Storia di un Serpeverde

di Gold Scorpio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione a Milo ***
Capitolo 2: *** Ginny Weasley ***
Capitolo 3: *** Albus Silente ***
Capitolo 4: *** Cena in Sala Grande ***
Capitolo 5: *** A rapporto dalla McGranitt ***
Capitolo 6: *** In infermeria ***
Capitolo 7: *** Tra due fuochi ***
Capitolo 8: *** Pansy Parkinson ***
Capitolo 9: *** Lady Malfoy ***
Capitolo 10: *** Volo notturno ***
Capitolo 11: *** La casa dei Grifondoro ***
Capitolo 12: *** Draco Malfoy ***
Capitolo 13: *** Due al buio ***
Capitolo 14: *** Fred & George ***
Capitolo 15: *** Il bagno dei Prefetti ***
Capitolo 16: *** Ti devo un favore! ***
Capitolo 17: *** In punizione ***
Capitolo 18: *** Il sotterraneo ***
Capitolo 19: *** Luce nelle tenebre ***



Capitolo 1
*** Introduzione a Milo ***


1.

Era sera e pioveva. Una pioggia insistente, leggera ma fitta e fredda, come migliaia di piccoli aghi che cadessero dal cielo. Ed andava avanti così da giorni, il peggior ottobre da molti anni a questa parte. Perchè quando piove c'è poco da fare, anche in una scuola di magia come Hogwarts, specie se sei stato fin troppo diligente e non hai più compiti da svolgere o lezioni da studiare.

Milo Ogilvie, studente del terzo anno, sbadigliò, alzandosi dalla poltrona in cui era sprofondato: si stiracchiò facendo scrocchiare gli arti, quindi lanciò un'occhiata annoiata tutto attorno. La sala comune di Serpeverde era un vero mortorio. Nel tavolo vicino al camino un paio di studenti del primo anno si attardavano ancora sui libri, nel disperato tentativo di carpire il significato di quelle arcane formule: l'inizio è duro per tutti, una cosa è sapere che esiste la magia, un'altra è riuscire a capirla e metterla in pratica. C'era passato anche lui due anni prima.

Intanto dall'altra parte della stanza Draco Malfoy era intento a confabulare con la sua solita combriccola, vale a dire gli inseparabili Tiger e Goyle: due armadi ambulanti dal cervello non propriamente fino. E forse proprio questa era la ragione per cui riuscivano ad andare d'accordo con Malfoy: erano troppo stupidi per capire che il viziato erede di una delle casate più prestigiose del mondo magico era il classico caso di "tutto fumo e niente arrosto".

Le sue labbra si curvarono in un sorriso sarcastico mentre la mente ritornava a qualche giorno prima, quando l'eccentrico insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, l'ex auror "Malocchio" Moody, aveva trasformato Malfoy in un candido furetto sotto gli occhi di tutti, quale punizione per aver tentato di attaccare alla spalle Harry Potter, il suo storico rivale, contro il quale aveva collezionato un'impressionante sfilza di umiliazioni fin dal primo anno di scuola.

- Se quell'idiota gode ancora di un minimo di considerazione nella casa dei Serpeverde – pensò – lo deve tutto all'influenza di suo padre... –

La sola presenza di Malfoy lo metteva di cattivo umore. Era già abbastanza dura essere un Serpeverde ad Hogwarts, continuamente accompagnati dal pregiudizio delle altre casate, senza che quell'idiota peggiorasse continuamente le cose, prova evidente e palese che la cattiva fama della casata era evidentemente meritata.

Perso nei suoi pensieri, non si accorse che l'oggetto dei suoi strali lo stava a sua volta guardando con aria seccata:

- Qualcosa che non va, Ogilvie? Cos'hai da fissare? –

Milo si scosse dal torpore e realizzò la situazione: avrebbe dovuto essere più accorto, un Malfoy contrariato è sempre una seccatura. Ma ormai non poteva più sottrarsi al confronto:

- Non preoccuparti, è che mi stava tornando in mente un certo episodio di qualche giorno fa... – gli rispose sarcasticamente.

Le gote di Malfoy si tinsero leggermente di rosso: Tiger e Goyle scattarono in piedi mentre i ragazzi al tavolo smisero di leggere e rimasero muti ad osservare la scena.

- Ti stai riferendo a qualcosa in particolare? – gli chiese un Malfoy livido di rabbia.

Non era una bella situazione: il biondo Serpeverde e i suoi due gorilla sembravano sul punto di saltargli addosso. Provocarli era stata una cosa stupida, ma Milo non aveva resistito alla tentazione e non era la prima volta che la sua lingua lunga lo metteva nei guai.

- Quando imparerò a contare a dieci prima di parlare? – pensò, maledicendosi in silenzio.

D'altronde non gli andava nemmeno di darla vinta a Malfoy, quindi l'unica soluzione possibile era passare al contrattacco.

- Sai bene a cosa mi riferisco, Malfoy. Non è certo colpa mia se hai rimediato l'ennesima umiliazione davanti a Harry Potter... – gli rispose, estraendo al contempo la bacchetta e puntandola verso il terzetto.

La mossa li lasciò interdetti, ma Draco si riprese in fretta e con un movimento rapido si portò alle spalle di Goyle ed impugnò a sua volta la bacchetta.

- Coraggioso come al solito – lo apostrofò ironicamente Milo.

- Ti pentirai di avermi provocato, Ogilvie – gli rispose Malfoy, accingendosi a scagliare una magia sempre protetto dalla mole di Goyle, che pareva impietrito.

Con scatto ferino Milo saltò giù dalla poltrona poco prima che questa venisse colpita dall'incantesimo, dopodichè si portò rapidamente al riparo dietro di essa: nel frattempo anche Tiger e Goyle mettevano mano alle loro bacchette.

La faccenda si faceva sempre più pericolosa, occorreva pensare velocemente ad un piano di fuga. La fortuna venne in suo aiuto quando la porta si aprì ed un gruppo di ragazze entrò chiacchierando rumorosamente nella sala: automaticamente Draco e i suoi guardaspalle nascosero le bacchette e Milo ne approfittò per sgattaiolare fuori, accompagnato dallo sguardo furente di Malfoy.

Una volta arrivato nel corridoio esterno reputò opportuno allontanarsi velocemente, giusto nel caso in cui ai tre venisse la tentazione di inseguirlo.

- Bene, volevo trovare qualcosa da fare ed ora ce l'ho – si disse – complimenti Milo, sei proprio un genio... –

Imboccò le scale che portavano alla biblioteca, che in quel frangente gli sembrava il rifugio ideale per trascorrere un paio d'ore al sicuro e far sbollire la rabbia di Malfoy. Nonostante la giornata piovosa, tuttavia, gli altri studenti dovevano aver pensato che c'era di meglio che passare la domenica pomeriggio a studiare, perchè trovò la stanza desolatamente vuota, eccezion fatta per la solita Hermione Granger che pareva vivere in simbiosi con quegli antichi tomi polverosi. La ragazza parve non notare nemmeno il suo arrivo.

Milo recuperò dal consueto scaffale il suo testo preferito, un corposo volume di Storia della Magia, quindi andò a sedersi il più lontano possibile dalla Granger. Gli piaceva leggere del passato, anche perchè il nome della sua casata compariva spesso, almeno per quanto riguardava le vicende scozzesi. Molti suoi antenati avevano preso attivamente parte alle rivolte scozzesi contro il dominio inglese, forse per sincero patriottismo, più probabilmente per malcelate mire di potere, visto che non esitavano a ricorrere anche alle arti più oscure per raggiungere i loro scopi. Comunque nessuno di loro ebbe molta fortuna ed a tutt'oggi la casata degli Ogilvie era ritenuta secondaria all'interno della nobiltà magica e guardata con sospetto, specie dopo le turbolente vicende susseguenti all'avvento di Voldemort. Molti sospettavano che i membri della sua famiglia fossero seguaci del Signore Oscuro. Ma in realtà nessun Ogilvie si sarebbe mai messo alle dipendenze di un altro mago: semmai avrebbe tentato di diventare lui stesso Signore Oscuro...

Perso nei suoi pensieri, il ragazzo non fece molto caso al tempo che passava, finché non venne riportato alla realtà dal tocco di una mano sulla spalla:

- E' ora di andare, la biblioteca sta chiudendo – gli disse Hermione Granger, accennando ad un sorriso formale.

Lui annuì col capo e lei si accomiatò. Milo si alzò e mise con tutta calma a posto il volume che stava consultando, in modo di dare alla Grifondoro tutto il tempo di allontanarsi, quindi uscì anche lui...

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Capitolo 2
*** Ginny Weasley ***


2.

Erano ormai le sei di sera e la pioggia batteva forte fuori dalle finestre. I corridoi erano deserti e chi non era rimasto nelle camere a studiare, si era già recato nella Sala Grande per la cena: ma Milo non era in vena di cenare quella sera. La domenica fa sempre uno strano effetto, è un giorno di riposo e divertimento ma allo stesso tempo la si vive con la consapevolezza che l'indomani una nuova settimana di studio attende. Ma trascorrerla interamente al chiuso, senza nulla da fare, senza nessuno con cui parlare, non era proprio il massimo.

Quasi inconsapevolmente si diresse verso l'ingresso, il grande portone di Hogwarts che separa la scuola dal cortile esterno, dal campo da Quidditch, dalle serre e... dalla foresta. L'atrio era vuoto e scuro, ma il portone era ancora aperto: il ragazzo vi si diresse con passo deciso, sostando poco fuori di esso, in modo che la pioggia non lo bagnasse. Davanti a lui la foresta era una macchia indefinibile, confusa col grigiore del cielo all'orizzonte: la fitta pioggia rendeva difficile scorgere qualcosa già a pochi passi di distanza, ma in lontananza si stagliava distintamente una fioca luce, quasi sicuramente proveniente dalla casa del guardiacaccia Hagrid. Questi era un tipo assurdo, alto il doppio di una persona normale e forte come un toro, ma anche ingenuo come un bambino: solo l'amicizia con il preside di Hogwarts, Albus Silente, poteva spiegare come quell'individuo fosse diventato addirittura professore!

All'improvviso gli venne un'idea su come movimentare la giornata: giocare un tiro mancino ad Hagrid! Qualcosa che lo facesse arrabbiare molto, tipo una caccabomba dal camino (ma c'era il rischio che la scambiasse per profumo), o far scappare qualcuna delle assurde (e spesso pericolose) creature che amava allevare. Si, sarebbe stato decisamente divertente, o quanto meno più divertente di una cena con Malfoy che lo guardava di traverso.

Fece un passo fuori dall'edificio e la pioggia cominciò a lambirgli il viso e ad inumidirgli i lunghi capelli neri: era una sensazione piacevole, in qualche modo gli sembrava che l'acqua lavasse via pensieri e preoccupazioni fuori luogo. Mosse un secondo passo verso l'esterno quando una voce lo richiamò...

- Hey! -

Milo si arrestò.

- Hey tu, dove credi di andare? E' proibito uscire di sera! –

Milo si voltò e guardò verso l'interno: la voce arrivava dalla penombra in fondo all'atrio. Era una voce squillante, un po' stridula. Una voce di ragazza. Ricordava di averla già sentita prima, ma al momento non riusciva ad associarla a nessuno. Tornò indietro di qualche passo, al riparo sotto l'architrave e attese.

Un rumore di passi affrettati proveniva dal fondo della stanza, poi una figura minuta cominciò a delinearsi dalle ombre: aveva lunghi capelli rosso fuoco ed un viso lentigginoso...

Arrivò ansimando:

- Che fai? Esci per una passeggiata notturna con questa pioggia? –

Mentre parlava la ragazza sembrò metterlo a fuoco per la prima volta. Il suo sguardo si posò sul volto di Milo, poi sulla sua uniforme da Serpeverde, quindi ancora sul volto: sembrava che solo in quel momento avesse realizzato che stava parlando con un "avversario". La ragazza era infatti una Grifondoro e notoriamente non corre buon sangue con i Serpeverde. Milo la riconobbe come una dei Wesley, anche se al momento non ricordava il nome: proveniva da una famiglia di maghi purosangue, come lui, che occupavano una qualche posizione di rilievo all'interno del Ministero della Magia (o così gli pareva...). Il cognome Weasley ricorreva di frequente sulla bocca di uno di Draco Malfoy, e non era mai associato a nulla di piacevole.

- Ah, un Serpeverde! Dovevo immaginarmelo... – soggiunse.

- Con che autorità mi dai degli ordini? Non vedo distintivi da Prefetto - l'apostrofò sarcasticamente Milo, infastidito dall'atteggiamento della ragazza.

Probabilmente era la prima volta che i due si trovavano a parlare faccia a faccia in più di due anni di scuola.

Lei lo fissava con gli occhi stretti, piccata da quel tono sgarbato.

- Sai che ti dico? Fai quello che vuoi... – gli rispose – Esci, vai nella foresta, fatti divorare da qualche belva. Un Serpeverde in meno non può che essere un vantaggio per Hogwarts! –

Quindi si voltò e corse via, verso la scalinata che porta alla Sala Grande. Milo la seguì con gli occhi e così la vide inciampare goffamente dopo pochi passi e cadere rovinosamente a terra: il ragazzo si produsse una risata divertita, mentre cominciò a camminare verso la ragazza. Questa era ancora a terra: aveva la faccia di un color porpora acceso, che le arrivava fin sulle punte delle orecchie, e si teneva il ginocchio sinistro, sbucciato nella caduta. Mentre si avvicinava Milo capì che probabilmente la cosa peggiore, per lei, era l'essersi umiliata in quel modo davanti ad un Serpeverde. Smise di ridere e le domandò cortesemente:

- Come stai? Tutto bene? Non dovresti correre quando c'è poca illuminazione in giro –

Se possibile lei arrossì ancora di più, chissà se per rabbia o frustrazione, e cominciò a farfugliare qualcosa:

- E' tutto ok, non mi sono fatta nulla. Io... – e cominciò a rialzarsi lentamente.

Milo non volle farsi sfuggire l'occasione di deriderla ancora un po'. Si chinò rapidamente su di lei e la prese saldamente tra le sue braccia:

- Non è il caso che ti sforzi. Forse è meglio se ti porto in infermeria – le disse, con un tono che mal celava il suo divertimento per l'imbarazzo creato.

A questo punto gli sembrò che la ragazza cominciasse a brillare di luce propria, tanto la sua faccia era rossa. Lei non disse nulla, ma si divincolò con forza dalla presa, se ne liberò e si rimise in piedi di fronte a Milo. La sua espressione era furente, ma riuscì a trattenersi:

- Non è proprio il caso – gli disse con voce rotta dall'emozione – sto benissimo, è una cosa da nulla. Ti ringrazio, ma ora devo andare... – e prima che il ragazzo potesse fare o dire alcunché lei schizzò via e cominciò a salire i gradini delle scale due alla volta, a testa bassa.

Milo la seguì con lo sguardo sempre più divertito, anche perchè un secondo dopo la ragazza andò a sbattere contro una figura immobile in cima alle scale, che evidentemente aveva assistito a tutta la scenetta di prima...

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Capitolo 3
*** Albus Silente ***


3.

Travolto dalla corsa a testa bassa di Ginevra Weasley, Albus Silente, potente mago e preside di Hogwarts, indietreggiò ma riuscì a rimanere in piedi: la ragazza, invece, cadde nuovamente a terra.

- Buona serata ad entrambi, miei cari giovani – disse mentre porgeva una mano verso Ginny per aiutarla a rialzarsi.

- Io, ecco... mi scusi, non stavo guardando... che sciocca... mi scusi tanto... – la ragazza farfugliava le sue scuse, mentre si alzava appoggiandosi alla mano tesa dell'anziano mago.

- Sarebbe bene non correre per i corridoi... o almeno ricordarsi di guardare sempre dove si va, non crede signorina Weasley? – la rimproverò bonariamente Silente, con occhi divertiti.

- Ed anche lei dovrebbe trattare con maggiore gentilezza le sue compagne, signor Ogilvie – disse rivolto a Milo.

Questi fece un inchino molto cerimonioso e volutamente esagerato e continuando a sorridere gli rispose:

- Temo purtroppo che l'avversione della signorina Griffondoro per gli appartenenti alla mia casa avrebbe reso vano qualsiasi mio sforzo di comunicare pacificamente con lei... – disse sospirando, mentre posava uno sguardo malizioso sulla ragazza.

- Suvvia, io non credo... – ma alla voce di Silente che tentava di ribattere si sovrappose quella di Ginny:

- Chiedo ancora scusa per l'accaduto, signor preside, cercherò di stare più attenta in futuro – la giovane Weasley parlava con la testa china, senza guardare l'interlocutore negli occhi, ma le orecchie arrossate e la voce tremante tradivano l'imbarazzo che tentava disperatamente di celare.

- La colpa è mia che mi sono attardata a perdere tempo qui, invece che recarmi subito alla Sala Grande. Col vostro permesso ora devo andare, mi stanno aspettando – e gettando un ultimo sguardo di sottecchi al ragazzo che osservava la scena in fondo alle scale, Ginny Weasley corse via, sparendo in fondo al corridoio che portava ai locali dove si teneva il consueto banchetto serale. A Milo parve di scorgere un muto rimprovero in fondo a quegli occhi verde smeraldo.

- Milo, Milo, cosa devo fare con te? – sospirò Silente – Come potrai mai legare con i tuoi compagni se ti ostini a non dare loro nessuna chance? –

Il ragazzo cominciò a salire lentamente le scale. Era piuttosto alto per la sua età, aveva un fisico esile ma atletico, dei lunghi capelli corvini raccolti in una coda e occhi neri ed intensi. Nel vederlo Silente non poté che constatare quanto assomigliasse a sua madre, Evelyn, per quell'espressione cupa e sarcastica che aveva spesso dipinta sul volto: un dolore profondo gli gravò sul petto quando si trovò a pensare al tragico destino che aveva visto coinvolti i genitori del ragazzo. Fin dal suo arrivo Milo aveva avuto delle difficoltà a relazionarsi con gli altri suoi compagni e in due anni non era apparentemente riuscito a stringere amicizia con nessuno e trascorreva gran parte del suo tempo da solo, ideando pericolosi passatempi come il voler a tutti i costi accedere alla sezione proibita della biblioteca, oppure esplorare la foresta fuori Hogwards.

- E cosa ci posso fare io? – Milo era giunto ormai di fronte all'anziano preside – nella casa dei Serpeverde non c'è un solo studente che farebbe amicizia con uno come me senza un qualche doppio fine, mentre gli stupidi appartenenti alle altre case mi evitano a priori proprio perchè sono un Serpeverde... è una situazione senza via d'uscita –

- Forse le varie risse che ti hanno visto coinvolto non ti hanno aiutato a migliorare la tua reputazione – aggiunse malizioso Silente.

- Un po' di moto fa sempre bene... – rispose sarcastico il ragazzo, ma lo sguardo severo di Silente lo indusse a cambiare immediatamente atteggiamento.

- Bene, vedrò di trovare al più presto un modo per farti interagire con altre persone senza che tu possa indurle alla fuga – aggiunse - Ma ora non è il momento giusto di parlarne: nella Sala Grande la cena sarà già cominciata da un pezzo e non è educato fare attendere gli altri commensali, non credi? –

Milo annuì, quindi seguì mestamente il preside: la sua sortita serale era rimandata e tutto per colpa di quella ragazzina...

 

 

Ginny Weasley corse per i corridoi fiocamente illuminati fino alla Sala Grande, ma non entrò. Si fermò davanti alla grande porta, appoggiandosi alla parete per riprendere fiato: si rendeva conto di essere stravolta, sia per la corsa che per le violente emozioni che avevano animato i minuti appena trascorsi. Prima di entrare doveva calmarsi e darsi una riassettata, altrimenti avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni ai suoi compagni e ai suoi fratelli. Era davvero arrabbiata con se stessa, era stata stupida a cadere così facilmente nelle provocazioni di quel tipo: ma come aveva fatto a non accorgersi che era un Serpeverde! Per di più trattandosi di uno come Milo Ogilvie, un noto piantagrane...

Il respiro si andava lentamente normalizzando, non c'era più il fiatone di qualche istante prima. Ginny cominciò a sistemarsi gli abiti, quindi passò ai capelli.

Anche i pensieri fluivano più calmi ora che la rabbia e l'imbarazzo cominciavano a venire meno. Con stupore la ragazza si rese conto di sentirsi in colpa. Perchè? Perchè? Perchè aveva fatto quella figura tremenda proprio sotto gli occhi di Silente? No, non era quello, era qualcosa di diverso.

- E' colpa mia! –

Il pensiero le balenò inaspettato.

Colpa sua? E perchè mai?

- Non sono stata per nulla gentile –

Ginny cominciò a ricordare lo stupore con cui là, nell'atrio d'ingresso, solo all'ultimo si era resa conto che quello che stava richiamando era Milo Ogilvie. E del tono duro con cui lo aveva involontariamente apostrofato:

- Sono stata a dir poco sgarbata... –

Milo aveva la sua età e spesso frequentavano le stesse lezioni, ma non si erano mai rivolti la parola. A pensarci bene se ne stava sempre da solo e non parlava mai, se non per rispondere alle domande dei professori.

-  Che sciocca, ho mostrato nei suoi confronti lo stesso pregiudizio che di solito rimprovero a gente come Malfoy –

Possibile che quel ragazzo Serpeverde avesse reagito in quel modo solo in risposta alla sua malcelata ostilità?

Ginny si stupì di trovarsi a pensare cose simile: cosa poteva importargliene di quel Serpeverde? Tra poco quel Milo sarebbe entrato nella Sala Grande, si sarebbe seduto al tavolo con i suoi compagni, l'avrebbe guardata con scherno, poi avrebbe raccontato ai suoi compari della figuraccia davanti a Silente, avrebbero riso di lei lì davanti a tutti e l'avrebbe resa lo zimbello della scuola. Ecco quello che sarebbe successo, per colpa sua l'avrebbero presa in giro per settimane, altro che sentirsi in colpa!

Ginny si scoprì di nuovo arrabbiata e i sensi di colpa sparirono: trasse un profondo sospiro ed entrò nella sala, convinta in cuor suo che la serata sarebbe terminata nel più seccante dei modi...

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Capitolo 4
*** Cena in Sala Grande ***


4.

Le strade di Milo e Silente si separarono davanti alla porta della Sala Grande: il preside proseguì oltre, sarebbe entrato dall'ingresso dei professori posto più avanti, mentre il ragazzo varcò la soglia principale. Ai commensali delle ultime file non sfuggì il suo ritardo, ma dopo un'occhiata ripresero a pasteggiare normalmente; anche Malfoy non appariva più essere molto interessato a lui.

- Meglio così – pensò.

Milo si diresse con passo calmo verso la tavolata dei Serpeverde: arrivando per ultimo gli sarebbe per forza toccato di sedersi accanto ai "primini", in fondo alla tavolata. Dopo una breve occhiata optò per il posto accanto ad una ragazzina di cui si ricordava a malapena il nome – Cecily se non ricordava male – un tipo magro e lentigginoso, con due grossi occhiali che le coprivano metà del viso e lunghe trecce nere che le cadevano sulle spalle. Al suo arrivo la ragazzina si scostò più che poté per fargli posto e gli rivolse un timido cenno con il capo; altrettanto fece Milo, sorridendo a lei e agli altri astanti, quindi si sedette e quelli ripresero a mangiare, tenendo la testa bassa e gli occhi sul piatto. Evidentemente non erano in vena di conversazione, non con lui almeno.

Il ragazzo sospirò ed alzò gli occhi verso le altre tavolate: come al solito la sala era estremamente affollata, la gente mangiava e conversava allegramente. Milo sospirò, mentre i suoi occhi si spostavano automaticamente da un punto all'altro, finché al tavolo un altro paio di occhi incrociarono i suoi mentre passavano tra i Grifondoro.

Lo sguardo corrucciato di Ginevra Weasley era puntato su di lui, probabilmente lo teneva d'occhio dal momento in cui era entrato in sala: che fosse ancora arrabbiata per quello che era successo poco prima? Milo alzò un braccio per salutarla, quindi fece finta di scivolare e mimò una caduta, fermando il viso a pochi centimetri dal piatto davanti a lui.

Quando rialzò gli occhi vide che la ragazza si era alzata, rossa in volto, e nella foga aveva versato il bicchiere davanti a lei, bagnando le portate dei suoi compagni: ora si scusava con foga mentre cercava di rimettere a posto le cose, ma finì con l'urtare un caraffa, peggiorando la situazione. Due o tre ragazzi del tavolo dei Grifondoro si alzarono di scatto per evitare di sporcarsi i vestiti, ma uno di loro inciampò sulla panca e cadde all'indietro trascinandosi piatti e bicchieri. Era Neville Paciock! Ora tutti trafficavano attorno alla zona dell'incidente per cercare di rimettere a posto, mentre dalle altre tavolate si levavano le prime risate.

Anche Milo si sorprese a ridere di gusto, davvero divertito davanti all'ennesimo disastro cui la sua giovane compagna di scuola l'aveva fatto assistere; e continuò a ridere incurante degli sguardi stupiti dei Serpeverde attorno, che evidentemente trovavano molto strano vederlo così di buon umore.

L'ilarità comunque non durò molto: grazie alla magia i Grifondoro risistemarono tutto alla svelta e gli altri studenti erano comunque ormai abituati alla goffaggine di Paciock e l'ilarità svanì in fretta. Milo vide la Weasley che si scusava ancora con tutti e un po' gli dispiacque, visto che – per certi versi – era stata anche colpa sua: quindi la ragazza si sedette e cominciò a discutere animatamente con un ragazzo dai capelli rossi come i suoi, Ron Weasley, suo fratello, l'amico del cuore di Harry Potter.

Il sorriso sulla bocca di Milo si spense definitivamente e cominciò finalmente a mangiare, mentre Silente, che finalmente aveva raggiunto il tavolo dei professori, aveva richiamato l'attenzione degli astanti ed annunciava con estrema soddisfazione che da lì a qualche giorno sarebbero arrivati gli studenti stranieri dalle scuole di Beauxbaton e Durmstrang, lasciando intendere che avrebbe scelto alcuni studenti che l'aiutassero ad organizzare al meglio l'accoglienza...

 

 

Dopo cena il ragazzo si attardò nella Sala Grande, dedicandosi alla lettura di alcune riviste lasciate sui tavoli dagli altri studenti: leggere gli era sempre piaciuto e tenersi aggiornato sulle ultime notizie – e sugli ultimi gossip – era un modo valido come un altro per passare il tempo. Inoltre la prudenza consigliava di tenersi ancora lontani da Malfoy, almeno per il momento. Nel frattempo la sala si svuotava e pian piano gli altri studenti, solitari o in gruppo, andarono a letto e tutto si faceva più tranquillo e silenzioso.

Mentre ancora era assorto nella lettura, sentì dei passi avvicinarsi e fermarsi proprio dietro di lui: qualcuno gli si sedette accanto.

- Allora, sei soddisfatto di te stesso? –

Milo alzò gli occhi e vide accanto a se Ron Weasley, mentre intorno c'erano i suoi soliti compagni, Potter e la Granger. Il rosso lo guardava con aria di sfida e sembrava davvero arrabbiato.

- Di che parli? –

Ron sbatté un pugno sul tavolo. – Di quello che hai fatto a mia sorella, ecco di cosa parlo! –

- E che cosa avrei fatto a tua sorella? – domandò Milo, mentre un sorriso ironico gli si dipingeva sul volto.

Alle spalle del ragazzo la Granger parlò – Stasera Ginny era a dir poco sconvolta e siamo sicuri che tu c'entri qualcosa: abbiamo notato come ti guardava! –

- E lei vi ha detto qualcosa? – disse Milo voltandosi verso la ragazza.

- No, ma noi siamo sicuri che tu sai di cosa parliamo... – disse lei, titubante.

- No, non lo so. Forse ha avuto soltanto una serataccia, tutto qui. –

Per Milo il discorso era chiuso: girò le spalle ai tre ragazzi e riprese a leggere. Ma non era finita affatto.

Con uno sbuffo irato Ron Weasley gli afferrò una spalla e, voltandolo, lo prese per il bavero.

- Ecco cosa non mi piace di voi Serpeverde – proruppe – Questa aria di superiorità e strafottenza! Ti credi tanto in gamba? Credi di poter prendere in giro mia sorella solo perchè é troppo brava e gentile? –

Weasley era proprio infuriato. Milo intuì che probabilmente in quel momento stava sfogando anni di scherzi e prese in giro da parte di Malfoy e della sua combriccola: "Ma io non sono Malfoy, idiota" pensò, indeciso su cosa fare. Era evidente che il rosso non gli credeva, ma non gli andava di fare a botte proprio con il fratello di quella buffa ragazza.

- Allora? Le chiederai scusa? – quello di Ron aveva tutta l'aria di essere un ultimatum.

- Scusa per cosa? Ti ho detto che non le ho fatto nien... – non finì la frase che un pugno lo colpì in pieno volto.

Milo barcollò all'indietro mentre la Granger e Potter, probabilmente stupefatti quanto lui dell'improvviso gesto violento del loro amico, lo afferrarono per trattenerlo. Ma non ce n'era bisogno: Ron Weasley si era fermato da solo ed ora fissava con sguardo inebetito le nocche delle sue mani. Evidentemente stava mettendo a fuoco anche lui la gravità del gesto di cui si era appena reso autore.

- Oh no, cosa ho fatto? Io... io... mi dispiace.... – cominciò a farfugliare, quando una voce risuonò alle loro spalle, gelando il sangue dei tre Grifondoro.

-  Cosa sta succedendo? Cosa sta facendo, signor Weasley? –

Era la professoressa Minerva McGranitt!

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Capitolo 5
*** A rapporto dalla McGranitt ***


5.

E' incredibile, non riusciva a crederci: aveva dato un pugno ad un suo compagno!

Ron Weasley stava camminando mestamente dietro la sua insegnate, Minerva McGranitt, che lo aveva appena sorpreso in flagrante mentre colpiva un Serpeverde. Ma come gli era saltato in mente di fare una cosa simile? Ron non riusciva a ricordare. Durante la giornata aveva dovuto subire le solite frecciatine snervanti di Draco Malfoy, i rimproveri di Piton ed era pure rimasto indietro col tema di Storia della Magia che doveva completare per il giorno seguente. A cena, poi, aveva visto la sua sorellina completamente fuori fase ed anche se lei non gli aveva voluto dire nulla, il suo sguardo l'aveva tradita, le occhiataccie che mandava di soppiatto ad un tizio al tavolo dei Serpeverde erano evidenti: si trattava di uno del terzo anno di cui nemmeno sapeva il nome. Ma era un Serpeverde, e questo bastava.

Così aveva deciso che era caso di dargli una lezione, di mostragli cosa succede a chi prende in giro un Weasley: aveva atteso nella Sala Grande con la scusa di volersi attardare per terminare il tema ed anche se Harry ed Hermione non lo avevano lasciato solo come sperava, aveva comunque messo in atto il suo piano non appena il grande salone si era svuotato del tutto.

Che cosa stupida – si rimproverava adesso – perdere il controllo in quel modo. Nemmeno era sicuro che quel tizio avesse dato veramente fastidio a Ginevra. Ma quel suo atteggiamento strafottente gli aveva fatto salire il sangue alla testa: era bastato un solo istante di follia per far precipitare tutto.

Il tipo adesso camminava dietro di loro, col labbro spaccato e sanguinante: ma si era rifiutato di andare in infermeria e così la professoressa McGrannit aveva convocato anche lui nel suo ufficio. Ron sapeva già come sarebbe andata a finire: il Serpeverde avrebbe piagnucolato un po', avrebbe chiamato il paparino ricco ed influente e avrebbero chiesto la sua testa. Già l'anno precedente era successo qualcosa del genere con l'ippogrifo di Hagrid, Fierobecco, condannato a morte per aver sfiorato quell'idiota di Malfoy e salvato per un pelo da Harry ed Hermione grazie al Giratempo.

Ah, quanto gli avrebbe fatto comodo un Giratempo in questo momento: poter tornare indietro e modificare tutto. Ma nessun Giratempo lo avrebbe salvato ora.

- Ho preso a pugni uno studente – pensava tra se e se – La McGranitt è brava, ma inflessibile. Mi cacceranno dalla scuola, non rivedrò più i miei amici, riesco già a vedere la delusione negli occhi di mamma e papà... –

Gli occhi di Ron incominciarono ad inumidirsi e presto il ragazzo sarebbe scoppiato in un pianto a dirotto se una voce severa non lo avesse riportato alla realtà.

- Signor Weasley! Signor Weasley, siete ancora tra noi? Presti attenzione, visto che la cosa la riguarda da vicino... –

Il ragazzo sbatté le palpebre, recuperando consapevolezza di quello che stava accadendo: si trovava già nell'ufficio della professoressa, Harry ed Hermione erano rimasti fuori, mentre il Serpeverde stava dicendo qualcosa alla McGranitt...

Ron si concentrò per tentare di recuperare il filo del discorso...

- Dunque, signor Ogilvie, lei sostiene che si è trattato di un incidente e che il signor Weasley in realtà non l'ha colpita volontariamente? –

- Si professoressa. Stavamo solo discutendo, ma abbiamo perso l'equilibrio e il signor Weasley mi ha involontariamente colpito con la mano... –

Che stava succedendo? Il Serpeverde lo copriva? Dalla sua faccia doveva trasparire appieno lo stupore per l'inattesa scappatoia, perchè non appena la professoressa si girò verso di lui per chiedere conferma alzò un sopracciglio e gli domandò scettica:

- E' davvero andata così, signor Weasley? Lei non sembra convinto di questa versione... –

- Cosa? No, no, è andata esattamente così, non volevo colpirlo, è stato... – Ron deglutì, sentendosi improvvisamente in imbarazzo - ...è stato solo uno sfortunato incidente! –

- Molto bene, dunque, evidentemente mi sarò sbagliata io nell'interpretare ciò che ho visto – sentenziò la McGranitt – Vada pure, signor Ogilvie, vada a farsi medicare adesso, mi sembra che il sangue continui a colare dalla ferita –

Il ragazzo che la professoressa  chiamava Ogilvie la ringraziò, quindi uscì dalla stanza senza degnare Ron di uno sguardo.

- Molto bene, signor Weasley: pare che la faccenda si sia inaspettatamente risolta in maniera positiva per lei – disse la professoressa con divertita ironia.

Ron cominciò a ringraziare e scusarsi con lei, con disarmante sincerità: sarebbe stato palese per chiunque il sollievo che provava in quel momento. Cominciò a dirigersi lentamente verso la porta quando l'insegnante lo richiamò.

- Un momento solo, signor Weasley. Credo che la sua coscienza non riposerebbe tranquilla stanotte se non prendessi nemmeno un piccolo provvedimento. Dunque, in conseguenza della sua "sbadataggine" mi vedo costretta a togliere 50 punti a Grifondoro... –

- Ma... – Ron provò a ribattere ma venne immediatamente zittito.

- E le ricordo, signor Weasley, che in altre circostanze sarebbe andata molto peggio. Temo proprio che ora lei abbia un debito con quel Serpeverde... ed anche con me, che ho finto di credere alle vostre argomentazioni! –

La verità nelle parole della McGrannit era inoppugnabile. Ron si scusò ancora ed uscì dalla stanza. Fuori trovò Harry ed Hermione, preoccupatissimi.

Una volta messi al corrente dell'accaduto trassero entrambi un sospiro di sollievo.

- Però è strano – disse Ron mentre si dirigevano al dormitorio – Ero convinto che quel tizio avrebbe subito chiamato il paparino per farmi cacciare... –

- Ron! – Hermione lo fermò, guardandolo dritto negli occhi – Ogilvie è un orfano, proprio come Harry –

Il ragazzo arrossì fino alla punta delle orecchie: in quel momento provava una vergogna indescrivibile per le sue azioni di poco prima...

 

 

Milo uscì dall'infermeria con un vistoso cerotto che gli copriva il lato sinistro del volto.

- Speriamo che questo unguento funzioni – pensava il ragazzo – madama Chips dice forse non si vedrà nemmeno il livido, domattina... vedremo! –

Era stata davvero una serata movimentata per lui, raramente gli capitava di interagire con così tante persone in una volta sola.

- Anche se questo non è certo il genere di interazione che aiuta a fare delle conoscenze – pensò.

In verità, nonostante la ferita, il ragazzo si sentiva piuttosto soddisfatto per essere riuscito a mantenersi calmo in una situazione come quella.

- Chissà come mai non ho spaccato la faccia a Weasley invece di fare il bravo ragazzo... – si domandava, tra il serio ed il faceto.

Una piccola ombra si mosse in fondo al corridoio e balzò veloce verso di lui.

- Ombra, ciao! – disse raccogliendo da terra la minuta sagoma di un gattino tutto nero – Sei venuto a cercarmi? Neanche tu riesci a resistere molto chiuso in quel deprimente dormitorio, vero? –

Un lampo illuminò improvvisamente l'ambiente: fuori la pioggia stava aumentando di intensità ed un nuovo temporale si avvicinava.

- Uff, che tempo deprimente. L'ideale per noi, non credi? – disse grattando la pancia al micio, che gli rispese facendo le fusa.

Era ormai piuttosto tardi e Milo decise che era giunto ormai il momento di andare a dormire. Percorse velocemente i corridoi, che ormai conosceva a menadito, fino a raggiungere il dormitorio di Serpeverde. La sala comune era completamente deserta, il fuoco quasi spento. Il ragazzo sbadigliò, rimase un momento a contemplare gli ultimi bagliori sotto la cenere, quindi decise che era decisamente il momento di farsi una dormita: e posato il gattino, si diresse verso il suo alloggio.

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Capitolo 6
*** In infermeria ***


6.

La mattina dopo Milo venne svegliato dai raggi di sole che entravano dalla finestra: evidentemente il temporale si era sfogato durante la notte, ed ora il clima sembrava concedere un po' di tregua. Il ragazzo si sedette sul letto e stiracchiò le braccia,  e subito un dolore alla guancia sinistra gli ricordò l'episodio della sera prima.

- "Questo farà passare tutto in una notte"... un accidente! – disse, ripensando alle parole di madama Chips mentre gli spalmava un unguento.

Milo si guardò intorno e notò che i suoi compagni di stanza erano già usciti tutti.

- Devo aver dormito della grossa per non essermi svegliato prima – pensò.

Come prima cosa si diresse in bagno per sciacquarsi la faccia e riannodare i lunghi capelli, che gli scendevano disordinatamente ben oltre le spalle, in un semplice codino tenuto assieme con un laccio. Quindi si rivestì e cominciò a scendere lentamente le scale. Quando entrò nella sala comune, trovò che c'era un insolito fermento: quasi tutti i Serpeverde erano riuniti attorno al tavolo, discutendo animatamente. C'era eccitazione nell'aria, molti ridevano ed in generale l'atmosfera sembrava molto allegra.

Milo aveva appena chiuso alle sue spalle la porta dei dormitori quando dal gruppo si alzò Draco Malfoy, che si diresse verso di lui con le braccia alzate ed un'aria decisamente soddisfatta.

- Ogilvie, eccoti qui, proprio di te stavamo parlando! – disse – Abbiamo appena saputo della tua impresa di ieri sera: bravissimo! –

Milo lo guardava con aria interrogativa, tra lo stupefatto e l'incredulo: Draco Malfoy gli stava sorridendo e si rivolgeva a lui in maniera amabile dopo quello che era successo appena il giorno prima? Aprì la bocca, ma non riuscì a parlare: Malfoy lo raggiunse e gli strinse con vigore la mano.

- Incredibile, incredibile, sei riuscito a far togliere 50 punti a Griffondoro. E l'ha fatto la McGranitt in persona, quella vecchia bacucca. Splendido, davvero splendido, non so cosa avrei dato per vedere la sua faccia sofferente! –

Milo non capiva: era sicuro di aver detto alla McGranitt che si era trattato solo di un incidente...

- E scommetto che la cosa ha a che fare con la ferita che hai in faccia, vero? – disse Draco con un'espressione vagamente compiaciuta.

Quindi lo prese da parte e gli sussurrò – Che cosa è successo esattamente? C'è nulla che possa fare per rincarare la dose? Vorrei contribuire anch'io ad assestare un bel colpo a Potter ed ai suoi stupidi amici... –

- Ehm, no, non credo – gli rispose Milo, un poco imbarazzato per la troppa confidenza che l'altro ragazzo si stava prendendo – a dire il vero non sapevo nemmeno che fossero stati presi provvedimenti così severi... –

Milo cominciava a sentirsi decisamente infastidito da quell'eccesso di attenzione e lo diede a vedere lanciando un'occhiataccia a Malfoy.

- Bene, bene, vedo che non vuoi rivelarci i tuoi segreti – disse Draco, che evidentemente aveva colto che non era il caso di continuare – ma non importa, è il risultato che conta! Vedrò di darmi da fare anch'io, adesso... – e detto questo si allontanò da lui, per tornare al tavolo ad elaborare chissà quale diabolico piano.

"Credo proprio che difficilmente riuscirai ad ideare qualcosa di valido, mio caro Malfoy, come al solito d'altronde" pensò Milo mentre osservava rabbuiato il gruppetto di Serpeverde seduti al tavolo e tutti impegnati a complottare. Il ragazzo li fissò ancora per qualche istante, ma sembrava proprio che ormai avessero altro a cui pensare e la sua presenza non era più necessaria. Meglio.

Si avviò verso l'uscita senza che nessuno badasse a lui ed alle sue mosse, quindi si diresse verso l'infermeria per farsi cambiare la medicazione.

Mentre madama Chips lo stava medicando, la porta si aprì e la figura di Silente fece capolino nella stanza.

- Oh, eccola qui signor Ogilvie: come va, tutto bene? Ho saputo di quello che è accaduto ieri, una situazione davvero incresciosa – disse, avvicinandosi al letto su cui Milo era disteso – Ma sono orgoglioso di come si è comportato, bravo! –

- A dire il vero sono sempre più convinto che avrei dovuto reagire con una bella maledizione – disse il ragazzo con tono beffardo.

- Oh, oh, sarebbe forse stata la reazione più naturale... e stupida! E questo non fa che confermare con quanta maturità hai agito ieri sera –

Mentre conversavano, madama Chips terminò le sue cure e dopo aver applicato la medicazione si allontanò, rivolgendo un breve cenno di saluto al preside.

- Il signor Weasley è una brava persona, ma un po' irruento – proseguì – sono sicuro che si farà perdonare, vedrà –

Il tono caldo e rassicurante di Silente fece breccia nel cuore di Milo, che sentiva di potersi confidare in assoluta libertà con l'anziano mago: era da tanto tempo che non aveva più nessuno con cui parlare liberamente.

- Sa, signor preside - disse – che il pugno di Weasley è probabilmente il contatto più ravvicinato che abbia mai avuto con qualcuno da quando sono qui? –

Milo pronunciò le parole sorridendo, ma il tono era cupo e Silente colse al volo quella sfumatura.

- A volte la vita è strana, ragazzo mio. A volte il fato segue strade tortuose ed oscure prima che i nostri desideri si realizzino. Non disperare, sono sicuro che le cose cominceranno ad andare meglio, basta solo avere un po' di fiducia -

Nonostante le parole di incoraggiamento appena ricevute, Milo sentiva montare un senso di angoscia che gli attanagliava lo stomaco.

- Se solo il cappello non mi avesse assegnato a Serpeverde. Non c'è tra loro una sola persona sincera, una di cui possa veramente fidarmi. Sono individui per i quali conta solo l'apparenza e... –

- Forse anche tu ti sei fermato solo all'apparenza, mio caro – lo interruppe Silente – possibile che tra decine di tuoi compagni tu non abbia trovato nessuno con cui andare d'accordo? Non sarà che dopo le prime difficoltà hai indossato una maschera che adesso non riesci più a smettere? Ho sentito parlare anch'io della tua fama di attaccabrighe, sai? Immagino che tu sia stato costretto a far valere il tuo punto di vista, i primi tempi. Ma ora non credi sia ora di passare allo stadio successivo? –

Milo fissava il preside, stupefatto di come quell'uomo riuscisse a dire sempre la cosa giusta, a portare a galla la verità che restava nascosta agli occhi di tutti, anche ai suoi stessi occhi. E di come quella persona si avvicinasse più di tutti a quella figura paterna che gli era venuta a mancare.

Tuttavia lo infastidiva l'idea di essere un libro aperto ai suoi occhi, lo faceva sentire debole, indifeso... e la cosa non gli piaceva: già rimpiangeva di essersi lasciato andare un momento prima. Fece spallucce al suo interlocutore e gli rispose con tono volutamente indifferente:

- Si, forse ha ragione, forse tocca a me fare qualcosa per cambiare le cose... se mi importasse davvero di cambiarle! Ma non so se è così... –

- Oh, non preoccuparti, a volte le cose cambiano anche se noi non vogliamo – concluse lui sorridendo

- Forse un cambiamento è già iniziato e nuove porte ti si apriranno - disse Silente alzandosi e cominciando a dirigersi verso l'uscita – vedrai... –

Non concluse la frase: la porta dell'infermeria si richiuse dietro di lui.

- Un individua davvero assurdo – pensò Milo, divertito dalle bizzarrie di quell'eccentrico mago. Quindi si alzò per dirigersi a lezione.

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Capitolo 7
*** Tra due fuochi ***


7.

La mattinata trascorse piacevolmente per Milo, le lezioni di Divinazione della professoressa Cooman – frequentate assieme ai Tassorosso - avevano il merito di rilassarlo, anche se la nuova materia si era finora rivelata assai meno interessante del previsto: qualche volta il ragazzo aveva quasi l'impressione che la docente si divertisse a prendere in giro lui e gli altri allievi con quelle sue strambe profezie!

Non pranzò in Sala Grande, non gli andava di incrociare né i tre moschettieri di Grifondoro, né il nuovo Draco in versione raggiante ed amichevole, quindi recuperò un nutriente pranzo al sacco e trascorse le due ore che lo separavano dalla lezione successiva passeggiando all'aperto, nel parco attorno ad Hogwarts, dove l'erba ancora umida veniva asciugata dall'ormai pallido sole autunnale, e le foglie degli alberi attorno si erano ormai colorate di rosso e giallo. Passò anche alla capanna di Hagrid, sperando di sorprenderlo mentre metteva in atto una delle sue solite stramberie, ma la trovò chiusa: evidentemente il guardiacaccia – anzi, il professore! – era impegnato in qualcuna delle mille mansioni di cui si occupava giornalmente, come ad esempio portare da mangiare a  creature potenzialmente letali nel profondo della Foresta Proibita.

Un po' deluso Milo si diresse comunque a lezione, dato che l'attendeva una delle sue materie preferite, Pozioni con il professor Piton. Al di là del fatto che l'essere cresciuto in una famiglia di celebri alchimisti lo aveva avvantaggiato non poco per quanto riguarda l'abilità nel selezionare e preparare gli ingredienti da mescere per dare vita ad ogni tipo di intruglio, una delle cose più divertenti del corso era frequentare assieme ai Grifondoro, metodicamente e puntigliosamente tartassati dal professore, che evidentemente si divertiva molto a non lasciare loro il minimo respiro. Ancora oggi, dopo più di due anni di scuola, non c'era Grifondoro che non entrasse in quell'aula con un'espressione timorosa dipinta sul volto.

La vita alle lezioni di Pozioni era decisamente più facile per i Serpeverde, anche se – ad onor del vero – il professor Piton risultava estremamente imparziale quando si trattava di dare le valutazioni ai vari studenti: quello che cambiava a seconda della casa di appartenenza era il suo atteggiamento.

Milo arrivò per primo in classe, ma non se ne stupì, visto il poco entusiasmo con cui la maggior parte degli altri studenti partecipavano alla lezione; così si accomodò nel suo solito posto, estrasse il libro e cominciò a sfogliarlo, in attesa che arrivassero gli altri. Fin dal primo anno il suo banco era l'ultimo in fondo all'aula, una punizione che gli era capitata il primo giorno di lezione quando, arrivato imprudentemente con un certo ritardo, venne ivi confinato dal professore:

- Si accomodi pure nell'ultimo banco, signor Ogilvie, così le prossime volte che arriverà in ritardo – e Piton sembrava sicurissimo che sarebbe accaduto altre volte – non disturberà me ed i suoi compagni –

Una dei tanti traumi del primo anno di scuola, la figuraccia davanti a tutta la classe: nemmeno il peggiore, in fondo.

Accadde così che quello divenne il suo banco, da non dividere con nessun altro visto che il numero di studenti era dispari e nessuno pareva interessato a venirgli a tenere compagnia nelle retrovie. Ma tutto sommato era una buona collocazione, che permetteva di osservare tutto – e tutti – senza che gli altri potessero fare altrettanto.

Mentre era perso nei suoi pensieri gli altri studenti cominciarono ad entrare in classe vociando e qualcuno, passandogli accanto, lasciò cadere un bigliettino sul suo banco. Milo alzò subito gli occhi solo per vedere una cascata di capelli rossi che si allontanava per poi sedersi diligentemente al suo posto, senza voltarsi.

Allora tornò a concentrarsi sul pezzetto di carta: lo prese e lo aprì. Al suo interno era disegnata una sua caricatura – nemmeno molto somigliante, a dire il vero: si era riconosciuto per via del codino – ferma in mezzo ai binari, ma ecco che un treno passava e la spiaccicava a terra. Sotto l'emblematica figura, una sola parola: "Idiota!".

Restò letteralmente basito per qualche istante, poi una risata gli sgorgò dal petto, ma subito si portò una mano alla bocca per soffocarla: non era bello farsi sorprendere a ridere da Piton, specie se il professore non aveva ancora cominciato a sgridare qualche Grifondoro.

Ma non riusciva a fermarsi, così si piegò sul banco, mentre gli venivano le lacrime agli occhi. Ma perchè era così allegro? Milo rimase in quella posizione per qualche secondo ancora, quindi si rialzò e piegando il busto all'indietro trasse un profondo respiro: era riuscito a calmarsi.

Si guardò intorno, ma a quanto pare nessuno aveva notato nulla, nessuno a parte Ginevra Weasley che lo fissava con aria stupefatta: evidentemente non era la reazione che si aspettava da lui. Prima che potesse accadere altro, il professor Piton entrò in classe col suo solito duro cipiglio, e la ragazza si voltò immediatamente verso la cattedra.

Milo fissò ancora per qualche istante il biglietto. Non era altro che un infantile insulto in risposta a quello che era accaduto la sera prima: evidentemente la ragazza lo riteneva responsabile per le sue figuracce. Ma il pensiero che qualcuno avesse perso del tempo per preparare quella cosa per lui in qualche modo lo faceva stare bene, in qualche modo lo faceva sentire inserito, una sensazione che non provava spesso... anzi, una sensazione che non provava quasi mai, almeno per quanto riguardava i rapporti coi compagni.

Ripiegò il biglietto e se lo mise accuratamente nella tasca interna della giacca, al sicuro, come se si trattasse di qualcosa di davvero importante...

 

 

La lezione di Piton trascorse piacevolmente e senza particolari sussulti, almeno per quanto lo riguardava.

Appena terminata approfittò della sua posizione privilegiata vicino alla porta per filarsela prima di tutti, senza essere costretto ad incrociare di nuovo la Weasley.

Era ormai tardo pomeriggio, ma mancavano ancora un paio di ore alla cena: Milo pensò che il modo meno noioso di trascorrerle fosse quello di fare un salto in biblioteca. Cominciò a scendere le scale che portavano nell'atrio quando udì delle voci note...

- Allora lenticchia, cosa hai combinato ieri sera per beccarti ben 50 punti di penalità dalla cara professoressa McGranitt? –

- Chiudi il becco Malfoy, non sono affari tuoi! –

- Silenzio, stupida mezzosangue, non sto parlando con te! –

- Fai attenzione che se Moody ti sente ti ritrasforma in furetto! –

Milo sporse appena la testa dalla balaustra e notò poco sotto gli autori di tutto quel chiasso: Malfoy, Tiger e Goyle da una parte, Weasley, Potter e la Granger dall'altra. Evidentemente Draco non aveva resistito alla tentazione di canzonare Weasley, che sorprendentemente se ne stava in silenzio con la testa bassa, mentre i suoi amici lo difendevano.

- Uhm, meglio cambiare strada... – pensò il ragazzo, un secondo prima che Malfoy alzasse la testa e lo vedesse. Alzò una mano verso di lui, come per chiamarlo, ma istintivamente Milo si ritrasse dalla loro vista.

- Cavoli, devo tornare indietro o quello mi tira in mezzo in una delle sue stupide litigate – pensò.

Ma fece appena in tempo a voltarsi verso il corridoio da cui era venuto quando si accorso che in fondo stavano sopraggiungendo i suoi compagni di corso, con la Weasley in testa.

- Oh cavoli, oh cavoli – Milo era in trappola! Si guardò disperatamente attorno e con un balzo si lanciò dentro una porticina che si apriva proprio li accanto. In quel momento non ricordava assolutamente dove portasse quella via, ma mentre chiudeva la porta alle sue spalle udì la voce di Malfoy che si avvicinava dal basso dicendo – E' lui, sono sicuro di averlo visto, lui ci racconterà tutto... –

Si trovò davanti ad una scala poco illuminata, ma si lanciò ugualmente sulla stessa, saltando due gradini alla volta.

Lontano, dietro di lui, le ultime voci dei suoi "inseguitori"...

- Hey, tu ragazzina pel di carota, cosa ci fai qui? Non hai visto Ogilvie? –

- Vai al diavolo Malfoy, tu e quell'idiota di Ogilvie: non ho idea di dove sia... –

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Capitolo 8
*** Pansy Parkinson ***


8.

Milo corse per diversi minuti a tutta birra su per quelle scale, che salivano sempre più in alto disegnano un'ampia spirale. Quando infine dovette fermarsi per il fiatone, si accorse di trovarsi in una delle tante torri di cui era composta la contorta architettura della scuola.

Si appoggiò al muro e si lasciò scivolare fino a terra: la fronte era madida di sudore e nelle orecchie gli rimbombavano i battiti del suo cuore. Rimase fermo immobile in quella posizione per qualche minuto, finché non recuperò il fiato ed il cuore si calmò.

- Ma perchè diavolo mi tocca scappare come se avessi fatto qualcosa di male? Dannazione a loro! – pensò Milo, ben sapendo la risposta.

- Mi sa che nonostante i miei sforzi prima o poi mi toccherà incontrare nuovamente il trio dei miracoli. Non ha senso cercare di evitarli: prima accade, prima mi levo questo fastidio! –

Milo si rialzò, risoluto a tornare giù e risolvere una volta per tutte la faccenda:

- Andrò in biblioteca, lì probabilmente troverò la Granger e i suoi due degni compari... – pensò.

Ma prima che cominciasse a scendere, qualcosa attirò la sua attenzione: un suono sommesso, che arrivava da qualche punto sopra di lui. Il ragazzo guardò in alto, ma non vide nulla. Ora che era tornato lucido ricordò di avere già esplorato quella particolare torre: era arrivato quasi in cima alle scale e gli sembrava di ricordare che poco sopra ci fosse una stanza con una grande balconata.

- Se non ricordo male si trattava di un locale in disuso senza nulla di interessante – pensò.

Restò lì, titubante, per qualche secondo, poi la curiosità ebbe il sopravvento. Cominciò a salire la scalinata cercando di fare meno rumore possibile: man mano che si avvicinava alla stanza il rumore indistinto cominciò a ricordargli sempre più un lamento...

- Sono decisamente dei singhiozzi, qualcuno sta piangendo – concluse.

Arrivato in prossimità della porta, il ragazzo si fermò sull'uscio e guardò dentro la stanza. Sembrava una sorta di camera per gli ospiti, con un piccolo letto a baldacchino, un tavolo al centro ed una libreria sulla parete di fronte; c'era anche un piccolo divano, sul quale era seduta una figura che si teneva il viso tra le mani e piangeva disperatamente, farfugliando qualche incomprensibile parola.

Milo era fermo sulla porta, indeciso se andarsene prima di essere visto o tentare di fare qualcosa: poco a poco cominciò a mettere a fuoco la persona che si trovava nella stanza. Era decisamente una ragazza, indossava la divisa della scuola – una Serpeverde come lui – e quel taglio di capelli era inconfondibile...

- Ma è... –

Improvvisamente il pianto cessò. Ora la figura fissava Milo, gli occhi ancora pieni di lacrime, ma l'espressione del viso che lentamente passava dalla disperazione alla sorpresa alla... rabbia?!

- Ah, perfetto, ora non si può più avere un po' di privacy nemmeno in cima ad una torre deserta! –

La ragazza si alzò di scatto e corse come una furia da Milo che era ancora sull'uscio; afferratolo, lo spinse dentro la stanza, guardando poi dalle scale:

- Non c'è nessun altro con te, voglio sperare! –

Sinceratasi che fossero soli, chiuse la porta e vi si appoggiò sopra, girandosi lentamente verso Milo.

- Ehm, buongiorno Parkinson... –

- Buongiorno? Buongiorno? Ti sembra un buongiorno? Cosa diavolo ci facevi TU qui?

Milo era a dir poco disorientato dal repentino cambio di umore della ragazza, disperata e in lacrime fino a poco prima ed ora a dir poco furiosa. Era abituato a considerare la Parkinson poco più che un'estensione di Malfoy, non l'aveva mai vista come una possibile... minaccia?!

- Stavo... ehm, esplorando questa torre, quando ho sentito dei singhiozzi e così... –

Pansy sospirò e scosse la testa – Che stupida, mi sono dimenticata di chiudere la porta... – poi fissò di nuovo gli occhi sul ragazzo – Tu non hai visto niente, ci siamo capiti? Non sei mai salito qui e non mi hai mai visto... –

La Parkinson si prese una pausa, aspettando la risposta di Milo, il quale di prima intenzione le avrebbe risposto un rassicurante "Si" e sarebbe sgattaiolato via da quella situazione imbarazzante il prima possibile. Poi si ricordò le parole di Silente e decise di provare un approccio diverso:

- Come faccio a dire di non aver visto niente? Sembravi così... disperata! Cosa succede? –

L'espressione di Pansy era decisamente contrariata: non era la risposta che voleva sentirsi dire – Come osi prenderti tanta confidenza, mocciosetto? Farai bene a rimanere al tuo posto, anche se ora godi della stima di Draco... – e nel pronunciare quel nome la ragazza accennò a quello che sembrava un sorriso - ...che tanto non durerà a lungo. –

Milo intuì che Malfoy poteva essere un buon argomento per fare breccia:

– Credo che Malfoy sarebbe molto dispiaciuto di saperti ridotta in queste condizioni – disse, trattenendo un sorriso mentre pronunciava il nome di quell'idiota: meglio farsi vedere rispettosi, almeno per ora...

- Oh no, no, non devi dire assolutamente nulla a Draco, nulla! – l'espressione della ragazza tornò sofferente – Se sapesse che sono così debole da venire a piangere quassù mi odierebbe, mi disprezzerebbe, mi... mi... –

Pansy si mise le mani nei capelli ed iniziò a girare freneticamente nella stanza, in preda a quella che sembrava una vera e propria crisi isterica: infine si lasciò cadere sul divano e ricominciò a singhiozzare:

- Sono patetica, vero? Patetica, patetica! Me lo dice anche Draco ogni tanto, il mio Draco –

Ora il pianto si fece davvero disperato e Milo non sapeva cosa fare: avrebbe potuto filarsela alla chetichella ora che la ragazza non bloccava più la porta, ma era già scappato troppe volete nella stessa giornata, non era il caso. Si avvicinò lentamente alla sua compagna, le si sedette accanto e mentre ancora stava pensando a quali parole dire per arrestare quel fiume in piena lei lo afferrò, tirandolo a se, quindi lo cinse in un abbraccio e continuò a piangere poggiandogli al testa sulla spalla sinistra. Milo si sentiva estremamente imbarazzato, ma capiva che in quel momento l'unica cosa da fare era lasciarla sfogare: le poggiò un braccio sulle spalle e rimase silenziosamente in attesa...

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Capitolo 9
*** Lady Malfoy ***


9.

Pansy pianse per almeno una ventina di minuti, poi finalmente si staccò da lui: rimase seduta, appoggiata sullo schienale del piccolo divano, reclinò la testa all'indietro e chiuse gli occhi. Milo la fissò, rimanendo in attesa. La ragazza rimase immobile per qualche minuto, poi trasse un profondo sospiro: riaprì gli occhi e gli sorrise, quindi si alzò in piedi e cominciò a stiracchiarsi:

- Ahhh, ci voleva proprio un bello sfogo, ora sto molto meglio –

Lo guardò di sottecchi e sorrise di nuovo:

- Certo che sei uno strano Serpeverde: perdere del tempo prezioso con una ragazza isterica invece che essere là fuori a pensare al modo di far perdere altri punti ai Grifondoro... –

Milo intuì che quelle parole erano il suo modo per ringraziarlo. Pansy aveva recuperato ora il pieno controllo ed era in piedi davanti a lui, sorridente e sicura.

- Già hai ragione – replicò sorridendo ironicamente – ma ora so qualcosa di te che scommetto tu non vuoi si sappia in giro... –

Si aspettava una qualche reazione da parte della ragazza, che invece continuò a sorridergli senza reagire:

- Già, già, hai proprio ragione, mi tieni in pugno ragazzino... quale sarà il prezzo da pagare per il tuo silenzio? –

Ora era lei a canzonarlo, e Milo non sapeva che cosa rispondere. Non aveva mai visto la Parkinson così tranquilla e sicura di sé, in genere o stava incollata a Draco oppure si perdeva in pettegolezzi e fastidiosi chiacchiericci con le altre ragazze Serpeverde.

- Ma tu chi sei veramente? – le rispose di rimando – Non sei certo la Pansy Parkinson che sono solito incrociare per le stanze di Hogwarts... –

Pansy rise di gusto, una risata sincera e liberatoria, come non si sarebbe mai aspettato da lei.

- Io sono la vera, la sola Pansy Parkinson! Chi altri? –

- E allora chi è la ragazza che incontro tutti i giorni, quella che vive in simbiosi con Draco Malfoy? – le chiese, cogliendo per la prima volta uno sguardo risentito.

- Quella è la Pansy che ama Malfoy e che farebbe di tutto per compiacerlo... –

L'espressione della ragazza si era fatta seria e Milo capì che none era il caso di continuare a scherzare sull'argomento.

- E allora perchè vieni quassù a piangere da sola? – provò a domandarle in tono serio.

La ragazza lo fissò ma non rispose. Poi si voltò, si diresse verso la libreria e cominciò a frugare dietro i volumi polverosi, tirando fuori un piccolo pacchetto che evidentemente aveva nascosto li dietro. Sigarette! Un'altra sorpresa inaspettata.

Ne estrasse una, la accese e cominciò a fumare, non staccando gli occhi da Milo, il quale la fissava a sua volta: quanto era diversa la ragazza che si trovava davanti in quel momento dalla stupida oca che vedeva ogni giorno pendere dalle labbra di Malfoy.

- Un piccolo aiuto per i momenti di crisi – disse lei, porgendogli il pacchetto...

- No, ti ringrazio, non fumo –

- Giusto, dimenticavo che tu sei ancora un ragazzino... – lo stuzzicò lei, maliziosamente.

Non era certo la ragazza più bella della scuola Pansy Parkinson: non molto alta, un fisico non particolarmente formoso, un viso carino ma troppo spesso contratto in una smorfia beffarda ed una pettinatura a caschetto un po' demodè. Ma ora sembrava dimostrare più dei suoi 14 anni, e non solo per la sigaretta: aveva un'aria sicura e determinata che mai Milo aveva colto in lei prima di allora: era decisamente sensuale.

- Se questo è il  tuo vero io, allora è Malfoy a tirare fuori il peggio di te – le disse.

Era una provocazione, ma Pansy non abboccò:

- Non pretendo che tu capisca, Ogilvie. Ma non parlare male di Draco davanti a me... –

- Non lo farò se mi spieghi che cosa ci facevi qui in lacrime... –

Non erano fatti suoi e Milo se ne rendeva perfettamente conto. Ma istintivamente sentiva che la ragazza voleva dirgli qualcosa...

- Sei solo un ficcanaso – disse lei, gettando a terra l'ultimo mozzicone di sigaretta – credi davvero che parlerei con te di una cosa simile? –

Poi si girò verso la finestra, evitando il suo sguardo...

Sta cominciando a fare buio, la cena deve essere già cominciata ormai –

Solo a quel punto Milo si rese conto che era davvero tardi:

 - Accidenti, arriverò in ritardo anche stasera e mi toccherà mangiare con i novellini! – disse seccato.

La ragazza accanto a lui rise.

– Non preoccuparti – cinguettò allegra – questa stanza riserva altre piacevoli sorprese oltre alla sigarette... –

Detto questo si diresse verso il letto e scostata una tenda tirò un cordone appeso al muro.

- E' un campanello – aggiunse in risposta allo sguardo incuriosito del ragazzo – serve a chiamare la servitù. Evidentemente questa deve essere una stanza per gli ospiti o qualcosa del genere... –

Pochi istanti dopo un elfo domestico comparve da un accesso segreto posto dietro alla libreria.

- Oh, buonasera signorina. Cena qui stasera? Lo sa che non dovrebbe... –

- Ogni volta mi fai le stesse storie sgorbietto, non impari mai eh? – gli rispose dura Pansy – Vuoi proprio che mi lamenti col preside per la vostra inefficienza? Sarà la volta buona che vi cacciano tutti... –

- Oh, no, no signorina, non si arrabbi – squittì l'essere, tutto preoccupato – vado subito prendere le vivande! –

Detto questo sparì in tutta fretta.

- A quanto vedo conosci i più reconditi segreti di questo posto – disse Milo.

- Già, dall'anno scorso è diventato il mio rifugio segreto per quando ho bisogno di sfogarmi un po' dai dispiaceri che Draco mi provoca –

Pansy pronunciò quella frase con aria noncurante, ma non le sfuggì lo sguardo interrogativo di Milo. Gli sorrise e continuò:

- Cosa credi, che sia facile stare dietro ad uno come Malfoy? Pensi che sia facile ridere dei suoi scherzi, far finta di non prendersela per le sue battute, stare attenti a non sembrare più intelligenti di quanto lui non sia, sopportare quei due ritardati di Tiger e Goyle? –

- Ma allora perchè... – cominciò a chiedere Milo, ma la ragazza lo prevenne...

- Non puoi capire, ragazzino. E' da quando sono piccola che i miei tessono le lodi dei Malfoy ed è da quando ho saputo che c'è un erede della mia età che ho deciso che avrei fatto tutto quello che potevo per diventare la prossima... – e qui Pansy mimò la postura di una nobildonna - ...lady Malfoy! –

Milo era a dir poco esterrefatto, ma la ragazza ora sprizzava gioia da tutti i pori:

- Lady Malfoy, capisci? La moglie dell'erede di una delle più nobili ed antiche casate magiche... delle più potenti... e delle più ricche! –

Solo allora Pansy parve rendersi conto di essersi lasciata andare: sbatté più volte le palpebre, quasi non si rendesse conto di quanto aveva appena confessato. Poi si avvicinò al suo interlocutore, gli afferrò le spalle e parlò fissandolo dritto negli occhi:

- Tu mi capisci, giusto Ogilvie? –

Milo sospirò e le sorrise – Ma certo, immagino sia il sogno di ogni ragazza sposare il ragazzo più bello e ricco della scuola –

Non c'era sarcasmo nelle sue parole, ma Pansy lo guardò comunque con sospetto.

- Anche la tua famiglia è molto antica, giusto? – gli chiese, infine – Da quel che ricordo gli Ogilvie sono una delle più antiche casate di maghi scozzesi... –

- Si – rispose Milo – e nei secoli passati alcuni illustri rappresentanti della mia famiglia si sono distinti nel campo della magia nera ed hanno perpetrato le crudeltà più atroci verso i babbani, salvo poi venire puntualmente sconfitti dai buoni di turno... sarà per questo che ci siamo quasi estinti! –

- Un vero Serpeverde... – sospirò lei, simulando un moto di ammirazione - ... potrei decidere di sposare te, invece di Draco! –

- Una proposta allettante – la rimbeccò Milo – non fosse per il fatto che sembra più una minaccia... –

I due ragazzi si fissarono per un momento, poi scoppiarono a ridere di gusto.

In quel momento tre elfi domestici sbucarono dal consueto passaggio.

- Ecco la vostra cena... possiamo servirla? – dissero, guardandoli con un'aria interrogativa, cominciando ad apparecchiare.

I due ragazzi presero posto ed attesero che gli elfi si ritirassero. La tavola era riccamente imbandita e le portate non avevano nulla da invidiare a quanto veniva normalmente servito in Sala Grande.

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Capitolo 10
*** Volo notturno ***


10.

La cena era deliziosa e la serata trascorse piacevolmente tra chiacchiere e giochi: Pansy in particolare si dimostrò particolarmente brava con le carte, vincendo a Milo una piccola fortuna "virtuale".

- Sarai in debito con me per parecchi anni, ragazzino... –

Gli ripeteva continuamente per prenderlo in giro.

Il piacere che scoprirono di trarre dalla reciproca compagnia li rese inconsapevoli del tempo che passava: quando finalmente la stanchezza cominciò ad affacciarsi, si resero conto che doveva essere notte inoltrata. Fuori era completamente buio, la luna era nascosta dietro alle nubi, e la scuola appariva silenziosa ed immota.

- Dovremo fare molta attenzione mentre torniamo al dormitorio – disse Pansy – non sarebbe piacevole farsi sorprendere in giro a quest'ora -

I due riassettarono la stanza alla bellemeglio, quindi spensero le luci e si apprestarono a scendere le scale illuminate dal tenue chiarore di un Lumos evocato da Milo con la sua bacchetta. Tuttavia non fecero che pochi passi prima di sentire qualcosa che fece loro sobbalzare il cuore: la porta in fondo alle scale si stava aprendo! Milo si affrettò ad annullare il Lumos e mentre l'oscurità più completa scendeva su di lui e sulla sua compagna, dal basso giunsero distintamente delle voci:

- Dunque lei è sicuro di aver visto una luce in cima alla torre, signor Gazza? –

- Si professoressa, non posso essermi sbagliato, si vedeva distintamente ma nessuno attualmente risiede in quella stanza –

- Bene, saliamo a dare un'occhiata

Gazza e la McGranitt! Milo e Pansy tornarono immediatamente sui loro passi, in preda al panico e bisbigliando all'unisono:

- Che cosa facciamo? Che cosa facciamo?

La ragazza corse verso il punto in cui erano entrati gli elfi domestici, alla disperata ricerca del passaggio segreto, ma senza successo. Milo aprì la porta a vetri che dava sul balcone ed uscì fuori, ma non c'erano vie di fuga: rimase li per qualche interminabile secondo finché Pansy non lo raggiunse. Aveva qualcosa in mano, uno scopettone per le pulizie.

- Tu ti ricordi come si fa a volare sulla scopa, vero? – gli chiese trafelata

- Quella cosa li non è una scopa! –

- Non importa, dobbiamo improvvisare –

- Ci ammazzeremo se proviamo a volare con quello... –

La loro conversazione venne interrotta da un click alle loro spalle: qualcuno stava abbassando la maniglia della porta! I due ragazzi si lanciarono come una cosa sola alla loro sinistra, verso l'angolo più lontano del balcone, e li si rannicchiarono.

- Ah, ah! La stanza è in disordine: qualcuno è stato qui! –

- Si, lo vedo signor Gazza... e la finestra è aperta, a quanto pare –

Le luci della stanza si riaccesero. Dalla loro scomoda posizione i due ragazzi videro il profilo della McGranitt stagliarsi sul terrazzo. La professoressa guardò prima alla sua destra, quindi alla sua sinistra... e si immobilizzò. Li aveva beccati!

Milo e Pansy erano sdraiati lunghi a terra, avvinghiati l'una all'altra e con lo scopettone in mezzo. L'anziana insegnate si fece sfuggire un incomprensibile improperio, quindi si portò una mano alla fronte e scosse la testa: ed anche se nessuna parola uscì dalla sua bocca, per i due ragazzi il senso era chiaro.

- Li ha trovati, professoressa? – chiese Gazza da dentro la stanza.

La McGranitt sollevò lentamente la testa, guardò Milo per qualche istante, poi rispose:

- No, qui fuori non c'è nessuno –

Alzò gli occhi al cielo e tirò un profondo sospiro, quindi si voltò e rientrò nella stanza, chiudendo la finestra alle sue spalle.

- Accipicchia, devi essere molto più importante di quanto pensassi se il capo dei Grifondoro ti ha coperto –

A Milo parve di cogliere una nota di sincera ammirazione nella voce di Pansy.

Dentro la stanza la McGranitt e Gazza confabularono ancora per un po', quindi sembrò che avessero finalmente deciso di andarsene quando nella stanza arrivò anche Piton. In quel momento Milo fu scosso da un brivido di puro terrore e lo stesso doveva valere per la sua compagna, a giudicare dalla sua espressione.

Fu quando la McGranitt cominciò a lanciare sguardi preoccupati in direzione del balcone che il ragazzo prese la decisione: con Piton c'era poco da scherzare, se li scopriva li avrebbe fatti a pezzi e se avessero fatto perdere dei punti a Serpeverde oltre che dal loro insegnante responsabile sarebbero stati puniti anche dai loro stessi compagni di casata. Non c'era altra soluzione, dovevano filarsela e subito!

Il ragazzo si portò sul bordo del balcone, si mise a cavalcioni dello scopettone, quindi fece un cenno alla sua compagna che non perse tempo e si sistemò dietro, stringendosi a lui con forza e chiudendo gli occhi: evidentemente anche Pansy era ben consapevole del pericolo insito in quanto stavano per fare.

Milo pregò i suoi avi perchè non lo facessero morire quella notte – prima che potesse diventare un mago oscuro degno dei suoi famigerati antenati – quindi richiamò alla mente le lezioni di volo della professoressa Bumb e mentre si malediceva per non essersi più allenato con la scopa dopo il primo anno, formulò l'ordine e si librarono in volo...

La partenza fu incoraggiante, lo scopettone si alzò in volo seguendo una traiettoria verticale per circa cinque o sei metri: sfortunatamente subito dopo cominciò a perdere quota in maniera decisamente preoccupante e – quel che è peggio – la discesa stava rapidamente trasformandosi in una picchiata suicida!

Milo tirò il manico verso di sè con la forza della disperazione, nella speranza di rallentare quella che si preannunciava come una rovinosa caduta, e riuscì a recuperare un minimo di controllo, quando bastava per planare verso il tetto più vicino. L'impatto non fu comunque piacevole, lo scopettone andò in pezzi mentre i due rimasero a lungo coricati a terra prima di dire o fare qualcosa...

- Ahio che male... ma siamo su un tetto? – Pansy fu la prima ad interrompere il silenzio.

- Mi sa di si – le rispose Milo.

- E non credi che dovremmo cercare di scendere? Guarda, sta albeggiando... –

- Non vorrei che Piton fosse ancora in giro... –

- Non preoccuparti, siamo troppo lontani perchè possa scorgerci –

- Hai idea di dove siamo finiti? –

- Mmm... a dirla tutta no... non sono abituata a questa prospettiva così... rialzata –

Milo si alzò lentamente in piedi, ancora dolorante.

- Allora non ci resta altro che cercare un modo per rientrare a scuola... dall'alto! – disse.

Porse la mano a Pansy e l'aiutò ad alzarsi. L'effetto dell'adrenalina che li aveva accompagnati in quegli ultimi minuti - per il timore di essere scoperti prima e per il volo mozzafiato poi - stava ormai svanendo e i due ragazzi cominciarono a sentire freddo: in fondo si era ormai in autunno inoltrato. Pansy si strinse le braccia attorno ai fianchi e cominciò a sfregarsi le mani...

- Brrr... fa freschetto, vero? –

Milo si tolse la giacca e gli e la porse.

- Grazie, ma non credere che queste smaccate galanterie ti facciano guadagnare dei punti con me, ragazzino

- Ma sentitela! – rispose Milo, sorridendole.

Quindi cominciarono a camminare, facendo bene attenzione a dove mettevano i piedi: nessuno scopettone li avrebbe salvati se fossero scivolati di sotto. Continuarono così per diversi minuti, ma su quel dannato tetto non sembravano esserci aperture: ormai stanchi ed infreddoliti si imbatterono in un piccolo e stretto lucernario. Guardarono attraverso il vetro, ma la stanza sotto era poco illuminata e non c'era modo di capire dove si trovassero.

- Che cosa facciamo? Ci arrischiamo a scendere? – chiese Pansy - E se finissimo nello studio di Piton? Con la fortuna che abbiamo avuto stanotte non me ne stupirei... –

- Hai in mente qualche alternativa? – le domandò Milo.

In quel momento udirono risuonare in lontananza le campane che annunciavano l'ora della colazione.

- Cosa darei per un caffé caldo... – sospirò la ragazza.

Non c'erano alternative, e lo sapevano. Cominciarono ad armeggiare attorno alla finestra riuscendo infine a forzarla: una volta aperta constatarono che li aspettava un salto di 2 o 3 metri.

- Vai avanti tu che sei più agile, così poi mi dai una mano a scendere – decise Pansy.

Milo saltò nella fessura e riuscì ad atterrare a terra senza fare troppo rumore, quindi aiutò la compagna a scendere.

Si trovavano indubbiamente in uno sgabuzzino. Alle pareti vi erano degli scaffali con lenzuola ed asciugamani ordinatamente disposti:

- Sembra il deposito della biancheria pulita che c'è nel nostro dormitorio... – disse Milo

- Si – convenne Pansy – Ma noi siamo entrati da un tetto, mentre il nostro deposito è a piano terra... –

Si guardarono negli occhi mentre lentamente compresero: erano finiti nel dormitorio di un'altra casa!

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Capitolo 11
*** La casa dei Grifondoro ***


11.

Milo e Pansy si mossero lentamente verso la porta dello sgabuzzino, preoccupandosi di non fare il minimo rumore. Era probabile che – come nel dormitorio di Serpeverde – il deposito fosse nascosto dietro una porta mimetizzata nella parete ed usato prevalentemente dagli elfi domestici durante il lavoro pulizia.

L'unica opzione possibile per uscire da lì senza fare danni, dunque, era di attendere che la Sala Comune si svuotasse. I due ragazzi sapevano che era da poco suonata la campana della colazione: buona parte degli studenti erano probabilmente già scesi in Sala Grande ed anche gli ultimi ritardatari avrebbero lasciato la casa da lì ad un'ora, quando sarebbero cominciate le lezioni. Si trattava solo di aspettare.

Pansy si inginocchiò davanti alla porta, posando l'orecchio per cercare di cogliere qualche discorso, in modo da capire in quale casa erano capitati. Milo invece si tolse la giacca e si sedette con la schiena appoggiata al muro:

- Ho bisogno di rifiatare un po' dopo una nottata come questa – pensò, ma non appena chiuse gli occhi scivolò lentamente nell'oblio...

 

 

- Signore! Signore! Si svegli! –

Una vocina agitata interruppe il sonno di Milo, mentre due mani gli stavano scuotendo le spalle.

Aprì gli occhi e si trovò davanti il viso preoccupato di un elfo domestico.

- Cosa state facendo qui, signore? Questa non è la vostra casa! Grossi guai se vi scoprono... –

Milo era ancora intontito. Sbadigliando si sfregò gli occhi, mentre lentamente recuperava consapevolezza della situazione... erano ancora nello sgabuzzino!

Il sonno passò in un attimo, mentre scattava agilmente in piedi. Davanti a lui Pansy stava ancora dormendo: aveva preso alcune lenzuola dalle mensole e si era fatta un cuscino di fortuna. Forse anche lei aveva pensato di riposarsi un attimo, in attesa che il dormitorio si svuotasse.

- Ma che stupida! – pensò Milo – Avrebbe dovuto svegliare me, non mettersi a dormire anche lei! –

- Che ore sono? – chiese all'elfo.

- E' mezzogiorno, signore. Noi abbiamo appena finito di fare le pulizie e ce ne stavamo andando, quando vi abbiamo trovato. Dovete sbrigarvi, tra poco i Grifondoro tornano! –

- I Grifondoro? I Grifondoro!!! Maledizione! – si chinò sulla compagna e cominciò a scuoterla:

- Pansy! Pansy! Svegliati, ce ne dobbiamo andare... –

- Ancora un minuto, papà – farfugliò una Pansy ancora visibilmente addormentata.

Milo non perse tempo, la tirò su a forza e se la caricò in spalla, quindi si rivolse all'elfo:

- Per favore, guidaci fuori da qui! –

L'essere non se lo fece ripetere due volte, evidentemente era preoccupato quanto loro di non farsi sorprendere lì, sarebbe stata una grande vergogna per un elfo domestico mostrarsi agli studenti, la maggior parte dei quali credeva ancora che le stanze si riordinassero magicamente.

Come immaginato da Milo, la porta si apriva sulla Sala Comune ma risultava praticamente invisibile dall'esterno, nascosta com'era dietro un arazzo.

L'elfo indicò sbracciandosi l'uscita dalla casa e Milo vi si diresse di corsa, ma dovette arrestarsi quando da dietro gli giunse un richiamo:

- La sua giacca, signore! Ha dimenticato la giacca! –

Il ragazzo si fermò, mentre l'elfo lo raggiungeva. Nel frattempo anche Pansy aveva cominciato finalmente a realizzare la situazione:

- Mettimi giù, Ogilvie, sono sveglia, adesso! –

Milo fu ben felice di liberarsi di quel peso: la posò a terra e si rimise la giacca. Nel frattempo Pansy si era avvicinata all'uscita, ma qualcosa la fece irrigidire: da fuori provenivano distintamente delle risate. Alcuni Grifondoro stavano tornando.

La ragazza tornò sui propri passi:

– Dobbiamo tornare nello sgabuzzino – disse

- Scherzi? Rischiamo di restare bloccati fino a domattina –

- Allora cosa proponi? Che altre alternative ci sono?

Come folgorati dalla medesima intuizione, i due ragazzi si volsero verso l'elfo: questi li guardò con aria interrogativa, poi parve capire.

- Da questa parte, signori. Seguitemi! –

Si diressero verso una delle due porte poste dall'altra parte della stanza, presumibilmente l'entrata dei dormitori; mentre passava accanto allo sgabuzzino Milo notò che la porta era aperta, ma non aveva il tempo materiale di fermarsi a chiuderla.

- A destra, a destra – squittì l'elfo – o il signore non sarà in grado di salire! –

- I dormitori femminili sono sempre ben protetti, a quanto vedo... evidentemente nemmeno i ragazzi Grifondoro sono molto affidabili – ironizzò Pansy.

Si infilarono di volata dietro alla porta indicata dall'elfo e cominciarono a salire una scala chiocciola; ad un certo punto la loro guida si arrestò. Agili dita tastarono il muro di pietra, premendo pulsanti invisibili agli occhi di chiunque altro, ed un passaggio si aprì nella fredda pietra. Era attraverso di essi che gli elfi accedevano alle varie aree di Hogwarts per sbrigare le faccende di ogni giorno e rappresentavano anche l'unica via di scampo per i due Serpeverde.

- Camminate a testa bassa, mi raccomando – disse, prima di sparire all'interno dell'apertura.

In effetti il passaggio appariva stretto e basso, ma comunque praticabile. I due ragazzi seguirono la creatura per diversi minuti finché raggiunsero una nuova porta. L'elfo fece loro cenno di attraversarla e quando furono dall'altra parte bisbigliò loro:

- Mi raccomando, voi non ha visto niente! –

Detto questo richiuse il passaggio dietro di sé e sparì. Milo e Pansy si ritrovarono nuovamente sfiniti, dopo l'ennesimo spavento e la corsa a perdifiato attraverso lo stretto corridoio. Come se non bastasse erano davvero malconci, nel fisico e nell'aspetto: i volti erano stanchi, i capelli spettinati, gli abiti stropicciati... difficilmente sarebbero passati inosservati se qualcuno li avesse visti.

- Per fortuna quello stupido essere ci ha portati vicino alla nostra casa... – disse infine Pansy.

- Eh? –

- Siamo nella sala dei trofei, non vedi? Siamo abbastanza vicini... –

- Hai ragione... e conviene muoversi prima che la pausa pranzo termini –

I due ragazzi uscirono dalla stanza e si mossero velocemente verso la casa Serpeverde. Non avevano più tempo né voglia di usare cautela, ormai confidavano solo nella sorte, che li aiutasse a non incrociare nessuno.

Avevano quasi raggiunto la loro meta quando intravidero una figura in fondo al corridoio: Milo non fece in tempo a capire di chi si trattasse che si sentì spingere con forza. Colto alla sprovvista, cadde ruzzolando e sbatté violentemente contro il muro: era finito in una piccola nicchia.

Pansy l'aveva spinto, ma perchè?

Ancora intontito udì i passi della ragazza che si allontanavano, mentre in fondo al corridoio una voce nota parlò:

- Pansy? Dove diavolo eri finita?

Era Draco Malfoy...

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Capitolo 12
*** Draco Malfoy ***


12.

Colto completamente alla sprovvista, Milo cadde malamente, sbattendo con violenza la parte superiore del corpo contro il muro: il capo e la spalla gli dolevano particolarmente forte. Non capiva perchè mai la ragazza lo avesse spinto via così. Per nasconderlo? E da chi, da Malfoy?

- Che cosa ti è successo? Hai un aspetto orribile e non ti vedo da ieri... –

- Eri preoccupato per me? – cinguettò lei

- Non essere stupida – il suo tono era molto duro – Ma non puoi sparire così senza dirmi nulla, potrei avere bisogno di te, lo sai! –

- Mi dispiace Dracuccio, giuro che non succederà più – Ora la voce della ragazza era supplichevole, come quella di una bambina che chiedesse scusa ai genitori per una marachella – Ora accompagnami alla casa, così posso farmi bella per te... –

A chiunque l'avesse vista solo cinque minuti prima sarebbe apparso stupefacente come la personalità della ragazza fosse mutata all'improvviso: era ritornata ad essere la solita Pansy Parkinson, l'ombra fedele e compiacente di Malfoy.

- Non ho ancora finito – la interruppe Draco – Devi anche spiegarmi perchè stamattina la McGrannit é venuta a cercare te e... Ogilvie! –

Dal suo nascondiglio Milo ebbe un sussulto, anche perchè mentre pronunciava quelle ultime parole Malfoy aveva ripreso a camminare ed udiva i suoi passi avvicinarsi.

- No, Dracuccio, dove vai? Torniamo al dormitorio, ti spiegherò tutto li... – Pansy cercò di fermarlo, ma inutilmente.

Un'ombra si stagliò all'improvviso davanti a Milo.

- Credevi davvero che non ti avessi visto, Ogilvie? – disse una voce con tono sprezzante.

- Questo significa solo che sei meno stupido di quello che sembri, Malfoy – lo irrise – il che pare francamente incredibile... –

Milo si alzò a fatica: le tempie gli pulsavano e la testa gli doleva. In più stava perdendo la pazienza: già non sopportava Malfoy in situazioni normali, ma ora che aveva assistito all'improvviso voltafaccia di Pansy lo trovava ancor più detestabile.

- Stai attento, Ogilvie. Credi forse che abbia dimenticato la faccenda dell'altra sera? Non penserai che i complimenti di ieri significassero qualcosa: non ti permetto di toccare ciò che è mio, hai capito bene? –

Draco sembrava davvero arrabbiato e a Pansy la cosa non era sfuggita: lo guardava con un misto di sorpresa e gioia, evidentemente compiaciuta da quell'inattesa manifestazione di gelosia.

Finalmente in piedi, Milo lo apostrofò con sarcasmo – Se sei tanto geloso delle tue proprietà, allora dovresti stare più attento a non lasciarle in giro... incustodite! –

Grosso errore provocare un Malfoy così infuriato: il ragazzo reagì afferrandolo e spingendolo con forza contro il muro retrostante:

- Non osare parlarmi così, non sei nulla al mio confronto! –

L'impatto con il muro di pietra fu particolarmente duro e a Milo sfuggì un grido di dolore: si accasciò a terra portandosi le mani alla testa – che aveva nuovamente sbattuto – mentre il dolore gli faceva lacrimare gli occhi.

- Idiota – disse Draco in maniera sprezzante – questo ti servirà di lezione. Vieni Pansy, devi renderti presentabile prima delle lezioni del pomeriggio -

- Eccomi Draco – gli rispose in tono compiacente. Ma mentre Malfoy si girava per andarsene, lei volse per un secondo uno sguardo preoccupato verso Milo. Poi i due si allontanarono insieme, lasciandolo a terra dolorante e furibondo. Gli ci vollero parecchi minuti per riprendersi.

Quando finalmente riuscì a rialzarsi si sentiva comunque debole ed aveva un gran mal di testa, senza contare che il suo aspetto ora doveva apparire ancora peggiore. Doveva togliersi di lì, prima o poi qualcuno sarebbe passato e non gli andava di dare spiegazioni, ma non voleva tornare al dormitorio, dove avrebbe rivisto Malfoy e Pansy.

Mentre era ancora fermo in mezzo al corridoio, indeciso sul da farsi, una voce lo sorprese alle spalle:

- Ah, eccoti, proprio te cercavo! Mi devi delle spiegazioni... –

Milo fu colto talmente alla sprovvista che sobbalzò.

- ...bravo, fai bene a spaventarti perchè sono veramente furiosa! –

Quando si girò si trovò faccia a faccia con una inarrestabile Ginevra Weasley, che rossa in viso gli sventolava un foglietto davanti agli occhi e sparava parole a raffica...

- Mi spieghi come c'è finito questo nella nostra Sala Comune? Come hai fatto? Non riesco a credere che tu sia riuscito ad infiltrarti in segreto. Ti ha aiutato qualcuno? Chi è l'infame? –

Milo la guardava incapace di replicare a quel fiume in piena, del tutto all'oscuro della causa scatenante di tanta foga. Cosa accidente era quel foglietto che gli menava davanti al naso?

Nel mentre – come già accaduto la sera prima – la Weasley, dopo essere partita in quarta, sembrava focalizzare solo dopo un po' la situazione:

- Ma... ma... hai un aspetto orribile! Che cosa ti è successo?

Nel giro di un attimo la sua espressione era sorprendentemente cambiata, da furente a preoccupata.

- Non sono affari tuoi, togliti dai piedi! –

Milo era ancora arrabbiato e non aveva nessuna intenzione di perdere tempo con quell'impicciona. Ma la Grifondoro sembrò non avvedersene:

- Devi andare subito in infermeria! Vieni, ti accompagno

- Ti ho detto che non sono affari tuoi. E poi non posso andare in infermeria... –

- Capisco, devi aver combinato qualche casino, giusto? Vediamo di trovare un'altra soluzione, fammi pensare... –

Milo era esterrefatto: la ragazza sembrava ignorare bellamente le sue rimostranze ed era tutta presa a sforzare il suo minuscolo cervellino. Tentò ancora di ribatterle...

- Ma se ti ho detto che non... –

Non gli lasciò nemmeno finire la frase, ma gli afferrò il polso e cominciò a tirarlo:

- Ho un'idea! Vieni con me –

Milo si scoprì troppo stanco per opporsi e si lasciò trascinare, rassegnato: tanto ormai le cose non potevano andare peggio di così.

Tornarono indietro, allontanandosi dalla casa dei Serpeverde, poi svoltarono in un corridoio laterale che Milo riconobbe:

- Ehi, ma dove mi stai portando? Di qui si va verso la casa dei Tassorosso... – le disse

- Sssst... fai silenzio, devo concentrarmi per ricordare... ah, ecco! –

La ragazza si era fermata davanti ad uno dei pannelli di legno che rivestivano il corridoio e che a Milo pareva del tutto identico agli altri. Invece la Grifondoro cominciò ad armeggiarvi attorno.

- Ma che stai facendo? – le chiese ancora

Lei sbuffò e si voltò a guardarlo con sguardo severo:

- Possibile che tu non riesca a stare zitto per un attimo? Non è facile trovarlo, sai? –

Milo si risentì del tono che quella ragazza usava con lui, neanche fosse un moccioso che bisognava tenera a bada. Sbuffando incrociò le braccia, quindi distolse lo sguardo da lei con aria infastidita:

- Fai un po' come ti pare... –

Rimasero li ancora qualche minuto quando finalmente un "click" premiò i tentativi della ragazza: il pannello rientrò leggermente nel muro, per poi aprirsi, rivelando così un passaggio.

- Da questa parte – disse Ginevra Weasley – se siamo fortunati li troveremo ancora lì...

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Capitolo 13
*** Due al buio ***


13.

Il passaggio era basso e stretto e ricordava molto quello che Milo e Pansy avevano percorso qualche tempo prima per fuggire dalla casa dei Grifondoro.

Ginevra Weasley vi si infilò con prontezza, ma Milo non la seguì.

- Perchè mai dovrei andare con questa casinara – pensò – e chi dovremmo trovare li dentro? –

Il pannello cominciò lentamente a richiudersi, ma una mano lo bloccò e da dentro la testa della ragazza fece capolino:

- Allora? Cosa stai aspettando?

- Ma che vuoi da me Weasley? Sei pazza se credi che ti seguirò lì dentro... –

- Non fare lo stupido, voglio solo aiutarti –

- Aiutarmi? Ma se mi odi?

La ragazza sbuffò esasperata: - Bene allora, fa come vuoi, resta pure lì finché non ti imbatterai in Piton o in Gazza, cosa vuoi che me ne importi? –

Pronunciò quelle parole con foga, poi rientrò nel passaggio e scomparve.

Milo restò da solo nel corridoio e non riusciva a fare a meno di sentirsi un po' stupido: che alternative aveva? Nessuna. Per quanto idiota potesse essere qualunque cosa Ginevra Weasley avesse in mente di fare, era sempre meglio della situazione attuale. Forse.

Allungò il piede e bloccò il pannello che si stava nuovamente richiudendo, quindi entrò nel passaggio, ma non vide più la ragazza e quando la porta dietro alle sue spalle si richiuse, rimase nel buio più assoluto.

- Ehi rossa, te ne sei andata sul serio? – provò a domandare alle ombre, mentre una sensazione di disagio si faceva largo nel suo cuore.

Frugò nella giacca alla ricerca della sua bacchetta.

– Lumos! –

Una fioca luce illuminò lo stretto passaggio: i muri erano di pietra grezza e non c'era modo di capire dove portasse. Provò a girarsi verso il pannello da cui era entrato, ma non trovò serrature.

- Perchè in questa scuola deve essere tutto così dannatamente complicato? – pensò

Si rassegnò a percorrere la via che si trovava davanti: in fondo la Weasley non poteva che essere andata da quella parte. Ora che era di nuovo solo sentì tornare il malessere di poco prima: si sentiva stanco ed aveva la testa dolorante. Cominciò a camminare con estrema circospezione, tenendo la bacchetta innanzi a sé, per illuminare il percorso. Continuò così per diversi minuti, fino a quando non incespicò, cadendo goffamente in avanti e perdendo la bacchetta, che volò in qualche punto imprecisato davanti a lui e si spense.

- Dannazione! – imprecò. Poi rimase immobile: poco più avanti gli sembrava di sentire qualcuno singhiozzare.

Si mise in ginocchio e cominciò ad avanzare carponi, allungando le mani in avanti alla ricerca della sua bacchetta; intanto il terreno cominciava a farsi in discesa. Avanzò in quel modo per qualche metro, ma quando raggiunse la bacchetta involontariamente la urtò con le dita, senza riuscire ad afferrarla, e questa rotolò ancora in avanti. Intanto i singhiozzi cessarono.

Milo si morsicò il labbro inferiore e riprese la sua goffa avanzata, pur avendo ormai intuito di non essere solo nel passaggio: davanti a sè – non avrebbe saputo dire esattamente dove – udiva distintamente un sommesso fruscio.

Riuscì finalmente a raggiungere di nuovo la bacchetta e questa volta la afferrò saldamente in mano... ma si rese conto che anche un'altra mano la stringeva!

Due voci gridarono all'unisono: - Lumos! –

E dopo pochi istanti Milo e Ginevra Weasley si stavano fissando nella semi-oscurità, con i nasi a pochi centimetri l'uno dall'altra. Lei aveva gli occhi umidi ed un segno rosso sul viso, conseguenza di un qualche colpo da poco subito.

Passò qualche interminabile istante, poi Milo disse:

- Sei caduta... di nuovo? –

La ragazza di fronte a lui arrossì, ma fu lesta a ribattere – Non mi sembra che tu te la sia cavata meglio... –

- Come mai tutte le volte che ci incontriamo tu finisci per terra? E perchè volevi prendere la mia bacchetta? – disse Milo.

- Credevo fosse la mia, mi è caduta... – gli rispose lei, imbarazzata.

Il ragazzo avrebbe voluto sbuffare seccato, ma invece si scoprì a ridere. La Grifondoro non fu da meno, scoppiando anche lei in una risata irrefrenabile, ed andarono avanti così per diversi minuti e Milo sentì come se la rabbia che aveva provato fino a poco prima svanisse d'incanto.

Alla fine le risate cessarono, ma i due rimasero ancora seduti a terra.

- Perchè mi stavi cercando? – le chiese lui.

- Ah! – la Weasley ricordò la ragione che l'aveva spinta lì – Per questo – gli rispose, mostrandogli un foglietto nel quale Milo riconobbe la caricatura che la ragazza gli aveva consegnato alla lezione di Pozioni.

- L'ho trovato per terra in Sala Comune, ed ho notato la porta di uno sgabuzzino aperta ed una finestra forzata. Puoi darmi qualche spiegazione? –

Lo guardava con aria interrogativa, ma non appariva più arrabbiata come prima, in corridoio.

Il ragazzo arrossì leggermente, poi le fece un sorriso furbetto e rispose – Siamo in un castello magico, tutto può succedere! –

Lei lo osservò maliziosa – Farò finta di crederti, anche perchè... –

E mentre parlava cominciò ad alzarsi, cercando di riassestare la divisa di scuola

- ...ho saputo quello che è successo con Ron! –

Lo sguardo di lei, visibilmente imbarazzato, ora sfuggiva Milo.

- So che la colpa di tutto è stato il mio atteggiamento – continuò – per questo sono contenta che tu lo abbia coperto... –

Lanciò un'occhiata sfuggente a Milo che continuava a non replicarle.

- Ehm, mi dispiace, Ronald non è un violento ed era davvero mortificato per quanto successo... –

Il tono adesso era supplichevole: evidentemente si aspettava una qualche risposta dal suo interlocutore.

- In pratica stai dicendo che ora siete in debito con me – le disse infine, sogghignando...

La Grifondoro parve contrariata da quell'osservazione, ma comunque fece un cenno di assenso: - Sì, potremmo dire che è così... –

Milo si rialzò faticosamente, appoggiandosi al muro: si sentiva stanco, ma era deciso a trarre il massimo divertimento da quella situazione.

Si avvicinò alla ragazza con fare malizioso e le sussurrò:

- Dunque ora posso chiederti di fare qualcosa per me, in cambio... – e così dicendo avvicinò il viso a quello di Ginevra.

Non ebbe il tempo di reagire che subito uno schiaffone lo colpì in pieno.

La Weasley era paonazza: - Non pensarci nemmeno per un istante! –

Milo scoppiò a ridere, spiazzandola: - Ma a che cosa stavi pensando, rossa? Hai una mente davvero perversa! –

- Tu... tu mi stavi di nuovo prendendo in giro! – gridò lei.

- Può darsi... mentre tu a quanto pare stai cercando di aggravare le mie condizioni di salute, che già non sono molto buone di loro... –

La ragazza lo fissava a bocca aperta. Poi cominciò a guardarsi attorno, recuperò da terra la propria bacchetta e gli disse:

- Ora basta con i giochi, dobbiamo andare subito –

Afferrò il polso di Milo e prese a guidarlo giù per lo stretto passaggio...

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Capitolo 14
*** Fred & George ***


14.

Sbucarono in un locale ampio ed illuminato: la prima cosa che colpì Milo, prima ancora di riuscire a mettere a fuoco la situazione, fu il forte odore di cibarie. Decine di elfi domestici si davano da fare attorno ai fornelli e sui tavoli vassoi venivano disposti ed imbanditi, in attesa di essere trasportati in Sala Grande per la cena. Si trovavano nelle cucine di Hogwarts.

- Perchè diavolo mi ha portato nelle cucine? – pensò guardandosi attorno. Solo dopo qualche secondo notò che ad un tavolo posto ad una certa distanza dall'ingresso c'erano due figure che decisamente non apparivano essere elfi domestici. Si trattava di due ragazzi dai capelli rossi, due gemelli, i fratelli maggiori di Ginevra Weasley.

La ragazza gli lasciò il braccio e corse verso di loro. Milo udì solo un saluto – Ginny, che ci fai qui? – poi i tre si misero a confabulare tra loro mentre puntavano gli occhi su di lui. Cominciò a sentirsi a disagio, i gemelli Weasley godevano di una certa fama ad Hogwarts e cominciò a temere che, tutto sommato, forse la ragazza lo aveva portato in quel posto proprio con lo scopo di vendicarsi.

Strinse più forte la bacchetta nella mano sinistra, ma proprio in quel momento un capogiro lo colse: fece qualche passo barcollando, poi si accostò ad una delle colonne della stanza per non cadere.

Due elfi gli si accostarono – Che cosa c'è signore? Si sente poco bene? –

Anche i tre Weasley si alzarono dai loro posti e si diressero verso di lui. Ginevra lo prese sotto braccio aiutandolo e lo aiutò a sedersi al tavolo più vicino.

- Accidenti amico, sei messo proprio male... – disse uno dei gemelli.

- ... non che la cosa ci dispiaccia, visto che sei un Serpeverde – continuò l'altro.

- Ragazzi! – intervenne la sorella, in tono di rimprovero.

I due annuirono, sorridendo divertiti.

- D'altronde sappiamo che hai coperto quello stupido di Ronald... – continuò uno dei due.

- ... anche se l'esserti preso un pugno da lui non depone a tuo favore – lo appoggiò l'altro.

- Ma insomma! – Ginevra si stava spazientendo.

Milo era stanco di quel teatrino, ma non aveva la forza di intervenire: la testa continuava a girargli ed adesso stava anche assalendogli la nausea. Cercò di alzarsi, ma le gambe non ressero e cadde pesantemente a terra: il mondo si faceva scuro attorno a lui e prima di svenire l'ultima cosa che vide furono i visi sorpresi e preoccupati dei tre ragazzi...

 

 

Quando riacquistò i sensi, la prima cosa che udì erano le voci allegre dei Weasley...

- Ma cosa ci fai tu agli uomini, sorellina, per farli cadere tutti ai tuoi piedi –

- Letteralmente, tra l'altro... –

- Ma siete davvero una coppia di stupidi... Oh, si sta risvegliando! –

Milo realizzò di essere lungo disteso in una delle panche della cucina, con un pezza bagnata sulla fronte.

- Come stai? – domandò una ragazza dai lunghi capelli rossi, china su di lui.

- Che cosa è successo? – domandò Milo

- E' successo che devi aver cercato di aprire un passaggio nel muro a suon di testate, il che non è mai particolarmente consigliabile... –

- ... oppure a ridurti così è stata la nostra sorellina, il che è forse più probabile visto che è manesca tanto quanto Ron! –

- Ma la volete finire!?!? – sbottò lei.

A quanto pareva il siparietto comico non era ancora finito. Milo rise sommessamente, ora si sentiva meglio e non gli pareva più così insopportabile tutta quell'allegria: in qualche modo lo confortava vedere quanto fosse profondo il legame che univa i Weasley. Per lui era una novità, ed in fondo al cuore provava un certa gelosia.

- Sta ridendo – disse uno dei gemelli – vuol dire che sta meglio. Bene, almeno è di tempra forte... –

- ... il che significa che potrai ancora picchiarlo – concluse l'altro, sogghignando alla sorella.

Questa volta, però, Ginevra li ignorò. – Ce la fai ad alzarti? – chiese a Milo, prendendolo per un braccio ed aiutandolo a sedersi.

- Piacere di conoscerti, signor Serpeverde – i gemelli gli porsero insieme la mano destra, evidentemente in attesa che lui gli e le stringesse.

Milo li osservò ma non si mosse.

- Forse dopo essere stato malmenato da Ron e Ginny nutre del risentimento nei confronti della nostra famiglia – dissero facendosi l'occhiolino.

- Ragazzi! Vi ho già detto che io non l'ho picchiato, l'ho trovato che era già così, per questo l'ho portato da voi – disse con tono di divertito rimprovero la fanciulla.

- Già, è vero. Il Serpeverde deve aver combinato qualche pasticcio ed ora è in fuga... –

- ... o magari si tratta di una qualche faida interna tra i serpentacci! –

Milo sussultò solo per un secondo, ma il gesto non sfuggì ai due gemelli che lo fissarono maliziosi:

- Dunque è così, giusto? Hai pestato i piedi a qualcuno di importante... di chi parliamo? Piton? Malfoy? –

Altro sussulto.

- Ahhh! Un nemico di Malfoy! – disse uno dei due.

- Credo che potremmo anche aiutare un nemico di Malfoy, specie se si è fatto picchiare da Ron senza reagire – aggiunse uno dei due gemelli.

– Se solo si decidesse a presentarsi e a chiedercelo con la giusta educazione... – scherzò l'altro.

Rimasero a fissarlo con volti palesemente divertiti e a Milo non rimase altro che cedere.

Sospirando rassegnato si alzò e tese loro la mano:

- Mi chiamo Milo Ogilvie, piacere di conoscervi. Avrei davvero bisogno del vostro aiuto... –

I due si alzarono ed assunsero un atteggiamento esageratamente pomposo:

- Piacere Ogilvie, io sono George Weasley – disse il primo

- Ed io Fred Weasley, molto onorato – scherzò il secondo

- Mentre io sono Ginevra Weasley, ma puoi chiamarmi Ginny – concluse la rossa

Milo la fissò con sguardo interrogativo.

- Bé, in questi anni non ci eravamo mai presentati ufficialmente, no? – disse le sorridendogli.

– Ora che siamo amici non posso certo continuare a chiamarti Ogilvie... –

Quell'assurdo ragionamento lo lasciò a dir poco perplesso:

- Amici? – pensò – E da quando? –

Sentì un braccio posarsi sulla sua spalla:

- Non farci caso, nostra sorella è parecchio strana – disse uno dei gemelli.

- Fred! – urlò Ginny, indispettita.

- Ma se la chiami Ginevra invece di Ginny rischi che non capisca che ti stai rivolgendo a lei, è un po' tarda, sai? – rincarò la dose l'altro gemello, ridacchiando.

- George! – la ragazza era visibilmente paonazza.

- Ma bando alle ciance – il ragazzo che Ginny aveva chiamato Fred (Milo non riusciva a trovare nessuna differenza con il fratello) si staccò da lui e fece un cenno ad alcuni elfi domestici – E' il momento di rimetterti in sesto con la famosa medicina segreta di casa Weasley! –

La "famosa medicina segreta" di casa Weasley altro non era che un'abbuffata di cibo, ma a Milo non dispiacque perchè in effetti aveva fame e sete, essendo ormai a digiuno dalla notte precedente: inoltre il desinare era allietato dagli scherzi e dai lazzi dei tre Weasley che – doveva ammetterlo – rappresentavano una compagnia decisamente divertente.

Finito di mangiare e recuperate in parte le forze, i gemelli gli dissero che era il momento di passare al "Piano B".

- Adesso scoprirai il vero Paradiso! – gli dissero raggianti.

Ma senza sapere esattamente perchè, Milo aveva la sensazione che qualunque cosa stessero per fare, si sarebbe cacciato di nuovo nei guai...

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Capitolo 15
*** Il bagno dei Prefetti ***


15.

La conversazione che si stava tenendo nelle cucine della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts sarebbe parsa quantomeno strana a chiunque vi potesse assistere: da una parte tre esuberanti Grifondoro dai capelli rosso fuoco, dall'altra un malconcio Serpeverde dai modi misurati ma gentili. Ma gli elfi domestici erano indaffaratissimi a svolgere le loro mansioni e così la surreale scena non aveva spettatori interessati...

- Quello che ti serve ora è un posto dove riassettarti e rilassarti – disse Fred Weasley (o era George?)

- E noi conosciamo il meglio che tu possa trovare ad Hogwarts – continuò George (o era Fred?)

- E non ti costerà nemmeno molto... – riprese Fred

- Ma come? – Ginny e Milo reagirono quasi all'unisono

- Bé, vedi signor Serpeverde, noi siamo uomini d'affari – ripresero i gemelli.

- La nostra improvvida sorellina ti ha appena rivelato uno dei posti più utili di questa scuola. Le cucine sono un ottimo posto dove venire a fare provviste per i festini serali o dove rifugiarsi per bigiare una lezione, basta che tu abbia l'accortezza di evitare la Granger...

- La Granger? Intendete Hermione Granger, l'amica di Potter? – chiese Milo.

- Si, proprio lei. Ultimamente ha la mania di voler liberare gli elfi domestici perchè crede che siano tenuti in schiavitù... –

- Ma é pazza! – sogghignò di rimando il ragazzo.

Per tutta risposta George (o era Fred?) urlò rivolto agli elfi domestici che affollavano indaffarati la cucina:

– Ehi, voi, miei cari elfi. Vi sentite sfruttati e vi pesa lavorare ininterrottamente ogni santo giorno qui ad Hogwarts? –

Si alzarono solo voci di diniego, molte addirittura indignate:

- No signori, noi felici di lavorare qui... –

- Hogwarts è un bel posto –

- Silente ci tratta molto bene –

- Pesarci il lavoro? Stiamo scherzando? –

Il caos durò qualche istante, poi ripresero a trafficare, tornando ad ignorare i quattro ragazzi.

- Si, é decisamente pazza! – concluse Fred (o era George?) facendo spallucce.

- Dunque, per tornare al nostro discorso – i gemelli erano di nuovo seri – diciamo che i servizi che ti forniremo stasera hanno un certo prezzo, ma sono sicuro che troverai le nostre richieste del tutto ragionevoli! –

Milo provava un'innata simpatia per quei due imbonitori, ma era anche consapevole che le sue finanze erano, al momento, alquanto ristrette:

- Mi dispiace – disse loro – ma se volete dei soldi cascate male... –

- Soldi? Soldi? Chi ha parlato di soldi? Ci credi individui tanto spregevoli? – gli risposero i gemelli, fingendosi offesi.

- L'impressione era quella... – disse infine Ginny, con un tono piuttosto gelido.

- Ma no sorellina, non potremmo mai chiedere del denaro ad un tuo amichetto... – disse Fred (o era George?) strizzandole l'occhio.

Ginevra Weasley si alzò di scatto, arrossata in volto: - Cosa stai insinuando? –

Milo sorrise, mentre Fred la ignorò, continuando il suo discorso: – ...siamo piuttosto interessati ai talenti del qui presente signor Ogilvie... –

- Talenti? – chiese la ragazza.

- Talenti? – le fece eco Milo.

- Si, esatto! – i due gemelli si scambiarono uno sguardo d'intesa – sappiamo che sei il migliore del tuo anno al corso di pozioni e visti i trascorsi della tua famiglia immagino tu sia a conoscenza di preparati magici un po' più interessanti di quanto non si trovi sui libri di testo... –

- Ma cosa state dicendo? – li interruppe Ginny.

Milo cominciava a capire. In effetti i suoi genitori lo avevano iniziato già in giovane età a magie e pozioni che un qualsiasi insegnante di Hogwarts avrebbe giudicato quantomeno inopportuni, per non dire di peggio. Era una tradizione di famiglia a cui gli Ogilvie tenevano molto, forse troppo considerando che la cosa risultava evidentemente di dominio pubblico.

Milo sorrise e fece un cenno d'assenso con il capo:

- D'accordo, allora. Se servirà vi darò una mano, per quel che posso... –

Subito i due ragazzi gli tesero la mano destra:

- Siamo d'accordo, allora? Si tratta di uno scambio equo... –

Ginny si limitava a fissarlo in silenzio, mentre Milo ribatteva sarcastico:

- Uno scambio equo? Finora mi sembra non mi abbiate fornito altro che chiacchiere. Se c'è una persona con cui potrei sentirmi in debito questa semmai è vostra sorella... – disse Milo, alzando uno sguardo malizioso verso la giovane Grifondoro - ...non certo voi -

La ragazza arrossì lievemente

- Non c'è problema – dissero i gemelli – l'importante è che tu sia in debito con uno qualsiasi della famiglia Weasley. Tanto saremo noi a riscuotere... –

Milo emise un sospiro vagamente seccato:

- Bene, se in qualche modo mi aiuterete a concludere in maniera accettabile questa assurda giornata, può darsi che... –

- ... che tu ci dia una mano ad elaborare alcuni nostri prodotti! – conclusero loro.

- Ma non potete chiedere una cosa simile... – intervenne Ginny.

- Mi sembra accettabile – la interruppe Milo

Alle parole del ragazzo Fred e George Weasley sorrisero e si protesero verso di lui, afferrandogli e stringendogli con foga la mano destra.

- Bene, siamo d'accordo allora! – disse Fred.

- Preparati a scoprire un vero paradiso – gli fece eco George, estraendo dal taschino una curiosa chiave dorata – Il bagno dei Prefetti! –

Milo si portò una mano alla tempia: il mal di testa stava tornando...

 

 

 

 

Quella sera Milo apprese che tra i tanti misteri che Hogwarts celava, ce n'era uno assai meno intrigante di una stanza segreta custodita da un Basilisco, ma decisamente più utile. A quanto pareva, quale privilegio connaturato alla loro carica, i prefetti ed i caposcuola di Hogwarts beneficiavano di tutta una serie di comfort non da poco, come ad esempio bagni personalizzati e decisamente lussuosi, realizzati in marmo bianchissimo e dotati di una gigantesca vasca da bagno nella quale era possibile far confluire i bagnoschiuma e gli aromi più incredibili.

Strada facendo i gemelli gli avevano spiegato di aver scoperto questi bagni pedinando il loro fratello maggiore, Percy, non esattamente un esempio di acume e sagacia a quanto pareva. Ne dovevano esistere parecchi sparsi per il castello, anche perchè era improbabile che tutti i Prefetti si servissero di un unico bagno, pertanto avrebbe potuto usufruirne senza eccessivi patemi. Per l'accesso bastava conoscere la parola d'ordine, "Frescopino", e bloccando la porta dall'altro lato la privacy sarebbe stata assicurata.

I tre fratelli Weasley si accomiatarono appena Milo fu entrato: erano le cinque del pomeriggio, quindi era inutile affrettarsi perchè le lezioni erano ormai terminate. Così il ragazzo decise di prendersela comoda, godendosi al massimo i piaceri di un bagno caldo e rilassante. Una volta uscito dalla vasca si asciugò con calma i capelli: la testa gli doleva ancora, ma ora si sentiva decisamente più in forma e rinfrancato. Trovò anche il tempo di dare una sistemata agli abiti, in modo da renderli presentabili, quindi uscì con cautela, per evitare di farsi sorprendere da qualcuno, e si avviò con decisione verso l'ufficio della McGranitt.

Malfoy aveva detto che la professoressa stava cercando lui e la Parkinson e Milo non dubitava che volesse redarguirli per la faccenda dell'altra sera, quando aveva sorpreso lui e Pansy fuori dalla torre; non gli faceva molto piacere la prospettiva di dover subire una punizione, ma tutto sommato pensò che se lei non li avesse coperti con Piton sarebbe andata molto peggio. Si rassegnò così all'inevitabile, sicuro però quello che quello che sarebbe accaduto dopo la visita alla McGranitt avrebbe risollevato in parte la serata: Milo era infatti ben deciso a "ringraziare" Malfoy per le gentilezze che gli aveva riservato quel giorno.

Pregustando la vendetta, si avviò verso l'ufficio della responsabile dell'insegnante di Trasfigurazione...

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Capitolo 16
*** Ti devo un favore! ***


16.

In piedi davanti alla professoressa McGranitt, Milo si sentiva decisamente in imbarazzo. Era arrivato lì rassegnato a subire un bel predicozzo sul fatto che non si dovesse scorazzare per la scuola di notte, con conseguente punizione. Dentro aveva trovato la Parkinson che, come lui, se l'era presa assai comoda prima di rispondere alla convocazione.

L'insegnante, però, aveva decisamente equivocato la situazione dell'altra sera ed era convinta che in quella torre stessero facendo ben più che nascondersi da lei e da Gazza: rosso in viso ed incapace di sostenere lo sguardo dell'anziana professoressa, Milo guardava il soffitto nella speranza che quella tortura avesse termine il prima possibile. Qualunque punizione gli sarebbe parsa preferibile agli sproloqui della McGranitt, che parlava di comportamenti inqualificabili per degli studenti di Hogwarts, della necessità di resistere al richiamo dei propri sensi, del pericolo insito nel fare "certe cose" in maniera avventata e, soprattutto, prematura, data la loro giovane età.

Accanto a lui Pansy era impietrita: ad una prima occhiata appariva decisamente concentrata sul discorso in atto, ma una curva innaturale delle labbra faceva intuire un sorriso trattenuto a stento.

La situazione si protrasse per diverso tempo, senza giungere ad uno sbocco: evidentemente la McGranitt non si riteneva soddisfatta degli assensi accondiscendenti che i due ragazzi manifestavano di tanto in tanto in risposta alle sue parole. Alla fine Pansy non resse più e scoppiò in una fragorosa risata. Milo si sentì gelare il sangue nelle vene mentre il volto della professoressa si irrigidiva: le sue labbra si fecero più sottili mentre gli occhi parevano lanciare saette.

- Cosa c'è di tanto divertente, signorina Parkinson? – sbottò non appena la ragazza finì di ridere.

- Niente, niente professoressa, mi scusi – Pansy tentò di recuperare la situazione, ma ormai il danno era fatto.

- Pensate che sia tutto uno scherzo? Vi rendete conto della gravità del vostro comportamento? – disse in tono severo.

I due studenti annuirono in silenzio.

- Benedetti ragazzi, quanta pazienza che ci vuole – continuò lei sospirando – Che cosa dovrei fare ora, secondo voi? Posso fidarmi della vostra parola che cose simili non si ripeteranno più? –

Pansy sbuffò esasperata:

- Guardi professoressa che non stavamo mica facendo sess... ahi! –

Il gomito di Milo si conficcò dolorosamente nel fianco della ragazza:

- Pansy voleva dire che siamo veramente dispiaciuti per quello che è successo ieri, ma le assicuriamo che non stavamo facendo nulla di diverso da una piacevole chiacchierata tra amici... – disse con il tono più innocente del mondo, anche perchè era proprio la verità.

La McGranitt li fissò per alcuni lunghi istanti, aspettando che Pansy smettesse di borbottare per il colpo appena ricevuto, quindi parlò:

- Siete fortunati che lo stesso assurdo motivo che mi ha portato a non segnalarvi immediatamente al professor Piton questa notte mi impedisca ora di punirvi adeguatamente... ma sono sicura che sarete entusiasti di offrirvi come volontari per aiutare il signor Gazza ad ultimare i preparativi per l'accoglienza degli studenti di Beauxbatons e Durmstrang! –

- Volontari? Per certe cose ci sono gli elfi domestici, può pure scordarsi che io... ahi! – il gomito di Milo interruppe nuovamente Pansy.

- Grazie signor Ogilvie – la McGranitt gli fece un cenno di compiaciuto assenso, quindi si rivolse di nuovo alla ragazza:

- Signorina Parkinson, forse le sfugge il fatto che io posso obbligarvi a farlo. Ma così mi troverei costretta anche a spiegare al professor Piton le ragioni della vostra punizione... – aggiunse, incurvando leggermente le labbra in quello che doveva essere un sorriso ironico.

Pansy rimuginò per qualche secondo, poi si rese finalmente conto di non avere molta scelta:

- D'accordo, credo mi convenga offrirmi volontaria... – rispose cupa.

- Immagino di poter contare anche sul suo assenso, vero signor Ogilvie? –

- Naturalmente – rispose Milo, abbozzando un sorriso di circostanza.

- Molto bene: comunicherò le vostre candidature a chi di dovere. Potete andare. – concluse solenne.

 

 

- Dannata vecchiaccia! – Pansy era davvero furiosa.

Lei e Milo stavano mestamente tornando verso la sala comune di Serpeverde, ma evidentemente la ragazza non riusciva a rassegnarsi di essere stata messa in punizione dalla McGranitt.

- E' inconcepibile, é la responsabile dei Grifondoro ma ci ha praticamente ricattati! – continuò – Che razza di Grifondoro è allora se usa metodi da Serpeverde? –

Milo camminava in silenzio accanto a lei, ignorandola. La ragazza infine si fermò:

- Che c'è, perchè non mi parli? – gli chiese irritata.

Fece finta di nulla e continuò a camminare: dietro di lui Pansy emise uno sbuffo di rabbia e si fermò. Ma quando Milo era giunto quasi alla fine del corridoio sentì che la ragazza si era messa a correre: d'istinto cercò di accelerare il passo e di raggiungere la porta che dava sulle scale, ma non fece in tempo. Due braccia lo afferrarono da dietro all'altezza del collo mentre un paio di gambe gli si attorcigliavano in vita. Pansy gli era saltata sulla schiena!

- Non ti permetto di ignorarmi cosiiiiiiiiiiiii... – non riuscì a finire la frase: preso completamente di sorpresa, Milo barcollò qualche secondo, quindi cadde lungo supino, con la ragazza ancora aggrappata alla sua schiena.

- Ma sei completamente pazza, lasciami! – le urlò contro, non appena si riprese. Ma Pansy non aveva nessuna intenzione di mollare la presa e per tutta risposta cominciò a sfregargli le nocche dei pugni sulla testa.

- Ti ho detto che non puoi ignorarmi così! – gli ripeteva.

Milo cercò di divincolarsi, ma senza successo.

- Perchè sei arrabbiato con me? – insisteva lei.

- E me lo chiedi? Hai lasciato che Malfoy mi sbatacchiasse a suo piacimento senza muovere un dito! –

Lei sospirò e mollò la presa:

- Allora è solo per questo? Lo vedi che sei proprio un mocciosetto? –

Una volta libero, Milo poté finalmente voltarsi: Pansy si era seduta davanti a lui, le gambe incrociate mentre con le mani si riassettava la gonna: lo fissava con uno sguardo divertito e malizioso.

- Hai visto come si è arrabbiato il mio Dracuccio? – gli disse – Non avrei mai pensato che potesse reagire così. Ma se ci pensi se fossi intervenuta in tuo favore non avrei fatto altro che peggiorare la situazione, si sarebbe infuriato ancora di più! –

Da lungo disteso per terra, Milo si era alzato ed ora sedeva anche lui di fronte alla compagna, il cui ragionamento non sembrava – in effetti – fare una grinza: se Malfoy se l'era presa con lui perchè geloso (ma era mai possibile?), se Pansy avesse preso le sue difese si sarebbe arrabbiato ancora di più. Tuttavia questo non toglieva che lui si sentisse ancora profondamente offeso con lei per il suo comportamento.

La ragazza sembrò intuire i suoi pensieri: smise di sorridere, assumendo un'espressione vagamente imbronciata.

- Va bene, va bene: hai ragione. Avrei potuto fare qualcosa di più che starmene ferma a guardare... diciamo che ora ti devo un grosso favore... un favore che contraccambierò immediatamente! – concluse facendogli l'occhiolino.

Si alzò sulle ginocchia e cominciò ad avvicinarsi lentamente a Milo, camminando gattoni. Il ragazzo non sapeva cosa avesse in mente, ma si sentiva decisamente a disagio: non riuscì a profferire parola mentre il viso di Pansy si avvicinava lentamente al suo. Cominciò a sudare freddo mentre questa posava il mento sulle sue spalle, ma la ragazza si limitò a sussurrargli qualcosa all'orecchio.

- Credo ti interesserà sapere che stasera potrai trovare Dracuccio solo soletto nell'aula di Trasfigurazione... –

- Cosa? – Milo non riuscì a trattenere un'espressione stupefatta, mentre Pansy si staccava lentamente dalla sua spalla, tornando nella posizione originaria di fronte a lui. Lei gli sorrise:

- Voglio dire che se vorrai vendicarti di lui lo troverai dove ti ho detto, senza Tiger e Goyle a guardargli le spalle. Sai, il mio Dracuccio mi ha appuntamento lì per stasera, ma ho la sensazione che tarderò qualche minuto... –

Milo continuava a fissarla incredulo.

- Oh, insomma, non è tanto difficile da capire! – sbuffò dolcemente lei – Tu vorrai senz'altro vendicarti, no? Qualunque Serpeverde con un po' di sano orgoglio lo farebbe... –

- Si, naturalmente... – le rispose di rimando, quasi in automatico.

- E allora l'occasione giusta è stasera. Lo affronterai da solo, senza testimoni, così pareggerete i conti senza che nessun altro ne sappia nulla. Poi arriverò io a prendermi cura di lui... –

- Sei completamente pazza, lo sai? – disse lui, ormai rassegnato.

- Si, lo so. Ma rimarrà il nostro piccolo segreto... e vedi di non fargli troppo male, ci siamo capiti? –

- Non preoccuparti, farò solo in modo che abbia bisogno della tua devota assistenza per un paio di giorni... – la rassicurò.

- Grazie, sapevo che avremmo trovato un punto d'incontro soddisfacente per entrambi – cinguettò lei, afferrandogli la mano destra e stringendogliela con forza.

In breve il risentimento provato svanì e Milo si trovò a pensare che Pansy era una tipa decisamente interessante, sebbene del tutto fuori di testa.

- AH! DI NUOVO! –

Un grido strozzato distolse entrambi dai propri pensieri: si voltarono verso il corridoio e video la McGranitt che, uscita dal suo ufficio, si era fermata, impietrita, con lo sguardo severo puntato su loro due.

Pansy gli strinse forte la mano e urlò – Via, prima che ci appioppi un'altra punizione – ed entrambi corsero a perdifiato in direzione opposta, ridendo come matti al pensiero di aver causato un altro mezzo infarto all'anziana insegnante...

 

 

Quella sera Draco Malfoy non si vide al dormitorio dei Serpeverde e lo stesso accadde i due giorni successivi. Tiger e Goyle dicevano in giro che si era preso una forma particolarmente virulenta di raffreddore e che si trovava in cura da madama Chips, amorevolmente assistito da Pansy. Ma tutti quelli che si trovavano a passare per l'infermeria riferivano che il raffreddore doveva essere alquanto strano, visto che il naso di Malfoy pareva essere cresciuto almeno tre volte in volume, e che il poveretto continuava a starnutire ed imprecare.

Negli stessi giorni Ogilvie fu visto aggirarsi per la scuola con un'espressione stranamente soddisfatta sul volto...

 

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Capitolo 17
*** In punizione ***


17.

A Milo quel corridoio sembrava davvero troppo lungo. In realtà tutti i corridoi di Hogwarts probabilmente lo erano, tutta la scuola pareva concepita e creata da un architetto con manie di grandezza. Ma fino a quel momento non ci aveva fatto troppo caso o, per meglio dire, i suoi sensi si erano ormai abituati a quel mondo del tutto fuori scala. Ma una cosa era percorrere quei corridoi, un'altra doverli pulire passo dopo passo: arazzi antichi e sciupati dal tempo, quadri di personaggi ormai dimenticati e dimentichi loro stessi, statue, busti, vetrine... la polvere copriva uniformemente ogni cosa. Ed era un vero peccato doverla togliere tutta, tale atto finiva in qualche modo per contaminare irrimediabilmente quell'aurea di sacralità che permeava tutta la scuola. Se nessuno, nei decenni precedenti, si era preoccupato di spolverare, perchè interrompere ora la tradizione? Questo era ciò che Milo aveva tentato di far intendere alla McGranitt, che però non era sembrata molto convinta della sua teoria e aveva confermato la punizione: ripulire i corridoi dell'ala ovest e senza l'ausilio della magia!

Era al lavoro da un paio di ore, ma gli sembrava fosse passata un'intera giornata: le nuvole di polvere che si alzavano ad ogni passata lo facevano starnutire ed ora gli sembrava di essere lui stesso coperto di una patina grigia da capo a piedi, grigia come il suo umore. Da quando era al lavoro non si era vista anima viva in giro: Gazza era a sua volta impegnato nei preparativi e Pansy scontava la sua pena qualche corridoio più in là. Sembrava quasi che l'avessero fatto apposta a lasciarlo li senza nemmeno un controllo: più volte Milo pensò di dare un'acceleratina ai lavori con l'ausilio della bacchetta che si era precauzionalmente portato dietro, ma proprio l'apparente facilità dell'operazione lo insospettiva e preferì continuare a lavorare mestamente.

Più tardi, nel corso della mattinata, ebbe conferma della giustezza delle sue intuizioni quando vide passare la McGranitt e Pansy. L'anziana insegnante aveva il suo solito piglio severo ed un'aria decisamente seccata: in mano teneva una bacchetta che Milo riconobbe subito come quella della compagna Serpeverde. Dietro di lei Pansy camminava con aria contrita e piagnucolante:

- La prego, professoressa, c'è stato un equivoco. Non stavo usando la bacchetta per pulire, volevo solo evocare una... una... una caraffa d'acqua per rinfrescarmi, gli e lo giuro. E' la verità. Non mi mandi a pulire i sotterranei, là sotto ci sono topi e muffa... –

Al loro passaggio Milo non riuscì a trattenere un sorriso, ricevendone in cambio lo sguardo furente della ragazza.

Non appena le due svoltarono l'angolo, un'idea gli baluginò in mente:

- Se la McGranitt si sta occupando di Pansy, vuol dire che per il momento nessuno sta controllando me! –

Aspettò qualche istante, poi si guardò furtivamente attorno ed una volta accertatosi di essere solo si decise ad agire. Estrasse la bacchetta, si concentrò e cominciò ad agitarla ritmicamente: la polvere si alzava dagli oggetti per poi trasformarsi in una miriade di stelle luccicanti e svanire nel nulla. La fine del corridoio, e con esso la fine della punizione, si avvicinavano sempre più, quando improvvisamente risuonò una voce:

- Ahem, posso sapere cosa sta facendo signor Ogilvie? –

Milo trasalì e si voltò: alle sue spalle si stagliavano le figure della McGranitt e di Pansy. La ragazza lo guardava con aria trionfante:

- Ha visto professoressa? Avevo ragione, ero sicura che non appena ci fossimo allontanate ne avrebbe approfittato... –

- Vedo, signorina Parkinson, vedo... –

Milo sentì le tempie pulsargli sempre più forte, forse per l'estremo imbarazzo che provava, forse per il crescente desiderio di trasformare all'istante Pansy in una statua di sale. Non proferì parola mentre la McGranitt si avvicinava e gli strappava la bacchetta dalle mani.

- Mi vedo costretta a raddoppiare la punizione... ad entrambi! –

Il sorriso sul volto di Pansy scomparve: - Ma come, io credevo... –

- Credeva cosa, signorina Parkinson? Che fare la spia potesse risultare opera meritoria ai miei occhi?

La ragazza sbiancò mentre Milo la guardava con occhi di fuoco...

 

 

Questa volta la professoressa McGranitt non ebbe remore, ben decisa a far comprendere loro la differenza tra una punizione ed un vero e proprio castigo: confinò i due ragazzi nel più remoto e tetro dei sotterranei, a riordinare cataste di vecchi libri, scaffali pericolanti ed artefatti di incerta natura ricoperti di una patina di sporcizia, conseguenza di decenni di incuria. Era ovvio che nessun visitatore di Beauxbatons o di Durmstrang sarebbe mai passato di lì, anche immaginando un ipotetico tour tra le meraviglie nascoste del castello.

La McGranitt sequestrò loro le bacchette ed annunciò che sarebbero rimasti ivi confinati fino all'ora di cena, quindi quale ulteriore misura precauzionale intercettò il fantasma dell'Abate Grasso - custode della casa di Tassorosso - che si trovava a passare di lì proprio in quel momento, e gli chiese di rimanere a sorvegliare i due ragazzi: evidentemente l'anziana insegnante era ancora convinta che ci fosse qualcosa di loro e che non fosse il caso di lasciarli assieme da soli. Se solo avesse potuto immaginare che l'unico contatto fisico che Milo bramava era quello con il collo della ragazza, da stringere saldamente con le mani, forse sarebbe stata più tranquilla... o forse no.

Pansy, evidentemente aveva intuito qualcosa e si tenne a debita distanza dal compagno.

Il resto della giornata fu un vero disastro: nonostante tutta la buona volontà, non sembrava proprio possibile mettere ordine in mezzo a quel caos. A peggiorare la situazione contribuì il lordume di cui i ragazzi finirono per ricoprirsi a forza di trafficare con quell'accozzaglia di antichità, senza contare le chiacchiere continue del fantasma, che evidentemente doveva essere diventato tale perchè a forza di parlare doveva essersi dimenticato di mangiare e bere. Fortunatamente l'ostinato silenzio che Milo opponeva ad ogni tentativo di dialogo convinse l'Abate a dedicare le sue attenzioni a Pansy, che tentava disperatamente di zittirlo con rispostacce che – al contrario – non facevano altro che aumentare l'allegria ciarliera del trapassato. Il ragazzo, compiaciuto, la considerò una parziale vendetta, in attesa di dare alla ragazza il resto di quanto meritasse, proponimento che avrebbe messo in atto alla prima occasione propizia.

La giornata trascorse senza altri particolari intoppi, ma risultò poco produttiva: non collaborando tra loro i due ragazzi non ottennero grandi risultati ed era facilmente prevedibile che la McGranitt non sarebbe stata molto soddisfatta. Ma in quel momento a Milo non importava molto: era stanco, sporco ed affamato e aveva un disperato desiderio di lavarsi e mettere qualcosa sotto i denti.

Si sedette su una pila di libri accatastati e cominciò a guardarsi attorno: il sotterraneo era molto grande e dava l'idea di essere anche molto antico. L'illuminazione era scarsa, le poche torce accese lasciavano ampie porzioni dello spazio nella semi-oscurità, nella quale erano ammassati alla rinfusa decine di oggetti diversi. In effetti sperare che in una sola giornata due persone potessero mettere tutto a posto, per di più senza l'aiuto della magia, era decisamente improbabile.

A qualche metro da lui anche Pansy era seduta con espressione sconsolata, la testa abbassata e le mani sulle orecchie, mentre accanto a lei il fantasma pareva molto preso da una discussione che evidentemente interessava solo lui stesso. Milo distolse lo sguardo, nel timore che l'Abate potesse notarlo e rivolgere a lui le sue importune attenzioni.

Ormai era quasi l'ora di cena e presto la professoressa sarebbe arrivata a recuperarli...

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Capitolo 18
*** Il sotterraneo ***


18.

- E' tardi! –

La voce risuonò nel silenzio della sala, echeggiando negli angoli più lontani. Milo sollevò la testa, riprendendosi dal torpore che lo aveva colto.

- Oh si, è vero. Che strano... –

Milo riconobbe subito i proprietari delle due voci: quella che lo aveva destato era di Pansy, la seconda era sicuramente quella del fantasma di Tassorosso.

Strinse gli occhi per cercare di mettere a fuoco la scena: la ragazza era davanti alla porta del sotterraneo e a quanto pareva stava armeggiando nel vano tentativo di aprirla.

- Quella stupida vecchia, ci ha chiusi dentro! Se aspetta ancora un po' a venirci a prendere ci farò la muffa in questo sotterraneo! – disse assestando un calcione allo stipite.

- Ci ha chiusi dentro? – chiese Milo, dimenticando di essere arrabbiato con la compagna.

- Oh, mister "sono arrabbiato con te e non ti parlo" si è svegliato! Dormito bene? – lo apostrofò lei sarcasticamente. Era evidente che doveva essere piuttosto alterata. Milo, che stava ancora mettendo a fuoco la situazione, si grattò la testa gettando contemporaneamente un'occhiata all'orologio.

- Ma sono le nove! – sbottò con un moto di stupore.

- Già, bella scoperta. L'ora di cena è passata da un pezzo. Quella si è dimenticata che noi siamo qui, te lo dico io... –

- Oh, su, non dica così signorina Parkinson – la rimproverò bonariamente il fantasma dell'Abate – sono sicuro che c'è una spiegazione per questo ritardo –

- Bella forza, parli tu che sei morto e non hai problemi. Ma per la cronaca io ho fame e sete e sono stanca e devo lavarmi e... –

- Va bene, va bene – la interruppe lo spettro – se mi prometti di calmarti andrò io stesso a vedere cosa succede, d'accordo? Aspettatemi qui e fate i bravi. – e detto questo svanì oltre la porta sbarrata.

Pansy si girò verso Milo, aveva i pugni serrati sui fianchi e il viso rosso:

- Ma lo senti come ci trattano? Come se fossimo dei mocciosetti del primo anno! Pensano forse di poterci tenere chiusi qui dentro per sempre? – sbottò, tirando un altro calcione, questa volta alla colonna posizionata alla sua destra. Il colpo fu talmente forte che un sostegno si staccò e la torcia che sorreggeva si staccò e cadde a terra. Il fuoco sfrigolò per qualche istante sul pavimento di roccia, quindi si spense del tutto, lasciando la zona dove si trovava la ragazza completamente al buio.

- Ehi, fai attenzione! – la sgridò Milo.

Pansy uscì dall'oscurità avvicinandosi a lui: sul suo viso la rabbia aveva lasciato il posto alla preoccupazione. Avanzava lentamente, con le braccia conserte in vita e gli occhi dilatati.

- C'è qualcosa che non va, non te ne rendi conto? La McGranitt non è tipo da lasciarci qui così, solo per il gusto di infliggerci una punizione. –

Milo trovò sensato il ragionamento ed annuì: - Hai ragione, è strano... –

Si guardarono intorno, smarriti. Ora il sotterraneo sembrava più scuro, e le poche torce fornivano solo un tenue bagliore in un mare di oscurità.

- Se almeno avessimo le bacchette... –

Milo decise che era il momento di darsi da fare e scattò in piedi:

- Vieni – disse rivolto a Pansy – prendiamo una delle torce e vediamo di darci una mossa –

- Cosa vuoi fare esattamente? – gli chiese lei.

- Vedere se troviamo qualcosa di utile per uscire di qui... –

- Tipo un passaggio segreto? –

- Qualcosa del genere... –

 

 

L'Abate Grasso passò attraverso la porta solo per trovarsi davanti ai visi indagatori e corrucciati di Silente, della professoressa McGranitt e di Severus Piton: la sorpresa fu tale che fece un passo indietro, ma anche i tre docenti parvero stupirsi e lo guardarono con una muta domanda negli occhi.

Il primo a parlare fu il fantasma:

- Oh, buonasera signori, stavamo giusto domandandoci dove fosse finita la professoressa McGranitt, dato che ormai l'ora di cena è passata da un pezzo... – disse in tono gioviale, ma dovette interrompersi di fronte alla curiosa espressione che vide stampata sul volto dei suoi interlocutori.

- Ehm, ho detto qualcosa che non va? – domandò.

Solo allora i tre parvero riprendersi.

- Oh, ci scusi tanto, non è colpa sua – disse Silente, schiarendosi la voce – è che siamo rimasti un poco sorpresi... –

L'Abate li fissava ancora con aria interrogativa.

- Se avrà la compiacenza di voltarsi – intervenne ancora Silente – capirà la ragione della nostra sorpresa -

Il fantasma si voltò e rimase a bocca aperta: dietro di lui non c'era la porta attraverso la quale era sicuro di essere appena passato, ma un solido e spoglio muro di pietra.

- Lei arriva dal sotterraneo? Come stanno i ragazzi? – gli chiese preoccupata la McGranitt.

- Stanno... stanno bene, per ora – le rispose titubante lo spettro, mentre tornava sui suoi passi. Infilò la testa dentro il muro, ma dall'altra parte non trovò la stanza che aveva appena lasciato. Non trovò nulla, solo oscurità e vuoto.

- Non capisco... – disse.

- Evidentemente la stanza è ancora lì da qualche parte, solo che non la possiamo vedere, né possiamo entrare – borbottò Silente, assumendo un'aria pensierosa.

- Se proprio doveva smarrire degli studenti poteva scegliere dei Grifondoro, mia cara professoressa. Con che diritto stava punendo dei Serpeverde? – domandò Piton con tono caustico, rivolto all'anziana docente.

- Su, su, non preoccupatevi, credo di aver capito di cosa si tratta. – intervenne Silente - Ci vorrà un po' di tempo, ma riusciremo a recuperare entrambi i nostri studenti. Dovrò solo lavorarci un po' sopra... mi ci vorrà tutta la notte, probabilmente. Meglio non perdere tempo, allora. Se volete scusarmi, prima di cominciare devo andare a prendere alcuni artefatti che mi torneranno parecchio utili... –

Il preside si allontanò di gran lena, tradendo così la sua preoccupazione, nonostante le parole confortanti appena pronunciate.

- Eppure non è la prima volta che vengo qua sotto, e non era mai accaduto niente – disse infine la responsabile della casa dei Grifondoro.

- Evidentemente uno dei due ragazzi deve aver fatto scattare qualcosa... – le rispose Piton

- Questo è certo – concordò la McGranitt – Ma quel che più mi preoccupa è che un simile incantamento deve essere molto potente, per essere rimasto occultato da chissà quanto tempo, senza che nessuno ne avvertisse la presenza... –

- Già, deve esserci qualcosa di oscuro dietro questa faccenda... – concluse il professore di Pozioni.

Dopodichè i due insegnanti ed il fantasma rimasero in silenzio a fissare il muro, in attesa del ritorno di Silente...

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Capitolo 19
*** Luce nelle tenebre ***


19.

Il fuoco crepitava forte e gemeva in quella che era una lenta e straziante agonia: l'ultima torcia si stava consumando e presto sarebbe sceso il buio totale.

Milo e Pansy sedevano sconsolati sul pavimento: avevano esaminato ogni angolo, ogni anfratto, ogni cumulo di rifiuti presente nella stanza, ma non avevano trovato nulla. Erano ormai passate ore da quando il fantasma dell'Abate se ne era andato e nessuno era ancora tornato a prenderli.

Oscure ombre danzavano attorno alla fiamma morente, nel silenzio irreale della stanza: un ultimo scoppio, uno sbuffo di fumo e fu il buio. Per qualche secondo i due ragazzi rimasero immobili, mentre gli ultimi profili dei muri e delle colonne venivano inghiottiti nel nulla.

Un senso di profonda angoscia cominciò ad attanagliare lo stomaco di Milo, quando un tocco gelido lo distolse dai suoi cupi pensieri. Al contatto le mani di Pansy erano fredde come il ghiaccio: la ragazza gli si era avvicinata in silenzio ed ora si stava aggrappando al suo braccio, in cerca di un contatto amico.

Milo arrossì in silenzio mentre sentiva il piccolo seno della ragazza premere con delicatezza sul suo gomito, mentre le unghie di lei affondavano nel suo braccio. Le mani di Pansy tremavano e il suo cuore batteva forte: doveva essere spaventata almeno quanto lui, ma questa consapevolezza in qualche modo lo calmò. L'idea che in fondo era lui ad essere l'uomo e che dunque spettasse a lui prendere in mano la situazione gli fece recuperare lucidità, mentre un accenno di sorriso increspava le sue labbra:

- Che razza di idee antiquate mi vengono fuori nei momenti critici... – pensò

Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente per tre volte. Intorno a lui il silenzio era totale, a parte il respiro di Pansy al suo fianco.

Istintivamente posò la mano libera sul capo della ragazza e le parlò con tono rassicurante:

- Non avere timore Pansy, sicuramente verranno a recuperarci... –

Un brivido scosse la ragazza, Milo lo avvertì chiaramente mentre le sue unghie affondavano ancora di più nel braccio.

- Non osare parlarmi così ragazzino: credi che abbia paura? – gli rispose con voce appena rotta dall'ansia. Ma non si staccò dal suo braccio.

- Dov'è finita la supponente miss Parkinson, quella che non ha mai paura di nulla? – la provocò.

- Quella Parkinson non è mai esistita, brutto idiota! – lo rimbrottò – E questa non è certo la situazione ideale per fare dello spirito... –

Le parole riecheggiarono nella stanza, facendola sembrare addirittura più grande di quanto ricordavano che fosse in realtà.

Prima che lo scoramento si riaffacciasse, Milo si alzò in piedi, sollevando a forza anche la compagna:

- Ehi, attento a dove tocchi! – lo rimproverò.

- Non c'è molto da toccare, mia cara... – scherzò lui, ricevendone in cambio un pugno sulla schiena.

- Sei un vero cafone! – lo rimproverò scherzosamente. Anche Pansy stava recuperando un minimo di coraggio e allentò la presa sul suo braccio.

Mentre i loro occhi cominciavano ad abituarsi lentamente all'oscurità, constatarono con stupore che questa non era totale: una lieve luminescenza si irradiava dal mucchio di cianfrusaglie vicino a loro.

Non dissero nulla, ma Pansy si staccò dal braccio di Milo mentre il ragazzo cominciava a spostare delicatamente gli oggetti impilati davanti a loro.

- Fai attenzione... - disse lei.

Man mano che levava gli oggetti la luce si faceva più forte. Sulla catasta erano impilati alla rinfusa vecchi libri consunti dal tempo, mobilio di vario genere come sedie, tavolini, leggii, oltre ad una quantità abnorme di vecchi e polverosi stracci. Milo ricordava di esservisi accostato nel pomeriggio, ma di aver rinunciato in partenza a mettere in ordine per timore di peggiorare la situazione. Ora invece afferrava freneticamente quegli stessi oggetti, gettandoli alla rinfusa attorno a lui e sollevando nuvole di polvere mentre i libri si sfaldavano e le sedie si sbriciolavano all'impatto.

Dopo qualche minuto la zona fu finalmente sgombra e la sorgente della luce svelata. A brillare erano degli strani simboli vergati su una delle grandi pietre che componevano il pavimento del sotterraneo. Milo si inginocchiò, cercando di capire che cosa potessero significare. Dietro di lui Pansy si avvicinò e, posate le mani sopra le sue spalle, si curvò in avanti cercando di vedere.

- Che cosa sarebbero quei segni? – chiese.

- Non lo so, sto cercando di capire – le rispose il ragazzo.

- Forse sono in qualche modo correlati a quello che sta succedendo qui, non credi? –

- Esattamente quello che stavo pensando anch'io -

A questo punto Milo tornò a dedicare tutta la propria attenzione ai simboli, ma improvvisamente la luce svanì e tutto tornò buio.

Neanche il tempo di domandarsi che cosa stesse accadendo che le porte della stanza si spalancarono all'improvviso: sulla soglia si stagliava una figura alta ed imponente, avvolta in un lungo abito e con una lunga, candida barba. Nella mano destra stringeva una bacchetta, mentre nella sinistra teneva aperto un libro. Si trattava di Silente, l'anziano e potente preside di Hogwarts. Volgeva la testa a destra e a sinistra, alla ricerca di qualcosa.

L'apparizione giunse talmente improvvisa ed inaspettata che Milo vacillò: mancandole l'appoggio delle spalle del ragazzo, Pansy lanciò un urlo e scivolò in avanti, addosso al compagno, tirandosi addosso gli ultimi stracci ancora impilati.

- Oh, eccoli! – disse la figura sulla porta.

Dietro di lui comparvero altre due sagome, che entrarono velocemente nella stanza.

- Lumos! – urlò una voce femminile, illuminando la zona attorno a sè, fino ai due ragazzi.

I visi sporchi e stralunati di Milo e Pansy emersero dal cumulo di cianfrusaglie: davanti a loro la professoressa McGranitt li stava guardando con aria preoccupata.

A rapidi passi l'altra figura si avvicinò loro: mani sicure e scattanti li afferrarono, aiutandoli a rimettersi in piedi. Erano quelle del professor Piton, il responsabile della casa di Serpeverde:

- Sembra che stiano bene – disse.

- Ottimo, sono proprio contento – disse infine Silente, che non aveva ancora abbandonato la sua posizione.

Piton afferrò le spalle di Pansy e le scosse leggermente:

- Signorina Parkinson, sapete dirmi cos'è successo? – le chiese.

Lei scosse il capo e rispose con veemenza:

- E' successo che ci avete chiusi qui dentro, lasciandoci soli al buio per ore! –

Piton la fissò con sguardo duro, ma non disse nulla. Poi i suoi occhi scuri si spostarono lentamente su Milo:

- Qualcosa da dire, signor Ogilvie? –

Prima che potesse rispondere alcunché sentì la mano di Pansy stringere con forza il suo polso, come un muto monito...

- Io... no, nulla professore –

Per un secondo gli sembrò che gli occhi di Piton riuscissero a leggergli dentro, ma per fortuna Silente interruppe pose fine a quel momento imbarazzante:

- Orsù, non è il caso di perdere altro tempo, Severus. Accompagna i ragazzi al dormitorio, è molto tardi e mi sembra che abbiano urgente bisogno di darsi una rinfrescata. Domani vedremo di chiarire quello che è successo... –

Piton volse lo sguardo sull'anziano mago, mentre un sorriso sarcastico gli si disegnava sul volto:

- Ha ragione signor preside, domani li attende una giornata molto impegnativa... –

I due ragazzi salutarono Silente e la McGranitt, quindi si diressero velocemente verso la casa dei Serpeverde.

Dietro di loro Piton camminava in silenzio, ma anche senza vederlo direttamente Milo e Pansy sentivano il suo sguardo indagatore incessantemente posato su di loro. Fortunatamente il sinistro professore di Pozioni si congedò non appena giunti a destinazione, lasciandoli liberi di darsi una lavata e rifocillarsi.

L'ora era tarda e la sala comune deserta. I due si salutarono con un cenno, dandosi appuntamento al giorno dopo, dopodichè si diressero verso i rispettivi dormitori.

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