abbastanza, signorina??- la schernì
Hannah, con un sorrisetto isterico.
In
genere una frase simile, detta davanti a tante persone, avrebbe messo
a disagio chiunque.
Ma
non lei.
-Non
era mia intenzione, signora Yells- rispose, guardandola
sfacciatamente negli occhi, impassibile.
-Sono
signorina!- gracchiò la Yells, ancora più isterica del
solito.
-Chissà
come mai la cosa non mi stupisce...- commentò Lucy a bassa
voce, ma il commento non sfuggì alla diretta interessata, che
fremette.
Le
lanciò un'occhiataccia, ma Lucy, per tutta risposta, la
ignorò.
-
Detto questo...cosa mi sono persa, Cin?-
Cin
Song ridacchiò.
-I
commenti su di te, forse...-
-E
cos'avrebbero detto, sentiamo?-
-Hannah
vorrebbe escluderti definitivamente dal consiglio...-
-Hannah?!
E da quando siete così in confidenza??-
-Da
quando...- Cin avvicinò le labbra al suo orecchio, guardandosi
intorno con fare circospetto.
-...l'ho
scoperta nella mia libreria a cercare un libro della serie... “come
stendere il tuo Lui” o qualcosa del genere-
Lucy
scoppiò a ridere fragorosamente.
La
Yells gracchiò qualcosa, ma le uniche parole che le arrivarono
alle orecchie furono:
-Allora,
Miss Richards... le dispiacerebbe far ridere anche noi?-
-Per carità...- mormorò Lucy, smettendo all'istante di ridere..
-Adesso
basta!- esplose la Yells. -Proprio lei, Miss Richards! Ho qui giusto
giusto l'ultimo tema di suo figlio... Traccia: vita quotidiana. E' un
caso perso, sa? Se non ci fosse arte a salvarlo...-
Lucy
sorrise tra se e se.
Arte.
La
materia preferita di Ray, la sua materia preferita.
Una
delle poche cose che non aveva preso da George.
-Le
dispiace tornare tra noi, Miss Richards? Oppure solo il suo George ha
l'esclusiva sui suoi pensieri? Forse non siamo all'altezza?-
-Stava
dicendo di Ray...?- la zittì Lucy, ignorando le allusioni.
-Ecco
qua il tema del vostro piccolo Raymond: quattro e mezzo!-
Lucy
fece un salto sulla sedia, nel leggere il voto sul tema del figlio.
-Oh-
Poi
iniziò a leggerlo, inclinando leggermente il foglio verso la
luce.
Nell'intestazione
Ray aveva scritto:
Tema
di Raymond Harrison, figlio della mitica Lucy Richards e del
superfantastico, scemo e perverso(a detta della mamma anche sexy)
George Harrison.
Oh,
Baby!
Woooh,
baby!
Yeeeh,
baby!
Poco
lontano, scritto con un pennarello blu, troneggiava un “W
Elvis!”, sotto il quale stava una caricatura della Yells, a cui
Lindsay Song aveva risposto “Concordo!”.
Firmato
RH, il più grande, il più bello, il migliore!
Il
gelido commento di Hannah Yells era stato, però, riguardo a
delle impronte in fondo al foglio colorate di blu per via del
pennarello:
Impronte
di pennarello ad
opera d'arte.
L'alunno si è forse esercitato??
Nella
seconda pagina, invece, si poteva vedere una panoramica della
“famiglia” per Ray Harrison, accompagnata da piccoli
disegni.
Sotto
il disegno di Lucy, una didascalia recitava: “She
knows what she wants to do”
e poi, un po' più spostato verso il disegno di George:
“Attracts
he like no other lover”.
Ancora
sotto, Ray aveva disegnato Lindsay, accompagnata dalla seguente
frase:
Linds(è
tutta mammina da giovane!!), mentre la diretta interessata, poco
lontano, aveva scritto, riferendosi al vestito sbarazzino che il
ragazzo le aveva fatto indossare:
-Ma...si
è dimenticato di Jim e John??- chiese a un certo punto Lucy,
più a se stessa che ad altri.
-Questa
non è che una limpida dimostrazione della pessima educazione
che la quipresente Miss Richards ha insegnato ai suoi figli- commentò
Hannah, compiaciuta.
-Se
non lo sa, Miss Yells- Lucy non riuscì più
a trattenersi. -Spesso succede così, tra fratelli. Ne è
una limpida dimostrazione, come dice lei, il rapporto tra me e mio
fratello, Keith. Non sempre andiamo d'accordo, ma ci sosteniamo
sempre nel momento del bisogno. E poi, Ray vuole molto bene a Jim e a
John-
La
vice-preside deglutì per darsi un contegno, ma non disse
niente.
Lucy,
soddisfatta del risultato ottenuto, proseguì la lettura alla
terza pagina.
Lì,
Ray aveva disegnato se stesso.
Signori
e signore...Raymond Harrison!!
Degno
figlio di mio padre!
Accanto
alla riproduzione del suo ciuffo biondo, Ray aveva tirato varie
frecce, accompagnate anche dai commenti di Lindsay.
Il
mio ciuffo biondo batte tutti!!
Troppo
biondo??
Sembra
un corno! Linds
Invidiosa!
Ray
E
ancora:
Sguardo
magentico “alla Harrison”.
Rubacuori
a undici anni!!
Pfff!!
Linds
Un
buuuh per Song! Ray
Seguiva
il giudizio della maestra:
4
½...in fiducia!!
Hannah
Yells
Ray
era riuscito a scrivere un “buuuh!” anche accanto al suo
voto.
-Dovrei
farle leggere anche quest'altro tema. Cinque, per insulti espliciti
alla docente-
-Aspetti
un secondo, Hannah- la fermò però Cin Song.
-Tutto
questo non mi sembra giusto. Ogni consiglio di classe sembra rivolto
solo a lei...perchè non ci parla mai dei nostri figli?
Lindsay, per esempio...non mi dirà che è sempre brava!-
-Sua
figlia è un angelo, Signor Song-
-Suvvia,
Hannah...- insistette Cin. -Qualcosa che vada oltre al nostro
incontro in libreria!-
Hannah
impallidì.
-Non
ne avrà parlato in giro!-
-No,
ovviamente. A parte che alla mia amica Lucy...-
-La
sua amica
Lucy, eh? Oh...fantastico- commentò Hannah, paonazza.
-E
il mio Dyl?- chiese una donna sulla trentina, probabilmente la
madre di Dylan Collins, il migliore amico di Ray.
Era
una delle poche, insieme a Song, a comportarsi in modo gentile nei
confronti di Lucy, forse anche per l'amicizia che legava I loro
figli, sin dal primo giorno di scuola.
Dylan,
però, era “fidanzato”(o almeno così si
diceva), con una bionda/ramata di nome Sharon, figlia dell'eterno braccio
destro della Yells e nemica giurata di Lindsay.
Più
volte Sharon aveva tentato di avvicinarsi a Ray con una scusa, ma
sempre solo come “figlio del chitarrista dei Beatles”,
forse nella speranza di diventare più popolare.
Sharon
era conosciuta in tutta la scuola come una grande approfittatrice,
eppure, insieme a Lindsay e ad alcune altre, era una delle alunne
preferite della Yells.
-Il
suo Dyl, signora Collins? Bene, l'ultimo tema del mini-Harrison
riguarda anche lui. L'hanno scritto insieme, lui e suo figlio. Cinque
in due...2.5 a testa- disse, con malcelato sarcasmo.
Detto
questo, Hannah Yells porse il tema a Lucy e a Martha Collins, con un
sorrisetto esageratamente mellifluo.
Novella
del giorno
(Per
la fine della scuola)
Assassinio
in II° B(titolo fino alle 10.53)
(Dalle
10.53 fino alla fine del nuovo anno) Assassinio in III° B
L'ultimo
giorno di scuola, al Liverpool Institute of Art, a poche fermate di
autobus da Arnold Grove, si racconta che sia avvenuto un assassnio.
George
Richards e Keith Harrison erano due studenti del primo anno, che per
tutto l'anno scolastico
avevano avuto la fama di delinquenti, ladri, pirati e contrabbandieri
di vari oggetti(cavallette morte o vive, chitarre, motorini, gufi di
plastica...).
Keith
viveva in simbiosi con il suo motorino, tale Bry-Jo, mentre George
non si separava mai dalla sua chitarra, Lucy.
L'ultimo
giorno di scuola, alla fine, era arrivato.
George
e Keith erano, come sempre, seduti sulla cattedra, a tirare dalla
finestra aeroplanini di carta fatti con le pagine del registro di
classe.
Ad
un certo punto, però, tra le mani di George capitò una
pagina diversa dalle altre, firmata con vero sangue dalla preside,
una certa Hannah Yells, che era diventata preside a 27 anni, qualcuno
dice grazie a suo marito, chitarrista e tastierista dei “Magic
Turkeys”, un gruppo post-rock fondato da Ronnie Wood,
sessantatreenne convinto da anni di essere il chitarrista dei Rolling
Stones(aspetta e spera...).
Gli
spettacoli dei “Magic Turkeys” comprendevano anche
l'ingresso in scena di alcuni tacchini, appunto, I “Magic
Turkeys”, tra fuochi spettacolari, esplosioni di fumi e di
colori.
La
preside era sempre stata considerata come un “individuo
sospetto”, spesso classificata tra i “soggetti poco
raccomandabili” della scuola.
Ebbene,
la pagina del registro capitata tra le mani di George conteneva
segreti inestimabili.
Malamente
celata tra I voti delle interrogazioni di storia e delle ricerche di
geografia, c'era una scritta in codice.
Il
codice, però, per chi lo conosceva, era una frase della
celebre “Simpathy for the Devil” dei Rolling Stones:
“Pleased
to meet you, hope you guess my name”, firmata tanti anni prima
da due dei miei zietti preferiti, Mick Jagger e Kristin
Richardson Keith
Richards.
C'erano
anche i nomi di alcuni studenti della scuola, tutti quelli che erano
stati bocciati in geografia, la materia insegnata dalla Yells prima
di diventare preside:
GEOFFRED
TIMBERLAKE
MIKE
JONES
PAUL
MCGREGOR
LYN
E KRISTIN HARRIS
ART
O'DONNEL
Accanto
a ognuno dei loro nomi, c'era un simbolo: o un ascia, o un coltello,
o un pallino nero.
C'era
anche uno strano sigillo, alla fine del foglio, una “K”
intrecciata a strani rametti fosforescenti che, da un certo punto di
vista, potevano essere scambiati per serpenti, mentre il “fiocco”
al contrario poco lontano ricordava vagamente le tibie di un teschio.
Subito
George corse a chiamare Keith, che, per farsi notare, stava cercando
di gettare la bidella dalla finestra, sventolando le pagine del
registro davanti a lui.
In
fondo, scritto in celeste corsivo, c'erano anche I loro nomi.
La
cosa cominciava a diventare inquietante.
Di
fianco ai loro nomi c'era un simbolo diverso da tutti gli altri: due
ondine.
George
e Keith ebbero un rapido flashback del passato anno scolastico: il
secondo giorno di scuola avevano fatto portare via la preside dalla
disinfestazione per ratti e subito dopo dalla protezione dei
panda(nella sua cartelletta avevano trovato del bambù), poi
avevano fatto arrestare la prof di lettere, durante la gita
scolastica a Melbourne, erano stati sospesi a scadenza indeterminata
e, infiltrandosi nell'aula di scienze, avevano fatto esplodere la
lavagna.
D'altra
parte, George era stato bocciato in prima elementare e Keith
all'asilo.
Forse(e
dico
forse)
non erano esattamente “studenti modello”.
E
forse(ma stavolta era più probabile) la preside Hannah stava
veramente
cercando di ucciderli.
End
of Part 1
-Ma...qui
c'è scritto fine prima parte??- chiese Lucy, sorpresa.
-Proprio
così! Hanno scritto una storia a capitoli, quegli angioletti!-
-E...la
seconda parte?- chiese timidamente Martha.
-La
devo ancora correggere,
grazie al cielo!-
-Mi dispiace che Ray le dia così tanti problemi, ma...-
Hannah
Yells le lanciò un'occhiata di sbieco.
-Non
posso crederci, Miss Richards! D'altra parte, povero ragazzo, non
posso biasimarlo. Con una madre del genere! E' già tanto che
sappia la tabellina del due! E sa, Miss Richards, penso che lei sia
stata anche fin troppo fortunata, nella vita.
Non
ha mai fatto niente in vita sua, sorella di Keith Richards e futura
moglie di George Harrison...a cosa le serve ancora respirare, se
anche I suoi respiri potrebbero pagarglieli loro??
Il
suo futuro l'hanno scritto loro, e così sarà anche per
I vostri figli! La verità è che non
serve a niente,
Miss Richards. Non servirà mai
a niente, ne a nessuno. Se ne faccia una ragione-
Nella
stanza calò un silenzio glaciale.
L'atmosfera
si poteva tagliare col coltello.
-Ma...-
fece per dire Lucy, per una volta rimasta anche lei senza parole.
-George
ha bisogno di un passatempo, non può certo buttare all'aria
una splendida carriera per badare a tre marmocchi! Quindi, perchè
non mettersi in casa la tata? Lo so bene, io, come ragionano le rock
star di questi tempi! Cosa ne dice, Lucy Richards?-
Lucy
cercò di mettere bene a fuoco gli occhi di Hannah Yells,
alzandosi molto lentamente dalla sedia.
Non
sapeva il motivo esatto, anche se poteva immaginarlo, ma quella donna la odiava.
Era
odio represso, quello che vedeva nei suoi occhi, odio e rabbia
incontenibile, invidia e quanto di peggiore ci potesse essere al
mondo.
Chissà
cosa le era capitato, prima di venire a lavorare qui. Pensava
Lucy.
Forse
la sua vita è così terribile da non potersi nemmeno
raccontare...forse perchè io sono un po', tanto più
fortunata di lei...forse fa così con tutti.
Forse...
-Non
cerchi di ragionare, Miss Richards. Non
può
farlo. Non c'è niente che può fare. Niente che le dia
il diritto di stare qui con noi, con noi che la vita, quello che
siamo, ce lo siamo conquistate con le unghie! Lei cos'ha conquistato?
Il suo bel chitarrista, forse? E poi, vediamo...i favori della gente
per quello che è? Complimenti, non c'è che dire,
complimenti!-
Lucy
non ci vide più.
Fumava
di rabbia, su quella sedia che avrebbe tanto voluto scaraventare al
muro e spaccare in mille pezzi, perchè lei, forse non era come
le altre ragazze, forse era stata tutta fortuna, ma sentiva di
essersela anche conquistata, quella fortuna. Lei aveva ottenuto
l'amore di quel ragazzo, quel ragazzo che adesso chiamavano George
Harrison, il grande George Harrison, l'ex chitarrista dei Beatles,
l'autore di Something tempo prima, quando I Beatles non esistevano
ancora e di avergli donato tutta se stessa, la sua amicizia, la sua
anima e la sua stessa vita...e I suoi figli.
Non
aveva mai neanche lontanamente pensato di dipendere da lui, se non
nel senso spirituale, quello che George chiamava “amore
spirituale”, in qualche modo sentiva di essere servita a
qualcosa anche lei, in tutto quello...
E
adesso una sconosciuta, una maestra qualsiasi, le stava sputando in
faccia tutto il suo odio facendolo passare per reale, per voce della
verità?
Non
era nemmeno credibile.
Non
avrebbe potuto crederlo nemmeno volendo, semplicemente, quella era la
sua vita.
La
sua
vita.
Avrebbe
forse dovuto andarsene lontano, in un posto dove non ci fosse George,
per vedere cosa avrebbe potuto fare senza di lui, per vedere dove
sarebbe potuta arrivare, lei stessa, senza nessuno, senza nessun
aiuto al mondo?
Eppure,
lei non ne aveva mai chiesti, di aiuto.
Tutto
quello che per lei era naturale...tutto quello che
si era conquistata.
Ma
non avrebbe potuto farlo.
Il
suo corpo, forse, avrebbe potuto farlo, la sua mente anche, la forza
della ragione sarebbe prevalsa su tutto, in qualche modo ci sarebbe
riuscita, lei, orgogliosa com'era.
Ma
il suo cuore no, non avrebbe potuto fare.
Era
in piedi di fronte a lei, adesso.
Di
fronte a colei che credeva di averla messa davanti alla realtà,
di averla calpestata sotto i piedi.
-Hannah
Margaret Yells...forse io sarò un'eterna raccomandata. Ma lei,
che è arrivata fin qui da sola-e le faccio i miei complimenti,
forse perchè ne Keith ne George mi hanno mai insegnato a
coltivare una simile crudeltà- lei
chi è?-
E
con quelle parole, le mollò uno schiaffo talmente forse da
farla piegare in due dal dolore, appoggiarsi d'istinto una mano sulla
guancia e gridare:
-Portatemi
del ghiaccio, inetti!-
La
madre di Sharon accorse.
-Cos'hai
fatto, strega!-
-Raccomandata!
Indegna!- I genitori avevano cominciato a urlare contro di lei,
aizati dalla strilla disumane della Yells.
Lucy
sferrò un calcio alla sedia, che si schiantò
violentemente contro la cattedra, poco lontano da Song, che però
riuscì ad evitarla.
Lucy
corse via, mentre lacrime di rabbia le solcavano le guancie.
Perchè
non era nemmeno un po' ragionevole?
Perchè
era nella sua natura comportarsi così?
Perchè
non riusciva a smettere?
Perchè
non riusciva mai a mettere I suoi sentimenti al primo posto, perchè
agiva sempre così, impulsivamente, d'istinto?
Perchè
non pensava al suo amore?
And
from above you sent us love
George
non si sarebbe fatto tanti problemi.
George
la sua vita, la sua gloria se l'era conquistata senza tanti
problemi...lei no.
Poteva
dire di essere una pittrice di successo, adesso, di esserlo diventata
per se stessa, grazie ai suoi colori, ai suoi sogni, alla sua
fantasia...ma non era bastato.
Non
le era mai capitata una cosa simile.
Perchè
gli altri non lo capivano?
A
un certo punto, però, sentì qualcuno afferrarla per un
braccio.
Era
Song.
-Cin...-
-Lucy.
Calmati. Vieni con me-
Lucy
seguì Song come un ragazzo segue l'acquilone, senza nemmeno
guardare la strada.
Qualche
minuto dopo arrivarono davanti alla libreria dei Song.
-Entra.
Qui potrai stare tranquilla-
Lucy
lo sapeva, presto le sarebbe passato tutto.
Si sarebbe scusata con Hannah Yells, anche se al momento non voleva pensare a lei.
Gli
rivolse un sorriso pieno di gratitudine e si accucciò in mezzo
ai libri di poesie, inziando a sfogliarne uno.
Giacomo
Leopardi.
Proprio
in quel momento, George e John erano arrivati in studio.
George
si sedette accanto a un registratore e fece sedere accanto a se il
figlio, che stava leccando un gelato tutto soddisfatto.
Prese
la chitarra e fece per iniziare a suonare, ma poi guardò John
e si accorse di non avergli ancora quasi rivolto la parola.
-Ehi,
Jo! Non hai niente di bello da raccontarmi?-
-Sì!
Papiii...io, Jim e Ray ti abbiamo...fatto una cosa-
-Davvero??-
-Sì!!
Per te e per la mamma...perchè siete troppo belli!!-
George
gli sorrise e, mentre con una mano scartava il pacchetto, con l'altra
gli scompigliava i capelli.
-Grazie,
Johnny-
Appoggiò
la carta vicino al registratore e si ritrovò tra le mani tre
fogli.
Tre
fogli pieni di bigliettini e di colori...tre fogli che ripercorrevano
tutta la sua vita.
-Li
avete fatti voi, Jo?-
Il
bambino sorrise soddisfatto.
-Li
abbiamo fatti per
voi-
George
guardò ancora per qualche minuto il regalo, dopodichè
scoppiò a ridere.
Un
sorriso calmo, rilassato, un sorriso dolcissimo, immensamente felice.
E
allora si ritrovò a pensarlo veramente.
Lucy,
what is my life, without your love?
Buon
pomeriggio a tutte!!
Oggi
è finita la scuolaaa!!!
E...e....siamo
stati ammessi tutti!!! Tranne una, ma vabbè...
E
poi...sono stata ammessa con la media del 9!!!
Sono
troppo troppo troppo troppo felice, la III° B va avanti!!
D'altra
parte, non sarebbe stata la stessa senza uno di noi...
E
sono stata ammessa anche se la sottoscritta, stamattina, ha fatto
leggere alla prof di italiano il tema di Ray e Dyl...xD
Anzi,
devo ancora decidere se mettere o no la seconda parte...anche se mi
sembra davvero troppo, troppo stupida xD
Anche
se, in un certo senso, alla seconda parte del tema è legato
anche il prossimo capitolo e il seguito di quello che succederà
a Lu'...ma non necessariamente.
Insomma,
decidete voi, se volete che metta la seconda parte del tema con anche
la comparsa di Giacomo Leopardi(e vi farà venire voglia di
chiamare il manicomio), oppure lo lascio così. ;)
La
seconda parte degli Stones, invece, ho deciso di metterla nel
prossimo capitolo, per non fare troppa confusione... ;)
Passando
alle recensioni...
Zazy:Essì,
quelle testoline matte non cambieranno mai...ma noi gli vogliamo bene
anche per questo!! La scena della dentiera...ci credi se ti dico che
è ispirata a una cosa che mi è successa
veramente???(non a me, perchè io non porto ancora la dentiera
xD)...sì sì, sono successe grandi cose al consiglio di
classe...ma il più sarà il dopo... ;)
Thief:Eeh,
sì, la geniale “genialità” di Ronnie la
vedremo nel prossimo capitolo, con la seconda parte di “The
only living pirates in London”... Povero il nostro Georgie xD
Hannah
Yells è matta, punto. Anche in questo capitolo...da sempre il
peggio di se, ma vedrai che sarà proprio George a metterla a
tacere, più avanti... ;)
Hai
già capito chi è Potamak?? Ah, brava, brava...ma non lo
dire a nessuno!! Per quello che combinerà...uhm, per adesso ti
dico solo che c'entra vagamente con quello che è successo a
Lucy...e poi...poi si vedrà xD
Sono
contenta che ti stia simpatico Song!! A dirla tutta piace molto anche
a me...anche se è un po'-molto- particolare xD
Per
scienze...io per due volte di seguito mi sono dimenticata di studiare
l'alimentazione(non la sopporto...con tutti quegli intestini,
ptialine, sostanze, succhi, bolo, chimo...la odio e basta xD), solo
che una volta sono riuscita a prendere 6+, un'altra volta 5 e
mezzo...poi però ho recuperato in fisica con un 7 e mezzo(che
avrebbe potuto essere molto di più, perchè le
definizioni, controllate dopo, erano precise-le avevo studiate quasi
a memoria- a quelle del libro e...me le ha segnate errore! Bah...) e
ieri mi ha detto che mi ha messo 6...perchè cavolo, a mettere
7 si sprecava?? xD Mi veniva 6.5 di media, poi contando le volte in
cui ho alzato la mano per rispondere avrebbe anche potuto
arrotondare...vabbè, dai, speriamo di recuperare in terza xD
Auguri
per gli esami!! Hai già cominciato a fare la tesi?? Sono stata
appena ammessa in terza e le prof hanno già cominciato a
metterci grilli in testa, dicendo che “settembre è alle
porte”...ma secondo me, con la storia che stanno facendo gli
esami a quelli di terza, hanno cominciato a sclerare e a tirare in
ballo pure noi...oggi a momenti ci facevano leggere le tesi xD
Marty:Eh
già...dovremmo proprio trovare una via di mezzo!! Come
Zazy...ne troppo tardi, ne troppo presto! Ma tranquilla, lunedì
comincio il grest e non so quanto tempo avrò per
scrivere(spero almeno il tardo pomeriggio), poi venerdì
prossimo parto per Londra(e allora si che usciranno capitoli
totalmente sclerati xD), poi per la Sicilia...uhm...sì,
qualche modifica ai tempi sarà necessaria xD
Sì,
I Rolling sotto copertura sono troppo scemi...soprattutto Keith!! Ma
da loro non ci potevamo aspettare altro xD
Capitolo 6 *** The only living pirates in London (Part 2) “Homeward Bound” ***
The only living pirates in
London
(Part 2)
“Homeward Bound”
Era sera.
Lucy
sarebbe dovuta essere a casa già da un bel pezzo.
George
parcheggiò davanti a casa, con John per mano, e si avvicinò alla porta, ancora
intento a cercare le chiavi nella custodia della chitarra.
-Papi...-
-Un
secondo, John-
-Papi...-
-John! Ho detto
un...-
-E' aperto-
George
abbassò lo sguardo sul figlio, che, molto simile a paperino da piccolo, con il
ciuffo spettinato in stile Quarrymen e lo sguardo da
sognatore che avrebbe fatto tanto piacere allo zio John, lo guardava
sorridente.
-Giusto-
commentò, per darsi un contegno.
Era bello
tornare a casa.
Certo,
anche se per lui e Lucy le cose sembravano essere rimaste a dodici anni prima,
quando, nel 1960, potevano comportarsi come una quattordicenne e un
diciassettenne si sarebbe comportato, anche se di indole più ribelle degli
altri, alcune cose erano cambiate.
Adesso era
un chitarrista di successo, un cosidetto “uomo
impegnato”.
E Lucy
persisteva nel suo comportamento da ragazzina di quindici anni, quel
comportamento immaturo e infantile che George aveva sempre adorato, ma che poco
si addiceva a una quasi ventisettenne madre di tre figli.
Forse la
cosa era semplicemente dovuta al fatto di essere diventata madre a quindici
anni, senza avere il tempo di crescere, ne di cambiare.
Forse era
proprio il suo carattere, il suo modo di essere e di fare, che faticavano a
morire, anche col passare degli anni.
Forse
avrebbe dovuto parlargliene, forse avrebbe dovuto fare qualcosa.
L’unica cosa
che sapeva, in quel momento, era che non vedeva l’ora di vederla.
Come quando
giri tutta la città in motorino, senza sapere dove andare, senti il cuore
battere forte, troppo forte, e tutto il mondo intorno accelerare, fino a
prendere il sopravvento sulla ragione… ecco era così
che George sentiva il bisogno di rivederla.
-Johnny...tu dici
che la mamma è ancora troppo bambina??- chiese a un certo punto il chitarrista
al figlio, passandogli un fazzolettino ricamato per pulirsi dagli sbaffi di
gelato che aveva sul naso e sulle labbra.
-Uhm...-
rispose il bambino, con un sorriso divertito.
-E intanto
che ci pensi, pulisciti con questo. E' di Lucy, ma non penso che avrà la stessa
reazione di Otello...- aggiunse, mentre si apprestava a far girare la chiava nella
toppa.
Con un clic prolungato
e cigolante la porta si aprì.
George posò
la sua chitarra sul divano, dopodichè tornò a
guardare John, ancora in attesa della sua risposta.
Certo,
forse un bambino di cinque anni era la persona meno adatta per rispondere a una
domanda del genere, ma George sapeva che, certe volte, John sapeva essere
persino più maturo di Lu'.
-A me la
mamma piace così com'è... Però a volte mi sembra un po' pazza!- disse John, con
una risatina.
-Non sai
quanto, John, non sai quanto...-
-Papiiiii!!- gridò
Jim, scendendo dalle scale di corsa per corrergli incontro e abbracciargli le
gambe.
Ma, prima
ancora di dare al padre il tempo di rispondere, chiese:
-Dov'è la
mamma??-
George
sentì una strana fitta al petto, come un presentimento che diventava realtà.
-Non è
ancora tornata??-
-Pensavo
che fosse con te...-
-Ma io ero
in studio!-
George
estrasse dalla custodia della chitarra la cassetta su cui aveva registrato “Whatis Life”, pensando a Lucy...
ma Lucy non c'era.
George si
sedette sul divano, soppesando la situazione con lo sguardo.
-Chiamiamo Keith-
-Zio Keithy?? Perchè?!- gridò Jim.
-Forse lui
l'ha sentita...forse l'ha chiamato... Lucy sa che il mio telefono è spento,
quando sono in studio... A proposito!! Dov'è Ray??-
-Ehm...-
Jim reclinò il capino a terra, incapace di guardare
negli occhi il padre.
-Jim! Dov'è tuo
fratello?-
-E' uscito
a cercare la mamma...-
-Da solo??-
-Ha
telefonato a Dylan...credo che sia con lui-
-Ma Martha
è a casa?? C'era anche lei, al consiglio di classe-
-Non lo so-
ammise Jim.
George non
se lo sapeva spiegare, ma aveva come il presentimento che la risposta alla sua
domanda sarebbe stata affermativa.
-Telefoniamo
a Keith-ripetè infine,
indicando il telefono a Jim.
-Telefono
io??-
-Poi
passamelo- disse soltanto, prendendosi la testa tra le mani e lanciando diversi
sguardi al muro, su cui aveva già appeso alcuni dei bigliettini del collage che
gli aveva regalato John quel pomeriggio.
Sapeva che
la maggior parte del lavoro l'aveva fatta Ray, era lui l'artista di famiglia,
dopo Lucy.
Guardò i
due bambini avvicendarsi al telefono e sentì come l'irrefrenabile desiderio di
stringerli tra le sue braccia.
Poi lanciò
un'altra occhiata all'orologio.
Erano quasi
le sette, ormai.
Il
consiglio di classe era finito da più di un'ora.
Sfiorò con
un dito le pareti polverose di Arnold Grove, e il
primo dei bigliettini che avevano incollato John, Ray e Jim.
Girl, we couldn't get much higher.
Yes, I know, I'm a lucky guy.
Il
biglietto che le aveva scritto dopo la nascita di John.
Si
ricordava bene che, esattamente nove mesi prima, aveva sussurrato a Paul,
badando bene a non farsi sentire da Keith, che sicuramente non avrebbe gradito:
“Da che parte è l'Alaska??”.
Paul gli
aveva indicato la sala asportazioni gessi, dove si era imbattuto in un
vecchietto sulla sedia a rotelle che bestemmiava e gridava di essere Giacomo
Leopardi.
E, George
lo sapeva, avrebbe potuto benissimo essere davvero lui.
Non si
sarebbe sorpreso più di nulla, ormai.
Soltanto
che ormai Giacomino stava entrando sempre più spesso
e sempre più insistentemente nelle loro vite.
Incollata
alla parete, c'era una cartina dell'Alaska.
Allora
aveva cominciato a sospettare(ma in fondo l'aveva sempre saputo) che Paul
avesse seri problemi d'orientamento.
Era il
1967.
La sua Arnold
Grove non era cambiata, da allora.
I'm sittin' in the
railway station
Got a ticket for my destination, mmm
On a tour of one night stands
My suitcase and guitar in hand
And every stop is neatly planned
For a poet and a one-man band
Era sempre
la stessa, polverosa, stretta e quasi soffocante, ma al tempo stesso accogliante casetta di periferia, la casa dove un ragazzino
non troppo ricco di Liverpool era nato e cresciuto...
George non
avrebbe mai voluto lasciare Arnold Grove, quella che
suo padre era solito chiamare HaroldGrove.
Era casa
sua, era una parte di se.
Anche Lucy
amava Arnold Grove.
Non era mai
stato un posto particolarmente lussuoso, una casa con poche stanzette per gente
di poche pretese.
Sicuramente
non era il posto che la maggior parte della gente avrebbe immaginato per il
chitarrista dei Beatles e sua moglie.
Semplicemente,
era il posto a cui era più affezionato al mondo.
Homeward Bound
I wish I was
Homeward Bound
Home, where my thought's escaping
Home, where my music's playing
Home, where my love lies waiting
Silently for me
Quei
quattro muri lo conoscevano meglio di chiunque altro, avevano registrato ogni
suo movimento e ogni suo passo come nemmeno la miglior mente umana sarebbe
riuscita a farlo, combattendo perfino i limiti del tempo, che pure cominciavano
a farsi sentire, su quelle crepe appena accennate, che davano l'idea di una
casa “sofferente”, ma immensamente buona.
Arnold Grove era quel posto gelido che faceva accapponare la pelle
dal freddo, in inverno, ma che sembrava scusarsi non appena cominciavi a
guardare quei quattro muri con altri occhi, con gli occhi spalancati e attenti
di un figlio che guarda la madre per la prima volta.
Every day's an endless stream
Of cigarettes and magazines
And each town looks the same to me
The movies and the factories
And every stranger's face I see
Reminds me that I long to be
George
poteva sentire tutto l'affetto di Arnold Grove per
lui soltanto sfiorandola...ed era una bella sensazione, la sensazione di essere
a casa anche con il corpo, la mente e il cuore ad anni luce da lì, una stilla
della sua vita sarebbe rimasta per sempre lì, scolpitanei muri di Arnold Grove,
e così sarebbe stato in eterno.
Homeward Bound
I wish I was
Homeward Bound
Home, where my thought's escaping
Home, where my music's playing
Home, where my love lies waiting
Silently for me
Se quella
casa fosse crollata, nelle sue ultime ceneri, avrebbe potuto leggere il suo
nome.
A quella
casa George sentiva di appartenere come a nessuno, conscio che avrebbe potuto
chiedergli qualsiasi cosa, e la casa, silenziosamente, gli avrebbe risposto.
Era in quel
mondo da solo ventinove anni, e quante avventure aveva passato, in quei
ventinove anni, quanti sorrisi, gesti d'affetto o di rabbia, schiaffi e baci,
litigi e abbracci aveva visto quella casa?
E come
sarebbe stata Arnold Grove, Liverpool stessa, senza
di lui, senza la sua casa, senza quei suoi squallidi, adorabili quattro muri?
Homeward Bound
I wish I was
Homeward Bound
Home, where my thought's escaping
Home, where my music's playing
Home, where my love lies waiting
Silently for me
Silently for me
La vera
essenza di Arnold Grove era racchiusa nel suo cuore,
e così sarebbe stato per sempre.
Anche loro,
Ray, Jim, John e Lucy, avrebbero mai imparato ad amarla come la amava lui?
George
sperava di sì.
George
sperava che Lucy tornasse a casa.
Quella era anche casa sua.
Tonight I'll sing my songs again
I'll play the game and pretend
But all my words come back to me
In shades of mediocrity
Like emptiness in harmony
I need someone to comfort me
Sfiorando
quel muro, George si era accorto che anche la casa doveva risentire della
mancanza di Lucy. Dovevarisentirneterribilmente.
I'm looking through
you, where did you go?
Nel
frattempo, una tale Algisia, nota anche come Elvira, stava
prendendo a dentierate in
faccia(nel senso che ormai Ron aveva lo scalpo della
dentiera impresso sul muso)un disperato
e piagnucolante Ronnie Wood.
In
incognito, naturalmente.
Anche se
ormai, Ronnie lo sospettava già da un pezzo, quell'incognito doveva
essergli sfuggito di mano.
-Infedele!
Eretico!- lo accusava la vecchia, stracciando davanti ai suoi occhi i falsi
volantini di Geovah.
Ovviamente,
Algisia non aveva fatto il minimo caso al fatto che
quelle su cui accaneva, in realtà, non erano altro
che pagine scelte a caso(e pure ritagliate male!) di Donna Moderna.
-Lei
sicuramente non sarà mai una “Donna Moderna”, signora Algisia!-
gli rispondeva lui, cercando invano di difendersi con il casco del motorino di
Keith.
Sul casco
lampeggiava una scritta: Goodbye, Ruby Tuesday.
Presto la
dentiera della signora Algisia avrebbe cambiato la
frase in: Goodbye, Ronnie Wood.
Kristin Richardson, invece,
si stava esibendo in una serie di improvvisati numeri acrobatici con il suo
motorino, quando squillò il telefono.
-Corpo di
mille Tutankhamon imbalsamati! Chi diavolo...-
-Z...ziettoKeithy??- fece la voce di
Jimmy.
-Tuuuutankhamon
imbalsamato numberone??-
gli fece eco George.
-Sono gli
Harrison!- gridò.
-THEIR
SATANIC MAJESTIC REQUEST!- strillò Duncan Mick, iniziando a saltare e a
ballare a ritmo di Start Me Up per mezza Trafalgar Square,
mentre I giornali scandalistici di Londra scattavano foto su foto.
JulianZimmerman, che in realtà era il foto-reporter di un
giornaletto semi-sconosciuto, si affrettò ad annotare il titolo dello scottante
articolo che sarebbe uscito il giorno dopo in tutte le edicole della galassia.
“Mick Jagger alle prese con
l'ennesima overdose di aspirine.”
Poi
corresse:
Keith Richards posseduto da
un motorino(probabilmente posseduto anch'esso) e Ron Wood messo al tappeto da
una dentiera.
Parla una nostra
concittadina: Algisia Mc...ehm...facciamo prima a
dire una vecchia(e SDENTATA) londinese.
-No, non
l'ho sentita, Lucy!- gridò Keith, esasperato.
Julian continuò a
scrivere, imperterrito.
Presto sposerò Lucy Richards.Viiiiva me!!
Per tutta
risposta, gli arrivò la dentiera in faccia.
-AHI!-
-Convertiti
a Geovah, CRETINO!-
-Su...subito!
E' gratis?-
Ron gli
rivolse un sorriso smagliante.
-Una
firmetta qui e, per adorare il miticoGeovy, pagherai
soltanto la bellezza di cinque centesimi all'ora...per I
prossimi vent'anni!!-
Julian sorrise,
da bravo ebete che era.
-Allora
firmo subito!-
Ron alzò lo
sguardo al cielo e gli Arcangeli incominciarono a ballare furiosamente sulle
note di Twist and Shout.
-Il primo
in vent’anni!-
-Deogratias!-
George fece
per chiudere la telefonata, quando lo sguardo gli cadde su Jim, che stava
saltando sul divano gridando:
-Vorrei
cantare come Biagio Antonacci!- mentre John lo accompagnava alla chitarra.
-C’è Ron?-
-No che non
c’è- rispose Keith, risalendo sul motorino. –Qui c’è soltanto Ronald Duck, il messaggero di Geovah!-
-Passamelo
comunque!-
-D’accordo…-
-Ronnino??- chiese,
quando fu sicuro che Ron avesse preso il telefono.
-Ronnino, sono Geo. Ti ricordi di me??-
-Argh…ahm…e come
potrebbe essere diversamente??- rispose Ron, leggermente inquieto.
-Giusto… allora,
fai una cosa per lo zio Geo: inserisci il vivavoce!-
-Per…perché?-
-Fallo e Geovy sarà fiero di te!-
-Come vuoi…-
-L’hai
acceso??-
-Sì-
-Bene…allora stammi
bene, vecchio, caro, ancora un’altra volta fregato RONALD
DAVID WOOD!- gridò, mentre Jim e John, accanto a lui, gli facevano il coro.
Solo allora
Ron capì.
-No, no,
no, NO! Dimmi che non l’hai fatto ancora, dimmi che non…-
George fece
appena in tempo a sentire l’odiosa voce di JulianZimmerman gridare:
-Ehi,
ragazzi! Avete sentito?? Non è un testimone di Geovah!
E’ il vero Ron Wood!-
Poi la
comunicazione cadde.
George
lasciò cadere il telefono sulla scrivania, con un sorrisetto diabolico dipinto
sul viso.
-Povero
Ron…-
Poi reclinò di nuovo lo sguardo, con un triste sorriso.
Aveva cercato di distrarsi, ma era stato per un attimo soltanto.
Non riusciva a smettere di spensarci.
-Dobbiamo trovarla-
Completamente
da un’altra parte della città, invece, Lucy stava facendo il punto della
situazione.
Fino a cinque minuti prima stava sfogliando un libro di Leopardi, nella
libreria di Chanel Song.
Era davvero sorprendente, quella libreria.
Quel pomeriggio stesso Ray aveva portato a casa un libro di poesie di Socrate…e quello che stringeva tra le mani adesso, fino a
prova contraria, non era un libro di poesie.
Ma era firmato Giacomo Leopardi.
“All come to look for America”.
Giacomo Leopardi aveva scritto anche romanzi d’avventura?
Lucy era confusa.
Quel libro era l’unica cosa che le era rimasto di quello che era
successo prima.
E tutto perché, non avendo avuto il tempo di posarlo, le era rimasto in
mano.
“All come to look for America”.
-Cosa significa?-
Lucy si ricordava anche un’altra cosa.
-Tu non sei in una libreria,
Lucy Harrison-le aveva detto una voce che aveva riconosciuto come quella di Cin Song, ma non era sicura.
Eppure, sentirsi chiamare Lucy Harrison da quella voce, le aveva fatto uno strano effetto. Così come le
faceva uno strano effetto pensare a George, a Ray, a Jim, a John, a Keith e
qualsiasi cosa riguardasse la sua vita…era come se le
facesse male, un dolore inspiegabile che non le permetteva di formulare un
pensiero sensato.
Solo quando guardava il libro e si concentrava su di esso, si sentiva davvero in pace.
In pace con il mondo intero…ma non con se
stessa.
Dentro di lei continuava a sentire quella strana angoscia le impediva
quasi di muoversi, come di una consapevolezza che gravava su di lei.
Un’ inevitabile consapevolezza. Perché era
lì dentro?
Perché era nella stanza segreta della libreria dei Song,
quella che tutti spacciavano per un bagno, ma in cui nessuno aveva mai messo
piede, quella stanza con il cartello con scritto “DANGEROUS”?
Perché in quella libreria si trovavano sempre le cose più assurde,
libri che gli autori segnalati, effettivamente, non avevano mai scritto? C’era
qualcosa che non le tornava.
Non c’era niente che le tornasse.
Di nuovo quella voce.
-Vorresti tornare a casa,
Lucy Richards?-
Se il “Lucy Harrison” le aveva fatto uno strano effetto, quel “Lucy
Richards” era ancora peggio.
Guardare giù era peggio.
Perché giù, senza nessuna spiegazione logica, senza nessuna spiegazione e
basta, c’era il fiume.
Il Mersey, probabilmente.
Ma non poteva esserci il Mersey lì dentro.
E non era tutto.
C’era come una forza che la attirava verso il basso…
E quella voce, quella voce che aveva sentito, proveniva dal basso.
Ray e Dylan, nel frattempo, stavano cercando Lucy nei dintorni della
scuola.
-Mamma! Mamma, dove sei??-
-Ray! Aspetta, Ray! Chiediamo a Song!-esclamò Dylan a un certo punto, indicando l’ometto ricurvo su una pila
sbilenca di riviste ingiallite dal tempo.
-Signor Song! Signor Song!
Ha visto Lu…- Dylan s’interruppe, voltandosi
lentamente verso Ray, con gli occhi spalancati.
-Ray!-
-Cos’hai visto, Dyl?-
-Il Signor Song… non è il Signor Song!-
Ray scosse la testa, divertito.
-Ma dai, Dyl! E chi dovrebbe ess…-
-Ray! Dylan!-
-Mamma!-
-Lucy!-
Ray stava per gettarsi tra le braccia della madre, quando sentì una
specie di irresistibile richiamo verso il basso.
Lucy si alzò in piedi, giusto in tempo per afferrare per un braccio il
figlio, impedendogli di cadere.
Solo allora si accorse che Dylan non c’era più…e
che stava precipitando nel fiume.
Nel fiume, o in quello che
era.
-DYLAN!- gridò, ma non ricevette alcuna risposta, se non il gorgogliare
dell’acqua.
Lanciò un’occhiata angosciata alle onde, che si muovevano a velocità
impressionante, come ipnotizzata.
E allora sentì uno scricchiolio alla caviglia, su cui si era improvvisamente
concentrato tutto il suo peso, attirandola giù come un’enorme, mortale calamita e facendola scivolare.
-Lucy, attenta!-
Lucy si sentì tirare per una manica del vestito e subito dopo sbattè violentemente la schiena contro il muro.
Era ancora lì, su quella sporgenza di roccia levigata che spuntava
dalla parete, a cui si stringeva con tutte le sue forze per non cadere.
Solo che non erano più in alto, vicino alla porta…
erano caduti al piano di sotto.
Proprio così.
C’era tutta una serie di “panchine”, posizionate a mo’ di scala, l’una
sotto l’altra, che continuavano fino all’ultimo scalino…fino
al fiume.
Accanto a lei, Dylan le aveva appena impedito di cadere.
-Mamma…ti stavi per buttare!- gridò Ray, cercando invano di sovrastare il rumore
del fiume.
-Dylan! Ma allora non sei…-
-Caduto? Lo credevo anch’io. Ma poi…è
spuntata questa…questa cosa-
In un flash di luce, Lucy risentì la voce del figlio.
E si accorse che proveniva sopra.
-RAY!- gridò. -Ray è ancora di sopra!-
-Ray, buttati!- gli urlò Dylan, leggendone l’espressione di terrore negli
occhi.
-Ray, ti prego… non avere paura. Pensa al divano
di casa nostra…pensa che siamo solo io e papà…non
ti succederà niente- gli sussurrò dolcemente Lucy, stringendo così forte i pugni da
conficcarsi le unghie nella carne.
Ray sobbalzò, nel sentire che la voce della madre le suonava
terribilmente vicina, come se fosse accanto a lui, e non sotto di lui.
Il suono, così amplificato, gli provocò una sensazione di confusione e stordimento
tale da costringerlo a chiudere gli occhi.
Si buttò.
Ma stavolta
sentì solo il vuoto ad accoglierlo.
Buona sera
a tutte!!
Sono
tornata poco fa dalla piscina e…che altro dire…mi ha ispirata xD
Prima di
tutto, lancio il quesito della settimana: da che
canzone è preso il titolo del “romanzo” di Giacomo Leopardi??
Vincita un
volantino di Geovy disegnato da Ronnie in persona…xD
Ebbene sì,
i libri saranno sempre presenti in questa storia…soprattutto
per svelare il mistero della libreria dei Song…nel
prossimo capitolo ;)
E presto
assisteremo anche all’entrata in scena di Potamak,per capire cos'è successo a Lucy, Ray e Dyl…
Passando
alle recensioni…
Zaz:Infatti, ne ho parlato anche
nella risposta di Marty, Lucy deve diventare
più matura...uhm...credo che potrebbe prendere lezioni da Rub,
anche se dico già che quest'ultima avventura la cambierà parecchio...(anche se
io ho letteralmente adorato Rub quando ha
rotto il naso a Ronnie, in “Angie”)...
Già, chissà...chissà se anche
il caro Rayuccio diventerà un pittore come la sua
mamma...e come Stu! Chissà, chissà... ;)
Thief:Sì sì, dovremmo proprio
chiamare Lo Stucliffe(Stuart
+ SutcliffexD)'s LonelyHearts Club Band per la Yells...
Già, Cin Song...in
questo capitolo però si è comportato in moto un po' strano, non credi? XD
Speriamo solo che non sia in
qualche modo complice di PePotamak...(da come
parlo non sembro neanche l'autrice della storia xD) (George:che
genio!) (No, dico, adesso ci si mette pure lui!!)...e sono contenta che I
bigliettini ti siano piaciuti!!
La seconda parte del tema la
metterò nel prossimo capitolo(spero), perché ho dimenticato il quaderno a casa e adesso
non sono a casa mia...xD Ma tanto torno domani, quindi penso che lo ricopierò e metterò nel prossimo…
Comunque mi fa piacere che vi
sia piaciuto! Pensavo fosse troppo stupido...xD
Marty(voce della verità-o della
coscienza di Lucy):Visto che influenza ha avuto
la tua recensione su questo capitolo?? xD No, scherzi
a parte, grazie mille. Mi ha fatta davvero riflettere... Non avevo ancora
pensato a modificare il suo carattere da “Revolution”,
ma avrei dovuto farlo... anche se forse la cosa dipende anche dal fatto che
Lucy, essendo diventata madre a quindici anni, ha dovuto, in un certo senso,
crescere più in fretta e il suo carattere e il suo comportamento è rimasto
quello di una quindicenne...
Anche George, infatti, se n'è
accorto(ma sempre DOPO di me xD) e adesso...Lucy
imparerà a sue spese a diventare “grande”...penso che questa storia la cambierà
molto(in meglio, spero xD)...e grazie ancora per
avermelo fatto notare!! ;)
Capitolo 7 *** Don't Let Me Wait Too Long (We're living in the material world?) ***
12
Gennaio 1972, ore 15.00
Erano
passati due giorni, ormai.
George
non era andato in studio, Jim non era andato a scuola, John non era
andato all'asilo.
George
aveva dormito sul divano, con il telefono stretto in una mano, ancora
vestito, e quando non dormiva stava sempre lì, come privo di
vita, con lo sguardo perso nel vuoto.
-Papà...-
sussurrò a un certo punto Jim, sedendosi accanto a lui.
George
sobbalzò.
-LUCY!-
-Sono
io, papà...-
George
cercò di mascherare velocemente la delusione, ma non gli
riusciva affatto bene.
-Oh...sei
tu, Jim-
-Sono
Biagio Antonacci!- ribattè lui con un sorriso, facendo
sorridere, anche se solo per un attimo, anche George.
Poi
toccò un tasto dolente.
-E...la
mamma?-
George
abbassò lo sguardo suoi piedi, iniziando a fissare
intensamente ogni singolo dito.
-Tutto
bene, pa'?-
-Tutto...bene-
assentì, ma con uno sguardo talmente carico di tristezza da
negare categoricamente la risposta appena data.
You
don't realize how much I need you, love you all the time and
never leave you. Please come on back to me, I'm lonely as can
be, I need you.
-Ti
manca la mamma, vero papà? Non negare- continuò Jim,
sedendosi accanto a lui e mettendogli una mano sulla spalla.
Negare,
negare. Negare fino alla morte, se necessario.
George
fece un'altro salto sul divano.
Quella
frase...quello che gli ricordava...
-Jim,
cos'hai detto!- quasi gridò.
-Di
non negare?-
Agente
00Harry, agli ordini. Negherò.
-...Papà?-
Agente
00Harry, a rapporto. L'Agente 00Rain (da Rainbow),
alias
My Love
ha le mani legate.
Perchè
gliele sto stringendo nelle mie.
Sarà
fatto. La mia agente preferita non ha più scampo, ormai.
Incastrata.
Notizie
dell'Agente 0Cervello?
Nessuna.
Che
sia stato rapito?
Vendetta,
vendetta, tremenda vendetta.
Del
mio cuore è l'ardente desìo.
Si
concentri su un altro tipo di desiderio,
Agente 00Harry.
L'Agente
00Rain e l'Agente Doppiozero sono alleati.
VENDETTA!
Noo,
nessun tipo di sentimento mi lega all'Agente Rain, lo giuro.
Lo
giuro sul nostro codice d'onore.
Perchè
non abbiamo un codice d'onore.
Negare
fino alla morte, non è vero, Harry?
Said
you had a thing or two to tell me. How was I to know you would
upset me? I didn't realize, as I looked in your eyes, You
told me Oh yes you told me, you don't want my loving anymore.
I
ricordi affioravano alla sua mente, impossibili da trattenere, ormai.
-Ho
fallito tutte le missioni, Capo.-
-Lo
so, Agente Rain. Cosa mi può dire in proposito?-
Lei
non parlerà.
Lei
certo non dirà che...
-E'
colpa sua!-
-Molto
bene-
Oh
cavolo.
Molto
bene.
Mi
ripeto.
Oh,
cavolo!
L'Agente
Rain si rialzò.
-Credevi
davvero di aver sconfitto l'Agente Rain, Harry?-
-Io...-
-Tu...?-
-I
need you!-
That's
when it hurt me, and feeling like this I just can't go on
anymore. Please remember how I feel about you, I could never
really live without you. So come on back and see, just what
you mean to me, I need you.
George
raggiunse il comodino e ne tirò fuori una cassetta registrata,
posandola sulle ginocchia del figlio.
-Guardala.
Forse te la ricordi ancora...forse no. Forse te ne ricordi solo una
parte- disse, strizzandogli un occhio.
-Io
vado...di là-
A
cercare l'Agente Rain, ovviamente.
Era
una storia cominciata molto tempo fa...nel 1969.
Una
storia che era valsa la pena vivere...una storia che aveva insegnato
qualcosa.
Una
storia che aveva insegnato molto.
Era
stato il giorno del ventiquattresimo compleanno di Lucy.
Cioè...il
29 di Novembre.
Da
giorni, forse intere settimane, George aveva pensato al modo migliore
per festeggiare.
E
alla fine...era stato il
modo a
trovare lui.
1969
Jim
e Ray Harrison stavano fissando intensamente il divano su cui giaceva
assopito un'alquanto stravolto Ronnie Wood, con un'espressione da
beota dipinta sul viso.
Lo
stavano osservando da mezz'ora.
Mezz'ora.
-Ron-
sibilò
Ray, guardandolo con occhi di fuoco.
Jim,
invece, guardava il fratello maggiore ad occhi spalancati, fremente
di rabbia.
Il
suo autocontrollo stava andando lentamente diminuendo.
-RON-
Ray
si voltò di scatto verso di lui, sussurrando piano:
-Lo
uccidiamo subito?-
-Guastafeste
d'un Ron!- esplose Jim, sbattendo nervosamente una mano contro il
divano.
-Ma
siamo sicuri che l'abbia ingoiata?!-
-Sicuro!
Lo scherzo del secolo è appena andato allegramente a farsi
benedire...e lui dorme!-
-No...il
congiuntivo del verbo essere no!*1- mormorò il suddetto
individuo, iniziando ad agitarsi sul divano, la fronte imperlata di
sudore.
Qualche
minuto dopo, sul suo viso si distese un sorriso beato.
-Certo
che lo voglio il tacchino!-
-Lui
adora il tacchino!- sbuffò Ray, prevenendo la frase che, come
ogni volta che si addormentava sul divano, sul loro
divano,
Ron, puntualmente, diceva:
-J'adorè!-
-Ma
non può averla ingoiata!- sbottò di nuovo Jim, tornando
a fissare lo zio con aria truce.
-E
invece sì. Abbiamo usato la canna da pesca del nonno,
ma...qualcosa dev'essere andato storto!-
Ray
si ripassò mentalmente il piano, partendo da quando, la
mattina stessa, si era svegliato gridando:
-Piazziamo
una cimice addosso allo zio!-
E
l'avevano fatto.
Si
erano procurati una cimice, una cimice vera, minuscola, quasi
invisibile, ma perfettamente funzionante...e avevano intenzione di
calarla nel cappello di Ronnie Wood quella mattina stessa, con la
canna da pesca del nonno, Harold Harrison.
Se
non fosse stato che, per uno strano scherzo del destino, Ron si era
voltato proprio mentre la cimice stava per entrare nel
cappello...facendogliela così ingoiare!!
Ron,
ovviamente, non si era accorto di niente, continuando a dormire,
appunto, come se niente fosse...mandando su tutte le furie i nipoti,
che stavano già metidando vendetta.
Proprio
in quel momento, però, Lucy entrò nel soggiorno,
cogliendo in flagrante i due figlioletti, allungati sul corpo
-apparentemente- morto di Wood, con una canna da pesca e...un
registratore tascabile.
Adesso
dal registratore provenivano strani gorgogli...parecchio inquietanti,
a dir la verità.
-Mamma!-
sussurrò Ray, reclinando lo sguardo tristemente. -Zio Ron sta
morendo, vero?-
Quando
Lucy aveva capito che la cimice del kit di spionaggio che Harry, il
fratello maggiore di George(lui non ci sapeva fare, con i bambini.
Solo un folle avrebbe potuto anche solo pensare di regalare ai
rampolli degli
Harrison
un vero
kit di spionaggio, ma Harry era un caso a parte), era appena finita
da qualche parte nella gola di Ron.
Chissà
quale parte, poi.
Non
l'aveva ancora ingoiata, quindi.
Era
ancora in tempo per sputarla.
Se
solo si fosse svegliato.
Ray,
che in quel momento si sarebbe aspettato qualsiasi rimprovero da
parte della madre, sobbalzò quando la sentì urlare:
-GEORGEEE!!
Forse c'è l'abbiamo fatta a ucciderlo!!-
-Mamma...tu
e papà volevate uccidere zio Ron??-
-Non
volontariamente, si capisce...- gli rispose lei, accarezzandogli i
capelli. -Sai, se per pura casualità...-
-Maddai,
ma'! Scherzi?-
Lucy
sorrise.
-Certo
che scherzo. Ma non dovreste essere così cattivi con lo
zio...insomma, sì, lo so anch'io quanto è palloso...ma
lui vi vuole bene!!-
-E
alloa pecchè non ci porta maaai i regalini???- sbottò
Jim, mettendosi in piedi sul divano e iniziando a battere i pugnetti
sul petto dello zio, fino a fargli sputare la cimice.
-Ma
che è, scemo?!- gridò Ray, furioso per la costante,
immensa
idiozia dimostrata
in
ogni caso dallo
zio.
Poco
lontano, invece, George stava sbattendo ripetutamente la testa contro
il muro.
Lucy
sospirò.
-Anche
tuo padre non scherza, però.-
Proprio
in quel momento, Ron si svegliò, aprionando il braccio della
ragazza e facendola voltare a forza.
-Che
si dice, piccola? Sono Ronnie Wood, io! Dovete portarmi rispetto!-
Lucy
sbuffò.
-Siete
tutti così, voi chitarristi...-
-A-ehm-
intervenne George, raggiungendola.
-Così
come??-
-Impossibili...-
-Impossibile,
dopo che ti ho pure regalato tre figli?!-
-Sì,
proprio. Impacchettati e con il fiocco rosso. Ma sei cretino?? Non ti
ci mettere pure tu, eh!!-
-Vabbè,
tre figli e mezzo...- aggiunse George, guardandola.
-Tre
figli e mezzo?!-
-Beh,
sai com'è...c'è ancora tanto tempo!-
Lucy
lo fulminò con un'occhiataccia.
-Ma
va a quel paese-
-Because
you're sweet
and lovely girl...I
love you!-
Allora
George si rivolse a Ray e a Jim.
-Vostra
madre: un esempio da non
seguire-
Eppure,
quel giorno, seppur involontariamente, era cominciata la loro
avventura spionistica.
Lucy,
infatti, messa alle strette da Ron, aveva confessato l'intera storia
della cimice.
E
Ron...beh, Ron... se l'era legata al dito.
I
due piccoli Harrison avrebbero avuto la lezione che si meritavano...e
anche i due Harrison un po' più cresciutelli.
Per
prima cosa, Ron si era procurato una cimice.
Un
attimo.
Dove
crescevano
le cimici?
Occorreva
una cimice assassina, naturalmente.
Ron
sorrise tra se e se, annuendo.
E
poi?
Ma
quella volta Ron avrebbe avuto due inaspettati complici dalla sua
parte. Esattamente gli Harrison “più
cresciutelli”...anche se del tutto ignari.
Ed
era stato così che George aveva quasi spaccato un vaso cinese
in testa a Lucy e Lucy...l'aveva quasi quasi arruolato nell'FBI.
Ma
anche Ray e Jim ne avevano potuto trarre degli insegnamenti
utili...almeno in parte.
Tutto
era cominciato con una telefonata.
Da
Ronald David Wood a George Harold Harrison.
Una
telefonata tra
chitarristi.
Tra
il chitarrista dei Rolling Stones e il chitarrista dei Beatles.
Niente
di strano, no?
Niente
di strano, se non fosse stato che quella telefonata non aveva proprio
nessun fine lavorativo...e nemmeno c'era qualche straordinaria
collaborazione in vista.
O
meglio, una collaborazione c'era...ma tra il quasi cugino di
Revolution Richards e il quasi futuro sposo della stessa.
Harrison
e Wood si erano messi d'accordo e, un bel giorno, al calar della
sera, Harrison, il più “vicino” (per così
dire) ai vestiti della ragazza, aveva nascosto una cimice
nella sua maglietta preferita.
Il
giorno dopo, parlando con i suoi amici, venne fuori che Lucy, sotto
consiglio di un certo Sergeant Sutcliffe e una sua certa banda di
Cuori Solitari, si era iscritta a un corso serale di disegno.
Da
lì erano cominciate le chiacchere: Lennon, McCartney e il loro
amico Richard Fergusson Starkey, detto anche Ringo Rongo o ORingo
Tango, le informazioni rinvenute non sono molto precise, ci ridevano
sopra, sostenendo che il gesto del loro Harrie fosse del tutto
insensato: che senso poteva avere, d'altra parte, piazzare una cimice
tra i vestiti della propria fidanzata?
Len,
Mac e Starr ridevano, eppure, voci riferirono che anche il giovane
Starkey, il pomeriggio stesso, ordinò per la sua amata Mo un
diadema per capelli dalla Corea [in onore a una certa ragazza che
aveva conosciuto e che non dovrebbe mai dire che nessuno tiene a
lei*2 ;)
], con una splendida cimice blu intagliata tra gli zaffiri.
Peccato
che quella cimice fosse veramente una cimice assassina e che non
fosse veramente blu, anzi... (chi lo sa...tinta, magari?).
Ebbene,
la risposta di Harrie fu:
-Beh,
non si può mai sapere... potrebbe capitare una disgrazia e la
mia dolce fanciulla strozzarsi con una matita, chi lo sa?-
-Georgino,
tesoro... di solito i pittori non ingoiano le matite, sai...-
-Oh,
ma che ne vuoi sapere tu della pittura, John?!-
Lucy,
però, aveva scoperto le sue intenzioni... e, in un aspettata
alleanza con il fratello Kristin
Richardson,
aveva finto di essere una vera
agente segreta.
Dopo
quella scoperta, George non aveva voluto essere da meno.
E
così era cominciata l'avventura...
L'agente
00Harry ogni sera faceva rapporto al Grande Capo Rongo, capo supremo
dell'Helter
Skelter Agency,
a cui era iscritto,sempre
in tempo per tornare a casa e scivolare nel letto della fidanzata,
che non c'era mai...
Perchè
la qualificata agente Rain, invece, rispondeva agli ordini della
Diabolica K,
misterioso individuo che nessuno aveva mai visto in faccia.
(Voce
fuori campo: E te credo!!)
Rain
era iscritta alla DiaboliKal
Rolling RevolutionAgency,
dalla sera prima del suo compleanno.
La
“K”,
chiaramente, era una modifica firmata KeKristin
Richardson.
Qualcosa,
però, era andato storto e la cimice aveva cominciato a
riferire a George strane cose, tra le quali che Lucy stesse cercando
una cimice
in una delle novecentonovantanove
stanze dell'Helter Skelter.
Harry
non aveva idea che all' interno di una stanza dell'Helter Skelter ci
potesse essere una cimice(chissà perchè proprio una
cimice, poi!) e, se anche così fosse stato, le probabilità
che Rain avesse potuto trovare quell'...insetto erano relativamente
poche.
Ad
ogni modo, nonostante nutrisse forti sospetti su quanto quella
missione fosse inutile e indegna
di
essere svolta da lui, non poteva opporsi.
Il
Grande Capo Rongo era stato perentorio:
-Vai
e impedisciglielo-
Impedisciglielo,
anche a costo di morire.
A
complicare maggiormente le cose(tanto per cambiare), c'era stata
un'altra cosa a confondere le idee al giovane agente segreto:
Pareva
proprio che l'Agente Doppiozero, detto anche 00Cervello, si fosse
alleato con lei...
e questo gli impediva assolutamente qualsiasi ragionamento
logico.
Aveva
chiesto aiuto a due pantegane di sua conoscenza, o meglio, a due suoi
amici, talpe complici dell' Helter Skelter Agency, che si facevano
chiamare “Le Pantegane” e loro, per un pacchetto dei suoi
specialissimi biscotti italiani, aveva accettato.
Lennon
e McCartney avevano accompagnato l'Agente Rain nella sede dell'
Helter Skelter, dove due vietnamiti cantavano a squarciagola: “Baby,
you can drive my cab...
yes I'm gonna be a stab...”
-Ave
Takako, Saluti, Makako!- li aveva salutati John, sorridendo da dietro
i suoi occhialetti rotondi.
Poi
si era rivolto a Lu' con un sorriso quasi commosso, alludendo ai due
con un cenno della mano:
-Sono
gemelli! Aaaah!- aveva sospirato con uno sguardo languido.
Rain
si era sentita rivoltare lo stomaco, ma si era limitata a mostrargli
un sorriso tirato, cercando con gli occhi il suo rivale di sempre,
bello quanto imprevedibile, l'agente Harry.
Era
chiaro come il sole che Lennob
e McCartneyb
le avevano teso una trappola, ma aveva una missione da portare a
termine... e quella missione iniziava e finiva tra le mura
dell'Helter
Skelter.
Si
sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro,
socchiudendo gli occhi, ma un urlo straziante le lacerò le
orecchie, facendo tremare i possenti vetri dell'edificio.
-I
GOT NO CAB
AND
IT'S BREAKING MY HEART, BUT I'VE FOUND A DRIVER AND THAT'S A
STARB!-
John
batteva le mani, esaltato:
-Assumiamoli
come coristi!-
Ma
Paul l'aveva guardato male, grugnendo soltanto un:
-Smamma
via, Lennob!-
Dopo
aver riverito a dovere Takako e Makako, i due
sbabbarono(scusate...influenza vietnamita) via, rapidi come due
pantegane argentate all'ombra del Tamigi.
-Sliiiipping
awaaaaaaay!- sbadigliava nel frattempo la Diabolica K, che aveva
appena concluso una partita a briscola con una
vera
pantegana.
Non
immaginava neanche, povero K, che la vita e il futuro della sua
migliore agente, nonchè la sua adorata sorellina, erano già
nelle mani del mefistofelico Agente Harry.
Adesso
Rain si era messa a fissare i suoi stivali di vernice nera, come
ipnotizzata, quando qualcuno le accarezzò i capelli da dietro.
Sapeva
perfettamente
di chi si trattava.
Harry
faceva sempre così, si avvicinava silenzioso come un ratto e
cercava di corrompere le colleghe più carine, sempre lì,
tra le mura maledette dell'Helter Skelter.
Ma
lei,
Agente 00Rainbow, ex spia del KGB, appena
“back from the URRS”, punta
di diamante dei servizi segreti della Paperon
Intelligence Agency
, non era una sprovveduta.
Quella
volta, però, il Grande Capo Rango aveva dato all'agente Harry
un'ultimatum: se non avesse incastrato al più presto l'Agente
Rain, l'avrebbe degradato da Scarafaggio[(Scaltro
Rapido
Fatale
Giovane
Gagliardo
Intelligente
Onnivoro(per
ovvi motivi)] a Pantegana (Palesemente
Nullatenente
Testardo
Garantito
da Amputare
Negligente
Asino).
Harry
era terrorizzato al pensiero.
-Sei
qui, machiavellica ragazzina della Diabolica Agenzia della
Rivoluzione Rotolante?- domandò in tono suadente, sedendosi
accanto a lei.
-Perchè
sei qua?- domandò lei con voce tremante, sebbene non avesse
alcuna paura.
-As
I don't want to be like you...- rispose
semplicemente, con un sorrisetto malizioso sulle labbra, che però
lei non poteva vedere.
Avrebbe
voluto voltarsi, ma non poteva.
Rimase
con lo sguardo inchiodato al muro, finchè Harry non le strinse
le mani tra le sue, cercando di tranquillizzarla.
Took
me a while to say Wish you belong to me
Lei
gli diede un rapido bacio su una guancia, dopodichè sparì
in un passaggio tra il muro della stanza principale e l'ufficio
segreto del Grande Capo Rongo, smettendo quasi di respirare per non
farsi sentire.
-Non
c'è alcun problema, Rongo. Ho la situazione sotto controllo.
Perfettamente sotto
controllo-
Sotto
controllo, sì, ma dov'è lei?
Rain
non aveva trovata la cimice, non l'aveva proprio trovata.
L'aveva
cercata tanto, nella vastità di quella confusionaria
moltitudine di stanze, ma non l'aveva trovata.
E
poi, che senso aveva fingere di cercare una
cimice
per vendicarsi di uno scherzo di George?
Anzi,
tanto per complicare le cose, a un gesto del suo enigmatico Harrie,
sul muro dell'Helter Skelter, proprio di fronte a lei, era apparsa
una scritta:
Carve
your number on my wall
And
maybe you will get a call from me
If
I needed someone
Quasi
un attimo dopo, il telefono di Rain suonò.
-Hai
già bisogno di...qualcuno?-
sospirò, sedendosi su un gradino dell'uscita dell'Helter
Skelter.
Rain
era rimasta lì per tutto il tempo, a fissare la scritta sulla
parete.
Adesso
aveva capito perchè George sorrideva.
Aveva
vinto tutte le partite, con lei.
Ora
non le rimaneva che tornare a testa bassa dalla Diabolica(e
sicuramente furiosa) K e confessargli tutto, confessargli che si era
incantata a guardare una stupida scritta sul muro e intanto...la
cimice era volata
via.
Come
tutte le volte che era con Harry, d'altronde.
And
when I awoke I was alone, this bird had flown
E
invece no.
E
quell'affermazione non era un omaggio alla Pausini, bensì la
verità.
Harry
poteva ancora essere abbindolato per benino e quella cimice, per così
dire, volare da lei.
Difficile,
ma non impossibile.
E
tanto aveva fatto, tanto si era lambiccata il cervello con
inconcludenti possibili soluzioni, che l'aveva trovata, la sua arma
vincente:
L'agente
00Cervello, che non si sarebbe mai nemmeno minimamente posto il
problema delle conseguenze delle sue azioni, non aveva avuto problemi
ad eseguire alla lettera ciò che lei gli aveva detto:
Era
tornato all'Helter Skelter, a fare rapporto al Grande Rongo: d'altra
parte, 00Cervello era sempre stato dei
loro.
Gli
era stato assegnato un compito, quello di lavorare in coppia con
Harry.
Harry
non era ancora del tutto iscritto all'Agenzia dell'Helter Skelter, ma
le trattative erano su carta già da un pezzo: si trattava solo
di firmarle, timbrarle e farle arrivare a Rongo.
Nonostante
tutto, però, Rongo le missioni gliele aveva affidate lo
stesso.
Forse
perchè era l'unico agente.
Ebbene
sì: escluse le occasionali capatine di quel pigrone di
Doppiozero e gli ancor più rari interventi delle Pantegane,
ignorando quello che di tanto in tanto gli veniva riferito da
Sergeant Sutcliffe, che per il resto era un agente della DiaboliKal
Rolling Revolution Agency a tutti gli effetti, Harry era davvero
l'unico agente dell'Helter Skelter Agency.
L'unico,
troppo accorto, scaltro e sagace per farsi fregare da una ragazzina.
Questo
senza sottovalutare la
“ragazzina”,
ovviamente.
Forse,
come dicevano tutto, era semplicemente troppo
sognatore.
Viveva
nel mondo materiale, dopo tutto.
E
non si era mai sentito troppo a suo agio, lì dentro.
D'altre
parte, che spessore, che importanza poteva avere, nella sua vita, un
mondo che iniziava e finiva come niente?
C'erano
così tanti limiti, invalicabili e dogmatici, limiti in cui la
gente stava stretta, ma spesso non diceva niente.
C'era
l'egoismo umano, che gli impediva di stare veramente bene con se
stesso, di sentirsi veramente lui...
C'era
quella ragazzina che compieva ventiquattro anni e non aveva nemmeno
risposto ai suoi auguri...
Per
un attimo, George si sentì veramente abbattutto.
Ma
non voleva rovinare tutto.
Quel
giorno, il giorno del compleanno di Lucy, era un giorno così
felice... Eppure, aveva come un alone di mistero che gli metteva
addosso un'inquietudine che gli schizzava dalla pelle come scosse di
elettricità allo stato puro.
E
lui doveva portare a termine quella missione, quella missione per cui
era stato chiamato...
Quella
missione in cui, nonostante stessero fingendo tutti, doveva pur
esserci qualcosa di vero.
Entrambi
avevano perso la cognizione della realtà, entrambi credevano
di fingere, convinti che l'altro facesse sul serio, e invece non era
che un complotto di... chi c'era veramente a capo di tutto quello?
Com'era
cominciato tutto?
Improvvisamente,
nessuno dei due era più realmente convinto di saperlo.
E
non solo:
L'agente
00Cervello si era sbagliato, aveva mandato la sua iscrizione
all'Helter Skelter Agency...all'FBI.
E
adesso quegli agenti erano andati a prelevarlo e portarlo...chissà
dove, poi.
Ed
era stato allora che aveva trovato la perfetta soluzione.
Doveva
distrarla.
Perchè
lui l'aveva vista, nascosta lì dietro, ormai completamente
disillusa su qualsiasi possibile speranza di trovare la cimice.
Era
finzione, adesso l'aveva capito, era soltanto finzione: lei non era
una vera agente segreta.
Perchè
avevano messo in piedi tutta quella recita?
Ron
voleva soltanto vendicarsi di Jim e Ray, dopotutto...e lui voleva
soltanto farle uno scherzo.
Solo
che poi, come spesso succede, lo scherzo era diventato di più.
Lucy
aveva scoperto la cimice e aveva cominciato a fingersi un agente
segreta,
E
i loro amici? Quanto ne sapevano loro?
Ne
sapevano quanto lui, o meglio, questo era quello che George, o Harry
credeva.
Anche
lui fingeva, ma adesso non ne era più tanto sicuro... erano
davvero tutti d'accordo?
Cosa
gli era sfuggito di mano?
Lucy
fingeva, George fingeva, ed entrambi non avevano capito niente. E
Ron, Ron da che parte stava?
Ron,
così come tutti gli altri, meno stupido di quanto entrambi
credessero, aveva voluto dargli una lezione:
Mai
giocare col fuoco.
Quel
gioco, recita, o qualunque cosa fosse stata, era come una matriosca:
una finzione nella finzione.
Senza
più sapere qual'era la realtà.
George
stentava a credere che fossero davvero tutti
d'accordo.
Un
giorno l'avrebbero insegnato ai loro figli e allora anche loro
l'avrebbero capito, che scherzare troppo era pericoloso.
Adesso,
però, avevano un vero problema: come liberarsi dei veri agenti
dell'FBI?
Corse
nell'ufficio di Rongo, afferrò un vaso cinese appartenuto
all'Imperatore Xin Tao Min e fece per scagliarlo addosso a uno dei
veri agenti.
Se
non fosse stato che gli agenti, messi in allarme dai rumori, si erano
già allontanati... e lì c'era solo lei.
Rain,
o Lucy.
-Non
farlo, Harry, non farlo...George,
ti prego, non farlo!-
Rivolse
un ultimo, disperato appello a Newton, chiedendo: “Agente
00Isaac, la forza di gravità non può essere applicata
anche dal basso verso l'alto??”.
In
risposta, aveva ricevuto un gestaccio.
“E
quando è troppo è troppo, giovinuncolo irrispettoso!”
aveva tuonato una voce dall'alto.
L'equivoco
era stato chiarito, anche se i veri agenti dell'FBI non si fidavano
ancora: avevano piazzato una cimice nella chitarra di George,
convinti che lui fosse realmente
un agente segreto...ma questo voi non glielo direte, vero??
George
era corso a constatare le condizioni di Lucy, che aveva ricevuto il
vaso di Xin Tao Min in testa al posto dell'agente dell'FBI.
Un
po' di sangue, lacrime da parte di entrambi e baci di buon
compleanno...la restituzione dei loro ruoli da Agenti 00Harry e
00Rain e la felicità generale all'annuncio della notizia.
Il
vaso di Xin Tao Min non era mai stato ricomprato, tantopiù che
era orribile as
can be,
o almeno queste sono le informazioni tramandate... tra le quali
potrei giurare di aver sentito anche di un certo Agente 00Cervello
che se l'era autoregalato a un mercatino di beneficenza.
Eppure,
nonostante i chiarimenti tra di due, le avventure delle due agenzie
non sembravano essere finite.
-Cosa
ti avevo detto a proposito dell'Agente Rain, Harry??-
-Ca...capo?-
E
invece non era lui.
La
Diabolica K era uscita allo scoperto.
-Cos'avresti
fatto a mia sorella, sentiamo,
caruccio?-
Lì
alcuni fotogrammi erano stati tagliati, la pellicola saltava e Jim si
ritrovò improvvisamente ad assistere alla fine.
Alla
fine di tutto, George le aveva chiesto il suo Perdono Speciale da
Agente Segreto, ma gliel'aveva chiesto con il suo Sorriso Speciale da
Perfidissimo Pirata Chitarrista, che rifiutarlo sarebbe stato
doloroso come ricevere in testa dieci vasi dell'Imperatore Xin Tao
Min.
Era
il giorno del suo compleanno, e Rain aveva perdonato Harry, in una
stanza quasi deserta dell'Helter Skelter di Londra, con solo quattro
Scarafaggi e una Pantegana come testimoni.
Ma
il filmato non si concludeva così, bensì con un intenso
primo piano della Pantegana, alias l'agente Doppiozero, noto anche
come 00Cervello, colto nel timbrare un cartellino della DiaboliKal
Rolling Revolution Agency.
Testimone?
Una
cimice.
Una
cimice assassina.
Pochi
attimi dopo, con un entrata ad effetto in dissolvenza, sullo schermo
apparve una scritta con gli stessi colori del “Magical Mystery
Tour”:
The
End
Per
poi cominciare di titoli di coda:
Revolution
Richards, nei panni dell'Agente
00Rain(bow)
George
Harrison, nei panni dell'Agente
OOHarry(son)
Keith
Richards, nei panni della
Diabolica K
Ringo
Starr nei panni del Grande
Capo Rongo
Ronnie
Wood, nei panni dell'Agente
Doppiozero, o Agente 00Cervello,
alias nei panni di se
stesso
Raymond
e James Harrison nei panni di
Takako e Makako
John
Harrison nei panni del giovane Imperatore Xin
Tao Min
Mick
Jagger nei panni del vaso
John
Lennon e Paul McCartney nei panni delle pantegane
MessPersonaggi
subliminali:
Thief
Jones nei panni della cimice
assassina
Zazar
Ramone nei panni dell'amputatrice
Martina
Harrison nei panni della
nullatenentefinta
narratrice,
alias l'alter ego di Harry
Harrison(perchè
l'unica, oltre a lui, che regalerebbe un vero
kit di spionaggio ai Qui,
Quo e Qua
fratelli Harrison)
Ladies
and gentleman, lizards and beetles...
The
End!
Jim
ripose la cassetta nella sua custodia e la appoggiò sul divano
accanto a se.
Quella
cassetta era stato il regalo per il ventiquattresimo compleanno di
Lucy, da parte di tutta la famiglia.
Eppure
era una storia vera.
Chissà
chi l'aveva ripresa, si chiedeva Jim.
Non
si era accorto che, nonostante la cassetta giacesse immobile sul
divano, sullo schermo era apparsa un altra scritta, stavolta bianca,
che si era soffermata come se galleggiasse sul nero incontrastato
dello schermo:
Produttore
ufficiale(ma anche no): Briangeorge
and his Beatles Stones
*La mitica frase "Piazziamo una cimice addosso allo zio!" è tratta da Topolino ;)
BLUE
JAY WAY
E'
da un'eternità che non aggiorno, così stasera posterò
due capitoli al posto di uno... visto che li ho già pronti ;)
Quindi
le risposte alle recensioni e tutto il resto saranno nel prossimo
capitolo ;)
Questo
è il più leggero e comico di tutti, perchè i
prossimi, vi annuncio, lo saranno molto, molto di meno...
Questa
breve avventura ce l'avevo già in mente da un po' e finalmente
sono riuscita a scriverla, anche se forse un po' confusa... spero vi
sia piaciuta ugualmente! ;)
*
2 (Per Thief) ;) : Eh, beh...chissà chi è quella
ragazza... *si guarda intorno fischiettando* chissà,
chissà...(voce fuori campo: e nunt'arregge a ricominciare!
Ehm...no, questa era Zaz xD)...
Beh,
che dire? Stavo girando per il forum, oggi pomeriggio... e ho
cominciato a meditare , chissà...
Solo
una cosa, ragazza che ha conosciuto Ringo Rongo Starrey: prova a
ripetere che nessuno tiene a te e ti mando una cimice assassina
direttamente da Crema!! (Ops...non sono sicura che in una città
di 35.000 abitanti ce ne siano xD) :)
;)
Capitolo 8 *** I'm looking through you... And you're nowhere ***
I'mlookingthroughyou...Andyou're
nowhere
Ore
21.00:
Erano
quasi le nove di sera, quando un bussare leggero come il lieve
picchiettio del becco di un uccellino sopraggiunse all'orecchio del
maggiore degli Harrison, che si precipitò alla porta come una
furia.
Jim
e John fecero un salto sul divano quando la sagoma pallida e quasi
cadaverica di Lucy scivolò con leggerezza sulla porta, gli
occhi segnati da profonde occhiaie, le guance scavate e i capelli
arruffati sparsi sulla schiena e con le punte arricciate all'insù
come in un'inspiegabile ribellione del suo corpo.
Una
visione che era una dura prova per l'anima.
Un
attimo dopo entrarono anche Ray e Dylan, sussurrando piano parole
incomprensibili alle orecchie degli altri tre presenti.
Lucy,
di tanto in tanto, lanciava ai due ragazzini occhiate severe, quasi
di rimprovero, e loro tacevano
di colpo, sprofondando in un silenzio quasi tombale, che metteva i
due minori degli Harrison terribilmente a disagio.
Nella
stanza si sentiva soltanto il tremore convulso delle mani di Lucy, la
pelle talmente chiara da sembrare un costante, glaciale colpo di
vento.
E,
soprattutto, era gelida al tocco.
La
situazione precipitò quando si sfilò la felpa,
rimanendo con una canottierina di cotone su cui George, giorni prima,
aveva scarabocchiato qualche parola di “Someplace Else”,
per quando la ragazza fosse stata lontana.
Quelle
parole adesso si leggevano a malapena, mentre si notava benissimo il
contrasto della canottiera con la pelle di Lucy, resa appicicaticcia
dal sudore e quasi trasparente da sembrare pelle anch'essa, solo di
un paio di gradazioni più scura.
Si
notava benissimo che, nonostante le serie espressioni dei loro occhi,
i volti di Ray e Dylan erano molto più colorati di quello di
Lucy.
Le
guance erano calde e arrossate, i loro occhi vivaci e sereni, seppur
velati da un'impercettibile
malinconia.
Dopo
una lunghissima pausa di gelido silenzio, George mise da parte
qualsiasi sospetto o preoccupazione e strinse forte a se la ragazza,
che pure non dava alcun segno di vita, neanche l'ombra di un
movimento, un sorriso, un sospiro...niente di tutto questo.
Solo
quella glaciale e opprimente insofferenza che raschiava il cuore di
George come fosse stata pietra ardente a contatto con una superficie
indifesa.
George
fu costretto ad abbassare lo sguardo a terra, aggrappandosi con esso
al grigio cenere del pavimento, per non impazzire.
Si
avvicinò lentamente al figlio maggiore e a Dylan,
sussurrandogli a bassissima voce le prime parole che gli erano
passate per la mente:
-Cos'è
successo?-
-Non
lo sappiamo, papà!- mormorò con voce strozzata Raymond,
come per sfogarsi dopo un lungo, troppo lungo silenzio.
-E'...scivolata
giù. E quando l'abbiamo rivista...era così-
George
spalancò gli occhi, confuso come non mai.
-Siediti,
Raymond: sei troppo agitato per parlare-
-No,
no...non...non voglio-
Il
maggiore degli Harrison cercò di guardare negli occhi il
figlio, le lacrime che gli tremavano sulle ciglia, la pelle
screpolata delle labbra, l'inquietudine degli occhi e il
l'inconsapevole, quasi impercettibile
movimento dei piedi.
Era
davvero spaventato.
-Noi
non abbiamo visto niente. Non abbiamo visto niente-
ripeteva invece Dylan, con una specie di sguardo da spiritato
stampato negli occhi.
-E'
vero. Noi ce ne siamo sempre stati sulla panchina,
fino a quando non è tornata
Lei...
il fiume
era
sparito. Eravamo nel reparto saggistica, in bilico tra due pile di
libri, con in mano un manoscritto firmato da Shakespeare e da...
Victor Hugo. Trattava di...psicologia infantile. Sul serio- raccontò
Ray, ben poco sicuro che una cosa del genere si potesse considerare
“seria”.
-E'
incredibile, la libreria di Cin Song. Incredibile-
-La
mamma ha detto soltanto di averti visto...morire.
Poi piangeva, tremava, sudava sangue. Era una visione paranormale.
Noi non lo sappiamo, cosa ha visto.-
-Andiamo
a dormire, adesso. Avverto tua madre, Dylan, ti va di restare a
dormire da noi?-
Dylan
annuì, mentre George componeva il numero di Sarah Collins.
-Signor
Collins? Potrei parlare con sua moglie, per favore?-
Sarah
era preoccupatissima per la sparizione il figlio, ma venne
immediatamente tranquillizzata
dal susseguirsi di bugie di George, inventate al momento con il solo
scopo di non farla preoccupare.
Quella
era una faccenda che riguardava soltanto loro, mettere in allarme la
madre di Dylan non sarebbe servito a niente.
Dylan
era un bravo bambino, avrebbe saputo mantenere il segreto.
Ora
si trattava solo di capire di cosa
realmente
si trattava.
George
aveva il sospetto che fosse quella,
la parte più delicata.
-Tua
madre è d'accordo, Dyl- poi lanciò uno sguardo
apprensivo ai due ragazzini, continuando a guardarli pensieroso anche
mentre salivano le scale.
-Domani
ne riparliamo. Domani, con calma-
George
si lasciò cadere a peso morto sul divano, ritrovandosi subito
dopo a fissare il plettro della
chitarra con occhi vacui, senza un motivo preciso.
Aveva
cercato di mantenere la calma, di assumersi le sue responsabilità,
ma in realtà moriva dentro.
Era
un'ansia che lo divorava dall'interno, l'apprensione che aveva per le
condizioni di Lucy.
E
per la prima volta, più che in tante altre occasioni, non
sapeva davvero come comportarsi.
Fece
partire “The Lord Loves the One(That Loves the Lord)”
allo stereo e Lucy ebbe un fremito, due fremiti, uno dopo l'altro.
Solo
allora George si accorse che Lucy aveva acceso il fuoco nel camino e
incominciato a buttare
dei libri tra le fiamme.
Le
fiamme, più rosse e vivide che mai, crepitavano malignamente
tra la legna, ingoiando avidamente le pagine dei libri che Lucy
continuava a buttare nel fuoco come posseduta.
Ma
era la sua Lucy e, nemmeno nella follia di quel gesto, non voleva
fare alcun male.
Avrebbe
voluto capire il motivo, il significato di quel gesto, ma, ne era ben
consapevole, sel'avesse
capito, sarebbe stata sicuramente l'ultima cosa che avrebbe capito.
Adesso
allo stereo c'era un'altra canzone, Bookends,
un breve pezzo firmato Simon & Garfunkel.
Time
it was, and what a time it was, it was
A
time of innocence, a time of confidences
Long
ago, it must be, I have a photograph
Preserve
your memories; they're all that's left you
C’era
una volta un tempo, e che tempo è stato Un
tempo di innocenza, un tempo di confidenze Deve
essere stato tanto tempo fa, ho una fotografia Tieni
da conto i tuoi ricordi, sono tutto quello che ti viene lasciato.
Venne
percorso dai brividi, pensando a quanto quella canzone fosse
crudemente reale.
Non
aveva la minima idea di quello che stava succedendo, era forse quello
che aveva le idee meno chiare di tutti, anche suo figlio ne sapeva
più di lui.
Non
lo sapeva, ma sapeva che mantenere il controllo, in tutta quella
confusione,
sarebbe stato difficile.
La
parola “difficile”
era relativamente un eufemismo.
Quella
era la distruzione della mente, un rompicapo a metà, senza
soluzione.
Aveva
l'impressione che tutto ciò che aveva guadagnato
Come
aveva fatto, la sua vita, a prendere una piega del genere?
Dietro
all'innegabile felecità della sua vita con Lucy e con i suoi
tre pargoli, dietro all'apparente appagamento della sua carriera di
musicista, chitarrista, sitarista e compositore, finalmente messa
davanti a qualsiasi altra cosa, oltre la scorza, uscita finalmente
allo scoperto, si apriva un mistero senza ne capo ne coda, di cui non
sapeva niente, ma che aveva completamente sconvolto la sua Lucy, che
mai gli era sembrata indifesa e spaventata, soprattutto spaventata
come
in quel momento.
La
sua vita apparteneva a lui, a Lucy, a Ray, a Jim, a John, in parte
anche ai Beatles... e a nessun altro.
Apparteneva
a tante persone, ma soprattutto a lui.
Chi
era che ne stava prendendo possesso, in quel momento?
Cos'era,
chi
era che aveva dimenticato?
E
poi, aveva realmente
dimenticato qualcuno?
Cosa
sarebbe successo?
C'era
qualcosa che lo spaventava, ed era la stessa cosa che spaventava
anche Lucy, ma come faceva ad esserne così sicuro, se non
sapeva
cosa spaventava Lucy?
Possibile
che tutto stesse improvvisamente diventando troppo complicato per
lui?
Il
giorno dopo il sole sarebbe sorto, e allora forse avrebbe ritrovato
la sua Luce, la luce che avrebbe reso le cose molto più
chiare, forse addirittura più semplici.
Si
trattava di aspettare una notte, una notte prima di cominciare a
capire.
Una
notte difficile.
Se
solo fosse riuscito a carpire qualche dettaglio in più...
Se
solo gli occhi di Lucy fossero stati meno enigmatici...
A
chi apparteneva realmente la sua vita?
A
chi era in grado di vederla, probabilmente.
E
che cosa poteva dire, adesso, adesso che non riusciva più a
guardare oltre?
Non
avrebbe mai voluto averne la consapevolezza, ma ora era quasi sicuro
di non riuscire più a vederla
nemmeno lui.
Eppure,
lui chiedeva soltanto di riuscire a sentire, di riuscire di nuovo a
vedere quello che gli apparteneva.
Anche
solo lontanamente, quello
che aveva
conquistato
in quella vita che non riusciva più a vedere.
I
only ask, that what I feel, should not be denied me now As
it's been earned, and I have seen my life belongs to me My
love belongs to who can see it. My
love belongs to who ...
A
letto, la situazione fu più tragica che mai.
Lucy
si arrotolava le coperte addosso come nel bozzolo di un baco da seta,
respirava a fatica e si stringeva alle coperte con tutte le sue
forze.
Poi
inspirava, espirava, socchiudeva gli occhi e cercava di sembrare
calma.
You
got into my life I don't know how you found me, but you did It
stopped me heading someplace else
Allora
George le si avvicinò, provando ad accarezzarle una guancia.
Lei
lo lasciò fare, con un sorriso tra il mistico e il dolce
disegnato sulle labbra, ma poi serrò le palpebre, scrollò
le spalle e si allontanò di scatto da lui.
Poi
allungò lentamente una mano e afferrò la sua,
stringendola forte.
Took
me a while to say Wish
you belong to me But now I'm saddened like I've never
been Regretting that we'll leave
George
rimase quasi sconvolto dal contatto con la sua mano, scheletrica,
bianca come la neve, come la neve sciolta.
Completamente
priva di battiti.
Poi,
a un certo punto, i battiti ricominciarono, lenti, poco regolari, poi
sempre più veloci, come una
specie di linfa benefica che s'impossessava della sua mano, tanto che
una domanda gli sorse spontanea:
Sono...sono
stato io?
And
for a while you could comfort me And hold me for some time I
need you now to be beside me While
all my world is so untidy
Lucy
gli sorrise, come per ringraziarlo, dopodiché balzò
aggraziatamente giù dal letto, una mano appoggiata alla
candida parete della stanza e quella di George ancora delicatamente
posata sul suo cuore.
La
allontanò, gentilmente, mentre il suo sorriso scompariva
sempre di più.
-Se
non ti dispiace...-
L'ultima
cosa che vide fu l'esile figurina della ragazza avventurarsi a piedi
nudi verso la stanza degli ospiti.
-Non
fraintendermi, George... Sono così contenta di vederti...-
aveva
mormorato a voce bassissima prima di andarsene, o forse l'aveva
soltanto pensato.
Sì,
doveva essere così.
E
allora perché andarsene? Sarebbe stata la più ovvia
delle domande.
Solo.
George
era rimasto solo.
Loneliness
(oh-o-oh) Empty faces (oh-o-oh) Wish I could leave them all
(o-oh) In someplace else (Someplace else)
George
scosse la testa, in ginocchio ai piedi del letto, con quel lenzuolo
esasperatamente candido tra le mani.
Lei
aveva bisogno di lui, aveva bisogno del suo calore, per riprendersi
da tutto quello che era successo,
qualsiasi
cosa
fosse successa, sicuramente troppo dura, ingiusta, crudele e
dogmatica per essere accettata.
Aveva
bisogno di lui, ma, come la neve disciolta al sole, lentamente uccisa
dai penetranti raggi di quella palla calda e incandescente, se n'era
andata.
I
hope you won't let go Maybe you'll let me know That
you'll be saddened like you've never been Regretting that we'll
leave
A
quale inaccettabile verità era stata sottoposta?
Davanti
a quale insormontabile orizzonte era stata messa di fronte?
Quale
arcobaleno era stato spento a forza nel suo cuore?
-Chi
ha avuto il coraggio di lacerare la tua anima iridescente, Luce mia?-
mormorò,
a voce così bassa e intrisa di tenerezza da far tintinnare da
lontano le corde della chitarra di un suono incredibilmente limpido
e...sincero.
And
for a while I could comfort you And hold you in my mind I need
you now to be beside me While all my world is sad and crazy
Ma
nemmeno Ray riusciva a dormire.
Quatto
quatto era scivolato in cucina, aveva afferrato un biscotto al
cioccolato fondente, di quelli che si sciolgono appena sfiorato il
palato e, svicolando per il corridoio, raggiunse il padre.
Senza
dire una parola, gli porse il biscotto con un sorriso che illuminava
l'intero corridoio.
Dopo
quel gesto, George si sentì inevitabilmente pervaso da un
inaspettato buonumore.
And
for a while you could comfort me And hold me for some time I
need you now to be beside me While all my world is so untidy
-Coraggio,
papà. Resisti- gli sussurrò in tono complice,
stringendogli la mano.
George
finì di masticare lentamente il biscotto e ricambiò il
sorriso, spostando una ciocca di capelli biondicci dalla fronte del
figlio.
Quelle
tre semplici parole valevano più di mille altre parole.
Loneliness
(oh-o-oh) Empty faces (oh-o-oh) Wish
I could leave them all (o-oh) In someplace else
Ora
più che mai, Ray era sicuro che l'adorazione di George per
Lucy non si sarebbe mai spenta e questo lo rassicurava sul loro
futuro.
Silenziosamente,
com'era venuto, ripercorse a ritroso la strada per tornare in camera,
lasciando il padre solo con i suoi pensieri, i suoi sospiri, i suoi
desideri impossibili.
Sicuro
che ce l'avrebbero fatta, a superare quel momento.
I
think I'm gonna leave them all In someplace else (Someplace
else)
In
silenzio, George la seguì.
Passarono
lenti tanti, troppi minuti. Aveva perso la nozione del tempo, ormai.
She
can move your soul without your knowing
George,
seduto con le gambe strette al petto sul freddo pavimento di Arnold
Grove, aspettava immobile.
Da
uno spiraglio della porta da cui penetrava una luce quasi tetra, la
guardava con
una certa apprensione, pur tenendosi a distanza.
Lucy
scostò leggermente i bordi delle lenzuola dalle sue gambe e
ricominciò a fissare con gli occhi sbarrati il soffitto.
Fece
una debole pressione con i polpastrelli sulla soffice stoffa del
lenzuolo e riprese a tremare.
Rimase
per tutta la notte in quella posizione.
Sul
pavimento, l'unica, la prima traccia di una lacrima.
BLUE
JAY WAY
Buon
giorno a tutteee!!!
Finalmente
riesco ad aggiornare anche qua!!
Ho
poco tempo perchè devo ancora andarmi a fare la doccia e fare
la spesa, quindi cercherò di essere “breve e concisa”
('na parola...xD)...
Visto
che oggi ho aggiornato due capitoli, cominciamo a parlare di questo
xD
Riguardo
a questo capitolo:
Capitolo
molto complicato da scrivere...molto complicato e immagino anche
molto crudo, poichè quello che ha visto Lucy c'entrerà
in parte anche con la morte di George.
Il
2001 è ancora lontano, ma forse Cin ha voluto farle capire
qualcosa... e forse la sua libreria non è quello che tutti
realmente si aspettano da unalibreria,
così come tutto quello che è successo non è
successo per caso.
Tranquille,
il mistero della libreria sta per essere svelato xD
Ad
ogni modo, questo è l'inizio della parte più importante
della storia soprattutto per John, Jim e Ray e presto ritorneranno in
scena I Beatles Stones... e chissà che non si riesca in
qualche modo a fare qualcosa per George... ;)
Bene,
ho già detto molto, e nel prossimo capitolo sarà
svelato tutto ciò che ha visto Lucy nel fiume e che riguarda
anche George e diventerà tutto di gran lunga più
chiaro... quindi immagino che il prossimo capitolo sarà anche
peggio di questo, ma poi, niente paura, la storia prenderà una
piega completamente diversa...
In
questo periodo sono solita fare disastri, tra i quali il fatto di
svegliarmi la mattina con una voglia matta di creare intrighi,
mettermi al computer e cambiare le carte in tavola, cambiare tutto...
e questo è fondamentalmente uno dei miei difetti xD
Ma
poi cerco sempre di rimediare tutto...xD Anche se la storia della
libreria ce l'avevo già in mente da un pezzo, così come
la prima parte(decisamente più leggera) sull'avventura
spionistica di Geo e Lu', tutto il resto risale a ieri notte, dal
momento che ci ho messo un po' prima di riuscire a dormire e non
appena mi sono svegliata ho cominciato a scrivere questo.
Per
quanto riguarda le canzoni, invece... beh, come già sapete,
tutte le volte che ne ascolto una fermo tutto e cerco di analizzarla
in tutto e per tutto... non solo nella musicalità, ma anche
nella personalità dell'autore(specialmente se questo è
George, mi riesce meglio immedesimarmi... Someplace Else, Fish on the
Sand, That's what it takes, Breath Away Form Heaven e quasi tutte le
canzoni di Cloud 9 ne sono un esempio... :D ) che rispecchia il
testo...insomma, una specie di algoritmo al contrario. XD Non
preoccupatevi, dico così perchè oggi, finalmente, dopo
non so quanti mesi, li ho rifatti e sono riuscita a capirli...
yuppyyy!! Sigh... Gli algoritmi mi ricordano la mia ultima
sufficienza in matematica, il 7 gennaio... xD Ce ne sono state altre,
ma non me le ricordo bene come questa: io che cercavo di fare gli
algoritmi con Octopus's Garden e Oh! Darling in sottofondo...che
serata xD Ma questa è un'altra storia... ;)
Ad
ogni modo, spero di essere riuscita ad esprimermi bene nel capitolo e
che questa nuova, più malinconica parte della storia(anche se
questo argomento fa sempre stare malissimo anche me) vi piaccia...
Passando
a cose più allegre...Riguardo
allo scorso capitolo:
Vi
devo confessare, invece, che l'avventura spionistica di Geo e Lu'
nello scorso capitolo mi è stata ispirata da...
*pa-pa-pa-paaan* “Paperino Intercettato Speciale” del
Topolino 2743 del 24 Giugno 2008, in cui Qui, Quo e Qua piazzavano
una cimice addosso a Paperino xD
Lo
leggo da anni(anche questo mi è stato tramandato da mio papà
xD) e ormai mi sono arresa, non guarirò più dalla
Paperino-mania...xD
*1
dello scorso capitolo: La parte del congiuntivo, invece, è
ispirata a un mio sogno di qualche tempo fa, in cui tutta la classe
mi inseguiva per Londra per chiedermi il congiuntivo del verbo
amputare...
e il bello è che io non me lo ricordavo xD Si sente
l'influenza di Zaz, eh? xD
Passando
alle recensioni... ;)
Marty:Eeeh....per
adesso non posso dirti ancora niente al riguardo, se non che non è
proprio del tutto responsabile Cin...o meglio, lo è, ma per il
bene di Lucy...anche se all'inizio non sembra proprio. ;) Per quanto
riguarda gli Stones sotto copertura... beh, visto i matti che si
ritrovano...che cos' altro ci potevamo aspettare?? xD
Thief:
Proprio
così, dai, facciamo una ola per il nostro Ronnieee!! Anche se
la sua prima conversione a Geovah gli è costata un discreto
numero di dentierate xD Cosa non si farebbe, per i mille Tutankhamon
imbalsamati?? xD I colpi di scena ci saranno, sì... e stavolta
non è nemmeno colpa di PePotamak
xD Cin, in effetti, non è cattivo... E' solo, come hai detto
tu, stravagante...come la sua libreria, che ha una storia tutta sua.
Ma di questo parleremo poi...xD
Zazy:
Lo
sapevo, guarda... se no perchè avrei messo quel paragone?? xD
Lucy
maturerà molto, vedrai... Per adesso è ancora molto
ragazzina, ma qualcosa le aprirà gli occhi... e non posso
ancora dire cosa, perchè saprai tutto nel prossimo capitolo ;)
D'altra
parte, se i nostri marmocchietti Harrison non combinassero niente,
non sarebbero loro...e nemmeno Harrison xD