Double blue eyes

di Akemichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'importanza della propria esistenza ***
Capitolo 3: *** Harvard vs Todai ***
Capitolo 4: *** Primo giorno di convivenza ***
Capitolo 5: *** Assalto alla Kaiba Corporation ***
Capitolo 6: *** Gioco delle tenebre ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***
Capitolo 8: *** In un tempo piccolo ***
Capitolo 9: *** Il duello di Shiho ***
Capitolo 10: *** La donna di Kaiba ***
Capitolo 11: *** ATPX ***
Capitolo 12: *** Stesso destino ***
Capitolo 13: *** Una tomba ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^ Lo so, lo so, avevo detto che stavo lavorando ad una fic su Detective Conan, ed è assolutamente vero, solo che ho avuto un colpo d’ispirazione improvvisa per questa e, dato che ne sono estremamente soddisfatta (la solita modesta N.d.Seto Tu parla per te! N.d.Akemichan), non sono riuscita a resistere alla tentazione di pubblicarla subito. In ogni caso, essendo la fic su Detective Conan praticamente pronta, intervallerò la pubblicazione dell’una con quella dell’altra (Quello che sta cercando di dire stà scema, in parole povere, è che i capitoli verranno aggiornati ogni due venerdì invece che uno, in modo da lasciare spazio anche all’altra fic N.d.Seto). Mi ha chiamato scema ç_ç E dire che gli ho dedicato questa storia… Basta, con la prossima mi vendicherò!
Come c’è scritto nelle note, questa fic è un cross-over, ma non ho minimamente intenzione di rivelarvi subito qual è l’altro anime ^_- Questo per due motivi principali: il primo è che vorrei che la leggessero anche quelli che non seguono l’altro anime, o che non lo hanno mai visto, dato che la prospettiva sarà (quasi) sempre dalla parte di Seto (finalmente, eh N.d.Seto), così potrebbero semplicemente considerare gli altri personaggi come dei normali OOC, solo non inventati dalla sottoscritta; il secondo è che voglio vedere se qualcuno riesce a scoprirlo prima che lo si capisca apertamente ^_- Non che sia difficile, eh ^_^
Cos’altro posso dirvi… Spero che vi piaccia come a me è piaciuto scriverla ^^ Anche i commenti negativi sono ben accetti, purchè costruttivi (il fatto che mi piaccia non significa che non possa fare schifo, purtroppo ù_ù). Il primo capitolo è un po' corto, ma spero che non risulti noioso (dopotutto è solo il prologo). Buona lettura a tutti.

 

 Prologo

Attraverso una delle tante strade extraurbane male illuminate che portava a Domino City, sfrecciava rapida la limousine bianca, che solo il presidente della Kaiba Corporation utilizzava per i suoi spostamenti. All’interno, infatti, Seto Kaiba, diciottenne a capo di una delle più importanti aziende elettroniche mondiali, stava comodamente seduto sugli ampi sedili posteriori, le gambe accavallate sul soprabito bianco.

Saranno state più o meno le tre di notte, e lui tornava da una delle tante cene di lavoro che ultimamente era costretto a subire, quasi fossero una punizione, solamente per allargare il suo mercato e ampliare il controllo della sua azienda. Odiava certi avvenimenti, nei quali era costretto a sopportare incapaci messi per pura fortuna ai vertici del potere, i quali perdevano il loro tempo a lusingarlo, riuscendo solamente ad annoiarlo su discorsi interminabili e banali come le frasi scritte negli incarti dei cioccolatini. Per non parlare delle mogli, poi! Se non lo sfinivano con il fatto che, alla sua età, avrebbe dovuto pensare più alle ragazze e meno agli affari, lo importunavano descrivendogli le qualità delle loro figlie, tanto da far apparire Madame Curie una che passava di lì per caso.

Col dorso della mano si strofinò gli occhi blu, sentendo che gli bruciavano a contatto con la luce forte dello schermo del portatile. Lo spense, sistemandolo quindi nella borsa accanto a lui, poi si appoggiò maggiormente allo schienale morbido, rivestito di pelle. La testa gli doleva a causa di tutte quelle chiacchiere vacue. Sorrise sardonico di sé stesso: avrebbe potuto resistere una notte insonne a lavorare al progetto di Kaibaland, ma bastava una sola cena di lavoro a togliergli le forze di una settimana intera.

La limousine si fermò all’improvviso, sobbalzando, e rischiando di farlo sbattere contro i sedili anteriori. “Che diavolo combini?!” gridò quindi all’autista.

“N-non è colpa mia…” cercò di giustificarsi quello, che ben conosceva il carattere del padrone, poco tollerante agli sbagli. “Credo ci sia un guasto al motore” Prese una torcia dallo scomparto. “Vedo se riesco a ripararlo” Uscì dall’auto, richiudendo immediatamente la portiera per non far entrare neanche una goccia della leggera pioggerellina che iniziava a scendere in quel momento.

Poiché i minuti passavano senza alcuna novità, Seto perse la già poca pazienza che possedeva e di cui, a causa della serata, aveva abusato a sufficenza. “Vorrei sapere perché assumo sempre incapaci!” imprecò sottovoce, mentre usciva dall’auto, incurante della pioggia che, fattasi più fitta, gli inzuppava i capelli castani e i vestiti eleganti. Si avvicinò al cofano dell’auto, osservando il fascio di luce che l’autista puntava verso il motore. “Faccio io” Gli strappò di mano la torcia ed esaminò lui stesso la situazione.

“Ma… Kaiba-sama…” Tuttavia, l’uomo non osò opporsi.

“Strano, mi sembra tutto regolare…” dovette ammettere lui stesso, mentre guardava l’intrigo del mezzo meccanico. Forse la stanchezza gli stava impedendo di ragionare lucidamente. “Qual è il problema, esattamente?”

“Il motore si è fermato improvvisamente, e stop”

“Forse è solo un contatto” intervenne una terza voce alle loro spalle. Quindi, il proprietario, senza aspettare risposta, si avvicinò all’auto e mise le mani nel motore. Tra il buio della notte e la pioggia, Seto non riuscì precisamente a capire di chi si trattava. Sembrava una ragazza, o comunque una donna, ma non fu in grado di stabilire altri particolari. Tuttavia, notò perfettamente le sue mosse all’interno del motore, degne del meccanico più esperto. La lasciò quindi fare, solo perché aveva fretta di tornare a casa.

“Dovrebbe essere a posto” disse lei con fatica, estraendo due mani affusolate ora sporche di grasso. L’autista si rimise al volante e costatò che, effettivamente, il motore rombava come nuovo. La donna non si mosse, restando a pochi centripeti dall’auto. Kaiba la guardò fissa: se si aspettava una ricompensa, cadeva male. Poi, lei traballò leggermente, rischiando di cadere veramente a terra in malo modo.

Per un riflesso incondizionato, Seto la afferrò, stringendola a sé. Entrambi avevano gli abiti zuppi, ma, mentre la teneva per le spalle, lui fu costretto a notare un altro tipo di liquido che gli colava sulla mano. Cercò di capire di cosa si trattasse, osservandolo, ma distinse solo un colorito nero in un’aria ancora più nera. Fu l’odore a chiarirgli la situazione. Quella donna perdeva sangue da una spalla, e parecchio, a giudicare dal respiro affannoso e dal calore febbricitante che si sentiva al contatto.

Sbuffò. Se era vero che non sarebbe mai stato il tipo da aiutare donzelle indifese, era anche vero che odiava fare debiti con chicchessia ed era innegabile che doveva un favore a quella donna. Non vedeva chiaro nella situazione: cosa ci faceva una persona, ferita in quel modo, in giro alle due di notte per una strada solitaria in cui passava una macchina ogni morte di due papi, anziché uno, lontana da centri abitati? Omicidio fu la parola che gli venne sulle labbra. La prese in braccio e la poggiò sui sedili posteriori dell’auto, quindi salì al suo fianco. “Parti e accelera, abbiamo fretta” ordinò all’autista. “Contatta il dottore, che si faccia trovare a casa mia fra dieci minuti”

“Ma… A quest’ora…”

“Me ne infischio se dorme! Lo pago per il suo lavoro, che lo faccia!” Riluttante, l’autista obbedì.

Allora, Seto si levò il soprabito e si volse verso la sua ospite, tanto attesa quanto sgradita. Avrebbe cercato di arrestare momentaneamente l’emorragia, per quanto le sue poche conoscenze mediche glielo consentissero. Non si curò minimamente di sporcarsi: tanto, ormai, sia vestiti che interni erano da buttare! L'auto riprese a muoversi nella notte, portando con sè un misterioso passeggero in più.

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Capitolo 2
*** L'importanza della propria esistenza ***


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L'importanza della propria esistenza

Nonostante il pedale dell’acceleratore schiacciato a tavoletta, la limousine non giunse alla Kaiba Maison che un’ora dopo l’inconveniente del motore. Fortunatamente, l’emorragia sembrava essersi arrestata, anche grazie all’intervento, sebbene un poco maldestro, di Seto, che non aveva conoscenze mediche sufficienti, né la voglia di approfondire la situazione. Inoltre, non pioveva più e ciò non poteva essere che un buon segno.

Non appena l’auto si fu fermata davanti al vialetto di casa, illuminandolo coi fari, lui balzò a terra, stringendo tra le braccia la sua ospite indesiderata, e si diresse verso il portone. Sulle scale d’accesso lo aspettava un uomo, sulla cinquantina, vestito in maniera dozzinale, vista la fretta con cui era stato tirato giù dal letto, cosa testimoniata anche dalle profonde occhiaie che gli solcavano il viso già attraversato da numerose rughe. Tra le mani teneva stretta una valigetta, lasciando però che lo stetoscopio dondolasse fuori della tasca della sua giacca beige.

Vedendo Seto avanzare verso di lui, si alzò per andare ad accoglierlo e si vide recapitare fra le braccia ormai non più forti un pacco che sapeva di sangue e di ragazza. “Il dottore è lei, la curi” si limitò a dire Seto, aprendo la porta di casa. “Io vado a farmi una doccia” Gettò il soprabito bianco sull’appendiabiti all’ingresso, e salì le scale, gocciolando ad ogni passo, senza aspettarsi interruzioni di sorta.

Quando, circa una mezz’oretta dopo, tornò all’ingresso, trovò la porta chiusa e nessuna presenza del dottore. Probabilmente si era recato nella stanza degli ospiti, visto che conosceva a menadito la casa, per essere stato il medico di famiglia di Gozaburo, per curare quella misteriosa ragazza di cui lui, in realtà, non conosceva nemmeno l’aspetto. Dopo la doccia, che lo aveva pulito dall’odore di sangue e di marcio, si sentiva molto più riposato, perciò, continuando a passarsi l’asciugamano tra i folti capelli castani ancora umidi, si recò nel soggiorno per riprendere a lavorare. Era ormai tardi per mettersi a letto.

Nella penombra della stanza, notò una figura sul divano: Mokuba, ancora vestito, dormiva profondamente, con la testa reclinata leggermente sulla spalla e i capelli neri che gli oscuravano il viso più di quanto non facesse già il buio. Somigliava ad un bambolotto abbandonato in qualche soffitta. Silenziosamente, Seto si avvicinò e si sedette accanto a lui. “Eppure gli avevo detto di non aspettarmi…” sussurrò, ascoltando il suo respiro tranquillo. Non volendo svegliarlo, si accomodò un poco meglio sul divano e, senza nemmeno accorgersene, si addormentò nel silenzio della casa vuota all’apparenza.

Fu svegliato dall’odore delle brioche calde che veniva dalla cucina, subito a fianco del salotto. La cameriera, che veniva tutte le mattine a preparare la colazione, doveva essersi già messa ai fornelli senza disturbarlo. “Finalmente qualcuno che lavora seriamente!” pensò Seto strofinandosi leggermente il collo dolorante per la brutta posizione che aveva assunto durante il sonno sullo scomodo divano di pelle. Aprendo gli occhi, si ritrovò a specchiarsi in quelli scuri di Mokuba, un poco accigliati. “Buongiorno…”

“Buongiorno un cavolo!” replicò il bambino, offeso, saltando giù dal divano. “A che ora sei tornato, ieri sera? Perché non hai chiamato, finita la cena? Ero preoccupato…”

Seto rimase perplesso da quella sfilza di domande e rimproveri. “La cena è finita troppo tardi, e a quell’ora tu saresti dovuto essere già a dormire, come infatti stavi facendo quando sono rientrato. Tardi, molto tardi”

Un leggero rossore passò rapido per le guance di Mokuba, imbarazzato per non essere riuscito a resistere ad una notte in bianco. “Va bene…” dovette acconsentire. Era arrabbiato non per il ritardo, ma per il fatto che, per un motivo o per l’altro, non riuscivano mai a stare insieme. Prima Gozaburo li aveva tenuti sempre separati, poi il coma dovuto al gioco delle tenebre e adesso il lavoro troppo impegnativo… Anche lui voleva costruire Kaibaland, però senza dover rinunciare alla compagnia di suo fratello.

Seto non capì la preoccupazione di Mokuba, o finse di non farlo. “Andiamo a fare colazione” disse, o quasi ordinò, alzandosi. “La prossima volta ti chiamerò, anche a costo di svegliarti” gli assicurò, però, rendendolo raggiante.

La colazione era già pronta sul tavolo della cucina, ma la cameriera era scomparsa. Dopotutto, la domenica aveva solo il compito di cucinare, perciò era probabile che avesse già lasciato la casa. Mokuba, da bambino quale era, si sedette e iniziò a mangiare senza preoccuparsi di nulla. Il fratello lo seguì, posizionandosi di fronte a lui, ma con la mente altrove. Erano le sette di mattina: a quell’ora il dottore avrebbe dovuto finire la visita già da un pezzo. Perché non gli aveva lasciato notizie? Che si fosse addormentato, invece di fare il suo lavoro?

Come per rispondere ai suoi pensieri, il dottore entrò nella cucina. “Buongiorno e buon appetito” salutò i due, con un tono di voce non proprio cordiale.

“Allora?” chiese Seto, impaziente.

Lentamente, il dottore aprì la sua borsa ed estrasse un sacchettino di nailon, che conteneva un piccolo cilindro macchiato di rosso. “Ecco la causa dell’emorragia” spiegò. “Io non me ne intendo, ma dev’essere un proiettile di grosso calibro. È penetrato nella spalla, giusto poco sotto la clavicola, di modo da inclinarla soltanto e non romperla, senza danneggiare alcun organo. Ritengo che sia stata sparata da molto lontano, senza un mirino di precisione e-”

“Non le ho chiesto di farmi un’autopsia!” lo interruppe Seto, seccato. “Voglio solo sapere come sta e se posso mandarla via” Mokuba, con la bocca piena di pasta, passava lo sguardo dai due senza capire di cosa parlassero.

“E’ quello che le stavo spiegando” replicò il dottore, stizzito. “Le ho suturato la ferita, però dovrebbe cambiarsi la fasciatura ogni tre giorni e, quando sarà guarita, togliersi i punti. Fisicamente sta bene, deve solo tenere a risposo il braccio destro, onde evitare ulteriori danni alla clavicola”

Seto incrociò le braccia sotto il mento. “Insomma, mi consiglia di mandarla all’ospedale e chiamare la polizia” dedusse. “Ma questi non sono affari miei, perciò non intendo essere coinvolto…”

“Questo non succederà” lo contraddisse il dottore. “Visto che la ragazza se n’è andata”

“Cosa?!” Il ragazzo balzò in piedi, lasciando cadere la sedia dietro di lui. “Mi sta dicendo che ha fatto scappare una paziente?”

“Quella non è una ragazza comune” Il medico non negò l’accaduto. “Credevo che stesse ancora dormendo, perché il polso non era variato minimamente rispetto alle prime misurazioni. Invece era sveglia e, non appena mi sono allontanato un attimo, è scappata. Deve possedere un’intelligenza fuori della norma, per riuscire a controllare così bene il suo corpo”

“E da quanto tempo sarebbe successo?” Seto stava incominciando ad innervosirsi. Odiava le situazioni dove non riusciva a raccapezzarcisi o a trovare un filo conduttore logico, perciò detestava che lei fosse scappata senza fornirgli spiegazioni. Le avevano sparato, cazzo! E lei, invece, si era preoccupata di riparargli la macchina!

“Una decina di minuti” Il dottore se l’era presa abbastanza comoda, nel venire ad avvisarlo dell’accaduto. Ma forse, dieci minuti erano ancora sufficienti per ritrovarla e chiederle finalmente il motivo di tutto quel casino. Poi, avrebbe potuto benissimo mandarla per la sua strada, per quello che gliene importava.

Uscì di casa di fretta, infilandosi le prime scarpe che trovò a disposizione, e si diresse nella strada principale, che portava direttamente al centro della città di Domino. Non poteva sapere con certezza dove lei si fosse diretta, e, con la sua razionalità, avrebbe dovuto capire che aveva ben poche possibilità di ritrovarla, ciò nonostante proseguì nel suo cammino, scegliendo di percorrere la strada che portava fuori città, verso il cavalcavia. E la fortuna lo aiutò.

Fermandosi all’inizio del ponte, con il respiro affannato per la corsa appena fatta, notò una figura in lontananza, con il braccio sinistro appoggiato al corrimano e lo sguardo fisso all’acqua sporca che scorreva lenta al di sotto. La osservò bene: i capelli erano corti e mossi, biondi come la luce del sole; gli occhi sembravano azzurri da quella distanza, di un colore non troppo diverso dal suo, e la pelle chiara come quella delle ragazze del nord. Non poteva avere la certezza matematica che fosse lei, perché l’aveva vista, o, meglio, non l’aveva vista, solo al buio, dov’era impossibile distinguere i colori. Si avvicinò. Lei indossava una camicia bianca e un paio di pantaloni troppo grandi, chiaramente maschili, che aveva cercato di adattare come poteva al suo fisico asciutto. Il braccio destro penzolava inerte al suo fianco, come morto, sinonimo che le faceva fatica muoverlo.

A Seto bastò riconoscere come suoi quegli abiti, per avere la certezza di non essersi sbagliato. “Stai bene, vestita così” disse ironicamente quando fu a due metri da lei. Dovette riconoscere che il dottore non si era sbagliato, quando aveva parlato di controllo del corpo. Non aveva fatto una piega, nemmeno un piccolo balzo di spavento, sebbene non avesse potuto sentirlo arrivare.

Lei gli scoccò un’occhiata in tralice, senza nemmeno voltarsi. “Ci conosciamo?” disse solo.

Quella semplice frase finì per fargli peggiorare l’umore. “Si, se pensi che sono quello che ti ha salvato la vita” Come affermazione era volutamente esagerata, ma cosa poteva saperne lei delle sue condizioni?

“Non ero mica in pericolo di vita” Sapeva eccome, evidentemente. “Comunque, se è un grazie che vuoi…” La ragazza si staccò dalla ringhiera. “Grazie mille per avermi curato. Grazie anche per i vestiti, te le restituirò appena ne avrò trovati di nuovi, perché non mi sembrava il caso di usare i miei, infangati e insanguinati, mi scuserai. E laverò i tuoi, prima di riportarteli, contento?” Il tono era talmente ironico che non avrebbe soddisfatto nessuno. “Adesso sparisci”

“Non mi sembra proprio questo il problema…” replicò infatti lui. “Coi soldi che ho non devo certo elemosinare un vestito. Ma ti hanno sparato. Sparato, capito? Non mi sembra una cosa che puoi risolvere con un grazie mille e addio”

“Mica ho fatto sparare anche a te!” commentò beffardamente lei. “Saranno affari miei”

“Sono anche miei, dal momento che sei finita sulla mia macchina”

“Non per mia volontà” La ragazza sospirò. “Ascolta, lo dico per farti un favore. Stammi lontano, ed il più possibile. Hai già corso dei rischi curandomi e venendo qui, adesso basta. Sei ricco, no? Mi sembra che tu abbia una bella casa, probabilmente una famiglia, un lavoro… Bene, se continuerai a starmi appresso, tutto quello che hai ti crollerà addosso, distruggendoti. Morirai, e con te tutte le persone a cui tieni. Non credo ti convenga” Il tono non era più ironico, ma neppure minaccioso. Solo una specie di disarmante certezza.

Seto incrociò le braccia sulla maglietta bianca, sorridendo sardonico. “Credi di essere così importante?” le domandò. “Perché io non credo proprio che la tua sola presenza possa causare simili disastri, specialmente a me, come tu invece se convinta”

“Importante!” Questa parola uscì come una leggera risata beffarda. “Io non sono importante proprio per nessuno, figuriamoci per il destino” Lo fissò, gli occhi blu trasparenti come il ghiaccio, eppure impenetrabili. “Nessuno di noi è importante, tanto meno tu che tendi a darti arie da padrone del mondo”

“Il mio nome è Seto Kaiba” si presentò lui, non troppo felice di essere trattato come uno qualunque. “Forse non sarò il padrone del mondo, ma di una delle aziende più forti del mondo, forse si”

Una leggera sorpresa attraversò gli occhi della ragazza, ma fu solo un lampo. “Oh, allora tu si che sei importante…” commentò, con finto stupore canzonatorio. “Adesso, dimmi, sei importante?” In un istante, infilò la tasca nei pantaloni ed estrasse una pistola automatica, che gli puntò contro, giusto all’altezza del cuore. “Io non credo”

Istintivamente, Seto abbassò le braccia e fece un leggero passo indietro. “Che hai intenzione di fare?” Avrebbe potuto cercare di schivare il proiettile e poi balzarle addosso per disarmarla, ma non conosceva le abilità di quella ragazza, che, in quel momento, stava usando la mano sinistra con una posizione da killer professionista.

“Dimostrarti quanto poco valore abbia la tua vita per loro” E premette il grilletto.

 

Note di Akemichan:

Ciao a tutti ^^ (Che bisogno hai di fare le note se non hai niente da dire? N.d.Seto) E tu mai che stessi zitto una volta… E poi ho delle cose da dire! Intanto, volevo ringraziare tutti! Sette recensioni per un capitolo di neanche due pagine…ç_ç *Akemichan commossa* Spero che anche questo, visto che è più lungo, sia di vostro gradimento ^^ (a proposito, c’è un premio speciale per chi indovina l’altro anime/manga? N.d.Yami) Uhm… Non ci avevo pensato… Facciamo così: una settimana di vacanza sulla barca di Seto (e perché?! N.d.Seto) Con lui compreso, ovviamente ^_- (insomma! N.d.Seto-che-non-viene-minimamente-interpellato) Lasciando da parte le lamentele di qualcuno di mia conoscenza, secondo me in questo capitolo si dovrebbe capire chi sia questa ragazza, a condizione che io sia riuscita a descriverne dignitosamente il carattere ç_ç Spero di si! Sappiatemi dire ^^ A venerdì 7 ottobre. Bye ^^

Reviews:

Lady Fire: Grazie della recensione, mi fa piacere che anche solo il prologo sembrasse interessante. Spero che alla fine ti piaccia non solo perché c’è protagonista Seto ^_-

Nadia Sakura Kan: Grazie dei complimenti, spero che anche questo capitolo “ti attizzi” ^^

Newe: Se hai visto l’anime, forse questo capitolo ti chiarirà le idee (almeno spero ^^’’); altrimenti, dovrai aspettare ancora un poco… ^_- Grazie della recensione

Heven89: In realtà, spero proprio che si riesca a capire prima che lo dica apertamente, almeno vorrebbe dire che non sono poi così malaccio ù_ù Grazie dei complimenti, spero che anche questo capitolo sia interessante

Kelly: La carta di credito di Seto è totalmente inutile, visto che io ho prosciugato totalmente il suo conto in banca… (tu hai fatto COSA?! N.d.Seto) Stavo solamente scherzando, guarda che sono una brava ragazza, non vado a fare queste cose io giro… Ehm…^^’’ Parlando d’altro (ecco, è meglio N.d.Seto-che-va-a-controllare-in-banca), non ti devi preoccupare se all’inizio non l’avevi vista… Ultimamente, vengono pubblicate così tante fic che è difficile per tutti restare al passo…^^ Se continua così, supereremo anche la sezione Harry Potter (adesso non esageriamo… N.d.Harry-geloso) Guarda, anche io non pensavo proprio di ripubblicarne una così di recente, ma sai, quando ti vengono quei colpi d’ispirazione improvvisa non se ne può fare a meno… Figurati che ho scritto tutti i capitoli in meno di una settimana ^^’’ Perciò non potevo proprio aspettare. Grazie della recensione Bye ^^

Evee: Io spero che sia interessante ^^ Mi dirai tu poi come ti sembra. Il protagonista, per la gioia tua e delle altre fan, è proprio Seto (mi dovevo far perdonare per la piccola parte della storia precedente :-P) Comunque, io cercherò di tenere il punto di vista dalla parte di Seto proprio per evitare di sottintendere certe cose sull’altro anime, perché è chiaro che, chi non l’ha mai visto, non sa nemmeno chi è lei o come si chiama ^^ Nel caso non dovessi riuscirci, avvertimi che modifico il pezzo e ti spiego tutto ^^ Grazie della recensione Bye ^^

Ayu-chan: A quanto pare, Seto riscuote più successo di Yami (non è giusto ç_ç è che le persone non apprezzano il mio taglio di capelli N.d.Yami) O apprezzano il portafoglio di chi so io… ù_ù (possibile che tu debba solo parlare di quello?! N.d.Seto) Comunque, io cercherò di spiegare bene l’altro anime come se l’avessi inventato io (il sensei mi perdonerà per questa piccola presunzione), in modo da lasciare tutti i lettori sullo stesso piano… Spero di riuscirci ^^ E spero anche che la storia sia interessante come sembra ^^ Grazie della recensione (anche se non veniva, sapevo la tua opinione e ti avrei ringraziata lo stesso, visto che avevi letto il capitolo in anteprima, come quelle cinematografiche ^_-) Bye ^^

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Capitolo 3
*** Harvard vs Todai ***


Harvard vs Todai

Harvard vs Todai

Nonostante il grilletto premuto, il solo rumore che si sentì fu lo scorrere dell’acqua sotto di loro. Seto fece un respiro profondo, mentre il suo cuore cercava di ridurre i battiti. Era stato tutto così rapido, che non aveva neppure avuto il tempo di pensare a cosa fare. Però, non era successo niente. Era ancora vivo e vegeto come prima, senza pallottole in nessuna parte del corpo o dolori che lo torturassero.

La ragazza ritirò indietro il braccio, e ripose la pistola nella tasca. “Idiota, è scarica” commentò, accorgendosi del suo spavento malcelato.

L’insulto non fece altro che acuire la rabbia di essersi lasciato sorprendere così in contropiede. “Dici che non sei importante, ma ti comporti come se lo fossi!” esclamò. “Chi diavolo pensi di essere?”

Lei si voltò con noncuranza. “Ti basta una laureata in quattro materie ad Harvard con 110 e lode a soli quattordici anni?” Lo disse con una tale disarmante sincerità che Seto non riuscì a dubitare della veridicità di quelle parole.

“E come mai una laureata se ne va in giro con un proiettile nella spalla?” chiese lui, più per irritarla che per vera curiosità. Dopotutto, non gli interessava nulla, a parte capire se le doveva ancora qualcosa oppure no.

La ragazza non rispose, ma fissò lo sguardo sulla riva opposta e un leggerò tremore le scosse le labbra, facendogliele piegare indietro.

Seto seguì lo sguardo, incontrando un’auto nera che si avvicinava rapida. “Hai paura di quella macchina…” capì lui, quasi contento di non averla trovata infallibile. “Una porche 911 del ‘72! Vale una fortuna…”

Lei scostò lo sguardo da un’altra parte, come se volesse dimostrare che non gli interessava nulla di quell’auto, quindi si mise a correre dalla parte opposta, superandolo. Lui, però, la afferrò per il polso destro, bloccandola e strappandogli un leggero gemito di dolore per via della spalla ferita.

“Lasciami” sussurrò lei. “E scusa tanto se sto solo cercando di salvarti la vita”

“Non ce n’è bisogno, credimi” replicò lui, senza lasciarla. “So cavarmela da solo”

“Non contro di loro” replicò lei, dura e malinconica allo stesso tempo.

“Hai trovato compagnia, Sherry?” La porche era stata parcheggiata al limite del ponte, ed un uomo, vestito completamente di nero, si era avvicinato a loro, lasciando che il vento gli facesse sbattere i lunghi capelli biondi e rischiasse di strappargli dalla testa il cappello che indossava a coprirsi gli occhi e la fronte. “Non me lo presenti?”

La ragazza sorrise sardonica. “Si trovano sempre maniaci in giro…” Adocchiò Seto come se fosse stato il tipo da abbordare le ragazze sole la domenica mattina, e gli fece più male che un calcio negli stinchi. “Ma adesso che ci sei tu a difendermi non corro più rischi…” Con uno scatto, si liberò dalla sua presa, reprimendo il dolore con le labbra ancora piegate all’indietro, quindi si avviò verso l’uomo biondo.

Questi, lentamente, portò la mano all’altezza dei pantaloni. “E’ troppo tardi anche per i maniaci…” commentò.

“Non dire idiozie” replicò lei, le cui mani tremavano. “Vuoi sprecare un colpo per nulla?”

“Per eliminare un testimone…” la corresse lui, fissandola per vedere, inutilmente, una lieve incertezza nei suoi occhi.

Con due passi, Seto la superò e si mise davanti a lui. “Devi prima riuscirci, buffone” commentò all’indirizzo di quell’uomo, che gli stava antipatico, perché sembrava bravo solo a parole. Accese il Duel Disk, che portava sempre al polso in qualunque situazione.

L’uomo osservò quello strano congegno con un sorriso tra il beffardo e il seccato. “E quello dovrebbe fermarmi?” chiese. “Sei un povero idiota…”

“Evidentemente, non conosci i duellanti” Seto prese una carta dal suo deck e la fece materializzare sul terreno. “Blue Eyes…” Il drago bianco apparve sopra di loro, digrignando i denti verso il biondo, quindi gli sparò contro un fiotto di lava incandescente e brillante che, se non poteva ferirlo, essendo solo un ologramma, almeno riusciva ad accecarlo per qualche istante.

Una mercedes spuntò dall’altra parte della strada. “Seto-sama!” chiamò la voce di Roland, al volante. Seto afferrò il polso, questa volta sinistro, di Sherry e la trascinò nei sedili posteriori della macchina. “Vai!” ordinò quindi all’autista, che ubbidì all’istante.

Sherry scosse la testa, per riprendersi dalla botta che aveva preso entrando nell’auto. Fissò il lunotto posteriore, notando che la porche non aveva certo perso tempo nell’inseguirli. Si scostò, giusto in tempo per evitare un proiettile che infranse il vetro, rimanendo incastrato nel parabrezza. “Io te l’avevo detto” commentò lei, mentre i due ragazzi si abbassavano, nascondendosi dietro ai sedili in modo da non essere dei facili bersagli.

“Ormai è troppo tardi per recriminare” assentì lui. “Ma vuoi davvero morire? Perché io non ci penso neppure” Spostò la mano per tirare giù il sedile anteriore, quello vicino al conducente. “In cosa sei laureata?”

Sherry non comprese l’utilità di quella domanda, ma rispose ugualmente. “Chimica, ingegneria informatica, elettronica e meccanica”

“Dovrebbe andare bene” Strisciò fino al portaoggetti e lo aprì. “E’ te che cerca quel tipo, no?” Le passò la pistola più leggera che trovò e gliela passò. “Vedi di darti da fare”

“Ho idea che la Kaiba Corporation non sia una semplice industria di videogames…” dedusse Sherry mentre esaminava la pistola.

“No, non ne hai idea” replicò lui mentre tornava al suo fianco.

“S-Seto-sama…” commentò tremante Roland, mentre si spostava lateralmente onde evitare un’altra scarica di proiettili.

“Tu guida. E veloce, anche” ordinò Seto.

“Non c’è bisogno che me lo dica, signore” si offese leggermente l’uomo, visto che ne andava anche della sua vita. La mercedes accelerò ancora, senza tuttavia riuscire a seminare la porche.

“Ha il motore truccato?” si domandò Seto mentre sentiva il vetro del lunotto infrangersi per un altro proiettile.

“Si” rispose Sherry, sebbene lui non si aspettasse nessuna risposta. “Gliel’ho sistemata io”

In quel momento, Seto non seppe dire se sarebbe stato meglio ringraziare il cielo per aver trovato una dipendente così capace o insultarla per averlo messo in quella situazione. Optò per la seconda ipotesi. “Allora sei scema!”

“O quello o la morte” disse lei calma. “Come hai detto tu, volevo vivere”

Lui non capì il motivo del verbo al passato, ma sorvolò sulla questione. Era più importante la sua vita. “Allora trova una situazione per questo casino”

“Che tu hai creato” puntualizzò Sherry. Velocemente, gli spiegò l’idea che aveva in mente per seminare la porche… per il momento. “Te la senti?”

“Mi prendi per un codardo?” si accigliò Seto. “Roland, appena te lo dico, decelera leggermente e fai uno scatto a sinistra”

“Sono nelle sue mani, signore” rispose l’autista, probabilmente cercando di farlo sentire in colpa.

I due ragazzi si avvicinarono alla portiera di destra, aprendola leggermente. “Spero che tu abbia buona mira” disse Sherry.

“Pensa per te, che devi sparare con la sinistra” replicò lui. Si era infatti accorto, la sera precedente, che non era affatto mancina.

“Sono ambidestra”

“E ti pareva!” esclamò Seto esasperato. “Esiste qualcosa che tu non sappia fare?”

“Uhm…” Lei finse di pensarci. “No”

Seto preferì evitare di risponderle. “Roland… adesso!”

L’autista, premendo leggermente sul pedale del freno, girò totalmente il volante a sinistra, tanto che l’auto balzò leggermente nel cambiare direzione. Nello stesso istante, i due ragazzi spalancarono la portiera, uscendo con la testa il tempo necessario per mirare alle gomme e sparare, quindi rientrarono in fretta prima di essere colpiti dalla scarica di proiettili che la distrusse, schiodandola totalmente dall’auto.

Roland accelerò nuovamente, mentre osservava l’auto nera, per via delle gomme appena bucate dalle pallottole dei due ragazzi, eseguire un testa coda e cadere nel fosso, giusto contro un albero, con il motore che fumava. “Salvi…” sospirò.

“Riportarci a casa…” esalò Seto.

“Non c’era notizia migliore che potesse darmi, signore” dichiarò Roland, che partì a razzo, felice, verso la Kaiba Maison.

Seto scoccò una strana occhiata ai ventri fracassati e alla portiera mancante. “Con quello che l’ho pagata…” commentò, respirando a fatica. “Sai quanto dovrai lavorare per ripagarmela?”

Accanto a lui, Sherry ansimava nello stesso modo. “Oddio, oddio, oddio…” mormorò lentamente, come una litania. “Non doveva succedere questo…”

“Guarda che il lavoro non è mica così duro…” Seto alzò un sopracciglio. Si aspettava una reazione totalmente diversa da parte sua.

“Sei un idiota” Lei lo fissò e gli occhi erano ancora blu, ma brillavano di rabbia. “Ti avevo pur detto di starmi a distanza! Sei contento adesso? Vi ammazzeranno tutti, dal primo all’ultimo, e si prenderanno la tua società…”

Seto accavallò le gambe, rilassato, e si appoggiò allo schienale. “Se ci riescono” disse sicuro.

“Tu non sai con chi hai a che fare” Sherry scostò lo sguardo da lui per osservare la pistola calda che teneva ancora stretta con la sinistra.

“Si, invece” la contraddisse. “Con la Black Organization…” Sherry si bloccò, sorpresa, e smise si tormentare il grilletto. “Questa yakuza giapponese è praticamente la più misteriosa e, finora, nessun membro è mai stato arrestato, anche se si conosce la sua esistenza. Il loro colore caratteristico è il nero e i loro nomi in codice rispecchiano quelli dei liquori…” Lo scoccò un’occhiata soddisfatta, almeno quanto il suo sorrisetto. “Mi sembra che ci siamo. Quell’uomo era vestito di nero, e ti ha chiamata Sherry, come il liquore alla ciliegia…” Per la prima volta, gli occhi di lei non lo guardarono né con disprezzo né con indifferenza, ma con una sorta di stupore ammirato, di cui lui fu orgoglioso. “Il massimo dei voti alla Todai basta per il tuo livello?” aggiunse quindi, come spiegazione.

“Direi di si…” commentò Sherry, facendo tornare il suo sguardo normale. “Visto che sai chi siamo, non vedo il vantaggio che hai avuto ad aiutarmi… Sono comunque condannata a morire, prima o poi” aggiunse, con un terribile pessimismo.

“Nostradamus, confronto a te, era un ottimista…”

“E’ realismo” ribattè lei. “L’unico modo per salvarmi sarebbe distruggere l’intera organizzazione e-”

“E io lo farò” terminò lui. “Ne va soprattutto della mia azienda”

“Secondo me, i voti alla Todai li hai comprati…” Sherry si appoggiò la mano alla tempia, massaggiandosela. “Non vuoi proprio capire la gravità della situazione…”

“Io non faccio mai niente per niente” proseguì Seto, ignorandola. “Voglio che lavori per me. Ho visto cosa sei in grado di fare, con quel motore. Ho bisogno di persone come te… Solo perché, da solo, impiegherei troppo tempo per realizzare quello che ho in mente” Lanciò la pistola fra le altre, nel bagagliaio. “Dicono che chi fa da sé fa per tre, ma in questo caso farò un’eccezione. Anche perché, dove lo trovo un genio che deve lavorare gratis?”

A Sherry venne quasi da sorridere. “E va bene, se vuoi suicidarti non sarò certo io a fermarti” disse. “Purchè il vitto e l’alloggio siano assicurati…”

“Questo è ovvio” ribattè lui. “Non posso certo rischiare che tu vada ad ucciderti prima di avermi risarcito totalmente”

“Non ci sarà bisogno che io mi muova, te l’assicuro” Si sporse in avanti per risistemare la pistola nel vano, accanto alla sua.

“Mi stavo domandando una cosa…” disse Seto. “Generalmente, la mafia uccide due tipi di persone, le spie e i traditori. Tu in quale categoria rientri?”

Sherry non seppe se rispondergli oppure no. “Traditore” Lo disse in modo così beffardo, che lui comprese immediatamente che quella era solo l’opinione dei suoi ex-compagni. “Non hai paura a prenderti un’assassina in casa?” aggiunse lei.

“Lo sei?”

“Ero una scienziata. Non ho ancora ucciso nessuno… direttamente” Il tono era pieno di rammarico e sensi di colpa, soffocante.

Ma Seto sapeva conviverci bene. “Neanch’io” E Sherry non seppe dire se fosse rivolto al non aver ancora ucciso nessuno o al direttamente.

Con un altro enorme respiro di sollievo, Roland parcheggiò l’auto davanti alla porta di casa. Mokuba, prima fermo sulla soglia ad aspettarlo, si precipitò verso di lui. “Che sta succedendo? Il dottore mi ha parlato di una ragazza e… Ma come hai ridotto la macchina?!”

“Piccolo imprevisto” replicò Seto alzando le spalle. “Si, una ragazza… La ospitiamo finchè non avrà lavorato abbastanza da ripagarmi i danni…”

Sherry scese in quel momento accanto a lui, e gli scoccò una curiosa occhiata. “Quanto vale una vita umana, in ore di lavoro?” gli chiese beffardamente.

“Tu cerca innanzitutto di rimanere viva”

“Il discorso vale anche per te”

Mokuba fissò la ragazza da capo a piedi, riservandole una lunga occhiata clinica. “Te la sei scelta bene…” commentò infine, perché non poteva certo dire di aver di fronte una brutta ragazza.

Sherry lo guardò per un istante. “Non ne poteva scegliere una peggiore” affermò, con un leggero sorriso sadico. “Se domani sarai morto, dai la colpa a tuo fratello” E disse tutto questo con la massima tranquillità, come se stesse parlando del tempo.

 

Note di Akemichan:
Ciao a tutti^^ Inutile dire che, per via del blocco del sito (di cui, tengo a precisare, la povera Erika, che dovremo fare santa, prima o poi, non c'entra assolutamente nulla), la pubblicazione della storia è slittata di due settimane... Bè, pazienza ^^ Adesso, sperando che non ci saranno più problemi in futuro, riprenderò a pubblicare il capitolo ogni due settimane, come promesso ^^
Da questo capitolo sarà chiaro a tutti quelli che lo guardano che l'anime/manga con cui sto facendo il cross-over è proprio Detective Conan! Bravi! Ora però mi sorge spontanea una domanda... Da cosa l'avete capito?! E' vero che ho detto che si poteva capire, però in fondo avevo solo descritto fisicamente lei, e mi sembra che di bionde occhi azzurri ce ne siano a spasso per il vasto mondo dei manga giapponesi...^^ Eppure voi ci avete azzeccato subito... Sarà davvero merito mio? Mah, ne dubito... Ditemelo, che sono curiosa ^^ Comunque, una promessa è una promessa, quindi le persone che hanno indovinato hanno vinto una vacanza-premio di una settimana sulla barca di Seto (Si, certo... Una cosa... Come pensi di costringermi ad andarci?! N.d.Seto) Semplice... Guarda qui *Akemichan mostra un foglietto di carta* (che roba è? Nd.Seto) E' un assegno in bianco con la tua firma falsificata :-P Ne ho altri quattromila, se vuoi li vado a lanciare da un aereo sopra tutte le città d'Italia... (Nooo N.d.Seto) bene, allora dire che siamo d'accordo ^_^ Fissate pure i giorni della partenza, ragazze... Noi ci rivediamo venerdì 4 novembre ^^ (come passa il tempo...) Bye

Reviews:

Evee: Ciao ^^ Come hai visto, hai indovinato. Contenta? (Io no... NdSeto) Nessuno ha chiesto la tua opinione... Comunque, sappi che non puoi andare in crociera sul Nilo, la barca di Seto è troppo grossa e non ci entra ù_ù Rischiate la denuncia dalle autorità egiziane... In compenso, puoi scegliere qualsiasi altra località, tanto è tutto gratis ^^ (una crociera sul Po? NdYuugi) Si, certo, come no...-.-'' Se la meta ti piace, Evee, la scelta è tua... Grazie per i complimenti e... Si, lei gli ha davvero sparato (peccato solo che fosse scarica ù_ù NdJounouchi) Bye ^^

Nadia Sakura Kan: Ciao ^^ Grazie per la recensione. Non ti preoccupare, so come ci si sente dopo aver studiato storia ^^'' In ogni caso, non credo che fosse così facile da scoprire, visto che non credo di essere così brava a descrivere il carattere di Ai in modo da far capire al volo chi sia...^^'' Quindi potevi basarti solamente sulla descrizione fisica, perciò... Si, hanno un carattere molto simile, per questo mi è piaciuto immaginare una storia con loro due ^^ Bye

Ayuchan: Ciao ^^ Tutto sommato sei una fan di Yami, di Seto ti piacciono solo i soldi (come a me dopotutto :-P). Non so quanto tu sappia di DC, comunque spero di riuscirti a farti seguire bene la storia... Sai, dopotutto Ai è un personaggio molto difficile da rendere, anche se io la adoro ^^ Grazie della recensione (anche per l'altra fic :-P) Bye (ci si vede in chat)

Kelly: Ciao ^^ Far morire Seto nella fic? Avresti dovuto chiedere ad Ai di non levare i proiettili dalla pistola :-P Spero che, anche se DC non ti piace particolarmente, la mia storia continui a piacerti anche se c'è Ai come co-protagonista... Io la adoro *_* Anche se è davvero molto difficile da rendere... Uhm, vuoi Yami in vacanza? Aspetta che lo chiamo... Ha detto che per il momento è un po' impegnato, ti va bene un appuntamento nel 2027? Sai, le fan... XD Grazie della recensione. Bye ^^

Visto che Erika ha espresso il problema per il database delle recensioni, le ho fatto cancellare la mia recensione-risposta... La ricopio qui, nel caso qualcuno dei miei recensioni non l'avesse letta (non che fosse poi così importante, intendiamoci ^^):

Kelly: Beata te, in Sardegna... Io l'ho girata tutta, da piccola, ed è strepitosa da qualunque parte! Divertiti, mi raccomando! Grazie dei complimenti ^///^ "Superato me stessa"? No, non credo... Ho solo avuto la fortuna di azzeccare una storia originale, semplicemente questo ^^ Solo fortuna, come quando Yami vince (ehi! N.d.Yami) *Akemichan tossisce facendo finta di nulla* Ma sono felice che quella frase ti sia piaciuta, anche se rappresenta Miyon in uno stato d'animo diverso, perchè in fondo, Yami è lei stessa... Ed è ovvio che si senta importante! E' insito in tutti gli uomini considerare prima sè stessi... bene, ma ho finito con le divagazioni filosofiche ^^'' Una nuova fic? Avevo pensato di fare un sequel di questa, ma non mi sento troppo ispirata... Devo aspettare prima un'idea originale, anche se qualcosina in mente ce l'ho...^^ Ma per adesso, ho in cantiere (se mi arriva il legno da Byblos - non farci caso, divagazioni dall'uso esagerato di Faraon) altre fic... Se ne dovessi riscrivere, in ogni caso, mi piacerebbe avere ancora la tua opinione ^_- Bye ^^

Ayu-chan: Peccato che non vai più in Calabria, è davvero un bel posto, ma non che Ischia sia da buttar via ^_- Seto e Yami sono adorabili *_* Litigano tanto quando in realtà vanno più d'accordo loro che Jonouchi e Yuugi, fra un po'! Ci si ribecca in chat (speriamo!)^^ Bye

Evee: No! Questa non me la dovevi fare! Perché odi il basket! E' uno dei miei sport preferiti (l'altro è il pattinaggio artistico ma, sai com'è, non mi sembrava particolarmente adatto a Miyon)! Scherzi a parte, ognuno ha i suoi gusti, solo che è un peccato rinunciare ad uno sport solo perché non ci si riesce... Io sono scarsissima (so solo difendere), però lo adoro! In ogni caso, sono contenta di esser stata precisa, almeno 10 anni a giocare non li ho buttati via ^^'' davvero è quello descritto meglio? Probabilmente è dovuto al fatto che nella partita contavano più le azioni rispetto ai pensieri dei personaggi... O almeno credo O.o Dimmi se sto sbagliando! All'inizio, lo ammetto, poteva sembrare una solita fic del genere, che era proprio quello che NON volevo fare! Voglio dire, sarebbe stata troppo banale, e già in quell'altra ho voluto a tutti i costi metterci la moglie di Yami, perciò non volevo farne un'altra così... Per questo, nel primo capitolo, ho messo un pezzo dell'ultimo, far capire di chi si trattava, per mettere un po' di aspettativa, ma non sono sicura di esserci riuscita ^^'' Comunque, devo dirmi fortunata che tu abbia iniziato a leggerla quandomancavano pochi capitoli, almeno non ho corso il rischio di non avere la tua opinione solo perchè, all'inizio, dava un'altra impressione...^^ Sono sempre così, le cose "migliori" le lascio all'ultimo... Altre fic? Prima deve venirmi in mente un'idea originale (grazie del complimento, a proposito, ma suppongo di non essere l'unica al mondo ad aver pensato una cosa simile, però è bello crederlo ^///^) almeno quanto questa, e sogni così non capitano tutte le notti ç_ç Spero comunque di poter avere la tua opinione, se un giorno ne pubblicherò un'altra ^^ Bye e ancora grazie

Angel Riddle: Io spero di avere il tempo di continuare a scrivere, e di trovare l'ispirazione giusta ^^ Comunque, anche se è finita, l'importante è che ti sia piaciuta, no?^_- Grazie della recensione ^///^ Bye^^

Cherry: Ciao ^^ Purtroppo si, è finita... Avevo promesso di non farne più lunghe come la precedente, sai, almeno non è troppa roba da leggere nel caso qualcuno arrivasse in ritardo... Bè, ringrazia Catrine per non avermi ancora mandato lettere di morte ^^'' E' sempre pericoloso mettere qualcuna con i personaggi più amati ^^ Se leggerai la mia prossima di  Conan e mi lascerai un commento mi farà veramente piacere ^^ Grazie della recensione a te e a Catrine ^///^ Bye^^

Julia89: Ah, okay, adesso si spiega tutto ^^ Sai com'è, io sono una che tende sempre a sospettare di tutto e tutti ^^'' E allora ho preferito chiarire, almeno non si corrono rischi ^^ Allora, ricominciando da capo, ti chiedo scusa per il mio dubbio. Sono contenta che la fic ti sia piaciuta ^///^ Grazie della recensione. Bye

Jaly Chan: Ciao ^^ Non parlare a me di studio, che sono in catalessi acuta... ù_ù E per di più, ho scoperto, mentre mi stavo godendo le mie (non del tutto meritate) vacanze, che esiste una filiale della KC pure a Monaco! Ormai sta conquistando il mondo (non è vero! Nego tutto! N.d.Seto) Si, guarda che l'ho vista la tua limousine parcheggiata davanti! E cercarvi pure di spacciare l'edificio per un centro patenti europee...ù_ù (ma ero solo andato a prendere una patente! N.s.Seto) E noi ci crediamo... *Akemichan ha le prove* Un edificio così grande non può essere fatto solo per le patenti! rassegnati ad essere stato scoperto! Mi fa piacere che la partita sia stata descritta bene, e io che avevo paura che non si capisse niente ^^'' Meno male che non è così! E il romanticismo era solo da parte di Miyon, perchè se aspettiamo Seto fa tempo a venire la fine del mondo -.-'' La prossima di Conan è quasi finita, ma è un casino assurdo... Se la leggerai, poi mi dirai com'è ^^  Bye ^^

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Capitolo 4
*** Primo giorno di convivenza ***


Quando, il lunedì mattina, Seto scese al piano terra della sua casa, rimase stupito nel vedere la silhouette di una ragazza ch

Primo giorno di convivenza

 

Quando, il lunedì mattina, Seto scese al piano terra della sua casa, rimase stupito nel vedere la silhouette di una ragazza che stava battendo le sue dita affusolate sulla tastiera del computer nel soggiorno, con gli occhi blu illuminati solo dalla luce del computer. Stava per chiederle cosa diavolo ci facesse in casa sua, prima di ricordarsi dell’avventura del giorno precedente.

 

“Come pensavo…” Lei avvertì la sua presenza. “La Black Organization ha distrutto tutti gli edifici in cui ho lavorato. Non ho più collegamenti con loro… legalmente”

 

Seto si avvicinò, con un sorriso leggermente soddisfatto. Almeno, sapeva darsi da fare, proprio come aveva immaginato. “Ne sei certa?”

 

Sherry annuì. “Ho controllato via internet…”

 

Solo il quel momento, lui si ricordò di una cosa. “Ma nel computer non c’era…”

 

“…la password?” terminò lei con un sorrisetto beffardo. “Peccato, il tuo sistema di crittografia non funziona…”

 

Sei venuta qui a lavorare, non a rivoluzionarmi la casa” si accigliò lui, arrabbiato con sé stesso per non essere riuscito a realizzare un sistema migliore. “Dovresti conoscere la parola autorità, no, Sherry?”

 

Lei spense il pc e si alzò, fissandolo duramente. “Non chiamarmi Sherry. Loro mi chiamavano così”

 

“Allora, chi sei?” le chiese, sentendo a distanza una sorta di odio profondo che lei provava verso i membri della yakuza. Ricordava molto il suo per Gozaburo, ma radicato più in profondità, come se ne avesse minore consapevolezza ma maggior controllo.

 

Sherry gli rispose con un sorriso sardonico. “Sei un genio, no? Scoprilo da solo” Quindi, con uno sguardo che significava “due a zero per me”, uscì dal soggiorno, superandolo, e si avviò in cucina senza badare a Mokuba che scendeva le scale in quel momento.

 

Che cavolo!” pensò lui esasperato. “Mi sono messo in casa uno Yuugi in gonnella” E gli venne quasi da ridere pensando al paragone azzardato fra i due.

 

“Quella ragazza mi fa paura…” commentò Mokuba a suo fratello, prima che entrambi entrassero in cucina per la colazione. Non aveva dimenticato la frase che lei gli aveva detto il giorno precedente, né aveva scordato le condizioni della mercedes. Come poteva sentirsi tranquillo, più per il pericolo che poteva correre Seto che per il suo? Non voleva perderlo di nuovo, non quando tutto stava andando bene. Non avrebbe potuto sopportarlo.

 

“Abbaia ma non morde” gli assicurò Seto, ostentando una sicurezza maggiore di quella che aveva. Forse in prima persona non mordeva, ma gli altri che un tempo erano dietro di lei? Ne aveva sentite tante sulla Black Organization… Comunque, lui non si sarebbe certo lasciato sconfiggere.

 

“Mi stavo domandando come mai indossi la divisa da studente delle superiori…” disse Sherry, mentre i due fratelli prendevano posto a tavola, sorseggiando delicatamente il caffèlatte che la cameriera le aveva preparato poco prima. Mokuba, guardandola bere, pensò che non avesse tutte le rotelle a posto. In quel momento, da come si guardava attorno, sembrava che non avesse mai assaggiato un caffèlatte. In realtà, Sherry stava solo assaporando un attimo di libertà.

 

“Come mai il secondo genio di casa non riesce a immaginare una cosa tanto ovvia?” domandò Seto ironico, stupendosi allo stesso tempo della sua affermazione. Era come se l’avesse catalogata come una di famiglia. “Vado a scuola” le annunciò poi.

 

Sherry strappò un boccone della brioche, senza nascondere, per una volta, la sua sorpresa. “Ma non eri laureato alla Todai?” Il suo volto divenne di nuovo sardonico. “Ah, già, dimenticavo che quella l’hai comprata…”

 

Seto aggrottò la fronte. Possibile che non si riuscisse a farla arrabbiare? “Ho la laurea, ma legalmente non ho ancora completato gli anni della scuola obbligatoria” le spiegò, con uno sbuffo seccato. “Sono in terza superiore, per lo meno. Ho quasi finito”

 

“Beato te” aggiunse Mokuba.

 

Quindi vai ancora a scuola…” Curiosamente, il tono non era più ironico, ma dolce e soffuso come l’odore del pane appena sfornato. “Stai assieme a persone della tua età, mangi alla mensa, parli con loro…” Le descriveva come se fossero cose fuori dal mondo.

 

“Capirai” commentò lui. “Sono costretto a convivere con un branco di deficienti e a sentire dei tizi pretendere di insegnarmi qualcosa quando so più di loro…”

 

“Io lo troverei divertente” disse Sherry, terminando la sua colazione.

 

Lui rischiò di sputare per la stanza il caffè che stava bevendo. “Perché?” Non avrebbe mai immaginato di sentirle pronunciare una parola come “divertente”, specialmente non per una cosa così stupida.

 

“Perché è una cosa normale” E il leggero sorriso che le increspò le labbra non aveva nulla di ironico. “La normalità è la cosa più banale del mondo… Ma, forse, alcuni preferirebbero la banalità all’incertezza…”

 

Seto non approfondì l’argomento, ma la sua mente finì per immaginarsi Sherry seduta al banco di scuola, con persone molto più grandi di lei, che probabilmente non le rivolgevano neppure la parola, che studiava e studiava, magari argomenti che neppure le piacevano, solo per rimanere viva. In quell’istante, ricordando come anche Gozaburo lo avesse costretto ad una vita analoga, percepì suoi sentimenti con una forza devastante.

 

“E’ ora di andare” commentò Mokuba afferrando la cartella, agganciata alla sedia sulla quale era seduto.

 

Il fratello annuì, quindi prese il suo zaino, lo aprì ed estrasse un cd, che poi lanciò a Sherry. Lei lo afferrò al volò con un gesto noncurante, immergendo nel caffèlatte l’ultimo boccone di brioche. “Di cosa si tratta?”

 

“Il tuo lavoro di oggi” spiegò lui mentre si avviava fuori della cucina. “Non dovrebbe essere troppo difficile per Miss 110 e lode ad Harvard, no?”

 

Lei non gli rispose, limitandosi a riporre il cd accanto a sé sul tavolo. Allora lui, convinto di aver ottenuto la prima vittoria della giornata, uscì dalla cucina. Non appena la porta di casa si chiuse dietro di lui, Roland si materializzò in cucina, sedendosi davanti alla ragazza.

 

“Ti hanno ordinato di controllarmi?” domandò Sherry, allontanando da sé la tazza vuota. L’uomo abbassò lo sguardo, imbarazzato, poiché quell’affermazione corrispondeva alla verità, cercando di mormorare qualche scusa. “Non c’è bisogno di giustificazioni” continuò lei, alzandosi e dirigendosi verso il corridoio, con il cd stretto nella mano sinistra. “Ma non serve nemmeno il tuo lavoro, visto che, al punto in cui siamo, non potrei più salvarlo neppure se scappassi”

 

Roland si commosse quasi. “Lei rischierebbe la vita per il signor Kaiba?”

 

“Non vorrei avere un morto di più sulla coscienza” rispose Sherry, afona. Alzò lo sguardo, fissando le scale che portavano al secondo piano di quella casa enorme. “E’ così vuota…” Il senso di solitudine che l’aveva sempre attanagliata quando lavorava nel suo, o, meglio, nel loro laboratorio, in quel momento era soffocante e le stringeva il cuore, come se volesse spezzaglielo. “Con una casa così grande, credevo che potesse permettersi un esercito di domestici…” Che fosse talmente tirchio da non volerli pagare? Ma in quel caso, pur di spendere meno in tasse, si sarebbe accontentato di un appartamento in città.

 

“Oh, certamente” confermò Roland, che l’aveva seguita. “Ma, dopo la morte del suo patrigno, Seto-sama ha licenziato tutti i dipendenti della casa, tenendo solo una cameriera che viene per preparargli i pasti e per pulire la casa tre volte a settimana”

 

“Come mai?” Sherry, da scienziata quale era, adorava le cose che avevano soluzione e spiegazione.

 

“Non lo so di preciso… Forse è dovuto al fatto che voleva restare da solo con suo fratello. Quando Gozaburo era ancora vivo, li teneva separati” le raccontò.

 

“Immaginavo che il direttore di un’industria bellica non fosse molto adatto, come padre” commentò lei, rigirandosi il cd fra le mani.

 

Seto-sama è riuscito a farsi adottare vincendo una partita a scacchi” proseguì il racconto Roland. “Credo che Gozaburo non gliel’abbia mai perdonato, perciò ha preteso che lui eccellesse in qualsiasi cosa… Mokuba era probabilmente la sua garanzia, per questo tendeva a tenerli separati” Sorrise vagamente. “Anche se questo gli si è poi rivoltato contro…”

 

“Brutta infanzia, brutto carattere” dedusse Sherry scuotendo la testa. “Ma è niente. Niente, rispetto a me”

 

Roland si accigliò. “Lei non sa veramente-”

 

“Kaiba ha ancora suo fratello” lo interruppe lei. “Questo è sufficiente a renderlo più fortunato di me”

 

Il telefono si mise a squillare, con una voce forte e perentoria, prima che Roland, sorpreso dalla freddezza di quella frase, che tuttavia non esprimeva alcun rancore né invidia, potesse chiederle di più sul passato di quella ragazza misteriosa.

 

Lei alzò la cornetta, vedendolo imbambolato. “Pronto?” Al massimo, avrebbe potuto fingersi la nuova segretaria.

 

Non ce ne fu bisogno. “Ciao, Sherry”

 

Quella voce fu talmente gelida da congelarle le vie respiratorie. “Gin!” esclamò a mezza voce, coprendo bocca e cornetta per non farsi sentire da Roland. “Come diav-

 

“Non dirmi che davvero pensavi di essere irreperibile” Sherry vide con gli occhi della mente l’uomo biondo, al volante della sua porche, che aveva sicuramente già fatto riparare, con il cellulare stretto tra l’orecchio e la spalla. “Via Hashimoto numero 22. Sai a cosa corrisponde?” Sherry non rispose, stringendo le labbra. Non le sembrava l’indirizzo della società, né quello della casa. “Te lo dico io: è il recapito della Domino High School, scuola frequentata da un certo Seto Kaiba…Lo conosci?” Il fumo della sigaretta era visibile attraverso i buchi della cornetta. “Qual è il modo migliore di far sparire un cadavere? Distruggerlo”

 

Sherry, tremando tutta, sbattè giù il telefono con una foga che non le era propria. “Ehi, tu!” chiamò, rivolgendosi a Roland, con la voce affannata. “Chiama a scuola di Kaiba e falla evacuare. Sono sicura che troverai la scusa giusta” Senza aspettare risposta, si precipitò verso la porta del corridoio che conduceva al garage sotterraneo, continuando a dare ordini. “Poi vai alla scuola di…” Esitò, non rammentando, suo malgrado, il nome. “Del suo fratellino e riportalo immediatamente a casa”

 

Lui la seguì giù per le scale fino in garage. “Ma… Ma perché?”

 

“Avete un mezzo veloce e più maneggiabile di un’auto?” chiese lei, non rispondendogli.

 

S-si… C’è la moto da corsa intoccabile di Seto-sama, ma…” balbettò Roland, indicandogliela.

 

“Andrà benissimo!” Sherry salì a bordo, rigirando la chiave già presente nella serratura e avviando il motore.

 

“Ho appena detto che è intoccabile!” esclamò preoccupato Roland, con il sudore che ormai gli aveva inzuppato il colletto della camicia. “Solo Seto-sama può guidarla!”

 

Perché sei ancora qui?” ignorò i suoi discorsi lei. “Devi andare immediatamente a chiamare e far evacuare la scuola. Potrei non arrivare in tempo” Lo fissò con i suoi occhi blu, pericolosi e belli come l’oceano, quasi incrinati da leggere onde di preoccupazione. “Per favore…” mormorò decisa.

Roland si lasciò commuovere e acconsentì, nonostante avesse promesso al suo capo di non lasciarla andare da sola da nessuna parte. Ritornò immediatamente nel soggiornò e chiamò la scuola, sperando che credessero alla sua autorità.

 

Sherry, invece, aprì la saracinesca del garage e uscì in fretta dalla villa, dirigendosi verso il centro città. Fortunatamente, aveva la memoria abbastanza sviluppata da ricordarsi perfettamente tutte le vie della città di Domino, nonostante ci fosse arrivata da soli due giorni e l’avesse studiata solo sulla cartina. Sfortunatamente, la scuola era parecchio distante dalla sua attuale casa e lei doveva anche cercare di non dare troppo nell’occhio, perché non poteva certo rischiare di farsi fermare in quel momento dalla polizia per eccesso di velocità o per mancanza di casco di sicurezza.

 

Quando arrivò alla scuola, una decina di minuti dopo, senza aver avuto intoppi di sorta, notò con sollievo che tutti gli alunni si trovavano radunati al cancello, che si trovava abbastanza lontano dall’edificio. Parcheggiò la moto accanto al muro, stringendo la chiave fra le dita, e si avvicinò al gruppo di ragazzi, alcuni quasi della sua età, cercando di distinguere, senza successo, la figura a lei familiare.

 

“Scusi, signora…” chiese, facendosi leggermente coraggio, a una bella donna bionda, probabilmente un’insegnate, che si stava risistemando un trucco già abbondante.

 

Questa si girò, guardandola con occhi fiammeggianti e rischiando di far comparire le sue rughe anche da sotto lo spesso strato di fondotinta. “Io non sono sposata!”

 

Sherry non capì se fosse arrabbiata per il “signora” o per il fatto di non esserlo. “Oh” commentò solo, con un tono indifferente che fece arrabbiare ancora di più la professoressa, che fraintese le sue intenzioni. Lei non se ne curò, voltandosi verso il primo ragazzo che aveva accanto. “Scusa, sai mica in che classe sta Seto Kaiba?”

 

“Un’altra sua ammiratrice, uh?” rispose il ragazzo. “E’ in 3° A…” Si guardò attorno. “Quei sei ragazzi laggiù sono suoi compagni”

 

Sherry lo ringraziò con un cenno, sorvolando sulla prima parte della frase, e si avvicinò al gruppo che le era stato indicato. Loro probabilmente dovevano sapere che fine aveva fatto. Si fermò ad un metro da loro, ascoltando le loro conversazioni.

 

“Ah, che noia queste esercitazioni antincendio!” esclamò uno di loro, dai folti capelli biondi e l’aria da teppista.

 

“Tanto non servono a niente… Durante un incendio, nessuno si terrà mai la manina come alle elementari” confermò un altro, dai capelli castani a spazzola, anche lui con la divisa sbottonata.

 

“Avrei dovuto fare come l’idiota che non si è sprecato ad uscire ed è rimasto in aula…” aggiunse il primo.

 

“Come?” Sherry gli toccò una spalla. “Hai detto che c’è ancora qualcuno a scuola?”

 

Il biondo, sorpreso, fissò quella ragazza sbattendo le palpebre. “Wow, che pezzo di figa!” esclamò senza alcun ritegno un altro ragazzo del gruppo, dai lunghi capelli neri stretti in un codino alto.

 

“Davvero…” confermarono il biondo, il castano e un altro ragazzo dall’altezza di un bambino delle elementari, ammirando specialmente il seno che risaltava per via della camicia troppo stretta.

 

Sherry non si curò dei loro commenti. “C’è ancora qualcuno a scuola?” ripetè.

 

“Si, Kaiba” le confermò una ragazza dai capelli castani corti a caschetto, che la guardava con rabbia, forse con invidia. “Pensa sempre di essere superiore a tutti…”

 

Quell’idiota!” esclamò Sherry, lasciando la presa sulla spalla del ragazzo biondo. Si mise immediatamente a correre verso la scuola, ignorando le grida che sentiva dietro di sé, unite alle sirene della polizia che Roland, percependo forse un pericolo, aveva tempestivamente chiamato. Per questo, nessuno la fermò mentre entrava nell’edificio e cercava l’aula con la scritta “3° A”. La trovò dopo un paio di minuti e si affacciò sulla soglia.

 

Seto sentì il rumore dei suoi passi e alzò lo sguardo dal quaderno su cui stava scrivendo, stupito. “Perché diavolo…” Si interruppe, capendo. “L’esercitazione è opera tua?”

 

Sherry non si preoccupò neppure di rispondergli. “L’edificio sta per esplodere” gli comunicò, mantenendo una calma che non aveva. “Se davvero non vuoi morire, faresti meglio ad andartene”

 

“Stai scherzando?” chiese lui, senza alzarsi.

 

“Si, certo” gli rispose lei, seria.

 

Bastò questo a fargli comprendere che, effettivamente, non scherzava affatto. Si alzò di fretta, spostando il banco per fare prima e si mise a correre assieme a lei verso l’uscita. “Quelle sono le chiavi della mia moto” disse riconoscendo il portachiavi che le stringeva ancora fra le dita.

 

Si, l’ho presa in prestito”

 

“Hai fatto cosa?” si accigliò lui, che teneva a quella moto poco meno che alla sua azienda.

 

“Devi proprio litigare mentre corri?” troncò il discorso lei, che aveva già il fiato corto e nessuna voglia di discutere per una questione puerile.

 

I due si fermarono sulla soglia, riprendendo fiato, quindi si avviarono lentamente verso il cancello, dove studenti e polizia li stavano aspettando, curiosi di sapere cosa stesse succedendo. Furono accontentati un secondo dopo: con un rumore talmente forte da entrarti nel cervello e rimanere a rimbalzarti nella testa come un’eco distruttivo e intollerabile, la scuola, a causa di una serie di bombe sincronizzate, esplose, alzando nel cielo una nuvola di fumo grigio e tossico, simile ad un fuoco d’artificio venuto male. L’urto scaraventò i due ragazzi, che si trovavano troppo vicini al luogo dell’esplosione, parecchi metri in avanti, e li ricoprì con i brandelli di muro che si salvavano dallo scoppio e venivano impiegati come proiettili.

 

Quando la pioggia di residui terminò, e le loro menti si liberarono finalmente dalla prigionia del rumore assordante, Seto si mise a sedere sul selciato, puntellandosi con i gomiti. Aveva la divisa sporca e stracciata in più punti, dai quali spuntavano dei graffi visibili che gocciolavano leggermente. Si scostò con le dita la ciocca di capelli castani che gli copriva l’occhio, leggermente accecato, e fissò le macerie ancora fumanti. Attorno a lui, l’aria sapeva di bruciato tanto da irritare le narici. “Devo ringraziarti…”

 

Sherry, al contrario di lui, non si era ancora rialzata. Anche il suo corpo era ricoperto di tagli e il vestito era ormai rovinato, ma lei premeva la mano sinistra sulla spalla opposta, stringendo leggermente le labbra. Vedendo che Seto la guardava, però, si alzò immediatamente lasciando la presa. Lui non mancò di notare la macchia che andava bagnando la camicia non più bianca, giusto all’altezza della clavicola. I punti dovevano essersi strappati, facendo riaprire la ferita del proiettile che ora la faceva traballare leggermente. Senza chiederle nulla, la prese in braccio e la strinse forte.

Prima che lei potesse opporsi in qualche maniera, i due furono circondati da un branco di poliziotti e studenti.

 

“State bene?” chiesero il comandante dei carabinieri, cercando di non fare avvicinare troppo la folla.

 

Seto annuì leggermente, vedendo la sua limousine, guidata da Roland, che parcheggiava davanti al cancello, giusto dietro le “panda” degli sbirri.

 

Il comandante fissò la ragazza ferita che lui teneva tra le braccia. “Credo che dovremo interrogarvi. Se lei sapeva dell’esplosione…”

 

Macchè!” sbuffò Seto seccato, mentre si avviava verso l’auto. “Questa è la mia segretaria, ed era venuta a chiamarmi per un’emergenza alla società. È stato solo un colpo di fortuna se mi ha salvato”

 

“Oh, davvero?” Il poliziotto era chiaramente deluso. “Conferma, signorina…?”

 

Miyano. Shiho Miyano” rispose lui per lei.

 

Sherry alzò lo sguardo, che, per la troppa gente, aveva nascosto sotto la frangia bionda e aprì leggermente la bocca per domandargli come lo sapesse.

 

“Sono un genio, l’hai detto, no?” le sussurrò. Sherry, spossata per tutta la situazione, si limitò ad annuire sia a lui che al poliziotto.

 

Seto, individuando la banda dei suoi compagni, le prese le chiavi, che lei non aveva lasciato un momento, e le gettò al ragazzo castano. “Honda, riportami a casa la moto”

 

Lui afferrò l’oggetto sbadatamente, rischiando di farle cadere. “Mi hai preso per il tuo parcheggiatore?!” gli gridò poi, appoggiato dall’amico biondo.

 

“Si” confermò Seto, appoggiando Sherry sui sedili posteriori della limousine. “Ma solo perché non ne ho uno migliore a disposizione adesso” Salì anche lui in auto. “Se me la rovini sei morto” Quindi chiuse la portiera e la limousine partì senza fornire ulteriori spiegazioni.

 

 

Note di Akemichan:

Eccoci arrivati al quarto capitolo ^^ Da questo in poi saranno tutti lunghetti (cioè, intendiamoci, per me cinque pagine di word sono tante, non so poi per voi ^^’’). Volevo solo farvi un appunto: la donna che compare in questo capitolo è l’insegnate che Yami affronta, mi sembra, alla fine del secondo manga, se la mia memoria non fa cilecca ^^’’ In realtà, non c’è un motivo recondito per il quale ce l’abbia messa, solo che mi piaceva farlo ^^ (scema Nd.Seto) Sei cattivo… ç_ç

Bene, allora spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. ^^ Ci vediamo venerdì 18 novembre ^^ Bye

 

Reviews:

 

Kelly: Ciao ^^ Bene, mi fa piacere che sei riuscita a convincere Yami a venire in vacanza con te, nonostante i suoi numerosi impegni… (maledetta, guarda che è tutta colpa tua N.d.Yami) Si, si…ù_ù Ma non mi interrompere sempre! Poi raccontami com’è andata, mi raccomando ^_- E se hai bisogno di soldi, chiedi pure, tanto ho il codice del bancomat di Seto, quindi sto a posto (scusa, non ho capito bene… N.d.Seto) Niente, niente… Ma sai che oggi c’è proprio un bel tempo? (piove a dirotto -_-‘’ N.d.Yami) Grazie della recensione ^^ Non so se alla fine riusciranno o no ad ucciderlo, però, come vedi, ci stanno provando alla grande ^^ Bye ^^

 

Evee: Ciao ^^ Purtroppo non si trattavano dei nuovi episodi, ma del primo film spezzettato in cinque parti ç_ç Che per altro non ho potuto vedere, uffa! Mediaset del cavolo! Ha anche messo Yu-Gi-Oh alle quattro mezza di pomeriggio, ma si può?! Seto, compra la mediaset e migliora la condizione degli anime (per farti un dispetto non lo faccio… N.d.Seto) Maledetto, ma me la pagherai… Comunque, lo sai che anche i miei personaggi preferiti sono Ai e Heiji? Che coincidenza! Però preferisco sempre descrivere lei, perché la adoro *_* Ha una personalità così complessa e meravigliosa… Mi piace descriverla, anche se poi non sono sicura che venga così bene ù_ù Mi fa piacere che il capitolo ti sia piaciuto, e mi scuso per l’attesa che in realtà non è colpa di nessuno ^^’’ Povero Roland… Facciamo una colletta noi per pagargli lo stipendio? ^_- Bye ^^

 

Nadia Sakura Kan: Ciao ^^ Anche io li adoro tantissimo come coppia *_* In effetti, avevo sempre pensato di scrivere su di loro, ma non sapevo se erano azzeccati… Però li trovo adorabili ^^ Non so nemmeno io come mi sia venuta l’idea di questi due qui (anche tu?! N.d.Seto&Ai), visto che se pensi ai due anime separati non è che abbiano molto in comune, però… Mi piaceva, ecco, e sono contenta che piaccia anche a te ^^ Spero che lo stile di questo capitolo, se non è migliorato, almeno non sia peggiorato ù_ù E mi scuso per l’attesa, ma è stata inevitabile ù_ù Bye ^^

 

Ayu chan: Ciao ^^ E si, tu hai il “grande onore” di leggere in anteprima (capirai N.d.Seto) ^^ Quindi a te, niente scuse :-P. Nel manga Seto con la pistola c’è, sai? Tipo verso il volume diciotto… ^^ Quindi ho dedotto che la sapesse usare (si, ma non è che ho un arsenale in casa, eh N.d.Seto) Chi può dirlo? Comunque possiamo immaginarlo come nelle scansioni che abbiamo visto (guardate che è Ai quella che tiene la pistola sotto il cuscino, non io N.d.Seto Che hai da dire su di me mentre non ci sono? N.d.Ai) Vabbè, al massimo tu mi presti Yami ogni tanto e io ti presto Seto ^_- (ehi! Nd.Yami&Seto) La cosa di cui abbiamo discusso l’ho modificata ^^ Bye (in chat spero) ^^

 

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Capitolo 5
*** Assalto alla Kaiba Corporation ***


Assalto alla Kaiba Corporation

Assalto alla Kaiba Corporation

Un paio d’ore dopo l’esplosione della Domino High School, Seto era riuscito finalmente a far allontanare tutti i giornalisti ed i curiosi dalla casa, in maniera non proprio consona alle regole della convivenza civile. Salutò il dottore, che aveva terminato la visita, e chiuse la porta dietro di sé. Un po’ di silenzio, dopo il caos dell’esplosione che, in certi attimi, tornava a risuonargli nelle tempie.

Aveva fatto solo due passi per allontanarsi dall’ingresso quando il citofono suonò nuovamente. Visto il sistema d’allarme inserito, non poteva trattarsi di qualche criminale, quindi aprì senza troppe precauzioni, pensando che il dottore, venuto a visitare Sherry, si fosse scordato qualcosa. “Che diavolo c’è adesso?!” Invece, si ritrovò davanti tutta la banda al completo.

“Ti ho riportato la moto” disse Honda, accennando leggermente con il capo al veicolo parcheggiato al lato del muro del giardino e mostrandogli le chiavi che stringeva tra l’indice e il medio.

“Spero che tu non me l’abbia rigata” commentò Seto, strappandogli le chiavi di mano e cercando di chiudere loro la porta in faccia, ma Jounouchi infilò il piede, bloccandolo prima che potesse riuscirci.

“Non penserai di cavartela così, vero?”

Seto sbuffò. “Va bene, vi devo un favore. Contenti? Adesso sparite”

“Ma non è per quello” replicò Anzu, stringendosi la vita. “E’ per quella ragazza… Miyano”

“Ah” Aveva dimenticato, per sua fortuna, tutta la bontà d’animo e i discorsi sulla fraternità delle persone che lei amava fare, annoiandolo a morte. “Sta bene, quindi adesso potete anche andarvene” Intanto, cercava di chiudere la porta, anche a costo di rompere il piede a Jounouchi, cosa che, in effetti, non gli sarebbe dispiaciuta poi tanto.

“Niente affatto!” intervenne Otogi, quasi melodrammatico. “Intanto, perché una gnocca da paura come quella ha accettato di essere la tua segretaria?!”

L’intervento di Yuugi fu più pacato. “Miyano sapeva dell’esplosione” disse certo. “Cosa sta succedendo, Kaiba?”

“Anche se fosse, non sarebbero certo affari vostri…” Seto smise di spingere sulla porta, fissando lo sguardo, leggermente tremolante, lungo la strada che fiancheggiava la sua villa. In un istante, spalancò l’uscio, facendo cadere Jounouchi a terra per il contraccolpo. “Svelti, tutti dentro!”

“Ma…” Anzu quasi si spaventò per quella reazione insolita. “Fino ad un attimo fa volevi cacciarci via…”

“Ho cambiato idea!” gridò lui esasperato. “Non volevate entrare? Sbrigatevi allora!”

I sei ragazzi decisero che fosse meglio non contraddirlo e quasi contemporaneamente si catapultarono dentro, rischiando di rimanere incastrati nella porta. Quindi Seto richiuse l’uscio dietro di sé, prima che la porche nera potesse raggiungere il cancello. “Tutti a terra! Subito!” Vi si gettò anche lui, trascinando Yuugi e Anzu che erano i più vicini a lui. Gli altri ubbidirono per un riflesso condizionato.

Si sentì quindi una serie di esplosioni, di intensità minore rispetto a quella che aveva distrutto la scuola, ma più dolorose e penetranti, simili a tanti aghi che picchiettavano sul timpano, entrando in profondità. Dopo alcuni secondi cessarono totalmente, lasciando nell’aria un silenzio quasi doloroso.

Jounouchi si alzò, fissando, davanti e attorno a sé, i buchi ancora fumanti dei proiettili che avevano trapassato la porta come se fosse stata carta velina e si erano conficcati nelle pareti e nei mobili dell’ingresso, distruggendo ciò che si trovava sul loro cammino. “Porca miseria…” Anche gli altri ragazzi si alzarono debolmente, scioccati per il pericolo corso.

Mokuba, fortunatamente, era rimasto nascosto dietro al muro che divideva il soggiorno dall’ingresso, trattenuto per un braccio da Shiho che aveva percepito il pericolo. “Onii-chan…” mormorò soltanto, guardandosi attorno con aria preoccupata. Lei, invece, rimase in silenzio, massaggiandosi il braccio destro.

“Ho capito tutto!” esclamò Jounouchi, battendosi il pugno sul palmo dell’altra mano. “Proprio come supponevo, la Kaiba Corp ha contatti con la mafia giapponese! Scommetto che paghi delle tangenti per sbarazzarti delle ditte rivali… Ma loro si sono accorti che li stavi fregando e hanno deciso di toglierti di mezzo… E’ andata così, giusto?”

“Si, esatto” rispose Seto alzandosi e spazzolandosi i pantaloni neri impolverati dalla calce del muro che si era sparsa in giro. “Domani vado al KGB e mi faccio assumere come agente segreto…”

“Kaiba, ti prego!” esclamò Anzu. “Non mi sembra una cosa su cui scherzare…” E fissò preoccupata i resti fumanti della porta, trapassata nonostante fosse blindata.

Il telefono del soggiorno stava squillando già da un po’ di tempo, ma nessuno se ne era preoccupato troppo. Entrò in funzione la segreteria telefonica. “Che prontezza di riflessi, Sherry…” mormorò Gin con voce sinuosa come il cammino di un serpente. Shiho si immobilizzò, lasciando che le braccia scendessero molli lungo i fianchi. “Non avrei mai pensato che saresti corsa a salvarlo, senza preoccuparti della tua incolumità…”

Yuugi si alzò, cercando di intravedere qualcosa attraverso gli occhi di lei, completamente oscurati. “Tu sei…” E non completò la frase.

“Anche il tuo amichetto non se la cava male, vedo” continuò Gin. “Peccato solo che siate entrambi condannati…”

Seto perse totalmente la pazienza. Si catapultò nel soggiorno e afferrò la il telefono. “Devi solo provarci, bastardo!” gli gridò. “Esiste una sola persona a questo mondo che sia riuscita sconfiggermi e vale molto più di te, te l’assicuro! Vedrai, la prossima volta non sarai tu a condurre il gioco”

Gin, quasi sorpreso dalla sua reazione, rimase per un attimo in silenzio. “Si, sarà divertente” disse poi, interrompendo la comunicazione. Seto rimise già la cornetta. “Prova a ridire “te l’avevo detto” e io…” Ma Shiho teneva lo sguardo nascosto dalla frangetta e non parlava.

“Ah, ho capito!” disse ancora Jounouchi, che sembrava quasi più divertito che spaventato. “In realtà, Kaiba ha sempre fatto parte della yakuza, ma poi si è innamorato della figlia del boss, che era promessa in sposa al clan rivale. Così, per evitare le nozze, l’ha rapita e adesso stanno cercando di fargliela pagare…”

“Noo!” esclamarono contemporaneamente Honda e Otogi, drammatici. “Una ragazza così bella non può andare con Kaiba!”

“Hai visto un bel film…” commentò Anzu scuotendo la testa. Seto non si curò nemmeno di rispondergli.

“Se c’è un colpevole, quella sono io” mormorò Shiho con voce bassa.

Yuugi, in quel momento, percepì attorno a sé una strana aria, malinconica, satura di sensi di colpa. Gli ricordava molto da vicino i sentimenti che provava quando ascoltava l’altro sé stesso: un senso di eterna solitudine, di sradicamento e di rimorsi. Era insopportabile. “A patto che non sia stata tu a sparaci e a collocare le bombe” le disse, con la massima gentilezza. “Non sei colpevole di nulla”

“E’ vero, è vero!” intervenne Roland, spuntando dopo aver risistemato la moto ed essere così scampato ai proiettili. “Sei stata ammirevole! Correre in questo modo a salvare gli studenti…”

Shiho fece un debole sorriso. “Che c’è di eroico nel risolvere guai combinati da sé stessi…?” domandò. Poi si rivolse a Yuugi. “Se fossi rimasto ferito nell’esplosione, dubito che la penseresti ancora in questo modo”

“Si, invece” replicò lui, serio. “La penserei proprio così”

Ripensando all’episodio del giorno precedente, Seto fu quasi sul punto di ringraziare il suo eterno rivale, o almeno la sua metà più buona, per quelle frasi che, se non altro, avevano fatto tornare a Shiho la sua solita aria ironica, sebbene leggermente più velata. Il rischio che avevano corso era stato grande, ma se lei si scoraggiava così facilmente, non sarebbero mai riusciti a sconfiggere quelli della Black Organization.

Con la scuola distrutta, poteva dedicarsi a tempo pieno al lavoro finchè non avessero trovato un altro edificio. Stava per rimettersi a digitare sulla tastiera, lasciando perdere i ricordi, quando sentì ancora una volta, accanto a sé, dal computer su cui Shiho stava lavorando, seduta dall’altra parte della scrivania del suo ufficio alla Kaiba Corp, il “pii” inconfondibile dell’operazione non consentita. “Adesso basta, Miyano!” esclamò. “Ti assicuro che non c’è proprio alcun bisogno di sentirsi in colpa per quei sei imbecilli! Con tutte le volte che hanno messo nei casini me…” ricordò. “Quindi rilassati e fai il tuo lavoro”

Lei si limitò a girare il pc per mostrargli lo schermo. “Ci sono dei bug nel sistema” spiegò. “Li sto eliminando” Quindi, il “pii” corrispondeva semplicemente ai vari errori che venivano cancellati.

“Ah, ok…” mormorò lui, offeso con sé stesso per essersi lasciato turbare dal suo atteggiamento e aver tratto conclusioni sbagliate. Shiho rigirò il computer, appoggiò la guancia alla mano sinistra, chiusa a pugno, e si rimise al lavoro. “Perché sei entrata nella yakuza?” chiese improvvisamente Seto, senza nemmeno staccare gli occhi dallo schermo, quasi le avesse domandato un’informazione al casello autostradale.

“Ti interessa davvero saperlo?” E il tono di voce somigliava molto alla voce meccanica che avverte dell’arrivo dei treni dalla stazione.

“Uhm… si” Dato che Otogi e Honda non avevano fatto altro che decantare le lodi del suo corpo, gli era venuta la curiosità di capire perché una ragazza tanto bella, a detta loro, avesse fatto la mafiosa e non la modella. Non che lui, senza l’avvertimento dei due, pensasse che fosse brutta, solo che non gli interessava particolarmente il suo aspetto. Era dalla sua intelligenza che era stato colpito e, forse, dalla somiglianza che dimostravano in certi casi.

“Io non sono entrata nella Black Organization” disse lei, allora. “Ci sono nata”

Seto spinse leggermente in avanti il portatile, maledicendosi per essere stato tanto stupido. Era ovvio che, data la sua giovane età, non poteva essersi trattato una libera scelta. Forse era sì un genio, ma tutte quelle ore di studio per ottenere quattro lauree ad Harvard non erano volute. Anche lei, come lui, aveva avuto qualcuno che, per anni, gli aveva detto cosa doveva fare, senza avere uno spiraglio di libertà? Ecco, era questa somiglianza che lo faceva impazzire. Poi le scoccò una rapida occhiata. E capì che tutta la sua ironia e il suo cinismo dovevano dipendere, probabilmente, dal non avere avuto al fianco una figura come Mokuba era stato per lui.

“E tu, perché sei diventato direttore di un’azienda?” chiese Shiho, vedendo che non proseguiva il discorso.

Lui sbattè leggermente le palpebre. “Veramente… Non lo so”

“Ma ti sei fatto adottare da Kaiba apposta…”

“Non equivochiamo” mise le cose in chiaro Seto, che finiva sempre per arrabbiarsi quando veniva nominato il suo patrigno. “Dovevo trovare una persona abbastanza ricca che avesse la possibilità di adottare sia me che mio fratello e che, soprattutto, volesse. Così ho approfittato dell’orgoglio di Gozaburo per farlo. Tutto qui” Alzò senza volere lo sguardo su quello che una volta era l’ufficio di un’industria bellica. “Ho dovuto prendere il suo posto come direttore perché la vita a cui mi costringeva mi aveva chiaramente rotto. E poi, ho sempre adorato i giochi, quindi il resto è venuto da sé”

“Vuoi dire che hai modificato l’azienda non perché producesse armi da guerra, ma perché non ti andava di continuare?” domandò ancora lei. Non sapeva perché, ma le piaceva sentirlo parlare così di sé stesso. Una volta, le avevano detto che per far concentrare l’attenzione di un uomo su di sé, bastava fargli raccontare della sua vita, dei suoi hobbies, e cose del genere. Ma in quel momento, era la sua stessa attenzione, non quella di lui, ad essere concentrata.

“Io non sono così ipocrita da gridare “w la pace” quando so che non si otterrà mai” le rispose. “Diciamo che ho sempre pensato che il combattimento fosse insito nell’animo umano, perché tutti cercano il proprio benessere personale, fregandosene altamente di convenzioni sociali e problemi morali. L’ho provato sulla pelle e, se non posso dire che sia stato piacevole, almeno mi ha fatto capire come sopravvivere”

“E’ la legge della natura” convenne Shiho debolmente. “Il più forte vince sul più debole, e chi rimane indietro viene lasciato indietro. Avresti dovuto farlo anche tu, perché io non sono in grado di combattere”

Seto si accigliò leggermente. “Come puoi dirlo, se non ci provi nemmeno?”

“Ascoltami attentamente” disse lei, spegnendo il portatile. “Hai lottato perché avevi un motivo per farlo e le idee per ottenerlo. Tu credi nel futuro, sai cosa vuoi e come realizzarlo. Ma io non ho futuro, perciò, razionalmente, tendo a fare il minimo sforzo”

“E’ questo tuo atteggiamento disfattista che non sopporto di te!” sbottò lui.

“Perché, per il resto mi sopporti?” si chiese Shiho.

Lui avrebbe fatto di tutto per evitare di rispondere alla domanda e, per sua fortuna, fu salvato dal suono del telefono.

“Sono Seto Kaiba, proprietario della Kaiba Corporation” disse rispondendo.

“Di sicuro non potevi esserlo della Nintendo…” commentò seria Shiho, pensando a quanto fosse idiota una presentazione del genere.

“Lo so” rispose una voce fredda d’altro capo del telefono.

“C-Chi è?” chiese lei, vedendo l’espressione stupita sul volto di lui.

“Conosci il film Speed?” continuò Gin. “Che dici, giochiamo assieme? Tu dovresti essere un esperto in questo campo…”

Seto interruppe la comunicazione, afferrò il suo portatile e controllò il sistema di sicurezza. “Non può essere entrato…”

“Era Gin, vero?” domandò Shiho avvicinandosi.

“Si” rispose lui, mentre digitava in fretta sulla tastiera. “Ha sempre l’abitudine di avvertire le sue vittime? Comunque, ci favorisce”

“Adora giocare al gatto col topo, è vero… Ma è strano che lo faccia in maniera così rischiosa…” disse lei, riflettendo. “Credo che sia geloso di te…”

“Geloso? E di che?” Seto la fissò. “Vuoi dire che tra te e lui…” Shiho non rispose, ma sostenne il suo sguardo con un leggero tremolio negli occhi, e con la bocca leggermente inclinata all’ingiù. “No, certo che no” si rispose da solo, mentre finalmente accedeva nel sistema di controllo del palazzo.

Sullo schermo brillavano numerosi puntini luminosi, rosso fuoco. “Non ci posso credere…” mormorò lui. “L’intero palazzo è minato…” Si arrabbiò tremendamente, afferrando il telefono e digitando il numero della segreteria. “Evacuazione immediata!” ordinò. “E in fretta!” Chiuse il portatile, lo mise nella valigetta e si preparò ad uscire dalla studio, mentre il sistema d’allarme antincendio si metteva in modo, facendo risuonare lungo le vetrate il suono sfinente della sirena rossa. “Come diavolo ha fatto a non far intervenire la sicurezza?” si domandò Seto, aprendo la porta dell’ufficio.

“Avrà utilizzato il programma Z” ipotizzò Shiho, prendendo il suo portatile. “E’ un sistema che permette di entrare in un altro sistema e prenderne totalmente in controllo, senza che sia possibile individuarlo coi normali sistemi antifurto, perché il suo funzionamento è simile all’AIDS. Cambia continuamente configurazione”

“Ah, davvero?” commentò lui, chiamando l’ascensore. “E chi è il genio che ha inventato una roba del genere?”

“Io”

Seto le riservò una strana occhiata, mentre entrambi salivano assieme nell’elevatore. “Cavoli, Miyano! Se tu fossi solo un po’…” Esitò, per non trovare le parole giuste, mentre premeva il pulsante del piano terra.

“Un po’?” lo incalzò lei, mentre le porte si chiudevano.

“…come me, saresti la padrona del mondo o, almeno, della Black Organization” terminò la frase lui.

“E pensi che mi interessi?”

Seto non le rispose, fissando lo sguardo sui numeri dei piani che stavano scendendo lentamente. Era più o meno a metà quando l’ascensore si bloccò, sbalzando leggermente come se stesse soffocando. L’aria divenne immediatamente soffocante.

“Merda!” esclamò lui, pentendosi di avere un ufficio non raggiungibile con le scale. Alzò gli occhi alla botola sul soffitto. “Non mi sembra il caso di rimanere bloccati qui…” Mise le mani a coppa davanti a sé, piegandosi leggermente.

“Speriamo di essere vicini all’uscita” commentò lei, mentre appoggiava un piede sulle mani e, dandosi una spinta con l’altra gamba e con le mani posate sulle sue spalle, riusciva ad arrampicarsi sopra di lui. Rimase in ginocchio, mentre con le mani cercava di aprire la botola e spostarla per riuscire a passare.

“Ci arrivi?” chiese Seto tenendola per le caviglie, mentre Shiho cercava di arrampicarsi sopra l’ascensore spingendosi con le mani, che si impolveravano e sporcavano di grasso. Così facendo, gli permise di avere una perfetta visione del suo sotto-gonna. “Perché diavolo hai indossato la mini, oggi?” le domandò infatti.

Shiho tirò lentamente in su una gamba per salire completamente sul soffitto, mostrando ancora di più le cosce. “Perché c’erano solo minigonne nei vestiti che mi hai regalato” replicò lei.

“Guarda che non è colpa mia” disse lui mentre le dava una leggera spinta all’altra gamba. “Ho mandato la mia cameriera nei negozi. Chissà cos’ha capito, quell’invasata…”

“L’hai assunta tu” gli ricordò Shiho, mentre, in ginocchio fra la polvere e la muffa del tetto dell’ascensore, cercava di guardarsi attorno nell’oscurità a cui i suoi occhi blu non erano ancora abituati.

“Ho assunto anche te, se è per questo” ribattè lui, come dato di fatto.

Lei sorvolò sull’argomento, mentre si alzava, tenendosi in equilibrio in quello spazio precario. La porta era un metro sopra di lei, perciò non in una posizione difficile da raggiungere. Il vero problema sarebbe stato riuscire ad aprirla con una delle braccia non completamente funzionante. Fece un passo indietro, per aiutare Seto a salire in modo che ci pensasse lui, quando la cabina tremò leggermente e si rimise in modo.

“Perché diavolo sta salendo?!” esclamò lui, che, non aspettandosi una cosa del genere, stava rischiando di cadere. Anche Shiho, dall’alto, dove l’aria era più forte, cadde nuovamente in ginocchio, facendo diventare nere le sue gambe.

“Sherry, mi deludi” disse Gin, dall’altoparlante. “Credevo ricordassi che il programma Z è in grado di prendere il controllo di qualunque oggetto elettronico collegato alla rete informatica, come questo ascensore”

Shiho deglutì. Credeva che fosse un oggetto meccanico e che nulla potesse aver a che fare con la rete che controllava il sistema d’allarme. Seto era troppo arrabbiato per quella incursione nei suoi computer per preoccuparsi dei suoi errori.

“In poche parole, adesso io possiedo questo palazzo come se fosse un’estensione del mio braccio” continuò Gin, divertito. “Ditemi un po’… C’è spazio tra il tetto dell’ascensore e il soffitto dell’ultimo piano?”

“…no” esalò Seto, sentendo la cabina accelerare sempre di più. “Miyano, scendi subito giù da lì!” E allungò le mani per afferrarla.

“A buon rendere all’inferno, Sherry” sorrise Gin.

 

Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^ Eccoci arrivati al quinto capitolo ^^ Lo so, la storia dell’ascensore bloccato è vecchia, ma mi piaceva troppo come scena per non mettercela ^^ Chiedo venia. Il film “Speed”, per chi non l’avesse visto, parla di un pazzo che ha piazzato una bomba su un autobus, programmata per esplodere quando la velocità cala sotto i 50 km/h, se non ricordo male. Poi vabbè, c’è tutta la vicenda del poliziotto che deve riuscire a disattivarla prima che esploda ecc ecc. E’ un po’ vecchio, come film, ma lo conosco perché è uno dei preferiti di mio padre… E comunque, guarda caso, l'hanno ridato l'altro giorno su rete 4 (ß pubblicità occulta ^^’’). Un’altra cosa, che mi scordavo sempre di dire: la yakuza è, chiaramente, la mafia giapponese; invece “onii-chan” significa fratello maggiore proprio (Mokuba chiama Seto, ovviamente) Mi sembra tutto, per oggi… Grazie di aver letto la storia ^^ Ci si rivede il due dicembre ^^ Bye

 

Reviews:

Kelly: Ciao ^^ Sono contenta che la crociera sia andata bene! Ma perché avete dato il numero di telefono ad Anzu, mi domando ù_ù (io sono ancora arrabbiato con te N.d.Yami) Dai, saprò farmi perdonare… Ti do una bella parte nel prossimo capitolo! (davvero? *_* N.d.Yami) Si, davvero… Ma guarda una cosa deve fare per farsi rispettare dalla gente ù_ù Non so se lo uccideranno, ma bisogna dire che l’impegno ce lo mettono, quelli della Black Organization ^^ Grazie della recensione ^^ Bye^^

Evee:  Ciao ^^ Guarda, non dirmi nulla, che sono nera ù_ù Si che la serie che stanno trasmettendo adesso fa abbastanza pena (voglio dire, ma cosa me ne frega di veder combattere Rebecca?!), però… Insomma, danno due puntate dei Simpson, tra cui una replica, al giorno e non possono alternarla a Yu-Gi-Oh? O magari anche a Conan… Ma ci vuole troppa intelligenza per pensare ad una soluzione simile, ed evidentemente quelli della mediaset non ce l’hanno ù_ù In ogni caso, felice che il capitolo ti sia piaciuto ^^ Teoricamente come storia dovrebbe essere un mezzo poliziesco, quindi se ti ha lasciato senza fiato forse un po’ è venuto bene ^^ (ma perché io devo essere quasi ucciso ad ogni capitolo? N.d.Seto) La linea editoriale della storia è ormai questa, non ci si può fare nulla, mi spiace ^^ (Io non credo… Lo stai facendo apposta N.d.Seto) Ebbene, lo ammetto, è una vendetta perché tu hai bloccato la carta di credito che io ti avevo rubato ù_ù Grazie per la recensione ^^ Bye ^^

Nadia Sakura Kan: Ciao ^^ Grazie della recensione ^^ Si, li adoro troppo come coppia ^^ Sono adorabili, sebbene il loro carattere non lo sia per nulla ù_ù In ogni caso, temo che da questo capitolo ci sarà un po’ meno ironia, e un po’ più di sentimento (dovrà pur succedere qualcosa, no? ^_-), ma spero che la storia non diventi troppo noiosa. In ogni caso, il loro non sarà mai un rapporto tranquillo… Dopotutto, stiamo parlando di (prova a dire quei due… N.d.Seto&Ai con la pistola puntata) nessuno… ù_ù Bye ^^

Ayu-chan: Ciao ^^ Capitolo in anteprima? No, no, stavolta ti arrangi e lo leggi :-P Ma, non so se sia tanto figo anche quando prende la gente in ostaggio ù_ù… Ma sorvoliamo sui suoi trascorsi all’Isola dei Duellanti che è meglio (cos’avrà voluto dire? N.d.Seto-che-guarda-Maidirelunedì) La scena con Sherry in braccio a lui mi ricorda quella con tu-sai-chi, però sai che quasi quasi mi piace di più con Sherry? Cioè, loro due mi piacciono troppo come coppia, perché sono veramente molto, molto simili… Grazie della recensione ^^ Bye ^^

 

 

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Capitolo 6
*** Gioco delle tenebre ***


Gioco delle tenebre

Gioco delle tenebre

Gin, che aveva parcheggiato la porche dietro a due alte querce nel parco dietro alla sede della Kaiba Corporation, in modo che fosse invisibile dall’esterno, attese pazientemente di sentire lo schianto. Mancavano pochi secondi, ormai. Il suo divertimento fu interrotto da una voce che tagliò l’aria esattamente a metà.

“Ti piace giocare con la vita delle persone, vero?”

Gin abbassò lentamente le cuffie con microfono che usava per comunicare con l’altoparlante, e si voltò verso la persona che aveva parlato. Non credeva che qualcuno venisse in quel luogo a curiosare, con tutto il caos che stava accadendo nell’edificio poco lontano.

“Anche io l’ho fatto spesso…” Un ragazzo, sui diciassette anni, occhi viola penetranti e un atteggiamento strafottente e fin troppo sicuro di sé. “Per meglio dire, ho messo in gioco la mia e la loro vita…” Sorrise sardonico. “E tu, vuoi fare un gioco con me?”

Gin accostò la portiera per nascondere alla sua vista cuffie e computer, che si trovavano appoggiati sul sedile anteriore. “Davvero divertente” Gli piaceva quel ragazzo, perché sembrava, almeno all’apparenza, simile a lui. Ma gli avrebbe fatto presto cambiare idea.

“Il mio nome è Yami” si presentò lui. “Significa oscurità. Vogliamo vedere se è più buia la mia… o la tua?”

“Sai che potrei ucciderti all’istante?” Gin estrasse la pistola che teneva nella cintura, nascosta nel lungo soprabito nero, e gliela puntò contro. Vista la vicinanza, sbagliare sarebbe stato impossibile.

Yami incrociò le braccia sul petto, giusto sopra il puzzle millenario. “Codardo”

“Facciamo così” Gin ritirò la pistola, aprì il tamburo e fece cadere a terra tutti i proiettili, tranne uno, quindi ricaricò l’arma. “Ci spariamo in bocca una volta a testa, chi prende il proiettile perde” Sorrise sadico. “E’ il gioco della morte”

“O il gioco delle tenebre…” replicò Yami, niente affatto spaventato. “Decidiamo chi inizia a morra cinese?”

“No, fai tu” gli disse Gin passandogli la pistola. Sapeva che non era una cosa intelligente armare un nemico, ma sapeva anche che, con un solo proiettile, sarebbe riuscito a disarmarlo facilmente prima che potesse colpirlo. Inoltre, aveva l’impressione di trovarsi davanti un ragazzo onesto, non un assassino, nonostante le frasi che gli aveva rivolto. Sorrise dentro sé stesso, pensando a come si sarebbe divertito a vederlo uccidersi da solo. Il proiettile, infatti, si trovava al terzo posto. Per la logica dei fatti, sarebbe capitato all’avversario.

Yami, senza che il suo braccio tremasse minimamente, si appoggiò la canna della pistola sulla fronte, giusto sotto le ciocche bionde, tirò indietro il cane e sparò. “Tocca a te” disse con una serietà da professionista, mentre gli restituiva l’arma con un leggero lancio.

Gin la prese, aprì la bocca e ci sparò dentro, anche questa volta senza alcun risultato. La ripassò al ragazzo, il quale la rimise nella stessa posizione che aveva assunto prima. “Pensi di vincere, vero?” gli chiese Yami, mentre si preparava a sparare, vedendo il suo sguardo aspettare il sangue. “Ma con me gli imbrogli non funzionano mai, ricordatelo” Il cane scattò e il tamburo girò, ma lui si levò la pistola, vivo come prima, e gliela passò tenendola per la canna. “Il tuo turno”

Gin fissò l’arma, ancora con il suo proiettile mortale all’interno, poi il sorriso sicuro e soddisfatto del ragazzo. Non poteva avere imbrogliato, o l’avrebbe visto. E non poteva essersi sbagliato, perché non era la prima volta che usava un trucco simile ed era esperto nel sistemare il proiettile nella posizione giusta.

“I tuoi occhi ti hanno giocato un brutto tiro” commentò Yami, muovendo leggermente il braccio per incitarlo. “Le ombre non accettano imbrogli, né imbroglioni”

“Davvero?” Gli occhi di Gin sprizzarono un lampo di odio, mentre afferrava la pistola, ma, invece di puntarla verso di lui, diresse la canna verso il petto del ragazzo. “Non cambia poi molto, però” E premette il grilletto.

Yami non si spaventò per nulla, né si mosse. Nonostante lo sparo, nessun proiettile uscì dalla pistola. “Poiché hai cercato di imbrogliare, hai perso automaticamente” Lasciò scendere le braccia lungo i fianchi e illuminò l’occhio di Ra sulla sua fronte. “Il gioco della sanzione!”

Lentamente, il braccio di Gin si diresse nella sua direzione, appoggiando la canna all’altezza del cuore. Lui la fissò, con gli occhi percorsi da sottili capillari rossi, evidente nel ghiaccio e nella neve, quindi il suo stesso dito indice premette il grilletto. Si sentì un suono soffocato, come di un frutto succoso che si squarciava calpestato da qualcuno e spandeva attorno il suo liquido dolce, quindi le gambe di Gin tremarono, un impulso elettrico incontrollabile, e l’uomo cadde a terra, con la faccia nascosta dall’erba e dal fango, senza che la sua mano avesse lasciato l’arma.

“Chi viaggia nelle tenebre senza conoscerle, prima o poi ne viene inghiottito” disse Yami. “Per uscirne, bisognerebbe controllare la luce e l’oscurità presenti nel cuore di ognuno di noi. E tu non ne sei capace” Con noncuranza, aggirò il cadavere e riaprì la portiera della porche. Notò il computer, ancora accesso, sul cui schermo passava una fila incomprensibile di numeri e codici, e, collegato ad esso, le cuffie con microfono. Le prese. “Forse, con queste…”

 ***

“Miyano, scendi subito da lì!” E allungò le mani per afferrarla.

Lei non riusciva a muoversi con facilità, nello spazio augusto e buio in cui si ritrovava, e la velocità che aveva preso l’ascensore non la facilitava di certo. Strisciando e tenendosi con una mano proprio alla base della corda che li stava trascinando, riuscì a sedersi sul bordo della botola e a far penzolare ad di sotto le sue lunghe bianche. Immediatamente, sentì qualcuno afferrargli le caviglie e trascinarla al piano di sotto, non proprio delicatamente, finendo per alzarle la gonna e sporcarle le mutandine.

L’ascensore, con una tremenda botta, si arrestò, schiacciando il proprio tetto contro il soffitto e facendo tremare le sue pareti. Shiho sospirò di sollievo, per non essere morta schiacciata come una sardina, e si appoggiò ancora di più a lui che, per portarla giù, l’aveva presa prima per le caviglie e poi per la vita.

“Questa volta ho temuto il peggio…” commentò Seto, lasciando che lei, con la testa appoggiata al suo petto, sentisse i battiti accelerati del suo cuore e il suo respiro irregolare. “Tutto ok?”

Shiho, che respirava alla sua stessa maniera, con le mani strette fra i loro due petti, esalò un leggero “si” per non avere molto fiato. Alzò lo sguardo, ritrovando il volto a pochi centimetri dal suo, e rispecchiando gli occhi in altri occhi blu. Immediatamente, lui scostò lo sguardo.

Allora, lei si staccò, appoggiandosi alla parete accanto, con un leggero sospiro. “Hai i battiti accelerati…” commentò, mentre si osservava i vestiti ormai irrimediabilmente sporchi con il piglio di una normale casalinga. “Chissà quanto organismi patogeni mi sto prendendo…” Passò una mano sotto la gonna, sentendosi le mutandine zuppe per il marciume che si trovava di sopra. Avrebbe desiderato tanto farsi un bagno… Ma non le sembrava la situazione migliore per pensarci.

“Certo che ho i battiti accelerati!” sbottò lui, continuando a fissare la fila dei pulsanti numerati. “Ho preso uno spavento! Mi sono veramente preoccupato…”

“Ti sei preoccupato…” Shiho sbattè le palpebre. “…per me?”

Seto pensò che volesse prenderlo in giro. “Scusa tanto se non volevo vederti spiaccicata lassù!”

Ma lei non aveva nessun intento polemico. Lo guardò, per alcuni terminabili istanti, quindi alcune leggere goccioline iniziarono a scendere lungo le guance solitamente pallide, anche se, in questo momento, sporche di grasso come il resto del corpo. La pioggia estiva divenne sempre più forte e Shiho sembrava ancora non rendersene conto. Alzò la mano, ormai nera, e iniziò a strofinarsi il viso, nella speranza di pulirsi da tutto, con scarso successo. Allora si voltò verso il muro, stringendosi il viso, senza parlare.

“Sono chiuso dentro un ascensore, in un palazzo che sta per esplodere, con una ragazza. E lei piange” pensò Seto velocemente. “Che diavolo faccio adesso?!” Portò una mano avanti, poi la ritirò, senza sapere veramente che cosa fare. “Senti…” Generalmente, odiava i piagnistei, di qualunque tipo fossero, ma in lui stava prevalendo lo stupore per una reazione del genere. L’aveva vista forte, ironica, forse anche impaurita. In quel momento, però, la stava vedendo com’era realmente: una donna, sola. Tremendamente sola. E fragile più di quanto mostrasse.

“Guarda che non è colpa tua…” le disse, cercando di capire per quale motivo stesse piangendo. “E poi, ce la caveremo, quindi sta’ tranquilla” Erano veramente simili. Ricordò che, quando aveva perso i genitori, si era sentito crollare il mondo addosso. Se non avesse avuto Mokuba con sé, forse non si sarebbe mai ripreso. Ma il suo fratellino aveva bisogno di lui, perciò non aveva potuto lasciarsi andare e piangere come un normale bambino. Si era occupato di Mokuba, consolandolo e standogli accanto più che poteva, ma nessuno aveva mai fatto lo stesso per lui. Forse, nemmeno lei aveva mai avuto qualcuno che le asciugasse le lacrime.

Shiho agitò leggermente una mano, come per indicare che non c’era decisamente bisogno che lui facesse qualcosa. Prese un respiro profondo, quindi si asciugò il volto ancora una volta. “E’ solo un po’ di stress, niente di che” disse girandosi e ritrovando la sua stessa espressione seria. “Evidentemente, non sono in grado di controllare i miei ormoni come pensavo”

“Oh, no, ci riesci benissimo” pensò lui guardandola. I suoi occhi non erano rossi, e le sue labbra non davano segni di cedimento: non sembrava una che avesse smesso di piangere da poco. “Meglio così, perché non ti stavo sopportando già più”

“Immaginavo” Shiho alzò lo sguardo all’altoparlante, che taceva da troppo tempo. “Forse, vuole farci morire soffocati…” commentò, con un leggero sorriso.

Seto fece uno sbuffo. La “morte del sorcio” era proprio l’alternativa peggiore. Tanto sarebbe valso morire sul ponte dove l’aveva incontrata, con lo sguardo ben fisso sull’uomo biondo che si chiamava Gin. Poi, deglutì leggermente. “Che diavolo fai?”

Lei aveva infilato le mani sotto la gonna e, stando ben attenta a non alzarla, si stava sfilando la biancheria intima, che aveva un inconfondibile odore di vecchio e di muffa. “Ho tutte le mutandine bagnate” disse lei come se fosse una cosa normale. “Mi danno fastidio. Preferisco restare solo con la gonna che è quasi asciutta”

“Ah, ok…” si limitò ad esalare lui, fissandola mentre alzava leggermente i piedi per levarsele completamente.

“Sei imbarazzato?” commentò lei guardandolo. “Credevo che non te ne importasse nulla di certe cose…”

“Infatti non me ne importa nulla!” si difese Seto.

“Ah, ecco” Shiho si risistemò meglio la gonna. “Quindi non ti interesserebbe nemmeno vedere una donna nuda…”

“No, infatti” rispose lui un po’ meno sicuro. Si stava sbagliando, oppure gli si stavano davvero bagnando i pantaloni? “Perché, tu ti faresti vedere senza problemi?”

“Dato che stiamo per morire…”

Seto si staccò dal muro di getto. “Noi non stiamo per morire” Per la troppa foga, finì per inciampare e quasi caderle addosso, immobilizzandola tra il muro e il suo corpo. “Noi non moriremo”

“Se lo dici tu…” Di nuovo, i loro volti furono a pochi centimetri, e il fiato si mescolò al fiato, l’azzurro con l’azzurro. Sarebbe stato così facile annullare la distanza… Ma perché farlo, poi? Avrebbe rovinato tutto.

“Ehi, ci siete?” disse una voce gentile ma autoritaria dall’altoparlante, calda, interrompendo l’atmosfera che si era creata nella stanza “Kaiba, mi senti?”

Seto sobbalzò e si staccò da lei, sentendo i suoi sensi ribellarsi, mentre la ragione tornava a funzionare decentemente. “Yuugi?!”

“Ah, siete salvi” Un leggero sospiro di sollievo.

“Chi è?” domandò Shiho, la quale, dovette ammetterlo a sé stessa, aveva rivisto uno spiraglio di speranza a sentire un suono diverso dalla voce tagliente di Gin.

“Un mio compagno, uno di quelli di ieri” le spiegò velocemente Seto. “Che diavolo ci fai lì?”

“Dov’è Gin?” aggiunse lei, preoccupata che qualcun altro, nuovamente, potesse perdere la vita per colpa sua.

“Ehm…” Yami esitò. “Diciamo che sta dormendo, và”

Seto scosse la testa. “Il gioco della sanzione?”

“Il gioco della sanzione” confermò Yami.

Shiho non capì cosa intendessero dire. Si trattava forse di un linguaggio in codice? Ma il pensiero della sconfitta di Gin era così dolce da essere quasi insopportabile, troppo bello per poterci credere davvero. Fissò lo sguardo, curioso, su Seto, che invece era concentrato all’altoparlante.

“Sentite” disse Yami. “Roland, che è uscito dall’edificio con il resto dei dipendenti, ha detto che dal tuo ufficio si può arrivare solo con l’ascensore. Siete bloccati lì dentro?”

“Si” confermò Seto. “Gin usava un programma che controllava la mia rete informatica”

“Sono nel parco dietro la società” Yami lasciò che le file di numeri del computer passassero sui suoi occhi viola. “Qui c’è un portatile, collegato al microfono con cui vi sto parlando. Sullo schermo, però, c’è una specie di codice alfanumerico, che cambia in continuazione”

“E’ il programma Z” disse Shiho, che, avendolo creato, ne conosceva a perfezione il funzionamento. “Per ristabilire la situazione normale, devi traslitterare il codice alfanumerico in codice binario, quindi inserire il programma in un file con estensione .exe, disattivare il tutto ed uscire dal sistema”

Passarono alcuni istanti di silenzio. “Nella nostra lingua?” chiese poi Yami. Lentamente, Shiho gli spiegò come procedere, passo dopo passo, cercando di essere più chiara e semplice possibile.

“Cosa succede se sbaglia?” domandò Seto, che si era di nuovo riappoggiato al muro e aveva accavallato le gambe e incrociato le braccia.

“Non lo so precisamente, dipende da quanta estensione ha dato Gin al file” scrollò le spalle lei. “Potrebbe anche far esplodere tutto”

Lui sbuffò, seccato. “Si può sapere perché devo sempre affidare la mia vita a te?” gridò all’altoparlante.

“Perché ti fidi di me, idiota” replicò Yami, cercando di rimanere concentrato agli ordini della ragazza. Come risposta, Seto fece solamente un sorrisino ironico.

Poi, l’ascensore riprese a funzionare come per magia, e prese a scendere delicatamente verso il piano terra, come gli era stato impartito. I due ragazzi tirarono contemporaneamente un sospiro di sollievo, anche perché l’aria stava diventando veramente soffocante.

“Mi dovrai pagare da bere per questo, Kaiba!” esclamò Yami, che aveva riportato lo schermo al normale desktop che conosceva, uscendo con una frase che sarebbe stata tipica di Jounouchi. Che la sua idiozia lo avesse contagiato?, pensò Seto.

“Ti consiglio di cancellare le impronte dai tasti” commentò Shiho, che decisamente sapeva come comportarsi in casi simili. “O potresti rimanere coinvolto”

Yami rise leggermente, immaginandosi i poliziotti che cercavano di ritrovare le impronte di un faraone morto 3000 anni prima, ma ubbidì. Non poteva infatti essere certo che rimanessero le sue e non quelle di Yuugi.

L’ascensore aprì le sue porte al piano terra. Attraverso i vetri delle porte automatiche dell’ingresso, riuscirono a vedere la numerosa folla che si era radunata davanti, curiosa di sapere cosa stesse succedendo. Immediatamente, Seto premette il tasto che portava al parcheggio sotterraneo. “Roland” chiamò poi, con la ricetrasmittente inserita nel suo soprabito.

“Oh, Seto-sama!” esclamò la voce lacrimosa del dipendente, che era stato sulle spine per tutto il tempo.

“Fai entrare pure gli artificieri nell’edificio, io e Miyano torniamo a casa da soli. Tu resta a controllare la situazione” gli disse, per niente commosso, almeno all’apparenza, dalla fedeltà di Roland.

“Si, signore. Sarà tutto fatto!” esclamò felice lui.

“Yuugi aveva detto di essere al parco…” ricordò Seto quando lui e Shiho uscirono dal parcheggio sotterraneo attraverso la porta di sicurezza sul vetro. Senza neanche confermare l’un l’altro le proprie intenzioni, entrambi si diressero immediatamente a cercare l’auto nera, la porche, che trovarono, parcheggiata dietro a due grandi querce, solo grazie a Yami che li individuò prima di lui.

Shiho si bloccò al limite della radura, fissandosi sulla macchia nera, rossa e bionda che si trovava a fianco della fuoriserie. Titubante, si avvicinò, sentendo nelle narici l’odore asfissiante del sangue. Un cadavere, ovviamente. Lo aveva desiderato morto così tante volte che, trovandolo morto davvero, ne era rimasta, se non delusa, quasi amareggiata. La morte era la fine di tutto… Forse Gin meritava qualcosa di peggio.

Poi, il suoi occhi blu seguirono quelli dello sguardo di Seto, concentrandosi sul ragazzo che, finendo di ripulire anche le cuffie dalle sue impronte, voltava loro la schiena. “L’hai ucciso tu?” domandò lei.

“Io non uccido” replicò Yami, quasi offeso. “Do solamente alle persone un indizio per sopravvivere alle tenebre” Si voltò verso di loro, incrociando le braccia. “Kaiba c’è riuscito. Quest’uomo non è stato in grado” Alzò le spalle con noncuranza. “Suicidio”

Shiho lo fissò, aprendo leggermente le labbra. Ricordava quel ragazzo, che aveva cercato di confortarla dopo l’esplosione della scuola, ma c’era in lui qualcosa di diverso. Era più alto, con un differente taglio di capelli, e gli occhi, più sottili e delicati, ricordavano la decisione che esprimeva ora la sua voce. “Che tipo di patologia è?”

“Non sono malato!”

Seto fece una leggera risata. “Che tu ci creda o no, Miyano, questo tipo possiede due anime. Quello che hai davanti è l’altro Yuugi, decisamente meglio di quello normale”

“Sono più sorpresa che ci creda tu” replicò lei, inarcando un sopracciglio biondo.

“Credo solo a quello che vedo” le spiegò lui. “E la verità è evidente” Si rivolse quindi a Yami. “Ma cosa ci facevi qui nel parco?”

“Visto che la scuola, per il momento, è inagibile, ero a spasso con gli altri” raccontò il faraone. “Così, Jounouchi-kun ha pensato di venire alla sede della tua società per chiedere ancora spiegazione sulla sparatoria di ieri… Ma quando siamo arrivati, c’era già quel casino e qualcuno ci ha raccontato di un’emergenza incendio… Ho subito capito che si trattava di un caso analogo” Si toccò leggermente il pendaglio. “Quando poi Roland ha detto che voi due non eravate da nessuna parte e che il palazzo era sotto il controllo di qualcuno che impediva ai soccorsi di entrare, ho chiesto al puzzle millenario di aiutarmi. Così sono capitato qui e ho sentito riconosciuto quest’uomo come il tizio della segreteria…”

Shiho, nel frattempo, aveva visto brillare il display del cellulare di Gin, appoggiato sul sedile del guidatore e, usando come guanto la manica sporca della sua maglietta panna, lo afferrò. Come immaginava, si trattava di una chiamata senza suoneria, ovviamente con numero anonimo. Schiacciò il tasto per rispondere e avvicinò il telefono all’orecchio.

“Gin, finalmente…” disse una voce suadente di donna dall’altro capo del telefono. “Non si fa aspettare così una signora…”

“Vermouth!” esclamò Shiho riconoscendola e, come riflesso incondizionato, i suoi muscoli tremarono al ricordo di quella pericolosa donna che, nella Black Organization, temeva sopra ogni cosa.

“Did you find Sherry?” proseguì lei “Sono giorni che non dai più notizie, da quando l’hai seguita fino ad Osaka… Where are you now?”

Un altro lampo di speranza le attraversò la mente. Se solo Gin sapeva che lei si trovava a Domino City, questo significava che, adesso che lui era morto, nessuno della Black Organization poteva collegare lei e Kaiba. Certo, era incredibile che un uomo solo potesse mettere a soqquadro una città intera, ma perché Vermouth avrebbe dovuto darle una falsa sicurezza? Non poteva, al 100%, sapere che era lei che stava ascoltando.

“Mi senti, Gin?” chiese Vermouth, spazientita. “Certo che con le donne non ci sai proprio fare…” Si sentì il rumore di un accendino. “Anche questa storia che vuoi cercare Sherry da solo…”

Shiho interruppe la comunicazione e appoggiò delicatamente il telefono dove l’aveva trovato. Doveva andarsene, subito! Prima che gli altri trovassero il cadavere di Gin e capissero che Kaiba sapeva troppe cose sul loro conto. Cercò di negare a sé stessa che le dispiaceva andarsene proprio in quel momento che stava quasi cominciando a sentirsi di nuovo meglio, ma lo faceva per lui e per la sua famiglia.

“Ascoltami, Kaiba” disse Yami, serio. “Devi far scappare Miyano all’estero, meglio sotto falso nome. Io non so veramente cosa stia succedendo, ma mi sembra chiaro che la vogliono uccidere e che, per questo motivo, sono disposti a commettere delle stragi. Per il bene di tutti e soprattutto per il suo, falla andare via” Poiché non gli rispondeva, aggiunse, con le labbra leggermente piegate all’insù: “O devo pensare che ti sei innamorato?”

Seto si voltò verso la macchina. “Miyano!” Aspettò che lei uscisse dalla macchina. “Torniamo a casa”

“Non sono il tuo cane” replicò lei, ma lo seguì ugualmente quando lui non la degnò nemmeno di risposta e iniziò a camminare in direzione della Kaiba Manoir. Allora Shiho scoccò una strana occhiata a Yami, che la interpretò come un “grazie”.

“Non c’è di che” le sorrise. “Cerca di tirati su” E quindi, con un sospiro, si decise a tornare dagli altri che dovevano essere in pensiero per lui.

Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^ Ed ecco che entra in scena anche Yami ^^ Non potevo non mettercelo! Ovviamente il "gioco della sanzione" è riferito alla prima serie, quando Yami puniva le persone contro cui vinceva, visto che giocava contro di loro per vendicarsi. Tenendo presente questo, non è la prima volta che finisce per uccidere qualcuno. Nella prima serie era molto più bastardo (anche se io lo preferivo così, almeno era originale.
Vermouth, per chi non lo sapesse, parla spesso in inglese, dato che è americana. Le frasi tradotte: "hai trovato Sherry?/ Dove sei adesso?" Un'altra cosa che mi scordavo sempre di dirvi... la Todai (Tokyo Daigaku) è l'università più prestigiosa di Tokyo, un po' come la Bocconi e la Nomale qui in Italia.
Bene, ci vediamo venerdì 16 novembre con l'ultimo capitolo! Bye ^^

Reviews:

Kelly: Ciao ^^ Grazie della recensione ^^ Credimi, ti capisco... Non c'è nulla di peggio di avere per ragazzo uno di Yu-Gi-oh! Come vedi, non hanno proprio fatto come nella fabbrica di cioccolato, anche perchè Seto non è Willy Wonka (ci mancherebbe ù_ù N.d.Willy Wonka), però mi fa piacere che la storia dell'ascensore ti sia piaciuta. Bye ^^

Ayu chan: Ciao ^^ Grazie della recensione. Si, anche a me divertita troppo la storia che inventasse tutto Ai XD Ed è una cosa che manda in bestia Seto... E mìimmagino la camieriera che va apposta a compare le gonne corte XD Scusa per l'altra volta, ma dovevo proprio scappare... Comunque speravo proprio che ti piacesse. ^^ Spero di sentirti di nuovo presto in chat.

Evee: Ciao ^^ Grazie della recensione. Quanti complimenti, grazie davvero! ^///^ Non credevo lasciasse poi così tanta suspence... Ma se è così, tanto meglio! ^^ A me Ziegfried non piace molto, sarà che osano paragonare la sua intelligenza a quella di Seto e Ai ù_ù In compenso, ora l'hanno pure tolto, al pomeriggio... Spero che sia il preludio di un ritorno ad un orario più decente ù_ù

Francesca Akira89: Ciao ^^ Grazie della recensione. Ti dirò, non so precisamente come mi sia venuto in mente. Ho solo pensato che si assomigliavano molto, sia per l'intelligenza che per la loro infanzia e storia familiare (orfani, con dei pessimi "genitori adottivi", i fratelli unici parenti rimasti) e mi sono detta... perchè no? Adesso li adoro come coppia ^^ Bye ^^

Nadia Sakura Kan: Ciao ^^ Grazie della recensione, e non preoccuparti del ritardo. Mi fa piacere che ti sia piaciuta nonostante fosse molto meno ironico, come pezzo, come in fondo è anche questo capitolo ù_ù Dopotutto, ormai la storia volge al termine. Che intendi per "più vera"? Nel senso che prima sembrava recitare una parte o nel senso che non sono stata abbastanza brava da descriverla come una persona vera? Nel caso, cerco di rimediare ^^'' Comunque, direi che le cose per... (per chi?! N.d.Shiho&Seto con la pistola in mano) per alcune persone sta migliorando (mamma mia che suscettibili!) Bye ^^

Heven89: Ciao ^^ Grazie della recensione. Ah, non importa, magari non segui Conan, o io non sono stata abbastanza brava a descriverla^^ Però mi fa piacere sentire di nuovo la tua opinione ^^ Bye

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Capitolo 7
*** Epilogo ***


Epilogo

Epilogo

Quando Seto aprì la porta della sua casa, si ritrovò addosso uno strano senso di malinconia nel non ritrovare il suo fratellino ad accoglierlo, come faceva sempre. Ma la situazione era grave e, vista la confusione appena capitata, la soluzione di nascondere Mokuba a Tokyo dalla sua vecchia baby-sitter dei tempi di Gozaburo, alla quale era ancora legato, si era rivelata azzeccata.

“Ti manca, vero?” gli chiese Shiho, mentre richiudeva la porta dietro di loro.

“Certo che manca” rispose lui più ai suoi pensieri che a lei. “E’ mio fratello”

Shiho non aggiunse nulla, ma si limitò a scuotere leggermente la testa. “Anche a me…” sussurrò poi, ma Seto non riuscì a capire precisamente a chi si riferisse. “Sarà meglio che mi cambi” commentò dopo. Salì le scale e lo lasciò da solo nell’ingresso.

Lui si levò il soprabito, gettandolo senza troppa cura sull’armadio delle scarpe, e si appoggiò al muro, senza alcuna voglia di fare qualcosa. Sapeva benissimo che Yami aveva ragione, su tutto. Forse, lui da solo sarebbe riuscito a salvarsi, ma gli altri? In queste condizioni, suo fratello correva troppi rischi. Lei lo aveva avvertito e lui aveva sottovalutato la forza della Black Organization. Però, poteva davvero mandarla via così, dopo che era stato lui stesso a farle correre più rischi di quelli che avrebbe corso se fosse fuggita da sola, com’era sua intenzione? E poi, non aveva proprio voglia di vederla andarsene con il suo solito sorriso ironico, mentre lo accusava di tutto.

“Io mi faccio una cioccolata calda” Shiho, già con i vestiti puliti addosso, lo aveva interrotto dai suoi pensieri, mentre entrava nella stanza a fianco, passandogli accanto, coi capelli e la pelle ancora leggermente bagnati per la doccia che aveva appena fatto.

Seto notò allora che profumava non di rosa o di fiori come una ragazza normale, ma di disinfettante. Lei non era una ragazzina ancora alle prese con problemi di vestiti o di ragazzi, era una scienziata. Questo era il ruolo che gli era stato assegnato, magari controvoglia. Dopotutto, anche il suo ruolo di direttore, in un certo senso, era il compito a cui il suo patrigno lo aveva addestrato e, sebbene adorasse il suo lavoro, non poteva dire di averlo, in un primo tempo, scelto consapevolmente. Il secondo giorno di convivenza, l’aveva paragonata ad uno Yuugi in gonnella, ma si era sbagliato. In realtà, era un sé stesso in gonnella. Ma doveva scegliere: o lei, o suo fratello. Le solite scelte facili della vita.

Entrò in cucina e si sedette al tavolo. “Una tazza anche a me”

Shiho stava armeggiando con il pentolino nel quale versò il latte e il cioccolato in polvere. “Sono stata promossa da cane a cuoca” commentò. “Non male” Accese il gas e si sedette davanti a lui. “Devo andarmene” disse seria. “Prima che qualcun altro venga a sapere di questa storia” aggiunse mentalmente.

Il fatto che fosse lei direttamente ad iniziare l’argomentò lo stupì. “Pensi che basti questo?”

Lei si rialzò. “Hai appena visto di cosa è stato capace un solo uomo… Non hai nulla da guadagnare e non mi sembri il tipo che rischia per nulla” Lui avrebbe voluto dirle che se si considerava “nulla” forse davvero era un errore preoccuparsi per lei, ma Shiho intervenne prima. “Lasciami andare” La frase risuonò talmente strana che Seto si domandò se l’avesse sul serio fatta sentire come una prigioniera. In tal caso, non aveva cambiato molto dai tempi in cui lei lavorava ancora per la Black Organization. “Non voglio che muoia nessun altro”

“Ti preoccupi per gli altri, capisco…” mormorò Seto, sistemandosi il mento sopra le mani giunte, coi gomiti appoggiati alla tavola. “Ma potresti, per una volta, pensare anche a te stessa?”

“L’ho fatto” sostenne lei, alzandosi per prendere una tazza. “E me ne devo ancora pentire”

“Comunque, non devi proprio angosciarti per me” commentò lui, che non aveva voglia di essere scambiato per un codardo. “So cavarmela meglio di quanto tu possa pensare”

Shiho tornò verso il tavolo e vi appoggiò la tazza con un’insolita forza. “Ah, davvero? Ridimmelo quando sarai cadavere!” Fece un passo indietro, stringendosi le labbra mentre gli occhi si inumidivano, carichi di pioggia. “Tutti si preoccupano per me… Ma nessuno capisce che io non voglio! Io devo preoccuparmi degli altri e morire per loro! Non viceversa!” Respirò con la bocca aperta, cercando di calmarsi, e appoggiando le mani alla credenza dietro di sé. “Anche Akemi mi diceva di non preoccuparmi, e adesso è morta”

Akemi… Era la prima volta che la sentiva pronunciare questo nome, eppure Seto ebbe la sensazione che fosse qualcosa di molto importante, tanto da non dover essere mai nominata. Percepì nell’aria quasi lo stesso sentimento che lui provava per Mokuba, tutte le volte che lui si ritrovava nei guai per colpa sua. Stava per chiedergli spiegazioni, quando, come sempre, il telefono squillò. Andò a rispondere, lasciandole il tempo di calmarsi.

“Buongiorno, Kaiba. È da tanto che non ci si sente”

“Isis?” esclamò lui, riconoscendo la voce nella cornetta.

“Ehi, ti ricordi di me” sorrise lei. “Che onore!”

Seto scoccò un’occhiata alla cucina, ma non vide nulla. “Come mai mi chiami? Non avrai intenzione di sfinirmi ancora con le tue storie sul destino e sul passato, vero?”

“Ti sembrerà strano, ma la risposta è no” disse Isis. “Il faraone mi ha detto che hai bisogno di un luogo dove nascondere una ragazza…” La frase suonò leggermente maliziosa. “L’Egitto mi sembra abbastanza lontano e casa mia è grande”

“Potresti ospitare Miyano?” si domandò Seto. “Ma sai che…”

“Il faraone mi ha spiegato tutto” annuì Isis. “E mi ha anche pregato di chiamarti perché sapeva che tu non l’avresti mai fatto, Mr Non-ho-bisogno-dell’aiuto-di-nessuno” Fece un respiro profondo. “Se posso fare un favore a Yuugi…”

Seto abbassò leggermente la cornetta. “Miyano!” chiamò. “Se proprio vuoi andartene, ti va bene come posto l’Egitto? Ti ho trovato una casa”

Lei spuntò dalla cucina. “In casa di qualcuno?”

Lui annuì. “Non credo che la Black Organization riesca ad arrivare anche in Medio Oriente”

Shiho dovette ammettere che non aveva tutti i torti e, considerando che attualmente l’intera banda ignorava la sua posizione, prima partiva, meno speranze c’erano che riuscisse a rintracciarla. Alzò le spalle. “Qualunque posto va bene, purchè me ne vada” Ritornando nella stanza, si rammaricò leggermente: così sembrava che non le dispiacesse affatto lasciarlo. In fondo, era meglio che fosse proprio così.

“Allora d’accordo, te la mando con il primo volo” acconsentì Seto, e rimise giù il telefono. Era finita, più in fretta del previsto. Domani Mokuba sarebbe tornato a casa e sarebbe iniziato il solito tran tran, niente più pericoli di morte e edifici zeppi di bombe pronte a saltare. Era tutto perfetto. Entrò ancora in cucina.

Shiho fece scorrere sul tavolo, verso di lui, una tazza bianca piena fino all’orlo di cioccolata scura e fumante. “Ne è avanzata un pochino…” commentò solamente.

 

Curiosamente, l’immagine che Seto tendeva a ricordarsi maggiormente di lei era proprio quella, il giorno prima della sua partenza, quando gli aveva preparato la cioccolata. A pensarci, era qualcosa di assurdo, perché sapeva bene che Shiho sarebbe stata adatta ai fornelli solo nel caso avesse dovuto far bollire dei composti chimici. La parte della moglie casalinga non le si addiceva per niente. Però, era così bella coi vestiti puliti, mentre apriva i cassetti della cucina… O forse, la ricordava così semplicemente perché lei, in quell’occasione, gli aveva rivelato una parte della sua vita che riteneva veramente importante e che li rendeva simili più di quanto non fossero già.

“Signore, è incantato” Roland gli sventolò leggermente una mano davanti agli occhi, facendolo sobbalzare. “A cosa stava pensando?”

“Cavoli miei” ribattè lui, precedendolo ed entrando nella limousine.

Roland si mise al volante. “Chissà come si trova la signorina Miyano all’estero…”

“Non me ne importa proprio nulla” rispose lui. “C’è una pace, senza nessuno che mi insulta o cerca di uccidermi…” Lo fissò duramente. “Che c’entra adesso, poi?”

“Proprio nulla, signore” Roland fece finta di nulla, accendendo lo stereo.

“For all this time, I been loving you, girl, oh, yes I have” cantarono i Blue, dal cd che si trovava nel lettore. “Every since the day you left me here alone…” Seto tossì leggermente e l’autista capì che sarebbe stato meglio cambiare canzone.

“I need you back in my life/I never want just to be the other guy…” Seto accartocciò i fogli di carta che stava consultando e Roland variò ancora il motivo.

“I thought my heart never break/Now I know that’s one big mistake…”

L’autista spesela radio, giusto un attimo prima che il suo capo gridasse: “ma lo stai facendo apposta?!”

“Certo che no, signore…” rispose lui, agitato.

“Prima Mokuba e adesso tu… Vorrei proprio sapere cosa avete tutti” commentò fra sé e sé Seto. “Fra me e Miyano non c’era proprio nulla, se non un rapporto professionale…”

La limousine venne parcheggiata davanti alla società. “Questo perché lei è uno stupido, signore” disse Roland, coprendosi un attimo dopo la testa con le braccia, onde evitare attacchi diretti.

Seto, scendendo dall’auto, gli scoccò un’occhiata assassina. “Non ti pago per impicciarti dei fatti miei!” esclamò, chiudendo di botto la portiera. “Andiamo a lavorare, piuttosto!”

“A quest’ora sarà al lavoro…” pensò Shiho, camminando annoiata fra i reperti storici del museo del Cairo. Fra tutte le materie che aveva studiato, la storia era quella che preferiva di meno, avendo la certezza che la frase “historia magistra vitae est” non fosse affatto seguita, almeno a vedere dalla quantità di guerre che continuavano ad imperversare per il mondo. Perché saperla, allora, se tanto nessuno imparava?

Si fermò davanti ad una curiosa stele, che raffigurava un oggetto che somigliava in modo impressionante al pendaglio che aveva visto a quel ragazzo che li aveva aiutati. “Sembra Yuugi…” commentò, guardando la figura che era scolpita sul bassorilievo.

“Non sembra, lo è” intervenne dietro di lei la voce di Isis. “E questo è Kaiba” Gli spiegò brevemente tutta la storia che la sua famiglia custodiva da secoli.

“E lui lo sa?” chiese Shiho.

“Si, ma non ci crede”

“Mi stupirei del contrario” Dopotutto, nemmeno lei prestava fede alla leggende sulla reincarnazione, perché non avevano nessuna spiegazione scientifica.

“Non sarà che tu…” Isis le strizzò l’occhio, vedendo con quanto interesse osservava il bassorilievo del sacerdote. “Sei innamorata di Kaiba?”

“Oh, si, certamente”

L’egiziana ci rimase quasi male, prima di capire che Shiho la stava solamente prendendo in giro. “Potrebbe essere, no?”

Shiho alzò le spalle. “Mi sa che sei un po’ troppo poetica… Dimmi, cos’è per te l’amore?”

“Vediamo…” Isis ci riflettè su. “Quando ti viene il batticuore a stargli vicino…”

“Troppa adrenalina nel sangue”

“Quando desideri stare sempre assieme a lui…”

“Semplice istinto alla convivenza tipico di tutti gli animali”

“Quando faresti di tutto pur di renderlo felice…”

“…per rendere felice anche te stessa, egoismo tipico degli essere umani”

“Allora, sentiamo, cos’è per te l’amore?” si accigliò Isis.

“Una reazione chimica che ha luogo nelle nostre ghiandole endocrine” E con questa spiegazione, la lasciò sola nella stanza dell’esposizione e si andò a sedere sulle poltrone all’ingresso. Sospirò, osservando le sue mani. Forse lui non aveva deciso la sua vita da solo, ma sicuramente aveva un futuro e lottava per ottenerlo. Lei, invece, non stava facendo nulla. Era come se fosse già morta. Ma aveva ancora diritto a fare qualcosa?

Marik, un poco titubante, le si sedette a fianco. “Tutto bene?”

“Se possiamo dire così…” allargò le braccia lei, prima di incrociarle sul petto.

“Stai ancora pensando a quello che è capitato a Domino City?” le chiese. “Dai, non è successo nulla!”

“Ma avrebbe potuto”

“Pensi di essere un pericolo per tutti e che sia meglio allontanarsi da chiunque, vero?” le chiese. “Devi sapere che io non sono meglio di te”

“Davvero?” Shiho fece il suo solito sorrisetto ironico. “Hai fatto di peggio che inventare un veleno letale che ha ucciso chissà quante persone solo per sopravvivere?”

Nonostante la sorpresa di quella rivelazione, lui annuì. “In un certo senso… Ho ucciso mio padre” Shiho boccheggiò, voltandosi a guardarlo stranita. “Ero una specie di… psicopatico” continuò lui.  “Avevo dei raptus omicidi e rischiavo di far del male alle persone che mi erano più vicine. Ciò nonostante, mia sorella e mio fratello mi sono stati accanto tutto il tempo. Credo che, se si voglia veramente bene ad una persona, non si abbia paura dei rischi che questa può portare”

Shiho emise un risolino sardonico. “Questo non è un postulato universale, nè un assioma”

“Forse no” ammise Marik. “Ma se prima non lo si sperimenta sui singoli casi, non lo si può sapere con certezza” Si alzò dalle poltrone, salutandola con un sorriso, e se ne andò.

Ripensandoci, finora aveva fatto nella vita solo ciò che le avevano ordinato. Il tempo le avrebbe concesso il giusto spazio per fare ciò che desiderava oppure no? Non potendo saperlo, aveva ragione di restare ad aspettare? Si alzò, sistemandosi la cintura nera che portava sopra i jeans. “Forse, sarebbe ora che queste miei mani facciano qualcosa di buono…”

“Volete fare qualcosa?!” esclamò Seto, arrabbiato.

Stavano sperimentando una delle prime attrazioni di realtà virtuale che avrebbe voluto inserire nel progetto di KaibaLand, il primo parco che stava prendendo forma vicino a Los Angeles, accanto ai giochi più normali come le montagne russe o la casa dei fantasmi. Tuttavia, essendo solamente un prototipo, il sistema presentava parecchi difetti e bug, che rischiavano di compromettere l’intero sistema, nonché rischiare seriamente l’incolumità del collaudatore che, in questo caso, non era Seto stesso.

Lui iniziò ad armeggiare con la tastiera che controllava il processore, verificando se i dati fossero regolari e sistemando quelli sbagliati. Intanto, al computer vicino, un altro tecnico stava, eseguendo, senza alcun risultato concreto, lo stesso lavoro.

“Se Miyano fosse qui, avrebbe terminato da un pezzo…” commentò Seto mentalmente, scoccandogli un’occhiata furente.

Poi, una donna dai lunghi capelli neri, che non aveva mai visto prima, prese il posto del tecnico davanti al monitor, ed inserì un floppy dentro il sistema. In meno di due minuti, grazie anche alle sistemazioni che Seto aveva fatto al programma stesso, riuscì a fermare la simulazione. Finito il lavoro, lasciò la stanza misteriosa com’era arrivata.

“Terminate i controlli” ordinò lui, seguendola lungo il corridoio. La trovò ad aspettarlo davanti all’ascensore. “Chi diavolo sei?! E come hai fatto ad entrare?”

Lentamente, lei si toccò la punta della fronte, quindi, con un gesto rapido, si strappò la maschera e la parrucca, rivelando le ciocche bionde e mosse e i meravigliosi occhi blu, così simili ai suoi per colori, così diversi per lucidità. “Ho sempre detto che il tuo sistema di sicurezza fa acqua da tutte le parti… Ormai è affogato”

“Miyano?” Per un istante, lui temette di trovarsi di fronte ad una delle tante allucinazioni sul passato di cui era spesso vittima.

“Aspettavi qualcun altro?” chiese lei scettica. “Ma chi altri vuoi che venga a tirarti fuori dai guai…” Entrò nella cabina dell’ascensore. “Forse Yuugi, se sapesse fare qualcosa di più che mandare in bomba il pc…”

No, certo che non aspettava qualcun altro… Ma dirlo sarebbe stato troppo semplice. “Perché sei tornata?” La raggiunse nell’ascensore prima che lei premesse il pulsante del parcheggio sotterraneo.

“Non mi sembra male quel programma, visto chi è stato a progettarlo” sorrise maliziosa lei. “Se non lo ritieni troppo offensivo per il tuo quoziente superiore, posso darci una controllata io”

“Il mio quoziente superiore è benissimo in grado di risolvere qualsiasi problema” Ecco, forse queste battute ironiche non gli erano mancate poi così tanto.  “E comunque non mi hai risposto!”

L’ascensore si fermò al piano sotterraneo e aprì le sue porte, illuminando il parcheggio. “Ti sono mancata?” Shiho lo disse con totale noncuranza, senza nemmeno guardarlo.

“Ma che razza di domanda è?!” esclamò Seto, fermandosi sulla soglia della cabina.

“Vedi, nemmeno tu mi hai risposto” sorrise lei. E lui, osservandole la schiena mentre si allontanava, riflettè sul fatto che, dopotutto, non gli importava molto la ragione per cui lei fosse in quel luogo. Bastava che ci fosse.

Roland si staccò dalla limousine che stava finendo di lucidare. “Miyano-sama…!” esclamò, completamente sconvolto. “Sono contento di vederla! Ma…”

Shiho rimase leggermente spiazzata, perché non avrebbe mai creduto di sentire una cosa del genere, visti i guai in cui aveva fatto cacciare anche lui. “Non c’è da preoccuparsi…” cercò di sorridere. “La Black Organization non sa che sono qui, dopo la morte di Gin… E se non mostro il mio vero aspetto, non ci sono problemi…”

“Meglio così” intervenne Seto, aprendo la portiera dell’auto. “Mi devi ancora ripagare la mercedes, non l’ho mica dimenticato…” E salì in auto. “Andiamo alla Kaiba Maison”

Roland le strizzò l’occhio, inutilmente perché indossava ugualmente gli occhiali da sole, e si mise al volante. Allora, anche Shiho salì in macchina, sedendosi accanto al presidente e, per un po’ di tragitto, rimasero in silenzio.

Poi Seto alzò il vetro che separava la parte anteriore da quella posteriore. “Posso farti una domanda?”

Lei sorrise sardonica. “Che onore, da uno che odia gli affari degli altri”

Lui la ignorò. “Akemi… Chi è questa ragazza?” Aveva un forte dubbio, ma voleva sentirlo dire dalla sua bocca. Voleva che si aprisse ancora di più.

Shiho strinse le mani sul grembo, lasciando cadere la frangetta bionda sugli occhi. “Mia sorella maggiore” rispose, deglutendo leggermente.

Capendo che le sarebbe stato difficile aggiungere qualcos’altro, lui la precedette. “Come me e Mokuba?” disse, cercando di immaginare il loro rapporto.

“Come te e Mokuba” ripetè lei, senza cambiare posizione. La voce cercava di sembrare indifferente, ma non riusciva a nascondere il sangue che filtrava nel cuore, pulsando ad ogni battito.

“Ed è…” osò Seto.

“Morta” Shiho annuì impercettibilmente. “Voleva andarsene, con me, e loro non ci hanno pensato molto su” Si stiracchiò leggermente indietro, sospirando. “Lo hai detto anche tu che è la fine dei traditori…”

“Tu la biasimi, vero?” Lui rimise giù la gamba che teneva accavallata. “Perché non accetti che sia morta per far scappare anche te”

“Non la biasimo” negò lei. “Ma non avrebbe dovuto… Non per me…” E i suoi occhi fissavano ancora quelle mani bianche e inesorabilmente bagnate di sangue.

“Io la capisco, invece” disse Seto deciso, guardando di fronte a sé. “Perché anche io ero disposto a morire per mio fratello” Rivide la scena del suo terzo duello con Yuugi, nel Regno dei Duellanti di Pegasus, quando aveva minacciato di gettarsi giù dalla torre, se avesse perso. “Dato che siamo i più grandi, è nostro dovere proteggervi senza preoccuparci troppo di noi stessi”

“E in questo modo non vi preoccupate nemmeno di noi” replicò Shiho. “Credete che ci faccia piacere vedervi morire? Non avervi più accanto? A questo punto, anche la morte sarebbe meglio…” Le mancava Akemi. Ed era per questa ragione che anche morire non la spaventava più, perché non aveva più nulla che la legava a questa vita.

“Dici che siamo egoisti?” si chiese lui, alzando leggermente le spalle. “Forse si, ma che ci vuoi fare, è insito nell’animo umano un po’ di opportunismo…” Grazie a quelle frasi, Seto era riuscito a capire cosa fosse il sentimento che sentiva sempre emanare dal suo corpo: Shiho non voleva, assolutamente, che a Mokuba potesse capitare ciò che era invece successo a lei.

“Si, siete egoisti” Shiho abbassò ancora di più lo sguardo, permettendogli di vedere gli occhi incrinarsi leggermente, pronti alle lacrime. “Se c’era Akemi, accanto a me, potevo sopportare tutto… Adesso, non ho molte ragioni per rimanere viva…” Anche se, la parola “adesso” non risultava molto veritiera, visto vicino a chi era seduta. “Lei era tutto il mio mondo”

Lui non aveva proprio voglia di piagnistei, non in quel giorno che rappresentava una sorta di svolta. “Un proverbio dice che, quello che per il bruco è la fine del mondo, per il mondo è una farfalla” commentò, chinandosi leggermente verso di lei. “Probabilmente Akemi sperava che non ti saresti fermata alla farfalla, ma avresti continuato a vivere… Trovando qualcun altro” Senza nemmeno riflettere, mentre riusciva a percepire, a distanza ravvicinata, tutti i suoi battiti, le sfiorò l’angolo destro delle labbra. Il tocco leggero riaccese tutti i sensi del suo cervello, contraendo tutti i muscoli. Si allontanò di scatto, finendo per appoggiarsi totalmente alla portiera. “Oh, cazzo…” pensò. “Ho appena baciato una ragazza…”

Shiho alzò lo sguardo, senza più gli occhi umidi. “Bacio così male?” domandò, con la fronte aggrottata, osservando la sua espressione vagamente sconvolta.

“Eh?” Prima ancora che  Seto potesse dare forma ad una risposta plausibile, lei si schiacciò contro di lui e appoggiò interamente la bocca sulla sua, aspettando che la aprisse per lasciar entrare la lingua. “Non così male…” mormorò poi, mentre si separavano.

Roland posteggiò la macchina in un parcheggio fuori città, giusto vicino all’English Garden che avevano istituito da poco, e scese, chiudendo automaticamente tutte le portiere. Si allontanò, con l’intenzione di sedersi su una panchina ad aspettare. Scosse la testa: solo Seto Kaiba poteva andare in camporella… con l’autista!

“Kaiba?” chiese Shiho, riprendendo fiato.

“Che c’è?”

“Mi stai slacciando il reggiseno?”

“Direi di si”

“Okay, era tanto per sapere” E mise la mani dietro la schiena per aiutarlo.  

 

Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^
Piaciuto l'ultimo capitolo? Spero di sì ^^ Ovviamente, non è una fine chiusa, perchè dopotutto ciò che mi interessava era descrivere l'evolversi del loro rapporto, non completarlo. E poi, in questo modo, mi sono tenuta una porta aperta per un eventuale seguito. A voi farebbe piacere se lo scrivessi (più avanti, ovviamente, adesso tra altre storie e scuola non ho più tempo libero)?
La traduzione delle canzoni dei Blue (venivano bene per la storia, spero siano piaciute anche a voi) sono queste:
1.Per tutto questo tempo ti ho amato, ragazza, oh, si l'ho fatto/sempre fin da quando mi ha lasciato qui solo
2.Ho bisogno di te indietro nella mia vita/non voglio più essere un altro ragazzo
3.Pensavo che il mio cuore non si sarebbe mai rotto/ora so che era un grosso sbaglio
Bene, ci sentiamo, spero, alla prossima ^^ So di fare una pubblicità occulta, ma, probabilmente, per problemi logistici, l'altra storia che sto pubblicando (La vera storia degli oggetti millenari) non potrà essere pubblicata questo sabato. Grazie a tutti quelli che mi hanno sostenuto durante la pubblicazione, grazie in anticipo per i nuovi commenti, se ce ne saranno, e grazie per aver letto la storia ^^ Bye a presto

Reviews:

Alisea: Ciao ^^ Grazie della recensione. Mi fa piacere che ti piaccia la coppia che ho scelto, a quanto sembra sto diffondendo una moda ^_- Comunque si, i capitoli lunghi sono comodi, ma faticosi sia per chi li legge che per chi li scrive. Direi che tra le tre e le sei pagine è una lunghezza giusta, che ne pensi? Bye ^^

Kelly: Ciao^^ Grazie della recensione. Allora, com'è andato l'esame? Spero tutto bene ^^ Mi fa piacere che la scena di Yami ti sia piaciuta, mi sono divertita molto a scriverlo, anche perchè era tanto che non vedevo Yami bastardo *_* Comunque, la storia è divertente proprio perché Seto rischia così tante volte la vita ^^ Come ho scritto sopra, forse domani non ce la faccio a pubblicare l'altra storia (pc coi dati fuori uso ù_ù), spero di risolvere il problema il più presto possibile. Bye ^^

Ishizu: Ciao ^^ Grazie della recensione. Seto innamorato? Eh, direi proprio di sì...^_- Ma sono una bella coppia, no? Grazie dei complimenti, mi fa piacere che anche le mie altre storie ti piacciano. Bye ^^

Ayu-chan: Ciao ^^ Grazie della recensione. Mi dispiace per l'altro giorno, ma avevo il cellulare scarico e non ho pensato di accenderlo, dopotutto erano le dieci di sera quando ha finito di caricare... T_T E per di più ora ho anche il pc di casa fuso... Spero di riuscire a ripararlo presto ù_ù E di ritrovarti presto in chat! Comunque, il ciccione di cui parli è Vodka, ma è un essere inutile, quindi non l'ho messo. Vermouth è un personaggio apparso da poco, ed odia Ai in modo particolare, non si sa bene per quale motivo. Mi fa piacere che la storia delle mutandine ti abbia fatto ridere ^^ Bye e spero presto in chat ^^

Heven89: Ciao ^^ Grazie della recensione e grazie per i complimenti. Si, questo è l'ultimo, ma potrebbe esserci il seguito, se vi facesse piacere ^_- Bye ^^

Nadia Sakura Kan: Ciao ^^ Grazie della recensione e non preoccuparti del ritardo, l'importante è avere la tua opinione, ci tengo ^^ Sai, la cosa che mi preoccupa è quando un recensore smette di farlo improvvisamente, perchè ti viene l'ansia "cos'ho fatto? Perchè la storia non gli piace più?" Invece, anche se lo fai in ritardo, l'importante è avere l'opinione ^^ Dopotutto, credo che, come tutti, tu sia impegnata, perciò è più che normale fare tardi ^^ Tranquilla. Anche io adoravo Yami con i suoi giochi delle tenebre, perciò ne ho subito approfittato per inserirlo nella storia *_* E per quanto riguarda quei due (sono nell'altra stanza, quindi posso dirlo con tranquillità ^_-), spero che l'epilogo del loro rapporto ti sia piaciuto come il resto ^^ Bye ^^

Katie87: Ciao ^^ Grazie della recensione. Si, ho notato che sei nuova del sito, quindi non preoccuparti. Piuttosto mi fa piacere che la mia storia ti piaccia ^///^ Bye ^^

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Capitolo 8
*** In un tempo piccolo ***


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In un tempo piccolo

Seto, lasciando che Roland andasse a parcheggiare l’automobile nel garage sotterraneo, aprì la porta della sua villa ed entrò in casa. Un’altra giornata di lavoro era appena finita. Nonostante si stesse impegnando nella costruzione di Kaiba Land, il più grande parco giochi che fosse mai esistito, non aveva bisogno di trascorrere anche la notte in ufficio, poiché l’aiuto di Shiho nelle questioni tecniche gli dava la possibilità di preoccuparsi unicamente di quelle amministrative e organizzative, lasciandogli molto più tempo libero.

“Ciao, Oniichan!” lo salutò Mokuba, senza alzarsi dal divano del salotto dove stava tranquillamente giocando con la nuova console che la Kaiba Corporation aveva appena rilasciato sul mercato. Dopotutto, il fatto che suo fratello tornasse a casa presto al sera non era più una novità da festeggiare correndogli incontro ad abbracciarlo, visto che accadeva ormai tutti i giorni.

“Ciao” rispose quindi Seto, togliendosi il soprabito bianco e appoggiandolo all’attaccapanni. “Com’è andata oggi?”

“Tutto okay… A parte lei” Mokuba non distolse lo sguardo dallo schermo. Suo fratello maggiore scosse la testa, mentre iniziava a salire le scale. Poteva capire che non si fosse ancora adattato alla presenza in casa di Shiho e che ne fosse, in un certo modo, geloso; tuttavia, ciò che non capiva, era perché non si sforzasse nemmeno un poco di andare d’accordo con lei. Non le rivolgeva nemmeno la parola! Eppure, non poteva proprio biasimarlo quando anche lui, con Shiho, si comportava come se fossero dei perfetti estranei.

Era logico, in un certo senso, visto che, dopotutto, si conoscevano da meno di un mese, però… Insomma, avevano fatto l’amore e non sembrava proprio che fosse una cosa di cui si fossero pentiti. E poi? E poi basta. Non era successo nient’altro e questo tormentava Seto più di qualunque altra cosa. Insomma, non sapeva assolutamente come considerarla.

Una dipendente? Ma, a meno di non essere uno di quei vecchi maniaci dei film di serie Z che si prendevano la segretaria giovane per stenderla sulla scrivania e cornificare la moglie, cosa che lui non desiderava né essere né diventare, con le dipendenti non si faceva l’amore.

Una fidanzata? Oh, certo. Si vedeva molto ad andare ai party di lavoro abbracciato a lei, con tutti quegli idioti di presidenti con le mogli ancora più stupide e per di più oche, che venivano a congratularsi della scelta e a chiedere di essere invitati al matrimonio.

Una conoscente? Per conoscersi si conoscevano, anche fin troppo bene, in un certo qual modo… Ma che senso aveva avuto tutto? Lei non avrebbe dovuto tornare dall’Egitto, visto quanto aveva insistito per andarsene. Non che a Seto fosse dispiaciuto, anzi, però…

Shiho, dal canto suo, non si era affatto curata di mettere le cose in chiaro fra loro, e aveva continuato la sua vita come nulla fosse successo. Praticamente, non gli aveva nemmeno spiegato il motivo per cui aveva deciso di ritornare a lavorare da lui, liquidando la questione con una delle sue solite frasi grondanti di ironia. Però, Shiho non sembrava proprio una persona che facesse le cose con leggerezza, senza pensare. Il suo comportamento era certamente ironico, ma rivelava una profonda conoscenza del mondo e delle sue complessità, complessità nelle quali lui non era stato ancora ammesso da lei. Quindi, perché aveva accettato di tornare e di fare l’amore con lui, se non provava nulla?

Ma, soprattutto, cosa provava lui per lei?

Roland entrò dieci minuti dopo il suo principale e si sentì chiamare dalla sala, quando ancora non aveva finito di togliersi le scarpe. Si affacciò sulla soglia e vide Mokuba seduto sul divano, che, avendolo sentito arrivare, aveva abbandonato il videogame, lasciando cadere a terra il joystick. Il bambino lo fissò dal basso in alto, timidamente. “Credi che mio fratello sia felice… Con quella?”

“No” disse Roland, dopo un attimo di silenzio. Gli occhi di Mokuba si illuminarono, prima che lui continuasse: “non è felice perché non sa cosa voglia da lei. Quando lo capirà allora si, sarà felice”

“Uhm…” Il bambino moro abbassò lo sguardo, sconsolato. “E cosa vuole?”

Ma Roland non gli rispose.

Seto, al piano di sopra, bussò leggermente alla porta della stanza di Shiho, per chiederle se avesse finito il lavoro. Anche se si erano trasferiti a Los Angeles, nella sede americana della Kaiba Corporation, avevano deciso di comune accordo che lei rimanesse a lavorare a casa, di modo che l’Organizzazione avesse meno possibilità di rintracciarla vedendola casualmente per strada. Questo sembrava averla tranquillizzata a sufficienza, in modo da evitare altri tentativi di suicidio. Seto odiava questo suo atteggiamento disfattista: finché si rimane in vita, pensava, c’è sempre una speranza di salvarsi; lei invece rinunciava senza nemmeno provarci. 

Poiché nessuno rispondeva, lui aprì la porta lentamente, sbirciando all’interno attraverso la fessura: vuota. Allora entrò, osservandosi intorno. Quella era la stanza più piccola della villa, ma poteva capire perché Shiho l’avesse scelta: doveva odiare abbastanza le enormi aule dell’università, viste ancora più grandi dai suoi occhi di bambina, quando era stata costretta a frequentare i vari corsi.

Sulla scrivania, perfettamente ordinati per tipi diversi, vi erano i documenti completati che gli servivano per iniziare la costruzione delle varie attrazioni. La penna con cui erano stati scritti era sistemata al suo posto, dentro un semplice astuccio in metallo. Sulle mensole sopra al letto, solamente coperto da una trapunta di colore uniforme bianco, erano impilati per ordine di grandezza alcuni libri di ingegneria meccanica che potevano servirle per lavoro. Dentro l’armadio, allineati per tipo e colore, i vestiti che la cameriera aveva comprato tanto tempo prima.

Dipinsi l’anima sul tela anonima…
E mescolai la vodka con acqua tonica…

Possibile che quella ragazza non avesse nessun sogno, nessun desiderio, neppure dei gusti suoi? Questo pensava Seto mentre lasciava la stanza e richiudeva la porta dietro di lui. Certo, anche nel suo ufficio non vi erano molti soprammobili stupidi, ma almeno le cose che vi si trovavano riflettevano qualcosa della sua personalità. Li aveva scelti lui personalmente, assieme a tutto l’arredamento. Invece, Shiho non sceglieva mai niente, tutto quello che le si dava andava bene. A volte, Seto si sentiva come se fosse il benefattore di una vagabonda, condizione abbastanza seccante per uno con il suo carattere.

All’inizio, lui aveva pensato che lo facesse unicamente per non pesare sulle spalle di qualcun altro, ma si era dovuto ricredere. Anche quando aveva cominciato a pagarle lo stipendio a cottimo, lei si era limitata a depositare i soldi in banca. Sapeva che non era una donna come tutte le altre, ma comprarsi almeno un vestito, o qualcosa per la stanza… Sarebbe andato bene anche un bagnoschiuma. Niente.

Come si poteva pretendere di capire qualcuno che faceva di tutto per negarsi? Era inutile anche perdere tempo a provarci. Se la situazione le andava bene così, senza spiegazioni, che continuasse.

Seto entrò in bagno, intenzionato a dimenticare tutti i problemi con una bella doccia ma, prima che potesse spogliarsi, si accorse che la vasca era già occupata. Shiho se ne stava tranquillamente immersa in acqua, completamente coperta dal sapone, con il capo appoggiato allo schienale e gli occhi chiusi. Lui rimase a fissarla per un po’, incerto se svegliarla. Dopotutto, stare troppo nell’acqua calda poteva nuocere alla salute; lei gli avrebbe anche potuto rinfacciare di non averlo saputo e per questo non essere intervenuto.

Non ebbe bisogno di fare alcunché, visto che Shiho aprì gli occhi naturalmente. “Ti sei messo a fare il guardone, adesso?” chiese ironica, voltandosi leggermente a fissarlo.

Lui si girò dall’altra parte. “Finchè qualcuno non impara a chiudere a chiave le porte…”

Shiho si alzò, lasciando che il sapone iniziasse a scorrerle via lungo il corpo. Le porte dei laboratori in cui aveva lavorato erano sempre chiuse a chiave. Le porte delle sue stanze nell’Organizzazione erano sempre chiuse a chiave. Non poteva uscire, mai. Sospirò: non erano cose che lo interessassero. Aprì il rubinetto e iniziò a far scorrere l’acqua, per sciacquarsi, mentre la vasca si svuotava.

Seto respirò pesantemente: lo stava forse provocando, comportandosi in quel modo, come se lui non fosse in quella stanza. “Così lo fai apposta…” Dopotutto, la carne era debole, e non poteva negare a se stesso quando era stato bello farlo con lei.

“Ma come, avevi sempre detto che non ti importava niente vedere una donna nuda…”

Seto se ne andò dal bagno sbattendo la porta. Una cosa era vedere una donna nuda, un’altra era vedere lei nelle stesse condizioni!

Shiho uscì dalla vasca e indossò l’accappatoio, spargendo attorno gocce cristalline che brillavano per la luce artificiale. Era proprio inutile che si arrabbiasse: dopotutto, lei non aveva detto altro che la verità. Tuttavia, ciò che era accaduto quella sera sembrava, a distanza, qualcosa di magico, di incomprensibile, come un sogno. Entrambi si comportavano come se nulla fosse accaduto. Non ne avevano parlato, non si erano spiegati. Shiho alzò le spalle.

Come poteva spiegare ad altri qualcosa che lei stessa non capiva? Sarebbe stato come voler risolvere un problema di gruppi senza aver studiato aritmetica.

Sentiva, a pelle, che per lei non era stata solo “una botta e via”, però non andava oltre quella certezza. Lo amava? Ma se amore significava solo un ormone prodotto in quantità maggiore del solito, come poteva quel sentimento essere davvero importante? Più passavano i giorni, più lei si convinceva che non era così, o, meglio, desiderava che non lo fosse. Insomma, era come se non si fosse innamorata di lui, ma della sua condizione, cioè del fatto che lui avesse ancora suo fratello al suo fianco.

Cercava un sostituto di Akemi nel suo cuore, e lo aveva trovato; ma, in questa maniera, avrebbe finito per cercare di sostituirsi totalmente a Mokuba nel loro rapporto, e avrebbe rovinato tutto. Proprio lei, che aveva perso sua sorella, stava cercando di portargli via suo fratello maggiore. Aveva subito di tutto, nella sua vita, ma questo non le dava il diritto di far patire ad altri i suoi stessi trattamenti. Aveva già fatto abbastanza male agli innocenti, per non desiderarne altro.

La conclusione di tutte quelle riflessioni era che non poteva più stare in quella casa, ma, allo stesso tempo, non desiderava andarsene. La scusa ufficiale, ovviamente falsa, era che non aveva altri posti. L’unica cosa da fare, quindi, era rimanere, ma comportandosi come se non ci fosse. In questa maniera, non avrebbe arrecato danni ad altri, ma solo a sé stessa. Dopotutto, dubitava veramente che lui provasse “amore” nei suoi confronti: certo, l’avevano fatto, ma lui non si era preso la briga di dirle perché. I maschi, in certe cose, ragionano solo con il testosterone, lo sapeva bene. Bastava vedere la maniera in cui si era sbarazzata di lei la prima volta, mandandola da quei suoi amici, in Egitto. Questo le faceva male, e le faceva dimenticare che era stata lei stessa a chiedere che la lasciasse andare.

Pranzai tardi, all’ora della cena…

Finì di asciugarsi e di prepararsi cercando di impiegare più tempo possibile, di modo che, quando scese per cenare, Seto e Mokuba avessero quasi finito e avessero quindi trascorso la maggior parte tempo assieme. Si sedette senza dire una parola, prese le bacchette e iniziò a mangiare il riso, ormai freddo, senza lamentarsi.

I due fratelli non commentarono, come se nessuno si fosse seduto al loro stesso tavolino

“Guarda, inizia” disse ad un certo punto Mokuba, indicando lo schermo della televisione. A quell’ora vi era sempre il programma di quiz “Passaparola” e lui adorava ascoltare suo fratello rispondere a tutte le domande, con maggior velocità e sicurezza di quanto non facessero i concorrenti.

“La particella subatomica a carica neutra” chiese velocemente Scotti ad uno dei giocatori.

Prima che Seto potesse rispondere, Shiho, in tono distratto, disse: “neutrone” Poi alzò leggermente gli occhi dal piatto per fissare la sua espressione, arrabbiata per essere stato anticipato. Lei aveva risposto quasi senza accorgersene, per inerzia, non aveva idea che la cosa lo avrebbe irritato tanto. Sorrise sardonica.

“La malattia del sonno” proseguì il presentatore.

“Narcolessia” replicò immediatamente Shiho, prima di infilarsi in bocca una manciata di riso. “Forse ne soffri, Kaiba?”

“Il tipo di filosofia praticata da Platone” chiese ancora Scotti.

Lei lo guardò dritto negli occhi, vedendolo tentennare. “Peripatetica” rispose poi, scandendo bene ogni singola lettera, e sorridendo. Andò poi avanti a rispondere a tutte le altre domande, spaziando nei campi più vari, con una sicurezza disarmante. Sembrava che non ci fosse davvero fine alla sua conoscenza.

“Stai cercando di farmi arrabbiare?” la bloccò Seto ad un certo punto, ticchettando leggermente le dita sul tavolo. Ovviamente, ci era riuscita alla perfezione, perché lui non poteva permettersi di perdere anche contro di lei, specialmente se si trattava di un gioco di intelligenza.

“Se sei lento come Achille, la colpa non è mia” Poiché lui rimase un poco interdetto da quell’affermazione, lei, sorridendo ironica, aggiunse: “il paradosso di Achille e la tartaruga, per dimostrare che l’infinito esiste. È uno dei più ovvi e famosi della matematica. Non dirmi che non lo conoscevi!” Quindi, si alzò da tavolo e lasciò la stanza prima che lui le rispondesse.

Seto spense la televisione: certo che conosceva quel paradosso, ma proprio non era riuscito a collegarlo alla frase da lei pronunciata, facendo così, ancora una volta, la figura dello stupido. Insomma, prima di quella maledetta sera, entrambi si erano sempre sfidati per intelligenza, ma adesso Shiho sembrava mostragli apposta quanto più brava, più sapiente e più istruita fosse, facendolo sentire inadeguato anche solo a rivolgerle la parola. D’altra parte, lui poteva sempre contare sulla presenza di suo fratello, sul fatto che fosse ancora vivo. Era come se Seto e Shiho fossero da due parti opposte di una scalinata, ma, dato che non si capiva chi dei due fosse in alto, e dovesse quindi scendere al livello dell’altro, nessuno si muoveva, e la situazione rimaneva bloccata.

“A me quella non piace proprio” commentò solamente Mokuba, terminando di mangiare la fetta di torta. Ma più che un giudizio serio, quella era solamente gelosia, che non aiutava Seto a mettere ordine nella sua vita.

Non poteva continuare a tenersi una specie di estranea in casa, con cui era finito a letto una volta sola, per quanto utile fosse alla società. Insomma, lui non era mai stato un tipo romantico, ma vi era un limite a tutto. Bisognava chiarirsi: il problema era come fare, perché di certo nessuno dei due sarebbe andato dall’altro a dire: “ehi, ti amo, sai?”. Per non parlare del fatto che una cosa del genere non avrebbe risolto alcun problema, perché non aveva significato. Si poteva dirla anche senza provare nulla.

Dato che non riusciva a dormire, probabilmente per il caffè bevuto dopo cena, Seto decise di andare nel suo studio e lavorare alle ultime cose, almeno non avrebbe sprecato tempo con pensieri pessimistici, specialmente se lo facevano dubitare della sua stessa intelligenza, della quale era sempre andato fiero.

Passando per il corridoio, notò che dalla fessura della porta della camera di Shiho proveniva una flebile luce, visibilissima nell’oscurità. Allora aprì la porta e, con fare polemico, disse: “Ancora sveglia?” Si stupì lui stesso di quanto avesse abbassato la sua voce, come se non volesse svegliarla nel caso lei avesse solamente dimenticato la luce accesa.

Mi rivolsi al libro come a una persona…
Guardai le tele con aria ironica…

“Bussare mai?” Shiho, sdraiata sul letto con le ginocchia alzate, abbassò leggermente il libro che stava leggendo per guardarlo.

Seto non rispose. Come si poteva chiarire qualcosa con una persona che tendeva sempre ad insultarti anche con frasi totalmente innocenti? “Cosa leggi?”

Lei alzò il libro permettendogli di leggere il titolo. Il fu Mattia Pascal, ovviamente, il suo libro preferito. Shiho si sentiva proprio come il protagonista: era come morta, e, anche se si fosse creata un’altra identità, non avrebbe potuto viverci, poiché non sarebbe stata veramente lei stessa. In un certo senso, era “la fu Shiho Miyano”.

Lui non comprese l’importanza di quella lettura - come avrebbe potuto, d’altronde? Fu un poco sollevato, comunque, dal sapere che almeno aveva dei gusti letterali, anche se pessimi. Piuttosto che leggere Pirandello alle dieci di sera, lui si sarebbe tagliato le vene. Si rivolse quindi a fissare un oggetto che non aveva mai notato prima nella stanza: uno stereo. Era un modello antico, ma sembrava quasi nuovo, come se fosse stato usato poco, o comunque in maniera seria, tanto da non rovinarlo.

“L’ho trovato in soffitta” anticipò la domanda lei. “Non ho speso uno yen, tranquillo…”

Seto continuò a fissarlo, senza parlare. “Portalo via” Ed era un tono di voce molto basso, quasi roco.

Shiho, che si era già re-immersa nella lettura, inarcò leggermente un sopracciglio. “Come?”

“Portalo via!” esclamò allora, forte, lui. “Non lo voglio più vedere!”

Senza voltarsi a guardarlo, lei mormorò, nel solito tono ironico: “come desideri, mio signore…” E chiaramente significava che non gli avrebbe mai obbedito.

E mi giocai i ricordi, sfidando il rischio
Poi di rinascere sotto le stelle…

Seto uscì dalla sua stanza sbattendo la porta, ma poi rimase fermo nel corridoio, appoggiato al muro. Non avrebbe dovuto urlare, né arrabbiarsi, ma era stato più forte di lui. Quello stereo era il primo e ultimo regalo che Gozaburo, il suo patrigno, gli aveva fatto. Non si era trattata certamente di beneficenza, né di un dono fatto con il cuore. In quello stereo, per ore, giorni, mesi, era stata fatta suonare un’unica musica, incessante, un ordine continuo che gli risuonava nelle orecchie, continuamente, senza scampo.

Studia, Seto. Studia! Studia! Studia! Studia!

Ed il ritornello che la accompagnava era il suono dei pugni che gli venivano tirati quando non si dimostrava all’altezza delle aspettative.

Per questo, quando aveva liberato la villa di tutte le proprietà di Gozaburo, si era sbarazzato anche dello stereo, che pure gli apparteneva. Non lo aveva gettato direttamente nella spazzatura, perché pensava che un giorno avrebbe potuto venderlo come oggetto di antiquariato, ma non aveva intenzione di rivederlo ancora in giro.

Ingannai il dolore con del vino rosso…
Gettando il cuore in qualunque posto…

In questo modo, però, aveva perso l’unica occasione per conoscere i gusti di Shiho. Poi, una sottile melodia si diffuse dalla stanza alle sue spalle. Lo aveva acceso, probabilmente per fargli un dispetto. Lui cercò di capire di quale musica si trattasse ascoltando oltre la porta. Sentì le prime parole. I nomadi, cantanti che erano soliti mettere di buon umore le persone.

Per fare un uomo. Musica allegra, davvero, che parlava di quanto la morte restasse uguale in tutte le stagioni.

Canzone per un’amica. Oh, la storia della ragazza di vent’anni morta in un incidente autostradale.

Io vagabondo. Seto sorrise: forse Shiho si sentiva un poco come il protagonista di quella canzone, forse anche peggio. Dopotutto, poteva una scienziata, una persona che crede solo a quello che viene dimostrato, credere in Dio?

Perché gli stava facendo ascoltare quelle canzoni deprimenti? Possibile che stesse cercando, in ogni maniera, di farlo sentire in colpa perché era stato più fortunato di lei?

E poi arrivò la canzone tanto temuta. La luce venne spenta.

Mi addormentai con un vecchio disco
Tra pensieri che non riferisco…

La canzone del bambino nel vento.

Di Aushwits.

Seto non riuscì più a sopportarlo e, per un momento, desiderò addirittura che quello stereo ripetesse la canzone della sua infanzia, tanto per non fare peggiorare il suo umore. Si allontanò da quella stanza. “Cazzo, cazzo, cazzo! Non l’ho uccisa io tua sorella! Non puoi prendertela con me!” E parlava ai muri del corridoi, e ai sopramobili, perché non sarebbe riuscito a dirglielo di persona.

All’inizio, loro due si erano scoperti molto simili, ma più si conoscevano più si trovavano diversi, e si allontanavano, scendendo o salendo gli scalini della scala immaginaria. Una sola persona ancora in vita aveva aperto fra di loro un baratro incolmabile di incomprensioni. Eppure sarebbero state così facili da spiegare… Solo che nessuno dei due, con il loro quoziente inverosimile, riusciva ad essere abbastanza intelligente da fare il primo passo.

Ma non scordai di certo un amore folle…
In un tempo piccolo…

Semplicemente, pensavano troppo.

Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^ Finalmente sono riuscita a pubblicare questo seguito che avevo promesso. Ho deciso di sistemarla direttamente all'interno della storia, invece di inventare un nuovo titolo, semplicemente perché fa parte dello stesso ciclo, e sarebbe inutile metterlo separatamente. Non credo sia venuto bene come la prima parte, perché ho dovuto ragionarci molto di più. Spero sia almeno decente ç_ç
La canzone che scorre attraverso la storia è "In un tempo piccolo" dei Tiromancino. La stavo ascoltando mentre riflettevo sul capitolo (e contemporaneamente studiavo fisica XD), perciò non so se sia stato il capitolo ad adattarsi alla canzone o viceversa... Comunque mi piaceva metterla ^^ Anche se non si tratta di una songfic.
La aggiornerò, come la prima parte, ogni due settimane. Ringrazio tutti i recensori per avermi sostenuto nella pubblicazione, e scusatemi se vi ho stressato via mail ^^ Spero che vi sia piaciuto. Ci vediamo fra due settimane ^^ Bye

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Capitolo 9
*** Il duello di Shiho ***


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Il duello di Shiho

Seto alzò la testa dallo schermo del computer portatile, su cui stava controllando l’andamento in borsa della Kaiba Corporation, abbastanza disastroso visto il caos che era scoppiato in tutto il globo, e rimase ad osservare la porta aprirsi, lasciare entrare Shiho, e richiudersi. Infine disse: “non si bussa?”
“Qualcuno mi ha insegnato che non si usa più farlo…” rispose lei, innocente. “Solo che non mi ricordo chi… Ah, ma certo!” Si battè il pugno sul palmo, poi lo indicò. “Tu”
Seto preferì non insistere sull’argomento: sarebbe stato abbastanza imbarazzante dover trovare una scusa convincente alla sua presenza in bagno mentre lei si lavava. “Vedo che hai già saputo la novità…” commentò. Dopotutto, era l’unico motivo che avrebbe potuto spingerla ad uscire di casa.
“Forse si, forse no” Shiho si avvicinò alla scrivania, cercando di non abbassare gli occhi su Mokuba che, seduto su una delle sedie, la fissava quasi arrabbiato. Forse, lo sguardo era dovuto alla minigonna corta scozzese che indossava, e che rischiava di alzarsi ad ogni passo.
“Amo queste risposte logiche e piene di significato…” mormorò lui, appoggiandosi sullo schienale alla poltrona.
Lei inarcò un sopraciglio biondo, poi decise di lasciare perdere. “Roland mi ha chiamato tutto agitato, ho visto i mostri, ma non sono qui per questo”
Seto ignorò l’ultima parte della frase, limitandosi a girare il portatile verso di lei. “Guarda un po’…”
“Quei mostri non sono opera della tua società” disse Shiho lentamente, osservando le azioni della società che venivano comprate una dopo l’altra. “Il sistema olografico è troppo perfetto per permettersi errori simili”
“Oh, mi stai facendo un complimento” sorrise ironico lui.
“Veramente mi sto complimentando con il mio sistema di back-up che ha eliminato tutti i bug” Lei agitò una mano in aria, come ad indicare che non aveva molta importanza, poi, ignorando i suoi sbuffi, continuò: “ma questo lo sappiamo solo noi. Quindi, non vi è nessun motivo per comprare così tante azioni, a meno di non essere il colpevole della comparsa di questi mostri…” Alzò gli occhi per fissarlo. “Chi è?”
“Ragioni come un detective” commentò Seto, riprendendosi il portatile.
“Per sconfiggere un investigatore bisogna immedesimarsi in lui. E batterlo è quello che ho sempre fatto” spiegò Shiho. “Chi è?” domandò ancora.
“Pegasus, l’inventore di M&W che già una volta ha cercato di sottrarmi la società” Lei continuò a fissarlo e ad interrogarlo con gli occhi concentrati: sembrava non credere molto a quella spiegazione. “Vuole che vada sull’isola del duellanti per un incontro”
“Vado io” disse Shiho seria, e fece per uscire dalla stanza.
“Come, vai tu?” sbatté le palpebre lui.
“Primo, hai promesso di non giocare a M&W fino alla costruzione di Kaibaland” spiegò lei, voltandogli le spalle. “Non voglio certo darti qualcosa da rinfacciarmi per tutta la vita. Secondo, non è bello che il presidente si occupi di certe questioni”
“Se è per questo, non è bello nemmeno che se ne occupi il vicepresidente” ribattè Seto. Nemmeno lui voleva fornirle qualcosa per cui essere in debito.
Shiho si voltò, e, per un istante, un lampo di sorpresa passò nei suoi occhi blu. Era vero: nessuno dei due si era preoccupato di stabilire il suo vero ruolo all’interno dell’azienda, ma di certo lei non si sarebbe mai aspettata un lavoro di così alto livello, specie proprio da lui.
“Ma credevo di essere io il vicepresidente!” esclamò Mokuba.
“Si, ma…” rispose Seto. Quando gli aveva affidato quell’incarico, subito dopo la morte del loro patrigno, lo aveva fatto unicamente allo scopo di averlo vicino, di dimostrargli che erano una squadra, come sempre. Non aveva mai pensato che potesse lavorare veramente, specie a tredici anni, dato che non voleva che finisse come lui. “Sei ancora piccolo e pensavo che-”
“Non voglio essere il vicepresidente” lo interruppe Shiho. “Troppe responsabilità che non ho bisogno di addossarmi”
Lui la fissò. Era convinto di farle un favore, riconoscendo le sue capacità, ma, a quanto pareva, in qualunque maniera si comportasse, non riusciva mai a farsi comprendere. “Allora cosa vuoi essere?”
“Qualsiasi cosa che non sia già di tuo fratello” Era strano, ma lei non aveva mai pronunciato il suo nome. Non sapeva perché, ma sentiva che farlo avrebbe dato un’idea di confidenza che tra loro non esisteva assolutamente e che, probabilmente, non sarebbe mai potuta esistere. Mise una mano nella tasca della gonna e ne estrasse un floppy, che gli lanciò.
“Cos’è?” Seto lo afferrò al volo.
“Un virus di mia invenzione” rispose Shiho spiccia.
Lui sbuffò. “E a cosa dovrebbe servirmi?”
“Più o meno a quanto serve iniettare il virus dell’epatite B ai bambini” Quindi, aprì la porta ed uscì. Lui lo infilò nel computer senza nemmeno riflettere.
“Aspetta!” lo fermò Mokuba. “Ha appena detto che è un virus!”
“Sta’ tranquillo” rispose il fratello. “Questo servirà ad impedire che possano rubarci l’azienda comprando tutte le azioni e infilandosi nella nostra rete di computer” Infatti, come si vaccinavano i bambini fornendogli una dose di epatite B non virulenta, allo stesso modo operava il programma ideato da Shiho, sebbene lei avesse dei modi tutti suoi per piegare il funzionamento delle cose.
Riflettendoci, a Seto venne la curiosità di scoprire per quale motivo, se non quello di aiutarlo, fosse venuta in ufficio e, soprattutto, se fosse in grado di giocare a M&W. “Attivalo tu” disse a Mokuba, prima di uscire e di raggiungere Shiho sul tetto dell’edificio, dove pensava, a ragione, che lei prendesse l’aereo per l’isola del duellanti.
“Come hai fatto ad entrare?” si stupì quando, invece, la vide a bordo del suo jet privato a forma di Blue Eyes White Dragon.
“Ho usato una forcina per capelli” rispose lei alzando le spalle. “Come nei film”
Lui passò lo sguardo sul Duel Disk che Shiho aveva agganciato al polso. Sapeva che si era costruita un deck con l’aiuto di Roland, tanto per essere pronta a rispondergli nel caso in cui lui avesse nominato il gioco, ma non aveva la minima idea di quale fosse il suo attuale livello. Principiante, probabilmente. “Sai giocare?”
“Sono in grado di elaborare una strategia, fidati” sbuffò lei. “Non sono mica tutti come te, che vincono solo perché hanno i mostri con il livello di attacco più alto in assoluto” All’occhiataccia che lui le scoccò, aggiunse, allungando una mano: “non è che mi presteresti un White Dragon? Almeno, vincerei di sicuro…”
“No!” esclamò lui. “Il Blue Eyes è mio e solo mio!”
Lei sbatté leggermente le palpebre, fissandolo come se fosse impazzito, poiché riteneva una reazione del genere veramente troppo esagerata per una semplice carta; di valore, certamente, ma pur sempre una carta. “Già, dimenticavo che l’hai lasciata sul comodino accanto all’orsacchiotto di peluche…”
Ma il tono leggermente offeso che trasparì da quella frase lo fece pentire di aver reagito in maniera spropositata. Sembrava quasi che lui non si fidasse a lasciargli il suo preziosissimo mostro, solo perché non voleva che altri lo usassero. “Perché sei venuta in ufficio?” cambiò argomento.
“A chiederti le ferie”
“Ferie?” ripetè Seto, convinto di aver sentito male.
“Si, hai presente quei giorni pagati in cui i dipendenti non lavorano, che spettano per legge?” commentò Shiho, con un tono da maestra di asilo. “Quelle”
Lui emise uno sbuffo ironico. “Ma se tu lavori in nero!”
“Se è per questo, sono pure un’extracomunitaria senza documenti né permesso di soggiorno…” alzò le spalle lei, come se trovasse la situazione quasi divertente.
“Adesso, comunque, è fuori questione, con tutto il casino che-” Si bloccò lui stesso, vedendo gli occhi oceano oscurarsi come se vi fosse scoppiata una tempesta. “Ma perché le vuoi?”
Shiho sbatté le palpebre e tutto tornò alla normalità. “Nulla. Lo facevo solo per darti un po’ fastidio” Quindi chiuse il vetro del jet e mise in funzione il motore.
Seto si allontanò il necessario per lasciarla partire senza essere messo in pericolo. Mentre guardava il velivolo scomparire in lontananza, si domandò se avesse fatto bene a lasciare andare lei al suo posto. Non perché non si fidasse – effettivamente, non aveva mai posto in dubbio un suo tradimento – ma perché poteva sembrare che a lui non importasse niente dei pericoli che avrebbe potuto correre. Sperò soltanto che lei capisse che, se così fosse stato, non avrebbe tanto insistito per farla lavorare in casa.
***
Shiho arrivò sull’isola dei duellanti un paio d’ore dopo. Non sapeva nemmeno lei bene perché avesse deciso di sostituirlo e di combattere contro Pegasus al posto suo. Il fatto che dubitasse della colpevolezza dell’autore di M&W, che avrebbe avuto solo da perdere a far apparire in giro per il mondo i mostri delle carte, non aveva nulla a che fare con la sua scelta. Forse, voleva mostrare a se stessa che poteva proteggere la sua nuova famiglia. O forse lo faceva per Mokuba, per dimostrargli che poteva fidarsi di lei?
Scuotendo la testa, Shiho si decise ad entrare nel palazzo. Era inutile pensarci: la sua mente non era un’equazione e, quindi, non poteva risolverla logicamente, come invece sapeva unicamente fare. Strinse il suo Duel Disk, che, appeso al braccio, le pesava non poco. Non aveva paura di trovarsi da sola, perché non aveva di fronte la Black Organization: qualunque trappola le avessero teso, non sarebbe stata mai al livello di quella yakuza, perciò non aveva di che preoccuparsi.
Arrivò fino al salone principale, dov’era situata un’arena per i duelli, e si fermò: dalla parte opposta della stanza si trovava Pegasus J. Crawford. “Aspettavi qualcuno?” sorrise ironicamente lei, vedendo la sorpresa nei suoi occhi. “Non verrà”
Lui la osservò. “Chi sei tu?”
“Sono la v-” Si bloccò: stava per dire vicepresidente. Che in fondo le avesse fatto piacere, nonostante avesse aumentato i suoi sensi di colpa nei confronti di Mokuba? “La segretaria del presidente, che, non avendo tempo da perdere, ha mandato me” Alzò un sopraciglio, quindi sorrise ancora. “Ma vedo che siamo pari, perché io aspettavo Pegasus e qui non c’è”
“Ma se sono davanti a lei, miss!” ribattè lui, con troppa foga e in tono disgustato.
“Nemmeno io ho voglia di perdere tempo” commentò Shiho, infilando il deck nel Duel Disk. “Ho visto maschere migliori indossate dai bambini a carnevale” Tacque sul fatto che aveva avuto il dispiacere di conoscere Vermouth, la maestra dei travestimenti, e aveva cercato di imparare al meglio come smascherare le persone, per non rischiare di trovarsela davanti, sotto le spoglie di una vecchietta, e con una calibro nove dietro la schiena. “Quindi dimmi chi sei e facciamola finita”
“I dipendenti di Kaiba non sono male” Finalmente, lui si decise a togliere la maschera, rivelando una corta capigliatura rossastra che contornava un viso meno orientale di quello di Shiho, con due occhi di un inquietante colore grigio come l’asfalto. “Ma sono pur sempre colpevoli per lavorare con lui” Estrasse il suo Duel Disk, che aveva una forma totalmente differente da quello usuale. “Quindi, mi accontenterò di prendere la tua anima come avvertimento”
Lei ignorò la seconda parte della frase, non capendo che tipo di minaccia fosse, ma controllò comunque che la sua pistola fosse al solito posto, nascosta dalla gonna, nella gamba destra. “Non ti sei ancora presentato…” commentò solamente, pescando cinque carte dal deck.
“Sono Amelda, uno dei tre Doma Warriors” disse lui. “Inizia pure tu” Non le aveva domandato il suo nome, non gli interessava: gli bastava portare un’anima al maestro Darz. Peccato non fosse quella di Kaiba… Ma andava bene comunque, perché quella ragazza lavorava per la sua società e meritava quindi una severa punizione.
“Doma…” mormorò fra sé e sé Shiho. Non aveva mai sentito nominare prima questo nome, ma le sembrava adatto per una società segreta o pseudo tale. Le ricordava, però, una lettura che aveva fatto anni prima, sebbene non ricordasse il nome dell’autore. “Metto due carte coperte e termino il turno” Sorrise ironica: confronto alla Black Organization, le sembrava di giocare con dei bambini.
Amelda fissò gli ologrammi apparsi sul terreno: se non aveva evocato nessun mostro, quelle non potevano essere che trappole. Un trucco fin troppo elementare. Le scoccò un’occhiata, ma dal viso di lei non traspariva nessuna emozione che confermasse la sua tesi. “Chiamo in campo Cavaliere di Fuoco (1300/1300)” disse allora. “E poi gioco il sigillo di Oricalchos” Mise la carta nella fessura e immediatamente un cerchio verde circondò tutto il campo, chiudendo i due dentro la sua enorme cupola. “Questa carta non solo mi permette di guadagnare cinquecento punti d’attacco, ma, alla fine del duello, si prenderà l’anima del perdente” Si astenne dall’aggiungere “ovviamente, la tua” semplicemente perché Shiho sembrava non ascoltarlo minimamente, né aveva mostrato particolare sorpresa alla comparsa del sigillo.
Si era girata ed era andata a toccare con il palmo il limite del cerchio, saggiandone la forza al tatto. “Un campo magnetico, credo…” riflettè mentalmente, ritenendolo semplicemente qualcosa di tecnologico provocato da un particolare software del Duel Disk modificato. “Chissà se è davvero in grado di uccidere qualcuno richiudendosi su se stesso…” Perché, per lei, rubare l’anima non aveva altro significato che uccidere. Si voltò giusto in tempo per farsi attaccare i Life Points dal mostro avversario.
“E’ tutto qui quello che la segretaria di Kaiba sa fare?” domandò Amelda, strafottente.
Shiho non sprecò fiato a rispondergli. Mise un’altra carta coperta sul terreno, dopo aver fissato i 2200 punti che le rimanevano, quindi scoprì una delle trappole che aveva piazzato prima. “Magnete” spiegò. “Si attiva solo se, al turno precedente, ho perso più di 1500 LP e mi permette di pescare nel deck tre carte magia a mia scelta” Le prese, quindi concluse il suo turno.
“Sei strana” disse Amelda. “Non ti domandi perché io odi Kaiba, o perché sia qui?”
“Non sono affari miei” rispose Shiho. “Sinceramente, non sono il tipo che racconta la sua vita agli altri, quindi non vedo perché gli altri dovrebbero raccontarla a me”
“Forse per farti capire le cose” si accigliò lui. “Quando nasci nel bel mezzo della guerra, e ti ritrovi senza genitori a doverti occupare di tuo fratello minore, te ne freghi abbastanza dei segreti” Evocò un mostro.
Shiho scoprì la sua carta. “Tributo Torrenziale” Si attivava quando veniva chiamato un mostro, e distruggeva tutti quelli presenti in campo: in quel caso, solo quelli di Amelda.
“Ecco, vedi come siete fatti?” proseguì lui. “Vi basta distruggere, purché non vengano toccate le vostre cose”
“Evoco Fata Infermiera (1100/400)” disse lei, continuando a fingersi indifferente. Va bene, aveva avuto una brutta infanzia. E allora? Cosa avrebbe dovuto dirgli? “Mi dispiace”? E a cosa sarebbe servito? Per non parlare del fatto che lei non andava in giro a lamentarsi del suo passato, anzi, odiava la gente che cercava di suscitare compassione. Era come sparare sulla croce rossa, perché non era colpa di nessuno se si nasceva dove capitava. “E ho vinto questo duello” Lui stava per mettersi a ridere, quando Shiho aggiunse tre carte magia “Ascia da guerra”, che davano al suo mostro 1000 punti d’attacco ciascuna. Fata Infermiera ne aveva quindi 4100, sufficienti per sconfiggerlo. “Credo che questo campo magnetico sia un bluff” concluse lei, alla fine. “Nessuno si metterebbe in pericolo per un gioco basato anche sulla fortuna”
Amelda rimase pietrificato per un attimo, poi scosse la testa. “Adesso attaccherai, vero?” le domandò. “Senza preoccuparti di quello che accadrà… Perché è così che siete voi ricchi, cresciuti nella bambagia…”
“Sarai anche un Doma quello che è” sorrise Shiho, una vaga espressione di compatimento. “Ma il tuo intuito lascia molto a desiderare…Fata Infermiera , attacco” Si sentì decisamente stupida, del dire quest'ultima frase.
“Scusa tanto se non sono al tuo livello!” esclamò lui. “E scusa tanto se, per colpa della Kaiba Corporation che ha fornito le armi per la guerra civile, ho perso mio fratello!” Il mostro stava per colpirlo. “Mio fratello, la mia unica famiglia…” La sua voce si incrinò. “L’unica persona al mondo a cui volevo bene… E l’unica che…”
“Gioco Campana di Distruzione” esclamò Shiho, senza riflettere, distruggendo Fata Infermiera e facendo calare i LP di entrambi fino a zero. Terminato il conto alla rovescia, tutti gli ologrammi scomparvero, compreso il sigillo di Orichalcos. Lei rimase bloccata, ancora con la mano alzata.
“Perché l’hai fatto…?” domandò, tremante, Amelda.
Lei, chiaramente, non gli rispose. “Hai perso tuo fratello… A quanti anni?”
“Ne avevo dodici…”
“Capisco” Shiho alzò le spalle, quindi rimise il deck nella tasca e spense il Duel Disk come se quella notizia non l’avesse minimamente turbata.
“Miyano!” esclamò una voce lontano, nel corridoio.
Amelda sobbalzò. “Comunque la prossima volta la prenderò sul serio, la tua anima!” Quindi, corse via e scomparve nell’oscurità dell’altro corridoio.
“Si…” rispose Shiho, sottovoce, senza convinzione. “Kaiba? Sei tu?” domandò poi, all’aria. “Che ci fai qui?” aggiunse, vedendolo comparire davanti.
“Non mi fidavo affatto delle tue capacità di duellante” replicò lui. Di certo, se le avesse detto di essere preoccupato, lei gli avrebbe probabilmente riso in faccia, quindi aveva accuratamente evitato. E poi, non erano frasi per lui.
“Ho pareggiato” gli comunicò, alzando le spalle. “E comunque, come pensavo, non era Pegasus” Quindi, lo superò e iniziò ad avviarsi verso l’uscita.
“Hai solo pareggiato?” si lamentò Seto, in tono incredulo. “Dal genio di Harvard mi aspettavo una vittoria!”
Lei si fermò per lanciargli un sorrisetto ironico. “Uno che si fa battere da Kuribo un mostro da 4500 punti non ha il diritto di parlare” Riprese a camminare, sempre sorridendo e aspettando la reazione.
Seto quasi avvampò per la vergogna di quel ricordo. “Ma che ne sai?!”
“Me lo ha detto il tuo amico biondo…” spiegò Shiho, stiracchiandosi leggermente le braccia indolenzite alla luce del sole.
“Io e quel bonkotsu non siamo amici” puntualizzò Seto, che si arrabbiava molto di più ad essere scambiato anche solo per un conoscente di Jounouchi che per aver perso contro un Kuribo, visto che era stato giocato da Yuugi. “Che c’è?” domandò poi, vedendo ricomparire un’ombra nera negli occhi di lei.
“Stavo solo pensando che mi sono un po’ troppo autocommiserata della mia vita” mormorò lei. “Dimentico sempre che, per quanto male si stia, c’è sempre qualcuno che sta peggio di te…” Poi si accorse di quello che stava dicendo, e si voltò a fissarlo. Seto la guardava, ma era serio. Ascoltava attento, perché lei si stava confidando ed era un evento che capitava troppo raramente. “Scusa, devo averti scambiato per il mio psicologo” disse, per sciogliere la tensione. “Ma mi sono sbagliata, non hai l’aria così intelligente”
“Io invece ti avevo scambiata per una pazza da manicomio” commentò lui, incrociando le braccia. E quando capitava, durava sempre troppo poco. “Solo che non mi sono sbagliato”
Shiho alzò le spalle. “Chi è il più pazzo? Io o tu che volevi nominarmi vicepresidente?” Salì a bordo del jet senza nemmeno chiedergli il permesso. Conversazione conclusa. Seto sbuffò: sarebbe riuscito, prima o poi, ad avere l’ultima parola?

Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^ Grazie per aver letto il capitolo. Devo ammettere che ero molto indecisa se inserire il duello oppure no, poi mi sono detta che in una storia su Yu-Gi-Oh ci stava abbastanza ^^ Comunque, ho cercato di ridurlo il più possibile ai minimi termini per dare più spazio all'introspezione, anche se non dimentico di certo che questa è una storia anche d'azione ^_- Da questo capitolo, però, mi sembra che sia piuttosto chiaro quale sarà l'argomento predominante di questa seconda serie...
Come mi sembra di avere già detto, è ambientata (per ovvi motivi di trama) durante la serie di Darz, ma verranno accenati solo pochi episodi e avranno un ruolo marginale, perché è solo uno l'episodio che mi interessa, il resto sarà concentrato su Seto, Shiho e Yami (perchè rimane pur sempre il protagonista della serie ^^)
Nota: bonkotsu vuol dire uomo comune. Ho da poco scoperto (reduce dalla visione di episodi giapponesi della Memory World) che in jap Seto chiama in questo modo Jounouchi ^^ Evidentemente, per lui è un grande insulto. A proposito, quant'è difficile cercare di farlo rimanere IC! Spero di esserci riuscita ù_ù
Ci vediamo fra due settimane (la pubblicazione è sempre la stessa) Bye ^_-

Reviews:

Heven89: Ciao ^^ Grazie della recensione. Ho idea che rispetto al primo questo seguito sia un po' povero, ma spero che almeno non annoi... Spero quindi di non averti delusa! Bye ^^

Ayuchan: Ciao ^^ Grazie della recensione. No, no: nessun Mokuba sarà rapito e/o torturato nello svolgimento di questa fanfiction (tanto per essere originali ù_ù). Ma in realtà non è lui che è il terzo incomodo, sono gli altri che pensano sia tale XD Direi che "vissero felici e contenti" è proprio una frase da favola, non da storia problematica, quindi... Niente matrimonio! Bye ^^

Selly: Ciao ^^ Grazie della recensione. Dunque, hai detto che non capisci Shiho... Nel senso che non la condividi o che non è chiaro quello che ho scritto? Perché, nel secondo caso, riguardo il capitolo e provo a modificarlo per renderlo più chiaro. Intanto, in parole povere: Shiho ha paura di prendere il posto di Mokuba nel cuore di Seto, e non vuole perché, altrimenti, Mokuba perderebbe suo fratello maggiore, così come lei (più o meno), ha perso sua sorella. Sappimi dire che sistemo ^_- Bye ^^

Hermione: Ciao ^^ Grazie della recensione. Mi fa piacere che la prima parte della storia ti fosse già piaciuta, e non preoccuparti. Anch'io all'inizio non avevo idea di come recensire ^^'' Poi si impara. Spero che il seguito non ti deluda. Bye ^^

Evee: Ciao ^^ Grazie della recensione. Che dire... Grazie. Mi fa davvero molto piacere esserti riuscita a trasmettere qualcosa con quel capitolo, che sinceramente mi sembrava un po' mediocre. Se così non è stato, tanto meglio ^^ Visto soprattutto che lo scopo doveva appunto essere quello di intristire... Bye ^^

Alisea: Ciao ^^ Grazie della recensione. Diciamo che Shiho ha un notevole gusto per le cose da suicidio ^^'' E' fatta così. Però se Seto avesse spaccato tutto, suppongo che lei lo avrebbe preso in giro fino alla morte per essersi agitato così, perciò ha evitato ^^'' Bye ^^

Katie86: Ciao ^^ Grazie per la recensione. Non preoccuparti della brevità, a me fa invece molto piacere che tu abbia cercato in tutti i modi di recensirmi ugualmente anche se non avevi tempo. Grazie davvero ^^ Mi fa piacere che Mokuba ti sembri verosimile, temo che sia un personaggio un po' troppo marginale, alla fine. Bye ^^

Mikichan: Ciao ^^ Grazie della recensione. Bye ^^

Francesca Akira89: Ciao ^^ Ti ho spiegato via mail com'è la faccenda (questo è infatti il secondo nuovo capitolo ^^) Scusa ancora se non mi sono spiegata bene ^^''. Bye ^^

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Capitolo 10
*** La donna di Kaiba ***


Untitled La donna di Kaiba

"Aibou…" mormorò leggermente Yami, guardando la figura di Yuugi trasparente il lontananza, fra una nebbiolina viola che gli impediva di distinguere il paesaggio attorno e la stessa terra su cui stava camminando.

"Che vuoi?" rispose lui, voltandosi. Negli occhi viola, di solito così timidi e dolci, vi era una luce maligna, una rabbia contenuta che li faceva diventare scarlatti come i suoi.

"Aibou, io…" Allungò una mano verso di Yuugi, ben sapendo che non sarebbe riuscito ad afferrarlo, perché più si avvicinava più la sua figura diventava lontana e trasparente, impalpabile come l'aria. "Scusami…"

"E' troppo facile, adesso" replicò il ragazzo, duro. "Ormai hanno preso la mia, di anima…" Fece un passo indietro. "Troppo tardi"

"No, Aibou!" La nebbia divenne ancora più fitta, e iniziò a muoversi quasi come se fosse viva, simile al movimento delle pareti dello stomaco prima di digerire il cibo. La figura di Yuugi iniziò ad essere totalmente coperta, fino a sparire nell'oscurità. "Aibou!" Yami spalancò gli occhi, riflettendosi in un oceano spaventosamente calmo. "Kaiba…?" Le sue mani, che aveva allungato per trattenere la sua metà, sfiorarono qualcosa di gonfio sul petto dell'altro, e di spaventosamente morbido. "Miyano?" Riconobbe i corti capelli biondi e capì finalmente che cosa stesse toccando. Staccò immediatamente le mani.

"E' una fortuna che tu stia bene" disse lei, tranquilla. "Cadere da quell'altezza…"

Yami alzò lo sguardo, fissando il dirupo da cui era caduto quando il treno era uscito dai binari, subito dopo il suo scontro con Haga. Era stato davvero fortunato. Sospirò, abbassando la testa e coprendosi il viso con la frangia bionda. Non se lo meritava, non dopo quello che aveva fatto a Yuugi.

Shiho gli scoccò un'occhiata di traverso. Possibile che fosse così demoralizzato solo per aver perso un incontro? Quando Seto l'aveva saputo, aveva reagito in maniera fin troppo spropositata e, poiché lei gli aveva fatto notare che era stupido prendersela così, aveva risposto: "tu non sei una duellante, quindi non puoi capire!" Gli aveva dato del cretino, ma ora, vedendo Yuugi in quelle condizioni, cominciava davvero a pensare che il problema fosse suo e non degli altri.

"Così, hai perso…" mormorò casualmente, mentre risistemava le medicine nella borsa. Lui annuì. "Contro un Doma Warrior?" Un altro cenno di assenso. Shiho alzò le spalle. "Lo sapevo che quel campo magnetico era solo un bluff…"

Yami si decise a guardarla. "Intendi il sigillo di Orichalcos?" E, a risposta affermativa, aggiunse: "già, tu sei come Kaiba, non credi alla magia… Ma quel coso può davvero rubare le anime…"

Shiho scosse la testa. "Tu sei qui davanti a me"

"Io si" rispose Yami, abbassando ancora lo sguardo. "Ma il mio Aibou no… Se lo sono presi loro" Strinse i pugni, cercando di farsi del male. "Ed è tutta colpa mia"

"Dimenticavo che hai due anime" commentò Shiho. A quello credeva abbastanza, visto che non era riuscita a trovare un tipo di schizofrenia che facesse cambiare la forma degli occhi e dei capelli. Poi sospirò, vedendo gli occhi, solitamente scarlatti e decisi, inumidirsi leggermente. "Senti, io non sono proprio la persona più adatta a dirtelo, ma di certo stare fermo a pensare come stai facendo tu non è utile"

"Si, è vero…" convenne lui. "Ma mi sento così tanto in colpa… E' soffocante"

"Senso di colpa…" Shiho frugò leggermente in tasca, quindi porse una mano verso di lui. "Non sai proprio cosa sia"

Yami prese la pillola bianca e rossa appoggiata al suo palmo e la osservò tenendola fra il pollice e l'indice. "Cos'è?"

"L'eredità dei miei genitori, l'APTX 4896" disse lei, abbracciandosi le ginocchia. "Quella doveva servire a sfidare Dio" Visto che lui continuava a fissarla, interessato, proseguì: "la Black Organization voleva una medicina che ringiovanisse, che sconfiggesse la vecchiaia. A me è stato dato il compito di crearla alla morte dei miei, e quello è il risultato"

"Funziona?" si chiese Yami, fissando l'oggetto come se non fosse più una semplice pillola, ma qualcosa di mistico e prezioso.

"Nello 0,01% dei casi, si"

Si fissarono, aspettando che uno dei due continuasse. "E nei restanti 99,99?" chiese lui, titubante.

"Uccide" Una folata leggera di vento interruppe il silenzio, e Shiho si alzò. "Per ringiovanire, l'APTX va ad agire su ogni singola cellula del corpo, riportandola ad uno stadio inferiore. Solo che spesso è troppo efficace, e le cellule vengono riportate addirittura in fase embrionale, quando sono tutte uguali, senza nessuna funziona specifica" Fece una pausa, per vedere se lui la seguiva. "Così, l'organismo non può sopravvivere se non ha più cellule differenziate che producano i vari enzimi di cui ha bisogno"

"E' una morte strana…" Yami strinse quella pillola: non gli sembrava più così geniale.

"E' il delitto perfetto" annuì Shiho. "Perché nessuna analisi può rivelare l'APTX all'interno dell'organismo…" Un sospirò talmente delicato da essere impercettibile. "Ho continuato a produrne, perché non volevo morire, e non so nemmeno quante persone ha ucciso"

"Ma… Ma non è stata colpa tua!" Yami balzò in piedi. "Voglio dire… Gli altri hanno somministrato il veleno, tu-"

"Oh, l'ho solo creato" fece lei, ironica. "Secondo te, le stragi di Hiroshima e Nagasaki di chi sono colpa? Di chi ha usato in maniera errata la fusione nucleare per costruire la bomba atomica o di chi ha dato l'ordine?" Non gli diede il tempo di rispondere. "Questo è il mio senso di colpa"

Yami annuì. "Capisco cosa vuoi dire, ma…" Si morse le labbra. "Io ho giocato il sigillo quando non dovevo"

"Se non l'avessi fatto, avresti perso?" domandò Shiho.

"Si. Credo" Lui si concesse il beneficio del dubbio. "Ma, quando l'ho giocato, mi sono sentito così potente che-" Strinse di nuovo i pugni, vergognandosi di se stesso. Come aveva potuto essere tanto stupido? Faceva proprio schifo.

"E' tipico degli uomini sentirsi onnipotenti, anche per le piccole cose" disse dolcemente Shiho. "Sono esseri così deboli… Basta un colpo in testa, un po' d'acqua, un taglietto qui, qui, qui" Si indicò la gola, i polsi e le ginocchia. "E muoiono. Però, vogliono vivere. Questo desiderio di sopravvivenza è talmente forte da farti perdere te stesso…"

"Già…"

"Senti, perché non me lo dimostri?" Shiho cambiò argomento. "Che ti hanno rubato l'anima… Se la riprenderai, ci crederò…"

Yami la fissò. "E' una sfida?" Che lo fosse o no, apprezzò il tentativo che lei aveva fatto per aiutarlo. Non poteva stare a commiserarsi quando lei aveva sfidato un'intera organizzazione criminale per una colpa che, in fondo, non aveva nemmeno commesso. "Ah, i miei amici!" esclamò, ricordandosene improvvisamente. "Chissà dove sono…"

"Se vuoi, mando un aereo della Kaiba Corp. a cercarli qui intorno" propose Shiho. "Intanto ti do un passaggio fino alla città vicina" Ed indicò la moto che era parcheggiata dietro di lei.

"Mi faresti un grosso favore" la ringraziò lui. "Ma puoi?"

Lei alzò le spalle, quindi prese il portatile che teneva nella borsa e iniziò a digitare un'e-mail con le istruzioni da eseguire. Era quasi sicura che Roland l'avrebbe ascoltata, visto che sembrava stargli molto simpatica, per motivi che Shiho non riusciva a capire.

Mentre aspettava, Yami domandò: "Cosa fai qui, a proposito?"

"Cercavo i Doma Warriors" Lei aspettò che la mail venisse inviata. "Visto che tu ci stavi combattendo contro, credo che il mio sistema di rilevamento di campi magnetici sia stato attirato qui…"

"O forse, ti ha chiamato Timaeus…" Yami prese la carta del drago dal deck e gliela mostrò.

Lei scoccò un'occhiata rapida. "Scommetto che ci sono anche Helmos e Critias…"

"Critias non ancora, ma Helmos si…" rispose lui. "Come fai a saperlo?"

"Platone" disse solo Shiho, sistemando la borsa e il pc sotto il sellino della moto. "Sono i nomi dei suoi tre libri su Atlantide" Salì a bordo. "E Doma è l'antico nome di Atlantide, per cui ho pensato ad un collegamento" Gli fece cenno con la mano. "Andiamo"

Yami si accomodò titubante dietro di lei. "Sai veramente tutto, Miyano…" Poi le urlò, tra il vento della moto che viaggiava: "perché li cerchi?"

"Quelli non mi piacciono" si decise a rispondergli dopo qualche minuto. "Lo so anche io che non sono tutti buoni, al mondo, ma questo non dà loro il diritto di decidere come porvi fine"

"Pensi che vogliano sostituirsi a Dio?" domandò Yami, poggiando la testa contro la sua schiena.

Shiho annuì. "Hai visto quali sono i risultati quando si cerca di fare una cosa simile" Non ci fu bisogno nemmeno di nominare l'APTX.

Poi, all'improvviso, una ruota della moto scoppiò, senza che avesse urtato alcun ostacolo. Shiho perse totalmente i controllo del mezzo, ed entrambi i ragazzi vennero sbalzati via, e precipitarono rovinosamente a terra nella sabbia gialla e dura del deserto che stavano attraversando. Yami si alzò, massaggiandosi la testa già indebolita dalla caduta precedente, quindi osservò la moto esplodere a qualche metro da lui. Si coprì gli occhi, prima che il fumo e i detriti lo ferissero.

Terminato il rumore, si alzò, guardandosi intorno: vide Shiho sdraiata per terra, a qualche metro da lui, immobile. Si avvicinò immediatamente e notò uno spaventoso rivolo rosso che le scendeva dalla fronte fino alla guancia. "Ehi, Miyano" Yami si chinò su di lei, strattonandola leggermente per le braccia, con le mani che gli tremavano. "Miyano!" Fortunatamente, notò, respirava ancora, anche se debolmente.

"Cosa succede?" chiese una voce da dietro. Yami si voltò, in tempo per vedere un ragazzo dai capelli rossi scendere da una moto che lui conosceva bene come stile. "Sei di Doma, vero?"

Amelda non gli rispose, ma fissò il corpo svenuto di Shiho. "Credo che abbia bisogno di un medico" Indicò la moto. "Vi do un passaggio io"

"Perché dovrei fidarmi?" replicò Yami, duro, fissandolo con occhi ritornati scarlatti e asciutti.

"Perché ho un debito con questa ragazza" fu la sua unica risposta.

Il faraone si guardò intorno: si trovavano sperduti chissà dove, senza un'anima viva in vista, con il sole caldo sopra la testa, e con Miyano ferita. Non aveva altra scelta che accettare l'aiuto di quel ragazzo, fosse pure un Doma Warrior. Lo faceva per lei e anche per Kaiba: sarebbe stato capace di ucciderlo, se avesse scoperto che l'aveva lasciata morire, cosa che non avrebbe fatto comunque, a prescindere dalla reazione del suo nemico-amico.

"D'accordo" disse alla fine, deglutendo leggermente. "Grazie"

"Non ringraziarmi" Amelda sollevò di peso Shiho meglio di quanto Yami avrebbe potuto fare, e l'appoggiò sulla moto. "Lo faccio solo perché voglio avere il piacere di rubarle l'anima"

L'altro alzò un sopracciglio. Dubitava che Miyano sarebbe stata così stupida: dopotutto, una con la sua intelligenza, non avrebbe avuto troppe difficoltà ad elaborare delle valide strategie, sempre che sapesse giocare. Fece comunque finta di nulla, e salì sulla moto dietro di lui, tenendo fermo il corpo della ragazza fra loro due, in modo che non prendesse troppi sbalzi.

Mentre i tre partivano, una figura li osservò in lontananza, ricaricando il fucile con il quale aveva bucato le gomme della moto. "I'm a woman too, Sherry" mormorò, fra sé e sé. "Non volevo rovinarti il corpo da presentare al funerale…"

***

Alberi tropicali, un fiume azzurro illuminato da raggi del sole, e l'erba fresca umida di rugiada. Si trovava forse nell'Eden? Shiho scosse la testa: oltre al fatto che non credeva nell'aldilà, dubitava ancora maggiormente di poter andare in paradiso. In lontananza, vide due figure sdraiate sulla riva. Lentamente, si avvicinò e, con una sorta di prudenza ereditata dall'essere una ex-mafiosa, si nascose dietro il tronco di un'acacia, e si sporse senza farsi vedere, per osservarli.

Lui era bello, dai capelli castani corti, con una ciocca ribelle che ogni tanto gli copriva gli occhi oceano, e stava disteso sul terreno con le mani dietro la testa. Lei, inginocchiata al suo fianco, era sottile e minuta, con la pelle chiara come la neve, e i capelli lunghi, lisci e azzurrini. Gli occhi avevano il suo stesso colore, ma erano molto più profondi, come se quelli del ragazzo rappresentassero la superficie del mare e i suoi le profondità.

"Kaiba…" sussurrò Shiho. Se non fosse stato per la pelle scura, sarebbe stato uguale. Ricordò che Isis le aveva parlato di una leggenda secondo cui Seto era la reincarnazione di un sacerdote dell'antico Egitto. "Un sogno…" Naturalmente, non poteva trattarsi di altro che quello.

Poi, il ragazzo alzò leggermente una mano, e sorrise, mentre giocherellava con i lunghi capelli di lei, e glieli sistemava dietro le orecchie, in modo da osservare meglio il suo volto. La ragazza si scherniva, arrossiva e poi rideva, finché non cedeva e si sdraiava su di lui, baciandogli il collo.

Shiho uscì allo scoperto. "Kaiba" chiamò, ma nessuno dei due si voltò a risponderle, come se non l'avessero proprio sentita. Una volta, aveva letto il libro di Ellison, che affermava: "io sono invisibile perché le persone si rifiutano di vedermi" La sua situazione era differente: lei non voleva mostrarsi agli altri, e finiva per diventarlo.

"Kisara…" sussurrò lui, strofinando il viso contro quello di lei. Shiho sentì una specie di fitta all'addome, ed iniziò a tossire, senza riuscire a fermarsi, come se le venisse da vomitare. Era una sensazione terribile, una stretta all'intestino che sembrava dovesse scoppiarle dall'interno. L'ultima volta che l'aveva provata, era stata quando le avevano annunciato la morte della sorella.

Cercando di riprendersi, respirando affannosamente per quella tosse che non accennava a smettere, guardò ancora i due giovani sdraiati sull'erba. Seto non le aveva mai sorriso altrettanto gentilmente e, probabilmente, non l'avrebbe mai fatto.

Leggere ali bianche, quasi da demone, spuntarono dalla schiena della ragazza, quindi una coda, e poi il corpo, finché tutto il drago bianco non emerse nella sua interezza. "Blue Eyes…" mormorò Shiho osservando il mostro alzarsi in volo provocando una corrente d'aria. Gelosia: si, probabilmente stava provando quel sentimento, ma anche, soprattutto, una grande malinconia. Perché avrebbe dovuto intromettersi nel loro rapporto, come in quello fra lui e Mokuba?

Lei non era nessuno.

Non aveva nessuno, né un posto dove stare, né uno scopo nella vita. Chiuse gli occhi: aveva voluto sopravvivere per tanto tempo, che le era venuto a noia. Sarebbe stato meglio per tutti se fosse morta. Soprattutto, meglio per lui. Sentì il gomito pruderle e il drago ruggire verso di lei. Era così sicura di voler morire… Ora?

Di scatto, Shiho aprì gli occhi, si alzò da letto e si osservò il braccio destro e, soprattutto, il liquido incolore che stava lentamente scendendo dalla sacca lungo il tubo trasparente fino nelle sue vene. Immediatamente, si tolse la flebo e la gettò a terra, respirando con fatica.

"Miyano!" esclamò Yami, che era seduto a bordo del letto. "Vedo che stai bene…" commentò alla confusione che lei aveva creato. Dopotutto, i medici avevano detto che si trattava solo di un lieve trauma cranico.

"Chi me l'ha messa? Da quanto?" chiese in fretta Shiho.

"Un medico, due minuti fa al massimo…" rispose il ragazzo, inarcando un sopracciglio. "Sono vitamine"

Allora, lei toccò con due dita il liquido che si stava dilatando sul pavimento, lo annusò, quindi, annuendo, lo fece annusare anche a lui. Un odore acre si diffuse nelle sue narici. "E' DDT"

Yami ne aveva sentito parlare come di un diserbante velenoso, quindi immaginò che non facesse particolarmente bene se iniettato in vena. "Ma!"

"Sono loro…" mormorò Shiho in tono basso. "Dovevo aspettarmi che mi avrebbero trovato anche in America…" Notò i suoi vestiti appoggiati alla sedia e iniziò a frugarci dentro. "Devo porre fine a tutto questo"

Lui la guardò armeggiare con le tasche, poi allungò la mano verso di lei, mostrandole la pillola dell'APTX che teneva in mano. "Cerchi questa?"

Lei si bloccò. "L'avevi ancora tu" Fece per prenderla, ma lui chiuse il palmo, nascondendole la medicina, e riavvicinò la mano a sé.

"Credi davvero che ti permetterò di prenderla?" le chiese ironico. "Con lo 0,01% possibilità di sopravvivenza?"

"Non voglio sopravvivere, infatti" Allungò di più la mano, ma Yami si sottrasse nuovamente.

"Vuoi morire?"

Shiho si lasciò cadere sulla sedia, sospirando. "E' meglio per tutti" disse. "Meglio per te, che rischi di essere coinvolto. Meglio per Kaiba e, si, meglio anche per me"

"Perché dovrebbe essere meglio per Kaiba?" si stupì lui. "Insomma, voi due…"

"Noi due niente" Strinse le spalle, relegando il sogno che aveva fatto in un angolino della memoria. Quello era, appunto, un sogno. I motivi per cui voleva andarsene erano altri, più seri, e dipendevano essenzialmente dai suoi sentimenti. Perché lei non lo amava, no, lo sostituiva ad Akemi. Ormai questo essenzialmente pensava, mentendo. Quindi, perché restare? Nessuno, davvero, avrebbe mai potuto essere come sua sorella. Nessuno gliel'avrebbe restituita. "Dammi l'APTX, per favore…"

"No" Yami incrociò le braccia, divenendo improvvisamente serio. "Per due motivi essenziali: il primo, è che, se ti lasciassi morire, Kaiba non me lo perdonerebbe mai. Il suo rispetto è una delle cose a cui tengo di più in assoluto" Shiho rimase a fissarlo a bocca aperta. "E, secondo, ho già perso qualcuno, oggi, e non intendo ripetere lo stesso errore"

"Perché?" si domandò allora lei. "Perché dovresti aiutarmi rischiando la tua vita?"

"Perché sei una ragazza straordinaria" Yami abbassò lo sguardo. "Non solo sei bella e intelligente, ma hai una sensibilità da far invidia a chiunque. Magari puoi sembrare cinica e ironica, ma, nonostante tutto quello che hai passato, ancora ti preoccupi di consolare gli altri" Poi, fece un risolino ironico. "E scusa se Kaiba queste cose non te le dice, ma non ci arriva col cervello a capire che semplificherebbe molto la situazione"

Shiho fece un debole sorriso. "Forse, se le dicesse, non sarebbe più lui…"

"Probabilmente no" annuì Yami, quindi riaprì il palmo verso di lei. "Vogliamo provarci?" le chiese. "Vuoi fidarti di me?" Lentamente, lei allungò la mano e prese la pillola con le dita affusolate.

Quando, una mezz'ora più tardi, il dottore che le aveva messo la flebo rientrò nella stanza, la trovò vuota, con il letto completamente sfatto. "Ma… Dov'è la paziente?"

"E' morta" Yami era appoggiato alla stipite della porta, con le gambe accavallate e le braccia incrociate. Fissò l'uomo, e sorrise ironico. "Ma lei dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro, visto che l'ha avvelenata…"

"Io?" esclamò il dottore, offeso.

"Si, tu" Il faraone si scostò e lo fissò duramente. "Vermouth!"

L'uomo fece uno sbuffò ironico. "Ha fatto in tempo a raccontarti di me, uh" Si levò la maschera, rivelando una folta capigliatura riccia e bionda, con un viso sottile e allungato e la bocca rossa piegata in un sorriso sarcastico. "Peccato, speravo di non doverti uccidere…" Lo fissò appoggiando il mento sui palmi. "You're so handsome…"

"Può darsi che sia io a uccidere te" replicò Yami. "Nonostante tu sia una bella donna"

"Uccidermi?" Per una delle poche volte in vita sua, Vermouth rimase sorpresa. La maggior parte delle volte, gli uomini rimanevano incantati dalla sua bellezza, oppure tremavano al suo cospetto accorgendosi che faceva sul serio, che era un'assassina senza tanti scrupoli. Si divertiva, le serviva a cacciare la noia. Ma quel ragazzo sembrava eccitarsi tanto quanto lei…

"Si, proprio come ho ucciso Gin" Yami formò una pistola con le mani e la puntò verso di lei. "Vuoi giocare con me?"

Vermouth sorrise. "Oh, yes" Se era stato in grado di uccidere veramente uno come Gin, allora ci sarebbe stato da divertirsi.

 

Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^ Con il blocco dell'EFP ho idea che siano passate più di due settimane dalla pubblicazione dello scorso capitolo…^^'' Mi dispiace. D'ora in poi, spero di poter mantenere il ritmo giusto.
In questo capitolo c'è poco spazio per Seto, ma non preoccupatevi, tornerà molto presto ^_- Ne volevo approfittare per raccontare dell'APTX e avevo bisogno che ci fosse Yami (il motivo nella prossima puntata). Ovviamente, si svolge al posto del suo incontro con la figlia e il padre di Darz. Diciamo che, vista la presenza di Amelda, non mi sembrava giusto che fosse solo Seto-kun ad essere geloso ^_- Spero che vi sia piaciuto ugualmente ^^
Per quelli che conoscono Detective Conan: il personaggio di Vermouth è già apparso in televisione, quindi lo conoscete e conoscete il motivo per cui parla mezzo inglese; tuttavia, è probabile che al prossimo capitolo ci sia un piccolo spoiler su di lei, quindi attenzione! La storia dell'APTX non come veleno ma come medicina per ringiovanire l'ho sentita dire in un forum e mi è venuto in mente di riutilizzarla, ma non ha fondamento… Almeno, non così certo! Ma se vorrete leggere il prossimo capitolo capirete cosa intendo.
Per quelli che non conoscono Detective Conan: Vermouth è un altro membro della Black Organization, come avrete capito; parla a volte in inglese perché è di origine americana. Ai fini della storia non avete bisogno di sapere altro su di lei (a parte quello che verrà svelato nel prossimo capitolo).
Traduzione delle frasi in inglese (per sicurezza): "Sono una donna anch'io, Sherry"/"Sei così affascinante…"
Ci vediamo alla prossima ^^ Grazie a tutti i miei lettori.

Reviews:

FrancescaAkira89: Ciao ^^ Grazie della recensione. Mettendo i capitoli di seguito alla prima storia do meno visibilità, ma dato che più che un seguito mi sembrava di completare la medesima storia, ho preferito questo sistema. Mi dispiace averti confuso ^^'' Bye ^^

Selly: Ciao ^^ Grazie della recensione. Ma figurati ^^ Io non sono infallibile, e se non avevi capito qualcosa in quello che avevo scritto era tuo diritto dirmelo e mio dovere modificare. Se non è così, meglio per tutti ^^ Comunque, sappi che io scrivo a seconda di quello che è il carattere dei personaggi, e ciò non significa che io lo condivida ^^ In realtà sono perfettamente d'accordo con te, ma Shino è fatta così (o almeno, sperando di averla fatta IC ^^'') Bye ^^

Ayuchan: Ciao ^^ Grazie della recensione. Vedo che hai azzeccato in pieno l'episodio, brava ^_- Ma non sarà l'unico. Comunque vedrai che da adesso il rapporto con Mokuba finirà per essere l'ultimo dei loro problemi, anche se pure quello si dovrà risolvere prima o poi ^_- Comunque grazie per aver detto che sono IC, lo spero tanto. Bye ^^

Alisea: Ciao ^^ Grazie della recensione. Borg? Scusa, ma avendo seguito solo a stralci Beybalde non ricordo cosa sia… Ma mi sembra non sia un complimento o sbaglio? O.o Comunque, si, ovviamente le è venuta in mente la sorella ^^ Meno male che si capisce! Per quella frase, mi riferivo al duello di Yami e Seto nel Regno dei Duellanti, dove il primo riesce a bloccare l'attacco del drago moltiplicando i Kuribo ^^ Bye ^^

Death Angel: Ciao ^^ Grazie della recensione. Non sapevo che la mia storia ti piacesse, ma sono molto contenta; visto che ti apprezzo come scrittrice la tua opinione non può che farmi piacere. Naturalmente si, ci vorrà un po' di tempo, ma ti anticipo che i fatti saranno dalla loro parte (almeno quelli)…^_- Bye ^^

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Capitolo 11
*** ATPX ***


ATPX

ATPX

Vermouth si sedette sulla sedia a bordo del letto, sulla quale erano appoggiati scompostamente i vestiti di Shiho. “A cosa vuoi giocare?” domandò, accavallando le gambe e fissandolo con occhi scintillanti come il ghiaccio al sole.

“Ho visto che sei brava nei travestimenti…” cominciò Yami, in tono quasi casuale, mentre si appoggiava allo stipite della porta. “Ma credo di essere più bravo io a trovarti…”

“Aah…” sorrise lei, passandosi un dito sulle labbra rosse. “Nascondino, allora” Si alzò e, ondeggiando leggermente in quella camminata tipica delle modelle, quale era stata in passato, lo superò oltre la soglia. “Dammi dieci minuti, poi vienimi a cercare. Ti concedo un’ora” gli disse, senza voltarsi. “Ricompensa e punizione, life and death…”

Yami annuì, quindi fissò il letto sfatto, contando mentalmente i minuti, mentre i passi della donna si mescolavano, uniformandosi, a quelli di tutte le altre persone dell’ospedale, rendendosi assolutamente invisibili e irrintracciabili. Dopo un tempo che sembrò interminabile, solo perché passato ad attendere immobile, uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di lui.

Già solo in quel corridoio del pronto soccorso si trovavano non meno di venti persone. Controllare tutto l’ospedale sarebbe stata un’impresa impossibile, anche perché, non potendo distinguere una persona mascherata da una al naturale, tanto la sua avversaria era capace, avrebbe dovuto passare a toccare i volti di tutti, prima di trovare quello giusto. Non gli restava che riflettere su quale travestimento Vermouth avesse potuto adottare.

Iniziò a camminare verso le scale. Un medico sarebbe stata una buona soluzione, ma aveva già assunto sembianze simili e sarebbe stato troppo ovvio, senza contare che dubitava che le sue conoscenze in campo medico le avrebbero consentito di rimanere nel travestimento molto a lungo. Anche trasformarsi in un paziente sarebbe stato complicato: avrebbe dovuto inventarsi una malattia, che il dottore certamente non avrebbe trovato, o infilarsi in un letto non ancora occupato, col rischio di essere scoperta come abusiva.

Gli unici travestimenti possibili, dunque, erano come personale vario dell’ospedale o come finta parente dei pazienti venuta a visitarli durante l’orario. Tuttavia, anche dopo aver effettuato questa scrematura, le persone da controllare restavano troppe. Yami rifletté ancora: da quello che aveva capito, Vermouth era una persona che amava il rischio, ma, allo stesso tempo, amava vincere. Quindi doveva immedesimarsi in lei e cercare di capire quale sarebbe stato il travestimento migliore.

“In quale reparto non andrei mai a ispezionare?” si chiese. “Quali persone eviterei di controllare, perché sarebbero troppo banali?” E poi capì: vi era un solo luogo dove Vermouth potesse andare a nascondersi. Guardò sulla tabella dove si trovava il reparto che cercava, poi scese le scale fino ad arrivarci.

Rispetto agli altri, quella sezione era molto più caotica e movimentata, l’ideale per complicare la situazione. Mentre si destreggiava fra la confusione, si guardava intorno, cercando anche un minimo indizio. “Scusi” disse ad un certo punto, alzando la mano per attirare l’attenzione. “Posso dirle una cosa?”

L’infermiera bionda che aveva appena chiamato si voltò, rivolgendogli un sorriso materno. “Dimmi, caro”

Yami fece un piccolo ghigno. “Ti ho trovata”

“Scusa?” Lei sbatté le palpebre.

“Ovviamente, per quanto tu sia brava, non avresti mai potuto trasformarti in un bambino, per ovvi motivi di altezza” spiegò lui, infilandosi due mani nelle tasche dei pantaloni. “Quindi il reparto pediatrico sarebbe stato l’ultimo dei miei pensieri e perciò… Quale luogo migliore per nascondersi?” Passò lo sguardo viola sulle trecce bionde. “Un’altra cosa che avrei dato per scontato era che tu non mantenessi nemmeno una tua propria caratteristica. Insomma, avrei cercato un maschio, magari robusto, moro…” Sorrise ironico. “Non avrei mai pensato che ti saresti travestita da donna bionda…”

“Continuo a non capire” L’infermiera scosse la testa. “Ora chiamo il caporeparto” E si infilò nella stanza della reception, vuota

“Non puoi continuare a fingere, Vermouth” disse Yami, seguendola. “Solo un’attrice come te può fare attenzione ad allineare i piedi camminando”

La donna sospirò. “Credevo di aver a che fare con un ragazzo appassionato di M&W, non con un detective” Si levò maschera e parrucca, rivelando il suo vero aspetto, non troppo dissimile da quello che aveva assunto. “You won”

Yami annuì. “Certo”

Vermouth teneva lo sguardo basso, con una smorfia offesa sul viso. Non avrebbe mai pensato di essere sconfitta in quel modo, così facilmente. La colpa era probabilmente anche sua, che l’aveva sottovalutato in quel modo. Se davvero aveva ucciso Gin, era un avversario da temere.

“Tieni, la tua punizione” Yami allungò la mano verso di lei, mostrando nel palmo una pillola bianca e rossa.

Lei inarcò il sopracciglio. “Cos’è?” Nel frattempo, mise una mano dietro la schiena, toccando la sua pistola di piccolo calibro. Giocare era divertente, ma solo quando durava poco. Sarebbe bastato un attimo per estrarla e non lasciare testimoni.

“L’ATPX” Lui fissò leggermente la medicina, mordendosi un labbro, prima di ritornare al sorriso sicuro. “Se la tua anima è pura, ringiovanirai, altrimenti sarai divorata dalle tenebre, come Gin”

La stanza si riempì delle risa di Vermouth. “Sai bene che ti ucciderò, allora…” Afferrò di scatto la pillola e se la mise in bocca, inghiottendola. “Ti rivelerò una cosa… Io ho già assunto l’ATPX prima di ora”

Yami la fissò a bocca aperta. Era davvero troppo sicura per fingere, ma tuttavia lui cercò di riprendersi. Non doveva scordare di trovarsi davanti ad un’attrice.

“Vedi, io sono Chris Vinyard, la figlia di Sharon Vinyard” spiegò lei.

“Lo so”

“Ma quello che non sai” La donna si morse un labbro, soddisfatta per averlo sorpreso. “E’ che non esiste nessuna Chris. Io sono Sharon” Aspettò che le sue parole fecero l’effetto sperato. Vedendo che lui era troppo sorpreso per chiedere ancora, continuò: “ho preso la medicina e sono ringiovanita di dieci anni. Ho quindi dovuto inventare di essere la mia stessa figlia per giustificare la mia età…”

Yami sospirò. “Si, c’era una minima possibilità di riuscita” ammise infine. “Ma c’è una grande differenza tra quella volta e questa. Adesso, stiamo facendo un gioco delle ombre”

Vermouth aprì la bocca per replicare a quella arcana affermazione, ma all’improvviso sentì un gran calore in tutto il corpo, come se si trovasse in una sauna, o, meglio, come se la sauna fosse dentro le sue membra. I battiti accelerarono improvvisamente e i respiro si fece più affannoso. “C-Che… C-cosa…” I muscoli, ardenti, smisero di sostenere il suo corpo. Cadde lungo il pavimento, ai piedi del ragazzo, agitandosi in preda agli spasmi. Poi, tutto cessò.

Yami si chinò leggermente a toccarle il collo: il corpo era ancora caldo, ma il cuore non batteva più. “Questo è il destino” mormorò. “Hai vinto una volta, e hai creduto di essere invincibile. Ma le ombre inghiottono i presuntuosi che osano sfidarle” Uscì titubante dalla stanza, guardandosi intorno. Nessuno si era accorto di nulla: poteva andare a riprendere Miyano senza problemi.

Non riuscì a trovarla. Teoricamente, in base al loro piano, lei avrebbe dovuto recarsi prima nella sala di controllo, cancellando dal computer ogni traccia del suo ricovero, e poi aspettarlo fiduciosa all’entrata del pronto soccorso dove, con la confusione delle ambulanze che partivano e arrivavano, nessuno l’avrebbe notata. Invece non era né nella stanza né all’ingresso.

Mentre stava riflettendo sul da farsi, sentì un forte rumore sopra di sé, quindi si coprì il voltò per proteggere gli occhi dalla corrente d’aria. Quando tutto si calmò, Yami poté vedere un jet dalla forma di White Dragon atterrato davanti a lui. “Kaiba!” esclamò, vedendolo scendere. In realtà, era sorpreso solo a metà, dato che, quando Miyano era ancora svenuta, aveva ricevuto una telefonata sul suo portatile da Roland, che aveva ritrovato gli altri ragazzi, e gli aveva detto che si trovavano all’ospedale. Era quindi ovvio che l’uomo avvertisse il suo principale e che, soprattutto, questi venisse a controllare la situazione.

Seto si avvicinò a lui. “Lei dov’è?”

Yami fu soddisfatto della domanda, ma non della risposta che gli dovette dare. “Non lo so” Gli spiegò brevemente quello che era successo con Vermouth.

“Merda…” fu il solo commento di Seto. Sapeva bene che, quando aveva a che fare con quegli uomini, Miyano era spesso preda di strane manie suicide. “Devo trovarla prima che si faccia del male” Ma quest’ultima frase si guardò bene dal pronunciarla.

Tuttavia, Yami poté individuare dello scuro nei suoi occhi blu. “Dobbiamo trovarla presto, vero?”

Il portatile che Seto teneva nella valigia iniziò a squillare. I due ragazzi si appoggiarono sulle scale del pronto soccorso, o, per meglio dire, Yami seguì Seto in tutti i suoi movimenti, dato che l’altro lo stava tranquillamente ignorando. Kaiba prese il portatile, lo aprì e iniziò a controllare da cosa dipendesse il segnale.

“E’ arrivata una e-mail?” domandò l’ex-faraone, vedendo che apriva il programma hotmail.

“Curioso che tu l’abbia capito” sbuffò leggermente ironico, mentre apriva il messaggio appena arrivato. Era corto e lapidario, ma ogni parola somigliava ad una coltellata.

 

Sono Miyano.

Non venire a cercarmi. So come nascondere abbastanza bene il mio cadavere in modo da non lasciare tracce, quindi non rovinare tutto come tuo solito.

Grazie

 

Yami balzò in piedi. “Non può farlo davvero! Credevo di averla convinta…”

Seto spense il portatile e lo rispose come se nulla fosse. “E’ testarda, la ragazza” Si alzò e fece per tornare verso il suo jet.

“Ma… Ma!” Il ragazzo moro non riuscì a dare voce a tutti i pensieri che aveva in mente. “Dobbiamo trovarla! Se ti ha mandato quel messaggio ancora viva, forse possiamo arrivare in tempo…!”

“A che scopo?” L’altro si fermò, voltandogli la schiena. “Se ha deciso di morire sono fatti suoi. Io devo pensare alla società, specie in questo momento”

“Alla società?!” Yami spalancò gli occhi. “Porca miseria! Miyano sta per ammazzarsi e tu pensi alla società? E’ per colpa di questo tuo atteggiamento che lei si sente semp-” Troncò la parola a metà quando Seto si voltò a fissarlo con gli occhi che ardevano.

“Ma che ne sai tu?” gli urlò. “Dimmi cosa cazzo ne sai tu!” Respirò pesantemente, e si morse le labbra finché il sangue rosso non iniziò a colare lungo il mento, macchiando di leggere gocce il pavimento.

“Ti chiedo scusa” mormorò allora Yami. “Ma non posso fare a meno di pensare che sia anche colpa tua” Prima che Seto potesse replicare, continuò: “vedi, Miyano non aveva un posto da chiamare casa, né una famiglia. Perché non le hai mai fatto capire che tenevi a lei? Perché non-”

“Basta!” Kaiba lo afferrò per il collo della camicia. Avrebbe tanto voluto prenderlo a pugni, ma sapeva che sarebbe stato perfettamente inutile, visto che l’unica persona che avrebbe voluto picchiare, in fondo, era lui stesso. Però Yami non avrebbe dovuto permettersi di venire a sputare sentenze su qualcosa che non conosceva nemmeno. Naturalmente non avrebbe mai voluto che Miyano morisse, altrimenti non l’avrebbe aiutata a salvarsi, però, da lì a dirle che era innamorato di lei era un altro discorso.

Lo lasciò. “E’ troppo tardi” Finché non avesse capito cosa voleva, non avrebbe potuto scendere o salire la scala per raggiungerla. Non aveva fatto in tempo ad arrivarci. “Miyano ha… Una specie di veleno letale. Se mi ha mandato quella mail, vuol dire che era sicura di riuscire a prenderlo prima che intervenissimo…”

Grazie

Aveva avuto anche il coraggio di ringraziarlo! Non poteva veramente crederci. Adesso sentiva di provare la medesima angoscia, il medesimo vuoto, lo stesso dolore che aveva provato Shiho quando la sorella era morta. “Sei proprio un’idiota…” pensò. Si era lamentata tanto perché le persone si sacrificavano per lei, facendola soffrire, e ora si comportava nello stesso modo. Se l’avesse avuta davanti, l’avrebbe presa a schiaffi. “Ed egoista!”

“L’APTX?!” esclamò Yami. “Lo conoscevi?”

“Credo si chiami così…” borbottò in risposta lui. “Ho trovato una boccetta con quelle pillole e l’ho esaminata. Non lascia scampo”

Grazie

Ma grazie al cazzo! Avrebbe tanto voluto dirle che, quando stava con lei, si divertiva come non ricordava di aver mai fatto, e ritornava ad essere il se stesso di tanto tempo fa, quando stava all’orfanotrofio con suo fratello. Avrebbe voluto vederla ridere almeno una volta… Anche se non sapeva bene cosa provava per lei, qualcosa avrebbe dovuto dirle, anche semplicemente “posso essere io tuo fratello”. Ma no, non sarebbe mai riuscito a farlo.

E per fortuna, visto che avrebbe solo peggiorato la situazione.

Yami sospirò. Era anche colpa sua se era successo tutto quello. Avrebbe dovuto prevedere che Miyano avesse con sé più di una pillola, invece non se ne era preoccupato. Dopotutto, avrebbe potuto uccidere Vermouth subito, senza farla giudicare, perché sapeva già che era un’assassina e che sarebbe morta. Che stupido! Aveva perso un’altra persona per colpa della sua inefficienza.

“Signore!” La voce di Roland comparve come un fulmine a ciel sereno e, se non altro, servì ad allentare la tensione che si era creata.

Seto si pulì velocemente il labbro spaccato con il palmo della mano. “Che c’è? Che succede?” chiese, serio, sperando che non gli domandasse nulla di Miyano.

“Purtroppo… Tutte le azioni della Kaiba Corporation sono state acquistate” piagnucolò il dipendente, arrivando accanto a loro affannato per la corsa. “Non siamo riusciti ad impedire che penetrassero nel nostro sistema e trovassero i codici…”

“E’ così…” mormorò solamente Seto, abbassando lo sguardo. Dopotutto, lei lo aveva avvertito. “Il mio programma è difficile da progettare, ma facile da esaminare. Se non controlli la situazione, quegli hacker entreranno ugualmente” Così gli aveva detto, prima di partire ed andare a cercare quei Doma-come-cavolo-si-chiamavano. Lui però non l’aveva ascoltata. A rifletterci a posteriori, forse non l’aveva mai fatto veramente, nemmeno nelle cose più stupide.

Le ferie…

“So chi è stato” disse Yami. “I Doma Warriors” Gli altri due annuirono. “Ascolta, Kaiba. L’unica maniera per trovarli è tradurre le iscrizioni di Atlantide del professor Hawkins” Sapeva che non era proprio il momento adatto per parlare di queste cose, ma quelli erano dei pazzi e bisognava fermarli ugualmente.

“Signor Mutou” Solo in quel momento Roland si accorse della sua presenza. “I suoi amici sono stati ritrovati e stanno venendo qui”

“Ah, bene” Una buona notizia, finalmente.

“Allora ci toccherà entrare di nascosto nella sede di Los Angeles, perché là ho il sistema di traduzione” disse Seto. Miyano non sopportava quei tizi, anche se non aveva ben capito il motivo, e poi, se aveva deciso di uccidersi era anche per salvare la società. Il minimo che potesse fare era terminare il suo lavoro. “Così poi possiamo andare a distruggerli”

Yami annuì. “Sono pronto”

Prima che partissero, però, Seto aggiunse: “e dopo toccherà alla Black Organization”

***

Yami si guardò attorno mentre, con Seto al fianco, attraversava uno degli enormi corridoio di metallo nei sotterranei della sede della Kaiba Corporation. “Non ci sono molte guardie” osservò.

“Non sono necessarie” rispose l’altro. “Il sistema di sicurezza è abbastanza efficace” Si avvicinò alla porta meccanica e infilò la tessera magnetica nella fessura. “Fortunatamente i nostri avversari non hanno ancora avuto tempo di sostituire tutti i codici” Con un leggero bip ed un segnale di verde la porta si aprì.

“Manca ancora molto?” chiese il ragazzo moro. Gli sembrava di aver attraversato migliaia e migliaia di porte da quando erano entrati, ma ancora non avevano trovato la stanza giusta. Aveva la spiacevole sensazione che non sarebbero mai più tornati indietro.

Seto si fermò in mezzo al corridoio. “Non ti sembra che qualcuno ci stia seguendo?” chiese. Entrambi tesero l’orecchio ad ascoltare ed effettivamente un leggero suono di passi si propagò attraverso le fredde pareti verso di loro.

“Chiunque sia, conosce i tuoi codici…” dedusse Yami, toccando involontariamente il Duel Disk, pronto.

“Non è possibile” rispose Seto. “Gli unici siamo io e-” Si bloccò. L’altra persona era proprio Miyano, dato che si era occupata personalmente di rivedere il sistema di sicurezza dopo che il suo programma Z era riuscito a penetrare così facilmente in quello della sede giapponese. Allora era ancora viva! Forse aveva mandato quel messaggio per depistare i membri della Black Organization che li stavano controllando… Rimase ad aspettare che la porta che avevano appena superato si aprisse di nuovo, rivelando la persona che vi si trovava oltre.

Prima che si fosse spalancata del tutto, qualcuno iniziò a sparare. Come reazione ovvia ed involontaria, i due ragazzi si gettarono a terra, per evitare di essere colpiti. I proiettili continuarono a fioccare nella loro direzione finché il sibilo della porta automatica non svanì del tutto, poi si attenuarono fino a fermarsi.

Yami tirò un sospiro di sollievo e fece per alzarsi, quando sentì la voce si Seto. “Lasciami subito, bastardo” Allora balzò in piedi e si ritrovò la pistola puntata a dieci centimetri dal viso.

Fissò la canna con odio, ma lasciò immediatamente scivolare le braccia mollemente lungo i fianchi. Poi guardò quello che la teneva in mano: era l’uomo più grosso che avesse mai visto, persino più di Raphael, che era già ben messo; di altezza, sicuramente, arrivava ai due metri. Aveva un viso piuttosto spigoloso, con un lungo mento adunco e un naso della stessa forma. I capelli brizzolati erano seminascosti dal basco nero. Completavano il quadro due occhi verde palude e un paio di baffi folti e unti.

Dato il lungo impermeabile nero che indossava, a Yami non ci volle molto per capire che aveva di fronte uno della Black Organization.

“Non provare a muoverti, nemmeno un passo” gli ordinò, con voce roca. Poi afferrò per il soprabito l’altro ragazzo, che fino a quel momento aveva tenuto bloccato a terra con un ginocchio piantato nella schiena, e lo tirò su, stringendo il braccio attorno al collo. Gli occhi blu di Seto arsero di rabbia per essere trattato in quella maniera, ma visto quanto persino lui era insignificante rispetto all’uomo, non riuscì a fare nulla per liberarsi. “Dov’è Sherry?” chiese questi, appoggiando la canna della pistola contro la guancia di Seto.

Yami stava per rispondere “è morta”, ma si accorse in tempo che una affermazione del genere avrebbe dimostrato inevitabilmente che l’avevano almeno incontrata, e questo avrebbe decretato la condanna di entrambi. “Chi è Sherry?” domandò allora, con fare innocente, benché anche i suoi occhi avessero assunto il color rosso sangue della rabbia che provava.

“Non mentire!” esclamò l’uomo. “Ti ho visto ammazzare Vermouth! Dimmi dov’è Sherry!”

“Io non ho ucciso nessuno!” protestò Yami. “Maledizione…” rifletté mentalmente. Avendo incontrato Gin da solo, aveva dedotto che anche la donna non fosse accompagnata, e si era sbagliato. Il terzo errore madornale della giornata: stava decisamente diventando un incapace.

“Senti…” Seto annaspò sotto la presa. “Non so chi sei né che cosa vuoi, ma ti consiglio di andartene prima che la sicurezza venga a spaccarti il culo”

L’uomo rise, ma più che una risata sembrava il borbottio di una pentola a pressione. “Non raccontare balle, so che non sei più il presidente di questa baracca” gli rispose, strattonandolo ancora. “E adesso voglio sapere dov’è lei”

“Così Vermouth ti ha preso al suo servizio, eh, Tequila?” commentò una voce dietro Yami. “Certo, dopo che Carvallos è stato ucciso da quelli dell’FBI per colpa sua…”

Il ragazzo moro, lasciando perdere la pistola, si voltò immediatamente per vedere chi fosse. Quella voce era familiare ma, allo stesso tempo, era assolutamente certo di non averla mai sentita prima. Dietro di lui, nessuno.

“Sono qui…” Yami allora abbassò lo sguardo, e si trovò a specchiarsi negli occhi oceano di una minuscola bambina bionda, talmente minuta che gli arrivava a malapena al ginocchio.

Questa lo superò, facendo attenzione a non incespicare nel vestito rosso che indossava, talmente lungo da formare uno strascico, e fissò l’uomo. “Kirk come l’ha presa?”

Tequila avvampò. “Questi non sono affari tuoi!” le gridò. “Io non sono come Carvallos, non sono il cane di nessuno! Ho seguito Vermouth perché lo volevo e Kirk non può lamentarsi-” Si bloccò, vedendo il sorriso ironico della bambina, e arrossì. Era riuscita a farlo arrabbiare, parlando dei rapporti che intercorrevano fra i membri della Black Organization. Solo una persona poteva essere a conoscenza del rapporto di fedeltà quasi servile di Carvallos verso Vermouth, o della sua relazione con Kirk, o della gelosia di quest’ultima e, soprattutto, solo una persona aveva la capacità di imbrigliare questi fatti a suo vantaggio.

Anche Seto fissò il sardonico sorriso della bambina e non poté non riconoscerlo, per quando la situazione gli sembrasse assurda. Lo aveva visto tante volte rivolto verso di lui, che se avesse dubitato adesso sarebbe stato un idiota. “Mi-Miyano…?” mormorò, sotto la stretta.

“Io sono Sherry” disse lei.

“Dimostramelo!” gridò Tequila, spingendo ancora più la pistola contro la guancia di Seto. “Dimostramelo!”

Con una tranquillità impressionante, come se fosse a prendere il tè con le amiche, e non davanti ad un pazzo armato, si mise una mano in tasca e ne estrasse una piccola pastiglia bianca, che inghiottì immediatamente, quindi sospirò, aspettando. Dopo pochi istanti, il cuore iniziò ad esploderle nel petto, o almeno così parve ad Yami mentre la vedeva stringersi il vestito con affanno, ed urlare. La sua reazione non era differente da quella di Vermouth quando aveva preso l’ATPX, solo che, quando anche la bambina cadde a terra preda degli spasmi, non ci fu nessuna morte. Al contrario, le sue braccia iniziarono ad allungarsi, lentamente, muscolo dopo muscolo, lembo di pelle dopo lembo di pelle. Così anche le gambe, ed il resto del corpo.

Poi le urla cessarono. Lei appoggiò le mani per terra e si spinse per alzarsi in piedi, quindi si levò i corti capelli biondi da viso, dove erano rimasti appiccicati a causa del sudore che la medicina le aveva procurato. “Soddisfatto?” chiese a Tequila. I suoi occhi blu saettarono un attimo su Seto. “Adesso cosa vuoi che faccia?”

Yami deglutì, mentre la guardava dal basso in alto. Miyano era davanti a lui, ed era passata da all’incirca otto anni a diciotto in un istante. Era sconvolto: un conto era sapere solamente che l’ATPX poteva ringiovanire, un altro è vedere una persona crescere di fronte ai propri occhi.

Non meno sconvolto era rimasto Tequila. “L’ordine era di ucciderti…” mormorò lentamente, mentre un sorriso sdentato si allungava sul suo viso. “Ma non credo che sia necessario, dopo questo… Vieni con me”

Lei lo fissò annoiata, poi fece un piccolo sbuffò. “Perché dovrei?” gli domandò. “Solo perché, altrimenti, ucciderai questo tizio?” Ed indicò Seto alzando leggermente una mano.

Tequila rimase interdetto. “M-Ma… Lui è…”

“Miyano…” sussurrò leggermente Yami. Era ovvio che dovessero pensare ad una soluzione migliore che consegnarla senza tante storie, ed era anche ovvio che lei facesse finta di non conoscerli, però il tono con cui l’aveva detto non preannunciava nulla di buono. Poi un lampo gli attraversò la mente: se solo lei conosceva i codici, come aveva fatto quell’uomo ad entrare? L’unica spiegazione plausibile era che… Lo avesse fatto passare proprio Miyano!

Shiho alzò un attimo il vestito rosso, che ora le era diventato quasi corto, ed estrasse la sua pistola, quindi la puntò verso Seto, con il quale Tequila si stava facendo scudo. “La colpa è tua, che hai voluto immischiati negli affari della Black Organization” disse solo, fissandolo negli occhi. Poi sparò.

“No!” esclamò Yami, rivolto verso di lei. Si girò a guardare il suo rivale, e rimase sconvolto nel vedere una macchia umida allargarsi sulla sua maglia ed arrivare fino a sporcare di rosso il pavimento e il soprabito. “No…” ripeté, in tono molto più sconvolto e con la bocca impastata di saliva.

Shiho rimase ferma nella sua posizione da killer, con un piede avanti all’altro e il braccio teso, finché Tequila non lasciò la presa su Seto, lasciando scivolare il corpo a terra, mentre la macchia rossa continuava ad allargarsi anche sul pavimento grigio. I suoi occhi erano blu, gelidi come il vento del Nord. “Lui era” fu il suo ultimo commento, mentre abbassava la pistola.

Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^ Ho pubblicato un po' in anticipo, per farmi perdonare del fatto che non riuscirò più a mantenere la pubblicazione settimanale a causa degli impegni scolastici. La pubblicazione riprenderà quindi la seconda settimana di giugno. Mi dispiace, ma non ho altra scelta. Anche per questo le risposte alle recensioni non sono tanto lunghe, scusatemi ^^
Note agli spoiler di questo capitolo (per quelli che conoscono Detective Conan): Calvados e Kirk sono personaggi dell'Organizzazione che esistono veramente, ed il primo è davvero stato ucciso dall'FBI a causa di Vermouth, anche se questo accade quando Ai e Conan sono piccoli; invece la relazione fra Kirk e Tequila è di mia invenzione. Vermouth è veramente più giovane di quello che dovrebbe essere, ma non si sa ancora se la colpa sia da imputare all'ATPX.
Quindi, ci vediamo a giugno, ragazzi ^^ Buon fine scuola. Bye ^^

Reviews:

FrancescaAkira89: Ciao ^^ Grazie della recensione. Le cose che mi ha chiesto sono spoiler, quindi attenta prima di leggere oltre. No, Vermouth non è la professoressa d'inglese, lei è una dell'FBI che le sta dando la caccia, assieme all'altro ragazzo di cui parli che si chiama Shuichi Akai. Bye ^^

Alisea: Ciao ^^ Grazie della recensione. Ah, ecco, adesso ho capito la cosa sulla Borg^^In effetti era azzeccata per Shiho... Anche se lei non è che non ha sentimenti, semplicemente non li mostra. Le risposte alle tue domande le hai avute in questo capitolo credo, assieme al ritorno di Seto, ma... Devo forse capire che Kisara non ti piaccia molto? ^^Bye ^^

Selly: Ciao ^^ Grazie della recensione. Mi fa piacere che le mie storie ti piacciano, ma non credo proprio di essere infallibile (purtroppo :-P). Comunque, l'Organizzazione, nonostante non si veda molto, non è stata ancora debellata, quindi... ^_- Bye ^^

Heven89: Ciao ^^ Grazie della recensione. Bye ^^

Ayuchan: Ciao ^^ Grazie della recensione. Bè, quella di Yami è una posa tipica da "faccio il figo e batto tutti", non potevo non mettercela XD Ma non mi sembra che a Vermouth abbia fatto tutto 'sto effetto... L'ATPX, però, è invenzione del grande Gosho-sensei, non mia (ovviamente -_-'')Bye ^^

Death Angel: Ciao ^^ Grazie della recensione. Purtroppo, in questa seconda parte Shiho e Seto non capitano tanto tempo assieme (a volte la lontananza rafforza un rapporto,a volte lo distrugge), ma spero di accontentarti ugualmente con le poche scenette ^^ E ovviamente... Anch'io adoro i giochi di Yami! ^_- Bye ^^

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Capitolo 12
*** Stesso destino ***


Untitled Stesso destino

Tequila fece qualche passo indietro, in modo da evitare che la macchia di sangue, allargandosi sul pavimento, gli bagnasse le scarpe di vernice, poi fissò il cadavere, sorpreso. "Tradisci proprio tutti, Sherry…" disse infine, la stretta sull'arma leggermente allentata.
Shiho non rispose, ma si limitò a riporre l'arma al suo posto, sotto la gonna rossa ormai fin troppo corta. "Allora?"
"Non ci credo…" sussurrò Yami, con lo sguardo fisso al volto del suo rivale steso a terra, i capelli castani inzuppati di rosso. "Come hai potuto fare una cosa del genere?!" gridò alla ragazza, mentre l'occhio di Ra si illuminava sulla sua fronte. Era stato infuriato così altre volte, altre volte aveva ricorso ai poteri oscuri senza prima combattere contro gli avversari, ma in quel momento, preda della rabbia, non riusciva a rammentarne nemmeno uno.
"Fare cosa?" fu il commento di Shiho, accompagnato da una leggera alzata di spalle.
"Lo hai ucciso…" Strinse i pugni, cercando di infilarsi le dita nella pelle. "Kaiba era preoccupato per te e tu l'hai ucciso…" Scandiva le parole lentamente, una per una, facendo accrescere l'ira che aveva in corpo, e che gli faceva percepire il sangue che scorreva in ogni singola vena.
"Le persone devono morire, Yuugi" replicò lei, con tranquillità. "Ho solo accelerato un po' i tempi"
"Bastarda…!" Yami non poteva credere a quello che aveva appena sentito. Dopo tutto quello che gli aveva detto, per consolarlo, tutti i suoi sensi di colpa, il suo passato… Erano state davvero solo menzogne? E lui ci era cascato come un idiota, perché aveva avuto pena di lei. "Ti farò divorare dalle tenebre!"
Gli occhi di Shiho saettavano da lui a Tequila, proprio come le onde del mare. "Vattene!" disse al secondo. "O uccidimi, ma in fretta. Odio perdere tempo, e Kirk ti aspetta…"
"Puttana" mormorò fra i denti lui, stringendo più forte la pistola nella mano sudata. "Si, vi ammazzerò tutti e due"
"Un gioco…" L'occhio di Ra tornò ad illuminarsi sulla fronte di Yami. "Il gioco della sanzione!" gridò, mentre anche il puzzle millenario appeso al collo iniziava ad emettere bagliori strani. Non gli importava non seguire le regole: voleva vendicarsi e basta.
Quando la luce cessò, Tequila cadde all'indietro così pesantemente che il tonfo risuonò così a lungo nelle loro orecchie da essere quasi doloroso.
"E'… Morto?" chiese titubante Shiho, vedendo quel corpo immobile, ma senza ferite.
"E chi lo sa" mormorò pericolosamente Yami. "Adesso tocca a te…"
Lei lo ignorò. "Non dovevi farlo, ma grazie"
"Di cosa?" sbatté le palpebre lui, rimanendo interdetto per quella affermazione.
"Per non avermi costretto ad uccidere" Aveva detto la frase con voce impastata, sentendosi in colpa per averlo costretto a trasformarsi, ancora, in un assassino. Abbassò lo sguardo. "Vuoi alzarti?" disse, in tono polemico, rivolta a Seto sdraiato a terra.
Yami la fissò come se fosse impazzita: era totalmente differente da come si era comportata quando Tequila era vivo. Persino i suoi occhi sembravano avere un colore completamente diverso. "Miyano, senti…" Era come se la rabbia si stesse sciogliendo al contatto con l'atteggiamento passivo di lei.
"Non può essere morto" affermò Shiho, con una tale sicurezza che non poteva essere frutto di nessuna immaginazione. "Il mio primo colpo è sempre a salve, per precauzione. Kaiba lo sa benissimo" Quest'ultima frase fu più rivolta al diretto interessato.
"Sul serio?" Yami intravide un filo di speranza, e sentì il suo cuore alleggerirsi di tutta la rabbia e la tensione accumulata fino a quel momento, quasi come se stesse galleggiando nel nulla. "Kaiba! Alzati, è tutto finito" Fece uno strano sorriso. "Suppongo sia offeso dal fatto di non aver partecipato…"
"Dai, Kaiba, non abbiamo tempo da perdere" Shiho iniziò a battere i piedi per terra, ritmicamente, per scandire i minuti che passavano. Nessuna reazione: sul pavimento, le due figure sdraiate continuavano a rimanere immobili nelle loro posizioni, come statue di cera.
"E se ti fossi sbagliata…?" ipotizzò allora Yami, con tono di voce titubante, aspettando che qualcuno gli negasse questa possibilità.
"Non è possibile…" deglutì lentamente Shiho. "Seto! Alzati!"
"Mi hai chiamato per nome" Lentamente, lui si alzò da terra, stiracchiandosi leggermente le braccia addormentate dalla lunga immobilità, poi iniziò a pulirsi il viso arrossato con la manica del soprabito ancora asciutta. "Era proprio necessaria tutta questa vernice?" commentò, guardandosi schifato.
Yami fece un lungo sospiro di sollievo. "Allora sei vivo…"
"Scusa tanto, rimedierò la prossima volta" Shiho si voltò e iniziò ad allontanarsi lungo il corridoio.
"Pare che sia riuscito a farti arrabbiare, per una volta…" disse Seto alzandosi, ben attento a non calpestare la vernice rossa più di quanto non avesse già fatto.
"Oh, certo" Lei si fermò un attimo. "Solo che tu il cadavere di tuo fratello non l'hai ancora visto" E riprese il cammino.
"Uhm…" mormorò leggermente Yami, scoccando un'occhiata alla schiena di lei. "Posso dirti che sei un idiota?"
Seto gli scoccò un'occhiata gelida. Sapeva di aver sbagliato a fare quello stupido scherzo, solo per vedere quanto lei tenesse a lui, però non lo avrebbe mai ammesso di fronte al suo rivale. "No"
"Te lo dico lo stesso" alzò le spalle il ragazzo moro. "Sei un idiota"
L'altro sbuffò, ma non aggiunse nulla - era già abbastanza imbarazzante essere stato preso in ostaggio e dover essere salvato da loro due - poi entrambi raggiunsero Shiho lungo il corridoio. "Come ha fatto quello ad entrare?" le domandò, in tono quasi risentito.
"Vermouth mi ha rubato i codici dal palmare che tenevo nella borsa e credo glieli abbia passati" spiegò brevemente lei. "Ero già bambina quando me ne sono accorta, ma non potevo lasciare incustodita la società, sono pur sempre…" La vicepresidente: si, perché in fondo era questo che voleva, per stargli vicino.
"E' il destino" disse Yami. "Se quell'0,01 % di possibilità ha funzionato, vuol dire che devi vivere ancora"
"Chissà" fu il solo commento di Shiho.
"Che ne facciamo di quello?" domandò il ragazzo moro, accennando col capo al corridoio lontano.
"Quando mi sarò ripreso la società, provvederò ad occultarlo. Per il momento, non sono affari miei" rispose Seto. "Comunque, solo tu potevi inventare una pozione simile" disse, rivolto alla ragazza. "Quando torniamo a casa voglio analizzarla. Magari riesco a risolvere il problema…"
"Scordatelo"
"Che c'è?" sorrise sardonico lui. "Hai paura di scoprirti meno intelligente di me?"
Lei rispose nella stessa maniera. "Voglio solo evitarti una figuraccia, dato che non saresti neppure in grado di indovinare tutti gli ingredienti"
Yami, da dietro, sospirò. Sperava vivamente che Kaiba stesse solamente scherzando sul fatto dell'ATPX, anche perché i due ragazzi, in quel momento, gli sembravano solo due bambini che si divertivano a giocare ai piccoli chimici.
Dopo questa conversazione infruttuosa, arrivarono finalmente all'ultima stanza, quella dei comandi. I due esperti di tecnologia si misero immediatamente ad armeggiare con le tastiere, senza dire nulla, quasi sapessero già ad istinto quali erano i rispettivi compiti. Yami, per prudenza, rimase a distanza, vista la sua allergia alla tecnica. Tuttavia, nonostante le sue precauzioni, le macchine non funzionarono ugualmente.
"Tutto morto" commentò Shiho, anche se non era proprio la metafora più azzeccata.
Yami fece un risolino ironico. Era proprio vero che le persone troppo intelligenti spesso non sapevano risolvere i problemi più elementari. "Per forza, la corrente è staccata" Ed indicò un cavo sopra uno dei mainframe, che penzolava libero come il pendolo di un orologio.
"Bene, Seto, vai ad attaccarlo" disse Shiho. Ormai aveva iniziato a chiamarlo per nome e aveva deciso di continuare in quella strada, visto che sembrava che non gliene importasse nulla.
"Perché non puoi farlo tu?" replicò lui, solo per il gusto di non ascoltare i suoi ordini. Dopotutto, era il presidente!
"Uhm… Vediamo" Lei finse di pensarci. "Forse perché sono senza abbigliamento intimo?"
"Eh?" Seto sbatté le palpebre.
"Sai, l'ospedale non è un supermarket, è già tanto che ho trovato qualcosa da mettermi addosso…" continuò lei, ed entrambi i ragazzi notarono solo in quel momento che era anche scalza.
Yami passò allora lo sguardo sul corpo della ragazza, stretto dal vestito rosso attillato, in modo da rimettere ancora più in risalto il seno prosperoso, e i capezzoli visibili per la mancanza di reggiseno, poi passò alle lunghe gambe e notò che la gonna era un po' troppo corta per lei e rischiava di alzarsi ad ogni movimento troppo brusco. Infine, fissò Seto, che la stava ancora guardando. "Okay, recepito il messaggio" commentò, voltandosi. "Vi lascio soli"
"Cosa diavolo hai capito?!" protestò l'altro, arrampicandosi per riaggiustare il filo. "Non ti muovere da lì" Non appena ebbe risistemato le due prese, i monitor si accesero, illuminando la stanza di una tenue luce azzurrina.
Prima che potessero rimettersi ai comandi per raggiungere finalmente le informazioni su Doma di cui avevano bisogno, sentirono una grande esplosione dietro di loro. La porta della stanza, in acciaio, era stata praticamente aperta in due da una specie di soldato robot armato di bazooka, che Yami riconobbe come un personaggio delle carte. Infatti, quando il fumo dello scoppio si fu diradato, il mostro venne richiamato nel deck da uno dei Doma Warriors che era apparso dietro la porta.
"Amelda" riconobbe Shiho, ed emise un leggero sospiro. "Seto, prestami il tuo Duel Disk"
"Perché?" Istintivamente, lui si spostò in modo da nascondere l'oggetto con il fianco.
"Non fare il bambino, non te lo mangio" protestò lei. Vedendo che ancora non si accennava a muoversi, aggiunse: "ora vado a dare al tuo amico biondo il floppy con le foto di te da piccolo"
"Ma non ci provare!" esclamò, preoccupato che potesse realmente accadere. Con uno sbuffo seccato, le consegnò quello che aveva chiesto.
"Rivincita?" disse Amelda, ignorando tranquillamente Yami che aveva già preparato il suo deck.
"Sono qui" Shiho si mise davanti a lui. "Non preoccuparti" disse al ragazzo moro, che le stava scoccando delle strane occhiate. "Te l'avevo detto che dovevo insegnargli delle cose, no?"
Lui annuì. "Forza!" Seto incrociò le braccia sul petto: era abbastanza curioso di vederla combattere.
"Due carte coperte e concludo il turno" affermò lei, quindi aggiunse all'indirizzo dei suoi compagni: "non dite nulla finché non sarà finita" Già era abbastanza preoccupata per quello che stava per compiere, non aveva voglia di sentire anche delle lamentele che, comunque, sarebbero arrivate ugualmente.
"Ormai conosco questo trucco" disse Amelda. "Due carte coperte anche io" Era venuto alla sede della Kaiba Corporation espressamente per sfidare il presidente, ma in realtà moriva dalla voglia di scoprire perché quella ragazza bionda, durante lo scorso incontro, avesse deciso di pareggiare quando aveva praticamente vinto. Forse, era riuscito un poco a convertirla alla sua giustizia.
Shiho fissò seria la carta che aveva appena pescato, quindi ne mise un'altra coperta sul terreno e passò il turno. "Posso raccontarti una storia?" chiese allora. "Dopotutto, tu l'altra volta l'hai fatto"
"Vai, vai" disse Amelda con noncuranza, quindi mise sul terreno il sigillo di Orichalcos, illuminando quasi a giorno la stanza. "Evoco Soldato Magnetico(1900/700)" disse.
"Questo è troppo pericoloso!" esclamò Yami, ricordandosi quello che era accaduto a lui la scorsa volta, appiccicando le mani sulla barriera verde acqua.
"Se temi certe cose, allora ci credo che hai perso" replicò Seto, cercando di sembrare tranquillo, ma l'amico poté notare un leggero tremore negli occhi blu mentre fissava Shiho dall'altra parte del sigillo.
"C'era una volta una bella famiglia" iniziò il racconto lei, con un tono quasi cantilenante, mentre giocava Tributo Torrenziale. "Padre, madre e due sorelle"
Amelda bloccò la trappola con la carta Sette Attrezzi del Bandito. "Beati loro" Ordinò al suo mostri di attaccare direttamente.
"Tuttavia, i genitori lavoravano per un'oscura mafia giapponese, che non esitò ad ucciderli quando si accorsero che non lavoravano più come schiavi" proseguì Shiho, usando la carta Annulla Attacco per proteggere i suoi Life Points. "Le due sorelle rimasero sole al mondo, una per l'altra, sempre, anche se furono costrette a rimanere spesso separate, avendo preso il posto dei loro genitori nella mafia" Al suo turno, si limitò ad evocare Alchimista (1300/800), poi passò la mano.
"Mi ricorda qualcosa…" disse lentamente Amelda, mentre chiamava sul terreno un altro mostro. Iniziava a prestare più attenzione al racconto, dopo aver sentito delle due sorelle rimaste sole al mondo. Sapeva che avrebbe potuto essere un imbroglio, ma il tono con cui lei lo raccontava era piuttosto affascinate, tanto che lui stesso si ritrovò a temere il continuo, per paura di sentire qualche tragedia accaduta alle due protagoniste.
"La sorella maggiore fu uccisa" Shiho giocò la sua ultima carta coperta, Scambio di anime, in modo da poter utilizzare i due mostri del suo avversario per evocare Madame Curie (2800/2000).
Amelda non lo notò nemmeno, tutto preso da quest'ultima frase, e deglutì. Il tono incrinato con cui lei l'aveva pronunciata, come se le costasse fatica, come se avesse dovuto raschiare con forza ogni singola parola da suo cuore faceva veramente male. Proprio com'era successo a lui…
"Loro volevano lasciare la mafia, ma questo non era possibile" Shiho giocò Spazzola delle Arpie per distruggere la carta coperta del ragazzo dai capelli rossi. Le sarebbe bastato pronunciare la parola attacco e avrebbe vinto l'incontro. "Tuttavia, grazie al sacrificio della maggiore, la minore poté salvarsi e scappare. Non è felice, però"
"Sei tu quella ragazza, vero?" chiese Amelda. Era impossibile non capirlo, perché nonostante il tono neutro che aveva cercato di usare, le lacrime che non le uscivano dagli occhi si trasformavano in una voce impastata e forzata.
Shiho annuì. "Io, però, non vado in giro ad accusare gli innocenti solo perché ho avuto una brutta infanzia" Yami sobbalzò a quelle parole: ecco, quella era la lezione che lei voleva dare ai Doma Warriors. L'umiltà di non incolpare nessuno e di non prendere il posto che spettava solo a Dio. Si domandò però se una frase sola avesse potuto davvero convincerli. "Sono stata più fortunata di te" proseguì Shiho. "Avevo già diciotto anni quando è successo, non dodici" Lentamente, alzò la mano destra verso il deck.
"Aspetta!" esclamò Amelda, improvvisamente preoccupato. "Che intendi?"
"C'è un'ultima cosa che devo dirti" lo ignorò lei. "La Kaiba Corporation non ha mai venduto armi per la guerra del tuo paese. Ho controllato. Chiunque te l'abbia detto è un bugiardo" Appoggiò la mano su deck. "Slender card, mi arrendo"
"Fermati!" esclamò Yami, troppo tardi. "Così si prenderà la tua anima!"
"Si, lo so" Shiho annuì debolmente. "Ma non posso fare altro per dimostragli che pensare di distruggere il mondo è sbagliato" Il sigillo verde acqua si richiuse sopra di lei e, quando scomparve, la lasciò cadere dolcemente a terra, svenuta.
"Miyano!" Yami le si avvicinò immediatamente, strattonandola per farla riprendere.
Seto, invece, non si mosse, ma strinse i pugni e fissò Amelda con odio. "Che diavolo le hai fatto?!"
"No…" scosse la testa lui. "Non volevo…" Aveva avuto di fronte per tutto il tempo una persona che provava la sua stessa pena, che aveva vissuto i suoi stessi dolori e aveva passato il tempo ad commiserare sé stesso. Grandioso. E poi lui era uno dei buoni che dovevano salvare il mondo! Di scatto, si avvicinò al corpo di Shiho, scostò Yami con una gomitata e la prese in braccio. "Lei viene con me"
"Come?" Seto sbatté le palpebre, non credendo alle proprie orecchie. "Lasciala subito!"
Amelda mise una carta magia del suo strano Duel Disk e immediatamente la stanza si riempì di fumo bianco accecante. Quando scomparve, lui se n'era andato, portando con sé Shiho.
"Bastardo…!" commentò Seto, e fece per correre immediatamente verso il corridoio.
"Aspetta" lo fermò Yami. "Per adesso, la prima cosa che dobbiamo fare è sconfiggere il capo dei Doma Warriors, Darz" gli spiegò. "Dobbiamo riprendere la sua anima" E anche quella di Yuugi, aggiunse mentalmente. Prima di qualunque altra cosa, bisognava fermare quei pazzi. "Non credo che gli faccia del male" Accennò con il capo verso la porta, indicando Amelda. "E, visto quello che dobbiamo fare, sarà più al sicuro con lui" Naturalmente, aveva ben compreso cosa aveva spinto quel ragazzo a comportarsi in quella maniera, quindi riteneva, a ragione, che si sarebbe comportato come la sorella maggiore che Shiho aveva perduto.
Seto sbuffò, incrociando le braccia. Sapeva che Yami aveva ragione, visto che anche lui aveva compreso la situazione, ma tutto ciò lo infastidiva. Insomma, fino a quel momento era stato l'unico a prenderla tra le braccia, a stringerla e a… Gelosia. Si, era geloso che un altro ragazzo si fosse permesso una simile confidenza. Per non parlare del fatto che Shiho, per caso, era pure completamente nuda sotto il vestito leggero.
Io da solo e tu da sola
Forse mi dovrei convincere

Tuttavia, più di quello, vi era un'altra cosa che lo impensieriva e che gli faceva muovere le viscere in una maniera strana. Shiho aveva perso sua sorella, Amelda suo fratello. Chi meglio di lui avrebbe potuto comprenderla? Stavano dallo stesso lato della scala, potevano stare insieme, senza alcun bisogno di scendere o salire. Erano perfetti come coppia. Seto poteva solo osservarli, dal basso o dall'alto. In quel momento, dal basso. Aveva avuto tanto tempo per colmare quella distanza, ma non ci era riuscito. Inutile tentare ancora.
Il buio ha i tuoi occhi
Sono notti che non dormo più…
Belli da urlare i tuoi occhi
Incredibilmente azzurri ma
Sereni quasi mai…

"Kaiba?" chiamò leggermente Yami, vedendolo immerso nei proprio pensieri.
Non vi erano molte possibilità: l'avrebbe salvata, fingendo ovviamente di farlo solo per la società, perché non era tipo da esporsi così tanto, e basta. Una vera ironia doverla perdere proprio nel momento in cui si era accorto che cosa desiderava veramente da lei.
Il buio ha i tuoi occhi
Belli come li hai soltanto tu
Come farò
A non guardarli più…

"Si, andiamo" disse solo, poi si mise al monitor e recuperò tutte le informazioni che occorrevano.

Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^ Scusatemi per questo ritardo stratosferico, ma la scorsa settimana non sono davvero riuscita a pubblicare. Conto però di riuscire a pubblicare il prossimo e ultimo capitolo fra due settimane, come doveva essere in origine (sperando che il sito non abbia più problemi).
Spero che Seto non sia troppo OOC in questo capitolo. T_T E' troppo dura doverlo confrontare in questo modo, sia con l'amore sia con una persona così simile a lui… Spero di esserci riuscita. La canzone è "il buio ha i tuoi occhi" di Eros Ramazzotti. In realtà non era prevista, ma l'altro giorno la stavo sentendo e mi è sembrata adattissima, sia per Shiho che per questo pezzo. Spero che non interrompa la narrazione, però.
Ci vediamo alla prossima ^^ Bye

Reviews:

Ayuchan: Ciao ^^ Grazie della recensione. Ma scusa, tanto ti staccavano la connessione, quindi anche se avessi pubblicato normalmente non potevi leggere XD Comunque anche a me piace far fare loro ragionamenti contorti (e poi dico di non essere sadica…) Bye ^^

Alisea: Ciao ^^ Grazie della recensione. Bè, non scordarti che la mia è solo una fanfic e che la coppia CANON resta la Seto/Kisara… Ma non posso negare che il tuo commento non mi abbia fatto piacere, dato che anche i, in realtà, preferisco questa coppia ^///^. Per quanto riguarda la reazione di Seto, se questo capitolo ti ha chiarito le idee, bene; altrimenti dimmi esattamente il pezzo che non ti è chiaro e provvedo subito a modificarlo. Bye ^^

Selly: Ciao ^^ Grazie della recensione. Bye ^^

Hermione: Ciao ^^ Grazie della recensione. Povero Seto, dai, nemmeno lui se la passa così bene ^^ E poi non è colpa sua se ha quel carattere che si ritrova…-.-'' Bye ^^ Death Angel: Ciao ^^ Grazie della recensione. E' durissima inventare dei giochi delle tenebre, Takahashi-sensei è un genio! Fortunatamente ti è piaciuto, per quanto semplice… Ormai però non riesco più a farvi stare sulle spine, eh? ^_- Bye ^^

Daughter of rage and love: Ciao ^^ Grazie della recensione. Non importa se non avevi mai recensito, la cosa importante è che la storia ti piacesse; però ho apprezzato il fatto che tu l'abbia fatto, anche solo per farmelo sapere ^///^ Bye ^^

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Capitolo 13
*** Una tomba ***


Untitled Una tomba

Mokuba era seduto per terra, con la schiena appoggiata al muro, davanti all'ufficio di suo fratello, all'ultimo piano del grattacielo al centro di Domino. Tra le mani stringeva la collana portafoto, aprendola e chiudendola, facendola ticchettare ed osservando a sprazzi l'immagine di Seto da bambino.
"Qualcosa non va, signorino?" chiese Roland, che passava per il corridoio con un mazzo di fiori in mano, vedendolo con lo sguardo basso.
"No… Non so" rispose Mokuba, vago. In effetti, non c'era nulla fuori posto. Dopo la sconfitta di Darz, la società era ritornata di proprietà di Seto, che era riuscito in poco tempo a farle riacquistare popolarità; inoltre, la costruzione del primo Kaibaland in America procedeva a gonfie vele e fra poche settimane avrebbero potuto aprirlo al pubblico con una grande inaugurazione. Nessun problema, dunque.
Allora, perché sentiva quello strano senso di malinconia? Da quando quella ragazza bionda era entrata nelle loro vite, Mokuba aveva iniziato a sentire suo fratello più distante, meno premuroso nei suoi confronti. Aveva temuto di perderlo, come già aveva rischiato con Gozaburo, solo perché Seto aveva trovato qualcun altro di cui occuparsi. A pensarci a distanza, però, si era accorto che i suoi timori erano totalmente infondati, perché suo fratello non aveva mai smesso di interessarsi a lui, anzi, la distanza che li aveva separati si era accorciata, perché, finalmente, Seto era tornato ad avere, seppur in sordina, il carattere che Mokuba ricordava all'orfanotrofio.
Era… Felice.
Mokuba non se ne era accorto finché Miyano non era scomparsa, dopo la sconfitta di Darz, per qualche motivo che non gli avevano spiegato. Seto era ritornato alla lavoro, più indaffarato di prima, non avendo più un valido aiuto, e rincasava sempre tardi, come un tempo: non poteva più cenare con lui, spesso saltava anche la colazione. Riguardando la foto, poteva ben rendersi conto della differenza.
"Ritornerà?" domandò, quasi a se stesso. Se l'avesse fatto, avrebbe potuto almeno conoscerla e… Capirla. Provarci, almeno, visto che non aveva mai fatto nemmeno un tentativo.
"Non è la signorina Miyano che deve ritornare" scosse la testa Roland. "E' il signor Kaiba che deve andare a cercarla"
Mokuba sbatté le palpebre a quella frase. "E se lo facessimo noi…?" Balzò in piedi, eccitato all'idea di poter essere d'aiuto. Roland non rispose, bussando all'ufficio.
"Si?" gli rispose una voce dall'interno.
"Oggi è il venticinque, signore" disse il dipendente, aprendo leggermente la porta. "Mi aveva detto di avvertirla e di…" Alzò il braccio per mostrare il mazzo di fiori, "…comprare questi…" Era un po' titubante, perché non comprendeva l'utilità di quel gesto. Che avesse deciso di corteggiare la figlia di qualche imprenditore per avere dei finanziamenti?
Anche Mokuba fissò i fiori colorati con preoccupazione. "Dove vai?" chiese, sospettoso, mentre vedeva il fratello prendere la valigia, indossare il soprabito e uscire dall'ufficio, afferrando il mazzo.
"Niente di particolare…" Seto alzò le spalle, poi, vedendo la loro espressione non convinta, aggiunse: "a consegnare questi" E si augurò che non aggiungessero nulla, mentre si dirigeva verso l'ascensore per recarsi sul tetto a prendere il jet.
Fortunatamente, la città dove doveva recarsi non era troppo lontana da Domino, ed era anche sufficientemente piccola da permettergli di trovare il cimitero senza dover chiedere informazioni a nessuno. Anche lo stesso camposanto era piuttosto ristretto, perciò gli bastò controllare tutte le lapidi prima di trovare quella giusta.
Masami Irota. Nessuna foto, nemmeno un fiore o una candela, erba folta intorno.
Appoggiò il mazzo di fiori davanti alla scritta. Avrebbe voluto proprio vedere com'era, se le somigliava oppure no.
"Come puoi essere qui?" chiese una voce dietro di lui.
"E' per questo che volevi le ferie, giusto?" rispose con un'altra domanda Seto. "E' morta oggi…"
"E' così" Shiho gli si affiancò, e sorrise debolmente alla vista del mazzo di fiori. "In realtà, non dovevi disturbarti. Non c'è nemmeno il suo vero nome, solo l'identità segreta che aveva assunto…"
"Perché non me lo hai detto?" Lui continuò a fissare l'incisione sul marmo. "Di oggi, intendo"
Shiho si morse un labbro. Davanti a sua sorella non voleva mentire, mai. E forse era la volta buona di dire la verità. "Non volevo ricordarti sempre che stavi meglio di me" ammise.
Seto sentì una fitta all'incirca sotto l'ombelico. Certo, lui non era come lei, per questo non aveva funzionato fra di loro. "Come va con Amelda?" chiese, fingendo indifferenza.
"Amelda?"
"Non sei stata con lui in questo periodo?" continuò lui, e più che una domanda era un'affermazione. Dopotutto, li aveva visti assieme, subito dopo la sconfitta di Darz. Era andato a cercarla, non tanto per riportarla indietro, ma anche solo per sapere se stesse bene, e li aveva visti. Abbracciati come se si conoscessero da tempo. Non che non volesse riaverla con sé, solo che era troppo tardi. Non aveva avuto nemmeno il coraggio di salutarla. Che stupido. Non era certo per visitare la tomba di Akemi che era andato al cimitero, quel giorno. Era per rivederla. Però non riusciva ad ammetterlo neppure a se stesso.
"Sei geloso" esclamò quasi lei, con un sorriso leggermente ironico, cercando di fissarlo in viso, ma lui voltò la testa.
"Siete molto simili" disse, per cambiare argomento.
"Sì, è vero" rispose Shiho, chinandosi leggermente a terra per sfiorare i petali profumati dei fiori. "Proprio per questo, dopo che ho ripreso i sensi, me ne sono andata"
La fitta dolorosa si attenuò immediatamente. Seto si tirò un piccolo pugno da solo, per obbligare il suo intestino a rimanere calmo. "Davvero?"
"Amelda ha sofferto più di me per la scomparsa di suo fratello, forse perché era troppo immaturo quando è successo" gli spiegò lei, sorridendo ironicamente sul fatto che non si poteva mai essere maturi e preparati ad un simile avvenimento. "Cercava qualcuno che alleviasse il suo senso di colpa, e quel qualcuno ero io. Pensava che avessi potuto accettarlo perché io avevo perso mia sorella maggiore, a cui mi ero sempre affidata" Un piccolo grillo le salì su un dito. "Anch'io, all'inizio, credevo di volere un sostituto di Akemi"
"E invece?" chiese ancora Seto.
"Ho trovato te" Tre semplicissime parole che non fornivano alcuna spiegazione. "Conosci la leggenda cinese?" Si alzò, continuando a far saltare il piccolo insetto verde da un dito all'altro. "Un contadino perde il grillo domestico dell'imperatore, di cui si stava occupando, rischiando così di essere condannato a morte. Il figlio, allora, si uccide e si reincarna in un grillo in modo che il padre lo possa consegnare all'imperatore e sopravvivere"
"La conoscevo" annuì lui. "Ma cosa c'entra?"
"Anch'io vorrei fare così" Shiho allungò il palmo in avanti e l'insetto balzò giù, atterrando elegantemente sul bordo della lapide di marmo. "Vorrei morire, in modo che la Black Organization non mi cerchi più, e reincarnarmi in qualcosa… Di più utile" Non specificò a chi, anche se sarebbe stato necessario, perché troppo imbarazzante.
"Dovresti smetterla di pensare sempre alla morte come ad una soluzione" la rimproverò Seto. "La morte è solo la fine di tutto. Ci sono tante cose che si possono fare prima… Dimentica il passato" "Non sei la persona più adatta a dirmelo" commentò lei incrociando le braccia. "Che mi dici dello stereo?"
"Eh?" Seto cercò di assumere un'espressione ignara.
"Non sono stupida" Shiho gli scoccò un'occhiata eloquente. "A te la musica non dispiace, perciò l'unico motivo di odiare quello stereo è il ricordo di qualcosa… Sbaglio?"
Seto si morse un labbro. "No"
"Appunto" Lei emise un lungo sospirò, poi si voltò e fece per andarsene.
"Voglio che torni"
Shiho si fermò, dandogli la schiena. Era sicura di aver sentito male.
Alla fine, ciò che Yami diceva era giusto. Se certe cose si posso dire anche senza provarle, a maggior ragione andrebbero dette quando si provano, quindi perché non farlo? "Te lo dirò solamente una volta, quindi ascolta bene" disse Seto. "Io…" Lei si era voltata a guardarlo, e questo non facilitava la situazione. "Non sono un tipo da smancerie o roba varia… Che so, uscire, andare al cinema, in giro… Cose così, insomma"
"Ma…?" cercò di aiutarlo lei.
"Però…" Le scoccò una strana occhiata, poi si guardò intorno, per essere sicuro che nessuno ascoltasse. "Ti amo" Si mise una mano sulla bocca subito dopo averlo detto. "Non lo ripeterò mai più in vita mia, quindi spero tu abbia capito!"
Shiho rise leggermente, perché la sua espressione imbarazzata era veramente troppo divertente. "Si, ho capito…" Amore… Non era solo una reazione chimica? E allora, perché aveva provato quell'enorme senso di sollievo, quel senso di calore al petto quando gli aveva sentito pronunciare quelle parole? Emise un sospiro triste, e lo fissò con due occhi oceano ancora più profondi del solito.
Possibile che non ci credesse? "No, non ho fatto tutto questo per niente" commentò Seto mentalmente. Infilò una mano in tasca ed estrasse il suo deck, quindi iniziò a controllare le carte. Alla fine, allungò verso di lei le tre carte del Blue Eyes White Dragon. "Avanti, prendine una"
Lei guardò prima lui, poi le carte. Ricordò il sogno che aveva fatto all'ospedale, di quella ragazza minuta che poteva trasformarsi nel drago. Ne era ancora gelosa? No, non ne aveva più bisogno, non dopo quello che Seto aveva appena fatto. Non sapeva chi fosse quella ragazza, né dove si trovasse in quel momento; l'unica cosa che sapeva, e che contava veramente, è che lui si trovava da lei. Bastava, anche se non gli avesse mai sorriso. Era contenta che fosse successo in quel luogo, così almeno Akemi aveva potuto vederli. Sarebbe stata felice per lei.
"Non le voglio" disse, spingendole di nuovo verso il suo petto. "Queste sono solo tue"
Seto fece un lungo sospiro, in un certo senso di sollievo, mentre le rimetteva a posto e riponeva il deck nella tasca. Quando però rialzò lo sguardo, si ritrovò il volto di Shiho fermo a due centimetri dal viso, e le labbra premute sulle sue. "Sarebbe un sì?" domandò quando si separarono.
Lei non ebbe il tempo di rispondergli, perché entrambi furono investiti da una pioggia di riso. "Ehi…" A terra, ad un paio di metri da loro, stava Mokuba, con il sacchetto in mano. Sembrava abbastanza divertito dalle loro espressioni imbarazzate.
"Non si preoccupi signore" disse la voce del tuttofare Roland. "Penso a tutto io. Chiesa, vestito, ristorante, li sta di nozze…"
Mokuba sembrò interessato. "Dobbiamo pensare anche a chi invitare!"
"Giusto!" convenne l'altro. "Il signor Mutou, ad esempio…?"
"Ehi, ehi, ehi!" cercò di fermarli Seto. "Chi ha mai parlato di matrimonio?"
Shiho nascose un sorriso con la mano. "Se ci sposiamo, mi dai la comunione dei beni?" domandò. "Almeno, sono a posto anche in caso di divorzio"
"Ma te lo puoi proprio scordare" replicò lui. "Ad ognuno il proprio conto in banca"
"Tirchio"
Lui le scoccò un'occhiataccia. "Ladra"
"Allora, vede, signore, che ho ragione?" esultò il tuttofare. "Non ha negato, anzi sta già facendo progetti"
"Roland!" gridò allora Seto. "Da quand'è che ti pago per impicciarti dei fatti miei?"
"Ma da quand'è che lo paghi, soprattutto" si stupì Shiho, meritandosi un'altra occhiata storta.
"Senti…" mormorò poi Mokuba, debolmente. "Davvero tua sorella è morta?" La sua frase non era altro che un debole sospiro, come se si sentisse in colpa.
Lei cercò di assumere un'espressione un po' meno cinica del solito. "Sì" rispose solamente.
"Allora… Allora…" iniziò il bambino, a singhiozzo, vergognandosi. "Possiamo essere noi…" Il suo sguardo saettò sul fratello maggiore. "I tuoi nuovi fratelli!"
"Uhm…" Shiho fissò Seto, poi gli agitò una mano davanti. "Lui non lo voglio" Si affiancò a Mokuba, e afferrò la mano che le stava porgendo. "Roland, torniamo. Chissà cos'è successo alla società mentre non c'ero…"
Seto incrociò le braccia, guardandola da dietro mentre si allontanava. "Ah, non mi ha risposto davvero…" sussurrò, prima di seguirli e gridare: "guardate che il presidente sono io!"
***
Shiho scese in salotto prima che la cena fosse pronta e notò una strana musichetta aleggiare per la stanza. Si avvicinò, e notò su una delle mensole, in bella mostra, lo stereo antico che prima si trovava nella sua camera. "Come mai qui?"
Seto, che era seduto sul divano e leggeva un giornale di economia, alzò le spalle. "Ho solo pensato che fosse inutile non utilizzarlo…"
"Aah…" commentò lei, alzando leggermente il volume. In realtà, sapeva benissimo che era il suo modo per incoraggiarla a lasciare stare la Black Organization e di pensare solo al futuro. Lo apprezzava. "Che è?" chiese, ascoltando la canzone. "I Tiromancino?"
"Non ne ho idea, sono cd di Roland" Si alzò, riponendo la rivista sul tavolino, e andò a controllare. Effettivamente, della musica si occupava il suo dipendente, che sembrava avere una collezione praticamente infinita, anche se non si capiva bene con che soldi fosse riuscito a comprarla "Io ascolto solo Robbie Williams…"
"Robbie Williams?" ripeté Shiho, con un tono stupito al massimo.
"Si, perché?" si mise sulla difensiva lui.
"Non credevo…" Batté leggermente i polpastrelli sui tasti dello stereo. "Quel cantante è l'esatto opposto di te, è una specie di teppista fuori di testa…"
"Però le sue canzoni sono belle" replicò Seto, offeso, anche se non le poteva dare torto. "Meglio dei Nomadi, comunque"
"Hanno un ritmo meno depressivo, se non altro" ammise Shiho. "Qual è la tua canzone preferita?"
Lui aspettò qualche minuto prima di risponderle. "Angels"
Lei si voltò dall'altra parte e iniziò a fingere di tossire.
"Lo sapevo!" esclamò Seto, incrociando le braccia, arrabbiato.
"Scusa, ma…" Shiho agitò una mano davanti al viso. "Angels è una canzone d'amore"
"Ma no?" commentò lui ironico. "Mi rilassa, ecco tutto"
Scuotendo la testa, lei sorrise. "Ascoltiamo almeno questa?" chiese, accennando allo stereo. "Tanto per sapere cos'è" Rimasero quindi in silenzio per qualche minuto, con il viso rivolto ai tasti dello stereo, concentrati unicamente sulla musica.
Ah, come sempre sei…
La descrizione di un attimo, per me…
Sei… Un'emozione fortissima…
Ah, come sempre sei… Bellissima…

Seto, dopo aver contato mentalmente fino a dieci, si voltò verso di lei, aspettandosi il peggio. Shiho lo stava osservando con un sorrisetto piuttosto compiaciuto. "Lo sapevi che cantava questo, vero?"
"Uhm…" Lei finse di osservarsi le unghie. "Effettivamente l'avevo già sentita… Dai, te ne metto una bella io" cambiò argomento, onde evitare di fargli cambiare idea sulla presenza dello stereo, cercando nel marasma di cd e audiocassette che Roland aveva appoggiato sopra lo stereo.
"E' pronto da mangiare!" gridò Mokuba dalla cucina. "E' pronto! Ed inizia anche Passaparola!"
"Allora cambia canale" commentò Shiho. "Non voglio rovinare la cena a tuo fratello…"
Il bambino rise leggermente. "Va bene"
"Ma da che parte stai?!" protestò Seto a quell'affermazione. "Che canzone hai messo?" le domandò poi, mentre gli altri si sistemavano a tavola, compresi Mokuba e Roland che, ovviamente, facevano di tutto per farli stare vicini.
"Imagine di John Lennon" alzò le spalle con noncuranza lei. Se non era una canzone bella quella…! Seto si affacciò sulla soglia, per ascoltare alcune parole.
And I feel that love is dead
I'm loving angels instead
And through it all
She offers me protection
A lot of love and affection
Whether I'm right or wrong
And down the waterfall
Wherever it may take me
I know that life won't break me
When I come to call
She won't forsake me
I'm loving angels instead…

"Bugiarda" sussurrò poi a sé stesso, prima di andare a sedersi. Dopotutto, anche se lei sembrava più un angelo della morte, andava bene lo stesso.

Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^
Nonostante i vari imprevisti che questa storia ha avuto, siamo finalmente giunti alla conclusione ^^ Spero vi sia piaciuta. Ovviamente, anche in questo caso è un finale che possiamo definire "aperto", ma il motivo è semplice: quello che mi interessava era analizzare la maniera in cui i protagonisti si relazionavano tra loro, non mettere la parola "fine" al loro rapporto (anche perché io non credo all'amore eterno). Da questo punto di vista, la prima parte serviva per farli conoscere e, in un certo senso, farli fidare uno dell'altro (non per niente la storia terminava con Shiho che rivelava l'esistenza della sorella), mentre la seconda serviva a farli relazionare di più su cosa provassero l'uno per l'altro (ed è il motivo per cui ho inserito Kisara e Amelda).
Per quanto riguarda le canzoni, chiedo scusa per i Tiromancino con "La descrizione di un attimo" (ancora!), ma da com'era iniziata doveva finire (e poi che lo vedo Roland ad ascoltarli! XD); Robbie Williams credo lo ascoltino anche i Giappone, dovrebbe essere un cantante internazionale… O.o L'ho scelto proprio per via di "Angels", dato che sono solita paragonare Shiho ad un angelo della morte (riferendomi ad una precisa scena del manga). La traduzione, all'incirca, dovrebbe essere: e sento che l'amore è morte/sto amando gli angeli lo stesso/a butto via tutto/lei mi offre protezione/un sacco di amore e affetto/sia che sia nel giusto o nello sbagliato/e mi butto dalla cascata/lei dovrebbe sostenermi dovunque/so che la vita non mi distruggerà/quando verrò a chiamarla/lei non mi tradirà/sto amando gli angeli lo stesso.
Okay, le divagazioni filosofiche sono finite XD Ringrazio tutti quelli che hanno letto la mia storia finora, compreso l'ultimo capitolo, che dedico a tutti quelli che hanno speso un poco del loro tempo per recensirmi. Mi auguro che vi sia piaciuto. Alle recensioni di questo capitolo, se ce ne saranno, risponderò sul mio blog (http://ramses-kingdom.splinder.com) una volta che la storia sarà finita in seconda pagina.
Angolino pubblicitario: sto lavorando ad una nuova storia, "Double Blue Eyes versione o.1", sempre incentrata sulla coppia Seto/Shiho, ma vista dalla prospettiva di Detective Conan (difatti, la pubblicherò in quella sezione). In pratica: se nella prima versione siamo partiti sapendo tutto di Seto Kaiba, e scoprendo pian piano ciò che riguardava Shiho Miyano, nella seconda versione accadrà l'esatto contrario, ed gli altri personaggi co-protagonisti che appariranno verranno dal mondo di Detective Conan. Ovviamente, la storia del loro incontro sarà completamente diversa, così come i problemi che dovranno affrontare durante la loro relazione. Ho deciso di farlo perché questa coppia mi piace davvero molto, e vorrei farla conoscere anche ai fan di Detective Conan che invece non seguono Yu-Gi-Oh. Se siete interessati fatemelo sapere, vi manderò una mail di avviso quando la pubblicherò.
Ancora un grazie enorme a tutti quanti, e a presto ^_^

Reviews:

Death Angel: Ciao ^^ Grazie della recensione. Mi fa piacere che il duello ti sia piaciuto, anche perché era un po' di sfondo e basta ^^Bye ^^

FrancescaAkira89: Ciao ^^ Grazie della recensione. No, no ^^ E' vero che era tornata bambina, ma, se riguardi il capitolo 11, in fondo, vedrai che c'è la scena in cui lei prende l'antidoto e ritorna adulta, tanto che c'è la frase "Yami la vide passare da otto a diciotto anni in un istante". Naturalmente questa è una licenza letteraria, perché nell'anime/manga questo non è ancora accaduto… Bye ^^

Selly: Ciao ^^ Grazie della recensione. Meno male, allora in qualcosa sono riuscita a sorprenderti, se non sai che noia ^_- Si, è l'ultimo, e le spiegazioni di ciò sono nelle mie note. Bye ^^

Alisea: Ciao ^^ Grazie della recensione. Mi fa piacere che adesso sia tutto chiaro, comunque non esitare a farmelo notare se c'è qualcosa che non va. No, in realtà la vernice avrebbe dovuto essere direttamente nel proiettile (Shiho fa le cose per bene! XD), ma ho scordato di specificarlo ^^'' Chiedo scusa. Mi fa piacere che quella scena ti sia piaciuta, anche se non so se Seto fosse proprio IC… Bye ^^

Daughter of Rage and Love: Ciao ^^ Grazie della recensione. Il finale era un po' incasinato, tempo, fortuna che ti è piaciuto ^^ Bye ^^

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