Il Messaggero

di Flaminia_Kennedy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La testa mi faceva male, come ogni volta che un rumore riusciva a superare la barriera che creavo con le cuffie del mio Ipod spento.

Per quanto me le spremessi nelle orecchie qualche fischio o qualche suono sgradito arrivava sempre dall’esterno per mangiarmi quella cosa marcescente che avevo dentro la testa.

Erano passati alcuni mesi da quando i dottori mi avevano diagnosticato un tumore inguaribile al cervello, da quando a scuola ero caduto dal banco svenuto senza che nessuno si accorgesse che stavo guardando il vuoto da almeno un quarto d’ora.

Da quando avevo iniziato a vedere persone morte che mi guardavano con i loro occhi spenti, mi ero sentito diverso molto più di prima.

Mi sedetti sul letto con i tre regali che il giorno del mio compleanno mi aveva concesso, avevo ufficialmente diciassette anni da almeno un paio di ore e soffrivo nel risentire la frase che il dottor Vexen mi aveva detto «Mi dispiace figliolo, ma non arriverai mai alla maturità».

Mia madre aveva detto che era stato meschino a dirmi quelle cose, ma dopotutto non erano la verità? Era meglio vivere un anno, sprecare un anno, perché gli altri mi dicevano che forse durante il corso della malattia si poteva trovare una cura?

No, era meglio sapere tutto e subito, in modo da prepararsi.

Con un sospiro guardai il primo regalo che avrei voluto scartare: proveniva da mio fratello maggiore Cloud e dalla sua fidanzata Aeris.

Mio fratello era sempre in viaggio per il lavoro che faceva -lavoro che io ancora non avevo capito cosa fosse- ma era riuscito a spedirmi quello che desideravo da una vita.

La carta da imballaggio mostrò una confezione di tarocchi originali, provenienti dalla Romania e con le figure dipinte a mano. All’interno c’era persino la descrizione su come utilizzarli e io sorrisi amaramente.

Se mi fossi appassionato prima a quel genere di cose, sarei riuscito a prevedere la mia morte e magari mi sarei potuto suicidare, dando la colpa alla solitudine che provavo.

Posai il pacchetto sul comodino, promettendomi di utilizzarle dopo per spiare nel futuro delle persone che mi stavano attorno, e mi dedicai al secondo regalo.

Stando bene attento a non fare troppo rumore con la carta guardai il miglior libro sugli spiriti venir fuori dalla propria pellicola trasparente, la copertina nera interrotta solo dal titolo scritto in bianco dai caratteri un po’ smangiati.

Avevo cercato per giorni l’ebook di quell’autore, senza riuscire a trovare nulla su internet o su Emule, e finalmente i miei genitori erano riusciti a trovarlo in chissà quale libreria.

Era una guida alla chiamata degli spiriti attraverso rituali strani e tavole oujia, che mio cugino Sora aveva implementato nel suo regalo, l’ultimo che mi rimaneva da scartare.

Presi il libro e scesi nel salotto, mentre sentivo mia madre borbottare preoccupata a mio padre «grazie per il libro» dissi cercando di piegare le labbra in un sorriso, quando loro si accorsero della mia silenziosa presenza.

Mia madre mi abbracciò e quasi piansi di rabbia per la delicatezza che mise a fare quel gesto, come se fossi stato fatto di cristallo «lo volevi tanto, non credo ti possa fare male leggere un po’» aggiunse «sempre con quei videogiochi, non ti fanno bene» e io la guardai, gli occhi azzurri che incontravano quelli verdi di lei «infatti non ci gioco da un mese mamma» le ricordai e potei vedere la sofferenza attraversare il suo volto «bravo…tra poco preparo cena, se vuoi puoi restare in camera» aggiunse, asciugandosi velocemente una lacrima dal volto.

Note dell'autrice:
Bene, questo era un assaggino, sperando che piaccia.
Rettifico che non ci sono spoiler riguardo l'omonimo film Il Messaggero,
ma diciamo che ho preso spunto da quello per tirare fuori qualcosa di nuovo :)
Enjoy!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Il giorno dopo a scuola ci arrivai come uno straccio.

Non solo mi ero addormentato tardi perché avevo letto quasi metà del libro, ma anche perché i soliti sogni di gente morta mi avevano fatto dormire un sonno agitato, così tanto che il mattino mi ero risvegliato completamente fradicio di sudore.

Il dottore diceva che era normale fare incubi praticamente ogni notte, era il mio cervello che soffriva e portava la mia psiche a indebolirsi. Quanto avrei voluto che il mio dottore di famiglia fosse stato Vexen, lui mi avrebbe semplicemente detto che prima di morire sarei diventato pazzo e avrei potuto dormire sonni agitatamente tranquilli.

Odiavo quando i medici indoravano la pillola, che gusto c’era nel sentirsi dire che andava tutto bene quando sapevi benissimo che tutto sarebbe andato di merda?

Mia madre preferiva così, preferiva credere nella speranza che qualcosa sarebbe riuscito a salvarmi.

Mentre cercavo di seguire la lezione di aritmetica guardai il mio compagno di banco costruire aeroplani di carta con i fogli di brutta del proprio compito, tentando di lanciarli all’amico della fila dietro facendosi ripetutamente beccare.

Demyx era proprio stupido, pensai bonario mentre guardavo il ragazzo voltarsi e sorridermi.

Era l’unico che non mi guardava con quello sguardo afflitto di chi guarda un cagnolino morire dopo esser stato investito ed era l’unico a sapere del fatto che io potevo vedere la gente morta.

Quando gliene avevo parlato, conscio del fatto che probabilmente mi avrebbe dato del deficiente, si era esaltato come non mai e la cosa mi aveva risollevato il morale, almeno qualcuno che mi credeva c’era.

Forse perché lui era sempre stato un po’ spiritico, nel senso che credeva in una vita dopo la morte e che il nostro spirito andasse in un mondo parallelo per poter continuare a vivere.

Una specie di paradiso, ma più terra-terra senza le stronzate delle alucce attaccate alla schiena e alle arpe dorate che suonano da sole.

Passai un paio di mesi di quell’anno ad andare a scuola, cercando di spassarmela con Demyx mentre il mio orologio biologico mi diceva che non mi restava poi così tanta energia da spendere in serate al cinema, giornate passate in giro a cazzeggiare nel modo più disparato.

Più m’indebolivo e più leggevo, imparavo a memoria il libro che mi era stato regalato per il compleanno. Così tanto che decisi di utilizzare presto la tavola oujia che mi aveva comprato Sora con l’aiuto dei suoi amici.

Appena arrivai a casa trovai mia madre ai fornelli, che cucinava come una matta «ciao mamma» dissi, cacciando lo zaino a terra e sedendomi a tavola. Ero troppo stanco per portarlo in camera mia, avrei dovuto mangiare ma quella notte avevo sognato un bambino morto per il vomito e davvero non me la sentivo di ingollare anche un solo boccone.

Appoggiai la testa sul tavolo, sentendola beccheggiare un po’ come una barchetta in mezzo al mare «ciao tesoro, domani hai appuntamento dal dottor Vexen, forse ci sono delle buone notizie» disse con un piccolo sorriso sul volto.

Ecco perché stava cucinando così tanto, era felice.

Credeva che le buone notizie fossero riguardanti a qualche medicina miracolosa? Diedi un cenno di assenso senza però muovermi troppo e rimasi dieci minuti in quella posizione, finché la testa non cominciò a farmi male in modo serio.

Avrei dovuto stendermi, come diceva sempre mio padre, ma appena mi alzai le gambe non mi ressero e caddi a terra, innescando un grido di mia madre che fu subito accanto a me «Roxas! Roxas tesoro rispondimi!» urlò, trapanandomi la testa.

Mi portai una mano agli occhi per avere un po’ di buio e dietro la figura di mia madre apparve per un attimo una chiazza rossa e nebulosa, che sparì com’era arrivata «non sto morendo mamma» dissi quando sentii che la sua presa si era fatta troppo ferrea sul mio corpo debilitato «mi fai male» aggiunsi e quella frase ottenne l’effetto immediato di mia madre che schizzava via da me, rimanendomi però accanto «scusarmi tesoro! Vieni ti aiuto ad arrivare al divano» disse, tirandomi su la schiena mentre io mi aggrappavo a lei, le gambe completamente inutili «ecco qui, hai fame? Vuoi qualcosa?» disse mia madre quando finalmente raggiunsi il divano a tre posti e io scrollai appena la testa in un cenno di diniego.

Davvero non mi riusciva di mangiare con tutto quel vorticare del mio cervello «ah…beh ora riposati, tra un po’ arriverà tuo padre» disse andandosene via e io afferrai il cuscino più morbido per poterci posare la testa sopra.

Mi domandai cosa fosse stato quel flash che avevo visto, quel bagliore rossastro un po’ traslucido che aveva illuminato le spalle di mia madre, magari era stato un effetto ottico oppure il mio cervello che dava segni di cedimento.

Mi addormentai, pensando che forse lo avrei fatto per non svegliarmi mai più.


Roxas…

…Roxas…


…Roxas!


Mi svegliai quando mio padre scrollò debolmente la mia spalla e appena aprii gli occhi di nuovo quella nuvola rossa mi passò davanti agli occhi, veloce come un fulmine e trasparente come l’aria, inconsistente «Roxas svegliati» ripetè mio padre, mentre io mi guardavo attorno.

Mi trovavo nella camertata per il pronto soccorso all‘ospedale, non mi ricordavo però in che modo ci ero arrivato «buongiorno» aggiunse ridacchiando alla mia faccia assonnata «ciao…quando…?» chiesi ma lui mi fermò «tua madre mi ha detto quello che è successo e ho preferito portarti in ospedale per un controllo. Il tuo medico ha detto che è normale, ti sei sforzato troppo ultimamente» disse, sedendosi sul bordo del letto per guardarmi da vicino «La mamma mi ha detto che fai degli incubi la notte…»«è normale» lo fermai, prima che potesse dirmi qualsiasi altra cosa «ora sto meglio…non dovevi portarmi qui, sei stanco hai lavorato tutto il giorno» dissi, la mia voce era assonnata e non sembrava nemmeno la mia, da quanto bassa e debole fosse.

Mi dispiaceva far preoccupare i miei genitori, avrei preferito poter andarci da solo all’ospedale, o anche rimanere a casa. Mia madre faceva di tutto in casa per evitarmi qualsiasi tipo di inconveniente, mio padre faceva doppi turni per pagare i medici…e ancora gli facevo venire questi colpi se cercavo di stare attento in classe «forse è meglio se salti scuola per un po’, giusto il tempo che impiegherai per riprenderti» aggiunse, scompigliandomi i capelli.

Quella frase mi diede da pensare, e parecchio.

Era veramente perché dovevo riposare? La mia intuizione era che non si fidavano più a lasciarmi da solo da qualche parte, avevano paura che mi capitasse come quel giorno, che svenissi in classe per non svegliarmi se non dopo tre giorni di coma profondo.

Non avrei più rivisto nessuno «va bene, una settimana dovrei recuperarla in fretta poi…siamo sotto esami lo sai» dissi io, guardandolo negli occhi azzurri che mi aveva passato.

Lo vidi annuire con un sorriso, poi si alzò e infilò una mano nella tasca dei pantaloni che indossava «vado a parlare con i medici allora, se possono tenerti qui in osservazione» disse e sconfitto dalla serietà con cui aveva preso il mio svenimento lo lasciai fare.

Appoggiai di nuovo la testa ai due cuscini che mi sostenevano la schiena e la nuca, sospirando pesantemente.

Odiavo quando venivo comandato a quella maniera senza che qualcuno mi chiedesse un parere «ahh brutta cosa i genitori» disse una voce alla mia destra, dall’unico letto occupato oltre al mio nella sala del pronto soccorso.

Era un ragazzo sui vent’anni che aveva parlato, era sdraiato con le gambe divaricate e le braccia a sostenergli la testa mentre mi osservava con sguardo furbetto «per fortuna i miei hanno sloggiato da un bel po’ di tempo» aggiunse, mettendosi seduto a gambe incrociate con uno scattante movimento delle anche.

Lo guardai bene in volto, riconoscendo che era veramente bello, e i capelli rossi come il fuoco si abbinavano perfettamente agli occhi verdissimi dal taglio allungato che mi stavano fissando con la stessa curiosità di quelli di un gatto.

La cosa curiosa erano i due segni neri sotto di essi, due tatuaggi neri come gocce rovesciate, due triangoli con la punta verso il basso.

Non dissi nulla, spostando il mio sguardo da lui al soffitto, osservando come sembrasse muoversi se non sbattevo le palpebre «il mio nome è Axel micetto biondo, got it memorized?» disse ancora e nonostante la sua voce fosse sempre presente, non mi dava fastidio alle orecchie, anzi sembrava calmare il bruciore che provavo nella testa.

Mi alterai un pochino per il soprannome che mi aveva dato e così lasciai che il mio nome scivolasse fuori dalle mie labbra come un sospiro «Roxas, che bel nome micetto anche se un po’ difficile da dire…preferisco Roxy» aggiunse, alzandosi e vagando per la stanza finché non raggiunse il mio letto.

Sentii dei brividi corrermi lungo la schiena quando si sedette accanto a me, ma non ci feci caso e continuai a fissarlo. Non potevo fare molto di più, mi sentivo veramente fiacco «come mai qui? Hai fatto il monello a scuola e ti sei picchiato con qualcuno?» chiese, incasinandomi i capelli.

La sua mano calda mi fece correre un esercito di spilli lungo la spina dorsale, non riuscii a darmi una spiegazione «problemi di salute varia» risposi con un fil di voce «ma spero di uscire presto da qui» aggiunsi, chiudendo gli occhi e rilassandomi per far andare via il mal di testa.

Lui sembrò capire e sentii il suo peso muoversi appena sul letto e non appena aprii gli occhi vidi mio padre dove Axel aveva preso posto «Roxas svegliati» disse, con lo stesso tono della prima volta che mi aveva parlato «buongiorno» aggiunse.

Aggrottai la fronte, confuso. Era un dejà-vue oppure ero io che non capivo?

Mi sembrava di aver già vissuto quel pezzo di vita e quando sentii mio padre dirmi che era normale perché mi ero sforzato troppo io pensai di essere veramente stupido.

Il mio cervello stava marcendo, era normale che capitassero certe cose giusto? Axel magari era uno che avevo già visto a scuola e la mia mente l’aveva tirato fuori per un motivo imprecisato, giusto per farmi sognare qualcosa che non fossero cadaveri ambulanti.



Note dell'autrice
Ecco qui il secondo capitolo, un po' più lungo del precedente.
Che bello adoro quando si iniziano ad avere commenti il giorno stesso
in cui si è postata una FF, sono commossa ^w^

Kurai_Orihime: Grazie per il bellissimo commento e inizio subito
col dire che no, Sora assolutamente non conosce
la tavola Oujia XD Infatti Riku si è dovuto prodigare
per spiegargli cosa fosse e a cosa servisse.
Riguardo ai segmenti di testo citati nel commento spero sia il modo
in cui ho modificato la FF, perchè non l'avevo capita
molto bene. In effetti avevo pensato anche io ad Aqua come mamma di Roxas
e Terra come il padre, ma poi ho pensato che nessuno dei due
è biondo, quindi credo che rimarranno solo "mamma"
e "papà", infondo sono solo personaggi secondari in questa storia.
Il film "Il Messaggero" è stato il miglior horror che abbia mai visto
anche se il fatto dei cadaveri senza plapebre mi ha traumatizzata
-non sopporto quando fanno qualcosa agli occhi >.<-
e in effetti ho preso solo la storia del film come
ispirazione, non credo di poter relazionare un personaggio
di KH a uno del film se non Roxas con Matt causa tumore.

Sarephen: Roxas deve essere lo sfigato di turno, forse
anche più di Zexion, giusto perchè deve farsi consolare
da Axel, porello xD
Visto, ho aggiornato presto ^^
Riguardo alle AU scolastiche non è che le detesti...
è solo che di scuola ne abbiamo piene
le scatole già nella vita reale, se si
mette anche nelle FF, si salvi chi può!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Stare in quel letto senza fare nulla mi mandava in bestia, non avevo nemmeno il mio libro sugli spiriti da leggere per la cento milionesima volta, così dovetti abituarmi a dormire, svegliarmi per gli esami del sangue e dormire di nuovo.

La testa mi doleva ogni volta che le infermiere passavano accanto alla porta della mia stanza, parlottando ad alta voce e ogni volta le maledicevo inspirando e posandomi le mani sulle orecchie.

Quando creavo quel vuoto attorno a me, mi ritornavano alla mente gli occhi di Axel, così intensi come mai li avessi visti in qualunque altra persona e quasi potevo rivederli fissarmi con quello sguardo sornione degno dello Stregatto.

Da quando lo avevo sognato i cadaveri che avevano infestato i miei incubi erano spariti, facendomi fare sonni profondi poveri di alcuna immagine onirica.

Sembravano essersi dissolti come avrebbe fatto il sale nell’acqua e mi sentii meglio nel saperli lontani dalla mia mente.

E proprio il giorno prima della mia rispedita a casa da parte dell’ospedale il dottor Vexen mi visitò e mi diede la bella notizia che aveva dato ai miei genitori per telefono «L’ospedale ci ha dato la possibilità di farti entrare in uno dei progetti sperimentali per l’eliminazioni dei tumori, tra cui il tuo caso. Certo non è niente di sicuro, potrebbero esserci delle complicanze quali allucinazioni o cose simili, ma almeno sapremo se sei proprio un terminale o meno».

Quel discorso, fatto con quella freddezza scientifica, mi mandò in bestia e mi rassicurò al tempo stesso.

Avevo annuito senza dire nulla e il giorno dopo fui di nuovo in macchina con mio padre, diretto a casa.

Ero più riposato e mi sentivo meglio, ma rimaneva nella mia testa l’idea di essere un malato terminale.

Io non mi sentivo terminale, riuscivo ancora a prendere tutti 9 a scuola -a parte ginnastica da cui ero esonerato- eppure il mondo sembrava volermi morto il prima possibile.

Salutai rilassato mia madre, che mi abbracciò e mi diede da mangiare un piatto di arrosto con patate e una fetta della mia torta preferita, che lei stessa aveva preparato la mattina stessa.

Era domenica e mio padre aveva deciso di fare “due lanci” con me a baseball, l’unico sport che mi era concesso purché non corressi molto forte; ero anche abbastanza bravo nei lanci, quindi quando io e mio padre giocavamo spesso era lui a dover faticare per starmi dietro.

Andavo fiero della mia bravura.

Passato il pomeriggio con mio padre mi diressi in camera per cambiarmi di vestiti prima che quelli sudati mi facessero prendere un accidente e notai la tavola oujia posata sul letto.

Mia madre doveva aver fatto pulizia e dal posto sotto il letto a cui l’avevo destinata lei l’aveva spostata, lasciandola scartata sulle coperte.

Guardando la tavola mi nacque un sorrisetto sulle labbra: perché no? Dopotutto tra poco sarei morto anche io, perché non provare?

Mi sedetti sul copriletto e appoggiai la schiena scoperta alla spalliera del letto, posandomi la tavola sulle gambe, sentendo il relativo peso di essa contro il tessuto soffice della mia tuta da casa.

Presi l’indicatore, a forma di freccia con un oblò in mezzo per mostrare la lettera che lo spirito indicava, e lo posai in mezzo alla tavola dove andava messa; con calma poi lessi tutto il libretto delle istruzioni, rilassandomi e facendo le opportune modifiche alla mia posizione in base a come dovevo sentirmi.

Posai quindi la mano destra sull’indicatore e la sinistra afferrò un blocco notes dal cassetto del mio comodino, assieme a una penna «bene, cominciamo» borbottai a me stesso, inspirando ed espirando, e cominciai a porre delle domande che scrivevo -per fortuna ero ambidestro e quel lavoro era facile per me.

Per dieci minuti ci fu silenzio radio, poi alla mia domanda «c’è qualcuno?» l’indicatore trascinò la mia mano pallida sul YES della tavola.

Un sorriso soddisfatto spuntò sulle mie labbra «disturbo?» e l’indicatore non si smosse dalla risposta affermativa «ah…beh allora me ne vado, mi dispiace» dissi, ma prima di poter staccare le dita dal legno dipinto dell’indicatore esso si spostò sul NO.

Il gesto fu così repentino che quasi mi spaventai «va bene..rimango…» sussurrai, guardando la freccia puntarsi di nuovo sul YES.

Le mie domande iniziarono a scemare d’inventiva quando raggiunsi la mezz’ora di conversazione «qual è il tuo nome?» «I-S-A» «da dove vieni?» «U-S-A» «ti va di dirmi qualcosa?» «D-I-E».

Le ultime tre lettere mi misero in soggezione, ma ingoiai la cosa e andai avanti «com’è morire?» chiesi e la freccia non si mosse più.

Forse quando si moriva non sapeva cosa si passava? O forse lo spirito se n’era andato scocciato dalle mie domande.

E proprio quando mi alzai per scendere per cena, guardai la freccia prendere a muoversi veloce, indicare delle lettere in successione molto rapida.

D-I-E



Note dell'autrice
Ecco qui il terzo capitolo, di transizione, ma comunque un capitolo importante perché entra in ballo il cattivo! Fufufufu >3

Sarephen: Demyx deve assolutamente gasarsi se il suo migliore amico vede i morti, insomma...è cool! XD
Io Zexion lo vedo bene sia con Demyx sia con Marluxia -mi piace tanto mettere insieme caratteri praticamente opposti, ahha sono pazzaaa- e credo che lo inserirò nella storia, ho già una storia in mente e credo che ti piacerà il finale...ma non dico nullaaaaa °w°
Beh rispondere a chi commenta per me è quasi un obbligo, adoro questa cosa, credo che possa aiutare anche a scrivere meglio perchè sai che hai delle persone che aspettano un po' tipo fangirls l'upload del prossimo capitolo :)

Ginnyx: Un consiglio prima di iniziare a rispondere al commento, guardati assolutamente il film perché è molto intenso anche sotto il punto di vista emozionale :) A me non ha fatto molta paura, che solo per The Ring ancora adesso la TV la guardo male xD
Vexen nei panni di medico è adorabilmente crudele, lo so e lo adoro xD Però poi come House un po' di cuore lo trova tra un'ampolla di acido e una mano smembrata dai :P
Riguardo agli errori di grammatica spero di non farne mai, li odio eppure a volte scrivo delle bestialità...una volta ho fatto imprecare un personaggio facendogli dire "non rompermi i ciglioni" insomma xD

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Quella notte sognai di nuovo, dopo la settimana in ospedale, e mi sembrò quasi strano aprire gli occhi nella mia camera e vedere una figura nera seduta a cavalcioni della sedia che avevo accanto alla scrivania non mi spaventò, ringraziai che non fosse invece appeso per il collo in mezzo alla stanza «ciao micetto biondo» sentii la voce roca di Axel arrivarmi nelle orecchie, nel mio sogno, e la figura nera lasciò cadere indietro il cappuccio di una felpa scura, di un colore indefinito, quasi illuminando la stanza con i suoi focosi capelli rossi.

Sembrava la stessa che indossava quando lo avevo sognato la prima volta in ospedale «come stai?» aggiunse, come se la conversazione non stesse avvenendo al buio ma alla luce del sole.

Non risposi, mi misi a sedere sul letto e mi guardai attorno. Stavo sognando la mia camera in modo molto preciso, c’era persino l’interruttore della luce accanto alla porta e la tavola che avevo abbandonato sulla scrivania.

L’unica cosa fuori posto era la sedia, messa più vicina al mio letto dove Axel sedeva «ciao» mugugnai, stropicciandomi gli occhi e sentendo le mani farlo, come se fossi sveglio.

Lui ridacchiò, forse stavo imitando la sua visone di micetto, e incrociò le braccia sulla spalliera, posandoci su il mento appuntito «dovresti riposarti di più e pensare di meno a cose stupide come quelle» aggiunse, indicando con il pollice dietro di sé la tavola oujia.

Io sbuffai, sentendo ancora i brividi che stranamente la sua parlata mi dava lungo il corpo. Forse era stato uno spiffero improvviso, era impossibile innamorarsi di un sogno no? «non ho altro per divertirmi» gli dissi serio e con la lingua ancora impastata dal sonno.

Axel non si mosse dalla sua posizione mentre io tiravo le gambe fuori dal letto e i miei piedi scalzi toccarono il pavimento, sentendolo freddo come se fossi stato sveglio; il ventenne si mosse solo quando tentai di stare in piedi, scavalcò agilmente la sedia e mi prese delicatamente i polsi, aiutandomi come se fossi stato una specie di principino «shall we dance?» mi sussurrò e mi sentii andare completamente a fuoco «ma sei pazzo??» esclamai, scappando dal suo corpo caldo e inciampando nei miei piedi per sfuggirgli. Ringraziai però che quello fosse un sogno perché se fossi caduto veramente al suolo mi sarei fatto parecchio male.

Non lo sfiorai nemmeno solo grazie alle mani forti di Axel, che frenarono la mia caduta e mi ritrovai in una specie di casqué, la schiena arcuata e il petto fremente pericolosamente vicino al suo.

Che senso aveva quel sogno? Mi chiesi mentre lui, incatenando i suoi occhi ai miei, mi rimetteva dritto senza però lasciarmi andare, una sua mano appena sopra il mio sedere e l’altra sul mio fianco «stai attento o ti fai male» sussurrò, guardandomi con quelle iridi lussuriose, quasi luccicanti.

Mi sentii chiamare alle spalle e guardai la porta, dove mio padre mi guardava un po’ stralunato «Roxas stai bene? Io e la mamma ti abbiamo sentito urlare» disse.

Aggrottai la fronte, poi riflettei sul fatto che ero in un sogno così sorrisi «si, scusatemi se vi ho svegliato, stavo parlando con…» voltai il capo ma non vidi Axel di fronte a me, nonostante sentissi ancora le sue mani bollenti su di me. Sembrava fosse diventato invisibile oppure ero io che stavo impazzendo? «…Axel?» «Roxas è stato solo un sogno, coraggio torna a letto» continuò mio padre, andandosene sbadigliando.

Stavo sul serio impazzendo? La sedia era ancora dove il rosso l’aveva lasciata, eppure sembrava non esser mai esistito.

Scrollai la testa e mi stesi nuovamente sul letto, pensando che prima sarei morto meglio era per tutti «buonanotte Roxy» sentii sussurrare nel mio orecchio, proprio quando il cuore cedette al sonno.

Inconsciamente sorrisi, sentendo quelle parole arrivare dritte al cuore.

Chiunque fosse, qualunque cosa fosse…era l’unica cosa che mi faceva dimenticare che presto sarei morto.



Note dell'autrice
Allora, innanzitutto comincio col dire mi dispiace del ritardo ma ho dovuto prestare il laptop alla mia migliore amica quindi ho avuto problemi a postare ^^"
Ora passo velocemente alle risposte alle recensioni!

Cri_chan: Beh gli spiriti cattivi devono essere inquietanti, sennò li licenziano xD Spero piaccia l'aggiornamento!

Sarephen: Beh non proprio ma siamo lì, ecco, riguardo al cattivo. I sogni di Roxas diverranno più che altro contorti come me dopo un tentativo di Yoga! E no, niente spoiler! XD Nemmeno con gli striscioni mwahahha son cattiva >3

Nibi sky: Concordo con te sul fatto che Axel è A-X-E-L *ç* e si, Roxas sarà freddino quanto vuole ma la fiamma del bel rosso lo scioglierà in fretta! E io assolutamente voglio un miglior amico come Demmy! >3< ce lo vedo troppo come caffeinomane che non sta mai fermo ahah xD

Ginnyx: Primo assoluto consiglio.
Non usare mai -dico mai- una tavola oujia da sola o senza qualcuno che sappia come fare. Ma comunqunque sconsigliata.
E' un metodo per richiamare spiriti e se per caso trovassi qualcuno poco simpatico come quello che ha trovato Rox non ci saranno molte persone ad aiutarti.
La mia migliore amica è del campo e ogni volta mi dice che non si dovrebbero mai usare.
Tornando alla FF, direi che i punti di domanda si spiegheranno più avanti e beh, Axel è un fantasmino ^^
Detto anche Fantasma Pomodorino XD
Beh riguardo al film è bello anche sotto il punto di vista psicologico emozionale, perchè non è un horror solo tutta paura, diciamo che in mezzo ci sono anche i sentimenti ben fatti dei protagonisti.
Demyx, essendo il miglior amico di Rox, avrà il suo bel daffare più avanti e purtroppo il Dr. Vexen non sarà proprio sul palcoscenico...dopotutto è un medico spocchioso xD
Grassie per il commento mega galattico xD Mi sballo troppo a leggere i commenti lunghi ahah

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


«Lo so cos’è!» esclamò Demyx mentre camminavamo fuori da scuola.

Sembrava veramente deciso e da quando gli avevo raccontato di Axel sembrava ancora più convinto che io fossi una forza di ragazzo «credo che il tipo che sogni in realtà sia un‘anima sperduta in cerca di aiuto» disse ridacchiando e dandomi una gomitata quasi mi fece cadere «ops! Eheh scusa» e aiutandomi a recuperare l’equilibrio ridacchiò imbarazzato «Dem, tu credi che io sia pazzo?» chiesi, triste nonostante il mio amico facesse di tutto per tirarmi su.

Lo guardai negli occhi azzurri come i miei -forse un po’ più scuri- e lo vidi serio come mai prima di quel momento «Rox, è normale. Stai soffrendo, il tuo corpo sta soffrendo e quando qualcuno è in questa fase…gli si aprono le porte dell’altra dimensione, quella dove gli spiriti vivono» disse, incrociando le braccia sullo stemma dei Lacuna Coil che aveva sulla felpa «Mia nonna prima di morire ha detto a mia madre che vedeva il nonno e tutti i parenti attorno a lei. Tu sei in quelle condizioni, solo che la nonna ci ha messo un paio di ore a morire e tu…beh, un po’ di più» continuò.

Lo sentii in difficoltà con l’accettare che io sarei sparito entro l’anno, così per tirarlo su gli diedi un debole pugno sulla spalla «quando arriverò dall’altra parte dirò a tua nonna dove tieni le riviste porno così ti verrà a tirare i piedi» dissi maligno e lui subito fece gli occhi da cucciolo «nuuuuu ti prego che mia nonna versione fantasma deve far paura e io lo sai che ho paura del buio e dei fantasmiiii» mugugnò scuotendomi delicatamente le spalle, ma facendomi comunque uscire una risata sincera dal petto.

Sei veramente carino quando ridi.


Improvvisamente mi sentii felice, anzi no, spensierato e per un attimo potei sentire le mani calde di Axel su di me, come se avessi un suo braccio attorno alla vita che mi accompagnasse fino alla fermata dell’autobus.

Demyx mi guardò bene e dopo un attimo fece un sorrisino saccente «che c’è?» chiesi confuso e lui mi puntò un dito sulla faccia «sei rosso come un pomodoro…c’è qualche uomo invisibile nelle vicinanze?» mi chiese e io inghiottii a vuoto, constatando che forse aveva ragione.

Mi voltai di scatto, inseguendo la macchia rossa che spariva e compariva da davanti ai miei occhi, per poi sparire, come se fosse stato un riflesso di luce «tutto bene?» disse Demyx dopo che mi chiamò e io sospirai «penso che presto mi metteranno le maniche lunghe Dem…non so se sono pazzo perché vedo un fantasma oppure perché…» lasciai la frase in sospeso, non sapevo se rivelare o no al mio amico cos’avevo pensato, forse davvero mi serviva la chemio che parecchie volte avevo rifiutato «perché cosa?» «lascia stare» lo fermai e salii sul mio autobus, prendendo posto e perdendo lo sguardo oltre il vetro del finestrino, guardando nel riflesso il volto sorridente di Axel, seduto accanto a me.

Appena arrivai a casa mi sentii quasi soffocare per qualche strano motivo.

L’aria sembrava impregnata di benzina per quanto stordiva «mamma sono a casa» esclamai dalla porta d’entrata e dalla cucina provennero alcuni rumori di cocci rotti «mamma cosa…?» appena arrivai sulla soglia della stanza rimasi di pietra, vedevo mia madre a terra che con una paletta raccoglieva quello ch’era stato il servizio di piatti che usavamo di solito per mangiare.

Alcuni spruzzi di sangue accompagnava l’orribile rumore dei piatti che strisciavano sul pavimento di cotto e guardai mia madre tentare di trattenere il pianto che stava sbocciando dai suoi occhi «Roxas tesoro vai in camera, la cena sarà pronta tra un po’» mi disse, cercando di nascondere il tremolio che aveva nella voce.

Intuii che cosa fosse successo ma obbedii, camminando fino in camera mia dove pareva esser scoppiata una bomba: tutti i libri che tenevo nello scaffale sopra la scrivania erano riversi a terra, così le coperte e il materasso, mentre la tavola oujia era al posto del cuscino.

L’indicatore a freccia su di esso continuava a indicare lettere a casaccio «basta!» mi venne da gridare e un lampo blu mi comparve davanti agli occhi assieme alla visione di un paio di occhi gialli come l’oro ma affogati nella rabbia, nella pazzia.

Il mio corpo venne sbattuto contro la porta chiusa da un’entità invisibile e il dolore che provai alla testa fu solo una piccola parte del dolore che sentii in tutto il resto del corpo. Quasi mi stessero trattenendo per la gola rimasi con le gambe a penzoloni, mentre mi dibattevo per forzare una presa che non esisteva su di me.

Pensai subito che avevo fatto male a farmi regalare quella tavola, che avrei dovuto bruciarla il prima possibile «LASCIALO» fu l’urlo che sentii nella mia testa, un urlo che mise a tacere il rumore che sentivo, il costante fischio che mi stava mangiando il cervello come un tarlo affamato.

Mentre cascavo a terra con la schiena ancora appoggiata alla porta vidi, attraverso le mie palpebre socchiuse, due corpi scuri che lottavano, senza però danneggiare quello che era presente nella stanza.

Uno di essi era inconfondibile, la macchia rossa dei capelli mi fece sentire tranquillo all’improvviso, come quel pomeriggio e solo allora potei definirmi convinto.

Vedevo gli spiriti e Axel stava proteggendomi da quello che pareva un demone, dal volto ancora sfocato ma solcato da delle lunghe cicatrici.

La battaglia si spostò da qualche parte, perché l’atmosfera pesante sparì non appena loro due uscirono fuori dalla finestra, come se il muro non esistesse.

Mi fiondai al piano di sotto, guardando mia madre che -a quanto pareva- aveva fatto pace con mio padre, e correndo oltre la cucina mi catapultai fuori dalla porta d’ingresso, guardandomi attorno.

Potevo sentirli vicini entrambi, potevo vedere le loro figure nebulose diventare sempre più solide e con la testa che minacciava di scoppiare corsi sul retro della casa.

I due spiriti, o meglio, Axel e lo sfregiato se le stavano dando di santa ragione e quasi potevo vedere il sangue schizzare dalle ferite che si erano aperti alle labbra o ai sopraccigli «Axel!» mi ritrovai a urlare mentre potevo vedere l’altro sopraffarlo e iniziare a scatenare una pioggia di pugni.

Davanti ai miei occhi i due ragazzi morti facevano a botte, più reali di quanto fossero solo qualche minuto prima.

Stetti male a guardare lo sfregiato, che avevo conosciuto con il nome di Isa, alzarsi vittorioso sopra un Axel pesto e ansante, e tirargli un calcio nelle costole «cosa sa, eh Lea?» lo sfotté l’altro, alzando gli occhi su di me e piegando le labbra in un sorriso pazzo, insano.

A grandi falcate mi raggiunse e io tentai di muovermi, ma l’enorme mano di Isa mi afferrò per il collo e avvicinò uno strano oggetto, forse la lama di un coltello senza manico «che cosa sai eh?» mi urlò in faccia, mentre nella mia testa un’orda di cicale aveva iniziato a ronzare dolorosa.

Cosa sapevo di cosa? Non capivo cosa intendesse!

Di solito le anime irose sono solo bisognose di aiuto…ma quello spirito in particolare non voleva essere aiutato.

La punta acuminata dell’oggetto che Isa brandiva andò a incidere la pelle della mia guancia mentre la sua caviglia veniva afferrata da Axel, ancora a terra «Corri via Roxy» mi disse, inghiottendo il sangue che sembrava uscirgli dalla gola «non sei al sicuro qui!» e detto ciò strattonò l’altro che cadendo all’indietro non poté andare più a fondo di qualche millimetro.

Il mio collo fu subito liberato da quella presa fredda, ferrea, e non potei fare altro che voltarmi e correre lungo il viale e poi svoltare lungo la strada che portava nel centro della città.

Deviavo a malapena la gente che affollava il marciapiede, con gli occhi che diventavano sempre più stanchi e il fiatone mi riempiva la bocca di ossigeno che non riusciva a entrare nei polmoni «Corri Roxy, corri!» m’incitava la voce di Axel dietro di me, interrompendo per un secondo il forte dolore alla testa che mi stava schiacciando.

Era con me, quel pensiero mi fece salire le lacrime mentre mi voltavo e guardavo il suo viso intatto e sorridente accanto a me, le gambe lunghe che seguivano il mio ritmo senza stancarsi.

Avrei voluto abbracciarlo, lasciarmi trasportare via, ma dovevo correre lontano da casa mia, lontano da quello psicopatico che anche nella morte riusciva a danneggiare le persone «peekaboo nanetto» sentii la voce tremendamente sottile di Isa tagliarmi come un coltello mentre vidi le sue mani afferrarmi le spalle e spingermi tra i passanti e in un attimo i miei piedi si staccarono dal suolo, mentre inciampavo nel bordo del marciapiede.

Il volo che compii in mezzo alla strada avvenne quasi come al rallentatore, dove potei vedere i passanti voltarsi, guardarmi con orrore e indicare nella mia direzione.

Non capii che cosa stesse succedendo finché non colpii duramente l’asfalto per rotolare un paio di volte in mezzo alla carreggiata.

Il sangue sul mio viso creò quasi una maschera sui miei occhi accecati dal dolore e attraverso il velo bruciante e brulicante con cui il tumore stava avvolgendo la mia mente potei sentire ancora Axel.

La sua presenza accanto a me era qualcosa di magnifico e rassicurante, per un attimo mi dimenticai delle forti luci che avrebbero dovuto abbagliarmi, ma c’era lui tra me e il camion che stava arrivando «non avere paura piccolo» lo sentii sussurrare al mio orecchio mentre mi teneva tra le braccia «ci sono io con te» aggiunse, calando il suo viso su di me per poter posare un bacio sulla mia fronte imperlata di sudore.

Non potei fare altro che chiudere gli occhi e lasciarmi andare a quell’abbraccio caldo e protettivo, il corpo che non ce la faceva a reggere nemmeno il peso delle proprie membra e aspettai che il tir mi passasse addosso.


Axel…sono pazzo…

Io amo un ragazzo morto


Note dell'autrice

Eccomi, scusate l'enorme ritardo, ma ho avuto alcuni problemi ad abituarmi al caldo e non sono stata benissimissimo ecco.
Spero possiate perdonarmi *si prostra a terra*

Sarephen: Beh la canzoncina mi era piaciuta infatti xD Non hai sprecato neuroni a comporla tranquilla ahah xD
Beh nemmeno io riuscirei a fare una figura migliore del padre, in fondo era notte fonda e uno non connette molto, soprattutto dopo esser stato svegliato di soprassalto.
Riguardo allo Yoga...l'unico che faccio è quello col Wii Fit quindi pensa tu che yoga xD però mi contorco lo stesso come un serpente e non mi districo più :P
Uhm, uno spoilerino? Vediamo....tanti tanti cadaveri mugolanti mwahahah! xD

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Aprii gli occhi dopo un tempo che mi parve indefinito e vedere due volti sconosciuti sopra di me mi spaventò.

Dov’era Axel? «Battito regolare e valori stabili» disse uno dei due, controllando una piccola macchinetta accanto alla lettiga dov’ero assicurato con delle cinghie.

Le lacrime che iniziarono a scivolarmi dagli occhi sfocarono il mondo «guarda la luce ragazzo» disse il secondo paramedico, riconobbi i vestiti bianchi che avevo già visto in passato, puntandomi una piccola torcia nelle pupille, spostandola a destra e a sinistra «riflessi nella norma, sembri fuori pericolo» aggiunse, piegando la bocca in un sorriso rassicurante.

Dovevo viaggiare su un’ambulanza diretta all‘ospedale, a vedere dal luogo ristretto in cui mi trovavo e dal moto un po’ beccheggiante che la vettura prendeva ad ogni curva.

L’improvvisa presa calda sulla mia mano mi fece spostare gli occhi alla mia destra: accanto al paramedico che aveva parlato per primo c’era Axel, più vero di quanto non fosse in realtà, con un sorriso che di morto aveva ben poco «tranquillo Roxy non ti mollo» mi disse, avvolgendo la mia mano gelida con la sua così altamente reale e calda.

Io credevo che gli spiriti fossero gelidi, perché rinchiusi nel bozzolo della morte…ma Axel era un fuoco eterno che bruciava, un fuoco fatuo «Axel…» dissi, sorridendo appena nel fissarlo fare lo stesso.

I paramedici mi guardarono straniti «hai detto qualcosa?» disse uno di loro e io guardai confuso quello che aveva parlato «io…» cercai di parlare, ma la mano che stringeva la mia si fece un po’ più presente mentre l’altra faceva salire un dito verso le mie labbra «non parlare» sussurrò il rosso.

Io temetti di arrossire davanti alla vista dei paramedici, ma per fortuna riuscii a resistere dall’andare a fuoco solo perché mi vergognavo troppo. Sviai il discorso in un secondo «che cos’è…successo?» domandai, la gola che mi bruciava.

Il paramedico più vicino ad Axel ridacchiò «dovresti dircelo tu ragazzino, ti sei lanciato oltre il marciapiede e sei atterrato in mezzo alla strada. Hai perso i sensi proprio quando stava passando un tir, per fortuna il guidatore ha avuto un guasto al motore in quel momento e si è fermato prima di poterti trasformare in una schiacciatina» mi raccontò, mentre quello che diceva lui si sovrapponeva a quello che ricordavo io.

Isa mi aveva afferrato e scaraventato via, mi aveva cacciato in mezzo alla strada per uccidermi. Perché avrebbe dovuto farlo?

In quel frangente, mentre pensavo che avrei dovuto indagare, il mio solito mal di testa ritornò più forte di qualsiasi altra volta e mi ritrovai a chiudere gli occhi mentre mi dimenavo debolmente sotto le cinghie della lettiga.

Sembrava quasi che mi stessero aprendo il cranio con un’ascia, da quanto erano forti le fitte regolari che avvertivo. Attraverso uno spiraglio dei miei occhi mi guardai attorno alla ricerca di Axel, ma tutto quello che vidi fu una muraglia di cadaveri, che mi separavano dal resto del mondo che conoscevo.

Mi fissavano tutti con sguardo vuoto ma disperato al tempo stesso, come se avessero voluto usarmi come salvagente per ritornare alla vita «chiudi gli occhi Roxas» sentii la voce roca e calda di Axel raggiungermi,mentre alcuni dei morti si allontanavano mugolante, pieno di fiamme alte e rosse come i capelli che desideravo vedere.

E il mio desiderio venne esaudito quando i paramedici aprirono le porte dell’ambulanza per portarmi nell’ospedale, mentre parlavano di emorragia interna «Axel…» chiamai ancora, mentre lui s’infilava a gomitate nel muro di cadaveri che mi circondava per allontanarli da me «chiudi gli occhi » disse di nuovo, serio come mai lo avevo sentito.

Obbedii il tempo che bastava a sentire i paramedici affermare che i miei globuli bianchi erano in aumento e che il battito cardiaco stava accelerando troppo «sta avendo una crisi cardiaca! Chiami il dottor Vexen!».

E mentre tutti si affollavano attorno al mio corpo imperlato di sudore e alla mia mente bruciante, io sentivo i lamenti dei morti attorno a me aumentare, come se fossero a centinaia: che fossero le persone morte nell’obitorio? In fondo l’ospedale ne aveva uno esattamente sotto dove stavo io in quel momento.

La curiosità dentro di me mi obbligò quasi ad aprire un occhio e l’affanno che provai si centuplicò quando vidi una marea di capelli rossi davanti agli occhi farmi da scudo ai morti che sembravano volermi rapire.

Axel mi stava abbracciando, mi stava tenendo stretto al suo petto muto se non per i polmoni che frusciavano nel suo respiro e sentire la sua guancia contro la mia mi fece provare cose che mai mi sarei immaginato «tieni gli occhi chiusi ho detto» aggiunse, tirandosi su.

Il suo viso non era più intatto come prima, ma sembrava più scavato mentre i suoi occhi verdissimi si erano spenti per diventare quasi grigi. Le occhiaie attorno ad essi e le ombre sulla mascella mi fecero ricordare un po’ le mummie, ma rimaneva sempre bellissimo, nonostante avesse assunto un colorito mortale «non voglio che tu mi veda così» aggiunse, una lacrima che sostava nella piccola fossa appena sotto l’occhio sinistro «tra poco andrà meglio, non ti preoccupare» continuò, la sua voce usciva soffice dalle labbra violacee e spaccate, ma senza nemmeno una goccia di sangue.

Probabilmente era morto dissanguato «Axel…» non potei fare altro che ripete il suo nome mentre alzavo una mano per sfiorare il suo viso, sentire la pelle incartapecorita e tiepida sotto le dita non mi dava fastidio, solo un nodo alla gola era presente da quando lo avevo visto nella sua vera forma.

Abbassai lo sguardo per guardare il suo corpo più scheletrico dentro la felpa scura, dove un grosso squarcio sulla parte sinistra del suo costato mostrava una ferita aperta e ancora sanguinante.

I miei occhi vagarono dal tessuto scurito dei jeans al pavimento, dove il sangue del rosso creava una scia interminabile.

I cadaveri non erano spariti, ma sembravano essersi calmati «Io…io non…potrei mai…» cercai di sussurrare, ma le mie parole vennero tranciate dall’urlo di dolore che mi uscì involontario dalla mia bocca quando una scarica elettrica mi strappò via dalle braccia di Axel, per farmici catapultare di nuovo dentro «Non morire Roxy» sussurrò in un filo di voce lui, accarezzandomi il volto sudato con mani tremanti, come se in quel momento stesse morendo lui, non io.

Preso dal panico afferrai le sue mani, mentre guardavo giù e vedevo il mio corpo sussultare ad ogni scarica che seguiva il «libera!» del Dr. Vexen «ritorna giù…da bravo» aggiunse, posandomi le mani sul petto e spingendomi verso il basso mentre le mani degli altri defunti mi artigliavano le gambe, come se volessero trattenermi lì con loro.

E dopo altre tre fortissime e dolorosissime scariche mi ritrovai ad aprire gli occhi e ad atterrare sulla lettiga da cui il mio corpo era schizzato via «c’è polso!» «bene, stabilizzatelo mentre dreno l’emorragia».

I cadaveri erano stati risucchiati dal soffitto bianco mentre la nebulosa rossa che era Axel rimase sopra di me, a muoversi appena.

Ero sicuro che mi stesse dicendo qualcosa, ma non potevo sentirlo, non in quel momento «fategli l’anestesia, prima che si accorga cosa stia succedendo» sentii ancora la voce fredda di Vexen venire dalla mia destra e io giurai a me stesso di trovare il motivo per cui Axel non se n’era andato in pace…perché io ero dannatamente pazzo ad essermi innamorato di un ragazzo morto.



Note dell'autrice
Eccomi col sesto capitolo! Lo so il racconto sta diventando abbastanza noiosello, ma non vi preoccupate, nel prossimo ci sarà una manata di pepe come si deve XD

Sarephen: bene bene, stata al mare eh? Che belloooooo T^T io abito in mezzo ai monti e il mare lo vedo due volte l'anno T^T
Lo yoga del wii non è sto granché, ti ammazzi un po' sulla tavola bianca perchè non è che sia molto spaziooosa xD
Beh il caldo mi ha tenuta sveglia fino alle 3...e stare attaccata al portatile è una tortura perchè scalda un sacco e mi vanno a fuoco le mani quando scrivo T^T
Spoilerino? La madre di Roxas non si fa mai gli affari propri xD

NaruYondaime: Si si, è proprio volato in mezzo alla strada xD E nuu poro Axel lui non c'entra nulla, è Saix che è un pochino insano di testa ahahah xD
Beh non ti preoccupare, mi ha fatto molto piacere la tua luuuunga recensione :D Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, comunque ;)

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


«Spiegami bene, perché hai bisogno del mio aiuto?».

Demyx mi guardava stranito, mentre io cercavo di guardare oltre la sua spalla, se i miei genitori stessero ritornando.

Quando i dottori li avevano chiamati quasi gli era venuto un ictus e mia madre mi aveva spremuto per mezz’ora asserendo che era colpa sua, che avrebbe dovuto controllarmi.

Mio padre invece aveva sospirato colpevole, chinando la testa senza chiedere spiegazioni; sarebbe stato difficile spiegare perché mi ero buttato oltre il marciapiede «Dem tu sei l’unico tra noi due che ha un computer e soprattutto internet…da quando mi è successo sto casino i miei mi hanno tolto la DS e quindi niente internet» cominciai da capo a spiegargli «devo scoprire di più su Axel, perché è morto e perché soprattutto quello spirito ce l’ha con me» continuai a voce più bassa.

La fasciatura alla testa premeva in modo non proprio invasivo, ma mi dava fastidio perché mi scivolava sempre sugli occhi «uh uh! Quindi sono assunto come detective eh?» mi chiese con uno sguardo malizioso «conta pure su di me!» «però a una condizione» aggiunsi, bloccando la fila ininterrotta di parole che sarebbero uscite a breve dalla sua bocca «non dovrai mai entrare in casa mia, per nessun motivo. Qualsiasi cosa tu troverai stampala e portala a scuola, la vedremo insieme mentre torno a casa. Dopodiché dovrai bruciarli, promettimelo Dem» dissi, serio.

La mia voce sembrava quasi quella di un altro, soprattutto l’intonazione; mi sembrava di esser stato posseduto per un istante.

Gli occhi limpidi di Demyx mi osservarono impauriti, poi lasciò che un sorriso spazzasse via i dubbi e annuì «sicuro, lo farò» disse e detto ciò mi diede una pacca sulle spalle «allora ci vediamo a scuola, mi metterò al lavoro subito, stasera» aggiunse e appena i miei entrarono dalla porta della stanza lui mi salutò e uscì per quella stessa porta.

Sospirai, appoggiando la nuca ai cuscini e chiusi gli occhi: speravo che Isa non venisse a sapere cosa avrebbe voluto fare il mio amico, non volevo metterlo in pericolo.

Da quanto avevo capito lo spirito aveva preso pianta stabile in casa mia e finché non lo avessi stuzzicato nel suo “territorio” non avrei dovuto temere alcun male. Anche perché avevo Axel accanto a me.

Sapevo che non si era allontanato un solo istante, anche se non potevo vederlo a causa della mia salute momentaneamente ritrovata «Roxas, vuoi tornare a casa?» mi chiese dolcemente mia madre, sedendosi accanto a me e io non potei fare a meno di aprire gli occhi per guardare il suo volto contratto dalla preoccupazione.

Dietro di lei Axel era sottile come un foglio di carta, ma era ritornato a sembrare fresco come una rosa «fa pure, io ti aspetterò lì» mi disse con un sorriso e uscì dalla porta.

Lo seguii con lo sguardo finché il bagliore rosso dei suoi capelli non scomparve «va bene, torniamo a casa» risposi, guardandola con un piccolo sorriso sulle mie labbra.

Una volta a casa, dopo un viaggio che mi fece soffrire le pene dell’inferno a causa di mia madre, mi fiondai in camera più veloce che potei e presi la tavola oujia tra le mani, tenendo l’indicatore a freccia lontano da essa il più possibile «scusa Sora» dissi mentre me ne andavo sul retro, nascondendo la refurtiva dietro la schiena mentre passavo per la cucina «Roxas dove vai?» chiese mia madre e io sorrisi appena «devo vedere una cosa fuori, non mi allontano lo giuro» dissi, in effetti era la verità.

Appena ebbi il permesso di uscire mi diressi il più velocemente possibile verso il bidone dell’immondizia e cacciai dentro la tavola e annesso indicatore, inspirando ed espirando forte «e questa è fatta» borbottai a me stesso per poi rientrare in casa.

Sul tavolo, proprio accanto al mio piatto ancora vuoto, c’era seduto Axel che sorrideva malizioso «ottima scelta» mi aveva detto, scendendo poi con un salto agile «tua madre è una cuoca eccezionale, se solo si limitasse a fare piatti che un comune mortale potrebbe mangiare senza uccidersi» aggiunse, ridacchiando e seguendomi fino in camera.

Era troppo reale per sembrare uno spirito, ogni tanto mi veniva di chiedere ai miei genitori se veramente non lo vedevano.

Appena chiusi la porta alle mie spalle con un sospiro, Axel venne accanto a me, troppo vicino al mio viso, e io ebbi via libera per arrossire facendolo sogghignare «Dio Roxy se non fosse che toccarti ogni volta è una tortura ti prenderei sul momento» mi sussurrò direttamente sulle labbra.

Se possibile avvicinò il suo petto bollente al mio corpo e io mi accorsi di essere minuscolo in confronto a lui «stai bene?» mi chiese a bruciapelo, guardandomi con quelle iridi intense.

Mi fece asciugare la bocca da qualsiasi traccia di saliva e non riuscii nemmeno a staccare la lingua dal palato per rispondere: direttamente lui posò le labbra soffici sulle mie per potermi assaggiare come solo lui sembrava saper fare, così intenso ma dolce al tempo stesso, sembrava avesse paura di rompermi.

E forse aveva anche ragione, dopotutto mi ero appena ripreso da un incidente stradale e un tumore nella mia testa mi stava portando alla morte, ma non m’importava, quella sarebbe stata la mia ultima occasione di amare qualcuno, che fosse vivo o trapassato.

Alzai le braccia per chiuderle attorno al suo collo, lasciando che le sue mani mi sostenessero per la vita, come se fossi stata una bambolina.

Dannazione non mi sembrava per niente morto! La sua lingua umida e scattante mi stuzzicava le labbra, voleva entrare per poter approfondire il bacio, lo potevo sentire il suo desiderio entrare molto più in contatto con me «Roxy» sussurrò appena ci staccammo per cercare aria -che solo a me serviva- «Rrrrroxy» continuò, sembrava stesse facendo le fusa mentre faceva scivolare il naso lungo il mio collo.

Posò le labbra sulla giugulare e mordicchiò dolcemente la mia pelle, lasciando ogni tanto dei baci di fuoco che sembravano consumarmi.

Non potevamo fare nulla in quel momento, non almeno contro la porta di camera mia che sicuramente i miei stavano tenendo d’occhio «Axel» sussurrai appena, affondando le mani in quella chioma rossa e puntuta, trovandola però soffice come una nuvola «non qui…» ansimai mentre le sue mani andavano ad aggrappare le mie cosce per tirarmi su di peso e la sua lingua seguiva il contorno del mio padiglione auricolare.

Lui tirò su il viso quel che bastava per farmi tacere con uno sguardo smeraldino e acceso dalla passione «tranquillo piccolo, non faremo rumore» disse con la voce roca appena interrotta dal leggero fiato corto che aveva.

Come potevo fargli questo effetto?

Delicatamente Axel mi fece stendere sul grosso tappeto che avevo accanto alla porta, senza smettere di seviziare il mio collo con i suoi baci infuocati e i suoi morsi passionali; senza pensare io tirai su le gambe per allacciarle sulla sua schiena mentre il mio fiato diventava sempre più pesante «shhh Roxy, ora ti farò stare meglio» mi sussurrò in un orecchio, respirando dentro le parole che mi avevano fatto provare una scarica di brividi lungo tutta la schiena.

Con mani esperte andò ad accarezzarmi la leggera curva della mia schiena, prima del mio sedere, e lì piantò con delicatezza le unghie mentre quel trattamento mi mandava stranamente in orbita.

Mi trattenni dal mugolare quando la mano libera di Axel andò a slacciare i pantaloni che indossavo, infilandosi subito birichina sotto i boxer neri che indossavo.

Le sue mani bollenti su di me erano una cosa impossibile da spiegare, sembravano fatte di velluto liquido e appena le sue dita sfiorarono quello che avevo tra le gambe mi ci volle tutto il contegno di questo mondo per non gemere il suo nome.

La mano che mi stava grattando piacevolmente la schiena andò a strusciare fino all’altezza del mio volto, che prese tra le sue dita lunghe e sottili farmi avvicinare al suo viso e potermi baciare con dolce prepotenza, mentre il ritmo della mano che mi stava mandando in paradiso aumentò.

Non riuscivo a resistere, i miei ansiti si erano intensificati e a stento trattenevo i suoni che volevo lasciar uscire accorati «…Axel…R-rallenta o…farò casino» sussurrai mentre la mia schiena s’inarcava ad ogni piacevole fitta che arrivava dal bassoventre «Non ti preoccupare Roxy» mi sussurrò di rimando lui, affondando delicatamente i denti nel mio collo «vieni pure» aggiunse e quella frase, così sexy in quel momento aggiunta al movimento ormai forsennato che avevamo preso, fu il tasto d’avvio per un orgasmo che si consumò direttamente nella sua mano mentre non potevo fare altro che ammutolire l’alto gemito che avrei voluto fare.

Lo premetti contro di me mentre le mille scariche elettriche mi scossero da capo a piedi e con urgenza gli alzai il viso per poter consumare i miei sospiri eccitati nella sua bocca.

Gli ultimi, prima che mia madre bussasse alla porta, praticamente sopra la mia testa «Roxas è pronta la cena!» mi avvertì e io inghiottii a vuoto, sapendo che sarebbe stata un’impresa fingere una voce normale «ok mamma!» dissi di rimando mentre Axel, il volto malizioso, continuava a baciarmi il collo, scendendo sempre più verso il basso.

Sgranai gli occhi quando lo vidi andare a leccare via il liquido biancastro del mio piacere schizzato fino al mio stomaco e quella lingua così sensuale, peggio di un serpente, che s’infilava dentro l’ombelico mi mandò su di giri e mi sentii pronto per un altro giro di giostra «che ci fai sul pavimento?» mi chiese mia madre, doveva aver capito da dove proveniva la mia voce «n-niente! Stavo…cercando una cosa!» dissi.

Il mio cervello era privo di idee. Dopotutto davanti a me Axel si era spogliato della felpa nera, rimanendo solo con i jeans mezzi aperti che mostravano la peluria scura che portava a…«vuoi una mano?» chiese ancora mia madre e vidi il rosso ridacchiare alla domanda «no signora gli bastano le mie grazie!» «no! Arrivo tra un po’!» dissi, guardandolo male per quella battuta così imbarazzante.

Finalmente mia madre scese in cucina e io sospirai, rilassandomi contro il pavimento «tua madre è una tipetta veramente curiosa» sussurrò Axel, la sua voce si arrampicò sul mio corpo in modo intossicante.

Io annuii un poco, ridacchiando e guardandolo per perdere di nuovo la testa: si era completamente steso tra le mie gambe, con la testa all’altezza del mio ombelico e le mani che andavano poco a poco a tirare via pantaloni e boxer insieme «Axel…non vorrai…» non riuscii a terminare la frase perché in quel momento il ragazzo calò la sua bocca su di me mentre i suoi occhi rimasero incatenati ai miei e io non potei fare altro che fissarlo mentre letteralmente mi divorava fino al mio secondo orgasmo.

Dio, perché dovevo innamorarmi di un fantasma così dannatamente pornografico?



Note dell'Autrice

Ecco qui il settimo capitolo, che bello adoro come stanno andando le recensioni e le visualizzazioni! Grazie a tutti quelli che leggono questa FF! vi glompo tutti! :D
Scusate se per questa volta non riesco a rispondere alle recensioni ma sono di fretta. Giuro che lo farò nel prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Passarono due mesi senza che io e Demyx trovassimo qualcosa, anche solo il cognome, di Axel e mentre i giorni passavano tra fogli formato A4 e diapositive di vecchi giornali in biblioteca, il mio corpo soffriva e peggiorava nonostante in ospedale m’imbottissero di medicinali.

La cura speciale che il Dr. Vexen mi aveva comunicato era stata sospesa a causa di un paziente morto di epilessia dentro l’apposita macchina e quindi io ero punto e a capo.

Mio padre scappava da casa quando poteva per andare a ubriacarsi solo per tornare a casa violento, pazzo, per picchiare mia madre che tentava di ricacciarlo al bar da dove era venuto.

Lei dall’altra parte aveva paura per me, che mio padre perso dalla sbornia potesse farmi qualcosa e sperava che tutto migliorasse grazie alle preghiere che lasciava in chiesa ogni domenica.

L’unica mia consolazione era Axel, l’angelo dai capelli rossi che cercava di consolarmi nei suoi modi tutti speciali, arrivando a stuzzicarmi anche in pubblico.

L’ultimo giorno delle ricerche io e Demyx eravamo completamente stravaccati su uno dei piccoli divanetti nella biblioteca, carichi di libri e con il cervello in pappa per il troppo leggere.

Mentre Demyx mi stava raccontando della sua vita amorosa completamente assente io avevo sentito un tocco caldo al cavallo dei pantaloni, che mi fece arrossire peggio di un pomodoro.

Sarebbe stato anche superabile, se solo Demyx non si fosse girato con una faccia sorniona e avesse ammiccato con una frase poco carina «voglioso il fantasmino eh?» «chiudi il becco!» e a quella esclamazione non potei far altro che bearmi della risata di Axel, direttamente nel mio orecchio.

E quella stessa sera, mentre eravamo stretti l’uno all’altro nel mio letto, un’ondata di tristezza mi sommerse «non so più che fare…non so cosa cercare…non so chi sei» sussurrai e quando affondai il volto nel suo petto lui mi abbracciò più forte, accarezzandomi la testa in lievi e dolci movimenti.

Scoppiai silenziosamente a piangere quando lo strinsi a me, immaginando il mio corpo marcire in una bara con lui ancora lì, a metà tra i vivi e i morti, accanto alla mia lapide «non voglio…lasciarti qui…non voglio morire…» sussurrai ancora tra le lacrime.

Cos’avrei fatto senza di lui? Cos’avrebbe fatto lui senza di me? Non avrebbe mai trovato pace mentre io magari non mi sarei neppure più ricordato di lui.

Mentre le mie lacrime asciugavano contro le sue clavicole Axel posò un piccolo bacio sulla mia testa «ti prego non piangere» disse nel mio orecchio, il suono della sua voce si era fatto dolce, non più il solito accento roco e sexy «gli angioletti non devono piangere per i diavoletti come me» e detto ciò mi cullò tra le sue braccia finché le lacrime non vennero sostituite dal sonno.

Io volevo aiutarlo, non potevo permettermi di perdere quella sfida con me stesso, anche se il mio stomaco ormai rigettava qualsiasi cosa e il mio corpo veniva lentamente prosciugato di ogni forza.

Il mattino dopo mi svegliai più deciso e mentre mi rivestivo i miei occhi caddero sul blocco note nel cassetto mezzo aperto del comodino: le tre lettere che spuntavano mi fecero scattare una molla in testa.

Senza nemmeno guardare la colazione già pronta in tavola corsi fuori salutando mia madre e saltai sull’autobus che stavo per perdere, trovando Demyx sui sedili in fondo «pensavo che non saresti venuto a scuola oggi» disse, dandomi una pacca sulla spalla mentre mi sorrideva «Isa!» esclamai senza spiegazioni e risi quando il mio amico assunse una buffa espressione confusa «ci siamo concentrati su Axel ma non abbiamo mai trovato nulla perché nessuno ha mai trovato il suo corpo! Isa è collegato in questa faccenda e se troviamo lui, troviamo Axel» dissi, le parole che si scavalcavano mentre uscivano frettolose dalle mie labbra, ma per miracolo Demyx capì «allora scendiamo subito! Dobbiamo fare un salto in biblioteca» disse con le labbra piegate nel classico sorriso di chi bossa la scuola «troveremo il tuo ragazzo!» aggiunse a voce un po’ troppo alta, assumendo una posa a suo dire eroica.

Divenni di fuoco quando la gente si voltò a guardarci «Dem! Stai zitto e non è il mio ragazzo!» esclamai, ripensando poi alle sue parole «beh…non tecnicamente…» aggiunsi abbassando gli occhi arrossendo violentemente.

Il mio amico mi stritolò in un abbraccio mentre sbraitava KAWAII almeno una decina di volte al secondo. Mi chiesi cosa accidenti volesse dire e non lo scoprii finché non arrivammo in biblioteca dove lo obbligai a spiegarmelo.

Dopo varie lotte e altre ore spese in ricerche finalmente qualcosa spuntò tra le diapositive dei vecchi giornali.

Era un articolo che parlava dell’ospedale dove parecchie volte ero stato ricoverato e dalla foto pareva proprio Isa, solo che era nominato con un nome diverso «Saix Moonfight, inserviente dell’ospedale è stato ritrovato oggi morto carbonizzato in uno dei forni crematori sotto l’edificio ospedaliero. Probabilmente uno sfortunato incidente ha causato la morte del giovane» lesse Demyx mentre io scorrevo velocemente il resto dell’articolo, trovando solo il nome di un ragazzo che sembrava esser morto a causa dell’uomo, dal nome particolare: Zexion «Demyx…» chiamai il mio amico, mettendomi una mano sulla fronte.

Se Zexion fosse stato un amico di Axel, probabilmente avrebbe scoperto che Saix l’aveva ucciso e così ci aveva rimesso la pelle pure lui.

La fitta che mi attraversò il cervello ruppe tutti i pensieri che stavo facendo.

Dannato mal di testa, non potevo nemmeno ragionare per un giorno? Maledissi il tumore «credo di aver capito…ora però devo…» iniziai a barcollare, le gambe mi tremavano e Axel non era con me, mi aveva detto che mi avrebbe aspettato a casa sotto mia minaccia perché non doveva distrarmi a scuola.

Guardai Demyx agitarsi e alzarsi, aiutandomi a stare seduto sulla sedia dov’era lui alcuni secondi prima «Rox! Hey Rox stai sveglio!» mi disse dando dei leggeri colpi sul volto.

Non riuscivo a tenere gli occhi aperti, le orecchie ronzavano e sentivo il cuore cedere.

No! Non posso morire proprio adesso!

Scrollai la testa per liberarmi di quella nebbia e stetti in piedi «Dem…accompagnami…devo arrivare all’ospedale» dissi, la lingua mi sembrava gonfia e non riuscivo a parlare come si doveva «Roxy!» sentii quella voce gridare e sorrisi appena lasciandomi cadere all‘indietro: Axel mi afferrò sotto le ascelle e mi sorresse «sapevo che saresti venuto» sussurrai a lui, conscio del fatto che Demyx era ancora lì con me.

Sollevai una mano per toccare il viso del mio angelo dai capelli rossi, ma mi sembrava di cemento così riuscii solo a sfiorare il suo mento, mentre le sue mani mi circondavano il volto «vado a chiamare un’ambulanza! Tanto so che sei in buone mani» disse il mio amico, cercando di sorridere nonostante la preoccupazione e si dileguò, andando a dire alla portineria della biblioteca che doveva usare urgentemente il telefono.

Rimasi lì steso al suolo, la testa poggiata sulle ginocchia piegate di Axel mentre le sue dita continuavano ad accarezzarmi le guance «avrei dovuto starti accanto» mi sussurrò mentre iniziavo a respirare con fatica «scusami Roxy» e sentii qualcosa di bagnato scivolarmi fino alle labbra, una lacrima caduta dai suoi occhi smeraldini.

Scossi la testa in segno di diniego e sorrisi, gli occhi che si chiudevano «so tutto» sussurrai appena, quasi senza voce.

I polmoni mi stavano abbandonando mentre nelle orecchie sentivo il sangue pompare a tutta forza: la paura si fece subito persistente e il mio cuore prese a battere forte «Axel…non posso morire…non adesso…devo trovarti…» biascicai mentre sentivo i passi di Demyx raggiungerci assieme a quelli dei paramedici.

Uno dei due mi prese in braccio, portandomi via da Axel che però mi seguì con quello sguardo preoccupato che mi trafiggeva il cuore.

Mi sembrava di essere una bambolina, inerme tra le braccia del paramedico mentre sentivo la vita lasciarmi poco a poco e io che la tenevo per la coda le gridavo che non poteva andarsene senza Axel.

Perché senza di lui non avrebbe avuto senso nemmeno nell’aldilà.

Il viaggio in ambulanza fu qualcosa di estremamente veloce, forse perché perdevo conoscenza ogni venti secondi, ogni volta che mi svegliavo cercavo Axel e Demyx per poi svenire di nuovo.

Era come se il mio cervello facesse fatica ad accendersi, spegnendosi di nuovo. Come una macchina che cercava di partire con la marcia sbagliata «c’è polso» sentii dire uno dei medici e sospirai sollevato.

Non ero morto, per fortuna. Mi rimaneva ancora un po’ di tempo, ringraziai il destino che me lo concedeva.

Passai tutta la giornata in quel moto di dormiveglia perenne, gemendo ogni tanto per il dolore alla testa sempre presente, come il fischio nelle orecchie «mi dispiace signori, ma a vostro figlio non rimane più tempo» sentii dire il Dr. Vexen dall’altra parte della porta della mia camera «potrebbe succedere da un momento all’altro» e quella frase mi mise ancora più fretta.

Dovevo trovare il corpo di Axel, dovevo farlo come ultimo atto «Dem» chiamai il mio amico con un filo di voce, cercando di raccogliere tutta la forza che avevo «Lascerò il cellulare acceso, rintracciatemi attraverso quello…» aggiunsi alzandomi dal letto un po’ traballante, togliendomi quell’imbarazzante camice da paziente e rivestendomi «sei stato il miglior amico che si potesse avere» aggiunsi, appoggiandomi pesantemente a lui mentre stavo in piedi.

Stranamente non disse nulla, lui non stava mai zitto, e ricambiò il mio abbraccio dandomi due sonore pacche sulla schiena «mi mancherai» mi disse, con voce rotta.

Oddio, se Demyx piangeva ero veramente in punto di morte.

Annuii e guardai Axel, rimasto appoggiato al muro accanto alla porta «puoi aiutarmi?» chiesi.

Lui si avvicinò senza una parola, mi prese la faccia tra le sue mani e piano mi diede un dolce bacio sulle labbra, guardandomi dritto negli occhi «tutto per te micetto biondo» sussurrò e sentii le lacrime scendermi dagli occhi «fai un po’ di casino, distrai i miei genitori…i dottori, qualsiasi persona ci sia qui nei dintorni» dissi e vidi un sorrisetto spuntare sul suo volto «lo farò Roxy» disse e mi fece affondare nel suo petto caldissimo, abbracciandomi e baciandomi i capelli «Dio, quanto è duro vederti così…» sussurrò per poi lasciarmi andare.



Angolo dell'autrice

Eccomi di nuovo! Ci stiamo avvicinando passo passo alla fine di questa ff! Scrivere la parola fine sul file di Word mi è costata una faticaccia colossale, ma alla fine ce l'ho fatta! E ora si parte con le risposte:

Sarephen: La mamma di Roxas è ufficialmente una rompiscatole anche se, porella, con quello che passa è perdonabile...ma se mai mio padre venisse a chiamarmi che è pronta la cena mentre sono a INIZIO sessione -manco inoltrata quindi- con un fantasma dannatamente figo come Axel...minimo minimo lo mando a quel paese con tutta la cena!! XD

Shiro chan: Grazie, anche a me ha fatto morire quando l'ho scritta xD Continua a seguire e grazie per la recensione! :D

Nibi Sky: Beh Isa c'e l'ha con Roxas perchè essenzialmente -essendo entrato in contatto con Axel- può scoprire cose che lui non vuole si scoprano, quindi vuole ucciderlo per zittirlo -comunque si scopre tutto nel finale- xD Axel non poteva non avere affinità con Rox, insomma un biondino così Uke dove si trova? XD E come sarebbe a dire una ragazza americana in casa? O_O bellissimo!! :D

NaruYondaime: Non ti preoccupare, anche a me ha fatto quel giochetto, due volte, alla fine di un capitolo che mi sembrava infinito >_> Beh Rox non può morire senza raggiungere Axel, quindi spero che non mi ucciderai in ogni caso ^^"

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Aspettai la notte per agire, in modo che i miei genitori -sotto esortazione di Demyx- tornassero a casa.

Era stato doloroso vederli andare via con quel volto depresso, sapevano che forse il giorno dopo io non sarei più stato vivo, ma il mio migliore amico avrebbe convinto persino un eschimese a comprare un frigorifero.

I dottori non facevano altro che entrare e uscire dalla mia stanza, chiedendomi come andava e controllando i miei valori «riposa bene» mi disse un’infermiera dal viso dolce, che mi ricordava la fidanzata di mio fratello, prima di chiudersi la porta alle spalle.

Appena qualche minuto dopo sentii una forte esplosione far tremare il pavimento e tutte le luci si spensero, mentre quelle di emergenza si accesero di un tenue color verdastro. Io per quanto veloce potessi mi alzai dal letto e strappandomi di dosso gli aghi delle flebo mi rivestii con i miei vestiti e mi diressi verso la porta, che si aprì rivelandomi Axel «tutto a posto, tu sarai il loro ultimo pensiero» disse, ridacchiando.

Mentre mi accompagnò fuori della mia stanza mi raccontò di aver fatto esplodere delle bombole d’ossigeno nel magazzino dell’ospedale, appiccando un grande incendio dall’altra parte dell’edificio «pazzo piromane» ridacchiai mentre mi appoggiavo al muro accanto a me.

La testa mi girava come una trottola e per poco non mi cacciai in avanti per vomitare «Roxy…» mi chiamò Axel preoccupato e sentii un suo caldo braccio avvolgermi la vita per aiutarmi a stare in piedi «ce la posso fare» sussurrai più volte, chiudendo gli occhi per evitare di veder vibrare le piastrelle del pavimento e continuai a camminare.

Inspirai forte, sentendo l’odore del fumo che si stava spandendo per l’ospedale «spero…che non ci rimetta nessuno…» bofonchiai, la lingua sembrava essere un molle peso morto nella mia bocca, non riuscivo molto a parlare, ma il rosso mi capì ugualmente «evacueranno tutti in tempo, tranquillo» sussurrò lui nel mio orecchio mentre io mi gettavo pesantemente contro la maniglia antipanico della porta che avevo intenzione di aprire.

Oltre quella c’erano delle lunghe rampe di scale che avrebbero portato all’obitorio e alle fondamenta del palazzo, dove probabilmente c’erano anche le camere crematorie.

Demyx aveva trovato per primo le piante dell’ospedale e mi aveva confermato che sotto erano ancora attivi dei forni crematori che una ditta usava per cremare i defunti che lo richiedevano «Roxas…posso anche rimanere dove sono…tu…»«Io cosa?? Morirei comunque! Voglio trovare il tuo corpo e darti un po’ di pace! Ti troverò Axel!» esclamai sul suo volto sempre più preoccupato e appoggiandomi al corrimano iniziai a scendere lentamente ma deciso, con Axel al mio fianco, pronto per ogni evenienza.

Dei flashback mi rimbalzavano nel cervello, ricordavo quelle scale anche se non le avevo mai percorse prima di quel momento, ricordavo il cartello sulla porta dell’obitorio che vietava l’accesso ai non addetti e soprattutto -non seppi perché- ebbi la sensazione di star meglio in quel freddo luogo, che mi fece tremare le ossa.

I grossi scaffali di ferro e acciaio tremavano, gli spiriti dei morti all’interno urlavano perché qualcuno li facesse uscire «il ferro…tiene alla larga le presenze?» chiesi a me stesso, osservano come le mani che uscivano dai grossi cassetti si ritraevano come scottate appena sfioravano la maniglia di ferro.

Axel guardò quello spettacolo con apprensione, mi avrebbe voluto fuori dai guai, ma allo stesso tempo vedevo quanto desiderasse che qualcuno lo liberasse da quel limbo «quella porta…deve condurre…ai forni» balbettai, camminando vero l’unica porta che c‘era, oltre a quella principale e a quella da dove eravamo arrivati.

Il lamento dei morti salì di tono quando mi avvicinai a loro «mi dispiace…non…posso far nulla» dissi, posando una mano sull’acciaio a mo’ di scusa.

Stavo per aprire la porta, ma qualcosa mi fermò: una mano, una mano enorme e deformata mi schiacciò la testa contro il metallo dell’uscio mentre una voce roca, morta mi sibilò nelle orecchie «benvenuto nel mio territorio, nanetto» disse Saix, ormai avevo imparato il suo nome, e i miei occhi resi opachi dal dolore del colpo videro il cadavere bruciato che era in realtà, la pelle rattrappita e bruna con alcuni rivoli di siero che uscivano dai muscoli ancora guizzanti e scoperti.

Axel era a poco meno di un metro da me, l’altra mano del mostro pressava sul suo collo «questa volta Lea non riuscirai a salvarlo» aggiunse, guardando con occhi ancora sani e omicidi il volto contratto dal dolore di Axel.

Sembrava che il tocco di Saix fosse tagliente e il rosso stava lentamente ritornando all’aspetto cadaverico che io avevo già visto in passato «fottiti…stronzo!» esclamò Axel e qualche secondo dopo afferrò il suo braccio, mandandolo a fuoco; immediatamente Saix lasciò entrambi e fece qualche passo indietro mentre Axel si buttava su di lui «esci di qui Roxas!» urlò nella mia direzione mentre veniva sbattuto più volte contro l’enorme parete di metallo da dove i morti si lamentavano.

Rimasi imbambolato dov’ero, guardavo Saix far scontrare il corpo così improvvisamente leggero di Axel contro qualsiasi cosa, le sue mani ancora strette al suo collo, e il rosso che si difendeva a suo di calci nello stomaco dell’altro, mandando sprazzi di sangue ovunque.

Sangue che solo io potevo veder uscire dall’enorme squarcio nel fianco di colui che amavo e dalla ferita aperta nel ventre dell’altro, mentre lo stomaco pulsante e mezzo bruciato continuava a contorcersi come un serpente.

Fu l’ennesimo grido di Axel a sbloccarmi «Corri!» aggiunse mentre veniva catapultato sopra il tavolo operatorio in mezzo alla stanza, piegandolo sotto la violenza dello scontro.

Aprii la porta di scatto e mi lanciai in corsa, mentre sentivo le mani dei defunti graffiarmi i vestiti, lungo il soffocante corridoio che mi avrebbe condotto dove Axel era morto «corri corri coniglietto, tanto ti acchiappo» fu l’improvvisa cantilena che sentii nel mio orecchio e pensai con orrore che il mostro aveva vinto, mi avrebbe ucciso prima che potessi compiere al mio dovere.

Svoltai l’angolo che mi si presentò e andai a sbattere direttamente contro il corpo duro come un sasso di uno dei tanti cadaveri che ululavano per potermi afferrare, toccare disperati nell’ignoranza della loro morte.

Davanti a me ce n’era una squadriglia, tutti con le stesse caratteristiche di Saix: i volti fumanti dalle iridi sbiancate come il latte, le mani bruciate che mi afferravano e mi trascinavano lungo il corridoio mentre potevo vedere l’assassino incamminarsi verso di me.

Non potevo fare molto, ero trattenuto da decine di mani che tentavano di sollevarmi come fossi stato un bambolotto e mentre venivo trascinato via le mie mani raschiavano sul pavimento disconnesso, graffiandosi «è inutile che combatti, tra poco farai la stessa fine di quell‘impiccione di Zexion» disse Saix mentre s’inginocchiava per prendermi i capelli nella mano, tirarli per farmi alzare la testa per annusare il mio odore «farai furore sul mio piatto, coniglietto arrosto» disse poi nel mio orecchio, dandomi un forte morso sul collo che mi fece sanguinare.

Sembrava quasi volesse mangiarmi vivo e capii solo alcuni secondi dopo che mi trovavo nella camera dove i forni stavano funzionando tutti al massimo della loro potenza, creando un calore indicibile.

I morti che mi sostenevano si bloccarono nel centro della stanza, poco lontano dalla riga di altiforni che rombavano, come le fusa di enormi felini predatori «bye bye» lo sentii ridacchiare rauco mentre uno sportello dei forni si aprì direttamente sull’inferno, le fiamme quasi bianche che non vedevano l’ora di cuocermi.

Non posso fermarmi adesso…lo sento così vicino…Axel dove sei?

In risposta ai miei pensieri una nuova forza mi riempì i muscoli, una forza estranea che però sfruttai subito, come un istinto di conservazione: velocemente scalciai via le mani tremanti e febbricitanti dei morti e mi liberai, guardando la schiera di cadaveri guardarmi senza muovermi.

Saix mi guardava incuriosito, confuso dalla mia forza e mentre ricambiai il suo sguardo fulminandolo, notai uno sfumato brillio che veniva dal basso «così sei tu» sussurrò piano, un ringhio che mi sembrò quello di un cane «sono io» dissero le mie labbra senza che io avessi intenzione di parlare.

Il mio corpo emanava un bagliore bianco che mi avvolgeva come una luce fumosa.

Una rabbia non mia mi gonfiò il petto mentre, urlando di una voce non mia, mi avventavo su di lui per spedirlo dentro il grande forno acceso e rovente.

I morti si scansarono come impauriti senza però mostrare alcuna espressione sui loro volti irriconoscibili e marci «l’inferno è il posto dove andrai Saix, questa volta non hai scampo» sentii ancora quella voce provenire dalla mia gola e un’idea mi balenò in testa.

Zexion?

Una risata provenne dal mio stesso petto e un sorriso addolcito dalla malinconia stirò le mie labbra «Si Roxas, sono io…diciamo che ho dovuto vegliare su te e il tuo amico» disse il ragazzo dentro di me, staccandosi gentilmente e sottraendomi tutta quella forza che mi aveva posseduto.

E allora caddi al suolo, come se fossi stato una marionetta senza fili: la figura bianchissima di Zexion era accovacciata accanto a me, inondandomi di una luce calda e impressionante fu il viso del ragazzo che mi sorrideva.

Gli occhi grigi mi guardavano come se fossi stato suo figlio e mi stupii che non avesse anche aureola e alucce piumate di bianco «Mi dispiace per l’intromissione, ma non potevo fare altrimenti» aggiunse.

Non riuscivo ad ascoltare la storia che mi stava raccontando, il mio cuore pompava forte il sangue nelle mie orecchie e il mio obiettivo era ancora lontano miglia, per quanto ne potevo sapere.

Poi i miei occhi stanchi si posarono casualmente su una griglia poco lontano, che sembrava riparata da poco.

Rotolai pesantemente sulla pancia e con l’aiuto delle mani inconsistenti di Zexion strisciai fino ad essa, infilando le dita nei buchi per sollevarla di scatto.

Tutta la forza che ci misi in quel semplice movimento sciupò le ultime energie che mi rimanevano, mentre nel mio cervello erano ritornate le cicale a sfregare le loro dolorose zampe per segarmi in due «ci vediamo dall’altra parte» borbottò dolce Zexion, mentre mi dava una leggera spinta per farmi cadere dentro il lungo condotto che portava a un fondo completamente pieno di cenere, probabilmente quella che usciva dai forni, troppo leggera per restare sul loro fondo.

Atterrai senza nemmeno accorgermene, tanto era il dolore alla testa, e nonostante il mio corpo stesse poco a poco dimenticando come muoversi a causa del tumore, la mia mente era ancora abbastanza forse per ricordare il mio scopo «Axel…» le mie labbra lo chiamarono debolmente mentre restavo steso nella polvere che mi macchiava i vestiti e la pelle.

Respirare là sotto era una cosa drammatica, il calore e la cenere che continuava a cadere come tanti piccoli fiocchi di neve rendevano i polmoni pesanti da muovere, oppure erano solo i miei muscoli che perdevano il ricordo dei loro consueti movimenti.

Una lacrima mi uscì dagli occhi per andare a disegnare una linea pulita sulla mia guancia sporca, mentre sentivo solo il ronfare del fuoco e delle ventole, senza avvertire l’allegra o la maliziosa voce del rosso di cui inaspettatamente mi ero innamorato.

Avevo fallito, mi ero spinto in quel luogo dimenticato per fallire miseramente «…mi dispiace…» piansi, lanciando deboli singhiozzi nell’aria bollente, come tante piccole gocce di pioggia su della lava rovente, che sparivano in sprazzi di fumo.

Fu proprio quando mi rannicchiai su un lato per potermi raggomitolare nel mio dolore, vidi una macchia di sangue vicino a me, più grande di quella che avrei potuto lasciare io nella caduta.

I miei occhi si sgranarono, seguendo l’enorme e rosso fiume in secca che partiva da sotto la montagna di cenere alla mia destra: doveva esser rimasto lì per molto tempo e i fiocchi grigi avevano trovato un buon posto dove accumularsi.

Disperato, dolorante ma con un piccolo raggio di speranza nel cuore mi alzai sulle ginocchia, incespicando nel mettermi in piedi e raggiungere quel cumulo in cui affondai le mani per spostare la cenere inumidita e indurita dal sangue.

Sembrava aver creato un guscio attorno ad Axel, che m’impediva di tirarlo fuori «sei qui…lo so…» continuavo a borbottare, il sudore del mio corpo quasi fuori controllo iniziò a imperlarmi la fronte per scivolare fino alla mandibola e poi per il collo, seguite dalle lacrime che versai nel vedere il volto di Axel, come lo ricordavo nella sua versione cadaverica, con gli occhi appena socchiusi e la testa reclinata su un lato contro il muro contro cui poggiava, le spalle completamente rilassate mentre una mano era ancora dove lui l’aveva abbandonata sul pavimento, mentre l’altra era qualche centimetro lontano dall’enorme ferita sul fianco.

Con mani tremanti, a cavalcioni sulle sue gambe lunghe ancora sotterrate dalla cenere, afferrai quel volto dalla pelle tiepida e lo strinsi a me, un abbraccio che venne ricambiato dopo un minuto scarso, la mano che credevo immobile si alzò per avvolgermi il fianco mentre le sue labbra secche e spaccate lasciarono un bacio al centro del mio petto «grazie» lo sentii sussurrare.

Era ritornato, mentre la mia anima lottava per non lasciare il mio corpo, la sua era ritornata in quel guscio vuoto solo per me.

Le lacrime allora si moltiplicarono nel guardare il suo sorriso stirarsi in quella maschera ingiallita che era il suo volto, mentre i due segni neri sotto gli occhi sembravano diventati parte integrante del suo corpo, come se ci fosse nato «Axel» sussurrai, abbracciandolo più forte che potevo prima che gli ultimi muscoli del mio corpo si rilassassero.

Non feci in tempo a raggiungere il cellulare nella mia tasca, chiamare il numero di Demyx perché mi potesse trovare.

Non feci nemmeno in tempo ad accomodarmi da qualche parte: semplicemente, mentre mi accasciavo contro di lui e poi su un lato, pensai che almeno sarebbe stato felice e in un luogo migliore.

Non mi accorsi che le sue mani, enormi ad un primo impatto, mi avevano afferrato prima che la mia testa battesse contro il pavimento e non mi accorsi che mi aveva tenuto stretto finché non era più potuto stare dentro il proprio corpo.

Con l’ultimo respiro che sapevo di poter ancora fiatare, sorrisi.


Ti amo



Note dell'autrice

Eccoci qui al penultimo capitolo! Lo so, è durato troppo poco T^T E' dispiaciuto tanto anche a me finire questa FF, ma alla fine ogni cosa che si comincia deve avere una fine, indipendentemente da quanto ci si possa mettere.
Rimanete sintonizzati! L'ultima puntata è vicina!

Sarephen: Tranquilla, Zex sarà stato sfigato ma qui si è degnamente vendicato xD Spero di aver fatto trasparire il fatto che lui sia più un angioletto che uno spirito vero e proprio, non ero molto concentrata a metà del capitolo, stavo già pensando alla fine xD Grazie sempre per i complimenti ^^

Shiro chan: Axel potrebbe far sangue anche se fosse il Gobbo di Notre Dame...uhm potrei farlo xD

Yuma_29: Dispiace anche a me Roxy che soffre, ma se non soffrisse non verrebbe nemmeno consolato da Axel xD

_California Girl_: Nuuuu non piangere sennò fai piangere anche me T^T Ho aggiornato, sperando che questo non ti causi un'altra ondata di pianto, vedrai che il prossimo capitolo andrà meglio, lo prometto!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Era stata dura stare a guardare i miei genitori arrivare trafelati mentre l’ambulanza portava via due barelle coperte da un telone di plastica nero.

Era stata veramente dura guardare i loro visi tirati rigati dal pianto, ma quello che mi aveva fatto più impressione era stato Demyx.

Non aveva detto una parola, non aveva versato una lacrima: solamente si era limitato a guardare le due barelle sparire oltre le porte dell’ambulanza, con un mezzo sorriso che io sapevo nascondere un’enorme tristezza.

Mentre la polizia invece controllava come io avessi potuto arrivare fino al sotterraneo e come e quando fosse morto Axel, io avrei voluto tanto andare incontro al mio migliore amico per dirgli che, dopotutto, stavo anche meglio di prima «hey Roxy» sentii lui chiamarmi in un sussurro, ritornato florido come le prime volte che lo avevo visto.

Mi abbracciò da dietro, avvolgendomi il petto con le sue braccia lunghe, mentre io rimanevo fermo in mezzo alla strada, a guardare la scena con gli occhi umidi.

Passò una volante della polizia a qualche centimetro da noi, ma non ci scompose nemmeno un capello «mi dispiace» sussurrò ancora, con quel tono triste che odiavo sentire nella sua voce.

Mi voltai, tenendogli una mano «sarei dovuto morire comunque» gli spiegai, tentando di non piangere contro il suo petto come tanto avrei voluto fare «almeno ho fatto una buona azione» aggiunsi, sospirando e appoggiando la fronte contro di lui.

Dovevo controllarmi, dopotutto sapevo da parecchio quanto inevitabile fosse la mia fine «solo che questo spettacolo è un po’ difficile da digerire» dissi, voltandomi per vedere Demyx guardarsi attorno, forse mi stava cercando.

Rimasi di sasso quando, fissandomi proprio negli occhi, si lasciò scappare un sorriso «quel ragazzo è veramente qualcosa di unico» sentii dire alle nostre spalle e guardai Axel lasciarsi scappare una risata, guardando il brillante Zexion -o meglio, non più così radioso come prima- avvicinarsi mentre guardava con occhi innamorati il biondo «sei stato veramente fortunato ad essere il suo migliore amico fino alla fine» mi disse, battendomi una mano sulla spalla.

Lo guardai meglio e notai che non era poi poco più alto di me «spero che ora tu voglia ascoltare tutta la storia dietro al casino che è successo» borbottò Axel nel mio orecchio.

Aspetta, lui sapeva cosa gli era successo e non mi aveva detto nulla? Mi avrebbe semplificato le cose!

Lo guardai confuso e arrabbiato, scatenandogli nel petto una sonora e calda risata «non fare il micetto arruffato» mi disse, schioccandomi un bacio sulla fronte, dopo avermi scostato i capelli con una manata gentile.

Zexion mi raccontò che Axel non aveva potuto dirmi niente perché, semplicemente, non si ricordava «il suo corpo, essendo rimasto senza una degna sepoltura, non gli ha permesso un trapasso decente e così non è mai stato in grado di ricordare com’era morto» disse «ma ora che entrambi verrete seppelliti, sarà un altro discorso».

Ascoltai come Saix fosse stato un trafficante di organi, una volta assunto dall’ospedale, e Axel, che era sempre stato amico sia di Saix che di Zexion, lo aveva scoperto, rimanendo ucciso dall’ira dell’uomo.

Zexion aveva fatto delle ricerche e aveva fatto più o meno la stessa fine del rosso «quello stronzo, dopo essere morto, mi ha dato la caccia e mi ha buttato sotto una macchina» mi raccontò «mentre stavo uscendo da scuola. Non ho fatto attenzione perché…stavo guardando una certa persona» arrossì lievemente.

Quel particolare mi mandò alla mente quel giorno in cui Demyx era rimasto traumatizzato dalla notizia che un loro compagno di scuola, che però non conoscevano perché più grande di noi, era morto investito.

Lo indicai «venivi a scuola con noi!» esclamai, illuminato e Zexion annuì.

Non disse una parola mentre ci lasciò da soli, seguendo Demyx che, per l’appunto, se ne stava andando «il tuo amico ha un angelo custode molto tenerello» mi disse Axel, scherzoso, e tempo qualche secondo mi prese per la vita sollevandomi dal suolo e posandomi sulla sua spalla come un sacco di patate «andiamo Roxy, ci sono posti migliori dove andare rispetto a un ospedale bruciacchiato» mi disse, dandomi due sonore pacche sul sedere all’altezza del suo viso.

Non potei fare a meno di arrossire, ma risi «in paradiso non si fa sesso!» esclamai, agitandomi perché mi facesse scendere.

La sua risata maliziosa mi mandò mille chiodi su per la schiena «infatti non voglio portarti in paradiso, peccatore» disse, voltando il viso per lasciarmi un bacio sulla coscia.

«Ti amo, maledetto psicopatico»
«Anche io, micetto, anche io»



Eccoci alla fine di questa camminata con Axel e Roxas, finalmente riuniti. Davvero questo capitolo mi ha fatto prendere un respiro e mi dispiace per la scarsa lunghezza, ma l'epilogo dev'essere così. Ringrazio chiunque abbia letto, messo tra i preferiti e seguiti questa fanfiction, grazie veramente di cuore.
Un grazie speciale poi a chi ha recensito, per avermi spronato a continuare fino alla fine :)

_California Girl_: Ecco qui la fine, un finale felice con un tocco di maliconia. Diciamo che l'ho fatto finire nel modo migliore possibile ^^" Spero di non aver di nuovo attinto alle tue lacrime! D:

Sarephen: Sary, la mia più accanita recensista! >3< non ti preoccupare per la recensione, va benissimo ^^ I nostri personaggi sono felici e contenti, anche se morti.
Dopotutto Demyx avrà un angelo custode molto particolare, mentre quei due macchieranno il paradiso di perversione xD

MihaChan: Oh il funghetto starà meglio di prima, te lo assicuro! Beh meno male che -nonostante fossimo in YaoiLand qui- che ti è piaciuta ^^ Grazie veramente.

WhiteDream: No non essere triste dai! Anche se è finita non sarà l'unica AkuRoku che scriverò xD Tranquilla potrebbe esserci un seguito magari, oppure qualcosa di completamente diverso, dipende ^^

FefeChan: Happy ending, il migliore che potevo scrivere per questa storia :) Spero che non mi ucciderai se il piccolo Rox va a peccare con Axel in paradiso xD

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