Eighteen years later

di helionor 95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Allontanamento ***
Capitolo 2: *** 2. Verità ***
Capitolo 3: *** 3. Decisione ***
Capitolo 4: *** 4. Doppia missione ***



Capitolo 1
*** 1. Allontanamento ***



Che bello essere a casa. Mi sentivo decisamente la persona- o meglio la vampira- più felice del mondo. 
Pensavo questo da circa 18 anni, ossia da quando avevo conosciuto Edward, mio perfetto e bellissimo marito, che in quel momento sedeva al mio fianco cingendomi le spalle con un braccio e, di tanto in tanto accarezzandomi dolcemente la guancia. E continuavo a pensare anche in quel preciso momento, ascoltando il respiro regolare e il battito lento del cuore di nostra figlia che dormiva beata. Quella notte eravamo rimasti seduti tutta la notte a fianco al lettino di Renesmee, sentendola borbottare nel sonno parole incomprensibili. Questo l’aveva decisamente preso da me. Quando anche io potevo dormire, avevo l’abitudine di parlare nel sonno, mentre Edward si divertiva ad ascoltarmi fino all’ora del mio risveglio. All’inizio mi chiedevo come facesse ad avere così tanta pazienza, ma ora che ero come lui riuscivo a capirlo. Avendo a disposizione l’eternità, si impara ad aspettare, e ad apprezzare molte più cose.  
Poi quel momento magico perso nei ricordi venne bruscamente interrotto.                                 
–Ragazzi, siamo già in ritardo!- esclamò una voce, da sotto la nostra piccola casetta sperduta in mezzo al bosco. Mi ci volle meno di un secondo per riconoscerla. Era la voce di Alice.              
Evidentemente anche Edward la riconobbe, perché lo sentii borbottare qualcosa come:‘ è sempre la solita’.          
Poi si alzò e si diresse alla porta con due soli balzi, attentamente misurati. Lo seguii di scatto e in un attimo fui al suo fianco.
Se c’era una cosa di cui ero estremamente soddisfatta nella mia nuova vita, era la velocità.   
–Alice! Renesmee sta ancora dormendo!- disse tra i denti, rivolto alla sorella.  
Alice chinò il capo in segno di scusa. Poi, senza troppi indugi, entrò in casa, seguita a ruota da Jasper. Non mi ero neanche accorta di lui, così gli feci un cenno di saluto che ricambiò con un sorriso schietto.
Se c’era un membro della mia famiglia che era cambiato in questi anni, era proprio Jasper, mio fratello -e cognato-. Dopo le mia trasformazione pensavo ce l’avesse con me per il fatto che avessi un autocontrollo superiore al suo, ma evidentemente mi sbagliavo. Finita la faccenda dei Volturi, si era dimostrato molto disponibile e comprensivo. E addirittura simpatico.     
–Non sta nella pelle per il tuo ritorno a scuola- mi sussurrò, riferendosi ad Alice, che nel frattempo si apprestava a scegliere l’abito che avrei dovuto indossare il mio primo giorno all’Università.                               
E in attimo il panico dei giorni precedenti tornò più vivido che mai.         
Però la paura che provavo non aveva a che fare con la classica fifa che avevo da umana quando mi ero trasferita a Forks e dovevo affrontare il primo giorno del terzo anno di liceo. Decisamente quello era niente in confronto alle preoccupazioni di quel momento.     
Avevo paura di perdere il controllo e di attaccare qualcuno, costringendo tutta la mia famiglia a trasferirsi. Evidentemente Jasper si accorse del mio cambiamento di umore, ma fu tanto discreto da limitarsi a lanciarmi un’occhiata sorpresa, del tipo’io te l’avevo detto ’. Ma non avevo la minima di dare a lui e a Edward questa soddisfazione.      
Infatti 10 anni prima avevo sollevato la questione di quando sarei potuta ritornare a scuola. Subito Edward e Jasper si erano coalizzati, sostenendo che come minimo avrei dovuto aspettare vent’anni, se non di più. Ovviamente mi ero sentita ferita nell’orgoglio. Pensavo di essere talmente brava ad auto controllarmi da poter ricominciare la scuola entro due, massimo tre anni. Ma evidentemente gli altri non erano d’accordo. Anche Carlisle sosteneva che era inutile correre rischi, mente Emmett e Alice erano intervenuti in mio soccorso.  
–E’ perfettamente in grado di gestire la situazione- aveva sostenuto il mio fratello-orso, con il pieno consenso di Alice.  
 Esme e Rosalie non si erano pronunciate. I rapporti con la mia biondissima sorella erano decisamente migliorati grazie a Ranesmee, però non mi ero mai illusa che mi avrebbe perdonata del tutto per aver scelto di diventare vampira, rinunciando alla mia mortalità.  Comunque, alla fine eravamo giunti al compromesso che avrei aspettato dieci anni.      
E ora, i dieci anni erano velocemente trascorsi. Troppo velocemente. Avevo fiducia in me stessa, ed ero sicura che Edward non mi avrebbe permesso di fare qualcosa di cui poi mi sarei pentita. Però temevo di attaccare anche lui, o Alice, o chiunque si sarebbe frapposto tra me e la mia preda. 
Fortunatamente, i miei pensieri  vennero interrotti dalla voce squillante di Alice, proveniente dalla camera da letto di Renesmee:   
-La piccola è sveglia!- annunciò.
Feci per precipitarmi nella stanza, ma Edward mi toccò il braccio e mi voltai con aria interrogativa                       
-Lascia andare noi- sussurrò piano in modo che solo io potessi sentirlo -Poi ti spiego- aggiunse sorridendo.  
Fece un cenno a Jasper, e insieme puntarono verso la stanza di Renesmee. Rimasi un attimo interdetta, poi vidi Alice spuntare dalla porta, ansiosa.              
–Bella!-esclamò -Ho appena dato un’occhiata al tuo guardaroba! Non hai assolutamente niente di adatto!-                   
La guardai per un momento, poi mi lasciai scappare un sorriso.    
–Bella!- mi rimproverò -Non c’è niente da ridere, siamo nei guai, sul serio!-
–No…..è solo che….tu non cambi mai, vero?- le chiesi senza smettere di sorridere.          
Quando afferrò il senso del mio sorriso, ricambiò e per un attimo parve dimenticarsi del suo problema. Ma in attimo si riscosse e una mi fece una linguaccia.   
–Certo che no! E comunque non cercare di cambiare di cambiare discorso. Ti conosco, sai?- disse, mentre mi si avvicinava e mi prendeva per un braccio nell’intento di trascinarmi nella camera mia e di Edward.           
–Ok- borbottai -Hai vinto. Come sempre, d’altronde-  
Sorrise compiaciuta, ma non mi lasciò il braccio finché non fummo nella stanza ed ebbe richiuso la porta alle sue spalle. 
Restammo a provare abiti per un bel po’ di tempo, finché Jasper non venne a bussare.  
 –Posso entra….-  
–NO!- sbottammo in coro io ed Alice. Poi, guardandoci, ci abbandonammo a una risata, come due semplici amiche che provano dei vestiti per un avvenimento importante che capita una volta sola nella vita. L’unica differenza era che noi, quel giorno, lo avremmo ripetuto per l’eternità.
-Ok, ragazze- disse Jasper, spazientito - Siamo in ritardo-  La sua voce risuonò forte per tutta la casa. Ci stava parlando da un’altra stanza.         
–Accidenti! Hai ragione….mancano solo 3 ore all’inizio della prima lezione e noi potremmo metterci addirittura 10 minuti!- rispose Alice, sarcastica.       
–Ma non eri tu che volevi arrivare prima per presentare l’ambiente a Bella?- ribatté lui, piccato.                 
Non avevo mai sentito Alice e Jasper stuzzicarsi in quel modo. Probabilmente era la tensione dovuta al fatto che io andassi a scuola per la prima volta nella mia nuova vita. Per alleggerire l’atmosfera, provai a cambiare argomento. 
–Ehm….abbiamo quasi finito. Veniamo a salutare Renesmee e poi possiamo andare- dissi, mentre aiutavo Alice a ritirare velocemente i numerosi vestiti che avevamo provato. Alla fine lei aveva scelto una camicetta anni ’80, molto originale, accompagnata da una gonna di seta azzurra. Io, invece, nonostante il suo disappunto, avevo optato per una maglia tradizionale e un paio di jeans. Comunque, agli occhi degli altri umani -e mi sorpresi di come ormai non mi riconoscessi neanche un po’ in quella categoria- saremmo sembrate degli angeli o qualcosa del genere. O almeno, era quello che avevo pensato io quando avevo visto per la prima volta le famiglia Cullen. 
Provai un briciolo di orgoglio, e con questo sentimento mi diressi verso la camera di mia figlia, seguita da Alice. Però quello che vidi appena varcata la soglia mi fece dimenticare ogni cosa, svuotandomi la mente e risvegliando tutti i sensi sopiti che avevo.  
Al centro della stanza c’erano Edward e Jasper. E, sorprendentemente, in braccio a quest’ultimo c’era Renesmee.       
Mi irrigidii e osservai Edward che, a sua volta guardava nostra figlia toccare gentilmente la guancia dello zio per trasmettergli chissà quali pensieri.          
Osservai meglio mio marito e notai che aveva la mascella leggermente contratta, in evidente stato di tensione. Alice, al mio fianco, rimase invece perfettamente immobile. Poi, lasciandomi senza parole, sorrise radiosa.  
Eppure doveva sapere meglio di me che Jasper non aveva un buon auto controllo, e Renesmee rappresentava sicuramente una prelibata tentazione per lui. Feci per dirle qualcosa, poi i sussurri di Jasper attirarono la mia attenzione.   
–Certo…per me…importante…- stava mormorando all’orecchio di Renesmee. Riuscivo appena a cogliere qualche parola indistinta, nonostante il mio udito sviluppato.        
Vederlo così vicino a mia figlia mi fece rabbrividire, ma notando che perfino Edward si stava rilassando, cercai di comportarmi in modo spontaneo.             
–Ehm…- cominciai, cercando di attirare su di me l’attenzione -che ne dite di andare? Siamo in ritardo di una vita, adesso-
Ma Renesmee continuava a mostrare a Jasper immagini che solo loro potevano vedere. Ero abbastanza irritata, ma cercai di non darlo a vedere. Però Alice evidentemente se ne accorse, perché si avvicinò piano a Jasper e sfiorandogli un braccio lo riportò alla realtà.
–Che cosa c’è?- chiese lui, brusco.
Adesso ero allibita. Jasper, legato ad Alice in maniera impressionante, non aveva mai usato un tono così duro con lei. Anzi, solitamente era molto protettivo e dolce nei suoi riguardi. Più volte si era dimostrato addirittura pronto a dare la vita per lei.    
Anche Alice si accorse del suo tono e ,sgranando gli occhi, stupita, rispose a tono.      
–Pensavamo che visto che hai stressato fino ad adesso dicendo che per colpa nostra saremmo arrivati in ritardo, adesso potresti darti una mossa- disse acida.    
–Uhm…-grugnì lui- D’accordo. Diamoci una mossa- E detto questo scattò al mio fianco, porgendomi delicatamente Renesmee. Poi uscì senza dire altro, rivolgendo un ultimo rapido sorriso a mia figlia, che ricambiò allegra. Infine, dopo un attimo di indecisione, lo seguimmo tutti.    
Avevamo appena abbandonato Forks, lasciando Renesmee a Rosalie.                                                   
–State tranquilli- aveva detto –Io e Emmett per quest’anno abbiamo deciso di non frequentare la scuola. Tanto avremmo dovuto ricominciarla in un altro posto-  In effetti lei e il marito avevano finito l’Università  proprio l’anno prima. E poi Rose non vedeva l’ora di passare un po’ di tempo con la nipotina, quindi avevamo accettato di buon grado ad affidarla alle sue cure. Sfortunatamente, capii da li a poco che a scuola saremmo dovuti andare in macchina. Avremmo impiegato la metà del tempo correndo, ma sarebbe sembrato sospetto se degli studenti provenienti da tanto lontano fossero arrivati a piedi. E il nostro intento principale era proprio non attirare l’attenzione.  
Mentre viaggiavamo sulla mia ‘auto del dopo ’, regalatami da Edward per il post-matrimonio, Jasper mi spiegava le regole basi per il comportamento in presenza di un così grosso numero di umani.  
Non rimanere per troppo tempo ferma nella stessa posizione. Non osservare un punto fisso per più di 5 minuti. Non dimenticare di respirare. Non mostrare agli umani il colorito variante dei nostri occhi a seconda della sete. Insomma, una serie di cose che ormai a me risultavano abituali.   
–Non preoccuparti – mi disse dolcemente Edward, seduto al mio fianco nei sedili anteriori -Non permetterò che accada nulla di male-     
Ovviamente le sue parole mi rassicurarono, al punto che per qualche minuto dimenticai ogni timore godendomi le sue leggere carezze.
–Bene. Siamo arrivati- annunciò infine Jasper, rompendo l’incantesimo.
Scesi veloce dall’auto e feci per dirigermi verso quello che supposi doveva essere l’ingresso principale, nel quale erano accalcati molti studenti. Troppi studenti, per i miei gusti, e per di più tutti deboli e indifesi.
Sentii la sete bruciarmi in gola, mentre un moltitudine di odori giungevano al mio olfatto sovrasviluppato. Tremai, pensando a ciò che mi aspettava nel momento in cui sarei entrata in contatto con tutti loro in modo più ravvicinato. Sentii Edward afferrarmi la mano, ma questa volta ero troppo preoccupata per tranquillizzarmi. Rabbrividii di nuovo e mi resi conto che tutte le mie paure stavano per diventare realtà.
Poi, proprio mentre stavo prendendo in seria considerazione l’idea di scappare, sentii una sensazione di pace pervadere il mio corpo con una velocità impressionante. Mi voltai di scatto e vidi e, con stupore, vidi Jasper chino su Alice, mentre mormorava parole veloci e incomprensibili.
Mi sembrò opportuno distogliere in fretta lo sguardo, ma mentalmente ringrazia Jasper di tutto cuore.
Nel frattempo Edward al mio fianco sorrideva, guardando distratto un gruppo di ragazzi che ci lanciavano occhiate bizzarre, come se fossimo dei mostri. Ero quasi tentata di dirgli qualcosa, poi ricordai come tutti, me compresa, guardavo i Cullen al liceo. Come fossero alieni provenienti da un altro pianeta. Allora mi resi conto che erano occhiate curiose, e allo stesso tempo invidiose.
Sorrisi, poi tornai velocemente ai miei pensieri. Sentendo la paura tornare, domandai a Edward la prima cosa che mi venne in mente.
–Ehm…cosa è successo ad Alice? Questa mattina era stranamente silenziosa….-dissi a bassa voce.
–Uhm……-mugugnò lui distratto. Stava evidentemente pensando ad altro.
–Edward!- esclamai, alzando un po’ il tono della voce, facendolo sobbalzare.
–Scusa, hai detto qualcosa?- mi chiese, di nuovo presente a se stesso.
–Mi chiedevo perché Alice fosse così silenziosa questa mattina….- risposi, di nuovo sussurrando.
–E’ quello che cercavo di scoprire- disse, sorridendo dolcemente -Prima che mi interrompessi-
-Ah, scusa- borbottai. Mi sorrise di nuovo e tornò a concentrarsi su un punto fisso di fronte a lui, perdendo lo sguardo nel vuoto. Stava certamente provando a penetrare nella mente della sorella.
Attesi, paziente, ma non dovetti aspettare a lungo. Vidi gli occhi di Edward spalancarsi leggermente e scattare nella direzione di Jasper.
–Edward, ma cosa……?- chiesi, lasciando la frase in sospeso.      
Lui corrugò le sopraciglia perfette e si limitò a rispondere a monosillabi.
–Chiedi ad Alice. E’ complicato- disse con tono duro, che evidentemente non tollerava obbiezioni e domande. Sorvolai sul suo cambiamento di umore e mi voltai verso la mia macchina, in tempo per vedere Jasper che, sorridendo, sfiorava la guancia di Alice, per poi allontanarsi a grandi passi. Guardai confusa l’espressione di lei, che lasciava solo trapelare un’immensa tristezza.
Accidenti. Quella era decisamente una giornata nera. Prima, avevo il terrore di uccidere qualcuno. Adesso Alice era depressa e Jasper più misterioso che mai.
Ero confusa e irritata per essere l’unica all’oscuro della situazione, ma una fastidiosa campanella segnò l’inizio della prima ora. Un cumulo di ragazzi si affrettò verso l’entrata e un’altra ondata di odore fece scattare la mia sete.
Ma ero troppo presa da altri pensieri per farci caso. Mi staccai da Edward, che invece rimase immobile, e camminai verso la macchina nella quale era ancora seduta Alice, ben attenta a non superare un certo limite di velocità. Mi accomodai al suo fianco sui sedili posteriori, in attesa.
Notai che era estremamente pallida, persino per essere un vampiro.
-Chissà cosa le ha detto Jasper…- pensai, mordendomi il labbro.     
Sentii uno strano senso di impazienza e frenesia sovrastare la sete di sangue. Erano passata diversi minuti, ma ancora Alice non si decideva a parlare. Mi voltai verso di lei, con fare incoraggiante. Ma qualcosa nella sua espressione mi bloccò. Sembrava…beh, non sembrava Alice. Ogni traccia di allegria era scomparsa dai suoi occhi, ogni scintilla di vitalità sparita.
A quel punto abbandonai il mio desiderio di farla parlare. Ero disposta a aspettare finché non si fosse sentita di dirmi la verità.  

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Capitolo 2
*** 2. Verità ***


Mi sentivo strana. Di solito -o almeno, nella mia vita umana- era Alice a consolare me.
Adesso invece ascoltavo i suoi sospiri affranti e percepivo la sua ansia come se fosse la mia. Non sapevo come comportarmi. Non ero mai stata una buona spalla su cui piangere, e comunque non avevo mai avuto una vera amica che ne avesse bisogno.
Avevo già deciso di rimandare il mio ‘primo giorno di scola’, e mi sentii sollevata al solo pensiero. Invece Edward mi aveva annunciato che avrebbe fatto un giro intorno all’edificio per rintracciare Jasper e costringerlo a parlare. Non ne capivo bene il senso, visto e considerato che poteva limitarsi a leggergli nel pensiero. E poi, che senso aveva cercarlo intorno scuola? A giudicare dall’espressione di Alice doveva essere successo qualcosa. Qualcosa di grave.
Lo stesso Edward era in evidente stato di tensione, e la sua espressione seria mi convinse a non obbiettare.
– Non preoccuparti. Si risolverà tutto, vedrai- mi disse, più rivolto a se stesso che a me, come per auto convincersi. Mi riservò il suo solito sorriso sghembo, me c’era qualcosa che non andava. Il sorriso si spense ancor prima di illuminargli l’intero viso. Sfiorò velocemente la mia guancia, a al suo tocco caldo mi rilassai. Poi si diresse a grandi passi verso il retro dell’istituto, senza rivolgere una parola alla sorella.
Tornai rabbuiata al mio posto in auto, e attesi paziente le risposte a tutti i miei dubbi.
Passarono parecchi minuti, o forse ore, ma non me ne accorsi, presa com’ero dai miei pensieri. Ascoltai pigramente una campanella che segnalava l’inizio delle lezioni pomeridiane. Dov’era Edward? E che fine aveva fatto Jasper? Sinceramente, non ero neanche sicura che fosse entrato a scuola. Ma allora perché Edward ci metteva così tanto? In una situazione del genere, non sarebbe certo rimasto in classe ad aspettare la fine delle lezioni per agire.
Poi la voce tremante di Alice interruppe il filo dei mie pensieri.
–E’ partito…..- mormorò a bassa voce -E’ andato.….via- concluse.
Mi accigliai. –Jasper è andato via? Ma cosa dici?- chiesi, stupita da come fossi comunque riuscita a mantenere la calma nonostante la notizia.
–E’ tornato a casa sua- rispose tremando- E’ tornato da Maria -
In un attimo la storia di Jasper mi tornò in mente, e ricordai a chi si riferisse con il nome Maria. Era la vampira che lo aveva trasformato. Però ricordai anche un’altra cosa. Jasper odiava Maria, e provava un gran risentimento nei suoi confronti. E adesso perchè voleva tornare da lei? E soprattutto, come poteva partire così, su due piedi?
–Ma….Maria è…insomma, Jasper la odiava…- sussurrai, sconvolta e disorientata.
–Era quello che credevo anch’io- mormorò lei in risposta -Ma evidentemente la mia fiducia era mal riposta. Per tutto questo tempo…..mi ha mentito- Pronunciò le ultime parole quasi urlando e i suoi piccoli occhi si accesero di rabbia, prendendo una sfumatura rossastra. Non l’avevo mai vista così…vampira. Tese i muscoli e scattò in piedi.
–Alice…di certo c’è una spiegazione- dissi, cercando di placarla.
–Certo che c’è. Mi ha presa in giro. Ecco la spiegazione- disse a denti stetti, tremando di rabbia.
–Ti prego, Alice, calmati!- Adesso il mio era un tono implorante. Non sapevo come comportarmi.
-Accidenti Edward!– pensai -Dove sei, quando servi?-
Quasi come se avesse sentito i miei pensieri, ecco mio marito spuntare al mio fianco. Sobbalzai sorpresa, senza smettere di fissare Alice. Quando però lo sentii sfiorarmi un braccio, fui costretta a voltarmi per trovare un qualche conforto nel suo viso. Invece, per la prima volta in vita mia, ciò che vidi non fece che farmi infuriare.
Edward, al mo fianco, aveva un’espressione totalmente rilassata. Sembrava quasi che stesse trattenendo le risate. Provai l’impulso di tirargli un pugno, ma mi trattenni. Non riuscii però a evitare un ringhio cupo. Se ne accorse e mi guardò con un’espressione di puro stupore. Gli lancia un’occhiataccia e, di fronte alla sua aria innocente, mi infuria ancora di più. Come poteva rimanere insensibile di fronte alla sua sorella preferita che tremava di rabbia? E perché non provava a rintracciare Jasper, invece di rimanere lì a ridere?
Comprendendo il mio stato d’animo, cercò di spiegarsi.
–Bella…cerca di capire…..questi non sono…-iniziò, ma non lo lascia terminare la frase.
–Questi non sono affari nostri, stavi per dire?- ringhiai tra i denti, cercando di darmi un contegno. Non volevo aggredire Edward, ma non riuscivo a capire le sua intenzione. Voleva forse limitarsi a osservare? Lasciare che Alice soffrisse e che Jasper se ne andasse? No. Non potevo accettarlo. Avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per impedire che ciò accadesse. Con o senza il suo aiuto.
E di questo ero certa.

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Capitolo 3
*** 3. Decisione ***


Correvamo rapidi e silenziosi in mezzo al bosco. Aveva cominciato a piovere e l’unico rumore che percepivo era lo scrosciare dell’acqua sull’asfalto della strada poco lontana. Ripercorrevo mentalmente gli eventi della mattina appena trascorsa.
E più ci pensavo più mi sembrava impossibile. Proprio per questo motivo stavamo tornando a casa. Avevamo bisogno di spiegazioni e Carlisle era sicuramente la persona più saggia della famiglia, avendo molti decenni di esperienza alle spalle. Era stata una scelta di Edward.                       
–Dobbiamo tornare a casa. E’ necessario parlare con Carlisle. Ed Esme ha il diritto di sapere…..- aveva detto ad Alice. Lei evidentemente non era d’accordo, ma non aveva posto obbiezioni. Era imperscrutabile. Passata la crisi di rabbia non aveva più pronunciato parola. E questo era preoccupante.  
Lasciata l’auto in un angolo appartato eravamo partiti immediatamente, cercando la scia di odore lasciata da Jasper. Purtroppo però lui era sempre stato bravo a mascherare le tracce e ci mettemmo più del previsto a rintracciarle. Troppo tempo. Nel frattempo era ricominciata la crisi di nervi di Alice. Ora aveva trovato il modo di sfogarsi nella corsa, lasciando più volte indietro me ed Edward. Nonostante queste problematiche raggiungemmo presto il vialetto di casa nostra, che percorremmo in meno di 30 secondi. Ad aspettarci sulla soglia trovammo Rosalie, che teneva per mano Renesmee  impaziente. Appena ci vide insistette per venirmi  in braccio e l’accolsi di buon grado, stringendola a me. Edward si avvicinò e senza dire una parola iniziò ad accarezzare i capelli di nostra figlia, lo sguardo perso nel vuoto. Tuttavia non dava l’idea di essere preoccupato.                          
Poi, mentre cercavo di capire il perché della sua indifferenza, Alice mi passò a fianco ed entrò in casa sbattendosi la porta alle spalle.  
–Non vuole essere seguita- spiegò Edward.      
–Edward…cos’è successo?- chiese Rosalie, sinceramente preoccupata.   
–Aspettiamo Carlisle. Non voglio ripetere tutto due volte-rispose lui, chiudendo il discorso.
Entrammo in casa, dove trovammo Emmett ed Esme sul divano. Lui, impassibile, teneva il grosso braccio sulle spalle della madre, scossa da lievi tremiti. In quell’istante ricordai l’enorme istinto materno di Esme e capii che doveva già essere stata informata da Alice. Sicuramente per lei perdere un figlio doveva essere un dolore insopportabile.                  
Mi guardai intorno, ma non vidi Alice. Evidentemente era andata nella sua stanza. Pensai di raggiungerla, ma non feci in tempo a muovere un passo che Carlisle sbucò dalla porta d’ingresso, il volto teso per la preoccupazione.                
–Edward…racconta tutto- ansimò.

Il silenzio era calato nella stanza. Nessuno poteva credere a ciò che aveva appena ascoltato. Nessuno voleva crederci. Jasper, membro a tutti gli effetti della famigli Cullen, se ne era andato lasciando credere che non sarebbe tornato mai più.      
–Non possiamo lasciarlo andare via così- aveva singhiozzato Esme
-Dobbiamo fermarlo-                                       
Carlisle, diplomatico come al solito aveva risposto subito.        
–E’ una scelta sua. Se Jasper ritiene che sia necessario tornare al suo stile di vita precedente, lo lasceremo stare-
-Ma…Carlisle!- aveva esclamato Emmett indignato – Sta commettendo l’errore più grosso della sua vita! E tu glielo stai permettendo!-
-E’ una scelta sua- aveva ribadito Carlisle, testardo.  
Poi, con calma straordinaria, Renesmee era riuscita convincere tutti.
–Io rivoglio lo zio. Gli voglio bene e lo conosco da pochi anni. Voi che lo conoscete da così tanto tempo, dovreste volergli talmente bene da non volerlo perdere, neanche per qualche giorno- concluse.
–Noi gli vogliamo bene. E per questo che lo lasciamo decidere da solo cosa è meglio per lui. Senza intrometterci -aveva provato ad obbiettare Carlisle   
-Non ha senso. Scelta sua o meno, se gli volete bene non dovete lasciarlo andare via-                                         
In effetti il suo semplice ragionamento non faceva una piega, e con il suo fare innocente riuscì persino a plasmare le convinzioni di Carlisle.
Era deciso. Quella sera stessa saremo partiti per ritrovare il nostro Jasper.

I preparativi erano terminati. La ‘missione di recupero ’ poteva avere inizio. Mancava un ultimo piccolo grande dettaglio. Informare Alice della nostra imminente partenza.
Ovviamente fui io l’incaricata ad andargli a parlare e, in un certo senso, ne fui felice. Certo, avrei dovuto vedermela con la sua furia probabilmente non ancora placata. Ma era anche un’occasione per mettere alla prova la mia amicizia e per ringraziarla di tutto quello che aveva fatto per me fino a quel momento.  
Giunta di fronte alla sua stanza, feci un bel respiro e bussai. In fondo, anche i vampiri potevano avere la tremarella. O forse ero solo io.   
Un debole ‘avanti’ mi fece prendere un po’ di coraggio. Almeno non era più arrabbiata. Solo depressa.        
–Ti aspettavo, Bella- sussurro lei con un  lamento che non aveva niente a che vedere con la sua voce cristallina.     
Mi inchiodai sul posto, vedendo com’era ridotta. Gli occhi vispi da folletto erano spenti e vitrei. Stava seduta con le braccia intorno alle gambe, il mento appoggiato sulle ginocchia. La trovai più piccola che mai e dovetti resistere contro l’istinto di correrle incontro e di abbracciarla. Non riuscivo a immaginare come avrebbe reagito, ma preferii non sfidare la sorte. Non avevo mai pensato ad Alice come a una persona- o meglio vampira- che avesse bisogno di consolazione e di affetto, ma vederla così mi fece cambiare immediatamente idea.    
–Alice- dissi seria, facendo un passo verso di lei- noi stiamo per partire. Andiamo a cercare Jasper. Sei dei nostri?-     
Mi pentii immediatamente di ciò che dissi. Evidentemente il nome ‘Jasper’ era tabù. Appena lo pronunciai, affondò il viso nelle ginocchia ed emesse un debole mugolio.
Poi, un veloce flashback  mi fece venire un’illuminazione.   
Ma certo! Come potevo essere stata così stupida! Ora mi era tutto chiaro. Le lanciai un’altra rapida occhiata e non ebbi più dubbi. Si sentiva esattamente come mi sentivo io quando Edward aveva deciso di lasciarmi.                                                    
In un attimo ripercorsi quel periodo buio -forse il peggiore - della mia vita. E mi venne anche in mente che l’unica cosa che mi fece sentire meglio fu rivederlo.
Adesso ciò che dovevo fare mi appariva chiaro e limpido. Avrei trovato Jasper e l’avrei riportato a casa, anche a costo di rompergli ogni singolo osso del corpo e, sinceramente, non mi sarebbe dispiaciuto più di tanto. Non aveva la più pallida idea di ciò che aveva combinato andando via. Stava distruggendo quella che fino a qualche tempo prima era stata la sua più importante ragione di vita. Ma chi si credeva di essere per far soffrire così Alice?
Sentii la rabbia ribollire e un ringhio sordo nascermi nel petto. Mi voltai per nasconderle la mia espressione,e feci due passi verso la finestra socchiusa.    
–Vuoi andartene anche tu?- mi chiese in un sussurro strozzato, senza neanche guardarmi.                        
Mi sentii stringere il cuore, anche se ormai aveva smesso di battere da tempo. Ormai la situazione era diventata una questione di principio.   
–Torno presto- promisi.  
E con questa convinzione spalancai la finestra e mi fiondai giù, immergendomi nella notte nera e senza stelle.

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Capitolo 4
*** 4. Doppia missione ***


Saettavo tra gli alberi a colpo sicuro. Sapevo dove dovevo andare. Avevo scoperto di essere molto brava a seguire le tracce e non ci misi molto a ritrovare l’odore di Jasper.             
Corsi per ore perdendo la cognizione del tempo. Ero concentrata sul mio obbiettivo e niente riusciva a distrarmi, neanche la sete che provavo vedendo cervi e caprioli sfrecciarmi a fianco. Era da giorni, forse settimane, che non mi nutrivo e adesso la sensazione che provavo mi ricordava una battuta di caccia.     
-Io sono il predatore e Jasper la preda- pensai, decisa -Sarà meglio che si prepari. Lo riporterò a casa, dovessi impiegarci 50 anni-
Poi, come se fosse sempre stata dietro di me, ecco apparire una figura nera e indistinta che mi sfrecciava a fianco, sostenendo perfettamente il mio passo. 
Mi si stava avvicinando e scartai di lato, mettendo un paio di metri di distanza tra di noi.                                  
Aumentai il passo, certa di riuscire a lasciarmi alle spalle quella figura grottesca, incerta sulla sua natura. Eppure continuava a starmi dietro e a un certo punto lo sentii emettere un suono grottesco. Una specie di risata.
Inchiodai immediatamente e lui fece altrettanto. Ora potevo riconoscerlo.                                               
Quella figura così scura e lupesca non era altri che il mio migliore amico, Jacob.                                                  
–Ehi Jake!- esclamai sorpresa -Che ci fai qui? Mi stai pedinando?-
Il grosso lupo emise un guaito e scattò in direzione degli alberi. Quando compresi le sue intenzioni mi voltai e attesi paziente. Poi una sonora risata alle mie spalle mi fece voltare.     
Davanti ai miei occhi apparve Jacob nella sua forma umana. Come al solito indossava solo un paio di pantaloncini corti e sbrindellati.
–Ciao, Bella!- esclamò divertito -Come mai da queste parti?-
-Potrei farti la stessa domanda- puntualizzai stizzita. Era tanto difficile mettersi una maglietta?            
-Beh…sei nella mia riserva….- disse lui, sulla difensiva.      
Smisi di respirare. Non era possibile. Non era proprio possibile. Stavo correndo da ore, eppure ero ancora nella riserva dei Quilieut. Tutti gli sforzi che avevo fatto erano stati vani.     
Presi a tramare di rabbia ed evidentemente Jacob se ne accorse.  
–Cosa c’è, Bella? Hai freddo forse?- chiese, sarcastico. Ma non ero proprio in vena di battute ironiche. Stavo assaporando l’amarezza della sconfitta.          
Jasper era stato più previdente di me e aveva fatto in modo di confondere le sue tracce. Avevo girato in tondo e non me ne ero resa conto. Ero stata una perfetta idiota, sotto ogni punto di vista.
E di nuovo tornò la rabbia di prima. Avevo bisogno di sfogarmi.
–Jacob…- dissi cercando di trattenere la rabbia -Ci vediamo- E mi voltai.                                                          
–Ehi Bells, aspetta!- esclamò –Scusa, prometto che non faccio più battute! Aspetta!-                                            
Ma era già troppo tardi. Avevo iniziato a correre, e l’ultima frase mi giunse come un’eco lontano.                           

Correvo. Non sapevo da quando né da quanto tempo. Avevo solo voglia di sfogarmi e di urlare a squarciagola. Il senso di colpa aveva sostituito la rabbia, e mi sentivo malissimo.   
Per colpa mia e della mia stupidità avevamo perso Jasper. Lo avevamo perso per sempre.                                             
Quella assurda e dolorosa realtà si fece breccia dentro di me. Pensai ad Alice, ad Esme…….al loro immenso dolore. Sentii gli occhi pizzicare e capii che se avessi avuto delle lacrime in quel momento le avrei versate.
E Jacob non mollava. Appena mi ero allontanata, lui si era ritrasformato e adesso mi stava alle calcagna, ululando per attirare la mia attenzione. Però non avevo la minima intenzione di fermarmi. In quel momento non avevo bisogno di comprensione e di rassicurazioni.
A dire la verità, volevo Edward. Lui mi avrebbe capita a sarebbe sicuramente riuscito a darmi un po’ di conforto. Ma non c’era. Ero da sola, e me la sarei cavava ugualmente.
-Non proprio ugualmente- pensai con tristezza.   
Un altro ululato squarciò il perfetto silenzio notturno. 
–Smettila Jacob!- urlai, voltandomi appena nella sua direzione. Lui ringhiò piano in risposta. Non si sarebbe mai arreso. E non avevo proprio voglia di correre finché uno dei due si sarebbe stancato, cosa che sarebbe accaduta dopo un paio di giorni, considerando la resistenza dei licantropi.                 
Mi fermai controvoglia. Lui scattò in un grosso cespuglio e in pochi secondi ne uscì in forma umana, con i soliti pantaloncini.  Aveva lo sguardo scuro e mi squadrava come se non mi avesse mai vista.  
–Bella…-iniziò a parlare con tono sommesso -Cosa ti è successo? Sei pallida, più del solito, almeno-         
Esitai. Non me la sentivo di raccontare di nuovo tutta la storia.
La ferita nella mia anima era ancora aperta. E sanguinava.
Poi, non so come, mi ritrovai seduta al suo fianco e, apprezzando come non mai la sua pelle rovente e il suo cattivo odore, inizia a raccontare.

Jacob mi fissava sbalordito. Era rimasto impassibile per tutta la durata del racconto, interrompendomi solo per fare qualche domanda. Ma ora che la storia era ultimata, non si capacitava di ciò che aveva appena ascoltato. La stessa reazione della mia famiglia.       
–Ma….ne siete sicuri? Insomma, siete certi che il biondino vi abbia mentito?- chiese, ancora incredulo. Sospirai, prima di rispondere.
–Ho paura di sì, Jake. Non ho mai visto Alice infuriata come in quel momento. E adesso è depressa-
-Non ci posso credere. L’ultima volta che l’ho visto è stato alla festa di fine anno…- mormorò-…e appena ho sfiorato Alice si è infuriato. Non l’avrebbe mai abbandonata. Non così-
In un attimo mi tornò in mente la festa per il diploma. In effetti il ragionamento di Jacob non faceva una piega. Jasper, in quell’occasione, era stato iperprotettivo nei confronti di Alice. Come sempre, d’altronde.
Era evidente. Jasper amava Alice. La amava con tutto se stesso. Il suo comportamento negli ultimi giorni non aveva senso.
–Se le cose stanno così….-iniziò, poi si interruppe di botto. Attesi un momento, ma visto che non accennava a voler continuare, lo esortai.
–Se le cose stanno così…?- ripetei, incitandolo a completare la frase.
Fu il suo turno ad esitare. Dopo qualche minuto, però, si decise a rispondere.
–No, niente. Sul serio, niente di…..importante- balbettò.
Lo guardai con sufficienza, ed evidentemente se ne accorse, perché mi lanciò un’occhiataccia.                    
–Perché mi guardi così?- chiese, stizzito.
–Jake - gli dissi sorridendo -Io sono una pessima bugiarda, ma tu mi superi-
Mi lanciò un’ennesima occhiataccia, poi i suoi occhi si accesero di una strana luce.
–Se le cose stanno così, vuol dire che ha tradito il patto- affermò duramente.                                              
Quando capii il significato delle sue parole, ebbi un violento tremito e sgranai gli occhi. Mi lasciai scivolare a terra, finendo carponi.
–Ehi, Bells! Tutto bene?- mi chiese, preoccupato. Forse non era abituato a vedere un vampiro con la tremarella. Presi un’enorme boccata d’aria e iniziai la sfuriata.
–JACOB BLACK!- ringhiai, pronunciando il suo nome per intero- STAI FORSE DICENDO CHE DEVI UCCIDERE MIO FRATELLO!?-
Sobbalzò e arretrò di un passo, ma sostenne il mio sguardo di fuoco.
-E’ questa la procedura. Lui ha tradito l’accordo. Se ucciderà un umano, dovremo…dovremo sopprimerlo- rispose, cercando di mantenere la calma, ma con scarsi risultati.
Iniziò anche lui a tremare di rabbia, mentre io contavo mentalmente fino a dieci per sbollire. Avevo paura di perdere il controllo. Nonostante tutto, non volevo fare del male a Jacob.
–Non puoi farlo. Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme…..non puoi- sussurrai.                                      
–Mi dispiace Bella- disse lui, impassibile ma ancora tremante.
–Sai benissimo che non lasceremo morire Jasper senza alzare un dito. Scateneresti una guerra- sibilai, cercando di dare un tono minaccioso alla mia voce.  
–Ti sbagli. Sono più bravo di voi a seguire le tracce- disse.
E con orrore capii a cosa alludeva. Aveva intenzione di inseguire Jasper fin dall’inizio. All’improvviso tutto mi fu chiaro. Jacob mi aveva mentito. 
Non eravamo nella riserva. Mi aveva raggiunto con il preciso scopo di capire dove fosse diretto.                 
E io mi ero fidata. Adesso voleva cercarlo…e ucciderlo.
Non capii più niente. Sentivo solo una furia cieca e un ringhio assassino nascermi nel petto.                   
Mi alzai di scattò e con una mano affilata come un rasoio mirai alla sua gola. Jacob si accorse delle mie intenzione e scartò di lato, evitando i miei artigli per un pelo. Lo vidi saltare e in attimo mi trovai davanti a un grosso lupo marrone. Ringhiammo quasi in contemporanea.                                                 
Poi, dopo un debole lamento straziante, Jacob mi diede le spalle e si inoltrò nel folto e oscuro sottobosco, sfuggendo alla mia vista acutissima. Dovetti sostenere una dura battaglia interiore per decidere di non inseguirlo, ma alla fine il buon senso prevalse. C’erano cose più importanti da fare.  Dovevo avvertire al mia famiglia.
Adesso le missioni erano due. Non si trattava solo più di recupero, ma anche di salvataggio.

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