Storia di un Serpeverde di Gold Scorpio (/viewuser.php?uid=4378)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione a Milo ***
Capitolo 2: *** Ginny Weasley ***
Capitolo 3: *** Albus Silente ***
Capitolo 4: *** Cena in Sala Grande ***
Capitolo 5: *** A rapporto dalla McGranitt ***
Capitolo 6: *** In infermeria ***
Capitolo 7: *** Tra due fuochi ***
Capitolo 8: *** Pansy Parkinson ***
Capitolo 9: *** Lady Malfoy ***
Capitolo 10: *** Volo notturno ***
Capitolo 11: *** La casa dei Grifondoro ***
Capitolo 12: *** Draco Malfoy ***
Capitolo 13: *** Due al buio ***
Capitolo 14: *** Fred & George ***
Capitolo 15: *** Il bagno dei Prefetti ***
Capitolo 16: *** Ti devo un favore! ***
Capitolo 17: *** In punizione ***
Capitolo 18: *** Il sotterraneo ***
Capitolo 19: *** Luce nelle tenebre ***
Capitolo 1 *** Introduzione a Milo ***
1.
Era sera e pioveva. Una pioggia
insistente, leggera ma fitta e fredda, come migliaia
di piccoli aghi che cadessero dal cielo. Ed andava
avanti così da giorni, il peggior ottobre da molti anni a questa parte. Perchè
quando piove c'è poco da fare, anche in una scuola di magia come Hogwarts,
specie se sei stato fin troppo diligente e non hai più compiti da svolgere o
lezioni da studiare.
Milo Ogilvie, studente del terzo
anno, sbadigliò, alzandosi dalla poltrona in cui era sprofondato: si stiracchiò
facendo scrocchiare gli arti, quindi lanciò un'occhiata annoiata tutto attorno.
La sala comune di Serpeverde era un vero mortorio. Nel tavolo vicino al camino un
paio di studenti del primo anno si attardavano ancora sui libri, nel disperato
tentativo di carpire il significato di quelle arcane formule: l'inizio è duro per tutti, una cosa è sapere che esiste la magia, un'altra è
riuscire a capirla e metterla in pratica. C'era passato anche lui due anni
prima.
Intanto dall'altra parte della
stanza Draco Malfoy era intento a confabulare con la sua
solita combriccola, vale a dire gli inseparabili Tiger e Goyle: due
armadi ambulanti dal cervello non propriamente fino. E forse proprio questa era
la ragione per cui riuscivano ad andare d'accordo con Malfoy: erano troppo stupidi
per capire che il viziato erede di una delle casate
più prestigiose del mondo magico era il classico caso di "tutto fumo e
niente arrosto".
Le sue labbra si curvarono in un
sorriso sarcastico mentre la mente ritornava a qualche
giorno prima, quando l'eccentrico insegnante di Difesa contro le Arti Oscure,
l'ex auror "Malocchio" Moody, aveva trasformato Malfoy in un candido
furetto sotto gli occhi di tutti, quale punizione per aver tentato di attaccare
alla spalle Harry Potter, il suo storico rivale, contro il quale aveva
collezionato un'impressionante sfilza di umiliazioni fin dal primo anno di
scuola.
- Se
quell'idiota gode ancora di un minimo di considerazione nella casa dei
Serpeverde – pensò – lo deve tutto all'influenza di suo padre... –
La sola presenza di Malfoy lo
metteva di cattivo umore. Era già abbastanza dura essere un Serpeverde ad Hogwarts, continuamente accompagnati dal pregiudizio
delle altre casate, senza che quell'idiota peggiorasse continuamente le cose, prova
evidente e palese che la cattiva fama della casata era evidentemente meritata.
Perso nei suoi pensieri, non si
accorse che l'oggetto dei suoi strali lo stava a sua
volta guardando con aria seccata:
- Qualcosa che non va, Ogilvie?
Cos'hai da fissare? –
Milo si scosse dal torpore e realizzò
la situazione: avrebbe dovuto essere più accorto, un Malfoy contrariato è
sempre una seccatura. Ma ormai non poteva più
sottrarsi al confronto:
- Non preoccuparti, è che mi stava
tornando in mente un certo episodio di qualche giorno fa... – gli rispose sarcasticamente.
Le gote di Malfoy si tinsero
leggermente di rosso: Tiger e Goyle scattarono in piedi
mentre i ragazzi al tavolo smisero di leggere e rimasero muti ad
osservare la scena.
- Ti stai riferendo a qualcosa in
particolare? – gli chiese un Malfoy livido di rabbia.
Non era una bella situazione: il
biondo Serpeverde e i suoi due gorilla sembravano sul punto di saltargli
addosso. Provocarli era stata una cosa stupida, ma
Milo non aveva resistito alla tentazione e non era la prima volta che la sua
lingua lunga lo metteva nei guai.
- Quando
imparerò a contare a dieci prima di parlare? – pensò, maledicendosi in
silenzio.
D'altronde non gli andava nemmeno di darla vinta a Malfoy, quindi l'unica soluzione
possibile era passare al contrattacco.
- Sai bene a cosa mi riferisco,
Malfoy. Non è certo colpa mia se hai rimediato l'ennesima umiliazione davanti a
Harry Potter... – gli rispose, estraendo al contempo
la bacchetta e puntandola verso il terzetto.
La mossa li lasciò interdetti, ma Draco si riprese in fretta e con un movimento
rapido si portò alle spalle di Goyle ed impugnò a sua volta la bacchetta.
- Coraggioso come al solito – lo apostrofò ironicamente Milo.
- Ti pentirai di avermi provocato,
Ogilvie – gli rispose Malfoy, accingendosi a scagliare
una magia sempre protetto dalla mole di Goyle, che pareva impietrito.
Con scatto ferino Milo saltò giù
dalla poltrona poco prima che questa venisse colpita
dall'incantesimo, dopodichè si portò rapidamente al riparo dietro di essa: nel
frattempo anche Tiger e Goyle mettevano mano alle loro bacchette.
La faccenda si faceva
sempre più pericolosa, occorreva pensare velocemente ad un piano di fuga.
La fortuna venne in suo aiuto quando la porta si aprì
ed un gruppo di ragazze entrò chiacchierando rumorosamente nella sala: automaticamente
Draco e i suoi guardaspalle nascosero le bacchette e Milo ne approfittò per
sgattaiolare fuori, accompagnato dallo sguardo furente di Malfoy.
Una volta arrivato
nel corridoio esterno reputò opportuno allontanarsi velocemente, giusto nel
caso in cui ai tre venisse la tentazione di inseguirlo.
- Bene, volevo trovare qualcosa da
fare ed ora ce l'ho – si disse – complimenti Milo, sei
proprio un genio... –
Imboccò le scale che portavano alla
biblioteca, che in quel frangente gli sembrava il rifugio ideale per trascorrere
un paio d'ore al sicuro e far sbollire la rabbia di Malfoy. Nonostante
la giornata piovosa, tuttavia, gli altri studenti dovevano aver pensato che
c'era di meglio che passare la domenica pomeriggio a studiare, perchè trovò la
stanza desolatamente vuota, eccezion fatta per la solita Hermione Granger che
pareva vivere in simbiosi con quegli antichi tomi polverosi. La ragazza parve
non notare nemmeno il suo arrivo.
Milo recuperò dal consueto scaffale
il suo testo preferito, un corposo volume di Storia della Magia, quindi andò a
sedersi il più lontano possibile dalla Granger. Gli piaceva leggere del
passato, anche perchè il nome della sua casata compariva spesso, almeno per
quanto riguardava le vicende scozzesi. Molti suoi antenati avevano preso
attivamente parte alle rivolte scozzesi contro il dominio inglese, forse per
sincero patriottismo, più probabilmente per malcelate mire di potere, visto che
non esitavano a ricorrere anche alle arti più oscure per raggiungere i loro scopi.
Comunque nessuno di loro ebbe molta fortuna ed a
tutt'oggi la casata degli Ogilvie era ritenuta secondaria all'interno della
nobiltà magica e guardata con sospetto, specie dopo le turbolente vicende
susseguenti all'avvento di Voldemort. Molti sospettavano che i membri della sua
famiglia fossero seguaci del Signore Oscuro. Ma in
realtà nessun Ogilvie si sarebbe mai messo alle dipendenze di un altro mago:
semmai avrebbe tentato di diventare lui stesso Signore
Oscuro...
Perso nei suoi pensieri, il ragazzo
non fece molto caso al tempo che passava, finché non venne
riportato alla realtà dal tocco di una mano sulla spalla:
- E' ora di
andare, la biblioteca sta chiudendo – gli disse Hermione Granger,
accennando ad un sorriso formale.
Lui annuì col capo e lei si accomiatò.
Milo si alzò e mise con tutta calma a posto il volume che stava consultando, in
modo di dare alla Grifondoro tutto il tempo di
allontanarsi, quindi uscì anche lui... |
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Capitolo 2 *** Ginny Weasley ***
2.
Erano ormai le sei di sera e la
pioggia batteva forte fuori dalle finestre. I corridoi
erano deserti e chi non era rimasto nelle camere a studiare, si era già recato
nella Sala Grande per la cena: ma Milo non era in vena di cenare quella sera.
La domenica fa sempre uno strano effetto, è un giorno di riposo e divertimento
ma allo stesso tempo la si vive con la consapevolezza
che l'indomani una nuova settimana di studio attende. Ma
trascorrerla interamente al chiuso, senza nulla da fare, senza nessuno con cui
parlare, non era proprio il massimo.
Quasi inconsapevolmente si diresse
verso l'ingresso, il grande portone di Hogwarts che
separa la scuola dal cortile esterno, dal campo da Quidditch, dalle serre e...
dalla foresta. L'atrio era vuoto e scuro, ma il portone era ancora aperto: il
ragazzo vi si diresse con passo deciso, sostando poco fuori di esso, in modo che la pioggia non lo bagnasse. Davanti a lui
la foresta era una macchia indefinibile, confusa col grigiore del cielo
all'orizzonte: la fitta pioggia rendeva difficile scorgere qualcosa già a pochi
passi di distanza, ma in lontananza si stagliava distintamente una fioca luce,
quasi sicuramente proveniente dalla casa del guardiacaccia Hagrid. Questi era
un tipo assurdo, alto il doppio di una persona normale e forte come un toro, ma
anche ingenuo come un bambino: solo l'amicizia con il preside di Hogwarts,
Albus Silente, poteva spiegare come quell'individuo fosse diventato addirittura
professore!
All'improvviso gli venne un'idea su
come movimentare la giornata: giocare un tiro mancino ad
Hagrid! Qualcosa che lo facesse arrabbiare molto, tipo una caccabomba dal camino (ma c'era il rischio che la scambiasse per profumo),
o far scappare qualcuna delle assurde (e spesso pericolose) creature che amava
allevare. Si, sarebbe stato decisamente divertente, o
quanto meno più divertente di una cena con Malfoy che lo guardava di traverso.
Fece un passo fuori
dall'edificio e la pioggia cominciò a lambirgli il viso e ad inumidirgli
i lunghi capelli neri: era una sensazione piacevole, in qualche modo gli
sembrava che l'acqua lavasse via pensieri e preoccupazioni fuori luogo. Mosse
un secondo passo verso l'esterno quando una voce lo
richiamò...
- Hey! -
Milo si arrestò.
- Hey tu, dove credi di andare? E'
proibito uscire di sera! –
Milo si voltò e guardò verso
l'interno: la voce arrivava dalla penombra in fondo all'atrio. Era una voce squillante, un po' stridula. Una voce di
ragazza. Ricordava di averla già sentita prima, ma al momento non riusciva ad
associarla a nessuno. Tornò indietro di qualche passo, al riparo sotto
l'architrave e attese.
Un rumore di passi affrettati
proveniva dal fondo della stanza, poi una figura minuta cominciò a delinearsi dalle ombre: aveva lunghi capelli rosso fuoco ed
un viso lentigginoso...
Arrivò ansimando:
- Che fai?
Esci per una passeggiata notturna con questa pioggia? –
Mentre
parlava la ragazza sembrò metterlo a fuoco per la prima volta. Il suo sguardo
si posò sul volto di Milo, poi sulla sua uniforme da Serpeverde, quindi ancora
sul volto: sembrava che solo in quel momento avesse realizzato
che stava parlando con un "avversario". La ragazza era infatti una Grifondoro e notoriamente non corre buon sangue
con i Serpeverde. Milo la riconobbe come una dei Wesley, anche se al momento
non ricordava il nome: proveniva da una famiglia di maghi purosangue, come lui,
che occupavano una qualche posizione di rilievo
all'interno del Ministero della Magia (o così gli pareva...). Il cognome
Weasley ricorreva di frequente sulla bocca di uno di
Draco Malfoy, e non era mai associato a nulla di piacevole.
- Ah, un Serpeverde! Dovevo
immaginarmelo... – soggiunse.
- Con che autorità mi dai degli ordini? Non vedo distintivi da
Prefetto - l'apostrofò sarcasticamente Milo, infastidito
dall'atteggiamento della ragazza.
Probabilmente era la prima volta
che i due si trovavano a parlare faccia a faccia in
più di due anni di scuola.
Lei lo fissava con gli occhi
stretti, piccata da quel tono sgarbato.
- Sai che ti dico? Fai quello che
vuoi... – gli rispose – Esci, vai nella foresta, fatti
divorare da qualche belva. Un Serpeverde in meno non può che essere un
vantaggio per Hogwarts! –
Quindi si voltò e corse via, verso
la scalinata che porta alla Sala Grande. Milo la seguì
con gli occhi e così la vide inciampare goffamente dopo pochi passi e cadere
rovinosamente a terra: il ragazzo si produsse una risata divertita, mentre
cominciò a camminare verso la ragazza. Questa era ancora a terra: aveva la
faccia di un color porpora acceso, che le arrivava fin sulle punte delle orecchie,
e si teneva il ginocchio sinistro, sbucciato nella caduta. Mentre
si avvicinava Milo capì che probabilmente la cosa peggiore, per lei, era
l'essersi umiliata in quel modo davanti ad un Serpeverde. Smise di ridere e le
domandò cortesemente:
- Come stai? Tutto bene? Non
dovresti correre quando c'è poca illuminazione in giro
–
Se
possibile lei arrossì ancora di più, chissà se per rabbia o frustrazione, e
cominciò a farfugliare qualcosa:
- E' tutto ok,
non mi sono fatta nulla. Io... – e cominciò a rialzarsi lentamente.
Milo non volle farsi sfuggire l'occasione di deriderla ancora un po'. Si chinò rapidamente
su di lei e la prese saldamente tra le sue braccia:
- Non è il caso che ti sforzi.
Forse è meglio se ti porto in infermeria – le disse, con un tono che mal celava
il suo divertimento per l'imbarazzo creato.
A questo punto gli sembrò che la
ragazza cominciasse a brillare di luce propria, tanto la sua faccia era rossa.
Lei non disse nulla, ma si divincolò con forza dalla presa, se ne liberò e si
rimise in piedi di fronte a Milo. La sua espressione era furente, ma riuscì a
trattenersi:
- Non è proprio
il caso – gli disse con voce rotta dall'emozione – sto benissimo, è una
cosa da nulla. Ti ringrazio, ma ora devo andare... – e prima che il ragazzo potesse fare o dire alcunché lei schizzò via e cominciò a
salire i gradini delle scale due alla volta, a testa bassa.
Milo la seguì con lo sguardo sempre
più divertito, anche perchè un secondo dopo la ragazza andò a sbattere contro
una figura immobile in cima alle scale, che evidentemente aveva assistito a
tutta la scenetta di prima... |
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Capitolo 3 *** Albus Silente ***
3.
Travolto dalla corsa a testa bassa
di Ginevra Weasley, Albus Silente, potente mago e preside di Hogwarts, indietreggiò ma riuscì a rimanere in piedi: la ragazza,
invece, cadde nuovamente a terra.
- Buona serata ad entrambi, miei
cari giovani – disse mentre porgeva una mano verso
Ginny per aiutarla a rialzarsi.
- Io, ecco... mi scusi, non stavo
guardando... che sciocca... mi scusi tanto... – la
ragazza farfugliava le sue scuse, mentre si alzava appoggiandosi alla mano tesa
dell'anziano mago.
- Sarebbe bene non correre per i
corridoi... o almeno ricordarsi di guardare sempre dove si va, non crede signorina Weasley? – la rimproverò bonariamente
Silente, con occhi divertiti.
- Ed anche
lei dovrebbe trattare con maggiore gentilezza le sue compagne, signor Ogilvie –
disse rivolto a Milo.
Questi fece un inchino molto
cerimonioso e volutamente esagerato e continuando a sorridere gli rispose:
- Temo purtroppo che l'avversione
della signorina Griffondoro per gli appartenenti alla mia casa avrebbe reso vano qualsiasi mio sforzo di comunicare
pacificamente con lei... – disse sospirando, mentre posava uno sguardo
malizioso sulla ragazza.
- Suvvia, io non credo... – ma alla
voce di Silente che tentava di ribattere si sovrappose quella di Ginny:
- Chiedo ancora scusa per
l'accaduto, signor preside, cercherò di stare più
attenta in futuro – la giovane Weasley parlava con la testa china, senza
guardare l'interlocutore negli occhi, ma le orecchie arrossate e la voce
tremante tradivano l'imbarazzo che tentava disperatamente di celare.
- La colpa è mia che mi sono
attardata a perdere tempo qui, invece che recarmi subito alla Sala Grande. Col
vostro permesso ora devo andare, mi stanno aspettando – e gettando un ultimo
sguardo di sottecchi al ragazzo che osservava la scena in fondo alle scale,
Ginny Weasley corse via, sparendo in fondo al corridoio che portava ai locali
dove si teneva il consueto banchetto serale. A Milo parve di scorgere un muto
rimprovero in fondo a quegli occhi verde smeraldo.
- Milo, Milo, cosa devo fare con te?
– sospirò Silente – Come potrai mai legare con i tuoi
compagni se ti ostini a non dare loro nessuna chance? –
Il ragazzo cominciò a salire
lentamente le scale. Era piuttosto alto per la sua età, aveva
un fisico esile ma atletico, dei lunghi capelli corvini raccolti in una coda e
occhi neri ed intensi. Nel vederlo Silente non poté che constatare quanto assomigliasse a sua madre, Evelyn, per quell'espressione
cupa e sarcastica che aveva spesso dipinta sul volto: un dolore profondo gli
gravò sul petto quando si trovò a pensare al tragico destino che aveva visto
coinvolti i genitori del ragazzo. Fin dal suo arrivo Milo aveva avuto delle difficoltà
a relazionarsi con gli altri suoi compagni e in due
anni non era apparentemente riuscito a stringere amicizia con nessuno e
trascorreva gran parte del suo tempo da solo, ideando pericolosi passatempi
come il voler a tutti i costi accedere alla sezione proibita della biblioteca,
oppure esplorare la foresta fuori Hogwards.
- E cosa
ci posso fare io? – Milo era giunto ormai di fronte all'anziano preside – nella
casa dei Serpeverde non c'è un solo studente che farebbe amicizia con uno come me senza un qualche doppio fine, mentre gli stupidi
appartenenti alle altre case mi evitano a priori proprio perchè sono un
Serpeverde... è una situazione senza via d'uscita –
- Forse le varie risse che ti hanno
visto coinvolto non ti hanno aiutato a migliorare la
tua reputazione – aggiunse malizioso Silente.
- Un po' di moto fa sempre bene...
– rispose sarcastico il ragazzo, ma lo sguardo severo
di Silente lo indusse a cambiare immediatamente atteggiamento.
- Bene, vedrò di trovare al più
presto un modo per farti interagire con altre persone senza che tu possa
indurle alla fuga – aggiunse - Ma ora non è il momento
giusto di parlarne: nella Sala Grande la cena sarà già cominciata da un pezzo e
non è educato fare attendere gli altri commensali, non credi? –
Milo annuì, quindi seguì mestamente
il preside: la sua sortita serale era rimandata e tutto per colpa di quella
ragazzina...
Ginny Weasley corse per i corridoi
fiocamente illuminati fino alla Sala Grande, ma non entrò. Si fermò davanti
alla grande porta, appoggiandosi alla parete per
riprendere fiato: si rendeva conto di essere stravolta, sia per la corsa che
per le violente emozioni che avevano animato i minuti appena trascorsi. Prima
di entrare doveva calmarsi e darsi una riassettata, altrimenti avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni ai suoi compagni e ai
suoi fratelli. Era davvero arrabbiata con se stessa, era stata stupida a cadere
così facilmente nelle provocazioni di quel tipo: ma come aveva fatto a non
accorgersi che era un Serpeverde! Per di più trattandosi di uno
come Milo Ogilvie, un noto piantagrane...
Il respiro si andava
lentamente normalizzando, non c'era più il fiatone di qualche istante
prima. Ginny cominciò a sistemarsi gli abiti, quindi passò ai capelli.
Anche i pensieri fluivano più calmi ora che la rabbia e l'imbarazzo cominciavano a venire
meno. Con stupore la ragazza si rese conto di sentirsi in colpa. Perchè? Perchè?
Perchè aveva fatto quella figura tremenda proprio sotto gli occhi di Silente?
No, non era quello, era qualcosa di diverso.
- E' colpa mia! –
Il pensiero le balenò inaspettato.
Colpa sua? E
perchè mai?
- Non sono stata per nulla gentile
–
Ginny cominciò a ricordare lo
stupore con cui là, nell'atrio d'ingresso, solo all'ultimo si era resa conto
che quello che stava richiamando era Milo Ogilvie. E
del tono duro con cui lo aveva involontariamente apostrofato:
- Sono stata a dir poco sgarbata...
–
Milo aveva la sua età e spesso
frequentavano le stesse lezioni, ma non si erano mai rivolti la parola. A
pensarci bene se ne stava sempre da solo e non parlava mai, se non per
rispondere alle domande dei professori.
- Che sciocca, ho mostrato nei suoi
confronti lo stesso pregiudizio che di solito rimprovero a gente come Malfoy –
Possibile che quel ragazzo
Serpeverde avesse reagito in quel modo solo in
risposta alla sua malcelata ostilità?
Ginny si stupì di trovarsi a
pensare cose simile: cosa poteva importargliene di
quel Serpeverde? Tra poco quel Milo sarebbe entrato nella Sala Grande, si
sarebbe seduto al tavolo con i suoi compagni, l'avrebbe guardata con scherno,
poi avrebbe raccontato ai suoi compari della figuraccia davanti a Silente,
avrebbero riso di lei lì davanti a tutti e l'avrebbe resa lo zimbello della
scuola. Ecco quello che sarebbe successo, per colpa
sua l'avrebbero presa in giro per settimane, altro che sentirsi in colpa!
Ginny si scoprì di
nuovo arrabbiata e i sensi di colpa sparirono: trasse un profondo
sospiro ed entrò nella sala, convinta in cuor suo che la serata sarebbe
terminata nel più seccante dei modi...
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Capitolo 4 *** Cena in Sala Grande ***
4.
Le strade di Milo e Silente si
separarono davanti alla porta della Sala Grande: il preside proseguì oltre,
sarebbe entrato dall'ingresso dei professori posto più avanti, mentre il
ragazzo varcò la soglia principale. Ai commensali delle ultime file non sfuggì
il suo ritardo, ma dopo un'occhiata ripresero a pasteggiare normalmente; anche
Malfoy non appariva più essere molto interessato a lui.
- Meglio così – pensò.
Milo si diresse con passo calmo
verso la tavolata dei Serpeverde: arrivando per ultimo gli sarebbe per forza
toccato di sedersi accanto ai "primini", in fondo alla tavolata. Dopo
una breve occhiata optò per il posto accanto ad una ragazzina di cui si
ricordava a malapena il nome – Cecily se non ricordava male – un tipo magro e
lentigginoso, con due grossi occhiali che le coprivano metà del viso e lunghe
trecce nere che le cadevano sulle spalle. Al suo arrivo la ragazzina si scostò
più che poté per fargli posto e gli rivolse un timido cenno con il capo;
altrettanto fece Milo, sorridendo a lei e agli altri astanti, quindi si sedette
e quelli ripresero a mangiare, tenendo la testa bassa e gli occhi sul piatto.
Evidentemente non erano in vena di conversazione, non con lui almeno.
Il ragazzo sospirò ed alzò gli
occhi verso le altre tavolate: come al solito la sala era estremamente
affollata, la gente mangiava e conversava allegramente. Milo sospirò, mentre i
suoi occhi si spostavano automaticamente da un punto all'altro, finché al
tavolo un altro paio di occhi incrociarono i suoi mentre passavano tra i Grifondoro.
Lo sguardo corrucciato di Ginevra
Weasley era puntato su di lui, probabilmente lo teneva d'occhio dal momento in
cui era entrato in sala: che fosse ancora arrabbiata per quello che era
successo poco prima? Milo alzò un braccio per salutarla, quindi fece finta di
scivolare e mimò una caduta, fermando il viso a pochi centimetri dal piatto
davanti a lui.
Quando rialzò gli occhi vide che la
ragazza si era alzata, rossa in volto, e nella foga aveva versato il bicchiere
davanti a lei, bagnando le portate dei suoi compagni: ora si scusava con foga
mentre cercava di rimettere a posto le cose, ma finì con l'urtare un caraffa,
peggiorando la situazione. Due o tre ragazzi del tavolo dei Grifondoro si
alzarono di scatto per evitare di sporcarsi i vestiti, ma uno di loro inciampò
sulla panca e cadde all'indietro trascinandosi piatti e bicchieri. Era Neville
Paciock! Ora tutti trafficavano attorno alla zona dell'incidente per cercare di
rimettere a posto, mentre dalle altre tavolate si levavano le prime risate.
Anche Milo si sorprese a ridere di
gusto, davvero divertito davanti all'ennesimo disastro cui la sua giovane
compagna di scuola l'aveva fatto assistere; e continuò a ridere incurante degli
sguardi stupiti dei Serpeverde attorno, che evidentemente trovavano molto
strano vederlo così di buon umore.
L'ilarità comunque non durò molto:
grazie alla magia i Grifondoro risistemarono tutto alla svelta e gli altri
studenti erano comunque ormai abituati alla goffaggine di Paciock e l'ilarità
svanì in fretta. Milo vide la
Weasley che si scusava ancora con tutti e un po' gli
dispiacque, visto che – per certi versi – era stata anche colpa sua: quindi la
ragazza si sedette e cominciò a discutere animatamente con un ragazzo dai
capelli rossi come i suoi, Ron Weasley, suo fratello, l'amico del cuore di
Harry Potter.
Il sorriso sulla bocca di Milo si
spense definitivamente e cominciò finalmente a mangiare, mentre Silente, che
finalmente aveva raggiunto il tavolo dei professori, aveva richiamato
l'attenzione degli astanti ed annunciava con estrema soddisfazione che da lì a
qualche giorno sarebbero arrivati gli studenti stranieri dalle scuole di
Beauxbaton e Durmstrang, lasciando intendere che avrebbe scelto alcuni studenti
che l'aiutassero ad organizzare al meglio l'accoglienza...
Dopo cena il ragazzo si attardò
nella Sala Grande, dedicandosi alla lettura di alcune riviste lasciate sui
tavoli dagli altri studenti: leggere gli era sempre piaciuto e tenersi
aggiornato sulle ultime notizie – e sugli ultimi gossip – era un modo valido
come un altro per passare il tempo. Inoltre la prudenza consigliava di tenersi
ancora lontani da Malfoy, almeno per il momento. Nel frattempo la sala si
svuotava e pian piano gli altri studenti, solitari o in gruppo, andarono a
letto e tutto si faceva più tranquillo e silenzioso.
Mentre ancora era assorto nella
lettura, sentì dei passi avvicinarsi e fermarsi proprio dietro di lui: qualcuno
gli si sedette accanto.
- Allora, sei soddisfatto di te
stesso? –
Milo alzò gli occhi e vide accanto
a se Ron Weasley, mentre intorno c'erano i suoi soliti compagni, Potter e la Granger. Il rosso lo guardava
con aria di sfida e sembrava davvero arrabbiato.
- Di che parli? –
Ron sbatté un pugno sul tavolo. –
Di quello che hai fatto a mia sorella, ecco di cosa parlo! –
- E che cosa avrei fatto a tua
sorella? – domandò Milo, mentre un sorriso ironico gli si dipingeva sul volto.
Alle spalle del ragazzo la Granger parlò – Stasera
Ginny era a dir poco sconvolta e siamo sicuri che tu c'entri qualcosa: abbiamo
notato come ti guardava! –
- E lei vi ha detto qualcosa? –
disse Milo voltandosi verso la ragazza.
- No, ma noi siamo sicuri che tu
sai di cosa parliamo... – disse lei, titubante.
- No, non lo so. Forse ha avuto
soltanto una serataccia, tutto qui. –
Per Milo il discorso era chiuso:
girò le spalle ai tre ragazzi e riprese a leggere. Ma non era finita affatto.
Con uno sbuffo irato Ron Weasley
gli afferrò una spalla e, voltandolo, lo prese per il bavero.
- Ecco cosa non mi piace di voi
Serpeverde – proruppe – Questa aria di superiorità e strafottenza! Ti credi
tanto in gamba? Credi di poter prendere in giro mia sorella solo perchè é
troppo brava e gentile? –
Weasley era proprio infuriato. Milo
intuì che probabilmente in quel momento stava sfogando anni di scherzi e prese
in giro da parte di Malfoy e della sua combriccola: "Ma io non sono
Malfoy, idiota" pensò, indeciso su cosa fare. Era evidente che il rosso
non gli credeva, ma non gli andava di fare a botte proprio con il fratello di
quella buffa ragazza.
- Allora? Le chiederai scusa? –
quello di Ron aveva tutta l'aria di essere un ultimatum.
- Scusa per cosa? Ti ho detto che
non le ho fatto nien... – non finì la frase che un pugno lo colpì in pieno
volto.
Milo barcollò all'indietro mentre la Granger e Potter,
probabilmente stupefatti quanto lui dell'improvviso gesto violento del loro
amico, lo afferrarono per trattenerlo. Ma non ce n'era bisogno: Ron Weasley si
era fermato da solo ed ora fissava con sguardo inebetito le nocche delle sue
mani. Evidentemente stava mettendo a fuoco anche lui la gravità del gesto di
cui si era appena reso autore.
- Oh no, cosa ho fatto? Io... io...
mi dispiace.... – cominciò a farfugliare, quando una voce risuonò alle loro
spalle, gelando il sangue dei tre Grifondoro.
-
Cosa sta succedendo? Cosa sta facendo, signor Weasley? –
Era la professoressa Minerva
McGranitt! |
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Capitolo 5 *** A rapporto dalla McGranitt ***
5.
E' incredibile, non riusciva a
crederci: aveva dato un pugno ad un suo compagno!
Ron Weasley stava camminando
mestamente dietro la sua insegnate, Minerva McGranitt, che lo aveva appena
sorpreso in flagrante mentre colpiva un Serpeverde. Ma come gli era saltato in
mente di fare una cosa simile? Ron non riusciva a ricordare. Durante la
giornata aveva dovuto subire le solite frecciatine snervanti di Draco Malfoy, i
rimproveri di Piton ed era pure rimasto indietro col tema di Storia della Magia
che doveva completare per il giorno seguente. A cena, poi, aveva visto la sua
sorellina completamente fuori fase ed anche se lei non gli aveva voluto dire
nulla, il suo sguardo l'aveva tradita, le occhiataccie che mandava di soppiatto
ad un tizio al tavolo dei Serpeverde erano evidenti: si trattava di uno del
terzo anno di cui nemmeno sapeva il nome. Ma era un Serpeverde, e questo
bastava.
Così aveva deciso che era caso di
dargli una lezione, di mostragli cosa succede a chi prende in giro un Weasley:
aveva atteso nella Sala Grande con la scusa di volersi attardare per terminare
il tema ed anche se Harry ed Hermione non lo avevano lasciato solo come
sperava, aveva comunque messo in atto il suo piano non appena il grande salone
si era svuotato del tutto.
Che cosa stupida – si rimproverava
adesso – perdere il controllo in quel modo. Nemmeno era sicuro che quel tizio
avesse dato veramente fastidio a Ginevra. Ma quel suo atteggiamento
strafottente gli aveva fatto salire il sangue alla testa: era bastato un solo
istante di follia per far precipitare tutto.
Il tipo adesso camminava dietro di
loro, col labbro spaccato e sanguinante: ma si era rifiutato di andare in
infermeria e così la professoressa McGrannit aveva convocato anche lui nel suo
ufficio. Ron sapeva già come sarebbe andata a finire: il Serpeverde avrebbe
piagnucolato un po', avrebbe chiamato il paparino ricco ed influente e
avrebbero chiesto la sua testa. Già l'anno precedente era successo qualcosa del
genere con l'ippogrifo di Hagrid, Fierobecco, condannato a morte per aver
sfiorato quell'idiota di Malfoy e salvato per un pelo da Harry ed Hermione
grazie al Giratempo.
Ah, quanto gli avrebbe fatto comodo
un Giratempo in questo momento: poter tornare indietro e modificare tutto. Ma
nessun Giratempo lo avrebbe salvato ora.
- Ho preso a pugni uno studente –
pensava tra se e se – La
McGranitt è brava, ma inflessibile. Mi cacceranno dalla
scuola, non rivedrò più i miei amici, riesco già a vedere la delusione negli
occhi di mamma e papà... –
Gli occhi di Ron incominciarono ad
inumidirsi e presto il ragazzo sarebbe scoppiato in un pianto a dirotto se una
voce severa non lo avesse riportato alla realtà.
- Signor Weasley! Signor Weasley,
siete ancora tra noi? Presti attenzione, visto che la cosa la riguarda da
vicino... –
Il ragazzo sbatté le palpebre,
recuperando consapevolezza di quello che stava accadendo: si trovava già
nell'ufficio della professoressa, Harry ed Hermione erano rimasti fuori, mentre
il Serpeverde stava dicendo qualcosa alla McGranitt...
Ron si concentrò per tentare di
recuperare il filo del discorso...
- Dunque, signor Ogilvie, lei
sostiene che si è trattato di un incidente e che il signor Weasley in realtà
non l'ha colpita volontariamente? –
- Si professoressa. Stavamo solo
discutendo, ma abbiamo perso l'equilibrio e il signor Weasley mi ha
involontariamente colpito con la mano... –
Che stava succedendo? Il Serpeverde
lo copriva? Dalla sua faccia doveva trasparire appieno lo stupore per
l'inattesa scappatoia, perchè non appena la professoressa si girò verso di lui
per chiedere conferma alzò un sopracciglio e gli domandò scettica:
- E' davvero andata così, signor
Weasley? Lei non sembra convinto di questa versione... –
- Cosa? No, no, è andata
esattamente così, non volevo colpirlo, è stato... – Ron deglutì, sentendosi
improvvisamente in imbarazzo - ...è stato solo uno sfortunato incidente! –
- Molto bene, dunque, evidentemente
mi sarò sbagliata io nell'interpretare ciò che ho visto – sentenziò la McGranitt – Vada pure,
signor Ogilvie, vada a farsi medicare adesso, mi sembra che il sangue continui
a colare dalla ferita –
Il ragazzo che la
professoressa chiamava Ogilvie la
ringraziò, quindi uscì dalla stanza senza degnare Ron di uno sguardo.
- Molto bene, signor Weasley: pare
che la faccenda si sia inaspettatamente risolta in maniera positiva per lei –
disse la professoressa con divertita ironia.
Ron cominciò a ringraziare e
scusarsi con lei, con disarmante sincerità: sarebbe stato palese per chiunque
il sollievo che provava in quel momento. Cominciò a dirigersi lentamente verso
la porta quando l'insegnante lo richiamò.
- Un momento solo, signor Weasley.
Credo che la sua coscienza non riposerebbe tranquilla stanotte se non prendessi
nemmeno un piccolo provvedimento. Dunque, in conseguenza della sua
"sbadataggine" mi vedo costretta a togliere 50 punti a Grifondoro...
–
- Ma... – Ron provò a ribattere ma
venne immediatamente zittito.
- E le ricordo, signor Weasley, che
in altre circostanze sarebbe andata molto peggio. Temo proprio che ora lei
abbia un debito con quel Serpeverde... ed anche con me, che ho finto di credere
alle vostre argomentazioni! –
La verità nelle parole della
McGrannit era inoppugnabile. Ron si scusò ancora ed uscì dalla stanza. Fuori
trovò Harry ed Hermione, preoccupatissimi.
Una volta messi al corrente
dell'accaduto trassero entrambi un sospiro di sollievo.
- Però è strano – disse Ron mentre
si dirigevano al dormitorio – Ero convinto che quel tizio avrebbe subito
chiamato il paparino per farmi cacciare... –
- Ron! – Hermione lo fermò,
guardandolo dritto negli occhi – Ogilvie è un orfano, proprio come Harry –
Il ragazzo arrossì fino alla punta
delle orecchie: in quel momento provava una vergogna indescrivibile per le sue
azioni di poco prima...
Milo uscì dall'infermeria con un
vistoso cerotto che gli copriva il lato sinistro del volto.
- Speriamo che questo unguento
funzioni – pensava il ragazzo – madama Chips dice forse non si vedrà nemmeno il
livido, domattina... vedremo! –
Era stata davvero una serata
movimentata per lui, raramente gli capitava di interagire con così tante
persone in una volta sola.
- Anche se questo non è certo il
genere di interazione che aiuta a fare delle conoscenze – pensò.
In verità, nonostante la ferita, il
ragazzo si sentiva piuttosto soddisfatto per essere riuscito a mantenersi calmo
in una situazione come quella.
- Chissà come mai non ho spaccato
la faccia a Weasley invece di fare il bravo ragazzo... – si domandava, tra il
serio ed il faceto.
Una piccola ombra si mosse in fondo
al corridoio e balzò veloce verso di lui.
- Ombra, ciao! – disse raccogliendo
da terra la minuta sagoma di un gattino tutto nero – Sei venuto a cercarmi?
Neanche tu riesci a resistere molto chiuso in quel deprimente dormitorio, vero?
–
Un lampo illuminò improvvisamente
l'ambiente: fuori la pioggia stava aumentando di intensità ed un nuovo
temporale si avvicinava.
- Uff, che tempo deprimente.
L'ideale per noi, non credi? – disse grattando la pancia al micio, che gli
rispese facendo le fusa.
Era ormai piuttosto tardi e Milo
decise che era giunto ormai il momento di andare a dormire. Percorse
velocemente i corridoi, che ormai conosceva a menadito, fino a raggiungere il
dormitorio di Serpeverde. La sala comune era completamente deserta, il fuoco
quasi spento. Il ragazzo sbadigliò, rimase un momento a contemplare gli ultimi
bagliori sotto la cenere, quindi decise che era decisamente il momento di farsi
una dormita: e posato il gattino, si diresse verso il suo alloggio.
|
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Capitolo 6 *** In infermeria ***
6.
La mattina dopo Milo venne
svegliato dai raggi di sole che entravano dalla finestra: evidentemente il
temporale si era sfogato durante la notte, ed ora il clima sembrava concedere
un po' di tregua. Il ragazzo si sedette sul letto e stiracchiò le braccia, e subito un dolore alla guancia sinistra gli
ricordò l'episodio della sera prima.
- "Questo farà passare tutto
in una notte"... un accidente! – disse, ripensando alle parole di madama
Chips mentre gli spalmava un unguento.
Milo si guardò intorno e notò che i
suoi compagni di stanza erano già usciti tutti.
- Devo aver dormito della grossa
per non essermi svegliato prima – pensò.
Come prima cosa si diresse in bagno
per sciacquarsi la faccia e riannodare i lunghi capelli, che gli scendevano
disordinatamente ben oltre le spalle, in un semplice codino tenuto assieme con
un laccio. Quindi si rivestì e cominciò a scendere lentamente le scale. Quando
entrò nella sala comune, trovò che c'era un insolito fermento: quasi tutti i
Serpeverde erano riuniti attorno al tavolo, discutendo animatamente. C'era
eccitazione nell'aria, molti ridevano ed in generale l'atmosfera sembrava molto
allegra.
Milo aveva appena chiuso alle sue
spalle la porta dei dormitori quando dal gruppo si alzò Draco Malfoy, che si
diresse verso di lui con le braccia alzate ed un'aria decisamente soddisfatta.
- Ogilvie, eccoti qui, proprio di
te stavamo parlando! – disse – Abbiamo appena saputo della tua impresa di ieri
sera: bravissimo! –
Milo lo guardava con aria
interrogativa, tra lo stupefatto e l'incredulo: Draco Malfoy gli stava
sorridendo e si rivolgeva a lui in maniera amabile dopo quello che era successo
appena il giorno prima? Aprì la bocca, ma non riuscì a parlare: Malfoy lo
raggiunse e gli strinse con vigore la mano.
- Incredibile, incredibile, sei
riuscito a far togliere 50 punti a Griffondoro. E l'ha fatto la McGranitt in persona,
quella vecchia bacucca. Splendido, davvero splendido, non so cosa avrei dato
per vedere la sua faccia sofferente! –
Milo non capiva: era sicuro di aver
detto alla McGranitt che si era trattato solo di un incidente...
- E scommetto che la cosa ha a che
fare con la ferita che hai in faccia, vero? – disse Draco con un'espressione vagamente
compiaciuta.
Quindi lo prese da parte e gli
sussurrò – Che cosa è successo esattamente? C'è nulla che possa fare per
rincarare la dose? Vorrei contribuire anch'io ad assestare un bel colpo a
Potter ed ai suoi stupidi amici... –
- Ehm, no, non credo – gli rispose
Milo, un poco imbarazzato per la troppa confidenza che l'altro ragazzo si stava
prendendo – a dire il vero non sapevo nemmeno che fossero stati presi
provvedimenti così severi... –
Milo cominciava a sentirsi
decisamente infastidito da quell'eccesso di attenzione e lo diede a vedere
lanciando un'occhiataccia a Malfoy.
- Bene, bene, vedo che non vuoi
rivelarci i tuoi segreti – disse Draco, che evidentemente aveva colto che non
era il caso di continuare – ma non importa, è il risultato che conta! Vedrò di
darmi da fare anch'io, adesso... – e detto questo si allontanò da lui, per
tornare al tavolo ad elaborare chissà quale diabolico piano.
"Credo proprio che
difficilmente riuscirai ad ideare qualcosa di valido, mio caro Malfoy, come al
solito d'altronde" pensò Milo mentre osservava rabbuiato il gruppetto di
Serpeverde seduti al tavolo e tutti impegnati a complottare. Il ragazzo li
fissò ancora per qualche istante, ma sembrava proprio che ormai avessero altro
a cui pensare e la sua presenza non era più necessaria. Meglio.
Si avviò verso l'uscita senza che
nessuno badasse a lui ed alle sue mosse, quindi si diresse verso l'infermeria
per farsi cambiare la medicazione.
Mentre madama Chips lo stava
medicando, la porta si aprì e la figura di Silente fece capolino nella stanza.
- Oh, eccola qui signor Ogilvie:
come va, tutto bene? Ho saputo di quello che è accaduto ieri, una situazione
davvero incresciosa – disse, avvicinandosi al letto su cui Milo era disteso –
Ma sono orgoglioso di come si è comportato, bravo! –
- A dire il vero sono sempre più
convinto che avrei dovuto reagire con una bella maledizione – disse il ragazzo
con tono beffardo.
- Oh, oh, sarebbe forse stata la
reazione più naturale... e stupida! E questo non fa che confermare con quanta
maturità hai agito ieri sera –
Mentre conversavano, madama Chips
terminò le sue cure e dopo aver applicato la medicazione si allontanò,
rivolgendo un breve cenno di saluto al preside.
- Il signor Weasley è una brava
persona, ma un po' irruento – proseguì – sono sicuro che si farà perdonare,
vedrà –
Il tono caldo e rassicurante di
Silente fece breccia nel cuore di Milo, che sentiva di potersi confidare in
assoluta libertà con l'anziano mago: era da tanto tempo che non aveva più
nessuno con cui parlare liberamente.
- Sa, signor preside - disse – che
il pugno di Weasley è probabilmente il contatto più ravvicinato che abbia mai
avuto con qualcuno da quando sono qui? –
Milo pronunciò le parole
sorridendo, ma il tono era cupo e Silente colse al volo quella sfumatura.
- A volte la vita è strana, ragazzo
mio. A volte il fato segue strade tortuose ed oscure prima che i nostri
desideri si realizzino. Non disperare, sono sicuro che le cose cominceranno ad
andare meglio, basta solo avere un po' di fiducia -
Nonostante le parole di
incoraggiamento appena ricevute, Milo sentiva montare un senso di angoscia che
gli attanagliava lo stomaco.
- Se solo il cappello non mi avesse
assegnato a Serpeverde. Non c'è tra loro una sola persona sincera, una di cui
possa veramente fidarmi. Sono individui per i quali conta solo l'apparenza e...
–
- Forse anche tu ti sei fermato
solo all'apparenza, mio caro – lo interruppe Silente – possibile che tra decine
di tuoi compagni tu non abbia trovato nessuno con cui andare d'accordo? Non
sarà che dopo le prime difficoltà hai indossato una maschera che adesso non
riesci più a smettere? Ho sentito parlare anch'io della tua fama di
attaccabrighe, sai? Immagino che tu sia stato costretto a far valere il tuo
punto di vista, i primi tempi. Ma ora non credi sia ora di passare allo stadio
successivo? –
Milo fissava il preside, stupefatto
di come quell'uomo riuscisse a dire sempre la cosa giusta, a portare a galla la
verità che restava nascosta agli occhi di tutti, anche ai suoi stessi occhi. E
di come quella persona si avvicinasse più di tutti a quella figura paterna che
gli era venuta a mancare.
Tuttavia lo infastidiva l'idea di
essere un libro aperto ai suoi occhi, lo faceva sentire debole, indifeso... e
la cosa non gli piaceva: già rimpiangeva di essersi lasciato andare un momento
prima. Fece spallucce al suo interlocutore e gli rispose con tono volutamente
indifferente:
- Si, forse ha ragione, forse tocca
a me fare qualcosa per cambiare le cose... se mi importasse davvero di
cambiarle! Ma non so se è così... –
- Oh, non preoccuparti, a volte le
cose cambiano anche se noi non vogliamo – concluse lui sorridendo
- Forse un cambiamento è già
iniziato e nuove porte ti si apriranno - disse Silente alzandosi e cominciando
a dirigersi verso l'uscita – vedrai... –
Non concluse la frase: la porta
dell'infermeria si richiuse dietro di lui.
- Un individua davvero assurdo –
pensò Milo, divertito dalle bizzarrie di quell'eccentrico mago. Quindi si alzò
per dirigersi a lezione. |
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Capitolo 7 *** Tra due fuochi ***
7.
La mattinata trascorse
piacevolmente per Milo, le lezioni di Divinazione della professoressa Cooman – frequentate assieme ai Tassorosso - avevano il merito di
rilassarlo, anche se la nuova materia si era finora rivelata assai meno
interessante del previsto: qualche volta il ragazzo aveva quasi l'impressione
che la docente si divertisse a prendere in giro lui e gli altri allievi con
quelle sue strambe profezie!
Non pranzò in Sala Grande, non gli
andava di incrociare né i tre moschettieri di Grifondoro, né il nuovo Draco in
versione raggiante ed amichevole, quindi recuperò un nutriente pranzo al sacco
e trascorse le due ore che lo separavano dalla lezione successiva passeggiando
all'aperto, nel parco attorno ad Hogwarts, dove l'erba
ancora umida veniva asciugata dall'ormai pallido sole autunnale, e le foglie
degli alberi attorno si erano ormai colorate di rosso e giallo. Passò anche
alla capanna di Hagrid, sperando di sorprenderlo mentre metteva in atto una
delle sue solite stramberie, ma la trovò chiusa: evidentemente il guardiacaccia
– anzi, il professore! – era impegnato in qualcuna delle mille mansioni di cui
si occupava giornalmente, come ad esempio portare da mangiare a creature
potenzialmente letali nel profondo della Foresta Proibita.
Un po' deluso Milo si diresse comunque a lezione, dato che l'attendeva una delle sue
materie preferite, Pozioni con il professor Piton. Al di là
del fatto che l'essere cresciuto in una famiglia di celebri alchimisti
lo aveva avvantaggiato non poco per quanto riguarda l'abilità nel selezionare e
preparare gli ingredienti da mescere per dare vita ad ogni tipo di intruglio,
una delle cose più divertenti del corso era frequentare assieme ai Grifondoro,
metodicamente e puntigliosamente tartassati dal professore, che evidentemente
si divertiva molto a non lasciare loro il minimo respiro. Ancora oggi, dopo più
di due anni di scuola, non c'era Grifondoro che non entrasse
in quell'aula con un'espressione timorosa dipinta sul volto.
La vita alle lezioni di Pozioni era
decisamente più facile per i Serpeverde, anche se – ad
onor del vero – il professor Piton risultava estremamente imparziale quando si
trattava di dare le valutazioni ai vari studenti: quello che cambiava a seconda
della casa di appartenenza era il suo atteggiamento.
Milo arrivò per primo in classe, ma
non se ne stupì, visto il poco entusiasmo con cui la maggior parte degli altri
studenti partecipavano alla lezione; così si accomodò
nel suo solito posto, estrasse il libro e cominciò a sfogliarlo, in attesa che
arrivassero gli altri. Fin dal primo anno il suo banco era l'ultimo in fondo
all'aula, una punizione che gli era capitata il primo giorno di lezione quando, arrivato imprudentemente con un certo
ritardo, venne ivi confinato dal professore:
- Si accomodi pure nell'ultimo
banco, signor Ogilvie, così le prossime volte che arriverà in ritardo – e Piton
sembrava sicurissimo che sarebbe accaduto altre volte – non
disturberà me ed i suoi compagni –
Una dei tanti
traumi del primo anno di scuola, la figuraccia davanti a tutta la classe:
nemmeno il peggiore, in fondo.
Accadde così che quello divenne il suo banco, da non dividere con nessun altro visto
che il numero di studenti era dispari e nessuno pareva interessato a venirgli a
tenere compagnia nelle retrovie. Ma tutto sommato era una buona collocazione, che permetteva di osservare tutto – e tutti –
senza che gli altri potessero fare altrettanto.
Mentre era perso nei suoi pensieri gli altri studenti cominciarono ad entrare in
classe vociando e qualcuno, passandogli accanto, lasciò cadere un bigliettino
sul suo banco. Milo alzò subito gli occhi solo per vedere una cascata di
capelli rossi che si allontanava per poi sedersi diligentemente al suo posto,
senza voltarsi.
Allora tornò a concentrarsi sul
pezzetto di carta: lo prese e lo aprì. Al suo interno era disegnata una sua caricatura – nemmeno molto somigliante, a dire il vero:
si era riconosciuto per via del codino – ferma in mezzo ai binari, ma ecco che
un treno passava e la spiaccicava a terra. Sotto l'emblematica
figura, una sola parola: "Idiota!".
Restò letteralmente basito per
qualche istante, poi una risata gli sgorgò dal petto, ma subito si portò una
mano alla bocca per soffocarla: non era bello farsi sorprendere a ridere da
Piton, specie se il professore non aveva ancora cominciato a sgridare qualche
Grifondoro.
Ma non
riusciva a fermarsi, così si piegò sul banco, mentre gli venivano le lacrime
agli occhi. Ma perchè era così allegro? Milo rimase in
quella posizione per qualche secondo ancora, quindi si rialzò e piegando il busto
all'indietro trasse un profondo respiro: era riuscito a calmarsi.
Si guardò intorno, ma a quanto pare
nessuno aveva notato nulla, nessuno a parte Ginevra
Weasley che lo fissava con aria stupefatta: evidentemente non era la reazione
che si aspettava da lui. Prima che potesse accadere
altro, il professor Piton entrò in classe col suo solito duro cipiglio, e la
ragazza si voltò immediatamente verso la cattedra.
Milo fissò ancora per qualche
istante il biglietto. Non era altro che un infantile insulto in
risposta a quello che era accaduto la sera prima: evidentemente la ragazza lo
riteneva responsabile per le sue figuracce. Ma il pensiero che qualcuno avesse perso del tempo per preparare quella cosa per lui in
qualche modo lo faceva stare bene, in qualche modo lo faceva sentire inserito,
una sensazione che non provava spesso... anzi, una sensazione che non provava
quasi mai, almeno per quanto riguardava i rapporti coi compagni.
Ripiegò
il biglietto e se lo mise accuratamente nella tasca interna della giacca, al
sicuro, come se si trattasse di qualcosa di davvero importante...
La lezione di Piton trascorse
piacevolmente e senza particolari sussulti, almeno per quanto lo riguardava.
Appena terminata approfittò della
sua posizione privilegiata vicino alla porta per filarsela prima di tutti,
senza essere costretto ad incrociare di nuovo la Weasley.
Era ormai tardo pomeriggio, ma
mancavano ancora un paio di ore alla cena: Milo pensò che il modo meno noioso
di trascorrerle fosse quello di fare un salto in biblioteca. Cominciò a
scendere le scale che portavano nell'atrio quando udì
delle voci note...
- Allora lenticchia, cosa hai
combinato ieri sera per beccarti ben 50 punti di penalità dalla cara
professoressa McGranitt? –
- Chiudi il becco
Malfoy, non sono affari tuoi! –
- Silenzio, stupida mezzosangue,
non sto parlando con te! –
- Fai
attenzione che se Moody ti sente ti ritrasforma in furetto! –
Milo sporse appena la testa dalla
balaustra e notò poco sotto gli autori di tutto quel chiasso: Malfoy, Tiger e
Goyle da una parte, Weasley, Potter e la Granger dall'altra. Evidentemente Draco non aveva
resistito alla tentazione di canzonare Weasley, che sorprendentemente se ne
stava in silenzio con la testa bassa, mentre i suoi amici lo difendevano.
- Uhm, meglio
cambiare strada... – pensò il ragazzo, un secondo prima che Malfoy alzasse la
testa e lo vedesse. Alzò una mano verso di lui, come per chiamarlo, ma
istintivamente Milo si ritrasse dalla loro vista.
- Cavoli, devo tornare indietro o
quello mi tira in mezzo in una delle sue stupide litigate – pensò.
Ma fece
appena in tempo a voltarsi verso il corridoio da cui era venuto quando si
accorso che in fondo stavano sopraggiungendo i suoi compagni di corso, con la Weasley in testa.
- Oh cavoli, oh
cavoli – Milo era in trappola! Si guardò disperatamente attorno e con un balzo
si lanciò dentro una porticina che si apriva proprio li
accanto. In quel momento non ricordava assolutamente dove portasse
quella via, ma mentre chiudeva la porta alle sue spalle udì la voce di Malfoy che
si avvicinava dal basso dicendo – E' lui, sono sicuro di averlo visto, lui ci
racconterà tutto... –
Si trovò davanti ad una scala poco
illuminata, ma si lanciò ugualmente sulla stessa, saltando due gradini alla
volta.
Lontano, dietro di lui, le ultime voci
dei suoi "inseguitori"...
- Hey, tu ragazzina pel di carota, cosa ci fai qui? Non hai visto Ogilvie? –
- Vai al diavolo Malfoy, tu e
quell'idiota di Ogilvie: non ho idea di dove sia... – |
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Capitolo 8 *** Pansy Parkinson ***
8.
Milo corse per diversi minuti a
tutta birra su per quelle scale, che salivano sempre più in alto
disegnano un'ampia spirale. Quando infine dovette
fermarsi per il fiatone, si accorse di trovarsi in una delle tante torri di cui
era composta la contorta architettura della scuola.
Si appoggiò al muro e si lasciò
scivolare fino a terra: la fronte era madida di sudore e nelle orecchie gli
rimbombavano i battiti del suo cuore. Rimase fermo immobile in quella posizione
per qualche minuto, finché non recuperò il fiato ed il cuore si calmò.
- Ma
perchè diavolo mi tocca scappare come se avessi fatto qualcosa di male?
Dannazione a loro! – pensò Milo, ben sapendo la risposta.
- Mi sa che nonostante i miei sforzi prima o poi mi toccherà incontrare nuovamente
il trio dei miracoli. Non ha senso cercare di evitarli: prima accade, prima mi
levo questo fastidio! –
Milo si rialzò, risoluto a tornare
giù e risolvere una volta per tutte la faccenda:
- Andrò in biblioteca, lì
probabilmente troverò la
Granger e i suoi due degni compari... – pensò.
Ma prima
che cominciasse a scendere, qualcosa attirò la sua attenzione: un suono
sommesso, che arrivava da qualche punto sopra di lui. Il ragazzo guardò in
alto, ma non vide nulla. Ora che era tornato lucido ricordò di avere già
esplorato quella particolare torre: era arrivato quasi in cima alle scale e gli
sembrava di ricordare che poco sopra ci fosse una stanza con una grande balconata.
- Se non ricordo male si trattava
di un locale in disuso senza nulla di interessante –
pensò.
Restò lì,
titubante, per qualche secondo, poi la curiosità ebbe il sopravvento.
Cominciò a salire la scalinata cercando di fare meno rumore possibile: man mano
che si avvicinava alla stanza il rumore indistinto cominciò a ricordargli
sempre più un lamento...
- Sono decisamente
dei singhiozzi, qualcuno sta piangendo – concluse.
Arrivato in prossimità della porta,
il ragazzo si fermò sull'uscio e guardò dentro la stanza. Sembrava una sorta di
camera per gli ospiti, con un piccolo letto a baldacchino, un tavolo al centro
ed una libreria sulla parete di fronte; c'era anche un piccolo divano, sul
quale era seduta una figura che si teneva il viso tra le mani e piangeva
disperatamente, farfugliando qualche incomprensibile parola.
Milo era fermo sulla porta,
indeciso se andarsene prima di essere visto o tentare di fare qualcosa: poco a
poco cominciò a mettere a fuoco la persona che si trovava nella stanza. Era decisamente una ragazza, indossava la divisa della scuola –
una Serpeverde come lui – e quel taglio di capelli era inconfondibile...
- Ma è...
–
Improvvisamente il pianto cessò.
Ora la figura fissava Milo, gli occhi ancora pieni di lacrime, ma l'espressione
del viso che lentamente passava dalla disperazione alla sorpresa alla... rabbia?!
- Ah, perfetto, ora non si può più
avere un po' di privacy nemmeno in cima ad una torre
deserta! –
La ragazza si alzò di scatto e
corse come una furia da Milo che era ancora sull'uscio; afferratolo, lo spinse
dentro la stanza, guardando poi dalle scale:
- Non c'è nessun
altro con te, voglio sperare! –
Sinceratasi che fossero
soli, chiuse la porta e vi si appoggiò sopra, girandosi lentamente verso Milo.
- Ehm, buongiorno Parkinson... –
- Buongiorno? Buongiorno? Ti sembra
un buongiorno? Cosa diavolo ci facevi TU qui? –
Milo era a dir poco disorientato
dal repentino cambio di umore della ragazza, disperata
e in lacrime fino a poco prima ed ora a dir poco furiosa. Era abituato a
considerare la Parkinson
poco più che un'estensione di Malfoy, non l'aveva mai vista come una
possibile... minaccia?!
- Stavo... ehm, esplorando questa
torre, quando ho sentito dei singhiozzi e così... –
Pansy sospirò e scosse la testa –
Che stupida, mi sono dimenticata di chiudere la porta... – poi fissò di nuovo
gli occhi sul ragazzo – Tu non hai visto niente, ci siamo capiti? Non sei mai
salito qui e non mi hai mai visto... –
La Parkinson si prese una
pausa, aspettando la risposta di Milo, il quale di prima intenzione le avrebbe
risposto un rassicurante "Si" e sarebbe
sgattaiolato via da quella situazione imbarazzante il prima possibile.
Poi si ricordò le parole di Silente e decise di provare un approccio diverso:
- Come faccio a dire di non aver
visto niente? Sembravi così... disperata! Cosa
succede? –
L'espressione di Pansy era decisamente contrariata: non era la risposta che voleva
sentirsi dire – Come osi prenderti tanta confidenza, mocciosetto? Farai bene a
rimanere al tuo posto, anche se ora godi della stima
di Draco... – e nel pronunciare quel nome la ragazza accennò a quello che
sembrava un sorriso - ...che tanto non durerà a lungo. –
Milo intuì che Malfoy poteva essere
un buon argomento per fare breccia:
– Credo che Malfoy sarebbe molto dispiaciuto di saperti ridotta in queste
condizioni – disse, trattenendo un sorriso mentre pronunciava il nome di
quell'idiota: meglio farsi vedere rispettosi, almeno per ora...
- Oh no, no, non devi dire
assolutamente nulla a Draco, nulla! – l'espressione della ragazza tornò
sofferente – Se sapesse che sono così debole da venire a piangere quassù mi
odierebbe, mi disprezzerebbe, mi... mi... –
Pansy si mise le
mani nei capelli ed iniziò a girare freneticamente nella stanza, in preda a
quella che sembrava una vera e propria crisi isterica: infine si lasciò cadere
sul divano e ricominciò a singhiozzare:
- Sono patetica, vero? Patetica,
patetica! Me lo dice anche Draco ogni tanto, il mio Draco –
Ora il pianto si fece davvero
disperato e Milo non sapeva cosa fare: avrebbe potuto filarsela alla
chetichella ora che la ragazza non bloccava più la porta, ma era già scappato
troppe volete nella stessa giornata, non era il caso.
Si avvicinò lentamente alla sua compagna, le si sedette
accanto e mentre ancora stava pensando a quali parole dire per arrestare quel
fiume in piena lei lo afferrò, tirandolo a se, quindi lo cinse in un abbraccio
e continuò a piangere poggiandogli al testa sulla spalla sinistra. Milo si
sentiva estremamente imbarazzato, ma capiva che in
quel momento l'unica cosa da fare era lasciarla sfogare: le poggiò un braccio
sulle spalle e rimase silenziosamente in attesa... |
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Capitolo 9 *** Lady Malfoy ***
9.
Pansy pianse per almeno una ventina
di minuti, poi finalmente si staccò da lui: rimase seduta, appoggiata sullo
schienale del piccolo divano, reclinò la testa all'indietro e chiuse gli occhi.
Milo la fissò, rimanendo in attesa. La ragazza rimase
immobile per qualche minuto, poi trasse un profondo sospiro: riaprì gli occhi e
gli sorrise, quindi si alzò in piedi e cominciò a
stiracchiarsi:
- Ahhh, ci voleva proprio un bello
sfogo, ora sto molto meglio –
Lo guardò di sottecchi e sorrise di
nuovo:
- Certo che sei
uno strano Serpeverde: perdere del tempo prezioso con una ragazza isterica
invece che essere là fuori a pensare al modo di far perdere altri punti ai
Grifondoro... –
Milo intuì che quelle parole erano
il suo modo per ringraziarlo. Pansy aveva recuperato ora il pieno controllo ed
era in piedi davanti a lui, sorridente e sicura.
- Già hai ragione – replicò
sorridendo ironicamente – ma ora so qualcosa di te che
scommetto tu non vuoi si sappia in giro... –
Si aspettava una qualche reazione
da parte della ragazza, che invece continuò a sorridergli senza reagire:
- Già, già, hai proprio ragione, mi
tieni in pugno ragazzino... quale sarà il prezzo da pagare per il tuo silenzio?
–
Ora era lei a canzonarlo, e Milo
non sapeva che cosa rispondere. Non aveva mai visto la Parkinson così
tranquilla e sicura di sé, in genere o stava incollata a Draco oppure si
perdeva in pettegolezzi e fastidiosi chiacchiericci con le altre ragazze
Serpeverde.
- Ma tu
chi sei veramente? – le rispose di rimando – Non sei certo la Pansy Parkinson
che sono solito incrociare per le stanze di
Hogwarts... –
Pansy rise di gusto, una risata
sincera e liberatoria, come non si sarebbe mai aspettato da lei.
- Io sono la vera, la sola Pansy
Parkinson! Chi altri? –
- E allora
chi è la ragazza che incontro tutti i giorni, quella che vive in simbiosi con
Draco Malfoy? – le chiese, cogliendo per la prima volta uno sguardo risentito.
- Quella è la Pansy che ama Malfoy e che
farebbe di tutto per compiacerlo... –
L'espressione della ragazza si era
fatta seria e Milo capì che none era il caso di
continuare a scherzare sull'argomento.
- E allora
perchè vieni quassù a piangere da sola? – provò a domandarle in tono serio.
La ragazza lo fissò
ma non rispose. Poi si voltò, si diresse verso la libreria e cominciò a
frugare dietro i volumi polverosi, tirando fuori un piccolo pacchetto che
evidentemente aveva nascosto li dietro. Sigarette!
Un'altra sorpresa inaspettata.
Ne estrasse
una, la accese e cominciò a fumare, non staccando gli occhi da Milo, il quale
la fissava a sua volta: quanto era diversa la ragazza che si trovava davanti in
quel momento dalla stupida oca che vedeva ogni giorno pendere dalle labbra di
Malfoy.
- Un piccolo aiuto per i momenti di
crisi – disse lei, porgendogli il pacchetto...
- No, ti ringrazio, non fumo –
- Giusto, dimenticavo che tu sei ancora un ragazzino... – lo stuzzicò lei,
maliziosamente.
Non era certo la ragazza più bella
della scuola Pansy Parkinson: non molto alta, un fisico non particolarmente
formoso, un viso carino ma troppo spesso contratto in una smorfia beffarda ed
una pettinatura a caschetto un po' demodè. Ma ora sembrava dimostrare più dei
suoi 14 anni, e non solo per la sigaretta: aveva un'aria sicura e determinata
che mai Milo
aveva colto in lei prima di allora: era decisamente
sensuale.
- Se questo è il tuo vero io, allora è Malfoy a tirare
fuori il peggio di te – le disse.
Era una provocazione,
ma Pansy non abboccò:
- Non pretendo che tu capisca,
Ogilvie. Ma non parlare male di Draco davanti a me...
–
- Non lo farò se mi spieghi che
cosa ci facevi qui in lacrime... –
Non erano fatti suoi e Milo se ne
rendeva perfettamente conto. Ma istintivamente sentiva
che la ragazza voleva dirgli qualcosa...
- Sei solo un ficcanaso – disse
lei, gettando a terra l'ultimo mozzicone di sigaretta – credi davvero che parlerei con te di una cosa simile? –
Poi si girò verso la finestra,
evitando il suo sguardo...
– Sta cominciando
a fare buio, la cena deve essere già cominciata ormai –
Solo a quel punto Milo si rese
conto che era davvero tardi:
- Accidenti, arriverò in ritardo anche stasera
e mi toccherà mangiare con i novellini! – disse seccato.
La ragazza accanto a lui rise.
– Non preoccuparti – cinguettò
allegra – questa stanza riserva altre piacevoli sorprese
oltre alla sigarette... –
Detto questo si diresse verso il
letto e scostata una tenda tirò un cordone appeso al muro.
- E' un campanello – aggiunse in risposta allo sguardo incuriosito del ragazzo – serve a
chiamare la servitù. Evidentemente questa deve essere una stanza per gli ospiti
o qualcosa del genere... –
Pochi istanti dopo un elfo
domestico comparve da un accesso segreto posto dietro alla libreria.
- Oh, buonasera signorina. Cena qui
stasera? Lo sa che non dovrebbe... –
- Ogni volta mi fai
le stesse storie sgorbietto, non impari mai eh? – gli rispose dura Pansy
– Vuoi proprio che mi lamenti col preside per la
vostra inefficienza? Sarà la volta buona che vi cacciano tutti... –
- Oh, no, no signorina, non si arrabbi – squittì l'essere, tutto preoccupato – vado subito
prendere le vivande! –
Detto questo sparì in tutta fretta.
- A quanto vedo conosci i più
reconditi segreti di questo posto – disse Milo.
- Già, dall'anno scorso è diventato
il mio rifugio segreto per quando ho bisogno di
sfogarmi un po' dai dispiaceri che Draco mi provoca –
Pansy pronunciò quella frase con
aria noncurante, ma non le sfuggì lo sguardo
interrogativo di Milo. Gli sorrise e continuò:
- Cosa credi,
che sia facile stare dietro ad uno come Malfoy? Pensi che sia facile ridere dei
suoi scherzi, far finta di non prendersela per le sue battute, stare attenti a
non sembrare più intelligenti di quanto lui non sia,
sopportare quei due ritardati di Tiger e Goyle? –
- Ma
allora perchè... – cominciò a chiedere Milo, ma la ragazza lo prevenne...
- Non puoi capire, ragazzino. E' da quando sono piccola che i miei tessono le lodi dei Malfoy
ed è da quando ho saputo che c'è un erede della mia età che ho deciso che avrei
fatto tutto quello che potevo per diventare la prossima... – e qui Pansy mimò
la postura di una nobildonna - ...lady Malfoy! –
Milo era a dir poco esterrefatto,
ma la ragazza ora sprizzava gioia da tutti i pori:
- Lady
Malfoy, capisci? La moglie dell'erede di una delle più
nobili ed antiche casate magiche... delle più potenti... e delle più ricche! –
Solo allora Pansy parve rendersi
conto di essersi lasciata andare: sbatté più volte le palpebre, quasi non si
rendesse conto di quanto aveva appena confessato. Poi si avvicinò al suo
interlocutore, gli afferrò le spalle e parlò fissandolo dritto negli occhi:
- Tu mi capisci, giusto Ogilvie? –
Milo sospirò e le sorrise – Ma
certo, immagino sia il sogno di ogni ragazza sposare
il ragazzo più bello e ricco della scuola –
Non c'era sarcasmo nelle sue parole, ma Pansy lo guardò comunque con sospetto.
- Anche la
tua famiglia è molto antica, giusto? – gli chiese, infine – Da quel che ricordo
gli Ogilvie sono una delle più antiche casate di maghi
scozzesi... –
- Si –
rispose Milo – e nei secoli passati alcuni illustri rappresentanti della mia
famiglia si sono distinti nel campo della magia nera ed hanno perpetrato le
crudeltà più atroci verso i babbani, salvo poi venire puntualmente sconfitti
dai buoni di turno... sarà per questo che ci siamo quasi estinti! –
- Un vero Serpeverde... – sospirò
lei, simulando un moto di ammirazione - ... potrei
decidere di sposare te, invece di Draco! –
- Una proposta allettante – la
rimbeccò Milo – non fosse per il fatto che sembra più
una minaccia... –
I due ragazzi si fissarono
per un momento, poi scoppiarono a ridere di gusto.
In quel momento tre elfi domestici
sbucarono dal consueto passaggio.
- Ecco la vostra cena... possiamo
servirla? – dissero, guardandoli con un'aria interrogativa, cominciando ad
apparecchiare.
I due ragazzi presero
posto ed attesero che gli elfi si ritirassero. La tavola era riccamente
imbandita e le portate non avevano nulla da invidiare a quanto veniva normalmente servito in Sala Grande. |
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Capitolo 10 *** Volo notturno ***
10.
La cena era deliziosa e la serata
trascorse piacevolmente tra chiacchiere e giochi: Pansy in particolare si
dimostrò particolarmente brava con le carte, vincendo a Milo una piccola
fortuna "virtuale".
- Sarai in debito con me per
parecchi anni, ragazzino... –
Gli ripeteva continuamente per
prenderlo in giro.
Il piacere che scoprirono di trarre
dalla reciproca compagnia li rese inconsapevoli del
tempo che passava: quando finalmente la stanchezza cominciò ad affacciarsi, si
resero conto che doveva essere notte inoltrata. Fuori era completamente buio,
la luna era nascosta dietro alle nubi, e la scuola appariva silenziosa ed
immota.
- Dovremo fare molta attenzione mentre torniamo al dormitorio – disse Pansy – non
sarebbe piacevole farsi sorprendere in giro a quest'ora -
I due riassettarono la stanza alla
bellemeglio, quindi spensero le luci e si apprestarono a scendere le scale
illuminate dal tenue chiarore di un Lumos evocato da Milo con la sua bacchetta.
Tuttavia non fecero che pochi passi prima di sentire
qualcosa che fece loro sobbalzare il cuore: la porta in fondo alle scale si
stava aprendo! Milo si affrettò ad annullare il Lumos e mentre l'oscurità più
completa scendeva su di lui e sulla sua compagna, dal basso giunsero
distintamente delle voci:
- Dunque lei è
sicuro di aver visto una luce in cima alla torre, signor Gazza? –
- Si
professoressa, non posso essermi sbagliato, si vedeva distintamente ma nessuno
attualmente risiede in quella stanza –
- Bene, saliamo a dare un'occhiata –
Gazza e la McGranitt! Milo e Pansy
tornarono immediatamente sui loro passi, in preda al panico e bisbigliando
all'unisono:
- Che cosa
facciamo? Che cosa facciamo? –
La ragazza corse verso il punto in
cui erano entrati gli elfi domestici, alla disperata ricerca
del passaggio segreto, ma senza successo. Milo aprì la porta a vetri che dava
sul balcone ed uscì fuori, ma non c'erano vie di fuga: rimase li per qualche interminabile secondo finché Pansy non lo
raggiunse. Aveva qualcosa in mano, uno scopettone per le pulizie.
- Tu ti ricordi come si fa a volare
sulla scopa, vero? – gli chiese trafelata
- Quella cosa li
non è una scopa! –
- Non importa,
dobbiamo improvvisare –
- Ci ammazzeremo se proviamo a
volare con quello... –
La loro conversazione venne interrotta da un click alle loro spalle: qualcuno
stava abbassando la maniglia della porta! I due ragazzi si lanciarono come una
cosa sola alla loro sinistra, verso l'angolo più lontano del balcone, e li si rannicchiarono.
- Ah, ah! La stanza è in disordine:
qualcuno è stato qui! –
- Si, lo
vedo signor Gazza... e la finestra è aperta, a quanto pare –
Le luci della stanza si riaccesero.
Dalla loro scomoda posizione i due ragazzi videro il profilo della McGranitt
stagliarsi sul terrazzo. La professoressa guardò prima alla sua destra, quindi
alla sua sinistra... e si immobilizzò. Li aveva
beccati!
Milo e Pansy erano sdraiati lunghi
a terra, avvinghiati l'una all'altra e con lo scopettone in mezzo. L'anziana insegnate si fece sfuggire un incomprensibile improperio,
quindi si portò una mano alla fronte e scosse la testa: ed anche se nessuna
parola uscì dalla sua bocca, per i due ragazzi il senso era chiaro.
- Li ha trovati, professoressa? –
chiese Gazza da dentro la stanza.
La McGranitt sollevò
lentamente la testa, guardò Milo per qualche istante, poi rispose:
- No, qui fuori non c'è nessuno –
Alzò gli occhi al cielo e tirò un
profondo sospiro, quindi si voltò e rientrò nella stanza, chiudendo la finestra
alle sue spalle.
- Accipicchia, devi essere molto
più importante di quanto pensassi se il capo dei
Grifondoro ti ha coperto –
A Milo parve di cogliere una nota
di sincera ammirazione nella voce di Pansy.
Dentro la stanza la McGranitt e Gazza
confabularono ancora per un po', quindi sembrò che avessero finalmente deciso
di andarsene quando nella stanza arrivò anche Piton. In quel momento
Milo fu scosso da un brivido di puro terrore e lo stesso doveva valere per la
sua compagna, a giudicare dalla sua espressione.
Fu quando la McGranitt cominciò a
lanciare sguardi preoccupati in direzione del balcone che il ragazzo prese la
decisione: con Piton c'era poco da scherzare, se li scopriva li avrebbe fatti a
pezzi e se avessero fatto perdere dei punti a Serpeverde oltre che dal loro
insegnante responsabile sarebbero stati puniti anche dai loro stessi compagni
di casata. Non c'era altra soluzione, dovevano
filarsela e subito!
Il ragazzo si portò sul bordo del
balcone, si mise a cavalcioni dello scopettone, quindi fece un cenno alla sua
compagna che non perse tempo e si sistemò dietro, stringendosi a lui con forza
e chiudendo gli occhi: evidentemente anche Pansy era ben consapevole del
pericolo insito in quanto stavano per fare.
Milo pregò i suoi avi perchè non lo
facessero morire quella notte – prima che potesse
diventare un mago oscuro degno dei suoi famigerati antenati – quindi richiamò
alla mente le lezioni di volo della professoressa Bumb e mentre si malediceva
per non essersi più allenato con la scopa dopo il primo anno, formulò l'ordine
e si librarono in volo...
La partenza fu incoraggiante, lo
scopettone si alzò in volo seguendo una traiettoria verticale per circa cinque
o sei metri: sfortunatamente subito dopo cominciò a perdere quota in maniera decisamente preoccupante e – quel che è peggio – la discesa
stava rapidamente trasformandosi in una picchiata suicida!
Milo tirò il manico verso di sè con
la forza della disperazione, nella speranza di rallentare quella che si
preannunciava come una rovinosa caduta, e riuscì a recuperare un minimo di
controllo, quando bastava per planare verso il tetto più vicino. L'impatto non
fu comunque piacevole, lo scopettone andò in pezzi
mentre i due rimasero a lungo coricati a terra prima di dire o fare qualcosa...
- Ahio che male... ma siamo su un
tetto? – Pansy fu la prima ad interrompere il silenzio.
- Mi sa di si
– le rispose Milo.
- E non
credi che dovremmo cercare di scendere? Guarda, sta
albeggiando... –
- Non vorrei che Piton fosse ancora
in giro... –
- Non preoccuparti, siamo troppo lontani perchè possa scorgerci –
- Hai idea di dove siamo finiti? –
- Mmm... a dirla tutta no... non sono abituata a questa prospettiva così... rialzata –
Milo si alzò lentamente in piedi,
ancora dolorante.
- Allora non ci resta altro che
cercare un modo per rientrare a scuola... dall'alto! – disse.
Porse la mano a Pansy e l'aiutò ad alzarsi.
L'effetto dell'adrenalina che li aveva accompagnati in quegli ultimi minuti -
per il timore di essere scoperti prima e per il volo mozzafiato poi - stava
ormai svanendo e i due ragazzi cominciarono a sentire freddo:
in fondo si era ormai in autunno inoltrato. Pansy si strinse le braccia attorno
ai fianchi e cominciò a sfregarsi le mani...
- Brrr... fa freschetto, vero? –
Milo si tolse la giacca e gli e la
porse.
- Grazie, ma non
credere che queste smaccate galanterie ti facciano guadagnare dei punti con me,
ragazzino –
- Ma
sentitela! – rispose Milo, sorridendole.
Quindi
cominciarono a camminare, facendo bene attenzione a dove mettevano i piedi:
nessuno scopettone li avrebbe salvati se fossero scivolati di sotto.
Continuarono così per diversi minuti, ma su quel dannato tetto non sembravano
esserci aperture: ormai stanchi ed infreddoliti si imbatterono
in un piccolo e stretto lucernario. Guardarono attraverso il vetro, ma la
stanza sotto era poco illuminata e non c'era modo di capire dove si trovassero.
- Che cosa
facciamo? Ci arrischiamo a scendere? – chiese Pansy - E se finissimo nello
studio di Piton? Con la fortuna che abbiamo avuto stanotte non
me ne stupirei... –
- Hai in mente qualche alternativa? – le domandò Milo.
In quel momento udirono risuonare
in lontananza le campane che annunciavano l'ora della colazione.
- Cosa darei
per un caffé caldo... – sospirò la ragazza.
Non c'erano alternative, e lo
sapevano. Cominciarono ad armeggiare attorno alla finestra riuscendo infine a
forzarla: una volta aperta constatarono che li aspettava un salto di 2 o 3 metri.
- Vai avanti tu
che sei più agile, così poi mi dai una mano a scendere – decise Pansy.
Milo saltò nella fessura e riuscì
ad atterrare a terra senza fare troppo rumore, quindi aiutò la compagna a scendere.
Si trovavano indubbiamente in uno
sgabuzzino. Alle pareti vi erano degli scaffali con lenzuola ed asciugamani
ordinatamente disposti:
- Sembra il deposito della
biancheria pulita che c'è nel nostro dormitorio... – disse
Milo
- Si –
convenne Pansy – Ma noi siamo entrati da un tetto, mentre il nostro deposito è
a piano terra... –
Si guardarono negli occhi mentre lentamente compresero: erano finiti nel
dormitorio di un'altra casa! |
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Capitolo 11 *** La casa dei Grifondoro ***
11.
Milo e Pansy si mossero lentamente verso la porta dello sgabuzzino, preoccupandosi di non fare
il minimo rumore. Era probabile che – come nel dormitorio di Serpeverde – il
deposito fosse nascosto dietro una porta mimetizzata
nella parete ed usato prevalentemente dagli elfi domestici durante il lavoro
pulizia.
L'unica opzione
possibile per uscire da lì senza fare danni, dunque, era di attendere che la
Sala Comune si svuotasse. I due ragazzi
sapevano che era da poco suonata la campana della colazione: buona parte degli
studenti erano probabilmente già scesi in Sala Grande
ed anche gli ultimi ritardatari avrebbero lasciato la casa da lì ad un'ora,
quando sarebbero cominciate le lezioni. Si trattava solo di aspettare.
Pansy si inginocchiò
davanti alla porta, posando l'orecchio per cercare di cogliere qualche
discorso, in modo da capire in quale casa erano capitati. Milo invece si tolse
la giacca e si sedette con la schiena appoggiata al muro:
- Ho
bisogno di rifiatare un po' dopo una nottata come questa – pensò,
ma non appena chiuse gli occhi scivolò lentamente nell'oblio...
- Signore! Signore! Si svegli! –
Una vocina agitata interruppe il
sonno di Milo, mentre due mani gli stavano scuotendo le spalle.
Aprì gli occhi e si trovò davanti
il viso preoccupato di un elfo domestico.
- Cosa state
facendo qui, signore? Questa non è la vostra casa! Grossi
guai se vi scoprono... –
Milo era ancora intontito.
Sbadigliando si sfregò gli occhi, mentre lentamente recuperava consapevolezza
della situazione... erano ancora nello sgabuzzino!
Il sonno passò in un attimo, mentre
scattava agilmente in piedi. Davanti a lui Pansy stava ancora dormendo: aveva
preso alcune lenzuola dalle mensole e si era fatta un cuscino di fortuna. Forse
anche lei aveva pensato di riposarsi un attimo, in
attesa che il dormitorio si svuotasse.
- Ma che
stupida! – pensò Milo – Avrebbe dovuto svegliare me,
non mettersi a dormire anche lei! –
- Che ore
sono? – chiese all'elfo.
- E' mezzogiorno, signore. Noi
abbiamo appena finito di fare le pulizie e ce ne stavamo
andando, quando vi abbiamo trovato. Dovete sbrigarvi, tra
poco i Grifondoro tornano! –
- I Grifondoro? I Grifondoro!!! Maledizione! – si chinò sulla compagna e cominciò a
scuoterla:
- Pansy! Pansy! Svegliati, ce ne
dobbiamo andare... –
- Ancora un minuto, papà –
farfugliò una Pansy ancora visibilmente addormentata.
Milo non perse tempo, la tirò su a
forza e se la caricò in spalla, quindi si rivolse all'elfo:
- Per favore, guidaci fuori da qui! –
L'essere non se lo fece ripetere
due volte, evidentemente era preoccupato quanto loro di non farsi sorprendere
lì, sarebbe stata una grande vergogna per un elfo
domestico mostrarsi agli studenti, la maggior parte dei quali credeva ancora
che le stanze si riordinassero magicamente.
Come immaginato da Milo, la porta
si apriva sulla Sala Comune ma risultava praticamente
invisibile dall'esterno, nascosta com'era dietro un arazzo.
L'elfo indicò sbracciandosi
l'uscita dalla casa e Milo vi si diresse di corsa, ma dovette arrestarsi quando da dietro gli giunse un richiamo:
- La sua giacca, signore! Ha
dimenticato la giacca! –
Il ragazzo si fermò, mentre l'elfo
lo raggiungeva. Nel frattempo anche Pansy aveva cominciato finalmente a
realizzare la situazione:
- Mettimi giù,
Ogilvie, sono sveglia, adesso! –
Milo fu ben felice di liberarsi di
quel peso: la posò a terra e si rimise la giacca. Nel frattempo Pansy si era
avvicinata all'uscita, ma qualcosa la fece irrigidire:
da fuori provenivano distintamente delle risate. Alcuni Grifondoro stavano
tornando.
La ragazza tornò sui propri passi:
– Dobbiamo tornare nello sgabuzzino
– disse
- Scherzi? Rischiamo di restare
bloccati fino a domattina –
- Allora cosa proponi? Che altre alternative ci sono? –
Come folgorati dalla medesima
intuizione, i due ragazzi si volsero verso l'elfo: questi li guardò
con aria interrogativa, poi parve capire.
- Da questa parte, signori.
Seguitemi! –
Si diressero verso una delle due
porte poste dall'altra parte della stanza, presumibilmente l'entrata dei
dormitori; mentre passava accanto allo sgabuzzino Milo notò che la porta era
aperta, ma non aveva il tempo materiale di fermarsi a chiuderla.
- A destra, a destra
– squittì l'elfo – o il signore non sarà in grado di salire! –
- I dormitori femminili sono sempre
ben protetti, a quanto vedo... evidentemente nemmeno i ragazzi Grifondoro sono
molto affidabili – ironizzò Pansy.
Si infilarono
di volata dietro alla porta indicata dall'elfo e cominciarono a salire una
scala chiocciola; ad un certo punto la loro guida si arrestò. Agili dita
tastarono il muro di pietra, premendo pulsanti invisibili agli occhi di
chiunque altro, ed un passaggio si aprì nella fredda pietra. Era attraverso di essi che gli elfi accedevano alle varie aree di Hogwarts per
sbrigare le faccende di ogni giorno e rappresentavano anche l'unica via di
scampo per i due Serpeverde.
- Camminate a testa bassa, mi raccomando – disse, prima di sparire all'interno
dell'apertura.
In effetti
il passaggio appariva stretto e basso, ma comunque praticabile. I due ragazzi
seguirono la creatura per diversi minuti finché raggiunsero una nuova porta.
L'elfo fece loro cenno di attraversarla e quando furono dall'altra parte
bisbigliò loro:
- Mi raccomando, voi non ha visto niente! –
Detto questo richiuse il passaggio
dietro di sé e sparì. Milo e Pansy si ritrovarono nuovamente sfiniti, dopo
l'ennesimo spavento e la corsa a perdifiato attraverso lo stretto corridoio.
Come se non bastasse erano davvero malconci, nel fisico e nell'aspetto: i volti
erano stanchi, i capelli spettinati, gli abiti stropicciati... difficilmente
sarebbero passati inosservati se qualcuno li avesse visti.
- Per fortuna quello stupido essere
ci ha portati vicino alla nostra casa... – disse
infine Pansy.
- Eh? –
- Siamo nella
sala dei trofei, non vedi? Siamo abbastanza vicini... –
- Hai ragione... e conviene
muoversi prima che la pausa pranzo termini –
I due ragazzi uscirono dalla stanza
e si mossero velocemente verso la casa Serpeverde. Non avevano più tempo né
voglia di usare cautela, ormai confidavano solo nella sorte, che li aiutasse a non incrociare nessuno.
Avevano quasi raggiunto la loro meta quando intravidero una figura in fondo al corridoio:
Milo non fece in tempo a capire di chi si trattasse che si sentì spingere con
forza. Colto alla sprovvista, cadde ruzzolando e sbatté violentemente contro il
muro: era finito in una piccola nicchia.
Pansy l'aveva spinto, ma perchè?
Ancora intontito udì i passi della
ragazza che si allontanavano, mentre in fondo al corridoio una voce nota parlò:
- Pansy? Dove diavolo eri finita? –
Era Draco Malfoy... |
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Capitolo 12 *** Draco Malfoy ***
12.
Colto completamente alla sprovvista, Milo cadde malamente, sbattendo con
violenza la parte superiore del corpo contro il muro: il capo e la spalla gli
dolevano particolarmente forte. Non capiva perchè mai la
ragazza lo avesse spinto via così. Per nasconderlo? E
da chi, da Malfoy?
- Che cosa
ti è successo? Hai un aspetto orribile e non ti vedo da ieri... –
- Eri preoccupato per me? –
cinguettò lei
- Non essere stupida – il suo tono
era molto duro – Ma non puoi sparire così senza dirmi
nulla, potrei avere bisogno di te, lo sai! –
- Mi dispiace Dracuccio, giuro che
non succederà più – Ora la voce della ragazza era supplichevole, come quella di
una bambina che chiedesse scusa ai genitori per una
marachella – Ora accompagnami alla casa, così posso farmi bella per te... –
A chiunque l'avesse
vista solo cinque minuti prima sarebbe apparso stupefacente come la personalità
della ragazza fosse mutata all'improvviso: era ritornata ad essere la solita
Pansy Parkinson, l'ombra fedele e compiacente di Malfoy.
- Non ho ancora
finito – la interruppe Draco – Devi anche spiegarmi perchè stamattina la McGrannit é venuta a
cercare te e... Ogilvie! –
Dal suo nascondiglio Milo ebbe un
sussulto, anche perchè mentre pronunciava quelle ultime parole Malfoy aveva ripreso a camminare ed udiva i suoi passi avvicinarsi.
- No, Dracuccio, dove vai? Torniamo
al dormitorio, ti spiegherò tutto li... – Pansy cercò
di fermarlo, ma inutilmente.
Un'ombra si stagliò all'improvviso
davanti a Milo.
- Credevi davvero che non ti avessi visto, Ogilvie? – disse una voce con tono sprezzante.
- Questo significa solo che sei
meno stupido di quello che sembri, Malfoy – lo irrise
– il che pare francamente incredibile... –
Milo si alzò a fatica: le tempie
gli pulsavano e la testa gli doleva. In più stava perdendo la pazienza: già non
sopportava Malfoy in situazioni normali, ma ora che aveva assistito
all'improvviso voltafaccia di Pansy lo trovava ancor più detestabile.
- Stai attento, Ogilvie. Credi
forse che abbia dimenticato la faccenda dell'altra sera? Non penserai che i complimenti
di ieri significassero qualcosa: non ti permetto di
toccare ciò che è mio, hai capito bene? –
Draco sembrava davvero arrabbiato e
a Pansy la cosa non era sfuggita: lo guardava con un misto di sorpresa e gioia,
evidentemente compiaciuta da quell'inattesa manifestazione di gelosia.
Finalmente in piedi, Milo lo
apostrofò con sarcasmo – Se sei tanto geloso delle tue proprietà, allora dovresti stare più attento a non lasciarle in giro...
incustodite! –
Grosso errore
provocare un Malfoy così infuriato: il ragazzo reagì afferrandolo e spingendolo
con forza contro il muro retrostante:
- Non osare parlarmi così, non sei
nulla al mio confronto! –
L'impatto con il muro di pietra fu
particolarmente duro e a Milo sfuggì un grido di
dolore: si accasciò a terra portandosi le mani alla testa – che aveva
nuovamente sbattuto – mentre il dolore gli faceva lacrimare gli occhi.
- Idiota – disse
Draco in maniera sprezzante – questo ti servirà di lezione. Vieni Pansy,
devi renderti presentabile prima delle lezioni del pomeriggio -
- Eccomi Draco – gli rispose in
tono compiacente. Ma mentre Malfoy si girava per
andarsene, lei volse per un secondo uno sguardo preoccupato verso Milo. Poi i
due si allontanarono insieme, lasciandolo a terra dolorante e
furibondo. Gli ci vollero parecchi minuti per riprendersi.
Quando finalmente riuscì a
rialzarsi si sentiva comunque debole ed aveva un gran
mal di testa, senza contare che il suo aspetto ora doveva apparire ancora
peggiore. Doveva togliersi di lì, prima o poi qualcuno
sarebbe passato e non gli andava di dare spiegazioni, ma non voleva tornare al
dormitorio, dove avrebbe rivisto Malfoy e Pansy.
Mentre era ancora fermo in mezzo al
corridoio, indeciso sul da farsi, una voce lo sorprese
alle spalle:
- Ah, eccoti, proprio te cercavo! Mi devi delle spiegazioni... –
Milo fu colto talmente alla
sprovvista che sobbalzò.
- ...bravo, fai
bene a spaventarti perchè sono veramente furiosa! –
Quando si girò si trovò faccia a faccia con una inarrestabile Ginevra Weasley, che
rossa in viso gli sventolava un foglietto davanti agli occhi e sparava parole a
raffica...
- Mi spieghi come c'è finito questo
nella nostra Sala Comune? Come hai fatto? Non riesco a credere che tu sia riuscito ad infiltrarti in segreto. Ti ha aiutato qualcuno? Chi
è l'infame? –
Milo la guardava incapace di
replicare a quel fiume in piena, del tutto all'oscuro della causa scatenante di tanta foga. Cosa accidente era
quel foglietto che gli menava davanti al naso?
Nel mentre
– come già accaduto la sera prima – la Weasley, dopo essere partita in quarta, sembrava
focalizzare solo dopo un po' la situazione:
- Ma...
ma... hai un aspetto orribile! Che cosa ti è successo?
–
Nel giro di un attimo la sua
espressione era sorprendentemente cambiata, da furente a preoccupata.
- Non sono affari
tuoi, togliti dai piedi! –
Milo era ancora arrabbiato e non
aveva nessuna intenzione di perdere tempo con
quell'impicciona. Ma la Grifondoro sembrò non
avvedersene:
- Devi andare subito in infermeria!
Vieni, ti accompagno –
- Ti ho detto
che non sono affari tuoi. E poi non posso andare in
infermeria... –
- Capisco, devi
aver combinato qualche casino, giusto? Vediamo di trovare
un'altra soluzione, fammi pensare... –
Milo era esterrefatto: la ragazza
sembrava ignorare bellamente le sue rimostranze ed era tutta presa a sforzare
il suo minuscolo cervellino. Tentò ancora di ribatterle...
- Ma se ti ho detto
che non... –
Non gli lasciò nemmeno finire la
frase, ma gli afferrò il polso e cominciò a tirarlo:
- Ho un'idea! Vieni con me –
Milo si scoprì troppo stanco per opporsi e si lasciò trascinare, rassegnato: tanto ormai
le cose non potevano andare peggio di così.
Tornarono indietro, allontanandosi
dalla casa dei Serpeverde, poi svoltarono in un corridoio laterale che Milo
riconobbe:
- Ehi, ma dove mi stai portando? Di
qui si va verso la casa dei Tassorosso... – le disse
- Sssst... fai
silenzio, devo concentrarmi per ricordare... ah, ecco! –
La ragazza si era fermata davanti
ad uno dei pannelli di legno che rivestivano il corridoio e che a Milo pareva
del tutto identico agli altri. Invece la Grifondoro cominciò ad armeggiarvi attorno.
- Ma che
stai facendo? – le chiese ancora
Lei sbuffò e si voltò a guardarlo
con sguardo severo:
- Possibile che tu non riesca a
stare zitto per un attimo? Non è facile trovarlo, sai? –
Milo si risentì del tono che quella
ragazza usava con lui, neanche fosse un moccioso che
bisognava tenera a bada. Sbuffando incrociò le braccia, quindi distolse lo
sguardo da lei con aria infastidita:
- Fai un po' come ti pare... –
Rimasero li
ancora qualche minuto quando finalmente un "click" premiò i tentativi
della ragazza: il pannello rientrò leggermente nel muro, per poi aprirsi,
rivelando così un passaggio.
- Da questa parte – disse Ginevra
Weasley – se siamo fortunati li troveremo ancora lì... |
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Capitolo 13 *** Due al buio ***
13.
Il passaggio era basso e stretto e
ricordava molto quello che Milo e Pansy avevano
percorso qualche tempo prima per fuggire dalla casa dei Grifondoro.
Ginevra Weasley vi si infilò con prontezza, ma Milo non la seguì.
- Perchè mai dovrei andare con questa
casinara – pensò – e chi dovremmo trovare li dentro? –
Il pannello cominciò lentamente a
richiudersi, ma una mano lo bloccò e da dentro la testa della ragazza fece
capolino:
- Allora? Cosa
stai aspettando? –
- Ma che
vuoi da me Weasley? Sei pazza se credi che ti seguirò lì dentro... –
- Non fare lo stupido, voglio solo
aiutarti –
- Aiutarmi? Ma
se mi odi? –
La ragazza sbuffò esasperata: -
Bene allora, fa come vuoi, resta pure lì finché non ti imbatterai
in Piton o in Gazza, cosa vuoi che me ne importi? –
Pronunciò quelle parole con foga,
poi rientrò nel passaggio e scomparve.
Milo restò da solo nel corridoio e
non riusciva a fare a meno di sentirsi un po' stupido: che alternative
aveva? Nessuna. Per quanto idiota potesse essere
qualunque cosa Ginevra Weasley avesse in mente di fare, era sempre meglio della
situazione attuale. Forse.
Allungò il piede e bloccò il
pannello che si stava nuovamente richiudendo, quindi entrò nel passaggio, ma
non vide più la ragazza e quando la porta dietro alle sue spalle si richiuse,
rimase nel buio più assoluto.
- Ehi rossa, te ne sei andata sul
serio? – provò a domandare alle ombre, mentre una sensazione di disagio si
faceva largo nel suo cuore.
Frugò nella giacca alla ricerca
della sua bacchetta.
– Lumos! –
Una fioca luce illuminò lo stretto
passaggio: i muri erano di pietra grezza e non c'era modo di capire dove
portasse. Provò a girarsi verso il pannello da cui era entrato, ma non trovò
serrature.
- Perchè in questa scuola deve
essere tutto così dannatamente complicato? – pensò
Si rassegnò a percorrere la via che
si trovava davanti: in fondo la
Weasley non poteva che essere andata da quella parte. Ora che
era di nuovo solo sentì tornare il malessere di poco prima: si sentiva stanco
ed aveva la testa dolorante. Cominciò a camminare con estrema circospezione,
tenendo la bacchetta innanzi a sé, per illuminare il percorso. Continuò così
per diversi minuti, fino a quando non incespicò,
cadendo goffamente in avanti e perdendo la bacchetta, che volò in qualche punto
imprecisato davanti a lui e si spense.
- Dannazione! – imprecò. Poi rimase
immobile: poco più avanti gli sembrava di sentire
qualcuno singhiozzare.
Si mise in ginocchio e cominciò ad
avanzare carponi, allungando le mani in avanti alla ricerca della sua
bacchetta; intanto il terreno cominciava a farsi in discesa. Avanzò in quel
modo per qualche metro, ma quando raggiunse la bacchetta involontariamente la
urtò con le dita, senza riuscire ad afferrarla, e questa rotolò ancora in
avanti. Intanto i singhiozzi cessarono.
Milo si morsicò il labbro inferiore
e riprese la sua goffa avanzata, pur avendo ormai intuito di non essere solo
nel passaggio: davanti a sè – non avrebbe saputo dire esattamente dove – udiva
distintamente un sommesso fruscio.
Riuscì finalmente a raggiungere di
nuovo la bacchetta e questa volta la afferrò saldamente in mano...
ma si rese conto che anche un'altra mano la stringeva!
Due voci gridarono all'unisono: -
Lumos! –
E dopo
pochi istanti Milo e Ginevra Weasley si stavano fissando nella semi-oscurità,
con i nasi a pochi centimetri l'uno dall'altra. Lei aveva gli occhi umidi ed un
segno rosso sul viso, conseguenza di un qualche colpo da poco subito.
Passò qualche interminabile
istante, poi Milo disse:
- Sei caduta...
di nuovo? –
La ragazza di fronte a lui arrossì,
ma fu lesta a ribattere – Non mi sembra che tu te la
sia cavata meglio... –
- Come mai tutte le volte che ci incontriamo tu finisci per terra? E
perchè volevi prendere la mia bacchetta? – disse Milo.
- Credevo fosse la mia, mi è caduta... – gli rispose lei, imbarazzata.
Il ragazzo avrebbe voluto sbuffare
seccato, ma invece si scoprì a ridere. La Grifondoro non fu da
meno, scoppiando anche lei in una risata irrefrenabile, ed andarono avanti così
per diversi minuti e Milo sentì come se la rabbia che aveva provato fino a poco
prima svanisse d'incanto.
Alla fine le risate cessarono, ma i
due rimasero ancora seduti a terra.
- Perchè mi stavi cercando? – le
chiese lui.
- Ah! – la Weasley ricordò la ragione
che l'aveva spinta lì – Per questo – gli rispose, mostrandogli
un foglietto nel quale Milo riconobbe la caricatura che la ragazza gli aveva
consegnato alla lezione di Pozioni.
- L'ho trovato per terra in Sala
Comune, ed ho notato la porta di uno sgabuzzino aperta
ed una finestra forzata. Puoi darmi qualche spiegazione? –
Lo guardava con aria interrogativa,
ma non appariva più arrabbiata come prima, in corridoio.
Il ragazzo arrossì leggermente, poi
le fece un sorriso furbetto e rispose – Siamo in un
castello magico, tutto può succedere! –
Lei lo osservò
maliziosa – Farò finta di crederti, anche perchè... –
E mentre parlava cominciò ad
alzarsi, cercando di riassestare la divisa di scuola
- ...ho saputo quello che è
successo con Ron! –
Lo sguardo di lei,
visibilmente imbarazzato, ora sfuggiva Milo.
- So che la colpa di tutto è stato
il mio atteggiamento – continuò – per questo sono
contenta che tu lo abbia coperto... –
Lanciò un'occhiata sfuggente a Milo
che continuava a non replicarle.
- Ehm, mi dispiace, Ronald non è un
violento ed era davvero mortificato per quanto
successo... –
Il tono adesso era supplichevole:
evidentemente si aspettava una qualche risposta dal suo interlocutore.
- In pratica stai dicendo che ora siete in debito con me – le disse infine,
sogghignando...
La Grifondoro parve
contrariata da quell'osservazione, ma comunque fece un
cenno di assenso: - Sì, potremmo dire che è così... –
Milo si rialzò faticosamente,
appoggiandosi al muro: si sentiva stanco, ma era deciso a trarre il massimo
divertimento da quella situazione.
Si avvicinò alla ragazza con fare
malizioso e le sussurrò:
- Dunque
ora posso chiederti di fare qualcosa per me, in cambio... – e così dicendo
avvicinò il viso a quello di Ginevra.
Non ebbe il tempo di reagire che
subito uno schiaffone lo colpì in pieno.
La Weasley era paonazza: -
Non pensarci nemmeno per un istante! –
Milo scoppiò a ridere,
spiazzandola: - Ma a che cosa stavi pensando, rossa? Hai una mente davvero
perversa! –
- Tu... tu mi stavi di nuovo
prendendo in giro! – gridò lei.
- Può darsi...
mentre tu a quanto pare stai cercando di aggravare le mie condizioni di
salute, che già non sono molto buone di loro... –
La ragazza lo fissava a bocca
aperta. Poi cominciò a guardarsi attorno, recuperò da terra la propria
bacchetta e gli disse:
- Ora basta con i
giochi, dobbiamo andare subito –
Afferrò il polso di Milo e prese a
guidarlo giù per lo stretto passaggio... |
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Capitolo 14 *** Fred & George ***
14.
Sbucarono in un locale ampio ed
illuminato: la prima cosa che colpì Milo, prima ancora di riuscire a mettere a
fuoco la situazione, fu il forte odore di cibarie. Decine di elfi domestici si
davano da fare attorno ai fornelli e sui tavoli vassoi venivano disposti ed
imbanditi, in attesa di essere trasportati in Sala Grande per la cena. Si
trovavano nelle cucine di Hogwarts.
- Perchè diavolo mi ha portato
nelle cucine? – pensò guardandosi attorno. Solo dopo qualche secondo notò che
ad un tavolo posto ad una certa distanza dall'ingresso c'erano due figure che
decisamente non apparivano essere elfi domestici. Si trattava di due ragazzi
dai capelli rossi, due gemelli, i fratelli maggiori di Ginevra Weasley.
La ragazza gli lasciò il braccio e
corse verso di loro. Milo udì solo un saluto – Ginny, che ci fai qui? – poi i
tre si misero a confabulare tra loro mentre puntavano gli occhi su di lui.
Cominciò a sentirsi a disagio, i gemelli Weasley godevano di una certa fama ad
Hogwarts e cominciò a temere che, tutto sommato, forse la ragazza lo aveva
portato in quel posto proprio con lo scopo di vendicarsi.
Strinse più forte la bacchetta
nella mano sinistra, ma proprio in quel momento un capogiro lo colse: fece
qualche passo barcollando, poi si accostò ad una delle colonne della stanza per
non cadere.
Due elfi gli si accostarono – Che
cosa c'è signore? Si sente poco bene? –
Anche i tre Weasley si alzarono dai
loro posti e si diressero verso di lui. Ginevra lo prese sotto braccio
aiutandolo e lo aiutò a sedersi al tavolo più vicino.
- Accidenti amico, sei messo
proprio male... – disse uno dei gemelli.
- ... non che la cosa ci
dispiaccia, visto che sei un Serpeverde – continuò l'altro.
- Ragazzi! – intervenne la sorella,
in tono di rimprovero.
I due annuirono, sorridendo divertiti.
- D'altronde sappiamo che hai
coperto quello stupido di Ronald... – continuò uno dei due.
- ... anche se l'esserti preso un
pugno da lui non depone a tuo favore – lo appoggiò l'altro.
- Ma insomma! – Ginevra si stava
spazientendo.
Milo era stanco di quel teatrino,
ma non aveva la forza di intervenire: la testa continuava a girargli ed adesso
stava anche assalendogli la nausea. Cercò di alzarsi, ma le gambe non ressero e
cadde pesantemente a terra: il mondo si faceva scuro attorno a lui e prima di svenire
l'ultima cosa che vide furono i visi sorpresi e preoccupati dei tre ragazzi...
Quando riacquistò i sensi, la prima
cosa che udì erano le voci allegre dei Weasley...
- Ma cosa ci fai tu agli uomini,
sorellina, per farli cadere tutti ai tuoi piedi –
- Letteralmente, tra l'altro... –
- Ma siete davvero una coppia di
stupidi... Oh, si sta risvegliando! –
Milo realizzò di essere lungo
disteso in una delle panche della cucina, con un pezza bagnata sulla fronte.
- Come stai? – domandò una ragazza
dai lunghi capelli rossi, china su di lui.
- Che cosa è successo? – domandò
Milo
- E' successo che devi aver cercato
di aprire un passaggio nel muro a suon di testate, il che non è mai
particolarmente consigliabile... –
- ... oppure a ridurti così è stata
la nostra sorellina, il che è forse più probabile visto che è manesca tanto
quanto Ron! –
- Ma la volete finire!?!? – sbottò
lei.
A quanto pareva il siparietto
comico non era ancora finito. Milo rise sommessamente, ora si sentiva meglio e
non gli pareva più così insopportabile tutta quell'allegria: in qualche modo lo
confortava vedere quanto fosse profondo il legame che univa i Weasley. Per lui
era una novità, ed in fondo al cuore provava un certa gelosia.
- Sta ridendo – disse uno dei
gemelli – vuol dire che sta meglio. Bene, almeno è di tempra forte... –
- ... il che significa che potrai
ancora picchiarlo – concluse l'altro, sogghignando alla sorella.
Questa volta, però, Ginevra li
ignorò. – Ce la fai ad alzarti? – chiese a Milo, prendendolo per un braccio ed
aiutandolo a sedersi.
- Piacere di conoscerti, signor
Serpeverde – i gemelli gli porsero insieme la mano destra, evidentemente in
attesa che lui gli e le stringesse.
Milo li osservò ma non si mosse.
- Forse dopo essere stato malmenato
da Ron e Ginny nutre del risentimento nei confronti della nostra famiglia –
dissero facendosi l'occhiolino.
- Ragazzi! Vi ho già detto che io
non l'ho picchiato, l'ho trovato che era già così, per questo l'ho portato da
voi – disse con tono di divertito rimprovero la fanciulla.
- Già, è vero. Il Serpeverde deve
aver combinato qualche pasticcio ed ora è in fuga... –
- ... o magari si tratta di una
qualche faida interna tra i serpentacci! –
Milo sussultò solo per un secondo,
ma il gesto non sfuggì ai due gemelli che lo fissarono maliziosi:
- Dunque è così, giusto? Hai
pestato i piedi a qualcuno di importante... di chi parliamo? Piton? Malfoy? –
Altro sussulto.
- Ahhh! Un nemico di Malfoy! –
disse uno dei due.
- Credo che potremmo anche aiutare
un nemico di Malfoy, specie se si è fatto picchiare da Ron senza reagire –
aggiunse uno dei due gemelli.
– Se solo si decidesse a
presentarsi e a chiedercelo con la giusta educazione... – scherzò l'altro.
Rimasero a fissarlo con volti
palesemente divertiti e a Milo non rimase altro che cedere.
Sospirando rassegnato si alzò e
tese loro la mano:
- Mi chiamo Milo Ogilvie, piacere
di conoscervi. Avrei davvero bisogno del vostro aiuto... –
I due si alzarono ed assunsero un
atteggiamento esageratamente pomposo:
- Piacere Ogilvie, io sono George
Weasley – disse il primo
- Ed io Fred Weasley, molto onorato
– scherzò il secondo
- Mentre io sono Ginevra Weasley,
ma puoi chiamarmi Ginny – concluse la rossa
Milo la fissò con sguardo
interrogativo.
- Bé, in questi anni non ci eravamo
mai presentati ufficialmente, no? – disse le sorridendogli.
– Ora che siamo amici non posso
certo continuare a chiamarti Ogilvie... –
Quell'assurdo ragionamento lo
lasciò a dir poco perplesso:
- Amici? – pensò – E da quando? –
Sentì un braccio posarsi sulla sua
spalla:
- Non farci caso, nostra sorella è
parecchio strana – disse uno dei gemelli.
- Fred! – urlò Ginny, indispettita.
- Ma se la chiami Ginevra invece di
Ginny rischi che non capisca che ti stai rivolgendo a lei, è un po' tarda, sai?
– rincarò la dose l'altro gemello, ridacchiando.
- George! – la ragazza era
visibilmente paonazza.
- Ma bando alle ciance – il ragazzo
che Ginny aveva chiamato Fred (Milo non riusciva a trovare nessuna differenza
con il fratello) si staccò da lui e fece un cenno ad alcuni elfi domestici – E'
il momento di rimetterti in sesto con la famosa medicina segreta di casa
Weasley! –
La "famosa medicina
segreta" di casa Weasley altro non era che un'abbuffata di cibo, ma a Milo
non dispiacque perchè in effetti aveva fame e sete, essendo ormai a digiuno
dalla notte precedente: inoltre il desinare era allietato dagli scherzi e dai
lazzi dei tre Weasley che – doveva ammetterlo – rappresentavano una compagnia
decisamente divertente.
Finito di mangiare e recuperate in
parte le forze, i gemelli gli dissero che era il momento di passare al
"Piano B".
- Adesso scoprirai il vero
Paradiso! – gli dissero raggianti.
Ma senza sapere esattamente perchè,
Milo aveva la sensazione che qualunque cosa stessero per fare, si sarebbe
cacciato di nuovo nei guai... |
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Capitolo 15 *** Il bagno dei Prefetti ***
15.
La conversazione che si stava
tenendo nelle cucine della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts
sarebbe parsa quantomeno strana a chiunque vi potesse assistere: da una parte
tre esuberanti Grifondoro dai capelli rosso fuoco, dall'altra un malconcio Serpeverde
dai modi misurati ma gentili. Ma gli elfi domestici
erano indaffaratissimi a svolgere le loro mansioni e così la surreale scena non
aveva spettatori interessati...
- Quello che ti serve ora è un
posto dove riassettarti e rilassarti – disse Fred Weasley (o era George?)
- E noi conosciamo il meglio che tu
possa trovare ad Hogwarts – continuò George (o era
Fred?)
- E non ti costerà nemmeno molto...
– riprese Fred
- Ma come?
– Ginny e Milo reagirono quasi all'unisono
- Bé, vedi signor Serpeverde, noi siamo uomini d'affari – ripresero i gemelli.
- La nostra improvvida sorellina ti
ha appena rivelato uno dei posti più utili di questa
scuola. Le cucine sono un ottimo posto dove venire a fare provviste per i
festini serali o dove rifugiarsi per bigiare una lezione, basta che tu abbia l'accortezza di evitare la Granger... –
- La Granger? Intendete
Hermione Granger, l'amica di Potter? – chiese Milo.
- Si, proprio lei. Ultimamente ha
la mania di voler liberare gli elfi domestici perchè crede che siano tenuti in
schiavitù... –
- Ma é
pazza! – sogghignò di rimando il ragazzo.
Per tutta risposta George (o era
Fred?) urlò rivolto agli elfi domestici che affollavano indaffarati la cucina:
– Ehi, voi, miei cari elfi. Vi
sentite sfruttati e vi pesa lavorare ininterrottamente ogni santo
giorno qui ad Hogwarts? –
Si alzarono solo voci di diniego,
molte addirittura indignate:
- No signori, noi felici di
lavorare qui... –
- Hogwarts è un bel posto –
- Silente ci tratta molto bene –
- Pesarci il lavoro? Stiamo
scherzando? –
Il caos durò
qualche istante, poi ripresero a trafficare, tornando ad ignorare i
quattro ragazzi.
- Si, é decisamente
pazza! – concluse Fred (o era George?) facendo spallucce.
- Dunque, per tornare al nostro
discorso – i gemelli erano di nuovo seri – diciamo che
i servizi che ti forniremo stasera hanno un certo prezzo, ma sono sicuro che
troverai le nostre richieste del tutto ragionevoli! –
Milo provava un'innata simpatia per
quei due imbonitori, ma era anche consapevole che le sue finanze erano, al momento,
alquanto ristrette:
- Mi dispiace – disse
loro – ma se volete dei soldi cascate male... –
- Soldi? Soldi? Chi ha parlato di
soldi? Ci credi individui tanto spregevoli? – gli risposero i gemelli,
fingendosi offesi.
- L'impressione era
quella... – disse infine Ginny, con un tono piuttosto gelido.
- Ma no
sorellina, non potremmo mai chiedere del denaro ad un tuo amichetto... – disse
Fred (o era George?) strizzandole l'occhio.
Ginevra Weasley si alzò di scatto,
arrossata in volto: - Cosa stai insinuando? –
Milo sorrise,
mentre Fred la ignorò, continuando il suo discorso: – ...siamo piuttosto
interessati ai talenti del qui presente signor Ogilvie... –
- Talenti? – chiese la ragazza.
- Talenti? – le fece eco Milo.
- Si, esatto! – i due gemelli si
scambiarono uno sguardo d'intesa – sappiamo che sei il
migliore del tuo anno al corso di pozioni e visti i trascorsi della tua
famiglia immagino tu sia a conoscenza di preparati magici un po' più
interessanti di quanto non si trovi sui libri di testo... –
- Ma cosa
state dicendo? – li interruppe Ginny.
Milo cominciava a capire. In effetti i suoi genitori lo avevano iniziato già in
giovane età a magie e pozioni che un qualsiasi insegnante di Hogwarts avrebbe
giudicato quantomeno inopportuni, per non dire di peggio. Era una tradizione di
famiglia a cui gli Ogilvie tenevano molto, forse troppo considerando che la
cosa risultava evidentemente di dominio pubblico.
Milo sorrise e fece un cenno
d'assenso con il capo:
- D'accordo, allora. Se servirà vi
darò una mano, per quel che posso... –
Subito i due ragazzi gli tesero la
mano destra:
- Siamo d'accordo, allora? Si
tratta di uno scambio equo... –
Ginny si limitava a fissarlo in
silenzio, mentre Milo ribatteva sarcastico:
- Uno scambio equo? Finora mi sembra non mi abbiate fornito altro che chiacchiere. Se c'è
una persona con cui potrei sentirmi in debito questa semmai è vostra sorella...
– disse Milo, alzando uno sguardo malizioso verso la giovane Grifondoro -
...non certo voi -
La ragazza arrossì lievemente
- Non c'è problema – dissero i gemelli – l'importante è che tu sia in debito con
uno qualsiasi della famiglia Weasley. Tanto saremo noi a riscuotere... –
Milo emise un sospiro vagamente
seccato:
- Bene, se in qualche modo mi
aiuterete a concludere in maniera accettabile questa
assurda giornata, può darsi che... –
- ... che
tu ci dia una mano ad elaborare alcuni nostri prodotti! – conclusero
loro.
- Ma non
potete chiedere una cosa simile... – intervenne Ginny.
- Mi sembra accettabile – la
interruppe Milo
Alle parole del ragazzo Fred e
George Weasley sorrisero e si protesero verso di lui, afferrandogli e
stringendogli con foga la mano destra.
- Bene, siamo d'accordo allora! –
disse Fred.
- Preparati a scoprire un vero
paradiso – gli fece eco George, estraendo dal taschino una curiosa chiave
dorata – Il bagno dei Prefetti! –
Milo si
portò una mano alla tempia: il mal di testa stava tornando...
Quella sera Milo apprese che tra i
tanti misteri che Hogwarts celava, ce n'era uno assai meno intrigante di una
stanza segreta custodita da un Basilisco, ma decisamente
più utile. A quanto pareva, quale privilegio connaturato alla loro carica, i
prefetti ed i caposcuola di Hogwarts beneficiavano di
tutta una serie di comfort non da poco, come ad esempio bagni personalizzati e
decisamente lussuosi, realizzati in marmo bianchissimo e dotati di una
gigantesca vasca da bagno nella quale era possibile far confluire i
bagnoschiuma e gli aromi più incredibili.
Strada facendo i gemelli gli avevano spiegato di aver scoperto questi bagni pedinando il
loro fratello maggiore, Percy, non esattamente un esempio di acume e sagacia a
quanto pareva. Ne dovevano esistere parecchi sparsi per il castello, anche
perchè era improbabile che tutti i Prefetti si servissero di un unico bagno,
pertanto avrebbe potuto usufruirne senza eccessivi
patemi. Per l'accesso bastava conoscere la parola d'ordine, "Frescopino",
e bloccando la porta dall'altro lato la privacy
sarebbe stata assicurata.
I tre fratelli Weasley si
accomiatarono appena Milo fu entrato: erano le cinque del pomeriggio, quindi
era inutile affrettarsi perchè le lezioni erano ormai terminate. Così il
ragazzo decise di prendersela comoda, godendosi al massimo i piaceri di un
bagno caldo e rilassante. Una volta uscito dalla vasca
si asciugò con calma i capelli: la testa gli doleva ancora, ma ora si sentiva
decisamente più in forma e rinfrancato. Trovò anche il tempo di dare una
sistemata agli abiti, in modo da renderli presentabili, quindi uscì con
cautela, per evitare di farsi sorprendere da qualcuno, e si avviò con decisione
verso l'ufficio della McGranitt.
Malfoy aveva detto
che la professoressa stava cercando lui e la Parkinson e Milo non
dubitava che volesse redarguirli per la faccenda dell'altra sera, quando aveva
sorpreso lui e Pansy fuori dalla torre; non gli faceva molto piacere la
prospettiva di dover subire una punizione, ma tutto sommato pensò che se lei
non li avesse coperti con Piton sarebbe andata molto peggio. Si rassegnò così
all'inevitabile, sicuro però quello che quello che
sarebbe accaduto dopo la visita alla McGranitt avrebbe risollevato in parte la
serata: Milo era infatti ben deciso a "ringraziare" Malfoy per le
gentilezze che gli aveva riservato quel giorno.
Pregustando la vendetta, si avviò
verso l'ufficio della responsabile dell'insegnante di
Trasfigurazione... |
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Capitolo 16 *** Ti devo un favore! ***
16.
In piedi davanti alla professoressa
McGranitt, Milo si sentiva decisamente in imbarazzo. Era arrivato lì rassegnato
a subire un bel predicozzo sul fatto che non si dovesse scorazzare per la
scuola di notte, con conseguente punizione. Dentro aveva trovato la Parkinson che, come lui,
se l'era presa assai comoda prima di rispondere alla convocazione.
L'insegnante, però, aveva
decisamente equivocato la situazione dell'altra sera ed era convinta che in
quella torre stessero facendo ben più che nascondersi da lei e da Gazza: rosso
in viso ed incapace di sostenere lo sguardo dell'anziana professoressa, Milo guardava
il soffitto nella speranza che quella tortura avesse termine il prima
possibile. Qualunque punizione gli sarebbe parsa preferibile agli sproloqui della
McGranitt, che parlava di comportamenti inqualificabili per degli studenti di
Hogwarts, della necessità di resistere al richiamo dei propri sensi, del
pericolo insito nel fare "certe cose" in maniera avventata e,
soprattutto, prematura, data la loro giovane età.
Accanto a lui Pansy era impietrita:
ad una prima occhiata appariva decisamente concentrata sul discorso in atto, ma
una curva innaturale delle labbra faceva intuire un sorriso trattenuto a
stento.
La situazione si protrasse per
diverso tempo, senza giungere ad uno sbocco: evidentemente la McGranitt non si
riteneva soddisfatta degli assensi accondiscendenti che i due ragazzi
manifestavano di tanto in tanto in risposta alle sue parole. Alla fine Pansy
non resse più e scoppiò in una fragorosa risata. Milo si sentì gelare il sangue
nelle vene mentre il volto della professoressa si irrigidiva: le sue labbra si
fecero più sottili mentre gli occhi parevano lanciare saette.
- Cosa c'è di tanto divertente,
signorina Parkinson? – sbottò non appena la ragazza finì di ridere.
- Niente, niente professoressa, mi
scusi – Pansy tentò di recuperare la situazione, ma ormai il danno era fatto.
- Pensate che sia tutto uno
scherzo? Vi rendete conto della gravità del vostro comportamento? – disse in
tono severo.
I due studenti annuirono in
silenzio.
- Benedetti ragazzi, quanta
pazienza che ci vuole – continuò lei sospirando – Che cosa dovrei fare ora,
secondo voi? Posso fidarmi della vostra parola che cose simili non si
ripeteranno più? –
Pansy sbuffò esasperata:
- Guardi professoressa che non
stavamo mica facendo sess... ahi! –
Il gomito di Milo si conficcò
dolorosamente nel fianco della ragazza:
- Pansy voleva dire che siamo
veramente dispiaciuti per quello che è successo ieri, ma le assicuriamo che non
stavamo facendo nulla di diverso da una piacevole chiacchierata tra amici... –
disse con il tono più innocente del mondo, anche perchè era proprio la verità.
La McGranitt li fissò per
alcuni lunghi istanti, aspettando che Pansy smettesse di borbottare per il
colpo appena ricevuto, quindi parlò:
- Siete fortunati che lo stesso
assurdo motivo che mi ha portato a non segnalarvi immediatamente al professor
Piton questa notte mi impedisca ora di punirvi adeguatamente... ma sono sicura
che sarete entusiasti di offrirvi come volontari per aiutare il signor Gazza ad
ultimare i preparativi per l'accoglienza degli studenti di Beauxbatons e
Durmstrang! –
- Volontari? Per certe cose ci sono
gli elfi domestici, può pure scordarsi che io... ahi! – il gomito di Milo
interruppe nuovamente Pansy.
- Grazie signor Ogilvie – la McGranitt gli fece un
cenno di compiaciuto assenso, quindi si rivolse di nuovo alla ragazza:
- Signorina Parkinson, forse le
sfugge il fatto che io posso obbligarvi a farlo. Ma così mi troverei costretta
anche a spiegare al professor Piton le ragioni della vostra punizione... –
aggiunse, incurvando leggermente le labbra in quello che doveva essere un
sorriso ironico.
Pansy rimuginò per qualche secondo,
poi si rese finalmente conto di non avere molta scelta:
- D'accordo, credo mi convenga
offrirmi volontaria... – rispose cupa.
- Immagino di poter contare anche
sul suo assenso, vero signor Ogilvie? –
- Naturalmente – rispose Milo,
abbozzando un sorriso di circostanza.
- Molto bene: comunicherò le vostre
candidature a chi di dovere. Potete andare. – concluse solenne.
- Dannata vecchiaccia! – Pansy era
davvero furiosa.
Lei e Milo stavano mestamente
tornando verso la sala comune di Serpeverde, ma evidentemente la ragazza non
riusciva a rassegnarsi di essere stata messa in punizione dalla McGranitt.
- E' inconcepibile, é la
responsabile dei Grifondoro ma ci ha praticamente ricattati! – continuò – Che
razza di Grifondoro è allora se usa metodi da Serpeverde? –
Milo camminava in silenzio accanto
a lei, ignorandola. La ragazza infine si fermò:
- Che c'è, perchè non mi parli? – gli
chiese irritata.
Fece finta di nulla e continuò a
camminare: dietro di lui Pansy emise uno sbuffo di rabbia e si fermò. Ma quando
Milo era giunto quasi alla fine del corridoio sentì che la ragazza si era messa
a correre: d'istinto cercò di accelerare il passo e di raggiungere la porta che
dava sulle scale, ma non fece in tempo. Due braccia lo afferrarono da dietro
all'altezza del collo mentre un paio di gambe gli si attorcigliavano in vita.
Pansy gli era saltata sulla schiena!
- Non ti permetto di ignorarmi
cosiiiiiiiiiiiii... – non riuscì a finire la frase: preso completamente di
sorpresa, Milo barcollò qualche secondo, quindi cadde lungo supino, con la
ragazza ancora aggrappata alla sua schiena.
- Ma sei completamente pazza,
lasciami! – le urlò contro, non appena si riprese. Ma Pansy non aveva nessuna
intenzione di mollare la presa e per tutta risposta cominciò a sfregargli le
nocche dei pugni sulla testa.
- Ti ho detto che non puoi
ignorarmi così! – gli ripeteva.
Milo cercò di divincolarsi, ma
senza successo.
- Perchè sei arrabbiato con me? –
insisteva lei.
- E me lo chiedi? Hai lasciato che
Malfoy mi sbatacchiasse a suo piacimento senza muovere un dito! –
Lei sospirò e mollò la presa:
- Allora è solo per questo? Lo vedi
che sei proprio un mocciosetto? –
Una volta libero, Milo poté
finalmente voltarsi: Pansy si era seduta davanti a lui, le gambe incrociate
mentre con le mani si riassettava la gonna: lo fissava con uno sguardo
divertito e malizioso.
- Hai visto come si è arrabbiato il
mio Dracuccio? – gli disse – Non avrei mai pensato che potesse reagire così. Ma
se ci pensi se fossi intervenuta in tuo favore non avrei fatto altro che
peggiorare la situazione, si sarebbe infuriato ancora di più! –
Da lungo disteso per terra, Milo si
era alzato ed ora sedeva anche lui di fronte alla compagna, il cui ragionamento
non sembrava – in effetti – fare una grinza: se Malfoy se l'era presa con lui
perchè geloso (ma era mai possibile?), se Pansy avesse preso le sue difese si
sarebbe arrabbiato ancora di più. Tuttavia questo non toglieva che lui si
sentisse ancora profondamente offeso con lei per il suo comportamento.
La ragazza sembrò intuire i suoi
pensieri: smise di sorridere, assumendo un'espressione vagamente imbronciata.
- Va bene, va bene: hai ragione.
Avrei potuto fare qualcosa di più che starmene ferma a guardare... diciamo che
ora ti devo un grosso favore... un favore che contraccambierò immediatamente! –
concluse facendogli l'occhiolino.
Si alzò sulle ginocchia e cominciò
ad avvicinarsi lentamente a Milo, camminando gattoni. Il ragazzo non sapeva
cosa avesse in mente, ma si sentiva decisamente a disagio: non riuscì a
profferire parola mentre il viso di Pansy si avvicinava lentamente al suo. Cominciò
a sudare freddo mentre questa posava il mento sulle sue spalle, ma la ragazza
si limitò a sussurrargli qualcosa all'orecchio.
- Credo ti interesserà sapere che
stasera potrai trovare Dracuccio solo soletto nell'aula di Trasfigurazione... –
- Cosa? – Milo non riuscì a
trattenere un'espressione stupefatta, mentre Pansy si staccava lentamente dalla
sua spalla, tornando nella posizione originaria di fronte a lui. Lei gli
sorrise:
- Voglio dire che se vorrai
vendicarti di lui lo troverai dove ti ho detto, senza Tiger e Goyle a
guardargli le spalle. Sai, il mio Dracuccio mi ha appuntamento lì per stasera,
ma ho la sensazione che tarderò qualche minuto... –
Milo continuava a fissarla
incredulo.
- Oh, insomma, non è tanto
difficile da capire! – sbuffò dolcemente lei – Tu vorrai senz'altro vendicarti,
no? Qualunque Serpeverde con un po' di sano orgoglio lo farebbe... –
- Si, naturalmente... – le rispose
di rimando, quasi in automatico.
- E allora l'occasione giusta è
stasera. Lo affronterai da solo, senza testimoni, così pareggerete i conti
senza che nessun altro ne sappia nulla. Poi arriverò io a prendermi cura di
lui... –
- Sei completamente pazza, lo sai?
– disse lui, ormai rassegnato.
- Si, lo so. Ma rimarrà il nostro
piccolo segreto... e vedi di non fargli troppo male, ci siamo capiti? –
- Non preoccuparti, farò solo in
modo che abbia bisogno della tua devota assistenza per un paio di giorni... –
la rassicurò.
- Grazie, sapevo che avremmo
trovato un punto d'incontro soddisfacente per entrambi – cinguettò lei, afferrandogli
la mano destra e stringendogliela con forza.
In breve il risentimento provato
svanì e Milo si trovò a pensare che Pansy era una tipa decisamente
interessante, sebbene del tutto fuori di testa.
- AH! DI NUOVO! –
Un grido strozzato distolse
entrambi dai propri pensieri: si voltarono verso il corridoio e video la McGranitt che, uscita
dal suo ufficio, si era fermata, impietrita, con lo sguardo severo puntato su
loro due.
Pansy gli strinse forte la mano e
urlò – Via, prima che ci appioppi un'altra punizione – ed entrambi corsero a
perdifiato in direzione opposta, ridendo come matti al pensiero di aver causato
un altro mezzo infarto all'anziana insegnante...
Quella sera Draco Malfoy non si
vide al dormitorio dei Serpeverde e lo stesso accadde i due giorni successivi. Tiger
e Goyle dicevano in giro che si era preso una forma particolarmente virulenta
di raffreddore e che si trovava in cura da madama Chips, amorevolmente
assistito da Pansy. Ma tutti quelli che si trovavano a passare per l'infermeria
riferivano che il raffreddore doveva essere alquanto strano, visto che il naso
di Malfoy pareva essere cresciuto almeno tre volte in volume, e che il
poveretto continuava a starnutire ed imprecare.
Negli stessi giorni Ogilvie fu
visto aggirarsi per la scuola con un'espressione stranamente soddisfatta sul
volto...
|
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Capitolo 17 *** In punizione ***
17.
A Milo quel corridoio sembrava
davvero troppo lungo. In realtà tutti i corridoi di
Hogwarts probabilmente lo erano, tutta la scuola pareva concepita e creata da
un architetto con manie di grandezza. Ma fino a quel
momento non ci aveva fatto troppo caso o, per meglio dire, i suoi sensi si
erano ormai abituati a quel mondo del tutto fuori scala. Ma una cosa era
percorrere quei corridoi, un'altra doverli pulire passo dopo passo: arazzi
antichi e sciupati dal tempo, quadri di personaggi ormai dimenticati e dimentichi
loro stessi, statue, busti, vetrine... la polvere
copriva uniformemente ogni cosa. Ed era un vero
peccato doverla togliere tutta, tale atto finiva in qualche modo per
contaminare irrimediabilmente quell'aurea di sacralità che permeava tutta la scuola.
Se nessuno, nei decenni precedenti, si era preoccupato
di spolverare, perchè interrompere ora la tradizione? Questo era ciò che Milo
aveva tentato di far intendere alla McGranitt, che però
non era sembrata molto convinta della sua teoria e aveva confermato la
punizione: ripulire i corridoi dell'ala ovest e senza l'ausilio della magia!
Era al lavoro da un paio di ore, ma gli sembrava fosse passata un'intera giornata: le
nuvole di polvere che si alzavano ad ogni passata lo facevano starnutire ed ora
gli sembrava di essere lui stesso coperto di una patina grigia da capo a piedi,
grigia come il suo umore. Da quando era al lavoro non
si era vista anima viva in giro: Gazza era a sua volta impegnato nei
preparativi e Pansy scontava la sua pena qualche corridoio più in là. Sembrava
quasi che l'avessero fatto apposta a lasciarlo li
senza nemmeno un controllo: più volte Milo pensò di dare un'acceleratina ai
lavori con l'ausilio della bacchetta che si era precauzionalmente portato
dietro, ma proprio l'apparente facilità dell'operazione lo insospettiva e
preferì continuare a lavorare mestamente.
Più tardi, nel
corso della mattinata, ebbe conferma della giustezza delle sue
intuizioni quando vide passare la
McGranitt e Pansy. L'anziana insegnante aveva il suo solito piglio
severo ed un'aria decisamente seccata: in mano teneva
una bacchetta che Milo riconobbe subito come quella della compagna Serpeverde.
Dietro di lei Pansy camminava con aria contrita e piagnucolante:
- La prego,
professoressa, c'è stato un equivoco. Non stavo usando la bacchetta per
pulire, volevo solo evocare una... una... una caraffa
d'acqua per rinfrescarmi, gli e lo giuro. E' la verità. Non mi mandi a pulire i sotterranei, là sotto ci sono topi e
muffa... –
Al loro passaggio Milo non riuscì a
trattenere un sorriso, ricevendone in cambio lo sguardo furente della ragazza.
Non appena le due svoltarono
l'angolo, un'idea gli baluginò in mente:
- Se la McGranitt si sta
occupando di Pansy, vuol dire che per il momento
nessuno sta controllando me! –
Aspettò qualche istante, poi si
guardò furtivamente attorno ed una volta accertatosi di essere
solo si decise ad agire. Estrasse la bacchetta, si concentrò e cominciò ad
agitarla ritmicamente: la polvere si alzava dagli oggetti per poi trasformarsi
in una miriade di stelle luccicanti e svanire nel nulla. La fine del corridoio,
e con esso la fine della punizione, si avvicinavano sempre
più, quando improvvisamente risuonò una voce:
- Ahem, posso sapere cosa sta
facendo signor Ogilvie? –
Milo trasalì e si voltò: alle sue
spalle si stagliavano le figure della McGranitt e di Pansy. La ragazza lo
guardava con aria trionfante:
- Ha visto professoressa? Avevo
ragione, ero sicura che non appena ci fossimo allontanate ne avrebbe
approfittato... –
- Vedo, signorina
Parkinson, vedo... –
Milo sentì le tempie pulsargli
sempre più forte, forse per l'estremo imbarazzo che provava, forse per il
crescente desiderio di trasformare all'istante Pansy in una statua di sale. Non
proferì parola mentre la McGranitt si avvicinava
e gli strappava la bacchetta dalle mani.
- Mi vedo costretta a raddoppiare
la punizione... ad entrambi! –
Il sorriso sul volto di Pansy
scomparve: - Ma come, io credevo... –
- Credeva cosa, signorina
Parkinson? Che fare la spia potesse risultare opera
meritoria ai miei occhi? –
La ragazza sbiancò
mentre Milo la guardava con occhi di fuoco...
Questa volta la professoressa McGranitt
non ebbe remore, ben decisa a far comprendere loro la differenza tra una
punizione ed un vero e proprio castigo: confinò i due ragazzi nel più remoto e
tetro dei sotterranei, a riordinare cataste di vecchi libri, scaffali
pericolanti ed artefatti di incerta natura ricoperti
di una patina di sporcizia, conseguenza di decenni di incuria. Era ovvio che
nessun visitatore di Beauxbatons o di Durmstrang sarebbe mai passato di lì,
anche immaginando un ipotetico tour tra le meraviglie
nascoste del castello.
La McGranitt sequestrò loro
le bacchette ed annunciò che sarebbero rimasti ivi confinati fino all'ora di cena, quindi quale ulteriore misura precauzionale
intercettò il fantasma dell'Abate Grasso - custode della casa di Tassorosso -
che si trovava a passare di lì proprio in quel momento, e gli chiese di
rimanere a sorvegliare i due ragazzi: evidentemente l'anziana insegnante era
ancora convinta che ci fosse qualcosa di loro e che non fosse il caso di
lasciarli assieme da soli. Se solo avesse potuto
immaginare che l'unico contatto fisico che Milo bramava era quello con il collo
della ragazza, da stringere saldamente con le mani, forse sarebbe stata più
tranquilla... o forse no.
Pansy, evidentemente aveva intuito
qualcosa e si tenne a debita distanza dal compagno.
Il resto della giornata fu un vero
disastro: nonostante tutta la buona volontà, non sembrava proprio possibile
mettere ordine in mezzo a quel caos. A peggiorare la situazione contribuì il
lordume di cui i ragazzi finirono per ricoprirsi a forza di trafficare con
quell'accozzaglia di antichità, senza contare le
chiacchiere continue del fantasma, che evidentemente doveva essere diventato
tale perchè a forza di parlare doveva essersi dimenticato di mangiare e bere.
Fortunatamente l'ostinato silenzio che Milo opponeva ad ogni tentativo di dialogo convinse l'Abate a dedicare le sue attenzioni a
Pansy, che tentava disperatamente di zittirlo con rispostacce che – al
contrario – non facevano altro che aumentare l'allegria ciarliera del
trapassato. Il ragazzo, compiaciuto, la considerò una parziale vendetta, in attesa di dare alla ragazza il resto di quanto meritasse,
proponimento che avrebbe messo in atto alla prima occasione propizia.
La giornata trascorse senza altri
particolari intoppi, ma risultò poco produttiva: non
collaborando tra loro i due ragazzi non ottennero grandi risultati ed era
facilmente prevedibile che la
McGranitt non sarebbe stata molto soddisfatta. Ma in quel momento a Milo non importava molto: era stanco,
sporco ed affamato e aveva un disperato desiderio di lavarsi e mettere qualcosa
sotto i denti.
Si sedette su una pila di libri
accatastati e cominciò a guardarsi attorno: il sotterraneo era molto grande e
dava l'idea di essere anche molto antico.
L'illuminazione era scarsa, le poche torce accese lasciavano ampie porzioni
dello spazio nella semi-oscurità, nella quale erano ammassati alla rinfusa decine di oggetti diversi. In
effetti sperare che in una sola giornata due persone potessero mettere
tutto a posto, per di più senza l'aiuto della magia, era decisamente
improbabile.
A qualche metro da lui anche Pansy era
seduta con espressione sconsolata, la testa abbassata e le mani sulle orecchie,
mentre accanto a lei il fantasma pareva molto preso da una discussione che
evidentemente interessava solo lui stesso. Milo distolse lo sguardo, nel timore
che l'Abate potesse notarlo e rivolgere a lui le sue importune attenzioni.
Ormai era quasi l'ora di cena e
presto la professoressa sarebbe arrivata a recuperarli... |
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Capitolo 18 *** Il sotterraneo ***
18.
- E' tardi!
–
La voce risuonò nel silenzio della
sala, echeggiando negli angoli più lontani. Milo sollevò la testa,
riprendendosi dal torpore che lo aveva colto.
- Oh si, è vero. Che
strano... –
Milo riconobbe subito i proprietari
delle due voci: quella che lo aveva destato era di
Pansy, la seconda era sicuramente quella del fantasma di Tassorosso.
Strinse gli occhi per cercare di
mettere a fuoco la scena: la ragazza era davanti alla porta del sotterraneo e a
quanto pareva stava armeggiando nel vano tentativo di aprirla.
- Quella stupida vecchia, ci ha chiusi dentro! Se aspetta ancora un po' a venirci a prendere ci farò la muffa in questo sotterraneo! – disse
assestando un calcione allo stipite.
- Ci ha chiusi
dentro? – chiese Milo, dimenticando di essere arrabbiato con la compagna.
- Oh, mister
"sono arrabbiato con te e non ti parlo" si è svegliato! Dormito bene?
– lo apostrofò lei sarcasticamente. Era evidente che doveva
essere piuttosto alterata. Milo, che stava ancora mettendo a fuoco la
situazione, si grattò la testa gettando contemporaneamente un'occhiata
all'orologio.
- Ma sono
le nove! – sbottò con un moto di stupore.
- Già, bella scoperta. L'ora di
cena è passata da un pezzo. Quella si è dimenticata che noi siamo qui, te lo
dico io... –
- Oh, su, non dica così signorina
Parkinson – la rimproverò bonariamente il fantasma
dell'Abate – sono sicuro che c'è una spiegazione per questo ritardo –
- Bella forza, parli tu che sei
morto e non hai problemi. Ma per la cronaca io ho fame e sete e sono stanca e devo
lavarmi e... –
- Va bene, va
bene – la interruppe lo spettro – se mi prometti di calmarti andrò io stesso a
vedere cosa succede, d'accordo? Aspettatemi qui e fate i bravi. – e detto questo svanì oltre la porta sbarrata.
Pansy si girò
verso Milo, aveva i pugni serrati sui fianchi e il viso rosso:
- Ma lo
senti come ci trattano? Come se fossimo dei mocciosetti del primo anno! Pensano forse di poterci tenere chiusi qui dentro per
sempre? – sbottò, tirando un altro calcione, questa volta alla colonna posizionata
alla sua destra. Il colpo fu talmente forte che un sostegno si staccò e la
torcia che sorreggeva si staccò e cadde a terra. Il fuoco sfrigolò per qualche
istante sul pavimento di roccia, quindi si spense del tutto, lasciando la zona
dove si trovava la ragazza completamente al buio.
- Ehi, fai
attenzione! – la sgridò Milo.
Pansy uscì dall'oscurità
avvicinandosi a lui: sul suo viso la rabbia aveva lasciato il posto alla
preoccupazione. Avanzava lentamente, con le braccia conserte in vita e gli
occhi dilatati.
- C'è qualcosa che non va, non te
ne rendi conto? La McGranitt
non è tipo da lasciarci qui così, solo per il gusto di infliggerci una
punizione. –
Milo trovò sensato il ragionamento
ed annuì: - Hai ragione, è strano... –
Si guardarono intorno, smarriti.
Ora il sotterraneo sembrava più scuro, e le poche torce fornivano solo un tenue
bagliore in un mare di oscurità.
- Se almeno
avessimo le bacchette... –
Milo decise che era il momento di
darsi da fare e scattò in piedi:
- Vieni – disse
rivolto a Pansy – prendiamo una delle torce e vediamo di darci una mossa –
- Cosa vuoi
fare esattamente? – gli chiese lei.
- Vedere se troviamo qualcosa di utile per uscire di qui... –
- Tipo un passaggio segreto? –
- Qualcosa del genere... –
L'Abate Grasso passò attraverso la
porta solo per trovarsi davanti ai visi indagatori e corrucciati di Silente,
della professoressa McGranitt e di Severus Piton: la sorpresa fu tale che fece
un passo indietro, ma anche i tre docenti parvero stupirsi e lo guardarono con
una muta domanda negli occhi.
Il primo a parlare fu il fantasma:
- Oh, buonasera signori, stavamo
giusto domandandoci dove fosse finita la professoressa
McGranitt, dato che ormai l'ora di cena è passata da un pezzo... – disse in
tono gioviale, ma dovette interrompersi di fronte alla curiosa espressione che
vide stampata sul volto dei suoi interlocutori.
- Ehm, ho detto qualcosa che non
va? – domandò.
Solo allora i tre parvero
riprendersi.
- Oh, ci scusi tanto, non è colpa
sua – disse Silente, schiarendosi la voce – è che siamo rimasti un poco sorpresi... –
L'Abate li fissava ancora con aria
interrogativa.
- Se avrà
la compiacenza di voltarsi – intervenne ancora Silente – capirà la ragione
della nostra sorpresa -
Il fantasma si voltò e rimase a
bocca aperta: dietro di lui non c'era la porta attraverso la quale
era sicuro di essere appena passato, ma un solido e spoglio muro di
pietra.
- Lei arriva dal sotterraneo? Come
stanno i ragazzi? – gli chiese preoccupata la McGranitt.
- Stanno...
stanno bene, per ora – le rispose titubante lo spettro, mentre tornava
sui suoi passi. Infilò la testa dentro il muro, ma dall'altra parte non trovò
la stanza che aveva appena lasciato. Non trovò nulla, solo oscurità
e vuoto.
- Non capisco...
– disse.
- Evidentemente la stanza è ancora
lì da qualche parte, solo che non la possiamo vedere, né possiamo
entrare – borbottò Silente, assumendo un'aria pensierosa.
- Se proprio doveva smarrire degli studenti poteva scegliere dei Grifondoro, mia cara
professoressa. Con che diritto stava punendo dei Serpeverde? – domandò Piton
con tono caustico, rivolto all'anziana docente.
- Su, su, non preoccupatevi, credo
di aver capito di cosa si tratta. – intervenne Silente - Ci vorrà
un po' di tempo, ma riusciremo a recuperare entrambi i nostri studenti. Dovrò solo lavorarci un po' sopra... mi ci vorrà tutta la
notte, probabilmente. Meglio non perdere tempo, allora. Se
volete scusarmi, prima di cominciare devo andare a prendere alcuni artefatti
che mi torneranno parecchio utili... –
Il preside si allontanò di gran
lena, tradendo così la sua preoccupazione, nonostante le parole confortanti
appena pronunciate.
- Eppure
non è la prima volta che vengo qua sotto, e non era mai accaduto niente – disse
infine la responsabile della casa dei Grifondoro.
- Evidentemente uno dei due ragazzi
deve aver fatto scattare qualcosa... – le rispose
Piton
- Questo è certo – concordò la McGranitt – Ma quel che
più mi preoccupa è che un simile incantamento deve essere molto potente, per
essere rimasto occultato da chissà quanto tempo, senza che nessuno ne avvertisse la presenza... –
- Già, deve esserci qualcosa di oscuro dietro questa faccenda... – concluse il professore
di Pozioni.
Dopodichè i due insegnanti ed il
fantasma rimasero in silenzio a fissare il muro, in
attesa del ritorno di Silente... |
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Capitolo 19 *** Luce nelle tenebre ***
19.
Il fuoco crepitava forte e gemeva
in quella che era una lenta e straziante agonia: l'ultima torcia si stava
consumando e presto sarebbe sceso il buio totale.
Milo e Pansy sedevano sconsolati
sul pavimento: avevano esaminato ogni angolo, ogni anfratto, ogni cumulo di
rifiuti presente nella stanza, ma non avevano trovato nulla. Erano ormai
passate ore da quando il fantasma dell'Abate se ne era
andato e nessuno era ancora tornato a prenderli.
Oscure ombre danzavano attorno alla
fiamma morente, nel silenzio irreale della stanza: un ultimo scoppio, uno
sbuffo di fumo e fu il buio. Per qualche secondo i due ragazzi rimasero
immobili, mentre gli ultimi profili dei muri e delle colonne venivano
inghiottiti nel nulla.
Un senso di profonda angoscia
cominciò ad attanagliare lo stomaco di Milo, quando un tocco gelido lo distolse
dai suoi cupi pensieri. Al contatto le mani di Pansy erano fredde come il
ghiaccio: la ragazza gli si era avvicinata in silenzio ed ora si stava
aggrappando al suo braccio, in cerca di un contatto amico.
Milo arrossì in silenzio mentre
sentiva il piccolo seno della ragazza premere con delicatezza sul suo gomito,
mentre le unghie di lei affondavano nel suo braccio. Le
mani di Pansy tremavano e il suo cuore batteva forte: doveva essere spaventata
almeno quanto lui, ma questa consapevolezza in qualche modo lo calmò. L'idea che in fondo era lui ad essere l'uomo e che dunque spettasse
a lui prendere in mano la situazione gli fece recuperare lucidità, mentre un
accenno di sorriso increspava le sue labbra:
- Che razza di idee
antiquate mi vengono fuori nei momenti critici... – pensò
Chiuse gli occhi ed inspirò
profondamente per tre volte. Intorno a lui il silenzio era totale, a parte il
respiro di Pansy al suo fianco.
Istintivamente posò la mano libera
sul capo della ragazza e le parlò con tono rassicurante:
- Non avere timore Pansy, sicuramente
verranno a recuperarci... –
Un brivido scosse
la ragazza, Milo lo avvertì chiaramente mentre le sue unghie affondavano ancora
di più nel braccio.
- Non osare parlarmi così
ragazzino: credi che abbia paura? – gli rispose con
voce appena rotta dall'ansia. Ma non si staccò dal suo
braccio.
- Dov'è
finita la supponente miss Parkinson, quella che non ha mai paura di nulla? – la
provocò.
- Quella Parkinson non è mai esistita,
brutto idiota! – lo rimbrottò – E questa non è certo la
situazione ideale per fare dello spirito... –
Le parole riecheggiarono nella
stanza, facendola sembrare addirittura più grande di quanto ricordavano che
fosse in realtà.
Prima che lo scoramento si riaffacciasse, Milo si alzò in piedi, sollevando a forza
anche la compagna:
- Ehi, attento a dove tocchi! – lo
rimproverò.
- Non c'è molto
da toccare, mia cara... – scherzò lui, ricevendone in cambio un pugno
sulla schiena.
- Sei un vero cafone!
– lo rimproverò scherzosamente. Anche Pansy stava
recuperando un minimo di coraggio e allentò la presa sul suo braccio.
Mentre i loro occhi cominciavano ad
abituarsi lentamente all'oscurità, constatarono con
stupore che questa non era totale: una lieve luminescenza si irradiava dal
mucchio di cianfrusaglie vicino a loro.
Non dissero nulla, ma Pansy si
staccò dal braccio di Milo mentre il ragazzo cominciava a spostare
delicatamente gli oggetti impilati davanti a loro.
- Fai attenzione... - disse lei.
Man mano che levava gli oggetti la luce si faceva più forte. Sulla catasta erano impilati alla rinfusa vecchi libri consunti dal tempo, mobilio di
vario genere come sedie, tavolini, leggii, oltre ad una quantità abnorme di
vecchi e polverosi stracci. Milo ricordava di esservisi
accostato nel pomeriggio, ma di aver rinunciato in partenza a mettere in ordine
per timore di peggiorare la situazione. Ora invece afferrava freneticamente
quegli stessi oggetti, gettandoli alla rinfusa attorno a lui e sollevando
nuvole di polvere mentre i libri si sfaldavano e le sedie si sbriciolavano
all'impatto.
Dopo qualche minuto la zona fu
finalmente sgombra e la sorgente della luce svelata. A brillare erano degli
strani simboli vergati su una delle grandi pietre che componevano il pavimento
del sotterraneo. Milo si inginocchiò, cercando di
capire che cosa potessero significare. Dietro di lui Pansy si avvicinò e,
posate le mani sopra le sue spalle, si curvò in avanti cercando di vedere.
- Che cosa
sarebbero quei segni? – chiese.
- Non lo so, sto
cercando di capire – le rispose il ragazzo.
- Forse sono in
qualche modo correlati a quello che sta succedendo qui, non credi? –
- Esattamente quello che stavo
pensando anch'io -
A questo punto Milo tornò a
dedicare tutta la propria attenzione ai simboli, ma improvvisamente la luce
svanì e tutto tornò buio.
Neanche il tempo di domandarsi che cosa stesse accadendo che le porte della stanza si
spalancarono all'improvviso: sulla soglia si stagliava una figura alta ed
imponente, avvolta in un lungo abito e con una lunga, candida barba. Nella mano
destra stringeva una bacchetta, mentre nella sinistra teneva aperto un libro. Si
trattava di Silente, l'anziano e potente preside di Hogwarts. Volgeva la testa
a destra e a sinistra, alla ricerca di qualcosa.
L'apparizione giunse talmente
improvvisa ed inaspettata che Milo vacillò: mancandole l'appoggio delle spalle
del ragazzo, Pansy lanciò un urlo e scivolò in avanti, addosso al compagno,
tirandosi addosso gli ultimi stracci ancora impilati.
- Oh, eccoli! – disse la figura
sulla porta.
Dietro di lui comparvero altre due
sagome, che entrarono velocemente nella stanza.
- Lumos! – urlò una voce femminile,
illuminando la zona attorno a sè, fino ai due ragazzi.
I visi sporchi e stralunati di Milo
e Pansy emersero dal cumulo di cianfrusaglie: davanti a loro la professoressa
McGranitt li stava guardando con aria preoccupata.
A rapidi passi l'altra figura si
avvicinò loro: mani sicure e scattanti li afferrarono, aiutandoli a rimettersi
in piedi. Erano quelle del professor Piton, il responsabile della casa di
Serpeverde:
- Sembra che stiano bene – disse.
- Ottimo, sono proprio contento – disse infine Silente, che non aveva ancora abbandonato la
sua posizione.
Piton afferrò le spalle di Pansy e
le scosse leggermente:
- Signorina Parkinson, sapete dirmi cos'è successo? – le chiese.
Lei scosse il capo e rispose con
veemenza:
- E' successo che ci avete chiusi qui dentro, lasciandoci soli al buio per ore! –
Piton la fissò con sguardo duro, ma
non disse nulla. Poi i suoi occhi scuri si spostarono lentamente su Milo:
- Qualcosa da dire, signor Ogilvie?
–
Prima che potesse
rispondere alcunché sentì la mano di Pansy stringere con forza il suo polso,
come un muto monito...
- Io... no, nulla professore –
Per un secondo gli sembrò che gli
occhi di Piton riuscissero a leggergli dentro, ma per fortuna Silente
interruppe pose fine a quel momento imbarazzante:
- Orsù, non è il caso di perdere
altro tempo, Severus. Accompagna i ragazzi al dormitorio, è molto tardi e mi
sembra che abbiano urgente bisogno di darsi una rinfrescata. Domani vedremo di
chiarire quello che è successo... –
Piton volse lo sguardo sull'anziano
mago, mentre un sorriso sarcastico gli si disegnava sul volto:
- Ha ragione signor
preside, domani li attende una giornata molto impegnativa... –
I due ragazzi salutarono Silente e la McGranitt, quindi si diressero
velocemente verso la casa dei Serpeverde.
Dietro di loro Piton camminava in
silenzio, ma anche senza vederlo direttamente Milo e Pansy sentivano il suo
sguardo indagatore incessantemente posato su di loro. Fortunatamente il
sinistro professore di Pozioni si congedò non appena giunti
a destinazione, lasciandoli liberi di darsi una lavata e rifocillarsi.
L'ora era tarda e la sala comune
deserta. I due si salutarono con un cenno, dandosi appuntamento al giorno dopo, dopodichè si diressero verso i rispettivi
dormitori. |
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