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Allora, vi avevo detto che non
avreste sentito la mia
mancanza, ed infatti eccomi qui!
Spero che anche questa storia possa
piacervi. Il titolo è una frase di una canzone del bravissimo Freddie (I was born to love you. Perfetta per la coppia Bella/Edward) . È da un po’
che mi frullava per la testa, ma prima volevo finire “Un
respiro dolce dolce”.
Forse potrete trovare delle analogie con la storia precedente, ma
sappiate che
questa me la sono praticamente sognata di notte mentre stavo scrivendo
il cap 20 quindi
…
La storia prenderà uno sviluppo tutto
suo comunque e, vi avviso,
cercherò di non renderla banale, nonostante il tema. Pensavo di scriverla sia dal pov
di Bella che da
quello di Edward.
Lo segnalerò ben grande all’inizio di ogni cap e userò caratteri differenti a seconda di chi narra.
(saranno molti
di più quelli dal pov di Bella… )
Grazie a tutte coloro che leggeranno. Spero commenterete in
molte! Mi farete molto felice!
Aspetto le vostre recensioni! Ciao e a prestissimo,
Cassandra. ( alla fine la neuro si è dimenticata di me. Vi
toccherà sorbirmi finché
mia madre non mi farà portare via XD )
Prima di lasciarvi alla storia, volevo ringraziare tutte coloro che hanno letto e commentato " Un respiro dolce dolce... "Grazie davvero!
Bella’s POV
<
Dormi bene amore mio. > La voce del mio sposo mi giungeva da
lontano.
Sentivo le sue dita fredde accarezzarmi la pelle, lente e delicate.
Mi
avvolse nella coperta e io mi strinsi di più al suo corpo
marmoreo.
Ero
stanchissima e a malapena riuscii a bisbigliare:
<
Grazie … > Le palpebre mi si chiudevano e, prima di
addormentarmi del tutto,
intravidi il mio abito da sposa che giaceva sul pavimento, insieme ai
vestiti
di Edward. Le nostre mani sinistre erano intrecciate e le sottili fedi
d’oro
luccicavano nell’oscurità.
Sussurrai:
< Grazie Edward, per avermi dato l’unica esperienza
umana a cui non volevo
rinunciare. >
Ridacchiò
e mi disse: < Domani lo rifacciamo … >
Sorrisi
intontita e felice della sua promessa. Sentii le sue labbra posarsi
sulla mia
fronte e poi la stanchezza prese il sopravvento.
Quando,
la mattina dopo, mi svegliai, mi ritrovai completamente aggrappata al
corpo di
Edward.
Mio
marito, nudo proprio come me, teneva gli occhi chiusi e mi carezzava
lentamente. Io avevo la testa poggiata sulla sua spalla e lui inspirava
il mio
odore.
<
Ben alzata. > Mi bisbigliò cortese. < Dormito
bene? > La sua voce e il
suo respiro annebbiarono ulteriormente la mente, già
abbastanza messa alla
prova dalla serata precedente.
<
Sì > Risposi stringendomi di più a lui. Il
suo corpo, di solito gelido, era
tiepido grazie al mio calore. Con un gesto velocissimo, Edward mi
coprì la
schiena nuda con la trapunta e poi, passando una mano tra i miei
capelli, mi
chiese:
<
Colazione a letto? > Mi sorrideva felice. Io lo guardavo rapita.
Non gli
risposi, troppo intenta com’ero a rimirare tanta bellezza.
<
Lo prendo come un sì. > E così dicendo
scivolò fuori dalle lenzuola. Io mi
girai pancia a terra e, poggiando sui gomiti e con le mani sotto il
mento, me
lo rimirai ben bene.
Quando
lui, con i boxer in mano, sì voltò e mi vide in
quella posizione, si avvicinò
al letto, si accovacciò davanti a me e, con il naso a due
centimetri dal mio,
mi sussurrò sorridente: < Sei una tentazione
insostenibile, in questa
posizione. Stai mettendo a dura prova il mio autocontrollo. >
E
mi avvolse schiena e gambe con il lenzuolo. A tradimento, mi
coprì anche la
testa.
Risi
e gli dissi: < Non trattenerti! Io non mi offendo mica, anzi!
Non so se
riuscirò ad aspettare questa sera. > Quando mi levai
il lenzuolo di dosso
potei constatare, con mio profondo rammarico, che si era già
infilato boxer e
pantaloni della tuta.
<
Bella … non credo che questo sarebbe il momento
più adatto … Emmett se la sta
già ridendo. > Non aveva ancora finito di parlare che
aveva attraversato la
stanza. Aperta la porta, gridò al fratello: <
Piantala o ti distruggo! >
Avvampai al pensiero di Emmett che origliava e chiesi, dopo essermi
seduta a
gambe incrociate: < Dimmi che riesci a mandarli via anche questa
sera! Ti
prego! >
<
Farò del mio meglio. > e mi sorrise complice. Mi
diede un bacio sulla
guancia ed uscì in corridoio. Non appena la porta si fu
richiusa dietro di lui,
mi alzai da letto stiracchiandomi. L’occhio mi cadde su delle
piccole gocce di
sangue che macchiavano il lenzuolo.
Le
guardai e sorrisi. Ora ero una donna. Ora ero Isabella Marie Swan
Cullen. E, se
proprio vogliamo, aggiungiamoci anche Masen. Pensai agli occhi neri di
Edward e
al fatto che, solo la sera prima fossero di un caldo color oro. Sorrisi
all’idea che presto l’odore del mio sangue non
avrebbe più fatto soffrire mio
marito. Dopo aver sfiorato le gocce per un attimo, osservai il mio
Abito da
sposa. Edward lo aveva preso e steso sul divano. Era davvero molto
bello. Certo
la parte migliore era stata quando, la sera precedente, Edward me lo
aveva
sfilato … Sorrisi al pensiero.
Mi
infilai un accappatoio che era stato poggiato sulla poltrona e andai in
bagno.
Mi
feci una doccia veloce per svegliarmi e lavare via
l’agitazione. Dopo circa una
trentina di minuti, aprii la porta del vano doccia e trovai Edward
seduto sul
bordo della vasca che mi osservava.
I
suoi occhi, ora caldi e rassicuranti, vagavano lungo il mio corpo.
Avvampai.
Dopo aver afferrato un asciugamano, me lo strinsi attorno al corpo e mi
avvicinai
a lui. Con la punta del dito gli sfiorai il naso. Edward, con un
movimento
repentino, mi afferrò la mano per il polso e se la
poggiò contro il viso. Fece
scorrere il naso lungo le vene del mio avambraccio e poi, avendo
inspirato
profondamente, mi confessò: < Il tuo odore mi
inebria. >
Gli
sorrisi e gli cinsi le spalle con le braccia. Immergendo il viso nei
suoi
spettinati capelli ramati, gli bisbigliai: < Anche il tuo.
>
Mi
separai da lui e mi asciugai i capelli mentre Edward mi osservava
sereno.
Sovrastando
il rumore del fon gli chiesi: < Sei andato a caccia? >
<
Mh, solo una piccola preda, nel bosco dietro il giardino …
niente di che … >
<
Ora sei a posto? >
<
Sì, sì. Non preoccuparti. > Faceva
l’indifferente ma sapevo bene quanto
l’odore del mio sangue fosse per lui la più
deliziosa e la più proibita delle
droghe.
<
Te la senti … questa sera … >
Sì
alzò e mi venne vicino. Dopo aver poggiato le sue mani sui
miei fianchi mi
sussurrò:
<
Ma certo. Sono andato a caccia apposta. > Mi baciò
sulle labbra per un
istante e poi mi disse:
<
Ti ho portato la colazione … > Annuii e lo presi per
mano.
In
camera, appoggiato sul letto rifatto, trovai un vassoio
d’argento pieno di ogni
ben di dio. Sul comodino, una lettera di Alice.
<
La stanza l’ha sistemata lei? > Domandai afferrando la
lettera.
<
Sì. Ha detto che ci teneva tanto. > Rabbrividii
aprendo la busta. Edward
intanto ridacchiava tranquillo. Come mi aspettavo, quella piccola
vampira
sadica aveva perso in mano la situazione.
Con
la sua elegante grafia mi aveva scritto:
“Ciao Bella, Trascorso una serata piacevole?
Sono davvero felice che tu ora sia a tutti gli effetti mia sorella! Ah,
il
lenzuolo l’ho preso io. Non preoccuparti, lo
conserverò con cura. Non
permetterò che tu lo bruci. Mi dispiace, te lo
restituirò quando finalmente
avrai cambiato idea! Baci, Alice.”
<
Uffa. > Esclamai riponendo la lettera nella busta.
<
Che c’è? > Mi domandò il mio
sposo fingendo di essere sorpreso.
<
Lo sai benissimo cosa c’è. Io lo volevo buttare il
lenzuolo … > Ero arrossita.
Lui mi sfiorò la guancia e mi disse all’orecchio:
< Perché? Quando sarà
passato molto tempo, sono certo che ti commuoverai a vedere quelle
innocenti
goccioline … > Mi abbandonai al suo petto e alle sue
braccia forti. Con la
sua voce vellutata riusciva sempre ad incastrarmi.Trovai un briciolo di lucidità per ribattere:
< Ma Edward, mi vergogno … >
<
Non fare la sciocca. Per un paio di gocce? Guarda che non era mica
sporco …
> Mi baciò la fronte e poi mi lasciò
andare. Si sedette sul letto e mi
osservò mentre facevo scivolare lentamente
l’asciugamano lungo il mio corpo. Mi
infilai la biancheria e poi mi sedetti sul letto, affianco a lui.
Bevvi
il succo d’arancia e mangiai un paio di biscotti. Qualche
volta Edward si
chinava per baciarmi la guancia e accarezzarmi i capelli. Quando il
vassoio fu
vuoto, lui me lo levò dalle ginocchia e lo poggiò
sul comodino in meno di
un’stante. Con delicatezza mi fece stendere sul letto.
<
Edward …hai
appena detto che gli altri
sono di sotto … >
<
Sì … ma noi non faremo niente di male
… > Quel suo tono di voce sbriciolò
ogni mia capacità di intendere e di volere.
Mi
abbandonai alle coperte e poggiai le mani sulla testa del mio amore. Le
sue
labbra mi baciavano la clavicola, affondavano nell’incavo del
mio collo …
scendevano lungo il mio braccio sinistro per poi arrivare alla punta
delle
dita. Se le fece passare sul volto e poi baciò la fede
d’oro. Lo stesso colore
dei suoi occhi …
Prima
di rialzarsi, mi diede un bacio tra i seni e un altro subito sotto
l’ombelico.
Gli
sfiorai le labbra con le dita e lui fece lo stesso con me.
Un
ultimo, delicato tocco lungo le mie gambe e poi si mise in piedi e mi
porse un
vestito che sapevo piacergli molto. Me lo aveva regalato lui. Blu, come
la
notte.
Me
lo infilai e lui me lo allacciò dietro la schiena, sfiorando
la mia pelle con
le dita, provocandomi più di un fremito. Quando ebbe finito,
mi voltai di
scatto e gli rubai un bacio in punta di piedi. Gli presi il volto tra
le mani e
disegnai il profilo delle sue labbra con la lingua. Le sue mani mi
avevano
afferrato il bacino e mi tenevano leggermente sollevata. Quando la sua
bocca si
separò dalla mia e cominciò a scendere lungo il
mio collo, gettai la testa
all’indietro in un turbinio di capelli.
<
Edward … >
<
Mh? > Mi rispose lui senza allontanare le labbra dalla mia pelle.
<
Amore … dobbiamo andare … >
<
Vorrà dire che questa sera riprenderemo da dove abbiamo
lasciato. >
<
Non vedo l’ora. >
<
Neanch’io. > E così dicendo mi diede un
ultimo, e questa volta casto, bacio
sulle labbra.
Andai
in bagno per lavarmi i denti e pettinarmi. Quando scesi in sala trovai
Emmett
seduto sul divano che mi fissava curioso. Edward, seduto al piano,
fissava lui
con sguardo contrariato ed esasperato.
<
Emmett. > Lo ammonì il mio sposo con tono severo
quando ormai avevo superato
l’ostacolo dell’ultimo gradino.
Suo
fratello lo guardò, mi guardò, poi
tornò nuovamente a guardare lui ed infine
sussurrò:
<
Eddai … Edward … posso chiederle …
> In una frazione di secondo al povero
Emmett arrivarono in testa uno spartito musicale e uno dei due sandali
che
tenevo in mano.
Facendo
finta di ripararsi dal nostro fuoco incrociato si rifugiò
dietro la povera Esme
che era appena entrata in sala dalla cucina. Per fortuna la mia
suocera, che
strano pensare a lei in questi termini, afferrò la mia
scarpa prima di venirne
colpita.
Con
un tono molto educato mi domandò:
<
Allora tesoro, passato una buona nottata? >
Arrossii
violentemente tormentando il bordo della manica del mio abito con le
dita.
Balbettai
imbarazzata:
<
Sì. Bella … serata … >
Mi
sorrise materna e poi Emmett si rivolse ad Edward.
<
Perché Esme può farle domande sulle vostre
seratine piccanti e io no? >
Questa
volta Esme si scansò ed Emmett venne raggiunto in pieno dal
porta spartiti.
Andai
vicino al mio sposo e lo baciai sulle labbra.Lui, per tutta risposta, mi cinse il bacino con un braccio
e mi
sussurrò: < Questa sera … >
Chiusi
gli occhi e, sorridendo, mi appoggiai a lui.
<
Edward … >
<
Sì, Isabella? >
<
Sai, è strano essere tua moglie. Mi sento così
felice … >
<
Per quanto mi riguarda, essere tuo marito è bellissimo.
> e mi
baciò la fronte.
<
Ragazzi, se la smettete di fare i novelli sposi in salotto, vorrei
ricordarvi
che Bella ha un appuntamento in città con Angela. >
Ci disse Alice che
intanto aveva fatto la sua comparsa seguita a ruota da Jasper.
Mi
ero completamente dimenticata che dovevo andare con Angela a ritirare
il suo
regalo. Lei e Ben mi avevano preso una cosa in gioielleria. Credo un
ciondolo.
Solo che sarebbe arrivato solo oggi.
<
Vuoi che ti accompagni? > Mi sussurrò Edward
all’orecchio con la sua voce
vellutata.
Intrecciando
le sue dita con le mie, dissi:
<
Non preoccuparti. Mi ha detto che mi sarebbe passata a prendere alle 11
e che
avremmo mangiato fuori … Se vuoi venire … temo
però che passeresti la serata a
tossire fuori tranci di pizza. >
Baciandomi
il lobo dell’orecchio mi sussurrò:
<
Sottrarre una giovane sposa al novello sposo è una
crudeltà. Ricordami di dirlo
ad Angela, appena la vedo. >
Improvvisamente
fui invasa dalla tristezza e a voce bassa dissi:
<
Edward, questa è l’ultima volta che la
vedrò. Dopodomani partiamo per la luna
di miele e … al nostro rientro … > Lasciai
la frase in sospeso perché non
trovai la forza per continuare.
Le
sue braccia mi avvolsero strette e rassicuranti.
<
Scusa. Non volevo ferirti. >
<
Non mi hai ferito. Solo, è la verità. >
Avevo abbassato lo sguardo e
poggiato il capo contro il suo petto. Mi baciò i capelli e
mi disse: < ti
accompagno fuori, sta arrivando. >
E
dopo poco anche io sentii il suono del motore dell’auto di
Angela.
Mi
infilai i sandali e, tenendo per mano Edward, salutai il resto dei
Cullen, la
mia famiglia, con un cenno della mano. Afferrata la borsa con soldi,
documenti
e cellulare, uscii in giardino.
Fuori
era nuvoloso, come al solito a Forks.
Trovai
Angela appoggiata alla sua auto, in mezzo al viale. Mi venne incontro
tutta
euforica e mi salutò con un abbraccio, dopodichè
si rivolse ad Edward:
<
Ciao! >
<
Ciao. > Le rispose lui continuando a fissare me, malinconico.
Io
mi sporsi per dargli un bacio sulla guancia e lui catturò le
mie labbra per
alcuni istanti. Quando stavo per svenire, non mi ricordavo di
respirare, mi
lasciò andare ed afferrò la mia mano. La strinse
per un istante e poi mi disse:
< Allora ti aspetto.>
<
Va bene. Ci vediamo dopo. Ti chiamo quando sto per tornare. >
<
Non fate troppo tardi. Mi raccomando Angela, non credo di resistere a
lungo
lontano da lei. >
<
Va bene Edward. Non preoccuparti, farò attenzione, mi
prenderò cura io di lei. >
Gli rispose lei ironica.
<
Angela! > le feci io. <Anche tu
mi tradisci in questo modo? Non sono così imbranata! >
<
Se lo dici tu ... Sali o faremo tardi. Salutami tutti Edward! Anche da
parte di
Ben. > La traditrice stava trattenendo una risata.
<
Lo farò senz’altro. Divertitevi! > E
così dicendo lasciò andare la mia mano.
Angela
salì a bordo e io la seguii. Partì dando vita al
motore. Edward rimase ad
osservarci mentre ci allontanavamo e io continuai a fissarlo
finché non sparì
dietro la curva del viottolo. Sospirai quando fu fuori dalla mia
visuale.
<
Che c’è? > mi domandò Angela.
<
Niente. Mi sento un po’ strana quando non sono con Edward
… >
<
Voi due siete una coppia speciale. Quando siete insieme, vi illuminate.
Anche
se, ad essere sincera, a volte Edward sembra molto più
grande della nostra età
… >
Trattenni
una risatina isterica e dissi: < Tu credi? >
<
Mh, forse è solo un’impressione. Allora? >
<
Allora cosa? > Domandai io.
<
Bhe, ieri sera poi com’è andata? Ne vuoi parlare?
> Angela era sempre stata
molto discreta ma si vedeva che era curiosa. Curiosa da matti. Lei
sapeva bene
che ero vergine. O meglio, che lo ero stata fino alla sera prima.
<
Se non vuoi non preoccuparti … >
<
No, no. Sta tranquilla. > Arrossendo vistosamente le confidai:
< Devo
dire che Edward è proprio un cavaliere. E ieri notte
… diciamo che mi sono divertita
molto. È stato molto bello, e soprattutto molto dolce.
>
Sorrise
e poi cominciò a chiacchierare d’altro, avendo
intuito il mio imbarazzo.
Angela
era proprio una persona speciale.
Arrivati
a Port Angeles, la mia amica parcheggiò nei pressi del
centro. Proprio come a
Forks, il cielo era nuvoloso.
<
Andiamo a prendere subito il tuo regalo? > mi domandò
scendendo dall’auto.
<
Sì, certo! Sono curiosa! >
Una
volta in gioielleria, Angela parlò con il proprietario e poi
mi porse un
pacchettino.
<
Grazie. Sei un tesoro. > le sussurrai dandole un bacio sulla
guancia.
La
mia attenzione venne subito attirata da un orologio esposto in una
bacheca.
Lo
fissai qualche minuto e poi Angela mi domandò:
<
Ti piace? >
<
Sì. Pensavo potrei regalarlo ad Edward … Sai,
come dono di nozze, mi ha
regalato una copia della prima edizione di cime tempestose …
>
Mi
si rivoltò lo stomaco al ricordo. Quando avevo scartato il
regalo, per poco non
ero caduta dalla sedia. Doveva aver speso una fortuna. Minimo!
<
E io invece non gli ho preso niente. È che lui ha tutto.
>
<
Potresti prenderglielo. È un po’ costoso ma molto
bello. >
<
Sì. Credo che lo prenderò. >
<
Senti Bella, io ti aspetto fuori, devo telefonare a Ben. Ti aspetto
davanti
alla casetta della posta. >
<
Va bene. A dopo! > < A dopo. > Ed uscì.
Io pagai l’orologio ( mi venne
male a tirar fuori la carta di credito … ) e poi mi voltai
per cercarla oltre
la vetrina con lo sguardo. La vidi.
Per
lo stupore e lo spavento, lasciai l’orologio pagato sul
bancone, così come il
regalo di Angela.
Quasi
non sentii la voce del signore dietro il banco che mi diceva: <
Signorina?
Sta bene? >
La colazione stava facendo marcia
indietro in
direzione bocca
Uscii
tremante dal negozio e percorsi barcollando i venti metri che mi
separavano dalla
mia amica. Quando l’ebbi raggiunta, lei mi guardò.
Era
imbarazzata e allo stesso tempo come ammaliata. Un bellissimo, giovane
uomo le
aveva messo un braccio intorno alle spalle e le parlava come fossero
grandi
amici.
Quando
fui abbastanza vicina da sentire i loro discorsi, capii che le stava
chiedendo
informazioni.
Improvvisamente,
l’uomo si voltò nella mia direzione e il suo
sguardo mi trafisse.
Con
voce sensuale, si rivolse ad Angela e le domandò garbato:
< Forse la tua
amica può mostrarmi gentilmente la strada? > Mentre
pronunciava quelle
parole, fece scorrere un dito, pallidissimo e affusolato, lungo il
collo della
mia amica. Io risposi con la voce che mi usciva a fatica:
<
Certo. >
Lasciando
andare Angela, che mi osservò prima spaesata e poi
impaurita, mi cinse il
bacino con un braccio e con l’altro mi indicò una
lussuosa auto nera dai
finestrini oscurati. Non opposi resistenza.
Mi
lasciai trascinare fino alla vettura e rimasi immobile davanti alla
portiera
qualche istante, finche questa non venne aperta dall’interno.
Mi
voltai verso Angela con gli occhi gonfi di lacrime. Le stesse lacrime
che mi
solcavano le guance e mi bagnavano il vestito. La mia amica, che si era
un po’
ripresa, mi osservava terrorizzata ed immobile. L’uomo mi
diede una piccola
spinta ed io mi piegai per entrare nell’auto.
Sentii
la voce di Angela gridare: < Bella! Bella! Chiamate la
… > Poi la
portiera si chiuse di scatto dietro al giovane uomo che mi aveva
trascinata
dentro e che si era seduto alla mia destra. Sussultai. Nessun suono
proveniente
dall’esterno era più udibile. Non riuscivo a
vedere niente fuori dai finestrini
neri. I sedili erano di velluto e l’abitacolo era illuminato
da una luce fioca
che faceva rilucere la pelle bianca delle altre quattro persone che
erano lì
con me. Due davanti e una alla mia destra e l’altra alla mia
sinistra.
L’auto
partì sfrecciando a tutta velocità. Io tremavo
dalla paura poi, con voce calma
e pacata, Demetri disse: < Non vogliamo farti del male. Devi
startene zitta
e ferma e non darci problemi. >
La
sua voce tagliente mi fece venire un conato di vomito.
La
figura alla mia sinistra estrasse qualcosa dalla valigetta.
Quando
realizzai che si trattava di una siringa cercai di allontanarmi, ma in
quello
spazio ristretto mi era impossibile. Cercai di trattenere un grido
quando l’ago
affondò nel mio braccio.
Dopo
pochi istanti, i contorni degli oggetti intorno a me divennero sfocati
e
l’oscurità si fece più opprimente.
Sentii un vento improvviso sfiorarmi il viso
e scompigliarmi i capelli e mi resi conto che mi stavano sfilavano la
borsa. Cercai
di oppormi, inutilmente. Ormai non avevo più forza nelle
braccia e dovevo
combattere per tenere gli occhi aperti. Prima di crollare e venir
inghiottita
dall’oscurità, vidi Demetri, alla mia destra,
estrarre i miei documenti dalla
borsa e gettare quest’ultima fuori dal finestrino aperto.
Alla fine chiusi gli
occhi e mi accasciai contro lo schienale di quell’auto.
Prima
di perdere del tutto i sensi, vidi Edward nei miei pensieri una lacrima
scese
dai miei occhi chiusi.
Eccoci
qui, con il secondo capitolo. E il terzo, molto più
interessante, non tarderà
ad arrivare ...
Grazie davvero per tutti i bellissimi commenti!!!! Davvero, sono troppo
felice!!! XD
Vi assicuro, questa storia è venuta fuori dopo un sogno,
certo, con alcuni
adattamenti! Mi era piaciuta l’idea, anche se un
po’ assurda, e ho deciso di
farci su una ficcy!
Questo capitolo è di transizione ma spero vi piaccia lo
stesso. Sono molto più
brava a scrivere dal pov di Bella… ( ho più
esperienza XD ) Vi chiedo di avere
quindi pazienza … i prossimi capitoli saranno migliori! Mi
raccomando,
continuate a seguirmi! Della serie: “abbiate fede e non
disperate” per coloro
che mi conoscono già. Per chi invece non avesse letto
“Un
respiro
dolce dolce...” … spero di non
deludere le vostre aspettative!
Ero
al pianoforte
quando Alice smise di parlare. Lei, tra le braccia di Jasper, se ne
stava seduta
sul divano. Stava chiacchierando di un argomento futile mentre io
pensavo al
viaggio di nozze.
Improvvisamente, Alice prese a ciondolare il capo lentamente e i suoi
occhi si
fecero vitrei. La mia testa scattò nella sua direzione
mentre Jasper la osservava
tranquillo. Ignaro.
Quello che vidi nella sua mente mi sconvolse. Nell’arco di
tre secondi, Alice
si riprese e il suo sguardo incontrò il mio.
< Edward … >
Non
le risposi neanche.
Schizzai fuori di casa e corsi al garage. La sentii spiegare
velocemente agli
altri la sua visione. Infilai le chiavi nel cruscotto. Alice e gli
altri mi
furono subito dietro. Emmett mi afferrò da dietro e mi
impedì di mettere in
moto.
< Edward! >
La sua voce potente echeggiò nel garage, per venir
sostituita poi da quella di Alice.
< Edward, è troppo tardi. Sono già
partiti. È inutile e pericoloso. >
La fulminai con gli occhi e poi vidi Esme che teneva il cellulare
all’orecchio.
Non ricevendo risposta, la vidi comporre il numero di Carlisle. Le
parole le
uscirono velocissime.
Emmett e Jasper mi tenevano per le braccia impedendomi di muovermi.
Alla fine mi lasciai cadere sulle ginocchia e i miei fratelli mi
lasciarono
andare.
Dopo neanche due minuti, il mio telefonino nella tasca vibrò.
Lo
afferrai e osservai
il numero. Lo riconobbi all’istante. Era quello di Angela.
Esme me lo sfilò dalle dita e rispose con voce calma, come
se non fosse
successo niente:
< Pronto? >
Sentii la voce di Angela, stava piangendo.
< Signora Cullen … presto … dovete venire
… >
< Cos’è successo, cara? >
< Si tratta di Bella … venite subito. > La sua
voce era scossa dai
singhiozzi. >
< Arriviamo subito tesoro. Stai calma. Dimmi, dove vi trovate?
> Era
proprio abile a fingere …
< Sono sola … Bella è …
è … mi trovo in Alber st, all’altezza
della 1st …
Per favore … venite. >
< Certo cara, sta calma. Stiamo arrivando. > E ci fece
segno di salire in
auto. Lei si sedette al posto di guidatore. Io, seduto dietro, mi
ritrovai
incastrato tra Emmett e Jasper.
Guidando con il motore in folle, arrivammo a Port Angeles.
Ma
ormai era tardi.
Sapevo
esattamente dove
andare. La visione di Alice era stata molto precisa, a differenza delle
indicazioni di Angela.
Angela era seduta a terra, come se le avessero ceduto le ginocchia, era
in
lacrime.
Intorno a lei, delle persone e un paio di poliziotti.
Mi avvicinai velocemente e, quasi gridandole contro le chiesi: <
Dov’è?
Dov’è? Cosa diavolo è successo!
> Emmett mi raggiunse e mi poggiò una mano
sul braccio. Io glie la levai e lui mi afferrò per le
spalle. Mi sibilò: <
Mantieni la calma. La calma. >
Lo guardai e poi, sospirando, cercai di riacquisire
l’autocontrollo.
Mi voltai nuovamente verso Angela e, porgendole una mano, le domandai,
cercando
di modulare il tono di voce: < Cos’è
successo? > L’aiutai ad alzarsi.
Singhiozzando, la ragazzina mi abbracciò e disse qualche
parola senza un ordine
preciso:
< Bella … l’hanno portata via …
Bella. > Cercai di calmarla facendole
scorrere una mano lungo la schiena.
Esme
intanto stava
telefonando a Carlisle che si trovava all’ospedale. Parlava
velocemente,
spiegando l'accaduto. Si faceva scorrere una mano tre i capelli , gli
occhi
chiusi e il volto contratto in una smorfia di dolore e angoscia.
Emmett e Jasper parlavano tra di loro cercando di decidere il da farsi
mentre
Alice se ne riamneva in macchina, il capo tra le mani. Percepii e suoi
pensieri
e vidi che non riusciva a scorgere niente nel futuro di Bella. Sentii
un nodo
stringermi lo stomaco.
Cercando di rimanere lucido, mi rivolsi ad Esme, che nel frattempo mi
si era
avvicinata.
< Esme, cosa facciamo? > se avessi potuto,
sarei scoppiato a
piangere.
< Per adesso non facciamo niente. Dobbiamo aspettare. Carlisle
sta
arrivando. Abbi pazienza. >
Furioso le gridai: < Pazienza? PAZIENZA? Ma ti sei
resa conto della
situazione? Hai capito cos’è successo? >
Mi poggiò una mano sulla guancia e, in tono materno mi
sussurrò:
< Edward, la cosa migliore è non compiere gesti
affrettati. Non possiamo
permetterci di essere impulsivi e lo sai bene. Ora, cerca di non dare
troppo
nell’occhio. >
Il mio istinto era quello di prendere il primo aereo per Firenze ma
sapevo che,
se lo avessi fatto, avrei soltanto peggiorato la già
abbastanza critica
situazione. Aveva ragione Esme. Per il momento la cosa migliore era
attendere.
nonostante l’immagine di Demetri che trascinava Bella
nell’auto mi stesse
facendo impazzire.
Dopo alcuni minuti venimmo raggiunti da alcune auto della polizia di
Forks.
Riconobbi quella di Charlie e, quando il padre della mia sposa usci
dall’auto,
quasi non lo riconobbi. Lo sceriffo, pallido come noi, andò
incontro ad Angela
e cominciò a tartassarla di domande. Alla fine il
vice-sceriffo Mark riuscì a
farlo calmare.
Io,
che me ne ero
rimasto immobile fino a quel momento, seguii la scia di Bella fino al
bordo del
marciapiede. Il suo odore spariva improvvisamente, bloccandosi in quel
punto.
Poco lontano da dove si trovava Angela, il suo profumo si mischiava a
quello di
un altro vampiro, a quello di Demetri. Jasper ed Emmett avevano intuito
che si
trattava di uno dei Volturi, sebbene loro non li avessero mai
incontrati di
persona. Sentivo i loro sguardi fissi su di me, al limitare della
strada.
Rimanemmo nella piazza per circa un’altra mezz’ora.
Charlie fu costretto a
tornare in auto perché quasi si sentì male.
Non so come, alla fine ci ritrovammo alla centrale di polizia di Forks.
Rimasi
seduto nella sala d’attesa per un tempo che mi parve
infinito, mentre Charlie
gridava al telefono.
Il tempo mi pareva si fosse bloccato. L'attesa era insopportabile,
atroce.
Non so come, riuscii a trattenermi dall’urlare, dal correre
in aeroporto. Non
sopportavo l’idea di rimanermene là seduto, mentre
tutti i poliziotti di Forks
cercavano di scovare una traccia di Bella. Non l’avrebbero
mai trovata. Non era
nelle loro possibilità.
Sapevo esattamente dove si trovasse, cosa le fosse successo. Cosa avrei
dovuto
fare … eppure non potevo fare assolutamente niente. Era a
dir poco frustrante.
Carlisle ci raggiunse e, dopo aver gettato un rapido sguardo prima a me
e poi
ad Alice, che scosse lentamente la testa, si diresse verso
l’ispettore Swan.
Parlarono poco, pochissimo. Dopo neanche un quarto d’ora
Charlie ci fece
riunire nel suo studio.
Parlò con voce bassa e scossa:
<
Sinceramente, non
so cosa sia successo. I testimoni dicono che un uomo ha avvicinato
Angela e che
poi ha convinto Isabella a salire in auto con lui. Nessuno di loro
pensava
fosse un rapimento finché Weber non ha cominciato a gridare,
ma a quel punto
l’auto era troppo lontana. Nessuno ha preso la targa. Io
naturalmente escludo
categoricamente si tratti di un allontanamento volontario. Non avrebbe
senso …
Bells non farebbe mai … E poi le circostanze fanno pensare
…. > Si prese il
capo tra le mani e continuò:
< Hanno appena trovato la sua borsa. Lungo la statale. Hanno
preso solo i
documenti … >
< Dove esattamente? > Domandò Carlisle.
< In direzione di Seattle. Metteranno dei posti di blocco e
faranno dei
controlli in aeroporto … >
Sollevò lentamente lo sguardo e mi trafisse con gli occhi.
Per la prima volta,
i suoi pensieri mi spaventarono.
< Come facevate a saperlo? >
< Come scusi? > Fece Jasper che stava facendo una fatica
immensa per
mantenere un clima il più tranquillo.
< Come facevate a sapere che Bella … nessuno ancora
sapeva … e voi … siete
arrivati persino prima di noi. >
Esme
parlò con tono
pacato e addolorato.
< Ci ha telefonato Angela. Era disperata e non riusciva a dirci
cosa fosse
successo. Abbiamo provato a contattare Bella ma lei non ci rispondeva.
Ci siamo
preoccupati e siamo corsi a Port Angeles. Puoi controllare i tabulati
…
Temevamo fosse successo qualcosa. Quando siamo arrivati in
città, abbiamo visto
tutta la gente agitata e Angela Weber in lacrime … non
sapevamo che … >
Cominciò a singhiozzare e portò le mani al volto,
per coprirsi le lacrime che
non le scendevano. Come scusa era un po’ tirata, ma era
l’unica spiegazione che
potesse sembrare anche solo vagamente plausibile.
Charlie parve convinto. Nella sua testa vidi svanire l’idea
assurda che fossimo
stati noi a commissionare il rapimento. Il dolore mio e di Esme,
così come
quello dei miei fratelli, soprattutto di Alice, era troppo vero per
poter
essere messo in discussione.
Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti ed infine Charlie ci disse:
< Tornate a casa. Vi informeremo se dovessimo avere notizie. E
poi, se
dovessero chiamare per un riscatto … Né io
né Reneè disponiamo di grosse cifre
… se è questo il movente del sequestro,
sicuramente cercheranno di entrare in
contatto con voi … > Il dolore nella sua voce era
palpabile.
Così dicendo si alzò e si diresse nello studio
attiguo, dove il vice-sceriffo
stava dando istruzioni per i posti di blocco. Lo vidi sedersi alla
scrivania e
accasciarsi distrutto tra i fogli, prima di prendere in mano il
telefono e
chiamare Reneè. Sentivo la sua voce, roca e spezzata
dall'angoscia.
In qualche modo, Carlisle ed Esme riuscirono a convincermi a tornare a
casa.
Appena
arrivati, scesi
dall’auto, senza voltarmi a guardare in faccia i miei
familiari, uscii dal
garage. Non volli neanche ascoltare i loro pensieri.
Una volta in casa, afferrai la prima cosa che mi fu sotto mano e la
scagliai
con tutta la mia forza contro il muro, gridando di rabbia e
dolore.
Il vaso si sbriciolò in un istante contro la parete. Jasper
cercò di calmarmi
con il suo potere ma io, agendo come uno stupido, mi voltai nella sua
direzione,
pronto a spaccargli la faccia. Emmett e Carlisle mi afferrarono per le
spalle,
impedendomi di ferirlo. Una calma irreale mi invase ed
offuscò in parte la mia
mente. Appena mi lasciarono andare, uscii dalla stanza e mi chiusi in
bagno.
Seduti in sala, i miei familiari attendevano una telefonata, una
visione.
Quando finalmente fui quasi sicuro che non avrei aggredito nessuno,
tornai da
loro. Tremavo ancora di rabbia e i miei pugni erano serrati.
Un ragazzo dell’ufficio dello sceriffo ci raggiunse dopo
circa un’ora per
mettere il nostro telefono sotto controllo, ma tanto quello rimase muto.
Alice
rimase per tutto
il pomeriggio chiusa nella sua stanza, senza parlare con nessuno.
Vidi nella sua mente l’interno di un aereo privato, i volti
di alcune delle
guardie dei Volturi, Bella addormentata su un divano.
Erano partiti, diretti con ogni probabilità a Volterra.
Racimolando
tutta la
calma e il controllo che potei, mi alzai dalla poltrona e salii le
scale. Mi
fermai davanti alla camera di Alice e bussai. Non ricevetti risposta.
< Alice? Alice, fammi entrare. >
< Vattene. > Mi sibilò lei.
< Non è colpa tua. > Cercai di dirle io. Non
feci a tempo a finire la
frase che lei mi aprì la porta e cominciò a
tempestarmi di pugni il petto
gridandomi: < No! No! No! Non ha senso! Edward! Io non ho visto.
Avrei
dovuto fare più attenzione! > Sembrava avesse perso
letteralmente la testa.
Singhiozzava e si mangiava le parole. Le afferrai i polsi e le urlai di
rimando:
< Sanno come funzionano le tue visioni. Lo sanno perfettamente.
Sicuramente
hanno calcolato tutto fino all’ultimo dettaglio. Non potevi
vedere. Non potevi
e basta! >
In
realtà, la parte più
irrazionale di me era irata con Alice. Non era stata abbastanza abile.
Non era
riuscita a prevedere … Sapevo che non era colpa sua. Che io
avrei dovuto
proteggere Bella, che non avrei dovuto lasciarla andare da sola
… Il mio cuore
però non prestava il minimo ascolto alla mia mente.
Lasciando andare Alice, che mi fissò per alcuni istanti
senza sapere cosa dire
o cosa fare, mi diressi al piano di sopra. Entrai nella mia stanza e mi
buttai
sul letto cercando di trovare una soluzione a quella situazione
assurda,
terribile.
Il
mio cuore, fermo da
novant’anni sanguinava. Speravo con tutto me stesso che loro
non le facessero
niente. Al pensiero che potesse succederle qualcosa sentii la rabbia e
l’odio
invadermi. Ne ero certo, se le avessero fatto del male, non sarei
riuscito a
sopravvivere. Prima però di lasciarmi andare, li avrei
distrutti.
Il loro operato non aveva senso. Perché rapirla?
Perché portarla via con loro?
Sapevo che un piccolo contingente era rimasto in America, per
controllarci, per
assicurasi che la trasformassimo … Ma arrivare
addirittura a rapirla ...
Perchè diamine non erano venuti da me. Perchè?
Non potevano aver visto in lei improvvisamente una minaccia. Avevo
promesso,
giurato loro che l’avrei trasformata. In fondo, quindici
giorni in più per i
Volturi non significavano niente …
Non riuscivo a capacitarmene. Strinsi con forza l’abito da
sposa di Bella
respirandone a fondo l’odore. L’idea di saperla
sola, impaurita, in pericolo …
Mi stava facendo
impazzire. Mi odiavo per la mia stessa impotenza e la mia
stupidità. Come avevo
potuto essere così ingenuo? Avrei dovuto andare con lei.
Come avevo
potuto esporla ad un rischio simile?
Continuavo a tormentarmi con quelle domande, incapace di pensare con
mente
lucida.
Carlisle
entrò senza
neanche chiedere permesso e si sedette sul bordo del letto.
<
Non le faranno del
male. Conosco bene Aro, Marcus e Caius. Non infrangerebbero mai le loro
stesse
leggi. >
< E rapire una ragazza allora? Sanno perfettamente che la
trasformerò. Non
c’era alcun motivo. Perchè mai avrebbero dovuto?
In questo modo … corriamo
oltretutto il rischio di venir scoperti. Perché esporsi in
questo modo? È assurdo!
Lei non ha fatto niente! È solo una ragazza! È
solo … Bella … > dissi
prendendomi la testa fra le mani. La mia voce era rotta da singiozzi
asciutti.
Ero furioso. Inveivo contro Carlisle che, silenzioso, mi lasciava
sfogare.
Lentamente, venni avvolto da una pace impossibile e, nella mente di
Jasper,
percepii il tentativo di calmarmi. In quella di Carlisle si delineavano
invece
i contorni di un paesaggio a me purtroppo familiare. Pensava a Volterra
e a
come entrare in contatto con quelli che erano stato suoi amici.
< Edward, prima cerchiamo di capire cosa vogliono, poi agiamo.
Non ha senso
buttarci nel vuoto. Con un azione avventata rischieremmo di mettere a
repentaglio la sua stessa vita, oltre che la nostra. Sicuramente
saranno loro
stessi a mettersi in contatto con noi. >
Senza aggiungere altro, uscì dalla mia stanza e mi
lasciò solo.
Quella
sera, quando
scesi di sotto, la televisione era accesa e Jasper ed Emmett stavano
guardando
il telegiornale. Venne data la notizia del rapimento di una ragazza
nello stato
di Washington e venne trasmesso l’appello di Charlie e di
Reneè. Il fatto aveva
suscitato abbastanza clamore per le circostanze: In pieno giorno, in
una
cittadina di mare in alta stagione, la figlia diciottenne di uno
sceriffo,
sposata da appena un giorno. Insomma, un argomento che dava adito a
numerose
illazioni. Vedere la foto di lei sorridente alla cerimonia dei diplomi
venir
commentata dalla signorina del telegiornale mi fece girare la testa. Il
suo
nome scorreva sullo sfondo.
Non volli vedere né ascoltare ed uscii in veranda.
L’angoscia mi logorava e m’impediva di pensare
lucidamente. Ogni istante era
un’eterna agonia. Seduto in riva al torrente, cercai di
riordinare le idee.
Percepii i pensieri di qualcuno che si avvicinava.
<
Che vuoi, Rosalie?
> Le domandai secco, sgarbato. Con voce stranamente malferma,
mia sorella,
che era rimasta in disparte tutto il giorno, mi sussurrò:
< Mi dispiace, Edward, davvero. > E così
dicendo mi abbracciò. Tutto
questo era davvero insolito per Rosalie. Io d’altro canto,
stanco e distrutto,
le restituii l’abbraccio e rimasi per qualche minuto fermo in
quella posizione.
Finché lei non si allontanò da me dicendomi:
< Io rientro. Tu cosa fai?
Resti qui? >
< Sì. Non ho voglia di tornare in casa. >
In
silenzio, mi sdraiai
nell’erba e pensai a dove fosse Isabella. Tanevo gli occhi
chiusi. A quel punto
avrebbe già dovuto essere atterrata. Avrebbe già
dovuto essere in Italia … il
pensiero mi fece rivoltare lo stomaco e crescere un moto di rabbia nel
petto.
Mi sembrava mi avessero rubato l'anima.
Bella era la mia anima.
L’avrei riportata da me. A qualunque costo. Di questo ero
assolutamente certo.
Per prima cosa, scusate se questo
capitolo è un po’ breve …
Volevo solo dirvi un paio di cose
prima di lasciarvi al cap 3: 1-Io sono molto
meticolosa. Se mai vi dovesse capitare di andare a Port Angeles,
troverete
davvero le vie citate da Angela!!! E si incrociano veramente! (non so
se ci sia
una gioielleria o una cassetta della posta …) Ho cercato
sulla cartina XD
*cervello fuso* 2-Sono davvero, davvero
contenta che questa storia vi piaccia! Grazie a tutte voi che leggete!
Spero
che questa ficcy vi appassioni!
E
per le recensioni (tutte
bellissime) grazie infinite a: alice
brendon cullenIn effetti, povero Edward …
nelle mie storie lo tratto proprio male … Ma
è così dolce è tenero! *__* Certo, se
passa dall’Italia, noi siamo a braccia
aperte pronte per accoglierlo! XD yuyutiamoNon
preoccuparti
per Bella, non ancora per lo meno! Povero povero Edward, Tutto solo
dopo il
matrimonio! E poveri Volturi! A me stanno troppo simpatici! E poi,
nonostante
tutto, sanno essere davvero in gamba! GiullsEccoti
il terzo
cap! Visto che non avevo altro modo per ringraziarti, lo faccio qui!
Grazie per
aver letto, commentato e aggiunto tra i preferiti:Un
giorno di
pioggia(
la
mia prima ficcy su Twilight! ) Sono troppo affezionata a quella storia!
Lì si
vede il mio vero spirito melodrammatico! Tra l’altro, mi sono
accorta che alla
fine le parole erano tutte confuse … adesso ho provveduto a
sistemare! Se ti è
piaciuta così tanto, da un’occhiata anche alla mia
storia originale (E
in un
attimo...)
Credo potrebbe piacerti! sophie_95Spero
penserai
lo stesso di questo! XD PenPenTi
prego non
farti male cadendo dalla poltrona!!!! Perché se quel
capitolo ti ha messo ansia
… non so pensare ai prossimi. Fra poco la situazione si
farà più movimentata!
XD Povera la nostra Bella! Tutte a lei capitano? ( Ps: nelle mie storie
sì XD ) momobSai,
credo che
rimarrai soddisfatta! Ho in mente grandi cose … Incasinate,
ma grandi!!! ka
chanVedremo
come si
evolvono gli eventi! Per intanto posso dirti che fra poco ci saranno
delle
sorprese …. HopeToSaveIl
perché del
rapimento lo saprai nel prossimo capitolo … E per la
seratina piccante … questa
è andata in fumo è vero, ma ricorda che ho
scritto erotico nei generi! Mi
diverto troppo a scrivere scenette xxxxxx anche se cerco di non
esagerare per
evitare di sforare nel rosso! Non preoccuparti, credo proprio che i
nostri due
sposini potranno rifarsi XD GocciolinaInteressanti
supposizioni! Però, non hai azzeccato quella che avevo
pensato io … hai tempo
fino a venerdì ( quando posterò il cap 3 ) Anche
se non credo che riuscirai ad
azzeccare il motivo ( è totalmente assurdo, però
ha fascino! XD ) Dai, ti
prego, scrivimi altre supposizioni! Sono troppo curiosa di scoprire
cosa pensi!
giulia9_91Mi
toccherà
nascondermi dove nessuno ( neanche tu XD ) potrà trovarmi
… Magari a Forks,
piovosa e anonima cittadina dello stato di Washington, al confine con
il Canada
… BellaSwan87Al solito, mi hai fatta arrossire,
però ti prego, ti scongiuro, ti
supplico … non chiamarmi CassandraLeben! Cassandra o Erika
sono più che
sufficienti! Devi sapere che Leben( anzi, Von Leben ) è come
mi chiama il mio
prof di filosofia –per sfottermi-! L’ho messo come
se fosse un cognome … -credo
che sia il mio cognome in tedesco …- Una Cassandra e basta
c’era già! Il nome
completo mi da un che di formale … Ma passando al commento:
Eh sì, lo so che il
pov di Edward non mi riesce tanto … infatti, saranno molto
pochi i cap scritti
così. Solo gli indispensabili XD Sono molto felice che ti
siano piaciuti i
primi capitoli! Aspetto con ansia i tuoi commenti sui prossimi! ( scusa
se
questo cap è breve … ) Spero non ti deluderanno
… Sairen
Grazie per i complimenti! Sono contenta che ti piacciano le mie storie!
Prova a
leggere anche l’altra mia su Twilight (quella
“breve”) … così poi mi dici
se ti
è piaciuta! È la mia preferita! ( e rispecchia di
più il mio carattere
malinconico! XD ) _sefiri_,
sono felice
che ti piaccia!Questa
storia però è più complicata della
precedente, non riesco ad aggiornarla
quotidianamente … è molto più
difficile non cadere nell’assurdo con il tema che
ho intenzione di trattare! Spero di riuscire a postare comunque ogni
tre
giorni! emily
ffNo ti prego, non piangere adesso! Se no dopo che
fai? Per il
seguito, spero che ti lasci senza parole davvero ( però,
ritrovale in tempo per
commentare ti prego! XD ) Deimos
Edward è sexy sempre! Ma quella cicatrice lo rendeva ancora
di più IL bel
tenebroso! Lo voglio!!!!!! Per quanto riguarda il mio stile, sono
contenta che
piaccia! Così come le storie! E questa, sarà
suspance allo stato puro! Eh eh eh
*risata malefica* -> La Erika è sadica … WindNon preoccuparti, lo scoprirai fra poco! ( e poi
vorrai tirarmi
dietro un vaso di fiori XD ) sky_eyes_vampireIn
realtà, se non scrivo per un
po’ poi vado in astinenza da tastiera … per me
scrivere è un bisogno fisiologico!
non hai neanche la vaga idea delle ficcy ( moltissime su T ) che ho
iniziato …
magari un giorno le pubblicherò … per intanto,
vado avanti con questa … e spero
che continui ad appassionarti XD BellaSwan95Se proprio vuole, gli posso dare la mia
… ( scusa, ma come sai, sono
totalmente andata! ) VesuviumMi auguro tanto che tu abbia
ragione!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!E le grandi cose stanno per arrivare! novilunioSono contenta che la ficcy ti piaccia!!! E
grazie per i complimenti
XD carlottinaEh sì … l’hanno
rapita! Sono felice che apprezzi la mia scelta del
doppio pov! Dato che i fatti si sarebbero svolti in due parti del mondo
praticamente opposte, ho pensato fosse necessario XD Per quanto
riguarda i
Volturi, quei teneri, adorabili piccoli bastardi (a
me piacciono
troppo!) … chissà cosa vogliono da Bells? Mhh,
non credo che se la mangeranno …
PEGGIO XD
E come non potrebe farmi piacere sapere che la inserisci tra
i preferiti? Sono davvero contenta di sapere che anche questa storia,
nonostante sia solo ai primi cap, ti piaccia gia così tanto!
Grazie!
- spero che cn il cap 4 non ti venga un infarto direttamente
… mi dispiacerebbe perderti XD Mi sentirei in colpa a vita
… poketpollyAddirittura tragedia-dipendente? Bhe, direi di
sì XD Scarpis ha
contribuito con Eschilo!
Bella’s Pov
C’era
un gran frastuono intorno a me. Avevo un gran mal di testa e quel
rumore
contribuiva ad aumentarlo.
Stanca,
cercai di aprire gli occhi ma le palpebre erano troppo pesanti. Due
braccia
gelate mi sollevarono senza sforzo e mi strinsero al petto. Ancora
intontita,
pensai fossero quelle di Edward. Poi invece mi resi conto che quello
che
sentivo non era il suo profumo. Era sempre un buon odore, ma non er
quello di
Edward.
Improvvisamente,
i ricordi cominciarono a riaffiorare dall’oscurità
in cui ero precipitata. Mi
tornarono alla mente l’auto, Demetri, le mie lacrime e
l’urlo di Angela. I
sedili di velluto e la mia borsa che volava fuori dal finestrino. Il
dolore,
durato appena qualche istante, al braccio e poi il vuoto.
Cercando
di farmi forza, aprii gli occhi e mi resi conto di trovarmi in braccio
ad un
uomo che non avevo mai visto. Era alto e bellissimo. La sua pelle
diafana
pareva porcellana. I suoi occhi erano rossi come il sangue. Rabbrividii
e
l’uomo voltò lo sguardo nella mia direzione. Con
un leggero accento straniero,
mi chiese: < Hai freddo? >
Non riuscii a rispondere. A dire la verità, non riuscii
neanche a muovere le
labbra ma tanto, ne ero sicura, non avrei trovato la voce. Mi accorsi
però che
effettivamente avevo freddo, molto freddo. Indossavo soltanto
l’abito blu che
mi aveva regalato Edward, ed era troppo leggero. Tremavo come una
foglia.
L’uomo si sfilò la lunga mantella grigia e me
l’appoggiò sul corpo. Sempre
tenendomi tra le braccia continuò a camminare. Ondeggiavo
lentamente e avevo un
vago senso di nausea.
La
mia testa era ancora annebbiata dai tranquillanti.
Una
figura scura si chinò su di me. Con delicatezza dischiuse le
mie labbra e lasciò
scivolare nella mia bocca poche gocce di una sostanza amara.
Passò
non più di qualche secondo e non potei fare a meno di
richiudere gli occhi.
Stanca e narcotizzata.
Prima
di perdermi nuovamente nell’oscurità, riuscii a
scorgere l’hangar di un piccolo
aeroporto. Poi tutto tornò buio. Chissà come,
sognai.
Mi
vidi correre per piazze e strade che non conoscevo. La mia pelle
bruciava sotto
il sole caldo di mezzogiorno. Stringevo tra le braccia un bambino. I
miei piedi
nudi feriti lasciavano gocce di sangue e mi facevano male sul
ciottolato
bollente. Il pianto del bambino mi riempiva la testa. Dalle mie labbra
mute, il
nome del mio sposo non prendeva vita
Quando
finalmente mi risvegliai, mi resi conto di trovarmi in un auto. Il
ronzio basso
e continuo del motore riempiva l’aria. Il movimento della
macchina mi cullava.
Tutto
era buio intorno a me.
Cercai
di girarmi ma mi accorsi di trovarmi seduta tra due statue gelate.
Una
voce fredda e tagliente mi intimò: < Non ti muovere.
>
Obbedii.
Non ero tanto stupida da dire di no ad un gruppo di vampiri assetati di
sangue.
Ci
misi qualche istante per rendermi conto che una fascia mi copriva gli
occhi e
che un’altra mi teneva le mani legate. Bende troppo strette,
che mi facevano
male.
Cercai
di non scoppiare a piangere e in qualche modo, non so come,per un
po’ ci
riuscii. I miei respiri affannosi riempivano l’abitacolo,
accompagnati dal
battito forsennato del mio cuore e dal basso ronzio del motore. Ero a
dir poco
terrorizzata. Dopo un po’ si aggiunse uno strano rumore,
incostante.
Ecco.
Quel rumore strano che sentivo erano i miei singhiozzi. Ero in preda ad
una
crisi isterica.
<
Datele dei calmanti. Non mi va di sentirla frignare. >
Cercai
di trattenere i singulti e di respirare profondamente per riacquistare
un briciolo
di calma.
L’ultima
cosa che volevo era che mi drogassero di nuovo. Con una voce
terribilmente
bassa ed esitante sussurrai: < Non li voglio. >
Sentii
la persona al mio fianco sbuffare e poi rivolgersi a me.
<
Zitta e ferma. > Quella voce mi fece trasalire.
Annuii
lentamente e cercai di trattenere i gemiti.
Dopo
quella che mi parve un’eternità, l’auto
si fermò. Sussultai quando delle
braccia forti e gelide mi sollevarono, dopo avermi sistemato meglio la
mantella
intorno al corpo. Ora eravamo all’aperto. Faceva freddo
…
Un
vento fresco mi accarezzava il volto. Svanì in un istante,
nello stesso momento
in cui sentii il rumore di una porta chiudersi alle mie spalle.
Dopo
pochissimi minuti, le mani che mi reggevano mi lasciarono delicatamente
tornare
con i piedi per terra. Per prima cosa, mi levarono la benda intorno
agli occhi.
Venni
accecata dalla luce e mi portai istintivamente le mani, ancora legate,
sul
volto, come per proteggermi. Sbattei le palpebre molte volte e alla
fine,
tenendo gli occhi socchiusi e le mani sempre sul viso, cercai di dare
un’occhiata in giro.
Mi
trovavo al centro di un’ampia stanza senza finestre,
illuminata a giorno da dei
grandi e bellissimi lampadari molto potenti. Tuttosommato, in un'altra
circostanza, avrebbe anche potuto sembrarmi accogliente. I muri erano
bianchi e
il parquet era di ciliegio. Un’enorme libreria copriva
l’intera parete alla mia
destra, mentre alla mia sinistra c’era un divano beige.
Davanti a me una
massiccia porta di legno.
Dita
gelate mi sciolsero il nodo ai polsi e accompagnarono con
determinazione le mie
mani lungo i miei fianchi. Deglutii a vuoto e spalancai gli occhi per
osservare
le creature presenti nella stanza.
Riconobbi
subito Jane, appoggiata stancamente alla parete. Sul volto vi era
dipinta
un’aria scocciata. Mi osservava come se fossi un insetto
fastidioso. La sua
voce, cristallina ed annoiata, ruppe il silenzio.
<
Bene, e adesso che l’avete portata qui? Non crederete mica
che me ne occupi io?
>
I
suoi occhi rossi mi squadrarono da capo a piedi. Sbuffò.
Distolsi
lo sguardo e fissai il pavimento, le venature del legno.
<
Non preoccuparti. Jane. Ma non fare la scontrosa. È pur
sempre nostra ospite.
>
Io
tremavo e mi guardavo i sandali, incapace di alzare lo sguardo.
Mi
strinsi di più la mantella intorno al corpo per riparami dal
freddo che sentivo.
<
Vieni. > Il giovane al mio fianco mi strattonò per un
braccio e mi trascinò
oltre la porta, in un'altra stanza. Entrammo in un ascensore insieme ad
altri
tre suoi compagni e scendemmo.
Quando
le porte si riaprirono, potei constatare di trovarmi in una sorta di
sotterraneo.
Le
mura e il pavimento in pietra. Nessuna finestra. La luce fioca, emessa
da
alcune piccole lampade sul soffitto ad illuminarci la strada.
Con
passo malfermo seguii il giovane vampiro che mi faceva strada. Dietro
di me
percepivo la presenza degli altri tre. Dopo un centinaio di metri. Il
ragazzo
si fermò e m’indicò con la mano la
porta aperta davanti a lui.
<
Entra. Nessuno ha intenzione di mangiarti. > Mi
ammiccò e poi, visto che io
ero immobilizzata dalla paura, mi spinse con grazia dentro.
Quando
la porta si chiuse con un tonfo sordo alle mie spalle, per poco non
svenni.
Ero
chiusa in quella stanza e non avevo via di fuga.
Strinsi
la mantella più stretta intorno al mio corpo e scoppiai in
un pianto a dirotto.
<
Isabella. >
Una voce familiare risuonò nella camera.
Sobbalzai. Non mi ero
accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
<
Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. >
Aro
mi si
avvicinò e
mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi
occhi guizzare
sulla mia fede e poi incontrare i miei.
Mi
sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano, dopo aver fatto
cenno alle sue guardie del corpo di lasciarci soli.
<
Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. >
Sapevo
che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei
riuscita a
sopravvivere un po’ più a lungo.
Mi
sedetti sul divano, facendo ben attenzione a non sfiorare la pelle
all’apparenza così friabile dell’antica
creatura seduta al mio fianco.
Aro
mi pose una mano sul braccio e attese qualche istante, poi
sospirò sconsolato e
mi rivolse un’occhiata lattiginosa. Tremai di freddo e di
paura al contatto con
quella pelle fredda, ma tuttavia non gelata.
<
Niente. I tuoi pensieri mi sono negati. > Sembrava rassegnato.
Io,
cercando di dissimulare il terrore cercai di rispondere nel modo
più garbato
possibile, ma dalle mie labbra non uscii che un rantolo.
Il
vampiro si avvicinò di più a me e, prendendo una
ciocca dei miei capelli
spettinati, annusò il mio odore. < Edward ha buon
gusto. > Il mio cuore
perse un paio di colpi per lo spavento, finché non riprese a
battere quando Aro
mi sussurrò: < Naturalmente, non ti ho fatta venire
qui per questo.
Perdonami per il viaggio non troppo confortevole. Non potevo fare
altrimenti.
Ma dimmi, come ti senti? Hai bisogno di qualcosa? Ti ho fatto preparare
una
stanza, spero sarà di tuo gradimento. >
Mi
osservò in attesa di una mia risposta. Io mi limitai a
fissarlo.
Racimolando
tutto il mio coraggio, alla fine riuscii a domandargli:
<
Perché? >
Lo
vidi sorridermi e poi avvicinarsi a me, per sussurrarmi
all’orecchio:
<
Perché tu sei una persona speciale …
più di quanto tu riesca a immaginare. >
La
mia voce era poco più di un sussurro:
<
Si sbaglia. Io non sono assolutamente speciale. Sono una comunissima
umana …
>
Rise
di gusto.
La
sua risata era roca, antica.
Giocò
un po’ con i miei capelli, arricciandoli sulle dita lunghe e
pallide. All’apparenza
così fragili …
Si
avvicinò al mio volto e fece scorrere il naso sulla mia
guancia e, dopo aver
inspirato il mio profumo, mi bisbigliò
all’orecchio:
<
Non sottovalutarti. Tu sei davvero speciale. >
Io
ero immobilizzata dal terrore.
Notò
la mia angoscia, evidentemente ben visibile sul mio volto stanco, e mi
sorrise.
Si
allontanò un po’, sempre tenendo tra le mani i
miei capelli, chiuse gli occhi
per qualche secondo,come
se stesse
cercando di immaginarsi qualcosa che io ancora non potevo vedere. Sul
volto
antico, un sorriso beato e compiaciuto.
Sollevò
le palpebre e mi fissò negli occhi impedendomi di
distogliere lo sguardo, come
se fossi ipnotizzata da quelle pupille lattiginose.
Mi
sussurrò:
<
Ho in mente grandi cose per te, Isabella … grandi cose
… >
4....Eccoci qui, con il quarto
capitolo! Nelle recensioni al cap 3, la domanda più
frequente (praticamente
onnipresente) è stata: Che vuole Aro da Bells? Eh eh eh
… lo scoprirete in
questo cap! Premetto che non credo che una cosa come
l’ho pensata io sia
possibile nel libro ( e sperando che a voi l’idea piaccia )
tutta la storia
sarà incentrata sulle ultime parole di Aro in questo cap.
Scusate se è un po’
assurda l’idea, ma il fulcro della storia mi è
venuto in un sogno e si sa, i
sogni sono assurdi ( soprattutto i miei, e i miei di solito sono anche
devastanti. La gente scappa o trema di paura quando li racconto ... e
io la
mattina mi sveglio sempre male ... Il sogno più frequente
prevede qualcuno che
mi accoltella alle spalle o io che cado da un palazzo
altissimo ... Insomma,
capito il genere? preparatevi! ) questa storia però mi
piaceva era troppo
carina per non scriverla! *anche se è assurda* XD
Scusate se questo
cap è un po' lungo, ma non potevo proprio dividerlo o
tagliarlo ... ( 6 pagg di
Word TNR 12 ... invece che 5 ... ) Ps: Ho usato il
nome "Camilla" in questo cap perchè è l'unico
abbastanza antico che mi venisse in mente XD ( La vergine Camilla
nell'Eneide! )
E ora, grazie per aver aggiunto la storia tra i preferiti a :yumisan,
Inuyasha__girl92,niky_d,doval79,Bella_Swan,Hele91akane_val,
ale90,
lady_melody,
Les,
poketpolly,
pRiNcEss
LiLlUzzA.
( scusate se ho saltato qualcuno)
Grazie a tutte voi che leggete ed in particolare a coloro che
commentano!!!!! WindEhm … in effetti sì.
Sadica e crudele, questi sono i miei due
epiteti! E vedrai … XD emily
ffGrazie! Allora, aspetterò le tue
recensioni! Ci conto! BellaSwan95Che bello! Il moccioso dici?mhhh …
chissà? XD ka
chan,
sophie_95,
_sefiri_,poketpollyCosa
vuole Aro da Bella? Spero che
la risposta non vi deluda! La mia mente perversa imperversa! DeimosAddirittura? Mi sento onorata! Poveri Volturi,
con tutte quelle che
gli hai tirato dietro!!! XD Però, effettivamente se le
meritano! PenPen,
Non puoi
vedermi, ma sto annuendo. Hai ragione … SADICONA mi si
addice XD ( ti svelo un
segreto che ti sconvolgerà: Non sono
anti Bella! Anche se non sembra …
Certo, vorrei esserci io tra le braccia di Edward, ma dato che non
posso,
tantovale che almeno lei sia felice! Grazie per la rec alla mia piccola
originale!
Vuoi un fazzoletto? VesuviumSperiamo! E grazie per i bellissimi complimenti! giulia9_91Mi nasconderò bene! Andiamo a
consolarlo insieme il nostro piccolo
vampirello triste? alice
brendon cullenNon preoccuparti! Un
bel respiro … e vediamo come
va avanti XD cometa91Ecco a te un altro cap! Sono davvero felice che
ti sia piaciuta la
mia one-shot! Davvero tanto! *occhi sbirluccicosi di gioia* yuyutiamoAro ha un esercito molto potente …
Non credo abbia paura di Edward,
anche se teme una sua reazione! Ps1: Eh eh eh, la mia storia porta
fortuna!
Ps2: Mi mandi la tua mail che ti mando una cosa …
(così potrai affermare che
sono fusa!) Ciao e, per i prox cap: trema trema! AngelOfLoveOMAMMAMIA! Sappi che io, che la matura ce
l’ho l’anno prossimo, non
ho dormito per la paura del tema … Spero che ti sia andato
bene! Sto già male
per la versione di latino e mancano 364 giorni!!! Auguri per la matura! novilunioVale
quanto sopra! Che tema hai scelto? Auito! In bocca
al cane anche a te! ( povero povero Jake! ) hachicatOggi è mercoledì
… (mentre scrivo) sto scegliendo un corpetto con la
Lauri … tra la la! Giulls
Ma certo che sono andata! Grazie! Quella è per me una storia
molto speciale … carlottinaNon preoccuparti (cioè, preoccupati,
ma non per questo! ) Non
succederà niente di così drastico! Se vuoi
però, ti posso consigliare un bravo
chirurgo per il bypass ( sai, dopo l’infarto ) …
Tale Carlisle Cullen … GocciolinaNo no, non la vuole come animale da compagnia!
Peggio! algin91Eh
sì ... molto sospetto. Povera Bella ... *scuoto la testa
sconsolata* sky_eyes_vampirePotremmo
andarci insieme a fare il giro a Forks ... che ne dici? Per quanto
riguarda Aro, ti capisco perfettamente! Il nostro piccolo Edward!!!
Persino Bella mi fa un po' pena ... (ma finchè sono carezze
va ancora bene ... Eh eh eh
-> sono
proprio cattiva ) Ah, mi raccomando, non morirmi ti prego! Troppe vite
sulla mia coscienza complessata! Posso consigliarti lo stsso medico di carlottina?
Sempre tale Carlisle Cullen ...
Mi raccomando, continuate a
seguirmi e a commentare! (ho una paura tremenda per questo
capitolo ...
*sto tremando*)
Ci vediamo
Sabato verso le 4! Una Cassandra molto spaventata!
Bella's
Pov
Non
sapevo cosa dire, cosa fare, come comportarmi. Mi limitai quindi a
scrutare il
volto del vampiro di fronte a me.
Con
un gesto velocissimo, mi porse un bicchiere colmo d’acqua.
<
Ma cara, prima di parlare d’affari, bevi qualcosa. Avrai
sete. Il viaggio è
stato molto lungo … > Mi sorrideva e, ne ero certa,
si sforzava di sembrare
rassicurante.
Con
le mani che mi tremavano molto più di quanto non avrei
voluto, afferrai il
bicchiere che mi porgeva.
La
sete mi bruciava la gola. Qualche goccia d’acqua cadde e
bagnò il vestito. Aro
ne sollevò un lembo, tastò la stoffa e poi mi
disse:
<
Nella tua stanza troverai abiti più caldi. >
Rimasi
con il bicchiere sospeso davanti alla bocca per qualche minuto. Temevo
volesse
drogarmi. Alla fine però la sete prese il sopravvento e
bevvi tutto d’un fiato.
Appena abbassai le mani e il bicchiere, Aro me ne porse un altro. Io
l’afferrai
e lasciai scorrere l’acqua lungo la mia gola. Non mi ero
ancora del tutto
dissetata, ma non lo diedi a vedere. Posai il bicchiere sul tavolo di
fronte a
me e chiusi gli occhi.
Sentivo
lo sguardo del vampiro fisso sul mio volto. Cercando di calibrare le
parole, alla
fine sussurrai:
<
Vorrei poter tornare a casa mia. >
<
Bella, carissima > Mi rispose lui con un tono amichevole che non
si addiceva
per niente né alla situazione né alle parole
successive:
<
Temo proprio che questo non sarà possibile, per lo meno per
i prossimi mesi.
Sta tranquilla, non sto dicendo che non ti lasceremo tornare dai tuoi
amici, in
America. Solo, prima devi fare un lavoro per noi. >
Sollevai
le palpebre e l’osservai attentamente.
<
Certo, anche se credo che forse, alla fine, sarai proprio tu a voler
rimane
qui. Naturalmente, se Edward vorrà unirsi a noi, saremo ben
lieti di accogliere
anche lui nella nostra famiglia.>
Aggiunse
osservando la fede.
<
Credo che Edward vorrebbe che io tornassi a casa. Mio marito
è molto impulsivo,
e si preoccupa sempre molto della mia incolumità. Non vorrei
che reagisse male
alla mia sparizione. > Evitai di proposito la parola rapimento.
Temevo una
reazione improvvisa.
Quasi
ridendo però, Aro mi disse: < Lo so bene. Quando
abbiamo avuto il piacere di
averlo come ospite, ha dato prova del suo carattere particolare.
>
Mi
tornò in mente la nostra visita in Italia e sperai con tutto
il cuore che Edward
non si precipitasse alla mia ricerca senza riflettere. Avrebbe soltanto
messo a
rischio la sua vita.
Dovevo
evitarlo.
<
Scusi … >
<
Dimmi cara. >
<
Potrei telefonare a mio marito?solo per rassicurarlo che sto bene
… >
Mi
osservò per qualche interminabile istante e poi mi
sussurrò:
<
Temo che al momento non sia possibile. Non preoccuparti, gli faremo
pervenire
la notizia alquanto prima. Non vorremmo che pensasse male o commettesse
gesti
insensati … dovremmo agire di conseguenza e mi dispiacerebbe
perdere un
elemento così particolare … >
Mi
sorrideva gentile mentre io mi sentivo un nodo terribile allo stomaco.
In
parole povere, mi stava dicendo che se Edward fosse venuto a cercarmi,
lo
avrebbero ucciso … Quell’idea mi faceva sentire
male. Avrei preferito morire
che saperlo in pericolo.
Rimasi
in silenzio alcuni minuti, tentando di non avere una crisi di nervi.
Qualcuno
bussò alla porta ed entrò senza aspettare
risposta. Io mi irrigidii.
<
Signore, Heidi è appena tornata. Vuole unirsi a noi? >
<
Certamente. Alec, mi faresti il piacere di accompagnare la nostra
giovane
ospite nella sua stanza? > Mi sorrideva gentile mentre
pronunciava quelle
parole. < Cara, devi perdonarmi ma devo andare. Oltretutto, la
tua vicinanza
rende più difficile il tutto. A presto. >
Doveva
andare a nutrirsi, ecco perché i suoi occhi erano scuri,
dietro a quel velo
bianco. Rabbrividii.
Non
mi allettava l’idea di stare a pochi passi da un vampiro
assetato ma non gli
diedi a vedere la mia paura. Attesi che uscisse e poi feci un respiro
profondo
per racimolare le forze.
Mi
alzai lentamente e seguii il giovane che mi porse una mano.
Mi
condusse lungo il corridoio. Prendemmo nuovamente l’ascensore
ma vi rimanemmo
ben poco.
Quando
le porte si spalancarono potei constatare di trovarmi in un altro lungo
cunicolo.
Non
c’erano spiragli di luce e proseguivo a tentoni seguendo Alec
che mi teneva per
il braccio. Ad un certo punto inciampai, probabilmente nei miei stessi
piedi, e
caddi, stremata. Scoppiai a piangere rannicchiata a terra, sulle pietre
fredde.
Il ragazzo attese finché non mi fui sfogata e poi, quando i
miei singhiozzi si
furono calmati, mi domando:
<
Hai finito? Vorrei poter andarmene. > Poi mi afferrò
i polsi e mi rimise in
piedi.
Mi
trascinai fino a che la mia guida non si fermò. Feci lo
stesso e attesi.
Mi
aprì la massiccia porta e mi fece segno di entrare.
Non
feci a tempo a fare quattro passi che me la richiuse dietro la schiena.
Al
tonfo sordo del legno sui cardini di ferro trasalii.
La
stanza era ampia, lussuosa, illuminata a giorno da un grande
lampadario, ma
senza finestre.
Mi
trascinai fino al letto a due piazze che si trovava al centro della
camera e mi
ci lasciai cadere.
Presi
la mantella che avevo ancora sulle spalle e la gettai contro il muro
con un
urlo di rabbia.
Poi
mi avvolsi nelle coperte rosse per combattere il freddo e nascondere il
suono
dei miei singhiozzi.
Mi
addormentai quasi subito con il cuscino bagnato dalle mie lacrime. Feci
sogni
molto agitati, ma non li ricordo.
Quando
alla fine mi risvegliai, con il respiro affannato, a stento riconobbi
il luogo
in cui mi ritrovai. Il sudore freddo mi bagnava la schiena.
Mi
sentivo ancora intorpidita. Aprii gli occhi e trattenni a stento un
ennesimo
pianto isterico.
La
luce era rimasta accesa e ora che ero un filo più lucida,
tutti i dettagli che
mi erano sfuggiti mi furono chiari.
Mi
alzai a sedere e osservai con più attenzione la camera.
Ampia,
lussuosa, riccamente arredata, lugubre.
I
mobili erano antichi. Tutto l’arredamento era di legno scuro.
Non c’era niente
che mi collegasse al mondo esterno: una radio, una sveglia,
un televisore … men
che meno un telefono.
Una
volta messami in piedi, aprii la porta che si trovava
dall’altra parte della
stanza.
Ciò
che mi si parò davanti mi sorprese. Un bagno, enorme e
bellissimo, mi stava
aspettando.
Mossi
alcuni passi incerti verso la vasca gigante.
Il
pavimento del bagno era in marmo e tutte le rifiniture e le manopole
dei due lavandini,
della vasca e della doccia, persino del bidet, erano in oro. A destra,
uno
specchio molto grande rifletteva la mia immagine. Non volli neanche
guardarmi.
Aprii
il mobile alla mia sinistra e fui investita dal profumo di bucato.
Decine
di asciugamani e accappatoi erano ordinatamente disposti sugli scaffali.
Il
colore predominante nella stanza era il bianco.
<
È di tuo gradimento? > La voce mi colse
all’improvviso.
Sobbalzai
portandomi le mani al petto e mi voltai lentamente.
Aro
mi osservava incuriosito.
<
Non volevo spaventarti. Scusami. >
<
Non l’avevo sentita arrivare. >
<
La prossima volta mi ricorderò di bussare.> Il suo
sorriso mi faceva una
paura tremenda ma, cercando di farmi coraggio, dissi:
<
Qui è molto bello, però … vorrei
tornare a casa. >
<
Credevo che ne avessimo già parlato … al momento
è necessario che tu rimanga
qui. È solo una soluzione temporanea. Ma ora, immagino che
vorrai rinfrescarti.
>
<
Che ore sono? >
<
Domanda curiosa. Sai, per noi il tempo scorre in modo diverso. La
visione che
ne avete voi umani ci è estranea. Provvederò
comunque a farti pervenire un
orologio. Ma ora ti lascio. Ero passato solo a salutarti. Se hai
bisogno di
qualcosa, qualsiasi cosa, non esitare a chiederlo. Ogni tuo desiderio
è un
ordine. > Mi prese la mano e me la baciò, poi si
voltò ed uscì.
Rimasta
sola, mi accovacciai in un angolo e scoppiai nuovamente a piangere.
Avevo
paura, mi mancava la mia famiglia. E poi, cos’avrebbero detto
i Cullen ai miei
genitori? Come avrebbero potuto spiegare ad Angela? Cosa stava facendo
il mio
Edward? Cosa mi sarebbe successo? Tutte quelle domande mi affollavano
la testa
e mi impedivano di pensare. Mi accorsi di tremare.
Mi
alzai di scatto e andai davanti alla porta della camera. Era chiusa
dall’esterno. Battei i pugni con forza urlando e gridando con
quanto fiato
avevo in corpo. Continuai così finché le nocche
non cominciarono a sanguinarmi.
Esausta, mi lasciai scivolare lungo il legno liscio. Sentivo il
pavimento di
legno sotto la mia guancia. Speravo di svegliarmi e scoprire che era
solo un
incubo ma purtroppo, ero fin troppo consapevole di quale fosse la
realtà.
Rimasi ferma ad osservare il color pesca dei muri, gli stucchi
d’oro che
ornavano il soffitto bianco.
Alla
fine, dopo quelle che mi parvero ore, mi alzai e, benché
fossi malferma sulle
gambe, andai nel bagno, mi spogliai ed entrai nella doccia. Lasciai che
l’acqua
gelata mi svegliasse e lavasse via anche gli ultimi residui dei
tranquillanti
che ancora sentivo circolare nel mio corpo.
Quando
oramai le mie labbra erano diventate viola, spensi l’acqua e
afferrai un
accappatoio.
Una
volta che fui asciutta, lo lasciai per terra e tornai nella stanza del
letto.
Aprii la cassettiera e rimasi sorpresa dalla quantità di
biancheria che vi
trovai.
Tutto
firmato dalle più importanti marche italiane. Persino le
mutande.
Constatando
che quello che c’era in quella cassettiera valeva
più di quanto i miei genitori
guadagnassero in un anno, mi infilai la biancheria e poi aprii
un’anta
dell’enorme armadio affianco alla cassettiera. Non volli
neanche vedere cosa ci
fosse dentro. Afferrai il primo vestito che mi fu a portata di mano e
me lo
infilai.
Era
della stessa tonalità di rosso scuro delle coperte.
Lungo
fino ai piedi e con una discreta scollatura a v sul davanti.
Lasciai
che i miei cappelli, ancora umidi, lo bagnassero. Non mi importava che
lo
rovinasse, nonostante sapessi essere un vestito molto costoso.
Raccolsi
l’abito regalatomi da Edward e lo piegai con cura,
appoggiandolo su una sedia.
Effettivamente,
ora che mi soffermavo sui particolari, potei notare come, in
realtà, le
dimensioni della stanza fossero pari a quelle di un appartamento
spazioso. Una
parete era occupata da una gigantesca libreria. Delle poltrone e un
divano
erano state posizionate non molto lontano. Al centro della stanza il
grande
letto a due piazze faceva bella mostra di sé. Poi
c’era l’armadio e la
cassettiera, la cassapanca che constatai essere piena di lenzuola, uno
specchio
gigante, una scrivania, un tavolo con sei sedie, un caminetto piuttosto
grande
con un fuoco scoppiettante, un frigo bar che scoprii essere pieno di
bottiglie
d’acqua, un mobiletto basso a due ante pieno di bicchieri.
Vicino alla porta
d’ingresso c’era una scarpiera. Sembrava che
avessero previsto una mia lunga
permanenza. Un brivido freddo corse lungo la mia schiena.
Notai
con stupore la presenza di un citofono.
Mi
avvicinai e sollevai la cornetta. Dato che c’era un solo
pulsante, lo premetti ma
non ebbi risposta.
Dopo
pochi istanti, qualcuno bussò alla porta che dava sul
cunicolo buio.
<
Signorina? >
Non
risposi.
<
Signorina, entro. >
E
la porta si aprì. Io ero rimasta lì impalata.
Il
ragazzo, Alec, entrò e mi squadrò da capo a
piedi, poi mi domandò:
<
Allora? Perché mi hai fatto venire? Io non sono la tua
balia. > il suo
sguardo di ghiaccio mi trafisse.
<
Io … non sapevo … volevo … questo
… > mentre pronunciavo quelle parole
sconnesse, il giovane mi sfilò l’apparecchio dalle
dita e lo rimise al suo
posto.
<
Questo lo devi usare solo se stai male o se hai bisogno di qualcosa.
>
Parlava
piano, scandendo tutte le parole, come se si stesse rivolgendo ad un
imbecille.
Annuii
e poi decisi di giocare la mia mossa.
<
Voglio uscire. >
<
Non cominciare a fare i capricci. Non ho nessuna intenzione di stare
qui a …
>
<
Voglio uscire e parlare con Aro. Voglio sapere perché mi
avete portata qui. Ha
detto che avrei potuto avere tutto quello che voglio. E io voglio
incontrarlo.
>
Speravo
che l’angoscia e il terrore nella mia voce non fossero
così palesi come
parevano a me.
Alec
sbuffò e poi, con mia grande sorpresa mi indicò
delle scarpe nere con il tacco,
ordinatamente sistemate nell’elegante porta-scarpe, e mi
disse:
<
Seguimi. >
Mi
infilai le scarpe e poi uscii nel corridoio.
Percorremmo
la stessa strada dell’andata, prendemmo lo stesso ascensore e
ci ritrovammo
nello stesso anticamera. Il giovane mi teneva sempre per un braccio e
mi faceva
camminare tanto in fretta da impedirmi di osservarmi in giro. Inciampai
un paio
di volte ma lui era sempre pronto ad afferrarmi prima che mi facessi
male.
Quando
ormai avevo il fiatone, mi spinse dentro un salone vuoto e mi
intimò:
<
Resta qui. Ferma e immobile. >
Non
mi fu difficile obbedire, pietrificata com’ero dalla paura.
Attesi
qualche minuto in piedi, sfregandomi le braccia con le mani per
scaldarmi. Il
mio respiro formava delle nuvolette davanti al mio volto.
Questa
volta non mi feci sorprendere. Quando la voce di Aro riempì
la stanza, mi
voltai lentamente e, senza scompormi, dissi:
<
Salve. >
Venendomi
incontro con un sorriso incoraggiante, il vampiro mi salutò:
<
Bella, che piacere scoprire che desideravi vedermi. >
Sapevo
cos’avrebbe fatto. Fui io stessa a porgergli la mano. Lui la
prese fra le sue e
me la baciò, osservando la fede.
<
Non restiamo qui … vieni … > E mi fece
largo fino alla camera attigua.
<
Prego, accomodati … > disse indicandomi un divano in
pelle. Mi sedetti e
attesi. Aro si accomodò al mio fianco e mi chiese:
<
Di cosa desideravi parlarmi? >
<
Ehm … mi chiedevo … > ma non riuscii a
proseguire la frase. Osservavo le mie
mani, strette intorno alla stoffa del vestito.
<
Perché ti avessimo fatta venire? > Mi
incoraggiò lui.
Annuii
ed aggiunsi: < Edward, ha promesso che mi avrebbe trasformata
… subito dopo
il ritorno dalla luna di miele. >
<
Vedi cara, è proprio quello che volevamo evitare. >
Io lo guardavo confusa
senza capire cosa stesse cercando di dirmi.
<
Volevamo evitare che ti trasformasse. >
<
Non capisco. > Gli dissi smarrita.
<
In realtà, in queste ultime settimane trascorse dal nostro
incontro ho avuto
modo di riflettere sulle tue particolari caratteristiche. Sul tuo
essere immune
ai poteri miei, come a quelli di Edward e Jane. È rarissimo
che un umano si
avvicini a quelli della nostra specie e dimostri di non temerli. Tu
riesci a
vivere a stretto contatto con la famiglia di Carlisle. Ho visto i
ricordi di
Edward. Non hai mai avuto paura, e questo, è straordinario.
Proprio come te.
Solo una volta, in tutta la mia ormai lunga vita, ho avuto modo di
incontrare
una persona con le tue capacità. Ormai molto tempo fa.
Appena
sono riuscito a ricordare, ho predisposto il tuo trasferimento
… >
<
Quindi volevate essere voi trasformarmi per poter sfruttare quelli che
potrebbero essere i miei poteri … >
<
O no. Proprio il contrario. Le qualità che ti rendono
speciale risiedono
proprio nella tua natura umana.
Non abbiamo nessuna intenzione di trasformarti.
>
Io
lo guardavo allibita. Avevano insistito tanto perché Edward
mi cambiasse, e ora
loro stessi avevano fatto i salti mortali per impedirglielo.
Aro
mi carezzò una guancia e aggiunse: < Abbiamo dovuto
agire prima che venissi
trasformata. Ma il tuo sposo non ti ha lasciata sola un secondo.
È stato molto
complesso riuscire a portarti da noi … anche
perché dovevamo fare in modo che
la giovane Alice non vedesse nulla. Tutte le decisioni dovevano essere
prese al
momento … Appena ne abbiamo avuto
l’opportunità, ti abbiamo fatto venire qui.
>
<
Mi avete rapita. > Puntualizzai io, conscia del fatto che mi
avessero
spiata. Mi sentivo male all’idea che i Volturi avessero
sorvegliato me e la mia
famiglia … Charlie e i miei amici …
Lacrime
di rabbia bagnarono i miei occhi.
<
Non fare così. Sei molto importante per noi. Sai, stavamo
aspettando che tu
fossi sola, avremmo voluto parlarne con calma con te … ma i
tempi si stavano
restringendo e alla fine abbiamo dovuto fare le cose un po’
di fretta. >
<
Avete intenzione di farmi restare a lungo? A giudicare dalla stanza
… >
<
Solo il tempo necessario, a meno che tu non decida il contrario
… Di rimanere …
>
<
Dubito. > La mia voce invece di essere tagliente mi
risultò tremolante.
Cercai di non dare a vedere il mio disagio. Feci un respiro profondo e
lo
fissai nei suoi occhi lattiginosi. La pelle della sua mano, simile ad
argilla,
si soffermò sulla mia fronte.
<
Isabella … più ti osservo più rivedo
in te Camilla … Lei, proprio come te, era
speciale. >
<
Come fate a dire che sono speciale? >
<
Non ci temi, sei così schietta, tranquilla …
certo, ora la tua ansia è
palpabile, ma quando ti sarai ambientatasono sicuro che tornerai alla tua spontaneità.
E, proprio come quella di
Cammina, la tua mente percepisce più di quanto tu stessa non
ti renda conto.
>
Lo
osservavo spaventata. La sua mano scese lungo la mia spalla e mi
accarezzò il
braccio lasciato in parte scoperto dall’abito.
<
Non dirmi che non hai fatto caso ai tuoi sogni … > Mi
sorrise incoraggiante.
<
Non ti sei accorta di come il tuo inconscio veda oltre il semplice e
l’effimero?
Non
hai notato come i tuoi sogni ti suggeriscano la verità?
>
A
quelle parole restai interdetta. Ripensai alla prima volta che sognai
Edward.
Al volto di Mike … alle sue parole, ai canini di Edward. E
poi ancora, la mia
mente corse ad altre notti, ad altri sogni …
Jacob
che si trasformava in Edward … i lupi nella foresta, A
Edward che riluceva al
sole, al mio riflesso nello specchio, all’immagine di mia
nonna oltre il vetro
...
Mi
presi il capo tra le mani e mi accorsi di tremare.
Aro
mi passo la mano sulla schiena e allora io bisbigliai:
<
Quindi, è per i sogni? >
Scoppiò
in una fragorosa risata.
<
Non direi proprio! Tu puoi fare molto di più! >
<
proprio come Camilla? >
Sospirò
e poi, in tono colloquiale,mi disse:
<
All’epoca non eravamo ancora esperti come oggi. Non abbiamo
saputo sfruttare le
sue capacità.
Eravamo
ancora giovani, se così si può dire, ed
impulsivi. In un certo senso, io
assomigliavo molto al tuo Edward. > Mi sorrise con lo sguardo
perso nei
ricordi, poi proseguì:
<
Abbiamo commesso degli errori, errori che ci sono costati cari. >
Lo
fissavo interrogativa. Mi osservò per alcuni istanti e poi
mi sussurrò:
<
Avevamo già ottenuto ciò che cercavamo, ma ci
voleva ancora del tempo prima che
il suo compito fosse assolto interamente. Avremmo dovuto aspettare
una manciata di settimane, otto o nove. Non di più
…
Certi di aver raggiunto il
nostro obbiettivo non ci siamo curati dell’effetto delle
nostre azioni. Abbiamo
ucciso il suo compagno. Non
avevamo
previsto che si uccidesse a sua volta. I suoi pensieri, proprio come i
tuoi, mi
erano nascosti. Quando andammo a controllarla, la vita aveva ormai
abbandonato
il suo corpo. E comunque, una volta trasformata, non ci sarebbe stata
più
utile. Questa volta … > E afferrò la mia
mano, < Non commetteremo lo
stesso errore. E quando avrai assolto il tuo compito, sarai libera di
tornare
dalla tua famiglia. Naturalmente solo dopo essere stata trasformata. Se
lo
desideri, potrà essere il tuo stesso Edward a farlo. Lo
faremo venire qui …
>
La
sua mano era ancora stretta intorno alla mia. E mi pareva
così friabile …
Sapevo perfettamente che non sarei riuscita a fuggire. Dopo aver
inspirato
profondamente, domandai:
<
Cosa volete che faccia? >
Il
sorriso calmo e tranquillo della creatura che avevo dinanzi mi
sorprese.
Mi
squadrò per qualche lunghissimo minuto e poi, dopo aver
avvicinato la bocca al
mio orecchio, mi sussurrò:
Ok ragazze, ok … Devo dire
che, con lo scorso capitolo, ho
procurato a Carlisle molte nuove pazienti ansiose di farsi (curare da)
lui e
magari anche (da)i suoi bei figlioli …
Eh eh eh … quello proprio non ve lo aspettavate vero? *me
molto perfidissima*
Ora, dopo aver decimato, le mie adorate lettrici, per quelle
che sono riuscite a sopravvivere al colpo mortale, ecco il cap 5 che
sarà
ancora dal pov di Bella. Il prossimo capitolo sarà invece
dal
pov di Edward,
per tornare infine a quello di Bella e, vi assicuro, in quel cap (il 7)
vi verrà
un altro infarto, o per lo meno un bel colpo al cuore L'infarto vi
verrà nel cap 8 … (sempre Bella's Pov. Edward
torna nel
9!!!)
Ma tanto ormai mi
conoscete. Insomma, non mi smentirò.
Spero di poter continuare a sorprendervi!
Ed ora, piccola premessa al cap 5.
Allora, per prima cosa vi devo dire che nei libri della
Meyer tutto, ma proprio tutto fa presupporre che i nostri dolci letali
amici
vampiri non possano avere figli.
Ora, essendo necessario per la mia ficcy, ho elaborato una
teoria complicata, molto complicata, per poter spiegare come Aro (o i
vampiri
in generale) possa volere un figlio. Non saprei come spiegarla senza
essere
volgare dato che non sono medico e non è proprio il mio
campo (nozioni di terza
media e un po’ di biologia XD) quindi dirò giusto
giusto due cose essenziali:
Bella ha una sorta di potere: (a parte non avere freni
inibitori e quindi gettarsi tra le braccia di vampiri …) Con
i sogni riesce a
vedere la realtà delle cose così come, date le
circostanze del momento ( e solo
del momento mi auguro, se no Edward non la trasforma -> Il sogno
in cui lei
invecchia) sono. I sogni le svelano la realtà.
Nella mia storia, ho pensato che lei
potesse anche poter
concepire con i vampiri.
Ma il problema sono proprio i Vampiri? Bhe, in realtà qui
cade l’asino, cioè io.
Però, una teoria l’ho elaborata. I vampiri sono
morti … e
così dovrebbero essere anche i piccolini che
“vivono” nei piani bassi …
Secondo me, qui ci potrebbe essere un
errore di fondo
proprio nel libro della mia adorata Meyer. Dopo ore di camera di
consiglio con
il mio cervello (per citare Pen Pen!!!XD) sono arrivata alla
conclusione che la
nostra Bella non potrà avere la sua prima notte di nozze. Eh
sì … i vampiri non
potrebbero avere un rapporto sessuale per il semplice fatto che,
perché questo
abbia luogo, è necessario che il sangue venga pompato
laggiù … perché se no il
pene non potrebbe … si insomma, avete capito.
Però, c’è un però
… se pensiamo che nelle vene dei vampiri
scorra il sangue delle loro vittime (come viene fatto intuire dalla
Meyer
quando parla dei “neonati” e dice più o
meno: “il loro sangue li rende più
forti, dopo un anno questa forza viene meno … ” o, parlando della dieta
dice: “Il sangue umano
ci rende più forte”) allora forse sarebbe
possibile il rapporto sessuale. E in
questo caso, ponendo che Bella sia speciale, lei potrebbe riuscire a
concepire.
Lei e la pora Camilla.
Lo so, è tutto un
po’ contorto ma ci tenevo a esporvi le mie
teorie che rendono quasi verosimile questa mia storia. Vi prego
comunque di
chiudere un paio d’occhi sulle imperfezioni di questa che
è una storia senza
pretese, partorita in una notte di maggio, alla fine della scuola.
Spero che vi
piaccia come andrà avanti. Ho pensato a delle cose carine e
sono certa che non
rimarrete deluse dal finale, che sarà moooooltooooo
… tenero. (dovrete però
passare sul mio sadismo che non muore mai.) Ci saranno un po’
di copi di scena.
Chiedo scusa a tutte voi che mi avete
lasciato tutti quei
commenti fantastici ( e qui stava venendo l’infarto a me!!!
Tutte quelle
recensioni!!! *Impazzisce di gioia* spero me ne lascerete sempre
tante!!!) ma,
data la prolissa introduzione, non ho lo spazio per ringraziarvi una
per una!!!
Anche perché davvero, avrei voluto rispondere a tutte voi!
Mi avete fatta
troppo felice!!!! Vale lo stesso per le persone che mi hanno aggiunto
questa ff
tra i preferiti!
Un GRAZIE gigante a tutte voi che leggete e recensite!!!!!! In questo
modo fate contenta una tastiera-dipendente!!!
Con la speranza che anche questo capitolo vi piaccia ...
e
mi raccomando, recensite!!! Cassandra ( che sta
già
pensando alla prossima storia!!! )
A lunedì ...
sempre verso le quattro!
Bella's Pov
A
quelle parole, il mio
cuore perse un battito.
<
Dammi un figlio,
Isabella. >
Ritrassi
la mano
orripilata e lo osservai per alcuni istanti. Mi alzai di scatto e
cominciai a
correre senza neanche sapere dove. In quel momento, il mio unico
pensiero era
di allontanarmi da quel posto, da quella creatura.
Non
riuscii a fare più di
venti passi che delle mani gelide mi afferrarono per la vita e mi
immobilizzarono.
Io urlavo e mi dimenavo.
Scalciavo e battevo i pugni.
< Demetri, riportala in
camera sua. E poi portale il pranzo. > la voce di Aro era
tranquilla, quasi
divertita.
La
guardia mi appoggiò una
mano sulla bocca per impedirmi di urlare mentre io cercavo di
divincolarmi con
tutte le mie forze. Invano.
Piangevo. Le lacrime calde
mi scorrevano sulle guance e bagnavano la manica della mantella della
guardia
che mi teneva immobilizzata tra le sue braccia. Una gabbia gelida.
< Smettila. Non vuoi
farti male, vero? > mi sibilò Demetri
all’orecchio.
La sua mano sul mio volto
mi impediva di respirare.
Tentando di trattenere i
singhiozzi, chiusi gli occhi e scossi la testa.
Senza aggiungere altro, il
giovane vampiro mi afferrò per i polsi e mi
trascinò nella stanza dai muri
color pesca.
Mi lasciò sul letto, dove
rimasi inerme per non so quanto tempo.
Chiusi
gli occhi e mi
abbandonai all’oscurità.
Qualcuno
entrò e appoggiò
qualcosa di metallico sul tavolo. Accese una piccola luce ed
uscì.
Mi girai e sollevai le
palpebre. Un vassoio d’argento brillava alla luce della
lampada.
Mi alzai lentamente e,
nonostante i morsi della fame, lo presi fra le mani e lo lanciai contro
la
porta.
Nel tintinnio delle posate
e nel fragore del vetro che si sbriciola, cominciai ad urlare, ma
nessuno se ne
curò.
Gridai di farmi uscire
finché non mi fece male la gola e i miei polmoni non
iniziarono a bruciare.
Alla
fine, dopo aver
spento la luce, tornai a sdraiarmi sul letto, stringendo le braccia al
petto.
Le parole di Aro mi
rimbombavano nella testa. Ne ero rimasta scioccata. Lo
sentivo ripetermi:
<
Dammi un figlio … un
figlio … un figlio … > Provai schifo e
vergogna.
Sentii
scorrere lungo le mie
guance le lacrime, copiosi simboli della mia sofferenza.
Sussurrai nell’oscurità:
< Edward … Edward … >
Mi mancava, mi mancava
tantissimo. Mi avevano portato via dal mio unico motivo di vita
… e per giunta,
l’unico modo che mi era concesso per tornare da lui era
tradendolo. Non avrei
più potuto guardarlo negli occhi, non ce l’avrei
fatta. La solitudine e il
dolore si erano
impossessati della mia mente, lasciando annegare la mia anima nella
paura e
nella tristezza.
Qualcuno
bussò ma io non
risposi, facendomi ancora più piccola.
Dopo qualche minuto,
sentii la porta cigolare ed aprirsi.
Serrai
di più gli occhi per
non vedere e mi tappai le orecchie per non sentire, ma nessuno mi
rivolse la
parola.
Chiunque
fosse entrato, si
limitò a raccogliere i cocci, a mettere a posto e ravvivare
il fuoco
lasciandomi in pace.
Esausta, cercai di
prendere sonno ma l’angoscia e la paura non me lo permisero.
Mi sfilai le
scarpe e le lasciai cadere a terra con un tonfo.
Mi avvolsi nelle coperte
per ripararmi dal freddo e pensai a mio marito.
Il
suo ricordo era l’unica
cosa che mi permetteva ancora di respirare. Chiudevo gli occhi e mi
pareva che
fosse lì, al mio fianco.
Lo desideravo così tanto … sentivo il bisogno di
averlo con me, di abbracciarlo, di stringermi a lui.
I tratti del suo viso mi
parevano così vicini da poter quasi venir toccati. Protesi
le mie dita
nell’oscurità. Non trovai altro che vuoto e
tenebre. Non avevo più lacrime …
I miei pensieri corsero nuovamente
alle parole di Aro, alla sua richiesta.
Ero convinta del fatto che
i vampiri non potessero generare figli. Come poteva chiedermi una cosa
tanto
assurda? Senza rendermene conto, portai le mani al ventre. Non poteva
chiedermi
una cosa simile. Non poteva … Inoltre l’idea della
sua richiesta mi dava il
vomito e mi riempiva il cuore di orrore.
Rimasi sdraiata a letto
per moltissimo tempo. Il dolore e la paura mi logoravano. Continuavo ad
entrare
ed uscire in un sonno senza sogni, senza riposo. Popolato
d’angoscia e buio.
Mi
alzai dal letto solo un
paio di volte per andare in bagno e per bere.
Per tre volte, mi
portarono del cibo che io rifiutai ogni volta. Tornavano a prenderlo e
lo
portavano via senza mai rivolgermi la parola. Controllavano che la
stanza fosse
calda e che io respirassi.
Io ignoravo il loro
passaggio e i morsi della fame. Avrei preferito morire che piegarmi,
vinta.
La quarta volta, Jane
sbatté la porta e, dopo aver posato il vassoio sul tavolo,
venne vicino al
letto.
La
sua voce tagliente fu
come una doccia gelata che mi risvegliò dal torpore.
< Mangia. >
La
voce mi uscì roca,
affaticata:
< Non ho fame. >
<
Mangia. > Accese
la luce e io mi coprii gli occhi con il braccio.
La intravidi poggiata
contro il muro. Sembrava annoiata.
< Non me ne posso
andare finché non avrai finito di nutrirti. E ti assicuro,
l’idea di restarmene
qui con te mi da la nausea. >
A fatica mi alzai a sedere
e osservai la bellissima ragazza. I tratti perfetti del suo volto
angelico e il
suo pallore mi riportavano alla mente Edward.
Non potevo morire. Non
potevo arrendermi. Dovevo tornare da lui.
Vedendo che non reagivo,
Jane mi portò il piatto sul letto e aspettò che
sbocconcellassi qualcosa.
A stento, inghiotti il
cibo. Avevo una fame tremenda ma l’ansia e
l’angoscia mi bloccavano lo stomaco.
Alla fine però, senza neanche accorgermene, finii tutto.
Afferrai la bottiglia
d’acqua e bevvi fino a dissetarmi.
Quando ormai la mia fame
fu placata, alzai lo sguardo e fissai Jane.
< Aro sarà molto felice
di sapere che finalmente hai deciso di mangiare. Tra qualche ora
verrà a farti
visita. Deve parlarti. Vedi di non farti trovare in questo stato.
> E gettò
uno sguardo schifato ai miei capelli arruffati. Quando
pronunciò quel nome,
tremai e sentii la nausea crescere. Stava venendo da me … Mi
sdraiai e scoppiai
a piangere, tenendo le mani sugli occhi e le ginocchia al petto.
Senza aggiungere altro e
senza mostrare il minimo interesse per il mio dolore e per la mia
paura, Jane raccolse
il piatto e lasciò la stanza, venendo inghiottita
dall’oscurità oltre la porta
che si richiuse alla spalle.
Rimasi nuovamente sola.
Alla fine, trovai la forza per rimettermi seduta, cercando di
riacquistare
lucidità.
Dopo
qualche minuto, mi
alzai e andai a farmi una doccia. Rimasi a lungo sotto il gettito
lasciando
scorrere l’acqua gelida sul mio volto. Quando fui asciutta,
scelsi con cura il
vestito.
Ne
indossai uno elegante,
di un bellissimo verde scuro. La stoffa morbida mi ricadeva leggera
sulla
pelle. Profumava di nuovo, di buono.
Volevo apparire ben
curata, come se la prigionia non sortisse effetti su di me, per
mostrargli che
non sarebbe riuscito a piegarmi e ad ottenere ciò che
voleva.
Che speranza vana.
Mi acconciai i capelli e,
davanti allo specchio, mi accorsi di come fossi pallida,di quanto fossi
dimagrita.
Sembravo
malata.
Mi
sedetti a gambe
incrociate sulla poltrona ed attesi. Per cercare di non farmi
sorprendere in
attesa del suo arrivo, afferrai il primo libro che ebbi sotto mano e
cominciai
a leggerlo.
I miei occhi affaticati si
stancarono presto e quindi mi limitai ad osservare le lettere e gli
assurdi
disegni che mi pareva formassero.
La
mia mente era
continuamente rivolta all’America. Ai Cullen. Ad Edward.
Avevo
già in testa una
richiesta per Aro. Avevo paura di lui, paura da vendere. Ero in
trappola.
Stava
venendo per ottenere
ciò per cui mi aveva fatta rapire? Al pensiero di
ciò che voleva da me, mi
sentii male. Temevo la sua richiesta ma sapevo anche che non avrei
potuto
oppormi.
Ed era quello che mi
faceva più male … La mia assoluta impotenza.
Se fosse venuto per
quello, non avrei potuto fare altro che assecondarlo, pregando che non
mi
uccidesse nel tentativo. Rividi gli occhi neri di Edward, la notte
delle nostre
nozze … La sua sete del mio sangue veniva placata dal suo
amore. Non sapevo
neanche più a quando risalisse tutto quello. Non
più di tre, quattro giorni prima …
sembrava tutto così lontano …
Aro mi voleva solo perché
gli servivo. Non c'era l'amore che Edward provava per me, ad impedirgli
di uccidermi per errore. Se avesse perso il controllo, avrebbe potuto
aspettare finché non
avesse trovato un’altra come me, in grado di dargli quello
che
desiderava.
Forse gli ci sarebbero voluti secoli … ma se hai
l’eternità davanti …
Assorta
nei miei pensieri,
appoggiai la testa contro il bracciolo della poltrona e, senza volerlo
mi
assopii.
Aro non si fece attendere.
Quando
aprii gli occhi, lo
trovai seduto davanti a me, intento ad osservarmi.
Mi
salutò garbato
dicendomi:
< Ben svegliata. >
Mi
alzai lentamente e
risposi:
<
Salve. > La mia
voce tremava e le lacrime si addensarono agli angoli dei miei occhi.
< Sono davvero lieto di
sapere che finalmente tu abbia deciso di assaggiare la cucina di questo
paese …
La cena è stata di tuo gradimento? >
Cena … voleva dire che era
sera. Alla fine, l’orologio non me lo aveva fatto avere.
< Sì, era tutto molto
buono. > Poi rimasi in silenzio. Gli occhi fissi al pavimento.
Sentivo il suo sguardo
indagatore su di me.
Sospirò e mi disse:
< Non riesci ad
immaginare quanto sia terribile non conoscere i tuoi pensieri. Oserei
dire che
lo trovo … frustrante. Non riesco a capire come Edward possa
fare a sopportare
una tale situazione. >
< Io ed Edward stiamo
molto bene insieme … e comunque, lui sa sempre cosa sto
pensando. Mi conosce
molto bene … >
Parlando
di Edward, sentii
la ferita del mio cuore spalancarsi e lacerarmi.
Quando
Aro cercò di
accarezzarmi, io mi ritrassi senza curarmi di sembrare scortese. Era
venuto per
quello quindi? Lo fissai terrorizzata.
Trattenne
una risata e mi
rassicurò, o per lo meno ci provò:
< Non preoccuparti …
non ti obbligherò, non adesso. Per me è un
piacere averti come ospite. Però, pensaci
bene … prima mi darai ciò che voglio, prima
potrai tornare a casa.
Naturalmente, aspetterò che sia tu a dirmi di essere pronta.
Sappi però che non
ti lascerò andare finché non avrò il
mio erede. > Il suo tono dolce non
riusciva a nascondere le ben poco velate minacce nelle sue parole.
<
Vuole utilizzarmi
come un oggetto! > invece di un grido mi uscii un rantolo,
però lui capì lo
stesso.
Mi
rivolse uno sguardo
stanco e mi disse:
< Ti prego, non vederla
in questo modo. Tu sei molto importante. >
< Avete parlato con
Edward? > Chiesi per focalizzare la sua attenzione su
quell’aspetto della
situazione.
< Ci siamo messi in
contatto. > Fu la sua risposta evasiva.
< E lui cosa dice … della
vostra pretesa? > esitai dicendo le ultime parole. Il mio
sguardo era ancora
fisso sul pavimento. Ero rossa di vergogna stringevo i pugni per la
rabbia.
Avevo paura. Lui mi disse:
< Finalmente un po’ di colore
sulle tue guance … Cara, non siamo scesi nei particolari. Ma
stai tranquilla,
sa che sei al sicuro e che non abbiamo intenzione di farti del male.
Che ti trattiamo
più che bene … > e così
dicendo, con un ampio gesto della mano mi mostrò
teatralmente la stanza.
< Ho mandato alcune
delle mie guardie più fedeli a parlare con lui. Sai anche tu
che non gli si può
mentire.
Solo, desidera avere la prova che tu stia bene … teme che tu
ti possa
ammalare. Potresti ad esempio scrivergli una lettera …
>
Glie lo leggevo negli
occhi. Edward voleva una prova che fossi viva e che stessi bene.
Avrebbe
scatenato un disastro se non l’avesse avuta. I Volturi
avevano bisogno che io
lo calmassi. Ne andava della loro stessa sicurezza.
In quel caso però, sarei
stata io a dettare le regole, o per lo meno ci avrei provato.
<
Voglio telefonargli.
Voglio parlare con lui. >
< Sai cara, se le cose
si fossero evolute in modo differente, forse potremmo concedertelo, ma
tuo
padre ha provveduto a mettere tutti i telefoni dei tuoi parenti o amici
sotto
sorveglianza. Sarebbe inutile rischiare, non trovi? >
Una luce strana gli brillò
negli occhi. Aveva colpito il mio punto debole. Non potevo permettere
che
Charlie corresse dei rischi a causa mia, e la politica dei Volturi era
molto
semplice:
Chi sa troppo deve essere
eliminato.
Le mie mani tremarono.
<
Va bene, gli scrivo
una lettera. > La mia voce era rotta dal dolore.
Sorridente,
Aro mi porse
un foglio di carta pesante e costosa. Mi indicò la scrivania
e mi mise tra le
mani una stilografica.
Rassegnata, mi alzai.
Facevo fatica a stare in piedi, ed Aro mi sostenne fino alla scrivania.
< Cara, rassicuralo e
raccomandati che non venga a intralciare i nostri progetti …
> Il suo tono
era gentile e cordiale mentre le sue dita scivolavano lungo il mio
collo e tra
i miei capelli. Sussultai a quel tocco freddo. Deglutii a
vuoto.
Osservò
ogni mio gesto e
controllò tutto quello che scrissi.
Caro
Edward ... Ti
scrivo questa
lettera per dirti che sto bene, che non devi preoccuparti per me.
La
mia calligrafia era
quasi incomprensibile, tanto era disordinata. Lacrime sporadiche
facevano
sbavare l’inchiostro e raggrinzire la carta.
Qui
mi trattano molto
bene e non mi fanno mancare niente. La mia camera è molto
accogliente ed il
cibo è ottimo. Le giornate trascorrono lente e sento molto
la tua mancanza.
So che non puoi dire a
Charlie e Reneè quello che è successo ma, ti
prego, cerca di tranquillizzarli.
Chiedi aiuto a Jasper.
Non si meritano di soffrire
per la mia assenza, senza neanche poter sapere cosa mi sia successo.
Sta loro
vicino.
Sono certa che Reneè
non si da pace, e che Charlie avrà mobilitato la polizia. Ti
prego, se riesci,
cerca di consolarli. So che non puoi parlare loro di questa mia lettera
ma di
loro che sei certo che sto bene.
Ti penso sempre e
desidererei averti qui, affianco a me. Mi manca il tuo profumo e il tuo
sorriso, la tua risata e la tua presenza tranquillizzante. Quando mi
sento
triste o sola, osservo la fede e, pensando a te, mi faccio coraggio. Ti
amo.
So che non potrai
capire la mia decisione, ma ti prego, non venire a cercarmi. Fallo per
me.
Devo rimanere qui, dai
Volturi,per un po’ di tempo.
Quando mi lasceranno
andare, sarò io a tornare a casa. Prima però devo
fare una cosa per loro. Ci
vorrà un po’ di tempo, quindi non preoccuparti se
starò
via per qualche mese.
Non sono in pericolo.
Assolutamente. Quindi non devi farti venire strane idee …
Non tentare di venire a
salvarmi, non ce n’è bisogno.
Non voglio assolutamente
che tu corra dei rischi.
Non potrei vivere
sapendoti in pericolo, perciò ti supplico, non commettere
sciocchezze.
Promettimelo.
Non agire d’impulso.
Ascolta Carlisle.
Non lasciarti
trasportare dalla rabbia.
Se alla mia ultima
lettera non desti ascolto, a questa per favore da retta.
La mia vita non è a
repentaglio. Non voglio che tu venga in Italia, rischiando la tua.
Se ti succedesse
qualcosa, non potrei mai darmi pace.
Vorrei sentire la tua
voce, assicurarmi che stai bene, e so che tu vorresti lo stesso, ma
purtroppo
non ci è possibile.
Non ti posso telefonare
per il rischio che la chiamata venga intercettata, ma ti assicuro me la
sto
cavando.
Ti chiedo anche di
avere fiducia in me.
Qualunque cosa tu
senta, tu veda, sappi che ti amo e che il mio amore per te non
potrà mai avere
fine.
Qualunque cosa succeda,
ricordalo: Io ti sarò sempre fedele con l’anima e
con il cuore.
Entrambi appartengono a
te e te soltanto.
Aspettami.
Tornerò da te appena
potrò. Spero di ricevere presto una tua risposta e ricorda
cosa ti ho chiesto
di promettermi.. Rimani a casa, con la nostra famiglia. Non venire a
cercarmi.
Ti amo tantissimo.
Ti bacio e ti abbraccio
… Per sempre
tua, Isabella
Le
mie dita tremavano.
Lasciai cadere la penna sul foglio e appoggiai la testa sulla
scrivania, sopra
le mie braccia. Piangevo.
Aro mi sfilò il foglio da
sotto il volto impedendo che si bagnasse ulteriormente e, dopo avermi
accarezzato,
mi disse:
<
Brava Bella. In
questo modo nessuno si farà male. Sono piacevolmente
sorpreso della velocità
con cui hai accettato la situazione … Naturalmente, per
l’aspetto più
importante, saprò aspettare fino a che tu stessa sarai
pronta. Il tempo non è
un mio problema. Al massimo, potrà esserne un tuo. Fammi
chiamare quando avrai
voglia di parlarmi, o anche se ti dovesse venir voglia di qualcosa in
particolare. Sarò molto felice di poter rendere la tua
permanenza il più
gradita possibile.
Ora ti lascio. Riposa,
credo che tu ne abbia bisogno. > e così dicendo,
appoggiò una sveglia
elettronica a pochi
centimetri da me. Segnava
le 11pm.
Quando
stava per
andarsene, domandai con voce rotta dal pianto, tenendo ancora la testa
sulla
scrivania:
<
Mi farete avere la
risposta? >
Sollevai
un po’ il capo
per osservarlo e i miei occhi incontrarono i suoi.
Ciao a tutte!
Sono davvero dispiaciuta di
non aver postato questo capitolo Lunedì, come avevo promesso.
Purtroppo però, alcuni
fattori indipendenti dalla mia volontà mi hanno impedito di
accedere al mio PC,
a Internet e a tutto ciò ad esso collegato.
Spero che non accada mai più
… Anche perché non voglio finire al centro grandi
ustionati …
E sì, perché dovete sapere
che ha letteralmente preso FUOCO l’alimentatore del mio
piccolo Edward ( Elric
… Questo è il nome del mio amatissimo PC XD )
Il rischio di diventare
cenere era relativamente alto, dato che, al momento
dell’incidente mi trovavo
sul divano, in mezzo ai fogli della relazione di mia sorella (che
sarebbe stata
solo felice di veder bruciati loro e me … ) .
A parte lo spavento e la
scottatura alla mano ( dovevo pur staccarlo quel maledetto spinotto dal
PC,
prima che anche quello passasse a miglior vita … ) e
all’aver telefonato di
sera tardi alla Clari in preda ad una crisi isterica dicendole che il
mio dito
era nero e puzzava di plastica bruciata, devo dire che tutto sommato mi
è
andata abbastanza bene ...
Prima che si esaurisse
l’energia, ho salvato i capitoli già scritti (
sono arrivata al 10 ) su una
chiavetta. Vi scrivo queste righe dal PC di mia sorella che non ha la
connessione.
Mi dispiace di non poter
ringraziare le persone che mi hanno recensito lo scorso capitolo e
coloro che
abbiano inserito la storia tra i preferiti. Sfortunatamente, non ho
momentaneamente accesso
a tali dati.
Per trovare un alimentatore compatibile però,
ho fatto molta fatica.
Mi hanno detto che quel tipo
di alimentatore è VECCHIO, che non è
più in vendita perché il mio PC ha QUASI
UN ANNO! Ma siamo scemi? Non è possibile! È
SCANDALOSO. Farlo arrivare dalla
ditta madre costerebbe 210 euro!!! Sono nera di rabbia.
Dato che gli alimentatori
universali non andavano bene, ne ho dovuto ordinare uno compatibile, e
ho
dovuto aspettare un bel po’.
Sono inorridita dal sistema
consumistico in cui ci ritroviamo a vivere e a cui spesso siamo
costretti a
sottostare. Se non fossi riuscita a trovare un altro alimentatore
compatibile, avrei
dovuto cambiare PC, nonostante il mio sia perfettamente funzionante. MI
SAREI
RIFIUTATA. Sono veramente allibita.
Scusate per questo piccolo
sfogo, ma oggi volevo spiegarvi il motivo, più che valido,
del mio ritardo.
Scusate ancora per l’inconveniente XD Grazie e a presto.
Una ancora spaventata (per la
fiammata) e costernata (per tutto il resto) Cassandra.
PS: Se avete letto The Host,andate a dare un'occhiata alla mia ficcy! Grazie ancora, e Ciao!
Ti
chiedo anche di
avere fiducia in me.
Qualunque cosa tu
senta, tu veda, sappi che ti amo e che il mio amore per te non
potrà mai avere
fine.
Qualunque cosa succeda,
ricordalo: Io ti sarò sempre fedele con l’anima e
con il cuore.
Entrambi appartengono a
te e a te soltanto.
Aspettami.
Tornerò da te appena
potrò. Spero di ricevere presto una tua risposta e ricorda
cosa ti ho chiesto
di promettermi. Rimani a casa, con la nostra famiglia. Non venire a
cercarmi.
Ti amo tantissimo.
Ti bacio e ti abbraccio
… Per sempre
tua, Isabella
Sentivo
la voce di Bella
ripetermi quelle parole nella testa.
Io e miei familiari eravamo
seduti intorno al tavolo della cucina. In centro ad esso, la lettera di
mia moglie.
Mi sembrava di impazzire.
Nella casa, regnava il silenzio.
Mi sporsi e l’afferrai, per
rileggerla per l’ennesima volta.
Con le dita sfiorai le
increspature della carta, là dove le sue lacrime erano
cadute e avevano bagnato
il foglio. Nonostante fosse passata per tante mani, riuscivo ancora a
percepire
il profumo, leggero, di Bella impregnare la lettera.
La
portai vicino al volto e
chiusi gli occhi.
Sentì una sedia grattare
contro il pavimento.
< Edward … > Carlisle
mi aveva appoggiato la mano sulla spalla, interrompendo i miei pensieri
tormentati.
< Edward, non disperarti.
>
Mi voltai e lo fulminai con
lo sguardo.
< Adesso cercheremo una
soluzione. MI metterò direttamente in contatto con i
Volturi. Per sapere almeno
cosa vogliono. Cercare di trovare un compromesso. Per intanto cerca di
stare
calmo. Dobbiamo agire con discrezione. Pensa al fatto che sta bene
… Concentrati
su questo … >
Il suo tono calmo e pacato,
distaccato, mi dava i nervi e mi fece adirare, facendo esplodere la
rabbia e la
frustrazione che cercavo di trattenere e domare.
Mi
alzai di scatto dalla
sedia e cominciai ad urlargli contro:
< Ma non lo hai capito? Ma
sei cieco o cosa? Bella non sta bene. Non mi avrebbe mai scritto delle
cose del
genere! Non si sarebbe mai firmata Isabella! >
< Edward, l’ha scritta lei
la lettera, questo è certo. >
< Sì, questo sì! Ma ti
dico che è stata obbligata a scrivere queste cose! Le ultime
parole non hanno
senso! Sa benissimo che io avrò sempre fiducia in lei
…
Non ha senso, NON HA
SENSO! >
< Edward, è spaventata …
cerca di capire. Teme che tu possa compiere qualche sciocchezza
… e anche noi,
abbiamo lo stesso timore … >
Mi appoggiai con la schiena
contro il muro e, sempre tenendo la lettera stretta tra le dita, mi
portai le
mani al volto.
Singhiozzavo senza poter
versare le lacrime del mio dolore.
<
Edward, è già un passo
avanti … aver ricevuto sue notizie. Significa che sta bene.
Non hanno dato
l’ordine di ucciderla. Alice questo lo avrebbe visto di
sicuro. Sta abbastanza
bene da riuscire a scrivere. >
Quando pronunciò il nome di
Alice, mi voltai verso di lei.
Mia
sorella, dal canto suo,
se ne stava seduta in silenzio fissando il pavimento. La sua mano
intrecciata a
quella di Jasper che, di tanto in tanto, si chinava per darle un bacio
sulla
guancia o accarezzarle i capelli.
I nostri occhi si
incontrarono per un attimo e poi lei li chiuse. Appoggiandosi alla
spalla di mio
fratello.
Da quando Bella era stata
rapita, Alice aveva perso tutta la fiducia in se stessa.
Era in uno stato simile alla
depressione, che contribuiva ad affievolire il suo dono. Non riusciva a
concentrarsi.
Aveva
delle visioni confuse.
Una stanza, un bagno … tanti libri e un camino.
Bella, sdraiata in un grande
letto dalle coperte rosse, in lacrime, che si rifiutava di mangiare
…
Aro che ordinava che le
venisse portato del cibo.
Tutto
era sfocato. Riuscivo a
leggerlo nella sua mente. Le visioni inoltre duravano appena qualche
attimo.
Come se Aro cercasse di non prendere decisioni se non per il futuro
più
prossimo. Per non farsi scoprire da noi. Per quanto riguardava Bella,
Alice ne
era certa. Aveva paura e non sapeva cosa fare. La sua incertezza
però ci
impediva di vederla.
L’idea di saperla sola e
terrorizzata mi levava il fiato.
Me la vedevo rannicchiata su
quel letto, con le gambe al petto e le braccia intorno alle ginocchia.
Avevo paura e quell’immagine
mi straziava il cuore. Non capivo cosa potessero volere da lei.
Così indifesa, così umana …
Mi sentivo le gambe cedere.
L’unica cosa che desideravo era saperla al sicuro tra le mie
braccia.
Eppure, di lei avevo avuto
pochissime notizie.
La
sera stessa del rapimento,
Felix si era presentato a casa nostra.
Ci aveva detto soltanto:
< Sta bene. Non abbiamo
intenzione di farle del male. Vogliamo che voi non interferiate con il
nostro
lavoro, quindi, per favore, siete pregati di non creare disordini.
>
< Possiamo parlarle? >
Aveva chiesto Carlisle con falsa tranquillità.
< No. > Era stata la
sua risposta secca.
A quel punto io non ressi e,
alzatomi in piedi, gli avevo ringhiato contro:
< Come faccio a sapere che
è viva, che sta bene, che non le farete niente? Come posso
averne la certezza?
Fatemi venire con voi in Italia o ci verrò per conto mio.
Esigo di riaverla.
Non avete alcun diritto … >
< Questo non è possibile.
Il massimo che vi possiamo concedere, è lo scambio di alcune
lettere. Ve ne
faremo pervenire una della vostra umana non appena ci sarà
possibile. >
Così ci aveva detto, prima di
sparire nell’oscurità, lasciandomi persino
più angosciato di prima.
Per quanto avessi scrutato
nella sua mente, non ero riuscito a trovare niente. Lui non
l’aveva vista.
Tutto era stato organizzato
con cura.
Lo
stesso Felix si era
ripresentato a casa nostra, nel cuore della notte, cinque giorni dopo.
Ci aveva recapitato quella
lettera.
< Tornerò domani mattina,
per prendere la vostra risposta. > E se ne era andato,
inghiottito dalla foresta.
Le
avevo rilette non so
quante volte quelle maledette, pochissime righe. Mi aggrappavo alla
speranza
che quei disordinati segni sulla carta mi davano. Viva …
Salva … Al sicuro …
Cercavo di interpretare ogni
sua parola, di cogliere ogni indizio, ogni macchia su quella pagina.
Avevo percepito il suo
terrore nelle parole che aveva usato, nelle sbavature
dell’inchiostro. Le sue
mani tremavano mentre scriveva. Le mie dita si fermavano in
prossimità delle
tracce delle sue lacrime.
Non riuscivo più a resistere.
Mi sentivo la testa scoppiare.
E
poi, quelle parole …
Qualunque
cosa tu
senta, tu veda, sappi che ti amo e che il mio amore per te non
potrà mai avere
fine.
Qualunque cosa succeda,
ricordalo: Io ti sarò sempre fedele con l’anima e
con il cuore.
Non
riuscivo a decifrarne il
senso.
Ero certo che Bella non me le
avesse scritte a caso.
Doveva avere un buon motivo scrivermi
delle cose del genere.
Sapeva che io l’amavo e che
l’avrei amata sempre, che io stesso ero certo che mi sarebbe
sempre stata
fedele.
Sicuramente, aveva appreso
qualcosa di cui io non ero a conoscenza. Qualcosa che non voleva che io
scoprissi.
Ero sicuro che lei conoscesse
le intenzioni di Aro. Ne ero certo.
Quando
avevo chiesto il
motivo del rapimento, la risposta di Felix era stata soltanto:
< Non ne sono a
conoscenza. E comunque, non sarei stato autorizzato rivelartelo.
>
Quello che più mi
innervosiva, era che era sincero. La sua mente era limpida, franca.
Bella
invece sapeva. Glie lo
avevano detto … e per questo ora mi scriveva quelle parole?
L’avevano obbligata?
Minacciata? Perché chiedermi di avere fiducia in lei?
Era a conoscenza di qualcosa
per cui temeva che non l’avrei più amata, che
avrei potuto dubitare di lei?
Come se fosse possibile …
Strinsi
il foglio al mio
petto e cercai di fare mente locale.
Non potevo lasciarla lì, in
loro balia. Rischiava la vita ogni minuto che restava in quel luogo
antico e
segreto. In quella città tanto lontana da me …
Uscii dalla stanza sbattendo
la porta. Vidi Alice sobbalzare e poi abbracciare Jasper, in preda ad
un pianto
arido.
Esme
mi raggiunse e mi cinse
in un abbraccio materno. Mi abbandonai alle sue carezze.
Dopo qualche minuto, mi prese
le mani e mi sussurrò:
< Dobbiamo scrivere la
risposta. Vieni. >
E mi riportò in cucina.
Carlisle aveva già preparato tutto. Afferrai la penna e mi
sedetti davanti al
foglio.
Appoggiai la punta sulla
carta e attesi qualche istante.
< Devi rassicurarla.
Adesso sarà sicuramente spaventata. Non lasciar trasparire
la tua angoscia. Devi
trasmetterle calma, convincerla a pensare solo alla sua
incolumità. >
Annuii.
Dopo
aver inspirato
profondamente cominciai a scrivere:
Bella,
Amore mio
Sapere
che stai bene mi rassicura. Mi porta un sollievo che neanche riesci ad
immaginare.
Questa
è l’unica cosa per me importante. Saperti viva e
in salute.
Non
devi preoccuparti per i tuoi genitori. Carlisle ed Esme sono loro molto
vicini.
Sono provati per le ricerche, ma molto fiduciosi. Ci occuperemo noi di
loro.
Anche
i miei pensieri sono costantemente rivolti a te. Ogni istante.
Siamo
tutti in apprensione per te.
Ti
giuro che non commetterò azioni che possano mettere a
rischio la mia incolumità
e quella delle nostre famiglie. Non devi stare in ansia per me.
Non
devi avere paura. Non voglio che ti agiti inutilmente.
Cercherò
di venire da te con l’autorizzazione dei Volturi. Sono
disposto a scendere a
patti con loro e farò tutto il possibile per poter farti
tornare a casa.
Non
posso che sperare che le tue parole siano veritiere.
Che
tu stia realmente bene.
Hai
ragione, non riesco a comprendere la tua richiesta ma, come ho
già avuto modo
di dimostrarti, ho fiducia nel tuo buonsenso e rispetto le tue
decisioni. So
che agisci sapendo quello che fai e spero con tutto me stesso che tu
sia al
sicuro.
Devi
fare ogni cosa in tuo potere per salvaguardare la tua
incolumità. Non
preoccuparti di cosa potrei pensare io o chiunque altro. Devi pensare a
te
stessa.
Il
mio unico desiderio è poter stringerti di nuovo tra le mie
braccia, sana e
salva. Se perché questo si avveri è necessario
che io attenda, attenderò,
sebbene starti lontano sia una sofferenza.
Non
riesco a capire come tu possa chiedermi di avere fiducia in te,
qualunque cosa
accada.
Sai
perfettamente che niente potrà mai scalfire il mio amore per
te. Niente mai.
Qualunque
cosa tu decida di fare, sappi che io ti appoggerò sempre.
Abbi cura di te. Sei
ciò che mi è di più caro al mondo. Non
sopporterei di perderti.
Ti
amo tanto intensamente da non poter esprimerlo.
Ti
amo e nulla potrà mai farmi cambiare idea.
Ti
prego, sta tranquilla e pensa a solo a te stessa.
Amore
mio, ti bacio e ti stringo forte tra le mie braccia. Edward Lasciai cadere la penna e
osservai il foglio, le parole scritte nella mia calligrafia che a lei
piaceva
tanto.
Carlisle, in piedi dietro di
me stava rileggendo e controllando. Mi voltai ad osservarlo e lui
annuì.
Piegai la lettera e la
chiusi, insieme a un fazzoletto di stoffa, con il mio odore, in una
busta che
Carlisle sigillò.
Come potevo prometterle che
sarei rimasto a casa quando ero certo che prima o poi sarei corso in
Italia.
Restare a Forks mi faceva impazzire.
Improvvisamente, un odore
sgradevole mi raggiunse. Tutti storcemmo il naso.
<
Licantropi > Sussurrò
Emmett.
Lui e Jasper furono subito
alla porta e, dopo averla aperta, fecero entrare Sam e Jacob.
Quest’ultimo aveva un aspetto
selvaggio, nonostante le sembianze umane.
I capelli lunghi e
disordinati. Indosso, solo dei corti pantaloni laceri.
Mi
rivolsi sprezzante a lui:
< Sei tornato a casa,
cagnolino? >
Mi osservò con odio e mi sibilò:
< Ho visto cos’è successo
e sono tornato indietro. >
Non risposi e chiusi gli
occhi.
< Come hai potuto
permettere che la portassero via! >
Mi stava urlando contro.
L’istinto mi diceva di attaccarlo. Sollevai il labbro e
mostrai i denti.
In un attimo, me lo ritrovai
addosso.
L’urlo terrorizzato di Esme e
Rosalie mi perforò le orecchie.
Non
reagii alla furia di
Jacob che, dopo essermi saltato addosso, mi aveva scaraventato per
terra. I
suoi pugni non mi facevano male. Sentivo la sua rabbia e i suoi
pensieri.
Provava il mio stesso incontrollato dolore.
Sam
e carlisle me lo levarono
di dosso con notevole sforzo.
Con naturalezza, in pochi
secondi mi portai seduto e poi in piedi.
Sistemandomi gli abiti
sussurrai con voce bassa e roca:
< Hai finito? >
Non mi rispose. Stringeva i
pugni con rabbia e forza e il suo corpo era scosso dai tremori che
precedevano
la trasformazione. Sam gli poggiò una mano sul braccio e gli
intimò di
mantenere la calma.
Jacob annuì e mi fissò. Dai
suoi occhi scendevano copiose le lacrime.
Lo
invidiai.
A me, piangere per la donna
che amavo non era concesso.
Carlisle
li fece accomodare
in cucina ed Esme offrì loro da bere. Con una manata, Jacob
buttò il bicchiere
a terra, rovesciando acqua ovunque. Si prese il capo tra le mani e,
ringhiando,
chiese:
< Cosa le faranno? >
Fui io a rispondere con un
sussurro:
< Non lo sappiamo. > Il
dolore nella mia voce era talmente evidente che Jacob, gli occhi
arrossati e
gonfi, sollevò lo sguardo e mi fissò.
Non so cosa vide dipinto sul
mio volto, ma improvvisamente smise di ringhiare e scosse la testa, poi
disse:
<
A Charlie e Reneè cosa
avete detto? I Tg dicono che è stata rapita …
>
< Loro non sanno niente.
Le indagini non tralasciano nessun ambito tradizionale. Anche se
l’ipotesi che
sostengono è quella del rapimento a scopo di estorsione
… Ovviamente, non hanno
prove. Il che è meglio per tutti. Chi potrebbe mai
sospettare la realtà?
In questo modo Charlie è al
sicuro.I volturi non lasciano mai prove del loro passaggio.
Anzi, è evidente che avevano
fretta, se no non avrebbero mai agito in maniera tanto avventata.
Rapirla in
pieno giorno in mezzo ad altra gente. >
Carlisle fissava Jacob negli
occhi mentre parlava. Mio padre sembrava tranquillo.
I suoi pensieri mi dicevano
tutto il contrario.
<
Sappiamo che sta bene.
Ci hanno fatto avere una sua lettera. Edward, fa loro vedere la lettera
… >
Riluttante, porsi il foglio a
Sam che lo passò a Jacob. Lui la lesse e poi me la
restituii. Il volto era una
maschera di angoscia.
In
quel momento, Alice
sussultò. Jasper la cinse tra le sue braccia e la sostenne.
Vidi Charlie nella sua testa
… tre istanti dopo mia sorella disse: < Il telefono
… Charlie … >
E infatti … non passarono che
pochi minuti che il telefono suonò.
Carlisle
lo afferrò più in
fretta di me. Mi fece segno di stare zitto e lontano.
< Pronto? >
< Carlisle? > La voce
dell’ispettore di polizia era stanca, affaticata. In quei
giorni era sempre in
centrale. Praticamente non dormiva. Si dedicava anima e corpo nelle
ricerche di
sua figlia, della mia Bella. Forse, da un certo punto di vista, era
meglio che
non sapesse la realtà … era viva, questo forse lo
avrebbe rassicurato, ma per
il resto …
< Sì, sono io. Notizie,
Charlie? >
< Sì … > Sembrava a
metà tra il sollevato e il distrutto. < Hanno
rinvenuto i documenti di
Bella. In una casella della posta a Providence,
nel Deleware. Ci siamo messi in contatto con la
polizia locale.
Vi chiamavo solo per informarvi
… Scusa per l’ora … >
Stava per
mettersi a piangere.
Carlisle, facendo finta di
niente, disse :
< Ti ringrazio. Non
preoccuparti … tanto non riuscivo a dormire. Chiama pure, a
qualsiasi ora, per
qualsiasi cosa …
Per i documenti … È pur
sempre una traccia. Lo dirò ad Edward, appena si sveglia.
> Mentiva, in
tutti i sensi, ma Charlie non poteva saperlo.
< Come sta lui? >
Charlie fece quella domanda e si sentiva che era molto dispiaciuto.
< Ha
elaborato il trauma? >
Carlisle rimase in silenzio
per alcuni istanti e poi rispose: < Ci stiamo lavorando.
È un duro colpo per
tutti, ma di sicuro lui è quello tra noi che soffre
maggiormente. Ora
comunque
sta un po’ meglio … > sospirò e
poi si salutarono. Era notte inoltrata.
< Edward … > La voce di
Sam ruppe il silenzio che si era creato.
< Jacob tornerà da Billy.
Allo sceriffo diremo che è tornato dopo aver saputo di Bella
dai telegiornali …
>
< Certo. > Annuii e mi
appoggiai al muro, la testa fra le mani.
< Edward … >
< Sì? >
< Mi dispiace, davvero …
>
< Grazie Sam. >
Risposi, alzando lo sguardo e fissandolo negli occhi.
< È la verità … >
Lui
e Jacob uscirono e io
strinsi la lettera al petto, in prossimità del mio cuore,
immobile e muto.
La
sua padrona era lontana e
io, rischiavo di peggiorare la situazione per poterla riavere con me.
Ero
terrorizzato dalle parole che mi aveva destinato.
< Amore … > Sussurrai
alla notte < Amore, cosa devo fare? Come puoi chiedermi di
restare qui,
mentre la tua vita è in pericolo? Come puoi chiedermi
questo? Cosa sai che io
non so? >
Ma
purtroppo nell’oscurità
non c’era la risposta. Lì non avrei udito la voce
di Bella … Per farlo, avrei
dovuto andare in Italia. E sapevo bene che ormai era solo questione di
tempo.
Prima o poi, avrei preso un dannatissimo aereo per Roma e sarei andato
da lei …
Non
sapevo per quanto sarei
riuscito a restare con Carlisle e gli altri, impregnandomi in ricerche
senza
senso.
< Non dobbiamo destare
sospetti. > Mi ripetevano tutti. < Per il bene di Bella.
> Sembrava
quasi un ritornello, di solito condito con un abbraccio di Esme o una
stretta
di Emmett. I loro sguardi e il loro temporeggiare però non
avrebbe aiutato la
mia sposa.
Per il bene di Bella, io
avrei fatto qualcosa di molto più concreto. Sarei andato a
riprendermela non
appena le circostanze me lo avessero permesso. Non appena il mio
intervento non
avesse costituito un rischio per la sua incolumità.
Ciao!
Ecco, per farmi perdonare del lungo ritardo, oggi posto un altro
capitolo …
Sono un po’ di fretta e sto guardando Hannibal Lecter le
origini ( in pratica, sono in contemplazione mistica, indovinate a chi
sono rivolti i miei occhi! XD )
Ringrazio con il cuore le persone che ieri mi hanno
recensito! Scusate se non vi ringrazio una per una, ma, se volevo
postare questa sera, non potevo fare altrimenti! Grazie
a: sophie_95,
emily
ff, PenPen,
alice
brendon cullen, ery,
_sefiri_,Wind,
BellaSwan95,
Gocciolina,
AngelOfLove,
momob,
francy94,
giulia9_91,
yuyutiamo,
_Natsuki_,Ransie88219,
yumisan,
memi16,
Giulls,
novilunio,
Deimos,
Hele91,
hachicat(indovina con chi sono!),
Lilian
Potter, Raki.
Volevo ringraziarvi e dirvi che il mio dito è perfettamente
guarito, era una semplice scottatura! Grazie a tutte voi che recensite
e a tutte coloro che leggono!!!!!
A presto!!! Spero che questo capitolo vi piaccia
… (è, insieme
al prossimo e al decimo, il mio preferito!)
Ah, rinnovo l’avviso, ho scritto una ficcy su The Host , per
chi avesse letto il libro, mi farebbe piacere se la leggeste!
Ciao Cassandra!
Bella's Pov
Le ore trascorrevano lente ed
inesorabili ed io, rinchiusa nella mia prigione fatta di stucchi e
rifiniture d’oro, non sapevo cosa fare.
Leggevo, scrivevo, disegnavo … Tentavo di far passare il
tempo.
Tra quelle mura di pietra, cercavo di non impazzire tenendomi impegnata
come meglio potevo. I libri erano scritti tutti in inglese e questo era
un vantaggio per la mia salute mentale. Se non avessi avuto loro,
probabilmente sarei impazzita.
Le mie giornate venivano scandite dai pasti che, svogliatamente, le mie
guardie mi portavano.
Sebbene sia una cosa assurda, attendevo con impazienza il loro arrivo,
anche se i miei controllori si limitavano a portarmi il cibo, a
verificare che tutto fosse a posto, e ad andarsene. La loro comparsa mi
ricordava che oltre quella maledetta porta il mondo continuava, anche
senza di me …
L’unico tra i miei severi
custodi che mi rivolgeva la parola era Alec.
Si era dimostrato essere il più gentile di tutti. Si fermava
sempre qualche minuto, per chiedermi come stessi, se avessi bisogno di
qualcosa. Quando aprivano la porta, speravo sempre fosse lui.
Mi diceva che dovevo stare tranquilla. Che nessuno voleva farmi del
male. Cercava di tranquillizzarmi.
Un giorno gli chiesi
perché fosse così gentile con me e lui mi disse:
< Sai, perché tu mi ricordi me e mia sorella
… Anche io all’inizio avevo paura. Aro ci aveva
avvicinato e, intuite le nostre capacità, ci ha poi
trasformati. In realtà, sono molto felice adesso. E sono
sicuro che quando anche tu sarai stata trasformata, capirai che per
quelli come noi la cosa migliore che può capitare
è vivere al servizio dei volturi. È un grande
onore. E tu avrai l’onore più grande. Dare un
erede di sangue al più importante tra tutti noi. Sarai
ammirata e trattata con rispetto e deferenza …> Mi sorrideva convinto.
Cercava di persuadermi. Io in tutto
quello non ci vedevo niente di entusiasmante. Semmai, mi veniva il mal
di pancia.
Ciò che in quella
prigione soffrivo di più, era l’isolamento, e il
non vedere mai il cielo. Sapevo che Aro sfruttava questa mia condizione
per costringermi senza l’uso della forza a concedermi a lui,
sapeva che non avrei sopportato tutto quello ancora a lungo. Io
d’altronde non avevo nessuna intenzione di cedere. Non gli
avevo più parlato, dal giorno in cui mi aveva fatto scrivere
la lettera. In fondo, ne ero contenta.
Un altro colpo pesante dato alla
mia felicità, consisteva nel svegliarmi e nel non trovare
Edward, sdraiato al mio fianco, pronto ad abbracciarmi e a consolarmi.
Pensavo a lui continuamente ma ormai, non piangevo neanche
più. La mia sofferenza andava oltre le lacrime. Era
più infima e profonda. Talmente forte da levarmi il respiro.
Edward, che era costantemente nei miei pensieri, mi mancava in maniera
atroce e spesso, mentre cercavo di tenermi occupata in qualche modo, mi
sentivo male improvvisamente. La solitudine e la lontananza mi stava
lentamente logorando. Bastava che l’occhio mi cadesse sulla
fede perché mi cominciasse a mancare l’aria.
Là sotto, stavo diventando claustrofobia.
Aro aveva insistito, tramite Felix,
perché qualcuno venisse a fare le pulizie ma io lo avevo
praticamente supplicato, tramite Alec, di lasciarmi fare almeno quello.
Quello che non potevo lavare io, lo davo alle guardie che provvedevano
a riportarmelo pulito. Ogni cosa potesse impedirmi di pensare alla mia
situazione, mi aiutava a restare padrona delle mie azioni.
L’unico a cui permettevo di aiutarmi era proprio Alec. Se si
offriva di darmi una mano nel riordinare, acconsentivo. Mi faceva
compagnia, mi parlava … distoglieva la mia mente dai brutti
pensieri.
Da quando ero stata rinchiusa
lì dentro, avevo ricevuto una sola lettera del mio sposo.
Insieme ad essa, che mi era stata recapitata aperta, un fazzoletto con
il suo profumo. Nei momenti di maggior sconforto, quando sentivo la
disperazione prendere il sopravvento, lo annusavo ed inspiravo
l’odore di Edward, per farmi coraggio.
Io continuavo a scrivergli ma non sapevo se realmente le mie lettere
venissero consegnate.
< Qualcuna … > Mi aveva detto una volta Alec,
dopo che gli ebbi posto la domanda.
< Quelle che Aro ritiene possano tenerlo lontano da qui
… >
< Capisco … > Avevo risposto sospirando.
Sapevo, anzi ero certa che lui
continuasse a scrivermi con la speranza che me le recapitassero.
Naturalmente, a me non le davano. Probabilmente speravano che pensassi
di essere stata abbandonata e che quindi, presa dalla disperazione,
cedessi. Ma sapevo che Edward pensava costantemente a me. Lo conoscevo
bene. Avrei cercato di essere più rassicurante nelle mie
lettere. Forse in questo modo, Aro glie le avrebbe fatte avere. Se io
non potevo avere sue notizie, mi auguravo che almeno lui potesse stare
tranquillo sapendo che, nonostante tutto, stavo abbastanza bene.
Questo lo pensavo finché
non mi ammalai. Allora in quel momento, molto egoisticamente, sperai
che non rispettasse le mie richieste e venisse a prendermi. Stavo
davvero molto male ed ero spaventata. Sapevo che prima o poi sarebbe
accaduto, che il mio fisico non avrebbe retto alla prigionia.
Mi sentii male per la prima volta
all’improvviso. Non so se fosse notte o giorno.
Mi rigiravo nel letto senza riuscire a prendere sonno.
Prima sul fianco destro, poi su quello sinistro, infine tornavo su
quello destro.
Non riuscivo a trovare tranquillità.
Avevo mangiato da poco e, siccome mi ero sentita stanca, ero andata a
sdraiarmi.
In fondo, che altro avevo da fare?
Le coperte, che quel giorno erano color azzurro, mi parevano pesanti,
opprimenti.
Sudavo. Mi bruciava lo stomaco. La testa mi girava.
Ad un certo punto, mi alzai e mi diressi di corsa in bagno. Vomitai
tutto quello che avevo mangiato.
Mi sentivo un vero schifo.
Mi lavai la faccia e constatai quanto malata sembrassi. Avevo le
occhiaie, profonde e scure, il volto stanco e pallido, emaciato. Parevo
quasi un vampiro, se non fosse che non ero bellisima.
Ero dimagrita ancora.
Le guardie passarono molte volte a
portarmi il cibo con la solita regolarità e io tutte le
volte, dopo aver inghiottito qualcosa, mi ritrovavo in bagno
…
Continuai a vomitare per non so quante volte, ma non dissi niente a
nessuno. Non riuscivo neanche a stare in piedi e dormivo molto.
Mangiavo a fatica.
Presa dalla disperazione, ad un certo punto smisi direttamente di
mangiare, ma per non insospettire i miei custodi, buttavo via un
po’ di cibo nel gabinetto. Andò avanti
così per un bel po’.
Dovevano essere passati diversi giorni. Trascorrevo la maggior parte
del tempo a letto, troppo debole per fare altro.
Dopo non so quanto, quella
maledetta porta si aprì per l’ennesima volta ma
per fortuna, finalmente, entrò Alec.
Io ero sdraiata a letto. Mi voltai nella sua direzione e lo salutai
sorridendo debolmente. Stavo proprio male.
Lui se ne accorse subito e, dopo
aver poggiato il cibo sul tavolo, mi venne vicino e mi chiese:
< Tutto a posto? >
< No… > Fu la mia risposta laconica. <
Ma non dirlo a nessuno … >
< Sì, così se muori poi nei casino ci
finisco io. Che cos’hai? >
< Tutto … > Dissi girandomi dalla parte
opposta.
< Non credo che ti faccia bene restare qua sotto. Dovresti
uscire a prendere un po’ d’aria. Ne
parlerò con Aro. > Ogni volta che pronunciava quel
nome trasparivano rispetto e deferenza.
< No, non voglio. >
< Insomma, più di sei settimane chiusa qui dentro
… ci credo che ti riduci in questo modo … Hai
proprio una brutta cera. >
< Quanto hai detto che sono rimasta qui dentro? > Chiesi
sconvolta, con una nota isterica nella voce.
< Quasi sette settimane. >
Oddio, avevo completamente perso la
concezione del tempo. Non esistevano più mattine
né pomeriggi né notti nella mia vita, fatta ormai
solo di buio e di paura …
Quei nomi ormai non significavano più niente.
La sveglia l’avevo spaccata lanciandola contro il muro in un
attacco di rabbia, poco dopo che mi era stata data … Non
sopportavo di vedere il tempo scivolarmi tra le dita.
La consapevolezza della
realtà mi piombò addosso e mi sconvolse.
Tutti quei giorni là dentro, lontana dalla mia famiglia,
lontana da Edward … Non ce l’avrei fatta ancora a
lungo.
La disperazione che tentavo di reprimere prese il sopravvento. Ero
scossa da singhiozzi asciutti.
< Puoi chiedere ad Aro di farmi avere la lettera di Edward?
Quella che mi ha mandato per il mio compleanno? Per favore, almeno
quella … > La mia voce era tremolante, bassa. Ero
sicura che lui me ne avesse spedita una per il 13 di settembre, ne ero
certa. Volevo leggerla. Almeno quello potevano concedermelo
… Osservai la fede e sospirai.
< Va bene, glie lo chiederò … > La
sua voce era dubbiosae
provocò in me un ulteriore ondata di disperazione.
< Ti prego Alec, ti prego … > Lo supplicai.
Lui, a differenza della sorella che, con uno sguardo infliggeva
sofferenze atroci, era in grado di convincere le persone. Me lo aveva
rivelato lui stesso, mentre mi riaccendeva il fuoco, una volta
… Era un dono molto utile., anche se su di me non aveva
effetto.
< Va bene Isabella, va bene … ma non piangere adesso
… > Sembrava preoccupato.
Piangevo? Sì, e anche tanto. Dopo non so quanto tempo le
lacrime tornarono a scorrermi sul viso. Ero stupita.
Lui se ne accorse e mi disse:
< Se stai male, dovremo portarti da un medico. Certo, si tratta
di poche ora, ma potresti pur sempre uscire. E poi, non hai davvero un
bell’aspetto. Credo che tu abbia seriamente bisogno di farti
controllare. Forse sarà meglio che si faccia
così. >
< vuoi farmi uscire? >
< Solo per qualche ora. Di più non riesco a
convincerli … te la senti di mangiare qualcosa adesso?
> Mi chiese indicandomi il cibo.
< No … > Tenevo le mani sul volto per
nascondere la mia disperazione.
Si alzò e prese il vassoio e andò alla porta.
< Tornerò fra poco. Un’ora circa
… >
Non gli risposi. Pensavo alla mia famiglia, alla loro ansia, alla
lontananza da Edward.
Una ferita invisibile mi lacerava
il petto. Il cuore mi batteva forsennato. Ogni suo battito mi ricordava
le parole del mio sposo: < Questo è il suono
più bello che abbia mai udito. Ne sono così in
sintonia che lo riconoscerei a kilometri di distanza …
>
I miei pensieri vennero interrotti
dalle parole di Alec.
< Mi dispiace … > levai le mani dagli occhi
gonfi e l’osservai.
< Cosa? > rantolai.
< Per te e per tuo marito … Non fai altro che
ripetere il suo nome. Proprio come ora. Quando dormi, quando sei
soprapensiero … sempre. >
Chiusi la bocca. Non mi ero resa conto di aver sussurrato il suo nome,
né quella volta né mai …
In realtà Aro non è cattivo. Solo che per lui,
per noi, le cose hanno un aspetto differente. Non lo fa per farti un
torto … >Sembrava volesse giustificarlo.
Se ne andò senza dirmi altro, lasciandomi nel letto.
Rimasta sola, pensai …
Pensai a Charlie, Reneè,
i Cullen, Edward …
In fondo, per tornare a casa, avrei semplicemente dovuto obbedire ad
Aro, dargli quel maledetto bambino che voleva tanto … La
fase peggiore sarebbe durata poco, o per lo meno non moltissimo. Alla
fine, avrei dovuto solo aspettare che il bambino nascesse e poi me ne
sarei andata. In fondo, si poteva anche fare. Sperando di restare
incinta al primo tentativo. Già una sola volta con Aro mi
disgustava. Non so se avrei retto l’idea di dovermi concedere
a lui più volte. Tremai di orrore e paura.
Certo, sarebbe stato orribile, ma
almeno avrei evitato la pazzia.
Se non avessi accettato le condizioni di Aro, sarei morta in quel
dannato sotterraneo, lontana da tutto e da tutti.
Dovevo fare come voleva Aro.
Edward avrebbe capito.
Non potevo fare altrimenti …
Era l’unico modo che avevo per poter tornare a casa
…
Ma poi, me la sarei sentita di abbandonare un figlio che, in fondo,
sarebbe stato anche mio? Ecco cosa intendeva Aro quando mi
ripeteva:
< Forse sarai proprio tu a voler restare … >
Bastardo.
Se io fossi rimasta, con me sarebbe venuto Edward, ed Aro avrebbe avuto
tutto: il bambino e anche i poteri di mio marito …
E poi, mentre ormai mi ero decisa a dire ad Aro che aveva vinto, che
avrei fatto tutto quello che mi chiedeva, dovetti alzarmi per andare a
vomitare di nuovo.
E mentre mi trovavo in bagno, seduta a terra e con la schiena contro il
vetro freddo dello specchio, mi portai le mani allo stomaco che
bruciava.
< Quasi sette settimane
… sette settimane … > Mi ripetevo ad occhi
chiusi, la testa fra le mani. ondeggiavo avanti e indietro. Le
ginocchia contro il petto … sentivo il freddo
dell’oro della fede contro la mia pelle …
< Tutto questo tempo … Edward, Edward …
Sette settimane lontana da te … > Lacrime calde mi
solcavano il volto arrossato.
Improvvisamente spalancai gli occhi e mi portai le mani alla bocca.
< Cazzo! > urlai.
No, no … non poteva
essere …
< Sette settimane? > ripetei con voce agitata …
Merda.
Non avevo avuto il ciclo …
Possibile?
Sicuramente era colpa della stress.
Doveva essere colpa dello stress …
Non poteva essere … non potevo essere incinta …
Non era possibile …
No, no, non potevo assolutamente essere incinta.
Un altro conato di vomito.
Porca miseria, sì che ero incinta.
In quel preciso istante, provai una
paura tremenda, come non l’avevo mai provata prima.
E dire che io avevo avuto modo di incontrare la morte, e persino cose
ben peggiori, più di una volta nella mia vita …
In tutte quelle occasioni non avevo mai provato una sensazione di
angoscia pura come in quel momento. Era indescrivibile.
Stavo andando in iperventilazione.
Sussultavo convulsamente, scossa dai singhiozzi.
Quella paura era totalmente diversa da quelle provate in precedenza,
era paralizzante.
Adesso in gioco non c’era più solo la mia vita.
Non era me che dovevo proteggere …
Non era a me che dovevo pensare. Rabbrividii.
Non sapevo cosa fare.
Aggrappandomi al lavandino mi
rimisi in piedi. Mi tremavano le ginocchia ed ero malferma sulle gambe.
Appoggiandomi al muro, in qualche modo riuscii a tornare a letto e
scoppiai in un pianto isterico.
Appoggiai le mani sul mio ventre e mi feci piccola piccola
nascondendomi sotto le coperte.
Tra i singhiozzi sussurravo:
< Edward, Edward … >
Mi accarezzavo la pancia e pensavo
che i quel momento, avrei dovuto essere felice.
Era un miracolo. Né io né Edward pensavamo che
una cosa del genere fosse possibile.
Eppure, io in quel momento ero disperata, sola. Sentivo il bisogno di
abbracciare mio marito, di dirgli cos’era successo. Volevo
vedere il suo volto, il suo sorriso. Saperlo felice per ciò
che era accaduto … Ma sapevo che probabilmente tutto
ciò non sarebbe mai successo.
E proprio pensando a lui, al mio
Edward, capii realmente in che razza di situazione mi trovassi.
In quale pericolo fossimo, io e il mio bambino.
Né Aro né nessun altro lì dentro
avrebbe dovuto sapere che ero incinta.
Se lo avessero scoperto, mi
avrebbero impedito di portare avanti la gravidanza.
E io quel bambino lo volevo, con
tutto il cuore. Era il mio bambino, mio e di Edward.
Per la prima volta, realizzai che
la mia unica possibilità era la fuga.
Me ne dovevo andare, e prima che si accorgessero della situazione.
Se fino a quel momento non avevo preso neanche in considerazione
l’idea di fuggire, adesso quella mi pareva la mia unica
speranza.
Avrei dovuto riuscirci prima che Aro si spazientisse e venisse a
pretendere il mio corpo.
Avrei dovuto riuscirci prima che la mia condizione fosse evidente.
Sarebbe stato difficile, molto
difficile, ma io avrei fatto di tutto per poter tornare ad abbracciare
Edward.
Per dare alla luce il nostro bambino.
Tanto, non avevo niente da perdere.
Fuori dalla stanza, oltre la porta,
dei passi veloci, delle voce concitate. Una fra tutte, quella di Aro.
Il rumore della catena e del chiavistello.
Stavano per entrare,
Mi asciugai le lacrime con la
manica del pigiama e portai le mani sulle coperte, lontano dalla mia
pancia.
Non dovevo destare sospetti.
Feci un respiro profondo e
sussurrai:
< Edward, ti amo … >
Poi la porta si aprì e
io mi voltai verso Aro che veniva verso di me con un espressione
preoccupata dipinta sul suo volto antico.
Mi ripetei nella mente:
“ Tanto, non ho niente
da perdere. Farò tutto il
possibile per far vivere questo bambino. Tutto il possibile
… Te lo giuro, Edward
… tutto il possibile … ”
MIRACOLO!!!
Piove!!!!!!!!! PIOVE!!!!
Sono felice!
E quindi, posto… ( scherzo,
posto per recuperare i giorni perduti causa alimentatore infingardo XD)
PIOVE!!! Anzi, specifichiamo,
c’è proprio un’alluvione!!!! Ci sono
delle cose che volano (?) vado a chiudere
la finestra… Aiuto!!!!
Ma ora, tornando al capitolo,
ringrazio tutte coloro che avessero letto il cap precedente e in
particolare Gocciolina,
Wind,
sophie_95,
PenPen,
giulia9_91,
AngelOfLove,
MoonlessNight,
momob,
BellaSwan95,
yumisan,
Clhoe,
Giulls,
alice
brendon cullen,
Lilian
Potter, Deimos,
Hele91,
hachicat,
bimbaemo,
carlottina,
Raki,
novilunio,Inuyasha__girl92,_sefiri_ che hanno recensito,
facendomi molto felice!
Scusate per le imprecisioni (
di qualsiasi tipo ) che ci possono essere … Sorry XD cerco
di fare del mio
meglio! Sappiate essere clementi!
Ora vado a godermi il
temporale!!!! (finalmente c’è un po’ di
fresco!!!)
Baci e a presto,
E
mi raccomando, aspetto le vostre recensioni … (Eh
eh eh … chissà cosa mi direte
dell’ultimo pezzo del capitolo … Eh eh eh *risata
perfida di Erika*)
Cassandra!
Bella’s Pov
<
Bella? Bella? >
La voce di Aro mi faceva venire la
nausea, come se già
non ce l’avessi per i fatti miei …
< Bella? Come stai? >
Non dovetti neanche fingere di fare
la voce da malata:
< Sto male … > biascicai
< Bella, è da tanto che stai male? > sembrava
seriamente preoccupato. Lurido verme opportunista, di me in
realtà non gli
importava niente …
< Un po’ … >
< Perché non ci hai avvisato prima? > Notai un
filo di rabbia nella sua voce.
< Non volevo farvi preoccupare. È solo una cosa
passeggera … >
< Da quanto sta così? > domandò ad
Alec e quello
rispose:
< Ha cominciato a mangiare meno circa una settimana
e mezzo fa … >
Vidi Aro annuire e poi rivolgersi
nuovamente a me:
< Ora ti porteremo da un medico. Gianna è qui per
aiutarti a vestirti … > e mi indicò la
bella ragazza abbronzata che avevo
già incontrato, una volta … Lui e i suoi
“uomini” uscirono, lasciandomi sola
con la donna. Era strano, piacevole sentire delle mani calde sulla mia
pelle …
Non ne ero più abituata.
Mi aiutò ad infilare dei vestiti puliti e mi legò
i
capelli. Mi fece mettere delle scarpe ed una giacca pesante. Sudavo
…
< Ecco, adesso ci siamo. > E mi sorrise
incoraggiante.
Aro e le sue guardie rientrarono e
Alec mi prese con
dolcezza tra le braccia.
Mi portarono fuori molto velocemente.
Feci molta attenzione alla strada
che percorrevamo,
sforzandomi di non chiudere gli occhi.
Alla fine arrivammo in una sorta di parcheggio
interrato. Aro diede chiare disposizioni e poi, insieme a Jane,
tornò indietro.
Mi infilarono in auto, facendomi sdraiare sui sedili
posteriori. Davanti, Demetri e una guardia che non conoscevo. Alec e un
altro
salirono su una seconda macchina.
I finestrini erano oscurati e io, che oltretutto ero
sdraiata, non riuscii a vedere nulla.
Dopo una manciata di minuti, ci fermammo e delle
braccia gelide mi aiutarono ad uscire.
Era sera ed il cielo era nuvoloso.
Faceva fresco. Mi strinsi di più la giacca intorno al
corpo.
Non c’era quasi nessuno
in giro.
Ci trovavamo ancora all’interno dell’antica
città. Le
case erano in pietra, così come le strade.
I lampioni emanavano una fioca luce giallastra.
< Che ore sono? > Domandai con un filo di voce.
< Le 9 meno un quarto. Stiamo andando da uno dei
pochi dottori che restano aperti anche di sera. Vieni. > Mi fece
il vampiro
che non conoscevo.
Alec e Demetri mi cinsero il bacino con le braccia e
mi trascinarono verso un ingresso in legno. Una targa dorata appesa di
fianco.
Ero rigida e malferma sulle gambe.
Quando
uno degli altri due vampiri aprì la porta, il
mio sguardo, che osservava la strada alla ricerca di una via di fuga,
incrociò quello di un uomo in uniforme azzurra che passava
lì
vicino. Sullo stesso marciapiede.
Ci fissammo per alcuni istanti. Le mie guardie, che
erano vestite con abiti normali, non gli fecero minimamente caso, ma
quell’uomo
fece caso a me.
Osservò i miei accompagnatori e poi nuovamente me, e
il mio volto spaventato.
Sembrava pensieroso.
Stava per avvicinarsi, sospettoso, quando venni
letteralmente trascinata oltre la porta.
Lacrime silenziose solcavano il mio viso e quell’uomo
se ne era certamente accorto.
La
porta si richiuse dietro di noi con un tonfo facendo precipitare
l'ingresso in un'oscurità fitta e opprimente. Venni condotta
al
secondo piano, in uno studio medico.
Attesi circa un quarto d’ora prima che il dottore mi
ricevesse. Fortunatamente, una volta dentro, constatai che parlava
inglese.
I miei accompagnatori mi attendevano in sala
d’aspetto.
< Prego signorina, si sieda
… > Mi disse l’uomo,
sulla cinquantina, indicandomi una poltrona davanti alla scrivania.
< Allora signorina Reamer, mi hanno telefonato per avvisarmi che
sarebbe venuta. Dicevano che
stava male … Mi dica, che sintomi ha? > Signorina
Reamer? Beh, certamente non potevano
dirgli il mio vero nome …
< Ehm … > Ero imbarazzata, non potevo dirgli
la
verità …
< Non si vergogni, mi dica … > Mi sorrideva
tranquillo.
< Ecco, vede, ultimamente ho avuto spesso mal di
pancia e ho rimesso … > Restavo sul vago.
Lui annuiva e attendeva che proseguissi.
< Inoltre, non riesco a dormire bene … >
< Capisco. Venga, si sdrai sul lettino … >
Impallidii. Se ne sarebbe accorto sicuramente.
< Non si vergogni. >
Mi fece lui.
Dovevo giocare d’anticipo. Non doveva parlare ad alta voce
di quello …
Con uno scatto, mi sporsi e afferrai una penna e un
blocco di fogli che si trovavano sulla scrivania.
Il medico stava per dirmi qualcosa quando io mi
poggiai l’indice sulle labbra e poi unii le mani in segno di
preghiera.
Lui mi fissò un attimo dubbioso e poi annuii
lentamente.
Mi disse:
< Prego, mi faccia vedere. >
Cominciai a scrivere, cercando di non fare rumore. “ scusi se la
coinvolgo. Sono
nei pasticci. La prego, non dica niente. Ho paura che mi sentano.
Credo di essere incinta ma non
voglio tenere il bambino … ” Dovevo
mentire, per sembrare minimamente credibile.
“ Se loro lo scoprissero, mi
obbligherebbero a tenerlo ma non è di mio marito. Ho il
terrore che lo scopra. ” E gli
mostrai la fede.
“ Non potrebbe essere suo perchè noi non
abbiamo ...
Sono stata costretta a
sposare un uomo molto più vecchio di me … ”
Costretta? Beh, povero Edward, non direi proprio …
“ La prego, mi deve dire se
sono incinta, ma non deve farne parola con nessuno. Quando glie lo
chiederanno,
deve dire alle persone che mi hanno accompagnato che sto male per lo
stress.
Che mi devono far uscire un po’ perché ho bisogno
di prendere un po’ d’aria,
magari in campagna … ” Lui,
man mano che leggeva annuiva. “ La prego, mi
dica se
aspetto un bambino. Ho saltato il ciclo … e con i tempi,
rispetto a quando ho
avuto rapporti, ci siamo … ”
Mi prese per mano e mi disse: <
Si sdrai, prego. E
sollevi la maglietta. > Mi visitò con cura,
controllandomi accuratamente. Il
seno, la pancia … Quando ebbe finito,
scrisse: “ Credo di
sì. Sei nei guai? Vuoi
che chiami la polizia? ” Scossi veementemente la testa. Mi
infilò in mano un pacchetto che aveva tirato fuori
da un cassetto e mi scrisse: “ Chiedi di poter
andare in
bagno … Quello è un test di gravidanza. Sai come
si usano? ” Annuii
e poi domandai:
< Scusi, Posso andare al bagno? >
< Certo, quella porta … > E mi ci
accompagnò Feci
pipì e mi sentii mancare quando vidi la linea
rosa che si formava su quel piccolo pezzo di plastica.
Mi lavai ed uscii. Tremavo. Il medico prese l’oggetto
e mi scrisse: “Dirò
che sei stressata.
Sicuro che ti basti? Non devo avvisare la polizia? Sei in pericolo?
” Scossi
di nuovo la testa. Cercando di trattenere le
lacrime. Alcune sfuggirono al mio controllo e solcarono le mi guance. Lui scrisse: “ Fai attenzione,
e non
cercare di farlo da sola. Vai in ospedale. L’aborto
può essere molto
pericoloso. Mi raccomando.” Annuii.
In realtà, io volevo l’esatto contrario.
Il dottore fece sparire la nostra conversazione e il
test e poi fece entrare i miei custodi.
< Allora …
>Disse con un sorriso
stampato sul volto. Lo
sguardo preoccupato che aveva durante la nostra
“conversazione” era svanito. <
La signorina è solo un po’ stressata. Forse
è
sotto pressione. Le prescrivo delle vitamine e dei ricostituenti. Una
pastiglia
al giorno, riposo e una vacanza la rimetteranno in sesto.
Deve mangiare molta frutta e verdura … pasti
equilibrati.
Ora vi scrivo tutto … ecco, e credo che le farebbe
bene andarsene dalla città. Ha bisogno di aria fresca e
pulita. Deve stare un
po’ di più all’aperto. La vedo piuttosto
provata. Questo pallore …
La cosa migliore sarebbe passare un paio di settimane
in campagna … >
Quell’uomo lo adoravo. Mi
stava reggendo il gioco in
maniera fantastica. Doveva avermi visto proprio messa male.
Dopo altri dieci minuti di raccomandazioni e
ringraziamenti, le mie guardie mi riportarono in macchina. Ero molto
stanca e
mi si chiudevano gli occhi. Alec mi prese in braccio e si sedette
accanto a me,
sul sedile posteriore. Mi disse:
< Visto, non è niente di grave. Se non ti stressi,
passerà. > Sembrava convinto.
Mi abbandonai allo schienale e sussurrai: < Edward
… > Prima di addormentarmi. Lo
sentii
accarezzarmi la spalla, quasi volesse consolarmi.
Quando mi risvegliai, mi ritrovai
in camera mia.
Aro se ne stava in piedi,
appoggiato al muro. Mi
osservava.
Con orrore, mi resi conto di essere in pigiama.
< Non preoccuparti, si è occupata di tutto Gianna.
Io sono appena arrivato.
Cerca di riposare ancora un po’ … >
< Non ho sonno. >
< Non si direbbe. Hai fame? Devi mangiare. Ti ho
fatto portare il pranzo … > Ed indicò il
tavolo.
Scossi la testa. Sentivo ancora il senso di vuoto e di
nausea. Volevo evitare di correre in bagno davanti a lui …
< Mi farà avere le lettere di Edward? >
Mi si avvicinò e mi
domandò:
< Da quanto non mangi? Ti trovo … sciupata. >
Era preoccupato. Bingo! Credeva mi stessi lasciando morire di fame. E
questo
era un vantaggio per me.
< Da un po’ … Mi sento così
triste. > Alzai lo
sguardo e lo fissai dritto negli occhi. Lui mi osservò e
poi, rassegnato, mi
propose:
< io ti porto le tue lettere, e tu ricominci a
mangiare. >
Annuii e poi gli domandai: < Mi farete anche
uscire? > Mi squadrò e, con un tono duro che con me
non aveva mai usato, e
che mi fece tremare, mi disse:
< Non approfittartene troppo. Quello è fuori
discussione. Prima, dammi quello che voglio. >
Si sedette sul letto e mi sfiorò il braccio.
Io lo allontanai bruscamente e gli ricordai: <
Avevate detto che avreste aspettato! > Ma la mia voce era rotta
dal pianto
ed io stessa sapevo che quella promessa non era affatto vincolante.
Sospirò e mi
accarezzò la guancia. Tremai.
< In questo stato, non potresti darmi quello che
cerco. Se però continui così, se ti lasci morire,
io avrò perso un occasione e
tu la vita. Pensaci. Non appena avrai assolto il tuo compito, te ne
potrai
andare. > Me lo stava sussurrando all’orecchio,
cercando di persuadermi.
< Appena ti sarai rimessa in forze, ne riparleremo
… > e così dicendo, si alzò e
mi lasciò sola.
Appena si fu richiuso la porta alle spalle, mi alzai e
andai a mangiare. Non lasciai niente.
Naturalmente, mi venne di nuovo la
nausea ma, potei
constatare, avevano comprato le medicine che mi aveva prescritto il
dottore. Me
le avevano appoggiate sul vassoio. Una pillola per medicinale, dentro
un
sacchettino trasparente con su scritto a cosa servisse. Avevano paura
che mi
suicidassi con le medicine? Forse …
Presi l’antiacido e, miracolosamente, non corsi al
bagno.
Quando Demetri venne a riprendersi
il vassoio, notai
come fosse scrupoloso. Appoggiò le medicine sulla scrivania
e controllò che non
mancasse niente. Lo vidi chiaramente contare le posate.
Erano seriamente preoccupati del fatto che potessi
farmi del male. In effetti, avrei sempre potuto ficcarmi una forchetta
in un
occhio …
Ero proprio arrabbiata. La forchetta l’avrei
volentieri ficcata nell’occhio a loro …
Sapevo che non sarei mai riuscita ad uscire dalla mia
prigione. L’unico modo per fuggire, era farmi portare fuori
dai Volturi stessi
che però, non ne avevano assolutamente intenzione.
E poi, mi venne in mente che forse,
la forchetta in un
occhio avrei potuto evitarmela, ma che magari, se fossi riuscita a
nascondere
un coltello … Nel caso fossi stata per impazzire, avrei
sempre potuto usarlo
per farla finita …
Scossi la testa cercando di scacciare quel pensiero.
Non dovevo fare così.
Non sarei impazzita. Non potevo permettermelo. Dovevo
pensare al mio bambino. Non potevo fare questo ad Edward.
Demetri se ne andò senza
neanche rivolgermi la parola
ed io, sdraiata a letto, cominciai ad accarezzarmi il ventre. Sapevo
che era
ancora presto, che non poteva sentirmi, ma canticchiai la ninnananna di
Edward,
cercando di trattenere le lacrime. Mi addormentai e sognai il mio sposo
e, per
la prima volta da settimane, dormii bene, senza svegliarmi sudata o
tremante.
Quando riaprii gli occhi mi misi
seduta e, dopo aver
osservato la stanza, cacciai un urlo.
Seduto al bordo del letto un vampiro che non avevo mai
visto mi osservava.
< Non urlare … non ce n’è
bisogno. >
Riconobbi la voce.< Caius … > Sussurrai.
Lo avevo incontrato solo una volta, mesi prima.
< Che cosa ci fa qui? > Domandai spaventata.
< Sai, volevo vedere cosa Aro ci trovasse in te di
interessante. >
Deglutii.
< In effetti … l’idea di un erede di sangue
è molto
allettante … > E si avvicinò al mio collo,
per annusarmi.
Io ero bloccata dalla paura. Le sue
dita fredde
scivolavano lungo la mia pelle.
Cercai di ritrarmi ma lui mi afferrò per il polso.
< Non ti preoccupare … > Mi
bisbigliò.
< Sai, prima di farti venire qui, Aro ha domandato
se anche io e Marcus fossimo interessati alla prospettiva di avere un
erede.
Rispondemmo di no. Al momento, devo dire che mi parve una delle solite
idee
bislacche di mio fratello. In fondo, è solo un capriccio.
Non pensare che gli
serva, un figlio … Che lui ti voglia ... è solo
curioso. Vuole
solo provare il tuo dono, perché sarebbe interessante
… Adesso
tuttavia, anche io mi ritrovo affascinato
da quest'idea … >
Lo fissavo incredula, gli occhi
sbarrati dal terrore.
< credo che Aro non sia
riuscito ancora ad ottenere
ciò che vuole perché non è capace
… di chiederlo … > E così
dicendo mi buttò
all’indietro, facendomi cadere sul letto, la schiena sulle
lenzuola.
< Con certe persone, non si può essere gentili.
Sono sicuro che io invece avrò successo là dove
lui ha fallito … >
< Ma … lui si a … arrab …
bierà … > tentai di
balbettare. Il mio obbiettivo era fargli paura ma lui non parve
minimamente
scosso dalla prospettiva.
< Aro? Non credo … gli basterà aspettare
che tu
possa avere un altro figlio. Di nostra natura siamo creature pazienti,
e lui è
il più paziente tra noi … >
Con una mano mi accarezzò gli occhi e mi asciugò
le
lacrime. Io voltai il capo e serrai le palpebre.
Piangevo.
Lui mi teneva i polsi bloccati sopra la testa. E i
miei tentativi di divincolarmi erano del tutto inutili.
Salì sul letto e mi sussurrò:
< Se stai buona, non ti farò male. Te lo prometto.
Non è te che voglio, io voglio il tuo dono … la
tua capacità … >
Certo, e per avere quello, avrebbe dovuto …
Ansimavo e tremavo.
Sentii la nausea crescere e i singhiozzi farsi più
rumorosi … nonostante scalciassi, non riuscii ad
allontanarlo,anzi, mi feci
solo male sbattendo le gambe contro il suo corpo di pietra.
Attese finché, esausta, non smisi di oppormi. Le mie
grida non avevano richiamato nessuno …
Respiravo con affanno, immobilizzata dalle sue
braccia.
Con la mano scivolò sotto la mia maglietta.
Rabbrividì quando sentii il freddo della sua pelle sulla
mia.
Mi sfilò la maglia, lasciandomi in reggiseno …
cercai
di coprirmi con le braccia, ma lui me le teneva strette con una mano,
stringendomi i polsi e facendomi male.
Quando sentii le sue dita sfiorarmi la pancia e
premere sul mio stomaco, sussurrai:
< La prego, sto male … mi lasci in pace …
>
< Sei solo agitata. Vedrai non ti farò niente. Non
sentirai niente. >
Mi sfilò i pantaloni, incurante delle mie suppliche.
Le sue dita scorrevano lungo il mio corpo mentre io
annegavo nel terrore e nella vergogna. La mia mente era confusa, non
riuscivo a
pensare.
Quando le sue luride mani mi accarezzarono di nuovo,
tentando di levarmi anche il resto infilandosi sotto
l’elastico della biancheria,
un lampo di lucidità mi attraversò la mente.
Dovevo reagire.
L’istinto di
sopravvivenza prese il sopravvento.
Con tutta la mia forza, e con un gesto repentino, riuscii
a divincolarmi da lui e caddi dal letto.
Lui rise ma io, decisa, corsi verso
la porta.
Caius mi osservava divertito dal mio letto …
In pochi secondi, fui al citofono. Sollevai la
cornetta e premetti quel maledetto tasto rosso.
Tenni il dito premuto finché non mi risposero.
Il volto di Caius era ora una maschera di rabbia. Si
alzò dal letto e, lentamente, venne verso di me. Scuoteva la
testa adirato.
Faceva paura.
Gridai nel citofono:
< Aiuto! Aiuto!per favore, qualcuno mi aiuti!!! Per
favore! Aiuto! > Facevo fatica a parlare tra i singhiozzi.
Caius mi prese il citofono dalle mani e lo ripose al
suo posto. Dopo avermi afferrato per i polsi, cominciò a
scuotermi e gridarmi
parole che non conoscevo, ma di cui potevo intuirne il senso
…
Dopo appena pochi istanti, la porta massiccia si
spalancò e tre delle mie guardie, insieme ad Aro, comparvero
sulla soglia.
Non ero mai stata contenta di
vederlo, tranne che in
quel momento.
Caius mi lasciò andare ed io caddi sulle ginocchia.
Appena riuscii a respirare normalmente, mi rimisi in
piedi, aiutata da Alec che, dal canto suo, mi prese in braccio e mi
riportò a
letto.
Mi voltai e vidi Caius e Aro
parlare e, cosa che mi fece
rabbia, quest’ultimo non mi pareva affatto adirato.
Mi coprii il volto con le coperte. Mi sentivo sporca …
Avrei voluto andare in bagno, per lavarmi … Dove mi aveva
toccata, mi sembrava
di essere contaminata. Forse neanche il sapone, sarebbe riuscito a
pulire la
mia pelle …
Figuriamoci se Aro avesse poi davvero …
Non riuscivo neanche a pensarci.
E poi, venni invasa dalla paura.
Se anche Caius voleva un figlio, avrei dovuto restare
lì per più di due anni …
No, no.
Non potevano farmi questo … Non ce l’avrei mai
fatta,
e poi, il mio bambino …
Mi raggomitolai sotto le coperte
per nascondermi.
Non risposi alle domande che Jane mi pose.
No che non stavo bene.
Lei, dal tono di voce, sembrava compiaciuta. Le sue
domande mi facevano girare la testa.
Era proprio perfida.
Alla fine, sentii Caius andarsene
sbattendo la porta e
Aro avvicinarsi a me. Mi levò le lenzuola dalla testa e
scostò i capelli dalla
fronte. Mi disse:
< Dice che hai un brutto carattere … che non vuole
più avere niente a che fare con te. Che sono uno sciocco ad
intestardirmi con
una bambina viziata come te. > Sorrideva compiaciuto. <
Ma la pazienza è
la virtù dei forti. Alla fine, sarai proprio tu a venire da
me … Ed io otterrò
ciò che voglio … >
Vide la paura sul mio volto e mi bisbigliò:
< Io
sono un gentiluomo, se così si può dire
… e non preoccuparti, nessuno ti
toccherà più, finché non sarai tu
stessa a chiedermelo. Solo, vedi di non metterci
troppo tempo a deciderti, a non impazzire prima …
Cerca di rimetterti, prima sistemiamo la questione,
prima sarai libera. > Avrei voluto sputargli in faccia. Lo
odiavo,
lo avevo sempre detestato ma adesso, ora che sapevo che la causa di
tutte le mie disgrazie era una semplice curiosità ... un
capriccio ... Piangevo di rabbia.
Chiusi gli occhi e mi ritrassi, quando vidi la sua mano avvicinarsi il
mio viso.
Mi accarezzò la fronte e, ridendo, uscì seguito
dalle
sue guardie.
Le sue parole furono per me come
una scossa elettrica.
Sapeva che stavo per cedere.
Non sapeva che non potevo permettermelo.
In
effetti, se non mi fossi resa conto di essere incinta, probabilmente mi
sarei
consegnata a lui quel giorno stesso.
La prigionia era per me ormai
intollerabile.
Quel bastardo aveva fatto fin troppo bene i suoi
calcoli …
Vidi Alec che mi osservava e voltai
il capo.
Non volevo che intuisse qualcosa, nel mio volto
scalzato dalla determinazione.
Avevo deciso.
Dovevo andarmene, e ora avevo anche
capito come fare.
Sarebbe stato rischioso, ma non avevo alternative.
Avrei messo in atto il mio piano non appena mi fosse
stato possibile.
Ciao! Eccomi a tempo di record con il
cap 9!!!
Grazie a tutte per aver letto lo scorso capitolo e un grazie
particolare a Wind,
AngelOfLove,
PenPen,
Gocciolina,
BellaSwan95,
MoonlessNight,
alice
brendon cullen,
summer718,
hachicat,
momob,
Hele91,
lilistar,
yumisan,
Lilian
Potter, emily
ff, yuyutiamo,
Inuyasha__girl92,
novilunio(quando
ho letto la tua recensione, per poco non cadevo dalla sedia dal ridere
XD
fantastica! Mi sento onorata XD), sophie_95,
_sefiri_,
sky_eyes_vampire,
Deimos,
Giulls,
giulia9_91,
Raki
per
aver lasciato una recensione. Erano tutte bellissime e troppo
dovertenti! Ve la siete presa tutte con Caius!
Sfortunatamente, questo capitolo era un po’ lungo e quindi
non potevo ringraziarvi una per una … (sigh sob) ma, il
prossimo, sarà più
breve *breve ma molto intenso … * e quindi, potrò
rispondervi, e non vedo l’ora!
Secondo me, quella dei ringraziamenti è la parte
più divertente!!!
Ma riguardo alle rec dello scorso cap: Sì, Aro è
un porco,
ma anche Caius non scherza. A parte qualche anima pura e candida
(nevvero,
Lily? XD) che voleva che Bella venisse violentata, devo dire che
eravate tutte
d’accordo a mandare anche Caius a quel paese. In effetti,
povera Bella!
Riguardo ad Edward, sarete felici di sapere che, finalmente, si da una
svegliata in questo capitolo e che … XXXX non devo
spoilerare!!! “E che”
lo scoprirete nel prossimo capitolo con cui, vi devo avvisare, mi
fermerò per
un po’. Parto per una settimana. Il problema è che
il cap 10 (il mio preferito,
e capirete il perché … ) finisce in un modo
strano e, sono certa, tutte vorrete
leggere subito l’undicesimo. Stavo pensando di farlo postare
da qualche amica
mentre non ci sono. Fatemi sapere …
Per intanto, vi saluto qui e vi
lascio a questo capitolo! Spero
che vi piaccia! ( non vedo l’ora di postare il dieci. Se
domani torno presto,
lo posto verso le 8. Speriamo di sì! Sono troppo curiosa di
leggere quello che
mi scriverete! Eh eh eh *risata maleficissima di Erika, la sadica
… *
Aspetto con ansia i vostri commenti! Ps:
è tornato il caldo anche qui … e anche
l’afa!!! Voglio la pioggia e il fresco!!!!!!!
___________________ *muore di caldo*
Ciao e a presto,Cassandra!
Edward's Pov
Anche
quella mattina, come
tutte quelle che l’avevano preceduta, rimasi a fissare il
sorgere del sole,
dietro le nubi.
Le giornate si stavano
lentamente accorciando, aumentando la mia agonia. Con
l’oscurità, tutto
diventava più difficile.
Sdraiato
sul letto della mia
stanza, tenevo fra le mani un vestito di Bella.
Le ore trascorrevano lente ed
inesorabili. Ero certo che prima o poi sarei impazzito, o che avrei
tradito la
parola data ai miei familiari.
Come
c’era d’aspettarsi,
Carlisle era riuscito ad estorcermi una promessa che mi impediva di
assecondare
i miei desideri, dettati dall’ansia e dall’angoscia.
Solo la limpidezza dei suoi
pensieri, la certezza che, se fosse stato inevitabile, mi avrebbe
aiutato in
tutti i modi, solo il dolore di Esme ed Alice, di fronte al rapimento
di Bella
erano riusciti a farmi desistere dal prendere il primo aereo per
Firenze.
<
Edward, caro … > Mi
aveva detto mia madre, abbracciandomi stretto, quando ricevetti la
seconda
lettera di mia moglie, < Edward, se tu ora andassi, ti
ucciderebbero o ti
farebbero prigioniero. Vuoi farci soffrire anche la tua sparizione? Se
Bella ti
sapesse in pericolo, non riuscirebbe a darsi pace.
Se tu dovessi … venir ucciso
…lei non riuscirebbe a sopportare un dolore tale. E neanche
noi … >
Mi stringeva stretta a sé. I
suoi pensieri erano lo specchio perfetto delle sue parole.
Ogni mia protesta, ogni mio
tentativo di convincerli che la mia sarebbe stata la scelta migliore
veniva
sempre rifiutato.
Ogni mia proposta respinta.
Tutte
le volte che mi
decidevo ad andare in Italia, vedevo il mio destino nella mente di
Alice.
La
prima volta, lei rimase
così terrorizzata da quello che vide, che Jasper dovette
prenderla in braccio e
farla stendere sul divano. La accarezzò per quasi
un’ora, prima che lei si
riprendesse del tutto. Era rimasta sconvolta dall’esito che
avrebbe avuto la
mia decisione, le mie azioni. Ed io con lei.
Il
destino che mi riservava
il futuro, se avessi agito come mi ero appena prefisso, non mi piaceva
neanche
un po’.
Non avrei avuto scampo. Non
sarebbe stata una morte veloce, non avrei raggiunto il mio obbiettivo.
Un
fallimento su tutti i
fronti. Uno spreco, come avrebbe detto per la seconda volta Aro.
Non appena Alice fu tornata
in sé, si voltò nella mia direzione e mi
trapassò con lo sguardo.
< Non provarci. Non farci
questo. Non farle questo. >
Annuii rassegnato. Leggevo il
terrore nei suoi occhi così come lo percepivo nel mio cuore.
< Ho già cambiato idea.
> dissi, scuotendo la testa. La vidi chiudere gli occhi e
scrutare nuovamente
nel mio futuro.
< Sì … > Sospirò
rassicurata. Si portò a sedere ed abbracciò
Jasper con un amore, un intensità
che mi costrinsero a voltare lo sguardo. Soffrivo. E loro con me.
Rosalie, che di solito non
mostrava mai i suoi sentimenti, più volte mi
sussurrò il suo dispiacere.
Apprezzai la sua sincerità. La sua mente, proprio come
quella di Emmett, era
limpida, chiara, semplice da leggere.
Emmett
invece si limitava a
pacche sulle spalle. Era troppo impegnato a mantenere i nervi saldi,
per poter
consolare me. Ed inoltre, sapeva bene che il suo tentativo sarebbe
risultato
inutile, dato che neanche Jasper ci riusciva. Anche lui soffriva. Era
molto
affezionato a Bella.
Per quanto si sforzasse di
non darlo a vedere poi, Alice era sempre assente. Il suo sguardo
perennemente
rivolto all’Italia. Rimaneva immobile ore, sforzandosi di
vedere qualcosa,
anche il minimo segno che potesse infonderci speranza.
Ogni
volta che riusciva
scorgere qualcosa, correva da me tutta felice e mi abbracciava. Nella
sua
mente, vedevo Isabella rifare il letto, afferrare un libro, indossare
un
vestito, addentare una mela.Piccoli
gesti quotidiani …
Visioni di appena pochi
istanti, ma tanto bastava a calmare il mio animo tormentato. A
rassicurarmi. Mi
dicevano: è viva …
E solo grazie alle sue visioni,
ero riuscito a trattenermi dall’infrangere le regole che noi
stessi ci eravamo
dati. Solo grazie a quei pochi istanti, non mi ero ancora precipitato
in
Italia.
Se almeno ci avessero dettato
le loro condizioni, Carlisle avrebbe potuto cercare un compromesso.
Ma poi, i Volturi,
cos’avrebbero potuto chiedere che già non
avessero? Me ed Alice?
Nel caso, mi sarei volentieri
consegnato a loro. L’importante per me era che la lasciassero
libera.
Eppure, non ci fu mai
avanzata richiesta alcuna, tranne l’estorta promessa che non
interferissimo con
il loro operato.
Il
non sapere rendeva per me
la situazione insostenibile …
Una
volta, non ricordo
precisamente quando, Felix venne da noi per consegnarci una lettera.
Persi il controllo e lo
attaccai. Non gli staccai la faccia a morsi solo perché
Emmett e Jasper mi
brancarono da dietro impedendomi di muovermi. Povero Jasper, una nuova
cicatrice da aggiungere alla collezione. Però non era colpa
mia. I miei denti
erano rivolti a Felix … era lui che si era messo in mezzo.
Naturalmente, quello schifoso
di Felix si era messo a ridere e mi aveva consigliato di mettermi il
cuore in
pace. Fosse per me, ora sarebbe un cumulo di cenere nel mio giardino.
Con un ghigno, aveva
appoggiato la lettera sul tavolo e se ne era andato, nascosto dalla
notte.
Nonostante
tutto, si può dire
che vivessi per i momenti come quello. I momenti in cui rivedevo la mia
Bella
nelle lettere che lei stessa vergava e marchiava con le sue stesse
lacrime.
Attimi fugaci in una vita infinita, e, a mio parere, insopportabile
senza di
lei.
E in questo modo
trascorrevano le mie giornate:
Nella
solitudine e nel dolore
e, aiutando il povero Charlie in ricerche vane e vani tentativi di
rintracciarla. Appelli alla televisione, viaggi su e giù per
l’America. Tutto,
per non mettere in pericolo la nostra vita di facciata.
Le
mie notti invece, erano
ciò che di più atroce potrebbe esserci. Infinite,
vuote.
Passavo
ore ed ore ad
osservare la fede e a pensare a lei. Mi rigiravo tra le mani il
braccialetto di
Jacob … con il mio regalo appeso. Il cuore di diamante.
Freddo e muto. Dalla
parte opposta, il piccolo lupo. Il suo braccialetto …
La prima notte di nozze, glie
lo avevo sfilato sussurrandole: < Solo noi … >
In
quei momenti di
sconsolatezza, cercavo di evitare la compagnia dei miei familiari. Non
sopportavo di sentire i loro sguardi su di me. Carlisle cercava di
nascondere
il suo dolore, per non aumentare il mio. Aveva paura, e questo mi
terrorizzava.
Ero
stufo dei loro tentativi
di rincuorarmi, quando erano loro i primi ad impedirmi di andare da lei.
Sentirmi ripetere: <
Edward, è troppo pericoloso andare, per te e per lei.
Rischieremmo di perdervi
entrambi … > da Esme, vedere il suo volto, divorato
dall’angoscia, era
diventato insostenibile. Più di una volta avevo perso il
controllo ed avevo
spaccato non so quanti mobili.
Loro,
rassegnati, mi
lasciavano sfogare.
Se
l’alternativa era farmi
compatire, tanto valeva restarmene chiuso il più possibile
in camera mia. Là
dove il suo profumo era più forte, l’illusione
della sua vicinanza più reale.
Lì, tra le sue cose, mi
pareva di averla vicina ...
E
in questo modo, in un
susseguirsi di vuoto e frustrazione, venne Settembre … e il
suo compleanno.
Charlie
aveva organizzato una veglia alla stazione di polizia.
Andai, tanto per farlo
felice.Reneè
in lacrime e Angela che
continuava a ripetermi: < Mi dispiace, è stata solo
colpa mia > di certo
non riuscirono a migliorarmi l’umore. Nelle menti dei
presenti, leggevo
chiaramente le parole:
“morta” “non la troveranno
più” “poverina, così
giovane” “che disgrazia”
“appena sposata” “all’inizio
della vita” e
cose del genere. Li avrei voluti uccidere, uno per uno.
Nella mente di Jacob, lessi
il disprezzo per quello che eravamo e il dolore, l’orrore di
saperla prigioniera
dei Volturi. Il terrore di non conoscere il suo destino. Sensazioni che
comprendevo
fin troppo bene. Le stesse che provavo io. Dettate dallo stesso
sentimento:
L’amore.
Quando
fu troppo, me ne
andai, accompagnato da Jasper. Il silenzio della foresta mi
restituì un po’ di
pace, o forse fu l’intervento di mio fratello …
sinceramente, non importava granché.
Tornato
a casa, scrissi una
lettera per Bella ma quando Felix venne a ritirarla, seppi che non glie
l’avrebbero fatta avere. Se avessi potuto, avrei pianto di
rabbia e di dolore.
Circa ogni settimana, Felix
ci consegnava una lettera. Ci aveva detto:
< Ve ne scrive molte,
troppe. Ve ne facciamo avere solo alcune, quelle più
significative. >
In pratica, ci lasciavano
leggere solo quello che volevano loro …
Nelle lettere di Bella, lei
non faceva mai riferimento alle mie. Non rispondeva alle mie domande
che le
ponevo nei miei messaggi e questo mi portava a credere che non glie li
facessero pervenire. Perché mai avrebbero dovuto fare
un’eccezione con quella
lettera che stavo scrivendo? Cosa poteva mai rappresentare per loro,
quella
data? Come potevano comprenderne il significato?
A
settembre inoltre, Emmett e
Rosalie partirono, diretti a Denali. Non potevano restare a casa.
Troppa gente
ci veniva a trovare. Loro, per tutti, frequentavano
l’università …
< Dobbiamo evitare di
destare sospetti … > mi ripeteva Carlisle. Oramai,
quelle parole erano
diventate un motivetto vuoto, privo di significato per me.
Al momento della partenza,
Emmett, forte e vigoroso come al solito, mi abbracciò
sussurrandomi:
< Mi dispiace. Davvero.
>
< Lo so. Lo so. >
Jasper disse a tutti di
essersi ritirato dal suo corso, per stare vicino alla famiglia, ad
Alice,
distrutta dal dolore. Ed in effetti, a vederla, non gli si poteva dare
torto.
La mia situazione, d’altro
canto, non era certo migliore.
Me ne restavo la maggior
parte del tempo in camera nostra, mia e di mia moglie, lontano dagli
sguardi
degli ospiti. Schivo come un’ombra. Un giorno, sentii Charlie
rivolgersi
preoccupato ad Esme e Carlisle. Propose di mandare me e mia sorella da
degli
specialisti … qualcuno che potesse aiutarci.
Erano i primi di Ottobre ed
io ero al limite della sopportazione. Il rimanere ad attendere le
sporadiche
lettere che mi venivano recapitate o le rare visoni di mia sorella mi
stava
facendo letteralmente uscir di senno.
Il
mio silenzio, il mio
immenso dolore era percepibile nella casa.
< Non voglio sembrare …
invadente … ma sfortunatamente, ho assistito a molti casi
tristemente simili a
quello di Bells … > La voce di Charlie si ruppe sul
nome della figlia
scomparsa.
< Nel mio lavoro, sono
cose che succedono. Certo, un padre non dovrebbe mai essere costretto
ad
affrontare tutto questo … > E vidi nei suoi pensieri
Bella, in abito da
sposa, diciottenne e felice; Bella a sette anni che si dondolava
spensierata su
di un’altalena …
Si asciugò gli occhi e
proseguì:
< Alcuni dei familiari,
spesso, non accettano la scomparsa. In quel caso, consigliamo sempre un
…
supporto. Come per Reneè … >
Già,
Reneè … Poverina.
Distrutta dal dolore e vittima
di una crisi di nervi, era dovuta tornare a Jacksonville, insieme a suo
marito.
Non riusciva a reggere il clima di tensione, stress e paura che si
respirava a
Forks.
Aveva passato pomeriggi
interi con Esme e le mie sorelle. Le avevo ascoltate, mentre me ne
restavo
chiuso in camera.
Ogni volta, mentre parlavano,
scoppiava in lacrime e diceva: < Se le persone scomparse non
vengono
ritrovate nelle 48 ore, non vengono più ritrovate. >
A nulla erano valsi i nostri
sforzi, soprattutto quelli di Jasper, per cercare di tranquillizzarla.
Alla fine Carlisle le aveva
dovuto prescrivere degli antidepressivi e consigliarle di allontanarsi
da
Forks. A casa, a Jacksonville vedeva spesso uno psicologo.
Carlisle
mi aveva distolto da
quei pensieri dicendo:
< Se non riusciamo a farli
reagire, sarà necessario … > Lo diceva
solo per rassicurare Charlie, lo
sapevamo tutti benissimo.
Alcuni giorni più tardi però,
ci fu un cambiamento.
Quella
straordinaria mattina,
come tutte quelle che l’avevano preceduta, me ne rimanevo a
fissare il sorgere
del sole, dietro le nubi.
Sdraiato sul letto della mia
stanza, tenevo fra le mani un vestito di Bella.
Improvvisamente,
Alice bussò
alla porta e mi disse:
< Preparati, Charlie sta
per telefonare. Vuole vederci in centrale. Dirà che ha
notizie per noi. >
< Che genere di notizie?
> mormorai stanco e svogliato. Avevo bisogno di andare a caccia,
ma proprio
non ne avevo voglia.
< E che vuoi che ne
sappia. Sono una veggente, non un’indovina. Sbrigati.
> e poi se ne andò
danzando al piano di sotto, fra le braccia di Jasper.
Mi
alzai e mi cambiai. Non
fui sorpreso di sentire il telefono squillare.
Mi preparai per un altro
viaggio totalmente inutile, in qualche punto sperduto del paese.
Insieme
a Charlie, per fare
in modo che tutta la farsa fosse credibile, soprattutto ai suoi occhi.
Eravamo
andati in tutti i luoghi in cui erano state segnalate ragazze simili ad
Isabella. Naturalmente, ogni pista si rivelava poi portare al nulla.
Durante le
ricerche, io e i miei genitori apparivamo rassegnati …
Eppure, vedendo la speranza
negli occhi dello sceriffo, non potevo che provare pena per lui.
Era così fiducioso, così
determinato … Il suo unico obbiettivo era riuscire a
ritrovarla … e a questo,
si dedicava completamente.
Se solo avesse saputo …
Quando Charlie ci telefonò,
quella mattina, erano appena le 7 e mezza. Era piuttosto presto
…
Ci chiese di andare in
centrale, perché doveva riferirci una cosa molto importante
riguardo le
indagini su Isabella.
In
auto, rimasi a fissare
fuori dal finestrino mentre Alice mi teneva la mano. Al suo fianco,
Jasper mi
osservava. Carlisle ed Esme, seduti davanti, restavano in silenzio.
Quella settimana non avevamo
ricevuto ancora niente. Ero davvero preoccupato.
Immerso nei miei pensieri,
quasi non mi accorsi della voce di Carlisle.
Alice dovette scuotermi la
spalla per attirare la mia attenzione.
Mi
voltai e poi chiesi:
< Sì? >
< Edward … > Mi fece
mio padre.
< Mh.>
< Mi raccomando, non fare
lo sciocco. Stai tranquillo e non farti prendere dall’ira.
>
Sempre le solite
raccomandazioni …
L’auto si fermò. Eravamo nel
parcheggio della centrale.
Il
vice-sceriffo ci venne
incontro. Non mi curai neanche di leggere nei suoi pensieri.
Tanto, per sentire che c’era
una nuova traccia, un filmato in un centro commerciale in cui una
ragazza
simile a Bella compra dei detersivi … orami ero stufo di
quella farsa.
Esme mi abbracciò ed
entrammo.
Ci facemmo guidare fino
all’ufficio dello sceriffo. Nessuno di noi aveva fretta di
sentire le novità.
Charlie era al telefono in
quel momento e così ci fecero accomodare sul divano e sulle
poltrone nel suo
ufficio.
Non
potei non osservare le
foto di mia moglie che tappezzavano le pareti.
Volantini con numeri di
telefono e scritte del tipo: Scomparsa, Rapita.
Su una lavagna, a sinistra,
sotto una sua foto scattata al nostro matrimonio, c’era
segnato il numero dei
giorni da cui era scomparsa. Mi si strinse lo stomaco: 64 giorni.
A fianco a questo numero, che
purtroppo veniva aggiornato quotidianamente, le piste che ancora
venivano
seguite.
Distolsi lo sguardo. Troppo
dolore suscitavano in me quelle immagini.
In quel preciso istante,
Charlie entrò facendo sbattere la porta di vetro dietro di
sé.
Tra
le mani stringeva
numerosi fogli, cartelle e documenti.
Li appoggiò sulla scrivania e
disse, come per scusarsi del ritardo:
< Era Reneè. La stavo
informando delle novità … >
Chiesi a Charlie: < Come
sta? >
< Bene … o per lo meno
meglio … > Sembrava speranzoso. < Abbiamo una
nuova pista … >
Lo
fissammo e cercammo di
mostrarci interessati.
I suoi pensieri però
catturarono subito la mia attenzione, così come le sue
parole catturarono
quella della mia famiglia.
<
Sembra piuttosto
attendibile … > Ci disse.
< Un poliziotto ha visto
una ragazza estremamente somigliante a Isabella ed è persino
riuscito a
scattarle una foto. Certo, è presa con un telefonino ma si
riesce a distinguere
abbastanza bene.
Nella sua deposizione, ha
detto di essere rimasto colpito dalle circostanze.
Ha
raccontato di aver visto
questa ragazza venir trascinata fin dentro un portone da quattro
uomini.
Parlavano inglese. In quell’edificio lavora un medico
… Il poliziotto si è
insospettito perché era stata portata lì con due
auto dai finestrini neri e la
ragazza pareva molto spaventata, in lacrime.
I quattro uomini non la
lasciavano un istante, ma lei pareva cercare un modo per fuggire, o per
lo meno
questa è l’impressione che ha dato
all’agente.
Il volto non gli era nuovo e
così ha scattato la foto.
Tornato in centrale, ha
controllato il database delle persone scomparse …
È sicuro che si ratti di
Isabella. Era rimasto molto colpito dal suo caso. Ne aveva letto su
Internet e quando ha visto la ragazza
… si è ricordato e ha scattato la foto. Prontezza
di spirito … > Sembrava
convinto. Parlava con voce emozionata mentre ci spiegava le circostanze
dell’avvistamento, una delle tante segnalazioni di quei due
mesi. Ci porse le
foto.
Rimasi
a bocca aperta.
Nell’ingrandimento,
un po’
sfocato, riconobbi Alec e Demetri, ma soprattutto, la ragazzina che
stavano
tenendo per il bacino, costringendola ad avanzare verso un portone.
Lei si vedeva solo di profilo
ma non c’erano dubbi …
< Bella … > Sussurrai
sfiorando la foto.
< Sembra proprio lei …
> Mi disse Charlie.
Era
lei. Sicuramente.
Scortata dalle guardie dei Volturi. Le mani mi tremavano.
Chiesi:
< Da dove arriva
la segnalazione? >
< Da una piccola cittadina
del centro-Italia. Nel sud dell’Europa. Volterra.
Sentii
lo sguardo dei miei
familiari su di me. Avevano avuto i miei stessi pensieri.
Domandai
mostrando la foto: <
Posso tenere questa? >
< Certo Edward. Prendila
pure, è tua. Ne ho fatte stampare molte copie. Ci siamo
già messi in contatto
con la polizia Italiana. Hanno detto che svolgeranno delle indagini. La
ragazza
è stata notata quasi tre settimane fa … Ma ora
che il poliziotto è riuscito ad
identificarla e contattarci … Pensavamo comunque di recarci
sul posto anche
noi. Questa è più di una traccia. La somiglianza.
… >
Non lo stavo ascoltando.
Sentivo il panico invadermi
nonostante gli sforzi di Jasper.
Bella,
in lacrime, appariva
stanca, provata. Dimagrita. Era molto pallida e sciupata. E poi,
l’avevano
portata all’esterno, fuori dalla prigione sotterranea in cui
lei stessa mi
aveva scritto trovarsi.
< Hai detto che in
quell’edificio lavora un medico? > La mia voce tremava.
< Sì. E se è davvero lei,
la cosa è preoccupante … Il poliziotto stesso ha
detto che la ragazza sembrava
malata … Ma, intanto è già un passo
avanti. È la pista più concreta che
abbiamo. >
Il tono di voce era
tormentato.
Io non trovai parole per
rispondere. Ero shockato.
Ci fermammo per un’altra
oretta e Charlie ci mostrò tutti i particolari, la cartina
della città. Il
punto esatto dell’avvistamento.
Potei constatare che non
distava molto dalla residenza dei volturi …
Quando
alla fine tornammo a
casa, dissi a Carlisle:
< Bene, io vado. >
< Dove? > Mi domandò
Esme, fingendo calma.
Alice mi guardò e mi disse:
< Vengo con te. >
Al che Jasper s’intromise:
< Tu non vai da nessuna parte. È troppo pericoloso.
>
<
Carlisle … > dissi
rivolgendomi a mio padre, < Fino ad adesso, sono restato qui,
aspettando il
momento più opportuno. Se ora partissi per
l’Italia,non creerei sospetti. In
fondo, potete dire che sono andato seguendo le informazioni pervenute
alla
polizia … Non c’è alcun rischio
…
E poi, Bella sta male. Se non
fosse una cosa seria, non si sarebbero arrischiati a farla uscire
…
Devo andare assolutamente da
lei. Se l’obbiettivo dei Volturi era riuscire a convincermi
ad unirmi al loro
seguito, bhe, ci sono riusciti.
Io non resterò qui un minuto
di più. Non ci riesco. Non posso. >
Quasi urlavo. Sentivo il
bisogno di sfogarmi, di piangere …
Battei i pugni contro il
tavolo che per poco non si frantumò.
Alla
fine, Esme disse:
< sì, hai ragione. Questo
è il momento migliore per agire senza destare sospetti.
Vuoi che veniamo anche noi?
>
Questa
volta fu Alice a parlare:
< No, meno siamo meglio
è.E
poi, se succedesse qualcosa …
almeno non rimarremmo tutti coinvolti.Andremo noi tre … > Ed indicò
me, se stessa e Jasper. < l’ho già
visto. >
Carlisle ed Esme annuirono e
poi ci aiutarono nei preparativi per la partenza. Esme ci
prenotò i voli.
Facemmo le valige e, la sera
stessa, fummo all’aeroporto di Siattle, in attesa
dell’aereo che ci avrebbe
portato fino a Roma. Da lì, per me potevamo anche andare a
piedi, ma Alice
aveva insistito per prendere un aereo per Firenze. Diceva che saremmo
stati più
vicini.
Quella
sera, all’aeroporto,
salutai quelli che erano stati per me dei veri genitori con la morte
nel cuore.
In fondo, non sapevo se sarei riuscito a rivederli …
Ciò che però mi sconvolse
davvero avvenne in Aereo, quando Alice cadde in trance ed io vidi
Bella. Capii
subito le sue intenzioni e sentii il mio cuore frantumarsi.
Era
troppo tardi. Non sarei
neanche riuscito a dirle addio …
In
quel momento, mi sentii
morire, ma non fu come la prima volta.
Quella sera, provai molto più
dolore. Un dolore talmente atroce e orrendo che non mi avrebbe permesso più di
vivere.
Perché Bella?
Perché?
Ciao a tutte. Dopo un pomeriggio
distruttivo, (pranzo con le
amiche, mostra, ricerca spasmodica di un paio di scarpe
–torno a casa e mi
rendo conto che ho sbagliato colore … domani devo tornare
… - posso finalmente
mettermi qui al PC e cominciare a ringraziarvi. Sono stravolta, quindi
se
scrivo cavolate, sappiate che non me ne rendo conto XD
MoonlessNightMh … sai, magari non un coltello
… Ma ora basta, non devo aggiungere
altro, se no che sorpresa è? Però, povera la tua
mamma! emily
ff
Grazie per i complimenti! Come vedi, sono qui per saziare la tua
curiosità!!! E
mi farò anche postare il cap 11! Contenta? A presto! Ps:
sì, forse è meglio che
fai scorta d’aria prima di leggere questo capitolo
… ti servirà XD _sefiri_Arriva Edward,
è vero … ma farà in tempo? Per
rivederlo, dovrai aspettare ancora un po’ … alice
brendon cullenComplimenti! Non avevo
dubbi che lo avresti
passato!!! Comunque, non preoccuparti. Anzi, preoccupati, povera Bella
… Hele91Eh eh eh, lo scoprirai! E poi vorrai subito
leggere il seguito XD WindMh, cosa farà Edward? Non saprei
… e poi, cosa farà Bella? Si fermerà
in tempo? Non preoccuparti, lo scoprirai presto! PenPenPoveri tutti!!! Non
preoccuparti per il poliziotto. I Volturi sono talmente sicuri di
sé che,
semplicemente, non ci hanno neanche fatto caso. In fondo, era solo un
umano!
Alec a me piace troppo! Ed infatti … per quanto riguarda la
pioggia, oggi io e
le mie amiche abbiamo giocato a bollire per le strade. È
come se non avesse
neanche piovuto! Uffa … giulia9_91Grazie!!! Ma che bei complimenti!!! Per quanto
riguarda la visione,
bhe … Bella non è un tipo da mezze misure
… novilunioMamma mia, ma tu mi vuoi morta! Se rileggo la
tua rec, ricomincio a
ridere e non mi fermo più, neanche per respirare!!! Troppo
bella!!! A proposito,
come ti è andata la matura … ( davvero, troppo
ridere!!! XD ) GocciolinaNo no, Edward non ha perso le speranze
… fino ad ora … Grazie per la
cosa del braccialetto, anche a me piaceva! erySai,
avrei voluto che Aro e Bella … ma poi me ne è
venuta in mente una più bella di
cosa. Chissà cosa ne penserai! Fammi sapere la reazione!!! momobNon
contarci troppo, sul tutto liscio … però, credo
in un lieto fine, alla fine XD AngelOfLoveE oggi, un altro aggiornamento!!! Contenta? E
quello che ha visto
Alice, verrà svelto prestissimo!!! sophie_95Grazie! Credo che Jasper di cicatrici ne abbia
talmente tante che
neanche gli si vedono più XD tipo me … che mi
faccio sempre male … ma proprio
sempre, e con tutto! PC compresi! Solo che io non sono la valeriana o
lo Xanax
della famiglia, anzi!!!
Non so se essere felice (sembrerei TROPPO sadica) o
dispiaciuta del fatto che ti faccio piangere … per quanto
riguarda la visione
di Alice e la decisione di Bella, non posso che sperare che tu non
scoppi in un
pianto a dirotto … ma credo proprio che annegherai nelle
lacrime … scusa! A, lo
pubblico tramite terzi il cap 11 (il terzi è la Clari
… ) yumisanSSSSSSSSS non posso dirti niente. Non posso
spoilerarti
niente!!!!!!!!!!!!!!!Per
il bimbo,
vedrai … povero Edward!!!! GiullsEcco l’aggiornamento!!! In effetti,
povero Charlie, nessuno se lo
fila mai, ed invece è in gamba!!! 3mo_is_loveTi ho prenotato un operazione a cuore aperto con
carlisle … magari
ti aiuta il solo vederlo, insieme allo spiare i suoi figli. Per il tuo
povero
cuore, è in arrivo una vera batosta!!!
Anche a me sta troppo simpatico Alec, è cosìtenero!!! ( se lo dicesse
lui a me però, mi
preoccuperei! Sai com’è … ) sono
contenta che ti piaccia la mia storia!!! DeimosIn realtà, se
l’è pensata proprio bene la nostra piccola Bella
… ora
vedrai, o meglio, leggerai!!! Il chappy 11 verrà postato!
Non preoccuparti!!! RakiTi
ho commossa? Che Bello!!! Cioè, sono contenta che la mia
storia ti emozioni. Non
è che sono felice di farti soffrire. Io sono sadica solo con
Bella ( perché le
invidio il ragazzo!!! ), spero di non farti stare troppo male in questo
cap … carlottinaSe vai a salvare Bella, pensa che forse sarebbe
meglio confortare
Edward!!!!!!!! Però, hai ragione, povero Edward!!! Grazie
per i bellissimi
complimenti! E a proposito, grazie anche per il commento al cap 8 XD BellaSwan95Ti prego, Sara, non ti arrabbiare con
me!!!!!!!!!!!!! Vedrai che ti
piacerà!! (spero … ) ciao e un bacio!!! BellaSwan87Oddio! Ma che commento meraviglioso. Al solito,
sto ancora
sorridendo come un’ebete … E io che pensavo
preoccupata che non leggessi più la
mia storia!!! Spero di leggere presto un altro commento del genere!
Grazie
ancora!!! E buone vacanze anche a te!!! hachicatNon preoccuparti!!! Ti invio tutto! GRAZIE PER
LA
DISPONIBILITà!!!!!!
Eccoci
qui! Allora, il prossimo capitolo verrà gentilmente
postato durante la mia assenza dalla gentilissima hachicatche
mi ha offerto la sua disponibilità, il suo accesso a
Internet e il suo PC!
Grazie Clari!!!
Ed ora, piccolo annuncio: la storia si sta avviando al
termine … ci vorrà ancora qualche capitolo, ma
non sarà lunga come Un
respiro
dolce dolce... .
Per il capitolo 11, ci si vede venerdì. Mi raccomando
commentate numerose, così quando torno da Budapest,
potrò consolarmi con le
vostre recensioni. Il rientro sarà meno traumatico!
Aspetto con ansia i vostri commenti per questo capitolo 10,
il mio preferito! Ci tengo moltissimo, a questo cap. ci ho messo tutta
me
stessa.
Ps: mentre ero alla mostra di Canova, questo pomeriggio, contutte quelle bellissime staute di marmo ... pensando ad Edward ... quanto invidio Bella! Se passate da Milano, andate a vederla, la mostra.è davvero splendida! e c'è una statua splendida maschile (un volto nella prima sala:) stavo quasi per baciarlo!!! Comunque, a dir poco spettacolare la mostra!
Un bacione gigante,Cassandra
Per molti giorni non mi lasciarono
sola neanche un
momento.
C’era sempre qualcuno con me, per controllare che
mangiassi e che stessi bene.
E così, oltre a dover
fingere, dovetti anche aspettare
per poter attuare il mio piano.
Quando finalmente fu incaricato
Alec di tenermi
d’occhio, decisi di mettere in atto il mio progetto …
< Alec? > Chiesi
abbassando il libro. Era
insopportabile venir osservati in ogni movimento.
< Sì? > mi rispose lui che, tranquillamente,
se
ne stava seduto sulla poltrona davanti a me. I suoi occhi fissi sul mio
volto.
< Da quanto tempo è che sono qui? > Avevo,
ancora una volta, perso il conto dei giorni.
< Sicura di volerlo sapere? > Sorrideva. <
Poi ti deprimi. Prima accetti le condizioni di Aro, prima te ne puoi
andare …
>
< Per favore, tanto il tuo potere non funziona su
di me. Non ce la fai a convincermi. Dimmelo e basta …
>
< Come vuoi … con oggi, visto che è sera e
quella
di prima era la cena, fanno esattamente 65 giorni …
più di nove settimane. >
Mi mancò il respiro. Chiusi gli occhi e, cercando di
mantenere la calma, mi appoggiai allo schienale della poltrona. Dopo
essermi
portata le ginocchia al petto ed essermi avvolta meglio nella coperta,
mi
accarezzai la pancia. Nove settimane … più due
mesi. Il mio bambino aveva più due
mesi … Sorrisi.
Alec mi squadrò e poi mi chiese:
< Stai bene? >
< Sì … > risposi, ed era vero. La
nausea era
passata, sostituita negli ultimi giorni da un appetito sempre crescente.
Aprii lentamente gli occhi ed
osservai il fuoco
scoppiettante nel camino.
< Che ore sono? >
< Circa le 10 … Anzi, credo che tu debba andare a
dormire. >
< Tu resti? > Chiesi nel tono più naturale che
riuscii. Speravo mi dicesse di no. Speravo di poter finalmente restare
sola.
Non avevo tanto tempo.
Fra poco si sarebbe cominciata a
vedere la pancia … avrebbero riconosciuto il battito del suo
cuore ...
< Veramente, questa sera
Heidi dovrebbe tornare …
> Non proseguì per non turbarmi, come se non sapessi
che cosa avrebbe fatto.
I suoi occhi avevano assunto una preoccupante tonalità
nerastra.
< Quindi devi andare a cena? > “Tanto
meglio.”
Pensai. Avrebbe reso più facile la seconda parte del piano,
non avrei rischiato
ulteriormente … sempre che riuscissi ad arrivarci viva, alla
parte seconda del
piano …
< Sì … Ma aspetterò che tu ti
sia addormentata. Tornerò
in fretta, prima che tu ti sia
risvegliata … > mi osservava sospettoso. Se avesse
intuito qualcosa, non se
ne sarebbe andato.
Dopo aver sbadigliato, in effetti sonno lo avevo,
biascicai:
< Vedi di non scambiarmi con la cena! Mi stai
simpatico, ma se potessi evitare di diventare il tuo pasto …
> e cercai di
ridere … fallendo.
Sembrò sollevato e mi disse:
< Andiamo a letto … fra un po’ ti
addormenti qui.
>
E, tenendomi per il braccio, mi
riaccompagnò tra le
lenzuola.
Si voltò mentre mi levavo l’abito azzurro ed
infilavo
la camicia da notte, corta e color crema.
Alec era sempre molto discreto.
Nonostante tutto, mi
lasciava abbastanza libertà. Se gli chiedevo di restare un
po’ sola,quando
volevo sfogarmi, se ne andava in bagno, o addirittura fuori, nel
corridoio. Non
si divertiva a vedermi soffrire.
Un po’ mi dispiaceva per lui. In fondo, stavo per
tradire la sua amicizia … Lui era l’unico ad
essere gentile con me, l’unico
che, a modo suo, mi era stato amico …
Quella però, era
l’unica strada.
Mi lasciai avvolgere dal calore
delle coperte e, prima
di chiudere gli occhi, lo fissai a lungo.
Si era seduto su una sedia, a lato del letto. E
osservava con sguardo assente le coperte.
< Ciao … > Gli sussurrai. Il senso che io davo
a
quella parola era diverso da quello che gli dava lui.
Il suo sguardo guizzò sul mio volto e poi mi disse:
< Buona notte. Ci vediamo dopo. >
Annuii e poi chiusi gli occhi.
Attesi a lungo, e per poco non mi
addormentai sul
serio.
Dopo non so quanto tempo, sentii la sedia grattare sul
pavimento e la porta aprirsi. Se n’era andato.
Attesi ancora qualche minuto, e poi mi alzai, cercando
di non fare rumore.
Osservai la stanza. La mia lussuosissima prigione.
Mi soffermai su ogni particolare pregustando la
libertà.
Avevo paura.
Poggiai
una
mano sul mio ventre, che aveva cominciato,negli ultimi giorni, a
gonfiarsi e
sussurrai:
< Ora ce ne andiamo … non preoccuparti. >
Mi accarezzavo la pancia mentre
poggiavo l’orecchio
contro la porta. Oltre, nel cunicolo, il silenzio.
Respirai a fondo e mi feci coraggio.
Con la mano sempre sul ventre, continuavo a ripetere
più a me stessa che non al bambino:
< Ora ce ne andiamo, ora ce ne andiamo. Non avere
paura … >
In fondo, dovevo solo convincerli, obbligarli a farmi
uscire.
Se tutto fosse andato come in
quegli innumerevoli
giorni avevo calcolato, sarei riuscita ad uscire ed una, volta fuori,
avrei
potuto provare a scappare …
Nella stanza, non c’era
niente che potesse essere
usato per il mio scopo, ma io lo avevo già previsto. Avevo
avuto molto tempo
per organizzarmi al meglio, senza tralasciare nessun particolare
…
Andai al camino e presi l’attizzatoio. Era pesante, in
ferro.
Lo strinsi forte tra le mani ed andai davanti al
grande specchio. Feci un respiro profondo e tesi nuovamente
l’orecchio.
Silenzio.
Ormai avevo deciso. Dovevo solo
trovare la forza …
Alzai l’oggetto come se
fosse una mazza e, dopo aver
chiuso gli occhi, con tutta la forza e a rabbia che avevo nel corpo,
diedi un
colpo secco allo specchio.
Dopo il rumore assordante dell’impatto, niente.
Poi, in un istante, sentii formarsi centinaia di
crepe. Lasciai andare l’attizzatoio ed arretrai velocemente,
coprendomi il
volto con le braccia.
Nel suono del vetro che si spezza e
si frantuma,
sorrisi.
Riaprii gli occhi e, nella
devastazione davanti a me,
cercai dei frammenti abbastanza grandi e affilati. Ne trovai uno che
faceva
proprio al caso mio.
Nonostante le mie mani tremassero, lo afferrai con la
destra, facendo ben attenzione a non tagliarmi. Non volevo che
l’odore del
sangue li attirasse.
Non prima del tempo.
Il frammento era lungo una spanna,
e largo mezza. Era
molto affilato. Spesso meno di mezzo centimetro.
Con la mano libera, ricominciai ad accarezzarmi la
pancia. Avevo mal di stomaco, a causa della tensione.
Con passi malfermi, raggiunsi il letto dalle lenzuola
immacolate e mi sedetti.
Tremavo.
Distesi il braccio sinistro davanti
a me e sussurrai:
< Mi dispiace Edward, mi dispiace. Questo è
l’unico
modo. Saranno costretti a portarmi fuori … >
Sentivo le lacrime scorrere sulle mie guance.
< E se non funzionerà, se non mi faranno uscire
…
meglio la morte che una vita qui dentro …
Mi dispiace, mi dispiace di infrangere la promessa …
>
Strinsi il pugno sinistro fino a
farmi male. La fede
luccicava e rifletteva la luce del fuoco che, tremolante, dava un
aspetto tetro
alla stanza.
Racimolai tutto il coraggio che avevo e portai il
vetro al polso.
Lo appoggiai in prossimità delle vene, ben visibili
attraverso la mia pelle candida.
Respirando profondamente, feci
pressione … ed incisi.
Cercai di trattenere i gemiti
mordendomi le labbra. Il
primo taglio lacerò la pelle, ma il vetro non
penetrò in profondità. Alcune
piccole goccioline si sangue cominciarono a formarsi.
Al secondo taglio ci misi molta più forza e
determinazione. Le mie dita erano ora ferme, mentre osservavo i rivoli
rossi
scorrermi lungo la mano ed imbrattare il lenzuolo.
Il vetro affilato gocciolava sangue …
Plic Plic … facevano le gocce cadendo a terra …
Mi lasciai sfuggire un: <
Cazzo … > sussurrato a
denti stretti.
Faceva male, eccome se faceva male.
Bruciava da morire.
Cercavo di trattenermi dal gridare.
Stringendo il braccio sanguinante
al petto, corsi al
citofono e sollevai la cornetta. Premetti il tasto rosso per alcuni
istanti e
poi, lasciando cadere il ricevitore, tornai
velocemente al letto.
Cominciavo a vedere la stanza girare … avevo il
terrore di osservare il braccio. L’odore del sangue mi dava
la nausea.
Ci avrebbero messo pochissimi
minuti per arrivare.
Merda, sanguinavo tantissimo.
Vidi la scia di sangue, grosse gocce rosse, che mi ero
lasciata dietro.
Mi sedetti sul letto dalle lenzuola
bianche e
appoggiai nuovamente il vetro sul braccio ferito.
Chiusi gli occhi e incisi ancora una, due, tre volte.
Mi accanii sul polso sfogando tutta la rabbia che
provavo verso i miei rapitori. Tutta la mia frustrazione …
Faceva un male terribile.
Piangevo.
Sentivo il sangue fluire lentamente dalle numerose
ferite che mi ero procurata.
Lo percepivo abbandonare il mio corpo.
Mi sentivo sempre più debole.
Fuori, oltre la porta, voci spaventate.
Non riuscivo più a stare
seduta, e così mi lasciai
cadere, venendo accolta da lenzuola macchiate di rosso.
L’odore di ferro mi
invadeva la mente.
Riaprii gli occhi giusto in tempo
per vedere Alec e
altre due guardie entrare.
Tutto cominciava a sfocarsi davanti a me.
Gli oggetti perdevano i loro contorni in un turbinio
di colori. Sentivo il bisogno di vomitare …
L’odore del mio sangue
che sgorgava copioso dalle
lacerazioni mi dava la nausea.
Sperai di non aver esagerato …
Però, avevo dovuto assicurarmi di ferirmi abbastanza
gravemente da costringerli a portarmi fuori, in ospedale.
Le figure chine su di me si
confondevano e per un
attimo mi parve persino di vedere Edward.
Sorrisi al suo pensiero.
Alec mi fissava terrorizzato. Lasciai andare il vetro
che cadde, frantumandosi a terra. Centinaia di schegge brillanti, rosse
del mio
sangue.
sopirai:
< Edward, ti amo … >
Poi le palpebre cedettero.
Alec continuava a ripetermi:
< Tieni aperti gli
occhi! Tieni aperti gli occhi! Non vorrai mica fare questo al tuo
Edward! >
Era disperato. Sapevo che, a modo suo, mi voleva
bene.
Non saprei dire se la mano gelida che stringeva il mio
polso fosse la sua. Credo di si …
Mi tenevano il braccio sollevato e premevano con forza
sulle ferite, per limitare l’emorragia …
Sentii il rumore della stoffa che viene lacerata.
Mi fasciarono l’avambraccio.
Socchiusi gli occhi e vidi Alec che me lo sorreggeva, tenendolo
stretto all’altezza dei tagli. Premeva.
Vidi la stoffa intrisa del mio sangue e le sue mani
completamente imbrattate. Gli occhi, da rossi come rubini stavano
assumendo
lentamente il colore del carbone.
Riuscii a sussurrare:
< Lasciami … > La mia voce era poco
più di un
sussurro che si perdeva nella confusione che mi circondava, ma lui mi
sentì.
< No che non ti lascio. Stupida. Continua a
parlare. Parlami di quello che vuoi, parlami di Edward, ma ti prego
rimani
sveglia! > Mi stava implorando.
Sorrisi e chiusi di nuovo gli occhi.
Forse quella volta, non sarei
riuscita a sfuggire alla
morte. Quella volta non c’era Edward a salvarmi.
Però, in fondo, a me andava
bene anche così.
Sapevo fin dall’inizio che la morte era una
possibilità contemplata dal mio folle piano. Era un rischio
che avevo deciso di
correre. Come si
suol dire, il gioco,
valeva la candela …
L’unico mio pentimento, era di non essere riuscita a
salvare il mio bambino.
Con le ultime forze, mi accarezzai il ventre con la
mano destra.
Sentivo le voci spaventate. Intorno
a me. Qualcuno che
parlava al citofono:
< Un’emergenza … presto …
preparate una macchina.
Presto … Chiamate Aro … >
Sorrisi di nuovo, ormai quasi
incosciente …
La voce di Alec mi giungeva lontana.
Quella di Edward mi rimbombava
nella testa e mi
ripeteva di non arrendermi, di non cedere.
Mi trasmetteva calma e sicurezza. Mi riportava a casa
…
Sentii delle braccia gelide
sollevarmi e stringermi al
petto di qualcuno, dopo avermi avvolta in una mantella.
Non capivo più niente.
Il braccio pulsava. Qualcuno provvedeva a tenerlo
alzato.
La fascia era legata strettissimo e le ferite
bruciavano terribilmente.
La mia testa ciondolava non sorretta, così come le mi
gambe.
Tutto il mio corpo dondolava mentre ci muovevamo
velocissimi lungo il corridoio buio …
O forse, ero io che ormai ero avvolta
dall’oscurità
...
A tratti, percepivo la voce di Alec … mi diceva di
tenere duro.
Il suono di una portiera che si
apre …
La sensazione dei sedili in pelle
sotto la mia guancia
…
Sospirai …
Ero riuscita nel mio intento.
Il motore che parte con il suo suono basso monotono …
Quanto avevo agognato quel suono …
Ero così felice
…
Speravo solo di riuscire a sopravvivere.
Ormai ci ero tanto vicina ...
Ero così vicina …
Bastava che resistessi ancora un po’ …
Forse, non avrei dovuto tagliarmi le vene …
Non in questo modo per lo meno …
Forse, avrei dovuto fare dei tagli più superficiali.
Delle dita gelate mi scostarono i
capelli dalla fronte
madida di sudore, riportando per pochi istanti la mia mente nel mondo
reale,
donandomi un ultimo attimo di lucidità.
Sentivo ripetere: < Isabella … Isabella …
>
Quanto avrei voluto che fosse Edward a chiamarmi,
invece che Alec …
Nella mia testa, il mio sposo chiamava il mio nome.
Ce la dovevo fare.
Per forza.
Ormai ero fuori.
Dovevo sopravvivere.
Dovevo e basta …
L’ultima cosa che riuscii
a sospirare, prima che
l’oscurità mi inghiottisse, fu:
< Ti amo … Edward. Scusa … >
Poi, più niente.
Né dolore, né luce.
Solo freddo e tanta, tanta paura nell’oscuro,
assordante silenzio che precede la morte.
La mia mano appoggiata sul mio
ventre come per
difenderlo, anche nell’ultimo attimo di consapevolezza
…
11
Salve a tutte!!! Vista la sorpresa?
Ho pensato di postare io l'11 e lasciare alla Clari il 12 (o venerdì o sabato, ma credo sabato) ... questo
perchè oggi mi sono ritrovata un po' di tempo libero per
preparare il tutto!!! Ci ho impiegato meno tempo del previso a
preparare la valigia e il resto, quindi eccomi qui!
Un rinrgaziamento veloce a tutte voi che mi seguite, ed in particolare a: BellaSwan95, aLbICoCCaCiDa, Wind, summer718, giulia9_91, ery, _sefiri_, MoonlessNight, sophie_95, Raki,
AngelOfLove, Hele91, alice brendon cullen, 4everWITCH, PenPen, yumisan,
emily ff,
Giulls,
novilunio, Lilian Potter, lilly95lilly, 3mo_is_love, BloodyKamelot,
carlottina,
lilistar,
Deimos,
Miki87
che hanno lasciato dei bellissimi commenti!!! Grazie
Vero che fate lo stesso anche con questo capitolo? Spero di
sì!!!
E poi, volevo chiedervi se potevate dirmi quale tra i capitoli postati
vi è piaciuto di più ... Sono troppo curiosa!!!
Ciao e a presto!!! Scusate per i ringraziamenti molto brevi,
ma nel caos della partenza ... l'importante è postare XD
Un bacio gigante
Cassandra
Bella's Pov
" Bella …
Bella… Bella …”
La voce di Edward mi giungeva
lontana. Una Eco che si
perdeva nell’oscurità.
Un’effimera illusione …
Lo chiamavo, ma la mia voce era flebile, poco più che
un sussurro smorzato.
Era quella, dunque, la Morte?
La morte, che non portava dolore.
La morte, che non portava sofferenza.
La morte, che non avrebbe dovuto portare solitudine.
Che non avrebbe dovuto portare paura, tristezza …
E allora, perché? Perché diavolo dovevo sentirmi
sola,
disperata, impaurita?
Neanche nell’oblio mi veniva concessa la pace?
Nel tormento di queste domande
senza risposta, mi
voltai su un fianco, o per lo meno ci provai.
Ad impedirmelo, delle mani forti e robuste, un
improvviso bruciore al braccio sinistro.
Il peso della verità mi
piombò addosso insieme alla consapevolezza
della realtà.
“Viva …
Viva!” mi gridavano tutte le cellule del mio
corpo.
Dischiusi le labbra e, sorridente
ed intontita dagli
antidolorifici, sussurrai:
< Edward … > Mi aspettavo di trovarlo al mio
fianco,come per una sorta di miracolo.
Ma la voce irata di Jane, mi riportò alla dolorosa
realtà.
Se fino a quel momento avevo fatto
di tutto per
cercare di aprire gli occhi, in quel istante serrai di più
le palpebre. Non
volevo che fosse vero.
La sentii parlare con qualcuno.
Nessuna risposta.
Era al cellulare …
< Sì, Sì, si sta svegliando. Ha cominciato
a
parlare. >
Silenzio.
< Che vuoi che abbia detto? Le stesse cose che
ripeteva anche prima.Edward,
Edward …
>
Disse sprezzante, imitando la mia voce.
< Si agitava un po’. Adesso chiamo la dottoressa.
Ti faccio sapere. > E sentii lo scatto secco di un telefonino
che viene
chiuso.
< Mi senti? > Lavoce ora era vicino al mio orecchio. Secca e tagliente.
< Ei? Mi senti? >
Non risposi. Non volevo svegliarmi. Volevo l’oblio, o
mio marito. Non Lei.
Cercai nella memoria la voce di
Edward, ma la paura mi
impediva di ritrovarla.
Sentii le lacrime scorrermi sul viso e bagnare il
cuscino.
Jane sbuffò e poi premette qualcosa. Una voce,
distorta, chiese qualcosa in una lingua che non conoscevo. Jane rispose
nello
stesso idioma.
Pochi minuti dopo, la porta si
aprì e si richiuse
subito.
Dita calde mi accarezzarono il volto, le guance. Mi
presero il battito sul collo e sul polso destro. Esaminarono il braccio
sinistro.
Domandò qualcosa, ma Jane disse in inglese: < Non
parla Italiano. Solo Inglese. >
Nessuna risposta.
Poi la voce di prima, una donna, mi
domandò:
< Signorina? Signorina? Mi sente? È salva
… >
Non mi mossi.
< Isabella? Isabella? >
Socchiusi gli occhi. Non c’era molta luce nella
stanza. Le tende erano tirate.
Senza guardare Jane, sussurrai:
< Dove sono? >
< In una clinica privata piccola. Come ti senti?
>
< Bene … > Mentii. In realtà, non
sentivo
proprio niente. Ma tanto …
La mia voce era affaticata. Avevo sete.
< Sicura? >
< Mh mh … > Feci io cercando di annuire, il
che
mi provocò un’ondata di nausea.
< Bene. Sei stata molto fortunata. I tuoi amici
sono riusciti a portarti qui in tempo. Le ferite erano molto profonde.
Appena
starai meglio, ti fisserò
un colloquio
con uno dei nostri psicologi. >
La sua voce era tranquilla, rassicurante.
< No, non ce n’è bisogno …
> Cercai di dire,
< Davvero … è stato solo un incidente
… >
La vidi annuire distratta, mentre
controllava la
cartella clinica.
< Alcuni valori non rientrano del tutto nella
norma. Ti faremo degli esami. Il tuo sangue è già
in laboratorio, oltre
naturalmente quello che ti sei lasciata per strada! > Non
sembrava
preoccupata.
I suoi occhi incontrarono i miei. Vidi una strana
luce. Appoggiò i fogli sul comodino e cominciò a
tastarmi il corpo.
Jane osservava la scena dall’altro capo della stanza.
Sembrava pensare ad altro. Afferrò il telefonino ed
uscì improvvisamente. Era
annoiata.
Appena la porta fu chiusa, la
dottoressa mi alzò il
camice dell’ospedale e cominciò a tastarmi la
pancia. Tremai e lei se ne
accorse.
Mi disse: < Scelte come la
tua, sono sbagliate, ma
tristemente frequenti. Succede, in certi momenti, di sentirsi deboli,
inadatti.
Magari dopo un forte shock … Ma non per questo bisogna
pensare che farla finita
sia la scelta migliore. > Mi sorrideva.
< Fare la mamma è difficile, ma si impara con il
tempo. Se sei da sola, puoi chiedere aiuto … non verresti
abbandonata a te
stessa … >
Arrossii.
Quando ebbe finito di tastarmi il
ventre, mi rassicurò dicendomi
che andava tutto bene e poi mi ricoprì, sistemandomi anche
il lenzuolo.
< Ma immagino che tu non voglia parlarne … >
< No. > feci io, e poi aggiunsi, appoggiandomi
la mano sul mio ventre: < Neanche lei lo farà, vero?
Con loro intendo … >
Mi osservò materna e mi rassicurò: <
Segreto
professionale. Se vuoi, sei ancora in tempo per tirarti indietro,
l’intervento
è breve, non desterebbe sospetti … >
Mi accarezzava la mano, mentre parlava.
< No, grazie. Voglio tenerlo … >
Annuì e poi, guardando l’orologio al polso, mi
disse:
< Devo andare. Se hai bisogno di me, o anche se hai solo voglia
di parlare,
fammi chiamare. Sono la dottoressa Rosa Cestari. Adesso, riposa ancora
un po’ …
Te la sei vista brutta … temevamo davvero di perderti.
L’emorragia non si
fermava. Un paio di trasfusioni però, ed ora sei come nuova!
> Cercava di
essere rassicurante.
< Scusi? > Chiesi prima che e ne andasse.
< Quanto ancora dovrò stare qui? Ah, giusto, quanto
ci sono rimasta? >
Mi osservò e tornò ad accarezzarmi, questa volta
la
fronte.
< Sei qui da ieri sera … sono le sette e venti del
mattino. Se tutto andrà bene, come da prassi, ti terremo qua
altri 3, 4 giorni.
Il tempo che tu ti rimetta, e poi ti indirizzeremo ad un centro
specializzato.
Come questa struttura, anche quella è privata. Ci hanno
detto che l’anonimato è
molto importante per voi. > Mi guardò fiera ed
aggiunse: < noi siamo
estremamente discreti e trattiamo le informazioni dei pazienti con
estremo
riguardo. La privacy secondo noi è fondamentale. Capiamo
perfettamente che, una
ragazza giovane come te non voglia far sapere certe cose …
> ed ammiccò, poi
mi disse: < però, per i segni, non potremo fare
molto. Abbiamo dovuto darti
davvero molti punti. 38, mi
pare. >
Inghiottii un po’ di saliva … porca miseria, ci
ero
andata giù pesante …
La dottoressa sospirò e poi, cordialmente, mi
salutò
ed io feci lo stesso.
Rimasi sola per qualche minuto.
Dalle tende tirate non
filtrava la luce. L’illuminazione proveniva da una piccola
lampada su un
piccolo tavolino.
La stanza era anonima, come in tutti gli ospedali. Come
nella mia prigione, niente orologi. Anche qui, il tempo doveva parermi
fermo.
I tubicini nel naso erano fastidiosi ma, in ben più
felici circostanze, mi ci ero abituata e sopportarli non mi fu
difficile.
La sete era tutta un’altra cosa. A Phoenix, Edward era
sempre pronto con un bicchiere di acqua fresca a portata di mano. Mi
aiutava a
bere …
< Devi mantenerti idratata.
> Mi ripeteva tra un
bacio e l’altro …
Quanto mi mancavano le sue labbra
…
Sentii lo stomaco stringersi e cercai di pensare ad
altro.
Per esempio, ero disposta a sopportare la sete, pur di
non chiedere aiuto a Jane, pur di non dovermela rivedere lì.
Ma tanto, lei tornò. Non
mi aspettavo il contrario.
Stavo diventando pazza forse, ma scema non lo ero di certo.Spostai il mio braccio
destro.
Non mi rivolse neanche la parola. Si sedette e si
limitò ad osservarmi con sguardo accusatorio.
Io fissavo decisa il soffitto.
Avevo tre, quattro giorni al
massimo per fuggire.
Se non ci fossi riuscita, mi avrebbero di nuovo
sepolta laggiù, ed in quel caso, lo sapevo, non mi avrebbero
lasciata sola
neanche un secondo. Non avrei potuto più togliermi la vita,
né fuggire.
Avrebbero scoperto il bambino. Per quanto ancora sarei
riuscita a nascondere la gravidanza? Uno, due mesi nella migliore delle
ipotesi?
No, sicuramente se ne sarebbero accori prima. E poi? Non volevo neanche
pensarci …
Dovevo fuggire finché
ero lì, in ospedale.
Ero riuscita ad arrivarci
… il piano aveva funzionato
… ora, dovevo andare avanti. Se non ci fossi riuscita, ero
disposta anche a
buttarmi dalla finestra. Là sotto, nella prigione, non ci
sarei mai tornata.
Forse fu il continuo e regolare “plic plic” della
flebo, forse il suono ritmato del mio cuore, amplificato dallo
strumento alla
mia sinistra … quel continuo: “bip. Bip. Bip. Bip
… ”
Fatto sta che i miei occhi si fecero pesanti e il
sonno prese il sopravvento. La mia mano scivolò di nuovo sul
mio grembo.
Al mio risveglio, trovai insieme a
Jane anche Alec.
Quest’ultimo mi osservava
preoccupato. Quando feci per
parlare, lui si portò una mano alla fronte e disse:
< Non dire niente. Stai zitta. Non voglio sentire.
>
Rimasi con la bocca aperta qualche secondo, prima di
ricordarmi di richiuderla. Ero sorpresa.
Dopo qualche minuto trascorso nel silenzio, Jane
disse:
< Allora io vado. Tra poco arriverà anche Demetri.
>
Si baciarono sulle guance, con
affetto, e poi lui le
fece:
< Mi raccomando. A dopo … >
Quando se ne fu andata, domandai:
< Che ore sono? >
Mi fulmino con lo sguardo e poi mi
ricordò:
< Ti avevo detto di non rivolgermi la parola. E
poi, che ti importa saperlo? Hai in mente un'altra geniale idea per
suicidarti?
> la sua voce era carica di frustrazione. Si sentiva in colpa.
Lo percepivo
chiaramente.
Aggiunse in tono mesto:
< Ci hai spaventato, tutti quanti. Persino Aro.
Complimenti. Ora, non è più disposto ad
aspettare. Appena starai meglio, ti
riporteremo a casa. E poi, per i prossimi nove mesi, non ti lasceremo
mai sola.
Mai. Non mi volterò neanche se ti devi cambiare. Sei
contenta adesso? Allora?
>
Mi osservava furioso.
Io tremavo,un po’
perché non lo avevo mai visto
arrabbiato. Non era contento che venissi trattata a quel modo, lo
sapevo, ma
ora, pensava che me la fossi andata a cercare.
Tremavo anche perché, se Aro non era più disposto
ad
aspettare, se non fossi riuscita a fuggire …
Cercai di pensare ad altro, e domandai di nuovo, in
tono dolce:
< Per favore, Alec, dimmi che ore sono … >
Mi osservò un attimo e
mi disse, rassegnato:
< Davvero, non capisco l’importanza che tu
attribuisci al tempo … Sono le nove di sera. Hai dormito
tutto il giorno. I
dottori dicono che è colpa dello stress accumulato e degli
antidolorifici. Non preoccuparti …
>aggiunse vedendo il mio volto
preoccupato.
Un giorno … avevo sprecato un giorno. Sentii
l’angoscia invadermi. Non potevo restarmene lì,
dovevo agire. Poi osservai il
mio corpo e mi accorsi di quanto ancora mi sentissi stanca.
Effettivamente,
quel giorno non era stato proprio del tutto sprecato. Avevo bisogno di
rimettermi un po’ in forze. Nonostante la giornata trascorsa
a dormire,, ero
ancora stanca. E poi, se avessi voluto fuggire, avrei dovuto agire in
pieno
giorno, sicura che non avrebbero potuto seguirmi, sotto il sole.
< Alec … >
< Sì? >
< come fate, a restare qui? Come giustificate le
tende tirate e il fatto che uscite solo quando è buio? Sono
medici … >
Rise e mi rispose: < Abbiamo detto loro che siamo
fotosensibili. Io e Jane siamo fratelli, e quindi sarebbe una cosa
genetica,
mentre Dimetri abbiamo detto che era un nostro amico. È una
malattia … ci hanno
creduto. In effetti … > ed ammiccò
< è vero, non ti pare? >
Sorrisi < Grazie … >
< E perché? Non sono riuscito ad impedire che ti
facessi del male, non riuscirò ad impedire che te ne
facciano gli atri … >
< Grazie per essere stato mio amico … >
Mi sorrise e si alzò per accarezzarmi la fronte.
Chiusi gli occhi ed immaginai che
quelle dita
appartenessero ad altre mani …
< Sai, Isabella …
tu, mi piaci … >
< Lo avevo sospettato. > risposi, rigida.
< Se solo il tuo cuore non appartenesse
irrimediabilmente ad un altro … > e sfiorò
la piccola fede d’oro al mio
anulare sinistro.
< Se solo non fossi umana … > aggiunsi io,
ironica.
< Beh, a quello si può sempre rimediare. >
Fece
lui con il mio stesso tono.
< Alec … >
< Sì? >
< Mispiace,
ma io per te non provo niente di questo tipo … per me,
esiste solo Edward …
>
Povero Jacob. Non sarebbe stato
affatto contento di
sentire quella conversazione. Essere sposata con un vampiro, per lui
era già
difficile accettare la cosa … ma averne pure un altro che mi
viene dietro … non
avrebbe retto, credo.
< Lo so più che
bene. Sapessi quanto diavolo parli
nel sonno! > Rise
< Non preoccuparti. Sono felice, che comunque tu mi
consideri un amico. Per me è già un buon
traguardo. E poi, non potrei
aspettarmi altro da te. Immagino che le circostanze dei nostri incontri
ti siano
risultate traumatiche. >
< Immagini bene … > Non ero molto attenta,
adesso. Pensavo ad altro. Speravo di non aver parlato troppo, nel
sonno. Di non
aver detto niente di pericoloso. Ma, visto che lui non sembrava
turbato, pensai
di no.
Senza rendermene conto stavo scivolando lentamente nel
sonno. Alec, in silenzio, mi teneva la mano.
Quando sentii delle dita calde
sfiorarmi il collo e la
fronte, aprii gli occhi.
Mi stavano chiamando.
Mi osservai intorno e la stanza era ancora buia.
Chiesi: < Ho sete, potrei
avere da bere? >
< Certo signorina, ma adesso deve venire con noi.
Sono le dieci. Dobbiamo rifare la camera, e lei deve andare a fare
degli esami.
>
Annuii ancora disorientata e tentai di portarmi a
sedere. L’infermiera mi aiutò. Dopo avermi
staccato tutti i tubicini, mi
avvicinò una sedia a rotelle.
< No, no. Preferisco camminare … > Mi
guardò
scettica e poi mi aiutò, sostenendomi per farmi uscire. Non
mi voltai ma
sentivo lo sguardo della mia guardia fisso su dime. Jane disse: < Ti aspetto qui. Poi
dimmi com’è andata. > Annuii e poi uscii,
nel corridoio. Ero malferma sulle
gambe. Debole.
Le finestre avevano delle tende
color panna e i muri
erano azzurri. C’era odore di ospedale, giustamente. Con
lentezza percorsi il
corridoio lungo e luminoso. Avrei voluto osservare il mondo fuori dalle
finestre, ma non potevo fermarmi. C’era luce, luce vera.
Sorridevo piena di
speranza.
La struttura era abbastanza piccola. Prendemmo un
ascensore e scendemmo al piano terra, dove si trovavano gli ambulatori.
< Prego cara, entra
… > e così feci. Nello
studio, la dottoressa del giorno precedente. Mi salutò
cordialmente e mi mostrò
l’esito degli esami del sangue specifici che aveva richiesto.
Sospirai
infinitamente sollevata, quando mi disse che il bambino stava bene. Mi
sciolse
la fasciatura al braccio e mi medicò di nuovo. Mi si
rivoltò lo stomaco a
vedere tanta devastazione. Distolsi lo sguardo.
< Bene, abbiamo finito … ora puoi tornare in
camera. > Sorrideva conciliante. Io sussultai. Dovevo agire.
Subito. Era la
mia occasione. Da dietro il vetro della finestra che dava sul retro,
sul
giardino, vedevo il cielo terso. Non avrebbero potuto seguirmi.
< Scusi, non è che potrei andare in bagno, prima?
> La dottoressa mi osservò per qualche istante e poi,
sorpresa, mi disse:
< Certo, la prima porta a destra. Però,
c’è anche in camera tua … > mi
osservava. Abbozzai un sorriso e dissi: < Ho sete …
> < Certo cara, fa
pure con comodo. > E tornò alle sue carte.
Con passo incerto, andai in bagno.
La prima cosa che
feci, fu di aprire l’acqua del rubinetto e bere, bere fino a
dissetarmi. Nello
specchio, il riflesso di una ragazza stanca e malata. Poi aprii la
finestra e
lasciai che il sole mi accarezzasse. Era forte e caldo. Mi era mancato
tantissimo, così come
l’aria che mi
scompigliava i capelli. Mi sentii rinascere. Fortunatamente, constatai
che il
prato del giardino si trovava appena due metri sotto la finestra. In
silenzio,
scavalcai il cornicione e, lentamente, mi calai. Fu difficile, sia
perché ero debole,
sia perché la camicia da notte di certo non mi risultava
molto comoda. Data la
mia agilità, mi sbucciai cadendo … Avevo
esercitato troppa forza sul braccio e
sentii i punti tirare. La fasciatura si macchiò un
po’ di rosso. Non vi feci
caso.
Faceva molto caldo e il sole picchiava forte. Non sembrava affatto
ottobre. Non
vidi nessuno nei paraggi, e in silenzio, cominciai a correre, cercando
di non
dare nell’occhio. Uscii dal giardino. Presto si sarebbero
accorti della mia
fuga.
Dovevo fuggire il più
lontano possibile. Sapevo che
non avrei dovuto, ma sarei andata alla polizia. Avrebbero contattato
mio padre
… I Volturi a quel punto non avrebbero più potuto
fare niente, se non volevano
venire scoperti. Ero stata così impegnata ad organizzare la
fuga, che non avevo
minimamente pensato al dopo. Avrei dovuto agire d’istinto. E
l’istinto, in quei
momenti, mi diceva di correre come non avevo mai fatto.
Inciampai più volte, cadendo a terra.
Le mani e i piedi feriti. Avevo dovuto lasciare le
pantofole dell’ospedale nel bagno, con quelle non avrei
potuto correre.
Il sole mi coceva la testa e i sampietrini sotto i
miei piedi erano bollenti.
Faceva caldo e a me era tornata sete. Nel silenzio
della città, oltre al suono delle posate e delle tv, solo il
mio respiro affannoso
e i miei singhiozzi.
Sapevo che piangere era inutile, anzi, dannoso.
Sprecavo acqua … ma non riuscivo a trattenermi.
Vidi una fontana, al centro di una piazza, e mi
avvicinai per bere.
Mi bagnai la testa e il volto. Mi
dissetai. Cercai di
sciacquarmi anche il sangue dalle mani.
E poi ricominciai a correre. Cercavo di rimanere al
centro delle strade, deserte, lontana dai vicoli bui. Sicuramente i
Volturi
avevano già cominciato a cercarmi. Avevo paura.
I miei ansiti riempivano l’aria calda.
Continuai a correre anche quando il
campanile, che
suonava lontano, batté i dodici rintocchi e il sole fu a
picco su di me. Non
avevo più l’ombra. Talvolta, stremata, mi fermavo
pochi attimi a riprendere
fiato, piegata sulle ginocchia.
< Devi farcela, devi farcela. Sei arrivata fin qui
… DEVI farcela Bella > mi ripetevo per farmi forza.
All’improvviso,
un’auto suonò il clacson dietro di me
e mi fece sobbalzare. Mi spostai verso il muro per lasciarla passare.
Cercai di
appoggiarmi ai mattoni, ma la mia mano non incontrò che
vuoto.
Un vicolo stretto e buio
…
Cercai di riportarmi al sole ma
delle braccia gelide
mi afferrarono da dietro, trascinandomi nel buio.
Una mano fredda si poggiò con forza sul mio volto,
smorzando sul nascere il mio grido di terrore.
Sconfitta, mi abbandonai al pianto incontrollato e a
quelle braccia fredde e stranamente accoglienti.
Non capivo più niente,
mentre il mio corpo veniva
scosso dai singulti.
Poi mi accorsi che quelle braccia
mi cullavano e che
mani fresche e gentili mi carezzavano il volto.
Cercavano di tranquillizzarmi e allo stesso tempo di impedirmi di
muovermi, di fuggire ...
Speravo che fosse Alec. Lui forse, se lo avessi implorato, mi avrebbe
aiutato.
Non certo a fuggire, questo era ovvio, ma magari a morire ...
Nel silenzio e
nell’oscurità, mi voltai lentamente, mentre la
mano mi liberava il volto,
permettendomi così di respirare …
Salve a tutte! Ecco a voi il capitolo
12!!!!!!!!!!!!!!
Io ormai sono già a
Budapest ( sempre che non sia caduto l’aereo,
ma mi auguro di no … )
Per fortuna che c’è la Clari che mi posta il
capitolo al
posto mio!!! Grazie e un abbraccio, cara sorella XD
E, venendo al capitolo, vi devo confessare che sono davvero
felice!!! Questa sera (Mercoledì 2 luglio) sono andata a
vedere i vostri
commenti al cap 11!!! Che dire, se non un grazie gigante a tutte voi
che avete
recensito? Sapete, è davvero bellissimo sapere che il
proprio lavoro piace e
viene apprezzato!!!! Grazie!!! Spero che ne arrivino altri, anche per
questo
capitolo che, per la prima volta, vedrà il doppio Pov! Non
so perché … mi
piaceva l’idea!!!
Allora, mi raccomando, lasciate un commentino per il mio
ritorno!!!!!
Un bacione gigante!!! Vado a mettere via il dentrificio!!! (devo
uscire alle 6 per prendere l’aereo per la prima volta!!!
Aiuto!!!)
Ci vediamo prestissimo!!! Io torno lunedì 7, quindi credo
che posterò l’8 …
A martedì!
Cassandra ( che se ne sta in Ungheria, dove fa un caldo
boia uguale a
Milano … che palle … Ma non potevo andarmene in
Finlandia? Sarà per la prossima
volta XD )
Piccola
e debole, voltò
lentamente il capo verso di me. Le sue lacrime mi bagnavano la mano che
le
tenevo sul suo viso e la manica lunga della mia camicia.
Con
l’altra mano, le
accarezzavo lentamente la schiena mentre il suo piccolo corpo era
scosso dai singhiozzi.
Non parlammo.
I
suoi occhi, caldi e color
nocciola, incontrarono i miei e io sentii il mio cuore esultare di
gioia.
Con
il pollice, percorrevo il
profilo del suo labbro. Scesi, e le presi la mano destra che teneva in
grembo e
glie la baciai teneramente, facendo scorrere sulle mie labbra la punta
di ogni
singolo dito. Il braccio sinistro le ciondolava inerte lungo il fianco.
Appena le lasciai andare la
mano, lei la sollevò di più, facendola scorrere
sulle mie palpebre, sui miei
sopraccigli. Sulle mie occhiaia. Quando il suo palmo fu
all’altezza della mia
bocca, glie lo baciai dolcemente. La mia mano poggiata sulla sua. Vidi
un
sorriso formarsi sulle sue labbra.Era
incredula.
Poi,
improvvisamente, scoppiò
in una risata liberatoria e mi gettò le braccia al collo,
portandosi in punta
di piedi.
Le
sue labbra, calde e
bagnate di pianto, si mossero avide sulle mie, che risposero in egual
modo.
Sentivo le sue dita tra i
miei capelli. Cercava di avvicinarmi di più a se, ed io
facevo lo stesso. Avevo
bisogno del suo calore. Di sentire il suo respiro sul mio volto. Le
cingevo il
bacino con le mani. Sentivo la sua pelle accaldata e sudata oltre la
sottile
stoffa che le proteggeva il corpo.
Appena si separò da me, per
respirare, la strinsi di più al mio corpo, chiudendo gli
occhi e cercando di inspirare
il suo profumo. Non lo ricordavo così forte, così
invitante, così buono.
Sentivo il suo sangue pulsare
furioso nelle sue vene, il suo cuore battere all’impazzata.
Stanca, appoggiò il capo
sulla mia clavicola e si abbandonò alle mie braccia. La
sostenni, prima che mi
scivolasse a terra.
Prima
che perdesse i sensi,
sussurrò:
< Adesso possiamo anche
morire … Adesso siamo felici … >
Pensavo si riferisse a noi
due, e, in quel momento, non trovai nulla da obbiettare.
La
presi in braccio e corsi
verso la macchina, dall’altra parte del vicolo. Alice e
Jasper mi attendevano
per ripartire. Il motore già rombava.
Mi sedetti dietro, e feci
sdraiare Bella, poggiandole il capo sulle mie gambe.
Non
riuscivo a smettere di
accarezzarla, di sfiorarle le guance e le palpebre, il profilo del
naso, del
viso …
Alice rimaneva in silenzio,
concentrata sul futuro. Jasper guidava, attentissimo, a folle
velocità..
Nell’abitacolo, reso buio dai
finestrini oscurati, regnava il silenzio, rotto soltanto da respiro di
Bella e
dal battito ora quasi tranquillo del suo cuore.
Le sfiorai il braccio
sinistro, la fasciatura stretta e intrisa di sangue.
Ripensai a quando Alice ebbe
la visione. Un sussulto scosse per un istante il mio corpo.
Mia
sorella l’aveva vista
tagliarsi le vene ed accasciarsi sul letto.
Impotenti, a migliaia di
Kilometri di distanza, avevamo osservato il suo respiro farsi sempre
più
flebile e la sua vita smorzarsi.
Quando quegli atroci istanti
tornarono a riempirmi la mente, provai la necessita di stringerla tra
le
braccia, di baciarle il sorriso, si sentire il suo calore …
Ma lei dormiva e io
mi limitai a chinarmi, per baciarle la fronte sudata.
Come
quando eravamo a casa,
sussurrò nel sonno: < Edward … >
Le sussurrai con dolcezza:
< Ti amo, Isabella … >
Quando
l’auto si fermò, era
sera. Eravamo a Roma. Jasper si voltò verso Alice e le
chiese:
< Qui, o prendiamo subito
l’aereo per Vancouver? > Mia sorella si
voltò ed osservò Bella, sdraiata
sulle mie gambe.
< A casa sarebbe più al sicuro
… ma non credo che possa affrontare il viaggio in queste
condizioni.
Per prima cosa, dobbiamo
comprarle dei vestiti, e poi, ha bisogno di rimettersi. Inoltre, non
possiamo
ritornare a casa con lei, e fare finta di niente. Dobbiamo pensare a
una buona scusa.
A una credibile, possibilmente … E se no … beh,
sarà complicato, ma molto più
sicuro. > Lei e Jasper si fissarono negli occhi e poi lui rimise
in moto.
Ci fermammo davanti ad un
albergo a quattro stelle. Alice entrò, per chiedere se ci
fosse posto.
Durante la sua assenza,
Jasper si appoggiò allo schienale e mi domandò:
< Come sta? >
Sfiorandole
i capelli, gli
dissi:
< Tuttosommato, relativamente bene. Deve riposare molto. E anche
mangiare, direi … Certo, preferirei che la vedesse un
medico, magari Carlisle …
>
Annuì lentamente e poi aprì
la portiera. Alice, oltre al vetro, parlava con un ragazzo. Jasper gli
consegnò
le chiavi e si raccomandò di parcheggiare al coperto.
Senza fatica, presi Bella tra
le braccia e scivolai fuori dalla vettura, nel fresco della sera.
Lei non se ne accorse
neanche. Si limitò ad affondare il volto nella mia camicia.
La strinsi di più a me, ed
entrai nell’albergo.
Alice aveva chiesto una suite
con due matrimoniali. In silenzio, portai Bella in camera.
La poggiai sul letto ed
attesi che si svegliasse
La osservai a lungo, sdraiato
al suo fianco.
Nel sonno, si rigirava e
continuava a sussurrare il mio nome. Ed ogni volta, mi avvicinavo per
poterla
accarezzare, facendo scorrere le mie dita gelate sulla sua pelle.
Le stringevo la mano.
Qualcuno
bussò …
<
Entra, Alice. >
Lei mi sorrise ed appoggiò
dei sacchetti sul tavolino.
< Sono stata a comprare
dei vestiti, qui in centro. Quando si sveglia, vorrà
cambiarsi … >
< Grazie … >
< Dovremmo avvertire
Charlie … >
Mi voltai a quelle parole e
la fissai. La sua mente tratteneva i pensieri.
< Eh … > feci io.
< Dobbiamo decidere bene
cosa fare. Non è prudente riportarla a Forks, ma non
possiamo neanche restare
in Italia. Partiamo domani alle 9. L’aereo è alle
undici e mezza. Atterreremo a
Vancouver. È abbastanza vicino a casa. Così Esme
e Carlisle potranno
raggiungerci in fretta. E poi, da lì … vedremo.
>
Annuii
e lei sparì oltre la
porta.
Tornai
ad osservare Bella. Si
era rigirata di nuovo. In posizione fetale, si teneva il braccio sano
intorno
alle gambe, quello ferito giaceva inerte, teso verso di me.
Le mie dita si strinsero
intorno alle sue. Piccole e calde.
La stanza era scura e
silenziosa.
Tranquilla, come il battito
del suo cuore. Appoggiai la mia mano sul suo petto e mi accorsi di un
suono che
non avrei dovuto udire.
Quasi
impercettibile, un’eco che
seguiva il suo battito …
M’irrigidii
… Stava male?
Un problema al cuore?
No, non poteva essere …
La mia piccola Bella …
Forse,
non era un problema
grave. Magari Carlisle sarebbe riuscito ad aiutarla.
Io non sarei riuscito ad
essere abbastanza obbiettivo, se l’avessi visitata.
Si
girò di nuovo e io provai
l’istinto di stringere il suo corpo al mio e così
mi appoggiai con la pancia
alla sua schiena. Il mio viso tra i suoi capelli.
Il suo odore, mi pareva
leggermente differente. Probabilmente era colpa delle trasfusioni.
Le cinsi il corpo con le
braccia.
Senza preavviso. Sentii il
suo corpo irrigidirsi e lei smise di respirare per alcuni istanti.
Cominciò a tremare. Il suo
cuore batteva forsennato. Percepii i suoi occhi scrutare la stanza.
Con
un movimento repentino,
si allontanò da me e, messasi in piedi a fatica, mi
scrutò, prima terrorizzata,
poi felice, poi di nuovo spaventata.
Cominciò a girare su se
stessa tenendo le mani sulla pancia. Osservava la stanza. Si
gettò verso la
finestra dalle tende tirate. Mi alzai mentre lei era voltata e le andai
vicino,
per rassicurarla.
Tirò le tende ed osservò la
città, nelle luci della sera. Appena realizzò di
trovarsi al sicuro, scoppiò in
un altro pianto liberatorio e mi buttò le braccia al collo.
Ripeteva
sconnessa: <
Edward, Edward! EDWARD!!! >
Saltellava
felice baciandomi
il collo, in un turbinio di capelli castani.
Io invece restavo fermo, le
mie braccia poggiate intorno al suo esile corpo.
Appena l’euforia si fu
placata, le lacrime che le solcavano il volto rallentarono.
Si appoggiava al mio petto e
si stringeva a me.
<
Bella … > Sussurrai.
< Ti amo. >
Bella’s
Pov
Ero
stanca, ero molto stanca. Intorno a me, il
silenzio e l’oscurità.
Dentro di me, sentivo una strana gioia e pace.
Non capivo … Non ricordavo.
Cosa diavolo era successo?
Dov’ero?
Qualcosa di freddo era appoggiato sulla mia schiena.
Qualcuno mi stava abbracciando.
Ebbi paura.
Sollevai le palpebre e vidi che la
stanza era buia.
Mi avevano quindi ripresa? E poi,
cos’era successo?
Quella persona, dietro di me … cos’è
che non riuscivo a ricordare? O forse …
che non volevo ricordare.
Alec in fondo aveva detto che Aro non aveva più
intenzione di aspettare. No
…
Mi divincolai e riuscii a scendere dal letto. Le
braccia fredde non cercarono di impedirmelo.
E quello che vidi mi fece girare la testa.
Edward, sdraiato sul letto, mi
osservava curioso.
Non era possibile … era
proprio lui, il mio Edward …
Ma se anche lui era lì, voleva dire che avevano preso
anche lui … non volevo … non volevo che lui
sapesse cosa mi sarebbe successo.
Avrebbe sofferto troppo.
Cominciai ad osservarmi intorno. La stanza non mi era
familiare. La mia prigione l’avrei riconosciuta anche nel
buio più profondo.
Vidi una finestra e mi ci precipitai. Per poco non strappai la tenda,
per poter
vedere … e fuori … beh, c’era un fuori
…
Case e case … le luci di
una città che non conoscevo. La libertà ...
Edward, senza che me ne accorgessi,
si era portato
dietro di me.
Scoppiai a piangere e non riuscivo a stare ferma,
nonostante i piedi mi facessero male per le abrasioni.
Continuavo a ripetere come una scema:
< Edward, Edward! EDWARD!!! > E poi mi gettai
tra le sue braccia.
Lo baciai dove le mie labbra
riuscivano a ritrovare la
sua pelle fredda, mentre il mio corpo mi pareva ardere.
Lui mi abbracciava.
Quando finalmente riuscii a calmarmi, riuscii anche a
trattenere parte delle lacrime.
Mi appoggiai a lui e chiusi gli occhi, stringendomi al
suo corpo.
Quando sentii di nuovo la sua voce, per poco non
svenni. Il velluto passava delicato sulle mie ferite, appena
rimarginate.
< Bella, ti amo. >
Non riuscii a rispondere e sentii
le forze
abbandonarmi. Stavo letteralmente svenendo di felicità
…
Lo vidi terrorizzato, afferrarmi
prima che toccassi
terra. Mi pose sul letto e si sedette al mio fianco.
Con le dita mi scostava i capelli dalla fronte.
Io sorridevo inebetita.
< Bella … > Mi chiese ansioso < Bella,
come
ti senti? Hai bisogno di qualcosa? > I suoi occhi dorati, venati
di nero, mi
scrutavano a fondo, in cerca di un mio segno di cedimento. Le sue dita
premevano sul mio polso destro, con delicatezza.
Scossi la testa e poi vidi Alice sulla soglia.
Ne ero certa, sarei morta di gioia
quella sera, in
quella stanza.
< Alice! > Gridai nel
tentativo di tirarmi
seduta. Edward me lo impedì, tenendomi una mano sulla
spalla. La mia amica mi
venne vicino e mi abbracciò.
La prima cosa che mi disse fu: < Devi mangiare.
Edward, vai a prendere da mangiare. Il ristorante è chiuso,
ma con una bella
mancia … >
< Vai tu. > Le disse, accarezzandomi.
< Edward, devo parlare con Bella. Roba da femmine …
> Nonostante il tono suadente, quelle parole mi fecero quasi
paura. Quasi.
Dopo quello che avevo passato, ci sarebbe voluto ben altro.
Non so cosa Edward vide nella mente
di Alice, ma
qualunque cosa fosse lo convinse ad andarmi a prendere da mangiare.
Appena fummo sole, Alice si
sdraiò al mio fianco e mi
prese la mano destra.
< Mi hai fatto spaventare …Con queste …
> e con
il dito accarezzò la fasciatura insanguinata sul braccio
sinistro.
< Scusa. Non riuscivo a pensare ad un altro sistema
per fuggire. >
< E proprio questo dovevi scegliere? > Sembrava
felice. Si voltò per baciarmi la guancia.
< Quando Edward ha visto … per poco non moriva, di
nuovo … Appena arrivati in Italia, ho avuto la visione della
tua fuga. Abbiamo
noleggiato l’auto e ti abbiamo aspettato nel vicolo. Trattenerlo dal venire in
ospedale è stata
un’ardua impresa. Ma io sapevo che ce l’avresti
fatta. >
< Io no. Ho avuto tanta paura … >
Mi accarezzava il capo.
< Sai, fino ad oggi, non riuscivamo a capire perché
ti avessero rapita … >
Inizialmente, restai in silenzio. Poi domandai: < E
Oggi? >
< Oggi, mentre parlavo all’accettazione, ho visto
il futuro. >
Aveva chiuso gli occhi.
< Beh, Alice, non è una novità, se
permetti. > non
sapevo se sapesse, cosa sapesse
… ed
ero molto agitata.
Lei percepì la mia ansia e mi disse: < Non
preoccuparti. È un bel futuro … >
Rimanemmo in silenzio alcuni istanti e poi aggiunse:
< Lo sai? >
Sapevo a cosa alludesse.
Annuii lentamente. Gli occhi umidi.
La sentii sussurrare: < Straordinario. Quando lo
saprà Carlisle … >
Si voltò di scatto e mi
fissò negli occhi. Era … più
che felice. Era estasiata.
< Vuoi saperlo? >
< Sapere cosa? >
< Se è maschio o femmina … > E mi
poggiò una
mano sul ventre.
Mi portai le mani al volto e,
ridendo, dissi: <
Santo cielo, no!!! Voglio che sia una sorpresa!!! >
Poi, pensando alle sorprese, le
chiesi: < Edward lo
sa? >
< No. > Non dissi altro. Rimasi a fissare il
soffitto.
< Come stai? > Mi chiese dopo un po’.
< Abbastanza bene … >
< Non sembrerebbe. >
< Ho … passato dei brutti momenti …
>
< Sai, mi sono odiata. Non riuscivo a vederti.
Pochi attimi, e tutto svaniva. >
< Siamo al sicuro, qui? > chiesi con voce
tremante.
< Sì. Sanno che tuo padre conosceva la nostra
destinazione. Per loro sarebbe troppo rischioso agire, attaccarci.. Con
noi sei
al sicuro. Non ti lasceremo più sola. > La sua voce,
calma e tranquilla, mi
infondeva sicurezza.
L’abbracciai e poi sentii un colpo di tosse. Edward,
con un vassoio in mano, mi osservava.
< Alice, non vorrai mica mettertitici pure tu … a
rubarmi la moglie. >
Dietro di Lui, Jasper.
Lo salutai con un cenno della mano
e lui mi rispose:
< Bella, sono contento che ti abbiamo ritrovata. >
Sorrisi.
< Dai, adesso deve mangiare. Fuori! > fece Edward
scherzando. Ridendo, Alice uscì.
Ma prima mi ammiccò. Edward la guardò
scandalizzato e
poi fece finta di tirarle un calcio per farla uscire. Una volta chiusa
la
porta, si sedette al mio fianco.
Mi accoccolai sulle sue ginocchia, tra le sue braccia,
e domandai preoccupata:
< Cos’ha visto Alice? >
< Niente. >
< Menti. >
Mi sollevò il capo con il mento e mi baciò con
intensità e passione. Mi sosteneva tenendo un braccio dietro
la mia schiena.
Il suo respiro mi accarezzò le labbra, seguito dalla
sua lingua.
< Questa notte devi dormire … non faremo niente
…
>
Avvampai di vergogna.
< Alice ci ha visto … ? >
Annuì tenendo gli occhi
chiusi e io mi sarei
seppellita per l’imbarazzo.
Sentii il suo respiro accarezzarmi
l’orecchio, seguito
dalle sue labbra gelide:
< Non preoccuparti. E poi, questa sera, devi
riposare. > sembrava agitato. Continuava a sentirmi il polso.
In quel momento però, non avevo per niente sonno. Il
mio corpo pensava per me. Continuava a dirmi “Voglio Edward,
Voglio Edward.”
< Il cibo è bollente. Prima vieni, devo medicarti.
Non l’ho fatto prima perché non volevo svegliarti,
ma quelle ferite mi
preoccupano … >
Gli rivolsi uno sguardo colpevole e
lui mi abbracciò,
per rassicurarmi.
Mi lasciai portare nel bagno e
lì le sua mani esperte
ed abili mi lavarono e disinfettarono i graffi sulle mani, sui gomiti,
sulle
ginocchia … Mi mise seduta sul bordo della vasca e mi
sciaquò a lungo le gambe.
I piedi dovette fasciarli perché i cerotti non bastavano.
Poi, mi disse: < Devo rifarti il bendaggio al
braccio. Le ferite hanno sanguinato. Spero che i punti abbiano retto
… >
Annuii e lo osservai sciogliere le bende con estrema
delicatezza e gentilezza, per non farmi male. Quando vide le ferite non
ancora
rimarginate, sospirò.
Tenendo la mia mano, poggiò le labbra gelide sui
tagli. Il freddo dava sollievo al bruciore.
< Per fortuna non hanno
fatto infezione … >
Disinfettò di nuovo e mi rifece la fasciatura. Le sue mani
erano delicate ma
decise.
Con
dei gesti fulminei, mi levò la camicia
dell’ospedale e la biancheria.
Bagnò un asciugamano e mi lavò il resto del corpo
come
meglio poté.
Ero nuda, ma davanti a lui non
provavo imbarazzo. Non
più.
Edward mi osservava. Le sue mani
correvano sulla mia
pelle e si lasciavano dietro scie bollenti. Senza volerlo, inarcai la
schiena
quando me l’accarezzò.
Si levò la camicia e mi prese tra le braccia. La mia
pelle a contatto con la sua. Il fuoco e il ghiaccio.
Appoggiai le labbra nell’incavo del suo collo e lo
baciai. Lui faceva lo stesso a me, affondando nei miei capelli.
Mi riportò a letto e,
dopo avermi fatto indossare
delle mutande e una camicia, mi aiutò a mangiare.
Appena mi portò la zuppa
alle labbra, mi accorsi della
fame terribile che avevo … e della sete.
Quando allontanò da me la zuppa, sussurrai: <
c’è
dell’acqua ? > In meno di un secondo, il liquido
fresco mi invase la bocca.
Edward mi aveva portato il bicchiere alle labbra. Bevvi, fino a
dissetarmi, e poi mi ributtai sul cibo. Mi osservava mangiare.
< Perché mi gvuardi coscì?
>Domandai a bocca
piena. Rise di gusto. Era felice.
< Ho fame … è da un po’ che non
mangio … > Ed
era vero.
Inoltre, ultimamente, il piccolo esserino nella mia pancia aveva
cominciato a reclamare la sua parte.
Già, il bambino
… glie lo dovevo dire.
Quando finii di mangiare, mi
riaccompagnò al bagno. Mi
aiutò a lavare i denti e non se ne andò neanche
quando gli dissi che dovevo
fare pipì. Si voltò dall’altra parte ed
aspettò che avessi finito. Lavate le
mani, mi riportò in camera. Ero troppo debole per camminare
da sola.
Nel letto, mi mise sotto le
lenzuola.
< Ti prego, vieni anche tu.
> Lo supplicai. Con
mia grande gioia, si spogliò e si infilò, con
addosso solo i boxer, sotto le
coperte con me.
Sentivo il mio corpo fremere al contatto con il suo.
Le sue dita mi accarezzavano, percorrendo la mia
pelle. Con la mano destra mi carezzava il volto. Con la sinistra
salì lungo la
mia coscia, si infilò sotto la camicia.
Quando mi ricordai l’ultima volta che qualcuno mi
aveva toccato in quel modo, mi venne la nausea, e così mi
strinsi a lui, il mio
Edward. Quanto mi era mancato. Si
soffermò sul seno, e poi mi baciò.
La mano mi sfiorò anche l’altro e si
bloccò.
Mi disse: < Ti è cresciuto il … seno.
>
Inghiottii saliva.
< Non è
… un male. Anzi … > Cercava di
rassicurarmi, in preda all’imbarazzo.
< Me ne ero accorta. Che si fosse ingrossato …
>
Sussurrai. Ora entrambe le mani mi carezzavano il volto. Le sue labbra
tormentate mi lambivano la pelle.
Si girò in modo da
portarsi sopra di me e cominciò a
baciarmi il petto, lasciato libero dalla camicia sbottonata.
Io tenevo le mie mani sulla sua schiena. Nonostante la
stanchezza, percepivo chiaramente la sensazione che avevo
già provato, con lui,
più di due mesi prima.
L’unica volta, per una
sensazione straordinaria Anche
se, quella volta, essendo la prima, fu più il male che altro
….
< Bella, ti amo. > Mi
sussurrò staccandosi dal
mio seno. Il suo respiro freddo contro la pelle mi diede una sorta di
scossa.
Sentii il mio corpo non rispondermi più. Strinsi le mie
gambe intorno alle sue.
I nostri bacini entrarono in contatto e capii chiaramente che anche lui
si
trovava nella mia stessa situazione. Con la mano destra gli accarezzai
gli
addominali e lo sentii fremere sotto le mie dita. Lo sentii sussurrare
a se
stesso, a denti stretti: < Questa sera no. No. Deve
riposare.>
Accaldata e ansimante, gli bisbigliai, stringendomi di
più a lui: < Non sono stanca. Mi sei mancato troppo.
>
Scosse la testa e mi tenne sdraiata, con la testa sul
cuscino e la schiena contro le lenzuola.
Nonostante i Boxer, capii che si stava imponendo di
trattenersi. Avrei preferito di no.
Quando cominciò a salire e scendere lungo il mio collo
con le labbra, gemetti di piacere e chinai la testa di lato.
Poi, si spostò sul mio petto, soffermandosi su ogni
seno, con delicatezza e amore. La sua lingua mi accarezzava e mi
tentava …
Scese ancora più giù. Mi baciò la
pancia e io
sussultai. Le mie dita tra i suoi capelli, le mie gambe intorno al suo
bacino.
Fece per appoggiarsi con il capo sul mio ventre che
gli dissi, ansimando:
< Edward … Devo dirti una cosa … >
Si rimise come all’inizio, sempre sopra di me,
appoggiato alle braccia per non pesarmi. Il suo volto a pochi
centimetri dal
mio.
Si abbassò per baciarmi e, dopo avermi lasciata libera
di respirare di nuovo, mi sussurrò con la sua voce sensuale:
Ciao!!!
Visto chi è tornata?
E sì, proprio io!!! E con me
porto anche questo capitolo!!!
Vorrei soffermarmi a
ringraziarvi tutte per bene, ma sto svenendo di sonno. Ho giusto la
forza di
scrivere queste due righe e di fare il solito casino con
l’HTML (odio preparare
i capitoli con il codice, sbaglio sempre qualcosa e poi devo rifare
tutto, e
non viene mai come voglio. Ghrrr). Fortuna che avevo già
scritto il cap 13XD!
Comunque, il viaggio è andato
bene, Budapest è splendida, la campagna ungherese
meravigliosa, e gli ungheresi
… gli ungheresi … sono gente simpatica
(mettiamola così … XD mamma mia che
belli!!!).
Domenica, mentre ero a cena
da uno zio, alla fine di una cena durata ben 5 ore (io giacevo
distrutta sulla
sedia, visto che di solito mangio pochissimo), in un ungherese che
avrebbe
fatto raccapriccio anche al più
impavido tra gli impavidi, sono riuscita a
chiedere di andare al suo pc!!! E non appena l’ho acceso (e
ho capito dove
diavolo dovessi schiacciare XD) sono entrata su EFP.
Mi stava venendo un coccolone
quando ho visto tutte quelle recensioni. Ero lì che
saltellavo sulla sedia come
una deficiente, in preda alla gioia (aiutata dallo spumante e dal vino
che ho
dovuto bere per non offenderli nonostante io sia astemia e mi ubriachi
con le
merendine kinder … ). Ad un certo punto è
arrivato mio zio, che parla un po’
italiano, e mi ha chiesto se mi sentissi male ( è medico ).
Chissà che faccia
avevo? XD
Colpa della sua grappa, se ho
perso completamente il controllo e non sono riuscita a contenere la
felicità! E poi ha anche voluto sapere che cosa fosse
EFP, e che cosa scrivessi!!! Quando gli ho detto che è una
storia d’amore tra
una ragazza e un vampiro, credo che mi abbia considerata perduta per
sempre … Lui
però adora la Transilvania e ha detto che mi ci
porterà!!! Spero di tornare da
loro molto presto XD. (che sporca approfittatrice).
Va beh, a parte questa
digressione, sono davvero felice che vi siano piaciuti i cap
precedenti!!!!!!!
Ed ora, dopo aver mandato molte di voi ad
affollare l’ade e le corsie di cardiochirurgia , a
quelle a cui il
cuore non ha ancora ceduto dico: Avete notato che nei generi ho messo:
“Erotico”?
Ecco, i prossimi capitoli
saranno molto “dolci” XD!!! Naturalmente, il mio
lato sadico non riposa mai,
non preoccupatevi! Per Edward e Bella, le sorprese non sono finite!
Mentre ero in Ungheria
pensavo a come far andare avanti la storia, ma ero stata presa da una
crisi di tristezza e avevo persino pensato di non proseguire la storia
(attimo di sconforto. Maledetti ormoni).
Di solito questa mia disperazione passa quando sono davanti alla
tastiera ma, dato che il cap 14 non lo
avevo ancora preparato, credo che ci metterò un
po’ a
postare … Chiedo perdono.
Voi magari date un occhiata
verso giovedì pomeriggio. Al massimo
venerdì.
Credo che la storia si protrarrà
un po’ più di quanto avessi pensato dato che mi
sono venute un po’ di idee
interessanti all’aeroporto … Devo solo capire come
poterle inserire ... Spero non vi dispiaccia!
Ora vado che se no crollo. Un
grazie a tutte voi che mi seguite e commentate (spero di ricevere
ancora tanti
commenti XD) e un saluto e un ringraziamento speciale a tutte coloro
che hanno
scoperto da poco le mie storie e che prima non mi conoscevano: Spero di
non
deludervi!
Un bacio a tutte,Cassandra
PS: Ringrazio la ragazza
che mi ha inviato la mail (mi pare li.95 ... nella mail, o qualcosa del
genere.Non essendoti firmata, non posso chiamarti per nome.) Mentre ti
stavo rispondendo alla mail, per sbaglio ho schiacciato elimina. Mi
dispiace tantissimo. Scusami. Volevo ringraziarti per i
complimenti. Ciao.
<
Dimmi, Amore. >
La faceva facile, lui.
< Edward …
> Sussurrai accarezzandogli il capo.
Si abbassò di nuovo per baciarmi le labbra e i suoi capelli
mi accarezzavano la
fronte.
< Bella, sei agitata … >
Era una constatazione, non una domanda.
< Il tuo cuore batte velocissimo. Calmati, ti
prego. > Sembrava seriamente preoccupato.
Cercai di calmarmi, di respirare regolarmente. Non
pensavo sarebbe stato così difficile.
< Edward …
> mi ripetei per darmi coraggio <
Devo dirti una cosa. >
Si sdraiò al mio fianco
e, dopo aver posato le sue
mani su miei fianchi, mi tirò sopra di sé.
Sdraiata sulla sua pancia, poggiai la testa sulla sua
spalla. Osservavo il muro, mente lui osservava me.
Le sue mani erano poggiate una sotto la camicia, sulla
pelle della mia schiena, l’altra sul mio capo, e mi carezzava
con gentilezza.
< Non avere paura. A me puoi dire tutto. Lo sai …
>
Interpretò male il fremito che corse lungo tutto il
mio corpo ed aggiunse:
< Non mi potrei mai arrabbiare con te. Se si tratta
di qualcosa che è successo … negli ultimi mesi
… Qualunque cosa sia successa,
tu abbia fatto. Non mi interessa. Non criticherò le tue
scelte. Nella tua
situazione, l’importante era pensare a sé stessi.
Sono orgoglioso di te. Sei
riuscita a liberarti da sola. Il resto per me non ha la minima
importanza.
Dimmelo solo se davvero lo vuoi, se ti può aiutare. Non aver
paura di
ferirmi.>
Erano le stesse parole della sua
lettera. L’unica che
mi fosse pervenuta.
Non ero sicura di cosa potesse
pensare, ma a grandi
linee lo avevo intuito.
Dissi: < Non è niente di quello che credi
… >
Ero diventata rossa.
Mi baciò la testa e bisbigliò: < In questi
momenti,
darei di tutto per poter leggere i tuoi pensieri. >
< Forse, sarebbe più facile … >
dissi io chiudendo
gli occhi e stringendomi di più a lui.
Lo sentii trattenersi dal ridere.
< Amore, io … noi
… > Non riuscivo ad andare
avanti.
< Sì? > Mi incoraggiò lui con la
voce più dolce
del miele.
< Edward, è successa una cosa … >
Attendeva che proseguissi, accarezzandomi dolcemente.
< E credo … credo che dovrai aspettare un
po’ prima
di trasformarmi. >
Questa volta fu lui a stringermi di più.
< Bella, lo so che sono stato io ad insistere
tanto, ma temo che, date le circostanze, sarebbe troppo pericoloso.
>
Cominciai a tremare. Non mi sarei mai aspettata una
risposta del genere. Non credevo che avrebbe insistito per
trasformarmi.
Non potevamo aspettare? Appena qualche mese …
Mi alzai a sedere sudi lui, le mie mani sulle sue spalle. Non avevo smesso di
tremare.
< Bella. Calmati. Non c’è motivo di avere
paura.
Prima torneremo a casa. Non lo farò subito.
Aspetteremo un po’. Attenderò finché
non ti sentirai
meglio, al sicuro … e magari riusciamo a farti incontrare i
tuoi genitori, di
nascosto … Sarà complesso, ma ce la faremo. Fra
un mesetto, quando tutto sarà
tornato tranquillo, diremo loro che per te restare è troppo
difficile. Ce ne
andremo lontano. Solo allora, ti cambieremo. >
Il suo tono era dolce e tranquillo,
ma io non smisi di
ansimare. Un mese era troppo poco.
Scoppiai a piangere.
Lui mi accarezzava la guancia, preoccupato.
< Edward, no, no! >
Scuotevo la testa. Gli occhi
chiusi.
< Bella, non avere timore. Non devi. Ti starò
vicino. Non so cosa ti abbiano detto, ma ti giuro, ti
proteggerò io, da tutto e
da tutti. Anche da te stessa. > Ora la sua voce era davvero
preoccupata.
< Edward, io voglio che mi cambi! Che mi trasformi!
> balbettavo confusa.
< Ma ti supplico, dobbiamo aspettare. Qualche mese
… > Lo stavo implorando.
Socchiusi gli occhi e vidi la sua espressione
combattuta. I nostri ruoli si erano invertiti.
Ora era lui che mi voleva vampira ed ero io che volevo
restare umana.
< Bella, è pericoloso … >
I miei singhiozzi si fecero
più forti.
Tra le lacrime, lo vidi pensare. < Ma se per te è
così importante … >
Mi accarezzava ansioso la fronte.
< Se per te è così importante,
aspetteremo. Finché
non mi dirai che ti senti pronta. >
Io, quando capii che avrebbe aspettato, mi chinai
velocemente e, farfugliando qualcosa, continuai a piangere di gioia
nell’incavo
del suo collo.
Piangevo e ridevo sollevata.
I miei movimenti lo sorpresero. Mi
accarezzò la
schiena confuso.
< Grazie. Grazie Edward!
Davvero! Vedrai, sarò una
mamma bravissima! E tu un papà fantastico! Il miglior
papà di tutti! >
gridavo, intontita dalla gioia, dall’euforia e dalla
stanchezza.
Lo sentii irrigidirsi.
Ecco, la solita imbranata. Non ero
riuscita a
dirglielo nel modo giusto.
Appoggiando entrambe le mani sulle
mie spalle, mi
allontanò lentamente dal suo petto e mi fece rimettere
seduta. Il mio corpo non
gli pesava minimamente, sul bacino.
Mi guardava sorpreso, sconvolto. Una miriade di
emozioni gli attraversarono in un istante fugace il volto. Ne riuscii a
cogliere solo alcune.
Alla fine, incredulo, mi posò una mano sul ventre. Lo
stava fissando. Sembrava che non riuscisse a distogliere lo sguardo.
Posai la mia mano destra sulla sua e attesi che mi
dicesse qualcosa.
Aspettai a lungo ma lui non parlò.
Alla fine dissi: < Non sei
contento? > Il tono
della mia voce era speranzoso.
Con gentilezza mi
afferrò per il bacino e mi mise seduta,
poi si alzò ed andò dalla parte opposta della
stanza.
Si teneva la testa tra le
mani. Lo vedevo tremare di rabbia mentre percorreva la stanza avanti e
indietro
a passi lunghi e veloci.
Ero terrorizzata e mi avvolsi nel lenzuolo.
Con voce inutilmente misurata mi
domandò:
< Come stai? >
Non risposi. Mi limitai a fissarlo,
dietro la spessa
coltre di lacrime che mi offuscavano la vista.
Dopo aver fatto un respiro
profondo, a occhi chiusi,
irato,
scandendo le parole come se fossi scema mi
domandò:
< Ti hanno fatto del male? >
< No … > sussurrai, cercando di ritrovare la
voce.
Mi sentì.
Lo vidi annuire. Il volto, tra le mani,
contratto dalla rabbia. I nostri occhi si incontrarono.
Vide il terrore sul mio volto e,
con evidente sforzo,
tentò di rilassarsi e apparire calmo.
< Non sono arrabbiato con te, Bella. E non me la
prenderò con il tuo bambino. Stai tranquilla. >
Le sue parole mi arrivarono addosso
come uno schiaffo.
Mio? MIO? Sconvolta, mi limitai a fissarlo senza
capire.
< Bella, dimmi, ti supplico
… chi è il padre? Ho il
diritto … > la sua voce tremava di rabbia.
< Edward … Ma che domande … >
Scuotevo la testa
e ridevo. Isteria.
< Ti ho detto: dimmi chi è il padre. Pretendo di
saperlo! > Praticamente urlava. Io tremavo.
Mai mi sarei aspettata una reazione
simile.
Qualcuno Bussò alla
porta ed Edward gridò: <
Vattene Alice! >
Lei se ne fregò ed entrò.
Ci osservò un attimo e, sbuffando, si sedette al mio
fianco e mi cinse con le sue braccia fredde e snelle.
< Edward … Non vedi come la fai stare male? Dopo
tutto quello che ha passato … Comunque, il bambino ha nove
settimane e mezza.
67 giorni per la precisione. Fatti i tuoi calcoli e vedi che lo capisci
da solo
chi è il padre. Vi ho comprato un test. È nel
sacchetto della farmacia … >
Il tono di voce di Alice era tagliente, seccato.
Edward si appoggiò al muro. Era pensieroso. Mi
osservava, preoccupato.
Alice si voltò e mi guardò negli occhi. A me
rivolse
uno sguardo amichevole, dolce.
< Bella, preferisci che stia qui io, per questa
notte? >
Scossi la testa. < No, voglio Edward. >
Annuì e mi baciò la guancia, poi uscì.
Edward la osservava. Sicuramente, nella sua testa,
aveva avuto le risposte che cercava.
Mi si avvicinò
lentamente e mi abbracciò.
< Scusa, mi sono comportato in maniera riprovevole.
Perdonami. > era sconvolto.
Mi feci piccola piccola tra le sue
braccia e gli
sussurrai:
< Non preoccuparti. So che è incredibile. >
< Incredibile è dir poco. > E poi mi fece
sdraiare. Poggiò le labbra sul mio ventre e lo
baciò con dolcezza.
Sollevando appena le labbra, mi
sussurrò:
< Un bambino …
Perché non vuoi sapere di che sesso
è? >
< Come? Voglio che sia una sorpresa. Tu lo sai già?
> Chiesi delusa.
Sorrise e mi disse: < Colpa di Alice, e del suo
voler fare la stanza a tema. >
< O no! Ti prego, dimmi di no! Sarà tremendo!
>
Ridevo.
< Sicuramente. Dovresti vedere cos’ha in mente per i
vestitini! > e rise anche lui.
Poggiò
l’orecchio sulla mia pancia e rimase in
silenzio. Lentamente, fece scivolare la mano sul mio cuore e rimase in
quella
posizione per qualche istante, poi sussurrò:
< Sai, ora … ora
che me lo hai detto, riesco a
distinguere anche il battito del suo cuore. È un suono
molto, molto basso. Quasi
impercettibile … Bellissimo. Prima, quando lo sentivo, non
capivo cosa fosse.
Temevo che ti fosse successo qualcosa, di dover correre da Carlisle.
È un
ottimo chirurgo … il migliore. Ero davvero preoccupato, e
invece … chi mai
avrebbe potuto pensare … > Mi sorrise e mi
baciò le labbra. Era emozionato,
commosso.
Si sdraiò al mio fianco e poggiò una mano sulla
mia
pancia mentre con l’altra afferrò la mia.
< Tu vorresti un maschietto o una femminuccia? >
< Voglio solo che sia sano e … normale …
>
< Sarà sanissimo e normalissimo. Una vera piccola
peste! >
Mi voltai e seppellii il volto tra la sua clavicola e
il suo collo. Lui mi strinse le braccia intorno al corpo.
< Allora? Maschietto o femminuccia? >
Esitai un attimo. Ero certa che
volesse un maschio, ma
io …
< Vorrei una femminuccia … >
Lo sentii ridere e poi passarmi
dolce una mano sulla
schiena.
< Ci avrei scommesso! > Mi sussurrò
all’orecchio.
< E tu? > Domandai.
< Io? Non lo so! Per me, era un’idea totalmente
assurda. Non credevo che fosse possibile neanche lontanamente, una cosa
del
genere. È già un miracolo di per sè.
Non ho mai pensato di poter avere dei figli
… dei figli miei. >
< Uffa … > Sbuffai.
< Che c’è? > Mi chiese mentre la sua
mano
accarezzava gentile il mio volto.
< Ora sia tu che Alice sapete, e ci scommetto che
lo dirà anche agli altri.
Ora solo io non lo so! >
Rimanemmo in silenzio per alcuni
minuti e poi lo
sentii sospirare.
< Femmina …
> mi sussurrò.
< Davvero? >
< Una bellissima bambina. >
Risi: < Avrà preso tutto da te! >
< Non dire così! Però, i capelli e gli
occhi sì!
>
< Avrà gli occhi verdi? >
Lo sentii annuire, poi
aggiunse:
< In realtà,
verde-acqua.
Reneè ha gli occhi azzurri.
Alleli recessivi. >
Feci finta di tirargli il cuscino e gli
gridai: < Non parlarmi di biologia! >
Rise e lo vidi alzarsi. Dopo appena
un
attimo, tornò da me e mi prese tra le braccia. Mi
lasciò andare solo quando
arrivammo in bagno.
< Edward! >
< Prendi. Sai come si usa? > e mi
porse il test di gravidanza. Alzai lo sguardo per rimproverarlo ma la
felicità
che gli vidi brillare negli occhi mi fece cambiare idea …
< Toh, contento? > Gli dissi dopo
un po’, agitandogli davanti agli occhi il pezzettino di
plastica, con la
striscia rosa ben in mostra.
Le dita gli tremarono, quando lo
afferrò. Poi mi abbracciò con vigore.
< Ti riporto a letto.
> e così
fece. Mi baciò a lungo, lasciandomi a mala pena respirare.
< Fammi indovinare. Quello lo terrai?
> ed indicai il test sul comodino, dentro la sua scatolina.
Rise ed annuì. Scossi la
testa sorridendo e mi scappò
uno sbadiglio.
< Bella, è tardi.
Devi dormire. Domani sarà una
giornata estremamente faticosa per te. Non devi affaticarti. >
Annuii e poi gli domandai: < Edward, ora, non è che
perché sono incinta tu mi tratterai come se fossi un
giocattolo di cristallo.
Per lo meno, non più di quanto tu già non facessi
prima! Vero? >
Lo sentii irrigidirsi e poi mi
domandò:
< Ti risulto
opprimente? > Sembrava rammaricato.
< No, Edward no. Certo, a volte esageri, ma capisco
che per te sia difficile. E io di certo, con la mia imbranataggine e la
mia
sfortuna, non ti aiuto …
E' nella tua natura, voler tenere tutto sotto
controllo.
E poi,capisco che le cose adesso saranno molto più
difficili e pericolose. Con il bambino, o meglio, la bambina. >
Entrambi, senza volerlo, cominciammo ad accarezzare la
mia pancia. Appena le nostre mani s’incontrarono, lui
intrecciò le sue dita alle
mie.
< Bella, dopo gli ultimi mesi, non posso
permettermi di lasciarti sola un solo istante.
Ti assicuro, non vorrei affatto limitare la tua
libertà ma ne sono costretto … Non
sarà facile, ma ti prego, cerca di capire,
dovremo prendere delle precauzioni. >
Sembrava volesse scusarsi.
< Non preoccuparti. Capisco benissimo. E poi, non
voglio che ti allontani neanche per un attimo.
Devi restarmi vicino, ogni momento. Voglio poter
sempre essere certa che tu sia lì, vicino a me. >
< Io ci sarò sempre. >
< Mi sei mancato. Mi sei mancato tantissimo. >
Scoppiai a piangere e lui, dopo avermi avvolta nella coperta, mi
strinse tra le
sue braccia e cominciò a cullarmi.
Con voce addolorata e frustrata, mi sussurrò: <
Anche tu, Amore, mi sei mancata in una maniera indicibile. Credevo di
impazzire. >
< Ora cosa faremo? >
< Di questo non voglio che tu ti preoccupi. Hai già
troppo a cui pensare. Troveremo una soluzione. Io e Alice abbiamo
già pensato
ad un piano. Dovrai tenere duro. All’inizio sarà
molto difficile, ma sono certo
che poi ti abituerai. >
< Promettimi che non farai il cretino e l’eroe, e
che nessuno correrà rischi! > cercavo di respirare
regolarmente.
< Bella, se ti agiti ti sentirai male. La bambina
ha già dovuto patire l’ansia della prigionia. Sta
certa che l’ha subita
esattamente come te. In questo momento, ha bisogno che tu stia calma e
serena.
E anche io voglio saperti e vederti così.
Voglio che tu sia serena. E sta sicura che non
correremo pericoli. Agiremo in modo discreto. Risolveremo tutto. E ti
prometto:
non mi allontanerò mai da te. >
Dalle sua parole traspariva la
sincerità di cui erano
intrise.
Mi calmai e, senza accorgermene, scivolai nel sonno.
Sentirlo cantare la mia ninnananna mi fece finalmente
realizzare che ero libera, che ero con lui.
Quasi addormentata, cercai le sue
labbra e lui me le
porse.
Mi addormentai con il suo respiro buonissimo in bocca.
Non dovetti accarezzarmi il ventre. Non ne sentii il
bisogno.
C’era già la
sua mano posata sopra, a proteggerlo, a
proteggerci.
A difendere me e la nostra piccola bambina.
Luce. Dita fresche sulla fronte.
< Dobbiamo proprio
svegliarla? > La voce di
Edward, bassissima.
< Dormirà in aereo. > Alice …
< Bella? Bella, Amore, svegliati … > mi
lasciai
guidare da quella voce e riaprii gli occhi.
Il mio bellissimo sposo era chino
sopra di me e mi
osservava.
Sorrisi e gli cinsi il collo con le braccia. Aiutata
da lui, lo abbracciai stringendomi al suo corpo.
Edward teneva entrambe le mani sulla mia schiena, per
sostenermi. Senza che quasi me ne accorgessi, riuscì a
sfilarmi le lenzuola e
le coperte e mi prese in braccio.
Dopo avermi portata in bagno, mi aiutò a lavarmi. Mi
ricontrollò il braccio e le altre abrasioni e, dopo avermi
baciato a lungo, mi
porse degli abiti puliti.
Non badai neanche a che cosa fossero. Me li infilai in
silenzio e, assonnata nonostante l’acqua gelata, mi lasciai
prendere in
braccio.
Alle nove, lasciammo
l’albergo e, data la guida a dir
poco veloce di Jasper, arrivammo in orario all’aeroporto. Non
avevamo bagagli
da imbarcare e fu tutto estremamente veloce.
< Bella … >
< Sì? >
< Non torneremo a Forks. Mi dispiace, per Charlie e
Reneè … ma non possiamo proprio. >
Chiusi gli occhi e annuii, conscia
della pena inflitta
ai miei genitori. Mi appoggiai ad Edward che mi accompagnò e
sostenne fino ai nostri
posti, sull’aereo. Alice e Jasper erano seduti dietro di noi
e controllavano
che tutto fosse a posto. Vidi Alice infilare in tasca un passaporto con
la mia
foto.
Il nome però era il mio. Documenti falsi, così
come i loro.
Non facemmo neanche in tempo a
decollare, che sentii
Edward chiedere una coperta.
Percepii chiaramente, nonostante il torpore, le
sue dita accarezzarmi e sistemarmi il plaid addosso.
Ero praticamente sdraiata addosso a lui.
Quando riaprii gli occhi, stavamo
volando sopra
l’oceano.
< Mh … >
< Bella? Sei sveglia? > un bisbiglio al mio
orecchio.
< Sì … Edward. > mi teneva tra le
braccia.
< Scusa, se non ti sono di compagnia … >
< Ma cosa dici? È un piacere, osservarti dormire,
sorridere … sentire il mio nome sussurrato dalle tue
labbra.
Adesso però devi
mangiare. Hanno appena preparato. Hai fame? >
Annuii. Non vedevo l’ora di mangiare.
E quando venne la hostess, Edward chiese una porzione
abbondante.
Non mi sfuggii il suo sguardo
indirizzato non ai miei
occhi, bensì alla mia pancia.
Come la sera precedente, mi riempii
di cibo.
< Hai ancora fame? > mi domandò Edward, quando
ebbi finito.
< Edward! Se continuo a mangiare in questo modo
diventerò
una botte prima del tempo … >
< Sht, non dirlo neanche. Mangia ogni volta che hai
fame. Pensa che è la bambina che ti sta dicendo:
“Mamma, ho fame. Dammi da mangiare!”
E poi, sei dimagrita un bel po’. Voglio che ti rimetti
in forze. >
Scossi la testa e chiesi se ci fosse della torta.
Sapevo che lo diceva per il mio bene, ma riusciva sempre ad ammaliarmi
e a
farmi fare quello che voleva.
Prevedevo 7 mesi di “ Pensa al bambino ”.
Forse avrei potuto tenermi quella
notizia per me
ancora per un po’ … però, vedendo gli
occhi adoranti di Edward …
No, effettivamente non avrei potuto non dirglielo.
Affondai la forchetta nella torta
mentre Edward mi
baciava i capelli e rideva della mia espressione.
Sollevai la bottiglietta d’acqua e sospirai:
Ciao!
A voi il capitolo 14! Visto
che sono riuscita a postare oggi?
Allora, per cominciare, il
nome della bambina ve lo svelerò o nel cap 15 o,
più probabilmente, nel 16.
Oltre ad essere il nome che vorrei dare a mia figlia, credo che sia
l’unico
nome che loro potrebbero dare alla bambina.
Grazie a tutte voi che
leggete e commentate! bimbaemoEcco l’aggiornamento!
Ps: Non mi avevi offesa per
niente XD Anzi, mi hai dato una mano! summer718Sai, credo che
descriverò anche un
po’ di gravidanza e di vita insieme alla bambina, anche
se all’inizio non ne
avevo intenzione! Mi sono venute in mente un paio di belle cose! _Natsuki_Sono contenta di
farti felice!!!
Alice è il mio mito! Anche io adoro il pezzo in cui lui le
bacia la pancia! E
ti assicuro, Edward sarà sempre più dolce!!! RakiNeanche
io posso immaginare come si
possa credere che qualcuno tradisca LUI, EDWARD CULLEN! Per il finale,
non
preoccuparti! Non sarà affrettato! Non è da me!
Per la dipendenza, mi spiace
dirti che non c’è cura! XD LittleBloodyMarySpero che sia davvero
così! Non
mancherò di fare come dici! E la bambina sarà un
amore!
Ransie88219Grazie!
Per la reazione di Edward,
vedrai nel cap 15! Spero ti piacerà!!!
WindPeccato che tra poco parto di
nuovo …
Spero di riuscire a far apparire la bimba prima della partenza! GiullsUna
sola parola per commentare il tuo
commento: Fantavolante XD yumisanAnche a me piace
troppo quella
scena!!! È sia dolce che tremenda! E come puoi vederre, ho
postato in fretta! carlottinaZia
Alice sarà tutta presa in
completini e vestitini!!! E così, dal giocare a vestire
Bella, passerà al
vestire la piccolina! Spero ti piacerò anche il seguito! Non
mi smentirò. novilunioInsomma, non
so che fare/dire/scrivere per ringraziarti, quindi, Grazie! 3mo_is_love Dato il padre,
sarà molto bella! La gioia dei ragazzi! Ma
te lo immagini, Edward che fa il
padre geloso! È proprio il tipo! E Bella che cerca di farlo
ragionare!!! XD lilly95lillyNo!!!
Non piangere! Non
ancora! Cosa farai dopo? BellaSwan95No
no, non preoccuparti, non mi
ubriacherò! Chissà che potrebbe venir fuori
però? MoonlessNightE
già … povera Bella! Sarà dura per
lei, con tutte quelle attenzioni quasi soffocanti! Io però
per Edward
sopporterei! grinchGrazie!
Io continuerò a scrivere, tu
continuerai a recensire? Dimmi di sì!!!! hachicatOh
my darling! From Providence!
From USA!!!
I
miss you! ( senti, so che è un po’ fuori
mano, ma perchè non fai un saltino nello stato di Washington
–esattamente
dall’altra parte degli USA- e dai un occhiata al
confine con il Canada … sulla
costa occidentale? ) S U S!!!! sophie_95Non preoccuparti!
L’importante è che
ti piaccia! Ciao e a presto! giulia9_91Speriamo
che prenda tutto da quel dio
di suo padre!!! ZarahOddio,
sono contenta che ti piaccia
così tanto!!! Addirittura uno dei preferiti? E
ti ho persino fatto piangere in
ufficio? Sono imperdonabile … un bacio e a presto! PenPenÈ
vero, povero Edward!!!non
preoccuparti, nessuna colazione a base di figlia!!! Il nome
arriverà presto
(già scelto, da tempo) penso che i nonni vedranno la
nipotina!!! Sta
tranquilla!!! Inuyasha__girl92Sono molto contenta che ti
piaccia!!!!!! E per i prossimi, sarai molto felice spero!!! aLbICoCCaCiDaIo magnanima?
Io? Mhhh … ci sarà il lieto fine … ma
sarà dura per la famigliola! XD. PS: Non preoccuparti, ti
piacerà, saranno
troppo carini con la bimba!!! francy94Romantico
e un po’ triste … e
anche i
prossimi lo saranno XD spero ti piaceranno! sally10989Grazie! AngelOfLoveAdoro
i fuochi!
Grazie! Visto che ho
postato di giovedì? Felice? PS: Alice for ever! emily
ffEh
sì, povera Bella! Sarà proprio
dura, ma per Edward, questo ed altro!!! Ah, sì …
quella ragazza non ha proprio
tatto … Povero Edward … se viene da noi, sono
certa che lo consoleremo
benissimo! Lilian
PotterE sì, cara
… sono astemia
… (tutti hanno i propri scheletri nell’armadio!)
se ti va, scolati tutti gli
alcolici anche da parte mia!!! Ti do io il permesso, poi
però dovrò scappare
dai tuoi!!! Ora vado a raggiungere un gelato alla mela verde (quello
vero …
uffa … io volevo l’altro! XD) e poi vado a leggere
la seconda parte di Fiore
Impuro –Federica? Io avrei pensato che le avresti dato un
altro nome … chissà perché
… ?) ci vediamo tra le tue recensioni! DeimosSono
diventata tutta rossa!!!!! Sei
troppo buona!!!!! La bimba sarà adorabile! alice
brendon cullenSarò già
in
fumetteria!!! Anche se l’ho già letto in inglese
… ti piacerà troppo il prox
numero. È a dir poco splendido!!! Morirai! Io e le altre
abbiamo passato un
mese, anzi molti di più, dato che lo ha lasciato in sospeso,
con il fiato in
sospeso. Edwardddddddddd!!!!!!!!! HanairohMamma
mia, il tuo povero cuore!!!
Anche a me piacciono troppo quei punti! E invidio Bella, con tutti quei
pretendenti!!! memi16Edward è
dolcissimo!!! Grazie per i
complimenti!!! KrismaTutto
d’un fiato???? Mamma mia! Ti
sarà venuto mal di testa!!! Edward sarà un padre
perfetto, ma io lo vorrei come
marito!!! yuyutiamoMa
ti pare? Mi dispiace per te che ti
sei dovuta dare alla matematica!!! Io ho scampato la fisica per un
soffio!
Proprio mentre leggevo il tuo commento, stavo scrivendo il cap 15, dove
lei
glie lo dice … Ma tu per caso sei come Edward? Di la
verità … leggi nella mia
mente! Spero che oggi tu riesca a leggere il cap 14!Anche se so che la matematica forse ha la
precedenza!!! Un bacio e a presto!
Bene, e ora vado a pranzare!!!! Anche
se sono quasi le 4 …
Ci vediamo Sabato pomeriggio!
Cassandra
Bella's Pov
Edward diceva che era colpa dello
stress e del fatto che, negli ultimi due mesi, non avessi riposato
abbastanza e
nel modo giusto, sta di fatto che ero stanchissima.
Appena finito di mangiare, mi
appoggiai a lui che mi accolse nelle sue braccia.
Mi resi a mala pena conto, non so
quanto tempo fosse passato, di Edward che mi allacciava le cinture.
Mi accorsi poi che mi prendeva in
braccio ma non aprii neanche gli occhi. Stavo troppo bene in quella
posizione.
Fui però costretta a
sollevare le
palpebre quando, nel caos dell’aeroporto, la voce ansiosa di
Esme mi raggiunse.
< Bella, tesoro … Edward,
cos’ha? Sta male? > si stava avvicinando sempre di
più.
< No, non preoccuparti. È solo
molto stanca. È un po’ debilitata. > Sentii
le sue mani fredde accarezzarmi
il capo e sistemarmi una giacca addosso.
< Edward, vieni, da questa
parte … La macchina. >
Quando sentii Jasper dire: <
Quella? > sollevai le palpebre e vidi una bella auto dai
finestrini scuri.
Era molto grossa, a otto posti …
Carlisle era già al posto di guida.
Esme si sedette in quello del passeggero mentre Alice e Jasper, dopo
avermi
abbracciato, presero posto dietro nei sedili posteriori.
Carlisle tenne aperta la portiera
ed aspettò che Edward mi facesse sdraiare. Il mio sposo
scivolò al mio fianco e
mi fece appoggiare a lui.
< Bella? >
< Si, Carlisle? >
< Te la senti di viaggiare un
altro po’? > Mi
domandò voltandosi
verso di me.
< Sì … > e sorrisi. Lui
fece altrettanto e mi carezzò il volto. Poggiò
due dita sulle vene del mio
collo e poi guardò Edward negli occhi. Sicuramente, lui
aveva letto la domanda
nella mente di Carlisle, visto che scosse il capo e gli disse: <
Non
preoccuparti per quello. Dopo ti spiego. >
Carlisle annuì e poi
mise in moto.
Dopo un po’ di tempo, trascorso
nel silenzio, Esme disse:
< Abbiamo una casetta, non
lontano da Gibsons. A un’ora di traghetto … e poi
un altro po’ in auto. Ecco,
siamo quasi arrivati al porto. Se vuoi, possiamo andare in albergo, per
questa
notte. >
Cercando di non sbadigliare,
biascicai: < No, non preoccupatevi. Preferisco andare subito a
casa. >
Poi Edward mi abbracciò e mi
sussurrò: < Ti amo. >
Risi e dissi: < Anche io. >
Nonostante il buio, lo intravidi
sorridermi.
Mi fece mettere comoda,
sistemandomi meglio la giacca.
< Dormi. Amore … > e io
ubbidii.
Venni investita da un vento
gelido che mi sferzava il volto facendomi ondeggiare i capelli davanti
al volto.
Riaprii gli occhi a fatica ed Edward mi sorrise. Mi teneva in braccio,
seduto
su una panchina.
< Ben svegliata … > Di
sottofondo, il suono di onde che s’infrangono sulle rocce.
< Siamo arrivati. Abbiamo
appena attraccato. Alice è andata a noleggiare
un’altra auto. Tornano a Forks,
a prendere le nostre cose. Ci raggiungeranno presto. Tra
un’ora saremo a casa.
>
Annuii e poi mi strinsi di più al
suo corpo.
< Hai freddo? > mi chiese
preoccupato, mentre i soffi di vento mi scompigliavano i capelli.
< No. Solo, volevo sentire il
tuo odore. Mi è mancato così tanto …
>
Poggiò le sue labbra sulla mia
fronte e poi scese lungo la mascella. Quando raggiunse le mie di
labbra, io le
dischiusi, accogliendo il suo respiro.
Mi accarezzò il palato e fece
scorrere le sue dita lungo il mio collo e sulle mie spalle.
Quando mi permise di respirare,
si spostò a baciarmi il lobo dell’orecchio.
La sua voce, poco più di
un impercettibile
sussurro, mi chiedeva:
< Come va? >
< Sto bene. >
Quando le sue mani raggiunsero la
mia pancia, lo fissai e lo rassicurai:
< Stiamo bene. Non
preoccuparti. >
Alzò lo sguardo e mi
disse:
< Stanno arrivando con l’auto.
Andiamo. >
< Lasciami camminare. >
Mi poggiò le mani sul bacino e mise
in piedi davanti a lui.
Dopo avermi preso le mani, mi
squadrò e poi si alzò.
Mi cinse le spalle con un braccio
e con la mano libera si portò la mia, quella destra, al
volto.
La baciò e poi mi
condusse ad una
vettura scura.
Dato che la mia goffaggine non
era miracolosamente svanita, inciampai nei miei stessi piedi.
Naturalmente, il
mio sposo non mi permise neanche di avvicinarmi all’asfalto.
Le sue mani gelide mi afferrarono
e mi strinsero al suo corpo.
< Bella, devi fare attenzione.
>
Mi stava rimproverando?
Lo fissai incredula e lui scosse
la testa, scoccandomi un bacio sulle labbra.
< Ora più che mai. >
Non gli risposi e mi infilai in
auto. Non volevo litigare, ma non volevo neanche che si comportasse
così. Che
le cose cambiassero tra noi, per colpa della bambina.
Fu un viaggio silenzioso e mi
parve molto lungo.
E nel silenzio dell’abitacolo
scuro, ad un certo punto si sentì il mio stomaco brontolare.
< Carlisle, fermiamoci … >
Disse Edward. E così parcheggiammo in una stazione di
servizio.
< Vieni Bella. Devi mangiare.
> sospirai ed uscii.
Fuori, nel fresco della sera,
afferrai la mano di Edward. Lui mi si avvicinò e mi
bisbiglio:
< Ti prego, non essere adirata
con me. Ti amo. Sono solo preoccupato. >
Con il dito indice mi accarezzava
le labbra. Mi prese la mano sinistra e, dopo avermi baciato la fede, mi
alzò la
manica della camicetta mostrandomi le bende leggermente macchiate di
sangue.
< Ho davvero avuto molta
paura. >
Scossi il capo e poggiai il palmo
della mia mano sulla sua guancia. Con dolcezza, lui se lo
portò davanti al
volto ed inspirò a fondo l’odore del mio sangue.
Senza che me ne potessi neanche
accorgere, mi ritrovai le sue labbra sulle mie. La mia bocca aperta
accoglieva
la sua.
Chiusi gli occhi e mi appoggiai a
lui che intanto faceva scorrere le sue mani lungo la mia schiena.
Quando mi scostai per riprendere
fiato, con voce grave e tormentata, Edward mi disse:
< Ed ora, dovremo fare ancora
più attenzione. Lo sai … >
< Sì. > capivo le sue
preoccupazioni. Mi rimise a posto la manica e mi accompagnò
dentro l’area di
servizio.
Esme mi venne vicina e mi chiese
educata: < Tesoro, vuoi che ti accompagni in bagno? >
Annuii e la seguii. Sentii lo
sguardo di Edward scortarmi finchénon
scomparvi dietro la porta.
Mi diedi una bella rinfrescata e,
quando fui pronta, seguii Esme fuori, nella sezione ristornate.
Edward e Carlisle mi stavano
aspettando ad un tavolo. Mio marito mi aveva preso da mangiare.
Finii l’insalata velocemente,
affamata.
Quando il piatto fu vuoto, chiesi: <
Quanto ci manca ancora? >
< Circa quaranta minuti. Sei
stanca? >
< Un po’. > Sentii Edward
osservarmi e mi voltai. I suoi occhi mi esaminavano.
< Ho solo mal di testa. >
< Quando arriveremo, ti
visiterò. Con calma, non c’è fretta.
> mi disse Carlisle, più per
rassicurare Edward, che non me.
Senza
dire niente, afferrai un panino e gli
diedi un morso. Il lungo viaggio mi aveva scombussolata e
improvvisamente mi
pareva di avere un nodo allo stomaco.
Appoggiai il cibo nel piatto e
subito Edward mi poggiò la mano sulla spalla.
< Bella? >
Mi voltai a
fissarlo: < Sì, Edward? >
< Non ti va? >
< Mhh … veramente, non ho più
tanta fame. Magari dopo. Sai, la macchina … >
Vidi che non era per niente
contento ma, da bravo gentiluomo, non disse nulla e mi
sfiorò la fronte con le
labbra.
< forse sarà meglio andare.
Hai bisogno di stare tranquilla. > Carlisle mi
accarezzò la mano destra, che
tenevo poggiata sul tavolo. Il braccio sinistro ciondolava inerte.
Quando fummo nuovamente in auto,
rimasi a fissare fuori dal finestrino, mentre Edward mi cullava tra le
sue
braccia.
Stavamo attraversando un bosco,
su di una strada sterrata, quando Carlisle girò a destra
lungo a un sentiero di
pietra. Dopo circa dieci minuti, intravidi una vecchia casa, grande ma
non come
quella di Forks.
Era seminascosta dagli alberi.
Aveva l’aria di essere abbastanza vecchia, di sicuro aveva
bisogno di essere
restaurata. Due piani, tetto rosso, intonaco bianco con alcune crepe.
Due
balconi e una terrazza.
L’auto si
fermò proprio davanti
al porticato ricoperto d’edera ed Esme, dopo neanche un
secondo, venne ad
aprirmi la portiera. Quando uscii, lei mi strinse in un abbraccio saldo
ma al
contempo delicato.
< Oh Bella, sono così felice!
>
< Grazie Esme. Mi siete
mancati tantissimo. >
Quando ci separammo, Edward mi
prese in braccio come se fossi stata una principessa o una sposa e
salì i
gradini davanti alla porta.
Sì, una sposa. La sua
sposa. E
quella sarebbe stata la nostra casa.
Fece scorrere la punta del naso
sulla mia guancia e poi cercò le mie labbra.
Quando le trovò, le carezzò
gentilmente con la lingua.
Mi baciò e fu come se
fosse stata
la prima volta. Mi aggrappai ai suoi capelli e avvicinai di
più la sua testa
alla mia. Le palpebre si abbassarono contro la mia volontà,
mentre il mio corpo
veniva invaso da tremori.
Sentivo il sangue pompare furioso
nelle vene e il cuore battere impazzito.
Si allontanò leggermente da me e
soffiò divertito sul mio volto, facendomi ondeggiare un
ciuffo ribelle e
impedendomi di riaprire gli occhi.
< Bella, sei sempre così
impetuosa. > rideva.
Mi sfiorò con le labbra umide le
occhiaia e mi sussurrò:
< stiamo varcando la soglia …
non vuoi guardare? >
Annuii e spalancai gli occhi,
stringendo le braccia attorno al suo collo e appoggiando il capo sulla
sua
spalla, per poter inebriarmi del suo odore.
Non mi ero neanche accorta che mi
stesse reggendo con un braccio solo, finché non lo vidi
aprire la porta.
Con un passo lungo e teatrale,
varcò la soglia.
A pochissimi centimetri dal mio
orecchio, mi bisbigliò:
< Mi dispiace che non sia la
luna di miele che avevo organizzato, ma ti prometto, ti giuro, saremo
felici. Vi
farò felici. >
Sentii le lacrime formarsi agli
angoli degli occhi e mi strinsi di più a lui che, con la
mano libera, cominciò
ad accarezzarmi la testa. Lo sentii sospirare:
< Ah, gli ormoni … > e poi
passò delicato le sue labbra sul mio collo, con tutta la
delicatezza e la
dolcezza possibili.
Se non fosse che non avevamo gli
abiti da cerimonia, si sarebbe potuto credere che ci fossimo sposato
quello
stesso giorno.
Quando fummo in casa, mi fece
sedere sul divano e mi baciò la fede.
Mi osservai intorno e potei
constatare che la casa non era fatiscente.
Certo, i mobili erano un po’
vecchi, le tende ingiallite e i libri intrisi di polvere, ma
tuttosommato era
accogliente, semplice. Mi piaceva ed ero sicura che Esme
l’avrebbe rimessa a
nuovo.
Edward non parlava. Si limitava a
guardarmi. Ad un certo punto mi domandò: < Vuoi
vedere la nostra camera?
>
< Sì … >
Mi prese per mano e mi fece
strada attraverso l’ampia sala. Si fermò davanti
una porta ed abbassò la
maniglia.
La stanza non era molto grande.
Un letto matrimoniale, i comodini, un
armadio e una scrivania. A destra, una porta.
< Da su un bagno personale.
> Mi rivelò quando vide che la fissavo curiosa.
< Questo era uno studio. Esme
ieri ha sistemato qui una camera da letto. Appena Alice l’ha
avvisata che eri
con noi, al sicuro.
È stata lei a chiederle di prepararla al piano terra. Non
posso che essere d’accordo con lei. Per il futuro,
sarà meglio che tu non abbia
le scale da fare per andare in camera.
Sai, vorrei evitare scivoloni sui
gradini … >
Eccolo, il mio Edward … che
cercava di proteggerci persino dalla mia sbadataggine.
< Edward … ti prego. Non
cominciare. >
< Bella … > e mi abbracciò.
Parlava talmente piano che a mala pena riuscivo a sentirlo io.
Sicuramente
Carlisle ed Esme, intenti com’erano a sistemare la cucina e
la sala. < Lo dico per te, sul serio.
Quando
sarai più avanti con la gravidanza, sarà
complicato riuscire a muoverti. Già ti
fai sempre male, figuriamoci con il pancione che ti
sbilancerà in avanti. Sarai
una specie di mina vagante! Dobbiamo contenere i rischi. >
Sorrideva ma io
sapevo perfettamente che era convinto di quello che diceva. Ed io, in
gravidanza, non avrei potuto permettermi leggerezze, sbadataggini.
Quindi
sorrisi e mi buttai sul letto, facendo sussultare Edward.
Mi girai pancia all’aria
e
spalancai le braccia. Risi della faccia scandalizzata di Edward.
< Che
c’è? > domandai
quando vidi che non si avvicinava.
< Bella, per favore, non fare
così. Niente movimenti bruschi. >
Sbuffai e mi portai a sedere.
< Va bene … >
Si sedette al mio fianco e mi
sorprese. Nel modo in cui mi abbracciò. Con la mano,
avvicinò la mia testa al
suo corpo e mi obbligò con grazia ad appoggiarla
nell’incavo del suo collo.
I movimenti furono talmente
veloci che non mi accorsi neanche del come, ma improvvisamente mi
ritrovi
sdraiata con Edward inginocchiato su di me.
Teneva il capo sul mio seno ma
naturalmente Edward non pesava minimamente sul mio corpo, dato che
scaricava il
peso sulle gambe.
< Ti amo. >
Non risposi, limitandomi a far
scorrere le mie mani tra i suoi capelli e lungo la sua schiena.
Era agitato. Io no.
Gli sfiorai le guance con le
labbra, alzandomi sui gomiti per raggiungerle.
< Andrà tutto bene. Starò
attentissima in futuro. Te lo prometto. >
< Lo so. Ora arriverà
Carlisle. Controlleremo che vada tutto bene. >
< Cosa gli diremo? >
< Cosa vorresti dire loro?
>
Mi portai le mani al volto per
coprire le guance. Ero arrossita. Edward me le levò dal viso
e mi domandò
curioso:
< Che
c’è? >
< Niente, è solo che mi
vergogno. È così imbarazzante. >
< Come sarebbe a dire imbarazzante? è meraviglioso!
Sei assurda … Siamo sposati.
Ricordi? >
Lo fissai negli occhi e gli
dissi: < Sposati, e genitori … >
< Già … > e annuì
convinto.
Rimanemmo sdraiati ad abbracciarci
alcuni minuti, in silenzio, finché non bussarono alla porta.
< Avanti Carlisle … > e lui
entrò, insieme ad Esme.
Eravamo tutti lì, io tra
le
braccia di Edward; Esme e Carlisle poggiati al muro. Due statue che mi
sorridevano gentili. Lui teneva tra le mani la sua valigetta da medico.
< Allora Bella, ora
controlleremo che non ci siano problemi … >
< Carlisle. > Feci io prima
che potesse proseguire < Esme … > Lei si
sedette al mio fianco, dalla
parte opposta a quella di Edward, e mi prese la mano.
< Non preoccuparti Bella. È solo
un controllo. > Non risposi. La bocca secca e lo stomaco in
subbuglio.
Fu Edward a proseguire:
< Bella aspetta una bambina.
> La sua voce era calma, tranquilla. L’unico
sentimento che traspariva, ma
solo dai suoi occhi, fu la gioia.
Esme
s’irrigidì, spaesata.
Carlisle invece, con tutta la sua professionalità, mi venne
vicino e mi carezzò
la guancia. Con uno sguardo d’altri tempi, mi disse:
< Felicitazioni. >
Era
cauto. Temeva di ferirmi. Che mi fosse successo qualcosa. Lo vedevo nei
suoi
occhi
Non mi fecero domande. Esme evitò
accuratamente il mio sguardo, stringendomi in un abbraccio materno,
come quello
che avrei ricevuto da Reneè, se mai fossi riuscita a
dirglielo.
Quel pensiero mi fece venire
l’ansia. Cominciai a piangere in silenzio mentre lei mi
carezzava la schiena.
Edward mi prese la mano e poi rispose ad una domanda inespressa.
< No, no … il padre sono io. È
già al secondo mese. Ma comunque, non avrebbe la minima
importanza ... > Era
felice.
Carlisle gli diede un paio di pacche sulla spalla e poi vidi mio marito
annuire
e fare segno: “dopo”.
Esme mi baciò la fronte e mi
sussurrò: < Sono così felice per voi.
> I suoi occhi erano asciutti ma la
sua voce era commossa.
Io non riuscivo a trattenere le
lacrime. Mi voltai e mi lasciai avvolgere dalle braccia di Edward che,
ansioso,
mi domandò: < Cosa c’è, Amore?
Sei stanca, devi riposare. >
Tra i singhiozzi, biascicai: <
Vorrei tanto dirlo a Reneè e Charlie … >
Mi strinse a sé e mi rassicurò:
< Faremo tutto il possibile, ma la priorità
è la tua sicurezza. Così come la
loro. Non possiamo rischiare. > Annuii e lasciai che mi facesse
sdraiare.
< Stai calma. Per la bambina.
> chiusi gli occhi e inspirai profondamente.
< Io ed Esme andiamo di là. Ci
vediamo dopo. > Mi voltai e lo fissai negli occhi.
< Resta. > le mie parole
furono una via di mezzo tra un ordine e una supplica.
Si chinò per baciarmi le labbra e
poi il suo respiro mi accarezzò le palpebre.
< Va bene. >
Intravidi Esme alzarsi ed Edward
mi disse sottovoce: < È andata a prepararti una
camomilla. >
Carlisle appoggiò la sua
borsa su
una sedia che aveva avvicinato al letto e cominciò a
slacciarmi la camicetta.
Notai, sorpresa, che le sue dita tremavano leggermente mentre passavano
leggere
e dolci sulla mia pancia, quasi fossero delicate come le ali di una
farfalla.
Mi sentì il battito e mi misurò la pressione.
< In ospedale cosa ti hanno
detto? Ti hanno fatto anche una visita ginecologica? > mi
domandò riponendo
lo strumento nella sua borsa.
< Sì … e mi hanno detto che va
tutto bene. >
Edward mi sollevò il
braccio
ferito e mi baciò la mano.
< Avrei voluto esserci. In un
momento così importante … > Sembrava
davvero triste. Con il dorso della
mano, gli carezzai la guancia e lo rassicurai: < Non
preoccuparti. Tu sei
qui, ora. Con me. Ed era come se ci fossi stato anche in quel momento.
Davvero.
>
Mi sorrise malinconico e mi
baciò, casto, sulle labbra.
Carlisle si rivolse a me: <
Purtroppo, non ti posso
portare in ospedale. Sarebbe rischioso. Ti potrebbero riconoscere.
Dovrò
visitarti qui … anche quando la gravidanza sarà
in uno stadio avanzato. Temo
anche che dovremo farti partorire in casa. Non preoccuparti, sono
perfettamente
in grado di gestire questa situazione.
Ti terrò costantemente sotto
controllo. Devi stare tranquilla. Faremo in modo che ti tu ti trovi
persino meglio
che in ospedale. >Mi
sorrideva
cercando di tranquillizzarmi. Edward mi
coccolava, ma sapevo
che non era entusiasta di quella condizione. Un parto in casa era un
rischio.
Se fosse successo un imprevisto, non avrebbero avuto gli strumenti
necessari per
intervenire. Ed inoltre, non avremmo potuto effettuare gli esami di
routine …
Edward intuì i miei pensieri e mi
disse: < Non preoccuparti per la salute della bambina.
Starà bene. Alice ha
visto chiaramente che lei è sana. Limiteremo al minimo i
rischi del parto. >
Le sue mani mi carezzavano
ansiose. Era molto agitato, anche se non voleva darlo a vedere,
soprattutto a
me.
Lasciò il posto a Carlisle,
alzandosi in piedi.
Esme entrò portando una
bacinella
piena d’acqua e delle garze.Mi disse:
< La camomilla è quasi pronta. >
Le sussurrai: < Grazie. >
Prima che svanisse di nuovo dietro la porta.
Carlisle mi sciolse le bende e mi
disinfetto nuovamente le ferite.
Mi rifiutai di prendere medicine
contro il dolore. Non volevo fare ulteriormente male alla creaturina
nella mia
pancia.
Il bruciore era però molto
intenso e mi ritrovai con la mascella serrata e il pugno stretto
intorno al
lenzuolo. Edward mi venne vicino e mi prese la mano, sciogliendo la
presa
stritolatrice delle mie dita. Per calmarmi, cominciò a
baciarmi e il suo
respiro agì come il più efficace degli
anestetici, facendo saltare tutti i miei
recettori e facendomi confondere il dolore con il piacere.
Carlisle terminò la
medicazione e
poi ci salutò dicendoci:
< Io ed Esme adesso andremo in
città. Ci sono ancora alcuni negozi aperti. Andiamo a
comprare alcuni generi di
prima necessità. Staremo via circa quattro ore. >
Uscì dalla stanza ed
Edward si
abbassò su di me, a baciarmi la fronte.
< Soli … > mi bisbigliò.
Abbracciandolo, risposi: <
finalmente … >
E assaporai nuovamente il
sapore delle sue labbra.
Eccomi
qui. Sabato. Capitolo
15. XD
Il PC caldo sulle gambe! Mamma
che caldo! Dovrei decidermi ad andare a scrivere sul tavolo, invece che
sul
letto. Ma almeno sul letto assumo una posizione dignitosa!
Come si capirà dai
ringraziamenti, il nome della bambina lo svelerò nel
capitolo 16!
Mentre coccolo quel piccolo
verme del mio gatto scemo (povero Schinichi XD), vi dico grazie ancora
per i
vostri bellissimi commenti!!! giulia9_91Bella ed Eddino!!! Soliii!!!!
Però hai ragione, anche
Esme e Carlisle sono troppo dolci!!! Grazie!!! HanairohTranquilla,
tranquilla! A te l’aggiornamento!chissà
se anche oggi ti apparirà l’aggiornamento
all’improvviso? Spero che il tuo
quattordicenne cuore regga alla fine di questo capitolo. Mi
dispiacerebbe
averti sulla coscienza … (sono la causa di troppi infarti!
XD)prima o poi
qualche genitore mi denuncia! Ps: mentre stavo per postare, ho visto la
rec! come vedi, non mi sono dimenticata ... e sono ben
più di 10 righe! -5 pagine e mezza! sophie_95Sicuro?
Mh … non saprei … Sono pur
sempre io … No dai, non preoccuparti! Però, sappi
che avrai ancora delle
sorprese! In fondo, sono pur sempre io! XD un bacio! 3mo_is_loveOddio,
sono diventata una
spacciatrice, una causa costante d’infarti … fra
poco mi arrestano!!! Spero che
in carcere ci sia il PC XD Ps: a meno che l’alimentatore non
prenda fuoco di
nuovo, cerco sempre di mantenere i miei termini di scadenza! Quindi ci
si vede
Lunedì pomeriggio verso le 4! elisaterraUh!!!
Grazie per tutti quei
complimenti!!! Secondo me, ad Agosto ci verrà svelato il
segreto dei poteri di
Bella! E, ci scommetto, i suoi sogni saranno sicuramente fondamentali
nel
libro! Sono certa che quelli siano una sorta di potere. Con quelli vede
la
realtà per quella che è … anche se non
riesce ad interpretarli. GiullsUn’altra
drogata!!! E per colpa mia!!!
Che bello!!! Ti devo pagare la disintossicazione? Kiss! novilunioHo
paura del tuo piano diabolico XD ma
forse dovrebbe averla Bella! Certo che gli inferi si stanno facendo
affollati!
Pieno di giovani ragazze morte d’infarto … yumisanSperiamo
di no!!! Se no, povera bimba
e povero Edward! Per colpa di quell’imbranata gli viene un
infarto! E lui è un
vampiro! Però, da lei ce lo si può aspettare! Fa
bene Edward a preoccuparsi! alice
brendon cullenIl nome della piccina lo
rivelerò nel prossimo cap! saranno
troppo dolci!!! Un Bacio! carlottinaMolto
maliziosa … e poi, Edward fa
bene ad essere così premuroso. Sai, con Bella come moglie
… io avrei paura per
la bambina XD a proposito, il nome … ho la bocca cucita ma
… basta, non farmi
parlare!!! Visto che non ti ho fatto aspettare? aLbICoCCaCiDaNo,
non sono finiti, ma ti giuro, ci
sarà un lieto fine! Parola di Cassandra! WindIn effetti, tutti pensano male! Ma io
dico, suo marito è
Edward!!! Edward!!! Come potrebbe mai tradirlo? Io non lo farei mai!
Certo,
capisco i dubbi dato che è un vampiro … ma che
vampiro!!!! XD Grazie per i
complimenti! yuyutiamoDue
materie odiose, la fisica e la
matematica! Sai una cosa? Mi hai fatto venire voglia di descrivere un
eventuale
parto, la nascita!!! Volevo chiuderla prima, ma mi hai convinta!!!! E
se
aspettavi il 15 … vorrai sicuramente il 16!!! Sperando che
tu non mi uccida
prima!!! A presto! emily
ffSabato!!!
Come promesso, il cap 15!
Effettivamente, Edward è un tantinello troppo agitato, ma
lui potrei anche
sopportarlo! Tu no? Il nome nel prossimo cap! a Lunedì! RakiPoveri
sposini, tutte qui a speculare
sulle loro nottate!!! Il tuo animo d’adolescente in crisi
ormonale va a braccetto
con il mio!!! Ah, gli ormoni … Sì Sì,
il 14 era di transizione! Mi hai sgamata
XD e hai ragione, ad Edward non si può negare nulla!!! Come
dirgli di no? Non si
può!e lui lo sa … Bella-mongolfiera
sarà troppo buffa! Con Edward a
scodinzolarle sempre dietro! Però, perché non ti
va che partorisca in casa? C’è
sempre Carlisle! Dai, mi dici il nome che stai pensando? Sono troppo
curiosa!!!
Ah, sono onorata della mia nuova posizione di idolo (tutta rossa! Tipo
pomodoro!)
giustamente prima però i bei fanciulli! Un bacio! PenPenPiù
che alla reazione di Edward, credo
ti preoccuperai delle conseguenze su Bella! Grazie per i tuoi sempre
Bellissimi
commenti! BloodyKamelotPovera
la nostra coppietta … dopo
essersi sposati(e in tutto anche, povera Bella, ma come fa?), lo hanno
fatto
solo la notte di nozze! Devono recuperare! DeimosGrazie
grazie grazie grazie!!! Sei troppo
gentile! E per il nome, cap 16! Lunedì! francy94Sì,
dovrà partorire in casa! E il
dottore sarà Carlisle! Poverina! Però di lui si
può fidare! memi16Sono
contenta che ti piaccia il mio
stile! Mi spiace di averti fatto attendere fino ad oggi. Ciao! hachicatNo,
la tortura no!!! Ho ceduto in
fretta, non ti pare? In realtà, tu sai fin troppo bene come
ottenere quello che
vuoi … I miss you! Kiss AngelOfLoveAnche
il nome lo svelo nel prossimo, mi
dici quello che pensi? Ti prego! Spero che i vicini non si lamentino
per i
fuochi! XD chissà cosa farai aspettando Lunedì! _Natsuki_Ti
scioglierai tantissimo nel
prossimo! Mi sono quasi sciolta io a scriverlo! Per Rose ed Emmett
sarà una
sorpresa! Grazie per i tuoi adorabili commenti!!! Spero tutto a posto.
Allora,
a lunedì! Un bacio! lilly95lillySpero
che con la fine di questo cap
non allagherai la tua camera! I pompieri costano! Dai, non piangere! LittleBloodyMarySarebbe
Bello, se potessi diventare
scrittrice! Un sogno! Io penso che il fascino di Edward risieda nel
fatto che …
è Edward!!! *gridolino isterico!* ah, quanto è
adorabile! Non so dirti se il
mio ragazzo lo ammazzerei se facesse come lui, dato che il ragazzo non
ce l’ho.
Ad essere sincera, quello che ci provava era troppo appiccicoso, e non
era insistente
neanche un quinto di Eddy! Ma lasciamo perdere! KrismaE se
non come marito, almeno come
amante! A lunedì! Lilian
PotterGelati originali!!! Sbavv
…
*immagina la saliva!* attendo con impazienza FI! Venerdì? Io
sono più buona! A
LUNEDì! grinchUh,
che bello! Come sono contenta!allora ti aspetto! BellaSwan95Potessi,
farei un bel rating rosso! Ma
poi dovrei vietarlo alle minorenni!non potrei mai. momobSono
felice che ti siano piaciuti
questi capitoli! Anche io adoro la scena della confessione!
Un bacio gigante anche a tutte voi
che leggete e basta! Per l'aggiornamento, ci vediamo Lunedì!
Cassandra!
Bella's Pov
Rimasti
finalmente soli,
mi abbracciò, facendo attenzione a non esercitare troppa
forza sul mio corpo,
per lui così fragile ...
Le
mie mani, calde e
impazienti, si soffermavano sul suo volto, freddo e perfetto.
Lo
osservavo rapita, i
miei occhi lucidi.
<
Bella … che cos'hai?
>
<
Niente. Sono solo
davvero felice. >
E
chiusi gli occhi. Portai
le mie braccia dietro la sua schiena e cercai di avvicinarlo a me,
affondando
il volto nel suo petto.
Lui
seguì i miei movimenti
e si poggiò al mio fianco.
Lo
baciai a lungo,
assaporando ogni centimetro della sua pelle profumata.
Poi
lui mi sussurrò:
<
Bella … sei solo al
secondo mese.
Nei
primi e negli ultimi tre, sarebbe meglio stare tranquilli.
Potresti avere delle contrazioni … >
<
No … non dirmi così!
Starò calma e tranquilla. Non mi sforzerò,
starò buona buona … Ho troppa voglia
di te. >
<
Anche io ho voglia di
te. >
Mi
carezzò il ventre e poi
vi poggiò sopra l'orecchio, per ascoltare i battiti del
cuore della bambina.
Prese
la mia mano e se la
passò sul viso.
Con
delicatezza mi sfilò
la camicetta ancora sbottonata e io sorrisi. Compiaciuta, sospirai.
Le
mie mani arrivarono
alla sua maglietta e lui mi aiutò a sfilargliela.
Poggiò
il suo petto sul
mio e portò le sue mani sotto la mia schiena. Mi
slacciò il reggiseno e mi
strinsi di più a lui.
Quando
sentii il clic del
gancetto, arrossii.
Cercai
di nascondermi ma
lui si allontanò da me e mi osservò a lungo. Mi
obbligò a spostare le braccia
che avevo portato al seno e cominciò a baciarmi il collo.
Mi
sfilò i pantaloni e io
cominciai a sbottonare i suoi. Appoggiai la mia mano sul suo bacino e
poi scesi
infilandola tra i pantaloni e i boxer.
Mentre
lo accarezzavo, lui
mi baciò il seno e poi si tolse i pantaloni.
Mi
strinse in un abbraccio
molto sensuale e poi fece finta di mordermi
l'orecchio.
I suoi denti
mi sfiorarono appena.
Mi
bisbigliò: < Ti amo
… >
<
Lo so … >
Quando avvicinò il suo bacino al mio, non potei non
irrigidirmi. In fondo, ero
molto emozionata. Era solo la seconda volta che lo facevamo. Che ci
univamo
anche nel corpo.
Edward
notò il mio disagio
e lo mal'interpretò.
<
Sarò delicatissimo.
> mi aveva sussurrato prima di intrecciare le sue gambe alle mie.
Si
sfilò i boxer e rimase
nudo davanti a me.
Avvampai.
I
miei occhi fissi su di
lui.
Mi
sforzai di distogliere
lo sguardo ed osservai il soffitto, mentre Edward si appoggiava leggero
sul mio
corpo. Lo sentii su di me.
<
Il tuo cuore batte
velocissimo … che suono meraviglioso. E il tuo
profumo … la tua pelle …
il tuo corpo … Vederti arrossire al mio tocco,
così timida … così dolce …
>
Quando
infilò la mano
sotto l'elastico delle mutandine, il mio cuore si fermò per
un istante.
Chiusi
gli occhi e
cominciai a sentire il mio respiro farsi irregolare.
Edward
mi accarezzava
gentile sopra la stoffa leggera. Mi sentii improvvisamente a disagio.
Quando
le sue labbra
cercarono le mie, voltai la testa di lato, per schivarle. Pensavo che
non avrei
avuto problemi, che mi sarebbe bastato stare con Edward per essere
felice, per
stare bene. Ed invece …
Nella
mia testa scorrevano
velocissime le immagini di Caius che mi toccava. Le sue dita fredde
sulla mia
pelle.
La
paura, l'ansia e
l'angoscia che avevo provato in quegli istanti, il dolore ai polsi
stretti
nelle sue mani … tutto ciò mi investì
come un vento gelido e mi fece tremare.
Mi
venne la nausea.
Edward,
che si era accorto
che qualcosa non andava, si mise in ginocchio. Il suo bacino sopra il
mio. Mi
accarezzava ansioso il volto chiedendomi agitato:
<
Cosa c'è Bella? Cosa
c'è che non va? Ti senti male? Ti prego, calmati. >
Le
sue mani mi asciugarono
le lacrime che scorrevano dai miei occhi.
Con
dei gesti improvvisi
cercai di allontanarlo da me
Non
capivo più niente … il
freddo della sua pelle sulla mia.
Le
sue dita sul mio seno …
Le
tende tirate …
l'oscurità.
Per
un attimo mi parve di
essere tornata nella mia prigione.
Urlai:
<
Lasciami! Lasciami!
>
Mi
voltai di scatto e,
attraverso le lacrime, lo vidi prima fissarmi spaventato e poi
allontanarsi da
me velocemente.
Si
mise in piedi affianco
al letto, nudo. Una mano tra i suoi bellissimi capelli rossi.
Io mi
voltai dalla parte
opposta e mi raggomitolai su me stessa, nascondendomi avvolta nel
lenzuolo.
<
Bella, va tutto bene
… va tutto bene. Tranquillizzati. >
Il
mio respiro accelerato
riempiva l'aria insieme al suono dei miei singhiozzi.
Quando
riuscii a ritrovare
un po' di lucidità, riuscii a dire confusamente:
<
Scusami … scusami
Edward. Mi dispiace. È colpa mia … >
Si
sedette vicino alla mia
schiena e cominciò ad accarezzarla gentilmente.
Con
le sue mani, salde ma
delicate, mi costrinse a voltarmi e mi afferrò il capo, di
modo che i miei
occhi fossero di fronte ai suoi. Io però cercavo di
distogliere lo sguardo.
Temevo che riuscisse ad intuire cosa fosse successo.
<
Non preoccuparti. È
tutto a posto. Respira con me … > Cercava di aiutarmi
a recuperare la
tranquillità. La sua voce era come la più soave
delle canzoni.
Le
sue mani scivolavano
dolci sulla mia pelle.
Mi
raggomitolai al suo
petto e lui mi strinse a se.
Mi
avvolse nella coperta e
mi cullò, come fossi stata una bambina piccola.
Cantava
la mia ninnananna.
Quando
il mio cuore
ricominciò a battere tranquillamente, Edward mi prese le
mani e me le baciò.
Dopo
avermi fatto sdraiare
e dopo essersi steso al mio fianco, mi domandò con falsa
tranquillità:
<
Cos'è successo? Cosa
ti è successo? Riesci a dirmelo? >
Scossi
la testa e mi
accorsi di gocce salate che percorrevano il mio volto.
<
No, non piangere … ci
sono qui io. > mi baciò leggero la guancia
asciugandomi le lacrime.
Annuii
lentamente e
respirai a fondo il suo odore.
Si
separò da me e si
avvolse un lenzuolo alla vita. Uscì dalla stanza e
tornò da me pochi istanti
dopo, con la camomilla preparatami da Esme.
<
Fa attenzione … è
molto calda. L'aveva lasciata sulla stufa. >
Attesi
qualche minuto. Il
freddo gelido delle mani di Edward la stava lentamente raffreddando.
Quando
fu tiepida, la
bevvi in pochi sorsi.
<
Brava, ora vieni qui
… > mi invitò tra le sue braccia dopo
avermi sfilato la tazza dalle dita ed
averla poggiata sul comodino. Le sue mani, ora tiepide, mi
rassicuravano.
Dopo
alcuni minuti mi
domandò:
<
Vuoi riposare? >
scossi il capo e la mia nausea aumentò. Avrei voluto
grattare via la pelle dove
ero stata contaminata. Mi odiavo.
<
Edward … scusa, devo
andare un attimo al bagno. >
Mi
divincolai dalle sue
braccia e mi diressi alla porta chiusa.
L'aprii
e mi ritrovai in
un piccolo bagnetto molto carino.
Superai
la vasca e mi
fiondai al gabinetto.
Sollevai
l'asse e mi
piegai sulle ginocchia. Rimisi.
Tra i
singulti e
l'acidità, mi accorsi di Edward che mi teneva i capelli
sollevati.
Quando
finalmente mi
sentii meglio, mi lasciai coccolare da lui che, dopo avermi aiutato a
rimettermi in piedi, mi portò davanti al lavandino. Attese
che mi lavassi il
volto e i denti.
<
Scusa … è solo che
sono molto agitata. >
<
Non preoccuparti.
Capisco perfettamente. Ora ti senti meglio? > il suo sguardo era
preoccupato.
<
Sì … ora sto bene.
> e mi voltai per abbracciarlo.
Mi
strinse di più a se e
mi domandò con la sua voce di velluto:
<
Te la senti di
raccontarmi quello che ti hanno fatto? >
<
Non ti farebbe
piacere … >
<
Bella, ti hanno
rapita. Come potrebbe farmi piacere qualsiasi cosa ti sia accaduta in
quel
luogo? >
<
Andiamo a letto …
> sussurrai, notando il fatto che fosse ancora nudo ed io avessi
addosso
solo le mutande.
Ci
sedemmo entrambi a
gambe incrociare nel centro del letto. Una di fronte all'altro.
Con
la mano destra
percorsi i suoi addominali e risalii fino alla sua spalla.
Lui
rimaneva immobile,
sorridente e rassicurante. Chiuse gli occhi.
Mi
misi in ginocchio e
accovacciai tra le sue braccia.
Il
capo poggiato tra la
sua mandibola e la sua spalla. Mi strinse a sé.
Il
freddo del suo corpo mi
fece tremare. Lui recuperò il lenzuolo e mi ci avvolse
dentro.
<
Sai perché mi hanno
portata da loro? > domandai nel silenzio.
Mi
squadrò attento e poi,
cauto, mi rispose: < No. >
Deglutii
e decisi di
parlargliene.
<
Sai, avevano intuito
che ero speciale … Aro … > Mi bloccai e mi
accorsi di tremare.
Mi
resi improvvisamente
conto che fino a pochi giorni prima mi ritrovavo rinchiusa in quel
sotterraneo.
Mi sentii mancare l'aria.
Edward
attese paziente che
proseguissi, senza smettere di cullarmi.
Cercai
il coraggio e,
quando riuscii a racimolarne abbastanza, continuai:
<
Sapevano che posso
rimanere incinta … che posso avere figli anche con
… con quelli come te ...
Voleva
che gli dessi
un'erede di sangue. >
Smise
di respirare. Me ne
accorsi chiaramente. Si era irrigidito. Le sue mani avevano smesso
improvvisamente di accarezzarmi.
Mi
strinsi a lui per
nascondere le lacrime.
Non
volevo che sapesse di
Caius. Conoscendolo, avrebbe potuto compiere qualche sciocchezza. Si
sarebbe
certamente sentito in colpa, a torto.
Edward
però, tormentato
nella voce e nell'animo, mi domandò con parole d'altri tempi:
<
Ti hanno … violata?
> faceva fatica a parlare. Quando pronunciò quelle
parole, la sua stretta
attorno al mio corpo si fece più salda.
Esitai,
intenta a
scegliere le parole più adatte.
Il
mio indugiare lo stava
facendo impazzire. Me ne resi conto quando, dopo avermi avvicinato a
sé in un
abbraccio pieno di dolore e frustrazione, lo sentii implorarmi:
<
Perdonami. Avrei
dovuto venire a salvarti. Avrei dovuto intervenire invece che restare a
Forks.
Ti ho lasciata sola. Ti prego, perdonami. >
Gli
impedii di proseguire
poggiandogli l'indice sulle labbra.
<
Non preoccuparti. Non
è colpa tua. Hai fatto proprio quello che ti avevo chiesto.
E te ne sono grata.
E poi, Caius mi ha solo toccata. Non è riuscito a farmi del
male. Aro è
arrivato prima che ... > non riuscii a continuare. La sensazione
di sporco che
mi ero sentita addosso tornò ad invadermi.
Lui
ringhiò:
<
Caius? >
Mi
accorsi di aver parlato
più di quanto non avrei voluto.
Avevo
sperato di riuscire
a tenergli nascosta l'aggressione del Volturo. Non volevo che
soffrisse.
Bastavo io. In quel momento però, molto egoisticamente,
capii che se glie ne
avessi parlato, forse sarei riuscita a sentirmi meglio. In fondo,
mentre ero
stata prigioniera, ero troppo occupata a pensare a organizzare la fuga
per
soffrirne. Ora che ero libera, che ero con Edward, la consapevolezza e
la
disperazione presero forma. Mi resi conto di quanto avessi resistito al
dolore,
di quanto ora fossi fragile. Avevo troppo bisogno di lui.
A
bassa voce, gli
confidai: < Aro aspettava che fossi io a concedermi. Mi aveva
ricattato
promettendomi che mi avrebbe liberato una volta nato il bambino. E
sapeva che
non avrei resistito a lungo in quella prigione.
Caius
invece si è
presentato nella mia stanza e ha cercato di ottenere con la forza
ciò che
desiderava. Non è riuscito a … >
Mi
bloccai e lui mi
accarezzò la schiena, frustrato.
<
Quando mi ha tolto i
vestiti, ho trovato la forza di reagire. Sono riuscita a liberarmi. E
gli altri
mi hanno soccorsa. > Cercavo di sembrare rassicurante, ma non
era facile.
Edward
mi cullava e
scuoteva la testa, sconvolto. Mi resi conto che Edward aveva il diritto
di
sapere. Speravo che riuscisse a capirmi.
<
Ho avuto paura,
quando ho scoperto di essere incinta. Se si fossero accorti della
gravidanza,
non mi avrebbero permesso di tenere la bambina. È per lei
che ho deciso di fare
tutto ciò che potevo per fuggire. È grazie a lei
che ho trovato il coraggio di
fare ciò che ho fatto. Altrimenti, sono certa che avrei
ceduto. Non ce la
facevo più. > mi vergognavo di quello che stavo
dicendo, ma era la verità.
Sentivo le lacrime sgorgare copiose e silenziose dai miei occhi.
Turbamento e
dolore.
Sorprendendomi
mi
sussurrò: < Sei così coraggiosa
… così forte … non ti merito. >
Mi
voltai e lo fissai
negli occhi. Se avesse potuto, avrebbe pianto.
Con
voce affranta, mi
domandò:
<
Dove ti ha toccata?
>
In
silenzio, mi sfiorai i
polsi la pancia, il viso.
E man
mano che proseguivo,
lui si abbassava a baciarmi i punti che indicavo, che per me erano come
marchiati a fuoco.
Le
sue labbra erano
gentili, buone. Mi fece sdraiare e continuò ad accarezzarmi
a lungo, ovunque.
Chiusi
gli occhi e lasciai
che percorresse il mio corpo poggiandovi sopra la bocca.
Quando
raggiunse il volto,
mi mormorò: < Apri gli occhi. >
E
cosi feci, perdendomi
nei suoi. Pece fusa che incatenava il mio animo al suo.
Dopo
aver preso le mie
mani tra le sue, lo vidi affondare il volto nel mio seno.
Era
distrutto.
<
Sono … così irato …
come hanno potuto! >
Gli
accarezzai i capelli e
la testa. Lui sollevò lo sguardo e mi fissò negli
occhi. Mi avvolsi nel
lenzuolo e distolsi lo sguardo. Mi sembrava di averlo tradito.
Non
so cosa vide in quel
momento, ma improvvisamente appoggiò le sue labbra sulle mie
e mi baciò,
tormentato. Mi abbandonai a lui e alle sue mani confortanti.
<
Ti farò dimenticare.
> mi promise in un sospiro. La sua bocca ad un centimetro dalla
mia.
Le
sue dita mi sfioravano
gli occhi chiusi e scendevano lungo le guance, asciugando la scia delle
lacrime. Mi rilassai solo quando mi passò una mano sulla
schiena, per
tranquillizzarmi.
Mi
levò il lenzuolo
di dosso e mi osservò, soffermandosi sul mio seno nudo e
sulla mia pancia. Me
li toccò appena e poi mi ammonì:
<
Bella, devi dormire.
> e mi porse un pigiama. Me lo infilai e poi gli feci segno di
venire sotto
le coperte con me. In pochissimo tempo mi addormentai tra le sue
braccia fredde
ma accoglienti. Viaggiavo nell'oscurità accompagnata dalla
voce di Edward, che
cantava per me.
<
Io li … io li … >
<
Calmati Edward. Fare
così non aiuterà nessuno, men che meno lei.
Quello che è stato è stato. Ora
dobbiamo occuparci di lei e della bambina. > era la voce di Esme?
Allungai
una mano ma, dove
avrebbe dovuto trovarsi mio marito, non trovai che le lenzuola.
Ero
ancora mezza
addormentata e, non facendoci caso, richiusi gli occhi.
Quando
però sentii il
suono di qualcosa di metallico che si rompe, mi svegliai di colpo,
portandomi a
sedere di scatto. Le mani al ventre. Un altro rumore: vetro che si
infrange e
si frantuma. Sussultai.
Mi
alzai lentamente ed
andai in sala.
Carlisle
ed Esme mi videro
e mi salutarono come se niente fosse … Edward
voltò il capo ed osservò in
silenzio fuori della finestra.
<
Bella, tesoro … hai
fame? Ti abbiamo preso tantissime cose buonissime. > e mi venne
incontro,
cingendomi le spalle con un braccio. Notai una sedia in ferro battuto
completamente
distrutta giacere a terra, vicino al tavolo. Le altre, intatte,
ribaltate a
terra. Poco più in là, frammenti di vetro.
Bicchieri …
Mi
lasciai trascinare in
cucina e venni presto raggiunta da Carlisle.
Mentre
Esme mi preparava
delle frittelle, entrò Edward.
Mi
alzai e andai ad
abbracciarlo. Rimasi sorpresa dalla sua freddezza. Non
ricambiò la stretta e
anzi, mi allontanò da lui. Cosa diavolo aveva? Rimasi ferma,
in piedi davanti a
lui che mi sfiorò una guancia con la punta delle dita.
<
Edward … che hai?
> sussurrai per mascherare l'ansia.
<
Come hanno osato?
Come hanno anche solo potuto pensare … > vidi i suoi
occhi ardere di rabbia,
ira …
<
Io … Io … non posso
restare qui e fare finta di niente … dopo quello che ti
hanno fatto. >
Era furibondo.
Mi
accorsi di tremare.
< Edward … non avrai mica intenzione di fare
cavolate, vero? Non te lo
permetterò. >
<
Bella, non ti ci
mettere. Torna a dormire che è meglio. Non riesco a
sopportare che ti abbiano …
che volessero … Io devo fargliela pagare … non
avevano alcun diritto! Andrò da
loro … >
Disse
qualcos'altro, ma io
non lo sentii neanche.
Un
dolore atroce mi
attraversò improvvisamente il corpo. Mi ci volle un po' per
capire che veniva
dalla pancia.
Quando
questo accadde, ero
già a carponi per terra, terrorizzata. Il mio unico pensiero
era: La bambina …
Boccheggiavo,
mi girava la
testa.
Fitte
acute come rasoi mi
pugnalavano il ventre.
Piangevo
e gridavo
qualcosa.
Carlisle
mi levò le mani
dal grembo senza curarsi di essere gentile.
Ero
sdraiata a terra e mi
sentii farfugliare: < La bambina no … la bambina no
… >
<
Ora calmati. Non è
niente. Non devi agitarti. Ora ti portiamo di là. > e
lo sentii sollevarmi e
poi poggiarmi sul letto.
Intravidi
Esme che mi
accarezzava la fronte e poi mi accorsi di Edward. Era immobile, livido.
Non
stava respirando. Lo fissavo disperata.
<
Calmati Bella.
Calmati. Così non mi aiuti. > mi disse Carlisle,
autoritario. Mi stava
spogliando. Le sue mani sul mio ventre.
<
Edward … non andare …
non farci questo! > gli gridavo fra le lacrime.
Lui
mi si avvicinò e si
sedette al mio fianco, prendendomi la mano e accarezzandomela.
<
Non fare così … non
andrò. Non mi allontanerò. Te l'ho promesso.
Ricordi? Insieme. Scusami, ti
prego. Ho perso la lucidità per un attimo. Non
accadrà più. > Mi sorrideva
ma lanciava occhiate fugaci a Carlisle che mi stava visitando.
Non
riuscivo a trattenere
i singhiozzi.
Non
potevo perdere la mia
bambina. Non potevo. Cercai di convincermi che era sana, che stava
bene.
Edward,
che aveva i miei
stessi timori, mi incitò: < Pensa a cose belle. Devi
riuscire a
tranquillizzarti. >
Annuii
e ci provai. Pensai
a me e lui … a una bambina tra le nostre braccia.
<
Hai ancora le
contrazioni? > mi chiese Carlisle con gentilezza, mentre premeva
leggermente
due dita sotto il mio stomaco.
<
No. > tentai di
dire, ma dalla mia bocca uscì solo un suono incomprensibile.
Scossi lentamente
il capo.
Lo
vidi annuire e poi mi
disse: < Credo che la contrazione sia una reazione all'ansia.
Devi
assolutamente stare tranquilla e a riposo. E tu Edward … non
devi farle venire
certi colpi. È troppo fragile in questo momento. Non
permetterti mai più. >
Il
mio sposo non rispose.
Aveva occhi solo per me. Angosciato, mi teneva la mano e mi faceva
carezze alla
pancia, mentre carlisle, con dita delicate ma ansiose, cercava il
battito della
mia bambina.
Salve
a tutte!
Scusate se sono molto
frettolosa nei ringraziamenti, ma è tutto oggi che giro come
una trottola … e
sono appena tornata. E devo anche uscire di nuovo tra poco! E pensare
che
questa mattina faceva freddo, mentre adesso si muore di caldo!!! Ma che
mondo
è?
Comunque, andando al capitolo
… finalmente la mocciosa avrà un nome! E vi dico
anche che qualcuna ci ha pure azzeccato!
Ma chi? Scoprirete leggendo! Spero che questo cap vi risulti dolce e
piacevole!!! C’è uno dei miei pezzi preferiti!
Vi
ringrazio per la costanza
con cui mi seguite! E grazie in particolare a: lilly95lilly,
I
pompieri servono sì a domare gli
incendi, ma anche per le alluvioni ed inondazioni!!! Spero non ti siano
serviti! BloodyKamelotRecupereranno!
Te lo prometto! GiullsVa
bene, va bene! Non so come, ma te
la pagherò! BellaSwan95 Se per fine di Bella, intendi che
ti metti con un
Edward, ti invidio! HanairohNon preoccuparti per la bimba! E
per l’infarto doppio,
ti consiglio Carlisle, bravissimo (e bellissimo) dottore!!! Mhmm,
sì, credo sia
lunedì!!! Ed infatti ecco il cap!!! Certo che puoi chiamarmi
Cassy, anche se
ormai sono abituata a Kassy, che nella pronuncia non cambia, ma la K mi
piace!(presa
da Erika XD) aLbICoCCaCiDa Poverina, a volte riesce a far
pena persino a me! Il che
è tutto dire! PenPenHo
provato ad immedesimarmi in una
ragazza che ha subito un trauma del genere come reagirebbe in tale
situazione …
è un dolore pensare a tanta sofferenza. WindBella
è sempre lei, la nostra
imbranatissima Bella!!! Non oso immaginare la sua angoscia e il suo
dolore! KrismaE
che traumi psicologici. Deve essere
terribile, fortuna che lei ha Edward! È vero, Esme
è sempre materna! E non
preoccuparti, tra poco, rimpatriata! momobGrazie
per i complimenti! Ed Edward a
volte è troppo impulsivo! Povera Bella! RakiCarina
l’idea della foto! E anche
quella del demonietto stile AliceXD (grazie grazie!) e mi spiace per il
triplo
infarto! Non preoccuparti! Per il parto, effettivamente il suocero come
ginecologo non deve essere il massimo, ma meglio che stare dai Volturi,
e in
ospedale l’avrebbero identificata … e grazie per
un commento così lungo!!! Lilian
PotterLa solita, piccola
sadica!!! Grazie! E sì, fino a Lunedì!!! Buon
gelato!!! Fin
FishSono
contenta che tu abbia trovato la
mia fanfic! Per occhi verdi dal pov di Edward, forse!!! Per il finale
del cap
15, procede nel 16! Spero non ne resterai delusa! Un bacio e spero
continuerai
a seguirmi! 4everWITCHAggiornato
come preavviso! E grazie
per i complimenti e per avermi messo la storia tra i pref!!! alice
brendon cullenSpero di
ritrovarti il 17! Un bacio e spero che trascorra delle buone vacanze! 3mo_is_loveNo
dai, non sono cosi cattiva!
Carlisle cerca il battito per essere sicuro, don’t worry!!! hachicatSolo
una cosa: mezza telefonata
transoceanica!!!! Oggi compro il microfono!!!! _Natsuki_L’ho
detto io che questa ficcy fa male alla salute! (soprattutto
a quella di Bella XD) ed ecco a te il nome della bimba! E vedrai, ti
verrà pure
il diabete, per la dolcezza! Un bacio gigante! AngelOfLoveNon
ti ho fatto aspettare! Visto? Per
il nome! I fuochi li farò a te!!! Però, quale
delle tue proposte? Ciao! yuyutiamo No, non piangere!!!neanche io
concepisco la violenza. Trattare le persone (di solito donne, o
ADDIRITTURA
BAMBINE) in un modo simile è terribile e mi piange il cuore
per le vittime. E non
preoccuparti, più lunghe le rec, più felice la
Erika! novilunioComplimenti
per la Matura!!! Sono felicissima
per te!!! Chissà che affitti, laggiù al caldo! E
attenta a schivare bene la
lava! Spero che la tua sosta all’inferno sia vietata e che ti
rimandino qui!!! DeimosGrazie
per i complimenti!!!! Ed ecco
il cap 16!!! Povero Eddino! elisaterraNon
preoccuparti, i complimenti mi
fanno sempre piacere!!!! Grazie! Ed ecco il seguito!!! yumisanNiente
stupidate per Edward. Deve
stare con Bella, così io posso speculare sulle loro
seratine!!! LittleBloodyMaryAnche
io mi sono affezionata alla
bimba! Non credo però che Bella avrà dei bambini
in BD (per lo meno non da
Edward!!!) Grazie per i tuoi splendidi complimenti che mi riempiono di
gioia! francy94Ma ti pare? Non sei in
ritardo! Grazie per aver recensito!!!! Sono felice che ti piaccia il
mio stile
e che ti ricordi quello della Meyer!!! (me molto onorata)
Il prossimo capito, su questi
schermi mercoledì, sempre verso quest’ora!!!
Un bacio a tutte!!! Cassandra
Bella's
POV
Chiusi gli occhi e
strinsi la mano di mio marito, mentre Carlisle mi tastava il ventre.
Quando sentii
Edward sospirare rasserenato, mi rilassai.
< Eccolo … il
battito. Va tutto bene, Bella, tutto bene. Ti sei solo agitata.
> mi disse
Carlisle, prendendo la mia mano sinistra con gentilezza e guidandola
nel punto
in cui prima premeva.
< Tu non puoi
sentirla, ma è proprio qui, la tua bambina. >
Piansi
di gioia mentre Esme mi massaggiava
lentamente il collo.
< Mi sono
spaventata tanto. > sospirai.
< Non solo tu.
> mi disse Edward
Spalancai le
palpebre e lo fissai infuriata.
< Tu! >
gli
dissi acida.
E lui, sorpreso,
si portò la mia mano al volto per baciarla.
< Tu non vai da
nessuna parte. Non provarci neanche! Non te lo permetteremo. Abbiamo
bisogno di
te, qui con noi. Con me e con la bambina. Se farai il cretino
… giurò che non
ti perdonerò mai! >
Mi guardava
confuso e io mi avvolsi nella coperta, girandomi verso Esme che mi
continuava a
massaggiare le spalle.
Carlisle
ridacchiò
e mi strizzò l’occhio:
< Brava, fagli
capire che non è sempre lui a poter decidere. >
sorrisi di rimando e poi
sentii le labbra gelide di Edward poggiarsi sul mio orecchio.
Si sdraiò
al mio
fianco e fece aderire il suo petto alla mia schiena.
< Mi dispiace
di averti fatto agitare. Scusami. > le sue mani erano scivolate
sulla mia
pancia.
Voltai il capo per
baciarlo e lui avvicinò il capo, venendomi incontro.
Notai Esme e
Carlisle lasciare la stanza in silenzio.
Mi girai e
appoggiai le mani sul suo petto.
Soffiò gentile tra
i miei capelli e poi scese a soffiare sulle palpebre, sulle ciglia,
sulle
guance e sulla bocca. Quando arrivò al collo, mi
raggomitolai ridendo e mi
lasciai avvolgere dalle sue braccia.
Sentivo che mi
sorrideva, mentre mi scoccava dei baci silenziosi sulla fronte.
Con tutta la forza
che avevo, lo feci sdraiare schiena a terra. Lui naturalmente
assecondò i miei
movimenti. Io non sarei stata in grado di smuoverlo di un centimetro.
Mi sedetti sopra
di lui e lo lasciai guidarmi contro la sua pancia. Mi fece stendere su
di lui e
poggiare la testa sulla sua spalla. Da quella posizione, potevo
fissarlo negli
occhi e vedere il suo sguardo adorante. Ridacchiando,
avvicinò le sue labbra ai
miei capelli e respirò a fondo il mio odore.
Quando mi
sussurrò:
< Va meglio?
> annuii. < È stata più la paura,
che il dolore. Ed il fatto che il male sia
arrivato all’improvviso … > e poi gli
domandai: < Lo sanno? Di quello che
è successo? >
< Sì … > fu
la sua risposta laconica. Cercò di nascondermi la sua ira.
Mi alzai a sedere
a gambe incrociate e mi passai le dita tra i capelli.
Scossi la testa e
poi sorrisi. Ora ero con lui. Ora ero felice e il passato non contava.
Non dovevo
lasciarmi condizionare. Non avrei permesso loro di rovinare la mia
relazione
con mio marito. Dovevo pensare al nostro futuro.
< Allora, che
nome le daremo? Alice lo ha già visto? > chiesi per
cambiare discorso.
Sempre stando
sdraiato, mi fece segno di no. Aveva capito che non avevo intenzione di
ritornare sull’argomento Volturi.
< Hai qualche
idea? > domandai.
< No. Ad essere
sincero, devo ancora elaborare la cosa. Ti rendi conto?
Diventerò padre. >
< E io
diventerò madre, se è per quello. Ma dovremo pur
darle un nome, povera la mia
bambina. >
< TUA? Nostra
bambina, vorrai dire. > Rise e baciò la punta delle
mie dita dopo essersele
portate alla bocca. < Nostra figlia … > a
quelle parole, venni scossa da
un tremito. Era la prima volta che si riferiva a lei in quel modo. Una
figlia …
Proseguì: < Tu
come la chiamavi, mentre eri lì? >
Arrossii e gli
chiesi, portandomi le mani alla pancia:
< Come fai a
sapere che le parlavo? >
< Ti conosco.
Meglio di chiunque altro. Allora, che nome usavi? Quel nome
sarà perfetto. >
< Edward … >
sussurrai accarezzando il profilo del suo naso < Non sapevo se
fosse maschio
o femmina.Le
parlavo, è vero. Cercavo
di rassicurarla. Non ho mai usato alcun nome. Pensavo a lei come al
frutto del
nostro amore. Tutto qui … >
Sorrise e
poggiò
la sua mano sulla mia pancia.
< E sentiamo,
che nomi c’erano, in lista? Se femmina …
Perché sicuramente avevi una lista.>
Sospirai e sconsolata gli risposi: < Sei petulante …
in realtà, pensavo a
dei nomi classici, tradizionali. Come piacciono a te …
>
Mi squadrò e poi
si portò a sedere. Fece scorrere una mano lungo il mio collo
mentre con l’altra
giocherellava con i miei capelli.
Ad occhi chiusi,
leccò il lobo del mio orecchio e poi scese lungo la mascella
fino ad arrivare
alle mie labbra. Ne disegnò i contorni con la punta della
lingua e poi soffiò
leggerò sul mio volto.
Sentivo il profumo
del suo respiro che mi dava alla testa. Sapevo di essere arrossita.
< Allora? Che
nome ti piacerebbe che avesse, il simbolo del nostro Amore? >
Mi appoggiai a lui
e scelsi il nome che, durante la prigionia, avevo pensato di dare alla
nostra
creatura, se fosse stata femmina.
< Che ne dici
di Elizabeth? >
Rimase immobile e
silenzioso per alcuni istanti.
Poi la sua mano
s’infilò sotto la mia maglietta e si
soffermò sul mio seno sinistro.
Il mio cuore
batteva forte, per lui.
< Elizabeth … è
perfetto. >
< Sono felice
che ti piaccia. >
< Perché lo hai
scelto? >
< Come perché?
> domandai fingendo ingenuità. <
Perché è un bel nome. Mi piace. >
Lo vidi osservarmi
sospettoso. Scosse la testa e disse: < E poi? >
Sbuffai e
continuai: < E sapevo che ti avrebbe fatto piacere. Che era il
nome che
avresti voluto darle tu, anche se non avresti mai osato dirmelo.
Perché volevi
che lo scegliessi io. Allora? Soddisfatto della mia scelta? >
Rise
fragorosamente, mentre mi scompigliava i capelli.
< Sicura di non
essere tu a leggere nella mia di mente? Il nome di mia madre
… Elizabeth … Senti
come suona bene: Elizabeth Cullen … >
In un attimo, mi
ritrovai sdraiata sui cuscini, senza neanche sapere come.
Edward abbasso i
miei pantaloni fino a che non si vide il fiocco delle mutande e mi
sollevò la
maglietta fino quasi al seno.
Con le labbra
leccò intorno all’ombelico e poi mi
baciò ogni centimetro della pelle del mio
ventre.
Tra un bacio e
l’altro, sussurrava:
< Elizabeth
…
Elizabeth … ti piace il tuo nome? Eh, Elizabeth? >
Parlava con la mia
pancia, di poco più gonfia del normale.
Sul momento, mi
sembrò una situazione assurda. Ma fu una sensazione di
appena un istante.
Appena la vidi per
quello che era, appena mi resi conto che stava parlando per la prima
volta con
la bambina, mi commossi e gli accarezzai i capelli. Quei cavolo di
ormoni! Non
c’era niente da piangere! Perché allora mi sentivo
le lacrime agli occhi?
< Riesco a
sentire il suo cuore … il tuo battito lo copre, in parte. A
Volterra, in questo
modo, l’hai protetta. >
E poi
riappoggiò
il suo orecchio in prossimità del mio ombelico.
< Edward … >
< Sì? >
< se continui
ad accarezzarmi in questo modo la pancia, me la consumerai! >
< correrò il
rischio. > mi rispose continuando a far scorrere le sue dita
avanti e
indietro, lungo il mio ventre. Decisi di lasciarlo fare … se
lo rendeva felice.
Mentre me ne stavo
lì a fissare il soffitto con la mia mano tra i suoi capelli,
mi disse:
< Se però
preferisci … > e sentii le sue dita arrampicarsi
lungo il mio fianco,
insinuarsi sotto la mia maglietta, raggiungere la mia schiena e poi
ridiscendere di nuovo lungo la mia coscia.
<
Sì,
preferisco! > rimasi a godermi le sue carezze per un
po’ finché non osai
chiedergli:
< Edward
… mi
baci? >
< Che
allettante proposta. > e mi ritrovai le sue labbra sulle mie.
Mi lasciai guidare
dai suoi movimenti e in poco tempo dimenticai persino il mio nome.
Il suo no, dato
che ogni volta che si allontanava lo ripetevo, sussurrandolo.
Cingendogli le
spalle e il collo con le braccia, lo obbligavo a starmi vicino.
Alla fine,
esausta, mi abbandonai alle lenzuola e sospirai.
< Soddisfatta
del bacio? > mi domandò lui con il suo adorabile
sorriso malizioso.
Adesso era in
piedi, a lato del letto.
< No! >
< Insaziabile …
> e scosse la testa.
Poi il suo
cellulare squillò.
Vidi l’espressione
sul suo volto farsi pensierosa all’improvviso, quando lesse
il numero sul
display.
Mi alzai a sedere
di scatto ma lui mi fece segno di stare in silenzio ed uscì.
Volevo seguirlo,
ma il suo sguardo mi aveva spaventata.
Stava parlando con
Alice. Lo sentii pronunciare il suo nome.
Quando riattaccò,
mi alzai dal letto ed andai nell’altra stanza.
Trovai mio marito
e Carlisle intenti a sostenere un’accesa e velocissima
conversazione.
Talmente veloce da
non permettermi di capirne le parole.
Quando si
accorsero che ero entrata, smisero immediatamente di discutere e
Carlisle mi
rivolse un sorriso splendente e rassicurante.
< Chi era?
>
domandai con voce flebile, sebbene lo sapessi.
< Alice. >
mi rispose Edward, osservando suo padre negli occhi.
Proprio per quello
che avevo paura. Aveva visto qualcosa? Che cosa.
Le mie gambe
tremavano.
Si accorsero della
mia tensione ed Edward mi venne vicino. Mi abbracciò stretta
cullandomi
dolcemente.
< Che c’è,
Edward? >
< Niente
tesoro, niente … > mi prese fra le braccia e si
accomodò sul divano, con me
sulle sue ginocchia.
< E allora
perché non mi dici che succede? >
< Perché non
succede niente. > mi rispose calmo, obbligando gentilmente la
mia testa a
poggiarsi sulla sua clavicola.
< Sì, come no.
>
< Alice è stata
a casa di Charlie … >
Voltai lo sguardo
verso di lui e lo fissai.
< I tuoi
genitori sono molto preoccupati … dopo la tua sparizione,
Charlie non si è dato
pace. Ha Aperto delle indagini … ti ha cercata ovunque. E
anche Reneè ha
sofferto molto. Noi naturalmente non abbiamo detto loro la
verità, come ben
sai. Era troppo rischioso. E poi, non avremmo potuto spiegare.
Però, quando ti
hanno portato dal medico, un poliziotto che passava per caso
è riuscito a
scattarti una foto. Si ricordava il tuo volto. Ha controllato
l’elenco delle
persone scomparse e si è messo in contatto con Charlie.
>
Così dicendo, Esme
estrasse una foto da una busta sul tavolo e me la porse.
< Questa è
stata mandata in centrale. Quando Charlie ci ha detto dove fosse stata
scattata, a Volterra, capii che avevo la scusa per venire in Italia
senza
insospettirlo.
Devi sapere che i
nostri telefoni, la posta, tutto, era sotto controllo. Charlie sperava
che i
rapitori ci contattassero. È convinto che sia un rapimento a
scopo
d’estorsione. >
Sentii un nodo
stringermi lo stomaco e le lacrime formarsi agli angoli dei miei occhi.
Nascosi
il volto nella camicia di Edward.
Quanta sofferenza
avevo inflitto loro? Ai miei genitori, ai miei amici. A Jacob
…
Edward mi
consolava come poteva, carezzandomi la schiena e sfiorando le mie
guance con le
dita.
< Alice è
andata da lui, per avvisarlo che siamo tornati dall’Italia.
Adesso, la versione
ufficiale è che, dopo il viaggio a vuoto a Volterra, la
nostra famiglia si è
trasferita, perché non sopportavamo il dolore della tua
sparizione. >
Vide il mio
sconforto dipinto sul volto e proseguì:
< Bella, sai
che non potrai mai tornare a casa … >
< Sì, lo so.
Sarebbe successo anche se non mi avessero rapita. Se tutto fosse
proseguito
secondo i nostri piani. Certo, sarebbe stato meno doloroso per la mia
famiglia
e per gli altri … ma ora non possiamo fare altrimenti.
>
Rimasi in silenzio
con una mano sul ventre, quella di Edward poggiata sulla mia, poi mi
venne spontaneo chiedergli:
< Edward … Ma
scusa ? >
< Sì? >
< Ma se i
vostri telefoni sono controllati … >
< Sei così
ingenua … >
Gli rivolsi
un’occhiata assassina e lui proseguì, avvicinando
il suo naso al mio:
< Abbiamo
acquistato dei telefoni e delle schede con i nostri nuovi nomi
… >
< Altri
documenti falsi? > Domandai scettica.
< Precisamente.
>
< Alice ha
trovato Charlie molto depresso. Naturalmente, le indagini in Italia non
stanno
portando a niente. Nessuno ti ha vista, sentita … sono
andati anche a parlare
con il medico, ma lui dice di non conoscerti. Che la ragazza della foto
non sei
tu. Tiene fede al segreto professionale in maniera ammirevole.
Nell’ospedale da
cui sei fuggita, hanno registrato il ricovero di un’altra
persona. Una piccola
clinica privata … Non sono neanche andati a cercarti
lì.
Insomma, pare
proprio che sia una pista sbagliata. Una segnalazione a vuoto. Charlie
era
convinto che fosse la volta buona. Era molto fiducioso. Ed adesso
è di nuovo al
punto di partenza.
È per questo che
Alice ci ha fatto una proposta. Ne stavamo discutendo proprio ora
… >
< Posso
conoscerla anche io? >
Mi baciò per un istante
e mi bisbigliò: < Ma certo. >
< Bella
… >
s’intromise Carlisle < Pensavamo di dirgli una mezza
verità. Che Edward,
dopo essere arrivato in Italia, è stato contattato dai
rapitori e che è
riuscito a portarti via. Che stiamo fuggendo e che la tua sicurezza
dipende dal
suo silenzio. Alice è convinta che non parlerà.
Che sarà talmente sollevato di
saperti salva che accetterà di far finta di niente.
Continuerà le indagini per
alcuni anni e alla fine archivierà il caso. Irrisolto. Se ce
lo promette, se ce
lo giura, gli daremo uno dei nostri cellulari, permettendogli di
entrare in
contatto con te. Sei d’accordo? >
Ci pensai per un
po’, nascondendomi nell’incavo del collo di Edward.
<
Correrà dei
rischi? >
< Ci
assicureremo che mantenga il segreto. Se farà come gli
diciamo, sarà al sicuro.
E ti posso assicurare, i Volturi non si azzarderanno ad entrare in
contatto con
lui. È troppo conosciuto. È l'ispettore capo.
Desterebbe sospetti se gli succedesse
qualcosa.
Il tuo rapimento è
stato un fatto del tutto eccezionale, dettato
dall’impazienza. E sono certo che
non si ripeteranno. >
< Posso
chiamarlo? >
< Vuoi
parlargli ora? >
< Sì … c’è
anche Reneè? >
< Sì. È andata
a Forks perché Charlie voleva mostrarle le foto …
la pista Italiana. >
< Posso parlare
anche con lei? >
< Dobbiamo
prima parlarne con Alice. Deve prima osservare con cura le conseguenze.
E deve
anche informarli con calma, senza mettere loro paura. >
< Mi sembra
molto ragionevole … >
< Sono lieto
che la pensi così. Ora, che ne dici di fare colazione?
>
Guardai fuori
dalla finestra e vidi che l’oscurità, dietro le
nubi, si stava diradando. <
Ma che ore sono? > domandai mentre Carlisle componeva un numero
sul suo
telefonino e cominciava a parlare con Alice.
< Ormai sono le
otto e mezza di mattina. Ma ieri non hai mangiato in modo appropriato.
Devi
assolutamente riprenderti. >
< Va bene …
> Sapevo che avrei perso in partenza, se avessi tentato di
oppormi. Tanto
valeva consegnarmi direttamente alle sue mani premurose.
Tenendomi per
mano, mi condusse in cucina dove mi accomodai su una sedia ed attesi,
osservandolo mentre metteva mano al frigorifero. Le frittelle di Esme
erano
svanite.
< Cosa ti
andrebbe? >
< Mhh … > ci
pensai un po’ su e poi dissi: < Un the con i biscotti.
>
< Solo? >
Non mi sembrava molto soddisfatto.
< Sì … > e
lo osservai prepararmi un profumatissimo the alle Erbe. Mi
riempì un’enorme
piatto di biscotti, ed ero sicura che fossero l’opposto di
quelli dietetici.
Con scaglie di cioccolato …
< Edward … sono
troppi. Non riesco a mangiarli tutti. >
Si sedette di
fronte a me ed appoggiò il capo sul palmo della sua mano
destra. Con la
sinistra, mi avvicinò il piatto e poi mi sussurrò
con la sua voce più sensuale:
< Io credo che
li finirai tutti. E poi, tutto il cibo che si trova in questa casa
è stato
comprato apposta per te da Carlisle. È particolarmente
indicato per le ragazze
nella tua condizione. E non cercare di fare la capricciosa. Dimentichi
forse
che sono un medico anche io? So ciò di cui avete bisogno, tu
ed Elizabeth … >
Infingardo. Era troppo
furbo. Sapeva che se avesse usato il plurale sarei crollata
immancabilmente.
Chiamando la bambina per nome poi … avrei fatto qualunque
cosa.
Ed infatti
afferrai un biscotto e me lo mangiai.
< Sei così
buffa, quando fai finta di essere adirata! > alzai gli occhi ed
incontrai i
suoi. Era a dir poco raggiante. Sorrisi anche io e lui mi
poggiò il palmo della
mano sulla guancia:
< Ti amo. >
Rimasi con il
biscotto a mezz’aria, sorpresa, e poi bofonchiai arrossendo:
< Anche io …
>
< Dai, finisci
di mangiare. Voglio farti vedere il resto della casa ed il giardino.
Sono certo
che ti piacerà. >
Non risposi,
limitandomi a pucciare il povero biscotto nel the. Il suo sguardo fisso
su di
me.
Ci
trovavamo
seduti in veranda, abbracciati l’una all’altro,
quando Esme venne a chiamarci.
< Bella …
tesoro … Abbiamo appena sentito Alice. Carlisle è
al telefono con Charlie.
I tuoi genitori
vorrebbero tanto parlarti … >
Saltai in piedi e
trascinai Edward in sala, dove mio suocero stava rassicurando qualcuno
al
telefono.
< Certo
Charlie. Sta benissimo. L’ho visitata io stesso. È
solo un po’ stanca. È stata
dura, ma si rimetterà alla perfezione. Non devi preoccuparti
… >
Silenzio.
< Sì, sì …
anche lei è ansiosa di parlarvi … eccola,
è arrivata proprio in questo momento.
Ora ve la passo. Bella, vieni cara. C’è Charlie al
telefono. >
Improvvisamente mi
resi conto di essermi bloccata nel centro della stanza. Sentivo le
gambe molli
e l’emozione sopraffarmi.
< Bella … >
mi chiese Edward scuotendomi lentamente la spalla.
Mi accompagnò al
divano e Carlisle disse, prima di passarmi il cellulare:
< Ecco, ora te
la passo … >
Afferrai il
piccolo oggetto con dita tremanti e me lo portai all’orecchio.
Dall’altro capo,
nessun suono, se non un respiro accelerato.
Salve!!!!!!!!!!!
Sono riuscita, non so come, a
finire questo cap!
Visto che devo uscire, dovrò
essere straveloce: lilly95lillyvisto
che bel nome? Spero ti piaccia
questo cap 17 … HanairohBella
ha tutte le fortune (ma anche le
sfortune) del mondo!!! Edward!!! Sai una cosa? La tua impazienza
è adorabile! Sì,
è mercoledì! E sto postando. E Venerdì
posterò il cap 17. Quindi ti aspetto per
Venerdì! WindL’importante
è che prenda la bellezza
del padre! E che padre!!!!!! BellaSwan95E
forse invece prima o poi si
rivedranno! Bella e i genitori! Anche io sono scioccata per le Quotes! Inuyasha__girl92Che
Bello! Sono felicissima che ti sia
piaciuto! Spero di replicare! Spero i biscotti fossero buoni XD GiullsAh….
Povero Edward, con Bella che lo
sgrida XD giulia9_91Grazie
per i complimenti!!! Sei davvero
gentilissima! RakiVero
che era dolce? Lo avevo detto io
che sarebbe stato dolcerrimo! Per l’incontro, sta tranquilla!
Ed ecco a te … la
telefonata! Per il prossimo capitolo invece, spero di non sfociare nel
rosso!!!
Ho in mente certe cose XD DeimosEdward
è da sposare, amare, baciare …
insomma, meglio che non vada avanti!!!! Grazie per i complimenti! momobLo
scoprirai prestissimo! Ecco a te il
cap 17! Un bacio! ka
chanAnche
io non vedo l’ora che nasca la
bimba!!! Li farò felici, quei due sposini!!! E anche voi!
Spero! Allora, al cap
18! KrismaEdward
è … è Edward!!! E
spero che ti piaccia questo capitolo! PenPenGrazie
per i tuoi complimenti! Stanno benissimo
quelle due!!! E appena posso ti mando la mail su quella roba
là che mi avevi
chiesto! francy94Sono
felice che tu sia contenta che io
sono onorata! 3mo_is_loveDai, non morirai neanche in questo
… per un po’ me ne
sto tranquilla! E li lascio in pace, i due sposini, e anche la piccina! aLbICoCCaCiDaPer i
casini, ancora qualche capitolo,
io non mi smentisco mai!!! LittleBloodyMarySpero
di accontentarti!!! Elizabeth
nascerà prestissimo!!!! emily
ffSì,
Bella è assolutamente anormale! Edward,
Nudo, Davanti a lei … *basta, l’autrice
è andata … non risponde più di
sé stessa… hachicatProvvederò
XD AngelOfLoveUUU
grazieeeeee!!! Comunque, brava per
averci azzeccato! _Natsuki_E
l’autrice ti ringrazia con il cuore
colmo di gioia per i tuoi complimenti!!! novilunioPensa che mentre recensivi, ero al
PC anche io!!! Ah,
la notte … Ps, forse laggiù potreste usare Jake
come stufa!!!! E io, qui al
caldo, potrei usare Edward per refrigerare i miei … ormoni!!! BloodyKamelotGrazie
grazie grazie!!! E li farò
recuperare alla grande, e anche presto!!! clodiina85Postato!
Mamma mia, tutta in una
notte!!! Contenta che ti piaccia!!!! frizz_npSarà
adorabile Edward-versione-papà!Ahi
ragione, la natura ha buon senso!!!!! Lilian
PotterDai che forse ce la
faccio!!! Forse…
Ci
vediamo Venerdì, verso le
quattro!!!
Grazie a voi che recensite, e
a voi che leggete e basta!!!!!! Spero che questo cap (molto difficile
da scrivere ... ) vi piaccia! Un bacio
Cassandra!
Edward's Pov
<
Bella? Bells, piccola mia? Sei tu? >
<
Papà! > Bella scoppiò a piangere in preda
all’emozione, ed io l’accompagnai
con la schiena sul divano facendole poggiare il capo sulle mie
ginocchia. Le
scostai i capelli dalla fronte sorridendole ed accarezzandole le gote,
rosse e
rigate di lacrime.
Nel
profondo dei suoi occhi nocciola scorsi la sua gioia.
Mi
fu inevitabile pensare che, se non avessi interferito con la sua
esistenza, lei
non avrebbe patito tutta quella sofferenza, che lei ora si sarebbe
stata al sicuro,
con i suoi genitori.
Quando
però mi accorsi che, inconsciamente, la sua mano era
scivolata sul suo grembo,
seppi che, sebbene fosse sbagliato tutto ciò, lei era
felice. E la sua felicità
era l’unica cosa che mi stesse a cuore.
I
nostri occhi s’incontrarono e lei mi sorrise, arrossendo
ancora di più, per poi
distogliere lo sguardo imbarazzata. Piegò il capo di lato e
poi, senza
guardarmi, mi appoggiò il palmo della sua mano sinistra
sulla guancia. L’odore
del sangue che era tornato a sporcare le bende m’invase e
ridestò in me il
mostro che tentavo di reprimere. Chiusi gli occhi e lasciai che il
veleno,
schizzato improvvisamente dai miei denti, fluisse dalla mia bocca nella
gola.
Restai ad ascoltare la voce della mia sposa e quella di suo padre, a
chilometri
di distanza, a Forks …
< Bella! Stai bene? Io e
Reneè eravamo così
preoccupati … >
Sentivo
la donna singhiozzare di sottofondo ed anche Alice, intenta a
rassicurarla.
<
Sì, sto benissimo. Edward mi ha salvata … Mi
siete mancati tanto!> Ti
voglio così bene piccola … sono così
felice di sentirti. Di sapere che sei viva
… Ma ora ti passo Reneè. Era così in
ansia. È qui che impazzisce, vuole
parlarti … > persino Charlie cercava di trattenere i
singhiozzi.
Sentii
Bella girarsi di lato e raggomitolarsi, agitata. Aprii gli occhi e
l’osservai.
Intercettò il mio sguardo e mi sorrise, imbarazzata. Le
poggiai una mano sulla
spalla per rassicurarla.
Udii
distintamente il suono di un oggetto che viene spostato e poi la voce
di sua
madre, gonfia di pianto e gioia.
<
Bella? >
<
Oh mamma, come sono contenta di sentirti! >
<
Tesoro, come stai? >
<
Non preoccuparti, sto benissimo, sul serio … anzi
… >
Sentii
il suo cuore accelerare e le scoccai un bacio sulle labbra, stringendo
la sua
mano nella mia.
<
Avanti Amore, diglielo … > la incoraggiai, usando
quel tono di voce che,
sapevo bene, riusciva sempre a convincerla.
Reneè,
quando mi sentì, le chiese agitata:
<
Dirmi cosa? Bella? Bella? > Si stava agitando.
<
Mamma … > esitò un attimo e poi le
cercò di dire:
<
Mamma … io ed Edward … >
Si
bloccò. Non sapeva che parole usare. Come darle la notizia.
Glie lo leggevo in
faccia.
Mi
osservò a lungo, stretta a me, e studiando i lineamenti del
mio volto, confessò
emozionata alla madre:
<
Io ed Edward aspettiamo un bambino. > La sua voce era un
sussurro
dolcissimo. Come sempre, si accarezzava la pancia. Sapevo che non
poteva dirle
che era una femmina, la nostra creatura. Come avrebbe potuto spiegare?
In
teoria sarebbe stato troppo presto per saperlo …
<
Sono incinta, di 10 settimane. > continuò Bella.
Sentii
il telefono cadere dalle dita di Reneè con un tonfo sordo
sul linoleum del
salotto di Charlie.
Bella
s’irrigidì, impaurita, ma subito dopo sentii la
voce di Charlie. Aveva raccolto
il telefono e ora chiedeva alla figlia, a mia moglie:
<
Bells? Tutto bene? >
<
Sì papà … come sta la mamma? >
chiese lei, agitata.
<
Reneè? No, sta bene … le è caduto il
telefono. Alice le sta portando dell’acqua
… sembra scossa. Cosa le hai detto? Ti
è
successo qualcosa? Se è così, vorrei che ti
sentissi libera di confidarti anche
con me … > Charlie, grazie alla sua esperienza da
poliziotto, riusciva a
mantenere un tono pacato, quasi distaccato, nonostante la
velocità incalzante
delle sue parole. Naturalmente, sapevo quanto fosse agitato, e quanto
si
sforzasse di parere calmo e sereno.
<
Papà … ti prego, non essere arrabbiato
… solo … diventerai nonno … tra sei
mesi
e mezzo … Non è una notizia fantastica? >
sorrideva speranzosa, aspettando
la risposta di Charlie che però, tardava ad arrivare.
Dopo
un po’ chiese di nuovo: < Papà? >
Bella
cominciava ad inquietarsi così, la feci sedere meglio sulle
mie gambe e le feci
appoggiare il capo sulla mia clavicola. Passandole le dita tra i
capelli, le
sfilai il telefonino e, stringendola a me, dissi
nell’apparecchio:
<
Pronto Charlie? >
Fece
un respiro profondo e poi mi disse: < Edward …
ragazzo mio … >
Rimasi
piacevolmente sorpreso dalle sue parole. Evidentemente, la gioia di
sentire la
voce di Bella era riuscita a placare la sua eventuale ira. O forse, era
semplicemente contento per noi.
<
Charlie, felice della lieta notizia? >
<
Sì, sono molto … contento. > Nonostante le
sue parole, la sua voce era evidentemente
scioccata.
<
Solo … siete ancora così giovani …
>
Risi
mentalmente delle sue parole. Certo, sua figlia era ancora una bambina,
soprattutto ai suoi occhi, ed in confronto a me … Ma io
…
<
Non posso darle torto … è vero. Non era
assolutamente prevista la gravidanza
ma, siamo entrambi felicissimi, anzi, entusiasti del fatto che Bella
sia in
stato interessante. > il mio tono, persuasivo, sembrò
rassicurarlo e
convincerlo.
<
Edward … è una notizia … splendida
… scusa, ti passo un attimo tua sorella …
vado a prendere un bicchiere d’acqua. > stava per
svenire?
<
Edward? >
<
Alice? >
<
Ciao, come sta la tua mogliettina? > mi chiese quel
mostriciattolo, tutta
allegra. Ero certo che stesse saltellando.
<
Perché me lo chiedi, come se non lo sapessi. >
<
Giusto. A proposito, controlla bene il pavimento del bagno.
C’è dell’acqua.
Prima che Bella ci scivoli sopra ... Ma non dirglielo, se no si
arrabbia! >
<
Lo farò. Come l’hanno presa? >
<
Bene, direi. Reneè è … molto sorpresa.
E Charlie ha assunto una strana tonalità
che tira al verde … Però stanno benissimo. Dopo
la sorpresa, ci sarà
l’entusiasmo. Lo so. > mi disse in tono molto
colloquiale, d’intesa.
Bella si aggrappò
al mio collo con il braccio
sano e poi mi sussurrò all’orecchio:
<
Amore, mi passi mia madre? >
<
Sentito Alice? > lei ci rispose con un gridolino eccitato ed io
passai il
cellulare a Bella.
<
Bella, piccola mia? >
<
Mamma? >
<
Bella! Piccola mia! Sono così felice per voi! Ma piccola,
sei sicura che sia il
momento? Dopo tutto quello che hai passato … e poi il
bambino, Alice ha detto
che devi rimanere nascosta, che dovremo fingere che non ti abbiamo
ritrovata.
Come farete? Un figlio è un impegno … e non
voglio che affronti tutto questo da
sola. Sono tua madre, e tu sei così giovane …
voglio starti vicino, voglio
aiutarti … > Reneè sembrava seriamente
preoccupata.
Vidi
l’espressione di Bella mutare improvvisamente.
Fissandomi
negli occhi, mi sussurrò angosciata: < Edward?
>
<
Calmati Amore … non preoccuparti. Abbiamo organizzato tutto.
Ora, non far
agitare Reneè … > e la strinsi a me.
Riavvicinò l’apparecchio all’orecchio e
disse:
<
Mamma, lo so che sarà molto difficile, ma i Cullen anno
già preparato tutto. E
il miglior modo di aiutarmi adesso è fingendo di non sapere
nulla. Ti prego! In
qualche modo faremo. Non preoccuparti. >
<
Tesoro, è per te che sono preoccupata. Sei sicura di essere
in grado di portare
avanti la gravidanza? Sei sicura di stare abbastanza bene? >
<
Sì mamma. E nonostante tutto, mi hanno trattata bene, i
rapitori. Per loro
sarebbe stato … controproducente … maltrattarmi.
>
Vedere
Bella cercare di rassicurare la madre mi commosse. Così
piccola ed indifesa,
accoccolata tra le mie braccia …
<
Bella, credevo di impazzire, mentre eri lontana. Temevo che ti
facessero del
male, che non ti avrei più riabbracciata. E ora …
non posso neanche vederti … >
La voce le si incrinò.
I
lucciconi che a Bella si formarono all’angolo degli occhi e
glie li resero
umidi, la rendevano ancora più incantevole. Le feci scorrere
il pollice sulle
palpebre e sulle ciglia, per poi portarmelo alle labbra, assaporando
quelle poche
e salate gocce del suo dolore.
Lei
sospirò e poi disse a Reneè:
<
Mamma, non fare così. Mi dispiace tantissimo che non potremo
vederci, ma è
l’unico modo. Lo dico per voi. Non voglio che corriate dei
rischi. È gente
molto pericolosa quella da cui sto fuggendo. Vi prego, dovrete fingere
che
questa telefonata non sia mai avvenuta. Se ci saranno
novità, mi farò sentire
io. Te lo prometto. Vi terrò informati e ... >
Rimasero
al telefono a lungo, e Reneè prima e Charlie poi, le
domandarono della salute,
della gravidanza. Volevano sapere tutto e penso che forse, alcune
domande le
ponessero solo per sentirla parlare. Charlie sembrava ancora troppo
sorpreso per
elaborare la notizia e, imbarazzato, continuava a chiederle:
<
Ma sei proprio sicura? Non è un ritardo? Magari sai, il
rapimento e l’ansia …
>
Era
bellissimo vederla rispondere: < No papà. Ho fatto
due test e anche
Carlisle, che mi ha visitata più volte, è sicuro.
Ha sentito anche il suo
cuore! > era emozionata. Le gote imporporate.
Fu
Reneè però, a farle la domanda che la mise
più a disagio:
<
Bella, piccola mia … sei sicura che sia di Edward? >
Era proprio Reneè, così
diretta …
<
Mamma, ti assicuro, non mi hanno neanche sfiorata … >
A
quelle parole, non riuscii a trattenere un ringhio soffocato e la
abbracciai
stretta, respirando a fondo il suo odore.
Solo
averla lì, con me, mi permetteva di non distruggere tutto
ciò che avessi a
portata di mano.
Bella
ovviamente se ne accorse e mi accarezzò, gentile e
premurosa, facendo aderire
il suo corpo al mio ed accomodandosi meglio tra le mie braccia. Intanto
ascoltava la madre che le diceva:
<
Bella, ma se ha davvero due mesi e mezzo, il bambino deve essere stato
concepito … >
La
mia giovanissima sposa arrossì ulteriormente e poi, con la
voce simile a quella
di un pulcino, sussurrò:
<
Sì, l’unica notte che abbiamo passato assieme, io
ed Edward. Quella del
matrimonio … >
Pensai
a quanto vera e al contempo falsa fosse quell’affermazione e
sorrisi,
malinconico. Durante la luna di miele, avrei voluto trascorrere con lei
altre
notti come quella unica, dolcissima e splendida in cui eravamo stati
una sola
anima, un solo corpo.
Reneè
sapeva che Bella era vergine, prima del 13 agosto … in
qualche modo, le aveva
estorto l’informazione prima della cerimonia, insieme ad
Alice. E fu per questo
che sussurrò al telefono:
<
Oh, Bella, è così romantico! >
E
a pensarci, era straordinario come, la nostra unica volta, ci avesse
donato la
gioia della vita, la felicità che solo la nascita di un
bambino può portare …
Elizabeth.
Dopo
questa domanda, né lei né Charlie accennarono
più alla prigionia, al rapimento.
Con
Carlisle avevano parlato a lungo. I miei suoceri temevano di agitare
Bella. Noi
non potevamo rischiare di svelare loro anche solo un accenno di
verità. Quando
finalmente Charlie si rimpossessò del cellulare, Bella, dopo
averlo salutato
affettuosamente, me lo passò.
Era
molto agitato. Alla fine, gli promisi che li avremmo chiamati una volta
al
mese, ma fui costretto a confermargli che non potevano assolutamente
venire a trovarci.
Era una scelta dolorosa, ma inevitabile.
“Edward
… ” pensò Esme “potrei farvi
una foto con il cellulare … non apparirà la data
dello scatto, così loro potranno tenerla. ” annuii
e lo dissi a Charlie, che ne
fu entusiasta. Dopo altri saluti, che lasciarono mia moglie con gli
occhi
arrossati, porsi il telefono ad Esme e lasciai che ci scattasse
numerose foto.
In
queste era ritratta Bella tra le mie braccia, io che le baciavo la
guancia, lei
da sola, seduta sul divano …
Il
tutto, facendo ampiamente attenzione che non si vedesse mai il braccio
sinistro, stretto nella fasciatura, nascosta in parte dal pigiama.
Gliele
inviammo e la loro risposta fu:
“GRAZIE”
scritto in maiuscolo e poi: “Bella, ti vogliamo
bene.” Seguito da “Edward, ti
siamo debitori … ”
Esme
compose un messaggio di risposta, ma non me ne curai. Fissavo Bella,
preoccupato.
Lei
era ancora seduta dove l’avevo lasciata, sul divano,
silenziosa ed immobile. Il
capo chino, le guance rigate da sottili scie luccicanti. Teneva le mani
giunte
in grembo e all’inizio non si accorse neanche del fatto che
mi fossi
accovacciato davanti a lei e che la stessi osservando.
Quando
alzò lo sguardo e mi vide, mi sorrise timida e mi
sussurrò, portandosi la mano
destra sul ventre: < Beh, l’hanno presa abbastanza
bene … non trovi? Anche
se penso che appena avranno realizzato che sono davvero viva, si
arrabbieranno
sul serio. >
Le
presi il volto tra le mani e la obbligai a guardarmi negli occhi. <
Bella, capisco ciò che provi … mi dispiace
sinceramente per ciò che stai
subendo. Il dolore che stai patendo. Questa bambina è un
dono. I tuoi genitori
l’adoreranno. Non devi preoccuparti di questo. Il mio unico
desiderio è saperti
contenta e farò tutto ciò che potrò
per darti la vita più normale possibile. Te
l’ho promesso, ricordi? Ti renderò felice. >
<
Ne sono certa. > e poi avvicinò il suo volto al mio.
Appoggiò
leggera le sue labbra umide sulle mie che dischiusi immediatamente,
pronto ad
accoglierla.
Si
muoveva leggera, esitante. Sentivo il suo respiro caldo e avvolgente
invadermi.
Dovetti
concentrarmi sull’amore incommensurabile che provavo per
quella fragile
ragazzina che mi stava baciando, per reprimere la sete del suo
buonissimo,
profumatissimo sangue. Il suo sangue, così delizioso,
così invitante … ma anche
assolutamente proibito.
<
Bella, ti amo. >le sussurrai sulle sue labbra, dalle quali mi
ero separato
un attimo solo per permetterle di respirare.
E
l’amavo di un amore tanto intenso, travolgente e totalizzante
che a lungo avevo
ritenuto impossibile da provare. Un amore tale da assorbire ogni mio
pensiero
in un turbinio di appassionata follia.
Mi
accorsi di star movendo le mie labbra in maniera frenetica, avida.
Bella
mi assecondava. Aveva socchiuso gli occhi e passato il suo braccio
destro dietro
il mio capo e lasciava che le mie mani corressero veloci sulla pelle
della sua
schiena, del suo collo, intente a rincorrere il pulsare del suo sangue
dentro
le sue vene.
Il
suono del suo cuore era assordante, bellissimo. Quello della bambina
solo
un’eco, lieve e delicato che lo accompagnava gentile,
ricordandomi il miracolo
della mia sposa.
Elizabeth
era ancora così piccola che riuscivo a sentirla solo quando
ero davvero vicino
a Bella, quando la toccavo e, soprattutto, quando lei era calma.
Esme
pensò: “ Edward, io e Carlisle andiamo a chiamare
Emmett e Rosalie … Torniamo presto.
”
In
quel momento non saprei dire se fosse un monito o una minaccia, dato il
tono.
Annuì
impercettibilmente, ma lei capì ed uscì.
Con
gentilezza, mi sedetti sul divano e, afferrando Bella con delicatezza
per il
bacino, le portai a sedere sopra le mie gambe, a cavalcioni.
Dopo
altri baci, che si facevano via via più audaci, si
appoggiò al mio corpo,
nascondendo il volto nell’incavo del mio collo. Le sue gambe
strusciavano
contro le mie.
<
Edward … ? >
<
Sì? > domandai sorpreso dal suo tono di voce. Era
imbarazzata?
<
Edward … se ne sono andati … > mi chiese
titubante e poi aggiunse: <
tutti? >
<
Bella, ci siamo solo noi ma … >
Mi
guardò un attimo ed arrossì furiosamente e si
affrettò ad aggiungere: < No,
non voglio fare quello! Volevo parlarti … >
Non
capii subito perché fosse così rigida.
Seppellì
il volto nella mia camicia e, senza riaffiorare dalle pieghe della
stoffa mi
domandò:
<
Edward … verrà anche Rosalie, qui? >
Ed
allora decifrai i segnali del suo corpo. Era una sofferenza non
riuscire a
leggere i suoi pensieri.
<
Oh Bella, hai paura di Rosalie? Tu che sei fuggita persino dai Volturi,
con
tutto il tuo coraggio … temi la sua reazione? >
trattenevo a stento le risa,
mentre le massaggiavo le spalle.
Lei
si allontanò da me e si alzò in piedi.
<
Edward, non c’è niente da ridere. > La voce
tremava d’ira. < Rosalie già
mi odia, adesso poi! >
<
Amore, non è vero che ti odia … > cercai
di convincerla.
<
Forse, ultimamente non mi odiava come all’inizio …
ma quando saprà che aspetto
Elizabeth, di sicuro mi odierà. >
<
Bella, sei umana. Tutto questo è nella tua natura. Lei
è questo che t’invidia.
Non odia te. Odia se stessa. Certo, orgogliosa
com’è, non te lo dirà mai ma
sappi che la sua gelosia, il suo desiderio di maternità non
sono contro di te.
Sono certo che ti vuole bene. Me lo ha dimostrato, in queste settimane.
Era
sinceramente dispiaciuta. Sta tranquilla. Vorrà bene alla
bambina e con te si
comporterà benissimo. In fondo, rispetta il nostro amore
… >
E
così dicendo, le presi le mani e glie le portai dietro al
mio collo. La misi
sdraiata sul divano e io mi appoggiai sopra di lei, facendo attenzione
a non
farle male. Le baciai il lobo dell’orecchio e, dopo averle
sollevato la
maglietta fino al reggiseno, con le mani le carezzai la pelle della
schiena. Il
suo respiro era accelerato notevolmente. La strinsi a me per poterla
sentire
mia. Rabbrividì al contatto con il mio corpo gelido.
Il
suo profumo, così forte e così buono, mi faceva
avere pensieri disdicevoli,
soprattutto dato il momento. Sciolsi quindi l’abbraccio e mi
allontanai un
poco. Entrambi ci mettemmo seduti, tenendoci per mano. La osservai a
lungo
mentre lei si guardava intorno, sforzandosi di regolare gli ansiti. Mi
spaventai quando si alzò di scatto.
<
Bella? > le domandai, ma lei, felice, mi indicò il
vecchio pianoforte che si
trovava nella stanza attigua. Esme aveva lasciato la porta aperta.
<
Edward, c’è un piano!!! > saltellava
felice, il braccio sinistro poggiato al
petto. Avrei di gran lunga preferito che se ne fosse rimasta ferma, ma
sicuramente non mi avrebbe ascoltato, quindi mi limitai ad annuire.
<
Perché prima non mi hai portato di là? Ti prego,
mi suoni qualcosa? Mi è tanto
mancata la tua musica! Ti prego! >
<
Non c’è bisogno di pregarmi. Lo faccio con gioia.
Ma prima … > e la guidai,
tenendola per mano, al piano superiore nella camera di Esme.
<
Tieni. > ed estrassi da un cassetto un grazioso foulard in seta
azzurra.
< Così il braccio ti darà meno fastidio
… > e glielo feci passare dietro
al collo, dove feci un piccolo fiocco. Con delicatezza, le feci
appoggiare il
braccio sulla stoffa e le chiesi: < Allora? Ti senti
più comoda? Così non ti
peserà … >
Annuì
e poi, stringendosi a me, sussurrò: < Grazie
… >
<
Di niente. > e, portandola in braccio, la condussi nella stanza
in cui
avevamo sistemato il pianoforte.
Suonai
a lungo, guidato dal suo respiro. Seduta al mio fianco, lei osservava
rapita la
danza delle mie dita sui tasti. Ogni tanto sollevavo la mano per
carezzarle la
guancia, senza rallentare la melodia.
<
Sei bravissimo. E la tua musica è splendida …
>
<
Perché la persona che la ispira è speciale.
> fece finta di tirarmi una
gomitata e poi si alzò in piedi.
<
Dove vai? >
Si
voltò sospettosa: < In bagno … non vorrai
seguirmi anche lì? Non ho
intenzione di annegare nella tazza del gabinetto … >
Nonostante
il suo sguardo omicida, mi alzai di colpo e la precedetti a
velocità inumana.
<
Ma che fai? > mi urlò dietro lei, quando mi chiusi
nel bagno.
Le
risposi: < Niente! >
Siccome
sono tornata a casa
alle 3.35, non sono riuscita a preparare i ringraziamenti anche
perché mi avete
incuriosita troppo con la storia del brand new twilight trailer (della
serie:
appena letti i commenti, l’autrice è corsa su
youtube a cercarlo e, ci è
rimasta un quarto d’ora buono in contemplazione, nonostante
Edward non sia
Gaspard. Gaspard, l’Edward Cullen perfetto!!!! )
Allora, parlando brevemente
del capito (scorso e corrente), ringrazio tutte voi che avete
recesito!!! Siete
troppo carine e scrivete sempre dei commenti fantastici! Sì,
Edward si mette a
pulire il pavimento del bagno!!! Però, perché non
è venuto da me quando si è
allagato il mio?? Sniff. È un’ingiustizia!!! Per
il cap 18, sappiate che è
strettamente (moltooo strettamente XD) collegato con il 19, che
posterò
Domenica. Spero sinceramente di non essere finita nel rating rosso.
AVVISO: questo capitolo
contiene una scena erotica => se non volete leggerla, tale scena
comincia più
o meno quando Bella dice: < Edward … sai che giorno
è oggi? > (seconda
metà del cap.)
Spero che questo capitolo vi
possa piacere!!!
Comunque, a parte la deficienza
di questa mia introduzione (colpa del pollo-funghi-bambù del
cinese di oggi. In
realtà erano funghi allucinogeni XD), vi ringrazio ancora
per i commenti
(graditissimi, anche quelli lunghi! Mi piace troppo sapere quello che
pensate,
non preoccupatevi di essere prolisse!).
Per quanto riguarda i volturi,
vi avviso: Per Edward e Bella non sono tutte rose e fiori. Tra qualche
cap ci
sarà il rientro in scena di alcuni personaggi. Non voglio
dirvi altro!!!
Grazie ancora a tutte, un
bacio e a Domenica, sempre intorno a quest’ora … Cassandra!
Bella's POV
In
punta di piedi, sgattaiolai in cucina … devo dire che avrei
anche potuto
correre urlando dato che nella mia famiglia alle due di notte nessuno
dormiva e
i loro sensi erano talmente sviluppati da permettere loro di
distinguere anche
il minimo suono nel raggio di centinaia di metri ma, ingenuamente, mi
auguravo
che nessuno si accorgesse di me.
Sta
di fatto che, visto che Edward se ne stava nella sala del pianoforte,
così
l’avevo ribattezzata, a comporre musica e degli altri non
c’era nessuna
traccia, quatta quatta mi diressi al frigorifero.
Non
so come, lo raggiunsi senza inciampare. Già ero imbranata di
mio, figuriamoci
al buio, di notte, in una casa in cui abitavo da neanche tre mesi.
Quando
aprii l’anta per tirare fuori qualcosa da mangiare (avevo
voglia di meloni. In
quel periodo avevo sempre voglia di meloni, ed era gennaio!) sentii la
voce di
Edward che mi rimproverava da dietro le mie spalle.
<
Bella … è notte fonda. Torna a dormire. >
Sospirai,
sconsolata e, tenendo il frigo aperto, mi voltai verso di lui,
illuminato dalla
luce fioca che veniva dal mio scrigno delle prelibatezze.
<
Mi è venuta fame. > tentai di giustificarmi.
<
Sì, lo avevo sospettato … ma mangiare la frutta
fredda da frigo a quest’ora …
ti resta sullo stomaco. Non vorrai mica stare male. Devi aspettare
almeno
mezz’ora. >
Lo
guardai male e lui mi strinse a se ridacchiando.
Quando
il mio naso sfiorò il suo collo, lasciai andare la portiera
del frigo, che si
chiuse lasciandoci al buio, e lo abbracciai con tutte e due le braccia.
Se non ci
fosse stata Elizabeth fra noi due, l’abbraccio sarebbe stato
molto più
sensuale, ma a noi andava benissimo così.
<
Ti ho tirato fuori un melone una ventina di minuti fa … ma
aspetta ancora un
po’ prima di divorartelo. È ancora molto freddo.
>
Alzai
il capo e fissai il punto in cui sapevo si trovavano i suoi occhi.
Esattamente
sopra il suo magico sorriso.
<
E sentiamo, come mai dici che voglio proprio il melone? Magari questa
sera mi
andava qualcosa di diverso … Forse riesci a leggere nei miei
pensieri adesso?
>
Mi
baciò la fronte e seppi che stava sorridendo.
<
Bella … preferivo quando, nel sonno, chiamavi me invece che
un frutto arancione
e puzzolente … > e scosse il capo, fingendo
rassegnazione.
<
Il melone non puzza. Profuma. Ed è anche buono. >
feci io. Fortuna che era
scuro. Ero arrossita. Da quando ero incinta, le mie reazioni erano
state più
vistose, meno controllabili. Arrossivo sempre, per cose quasi normali.
Avere le
emozioni così ben in vista mi metteva a disagio, un pochino
… c’era gia il
battito del mio cuore ad imbarazzarmi …
<
Più buono di me? > Edward appoggiò le sue
labbra sulle mie. Cominciò a
succhiare, piano piano, il mio labbro inferiore e ad accarezzarmi i
denti con
la punta della lingua. Appena la mia incontrò la sua, mi
avvinghiai ai suoi
capelli. Quando si allontanò, nonostante i miei sforzi per
impedirglielo, mi
domandò:
<
Allora? >
<
Allora cosa? >
<
Cosa ti piace di più? Il melone o un mio bacio? >
<
Sai già la risposta. >
<
Sì, è vero … ma mi piace sentirtelo
dire … >
Lo
guardai negli occhi per un istante.
<
Il melone! > E feci finta di correre via, ridendo, dopo aver
afferrato il
frutto che lui aveva appoggiato sul tavolo.
Naturalmente,
lui mi afferrò poggiando leggero le mani sulla mia pancia.
Mi
bloccai all’istante. Mi costrinse ad appoggiarmi con la
schiena al suo petto.
Le sue mani mi accarezzavano e salirono veloci fino a raggiungere il
collo.
Voltai il capo abbastanza da sentire il suo respiro gelato sulle mie
ciglia.
Chiusi
gli occhi e lasciai che mi baciasse le palpebre e le labbra. Quando il
suo
respiro mi invase la bocca non capii più niente. Lasciai
cadere il frutto, che
rotolò lontano da noi, e affondai le mani nei suoi capelli.
<
Meloni … Bella … mi dispiace. Temo che
dovrò dare il meglio di me per
convincerti del contrario. > faceva la voce addolorata ma,
quando un lampo
illuminò la stanza (naturalmente diluviava), lo vidi.
Sorrideva malizioso.
<
Non credo che riuscirai a convincermi così facilmente
… >
<
Infatti. Ho detto che mi applicherò molto. > e mi
prese tra le braccia.
Mi
adagiò sul letto e mi raggiunse.
Da
quando ero tornata, avevamo trascorso molte serate in quel modo.
Semplicemente
abbracciati, a scambiarci carezze più o meno caste. A
baciarci, non sempre
sulle labbra. Ma, da quando ero tornata, non lo avevamo mai fatto. Non
c’era un
motivo preciso … semplicemente, non era ancora accaduto.
Dopo
i primi giorni d’assestamento trascorsi ad ingozzarmi e
osservare il cielo
pieno di nubi, giorni durante i quali non mi allontanavo mai da Edward
che mi
seguiva ovunque (benedetta porta del bagno! Almeno quel limite a volte
lo
rispettava!), nelle prime settimane ero sempre molto stanca. Dovevo
ambientarmi. La variazione di clima, di cibo, d’aria
… la presenza costante di
Edward … tutti questi cambiamenti mi avevano provata. Avevo
avuto per un po’ le
nausee ma Carlisle ci aveva rassicurato, poteva capitare. Dormivo in
continuazione. E soprattutto, non avevo molta voglia di adempiere ai
miei
doveri matrimoniali. E me ne stupivo io stessa. Per mesi avevo
desiderato poterlo
fare … e adesso semplicemente non mi andava. Preferivo
restarmene calma a farmi
coccolare.
Edward
naturalmente non mi diceva nulla. Sapevo che lui avrebbe atteso che
fossi io a
volerlo.
Temeva
che fossero la paura, i ricordi a bloccarmi e a nulla erano valsi i
miei
tentativi di convincerlo del fatto che non ne avevo voglia ma che Caius
non
centrava niente.
Una
sera, mentre il mio sposo era a caccia, osai persino prendere da parte
Carlisle:
<
Carlisle … potresti venire un attimo in camera? >
<
Certo … > una volta nella stanza mi aveva chiesto:
<
Che cosa c’è? Non ti senti bene? > Aveva
già in mano la sua mitica borsa da
dottore.
<
No, no … la salute non centra … > Ero
arrossita fino alla punta dei capelli.
<
Senti, da dottore … >
Si
sedette accanto a me sul letto e mi prese gentilmente la mano: <
Da dottore
… >
<
Ehm, è un argomento un po’ imbarazzante
… > Mi aveva sorriso divertito.
In
effetti era stupido che mi vergognassi, era il mio medico. Avrebbe
fatto
nascere la mia bambina e mi aveva già sottoposta ad una
visita ginecologica,
appena pochi giorni prima …
Ma
oltre ad essere il mio dottore, era anche mio suocero!
<
Ecco … appena ho rivisto Edward, ero talmente contenta che
non capivo più
niente. Ma da quando sono tornata, da un mese, non ho più
voglia di … fare …
>
Pensavo
che non sarei riuscita ad arrossire ulteriormente ed invece ebbi la
smentita
proprio in quel momento.
<
Non hai più molta voglia di avere rapporti con Edward
… ? >
Annuii
e chiusi gli occhi.
Passandomi
una mano sulla schiena, mi rassicurò: < Certamente,
hai subito un forte
trauma … ma probabilmente è dovuto al fatto che
sei ancora al terzo mese … in
questo periodo della gravidanza c’è sempre un calo
del desiderio. Non devi
preoccuparti. Se il problema dovesse continuare, avvisami. Non
vergognarti.
Vedrai che fra qualche tempo tutto tornerà come prima.
Edward ti fa pressione?
>
<
No! assolutamente … era solo, che ero preoccupata. >
<
Tranquilla, si sistemerà tutto. Magari, quando siete solo
… cercate di stare in
intimità. Ti aiuterà ad abituarti piano piano. E
mi raccomando, chiamami per
qualsiasi cosa, intesi? > Annuii e lui mi diede un bacio sulla
fronte, poi
mi lasciò sola, a pensare.
Naturalmente
Edward, dopo essere tornato, scoprì l’oggetto
della nostra conversazione. E non
perché glielo rivelò Carlisle, che da bravo
medico sigillò i suoi pensieri per
mantenere la mia privacy, ma perché alla fine, esasperata,
fui io stessa a
dirglielo:
<
No, Edward … no, non sto male. Ti assicuro. >
<
E allora perché hai voluto parlare da sola con Carlisle
mentre io non c’ero?
Perché lui ha fatto uscire tutti gli altri? > Era
davvero in ansia. Prese il
mio mento tra le dita e, obbligandomi a fissarlo negli occhi, mi
implorò:
<
Ti prego. Dimmelo. Sono tuo marito, non ti senti libera di sfogarti con
me? Di
dirmi la verità? Stai male? Ti prego. L’angoscia
mi divora, e tu lo sai. >
Cedetti.
Di fronte alla sua bellezza, alla sua dolcezza, al suo sorriso. Alla
sua paura
<
Non sto male … ho chiesto a Carlisle di parlarmi
perché … > non riuscivo a
confessarglielo.
Sentivo
le guance diventare bordeaux. Lui mi fece sedere sulle sue ginocchia e
mi
accarezzò gentile. Trovai la forza e il coraggio di
proseguire,sussurrandogli
all’orecchio:
<
gli ho chiesto se fosse grave che non mi vada più tanto di
fare l’amore … >
Senza
che potessi aspettarmelo, mi strinse in un abbraccio confortevole e
scoppiò a
ridere.
<
Mi hai fatto spaventare. Chissà cosa mi credevo! Non
preoccuparti. Lo faremo
quando ne avrai voglia. In fondo sei al terzo mese …
è normale. E dopo tutto
quello che hai passato … > e mi scoccò un
bacio casto sui capelli.
Da
quel giorno, ogni sera, mi faceva addormentare carezzandomi e cantando
la
ninnananna per me.
Quando
le sue mani, più leggere della seta, mi accarezzavano dei
punti sensibili, lui
mi sussurrava: < ti amo > nient’altro.
Adesso
però sentivo che lo volevo. Desideravo sentirlo parte di me.
Mentre
eravamo sdraiati sul letto, abbracciati, gli chiesi maliziosa:
<
Edward … sai che giorno è oggi? >
Avvicinò
le labbra al mio orecchio e, dopo averne sfiorato il lobo con la
lingua,
sussurrò:
<
Oggi, Amore mio, è il 18 gennaio. L’anniversario
del nostro incontro. È da tre
anni che ho ricominciato a vivere … > e mi
baciò la guancia. Si spostò
sempre di più verso le labbra e, quando le ebbe raggiunte,
le assalì con dolce
impeto.
Le
mie mani s’insinuarono sotto la sua camicia mentre le sue mi
percorrevano
vogliose il volto. Cominciai a respirare affannosamente.
Lo
sentivo. Era eccitato quanto me. Appena si accorse che me ne ero resa
conto,
allontanò il suo bacino dal mio sdraiandosi al mio fianco.
Tenendogli la mano,
gli salii a cavalcioni sul petto.
Ero
contenta di non dovermi preoccupare del peso, con lui.
Da
quando anche la seconda ondata di nausee si era dissolta, avevo
cominciato ad
ingrassare notevolmente. Sebbene fossi alla ventunesima settimana,
avevo già un
grosso pancione. Secondo i miei due medici personali, ogni donna era un
caso a
sé e che il mio bel pancione già così
ingombrante non poteva che essere un buon
segno.
Sbottonandogli
lentamente la camicia, gli domandai:
<
Che ne dici di festeggiare? >
Mi
accarezzò la guancia e, scrutando nel profondo dei miei
occhi, cercò
l’indecisione.
Non
trovandola, non rispose, ma si limitò a reclinare il capo
all’indietro e a
chiudere gli occhi.
Con
il suo aiuto, riuscii a sfilargli la camicia e cominciai a passare con
le mani
sui suoi muscoli, sui suoi addominali. Risalii fino al suo petto, che
accarezzai, e poi raggiunsi il suo collo. Con le mani glie lo
massaggiai, per
quanto sia possibile massaggiare una statua di marmo, e poi gli passai
i
pollici sulle tempie, sulle palpebre, sulle occhiaia. Cercai di
sdraiarmi su di
lui, ma per paura di schiacciare Elizabeth mi limitai ad appoggiarmi
alle sue
spalle.
Riaprì
gli occhi e con lentezza mi osservò.
Con
la mia bella pancia ben in vista da sotto la maglietta del pigiama, mi
sentivo
una balena ma lui non pareva curarsene.
Mi
levò la maglia e mi lasciò in reggiseno. Ora ero
costretta a portare la quarta.
Un’intera taglia in più!
Mi
accarezzò il pancione e poi con entrambe le mani raggiunse
la mia schiena. Dopo
averla percorsa a lungo, sganciò il reggiseno. Un clic sordo
nell’oscurità
della notte. I nostri respiri accelerati e il battito forsennato del
mio cuore.
<
Sei splendida … > mi sussurrò mentre,
stupidamente, mi coprivo con le
braccia.
Mi
prese la mano sinistra e se la portò al naso.
Dopo
aver annusato a lungo il mio polso, là dove le mie vene
erano più vicine al
sottile strato di pelle candida, sospirò.
Poi
cominciò a baciare le vistose cicatrici violacee che
devastavano il mio
avambraccio. Erano gonfie, in rilievo rispetto al resto della pelle.
Erano
orribili … eppure Edward le accarezzava con le labbra con
tanta cura e tanto
amore che non mi importò più quanto brutte
fossero, quanto deturpato risultasse
il mio braccio.
Con
dolcezza, mi aiutò a sfilarmi i pantaloni del pigiama.
Mi
sdraiai di lato, sopra di lui, mentre lasciavo che le sue mani
percorressero il
mio corpo, ovunque.
Erano
dolci, esitanti, attente.
Solo
a tratti percepivo la sua impazienza.
Quando
mi sfiorò il lato di un seno, emisi un gemito di piacere e
gli baciai la
guancia.
<
Edward … e se gli altri ci sentono? >
forse era un po’ tardi per pensarci.
Arrivati a quel punto, non avevo alcuna intenzione di smettere, che ci
sentissero, chi se ne importa. Eravamo persino sposati, io ero incinta
… cosa
credevano, che giocassimo a carte di notte? Certo, Emmett mi avrebbe
preso in
giro, ma ci avrebbe pensato Edward a farlo stare zitto.
<
Bella … > mi disse Edward con voce affannata <
siamo soli, io e te. Alice
ha detto che avevi bisogno di stare sola con me … e
così sono andati tutti a
caccia. >
<
Ma piove … >
<
ti assicuro, Amore, non è un problema. > e prese a
baciarmi con avidità il
collo.
Mi
fece sdraiare al suo fianco e poi, dopo aver avvicinato il suo capo al
mio,
fece scivolare la sua mano sotto la stoffa dei miei slip.
Rimasi
immobile per alcuni istanti, e lo stesso fece lui.
Dovetti
aspettare qualche momento, prima di calmarmi, di allontanare tutti i
pensieri
spiacevoli.
Ero
con Edward e ci amavamo. Nient’altro contava.
Mi
rilassai e sfiorai il volto di mio marito.
Con
mani incerte, mi avvicinai all’orlo dei suoi pantaloni e
cercai di levarglieli.
Lui mi aiutò e rimase in boxer.
Incerta,
vi appoggiai la mano sopra e lui sospirò.
Era
strano vedere come si stesse sforzando di trattenersi. Era tenero.
Decisi
di osare di più ed infilai la mia mano sotto la stoffa.
Lui
non disse niente, limitandosi ad un gemito.
Il
suo corpo era freddo, mentre il mio pareva ardere. Sentirlo
…
<
Edward … > sussurrai.
<
Sì? >
< No, niente … >
<
Adesso mi dici. > mi intimò.
<
Sei freddo … Devo aspettare mezz’ora anche con te?
>
Rise
e poi scosse la testa. < No, non credo. Hai già
aspettato abbastanza. Tu che
dici? >
Invece
di rispondere, tolsi la mia mano da sotto il suoi boxer e strinsi la
sua,
appoggiata sul mio bassoventre.
In
un attimo, fu sopra di me. Mi stava riempiendo di baci il collo. Non
avvertivo
minimamente il suo peso. Tra il suo corpo e la mia pancia due
centimetri di
vuoto.
Scese
ad accarezzarmi il seno. Le sue mani si posizionarono sulla mia vita.
Poi
presero strade diverse. La destra scese e raggiunse la mia schiena,
dove
tracciò decisa la linea della mia spina dorsale. La sinistra
raggiunse il seno
su cui si erano intanto soffermate le sue labbra.
Mi
massaggiava lentamente. Appoggiò per un attimo la fronte sul
mio sterno, tra i
miei seni, e portò entrambe le mani sotto le mie scapole. Mi
strinse a se ed
inspirò il mio odore.
Io
intanto ansimavo e, ad occhi chiusi, cercavo di rimanere calma.
Appoggiai
le mie mani sulle sua schiena, in un abbraccio dolce e carico
d’amore.
<
Bella, ti adoro. Sei così dolce … ti emozioni
sempre. Così rossa … il tuo cuore
che batte furioso … > cercò di
allontanarsi un po’ per poter osservarmi
meglio. Mi vergognai del suo sguardo avido e cercai di stringerlo
più a me.
Sentivo
la sua pancia contro il mio pancione. Ovviamente, non avvertivo
minimamente il
suo peso.
Ad
un certo punto, mentre con la lingua giocava con il mio capezzolo
inturgidito,
decisi di agire.
Con
le mani gli accarezzai la schiena, fino ad arrivare ai boxer. Lui, che
si
teneva sui gomiti e sulle ginocchia, capì subito le mie
intenzioni. Sorrise
malizioso e mi disse:
<
Perché ti fermi? >
<
Non mi fermo. > gli risposi decisa, e feci scivolare
l’indumento lungo le
sue gambe. Con un gesto veloce, se ne liberò e poi, dopo
essersi seduto sui
talloni, mi sussurrò: < Ora tocca a me. >
E,
con la punta del dito indice, tracciò il profilo dei miei
seni. Si soffermò
sulla punta di entrambi e, seguendo le curve abbondanti del mio corpo,
raggiunse l’ombelico. Si chinò in avanti per
baciarlo e poi seguì la sottile
linea scura che congiungeva quel piccolo bottoncino in cima alla mia
pancia al punto
più nascosto nel mio corpo. Non riuscii a dominare il mio
corpo e, a quel
contatto, mi incurvai, costretta a bloccare il tremito di piacere che
aveva
cominciato a scuotermi.
Purtroppo,
la pancia mi bloccava la visuale del corpo nudo del mio sposo, mentre
lui
poteva osservarmi benissimo, mentre mi contorcevo per trattenere i
gemiti.
Quando
le sue dita gelide, che ad ogni tocco mi facevano sussultare,
raggiunsero la
stoffa bianca delle mie mutande molto poco sexy ma tanto, tanto comode,
trattenni il respiro. Si abbassò di nuovo per baciarmi sopra
la stoffa,
inumidendosi le labbra. Mi sentii morire di vergogna. Lentamente, mi
sfilò le
mutandine facendomi sollevare le gambe.
Mi
accarezzò.
Nonostante
ostentasse sicurezza, anche per lui era solo la seconda volta ed era
molto
emozionato. Non sapeva bene neanche lui cosa fare e soprattutto come
farlo.
Mi
riempì di baci e lasciò che io fossi pronta,
accompagnando il mio respiro con
le sue carezze, delle mani e della lingua. Il mio corpo contro il suo.
Si
posizionò in modo che i nostri bacini
s’incontrassero e io cominciai a tremare.
In parte era colpa del freddo, in parte dell’eccitazione
crescente. Gli
abbracciai la vita con le gambe. Lui sciolse l’abbraccio con
dei gesti gentili
delle sue mani, e, quando io feci per ribattere, posò il
dito sulle mie labbra:
< Non dire niente … > e poi mi
baciò. Le sue labbra contro le mie per
solo un istante.
Scivolò
lungo il mio corpo nudo. Sfiorò le mie guance con le mani
mentre con la lingua
mi tormentava, illudendomi e poi ritirandosi.
Tra
i miei ansiti, lo chiamavo e lui era sempre lì, pronto a
sussurrarmi che mi
amava, che sarebbe stato con me per sempre.
Accomodandosi
meglio tra le mie gambe, mi accarezzò i glutei e poi i
fianchi. Le sue dita
cercarono me, il mio corpo, la sua parte più nascosta. Dopo
avermi carezzata a
lungo con discrezione, attento ad ogni mio tremito, ad ogni mio mugolio
strozzato, si abbassò a baciarmi. Strinsi il lenzuolo nelle
mani. Mi baciò
l’intermo delle cosce e succhiò la pelle di quel
punto, fino a lasciarmi un
leggero segno rosso. Poi si rimise con la fronte poggiata dolcemente
sulla mia
e mi baciò le labbra. Le sue erano amare. Quando le sue mani
ghiacciate
accarezzarono il mio seno, estremamente sensibile, mi inarcai per
l’ennesima
volta. Vedevo i suoi caldi occhi dorati bruciare di passione. Sentivo
il mio
corpo accaldato e sudato che desiderava il suo, freddo e perfetto. Con
le mani
gli accarezzai la schiena e scesi. Volevo donargli le emozioni e le
sensazioni
che lui aveva appena donato a me. Per lo meno volevo provarci. Mi
vergognavo e
lui se ne accorse. Bloccò la mia mano tremante prima che
potessi raggiungere il
mio obbiettivo e la portò al volto. < Non
è necessario, Amore, non
preoccuparti. > La baciò con grazia. Si
soffermò sulla sottile linea d’oro
intorno all’anulare, poi, con dolcezza si aiutò un
momento per unirsi a me.
<
Pronta? > un sussurro smorzato. La sua voce era molto bassa,
roca. Sensuale,
persino più del solito ...
Piccola
nota dell’autrice:
Allora, vi è piaciuto il cap? spero
di sì!!! Non preoccupatevi, domenica continuerò
ESATTAMENTE da dove ho
lasciato. Avrei preferito scrivere tutto in questo cap, ma sarebbe
venuto
troppo lungo. Sorry! Preferisco non affrettare le cose, soprattutto
queste cose
XD
Volevo dirvi: la storia del
melone …
Tutto nasce dal fatto che mia
madre, quando, centinaia di anni fa, era incinta di me di notte si
svegliava e
andava a razziare il frigorifero, facendo incetta di meloni. Lei e i
meloni
erano la coppia felice e mio padre era relegato al secondario ruolo di
marito e
quasi-padre. E allora lui, di notte, si alzava e le tirava fuori dal
frigo i
meloni perché così mia madre non se li sarebbe
mangiati freddi gelidi alle 3 di
notte, evitandole una congestione e cercando di farsi notare di nuovo
da lei,
innamorata persa del frutto arancione! Era
una storia carina è così ho deciso di inserirla
nella ficcy!
Spero vi sia piaciuta come
cosa. Ancora un bacio, vi aspetto! A domenica!
Salve
a tutte. Per prima
cosa, erigiamo tutte insieme un monumento al signor Muccio, che da
bravo
tecnico ha fatto risorgere sta scatola infernale dalle sue ceneri
… (e bravo
signor tecnico … che si è sorbito il mio pianto
isterico di domenica alle 4 quando
questo stronzo –scusate ma ora lo odio- di Pcmi ha abbandonato)
Bene, dopo la statua in marmo
di Carrara formato gigante, ora devo ringraziare tutte voi!
Come ho già detto, ho perso
tutto ciò che c’era nel pc … anche i
capitoli nuovi.
Credo quindi che gli
aggiornamenti saranno molto più lenti del normale
… (tra l’altro, visto che
dovevo riscrivere il cap 19, ho riletto il 18 e sono rimasta
sconcertata da me
stessa. Come ho potuto scrivere delle cose così? ODDIO!
Quella sera dovevo aver
mangiato merendine a base di alcol … non me ne
capacito!Oddio! che vergogna!!!
Quasi quasi è un bene che il seguito sia andato perduto XD!
Ah, e mia sorella, che lo ha letto, mi ha detto che non mi
rivolgerà più la parola e che io sono una
pervertita!Dice che diventerò una scrittrice di copioni per
i film porno! che ridere la sua faccia sconvolta!) Inoltre fra poco
parto … Ma per intanto, eccovi questo capito, alla fine del
quale ci sono i
ringraziamenti alle 17 persone che hanno risposto all’avviso
postato
gentilmente dalla cara Lilian Potter! E un grazie anche alilly95lilly! Per tutte voi che avete
commentato il cap 18,
sappiate che avevo già pronti i ringraziamenti, ma anche
quelli sono andati a
ramengo … Sappiate che ho apprezzato tantissimo le vostre
rec e che ne aspetto
altre, altrettanto belle. GRAZIE!!! Giulls,
Hanairoh,
Wind,
Inuyasha__girl92,
BellaSwan95,
MoonlessNight,
PenPen,
emily
ff, Girasole94,
_Natsuki_,
francy94,
carlottina,
aLbICoCCaCiDa,
StarlitWriter,
bimbaemo,
memi16,
hachicat,
giulia9_91,
frizz_np,
3mo_is_love,
alice
brendon cullen,
yumisan,
Krisma,
Deimos,
AngelOfLove,
Rakiy,
tinellona,
yuyutiamo,
momob,
LittleBloodyMary,
Gx_Gse(Contorta
dici?
Proprio come la mia personalità!!!Io sono moltooooo
contorta! Dovresti vedere i
miei ragionamenti XD),sophie_95,
Helen
Cullen, BloodyKamelot. Spero di non aver perso la
mano e che questo capitolo vi piaccia.
Un bacio e a presto (mi
auguro) Cassandra!
Ps:
Questo capitolo è un po' così ... si insomma ...
abbiate pazienza. devo riprendere confidenza con la tastiera XD
migliorerò!
E mi raccomando, leggete anche la mia one-shot su twilight: Indietro
Grazie alle persone che l'hanno commentata! (vi
risponderò nel prox cap!)
Oggi è uscito BREAKING DAWN!!!EVVIVA!!! Peccato che fino a martedì non potrò averlo!!!uffa.
Bella's
POV
<
Pronta? > un
sussurro smorzato. La sua voce era molto bassa, roca. Sensuale, persino
più del
solito ...
Non
risposi subito.
Stavo
respirando il suo soffio,
fresco ed inebriante. Le sue parole di velluto scivolavano leggere sul
mio
volto.
Lo
fissai negli occhi
…erano diventati neri, nonostante non fosse trascorso molto
tempo dalla sua
ultima battuta di caccia.
Sentivo il mio sangue
pompare velocissimo ed impazzito nelle mie vene.
Rendere le mie guance
color porpora.
E vedevo la sua sete in
quei meravigliosi pozzi di pece fusa.
Mi dispiaceva sapere che
starmi così vicino gli procurava una sofferenza tale.
Sebbene lui non osasse
ammetterlo, la vicinanza del mio sangue gli bruciava la gola, come
fosse fuoco.
Lo desiderava, e per questo si odiava. Era la sua natura, non ne aveva
colpa. E
io non ne avevo paura. Conoscevo fin troppo bene la sua autodisciplina.
Sapevo quanto fosse bravo
nel fermarsi, quando fosse stato troppo, anche per il suo
autocontrollo. Non mi
avrebbe mai fatto del male. Avrebbe preferito morire …
Ma oltre la sete, era chiara
la voglia che aveva di me … come donna.
Chiusi gli occhi per
alcuni istanti, cercando di mantenere il respiro regolare.
Una battagli persa in
partenza …
Anche
perché Edward avvicinò
ulteriormente il suo volto al mio e, dopo avermi baciato le palpebre,
passò
delicato le sue labbra lungo una linea invisibile che andava da dietro
l’orecchio alla spalla, obbligandomi a reclinare il capo. Con
le labbra lambì
la pelle della mia clavicola.
Ebbi
un fremito a quel
contatto e strinsi il suo corpo al mio.
Appoggiai la fronte nell’incavo
del suo collo, nascondendo il rosso delle mie guance.
Non sapevo neanche io come
comportarmi, infondo era solo la seconda volta che ci provavamo.
Lasciai che fosse il mio
corpo a guidarmi. Strinsi la presa delle mie braccia sulla sua schiena.
Quando mi decisi a
sollevare le palpebre, incontrai di nuovo il suo sguardo. Mi scrutava .
Era cauto …
Mi resi conto di non aver
risposto alla sua domanda ed arrossii.
< Edward … >
< Sì? > il tono
della sua voce era prudente. Percepivo chiaramente il suo timore. Non
voleva
affrettare i tempi. Temeva di turbarmi.
<
Edward … sono pronta.
> sussurrai lentamente. Mi sollevai sui gomiti per un istante
per baciarlo e
poi mi abbandonai di nuovo alle lenzuola.
Mi
sorrise e si chinò a
leccare le mie labbra. Le sue mani mi carezzarono il volto e poi
scesero lungo
il collo, dietro le spalle, sulla mia schiena.
Ad ogni carezza mi
regalavano un brivido e lui sembrava perfettamente consapevole di
ciò …
Il tocco delle sue dita
era seguito da quello delle sue labbra, fresche e delicate. Discrete ma
allo
stesso tempo terribilmente maliziose.
Lasciai che giocasse con
la mia pelle, che la baciasse. E le scie gelate che lasciava su di me
mi
parevano tracciate con il fuoco. Lo stesso fuoco che bruciava dentro di
me.
Mi accarezzò i glutei e
poi, gentilmente, con le ginocchia mi obbligò ad aprire
ancora un po’ di più le
gambe.
Tremai quando sentii il
suo corpo gelato combaciare perfettamente con il mio, accaldato e
sudato. Il suo
bacino sopra il mio.
Le sue labbra non
abbandonavano il mio viso. Si appoggiarono sulle mie per un istante. Le
sfiorarono appena e poi la sua voce resa roca
dall’eccitazione che a stento
tratteneva, mi raggiunse:
< Ora … ? >
Annuii lentamente,
sorridendogli. Era assurdo che si facesse tutti quei problemi.
Poggiò la sua guancia
sulla mia e sussurrò al mio orecchio: < Ti amo, come
pensavo di non poter
amare mai … >
Le
mie dita intanto
avevano raggiunto la sua nuca e gli scompigliavano i capelli. < Anche io ti amo. Come
non potrei mai amare nessun’altro. >
A quelle parole, lo sentii
sorridere sulla mia pelle. Erano sincere, e lui lo sapeva, ne era
contento.
Ero certa che tutte quelle
emozioni non le avrei mai potute provare con altri al di fuori di lui.
Quel sentimento così intenso
e travolgente …
Con
una mano, lentamente,
sollevò il mio bacino mentre con l’altra si
aiutava. Faceva pianissimo,
misurando ogni gesto, ogni singolo movimento.
Sapevo che era
terrorizzato all’idea di fare del male a me, o ad Elizabeth
…
Ma non volevo che vivesse
questi momenti con una tale ansia.
Volevo che fosse felice,
come lo ero io in quel momento… Volevo che fosse felice.
Volevo renderlo felice ...
Mi
aggrappai alle sue
spalle quando si unì a me per la seconda volta in tutta la
nostra vita.
Il suo, fu un movimento
fluido e delicato ma allo stesso tempo deciso.
Proprio come la prima,
sebbene molto attenuato, anche questa volta sentii dolore.
Mi lasciai sfuggire un
gemito sofferente mentre nascondevo la fronte nell’incavo del
suo collo.
Involontariamente, avevo
stretto la presa delle mie dita sui suoi capelli e avevo intrecciato le
gambe
alle sue.
Il mio corpo era in
tensione. Mi ero irrigidita.
Era strano sentirlo parte
di me … era bello, emozionante.
Edward
rimase fermo,
immobile.
Distinguevo
il suo respiro
affannoso accarezzarmi la nuca mentre speravo che non notasse quelle
due
dannatissime lacrime agli angoli degli occhi.
Mi accarezzò la pelle del
volto. Con amore, mi obbligò a voltare il capo e a fissarlo
negli occhi.
Vide i miei umidi e li
baciò, intrappolando le mie lacrime tra le sue labbra.
Senza
neanche pensarci,
alzai il capo improvvisamente ed appoggiai le mie alle sue. Lo baciai
sconvolta
io stessa della mia veemenza. Lui pareva piacevolmente sorpreso, a
giudicare
dalla risposta delle sue mani, intente a non permettermi di muovermi,
neanche
di un centimetro …
Era un bacio tenero,
timido nonostante tutto. Ora entrambe le sue mani erano sulla mia
schiena. Mi
obbligava a stargli vicinissima.
Il mio ombelico premeva
leggermente sui suoi addominali.
Con dei movimenti apparentemente
naturali, si unì a me in modo sempre più profondo.
E
ogni gesto, carico di
attenzione, era accompagnato da una carezza, un bacio.
Aspettava che mi abituassi
a lui, che i miei muscoli si distendessero.
Il mio corpo era caldo,
bollente. Mi pareva ardesse per l’emozione.
Pian
piano, il dolore mi
abbandonò completamente lasciando spazio
all’eccitazione.
Cercavo
di muovermi anche
io, ma ero goffa e, sebbene sapessi che fosse una cosa stupida, avevo
anche un
po’ paura.
Non saprei dire bene di
che.
Temevo di far male alla
bambina, di essere incapace, di non poterlo fare felice …
temevo di rovinare
tutto, di non essere all’altezza delle aspettative
… Non riuscivo proprio a capire cosa ci trovasse in me,
così goffa ed impacciata.
Edward invece, persino in
una circostanza come quella, non aveva perso la grazia infinita che lo
contraddistingueva.
Erano timori stupidi,
sapevo che lui mi avrebbe rimproverata se glie li avessi confidati.
Secondo
lui, mi sottovalutavo, mi sminuivo. Forse era vero. Forse no
… In fondo, lui non
era un giudice imparziale.
Era un angelo, intento a
baciarmi il petto, a regalarmi tutto il suo amore.
Quando
i movimenti di
Edward cominciarono a farsi più incalzanti, mi distolsero
dai miei pensieri. Sospirai
e lo abbracciai stretto a me.
< Bella? > era
preoccupato. Si era fermato all’istante.
< Amore, che c’è? >
< Niente … non ti
fermare ti prego. > gli bisbigliai, visibilmente imbarazzata.
Sorrise baciandomi la
guancia.
< Sicura? >
Annuii vigorosamente.
Volevo tranquillizzarlo e gli sorrisi, incoraggiante.
Senza preavviso, catturò
la mia bocca con un bacio. Era così …
così diverso dal solito.
Mi abbandonai alle sue
labbra avide e lentamente il mio corpo si rilassò.
Non mi ero mai sentita
così.
Ero
felice, felice dentro.
Sentivo
il mio cuore
battere all’impazzata e, quando Edward si scostava
leggermente per permettermi
di respirare, i miei ansiti cominciavano a riempire l’aria.
La sua mano scivolò sul
mio seno sinistro.
Ascoltava il cuore mio e della bambina, e intanto respirava a fondo il
mio odore ...
I nostri respiri erano
accelerati … forse troppo rumorosi.
Sperai
che gli altri
fossero molto, molto lontani.
Sentivo
nel mio corpo
farsi strada una sensazione vissuta solo in parte, solo una volta
… la notte
del matrimonio. Era assolutamente travolgente, impetuosa, bellissima.
Il mio corpo, attraversato
da dei brividi, non rispondeva più alla mia mente.
Mi scoprii molto più
audace di quanto non credessi.
Accarezzavo il mio sposo,
gli sussurravo il mio amore, gli baciavo ogni centimetro di pelle
riuscissi a
raggiungere.
Sentivo l’impazienza
crescere dentro di lui, dentro di me …
Lo sorpresi stritolare il
lenzuolo nel pugno, nel tentativo di trattenersi, mentre tutti gli
altri suoi
movimenti non tradivano assolutamente il suo stato.
Era così premuroso, così
dolce.
Gli
accarezzai la guancia
e lui ringhiò.
E io
inizialmente mi
spaventai … realizzai però praticamente subito la
vera natura del ringhio e
sorrisi, ad occhi chiusi.
Più che un suono
spaventoso, parevano delle fusa …
Ora anche io, vinta l’esitazione
iniziale, mi muovevo con lui, anzi, lui assecondava ogni mio movimento
…
cercava di non mettermi fretta … mi stava aspettando.
O per lo meno ci stava
provando.
Il
mio corpo era ancora scosso
da tremori leggeri quando lui appoggiò il palmo delle sue
mani sulle mie spalle
e cominciò a chiamarmi in modo molto, molto seducente.
Io non riuscivo a
rispondere. Ero troppo emozionata. La bocca secca mi impediva di
parlare.
Lui intuì tutto si abbassò
a sfiorarmi il lobo dell’orecchio.
Sentivo il suo corpo
freddo appoggiato leggerissimo sul mio.
Lo sentivo parte di me.
Queste erano le uniche cose che riuscivo a capire in quel momento.
Strinsi Edward a me con
tutta la forza che avevo. Volevo sentirlo mio, volevo essere la sua
parte
complementare. Non solo nell’anima, ma anche nel corpo.
Sentii nuovamente un
ringhio basso e roco nascergli nel petto. In quello stesso istante
anche lui mi
strinse a sé in un abbracciò avvolgente.
Il suo corpo s’irrigidì
per alcuni istanti. Inarcò la schiena e alla fine si
rilassò.
Ripensai
a l’unica volta
in cui lo avevo visto in quel modo … cinque mesi prima. Era
straordinario
pensare che proprio in quel modo avessimo concepito la nostra bambina.
Sapevo che ora lui era
completamente mio. Di nuovo …
Gli
accarezzai la schiena
e mi accorsi che tremava leggermente. I suoi movimenti si erano fatti
di nuovo
veloci sebbene sempre delicati, come se fossi fatta di vetro.
Ansimava
ed era molto provocante
mentre mi accarezzava.
Non riuscii a trattenere
il gemito di piacere quando mi sfiorò il seno e scese lungo
tutto il mio fianco.
Le sue dita ormai tiepide correvano lungo la mia pelle, rincorrendosi e
fermandosi nei punti più sensibili.
Mi sorrideva peccaminoso e
il suo respiro, una brezza gelida, mi dava alla testa.
Dopo un suo movimento
appena più brusco dei precedenti, strinsi la mia mano
intorno alla sua con
tutta la mia forza. Lui parve non accorgersene.
La sua voce, dannatamente
sensuale e roca, fu l’unica cosa che mi permise di non
dimenticare il mio nome …
Ormai
non ero più la
padrona del mio corpo, che rispondeva solo ai segnali di Edward.
O
fremiti, man mano sempre
più travolgenti, mi costringevano a stringermi a lui.
Quando persi totalmente il
controllo, sentii le mie dita stringersi intorno alla sua pelle
perfetta in
modo tanto forte da farmi male, ma non me ne importava.
La mia testa era
annebbiata dal suo respiro, mentre gli spasmi del mio corpo mi
obbligavano a
dei movimenti bizzarri.
Era come se fossi scossa
da centinaia di brividi ma di freddo, anzi ...
In un
attimo di lucidità
residua, potei constatare di non essere l’unica ad ansimare.
Fortunatamente.
Incontrai il suo sguardo
peccaminoso.
Percepii il mio corpo
tendersi e provai l’impulso di stringermi a lui. Le mie gambe
intrecciate alle
sue … il mio seno premuto contro il suo petto marmoreo.
Lui rispose al mio
abbraccio mentre tutti i muscoli del mio corpo si rilassarono
contemporaneamente. Boccheggiavo.
Rimasi tra le sue braccia
a lungo, cullata dalle sue carezze e dai suoi baci.
Quando separò il suo corpo
dal mio mi lamentai flebilmente e lui rise, baciandomi la fronte.
Accarezzò le
mie gambe, con cui gli avevo imprigionato il bacino, e mi
massaggiò i polpacci
obbligandomi a liberarlo dalla mia presa.
Con
un gesto velocissimo e
delicatissimo, ribaltò le nostre posizioni afferrandomi per
la vita e io mi
ritrovai di nuovo sdraiata su di lui. Ero stanca e mi limitai ad
accoccolarmi
sul suo petto, sdraiata di lato. Non volevo pesare sopra il pancione.
Già, la bambina …
Mi
portai le mani al grembo
e, carezzandolo, sospirai.
<
Che c’è? > mi
chiese Edward, dopo avermi coperta con il lenzuolo. < ti senti
male? >
< Mai stata meglio.
> gli sussurrai soddisfatta.
< Sei arrossita … come
mai? > mi domandò fingendo disinteresse.
< Edward? >
< Sì? >
< mhm … spero di non aver
fatto male ad Elizabeth … > confessai nascondendomi
sotto il suo mento.
Lui mi accarezzò le spalle
e, respirando a fondo il mio odore mi assicurò:
< Bella, te l’ho già
detto … la bambina è ben protetta, e noi abbiamo
fatto attenzione. Non corre
alcun rischio. >
Annuii lentamente
sfiorando il suo collo con le labbra. Il suo profumo mi tranquillizzava.
< Bella … come ti
senti? >
Alzai lo sguardo e lo
fissai irritata. < Bene, te l’ho già detto
… >
< Sei felice? >
Arrossii: < Moltissimo.
> confessai.
Mi
baciò la tempia e mi
sussurrò sereno:
< Se tu stai bene, se
tu sei felice, anche la bambina lo è. Percepisce tutte le
tue emozioni … le
vive con te. Voglio che tu sia serena e felice anche per lei. E per
questa sera
… si sarà solo chiesta cosa fosse tutto quel
movimento. Avrà pensato: “chissà
cosa staranno combinando?” >
Faceva la voce sensuale, quella che riusciva a
sbriciolare ogni mio minimo tentativo di resistenza.
Non potei fare altro che
ridere piano e mi abbandonarmi alle sue carezze.
Ritrovando
parte di una
uno spirito di iniziativa che non credevo nemmeno di avere, bisbigliai
peccaminosa:
< Questa è stata una
notte splendida … temo che Elizabeth si domanderà
molte altre volte cosa succeda,
il perché di tutto quel movimento … > e,
ammiccando alla mia stessa allusione,
gli massaggiai il petto con le dita.
< Io sono d’accordo. Il
movimento non le farà certo male. Ma ora, che ne dici di
dormire? Sei stanca. >
< non è vero. >
< Menti. >
Sbadigliai e mi misi
sistemai meglio tra le sue braccia. Il suo corpo era ormai tiepido, a
causa del
prolungato contatto con il mio.
Senza accorgermene, i
contorni della nostra stanza si sfocarono e i baci di Edward si
confondevano
con le sue carezze e io scivolai nel sonno sebbene avessi desiderato
che quella
notte non avesse mai fine.
Prima
di addormentarmi del
tutto, mi accorsi di Edward che mi massaggiava il pancione.
Stava dicendo qualcosa ma
capii che non era con me che parlava …
Ne ero certa … sarebbe
stato un padre dolcissimo.
<
Edward … > cercai di dire, ma la mia voce era
impastata di sonno. Lo
sentii guardarmi.
< Dormi. È tardissimo. > La sua voce di
velluto pareva accarezzarmi.
< Ti amo. Voglio stare
con te, per sempre. Passare altre infinite notti come questa
… > riuscii a dirgli prima di
sbadigliare.
I miei occhi sopraffatti dalla stanchezza bruciavano.
Con
voce malinconica mi
disse: < Bella … sarà così.
Insieme. > Mi strinse a se e mi baciò,
tormentato. Era agitato, turbato. In altre occasioni mi sarei
preoccupata, ma
in quel momento ero troppo stanca.
E
pensando al nostro futuro,
mi addormentai del tutto, scivolando in un sonno senza sogni.
Voci
…
Mi
rigirai nel letto.
Ancora voci.
Emmett,
Carlisle … forse
anche Rosalie … uffa, era tornata anche lei …
Mi
allungai nel letto alla
ricerca di Edward ma le mie dita tese incontrarono solo le lenzuola.
Mugugnando, aprii gli
occhi e con rammarico vidi che lui non c’era. Piegata sul
cuscino, una camicia
da notte per me.
Me la infilai e notai
sulla mia pelle dei segni rossi.
Sentii il sangue affluire
alle guance.
Non ricordavo fosse stato
così passionale. Speravo che gli altri non li notassero,
anche se alcuni erano
molto visibili.
Sorridendo,
mi portai una
mano al collo nascondendo i segni della sua passione e andai in bagno.
Ero
nella vasca quando
Alice bussò alla porta.
Non attese una risposta ed
entrò.
< Allora? Com’è andata?
> mi chiese senza guardarmi.
Io mi immersi fino al
mento portandomi le ginocchia al petto, per quanto Elizabeth me lo
permettesse,
e mi nascosi nella schiuma.
< Mm > risposi fissando
la paperella di plastica che navigava solitaria rischiando di annegare
nel
sapone …
< E dai! L’altra volta
non abbiamo fatto in tempo a parlarne … > e si
voltò per fissarmi negli occhi.
>
Io, per sfuggile, mi
immersi del tutto bagnandomi i capelli. Quando riemersi, trovai Edward
appoggiato allo stipite della porta. Istintivamente mi coprii il seno.
< Ti ho preparato la
colazione. Quando avete finito di spettegolare, vieni di la. > e
si avvicinò
per darmi un bacio casto sulle labbra. Chiusi gli occhi ma li riaprii
subito. Era
stato troppo breve come bacio. Lo cercai con lo sguardo ma lui era
già sparito
oltre la porta.
Sbuffai
con la bocca
nascosta per metà sotto l’acqua e il mio sospiro
sparse bolle di sapone
ovunque.
<
Alice … perché vuoi
che ti racconti, cosa che tra l’altro non farei mai, se tanto
hai già visto
tutto? >
< Sai, non credevo che
foste così passionali … > la povera
paperella spiccò il volo in direzione
testa di Alice. Lei naturalmente la schivò senza fatica.
< Dai Bella, esci. Devi
prepararti. > sembrava nervosa.
< Alice, che cosa c’è? >
chiesi improvvisamente agitata.
Alice nervosa era una
delle cose che più temevo. Il mio respiro si era fatto
veloce, un po’ troppo.
< Calma Bella. È tutto
sotto controllo.Aspettiamo solo una visita ... Ora esci da lì. Si sta raffreddando
l’acqua. >
E mi porse l’asciugamano.
< E per che ora
aspettiamo la visita? > chiesi esitante.
Ci pensò un attimo e poi
mi rivolse un sorriso.
< Arriverà nel primo
pomeriggio … >
< E che ore sono? >
< Sono le nove e mezza.
Hai tutto il tempo per prepararti! > e rise della sua risata
cristallina,
limpida e rassicurante.
Uscii dalla vasca con le
mani che mi tremavano leggermente.
Sapevo che non sarei
riuscita a mangiare niente.
Ancora
avvolta nell’accappatoio,
usci velocemente dal bagno e corsi da Edward.
Era voltato quando lo
raggiunsi. Gli cinsi la vita con le braccia. Lui si girò
stupito e lo vidi
gettare uno sguardo indagatore ad Alice.
Poi si abbassò a sfiorarmi
le labbra con il pollice.
< Che hai? > mi
domandò.
<
Ti amo. > gli
dissi nascondendomi nella sua camicia.
Mi
accarezzò le spalle e
cullandomi mi prese in braccio, riportandomi in camera.
< beh, è sempre bello
sentirselo dire. Ma posso sapere perché sei così
agitata?>
< Edward, chi è che sta
per arrivare? >
Lo sentii sussurrare tra i
denti il nome di Alice e, dopo un sospiro esasperato, mi
rassicurò:
< Non te lo dico. È una
sorpresa. > e mi fece il solletico mentre mi adagiava sul letto.
Rassegnata,
lasciai perdere.
Non me lo avrebbe detto.
Avrei aspettato, logorata dall’angoscia.
Anche se avrei fatto di tutto per non farglielo capire.
In fondo, avrei dovuto
aspettare solo poche ore.
Speravo
solo che nessuno stesse per sconvolgere la mia vita di nuovo. Non sarei
riuscita a sopportarlo. In fondo, chiunque stesse arrivando non poteva
rappresentare una minaccia ... Edward mi avrebbe già portato
via. Lui mi avrebbe protetto, sempre. A qualsiasi costo.
A quel pensiero, colta da
un’ondata di paura, mi aggrappai alle sue spalle.
Perché Jasper non c’era,
quando avevo bisogno di lui? Dannazione.
Ciao
a tutte! È tutto il pomeriggio
che litigo cn il PC. Mi sta facendo dannare. Speriamo in bene. Ed
inoltre poco prima di postare, ho ricevuto una notizia tremenda che mi
ha messo KO il cervello ...
Eccomi qui cn un altro
capitolo … Allora, vi devo avvisare: Io non
racconterò niente di BD, ma
sappiate che, se la Meyer
scrive quelle cose, mi sento in tutto
diritto di proseguire lungo la mia strada
senza sentirmi una sciocca o un’esagerata. Quindi ragazze,
tenetevi forte! La
storia, che ora sembra tanto tranquilla, fra poco avrà uno
scossone. Mi
raccomando, abbiate pazienza ancora qualche cap (dai, un po’
di pace anche per
la nostra coppietta, cosa ne dite?) e poi, la storia tornerà
movimentata!!!
Un'altra cosa, visto che in
molte me lo hanno chiesto, vi lascio il mio contatto MSN …
per chi volesse
contattarmi. L’unica cosa, se lo fate, scrivetemi il nome che
usate su EFP,se
no non vi riconosco e non so se accettare o
no. Ok? Ecco: CassandraLeben@hotmail.it
(che fantasia
…)
Per prima cosa:
DEDICO
QUESTO CAPITOLO A PenPen!
Spero ti faccia piacere!Un bacio grande grande, Erika.
E
poi, i ringraziamenti!!! HanairohSono
felice che tu stessi proprio
rileggendo la ficcy … Sincronia perfetta!!! Ah, credo che
tutte(io per prima
XD) vogliano un Edward personale!! 4everWITCHAdesso
vedrai! E sn contenta che ti piaccia così tanto
la mia ficcy! Mi sento onorata! PenPenSi,
per ora funziona, ma ha gia ricominciato a ridarmi
problemi … speriamo di no! Inuyasha__girl92E io
ti dico solo che per continuare questa storia, mi
porterò il PC in montangna!!! Letti letti… mamma
mia … Cioè, dicono? Ma è
possibile?? Ciao e a presto!!! Ah, sì! È questo
PC che si chiama Edward Elric!
Che tenera che te lo ricordi! yumisanEhm
… ho perso TUTTO!!!! *Erika si sta strappando i
capelli* Sn contenta ti sia piaciuto il cap!!! AngelOfLoveOME
(o my Edward) che bel commy! Se vuoi, ti mando
quello che ho su BD … Ah, e oggi faccio le foto!
Così te le mando XD momobMa
non preoccuparti! Adesso scoprirai il seccatore! MoonlessNightSì!!!
Sn tornata! E spero di poter
continuare a postare! Fra poco arriva una parte che è molto
che aspetto di
poterla scrivere! Spero ti piacerà! Fin
FishCiao!!!
Sai, mi devi spiegare il perché di questo
nickname. Sn giorni che me lo chiedo XD! tinellonaSperiamo
che vada avanti così!!! Sai, fra poco
c’è una
parte che amo molto, e vorrei renderla bene! RakiyUfficiale:
siamo in due ad essere pervertite!!! E
anche io voglio Edward che mi faccia le fusa. Chissenefrega del mio
gatto!!!
(non è vero, io lo amo, sia il gatto che Edward XD Ok, s
andata … ) Anche voi
mi siete mancate!!! hachicatSorella!!!
TCT alla seconda!!! Ma senti, ehm, nn ho
capito il cartone. Chiedo venia! Come va a New York? Li in America come
avete
vissuto l’uscita di Breaking Dawn? La Jo
ha rinunciato alla palestra per te? E il piccolo Wasabi
come sta? Senti, lo so che Forks è lontano dal Rhode Island
… ma non riesci
proprio a fare un salto? Un diretto Providence Siattle … ps:
Mi manchi. WindVedrò
di farli recuperare alla grande, ma poverini,
non avranno molto tempo … prima che … XD alice
brendon cullenDai,era
così hot? *si
seppellisce sotto la sabbiadi
Alassio …
* PS: sei stata un’angelo! memi16Grazie!!!
Sei sempre così carina cn questi commenti! Helen
CullenVisto
che nn ti ho
fatta aspettare molto? Sono davvero lieta che non ti sia parso troppo
spinto cm
cap. è il mio terrore. Non vorrei finire come dice mia
sorella XD novilunioMi
raccomando! Sono curiosa di sapere come te la passi
laggiù!Sono molto passionali, ma
anche io lo sarei cn Edward!!! Senti, mi togli una
curiosità? Per andare a capo
nelle rec usi il tag < br > ? frizz_npSono
tanto contenta di essere
tornata! Spero ti piaccia il cap! BloodyKamelotSperiamo
di mantenere il ritmo! Un bacio! lilly95lillyAnche
io sn super incasinata!!! Ma spero di poter
continuare a postare a questo ritmo!!! Ciao e a prestissimo! DeimosGrazie
per entrambe le rec! Per BD …
insomma, non so se hai letto … mamma mia XD!!! BellaSwan95Ciao
Sara! Peccato che nn riusciamo più a beccarci!
Sigh … spero ti piacciano anche gli altri cap! Girasole94Non
preoccuparti, sn già al lavoro per recuperare.
Scrivo a ritmo serrato! rayakaTUO???
O tesoro, sappi che la fila è
lungaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!! XD GiullsChissà
con chi starò mai chattando? Nome? Mmm.. per
quella cosa sto ancora pensandoci. Vi farò morire tutte Eh
Eh Eh! elisaterraGrazie!!!
Sono contenta di tutto questo entusiasmo,
tuo e delle altre!!! GRAZIE!!! Mi fate sentire così felice! Gx_GseHo
fatto più presto che ho potuto! Non preoccuparti,
appena posso leggo anche la tua ficcy! Scusa, ma in questo momento
è davvero un
inferno! Per me è un onore sapere che ti farebbe
così piacere! XD ECILYOddio,
mi hai lasciata senza parole!
Sono davvero colpita dal tuo entusiasmo! Grazie! Ah, sai una cosa?
Quella frase
è anche la mia preferita!!! Un bacio enorme e sono molto
felice che tu abbia
letto la mia storia (in un pome!!!) ciao e a presto! emily
ffGrazie!!!
Sono corsa subito a correggere!!!! Grazie!!! inooooGrazie
per la rec! La tua prima! Spero nn sarà
l’utima!!! KrismaHo visto un
attimo prima di postare la tua rec … grazie!!! Spero ti sia
divertita al
mare!!! Per fortuna che ho ricontrollato prima di postare!
Spero di riuscire ad
aggiornare entro la mia partenza! Giovedì o
venerdì!
Un bacio a tutte e poi, un
ringraziamento speciale anche a tutte voi che leggete solamente!
Cassandra
Bella's POV
Edward
mi abbracciò per rassicurarmi, avendo chiaramente
intuito la mia ansia.
Mi
fece sdraiare e scoprì parti del mio corpo spostando
peccaminosamente l’asciugamano, lasciando in questo modo scie
bollenti sulla
mia pelle ancora umida. Ogni volta che le sue dita esploravano un lembo
appena
scoperto, dalle sue labbra usciva un gemito di approvazione.
<
come si fa a resisterti? > mi chiese scuotendo la
testa e fingendo sconsolatezza. Risi del suo sguardo.
Feci
finta di tirargli un cuscino e poi mi avvinghiai al suo
corpo.
Mi diede un bacetto sulla fronte, mi porse un abito azzurro, uno dei
suoi
preferiti, e poi uscii.
Mi infilai quel vestito premaman, che Esme mi aveva comprato a Gibson,
e mi
osservai allo specchio.
Sapevo perché a Edward piacesse così tanto.
Faceva risaltare la pancia. Era proprio
incorreggibile.
Mentre
andavo in cucina, ripensai al mio povero guardaroba.
Tutti i miei vestiti, che Alice mi aveva portato dalla nostra casa di
Forks,
ormai non mi andavano più e sebbene lei sapesse benissimo
che non volevo
regali, mi aveva riempita di doni a natale.
< Bella, non fare la difficile. Ti servono dei vestiti nuovi.
Già non ci
stai più in questi! > mi aveva rimproverato quando
avevo cominciato a
sbuffare, la mattina di natale, quando,dopo aver visto la montagna
enorme di
pacchi e pacchetti ai piedi del mio letto, avevo cominciato a scartarli
e mi
ero ritrovata tra le mani una miriade di abiti …
Sì, sia lei che tutti gli altri Cullen mi avevano riempito
di doni ed inoltre,
mi erano arrivati anche quelli del compleanno. Mi avevano persino
organizzato
una festa in ritardo. Jasper e Alice tornavano spesso a Forks, si
assicuravano
che tutto fosse a posto. Avevano incontrato più volte i miei
genitori. E
naturalmente, mi avevano fatto pervenire i regali di Charlie e
Reneè. E persino
quello di Jake.
Quando
me lo avevano consegnato, mi era venuto un magone
tremendo.
Chissà
come stava, realmente. Jasper aveva cercato di
rassicurarmi ma io sentivo sempre un vuoto, al suo pensiero. Tenevo il
suo
bracciale sempre al polso, insieme al gioiello di mio marito. Era stata
la
prima cosa che Alice mi aveva restituito, dopo il mio ritorno. Dopo
avermi
assicurato che Jake stava bene. Il suo regalo di compleanno e natale si
trovava
nel mio cassetto, insieme ai miei ricordi.
Era una foto, di noi due. Non sapevo quando fosse stata scattata. Nel
mio
periodo buio, questo era certo. Noi due nel mio salotto, intenti a fare
i
compiti. Sembrava una scena normalissima ma ormai apparteneva ad un
mondo a me
lontanissimo.
Quando la vedevo mi veniva nostalgia. La sua dedica era semplice e
dolce.
Carica di sollievo per il mio ritorno.
Alzai
lo sguardo e mi accorsi di come Edward mi stesse
fissando.
< La smetteresti di tormentare le mie povere frittelle? Non ti
piacciono? >
< Sono buone … ma non ho molta fame. > risposi
abbassando gli occhi sulle
frittelle ridotte a un puré dall’aspetto poco
invitante. Con la forchetta mi
ero limitata a rigirarle fino a distruggerle. La marmellata mi sembrava
sangue
… mi venne la nausea.
< Beh, che tu non abbia fame non mi importa. Devi mangiare per
la bambina.
Lei la fame ce l’avrà di sicuro. Non fare i
capricci … > non fece a tempo a
finire la frase.
In
uno scatto d’ira gli lanciai il piatto e gli riempii di
marmellata la camicia bianca.
Mi
alzai facendo cadere la sedia all’indietro e corsi in
camera, dove mi chiusi a chiave. Edward batteva contro la porta, ma il
tono
della sua voce non era adirato come avrebbe dovuto. Sembrava quasi
preoccupato,
il che mi irritò anche di più..
Io, dal canto mio, non sapevo cosa mi fosse preso.
Quella mattina mi ero alzata con la luna storta e il mal di pancia. Ero
stata
svegliata dalle voci di Emmett e degli altri. Avrei voluto dormire di
più. E
poi, Alice con quel suo atteggiamento sospetto mi aveva agitata
… ero nervosa
per via della visita del pomeriggio.
Mi dava fastidio ammetterlo ma, da quando ero tornata a casa qualsiasi
cosa
imprevista mi dava i nervi. Mi faceva paura. Carlisle era convinto che
fosse
una reazione al rapimento, che non avessi ancora smaltito lo stress
…
Quando Edward aprì la porta con le chiavi di riserva, io ero
sdraiata sul letto
con il volto nascosto dai cuscini.
Sentii la sua mano fredda accarezzarmi la schiena e mi allontanai.
<
Bella? Tutto bene? >
<
Edward! > gli gridai da sotto il cuscino < La vuoi
smettere di essere così protettivo? Sto bene cazzo! E starei
anche meglio se tu
la smettessi di comportarti in questo modo, come se fossi una bambina!
Se non
ho fame non mangio! E non tirare fuori Elizabeth. Non morirà
anche se salto la
colazione! > e poi, senza neanche sapere perché,
scoppiai a piangere. Edward
mi liberò dalle coperte e mi strinse al suo petto nudo. Si
era levato la
camicia macchiata.
Possibile che fosse sempre così … così
… dolce? Non si arrabbiava mai con me.
Con la voce spezzata dai singhiozzi gli chiesi scusa, cercai di
spiegargli che
non sapevo neanche io cosa mi fosse preso.
< Non preoccuparti. Non è successo niente.
È normale avere degli sbalzi
d’umore … gli ormoni non puoi mica controllarli!
> e mi sorrise complice,
asciugandomi le lacrime con un lembo del lenzuolo. Con le labbra si
soffermò su
un segno rosso che mi aveva lasciato sul collo. Si spostò di
qualche centimetro
e, succhiando piano la mia pelle, me ne lasciò un altro, se
possibile anche più
vistoso. Nonostante il suo respiro mi invadesse le narici, non riuscivo
a
ritrovare la calma.
Mi sentivo arrabbiata con lui, sempre così pacato
… non si adirava mai con me.
E io, forse, volevo che invece qualche volta lo facesse. In quei
giorni,
durante la gravidanza, si comportava come se fossi stata fatta di
vetro. Volevo
che si arrabbiasse. Che reagisse. Non so … io in fondo
desideravo solo che mi
trattasse come una persona normale. Ero così confusa
…
<
Ci vorrebbe Jasper … > sussurrai. Lo sentii annuire e
poi dirmi:
< Dovrebbe tornare tra poco … >
Sospirai e gli sfiorai le occhiaie, ustioni violacee sotto i suoi occhi
meravigliosi.
< Anche tu dovresti andare a caccia. Non voglio vederti soffrire
per la
sete. >
Mi osservò per un attimo e poi disse in modo fin troppo
affrettato:
< Sì … a caccia. Io ed Emmett volevamo
andare domani. Ma non preoccuparti. È
gestibilissima per me questa situazione ... > e, dopo aver
portato il mio
polso al volto ed inspirato l’odore del mio sangue, lo
baciò con amore.
Mi
strinsi di più a lui.
< Grazie, per tutti questi tuoi sacrifici. >
Sbuffò e lo sentii sussurrare: < Io faccio sacrifici?
Lei invece no? >
Scossi la testa e pensai a quanto la situazione fosse difficile per
tutti.
Tutti i Cullen, negli ultimi mesi, andavano a caccia in gruppi di due,
per non
lasciare la casa, o meglio me, senza abbastanza protezione. Edward
voleva
sapermi al sicuro, voleva rimanere con me il più possibile,
per stare con me e
per proteggermi. E voleva che anche la sua famiglia mi stesse vicino.
Fosse
stato per lui, avrebbero dovuto restare tutti a casa a fare la guardia,
e
avrebbero dovuto andare a caccia da soli. Alla fine però
tutti avevano
convenuto che era troppo pericolosa una cosa simile. Andare a caccia in
coppia
era risultata la soluzione migliore. Lui e Carlisle inoltre non si
allontanavano mai troppo e non cacciavano mai insieme. Dicevano che era
meglio
che ci fosse sempre un medico a portata di mano. La mettevano sul
ridere ma
erano più che seri. Carlisle, in tutte le numerosissime
visite a cui mi aveva
sottoposta, anche su pressione di Edward, aveva riscontrato alcuni
problemi.
Diceva che ero molto agitata (bhe, vorrei vedere loro in una situazione
simile),e che la bambina era bella grande, il che significava che
dovevo
rimanermene buona e tranquilla per evitare problemi. Avrei dovuto fare
molta
attenzione soprattutto con l’avanzare della gravidanza,che
avrebbe dovuto
essere all’insegna del riposo totale. E naturalmente Edward
si preoccupava
sempre di più. Capisco che fosse angosciato per la mia
salute, ma dopo un po’ …
Certo, dato che stavo per avere un figlio da un vampiro ed era la prima
volta
che questa cosa accadeva, era chiaro che fossero tutti abbastanza
agitati. Non
sapevamo bene quali complicazioni avrebbero potuto esserci. Alice era
sempre
all’erta. E jasper le stava sempre accanto. Già,
Jasper …
<
Jasper è solo? > domandai quando mi resi conto che
tutti gli altri erano a casa.
Sentii Edward irrigidirsi e poi sussurrare:
< Non è andato a caccia. È andato a
prendere il nostro ospite … >
Per un attimo mi si bloccò il respiro.
< Bella, sarà una bella sorpresa. Ma voglio che resti
una sorpresa. Non devi
preoccuparti. Quindi ora vedi di calmarti. >
Chiusi
gli occhi e mi appoggiai alla sua spalla.
Sbadigliai. Ero stanchissima. Rise e mi carezzò scherzoso la
testa scompigliandomi
i capelli.
< Bella … se ti riduci in questo stato dopo aver
passato la notte con me,
temo che dovremo rimandare le nostre serate in coppia a dopo la nascita
di
Elizabeth. Sei pallidissima, ti vengono le crisi isteriche e delle
occhiaie da
far invidia alle mie … forse faresti meglio a dormire ancora
un po’ … mi
dispiace per Alice, che si preoccupa tanto della nostra vita privata,
ma credo
che in futuro non avrà molto da spiare. > gli rivolsi
un’occhiataccia e poi,
dopo essere scesa dal letto, andai in cucina, tutta imbronciata. Se lo
poteva
scordare. Io volevo altre notti come quella appena trascorsa. E lui
aveva
promesso che ci sarebbero state. Paradossalmente, potevo chiamare Alice
a
testimoniare!
La cucina era in perfetto ordine. Pulita e ordinata. Come se non fosse
successo
nulla.
Mi sedetti a tavola e mi presi il capo tra le mani. Sentivo lacrime di
vergogna
scendere dai miei occhi. Da quando ero incinta non c’era
stato verso. Non
riuscivo a controllare le mie emozioni.
Mi sentivo in colpa per aver tirato dietro la colazione ad Edward
… Era stato
un atteggiamento stupido ed infantile.Ed inoltre, mi era venuta pure
fame
adesso.
<
Bella? >
La
sua voce mi colse all’improvviso facendomi sobbalzare. Mi
portai una mano al cuore dallo spavento.
< Mi dispiace tanto Edward … scusami …non
volevo davvero … > mi appoggiò
un dito sulle labbra e scosse piano la testa.
< Non è successo niente. Hai fame adesso? >
Annuii.
< Vuoi che ti prepari qualcosa in particolare? Ci sono delle
altre
frittelle, sono ancora calde. Se no, ti posso preparare anche
qualcos’altro. Un
the? >
Abbracciandolo sussurrai: < Voglio le frittelle …
>
Rise e in meno di un minuto mi ritrovai un piatto stracolmo davanti
agli occhi.
Non ci misi molto a ripulirlo.
Mentre mangiavo, Edward parlava del più e del meno e io mi
persi nei suoi
occhi. Se ne accorse e cominciò a prendermi in giro. Ci misi
un po’ a
rendermene conto e quando lo feci, lui cercò di trattenersi
dal ridere. Diceva
che avevo fatto una faccia …
Sospirai
esasperata e poi guardai fuori dalla finestra.
Era gennaio, ma miracolosamente c’era un bel sole che faceva
risplendere la
neve.
< Edward, dopo che ne dici di andare in giardino? > gli
domandai d’un
tratto.
< Sì … adesso è bellissimo
fuori, tutto coperto di bianco … però che ne dici
di aspettare un po’? Adesso è freddissimo fuori.
>
< Sì … forse è meglio aspettare
un po’ … > confermai convinta prima di
bermi il bicchiere di latte magicamente comparso alla mia sinistra.
Verso
le 11 uscimmo in giardino e io sembravo un eschimese,
talmente ero imbacuccata. Con il pancione poi, sembravo un enorme palla
di
vestiti intenta a rotolare. Il freddo pungente mi pizzicava la pelle e
mi aveva
fatto diventare il naso e le guance rosse.
Fu
divertente finché ero io a tirare palle di neve ad Edward
…
Quando
però arrivò Emmett e cominciò a
prendermi di mira,
battei in una rovinosa ritirata dietro la schiena di mio marito. Senza
neanche
accorgermene il tempo volò.
Mentre Edward ed Emmett, che sembravano dei modelli di un qualche
prodotto di
bellezza, continuavano nella loro guerra a suon di neve io andai a
sedermi
sotto il portico. Camminavo lentamente tenendomi il pancione con
entrambe le
mani, non era ancora diventato pesante, ma un po’ mi dava
comunque fastidio. Mi
ero stancata moltissimo.
Appena Edward se ne accorse, mi raggiunse ad una velocità
paurosa e mi aiutò a
sedermi, tenendomi per il gomito. Le sue mani sulla pelle accaldata
delle mie
guance erano gelate e bagnate di neve sciolta.
< Tutto a posto? > mi chiese Emmett tranquillo. Edward
invece pareva un
po’ agitato.
< Sto bene … mi fanno solo un po’ male le
gambe. Era da un po’ che non
sforzavo i muscoli … e dopo ieri sera … >
Emmett scoppiò a ridere mentre mio
marito mi guardò esasperato.
Si sedette al mio fianco e mi cinse la vita con il braccio. Rimanemmo
alcuni
minuti in quella posizione. Potevo sentire il suo respiro,
più freddo
dell’aria, accarezzarmi le guance.
Alla
fine, dopo non so quanti baci, lo convinsi ad andare di
nuovo a giocare, ora che si erano unite ad Emmett anche Alice ed Esme.
Rosalie
se ne era restata in casa. In quel periodo era sempre
molto triste. Mi evitava se poteva, se no se ne stava sulle sue, quando
gli
altri glielo permettevano. Era gentile con me ma sembrava davvero
tormenta. Io
non sapevo cosa dirle e quindi di solito con lei me ne restavo zitta. I
nostri
atteggiamenti non erano certo molto adatti a far sbocciare
un’amicizia …
Quando mio marito si voltava verso di me io, appoggiata alla colonna,
gli
sorridevo e lo salutavo con la mano.
Non lo avvisai quando Emmett lo sorprese da dietro e praticamente lo
bombardò
sommergendolo di neve.
< Edward! Piantala di avere i pensieri sconci con quella faccia
da
santarellino! Noi tanto lo sappiamo benissimo come le passate le vostre
serate.
Dovremo chiamare gli assistenti sociali per la bambina! > Edward
praticamente lo soffocò a furia di lanciargli neve in faccia.
Ridemmo ma io ero arrossita. Rimasi a guardarli a lungo. Sembravano
proprio una
famiglia felice.
Senza
accorgermene mi addormentai.
Sentii delle braccia forti e fredde sollevarmi e poi portarmi in casa.
Intravidi Esme togliermi la giacca. Ero talmente stanca che non
protestai.
Assecondavo
i suoi movimenti lasciando che mi sfilasse i
vestiti. Mi infilai un pigiama e alla fine mi andai a
rifugire sotto le
coperte del mio letto. Esme mi salutò con un bacio in
fronte. Io ormai ero già
nel mondo dei sogni.
Il
rumore di una porta che si
apre. Mi accorsi di uno spiraglio di luce che investì la
stanza e che subito
scomparve.
Mi rilassai nel calore delle coperte e mi girai dall’altra
parte. Non so quanto
tempo passò quando ancora venni distolta dal mio bel sogno (
Io ed Edward a
fare i giochi sconci … ) ma di sicuro non fu poco.
Improvvisamente, sentii
delle voci provenire dalla sala ed ero davvero irritata. Possibile che
non
potessero essere un po’ più silenziosi? Sapevano
che avevo dei problemi a
dormire. Una volta tanto che non facevo incubi …
< Posso vederla? > Sentii la voce, familiare, provenire
da oltre la porta
di legno. Era sorpresa, sollevata.
Inizialmente non la riconobbi. Mi seppellii sotto i cuscini. Non avevo
voglia
di alzarmi
Mi faceva male la pancia.Più che altro, era come un
fastidio. Da alcuni giorni
mi sembrava di avere come delle bollicine. Naturalmente non ne avevo
parlato
con Edward. Non volevo che mi obbligasse a stare a letto. Sapevo che
gli
serviva solo un pretesto per costringermi a suon di baci e di carezze a
restare
ferma a letto. Carlisle era d’accordo riguardo al non dirlo
ad Edward. Mi
diceva di aspettare un po’, di vedere se fosse solo un
malessere passeggero. E
se me lo diceva Carlisle, con il sorriso sulle labbra, significava che
potevo
stare tranquilla.
<
Solo per qualche minuto … non voglio disturbarla.
>Ancora quella voce familiare.
<
Certo … adesso dorme ma vieni, prego. Da questa parte.
Adesso sarei andata a svegliarla comunque. È pomeriggio. Non
voglio che salti i
pasti in questo modo. Le ho preparato qualcosa da mangiare, per
merenda. Spero
ti voglia unire a lei. > Questa era Esme. Sempre
così premurosa. Degna
madre adottiva del mio sposo.
Bussarono e la mia risposta fu un grugnito soffocato dai cuscini.
Bussarono ancora e fui costretta a dare una risposta più
coerente … qualcosa
che suonò come un: < Sì??? >
E poi Esme entrò e si sedette al mio fianco. Carezzandomi la
schiena, mi
sussurrò: < Bella? Bella, tesoro …
è arrivato l’ospite. >
A quella frase, tutto si ricompose davanti ai miei occhi.
L’ospite … l’attesa …
come diavolo avevo fatto ad addormentarmi?
Mi
alzai di scatto tenendomi la pancia e quasi non presi una
testata contro il suo corpo di pietra.
<
Oddio! > gridai portandomi la mano alla testa. Cattiva
scelta alzarsi così di colpo … mi girava la
testa.
< Bella? > a quella voce, mi voltai verso il proprietario.
Per poco non svenni dall’emozione e ci mancò poco
che cadessi dal letto.
<
Jake! > Gridai con le mani alla bocca spalancata e poi
gli gettai le braccia al collo.
Mi
accolse tra le sue, grandi e protettive, calde.
< Bells … come ti senti piccola? > mi chiese
accarezzandomi i capelli.
Non so come, mi ritrovai a piangere contro il suo petto. Ero
felicissima!
Davvero felicissima, eppure … non so. mi sentivo triste.
< Ehi, perché fai così? > sembrava
davvero felice mentre cercava di
consolarmi. Forse sarebbe meglio dire sollevato.
Mi stringeva tra le sue braccia e mi cullava.
< Mah … è qualche settimana che piange
invece che ridere … > fece Edward
ridacchiando. Voltai il capo e lo vidi appoggiato alla scrivania. Mi
sorrideva
gentile. Esme intanto aveva aperto le tende …
Jacob
si scostò da me e si soffermò alcuni istanti ad
osservarmi. Le sue mani corsero lungo il mio collo mentre con il
pollice
percorreva i tratti del mio volto. Si chinò per baciarmi la
guancia.
Ad un tratto, sentii la sua mano calda sul ventre. Sussultai. Erano
mesi che il
mio corpo non entrava a contatto con il calore umano. Era una
sensazione molto
piacevole.
< Aspetti un bambino. > non era una domanda,
bensì un’affermazione. La
sua voce tremò.
< È una femminuccia. Si chiama Elizabeth
… > pigolai io, rossa in
volto. Lui, con gesti lenti e circolari mi massaggiava il
ventre.
Sembrava sconvolto.
Quando
ebbi elaborato la notizia della sua presenza, riuscii a
domandargli:
< Jake, ma com’è possibile? Come fai ad
essere qui? > Lui mi osservò per
alcuni istanti, scrutando il mio volto. Mi strinse le mani,
trasmettendomi
calore.
< Non sei contenta di vedermi? >
Scossi il capo con troppa veemenza, tanto che mi tornò la
nausea. Feci finta di
niente e dissi:
< Oh, Jake! Ma come puoi pensarlo! Sono così felice
che tu sia qui! Ero così
preoccupata per te! > e sentii altre lacrime scorrermi sul viso.
Lui me le
asciugò con il palmo della mano e si chinò di
nuovo. Un altro bacio sulla
fronte … i suoi capelli lunghi mi accarezzavano la pelle e
mi facevano il
solletico.
< Tu, tu eri preoccupata? > mi scompigliava gentile i
capelli,
prendendomi in giro. Ma nei suoi occhi scorsi un profondo dolore, una
grande
paura … per la mia sorte.
< Ho vissuto nell’angoscia. E poi, i tuoi genitori
… avresti dovuto vederli
… è stato … terribile. >
< Jacob. > Edward gli poggiò una mano sulla
spalla, per farlo smettere.
Inconsciamente, avevo chinato il capo e mi ero portata entrambe la mani
al
ventre. Quei pensieri mi facevano male all'animo. Sapevo quanto dolore
avessi
causato a tutti.
Edward
si sedette al mio fianco e mi cinse la vita con le
braccia. Mi prese la mano e ne baciò il palmo.
L’altra sua mano andò a
stringersi su quella che tenevo in grembo. Mi appoggiai alla sua spalla
fredda
e dura. Inspirai il suo profumo e chiusi gli occhi. Sospirai.
< Jacob ha incontrato la scia di Alice e le ha chiesto dove
fossimo finiti.
Lei ha visto quanto fosse preoccupato ma non gli ha detto niente. Ne ha
parlato
con noi e abbiamo deciso che a Jake e al branco potevamo dirlo. E
così è
tornata a cercarlo. Gli ha raccontato che eri tornata a casa, ma che
eravamo
dovuti fuggire, per tenerti al sicuro … >
< Ma ero terrorizzato che ti potesse succedere qualcosa. Avevo
paura che ti
rapissero di nuovo. > continuò Jake < E temevo
che ti avessero
trasformata. La chiromante non voleva dirmi niente. Solo che non potevo
incontrarti.E che cosa potevo pensare? Solo che ti avessero
trasformata!
Era l’unica risposta a cui riuscivo a pensare. Alla fine li
ho convinti a farmi
venire qui. > sembrava stesse per esplodere di gioia.
Stupitagli domandai: < Sei venuto fin qui? … da lupo?
> rise e a lui si
unì Edward.
< Jasper è andato a prenderlo poco oltre il confine
con gli USA … poi da lì
ha viaggiato in auto. >
< Sì, con gli occhi bendati. 10 ore
d’inferno. > sospirò Jake, ma non era
assolutamente infastidito.
< Cane, lo abbiamo fatto per proteggere sia te che lei. Dovesse
succedere
qualcosa, dobbiamo poter farla fuggire senza lasciare traccia. E lo
stesso vale
con te. Meno sai, più sei al sicuro. > Si scambiarono
un’occhiata densa di
sottointesi e io mi sentii mancare.
Edward mi strinse a se e poi mi sussurrò baciandomi il lobo
dell’orecchio: <
Solo per precauzione. Non corri alcun rischio. E neanche lui. >
e poi spostò
la sua bocca sulla mia mandibola.
Jacob intanto si era alzato e stava parlando con Esme, vicino alla
finestra.
Improvvisamente,
m’irrigidii.
Edward
se ne accorse e di riflesso, si immobilizzò.
< Bella? > le sue dita ansiose mi accarezzarono il volto
mentre piccole
gocce di sudore mi facevano appiccicare i capelli alla fronte.
Mi si era asciugata la bocca. Le mie mani erano sul mio grembo. Edward
cercava
di scostarle con gentilezza.
Alzai lo sguardo ed incontrai il suo. Era preoccupato.
Intanto sia Jake che Esme si erano avvicinati. Mia suocera osservava
me. Jake Edward.
Con la voce che tremava, bisbigliai: < Edward …
>
Lui mi accarezzò: < Bella, dove hai dolore?
>
"Dolore?" Pensai ... quale dolore?
Lo guardai stralunata e poi sorrisi.
<
Edward … si è mossa. SI E’ MOSSA! Mi ha
tirato un
calcetto! >
E poi
mi aggrappai al suo collo. Stavo piangendo come una
cretina mentre lui,ancora rigido, mi cullava. Era ...
sorpreso.
Finalmente si rilassò, baciandomi la pelle, le
labbra.
Poi
Esme disse: < Sai, mi chiedevo quando avresti sentito i
primi movimenti. In fondo di solito cominciano proprio in questo
periodo …
verso la ventesima settimana.Anche se, all'inizio, non si riconoscono
come tali
... > mi voltai per guardarla ma vidi il suo volto e capii che
non era me
che stava fissando. Il suo sguardo si perdeva nel passato, a quasi
novant'anni
di distanza. Ora guardava fuori dalla finestra Mentre le mani di Edward
erano
sul mio grembo, quelle di Esme erano poggiate sul suo ventre, destinato
a
restare vuoto per sempre. Poi di colpo, fu come se si fosse risvegliata
da un
sogno. Scosse leggera il capo e mi rivolse un limpido sorriso.
<
Tesoro, sono così contenta … > e si
chinò ad abbracciarmi sebbene Edward non
avesse ancora sciolto il suo abbraccio.
Sospirai
triste per poi dire: < Grazie Esme. > Lei poi
uscì, in silenzio mentre Edward mi strinse più
forte a sé. Chiusi gli occhi e
lo sentii respirare il mio profumo.
Jacob,
immobile, ci osservava. Scorsi in lui qualcosa di
nuovo, nel modo in cui ci guardava.
Sembrava come se si fosse appena accorto di qualcosa di molto
importante, che
gli era sempre sfuggito.
Edward sorrise fra i miei capelli e bisbigliò:
<
Sì cane, anche noi succhiasangue abbiamo dei sentimenti,
come puoi vedere … > Rispose ai pensieri di Jake ...
Mi
appoggiai alla spalla di mio marito e sospirai, mentre le
sue labbra sfiorarono le mie palpebre.
Allora,
dato che
EVIDENTEMENTE io non sto simpatica agli oggetti elettronici,
obliteratori dell’
ATM (azienda dei trasporti pubblici milanesi, per chi non fosse della
zona XD)compresi,
il mio PC si è preso un virus … *Erika
non piange neanche più ... non riesce neanche a sospirare.
è troppo arrabbiata*
Il che mi ha impedito di
usare molto il PC, e quindi ho letto per tutto ieri e ho finito
Breaking Dawn. Io
mi chiedo, se usciva il 2, perché me lo hanno venduto il 5?
Mah, l’importante è
che alla fine me lo abbiano venduto prima che partissi XD
Non vi dirò assolutamente
niente, ma mamma mia! Stavo per sbagliare a scrivere il nome Elizabeth,
confondendolo … forse è meglio che non scriva
queste cose qui, magari via mail …
Ah, giusto, dato il virus, mi
si era impallato MSN. Credo di aver inavvertitamente rifiutato invece
che
accettato. Perdono! Ridò l’indirizzo e mi scuso
con voi.
CassandraLeben@hotmail.it
Adesso parto, e non potrò
portarmi il pc infettato, ma da casa della cugina dove ho intenzione di
trasferirmi in pianta stabile per le vacanze, accederò a
MSN, risponderò alle
mail e posterò un 3 o 4 capitoli se riesco! Farò
il possibile! Per ora, auguro
buone vacanze a tutte!!!
Ed
ora, i ringraziamenti! Fin
FishCiao!sono
contenta che tu abbia trovato BD! Spero le
mie indicazioni per la feltrinelli fossero chiare! Dai, più
o meno era in Turati!
WindLa
burrasca arriverà presto, ma devi portare pazienza
ancora un paio di capitoli. Vorrai farla nascere questa povera bimba
… XD FeFeRoNzAGrazie!!! Sto scrivendo
questa storia con il cuore, lasciandomi guidare dalla mia fantasia!
Avevo pensato
questa storia molto prima dei primi spoiler si BD, quindi è
tutta made in Erika’s
mind! Marchio certificato! aLbICoCCaCiDa Jake è un personaggio
tutto a sé, e non potevo
tenerlo lontano a lungo, ma non preoccuparti, si leverà di
mezzo talmente
presto che ti dimenticherai di lui XD Hanairoh Jake=prezzemolo, quindi devo
dedurre che c’è un sacco
di gente che ne è allergica XD. Sai, è meglio che
io non dica chi dovrebbe
essere nudo … tutti i Cullen stanno già scappando
lontano da me chiamando il
telefon azzurro XD Io non ho limiti XD ps: bombardami quanto vuoi, a me
fa un
piacere tremendo leggere i commenti, specie se lunghiii!!! Un bacio!!! ECILY Sono rimasta molto colpita dal tuo
commento. Davvero
sei una mamma? Oddio!!! Anche io vorrei avere un bambino, con tutta me
stessa,
anche se è un po’ presto … Per scrivere
questi cap ho fatto molte ricerche, per
essere attendibile e per rispettare i tempi. Spero di esserci riuscita!
Che dici?
Dai un bacio ai tuoi bambini da parte mia! Grazie per il bellissimo
commy, mi
ha commossa. Sentire il bambino muoversi dev’essere
fantastico … un’emozione
unica. momobSono
curiosa di cosa scriverai. Spero niente di sconcio
XD PenPenPer
Bella e Rose, ho in mente una cosa carinissima,
che spero ti piacerà! Ho scritto questi 2 cap ispirandomi al
tuo affetto per
Jake, nn potevo nn dedicarti il 20! Buone vacanze! Helen
CullenGrazie,
che bei
complimenti! Spero che anche questo cap ti piaccia, ancora per un
po’ ci sarà
tranquillità, ma poi … alice
brendon cullenNon
preoccuparti, anzi,
grazie!!! Sei stata un angelo! Mi raccomando, a presto! yumisanSì
Sì *annuisce convinta* trooooppaaaaaa
calmaaaaaaaaaa …. Ma quanto durerà? Eh eh eh
(risata sadica) 4everWITCHOddio!
Addirittura la tua preferita? Sono davvero
contenta! Spero di non deluderti! GiullsTi
dico solo una cosa … in questo momento stai
portando fuori il cane!!! Ciao e u bacio gigante!!! Girasole94Spero
che i prox capitoli li leggerai di mattina, se
no non mi dormi più! Grazie per il commy! lilly95lillyNon
preoccuparti! Anzi, a presto!!! BloodyKamelotSai,
è un cane … e fin qui tutto ok, ma è
anche è un
uomo e qui ci sono problemi. Sai, gli uomini sembrano proprio ciechi di
fronte
a certe cose. Solo i vampiri … sbav … ok, basta
prima di dire cavolate! giulia9_91In
BD dici? Nella mia storia NO (scusa, ma sono ancora
scioccata per …) … la meyer … ok, mi
devo fermare prima di spoilerare. KrismaPreparati
per BD… io l’imprinting nn lo capirò
mai …
sembra una cosa da papere … boh … Per Rose, nn
preoccuparti, voglio scrivere
una cosa molto dolce. DeimosConcordo.
Scrivere di tutto. Posso fargli fare la luna
di miele sulla luna. Ma sai, se lo leggi è molto
più bello di quanto nn sembri.
Davvero. Fidati. carlottinaScusami,
ho fatto casino con MSN, mi rimandi il tuo
indirizzo? Eh si, fai bene ad avere paura. Ma ci sarà il
lieto fine, si
insomma, più o meno … dai, scherzo! Sta
tranquilla! AngelOfLoveIo
odio questo PC! Lo odio!!! Saranno moltoo
sconvolgenti. Preparati! Scusa per le foto! Non è per colpa
mia!*piange* Rakiy sono contenta che ti sia piaciuto!
Povera Elizabeth,
non la lasciano dormire quei due debosciati di genitori! Sai, ho in
mente delle
cose carine con Emmett, che io adoro come personaggio! E Jake
… Beh, è Jake! Per
BD, se lo leggi è moooltoo più bello!!! Il
riassunto non rende onore. Però il
mio pref è Twilight! KathysGrazie!
Beh, spero che il leggere questa ficcy non ti
faccia troppo male. Sai, problemi cardiaci e assuefazione!!! Scoprirai
presto
lo scossone in cosa consiste …
BUONE
VACANZE A TUTTE!!! Cassandra
Bella's Pov
Con
Jake che non mi levava gli occhi di dosso, andai in cucina
mano nella mano con Edward …
Io
Jake ed Edward ci sedemmo a tavola, io in mezzo fra i due,
ed Esme ci servì la merenda.
Edward osservava ogni mia mossa, ogni mia smorfia. Jake invece
preferiva
osservare il muro davanti a noi. Avevo notato che, quando mi guardava,
l’occhio
gli cadeva sulla pancia rigonfia. Era a disagio …
Mentre mangiavamo, gli chiesi di raccontarmi di La Push,
del
branco …
Lui, contento che gli fosse data una possibilità di fuggire
all’imbarazzo, si
tuffò in una dettagliata descrizione degli eventi.
Raccontò quasi sconvolto di come Leah, che lui soffriva a
stento, si fosse
trovata un ragazzo e di come ne “rendesse partecipe tutto il
branco, con loro
sommo disgusto.
< Insomma, certe cose potrebbero anche evitarsele, o per lo meno
potrebbe
evitare di pensarci quando noi siamo obbligati a darle retta. >
< Beh, ma forse è un bene che stai con un ragazzo
… dopo quello che è
successo con Sam … > dissi io, ripensando al volto
perfetto ma sfigurato di
Emily < forse è un bene. Magari ha superato
… >
Ma lui m’interruppe con un cenno del capo. < Ma no, si
fa con quello, ma lo
fa solo per ferire Sam. Poi vedi, il suo corpo è quello di
una donna di circa
ventisei anni. Anche se in realtà non ne ha neanche venti.
È andata a trovarsi
un tipo che ha più di trent’anni, e lei
praticamente fa tutto quello che vuole.
Vuole far soffrire Sam, e per questo si lascia trattare male, come un
oggetto.
Sam si sente molto in colpa. Lui però non ne ha nessuna.
È solo Leah che è così
testarda, orgogliosa … >
Jake
sbatté il pugno sul tavolo con così tanta forza
che tremò
persino la credenza. Io sobbalzai ed Edward mi strinse la vita con il
braccio
forte e gelido.
< Scusa, non volevo spaventarti … > mi fece
Jake, con quello sguardo da
lupo bastonato … sì perché, dire cane
sarebbe proprio inappropriato. Forse orso
si addiceva meglio alla sua stazza, una volta trasformato …
Ripresi
a mangiare e dopo un po’ incontrai lo sguardo di Jake.
Sembrava divertito.
<
Che c’è? > gli domandai dopo aver
inghiottito un pezzo
di pane imburrato e ricoperto di marmellata fatta in casa.
< Niente … > e trattenne una risatina.
I miei occhi si ridussero a due fessure e lo scrutai …
< Perché ridi? >gli domandai minacciosa.
Fingevo e lui lo sapeva. Cercavo
di alleggerire la situazione. Jake era molto teso. Stare tutto solo in
covo di
vampiri andava contro al suo istinto più radicato
…
< Perché sei incedibile. Non avrei mai detto, ma
mangi più di me! E io
mangio tantissimo! > e questa volta non cercò nemmeno
di trattenersi.
La sua risata potente invase l’aria,accompagnata da quella
cristallina e
musicale di Edward.
Arrossii
fino alla punta dei capelli e lasciai andare il
coltello facendolo cadere nel piatto. Questa non me
l’aspettavo.
Fissandomi le ginocchia, incrociai le braccia al petto, sopra il
pancione.
Edward mi avvicinò di più a sé e
premette le sue labbra sulla mia guancia.
< Non è colpa mia … > cercai di
difendermi < Ho solo fame … ecco,
l’avevo detto che sarei diventata una botte. >
< Non dirlo neanche per scherzo. > mi ammonì
Edward, tornato
immediatamente serio. < Non sei grassa, e poi devi pensare che
devi mangiare
per due. > e poi appoggiò il suo dito indice sul mio
naso. < Capito? >
mi sospirò. Il suo respiro mi mandò in tilt il
cervello. Mi persi nei suoi
occhi per alcuni istanti, finché Jake non
sospirò. Allora mi voltai verso di
lui.
< Che c’è, Jake? > domandai
preoccupata accarezzandogli il braccio.
< Niente … > mi fece lui triste, osservandomi.
< Ma adesso, perché non mi racconti di te? Come sono
stati questi tuoi 5
mesi di gravidanza? > il suo tono era cauto. Con lo sguardo
cercava di
decifrare la mia espressione. Non so cosa vide ma subito aggiunse
< Cioè, se
preferisci non dirmi niente, non importa. L’importante
è che tu stia bene. >
Sospirai abbassando il capo e, dopo aver fatto un respiro profondo,
sollevai il
volto e tentai di sorridere.
< No, non preoccuparti! > e anche se il mio tono non
risultava tranquillo
come speravo, andai avanti.
< Qui è tutto bellissimo e non vedo l’ora
che nasca la bimba. E poi, mi
sento davvero a casa. È così bello …
Hai visto? > e con un ampio gesto gli
mostrai la cucina e poi oltre, oltre le finestre il paesaggio innevato
…
< sono qui, con le persone che mi amano … e ora ci
sei anche tu, che sei
venuto a trovarmi. Tutto è perfetto. > annuii
convinta e mi appoggiai allo
schienale della panca su cui eravamo seduti.
Sospirai.
< Certo, prima … beh, è stato difficile,
ma in
qualche modo ho trovato la forza di andare avanti, di resistere. Non
è stato
semplice. A volte ho creduto di non farcela, ma alla fine, eccomi qui,
soprattutto grazie a lei. > e abbozzai un sorriso voltandomi
verso di lui.
Le mie mani accarezzavano il pancione con gesti circolari e tranquilli.
Edward che, mi aveva intanto circondato le spalle con le sue braccia,
mi baciò
il lobo dell’orecchio.
Cercai di deglutire. I brutti ricordi riaffioravano in fretta, ma erano
così
difficili da allontanare …
Jacob mi fissava. Il suo sguardo si spostò ad Edward, che
annuì
impercettibilmente, probabilmente ad una domanda non espressa da Jake.
Mio
marito poi mi porse un bicchiere d’acqua. Lo afferrai con
i braccio sinistro che si scoprì. La manica
scivolò lungo il gomito mostrando
involontariamente l’avambraccio devastato.
Sentii la panca tremare ed Edward stringermi tra le sue braccia di
pietra.
Nella mente di Jake aveva già visto cosa stava per accadere.
Fu un lampo.
Un istante.
Ci fu uno schiocco tremendo e poi sentii il tavolo ribaltarsi.
Non vidi niente, accecata dalla paura.
Edward mi teneva in braccio e mi proteggeva. In un batter di ciglia, mi
portò
via.
Ci trovavamo ora in sala, vicino allo studio di Carlisle.
<
Edward … > cercai di dire, ma la voce mi
morì in gola.
Lui mi appoggiò un dito sulle labbra e poi uscì
dalla stanza.
Jake
si era quasi trasformato, ne ero sicura. Quel tremore,
totalmente diverso da quello di cui ero al momento prigioniera, era
tipico
delle trasformazioni, quando perdeva la calma.
Vidi Jasper entrare in casa e fondarsi in cucina, seguito da Emmett e
Alice.
Rosalie, uscita dalla sua stanza, si sporse dalle scale per vedere cosa
stesse
accadendo.
Io invece ero pietrificata.
Sentii dei rumori fortissimi provenire dalla cucina e poi un ringhio,
un guaito
… e di nuovo il silenzio.
Feci
alcuni passi all’indietro e con le mani cercai il muro.
Quando lo trovai, non potei fare altro che lasciarmi scivolare lungo la
parete
liscia. Mi ritrovai per terra, le gambe piegate in una posizione
leggermente
innaturale, all’infuori.
Vidi Alice dirigersi al piano di sopra e tornare dopo una manciata di
secondi
con degli abiti piegati tra le braccia. Neanche il tempo di capire cosa
fosse
accaduto, ed Edward fu nuovamente al mio fianco.
Mi
afferrò da sotto le ascelle, come se avessi 2 anni, e mi
rimise in piedi.
Mi
scosse leggermente le spalle finché non tornai in me e gli
rivolsi uno sguardo terrorizzato.
< Jake? > rantolai, annegando nel terrore.
< Sta bene. Ha solo … perso la pazienza per un
attimo. Non gli abbiamo fatto
niente. Lasciagli qualche minuto e torna come nuovo. > il suo
tono pareva
seccato.
Stavo per andare in iperventilazione,sentivo il cuore battermi furioso
e l’aria
mancarmi nei polmoni.
< No. > mi disse perentorio Edward e poi, poggiando le
sue labbra sulle
mie, mi obbligò a dischiuderle e a seguire il ritmo del suo
respiro.
Mi tranquillizzai, complice anche il profumo incantevole e rassicurante
di
Edward. Tra le sue braccia, protetta, mi calmai.
Quando tutto fu tornato normale, Edward mi disse: < Jacob deve
imparare a
controllare le sue reazioni. È troppo, troppo impulsivo.
> e scosse la testa
rassegnato.
Mi fece sedere sul divano, e mi carezzò premuroso le guance
con il palmo della
mano, fredda e perfetta. Si era inginocchiato all’altezza
della mia testa.
Il mio cuore batteva più veloce del dovuto ed Edward, che lo
sentiva meglio di
me, mi fece sdraiare e, continuando ad accarezzarmi, mi
sussurrò: < chiudi gli
occhi, rilassati … >
Obbediente, feci tutto quello che mi diceva. Ora mi aveva preso le mani
nelle
sue.
< Segui il mio respiro … > e mi lasciai
guidare da lui.
Dopo alcuni minuti, lo sentii sibilare: < Non ora. >
Spalancai
gli occhi di colpo e cercai di mettermi a sedere, ma
Edward me lo impedì, premendo leggermente le sue mani sulle
mie spalle.
Sentii
la bambina muoversi e portai velocissima una mano al
ventre.
Edward posò la sua poco distante e mi rassicurò:
< Non è niente. Sente solo
che sei agitata, tutto qui. >
E poi, un rumore provenire dalla porta. Mi voltai nonostante lo sguardo
seccato
di mio marito.
Jake,
dentro a dei vestiti non suoi, (Emmett forse … ) mi
osservava mortificato.
< Bella … scusa, davvero … io …
non volevo. Non pensavo che … credevo di
riuscire a controllarmi meglio … non ero preparato a
… >
Con la mano destra, mi strinsi l’avambraccio sinistro e lo
portai al petto.
Girai il volto verso lo schienale del divano e mi accorsi di star
piangendo.
Adesso mio marito mi accarezzava le spalle.
Mi costrinse a portarmi su un fianco, dando la schiena a Jake. Me la
massaggiò
finché non gemetti.
< Cosa c’è? > mi chiese con un tono
di voce che pareva adatto ad un
angelo.
< mi fa male la pancia. Credo di dover vomitare …
> Mi ero presa proprio
un bello spavento.
Mi fece sedere e poi, sostenendomi con un braccio attorno alla vita, mi
portò
in bagno.
Restammo lì un po’, finché non fui
sicura che era tutto a posto. La nausea era
passata dopo i primi passi. Mi sciacquai il volto con l’acqua
gelida per
cercare di schiarirmi le idee.
“Non era successo niente. Non era successo niente.”
Ecco ciò di cui mi stavo
autoconvincendo.
<
Edward? > domandai insicura.
< Sì? > Era appoggiato al muro, le braccia
incrociate. Seguiva ogni mio
minimo movimento, quasi fosse pronto a prendermi nel caso crollassi.
< Come sta Jake? > il ricordo del suo volto disperato per
il senso di
colpa mi faceva male al cuore.
Quella
domanda parve irritare Edward. Lo vidi nei suoi occhi.
< Meglio di te. Posso sapere perché ti preoccupi
così tanto degli altri e
così poco di te stessa? Ha messo a rischio la vita tua e
della nostra bambina.
> il suo tono era acido, seccato. Calcò molto sulla
parte finale della frase.
Mi voltai appoggiandomi al lavandino e lo fissai negli occhi.
< Il mio primo pensiero è la bambina, Edward. Per lei
sono stata disposta
anche a morire. Per lei, ho fatto tutto il possibile. Dovresti saperlo
bene.
>
Mi sentivo offesa …
Sospirò
e poi venne verso di me. Mi abbracciò e mi costrinse
ad appoggiare la mia guancia sulla sua spalla. Con una mano percorreva
gentile
la mia schiena mentre, le dita dell’altra erano tra i miei
capelli.
< Scusami, amore, è che a volte sei così
… così interessata agli altri. Li
metti sempre davanti a te. E questo mi fa paura … tu sei
così … fragile. Temo
per te. > sentivo la sua voce tremare.
Ricambiai l’abbracciò e cercai di rassicurarlo.
Rimanemmo in quella posizione
alcuni minuti, senza dirci altro. Sentivo il mio ombelico premuto
contro di lui
a causa del pancione.
Era una bella sensazione.
Quando
finalmente tornammo di là, trovai Esme e Carlisle
intenti a parlare con Jake, seduti in salotto. Appena entrai, mano
nella mano
con Edward, Jake si alzò e fece per venirmi incontro, ma si
fermò ad
un’occhiata di Edward.
Mi lasciai accompagnare al divano e mi sedetti. Ero goffa nei miei
movimenti ma
nessuno sembrava curarsene. Sia Esme che Carlisle mi rivolsero il loro
sorriso
più bello.
Jake ed Edward si scambiarono uno sguardo e poi entrambi si sedettero.
Con molta tranquillità, Carlisle riprese il discorso da dove
lo avevano
lasiciato prima che li interrompessimo con la nostra entrata in scena.
Rimasi a lungo ad ascoltarli parlare. Era … tranquillizzante.
Donava normalità alla mia vita assolutamente anormale.
Pian piano i loro discorsi divennero un ronzio indistinto …
Le mie palpebre erano sempre più pesanti … la
spalla fredda di Edward era così
accogliente, come il suo abbraccio … solo, era un
po’ freddo …
Alla fine smisi di sforzarmi a tenere gli occhi aperti e lasciai che il
mormorio mi cullasse, insieme alle mani delicate di Edward.
Quando
riaprii gli occhi fuori era buio.
Ero
avvolta in una trapunta e la mia testa era appoggiata ad
un cuscino, sulle gambe di Edward.
Ero comoda. Mi stiracchiai e poi allungai le braccia, avvolgendole
dietro il
suo collo. Alzai il capo mentre lui abbassava il suo. Le nostre labbra
s’incontrarono in un bacio dolce e tenero. Come da
fidanzatini. Che bello …
Dalla
cucina sentii il profumo di qualcosa di buono e sorrisi.
< Fame? > mi domandò premuroso.
< Sì! > sorrisi e poi mi alzai. Andai in sala
da pranzo e trovai la
tavola apparecchiata. Esme aveva dato il meglio di sé! Jake
apparve da dietro
la porta. Reggeva un vassoio colmo di cibo.
Mi vide e mi rivolse un sorriso enorme.
<
Dormito bene? >
Annuii e lui aggiunse: < temevamo di svegliarti e ci siamo
spostati di
qua. Saremmo venuti a svegliarti presto.
Qui abbiamo quasi finito. Ancora un secondo … >
< Va bene … > risposi curiosa. Jake aveva dato
una mano in cucina?
Sì. Immagino come … ripulendo tutto
… sorrisi al pensiero e andai a
lavarmi le mani.
Al mio ritorno tutto era pronto. Presi posto a tavola e cominciai a
rimpinzarmi
come al solito, sotto lo sguardo attento e divertito di Edward.
La
cena, a differenza del pomeriggio, fu molto silenziosa. Era
abbastanza tardi ed Esme si lamentava che avevo sballato tutti gli
orari per
mangiare.
Alla
fine della cena andammo tutti nella sala del piano.
Edward non voleva più lasciarmi sola con Jake. Credo temesse
in una sua
reazione … Alice, naturalmente, non vedeva niente, il che
non aiutava. Jasper
s’impegnava come poteva ma più di tanto non
riusciva neanche lui.
< Jake > gli domandai quando vidi che gettava degli
sguardi fugaci oltre
la finestra mentre giocavamo a carte seduti sul tappeto.
< Sì? > mi domandò con fare
colpevole < che c’è Bella? >
< devi andare? > il mio tono triste lo
rabbuiò.
< posso aspettare ancora un po’. Non ho fretta
… > e poi gettò
un’occhiata a Jasper, che guarda un film con Alice nella
stanza adiacente. La
porta era aperta e notai che lui ci stava osservando.
< Jake, se devi andare, non preoccuparti. Non voglio che poi
magari Billy si
preoccupi … >
Sorrise
e mi accarezzò la guancia.
< Allora, io ho vinto 3 partite, tu 5. la prossima volta, mi
devi dare la
rivincita … >
< Allora tornerai! > dissi felice.
< Certo, se ti fa piacere … > e poi mi
aiutò a rialzarmi in piedi. Con
quella pancia non era facile. Già io mi sbilanciavo di mio
… figuriamoci così!
Mi
sostenne e mi rimise in piedi. Dandomi un bacio su
entrambe le guance e stringendomi le mani tra le sue, grandi e calde,
mi
abbracciò e mi rassicurò. < Torno presto,
ma tu sta tranquilla. Sai,
nonostante tutto quella roba lì … > ed
indicò il pancione < se è figlia tua
deve essere splendida. Non vedo l’ora di conoscerla. >
e poi, avvicinandosi
al mio orecchio, mi sussurrò, conscio che anche lui avrebbe
sentito: <
Speriamo che non abbia preso niente dal succiasangue …
> Edward, seduto al
piano a comporre, sbuffò e lo guardò male.
Fu triste salutarlo. Era stata una giornata bellissima. Lui aveva fatto
tutta
quella strada per stare con me, anche se per poche ore …
Sapevo che aveva avuto
paura per me, che temeva che io fossi stata trasformata. Scoprire che
ero in
dolce attesa … beh, doveva essere stato un bello shock!
Lo salutai con la mano finché la macchina su cui lui e
Jasper viaggiavano non
svoltò dentro il bosco e sparì alla mia vista.
Tornai
in casa e trovai Edward pronto ad accogliermi a braccia
aperte.
Mi
strinse a sè alcuni minuti e poi, baciandomi, mi
sussurrò:
< Puzzi di cane … Dobbiamo rimediare …
> e poi scosse la testa.
Mi allontanai da lui quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi e
scettica, domandai:
< e COME vorresti rimediare? > speravo nel bis della
notte precedente ...
< Bella, posso sapere perché tieni le dita
incrociate? > mi domandò
baciandomi la fronte.
Arrossì e sentii Emmett dire: < Scemo, secondo te
perché? Bella, se dobbiamo
andarcene anche questa notte avvisami. Non voglio rimanere scioccato
per il
resto della mia vita! Non riesco proprio a immaginare Edward
… Ahia! >
Qualcuno, probabilmente Alice, gli aveva tirato uno scappellotto.
< Io pensavo ad un bel bagno, mentre qui apriamo le finestre e
facciamo
cambiare l’aria … >
< beh, però … potresti fare il bagno con
me … > cercai di dire,
diventando sempre più rossa.
Stranamente, lo vidi annuire dolce e mi sentii leggera come una piuma.
< certo … non vedo perché no …
> e poi, mi prese in braccio e mi portò al
piano di sopra …
Mi fece sedere in balcone, avvolta in una coperta, e poi sentii che
faceva
scendere l’acqua.
Dopo
dieci minuti, mi portò nel bagno.
Era
splendido. La luce era bassa, soffusa. La vasca era
enorme. Una piccola piscina con l’idromassaggio. E poi il
profumo! Il bagnoschiuma
formava una splendida nuvola sull’acqua.
E poi lo specchio che rifletteva tutto facendo sembrare la stanza grande
il
doppio.
Mentre ero intenta ad osservare l’infinita gamma di saponi
disposti lungo il
bordo della vasca, sentii le sue mani infilarsi sotto la mia maglietta.
Tremai
al contatto con il freddo gelido della sua pelle sulla
mia.
Lasciai
che mi sfilasse i vestiti, che rimasero abbandonati
sul pavimento, e poi cominciai a sbottonargli la camicia. Le mie dita
tremavano
leggermente. Non riuscivo ad abituarmi alla sua meravigliosa bellezza.
Lui, paziente, mi sorrideva. Quando alla fine entrambi fummo
nudi,
cominciò a baciare la mia pelle.
Mi prese di nuovo in braccio e mi immerse lentamente nella vasca. Le
bolle mi
facevano il solletico e l’idromassaggio era assolutamente
fantastico. Mai però
come quando Edward mi raggiunse, dopo aver messo un enorme asciugamano
ed un
accappatoio sul calorifero.
Dopo essersi seduto, mi prese per i polsi e mi fece volare sulle sue
gambe.
Mi sedetti sulle sue ginocchia, a cavalcioni. L’acqua e la
schiuma arrivavano a
coprirmi il seno, rendendo la situazione estremamene sensuale.
Mi appoggiai al suo petto e lo baciai.
Le sue mani mi massaggiavano e facevano scorrere l’acqua sul
corpo.
Erano accurate mentre mi levavano l’odore di Jake. Ma oltre
ad essere accurate,
erano anche dolci e premurose. Improvvisamente, si
immobilizzò.
< Che c’è? > gli domandai un
po’ preoccupata.
< Si è mossa. > sembrava sorpreso.
< Beh, è una buona cosa. > dissi perplessa.
< Sì, solo, è bellissimo … sai,
è tutto diverso, ora che è così reale.
Non è
come quando si studia sui libri. >
Risi
e poi gli baciai il petto. La piccolina intanto si godeva
il rilassamento di tutti i miei muscoli, dovuto al caldo,
all’acqua,
all’idromassaggio … o alle mani di Edward che
percorrevano strade infinite sul
mio corpo nudo …
Tutto
era assolutamente perfetto, come le labbra di Edward
sulla mia pelle bagnata.
Salve!
Ecco a tutte voi il capitolo 21 che, come già era accaduto
in
precedenza, avrà il doppio POV! E non sarà
l’ultima
volta ( Edward era un po’ che non diceva la sua XD)
Ringrazio
tutte voi che avete letto e recensito il cap 21! Data la situazione
precaria in cui mi trovo (Ho sì accesso al PC, ma
è
limitato … ) non potrò ringraziarvi una per una,
ma spero
non me ne vorrete!
Il titolo indica la settimana e il giorno del feto(su internet ho visto che le gestanti scrivono così per dire di quanto sono ...)
Ecco
il mio piccolo regalo di ferragosto per allietare la serata di chi
è
rimasta a casa e anche quella delle fortunate che hanno avuto
l’opportunità di avere accesso ad internet anche
in
vacanza!!!!!!!
Il cap è un pochino più lungo del solito, spero non vi spiaccia ...
Un
bacio enorme e a prestissimo,(e un grazie a MOMOB che mi ha messo l'HTML e a Deimos che si è offerta! grazie ragazze!) Cassandra
Edward’s
POV
<
Edward! >
<
Si, Bella? > le chiesi senza smettere di far scivolare le mie
dita
sui tasti d’avorio.
<
Edward … Vieni a salvarmi! > mi implorò
disperata.
<
Dai, Bella … non fare l’antipatica. > le
disse mio fratello,
con l’aria di chi viene denunciato alla polizia sapendo di
aver
commesso un reato.
Mia
moglie, seduta sul divano, teneva la maglietta, enorme, sollevata fin
sotto al seno lasciando scoperta la pancia. Emmett, inginocchiato di
fronte a lei, le teneva un orecchio subito sopra l’ombelico.
<
Sì muove! > esultò felice mio fratello ed
io
sorrisi. Bella sbuffò e poi si abbandonò allo
schienale
del divano.
Mi
voltai e li vidi. Erano nella stanza attigua, la porta aperta.
Emmett
adesso le stava toccando il grembo e premeva leggermente con il dito.
Lo spostava a destra, poi a sinistra …
<
Cosa stai cercando di fare? > gli chiese lei perplessa.
<
voglio che si muova. > fece lui innocente. Naturalmente, si
comportava in quel modo perché non c’era Rosalie
nei
paraggi.
<
Ecco, si è mossa ancora!!! Ehi piccolina? Come va? Sono lo
zio
Emmett! Non preoccuparti, ci penserò io a far star buoni
quei
porcellini dei tuoi genitori. >
<
Emmett, non ti picchio perché sarei la sola a farmi male
…
ma sappi che le sto segnando tutte e quando sarò
più
forte di te, te le farò pagare con gli interessi. >
le sue
guance erano divenute color porpora mentre il tono della sua voce si
era fatto ostile, come se qualcuno avrebbe mai potuto aver paura di
quel suo sguardo, di quel suo sorriso, di quei suoi occhi nocciola
...
<
Edward? Che ricordi ha suscitato in te la mia affermazione? Data la
tua faccia … >
Mi
alzai e mi avvicinai minaccioso. Emmett si alzò di scatto
con
un’espressione di finto terrore dipinta in volto. Era chiaro
che si
stava divertendo moltissimo, e poi, io glielo leggevo nella mente. A
me, non poteva mentire. Prenderci in giro riguardo la nostra vita
privata era il suo divertimento preferito. E pensare che io avrei
potuto davvero rovinarlo, raccontando le sue seratine con Rose. Se
non lo avevo ancora fatto, era solo per il rispetto che nutrivo nei
confronti di mia sorella. In fondo, un gentiluomo non parla di certe
cose …
Appena
fui abbastanza vicino da poterlo sfiorare, lui corse via, andando a
rifugiarsi da Alice che, al piano di sopra, stava ridendo. Codardo.
Scossi
la testa e la risata di mia moglie mi raggiunse, stanca ma allo
stesso tempo serena.
Mi
inginocchiai davanti a lei e, dopo aver preso le sue mani calde nelle
mie, le portai alle labbra e le baciai, facendola sorridere ed
arrossire. Si era risistemata la maglietta, ma io gliela risollevai
fin sopra l’ombelico. Anche io poggiai il capo sul suo
grembo, per
ascoltare meglio il battito del cuore di nostra figlia. La mia fronte
fredda a contatto con la sua pelle bollente la fece sussultare.
Volevo allontanarmi ma lei mi trattenne, cingendomi la testa con le
sue mani piccole e delicate. Chiusi gli occhi, intento a seguire i
battiti dei cuori delle due persone più importanti per me al
mondo.
Rise.
<
Che c’è? > le chiesi confuso, sollevando lo
sguardo per
poterla fissare negli occhi.
<
Sei così bello. Spero che la bimba sia uguale a te
… e poi,
quando sorridi … come adesso, sembri proprio un angelo,
venuto
sulla terra solo per me. > A quell’ultima frase,
arrossì
violentemente.
Il
sangue, che pompava furioso nelle sue vene per riuscire a sostenere
sia il suo cuore che quello della bambina, le inondava le guance e le
donava colore. Ultimamente era diventata molto pallida.
Io
e Carlisle la tenevamo sempre sotto controllo, le facevamo mangiare
solo cibi specifici preparati da me o da Esme …
però,
evidentemente non bastava. Troppo spesso inoltre l’avevo
osservata,
triste e taciturna, con lo sguardo perso oltre il vetro della
finestra. Di notte, gli incubi erano tornati a tormentarla.
Secondo
mio padre non dovevamo preoccuparci. Probabilmente, era solo agitata.
Sebbene
cercassimo di farla sentire a suo agio, percepivo chiaramente la sua
inquietudine.
E
così anche Jasper che le stava spesso vicino,per cercare di
tranquillizzarla.
Quando
le avevo posto apertamente la domanda, chiedendole cosa la turbasse,
mi aveva guardato come se l’avessi scoperta fare qualcosa di
sbagliato e, scuotendo la testa e accarezzandosi il pancione, aveva
borbottato qualcosa d’incomprensibile e poi era andata a
dormire.
Inoltre, non voleva dirmi cosa riguardassero i suoi incubi. Ogni
volta che, sudata e tremante,si risvegliava tra le mie braccia, si
stringeva al mio petto e respirava il mio odore.
Io
la cullavo tra le mie braccia, ma non ero ancora riuscito a capire
cosa avesse.
Se
di notte gridava, di giorno non ne voleva assolutamente parlare.
Rise
di nuovo, distogliendomi dai miei pensieri.
<
Edward, scusami > era imbarazzata …
<
Cosa c’è? > le domandai confuso, tenendole
sempre le mani
tra le mie.
<
Ehm … > ora le sue guance avevano assunto
un’invitante
tonalità purpurea …
<
Devo andare al bagno … > mi sussurrò con
un sorriso. Ora
ero io ad essere in imbarazzo.
<
Vuoi che ti accompagni? > le domandai carezzandole una guancia.
<
Devo solo fare pipì, non credo che partorirò
adesso,
non preoccuparti. > e, tenendosi il pancione con una mano e
reggendosi al bracciolo del divano con l’altra, si mise a
fatica in
piedi.
<
Senti, ti accompagno. > le dissi vedendo quanto fosse precario
il
suo equilibrio.
Sbuffò
ma non mi disse nulla, anzi, si appoggiò completamente a me.
Oramai,
passato l’ottavo mese, il suo pancione la sbilanciava
completamente
in avanti.
E
per camminare, lo sosteneva sempre con le mani.
<
Sono enorme … > si lamentò lei passando
davanti a una
finestra e vedendosi riflessa.
<
Non è vero. Hai solo il pancione … ma se non lo
avessi
ancora notato, sei alla trentatreesima settimana … direi che
è
normale. >
Lei
mi fece la linguaccia e poi si chiuse in bagno.
<
Ti aspetto di là, chiama quando hai finito > le dissi
da
oltre il legno della porta.
La
sua risposta fu un sì piuttosto svogliato.
Tornai
al pianoforte e ricominciai da dove mi ero interrotto.
Comporre
mi aiutava a restare rilassato.
Lasciai
che la musica invadesse l’aria mentre, ad occhi chiusi,
cercavo di
trovare un modo per farmi dire da Bella cosa la rendesse
così
agitata.
<
Edward … > mi chiamò Esme posandomi una
mano sulla
spalla.
Aprii
lentamente gli occhi e la osservai.
<
Sì? > le domandai senza smettere di suonare.
<
Edward, dovresti andare a caccia … guardati …
> e mi accarezzò
il volto soffermandosi sulle occhiaia che sapevo essere molto
profonde.
Scossi
il capo seccato e poi, a bassa voce, le dissi: < Ci vado tra un
po’. Qualche giorno. >
<
Edward, sono settimane che dici così. Più tempo
lasci
passare, più poi renderai tutto difficile. >
Mi
bloccai.
<
Vai adesso, finché è ancora presto. Lo sai anche
tu,
che se la madre è molto giovane, è probabile un
parto
precoce. E poi, anche Bella ti ha fatto notare, non so quante volte,
che non è un bene che tu sopporti la sete a tal modo. Questa
notte Emmett va a caccia, qui nei dintorni. Vai anche tu. >
Mi
accarezzò la guancia e poi, con grazia, tornò in
cucina.
Mentre
analizzavo bene la situazione, sentii la porta del bagno aprirsi
lentamente, con un cigolio sordo.
Rimasi
seduto. Se lei non mi aveva chiamato, non volevo andare da lei.
Forse,
aveva bisogno di restare sola per un po’. Avevo sempre timore
che
interpretasse male il mio volerle stare accanto, proteggerla
… non
volevo che si sentisse controllata, prigioniera.
Sapevo
che bastava poco a risvegliare le sue paure.
Ricominciai
a suonare, cercando di concentrarmi sulla mia musica.
Mentre
ero concentrato, sentii dei passi dietro di me. Un sospiro affaticato
e poi un piccolo tonfo. Il profumo di bella invase la stanza.
Mi
voltai e la vidi seduta sul divano dietro al pianoforte.
Si
teneva il pancione con entrambe le mani e lo accarezzava dolcemente,
il capo reclinato all’indietro e poggiato allo schienale. Gli
occhi
chiusi e sulle labbra un sorriso.
Sembrava
stesse dormendo, pacificamente. Era sempre così stanca
… non
doveva essere facile portarsi dietro la bambina … anche
perché
l’inizio della gravidanza non era stato dei migliori, e poi
nessuno
di noi sapeva realmente cosa sarebbe successo. La nostra situazione
era a dir poco unica. E questo certo aumentava le mie preoccupazioni.
Smisi
di suonare e feci per avvicinarmi a lei per controllare che stesse
bene quando con voce dolce mi domandò in un sussurro:
<
Perché hai smesso? >
<
Senti, se sei stanca, forse dovresti andare a dormire. Vuoi che ti
faccia compagnia?
<
In camera non si sente bene il piano … e poi, se tu suoni,
la bimba
si calma … > e fermò la sua mano sotto
l’ombelico. <
Le piace tanto la tua musica, almeno quanto piace a me. > e poi
sollevò lo sguardo per sorridermi.
In
un attimo, fui vicino a lei e le tenevo le mani. Dopo averle baciato
per un secondo le labbra, le sfiorai il lobo dell’orecchio
con la
bocca, facendola fremere, e poi tornai al piano.
Suonai
a lungo, finché l’oscurità non si fece
molto fitta.
Bella ormai dormiva quando, con delicatezza, la presi tra le braccia
e la riportai a letto.
Si
rigirò sotto le lenzuola bisbigliando il mio nome e poi
ricominciò a dormire come se non fosse successo niente.
<
Edward? > mi fece Emmett dalla sala < Allora, vieni o mi
porto
dietro Alice? >
Fissai
mia moglie e sussurrai: < Arrivo. >
Forse
era vero. Se continuavo a ritardare la caccia, avrei semplicemente
procrastinato il problema.
Andai
al piano di sopra a preparare uno zainetto con il cambio e poi tornai
in camera nostra, per salutare Bella prima di uscire.
Ero
stato via solo pochi minuti, il tempo di raccogliere dei vestiti e
decidere bene la destinazione, eppure, quando entrai, lei era
lì,
con gli occhi spalancati sdraiata a fissare il soffitto.
Mi
avvicinai lasciando cadere la sacca a terra con un tonfo.
<
Bella? Bella tesoro che hai? > le chiesi preoccupato.
Lei
si voltò lentamente e, con i suoi grandi occhi color
cioccolato al latte mi fissò curiosa.
<
Che c’è? > mi chiese innocente.
Le
carezzai la guancia e lei mi domandò, come se fossi
rintronato: < Tutto a posto? >
Un
po’ sorpreso, le risposi: < Sì, ma tu?
Cioè, cosa
stai facendo? > aggiunsi notando che si picchiettava la pancia.
Lei mi guardò male e, tornando a darsi delle piccole
pacchette
sul ventre, mi spiegò: < sai, di solito a
quest’ora è
sempre molto agitata. Non mi da tregua con i calcetti e gli
stiracchiamenti, o le capriole … questa sera invece non si
è
ancora mossa. Carlisle mi ha detto che, stando sdraiata per
un’ora,
devo sentire almeno tre movimenti. E in una giornata almeno dieci
colpi decisi. > e sorrise, come per scusarsi.
Scossi
la testa e la rassicurai, premendo l’orecchio sotto al punto
in cui
lei teneva la mano, dopo averle baciato la linea scura che le
percorreva la pancia.
La
sentii sospirare. In effetti, le carezze e i baci erano le uniche
cose che ci permettevamo, da quando la bambina impediva a Bella
praticamente tutti i movimenti. Alla fine, ero persino riuscito a
convincerla a restarsene a letto durante il giorno, o per lo meno, a
muoversi poco. Il che per lei non era proprio il massimo della gioia.
<
Mmm … > feci io intento ad ascoltare … la
sentii irrigidirsi e
poi chiedermi: < Qualcosa non va? > la sua voce tremava.
<
No, no no … > le bisbigliai portando il capo dal suo
ventre al
suo seno e carezzandole il volto improvvisamente teso. < Sta
dormendo. Rilassati … il suo cuore è forte e
tranquillo. E
poi, ci siamo qui noi. Non devi preoccuparti. Però se hai
qualche dubbio, parlane con me o con Carlisle, prima di tormentare la
piccola. > arrossì e poi mi sussurrò:
< è
già successo e quando l’ho detto a Carlisle, lui
mi ha
risposto di stare calma e di fare così. In quel momento mi
ha
visitata velocemente e mi ha detto che era un po’ una mia
paranoia.
Non volevo disturbarlo di nuovo. > e poi, osservando la sacca,
mi
disse: < ma tu, ora stai andando a caccia? >
<
no, non preoccuparti … preferisco restare qui. Non voglio
lasciarti
sola. > e mi sedetti sul letto accanto a lei. Bella
però
fece finta di buttarmi giù dal letto e mi disse: < no
no no
… tu ora prendi e vai a caccia! Ne hai bisogno! >
rideva mentre,
dopo essersi portata a sedere anche lei, spingeva contro il mio
petto. Involontariamente, le afferrai i polsi e cominciai a baciarla.
Le mie labbra salirono fino al suo collo e la sentii abbandonarsi a
me. La portai delicatamente a sedere sulle mie ginocchia e spostai le
mie labbra sulle sue. Non fu il bacio dolce che speravo. Era
diventato un bacio passionale ed intenso. Tanto intenso che Bella si
inarcò sotto le mie mani per poter raggiungere meglio la mia
bocca.
Quando
ormai le mie mani erano sotto la sua camicia da notte, sentii bussare
alla porta aperta.
Controvoglia
mi voltai mentre mia moglie, ansimando leggermente, poggiava il capo
sulla mia spalla.
<
Edward … ma allora cosa vuoi fare? Capisco che stare qui sia
più
divertente che venire a caccia ma se andate avanti in questo modo,
rischia un parto prematuro. > inutilmente, tratteneva le risa.
Bella
aveva le guance in fiamme ma sorrideva serena, il che mi fece
decidere di non ammazzare Emmett seduta stante.
<
dai, Edward, vai. > mi sussurrò nascondendo il color
porpora delle sue guance nella mia camicia < Io ti aspetto qui
…
domani, quando mi sveglio, voglio vedere i tuoi occhi d’oro
… non
che quelli neri non mi piacciano … ma oro sono
così caldi …
> e, dopo avermi lasciato un casto bacio sulle labbra e sulle
guance, scivolò, con tutta la grazia permessa dal suo
pancione, sotto le coperte. Il tutto tra gli sbuffi esasperati di mio
fratello.
Mi
chinai per carezzarle la fronte con le labbra e poi, dopo un ultimo
tocco sulla sua pelle calda, lasciai la stanza.
<
Non stiamo via molto. > sussurrai ad Emmett.
<
No, non preoccuparti. Non voglio stare a sorbirmi tutte le tue
paranoie per molto. Stiamo via giusto il tempo necessario. > e
così, in un attimo, sparimmo nella notte …
E
quando la battuta di caccia fu conclusa, ai primi chiarori
dell’alba
oltre i confini del bosco, ritornammo alla jeep per cambiarci. Appena
ebbi indossato gli abiti puliti,presi il cellulare nella tasca
anteriore dei pantaloni insanguinati. Lo afferrai e mi accorsi che
era spento.
Lo
accesi e a mia mano tremò quando vidi che c’erano
dieci
messaggi in segreteria.
Il
numero di Carlisle.
Bella’s
POV
Edward
se ne era appena andato … sapevo che non avrei potuto
ammetterlo
davanti a lui, ma sentivo già la sua mancanza. Eppure, per
starmi vicino, era rimasto a soffrire la sete troppo a lungo. Mi
rigirai nel letto e, tenendo le mani sul ventre, sospirai. Ad occhi
chiusi, pensai che ancora qualche settimana e poi avrei tenuto la mia
bambina tra le braccia. Sorrisi nell’oscurità. Poi
qualcuno aprì la porta senza alcun rumore. Dopo pochi
istanti,
sentii Alice sdraiarsi al mio fianco.
<
Ciao, so che sei sveglia … > la sua voce era un
po’ tesa.
<
Ciao … che c’è? > le domandai
piuttosto sorpresa.
<
niente … > non era molto convincente. < voglio
farti
compagnia. >
<
Alice … > la rimproverai.
<
No, niente … non so bene perché, ma non riesco a
vedere bene
… sai, è tutto un po’ confuso. >
<
cosa è confuso? >
<
Domani mattina. Non saprei dirti. Vedo solo Emmett che esce di casa
sbattendo la porta. Odio i litigi. > mi voltai per abbracciarla
e
sentii le sue braccia gelide stringermi con delicatezza.
<
e la mia Elizabeth? La vedi? > le domandai emozionata <
Sì > la sua voce era limpida, chiara. <
Piccola e molto,
molto vivace. > ridemmo
e poi sbadigliai.
<
Bella, è notte … perché non dormi?
> <
Uffa … quando Edward non c’è, prendi
sempre la brutta
abitudine di fare come lui. Una specie di guardia, ecco cosa sei
…
>
Rise
di nascosto e poi mi coprì la testa con il lenzuolo.
Visto
che ero stanca, ma davvero stanca, non continuai con le critiche e
lasciai che il sonno s’impadronisse di me. E
anche quella notte, nella mia testa tornarono vividi i miei incubi. E
nella mia corsa contro il tempo, le urla della mia bambina mi
invadevano la testa. Vedevo Aro che ci inseguiva, che mi inseguiva.
Mi afferrava per i capelli, buttandomi a terra e poi Jane, che era
apparsa mentre ero a terra, mi strappava la bambina dalle braccia.
Alec versava lacrime di sangue. L’ultima
cosa che vidi, prima che tutto si sfocasse e si perdesse nel buio
della mia mente, furono le mie mani, protese verso Elizabeth, piccola
ed indifesa.
Mi
svegliai urlando. In
un attimo, ero seduta. Le mie mani all’altezza
dell’ombelico
esercitavano una leggera pressione. Stavo ansimando. <
Bella? > Alice era seduta ai piedi del letto, a gambe
incrociate.
Mi fissava ma non pareva preoccupata.
Ora
avevo portato una mano al petto, visto che il respiro non si era
ancora normalizzato.
<
Scusa … > biascicai mentre mi levavo le lenzuola dal
corpo.
<
Tutto a posto? Gridavi … > mi sussurrò
osservandomi
attentamente.
<
Sì, tutto a posto. Solo un incubo. > un altro incubo,
uguale ai precedenti.
Quello
che mi terrorizzava era quello che Aro mi aveva fatto notare, durante
i miei primi giorni in Italia. Se
davvero i miei sogni mi suggerivano ciò che i miei occhi
ancora non riuscivano a scorgere, allora il mio futuro non sarebbe
stato come desideravo. Ne ero terrorizzata. Cercai di impedire alle
lacrime di sfuggire alle palpebre. <
dove vai? > mi domandò sorpresa. <
In bagno. > fu la mia risposta secca e poi le chiesi sarcastica:
<
Vuoi venire? >
Lei
mi guardò male. Scosse la testa ed uscì dalla
stanza. <
Vado a prepararti una camomilla. > quando
mi fui chiusa la porta del bagno alle spalle, feci quello che dovevo
e poi mi sciacquai il volto con acqua gelata.
Cercai
di lavarmi via anche i residui di ansia, ricordo del sogno e poi mi
guardai allo specchio. Ero pallida almeno quanto il resto della mia
famiglia e le occhiaia intorno ai miei occhi facevano invidia a
quelle di Alice.
Accarezzai
la bambina dopo essermi sollevata la maglietta. Sentii il suo piedino
poco sotto lo stomaco.
<
Allora? Stai ancora dormendo? > domandai alla mia pancia a forma
di mongolfiera. Come
risposta, un lieve movimento mi scombussolò ma non potei
fare
altro che sorridere.
<
Anche tu sei agitata? Dai, appena ritorna il papà vedrai che
andrà meglio. Lo obblighiamo a suonarci qualcosa. >
sospirando andai in cucina. La camomilla mi avrebbe aiutata sia a
calmarmi che a farmi passare quel mal di pancia che, da un paio di
giorni, mi dava fastidio. Certo, avrei dovuto tornare in bagno molto
presto … ma pazienza. Esme
mi venne incontro appena mi vide in sala.
<
Bella, tutto bene? > mi domandò dopo avermi
accarezzato la
guancia.
<
Sì. Perché? >
<
Niente … sembri solo un po’ stanca …
forse sarebbe meglio che
tornassi a letto. Ti porto io la tisana. >
<
No … non preoccuparti. Ho voglia di camminare un
po’. Sto sempre
ferma. > con
la mia sensualissima camminata da papera raggiunsi la cucina e fui
sorpresa di trovare Rosalie seduta al tavolo. Mi salutò con
un
cenno del capo e poi si voltò ad osservare Alice che stava
armeggiando con le tazze. Mi
sorpresi quando entrambe si voltarono all’unisono e mi
fissarono
con delle espressioni davvero strane.
Poi
sentii un liquido caldo scendere lungo le mie gambe.
Arrossii
involontariamente mentre le mie mani raggiunsero all’istante
il mio
grembo. <
Ah perfetto … Avviso Carlisle. > disse Rosalie
alzandosi in
piedi e scomparendo su per le scale. <
Esme, portala in camera … > Alice parlò
talmente
velocemente che a stento capii le sue parole. Contemporaneamente le
mani di Esme si posarono sulle mie spalle. Io,
che mi vergognavo da morire, farfugliai: < Ma ho appena fatto
pipì
in bagno … mi spiace … non capisco proprio come
sia accaduto!
Oddio che vergogna, scusami … ho bagnato il pavimento
… >
<
O, non è niente. Tesoro … non preoccuparti.
Vieni. Andiamo
di là … adesso arriva Carlisle. Rose è
andata a
chiamarlo. >
La
guardai confusa e lei, accarezzandomi mi sussurrò con un
sorriso ciò che io stavo inconsciamente rifiutando: <
Si
sono rotte le acque. La bambina sta nascendo. > rimasi
così
sconvolta e lasciai che mi guidasse per alcuni metri. Poi mi bloccai
e tornai indietro, verso la cucina.
Avevo
appena visto Carlisle entrare in camera con la sua valigetta nera in
mano. Alice stava sistemando gli asciugamani sulla scrivania. Fui
colta dalla paura.
<
No, no, no, no. > dissi mentre mi voltavo, le mani sempre sulla
mia pancia. <
Bella … > la voce di Esme era molto tranquilla.
< Su, non
fare così. Non avere paura. Carlisle ci sta aspettando.
>
<
No NO NO! > gridai io. < Non puoi farmi questo, cazzo!
Piccola
traditrice. È troppo presto, e non c’è
neanche tuo
padre! Ma cazzo, proprio oggi! > stavo letteralmente piangendom
in
piena crisi isterica. Esme mi fece voltare di nuovo e mi
obbligò
a percorre alcuni passi. < No, io non ci vengo in camera! La
bambina non sta nascendo! Aspetterà che torni suo padre.
Adesso andiamo di là e guardiamo la televisione …
Aspetterà
… > dissi con voce tremante. Non potevo partorire
senza Edward.
Non potevo e basta. <
Bella, tesoro … la bambina non aspetta. Non vorrai che nasca
sul
pavimento … >
La
guardai sconfitta e non so come mi ritrovai sdraiata a letto. Vidi
Alice armeggiare al cellulare ed imprecare qualcosa che però
non riuscii a cogliere.
<
Bella, calmati … > mi disse Carlisle, dopo avermi
visitato. Ora
stava accarezzando il mio pancione. Ringraziai
che Rosalie fosse rimasta al piano di sopra con Jasper (che non
avrebbe probabilmente resistito al sangue, nonostante le sue
capacità
mi sarebbero state molto utili ...)
Ero
a disagio nuda davanti al mio suocero-dottore,ad Esme e ad Alice, ma
davanti a lei sicuramente mi sarei sentita molto peggio. Il mio corpo
normale, oltretutto sformato dalla gravidanza, sarebbe stato un
insulto alla sua bellezza. Ciò che mi faceva più
male
era sapere che lei avrebbe però dato tutto, pur di trovarsi
nella mia condizione.
<
Bella … se continui ad agitarti in questo modo non
risolverai
niente. Cerca di tranquillizzarti. Ci vorranno ancora alcune ore.
Vedrai che Edward sarà qui in tempo … > e
mi sorrise. <
Posso alzarmi? > domandai agitata.
<
Certo. > e, senza smettere di sorridere, mi aiutò a
rimettermi in piedi e ad infilarmi una vestaglia.
Senza
dire niente, afferrai il cellulare vicino alla pila di asciugamani e
lenzuola e composi il numero di Edward. Camminavo agitata da una
parte all’altra della stanza. Sembravo una pazza mentre Esme
e
Carlisle, perfettamente sereni, almeno all’apparenza,
restavano
immobili appoggiati alla scrivania.
Alice,
in bagno, stava riempiendo la vasca di acqua calda. <
Rispondi! Edward, rispondi! > gridai piangendo quando un bip mi
segnalò la segreteria telefonica.
Capitolo 23 *** "Con tutta la fatica che ho fatto ..." disse Reneé ***
Salve
a tutte! Passato un buon ferragosto? Mi auguro di si XD
Visto che non vi ho fatto attendere molto? Ecco infatti il capitolo
23!!! E finalmente, uno degli eventi principali della storia si compie!
Ma cosa succederà adesso? Sarà data la
possibilità ai nostri vampirucci teneri di vivere felici e
in pace? Mmm … insomma, mi conoscete! Preparate le bombole
d'ossigeno e prenotate un posto in cardiochirurgia a Forks, dove un
bellissimo dottore sarà tutto intento a rianimarvi a suon di
baci!
Insomma, si prevede bufera! (in realtà, la mia piccola mente
perversa ha elaborato, - molto prima che uscisse BD, tanto per
assicurarvi che 1 questa storia non contiene spoiler e 2 non ho copiato
niente … tendo a ripetermi, ma alle elementari *trauma non
elaborato* la mia maestra mi accusò di aver copiato, che non
poteva essere farina del mio sacco perché il compito era
fatto troppo bene. Insomma, vi assicuro, questa storia ha il marchio
certificato: Made in Erika's mind. Controllato dall'origine allo
schermo.)
Beh, preparate le cinture. Per intanto, farò vivere qualche
tempo felice alla nostra coppia che, ormai, di coppia ha ben poco. E
poi si sa, quando nascono i figli, finisce la pace! Ma la domanda
è: E se la pace non c'è mai stata? Allora cosa
può succedere? Lo scoprirete presto! (Erika si sfrega le
mani con gli occhietti sbirluccicanti e lo sguardo da sadica
assassina.) uno spoiler? Beh, ci sarà un po' di sangue in
futuro *Erika's style* e non solo quello del parto!
Volevo ringraziare voi che, nonostante fosse Ferragosto, avete letto la
mia storiella. E un grazie anche a tutte coloro che hanno commentato.
Un ultima cosa, sono così felice! Questa ficcy ha raggiunto
quota 152 preferiti!
È, è … splendido! Davvero!
È un regalo bellissimo per me! GRAZIE DI CUORE
Cassandra
*con gli occhi pieni di lacrimucce di gioia*
PS:
Io adoro Emmett!
Bella's
POV
<
Bella … Stenditi un attimo. >
< No! Esme, sono troppo agitata! Ho bisogno di camminare.
> Percorrevo la stanza avanti ed indietro a passi veloci,
tenendo le mani all'altezza dei reni, sulla schiena. Ogni volta che
arrivava una contrazione, stringevo i denti e serravo gli occhi.
< Lascia che faccia quello che si sente di fare. Se camminare le
fa bene …Come ti senti, Bella? >
< Mi sembra di avere il ciclo … > sospirai e
poi aggiunsi:
< Carlisle … >
< Sì, Bella? >
< Senti, ma sei sicuro di poterlo fare? Non è che
possiamo andare all'ospedale? > la mia voce tremava.
< Bella, è vero, non sono un ginecologo ma ti
assicuro, sono perfettamente in grado di gestire questa situazione. Non
è il primo bambino che aiuto a nascere. Anzi, sappi che
negli ultimi mesi ho anche riletto tutti i manuali per tenermi
aggiornato. E qui abbiamo tutto l'occorrente … Certo, se
preferisci possiamo sempre andare all'ospedale. Abbiamo dei documenti
falsi anche per te. Se andarci ti può aiutare ad essere
più sicura … ti assicuro però che qui
né tu ne la bambina correte alcun rischio. >
"Rischio" A quella parola tremai.
Ero stata calma riguardo al parto fino al momento in cui, in mezzo alla
cucina, non mi si erano rotte le acque.
Poi, una volta resami conto che stavo davvero partorendo, dopo aver
visto la piccola scia di sangue mescolata ad un liquido dal colore
indefinito lungo la mia coscia e aver sentito Carlisle dire: <
Sì, si è rotto il tappo. Adesso dobbiamo
aspettare finché non ti sarai dilatata … Dobbiamo
tenere sotto controllo le contrazioni. >, a quel punto realizzai
che stavo davvero partorendo, che la bambina sarebbe nata di li a poco.
E tutto quello che, fino a quel momento, appariva ai miei occhi come un
futuro indistinto e sfocato, divenne immediatamente reale, troppo reale.
All'improvviso non mi sentii pronta. Era troppo presto, avevo bisogno
di altro tempo. Non mi sentivo ancora pronta.
Dopo averlo gridato dietro ad Esme che, poverina, cercava di
rassicurarmi, Carlisle era intervenuto e aveva cercato di convincermi
che questa paura era del tutto normale e che, sebbene mancassero ancora
circa tre settimane alla data prevista, non c'era niente di cui
preoccuparsi. Ero giovane ed evidentemente la bambina era pronta, dato
che non c'erano stati eventi traumatici che avessero indotto il parto.
Mi aveva visitato e tutto pareva normale. E comunque, mi continuava a
ripetere, erano pronti ad ogni eventualità.
< Ah! > gemetti tenendomi la pancia. Un attimo dopo
Carlisle fu al mio fianco e, tenendomi per mano, mi portò a
sedere sul letto e mi sentì il polso.
Sorrideva.
< Ah! > un'altra contrazione.
Alice era tornata e tentava di nuovo di chiamare Edward.
Sbuffò e riappoggiò il telefono sul comodino, poi
si voltò e, rivolgendomi un sorriso smagliante, disse:
< Se le contrazioni sono regolari, potremmo spostarci in bagno.
>
Era stata sua l'idea dell'acqua calda. Negli ultimi 5 mesi, aveva
frequentato un paio di corsi per gestanti. Diceva che, visto che io non
potevo, sarebbe andata lei e mi avrebbe fatto poi rifare esattamente
gli stessi esercizi. Ed infatti molti miei pomeriggi erano trascorsi
con lei come personal trainer … sotto lo sguardo attento di
Edward. Sono certa che, se non avesse fatto così freddo, lui
mi avrebbe fatto costruire una piscina in giardino.
Naturalmente, in quei corsi di cui Alice era tanto entusiasta, le
signorine elogiavano il parto in acqua e, visto che Carlisle era
d'accordo …
A fatica entrai nella grande vasca con idromassaggio e mi abbandonai
alla ceramica fresca. L'acqua era calda e rilassante.
Ad occhi chiusi facevo dei respiri profondi. Seguivo il ritmo di Esme.
< Dai, Bella, respiri profondi. > La guardai malissimo.
Povera Esme, sapevo che non se lo meritava, ma avrei tanto voluto
tirarle dietro tutto ciò che avevo a portata di mano.
Strinsi i denti quando sentii arrivare l'ennesima contrazione.
Vidi Carlisle armeggiare con una siringa ed improvvisamente, mi sentii
subito meglio, o per lo meno speravo lo credessero gli altri.
< Carlisle, mettila via, non occorre … >gli
feci sorridente.
< Bella, questa ti aiuterà a tenere sotto controllo
il dolore. > e si avvicinò di più a me.
< Esme, aiutala a girarsi … >
< No no no! Va bene così! > dissi
avvinghiandomi ai bordi della vasca.
< Va bene. > mi sorrise e poi aggiunse, appoggiando il
maledetto, piccolo oggetto di vetro sul fasciatoio che, da alcune
settimane si era aggiunto agli arredi del mio bagno.
< avvisami quando ti sentirai pronta. >
Ormai ansimavo. Le goccioline di sudore sulla mia faccia mi
appiccicavano i capelli alla fronte. Era stato inutile legarli in un
alto codino, ormai erano bagnati fradici.
< Alice, quel debosciato non ti ha ancora richiamato? >
Le chiesi al limite della sopportazione.
< C'è la segreteria telefonica. >
< Allora, registra sulla segreteria che sto partorendo.
P.A.R.T.O.R.E.N.D.O. fagli lo spelling, mandagli un videomessaggio, fa
come vuoi, ma cacchio fallo venire qui! >
< Bella, il telefono è ancora spento … ma
ti assicuro, appena lo riaccende, vedrà i messaggi e si
fonderà qui. >
< Me lo auguro per lui. >
Mentre ero lì, con l'acqua che mi arrivava alle ascelle e
gli occhi chiusi, lasciavo che Alice mi massaggiasse le braccia e le
gambe.
< Quanto tempo è passato? > chiesi tra uno
spasmo e l'altro.
< Le doglie sono iniziate circa tre ore fa … >
Aprii gli occhi e sbuffai, espirando.
< Bella, non è colpa mia … >
cercò di giustificarsi lei.
< No, lo so. È colpa sua! Perché tiene il
cellulare spento? Cavolo! >
Alice non mi rispose e continuò a frizionarmi le spalle,
insieme ad Esme.
Quando la sentii irrigidirsi, alzai lo sguardo terrorizzata e la
fissai, nei suoi occhi vitrei.
Carlisle la prese gentilmente per le spalle e la fece sedere per terra.
Le si inginocchiò davanti e, con calma apparente, le
domandò piatto: < Alice, cosa vedi? >
Io mi ero letteralmente irrigidita e cercai di mettermi meglio per
poter spiare da oltre il bordo della vasca.
Esme mi trattenne ma io gridai tra le lacrime: < Alice!
È la mia bambina? Alice? >
Carlisle copriva la sagoma della mia migliore amica, ma alla fine, la
sentii sospirare:
< Ha visto il telefono. Ora ci chiamerà. > a
quelle parole, sentii tutti i muscoli del mio corpo rilassarsi
contemporaneamente. Risprofondai nell'acqua calda sorretta dalle
braccia di Esme.
Dopo neanche un minuto, il telefonino vibrò.
Carlisle lo afferrò all'istante e se lo avvicinò
all'orecchio.
< Pronto? > si era intanto portato al mio fianco, seduto
sul bordo della vasca.
Sentii chiaramente la voce di Edward, provenire dal piccolo apparecchio.
< Carlisle? Carlisle cosa succede? > era agitato.
< Sta tranquillo. Bella sta partorendo ma va tutto bene. Le si
sono rotte le acque circa tre ore e mezza fa. Voi quanto ci metterete
ad arrivare? >
Ci furono alcuni istanti di silenzio e poi, con voce roca, Edward
bisbigliò:
< La bambina … Elizabeth … è
già nata? >
< No, evidentemente, tutte e due ti stanno aspettando. >
e nello stesso istante, mi accarezzò i capelli.
< Bella sta bene? >
< Passamelo! > bisbigliai e lui mi porse il telefonino,
dopo avermi asciugato la mano con un asciugamano.
Sospirai nell'apparecchio: < Edward? >
< Bella? >
< Tra quanto torni? >
< Sono già sulla strada. > lo sentii
bisbigliare velocissimo qualcosa ad Emmett e poi continuò
velocissimo: < A che punto sei? Ogni quanto hai le contrazioni?
Sei già dilatata? Si vede già la testa? >
< Edward, non sono un medico, non lo so, non lo so! Quindi
è inutile che lo chiedi a me. Chiedilo a tuo padre! >
E gli passai Carlisle. Parlarono per alcuni minuti, durante i quali
Carlisle gli fece un resoconto dettagliato della situazione e,
probabilmente su richiesta di Edward, mi sentii il polso. Quando
finalmente mi restituì il telefonino, mi disse: <
Scusa per prima, solo non mi aspettavo, così presto
… non sarei mai dovuto andare … Oddio, sono
così agitato. >
Nella mia testa pensai: "Certo cretino. Avresti dovuto andare prima,
quando te lo dicevo io." Ma non glie lo avrei certo detto. Si sarebbe
sentito in colpa per i prossimi … diciamo cent'anni?
< Ma no, anzi, è proprio un bene invece. Ci
sarà tanto di quel sangue … > gli dissi
scossa tra un tremito alla sola idea.
< Sì, certo … come ti senti? >
< Edward … come diavolo credi che mi senta? Sto
partorendo! >
< Bella, fa dei respiri profondi … sarò da
te tra pochissimo. Non ti preoccupare. >
< Mi raccomando. > sussurrai prima che arrivasse un'altra
fitta e con essa, un mio grido.
< Cos'hai? > mi chiese terrorizzato.
< Una contrazione. > dissi a denti stretti.
< Ok, ok … sta calma. > dal tono della sua
voce, mi parve che stesse cercando di tranquillizzare più
sé stesso che me.
< Edward, non preoccuparti, va tutto bene … >
dissi. Carlisle mi sorrise, divertito dal fatto che fossi io a
rassicurare mio marito. Mi bisbigliò: < è
sempre così. Alla fine sono le madri a rassicurare i padri.
> sorridemmo entrambi e poi sentii la voce di Emmett nel
telefono. Lui ed Edward stavano litigando.
Alice scosse il capo.
< Bella, stiamo arrivando … >
< Ti stiamo aspettiamo per il gran finale. > gli dissi
ironica.
< Non dovrete attendere molto. >
Prima che le mie orecchie potessero cogliere alcun suono nuovo, Esme,
Alice e Carlisle voltarono il capo verso la finestra che dava sul
cortile. Poi, il rombo lontano di un motore.
< Edward? > gli chiesi interrompendo il suo discorso
riguardo il calore dell'acqua.
Cercava di tenermi occupata.
< Eccoci. > disse mentre il suono si fece più
forte.
Improvvisamente si arrestò e poi sentii una portiera
sbattere. Un istante dopo, la porta del soggiorno cigolò e
poi si spalancò quella del bagno. Carlisle mi
sfilò il cellulare e spense la chiamata. 17 minuti.
Sorrisi ad Edward che corse a lavarsi le mani con del disinfettante.
Subito dopo, si inginocchiò vicino a me e mi
carezzò le guance.
Gli baciai la fronte e lo abbracciai, bagnandogli la camicia pulita,
che sapeva di bucato.
< Bella, Amore … vado su a farmi una doccia.
Così poi potrò aiutarti anche io. Non vorrei che
tu o la bambina entraste in contatto con del sangue …
>
< Sì, non ti preoccupare, non scusarti. Torna presto.
>
Mi baciò la mano e poi scomparve, seguito da Carlisle.
Emmett si sporse nel bagno e, dopo avermi vista nella vasca,irò immediatamente il capo e, con voce imbarazzata cercò di scusarsi: < Scusa Bella scusa, non volevo!
>scappò in camera.
Esme appoggiò sul mio corpo un asciugamano enorme, lasciando
che si inzuppasse completamente, e poi disse:
< Se vuoi, vieni a salutarla … >
Emmett si sporse di nuovo un pochino e, dopo aver controllato che tutto fosse a posto spostando lentamente la
mano che si era messo sugli occhi, mi disse:
< Davvero, Bella, mi spiace tantissimo. Se avessi saputo! Ma come potevo pensare che tu …
proprio questa notte …>
Se non fosse che era grande e
grosso, sarebbe potuto benissimo sembrare un bambino. Ero certa che se
avesse potuto, sarebbe arrossito.
< Beh, fai sempre lo sbruffone … e adesso non vieni a
salutare tua sorella che sta facendo nascere tua nipote? >
Alice rise e poi Emmett entrò, lentamente come se ci fosse
una bomba. Stava trattenendo il respiro. Nonostante il mio sangue fosse
disperso nell'acqua, il suo odore doveva essere molto forte.
Strinsi l'asciugamano al mio corpo, ancora immersa fino al seno.
Emmett mi diede una pacca gentile sulla spalla e poi mi disse:
< Beh, senti … allora … > grande,
grosso ed impacciato. Mi faceva persino tenerezza.
< Ehm … vedi di far nascere questa mocciosetta in
fretta … eh, auguri, sì insomma, hai capito
… >
< Certo Emmett, grazie. >
< Prego. > si fissava le scarpe mentre mi parlava.
< Em. > era la voce di Edward.
< Emmett, è arrabbiato con te? > Gli chiesi
preoccupata. Lui scosse le spalle e disse:
< Sai, non ha apprezzato il fatto che gli avessi spento il
cellulare di nascosto. In realtà, ero in buona fede. Volevo
che si distraesse completamente. Ed è per lo stesso motivo
che ho lasciato a casa il mio. Quando se ne è accorto, non
ne è stato proprio entusiasta. Se non fosse che gli servivo
per guidare mentre era intento a parlarti, sono certo che mi avrebbe
staccato la testa. > risi per poi sentire un'altra contrazione,
più forte delle precedenti, tanto forte da togliermi il
fiato.
Le mie mani corsero al pancione mentre Emmett si allontanava spaventato.
Quando riuscii a parlare di nuovo lo presi in giro: < Ma come,
fratellone, ti diverti a cacciare i Grizzlie e poi hai paura di una
donna che partorisce? >
Lui non mi rispose e poi Edward entrò nella stanza. Adesso
indossava una tuta. Fulminò Emmett con lo sguardo e poi si
accovacciò al mio fianco.
< Senti, Bella, io vado … di là
… >
< Va bene, Emmett, ci vediamo dopo. >
< Sì, due ragazzine al prezzo di una >
scherzò lui prima di sparire in un lampo.
Arrivò anche Carlisle, anche lui si era cambiato ed
indossava una tuta.
Esme ed Alice andarono a mettersi dei vestiti più comodi.
< Perché questo assalto al guardaroba? >
chiesi preoccupata.
< Sta per cominciare la parte più …
diciamo che è meglio avere degli abiti facilmente lavabili.
>
< Ah … > fu la mia risposta. A giudicare dalla
reazione di Edward, presumo che il mio sguardo fosse carico di terrore.
Si chinò su di me e mi abbracciò stretto,
accarezzandomi la schiena lentamente. All'orecchio mi
sussurrò: < Andrà tutto bene. >
Mi appoggiai a lui e cercai di rilassarmi. L'acqua era ancora
caldissima e il contrasto con la pelle gelata di Edward era notevole.
Chiusi gli occhi e lasciai che Edward cantasse la mia ninnananna.
Quando, all'ennesima contrazione, emisi un urlo strozzato, sentii Alice
dire: < La portiamo in camera adesso? > erano tornate.
< No, è ancora presto. Ne avrà ancora per
un bel po'. >
< Cosa? > urlai io. < No! Ma come? >
< Eh sì, sei solo all'inizio. >
< Ma quanto tempo è passato?>
< Circa quattro ore e un quarto.>
< E immagino che più andrà avanti,
più farà male … > a quella mia
affermazione, Carlisle ammiccò verso il fasciatoio e la
siringa luccicò alla luce dell'alba, minacciosa.
Mi strinsi ad Edward e poi venni colpita da un'altra ondata di dolore.
Il grido scivolò dai miei denti serrati. Cominciai a capire
mia madre che, quando mi facevo male, mi diceva: "con tutta la fatica
che ho fattoper partorirti, per
favore vedi di fare più attenzione"
Cavolo che male. Passò altro tempo, non so quanto.
Ormai le contrazioni si erano fatte sempre più vicine.
Quando ormai passava talmente poco tempo tra una e l'altra che a stento capivo quando il dolore finiva e quando ricominciava, Edward mi
prese in braccio ed Esme mi diede un'asciugata veloce. Poco dopo
eravamo in camera. Carlisle voleva che la parte finale del parto avesse luogo in un posto asciutto, dove potesse seguirmi ed aiutarmi meglio.
Sul letto i cuscini formavano un muro a cui Edward
mi fece appoggiare con la schiena. Sotto le ginocchia Alice mi
posizionò altri cuscini.
Stare lì, con le gambe divaricate era a dir poco
imbarazzante, ma l'imbarazzo svanì nello stesso istante in
cui tutto il mio copro fu avvolto da un altro spasmo. Edward era seduto
al mio fianco e mi teneva la mano. Il suo braccio libero mi cingeva le
spalle. Appena il dolore si fu placato un attimo, mi infilò una larga camicia da notte.
Ogni volta che arrivava il dolore, mi piegavo in avanti.
I miei capelli e il mio corpo erano percorsi da rivoli di sudore.
Senza che neanche me ne fossi resa conto, cominciai ad urlare a tutti
polmoni.
Sentii Carlisle dire: < Ok, è in travaglio
… >
Appena ripresi fiato, sentii la porta d'ingresso sbattere di colpo.
Fissai Edward stupita e lui disse: < Emmett non sopporta le
urla. Credo sia scappato. > Alice fissava oltre la finestra suo
fratello che andava a prendere una boccata d'aria.
< E così lo avevi visto, Alice … >
e lei annui sorridente. Sorrisi anche io, prima di ricominciare ad
urlare, all'ennesima contrazione. Con la mano libera strinsi il lenzuolo.
Non feci a tempo a rilassarmi che di nuovo, mi ritrovai ad urlare con
il sudore che mi gocciolava dalla fronte. Sentii le lacrime agli angoli
degli occhi e non provai neanche a fermarle.
Quando ormai era mattina, Carlisle finalmente disse, in una
pausa tra le mie urla:
< Ecco, ora riesco a vedere la testa. > a quelle parole,
cercai di respirare più profondamente. Aprii gli occhi
bagnati e vidi Esme. Sembrava così emozionata …
ed in attesa, con un asciugamano bianco e soffice tra le mani, pronta
ad accogliere la mia bambina. Un'ombra di tristezza le velava il viso.
Chiusi immediatamente gli occhi quando mi sembrò che il mio
ventre venisse squarciato.
Invece del solito urlo, gridai: < Edward! Primo e ultimo figlio!
> Appoggiò le sue labbra sulla mia guancia e non mi
rispose. Cercai di guardarlo negli occhi e vidi che erano nerissimi.
< Bella, spingi. > Questo era Carlisle. < Spingi
forte quando te lo dico. > Annuii.
< Ora. > e io obbedii urlando. Sentivo il sangue che
bagnava le lenzuola. < Ferma … > e mi
rilassai, buttandomi contro i cuscini. Troppo presto Carlisle mi disse:
< Ancora. > ed io spinsi.
Ogni volta m'irrigidivo per poi rilassarmi.
< Ancora qualche spinta, forte … dai che sta
nascendo. Segui il mio respiro. > mi diceva Edward. Provavo
l'istinto di tirargli un pugno ma feci come mi diceva.
< AAAAAAAAHHHHHHHH > gridai mentre spingevo con tutta la
forza che avevo in corpo. Se ci fosse stata una seconda volta, avrei
implorato Carlisle di farmi quella maledettissima puntura.
< Spingi > Mio suocero era calmissimo, mentre Edward mi
stringeva convulso la mano.
L'ultima spinta fu accompagnata da un dolore persino più
atroce dei precedenti. Uno spasmo terribile.
Quando al mio urlo acutissimo sentii unirsi, dopo quello che mi parve
il suono di uno schiaffo, un altro grido, disperato, sentii che il mio
cuore perse un battito. Edward, che guardava davanti a noi rapito, si
voltò velocissimo ad osservarmi, per assicurarsi che stessi
bene. Mi sorrise mentre io piangevo come una scema. L'ombra del dolore
era ancora presente nel mio ventre adesso piatto. Ansimavo ancora.
Edward mi tenne seduta mentre Alice toglieva i tanti cuscini da dietro
la mia schiena, lasciandone solo uno. Mio marito mi
riaccompagnò sdraiata e mi accarezzò il volto.
Tenendo gli occhi chiusi, sussurrai:
< La bambina, voglio vederla. > la sentivo urlare.
Gridava così forte …
poi, qualcosa di caldo e bagnato venne appoggiato al mio petto, Dopo
che Edward mi ebbe slacciato la parte superiore della maglietta,
lasciando scoperto il seno. Nonostante la stanchezza, aprii gli occhi e
sorrisi quando vidi quella piccola creatura coperta di sangue. Era
minuscola. Tutta grinzosa e ricoperta di sangue e di uno strano liquido
biancastro. Vidi che le era già stato reciso il cordone
ombelicale.
Le appoggiai le mani sul capo e la cullai lentamente, piangente. Lei
continuava a gridare, e quel suono mi riempì il cuore di
gioia.
Teneva i pugnetti stretti e la boccuccia aperta, ma non sembrava
cercare il mio seno. Tremava.
< Ha freddo? > chiesi spaesata. Carlisle
l'allontanò da me, togliendola dalle mie braccia ed
affidandola ad Esme. Al mio sguardo preoccupato, mi disse: < Tu
intanto riposa, io la devo visitare e le dobbiamo fare il bagno.
> mi voltai lentamente verso Edward. Gli dissi: <
Faglielo tu … > Sapevo quanto ci tenesse. Mi
accarezzò la fronte e, dopo un bacio sulle labbra,
svanì. Il pianto proveniva ora dal bagno.
Senza che mi rendessi conto di cosa stesse accadendo, Carlisle si avvicinò e, senza preavviso o spiegazione, premette
il dito indice sotto l'ombelico.
Gridai. tra due lacrime sfuggite alle mie palpebre, lo fissai sorpresa e adirata.
Lui mi accarezzò e mi disse: < Va tutto bene, semplice controllo di routine. >
Poi, dopo avermi dato un bacio sulla fronte sudata, si diresse in bagno.
Esausta, chiusi gli occhi e, ormai lontana dal dolore del travaglio, mi
addormentai, persino troppo stanca per sognare.
Salve! Come
promesso, dopo una non troppo lunga attesa (almeno mi auguro) vi offro questo
capitolo 24, aggiungendo alcune note:
1. Dissi
(non ricordo quando, ma verso l'inizio) che questa storia sarebbe stata più
breve di "Un Respiro Dolce Dolce" ma,
naturalmente, mi ritrovo a smentirmi. Eh sì, abbiamo raggiunto quota 24! E
presto supereremo questa soglia che inizialmente credevo che non avremmo visto
neanche da lontano XD. Questo è dovuto al fatto che, senza mutare la trama
originale, mi sono venuti in mente degli sviluppi interni carini! Come
tra l'altro il parto (mi pare fosse di Yuyutiamo
l'idea …) XD
2. Per il cap precedente, mi sono ampiamente documentata ( e spero di
non aver detto cavolate, nel caso, perdono!) leggendo il cap
del libro di Biologia, chiedendo a più o meno tutte le donne con figli me
soprattutto … rullo di tamburi … ho guardato tanti di quei video su youtube … i titoli erano di solito: Mydaughter's birth, myson's birth, Howtodeliver a baby, Giving birth, Kate givin' birth toourchild
… e simili. In questi video si vedeva proprio tutto. In certi momenti ho
davvero analizzato i vantaggi dell'adozione XD Se pensate che questi video,
certamente toccanti, sono vietati ai minori di 18 mentre il sesso (e io non
sono una moralista) viene servito in tutte le sue colorite forme a tutti gli
orari … che poi, il sesso è una cosa tra le più naturali (così come il parto
che ne è diretta conseguenza ma non viceversa) ma è il modo in cui viene
proposto! Sembra che il mondo sia abitato da ninfomani e assetati di sesso … Comunque, tutto questo
per dirvi che per scrivere il cap precedente mi sono
addentrata nei meandri della rete (con largo anticipo, fortunatamente, dato che
poi i PC mi hanno dichiarato guerra …)
3. La storia
del dito premuto sul ventre … lo hanno fatto a mia madre e quando lei ha
chiesto a cosa servisse, dopo aver smesso di urlare, il tizio se ne era già
andato. Indi, non lo so … sorry … vivremo tutte nel
mistero XD c'è un'ostetrica in zona? La frase di Reneé
in realtà viene tirata fuori da mia madre ogni volta
che ho un incidente (leggi: capita estremamente spesso … come forse avrete
notato XD)
Bene, direi che
ho parlato anche troppo … quindi, buona lettura (con la speranza di non avervi
annoiate a morte!!!) Baci di fine (Noooooo) agosto!
Quando tornerò a casa, posterò con più frequenza!!!! Ciao e grazie
infinite a tutte,
Cassandra
Bella’s
POV
Dormivo.
Dormivo e, per una
volta, ero tranquilla e serena.
Era come se
fossi caduta in un torpore meraviglioso. Il dolore stava scivolando lentamente
lontano da me.
Anche quella
tranquillità però ebbe presto fine.
Sentivo delle
mani gelate toccarmi. Sentivo dell'acqua tiepida sul mio corpo.
Qualcuno mi
stava passando una spugna bagnata sulla pelle.
Mi stavo
svegliando ma ci misi qualche secondo per ricordarmi perché le mie mani,
scendendo dal petto, non incontrarono la montagna a cui ero abituata. Piatto.
Il mio ventre era piatto.
Mi obbligai ad
aprire gli occhi e la prima cosa che vidi fu Alice. Le tende erano state tirate
e nella stanza era buio.
< Alice? >
< Ciao. Come
ti senti? >
I ricordi
ritornarono lentamente. Rividi la bambina tra le braccia di Esme, la rividi
appoggiata al mio petto.
< Dov'è
Elizabeth? > chiesi emozionata dalle mie stesse parole.
< L'esserino è di là. Sta dormendo. >
< Ed Edward?
> Le chiesi notando la sua assenza. Anzi, effettivamente, nella stanza c'era
solo Alice.
Lei mi guardò
con un'espressione strana e poi, sorridendo, mi disse: < sono tutti di là.
>
A quelle parole,
cercai di alzarmi ma mi resi presto conto che non era una buona idea.
< Quanto è
passato? > chiesi spaesata.
< Circa
mezz'ora. Edward sta arrivando. > mi disse osservando la porta che, dopo un
istante, si aprì.
< Bella, ho
sentito che ti eri svegliata. Come stai amore? >
< Bene … e la
bambina? >
< Carlisle si
sta occupando di lei. > mi rispose rassicurante, solo che io, quando
elaborai la sua frase, mi sentii morire.
< C'è qualche
problema? > la mia voce tremò.
Edward si chinò
a baciarmi la guancia e, stringendomi in un abbraccio leggero, mi sussurrò
all'orecchio:
< No. È solo
che è leggermente sottopeso. È piccina. La stiamo tenendo in una culla calda.
Carlisle l'aveva comprata, sai, per ogni evenienza … >
< Ma è in
incubatrice? > chiesi agitata.
< No … è solo
una culla normale, ma riscaldata. Per il peso, è convinto che in qualche
settimana arriverà a raggiungere quello giusto. >
Annuii e mi
strinsi al suo petto.
< Piccina?
> chiesi in un sospiro.
< Sì,
piccina. > il suo fu un sussurro.
< E pensare
che a me sembrava così grande, dentro la mia pancia. >
Rise
sommessamente e mi aiutò a mettermi seduta.
< Hai fame?
> domandò lui ed io scossi la testa.e
la prima cosa che vidi fu Alice. o la montagna a cui ero abituata. ncione. a
affianco.
< Posso
vederla? >
< Certo …
> e dopo avermi avvolta nella coperta, mi prese in braccio.
La bambina era
nella sala del piano, insieme a una bilancia per neonati (sembrava quella del
supermercato … ) e tutte le cose di Carlisle sparpagliate sul tavolo.
Edward mi fece
sedere sul divano, affianco alla culla dentro cui dormiva la mia bambina appena
nata.
Mi sporsi per
vederla, appoggiata al bordo di ferro e vetro.
Ed era lì,
piccola e grinzosa, seminascosta sotto una copertina ricamata da Esme, infilata
in un vestitino un po' più grande del necessario.
Ora che la mia
mente era abbastanza lucida, mi resi conto che era davvero piccolina.
Dormiva.
< Puoi
toccarla, non credo morda … > mi fece Edward ironico.
Guardai Carlisle
che annuii e allungai la mano per accarezzare la fronte della bambina.
Al mio tocco,
tirò la testa lentamente all'indietro e spalancò la bocca, senza emettere alcun
suono.
Ritrassi la
mano, preoccupata di averla disturbata. Edward però cominciò ad accarezzarle la
schiena sotto la coperta.
Rimasi
appoggiata al bordo della culla ad osservarla a lungo.
Non mi sembrava
vero.
Quell'esserino che, per tutto quel tempo, era cresciuto dentro di
me … Che mi teneva sveglia con i suoi calcetti …
La bambina che
mi aveva dato la forza di fuggire dalla mia prigione …
Per quella
piccola vita, ero stata pronta a rinunciare alla mia.
L'accarezzai di
nuovo e le sussurrai: < Elizabeth? Elizabeth, piccolina … > e lei si girò
aderendo di più alla mia mano, come se ne ricercasse il calore umano. Non
riuscivo a smettere di fissarla, e non so per quanto rimasi lì, immobile,
intenta ad osservare ogni suo singolo respiro.
Quando Esme mi
porse dell'acqua, non la rifiutai.
Con ogni
probabilità, mi addormentai sul divano, perché, quando Edward mi svegliò, ero
sdraiata a letto.
< Bella …
Bella? >
< Mh … >
< Bella,
Amore, risvegliati. >
Aprii gli occhi
e mi ritrovai Edward seduto al mio fianco, con la bambina in braccio.
Era sveglia, ma
i suoi occhi erano appena socchiusi. Mi portai a sedere poggiando sui gomiti.
Allungai le
braccia e lui me la porse, appoggiandola contro il mio petto.
Elizabeth
muoveva la testa, sapevo in cerca di cosa …
Edward mi
slacciò la parte superiore della vestaglia e poi mi mise un braccio intorno
alle spalle.
Sistemai la
bambina sul mio seno, come se fosse la cosa più normale del mondo, e la
osservai mentre restava aggrappata al mio corpo, intenta a nutrirsi. Teneva le
manine, minuscole, sul mio petto.
Ora che potevo
vederla meglio, notai quanto fosse pallida … Era calda, ma non come mi sarei
aspettata e la sua pelle liscissima pareva più resistente della mia.
Guardai Edward
negli occhi e lui sostenne il mio sguardo. Accarezzandole la testa, mi disse:
< La
trasformazione ha mutato il mio DNA … alcune caratteristiche fisiche glie le ho
trasmesse.
Ma non credo che
ci saranno problemi. È sana … e questo è l'unico mio interesse. >
Rimasi ad
osservare Elizabeth a lungo, finché non sentii la presa della sua bocca sul mio
capezzolo allentarsi. L'allontanai e me la sistemai meglio tra le braccia,
muovendole lentamente, per cullarla.
Lei emise dei
piccoli vagiti e dopo un po' sbadigliò, stropicciando i pugnetti.
< Si è
addormentata. > mi bisbigliò Edward baciandomi la pelle dietro all'orecchio.
< Posso tenerla
ancora un po'? >
< Certo. Ci
mancherebbe altro. >
Appoggiata
completamente a lui, lasciando che mi riallacciasse il complicato intreccio di
nastri della mia vestaglia, gli chiesi:
< Gli altri
l'hanno vista? >
< Sì.
L'adorano tutti. Volevano venirti a fare gli auguri e i complimenti, ma
preferiscono aspettare che tu ti sia riposata. >
< Emmett si è ripreso? > chiesi dopo aver appoggiato le
labbra sulla fronte liscia e perfetta di … mia figlia.
< Sì … direi
di sì. > disse ridendo e poi aggiunse: < Solo, è contrariato dal fatto
che la bimba abbia dormito tutto il tempo. Anche se, effettivamente, adesso
sarebbe comunque troppo piccola per poter giocare con lui. Povero Em, Voleva fare il cretino ... >
< Beh, credo
che sia normale, per lui. Non penso lo volesse fare … a volte credo proprio che
lo sia. >
< Sì,
sottoscrivo. >
< Lo hai
perdonato? >
< No. >
< Dai,
poverino, voleva solo che ti svagassi, senza limitarti a nutrirti. >
< Guarda che
non mi disturbavi quando mi chiamavi in lacrime perché ti eri appena svegliata,
dopo aver avuto un incubo … Mi faceva piacere poterti esserti d'aiuto. E io,
che stupido, pensavo che finalmente ieri notte avessi fatto un bel sogno, che
non ti fossi svegliata nel cuore della notte … Mai fui più lontano dalla
verità. Se avessi saputo che avresti partorito … se Alice avesse visto … Non mi
sarei allontanato dal tuo letto neanche di un millimetro. >
Appoggiandomi al
suo petto, voltai il capo per poterlo baciare, lui chinò il capo per venirmi
incontro e appoggiò le sue labbra sulle mie. Entrambi tenevamo gli occhi
chiusi. Mi girai per poter appoggiare il mio petto contro il suo corpo gelido.
Le sue mani,
appoggiate una sulla mia spalla e l'altra alla base della mia schiena, mi
strinsero a lui.
La bambina era
tra noi, come quando ero incinta.
Il nostro bacio
… ehm, appassionato, fu interrotto da una serie di flash accecanti nonostante i
miei occhi chiusi.
La mano di
Edward arrivò alla mia testa e, contro la mia volontà, mi costrinse ad
allontanarmi da lui.
< Alice …
> bisbigliò a denti stretti prima di passare a baciare il mio collo.
< Bella,
girati verso di me e fa vedere bene la bambina. >
Ed Edward, con
un movimento dolce mi aiutò a voltarmi e cinse sia me che Elizabeth con le sue
braccia gelide e protettive. Io, dal canto mio, tenevo la bimba stretta al
petto. Aveva un profumo buonissimo, come suo padre, e forse, era persino
più bella di lui …
Alice continuò a
scattare foto per un po'. Me ne fece una splendida in cui io prendevo Elizabeth
e le baciavo la guancia. Entrambe tenevamo gli occhi chiusi e il suo vagito mi
era arrivato alle orecchie come una canzone. Edward mi teneva per la vita …
Quando
finalmente Alice fu soddisfatta, mi abbandonai al petto di Edward ed appoggiai
il capo sulla sua spalla. Lui accarezzava sia me che la piccola.
< Charlie e Reneè impazziranno quando vedranno queste foto. > disse
tutta entusiasta.
A quelle parole,
aprii gli occhi e con stupore mi accorsi che erano colmi di pianto.
Charlie e Reneè … Loro non avrebbero mai visto la mia piccola
Elizabeth. Io stessa, non li avrei più rivisti …
E tutto il
dolore, la tristezza, l'ansia che, fino a quel momento, ero riuscita a tenere
lontano da me,
parvero
esplodere all'istante.
Mi sentii persa,
sola … nonostante Elizabeth fosse al sicuro tra le mie braccia, ebbi paura di
perderla, di averla persa.
Ero
letteralmente terrorizzata.
Il mio pianto,
da silenzioso divenne un susseguirsi di singhiozzi e singulti.
Sebbene lo
volessi, sebbene ci provassi, non riuscivo a fermarmi. Mi pareva mi mancasse
l'aria.
Quando mia
figlia, svegliata dai miei singhiozzi, cominciò vagire disperata, la strinsi al
mio petto, facendola aderire alla mia pelle. Volevo sentire il suo cuore,
volevo sentirla come quando era parte di me.
Alice poggiò la
macchinetta sulla scrivania e poi si avvicinò a me.
Mi accarezzò la
faccia mentre Edward continuava a stringermi e a cullarmi.
Quando però la
mia migliore amica cercò di levarmi la mia bambina dalle braccia, cominciai a
gridare, con tutto il fiato che avevo in corpo.
Cercai di tenere
stretta Elizabeth e mi riparai tra le braccia di mio marito.
Le grida della
bambina coprirono le mie parole:
< Lasciala.
Lasciala. Non la toccare. >
Continuai a
cullare la piccola finché non si calmò, ma i lacrimoni scendevano ancora
copiosi sulle mie guance.
Alla fine,
sfiancata dal pianto, lasciai che Edward la prendesse tra le sue braccia mentre
io, in silenzio mi accoccolai al suo petto. Con un gesto fulmineo, mi coprì con
una leggera trapunta e mi strinse a sé. Reggeva Elizabeth con un braccio solo e
lei, in silenzio, pareva addormentata.
Quando anche il
mio respiro si fu calmato, così come il battito del mio cuore, Edward mi
domandò:
< Tutto bene?
>
Annuii, troppo
stanca per parlare.
Lui mi baciò la
fronte e poi, dopo avermi restituito la piccolina, bisbigliò qualcosa ad Alice
che nel frattempo si era seduta ai piedi del letto.
< Bella? >
mi chiese cauta. Io la fissai e lei, lentamente, continuò:
< Posso
prenderla? Per portarla nella sua culla? >
Non risposi. Non
volevo separarmi da lei. Se era lontana, mi pareva mi mancasse l'aria per
respirare.
< Eh Bella? O
preferisci che portiamo di qua la culla? Pensavamo di metterla direttamente
nella camera che vi abbiamo preparato al piano di sopra … ma se vuoi, non c'è
problema.>
Mi voltai,
guardai Edward negli occhi e, con voce stranamente roca, dissi:
< Sì, per
favore … falla stare qui. > Alice annuì e dopo poco minuti ritornò nella
stanza con quella specie di scatola enorme. La collegarono alla corrente e poi
Carlisle, con una cura infinita, mi prese la bambina dalle braccia e la mise
sotto le sue copertine.
Dopo, mi
controllò e mi sorrise dicendo: < Beh, siete a posto tutte e due. È proprio
una bella bimba. >
Io lo guardai:
< Ma è così piccola … >
Quando mi
accarezzò, capii che lo aveva fatto per rassicurarmi: < Non dovresti
preoccuparti di questo. Vedrai che fra qualche settimana sarà perfetta. In
fondo, devi tenere presente che la data del parto era prevista molto avanti. È
normale che abbia questo peso. >
Annuii e poi
domandai: < Posso fare una doccia? > Mi sentivo ancora il sudore addosso,
nonostante Alice avesse provveduto a lavarmi accuratamente quando ero troppo
stanca anche solo per muovere un dito.
< Se te la
senti … >
< Sì, ho
proprio voglia di acqua calda. > e mi sfiorai le guance ancora umide di
pianto. < Edward, mi accompagneresti … >
< Ma certo
> mi rispose lui senza neanche permettermi di terminare la frase.
Ci sorridemmo e
in un attimo mi ritrovai in bagno.
Mi abbracciò
stretta dicendomi: < Non preoccuparti, è normale sentirsi spossate, tristi.
Un parto non è una cosa da tutti i giorni … >
Mi fissò a
lungo, squadrandomi come per capire cosa potesse essere stata la causa della
mia crisi di poco prima. Passò lentamente le mani lungo il mio collo e le mie
braccia per poi andare ad accarezzarmi le labbra con la punta delle dita.
Dopo avermi
baciato la guancia seguendo la scia delle lacrime, mi sussurrò: < Niente
depressione post-partum, ok? Non sopporterei di
vederti depressa … e la bambina ha bisogno di te. Hai passato di peggio, ne
converrai anche tu. Se senti di dover sfogarti, non esitare a farlo. Io sarò
sempre pronto ad ascoltarti. Non tenerti le tue angosce dentro. Sono sicuro che
se me le riveli, troveremo una soluzione, d'accordo? >
Annuii e feci un
respiro profondo. < Va bene, basta che tu non mi abbandoni mai … >
< Non potrei
… > e poi le mani fredde e discrete di Edward mi liberarono dei miei pochi
indumenti e mi accompagnarono delicate nel vano della doccia. Lui si tolse solo
la camicia.
< Non entri?
>
Scosse la testa
e rise del mio sbuffo. Io, che mi sentivo leggermente malferma sulle gambe,
appoggiai le mani contro il muro tenendo le braccia tese.
Lasciai che
l'acqua, così come le mani di Edward, scorressero sul mio corpo levandomi via
il sudore e l'odore insopportabile del sangue. Pian piano percepii tutti i
muscoli del mio corpo rilassarsi e quando Edward spense il gettito dell'acqua,
mugugnai contrariata: < No, voglio restare qui. >
< Su, non
fare la bambina. > mi stava prendendo in giro … < Ora sei una madre … hai
delle responsabilità. Non vorrai far morire di fame nostra figlia, mi auguro.
>
< Mi voltai e
lo fissai perplessa: < Di nuovo? Ma ha appena mangiato … >
< Bella, sai
quanto tempo sei rimasta sotto la doccia? Quasi quaranta minuti. Poi, devo
calcolare il tempo che ci impiegherai ad asciugarti i capelli … dalla prima
poppata a quando sarai pronta, sarà passato il tempo necessario a far sì che
abbia fame di nuovo.
I neonati vanno
nutriti molto frequentemente. I primi giorni non fanno altro che mangiare e
dormire. E poi, pensavo che avresti gradito riposarti un po', prima di darle da
mangiare … >
E detto questo,
mi trasse a sé e, nonostante fossi nuda e bagnata, mi abbracciò a lungo. Quando
cominciai a tremare, mi allontanò quel tanto che bastava per potermi
avvolgere in un asciugamano enorme e poi mi cominciò ad asciugare i capelli con
il fon. Forse a causa del calore nella stanza, mi si asciugarono molto
velocemente. ( o forse persi semplicemente il conto del tempo intenta com'ero a
baciare e lasciarmi baciare ovunque l'asciugamano lo permettesse. Lui non mancò
di ripetermi quanto fosse buono l'odore della mia pelle umida … )
Quando ormai non
avevo più scuse per restare con solo l'asciugamano indosso, mi infilai una
lunga camicia da notte con i bottoni davanti e poi chiesi: < Edward, Alice
parlava di mettere la culla al piano di sopra … in che senso? >
< Al piano di
sopra, ci sono due camere vicine … una per noi e una per la bambina. Lei voleva
farti una sorpresa. La nostra stanza attuale, era una soluzione provvisoria per
evitarti le scale mentre avevi il pancione. Esme vuole farla diventare la
camera dei giochi. >
< Ma a me
questa stanza piaceva … >
< Lo so, ma
sta sicura che ti innamorerai di quella che ti hanno preparato Esme ed Alice. È
davvero molto graziosa, molto luminosa e decisamente più ampia. E poi, per i
primi tempi la culla starà nella nostra camera, ma poi la sposteremo in quella
adiacente. Vedrai, ti piacerà … >
Mi voltai per
osservare la sua espressione ma, prima che potessi rendermene conto, le sue
labbra cominciarono a muoversi avide sulle mie. Le sue mani mi afferrarono per
il bacino e mi appoggiarono sul mobiletto in cui tenevamo gli asciugamani. Il
modo in cui mi baciò era tormentato, voglioso.
Dovetti essere
io a separarmi per riprendere fiato. Prendendomi in braccio, senza smettere di
baciarmi il volto, mi portò nella nostra camera e mi appoggiò sul letto,
sdraiandosi al mio fianco. Edward passò non so quanto tempo ad accarezzarmi e
baciarmi i capelli, tendendomi stretta in un abbraccio gentile e dolce, finché
poi non mi sussurrò: < Credo che Elizabeth abbia fame … >
Aprii gli occhi
e, con ansia, gli chiesi: < Senti i suoi pensieri? >
Lui scosse la
tesa e poi aggiunse: < Percepisco il suono delle sue labbra … presumo abbia
fame. Tra poco comincerà anche a piangere, credo … ma la mia è un'ipotesi
basata sul fatto che ormai sono trascorse più di tre ore dal suo primo e
fin'ora unico pasto. Sfortunatamente, non riesco a sentirne i pensieri. Magari
è troppo presto per poterli ascoltare. Forse, con il tempo … > ma non mi
pareva troppo convinto. Evidentemente, non era il primo neonato con cui entrava
in contatto, e con gli altri probabilmente era stato diverso. Dentro di me, mi
sentii strana. Per un istante fui dispiaciuta. Gelosa ...
Non ero più l'unica mente celata
ad Edward.
Fu solo un attimo ...
Quando sentii che aveva cominciato a piangere, mi alzai subito in piedi. Sentivo il bisogno di andare da lei, di darle il mio calore.
In silenzio andai alla culla.
Elizabeth mi
attendeva, gli occhi e la bocca spalancati.
Appena la presi in braccio,smise di piangere e cercò il mio seno.
Per allattarla,
mi sedetti sulle ginocchia di Edward ...
Tenendo la bambina stretta a me, la osservai attentamente e mi resi pienamente conto di quanto fosse bella, perfetta. Proprio come Edward.
Teneva gli occhietti chiusi e ciucciava lentamente, al ritmo del mio cuore.I pugnetti serrati intorno alla mia maglietta, come per impedirmi di allontanarla da me.
Mi sentii stupida per aver provato gelosia verso quella piccola creatura, verso mia figlia.
Lei era parte di me. Lo sarebbe stata sempre.
E in quel
momento, mi sentii la persona più felice del mondo.
Se solo avessi saputo …
Capitolo 25 *** Culle, case per le bambole e vestitini. ***
Finalmente,
dopo tanto tempo, sono tornata a casa! Il che significa: Il mio PC, la mia
connessione, il mio MSN …
(sorvoliamo sui compiti non fatti e i libri coperti di polvere
lì sulla
scrivania da giugno) => FanFiccy e tanti capitoli nuovi!!! Insomma, oggi posto questo capitolo scritto in
montagna e un altro
è già quasi pronto, quindi penso di postare tra 3
o 4 giorni (posterei prima,
ma in questi gg non sarò mai a casa … Sorry) Spero che questo capitolo vi piaccia! Piccolo
salto nella mente di
Edward per poi tornare, nel prossimo cap, nella testolina di Bella! Ora vi lascio alla lettura sperando che non vi
annoi! Io vado a
finire il cap 26! Un bacione a tutte e spero che, questa mia storia, vi
renda
il rientro più piacevole! Ciao e a presto,
Cassandra
PS: Le
spiegazioni arriveranno nel prossimo cap! Nulla è stato
affidato al caso! Ancora un bacio!
Edward’s
POV
Bella
aveva da poco finito
di allattare Elizabeth e la teneva ancora tra le braccia quando Esme
bussò alla
porta.
< Avanti … > disse a bassa voce, dato che la
bambina sembrava stesse per
addormentarsi.
< Bella … >fece mia madre entrando, seguita
dal resto della mia famiglia.
< Finalmente possiamo farti i complimenti per la bambina.
> disse Jasper
avvicinandosi cautamente a noi. Alice gli teneva la mano.
< Grazie … > disse Bella arrossendo e
stringendo di più la bambina a sé.
Lei emise un piccolo vagito e con le manine afferrò la
camicia di sua madre.
Rimanemmo a parlare a lungo e sia io che Bella fummo investiti da
consigli e
complimenti in perfetto stile neogenitori, finché mia
moglie, davvero stanca,
non sbadigliò e si appoggiò a me.
<
Forse, sarebbe meglio
che vi lasciassimo un po’ in pace … >
suggerì Alice.
< No, non preoccupatevi. Non è un problema. >
< Ma no, figurati. Capiamo benissimo che tu sia stanca.
Partorire non è una
passeggiata. > La voce di Alice era serena.
Non potei però ignorare i pensieri di Rosalie. Provai pena
per lei.
Bella, a cui non era sfuggito il fatto che mia sorella le avesse detto
poche
parole e poi, tenendo a braccetto Emmett, si fosse messa a fissare
fuori dalla
finestra, sorrise triste ad Alice e, come per scusarsi, aggiunse:
< Grazie.
Effettivamente sono un po’ stanca … >
E tutti, persino Rose, si erano poi congedati con un abbraccio per lei
e un
bacio per la bambina.
Quando fummo di nuovo soli, Bella mi baciò lievemente sulle
labbra e poi, dopo
avermi affidato Elizabeth, si addormentò con la testa
poggiata sulle mie
ginocchia.
Appena una ventina di minuti dopo però, la bambina
cominciò a piangere per
attirare la nostra attenzione. Mi sbrigai a cambiarla e poi
l’affidai al seno
di Bella.
Ora
che, sebbene
prematuramente, la nostra bambina era nata, speravo che mia
moglie riuscisse
a riposarsi, dormire senza avere incubi, ed invece i primi giorni di
Elizabeth
furono per lei un vero e proprio tour de force.
Era terrorizzata che la bambina restasse sola, o che avesse fame o
freddo. Ed
effettivamente, Bella era l’unica che potesse soddisfare i
bisogni primari
della bambina, anche perché su alcuni punti era stata
irremovibile. Carlisle
aveva cominciato a farle tener da parte del latte, latte che noi
avevamo
congelato, e, quando la bimba aveva ancora sì e no mezza
giornata, le aveva
proposto: < Bella, di notte non preoccuparti, fatti
una bella dormita.
Alla bambina ci pensiamo noi. Quando le verrà fame, le
daremo noi il latte. >
< No, no e no. > La testarda aveva puntato i piedi
nonostante io e
Carlisle avessimo cercato di farla ragionare.
< Ma Bella, per piacere … guarda che non succede
niente. Sono certo che se
ti concedi un paio di notti di sonno, poi ti sentirai meglio,
più in forze. Le
darò il tuo latte, niente di liofilizzato. Te ne stiamo
facendo tenere via
abbastanza. >
< No, Carlisle. Quello lo conserviamo in caso mi dovesse
succedere qualcosa.
Finché posso, voglio essere io ad allattarla. E poi, lo hai
visto anche tu. Lei
vuole me. Le piace il mio odore, il calore della mia pelle …
>
E a
queste sue
affermazioni, Carlisle aveva semplicemente scosso il capo e detto:
< Come
preferisci. Non mi dai mai retta, e ti dimentichi che sono il tuo
dottore,
oltre che tuo suocero … ti avviso che Elizabeth ti
reclamerò molto spesso. >
Ed
infatti ogni
tre,massimo quattro ore, per i primi giorni e per le prime notti, Bella
prendeva la bambina e l’allattava. Non si allontanava mai
troppo da lei, come
se fossero legate da un filo invisibile. Ogni volta che la piccola
cominciava a
piangere, lei si alzava, anche se magari erano le 2 di notte, e la
prendeva in
braccio. Le dava da mangiare, la cullava, la coccolava, cercava di
capire cosa
volesse … sembrava che la sua vita fosse quella bambina, la
nostra bambina.
Non dormiva quasi più, con Elizabeth sempre tra le braccia.
Spesso si addormentava, con la bambina ancora appoggiata al petto,
sul
divano, mentre mi ascoltava suonare e io, facendo attenzione a non
svegliare
nessuna delle sue, mettevo Elizabeth nella sua culla e poi prendevo
Bella e la
facevo sdraiare sul nostro letto.
La osservavo dormire. Le sfioravo le occhiaie, il sorriso. Sebbene i
primi
giorni furono un susseguirsi di pianti e poppate, lei era davvero
felice.
Mentre,
il secondo
giorno, stavamo facendo il bagnetto ad Elizabeth lei mi
disse:
< Sai Edward, è bellissima. > e nei suoi occhi
vidi l’adorazione più
pura. Senza smettere di carezzarle la pelle bagnata e del colore della
luna,
aggiunse:
< Esme ha proprio ragione … però, secondo
me è tutta suo padre … > e mi
guardò con lo stesso sguardo innamorato di sempre.
< Sai, dovremmo fare un regalo ad Esme. È sempre
così premurosa con noi …
così materna con entrambe, come se fossimo tutte due figlie
sue. >
Esme … già, mia madre l’aiutava in
tutto dato che Bella non aveva la minima
esperienza con i lattanti. Sapevo quanto fosse spiccato il suo senso
materno,
il suo dolore per il suo bambino, perso ottant’anni addietro.
Occuparsi di
Bella e della nostra bambina la faceva sentire … realizzata.
Mentre ero immerso in questi pensieri, notai come Bella mi stesse
fissando. Le
sue mani, bagnate d’acqua calda, mi accarezzavano i capelli.
Io, che avevo le maniche della camicia tirate fin sopra ai gomiti,
continuai a
tenere e lavare la bambina con le mani mentre con la bocca cercai la
sua dopo
aver attraversato il suo collo, dove le sue vene pulsavano invitanti e
sensuali.
Quattro
giorni dopo il
parto, trasferimmo tutti gli effetti personali di Bella nella stanza al
piano
superiore. Lei non aveva ancora visto la camera dato che Alice voleva
che fosse
una sorpresa. E poi, ripeteva mia sorella, lei ed Esme dovevano
occuparsi degli
ultimi ritocchi.
Quando, finalmente tutto fu pronto, era ormai pomeriggio, portai Bella
al piano
di sopra tenendole le mani sugli occhi. Di Elizabeth si stava occupando
Esme,
al piano di sotto, concedendoci un momento per noi. Strano che Bella
non avesse
insistito per tenerla con se.
Appena le scostai le mani dal volto, dopo averla portata al centro
della
stanza, le baciai il collo e le dissi:
<
Adesso, puoi aprire
gli occhi … > e lei, lentamente, sollevò
le palpebre.
Rimase
qualche minuto
ferma ad osservare, muta.
Per alcuni istanti temetti persino che non le piacesse poi
andò dritta al letto
e ci salì sopra in maniera alquanto sensuale.
Si sdraiò al centro del letto e poi, accarezzando il
copriletto di raso blu con
dei disegni dorati e verdi, mi disse: < Beh, questo letto
è molto grande …
persino più grande di quello di quello al piano di sotto, ed
è anche molto
comodo. Sai, quante cose si possono fare … > e poi
rise della mia faccia
finto-scandalizzata. < Edward, tanto lo so che per almeno due
mesi … e poi,
sinceramente, adesso non me la sentirei neanche. Come dice Esme, devo
fare la
brava puerpera. > Ed imitò la sua voce.
Sorrisi. Mia madre le diceva in continuazione: < Sei stata una
brava
gestante e una brava partoriente. Ora, devi essere una brava puerpera.
> e
tutte le volte Bella la guardava con una faccia ... Fortuna che non
leggeva i
pensieri di Esme, anche se li intuiva. Mia madre conosceva Bella fin
troppo
bene …
Bella
scostò le tende blu
del baldacchino e rimase a fissare ogni particolare: La culla in legno
con
delle tendine bianche che formavano una specie di tetto color della
neve e dei
fiocchi lungo i bordi, le tende alla finestra dello stesso colore e
disegno del
copriletto, la scrivania, il tappeto azzurro scuro, il divano, la
cabina
armadio e la cassettiera, lo specchio gigante …
Notai
che lo fissava con
insistenza. Quasi le facesse paura. Con voce entusiasta
sussurrò: < La
stanza è … è assolutamente
straordinaria. > poi si voltò verso di me e
continuò con voce stranamente incerta:
< Edward … quello, possiamo toglierlo? > e
indicò proprio lo specchio,
venendone riflessa.
< Non ti piace? > le chiesi sorpreso. Era davvero un
bell’oggetto …
< No, è … bello … ma preferirei
non averlo in camera. Magari da qualche altra
parte. Nella saletta della televisione … >
Cercava di fare l’indifferente, ma le vedevo uno strano velo
negli occhi. Per
un istante, la mano le scivolò sul grembo poi si
alzò di fretta e disse: <
Vado a prendere Elizabeth, così vede la stanza. E poi,
voglio vedere anche la
sua, anche se, sappilo, ho intenzione di tenermi la bambina in camera
con noi
il più possibile. E senti, allora, quello lo sposti?
> ed indicò ancora lo
specchio con la testa. Non mi sfuggii la mano destra sul suo
avambraccio sinistro.
Non aveva mai voluto spiegarmi la dinamica della sua fuga nei dettagli.
Quello
che sapevo, lo avevo visto nella mente di Alice, poco prima che
accadesse. Ed
era solo una parte di ciò che era accaduto. Non sapevo dove
si fosse procurata
il vetro … anche se ora lo avevo intuito.
Quando avevo cercato di farmelo dire, lei aveva scosso la testa e, con
gli
occhi velati di lacrime, mi aveva detto: < Non ho intenzione di
ricordare.
>.
Nonostante il tempo fosse bello e facesse anche relativamente caldo,
Bella non indossava
più canottierine o magliette a mezze maniche come aveva
sempre fatto. Aveva
persino obbligato Alice a comprarle magliette e vestiti rigorosamente a
maniche
lunghe. Sapevo che cercava di non costringermi a vedere …
Appena
ebbe varcato la
soglia della stanza, afferrai lo specchio e lo portai in camera di
Emmett e
Rosalie. Lei, che era sdraiata sul divano a leggere una rivista di
moda, mi
riservò un’occhiata di sufficienza e con la testa
indicò il muro.
Evidentemente, aveva sentito il nostro discorso.
Tornai in camera che Bella era ancora al piano di sotto. Attesi e,
quando entrò
tenendo tra le braccia Lizzie, come la chiamava Emmett, io le andai
incontro e
le misi un braccio intorno al bacino. Con lentezza la guidai al bagno
che la
nostra camera aveva in comune con quella che sarebbe stata di Elizabeth.
< Alice è sempre la solita … >
disse studiando l’arredo del bagno e
soffermandosi ad esaminare l’ampiezza della vasca
idromassaggio con faccia
compiaciuta.
< Alice è Alice … > ribattei io,
portandola nella “cameretta”.
< Oddio! Ma è pieno di peluches e bambole e pupazzi e
… e quella cos’è???
> chiese portandosi la mano libera alla bocca ed indicando
un’enorme casetta
di legno completamente arredata e con bamboline annesse.
< Quella? È una casa per le bambole …
> le dissi ridendo del suo stupore.
< Quando ero piccola ne desideravo anche io una così!
>
< Quella è un regalo di Emmett, così come
la culla in legno. Sai, è un bravo
falegname … è un passatempo costruttivo. >
le dissi carezzandole i capelli.
< Ma è …è fantastica! Certo, ha
esagerato. Non voglio che sia viziata. E
poi, è ancora così piccola …
>
< E ti dimentichi anche dei vestitini che le hanno comprato o
cucito quelle
due invasate … Volevano che la piccola avesse un guardaroba
completo. Ho provato
a spiegare loro che è solo una neonata … ma erano
troppo assorte a confezionare
abitini formato mignon per darmi ascolto. Di notte, non hanno molto da
fare, da
un mese a questa parte . Ti sono solidali. Dicono che se tu sei
obbligata a non
spendere le tue notti con me, loro non le spenderanno con i relativi
compagni.
Em, Jazz e persino Carlisle non ne sono proprio entusiasti, ma
accettano in
silenzio. Hanno capito che la solidarietà femminile
è molto forte.
Fortuna che Rose non vede i pensieri di Emmett! Sa essere
molto
fantasioso quando vuole …
Comunque, li hanno stipati tutti li dentro, i loro vestitini. >
le precisai
indicando un’enorme cassettiera. Entrambi ridemmo e la sua
risata mi infuse
gioia e serenità.
<
Beh, comunque, è
davvero carina questa camera, anche se mi dispiace per i tuoi fratelli
e per
Carlisle. Non è necessario … solo
perché noi non possiamo, non è giusto che
neanche loro …> mi disse sincera e il suo sorriso mi
incantò. < Comunque,
mi piace davvero molto questa camera. > e poi andò al
lettino con le sbarre
di legno, vicino alla finestra. < Sì, è
proprio adatta alla nostra bambina …
anche se è così … rosa …
> e, sfiorando le tende rosa pallido con dei
disegni floreali bianchi e oro, tornò verso di me e
poggiò il capo sul mio petto.
Alzò lo sguardo e ci guardammo così negli occhi.
La vidi annegare nei miei.
< Certo, da Alice, ce lo dovevamo aspettare. > mi disse
risoluta prima
d’imporporarsi.
< Perché sei arrossita? > le domandai notando
il colore che stavano
prendendo le sue guance.
La mia domanda l’imbarazzò ulteriormente. <
Niente … >
< Non ti credo. > e lei, in risposta, mi sorrise
maliziosa. Portò
Elizabeth in camera nostra, (sentii che l’appoggiava nella
culla dopo un bacio)
tornò da me e mi prese la mano. Mi condusse in bagno e,
accompagnando le
mie mani su di sé tenendomi i polsi, mi disse: < La
vasca … è molto spaziosa
e sembra molto confortevole. Sai, non credo che sarei riuscita a fare
certe
cose che facevamo prima nella vasca in cui ho partorito nostra figlia.
> man
mano che parlava le gote le si imporporavano ed ora era davvero rossa.
Le sfiorai la guancia bollente con il dorso della mano destra, mentre
la mia
mano sinistra s’infilò sotto la sua maglietta di
cotone e l’avvicinò al mio
corpo. Rabbrividì quando il mio respiro gelato le
sfiorò il collo. Con il naso
scesi da dietro il suo orecchio fino alla sua spalla. < Bella,
anche se non
leggo i tuoi pensieri, il tuo volto parla … così
come le tue gote. E dimmi …
cosa avevi intenzione di fare … >
Non mi rispose a parole.
Lasciai che il suo calore mi avvolgesse insieme alle sue braccia.
La
afferrai per il bacino
ed in un istante la stesi sul letto, dopo averla portata in camera. Mi
sdraiai
di modo che, ad ogni suo respiro accelerato, il suo petto
sfiorasse il
mio. Quando ormai avevo già percorso la pelle del suo collo,
calda e candida,
diverse volte, scesi lungo il solco tra i suoi seni nella sua maglietta
e
sollevai quest’ultima. L’ultima volta che avevo
compiuto questo gesto per
baciarle l’ombelico, Bella indossava un’enorme
maglietta premaman color pesca e
il suo pancione era enorme.
Quando le mie labbra si posarono sul suo ventre piatto e le sue mani
accarezzavano i miei capelli, Elizabeth cominciò a piangere
a tutti polmoni.
Sorrisi sulla sua pelle quando sentii Bella sospirare scocciata.
< Bella, lasciala piangere … può aspettare
dieci minuti … >
< Ma no … Edward, non posso. Devo andare. >
< Non è vero. > e rise, perché le
avevo fatto il solletico. Le mie mani
corsero velocissime lungo i suoi fianchi, raggiunsero le sue spalle,
corsero
lungo le sue braccia e incontrarono i suoi polsi sottili. Glieli
afferrai con
delicatezza e glieli portai oltre la testa. Lei non oppose la minima
resistenza, anzi … ora le nostre labbra si sfioravano
dolcemente. Le tenevo i
polsi in una mano mentre con l’altra le accarezzavo la
schiena che s’inarcava
ad ogni mio tocco gelato.
Ad un
ulteriore, acuto,
grido di Elizabeth, Esme bussò alla porta e chiese
preoccupata:
<
Bella, tesoro … tutto
a posto? Elizabeth sta piangendo … posso entrare? >
Al che, il respiro di Bella si bloccò per un istante e poi,
rossa come non mai,
gridò: < No, non preoccuparti … io
… noi … cioè … > e
intanto cercava di
divincolarsi mentre io non ero intenzionato minimamente a lasciarla
andare.
< Bella? > chiese di nuovo mia madre.
< Arrivo Esme! >le urlò Bella sgusciando via
dalla mia presa.
Cercando di sistemarsi gli abiti, e guardandomi con rimprovero dopo
aver visto
che le avevo sgualcito un lembo della maglietta nella foga del momento,
prese
Elizabeth in braccio.
Si slacciò la maglietta e il reggiseno per permetterle di
attaccarsi al seno e
poi aprì la porta. Le guance in fiamme.
< Esme! > la salutò cercando di darsi una
sistemata ai capelli con una
mano sola. Mia madre le accarezzò la guancia.
Pensò di chiederle se stesse
bene, dato il respiro leggermente affannato ma poi mi vide mentre mi
lasciavo
cadere sul letto con un leggero tonfo. Mi sorrise imbarazzata e
ringraziai che
stesse guardando un programma di puericultura, con le orecchie
impegnate
altrove. Gli altri erano tutti in garage …
< Bella … se vuoi, posso occuparmi io della bambina,
quando hai finito di
allattarla … >
Bella mascherò l’imbarazzo affondando il volto
negli ancora pochi capelli
rossicci di nostra figlia. Sfregò il suo viso sulla sua nuca
e sussurrò: <
No, grazie … non è necessario … magari
tra un po’ … >
Mia madre le carezzò i capelli e poi le si
avvicinò all’orecchio. In un
sussurro le disse: < Aspettate un po’ …
devi rimetterti dal parto. > se
non fosse che le lessi queste parole nei pensieri, non le avrei colte
tanto
bassa era la sua voce. Bella annuì lentamente ed in leggero
imbarazzo.
< Bella, tu resta qui mentre io vado già a prendere
la culla calda …
intanto, se vuoi, dai un’occchiata al corredo che ti ha
preparato Esme. È
dentro la cassapanca, sulla destra. >
< Va bene … quando ho finito di allattarla. >
e poi si sedette sul letto.
La osservai mentre, appoggiata con la schiena alla testiera del letto,
accarezzava il capo di Elizabeth, sostenendole il corpo e il capo
stesso con un
braccio solo. Fissava la bambina mentre quest’ultima, intenta
a ciucciare,
sbatteva le palpebre e stringeva i pugnetti. Evidentemente Bella si
accorse che
Elizabeth aveva freddo, perché si alzò, prese la
copertina dalla culla di
Emmett, e la usò per avvolgerci la bambina. Quando, per
coprirla, Bella
l’allontanò dal suo seno, Elizabeth mosse la bocca
e poi cominciò a piangere.
< No, no, non piangere … > e la
riavvicinò al petto. Lei cercò il
capezzolo e ci si appoggiò con la bocca spalancata, smettendo immediatamente di
vagire. Succhiava lentamente e tranquilla. Gli occhi chiusi.
< Ecco, visto?
Non preoccuparti. C’è la tua mamma qui con te
… > e le baciò la fronte
liscia e candida. Alzò lo sguardo e, vedendomi ancora sulla
porta, mi sorrise
radiosa.
Tornai indietro per baciarle entrambe e poi andai nella nostra vecchia
stanza.
Mentre stavo scollegando i fili della corrente, sentii Carlisle dire:
<
Alice? Alice? Cosa succede? > poi la voce di Jasper: <
Alice! Cosa vedi?
> Nelle loro menti c’era la confusione e lo stupore
più totale.
Senza
neanche pensarci,
lasciai la culla nel centro della stanza e corsi al garage.
Trovai
Alice seduta sul
cofano della sua porche. Jasper le teneva le mani nelle sue mentre
Carlisle le
carezzava la fronte. Gli occhi vitrei di mia sorella fissano il vuoto.
Loro non
sapevano cosa stesse vedendo, ma io sì. Tutti si voltarono
verso di me quando,
afferrato primo oggetto a portata di mano,con un grido di rabbia lo
scagliai
contro il muro, danneggiando quest’ultimo e riducendo in
polvere lo sfortunato
oggetto, una chiave inglese.
< Edward, cosa succede? Cosa vede? > mi chiese Emmett
allarmato. Io, per
tutta risposta, mi avvicinai ad Alice e con voce senza tono le
chiesi:
< Quando? Concentrati. Quando? >. In pochi istanti, i
suoi occhi rimisero
a fuoco lo spazio circostante e lei mi vide. Mi abbracciò
con slancio e
singhiozzando mi sussurrò: < Mi dispiace! Edward, mi
dispiace! >
< Cosa succede? > chiese Rose, prendendo la mano di
Emmett. Esme,
attirata dalle nostre voci concitate, ci aveva raggiunto e passava una
mano
sulla schiena di mia sorella. Alice allontanò il capo dal
mio petto e,
osservandoli da dietro la mia spalla, sussurrò con un
tremito: < Li ho
visti. Aro ha deciso. Vuole venire a prendere Bella. Ritiene che ormai
la
situazione si sia calmata e che quindi sia possibile riportarla in
Italia,
senza destare sospetti. Ha tenuto sotto controllo i notiziari
… ha notato che
non si parla quasi più del rapimento. Sa che la versione
ufficiale è un
rapimento a scopo d’estorsione, probabilmente finito male
… Questa è la
versione data Charlie. È convinto che gli umani la credano
morta … Sta
pensando a quando dare l’ordine ai suoi uomini. Vuole anche
parlare con noi,
spiegarci le sue richieste e offrirci in cambio … non ha
ancora deciso cosa …
vuole evitare intrusioni a Volterra. Vuole tenerci lontani
dall’Italia. Non so
come, ha saputo che Bella è ancora umana e non vuole
lasciarsela sfuggire. Sa
che, rapendola, aveva fatto un grave torto alla nostra famiglia, ma
è convinto
che la sua autorità gli permetta di fare ciò che
desidera. E sa che noi non
potremo permetterci di sfidarlo. Che siamo consapevoli che verremmo
annientati
nel tentativo. È convinto che per noi sarebbe più
conveniente consegnarli
Bella. Vuole minacciarci, se non acconsentissimo … >
I suoi occhi impauriti incontrarono i miei.
< Alice, cerca di tenere sotto controllo la situazione. Avvisami
per
qualsiasi cosa. Io vado a preparare le nostre cose. > e uscii
velocemente
dal garage …
Mentre
percorrevo il
giardino a passo relativamente lento, con la testa tra le mani, sentii
Bella,
lontana, trattenere il respiro. Alzai lo sguardo e la vidi, alla
finestra della
nostra nuova camera. Teneva tra le braccia Elizabeth, avvolta in due
copertine,
stringendola al petto. Lei appoggiava la sua testolina sulla spalla di
sua
madre. I nostri occhi s’incrociarono e lessi il terrore sul
suo volto cereo.
Non poteva aver sentito … eppure, eppure quello sguardo
carico di angoscia
diceva più di mille parole.
Evidentemente, aveva capito dal mio atteggiamento che qualcosa era
successo. La
fissai finché non si allontanò dalla finestra. Mi
stava venendo incontro. Io la
precedetti e le strinsi tra le mie braccia non appena lei,
terrorizzata, aprì
la porta della nostra camera con una mano sola e con la bimba ancora
addormentata tra le braccia.
< Edward, cosa succede? > mi domandò mentre mi
accarezzava lo zigomo.
Non riuscii a risponderle, costringendola ad appoggiarsi con il capo
alla mia
spalle. Inspirai il suo odore e poi le bisbigliai: < Bella, ora
vai a
stenderti per un po’. Non preoccuparti. Ci occuperemo noi di
tutto. >
Si allontanò da me e mi fissò negli occhi. Il
color cioccolato veniva oscurato
dalle lacrime.
< Alice ha visto qualcosa? > mi chiese con voce atona ed
io annuii.
Sentii Esme salire le scale per venire da noi. Bella non se ne accorse
e
continuò: < La bambina? >
E qui invece il suo tono era allarmato. Scossi la testa spostandole una
ciocca
di capelli dietro l’orecchio.
Rimase silenziosa un istante e poi bisbigliò terrorizzata:
< Loro? I
Volturi? >
Interpretò
giustamente il
mio silenzio come un assenso e, con un sospiro, chiuse gli occhi prima
di
accasciarsi a terra. Afferrai istintivamente la bambina, mentre Esme
sostenne
Bella prima ancora che sfiorasse il pavimento.
Caius!!!
Ehm, volevo dire
… CIAO!!!
Come va? Io, causa
rientro imminente a scuola, sono abbastanza giù di corda
… la storia però, state
tranquille, non ne risentirà! Era già
così di suo nel momento in cui l’ho
elaborata! (Ah, Giugno, rimembri ancor quel tempo della tua vita
mortale quando
le vacanze splendevano nel mio cuore ed io lieta e giocosa mi tuffavo
dal
trampolino?)
Ecco, si insomma … rientro=trauma
…
Comunque, grazie a tutte
per le splendide recensioni!!! E alle 2 ragazze che hanno appena
scoperto
questa mia storia dico: Cavoli, ve la siete letta tutta in un sol
colpo!!!
Grazie ancora!! (dalla
prox volta farò i commenti alla vecchia maniera! In questi
gg non ero mai a
casa XD! Oggi volevo prepararli ma, terribile dictu (devo fare ancora
tutto e
dico tutto latino!!! Nuooo), ho scoperto che la Meyer
non vuole più
continuare Midnight Sun perché qualcuno a cui aveva affidato
da leggere i primi
cap li ha pubblicati a sua insaputa e lei è furiosa. Spero
si ricreda e
continui!
Adesso i primi capitoli sono leggibili sul suo sito,il danno ormai
era già stato fatto…, insieme ad una sua
spiegazione. Consiglio a chiunque
sappia l’inglese di leggerli. Sono davvero bellissimi!!!
Speriamo cambi idea e lo
pubblichi!!!
Ora vi lascio che devo
fare i compiti!!! (si dispera e si strappa i capelli!)
Un bacione e a presto con
il prossimo capitolo in cui ci saranno grandi sorprese!
Ciao!!!
PS: non ero per niente
convinta di questo cap qui … speriamo in bene!
Bella’s
POV
Edward ci
stava mettendo tanto. Pensavo sarebbe tornato in un istante ed invece
…
Mi piaceva stare sola con mia figlia, anche se stare con Edward
…
La bambina, con i suoi vagiti, attirò la mia attenzione.
Sapevo che era stanca.
La vedevo.
La presa della sua bocca sul mio capezzolo si allentava sempre, quando
stava
per addormentarsi. Sempre tenendola al petto, andai in bagno e presi un
asciugamano. Me lo appoggiai alla spalla e spostai Elizabeth, che
protestò con
un piccolo vagito, di modo che il suo capo poggiasse sul telo.
Camminando per la camera lentamente e canticchiando la ninnananna di
Edward, le
davo delle lievissime pacchette sulla schiena, aspettando paziente che
facesse
quel dannatissimo ruttino. Dell’allattamento, quella era la
parte che mi
annoiava di più.
Intanto, stavo osservando l’interno della cabina armadio,
piena di vestiti che
non avevo mai visto e consapevole che i miei adorati vecchi abiti erano
solo un
ricordo. Improvvisamente, sentii un fortissimo schianto provenire dalla
piccola
casetta al limitare del bosco. Casetta che fungeva da garage. Subito
dopo, il
grido irato di Edward.
Allarmata
andai alla finestra e scostai la pesante tenda blu.
Osservai il
giardino alcuni minuti … le mie orecchie umane non
riuscirono ad udire nessun
altro suono.
Ad un tratto, Edward uscì dal garage. Camminava stranamente
a velocità umana.
Teneva le mani tra i capelli. Notai Carlisle uscire dalla casetta e poi
vidi
Alice che, afferrandolo per un braccio, lo tratteneva. Entrambi
parevano
estremamente turbati.
Sentii il respiro morirmi in gola.
Edward si
voltò verso di me. Evidentemente aveva percepito il
mutamento del mio respiro.
Mi fissò
negli occhi. E mi sentii svenire. Era terrorizzato. E io sapevo che
solo due
cose avrebbero potuto farlo spaventare a quel modo. O sarebbe accaduto
qualcosa
a me, o peggio, alla nostra bambina.
Corsi alla porta, per andargli incontro ma lui, quando
l’aprii, era già lì. Mi
strinse in un abbraccio tormentato. Percepivo la sua ansia dal modo in
cui mi
accarezzava.
Mi scostai per osservarlo negli occhi, dove lessi solo il terrore.
< Edward, cosa succede? > gli chiesi accarezzandogli lo
zigomo.
Non mi rispose. Con le mani, mi costrinse ad appoggiare il capo sulla
sua
spalla. Inspirò profondamente e con voce falsamente calma e
tranquillizzante mi
suggerì: < Bella, ora va a stenderti per un po’.
Non preoccuparti. Ci occuperemo noi di tutto. >
Cercai di allontanarmi di nuovo da lui. Il sangue mi si era gelato
nelle vene. < Alice ha
visto qualcosa? > gli chiesi con voce morta.
Quando annuì, mi sentii male.
Sul punto di piangere chiesi: < La bambina? >
Mi sistemò i capelli scuotendo la testa lentamente. Mi
fissava negli occhi,
quasi volesse scrutare la mia anima, o carpire i miei pensieri.
Se la visione di Alice non riguardava Elizabeth, l’unica cosa
che poteva
turbare a quel modo Edward … Non potevo, non
volevo pensare a loro. Alla
fine mi costrinsi a bisbigliare:
<
Loro? I Volturi? >
Rimase
in silenzio, fissandomi con intensità. Avevo ragione.
Erano loro …
Perché non potevamo essere felici? Perché non ce
lo concedevano?
Sentii il terreno mancarmi sotto i piedi e la stanza girare intorno a
me.
Strinsi la bimba al mio petto ma l’angoscia mi impediva di
respirare. Tutto
divenne nero.
La mia mente stava respingendo il dolore e la paura, riparandomi
nell’effimera
illusione dell’oscurità.
In un secondo, non sentii più il mondo intorno a me e caddi
nel buio. Sentivo
freddo dentro il mio corpo esausto.
Quando
mi ripresi, non osavo aprire gli occhi.
C’era qualcosa che non volevo ricordare. Qualcosa che cercavo
di reprimere.
Nonostante fossi sotto delle pesanti coperte, avevo freddo.
A risvegliarmi dal torpore, i vagiti di mia figlia.
Aprii lentamente gli occhi e vidi intorno a me
l’oscurità. Ero immobile. Volevo
alzarmi. Volevo andare da lei. Stringerla a me … ma non ne
avevo la forza.
< Su, non fare così … non fare
così … > era la voce di Edward. Stava
mormorando una ninnananna.
Mi voltai verso il punto da cui sentivo arrivare la sua voce. Pian
piano i miei
occhi si abituarono all’oscurità. Edward teneva in
braccio nostra figlia e la
cullava dolcemente. Le stava dando da mangiare con il biberon.
Carlisle
era seduto al mio fianco.
Quando incontrai i suoi occhi, la consapevolezza mi investì,
facendomi girare
la testa.
Avevo la nausea.
< Bella? > era la voce calma di mio suocero. Mi stava
accarezzando la
fronte e le spalle.
< Bella, come ti senti? >
Edward si era avvicinato ed ora era ai piedi del letto. Teneva ancora
tra le
braccia la bambina. Mi osservava attentamente.
< Bella, amore … > mi sussurrò con
dolcezza, passando la bimba ad Alice.
Si sedette vicino a suo padre e mi prese la mano. < Bella, come
ti
senti? >
A fatica, ritrovai la voce. Mi uscì rauca e bassa. <
Edward. Edward come
faremo? >stavo per piangere.
Si chinò su di me e appoggiò le sue mani sulle
mie. Il freddo della sua pelle
era un sollievo.
< Stai calma. Non preoccuparti. >
Tremavo scossa dai singhiozzi.
< Shh shh … non fare così. > Mi
portai a sedere e lo abbracciai il più
stretto possibile. Lui ricambiò cullandomi avanti ed
indietro. Le sue mani
sulla mia schiena.
< Edward … > e sollevai lo sguardo per
fissarlo negli occhi. Lui mi
accarezzò la guancia sorridente e Carlisle mi porse un
bicchiere colmo d’acqua
fresca. Lo afferrai con mani tremanti e bevvi. Mi accorsi, mentre
l’acqua mi
rinfrescava la gola, di quanto avessi sete.
< Come ti senti? > mi domandò Carlisle.
< Spossata. > risposi
appoggiandomi a mio marito.
< Hai qualche linea di febbre. Causata dallo stress. Devi
riposarti. >
Rimasi tra le braccia di Edward per non so quanto. Riuscii a
tranquillizzarmi.
Edward mi baciò le mani e la fronte sussurrando il mio nome.
Con lui vicino,
tutto appariva meno
terribile.
Mi
voltai verso Carlisle e lo fissai. < Dov’è
la bambina? > chiesi avendo
notato che Elizabeth non era più nella camera.
<
Lizze è con Alice ed Esme. Si stanno occupando di lei. Non
devi assolutamente
preoccuparti per la piccola. >
< Voglio vederla. Voglio la mia bambina! >
Carlisle mi accarezzò la guancia e mi disse: < Va
bene. Alice, vieni e porta
Elizabeth … > disse senza cambiare tono di voce.
Sicuramente lei lo aveva
sentito. Poco dopo, la porta del bagno si aprì ed
entrò Alice. Venivano dalla
cameretta. Elizabeth era sveglia. Protesi le braccia verso di lei e
Alice me la
porse. Era tutta infagottata dentro una tutina ed avvolta in un paio di
copertine.
< Sai, noi siamo fredde per lei … > mi disse
come per scusarsi.
< Edward … prima, le stavi dando da mangiare? >
< Sì, sei rimasta incosciente per quasi cinque ore.
Sei molto stanca e lei
aveva fame. > Annuii e strinsi Elizabeth al mio petto. Le diedi
un bacio
sulla fronte e poi chiesi ad Edward: < Ora cosa faremo.
Cos’è successo? >
Tutto era molto confuso nei miei ricordi.
< Bella … > mi fece Carlisle appoggiando la
sua mano sulla mia. <
Bella, Aro vuole venire a parlare con noi. Vuole la tua
capacità. > Lo
guardai terrorizzata. Edward mi accarezzò la guancia e poi
Carlisle continuò:
< Non preoccuparti. Non gli permetteremo di avvicinarsi a te.
Stiamo già
organizzando un piano ed Aro, tra l’altro, non ha ancora dato
nessun ordine. Ne
ha parlato solo con uno dei suoi ... uno della sua guardia. >
Deglutii a fatica. Mi girava la testa. Vedevo il sotterraneo, il letto
a
baldacchino, vedevo loro … vedevo Aro. Mi accorsi del mio
respiro affannato.
Stavo andando in iperventilazione. Edward si chinò a
baciarmi a destra delle
mie labbra, a soli pochi centimetri dalla mia bocca. Sentii il suo
respiro
dolce e fresco nella mia bocca. Mi cinse le spalle e
appoggiò le sue
labbra sul mio orecchio.
Cercando di tranquillizzarmi, rantolai: < Chi? Chi è?
>
Mi rispose Alice.
<
Alec. >
Non
sapevo se esserne felice o disperata. Chissà cosa aveva
pensato Alec, l’unico
che mi fosse stato amico, dopo la mia fuga? E la mia rocambolesca
evasione gli
aveva causato dei problemi? Lo avevano punito? Era adirato con me?
Mi
portai una mano al capo e sentii che il mio volto era bagnato di
lacrime.
< Bella, cosa puoi dirci di lui? > mi domandò
Carlisle.
< Lui … lui mi conosce bene. Sa bene che io non
volevo. Lui … era gentile
con me. Mi voleva bene. Era premuroso. > la mia voce tremava.
< Bella … devi essere sincera. Ci può
aiutare qualsiasi cosa. Devi dirci
tutto! Non preoccuparti delle nostre reazioni. > Edward mi aveva
stretto
dolcemente un braccio intorno al bacino mentre mi diceva queste cose.
Io raccontai loro i miei ricordi, le impressioni, gli avvenimenti, le
attenzioni che Alec mi riservava.
Loro mi ascoltavano attenti e neutri. Edward però teneva il
pugno serrato.
Quando ebbi raccontato di come Alec mi trattò quando
rinvenni, all’ospedale,
Edward passò leggero un dito lungo la mia guancia. Con voce
addolorata, mi
chiese: < C’è stato qualcosa, tra voi? Non
preoccuparti, non mi arrabbierò.
Solo, potrebbe esserci molto utile sapere cose come questa. Per
salvarti,
dobbiamo capire chi dobbiamo fronteggiare, chi dobbiamo ingannare
… > Lo
sentii sussurrarw qualcosa a Carlisle a voce così bassa che
a stento ne percepi
il suono. Un sussurro. Distinsi solo la parola "Stoccolma"
Alzai lo sguardo e lo fissai. < Edward, come puoi pensare
… io non potrei
mai tradirti. Alec mi ha aiutata. Mi è stato amico. Si
preoccupava per me. È
grazie a lui se sono qui. Probabilmente se non ci fosse stato lui, non
sarei
riuscita a fuggire. Avrebbero scoperto che ero incinta. Mi avrebbero
tolto mia
figlia. L’avrebbero uccisa prima che potesse vivere. Sarei
certamente morta
anche io. Gli devo tutto. > mentre parlavo mi si stringeva il
cuore.
Probabilmente lui ora mi odiava.
Mi avrebbe consegnata ad Aro? E cosa avrebbero fatto ad Elizabeth? Per
salvarla, ero disposta ad andare io stessa in Italia. Non mi importava.
Per
lei, avrei fatto tutto ciò che avrei potuto.
Edward mi prese la bambina e la cullò.
< Isabella. > mi disse senza smettere di coccolare nostra
figlia < Non
sappiamo cosa succederà, ma io ti giuro, andrà
tutto bene. >
< Bella … > spostai lo sguardo su Carlisle.
< Bella, abbiamo
analizzato le varie possibilità. La cosa migliore sarebbe
impedirgli di attuare
il suo piano. > lo fissai senza capire e lui
continuò: < Sappiamo che
abbiamo tempo una settimana. Alice ha visto chiaramente la data. Se ti
trasformiamo, Aro non potrà pretendere niente. Provvederemo
a tenere Elizabeth
al sicuro. >
A quelle parole, sentii il mondo crollarmi addosso.
< No … no … > balbettai afferrando
le mani di mio marito. < Edward,
diglielo! Diglielo che non possiamo. La bambina ha bisogno di me.
> e poi, a
causa della sete, chissà per quanto non avrei più
potuto neanche vederla. Per
il primo anno, sarei stata incontrollabile … e poi, dai
racconti degli altri,
sapevo che la sete era fortissima e totalizzante. Per anni non avrei
potuto
entrare in contatto con gli umani. Elizabeth avrebbe dovuto crescere
senza di
me. Non volevo. Negli ultimi periodi, avevo pensato spesso alla mia
trasformazione. Anche se avessi lasciato trascorrere qualche anno, non
mi importava.
Avevo già compiuto 19 anni. Potevo arrivare ai 23, 24.
Volevo essere una madre.
Volevo che mia figlia avesse il mio amore, così piccola ed
indifesa. Quando
sarebbe stata più grande … quando avrebbe potuto
capire … allora avrei
affrontato la trasformazione.
< Bella, alla bambina non mancherà niente. Io mi
occuperò di te, mentre Esme
si prenderà cura di nostra figlia. > < No!
È mia figlia. È mia! >
piangevo.
Le mie grida la svegliarono e io la presi dalle braccia di Edward. Lui
non
voleva lasciarmela ma io, facendomi male contro il suo corpo di pietra,
la
strinsi a me. Cominciai ad ondeggiare avanti ed indietro lentamente
mentre i
lacrimoni scendevano copiosi lungo le mie guance.
< Edward, ti prego. Non portarmela via. Fammi essere madre. Non
posso lasciarla.
È mia figlia. > lo stavo implorando, sovrastando le
grida della bambina. Lui
non mi rispose, osservandomi triste.
Carlisle mi accarezzò il capo e poi mi disse: < Io
vado … vi lascio un po’
soli. Bella, in qualunque caso, riposati. Stai male. Cerca di stare
tranquilla.
>
Si
alzò ed insieme ad Alice, che era rimasta in piedi contro il
muro in silenzio
fino a quel momento, uscì.
< Bella, adesso dormi. > mi pregò Edward. La
sua voce era tormentata.
Mi aiutò, tenendo contemporaneamente la bambina, a
sistemarmi sotto le coperte
e poi si sdraiò vicino a me. Aveva poggiato Elizabeth sul
mio petto. Lei aveva
smesso di piangere. Entrambi la stavamo accarezzando.
< Bella … sei sempre stata tu a voler essere
trasformata, ed io mi opponevo
… ma ora, ascoltami. Se ti trasformassimo, per te sarebbe
infinitamente più
sicuro. Dico sul serio. >
< Edward. > la mia voce ferma gli fece alzare lo sguardo.
Ci fissavamo
negli occhi. < Io non voglio. >
Mi sfiorò lentamente la guancia con la punta del dito indice
e poi appoggiò il
capo sulla mia pancia. Rimanemmo in silenzio. In
quell’oscurità, mi addormentai
di nuovo. Mi accorsi di Edward, che metteva la bambina nella culla, che
mi
baciava la pelle con le sue labbra gelate.
Quando mi risvegliai, la mattina dopo, avevo una gran fame. Non avevo
cenato.
Mi portai a sedere e mi strofinai gli occhi. La stanza era scura ma un
raggio
di luce filtrava da dietro la tenda. Mi alzai e la scostai,venendo
investita
dalla luce del mattino. Ero sola nella stanza.
Dopo essere stata in bagno, scesi lentamente le scale. In cucina mi
stavano
aspettando. Tutti erano tesi. Esme stava prendendo il latte per
Elizabeth, che
riposava tra le braccia di Alice.
< Esme, non occorre. Me ne occupo io … > e
così dicendo mi avvicinai a
mia sorella che mi porse mia figlia.
Mi sedetti sulla panca e mi slacciai la maglietta. Elizabeth si
appoggiò subito
al mio seno e cominciò a poppare. Mi lasciai sfuggire un
gemito. La sua presa
forte mi aveva lasciato il seno indolenzito.
Con il pollice l’accarezzai vicino alla bocca. Lei protese le
mani verso il mio
collo e le chiuse intorno alle mie dita. Le baciai la testolina rotonda
e poi
alzai lo sguardo, sentendomi osservata.
Ed in effetti, tutti stavano guardando me. Esme mi chiese: < Hai
fame,tesoro? Ti preparo la colazione? >
Io annuii e lei si mise subito al lavoro.
Feci un respiro profondo e, cercando di tenere la voce ferma, dissi:
<
Allora, qual è il piano? >
Edward si sedette vicino a me e mi accarezzò i capelli.
< Come ti senti?
> mi chiese premuroso.
< Meglio. > < Ti è andata via la
febbre. Questo è un bene. Vedrai che
con un po’ di tranquillità, starai benissimo.
> mi sorrise triste e mi
sistemò una ciocca ribelle dietro l’orecchio.
Stava
evitando l’argomento …
<
Edward, ti prego, dimmi cosa faremo. >
< Bella, senti, abbiamo parlato a lungo. So che non ti
piacerà come
soluzione, ma è l’unica possibile. > Lo
fissai confusa e lui proseguì: <
Demetri saprebbe ritrovare me ed Alice ed anche Carlisle. Tu sei immune
al suo
potere. Ti faremo andare via, insieme a Jasper ed Emmett. Ti
proteggeranno
loro. Esme ti aiuterà ad occuparti di nostra figlia. Appena
sarà sicuro per te,
vi raggiungerò. >
Abbassai lo sguardo. Sapevo che questa soluzione non piaceva
neanche a
lui. Tutto per permettere al mio cuore di battere. In quel momento,
provavo
tanta rabbia. Per colpa loro, la mia famiglia veniva sventrata,
separata. Io
volevo stare con Edward. Volevo che lui stesse con noi.
Lui mi distolse dai miei pensieri con una carezza. < Bella,
abbiamo chiamato
i tuoi genitori. Abbiamo detto loro di Elizabeth. Volevano parlarti ma
abbiamo
spiegato loro che non era possibile. Sanno che per un po’
sarai lontana. Hanno
visto le foto. Sono davvero … incantati. Scusa se non
abbiamo atteso che ti
risvegliassi ma ci siamo dovuti organizzare in fretta. Non potevamo
permetterci
di tralasciare niente. > il suo tono era calmo e io sapevo che
cercava di
farmi pesare il meno possibile la situazione. Come se tutto fosse
normale …
< Vuoi chiamarli per rassicurarli? >
< Non lo so. Sinceramente, ho paura … >
Si avvicinò e mi poggiò la sua mano sulla mia.
< Sì, capisco. È normale …
Loro sanno che stai bene e che adesso ci sarà un momento
… difficile. Sono
dispiaciuti di non poter vedere te e la bambina, ma sanno che
è per la
sicurezza di tutti. Ho promesso che li avresti richiamati non appena
possibile.
Nel frattempo, io li terrò informati. >
< Sanno che ci dobbiamo separare? >
< Sì. Ma non preoccuparti. Troveremo il modo di farti
parlare con loro
evitando il rischio di venir rintracciati.
Ci vorrà un po’ di tempo, ma riusciranno a farti
gli auguri di persona. >
Sorrideva.
Annuii poco convinta. Quella situazione mi faceva venire
l’ansia.
< Quando partirò? >
< Domani … Abbiamo già individuato un buon
posto dove nasconderti … O
meglio, lo hanno trovato Em e Jaz. Io
non so dove si trovi. È per tenerti al sicuro. Se Aro
intervenisse di persona,
non potrei impedirgli di frugare nei miei pensieri. Una precauzione in
più. >
Tremai al pensiero che Aro incontrasse Edward. Se fosse successo,
avrebbe
significato che mio marito e tutti gli altri sarebbero stati in
pericolo …
< Ti abbiamo già preparato tutto quello che ti serve.
Jasper si procurerà
degli altri documenti per voi. > e mi sorrise complice. Sembrava
tranquillo.
Notai però come le sue dita scorressero troppo ansiose sulla
pelle del mio
volto.
Elizabeth aveva finalmente finito di poppare e così mi
sistemai il vestito per
poi darle delle lievi pacchette sulla schiena. Notai lo sguardo di
Rosalie ed
abbassai gli occhi. Mi sentivo in colpa. Non solo io avevo avuto
ciò che a lei
sarebbe stato sempre negato, la gioia di essere madre, ma oltretutto,
per
questo lei era costretta a separarsi dal suo Emmett, ed era solo causa
mia.
In
silenzio mi alzai e andai a chiudermi in camera. Mi era passata la
fame.
Lasciai la bimba nella culla e poi mi buttai sul letto,
piangendo
accovacciata tra i cuscini. Tenevo le braccia intorno alle gambe. Non
rimasi
sola a lungo. Edward bussò alla porta e mi chiese di
entrare. Io farfugliai un
sì e lui entrò. Senza dire niente, si
sdraiò sul letto e fece combaciare la mia
schiena con il suo petto. Giocava con i miei capelli … mi
voltai di scatto e
appoggiai le mie labbra sulle sue. Le mie mani si aggrapparono alla sua
schiena
e lui, un po’ sorpreso, socchiuse la bocca e
accompagnò i movimenti della mia.
Chissà per quanto tempo non avremmo più potuto
stare insieme … e se gli fosse
successo qualcosa? A quel pensiero, incrociai le mie gambe alle sue
mentre le
mie lacrime bagnavano il suo volto e la sua maglietta. < Ti amo!
> gli
ansimai quando, dopo essermi allontanata di pochi millimetri dalle sue
labbra,
ebbi respirato il suo odore fresco.
< Anche io, anche io ti amo. > furono le sue parole,
prima che
cominciasse a mordere per finta il mio labbro inferiore. Mi accarezzava
dolcemente,senza mai posare le mani sul seno. Era così
strano. Il suo tocco era
disperato. < Ci rivedremo presto … > mi
sospirò sulla pelle. < Te lo
prometto … > A quelle parole nascosi il volto
nell’incavo del suo collo.
Mentre
rimanevamo abbracciati, nel silenzio dei nostri respiri e del mio
cuore, lo
sentii irrigidirsi, farsi pietra. Allarmata alzai il capo
finché i nostri occhi
non si incontrarono. I suoi erano persi dove io non potevo vedere. Con
grazia,
sciolse il nostro abbraccio e si alzò di scatto. Nello
stesso istante, dal
piano di sotto, la voce di Jasper chiamava Alice. Edward si
precipitò in un
attimo fuori dalla stanza sussurrandomi: < Tu resta qui.
> i miei capelli
si mossero a causa dello spostamento d’aria.
Mi alzai velocemente e mi sporsi oltre la porta. Andai fino alle scale
ma non
osavo scendere …
Da sotto arrivavano solo dei sussurri velocissimi. Le ginocchia mi
tremavano e
mi accasciai a terra.
Le
mie mani erano ancora strette intorno alle sbarre in legno della
ringhiera
quando Edward comparve magicamente alla mie spalle. Mi rimise in piedi
e,
tenendomi per mano, mi portò in cucina. Terrorizzata
osservai ad uno ad uno i
volti imperscrutabili della mia famiglia.
Edward
si sedette e mi fece accomodare sulle sue gambe. Le sue braccia strette
intorno
alla mia vita. La sua mano che mi accarezzava il volto.
Fu Carlisle a parlare: < Bella, c’è stato
un cambiamento … >
Sembrava sorpreso. Sconcertato. Preoccupato ... Deglutii
e lo fissai, facendomi piccola piccola tra le braccia di Edward.
Con la coda dell'occhio, intravidi Esme uscire dalla stanza ed andare
al piano di sopra, da Elizabeth.
Quando Carlisle cominciò a parlare, i trattenni il fiato
…
Salve a tutte! Scusate la lunga
attesa ma ho scoperto che
devo riassumere paragrafo per paragrafo 150 pagg di storia!!!
Ho avuto un po’ da fare… ed inoltre, questo cap
è stato estremamente
difficile da scrivere! Un calvario! Qui la storia prende una svolta
molto
pesante …
Segue la trama originale. Avevo pensato di cambiarla in
seguito all’uscita di BD, ma poi ho pensato: non importa. Io
l’avevo pensata in
questo modo questa storia. Voglio seguire la linea originale anche se
un po’
assurda… Spero vi piaccia!
E spero di aggiornare presto anche se, con la scuola che
incombe (inizia l'otto)…e poi, la storia si farà
complicata e devo cercare di non fare casini!
Un bacio a tutte, che siete assolutamente fantastiche!!!
E un bacio enorme a tutte le 172 ragazze che hanno inserito
la mia storia tra i preferiti! Mi state tenendo su il morale!!! E poi,
le
vostre recensioni sono sempre bellissime! Pensate che, ad un certo
punto mi ero
demoralizzata e volevo interrompere la storia facendola finire un
po’ prima di
quanto avessi previsto. Poi però leggendo le rec mi sono
detta: Questa storia
doveva essere fatta in quel modo. Non posso modificarla ora. E quindi,
eccomi
qui. Non manca molto alla fine, ma vi assillerò ancora per
un po’ XD!!!
Un bacio gigante a tutte!!!
PS: scusate se questo cap è un po’
così… ho fatto parecchia
fatica a scriverlo e soprattutto, ci ho impiegato diversi giorni causa
impegni
esterni … io di solito scrivo tutto di getto. Un capitolo
alla volta. Spero di
non aver fatto un casino.
Ciao e a prestissimo,
PPS: Consiglio di dare un'occhiata al cap 11... non si sa mai XD
Cassandra!
Bella’s POV
Edward rimaneva immobile mentre
Carlisle parlava.
Io invece tremavo come una foglia.
< Bella … non
partirete domani. > Mentre mi
diceva così, mi osservava cercando d'interpretare le mie
emozioni.
< E … perché? > domandai non
sapendo se fosse
una buona o una cattiva notizia. Fortuna che non avevo mangiato dato
che il mio
stomaco faceva le capriole.
< Le circostanze sono … mutate. Dovremo cambiare i
nostri programmi. >
Edward mi strinse di più a sé.
< Cos'è successo? > chiesi intontita.
In quello stesso momento, Alice si perse con lo
sguardo nel vuoto. Sentii Edward girarsi verso di lei. Tutti la
fissavano.
Jasper le prese le mani senza dirle niente. Il silenzio mi stava
schiacciando
l'anima.
Quando, senza preavviso,Alice
batté le palpebre e i
suoi occhi rimisero a fuoco la stanza Edward sospirò. Vidi
il suo corpo
rilassarsi e lei si abbandonò alle braccia di Jasper.
< Edward? Cos'ha visto?
> chiese suo padre.
< Non .. è troppo confuso. > fu la sua
risposta.
Mi voltai per osservarlo in volto e vidi un misto di paura e
frustrazione …
< Edward, ma cosa significa? > era stata Alice
adesso a parlare. Non le rispose.
< Cosa facciamo? > Domandai spaesata. Perché
non
sarei partita? Cosa era cambiato?
Invece che fornirmi una spiegazione, Edward mi fece
scendere dalle sue ginocchia e mi prese per mano. Mi portò
in salotto
praticamente trascinandomi. Io voltai la testa verso la cucina cercando
di
capire qualcosa dalle espressioni degli altri.
Inutile.
Edward mi fece sedere sul divano e si inginocchiò
davanti a me. Mi prese le mani nelle sue, che appoggiò sulle
mie gambe. Mi
fissava negli occhi.
< Bella, ci siamo solo tu ed io. Gli altri sono
usciti … prima ho chiesto loro di lasciarci un po' soli
… rimarranno vicini in
caso di necessità. Esme è di sopra con la
bambina, ma è occupata e non presterà
ascolto ai nostri discorsi. Così possiamo parlare
liberamente, solo tu ed io.
Così potrai sentirti libera di dirmi tutto. > L'ansia
che cercava di
mascherare mi terrorizzava.
< Bella, ho bisogno che tu
mi dica cosa è accaduto
a Volterra. Devi essere precisa. So che è difficile,
doloroso … ma devi farlo.
Devi dirmi cosa è successo. Ogni cosa. Voglio sapere cosa
realmente c'è stato
tra te e Alec. Non mi arrabbierò, te lo giuro, ma ti prego
dimmi ogni cosa. Non
importa quanto brutta o dolorosa. Non importa se pensi che possa
ferirmi … non
succederà. > Mi fissava con intensità,
convinto delle sue parole.
Racimolai tutta la mia pazienza, duramente messa alla prova
negli ultimi
giorni, e con tutta la calma che mi era possibile, gli dissi: <
Edward, non
è successo niente. Te l'ho già detto. Non
c'è mai stato niente fra me e Alec.
Lui voleva proteggermi. Tutto qui. > Nei suoi occhi vidi che non
mi credeva.
Sentivo la rabbia salire dentro di me. In quei giorni
avevo cercato, senza troppi risultati, di reprime tutto, ogni
sentimento . Mi
sentivo oppressa dalle mie emozioni.
Con voce alterata gli dissi: < Se non mi credi sono
affari tuoi. Fidati, se vuoi. Se non vuoi, non mi importa! >
feci per
alzarmi ma lui me lo impedì. Immobile, mi bloccava le
braccia nella sua stretta
marmorea.
< Bella, non dubito delle
tue parole ma davvero,
magari lui ha interpretato male qualche suo atteggiamento …
> In quel
momento sentii lacrime amare scendere dalle mie guance. Non sapevo se
fosse
rabbia o dolore …
< Edward! Ma cosa credi?!! Ero prigioniera, in un
sotterraneo! Non c'erano finestre, non c'era luce! Non potevo uscire,
non
potevo parlarti, leggere le tue lettere! Ero sola! Sola! Per due mesi
rinchiusa
sottoterra! Ma tu lo sai cos'ho passato? Perché secondo te
non ne voglio mai
parlare? È stato … è stato atroce!
Persino peggio di quando te ne sei andato,
di quando mi hai lasciata! In quei mesi almeno pensavo che tu potessi
essere
felice! Là sotto invece … era tutto
così buio! Sapevo che tu mi stavi aspettando.
Ero disperata. Non sapevo come fare! Ero convinta che non sarei mai
tornata a
casa … e quando ho scoperto di essere incinta … ?
Per tutto il tempo non ho
fatto altro che cercare un modo per poter tornare da te e per poter
tenerti
lontano dal pericolo. E tu, tu credi che io avrei potuto mai tradirti?
In
quelle condizioni poi?! > Stavo sia gridando che piangendo. Una
risata
isterica scivolò insieme alle mie lacrime. Con uno scatto,
mi portai in piedi.
Lui continuava a tenermi le mani.
Il suo volto era una maschera di
dolore. Tenendomi per
i polsi con una mano sola, mi strinse a sé con dolcezza.
Appoggiata al suo
petto, continuai a piangere per sfogarmi.
Mi lasciai accarezzare, raggiunta dalla mia canzone
sussurrata da Edward.
Appena fu riuscito a
tranquillizzarmi, mi disse: <
Non intendevo questo … Io, davvero, sono addolorato per
ciò che ti è accaduto.
Per ciò che ci è accaduto. Credimi, io per te
vorrei il meglio. Vorrei che tu
potessi avere tutto ciò che desideri. Vorrei vederti felice
e serena. Vorrei
darti tutto ciò che vuoi. Ed invece … tutto ci
è contro. Però Bella, devi
assolutamente dirmi ogni minimo particolare. Mi dispiace farti rivivere
l'ansia
di quei mesi. Non era la tua fedeltà che mettevo in dubbio
… ma dati gli ultimi
sviluppi, deve essere successo qualcosa in Italia … qualcosa
a cui tu forse non
hai dato peso, ma che ha avuto una grande conseguenza. >
Non capivo cosa cercasse di dirmi,
a cosa si
riferisse.
Con lentezza, mi rimisi seduta e
lui fece lo stesso.
Mi baciò il palmo della mano e mi fece scivolare sulle sue
ginocchia, come
fossi una bambina. Lasciai che le sue braccia mi avvolgessero e,
poggiata al
suo petto, inspirai profondamente. < Racconta … sta
tranquilla e cerca di
non tralasciare niente. >
E così, per la seconda
volta nell'arco di poche ore,
mi ritrovai a descrivere ciò che, per tutti quei mesi mi ero
tenuta dentro.
Talvolta Edward mi interrompeva e mi chiedeva di ripetere le ultime
frasi.
Sembrava cercasse di capire qualcosa, qualcosa che sfuggiva persino a
lui.
Spesso mi accarezzava i capelli, mi stringeva la mano. Mentre parlavo,
si
abbassava a baciarmi la guancia. Un paio di volte, quando avevo sentito
le
lacrime formarsi agli angoli degli occhi, lui mi aveva spostato sul
divano e,
dopo essere stato in cucina, mi aveva portato una tisana o dell'acqua
… Mi
teneva stretta a lui. Mi faceva sentire al sicuro. Quando arrivai a
raccontare
del momento in cui fuggii dall'ospedale alzai lo sguardo e vidi il suo.
Soffriva del mio dolore. < Va bene, basta così
… da qui in poi, non può
essere successo niente. > mi sospirò in un orecchio.
< Edward, ora vuoi dirmi
cosa sta succedendo?Perchè
non devo più partire? Non mi voglio separare da te, ma se
è per tenere al
sicuro Elizabeth, sono disposta ad andare in capo al mondo. >
Lui mi osservò triste e mi disse: < Ancora non
sappiamo cosa succederà con esattezza. È troppo
indistinto … molte decisioni
sono ancora da prendersi. Sappiamo solo che separaci adesso sarebbe una
follia.
Un rischio che non possiamo correre. >
Dentro di me, sentii che
ero felice. Non avrei
dovuto dirgli addio. Non ancora. Accarezzò con il
polpastrello il sorriso che
si era formato sulle mie labbra. Lo baciò per un attimo e
poi, senza
allontanarsi dal mio viso se non di pochi centimetri,
sospirò: < Bella …
> e poi afferrò il cellulare che aveva appena
squillato.
< Pronto, Jaz? > e poi parlarono così veloci
che
non riuscii neanche a capire cosa stessero dicendo.
Riagganciò praticamente subito e mi portò in
cucina.
< Gli altri stanno arrivando. Ora mangia. > e mi
porse del pane imburrato.
A piccoli morsi, lo mangiai. Edward mi osservava
sorridente. Sembrava tranquillo ma scattò in piedi non
appena si aprì la porta
dell'ingresso. < Arrivo subito. > mi sussurrò.
Mentre lo aspettavo, venni
raggiunta da Alice. Mi
preparai da mangiare mentre entrambe restavamo in silenzio. Il pane mi
aveva
aperto lo stomaco. I suoi occhi puntati sulla mia schiena.
< Alice, almeno tu, mi vuoi
dire cosa succederà?
> Le chiesi mentre il mio uovo friggeva.
< Bella … > cominciò a dirmi e poi
si bloccò.
< Sì? > le chiesi senza voltarmi.
< Bella, Demetri non potrà venire a cercarci. Non
potremo essere rintracciati. Non sarà necessario
dividerci.> Era Edward, che
era ritornato dopo aver parlato con gli altri.
< Davvero? > la mia voce tremava di gioia.
< Alice e Jasper dovranno partire, ma torneranno
presto, giusto Alice? >
Lei lo fissò con intensità ed annuì.
< Alice, non correrete rischi, vero? >
< Credi che Jasper mi permetterebbe di mettermi in
pericolo? > e poi mi sorrise con grazia.
Cercai di sorriderle anche io ,a senza troppi
risultati.
Mi venne vicina e mi abbracciò stretta. < Bella,
noi adesso andiamo. Torneremo domani sera. >
Cercai di rimanere calma e mi strinsi a lei. Dopo
neanche mezzo minuto, Alice si separò da me e mi
baciò la guancia.
< A domani … > mi sussurrò e poi
uscì dalla
stanza. La vidi salire le scale.
Mezz'ora dopo, lei e Jasper
sparirono lungo il
sentiero a bordo della mercedes di Carlisle.
Li osservai da dietro il vetro
della finestra della
sala.
Seduta sul divano, mi tenevo le ginocchia al petto.
Sentii la bambina piangere e mi
alzai di corsa. Al
primo gradino delle scale sentii la mano fredda di Edward trattenermi.
Mi
voltai sorpresa e lo fissai confusa.
< Edward, lasciami … >
< Bella, vuoi dirmi che ti prende? Da quando è nata
Elizabeth … sei così cambiata. Capisco che sia un
gran cambiamento per te … e
che non puoi certo regolare gli ormoni, ma in questi 5 giorni non hai
fatto
altro che occuparti di lei. Non ti sei presa neanche un momento per te,
per noi
… >
Mi osservava preoccupato. Io abbassai lo sguardo.
Avrebbe scoperto che nascondevo qualcosa.
Quei maledetti sogni ricorrenti, che non mi
abbandonavano neanche se dormivo poche ore … nemmeno se la
bambina dormiva
nella sua culla, al sicuro …
< Bella, vuoi dirmi cosa ti succede? Come faccio ad
aiutarti se non mi dici il perché di questo attaccamento
morboso? >
< Tu non ami nostra figlia?
> gli domandai quasi
furiosa.
Lui con la mano libera mi accarezzò la guancia.
L'altra mano era ancora stretta intorno al mio polso. < Bella,
lei è la
nostra bambina … come potrei non amarla? Solo, tu non riesci
a stare lontano
neanche per poche ore … >
Feci un respiro profondo e mi resi
conto che, agli
occhi degli altri, il mio atteggiamento era certamente parso a dir poco
possessivo.
< Edward, io ho tanta paura… è
così piccola ed
indifesa … > e rividi le immagini del sogno nella mia
testa. Le parole di
Aro …
Mi portai le mani al volto per nascondere la mia
disperazione e le mie lacrime. Lui con delicatezza afferrò
anche l'altro mio
polso e mi obbligò a spostare le mani. Mi osservò
a lungo, in silenzio.
< Con noi è al sicuro. Esme si occupa di lei come
lo faresti tu. Non devi avere paura. >
Io non risposi e lui mi
domandò: < Bella, cosa sai
che io non so? Cosa non mi vuoi dire? Ti conosco troppo bene. Non puoi
continuare a mentirmi… >
Lo fissai negli occhi e poi
sospirai:
< Edward, sai i miei incubi? > lui annuì e mi
accarezzò. < Edward, non sono semplici incubi. Aro mi
ha detto che la mia
mente vede oltre ciò che i miei occhi riescono a cogliere.
Diceva che i miei
sogni mi mostrano ciò che accadrà anche se io
ancora non lo so. Ed Edward, è
vero! È vero! Questi sogni sono … diversi da
quelli normali. È come se
accadessero realmente mentre li vivo. È orribile. E gli
altri, si sono avverati
tutti. Lui diceva anche che è una caratteristica di chi
possiede un dono come
il mio … > e mi toccai il ventre.
Lui, con voce calma e rassicurante,
mi domandò: < E
cosa sogni? Magari, potremmo trovare una soluzione… >
La stretta della sua mano sui miei
polsi si era fatta
più forte. Nonostante le apparenze, era teso …
Tremando leggermente, gli raccontai il sogno e quando
raccontai di come Aro mi gettasse per terra, tirandomi i capelli,
mentre Jane
mi strappava Elizabeth dalle braccia, lui mi trasse a sé,
stringendomi forte.
Gli raccontai anche di Alec, e delle sue lacrime di sangue. Lui mi
sussurrò:
< Avresti dovuto dirmi prima di questa cosa. Avrei
cercato di aiutarti. Non capivamo cos'avessi. Se mi avessi detto delle
tue
paure, di cosa le scatenasse … temevo che lo shock del
rapimento ti avesse …
cambiata. Non sapevo cosa fare … >
Sembrava davvero frustrato …
< Sei certa che Aro
intendesse questo dei tuoi
sogni? >
Edward POV.
< Sei certa che Aro
intendesse questo dei tuoi sogni? > le chiesi lentamente,
cercando di non
agitarla ulteriormente.
<
Sì, è stato molto chiaro
… mi ha detto che è già successo.
C'è stata una ragazza, molti anni fa, che
aveva il mio stesso … dono. > Mi disse con voce
strana. Rimase in silenzio
per alcuni istanti, intenta a ricordare qualcosa che non voleva dirmi.
Le
sfiorai il braccio con la punta delle dita e lei rabbrividì
impercettibilmente
a causa del freddo della mia pelle sulla sua.
Sentii
che Elizabeth al piano
di sopra si era svegliata. Esme la stava portando a Bella. La bambina
aveva
fame.
Quando Bella si accorse di
mia madre, si alzò e andò da lei. Si
avvicinò ad Elizabeth e si chinò a
baciarle la fronte. La bambina tese la mani, minuscole, verso Bella e
le
afferrò i capelli. Un sorriso illuminò il volto
di mia moglie ed io provai
l'istinto di correre da lei e stringerla a me.
Elizabeth
cominciò a vagire e
a muovere la bocca mostrandoci che aveva fame.
Bella sospirò sfiorandosi il
petto. Evidentemente, le prime poppate le dovevano aver indolenzito il
seno.
Senza però dire niente, la prese tra le sue braccia e
andò a sedersi sulla
poltrona. Le sfiorò le labbra, si alzò la
maglietta e si slacciò il reggiseno.
Elizabeth si aggrappò al suo seno e cominciò a
ciucciare prima con foga e poi
sempre più lentamente. Bella le accarezzava il capo
sorridendo.
Vedendo
quanto fosse felice,
mi presi il capo tra le mani. Non potevo trasformarla adesso. Non
potevo
toglierle quella felicità che traspariva dai suoi sorrisi.
Non potevo portarla a provare
il dolore che attanagliava Rosalie ed Esme.
Rividi nella mia testa ciò
che Alice aveva scorto nel futuro.
Alec stava venendo a Forks,
dopo aver rischiato la sua vita per permettere a Bella di continuare a
vivere …
Aveva rischiato tutto per poter tenere il segreto di mia moglie al
sicuro.
Aveva fatto sparire le sue cartelle dal piccolo ospedale in cui era
stata
ricoverata. Aveva cercato di proteggerla da Aro, le aveva permesso di
tornare
da me … e adesso, adesso aveva osato persino andare contro
tutto ciò per cui
era vissuto. Aveva osato ribellarsi a colui che lo aveva cresciuto ed
educato.
Tutto perché quando qualcosa mutava il nostro animo, questo
mutamento era
irreversibile …
Nella
mia testa rividi
Demetri assalire Aro alle spalle. I mobili e le travi di legno prendere
fuoco …
E poi, Demetri stesso, sventrato
da quelli che erano i suoi compagni. Quel suono atroce della nostra
carne,
forte come roccia, che viene lacerata. Nessuna via di scampo.
Già un miracolo
che fosse riuscito a compiere ciò che Alec gli aveva imposto
con quel suo
particolarissimo potere, che non lascia traccia su chi viene
influenzato da
tale dono.
Far uccidere Aro, che voleva
mia moglie … far ricadere ogni colpa su Demetri, l'unico che
poteva
rintracciare me e la mia famiglia … far in modo che fossimo
al sicuro anche a
costo di venire scoperto…
Non avrei mai pensato che
qualcuno potesse arrivare a tanto. Solo per sapere Bella felice. Anche
se con
un altro, anche se con me. A dir poco ammirevole. Più di
quanto avrei potuto
anche solo immaginare …
Dovevo ad Alec tutto. Dovevo ad
Alec un futuro che Alice prima di queste visioni non riusciva a
scorgere.
<
Edward? Edward ti prego,
cos'hai? Perché non mi vuoi dire cosa succede? > mi
chiese Bella,
interrompendo il silenzio.
Notai che mi fissava. La
bambina stretta tra le sue braccia e ancora intenta a ciucciare
…
Le sorrisi ma non credo di
essere riuscita a tranquillizzarla.
Mi alzai e la raggiunsi.
Sistemandole i capelli, venni invaso dal suo profumo, dall'odore del
suo sangue
a cui si aggiunse subito dopo quello della bambina. Chiusi gli occhi e
inghiottii il veleno schizzato nella mia bocca. Sentii la sua mano
sulla mia
guancia. Mi stava confortando …
Sollevai
le palpebre
lentamente e la fissai nei suoi occhi color cioccolato.
< Visto che non mi vuoi
dire niente, credo che andrò a mettere la bambina a letto.
Ormai ha finito.
> e poi le accarezzò le labbra. Elizabeth le
dischiuse ed emise un gemito.
Assonnata sbatté le palpebre e chiuse la sua mano sul dito
di Bella.
La osservai salire le scale e
rimasi a sentire mentre le cantava una ninnananna e le faceva fare il
ruttino.
La rimise nella sua culla e le rimboccò le coperte. Le
sentii chiedere ad Esme
se, per lei, fosse abbastanza al caldo e mia madre le disse di sì. Dovevamo
ancora usare la culla riscaldata …
Esme la rassicurò ma nei suoi
pensieri vidi lo sguardo scettico di Bella.
Quando
tornò in sala,
l'accolsi con un abbraccio dal quale lei si scostò, con mia
grande sorpresa. Il
suo sguardo era confuso.
< Edward, le valige? Perchè sono di sopra? Con dentro i miei vestiti? Avevi
detto che non partiremo … > e lasciò la
frase in sospeso.
< Le teniamo pronte, nel
caso dovessimo partire all'improvviso. Meglio essere preparati. >
Mi guardò sia spaventata che
sospettosa.
< Riuscirò ad estorcerti
qualche informazione … dovessi giocare sporco …
> e mi sorrise maliziosa. Si
aggrappò alle mie spalle ed appoggiò le sue
labbra bollenti sulle mie, gelate.
Le mosse lentamente, come se
volesse che quel momento non finisse più. Era sulla punta
dei piedi.
La strinsi a me e lei
gemette. Mi resi conto di aver esercitato troppa forza sul
suo fragile
corpo, lasciatomi trasportare dalle emozioni. Errore grave.
La
lasciai andare
immediatamente ma lei non sciolse l'abbraccio. Si appoggiò
con il capo al mio
petto e la sentii inspirare a fondo il mio odore. Le portai una ciocca
di
capelli dietro l'orecchio per poter fissarla meglio. Le sue guance
imporporate
… i suoi occhi lucidi … Non avrei mai sopportato
di perderla. Mai. Lasciai
scorrere il mio dito sul suo zigomo e lei mi sorrise. Mi abbassai e la
baciai
di nuovo, lievemente. Sentii Carlisle chiamarmi e baciai
Bella sulla
guancia per poi dirle: < Bella, vuoi scusarmi un secondo?
> Lei non mi
rispose ma annuì e poi fece per andare in camera. Passando
davanti ad una
vetrata, sospirò.
< Che c'è, Bella? > Le
domandai curioso prima di raggiungere mio padre.
< Niente … > e poi la
vidi toccarsi la pancia. < Bella? > e mi avvicinai
velocemente a lei.
Stava male? < No no … solo, Carlisle dice che ci
metterò almeno quattro mesi
… a tornare come prima. >
< Bella … > la
rimproverai stupito. < Sei perfetta così come sei
… e poi, hai appena avuto
una bambina hai partorito cinque giorni fa. È normale. Ci
vuole un po' di
tempo. >
Sospirò di nuovo ed io le
strinsi un braccio intorno alle spalle. < Non è solo
questo, vero? > La
conoscevo troppo bene per lasciarmi sfuggire i segnali che
inconsciamente il
suo corpo mandava.
< Sono stanca morta, anche
se non faccio altro che dormire … e poi, sono preoccupata.
Anche perché tu, non
vuoi dirmi niente … > e mi squadrò da capo
a piedi.
< Bella, ti giuro, ti
spiegherò tutto, ma solo quando saprò
cos'è successo. Davvero. > E le
strinsi la mano con gentilezza, per rassicurarla. Senza dire altro, si
alzò e
mi baciò la guancia. In silenzio, salì le scale
ed andò in camera nostra, da
Elizabeth. Ero così addolorato che lei fosse così
preoccupata. Se mi avesse
detto prima la natura delle sue angosce … se mi avesse
parlato dei suoi sogni …
Magari Carlisle avrebbe
potuto cercare di aiutarla. Ma naturalmente, Bella cercava di fare di
tutto per
evitare di farci pesare il suo essere umana. E in questo modo, ci
rendeva più
difficile capire i suoi problemi. Mi passai una mano tra i capelli ed
andai da
Carlisle, nel suo studio.
Mentre
discutevamo riguardo
ciò che stava accadendo in Italia, vidi Bella nella mente di
Rose.
<
Ciao Rosalie … > le
disse mia moglie gentile. Rosalie appoggiò dei vestiti
puliti sul nostro letto
e poi rimase a fissare Elizabeth nella sua culla. Bella era seduta
affianco a
lei. Rosalie le guardava e nei suoi pensieri lessi il dolore e la
frustrazione.
Rimase a osservarle per pochi istanti appena ma, quando stava per
andarsene,
Bella le disse gentile: < Rose, Elizabeth credo abbia voglia di stare in braccio … vedi come si agita? Io sono un po' stanca … non è che la terresti tu? >
La mente di Rosalie venne
invasa da stranissimi e confusi pensieri. Rividi in questi Bella, il primo giorno in mensa, il giorno del suo diciottesimo, il matrimonio, la notte in cui lei,Rose, le
raccontò cosa le era successo prima di venir trasformata da Carlisle.
Istintivamente,mia sorella si mosse verso Bella che, lentamente, si era alzata e aveva preso Elizabeth tra le braccia. Mia moglie la strinse a sé un secondo e, dopo
averla avvolta in una copertina, la porse a Rose. Lei la prese tra le
braccia e
sorrise allo sbadiglio di mia figlia.
< Io magari vado a dormire
un po' … Ma tu se vuoi resta pure qui … >
le disse Bella infilandosi sotto
le coperte. Rosalie stava già pensando di andare in camera
sua. Sorrise a Bella
e si sedette sulla sedia a dondolo, vicino alla finestra. Lentamente,
cullò mia
figlia. Sentivo che era felice. I suoi pensieri erano tutti incentrati
sul viso
di Elizabeth …
< Grazie, Bella. >
Sussurrò e mia moglie le rispose semplicemente: <
Avrò bisogno di aiuto, con
la bambina … > e poi si sorrisero. Non potevo leggere
la mente di Bella, ma
in quella di Rose percepivo la gioia assoluta.
<
Edward … Mi stai
ascoltando, Edward? >
< Sì,scusa Carlisle …
stavo … > e poi scossi la testa.
Bella si era addormentata e Rose sussurrava
una ninnananna.
Salve a tutte! Scusate il ritardo
vergognoso, ma davvero i
compiti mi hanno impedito di avvicinarmi al pc…
sigh… e come se non bastasse,
mi sento anche male. Nausea e mal di testa. Con ogni
probabilità, causati dalla
scuola. O per lo meno, lo spero … ammalarsi adesso non mi
sembra una grande
idea.
Scusatemi inoltre per il non aver risposto ai commy, ma è un
miracolo già essere riuscita a scrivere il cap. Maledetta
scuola. Rende la vita
impossibile anche in vacanza. Vero che però continuerete a
recensire? Vero?
Spero che questo cap possa piacervi anche se le cose
importanti saranno nel prox. Ora scusatemi ma devo correre a finire
filo. E
domani, si ricomincia… fortuna che è
l’ultimo anno XD
Un bacione a tutte, Cassandra
sommersa di compiti
Bella’s POV
Faceva freddo nei miei sogni quella
notte.
Vagavo, sperduta, attraverso boschi
infiniti.
Camminavo velocemente ma qualcosa mi rallentava.
La mia mano era stretta da una ben più piccola,
sebbene altrettanto calda.
Abbassai lo sguardo e mi voltai. Vidi una bambina di
circa quattro anni. I suoi ricci rossi le incorniciavano il volto
pallidissimo.
Un velo rosato sulle guance. Appena incrociai i suoi occhi verdi e
profondi, mi
sorrise e io rimasi interdetta. Era troppo bella per essere vera.
Dalle labbra, involontariamente, mi lasciai sfuggire
un sussurrò: < Elizabeth … > e
sentendo quel nome, la bambina strinse di
più la mia mano. Senza rendermene conto, mi inginocchiai e
lei si buttò
letteralmente tra le mie braccia. Strinse le sue dietro il mio collo e
io le
mie sulla sua piccola schiena. Mi sentii felice.
Tutto pareva così reale …
Poi però arrivò quella sensazione …
E capii che non era un sogno normale. Era uno di quei
sogni …
< Mamma? > mi chiese con voce chiara e musicale
la bambina, stringendosi di più a me. < Mamma,
perché tremi? >
Nonostante il sole splendesse oltre le fronde alte
degli alberi, mi sentivo gelare.
Battevo i denti.
La presi in braccio senza risponderle e feci per
proseguire lungo il sentiero attraverso i boschi.
Ma dopo aver mosso appena due passi, la bambina mi
fece capire di voler scendere.
La posai delicatamente a terra e le scostai i capelli
dal viso. Fissò per un breve istante la mia fronte e,
prendendomi la mano tra
le sue, parlò di nuovo: < Mamma … non
andare via. Non lasciarmi qui. >
Cercai di risponderle ma improvvisamente mi resi conto
di non avere voce. Mi portai le sue mani alle labbra e gliele baciai.
Sembrava
così preoccupata …
Volevo rassicurarla. Sentivo il bisogno di farlo.
< Mamma non andare via … >
Quelle parole mi rimbombavano nella testa che mi
pareva scoppiare. Il freddo ovunque intorno a noi. Le sistemai meglio
la
giacchetta leggera e lei mi guardò triste. Si
voltò e, lasciando la mia mano, cercò
con lo sguardo qualcosa dietro di noi.
Evidentemente vide ciò che cercava e fece appena pochi passi
verso il luogo da
cui presumevo fossimo arrivate. Le sue lacrime bagnavano le mie dita.
Non
cercai neanche di trattenerla, sebbene ora mi sentissi terribilmente
sola. Sola
e perduta.
Sapevo che non potevo e che non avrei dovuto comunque.
Un soffio di vento mosse le foglie sopra di me ed in un attimo la
bambina era
svanita.
Caddi sulle ginocchia. Faceva troppo freddo … Chiusi
gli occhi e mi abbandonai alle sterpaglie.
Le mie forze lontane. Qualcuno, distante, chiamava il
mio nome.
< Bella? Bella? Bella…
> volevo rispondere ma non sapevo come.
La mia bocca impastata. Mi mancava l’aria. Il mio corpo
veniva scosso da dei
singulti.
< Bella? > la voce preoccupata mi chiamava
sempre più tesa.
< Bella! >
E poi, nella mia testa, le mia
stessa voce:
“Svegliati. È un sogno, è solo un sogno
…”
A quella si unì la voce di prima. Mi ripeteva le
stesse cose: < Bella, è un sogno. Tranquilla. >
Il bosco era scomparso, sostituito dall’oscurità.
Troppo buio. Troppo. Mi faceva male agli occhi.
Li spalancai.
La luce era troppo forte e li richiusi subito. Portai
le braccia a coprirmi il volto ma delle mani ghiacciate me lo
impedirono.
< Bella, tutto bene? > mi sforzai di tenere gli
occhi aperti e vidi Edward chino su di me. Le sue mani erano poggiate
sulla mia
fronte. Mi stava accarezzando. Sentivo il sudore freddo sulla mia
fronte e
sulla mia schiena. Ero accovacciata su me stessa.
< Edward … > rantolai con le lacrime agli
occhi.
Lui mi strinse dopo aver aiutato a sedermi. Vidi le coperte e lenzuola
in
disordine a terra. Dovevo essermi agitata nel sonno.
Lui, notando il mio tremore, raccolse la trapunta e me
la avvolse intorno al corpo.
Rosalie teneva la bambina tra le braccia e mi fissava
confusa. Di Elizabeth, avvolta nelle sue copertine, vedevo solo le
manine
agitarsi in aria. Aveva afferrato i capelli di Rosalie, ma lei non se
ne
curava. Si muoveva lentamente per cullarla ma i suoi occhi erano fissi
su di
me.
Edward le sussurrò qualcosa troppo velocemente e a
voce troppo bassa perché potessi capirlo. Lei, in un attimo,
uscì dalla stanza.
Carlisle teneva premute due dita sul mio polso per
prendermi il battito.
< Bella, ti senti bene? > mi domandò senza un
tono particolare.
Annuii. Edward mi strinse di più a sé e mi
domandò:
< Un altro di quei sogni? >
< Sì … > sussurrai dopo essermi
schiarito la
voce. Carlisle mi carezzò i capelli e capii che Edward gli
aveva raccontato
tutto.
< Vuoi raccontarmelo, ora che i ricordi sono ancora
vividi? >
Sebbene il tono della sua voce di velluto fosse dolce,
sapevo che non potevo dirgli di no.
Deglutii e poi gli raccontai ciò che ricordavo. Notai
come lui eCarlisle
si fossero scambiati
degli sguardi fugaci. Appena ebbi finito, gli domandai: <
Secondo te cosa
significa? >
Mi accarezzò la guancia e si soffermò sul mio
zigomo.
Mi appoggiai a lui che mi sussurrò: < Non lo so, ma
non devi preoccuparti.
Non ti succederà niente. >
Sentii le sue labbra gelate accarezzare la pelle delle
guance, seguendo le tracce lasciate dalle mie lacrime.
< Rosalie …
> sospirò mio marito esasperato
verso la porta. Non mi ero accorta che Rose fosse tornata e che
attendesse alla
porta. Mi sorrise impacciata e poi sentii i versetti di Elizabeth. La
mia
bambina tendeva le braccia, tenendo la maglietta di Rose stretta tra le
sue
manine, all’altezza del seno.
Mi alzai e andai da lei. Rose me la porse ed io
l’accolsi tra le mie braccia, piegate a formare una sorta di
culla. Lei, piccola
e fragile, sfregò la sua testa
contro il mio petto e mosse la bocca in quel modo ormai a me familiare.
Mi
sedetti vicino alla finestra, sulla sedia a dondolo occupata la sera
precedente
da Rosalie, e mi alzai la maglietta. Quei reggiseni con la chiusura
davanti
erano estremamente comodi per la mia situazione. Avrei dovuto
ringraziare
Alice, quando fosse tornata.
Già, Alice … dov’era adesso?
La bimba aveva già sigillato le sue labbra intorno
alla mia pelle. Ignorando il dolore e l’indolenzimento, alzai
lo sguardo e
fissai Edward.
< Quando torna Alice? >
< Questo pomeriggio. > e subito dopo, il mio
stomaco brontolò. Arrossii e lui mi disse: <
Sarà meglio che ti prepari da
mangiare. Ieri alla fine non hai mangiato come si deve. >
Fece per alzarsi ma Carlisle lo
precedette e mi disse:
< Cosa vuoi che ti prepari? >
< Ehm … > avevo talmente fame che avrei
mangiato
di tutto. Lui probabilmente intuii i miei pensieri e mi sorrise.
< Preparerò
un po’ di tutto. > e poi, insieme a Rosalie, si
dileguò oltre la porta.
Edward rise e mi disse: < Vado a parlare con Esme. Credo che
voglia andare a
Gibson e le devo chiedere di comprarmi una cosa. Mi baciò
sulla fronte e poi si
chinò a sfiorare le guance di nostra figlia. Nei suoi occhi
una strana luce.
Mentre accarezzavo la testolina di Elizabeth,
osservando i suoi pochi capelli rossi, decisi di andare al piano di
sotto.
In sala, mi sedetti sul divano ed accesi la
televisione.
Elizabeth continuava imperterrita a ciucciare. Pesava
poco e riuscivo a tenerla in braccio senza difficoltà.
Stranamente, quando mi
occupavo di lei non mi sentivo inadatta o imbranata. E poi, ero sicura
che se
avesse solo rischiato di cadere almeno uno dei proprietari delle paia
di occhi
immortali che vegliavano su di noi avrebbe impedito il peggio.
Non c’era niente
d’interessante sui canali principali.
Facendo zapping mi ritrovai su canali che non credevo neanche
esistessero.
Insomma, va bene l’informazione, ma a cosa serviva avere ben
7 canali che
trasmettevano a rotazione telegiornali regionali?
Accarezzando le labbra della mia bambina, la cui presa
sul mio seno si faceva sempre più flebile, cambiai ancora
canale e finii sulla
BBC WS che trasmetteva notizie da tutto il mondo. Era l’ora
delle notizie di
carattere culturale. Dopo aver annunciato che in sud America era stata scoperta una tomba
ricchissima
sepolta sotto una montagna, la signorina in abito rosso
annunciò:
< Un incendio dalle cause
ancora sconosciute ha
raso al suolo a Volterra, piccolo centro italiano, l’antico
“Palazzo dei
priori” edificato nella prima metà del XIII
secolo. Il più antico palazzo
comunale toscano, centro Italia, è andato a fuoco la notte
scorsa a causa di un
incendio propagatosi dai sotterranei. Gravissimi i danni. Perduti
tesori
inestimabili come il celebre dipinto: “Nozze di
Cana” dell’autore Donato Mascagni
che visse nella zona d’influenza fiorentina a cavallo tra il
XVI e il VII.
Perduto irrimediabilmente anche il soffitto in legno intagliato che
adornava le
antiche sale. Salva la torre pentagonale a due ripiani merlati che
sovrastava
l’edificio. Le indagini sono in corso per accertare la
presenza di eventuali
materiali infiammabili che avrebbero potuto favorire il propagarsi
dell’incendio
che, da una prima analisi svolta dagli inquirenti, parrebbe essere di
matrice
dolosa, ma tutte le ipotesi sono al vaglio della magistratura. Gravi
danni si
sono riscontrati anche nella piazza omonima a causa delle fiamme che
hanno
danneggiato quello che rimane della meravigliosa facciata esterna
dell’edificio,che era decorata con targhe di terracotta
smaltate rappresentanti
antichi stemmi fiorentini … sempre restando su suolo
italiano, andrà ora in
onda un servizio che denuncerà la razzia da parte dei ladri
di tombe a danno di
antichi sepolcri di età romana nella zona del napoletano
… >
Ma ormai la mia mente era lontana.
Le mie mani
tremavano e non ero certa di riuscire a tenere Elizabeth che, nel
frattempo,
aveva smesso di mangiare e aveva sporcato tutta la mia maglietta.
Mi alzai di colpo e con le ginocchia che mi tremavano
andai in cucina.
< Bella,èquasi pronto. > mi assicurò Carlisle
appena mi vide. Era impegnato in
una fitta conversazione di puericultura con Rose. Era talmente assorto
nel suo
discorso bisbigliato che a sento mi notò. Quando
però vide come tremavo, mi
venne vicino in un attimo e mi chiese come mi sentissi. Le sue dita si
posarono
sul mio collo. < Bella, siediti, sei pallidissima. > e mi
aiutò a
sistemarmi sulla sedia. Carlisle mi prese la bambina dalle braccia e la
esaminò
velocemente, poi l’affidò a Rose che si era fatta
avanti. La stava già tenendo
appoggiata alla sua spalla,colpendole la schiena con delle pacchette
leggere.
< Bella, cosa c’è? > Non trovavo
neanche le
parole per rispondergli. Tremavo come una foglia. Avevo visto quel
palazzo dall’esterno
solo due volte. e non mentre ero prigioniera. Eppure sapevo di essere
rimasta
due mesi proprio nei sotterranei di quel palazzo.
Edward ed Esme arrivarono in quel momento, attirati
dal tono agitato di Carlisle. Mia suocera mi porse una maglietta pulita
ed io mi sfilai quella sporcata da Elizabeth. Quando vidi mio marito
gli presi le mani e gli
dissi: < Edward, è andato a fuoco. >
Capì subito ciò di cui stavo parlando e
s’inginocchiò
davanti a me. Senza lasciare le mie mani, mi fissava negli occhi. Con
il dorso
di una sua mano mi accarezzò le guance e mi disse: <
Stavo cercando il modo
di dirtelo … senza turbarti … >
Deglutii a fatica. Rivedere Volterra, sebbene
attraverso uno schermo, mi aveva fatto sentire di nuovo in trappola. Il
mio
respiro stava sfuggendo al mio controllo. Stavo andando in
iperventilazione.
< Calmati Bella. È tutto a posto, è tutto
perfetto.
Bella, Aro non potrà più venire a cercarti.
> e mi sorrise dolce. Io rimasi
lì, interdetta per alcuni istanti e poi, con voce tremante,
chiesi: < Come?
>
< Aro è morto. E con lui Demetri …
> mi disse
con un sorriso rassicurante.
< Morto? Aro? >
< Sì, Alec ha costretto Demetri ad attaccare Aro.
Essendo una delle sue guardie private, Aro aveva piena fiducia in loro.
Alec ha
fatto ben attenzione a non farsi toccare da Lui dopo aver concepito il
suo
piano. Aro aveva confidato solo a lui che voleva venirti a cercare.
Credo che
Alec, appena possibile, abbia persuaso Demetri usando il suo potere.
Demetri
non ha potuto non obbedirgli, vincolato a non rivelare niente.
È stato … tutto
estremamente calcolato. >
Alec? Alec aveva fatto tutto questo per me? Le mie
labbra tremavano.
< E lui? Alec sta bene? > mormorai preoccupata,
reprimendo le lacrime.
< Non preoccuparti. Ha lasciato Volterra il giorno
prima che accadesse tutto. Inoltre, poco prima di partire, aveva fatto
circolare la voce che Dimetri aspirasse ad un ruolo più
alto. Tutti credono che
la morte di Aro sia la conseguenza di una guerra di potere. Lui era il
più
potente ma anche il più anziano dei Volturi. Ora la corte si
è divisa tra chi
crede che la sua morte sia stata ordinata da Marcus e chi crede sia
opera di
Caius. Se vogliono evitare che finisca in tragedia, dovranno trovare un
modo
per stringere una nuova alleanza. Erano secoli che
l’equilibrio precario su cui
si basava il loro impero e controllo rischiava di infrangersi. Era
questione di
tempo prima che tutto collassasse.
Non andava tutto bene come volevano mostrare loro. Si
può dire che a tenere tutto insieme era proprio
l’autorità esercitata da Aro e
il rispetto che egli incuteva. >
Lo vidi sorridermi e cercai di fare lo stesso. Le mie
labbra non mi obbedirono.
< E quindi ora cosa succederà? >
< Ancora non possiamo saperlo, ma quando si
ricorderanno di noi, tu sarai già una vampira. Te lo
prometto. > Annuii e
poi Carlisle mi appoggiò un vassoio colmo di cibo.
Nonostante l’ansia, avevo
una fame tremenda. Afferrai il pane tostato e cominciai a mangiarlo,
scottandomi la lingua per la fretta. Afferrai il bicchiere e bevvi a
piccoli
sorsi il succo d’arancia.
In pochi minuti finii tutto ciò che Carlisle mi aveva
preparato e poi andai in bagno.
Quando tornai in sala, trovai
Edward seduto al piano.
Teneva Elizabeth in braccio e con una mano sola suonava una canzone,
sfiorando
a malapena i tasti. Le note si diffondevano nella stanza.
Mi appoggiai allo stipite della porta e rimasi a
fissarli. Era così bello … come fossimo una
famiglia felice. Ma in fondo, lo
eravamo …
Elizabeth vagì ed Edward smise immediatamente di
suonare. Le sfiorò le labbra con il polpastrello.
La bambina stiracchiò le braccia e gli afferrò la
camicia. Notai che, come al solito, era avvolta in spesse e calde
copertine da
neonato. Non volevo rovinare quel loro momento perfetto e quindi rimasi
ad
osservarli da lontano, le braccia conserte.
Naturalmente, Edward si era accorto di me ...
Alzò lo sguardo e mi sorrise. Sembrava incantato. Mi
fece cenno con la testa di raggiungerloe mi sedetti accanto a lui.
Edward mi
passò la bambina, che si stava addormentando, e
cominciò a suonare. Dopo pochi
minuti, Elizabeth chiuse gli occhi e le sue manine, strette intorno
alle mie
dita, si rilassarono. Non so per quanto tempo rimanemmo lì,
in quella posizione
ma avrei voluto che non finisse mai.
Quando però il
telefonino di mio marito trillò, per
poco non mi venne un infarto.
Fu Carlisle a rispondere.
< Pronto? > Domandò scettico. Pensavo che solo
noi della famiglia avessimo il numero.
Dall’altro capo del telefono, un bellissima voce di
donna mi raggiunse.
< Pronto Carlisle? >
< Tanya? > Edward smise immediatamente di
suonare e mi cinse la vita con un braccio. Con la mano libera
accarezzò il capo
di Elizabeth che, a causa dello squillo, si era svegliata e aveva
cominciato a
piangere.
Mio suocero si allontanò velocemente, andando verso la
finestra.
< Sì, ho sentito … Alice aveva visto
qualcosa …
>
La voce disse qualcos’altro. E poi la conversazione fu
un susseguirsi di silenzi,per lo meno alle mie orecchie, e brevi
risposte di
Carlisle.
< No, non ho la più pallida idea del motivo
…
certo, un rovesciamento di potere … Impensabile …
Cosa faranno Marcus e Caius
dici?
Non ne ho idea… Sì, incredibile …
Dalla sua stessa guardia del corpo.
Parrebbe un intrigo. Forse una vendetta … sì,
potrebbe anche essere un omicidio
su commissione. Davvero? Demetri gli aveva detto che doveva riferirgli
una cosa
in privato poco prima che Aro radunasse un contingente? Sai che
missione
volesse affidare loro? >
Questa volta il silenzio fu molto più lungo. Vidi il
viso di Carlisle distendersi.
< Non è riuscito a parlarne … capisco
… e quindi
non si sa cosa volesse fare. >
Un altro
momento di calma e poi la voce di mio suocero, calma e serena: <
Certo.
Grazie Tanya, sei stata molto gentile a telefonarci. E certo, ti
saluterò anche
gli altri. E mi raccomando, manda i miei saluti anche alle tue sorelle.
Spero
anche io di rivedervi presto. > E poi chiuse il telefonino
argentato
porgendolo ad Edward. Parlaro troppo veloci perchè potessi
capirli per alcuni minuti e poi sorrisero. Un misto di
serenità, compiacimento e soddisfazione sui loro volti.
Edward mi accarezzò la guancia e mi disse:
< Nessuno sospetta di Alec. Tanya ha parlato con una sua amica
che vive in Italia. Nessuno ricollegherà ciò che
è accaduto a noi o a lui.
Proprio come ti avevo detto. > E mi sorrise.
Elizabeth però, stretta tra le mie braccia, non aveva smesso
di piangere e così Edward la
prese in braccio e cominciò a dondolarla dolcemente per
farla addormentare. Le
cantava la canzone che stava suonando prima e finalmente, dopo alcuni
minuti,
il pianto si trasformò in una serie di vagiti e suoni molto
bassi per poi
placarsi del tutto.Edward le baciò la fronte e poi
alzò lo sguardo verso di me,
radioso. Effettivamente, in quei primi sei giorni di vita di nostra
figlia, lo
avevo visto poco con lei. Forse perché era stato troppo in
tensione. Adesso
invece mi sembrava fosse nato per essere padre.
Il resto della giornata trascorse tranquillo. Mi ero
ingozzata talmente tanto a colazione che a pranzo mangiai poco. Mi
divertii a
guardare Rosalie litigare con Emmett per chi dovesse tenere la bambina
che,
ignara di tutto, dormiva nella sua culla. Quando la discussione
cominciò a
farsi rovente, Rose si voltò indispettita verso di me e
disse: < Diglielo
anche tu, Bella, che Elizabeth è troppo piccola e che ha
solo bisogno di
mangiare, dormire ed essere accudita. E che io sono più
brava di lui. Ci
vogliono mani piccole e delicate per accarezzare un neonato. Non si
può essere
un orso che rompe tutto quello che tocca. Bisogna essere delicati!
> e puntò
il dito verso suo marito.
Io, totalmente presa in contropiede, rimasi in
silenzio. Rose che mi rivolgeva la parola era già un
miracolo … che addirittura
chiedesse il mio sostegno … Beh, evidentemente il mondo
aveva cominciato a
girare dalla parte opposta. Forse, stava cominciando ad accettarmi. Temendo
che Emmett, non riuscendo a dosare la sua tremenda forza, potesse fare
inavvertitamente male ad Elizabeth, dissi timida :<
Beh, forse ha ragione Rose ... > e lei annuì per poi
continuare a litigare con suo marito.
Edward pose fine al loro diverbio con un occhiataccia
ad entrambi e sottolineando che Elizabeth dormiva e che andava lasciata
in
pace, dato che non era un giocattolo.
Di pomeriggio, come al solito,
piovvee
così il mio progetto di sdraiarmi al caldo
sole di maggio svanì tristemente. Anche se non avrei mai
avuto il coraggio di
dirlo ad Edward e agli altri, stare sempre chiusa in casa mi stava
cominciando
a far venire l’ansia. Certo, qui avevo loro e la mia bambina
… però la libertà
mi mancava. Ed ora che tra l’altro non avevo neanche
più il pancione
ingombrante, mi sarebbe piaciuto andare a fare un giro …
Sapere che anche volendo non avrei potuto, mi fece
venire una tristezza tremenda. Se qualcuno mi avesse riconosciuta,
avrei messo
a rischio tutta la mia famiglia e anche la versione ufficiale della mia
scomparsa.
Evidentemente si capiva che
qualcosa in me non andava
tanto che Edward mi venne vicino e mi prese la mano. < Bella,
Amore …
cos’hai? > Per evitare di rispondergli, mi alzai sulla
punta dei piedi e gli
diedi un bacio sulle labbra. Sentii il sapore delle lacrime e mi
accorsi di
star piangendo. Quei dannatissimi ormoni mi stavano facendo impazzire.
Le mani
di mio marito si incontrarono dietro la mia schiena e scesero fino al
mio
bacino. Mi obbligarono gentilmente ad aderire di più al suo
petto di marmo e
poi mi accarezzarono, infilandosi sotto la mia maglietta. <
Bella, la
bambina dorme … perché non ci prendiamo un
momento per noi? > Alzai lo sguardo
scettica. Sapeva che era un po’ presto, avevo appena
partorito, e poi, la casa
era piena di gente … Al pensiero arrossii e lui rise
sommessamente. < Ma
cosa vai a pensare? > mi chiese prendendomi in giro. Due secondi
dopo
eravamo in cima alle scale, nel bagno. Lo osservai riempire
l’enorme vasca
bianca di acqua calda e poi venire verso di me. Lentamente,
cominciò a
togliermi i vestiti. Scoprendo lentamente la mia pelle, la baciava.
< Sei
così tesa … > mi sussurrò
passando le sue labbra sui muscoli delle mie spalle.
< Ti aiuterà a rilassarti … > e
così dicendo mi liberò anche dai miei
ultimi indumenti. M legò i capelli in un alto codo, di modo
che non si
bagnassero, e poi mi baciò dietro l’orecchio
Subito dopo, si slacciò la camicia
e la fece cadere a terra con grazia. Quando anche lui fu nudo come lo
ero io,
mi prese tra le braccia e mi fece sedere nella vasca. Vi
entrò anche lui e io
andai a sedermi poggiando la mia schiena sul suo petto. La schiuma
bianca
profumava leggermente di rosa. Le sue braccia scesero lungo il mio
ventre e le
sue mani s’intrecciarono alle mie. Con la testa reclinata
all’indietro e
poggiata sulla sua spalla, lasciai che le sue labbra mi baciassero il
collo.
Era così bello rimanere in quella posizione …
< Bella …
> mi bisbigliò all’orecchio circa
mezz’ora dopo, < Dobbiamo uscire. >
< Mhh… perché? Sto troppo bene. >
ed era vero.
Mi sentivo tranquilla ed in pace. Le mie ansie e le mie paure un
ricordo
lontano …
< Bella, stanno per tornare Jasper ed Alice. Hanno
appena telefonato. Sarà meglio uscire. Arriveranno
tra poco. > il tono stranamente urgente della
sua voce fece sparire ogni traccia di calma dentro di me. Lo guardai sorpresa e lui
mi disse: < Non preoccuparti. Andrà tutto bene. Non
hanno voluto dirci cosa succedeva per telefono, ma sono certo che non
sia niente di grave. Alice però ha detto di farci trovare
pronti ... C'è stato ... un imprevisto. >
< Edward? > chiesi impaurita. Lui
non mi rispose,
limitandosi ad alzarsi ed uscire dalla vasca. Mi misi in piedi confusa
e lui mi
afferrò per la vita. Mi avvolse nell’asciugamano e
poi mi accompagnò in camera
nostra dove, disposti ordinatamente da qualcuno, probabilmente Esme o
Rose, ci
aspettavano dei vestiti.
Velocemente, mi asciugai per poi
indossare un lungo e
leggero abito blu, rigorosamente a maniche lunghe. Edward mi
baciò velocemente una guancia ma quando mi voltai, era
già sparito. Si era già rivestito. Al posto dei
suoi abiti, l’asciugamano
bagnato.
Elizabeth, nella sua culla, dormiva
tranquilla ed ignara di tutto.
Capitolo 29 *** Finchè non ti sarai addormentata... ***
Salve!
Quarto giorno di scuola … Italiano, Greco, Matematica
…
Non è possibile che sia solo il QUARTO giorno…
sono così stanca.
Sono giunta alla conclusione che, chiaramente, ho bisogno di una
vacanza.
Lunga, possibilmente XD
Cmnq, dedico questo capitolo a due persone:
a Cristina mando un grande abbraccio mentre a Rave, che compie oggi 17
anni,
faccio tanti auguri!!! Ho postato apposta oggi per farti un regalo!
Spero ti
faccia piacere!
Sono davvero felicissima. Il numero di persone che hanno aggiunto la
mia storia
ai pref è salito a 180!!!!! GRAZIE!!!!
Allora, due parole riguardo questo cap:
Non preoccupatevi… per un paio di capitoli succederanno
delle cose un po’
strane ma abbiate fede e vedrete che tutto
s’intersecherà alla perfezione! Non
spaventatevi!!! Spero vi piaccia anche se è solo di
passaggio! Un bacio a
tutte!!! chichetta99Vero
che è dolce la piccola mocciosa???? O forse, è
meglio dire che lo è suo padre
XD Spero che anche questo cap ti piaccia! WindEhi!
Non vale! Così mi togli tutto il gusto! Sei riuscita a
svelare i miei loschi
piani! Però, Edward è un padre dolcissimo, ma io
preferirei averlo come marito! PenPen
Grazie
per tutti i favori che mi fai! Spero che questo cap ti piaccia. Per
Jake &
co. Non preoccuparti! So essere buona, a volte XD lilly95lilly
Grazie! Alec? Alec? Ehm… non posso dire niente, ma
sarà fondamentale da qui in
poi! Fin
Fish Quando
scrivevo la scena del piano, gongolavo pure io!!! Grazie!!! Giulls
My
dear! Grazie per il commy!!! Lungooo!!! Che bello!!! HanairohSì
Sì, ho postato! Spero ti abbia fatto felice il cap in cui
quel maiale di Aro
muore!!! Però, sai una cosa? Una volta dicesti che avresti
commentato sempre!
(persino a ferragosto XD) però, la volta scorsa non lo hai
fatto!!! Hai tradito
la tua parola!!! PS: non preoccuparti, ti sto solo prendendo in giro.
Volevo anzi
cogliere l’occasione per ringraziarti delle tue sempre
bellissime recensioni!!!
Grazie! _Natsuki_Dell’incubo
di Bella, ne riparliamo più avanti, tra un 4 o 5 cap
(ovvero, alla fine della
storia) Ecco a te il nuovo capitolo! Posso farti una domanda?
Come stai?
A inizio estate mi avevi parlato di un problema di salute…
spero tu stia bene. giulia9_91A
Volterra sono sull’orlo di una crisi politica. Ma cosa
succederà a Gibson, dove
sono i nostri (poveri) sposini? Cosa accadrà loro? E Alice e
Jasper? Spero di
non deluderti! AngelOfLoveFarò
del mio meglio per aggiornare in fretta! E mi raccomando, pensa al
futuro!!! Ai
ragazzi dell’università! Rowen_CullenSono
contenta che quel punto ti sia piaciuto! È uno dei miei
preferiti! MizzCamilla
Noooo, stai tranquilla!!!!! Non preoccuparti!!! FeFeRoNzATi
prometto che, nonostante tutte le disgrazie che stanno per capitare, ci
sarà
una specie di lieto fine!!! Giurin giuretta! carlottinaChe
bello, mi mancavano le tue rec! In un mese, effettivamente sn successe
… un po’
di cose! Ed ora che però Aro è morto, cosa
succederà? Chi lo sa? Io no di certo
XD RakiyOddio!
Che bella rec!!! Mi hai fatto sentire così …
emozionata! Sono così felice che
la storia ti piaccia così tanto! Io, man mano che la scrivo,
mi ci sto
affezionando sempre di più! Come farò a farla
finire, ora che le voglio così
bene? Fortuna che ne ho già pronta un’altra! Spero
che seguirai anche quella…
il titolo è già pronto: Once upon a time, in
Forks … e sarà molto diversa da
questa. Credo che scorreranno lacrime! DeimosVote
for Alec! He is the best. Alec rules XD Lo adoro pure io! E si vede,
no? XD un
bacione, e salutami la giò! Ps: kai phobos! elisaterraAhhh
!!! No ti prego!!! Basta compiti!!! Non ce la faccio più!!!
Dai che scoprirai
presto cosa succede! Helen
CullenSadica
mi sa che lo sono sempre stata … ma cosa starà
succedendo? E poi, povero
palazzo… con tutte le sue ricchezze, ora è
ridotto ad un cumulo di cenere.
Certo che però, insieme a quella cenere,
c’è anche Aro XD gioiamo tutte!!! LaPiccolaPrincessSai,
ho fatto una ricerca!!! Sono totalmente PAZZA lo so, ma quando faccio
le cose,
lo faccio per bene. Il dipinto e tutto il resto …
è tutto lì per davvero.XD ECILYTu
mi vizi con tutti questi bellissimi complimenti!!! Un abbraccio enorme
anche a
te!!! Girasole94Grazie!
Quanto vorrei Edward come padre di un mio eventuale figlio!!!
Perché se come
papà è adorabile, come marito
……… basta se no il rating diventa
rosso!!! Noemi91Mi
spiace deludere la tua speranza… per famiglia felice dovrai
aspettare ancora un
po’, ma come promesso, ci sarà una specie di happy
ending! La tua idea riguardo
ad Edward è un po’ prematura, ma non preoccuparti.
Ho in mente una cosa carina
proprio riguardo quell’aspetto della vita di coppia!!! E per
Rose, avrai modo
di rivalutarla ancora!!! momobCi
stavo pensando, ma prima, finisco ciò che ho in cantiere XD
Spero li da te
tutto ok! Un bacio!!! novilunioIn
quel modo, effettivamente, è più comodo XD Eh
sì, tutto in fiamme … povero
palazzotto carino XD! francy94Ecco
qui gi imprevisti!!! Grazie per la pazienza XD KrismaEhm,
allora, per farla breve … no, non credo si possa rendere
breve tutto questo …
28 cap… Diciamo che Alec, per salvare Bella, ha fatto
uccidere i due (Aro e
Demetri) che avrebbero potuto costituire un rischio per la vita di lei
XD BellaSwan87URCA!!!
Che recensione lungaaa(le adoro!!!) e splendida!!! Per il rapporto di
Bella ed
Edward, non preoccuparti. Appena avranno un po’ di tempo per
stare insieme, si
spiegheranno e tutto tornerà a posto!!! Grazie
ancora per la tua
meravigliosa rec! Spero tutto bene lì da te… Ciao
e a presto!
Bella’s POV
Mi affrettai a sistemarmi il
vestito ma poi mi
ritrovai ferma davanti alla porta.
Sentivo le voci degli altri, giù in sala.
Arretrai di alcuni passi, incerta sul da farsi. Nel
silenzio in cui mi ritrovai, Elizabeth si agitò nel sonno ed
io andai da lei. Le
accarezzai la schiena e la pancia e lei stropicciò le
manine.
Involontariamente, le sorrisi. Nonostante la tensione, lei riusciva
sempre a
tranquillizzarmi.
< Bella? > Sobbalzai.
Edward fu subito al mio
fianco. La sua mano accarezzava il corpo della bambina da sopra le
coperte.
Nella sua culla riscaldata, Elizabeth vagì.
< Bella, tutto bene? Non
volevo spaventarti, scusa.
> Scossi la testa e lui mi baciò per un secondo per
poi prendermi per mano.
< La bambina dorme. Se ci fossero problemi, la sentiremmo. Vieni
… > e mi
condusse al piano inferiore. Tutti erano seduti sulle poltrone o sul
divano in
posizioni che parevano naturali. Esme teneva le gambe accavallate
mentre
Carlisle stava consultando uno stradario del Canada.
Proprio mentre mi stavo accomodando in salotto accanto
a mio suocero, Emmett, che fingeva di essere rilassato, si
alzò di colpo mentre
Rose, che sedeva accanto ad Esme, si sistemò nervosamente i
capelli dietro
l’orecchio. Carlisle ed Esme si scambiarono
un’occhiata fugace ma densa di
significato. Edward seguì Emmett alla porta. Feci anche io
per alzarmi ma
Carlisle mi mise una mano sul ginocchio e mi sorrise. Poi, lontano,
sentii il
rombo di un motore.
Carlisle appoggiò la sua mano gelida sulle mie e mi
accorsi di averle chiuse in una stretta stritolatrice.
Il suono del motore cessò e tornò il silenzio.
Neanche
un minuto dopo, la porta dell’ingresso si aprì.
Sentii il tonfo quando la
chiusero. Edward poneva delle domande ma non riceveva risposta, per lo
meno non
a voce. Probabilmente, gli altri le pensavano. Poco dopo
però, Alice cominciò a
rispondergli. Il suo tono irritato. Io comunque, non riuscivo a
distinguere le loro
parole. Dopo qualche altro minuto, sentii Edward sospirare rassegnato e
dire
con uno strano tono di voce: < Prego, di qua. >
Entrò prima Jasper,
seguito da Alice ed Emmett.
Mia sorella si avvicinò
a me e mi abbracciò stretta.
All’orecchio mi sussurrò: < Sta tranquilla.
Non dire niente a meno che non
te lo diciamo noi. > e poi si sedette al mio fianco. Si sporse
per fissare Carlisle
ed annuirgli.
Interdetta, la fissai e poi mi accorsi di chi stava
sulla soglia, davanti ad Edward, i cui occhi lampeggiavano.
< Alec! > boccheggiai. Lui non mi rispose,
limitandosi ad annuire.
< Come stai, Bella? Ti vedo decisamente meglio
dell’ultima volta … > e tentò di
sorridermi. Un ringhio basso e minaccioso
sfuggì dai denti serrati di Edward tanto che
Alec si voltò leggermente e lo
fissò per un istante. Era nervoso. Lo percepivo.
< Io sto bene. Grazie. >
< Ne sono molto … contento. Sai, ho avuto molta
paura per te. >
Edward gli mise una mano sulla
spalla trattenendolo ed
impedendogli di avvicinarsi a me.
Esme lo guardò e poi
Edward lasciò la presa. Alec
sospirò rasserenato ed Alice gli fece segno di avvicinarsi.
Lui obbedì e poi si
chinò su di me. Sorprendendo tutti,mi prese le mani e le
baciò e poi mi strinse
in un abbracciò carico di sollievo. Io, ancora seduta sul
divano, arrossii e
notai Edward fissarlo con sguardo omicida. Un altro ringhio sordo
aleggiò
nell’aria.
All’orecchio mi sussurrò: < Come sono
felice di
vedere che sei salva. Non ero certo che fossi riuscita a fuggire. Ti
abbiamo
cercata a lungo a Volterra. Ma tu ci hai messo tutti nel sacco.
>
E poi si allontanò da me quel tanto che gli serviva
per osservarmi meglio.
Le sue dita corsero sotto i miei occhi, lungo le mie
occhiaia. < Non riesci ancora a dormire bene? >
< Ha dei problemi di sonno. Capita quando ti
rapiscono all’improvviso e ti rinchiudono per due mesi in un
sotterraneo
dall’altra parte del mondo, lontana da tutto e da tutti,
separata dalla propria
famiglia e dai propri cari, sapendo che ti vogliono violentare.
> gli disse
Edward irato.
Rabbrividii ed abbassai lo sguardo. Osai però dire:
< Edward, smettila. Alec è mio amico. >
Sentii il suo sguardo irato su di me ma non ebbi il
coraggio di guardarlo negli occhi.
< Edward, ha ragione … lascialo in pace. Alec ha
corso molti rischi per Bella, per proteggerla dai pericoli …
> ma Edward non
lasciò finire: < E che bisogno c’era di
esporla anche a questo? Andare a
Forks? Cosa sperava, di trovarci lì? E poi tu? Cosa ti salta
in mente di
portarlo qui? > < Edward, ti ho già spiegato
cosa ho visto. Te lo ho
mostrato … > < Forse, se non avessi agito
così avventatamente, se ne
avessimo discusso insieme, non sarebbe accaduto ciò che
vedi. Forse avremmo
potuto evitarlo. > Edward, che si era avvicinato,
alzò il braccio verso
Alice che si coprì il capo con il suo, chiudendo gli occhi.
Jasper ringhiò ed
Emmett afferrò il polso di mio marito.
< Edward! > gli gridai io. Non potevo accettare
che trattasse a quel modo Alice.
Lui si voltò e mi fissò negli occhi per un
istante.
Vedevo la rabbia ardere nell’oro.
< Tu sta zitta. >
A quella frase scoppiai.
< Come ti permetti? > gli gridai irata,
alzandomi in piedi. Alec si scansò ma Alice mi
afferrò per il polso e,
obbligandomi a sedermi di nuovo, mi accarezzò il braccio.
Edward si voltò dandomi le spalle. In quel momento,
Rose e Carlisle si girarono verso le scale.
Un attimo dopo, il pianto disperato
di Elizabeth
richiamò la mia attenzione. Alec sobbalzò ed io
mi alzai velocemente, seguita
da Carlisle. Andammo in silenzio in camera mia ed io mi affrettai alla
culla.
Presi Elizabeth e me la strinsi al petto. Mi sedetti sul letto e
guardai
Carlisle.
Mi alzai la maglietta e mi slacciai il reggiseno ma
non ne voleva sapere di poppare.
< Ha mangiato da poco … non credo abbia fame. >
Mi rivestii e poi guardai Carlisle: < E non devo
neanche cambiarla … > Aggiunsi controllando il
pannolino, troppo grande per
lei, ancora così piccola.
Lui ci fissava. Lentamente, prese la bambina e
l’adagiò sul letto, al mio fianco. Con mani
esperte la controllo. Le tasto la
pancia e lei pianse più forte. Io, preoccupatissima, mi
chinai verso di lei e
le accarezzai la testolina. Il suo pianto mi stava facendo stare male.
Alzai lo sguardo e chiesi: < Che cos’ha? > e la
mia voce tremava.
< Non preoccuparti, ha solo il mal di pancia. È
normale. Adesso vado a prenderle qualcosa da diluire nel latte.
>
Le accarezzò la testa e con voce normale disse: <
Rose, scaldale del latte … >
Io mi sfiorai il seno e lui mi sorrise: < Sarebbe
difficile in quel modo. Non preoccuparti, ne abbiamo ancora da parte.
Poi al
massimo, te ne faremo conservare ancora. >
Avvolse mia figlia nella coperta e me la porse. Io la
strinsi al mio petto cullandola dolcemente. Sulla soglia, mi disse:
< Non
essere adirata con Edward. Lui vuole solo tenerti al sicuro.
È letteralmente
terrorizzato che possa accadere qualcosa a te o alla bambina
… >
L’attimo dopo, era già sparito. Mi muovevo avanti
ed
indietro per la stanza, cullando mia figlia e cercando di farla stare
buona. Le
facevo anche dei massaggi alla pancia ma lei non faceva altro che
lamentarsi.
Alla fine, esasperata, la implorai: < Ti prego, smetti di
piangere! Su, per
favore! Stai calma … >
Finalmente arrivò
Carlisle con un biberon in mano,
seguito da Edward il cui volto, se possibile, era persino
più livido del
solito. Mio suocero mi prese la bimba e le fece bere il latte. Sebbene
lei
inizialmente non volesse saperne, alla fine lui riuscì ad
infilarle la
tettarella del biberon tra le gengive. Il suo pianto si
placò.
Io, di proposito, avevo cercato di evitare di guardare
Edward ma lui, all’improvviso, venne dietro di me e mi
abbracciò stretta. <
Bella … > Il dolore della sua voce mi
portò a voltare il capo e a fissarlo
negli occhi. Quando lo feci, lui mi baciò con labbra
tormentate. Gli appoggiai
la mano sulla guancia gelida e lui la prese fra le sue. Quando si
separò da me
per permettermi di respirare, gli domandai cauta: < Che
c’è, Edward? >
< Bella, ti prego, non avermene… Cerca di capirmi.
>
Sospirai e cercai di racimolare la calma. < Va
bene. Dimmi. >
< Dovremo cercare di fare estrema attenzione. >
sciolse l’abbraccio e mi afferrò per le spalle.
Con il pollice, accarezzò il profilo delle mie labbra
e poi mi disse: < Alice ha portato qui Alec perché lo
aveva visto
aspettarci. Stava per entrare in contatto con Charlie, per poter sapere
qualcosa di te. Per fortuna che siamo riusciti a raggiungerlo prima.
Alice lo
ha incontrato nei boschi dell’Olimpya National Park.
Fortunatamente, Alec ha
avuto l’accortezza di non scendere all’aeroporto di
Siattle. Il suo aereo è
atterrato a Medford e da lì ha percorso la strada a piedi.
Correndo. >
< E ora? > Domandai cercando di decifrare
l’espressione strana dipinta sul volto di Edward.
< Bella. È venuto per avvisarci. Aro non ha fatto
in tempo ad avvisare le sue guardie. Lui era l’unico a
conoscenza del suo
piano. Però, Caius manderà un piccolo gruppo a
cercarti. >
A quel punto, cominciai a tremare.
< No, sta calma …
Gli altri torneranno a Forks.
Diremo che sei già stata trasformata ma che, essendo una
neonata, sei …
instabile… che per evitare che commettessi errori di cui
avresti potuto
pentirti, ti abbiamo portata in un luogo lontano dalle tentazioni.
>
Sentivo i miei denti battere e il mio corpo
sussultare.
< Bella, non potranno mettere in dubbio questa
storia. Lo sanno che i primi tempi sono difficoltosi per tutti. Per chi
segue
una dieta come la nostra inoltre, è tutto più
complesso. >
< E io resterò qui? >
Mi accarezzò e poi mi rispose: < Bella, sarebbe
troppo rischioso. Dovremo cercare un altro luogo in cui nasconderti
…
temporaneamente. >
< Cosa? >
< Bella, è necessario. Sarà per breve
tempo. Ed
Esme ed Emmett, insieme a Rose, verranno con te.
Sarai al sicuro, sta tranquilla. Ci rivedremo
prestissimo. >
< Ma perché? Perché non puoi venire anche
tu con
noi? Lì resteranno Alice e Jasper, e anche Carlisle
… Perché tu non vieni con
me? >
Mi poggiò un dito sulle labbra, per impedirmi di proseguire
e poi mi sussurrò:
< Ho bisogno di stare vicino a coloro che ci cercheranno. Devo
poter
conoscere i loro pensieri. Per lo stesso motivo Alice deve restare con
noi. Se
vedesse qualcosa di … grave o strano … se ti
vedesse in pericolo, potremmo
agire per tempo. Ti assicuro, la sicurezza tua e della piccola sono la
nostra
sola preoccupazione. Tu e gli altri andrete in un luogo che nemmeno io
conosco.
In questo modo, anche volendo, non potrei rivelarlo loro. Ma comunque,
Alice
dice che si accontenteranno di sapere che sei “in
isolamento” a causa della
recente trasformazione. >
Sentivo le ginocchia cedermi ed
Edward mi accompagnò
al letto.
< Quando verranno? >
chiesi con voce flebile
mentre lui mi scostava i capelli dalla fronte.
< Abbiamo ancora due giorni prima che raggiungano
Forks. Dobbiamo partire questa sera. Dovremo fare in modo di non
lasciare
tracce. Non devono poter risalire a questo posto. Alice dice che
pioverà per
circa una settimana. L’odore non farà neanche in
tempo ad attecchire. Tu invece
partirai domani mattina. È tutto pronto …
è tutto a posto. >
< Ed Alec? >
< Verrà con voi. Se dovessero trovarvi, cosa che
non accadrà, lui è l’unico che potrebbe
convincerli a lasciarti andare. >e
così dicendo mi accarezzò le spalle.
Vidi Carlisle appoggiare il biberon sul comodino
tenendo la bambina sempre in braccio. Elizabeth era tranquilla e
silenziosa. Si
stava addormentando. < Era solo un po’ di mal di
pancia. > Mi sussurrò
mio suocero sorridendomi. Edward si spostò verso di lui che
gli diede la
bambina.
Mio marito la strinse per un secondo e le baciò la
pelle bianchissima. La posò nella culla con estrema
delicatezza e l’accarezzò
mentre le rimboccava le coperte. Non avevamo ancora avuto modo di
utilizzare la
culla regalataci da Emmett. Sentii una stretta allo stomaco quando
pensai alla
cameretta della bambina. Speravo con tutto il cuore che la separazione
fosse
molto breve.
Subito dopo, mi venne vicino e mi chiese: < Ormai è
ora di cena … Hai fame? >
Scossi la testa affondando il volto nel cuscino.
< Bella … > La sua voce improvvisamente
incerta
mi sorprese.
< Sì? > domandai riaffiorando dalle coperte.
< Bella, senti… devo chiederti di fare una cosa non
piacevole ma necessaria. > Sentii un groppo in gola ma
tentai di reprimerlo
e sussurrai: < Dimmi. Non preoccuparti. >
Mi prese il braccio sinistro e sollevo la manica. Io,
confusa, lo lasciai fare. Sapeva quanto io odiassi quelle cicatrici
violacee ma
non pareva curarsene. Le baciò con delicatezza e poi
passò le sue labbra sulle
mie. < Bella, dobbiamo macchiare di sangue questo
… > e mi mostrò una mia
maglietta. L’avevo indossata il giorno prima e aveva ancora
addosso il mio
odore.
< Dobbiamo far credere loro di averti morsa. Ti
taglierò e succhierò un po’ del tuo
sangue, di modo che si mescoli con il mio
veleno. In questo modo, non potranno dubitare. Non preoccuparti, non ti
morderò
… > ed accennò un sorriso. Evidentemente
aveva letto l’espressione
terrorizzata sul mio volto. Avvicinò le sue labbra al mio
orecchio e, sebbene
io istintivamente mi fossi ritratta, lui ne baciò il lobo.
Sussurrò: < Non proverai dolore. Non te ne accorgerai
nemmeno … Te lo giuro. Mi dispiace farti del male ma
è necessario.> Sembrava come se mi stesse
facendo un torto. La sua voce era malferma.
Annuii e poi lui appoggiò gentile il mio braccio sulla
maglietta che aveva portato.
< Guardami negli occhi … > mi
bisbigliò a due
centimetri dal mio naso. Sentivo il suo profumo … e
nient’altro oltre a lui
ebbe altro senso. Mi accorsi di Carlisle che si era avvicinato ma non
volli
guardare l’oggetto luccicante tra le sue mani. Fissai invece
le mie gambe e mi
accorsi di tremare leggermente. La mano fredda e sicura di Edward mi
afferrò
gentilmente il mento e mi costrinse ad alzare lo sguardo: <
Guardami… > e
così feci.
Carlisle passò un
po’ di cotone imbevuto di
disinfettante sulla mia pelle.
Qualcosa di freddo fu appoggiato sul mio avambraccio.
Con delicatezza, qualcuno esercitò una discreta pressione e
sentii un bruciore
acuto. Chiusi gli occhi ed Edward mi strinse la mano destra. Dopo
qualche
secondo, mi alzò il braccio sinistro oltre la testa, di modo
che fosse
perpendicolare. Senza che capissi realmente cosa stesse accadendo,
percepii le sue
labbra seguire la scia calda lasciata sulla mia pelle dal sangue. La
percorse
fino ad arrivare alla fonte. Succhiò per qualche istante.
Bruciava da morire.
Si era portato la maglietta, già sporca del mio sangue sotto
il mento. Aprii
gli occhi e vidi i suoi. Erano chiusi. Pareva
concentratissimo… come se si
stesse sforzando terribilmente per non uccidermi. Vidi anche i rivoli
rossi
colare dal suo collo sulla stoffa. Il mio sangue e il suo veleno.
Continuò a
succhiare senza però lasciare che anche una minima parte del
veleno
s’insinuasse nel mio corpo.
Quando lasciò la presa, portò lamaglietta alla bocca e vidi la macchia rossa,
già grande, espandersi ulteriormente mentre Edward
sospirava. Aprì gli occhi ed
erano nerissimi. Si pulì la bocca mentre Carlisle
disinfettava accuratamente il
mio braccio. < Scusa se non ti abbiamo dato niente per il
dolore, ma non
volevamo che alterasse l’odore. > si scusò
Carlisle. non guardai quando mi
fece l’iniezione e quando mi diede i punti. Edward era andato
in bagno a sciacquarsi
la bocca e a respirare aria fredda. Mio suocero mi medicò e
mi diede tre punti.
< Tanto per star sicuri che non si riapra … >
mi aveva detto mentre mi
ricuciva. Quando mi ebbe stretto l’avambraccio in una
fasciatura abbastanza
stretta, mi accarezzò il capo e mi abbracciò. Mi
porse un bicchiere e mi disse: questo te lo ho preparato io,
servirà a farti
riacquistare le forze... non avrà un buon sapore, ma non ho
avuto il tempo di
prepararti qualcosa di meglio... >e mi sorrise. Il mio sorriso
di risposta
fu un po’ spento ma lui non ci diede peso. Lo ringraziai e
poi appoggiai il
bicchiere alle labbra. Annusai il liquido dall’aspetto poco
invitante. L'odore
era terribile e storsi il naso ma, senza dire niente, l'inghiotti... il
sapore
era anche peggio. Quando non era rimasto che un residuo denso sul fondo
Carlisle
mi porse dell'acqua che bevvi tutta d'un fiato. < Non voglio
neanche sapere
cosa c'è dentro ... > dissi schifata quando la mia
bocca ebbe un sapore
quasi accettabile <
Meglio che tu non lo sappia... ma
comunque > aggiunse vedendo la mia faccia < Nessuno
è morto per permettermi
di preparartela... > e trattenne un sorriso. Mi baciò
la fronte e mi
accarezzò la spalla. Mi stava salutando. Poco dopo,
vennero anche Alice e
Jasper. Entrambi mi strinsero tra le braccia. < Ci vediamo
presto … e non
preoccuparti. > mi fece Alice prima di uscire. Il taglio non lo
sentivo
neanche più…
Mi infilai di nuovo sotto le
coperte e cercai di
rilassarmi. O per lo meno di riacquistare un po’ di calma. A
pancia in giù,
lavoravo sul mio respiro affrettato. Sentii Edward entrare ma non mi
volsi
verso di lui. Si sedette vicino a me e mi scostò le coperte
dal corpo.
Sentivo le sue mani gelate massaggiare la mia schiena,
giocare con i miei capelli. Percepii le sue labbra ghiacciate farsi
strada sul
mio collo. Con un movimento fulmineo delle mani, mi obbligò
a voltarmi. Mi
ritrovai a fissare il soffitto di legno. I miei occhi erano gonfi ma
ormai non
avevo più lacrime da versare. Edward si sdraiò al
mio fianco e mi cinse in un
abbracciò dolce ed avvolgente. < Resterò
con te finché non ti sarai
addormentata. > E mi baciò le palpebre.
< Non voglio separarmi da te... > Gli sussurrai. La mia
voce
tremò.
< Sht sht ... non fare così … ci sentiremo
per
telefono. E ci rivedremo prestissimo. >
Posò le sue labbra sulla mia bocca per impedirmi di
ribattere. Le sue si muovevano lentamente, caute. Io invece, dentro di
me,
sentivo una nuova urgenza … un bisogno. Il bisogno di
sentirlo vicino a me. Di
sentire il suo corpo sul mio. Avevo la necessità di sentire
la sua pelle
ghiacciata sulla mia, bollente.
Con le mani mi aggrappai alla sua camicia, stringendo
le mie braccia intorno alla sua schiena. I suoi polpastrelli
tracciavano delle
spirali sulla pelle della mia pancia, sotto la mia maglietta. Il suo
profumo mi
stava tranquillizzando ma allo stesso tempo mi faceva capire che, senza
di lui,
sarei stata molto peggio. Il mio cuore, al solo pensiero,
cominciò a battere
più velocemente. La sua mano vi si posò sopra con
gentilezza.
Le sue carezze si fecero sempre più delicate man mano
che il mondo intorno a me si sfocava, inghiottito lentamente
dall’oscurità che
stava scivolando silenziosa intorno a noi. Sentivo la sua mano fredda
sulla
fasciatura… mi aiutava a tenere lontano il dolore.
L’effetto
dell’antidolorifico stava svanendo. Carlisle me ne aveva
somministrato
pochissimo. Sapevo che finché allattavo non potevo
esagerare. Anzi, ero stupita
che Edward gli avesse permesso di darmi l’antidolorifico
… pensavo che la
bambina avesse la priorità rispetto ad un sopportabilissimo
dolorino al
braccio.
Quando ancora ero cosciente, sentii la sua voce vicino
al mio orecchio: < Ti amo. >
Tra le sue braccia, fu semplice
addormentarmi.
Il trauma fu al risveglio. Allungai
il braccio lungo
le coperte ma Edward non c’era. Quando ricordai la serata
precedente, strinsi
il lenzuolo nervosamente prima di aprire gli occhi. Non volevo vedere
l’assenza
di Edward. Non ancora.
<Bella, sei
sveglia? alzati. >
Senza realmente volerlo, mi voltai verso di Esme e
notai il modo in cui stava tenendo Elizabeth. Come se fosse un oggetto
prezioso. La guardava adorante. Portandomi a sedere, osservai
l’ora e vidi che
erano le circa le sei e mezza. Il sole filtrava dalla finestra. Le
tende erano
aperte.
< Ha già mangiato? > ed indicai mia figlia con
il capo.
< Questa notte, ma credo che abbia ancora fame.
Carlisle l’ha controllata prima di partire. Mi ha dato tutto
quello che le
serve, se dovesse sentirsi di nuovo male. Mi ha spiegato tutto con
cura. Quindi
non dovrai preoccuparti. > e mi sorrise, porgendomi Elizabeth la
quale, non
appena mi fui sollevata la maglietta, si avvinghiò a me. Le
sue gengive strette
intorno alla mia pelle dolente.
Appoggiata ai cuscini e con la bambina stretta al
petto, domandai: < Quando partiamo? >
< Fra tre ore circa. Quando sarai pronta. > e
poi mi strinse la mano. Io e Rose facemmo il bagno alla bambina e poi,
mentre
lei l’asciugava e la preparava, io mi presi una decina di
minuti per me. Sotto
il gettito caldo della doccia, lasciai i miei muscoli distendersi.
Sentivo già
la mancanza di Edward. Senza pensarci, aprii l’acqua fredda e
lasciai che il
mio corpo venisse percorso dai gettiti ghiacciati. Tremavo per il
freddo. Esme
bussò contro il vetro. < Bella, tesoro, prenderai una polmonite se
non esci. E non
voglio assolutamente venir uccisa da Edward per questo. >
Spensi l’acqua fredda e aprii lo sportello. Il mio
accappatoio mi aspettava, caldo ed invitante.
Mi vestii e poi feci una colazione estremamente
abbondante. Il tutto con una lentezza esasperante, persino per dei
vampiri.
Emmett mi fissava spazientito mentre sezionavo le mie uova.
< Bella, capiamo che tu non voglia andare, ma
torneremo presto. > mi rassicurò Esme, materna,
posando la sua mano sulla
mia.
< Lo ha visto, Alice? >
< Non ancora. È troppo presto. Però io me
lo sento.
> E mi sorrise serena.
Rosalie aveva appena finito di
impacchettare le ultime
cose di Elizabeth e ora la teneva tra le braccia, addormentata. Le
poggiò un
dito sulla punta del naso e poi le sussurrò: <
Avresti dovuto nascere fra
due settimane, piccola bestiolina … > e poi le
baciò la fronte. Si voltò
verso di me e mi disse: < fra un’ora e dodici minuti,
compie una settimana
> e mi sorrise tutta gongolante coccolando mia figlia. Poi fu
Emmett a
parlare: < Bene Bella, se hai finito, dovremmo andare. >
Annuii e mi infilai una giacca leggera. Era Maggio ma
c’era un leggero venticello.
L’auto, enorme, era già nel vialetto. Salii in
macchina tra Esme e Rose, che teneva Elizabeth, addormentata
candidamente e
tutta infagottata. Davanti Emmett guidava mentre Alec, che vedevo per
la prima
volta quella mattina, stava seduto al posto del passeggero. I miei
bagagli e
quelli, molti meno, degli altri, erano ordinatamente sistemati
nell’ampio
bagagliaio. Salutai Alec ma lui, con una strana espressione sul volto,
mi
ignorò e fissò fuori dal finestrino. Ferita, mi
guardai le mani. Rose mi
appoggiò le dita sulla guancia e mi sussurrò
all’orecchio: < Edward gli ha
proibito di rivolgerti la parola. > Sospirai.
Quando ormai la casa stava per
sparire oltre il bosco,
mi voltai per osservarla un’ultima volta. Non sapevo quando
sarei tornata.
Sentii le lacrime scendere copiose dalle mie guance ma non me ne curai.
Esme,
mi abbracciò stretta.
In quel momento, la casetta
svanì, inghiottita dagli
alberi.
Ciao ragazze! La maggior parte di noi
ormai è a scuola quindi,
auguro a tutte un buon anno scolastico, che si tratti di
medie,superiori od
università!!!!!
Questo cap 30 (mamma mia, così tanti ne ho scritti??? Che
storia lunga!!!) è dal POV di Edward. Il prossimo ancora non
so. Credo sarà di
Bella per poi, nel 32, spostarsi nuovamente su quello di Edward.
Per quanto riguarda Alec, in questo cap daremo una
sbirciatine nella sua testa passando da quella del nostro vampiro
preferito XD
Scusate se ultimamente sono così lenta ad aggiornare ma la
scuola, si sa, è una sorta di prigione anche per la
fantasia. Soprattutto il
classico… poi ci si mettono pure i compiti …
Per chi voleva il sangue: Non tarderà ad arrivare. Povera
Esme
che dovrà pulire tutto XD
Per chi voleva una scena da rischiare il rating rosso:
Neanche questa tarderà ad arrivare. Ma tra chi? (Eh eh
eh… sono sadica, molto
sadica. Chi si divertirà di notte? Ormai Bella, sposata cn
Edward, ha ben 4
spasimanti sovrannaturali. Morto Aro, restano Alec e Jake ma anche
Caius… si
sarà rassegnato? Chissà… vedremo nei
prossimi capitoli! Eh eh eh à
non uccidetemi. Non resterete deluse!)
Però, c’è un però
… cosa succederà ora che i Cullen si sono
divisi?
Spero di avervi interessato abbastanza. Continuate a seguirmi!
Sapete che non vedo l’ora di tornare a casa da scuola per
scrivere? Oggi,
facendo Parini (che è anche il nome del mio liceo XD), stavo
scrivendo gli
appunti ed intanto pensavo: “Sì, allora, Alec dice
questo, poi Bella gli
risponde… ma poi salta fuori Rose … e intanto a
Forks Edward con Carlisle…” ed
è suonata la campana dell’intervallo e quasi non
me ne accorgevo!!! Sembravo
così attenta e concentrata!!! Il mio prof sarà
stato contento XD poverino… non
so neanche di cosa stessimo parlando!
Ah, e ringrazio tutte voi per le vostre splendide
recensioni!!! 860!!!*__*
sono troppo
felice!!! Non sapete che soddisfazione enorme è per me.
Scusate se non vi
rispondo una per una ma ho buttato giù queste righe (senza
senso) prima di
andare a cercare di capire cos’è il
coseno… sigh.
Un bacio enorme a tutte voi, aspetto i vostri pareri ( che
mi aiuteranno a risollevarmi il morale dopo lo shock post-gognometriam.
È sempre
difficile riprendersi dopo certi traumi. Necessito di sostegno!!!
–non ho
capito niente… a mala pena so cosa devo
disegnare…- SIGH)
A presto se sopravvivo alla prof di matematica!!! (se tutto
va bene, giovedì o venerdì!!!)
PS: Le coordinae geografiche sono vere!!! E, paradossalmente, vicino a dove è atterrato Alec, c'è un posto che si chiama Jacksonville ma che non ha niente a che fare con il luogo dove è andata a vivere Reneé XD Viva google maps!!! XD Vostra (incasinatissima) Cassandra-Erika
Edward’s POV
<
Bella … >
<
Sì? > Mi domandò
scostando le coperte dalla sua testa, scoprendo così la
pelle pallida.
< Bella, senti… devo chiederti di fare una cosa non
piacevole ma
necessaria. >
La
vidi deglutire, ma mi
rispose: < Dimmi. Non preoccuparti. >
Le sollevai con delicatezza il braccio sinistro e le riavvolsi la
manica. Lei
mi lasciò fare, fissandomi con intensità.
Rabbrividì impercettibilmente quando
il suo braccio deturpato venne completamente scoperto. Mi chinai per
baciarle i
segni delle ferite. Sfiorai appena la sua fragile pelle. Con un
semplice
movimento brusco avrei potuto ferirla. Poi appoggiai le mie labbra
sulle sue
cercando di accarezzargliele delicatamente con la lingua. Senza che lei
lo
notasse, afferrai una sua maglietta che avevo scelto. L’aveva
indossata il
giorno precedente e non era ancora stata lavata. Il suo odore ne
impregnava la
stoffa.< Bella, dobbiamo macchiare di sangue questo
… > e gliela
mostrai. Con tutta la calma che mi era possibile, le spiegai: <
Dobbiamo far
credere loro di averti morsa. Ti taglierò e
succhierò un po’ del tuo sangue, di
modo che si mescoli con il mio veleno. In questo modo, non potranno
dubitare.
Non preoccuparti, non ti morderò … >
Cercai
di sorriderle
nonostante l’idea di ferirla di proposito mi rivoltava.
Riconobbi sul suo volto
il terrore e cercai di tranquillizzarla. Mi avvicinai a lei e,
nonostante lei
avesse cercato di allontanarsi, poggiai le mie labbra al suo orecchio
per
baciarne il lobo.
Cercai di rassicurarla: <
Non proverai dolore. Non te ne accorgerai nemmeno … Te lo
giuro. Mi dispiace
farti del male, ma è necessario.> Mi sentivo in colpa
per quello che stavamo
per farle, ma era l’unico modo per tenerla al sicuro. Lei
fece un cenno con il
capo ed io le posai il braccio sulla sua maglietta. Mi avvicinai
nuovamente al
suo volto e le sussurrai: < Guardami negli occhi …
> Volevo che non
vedesse. La vidi respirare profondamente e poi perdersi con lo sguardo
nei miei
occhi. Carlisle si avvicinò a noi con il bisturi in mano.
Per evitare di
guardare mio padre, Bella si fissò le ginocchia tremanti. Le
afferrai con
delicatezza il mento e le bisbigliai: < Guardami…
> E lei mi obbedì.
Carlisle
passò un po’ di
cotone imbevuto di disinfettante sulla sua pelle diafana e fragile.
Troppo
delicata.
La incise con estrema facilità. Distinsi chiaramente il
suono della carne
lacerata e l’odore del sangue esposto mi invase le narici
provocando in me una
sete atroce e bruciante. Il veleno inondò la mia bocca, ma
non me ne curai. La
vidi chiudere gli occhi e stringere i denti per trattenere un gemito.
Le
strinsi la mano per rassicurarla e darle forza. Per farmi forza. Senza
dirle
niente, le alzai il braccio ferito. La scia del suo sangue le
percorreva
l’avambraccio facendosi strada tra le cicatrici. Prendendo un
profondo respiro
mi avvicinai alla sua pelle e appoggiai le mie labbra lungo i rivoli di
sangue.
Non lasciai che neanche una goccia del suo sangue bollente e squisito
venisse
perduto. Raggiunsi la ferita e accolsi ancora più sangue
nella mia bocca. Lo
succhiai lentamente cercando di non farle male con le mie labbra di
pietra
gelata. La vidi tremare e mi odiai. Presi la sua maglietta, su cui era
già
gocciolato del sangue,posizionandola sotto il mio mento di modo che
anche i
rivoli che si formavano agli angoli della mia bocca andassero ad
impregnarla.
Avevo chiuso gli occhi. L’odore del suo sangue era
fortissimo, ma riuscivo a
resistere per amor suo. Volevo però almeno evitare di
vederlo. Mi concentrai
sul veleno che, dai miei denti, andava ad unirsi a quel denso liquido
dolce.
Facevo estremamente attenzione a che neanche una minima
quantità del mio veleno
penetrasse nel suo corpo tramite la ferita. Le prelevai altro sangue e
poi
lasciai la presa. Appoggiai la bocca alla maglietta insanguinata e
lasciai che
il miscuglio di sangue e veleno colasse completamente. Mi liberai la
bocca e
sospirai. Lasciai che il veleno scorresse dai miei denti lungo la mia
gola e
sospirai. Sentivo che la maglietta era zuppa. Aprii gli occhi per
guardare
Bella e notai intorno alla ferita dei segni, quelli delle mie labbra
… fra
qualche ora le sarebbero venuti dei lividi. Mi pulii anche
l’esterno della
bocca ed osservai Carlisle disinfettarle il taglio.
Mi alzai lentamente ed andai in bagno. Sentii le loro voci provenire
dalla
stanza e mi si rivoltò lo stomaco. < Scusa se non ti
abbiamo dato niente per
il dolore, ma non volevamo che alterasse l’odore. >
< Tanto per star
sicuri che non si riapra … > e avevo sentito lui che
le dava i punti. Cercai
di concentrarmi sull’acqua che scorreva ma non riuscivo a
distrarmi del tutto.
<... non avrà un buon sapore, ma non ho avuto il
tempo di prepararti
qualcosa … > Continuavo a sentire le loro voci ed
inoltre,vivido, il ricordo
del suo sangue nella mia bocca mi stava facendo impazzire.
Sciacquarmi
la bocca non era sufficiente.
Mi levai velocemente gli abiti e li piegai, posandoli sul mobile. Mi
infilai
nella doccia e aprii l’acqua bollente. Speravo che il mio
corpo potesse
scaldarsi. In quel modo avrei potuto stare vicina a Bella senza
provocarle
tremori o brividi. Il suono dell’acqua mi rimbombava nelle
orecchie ed
allontanava la voce dei miei familiari, di mia moglie…
Attesi
finché la sete non fu
nuovamente sotto controllo e tornai in camera. Bella era sdraiata a
pancia in
giù, completamente avvolta nelle coperte. Mi sedetti al suo
fianco e le scostai
le coperte. Piano, infilai la mano sotto la sua maglietta. Carlisle
aveva
portato via quella insanguinata. Con le dita, le massaggiai la schiena
e la
sentii tremare. Era stato inutile tentare di riscaldare il mio corpo
per lei.
Cominciai a giocare con i suoi capelli. Sapevo che l’avrebbe
aiutata a
calmarsi. Il suo respiro era leggermente accelerato. Chinatomi su di
lei, le
percorsi il collo con le labbra. In un attimo, la girai di modo che
potesse
guardarmi negli occhi. Vedevo che non era tranquilla. Non piangeva, ma
i suoi
occhi erano gonfi e rossi. Mi sdraiai e la strinsi a me,
abbracciandola. <
Resterò con te finché non ti sarai addormentata.
> le dissi prima di baciare
le palpebre.
< Non voglio separarmi da te... > mi bisbigliò
in preda al panico. Il
dolore nella sua voce mi fece più male della sete.
< Sht sht ... non fare così … ci sentiremo
per telefono. E ci rivedremo
prestissimo. > Volevo tranquillizzarla ma, dato che non riuscivo
a trovare
parole migliori e visto che stava per ribattere qualcosa, le poggiai le
mia
labbra sulla sua bocca appena dischiusa. Cercavo di non avere fretta,
di
assaporare a lungo quel bacio che sapeva d’addio. Lei invece
pareva … preda di
una sorta di urgenza… Cercò di avvicinare il suo
corpo al mio ed io l’aiutai, stringendola
a me. Percepivo il suo cuore battere furioso, il suo respiro farsi
affrettato …
Si aggrappò a me ed io cominciai a tracciare disegni
immaginari sulla pelle
liscia della sua schiena bollente. Quando sentii il battito del cuore
farsi
velocissimo, vi appoggiai sopra la mano e lei arrossì. Il
sangue le irrorò le
gote.
Cercando di far in modo che non se ne accorgesse, resi le mie carezze
sempre
più leggere e delicate. Speravo riuscisse ad addormentarsi.
Quando chiuse gli
occhi, le poggiai il palmo freddo sulla fasciatura stretta, sperando le
arrecasse sollievo, seppur minimo. Non avevamo potuto somministrarle
una
quantità eccessiva di antidolorifico. Stava allattando
…
Stava scivolando nel sonno
ma, visto che saremmo partiti nel cuore della notte, non avrei potuto
salutarla
in un altro momento. Non volevo un addio. Non avrei sopportato le sue
lacrime.
Preferivo sparire nella notte. E lei lo sapeva. Era ancora cosciente e
così le
sussurrai: < Ti amo … >
Poco dopo, il suo respiro si fece regolare e le sue labbra si
schiusero. Parole
senza senso sgusciarono da esse. Ogni volta che chiamava il mio nome,
sentivo
l’impulso a piangere …
Rimasi
ad osservarla per
alcune ore. Non mi sarei mai stancato di farlo.
Elizabeth
vagì ed Esme entrò
in camera. “Deve mangiare.” Pensò
prendendola tra le braccia. < Lascia, me
ne occupo io… > Presi la bambina tra le mie braccia
ed andai al piano
inferiore dove Rose stava già scaldando del latte. Alec,
quando mi vide, scattò
in piedi. Aveva paura di me, della mia ira, e faceva bene. Quando vide
la
bambina sussultò. Capì subito che era la figlia
mia e di Bella. I suoi pensieri
confusi non mi interessavano. Senza parlare, andai in cucina. Pochi
minuti
dopo, Rose mi porse il biberon a cui Elizabeth si attaccò
avida. Mi sarebbe
mancata troppo, proprio come sua madre. < Edward, scusa, posso
entrare? >
Mi voltai e fulminai Alec con lo sguardo. Dal profondo del mio petto
sgorgò un
ringhio basso e minaccioso. Ritrassi le labbra mostrando i denti.
Elizabeth,spaventata,
lasciò la presa delle sue gengive sulla tettarella e
cominciò a piangere.
Ignorando Alec, mi ricomposi e, sedutomi, accarezzai la bambina
cantandole una
ninnananna. Non appena si fu calmata, le rimisi in bocca il biberon e
aspettai
che fosse sazia. La cambiai e poi andai nella stanza del piano.
Muovendola
lentamente per farla addormentare, con una mano sola sfiorai i tasti
del piano.
Dopo pochi sbadigli, le manine di Elizabeth si distesero e le sue dita
lasciarono andare la mia camicia. Le avevo messo un completino caldo e
grazioso. Sembrava una bambola di porcellana tanto la sua pelle diafana
era
perfetta. Sorridendo, me la sistemai meglio tra le braccia e le baciai
le
guance e la fronte. Portandole le manine piccole e morbide alle mie
labbra,
gliele baciai. Lei tremò nel sonno ed io, odiando la mia
natura che non mi
permetteva di stare troppo vicino alle persone che amavo più
di me stesso, mi
maledii. Esme mi porse una coperta ed io la usai per coprire mia
figlia. Tornai
al piano di sopra e mi sedetti sul letto, di fianco a mia moglie
addormentata.
Lei continuava a chiamare il mio nome ed io, scostandole i capelli dal
viso, la
accarezzai ammirando i suoi lineamenti. Lei sorrise nel sonno e
sospirò
tranquilla. Per quasi tre ore tenni tra le braccia nostra figlia
mentre, con la
mano, accarezzavo Bella. Quando Esme mi avvisò che gli altri
avevano finito di
preparare le loro cose, già sistemate in auto, io sospirai.
Lei mi venne vicino
e mi passò una mano sulla guancia. < I tuoi bagagli
te li ho fatti io.
Partirete quando sarai pronto. Non c’è fretta.
> e poi fece scorrere i
polpastrelli sulle gote di mia figlia. < Puoi stare ancora un
po’ con loro …
ti vengo a chiamare tra circa mezz’ora? >
Annuii e mi limitai a fissare
mia figlia. Mi parve fossero passati solo pochi minuti quando Esme, dal
piano
inferiore, sussurrò il mio nome. Con un sospiro, mi alzai e,
dopo averla
stretta a me per un breve istante, le baciai la pelle calda e poi
poggiai mia
figlia nella sua culla. Dopo averle rimboccato le coperte, le sfiorai
appena la
pelle. Sorrisi al suo vagito di protesta quando la mia mano si
allontanò dalla
sua schiena. In silenzio, mi sdraiai vicino a Bella e, dopo averla
abbracciata,
la baciai sulle labbra. Lei non si accorse di nulla, continuando a
sognare.
Al piano di sotto, tutti mi
aspettavano. Alice mi prese la mano e, fissandomi negli occhi, mi vollemostrare il futuro. Entro
la sera, ormai
erano le 5 di mattina, saremmo arrivati a Forks. L’indomani,
il piccolo
contingente ci avrebbe raggiunto. Per fortuna che, durante le loro
frequenti
visite a Forks, lei e Jasper avevano provveduto a mantenere la casa in
ottimo
stato, come se nessuno si fosse mai allontanato.
<
Edward … ti prego,
ascoltami… > Alec tentava ancora di parlare con me.
Lessi i suoi pensieri e
lo vidi in quei ricordi che anche Bella aveva ma a cui io non avevo
accesso.
Vidi
Bella, in una enorme e
lussuosissima suite priva di finestre, con indosso uno splendido abito
rosso
che le metteva in evidenza il corpo. Era triste. I suoi occhi erano
gonfi di
pianto. I ricordi di Alec si spostarono ad un altro momento. Mia moglie
era
addormentata e giaceva rannicchiata nel letto. Lui la coprì
con una trapunta.
Laggiù nelle segrete doveva fare molto freddo come si capiva
dalle labbra
bluastre e tremanti di lei. La sua leggera camicia da notte non bastava
a
scaldarla. Neisuoi
ricordi la sentii
piangere, sussurrare il mio nome. Passare ore intere a leggere, a
scrivere.
Leggeva e rileggeva all’infinito un pezzo consunto di carta
che riconobbi
essere la mia lettera. Alec mi mostrò di quando lei si
ammalò, quando rimaneva
nel letto troppo debole per muoversi. Poi vidi lei, qualche settimana
dopo.
Stava meglio. Alec era chino su di lei seduta su di una poltrona e
commentava
un libro che lei teneva fra le mani. Attraverso la sua memoria, la vidi
voltarsi verso di lui e rivolgerli un sorriso ammirato. I suoi occhi
splendevano alla flebile luce delle candele. Il suo volto pallido e
magro
pareva brillare. Notai la sua mano infilarsi sotto la coperta poggiata
sul suo
corpo. Si accarezzò il ventre come se avesse mal di pancia.
Il sorriso però non
abbandonò le sue labbra. Percepii l’amore di Alec
per quella delicata ragazzina
che si addormentava sul divano e che lui portava nel letto tra le
braccia.
Sentii il suo desiderio di sfiorarle le labbra con le sue, il suo
bisogno di
stringerla a sé. Ma non lo aveva mai fatto. Aveva cercato di
non invadere i
suoi spazi, di lasciarle la sua intimità. Non la spiava come
avrebbe potuto e
come avrebbe voluto. La rispettava almeno quanto la desiderava. Vidi
nella mia
testa le immagini che si era creato. Mia moglie con gli occhi rossi e
la pelle
ancora più pallida del normale. Lei tra le sue braccia ma
non nel modo in cui
lei si era abituata, non come amici ma come amanti. Le sue mani che la
sfioravano come e dove neanche io avevo mai osato. Sebbene
però lui la
desiderasse così ardentemente, non la aveva mai neanche
sfiorata in quel modo
nonostante ne avesse avuto ben più di
un’occasione. Eppure quei suoi pensieri
mi fecero infuriare. Mi voltai ed afferrai Alec per la camicia,
sollevandolo di
alcuni centimetri da terra. Emmett e Jasper mi furono subito accanto.
Alec non
reagì. Sussurrò: < Scusa…
> ed io lo lasciai andare. Lui cadde sulle
ginocchia e poi alzò lo sguardo. Nel momento in cui i nostri
occhi
s’incontrarono, lui pensò al giorno in cui bella
riuscì a scappare. Sentii nei
suoi ricordi il suono di un citofono, percepii l’ansia sua e
di altre guardie
addette ala custodia di mia moglie. Si erano affrettati alla segreta.
Mi bruciò
la gola il ricordo della sua sete nel momento in cui, ancora nel
corridoio,
aveva sentito l’odore del suo sangue. Mi parve di essere
lì. Lui aprì la porta
e si ritrovo una scia di sangue che portava al letto. Lì,
mia moglie giaceva in
un lago di sangue con le vene del polso recise. Vicino al letto, lo
specchio in
frantumi. Il sorriso sereno di lei mi fece tremare le gambe. Mi
ritrovai a
ringraziare mentalmente Alec per aver fermato l’emorragia e
per averla portata
in ospedale. Subito dopo la fuga di Bella, aveva rubato le sue cartelle
e le
aveva distrutte. Sapeva che aspettava un bambino. Sapeva che era mio.
< Lei … ha sempre amato
solo te. Non ha mai smesso di chiamarti nel sonno. A volte parlava di
un
bambino. Diceva: “Il bambino no… > ma tutti
credevano che fosse il figlio
che doveva concepire con Aro. Nessuno ha mai pensato…
>
Queste parole mi scossero.
Istintivamente gli chiesi, con voce dura e severa: < Qualcuno sa
di
Elizabeth? >
< No. Nessuno. Aro non
sapeva se lei fosse ancora umana o no. Diceva di esserne sicuro ma a me
ha
confidato che la sua era solo una speranza. Era così irato
che fosse fuggita.
Ripeteva in continuazione che lei era un’ingrata. Che lui le
avrebbe dato
tutto. Non si dava pace. Penso che, se l’avesse trovata
trasformata, avrebbe
dato l’ordine di portarla a Volterra comunque e di ucciderla.
Lei gli aveva
negato l’unica cosa che non poteva ottenere grazie alle
ricchezze o al
prestigio. Tutto per amor tuo … Fortuna che ne aveva parlato
solo con me. Ho
agito il più in fretta possibile. Non hai idea di quanto sia
rivoltante quello
che ho fatto. > e poi si prese la testa tra le mani. <
Non potevo pensare
a lei … morta. O di rivederla consumarsi giorno dopo giorno
rinchiusa al buio.
Mi aveva ordinato di predisporre una cella, nel caso fossero riusciti a
riportarla lì ancora umana. Non sarebbe sopravvissuta. Stava
morendo nella
stanza meravigliosa e ricca preparatale appositamente su misura
… lì non
avrebbe retto più di pochi giorni. L’avrebbe
uccisa la paura e il freddo. Lo
soffriva molto… > Il suo tono era adorante quando
parlava di lei. Sebbene mi
provocassero rabbia le sue fantasie in cui Bella si dava a lui, mi
sentii in
debito per quello che aveva fatto. < Grazie. Grazie di averla
protetta. >
Sempre inginocchiato a terra,
mi sussurrò: < Jane … lei sa che sono in
America … > A quelle parole mi
raggelai. < Come sarebbe a dire? > < Io e mia
sorella siamo … siamo
nati a Paisley, in Oregon. È per questo che ho preso un
aereo che faceva scalo
a Medford, che non è tanto distante alla nostra
città natale. Probabilmente
Jane crederà che sia tornato a casa. È per questo
che lei farà parte del
contingente. A lei non importa niente di Isabella. Lei vuole
ritrovarmi. >
< Cosa? > Gli urlai
contro. < Mi staresti dicendo che Jane vuole trovare te! Ti
cercherà e alla
fine ti troverà! E se trovasse te e Bella capirebbe
… Conosco il suo modo di
pensare. Non ci metterà tanto a fare il collegamento!
> E man mano che
parlava, i suoi pensieri correvano lasciandomi libero di vedere cosa
fosse
accaduto. Vidi Jane abbracciarlo quando, il giorno prima della morte di
Aro,
lui la salutava all’aeroporto. L’assenza di ogni
dubbio negli occhi della
ragazza mi tranquillizzarono. Quando però vidi nella sua
testa mia moglie nel
letto dell’ospedale in cui era stata ricoverata in Italia,
sentii nuovamente la
rabbia montare dentro di me. Il mio ringhio lo spaventò. Era
solo in mezzo a
troppi nemici di cui uno, io, particolarmente ostile.
< Andrai con loro, come
previsto, ma non le rivolgerai la parola. > < Come,
scusa? > < Non
le parlerai, sono stato chiaro? >< Non puoi obbligarla a
non parlarmi. Lo
sai, anche lei mi vuole bene … Siamo amici. >
Sì, lo sapevo fin troppo che
lei gli voleva bene. Era tipico di Bella affezionarsi alle persone.
Soprattutto
a quelle sbagliate. < Alec, ti ho già espresso la mia
gratitudine per quanto
hai fatto per noi, ma non posso permetterti di turbarla ulteriormente.
È già
troppo fragile. Finché rimarrai con i miei fratelli, Bella e
mia madre, per
favore evita di parlarle. Se lo farai lo verrò a
sapere… e sono certo che non gradiresti
le conseguenze. > voltandomi salii al piano di sopra.
L’immagine di Bella,
pallida e malata nel letto d’ospedale mi martellava in testa.
Era persino
peggio della visione di Alice … il braccio insanguinato
stretto nelle bende …
Senza far rumore entrai in
camera per baciare di nuovo Elizabeth e Bella. Le sfiorai la pelle del
viso e
le baciai la guancia. < Ti amo… > le sussurrai
per l’ennesima volta
all’orecchio prima di uscire ed andare al piano di sotto.
Tutti
mi aspettavano. Dopo
aver salutato Esme, Rose ed Emmett, salii in auto. Il mio cuore morto
ed
immobile mi bruciava di dolore nel petto all’idea di
ciò che mi stavo lasciando
alle spalle.
Lungo la strada per Forks ci
fermammo in un albergo dove ci lavammo ed indossammo degli abiti
acquistati da
Alice ed ancora imballati. In questo modo non ci rimase addosso neanche
una
minima traccia dell’odore di Alec. Al crepuscolo, avevamo
raggiunto Forks.
Sistemammo la casa come se
non ci fossimo allontanati. Alice tolse la polvere ed io accordai il
piano. Poi,
mentre Jasper faceva arieggiare, presi il telefono.
<
Bep, bep, bep. > Al
terzo squillo, Bella mi rispose. La voce stanca.
< Bella, tesoro, ti ho
svegliata? >
< No, no, non
preoccuparti. > e poi sbadigliò. Distinsi il suono
delle sue dita che
sfregavano i suoi occhi e la voce di Rose che sussurrava qualcosa alla
bambina.
< Oh Edward, sono così felice di sentirti! >
< Anche io, Amore, anche
io. Ma dimmi, come va il viaggio? > Erano ancora in macchina. Il
suono del
motore era forte e prepotente. < Bene. Esme ha una guida molto
prudente, non
come qualcuno di mia conoscenza… > e poi rise. O per
lo meno ci provò. Io
feci lo stesso.
< Tu e la bambina state
bene? > < Sì. Va tutto bene. Grazie.
Lì a casa, invece? >
Mi sorprese il suo tono.
Parlava di Forks come ancora di “casa” nonostante
fossero quasi nove mesi che
ne era lontana. < Ti amo. > Mi sussurrò di
punto in bianco. < Io di
più. > la canzonai io e lei ribatté:
< Il solito pieno di sé. > e poi
sospirò.<
Mi manchi. Vedi di
risolvere tutto presto e poi vienici a prendere. > < Non
preoccuparti.
Sarò lì da te presto. Ora vado. Ti telefono
appena possibile. > < Va
bene. Non farmi attendere troppo. > < No, non oserei mai,
e non potrei
neanche. Bacia nostra figlia anche da parte mia. A presto, Amore mio.
> <
A presto, Edward. Ti aspetto. > E poi aspettai che riattaccasse.
Alice
venne a distrarmi dai miei pensieri, alleviando il mio dolore. <
Edward, qui è tutto a
posto. La maglietta di Bella l’ho messa in una scatola in
camera vostra,
insieme a … ehm … > E nella sua mente la
vidi rifarci il letto con le
lenzuola della nostra prima notte di nozze. < Che ne dici di
andare a
caccia? Ormai è una settima che non ti nutri… da
quando è nata la bambina.
La guardai e le dissi: <
Qui è già tutto perfetto. > e lei mi
rivolse un sorriso radioso.
Quando tornammo dalla caccia,
trovammo Alice seduta ad aspettarci sotto il portico.
< Sono arrivati. > Mi
disse. < Ma non ho capito dove. Esme ha portato Bella nella sua
camera. Si
sono già sistemati. Lei dorme. Il viaggio è stato
pesante. Elizabeth invece è
con Rose. Non vuole dormire. Non è abituata a questo
movimento. > Sapevo che
cercava di rassicurarmi e la ringraziai.
Erano
ormai le undici passate
quando Alice ebbe una nuova visione.
< Stanno arrivando. Sono
appena atterrati. Ancora sei-sette ore. >
Sarebbero arrivati dopo sei
ora e mezza. Ore che noi tre passammo in sale. Io, seduto al piano, non
riuscivo neanche a suonare. Jasper cercava di mantenerci calmi ma lui
stesso era
molto teso. Alice, impegnandosi al massimo, cercava di prevedere cosa
sarebbe
successo, analizzando le conseguenze di eventuali decisioni. Ogni volta
che
riusciva a vedere qualcosa, ci informava.
Per ora, nel futuro, tutto
era tranquillo. L’unica cosa che potevamo fare era attendere.
E così facemmo.
Quando,da
lontano, sentimmo
la loro auto avvicinarsi, tutti e tre ci alzammo in piedi. Eravamo tutti tesissimi.
Salve a tutte!
Scusate il ritardo ma giovedì sn andata a fere degli esami
che hanno richiesto molto più tempo del previsto e non sn
riuscita a finire il
cap (che non mi è venuto al meglio… sigh).
Chiedo perdono XD
Ringrazio tutte voi che mi seguite!!! Il vostro sostegno ed
apprezzamento mi riempie di gioia!!!
Volevo augurare a Mattia buon
compleanno ma soprattutto
volevo dire alla sua giovanissima mamma che è fantastica e
che gli auguri andrebbero
fatti a lei che in fondo, è stata quella a partorire!!!
Auguri enormi ad
Entrambi!!!
Auguri anche a Viviana che sta per ricevere il suo primo
voto numerico!!!
Piccolo annuncio: devono rifare l’impianto elettrico a casa
mia… niente elettricità per una settimana o due.
Non capisco perché mia madre
voglia utilizzare la batteria portatile per il frigo e la caldaia
invece che
per il mio pc. Non ho parole. Ed io come diavolo faccio?????????
Ma non preoccupatevi!!! Scriverò sul portatile (che
caricherò di nascosto… spegnendo il boiler XD) e
posterò da casa di qualche
amica! Non so quando però riuscirò ad aggiornare.
Non vorrei sbilanciarmi ma sn
abbastanza sicura di farcela per martedì o
mercoledì XD (Hanairoh
scusa
per il ritardo!!! I’m so sorry!!! Eccoti
l’aggiornamento!!!)
Un bacio enorme a tutte!!!
A prestissimo!!! Vostra Cassandra
sempre in ritardo… sigh
Bella's POV
Mi alzai indolenzita. Il viaggio in
macchina era stato
lungo e faticoso. Ci eravamo fermati poche volte, per permettermi di
mangiare
ed essere umana e per poterci occupare di Elizabeth. Finalmente Esme mi
disse:
< Bene Bella. Per un po’ staremo qui. Non potremo
fermarci a lungo ma per un
paio di settimane dovremmo poter restare. >
A quelle parole tremai. Quanto
tempo avrei dovuto
rimanere senza una casa? Viaggiare lontana da Edward? In auto avevamo
deciso
che avremmo scattato foto alla bambina ogni giorno, di modo che suo
padre
potesse apprezzare tutti i cambiamenti uno alla volta, una volta
ricongiunti.
Quante foto avremmo dovuto scattarle?
Mentre ero ancora intontita per il sonno,Rosalie mi
sistemò meglio la giacca e la sciarpa per rendere poco
visibile il mio volto.
Mi fece ricadere una ciocca di capelli davanti e mi mise un cappello.
Nonostante
fosse maggio, faceva freddo. Eravamo a Nord. Esme aveva guidato per
circa
undici ore e, riconoscendo il nome della città scritto sui
cartelli stradali,
Edmonton, capii di essere molto lontana da casa. Evidentemente feci una
faccia
sconsolata dato che Rose, coccolando Elizabeth, mi rivolse uno sguardo
comprensivo. Stava mostrando un lato tutto nuovo di
sé… Mal’interpretò i miei
sentimenti.
< Non preoccuparti Bella,
non ti riconosceranno
mai. E poi, con me ed Esme vicino a te, nessuno ti noterà.
> Mi disse Rose
dopo avermi sorriso. Certo, lo diceva cercando
di rassicurarmi ma sicuramente
il suo non era un complimento. Alla reception di un lussuosissimo
albergo, Esme
pagò per una suitè tripla. Evidentemente, era una
moda di famiglia. Le due
volte in cui, con Alice, mi ero ritrovata in fuga, avevo alloggiato in
posti
splendidi. Salimmo al quarto piano accompagnate da un facchino che ci
portò
alla nostra “stanza”.
Esme aveva detto al signore che ci aveva assegnato la
suite che eravamo in viaggio per andare a trovare dei parenti e avevamo
colto
l’occasione per visitare meglio il nostro paese. Gli aveva
spiegato che io e
Rose eravamo le sue sorelle e che Elizabeth era figlia mia e del mio
giovane
marito. Rose era lì con noi ed il suo fidanzato. In camera
mi aveva sussurrato:
< Non dire a Edward di questa bugia. Di certo non gradirebbe!
> e poi mi
aveva fatto l’occhiolino. Come scusa a me non sembrava stare
molto in piedi ma,
proprio come aveva detto Rosalie, tutti erano troppo impegnati ad
ammirare la
loro bellezza per prestare ascolto alle loro parole.
In camera, mi levai quei vestiti
ingombranti ed andai
in bagno. Mi presi del tempo per me, a mollo nella vasca. Sentii il
facchino
portare una culla ed Elizabeth vagire affamata. Mi asciugai ed andai
nell’ampio
salotto. In accappatoio, presi Elizabeth e l’avvicinai al mio
seno. Mangiava
sempre molto e molto spesso e potei notare come ciò avesse
contribuito alla
profondità delle mie occhiaia, oltre che al suo peso. Era
ancora leggerissima e
piccola ma si era irrobustita un pochino.
Quando potei finalmente dare la bambina ad Esme perché
la cambiasse, andai in camera e mi infilai un pigiama. Nonostante
avessi
passato quasi tutto il giorno a dormire, ero ancora stanchissima.
Edward mi
aveva chiamato mentre ero addormentata ma, svegliata da Emmett, ero
riuscita a
rispondergli. La sua voce mi aveva riempito il cuore di gioia e
speranza.
Avevamo parlato poco ma sapevo accontentarmi. Meglio di niente, come
era
successo prima di allora. Mi bastava sapere che stava bene; sentire la
sua voce
anche per un solo attimo era sufficiente.
Indossai un pigiama e tornai in
salotto. < Bene
Bella, allora, io e te staremo in quella stanza dove ti sei cambiata.
Rose,
Emmett voi starete nella stanza in mezzo. Tu invece puoi accomodarti
nella singola.
> disse Esme rivolgendosi a ciascuno di noi.
Io, sedendomi sul divano, accesi la
tele e fissai il
monitor. Non riuscivo a concentrarmi sulle ragazze che parlavano nello
schermo.
Esme si sedette al mio fianco e mi chiese: < Vuoi che ti ordini
da mangiare?
> Intanto Rose aveva provveduto a tirare le tende. Saremmo
rimasti chiusi lì
dentro, al buio come al solito. < No grazie…magari
domattina… > Lei mi
accarezzò la spalla e poi si allontanò. Rose ed
Emmett erano spariti nella loro
camera. In silenzio, Alec mi osservava appoggiato alla finestra.
Sentivo il suo
sguardo su di me. Mi voltai e lo fissai negli occhi. Lui distolse lo
sguardo.
Lo vidi mordersi il labbro. < Alec? >
Non mi rispose. < Alec, per favore, non fare così.
Non ignorarmi. >
Dato che non mi rispondeva, mi alzai e mi misi davanti
a lui. < Alec, per favore. Non vorrai comportarti
così per sempre. Non ho
intenzione di restare qui con te che non mi rivolgi la parola. >
Fece per andarsene ma io gli afferrai la mano.
Sussurrò tra i denti: < Non farmi questo. >
< Alec, perché fai così? Non mi importa
cosa ti
abbia detto Edward. Non mi importa. Io non voglio che tu mi tratti in
modo
diverso. Ti ricordi come mi eri amico? > Lo vidi chiudere gli
occhi e
sospirare profondamente. Qualcosa lo turbava profondamente. Gli
accarezzai la
guancia per rassicurarlo e lui mi scostò con violenza. Caddi
all’indietro e
l’ultima cosa che vidi fu il volto terrorizzato di Alec.
< Bella, Bella tesoro?
>
< Dottore, cosa dobbiamo
fare? >
< Il respiro è regolare … mi sembra
normale. Dobbiamo
solo aspettare che si riprenda >
< Va bene… Rose, passami quello. >
< Ok, così. Certo, certo. >
< Va bene.>
< Bella? Bella? >
Le voci confuse sulla mia testa si facevano man mano
più semplici da distinguere.
< Esme? > Sbiascicai con la bocca impastata.
< Oh, Bella, tesoro … > poi si rivolse a
qualcun
altro e disse: < Si sta svegliando. Ok, certo. >
Cercai di mettermi in piedi ma una mano gelida
poggiata sul mio petto me lo impedì. < No, sta
sdraiata ancora un po’. >
Era la voce di Rose.
Aprii
gli occhi e mi accorsi di una pezza gelata a
lato della mia testa. Del ghiaccio era stato avvolto dentro
ad un
pezzo di stoffa ed era stato appoggiato sul punto in cui avevo sbattuto
contro il tavolino.
< O merda! >
gracchiai portandomi la mano alla
testa. < Cavolo, cavolo, cavolo! > imprecai sdraiata sul
letto
matrimoniale. Vedevo la mia valigia a lato del letto.
Quando mia figlia, dalla stanza vicina, cominciò a
piangere io mi appoggiai ai gomiti e chiesi: < Quanto tempo sono
rimasta
così? >
< Appena una decina di minuti. Non preoccuparti.
> Rosalie cercava di rassicurarmi.
Poi sentii nuovamente la voce di Esme. Stava parlando
con un uomo. Quest’ultimo mi si avvicinò e mi
tastò dolcemente il capo.
< Come stai piccola? >
< Ehm … bene… > Ero agitata.
Sentivo Elizabeth
piangere e volevo andare da lei. Il signore mi stava ora sentendo il
polso.
< Mi sembra sia tutto a posto … Evidentemente era
molto stanca per il lungo
viaggio… non mi preoccuperei se fossi in voi. La botta non
è stata violenta. >
disse gentile as Esme e Rose. Vedendo la mia impazienza nel cercare di
alzarmi,
mi chiese: < Il bambino è tuo? > Annuii e lui
mi sorrise. < Signora,
perché non portate il piccolo dalla madre? >
Esme annuii e fece cenno a Rose di
andare. Poco dopo lei
entrò con la bambina in braccio. L’avevano avvolta
in una coperta pesante.
Appena la appoggiai al mio corpo il suo pianto si attenuò.
Dato che il
vestitino che le avevano messo era rosa, il dottore mi chiese: <
Femmina?
>
< Sì … > mormorai impacciata.
< Posso
allattarla? Non corre rischi… > Chiesi non sapendo se
mi avesse dato qualche
medicinale. < Certo, cara. Ci mancherebbe. Non ti abbiamo dato
niente. Tua
sorella voleva vedere se riuscivi a riprenderti da sola, prima di
arrivare alle
medicine. > Sorrisi e ripetei il solito rito della maglietta ed
Elizabeth si
avvinghiò a me. Quando ebbe finito, vedendo il mio sguardo
apprensivo, il
dottore mi chiese: < Vuoi che la controlli? > <
Oh, sarebbe molto
gentile. > < Dovere. > Mi rispose cordiale.
E così dicendo le tolse
il vestitino e la visitò. Il
viaggio era stato molto lungo anche per lei e non avere Carlisle vicino
mi
angosciava. Sentii tantissimo la mancanza di Edward in quel momento.
Avevo
bisogno di lui. Quando il dottore strinse le labbra, per poco non mi
misi a
piangere. < Sta male? > Domandai con voce tremante.
< No, direi di no…
solo, è un po’ fredda e sottopeso. Quanto ha?
>
< Una settimana. >Quando
glielo dissi, mi guardò male.
< Signorina, non avrebbe dovuto mettersi in viaggio
così presto. Non capisco neanche perché
l’abbiano dimessa dall’ospedale. Lei mi
pare ancora fragile e pallida. Il parto non è una cosa da
sottovalutare. E la
bambina è piccola… >
< Elizabeth è nata prematura … >
S’intromise
Esme poggiandomi una mano sulla spalla per rassicurarmi.
< Di quanto? >
< Tre settimane. > Lo vidi pensieroso e mi
sentii mancare. Edward e Carlisle mi avevano forse mentito per
tranquillizzarmi?
< Complessivamente mi sembra stare tutto sommato
bene. Certo, avrà bisogno di essere seguita…
Forse avreste dovuto rimandare la
partenza, per entrambe. Una degenza più lunga in ospedale
non vi avrebbe fatto
male. > E mi guardò con sguardo critico.
< Vede, dottore, abbiamo dovuto partire subito per
dei gravi motivi … ma se potesse, vorrei che tutto
ciò che è stato detto in
questa stanza non ne uscisse. Sa, è stata una partenza
improvvisa… >
E poi gli rivolse un sorriso che lo zittì. Ad Esme si
aggiunse Rose che, rivestendo la bambina, muoveva il suo corpo in modo
particolarmente accattivante.
L’uomo, incantato, scosse
la testa come per
risvegliarsi da un sogno e mi disse: < Adesso come va il capo,
cara? >
< Bene… Ahia! > gridai quando lui
tastò un
rigonfiamento alla mia sinistra.
< Ti verrà un bel bernoccolo. Devi fare
più
attenzione… Allora, resta a letto e riposati. Ne hai
bisogno. Ti consiglierei
di mangiare molta carne e uova. E anche molta frutta e verdura. Devi
cercare di
avere una dieta bilanciata ma anche ricca di sostanze nutrienti.
> Mi
accarezzò i capelli e poi si rivolse ad Esme: <
Senta, questa notte
controlli ogni 3-4 ore che sia vigile e cosciente. Le ponga delle
domande. Deve
assicurarsi che le sua risposte siano coerenti. Se ci fossero problemi,
mi
richiami. Questo è il mio numero … o
può anche contattarmi tramite l’albergo,
come ora. Se io non ci fossi, verrà un mio collega dello
studio. Poi, se volete
e se avete intenzione di fermarvi un po’, posso darvi anche
il numero di alcuni
ginecologi e pediatri. Basta che mi facciate sapere.> e poi ci
salutò,
raccomandandosi nuovamente con me. Appena se ne fu andato, mi alzai in
piedi ed
andai in sala. Emmett ed Alec non c’erano. Senza bussare,
aprii la porta della
camera singola. Mi tenevo ancora la borsa del ghiaccio appoggiata alla
testa.
Emmett mi disse: < Bella, torna in camera tua. >
< No, Emmett, non rompere. Alec. > dissi
rivolgendomi a lui, seduto a terra con il capo tra le mani. Non si
mosse.
< Alec, esigo una spiegazione. > Gli gridai
irata. Lui non mi rispose e io gli tirai il ghiaccio in testa. In quel
momento
lui alzò la testa e mi trapassò con il suo
sguardo nero. Era tormentato.
Sussurrò: < Stai bene? Mi dispiace così
tanto… non
ho misurato la mia forza. Ti prego, perdonami. Perdonami. >
Quelle parole tormentante e cariche di dolore e ansia mi
sconvolsero. Sapevo che avrebbe
voluto poter piangere. Mi sedetti in ginocchio davanti a lui e gli
dissi: <
Scusa, non avrei dovuto gridarti dietro ma davvero … non
puoi non parlarmi. Non
sono arrabbiata per prima. Io mi faccio sempre male. Era questione di
tempo
prima che cadessi inciampando nei miei piedi e sbattendo da qualche
parte. Non
prendertela. > < Ti ho spinto. È colpa mia. Mi
dispiace tantissimo!
Scusa. Scusa. >
Gli appoggiai la mano sulla guancia e gli bisbigliai:
< Ti ricordi a Volterra, quante volte sono inciampata
nell’orlo del vestito?
E quando ho sbattuto la gamba contro il divano? O quando sono caduta
cercando
di prendere quel libro dalla libreria e tu mi hai afferrato prima che
mi
spiaccicassi a terra? >
Fece un mezzo sorriso e poi mi
sussurrò: < La tua
bambina è bellissima. Assomiglia tutta a te. >
< Edward ti ucciderà… > Disse
Emmett rivolto ad
Alec che lo guardò strano. < Probabilmente
… > ammise lui. L’ombra di un
sorriso sulle sue labbra.
< Grazie … secondo me, assomiglia di
più ad Edward … > Dissi ad Alec arrossendo.
Lui mi sfiorò la guancia con delicatezza
e poi scosse il capo. < Scusami Bella. Avrei voluto fare di
più per te, a
Volterra … >
< Tu hai fatto più di quanto potessi
anche solo immaginare. Hai salvato me e la mia bambina. Te ne
sarò eternamente
grata. > E le mie parole sincere lo convinsero. Dolcemente, mi
cinse il
bacino e mi abbracciò. Le sentii inspirare profondamente. Mi
strinsi a lui per
un attimo e poi mi allontanai. Lo fissai negli occhi e gli dissi:
< Tu per
me sei stato un grande amico, e così ti vedrò
sempre. Ti voglio bene come ad un
fratello perché è questo che tu sei stato per me.
E mi piacerebbe che ti unissi
alla mia famiglia… sono certo che Carlisle ti accoglierebbe
volentieri. Siamo tutti
in debito con te, per tutto quello che hai fatto per noi. >
Mi strinse gentilmente le mani e mi
disse tranquillo :< Mi spiace ma sono costretto a reclinare
l’offerta. Credo
che Edward non sarebbe molto d’accordo. > Io sbuffai e
lui rise, poi
continuò: < Appena sarà tutto finito,
partirò. Andrò lontano a cercare la
mia strada. Ho bisogno di tempo. Non sono mai stato libero. Nessuno mi
ha mai
costretto a restare a Volterra ma, essendo l’unico luogo che
potessi chiamare
casa, non mi era mai neanche passata per la testa l’idea di
andarmene, lasciare
mia sorella Jane… Da quando sono un vampiro, è la
prima volta che penso a un
futuro per me nel mondo. > Sorrise triste ed io feci lo stesso.
< Promettimi che verrai a trovarci. Mi
mancherai … vorrei che non te ne andassi mai ma allo stesso
tempo vorrei che
tutto finisse in fretta. Sarebbe bello se potessi restare…
> Mi accarezzò la
spalla e mi sussurrò: < Vedrai, ci vedremo ancora.
Magari quando sarai meno
fragile … > E poi, scompigliandomi i capelli,
aggiunse: < E magari, avrai
cambiato idea e vorrai fuggire con me. >
Risi e poi gli dissi sarcastica: < Ti
piacerebbe. >
Chinandosi a baciarmi la fronte, mi
bisbigliò: < Certo. Lo sai che ti amo…
>
< E tu lo sai che ti voglio bene, ma
che se continui così non impedirò ad Edward di
staccarti la testa al suo arrivo.
> Gli risposi io. Scoppiò a ridere e passò
il palmo della sua mano sul mio
capo. Sussultai quando toccò il punto che mi doleva. Lui
indietreggiò ed io
dissi: < Va tutto bene, non è niente. > e poi
abbozzai un sorriso. Lui
pareva scettico e non mi rispose. Uno sguardo colpevole dipinto sul
volto. Mi sporsi
in avanti per baciargli la guancia e gli sussurrai: < Tu non sei
innamorato
di me. Solo, non hai mai conosciuto l’affetto, quando io te
ne ho dato, non
sapevi cosa stessi ricevendo. Quando troverai la ragazza giusta per te,
capirai
cos’è l’amore. E capirai anche cosa
significa amicizia. >
Detto questo, andai in camera mia da
Esme ed Elizabeth. Attraversando la stanza sentii Alec bofonchiare:
< Non
credo che vorrei fare quello con un’amica… >
Io arrossii violentemente e capii perché
Edward non avesse voluto che gli parlassi. Che sciocco.mio marito
sapeva che
amavo solo lui. Che niente sarebbe riuscito a farmi cambiare idea. Il
sentimento
che provavo nel profondo del mio cuore era troppo forte e travolgente
perché potessi
reprimerlo o metterlo a tacere. Quel sentimento era troppo parte di me.
Così come
lo era Edward. Così come avevo bisogno di sentirlo.
Entrata in camera, mi sdraiai a
pancia
in giù sul letto. Esme poggiò la piccola nella
culla e mi venne vicino. Passandomi
la mano sulla schiena,massaggiandola lentamente, mi
sussurrò: < Tutto bene,
tesoro? >
In silenzio, annuii affondando nelle
coperte. < La testa? > < Tutto bene …
> < Vuoi dormire? >
< Sì … > E lei allora mi avvolse
nelle lenzuola. Poco dopo mi
addormentai. Quando Esme, con la sua voce dolce e materna mi
svegliò,mi ritrovai piangente.
< Bella, tesoro, va tutto bene… tutto
bene… > Mi ripeteva tentando di infondermi sicurezza.
Cercando di moderare i singhiozzi,
mi
ricomposi. Avevo sognato di essere con Edward. Avevo desiderato le sue
mani
sulla mia pelle e, nel mio sogno, quelle erano arrivate. Nel sogno, ci
amavamo
sicuri dell’avvenire. Ci amavamo spensierati e felici delle
nostre esistenze. Nella
realtà però, tutto era diverso. Mio marito era
lontano da me e la nostra
famiglia era divisa.
Nella realtà, il futuro
era una
possibilità indistinta, così come le nostre vite.
Ogni cosa incerta appesa ad
un sottilissimo filo che non eravamo noi a reggere. Tremai.
Esme mi obbligò a
mettermi in piedi. Io feci
come voleva.risposi alle domande sue e di Rose. Elizabeth, svegliata
dai
nostri, o per meglio dire miei, rumori, cominciò a vagire ed
io l’accolsi tra
le mie braccia. Era una bambina bravissima dato che i lamentava
pochissimo e stava tranquilla tra le braccia di
tutti ma, tra le mie, cessava immediatamente di piangere e restava
calma. Ero certa
che gradisse il calore emanato dal mio corpo. Lessi la domanda sulle
sue labbra
affamate. La sua bocca tesa a formare una minuscola O, tonda e
perfetta. Le sue
dita strette intorno ai miei capelli. La allattai al buio senza sapere
se fosse
realmente notte. Le pesanti tende erano tirate e nella camera non vidi
orologi.
Mentre io ero intenta ad occuparmi di
mia figlia, Esme e Rose discutevano. Stavano parlando del nostro
rifugio
successivo. Sospirai al pensiero di un altro giorno di viaggio. Loro
interpretarono
bene il mio verso e mi sussurrarono: < Lasceremo trascorrere un
po’ di tempo. Devi
essere in forze. Non preoccuparti, resteremo qui ancora almeno una
settimana. >
Quella notte, o per lo meno presumevo fosse notte, venni
svegliata ed “interrogata” da mia suocera diverse
volte. Voleva assicurarsi che stessi bene.
Quando Esme mi porse un vassoio enorme
stracolmo di cibo, capii che finalmente doveva essere mattina.
Proprio grazie ai pasti, nei giorni
successivi, riuscii a distinguere il giorno dalla notte. Edward non
aveva
ancora chiamato e, sebbene cercassi si non darlo a vedere, mi stavo
tormentando
per l’angoscia.
Tutto ciò mi
ricordò i momenti peggiori
della mia vita e mi fece cadere, senza che me ne rendessi conto, in un
pozzo buio e profondo a cui mi ero, fino
ad allora, opposta con tutte le mie forze. L’unico mio motivo
per alzarmi dal
letto ogni giorno era quella piccola e fragile bambina che aveva
bisogno di me
per poter vivere. Era giàla seconda volta che, grazie a lei,
riuscii a non
impazzire d’angoscia e dolore. Ero una madre e tutto ora
doveva venire dopo di
lei. Persino me stessa. Persino Edward. Ed ero certa che lui mi avrebbe
detto
lo stesso. Era questo ciò che mi ripetevo quando, sveglia,
tenevo gli occhi
chiusi sdraiata a letto e sentivo la piccola piangere ed io non trovavo
la forza di alzarmi ed andare da lei...
Alec ed Emmett osavano raramente
entrare in camera mia, a differenza di Esme e Rose. Io avrei voluto
tanto restare sola...
Talvolta Esme, vedendomi
così passiva,
pur di farmi alzare, la lasciava
piangere. La sentii dire una volta ad
un preoccupato Emmett,
che voleva venire a controllare perchè la piccola
piangesse, di non impicciarsi:
< Lasciala stare. Bella deve riuscire
ad alzarsi e ad andare da lei da sola. Altrimenti è inutile.
Deve capire che
deve essere forte. Che deve farlo per lei. >
Elizabeth in quell’occasione aveva
continuato a frignare finché io, stufa del suo pianto, non
mi fui alzata e,
barcollando, non fui andata da lei. Come mi aspettavo, si era calmata
non
appena la sua pelle era entrata in contatto con la mia. Attaccata al
mio seno, subito
di era fatta tranquilla. Le lacrime lungo il mio volto, diminuirono in
velocità sentendo il calore del suo piccolo corpo contro il
mio petto.
Una sera, a giudicare dai programmi
in TV, stavo seduta sul divano. Erano trascorsi tre giorni circa dal
nostro arrivo ed Io stavo sfogliando le pagine di un vecchio libro
regalatomi da Esme quando Alec si sedette al mio fianco.
< Come ti senti? > Mi
domandò premuroso. Soffrivo tantissimo per la
situazione in cui ci trovavamo tutti noi, ma sapevo che il mio dolore
lo rattristava. Mi guardò colpevole e sospirò.
Non volevo che si sentisse causa di quello che stava
succedendo. Era sbagiato che si tormentasse a quel modo. Non era colpa
sua. Mi strinsi nelle spalle e, dopo
aver sospirato profondamente, reprimedo la mia angoscia e
solitudine, sospirai: < Come al solito, grazie.
> Senza rendermene conto, delle lacrime cominciarono a scorrere
dai miei occhi. Vidi le lacrime raggrinzire la carta del libro che
fissavo, assente.
< Vedrai, questa volta tornerà presto da te. >
Mi disse prendendomi la mano e stringendola dolcemente. Con il dorso
asciugò le scie bagnate suella mie guance. Io
abbozzai un sorriso e lui mi sussurrò: < Ecco... un
sorriso. Te ne ho visti così pochi... Mi dispiace non averti
mai visto realmente felice. Ti meriteresti di esserlo, insime a tua
figlia, insieme alla tua famiglia. >
Io arrossii ed annuii contemporaneamente. < Grazie, sei molto
gentile con me. Lo sei sempre stato. > Rise di gusto
accarezzandomi la guancia. In quel momento, il telefonino rosso di
Rose, appoggiato sul tavolo in attesa di una telefonata che non era
ancora arrivata, squillò. Io mi alzai in piedi all'istante e
mossi due passi verso il cellulare ma Emmett, con la classica
velocità da Vampiro, mi precedette. al mio secondo passo,
lui aveva già detto: < Pronto? >
Rose ed Esme si erano precipitate in sala e si trovavano adesso una
alla mia destra e l'altra alla mia sinistra. Tra le braccia di Rose,
mia figlia mi osservava curiosa.
< Bella, è
Carlisle... c'è Edward vicino. Li sentiamo... >
Il cuore mi cominciò a battere furioso nel petto non appena ebbi realizzato che avrei finaleme parlato con Edward. Senza neanche volerlo, mi avvicinai ad Emmett ma Esme mi trattenne per un braccio. La fissai confusa ed eccitata ma lei alzò la mano e mi fece cenno di aspettare. Il suo sguardo ed i suoi occhi, preoccupati, mi gelarono il sangue nelle vene.
Eccomi qui!
Stanno rifacendo l’impianto elettrico e
c’è polvere ovunque.
Pieno di calcinacci… la pelle è tutta rovinata!!!
E non c’è
l’elettricità!!!!!!!!!
Terribile.
Comunque, in un modo o nell’atro, sono riuscita a
riattaccare Internet solo oggi. Colpa dei muratori.
Spero che questo capitolo vi piaccia più del precedente.
Fan di Edward… preparatevi.
Fan di Alice… non vogliatemene.
Fan di Jane… mmm, non credo che ci siano delle fan di Jane,
effettivamente. Nel caso, io ODIO JANE, anche se le sto dando ampio
spazio XD Questo cap è un po'... strano. Doloroso. Scusate se
sn stata così cruda ma ho voluto scriverlo in questo modo
per far capire bene i rapporti tra i vari membri della famiglia Cullen
e per preparare il terreno per gli ultimi sviluppi della storia. Della
serie: è vero che sn sadica, ma non crudele... povera
Alice...
Un Bacione a tutte e spero di postare
presto (tra poco finiscono i lavori per fortuna!!!!!)
Per Hanairoh
cavolo, non andare a prendere la bara!!! Credo che il bianco(il colore
della purezza) sia per le vergini... mogano fa più fashon!
Ma ti prego! Hai visto che ho postato!!!! Spero ti piaccia!!!
Edward’s POV
Sentii i loro passi. I loro piedi
scivolavano silenziosi
sull’erba bagnata. Quando salirono i pochi gradini che davano
sul portico,
tutti trattenemmo il respiro. Nell’oscurità,
distinguemmo le loro sagome oltre
la vetrata.
< Toc Toc > Fece una
voce femminile, sgradevole.
Jasper aprì lentamente la
porta e Carlisle disse: <
Avanti, prego… >
La prima a farsi strada nel salone fu Jane. Ci lanciò
un’occhiata strana e poi alzò il capo chiudendo
gli occhi. Vidi le sue narici
dilatarsi e la sentii inspirare profondamente. Stava annusando. Stava
cercando.
Il mio corpo involontariamente sussultò.
Subito dietro di lei, entrarono due vampiri alti e robusti.
Le mantelle calate sul corpo lasciavano intravedere solo il viso. Gli
occhi
rossi come rubini lanciarono bagliori minacciosi.
Altre due figure rimasero in attesa sulla soglia,
guardinghe.
< Salve Georgy … Jane…
Estergon…e anche a voi, Luba e Shoa.
> dissi salutando per nome tutti i presenti. Due femmine e tre
maschi.Tra loro,
l’unica che conoscessi era Jane.
Jane riaprì gli occhi e si
voltò lentamente verso di me. Mi
sorrise beata, Alice s’irrigidì e Carlisle,
intuendo il futuro imminente,
disse: < Jane, per favore. Noi siamo in pace …
>
Le immagini nella mente di mia sorella mutarono. Jane
sospirò. Nei suoi pensieri lessi il dolore di una duplice
perdita. Aro, per cui
provava amore carnale, e Alec, per cui provava amore fraterno. I suoi
pensieri
erano confusi. Non le importava niente di Bella. Mia moglie era stata
la sua
scusa per poter venire in America a recuperare l’unico membro
della sua
famiglia. Voleva il fratello ed era disposta a tutto per riaverlo. Il
suo
istinto le diceva che Alec fosse venuto a cercare Bella. Che quello che
le
aveva raccontato fosse falso. Se tali dubbi fossero divenuti certezze,
sarebbe stato
un disastro.
< Jane, a cosa dobbiamo la visita? > le chiesi
tentando di suonare cortese.
< Tua moglie come sta? Nonqui… non ne percepisco
l’odore… Sai, avevate
promesso di trasformarla. Siamo solo venuti a controllare. > Ed
annusò
l’aria nuovamente, come riprova delle sue parole.
< Bella ha preferito … allontanarsi temporaneamente.
Mia
madre e mia sorella si stanno prendendo cura di lei, insieme a mio
fratello.
>
< E vorresti farmi credere che tu saresti restato qui,
mentre lei è lontana? > Suonò cinica.
< Non per mia scelta. Dopo la trasformazione… Bella
è diventata
leggermente instabile. L’astinenza la fa soffrire molto.
Questa zona è troppo
abitata per una giovanissima vampira. Adesso stanno vagando in zone
deserte e
disabitate. Lei ha preferito che io restassi … > Feci
una pausa e sospirai, abbassando
gli occhi e fingendo dolore. Dato il mio stato d’animo mi
riuscii bene.
Continuai: < Bella mi ha attaccato. Quando è tornata
in sé, è stata molto
male per questo. Era disperata. Ha insistito lei per allontanarsi.
Diceva che
non voleva che la vedessi in quello stato. Quando sta abbastanza bene,
mi
telefona. Tornerà non appena riuscirà a gestire
questa nuova situazione
Ormai, il tempo non è
più un problema… > E tentai un
mezzo sorriso, poi aggiunsi:< Vorrei essere con lei,
aiutarla… ma per prima
cosa ho il dovere di rispettare le sue richieste. Gli altri si stanno
occupando
di lei. Non è sola.> Calcai
sull’ultima frase.
Jane sospirò e fece cenno ai due che erano dietro di lei:
< Andate. >
Indicò con il capo il piano superiore.
< Cosa avete intenzione di fare? > Chiese Carlisle
calmo e pacato.
< Abbiamo ordini precisi. È qui che l’avete
trasformata?
In questa casa? >
Io annuii e poi sussurrai: < Non credo troverete tracce.
Esme ha pulito tutto con molta cura. Non voleva che Bella soffrisse
percependo
il suo stesso sangue. I sensi dei neonati sono estremamente sviluppati.
>
Jane annuì assente e nei suoi pensieri vidi i suoi dubbi.
Credeva che fosse fuggita con Alec.
Pochi istanti dopo i pensieri di Georgy mi indicarono che
avevano rinvenuto la maglietta, sigillata dentro una scatola. Sospirai.
La
portarono da noi e Jane la prese per esaminarla.
Provai una sorta di conato di vomito quando, dopo aver
avvicinato l’indumento insanguinato al volto, aveva
sussurrato: < La tua
sposa… il suo sangue aveva davvero un odore delizioso.
Peccato non aver potuto
assaggiarlo. > Poi, con un sorriso perfido, strinse la stoffa
tra le mani
affondandoci il naso. Un attimo dopo il suono delle fibre di cotone che
si
lacerano mi raggiunse. Stracciò la maglietta e
lasciò che i brandelli cadessero
a terra lentamente.
I due che attendevano fuori dalla porta ci guardarono
incuriositi mentre quelli in casa, attendevano in silenzio ordini.
Per alcuni momenti, nessuno parlò. Fu Carlisle a rompere il
silenzio: < Credo che ormai le incomprensioni si siano risolte
… spero che
abbiate ottenuto le risposte che cercavate. > Il suo tono
cordiale era
velato da una leggera minaccia nella voce.
Jane sbuffò e poi domandò, rivolta a me: <
Alec. >
La fissai confuso analizzando i suoi pensieri.
< Sapete dov’è mio fratello? >
Sapeva che stavo
scrutando nella sua mente e per questo pensò a un ricordo
che non avevo mai
visto. Voleva che perdessi la pazienza.
Bella, pallidissima e debole, giaceva sul letto di un
ospedale. Incosciente. Un braccio fasciato e dei tubicini
nell’altro, proprio
come nel naso. Alec era seduto al suo capezzale e le accarezzava i
capelli. Le
sue mani scesero sulle sue spalle il suo capo si chinò su
quello di Bella. Le
labbra gelide di lui sfiorarono la fronte e per un istante la bocca
socchiusa
di mia moglie. Le labbra di Bella non erano rosse come al solito ma
bensì di un
pallido rosa malato. Il contatto con la pelle fredda di Alec la fece
rabbrividire e lui si ritrasse. Jane fissava entrambi da un angolo, o
cosi
dedussi dalla prospettiva del ricordo. Ricordo che Alec non mi aveva
mai fatto
vedere.
Sentii la rabbia crescere dentro di me ma sapevo che non
potevo mostrarla. In tal modo avrei confermato di averlo visto. Jasper
tentò di
tranquillizzarmi e in minima parte ci riuscì. Leggermente
più tranquillo,
sussurrai: < Non ho il piacere di vedere tuo fratello
da… direi più di un
anno. Non so se ricordi il nostro incontro a Volterra. > E poi
attesi la sua
reazione.
Lei si sedette sulla poltrona e Alice strinse la mano a
Jasper. Lui le accarezzò i capelli e la guancia. Si
abbassò per baciarle il
capo. Alice era tesa. Il futuro era nebbioso e questo non
rassicurò né me né
lei.
< Eppure, io sono certa che
lui non sia lontano. Lui voleva
Bella. Era così … palese. >
Si voltò per fulminarmi
con gli occhi e poi aggiunse: <
Non che lei non si sia mostrata disponibile, tutta così
civetta. > E così
dicendo mi mostrò dei ricordi di Bella seduta sul letto
accanto ad Alec.
Stavano parlando. Lei pareva triste. Gli occhi lucidi. Lui le
accarezzava la
spalla per consolarla. Con un gesto della mano, le sistemò i capelli
mostrando il collo candido in cui le sue vene pompavano il sangue. Lei
non
reagì al tocco delicato delle dita gelide di Alec sulla sua
pelle. Sospirò e si
strinse di più nella coperta. Alec le asciugò le
lacrime che le solcavano il
volto. Non riuscii a capire di cosa stessero parlando. Bella, stanca e
provata,
si appoggiò alla spalla di Alec e cominciò a
singhiozzare mentre lui le
accarezzava la schiena. Sembrava preoccupata per lei. Mi ripetei di non
perdere
la calma, che non mi importava di cosa fosse successo a
Volterra… Ma provai
l’istinto di ammazzare Alec. Poi vidi cosa Bella stringesse
nella mano che si
era portata al cuore. Un fazzoletto bianco, a me molto familiare. Il
mio
fazzoletto…
Lei indossava una camicia da notte corta e semitrasparente.
Si era però avvolta in una pesante coperta, nascondendo il
corpo e le gambe
nude. Date le leggere chiazze bluastre sulla pelle, dedussi che doveva
avere
freddo.
Il ricordo cambiò: La vidi in accappatoio cercare dei
vestiti nell’armadio della stanza sotterranea. Alec poco
lontano da lei. Forse
Bella non si accorgeva degli sguardi che lui le riservava o forse,
conscia, li
ignorava. In fondo, in quelle segrete, lei doveva pensare a rimanere
viva. A
qualunque costo. Nonostante ciò che mi mostrava Jane, lei mi
era sempre stata
fedele. Me lo aveva giurato e io non avevo alcun motivo di dubitare. Mi
tornarono alla mente le parole nella lettera: “Ti
sarò fedele per sempre, nel cuore e nell’anima.”
Sorrisi triste
a quelle parole. Lei sarebbe stata sempre e solo mia, non importava
cosa fosse
e sarebbe accaduto. Il nostro amore andava oltre ciò che
veniva comunemente
così definito.
Jane stava cercando di insinuare in me il dubbio di modo da
rivelarle dove si trovasse Bella. Forse credeva seriamente che Alec
fosse con
lei, o forse semplicemente aveva intenzione di utilizzarla come esca
per
attirarlo. Qualunque cosa realmente intendesse, se avesse trovato Bella
umana
con una bambina tra le braccia avrebbe capito e sarebbe stata la fine.
Dovevo impedirlo, a tutti i costi.
Sorrisi e dissi: < Povero
Alec, temo abbia frainteso.
Bella è così… spontanea, innocente.
Non si rende conto dell’effetto che fa sugli
altri. Temo che Alec si sia fatto delle illusioni, delle aspettative
sbagliate
su di lei. >
< Forse … > Fece lei per poi aggiungere:
< A me di
tua moglie e della sua dubbia fedeltà non interessa
assolutamente niente.
L’unica cosa che mi preme, è ritrovare mio
fratello prima che possa compiere
qualche sciocchezza. Sarei partita con lui, se Aro non mi avesse
espressamente
chiesto di restare. Ora che lui … ora che le cose sono
cambiate, per me non ha
più senso rimanere a Volterra. Appena avrò
assolto i miei ultimi compiti,
lascerò il palazzo. > Il dolore nella sua voce era
chiaramente percepibile
ma non provai alcuna pena per lei. Colui per il quale il suo cuore
morto si
struggeva di dolore e per il quale i suoi occhi bruciavano di un pianto
asciutto aveva quasi distrutto la mia vita, mia moglie. Come si poteva
avere
compassione di un amore per una creatura come quella? Un essere
disposto a fare
una cosa simile ad una ragazza innocente?
Scossi la testa allontanando il pensiero di mia moglie
insidiata da quella perversa creatura e, cercando di ricompormi, le
dissi: <
Noi non sappiamo dove sia Alec. Non lo abbiamo visto. E Bella sta
cercando di
riprendersi nel più totale isolamento. Emmett e Rose la
proteggono dai
pericoli. Se avessero percepito un vampiro arrivare, sta certa che
avrebbero
evitato di incontrarlo fuggendo. Sono certo che non siano entrati in
contatto
con tuo fratello. >
Jane, senza rivolgermi la parola, fece cenno con la mano
alle due persone sulla soglia e queste entrarono. Luba, la donna, si
richiuse
la porta alle spalle e poi, insieme a Shoa, si posizionò di
fianco a Georgy
eEstergon. Un muro
compatto in mezzo
alla stanza.
< Edward… mi
diresti dove potremmo trovare Bella? Solo
per una chiacchierata… > e mi rivolse un sorriso
luminosissimo.
< Non so dove si trovi. Come ti ho detto, si spostano in
continuazione. E comunque, adesso lei è pericolosa. Quando
starà meglio,
potrete incontrarvi, se sei così ansiosa di rivederla.
>
< Non prendermi in giro. > Il suo tono, così
come i
suoi pensieri, era ora irato. < Io ho bisogno di lei. E come
puoi vedere,
siamo perfettamente in grado di occuparci di un’insulsa
neonata. Ora, dicci
dove trovarla. >
< Non posso. Non lo so. Ma anche se lo sapessi, non te lo
direi. > Mormorai a denti stretti.
Jane si infuriò. La sua mente era semplice da leggere. Ma
prima ancora di sbirciare tra i pensieri di Jane, fui investito da
quelli di
Alice. Mi vidi a terra, immobile… in agonia…
Sentii l’urlo di mia sorella un istante prima che il mio
corpo venisse avvolto da un dolore insopportabile. Mi ritrovai a
carponi,
boccheggiante. Per alcuni, brevi istanti, il dolore continuò
per poi cessare
improvvisamente. Alzai leggermente il capo e feci leva sui gomiti per
alzarmi
un pochino. Fissai Jane che, con voce melliflua, mi chiese: <
Dove possiamo
trovarla? >
Ringhiai istintivamente e prima di venir invaso nuovamente
dal dolore, vidi Jasper venir trattenuto da dietro da due degli uomini
del
contingente: Georgy e Estergon. I due più forti.
Alice aveva le mani alla bocca con un’espressione di dolore
sul volto e Carlisle mi osservava impietrito. I miei occhi incontrarono
i suoi
nell’ultimo istante privo di dolore e nella sua mente
distinsi le parole: “Mi
dispiace. Resisti”.
Un attimo dopo, il dolore fu troppo grande per poter anche
solo concentrarmi. Ogni millimetro del mio corpo martoriato pareva
corrodersi,
bruciare. Ogni cellula mi sembrava venisse trafitta da aghi e punte
affilate. Quella
sofferenza era paragonabile solo all’agonia della
trasformazione. Tenevo i
denti serrati per non urlare.
Riuscivo a cogliere solo frammenti di conversazioni ed ero
talmente sofferente da non riuscire a rendermi conto se fossero mentali
o
reali. Percepii la voce di Alice al mio fianco. Le sue mani sul mio
corpo. Non
mi ero reso conto di aver cominciato a tremare. Ero scosso da spasmi.
La voce di Alice mi
riportò alla realtà. Jane non stava
più
chiedendo a me, bensì ai miei familiari, dove fosse Bella.
Loro tacevano,
eccezion fatta per mia sorella.
< Basta! Basta! > Gridava in preda a singhiozzi senza
lacrime. < Basta. Non lo sappiamo! Ve lo avremmo già
detto! Non lui forse,
ma noi certamente. Che cosa ci importerebbe di una ragazzina appena
entrata
nella nostra famiglia in fondo? Se dovessimo scegliere chi salvare,
salveremmo
Edward! > Continuava a gridare Alice. Sapevo che le sue parole
erano false.
Lei voleva bene a Bella come non aveva voluto bene a nessuno. Erano
più che
amiche, erano sorelle.
< Non credo che davvero non sappiate… > Era la
voce di
Jane.
Improvvisamente, vidi nella testa di Alice l’imminentefuturo. Lei stessa lo vide
ma non fece
niente. Rimase ferma e, con un sospiro, attese che arrivasse. Mi
accorsi che
stava stringendomi la mano. Aprii
gli occhi e la guardai. Riuscii a
bisbigliarle: < No… > con voce rauca ma lei mi
sorrise e scrollò
leggermente le spalle. Aveva paura. Glielo leggevo nel cuore.
E poi, così come era
venuto, il dolore svanì all’improvviso,
lasciandomi a terra, sfiancato.
Non feci neanche a tempo ad
assaporare il piacere della
mancanza di sofferenza che delle grida straziate riempirono
l’aria della
stanza.
Alice giaceva a terra, al mio fianco.
Le mani una stretta in
un pugno sul petto e l’altra intorno alla mia. Inarcava la
schiena, teneva gli
occhi chiusi. La bocca era spalancata e le grida di dolore
acutissime,insopportabili.
Con fatica, facendo forza sugli avambracci e sui gomiti, mi
portai a sedere. Carlisle era immobile, sconcertato. Jasper pareva
impazzito.
Shoa prese il posto di Georgy per trattenerlo mentre
quest’ultimo si chinò su
Alice e le sferrò un calcio. Sentimmo il suono di un osso
che si frattura.
Jasper ringhiò facendo tremare i vetri.
Avevano capito che io non avrei mai parlato, e così neanche
Alice e Carlisle. Evidentemente non era loro sfuggito il comportamento
protettivo tenuto da Jasper nei confronti di mia sorella.
Jasper cercò di divincolarsi. Il suo ringhio potente
però
non riuscì a sovrastare le urla di Alice.
Georgy lo afferrò per la gola e lo sbatté contro
il muro,
aiutato dai suoi due compagni. Luba teneva d’occhio Carlisle,
immobile e disgustato
da Jane, e me, ancora troppo debole e spossato per rappresentare una
minaccia.
Il dolore inflittomi era stato troppo prolungato e violento
perché mi potessi
riprendere all’istante. Io, che ora ero seduto in ginocchio,
ero chino su
Alice. Cercavo di tenerla ferma. Percepii i suoi pensieri. Il dolore
acutissimo, lacerante, devastante. Lei non serbava ricordi della
trasformazione. Era la prima volta che subiva una sofferenza
così atroce.
< Allora, dove? Vogliamo solo
parlare con Bella. Non
abbiamo intenzione di farle del male. Devo solo parlarle. >
Disse Jane
melliflua.
Alice, senza smettere di muoversi
convulsamente nel
tentativo di assecondare gli spasmi, strinse i denti. Vidi scorrere
nella sua
mente i ricordi di lei e Bella insieme. La piccola Elizabeth e il
sorriso di
mia moglie. il ricordo della sua pelle calda e morbida contro quella
fredda e
marmorea di Alice. Lei si stava facendo forza. Si stava imponendo di
ricordare
per chi combatteva, per chi soffriva. Chi amava.
Jane avendo intuito il punto debole chiese di nuovo, ma in
maniera persino più vigliacca di prima, se sapessimo:
< Allora Jasper? Io ho
tanto tempo, nessuna fretta. Pensaci con calma. Magari ti viene in
mente dove
potrebbero essere gli altri tuoi familiari, insieme a Bella…
fa pure con
comodo. In fondo, Alice sta reagendo bene. >
Jasper, il viso deformato dalla rabbia e dalla sofferenza,
fece per parlare e mia sorella lo vide. Addolorata e immensamente
sconvolta
dalle conseguenze della confessione di Jasper, cominciò a
singhiozzare. Io ero
incredulo di fronte alla visione di Alice, oscurata dal dolore. Lei
riuscì a
portarsi entrambe le mani al cuore e socchiuse le palpebre.
< Jaz. > disse soltanto, fissandolo negli occhi, e poi
sorrise debolmente. Jasper era sul punto di rivelare tutto, non
perché non
volesse bene a Bella, ma perché incapace di assistere a
quella scena.
La voce di Alice parve calmarlo. Mio fratello smise di
divincolarsi e di tirare pugni e calci ai tre che lo trattenevano
contro il
muro. Il ringhio che, minaccioso, proveniva dal suo petto si
arrestò.
Shoa e Estergon lo tenevano fermo per i polsi, in una presa
strettissima. Georgy gli si avvicinò e gli sferrò
un ginocchiata nella pancia.
Tramite i suoi pensieri, provai il dolore di Jasper per il colpo, ma
non era
niente rispetto al dolore per Alice.
Né io, ne Carlisle né tanto meno Jasper
riuscivamo a
sopportare di vederla a terra, torturata da Jane che, a intervalli
regolari,smetteva di torturarla per qualche secondo per darle
l'illusione che fosse tutto finito per poi però ricominciare
a tormentarla. Alice però sapeva benissimo cosa pensava
Jane. Lo vedeva nel futuro, così come grazie a lei potevo
vederlo io. Le sue urla mi riempivano la
testa. Quando mio fratello, ad un urlo più acuto di Alice,
strattonò Shoa riuscendo
a mandarlo a terra, Io e Carlisle lo vedemmo venir scaraventato contro
il muro
dagli altri due. Estergon lo tenevaper il collo, impedendogli di
muoversi e
stringendo con forza. Con il suono dell’impatto, udimmo anche
il vetro
frantumarsi a causa del colpo sul muro che si era crepato. Io e mio
padre non
potevamo fare niente. Rischiavamo di peggiorare la situazione. Quando
Estergon
lasciò andare Jasper, che cadde a terra, mio padre gli si
avvicinò e lo
aiutòa
riportarsi in piedi. All’orecchio
gli sussurrò: < Calmo… > poi si
rivolse a Jane:
< Per favore Jane, ti supplico. Ti abbiamo detto la
verità. Bella in questo momento potrebbe essere
ovunque… ma certamente non con
tuo fratello. Ti scongiuro, lascia andare Alice. Lei non ti ha fatto
niente…
>
Jane alzò lo sguardo verso mio padre. Stava pensando ad Aro.
Era disperata e dentro il suo cuore, soffriva. Stava sfogando su mia
sorella la
rabbia repressa. Jasper fece per avvicinarsi ad Alice ma venee
nuovamente
bloccato.
Alice, a terra al mio fianco, annaspava. Le sue grida si
erano tramutate in gemiti. Teneva i denti serrati come per evitare che
la voce
fuggisse. Gli occhi erano sigillati e le mani giunte in petto. Inarcava
la
schiena o si rannicchiava su sé stessa, cercando di evitare
il dolore.
Io tentavo di calmarla ma probabilmente non riusciva neanche
più ad udire le mie parole. Il tempo passava e fuori il
cielo cominciò a
schiarire. La mia pena, a confronto con quella di Alice, non era stata
niente.
Poi, improvvisamente, i movimenti convulsi del suo corpo
cessarono. Lei, immobile, giacque a terra. Il respiro affannato. Jane
si era
stufata di giocare con lei. Si alzò seccata dalla poltrona e
si sistemò la
mantella. Jasper strattonò i due che ancora lo tenevano per
i polsi e
s’inginocchiò al mio fianco, prendendo le mani di
Alice. Lei socchiuse appena
gli occhi e, tentando un sorriso, sussurrò: < Era
solo… un illusione… >
Jasper la prese in braccio e la strinse al suo corpo.
Rimanendo inginocchiato a terra, cominciò a dondolarla
lentamente e lei si
strinse a lui. Il ricordo ancora vividissimo. Il suo corpo stava
tentando di
smaltire il dolore.
< Se vedeste Alec, riferitegli
che lo sto cercando. Che
mi manca. Ditegli di chiamarmi. > E senza attendere una
risposta, ordinò
agli altri di uscire. In meno di un secondo svanirono nella fioca luce
dell’alba.
< Alice? Alice come stai?
> le chiese Carlisle dopo
che Jasper l’ebbe adagiata sul divano. Lei non rispose
subito, allarmando
Jasper. Dopo circa mezzo minuto bisbigliò: <
Meglio… sta passando tutto.
> Carlisle le passava una mano sulla fronte mentre Jasper le
teneva le mani.
Jane e i suoi compagni erano ancora là fuori,nascosti in attesa di un nostro passo falso, di una nostra
parola di
troppo. Nei pensieri di Carlisle e Jasper la domanda che mi rivolgevano
era la
stessa: < Se ne sono andati? > Io risposi: < No,
il bosco… > e lo
indicai con il capo. Carlisle sospirò e continuò
a massaggiare la testa ad
Alice mentre Jasper ringhiò piano. Mia sorella
sussurrò: < Va tutto bene,
Jaz, tutto bene. Non preoccuparti. > Lentamente, il suo corpo si
distese e i
suoi muscoli si rilassarono. Trascorremmo circa mezz’ora
aspettando che si
riprendesse. Quando, cercando di fare finta di niente, si
portò a sedere, Jasper
le cinse i fianchi e la sorresse. < Sto bene. > disse lei
appoggiandosi
alla sua spalla. < Certo che è un bene che non mi
ricordi della
trasformazione… > cercò di ironizzare ma
mio fratello non rise come faceva
di solito. La strinse di più a sé e le
baciò i capelli. < Mi dispiace. Non
ho potuto fare niente… > < No, sei stato
grande. Ti sono grata per non
essere stato impulsivo. > e gli sorrise, poi aggiunse: <
Carlisle… >
< Sì? >
< Mi sento… debole… Non...
cioè, è così
strano…> Disse
confusa. Mio padre le si avvicinò di più e le
prese la mano. < Senti che
qualcosa potrebbe aiutarti? > Le chiese cercando di aiutarla.
Lei ci pensò
un istante e poi sussurrò: < Credo di aver bisogno di
cacciare… > La sua
voce assomigliava ad un pigolio, bassa impaurita. <
Sì, mi sembra un ottima
idea. Vuoi che veniamo tutti o preferisci solo con Jasper? > Lei
alzò il
capo e fissò Jaz negli occhi per un istante. Lo sguardo che
si scambiarono era
denso di significati. Cercai di non intromettermi nei loro pensieri
privati. Jaz
voleva baciarla… < Staremo nel bosco del giardino. Se
succedesse qualcosa,
ci faremo sentire. >
Io e Carlisle annuimmo e Jaz, sempre
tenendo Alice per i
fianchi, l’aiutò ad alzarsi. Per i pochi metri in
cui Alice camminò per
raggiungere la porta, tutti e tre ci accorgemmo di come le sue gambe
tremassero. Jasper la strinse a sé protettivo,baciandole i
capelli spettinati, ed insieme uscirono dalla casa. Alice, non appena
fu all'aria aperta, inspirò profondamente e
tremò. Nei suoi pensieri il sollievo e la paura
nonchè il ricordo vivissimo del dolore. Strinse la mano di
Jaz e insieme a lui camminò lentamente fino al limitare del
bosco. I pensieri gentili di Alice mi rassicuraono: "A dopo, Edward. Grazie..." E poi sparì tra gli
alberi.
Salve a tutte!
Scusate per il ritardo ma tra i muratori, i compiti, il
concorso di FF a cui mi sn iscritta (e che ero convinta scadesse il 16
ottobreà
super ritardo!!! Erika, scrivi di corsa!!! E poi mi sn accorta che il
termine
era sì il 16, ma di novembre… della serie: Erika
sta letteralmente dando i
numeri XD) davvero non sn riuscita a dedicarmi al cap 33 come dovevo e
ve ne
chiedo scusa. Potevo scrivere qualcosa di veloce tanto per postare ma
non mi
piace fare le cose male e di fretta. Preferisco prendermi
più tempo ma essere
soddisfatta del mio risultato (sono una perfezionista XD) e poi, mi ero
un po’
depressa per il calo di recensioni…
Spero che non sia dovuto ad un abbassamento di interesse per
la storia. All’inizio mi ero un po’ demoralizzata
ma poi mi sn detta: Erika, la
gente va a scuola, deve studiare… magari legge il cap nei
ritagli di tempo e
non ha molto tempo per recensire. L’importante è
che l’aggiornamento sia
piaciuto!
E proprio per questo mi sn messa e ho cercato di scrivere un
bel capito per oggi (ho l’influenzaà
Sn nel letto malata e
ho trovato il tempo di scrivere XD) sperando che possa allietare i
vostri pomeriggi
di studio. Scrivere mi rilassa e mi fa sentire felice. Spero che
leggere le mie
storie abbia su voi che mi seguite lo stesso effetto e che questo
capitolo vi
lasci un sorriso.
Questa è quasi finita ma molte altre idee mi stanno pregando
di essere messe su carta, o meglio, sulle pagine di word!!!
Un grazie gigante alle ragazze che hanno recensito
migliorandomi la giornata (litigata cn mia madre… e chi mi
conosce dirà: Oh che
novità! àio
e lei litighiamo SEMPRE!!! Voglio andare a vivere da sola!!!)
Ora vi lascio che, nonostante la febbre, devo studiare
tantissimo.
Un bacio (pieno di germi… no anzi, meglio di no XD) a tutte
e continuate a seguirmi. Il prossimo aggiornamento non
tarderà ad arrivare. È una
promessa! (giovedì va bene? )
Vostra Cassandra, malaticciaed infreddolita!!!
Ps: scusate per il carattere
piccolo che ho usato la volta scorsa… non so
perché me lo ha fato così…
*sconcerto*
PPS: questo è il link per la
culla da viaggio di Elizabeth XD :
http://www.genux.com/files-V2/img-8/pg-42145-1-ek.jpg
Bella's Pov
< Esme… Per
favore, voglio parlare con mio marito!
>
< Bella, aspetta un secondo,
di grazia. >
Emmett parlava velocemente, troppo velocemente. Non
riuscivo a distinguere nemmeno una parola. Corrugò la fronte
e scosse il capo
fissando Rose ed Esme, poi indicò me e la porta con la testa.
Esme mi prese per l’avambraccio e cercò di
accompagnarmi in camera. Io puntai i piedi e cominciai a gridare:
< Io
voglio parlargli! >
Rose ed Esme mi presero di peso ma Emmett le bloccò e
in un attimo mi porse il telefonino.
< Che capricciosa che sei. > mi disse ma io
neanche lo ascoltavo. Presi il piccolo oggetto tra le mani e mi accorsi
che le
mie dita tremavano.
Lo avvicinai all’orecchio e sussurrai: < Edward?
>
< Bella, Amore… stai bene? >
< Sì, e tu? E Alice? Jasper e Carlisle? >
Chiesi
in un fiato. Le lacrime che si accalcavano agli angoli degli occhi,
ansiose di
uscire contro la mia volontà.
< Bella, calmati. Stiamo tutti bene. >
< Vi hanno fatto del male? Se ne sono andati? >
< Va tutto bene, Tesoro. Qui è tutto a posto. Se ne
sono andati qualche ora fa. Ti ho chiamata appena possibile. Scusa se
non l’ho
fatto prima. Non sai quanto desiderassi parlarti. >
< Se ne sono appena andati? > Domandai spaesata.
Doveva essere passata una settimana dalla nostra separazione.
Perché si erano
trattenuti presso la mia famiglia così a lungo?
< Sì, per sei giorni sono rimasti appostati nelle
vicinanze in attesa di un nostro passo falso. Aspettavano che vi
contattassi. E
stato molto difficile non farlo. Ho dovuto fingere di non poter
chiamarti. Ho
passato un giorno intero seduto sul divano con la testa tra le mani.
Dovevo
sembrare in attesa di una tua chiamata. Fortuna che sono un attore
migliore di
te. > E rise piano, senza vera allegria nella voce.
< Scemo… > gli feci io affondando nel divano e
portandomi le ginocchia al petto. < Sei certo che se ne siano
andati? >
< Sì. Vedendo che qui non succedeva niente, hanno
deciso di partire circa quattro ore fa. Alice dice che sono
già in Oregon. A
Portland. I loro pensieri sono spariti. Ora qui è tutto
tranquillo. >
Sollevata, gli sussurrai: <
Mi manchi. Quando vieni
a prendermi? >
< Abbi pazienza ancora un po’ di tempo. Devi
cercare di stare calma… ti prometto che arriverò
presto. Mi manchi così tanto… >
< Ti stiamo aspettando. Non tardare troppo. >
< No, non preoccuparti. Volevo prima però passare a
salutare Charlie e anche Jake. Volevo rassicurarli personalmente.
>
< Sì, sarebbe molto carino da parte tua. Ti prego,
di a Charlie che gli voglio bene. E anche a Jake. >
< Certo. Appena sarà possibile, ti farò
parlare con
loro direttamente. Per ora però, dobbiamo pensare a tenerli
al sicuro. >
< Certo, capisco benissimo. > < Amore, abbraccia
la bambina da parte
mia, mi raccomando. > < Certo Edward. Lo farò.
Ti passo Emmett? >
Chiesi consapevole dell’urgenza nella sua voce. <
Sì, grazie. Ti amo. >
< Anche io. > gli dissi subito prima di dare il cellulare
ad Emmett. La
loro conversazione fu breve. Poco dopo il mio fratellone chiuse il
cellulare e
disse: < Partiamo domani. >
< Dove andiamo? > Chiese Rose e lui le rispose:
< Ci spostiamo più a sud. Edward dice di andargli
incontro. >
Sentii una strana eccitazione dentro di me. Presto
avrei rivisto mio marito. Un sorriso si fece timidamente strada sulle
mie labbra. Alec pareva turbato. Fissava le stampe alle pareti,
assente.
< Tutto bene? > gli
chiesi accarezzandogli la
spalla. Lui si voltò verso di me e mi sorrise triste. Mi
accarezzò il volto e,
quando feci per chiedergli che avessi, lui mi strinse a sé
ed appoggiòle
sue labbra di pietra sulle mie. Nella mia
bocca socchiusa sentii il sapore del suo respiro. Stringendomi per il
bacino,
mi sollevò di pochi centimetri, facendomi rimanere in punta
di piedi.
Io, sconvolta e sconcertata, rimasi
immobile. Alec
mosse timidamente le labbra per pochi istanti e poi mi
lasciò andare. Appena mi
lasciò andare il bacino, io mi allontanai e feci per
tirargli uno schiaffo. Lui
mi afferrò il polso impedendomi di colpirlo. < Ti
faresti male. > mi
disse semplicemente. < Come ti sei permesso?!! > Gli
gridai irata.
Lui scosse il capo e poi
sollevò lo sguardo. Mi fissò
negli occhi e sussurrò: < Volevo un regalo
d’addio. >
Improvvisamente, mi sentii triste.
Lui mi lasciò il
polso ed io lasciai cadere il braccio lungo il mio fianco. < Te
ne vai? >
gli chiesi con voce tremante. L’offesa del bacio rubato
già dimenticata.
< Non c’è più bisogno che io ti
protegga. Tra poco
tornerai dal tuo Edward. >
Senza pensarci, mi buttai contro il suo corpo di
pietra e lo abbracciai stretto, facendomi male. Gli bagnai la maglietta
di
lacrime. Singhiozzavo che non se ne andasse ma lui, dandomi delle
pacchette
sulla schiena, mi sussurrava: < Non essere triste. Non devi. Sei
stata la
cosa migliore che mi sia capitata nella mia lunga esperienza. Solo che
non sei
mia. Non ho il diritto di desiderarti. È quello che mi hai
dato è più di quanto
meritassi. Non ti potrò mai dimenticare. >
< Promettimi che tornerai a trovarci. Ti prego!
> Lo implorai.
< Se il destino lo vorrà. >
< Sei tu che devi volerlo. Io ho sempre combattuto
contro il destino. È troppo semplice abbandonarsi al fato.
Io non lo ho mai fatto.
>
< Sì, me ne sono accorto… > e
sorrise. Appoggiò
le sue labbra sulla mia fronte ed io sussurrai: < Partirai
subito? >
< Sì. > < Ti prego, non puoi
accompagnarmi da
Edward? > Per essere sicura che non mi dicesse di no, gli
bisbigliai con le
lacrime agli occhi: < Sarei più tranquilla e mi
sentirei più al sicuro
sapendo che tu sei con noi. >
Scosse il capo e mi lanciò un mezzo sorriso. Mi prese
la mano e poggiò il mio palmo sulla sua guancia. <
Come se potessi dirti di
no… > e poi si chinò per un attimo
appoggiando la sua fronte sulla mia. Un
attimo dopo, era sparito nella sua stanza.
Rose, che aveva riportato mia
figlia in cameta, mi
prese per mano e mi accompagnò in camera. Mi sedetti sul
letto e lei mi
accarezzò i capelli.
< Sono pieni di nodi… > Io mi voltai e la
fulminai con lo sguardo. < cioè, sono
belli… non volevo offenderti. Solo, dovresti
curarli di più… sono tutti annodati. > Mi
disse per scusarsi.
Io sbuffai e mi lasciai cadere con la schiena sul
letto. < Rose… ma ti pare che io abbia avuto il tempo
di mettermi a usare il
balsamo e la maschera per i capelli nelle ultime settimane?
Cioè, non so se ti
sei accorta che una settimana e mezzo fa ho partorito e che da allora
non dormo
quasi più… e poi, ho avuto parecchio da fare
scappando da della gente che mi
vuole morta. >
Si morse il labbro e rimase zitta. Io chiusi gli occhi
e lei, delicata, con le dita cominciò a pettinarmi i
capelli. Quasi non mi
accorgevo del suo tocco tanto era delicata. Senza rendermene conto, mi
addormentai.
< Bella? Bella
tesoro… > < Mmm? > <
Bella, alzati… > < Noo! Ho sonno. >
< Bella, devi alzarti. > Mi
tolsero le coperte di dosso e la luce della lampada mi ferì
gli occhi. Mi
coprii il volto con il braccio ma Esme mi appoggiò la sua
mano gelida sulla
spalla lasciata seminuda dalla mia camicia da notte. Tremai e mi girai
su un
fianco, cercando con le mani le coperte.
< Bella, ti butto giù dal letto. > mi fece
Emmett che, una volta aperti gli occhi, mi accorsi essere accucciato a
terra.
La sua testa era a tre centimetri dalla mia. Soffiò sulla mi
fronte facendo
svolazzare i miei capelli ed io richiusi gli occhi. Tre secondi dopo
qualcuno,
Emmett di sicuro, mi levò il lenzuolo dal letto e mi fece
rotolare sul copri
materasso. Gridai e risi insieme ad Esme che, tranquilla, mi osservava
appoggiata alla finestra dalle tende tirate.
Emmett se la rideva e mi lanciò un cuscino. Rose
apparve alla porta con la mia bambina tra le braccia. La dondolava
lentamente
cercando di calmarla. Elizabeth, tutta infagottata, stropicciava le
manine e
piangeva. Il suono della televisione aveva coperto i suoi vagiti. La
sua bocca
era spalancata in una piccola O. mi alzai velocemente e, raggiunta
Rose, mi
chinai per strofinare il mio naso su quello della piccola. Le sue dita
minuscole si strinsero intorno ad una ciocca di miei capelli. La
tirò con forza
e mi stupii di quanto fosse forte.
Senza che la piccola mi lasciasse i
capelli, Rose me
la passò ed io la accolsi nelle mie braccia, piegate a
formare una culla
modellata sul suo piccolo fragile corpicino di neonata. Smise di
piangere
all’istante e cercò di avvicinarsi di
più a me, in cerca di calore.
Mi sedetti sulla poltrona e la poggiai al mio seno.
Per alcuni minuti non vi fu altro suono se non i nostri due cuori, i
respiri e
il suo tranquillo e ritmato ciucciare.
< Allora? Hai finito? > Le chiesi poggiando la
punta del mio indice su quella del suo nasino quando
sbadigliò sporcandomi il
seno di latte. Lei chiuse gli occhi ed affondò il visino tra
i miei seni, quasi
volesse ripararsi dal mondo. Era piccola e leggera tra le mie mani. La
strinsi
a me e le baciai i capelli. Era come averla ancora nel mio grembo.
< Bella, hai fame? Ti faccio portare qualcosa? >
< Che ore sono? >
< Sono lei sei e mezza di mattina… > Era
già
mattina? Ma allora… < Chi ha dato da mangiare alla
bambina questa notte?
> Perché non mi avevano svegliata? Sapevano quanto ci
tenessi ad allattarla
al seno. < Rose si è occupata di lei. Questa notte
non voleva proprio
dormire. Non preoccuparti, il latte era caldo ma non
bollente… oltretutto, non
ne è rimasto quasi più del tuo, quindi non
preoccuparti. La prossima volta ti
sveglieremo. Comunque, dopo è meglio se ne prepari un
po’… > E mi porse dei
piccoli barattoli in cui conservavo il mio latte. Quella dannatissima
macchina
datami da Carlisle per estrarre il latte mi osservava dal comodino. Nel
piccolo
frigobar le coche erano state sostituite dal mio latte…
< Esme… > < Sì? >
< Secondo te… posso
fare il bagno con la bambina? > Chiesi timidamente cullando
Elizabeth che
stava ancora nascosta tra i miei seni.
< Beh… non vedo perché no…
> Sorrisi felice e
portai la bambina con il volto contro il mio. Affondai le labbra nella
sua
guancia morbida e calda e lei strusciò la manina sul mio
viso. Le feci fare il
ruttino e poi aspettai un po’. Alle 8 andai nel bagno Rose mi
aveva preparato
la vasca. L’acqua era calda ma non eccessivamente, bassa
tanto da arrivarmi
alla vita una volta entrata, e non c’era il sapone diluito
nell’acqua.
Per lavare la bambina non usavamo prodotti se non
alcuni determinati per neonati.
Con attenzione entrai nella vasca con la bimba tra le
braccia. Appoggiata al mio petto, Elizabeth non si mosse. I suoi piedi
affondavano nell’acqua. Tremò ed io le passai
l’acqua calda sul corpo e poi,
tenendola sotto le ascelle, la immersi fino alle spalle.
Nell’acqua scalciò ed
agitò le braccia schizzando il muro. La riavvicinai a me
stringendola forte. Le
lavai i capelli e il corpo lentamente e con delicatezza. La tenevo con
una mano
e la l’accarezzavo con l’altra. Lei osservava
attenta l’acqua e con le manine
tendeva verso di me.
Dopo circa dieci minuti, appoggiata al mio petto,
sbadigliò. Risi e la strinsi di più contro la mia
pelle. L’acqua era ancora
calda e piacevole…
Quando Esme,poco dopo, bussò le dissi di entrare. Si chiuse
la porta alle spalle per
non fare uscire il calore del bagno. Le sue mani erano stranamente
calde quando
mi sfiorarono il petto per prendere Elizabeth. Mi sorrise e mi fece
l’occhiolino. < Calorifero. > Disse
semplicemente mentre avvolgeva la
bambina in un asciugamano morbido e caldo anch’esso. Dato che
se lo era portato
dalla stanza attigua, dedussi che lo aveva messo sul calorifero.
Poco dopo anche io uscii dalla
vasca infilando dentro
l’accappatoio. Quando fui pronta, tornai in camera e vidi che
Rose aveva già
finito di preparare i bagagli.
Non mangiai molto dato che dovevamo
viaggiare.
< Emmett… > Gli chiesi mentre scendevamo in
ascensore, < Quante ore dobbiamo restare in auto? >
< Ci metteremo circa sei ore per raggiungere il
luogo stabilito, e da lì a casa, a Gibson, sono altre cinque
ore. Edward ha
insistito per incontrarci lungo la strada. Non vuole affaticarti
troppo. >
Mi appoggiai allo specchio. Rose ed Esme mi
aspettavano già in auto mentre mio fratello e Alec mi
accompagnarono. Non mi
permisero di fare neanche un metro senza di loro. Elizabeth era con
Esme. Nei
pochi metri che separavano l’ingresso dell’albergo
dalla macchina, Alec mi
coprì per evitare che mi bagnassi a causa della fitta
pioggia.
Una volta a bordo, sospirai. Faceva
freddo. Ero seduta
tra Rose ed Esme…
< Emm, non è che accenderesti il riscaldamento?
> Gli chiesi mentre prendevo tra le braccia mia figlia. Mia
suocera teneva
sulle ginocchia una culla da viaggio per neonati comprata il giorno
prima.
Pochi secondi dopo, un getto d’aria bollente
cominciò
a riscaldare il freddo abitacolo.
Elizabeth volle mangiare e dovetti allattarla a bordo.
Alec mi fissava in silenzio dallo specchietto del conducente.
La guida di Emmett era tranquilla e, nonostante la
velocità sostenuta, sembrava di non muoverci neanche. Quando
Elizabeth ebbe
finito, le feci fare il ruttino e mi rivestii. Rose la prese in braccio
e lei
cominciò a piangere. Tesi le braccia verso di lei e quando
fu di nuovo a
contatto con la mia pelle, si calmò. < Vuole stare
con te. > Mi sorrise
Esme accarezzandomi la guancia e poi sfiorando quella della bimba.
Dopo quasi un’ora chiuse gli occhi e la sua bocca si
spalancò.
< Si è addormentata? > Mi domandò
Rose più per
gentilezza che non per curiosità.
La bambina, accoccolata tra le mie braccia, riposava
appoggiata al mio seno. La passai a sua nonna che la mise nella piccola
culla
sulle sue ginocchia.
Sbocconcellai un panino ma poco dopo dovetti chiedere
di fermarci. Cattiva idea mangiare in auto. Rimisi quel poco che avevo
mangiato
e rimanemmo fermi ad una stazione di servizio per quasi tre quarti
d’ora.
< Merda… > Sussurrai a denti stretti nel bagno
del ristorante. Mi stavo lavando la faccia.
< Non preoccuparti cara. È certamente colpa dello
stress. Emmett ha avvisato Edward che arriveremo un po’ in
ritardo. Anche lui
preferisce aspettare che tu stia bene prima di farti mettere di nuovo
in auto. Ti
senti meglio adesso? >
< Sì… Dai, andiamo. > Mi prese per
mano e mi
accompagno al tavolo dove Emmett mi stava aspettando. Prima di uscire
dal bagno
però, mi spettinò i capelli facendomeli ricadere
disordinatamente sul volto e
mi sistemò meglio la sciarpa e il cappellino. Nessuno doveva
poter
riconoscermi.
Una volta in auto, accarezzai la fronte della mia
bambina, ancora placidamente addormentata sulle ginocchia di Rose.
Poco dopo anche io scivolai nel
dolce mondo incantato
dei sogni. E lì, nei sogni, incontrai Edward. Io, lui e la
bambina, soli e
felici. Molto lontano dalla pioggia di Forks o di Gibson. In un luogo
pieno di
sole e di luce, dove io potevo camminare senza nascondermi. Dove potevo
baciare
mio marito senza che lui mi allontanasse dopo poco, per timore di
perdere il
controllo.
Un posto incantato ed inesistente.
La luce presto si trasformò in una nebbia fitta. Con la
mano cercai mio marito ma le mie dita incontravano solo la corteccia
umida e
ricoperta di muschio degli alberi che non riuscivo a scorgere a causa
dell’oscurità.
Sentivo la sua voce chiamarmi ma non riuscivo a
raggiungerlo. Poi improvvisamente, il dolore…
Mi faceva male lo stomaco. Avevo la nausea.
Sentii qualcosa di freddo sfiorarmi le guance e la
fronte e il mio subconscio mi disse di svegliarmi.
Eravamo ancora in macchina dato il ronzio basso del
motore. Stavo piangendo. Le lacrime mi bagnavano la maglietta.
Sentivo delle braccia gelide stringermi dolcemente e
per un attimo sperai fossero quelle di Edward.
Quando però aprii gli
occhi e mi accorsi di essere
appoggiata al petto di Esme, sentii la sconforto prendere il
sopravvento. Mi nascosi
con il volto nella sua camicetta e lei, accarezzandomi la schiena, mi
sussurrò:
< Siamo quasi arrivate, non preoccuparti. Edward non
è lontano… >
Evidentemente avevo parlottato nel sonno.
Rimasi a farmi consolare dal suo abbraccio per quasi
un’ora. Emmett uscì dall’autostrada per
immettersi in una strada provinciale. Poco
dopo imboccammo una stradina secondaria che attraversava un bosco. Era
deserta.
Tra gli alberi alti e fitti, non riuscivo a distinguere niente. Faceva
freddo
nonostante fosse primavera inoltrata. Mi infilai il cappotto che Esme
mi aveva
appoggiato sulle ginocchia per scaldarmi e controllai che Elizabeth
fosse ben
coperta. Dormiva tranquilla ed ignara della mia ansia. Emmett
alzò il
riscaldamento.
Dopo circa un’altra mezzora vidi Alec, che era restato
in silenzio fino a quel momento, irrigidirsi e sentii Emmett sussurrare
qualcosa troppo veloce perché potessi capire. Da lontano
intravidi un’auto
scura in una piccola piazzola di sosta ricavata in uno slargo della
strada.
Quando l’auto si arrestò, il mio cuore perse un
battito.
Dalla vettura di fronte a noi uscirono quatto figure
pallide e bellissime. Esme, alla mia destra, aprii la portiera ed
uscì. Io la
seguii subito. Il freddo pungente mi fece tremare ma non me ne
importava. Sentii
le mie guance protestare per il vento gelido che mi sferzava il volto
ma non vi
feci caso. Pensai solo a correre. Correre verso il ragazzo dai capelli
rossi a
venti metri da me.
Forse inciampai nei miei piedi o in
un sasso o una
radice, o forse le mie gambe indolenzite per il lungo viaggio non
tennero il
passo del mio cuore, sta di fatto che caddi.
Prima che però potessi
toccare il terreno fangoso,
delle mani forti e sicure mi strinsero gli avambracci impedendomi di
cadere e
farmi male. Qualcuno mi prese in braccio.
La prima cosa che vidi furono le sue labbra e il primo
istinto fu di baciarle, assaporarle. Poi vidi gli occhi, caldo oro
liquido
intento a fissarmi. Improvvisamente mi sentii leggera e felice come non
lo ero
da tempo. Rimanemmo a guardarci per un lungo e bellissimo istante poi
lui mi
rimise in piedi. Non appena i miei talloni sfiorarono il suolo. Gli
buttai le
braccia al collo e lui mi sollevò senza
difficoltà. Gli strinsi le gambe
intorno alla vita e cominciai a ridere e piangere contemporaneamente.
Le sue
dita mi sfioravano il collo, i capelli, la schiena.
Io affondavo le labbra
nell’incavo profumato del suo
collo marmoreo…
Quello che accadeva intorno a noi
non mi interessava. Sentivo
le voci degli altri… distinsi Rose salutare Emmett ed Esme
Carlisle ma non mi
importava. Io ed Edward eravamo come soli in un altro mondo, nostro e
perfetto.
< Bella, tesoro, prenderai freddo. > Mi
sussurrò
dopo qualche minuto, quando il mio pianto si fu attenuato e la mia
presa
intorno al suo corpo allentata. < Perché non entri in
macchina? >
< Edward!!! Mi sei mancato tantissimo! > gli
sussurrai mentre delicatamente mi obbligava ad allontanarmi da lui.
Quando fui
di nuovo in piedi, posò le sue mani sul mio bacino ed
avvicinò il suo volto al
mio: < Pensavo di impazzire senza di te. A proposito, sei
bellissima. Persino
più bella di quanto ricordassi. Il che è
impossibile dato che sei sempre stata
splendida … > e mi accarezzò la guancia
con il dorso della mano. Poi aggiunse:
< La prossima volta, voglio essere io a fare il bagno con te.
> e rise
piano. Arrossii e lui fece finta di scusarsi dicendo: < Alice ti
teneva
sottocontrollo… ed io non potevo fare a meno di sbirciare
nella sua mente per
assicurarmi che tu stessi davvero bene. A proposito, mi piace quel
completino
blu che indossavi ieri. >
Io, al limite della vergogna, mi nascosi al suo
sguardo affondando nella sua giacca. Le sue braccia mi cinsero le
spalle e lui cominciò
a cullarmi. Mi bisbigliò: < Come va lo stomaco? Stai
meglio adesso? Carlisle
ha delle pillole per il mal d’auto se avessi bisogno...
> Appoggiai le mie
labbra alle sue per impedirgli di proseguire. Quando mi separai per
respirare
lo rassicurai: < Sto bene. È stato un malessere
passeggero… > e lui mi
sorrise prima di baciarmi di nuovo, con più enfasi.
Le sue mani gelate
s’infilarono sotto la mia giacca e
mi sfiorarono la pelle della schiena. Tremai.
< Bella, qui fa veramente
freddo. Vieni in auto… E
mi prese per mano. Dopo pochi metri, come se di colpo il mondo fosse
tornato
reale, senza lasciare la sua mano mi voltai verso l’auto in
cui si trovavano
Esme e Rose. <
Elizabeth… > Sussurrai
ma lui mi poggiò un dito sulle labbra e mi
rassicurò: < Non preoccuparti. È
già in auto
con Alice. Vieni… >E mi aprì la portiera.
Dentro mi aspettava un piacevolissimo tepore. Carlisle, alla guida, mi
salutò:
< Ciao Bella. Sono molto contento di rivederti. > e fu
seguito da Jasper
che aggiunse: < Anche io. > < Grazie…
> risposi imbarazzata. Mi
sedetti vicino ad Alice che teneva sulle ginocchia la culla. Elizabeth
si era
svegliata e fissava la zia che le accarezzava i lineamenti del volto.
Mia
sorella mi abbracciò mentre Edward prese la culla. <
Oh Bella, mi sei mancata
così tanto! > mi disse ma il suo atteggiamento mi
sorprese. Sembrava guardinga,
agitata. Le sue mani accarezzarono il mio volto in modo ansioso, quasi
ad
accertarsi che stessi realmente bene. Subito dopo la calma invase sia
me che
lei. Entrambe ci voltammo verso Jasper che sorrise e prese la mano di
Alice per
baciarne il palmo. Lei contraccambiò grata. Notando il mio
sguardo confuso,
Edward disse: < Sono stati dei giorni difficili per tutti, ma
adesso è tutto
a posto. > E poi si chinò a sfiorare la fronte di
Elizabeth con le labbra. Lei
sbadigliò e strinse il suo pugnetto intorno alle dita del
padre.
Sì, ora eravamo di nuovo
insieme e tutto era perfetto…
Come promesso, con molto sforzo,
eccomi qui giovedì con il
cap 34 che dedico ad Ylenia e Rasputin… e a tutte le
matricole e le liceali e
anche a quelle che fanno le medie. A tutte voi vessate dalla scuola
spero che
le mie storie aiutino ad allontanarsi per un po’
dall’ansia delle lezioni!!!
Per quanto riguarda il cap, questo è un po’ di
passaggio
dato che oltretutto descrive un “viaggio”.
Spero davvero che vi piaccia! L’ho finito questa mattina
verso le 2… mentre guardavo V per Vendetta… XD il
cap però nei contenuti non
dovrebbe aver subito conseguenze!!! Forse la forma si è un
po’ ingarbugliata a
causa della stanchezza. Sorry.
Fatemi sapere se vi è piaciuto. Come al solito, ringrazio
tutte voi che mi avete recensito. Se tutto va bene, con questo
capitolo, dovrei
raggiungere un obbiettivo che davvero mi farebbe immenso piacere. Se
sarà così,
vi farò sapere!!! Grazie anche a tutte coloro che hanno
contribuito ad arrivare
fino a qui!
Ciao e Lunedì (se ce la faccio…Martedì
ho la prima verifica
di ginnastica di teoria. Primo soccorso ! Come faccio a
studiarla??????????)
Vado che doma ho la versione di greco e devo esercitarmi assolutamente.
È da
Maggio che nn ne faccio una! Mi raccomando, lasciate un segno del
vostro
passaggio XD
Un bacio,
Cassandra sommersa dai verbi greci!!!
Ps: Io uso il bagnoschiuma all'Ylang Ylang... ha un profumo buonissimo
e dato che nn mi veniva in mente altro... capirete leggendo XD
Ah, in questo cap, Edward si fa un po'... come dire... non mi viene la
parola... molto intraprendente? XD
In auto, una di quelle grandi a otto posti, Edward mi
teneva un braccio intorno alla vita.
< Qui potrai stenderti se vuoi. C’è molto
spazio…
> Mi disse per giustificare l’ampiezza
della’vettura.
Le sue labbra gelate sulla mia guancia mi facevano
rabbrividire nonostante l’abitacolo fosse caldo.
Elizabeth dormiva nella culla sulle gambe di Alice.
Sebbene non volessi addormentarmi per non perdermi
neanche uno di quei momenti da me così tanto desiderati, le
mie palpebre si
fecero man mano più pesanti e alla fine decisi di smettere
di lottare contro la
stanchezza.
Mio marito, che era stato in silenzio fino a quel
momento vedendomi stanca ed aspettando che mi addormentassi, mi
sussurrò: <
Dormi Amore, tu che puoi. >
Sorrisi prima di cedere e di lasciarmi scivolare nel
sonno.
Sognai ancora la luce che si trasformava in nebbia,
sognai di non riuscire a ritrovare Edward in quel bosco invisibile ma,
questa
volta, fu la sua
voce a liberarmi dalla
paura…
< Bella? Bella…
Piccola, svegliati. Va tutto bene…
Sono qui. Sono vicino a te. >
Sentii freddo intorno al mio corpo.
Ero appoggiata a
qualcosa di duro e in qualche modo scomodo. Aprii gli occhi e scoprii
di
trovarmi sulle gambe di Edward, tra le sue braccia gelide ed
accoglienti,
nonostante fossero dure come marmo…
< Ed… Edward… > Sbiascicai tra i
singhiozzi ancora
semiaddormentata.
< Sht, sht… > mi sussurrò
all’orecchio.
Poco dopo ci fermammo ad
un’altra stazione di servizio.
Gli altri,sull’auto che mi aveva portato fino al luogo di
incontro, ci
avrebbero preceduto a Gibson. Aveva piovuto ed il cielo era ancora
coperto da
una spessa coltre di nubi. Per terra, le pozzanghere… mi si
bagnarono di nuovo
i calzini e i pantaloni.
Mentre Carlisle faceva la fila per prendermi qualcosa,
Edward mi accompagnò al tavolo. Mi aveva comprato uno di
quei marsupi a fascia
per neonati, quelli che si fanno girare intorno al collo e sulla
spalla, ma non
volle sentire storie…
< Dai Bella, falla tenere un po’ a me… in
fondo,
come padre, qualche diritto ce l’ho anche io! > E
così dicendo si fece
passare la
MIA
fascia intorno al SUO petto e con cura e grazia vi ci adagiò
la piccola.
Seduta al tavolo, nascosta da una sciarpa, lasciavo
che lui mi accarezzasse le spalle e mi tenesse la mano. Mi osservava
come se
fosse la prima volta che mi vedeva.
Alice comparve dietro di me dopo aver parcheggiato. Era abbracciata a
Jasper
che, per quel poco che avevo potuto notare, non si allontanava da lei
per più
di due o tre centimetri.
Si sedette sulle ginocchia di lui che, in silenzio,
giocava con i suoi capelli.
Mentre aspettavamo Carlisle, Elizabeth cominciò a
piangere sfregando il viso contro il petto di suo padre. Con le manine
aperte
si strusciava sulla stoffa che afferrava stringendo i pugnetti per poi
lasciarla
muovendo la bocca.
Edward cercò di calmarla
cullandola ed accarezzandola.
Le sue mani gelide la fecero piangere di più quando la
bambina capì da lui non
poteva ottenere ciò che cercava. Quando lo vidi
evidentemente a disagio dato
che non riusciva a calmarla decisi di agire.
< Edward… deve mangiare… > Gli
sussurrai
chinandomi e sporgendomi verso di lui e sfiorandogli la guancia con le
labbra
umide.
Mi alzai e lui fece lo stesso, accompagnandomi in
bagno. Quando fummo dentro, ignorando il pianto della bambina,
appoggiò la sua
bocca sulla mia. Si muoveva piano accarezzandomi con la lingua i denti
ed il
palato. Quando sentii crescere in me il desiderio, lo allontanai dal
mio corpo
poggiando i palmi delle mie mani sul suo petto. Imbarazzata, mi chinai
per
accarezzare la bambina. I capelli mi ricadevano disordinati sul volto,
nascondendo il color porpora assunto dalle mie guance.
Edward, tendendomi il mento tra le dita, mi obbligò
gentilmente a sollevare lo sguardo. Quando i nostri occhi si
incontrarono, mi
resi conto di essere arrossita ulteriormente.
Fece per baciarmi di nuovo ma
quando sentii il suo
respiro nella mia bocca, gli sussurrai sulla sua: < No, dai
Edward… devo
allattare la bambina… Non sprechiamo un bel momento in un
gabinetto… > Lui
rise e mi provocò: < Potrebbe essere
eccitante… >
Io con il dito gli indicai nostra figlia che, dopo il
nostro abbraccio nel quale lei si era ritrovata involontariamente
coinvolta, si
era evidentemente calmata forse perché aveva sentito il mio
odore molto vicino
a lei. Sempre ridendo, prese la bambina e me la passò. Mi
osservò a lungo
mentre me ne stavo appoggiata al lavandino allattando Elizabeth. Mi
disse che
mi trovava … affascinante, sexy…
Osservando il mio riflesso nello specchio oltre le
spalle di Edward gli feci notare: < Edward? Sei sicuro di stare
bene? Guardami!!!
Ho ancora i chili della gravidanza da smaltire, ho gli occhi pesti e le
occhiaie, i capelli annodati come gentilmente mi ha fatto notare
Rosalie…>
< Sciocchezze. Sei adorabile. > Mi sussurrò
assalendo le mie labbra. >
Imbarazzata dal suo ardore, aggiunsi: < e
poi, è ancora troppo presto… >
A quelle parole, lasciò immediatamente andare le mani
che, non troppo discrete, si erano insinuate sotto la mia maglietta e
appoggiate alla mia vita.
Sollevai lo sguardo ed incontrai il suo. Mi stupii di
leggere nei suoi occhi la paura di aver detto qualcosa di troppo.
< Edward? Cosa hai capito? Guarda che non… oh, hai
pensato che… ma no!! > Gli dissi per rassicurarlo,
accarezzandogli lo
zigomo. Poi, appoggiando il viso contro la sua spalla, chiusi gli occhi
e
lasciai che lui mi facesse dondolare lentamente avanti ed indietro.
< Se non te la senti,se non ti
senti pronta, non preoccuparti… abbiamo
tutto il tempo… >
Mi alzai sulle punte per
sussurrargli all’orecchio:
< A casa abbiamo molto da recuperare… ti rendi conto
che per un motivo o per
l’altro, alla fine noi… noi … >
Mi vergognavo troppo per continuare ma fu lui a
proseguire: < Noi abbiamo fatto l’amore solo sei
volte? >
Ci pensai un attimo facendo il conto mentalmente e
poi, corrugando la fronte ed alzando lo sguardo sussurrai incerta:
< Cinque…
>
Lui si chinò per baciarmi e mi bisbigliò:
< Quella
volta vale doppio… >
Ed ammiccò complice facendomi battere il cuore con
quel suo sorriso sghembo.
Ci pensai un po’ e poi dissi: < Ah…
ahhh… > E lui
rise della mia faccia rossa di vergogna. Affondando nei suoi capelli
perché non
mi vedesse, farfugliai: < Dobbiamo rifarlo. >
Rise di gusto poi, accarezzando Elizabeth e scivolando
sul mio seno scoperto, aggiunse: < Per fortuna che questa volta
non ci sarà
lei tra i piedi. >
< Sì, sarà molto più comodo con
lei nella culla che
non nella mia pancia. >
In quel momento Elizabeth staccò, per la mia
felicità,
le sue piccole gengive dal mio capezzolo.
Mi lavai mentre Edward fece fare il
ruttino alla
piccola creatura che teneva tra le braccia.
Mi presi un paio di minuti umani e lasciai che mio
marito si divertisse a fare il padre.
Quando finalmente tornammo da Carlisle e gli altri,
Edward mi arruffò ulteriormente i capelli e mi
alzò il colletto della giacca.
Lo notai accennare impercettibilmente un sì con il capo e
superare imperterrito
il tavolo. Non c’erano Jasper ed Alice…
Feci per voltarmi ma lui, che mi teneva stretta per il
braccio facendomi male, me lo impedì. Quando provai a
chiedere cosa stesse
facendo lui mi sussurrò: < Sht. Fa finta di niente e
vieni con me. >
Raggelata, obbedii. Non sapendo se dovessi avere paura
o meno, osservai il suo volto. Edward, senza lasciarmi andare,
continuava ad
accarezzare con una mano Elizabeth, addormentata contro il suo petto
nella sua
comoda fascia rossa.
Con la coda dell’occhio, notai mio suocero alzarsi da
tavola ed uscire da una porta opposta alla nostra. Distratta, mi
accorsi del
basso ringhio di Edward. Mi voltai per guardarlo in faccia ed in quel
momento
mi baciò all’improvviso. Per un breve momento le
nostre labbra restarono
poggiate le une sulle altre poi si sbrigò a condurmi fuori.
Un uomo ci osservò
curioso. Pareva mi stesse fissando.
Quando fummo di nuovo al freddo lui mi lasciò andare
il braccio indolenzito ed io tremai per il freddo. Feci per domandargli
cosa
diavolo gli fosse preso ma, con le parole ancora sulle mie labbra, vidi
due
volanti della polizia parcheggiate non troppo lontane dalla nostra
auto.
Il mio respiro si fece
immediatamente veloce come il
battito cardiaco. Sentii il sudore freddo lungo la mia schiena. La fame
se ne
era completamente andata.
Arrivati alla macchina, qualcuno mi
aprì la portiera.
Alice. Mi infilai nell’abitacolo e cominciai a singhiozzare
più per paura che
non per dolore… Edward fu subito al mio fianco mentre
Carlisle metteva in moto.
La bambina era ormai tra le braccia di mia sorella. Nella sua culla da
viaggio avvolta
in coperte da neonato.
< Allora? > Chiese mio suocero.
< Non l’hanno riconosciuta. Erano troppo impegnati
a cercare quel ladro… i loro pensieri erano focalizzati su
di lui. Non le hanno
fatto caso.Quello in borghese l’ha notata. Pensava fosse
simile alla cugina…
>
A quelle parole, alzai lo sguardo verso di lui che mi
accarezzò. < Ce ne siamo andati solo per precauzione.
Le ricerche sulla tua
sparizione sono state sospese ma se ti dovessero riconoscere, sarebbe
un po’
problematico. Non ti succederebbe niente, ma dovremmo stare molto
più nascosti.
Sai, in questi mesi sono arrivate molte segnalazioni di ragazze che ti
assomigliano ma se ci vedessero insieme… >
lasciò la frase in sospeso e mi
abbracciò con un braccio.
Poi abbozzando un sorriso mi bisbigliò: < E poi,
ora sei un po’ diversa… hai i capelli
così lunghi… ti stanno molto bene. La
gravidanza inoltre di ha cambiata un pochino… >
Lo guardai spaventata. Stavo
invecchiando ai suoi
occhi?
L’ansia mi
mozzò il respiro. Dovevo sbrigarmi a farmi
cambiare? Stavo diventando troppo adulta? Rischiavo di crescere troppo
rispetto
ad Edward? Dovevo rinunciare a stare con mia figlia per poter restare
con lui?
Non mi sentivo ancora pronta a rinunciare a quello per cui avevo
lottato così
strenuamente. Volevo stare con la mia bambina il più a lungo
possibile. Proprio
come volevo stare con Edward per il resto della mia esistenza.
Trattenni a stento delle lacrime.
< Ehi, ehi? Che cos’hai? Non è un male.
intendevo
dire solo che il tuo sguardo è cambiato. Ora sembra
più, come dire, materno? E
poi, mi piacciono i capelli lunghi… >
E li percorse con le dita dalla mia nuca fino alla
vita. Quando arrivò alle punte, li sollevò e li
portò alle labbra. Li annusò e
poi passò le sue labbra sul mio collo.
Rimanemmo in silenzio a lungo mentre Carlisle
guidavaper una
strada deserta in mezzo
ai boschi.
Quando il mio stomaco brontolò, nessuno disse niente.
Mi stupii di vedere Carlisle parcheggiare in un piccolo spiazzo.
Jasper porse ad Edward un sacchetto che lui aprì
davanti a me. Profumava di buono.
< Tieni. È ancora caldo… > e mi
passò un panino.
Mangiai lentamente, gustando ogni morso. Non era male, anzi…
in pochi minuti
finii tutto ciò che mi avevano comprato.
Quando ormai non era rimasto che un pezzetto di mela,
ripartimmo. Prima però, Edward mi passò una
pillola. < Contro la nausea. Non
farà male né a te né a lei, non
preoccuparti. E poi, non manca molto. >
Sebbene Jasper facesse del suo meglio, la tensione era
palpabile. Finché non fossimo stati al sicuro a casa la
tensione non si sarebbe
sciolta.
In quel silenzio opprimente, Jasper mise su della
musica classica. Era piacevole e mi aiutò a rilassarmi.
Persino troppo dato che
i addormentai di nuovo. A mia discolpa va detto che, dato che nessuno
parlava,
fu più difficile resistere alla stanchezza.
Per una volta, finalmente, non feci
altro che un sogno
normale. Io ed Edward a scuola che facevamo un esperimento di biologia.
Una
realtà non molto lontana ma ormai passata per sempre. Come
ogni sogno che si
rispetti, arrivò l’elemento assurdo. Stavamo
esaminando il mio sangue.
Guardando nel microscopio Edward mi diceva che ero incinta. Diceva che
era una
bambina e che si chiamava Elizabeth. L’immagine successiva mi
vide nella mia
camera a casa di Charlie ad allattare la bambina. Charlie e
Reneè erano al
piano di sotto e stavano di nuovo insieme mentre Edward era
lì con me. I suoi
occhi erano verdi come smeraldi, come quelli di nostra figlia. Non
c’era un
senso né logico né temporale… ma era
piacevole osservare quelli che erano i
miei desideri. Una famiglia normale, per una volta…
Dormii a lungo, riposandomi per
davvero, una volta
tanto.
Ad un certo punto sentii delle voci
sopra la mia testa
ma non volli aprire gli occhi. Stavo troppo bene tra le braccia ora
tiepide di
Edward, che si piegarono per accogliermi meglio. Sentii che mi
sollevava e
sorrisi accoccolandomi meglio e sorridendo nel mio sonno tranquillo.
Nel calore
di qualcosa di morbido, soffice e
profumato, mi allungai in cerca di una posizione più comoda.
Poi mi resi conto
che per quanto l’auto fosse spaziosa, ero un po’
troppo comoda.
Mi girai su me stessa e incontrai altro spazio
morbido.
In un attimo aprii gli occhi per richiuderli
immediatamente. Con lentezza calcolata sollevai lentamente le palpebre
e
sorrisi alla splendida statua di fronte a me.
< Ciao… >
Gli sussurrai allungando le braccia
per stiracchiarmi e sfiorandogli la camicia.
Con una mano mi stropicciai gli
occhi e poi mi
avvicinai a lui facendo forza sui gomiti.
Strusciai il mio naso sulla sua guancia ed emisi un
gemito quando mi trasse a sé. Si sdraiò supino e
mi issò sul suo corpo. Seduta
sul suo ventre, gli accarezzai la pelle sotto la camicia. Risi quando
mi
accorsi del modo in cui mi guardava.
Mi sdraiai su di lui e lasciai che
mi accarezzasse la
schiena e i capelli. Il mio capo riposava sulla sua spalla. Sfiorai la
trapunta
con il palmo di una mano e sorrisi. < Siamo a casa…
>
Passai la stessa mano sui miei occhi umidi di
felicità.
Eravamo nella camera che Esme ed Alice mi avevano
preparato. Vicino alla finestra, illuminata dalla flebile luce della
sera, la
culla intagliata da Emmett.
< Gli altri sono di sotto? >
< Sì. > bisbigliò con le labbra
poggiate alla
mia guancia. Mi rimisi seduta su di lui e cercai di allontanare i
pensieri non
consoni al momento.
< Arrossita. > Constatò lui, al che gli tirai
un
cuscino in faccia. Da sotto la stoffa alzò le mani in segno
di resa e poi mi
disse: < Certe volte vorrei proprio poter leggerti la mente.
Temo di
perdermi davvero delle cose indimenticabili… > E
sogghignò.
< Se continui così, mi sa che le cose che penso te
le potrai proprio sognare… e pensare che volevo mettere
presto in pratica
qualche cosa che le ultime volte ti era piaciuta parecchio…
pazienza. >
Facendo la faccia offesa, scivolai
dal suo corpo e mi
rimisi in piedi. La testa mi girò dato che ero restata
troppo tempo sdraiata ma
prima che potessi perdere l’equilibrio lui fu alle mie
spalle. Mi afferrò
facendo aderire la mia schiena al suo petto. Mi voltai per poterlo
baciare e
lui rispose alle mie labbra con gentilezza. Fui io ad allontanarmi per
riprendere fiato.
< Che ore sono? >
< Le 8 di sera… > Lo
guardai delusa e lui capì.
< Alec è di sotto. Ho visto il modo in cui gli hai
chiesto di riaccompagnarti da me. > < Pensavo se ne fosse
andato quando
ci siamo divisi… > gli dissi un po’
impacciata. < Lui voleva farlo. In
fondo tu gli hai chiesto di proteggerti finché non ti avessi
riabbracciata ma
sapeva che non poteva andarsene senza averti salutato. Ed inoltre, non
credo
che ne sarebbe stato in grado. >
Sorrisi. < Credi che aspetterà ancora un
po’ prima
di andarsene, se vado in bagno? >
Chiuse gli occhi ed analizzò i suoi pensieri poi mi sorrise
tranquillo ed
aggiunse: < Direi di sì… vai tranquilla.
> E così feci, dopo aver
accarezzato la bambina che dormiva. In bagno mi lavai velocemente
facendo
attenzione a non bagnare i capelli. Il gettito della doccia era caldo e
piacevole. Mi avvolsi nell’asciugamano che strinsi sotto le
spalle e tornai in
camera. Non mi accorsi di Edward finché non mi
afferrò per la vita da dietro e
fece scivolare il suo naso lungo il mio collo scoperto e bagnato.
< Hai
usato il bagnoschiuma allo Ylang Ylang… ti sta bene questo
profumo. >
< Appetitoso? > Chiesi e lui abbozzò un
sorriso
e poi mi sospirò: < Molto dissetante effettivamente.
> Lo baciai un po’
contrariata dal fatto che la mia bocca sapesse di dentifricio alla
menta invece
che di vento e bosco e buono come quella di Edward. Mi volevo vestire
lentamente davanti a lui, per giocare… ma
le sue mani furono più veloci ad infilarmi
gli abiti. Le sue dita fredde sulla mia pelle calda e ancora umida
erano come
scosse elettriche. Giocando a farmi mettere i vestiti, rischiammo di
finire a
fare ben altro. Alla fine il suo autocontrollo più che il
mio ci permise di
scendere dagli altri in un tempo relativamente breve. Mi piaceva il
vestito che
Edward mi aveva fatto indossare. Era di un morbido blu che si intonava
in modo
delicato con la mia pelle diafana. Era molto simile a quello che
indossavo il
giorno in cui mi portarono via. Solo, l’intreccio di nastri
sulla mia schiena
era più complesso e il mio seno più ingombrante.
Mano nella mano, scendemmo le
scale. Alec, seduto sul
divano, si alzò e mi venne incontro. Mi prese la mano libera
e poi mi
abbracciò. Edward lasciò scivolare la sua mano
sul mio bacino e mi trasse a se
in una maniera che mi parve un po’ troppo possessiva ma,date
le circostanze,
decisi di non fare polemiche. Il sorriso di Alec si rifletteva nei miei
occhi
ma evidentemente Alec pensò qualcosa che non avrebbe dovuto
dato che Edward
ringhiò e mostrò i denti in un modo abbastanza
minaccioso. Alec allora si chinò
su di me e mi sfiorò appena la guancia con le sue labbra di
ghiaccio. I suoi
occhi neri ardevano di sete ma lui non si ritrasse. Le sue mani sulla
mia
schiena si strinsero e le sue dita mi graffiarono la pelle e lui si
allontanò.
Notai che si teneva il polso.
< Cosa ti è successo? > <
Niente… >
Svicolò lui sistemandosi i capelli. Guardai Edward che mi
fissò a lungo e poi
mi sfiorò con la mano gelata la nuca, nel punto in cui mi
doleva a causa della
caduta contro lo spigolo del tavolo. Con le dita inoltre
sfiorò le mie labbra e
chiuse gli occhi.
< Oh… > Sussurrai capendo cosa fosse successo
mentre dormivo. < Edward… > Lo rimproverai ma
lui liquidò il tutto
dicendo: < Non preoccuparti. Fra un paio d’ore
sarà come nuovo. > Non
gradii il tono irritato della sua voce. Mi divincolai da lui irritata
ed Edward
lasciò cadere lungo il suo fianco il braccio che prima
teneva poggiato sulla
mia vita. Di slancio, abbracciai Alec che rispose sorpreso stringendomi
a sé.
< Grazie Alec, grazie davvero… per me e per la mia
bambina. Oggi lei è viva
solo grazie a te che hai salvato entrambe. Grazie… >
fortunatamente riuscii
a non piangere mentre lui mi stringeva delicatamente contro il suo
petto. Avrei
reso tutto più difficile a lui e ad Edward… Ci
separammo e lui mi carezzò il
viso sfiorando la fronte e la guancia. < Allora,
Addio… > gli sussurrai
con un nodo allo stomaco ed abbassai lo sguardo. Allungai la mano
dietro di me
alla ceca, cercando quella di Edward. La trovai e la strinsi per farmi
coraggio.
Alec mi sollevò il volto
e mi sorrise: <
Arrivederci, Isabella… spero di rivederti presto. >
Gli rivolsi un sorriso
speranzoso e lui rispose: < Sarò lieto di incontrare
tua figlia quando sarà
cresciuta. Spero sia bella come la madre… e sono convinto
che quando sarai
diventata come noi, sarai persino più splendida di
ora… sempre che sia
possibile. Allora, a presto. > < Tornerai. > e la
mia non era una
domanda. < Sì, un giorno… prima ho bisogno
di ritrovarmi. Immagino che tu
capisca… >
Io annuii e poi gli baciai la
guancia. < A presto
Alec, amico mio… > Lui sorrise e poi, dopo un'ultima
carezza sulla mia guancia rigata da una lacrima che lui
rubò, svanì in un istante, scomparendo oltre
la porta. In quel momento le braccia di Edward mi avvolsero e mi
strinsero a
sé. < Geloso. > < Certo. Come potrei
non esserlo di te? > e mi
passò le labbra sul lato del collo, percorrendolo con la
punta della lingua
attraverso la bocca dischiusa.
Mi strinsi a lui per scacciare la malinconia dal mio
cuore. < Va tutto bene. Tornerà a trovarti. Ti
è troppo affezionato. >
Disse per calmare i miei singhiozzi sordi. Prendendomi tra le braccia,
mi portò
sul divano e lì mi avvolse in una coperta. Appoggiata a lui,
afferrai la
ciotola colma di un liquido denso che Alice mi porgeva. Aveva un buon
sapore.
< Crema di funghi. > mi spiegò Edward notando
la mia incertezza. Finito
di mangiare mi alzai e andai da Alice Rose ed Esme che, insieme, si
stavano
preparando per andare a caccia.
Alice mi abbracciò stretta come se avesse paura di
perdermi. Io la fissai e le domandai: < Alice, tutto bene?
> Nei suoi
occhi vedevo uno strano velo… < Sono così
contenta che tu sia qui… > mi
sussurrò soltanto prima di abbracciarmi di nuovo, con
più enfasi. Dato che Rose
ed Esme erano state con me per tutti i giorni che avevo passato
lontano da
Edward e la nostra separazione era durata appena poche ore, ci demmo
solo un
bacio sulle guance e un saluto spontaneo.
< Dove sono Jaz ed Emmett? > Chiesi non
vedendoli in giro. < Sono di sopra ad organizzare la caccia.
> <
Partite tutti? > < Staremo nei paraggi ma abbastanza
lontano per non
dover essere coinvolti nella vostra vita privata. > Mi fece Rose
complice e
sia lei che Esme sorrisero al mio imbarazzo. Alice invece fissava
assente oltre
il vetro della finestra. Il suo sguardo era perso nella foresta ma i
suoi occhi
non osservavano il futuro… non aveva quello
sguardo… Non si accorse di me che mi avvicinavo.
Appena arrivata dietro di lei, l’abbracciai e cercai di
stringermi di più al
suo corpo gelido. < Anche io sono felice di essere
qui… > Lei parve
uscire da un sogno e ricambiò la stretta affondando nei miei
capelli.
Capitolo 35 *** Sarà per un'altra volta, Amore... ***
Ragazze, Dopo una giornata
di
scuola che mi sarei volentieri evitata (I prof sono una categoria senza
cuore…)
post oil cap 35 augurandomi che vi piaccia.
Scusate se è un po’ affrettato
ma per questioni di tempo e di lunghezza della storia ho dovuto
condensare un
po’. Ah, non preoccupatevi se in questo cap alla fine
non… si beh, quello… il
prossimo cap si intitolerà in un modo (e tratterà
di cose XD)che spero vi faccia
perdonare la povera autrice per aver lasciato la povera Bella
all’asciutto!
Un bacio a tutte!!!
PS, Cara Fin Fish, scusa
se non
riesco mai a beccarti… questa scuola mi ucciderà
probabilmente XDHanairo, tutto bene? Spero di sì…
fammi
sapere. Idem per Momob. Spero tutto ok.
Grazie infinite a voi che
leggete e
soprattutto che mi recensite facendomi in questo modo molto felice e
apprezzata.
Pps:Un bacio speciale alla
piccola città di San Marino e a chi mi segue da
lì, stessa cosa vele per le mie
lettrici svizzere!!! Fortuna che l’italiano è
uguale per tutti!!!
Vado a studiare che doma ho il
primo compito di ginnastica di Teoria (?) Primo soccorso…
Spero sia di pratica e che si debba usare il
ragazzo carino in 4rta fila XD Mi offro volontaria per la respirazione
bocca a
bocca caro XXXXX Vostra
impazzita, Cassandra!(Ci vediamo sabato pome. Prima proprio non riesco a postare. Sorry)
Sebbene fossi stata via appena
pochi giorni, quella
casa mi era mancata. Per me era un rifugio… Era il
mio posto sicuro, insieme alla mia mia famiglia...
Dopo essere fuggita dai Volturi ero
stata nascosta tra
quelle mura… lì avevo visto il mio corpo cambiare
per accogliere la mia bambina
e sempre lì l’avevo fatta nascere. Camminando per
le stanze, appoggiavo le mani
dove, fino ad appena una settimana e mezzo prima, facevo lo stesso ma
per
aiutarmi a camminare dato il peso del pancione…
I mobili, gli oggetti, le tende e l’intonaco, tutto mi
trasmetteva pace e sicurezza. Amore.
Sentii Rose ed Esme salutarmi seguite dalle voci degli
altri. Quando arrivai all’ingresso, erano già
tutti svaniti nella foresta.
Avevo mal di testa e mi portai una mano al capo. Pensando
però alla serata che
mi aspettava, sorrisi e mi sentii meglio.
La luce si stava facendo sempre
più fioca mentre il
sole, ad ovest, veniva inghiottito dai boschi.
Le dita fredde di Edward si erano posate sulla mia
vita. Mi voltai e lo vidi dietro di me, intento a fissarmi. Con una
mano corse
lungo il mio collo e poi, con la stessa, scese infilandosi sotto la
maglietta.
L’altra mano stretta intorno alla mia. Per sottrarre alla sua
vista le guance
in fiamme, mi nascosi nella sua spalla.
Ora le sue braccia erano intorno alla mia schiena e mi
tenevano stretta a lui.
Le sue labbra giocavano con il mio orecchio.
Nella frazione di un secondo, con un movimento
invisibile ai miei occhi, mi prese tra le braccia e mi portò
al piano di sopra,
adagiandomi supina sulle lenzuola del nostro letto.
Sorrisi quando, senza pesare su di
me, appoggiò il suo
bacino sul mio.
Chiusi gli occhi e reclinai la
testa di lato e
leggermente all’indietro per assecondare le richieste del mio
corpo. I miei
capelli lunghi sparsi sul cuscino parevano una nuvola disordinata.
Risi piano quando cominciò a farmi il solletico sui
fianchi passando con le sue mani fredde e perfette sulla mia pelle
accaldata.
Mi dispiacque di avere addosso della biancheria anonima ma, non tanto
segretamente a giudicare dai miei mugolii, speravo di disfarmene in
fretta.
Edward si chinò per accarezzare con le guance la mia
pancia. Le mie gambe si incrociarono alle sue quando fece finta di
mordicchiarmi l’ombelico. In quel momento non mi importava
niente di quello che
mi aveva detto Carlisle… non ce l’avrei mai fatta
ad aspettare uno o addirittura
due mesi… avevo bisogno di Edward in quel momento e in tutti
i sensi…
in fondo, lui aveva detto che dopo il parto bisognava
stare tranquille e aspettare di essere pronte ed io, io mi sentivo
pronta.
Quasi a convincermene, cominciai a slacciare la
camicia di Edward che invece, con mani e con gesti troppo desiderosi ma
assolutamente ben graditi e sensuali, aveva strappato la mia maglietta
in un
sordo rumore di stoffa lacerata…
Il clic freddo del gancetto del
reggiseno che si apre
mi fece desiderare di essere più veloce nel liberare Edward
da quegli inutili
impedimenti che erano i suoi vestiti..
Più le mie mani
percorrevano il suo corpo e le sue il
mio, più sentivo i nostri respiri farsi più
veloci. Il mio cuore, non ancora
abituato all’idea che Edward fosse reale, batteva
all’impazzata. Le dita di
Edward vi si posarono sopra, in mezzo ai seni, seguite quasi subito
dalle sue
labbra che però vi restarono ben poco. Dopo un bacio freddo
ma carico di
passione infatti, si erano spostate sul seno destro, accarezzandolo.
Quando lo
vi esitare cercai di riacquistare nuovamente l’uso delle mie
braccia, che
giacevano inermi dietro la mia testa, e gli accarezzai il capo.
Socchiudendo
gli occhi gli domandai con voce più roca di quanto non
pensassi: < Che c’è?
> Avevo il respiro accelerato…
Lui mi fissò per un
attimo e poi posò gentile le sue
labbra sulle mie. Sentivo il suo sapore nella mia bocca. <
Scusa… > mi
bisbigliò a fior di pelle mentre, dopo aver percorso il mio
mento e il mio
collo, stava baciando la mia clavicola.
< Scusa di che? > Gli chiesi quando i movimenti
involontari del mio corpo accaldato si placarono.
L’eccitazione che provavo era
piacevolissima, tranne forse per un leggerissimo dolore al ventre, cosa
di cui
certo non avrei reso partecipe lui. Edward appoggiò una mano
sul mio seno,
timoroso, e poi proseguì: < è una
sensazione così strana… > Lo guardai
perplessa e lui aggiunse: < Non riesco a non pensare a te che
allatti la
bambina. Come faccio a toccarti… senza pensare di farle un
torto… > Era in
evidente imbarazzo. Io, totalmente spiazzata, cercai di pensare a
qualcosa per
sbloccarlo e poi gli avvolsi le mie braccia intorno al collo. Feci
forza sugli
addominali mi alzai. Il mio seno premeva contro il suo petto. Entrambi
adesso
eravamo seduti. Le mie gambe intrecciate dietro la sua schiena.
Entrambi nudi
nella parte superiore del corpo…
< Edward, non dire sciocchezze… > Lo
rimproverai
accarezzandogli il busto e baciandogli i muscoli di pietra. Poi per
incoraggiarlo, arrossendo aggiunsi: < A me piace quando lo
fai… le tue mani
sono sempre… gentili. > La mia voce bassa e
imbarazzata. Un secondo dopo, in
un turbinio di capelli, mi ritrovai seduta su di lui. Mentre ci girava,
avevo
avvertito solo le sue mani sul mio bacino afferrarmi gentilmente e
tenermi
ferma. Con voce strana, mi suggerì: < guida tu.
> il che fu strano dato
che era stato quasi sempre lui a prendere l’iniziativa.
Incerta sul da farsi,
cominciai a far scorrere le mie mani sulla sua pelle. Le infilai nei
suoi
capelli e mi abbassai finché il mio seno non fu poggiato sul
suo petto.
Non riuscivo a staccare le mie labbra dalla sua bocca.
Ad un certo punto sentii chiaramente che era impaziente almeno quanto
me che le
cose proseguissero e mi rimisi seduta sopra di lui, scivolando a sedere
sulle
sue gambe. Con dita un po’ esitanti cercai di sbottonargli i
pantaloni. Mi si
asciugò la bocca e le mie dita tremarono. Mi
maledii… non era possibile che
alla sesta volta che ci provavo mi sentissi ancora così in
imbarazzo. La cosa
sarebbe finita però lì se Edward non avesse avuto
tutti quei suoi sensi
straraffinati… invece, dato che era un vampiro, riusciva a
percepire ogni mio
battito e respiro.
< Bella, forse hai bisogno di un altro po’ di
tempo. Aspettiamo ancora qualche minuto… così ti
abitui… > Mi disse
reprimendo l’istinto di saltarmi addosso e strapparmi anche i
pantaloni.
Io scossi la testa e sorrisi
orgogliosa quando il
primo bottone fu liberato dall’asola.
Sentendomi leggermente a disagio
però, decisi di
seguire il suo consiglio e pensai che un altro po’ di coccole
non mi avrebbero
certo fatto male. scivolai alla sua sinistra e mi accoccolai sotto la
sua
ascella. Il suo braccio si piegò ad accogliermi mentre
l’altro andò a cingermi
la vita. Chiusi gli occhi mentre la mia bocca si piegava in un sorriso
beato.
Le sue labbra si posarono sulla mia fronte mentre una
sua mano, non saprei dire quale tanto a quel punto la mia mente era
lontana e
il mio corpo ormai libero di comportarsi come volevano i miei ormoni,
si era
infilata sotto i pantaloni ma sopra i miei slip. Ogni sua carezza era
magica…
Lentamente, Edward mi fece stendere supina e si
risedette su di me. Con entrambe le mani, una delle quali umida, adesso
mi
accarezzava il collo e, passando vicino alle orecchie, le palpebre
mentre con i
pollici percorreva le mie guance con piccoli movimenti circolari.
Appoggiò le
sue labbra piacevolmente fredde sulla mia fronte.
Mi voleva almeno quanto io volevo
lui. Lo percepivo
benissimo. Eppure, con mio enorme disappunto, improvvisamente non
sentii neanche
il peso leggero che esercitava su di me.
Contrariata, socchiusi gli occhi e
lo vidi in piedi
vicino ad un mobiletto che assomigliava ad un fasciatolo. Mi sedetti a
gambe
incrociate e mi coprii il seno con le braccia mentre lo osservavo
cercare qualcosa
nel cassetto. Forse gli era venuto in mente qualcosa per rendere
particolare il
tutto. Sorrisi al pensiero. Mi era piaciuto quando mi aveva cosparso di
petali
di rosa il corpo e poi aveva giocato a scoprire la mia pelle petalo
dopo
petalo…
Mi accorsi di come, magicamente, fosse comparso ai
piedi del letto un pigiama caldo e pesante.
< Mettitelo… > mi sussurrò senza
particolari
inflessioni della voce mentre continuava a cercare.
< Edward… che senso continuare a mettermi e
togliermi i vestiti? > Non credo ci fosse niente di eccitante in
quel
pigiama azzurro. Non avevo ancora fatto in tempo a finire la domanda
che lui
comparve alla mia destra. Si chinò su di me ed
appoggiò le labbra gelide sulla
mia fronte, di nuovo.
Feci per baciarlo ma le sue mani
sulle mie spalle mi
impedivano di muovermi.
< Hai la febbre. > Mi
sussurrò dopo essersi
allontanato da me quel tanto che gli bastava per fissarmi negli occhi.
Scocciata lo fissai e dissi: < Sto benissimo. > Lui mi
accarezzò le
spalle nude, mi baciò il collo e con le mani scese lungo le
mie braccia,
sfiorandomi i seni e provocandomi un fremito, fino ad arrivare ai
polsi. Tenendomeli
stretti gentilmente tra le sue dita bianche ed affusolate, mi costrinse
ad
alzare le braccia oltre la testa. Mi fissò il petto nudo per
un attimo e piegò
la bocca come se fosse dispiaciuto. Subito mi infilò il
sopra del pigiama. Le
sue dita poi mi liberarono dai pantaloni per però
sostituirmeli con quelli
coordinati alla morbida e calda maglietta che mi aveva messo.
Incrociando le
braccia dissi: < Edward…non puoi
farmi questo… > Stavo per richiudere la bocca quando
mi infilò un termometro
sotto la lingua. Contrariata, lasciai che mi coprisse il corpo con la
trapunta
e mi appoggiai al cuscino. Quando Alice mi aveva detto che ero calda...
di certo non mi aspettavo questo! Ero di una sfortuna impossibile...
Accoccolandomi su me stessa mi afferrai le ginocchia
e lasciai che lui mi accarezzasse la schiena. Con il telefono intanto
stava
chiamando qualcuno. < Carlisle… ciao scusa, non
è che verresti qui? Bella
non si sente molto bene. > < Io scito benisscimo. Anci,
fino a tre minuti
fa scitavo da Dio… > biascicai rischiano di far
cadere il termometro. Lui mi
bloccò e mi sussurrò: < Sht, non parlare e
sta buona… > Sospirai
rumorosamente e mi voltai dall’altra parte per non essere
costretta a guardarlo
in faccia.
Insomma, dopo tutto quel tempo che, per un motivo o
per l’altro, non avevamo potuto essere marito e moglie nella
mia accezione
preferita dei termini, mi ritrovavo con un termometro in bocca e
completamente
vestita.
Ero molto più che irritata.
In silenzio, attesi di sentire la porta da basso aprirsi.
Mio marito era in piedi vicino alla culla e accarezzava nostra figlia
cantandole una ninnananna.
< Bella, non fare così, sarà per
un’altra volta…
> Mi sussurrò dispiaciuto e allo stesso tempo
preoccupato. Poi aggiunse
leggermente in imbarazzo: < Anche io ti desidero…
>
Sbuffai e lo ignorai. Passai circa 5 minuti, mi venne
vicino e mi passò leggero le dita sulla fronte. Prese il
termometro e lo fissò.
< Allora? > Chiesi senza voltarmi a fissarlo. Il
mio tono era acido.
< Mh… direi che
per questa sera resti a dormire.
> Fece lui sedendosi vicino a me e rimboccandomi le coperte.
< Visto che
la febbre non è alta, se ti curi subito passerà
più in fretta… >
Accarezzandomi da sopra la
trapuntina, continuò: <
Hai 37.7 … mi spiace di non essermene accorto prima. Non ti
avrei proposto di…
> impacciato, rimase in silenzio per alcuni istanti poi
proseguì cercando di
svicolare: < è solo che sei sempre così
calda e morbida… percepire la
differenza di qualche grado è molto difficile, soprattutto
quando sono…
distratto… >
Mi voltai e lo fulminai con gli occhi: < Edward, la
pianti di sentirti in colpa per tutto? Se mi è venuta la
febbre non è certo a
causa tua anche se secondo me ti sbagli. Non è febbre ma
solo accaloramento.
Sono i miei ormoni che mandano segnali che tu interpreti male. Sentiti
in colpa
invece per avermi illuso… >
Lui mi sorrise e mi abbracciò. Sfiorando la mia
guancia con il naso mi giurò: < Se non fossi certo
che sei malata, ti
assicuro che adesso non saresti vestita e che neanche io lo
sarei… >
In quel momento qualcuno
bussò alla porta.
< Avanti > fece Edward allontanandosi da me e
tenendomi la mano.
Carlisle entrò e si sedette su letto. Sorrideva mentre
mi prendeva il battito al polso.
< Scusa se abbiamo disturbato la tua battuta di
caccia… > Gli dissi osservando i suoi lineamenti
perfetti. < Non
preoccuparti. Nessun disturbo. È un piacere per me aiutarti.
>
Chiese poi ad Edward la mia temperatura e cominciò a
tastarmi il corpo come se stesse cercando qualcosa che non andava.
Mentre
palpava alla pancia sentii dolore ma sigillai le labbra per non
emettere alcun
suono. Lui però mi vide e premette più forte.
< Ahia! > esclamai. <
Dolore? > < Un po’. > Ammisi
infastidita dal doverlo fare davanti ad Edward che mi fissava
apprensivo.
Lui mi sorrise e mi aiutò a sedermi. Poggiò
l’orecchio
sulla mia schiena ed ascoltò i miei polmoni.
< Direi che è tutto a posto. Probabilmente dopo il
parto avresti dovuto stare a riposo ed evitare lo stressma non è niente
di grave. La febbre è dovuta
agli sbalzi di temperatura e comunque credo che forse sia presto per
fare certe
cose. Il tuo organismo non è ancora tornato allo stato
normale. > Poi
cominciò a parlare con Edward e l’unica parla che
carpii fu: “Utero”
Sconsolata, mi lasciai cadere tra le coperte e non
obbiettai quando Edward me le sistemò lasciandomi fuori solo
la testa.
< Dormi. > mi
sussurrò gentile ma io ribattei:
< Certo che non era proprio così che speravo finisse
la serata. > Fece
una mezza risata e poi mi baciò la fronte. Cullata dalla sua
voce, chiusi gli
occhi e cominciai a fantasticare su di noi e così, pian
piano, mi addormentai.
Non ricordo cosa sognai ma so che
ad un certo punto
sentii la bambina piangere. Il suo pianto sempre più acuto
mi infastidiva.
Volevo che smettesse. Quando mi accorsi che proveniva da oltre il mio
sogno
spalancai gli occhi. Edward non c’erae
il pianto proveniva dal piano di sotto. Mi alzai e scesi. Vidi Rosalie
seduta
sulla sedia a dondolo intenta a coccolare la bambina che
però non voleva
saperne di attaccarsi al biberon. Ogni volta che Rose glielo avvicinava
alle
labbra lei si divincolava. Quando sentì il mio sospiro
tranquillizzato, Rose
alzò lo sguardo e mi sorrise imbarazzata. < Scusa,
non volevamo svegliarti.
Mi spiace di averti disturbata. >
< Non preoccuparti. > Le feci avvicinandomi. Lei
mi porse il piccolo fagotto rosa e io lo strinsi tra le braccia. Il
pianto
cessò e la sua piccola bocca cominciò ad aprirsi
e chiudersi mentre muoveva la
testa cercando il mio seno. Presi il posto di Rose e mi slacciai la
maglietta
del pigiama. Dato che sotto non portavo niente, Elizabeth
trovò subito ciò che
cercava e poco dopo la sentii stringersi con le gengive intorno alla
mia pelle
dolorante. Il male era molto diminuito rispetto alle prime volte che
l’allattavo ma quella notte era particolarmente affamata e la
sua presa
decisamente stretta. Le presi una manina con tre dita e lei ce la
chiuse sopra,
come ad impedirmi di andare via. Chinandomi per baciarle la testolina
le
sussurrai: < Sono qui. Non me ne vado… >
Edward nel frattempo era comparso
in sala e mi porse
una coperta. Mi lasciai avvolgere dal plaid e aspettai che la piccola
finisse.
< Non voleva mangiare quello che le davate… >
Dissi semplicemente. <
Evidentemente non le piace il sapore del latte in polvere…
> Mi rispose lui
per poi aggiungere con una nota di preoccupazione: < Io Carlisle
siamo quasi
certi che i suoi sensi, come il gusto ad esempio, siano più
sviluppati di
quelli di un normale bambino… Altrimenti sarebbe molto
strano il suo
comportamento. È vero che un neonato riconosce subito
l’odore della madre ma
non ha senso che smetta di piangere solo quando lo sente. E poi, anche
il suo
voler stare sempre con te… non le piace quando non sei nella
sua stessa stanza.
Il suo olfatto è estremamente sviluppato. >
Lo fissai incuriosita più che spaventata. Che
Elizabeth fosse speciale, lo sapevo già.
Finalmente la mocciosetta smise di tormentarmi il seno
e lasciò andare la presa. I suoi verdissimi e bellissimi
occhi, gonfi di sonno,
mi fissavano. Per un attimo rividi Edward in quello sguardo e sorrisi.
Era
strano immaginarlo con gli occhi verdi… La sollevai
finché i suoi non furono
paralleli ai miei ed in quel momento lei allungò il braccino
fino a sfiorarmi
la guancia. < Vero che riconosci anche il papà? Vero?
> Le domandai tutta
felice mentre avvicinavo il mio viso per far aderire la sua guancia
alla mia.
Subito dopo la passai ad Edward che la prese e se la poggiò
al petto, tenendole
la testolina sulla spalla. Andai al bagno e quando tornai Elizabet era
stata
cambiata e aveva fatto il ruttino. Mano nella mano con Edward tornai a
letto e
fui lieta di vederlo sedersi accanto a me con la bambina tra le
braccia.
Coccolando entrambe, ci accarezzava ed io mi lasciai andare
all’oscurità.
I tre giorni successivi li passai a
letto e furono
molto noiosi. Edward non mi lasciava fare niente ed io stessa in
realtà non è
che mi sentissi un granché in forma. Elizabeth
compì due settimane e io
constatai di aver perso un chilo, il che non entusiasmò
molto Edward ma rese me
estremamente felice. < Non sono denutrita, non preoccuparti. E
se
l’influenza ha questi risultati, ben venga. Questi chili in
più a causa della
gravidanza proprio non mi vanno… > Gli dissi prima
che mi impedisse di
proseguire sigillandomi le labbra con le sue mentre ero, in biancheria
intima,
sulla bilancia.
Ciò che però mutò notevolmente il mio
umore in meglio
accadde il quarto giorno.
Seduta a letto con qualche linea di febbre sfogliavo
annoiata una rivista di puericultura quando sentii la macchina di
Jasper
parcheggiare in Garage. Lui ed Alice erano andati a caccia e mi era
mancata la
compagnia di mia sorella. Li sentii entrare ma dato che le mie gambe
erano
indolenzite preferii aspettare che fosse lei a salire. Non mi andava di
fare un
ruzzolone giù per le scale.
Senza però alcun
preavviso, sentii una voce profonda,
dolce. Non era di nessuno dei Cullen. Mi portai a sedere e tesi
l’orecchio.
Quando capii a chi appartenesse per poco non svenni. Sentivo le lacrime
scorrere sul mio viso e non mi curai neanche di farle smettere mentre
sgusciavo
fuori da sotto le coperte.
Scesi le scale di corsa e mi feci per buttarmi ma
inciampai e caddi. Lui fu
più veloce della gravità e mi prese tra le
braccia bollenti che si chiusero
introno alla mia schiena. Sentivo odore di muschio e di pioggia. Nel
momento in
cui i nostri corpi erano entrati in contatto, avevo avuto una strana
sensazione. Da molto tempo non ero più abituata ad essere
accolta da un corpo
morbido e caldo. Era estremamente piacevole. < Jake…
> Sussurrai alzando
lo sguardo e fissandolo negli occhi, marroni e dolci. Mi strinse a
sé e poi mi
disse: < Dovresti essere a letto. > Mi squadrò
a lungo e poi disse: <
Hai partorito pretermine... > < Urca Jake, mi stupisci.
Hai intenzione di
diventare medico? Sì, la bimba è nata un
po’ prima del previsto… ma adesso sta
bene. Vero? > E guardai Edward che annuendo sorrise e mi prese
la mano,
baciandomi la guancia. In quel momento Elizabeth fece sentire la sua
voce ed io
trattenni Edward che stava già per salire. < Sono
capricci. L’ho allattata 3
ore fa. > A quelle parole Jake mi guardò un
po’ strano e così gli dissi:
< Che c’è? > < Ho fatto
così tanta fatica a convincere Edward a farmi
venire qui per vederti e tu non sei cambiata nel tuo modo di fare.
Anche se
forse, i capelli e lo sguardo… Sai, è strano
immaginarti madre. Vederti
esserlo. > Feci finta di dargli uno scappellotto e lui fece
finta di farsi
male. Ridemmo entrambi e poi gli proposi: < Vieni a vederla?
> Al suo
assenso, sorrisi e lo guidai di sopra insieme ad Edward… Una
volta in camera,
presi la bambina e, sostenendole la testa, l’appoggiai al mio
petto. Come al
solito, cercava il mio seno. Cercano di piegarmi leggermente
all’indietro
chiesi a Jake: < Allora, non è splendida la mia
piccola bambina? >
Elizabeth mi afferrò i capelli fissando Jake. Che si fosse
resa conto che per
lei era uno sconosciuto? < La vuoi prendere in braccio? >
< Fai
attenzione. > Gli disse aggressivo e perentorio Edward. Jake
annuì un po’
incerto e io gli misi tra le braccia la bambina. < Ecco
Elizabeth, vai da
Jacob… > Esitante, lui l’accolse
sorreggendola dolcemente. Quelli erano i
primi istanti di mia figlia con qualcuno che non era parte della
famiglia,
sebbene Jake per me fosse come un fratello. Quando
ricominciò a piangere però,
Jake si spaventò e me la porse. Nuovamente stretta a me, la
bambina smise di vagire.
Poco dopo, si addormentò. Jake le accarezzò il
capo e mi sorrise. < Hai
ragione. È proprio molto carina. > Lo guardai male e
lui si corresse: <
Ok, è bellissima… contenta? > <
Sì. > E gli sorrisi orgogliosa. Rise
del mio sbadiglio.
< Bella, perché non torni a letto? > Mi disse
Edward prendendomi per il gomito e guidandomi verso le lenzuola.
Stanca,
obbedii. Seduta sotto le coperte e con la bambina dolcemente
addormentata tra
le braccia, rimasi a parlare con Jake ed Edward a lungo.
< E come stanno tutti?
> < Bene… più o meno.
Emily è incinta di 5 mesi. > < Oddio, che
bello! Devi farle gli auguri da
parte mia! E dille che essere incinta è bellissimo!
Chissà se lo ha già sentito
muoversi? > Sorrisi e mi portai la mano alla pancia non
più enorme e pensai
che mi mancava un po’ la gravidanza. <
Riferirò. Sono due gemelli. Sam è
fuori di sé dalla gioia. A proposito, grazie…
> Fece ad Edward che annuì
sorridendo. Li guardai sospettosa e chiesi: < Di che parlate?
> Edward
scosse il capo ma Jake mi rivelò:
< Quando gli altri succhiasangue, Alice e
Jasper, sono venuti a trovarci un paio di mesi fa e hanno saputo la
notizia, lo
hanno detto agli altri e Edward ha voluto dare a Sam i soldi per
ampliare la
casa. Per fare una camera ai bambini… > <
Siamo in debito per il vostro
aiuto… è un piacere. Qualunque cosa vi serva...
> Disse Edward gentile ed io
mi appoggiai a lui. < Leah invece ha avuto di nuovo quelle
cose… >
<
Mm? Come scusa? > Gli chiesi non avendo capito a cosa si
riferisse e lui, un po’ a disagio, cercò di
spiegarmi: < Ma sì
dai… quando voi donne diventate intrattabili. Per quasi un
anno, dopo essersi trasformata,
non aveva più avuto il ciclo… come se fosse in
menopausa. Il tuo
vampiro-dottore diceva che era legato al fatto che la sua
età era bloccata.
Dovevi vedere come ci assillava! Diceva che era colpa
nostra… E noi dovevamo
sorbirci tutte le sue lagne. Non pensavo che le donne fossero
così. Ci
schiaffava i suoi ricordi davanti e noi non potevamo evitarlo.
È per questo che
ormai siamo così ben informati. Avere una femmina nel branco
non è facile.
Adesso che si è innamorata invece è convinta che
il tempo sia ricominciato a
scorrere anche per lei. Ora si lamenta perché dice che
rischia di rimanere
incinta. Non è mai contenta. > E rise. Io lo fissai
meravigliata e felice.
< Quindi ora ha trovato un ragazzo, uno che e vuole bene? Ma ha
subito
l’imprinting? >
< Mm, secondo quelli che ce l’hanno
l’imprinting, no.
Però cavolo se è innamorata! Pensa che lui le
andava dietro da un po’. È un
barista di un locale di La Push. Un giorno
l’ha difesa mentre il suo ex le stava
gridando dietro. Quello gli ha tirato un pugno e allora Leah si
è arrabbiata
dicendo che non doveva prendersela con chi non c’entrava. Poi
ha accompagnato
il poveraccio all’ospedale. Setto nasale rotto. Da quel
giorno hanno cominciato
a frequentarsi e poi, improvvisamente, Leah è diventata
più irritabile del
solito. 3 giorni dopo ha rifiutato di trasformarsi. Sam è
andato a parlarle e
lei gli ha detto delle mestruazioni. Lei e sua madre erano felicissime.
Il suo
ragazzo è un cugino di Quil, quindi conosceva le nostre
storie. Lei non voleva
dirgli della faccenda dei lupi per paura che lui fuggisse ma alla fine
ha
ceduto. Lui ha reagito bene… l’ha portata fuori a
cena quella sera. E lei si
sta facendo crescere i capelli… > < Dille che
sono molto contenta per
lei. > Attesi un attimo e poi continuai:
< E tu invece? Come va? Trovato
qualche ragazza carina? >
< Una… ma è occupata. > Disse
ricordando la
festa di fine anno quando avevo la gamba rotta. < Inoltre, pare
che sia
felicemente sposata e si stia cimentando nel ruolo di madre. Cose
assurde se
pensi che ha solo un anno in più di me. >
< Piantala! > gli dissi
scherzando ma Edward non rise. Mi mise un braccio intorno alla vita e
mi baciò
i capelli. Notai stranamente tristezza nei suoi gesti. Gli avrei
chiesto in
seguito. Non volevo discutere davanti a Jacob. In silenzio, ascoltai
Jake
raccontarmi le piccole cose di La Push.
Lo pregai
di raccontarmi di Charlie e lui esaudì il mio desiderio. Mio
padre stava bene.
Gli mancavo proprio come mancavo a mia madre ma entrambi erano felici
di
sapermi al sicuro. Mi ripromisi di richiamarli non appena mi fosse
passata le
febbre. Ad ora di pranzo, Esme ci portò da mangiare in
camera. Jake rimase un
po’ scioccato dal vedermi allattare ma ebbe il buon gusto di
non dire niente.
Aveva chiaramente paura di Edward.Chiacchierammo per ore
finché non crollai.
A sera, sdraiata a letto, sentii le
sue dita calde
sulla mia fronte. Mi ero assopita. Assonnata, socchiusi gli occhi e lo
vidi triste.
< Vai? > domandai un po’ infelice con la voce
impastata di sonno. Cercai
di mettermi a sedere ma lui me lo impedì. < Non
preoccuparti. Tornerò a
trovarti. Tu pensa a rimetterti. La prossima volta che ci vediamo
potremmo fare
un giro qui intorno. Sai, il posto è molto bello. Mi
raccomando. E auguri con
la mocciosa. Non è facile fare la mamma. > e mi
sorrise. Si chinò per
baciarmi la fronte e le sue labbra calde mi fecero capire che avevo
freddo…
Ci salutammo ma non mi accorsi di
quando se ne andò
dato che gli chiesi di aspettare che mi fossi addormentata.
L’ultima cosa di
quella sera che ricordo sono le sue braccia che mi scaldavano.
35
Salve a tutte! Ecco il cap 36
Scusate la fretta ma devo correre a studiare. In 9 giorni, 9 VERIFICHE
+ interrogazioni... io dico, manco fossimo a dicembre prima della fine
del trimestre!!!
Mi raccomando, leggete e recensite! Spero apprezzerete il fatto che
(finalmente) la nostra povera Bella ottenga quello che vuole XD
Che cose che ho scritto!!! Le ho rilette e sn arrossita, ma non avendo
il tempo di cambiarle, posto così! Un po' hard ma
suvvià, lasciamo che qualche volta si divertano anche loro XD
ps: io amo quel bel vampiro di Emmett anche se è un pazzo
totale, soprattutto in questa ff. devo riuscire a dargli più
spazio!!!!
ma ora, bando alle ciance! un grazie a voi che leggete e commentante!
Così rallegrate le mie grige giornate di studio.
prossimo aggiornamento previsto per... Mercoledì o
Giovedì. Spero che questo capitolo vi soddisfi!
Un bacione a tutte!!!
Cassandra, in crisi per il
non aver ancora trovato il suo Edward personale!
Bella's POV
< Edward! > Gridai girando a vuoto per casa. Non
lo trovavo da nessuna parte. Effettivamente, non riuscivo a trovare
nessuno…
sembrava che ci fossimo solo io ed Elizabeth…
<
Edward??? > Ero appena uscita dalla vasca.
Quando ci ero entrata tutti erano al piano di sotto a chiacchierare e
adesso
parevano scomparsi nel nulla.
< Mm… se mi state prendendo in giro,
vi assicuro che non mi state facendo ridere. > E mi accorsi che
la mia voce
tremava per la paura. Forse fu proprio per la traccia di terrore nel
mio tono
che Edward decise di venire allo scoperto, per così
dire…
La
prima cosa che avvertii furono le sue
labbra sul mio collo e le sue mani, che potrei riconoscere fra mille,
sui miei
occhi. < Sht, Bella… eccomi. > <
Edward! Ma perché fate tutti i
cretini? >
< Sht… > Mi
bisbigliò ancora, bacandomi la pelle della clavicola
lasciata scoperta dalla
scollatura del
mio vestito leggero. Naturalmente, a maniche lunghe. Mi prese,
fulmineo, tra le
braccia e mi cullò dolcemente. Tenendomi stretta, mi
portò fuorì in giardino.
Me ne accorsi perché sentii il sordo sbattere della porta
dietro di noi e poi
un leggero e piacevole venticello scompigliarmi i capelli sul viso.
Risi quando
le sita di Edward mi corsero lungo la giugulare. < Non fare
domande. >
Incuriosita dal tono, obbedii.
In silenzio mi lasciò scivolare dalle
sue braccia ed io poggiai i piedi, con addosso dei sandali di cuoio,
sul
terreno fresco. I fili d’erba mi accarezzavano la pelle.
Sempre
tenendomi le
mani sugli occhi, mi guidò verso un punto indefinito.
Poggiai le
mie mani sulle
sue e mi accorsi di opporre resistenza al suo guidarmi. <
Ehi… non ti fidi
di me? > Mi domandò fingendo di essere offeso ed
appoggiando
la sua bocca
sulla mia tempia. Impacciata balbettai: < No…
no…
cioè, mi fido di te, è di me che non mi fido.
Cadrò sicuramente... cado già con gli occhi
aperti,
figuriamoci chiusi... >
< Bene, anche perché ora puoi aprire
gli occhi. > E tolse le sue mani dal mio volto. Lentamente
socchiusi gli
occhi e la prima impressione che ebbi fu di essere caduta in un mondo
incantato.
Eravamo
nel giardino, ma nella sua parte
più appartata, sul retro. In un punto non visibile dalla
casa in quanto
nascosto dal boschetto del giardino stesso. Un tavolo tondo posto sotto
un
baldacchino di rose rosse mi stava aspettando completamente
apparecchiato. La
stoffa bianca della tovaglia si stagliava nella semioscurità
illuminata dalle
candele che, a centinaia portavano da dove mi trovavo al piccolo angolo
di
paradiso attraverso una sottile stradina tortuosa che si faceva strada
tra i
cespugli di rose bianche.
Un candelabro antico e
probabilmente
d’oro, illuminava la tavola e il pergolato. Con le mani alla
bocca per lo
stupore, mi voltai per guardare Edward negli occhi. Lui sorrise alla
mia
espressione.
< Ti piace? >mi domandò teso.
< Edward… è splendido! È per
questo che Alice si è inventata l’invasione di
formiche rosse assassine sul
retro del giardino, vero? > Chiesi un pochino in imbarazzo per
esserci
cascata nonostante conoscessi Alice. < Sì…
non credo esistano formiche rosse
assassine in questa zona dell’America
settentrionale… > < Oddio, è
assolutamente splendido… > Poi il mio stomaco
brontolò e lui rise.
Prendendomi per mano mi condusse sotto il pergolato dove fui avvolta
dal dolce
profumo di fiori e anche da quello molto invitante del cibo che si
trovava
celato dai contenitori di argento. Da galantuomo, Edward mi fece
accomodare per
poi cominciare a servirmi. Tutto era a dir poco buonissimo. Da quando
avevo
partorito, e quindi Edward non temeva più che dessi fuoco al
pancione, ero
tornata a cucinare per me, di solito insieme ad Esme o Alice. Rose
preferiva
decisamente stare con mia figlia. < Chi ha cucinato? >
< Esme ed io…
> e poi mi servì l’antipasto. Tra una
portata e l’altra, si sedeva
esattamente davanti a me per osservarmi mangiare. Uno dei suoi sport
preferiti.
Ogni portata era piccola, giusto tre o quattro cucchiaiate per poter
permettermi di assaggiare tutto ma non ingozzarmi.
Arrivati al gelato, chiesi ad
Edward:
< Amore, la bambina come sta? > < Dorme. La sto
tenendo d’occhio, o
meglio, d’orecchio. > e poi mi accarezzò la
guancia. Essendo passati solo
due mesi dal parto l’allattavo ancora al seno ma con mia
somma gioia, la
mocciosetta dormiva moltissimo e adesso le sue poppate erano
drasticamente
calate in numero ma allungate in durata. Grazie a questo cambiamento
nel suo
tempo biologico, anche il mio si era stabilizzato. Non crollavo
più dal sonno
ogni 5 minuti e riuscivo a dormire tutta la notte di fila. Bastava
allattarla
subito prima di andare a dormire e subito dopo essermi svegliata.
Durante il
giorno, tre poppate bastavano. Era una bimba assolutamente adorabile.
Non
faceva i capricci e dormiva tranquilla. L’unica cosa era il
fatto che piangeva
sempre se si accorgeva di essere sola. Io ero la sua compagnia
preferita.
Subito dopo di me venivano Edward eRose. Sebbene le piacesse stare tra le braccia di tutti.
Sorridendo, affondai il cucchiaio nel gelato al limone
e alla fragola. Fatto in casa…
< Vuoi anche il caffè? > mi domandò
quando ebbi
finito il gelato al lampone.
< Mm, non so. > Rise e me lo porse, ancora
caldo.
< Certo che tu che mi lasci bere il caffé…
> lo
presi in giro < A cosa devo questa tua apertura alla caffeina?
Non mi lasci
bere neanche la coca cola… e poi, sto allattando…
> < Diciamo che facciamo
un’eccezione. Spero che questa sera tu ti addormenti
tardi… > Disse facendo
finta di osservare il roseto prendendomi un ricciolo tra le dita e
giocandoci
attorcigliandolo su sé stesso. Arrossii ed abbassai lo
sguardo sulla tovaglia
candida.
< Non ti va? > Mi
chiese turbato. < Non
preoccuparti. La mia era solo una proposta. Non sentirti obbligata per
questo…
> E mostrò i resti della cena. Alzai gli occhi e
balbettai: < Ehi, guarda
che a me va… e molto anche, visto che l’ultima
volta mi hai impedito di… >
Lui poggiò le dita sulle mie labbra facendomi segno di stare
in silenzio. <
Sai, speravo proprio che questa volta non mi dicessi di no…
> E sorrise. Lo
guardai confusa e poi gli dissi: < Edward, io non ti ho mai
detto di no. Sei
tu quello che di solito dice di no al sesso. > Lui
continuò dicendo: < Un
anno fa esatto, ti ho portata alla radura, dopo ciò che era
successo con
Victoria… non ricordi? Sdraiata supina sull’erba
hai respinto le mie mani sulla
tua pelle, sotto la tua camicetta. Quella volta sei stata tu a dirmi di
no,
anche se con notevole ed evidente sforzo se mi permetti. Il tuo cuore
sembrava
impazzito e le tue mani nei miei capelli come le tue gambe intorno alle
mie mi
dicevano il contrario delle tue parole… proprio come il tuo
respiro e il tuo
sguardo. > < Il giorno in cui ho deciso che era il
momento di dirlo a
Charlie… > Ricordai io. Con le guance imporporate
sussurrai: < Lo sai
perché ti dissi di no. Io ti ho sempre chiesto di fare
l’amore con me ma tu ti
eri sempre opposto. Volevi il matrimonio… In quel momento
non potevo
acconsentire sapendo che tu in realtà volevi aspettare, che
stavi facendo tutto
quello per me, andando contro ai tuoi desideri. >
Mi accarezzò di nuovo e disse: < Beh, forse non ci
sarebbe Elizabeth adesso se tu allora non mi avessi chiesto di
aspettare. >
Poi si zittì, perso nei ricordi del mio rapimento.
Per distrarlo, mi chinai in avanti
e lo baciai. Lui si
lasciò ampiamente distrarre. Quando le sue labbra di
ghiaccio si allontanarono
per permettermi di respirare, mi accorsi di ansimare.
< Oggi, esattamente un anno
fa, hai accettato di
sposarmi. Ci siamo fidanzati ufficialmente in questo giorno. Mi hai
chiesto
l’anello, là, nella radura. Ricordi? >
< Certo. > Risposi sincera. Lui
mi baciò la mano, la fede e il cuoricino di diamanti fissato
al mio
braccialetto poi sfiorò l’anello di fidanzamento
appeso al mio collo. <
Quello per me è stato uno dei giorni più belli
della mia esistenza.
Paragonabile solo al giorno in cui hai accettato la mia proposta, a
quello del
matrimonio o a quello della nascita di nostra figlia… Gli
unici momenti della
mia vita meritevoli di essere vissuti lo sono stati solo grazie a te.
Voglio
che questo anniversario sia indimenticabile e speciale, proprio come
sei tu per
me. > Poi si alzò rapidissimo e mi prese tra le
braccia. Mi stese sull’erba
e poi si sedette sulle mie gambe. Si chinò a baciare il mio
seno spostando la
stoffa del vestito. Con una mano s’insinuò sotto
il mio vestito, lungo la
spaccatura sulla mia coscia. Me la massaggiava con le dita esercitando
una
leggera pressione. Quando arrivò agli slip, giocò
con il laccetto sul lato per
un po’ spostando la bocca dal mio petto al mio collo.
Strusciai la mia gamba
sul suo fianco e poi la accavallai sulla sua schiena insieme
all’altra. A
questo punto anche l’altra mano s’infilò
sotto i miei vestiti. Dentro di me fui
felice di aver indossato un completino di pizzo. Molto poco
casualmente, una
volta tornata in camera non ero più stata in grado di
trovare della biancheria
“normale”. Aperti i cassetti avevo trovato solo
intimo piuttosto osé. Non era
però la prima volta che Alice sabotava il mio guardaroba. Da
dopo il parto non
avevo più fatto l’amore con mio marito ma Alice mi
aveva praticamente obbligato
a mettere intimo non troppo casto. Diceva che Edward avrebbe
apprezzato. Ed in
effetti, nelle nostre serate non troppo innocenti sebbene fatte solo di
carezze
e coccole, sembrava che mia sorella avesse avuto ragione.
< Edward… > La mia voce arrochita dalle mie
emozioni. < Sì? > La sua bassa e sensuale.
< Ti amo. > E un attimo dopo mi passò le mani
sulla schiena alzando il vestito fino alla mia vita. Mi
accarezzò a lungo e poi
si arrestò.
< Continuiamo in casa? >
Annuii nascondendomi tra i suoi capelli rossi.
Sorreggendomi con le sue braccia, mi prese in braccio come fossi una
bambina ed
io appoggiai il capo sulla sua spalla, dopo aver incrociato le gambe
dietro la
sua schiena..
Arrivati in camera. Andai al bagno
mentre lui controllava la
bambina e le rimboccava le coperte.
< La teniamo qui? > Chiesi dopo essermi lavata i
denti. Addosso avevo ancora il vestito.
< Hai paura che si svegli? > Arrossii pensando
al fatto che in quelle situazioni mi lasciavo molto trasportare e
… bhe
insomma… diciamo che non modulavo bene la voce…
< Se vuoi la mettiamo in
camera sua. > Annuii e lui la portò nella stanza
adiacente.
Sdraiata a letto, lo aspettai e lui arrivò subito. Mi
domandò: < Sicura di stare bene? >
< Starò male se dovrò aspettare ancora
prima di
poter amarti non solo con l’anima. > Scosse la testa
fingendo di essere
sconsolato e poi sorrise peccaminoso.
La prima cosa che fece fu di
levarmi l’abito. Le sue
mani erano veloci e precise. Quella sera non ci furono strappi nei miei
vestiti. Per lo meno non quelli non intimi. Questa volta non
aspettò che fossi
io, impacciata, a sbottonargli i pantaloni e la camicia.
Seduto sul mio bacino, senza
realmente sfiorarlo, mi
accarezzava con dita avide. Era persino più impaziente di
me, nonostante
cercasse di non farmelo notare. Una volta in biancheria, volli levarmi
la
soddisfazione di togliergli i boxer. Lui mi lasciò fare ma
poi mi sussurrò
all’orecchio: < Allora quelli… > E
sfiorò i miei glutei fino ad arrivare
agli slip per poi salire fino al reggiseno < Sono compito mio.
> Si chinò
a baciarmi la pelle e poi con la lingua cominciò a giocare
con i laccetti degli
slip. Improvvisamente sentii il freddo dei suoi denti sfiorarmi.
Trattenni il
respiro mentre con i denti tagliavano i cordicini, prima uno e poi
l’altro. Con
il naso scese dall’ombelico fino alla stoffa bagnata che
scostò con delicatezza
poi, con le dita mi accarezzò la schiena e un clic mi
avvisò che mi aveva
liberato dal reggiseno. Quello che accadde nei minuti successivi non
riesco a
ricordarlo con molta lucidità. All’inizio fu molto
gentile e misurato, come
sempre. Cercava di non farmi male nel momento che più gli
faceva paura. temeva
di fare un movimento brusco e di ferirmi. Lentamente si unì
a me stringendo il
lenzuolo. Io invece trattenni il respiro e serrai gli occhi. Un
po’ per
vergogna un po’ per il leggero male. La nostra prima notte di
nozze lui era
stato così delicato, cosi misurato per evitare di farmi male
che quasi aveva avuto
paura a muoversi. Per quello aveva voluto che la prima notte la
passassimo a
casa, dove Calrisle avrebbe potuto intervenire in caso di
necessità. Edward non
sapeva cosa aspettarsi e aveva paura della sua stessa reazione. Neanche
lui
aveva provato prima quelle emozioni. Quando lo avevamo fatto durante la
gravidanza, la paura di perdere per un attimo il controllo e poter
quindi fare
male ad Elizabeth lo aveva tormentato. Sebbene non me lo avesse mai
detto, io
lo avevo capito dal modo in cui mi toccava. Il pancione era troppo
ingombrante
per permettermi molti movimenti e quindi avevo dovuto lasciar fare
tutto a lui.
Adesso invece, nonostante si moderasse per evitare di ferirmi, si
lasciò quasi
subito andare molto di più. Dopo i primi momenti, in cui io
mi abituai alla sua
presenza e lui alla mia tensione, entrambi ci rilassammo. Lui poi
cominciò a
prendere l’iniziativa lasciandosi trasportare dalla passione.
Potevo sentirlo
nel suo respiro, nella pressione, persino dolorosa, delle sue dita
sulla mia
pelle. I suoi baci affamati del mio corpo, il suo stesso corpo
impaziente. Era
tutto così travolgente. Così
coinvolgente… mi ritrovai ad annaspare in cerca di
aria mentre il mio corpo si muoveva totalmente sconnesso dal cervello.
I miei
movimenti non rispondevano alla mia volontà, totalmente
soggiogata dalla
passione. Con le braccia cercavo di tenere Edward attaccato al mio
corpo
sebbene lui a volte cercasse di allontanarsi per guardarmi. Mi eccitava
sentire
il freddo del suo corpo sul mio seno. Quando sentii che stavo per
perdere anche
l’ultimo barlume di controllo, man mano che i suoi movimenti
si facevano più
veloci, scivolai con la mano destra dalla sua schiena ai suoi capelli
ai quali
mi avvinghia. Se fosse stato umano glieli avrei strappati. Era una
sensazione
unica essere una sola anima con Edward. I nostri corpi uniti erano
complementari.
< Ti amo. > Sussurrò con un filo di voce
mentre
stringeva le sue mani sui miei fianchi facendomi male. Io ero troppo
distante
con la mente per rispondergli. Mi limitai a registrare
l’informazione e ad
emettere un ulteriore gemito di piacere. Ormai le mie grida e i miei
ansiti
erano udibili e mi vergognavo ma le mani intraprendenti di Edward sulla
mia
pelle mi fecero presto dimenticare il pudore.
Quando smisi del tutto di pensare, lasciai che fosse
il mio corpo a guidarmi ed Edward, assecondando i miei movimenti,
accentuava
tutte le mie sensazioni. Dimenandomi per il piacere, chiamavo il suo
nome
accaldata e sudata. E ad ogni sua carezza il mio cuore batteva
più veloce. Ad
un tratto mi aggrappai a lui con tutta la mia forza e mi lasciai
andare. Avevo
cercato di ritardare, prolungare quel momento ma non riuscii a
resistere. Poco
dopo Edward fece lo stesso e lasciò che la sua mente
lasciasse spazio al suo
istinto.
Quella era stata fina a quel momento la notte più
travolgente da me vissuta. Fortunatamente non fu l’ultima. Ci
eravamo amati
così intensamente che la sensazione che ebbi dopo fu di
totale pace e gioia. Mi
sentivo felice e bene. Ero completa, appagata. Edward respirava
affannato sulla
mia pelle e il suo respiro mi accarezzava gentile, contribuendo al mio
stato di
beatitudine.
Fosse stato per me, quella notte
avremmo continuato
all’infinito ma il mio corpo pareva avere
necessità diverse da quelle della mia
volontà. Sdraiandomi accoccolata sul fianco tiepido di
Edward, appagato quanto
me, gli accarezzai gli addominali. Le sue dita percorrevano la mia
spina
dorsale avanti ed indietro mentre i suoi occhi dorati erano fissi sul
mio seno,
schiacciato contro il suo corpo di marmo. Rimanemmo a lungo in quella
posizione
rilassante. Cullati dai nostri respiri che andavano tranquillizzandosi,
ci
coccolavamo a vicenda. Fu molto riposante. Presto mi sentii sveglia
abbastanza
per poter provare qualcosa di nuovo. Mi feci scivolare sopra di lui. In
mio
petto sopra il suo.
< Sei una tentazione insostenibile. Come faccio a
trattenermi? > mi domandò sfiorando le mie labbra con
le dita.
< Non trattenerti. Non mi offendo mica… > Gli
dissi maliziosa issandomi su di lui e chinandomi in avanti per poter
leccare
con la punta della lingua le sue labbra bagnate ed amare.
< Non questa sera… adesso riposati. >
< Non sono stanca. Colpa del tuo caffé. Oggi
è un
giorno importante tra l’altro. E poi… >
cercai le parole giuste per
dirglielo senza offenderlo. < Sì? > mi fece
lui curioso.
Arrossita sussurrai: < Voglio provare a stare
sopra. >
Mi guardò a lungo, studiando il mio volto e il mio
corpo. Lo vidi combattere interiormente. La cosa intrigava anche lui ma
allo
stesso tempo pensava che fosse il momento che dormissi. Esultai dentro
di me
quando vidi le sue labbra piegarsi in un sorriso molto poco innocente e
sentii
le sue mani fare presa sul mio bacino. Per tutto il tempo le sue mani
percorsero ogni centimetro della mia pelle come non avevano avuto modo
di fare
nelle nostre esperienze precedenti. Fu più complicato di
quanto
pensassi ma
alla fine entrambi ci lasciammo guidare dai nostri sensi e per quello
che riesco a ricordare di coerente, il non pensare funzionò.
Quando ritornai nel
mondo reale, ero sdraiata su di lui avvolta nelle coperte. Lo sentivo
respirare
il mio profumo.
Poco dopo, mi disse: <
Prendi questo. > Mi misi
a sedere e lo osservai prendere delle pastiglie dal cassetto. Me ne
porse una
insieme ad un bicchiere pieno di acqua appena versata da una
bottiglietta nascosta
nel suo comodino.
Afferrai la pastiglia con due dita e gli domandai:
< Che cos’è? > < Ti ricordi
quello che mi doveva comprare Esme a
Gibson? > Io annuii e lui continuò: < Per
evitare sorprese… >
Avendo capito, annuii. Dentro di me
però mi resi conto
di non voler prendere quella pillola. Senza dirgli niente afferrai il
bicchiere, lasciai che vedesse che mettevo la piccola in bocca e poi
deglutii,
facendo attenzione a tenere la pastiglia tra i denti. Lui mi
passò un
fazzoletto per asciugarmi le labbra ed io, senza farmi notare, ci
sputai dentro
la pillola, poi accartocciai il fazzoletto e lo misi nel mio cassetto.
< Adesso dormi… > Mi bisbigliò
gentile
accarezzandomi il collo e i capelli.
< Nooo > Mi lagnai io. < Ancora, per favore!
> lo implorai e gli
sfiorai il corpo scendendo con la mano a sfiorargli
l’inguine. Lui mi bloccò la
mano prima che raggiungessi il mio obbiettivo. Tenendomi per il polso,
portò la
mia mano alle labbra e la baciò.
Mi obbligò a voltare il
capo e fissarlo negli occhi.
Con le dita tracciò il profilo delle mie occhiaia e disse:
< Devi dormire.
> Stanca, mi abbandonai al suo petto cullata dalla sua voce. Ad
un certo
punto, semiaddormentata, gli sussurrai. < Sarebbe bello poterlo
fare ogni
volta che vogliamo, senza scomodare tutti. Quanto mi piacerebbe avere
un posto
solo per noi… una casetta per noi e la nostra bambina, dover
poter essere una
famiglia… > Lui mi accarezzò i capelli e
mi bisbigliò addolorato: <
Bella, non sai quanto vorrei darti questo, darti tutto ciò
che desideri. Se
potessi, ti giuro che preparerei una casetta per noi. Non sai quanto mi
dispiaccia
non poterti accontentare. Anche io lo vorrei… ma
è solo per la sicurezza tua e
di nostra figlia. La vostra incolumità viene prima di tutto.
Lo sai… > E mi
baciò la fronte. Annuii egli dissi che
io ero felicissima anche così. Dopo Volterra,
l’importante per me era stare con
lui e con la bambina, insieme agli altri Cullen, il resto sarebbe
venuto dopo.
Stretta a lui e da lui mi addormentai. Non dormii a lungo dato che
Elizabeth si
svegliò. Edward diceva che aveva il mal di pancia. Mi
suggerì di dormire assicurandomi
che si sarebbe occupato di lei ma io ero certa che non sarei riuscita
ad
addormentarmi sapendo che la mia bambina non si sentiva bene.
Mentre la cullavo cercando di
calmarla, seduta in
salotto verso le quattro di mattina, Edward venne da me e mi prese la
mano.
< Bella, Amore… > < Sì?
> Sbadigliai io. Lui mi accarezzò la guancia
e cercando le parole giuste e mi disse: < Perché non
me lo hai detto? >
< Cosa? > < Che vorresti un altro
bambino… > Mi zittii e svegliai
completamente nel giro di pochi istanti. Mi ero dimenticata di buttare
il
fazzoletto e lui aveva scoperto la pillola. Mi si gelò il
sangue temendo che si
arrabbiasse con me. Prima arrossii e poi impallidii. Lui mi
accarezzò gentile e
mi disse: < Non sono adirato. Solo, perché non me lo
hai detto? Non ti avrei
dato la pillola… > < Temevo che tu non avresti
voluto … un altro bambino.
> Ammisi capendo solo in quel momento la sensazione che avevo
provato prima.
Cercai di discolparmi dicendo: < Pensa poi ad Elizabeth, unica
bimba in
questa casa di vampiri… tutta sola. >Lui mi baciò e mi disse: < Questa volta
però, che ne dici di un
maschietto? > Sorrisi sollevata e lui mi baciò con
passione, mentre le sue
mani mi accarezzavano le guance. < Questo dipende da
te… > gli sussurrai
felice che avesse accettato il mio desiderio. Rimasi sveglia tutta la
notte e,
quando la mattina dopo gli altri tornarono, Emmett mi guardò
in faccia mentre
in cucina stavo mettendo in frigo il latte che avevo tenuto via per
Elizabeth e
mi disse: < Oddio, cosa avete combinato questa notte voi due? Ci
andate
pesante! Hai una faccia, Bella… > Io
arrossì e cercai di balbettare qualcosa
riguardo Elizabeth ma lui non me ne lasciò il tempo.
< Dovrò ricordare ad
Edward che sei ancora umana… non può mica pensare
di fare come faccio io con
Rose… > non riuscì a continuare la frase
dato che Rosalie, apparsa davanti
alla porta, gli diede uno scappellotto e gli sibilò qualcosa
riguardo al futuro
prossimo delle loro nottatine piccanti. Lei svanì in
giardino dopo avermi fatto
un cenno di saluto con la mano. Vidi Emmett ignorarmi e correrle dietro
gridandole delle scuse e dicendo che era dispiaciuto, pronto a fare
tutto ciò
che lei voleva, come lo voleva...
Chiaramente esisteva solo un modo
per tenere in riga
gli uomini…
Edward e Carlisle andarono al piano
di sopra dove la
nostra bambina si era appena addormentata dopo avermi tenuto sveglia
tutta la
notte. Li seguii e mi lasciai rassicurare da Carlisle riguardo
la salute della bambina. Mentre si occupavano di lei,
tornai al piano di sotto. Andai in bagno per darmi una sciacquata e
notai dei segni scuri sul mio corpo, tracce della passione di
Edward...
Toccai la macchia violacea sul mio bacino e trattenni un
gemito. Per
evitare di angosciarlo, non gli avrei detto niente e avrei cercato di
non fargli sapere nulla. Prima di giocare ancora, avrei
aspettato
che fossero spariti. Un po' di attesa sarebbe stata ripagata da un
Edward privo di remore nel toccarmi, temendo di farmi del male. Esausta, andai a sedermi sul
divano e lì mi
addormentai appoggiata alla spalla di Alice, immaginando di dare un
fratellino alla mia bambina.
Il
bambino che avremmo voluto però non arrivava. Secondo
Carlisle il problema non era mio (Il mio ciclo era regolarissimo) ma di
Edward.
La teoria di mio suocero era piuttosto strana ma, dato che non riuscivo
a
rimanere incinta nonostante avessi aspettato un po' prima di riprovarci
seriamente, doveva essere giusta. Edward ovviamente, come da sua
natura, si sentiva in colpa e
diceva che era colpa sua se io non potevo essere felice. Mi dovetti
impegnare
per convincerlo che ero felice lo stesso e comunque, non disperammo,
impegnandoci molto per raggiungere il nostro obbiettivo.
Emmett se la rise vedendo che li
cacciavamo tutti di casa almeno quattro volte a settimana...
Io di questo certo non mi lamentavo. Potevo avere Edward tutto per me senza sguardi od orecchie indiscrete, il che è sempre un bene quando si fanno certi giochi...
Capitolo 37 *** Alice (Biloxi, Mississippi, 1925) ***
Ciao a tutte!!! Miracolosamente sn
riuscita a postare oggi!!!
Capitolo scritto velocemente oggi
prima di studiare latino. Ero
molto triste per una verifica di matematica andata male a causa di una
prof che
mette su otto esercizi 6 su cose mai fatte…
Solo che poi, la media la rovina a noi, non a lei.
Il capitolo cmnq nelle linee generali era già pronto prima
quindi non dovrebbe averne risentito (era drammatico anche prima XD)
Spero vi piaccia. Ci tenevo molto a scriverlo perché mi sono
sempre chiesta cosa fosse successo…
Questo era l’unico modo per poter inserire questo fatto
nella ff.
Spero gradirete. Non preoccupatevi. Andrà a finire tutto
bene! Anche per A***E(vediamo
chi indovina chi è XD)
Grazie per i vostri bellissimi commenti. Davvero belli e graditi!!!
Non vi dico ancora se avranno altri bambina ma per intanto,
ditemi dei nomi, sia maschili che femminili che vi piacciono (un paio
in mente
ce li ho già XD)!
Ah, per le serate piccanti, direi che ce ne è almeno
un’altra!!! (minimo... una serve per far contenta Bella... se
a lei piacciono i mocciosi... ) La teoria di Carlisle la spego la
prossima volta, non preoccupatevi, basta che non vi mettiate a ridere
però, Povero Edward, i suoi problemmi sbattuti senza ritegno
su queste pagine da me, sadica e perversa XD!!!!!!
Ora vi lascio che ho la versione domani…
PS: grazie
davvero
infinitamente!!! Questa storia è stata inserita tra i
preferiti da 200
persone!!! GRAZIE!!! SONO AL SETTIMO CIELO!!! Mi avete tirato
sù il morale!!!(e
mi serviva proprio una botta di felicità... anche
perchè il mio prof di Italiano mi ha detto che non so
scrivere e che i miei temi fanno schifo... almeno qualcuno che apprezza
il mio lavoro c'è. Grazie infinito a tutte voi! Un bacione
enorme!!!)
PPS: Questo cap riprende da prima che Edward e Bella comincino ad
impegnarsi costantemente per avere un secondo figlio, circa 2 ore dopo
che Bella si è addormentata. Dimenticate le ultime 10 righe
del cap prima. Nel prossimo cap, dal POV di Bella, si riprende dalla
fine del 36, ovvero, approfondendo quelle 10 righe XD!!!
Un bacione da Cassandra che
andrà, con molta poca voglia, a ripassare Cicerone.
Edward's
POV
Rimasi con Elizabeth per circa 3
ore, seduto ad
osservarla dormire. Carlisle venne a controllarla ogni ora. La
esaminava e poi
tornava da Jasper ed Emmett che stavano lavorando a qualcosa in
giardino. Credo
stessero smontando una vecchia macchina per poi riassemblarla, dopo
averla
truccata, ovviamente. Emmett ci teneva tanto... E Rosalie apprezzava
quel
genere di lavori. Amava giocare alla meccanica sexy...
Bella, al piano di sotto, si era
addormentata dopo
aver passato la notte alzata. E devo dire che, finchè
Elizabeth non aveva
cominciao a stare male, era stata una notte a dir poco fantastica.
Quando notai che la bambina muoveva
nel sonno la bocca
come quando aveva fame, decisi di andarle a prendere del latte e
scaldarglielo.
Inoltre, avrei preso Bella e l’avrei portata in camera. Il
letto era certamente
più comodo del divano, ed io più socievole di
Alice in questo periodo.
Sapevo che mia moglie le si era seduta accanto di proposito.
Sebbene non
potessi leggerle la mente, la conoscevo bene. Sapeva che ad Alice era
successo
qualcosa e si limitava a starne vicina, senza farle domande, nonostante
mia
sorella cercasse di evitarla. Voleva che Alice sapesse che lei le era
vicina.
Sapevo che a Bella mancava il loro rapporto. Le mancava la sua migliore
amica,
sua sorella…
Dopo aver baciato mia figlia sulla fronte calda e liscia, scesi al
piano
inferiore. Rimasi fermo alcuni istanti ad osservare mia moglie che,
addormentata, sorrideva ad Alice. Aspettai che lei si accorgesse di me
ma ciò
non accadde.
< Alice? Alice? >
Mia sorella non mi prestava attenzione. Osservava fuori dalla finestra
con gli
occhi persi nel bosco. I suoi pensieri erano confusi… non
volevo violare la sua
privacy e quindi cercavo di non intrufolarmi nella sua mente ma non
riuscivo ad
ignorare il pianto arido della sua anima. Era addolorata ma non voleva
parlarne
con me, con nessuno.
Le appoggiai la mano sulla spalla e le sussurrai di nuovo: <
Alice? Mi
senti? >
Lei sembrò svegliarsi da un sogno e mi fissò
stupita. Bella si era accoccolata
con la testa sulla sua spalla ma poi era scivolata sulle ginocchia di
mia
sorella che le accarezzava i capelli, assente.
< Alice, porto Bella in
camera. È molto stanca.
Questa notte non è riuscita a dormire… Elizabeth
non è stata bene e lei non ha
voluto saperne di lasciarmela. Si preoccupa così tanto per
lei… >
A quelle parole, la vidi deglutire ed abbassare lo sguardo.
Osservò mia moglie
e percepii sua disperazione.
< Bella è molto preoccupata per te. Non te lo direbbe
mai per paura di
ferirti ma non capisce perché tu ti stia comportando
così. Ti sente distante.
Si è accorta che la eviti… così come
ce ne siamo accorti tutti… So che quello
che ti è successo a Forks, ciò che ti hanno
fatto, è stato atroce ma Bella non
ne ha colpa. Lei non sa niente. E non ho intenzione di dirglielo. La
turberebbe
soltanto e si sentirebbe terribilmente in colpa. Non riuscirebbe mai a
perdonasi la tua sofferenza.
Per favore, cerca di rilassarti e di essere più dolce con
lei… ti vuole bene.
Vorrebbe tanto aiutarti. >
< Edward… > E mi fissò negli occhi
per un attimo. In quei pozzi neri come
i suoi capelli vidi una cosa che non avevo mai scorto in lei…
Rimpianto?
< Alice,
cos’è che mi stai tenendo nascosto? >
Fece per rispondere. Le sue labbra si incresparono e piegarono come se
stesse
per dirmi qualcosa. Cominciò a formulare un pensiero ma si
bloccò subito,
mordendosi il labbro inferiore. Per un attimo solo intravidi
l’interno di una
casa che non conoscevo. Mobili modesti e una donna appoggiata ad un
lavello,
girata di spalle. Indossava un grembiule e teneva i capelli scuri
legati in uno
chignon.
Subito dopo, Alice
scostò Bella dalle sue ginocchia e
per poco non la fece cadere. Si alzò in piedi e corse via.
Bella, svegliata di
soprassalto, mi guardò sorpresa con gli occhi ancora gonfi
per la stanchezza.
Si tirò a sedere e mi abbracciò. <
Edward… che c’è? > <
Niente, Amore,
niente. Vieni, andiamo in camera… > e, dopo averla
bacia lievemente sulle
guance, l’accompagnai al piano di sopra. Avrei
preferito non svegliarla e
restare ad accarezzarla mentre ancora dormiva aspettando che si
svegliasse ma,
ero certo, sarebbe stata contenta di allattare Elizabeth al seno. Se
poteva,
evitava i biberon e voleva che noi facessimo lo stesso. Se si accorgeva
che non
la chiamavamo per allattarla, si offendeva.
< Che ore sono? > mi chiese sbadigliando.
< Le undici… >
Mi sorrise radiosa e, sfiorandosi il seno, mi ridacchiò:
< Ora della
poppata. Resti o vai? >
< Vado. > Le risposi un po’ brusco. Lei ci
rimase male e così, prima di
lasciare la stanza, mi avvicinai velocemente e le sussurrai
all’orecchio: <
Ti amo… a dopo… Aspettami. >
Al piano di sotto, Alice era stretta in un abbraccio molto materno da
Esme.
Entrambe erano in silenzio. Alice teneva gli occhi chiusi e mia madre
mi
guardava da sopra i suoi capelli neri, corti e spettinati.
“Edward. Lasciala in pace.” Pensò mia
madre spostando lo sguardo su mia sorella
e guardandola apprensiva.
Annuii lievemente ed andai nella sala del pianoforte e mi sedetti al
mio
adorato piano. Le mie dita scivolarono sui tasti d’avorio
come se la musica
scaturisse direttamente da loro e non dal lieve tocco sullo strumento.
Sentii
bella, al piano di sopra, sospirare e accompagnare la mia musica ad una
canzone, che si adattava perfettamente alla melodia, per la
bambina.
Suonai a lungo, ignorando Alice
che, nel frattempo, si
era seduta per terra in un angolo. Si teneva la testa tra le mani e gli
occhi
erano chiusi.
Mi interruppi solo quando
Elizabeth, dal piano di
sopra, si fece sentire con la sua voce da neonata.
Sentimmo Bella cercare di calmarla. Le diceva: < No, no, non
piangere piccolina.
La mamma è qui. È qui con te e con il
papà. Adesso arriva anche lui. Sht, sht,
non fare così. > Dopo un po’ la sua voce
era esasperata e dai suoi passi
piccoli e veloci capimmo che si stava muovendo avanti e indietro per la
stanza,
cullandola.
Feci per andare da loro ma, quando passai vicino ad Alice, lei mi
afferrò la
manica e mi bisbigliò:
< Non te ne andare. Ho bisogno di parlarti. >
Sorpreso, mi bloccai.
Bella, agitata, cominciò a chiamarmi. La bambina aveva
evidentemente ancora mal
di pancia.
< Esme, andresti ad aiutare Bella, per favore? Carlisle
è in giardino con
Emmett ma sta arrivando… ha sentito la bambina piangere.
>
< Certo Edward. Le dico che stai arrivando? >
< Sì, dille che arrivo fra un attimo. > le
dissi fissando interrogativo
Alice che teneva ancora un lembo della mia maglietta.
< Alice, che cosa… > Ma lei mi interruppe
alzando gli occhi verso di me.
< Edward, perché
vuoi andare dalla bambina? >
Totalmente spiazzato dalla sua
affermazione, non
capendo cosa stesse cercando di dirmi, la fissai curiosa e lei
continuò: <
Cosa spinge te e Bella a starle sempre così vicini? Come mai
siete così …
attenti a tutto ciò che la riguarda? >
< Alice, sei certa di stare bene? È nostra figlia.
È naturale che sia così.
Soprattutto adesso che è così piccola ed
indifesa, assolutamente dipendente
da noi che siamo i suoi genitori… >
< … Non riesco a capire… anche io voglio
bene a vostra figlia ma voi
sembrate totalmente …
Bella sembra così… come se la sua vita
improvvisamente fosse incentrata solo sulla
bambina. Prima non aveva occhi che per te… e tu per lei. Ora
invece è come se
entrambi aveste spostato la vostra attenzione su di lei e lei venisse
prima di
voi stessi. Di voi come coppia. >
< Alice, siamo i suoi
genitori… è normale che sia
così. > Le ripetei lentamente, come se stessi
parlando con qualcuno che non
parla la mia lingua.
< E se lei fosse…
> Indugiò un secondo indecisa
se proseguire o meno e poi continuò: < E sei lei
fosse … diversa? Se fosse
sbagliata per voi? >
< Alice? Ma cosa stai
dicendo? Lei non potrebbe mai
essere sbagliata per noi! Non riesco a capire cosa cerchi di dirmi. Hai
visto
qualcosa che non vuoi che io sappia? Ti prego, non farmi stare in pena.
Dimmi!
Avrà dei problemi? Starà male? Ti prego, dimmi se
succederà qualcosa di cui
dobbiamo preoccuparci! Noi l’ameremo sempre e comunque, se
è questo che temi.
Niente potrà mutare i nostri sentimenti per lei.
È la nostra bambina… la
accetteremmo qualsiasi cosa succeda. Le staremo vicino, sempre e
comunque. >
Cercai di spiegarle, tentando di convincerla a dirmi cosa avesse visto,
terrorizzato che avesse scoperto una qualche malattia o avesse scorto
nel
futuro una qualche disgrazia.
Si alzò sulle ginocchia ed affondò la testa nella
mia camicia. Piangeva senza
però poter versare lacrime. Il suo piccolo corpo era scosso
dai singhiozzi.
Appoggiai sorpreso le mani sulle sue spalle e cercai di consolarla. Mi
sentii
male, temendo per la vita della bambina.
Cosa aveva visto Alice da
sconvolgerla così tanto?
Probabilmente a causa del suo stato
d’animo, lasciò
correre i suoi pensieri che fino a quel momento aveva cercato di
tenermi
nascosti. Fui come sommerso da una miriade di emozioni.
Le sue emozioni.
Pura, solitudine, dolore.
C’era oscurità intorno a lei nei suoi ricordi. E
fu quello a sorprendermi.
Erano ricordi sbiaditi, come filtrati attraverso degli occhi troppo
deboli per
cogliere tutti i dettagli del mondo. Tutte le sfumature dei colori e le
variazioni dei colori…
Tutto ciò era dovuto alla debolezza dei sensi umani.
E fu proprio questo a farmi mozzare il fiato.
Erano ricordi umani…
Il punto era che Alice non aveva mai avuto ricordi della sua
vita… precedente.
Quella lontano da noi e da Jasper.
Quella fragile e precaria che aveva dovuto abbandonare a soli
diciannove anni…
< Alice? Alice, cosa
significa? > Non era il
Futuro della mia bambina che la terrorizzava. Appena lo capii mi
sentii, molto
egoisticamente, estremamente sollevato. subito dopo però mi
accorsi del dolore
di mia sorella e cercai di tranquillizzarla, accarezzandole i capelli.
< Edward, Edward… > singhiozzava lei.
< Alice, calmati ti prego. Ti prego… > Le
dissi ma un altro fiume di
immagini mi raggiunse.
La giovane donna che prima lavava i
piatti adesso
gridava qualcosa ad una bambina piccola che piangeva, rannicchiata in
un angolo.
La ragazza aveva chiesto ad una donna che chiamava zia cosa pensasse
fosse
successo al figlio scomparso del sindaco.
Prima che l’altra donna potesse rispondere, la bambina con
voce limpida aveva
detto: < Io lo so. L’ho visto. È caduto nel
fiume tre giorni fa… lo ho visto
mentre dicevo la preghiera… > La donna si era voltata
verso di lei, l’aveva
osservata per un’interminabile istante e aveva cominciato a
gridarle dietro
delle cose orribili. L’aveva strattonata per le braccia e le
aveva urlato di
non dire quelle cose.
L’aveva fatta cadere dalla sedia e lei era scappata in un
angolo.
La piccola aveva paura. era terrorizzata dalla reazione di quella che
probabilmente era la madre. Non aveva fatto niente di male e non capiva
perché
quella donna a cui voleva bene si comportasse in quel modo con lei,
quando lei,
concentrandosi, riusciva vedere delle cose che non erano ancora
successe.
La prospettiva visiva del ricordo era dal basso.
Mi accorsi che gli occhi dal quale osservavo la scena erano proprio
quelli
della piccola quando la donna cominciò a picchiarla. Vedevo
le manine poste
sugli occhi, come a coprirsi e a tentare di difendersi. Sentivo le
grida irate
della donna e dentro di me sentii una sorta di dolore. I sentimenti
della
bambina erano talmente intensi che li provavo anche io, in tutto il
loro
orrore.
Quando arrivò il colpo
dalla mano della donna dritto
sulla piccola faccia della bambina, il ricordò
cambiò.
In una camera piccola e scura,
sentivo piangere. Come
nel flashback precedente, era la bambina che piangeva affondando il
volto nel
cuscino e che si copriva la testa con la coperta.
L’immagine mutò ancora. Questa volta riconobbi
Alice. Si rifletteva in uno
specchio. Avrà avuto non più di quattordici anni.
Si trovava nell’atrio di un
grande edificio pieno di uomini e donne in camice bianco. Qualcuno la
trascinava. Lei gridava e piangeva e chiamava
“Madre!” “Padre!” ma le due
persone a cui si riferiva non l’ascoltavano. La donna di
prima, tra le braccia
dell’uomo, si appoggiava a lui. Vedevo le sue lacrime. Alice
riuscì a
divincolarsi e corse verso di loro. Prima che i dottori potessero
bloccarla, il
padre (perché ero certo che fosse il padre. Era una
sensazione chiara anche se
lontana quella che Alice provava per lui: Affetto… ) le
tirò un ceffone che la
fece cadere per terra. Le disse: < Io non sono più
tuo padre. Tu sei sempre
stata una vergogna per la nostra famiglia. >
La madre pianse più forte e, mentre Alice veniva portata
via, lasciò la stanza
sorretta da un medico. L’ultimo ricordo umano del mondo
esterno che Alice
serbava era il giardino oltre le porte dell’ospedale che si
chiudevano dietro
di lei, mentre lei, in lacrime, si voltava per implorare i suoi
genitori di
aiutarla.
Mi sentivo male per quello che stavo vedendo e quando Alice
pensò ad un altro
ricordo, mi si strinse il cuore.
La tenevano ferma in una stanza bianca e spoglia mentre una donna le
tagliava i
capelli. L’avevano immobilizzata perché lei si
agitava. Quando la lasciarono
andare, i suoi capelli lunghi erano sparsi per terra. Si
passò una mano sulla
testa e pianse più forte sentendo che le avevano lasciato i
capelli lunghi
appena tre centimetri.
Due donne robuste la trascinarono
di peso in una
stanza e la lasciarono lì dopo averle tolto i vestiti e
infilato una camicia
d’ospedale.
E
da quel momento ogni immagine perse
il concetto di tempo.
Si mescolavano ricordi più o meno recenti. Dolore e paura
erano l’unica
costante.
Il buio era una presenza opprimente ed onnipresente. La rinchiudevano
in un
luogo piccolo e scuro, freddo. Le facevano del male. queste erano le
cure per
quella che consideravano una malattia.
La diagnosi era stata il nome di una malattia mentale.
Dopo altre immagini terribili di quelle che loro consideravano cure,
Alice
finalmente cominciò a calmarsi. I suoi pensieri si
stabilizzarono sul volto di
Jasper.
Senza che me ne fossi reso conto, mi ero inginocchiato davanti a lei e
l’avevo
stretta in un abbraccio.
< Alice, ti prego. Calmati. Adesso va tutto bene…
adesso sei qui con noi.
Noi ti vogliamo bene. >
< Ed… Edward > pianse lei nascondendosi nella
mia camicia.
< Alice. Ti prego. Adesso tranquillizzati. Sono qui…
> E cominciai a
dondolarla dolcemente come facevo con Bella quando era impaurita.
Da sempre Alice era stata la mia sorella più cara. Il giorno
che la conobbi, la
trovai antipatica ed invadente ed invece,praticamente subito,
diventammo amici.
Per anni lei fu la sola con la quale mi fossi confidato. Era stata
più che una
sorella. Era semplicemente Alice.
Era strano vedere lei, così vitale ed euforica, sempre
così allegra e
gioiosa essere così indifesa ed impaurita, addolorata.
< Edward… perché i miei genitori mi hanno
abbandonata? Perché non mi hanno
amata come fate tu e Bella con Elizabeth? Perché mi hanno
rinchiusa in
quell’ospedale? In quella prigione? Perché per
loro ero sbagliata? >
singhiozzava sconnessa…
Capii il suo strano atteggiamento e provai una pena infinita per lei.
Si era
tenuto tutto quell’orrore dentro di sé fino a quel
momento, soffrendo da sola
ed in silenzio, senza voler coinvolgerci.
Aveva evitato di permettermi di vedere nella sua testa per paura che
scoprissi
cosa lei stesse patendo.
< Da quando riesci a … ricordare? > Le chiesi
impaurito di poterla fare
sentire peggio.
Lei sospirò profondamente e con voce tremante mi
sussurrò:
<
Da quando Jane… il dolore…
era come all’ospedale. Quando mi facevano
l’elettro-shock.
Faceva talmente male…
Era un male talmente atroce…
Mi ha fatto ricordare quello che avevo subito in quel posto.
Improvvisamente, ho ricominciato a vedere delle cose…
È stato orribile. Fa così…
male… mi fa male pensarci.
Non è giusto! Perché mi hanno fatto questo? Loro
lo sapevano che mi avrebbero
fatto del male. hanno detto a tutti che ero morta! Non mi avrebbero
più voluta
con loro… > Ripeteva le parole, piangeva e si
accoccolava su se stessa senza
riuscire a tranquillizzarsi.
Non sapendo cosa dirle per consolarla, mi limitai a stringerla a me con
vigore.
Le baciai i capelli e lei proseguì nel suo sfogo: <
Sapevo che il giorno
della mia morte era in realtà il giorno del mio
ricovero… L’ho letto nelle
carte che ho rubato. Ma sapere… sapere è
così diverso dal ricordare.
I ricordi, fanno male. > Mi disse triste e sconsolata. il dolore
traspariva
chiaramente dalle sue parole.
Dopo
quelle parole, si abbandonò al
mio petto, aggrappandosi alla mia camicia con le dita. Le accarezzai la
schiena
e la presi in braccio. Sentivo i pensieri di Jasper che, accortosi di
quello
che stava succedendo, discreto come suo solito, restava in silenzio
nella
stanza attigua.
Quando,
con Alice tra le braccia, mi
voltai, vidi Bella ai piedi delle scale. Elizabeth si era calmata ed
Esme era
restata con lei. Non appena i nostri occhi si incontrarono,
abbassò lo sguardo
e corse su per le scale, andando a rifugiarsi in camera nostra.
Portai Alice in camera sua e Jasper si sostituì a me nel
farle carezze e nel
cercare di consolarla.
Facendo un respiro profondo, bussai. Bella cercava di non farsi sentire
mentre
tratteneva un singhiozzo.
<
Vieni pure. > mi bisbigliò
aprendomi. Gli occhi erano arrossati e sulle mani notai le tracce delle
lacrime. Appena entrai, lei mi abbracciò e si
alzò sulle punte per baciarmi.
Chinai il capo per appoggiare le mie labbra sulle sue, bagnate di
pianto. Mi
baciò tormentata, avvolgendo il mio petto e la mia schiena
tra le sue braccia,
per avvicinarmi di più a lei. Sentii il suo seno premere
contro di me ma, in
silenzio, misi da parte tutti i pensieri poco adatti alla situazione.
Con un
movimento veloce e delicato, la sollevai da terra e la poggiai sul
letto.
Quando la sua schiena fu appoggiata alla coperta, si
rannicchiò su se stessa e
si rifugiò tra le mie braccia.
<
Edward… mi dispiace così tanto
per Alice. >
< Lo so, Amore… > < Come hanno potuto,
una madre e un padre, fare una
cosa simile alla loro stessa figlia? Io non potrei neanche pensare di
abbandonare Elizabeth. >
< Bella, lo so che è molto difficile capirlo, ma devi
rapportarti all’epoca.
Negli anni venti, la vita era diversa… >
< Edward, non ci sono scusanti. Erano i suoi genitori. E
l’hanno
abbandonata… e hanno permesso che le facessero del male!
> Alzò troppo la
voce e la bambina, agitata dal tono, cominciò a piangere
come faceva quando si
sentiva sola.
Bella, come legata a lei da una catena invisibile, si alzò e
la prese tra le
braccia. Le baciò le guance piccole e rosee e poi la strinse
a sé. < Edward,
tu credi che non le volessero bene? >
Dato
ciò che avevo visto e non
sapendo come risponderle senza essere costretto a mentire, le dissi:
< Credo che avessero molta paura delle sue capacità.
Non l’hanno saputa
capire… Da quello che ho capito, lei riusciva a vedere in
modo diverso da come
fa oggi. Solo se era molto concentrata riusciva a scorgere il futuro.
È chiaro
che era un dono che poteva apparire come una maledizione… in
una società come
quella degli Stati Uniti del sud a metà degli anni venti.
>
< Non hai risposto. Sai, mentre
ero incinta avevo
paura che Elizabeth fosse… diversa. Ma l’avrei
accettata comunque. Anche se
avesse avuto occhi rossi e avesse preferito il sangue umano al mio
seno. >
E
poi, tenendo la bambina, si
avvicinò a me e si lasciò abbracciare.
<
Non me lo hai mai detto, non mi
hai mai parlato di queste tue preoccupazioni. Perché?
>
< Non
volevo turbarti… e poi, sapevo che mi avresti
rimproverata… > Ammise lei
abbozzando un sorriso. Poi appoggiò le labbra sul mio collo
e infilò le mani
sotto la mia camicia.
< Come avranno potuto comportarsi
così? > sussurrò accarezzando la mia pelle
con il suo sospiro.
< Capisco quello che vuoi dire. Provo
i tuoi stessi sentimenti. Non so come abbiano potuto arrecare tutto
quel dolore alla loro figlia. Anche io,come te, non riesco a immaginare
di poter lasciare la nostra
bambina nelle mani di estranei, neanche se fossi convinto che loro la
possano
aiutare. Preferirei morire che abbandonare lei, o te. Il comportamento
dei
genitori di Alice è stato, sebbene in linea rispetto alla
mentalità dell'epoca,
assolutamente riprovevole. Anche io ne sono sorpreso. > Poi
l'accarezzai.
Lei rimase in silenzio a lungo.
Quando le sue labbra si schiusero di nuovo, mi
sospirò: < Io le voglio bene... vorrei che lei
sapesse che quello che provo
per lei è un sentimento sincero, che io non potrei mai farle
quello che le
hanno fatto loro. Io le voglio davvero bene... > E poi nascose
il volto
nell'incavo del mio collo mentre la bambina,appoggiata a lei, con le
sue manine
minuscole andava in esplorazione del mio volto. Quando il piccolo palmo
caldo sfiorò le mie labbra le diedi un piccolo bacio.
Invidiai il suo ignorare le
bruttezze del mondo e nel mio cuore sperai di poterla proteggere da
quegli
orrori il più a lungo possibile. Sperai di poter essere per
lei un buon
padre...
<
Non preoccuparti per Alice. Fra
un po’riuscirà a metabolizzare il trauma. E poi,
adesso, ha Jasper e tutti noi.
Siamo noi la sua famiglia e le vogliamo tutti molto bene.
Questo lei lo sa bene. > La
rassicurai baciandola. Sperai che anche Alice sentisse le mie parole...
Capitolo 38 *** Emmett,corpetti aderenti e seratine piccanti... ***
38
Buona domenica a tutte!
Ragazze, vi ringrazio molto!!! 1009 commenti!!!!!!!!!!! Data
la settimana scolasticamente orribile (credo di aver preso
l’insufficienza in
matematica e in latino LATINO!!!! Di solito ho 8 in
queste materie!!! Matematica,
passi, la prof ha messo delle cose che non avevamo fatto ma LATINO!!!!
Tutta colpa
di CICERONE!!!!! Sigh sob) queste piccole soddisfazioni aiutano, non vi
pare? Grazie
XD
Fra poco sarà un giorno speciale per me, un giorno in cui
sono sempre abbastanza triste. Quindi, per scacciare la tristezza,
pubblicherò
qualcosa di speciale XD preparatevi! (venerdì)
Prossimo aggiornamento previsto per mercoledì.
PS: Hanairo, siamo a quota tre… alla 4 scatta la penale XD
(scherzo!) un bacio gigante a te e alle ragazze che hanno appena
scoperto la
mia storia! È molto bello per me sapere di scrivere per voi.
Per chi mi segue da un po’, un abbraccio gigante ed un
bacio.
PPS: Questo cap è un po' strano. non preoccupatevi per l'inizio. andate avanti a leggere e capirete. ricordate che io sn per la coppia: Edward\Bella XD Spero che vi piaccia come è piaciuto a me scriverlo XD
Ora andrò a fare… fisica o latino? Questo
è il problema…
Allora, buon pomeriggio a tutte!
Un bacio da Milano…
Cassandra!
< Emmett? Emmett? >
Chiamai sussurrando
nell’oscurità. Arrancando nel buio, inciampai nei
miei stessi piedi nudi. Avevo
lasciato le pantofole nell’ingresso per non farmi scoprire da
Edward.
Protesi le mani avanti e caddi
nell’erba. Mi sbucciai
la base dei polsi e le ginocchia contro la terra irregolare.
Fortunatamente
salvai la faccia riparandomi con i gomiti.
< Ehi? Ohi, sei viva?
> mi domandò sottovoce
Emmett prima ridacchiando e poi un po’ preoccupato, vedendo
che non mi
rialzavo, anche se, ne ero certa, non per me ma per la reazione che
avrebbe
avuto Edward scoprendo cosa stava succedendo.
< Bella? >
< Sì? > biascicai io appoggiandomi ai gomiti.
Lui si osservò intorno con fare sospetto e poi si
avvicinò a me. In un istante
mi rimise in piedi e mi trascinò dietro all’albero
dove era rimasto fino a quel
momento. Eravamo nella parte più isolata del giardino. Tutti
erano andati a
caccia ed io, insieme ad Edward, ero restata a casa con Elizabeth.
Tenendomi per le spalle, Emmett fece aderire la mia
schiena alla corteccia ruvida dell’albero. Dato che indossavo
un abito leggero,
sentii la mia pelle che si graffiava. Cercai di allontanare Emmett, le
cui mani
erano ancorate saldamente ai miei avambracci come se temesse,
lasciandomi
andare, che potessi cadere.
< Emmett, lasciami… > gli bisbigliai.
Dovevamo tenere la voce bassissima. Non potevamo farci
scoprire, altrimenti sarebbe successo chissà cosa e tutto
sarebbe andato
all’aria.
< Sicura di riuscire a restare in piedi? > Mi
chiese un po’ divertito e un po’ scettico mentre
lasciava la presa, permettendo
al mio sangue di circolare di nuovo anche nelle mie braccia.
< Certo che lo sono… > Gli dissi irritata. Lui
abbozzò un sorriso e poi mi disse: < Pensavo non
venissi più… con tutto il
tempo che ho aspettato… e la fatica che ho fatto per
liberarmi degli altri…
Ci mancava solo che tu mi dessi buca. > < Edward
non si allontanava mai. diceva che aveva voglia di stare solo con me, a
guardare un film… penso che si sia un po’
demoralizzato, dopo martedì scorso…
>
Il giorno in cui mi erano venute le
mestruazioni per
la seconda volta dopo il parto.
Le prime mestruazioni post partum infatti erano arrivate tre mesi
dopo la nascita di Elizabeth.
I miei medici personalissimi mi avevano detto che
erano arrivate così tardi perché
allattavo…
Da quel momento io ed Edward avevamo cercato di avere
un altro bambino.
Dato che quel mese ero stata in ritardo di tre giorni,
speravamo di essere riusciti nel nostro intento ed invece,
martedì…
Sì beh, insomma, martedì Edward mi aveva
avvisato, con lo
sguardo triste e sentendosi evidentemente in colpa, che avrei dovuto
andare in
bagno di li a poco e che i miei mal di pancia non erano colpa della
cucina di Rose.
Quando i suoi sensi super sviluppati ed estremamente sensibili,
soprattutto al sangue ed in particolare al mio, gli permettevano di
conoscere le cose a mio riguardo prima di me, mi sentivo
particolarmente
irritata.
Emmett interruppe i miei pensieri trattenendo le
risate.
< Beh, insomma… lo so che ci siete riusciti al
primo colpo con Elizabeth, ma non per questo Edward deve pensare che
sia
infallibile… Insomma, nonostante tutto è sempre
un uomo… >
< Emmett, non dirglielo… si offende. Quando ci ho
provato io a spiegarglielo, mi ha detto che se non riesco a restare
incinta è
solo colpa sua. Carlisle teme che dopo Elizabeth non possa
più avere figli e
lui se ne sta convincendo.
Io ed Edward inoltre avevamo deciso che, se non ci
riesco entro il primo anno, rinunciamo. Ormai sto per compiere
vent’anni… non
posso aspettare troppo altrimenti comincerò a diventare
troppo grande… non
posso aspettare troppo per decidere a farmi cambiare…
> e tentai di
sorridere. < Solo che se lui non vuole più
provarci… > Emmett afferrò il
mio mento e mi obbligò a guardarlo negli occhi. <
Vedi di non diventare
pessimista come lui… e poi, ti assicuro. Avrai il tuo
bambino prima diventare
vecchia. >
E poi mi cinse le spalle con un braccio per
consolarmi. Mi prese per mano e mi guidò nel boschetto fino
ad un punto
nascosto.
< Sei sicuro che funzionerà in questo modo? >
< Certo, non preoccuparti. In queste cose sono un
maestro. Resterai soddisfatta. >
< Mhm… chissà perché, ho paura
di quello che stai
dicendo… spero che Rose non mi uccida. >
< Non
preoccuparti… lei sa essere molto
comprensiva. Quando le ho detto quello che avevamo intenzione di fare
mi ha
dato molti consigli utili. >
< Sicuro che gli altri non
sappiano niente di
quello che abbiamo in mente? Non vorrei che Edward scoprisse
che… Sì, insomma…
si sentirebbe molto a disagio a sapere che ho chiesto aiuto a te invece
che a
lui… >
Mi impedìdi
proseguire poggiandomi un
dito sulle labbra. < Non preoccuparti. Alice lo sa, ma a lei non
si può
nascondere niente… capiscimi… Però, mi
ha assicurato che alla fine funzionerà.
Oltre a lei, e Rose, gli altri non sanno niente. Il segreto
è al sicuro tra di
noi. > E mi sorrise complice. Sospirai cercando di
tranquillizzarmi. Segreto
al sicuro? Ma se lo sapeva metà della famiglia? Mi sembrava
di essere una
criminale.
< Su dai, sbrighiamoci prima che Edward
s’insospettisca… > Annuii facendomi
coraggio e gli sussurrai: < Va bene.
Muoviamoci. >
Rise del mio vacillare nella voce.
< Dai, ecco. Pronta? >
< Ma cosa diavolo c’è là dentro?
È enorme!!!Come
puoi pensare che io… >
< Senti, ti ho svaligiato
tutto il negozio. Rose ha
scelto i colori, le misure… io invece mi sono occupato di
scegliere i modelli.
Dovrebbero far cambiare idea ad Edward…
per lo meno, io la cambierei. > Ed ammiccò porgendomil’enorme
sacchetto gonfissimo che avevo visto
poco prima. < Non riuscirò mai a portarlo in casa
senza che mi scopra. >
< Allora scegli qui in fretta… Ti abbiamo comprato
un po’ di tutto. > Mi disse aprendo il sacchetto e
facendomi segno di
cercare qualcosa di adatto. Un po’ indecisa, cominciai a
cercare. < Emmett,
non ti sembra un po’ … esagerato? > gli
domandai mostrandogli un reggiseno
molto succinto che tenevo con la punta delle dita.
< Senti, vuoi convincerlo? Questo è il modo
migliore. >
Non sapendo cosa scegliere,
afferrai un corpetto nero
con degli intricati disegni formati dai laccetti di seta, le relativa
culottes
con il pizzo, un completino di seta azzurro e un altro completo
piuttosto
trasparente…
< Grazie Emmett, ti devo un
favore… >
< Non preoccuparti. È stato utile anche per me.
Rose ha trovato un paio di cosine davvero carine…
con quelle addosso a te, Edward non sarebbe riuscito a
dirti di no per niente al mondo.
Rose però ha detto che per te era presto per provare
certe cose e che ti saresti sentita a disagio…
Nel caso però tu sia interessata, fammelo sapere che
te ne procuro uno… >
< Grazie Emm, ma credo che ne faro a meno… per
intanto bastano quelli. > Ed indicai con il capo il sacchetto
rigonfio.
Arrossii pensando a cosa si fosse comprata Rose. Lei
mi aveva consigliato di essere audace con gli uomini ma in quella
circostanza
mi preoccupai del reale significato che lei dava a quella frase. Lei
mascherava
bene la sua indole, a differenza di Emmett che non avrebbe parlato
d’altro che
di sesso. Stava già per darmi quelli che lui riteneva
preziosi consigli quando
decisi che poteva bastare…
< Ok Emmett, adesso vado che se no si accorge che
non sono in bagno… era in camera con Elizabeth prima. Oddio!
Come farò a
metterlo?? > Mi lamentai osservando meglio il corpetto. Lui mi
prese i capi
che avevo scelto dalle mani e li mise in un sacchettino piccolo e
scuro, poi me
li ripassò.
Non feci a tempo ad Entrare che
Edward, in un lampo,
mi raggiunse. Mi baciò sulla guancia prima che potessi
rendermi conto della sua
presenza. < Amore? Cosa ci facevi in giardino? > Mi
domandò seducente.
Non mi lasciai ingannare dalla sua voce di velluto e, nascondendo il
sacchetto
dietro la schiena, gli dissi: < Mi mancava un po’
l’aria… senti, vado a
farmi una doccia. Tu aspettami in sala… Va bene? > Il
mio tono, che voleva
essere seducente, pareva implorante. < Tutto bene? > Mi
domandò
accarezzando il lato del mio viso con dolcezza. Io annuii e gli
sorrisi, o
meglio, ci provai. Mi misi sulle punte per sfiorarlo con le labbra e
poi, quasi
di corsa, andai in bagno. Mentre ero nella doccia, a cercare di
rilassarmi,
sentii Edward che, nella stanza affianco, metteva a dormire Elizabeth.
Dopo
poco, bussò. < Bella, ti manca molto? Se vuoi, il
film possiamo guardarlo
domani… è tardi, dovresti andare a dormire.
> Secca gli risposi: < Non ho
sonno… e poi, non l’ho mai visto quello che ha
comprato Alice… aspettami di
sotto… > < Va bene… a dopo.
> e poi, la tv al piano inferiore si
accese. Finii in fretta di lavarmi e poi mi asciugai il più
velocemente
possibile. Avvolta nell’asciugamano, andai in camera e
recuperai una sottoveste
nera di pizzo, regalo di Alice. Non avevo intenzione di presentarmi in
mutande…
Tornata nel bagno, scelsi quale dei
regali di Emmett
indossare. Li provai tutti e tre ma, davanti all’enorme
specchio, decisi di
optare per il corpetto e le culottes. Il nero del pizzo risaltava sulla
mia
pelle bianca. Fu difficile cercare di allacciare tutto e, alla fine,
fui quasi
sul punto di scaraventare il completino fuori dalla finestra. Fu solo
la
vergogna che qualcuno lo ritrovasse a farmi desistere. Dopo non so
quanto,
riuscii a fare tutti i fiocchetti e i gancetti parvero tutti al loro
posto…
I capelli intanto si stavano asciugando e si erano
formati dei morbidi ricci castani. Ravvivai il tutto con le dita e poi
mi
infilai anche la sottoveste, corta e molto trasparente. Ricadeva
morbidamente
sul mio corpoformava
dei bellissimi
svolazzi con il pizzo nero. Ricalcava le forme del mio corpo in modo
morbido,
accentuando il seno e ricadendo gentile sul mio ventre. Il mio braccio
sinistro
mostrava i segni della mia permanenza a Volterra ma non c’era
modo di nasconderlo.
Fui sul punto di togliermi tutto e mettermi il pigiama ma poi mi dissi:
“
Tanto, non posso farci niente… tanto vale …
” Un modo come un altro per farsi
coraggio.
Mi sciacquai di nuovo la faccia e, facendo un respiro
profondo, uscii dal bagno. Da sotto, Edward mi chiese: < Tutto a
posto? Sei
rimasta chiusa lì dentro per una vita… >
< Sì. Tutto ok, scusa. Sto
arrivando… un secondo. > Diedi un ultima occhiata al
mio riflesso nel vetro
della finestre e poi, in punta di piedi, scesi le scale. Quando toccai
l’ultimo
gradino, il legno cigolò, ma Edward non si mosse intento
com’era ad ascoltare
un concerto di musica classica trasmesso da una rete locale.
Mi mossi con cautela, cercando di
non attirare la sua
attenzione. Il fruscio della stoffa sulla mia pelle accompagnava i miei
movimenti. Riuscii ad arrivare dietro di lui, seduto sul divano, senza
che lui
si voltasse. Piegandomi lentamente in avanti oltre lo schienale del
divano,
feci aderire il mio seno alla parte superiore della sua schiena. Sentii
il
sangue irrorare le mie guance più del dovuto. Gli copri gli
occhi con le mani
nello stesso istante e gli baciai la guancia sfiorandolo appena. I miei
capelli
gli accarezzavano il viso e gli ricadevano morbidamente sul collo.
Chinando il
capo all’indietro, lo poggiò sul mio seno ed io,
mi chiedo come fu possibile,
arrossii ancora di più.
Voltò il viso per
porgermi le labbra ed io avvicinai
le mie alle sue. Lentamente, lasciai scivolare le mie mani lungo il suo
collo.
Teneva gli occhi chiusi.
Quando li aprii, lo vidi
inghiottire e cercare di
ritrovare la voce. Cercando di darsi un contegno, contegno che il suo
volto
aveva perso nel momento in cui il suo sguardo si era bloccato sulla mia
sottoveste e su quello che questa lasciava intravedere, si
schiarì la voce e
dolce mi sussurrò: < Amore? > < Edward,
senti… > Gli dissi io cercando di
imitare il suo tono da ora-ti-ammalio e
girando intorno al divano tenendo un dito sulle sue labbra
finché non fui
davanti a lui. < pensavo che, visto che siamo solo io e
te… > e
piegandomi in avanti gli baciai la fronte mentre spostavo il dito dalle
labbra
al suo petto < Potevamo provare a stare un po’
insieme… senza cercare di
ottenere niente. Solo una serata dolce, io e te… > e
mentre cercavo di
sedurlo, giocherellavo con i suoi capelli. Lui mi accarezzò
le guance che mi
sembravano in fiamme. Mi vergognavo da matti ma non volevo che se ne
accorgesse. Volevo cercare di farlo sentire a suo agio, che non si
sentisse
sotto pressione…
Mi morsi un labbro quando pensai a
quello che stavo
cercando di fare, o per lo meno al modo in cui ci stavo provando. Lui
però
parve gradire. Mi cinse il bacino con le mani e mi fece scivolare a
cavalcioni
sulle sue ginocchia. Appoggiandomi a lui, cominciai ad accarezzargli la
schiena.
Dato che era un po’
esitante, decisi di agire. <
Edward… > gli sussurrai vicino all’orecchio
mentre gli sbottonavo la
camicia. < Senti, perché non proviamo a stare insieme
e basta? Vedrai, sarà
bellissimo… > gli sorrisi conciliante ma lui scosse
la testa e cercò di allontanarmi.
Sembrava abbattuto. < Bella, ti prego… non me la
sento di deluderti… non
chiedermi questo. Questa sera non sono dell’umore
giusto… Mi dispiace, davvero.
Domani devo andare a Gibson. Ti ricordi quel vestito che Alice ti aveva
mostrato? Ti vado a comprare quello, per farmi perdonare. >
< Edward…
> gli dissi io delusa dal suo atteggiamento. < Di
lunedì mattina i negozi
sono chiusi. E il pomeriggio mi dovevi portare al fiume. Lo hai
promesso. Ti
prego! Ci proveremo. Se non funziona, fa niente…
Sarà stato bello comunque. Con
te è sempre bello. E non me ne importa del vestito. Io
voglio te… >
Lui mi allontanò
poggiano i palmi delle mani sul mio
petto. Scuoteva la testa e sembrava arrabbiato con se stesso. Dato che
stavo
per mettermi a piangere e già sentivo le lacrime bagnare gli
occhi, decisi di
tentare il tutto per tutto. < Mi stai respingendo? Come quella
volta a casa?
Non ti piaccio? Neanche vestita così? > Va bene, lo
ammetto… sono stata un
verme… mi sono approfittata del suo buon cuore. Come
previsto infatti, lui alzò
lo sguardo e mi asciugò le lacrime provvidenziali. Come per
scusarsi mi
balbettò: < Ma no, Amore, come potrei mai? > i
suoi occhi viaggiarono
lungo il mio copro a malapena coperto e si soffermarono sul corpetto
che
affinava la mia vita e faceva risaltare il seno. Inghiottì a
vuoto e poi,
poggiando il naso nell’incavo del mio collo, mi
sussurrò: < Io ti desidero,
ma non voglio deluderti. Aspettiamo un po’…
> poi borbottò qualcosa sul mio
abbigliamento mentre abbassava gli occhi cercando di non osservare la
vertiginosa scollatura o la pelle lasciata intravedere dal pizzo.
Rassegnata mi
abbandonai a lui che cominciò a cullarmi, stringendomi le
braccia intorno alla
schiena . Quando voltai il capo poggiando la guancia sulla sua spalla,
riuscii
a fissarlo negli occhi. Lui però stava osservando il mio
copro. Gli occhi erano
diventati nerarsti e fissavano la fine della vestaglia. Dove
c’erano le
culottes. Arrossii e mi nascosi tra i suoi capelli. < Ti sei
messa questo…
> e sollevò la stoffa facendosela scorrere tra le
dita e facendola ricadere
sulla mia pelle in un fruscio < solo per convincermi a fare
l’amore con te?
> Vergognandomi troppo per rispondere, mi limitai ad annuire. Lo
sentii
sussurrare a denti stretti: < Come se ce ne fosse bisogno.
> Sentivo che stava
perdendo il controllo ma non volevo mettergli fretta. Volevo che fosse
lui a
dare il via. Mi limitai ad accarezzarlo, un po’ provocante,
con le mani.
Ad un certo punto, mi prese il capo
con una mano
mentre con l’altra mi reggeva la vita. La stanza
vorticò per un secondo e alla
fine mi accorsi di star fissando dritto davanti a me… e
vedevo le travi del
soffitto. Ero sdraiata supina. Le sue mani stavano accarezzando la mia
pelle
sotto la vestaglia. Mi obbligò ad alzare le braccia e me la
levò velocemente.
Avevo il sangue alla testa. Nonostante ormai fossi quasi abituata a
fare
l’amore, ogni volta mi emozionavo. Mi resi conto di trovarmi
sdraiata sul
tappeto solo quando, voltando il capo per permettergli di baciarmi il
collo,
vidi la sottoveste a pochi centimetri dal mio naso.< Edward, come mai qui? > gli chiesi
curiosa. Non era mai capitato… ma forse, se lo
ispirava… < Sopra c’è la
bimba… > mi disse con la voce resa roca dalla
circostanza. Chiusi gli occhi
e mi lasciai coccolare dalle sue mani sempre più audaci.
Quando lo accarezzai
mi resi conto che non aveva più i vestiti che, notai poi,
giacevano poco
lontano dalla mia sottoveste. Lo sorpresi con le dita a giocare con i
cordini
del mio corsetto. Tirando il laccetto centrale, liberò il
mio petto dal pizzo e
dalla stoffa. Con gentilezza me lo sfilò, baciando la pelle
che man mano si
scopriva.
< Ti amo. > mi
sussurrò mentre mi baciava il
collo. In risposta, gli accarezzai il capo e gli sorrisi, poi chiusi
gli occhi
e voltai la testa per permettergli di arrivare fino
all’orecchio con le labbra.
Sentii le sue mani sulla mia pelle,
ovunque. Percepii
appena i movimenti con cui mi liberò degli indumenti che
ancora avevo indosso.
Quando si chinò per carezzare con le labbra il mio seno, gli
avvolsi la testa
con le braccia. Sdraiato su di me, si soffermava con le mani su ogni
centimetro
di pelle. Mi fece un massaggio alle spalle poi da quelle, scendendo
lentamente
lungo i fianchi muovendo i pollici in modo da formare cerchi immaginari
sulla
mia pelle, arrivò al bacino. Si bloccò un secondo
ed io, per incoraggiarlo,
appoggiandomi ai gomiti, mi sollevai quel che bastava per baciargli il
mento.
Lui si abbasso per posare le sue labbra sulle mie e, mentre mi baciava,
le sue
mani ricominciarono ad esplorare il mio corpo con attenzione, cura,
gentilezza.
Quasi con timore, come se fosse la prima volta… La
gentilezza del suo tocco mi
fece tenerezza e provai la necessità di stringermi di
più a lui, di stargli
ancora più vicino. Avevo bisogno di saperlo reale, mio.
Quando glielo dissi,
rise e mi abbracciò stretta, ma senza farmi male. i suoi
capelli rossi si
mescolavano ai miei e, seguendo i nostri movimenti sempre
più veloci,
svolazzavano e ricadevano con grazia.
Notai però che,
nonostante cercasse di non darlo a
vedere, lui era agitato. Non volevo che non si divertisse
perché ossessionato
dall’idea di farmi felice. Se il bambino doveva arrivare,
sarebbe arrivato
altrimenti, pazienza… in fondo Elizabeth era stata un
miracolo. Che diritto
avevamo di reclamarne un altro?
Glielo dissi, o per lo meno ci provai tra un gemito e
l’altro. Lui mi sorrise e mi sussurrò: <
Sei sicura? > < Edward, per
favore… perché non mi credi mai?certo che sono
sicura di quello che dico.
L’unica cosa che voglio, è amarti ed essere amata
da te, in tutte le forme
possibili. > Probabilmente fui abbastanza convincente dato che i
suoi gesti
si fecero più decisi e lui… bhe, diciamo che
capii che si era fatto prendere
dalla situazione e che non lo faceva più solo per farmi
felice…
Ad un certo punto cominciai a non riuscire più a
discernere la realtà dalla magnifica illusione di un dio che
mi abbracciava e
mi lasciai completamente andare ai sensi.
Sentivo solo il suo corpo sul mio.
Sentivo la sua pelle gelata di pietra sfregare contro la mia, fragile
morbida e
calda, delicata. Sentivo il suo respiro nella mia bocca, sulle mie
palpebre,
tra i miei capelli…percepivo la sua voce chiamarmi e dirmi
parole dolcissime.
LE sue mani vagare ovunque sul mio corpo e soffermarsi proprio dove
più volevo. Il resto non lo presi neanche in considerazione.
Il freddo era attenuato dal
calore ustionante che sentivo dentro di me. La scomodità del
pavimento era
moderata dal soffice tappeto e dalla capacità di Edward di
far collimare i
nostri corpi come fossero uno solo. Le mie sensazioni mi travolsero
poco dopo
aver visto Edward serrare i pugni intorno ai miei polsi. Nonostante mi
facesse
male, non avevo la forza o la voglia di dirglielo. Poi persi anche
l’ultimo
barlume di coscienza e mi lasciai precipitare in un mare di sensazioni
che, ad
ogni nostra esperienza, erano sempre diverse, sempre più
intense…
Quando,
contro la mia
volontà, mi ripresi, assaporai la gioia che
sentivo dentro di me. Edward mi stava
accarezzando con la punta delle dita. < Tutto bene?
>
< Ceeertooo!
> Gli sbadigliai voltandomi di lato per poter gettargli le
braccia al collo
ed obbligarlo a starmi più vicino.
< Sei stanchissima e hai freddo. >
constatò gentile notando il mio tremore. < Dai, ti
porto al piano di sopra…
> E mi prese tra le braccia, le mie gambe a ciondoloni mentre le
mani erano
saldamente strette attorno alle sua spalle. Appoggiato il capo al suo
petto,
chiusi gli occhi per inspirare il suo odore. Mi lasciò al
centro del letto e
poi mi raggiunse. Sistemandomi i capelli dietro l’orecchio,
con il volto a due
centimetri dal mio, mi sussurrò: < Allora,
soddisfatta? > < Sììì
>
gli dissi io con un gridolino ed un sorriso prima di gettargli
nuovamente le
braccia al collo. Lui mi allontanò di poco e mi
fissò: < Credo di essere… si
insomma… per esserci ci sono riuscito… ma non
saprei… > Era così strano
vederlo impacciato, in difficoltà… non volevo che
si sentisse a disagio e per
interromperlo gli posai il palmo della mano sul volto. Lui a sua volta
prese la
mia mano nella sua. < Edward, non ha importanza se sei riuscito
a ... sì insomma...
L’importante è che ti sia piaciuto…
> Lui chiuse gli occhi e sorrise. < Bella, è
stato meraviglioso. >
Appoggiò la sua fronte alla mia guancia e mi strinse a
sé. Cominciai ad
accarezzargli i capelli e poi le spalle. Ci coccolavamo a vicenda
stretti in un
abbracciò che non aveva niente di malizioso. Era solo tanto,
tanto tenero.In
quel mentre mi addormentai. Mi resi appena
conto delle sue mani fredde che mi infilavano un pigiama. Prima che
però
perdessi del tutto il comando del mio corpo sopraffatta dalla
stanchezza, mi
chiese: < Dove lo hai presi quel completino molto…
particolare? > Restai
in silenzio rannicchiandomi di più tra le sue braccia.
< Mi piace
tantissimo. Ti sta d’incanto. Mi ha fatto… molto
piacere vedertelo addosso.
> Disse limitando le sue parole per evitare di essere volgare.
< Grazie > gli sorrisi nascondendomi tra il suo braccio e
il suo
fianco. Lui mi baciò i capelli e comincio a mormorare la mia
ninnananna. E
sulle note della sua voce, scivolai nel sonno. Non ricordo cosa sognai
ma so
che la mattina dopo la prima cosa che vidi fu Edward a pochi metri da
me. Era
stato il pianto di Elizabeth a farmi alzare.
Dato che i primi raggi di sole
inondavano
la casa e il giardino, doveva essere già mattina. Edward mi
porse la bambina
che si avvinghiò subito al mio seno. Mentre cucciava
ritmatamene, Edward si
sedette accanto a noi e ci abbracciò entrambe. Mentre ero
tra le sue braccia,
avvicinò le labbra al mio orecchio e mi sussurrò:
< Dì ad Emmett che gli
devo un favore… e che mi deve dire in che negozio
è andato. > Non sembrava
adirato. Arrossendo gli sussurrai: < Te lo ha detto? Ma sono
già tornati?
>
< No, no… Sai, sebbene non possa leggere nei tuoi
pensieri, sei tu
stessa a permettermi di vederli, di intrufolarmi nella tua testa, di
tanto in tanto… le notti… quando
sogni…Sei
dolcissima quando borbotti
nel sonno… E anche molto sexy. >
< Edward! > poi,
cercando di non
apparire a disagio, gli domandai: < Non sei arrabbiato? >
< E perché?
> < Perché ne ho parlato ad Emmett.
È una cosa privata… mi dispiace. >
Lui piegò le labbra in un sorrisino e poi le
appoggiò alla mia guancia. <
No… certo, è strano sapere che mio fratello
compra biancheria osé a mia moglie
per permetterle di sedurmi… E poi, lo sai che, se mi avessi
chiesto di comprarteli,
io lo avrei fatto molto volentieri. A me puoi chiedere tutto. >
< Certo, me lo avresti comprato, ma non ci sarebbe stato
l’effetto sorpresa.
> gli feci io divertita.
< Sì, anche questo è vero. Emmett
è stato bravo a non pensarci in mia presenza. E poi, ti
stava proprio bene. Il corsetto
era molto… aderente. > Lo vidi deglutire ripensando
alla sera precedente.
< Eri molto… attraente. Anche se in realtà
lo sei sempre. > < Dai
sciocco… > Gli dissi prima di dargli un bacio. Mi
accarezzò il seno scoperto
e poi scese a fare carezze sulla testolina di Elizabeth che pian piano
stava
finendo di mangiare. Al contatto con la pelle gelida di Edward, mosse
la
piccola bocca e tirò indietro la testa. Sbattee gli occhi
insonnolita e poi, dopo aver emesso un vagito,
affondo il visino nel mio seno come per sfuggire al freddo.
Dopo circa due ore gli altri
tornarono a
casa. Quando sentii l’auto parcheggiare, sobbalzai e
dissi:
< Edward!
Vedranno tutto il casino di sotto! Chissà cosa penseranno!
> < Bella, non
preoccuparti. Ho messo tutto a posto questa notte. Non si accorgeranno
di
niente. Ah, se non ti togli quel rosso dalle guance, capiranno che
abbiamo
qualcosa da nascondere. > Ero arrossita, di nuovo. Sbuffai e
cercai di
ricompormi. Edward prese Elizabeth, a cui aveva infilato un grazioso
vestitino tosa e un capellino, e scese al piano di sotto con lei in
braccio. Mi sistemai i capelli e poi scesi. Salutai tutti e notai
come Emmett mi fissasse curioso. Rose mi guardava come se si aspettasse
un mio
resoconto lì, davanti a tutti… Alice invece mi
osservava e sembrava
concentrata. Emmett mi afferrò per il braccio e mi
trascinò in camera sua,
seguito a ruota dalle altre due. Edward fece finta di niente e
cominciò a
parlare con Carlisle mentre Elizabeth si sporgeva per giocare con la
camicia del nonno.
Una volta prigioniera in camera di
Rose,
Emmett mi domandò: < Allora? > < Allora
cosa? >
< Allora com’è andata? >
Arrossendo e toccandomi le punte delle dita, sussurrai: <
Bene… > < Ma
bene bene, o bene ci è riuscito? > < Emmett,
la metti a disagio. > lo
rimproverò Rose.
< Diciamo che il completino ha
funzionato. > Dissi semplicemente, senza scendere nei
particolari.
< Speriamo allora che vada tutto
bene. > Mi fece Rose carezzandomi una spalla.
Io annuii e poi aggiunsi: <
L’importante è che Edward non lo viva come un
dovere. Fare… l’amore… deve
essere una cosa spontanea, piacevole… > Sussurrai
rischiando di annegare
nella vergogna. Poi ripetei loro quello che avevo detto ad Edward:
< In fondo, abbiamo Elizabeth. Cosa potremmo chiedere di
meglio? Se un altro bambino deve nascere,
nascerà… altrimenti, significa che
non era destino. >
Lei annuii sorridente ed aggiunse:
<
Elizabeth è stata una grazia. Hai ragione. > Poi,
salutandomi con un bacio
sulla guancia, si dileguò insieme ad Emmett.
< Alice? > < Sì? > Mi disse
come se non avesse ascoltato una parola.
< Tu vedi niente? > Si concentrò un
secondo e poi mi disse: < Bella, anche se fosse…
adesso è troppo presto. Ma
non disperare. > < Va bene. >
Mi abbracciò ed io
ricambiai. Con la guancia poggiata ai suoi capelli le bisbigliai:
< Ti
voglio bene… > < Anche io. > e poi mi
strinse più forte. Quando il mio
stomacò brontolò, entrambe ridemmo e lui mi
suggerì: < Andiamo a mangiare?
> < Basta che tu non mangi me… > Le
feci e lei, sorridendo, mi prese
per mano guidandomi verso la cucina. < Non credo che Edward mi
perdonerebbe…
> entrambe ridemmo mentre Edward ci fissava curioso. Elizabeth
gli tirò i capelli per reclamarela sua attenzione e poi
sbadiglio. Lui le carezzò le labbra con le dita ed
uscì in giardino. Mentre mengiavo, lo osservavo da dietro la
finestra. Seduto sull'erba, teneva la piccola tra le braccia e e
cantava una canzone...
Eccomi qui!!!
Prima di tutto, volevo dirvi che alla fine in matematica sono riuscita
a prendere uno strimizito 6+... estremamente ben accetto!!! EVVIVA!!!
Quindi, per la legge di muffin, latino deve essere andato malissimo ma,
come si dice in giro, non si può avere tutto dalla vita, men
che meno dalla scuola XD
Grazie per i vostri messaggi!
Volevo salutare tutte voi che recensite con costanza e anche quelle che
recensivano e non lo fanno più. spero che continuiate a
seguirmi lo stesso.
Scusate se questo capitolo è un po' di transizione ma ho
dovuto scriverlo nei ritagli di tempo e non ho potuto dedicargli la
soltia cura...
Anzi, visto che domani c'è sciopero, oggi ho un po' di tempo
per scrivere e devo cominciare subito se voglio fare in tempo per
venerdì....
Un bacio gigante a tutte voi!!!
Vostra, Cassandra...
PS: Bella ed Edward in questa storia sembrano dei pervertiti, ma
poverini, almeno loro, lasciamo che si divertano XD Dalla prossima
volta, si daranno una calmata.(ne saranno costretti...)
In fondo, avevano un sacco di arretrati da recuperare!!!
PPS: Domani, ESCE BREAKING DAWN!!!! Così potrò cominciare a postare la storia su una nuova coppia che nasce in quel libro... volevo aspettare che BD uscisse in italiano prima di cominciarla! Buona lettura!!! Speriamo che in Italiano non lo abbiano rovinato troppo... sarebe un peccato. In inglese è comunque un'altra cosa XD E poi, vi aiuta molto con la lingua! Esperienza personale!!!
Ciao e a Venerdì (tra l'altro, Venerdì parto per
Lucca, dopo essere stata dal dentista.... il mio compleanno lo
trascorrerò dal dentista e in treno... Uffa...
Vabbè, pazienza XD)
Un abbraccio a tutte!!!
Bella's POV
Uscii in giardino e mi sedetti
affianco ad Edward.
Lui, che teneva la bambina in braccio, la appoggiò nella sua
culla da viaggio e
mi cinse le spalle con un braccio. Chiuse gli occhi con un sorriso
beato
dipinto sul volto. Mi appoggiai a lui che cominciò a
riempirmi di baci. Afferrò
con delicatezza la mia mano e se la portò al volto.
Elizabeth emetteva degli
strani gorgoglii mentre si ciucciava la mano.
< Bella… ti fa
male? > < Cosa? Come scusa?
> < I polsi… ti sei ferita. > <
O quelli… sono solo graffietti.
Poco più che una sbucciatura. > Arrossii e poi cercai
di giustificarmi: <
Sai, ieri sera in giardino era buio… sono
inciampata… > < Me ne sono
accorto quando dormivi. Prima ero distratto… da altre cose.
> E mi sorrise
baciandomi la mano. Quella sinistra me la ero portata al petto. Lui la
prese e
sollevò la manica. Sfiorò le vecchie cicatrici e
poi mi sussurrò: < Non è
necessario che tu le nasconda. > Ritraendomi gli confessai:
< Mi fanno
sentire a disagio. >
Lui annuii e poi rimise a posto la manica. Baciò la fede e
mi accarezzò la
guancia.
Rimanemmo in giardino per un
po’, finché Esme non mi
avvisò che c’era Charlie al telefono. Mi alzai e,
dando con la mano un bacio ad
Edward, entrai in casa.
Parlai con lui del più e
del meno per quasi un’ora.
Voleva sapere della bambina e commentare le foto che gli avevo mandato.
Diceva
che Elizabeth era splendida e che gli sarebbe piaciuto vederla prima o
poi. Poi
mi parlò di Forks e dei gemellini avuti da Emily. Li
descrisse come se fossero
figli suoi. Quando ebbe finito di raccontarmi il colore dei vestitini
che i
gemelli indossavano all’ospedale, mi chiese di passargli
Esme. Rimasero al
telefono poco e, quando Esme mi ripassò Charlie, questo
voleva dirmi soltanto
che mi voleva bene e che gli mancavo. Ci salutammo e poi riattaccai con
le
lacrime agli occhi. < Cosa ti ha detto? > Chiesi a mia
suocera mentre
riponevo il telefono al suo posto. < Mi voleva dire che
l’inchiesta sulla
tua sparizione è stata archiviata. Tutti credono che tu sia
stata uccisa e che
abbiano occultato il tuo corpo. Hanno smesso di cercarti…
Così tesoro, anche
per i tuoi genitori sarà più facile andare
avanti… > E mi accarezzò la
guancia. Deglutii a fatica quando mi disse che ci sarebbe stata una
messa in
mio ricordo. Esme mi venne vicino e mi abbracciò stretta.
< Lo sai che è
necessario… > Cercando di trattenere le lacrime,
annuii e poi mi rifugiai
nuovamente tra le sue braccia fredde ma accoglienti.
Quando mi fui ripresa, mi disse che sarebbero andati
alla funzione in mio ricordo lei e Carlisle, insieme a Rose ed Emmett.
Avrebbero detto che Edward ed Alice erano ancora troppo sconvolti. Che
Jasper
non facesse un passo senza Alice era scontato anche per gli abitanti di
Forks.
< Quando partite? >
< La funzione verrà
celebrata fra una settimana, in concomitanza con
l’anniversario del tuo…
rapimento. >
Dato che mi sentii mancare
l’aria, portai la mano alla
gola e cercai di respirare più tranquillamente. Esme mi
accompagnò al divano e
mi fece sedere. Mi prese la mano e mi disse: < Noi partiremo la
sera del
vostro anniversario di nozze, così potremo farvi gli auguri
di persona ma… non
interferire con la vostra vita privata… Torneremo presto.
Non ci fermeremo più
di un paio di giorni. Vedrai, non succederà niente. >
Dato che le mie mani
tremavano, lei me le accarezzò. I ricordi si fecero strada
prepotentemente
nella mia testa. Non poteva essere passato già un anno. Mi
sembrava di essermi
appena sposata… di essere appena scappata. Quelle mura
fredde mi parevano così
vicine…
Improvvisamente, tutto mi parve
offuscato. La paura,
l’ansia, l’orrore suscitati dai ricordi svanirono
nel momento stesso in cui
Jasper apparve alla porta. Mi venne incontro e si
inginocchiò davanti a me. Mi
prese le mani emi
rassicurò: < Bella,
non ti succederà niente. Percepisco quello che provi e ti
assicuro: Nessuno
verrà a portarti via. Sei al sicuro. > Io annuii
cercando di convincermi.
Sentii le lacrime formare scie calde e bagnate sulle mie guance.
L’angoscia
però si fece più opprimente. Nella mia mente
rividi l’auto con cui mi portarono
via, sentii il dolore della puntura e il sapore
dell’anestetico sulla mia
bocca. Rividi il buio della mia prigione e gli occhi di Aro. Mi parve
di
sentire il freddo delle loro luride dita mentre tentavano di svestirmi.
Mi
accorsi di ansimare e di essermi portata le mani al petto. Un attimo
dopo
Edward era vicino a me mentre La culla da viaggio con dentro Elizabeth
era
appoggiata sul tavolo. Jasper guardava Edward confuso. Tra le lacrime
intravidi
Carlisle avvicinarsi. Edward mi prese la mano destra mentre Carlisle la
sinistra. < Bella, fai dei respiri profondi. > Mi disse
mio suocero con
tono autoritario. Volevo fare come mi diceva ma non ci riuscivo. Fu
Edward a
prendermi tra le braccia…
< Ha un attacco di panico.
Portiamola fuori… deve
prendere aria. >
Io appoggiai la mano sulla spalla
di Edward e gli
dissi: < Non preoccuparti. Va tutto bene. Adesso
passa… >
Lui mi guardò scettico
mentre mi sforzavo di
regolarizzare il respiro. Mi prese la testa tra le mani e
appoggiò la sua
fronte sulla mia. Il suo respiro mi sfiorava la pelle e
penetrò nella mia bocca
dalle mie labbra dischiuse. Un venticello leggero e fresco mi
accarezzò i
capelli. Chiusi gli occhi e mi concentrai sul respiro. Si
avvicinò abbastanza
da appoggiare la bocca sopra la mia. Mi toccò appena ma
tanto bastò per
ricordarmi che lui era lì, era reale, era mio… Mi
rimise sul divano e mi
accarezzò i capelli.
Quando il mio cuore smise di
battere forsennato, si
allontanò dal mio viso. Aprii gli occhi e notai che Esme e
Carlisle erano
dall’altra parte della stanza, intenti a coccolare la bambina
che nel frattempo
si era addormentata. Jasper invece restava dietro Edward. Riuscivo a
sentire
l’effetto del suo potere su di me. Non mi sfuggì
la finestra prima chiusa ed
ora aperta. Esme cercava di venirmi incontro in tutto, come una madre.
Cercai di alzarmi ma Edward me lo
impedì tenendo le
sue mani sulle mie spalle. < Edward, lasciami alzare…
> Lui mi osservò,
mi studiò e poi mi chiese: < Bella, sei sicura?
Perché non ti un stendi un
attimo? Magari… > < No, non ho intenzione di sdraiarmi. Mi devi ancora
finire di spiegare
quel pezzo. > E gli sorrisi indicando il pianoforte. Lui mi
carezzò le
guance e mi prese in braccio. Un attimo dopo ero seduta sulle sue gambe
al
pianoforte. Da quando ero bloccata in casa, per cercare di non sprecare
il mio
tempo, avevo cominciato a studiare pianoforte oltre che alcune delle
materie
che avrei voluto seguire all’università. Edward
era il maestro migliore di
tutti. Al piano non ero neanche lontanamente come brava come lui, ma ad
Edward
non sembrava importante. Diceva che miglioravo a vista
d’occhio. Quelle lezioni
erano a dir poco fantastiche. Seduta sulle sue ginocchia, cercavo di
seguire le
sue istruzioni. Lui accompagnava le mie dita poggiandoci sopra le sue.
Non so
come mai ma di solito mi ritrovavo girata verso di lui a baciarlo. Le
sue mani
sul mio bacino mi costringevano a restargli vicina ed io non avevo
nessuna
intenzione di fare altro se non restare ferma appoggiata a lui. Anche
quella
volta, come mi aspettavo infatti, rimasi alcuni minuti attenta alla sua
spiegazione ma poi, rapita dai movimenti aggraziati delle sue dita sui
tasti,
sentii il mio cuore battere sempre più forte. Le sue labbra
dal mio collo si
spostarono sulle mie guance e mi fecero completamente perdere la testa.
Quando
ricominciai a connettere, scoprii di essere a cavalloni su di lui,
sciolta
contro il suo petto. Le mie gambe avvinghiate dietro la sua schiena. Le
nostre
bocche intente a muoversi in sincronia. Le sue mani accarezzavano la
pelle della
mia schiena.
< Come va adesso? >
Mi chiese malizioso,
giocherellando con il gancetto del reggiseno.
< Mai stata meglio. > Gli confidai prima di
ritornare a mordicchiargli le labbra…
Le sue mani intanto si erano infilate sotto la gonna e
risalivano le mie cosce fino ad arrivare ai miei slip.
All’orecchio mi mormorò: < Se ne sono
andati tutti…
> e poi scostò un po’ il filo laterale
degli slip.
Con un risolino, mi avvicinai a lui e, provocante, gli
dissi: < E allora che ci facciamo ancora qui? >
< Ottima domanda… > e un attimo dopo,
affondavo
nelle lenzuola, avvolta dalle sue braccia. I nostri vestiti giacevano
ormai
abbandonati ai piedi del letto.
Una settimana dopo, seduta in sala
sul divano davanti
al pianoforte, assaggiavo una fetta della torta preparatami da Alice.
Avevo
appena sentito i miei genitori al telefono. Mia madre era stata
felicissima di
sentirmi ed era stata sul punto di piangere quando dovette riattaccare.
< Buona? > Mi chiese mia sorella. Io a bocca
piena cercai di risponderle:
< Squiscita… Scei una maga, Alisce…
> Lei mi
sorrise e si sistemò meglio mia figlia tra le braccia.
Emmett guardò mia figlia e, dopo averle accarezzato la
fronte con un dito, le disse: < Allora Liz? Questa sera
sarà esattamente un
anno da quando quei maialini dei tuoi genitori hanno…
> Edward lo incenerì
con lo sguardo prima che potesse continuare prese Elizabeth dalle
braccia della
sorella e, tenendola da sotto le ascelle, la avvicinò a
sé.Lei
si era limitata a sorridere ed emettere
versetti di gioia, felice che tutta l’attenzione fosse
focalizzata su di lei.
Edward le sfregò il nasino con il suo e lei rise, poi
appoggiò le sue manine spalancate sulle guance del padre,
sfiorandogli la pelle
e cercando di aggrapparsi ai capelli.
All’inizio, quando era
appena nata, sorrideva se
vedeva un volto. Carlisle mi aveva detto che era il sorriso cossiddetto
sociale…
A due mesi e mezzo invece aveva cominciato a
sorridermi deliberatamente. Dischiudeva le labbra ogni volta che mi
vedeva,
quando i nostri occhi si incontravano, quando sentiva la mia voce.
Adesso
pareva riconoscere anche gli altri, soprattutto il padre. Quando lo
sentiva, si
osservava intorno in cerca delle sue mani fredde.
< Beh, magari questa
sera… potreste provare a
vedere se riuscite a darle un fratellino… magari il 13
agosto vi porta fortuna!
> Fece Emmett, distogliendomi dai ricordi.
< Il 13 forse sì, ma spero che domani non succeda
niente. > Dissi mesta, poggiando il piatto sul tavolino e
passandomi una
mano sulla gonna. Mi alzai e seppi di avere gli occhi di Edward fissi
sulla mia
schiena. Respinsi le lacrime e mi voltai a sorridergli. Poi mi rivolsi
ai miei
suoceri: < Grazie per la festa… è stato un
bell’anniversario. > Entrambi
mi abbracciarono e, dopo aver dato un’occhiata al pendolo, mi
dissero:
< Ora
dobbiamo andare altrimenti non ce la facciamo ad arrivare per
la… cerimonia…
> e poi riabbracciarono tutti. Rosalie mi prese le mani e me le
strinse.
< Allora, ci vediamo fra quattro giorni. Mi raccomando, sta
serena. Ci
sentiamo domani. > Io annuii
e la abbracciai di slancio. Persino Emmett
restò serio, per una volta, almeno per un po’...
Mi augurò un buon fine di
serata e proseguimento di anniversario, poi, per non smentirsi mai, si
chinò
per dirmi all’orecchio: < Ti ho comprato un altro paio
di cosine carine… le
ho nascoste sotto ai tuoi vestiti… quelli che ti ha preso
Alice a Forks. Sono
certo che gli piaceranno. L’ho visto osservarli attentamente
mentre sfogliava
una rivista di Rose. > E mi fece l’occhiolino. Subito
dopo però mi strinse
la spalla con la sua mano enorme e mi scompigliò i capelli.
< Vedi di non
demoralizzarti troppo. Quando torno, voglio vederti allegra. E mi
raccomando,
non stressarti. Non ti aiuta di certo. > Poi anche lui mi
strinse in un
abbraccio affettuoso.
Vedendoli andare verso
l’auto, sentii lo stomaco contrarsi.
Strinsi le braccia intorno al petto e, dopo averli salutati con la mano
mentre
la macchina si allontanava, tornai in casa. Alice mi venne incontro
saltellando
e mi sventolò un pannolino davanti agli occhi.
Un po’ demoralizzata, mi
appallottolai sul divano e le
dissi: < Cambiaglielo tu. >
< No. Non ti
permetterò di deprimerti. E il modo
migliore è tenerti occupata. Le madri di solito non hanno
tempo per crogiolarsi
nell’autocommiserazione. Sono troppo occupate a badare ai
figli. Fra poco
comincerà a piangere e vorrà essere cambiata.
> Le sue parole furono dure e
mi ferirono, soprattutto perché, dopo avermi accarezzato la
schiena e scoccato
un bacio sulla guancia, lasciò la stanza lasciandomi
rannicchiata sul divano,
senza dirmi niente. Elizabeth, era tranquilla nella culla che Edward
aveva
sistemato nella stanza del piano. Emmett era stato ben felice di
costruirgliene
un’altra. In effetti, era comodo averne una anche
lì. Mia figlia si
addormentava meglio se accompagnata dalle note del padre…
Poco dopo Elizabeth
cominciò a vagire. Cercai di
ignorarla e mi tappai le orecchie, ma le sue grida erano troppo acute
perché
riuscissi ad ignorarle. Il senso di colpa si faceva lentamente strada
dentro di
me. Non potevo lasciarla lì tutta sola. Quello non era il
pianto tipico di
quando faceva i capricci perché non voleva restare
sola… era il pianto di
quando era a disagio. Sperai che Edward o Alice si occupassero di lei
ma invece
parvero ignorarla. Alla fine, sconfitta, mi alzai ed andai da lei. La
portai in
bagno e la lavai, la cambiai e poi l’allattai. Mentre lei
restava attaccata al
mio seno, io, appoggiata alla finestra, la osservavo. Quando Edward mi
baciò la
testa, mi colse di sorpresa. Alzai il capo e lui non mi diede il tempo
di
parlare. Mi baciò appassionatamente e poi mi
mormorò:
< Alice e Jasper dopo vanno
a caccia… che ne dici
di … > E poi fece scorrere un dito dal mio labbro
inferiore lungo il mio
mento,lungo il mio collo, fino ad arrivare al seno. Invece che
rispondergli mi
appoggiai a lui che, colto di sorpresa, mi abbracciò.
Asciugò le mie lacrime e
poi mi sussurrò: < Un anno fa, tutto avrei pensato
fuorché credere che
adesso ci saremmo trovati qui, con una figlia… Chi lo
avrebbe mai detto che la
nostra notte di nozze avrebbe avuto questo risultato. >
Cercai di ridere e poi lui
aggiunse: < Potremmo
dare retta ad Emmett e vedere se questo giorno porta
fortuna… magari tra un
anno di bambini tra le scatole ce ne saranno due. >
Alzai lo sguardo e i miei occhi
resero inutili le mie
parole. Quindi, non ero ancora incinta, nonostante tutte le volte che
ci
avessimo provato fino a quel momento…
< No, Alice non ha visto
niente… Non ancora. Ma
sono certo che è solo una questione di tempo. Ne ho discusso
a lungo con
Carlisle. Nelle coppie, capita che i bambini si facciano
attendere… Non è detto
che sia io a non poter avere più figli.
Che ne dici se
riproviamo… Tentar non nuoce. Oggi mi
sento particolarmente… >
< Edward… non
devi pensare che voglia un figlio a
tutti i costi. Io voglio amarti. Certo, se dovessi restare incinta, non
mi
spiacerebbe di certo.Te
lo ho già detto
un milione di volte! > e sorrisi, facendo finta di allontanarmi
da lui. Si
chinò a baciarmi e poi mi disse: < Spero non ti sia
offesa prima. Alice non
voleva ferirti. Lo sai. Cerca solo di spronarti ad essere forte.
> Io Annuii
e poi mi divincolai dalla sua presa protettiva. Riposta Elizabeth nella
culla
in camera nostra, tornai da mio marito.
Mi fece entrare in sala da pranzo,
che per tutto il
giorno era stata per me off limits, e a me mancò il fiato.
Le candele illuminavano
la stanza piena di rose rosse. Mi accomodai a tavola e mi godetti il
mio primo
anniversario di nozze sola con mio marito. Una piccola oasi di
felicità in un
mondo che in certi momenti era stato davvero duro con me…
Sebbene la serata si fosse presto
spostata in camera
nostra, terminò tra le braccia protettive di Edward dove mi
feci consumare
dalle sue carezze dolci e premurose. Niente di
più…
Quella sera mi sentivo troppo
spossata per pensare ad
altro se non a riposare tranquilla coccolata dalle sue mani. Le sue
dita
gentili e discrete accarezzavano la mia pelle accompagnandomi, insieme
alla sua
voce, nel mondo dei sogni.
I tre giorni
successivi furono molto delicati per me. Edward
cercò di tenere impegnata la mia mente per evitare che
pensassi troppo a cosa
fosse successo un anno prima.
Affidammo Elizabeth alle cure
premurose di Alice per
un giorno, dopo che mi fui assicurata che avesse abbastanza latte.
Edward
dovette trascinarmi via di casa perché trovavo ogni scusa
per rimanere. <
Bella, non staremo via molto… torneremo questo pomeriggio.
Ora per favore, vieni… >
< Ma Edward… guardala poverina. Come faccio a
lasciarla…
e se poi si sente male? o se non vuole mangiare? > Non mi ero
mai allontanata da lei. neanche per poche ore...
< Bella, ti prometto che anche solo se starnutisce
ti telefono… va bene? > Mi aveva detto Alice
spingendomi verso la porta.
Edward, dopo aver salutato sua sorella e nostra figlia, mi
infilò la giacca e
mi strinse tra le braccia. Alice venne sull’uscio a
salutarci. La bambina,
appoggiata al suo petto, protese le braccia verso di me ed io, tenuta
per mano
da Edward e già con la giacca, mi avvicinai a lei e le
baciai la guancia.
< Ci vediamo dopo, Amore mio… > Le bisbigliai
accarezzandole
la testolina coperta da una cuffietta rosa. Edward sbuffò e,
dopo avermi tirato
verso di lui, fingendo di
essere sconvolto, mi disse: < Mi tradisci con lei?
>
< Ma come puoi pensare questo? Dovrò farti capire che
ti sbagli... > Gli sussurrai
cingendogli il collo con le spalle e mettendomi in punta di piedi per
baciarlo.
Prima che le nostre labbra si
sfiorassero, riconobbi
il suo sorriso sghembo e gli accarezzai il capo. mi
accarezzò il palato con la lingua ed io inarcai la schiena.
Lui mi baciò il collo per poi tornare alla bocca. Un attimo
dopo, mi fece salire sulla
sua schiena. Mi tenni stretta a lui che sfrecciò velocissimo
verso il bosco. Una
manciata di secondi dopo stavamo praticamente volando attraverso la
foresta. I miei
capelli lunghi svolazzavano per la forte velocità. Piccoli
ramoscelli e
foglioline vi si incastrarono ma non vi feci caso. Appoggiato il capo
alla sua
spalla, osservai il mondo sfrecciare ai miei lati. La presa di Edward
sul mio
corpo si fece più stretta e lui mi sussurrò:
< Ti amo. >
Senza rispondergli, cominciai a baciargli il collo,
senza dimenticarmi neanche un minuscolo lembo della sua pelle marmorea.
Quando arrivammo a destinazione, Edward mi lasciò
scivolare delicatamente sull’erba soffice. Mi
sfilò la giaccia e mi ci fece
sdraiare sopra.
Subito dopo si fece cadere al mio fianco e poi rotolò
fino a raggiungermi. Quando mi sfiorò, mi disse: < Ho
una cosa per te… >
< Cosa? > Mi misi seduta a gambe incrociate e
lui, poggiandosi sui gomiti, mi sorrise.
Alla luce del flebile sole, la sua
pelle risplendeva
come fosse costituita da centinaia di cristalli sfavillanti e creava
dei
disegni meravigliosi sul terreno… rimasi ammaliata ad
osservarlo. Ero come
rapita… i suoi occhi fissi nei miei erano splendidi. Il
vento gli scompigliava
i capelli rossi che gli incorniciavano il viso perfetto. Non riuscii a
trattenermi. Allungai la mano e gli sfiorai la guancia, come avevo
fatto anni
prima, la prima volta che lui era stato se stesso in mia presenza.
Anche allora
ci trovavamo in un bosco che pareva incantato…
< Mmm… lo vuoi
vedere? > Mi chiese entusiasta,
facendomi ridestare dal sogno magico in cui mi ero persa... Un
po’ preoccupata
per il suo sguardo troppo emozionato, annuii. Subito dopo fu alle mie
spalle. Poggiò
le sue mane gelide sui miei occhi.
Quasi non mi accorsi del freddo che
sentivo sul petto,
cercai di aprire gli occhi e, quando appoggiai la mano sinistra sulle
sue per
poter liberare i miei occhi, sentii qualcos’altro di freddo
sfiorarmi il polso.
< Edward… ma che diavolo… ? >
< Sht, non dire niente. > E poi liberò la
presa
delle sue mani sulla mia testa.
Rimasi interdetta un attimo, senza capire cosa fosse
cambiato poi, notai un luccichio all’altezza del seno.
Un ciondolo splendido era appeso ad una catenina
certamente d’oro. Brillava. Un fiore dalle mille
sfaccettature splendeva nella
mia mano.
< Ti piace? > Lo presi tra due dita e notai
anche il braccialetto, vicino a quello regalatomi da Jake.
< Quello è un diamante… mentre il
braccialetto è d’oro
bianco. >
Notai la scritta… recava
la data del nostro matrimonio
e quella del nostro anniversario… poi, con una grafia
elegante, vi era scritto:
“Grazie per aver dato un senso alla mia esistenza.”
< Oddio Edward… è bellissimo.
Davvero… Ma ti sarà
costato una fortuna! Scusa... io non ti ho dato niente... >
< Non dire scemenze… Mi hai donato te stessa. Il tuo
amore. Più di quanto meritassi e avessi mai potuto sperare.
> Mi disse appoggiando la mano sul mio viso.
Continuò dicendomi: < E poi,
c’è questo… È per
Elizabeth, quando sarà un po’ più
grande…>
E mi porse un pacchettino di una gioielleria. Il velluto
era vecchio e consunto. Pareva molto antico. Dentro c’era un
ciondolo a forma
di cuore come quello che mi aveva regalato tempo prima.
< Anche questo è un regalo riciclato? > gli chiesi ironica. Lui
scrollò le spalle con nonchalance.
Liquidò la risposta con un < Dettagli. Comunque,
sì... mia madre aveva molti ciondoli così...
>
prima di appoggiare le labbra sulla mia spalla. Seguendo la sottile
catenina d’oro,
raggiunse il fiore di diamanti e poi mi fece sdraiare.
Poggiò il capo sul mio
seno e rimase a lungo ad ascoltare il battito del mio cuore…
Battito che accelererò
dato che quella posizione così naturale ma allo stesso tempo
romantica e dolce,
suscitò in me desideri non molto casti. Mi limitai
però a poggiare le mie
braccia intorno al capo di mio marito e a baciargli i capelli che mi
solleticavano il volto.
Quando il mio stomaco
brontolò, lui sorrise e mi
preparò la tovaglia per il pic-nic.
< Da dove lo hai tirato fuori quello? > Gli
domandai indicandogli il cestino con dentro il cibo.
< Ce lo ha portato Jasper prima. Tu non te sei
accorta… > Arrossii probabilmente, percependo il mio
stato d’animo, aveva
capito quello che avrei voluto fare. < Bella, per una volta che
non stavamo
facendo niente di male o di sconcio, non dovresti aver nulla di cui
vergognarti…
a meno che… > E poi sorrise malizioso poggiando il
dito sul mio petto e
facendolo scorrere fino al mio mento per poi sfiorare il mio labbro
superiore.
< “A meno che” cosa? > < A
meno che i tuoi
pensieri, che come ben sai io non posso vedere, non fossero
così innocenti come
appariva dalla tua espressione… >
Cercando di apparire scandalizzata, mi alzai in piedi
e mi allontanai ma lui mi cinse la vita e mi fece ricadere a terra tra
le risa
di entrambi.
< Non leggerò i tuoi pensieri, ma so interpretare
ogni tuo battito, ogni tuo sospiro… >
E poi le sue mani presero ad esplorare nuovamente il
mio corpo, facendo scivolare i miei vestiti, insieme ai suoi, lontano
da noi...
L’erba fresca accarezzava la pelle della mia schiena
facendomi il solletico mentre il freddo trasmessomi dal corpo di Edward
mi
faceva fremere di piacere ed impazienza...
Il piccolo cestello da pic-nic finì dimenticato ai
piedi di un albero…
Nella mia mente trovava spazio solo Edward,i suoi
movimenti, i suoi gesti accompagnati dalle sue parole…
L’unica cosa su cui
riuscivo a concentrarmi era la sua
voce e il suo profumo. Il dolce peso del suo corpo sul
mio…
Capitolo 40 *** Labbra gelate e caviglie slogate ***
40
Ciao a tutte!
Oggi, 31 Ottobre 2008 è il mio compleanno.
Arrivata alla veneranda età di 19 anni, ho deciso di
descrivere
in questo capitolo il ventesimo compleanno di Bella!!!
Adesso sono le 3 meno un quarto di mattina… esattamente 19
anni fa, fra 45 minuti, nascevo!!!!
Bene, probabilmente mentre leggete sarò già sul
treno per
Lucca (ringrazio la
Giu
che gentilmente ha postato per me) ma sappiate che Domenica, quando
tornerò,
aprirò efp sperando in tante belle rec.
Colgo l’occasione per ringraziare quante abbiano recensito
e/o letto il cap 39.
Un bacione enorme a tutte voi!!!
Questo cap l’ho finito giovedì dopo essermi fatta
togliere
circa 420 ml di sangue à non
garantisco niente. Facoltà mentali interdette XD
Spero vi piaccia!
Il prossimo cap lo posterò o mercoledì o
giovedì… prima non
riesco dato che non ho dietro il pc (sigh)
Ora vi lascio… ho intenzione di andare a svegliare mia madre
dicendole: 19 anni fa a quest’ora stavi finendo di partorire
e urlavi come una
matta!!! Contenta?
Secondo voi mi ucciderà? Anzi, mi avrà uccisa? Se
la storia
dovesse interrompersi… direi di sì ma speriamo di
no. Ah, 4 anni fa, alle 10.30
del 31/10 sono andata a prendere il mio micio dal veterinario! Il mio
piccolo Shinichi/Pocio!!!
Che amore di gatto scemo!!! Già quattro anni? Mi sembra
ieri! (sembro una nonna
che parla della nascita dei nipotini… assurdo XD)
Comunque, basta parlare di queste cose a cui non interessa a
nessuno…
Vi lascio al cap 40 (ODDIO, 40???????) e mi auguro che vi
piaccia! Sperando che questo compleanno sia migliore dei
precedenti…
Una sola cosa, qui ho messo una cosa che in realtà vorrei
succedesse a me, quindi, per favore, siate clementi.(no, non
è
FARE SESSO CON
UN VAMPIRO STRAFIGO…anche se effettivamente… chi
non
vorrebbe? io no di certo XD *faccia da pervertita*) Questo giorno
per me è sempre molto difficile da affrontare per motivi di
carattere familiare…
Un bacio a tutte, Erika
Dedciato alla piccola Emma che mi ha
ispirata nell'immagginare Elizabeth!
Scusate se il cap è più breve del solito ma, dato
che ero di fretta, non volevo liquidare tutto in due righe. quella che
doveva essere la parte finale del cap è diventata
ò'inizio del cap 41!
Ciao!
Bella's POV
Dopo che Edward, i cui occhi erano
neri come la pece
anche a causa dell’odore del mio sangue (data la troppa
veemenza, mi ero ferita
il dorso della mano sfregandolo contro un sasso nascosto
nell’erba mentre
Edward mi faceva perdere la testa. Lui aveva provveduto subito a
medicare il
taglietto ma ormai il mio sangue era sgorgato dalla ferita…
) ebbe raccattato i
miei vestiti in giro per il prato, cercai di rivestirmi sebbene i miei
sensi
fossero ancora ottenebrati…
Fare certi giochi aveva sempre quell’effetto su di me.
Lasciai che fossero le sue mani ad infilarmi i
vestiti, ad accarezzarmi la pelle nel farlo. Mangiai voracemente tutto
quello
che Esme mi aveva preparato e poi Edward mi prese per mano. Mi
portò a fare un
giretto nei dintorni mostrandomi i fiori e le piante, perfettamente a
suo agio.
La natura, con la sua vitalità impressionante, era
semplicemente straordinaria.
Restammo per quasi un’ora a contemplare una piccola cascata
che si tuffava in
un torrente di montagna. Camminammo a lungo, girovagando per dei
sentieri
stretti e tortuosi. Riuscii a vedere un cervo che Edward aveva
individuato. Ironica,
gli chiesi: < Tu non mangi? > E sorrisi ma il sorriso mi
si gelò sulle
labbra. Non mi sarei mai aspettata una reazione come quella.
Mi guardò malissimo e
poi, velocissimo, mi strinse tra
le braccia facendomi scivolare e tenendomi stretta come se stessimo
ballando un
tango. Mi teneva tra le braccia e ringhiava piano. Pietrificata, lo
fissai
negli occhi. In quel momento mi parve… cattivo. Il cuore mi
si fermò per un
attimo quando mi obbligò a reclinare il capo ed
appoggiò le sue labbra gelide a
lato del mio collo. Accarezzò la pelle in
prossimità della giugulare con i
denti freddi ed affilati. Ero impietrita. Le mani unite come fossi in
preghiera.
Ero consapevole del fatto che non
mi avrebbe mai fatto
del male ma, in quel momento, non sapevo cosa pensare. Il mio cervello
era in
tilt, annebbiato dal terrore. Non riuscivo neanche a chiudere gli
occhi. L’unica
cosa che riuscivo a vedere nella mia testa era il volto di Elizabeth ed
io ed
Edward che facevamo l’amore nel prato.
Edward dischiuse la bocca e il suo
respiro gelido si
disperse sulla mia pelle, facendomi venire la pelle d’oca.
Nel momento in cui fece pressione
trovai la forza di
gridare: < Ti prego! NO! > E subito dopo mi accorsi ce mi
stava baciando.
Fece scorrere le sue labbra sulla mia pelle con gentilezza., seguite a
breve
dalla sua lingua. Il mio corpo si rilassò e le ginocchia
cedettero. Le braccia
di Edward mi accolsero modellandosi sul mio corpo. Il cuore
partì a martellare
furioso, recuperando tutti i battiti persi.
< Sciocca. > Mi
rimproverò. < Cosa credevi?
>
Deglutii e mi sforzai di rispondere: < Mi hai fatto
paura. >
< Ho notato. > E poi ricominciò a baciarmi.
< Pensavo volessi mangiarmi. > Aggiunsi dopo un
po’, quando ebbi riacquistato la voce.
Lui mi guardò triste e mi carezzò la guancia con
il
dorso della mano. < Non potrei mai. la sola idea di perderti mi
fa
impazzire. > Io annuii e poi lui mi disse: < Quando
ti… cambierò > e
notai la fatica con cui pronunciò quella frase <
Farò in modo che sia per te
il meno traumatico possibile. E lo farò solo quando sarai
realmente pronta.
> Mi strinsi a lui, che mi carezzava i lineamentii del volto con
il poccile mentre mi guardava addolorato, e dissi: < Non
sarà fra molto. > Lui annuì e mi
abbracciòpiù
stretta. < Prenditi il
tempo che ti serve. Sei ancora praticamente una bambina. Se hai paura
che
qualcuno noti la differenza di età tra noi due,mi dispiace
ma temo che nessuno
ne sarebbe in grado. > Mi impedì di ribattere
coinvolgendomi in un bacio
travolgente che mi fece dimenticare persino il mio nome. Dopo, restai
sdraiata
sull’erba con il capo sulle sue ginocchia a lungo. Lui mi
carezzò cantando per
me. Osservavamo l’oceano perdersi all’orizzonte.
Quando il sole cominciò
a tramontare, Edward mi infilò
galantemente la giacca e mi prese in braccio. cominciò a
volare attraverso il
bosco come fosse un angelo. Mi accoccolai facendomi comoda e nascosi il
viso
nella sua giacca. Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dal dolce
movimento
della corsa di Edward…
< Sei stanca? > Mi chiese gentile. Le parole
dolci come le note della canzone più bella.
Annuii e lei rise piano,
accompagnandomi nel mondo dei
sogni.
Dormii non molto però. Quando arrivammo nei pressi di
casa, Edward s’irrigidì e affrettò il
passo. Mi ero accorta del fatto che non
avesse corso veloce come al solito. Voleva prolungare il nostro tempo
da soli.
Dal mio dormiveglia mi svegliò il pianto di Elizabeth.
Aprii gli occhi e vidi il viso di Edward. L’espressione era
di sconcerto.
< Che succede? >
< Niente. > E poi mi lasciò scivolare con
grazia
sui miei piedi, davanti all’ingresso. Nell’istante
in cui le punte dei miei
piedi toccarono il legno del poggiolo, la porta si spalancò.
Alice, esasperata, mi fece segno di entrare. Il pianto
di Elizabeth era assordante.
< Bella, vai da quel piccolo
mostro e dille di
stare zitta. Io e Jasper non ce la facciamo più! >
Colta di sorpresa, mi diressi in
sala e presi
Elizabeth dalle braccia di Jaz. Dopo alcuni istanti in cui la mia bimba
annusò
l’aria, smise di piangere. Il volto paonazzo si distese e le
lacrime smisero di
scorrere. Cullandola dolcemente, tornai da Alice che parlava con
Edward. In
realtà lui parlava e lei pensava, ma il risultato era lo
stesso. < Alice! Da
quanto è che è così? >
< Da quando si è svegliata. All’inizio,
appena ha
cominciato a piangere, le ho dato il tuo latte. L’ho avvolta
in una tua
maglietta sporca e lei ha cominciato a ciucciare poi si è
riaddormentata.
Quando si è svegliata la seconda volta non ci è
più cascata. È quattro ore che
ci sta distruggendo i timpani. >
< Quattro ore? Avevi promesso che mi avresti
chiamata se anche avesse solo starnutito!!! Perché non mi
hai telefonato? >
Le chiesi irata stringendo la bambina al mio petto. Kei scosse le
spalle e mi
fece la linguaccia. < Non avevi detto in caso di crisi di pianto
da
mi-manca-la-mamma. >
E poi danzando andò a raggiungere Jasper in salotto.
Sconfortata consolai mia figlia che, dopo appena due secondi, si
aggrappo alla
mia camicetta, reclamando la mia totale attenzione. Mi levai la giacca
a fatica
senza smettere di tenerla in braccio e poi mi slacciai la camicetta.
Lei trovò
subito quello che cercava ed io mi abbandonai sul divano.
< Alice è una traditrice. > Sbuffai
accarezzando
Elizabeth. Edward rise e cominciò a suonare il pianoforte.
Fuori ormai era buio
e lui mi sussurrò: < Beh, è stato uno
splendido anniversario. > Io annuii
chiusi gli occhi per ascoltare più attentamente, senza venir
distratta dalla
vista di mio marito.
Qualche giorno dopo, il resto della famiglia fece
ritorno a casa. Nessuno parlò di cosa fosse successo a
Forks. Mi portarono i
regali dei miei genitori e Rose, appena mi vide, corse ad abbracciarmi
stretta,
come se le fossi mancata tantissimo. Io non volli sapere niente
riguardo la
cerimonia e loro rispettarono il mio desiderio.
I giorni passarono e così arrivò anche la vigilia
del
mio compleanno.
Quella notte aveva piovuto e le
gocce che battevano
insistentemente contro il vetro mi avevano tenuta sveglia…
Edward mi aveva
stretto in un abbraccio e poi mi aveva ricordato come, quando
s’intrufolava
nella mia camera per spiarmi dormire, io mi lamentassi sempre per la
pioggia o
commentassi la rigogliosità della vegetazione a Forks. Dato
che fuori
imperversava quella che pareva una tempesta, Edward cominciò
a
spogliarsi.Davanti al mio sguardo sospettoso, si sdraiò su
di me e cominciò a
giocare a con il mio orecchio destro. < Con questo frastuono,
non sentiranno
nessun rumore… nonostante tu sia molto…
espansiva. > Naturalmente, arrossi
ma lui chiuse gli occhi ed avvicinò il suo volto al mio.
Appoggiò teneramente
le labbra sulla mia guancia e poi restò a respirare il mio
profumo. Le sue mani
erano intente ad intrufolarsi sotto il mio pigiama.
Drogata dal suo profumo, avvicinai
automaticamente le
mie labbra al suo volto. Il mio respiro fuori controllo come il mio
cuore.
Sentii freddo e feci appena in tempo a riaprire gli occhi per vedere i
miei
abiti volare per la stanza ed atterrare sulla poltrona affianco alla
culla di
Elizabeth che, nonostante fuori sembrava ci fosse la terza guerra
mondiale,
dormiva tranquilla e pacifica. Quando l’avevo controllata,
pochi minuti prima,
teneva i pugnetti chiusi e la bocca leggermente dischiusa in un vago
sorriso.
Dopo varie capriole tra le lenzuola, rincorrendo l'uno i desideri
dell'altra, e una serie di frasi sconnesse, a
seguito di un turbinio di sensazioni ed emozioni a dir poco
straordinarie, mi
adagiai sul petto di Edward, molto più stanca di quanto non
lo fossi stata
prima di mettermi a letto, quando avevo ancora qualcosa addosso...
Verso le tre di mattina finalmente
il vento smise di
soffiare furioso e il temporale si placò. L’ultimo
ricordo di quella sera fu
Edward, in boxer, che teneva Elizabeth in braccio, seduto nel letto
affianco a
me. Appoggiai il capo sulle sue guance e mi godetti le sue carezze su
ogni
punto del mio corpo.
L’indomani mattina mi
svegliai intorpidita, stanca…
Con la mano cercai mio marito tra le coperte ma non lo
trovai.
< mhh > mugugnai portandomi a sedere. Essendo
nuda, mi coprii il corpo e poi, cercando almeno le mutande, mi alzai
avvolgendomi il lenzuolo intorno al corpo., stringendolo alla vita.
Cercando di
raggiungere la cassettiera, inciampai nel lenzuolo e caddi
rovinosamente
tirandomi dietro la tenda a cui mi ero aggrappata in extremis. Dato il
mio
peso, l’asta a cui era appesa cedette e mi venne tutto
addosso.Massaggiandomi
la testa cercai di rimettermi
in piedi ma mi resi conto di non riuscire a muovermi. Elizabeth,
svegliata dal frastuono,
cominciò a piangere. Qualcuno bussò.
< Amore,sei sveglia? >
< Perché me lo chiedi se lo sai? >
< Bella, ho sentito molto rumore. Posso entrare?
> Cercai di alzarmi ma gemetti. Lui non aspettò che
gli rispondessi ed
entrò. Non prestò la minima attenzione alla
bambina e questo mi irritò.
Mi venne vicino e mi liberò dalla tenda da cui, nel
tentativo di liberarmi, ero stata avvolta.
Cercò di levarmi anche il lenzuolo ma io me lo strinsi
al corpo.
< Bella? >
< Sono nuda… > Cercai di giustificarmi io.
< Anche questa notte lo eri,
eppure mi pare di
ricordare che ti sei addormentata su di me… senza
preoccuparti che ti vedessi.
Anzi, che ti toccassi… >
Avvampai e lui mi sorrise. Mi prese
in braccio e mi
adagiò sul letto.
< Bella, possibile che ti fai sempre male? > Mi
domandò massaggiandomi la caviglia con le sue mani fredde.
Baciò il punto che
mi faceva male e poi cominciò a salire verso punti ben
più nascosti del mio
corpo. Dove le sue labbra passavano, mi pareva di bruciare. Si
soffermò sul
ginocchio per poi toccare l’interno delle cosce. Quando
scostò il lenzuolo con
cui cercavo di coprirmi, emisi un risolino e mi lasciai cadere
all’indietro.
Facendo quel gesto, il mio piede sbatte contro la gamba di Edward ed
emisi un
gemito. Edward non se lo lasciò sfuggire e di colpo corse ad
analizzare la
caviglia, contro i miei desideri. Avrei preferito che continuasse da
dove era
prima.
< Credo te la sia slogata… > < A
magnifico…
> Feci io coprendomi il volto con le mani.
< Uhm… credo che dovrai startene buona per una
settimana… >
Mi alzai sui gomiti e lo fissai: < No. >
< Non sei tu a decidere… >
Sbuffai e poi lui disse a voce normale: < Sì, forse
è meglio se vieni… >
< Con chi stai parlando? >
< Con Carlisle. Stava pensando di venire a
controllare cosa ti fossi fatta. >
Un attimo dopo Carlisle bussò. Cercai di coprirmi
meglio infagottandomi nel lenzuolo. Edward parve non curarsi dei miei
goffi
tentativi di nascondermi ed aprì la porta. Mi disse ironico:
< Ti ha fatto
partorire, ti ha seguita per tutta la gravidanza e il
puerperio… ti vergogni
ancora di lui? > Io annuii ed arrossii, tentando di nascondermi
tra le
lenzuola.
< Sì > Gli dissi ed Edward rise. Lui e
Carlisle
si scambiarono poche, velocissime parole e poi mio suocero si
inginocchiò
davanti a me. Esaminò il mio piede e scosse la testa.
< Bella, ho lavorato
negli ospedali per… decenni… e non ho mai avuto
una cliente affezionata come
te. Fortuna che Edward è un vampiro altrimenti lo avresti
già fatto morire
d’infarto un centinaio di volte. > E poi rise tra
sé e sé. Mi controllò la
caviglia facendomi compiere dei piccoli cerchi con la punta del piede.
< Ti faccio una fasciatura leggera. Tienila e non
affaticare il piede. > Sorrise al mio sbuffo e mi disse:
< Ti sei fatta
di peggio. > Poi mi tastò il capo ma non dovette
intervenire. Mi medicò e mi
salutò dicendomi di fare più attenzione. Edward
mi aiutò a vestirmi ma riuscii
ad impedirgli di accompagnarmi di sotto in braccio. Zoppicando,
raggiunsi la
cucina. Edward teneva Elizabeth che però non voleva stare in
braccio. La mise a
terra e lei gattonò velocissima verso di me. Aveva
cominciato a andare gattoni
tre giorni prima ed i suoi movimenti erano ancora incerti. Scivolava
spesso ma
c’era sempre qualcuno pronto ad aiutarla. Esme puliva il
pavimento non so
quante volte al giorno e non voleva che gattonasse al piano di sotto.
Diceva
che nelle camere andava bene ma lì, con loro che facevano
avanti ed indietro
dal giardino, il pavimento era sempre sporco e che la bambina,
mettendosi le
manine in bocca, rischiava di prendersi qualche malattia.
Ormai Elizabeth aveva 5 mesi da una
settimana ma
continuava a volere solo il mio latte. Tutti gli omogeneizzati che
avevo
cercato di darle mi erano finiti in faccia. La prima volta che mi aveva
sputato
addosso la pappa, le risate di Emmett erano state talmente fragorose
che
avevano spaventato Elizabeth che aveva cominciato a piangere. Risi al
pensiero
e feci velocemente colazione, poi presi in braccio mia figlia che,
aggrappata
ai miei pantaloni, cercava la mia attenzione.
< Andiamo dal
papà? > le chiesi. Lei, che
naturalmente ancora non capiva, felice di sentire la mia voce, sorrise
ed emise
dei gridolini nel momento in cui appoggiai il mio volto contro il suo.
Chiamai Edward che mi rispose dalla
stanza del piano.
Mi disse di raggiungerlo ed io lo feci, zoppicante. Appena aprii la
porta, fui
investita dal profumo di fiori. Ovunque, bouquet coloratissimi e
profumati. Ornavano
le finestre, gli angoli… riempivano i vasi e abbellivano il
pianoforte a coda.
E ai piedi del pianoforte, una pila di regali in carta
argentata, rosa e bianca a fiori. I fiocchi ed i nastri ovunque.
Edward mi abbracciò da dietro e, poggiando le labbra
nell’incavo del mio collo, mi sussurrò:
< Auguri, amore mio. >il sorriso sul mio volto
era un po’ forzato ma cercai di fare del mio meglio.
< Grazie… > dissi a tutti quanti. Tutta la
famiglia era lì per festeggiarmi… Fui accolta
dalle loro braccia fredde. Ognuno
mi stringava a sé e mi faceva gli auguri. Alla fine riuscii
a raggiungere il
divano e a sedermi.
Sul tavolino alcuni pasticcini mi aspettavano, molto
invitanti.
Alice mi vide osservarli e mi disse sorridente: < Li
ho fatti io. Dopo c’è anche la torta, per questa
sera. Elizabeth la adorerà.
Anzi, dovremo faticare per non fargliela mangiare tutta. >
< L’hai vista? > < Sì. Le
piacerà molto! >
e se ne compiaceva dato che aveva scoperto la sua nuova passione.
Cucinare
torte era diventata per lei un’arte.
Elizabeth vide Rose e si protese verso di lei. Rose la
prese tra le braccia e cominciò a coccolarsela come fosse un
gattino. Emmett
cominciò a scattare foto ed io mi sistemai i capelli dietro
l’orecchio con un
gesto nervoso. Edward mi bloccò la mano. Sorrisi incerta e
lui sussurrò al mio
orecchio: < Sei splendida. E sembri molto più piccola
della tua età
effettiva. Va tranquilla. >
Lo guardai male. Rose, quando era … stata cambiata
aveva 19-20 anni, Alice 19, Emmett 21. Esme 26 e Carlisle 23. io ora ne
stavo
compiendo 20… ed Edward invece era bloccato nella perfezione
dei suoi 17 anni.
Un nodo alla gola mi impedì di parlare.
< Bella, tesoro, non preoccuparti. Non stai
invecchiando. > E poi ammiccò complice.
Sentii il bisogno della presenza di Jasper ed in quel
momento mi resi conto che in casa c’erano tutti tranne lui.
Guardai Edward con
sguardo interrogativo. Lui capì subito e mi disse: <
Non preoccuparti. È
andato a prenderti il regalo. >
Indicai con la testa la pila di doni e gli chiesi:
< Quelli non bastavano? >
< Quello che Jaz è andato a prenderti ti
piacerà di
più. Ne sono certo. > e poi mi baciò.
Passai quasi tutta la mattina a
bighellonare per casa. Edward volesse che aspettassi l’arrivo
del fratello per
aprire i doni ed io ero ben felice di procrastinare quel momento.
A pranzo mangiai poco senza un
motivo preciso.
Probabilmente era l’ansia da compleanno che si faceva sentire.
Mentre facevo il bagno con
Elizabeth nella comodissima
e grande vasca idromassaggio, il telefono suonò. Edward
bussò alla porta. <
Vieni pure. > Entrò e mi guardò come se
fossi una cosa da mangiare. Una cosa
molto buona. Tanto per giocare stesi la gamba facendo la ragazza
provocante dimenticandomi
la distorsione. Mi feci un male cane e lui scosse la testa sconsolato.
Lo vidi
trattenere una risata. Ci si avvicinò ed Elizabeth
cominciò a sbattere le
manine sull’acqua, schizzando ovunque. In meno di due
secondi, Edward si
ritrovò bagnato da capo a piedi.
Lui la prese e l’asciugò, poi mi aiutò
ad uscire e mi
avvolse nell’asciugamano.con i denti lacerò
l’elastico con cui avevo tenuto i
capelli in altro perché non si bagnassero e mi disse:
< Sei una tentazione
sempre, ma così come farò a resisterti? >
Scoprendo un po’ il mio corpo
bagnato risi e lui mi baciò la clavicola.
Quando sia io che mia figlia fummo asciutte e vestite
(Edward mi aveva dato un bel vestito color crema e poi mi aveva rifatto
la
fasciatura) scendemmo al piano di sotto. Erano le quattro del
pomeriggio e le
nuvole coprivano il cielo. Elizabeth tra le mie braccia si stava
appisolando.
Zoppicando leggermente, raggiunsi
il salotto. Vidi Jaz
e lo salutai con la mano. Tutto allegro, mi venne vicino e mi disse:
< Vuoi
vedere il tuo regalo? > < Se proprio devo…
> < Sono certo che
gradirai. > Mi assicurò lui. Edward mi coprii gli
occhi con le mani e mi
guidò verso quella che era stata la nostra camera e che ora
era diventata un
piccolo salotto con dentro un divano, due poltrone, un box per neonati
e uno di
quei cosi che servono per far giocare i bambini e contemporaneamente
farli stare
in piedi. A terra era pieno di pupazzi e cubi per le costruzioni. Le
pareti
erano state dipinte di color pesca.
Arrancando nel buio strinsi mia figlie e dissi: <
Edward, se cado, avrai tutte e due sulla coscienza. > Lui fece
finta di
niente. Altre mani fredde mi aiutarono a sedermi sul divano. Edward
lasciò la
presa ed io sbattei le palpebre. La prima cosa che vidi furono i regali
che la
mattina erano ai peidi del pianoforte. Poi vidi la torta, piuttosto
grande.
Quando però il mio sguardo si spostò su
ciò che c’era dietro il tavolino, per
poco non svenni.
Elizabeth osservava le due persone
a lei estranee che
la fissavano con gli occhi gonfi per l’emozione. Era
curiosa... non li aveva mai visti.
Quando la donna scoppiò a piangere per la gioia,
Elizabeth, spaventata, si ritrasse e si nascose tra le mie braccia.
Io la strinsi a me e a mezza voce,
con le lacrime agli
occhi, sussurrai:
Scusate
a tutte quante per il
mostruoso ritardo!
Chiedo perdono!!!
Le cause sono state molteplici. L più
importanti sono queste:
Avevo la mano destra fasciata e non
potevo scrivere…
Non potevo nemmeno modificare il
testo perché il mio pc si era infettato e non partiva
più! Fortuna che il mitico Muccio
giovedì ha sistemato il pc. Per la mano il computeraio non
serviva ma sta
migliorando! Proprio la destra però!!!! Che palle!!!
Comunque, eccomi qui. Per farmi
perdonare, capitolo lungo!
Spero vi piaccia. Scusatemi ancora
ma davvero, scrivere era una fatica (potevo usare sl il
mignolo… non so se mi
intendo XD!)
Grazie e a prestissimo!
Non vorrei fare pronostici e poi mandarmela da sola come la volta
scorsa, ma
direi che potreste passare per mercoledì e dovreste trovare
l’aggiornamento!
Un bacio speciale a Crusade! Visto
che ti ho trovata!!!
E naturalmente, ad Hanairo!! Scusa
se non vi ho avvisate… ma proprio non sapevo come fare!
Adesso cmnq tutto a posto!
Un bacio enorme e grazie per i
vostri bellissimi auguri!!!
Sn tornata a casa e mi hanno
davvero addolcito il rientro a scuola!!! Vostra Erika dalla mano destra
fasciata (sembra il nome di una piratessa sciancata XD)
PS:grazieGiu per
aver postato il cap scorso!
Bella's POV
< Bells… >
Interdetta, rimasi a fissare le due
persone, che mi
sorridevano commosse, per qualche istante senza proferire parola.
Sentivo le braccia molli e le mani
tremare per
l'emozione.
< Bella? > Mi domando
Edward sfiorandomi la
guancia con il pollice, assicurandosi che fossi ancora viva. Prese la
bambina
dalle mie braccia e si sedette al mio fianco, cingendomi la vita.
Elizabeth, curiosa, fissava quelli
che per lei erano
degli intrusi. Non appena mia madre si voltò a guardarla,
lei si nascose nella
camicia di Edward.
Mi alzai tremante e venni accolta
dalle braccia di mio
padre che mi era venuto incontro.
< Bells, piccolina. Come
stai? > Non era da lui
lasciarsi andare a tali dimostrazioni di affetto. Dovevo essergli
mancata
davvero molto. < sto bene papà, sto bene…
> singhiozzai tra le lacrime.
Mi strinse a sé e poi lasciò che fosse
Reneè ad abbracciarmi.
< Oh Bella, eravamo
così in pena per te. Sono così
contenta di vederti! > < Anche io mamma. > Ed era
vero. Non mi sarei
mai aspettata di rivederli. Soprattutto, non lì.
Reneè rimase ad
osservarmi a lungo, studiando i tratti
del mio volto, quasi cercando di scorgere dei cambiamenti. L'ultima
volta che
'avevo vista era stato il giorno del mo matrimonio. Un anno e un mese
prima.
Poggiandomi una mano sul braccio mi confidò: < Non
sei cambiata per niente.
Sembri ancora una bambina… la mia bambina. > E
dicendo questo si asciugò le
lacrime che si erano formate all'angolo degli occhi. < Ma sei
già madre… E
che bella bimba che avete tu ed Edawrd. È un angelo.... Ma
siete ancora così
giovani… >
Edward si intromise sistemando
meglio nostra figlia
tra le sue braccia, di modo che Reneè potesse vederla
meglio. < Elizabeth è
stata un dono. Date anche le circostanze, chi mai avrebbe potuto
immaginare? Anche
se adesso, stavamo penando di avere un altro bambino…
>
< Edward!> Gli
strillai. Insomma, non era il
caso di dirlo così esplicitamente ai miei genitori.
Avere un figlio a diciannove ani
può capitare ma
averne due a venti… non credo che mia madre ne sarebbe stata
felice.
Come si
dice? La prima volta ci cadi, la seconda significa che ti ci sei
buttata dentro…
ai casini, s’intenda.
Lei infatti corrugò la
fronte e si rivolse a mio marito:
< Non state correndo troppo? Un figlio è una grande
responsabilità. Avrete
tempo, più avanti, per avere altri bambini. Per ora pensate
a questa che avete.
> Quelle parole furono come una lama affondata nel mio cuore.
Non era vero.
Lei non poteva saperlo, ma non avevamo tempo. Non molto, per lo meno.
Edward vide che mi ero incupita e
disse a mia madre:
< Noi vorremmo avere un altro bambino. Se verrà,lo
accoglieremo con tutto il
nostro amore, altrimenti non cambierà niente…
siamo già comunque molto felici…
> E poi mi baciò la guancia. Io sorrisi arrossendo e
focalizzai la mia
attenzione su Elizabeth che tendeva le braccia per venire da me.
Speravo di
evitare in questo modo lo sguardo indagatore dei miei genitori.
Rimanemmo a
chiacchierare del più e del meno mentre Alice ci scattava
una miriade di
fotografie. Ad un certo punto io padre, che fra tutti era stato quello
che era
rimasto più in silenzio, accarezzando il capo di mia figlia
mi domandò: <
Posso tenerla per un po'? >
< ma certo…
> E gli passai Elizabeth che,
spaesata, si osservava intorno. < Oddio, ma
com'è leggera… è così
piccina. > e mentre mi diceva queste parole, il suo guardo era
adorante.
Poco dopo anche mia madre reclamò il suo ruolo di nonna.
Quando però Elizabeth cominciò a
lamentarsela ripresi tra le mie
braccia e lei mosse la bocca come a dirmi: "Ho fame"
Cercando di coprirmi, mi slacciai
la camicetta e il
reggiseno. Dato il mio goffo tentativo di non farmi notare, mia madre
rise e mi
disse: < Tesoro, allattare è una cosa
normale… non ti vergognerai mica di
noi. > Charlie la fulminò con lo sguardo ma rimase
zitto, fingendo di essere
interessato alle decorazioni floreali allestite da Alice. Si vergognava
quasi
quanto me. Edward rise sottovoce. Elizabeth, ciucciando per a prima
volta
distrattamente, si osservava intorno incuriosita dalle voci e dagli
odori dei
miei genitori. < Com'è tenera. Vero Charlie? >
Mio padre grugnì qualcosa
evitando accuratamente di guardarmi. Nel frattempo Esme ci
servì il pranzo in
cucina. Mentre tutti si accomodavano, finii di allattare Elizabeth, le
feci
fare il ruttino,poi la misi a dormire nella sua culla nella stanza del
pianoforte. Sbadigliò e, non appena l'ebbi appoggiata sotto
la piccola
copertina, chiuse gli occhi rilassò i pugnetti. In silenzio,
andai dagli altri.
Tutti i Cullen fecero finta di
gustare quei piatti
squisiti preparati da Alice.
Quando mi chinai sotto il tavolo
per raccogliere una
posata che mi era scivolata, Edward fece lo stesso. Mi baciò
la guancia e, al
mio sguardo perplesso mi rispose complice: < questa sera avremo
tutti la
tosse… > e poi ammiccò al ripiano del
tavolo, alludendo alle pietanze. Feci
per dirgli che non dovevano fare questo per me quando lui
cominciò a baciarmi
con passione infilando le dita tra i miei capelli. Aggrappata alla sua
camicia,
quasi non notai la testa di Emmett fare capolino da dietro la tovaglia
che
arrivava a sfiorare il pavimento.
< voi due, la smettete di
pomiciare sotto il
tavolo? Staremmo mangiando, se non vi dispiace. >
Arrossii furiosamente e cercai di
ignorare il risolino
di mia madre. Bordeaux mi rimisi seduta e non mi sfuggii il sorriso
compiaciuto
sul viso di Edward. Non parlammo molto ed io continuavo a controllare
che non
mi si scoprisse il braccio sinistro. Non volevo che mia madre
vedesse…non
volevo essere costretta a spiegare…
Quando tutti i piatti furono vuoti,
ci spostammo nella
stanza dove eravamo prima. La torta faceva bella mostra di
sé in mezzo agli
addobbi. Prima di assaggiarla però mi sedetti per terra e
cominciai a scartare
i regali. Mia madre, seduta accanto a me,non la smetteva di
accarezzarmi i
capelli e le spalle.
Facendo molta attenzione a non
tagliarmi con la carta
mentre Jasper mi fissava sospettoso, aprii prima il regalo di Esme e
Carlisle.
Già dalla confezione avevo capito che era caro…
quando lo aprii ne ebbi la
conferma. Un nuovissimo portatile con WebCam e microfono…
< Così potremo
continuare a sentirci, e sarà come
essere ancora più vicine. Meglio che con la mail, che ne
dici? > disse
Reneè, entusiasta. Annuii a mia madre abbracciando i miei
suoceri, ringraziandoli.
Alice mi porse, da parte sua e di
Jasper, un sacchetto
pieno di libri e CD. Solo in un secondo tempo notai la ricevuta con la
mia
firma, troppo elegante per assomigliare alla mia vera, che
sottoscriveva un
abbonamento ad una costosissima rivista di moda. Stranamente, non
ricordavo di averne
mai neanche sentito parlare. Quando, con fare accusatorio, guardai
Alice, lei
mi sorrise e mi disse. < Non prendetela. Sto solo cercando di
portarti sulla
retta via. > Non feci a tempo ad arrabbiarmi con lei
perché Emmett mi diede
il suo regalo. Prometteva male già dal colore del sacchetto.
< da parte mia
e di Rosalie… > cantilenò cercando di
restare serio.
Rose faceva finta di
guardare fuori dalla finestra ma in realtà teneva la coda
dell’occhio puntato
sul mio viso. Sul biglietto c'era scritto:
"Alla nostra sorellina, aiutino
per il figlio numero due. > Attonita, sbirciai nel sacchetto.
Arrossii e lo
richiusi subito tra le risa generali.
< Emmett, Rose, non lo
metterò mai! > Dichiarai
cercando di non balbettare per l'imbarazzo.
< Lo metterai, lo
metterai… > Mi prese in giro
il mio fratello acquisito, facendo l’occhiolino ad Edward.
Lui fece una faccia
molto strana leggendo i pensieri di Emmett. Se possibile, divenni
persino più
rossa di prima e distolsi imbarazzata lo sguardo. Emmett mi diede una
poderosa
pacca sulla spalla che per poco non mi fece cadere in avanti.
Bofonchiando qualcosa i poco carino
nei confronti
delle sue idee riguardo la mia vita sessuale, afferrai l'ultimo regalo,
quello
di Edward. Per fortuna non erano gioielli. Tra ciondoli e braccialetti,
indossavo
più dell’equivalente di quanto mia madre
percepisse all'anno di stipendio…
Da sotto la carta argentata pareva
un libro ma quando
lo scartai mi accorsi essere un album fotografico.
Aveva raccoltole mie foto
dall'infanzia a quel
momento. Che gesto dolce…
Lo sfogliai distrattamente per poi
rendermi conto che
le foto erano divise in gruppi. Aprii a caso e notai la calligrafia
ordinata di
Edward che recitava: "Isabella, un anno." E poi c'erano sei o sette
mie foto ad un anno di età. Dopo queste però ce
ne era una ingiallita,
raffigurante un bambino infagottato in abiti buffissimi.
Sopra vi era scritto:
"Edward, un anno."
Aveva alternato le mie foto alle
sue, che però, per
ovvi motivi erano meno numerose. Durante la prima guerra mondiale
dovevano
costare parecchio… e poi, il tempo ne aveva rovinato o
distrutto la maggior
parte.
Dopo i diciassette anni, tutte le
foto ci ritraevano
insieme. Erano molte, moltissime. Le più recenti includevano
anche nostra
figlia. In fondo all'album c'erano otto foto raffiguranti lo stesso
splendido
ragazzo di diciassette anni. A cambiare era l'ambientazione. Ve ne era
una per
ogni decennio del 1900 da lui vissuto come vampiro. Quella del decennio
1980
rappresentava lui, triste, intento ad osservare l'oceano. All'orecchio
mi
sussurrò: < Se solo avessi saputo che la mia via era
sul punto di mutare… se
avessi saputo che ti avrei incontrata… > E poi mi
baciò. L'album mi scivolò
dalle mani e si aprì su un'immagine di me neonata,
placidamente addormentata in
una piccola culla…
La parte del mio cervello, minima,
che non era
concentrata a baciare Edward, notò la somiglianza con mia
figlia…Sorrisi e
strinsi le mie braccia intorno al collo di mio marito.
Con una mano sola e senza staccarsi dalle mie labbra,
Edward raccolse l’album e lo passò ad Esme che,
mentre lo sfogliavo, aveva
tenuto i miei genitori occupati evitando che si insospettissero vedendo
Edward
vestito anni 40… in una città in qui tutto era
stile anni 40!!!
Non credo che avrebbero…
capito.
Arrivati al fatidico taglio della
torta, la mia mano
tremò. Fortunatamente non la rovesciai nel tentativo di fare
le parti uguali.
Esme mise la prima fetta nel mio piatto ed io feci appena in tempo a
mangiarne
un morso che Elizabeth cominciò a piangere. Io, sbuffando,
feci per alzarmi.
Spostai il piatto con la torta dalle mie ginocchia al tavolino ma venni
bloccata da una mano gelida e pallidissima.
< Non provarci neanche. > Mi fece Edward prima
di sparire oltre la porta per poi ripresentarsi con nostra figlia. Tra
le sue braccia, Elizabeth ci osservava curiosa. Si
stropicciò gli occhi e tese le mani verso di me.
< Non vuoi stare in braccio al papà? > Le
sussurrai ridendo ed avvicinandomi ad entrambi.
Ai gridolini di lei al sentirmi parlare, Edward scosse
la testa sconsolato e mi porse la bambina che fu subito attratta dalla
torta.
Alice sorrise compiaciuta ed io dissi: < Vuoi
assaggiare? >
< Hai già iniziato a svezzarla? > Chiese mia
madre osservando mia figlia.
< Mm… no. Vuole solo il mio latte. >E mi chiesi se fosse
normale, arrivata a
quasi sei mesi.
A quel punto si intromise Carlisle: < Non
preoccuparti. È perfettamente nei tempi. E poi, ogni bimbo
è diverso… dobbiamo
rispettare le sue esigenze. > E poi si rivolse a mia madre
descrivendole i
primi mesi di Elizabeth come solo un medico poteva fare. Mentre loro
parlavano,
io presi un po’ di torta con il cucchiaio e la portai alla
bocca di mia figlia
che serrò le labbra. Con le dita gliele feci aprire e le
sussurrai: < Non è
omogeneizzato. Rilassati. > poi riuscii a fargliene assaggiare
un po’. Al
contatto con la lingua, Elizabeth arricciò il naso ma dopo
aver sentito bene il
sapore, spalancò la bocca e mi sfiorò con
insistenza il braccio.
< Piccola traditrice. Le pappe alla frutta che
scegliamo con tanta cura no, e le torte della zia sì?
> Le bisbigliai
dandole un pochino di torta.
< Non esagerare. Non è abituata al cibo. > mi
rimproverò Edward attirando l’attenzione di
Elizabeth. Al terzo cucchiaio,
decisi che poteva bastare per il suo primo pasto. Quando poggiai la
posata sul
piatto, Elizabeth sgranò gli occhi e si allungò
verso il cucchiaio, facendo i
capricci.
< No. Lascialo. > le intimai. Per la prima volta
il mio tono non era adorante. Stupita dalla severità nella
mia voce, lasciò
andare subito la presa e si appoggiò al mio seno.
Reneè ed Esme risero facendomi arrossire. Emmett
commentò qualcosa all’orecchio di Rose ed Edward
ringhiò piano, senza farsi
udire dai miei genitori. Charlie invece si alzò e
batté piano una mano sulla
spalla di Edward.
< Ragazzi… forse
è meglio se noi, adesso… >
Sentii il panico invadermi. Non
potevano andarsene.
Non ora che, dopo così tanto tempo, ero riuscita a rivederli
per quella che
sarebbe stata forse l’ultima volta. Le mie labbra tremavano e
strinsi mia
figlia a me. Mi faceva sentire più tranquilla. Jasper
intervenne per aiutare a
calmarmi.
< Oh, giusto. Sarete molto stanchi. Il viaggio è
stato molto lungo. > Disse Edward.
< Bella… > mi disse inginocchiandosi davanti a
me e prendendomi le mani nelle sue. Lesse la mia ansia sul mio volto e
me lo
carezzò, rassicurante.
< Si fermeranno qui per una settimana. Abbiamo
cercato di organizzare un po’ di tempo per voi. >
Quasi scoppiai a piangere per la gioia. Notai mia
madre osservarmi e le sorrisi.
< Spero di non disturbare. >
< Ma le pare? Siete i benvenuti qui. > Fece
Edward cortese.
< Emmett ha già portato le valige nelle vostre
camere. Adesso vi accompagno. >
< Dove staranno? >
< Abbiamo preparato due stanze degli ospiti. >
Mi disse Alice con la sua splendida voce trillante.
Piena come un uovo, mi alzai e salutai tutti,specialmente i miei genitori, più tranquilla
di sapere di avere la possibilità di stare un po’
con loro dopo tanto tempo.
Quando furono svaniti nelle rispettive camere, andai in bagno. Dopo
essermi
lavata i denti, andai in camera dove Edward mi aspettava sdraiato sul
letto, a
braccia spalancate. Mi ci rifugiai, e risi quando con le labbra mi
sfiorò il
collo, subito sotto l’orecchio. Ridendo gli domandai:
< Tossito tutto fuori?
> e lui annuì convinto.
< Peccato che ci siano i miei… > gli
bisbigliai
mentre mi accarezzava la schiena. Rimase in silenzio per un attimo e
poi mi
confessò: < Le loro stanze sono abbastanza
lontane…se riesci a … contenere
le emozioni… Alice sta cercando di convincere tutti ad
andare a caccia. >
< Contenere le emozioni? > gli sibilai con gli
occhi ridotti a due fessure mentre mi allontanavo e facevo finta di
tirargli un
cuscino. Afferrandomi per i polsi, immobilizzandomeli, mi
obbligò a tenere le
braccia alzate e mi baciò con tanta passione che lasciai
andare il cuscino.
Quando mi lasciò respirare di nuovo, mentre le mie labbra
rincorrevano le sue,
gli sussurrai: < Alice ci ha visto? >
Non si prese neanche la briga di
rispondere. Soffiò
sulla pelle del mio seno facendomi sorridere e poi, accarezzandomi con
le
guance mi bisbigliò: < Se ne sono andati. Sperando di
non svegliare i tuoi…
> E lasciando la frase in sospeso, con un grande sorriso dipinto
in volto,
provvide a levarmi il pigiama mentre io facevo lo stesso con lui.
Quando, parecchio dopo, fui troppo
stanca anche solo
per tenere gli occhi aperti, mi adagiai sul suo petto e lasciai che le
sue mani
mi massaggiassero la schiena nuda. Tenere testa ad un vampiro
instancabile era
una bella fatica…
Mi giunse un’eco lontana della sua voce che mi
assicurava di non aver svegliato nessuno. A un passo dal mondo dei
sogni,
sorrisi.
Quando, una settimana dopo, i miei
partirono, cercai
di trattenere le lacrime.
In quei giorni non avevamo fatto niente di speciale.
Semplicemente, eravamo restati vicini… avevamo riso e
scherzato, chiacchierato
del più e del meno…
Nessuno aveva mai tirato in causa l’argomento
rapimento ed io, nervosa, controllavo in continuazione che il mio
braccio fosse
ben coperto. Non avrei avuto la forza di spiegare…
Eravamo stati uniti come non mai nei miei ricordi. Il
calore della famiglia che non avevo mai avuto. Mia madre e mio padre
che si
tenevano per mano formavano un’immagine che non riuscivo a
rievocare nella mia
infanzia. Avevo solo pochi mesi quando Reneé se ne era
andata portandomi con
sé. Per alcuni momenti era parso che il mio sogno di bambina
si fosse
realizzato, per poi infrangersi ogni sera quando Reneé
chiamava Phil. Mio padre
non pareva molto contento di ciò ma restava in silenzio. Il
sospetto che amasse
ancora mia madre non mi aveva mai abbandonato.
Circondata dalla mia famiglia acquisita, salutai mia
madre piangente. Reneè continuava ad abbracciare me ed
Elizabeth dicendoci che
sarebbe tornata presto a trovarci mentre Charlie, cercando di non
mostrare la
sua tristezza, abbracciò me ed Edward e poi
accarezzò mia figlia salutandoci
serenamente. Jasper, che mi pareva essere diventato il tassista di
casa, li
avrebbe riportati a Forks da dove Reneè sarebbe partita per
Jaksonville. In
effetti, era un bene che fosse lui ad accompagnarli. Li avrebbe
tranquillizzati
con le sue… qualità speciali.
A calmare me ci sarebbe stato invece Edward. Il che mi
andava benissimo.
< Ti voglio bene, Bells, a
te e alla tua bambina.
> Mi mugugnò mio padre prima di salire in auto. Dire:
“ E ad Edward” era un
po’ troppo. Sapevo che avrebbe preferito fossi innamorata di
Jacke o di qualcun
altro al college e non sposata e nascosta con mio marito…
fuggita da dei
rapitori e … già madre…
Sebbene gli fosse grato per avermi salvata, era certo
che fossi stata rapita per causa sua. O meglio, dei suoi soldi. Il
risultato
però era lo stesso… spesso lo fulminava con lo
sguardo, non sapendo che i suoi
pensieri erano per mio marito come un libro aperto.
< I momenti degli addii sono sempre tristi. >
Aggiunse Charlie tentando di nascondere una lacrima dietro un sorriso
triste.
Mia madre lo fulminò con lo sguardo e, tra le lacrime,
sibilò: < Non è un addio, ma un
arrivederci.> Io feci cenno con il capo
senza sapere se fosse realmente così.
Abbandonata tra le braccia di
Edward, li salutai e li
osservai sparire oltre quel sentiero da cui era stato inghiottito anche
Jake.
Da quello che mi aveva detto Charlie, viveva ancora a La Push…
ed era ancora solo. A
quanto aveva lasciato intendere Charlie, in realtà era
ancora follemente
innamorato di me… il che mi fece sentire un po’ in
colpa. Sperai che le cose si
mettessero a posto per lui, per tutti, ma non sapevo se fosse una mera
illusione o un futuro possibile…
Tornata in camera, mi sdraiai ad osservare il
soffitto. Era tardi. I miei genitori si erano trattenuti il
più possibile.
Ripensando ai giorni passati, senza rendermene conto mi addormentai.
Tormentata da sonni terribili, mi
agitai nel sonno.
Vagavo sola in un luogo buio, sconosciuto.
Odori, sensazioni nuove…
paura. non per me ma per
altri… persone che mi stavo lasciando alle spalle. Non
volevo abbandonarli. Non
volevo andarmene. Sentivo di aver lasciato in sospeso qualcosa. Gridai
e mi
accasciai sulle ginocchia, tenendo le mani appoggiate alla testa.
Sudata e tremante, spalancai gli
occhi. Stavo
ansimando e le braccia di Edward strette intorno a me non bastarono a
calmarmi.
Un altro incubo. L’ennesimo. Questo pareva persino
più vero dei precedenti.
< Bella, va tutto bene… > < Oddio
Edward…
> Sussurrai tra le lacrime.
Mi strinse di più, cullandomi dolcemente. < Ancora
incubi? > mi domandò senza particolari intonazioni
della voce. Alzai lo
sguardo e fissai il suo volto. Una sottile linea sulla fronte mi
suggeriva la
sua preoccupazione.
< Ancora? > Chiesi confusa. Non pensavo si fosse
accorto di quelli che avevo avuto ultimamente, non ne aveva mai
accennato. Lui
si sforzò di sorridermi e mi baciò la fronte. Non
hai avuto pace, settimana
scorsa. Dato che non me ne volevi parlare, ho voluto rispettare le tue
decisioni. >
< Ho gridato, in queste notti? > < Un
po’.
> ammise continuando a cullarmi. Lo fissai e domandai: <
Mamma e Charlie
mi hanno sentito? > < Non preoccuparti. Abbiamo spiegato
loro che hai
ancora… delle conseguenze di quanto accaduto…
> < Oddio, non volevo che …
> < Sht. > mi appoggiò un dito alle
labbra. < Non angosciarti. Loro
hanno capito. > < Li avrò
spaventati… Chissà che avranno pensato!
Poverini. Si saranno preoccupati per me. > Mi portai le mani al
volto e lui
me le scostò. < Hanno pensato solo che tu sia ancora
spaventata. È
comprensibile. > subito dopo mi avvolse nella coperta e mi prese
tra le
braccia. Mi portò al piano di sotto dove cominciò
a suonare tenendomi seduta
sulle ginocchia. La sua musica mi calmò, aiutandomi a
riaddormentarmi,
appoggiata con il capo alla sua spalla.
Nei giorni successivi appurammo che, se mi
addormentato al suono della sua musica, i miei sonni erano
più calmi. Per quel
motivo Edward installò uno stereo in camera nostra. Sembrava
che i suoi
componimenti, registrati su CD, venissero eseguite nella stessa stanza
tanto il
suono era limpido, chiaro. Ogni sera, tra le sue braccia e sotto le
coperte, mi
addormentavo con il suono della sua musica.
Non per questo però rinunciai ad ascoltarlo dal vivo.
La nostra vita trascorse
tranquilla, nonostante i miei
incubi che, sebbene in minor misura, continuavano ad assillarmi.
Alle prime parole, ai primi passi
di nostra figlia,
sia io che Edward ci eravamo letteralmente sciolti dalla gioia. Una
mattina,
verso fine Gennaio, mentre muoveva i suoi passettini incerti verso di
me,
Elizabeth, notando che non la stavo guardando intenta com’ero
a leggere un
libro, per attirare la mia attenzione si avvicinò a me e mi
afferrò i jeans.
Con voce lamentosa, senza preavviso, biascicò: <
Maammaa > Al che,
abbassando con circospezione il libro, l’avevo osservata
sorpresa da dietro le
pagine e la copertina. Lei tese le manine verso di me ed io la presi
sulle
ginocchia. Dato che rimasi imbambolata ad osservarla, emozionata e
commossa
dalla sua vocina trillante, lei mi accarezzò teneramente la
guancia
strusciandoci sopra il suo piccolo palmo caldo. Edward Era in piedi
alla porta
e ci fissava orgoglioso. Nostra figlia lo senti sospirare e si
voltò. Vedendolo
tese la mano verso di lui tenendosi con l’altra alla mia
maglietta, nonostante
le mie mani la stringessero saldamente a me. Quando lui si
avvicinò, lei si
sporse ulteriormente e disse < Pappà…
> lasciando di stucco pure lui che,
leggermente interdetto, s’inginocchiò davanti a
noi per abbracciarci.
Con Elizabeth che cresceva sana e
forte, vincendo
tutte le mie paure, la nostra vita sembrava felice, nonostante fossi
costretta
a restare sempre nei dintorni della casa ed Edward non si fidasse a
lasciare me
e nostra figlia sole. La paura che succedesse qualcosa, che qualcuno ci
trovasse era troppa… Oltretutto, malgrado i nostri sforzi,
tutti i nostri
tentativi di allargare la nostra famiglia non erano andati a buon fine.
Ed
Edward, preso da una crisi di presunta impotenza, cominciò a
comportarsi poco
da marito.
Esasperata dal disfattismo del mio
sfiduciato e
abbattuto sposo, una sera, circa un anno dopo il nostro secondo
anniversario di
nozze, afferrai il regalo che Emmett e Rose mi avevano fatto e,
racimolando
fino all’ultima goccia di coraggio che avevo,
indossai… quella sottospecie di
intimo.
La mia pelle morbida e calda si adattò subito a quella
lingerie a dir poco audace.
Ero ancora umana… e la scelta era stata mia. La
bambina aveva troppo bisogno di una madre che potesse starle vicino.
Una
vampira neonata ed assetata di sangue non avrebbe potuto prendersi
abbastanza
cura di lei. Forse questa era la scusa che mi davo per giustificare la
mia
titubanza… forse, ci tenevo davvero troppo ad avere altri
bambini. Ma davvero
volevo essere una buona madre per Elizabeth…
In fondo, ventuno anni non erano poi molti… nessuno
avrebbe notato la differenza di età tra me ed Edward,
soprattutto se, come
diceva lui, avevo lo sguardo ancora da ragazzina. Se anche avessi
rimandato di
un altro anno, non sarebbe successo niente.
Mentre in bagno pensavo a queste
cose e, cercando di
fare silenzio e di non insospettire Edward, mi cambiavo e preparavo per
riuscire a sedurlo, lui se ne stava sdraiato sul letto ascoltando i
sogni di
Elizabeth che dormiva beata nella stanza affianco alla nostra,
abbracciata ad
un enorme peluche, regalo di Emmett. Di sottofondo, aveva messo su un
CD con
una melodia molto bella, che aveva composto da poco. Cercando di essere
audace
e seducente nel portamento, uscii dal bagno avvolta
nell’accappatoio. Lui fece
per alzarsi e venire ad accogliermi quando io, di proposito, lasciai
scivolare
l’asciugamano lungo il mio corpo in maniera sensuale, o per
lo meno mi auguro
che sembrasse tale!
La scena, degna di un film vietato
ai minori,
prevedeva che mi avvicinassi a lui con fare intrigante. Riuscii a
raggiungere
il letto con lui immobilizzato dalla sorpresa. Appoggiando prima un
ginocchio
sul materasso e poi l’altro, mi inginocchiai sul letto. A
pochi centimetri da
lui, gli passai un dito sulle labbra, molto velocemente. Il mio seno
intrappolato dal pizzo nero sfiorò il suo petto quando mi
avvicinai per
lambirgli il collo con le labbra. Dato che il gioco prevedeva che io mi
ritirassi subito, cercai di allontanare la mano ma lui,
improvvisamente, mi
afferrò il polso impedendomi di muovermi. Un attimo dopo mi
ritrovai sotto di
lui. Sentivo il suo corpo sopra il mio, il calore bruciante ed
eccitante dentro
di me, su di me.
Sulla mia pelle, dove il mio corpo sfiorava il suo. Il
suo ringhio basso copriva la musica. Senza smettere di baciarmi il
collo ed il
seno, alzò il volume fino a coprire i miei gemiti e poi
cominciò ad
accarezzarmi, peccaminoso. Il ritmo della musica si fece piuttosto
incalzante e
lui si lasciò prendere troppo la mano. Dalle carezze
passò velocemente a gesti
molto più provocatori e sensuali. Passionali.
Sì insomma, Edward alzò il volume e fece a
brandelli
la mia camicetta di seta, e poi tutto quel poco, ed imbarazzante, che
avevo
sotto…
Senza badare a quelle parole confuse, lasciai che la
mia mente sprofondasse di nuovo nel dolce limbo dei sogni…
Pensai: “Obbiettivo raggiunto!” nel momento in cui
i
suoi vestiti presero il volo attraverso la stanza.
Far rilassareEdward quando era così arrabbiato con se stesso
non era cosa facile
eppure, ci ero riuscita! Le sue mani che vagavano ovunque sul mio corpo
ne
erano una prova inconfutabile, così come il suo respiro
nella mia bocca, sulla
mia pelle…
La mattina dopo, ancora in semi
incoscienza, sentii
Edward socchiudere la porta e chiedere: < Alice?
Perché sposti la tua
stanza-armadio nella camera degli ospiti? >
Lei rispose sottovoce e trattenendo un risolino: <
Avrete bisogno di spazio e questa è la camera più
vicina alle vostre… >
Appena pochi attimi dopo, sentii le labbra di Edward,
piegate in un dolce sorriso, sfiorarmi la guancia.
Io ovviamente non mi lamentai e
dischiusi le mie, in cerca di un bacio più intimo.
Ciao a tutte!!!!
Come va? Spero bene, o per lo meno benino... scuola permettendo. Per
chi lavora, spero che vada tutto bene e a tutte dico quello che mi
ripeto tutte le mattine per convincermi ad alzarmi: NATALEEEEEEEE
Visto che sono stata di parola?
Mercoledì Aggiornamento dissi e
così è stato XD. (prossimo: venerdì o
sabato, se
Sabato lo farò dopo che avrò visto il film al
cinema, quando sarò tornata XD
Speriamo che non abbiano rovinato troppo TW!!!!!! Aiuto!!!)
Per quanto riguarda le analogie con Bella che qualcuno a
tirato in ballo:
Sfortunata: direi
che ci siamo
Asociale: direi
che lo sono
Mi faccio sempre
male: Direi che è vero…
Pallida:
Assolutamente sì. Alle elementari mi dicevano giocando con
il mio nome Erika cadavErica. Non
ci provate se non volete finire male.
Capelli lunghi
castani: ok
altezza 1.68:
anche io
peso 54: io due kg
in più ma più o meno...
Ma bisogna anche aggiungere che:
Posso senza ombra di dubbio
affermare di non avere le belle gambe di Kristen Stewart (aggiungerei
un bel purtroppo e un pianto a dirotto)
Ma, cosa più grave: NON
HO il mio EDWARD personale!!!!NUOOOOOOOooooooooooooooooo(il
pianto disperato si perde nei meandri di internet… )
In pratica, di Bella ho solo i lati
negativi. Tutto ciò per
cui varrebbe la pena assomigliarle anche solo un pochino (nuvoletta di
Fantozzi
sulla testa inclusa) patendo tutte le sfighe di sta terra era LUI!!! Ed
io non
ho non dico LUI, ma neanche uno straccio di ragazzo! Che palle!!!!!
Ma a parte questo, direi che potrei
lasciarvi al capitolo
dicendovi grazie per le bellissime recensioni, abbracciando le 215
persone che
hanno messo la storia tra i preferiti e anche tutte quelle non
registrate che
mi seguono comunque (San Marino non è poi così
lontana! Anche se mi devi ancora
spiegare un po’ di cose XD)
Un bacio enorme a tutte quante.
Vado a fare latino… e mi raccomando fatemi gli auguri domani
per la versione di
latino e Venerdì per quella di greco. Quasi quasi non vedo
l’ora che arrivi la
maturità, poi potrò dimenticarmi ste due cavolo
di lingue!! (balletto di gioia
sul dizionario)
Ciao e a presto
Un
bacio a tutte!!!
PS: Doppio POV!!! Mi mancava intrufolarmi nella tesa di Edward XD
Vostra Erika (e la sua nuvoletta portasfortuna XD)
Edward’s POV
< Perché non
vuoi che glielo dica? >
< Edward, si ragionevole. Bisogna aspettare. Non possiamo
sapere… Non si può
MAI sapere. >
< Dici che qualche rischio che perda il bambino? >
< Su, non preoccuparti. Non sto dicendo questo. Solo, sai,
all’inizio bisogna
andare cauti… se poi succedesse qualcosa, ci starebbe molto
male. Lascia
passare il primo mese. Se passa senza intoppi, se ne
accorgerà da sola. E sono
certa che sarà felicissima. Lasciale la soddisfazione di non
avere il ciclo e
di sorprendersi! Dire al marito che si è incinta
è la parte più bella… >
< Sì, e tu gliela hai rovinata. >
< In realtà, io non volevo dirti nulla. Sei tu che ti
sei impicciata negli
affari miei. >
< Senti, se ti metti a spostare specchi e armadi e vagonate di
vestiti alle
sette di mattina, permetterai che un fratello si chieda per lo meno
cosa stia
succedendo. Potevi non dirmi la verità. Rifilarmi una bugia.
>
< See…Edward, tanto poi tu mi avresti letto nella
mente… >
< E allora, perché non hai pensato ad una bugia?
>
< Senti, potrò essere felice anche io? Anche io ero
sorpresa… avevo appena
visto il pancione… >
< Sì, sì… tanto alla fine
riesci sempre ad avere ragione tu. >
< Ecco, bravo. Vedo che hai capito come gira. >
< Senti, appena vedi qualcosa di più sicuro,
avvisami. Subito. >
< Sarai il primo a saperlo. >
< E il solo. Non voglio che tu lo dica agli altri tenendone
Bella
all’oscuro. >
< Non preoccuparti. Bocca cucita. > E fece segno di
tapparsi le labbra.
> Mi alzai dalla poltrona e le passai affianco. Con la mano le
scompigliai i
capelli e lei si divincolò, ridendo. Dopo esserci portata le
ginocchia al
petto, sussurrò: < A Carlisle lo dico
però. Non si sa mai. Così comincia fin
da subito, senza farsi notare, a prendersi cura di lei e della
… “situazione”. >
< Già, questa volta sarà meglio che passi
un buon inizio di gravidanza. >
Lei annuii e poi si alzò in piedi con grazia, sparendo a
passo di danza, su per
le scale.
In casa c’eravamo solo noi due, Bella e la bambina. Mia
moglie e mia figlia
giocavano in giardino.
Io ed Emmett avevamo installato
una piccola piscina
che Elizabeth adorava.
Da quando il sole aveva cominciato a scaldare le giornate, la mattina
si
presentava in camera nostra (mia e di Bella! Non di mia e di Emmett!!!
Non
pensiate male!), si intrufolava nel lettone e si sdraiava sulla mia
pancia.
Dopo avermi baciato le guance, mi sussurrava:
< Picignaaaa > E poi tirava fuori il costume che teneva
nascosto sotto la
maglietta del pigiama.
Sapeva che io non dormivo ed invece Bella sì. Non voleva
disturbarla e per questo
assillava me. Si era accorta che lei e Bella erano diverse da noi
altri. La
cosa però non pareva turbarla. Anzi, sembrava divertirla il
fatto che se
sgattaiolava in cucina alle 3 di notte trovava tutto il resto della
famiglia
intento a svolgere le normalissime attività giornaliere.
Più di una volta
l’avevamo trovata addormentata, alla mattina, sulle ginocchia
di Rose seduta in
sala ed intenta a leggere un libro.
Elizabeth era una bambina molto intelligente, acuta. Capiva ed imparava
estremamente velocemente. Le piaceva ascoltare gli altri parlare e
rimaneva
ferma per ore, seduta in ginocchio, ad osservare Jasper ed Alice
giocare a
scacchi. Adorava disegnare ed imbrattare tutto con le coloratissime
matite che
le aveva regalato Bella. Con orrore rassegnato di Esme, persino i muri.
In
cucina ci osservava cucinare, rubando pezzettini delle cose che le
piacevano di
più, ma solo se non c’era in giro sua madre. A
differenza di quello che poteva
sembrare a prima vista, Bella era molto severa. Dolce, ma determinata.
La
riempiva di attenzioni, cercava di proteggerla da tutto, certo, ma lo
faceva in
modo che non sembrasse che Elizabeth avesse il via libera per fare
qualsiasi
cosa. La sgridava (cosa che io non riuscivo a fare) e la rimproverava.
Nonostante ciò, era lei che Elizabeth amava di
più. Nostra figlia era legata
alla madre e non si allontanava mai troppo da lei. Se non la
vedeva e non
riusciva a trovarla, scoppiava a piangere, proprio come da piccola. Mia
moglie
voleva che non fosse viziata. Una lotta persa in partenza contro Esme,
Alice,
Rose ed Emmett. Io cercavo di essere un buon padre e di non viziarla ma
non era
facile. Essere la unica bambina in una casa abitata da sette vampiri
immortali
e una ragazza umana con uno spiccato senso di protezione per quella che
era
ancora la sua unica figlia. Nostra figlia…
I comportamenti della nostra
bambina erano per me
affascinanti, nonostante Bella li trovasse buffi.
Da quando c’era lei, mia moglie aveva ricominciato a ridere e
sorridere.
Rimaneva ore a giocare con Elizabeth a cui piaceva giocare con i
pupazzi e con
la casa delle bambole costruita da Emmett, prima ancora della sua
nascita. Si
divertiva moltissimo a raccogliere fiori o collezionare sassi colorati.
Qualsiasi attività la tenesse occupata, la lasciava appena
si accorgeva che
avevo preso posto al piano. Se appena sentiva una nota, correva da me,
tenendo
Bella per mano.
Appena mi sedevo al pianoforte, mi saliva sulle ginocchia. Voleva
sentire la
musica, voleva suonarla. Le avevo insegnato alcune semplici melodie,
guidandole
le dita piccole e sottili sui tasti lisci e
d’avorio.
Lei andava orgogliosa delle sue piccole conquiste, pronta a suonare per
chiunque fosse disposto ad ascoltarla.
Spesso muoveva a caso le dita ma aveva buon orecchio. Diciamo che, come
a tutti
i bambini, le piaceva fare rumore. A differenza degli altri
però, lei invece
che con un giocattolo, esprimeva la propria creatività con
il mio (povero) pianoforte.
Nonostante avesse poco più di due anni ( due anni e cinque
mesi ) parlava in modo
abbastanza scorrevole e faceva lunghi discorsi sulle cose
più disparate. Il suo
argomento preferito erano i fiori. Li raccoglieva e ce li portava a far
vedere,
prima di sistemarli nei vasi che Alice disponeva per tutta la casa. Ci
descriveva i colori, i profumi.
I suoi sensi, più sviluppati del normale, le permettevano di
cogliere
particolari che sfuggivano agli altri umani. E con la sua voce gentile
e
divertente, ci esponeva le sue considerazioni.
Proprio mentre stavo prendendo in mano il suo ultimo disegno (io, Bella
e lei
per mano davanti a casa ) la sentii gridare. Mi precipitai in giardino
e vidi
Bella sollevare la bambina per poi farla ricadere in acqua. Stavano
giocando.
< Bella, non fare
sforzi… > Le dissi
inginocchiandomi sul bordo della piscina. Insomma, non volevo rovinarle
la
sorpresa ma non volevo neanche che compromettesse tutto solo
perché
ancora non sapeva. Ci tenevo, ci teneva troppo a questa gravidanza.
< Edward… non mi sto mica sforzando. Non so se hai
notato quanto pesa… >
Mi disse scettica stringendo la bambina al petto. Elizabeth le si
aggrappò e le
sfiorò il seno con la mano.
Voleva che Bella la allattasse.
Svezzarla era stato un problema. Bella le prese la manina e
stringendola
dolcemente se la tolse dal petto. A volte, alla fine cedeva. Carlisle,
assumendo l’espressione seria da dottore, le aveva detto che
alcuni bambini
chiedono il seno fino addirittura a quattro anni. Al che Bella,
sconvolta,
aveva chiesto ad Esme di comprarle gli omogeneizzati più
appetitosi per il
palato di un bambino. Il suo seno era ancora una quarta e lei non ce la
faceva
più dato che la bambina aveva una bella serie di dentini.
< Lo so che è leggera ma… >
< Ma niente. Uffa che antipatico. > Si chinò a
baciarle la fronte
cercando di ignorarmi e poi sollevò lo sguardo. Mi sorrise e
poi mi schizzò.
Uscì dalla piscina e i miei occhi si fermarono sul
suo… ehm… corpo mentre lei
si asciugava. Elizabeth continuava a sguazzare nell’acqua
alta poco più di un
metro e mezzo. Cercai di spostarla nella parte in cui era
più bassa ma lei si
aggrappò alla mia mano. La tirai fuori dalla piscina e la
avvolsi
nell’asciugamano.
Quando mi voltai, Bella non
c’era più.
Il suo profumo si perdeva in una scia che proseguiva fino a casa.
E lì la trovai. Si era messa un vestito leggero, a maniche
lunghe. I capelli
erano raccolti ed avvolti nell’asciugamano, per non bagnare
di acqua il
pavimento.
La vidi armeggiare con delle
medicine e, con Elizabeth
dimenticata tra le mie braccia, corsi da lei. Le bloccai la mano prima
che se
la portasse alla bocca. < Edward, si può sapere che
cos’è che hai oggi? >
< Cosa stai facendo? > Le domandai e lei mi
guardò prima male, e poi con
sospetto. < Cosa mi stai nascondendo? >
< Niente. Alice ha visto
che non ti sentirai molto bene. Non vorrei che fosse a causa di
qualcosa che
prenderai… > Lasciò che le sfilassi la
pastiglia dalle dita senza dire
niente, un po’ preoccupata dalle mie parole. Forse avrei
dovuto inventare una
bugia migliore…
< Niente di grave, si
intende. Che cos’hai adesso?
Perché prendi delle medicine? Senza neanche avvisarmi?
> < Veramente,
quella è una pastiglia di vitamine… me le ha date
Carlisle questa mattina. >
Questa mattina? Ma ma
ma…
< Alice! >
Gridai lasciando Bella, sola e perplessa, nell’ingresso.
Elizabeth era intenta
a giocare con i bottoni della mia camicia.
< Alice! > < Che c’è Edward?
> mi chiese mia sorella innocente
socchiudendo la porta di camera sua. < Tu a Carlisle lo avevi
già detto! >
< Uffa Edward. Te la prendi sempre troppo. > < Lo
hai detto solo a
lui, vero? > Dato il tono minaccioso della mia voce, Elizabeth
sollevò il
capo per osservarmi. < Sì, lo sa solo lui…
E comunque, ha detto che mi
crederà solo quando l’avrà visitata.
Sai, in queste cose è proprio un dottore. >
< Ti conviene che sia così. E che
nessun’altro lo sappia. > Annuì.
Per cercare di farsi perdonare, mi prese la mano e mi disse: <
Guarda. >
poi chiuse gli occhi. Ricordò ciò che aveva visto
fino a pochi attimi prima.
Bella, con un pancione enorme, davvero enorme, vagava per casa diretta
in
cucina. La visione non mostrava cosa stesse cercando ma sapevo che
presto ci
saremmo ritrovati pieni di meloni, come la volta scorsa.
< Vedi che alla fine ci siete riusciti? >
< Già… temevo che potesse essere davvero
come… >
< Ma figurati. Quella era solo un’ipotesi. E nel caso,
non sarebbe stato
colpa tua. Comunque, nonostante ci sia voluto un po’, adesso
è tutto a posto.
> E poi mi sorrise, sporgendosi per prendere Elizabeth. <
Pensi che
dovremo riportare la stanza al piano di sotto? >
In quel momento sentimmo un tonfo e Bella gemere. Preoccupato, le
gridai: <
Bella? Cos’è successo? > <
Niente Edward! Ho sbattuto il ginocchio
contro il tavolino! >
Io ed Alice ci fissammo e dicemmo in coro: < Sì,
spostiamo la camera. >
Bella al piano di sotto mi chiese se potesse prendere le vitamine ed io
scesi
da lei velocemente. Accarezzandole la fronte le dissi: < Devi.
>
Perplessa lasciò che le infilassi la pastiglia attraverso le
labbra che poi
baciai.
Tre settimane dopo Bella,
nervosa, aspettava il
ritorno di Carlsile. Era andato con Esme a caccia ed era partito due
giorni
prima. Sarebbe arrivato a ore.
< Bella, posso sapere perché sei così
arrabbiata? >
< Non sono arrabbiata. >
< Si che lo sei. >
< No! >
< Sì. >
< No, sono nervosa. È diverso. >
< E perché sei nervosa? > le domandai
lambendole le guance con le labbra.
Lei mi respinse e si prese il capo tra le mani. < Edward! Sono
stufa di star
qui! Voglio uscire! Voglio andare da qualche parte, incontrare gente
nuova! Non
ce la faccio più! >Interdetto, rimasi in silenzio e
lasciai che lei si
sfogasse. Mi riversò tutte le sue paure, le sue ansie. Mi
disse che voleva
uscire, che voleva viaggiare… che voleva essere
libera…
Sapevo che soffriva per la situazione ma era troppo rischioso fare
quello che
voleva finché fosse stata ancora umana. Di solito inoltre,
non voleva dare a
vedere il suo disagio.
Alla fine, esausta dalla crisi di pianto, si rifugiò tra le
mie braccia.
Sintomo numero uno: Sbalzi
d’umore. Colpita ed
affondata.
Jasper, ignaro, venne in mio
aiuto e la calmò.
Lei alzò lo sguardo e con gli occhi arrossati mi
sibilò: < Sei cattivo. È
come se Jasper fosse una droga. Ogni volta che sono agitata gli chiedi
di
calmarmi così me ne sto buona. Come se fossi instabile. Come
se lui fosse la
mia droga. >
Le carezzai la guancia imbarazzato e le dissi: < No tesoro, non
è così… io
voglio solo che tu non stia male…se preferisci gli chiedo di
non fa… > Ma
non mi permise di terminare,
< Sei tu la mia droga. Non cercare di scaricare i tuoi doveri
sugli altri.
> E poi appoggiò le labbra alle mie.
Quando Carlisle arrivò, alcune ore dopo, lei era in salotto
impaziente del suo
ritorno. Gli corse incontro tutta agitata ignorandomi completamente.
<
Carlsile! Come è andata la caccia? > Gli chiese fin
troppo interessata. Lui
le rispose cortese. Andò a cambiarsi, nonostante i suoi
abiti fossero
immacolati, e poi la seguì in giardino, dove lei gli
aveva
chiesto di raggiungerlo.
Sapevo che non avrei dovuto, ma
decisi di ascoltare
cosa gli volesse dire. Se ne era accora? Erano in ritardo le
sue… ehm, cose?
Nonostante fossero nel punto più distante della casa, io li
sentivo. Solo che
lei non lo sapeva. Pensava di essere abbastanza lontana… e
che io non fossi
intento ad origliare, s’intende.
< Carlisle… > < Dimmi Bella…
> < Senti, ho un problema. >
< Posso aiutarti? > < Beh, vedi, mi vergogno un
po’ ma non saprei a
chi altro chiedere. > < A me puoi chiedere tutto, lo sai.
> < Sì… è
solo che riguarda Edward. Vedi, nelle ultime settimane non ha
più voluto… cioè,
io non gliel’ho chiesto ma ogni volta che mi avvicino con
chiare intenzioni, o
per lo meno a me paiono tali,di fare… quello, lui sembra non
accorgersene, non
vedermi. Pensi che si sia stufato di me? L’ultima volta che
lo abbiamo fatto è
stato tre settimane fa. Ero stata io a prendere l’iniziativa
e magari a lui non
è piaciuto. Al momento mi sembrava abbastanza felice ma da
lì in poi… insomma,
ho usato tutti i regali di Emmett! Non so se mi capisci! E lui niente.
Come se
avessi addosso la tuta! Cioè, è dolce, gentile,
tenero… però si ferma alle
carezze. Il seno e il viso. Non si spinge oltre. Sono un po’
preoccupata. >
Ough… questa proprio
non me la aspettavo. Cosa diavolo
aveva capito? Cosa diamine avevo, o non avevo, fatto tanto da turbarla
a questo
modo?
< Bella, non credo che si
sia stufato di te. Non lo
ritengo proprio possibile. Forse, semplicemente, ha interpretato male i
messaggi del tuo corpo, i segni che gli mandavi… >
< Ma allora è proprio
tonto. Ti assicuro che più esplicita di come ero
l’altro ieri… >
Scioccato da quello che sentivo,
che era totalmente
diverso da ciò che mi aspettavo, mi preoccupai di averla
ferita con il mio
atteggiamento. È solo che ero troppo preso dalla storia
della gravidanza. La
mia attenzione era focalizzata su quello. Ogni sera, dopo che lei si
era sdraiata
al mio fianco, le poggiavo il capo tra i seni, sperando di udire la
lieve eco
del cuore del bambino… insomma, non avevo proprio pensato
a… quello. Prima che
però potessi pensare ad altro, Bella si sedette
sull’erba. Lo vidi nei pensieri
di Carlisle. si prese il capo tra le mani e cominciò a
singhiozzare.
Lui le si sedette accanto e le massaggiò la spalla. <
Che c’è? >
< Carlisle, potresti visitarmi, quando non
c’è Edward? >
< Ma certo… cosa c’è? Stai male?
> Le chiese preoccupato. Tramite i suoi
pensieri mi chiese di non ascoltarli. Per lui la privacy era
estremamente
importante. Io non gli diedi retta e rimasi in ascolto.
< No… non credo. Solo, ho mal di testa e non riesco
più a dormire di notte.
Continuo a svegliarmi. I miei incubi stanno peggiorando. E credo che lo
stress
mi abbia bloccato il ciclo. Mi sento nervosa e tesa. >
Sussurrò in un singhiozzo smorzato. Lui le prese la mano e
le disse di non
preoccuparsi. Rimasero in giardino per un po’,
finché Bella non si fu
calmata. L’indomani era prevista una battuta di caccia mia e
di Emmett. Forse
avremmo potuto anticiparla. Questo avrebbe permesso a Bella di stare in
privato
con Carlisle…
Quando tutti e due tornarono in
casa, Esme sbucò dalla
cucina e disse: < Ehm… Carlisle, credo di dover
andare un attimo in città.
Manca la pastina per Elizabeth, e anche il disinfettante è
finito… >
< Non preoccuparti mamma, vado io. > Le dissi, cogliendo
al volo
l’occasione per lasciare a Bella la possibilità di
stare sola. Lei mi guardò
addolorata e quando si accorse che anche io la fissavo, distolse lo
sguardo.
Trattenne un singhiozzo. Carlisle mi fece però segno di
andare. La salutai un
bacio veloce sulle labbra ed andai. Quando fui in macchina, le sentii
dire:
< Visto? Mi evita. >
Confidando in Carlsile e nella
sua capacità di
rassicurare, misi in moto. Mi sarei fatto perdonare per il mio
comportamento
inscusabile. A Gibson le avrei preso qualcosa per tirarle su il morale
e
convincerla che si sbagliava, che l’amavo come e
più di prima, se possibile.
Bella’s
POV
< Vieni Bella, non
preoccuparti. >
Entrammo in camera mia. Elizabeth stava giocando con
Alice in veranda. Edward se ne era appena andato… si era
fiondato fuori casa
alla prima occasione. Come se volesse evitarmi.
< Prego, sdraiati e mettiti a tuo agio. > Mi
consigliò aprendo la sua valigetta nera.
Mi auscultò il cuore controllò i polmoni. Mi
prese la
pressione e poggiò il mio polso in prossimità del
suo naso. Temo per sentire
l’odore del mio sangue.
< Pare vada tutto bene… per lo meno fisicamente.
>
Mi disse conciliante. < Che altro ti senti? >
< Sono così stressata. Lo so che qui non faccio
niente e credo sia per questo! Ho saltato l’ultimo ciclo e da
settimane ho
incubi terribili! Non riesco proprio a dormire. Sono sempre nervosa ed
irritabile! Cacchio. Da un paio di mesi mi sento mancare
l’aria e mi viene
sempre mal di testa. >
< Senti, e se ti facessi una visita ginecologica.
Così vediamo se ci sono anche delle cause fisiche e non solo
psicologiche per
il ciclo. > Arrossii ma annuii convinta. Magari se avessi preso
qualche
medicina sarebbe tornato tutto normale. Come quelle che prendevano la
pillola
per stabilizzare il ciclo o far migliorare i brufoli…
Mi chiese: < Altri sintomi? Mal di pancia?
Difficoltà ad andare in bagno? > <
Mh… no, a parte le occhiaia e l’ansia.
Ieri mi è venuto un attacco di panico ma Jasper mi ha
aiutata a controllarlo
prima che se ne accorgesse Edward. > Lui annuii ed
aspettò che mi
spogliassi. Andò a lavarsi di nuovo le mani mentre io
cercavo di sdraiarmi e di
vincere l’imbarazzo.
Quando tornò le sue mani
fredde mi accarezzarono la
fronte. < Vedrai, non sarà niente. E con Edward, al
massimo ci parlo io e
vedo di capire cosa gli succede. > Inghiottii saliva ed annuii.
Lui cominciò a visitarmi. Le sue mani erano gelide e
caute. Rimase chino su di me per un po’. Notando la mia
agitazione mi chiese:
< Vuoi che rimandiamo a dopo o magari che chiami Alice o Rose?
Così magari
ti fanno compagnia? > < No no. > Paradossalmente,
in quel momento
volevo Edward lì al mio fianco. Ma lui avrebbe voluto stare
con me?
Dopo un po’ mi disse che potevo rivestirmi e tornò
in
bagno. Quando rientrò in camera, mi domandò:
< Bella… >
< Sì? > Chiesi io preoccupata.
< Senti, quando hai avuto il tuo ultimo ciclo? >
precisamente non ricordavo ma approssimativamente… <
Un mese fa, direi. >
< Mh… > < C’è
qualcosa che non va? >
Chiesi e la mia voce mi tradì nel momento in cui
tremò.
< No… non direi. Solo, sei incinta. >
Il mio cervello non
registrò al primo colpo le sue
parole.
< Come scusa? >
< Niente… stai benissimo… >
< Ah… oddio mi sembrava di aver capito che
aspettavo un bambino. >
< Sì, infatti… sei incinta…
quando si è incinta, si
aspetta un bambino. > Mi disse lui scrutandomi con sospetto,
come se si
fosse accorto che ero scema. Ma
la mia
mente era persa altrove.
Incinta… INCINTA? O
mamma mia!
Altro che stress! Altro che incubi!
Ero incinta!
Ecco perché non avevo le mestruazioni!
Ma no, non era possibile. Con tutte le volte che ci avevamo
provato…Era da due anni che i nostri tentativi erano andati
a vuoto! Però, se
me lo diceva Carlisle…
Presa da un attimo di sorpresa, scoppiai a piangere.
Gioia, commozione, paura…
Questo momento era così diverso da quello in cui avevo
scoperto di aspettare Elizabeth, appoggiata allo specchio freddo, nella
mia
buia prigione sotterranea.
Al pensiero, mi venne ancora più da piangere.
All’epoca ero sola, lontana… Adesso invece no, ero
a casa…
Abbracciai Carlisle nonostante fossi abbastanza senza
vestiti. Lui ricambiò l’abbraccio e mi strinse
dolcemente. < Devo dirlo ad
Edward! > Esclamai per poi rabbuiarmi. Mi accarezzò
la guancia e mi disse:
< Sono certo che vi chiarirete. Non preoccuparti. >
Mi lasciai cadere a braccia aperte sul letto. La
schiena adagiata sulle lenzuola. Sorrisi poggiandomi le mani sul ventre
piatto.
< Un bambino…
> Chiusi gli occhi immaginandomi
un’altra Elizabeth distruttrice in giro per casa e sentii
caldo all’altezza del
cuore. Carlisle mi carezzò la fronte e raccolse tutte le sue
cose prima di
lasciare la stanza. Poco dopo sentii la porta cigolare. Alzai la testa
quel
tanto che bastava per guardare e vidi Elizabeth che teneva la porta
socchiusa e
sbirciava nella stanza. I riccioli rossicci ondeggiavano leggeri sulle
sue
guance rosee che splendevano sulla sua pelle bianchissima.
< Posscio venire da te?
>
Mi misi seduta e spalancai le braccia. < Ma certo
tesoro. > Lei corse e saltò sul letto,
accovacciandosi tra le mie braccia,
facendosi piccola piccola.
< Cosa c’è? > Le domandai
dondolandola. Lei
chiuse gli occhi ed appoggiò il capo sul mio seno,
rannicchiandosi in cerca di
calore. < La giia Alice ha detto di lasciati sciola…
di non darti fasciidio.
Ma io volevo tare con te. Posscio? >
< Ma certo che puoi. Non ascoltare la zia. La mamma
è sempre felice di stare con te. > La rassicurai
baciandole la fronte
scostandole i capelli. Lei annuii sorridendo e poi poggiò la
sua manina piccola
e calda sulla mia, poggiata sul mio grembo. Alzò lo sguardo
per fissarmi dritto
negli occhi. < Sei felice? > Mi domandò atona.
Una strana luce negli
occhi. Le carezzai la guancia e le dissi: < Sì.
>
< Allora pechè piangi? >
Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano.
Ormoni? Di certo non avrebbe capito…
< a volte, quando si è molto felici, viene da
piangere… >
Lei mi guardò non molto convinta, scrollò le
spalle e
poi mi disse: < Mi manca papà. >
La strinsi a me poi dissi: < Torna presto.
Ascoltiamo la tua canzone? >
Lei annuii senza notare la tristezza nella mia voce.
Magari, sapendo del bambino, Edward si sarebbe sentito di nuovo
coinvolto nella
nostra relazione…
Schiacciai play ed Elizabeth
sgattaiolò in camera sua.
Tornò poco dopo con dei fogli e le sue matite preferite. Si
sdraiò davanti alla
sedia a dondolo su cui l’allattavo da neonata e
cominciò a disegnare, ispirata
dalla musica. Io, seduta a gambe incrociate sul letto, guardavo fuori
dalla
finestra, sperando di veder arrivare Edward. Di studiare non ne avevo
proprio
voglia. Quello stupido corso di laurea via internet poteva aspettare.
La mano scivolò involontaria sul mio ventre e sorrisi.
Elizabeth alzò lo
sguardo e mi vide. Corse da me e mi
baciò la guancia prima di tornare a disegnare. Mi sporsi e
vidi che stava
colorando un grosso cuore rosso.
Sotto c’eravamo io e lei abbracciate. Edward, che nei
suoi disegni lei non colorava (proprio come non colorava nessun altro
membro
vampiro della nostra famiglia), era
vicino a noi sorridente.
Nonostante fosse molto stilizzato ed infantile, il
disegno era estremamente eloquente.
< Mamma > < Sì? > < Ti
voglio bene.
>
< Anche io Liz, anche io. > Alla fine aveva
vinto Emmett e spesso persino io la chiamavo così.
Tornai a guardare fuori dalla finestra,con il cuore
che palpitava furiosamente.
Volevo Edward…
Volevo stare con mio marito e nostra figlia. La mano
sulla pancia si strinse intorno alla maglietta.
Ciao a tutte!!! Come ve la passate?
Spero vada tutto bene!
Qui come al solito non ce la sia fa più a causa della scuola
ma, come promesso, ho trovato il tempo per aggiornare.
La mano va molto meglio ma mi da ancora alcuni problemi,
fortuna che avevo dei capitoli già scritti XD
Quindi, per il prossimo, direi che dovrei postare Mercoledì
o giovedì. La storia si sbloccherà un pochino. Ho
intenzione di darle una
spintarella e farla procedere abbastanza velocemente. Questi ultimi due
cap
sono stati un preludio al… sì, finale. Questa
volta per davvero devo dire che
non manca molto. Come si suol dire? La calma prima della tempesta?
Ecco, la calma è direttamente proporzionale alla tempesta.
Alla fine del cap, che è per così dire in
sospeso, sembrerà
che potrebbe succedere una certa cosa… ma non preoccupatevi,
non voglio fare la
parodia di I-R o Dottor House o qualsivoglia dottore. (forse scrubs mi
piacerebbe XD Lo adoravo!) Il pancione sta da Dio. Questo solo per
rassicurare
tutte.
Ora scusate ma corro a fare Seneca ed Inglese. Non credo che
riuscirò ad arrivare a natale con le mie poche restanti
funzioni celebrali ancora
integre. Voglio il mio vampiro!!!!
Comunque, grazie a tutte voi che leggete, recensite ed
apprezzate il mio lavoro. Almeno qualcosa che mi piace fare (scrivere)
è
apprezzato dagli altri e (a differenza di quanto affermi mia madre,
vecchia
arpia) non è tempo buttato. In fondo, lei che ne sa?
Scrivere mi fa sentire
bene e se riesce a migliorare il pomeriggio di qualcuno, tutto
sarà fuorché tempo
sprecato!
Un bacio a tutte!!!
Ci vediamo Mercoledì-Giovedì!!! (con un capitolo
un po’ più
bello di questo. Scusate ma davvero l’ho scritto sempre la
sera tardi… sorry)
Vostra
Erika-Cassandra (sul bordo di una crisi di nervi.
L’ultimo anno si sta
facendo sentire XD)
(piccolo sclero sul film)
Alla fine non sono andata al cinema.
Troppi compiti, troppa gente, troppo tutto.
Ci andrò settimana che viene.
Su youtube però ho visto degli estratti in inglese e
sinceramente sono restata sconcertata di quando (con accento molto
azzardato)
si cimentano in una prova di Italiano… Perché mai
a Bella dovrebbe piacere cibo
Italiano solo perché si chiama Bella? Emmett? Ci sei? Ce la
fai? Sei connesso?
Prima di giudicare cmnq aspetterò di averlo visto nella
versione italiana.
(fine dello sclero)
Bella’s
POV
< Uffa ma quanto ci mette?
> Mi chiesi prendendo
Elizabeth e mettendola sul lettone. Si era addormentata per terra
mentre
disegnava ascoltando il CD inciso da Edward.
Dato che lui tardava cercai di
tenermi occupata
mettendo un po’ a posto ma non c’era niente da
sistemare dato che Esme ed Alice
tenevano la casa come fosse uno specchio.
Mi limitai quindi ad aprire l’armadio e a cercare
qualcosa che sembrasse vagamente attraente. Scelsi un vestito blu,
lungo fino a
poco sopra le ginocchia. Dopo essermi osservata e sistemata allo
specchio
sospirai. Non potevo reggere il confronto con la bellezza dei vampiri
ma
speravo che Edward si accontentasse…
Andai in cucina e mi mangiai una merendina. Esme mi
guardò male. Diceva che non era cibo sano.
< Bella, senti, se hai voglia di cose dolci posso
prepararti una torta. Non mangiare quelle schifezze. >
< Non sciono schifezze > Sussurrai a bocca
piena, coprendola con la mano.
Involontariamente l’altra
mia mano scivolò sul
basso-ventre. Ero appoggiata al piano della cucina e fissavo il muro
con gli
occhi persi nel vuoto. Con la coda dell’occhio intravidi Esme
fissarmi e subito
mi resi conto di cosa avesse visto. Spostai velocemente la mano dal
ventre ai
capelli mentre il sangue fluiva veloce alle mie guance.
< Bella, Tesoro, stai bene?
> Mi domandò
avvicinandosi. Cercai di eludere il suo sguardo ma lei mi
afferrò la mano e con
l’altra mi obbligò a voltarmi verso di lei.
< Oddio! >
Sussurrò mentre un’enorme sorriso le
illuminava il volto.
< Ehm… > Ok, lo aveva capito ma aspettava che
fossi io a dirglielo. Evidentemente prima non stava ascoltando.
Nonostante i
loro sensi ipersensibili, i vampiri della mia famiglia preferivano non
origliare le conversazioni altrui. O per lo meno questo era quello che
mi sembrava.
Alice diceva che, per rispettare la privacy reciproca, cercavano di
ignorarsi a
vicenda quando si cercava di stare in tranquillità.
Esme continuava a guardarmi speranzosa mentre io me ne
restavo zitta. < Ehm… > dissi cercando di
schiarirmi la voce per
rispondere al suo sorriso smagliante.
Racimolai la forza, la voce ed il
coraggio e
sussurrai: < Sono incinta. >
< Ahh!! Che bello! Come sono felice! > Disse
emettendo gridolini gioiosi. Mi abbracciò stretta e mi
baciò la guancia
sinistra. Prendendomi le mani mi sorrise ed io feci lo stesso.
< Che bella notizia! Sono così contenta per te!
E per Edward! Un altro bambino. è meraviglioso!!! >
Un secondo dopo mi accorsi che la mia mano era vuota e
che quello che restava della mia merendina era misteriosamente
svanito.
Abbassai lo sguardo e mi accorsi
del leggero ondeggiare della veletta della
pattumiera.
< Esme? > Ma lei si
era già messa ai fornelli.
< Cosa ti va di particolare? >
< Guarda che non ho ancora le voglie. Perché
l’hai
buttata? > Ed indicai i rimasugli del mio spuntino.
< Adesso farò sparire anche le altre, e
vieterò ad
Emmett di comprartele. Tieni presente che adesso devi controllare cosa
mangi.
Non puoi pensare di buttare giù tutte quelle schifezze. Non
è solo della tua
salute che stiamo parlando. >
Eccoci. Come sospettato, si
ricominciava con la
vecchia tiritera: “pensa al bambino”. Sospirai ed
annuii, rassegnata. Era
inutile combattere contro Esme. Alla fine vinceva sempre lei. In fondo,
ero
contenta come non mai. Ero disposta a seguire tutte le diete pre-maman
a cui
Esme mi avrebbe sottoposta. In fondo, dopo tanti tentavi…
< Ti va una merenda
particolare? Magari potrei
farti un budino oppure … >
< No, non preoccuparti. Prendo una mela. > Un
secondo dopo mi porse il frutto, rosso e lucido. Tentatore.
Le mele erano alcuni dei frutti che crescevano in
giardino. Rose oltre che le macchine sportive amava anche le piante. Il
giardino lo curava lei insieme ad Alice.
Voltandomi verso Esme le bisbigliai: < Senti, non
dire niente agli altri… vorrei aspettare di averlo dettoalmeno ad
Edward… >
< Ma certo. > mi mormorò avvicinatasi a me. Mi
baciò la fronte ed aggiunse: < Non preoccuparti.
Andrà tutto benissimo.
Adesso a quanto sei? Insomma, non credo molto in là. Lo hai
saputo adesso? >
< Eh? come? Oh, sì! L’ho appena
capito… sì, sono appena
all’inizio! Carlisle dice che dovrei essere alla terza
settimana… secondo il
calcolo. >
Si sistemò i capelli e sorrise. < Se vuoi andare a
riposarti, vengo a chiamarti quando arriva Edward. >
< Riposarmi di che? Qui non faccio niente. >
< Su su, non fare la scontrosa. >
< Uffa. > Sospirai trascinandomi fino in sala.
Tentai di suonare qualcosa ma preferivo di gran lunga la musica di
Edward.
Quando suonavo io sembrava che dei gatti fossero in amore, o
soffrissero le
pene dell’inferno…
Alla fine, dopo aver guardato l’orologio una ventina di
volte nell’arco di quindici minuti, sentii che Elizabeth si
era svegliata.
Scese le scale quasi di corsa e si buttò tra le mie braccia.
< Mamma! > Mi disse
con le lacrime agli occhi
mentre la sollevavo da terra e la stringevo a me.
< Cosa c’è? > < Mamma! Ho
fatto un incubo…
>
< Oh… ma non preoccuparti. Era solo un brutto
sogno. Non devi avere paura. ci sono qui io. >
Dato che non smetteva di piangere,
le chiesi: <
Vuoi raccontarmelo? >
< Scì… > Singhiozzò
appoggiata alla mia spalla. Mi
sedetti sul divano e me la sistemai sulle ginocchia. Appoggiata a me si
asciugò
le lacrime. Le carezzai i capelli rossi e le sorrisi. I suoi occhi
smeraldo
splendevano.
< Avevo paura. ci eravamo
persce… lontano,nei bochi. Papà non
c’era e tu eri scitrana. E io piangevo pechè tu
non mi sentivi. E poi cohevo e
cohevo e tu parivi. Io ti chiamavo ma tu non c’ei
più. Ed io eo scioa. E c’eva
vento e tante foglie pe teaaa. > Poi cominciò a
singhiozzare più forte. La
cullai agitata io stessa dalle sue parole. Anche io avevo fatto un
sogno come
quello, molto tempo prima…
< Poi era tutto buio. E io
non vedeo gniente… ma
ero sottoteaae
facea feddo. La pota ea
chiuscia e nessciuno veniva da me. >
E poi continuò a
descrivere la stanza in cui aveva
sognato di trovarsi. Le mie mani tremavano mentre le carezzavo
automaticamente
i capelli. Esme, che era venuta da me per portarmi dei pezzetti di pera
(anche
Elizabeth doveva fare merenda), mi squadrò non capendo quale
fosse il problema.
Cercai di sorriderle e le dissi: < Sono solo sogni. Non
è il caso di
preoccuparsi. >
Quando se ne andò strinsi mia figlia a me e cercai di
trattenere le lacrime.
Lei non aveva mai visto la mia prigione eppure l’aveva
descritta molto bene. E quel sogno… era il mio stesso sogno.
Tremai al pensiero che anche lei
avesse ereditato la
mia stessa maledizione che allo stesso tempo era anche la mia
benedizione. Se
anche per lei i sogni fossero uno specchio per il futuro, significava
forse che
anche lei avrebbe potuto avere dei figli con i vampiri? Se fossero
venuti a
conoscenza della sua esistenza cosa sarebbe successo? Avrebbero cercato
anche
lei quando fosse stata pronta? Le avrebbero fatto del male?
Sapevo che non avremmo potuto
proteggerla per sempre,
tenerla nascosta all’infinito. Alice parlava già
di mandarla a scuola a Gibson.
Guardata a vista da uno dei suoi zii o nonni si intenda.
In fondo, aveva il diritto di
crescere come una
bambina normale. Non potevamo tenerla isolata dal mondo. Già
adesso, guardando
la televisione, mi chiedeva perché non andassimo al parco o
perché non ci
fossero altre persone oltre a noi. Gli unici estranei con cui aveva
parlato
erano i nonni, che erano tornati un paio di volte negli ultimi due
anni, e Jake
che era venuto a trovarmi circa dieci mesi prima. Di lui non aveva che
un vago
ricordo. A differenza di Charlie e Reneè con cui ci vedevamo
via WebCam, lui lo
sentivo solo per telefono…
Cercai
di non
pensarci e presi le manine di Elizabeth che continuava a singhiozzare.
Le
dissi: < Non preoccuparti amore. Era solo un brutto sogno. Qui
sei al
sicuro. E la mamma ti vuole bene, non ti lascerà mai.
> Lei annuì e si
nascose nel mio petto, poggiando il capo tra i miei seni.
Smangiucchiò la pera
e poco dopo scese dalle mie ginocchia. Prese le sue bambole e
cominciò a
giocare ai miei piedi. Fissandola, sentii gli occhi diventare pesanti.
Decisa a
riposarmi per appena qualche minuto, mi appoggiai allo schienale del
divano ma
dato che ero scomoda mi sdraiai. Non riuscivo a levarmi dalla testa i
sui occhi
umidi e le guance rigate di lacrime. Mi coprii il volto con il braccio.
Sebbene non volessi, alla fine mi resi conto di starmi
addormentando. Non lottai neanche contro la stanchezza. Quando ormai
ero
praticamente addormentata sentii Elizabeth accoccolarsi tra le mie
braccia. Ci
addormentammo insieme, l’una tra le braccia
dell’altra.
Mi girai su me stessa e mi accorsi
che: 1) avrei
dovuto schiacciare Elizabeth, 2) sarei come minimo dovuta cadere dal
divano.
Ed invece ero comodamente adagiata sul mio letto.
Mi voltai ed il respiro dolce di
Edward mi accarezzò
il viso.
< Ti sei svegliata. >
Mi sussurrò accarezzandomi
le labbra con l’indice.
< Sei tornato. > Lui annuì e sorrise.
< Mi sei mancata. > A quelle parole arrossii e
voltai il capo. Sentivo gli occhi pizzicare.
< Ehi, non piangere… >
< Non sto piangendo. >
< Senti, volevo dirti una cosa. > Oddio, cosa
voleva dirmi?
< Anche io… > < Prima tu allora.
> <
No, prima tu. > < No, adesso mi hai incuriosita. >
Mi disse
giocherellando con il bordo del mio vestito, tenendo lo sguardo fisso
sul mio
seno.
Mi misi seduta e lo abbracciai. Cercai di tenerlo il
più possibile stretto a me e poi gli sussurrai:
< Edward. Non andartene mai. >
Rimase immobile un attimo e poi mi accarezzala
schiena. < Non me ne vado da nessuna parte. Io sarò
sempre vicino a te. >
< Allora perché mi eviti? >
< Io non ti evito. Come potrei? Ti amo troppo. >
Chinai il capo ed abbassai gli occhi. Volevo credere
alle sue parole.
Inghiottii a vuoto un paio di volte e poi sussurrai:
< Edward, aspetto un
bambino. >
Nell’attimo di silenzio
che seguì le mie parole il mio
cuore batté velocissimo.
Poi, senza preavviso, Edward mi baciò il collo. <
Sei contento? >
Non mi rispose subito. Prima percorse per tre volte il
profilo del mio viso con le labbra.
< Certo. Sono molto più che contento. > E poi
mi
accarezzò la pancia.
< Non mi sembri molto entusiasta della sorpresa.
> Gli feci notare un po’ rassegnata. Che le mie paure
fossero fondate,
sebbene lui dicesse che non fosse così?
Fece una faccia colpevole e poi confessò: <
Veramente io… Alice… >
Oddio. Traditore.
< TU LO SAPEVI!!! > Gli gridai scandalizzata.
< Dai amore, non prendertela. > si avvicinò
per
baciarmi ma io mi allontanai. < ODDIO, MA DA QUANTO LO SAI????
>
Fece una faccia strana e poi sussurrò: < Tre
settimane. Alice mi ha avvisato la mattina dopo il nostro ultimo
… ehm…
tentativo. > Pareva piuttosto imbarazzato.
Io invece ero furiosa.
< Perché non me
lo hai detto? >
Mi sentivo
tradita. Lui mi carezzò asciugandomi le lacrime e mi
sussurrò: < Bella, né
io né Alice potevamo sapere come sarebbe andata a finire.
Sai quante volte ci
sono degli aborti spontanei prima ancora che una ragazza si accorga di
essere
incinta? Volevamo aspettare che te ne accorgessi tu. Adesso te ne stai
tranquilla per un po’ e lasci passare altri due mesetti
così poi siamo davvero
sicuri che vada tutto bene e che non ci siano problemi o…
interruzioni... Vedrai
che andrà tutto bene. Sarà tutto perfetto.
>
Mi portai le mani al ventre e sibilai: < Questo
bambino lo voglio. >
< Anche io… quindi, vedi di non agitarti per un
po’.
>
< Uffa che noia. Immagino che saranno otto mesi di
raccomandazioni. > Lui sorrise baciandomi i capelli.<
Scusa se sono apprensivo. è che sei così...
fragile. la mia fragile umana. > E cominciò ad
accarezzarmi e le sue mani non erano il ritratto della
castità.
Pensierosa, gli chiesi: < Edward… ma a me, in
questi anni, è successo quello che dicevi prima? Non mi sono
neanche accorta
di… > Non mi lasciò finire. < Non
lo so. Alice non ha mai visto niente
fino a tre settimane fa. Se hai avuto delle interruzioni che sono
sfuggite
anche al potere di Alice, questo non so dirtelo, anche se lo
escluderei. >
Poi mi abbracciò dicendomi:
< E così, saremo di nuovo genitori. Non vedevo
l’ora di poter condividere con te la felicità che
provavo. > E potei
constatare nella sua voce tutta la gioia che io stessa provavo. Quando sciolse
l’abbraccio gli domandai: <
E il regalo di cui parlavi? > Rise e mi fece sdraiare.
Mi intimò: < Chiudi gli occhi. >
Obbedii. Ad un certo punto sentii
la pelle del volto
venir sfiorata da qualcosa che mi faceva il solletico. Sorpresa,
spalancai gli
occhi. La prima cosa che attirò la mia attenzioni furono gli
occhi scuri di
Edward. Bellissimi.
Mi persi in quello sguardo finché lui non rise. <
Il regalo. > Mi ricordò. E a quel punto lo vidi.
< Sì, con questa,
nessuno ti riconoscerà. Non
vorrai mica restartene qui per sempre. Pensavo che potevamo farci un
giretto da
qualche parte… > Alzandomi di scatto lo abbracciai di
slancio.
< Grazie. > Gli sussurrai felice e sorpresa.
< Credo che il rosso ti starà bene. Inoltre, con
questo vestito che ti sta d’incanto… > E la
sua mano s’infilò sotto la
stoffa leggera. Quando mi sfiorò la biancheria arrossi e
sussurrai: < Gli
altri… >
< Sono usciti. Ed Elizabeth sta dormendo. > Non gli
permisi di dire altro. Le mie braccia salde intorno al suo petto e le
mie
labbra avide sulle sue. Tre settimane erano state decisamente troppe.
Data la risposta del suo corpo, pensai che anche a lui
facesse piacere. Mentre gli sfilavo i vestiti ( i miei erano
già lontani) gli
chiesi: < Perché non volevi fare l’amore
con me? >
Rise e all’orecchio mi confidò: < Ero
troppo
sorpreso dalla notizia. Mi sembrava impossibile… ed
inconsciamente credo
temessi di poter farti male e compromettere la situazione. > < Edward, non ci provare. Nove mesi casti
io non ho
nessuna intenzione di passarli! > E lui rise insieme a me mentre
le sue dita
mi accarezzavano la schiena scendendo dalle spalle sempre
più verso il basso…
< Non preoccuparti. Sei troppo invitante. Speriamo
che il tuo pancione non ci intralci troppo. Sarà davvero
enorme. >
< Alice lo ha visto? > Lui annuì e poi
aggiunse:
< Molto grande ma probabilmente era il nono mese. >
< Edward… > < Sì? >
< Senti, non voglio
sapere se è maschio o femmina. Voglio che sia una sorpresa.
> < Va bene.
Alice ancora non lo sa. Vedrò di fare attenzione. Quando lo
saprà, le dirò di
contenersi. >
< Uhm… ma è per questo che ha sgombrato il
suo
armadio-stanza? Per fare la cameretta? >
< Sì. > Rise lui prima di impedirmi di
proseguire, impegnando le mie labbra in ben più gratificanti
imprese. Il suo
respiro era dolce e fresco come al solito. La carezza più
dolce che la mia
pelle potesse desiderare.
Finché fui ancora in
grado di formulare una frase di
senso compiuto ansimai: < Gli altri alla fine non ci
sopporteranno più. Li
costringiamo ad andarsene ogni due per tre. >
Rise seppellendo il volto tra il
mio collo e la mia
spalla.
< Bella, in questi ultimi… settanta anni me ne sono
dovuto andare tante di quelle volte che, ti assicuro, sono tutti in
debito con
me di molte notti da passare nel bosco. Emmett e Rose soprattutto.
Quindi non
farti problemi. E poi, ne approfittano per andare a caccia. >
Poi smise di
parlare, troppo impegnato a giocherellare con il lobo del mio orecchio.
Il suo
corpo gelato poggiato delicatamente sul mio mi trasmetteva tremiti di
freddo e
di piacere, scombussolando tutto il mio sistema nervoso.
Quando, troppo presto, le sue braccia lasciarono il
mio petto e lui si fu sdraiato al mio fianco, mugugnai un tentativo di
protesta
ma venni zittita da un bacio molto passionale.
Le sue dita si facevano strada tra i miei capelli
mentre le sue labbra giocavano con le mie.
Mi fece scivolare il lenzuolo sul mio corpo nudo
soffocando le mie flebili proteste con una carezza.
< Dormi… > mi cantilenò
all’orecchio. Mi
abbracciò ed io, assonnata, sussurrai: < Ho freddo.
>
Rimase in silenzio per una frazione di secondo e mi
preoccupai di averlo ferito. Mi strinsi di più a lui per
fargli capire che lo volevo
vicino ma lui, agile, si divincolò. Sparì ed un
attimo dopo mi porse il
pigiama. Sbadigliando, lo infilai ed il mio stomaco brontolò.
< Hai fame? Hai saltato la cena. Non mi sembra il
> < Edward, mi sono stancata troppo. Non credo di aver la
forza per
tenere in mano nemmeno un cucchiaino. E poi, a merenda mi sono riempita
di
roba. Mangerò a colazione. > e poi mi nascosi sotto
le lenzuola. Lui mi
rimboccò le coperte e mi accorsi che adesso indossava dei
pantaloncini.
Mannaggia.
Cominciò a cantare a bassa voce per aiutarmi ad
addormentarmi e le note scivolavano leggere dalle sue labbra
Stavo praticamente dormendo quando
sentii Edward
sospirare. Pochi istanti dopo la porta cigolò ed Elizabeth,
cercando di fare
silenzio, s’intrufolò in camera nostra. Trascinava
con sé l’enorme pupazzo che
le aveva regalato Emmett (un orso di peluche più grande di
lei).
< Pappà… posscio dormie con voi? >
La mia
attenzione venne richiamata dal tono della sua voce. Non aprii
però gli occhi,
rimanendo in ascolto. Edward, facendo attenzione a non svegliarmi, fece
scivolare la mia testa dal suo braccio e poi si alzò
velocissimo dal letto. La
prese tra le braccia e fece per uscire ma lei si oppose. < Voio
la mamma.
>
< Mamma riposa. Lasciala dormire. >
< Non voio che mi lascii! > piagnucolò lei.
Edward la rimise a terra e lei corse verso il letto, infilandosi sotto
le
coperte ed accoccolandosi contro il mio petto. La strinsi a me
baciandole la
fronte.
< Non me ne vado. Non ti lascio. > < Ho fatto
un brutto sogno. > < Sht sht, non preoccuparti. Se dormi
con noi vedrai
che passa tutto. >
Non mi rispose, nascondendo la
testa sotto il
lenzuolo. Edward le poggiò il pupazzo vicino al mio cuscino
e poi si sdraiò al
nostro fianco, abbracciando entrambe.
All’orecchio mi
sussurrò: < Non preoccuparti. >
e poi posò entrambe le mani sul mio ventre.
Da quel giorno nostra figlia cominciò a fare strani
sogni, ogni tanto. Avevamo cercato di tranquillizzarla ma non era
semplice.
Alla fine, dopo circa due mesi, i sogni cessarono.
Nel frattempo la mia pancia era
leggeremnte cresciuta ed ora
sembravo un po' ingrassata. Unico segno della gravidanza, le
nausee continue. Fortuna che Rose ed Emmett erano
spesso fuori casa e non si erano accorti di nulla. Come noi, per
sbrigare certe faccende non volevamo gente in giro, lo stesso valeva
per loro, con la differenza che loro non potevano mandare via ME...
e quindi erano costretti a ricercarsi dei posticini
tranquilli. Jasper invece non si curava molto di quello che
facevo.
Non perchè non mi volesse bene, a modo suo, ma
perchè semplicemente non gli interessavano molto i
comportamenti umani.
Quando fui al terzo mese e mezzo
decidemmo di dirlo
anche agli altri. Secondo Carlisle, che mi aveva visitata di nuovo
(dovetti
reprimere l’imbarazzo. In fondo, se ne prospettavano altre di
visite all’orizzonte)
la fase decisiva e più critica era passata. Adesso si
trattava solo di
aspettare. Riunimmo tutti in sala ed Edward, con voce calma e pacata,
tendendomi la mano e accarezzandomi il volto arrossato per l'imbarazzo,
aveva informato Jasper,
Rose ed Emmett.
Jasper diede una pacca sulla spalla
ad Edward mentre
Emmett, trattenendo una risata, mi sussurrò: <
Sorellina, vedo che alla fine
sei ricorsa ai mezzi che ti avevo consigliato. E tu, complimenti.
Certo che, fratellino mio, l’hai fatta proprio
disperare. Secondo me non ti ci mettevi d’impegno. Certe cose
o si fanno bene,
o non si fanno. Povera Bella… chissà che noia
avere te per marito. Devi mancare
di fantasia… In certe cose bisogna essere creativi. Prendi
me e Rose ad esmp…
>
Stava per aggiungere qualcos’altro ma Rose gli
tirò un calcio alla gamba
(a dire il vero, un po’ più in su) e un attimo
dopo lui era piegato su se
stesso, mugolante. Le mani intente a proteggere ciò che era
già stato colpito.
< Grazie Rose. > le disse mio marito trattenendo un
sorriso. Lei mostrò i
suoi bellissimi denti splendenti in un sorriso mozzafiato e poi mi
abbracciò.
< Speriamo che sia un
maschietto questa volta, così
fate uno e uno. >
Arrossii e poi sussurrai: < Non voglio saperlo. A
me basta che sia sano. > a quelle parole Edward ed Alice si
scambiarono uno
sguardo. La mia mano corse al ventre ed io dissi: < Cosa
c’è? io non voglio…
> ma poi notai il velo di preoccupazione. Mi bloccai ed Alice mi
confidò:
< Sinceramente, Bella, non vedo proprio niente. Ma non
preoccuparti. Sono certa
che tra un po’ tutto mi apparirà. Tranquilla. Forse, sono eventi troppo lontani. Riesco a vederti con il pancione. E mi pare che tu sia circa al nono mese, date le dimensioni. Più il là di così non riesco ad andare. ma forse, basterà aspettare. >
>
Inghiottii della saliva ed osservai
tutti. Elizabeth
giocava nella stanza accanto e la sentivo ridere. Emmett, che si era
ricomposto, mi fissò e Jasper cercò di
alleggerire l’atmosfera con il suo dono.
Edward teso, non staccava gli occhi dal mio viso. Mi abbandonai al
divano e
sorrisi. Cercai di ironizzare:
< Beh…
evidentemente, significa che deve essere una
sorpresa per tutti. >
E mi diedi delle pacchette leggere, che assomigliavano
più a carezze, sul ventre.
Edward non sorrise di rimando. Tenendo la mia mano
stretta nella sua, mi sussurrò: < Andrà
tutto bene. >
< Io ne sono convinta. Me lo sento. > Gli
risposi decisa. < E poi, i miei due dottori preferiti
controlleranno che
vada tutto per il meglio. >
E poi mi sporsi cercando le sue labbra, all’inizio
esitanti ma poi sempre più coinvolte nel bacio.
A mio avviso non era necessario preoccuparsi.
In fondo, non era la prima volta che Alice aveva
qualche difficoltà a visualizzare eventi futuri…
Ero certa che tutto sarebbe andato
a posto. Bastava solo aspettare un pochino.
Allora… sono andata a
vedere Twilight…
Beh… ho riso dall’inizio alla fine!!!
Mamma mia, potevano cercare di fare qualcosina di meglio!
Lei è brava, lui insomma, all’inizio non sapeva
recitare ma
migliora con il film (forseè un effetto voluto? Boh XD)
Quando lui le dice: “Sono fatto per uccidere” io ho
esclamato: “No, tu sei fatto e basta!!!!” al che
siamo scoppiati tutti a ridere
XD
E insomma, per tutto il film non ho fatto altro che ridere. Se
non sapessi a memoria il libro, credo che non avrei capito un
benemerito XXXXX
(autocensura XD)
Comunque, alla fine, non è stato tanto male. mi riservo di
vederlo un’altra volta prima di esprimermi...
Passando ad altro…
Stavo per scrivere che la scuola mi
sta uccidendo a furia di
compiti ma poi mi sono immediatamente vergognata di questo
pensiero…
Dicono
che di scuola non è mai morto nessuno.
Credo che queste persone dovrebbero ricredersi.
Volevo solo esprimere il mio dolore per il ragazzo di
Torino, morto per l’incuria di alcuni,
l’indifferenza di molti.
Morire a 17 anni, per dei lavori di ristrutturazione fatti
male poi è troppo, troppo ingiusto.
Questo fatto mi ha colpito molto. Oggi,
a Milano, c’era una
manifestazione in suo ricordo. Per molti motivi (fra cui alcuni
scolastici) non
sono potuta andare ma ci tenevo a ricordare Vito (che si chiamava come
il mio
papà) almeno su queste pagine che sono specchio dei miei
sentimenti…
Con la speranza che la morte di questo ragazzo sia l’ultima
di una lunga serie, ho sentito il bisogno di scrivere queste due righe
come
memento a me stessa della fortuna che ho ad andare a scuola in un
edificio
sicuro (la scuola di Milano allagata 4 anni fa. Ristrutturata
completamente per
una spesa folle. Era inagibile a causa della stupidità di
alcuni ragazzini
viziati, non abituati a sentirsi rimproverare…)
Perché
il dolore della perdita di una persona amata è
atroce, lacerante…
…Ti annulla, ti annichilisce, ti sfianca, ti distrugge, ti
fa perdere concezione del tempo, della realtà, della vita
stessa…
…Ti toglie il respiro, ti toglie
l’anima…
Il dolore della perdita è troppo, troppo
insopportabile…
Perché
la morte è atroce, crudele…
Perché
è vero, la morte esiste ma è tanto, tanto
ingiusta…
soprattutto quando si porta via un ragazzo che non aveva avuto neanche
il tempo
di assaporare nient’altro che un assaggio di tutto
ciò che è il mondo.
E tutto questo per colpa dell’incuria,
dell’indifferenza e
della superficialità di chi dovrebbe accertarsi che noi,
ragazze e ragazzi che
ogni giorno passano a scuola gran parte della giornata, siamo al sicuro.
Ed invece Vito è morto e un altro ragazzo forse
resterà
paralizzato.
I compagni di classe feriti…
Non credo che una cosa simile sia accettabile, da nessuna
parte.
Men che meno qui, in Italia, dove ci reputiamo uno stato
civile…
Scusate
se questi miei pensieri non riguardano minimamente
la mia storia, ma non potevo proprio trattenermi, facendo finta di
niente
riguardo un fatto così grave e così atroce.
Con un abbraccio rivolto a Vito e alla sua famiglia, nonché
a
tutti gli altri ragazzi rimasti coinvolti in quello che a stento riesco
chiamare incidente, vi lascio a questo capitolo, limitandomi ad un
pensiero di
vicinanza alla famiglia.
Erika
Per quanto riguarda questo capitolo,
spero che vi piaccia…
Un bacio a tutte quante, corro a studiare che ho talmente
tante verifiche che non so proprio come farò…
PS: grazie a tutte per i vostri commenti!!!
Bella’s
POV
< Elizabeth…
>
< No. >
< Elizabeth, non fare così. >
< No. >
< Lascia la gamba di tua madre. >
< No. >
< Dai Edward, non fare così. Siamo in larghissimo
anticipo. Restiamo qui ancora un po’. >
< Bella, preferisco arrivare in anticipo piuttosto
che in ritardo. >
< Uffa, che noioso. Liz, lasciami andare altrimenti
papà si arrabbia. >
< No. >
Dato che si era aggrappata alla mia gamba non mi
permetteva di muovermi. Gentilmente cercai di sciogliere la sua presa
ferrea ma
questo fece sì che lei si stringesse di più al
mio ginocchio.
Edward si mise in ginocchio davanti a lei e le carezzò
una guancia.
< Per favore piccola, lascia andare la mamma. >
< No. >
< Ti prego… più tardi partiamo,
più tardi torniamo
a casa. Se ci lasci andare adesso, torniamo prima. >
Elizabeth represse le lacrime e
tirò su con il naso.
< Non andare, mamma. >
Mi chinai per rassicurarla ma lei
mi buttò le braccia
al collo e cominciò a piangere. Nella foga del momento mi
tirò i capelli e la
parrucca si spostò, lasciando intravede la retina che mi
nascondeva i capelli
veri. Edward sospirò ed Alice sbuffò. Ci aveva
messo venti minuti a sistemarmi
in modo che sembrassero i miei capelli naturali. Mi rimise la parrucca
a posto
e poi cercò di prendere Elizabeth. Io baciai mia figlia
sulla fronte e gliela
passai ma lei pianse ancora più forte. Il volto rosso e gli
occhi gonfi.
Tendeva le mani verso di me senza riuscire neanche a parlare.
Edward le baciò la guancia, poi mi prese la mano e mi
accompagnò fuori. Carlisle ci aspettava in macchina insieme
ad Esme. Sarebbero
venuti con noi. Non volevano correre il rischio che rimanessi sola
neanche un
minuto. E ad essere sincera, neanche io.
Arrivati davanti alla macchina
inspirai profondamente.
Edward mi strinse a sé e mi sussurrò: <
Tranquilla. Non succederà niente.
Non avere paura. >
< Non ho paura… solo, è così
strano. > Era la
prima volta che lasciavo la casa per andare in un luogo dove
c’erano altre
persone. Era la prima volta che tornavo nel mondo reale e questo mi
spaventava.
Da tre anni e tre mesi vivevo nella casa nel bosco, lontano da tutto e
da
tutti. Protetta dal mondo esterno.
Mi accorsi di tremare leggermente.
< Sta tranquilla. Ti proteggerò io. Nessuno ti
…
farà del male. >
All’ultimo cambiò la frase. Inizialmente voleva
dire:
“nessuno ti porterà via.”
Il ricordo dell’ultima
volta che ero salita su una
macchina per svolgere una commissione era troppo vivido in me. Edward
strinse
le mie mani tra le sue e fermò il tremore.
Anestetizzò i miei sentimenticon un bacio a fior di labbra e poi mi aiutò
ad entrare in auto. Mi sedetti vicino ad Esme, ed Edward si sedette al
mio
fianco. Il seggiolino di Elizabeth era stato sistemato davanti. Eravamo
andati
al fiume o a fare dei giri nei dintorni ultimamente ed Edward lo aveva
comprato
per evitare che Liz si facesse male. Questo perché quando
eravamo andati a fare
la prima “gita” faceva freddo. Edward mi teneva
sulla schiena mentre Elizabeth
era tra le sue braccia. Aveva corso nel vento come una scheggia. Noi
però ci
eravamo prese entrambe un raffreddore ed io ed Edward, sebbene
Elizabeth
volesse correre ancora, avevamo quindi optato per la macchina. Carlisle
fece
per mettere in moto ma si fermò prima di aver ruotato la
chiave nella quadrante.
sibilò Edward. Lo guardai curiosa e
lui aprì la portiera prendendo Elizabeth tra le braccia.
< Scusa Edward ma davvero non riesco a tenerla con
me. È troppo agitata. Non si è mai allontanata da
Bella, tranne quella volta. E
quella volta non ha fatto altro che piangere. Ho visto che questa volta
sarà
peggio! Ci ho provato ma non credo che io e Jasper riusciremmo a
calmarla. E
stare senza di lei e di te le fa paura. >
< Va bene, va bene. Visto qualcosa di interessante,
nel momento in cui hai deciso di non fare la baby-sitter? >
< Solo che andrà tutto bene. > Disse con un
sorriso a cui Edward rispose in egual modo.
< Allora, piccola frignona viziata? Contenta? >
Chiese lui ad Elizabeth prima di farla scivolare sulle mie ginocchia.
La
bambina si aggrappò al mio collo. Smise di piangere e
guardò suo padre.
Edward le sorrise rassegnato ed io
ridacchiai.
< Liz, guarda che però andiamo in un posto nuovo,
dove c’è tanta gente… >
< Come nei film? >
< Sì… esatto. > le risposi facendo
finta di
essere tranquilla. A quel punto però si intromise Edward che
le sussurrò: <
Amore, mi raccomando, non dire cose strane. Le altre persone non
capirebbero.
Non dire dove abitiamo e tutte le cose che succedono a casa
nostra… >
Lei annuì decisa
asciugandosi gli occhi con il dorso
della mano.
< Dai, piagnona, vieni qui.
> e la prese tra le braccia,
stringendola a sé. Poi la passò a Carlisle che la
sistemò sul seggiolino. Lei
si voltò e tese le manine verso di me. Socchiuse le labbra
ma Edward le impedì
di parlare. < Zitta. Non ci provare neanche. Tu stai
lì e dovresti
ringraziare che ti portiamo con noi. >
Lei chiuse immediatamente la bocca e mi guardò
colpita dal tono.
Mi sporsi verso di lei e le sistemai i capelli rossi
dietro l’orecchio. < Su, non fare così,
Edward. In fondo, siamo una
famiglia. Dobbiamo essere uniti. E tu, Liz, ascolta il papà.
> Lei si rimise
seduta educata e Carlisle le sistemò le cinture, assicurando
il seggiolino al
sedile.
Finalmente, partimmo. Poco dopo
Liz, cullata dal
movimento continuo e regolare del motore e dalla musica dolce che
Carlisle aveva
fatto partire poco prima, si addormentò.
Io passai tutto il viaggio a massaggiarmi la pancia,
accarezzata da Edward che cercava di tranquillizzarmi. Arrivata al
quarto mese,
Edward aveva insistito perché andassi a fare
l’ecografia.
Se con Elizabeth, per vari motivi, non ne avevo fatte,
questa volta era necessario. Alice non vedeva niente e Carlisle da
delle visite
ginecologiche non poteva sapere più di tanto.
Ultimamente, aveva cominciato a lavorare nell’ospedale
di Gibson. Mi aveva prelevato del sangue e fatto gli esami. Tutto
andava bene.
Per l’ecografia però dovevo per forza spostarmi.
Arrivati a destinazione, Esme prese
Elizabeth in
braccio e Carlisle ci fece strada nell’ospedale.
Ovviamente eravamo in anticipo. La guida di Carlisle
era stata morbida ma la velocità sempre sostenuta.
Passando davanti ad uno specchio mi sistemai i
capelli. Temevo che potessero riconoscermi.
< Non preoccuparti, sei perfetta. E nessuno
potrebbe ricollegarti a Bella Swan. >
Sulla carta
d’identità falsa c’era scritto:
“Isabel
Masen”
Anche Carlisle mi rassicurò e poi mi fece accomodare.
Parlò con la ginecologa
che mi invitò ad entrare nello studio. Elizabeth dormiva
ancora tra le braccia
di Esme.
Sdraiata sul lettino, attesi. Edward era ancora più
teso di me.
La dottoressa, gentile e simpatica, mi visitò
accuratamente insieme a Carlisle. Quando mi passò il gel
freddo sulla pancia mi
fece il solletico. Trattenni il fiato aspettando che si formasse
l’immagine
sullo schermo.
E poi vidi quella macchia scura che
si muoveva dentro
di me.
Sorrisi stringendo la mano di
Edward che fissava lo schermo, attonito.
Alzò lentamente lo sguardo per
incontrare quello di Carlisle. si scambiarono
un’occhiata di intesa e Carlisle sillabò:
“te lo avevo detto”
Si fissarono per alcuni istanti mentre la dottoressa
cercava di interpretare l’immagine.
Mi si gelò il sangue nelle vene.
< Edward? > Sussurrai in un filo di voce. Lui si
voltò di scatto e mi sorrise, accarezzandomi la fronte.
La dottoressa guardò
Carlisle che le annuì e che si
rivolse a me: < Beh, Bella… congratulazioni. >
Lo fissai senza capire
bene a cosa mirasse ma poi Edward, con voce emozionata, aggiunse:
< Aspetti
due gemelli. >
La dottoressa gli sorrise e disse:
< Tuo fratello
deve essere fiero di te. Sono certa che sarai un bravo dottore proprio
come
Carlisle. I tuoi professori saranno molto contenti. Uno sguardo e hai
capito
subito. >
Ah già… la versione ufficiale adesso prevedeva
che
Edward, che avrebbe dovuto studiare medicina
all’università, fosse il
“fratellino” di Carlisle e che io fossi la sua
fidanzata.
Mi portai le mani alla bocca nel momento in cui le
parole di mio marito assunsero significato.
Due gemelli!
La giovane donna si rivolse a me e
mi disse gentile:
< Non piangere, cara, non preoccuparti. >
Stavo piangendo?
Oddio, ero talmente frastornata che non riuscivo
neanche a capire cosa stessi facendo.
Cercai Edward e lo trovai. Mi
asciugò la pancia e mi
aiutò a rimettermi seduta, dopodichè mi
abbracciò stretta.
< Ehi… non fare così. > Mi
sussurrò mentre mi
cullava.
< Scusa, sono così sorpresa! Due gemellini! >
< O Gemelline… >
Lo guardai male.
< Edward, non dirm… >
< O magari un maschietto e una femminuccia… Non ho
guardato. Contenta? >
Sorpresa, esclamai: < Oh, ma se tu vuoi saperlo, a
me non da fastidio. Cioè, l’importante
è che tu non me lo dica. >
< Sono molto paziente. Pensavo lo sapessi.
Aspetteremo insieme. > E poi mi ammiccò complice e
poi mi risistemò la
maglietta.
La dottoressa e Carlisle parlarono per un po’ dopo che
io ed Edward ci fummo congedati.
Mi sedetti nella sala
d’aspetto e poggiai le mani sul
grembo.
< Edward! Due bambini!
>Esclamai
ad un certo punto, rompendo il
silenzio. Lui mi abbracciava e le sue mani gelate erano posate
delicatamente
sulle mie.
Mi fissò e sorrise.
Stavo cominciando ad elaborare il
piacevole shock.
Ero intontita dalla notizia, felicissima.
Solo adesso stavo cominciando a rendermi conto di cosa
significasse.
< Due… e tu che dicevi che eri incapace…
>
Edward rise ed Esme, che teneva la
bambina
addormentata in braccio chiese: < Due gemellini? >
Io ed Edward annuimmo in
contemporanea e lei rimase in
silenzio per qualche istante, interdetta. Poi il suo volto si
aprì in un ampio
sorriso e disse: < Congratulazioni! Sarete felicissimi. Sono
così felice per
voi! Non sono cose che capitano tutti i giorni! Due bambini…
Allora era vero! È
fantastico! Ma dovremo preparare un’altra stanza. Che dici
Edward? Secondo te
riusciamo a spostare la biblioteca in una delle stanze degli ospiti e
fare lì
la cameretta dell’altro bambino? È la
più vicina al vecchio camerino di Alice,
praticamente di fronte a camera vostra. >
< Esme, non preoccuparti. Finché saranno piccoli,
potranno stare insieme nella cameretta che state preparando…
ci penseremo più
avanti. >
< Come sarebbe a dire “era vero?” >
Esclamai
sorpresa. Cosa cavolo avevano tramato alle mie spalle?
< Io e Carlisle, avevamo sentito un’eco nel battito
del feto. Non eravamo certi che fossero due ma era probabile. Prima di
dirtelo
però. volevamo esserne sicuri… poteva essere una
malformazione… >
< Come al solito sapete tutto prima della
sottoscritta. Dovrebbe essere il contrario! > Esclamai fingendo
di essere
offesa. Edward intuì facilmente le mie vere emozioni e si
sporse per baciarmi. Le
sue mani fisse sulla pancia, a pochi centimetri dalle mie.
Elizabeth, svegliata dal nostro
parlare, alzò la testa
dalla spalla di Esme e ci guardò. Si stropicciò
gli occhi e scese dalle
ginocchia della nonna per venire verso di noi. Edward la prese in
braccio e poi
le disse: < Ti va qualcosa da mangiare? > < Shiii
> Sbadigliò lei.
< Chiediamo alla mamma se viene con noi? > < Shi!
> Lui si voltò e
rise del mio sguardo indispettito.
Mi chiese ironico: < Bella, vieni al bar con noi?
>
< Mah… non saprei… > Feci io
ridendo ed
alzandomi. < Esme, resti ad aspettare Carlisle? >
< Sì, vi raggiungiamo
al bar. > < Va bene. >
Salutai mia suocera con un bacio sulla guancia e un
suo forte abbraccio. Poi, per mano con Edward, che teneva Elizabeth su
un
braccio, andai a mangiare.
Io e la bambina ci prendemmo una cioccolata calda con
la panna. Elizabeth fece un gran casino sporcando dappertutto. Era
intensissima
ad osservare le persone che passavano, tanto da ignorare o quasi la
cioccolata
che di solito adorava.
Quando la cameriera le chiese se volesse della torta, lei
arrossì furiosamente e si nascose in braccio a suo padre.
La signorina lo chiese a noi, divertita dal
comportamento della bambina.
< Sì grazie… > Le disse Edward,
incantandola con
il suo sorriso.
Quando finimmo di fare colazione,
dopo che ci ebbero
raggiunto Esme e Carlsile, tornammo all’auto. Dopo tanto
tempo lontano dal
mondo, tutto mi pareva nuovo, diverso.
Mi piaceva, nonostante mi facesse un po’ paura.
stretta ad Edward, proposi: < Esme, non è che tu e
Carlisle portereste la
bambina al parco o da qualche parte? Così magari io ed
Edward facciamo un giro…
>
< Ma certo. > Fece lei,
consapevole di quanto la libertà mi fosse mancata.
Convincere Elizabeth a separarsi da noi
non fu così difficile come temevo. Era attratta dalle
insegne e dalle vetrine
dei negozi. Incantata dalle persone che passavano.
Ci salutammo dandoci appuntamento
all’auto, tre ore più tardi.
Io ed Edward facemmo dei giretti senza
una meta precisa.
Ad un certo punto, mentre eravamo seduti
su una panchina, sul lungomare, mi porse il cellulare.
< Allora, lo diciamo a mamma
e papà?
>
< Oddio… e come
faccio a dirglielo?
>
< Mh, vediamo… potresti iniziare con
un saluto, breve però… e poi arrivare subito al
dunque, qualcosa tipo: Ciao
mamma, come stai? Ah, volevo dirti una cosa: sai che dopo innumerevoli
tentativi e dopo aver sedotto quell’incapace di mio marito
per non so quante
volte in due anni, alla fine sono riuscita a rimanere incinta? Sono due
gemellini! Non è magnifico? > Fece lui imitando il
mio tono di voce per
prendermi in giro. Voleva farmi arrabbiare.
Diceva che ero bellissima e molto, molto
attraente quando mi arrabbiavo con lui.
Eccitante.
Solo, non era il luogo adatto. Mi
ripromisi di infuriarmi con lui dopo… a casa.
Allora cercai di rispondere in un modo
sensato, nonostante le sue labbra sul mio collo facessero di tutto per
mandare
in tilt il mio cervello.
< See, come no. Così le viene un
infarto sul momento… >
Lui rise e mi baciò sulla guancia. <
A parte gli scherzi, dovrai dirglielo. >
< Mh… quando è prevista la loro
prossima visita? >
< Beh, fra tre mesi. Vuoi che ti
vedano al settimo mese senza neanche averli avvisati? >
< No, hai ragione… dai, dammi il
telefono. > Dissi rassegnata. Mi faceva paura l’idea
di dirlo a mia madre. Alla
fine però fu tutto molto più semplice di quanto
pensassi. Mia madre fu entusiasta
della notizia, soprattutto dopo aver saputo che il futuro prevedeva non
una, ma
due culle, ed insistette per anticipare la sua visita. Alla fine
però Edward
riuscì a convincerla che era meglio attenersi al piano
originale. Si fece però
promettere che avrei fatto una foto al pancione almeno una volta alla
settimana, per documentare la crescita della pancia. E che ovviamente
poi
gliele avrei spedite…
Dirlo a Charlie fu più
difficile. Disse
di essere felicissimo ma, lo conoscevo bene, sapevo che la cosa non lo
entusiasmava. Secondo lui ero troppo giovane. Ebbe però il
buon gusto di non
dirmelo. Non volle rovinare la mia gioia e cercò di
mostrarsi felice.
< Bells, so che lo
desideravi tanto…
certo che due gemelli sono un bella responsabilità.
C’è già Liz che sicuramente
vi impegna molto. Sicura di riuscire a farcela? > <
Papà… certo che ce la
faremo. E poi, tutti ci daranno una mano. > < beh, so che
è quello che
vuoi… ed è giusto che tu sia felice…
> Mi disse prima che ci salutassimo,
entrambi con molto affetto. Gli mancavo almeno, e forse di
più, quanto non mi
mancava lui. Comunque lo avrei risentito presto. Questa era stata una
chiamata
imprevista. Avrei comunque dovuto telefonargli sabato. Erano i
patti… chiusi la
conversazione e notai la scritta sul display.
Era stata una chiamata di 15 minuti.
Breve, rispetto a quella con mia madre.
37 minuti.
Edward aveva cominciato a dire che
i
cellulari fanno male se usati troppo ed io a ribattere che era stato
lui ad insistere sul telefonare ai miei, quando l’occhio mi
cadde su un negozio di
intimo.
< Edward, mi presti dei soldi? >
< Ehi, mi stavi ascoltando?E poi, io
non ti devo prestare proprio niente. I miei soldi sono tuoi…
>
E mi passò una carta di credito
luccicante.
Lo trascinai dentro il negozio e lui, impacciato,
si bloccò a metà strada. < Su, non fare il
bambino. Sei grande e vaccinato.
Mi aiuti a scegliere qualcosa per Rose… qualcosa che faccia
imbarazzare Emmett
ma che a lei piaccia? >
Sospirò tranquillizzato e mi accompagnò
in cerca di qualcosa di adatto. Una vendetta piena di gratitudine per
il mio
fratellone impiccione.
Io volevo comprare il frustino in
pelle
e un completo molto… erotico, ma alla fine Edward mi
costrinse a prendere
qualcosa di meno drastico.
Sciocco moralista della prima guerra mondiale…
E pensare che, checché
ne dicesse
Emmett, Edward era un tipo molto fantasioso in certe
attività…
Per noi, anzi per me, comprammo
cose
semplici ma, soprattutto, adatte ad una donna incinta. A partire da
reggiseni
nuovi col la clip davanti (nonostante avessi ancora quelli che avevo
usato per
allattare Elizabeth) per arrivare a pigiami e camice da notte nuove, un
completino da notte dolcissimo per Liz e per me ( erano camice da notte
e
pigiama con lo stesso disegno) e naturalmente abiti larghi, adatti al
pancione
di una donna che aspetta due bambini. Pagai e mi venne la nausea quando
vidi il
costo. Edward sbuffò e mi sibilò: < Soldi
miei. >
< Avevi detto che erano anche miei.
> ribattei io ritirando la carta.
< Sì, ma se c’è una cosa di cui
non
devi preoccuparti, è questa. Non finiremo sul lastrico per
colpa della brasiliana
che ti sei comprata cercando di non farmela vedere. Ah, tra
l’altro, non vedo
l’ora di vedertela addosso. Starebbe benissimo con quella
canottierina di seta
tutta svolazzi… o magari quel corpetto… anche se
è meglio che tu non stringa il
ventre. > Gli tirai un calcio sullo stinco ma fui
l’unica a farsi male… che
mondo ingiusto.
Alla fine naturalmente portò tutti i
pacchi lui.
Arrivati alla macchina, trovammo
Elizabeth ad aspettarci, intenta a giocare con un pupazzo nuovo.
Regalo, di
certo, dei nonni.
< Pappà!!! Mammi!
Vi piasce? L’ho
celto io!!! > E ce lo mostrò.
Esme si strinse nelle spalle mentre
Carlisle nascose la risata in un colpo di tosse.
Tra le mani, Liz teneva un pupazzo altro
circa 20
cm
rappresentante un vampirotto con i canini appuntiti e un sorriso
simpatico. Il
mantello con il colletto era morbido e liscio, proprio come il resto
del
Peluche. Sembrava la parodia di Dracula.
Era troppo simpatico. Sull’etichetta
c’era scritto: “Ho voglia di te.” E poi
il nome della collana di Peluches, nonché
la marca e le indicazioni per lavarlo. Edward la staccò e se
la infilò in
tasca. Mi sussurrò: < Questa la conservo. La
appendiamo in camera… >
Elizabeth, che non poteva capire, ci
guardò curiosa e sorrise radiosa.
Inginocchiata davanti a lei le
sussurrai:
< Ma è bellissimo! > E le baciai
l’orecchio. Lei rise andò a nascondersi
tra le gambe di suo padre che prese il pupazzo tra le mani per
esaminarlo.
< E posso sapere come vuoi chiamarlo?
>
< Emmett! > Rispose lei decisa,
scatenando l’ilarità di tutti.
La presi in braccio e le diedi un
bacetto sulla guancia prima di metterla sul seggiolino.
In auto, cullata da Edward mi
addormentai.
Nella mia mente fluttuavano delle
immagini nuove. Due neonati, due culle…
centinaia di pannolini…
Fortuna chea
Rose e ad Esme piaceva fare la mamma. Erano sempre felicissime di darmi
una
mano.
E con due neonati, avrei avuto
bisogno
di molto aiuto…
Sono
davvero desolata per la mia
lunga (e forzata) assenza da EFP
ECCOMI TORNATA!!!
Scusate se aggiorno così
tardi ma davvero ho avuto troppo da
fare per poter anche solo sperare di accendere il PC…
Stavo andando in crisi di astinenza!!!
Nella mia scuola fanno trimestre e pentamestre e non vi dico
queste due ultime settimane cosa nn sono state!!!
Un delirio! Se in più ci sommate lo spettro della
maturità
che si aggira per gli incubi di quelli dell’ultimo
anno… (notate la citazione
colta XD)
Ed inoltre, ho cominciato una specie di lavoro in prova!!! Un
delirio… e le giornate di volontariato con i bambini delle
case-famiglia…
insomma, solo oggi sono riuscita a mettermi al pc.
Il capitolo nn è venuto un gran che… succede
sempre così
quando lo comincio tre settimane prima di pubblicarlo e scrivo due
pagine un
giorno, due una settimana dopo e l’ultima il giorno in cui
posto…
Spero mi perdonerete…
Il prossimo sarà più organico e meglio
strutturato, nonché più
movimentato e spero che potrà risultarvi anche
divertente…
Questo cap era “necessario” per gli sviluppi
futuri. Torno anche
a ribadire che questa storia, compreso questo passaggio, era stata
concepita
prima dell’uscita di BD.
E se i due gemelli sono una new entry, il resto risale circa
a giugno luglio. Non ho copiato nessuno anche se alcune idee sono
simili
(partendo da presupposti uguali, le conclusioni sono spesso
simili… XD o per lo
meno così dice il Lazzari, il mio prof di filosofia XD)
Ora vi lascio al cap 45 se nn sbaglio e mi metto a scrivere
il prossimo.
Vi faccio a tutti gli auguri di natale!!!
Ma spero di riuscire a postare in tempo per farveli il 25
Se tutto va bene, a Mercoledì!!!!
Buon Natale
Grazie a tutte voi che mi avete
mandato e-mail per sapere che fine avessi fatto!!!
E grazie anche alle 243 che hanno
inserito la mia storia tra i preferiti!
Un abbraccio a tutte voi che
leggete, commentate o apprezzate il mio lavoro!
A tutte auguro buone feste!!!
Bella's POV
Edward se ne stava seduto in
giardino, intento ad
osservare Elizabeth che, tutta infagottata in un enorme giaccone (era
aprile ma
faceva un freddo terribile), giocava a palla insieme ad Emmett.
Improvvisamente mio marito voltò il capo verso la
finestra della camera al pianoterra, dove ci eravamo trasferiti da
quando ero
al quarto mese. I
giochi di Liz
momentaneamente spostati in quello che prima era lo
“stanzino” delle scarpe di
Alice…
Edward alzò lo sguardo e i suoi occhi vagarono per
qualche istante. Fissarono il mio ventre per un momento poi
alzò lo sguardo, i
nostri sguardi si incrociarono e lui mi sorrise. Un istante dopo si
alzò in
piedi e svanì. Non feci a tempo a chiedermi dove fosse
andato che la porta
cigolò e le sue braccia mi strinsero dolci al suo petto.
< Come va? Stai meglio? >
Mi stiracchiai e gli gettai le braccia al collo, baciandoglielo.
< Siii > Gli bisbigliai lasciando che mi
coccolasse.
< Sicura? >
Sbuffai affondando tra le sue braccia. < Mi è
passato tutto. > poi cercai di baciarlo in modo più
appassionato ma lui si
allontanò.
< Vuoi che chiami Carlisle? >
< Edward, per favore! Ho solo avuto un giramento di
testa… >
< E anche la nausea. Hai rimesso tutto il pranzo.
>
< Sì, capita quando si tengono due bambini nella
pancia. Ed inoltre… > Ed indicai il pancione (enorme)
con l’indice <
Questi due si agitano tantissimo! >
< Beh, perché non torni a letto? Hai voglia di
vedere un po’ di tv? Ti va qualcosa da mangiare? >
< Senti, mi hai costretto a stare a letto per tutta
la mattina, non esagerare. E a quest’ora in tv non
c’è niente. Per il cibo…
> E mi alzai in punta di piedi per sfiorargli le labbra con la
lingua < beh,
magari potrei andare di la a mangiare una fetta di melone, oppure un
po’ di
te... > poi gli feci l’occhiolino.
Sollevandomi per la vita mi fece adagiare sul letto e
su sdraiò al mio fianco.
< Vada per il melone. >
Fece per alzarsi ma io gli afferrai la camicia
cercando di costringerlo a rimanere con me. Mi accoccolai sul suo
petto,
lasciando che mi carezzasse la schiena con movimenti lenti e delicati.
Nella mia pancia un calcetto fece
sussultare entrambi.
< Beh, sembra che siano
molto vivaci. > Mi
sussurrò poggiando le labbra sulla mia fronte.
Ridacchiai ma al mio fianco Edward si irrigidì. Non mi
restituì la carezza e io mi bloccai. Il suo sguardo
indecifrabile.
< Edward, cosa… >
Un attimo dopo, il pianto disperato di Elizabeth ruppe
il silenzio che si era creato.
< Oddio! > Sussurrai cercando di portarmi a
sedere ma Edward, tenendomi le mani sulle spalle, me lo impedii.
< Edward, oddio, cos’è successo? >
piagnucolai
nel panico dato che le urla non si placavano. Gettai
un’occhiata spaventata al
giardino e vidi tutti i Cullen radunati intorno alla fonte delle grida.
Elizabeth.
< Niente, niente. È solo caduta… Resta
qui. >
Disse prima di dileguarsi per ricomparire subito dopo in giardino.
Senza dargli minimamente ascolto,
mi alzai e mi
affrettai in giardino. Correre senza neanche riuscire a vedermi i piedi
non era
una buona idea.
Edward teneva in braccio Liz mentre
Carlisle era chino
su di lei. Il suo braccino piegato in modo innaturale e il suo volto
sconvolto
dalla paura e dal dolore. Appena mi vide, pianse più forte e
si agitò per
venire da me. Edward alzò lo sguardo ed Esme mi fu subito
accanto. Mi
riaccompagnò in casa tenendomi un braccio intorno alle
spalle. < Vieni cara,
adesso ci raggiungono. > mi sussurrò mentre mi
guidava in cucina.
Edward depose Elizabeth sul divano
e Carlisle si chinò
ad esaminarla. Tra le lacrime, mia figlia mi chiamava ed io mi
inginocchiai per
avere il volto a pochi centimetri dal suo.
Le scostai i capelli dalla fronte con dita tremanti e
le baciai la pelle accaldata.
< Mammi!!! Mammiii! > Piangeva Liz impaurita.
< Sta tranquilla piccola, vedrai che adesso il
nonno ti fa passare tutto. > Le dissi e poi osservai Carlisle.
lui guardò
prima me e poi Edward, poi di nuovo me.
< Dovremo ingessarle il braccio. Si è rotto. Una
brutta frattura. > Mi sussurrò con tono
professionale. Poi
si rivolse a mia figlia:
< Liz, adesso ti farò un po’ male e per un
po’ non
potrai muovere il braccio… adesso stai ferma. Ti do qualcosa
per farti passare
il male… Rose, vai a prendere la mia valigetta, per favore.
>
Lei sparì veloce mentre Carlsile cominciò a
togliere a
Liz il maglioncino, strappandolo per non farle male. la giacca era
rimasta in
giardino. Glie la aveva tolta mentre Esme mi accompagnava in casa.
< Ma come ha fatto? > Chiesi con una nota di
isteria nella voce, osservando Edward che sosteneva il braccio di
nostra
figlia, evitando che si muovesse mentre Carlisle le levava gli
indumenti
superiori.
Fu Emmett a cercare di rispondere.
Edward, in silenzio, ribolliva di rabbia e di senso di
colpa.
Concentrai la mia attenzione su Emmett...
< Stavamo giocando… l’ho presa in
braccio… ma poi
lei ha voluto scendere… è scivolata…
ha sbattuto contro il terreno ed è caduta
sul suo stesso braccio… >
< Ma perché non l’hai afferrata? >
Gli domandai
irata ed Elizabeth pianse ancora più forte, quando Carlisle
le fece distendere
il braccio, cercando di fargli assumere la posizione corretta. Sentii
un crack
sonoro ed Elizabeth gridò ancora più forte.
< Adesso passa… > la
rassicurò.
Sentivo la nausea aumentare.
< Non pensavo si sarebbe
fatta male… cade sempre…
non si è mai fatta niente… > Emmett
cercava di giustificarsi, spaventato di
aver commesso l’errore di sottovalutare la
fragilità umana…
Edward non gli avrebbe perdonato tanto facilmente una
leggerezza tale.
E neanche io.
Senti la rabbia dentro di me crescere ma decisi che
era meglio occuparsi di Liz, ad Emmett ci avrei pensato dopo…
La mia bambina mi fissava mentre le stringevo la mano.
< Amore, sta tranquilla… > Le sussurrai
asciugandole le lacrime con il
palmo della mano. Lei tirò su con il naso. Gli occhi rossi
gonfi e il volto
paonazzo. Esme mi passò un fazzoletto ed io le pulii il
visino.
Carlisle scambiò uno sguardo sconcertato, che non mi
sfuggii, con Edward.
< Cosa succede? > Chiesi reprimendo il tremore
della voce.
< Straordinario… impressionante… >
Borbottò
Carlisle prima di rivolgersi a me.
< Guarda… > E le piegò il braccio.
< Ma cosa fai? Le fai male!!! > Gli gridai
orripilata. Elizabeth però rimase in silenzio, gli occhi
fissi sul mio volto.
Carlisle le piegò il
braccio un paio di volte e poi
disse: < Elizabeth, piegalo tu… > Edward la
mise seduta e lei, con alcune
lacrime che ancora le solcavano il voltò, tirò su
col naso di nuovo e piegò il
braccio.
Mosse le dita e si fissò
il gomito poi,
improvvisamente, mi si getto al collo senza curarsi di evitare il mio
pancione.
Edward trattenne il respiro ma non disse niente.
Accolsi mia figlia tra le braccia.
Ero stordita.
Un attimo prima il braccio era fratturato… e
l’attimo
dopo era tornato sano.
< Quanti minuti sono passati da quando si è fatta
male a quando… a quando è tornato a posto il
braccio? > Chiese Carlisle.
Emmett rispose: < 7 minuti. > Anche lui era
attonito.
Rose, che era ricomparsa, stringeva stupefatta la
borsa di Carlisle.
Misi Liz in piedi e le chiesi: < Amore, ti fa
ancora male? >
Lei scosse con vigore la testa. Le asciugai di nuovo il naso
e lasciai che Edward la prendesse in braccio.
< Vieni piccola, ti
prepariamo qualcosa… ti sei
spaventata? > Le chiese mentre lei appoggiava la testa alla sua
spalla.
< Sci. > Sussurrò Liz prima di stringersi di
più
a lui. Esme era già in cucina.
< Una cioccolata calda? > Domandò ed Edward
annuii mentre faceva scivolare Liz sul seggiolone. Lei però
non mollò la presa
delle sue dita sulla sua camicia e così lui decise di
tenerla sulle gambe.
Li avevo seguiti in cucina mezza intontita e fu la
voce di Esme a riportarmi alla realtà.
< Bella, tesoro… vuoi qualcosa? >
< Una camomilla, grazie… > Risposi distratta.
Mentre nostra figlia rimaneva in
silenzio, io ed
Edward continuavamo a fissarci, stupiti, sconvolti,
stupefatti…
Sentii Carlisle, in sala, parlare
con Emmett e con
Rose in tono concitato. Colsi le parole “braccio”
“velocità” ma soprattutto
“anomalo” e “anormale”
Le mie mani scivolarono sul ventre e si strinsero
intorno alla stoffa della tuta che avevo usato come pigiama. Mi
abbandonai allo
schienale della sedia, agitata, e chiusi gli occhi.
< Bella, non preoccuparti… > Mi
suggerì la voce
di velluto di mio marito, vicino al mio orecchio.
Dischiusi le palpebre e lo vidi a pochi centimetri da
me. La bambina, tra le sue braccia, mi fissava curiosa. Ogni traccia di
paura o
dolore svanita dal suo volto ora sereno.
Tese il braccio, fino a poco prima rotto, verso di me
e mi accarezzò i capelli.
< Mammi? > Domandò insicura. Io alzai il capo
e
le feci un sorriso forzato al quale lei rispose con uno sincero. Edward
la mise
a terra e lei si aggrappò alla mia gamba.
Quando Esme le annunciò
che la sua cioccolata era
pronta, la piccola corse da lei saltellando. Quello che era successo
poco prima
ormai dimenticato.
Mi voltai e fissai Edward negli occhi.
< Edward… ma come è possibile? >
Rimase in silenzio, sedendosi al
mio fianco. Mi prese
la mano e la strinse leggermente.
< Carlisle sta pensando che… in effetti, noi vampiri
abbiamo capacità rigenerative molto sviluppate…
impieghiamo pochissimi minuti
per guarire nel caso venissimo feriti. Parrebbe proprio che questa
caratteristica Elizabeth l’abbia ereditata da me. >
Si chinò per baciarmi la guancia e poi proseguì:
<
Le sue capacità di apprendimento sono superiori a quelle di
un bambino della
sua età. Anche la proprietà di linguaggio
è superiore alla media. A parte
durante i primi giorni di vita, non ha mai avuto problemi di salute.
Evidentemente il suo corpo è più forte di quello
di un
umano. E non solo. >
Deglutii e cercai di non dargli a
vedere il mio stato
d’animo.
Anche io mi ero accorta di questo.
Erano piccole cose, che un estraneo non avrebbe mai
notato. Ma una madre…
Ad una madre non sfugge il fatto
che la propria figlia
non si graffi mai, non abbia mai nemmeno un livido nonostante sia
inciampata o
caduta come tutti i bambini normali.
E poi, i suoi movimenti, troppo aggraziati per essere
quelli di un normale bambino.
Le sue dita erano sempre sicure sul pianoforte, il suo
sguardo troppo attento ed acuto per avere appena due anni e mezzo.
Affondai il volto tra le mani e
sospirai.
Un attimo dopo, una manina piccola
e calda mi
accarezzò la guancia, come per consolarmi.
< Mammi? >
< Vieni qui, piccoletta. > disse Edward ad
Elizabeth. Socchiusi le dita e lo vidi prenderla in braccio con
delicatezza,
prima di baciarle la guancia rosea.
< Andiamo di là, lasciamo la mamma in pace per un
po’… > le sussurrò
all’orecchio prima di alzarsi. Mi passò accanto
sfiorandomi la spalla con una carezza e poi passando veloce le dita tra
i miei
capelli. Sentii il fruscio dell’aria prima che Edward
svanisse dietro la porta.
A quel punto mi alzai in piedi e mi diressi in camera.
Mi lasciai scivolare sul letto, rotolando fino al centro dove mi
distesi. Con
le mani mi accarezzai il pancione, pensierosa.
< Toc toc. > Fece
Rosalie sorridente. La sua
voce dolce era simile al canto di un uccellino. .
Alzai il capo, la vidi ed abbozzai un sorriso.
< Ciao. >
< Allora, quei due piccoletti come stanno? > Mi
chiese sedendosi al bordo del letto. Se durante la prima gravidanza mi
era
stata lontana, adesso era molto premurosa. Mi aiutava come poteva
cercando di
non essere invadente. Aveva, in un certo senso, preso il posto che
aveva
occupato Alice quando aspettavo Liz.
Alice ultimamente era sempre di
cattivo umore.
Cercava di evitarmi, cercava di evitare tutti.
Non sopportava l’idea di
non vedere niente del nostro
futuro.
Mio e dei miei due bambini.
Se ne stava per ore in giardino,
seduta all’ombra, a
pensare. Chiudeva gli occhi, poggiata al tronco di un albero, e si
sforzava, si
concentrava per cercare di vedere qualcosa.
Riusciva a scorgermi, con il pancione gigantesco.
Dalle dimensioni, secondo Edward, ero all’ottavo mese. Per il
resto, quando
cercava di andare oltre alla gravidanza, il buio.
E lei, per questa sua incapacità, si sentiva in colpa.
Non importa quante volte le avessi detto che lei non
c’entrava
niente con questo vuoto.
Lei ogni volta si voltava scocciata e si allontanava,
intristita e adirata con se stessa.
Rosalie invece si prendeva cura di
me come non pensavo
fosse possibile. Mi dava una mano in tutto ciò che non
permettevo ad Edward di
fare. era sempre disponibile a parlare, chiacchierare, giocare con Liz.
Ripensai ai primi giorni di Elizabeth, quando ce ne
eravamo dovute andare, a quanto mi avesse aiutato, a quanto fosse stata
indispensabile.
Ero in debito con lei, con tutti…
Rose mi accarezzò i capelli riportandomi alla
realtà.
< ti ho portato la camomilla. >
La ringraziai prendendo la tazza calda tra le mani.
Poco dopo, Edward entrò in camera e scambiò
qualche
parola con Rose, troppo velocemente perché potessi carpirle.
Lei sorrise divertita e complice.
< Bella, a dopo. > Mi
salutò Rosalie con voce
cristallina, sparendo in una nuvola di capelli biondi.
< Ciao, a dopo. > le risposi, consapevole che mi
avrebbe sentito.
Rimasta con Edward, accarezzai lo
zigomo, trasognata.
Lui mi sorrise. Sdraiato, mi osservava sorseggiare la camomilla.
< Non devi essere preoccupata. Liz crescerà sana e
forte. Molto più forte dei bambini normali.
E sarà felice. Proprio come i due piccoletti qua
dentro. > Ed accarezzò il pancione con un ampio
sorriso dipinto in volto.
Lo fissai perplessa e lui soffiò sul mio viso
facendomi sbattere gli occhi. Quando li riaprii lui non c’era
più. Mi voltai e
lo vidi appoggiato alla finestra, che mi osservava.
< Sai, Alice l’ha
vista… >
< Davvero? Quando? >
chiesi e di colpo tutta la
mia attenzione fu rapita dalle sue parole. Il suo sguardo non era
felice come mi sarei aspettata. capii immediatamente che io, in quella
visione, non c'ero...
il che però non significava necessariamente qualcosa di
brutto... Molte volte Alice vedeva solo Edward senza il resto dei
Cullen, o solo Jasper, o solo Carlisle... Lei le chiamava "visioni
singole". A volte, aveva visto solo me...
Edward non parve cogliere i miei pensieri. sospirò e poi mi
disse: < Poco fa. Dovrebbe avere sui dieci anni, in quella
visione. Starà benissimo. E assomiglierà sempre
di più a noi… >
< ehm… voi? >
< Già… sotto ogni aspetto. il che, non
è un fattore
del tutto negativo, non trovi? Non credo che le basterà il
cibo normale.
Arrivati ad una certa età, sentirà
l’esigenza di nutrimento diverso… Ma non
preoccuparti, potrà solo essere una cosa positiva. >
Non sapendo realmente se lo fosse o
no, preferii starmene
zitta. Non volevo rischiare di offenderlo. In fondo, quale madre
potrebbe
desiderare che la propria figlia abbia voglia di sangue fresco a
colazione?
Certo, la paura che invecchiasse e
morisse mi
terrorizzava ma in fondo, quella era la sorte delle persone
normali…
Si era parlato di trasformarla, se avesse voluto,
quando fosse stata più grande, ma né io
né Edward eravamo entusiasta di questa
prospettiva.
Se però il processo
fosse stato naturale…
Sentii un calcetto provenire dalla
parte destra del
pancione. Trasalii.
Ai bambini non piaceva quando mi angosciavo.
Diventavano irrequieti.
Sentii gli occhi di Edward fissi su
di me e feci finta
di niente, scottandomi la lingua nel tentativo di ignorarlo.
< Hai! > esclamai ed allontanai la tazza dalle
labbra.
< Sei sempre così distratta… possibile?
>
Sussurrò mio marito appoggiando il capo sulle mie ginocchia.
Accarezzandolo in volto, soffiai sulla camomilla e
cominciai a berla a piccoli sorsi…
< Bella… >
< Sì? >
< Sei felice? >
Lo fissai negli occhi per un istante, perdendomi nell’oro
caldo in cui più volte ero annegata.
< Ma che domande fai? > Gli chiesi sorpresa.
L’intensità
della sua voce mi aveva sconvolta, facendomi sentire sottosopra.
Lui alzò il braccio e con la punta delle dita mi
sfiorò le vene del collo.
< dimmi solo se lo sei. ti prego… >
Afferrai la sua mano e la strinsi con quanta forza fui
in grado di esercitare.
< Certo. >
Mi godetti il suo sorriso per pochi istanti, finché una
voce squillante non interruppe la mia contemplazione.
< Mammi! Mammi! Vieni a
sgiocare con me? >
Edward si alzò sui
gomiti e le disse: < La mamma
adesso è occupata. > E poi mi sfilò in un
secondo la tazza ormai vuota dalle
mani.
Non me ne accorsi nemmeno.
L’unica cosa che riuscii a
capire fu che le sue labbra erano sulle mie, che si muovevano insieme
alle mie… che io ero completamente persa con il pensiero a
centinaia di chilometri... che in quel momento non volevo altro che
Edward...
Mi ritrovai sdraiata al suo fianco e lo vidi sorridere
quando nostra figlia emise un versetto di finto disgusto e
cominciò a tirarmi la
maglietta per convincermi ad andare con lei.
Edward si sporse e la afferrò per la vita.
Lei rise e lui se la poggiò sulla pancia. La
velocità
dei movimenti del padre la incantava e la divertiva. Le piaceva quando
lui la
lanciava in aria o quando se la metteva sulle spalle e
correva…
< Liz, che ne dici di dormire? > Lo guardai
male…
mettere Liz a dormire era sempre il preludio a qualcosa di molto
divertente. Solo,
con tutta la famiglia in casa non mi sembrava molto appropriato.
< No! > piagnucolò lei girandosi verso di me.
Tese
le braccia ed io la accolsi tra le mie. Edward si alzò e mi
aiutò a mettermi in
piedi, sostenendo sia me che la bambina.
< A cosa vuoi giocare? > Le chiese mentre si
chinava a baciarmi la guancia.
< voglio suonare! > Ma mentre rispondeva, si
appoggiò alla mia spalla e sbadigliò, spalancando
la bocca e stropicciandosi
gli occhi con il palmo delle manine.
Edward rise dolcemente e la prese in braccio. La portò
al piano di sopra ed io, goffa e sbilanciata in avanti a causa del
pancione,
rinunciai a segurli. Sentii le proteste di Elizabeth farsi sempre
più flebili
fino a perdersi nella ninnananna che Edward intonò per lei.
Andai in cucina e rimasi sorpresa
dal non trovarsi
Esme o Rose. Gettai un’occhiata in giardino ma neanche
lì vidi nessuno.
Andai in sala e vidi che sul porta-spartiti c’era un
biglietto rosa. A fatica mi sedetti e lo presi. Lo aprii e riconobbi la
calligrafia elegante di Alice.
“Divertitevi!”
Un attimo dopo Edward mi
abbracciò e mi sussurrò: <
Non vorrai sprecare questa bella occasione… >
< Edward, le occasioni sono quando capita qualcosa
per caso. Quando fai andare via tutti, è premeditazione!
>
< Sarà… > Fece lui scettico
prendendomi in
braccio come se fossi una piuma.
Mi portò in camera,
adagiandomi sul letto, e mi
sussurrò: < Alice,sforzandosi di vedere il futuro,
finisce sempre per
incappare nella nostra vita privata. È stata lei ad
obbligare gli altri ad
andare a caccia. Quindi, posso ritenermi innocente riguardo a questo.
>
E spalancò le braccia tra le quali mi rifugiai.
< Sì…
forse sì… > Acconsentii io mentre cercavo
di togliergli i vestiti.
Come al solito, lui fu più veloce di me ed entrambi ci
ritrovammo sdraiati, intenti uno ad accarezzare l’altra. I
suoi baci leggeri mi
accarezzavano la pelle.
Appoggiò
l’orecchio sul mio ombelico e sorrise, prima
di intrecciare le mie dita alle sue e far avverare la visione di
Alice…
Capitolo 46 *** S.O.S. (ovvero SOnniferi e Singhiozzi) ***
È la vigilia di
Natale… (frase scontata...)
Spero che domani trascorriate tutte
una piacevole giornata con
le persone a cui volete bene! (altra frase scontanta)
Io, domani, sarò in casa a scrivere il cap 48 (il 47
è già
pronto XD, dopo tanto tempo,avevo molto da recuperare…) e a
sorbirmi quel poco
della mia famiglia che ancora si ricorda che io e mia sorella esistiamo
(non
che la cosa mi turbi… anzi, meglio. Non mi piace la
confusione.) In pratica,
saremo io, il mio gatto, la mia gatta, mia madre e mia
sorella… e il membro più
simpatico della compagnia è Schinichi, il mio adorato gatto
rintronato che
adesso è splendido! Ha messo su il pelo invernale ed
è un batuffolo grasso con
il pelo rosso soffice soffice!!! Ma basta parlare del mio
gatto-scemo…
Finalmente, in questo cap, si comincia ad intravedere
qualcosa!
Ma adesso vi lascio… devo leggere
“Dubliners” (che gioia… è
in inglese... ma sempre meglio de “La montagna
incantata”… è lunghissima!!!!
Oddio…)
Consideratete questo capitolo come un regalino di Natale da parte
mia…
A tutte, buon Natale! (anche
questa, è scontata... ma ci tenevo a dirvelo XD)
Ci vediamo il 27?
Speriamo di sì! (visto come sono stata veloce? Dopo tante
settimane senza pubblicare, mi sto rifacendo XD)
PS: Ma lo sapevate che anche nella apncia della mamma i bambini possono
avere il singhiozzo? Succede quando respirano attraverso il liquido
amniotico XD. Ecco qui riportato il paragrafo dal sito "Pianeta Mamma",
una delle mie fonti più affidabili, con cui mi sono
documentata per scrivere questa storia di gravidanze e Ehm... sesso?
(si può dire? direi di sì XD in fondo, la vita in
fin dei conti è intorno a questo che gira...) Settimana 37 Il bambino impara a respirare
inalando liquido amniotico, e questo può portarlo ad avere
il singhiozzo, facilmente avvertibile dalla madre.
PPS: La storia di Kung Fu Panda in realtà mi è
venuta in mente domenica, mentre lo guardavo con i bambini della casa
famiglia dove sn andata per il olontariato... inizialmente, avevo
pensato di far guardare a Liz Van Helsinki XD
Bella’s POV
Freddo.
Delle mani gelate mi tenevano
schiacciata a terra, mi
mancava l’aria.
Qualcuno mi stava facendo del male.
Qualcuno che non riuscivo a vedere, dato che la mia
testa era tenuta premuta contro le foglie arancioni sparse sul terreno,
macchiate di rosso dal mio sangue.
Avevo paura e non riuscivo a respirare. Nel terrore
vidi la mano di Edward, tesa verso di me. Era troppo lontana
perché potessi
raggiungerla.
Cercai di strisciare sulle ginocchia, di divincolarmi,
di andare da lui.
Ma il dolore era troppo forte e alla fine, sconfitta, lasciai
che la persona che mi teneva schiacciata a terra infierisse su di me.
Il mio
sangue, il suo odore e il suo scorrere lentamente lungo le mie guance
ferite,
mi dava la nausea.
Ma poi la mano di Edward si avvicinò. Mi
accarezzò il
volto grondante del liquido denso e caldo che tanto lo tentava ma a cui
resisteva per amor mio; mi liberò dalla stretta estranea e
mi strinse a sé. Mi
cullò.
E la paura si trasformò in sollievo.
Il freddo pian piano si fece meno pungente.
Il mio respiro affannato mi rimbombava nella testa.
E poi mi accorsi di un cambiamento.
Calore…
Morbidezza…
Una manina piccola e calda poggiata sul mio seno…
Un peso leggero poco sopra il pancione, sullo stomaco.
Socchiusi gli occhi ed intravidi
Elizabeth, sul letto,
mezza addormentata su di me. Le manine strette intorno alla stoffa
della mia
camicia da notte.
Con delicatezza la feci scivolare tra le lenzuola e mi
misi seduta.
< Mammi… peché piansgevi? > Mi
domandò con la
voce impastata di sonno.
Non le risposi, accarezzandola finché non si fu
addormentata.
Le rimboccai le coperte e mi maledii per averla
svegliata. Era venuta apposta per vedere cosa stesse succedendo.
L’avevo messa
a dormire nel suo lettino io stessa…
Mi chinai in avanti, poggiando i gomiti sulle
ginocchia ed ebbi un brivido. Sentii il sudore freddo sulla mia
schiena. Ripensai
al sogno. Un sogno terribile.
Un altro, ennesimo incubo.
Mi sistemai i capelli in un codino arruffato e
sospirai. Come a cercare di proteggermi, mi strinsi le braccia al petto
e il
sospiro che emisi fu simile ad un rantolo di paura.
I bambini, a differenza di Elizabeth, erano agitati e
mi faceva male la pancia. Un brontolio sordo rimbombava dentro di me.
Uno dei bambini aveva il
singhiozzo. Speravo non fosse
stato a causa della mia ansia.
Avrei voluto Edward vicino a me ma
era a caccia
insieme ad Alice e ad Esme.
Da quando ero entrata nell’ottavo mese, andavano a
caccia una volta alla settima. Nel caso ci fosse stato bisogno di
averli in
casa, almeno non sarebbero stati assetati…
La sera precedente ero appena
arrivata a segnare sul
calendario la trentottesima settimana che Edward, tranquillo solo in
apparenza,
mi aveva baciato sulla guancia ed era svanito nella foresta. Non voleva
che
capitasse come per la nascita di Elizabeth. Non si allontanava mai
troppo e
teneva sempre il telefonino acceso. Lo stesso faceva Carlisle, che si
era preso
un paio di mesi di riposo dal suo lavoro all’ospedale. Gibson
era troppo
lontana, se ci fosse stata una necessità urgente.
Ripensai agli otto mesi e mezzo precedenti e sorrisi.
Ancora al massimo una quindicina di giorni e avrei
stretto tra le braccia i miei bambini…
Sarebbe andato tutto bene. Doveva essere così. I sogni
e le mancate visioni di Alice non mi dovevano condizionare.
Già in passato mia
sorella si era sbagliata.
Carlisle ed Edward non mi avrebbero lasciata sola un
solo istante…
A fatica mi misi in piedi,
appoggiandomi al comodino.
Il pancione gigante mi nascondeva i
piedi e mi faceva
sentire pesante.
Feci appena pochi passi che la porta si aprì.
< Bella… > Mi salutò Carlisle
cordiale. Io
risposi con un mezzo sorriso e poi dissi: < Ciao. Che ore sono?
>
< Sono le sei e mezza… Edward dovrebbe arrivare tra
poco. >
< Ah, bene. > e mi massaggiai il pancione. Non
ero l’unica ad essere sveglia a giudicare dai calcetti che,
da leggeri, si
erano fatti più decisi. Mi sfiorai la pancia ad un colpo
più forte dei
precedenti.
< Tutto a posto? >
< Sì, sono solo un po’ agitati…
>
< Sicura? >
Annuii e poi barcollai verso il bagno. Carlisle fu
così gentile da accompagnarmi, sostenendomi. Mi
aspettò fuori della porta.
Quando uscii, me lo trovai sorridente ad aspettarmi, pronto ad
accompagnarmi di
là. Mi appoggiai a lui. Mentre camminavo goffamente verso la
porta, Rose entrò
nella stanza con grazia, tenendo per mano Emmett. Mi salutarono con un
cenno
della mano prima di uscire in giardino. A metà luglio il
sole splendeva già nonostante
l’ora e faceva brillare la loro pelle di diamante.
Andammo in sala ed io proseguii
verso la cucina, improvvisamente
affamata, ma sapevo che non avrei trovato quello che stavo cercando.
Edward ed
Esme avevano fatto sparire tutte le merendine e le schifezze
simili… proprio
quelle di cui avevo una voglia paurosa.
Sconsolata, aprii la credenza ed afferrai i biscotti
biologici che sapevano di cibo per criceti e, sospirando, mi sedetti.
Sbirciai in sala e vidi Carlisle intento a leggere un
libro dall’aspetto vecchio e consunto, nonché
noioso…
Infilai di nuovo la mano nella la scatola per
afferrare un altro biscotto ma con orrore mi accorsi che…
< Oddio, sono finiti! Questi erano quelli che
facevano meno schifo! >
Carlisle, attirato dalle mie parole, in un secondo si
alzò e venne da me. < Tutto a posto? > Mi
domandò alquanto perplesso.
Con le lacrime agli occhi (stupidi ormoni) alzai lo
sguardo ed incontrai il suo.
< Sono finiti! Gli altri mi fanno schifo! > ed
agitai la scatola davanti a lui.
Carlisle sospirò e, con infinita pazienza, aprì
un
armadietto troppo in alto per me. Ne estrasse un pacchetto di merendine
e me ne
passò una.
< Non dirlo ad Edward… non vuole che interferisca
con la tua dieta.
Con tutta la fatica che abbiamo fatto per elaborarla,
effettivamente credo abbia ragione lui ma un piccolo sgarro non ti
farà male.
>
E mi sorrise complice.
< Grazie. >
< Di niente. > e tornò di corsa, almeno dal
mio
punto di vista, al suo libro.
Con ancora metà merendina in mano, mi alzai ed andai
in sala. Seduta sul divano, presi uno dei libri del mio corso
universitario e
cominciai a studiare un nuovo capitolo. Gli esami che avevo dato erano
andati
abbastanza bene, grazie anche ad Edward, che come tutor era davvero
insuperabile (come del resto, in qualunque cosa...). Inoltre,
ultimamente, gli
esami li avevo tenuti di persona. Con la mia parrucca rossa,
accompagnata da
Edward, ero andata in sede, a Gibson, e avevo dato l’esame.
Era stato
divertente vedere il professore osservare il miopancione che, date le magliette leggere,
faceva bella mostra di sé. Prima ero stata costretta a dare
tutti gli esami per
corrispondenza,per la mia sicurezza. Edward aveva ottenuto un permesso
speciale
dicendo che ero affetta da una malattia estremamente
contagiosa…
Sorrisi pensando a tutti gli escamotage che la mia
famiglia aveva escogitato per farmi vivere al sicuro. O anzi, meglio
ancora,
per farmi vivere, almeno.
Persa in quei pensieri, non mi accorsi di essere
scivolata nel sonno.
Sentii il tonfo sordo del libro che
cadeva ma non me
ne curai.
Improvvisamente mi sentivo
stanchissima, come se fossi
stata sveglia per ore.
Feci appena in tempo a sentire la
porta della stanza
aprirsi e Carlisle entrare.
Ero scivolata anche io dal divano, senza rendermene
conto.
Mi prese in braccio ed io non riuscii a reagire. Cominciò a
chiamarmi ma ero troppo stanca per
rispondergli.
< Bella! Bella! > Era
agitato. Socchiusi gli occhi e lo vidi
afferrare la merendina che non avevo finito.
Un secondo dopo mi scostò i capelli dalla fronte.
Continuava a chiamarmi ma ormai, anche volendo, non sarei riuscita a
rispondergli. Le palpebre erano troppo pesanti e fui costretta a
chiudere gli
occhi.
Sentii le sue dita fredde sul mio polso e,
nell’incoscienza che incombeva su di me, mi immaginai fossero
quelle di Edward.
Sorrisi. Poi tutto divenne definitivamente nero. La voce di Carlisle
perduta in
quella oscurità resa fredda dalle sue dita sulla mia pelle.
Quando mi
risvegliai c’era mezza famiglia assiepata
intorno al mio letto, il che mi fece sentire un po’ a disagio.
A farmi tornare in me erano state
le urla di Edward.
Socchiusi gli occhi e vidi Liz tra le braccia di Alice, poi intravidi
Carlisle
ed Esme. Dietro di loro, Edward agitava le mani contro Rose che, a
braccia
incrociate, sembrava a disagio.
< Cosa ti è
saltato in mente? >
< Non preoccuparti. Quel sonnifero non le farà
male! vero Carlisle? è quello che le ha prescritto lui!
>
< Sì, ma tu ci hai imbevuto dentro quella merendina!
Non ci hai pensato che forse era esagerata la dose? Sei deficiente? Ed è anche caduta
dal divano! E se fosse
caduta più forte? Avrebbe potuto succedere un disastro!
>
< Ma non è successo! Quindi piantala! >
< Io? Ma sei tu l’incosciente che…!
> Urlavano
tanto da darmi fastidio.
< Edward! Non volevo fare nulla di male! >
< Ma come hai fatto a non renderti conto che stavi
esagerando? E poi, come hai osato farlo tenendomi all’oscuro?
Tenendo
all’oscuro lei? >
< Edward, lo sai che non vuole prendere niente,
nessuna medicina! Neanche quelle che Carlisle le consiglia, quelle che
le
prescrive! Quelle omeopatiche o che non fanno male ai bambini! Ha
troppa paura
di fare loro del male!
Io volevo solo aiutarla! L’hai vista che non riesce
più a dormire. Volevo solo darle una mano. Se lei avesse
saputo che volevo
darle del sonnifero, non avrebbe più accettato niente da me.
Per questo l’ho
messo nelle merendine. Non si è neanche accorta del foro
dell'ago... Pensavo di dargliele mentre non c’eri. Volevo
solo
aiutarla! > Se avesse potuto, Rose avrebbe certamente pianto. Lo
capivo
dalla voce rotta. < Hai visto come ha dormito bene? Ecco!
Speravo che per
una volta non si svegliasse in lacrime, coperta di sudore,
più stanca di quando
non era quando era andata a dormire! >
< Certo, e quindi l’hai imbottita di calmanti! Ma
sei completamente fuori di testa? HAI DROGATO MIA MOGLIE!!! >
Mi accorsi che il tono di voce non era alto. Ero io
che sentivo più di quanto non avrei voluto. La testa che
ronzava mi faceva male.
La confusione nella mia testa andava lentamente dissolvendosi,
di pari passo con il chiarificarsi delle voci. Vagamente, capivo di
cosa
stessero parlando, ed intuii la causa del mio mal di testa.
Mugolai portandomi le mani al capo dolorante.
Un istante dopo Edward era chino su di me.< Bella,
Tesoro, come ti senti? >
< Edward… > cercai di dire con la voce
impastata
dal sonno. Le sue mani mi accarezzarono gentili e premurose.
< Non litigare ‘on Rose… > sussurrai
rannicchiandomi contro il suo braccio.
Ecco perché quella
merendina aveva un sapore strano.
Sonnifero…
Appoggiai il capo sulla spalla di
Edward. Lui mi
accarezzò i capelli e poi la schiena.
< Va bene. Non stavamo litigando, non preoccuparti.
Come stai? > Mi domandò cercando di mantenere un tono
di voce normale.
< Bene. Stanca. > Non riuscivo a formulare una
frase più sensata, che comprendesse delle congiunzioni o
qualcosa di più
complesso di un aggettivo o avverbio.
Sentii un brivido lungo la schiena. Mi
sforzai di aggiungere: < Sei freddo. >
Un attimo dopo mi avvolse in una coperta calda e
morbida.
Volevo dormire ma sapevo, mi rendevo conto che questo
avrebbe agitato Edward.
Mi sforzai di aprire gli occhi e di sorridere. Non
ricordavo di averli richiusi.
Intravidi le sue labbra piegarsi in un’espressione di
sollievo.
A fatica mi misi seduta, aiutata da Edward.
Rose, immobile, mi fissava con uno sguardo
indecifrabile. Si sentiva in colpa? Così sembrava.
< Edward… >
< Sì, amore? >
< Mi accompagneresti in bagno? > bisbigliai
quando mi resi conto che avevo urgentemente bisogno di andarci. I
bambini
premevano sulla mia vescica ed il bagno era diventato uno dei luoghi
che
frequentavo di più. Lui rise leggermente e mi prese in
braccio.
Ad un centimetro dal mio orecchio, mi sussurrò: <
Non addormentarti di nuovo. Non farci prendere di nuovo paura. Non
farmi agitare.
>
< Edward, tu ti agiti sempre. > lo rimproverai
in un bisbiglio. Sentii Emmett ridacchiare. Nel frattempo, mi ero quasi
del
tutto svegliata.
< Comunque, tu non provare più a mangiare quelle
schifezze. Se mi avessi dato ascolto… >
Gli feci la linguaccia e lo precedetti dicendogli:
< È colpa tua. Non mi lasci mai mangiare le cose che
mi piacciono. Se non
fossi stata costretta a mangiarlo di nascosto, Rosalie non avrebbe
osato...
> Ma mi impedì di proseguire dandomi un bacio a fior
di labbra.
Quando io ed Edward tornammo dagli
altri, Rose era
sparita. Gettai uno sguardo interrogativo ad Alice, che si strinse
nelle spalle
ed indicò le scale, ed Edward mi fece sedere sul divano. Liz
cominciò ad
agitarsi. Alice la fece scendere dalle sue braccia e la bambina mi
venne
vicino. All’orecchio mi sussurrò: < Ho
fame. >
Da qualche tempo aveva cominciato a parlare solo con
me di tutto ciò che riguardava il cibo o le tipiche
caratteristiche umane, per
così dire, fisiologiche.
Sembrava che ormai per lei fosse chiaro che queste
cose non potessero essere del tutto compre dagli altri, in quanto loro,
per
quanto cercassero di non dare troppo peso alla cosa, erano diversi da
noi.
Forse, non voleva disturbarli chiedendo loro di fare qualcosa che non
potevano
essi stessi apprezzare di persona, come cucinare.
Con Elizabeth avevo creato un
piccolo universo
custodito all’interno del nostro già minuscolo e
protetto angolo di mondo.
Mi voltai verso Edward che
indicò con il capo
l’orologio. Erano le 13 e 40.
< Va bene, adesso ti preparo qualcosa… > le
dissi cercando di alzarmi appoggiandomi al bracciolo del divano.
< Non ci provare. > Mi bisbigliò Edward prima
di
sparire in cucina.
< Il papà non mi lascia fare niente. > Dissi
ad
Elizabeth in tono molto colloquiale. < Tutto perché
è convinto che mi
sfracellerò per terra se anche provo ad accendere un
fiammifero. > e feci
finta di sospirare. Dalla cucina, Edward sussurrò qualcosa
ed Alice si coprì la
faccia per nascondere un sorriso. E lo stesso fecero Carlisle ed Esme.
Arrossii lievemente. Sebbene non avessi sentito le
parole, ne intuivo facilmente il senso.
Che ero imbranata era un dato di
fatto… non c’era
bisogno di ribadirlo ogni tre minuti.
Quando fu pronto, Elizabeth mi
precedette
accomodandosi sulla sua sedia speciale, fatta per lei apposta da
Emmett. Con
lentezza la raggiunsi. Ultimamente mi muovevo poco. Edward faceva di
tutto per
farmi rimanere a letto. Era piacevole camminare, facendo attenzione a
dove
mettessi i piedi...
Finimmo in fretta di mangiare e poi andammo nella
stanza del pianoforte. Edward suonò a lungo mentre io e la
bambina lo
ascoltavamo. Mi ci volle un po’ per smaltire la stanchezza
derivata dalla
merendina corretta di Rose, la quale non si fece vedere nella stessa
stanza in
cui si trovava Edward per due giorni, per evitare di litigare.
L’occasione di
riunirli mi capitò il venerdì della stessa
settimana del pasticcio del
sonnifero.
Stavo lavando i piatti quando Liz,
tutta contenta,
venne da me e mi afferrò la gonna. < Mammi, vieni?
>
< Un attimo, amore. Appena ho finito. > dato che
io e la bambina eravamo le uniche a sporcare i piatti, ero riuscita a
convincere Esme ad andare a dipingere e lasciare me a pulirli. Avevo
avuto un
po’ mal di pancia negli ultimi giorni e stare in piedi mi
aiutava. Inoltre, i
bambini erano irrequieti e stare sdraiata mi faceva notare di
più i loro
movimenti.
< Dai mammi, il fim comincia. >
< Eccomi, eccomi. > e mi asciugai le mani.
Le
maniche alzate lasciavano vedere le cicatrici che avevano ancora un
colore leggermente violaceo. Erano spesse e facili da individuare. Liz
mi prese la mano ancora
umida e cercò di trascinarmi di là. Non si
lasciava impressionare facilmente.
La prima volta che le aveva viste, mi aveva tranquillamente chiesto
cosa
fossero. Le avevo detto con molta calma che una volta mi ero fatta
male, quando
aspettavo che nascesse lei -ed avevo indicato il pancione-. Lei allora
mi aveva
chiesto: < E perché papa no ti ha aiutato? >
Presa in contropiede, le avevo risposto: < Perché
in quel momento lui non c’era… ma è
venuto subito da me e mi ha aiutata. >
Lei allora si era aggrappata a me e con voce leggermente tremante a
causa della
paura mi aveva chiesto: < Ma non sce ne adrà
più, vero? >
< Ma no, no tesoro… >
< E neanche tu te ne adrai mai, vero? Non come nei
miei brutti sciogni…? >
Ero Rimasta bloccata con la mano sulla sua testa, la mia
carezza interrotta. Edward, che ci aveva ascoltate dalla stanza vicina,
era
entrato e l’aveva presa in braccio, poi mi aveva cinto la
vita con un braccio e
mi aveva baciato a lungo.
Da quel giorno, tre mesi prima,
Elizabeth non aveva
fatto più domande. Ero quasi certa che Edward le avesse
detto qualcosa che
l’aveva convinta a stare zitta…
Pensando a queste cose, raggiunsi
mio marito, tenuta
per mano da una Liz impaziente di raggiungere il papà.
Entrate nella stanza, Edward e Carlisle smisero di
parlare, chini su dei grafici incomprensibili, e mio marito venne verso
di noi.
Spalancò le braccia e Liz gli corse incontro, saltandogli al
collo ed
aggrappandosi al suo petto. Edward mi prese poi la mano e mi
accompagnò al
divano. Nel lettore DVD era già inserito il cartone scelto
da Liz. Glielo aveva
regalato Alice per il compleanno. Lei lo adorava e lo guardava ogni
volta che
le davamo il permesso di accendere la televisione. Aveva espresso il
desiderio
di guardarlo insieme a noi che, da bravi genitori, avevamo accettato
con una
specie di nodo allo stomaco. Forse Edward no, dato che lui adorava fare
le cose
con Liz, ma io speravo che la bambina si addormentasse in fretta
facendo finire
in anticipo quella tortura.
Dopo la prima mezz’ora di
risate da parte di Liz, di panda
imbranati e grassi (che mi ricordavano me stessa), di maestri topi con
la
faccia perennemente arrabbiata e spaghetti di soia distribuiti da
un’oca
simpatica e totalmente fuori di testa, sentii il bisogno di andare in
bagno. Mi
sporsi per dare a mio marito un bacio sulla guancia e uno sulla fronte
alla
bambina quando la voce di velluto del mio Edward mi chiese: < Ti
accompagno?
>
< Non preoccuparti, non credo che sarebbe più
interessante che guardare lo spaghettinaro…> Ed indicai Liz che seduta sulle sue gambe,
incurante del nostro
discorso, rideva tenendo tra le mani il suo pupazzo Emmett.
Appoggiandomi al bracciolo del
divano mi misi in
piedi.
In quel momento vidi
l’espressione di Edward farsi
improvvisamente serissima. Sembrava che la sua attenzione fosse stata
catturata
da qualcosa di imprevisto. Sussurrò a Carlisle, che si
trovava seduto sulla
poltrona a destra (e che aveva alzato lo sguardo): < Hai
sentito? >
Quello annuì ed entrambi mi fissarono.
In contemporanea sentii qualcosa di
bagnato e di caldo scendere
lungo le cosce.
Quella volta non mi lasciai
cogliere di sorpresa.
Edward invece fu quasi colto da una crisi di panico.
Con un gesto quasi invisibile, depositò Liz sul tappeto
davanti al divano e
venne da me. Mi accarezzò il volto e poi fissò
Carlsile, letteralmente
impaurito.
< Edward… non
preoccuparti. Andiamo di là… non
voglio partorire in sala. > Gli dissi calma e tranquilla,
nonostante mi
tremassero le ginocchia.
Alla parola partorire, ebbe un
leggero sussulto. In
quel momento Alice e Rose scesero le scale. Sotto i capelli neri
intravidi un
cellulare. Con voce cristallina ed eccitata, Alice disse: <
Sì Charlie! Sta
partorendo! Le si sono appena rotte le acque! No, no, questa volta
credo
proprio che ci vorrà di meno che con Liz. Ti chiamo appena
posso. > E poi
riattaccò. Alzò lo sguardo e mi sorrise
raggiante. Poi sparì in camera mia e
subito sentii il suono dello scrosciare dell’acqua della
vasca.
< Carlisle… > Sussurrai a mezza-voce quando
sentii le prime fitte di dolore.
< Si Bella? > Mi domandò lui tenendomi per il
braccio mentre mi accompagnava in camera sostenendomi. Non mi
sfuggirono le sue
dita sul mio polso, intente a controllarmi.
< Carlsile, vero che ce ne hai di quella roba per
l’epidurale? > e non potei nascondere il tremore
mentre parlavo.
Lui rise sommessamente e mi rassicurò: < Quanta ne
vuoi, quanta ne vuoi. >
Edward, che mi teneva
l’altra mano, pareva più pallido
del solito.
< Rose! > Gridai e
lei comparve subito. Si era
accorta di cosa stesse succedendo ma voleva evitare di farsi odiare
ulteriormente da Edward. Mio marito però in quel momento
sembrava lontano
migliaia di anni-luce… Tanto distante da dimenticarsi di
litigare con sua
sorella. Le chiese:
< Rose, ti occuperesti tu di… ehm, di Elizabeth,
per favore? >
Lei annuì, ci rassicurò e poi svanì in
sala.
La sentii mentre diceva: < Liz, che ne dici se
adesso vieni con la zia e con lo zio? Andiamo di sopra a giocare?
>
Poi la porta della mia camera si
chiuse dietro di me,
allontanando tutti i rumori.
Mi sdraiarono a letto mentre l’acqua calda continuava
a scorrere e riempire la vasca…
< Edward… >
< Sì? > mi domandò lui agitato,
tenendomi la
mano.
< Sono contenta che tu sia qui. > gli dissi
stringendo le sue dita perfette.
Lui si aprì in un gran sorriso.
< Anche io. > e
poi si chinò a baciarmi la fronte su cui avevano fatto la
loro comparsa le
prime gocce di sudore…
Eccomi qui!
Questo capito spero vi piaccia.
Scusate se posto un po’ in ritardo ma sono venuti dei cugini
dalla montagna (io di solito ci vado solo in estate lì, a
quasi 5 ore di
viaggio) e visto che rimanevano solo oggi, non potevo eclissarmi da
qualche
parte.
Comunque, questa mattina alle 4 e
mezza mi sono svegliata e
visto che non riuscivo a riaddormentarmi mi sono messa a scrivere.
Visto che
non avevo la sacra ispirazione per finire il capitolo (mancavano le
ultime
fatidiche dieci righe) mi sono messa a scrivere una one-shot.
Da domani comincerò a postare una serie di One-Shot su vari
punti di BD.
Quello di domani sarà dal POV di Esme. Spero che lo leggiate in tante, che vi piaccia, e che magari lasciate un segno, anche piccono, del vostro passaggio XD
È in progettazione una
serie breve (e questa volta sarà
breve sul serio, non come questa storia) dal POV di Edward in cui
descriverò la
prima settimana dopo il ritorno dall’isola Esme.
Non so se qualcuno abbia già scritto qualcosa in
proposito…
nel caso, non era mia intenzione copiare nessuno…
Per quanto riguarda questo capitolo, spero che vi piaccia.
Scusate ma mentre scrivo sto litigando per il fatto che sono
agli arresti domiciliari perenni e non per un motivo particolare.
Semplicemente, mia madre non mi lascia mai uscire la sera. Dice
che, visto che è una madre single (diciamo così)
ha tutta la responsabilità.
Ho 19 anni!
Mi prendo la responsabilità di me stessa , grazie, ma mi
lasci uscire.
Le sue paranoie ele
sue ansie se le tenga
per lei. Sono già una disadattata, non serve che ci si metta
anche lei a darmi
una mano ad affondare nella solitudine più profonda.
Comunque, tornando al cap, presto arriverà il successivo!
Un bacio a tutte, spero di “rivedervi” presto!
Ps: grazie a tutte le 255 persone che hanno inserito questa
storia tra i preferiti! E alle 12 persone che hanno commentato lo
scorso cap!!!
E poi, ai miei cugini che sono venuti a trovarci e che sono
convinti che qui a Milano io non possa uscire la sera perché
potrei essere
uccisa, vorrei dire che Milano non è la città
dell’orco cattivo e che anzi,
bisognerebbe piantarla con il terrorismo psicologico. Se le persone
tengono la
testa sulle spalle, le cose più brutte possono essere
evitate. Certo, le
disgrazie succedono ma certe volte i tg esagerano. Le mie zie della
montagna
sono terrorizzate e danno ragione a mia madre!!! Sono convinte che
rischi la
vita quando prendo l’autobus per andare a scuola alla
mattina!!! (Delirio!!!!!!!)
A parte questo, gli auguri per
l’anno prossimo aspetto a
farveli dato che ho intenzione di postare al più tardi il
30!!!
Ciao e grazie a tutte!!!
Un bacione enorme, Erika
(che ha scoperto la Vodka
ed è tutta felice! –provatela
con il succo alla pesca, ma solo se
avete più di 16 anni XD-)
Spero
di non aver fatto molti errori di ortografia. ho scritto di fretta...
Sorry!
Bella's
POV
< Carlisle,
l’acqua calda è quasi pronta. >
Sussurrò Alice uscendo dal bagno. < Dimmi tu quando
devo cominciare ad
aggiungere quella fredda. >
Mio suocero, che mi accarezzava i
capelli, annuì.
< Edward… >
< Sì, amore? >
< Mi aiuteresti a mettermi in piedi? Devo camminare.
>
Lui mi guardò dubbioso ed io aggiunsi: < Mi fa
sentire meglio. Anche l’altra volta… > ma
lui mi zittì subito. Si sentiva
ancora in colpa per non esserci stato la volta precedente, per lo meno
all’inizio.
< Va bene, vieni. > E mi mise in piedi. Camminai
per un bel po’ avanti ed indietro per la stanza tenendo le
mani dietro la
schiena, sui reni. Edward mi teneva, temendo che potessi inciampare.
Alla fine, stanca, mi risdraiai sul
letto.
Nel frattempo mi aveva chiamata
Reneè, allarmata da
Charlie.
Farle capire che, per quanto lo permettesse la
situazione, stavo bene, non fu semplice.
Fortunatamente Esme decise di intromettersi nella
conversazione e riuscì a far in modo che mia madre mi
lasciasse in pace.
Sdraiata a letto, sudata e ansante, rimasi ad osservare le venature del
soffitto in legno, contando le fitte che man mano si facevano
più ravvicinate.
Le labbra fredde di Edward lungo il mio viso furono un
sollievo a cui sinceramente non avrei saputo rinunciare.
Sebbene fosse agitato, cercava di mantenere la voce
pacata mentre mi sussurrava frasi rassicuranti.
Alice invece era tutta elettrizzata.
Carlisle stava sistemando le ultime cose in bagno e
lei si era seduta ai piedi del letto, una mano gelida poggiata sulla
mia gamba.
< Vedrai che carina la
stanza! E tutte le cose per
neonato che ho comprato! E non fare quella faccia… non
potevamo riutilizzare
quelle di Liz, maschi o femmine che siano… > Disse
notando la mia
espressione sconcertata. Avevo resistito 9 mesi trattenendomi dal
chiedermi se
fossero maschi o femmine, non poteva rovinarmi la sorpresa proprio
adesso…
Per svicolare, aggiunse: < E vestiti che ti ho
comprato! Mamma mia che bellini! Te ne innamorerai! >
< Andavano bene quelli che avevo già. >
Mi guardò come se l’avessi insultata e poi,
indignata,
replicò: < Bella, quelli sono un ricordo di quando
hai avuto Elizabeth… non
vorrai mica che li ricicli. Sono già stati messi via.
Comunque, adorerai il
completino che ti ho preso. E sono sicuro che piacerà anche
ad Edward. >
Sentii una contrazione più forte delle altre,un dolore
che mi invase il corpo. Strinsi la mano di Edward e a denti stretti,
trattenendo un gemito, sibilai: < Alice, sto partorendo. La
pianteresti
gentilmente di parlare di vestiti! >
Edward si voltò verso la sorella. In una situazione
simile ma in altre circostanze, avrebbe riso ma adesso la
fulminò con lo
sguardo e lei si zittì istantaneamente.
Carlsile entrò in camera
asciugandosi le mani con un
grande asciugamano. Vedevo gli altri, bianchi immacolati, ordinatamente
appoggiati sulla cassettiera. Ne sarebbero serviti parecchi…
< Allora Bella, vuoi
l’epidurale? Sei pronta? >
< Carlisle… > sussurrai con voce tremante
<
Non sarò mai pronta, tanto vale che lo fai e basta. >
e si avvicinò a me con quella dannata siringa
luccicante. Involontariamente, mi strinsi di più ad Edward
che mi avvolse un
braccio intorno alle spalle.
< Girati. > Mi sussurrò gentile Carlisle.
Edward
mi aiutò a levarmi l’accappatoio e a mettermi a
carponi. Quando sentii il
freddo delle mani di Carlsile, le cui dita erano intente a cercare il
punto
esatto, mi irrigidii.
< Carlisle… >
< Sì? >
< Ho cambiato idea. Fa niente. >
Edward, sospettoso, cominciò a massaggiarmi le spalle.
< Sta tranquilla tesoro. Non farà male. >
< Sì, ma ho letto tutte quelle cose sulla
separazione del bambino dalla madre… che psicologicamente,
un parto senza
dolore non ti fa accettare l’idea che il bambino sia
reale… una cosa del
genere. > E poi, ma questo non glielo avrei mai detto, non mi
piaceva molto
l’idea che Carlisle mi infilasse un ago nella spina
dorsale… non me ne ero resa
conto fino a quel momento.
< Carlisle. > Disse
Edward sfiorando la mia
schiena all’altezza delle vertebre lombari. Che posizione
imbarazzante!
Io avrei voluto girarmi a pancia in
su per sfuggirgli
ma dato il pancione e le mani di Edward che me lo impedivano, dissi:
<
Carlisle, per favore, preferisco così. Alla fine, la volta
scorsa, non è andata
così male… >
Voltai il capo per guardarlo e la siringa luccicò
minacciosa a pochi centimetri dalla mia pelle.
< Quindi, per favore, lascia tutto così
com’è. Le
donne hanno sempre partorito in questo modo. Non rompiamo la
tradizione… >
< Carlisle, per favore, falle quella maledetta
iniezione > Sibilò Edward con fare minaccioso.
< Se vuole così, non posso obbligarla. > Disse
Carlisle abbassando la siringa.
Edward sbuffò e mi aiutò a rigiramri.
Alla fitta successiva gemetti ed Edward mi guardò. Stava
per rimproverarmi ma si trattenne. Sospirò e mi
sussurrò: < Siamo ancora in
tempo. >
Sbuffai < Edward, per favore… >
< Come vuoi. > E mi sfiorò il collo con le
labbra.
Quando le
contrazioni si fecere più ravvicinate e,
secondo Carlisle, ero abbastanza dilatata, Esme, che mi aveva aiutata a
levarmi
i vestiti e mi aveva avvolta in un enorme accappatoio, mi
aiutò a raggiungere
la vasca. Edward mi sorreggeva. Percorsi quei pochi metri, Edward mi
prese in
braccio e mi fece scivolare delicatamente nella vasca.
L’acqua calda fu un
piacevole sollievo ai muscoli indolenziti del mio corpo.
< Edward, che ore sono? > Sussurrai con la testa
poggiata alla sua.
< Sono le dieci e mezza… >
< Senti, vai a mettere Liz a dormire. Sono certa
che Emmett la starà facendo giocare. >
< Veramente, quel cretino le ha detto che presto
conoscerà i suoi fratellini e lei ora è
iper-agitata. >
Mentre parlava, una contrazione più forte delle
precedenti mi fece serrare gli occhi e i denti, nonché
stringermi alla mano di
Edward.
Lui mi baciò la fronte e poi aggiunse: < Jasper
è
di sopra, nel tentativo di calmarla, ma se vuoi lo faccio scendere e
venire da
te. >
< No, non preoccuparti… > sussurrai quando il
dolore se ne fu andato, lasciando solo una sorta di intorpidimento.
Socchiusi gli occhi e mi accorsi di Esme che stava
entrando in bagno. Aveva indosso degli abiti diversi da prima. E come
lei,
anche Carlisle.
< Adesso andrò a cambiarmi anche io. Stai qui
tranquilla un secondo? >
< Vai anche a controllare Elizabeth. >
< Bella, a lei ci stanno pensando gli altri. Tu
occupati di loro. > E mi accarezzò il pancione che,
dentro l’acqua, sembrava
anche più grande.
Quando tornò, mi trovò accasciata sul marmo, le
mani
strette intorno ai bordi della vasca.
I suoi occhi divennero neri, ma
lui, facendo finta di
niente, si inginocchiò al mio fianco e sciolse lentamente la
presa delle mie
mani dal marmo della vasca. Stringere le mie dita intorno alle sue fu
esattamente la stessa cosa che stringerle intorno al marmo. Erano
fredde e dure
ugualmente, sebbene quelle di Edward erano piegate ad accogliere le
mie...
Guardai l’acqua e la vidi striata di sangue.
Carlsisle, che era inginocchiato davanti a me, mi
sussurrò: < Sei già a buon punto. Vedrai
che andrà tutto bene. > E mi
accarezzò la gamba.
Cercai di rilassarmi godendomi
l’idromassaggio ma non
era semplice. Inoltre, ogni mezz’ora, Alice aggiornava mia
madre e mio padre.
Fosse stato per me, li avrei avvisati solo a parto terminato.
Ad un certo punto suonò il cellulare, cogliendo Alice
di sorpresa. Il che mi preoccupò.
Rispose, fece una faccia scocciata, e poi poggiò il
telefonino contro il mio orecchio.
< Pronto, Bells, ti
disturbo? >
< Jake? > Ansimai
mentre Edward mi asciugava il
sudore dalla fronte. < Jake, è successo qualcosa?
>
< No, non preoccuparti. Tu invece? Ho parlato con
Charlie… stanno nascendo? >
< Charlie sa che tu sai? > Domandai, e ormai
annaspavo per l’ansia.
< Ehm, sì, non te lo avevo detto? Comunque, io e la
tua amica succiasangue siamo andati a trovarlo insieme,
l’ultima volta. Ma come
stai? Sono già nati? >
< No. Senti, posso chiamarti… Ah! > uno spasmo
involontario. Non ricordavo facesse così male…
Edward mi sfilò il telefonino e disse qualcosa a Jake.
Quando me lo ripassò, Javob pareva alquanto a disagio.
< Beh, senti, allora
ti richiamo quando hai… ehm… finito…
cioè, mi chiamerà Alice. Mi raccomando,
fatti forza. Beh, allora… > < Ok Jake, ci
sentiamo dopo.scusa ma, al
momento, è una frase critica. > Gli sibilai tra i
denti. Lui ridacchiò e poi
aggiunse, prima di salutarmi: < Ti verrò a trovare
presto. Il tuo
succiasangue mi ha dato il permesso. Ti voglio bene Bells. Speriamo
siano due
femmine e che non assomiglino al padre! > e poi
riattaccò, dopo avermi
augurato ancora una volta buona fortuna.
Edward emise un piccolo ringhio ma non ci feci caso.
Quando arrivò una contrazione particolarmente forte, per
sbaglio lasciai cadere
il cellulare ultimo modello di Alice. Lei lo raccolse senza dirmi
niente.
Dopo circa due ore Edward mi
bisbigliò: < Si è
addormentata finalmente, la piccola peste, in braccio a
Rose… >
< Ah, bene… > sospirai ansante.
Fino a quel momento, non avevo ancora gridato ma
temevo che, nella fase del travaglio vero e proprio, le mie urla si
sarebbero
sentite.
Chiusi gli occhi e rimasi ad ascoltare, cercando di
respirare regolarmente.
Percepivo solo il mio cuore, i nostri respiri, l’acqua
calda che andava a sostituire quella troppo fredda della vasca in un
ricambio
continuo e l’idromassaggio.
< Edward… mi metteresti su la tua musica? >
domandai inquieta. Neanche un minuto dopo, senza che mio marito si
fosse spostato
dal mio fianco, qualcuno accese un piccolo stereo portatile e la musica
invase
l’ambiente.
Ormai le contrazioni erano
ravvicinate.
< Bene, è in travaglio. > sentenziò
la voce
professionale di Carlisle.
E da quel momento mandai a quel paese le buone
maniere. Con il passare del tempo (e l’aumentare del dolore)
ricordai paroleche
si addicevano di più ad un liceo maschile in una periferia
degradata di qualche
immensa città che non ad una sala parto ma nessuno parve
curarsene.
Alice fece ripartire il CD diverse volte prima che
Edward mi sussurrasse all’orecchio: < Ok. Sei
abbastanza dilatata. Manca
poco. >
Dato che le contrazioni erano talmente vicine e
talmente lunghe da non lasciarmi neanche il tempo di rilassarmi o anche
solo
respirare decentemente, annuii e sussurrai: < Per fortuna, non
ce la faccio
più! >
< Allora… > disse per tenermi occupata e non
farmi pensare al dolore < Che
nomi gli diamo? >
Intanto mi accarezzava.
Ne avevamo parlato, alcune volte,
ma non era stato
deciso ancora niente.
Ed invece, eccoci qui senza aver
deciso ancora niente.
O per lo meno, senza averlo deciso insieme…
< Edward, scegli tu, questa volta tocca a te. >
< No, dai, dimmi a cosa pensavi… >
Lasciai passare la fitta successiva e mi sforzai di
dire, anzi quasi gridare, alcuni dei nomi che avevo scelto…
< Melanie e Eryn se
sono femminucce, Alexander e Thomas
se sono maschietti. Tu invece? Quali hai scelto alla fine? >
< Mah, se femminucce Eryn e Melanie, se maschietti
Alexander e Thomas. >
< Edward, ti prego! Non vale, sei sleale! >
< No, ho solo tanta esperienza. Quasi cento anni. Ho
imparato come ottenere quello che voglio. Ed è giusto che
sia tu a scegliere i
nomi dei bambini. >
< Non vale. Carlisle! vero che non vale? >
< Non tiratemi in ballo, non voglio saperne. Cerca
di stare calma. Edward, non farla arrabbiare. >
< Bella, per favore, non fare così. >
< Edward, è colpa tua. >
Ma non mi ascoltava più. Trasognato, sussurrò:
<
Che nomi particolari… >
A denti stretti sussurrai: < Melanie… le prime tre
lettere sono l’acronimo di Mary, Elena, Lilian. Le prime due
di Eryn invece di
Esmee
Reneé. >
< Ti sei fatta dire i secondi nomi di Alice, Esme e
Rosalie? > mi chiese sorpreso.
< Sì. Se saranno dei maschietti, beh, mi piacevano.
Né Emmett ne Jasper o Carlisle hanno secondi nomi e, amore,
non arrabbiarti, ma
Anthony a me non piace tanto… >
Rise e mi baciò i capelli poi aggiunse: < Hai
notato quanto Alexander, o meglioAlex assomigli ad Alec? >
Arrossiie lui disse: < Beccata. >
Chinai il capo e ammisi: <
Ok, mi hai beccata. >
< Allora, facciamo
così. Se maschi Li chiamiamo
Alec e Anthony. >
< Antony? > domandai sbigottita.
< Alec? > Fece lui imitando il mio tono di voce.
< Affare fatto. >
< Perfetto. Comunque, non era il caso di mascherare
il nome che avevi scelto. Alec ci ha aiutato tantissimo. Sono
d’accordo con la
tua scelta. >
< Ma non ti piace Thomas. > Protestai a mezza
voce.
< Non è vero. Però, mi piacerebbe che, se
possibile, nostro figlio porti il mio nome… Visto che
chiamarlo Edward è un po’
eccessivo, direi che Anthony sarebbe un buon
compromesso. In fondo, eri tu che volevi che scegliessi io i nomi. Non
avevi posto dei limiti alla scelta... >
< Sì, direi di sì. >
Com'era all'antica... Però aveva ragione. Secondo alcuni
infatti Elizabeth e Isabella in realtà sarebbero due
varianti di uno stesso nome. Se una dei nostri figli si chiamava come
me, era giusto che se fosse nato un maschietto si fosse chiamato come
il papà.
Un attimo dopo, mi ricordai di cosa
stesse succedendo perché
mi ritrovai ad urlare a pieni polmoni.
Quando mi riappoggiai alla vasca, Edward mi chiese:
< Tesoro? >
< Aiahhh! >
< Ok, ok, stai calma! >
< Edward!!! Io sono calma! >
Continuai ad urlare a lungo, fino a consumare tutta l’aria
che avevo nei polmoni.
Ogni volta che Carlisle mi diceva di spingere, io ci
provavo ma mi pareva non riuscire mai a concludere nulla.
La musica non bastava a coprire le mie grida.
Ad un certo punto infatti sentii Edward digrignare i
denti.
Sudata ed ansimante poggiai il capo
sulla sua spalla e
lo chinai in modo da guardarlo negli occhi.
< Che
c’è? > Gli domandai afona. Lui mi carezzo
la guancia e poi disse:< Bella,scusami un secondo. >
Lo guardai alzarsi ed aprire la porta. Mi stupii però
di vedere Liz in camera nostra.
Teneva in mano il suo peluche Emmett e per mano l’Emmett
vero.
La leggera camicia da notte ondeggiò leggermente quando
l’aria provocata dall’apertura
della porta la investì.
Vidi che stava piangendo.
< Mammi? mammi? >
< La mamma non può adesso. > Le disse Edward
prendendola in braccio e dandole un bacio sulla guancia. <
Tesoro, adesso
torna a dormire. > poi sibilò qualcosa ad Emmett e
Rosalie che però
scrollarono le spalle. Rose entrò in bagno per salutarmi. Si
inginocchiò al mio
fianco e, accarezzandomi, mi sussurrò: < Era talmente
agitata da aver fatto
saltare i nervi persino a Jasper. >
< Si è svegliata da molto? >
< No… da quando hai iniziato a gridare, circa
mezz’ora
fa. Senti, perché non la lasci venire qui, così
si tranquillizza se ti parla.
>
< Va bene… > e trattenni un grido tra i denti.
Edward, contrariato, portò la bambina nel bagno. Esme
mi aveva poggiato un enorme asciugamano addosso ma alla bambina non
sfuggirono
le macchie di sangue su di esso, e il colore rossastro che aveva
assunto l’acqua.
Con la mano l’accarezzai.
< Mammi? >
< Va tutto bene tesoro. Ora torna a dormire… >
< Mamma, ma se va tutto bene, pechè urli? >
< Perché i tuoi fratellini sono pigri e non mi
vogliono aiutare. Senti, perché adesso non vai di la con gli
zii? >
< No, voglio stare qui con te… > Quello che
disse dopo non lo sentii.
Chiusi gli occhi ed urlai, incapace di trattenere il
dolore ancora a lungo.
Quando li riaprii, né lei né Edward erano
più in
vista.
Un attimo dopo, lui tornò.
< Non voglio che ti veda in
queste condizioni. È importante
che non serbi un ricordo traumatico del parto… >
Annuii senza forze. < Adesso è di sopra con Jasper.
Si è un po’ spaventata, ma adesso Rose le sta
spiegando che va tutto bene.
Non credo che riuscirà a metterla a letto ma almeno se
ne starà tranquilla. >
< Che ore sono? >
< Le due e quaranta. > Oddio, era tardissimo per
lei. Non riuscii però a preoccuparmi molto di quello dato
che le ondate di
dolore tornarono, precise come un orologio svizzero. Mi strinsi ancora
di più
ad Edward.
< Ahhaaaa! > Lo sentii irrigidirsi al mio
fianco. Sorpeso dall’intensità del grido.
Qualche urlo dopo,(il tempo aveva perso momentaneamente il suo significato)
Carlisle,
chino su di me, sussurrò: < Edward, pronto? Vedo la
testa… >
Alice, che era rimasta in silenzio fino a quel
momento, guardò Esme ed Entrambe annuirono. La mora si
avvicinò e disse: <
Edward, sto io con lei. Tu pensa ai bambini. >
Edward, che non trovava la voce, si limitò ad annuire
e da andò da Carlisle.
Stavo talmente male da non riuscire nemmeno a vergognarmi.
Inoltre Edward pareva più in ansia per questo parto che non
per la nascita
della primogenita.
Lo potevo capire… Dato che Alice non riusciva a
vederli, erano tutti preoccupati per loro.
I nostri piccoli gemelli.
Edward aveva insistito per farmi
partorire in ospedale
ma alla fine, dopo non so quanti tentativi di farlo ragionare da parte
mia e di
Carlisle, aveva ceduto. Non mi andava di tenere una parrucca in sala
parto. E poi,
se i bimbi non fossero stati del tutto umani? Magari non si sarebbe
visto dalle
ecografie. Se si fossero messi a mordere l’ostetrica per
succhiarle il sangue,
cosa avremmo potuto dire? “scusate hanno gusti
particolari.”
No, era meglio restare a casa…
< Eccolo, lo vedo! >
Disse Edward emozionato. <
Bella, tesoro, ancora un ultimo sforzo. >
Seguendo le istruzioni di Carlsile, ed imprecando come
una scaricatrice di porto, mi ritrovai a spingere finché non
mi sentii come
svuotata.
Subito dopo un suono forte riempii le mie orecchie. Delle
urla potenti, a pieni polmoni.
< Brava Bella. > mi sussurrò Alice mentre
piangevo di stanchezza. Mi sforzai di alzare il capo e,
nell’acqua rossa di
sangue, vidi le mani di Edward e Carlisle armeggiare davanti a me.
Intravidi delle
forbici enormi e decisi che era meglio chiudere gli occhi.
Un attimo dopo Edward fu vicino a me.
< Bella, è una
femminuccia! > La voce gli
tremava.
< Oddio, Edward,
dammela… > E un secondo dopo
qualcosa di caldo, liscio e bagnato, mi venne appoggiato sul petto
nudo, tra i
seni. Come sua sorella maggiore al momento della nascita, anche lei
tremava. La
mia piccola Melanie…
Pochi minuti dopo ricominciai ad urlare ed Esme mi
prese la bambina dalle braccia.
< Bella, non preoccuparti. Il secondo gemello è
sempre più facile da far nascere. Vedo già la
testa. > mi disse Carlisle già
pronto ad accogliere nel mondo l’altro bambino.
In un ultimo urlo, cercai di
metterci tutta la mia
forza.
La mia voce stanca venne
sopraffatta da una che veniva
usata per la prima volta. La prima aria che passava per i polmoni diede
al
piccolo la forza di urlare più forte di me, come aveva fatto
la sorella pochi
minuti prima.
Quando mi resi conto che finalmente erano nati, mi
abbandonai alle mani di Alice che mi scostò i capelli
bagnati di sudore dalla
fronte e me la sfiorò con le labbra.
< Bella, è
finita. > sussurrò al mio orecchio.
Poi Edward mi mise la creaturina
piccola e bagnata di
sangue sul petto e, pieno di orgoglio e gioia, mi bisbigliò:
< Maschietto. >
Non sapevo se stessi piangendo o ridendo ma mi
ritrovai con il capo contro il suo petto mentre stringevo il mio
bambino. L’odore
del sangue era forte e gli occhi di tutti i
presenti erano divenuti neri. Ma Edward
pareva non curarsi della sete.
Esme gli passò la bambina ed io mi sporsi per baciarle
la fronte. Lei era già stata lavata e avvolta dentro a delle
copertine. Il fratellino
tremava di freddo tra le mie braccia. Lo strinsi di più a me
per trasmettergli
calore e poi sfiorai anche la sua testolina con le labbra.
In quel momento scattò
un flash ed io imprecai.
< Alice! > sussurrammo in coro. Lei nascose la
macchina dietro la schiena e poi sorrise.
< Vado a dire a Liz che fra poco conoscerà i
gemellini.
> E poi sparì dietro la porta del bagno.
Esme mi sfilò il bambino dalle braccia ma io cercai di
trattenerlo.
< Bella, dai, devo lavarlo… e mettergli qualcosa
addosso. Prenderà freddo. >
E a quel punto le mie braccia si rilassarono,
lasciando che lei prendesse il mio bambino. Il mio Alec Anthony.
Chiusi gli occhi mentre Edward
faceva scendere l’acqua
piena di sangue, svuotando la vasca, e lavava il mio corpo con dolcezza
con una
spugna e il gettito caldo della doccia.
Per fortuna questa volta non mi avevano spostato in
camera. In confronto alla volta precedente, questo parto non era stato
doloroso
come pensavo. Evidentemente, due figli non significavano dolore per
due…
Per fortuna…
E mentre pensavo a questo, cullata
dalle urla
assordanti dei miei due gemellini e dalle mani attente di Edward e
Carlsile,
mi lasciai prendere dal sonno, stanca, sfinita, felice…
Salve,
anzi, Buona Sera!!!
Per prima cosa, Buon 2009!!!
La prossima volta che posterò, il 2 gennaio, sarà
l’anno prossimo (ma dai XD)
Colgo l’occasione per augurare a tutte un buon anno, pieno di
cose belle! (la
frase è scontata, ma mi auguro che sia davvero
così!)
Sarò breve…
Intanto, grazie a quelle che hanno letto e recensito, il cap 19
di
Breaking Dawn (quando nasce Nessie)visto dal POV di Esme. Our
Little
Beloved Se qualcun'altra di
voi olesse andare a darci
un’occhiata, mi farebbe felice XD
Parlando del cap scorso, volevo dire solo un paio di cose:
Melanie è un nome che ho scelto per due motivi:
è il
nome della protagonista di “the host”
le prime tre
lettere sono davvero l’acronimo dei secondi nomi di (in
ordine) Alice, Esme, Rose. (ho cercato sul sito della Meyer XD)
E poi, mi piace! Inoltre con l’accento
sulla i, è anche il nome di
una mia amica con un po’ di problemi. Diciamo che spero possa
essere per lei un
buon augurio. (io lo leggo con l’accento E… e voi?
)
Il nome del bambino sarà al centro del prossimo cap.
Ora vi lascio che devo andare a mangiare…
Un bacio,
Erika
E ancora, Buon 2009!!!
Edward's
POV
< Bella, vieni. >
Le sussurrai prendendola in
braccio e facendola uscire dalla vasca.
Lei si limitò ad
annuire, sfinita.
La strinsi a me mentre Esme la asciugava e le infilava
l’accappatoio.
Una volta in camera, lei la vestì e poi la fece stendere sul
letto. Bella,
mezza addormentata, si lasciò accudire senza protestare come
suo solito. Quando
Esme le ebbe fatto indossare la biancheria da puerpera (di cui Bella si
vergognava in modo impressionante cercando però di non
farmelo notare, fallendo
miseramente…) la aiutai a stendersi. La doccia calda le
aveva rilassato i
muscoli e il parto l’aveva affaticata moltissimo.
< Ti fa male? > le domandai accarezzandole il ventre nel
punto in cui
Carlisle aveva premuto con forza qualche minuto prima, facendola
urlare.
< No… in confronto a prima poi… >
Ed abbozzò un sorriso stanco. Poi mi
carezzò la guancia con la mano calda e umida. <
Perché sei qui? Vai dai
nostri bambini… >
< Carlisle li sta visitando adesso. Appena avrà
finito, li porterà qui. >
< Va bene. > sussurrò accomodandosi meglio tra
le coperte.
Rimasi ad accarezzarla e a sussurrarle quanto l’amassi
finché non mi accorsi
che si era addormentata. A quel punto le rimboccai la coperta e mi
alzai.
Nella sala Carlsile si stava occupando dei bambini.
Il loro pianto potente era stato sostituito da un silenzio fatto di
respiri e
vagiti.
< Hanno fame… > mi disse Esme venendomi
incontro e prendendomi una mano.
Mi infilai l’altra tra i capelli e un po’ a disagio
ammisi: < Come faremo
con due? Bella impazzirà. >
< Vedrai che ci arrangeremo. Ha già detto che vuole
allattarli il più
possibile, proprio come ha fatto con Liz… >
< Beh, il tiralatte è già in camera
nostra… comincerà a tenerne via un po’.
>
< Dai, avvicinati.
> Mi disse Carlsile che stava
finendo di trascrivere dei dati su due cartelle, una rosa e una
azzurra, con su
scritti in bella grafia i nomi dei bambini.
Era difficile ammetterlo, ma mi sentivo un po’ in soggezione.
A passi lenti e
misurati mi avvicinai alla culla calda, la stessa usata con Liz, dentro
alla
quale i miei due figli si agitavano.
< Sono minuscoli. > La culla era grande, ma loro ci
stavano comodamente.
Erano uno vicino all’altra, stretti come in un abbraccio.. Il
maschietto era
rannicchiato contro la femminuccia. Carlisle aveva messo loro dei
pannolini di
stoffa, di quelli che si possono lavare e si adattano al corpo del
bambino.
Nonostante questo però,erano troppo grandi per
loro…
< Edward, in un parto
gemellare è normale che siano
un po’ più piccoli della media. >
Mi sporsi e lui mi
incoraggiò: < Prendili in
braccio. Ti fanno forse paura? >
< No, solo, mi sembra impossibile pensare che delle creaturine
del genere
siano davvero figli miei. Proprio come Liz… sono
così innocenti, così belli. >
< Edward, non dire sciocchezze. Sei troppo critico nei tuoi
confronti. >
mi intimò mia madre. < Prendili, poveri
piccoli… >
E così feci. Prima sollevai la bambina (la riconobbi subito
perché aveva un
minuscolo neo sotto l’occhio sinistro) e poi con
l’altro braccio il maschietto.
Non smisero di vagire e Carlsile pensò esattamente
ciò che aveva detto Esme e
che stavo pensando anche io: “Hanno fame”.
Facendo scivolare la bambina tra
le braccia di Esme,
tornai in camera, seguito da lei.
< Bella, Bella, amore… > le dissi sfiorandole
la fronte leggermente
sudata con le dita. < Bella, svegliati. >
Lei scosse il capo e poi socchiuse gli occhi.
< Bella, non li vuoi conoscere? > La vidi arrossire. Quel
tono di voce la
faceva sempre impazzire… La chiamava “la voce di
velluto”. Era quella che
sfoderavo quando volevo qualcosa da lei.
Si sedette, poggiandosi sui gomiti per tirarsi su e poi sorrise.
Con voce affaticata si
scusò: < Oddio, credo di
essermi addormentata… scusami. >
< Ma che dici? È normale che tu sia stanca. Ecco,
prendi il bambino. > E
poi accompagnai Alec contro il suo petto, non fidandomi troppo della
mani
tremanti per l’emozione di mia moglie.
< Oddio, è splendido… >
sussurrò dopo averlo accarezzato. Poi, con un
filo d’ansia, domandò: < Edward, e la
bambina? >
< È qui. > fece Esme avvicinandosi ed
attirando la sua attenzione. <
Eccola… > e gliela avvicinò. Bella
piegò le braccia a formare una culla e
accolse anche la bambina nel suo primo gesto da mamma verso di loro.
< Muovono la bocca proprio come Liz quando aveva
fame… > Sussurrò
trasognata poi mi porse i nostri bambini. Quando le sue labbra furono
libere,
si slacciò la camicia da notte e cercò di sedersi
più comoda.
< Ehm, allora, vediamo… > borbottò
cercando di capire come fare per
allattarli insieme. Poi parve rinunciare, sospirò e disse:
< Edward, mi
daresti una mano? Tu ne tieni uno, io l’altro? >
< Ma certo. > e le passai Mel.
Quando finalmente entrambi si furono stufati di ciucciare, io ed Esme
li
prendemmo in braccio e facemmo fare loro il ruttino. Quando mi voltai,
vidi
Bella addormentata, il capo reclinato sul cuscino.
Esme mi carezzò la spalla e pensò: <
Lasciamola un po’ in pace. È esausta…
> ed un attimo dopo, involontariamente, la sua mente
tornò ai ricordi
nebbiosi e confusi del suo parto.
In silenzio lasciammo la stanza.
Appena entrai in sala, Liz si
alzò dal divano e
saltellando mi corse incontro. La sollevai da terra e le baciai la
guancia in
una frazione di secondo. I suoi capelli profumavano di miele e
fresia…
Gli occhi, verdissimi, le brillarono quando sbirciò oltre il
mio braccio il
piccolo fagotto che stringevo al petto. La feci scivolare fino a farle
toccare
terra con i piedi nudi e poi mi inginocchiai davanti a lei.
Le scostai un ricciolo dalla fronte.
< Liz, ti presento Melanie, la tua sorellina. >
Con voce cristallina lei mi rispose: < La conosco
già. >
Rimasi con la mano bloccata a mezz’aria. La mia carezza
interrotta. Lei,come se
niente fosse, continuò: < scalciava sempre nella
pancia della mamma! >
Un attimo dopo si sporse in avanti e cercò di osservare la
sorellina. Io,
ancora confuso dalle sue parole, scostai la copertina in cui avevo
avvolto la
piccola Mel e mostrai a Liz la sorellina.
Melanie, disturbata dalla luce, emise un gemito e strofinò
il visino contro la
mia maglietta.
Liz, silenziosa, la guardava rapita. Con la manina ferma le diede una
carezza
gentile sulla guancia.
< Che bella!!! >
< Vero? Ti assomiglia, sai? > Lei sorrise ed arrossi,
ricordandomi sua
madre con il suo sorriso. < Esme, fagli vedere Alec.
> Bisbigliai.
Lei, lentamente, si avvicinò e mostrò a Liz il
suo fratellino.
Dopo alcuni minuti in cui
Elizabeth continuava a
fissare i due neonati, che nel frattempo si erano addormentati ed erano
stati
messi nella culla riscaldata, Liz venne da me. Tese le braccia come
quando
voleva venire in braccio. La sollevai in un turbinio di capelli rossi.
< Che c’è? > Le domandai baciandole
una guancia. Lei, in silenzio, posò
due mani intorno al mio orecchio e mi bisbigliò: <
Papà… sono davvero
piccoli. Più delle mie bambole! > <
Sì… >
< Dopo posso tenerli in braccio ache io? >
< No, non sono dei giocattoli. Sono dei bambini veri. Quando
sarai più
grande… > Cercai di spiegarle. Lei parve
rattristarsi, quindi le diedi un
buffetto sulla guancia. < Non fare così. >
Assonnata, sbadigliò e si stropicciò gli occhi.
< Vieni, furbacchiona. È tardissimo, e tu devi
dormire. >
< Posso domire con la mamma? >
< No, lasciala riposare. È molto stanca. >
< Ma papi!!! >
< Non voglio sentire storie. Vai a dormire… >
< Vieni Liz. Ti accompagno io. > Sussurrò
Rosalie alzandosi dal divano.
Prese Liz dalle mie braccia e svanì al piano di sopra.
Mentre le rimboccava le
coperte, sentii le proteste di
mia figlia.
< Ma zia… io non voio domire. Io voio tare con la
mamma… >
< Domani… > le disse Rose prima di cantarle
una ninnananna.
Mentre osservavo i due gemellini
nella culla, ascoltai
le proteste di Liz farsi sempre più flebili, fino a
diventare un mormorio
indistinto, specchio dei suoi sogni.
Come la madre, anche Liz parlava nel sonno.
< Carlisle, Carlilse! >
< Si, Alice? >
< Reneè vuole parlare con te. Chiamerà fra
cinque minuti circa. Sta cercando
il tuo numero fra i bigliettini sul suo comodino. >
< Le hai detto che è andato tutto bene? >
< Sì, prima, quando ho chiamato lei e
Charlie… credo che però voglia
parlare con te. In fondo, sei tu il medico…
Rispondi al primo squillo,
altrimenti sveglierai i bambini. >
E così dicendo gli porse il telefono.
Reneè, proprio come aveva predetto Alice,
telefonò e volle sapere da Carlisle
tutto riguardo al parto. Si fece anche promettere che Bella
l’avrebbe chiamata
subito, appena sveglia.
Alla fine, dopo circa un’ora, Carlisle riuscì a
tranquillizzarla e lei decise
di tornare a dormire. Anzi, di andarci, visto che non era riuscita a
chiudere
occhio.
A parer mio,si sentiva in colpa per non poter stare vicino a Bella in
un
momento importante come la nascita di un figlio. Inoltre, era riuscita
a vedere
di persona Bella e Liz solo poche volte negli ultimi due
anni…
E questo la faceva soffrire.
Certo, lei non poteva sapere il rischio che correvano sia loro che noi,
ogni
volta che lei e Bella si incontravano.
Sebbene Aro non costituisse
più un rischio, non era
prudente lasciare che qualcuno potesse sospettare della presenza di
Bella.
Appena i bambini non avessero più avuto bisogno di Bella
giorno e notte, avrei
cercato di convincerla a lasciarsi trasformare.
Sapevo che per almeno un anno avremmo dovuto restare lontano da loro
(era fuori
discussione che lasciassi Bella da sola, o con qualcuno della mia
famiglia.
volevo starle accanto) ma era meglio agire in fretta. Al più
presto.
Aspettare che rimanesse incinta di nuovo era stata una mezza pazzia.
Sapevo che
avrei dovuto trasformarla appena Liz non avesse avuto più
bisogno del suo latte…
Avevo accontentato Bella solo perché sapevo che da un passo
del genere non si
sarebbe più potuto tornare indietro. E dato che era un
desiderio così profondo,
come avrei potuto negarle le gioie di essere madre.
Soprattutto vedendo quanto mia madre e mia sorella
soffrissero per la
loro condizione di eterna impossibilità di avere bambini.
Mi fece sorridere pensare che un tempo i nostri ruoli erano rovesciati.
A quanto lei avesse implorato che la cambiassi, e quanto io avessi
cercato di
dissuaderla.
Per me, lei sarebbe stata perfetta anche se fosse somigliata a mia
nonna.
Certo, non avrei sopportato di vivere senza di lei ma tanto, quando
fosse
giunto il momento, l’avrei raggiunta. La morte non
mi poteva spaventare.
Una vita infinita senza di lei invece mi terrorizzava.
Le cose però erano mutate notevolmente.
Adesso, tutto era diverso.
Non potevo sopportare l’idea di saperla morta.
E poi, non potevamo abbandonare i nostri figli.
Per farla diventare come me avrei dovuto aspettare giusto il tempo di
vedere i
nostri bambini crescere un pochino…
Ancora al massimo due anni, e poi, senza mostrarle quanto impaziente
fossi,
l’avrei accompagnata attraverso le soglie
dell’immortalità.
Naturalmente, avrei fatto in modo che fosse lei a chiedermelo. Volevo
farle
almeno credere che la decisione fosse sua. Più o meno come
sempre...
Mentre pensavo a quanto difficile
sarebbe comunque
stato uccidere (perché di questo si trattava) mia moglie,
non vederla più
arrossire o non sentire più il suo cuore battere, continuavo
ad accarezzare i
due minuscoli bambini che, beati, dormivano rannicchiati
l’uno vicino
all’altra, quasi fossero ancora nell’utero materno.
Poche
ore dopo, quando sorse l’alba,
sentii Bella chiamarmi flebilmente, ancora nel mondo dei sogni.
Un attimo dopo fui da lei e le presi la mano.
Lei aprì lentamente gli occhi e quando mi vide al suo fianco
quasi scoppiò a
piangere.
< Bella, Bella, tesoro, non fare così…
>
< Oh, Edward!!! >
La strinsi a me, accarezzandole la schiena.
< Cosa c’è? >
< Non lo so, mi sento così strana, vuota…
proprio come quando è nata Liz. >
< Su, non fare così. È colpa degli ormoni.
>
Si asciugò gli occhi con il dorso della mano e poi si
appoggiò a me,
lasciandosi cullare.
Quando i suoi singhiozzi si furono placati le sussurrai: < Hai
fame? >
< No… veramente, mi aiuteresti ad alzarmi? Devo
andare al bagno ma mi sento
le gambe molli. >
< Ma certo. Ecco, reggiti a me. >
La sorressi lungo i pochi metri che ci separavano dal bagno.
Insistette perché la lasciassi sola ma non mi lasciai
convincere.
Quando alla fine mi permise di
riportarla in camera
sentii il suo stomaco protestare e allora fu il mio turno di insistere.
< Dai, Bella, mangia qualcosa… >
< Edward, davvero…non ho molta fame. >
< Dai, sforzati. Ricordati che devi >
< Mangiare per tre… lo so. > Finì
lei e fui felice di notare un sorriso
timido farsi strada sulle sue labbra.
< Solo, ci metterò un sacco a ritornare come prima.
>
Mi vide che stavo per adirarmi e si affrettò subito a dire:
< Ok, ok… andiamo
a mangiare… >
< Dai, ti porto qualcosa qui. >
< No, senti. Non ho intenzione di rimanermene qui sdraiata tutto
il tempo. >
E così dicendo si alzò in piedi. Sbuffando, la
presi in braccio e la portai in
cucina.
Quando era a metà del the, Mel cominciò a
piangere. Alec, svegliato dalla
sorellina, la imitò subito.
Bella fece per mettersi in piedi ma le poggiai una mano sulla spalla.
< Non preoccuparti. Te li portiamo di qua. >
Lei annuì e inghiottì il biscotto.
Le baciai la guancia ma lei mi sussurrò: < Vai a
prenderli, altrimenti non
la smettono più di piangere. >
Quando fui in sala notai che Esme e Rose li avevano appena cambiati.
Mia madre,
con un sorriso materno, mi disse che avevano fame.
< Sì, infatti. Bella è in cucina. >
Ed insieme glieli portammo.
Come quella mattina presto,
facemmo un po’ fatica per
capire come fare, ma alla fine Bella riuscì ad allattarli.
Vedevo le lacrime formarsi agli
angoli dei suoi occhi
a causa della presa troppo forte delle gengive dei bambini sulla sua
pelle ma
non dissi niente. Il suo sorriso bastava a tranquillizzarmi.
Quando alla fine mi passò la femminuccia e fece appoggiare
il maschietto alla
sua spalla per fargli fare il ruttino,mi chiese dove fosse Carlisle.
< Non preoccuparti, è di là. Non ti senti
bene? Vuoi che lo faccia venire da
te? >
< No, veramente, volevo solo chiedergli una cosa…
pazienza, lo farò dopo… >
< Dì pure a me. >
< No, no… > Arrossì e, per cercare
di nascondermelo, piegò il capo
fingendo di osservare il bambino. Gli diede un bacetto sulla guancia e
poi gli
accarezzò la testolina.
< Edward, credo che dovremo tenere da parte moooolto latte.
Questi due sono
insaziabili... >
Pochi minuti dopo, Alec le
vomitò sulla maglietta,
suscitando l’ilarità di Emmett che stava
trasportando i mobili che aveva costruito
dal garage alla cameretta dei bimbi. Bella gli fece la linguaccia e poi
disse
fingendo irritazione:
< Ecco, si
ricomincia… >. Colsi facilmente la
gioia nella sua voce.
< Dai, dai a me il bambino, ci penso io. > Ed Esme
allungò le mani per
afferrare il nipotino.
< Sai Edward, non dirglielo, ma credo che Alice abbia fatto bene
a comprarmi
delle camice da notte nuove. Con due gemelli, mi sa tanto che non
farò in tempo
a metterne una, che loro ci avranno già vomiticchiato
sopra… >
< Bella, ti ho sentito! > Le gridò Alice dalla
stanza dei piccoli. Stava
dando istruzioni ad Emmett sul come disporre i mobili. Si stava
divertendo
moltissimo…
Ridemmo mentre Rose prendeva Mel e andava a portarla in camera nostra,
insieme
ad Alec.
Alice e Carlisle avevano sistemato tutto anche in bagno ed avevano
spostato la
culla in camera nostra.
Quando Esme tornò, portò a Bella dei vestiti
puliti ed io l’aiutai a cambiarsi
la maglietta.
Nel fare questo, la strinsi dolcemente a me. Lei, timida,
restituì l’abbraccio
e mi sussurrò: < Sono bellissimi. >
Mi limitai ad annuire, catturato dalla dolcezza nella sua voce.
Quando, pochi minuti più tardi, la riaccompagnai in camera,
vi trovai dentro
Liz.
Era seduta sul lettone, dalla mia parte. Teneva le braccia conserte
poggiate a
quella che era stata la sua culla, e osservava i fratellini.
Lasciai Bella sulla soglia e mi
avvicinai a lei.
Quando Liz girò il capo verso di me, mi stupii di vedere le
lacrime scorrerle
lungo le guance pallide.
< Liz, tesoro, cosa c’è? >
Domandò Bella, venendo verso di noi.
< Mammi! > Le gridò Liz scoppiando a piangere,
divincolandosi da me e
correndo tra le sue braccia. Bella si inginocchiò e
spalancò le sue per
accoglierla.
< Mamma. Adesso non mi vuoi più bene? >
< Ma no, cosa dici? Te l’ho già detto. Come
potrei non volerti più bene? Sei
la mia bambina. >
< Ma mammi, perché non posso tare con te allora?
>
< Liz, tu puoi stare con me quanto vuoi. >
< Ma papà non mi ha pemesso di vedeti. >
Sussurrò la bambina fra i
singhiozzi. Bella, stupita, mi osservò da sopra la testa di
Liz. < Edward?
> mi domandò in tono accusatorio. < Cosa
significa? >
< Bella, avevi appena partorito. Non era il caso che venisse a
disturbarti…
dovevi riposare. >
< Edward, non permetterti mai più. Se Liz voleva
stare con me, dovevi lasciarla
fare. Sei tu quello che insisteva tanto per non farle vivere in modo
traumatico
la nascita dei fratellini. E poi non le lasci… >
< Bella, ne abbiamo già parlato… il fatto
è che voleva dormire con te. E ti
assicuro, non eri in gran forma. Non volevo che ti vedesse
così stanca e
affaticata. E poi, ti avrebbe disturbata. >
Lei abbassò lo sguardo
e, senza rispondermi, mi fece
segno “dopo” con il dito poi sorrise e disse a Liz:
< Non ascoltarlo. Io ti
voglio bene e niente potrà farmi cambiare idea. La prossima
volta che vuoi
stare con me, chiama mamma e io verrò. Io verrò
sempre, quando avrai bisogno di
me. >
< Promesscio? >
< Promesso. > e le prese la manina, poggiandosela sul
cuore.
< Quindi non è vero che non mi vorrai più
bene? Anche se sci sono Alec e
Mel? >
< E chi te l’ha detto questo? >
< Nessuno… ma Zio Emmett mi ha detto che poi adesscio
non potai più tare con
me pechè devi tare con loro... >
< Zio Emmett è un cretino. Io starò sempre
con te. E ti vorrò sempre bene.
Io voglio lo stesso bene sia a te sia ai tuoi fratellini. Siete tutti
quanti i
miei bambini. Adesso quindi non piangere. >
< Va bene. >
< Vuoi venire nel lettone? > Liz non rispose ma
annuì con decisione.
Bella si sdraiò e nostra figlia le posò la testa
sul seno. Io,piedi ai piedi
del letto, osservavo entrambe.
< Edward… >
Io, che ero rimasto appoggiato al muro davanti alla culla, la guardai
negli
occhi. Curiosamente, non era adirata con me come sospettavo.
< Sì? >
< Tu non vieni? >
E mi sorrise. Feci altrettanto. Rimboccai la copertina bianca ai
gemellini e
poi mi sdraiai vicino a Bella e Liz.
< Sei arrabbiata? >
< No. >
< Sicura? >
< Sì… >
< Ma… >
< Ma, ti prego, smettila di essere così protettivo.
>
< Va bene. > Le risposi per niente convinto. Sapevo che
lei, per gli
altri, metteva se stessa in secondo piano. Soprattutto se si trattava
di
qualcuno della famiglia.
La strinsi a me cercando di non schiacciare Liz che se ne stava
beatamente tra
di noi.
Le carezzai i capelli e poi le sfiorai le labbra con le mie. Lei
immediatamente
si sciolse tra le mie braccia.
A metà del bacio però uno dei due piccoli
cominciò a vagire a tutti polmoni.
Ad orecchio mi pareva Mel.
Ovviamente, venne seguita da Alec.
Bella si portò a sedere e poi baciò Liz sulla
fronte.
Nostra figlia si mise le manine sulle orecchie e sussurrò:
< Ma anche io
facevo coscì casino? >
< Sì, tesoro, sì. > Le disse Bella
scompigliandole affettuosamente i
capelli. Io nel frattempo avevo già preso i bambini tra le
braccia.
Bella prese Mel e cominciò a cullarla.
Liz, si mise in ginocchio e sbirciò tra le braccia della
madre.
E quando la sorellina sbadigliò, il suo voltò si
aprì in un sorriso radioso.
In quel momento Alice bussò alla porta.
Capitolo 49 *** cicogne ubriache e sorelle preoccupate ***
Buon 2009 a
tutte!!!!
Ed eccoci quindi qui, al 2 di gennaio!!!
Nuovo anno, vecchia ff. non credevo di continuare a scrivere
questa ff ancora nel 2009!
Comunque, ormai siamo agli sgoccioli. Il finale sarà doppio,
nel senso che probabilmente metterò in appendice il finale
che avevo previsto
all’inizio e che potrebbe lasciare molte di voi con un
infarto da ricovero
presso l’ospedale di Carlisle!
Per questo capitolo, ecco il ritorno del doppio POV. Prima
Edward e poi Bella racconteranno la mattinata dopo il parto.
Capitolo di passaggio senza pretese, scritto tra un’Ecloga
di Virgilio e un’orazione di Lisia per un invalido ateniese
del V sec a.C. … il
risultato è colpa dei compiti e non mia.
Nonostante questo, spero che vi piaccia!
Auguro a tutte un buon 2009 e vi aspetto Lunedì! E mi
raccomando, lunedì, tenetevi ben strette alle sedie che se
vi fate male cadendo
per lo spavento mentre leggete la mia ff poi mi sento in colpa XD
E
un grazie gigante a tutte quelle che hanno recensito
o anche solo letto la mia one-shote sulla nascita di Nessie: Our
Little
Beloved Spero
vi sia piaciuta!
Edward’s POV
Mi
alzai dal letto per
andare da Alice con un nodo allo stomaco. Riposi Alec nella culla con
attenzione e poi presi Mel dalle braccia di Bella, che si era
appoggiata allo
schienale del letto tenendo gli occhi chiusi. Era esausta. Nella mente
di Alice
vedevo l’immagine di Jasper. Si stava concentrando su di lui.
Faceva sempre
così,quando non voleva che sbirciassi tra i suoi pensieri.
Bella, che era molto stanca a causa del parto, socchiuse gli occhi
quando si
accorse che non mi rimettevo a letto. Le baciai la guancia per non
insospettirla ma lei voltò il capo e con le labbra
cercò le mie.
Appena le trovarono, mi baciò con passione sempre crescente.
Cercai di non
darle a vedere la mia preoccupazione ma, dato il suo tentativo di
trattenermi e
di stringermi al suo corpo, dedussi di aver fallito.
Alice mi chiamò ancora, la voce troppo bassa
perché potesse sentire anche
Bella, ed io mi separai da mia moglie.
Prima che potesse chiedermi qualcosa, le sussurrai: < Torno
subito. > e
poi raggiunsi Alice che mi attendeva ai piedi delle scale.
< Alice cosa è successo? >
< Vieni. > e mi prese per mano.
Insieme andammo in cucina dove Carlisle ed Esme ci stavano aspettando.
Rose si alzò in piedi quando entrammo e disse: < Vado
da Bella. Avrà bisogno
di aiuto… >
Presi il suo posto. Jasper mi fissò e poi scambiò
uno sguardo d’assenso con
Carlsile.
Emmett prese posto vicino a Carlisle.
< Edward… >
Mi voltai verso Alice che mi aveva chiamato. < Vuoi dirmi che
succede? >
< Edward, ho avuto una visione. Adesso, vedi di non agitarti.
>
< Se mi dici cosa hai visto, potrò valutare io
stesso. > sussurrai
sospettoso.
Alice incrociò le braccia e si appoggiò al
lavandino. Mi fissò negli occhi per
un istante e poi sospirò: < Edward, ho visto i
bambini. >
Rimasi
in silenzio, in
attesa che proseguisse.
< Forse, sarebbe meglio dire che finalmente
ho visto i gemellini.
Avevano circa sette anni. Liz ne aveva 9-10. Erano sani. >
< Ma … > la incoraggiai io, messo in allarme
dal tono tormentato della
sua voce.
< Ma non c’era Bella. Edward, ti giuro, io mi sono
sforzata. Ho cercato di
vederla… ma c’è il vuoto. Prima pensavo
di non riuscire a vedere lei e i
gemelli per colpa della gravidanza. Temevo che sarebbe successo
qualcosa
durante il parto… Ma adesso che i bambini sono nati, ora che
non sono più dipendenti
totalmente dalla vita di Bella, adesso riesco a vederli chiaramente.
Senza nessuna difficoltà! Bella invece non riesco a
scorgerla. >
Prima che potessi proferire la benché minima parola,
Carlisle si intromise.
< Edward, non angosciarti troppo. Le visioni non sono mai
precise. Magari,
fra un po’, riuscirà a vedere anche lei. Volevamo
solo informarti della buona
notizia…Che Alec e Mel staranno bene… >
Ma Alice, preoccupata, si limitava a fissare il pavimento
mordicchiandosi il
labbro.
Alla
fine si decise a
ripensare alla visione, per mostrarmela.
Vidi
mio figlio seduto in
giardino, sulle gambe di Rose che gli passava le dita tra i capelli.
Teneva tra
le mani un pupazzo. Sembrava triste.
Poco lontano Liz e Mel si dondolavano su un’altalena. I miei
figli erano
splendidi e la loro pelle brillava leggermente alla luce del sole.
Quella di
Liz più di quella dei gemellini. Evidentemente, era un
fattore
legato all’età…
Io li osservavo seduto sotto il portico,nello stesso punto in cui
Bella,
incinta di Liz, aveva guardato me e i miei familiari giocare a palle di
neve.
Ero solo, ero… assente con lo sguardo.
Scossi
la testa, quasi a
voler allontanare i cattivi pensieri, e poi cercai di ragionare.
< Alice, non vuol dire che, dato che non la vedi, le sia
successo qualcosa… >
< Edward, non ero riuscita mai a vederli prima di oggi. Ma
sebbene ora veda loro,
non riesco ancora a vedere Bella. Sono preoccupata.
>
In realtà leggevo nella sua mente il terrore.
C’era qualcosa che la turbava e
che non voleva dirmi. Scrutai nella sua mente ma non trovai nulla di
più di
quanto non mi avesse già mostrato.
Il che, bastava a mandarmi in ansia.
Mi presi il capo tra le mani e cercai ritrovare una spiegazione
all’assenza di
Bella nel futuro visto da Alice.
Con voce incerta, le dissi: < Alice, Bella in quel momento
potrebbe essere a
caccia, o in cucina… neanche tu ci sei in quella visione,
nemmeno Esme o
Carlsile… >
< Esatto. È proprio quello che intendevo io. Potrebbe
essere ovunque. >
Disse Carlsile con voce pacata. < Proviamo ad aspettare ancora
un po’ prima
di allarmarci. E comunque, presto, non ci sarà motivo di
preoccuparsi. Bella è protetta e al sicuro. E quando Edward
l’avrà trasformata
potremo stare tranquilli. >
Cercai di interiorizzare quelle parole rassicuranti e mi appoggiai allo
schienale della sedia.
Dopo
alcuni secondi di
silenzio, Alice mi venne vicina. < Edward, ascolta. Presto
verrà a trovarci
Alec… forse, dovresti parlarne con lui. >
<
Alec? >
< Sì… l’ho visto questa notte.
Naturalmente, confidava nel fatto che lo
vedessi. Non si arrischierebbe a chiamarci. È impaziente di
rivedere Bella. Ci
incontreremo a Vancouver… >
< Quando? >
< Fra due settimane. E anche Jacob vorrebbe venire a trovare
Bella… chiamerà
alle 10.14. >
< Lui quando vuole venire? >
< Fosse per lui, anche domani… credo però
di poter convincerlo ad aspettare
un po’. Una puerpera va lasciata riposare.
Stressarla il giorno dopo il parto
non mi pare una bella idea. >
< Gli parli tu? >
< Certo. > E mi sorrise, gentile. Una nota di
preoccupazione sul suo
volto dai tratti delicati.
Bella’s POV
Sentii Edward sedersi sul letto e
socchiusi gli occhi.
Lui se ne accorse e mi baciò la guancia.
Stava per andare nell’altra stanza. Se fosse rimasto,
si sarebbe sdraiato al mio fianco, invece fissava la porta. Non volevo
che si
allontanasse e quindi voltai il capo per rubargli un bacio vero. Non la
carezza
casta sulla mia guancia.
Le sue labbra non mi respinsero ma furono troppo
ansiose e circospette per rasserenarmi. Quando sciolse il bacio, sentii
sulle
labbra il sapore amaro della separazione.
< Torno subito > la sua voce mi giunse quando
ormai era già oltre la porta.
Mi alzai sui gomiti e Liz, accoccolata vicino a me, mi
osservò.
< Mammi? >
Cercai di sciogliere la presa delle sue piccole manine
dalla mia camicia ma inutilmente.
Poco dopo Rose fece il suo ingresso in camera mia.
< Liz, hai voglia di fare colazione? > Chiese
tutta miele a mia figlia che, sbadigliando, lasciò
finalmente la mia maglietta
e si tuffò tra braccia della zia.
< Shii >
< Bella, a te cosa porto? >
< Niente, Rose, grazie… >
< Non ti ho chiesto se vuoi, ma cosa vuoi. È fuori
discussione che ti lasci a digiuno. Carlisle si è tanto
raccomandato. >
< Rose, davvero… mi sento sottosopra. Non
è che
faresti venire Carlisle, a proposito? prima volevo parlargli ma Edward
ha detto
che era occupato. Io non volevo preoccuparlo e non ho insistito.
>
Rose mi squadrò con un’espressione tutta nuova
dipinta
sul volto.
Passò leggera la mano sulla mia fronte e poi la
ritrasse pensierosa.
< Rose? >
< Adesso ti chiamo Carlisle. > Disse prima di
lasciar andare Liz che venne a nascondersi vicino a me, sotto le
coperte.
La porta si chiuse con un leggero tonfo dietro rose e
Liz mi accarezzò la faccia.
< Mammi? >
< Sì? >
< Ma come hanno fatto Mel e Alec ad entrare nella
tua pancia? >
Eccolo, il momento tanto temuto. Avvampai e sentii lo
sguardo curioso e carico di aspettative di Liz fisso su di me.
Cercai di ricordare cosa mi avesse
detto Reneè a suo
tempo e, quando me ne ricordai, decisi di non tramandare la favola di
Reneè…
Non mi parve un’idea intelligente dirle che i suoi
fratellini, e lei stessa, fossero nati perché io avevo
incontrato una cicogna
ubriaca che non sapeva dove metterli…
Ma cos’aveva in mente Reneè quel giorno?
Non soddisfatta della risposta che Reneè (adesso
potevo capire il suo imbarazzo) aveva dato alla mia domanda:
“Come nascono i
bambini”, ricordai di essere andata a chiedere alla mia
vicina di casa, che
aveva 16 anni, e che mi aveva raccontato cosa succedesse
realmente…
Ero rimasta talmente scioccata che mi ero ripromessa
che non avrei mai fatto una cosa tanto schifosa…
Ehm… effettivamente, non
sapevo cosa mi sarei persa.
E adesso oltretutto mi ritrovavo
con tre figli, la
maggiore dei quali mi stava chiedendo come nascessero i bambini. Pensai
di
dirle di chiedere ad Edward ma sapevo poi me lo immaginai spigarle cosa
fosse
il sesso e, temendo che Emmett riuscisse ad infiltrarsi nel discorso
stile-papà, pensai che era meglio se ci provavo io. Decisi
di dirle una verità
che non la turbasse:
< vedi tesoro, quando una mamma e un papà si
vogliono tanto bene, si fanno tante coccole. Il papà stringe
la mamma e le dà
tanti baci. E quando si vogliono bene, ma proprio tanto bene, allora
l’amore
che il papà prova per la mamma entra dentro di lei e si
unisce a quello della
mamma. E in questo modo si forma un bimbo piccolissimo che cresce per 9
mesi
dentro la pancia della mamma. E quando è cresciuto
abbastanza, allora bussa
alla mamma e la avvisa che deve nascere. >
< Ma allora ieri Mel e Alec hanno bussciato? >
Oddio, mi sembrava che mi stessero uccidendo pugnalandomi
dall’interno dato il dolore, ma lasciamogliela
passare…
< Sì… e il papà, i nonni e la
zia Alice mi hanno
aiutata a farli nascere. >
Liz sembrava soddisfatta della
risposta e sorrise. Io
cercai di sdraiarmi un po’ meglio.
Avevo male ovunque a causa dello sforzo della notte
precedente. Volevo dormire, volevo riposarmi… Ne avevo
bisogno.
per cercare di allontanare Liz senza offenderla, le
chiesi di andarmi a prendere un bicchiere d’acqua.
Lei, gentile ed ubbidiente, sorrise e corse in cucina.
Mi abbandonai ai cuscini cercando di trovare una
posizione che non mi facesse sentire il male alle gambe, alla schiena e
all’inguine.
Mentre me ne stavo sdraiata ad occhi chiusi, una mano
gelata mi fece rabbrividire.
< Bella, Amore? Stai bene, tesoro? Sei calda. >
In un istante di spazientimento mi ritrovai a pensare:
“se non la smette, gli tiro dietro una corona
d’aglio attaccata ad un pugnale
d’argento” per poi ricordarmi però che
gli stupidi rimedi umani contro i
vampiri non avevano nessun effetto pratico.
Aprii lentamente gli occhi,
poggiando la guancia
contro il palmo freddo di Edward.
Vidi Carlisle e sbuffai.
< Bella, se volevi vedere Carlisle, se era una cosa
importante, perché non me lo hai detto? > Mi
rimproverò mio marito, seduto
sul letto vicino a me.
< Rose dice che non stai bene. >
< Sto bene, solo, mi sento strana… non è
il caso di
agitarsi. > Ma dal suo sguardo, capii che lui era molto
più che agitato… era
proprio per quello che avrei preferito parlare con Carlisle in
privato…
Non volevo che Edward si facesse delle paranoie.
< Edward, perché non vai di là con Liz.
Non vorrai
che si senta trascurata? Ci penso io a Bella… >
< Carlsile, Liz può stare con Rose o Esme, o con
Alice. >
< Edward, fa come dice lui… mi sentirei
più
tranquilla se stessi un po’ con lei. Continua ad essere il
padre affettuoso che
sei stato fino a ieri. >
< Bella, ti prego… non se ne parla neanche. Ecco,
questa è l’acqua che hai
chiesto. >
E mi porse un bicchiere stracolmo di acqua fresca.
Quando la vidi, sentii la sete crescere. Mi sporsi ed afferrai il
bicchiere, da
cui bevvi avidamente.
In quel momento Carlisle mi passò la mano sulla
fronte.
Guardò Edward e poi mio marito mi sussurrò:
< Hai
la febbre. Non alta ma comunque è meglio evitare che
salga... >
< Ah, ecco perché mi sento
così… strana. Con Liz, dopo il parto,
è
stato diverso. >
Edward mi sfilò il bicchiere e mi accompagnò sui
cuscini.
< Devi stare a riposo. > poi, rivolgendosi a
Carlisle < Forse ha un’infezione >
< Forse... Potrebbe anche essere la spossatezza però.
Secondo me è per quello. La terremo
sottocontrollo, nel caso sia necessario intervenire con una cura
antibiotica.
>
Mi toccai il seno e sussurrai: < Non prendo niente.
>
Senza realmente darmi retta, Edward disse: < Sì,
tesoro, lo sappiamo. Ma se fosse necessario, non voglio sentire storie.
>
Contrariata, mi voltai di lato. Volevo tenergli il
muso ma non mi fu possibile. Cominciò a massaggiarmi la
schiena dolcemente.
Quando sentii le sue labbra gelate sfiorarmi il collo sciolsi i muscoli
e mi
rilassai.
Sentii Edward annuire e mi voltai.
Lui mi sorrise.
< Carlisle ritiene che sia ora di allattarli. >
< Ah, ok… Non c’è rischio
che… > < No, figurati… >
< Bene.
Edward, mi aiuteresti? >
< Certo. > e con cura infinita prese la bambina
dalla culla. Il fratellino stava ancora dormendo.
< Allora Mel, è l’ora della pappa? >
le fece con
la voce dolce e melodiosa che mi aveva catturato l’anima. La
piccolina
gorgogliò e lui le pulì la bocca minuscola, prima
di porgermela.
Io la appoggiai al mio seno e
lasciai che si attaccasse
con le gengive alla mia pelle. Strizzai gli occhi cercando di non
pensare al
dolore e mi lasciai cullare dal ritmato ciucciare.
Quando sia lei che il fratellino furono sazi, mi accoccolai tra le
braccia di
Edward che, cercando di non farsi notare, mi sfiorava la fronte come
per
controllarmi. Il suo tocco era preoccupato.
< Edward > gli feci all’improvviso <
Perché
prima te ne sei andato di là? Cos’è
successo? >
< Niente di preoccupante. Anzi, sarai felice. >
Queste parole mi risvegliarono e mi aggrappai alla sua
camicia, facendo scorrere le mie dita sul suo petto. < Davvero?
>
Annuì convinto e poi mi confessò: < Alice
ha visto i gemellini. Saranno splendidi.
>
Nella sua voce serena riuscii però a cogliere una nota
di preoccupazione che decisi di non alimentare. < E Elizabeth?
C’era anche
lei nella visione? >
< Sì. Giocava con Melanie. Andranno molto
d’accordo. Alec invece era seduto e giocava con un pupazzo.
La loro pelle
brillerà leggermente. Il bagliore sarà
impercettibile agli occhi umani ma sarà
splendido. >
Sorrisi soddisfatta e mi immaginai i miei figli che
crescevano, sani e forti.
In quel momento sentimmo
strimpellare al pianoforte.
< Liz… > sibilò Edward ironico, con
una punta di orgoglio nella voce sensuale.
< Edward, mi aiuti ad andare di là? Voglio sentire
Liz. >
< Bella, perché non te ne resti tranquilla per un
po’? La si sente anche da qui. > mi
sussurrò all'orecchio, conciliante.
< Va bene, vorrà dire che ci andrò tutta
sola
soletta, visto che non vuoi accompagnarmi tu... > E
così dicendo scivolai fuori dal letto. Mi misi in piedi e
feci
appena pochi passi prima di sentire il braccio di Edward cingermi il
bacino.
Le mie gambe tremavano e faticavo a restare in piedi a
causa dei muscoli indolenziti. Mi pareva di essere fatta di burro.
Lasciai che Edward borbottasse qualcosa riguardo la
mia cocciutaggine senza ribattere. Appoggiata a lui, mi sentivo felice
e
completa.
Mi aiutò a sedermi sul divano e mi avvolse una coperta
intorno al corpo.
Liz si voltò e mi domandò: < Mammi, ti
piasce? >
< Certo, sei bravissima. Anche meglio del papà.
>
Lei rise ed Edward la sollevò dallo sgabello su cui si
sedette talmente
velocemente che quasi non me ne accorsi. Fece accomodare Liz sulle sue
ginocchia e poggiò le sue mani su quelle di nostra figlia,
per guidarla. La
musica chiassosa e sconclusionata che prima riempiva l’aria
venne sostituita da
una melodia dolce e semplice al contempo. Edward sussurrava a Liz:
< Ecco,
più dolcemente. Senti le note? Brava, così. Non
avere fretta. Devi essere
leggera, accarezzare i tasti. Brava. Senti che bella musica? Sei
proprio una
brava pianista. > mentre parlava le baciava i capelli.
Mi portai le ginocchia al petto e rimasi a fissarli
finché Emmett non entrò in sala.
< Edward, vieni a caccia con me e Jasper questa
sera? Carlsile andrà domani e visto che non vuoi che siate
via entrambi… >
< No Emm, preferisco aspettare. Non ho sete. Non
preoccuparti. >
< Se lo dici tu. A proposito, Alice ha parlato con
il cane. Lo ha convinto ad aspettare un po’ prima di venire.
>
Quella frase catturò definitivamente la mia
attenzione.
< Jake viene a trovarci? >
< Sì, ma non subito. Prima devi rimetterti. >
mi
sussurrò Edward senza smettere di guidare le manine di Liz
sui tasti
splendenti.
< Uffa Edward, quanto sei iper-protettivo. >
La musica cessò improvvisamente e Liz alzò lo
sguardo
verso il padre con un’espressione confusa sul visetto
incorniciato da riccioli
rossi. < Papi? >
Lui la fece scendere dalle ginocchia e la poggiò sulla
coda del pianoforte che aveva chiuso in un secondo.
< Che c’è? >
< Alec si sta svegliando… non vorrei che svegliasse
anche Mel. Vado a prenderlo… >
E poi svanì nel corridoio.
Emmett si sedette vicino a me e fissò Liz che stava
sfogliando uno spartito senza però capire cosa ci fosse
scritto. Era
affascinata dalle linee e dai puntini… dondolava le gambe
trasognata.
Era troppo carina con il vestitino lungo e bianco che
indossava. Alice diceva che quel colore le donava ed aveva ragione.
Sembrava
una fatina.
Mio “fratello”
sbuffò e attirò l’attenzione mia e di
Liz.
< Che c’è? > gli chiesi. Lui mi
squadrò e poi
indicò con il mento verso la mia camera.
< Come si fa a chiamare un bambino Alec? Solo due
genitori come voi potevano riuscirci. >
< Emmett!!! E poi, il mio bambino si chiama Alec
Anthony >
< Ecco, appunto… ma si può? Non potevate
scegliere
dei nomi un po’ più… maschili? >
< Alec ha fatto tantissimo per me. Ci tenevo a
dargli il suo nome. E poi, il secondo nome di Edward, Anthony, non
l’ho scelto
io ma sua madre... >
< A me piaceva di più Thomas. Credo che lo
chiamerò
così. >
Edward entrò in camera e guardò male suo fratello
prima di venirmi vicino. Mi passò nostro figlio e si sedette
vicino a me, dal
lato opposto a quello di suo fratello, poi, accarezzandogli la
testolina
minuscola, disse: < Senti, si chiama Alec Anthony Cullen. >
< Io comunque lo chiamerò Thomas. Vero Tom? >
sussurrò piegandosi verso il bambino minuscolo che stringevo
al petto. Io
scostai la coperta per fargli vedere il visetto ed Emmett glielo
accarezzò
delicatamente. Nonostante fosse enorme, Emmett sapeva anche essere
dolce. Alec
strinse i pugnetti intorno ai miei capelli e strusciò il
viso contro la mia
pelle calda e morbida. Edward sorrise e si alzò in piedi.
Alzai lo sguardo < Edward, dove vai? >
< A Mel non piace stare da sola, a quanto pare. Non
la puoi sentire perché l’udito umano non
è abbastanza sviluppato, ma si sta
svegliando. La porto di qua. Ah, aproposito, Rose ti ha preparato il the e dei biscotti
secchi. Devi
restare leggera. >
Prima di sparire di nuovo andò al piano e prese Liz
fra le braccia.
< Vieni, andiamo dalla tua sorellina. >
Dalla cucina intanto Rose mi
avvisava che mi stava
portando la colazione. Emmett si alzò per andarle incontro
dopo avermi
scompigliato i capelli e detto: < sono contento che finalmente
siano nati. Adesso
potrò ricominciare a prenderti in giro senza che per questo
Edward mi accusi di
farti arrabbiare e, di conseguenza, di far star male i gemelli. Vedrai,
mi devo
rifare di questi ultimi nove mesi! Comunque, sono proprio degli
scriccioli. Spero
che, crescendo,assomiglino di più a te che ad Edward. Di
lui c’è già uno
specchio al femminile. Più cresce, più Liz gli
assomiglia. > E in questo
modo mi salutò.
Seguendolo con lo sguardo notai
Alice che mi spiava,
seduta in cima alle scale. Quando i nostri occhi si incontrarono,
voltò il capo
velocemente e si alzò,come se non
volesse parlare con me e lasciandomi
perplessa. Il suo nome mi morì sulle labbra con un
sussurrò smorzato. Alec,
sentendo la mia voce, si strinse di più a me con un
movimento inconscio.
Strinsi il mio bambino che era placidamente addormentato tra le
mie
braccia piegate a formare una culla calda e accogliente e aspettai che
arrivasse Edward. Avevo mal di testa e non mi andava di
alzarmi… anche se avrei
tanto voluto andare a fare quattro chiacchiere con Alice…
Ciao a tutte!
Ragazze, dopodomani si torna a scuola e questo ha rovinato
irrimediabilmente il mio umore… e non credo solo il
mio…
Capirete quindi che vi scrivo con il cuore in gola…
Dato che però per un po’ dovrei riuscire a stare
al passo.
Devo dirvi che per una serie di fraintendimenti, in realtà
questo non è l’ultimo capitolo… non ne
mancano molti, ma questo non è l’ultimo…
Per rimediare alla depressione pre-scuola, mi sono data ai
saldi. Io di solito odio lo shopping ma con i saldi…
Pagando le cose la metà, sono tornata a casa con sacchetti
pieni di lingerie… ho svaligiato tutti i negozi tezenis,
golden point, yamamay,
etam… e ho trovato delle cose bellissime che solitamente
sono inavvicinabili. C’era
una camicetta da notte di yamamay che volevo dal giorno del mio
compleanno ma
nessuno me l’aveva presa. Fortuna che c’era la mia
taglia!!!
Questo ha contribuito a migliorare il mio umore XD
Questo però ha comportato che trascorressi tutto il tempo
fuori casa e (come al solito) mi sono messa a scrivere ad orari
assurdi. Prometto
che per il prossimo capito mi ci impegnerò al massimo.
Spero che questo vi piaccia e che vi incuriosisca.
Ora scappo a cominciare l’altro e poi a fare
latino…
Un bacio a tutte, ci vediamo giovedì o venerdì con due personaggi che
era un po’ che si facevano desiderare!!!
Erika (che NON vuole tornare a
scuola!!! Sigh sob)
PS: scusate ma non sono riuscita a
rileggere il cap. spero non sia proprio illeggibile... scusate...
Bella’s POV
Melanie e
Alec dormivano tranquilli nella loro culla
mentre Liz, al computer, stava scegliendo con Rose la foto
più bella di lei e
dei gemellini.
Delle centinaia che avevamo scattato quei giorni e che
avevamo messo sul PC, doveva scegliere quella che le piaceva di
più. Volevamo
farne l’ingrandimento e appenderlo vicino alla foto enorme di
lei appena nata
che faceva bella mostra di sé in sala.
Rosalie, che insieme ad Alice aveva scattato la
maggior parte delle foto, l’aiutava consigliandola. Alla
fine, l’avrebbe scelta
mia sorella facendo credere a Liz il contrario.
Cercando di non farmi notare da loro, tentai di
sgattaiolare in cucina.
La risata cristallina di mia figlia ruppe il silenzio facendomi
sobbalzare ed immaginai che stesse ridendo dopo aver visto qualche foto
divertente…
In quel momento però, la voce di Rose mi fece
trasalire…
< Bella, se Edward ti trova in piedi si arrabbia.
Hai l’obbligo assoluto di restare a letto. Lo sai
quant’è ansioso… E puoi
mangiare solo le cose che ti ha detto Carlisle, quindi è
inutile che tu vada in
cucina. Non troverai niente. Hanno fatto sparire tutto... >
Sconfitta, smisi di cercare di fare piano e tornai
indietro, affacciandomi allo studio.
< Rose, per favore… sono quasi due settimane che mi
state obbligando a restare in camera. Diventerò
claustrofobia! >
A quelle parole mia sorella si voltò e, sempre tenendo
Liz sulle ginocchia, mi squadrò da capo a piedi.
Mordendosi il labbro, cercò sul mio volto i segni del
cedimento. Temeva di vedermi nello stesso stato in cui ero al momento
del mio
ritorno da Volterra.
< Beh, senti, io non voglio far arrabbiare Edward
ma se proprio insisti… vuoi che ti prepari qualcosa? >
< No, non preoccuparti, un the sono capace anche io
di farmelo. > le risposi più acidamente di quanto non
avrei voluto. In
fondo, Rose non c’entrava niente…
Non era colpa sua se mi ero ammalata.
E nemmeno se,per questo, Edward era
diventato persino
più ansioso del solito.
Mi aveva costretta a restare a
letto per otto giorni.
Effettivamente, stanca per il parto ed oltre tutto con
la febbre, non che ne avessi avuto una gran voglia…
Contro ogni mia aspettativa e desiderio però, per una
settimana avevamo dovuto dare ai bambini il latte artificiale.
Carlisle non si fidava a dargli il mio. Avevo avuto 38
e mezzo di febbre per quattro giorni e io stessa non volevo rischiare
di
trasmettere loro qualche malattia.
Vedere però Rose spostare la culla in camera di Esme e
Carlsile era stato un dolore. Li avevo tenuti con me per neanche un
giorno e
già me li portavano via…
Persino Liz, per una settimana, non
aveva potuto stare
con me.
Certo, la salute dei bambini andava preservata, ma
impedirmi di vederli mi aveva fatto leggermente alterare. Edward, non
appena la
febbre mi fu scesa, ed io fui in grado
di “ragionare” si era dovuto sorbire una
mia sfuriata culminata in un bel pianto. Da vero gentelman mi aveva
lasciato
gridare, sfogare e alla fine mi aveva stretto tra le braccia
consolandomi.
Arrabbiarsi con lui era orribile. Quel suo
comportamento così comprensivo mi faceva sentire in colpa.
Fortuna che da cinque giorni era finito il periodo di
“quarantena”,come lo avevo chiamato io.
Carlisle, dopo avermi visitato, aveva assicurato
Edward che ero perfettamente guarita e che, comunque, quello che avevo
avuto
non era infettivo. Avevo potuto riabbracciare Liz e prendere in braccio
i
gemellini.
Appena la piccolina fu tra le mie
braccia si rifugiò
nel calore del mio seno sfregando la testolina contro la mia pelle. Lo
stesso
aveva fatto il fratellino. Le loro manine si erano strette intorno alla
mia
vestaglia ed io, seduta sulla sedia a dondolo, ero rimasta a lungo
incantata,
costretta a guardarli da qualcosa, un sentimento molto strano, quasi
totalizzante, che mi nasceva da dentro il cuore.
Con mia somma gioia avevo
constatato inoltre che i
gemelli preferivano il mio seno al latte artificiale. Avevo letto che
di
solito, una volta cominciato con il latte in polvere, era difficile
tornare a
quello della madre ma fortunatamente così non era stato.
Appena li appoggiai alla pelle nuda del petto, cercarono
il mio seno e vi si avvinghiarono con una forza impressionante.
Le loro gengiva mi facevano male ma non lo avrei mai
detto ad Edward, che mi osservava rapito, per paura che decidesse di
passare ai
biberon, sebbene riempiti con il mio latte…
A me piaceva quel contatto fisico con i miei figli.
Proprio come era stato con Liz, me li faceva sentire
vicini, in qualche modo, solo miei…
Era un sentimento egoista, ma non potevo ignorarlo.
Sapere che loro dipendessero da me, che loro
cercassero me, mi faceva sentire completa.
Il senso di vuoto che provavo da quando li avevo
partoriti si attenuava, dandomi un senso di pace e
tranquillità.
Fuori dal mio ventre, non potevo proteggerli come
avrei voluto.
Ecco, pensare ai miei due piccoli mocciosi (così li
chiamava affettuosamente Emmett) mi fece sentire triste. Appena fosse
stato
pronto il the, sarei salita in camera di Esme a controllarli.
Speravo che sarebbero tornati in camera mia presto.
Ero stufa di intrufolarmi nella vita privata dei miei
suoceri…
Mentre mettevo a scaldare
l’acqua entrò in cucina Esme
che mi rivolse un sorriso smagliante.
< Allora, cara, dopodomani riportiamo le tue cose
al piano di sopra, nella vostra camera. >
Sorrisi e poi decisi di chiederle direttamente quello
che volevo.
< Esme, vero che i bambini li metterete in camera
mia? >
< Certo… la cameretta è già
pronta ma le culle sono
già affianco al vostro letto matrimoniale. Non preoccuparti,
tesoro. Avranno bisogno
della culla calda,secondo Alice e Carlisle, almeno per
un’altra settimana. Ci
stanno ancora larghi. Dopo sposteremo anche quella in camera vostra.
>
Sorrise ed io feci altrettanto.
Era strano pensare che adesso, io, mio marito e i miei
tre figli, occupavamo tutto un corridoio. O meglio, occupavamo tutta la
parte
finale del corridoio del piano superiore. Camera mia, un bagno, camera
di Liz,
camera dei gemellini e inoltre, una camera vuota che, una volta
cresciuti i due
piccoli, sarebbe andata ad uno di loro. In pratica, tutta la parte
destra del
corridoio del secondo piano...
In quei giorni in cui ero rimasta in
camera, Edward mi aveva fatto una proposta molto allettante.
Tenendo lo sguardo fisso sulle mie
mani che teneva fra
le sue in un gesto motlo intimo e dolce, mi aveva chiesto:
< Bella, che ne diresti se
tu, io e i bambini
andassimo a stare in una casetta tutta nostra?
Non lontano da quella degli altri… pensavamo che, tra
qualche anno dovremo trasferirci di nuovo.
Potremmo comprare una casa grande con vicino una un
po’ più piccola, per noi.
Esme ne avrebbe già individuata una.
Ha già preparato i piani del restauro…
Naturalmente,
ci sarà abbastanza spazio per tutti noi. E il posto
è molto carino. Ovviamente,
è isolato ed immerso nel verde. Casa nostra disterebbe circa
cento metri da
quella principale. Era quella del giardiniere della villa. Spero che
non ti
dispiaccia. È molto graziosa, a due piani. Non è
enorme… Esme ha comunque
progettato di ampliarla, ma se vuoi, possiamo aggiungere qualche
stanza. Per
ora c’è spazio per una cucina abitabile piuttosto
ampia, un piccolo studio e un
soggiorno al pian terreno e quattro camere a quello superiore. Ah,
naturalmente, un bagno per piano. Se Esme allarga un pochino, dovrebbe
starci
la vasca idromassaggio. E se no, al massimo, per quella andremo nel
bagno di
Alice… Le stanze non saranno giganti, ma ci dovremmo stare
abbastanza
comodamente. Dovrei riuscire anche ad infilare il mio pianoforte nel
soggiorno.
Rinunceremo alla poltrona… >
Poi titubante aveva alzato lo
sguardo verso di me e
aveva sorriso speranzoso.
In quel momento gli ero
praticamente saltata addosso,
buttandogli le braccia al collo.
< Ti piace come idea? > mi aveva domandato
cauto, carezzandomi i capelli.
< Sì! Sì! Mi piace tantissimo! >
gli avevo
sussurrato in preda ad una gioia profonda.
Avremmo avuto un posto… nostro, nostro per davvero.
Che non avremmo dovuto condividere con nessun altro. E tutto questo,
senza
rinunciare alla nostra famiglia che sarebbe restata poco lontano da noi.
In effetti, non credo che Edward si sarebbe
arrischiato ad allontanarsi troppo.
Il suo clan di vampiri era forte, ma solo se unito…
Era bello pensare che saremmo stati
una famiglia
normale, almeno per quanto permettessero le circostanze…
Una mamma, un papà, i nostri bambini…
Prima di concepire Liz, non mi
rendevo conto di quanto
volessi tutto questo.
Anzi, non è che volessi propriamente creare questo
tipo di famiglia. il cardine su cui tutto si basa e girava intorno era
il
crearla con Edward…
Esme mi passò una tazza ed io feci attenzione a non
rovesciarmi l’acqua bollente addosso.
A tavola, mia suocera facendo un sorriso colpevole e
dispiaciuto, mi passò dei biscotti integrali con le vitamine.
< Esme, fanno schifo. > mi lagnai dopo averne
addentato uno.
< Dai, non fare così. Prima guarisci, prima potrai
tornare a mangiare cibo normale. >
Poi squillò il cellulare nuovo di zecca che Edward mi
aveva regalato. Diceva che era un regalo di anniversario anticipato. Ad
agosto
sarebbero stati quattro anni da quando ci eravamo sposati.
Velocemente lo tirai fuori dalla
tasca del pigiama e
risposi: < Pronto? >
< Pronto amore, come va?
>
A sentire quella voce angelica mi sciolsi. < Bene…
e la caccia, com’è andata? >
< Mh, normale… senti, dovremmo incontrare Jacob fra
poco. Saremo di ritorno questa sera… >
< Vi aspetto… >
< No. Vai a dormire. Riposati. Noi arriveremo piuttosto
tardi. >
< Edward, adesso sto bene. E non voglio che Jake
arrivi e mi trovi a dormire. >
< Jacob capirà. Gli conviene. > Sentii
Carlisle
sghignazzare ed arrossii. Lui ed Edward erano partiti per andare a
caccia e poi
per incontrare Jacob che da due settimane stressava Edward per poter
venire a
trovarmi.
Alice e Jasper invece erano andati incontro ad Alec.
Mia sorella aveva previsto che si sarebbero incontrati a Vancouver
proprio in
questi giorni, ma non sapeva la data precisa. Per questo si era
allontanata da
casa tre giorni prima. Non voleva rischiare di arrivare tardi. Era
necessario
che quegli incontri avvenissero senza che lui venisse a cercare
noi… sarebbe
stato rischioso.
A casa con me e i bambini erano
rimasti Emmett, Rose
ed Esme.
Sospirai e dissi: < Edward,
torna presto. Mi
manchi. >
< Anche tu… sapevo che avrei dovuto mandare solo
Carlisle… >
< Non dire sciocchezze. Sai che non vai a caccia da
prima che partorissi? Sono quasi tre settimane dall’ultima
volta. >
Non rispose. Cambiò
direttamente argomento.
< Liz che sta facendo?
>
< Sta scegliendo le foto. Sai, per
l’ingrandimento…
>
< Mh… dì a Rose che a me piace quella in
cui
Elizabeth è sul letto e tiene a destra Alec e a sinistra
Mel. Secondo me,
quella sarebbe perfetta. >
< Edward, ce ne saranno una trentina di loro sul
letto… >
Ridacchiò e poi aggiunse: < quella in cui ci sei
anche tu. L’abbiamo scattata ieri
l’altro… >
< Edward, avevamo detto: Solo i bambini. > lo ripresi.
Sospirò borbottando qualcosa sul fatto che secondo lui
quella era una regola che avevo imposto io e poi mi disse: <
Dille di
scegliere quella in cui sono in giardino. Liz è sdraiata
nell’erba e su una
copertina affianco a lei ci sono i due gemelli. È molto
carina. >
< Edward… dovrebbe sceglierla Liz. >
< Tanto lo sai, alla fine la sceglierà
Rose… >
< spero che non sia un vizio di famiglia… >
gli
dissi sarcastica poi aggiunsi: < Ti amo. >
< Anche io. Non preoccuparti, torno presto… quando
ti sveglierai, domani mattina, sarò già
lì da te. >
< Ti aspetto. > e poi ci salutammo. Vidi Emmett
che passava per la sala fare a Rose il gesto di vomitare. Si
chinò versò Liz e
le disse all’orecchio, abbastanza forte perchè io
sentissi: < Che smanciosi.
> risero tutti e tre e poi Liz si fece prendere in braccio da
suo zio.
< Dove andate? > chiesi sospettosa notando il
fare cospiratorio.
< In piscina. Ovvio. > mi rispose Emmett
innocentemente.
< Mhm, vediamo di non rompere nessun osso oggi. Va
bene? >
< Sarò attentissimo. > promise solennemente
prima di porgere la mano a Rose. In pratica sapevo già come
sarebbe finita…
Emmett e Rose avrebbero fatto i cretini e pomiciato tutto il tempo
nella
piscina. E come scusa per usarla usavano Liz.
Rose la adorava. La trattava come se fosse figlia sua.
La figlia che non avrebbe mai potuto avere…
Quel pensiero mi mise tristezza e Rose lo notò. Mi
venne vicina e mi accarezzò la guancia.
< Perché non vieni anche tu? Magari non fare il
bagno… prendi un po’ di sole, una volta che
c’è… >
Mh… l’idea di vedere il corpo da urlo di Rose in
bikini e di confrontarlo con il mio che, già di suo non era
di certo
paragonabile ma che oltretutto era reduce da una gravidanza gemellare
mi fece
desistere dall’accettare.
< No, grazie… preferisco restare in casa. Non
vorrei prendere freddo e ammalarmi di nuovo. Mi raccomando, bada te a
Liz. >
Mi sorrise radiosa e annuì, prima di prendere la
bambina dalle braccia di suo marito e sparire al piano di sopra. Quando
tornarono,pochi minuti dopo, lei indossava un costumino minuscolo che
metteva
in risalto il suo corpo perfetto. Liz era troppo tenera con il suo
semplice
costumino colorato.
Entrambe erano avvolte in un ampio asciugamano.
Liz ebbe un brivido e
sussurrò: < Scei fredda! >
Rose rimase interdetta per alcuni
istanti poi il suo
volto si aprì in un sorriso radioso e le sfiorò
il naso con la punta deldito.
Emmett le raggiunse sfogiando dei boxer
lunghi fin sopra il ginocchio e color marrone chiaro… Un bel
corpo effettivamente...
Notevole…
Feci mente locale ricordandomi che: Uno, ero sposata
con Edward; Due, Edward era suo fratello; tre, Emmett era come se fosse
mio
fratello; quattro, Rose mi avrebbe squartata viva.
Nonostante tutto, devo ammettere
che era proprio un
bel ragazzo…
certo, Edward era meglio... e sopratutto, era mio...
Trascorsi il resto della giornata
in modo molto poco
interessante.
Telefonai a mia madre e poi mangiai leggero, prima di
telefonare a Charlie.
Il pomeriggio mi misi a studiare. Ah, naturalmente
ogni tre ore e mezza i gemelli reclamavano il mio seno con pianti che
avrebbero
distrutto i timpani.
Fortuna che Esme era una donna paziente… mi aiutava
con i pannolini e con i bagnetti.
Dato che la sera erano inquieti, la trascorsi in sala,
con loro tra le braccia. dovevo cullari in continuazione... Ogni volta
che li mettevo nella culla ricominciavano a
piangere, anche se si stavano per addormentare. Come se non bastasse
Liz era
particolarmente malinconica. Mi restava attaccata in maniera quasi
snervante…
Al momento di metterla a letto non
c’era stato verso.
Voleva restare sveglia fino a tardi ad aspettare il rientro del padre.
< No, Liz, ti prego. Fa la brava bambina… lo sai
che il papà non vuole. >
< Ma papà no c’è. >
< Lo so… ma per favore, va a dormire. >
< No… mammi! >
< Dai, non fare i capricci… >
Lei aveva abbassato lo sguardo e cominciato a
singhiozzare. Grossi lacrimosi le scendevano lungo le gote arrossate.
< Mammi, alloa posscio domire con te? Pe favore!!!
Mammi!!! >
Dopo vari tentativi fui costretta a cedere.
< Va bene, dormi dove vuoi, basta che lo fai
subito. > Lei si era messa a saltellare e mi aveva dato un bacio
sulla
guancia prima di scappare in camera sua a prendere il suo pigiama e il
suo
pupazzo.
Pochi minuti dopo essere riuscita ad addormentarla telefonò
Alice… Ero in sala con il libro in mano e la sentivo parlare
con Esme. Emmett e Rose, facendo finta di giocare a
carte, ascoltavano proprio come me che fingevo di studiare…
< Va bene cara…
Domani? >
< Sì Esme. Ci siamo incontrati due ore fa. Ho
già
avvisato Edward. >
< Ma ci sarà anche Jacob… >
< Lo so… ma andrà tutto bene. >
< E come fai a dirlo? Non riesci a vedere i
licantropi… >
< Infatti. È per questo che ne ho parlato prima ad
Alec, che pur di rivedere Bella ne affronterebbe un branco di
licantropi, e poi
con Edward. Lui dice che Jake è d’accordo. In
fondo, deve essere riconoscente
ad Alec… >
< Ma sarà sicuro? >
< Sì. Si sono parlati e hanno messo in chiaro le
loro “posizioni”. Nessuno attaccherà
nessuno. >
< Allora vi aspettiamo. >
< Va bene. A domani. > < A domani. >
Quando mise giù la cornetta sia io che Rose che Emmett
eravamo con le orecchie tese ed era palese che non stessimo facendo
quello che
fingevamo.
Il mio libro era aperto sulle
ginocchia, troppo
lontano perché riuscissi a leggere. Le carte di Rose ed
Emmett erano sparse sul
tavolo.
< Beh, la buona educazione vorrebbe che non si
origliasse, ma per lo meno non dovrò ripetervi quello che mi
ah detto Alice.
> Disse Esme dolce. Io fui l’unica ad arrossire ma
Rose si morse il labbro.
Lo faceva sempre quando era in imbarazzo.
Stanca, sbadigliai ed Esme mi disse: < Bella, forse
sarebbe meglio se andassi a dormire… >
< Sì, forse è meglio. Sono stravolta. stare dietro a due gemellini è davvero
pesante... senza il vostro aiuto non saprei proprio come fare. >
dissi
riconoscente e salutai tutti prima di infilarmi sotto le
coperte
spostando Liz verso il lato di Edward. Aveva il brutto vizio di
occupare tutto
il letto nonostante fosse piccola. Si metteva di traverso…
Era così tenera. I capelli
le ricadevano morbidi sulle spalle e il contrasto tra il rosso e il
bianco
delle federe era delicato ed impressionante. Sorrideva tranquilla. Mi
sedetti
vicino a lei, accarezzandole il capo e sistemandole una ciocca ribelle
dietro l’orecchio.
In quel momento strinse i pugni e mugugnò qualcosa. Capii
solo: < Mammi…
papà… > poi si accoccolò su se
stessa. La presi tra le braccia facendo
attenzione a non svegliarla e mi sistemai meglio le coperte, dopo
averla
stretta a me per sentire il calore del suo piccolo corpo.
Non appena chiusi però gli occhi uno dei bambini
cominciò a piangere. Nel tempo di un battito di ciglia,
anche l’altro diede
aria ai polmoni.
Sbuffai e spostai Liz. Possibile che appena mi mettevo
a letto quelli cominciavano a piangere? Eppure, li avevo allattati
prima. Erano
sempre affamati…
Le urla si facevano sempre
più forti e più vicine
Svogliatamente mi alzai ed aprii la
porta della mia
camera. Esme teneva in braccio Alec e lo cullava dolcemente mentre Rose
coccolava Mel.
< Credo che abbia fame… > sussurrò
Rose
indicando la bambina.
Sussurrai sorridente: < Beh, posso dirle di no?
>
< Mhm, a giudicare da quanto stanno piangendo,
direi di no… > ridacchio Rose avvicinandosi. Presi la
bimba dalle sue
braccia e andai ad accovacciarmi sul divano. Prima allattai lei e poi
presi il
piccolo dalle mani di Esme. Quando finalmente mi lasciarono in pace il
seno, li
riportai in camera di Esme e li adagiai nella culla. Non feci neanche
lo sforzo
di tornare in camera mia. Diedi un’occhiata al copriletto di
seta verde sul
matrimoniale dei miei suoceri, diedi un’occhiata alla porta
chiusa e senza
realmente essere cosciente mi lasciai cadere sul letto morbido. Rotolai
fino al
centro dove mi rannicchiai su me stessa.
Pochi minuti dopo sentii delle mani
gelide
accarezzarmi e mettermi qualcosa di morbido sulla schiena. Socchiusi
appena gli
occhi quel tanto che bastava per vedere Esme uscire dalla sua camera.
Dopo quell’immagine,
nella mia mente c’era solo il
ricordo vago di un sonno lungo e tormentato.
Ad un certo punto,
nell’incoscienza della notte e del
sogno, sentii delle labbra gelate lambirmi la pelle e delle mani
delicate
accarezzarmi le spalle… poco dopo, perso
nell’incongruenza del sonno, una
risata calda e profonda che risvegliava in me ricordi di tempi passati,
felici
ed amari al contempo.
Jacob...
quanto mi era mancato il mio migliore amico...
Scusate la fretta…
La scuola è ricominciata. A Milano ha nevicato come non mai
e sono dovuta andare a scuola lo stesso nonostante fosse tutto
bloccato. Ci ho
messo un’ora… con la neve che mi arrivava alle
ginocchia e che cadeva fitta
fitta. Adesso la situazione si è un po’ calmata ma
io mi sono ammalata…
Ci hanno costretto ad andare a scuola
nonostante la città
non potesse affrontare quella che definirei
un’emergenza… almeno per una città
come Milano che a questo non è abituata… tram ed
autobus bloccati. Mezzi spargisale
senza sale e simili genialate…
Gli scambi del tram bloccati per il ghiaccio e gli autobus
senza le catene… ieri quello con cui sono tornata a casa si
è bloccato perché non
aveva le catene e la neve era troppo alta…
In compenso, una prof non è venuto (causa neve) e
così sono
andata a comprare un altro po’ di cose da
etam…!!!!!
Vabbè, adesso vi lascio al capitolo che ho scritto un
po’ di
fretta (perdono, non ho potuto dedicargli molto tempo… io
pensavo che
chiudessero la scuola almeno mercoledì, quando le strade
erano impraticabili, e
contavo di scriverlo quella mattina.)
Spero che vi piaccia comunque…
Ho cercato di dare il meglio di me.
Ci vediamo Domenica sera o Lunedì pomeriggio! Dipende dai
compiti che ci daranno XD
Un bacio a tutte quante!!!
Grazie per i vostri bellissimi commenti!!!
Ciao e a presto,
Erika
PS: Grazie!!! 1200 commenti e 283 preferiti!!! Come inizio di 2009 non era stato un granchè, ma grazie a voi è andata un po' meglio! Alla faccia di mia madre che dice che scrivere ff non serve... A me invece da tanta soddisfazione scrivere se so che poi le mie storie vengono lette ed apprezzate!!!
Ancora, grazie per il vostro sostegno!
Bella's POV
Risa?
Mi sforzai di socchiudere gli occhi.
Edward mi accarezzò
prima di chinarsi a darmi un bacio
veloce sulle labbra.
< Ben svegliata, amore. >
Grugnii qualcosa prima di riaffondare la faccia nella
trapuntina.
Jake rise di nuovo, più forte ed Edward mi
carezzò la
schiena.
< Lasciamola dormire… > Disse piano.
Lo sentii ed alzai un braccio e farfugliare: < No…
ora mia alzo… > e mi poggiai sui gomiti.
Edward mi aiutò a mettermi seduta ed io mi passai la
mano tra i capelli per cercare di sistemarli.
La stanza era scura. Qualcuno aveva tirato le tende.
Ancora frastornata, sorrisi a Jake che alzò una mano
in segno di saluto.
Istintivamente, volsi il capo verso la culla. Edward
mi prese la mano e mi sussurrò: < Stanno dormendo.
Sono sazi e al caldo.
>
Annuii e mi alzai in piedi. Barcollai ma Edward,
pronto, mi afferrò prima che andassi a sbattere contro il
parquet della stanza
di Esme.
< Tutto a posto, tesoro? >
< Sì, non preoccuparti. Sono solo ancora mezza
addormentata… vado un secondo in bagno… >
< Jake, ti dispiace se vado un secondo al bagno
prima di salutarti per bene? >
< No, non preoccuparti. Fa pure… intanto,
guarderò
i due mocciosi. >
< Sembri Emmett… >Gli dissi prima di chiudermi la porta del
bagno alle spalle con un risolino.
Mi lavai la faccia ed i denti. Mi
guardai allo
specchio e mi resi conto di avere un aspetto pietoso…
Si vedeva che dormivo poco e male.
Le occhiaia profonde davano un aspetto cupo ed
inquietante al mio pallore. I capelli non vollero saperne di lasciarsi
pettinare ed alla fine rinunciai a sistemarli…
Quando stavo notando che non era carino accogliere
Jacob con il mio pigiama premaman (che indossavo ancora nonostante
avessi già
partorito dato che avevo qualche
problema legato a questioni prettamente
femminili e non mi andava di rovinare i bei completino di Alice)
qualcuno
bussò.
Mi affrettai a dire: < Arrivo… >
< Tieni. > Mi disse Edward gentile. Socchiuse la
porta e mi passò un completino molto grazioso che non avevo
mai visto.
Era un pigiama abbastanza largo (il seno, come sempre
quando si allatta, era circa una taglia in più rispetto al
mio solito. )
< Grazie > gli sussurrai dallo spiraglio nella
porta.
Mi infilai il pigiama bianco a fiori rossi e foglie
verdi. Era davvero carino e nascondeva i residui della gravidanza. I
chili non smaltiti…
Uscii dal bagno e trovai la stanza ancora buia.
Le braccia di Edward mi cinsero in
un abbraccio dolce
e molto delicato prima che le sue labbra si posassero sui miei capelli.
< Sei splendida. >
< See… certo. Dici sempre così. >
Lo presi in
giro prima di alzarmi sulle punte e baciargli la fronte.
< Ma dov’è Jake? >
< Giù, con Esme e Liz. >
< Si è svegliata? > Chiesi confusa. <
Spero
non si sia accorta che me ne ero andata via… >
< Mh… in realtà, se ne è
accorta ma non se la è
presa, non preoccuparti. Ha detto che ha sentito i bambini piangere e
che
sapeva che saresti andata da loro… >
Feci un sorriso colpevole e cominciai a scendere le
scale.
Quando arrivai in sala da pranzo, Liz si alzò da
tavola e mi corse incontro, buttandosi tra le mie braccia. Mi
inginocchiai per
poterla accogliere con un bacio sulla guancia. La presi in braccio e
arrancai
verso il tavolo dove Jake mi osservava malinconico.
< Allora, Jake, > dissi depositando Liz sul suo
seggiolone e portandole un cucchiaio pieno di yogurt alle labbra.
< Come va? Sono così contenta che tu sia venuto a
trovarmi… >
Lui si alzò in piedi e, senza preavviso, mi
abbracciò.
< Bells, mi sei mancata. >
Liz aprì la bocca come un pesce mentre mi osservava.
Non aveva mai visto nessuno abbracciarmi a quel modo, tranne suo padre,
ovviamente…
< Anche tu Jake… > boccheggiai < Ma mi
lasceresti respirare? >
< Oh, sì, scusa… > Disse
lasciandomi andare. Si
passò una mano tra i corti e fitti capelli neri e poi, e
giuro mi parve
arrossire, aggiunse: < Certo che, insomma, ti ricordavo con
meno… >
A quel punto Edward ringhiò. Evidentemente i pensieri
di Jake non gli piacquero…
Risi portandomi un braccio a
coprire il seno.
< Sai, capita quando allatti due piccoli neonati continuamente
affamati.
>scherzai. Sorrise e disse: < Sì, mi ricordo i
pensieri di Sam… > si
bloccò un attimo e poi aggiunse: < Sai, essere lupo
può anche essere una
vera seccatura. Prima del parto, Sam era insostenibile. Pensava
continuamente a
lei. Avevamo cronicamente la nausea… e poi, le immagini del
parto!!!
Mamma mia. Avrebbe dovuto non assistere. Emily glielo
aveva anche detto. Sapeva che noi ci saremmo dovuti subire tutto in
replay.
Pensa che Leah ha giurato di non voler avere figli. Dovevi sentire come
urlava…
e il sangue… Bleah! E poi, l’idea di Emily
sdraiata in sala parto! Oddio… spero
di poter dimenticare… >
Quelle parole portarono alla mia mente i ricordi del mio
parto. Quando avevo fatto nascere Liz e, appena pochi giorni prima, Mel e Alec. Accarezzai la testolina di Liz, che nel frattempo aveva
ricominciato a
mangiare, e dissi: < Sì, ne ho una vaga
idea… sai com’è, tre figli. >
< Sì, ma due valgono un parto solo. >
< Vero. >
< Certo che, tre figli alla tua età… Emily
diventa
pazza con quei due piccoli tornado. Hanno più o meno
l’età di Liz ma né lei ne
Sam hanno intenzione di avere altri bambini, almeno per il momento.
Magari più
avanti… vogliono aspettare un po’ almeno. >
Sorrisi mesta e abbassai lo sguardo: < Beh, io non
ho molto tempo, Jake. Se volevo essere ancora madre, dovevo avere dei
bambini
il più presto possibile. > Edward mi pose una mano
sulla spalla e me la
carezzò premuroso.
< Sai anche tu che non riuscivo a restare incinta… >
Lo guardai sottecchi e vidi che si era incupito. Si
sedette e con una strana voce sussurrò con voce strozzata:
< Quindi, non hai
cambiato idea? >
< Calmati Jacob. Hai già perso la calma una volta,
quando Bella era incinta di Liz. Non vorrai ripeterti adesso, davanti
alla
bambina? > E dopo aver detto questo, Edward prese Liz in
braccio. Le carezzò
la guancia e lei gli cinse il collo con le braccia. Poggiò
la testolina sulla
sua scapola e lo fissò a lungo mentre lui continuava a
parlare. < Lo sai
anche tu che questa è l’unica strada. Non possiamo
fare altrimenti. >
Carezzai a Jake un braccio prima di sedermi. Afferrai
dal centro del tavolo del pane e lo imburrai prima di spalmarci la
marmellata.
Edward portò via Liz, lasciando me e Jake da soli.
Rimanemmo in silenzio a lungo
finché Jake non sospirò.
Alzò lo sguardo e mi sorrise.
< Jake… > sussurrai a voce bassa. < Lo
sai
che è tutto quello che voglio… >
< Sì. Lo so. È solo che, è
difficile accettare
l’idea che la donna che amo si lascerà uccidere da
un vampiro schifoso. >
< Ti prego, non dire così… >
sussurrai a fatica.
Sentivo le lacrime che volevano uscire. Cercai di reprimerle ma non ci
riuscii.
< No, non piangere. Non fare così. Sono io che mi
faccio le pare mentali. Non riesco a rassegnarmi all’idea di
perderti. >
< Ma non mi perderai. Resterai sempre il mio
migliore amico. E lo sai. >
< Ma non sarai più la stessa. >
sussurrò mesto.
< Io resterò la solita Bella. Lasciami il tempo per
“assestarmi” e poi vedrai che sarà tutto
come prima. >
< Ma tu non mi amerai
più. > Ribatté
semplicemente.
Rimasi di sasso.
< Jacob, ho tre figli. Sono
sposata con Edward… Io
ti voglio bene. Tu per me sei importante. Importantissimo. Sei come un
fratello
per me, e così ti vedrò sempre. Tu resterai per
sempre il mio fratello
scapestrato. Tu sarai sempre parte della mia famiglia. sei stato
l’unico a
starmi vicino nel momento in cui più avevo bisogno. Io
davvero te ne sono
grata… >
Batté il pugno sul tavolo, facendomi sobbalzare e morire
il respiro in gola. La mia frase rimase sospesa.
< Edward ricomparve immediatamente. Ovviamente era
stato in ascolto.
< Jacob, per piacere. Non rovinare tutto. Bella è
stata molto male. Da quando sta bene non ha fatto altro che aspettarti.
Era
così felice di vederti. Non darle il dispiacere di vederti
adirato. >
Jake sbuffò e poi tentò un sorriso: <
Scusa Bella,
solo, certe volte sento proprio che potrei impazzire pensando a te.
>
< E non riesci a pensare a nessun’altra? Ci sono
tante ragazze migliori di me che… >
Edward ringhiò piano e vidi Jake ritrarsi
istintivamente.
< Ok, ok, la pianto Edward, non è il caso di
scaldarsi per così poco. E poi, è la
verità… >
Notai il suo sguardo e fui grata di
sentire i gemelli
frignare.
< Si sono svegliati i
bambini. Sarà meglio che vada
a… >
Ma in quel momento comparve Esme con in braccio Alec.
Dietro di lei Rose in ginocchio teneva Mel mentre Liz cercava di
sbirciare tra
le coperte che avvolgevano la sorellina.
< E questo chi è? > disse jacob in tono
forzatamente leggero.
< Lui è Alec Anthony Cullen > E sorrisi,
prendendolo dalle braccia di Esme. Gli scostai la copertina dal volto
per
mostrarlo a Jacob.
Emmett urlò dalla stanza adiacente: < Non
ascoltarli, lupo, si chiama Thomas! THOMAS! >
Jake mi guardò un po’ confuso ed io scossi la
testa:
< Non ascoltare lui. Si chiama anche Thomas… >
< povero moccioso. Quanti nomi… > Gli feci la
linguaccia mentre cullavo il piccolino tra le mie braccia. Lui
però non
accennava a smettere di piangere. Andai in sala e mi sedetti sulla
poltrona.
Almeno là ero comoda. < Jake, non ti dispiace se lo
allatto? Così la smette
di piangere… Mel è molto più
tranquilla. Quando a fame i suoi vagiti sono meno
rumorosi. Lui invece sembra sforzarsi di infrangere tutte le barriere
del
suono… >
Jake, leggermente a disagio, sorrise e disse: < Ma
certo. Con tutte le volte che ho visto Emily, ormai ci sono abituato.
>
Mentre mi alzavo la maglietta e slacciavo il reggiseno
lui finse di essere interessato alla libreria…
Alec si attaccò subito al capezzolo, succhiando
affamato. A metà circa della poppata Mel smise di piangere.
Rose si era messa
in piedi vicino a me e la bambina, sentendo il mio odore, si era
calmata.
Finii di dare da mangiare al
bambino e poi camminai
per un po’ cercando di fargli fare il ruttino. Quando
finalmente mi
svomiticchiò sulla maglietta, potei adagiarlo nella culla
che tenevamo al piano
terra. Tolsi il bavaglino che tenevo sulla spalla e che era sporco di
latte lo
portai in bagno prima di prendere Mel tra le braccia e riprendere
l’operazione.
Lei fu meno ansiosa nel cucciare e le sue gengiva
furono più delicate sul mio capezzolo tormentato. Quei due
piccoli
mostriciattoli preferivano ciucciare dal seno destro che da quello
sinistro.
Quando li allattavo insieme, ognuno si doveva accontentare ma se li
allattavo
uno per uno, ero costretta a cedere. Alla fine potei mettere anche lei
a
dormire e poi tornai in bagno. Buttai anche il bavaglino di Mel nel
catino e
poi mi lavai i denti e la faccia.
Quando uscii, vidi Edward parlare al telefono. Parlava
in modo accorato a voce tanto bassa che non potevo sentirlo. Lo guardai
incuriosita e lui sorrise passandomi la mano sulla guancia, poi
riattaccò.
< Chi era? >
< Era Alice. Stanno arrivando. Ancora circa un’ora
e saranno qui. > Annuii senza sapere bene come comportarmi. Non
vedevo Alec
da quando Liz aveva poche settimane. Era passato tanto tempo…
Decisi di tornare dagli altri. Emmett e Jacob stavano
discutendo allegramente di macchine e Rose, leggermente seccata, li
ascoltava
distrattamente mentre coccolava Liz.
< Ah, eccoti. Pensavo che non tornassi più. Che ti
fossi addormentata contro il muro… >
< Uffa, piantala di prendermi in giro!> Mi lamentai andando a controllare i
bambini.
Mel dormiva tranquilla mentre Alec, sveglio ed attento, osservava il
mondo
intorno a noi.
Jake si avvicinò alla culla e ci guardò dentro.
< Ehi, piccolino, vuoi
venire in braccio allo zio?
>
Lo guardai un po’
stupita. Lui fece altrettanto e mi
sorrise complice. Nascose la tristezza dietro la facciata che si era
costruito
mentre ero nell’altra stanza.
< Che c’è? io pensavo che dal momento che
tu vuoi
che io sia, beh, come dire… una specie di tuo fratello,
allora i tuoi figli
dovrebbero essere i miei nipoti. E poi, Liz
chiama Rose zia… >
< Davvero? Dici sul serio? >
Fece spallucce e torno a grattare la pancia a mio
figlio che emetteva dei gorgoglii di compiacimento mentre agitava in
aria i
pugnetti.
< Certo che è proprio carino. Fortuna che non ha
preso niente dalla sanguisuga. >
< Guarda che se vuoi, puoi anche prenderlo in
braccio… basta che tu faccia attenzione… >
< Posso davvero? >
< Non avevi mica detto di essere suo zio? È un tuo
dovere. >Infilò
la mano sotto la
schiena del mio bambino attento a non disturbare Mel che ancora dormiva.
< Mi raccomando, attento alla testa. Devi
sorreggergliela. >
< Uffa Bella. Sembri Emily. Ma voi mamme siete
tutte così ansiose? Guarda che non le faccio mica
niente… > E così dicendo
appoggiò il bambino sul petto. < Vero Tom?vero che ti
piace stare in braccio
a zio Jake? >
< Si chiama… > < Io lo chiamo
così. Inoltre,
Emmett mi ha detto che era il nome che avevi scelto ma poi hai scartato
visto
che non piaceva alla sanguisuga. Il che mi fa piacere ancora di
più questo
nome. >
< Sei impossibile. > Evidentemente i nostri toni
di voce erano stati troppo alti dato Mel cominciò a
piangere. Prima che anche
Alec cominciasse a frignare,mi precipitai sulla culla e la presi in
braccio.
Rimasi a cullarla a lungo mentre Jacob si stufò in
fretta di cullare Alec. Lo ripose delicatamente tra le braccia di Rose
e poi si
sedette vicino a me, sul divano.
Mi tempestò di domande. Voleva sapere tutto. Come
stessi, se mi trovassi bene, come andassero gli esami… Io,
un po’ in
soggezione, cercavo di rispondergli in modo da non urtare i suoi
sentimenti.
Mentre parlavo lo vidi dilatare le narici e stringere
i pugni. Le mani gli tremavano leggermente.
Impaurita, strinsi la bambina al mio petto e mi alzai
di scatto. Un attimo dopo Carlisle mi fu vicino, tenendomi le mani
sulle
spalle, quasi fosse pronto a portarmi via all’istante.
Parlò con voce
rassicurante e calma: < Jacob, controllati.
L’importante è non lasciarsi
trasportare da sentimenti tumultuosi. Non fare cose di cui potresti
pentirti.
> Jake respirò a fondo un paio di volte prima di
distendere le dita le cui
nocche erano diventate bianche.
Mi voltai per cercare Edward con lo sguardo ma non lo
vidi. In compenso però mi accorsi che Alice mi stava venendo
incontro. Facendo
attenzione alla bambina, mi abbracciò stretta. Aveva
percorso la stanza
talmente velocemente che non l’avevo quasi vista.
< Oh Bella, ero tanto in pena… da quando sono "ceca"
sono così ansiosa... > Avrei voluto
accarezzarla per tranquillizzarla ma non potevo a causa della piccola
creatura che proteggevo tra le
braccia.
Da dietro la sua spalla
però vidi un bagliore brillare
nella penombra del sottoscala. Due occhi rossi mi scrutavano.
Alec…
Mi mancò il respiro e
sentii le ginocchia tremarmi.
Alice probabilmente se ne accorse e mi sorrise,
poggiando le sue braccia sotto le mie ed impedendo alla bambina di
cadere. Me
la sfilò gentilmente dalle braccia in silenzio scostandosi
leggermente verso il
muro.
Non so cosa mi spinse a comportarmi
in quel modo. C’era
Edward a pochi metri da me. Era mio marito. L’uomo, o meglio
il vampiro, che
avevo baciato con passione la sera prima. Colui che sognavo ed amavo,
che mi
aveva stretto la mano mentre partorivo. Il padre dei miei figli.
Eppure, in quel momento, il mio
cervello si scollegò
totalmente e la mia volontà venne relegata in un piccolo
angolo della mia
mente. L’istinto prese il sopravvento.
In un attimo cominciai a correre.
Sentii i capelli
svolazzare intorno alla mia testa per qualche istante mentre correvo
Alec. Vidi
lo sguardo stupido di Jacob, quello addolorato di Esme, quello
sconvolto di
Jasper, quello addolorato di Edward. Li vidi, ma non li registrai.
Erano solo
immagini sfocate che mi corsero di fianco mentre mi precipitavo da
Alec. Mi gettai
tra le sue braccia aperte e lui mi strinse a sé, immergendo
la testa tra i miei
capelli morbidi. Sentivo le sue braccia fredde intorno alle mie spalle.
Era leggermente più
basso di Edward e il suo volto era
solo pochi centimetri più in alto del mio.
Se mi mettevo sulle punte dei piedi, i nostri occhi si
trovavano alla stessa altezza.
Mi resi conto di star piangendo quando sentii la
camicia di Alec bagnata sotto il mio viso. Mi stava cullando
lentamente,
accarezzandomi i capelli.
< Su, su, non fare così. > Mi
sussurrò.
Alzai lo sguardo ed incontrai i suoi inquietanti ed affascinanti occhi
rossi.
< Alec, ero così
preoccupata per te. In tutto
questo tempo non ti sei mai fatto vivo. Avevo paura che ti fosse
successo
qualcosa. Quando ho saputo che saresti venuto, quasi non credevo alle
mie
orecchie. Dovevo vederti per credere alle parole di Alice. Non ci hai
neanche
telefonato. Tutto basato solo su una visione… ti rendi
conto? >
< Scusami Bella, davvero. > Mi sussurrò
accarezzandomi i capelli. < Sarebbe stato pericoloso. Sapevo che
Jane mi
stava cercando… >
Edward nel frattempo mi era venuto vicino. Con un
gesto marcatamente possessivo che però al momento non notai,
mi mise un braccio
intorno alla vita. Mi appoggiai al suo petto e con un braccio gli cinsi
il
collo, quasi ad aggrapparmi a lui. Sentivo ancora le gambe tremanti.
Edward
annuii impercettibilmente ad una domanda inespressa ed Alec
proseguì: < Ci
siamo incontrati, un anno ed otto mesi fa. Abbiamo girovagato insieme
per un po’…
lei è in lutto e ho cercato di starle vicino… era
davvero disperata. Un anno fa
però mi ha confessato di voler tornare a Volterra.
È partita quattro mesi fa. Sono
venuto qui quando sono stato certo che nessuno fosse sulle mie tracce.
Sai,
sono diventato un nomade abbastanza sfuggevole. > Mi
sussurrò sorridendomi. Aveva
calibrato ogni parola per non turbarmi. Lo osservai attentamente
attraverso il
velo di lacrime. Era ordinato,lavato, profumato. La camicia era pulita
sebbene
lisa in certi punti. Mi asciugai gli occhi con il dorso della mano e
sussurrai:
< Scusami. È colpa degli ormoni… >
Ed Edward mi strinse di più a sé,
accarezzandomi la fronte con un bacio.
Alec sorrise e poi disse: < Sì, ho saputo che eri
in dolce attesa… è andato tutto bene? Come
stai?> e mi accarezzò la guancia.
Questa volta fu Edward a parlare.
La voce non tradiva
alcuna emozione particolare, eccezion fatta per l’amore nei
miei confronti e
nei confronti dei nostri bambini. < Sì. Bella ha
partorito due settimane fa.
Una femminuccia ed un maschietto. Li abbiamo chiamati Melanie ed Alec.
>
Il vampiro davanti a me fece
un’espressione
buffissima, misto di vergogna, orgoglio, stupore e felicità.
Edward aggiunse:
< In realtà, il bambino ha un nome piuttosto
lungo… Alec Anthony Thomas. Alec,
in tuo onore. Bella ci teneva tanto. Ti è estremamente grata
per il tuo aiuto. Proprio
come tutti noi. Anthony è il mio secondo nome mentre Thomas
piaceva a Bella. Mel
invece è l’acronimo delle iniziali dei secondi
nomi di mia madre e delle mie
sorelle. Mary Elena e Lilian… >
< Mh… complicati come sempre. > Fece Jacob
ironico, parlando per la prima volta dall’arrivo di Alec.
Alec lo studiò per un secondo e poi sussurrò a
Jasper:
< Allora era vero… credevo che mi steste prendendo in
giro. Incredibile… non
era una leggenda… >
Jake rise. < Potrei dire la stessa cosa dei vampiri…
> al che anche Alec
sorrise, sciogliendo l’atmosfera di ghiaccio che si era
venuta a creare.
In quel momento Liz si sporse da
dietro la gonna di
Rose. Le si vedeva solo la testa. Quando si accorse che il vampiro
dagli
scintillanti ed inquietanti occhi rossi la stava fissando,
tornò a ripararsi
dietro Rose.
< Eih piccolina, sei cresciuta dall’ultima volta.
>
Le disse gentile.
Lei, imbarazzata,
arrossì. Quando lo ebbe guardò in faccia,
tremò appena e bisbigliò: <
Mammi… > E la
sua era come una richiesta di aiuto. Io andai verso di lei. Quando fui
abbastanza vicina,Liz, imbarazzata, corse verso di me ed io la presi in
braccio. Si nascose tra i miei capelli.
< Liz, ti voglio presentare
una persona che dobbiamo
ringraziare tanto tanto… >
Scusatemi
se sono restata lontano
da EFP per un po’…
Non
è dipeso dalla mia volontà…
Non potrò postare con molta
regolarità per un po’ di tempo dato che ho da
recuperare dei compiti in classe.
Sono stata assente una settimana e pare che tutti abbiano deciso di
fare
verifiche mentre non c’ero…
Ho avuto dei problemi a casa e sono
dovuta pure partire… ero a 360 km
dal mio pc…
Però la famiglia viene prima di
tutto… anche della scuola. (Vaglielo a dire ai prof!!! Ho
saltato la
simulazione di terza prova. Temo che mi uccideranno. Nel caso, la
storia
finisce così: ………..…
XXXXXXXXXXXXXXXXXXX )
Spero
che i prof non mi uccidano:
perché
sono troppo giovane per morire
la mia
vita non è abbastanza soddisfacente per chiuderla qui. Non
mi sono divertita per niente.
non
posso aver scritto delle seratine piccanti dei nostri due sposini
preferiti e poi non aver sperimentato niente di ciò di cui
ho scritto.
voi
non sapreste come va a finire la storia. (e non sorridete. Non
è detto che sia il lieto fine che sperate. Le due ragazze a
cui l’ho raccontato, sono rimaste con le
lacrimucce…)
non
potrei vedere i miei prof andare in galera. È ciò
che aspetto da una vita… me lo perderei…
(a
parte gli scherzi, ho davvero
una paura tremenda)
Comunque,
questo capitolo è stato
cominciato circa un mese fa ma finito solo ieri. Mi scuso per eventuali
cambiamenti di stile o passaggi troppo bruschi.
Il prossimo aggiornamento è
previsto in linea di massima per lunedì pomeriggio. Spero
che non mi cada in
testa una tegola mentre vado a scuola domani… (oltre al
danno, anche la beffa)
anche se ciò non mi stupirebbe più di
tanto…
Ora vi lascio a questo capitolo.
Il titolo, mentre scrivo queste
righe, non l’ho ancora deciso.
Non sonomolto in
vena creativa. Questo mese mi ha
proprio sfiancata. Mi sento esausta…
Adesso mi inventerò qualcosa, spero
sia carino.
Un bacio a tutte. Grazie per i
vostri commenti e il vostro incoraggiamento. Erika
A mia Nonna che, dopo tanto tempo,
è tronata a casa dalla sua famiglia...
Bella’s POV
<
Liz, dai, non fare così, non nasconderti. >
Mentre parlava, Edward le carezzava
gentilmente la
schiena, per farle coraggio.
Nostra figlia però non si tranquillizzò. Si
rannicchiò
tra le mie braccia e cominciò a lagnarsi.
Mi stringeva convulsamente la maglietta e non osava
alzare lo sguardo.
Alla fine mi strinsi nelle spalle e, con un’occhiata
di scuse rivolta ad Alec, andai a sedermi sul divano.
Allontanai Liz dal mio petto e la misi sulle mie
ginocchia. Fissandola negli occhi, le carezzai la guancia. <
Amore, non fare
così. Non devi vere paura. >
Le sistemai una ciocca di capelli rossi dietro
l’orecchio e poi le diedi un bacio sulla fronte.
Lei in quel momento mi gettò le braccia al collo e,
stringendomi forte, mi sussurrò: <Mammi, ti prego,
non andare via. >
Edward, avendola sentita, si sedette al mio fianco e
le carezzò i capelli.
Si piegò in avanti e le sussurrò
all’orecchio: < La
mamma non andrà da nessuna parte. Te lo prometto. >
Con delicatezza Edward la costrinse ad aprire i pugni
e a sciogliere la presa intorno al mio collo.
Con un movimento leggero e veloce la prese in braccio
e se la strinse al petto.
Alec si era avvicinato e Liz, quando se ne fu accorta,
si nascose tra le braccia di Edward, rantolando per la paura.
Bisbigliò al padre: < Papà, mi fa
paura… gli occhi…
>
Alec, che aveva teso la mano come per confortarla, la
ritrasse lentamente, addolorato.
< Alec, devi scusarla. Liz non è abituata agli
estranei. E poi, lei è un po’ speciale…
non è come gli altri bambini… è
estremamente perspicace. Sa perfettamente che io, lei e i suoi
fratellini siamo
diversi da… voi. Ovviamente, non sa il perché.
Capisce le cose a prima vista.
>
Gli occhi rossi di Alec scintillarono per un attimo e
nella sua espressione c’era più di quanto potesse
esprimere a parole.
Mi resi conto in quell’istante di come Edward mi
tenesse un braccio poggiato intorno alle spalle.
Io gli tenevo la mano. L’avevo afferrata
inconsapevolmente,abituataal
contatto
con la pelle gelida di mio marito. Per entrambi erano dei gesti
naturali,
spontanei…
Eppure, notai come Edward avesse assunto un
atteggiamento possessivo. La stretta intorno alle spalle era decisa,
ferma…
quasi non volesse permettermi di muovermi.
Con le dita giocherellava con i
miei capelli mentre
Liz gli stava attaccata e non dava segno di volersi allontanare.
Riconobbi lo sguardo di Alec. Era
lo stesso che aveva
avuto Jacob quando gli avevo detto che mi sarei sposata… o
meglio, che aveva
quando era tornato da me alla tenda, il giorno della battaglia contro
Victoria…
Lo sguardo di chi ha davanti agli occhi la verità.
La sofferenza di chi si rende conto che non potrà
stare con la persona che ama.
Lo stesso sguardo che avevo visto nel mio riflesso
nello specchio, il primo giorno nella mia prigione sotterranea a
Volterra.
Mi sentii a disagio ed abbassai lo sguardo, fissandomi
le ginocchia. La mia mano sinistra era intrecciata a quella di Edward
il cui
braccio sinistro era ancora intorno alle mie spalle, e quella destra
poggiata
sul ginocchio. Avevo stretto tra le dita la stoffa del mio pigiama. Mi
stavo
tormentando il labbro con i denti.
Edward smise di giocare immediatamente con i miei
capelli e poggiò la sua mano destra sulla mia.
< Cosa c’è tesoro, tutto a posto? Non ti
senti
bene? Se vuoi andare a riposarti per un po’…
>
Voltai lo sguardo verso di lui e sentii gli occhi
umidi.
Sapevo quanto fosse doloroso essere rifiutati.
Quando Edward mi lasciò, quando ero convinta che non mi
amasse più, mi ero
sentita svuotata, inutile, terribilmente sola…
Era così che si sentiva Alec? E Jacob?
Ma forse vedere la persona che ami con un altro, forse,
è ancora peggio.
Se possibile Alec e Jacob
soffrivano persino più di
quanto non avessi sofferto io, nei sei mesi più bui della
mia esistenza.
Vedere la donna che ami tra le
braccia di un altro deve
essere atroce. Si è combattuti, lacerati dai propri
sentimenti...
La vedi felice ed in fondo è questo tutto ciò che
vuoi
per chi ami, che sia contenta…
Ma non sei tu a renderla felice, non è con te che
condivide la propria gioia…
Guardando chi ami tra le braccia di un’altra persona,
soffri. Irrimediabilmente soffri.
Vedi tutto quello che tu non potrai mai avere. Vedi
tutto ciò che vorresti dalla vita.
Vedi tutto ciò che vorresti offrirle ma non è con
te
che lei vuole condividere la vita, e non sarai tu a stringerla tra le
braccia.
E questo, irrimediabilmente, ti fa soffrire…
Perché il sorriso di chi ami non è per te. Non
è il
tuo collo che le sue labbra lambiranno, non sono le tue le mani che
stringerà,
non sono i tuoi i capelli che accarezzerà.
Non sei tu che sognerà, non è a te che
penserà, non
sarai tu che desidererà…
Non sarà il tuo il nome che invocherà nella
notte,
nella intimità delle lenzuola.
Non sei tu la persona a cui dirà “Ti amo mentre
farà
l’amore…
Non ansimerà chiamando te quando, esausta, si
adagerà
tra i cuscini…
Non sarà grazie a te che il suo grembo
racchiuderà una
nuova vita.
Non sono tuoi i figli che stringe tra le braccia, che
allatta al suo seno. Non sei tu che chiameranno
Papà…
Non sei tu, e non potrai mai esserlo.
Ecco cosa vedevano Jacob e Alec.
Vedevano me, amavano me, ma il loro amore non era
stato accettato.
Gli era stato lanciato indietro, respinto, rifiutato.
Ed ora erano costretti a vedere tutto ciò che a loro
veniva negato.
Che io avevo negato loro.
Mostrare loro Elizabeth che, tra le
braccia di Edward,
mi chiamava mamma mentre i suoi capelli e quelli di suo padre, di egual
colore,
si confondevano in un abbraccio carico di sentimenti, era come un
ribadire che
io ormai ero troppo lontana da loro per poter ripensare alle mie
scelte.
Li avevo respinti…
Eppure, nonostante questo, loro erano tornati.
Erano tornati da me a costo di dover subire la
sofferenza che io imponevo loro.
Erano tornati per starmi vicino.
Perché, in un’accezione diversa dalla loro, li
amavo.
Volevo loro bene come a dei fratelli.
Ma loro potevano rassegnarsi a questo?
Potevo loro chiedere di accontentarsi?
Sentii gli occhi bagnarsi mentre i
pensieri fluivano
veloci e confusi nella mia mente.
< Isabella? > Mi chiese Alec preoccupato mentre
osservava un po’ confuso.
Edward, intuendo che volevo alzarmi, levò il braccio
dalla mia spalla. Si sistemò Liz tra le braccia e poi mi
guardò in volto: <
Bella, credo che forse dovresti andare a riposare. I bambini ti stanno
davvero
tenendo sempre sveglia… sei un po’ tesa,
stressata. >
Cercai di concentrarmi sul tono rassicurante. Volevo
evitare di scoppiare a piangere davanti ad Edward, Jake ed Alec.
Mi alzai sistemandomi un po’ il pigiama con sguardo
fisso al pavimento. Cercavo di sviare gli occhi rossi che mi
squadravano.
Annuii ad Edward e cominciai ad allontanarmi.
Poi
tutto accade nel giro di pochi istanti. < Non
andartene >
disse quello che per me era un fratello, nonostante gli
inquietanti occhi rossi...
Alec però mi
afferrò il gomito per non farmi andare via.
Edward ringhiò con forza.
Sentii il suono cupo e profondo nascergli dal petto.
Al che Jake, in una falcata, attraversò la stanza in
un secondo e afferrò le spalle di Alec. Gli tremavano le
mani.
Liz, terrorizzata, non sapeva cosa fare. Non era
abituata a vedere il padre adirato.
Era la prima volta che lo sentiva ringhiare per
davvero.
Quello non era un gioco.
Edward non stava facendo il cretino rotolandosi sul
tappeto della sala con lei tra le braccia come faceva di solito, quando
giocava
con lei.
I ringhi a cui era abituata erano scherzosi, dolci.
Questa volta quel ringhio era violento, irato,
aggressivo…
Liz rimase come paralizzata per alcuni istanti poi
scoppiò a piangere e cercò di allontanarsi da
Edward che la teneva stretta al
petto, come se tentasse di proteggerla.
La paura le mozzava il respiro e si
era fatta rossa in
volta.
Carlisle, che discretamente era
restato nella stanza
attigua a controllarci, lentamente camminò verso di noi. Con
tono pacato disse:
< Calma… calma. Non è successo niente.
>
La stretta di Alec stava cominciando a farmi male dato
che era troppo forte sul mio debole braccio umano. Sentivo il sangue
che non
riusciva a fluire come avrebbe dovuto e le dita della mano si stavano
intorpidendo.
< Alec, lascia andare Bella… Jake, non infastidire
Alec… e tu Edward, credo che Liz voglia scendere. >
Edward parve rinsavire. Abbassò lo sguardo su nostra
figlia che continuava a singhiozzare stretta nella morsa marmorea delle
sue
braccia.
Vidi il dolore dipingersi sul suo
volto perfetto.
Questa era una delle cose che
più lo angosciava… che
potesse far del male a me o ai nostri figli, far paura ai bambini,
perdere la
loro fiducia…
La lasciò andare e la bambina scese velocemente dalle
sue ginocchia. Rimase immobile un secondo.
Mi osservò. Voleva venire da me ma vide Alec che
ancora mi teneva il braccio.
Si ritrasse con un sussulto e poi si voltò, per correre
via. La vidi salire le scale e sparire nel corridoio luminoso.
Anche le mie sorde orecchie umane percepirono la porta
sbattere dietro di lei. Stava piangendo.
< Alec, lasciala andare. > Ordinò Edward
perentorio dopo essersi alzato in piedi.
Alec immediatamente lasciò la presa e fece scivolare
la mano lungo il suo fianco. Con un sussulto, mi afferrai il gomito e
me lo
massaggiai assente. Quasi subito le mani di Edward sostituirono le mie
nel
massaggiarmi il braccio.
Carlisle sfiorò la spalla di Edward e poi disse: <
Edward, Jake… non è il caso che reagiate
così. Non è successo niente. >
Jake sbuffò ed Edward
digrignò i denti. Alec,
sentendosi in minoranza, arretrò di un passo.
Mi sentii in dovere di difendere
quello che per me era
un amico molto caro: < Alec, sei mio ospite. Non preoccuparti.
Loro non
capiscono. Soprattutto Jake… Per te non è
immediato come per loro stare con me.
Ma io ti conosco… so che non volevi farmi niente. >
Gli sorrisi ed Edward borbottò qualcosa che mi
suonò
come un “non vedi cosa pensa…”
Mi voltai e lo ripresi con lo sguardo.
< Mi dispiace di aver spaventato la tua bambina. È
cresciuta molto dall’ultima volta che l’ho vista.
Ti assomiglia. È splendida.
>
Mi sentii arrossire. < Dai Alec, è troppo giovane
per te. > Lo presi in giro.
Mi accorsi di aver detto la cosa sbagliata. Edward non
parve gradire la mia battuta.
< Bella, non mettergli strane idee in testa. >
mi disse con tono stranamente duro.
Mi voltai verso di lui e lessi anche sul suo volto lo
stesso dolore che avevo visto negli occhi di Jake ed Alec pochi minuti
prima.
Stavo facendo soffrire anche lui.
Gli accarezzai la guancia. < Stavo scherzando. >
Mi afferrò il polso
impedendomi di muovermi e,
lasciandomi letteralmente paralizzata, si chinò sul mio
viso. Le sue labbra
assalirono le mie con impeto stranamente
violento. Erano decise, possessive.
Con un gesto repentino mi ritrassi e provai l’impulso
di schiaffeggiarlo.
< Edward. Piantala. Non haibisogno di ribadire ancora una volta che sono
tua moglie! penso che ormai l’abbiano capito! > gli
urlai buttandogli
addosso tutti i miei pensieri di prima.
Sentii Emmett ridacchiare nella camera affianco.
Irata, me ne andai dalla stanza, lasciando i due vampiri e il
licantropo a
guardarsi in cagnesco.
In sala, Alice stava seduta nella
poltrona. Sfogliava
svogliata una rivista di moda con sguardo distratto. Un sorrisetto
stampato
sulle sue labbra sottili.
< siete meglio di una soap
opera. E oltretutto,
visto che c’è anche Jacob nel cast, niente
spoiler. Per la prima volta non mi rovinerò
il finale. >
La fulminai con lo sguardo. < Dai, scherzo. Il
finale lo so. Tu ed Edward fra due settimane ricomincerete a mandarci a
caccia
una notte sì e l’altra pure. Giusto il tempo
perché Carlisle ti dica che è
tutto a posto. E poi, Edward lo conosci… non ti
toccherà finché Carlisle non lo
rassicurerà che i punti che ti ha dato siano ormai guariti.
>
Le passai vicino e lei alzò lo sguardo. < Dai
Bella, non prendertela. Edward è solo pazzamente innamorato.
Teme così tanto di
perderti… >
< Fobie inutili. > sussurrai a mezza voce. Mi
guardai intorno. Sospirai e poi dissi: < Vado da Liz. Non voglio
che abbia
paura. >
Alice, con fare piuttosto naturale, abbassò la rivista
e mi informò: < Si riprenderà presto.
Anche se questa notte temo che Edward
dovrà dormire sul divano. Vuole stare con te nel lettone.
>
< Grazie Alice > bisbigliai salendo le scale.
Bussai ma Liz non mi rispose. Abbassai la maniglia e, lentamente,
entrai. Liz
era sdraiata a pancia in giù sul lettino. La testa nascosta
sotto il cuscino.
Mi inginocchiai vicino a lei e le
carezzai gentilmente
la schiena. Le presi la mano combattendo contro le sue dita contratte e
strette
sulla federa.Ne
baciai il dorso liscio
e pallido prima di chinarmi e sussurrarle: < Liz,
tesoro… non fare così.
>
< Papà è arrabbiato con me! >
Pianse girandosi e
rannicchiandosi tra le mie braccia. Poggiò il capo sul mio
seno e si portò le
ginocchia al petto. La cullai. < No… Il
papà ti vuole bene e non potrebbe
mai essere arrabbiato con te. Stava “discutendo”
con i miei amici. > Cercai
di spiegarle mentre le carezzavo la fronte. Mi ero seduta per terra e
le
baciavo i capelli.
Quando si fu calmata, le bisbigliali: < Liz, non
devi aver paura dei miei amici. >
< Geke... Quello gande non mi fa paura. > mi
confessò
stringendo le sue manine sottili intorno alle mia dita. Beh, Jake ne
sarebbe
stato contento…
< Ma quello che sci chiama come Alec… lui ha degli
occhi che fanno tanta paura. >
< Non preoccuparti. Lui ci vuole bene. > Mi
alzai la manica sinistra e le mostrai le cicatrici. < Ti ricordi
quando ti
ho spiegato che papà ci sarà sempre per
proteggerci? Quando mi sono fatta male
e il papà non era potuto venire subito ad aiutarmi e tu eri
ancora nella mia
pancia? In quel momento mi ha aiutato Alec. È una brava
persona… E adesso smetti
di piangere, se no poi il papà si sente in triste. >
Le asciugai la faccia e lasciai che mi abbracciasse
prima di alzarmi e prenderla per mano.
Quando tornammo dagli altri Liz era
tranquilla. Edward
ci stava aspettando sorridente seduto al pianoforte.
Suonava dolcemente una melodia che a nostra figlia
piaceva molto. Le strinsi la mano prima di lasciarla andare. Lei mi
guardò per
un attimo prima di correre da Edward che la prese e se la mise sulle
ginocchia,
suonando con una mano sola.
Jake era intento a parlare con
Emmett di macchine
sportive sfogliando un catalogo. Alice e Rose stavano decidendo cosa
comprare
ad Esme e Carlisle per il loro anniversario. Loro due intanto si
stavano
occupando dei gemelli che non parevano aver voglia di dormire. Non vidi
né Alec
né Jasper. Un po’ spaesata, mi guardai intorno.
Dato che Alice era tranquilla,
non poteva esser successo nulla di brutto. < Edward, dove sono
Jasper e
Alec? > Domandai innocentemente.
Lui si voltò e con un mezzo sorriso mi sussurrò:
<
Non sei brava a recitare. Comunque, sono in giardino. Stanno discutendo
di
strategie… pare che sia un argomento che interessa ad
entrambi. >
Mentre parlava, Edward continuava a suonare. In quel
momento, Esme mi venne vicino con Mel tra le braccia. La piccola era
sveglia ma
se ne stava silenziosa a fissare la nonna. < Bella, mi daresti
una mano in
cucina? > Porsi le braccia e presi Mel in braccio. <
Certo. Arrivo. >
dissi prima di baciare la bambina sulla fronte. La posai nella culla e
poi
raggiunsi mia suocera.
Era strano cucinare per tre. Anzi, per cinque… Jacob
ogni volta che veniva a trovarci mangiava l’equivlente di
quanto io mangiassi
in tre giorni…
Preparai a Liz una pastina e poi della carne. Per me e
Jake, Esme preparò come al solito le sue prelibatezze.
Cucinare le piaceva.
Aprii il frigo per prendere la bistecchina di pollo e vidi che un
intero
ripiano, tra la verdura e i formaggi, era occupato da una torta
gigante. Esme,
senza smettere di triturare il prezzemolo e senza voltare per fissarmi,
mi
informò: < Alice questa notte si annoiava. >
Alzai gli occhi al cielo ed ebbi la
tentazione di
assaggiarne un po’ con la punta del dito. Pensai al fatto che
avessi ancora
addosso i chili della gravidanza e ci ripensai.
In pochi minuti il pranzo di Liz fu
pronto ed Edward la
portò in cucina. Sul suo seggiolone, dovemmo implorarla per
farle mangiare il
primo. Il secondo invece lo gradì di più.
Quando appoggiai la forchetta nel piatto lei mi fissò
a bocca spalancata. Esme trattenne un risolino mentre andava a prendere
alcuni ingredienti
nella dispensa.
< Ne vuoi ancora? > chiesi a mia figlia con voce
dolce.
Scosse la testa. La guardai confusa e le chiesi: <
Vuoi qualcos’altro? >
Annuì. < Senti, se fai così, io me ne
vado. Dimmi
cosa vuoi… >
Liz chiuse immediatamente la bocca e mi fissò
contrariata.
Incrociò le braccia e sussurrò: < Mamma.
Io voglio
la tota! >
< Edward, vieni qui. Tua figlia fa i capricci. >
Dissi alzandomi. Lei mi afferrò la maglietta.
Le carezzai la testa. < Liz, aspetta più tardi. Ti
chiamo quando io e Jake avremo finito di mangiare. Ora magari vai a
giocare.
Perché non fai un bel disegno? >
Edward la prese dal seggiolone e la mise in piedi.
< Dai, fai un bel disegno per la mamma e per il papà.
> Le disse
infilandole in mano un pezzetto di cioccolato. Quando si
voltò verso di me, mi
trovò con le braccia incrociate e lo sguardo contrariato. Si
avvicinò e usando
la sua voce seducente mi sussurrò all’orecchio:
< Eddai, non fare così. Devo
pur viziarla un pochino… è una delle donne
più importanti della mia vita. >
Lasciandomi avvolgere dalle sue
braccia, gli feci
notare che in quel modo mi faceva ingelosire lui mi chiese: <
Come ti senti?
> Poi corse con le dita dalla mia spalla al mio orecchio. Poi da
lì scese di
nuovo spingendosi più in basso. Raggiunse le costole e poi
il bacino. A quel
punto le fece scorrere lungo la mia spina dorsale. Insinuandosi sotto
la mia
maglietta e facendomi fremere al contatto con la sua pelle gelida, mi
baciò con
ardore. Sentii una sua mano sostenermi la testa infilando le dita tra i
miei
capelli. Mi sentivo tutta scombussolata e provai l’istinto di
avvicinarmi di
più a lui. I nostri corpi erano l’uno appoggiato
all’altro.
Le sue labbra abbandonarono le mie
per un istante e
sentii il suo respiro gelato passare sulla pellle sottile del mio
collo. Se te
la senti… magari questa notte potremmo… >
La proposta era allettante… il mio corpo si era
completamente scollegato dal cervello e non ero più padrona
di me stessa. In
quel momento però entrò Esme e con voce severa
ammonnì Edward. <
Edward, potete evitare di peccare di lussuria sul
tavolo della cucina? È un pezzo antico che ho fatto fatica a
trovare… non
vorrei che vi faceste prendere da troppa passione. E poi, è
una puerpera.
Lasciale il tempo per riprendersi. Stai diventando come Emmett. >
Arrossii immediatamente. Possibile
che Edward non
l’avesse sentita arrivare? Insomma, non era una posizione
molto casta…
E ancora con questa storia della puerpera… stava
cominciando a darmi sui nervi l’idea che i miei suoceri
fossero così attenti
alla mia salute. Controvoglia mi allontanai da Edward.
Lui si chinò e mi sussurrò
all’orecchio: < Appena
te la senti, fammi sapere. Non importa cosa dicono… devi
essere tu ad essere
pronta. E poi, non dobbiamo necessariamente… >
E poi mi baciò la scapola. Le sue labbra sfiorarono
nuovamente il mio orecchio e disse: < E se loro non ci lasciano
la casa
libera, ho trovato un posticino che ti piacerebbe molto… un
prato molto
romantico. >
Appoggiai le mani sul suo petto e, arrossendo, cercai
di darmi un contegno.
< Edward, sei una tentazione atroce. Comunque,
adesso andiamo di là, altrimenti Emmett non la
smetterà mai di prendermi in
giro… e poi, non voglio che Jake o Alec siano costretti a
sentire… certe cose…
>
Rise dolcemente abbracciandomi.
Lo sentii borbottare qualcosa riguardo al fatto che
non riuscivo a sentire i pensieri degli altri.
In un giorno era già la
seconda volta che lo sentivo
commentare le mie parole in quel modo…
Arrossii di vergogna al pensiero di
cosa Edward
vedesse nelle menti dei miei ospiti.
Lo presi per mano e in silenzio lo portai in sala.
Come mi aspettavamo, Emmett sorrideva con l’aria di
chi la sapeva lunga.
Rosalie, china sui gemellini, cercava di nascondere un
sorrisetto.
Ecco, come pensavo, ci avevano sentito…
Pazienza…
In fondo, mi incuriosiva parecchio
il prato di cui mi
aveva parlato Edward.
Capitolo 53 *** Uno scusa chiesto con un mazzo di fiori... ***
Eccomi tornata!
Il ritardo nel postare è stato determinato da una scuola
terribilmente crudele. Ho dovuto recuperare tutti i compiti in classe
fatti
mentre non ero a Milano. In realtà ci sarebbe ancora fisica,
ma a quella non
voglio nemmeno pensare!
Inoltre, ho subito un ingiusto sequestro di computer. Per par-conticio
mia madre, avendolo tolto a mia sorella per punirla, mi ha impedito di
usare il
mio dicendo che non dovevo fare invidia a Olga…
Grr…
Vabbè, per ora vi lascio al cap e corro a scrivere il
prossimo, prima di studiare un po’ Leopardi.
Settimana prossima sono i vacanza e quindi avrò
più tempo
per preparare il gran finale.
A presto e grazie per i commenti bellissimi! Spero di
riceverne sempre di così belli!
Ciao! Erika
Bella’s POV
<
Bella, vedo che certi vizi non passano mai! > mi disse
Emmett per prendermi in giro.
<
Già… come ad esempio quello di origliare, vero
Emmett?
> ribattei con un sorriso malizioso.
Rimase
in silenzio per qualche secondo poi, come se stesse per
dire qualcosa di molto, molto pesante, si avvicinò. Edward
fu quasi invisibile
tanto fu veloce. Si voltò verso di lui, alzò un
dito in segno di monito e poi
sillabò: R.O.S.A.L.I.E.
Evidentemente,
il mio fratellone aveva qualcosa da nascondere
dato che si fermò immediatamente, la frase cattiva e
irrispettosa sulla mia
vita sessuale gelata sulle sue labbra.
Edward
mi cinse il bacino con il braccio e mi condusse verso
il tavolo apparecchiato. Ci sedemmo e Jake, seduto davanti a me,
sorrise.
Edward prendeva posto a tavola anche se, ovviamente, non toccava mai
cibo. Lo
faceva solo per farmi contenta, tenermi compagnia. Se non ci fosse
stato lui,
avrei dovuto mangiare da sola ogni volta. Quando Liz doveva mangiare,
la
dovevamo ancora imboccare, non perché non fosse capace di
farlo da sola, ma
perché le piaceva essere coccolata.
Sentii dei passetti veloci e mia figlia si aggrappò alla
maniglia della porta,
aprendola.
Quando ci vide, sorrise e corse verso di noi. Edward se la mise sulle
ginocchia
e le accarezzò i capelli. Lei gli posò le manine
sulle guance e sussurrò: <
Tota!!! >
< Quando avranno finito, arriverà la torta, ma devi
aspettare. E non fare
quella faccia. Non riuscirai a commuovermi. > le rispose
sfiorandole il
nasino. La fece scendere e le promise, facendo aderire la sua mano al
capo di
Liz coronato di folti capelli rossi, che l’avrebbe chiamata
non appena fosse
stato il momento della torta.
Lei
annuì e poi corse da Emmett. Si aggrappò ai suoi
pantaloni
e gli chiese di andare a giocare in giardino con lui. Era felice. Suo
zio la
prese in braccio e, con una risata fragorosa, se la portò
nel garage dove le
stava costruendo una casetta in legno. Lei adorava guardarlo,
spiegandole cosa
desiderasse. Avevo faticato a convincere Emmett che non doveva seguire
alla lettera
le istruzioni di Liz. Non mi pareva opportuno che la sua casetta di
legno fosse
più grande della casa in cui vivevamo. Insomma, non doveva
costruirle un
castello…
Cominciai a sgranocchiare qualche grissino e poi mi diedi alla pazza
gioia. Il
primo era squisito e il secondo non era da meno. Come previsto, Jake
mangiò
tantissimo. Fu divertente vedere come Esme gradisse tanto apprezzamento
verso
la sua cucina.
Alec e Jasper, nel giardino, passarono davanti alla finestra. Erano
coinvolti
in una fitta conversazione.
Non mi stupii quando, a metà del secondo, Edward
alzò gli occhi al cielo.
Voltai sconsolata il capo verso di lui che mi accarezzò la
guancia. < Che
c’è? > gli chiesi sconfortata.
Mi
baciò la fronte e si alzò in piedi. < Mel
si sta
svegliando. Vado a prenderla prima che svegli Alec. >
Gli
presi la mano prima che si allontanasse troppo e lo
implorai di rimanere. Gli dissi: < lascia che piangano. Resta
qui. > Lui
mi baciò il dorso della mano e poi ridacchiò.
< Non potrei mai. lo sai… >
sbuffai e tornai al mio piatto. Con la forchetta cominciai a tormentare
le
patate. Sentii Jake ridacchiare e alzai lo sguardo. Lui mi sorrideva.
Con gli
occhi ridotti a due fessure, lo fissai circospetta. Come per scusarsi,
mi
confessò: < Siete proprio fuori voi due.
Così affiatati. > ma colsi una
nota di risentimento nelle sue parole. < Oh Jake…
>
< Ehi, non piangere. Non ti ci mettere anche tu! > cercai
di sorridere e
mi alzai in piedi per andare incontro ad Edward. Il pianto assordante
di Mel
aveva invaso le stanze di casa nostra. < Scusa Jake…
> gli dissi prima di
allontanarmi. Lui rispose gentilmente e si avventò sul bis
di carne.
Edward
camminava avanti ed indietro in sala, cullando la
bambina che teneva tra le braccia.
Mi avvicinai a lui che mi sorrise e mi diede un bacio veloce sul collo.
< Che cos’ha? >
< Fame? >
< Ma non è da molto che hanno mangiato…
>
< nostalgia? >
< Ma ha solo due settimane… >
< Le mancherà la calda e sicura pancia della sua
mamma… >
Ecco,
i miei ormoni tutti ormai confusi. Sentii le lacrime
salirmi e mi afferrai la maglietta all’altezza del ventre
piatto.
< Ehi? Ma che fai? > mi chiese terrorizzato. La mano
gelida corse lungo
la mia guancia, ansiosamente. < Non piangere… per
favore. Stavo solo
scherzando. Non dicevo sul serio. >
Mi passai la mano sugli occhi ed annuii. Mi abbracciò
cercando di consolarmi.
Mi accarezzò la guancia con mani fredde e ansiose.
< Lo so! > piagnucolai abbandonandomi a mio marito.
< Sono così
confusa… mi sento tutta stravolta! È colpa di
questi ormoni. >
Mi batté teneramente la mano sulla spalla e si
chinò a baciarmi la guancia.
< Non fare così. Vedrai che i bambini saranno
felicissimi da grandi e non
avranno problemi. Non preoccuparti per loro. >
Sentivo il dolore nelle sue parole. Alzai il capo dalla sua spalla e lo
fissai
negli occhi.
Gli accarezzai la guancia. < Che c’è?
c’è qualcosa che ti turba? > gli
domandai un po’ agitata.
< No, niente. Non preoccuparti. > mi disse distante,
stringendomi con
ardore.
Non del tutto convinta, mi allontanai leggermente da lui per fissarlo
meglio.
Era così bello…
< Perché sorridi? > mi domandò
leggermente sorpreso e con una punta di
compiacimento nella voce.
< Perché credo proprio di essere irrimediabilmente
innamorata di un vampiro
molto seducente. >
Gli confessai alzandomi sulla punta dei piedi e baciandogli il mento.
Piacevolmente sorpreso, sorrise e parve rasserenato.
Mel
nel frattempo si era riaddormentata e ora dormiva
tranquillamente tra le braccia del padre.
< Rimettila a letto, prima che si svegli di nuovo. >
< Agli ordini, signora. > e la sua voce ironica mi
sfiorò le orecchie
prima ancora che Edward svanisse lasciandosi alle spalle il suo dolce
profumo. Mi voltai e Jake mi venne incontro.
< Allora, la frignona si è finalmente decisa a
tornare a ronfare? >
Passandogli affianco, gli tirai uno scappellotto. Ovviamente, mi feci
male ma
non volli darlo a vedere… < Non ti permetto di
offendere la mia bambina.
>
< Era solo la fredda cronaca dei fatti, Bells. Le gravidanze ti
hanno
inacidita. Un po’ di spirito fa bene alla salute. Certo,
restare sempre chiusa
qui dentro non credo ti aiuti… > poi però,
notando la mia espressione, si mi
disse: < Scusa, non volevo farti sentire triste. Sono stato
inopportuno. Volevo
solo… farti ridere, come una volta… >
Stiracchiai un sorriso e Jake mi posò il braccio intorno
alle spalle.
< Oh, Jake… te l’ho già detto.
Non sono rinchiusa qui. Qualche volta
usciamo. Edward mi ha portato anche al cinema. Siamo stati al
ristorante, un
paio di volte… e mentre ero incinta siamo andati
all’ospedale. L’importante, è
essere discreti. > poi, per sdrammatizzare la situazione, feci
lo sguardo un
po’ monello che sapevo piacergli tanto e sussurrai:
< la parrucca rossa mi
sta d’incanto. > rise, ma solo per farmi piacere. Non
c’era gioia dipinta
sul suo viso. Non gli piaceva sapere che la mia libertà era
limitata. Quando ci
sentivamo per telefono, mi raccontava sempre di Forks, di La Push, del
branco…
io invece non avevo mai niente di interessante da dirgli. Durante la
gravidanza
mi sedevo sulla poltrona e, con il telefono appoggiato
all’orecchio, gli
raccontavo di come il pancione si fosse ingrossato, di come i piccoli
scalciassero, del fatto che l’ombelico sembrasse un
bottoncino e che Liz fosse
convinta che, schiacciandolo, sarebbero usciti i suoi
fratellini… Lui mi aveva
sempre ascoltato pazientemente e aveva cercato, per quanto possibile,
di essere
partecipe delle mie gioie e di allietare almeno un poco la mia
solitudine. Mi
abbracciò, come un fratello. Mi amava e, nonostante io non
potessi amarlo nello
stesso modo, lui continuava a volermi bene. A sostenermi. Mi strinse a
sé e mi
passò una mano tra i capelli. Sussurrava parole gentili ma
non sdolcinate. Era
in quel momento un amico, un fratello. Niente di più. Ma
avere qualcuno di così
caro, è un dono raro che all’epoca ancora non ero
in grado di apprezzare
appieno.
È
proprio vero che ci si rende conto del valore delle cose
solo quando queste ti vengono sottratte…
Mentre
Jake mi teneva stretta,fece il suo ingresso nella
stanza Carlisle. ci sorrise cordiale e tornò a controllare i
fogli che teneva
in mano. Pareva assorto.
Edward
apparve come un angelo. Il suo volto però era velato da
un’onbra di preoccupazione. Ne colsi solo un rapido
guizzò sul suo volto
perfetto. Scambiò un’occhiata fugace con Carlisle
che gli poggiò la mano sulla
spalla. Lo vidi indicargli la stanza attigua. Edward si ricompose in
appena un
istante e Jake non si accorse nemmeno dello scambio silenzioso di
battute tra
mio marito e mio suocero.
Edward mi sorrise prima di seguire il padre. Un po’
preoccupata mi separai da
Jake cercai di sbirciare nella stanza vicina.
Jake trattenne una risata ma poi mi afferrò la manica,
strattonandomi.
Irritata, mi voltai per dirgli di lasciarmi andare quando vidi che si
teneva un
dito premuto sulle labbra. Sembrava sorridere con gli occhi. Mi
indicò il
giardino. Alec stava sdraiato in silenzio sull’erba. Teneva
le braccia
incrociate dietro la schiena e sembrava sereno. Sorrideva al cielo
terso e la sua
pelle riluceva opaca, nascosta dagli abiti. Liz, lentamente, avanzava
verso di
lui. Teneva un braccio nascosto dietro la schiena. Alec
voltò il capo verso la
bambina e il suo sorriso si fece più ampio. Non fece nessun
altro movimento.
Non voleva farle paura con un gesto repentino. Liz, inizialmente,
arretrò
impercettibilmente poi però fece un gran respiro e si
avvicinò. Si sedette a
circa un metro da Alec e poi scosse leggermente la testa. Si
passò nervosa una
mano tra i capelli rossi e folti, come per sistemarseli. In quel gesto
rividi
me stessa e non potei negare ad un sorriso involontario di formarsi
sulle mie
labbra scettiche.
Liz
disse qualcosa che io non potei udire ma Jake sì.
Sorrideva ironico.
Alec
si sedette lentamente e poggiò le mani sulle ginocchia,
chinandosi in avanti per mostrare di essere attento a ciò
che Liz stava
dicendo. Io mi
logoravo dalla curiosità.
Poi, improvvisamente, Liz mostrò il braccio che
aveva tenuto nascosto.
Nel suo piccolo pugno era racchiuso un mazzo di fiori. Provenivano da
un’aiiola
del giardino. Una delle più lontane dalla casa. Forse
sperava che in questo
modo le zie e la nonna non si accorgessero della razzia e non la
sgridassero?
Offrì il mazzo colorato ad Alec, si alzò
lentamente e poi corse via. Era
veloce, molto veloce. Le sue gambe scattarono e in un attimo
già era lontana. I
suoi piedini si rincorrevano frenetici quasi volessero fuggire da
ciò che si
lasciavano alle spalle.
La porta d’ingresso sbatté. Jake cercava di non
ridere. Si sforzava, ma non poi
molto dato il modo in cui il suo corpo era scosso dalle risa soffocate.
< Mi vuoi dire cosa succede? > gli domandai.
L’inquietudine di poco prima
era passata in secondo piano, scalzata da più impellenti
curiosità.
< Liz è andata dal tuo amico succhiasangue e, ma non
ne sono proprio sicuro
dato che in quel momento stava farfugliando in maniera quasi
incomprensibile,
credo che abbia cercato di scusarsi e di fare pace con lui. Gli ha
detto che lo
ringraziava tanto di averti salvata, e di aver salvato anche lei. Poi
ha
aggiunto che aveva salvato anche Edward, che senza di te, sue testuali
parole,
Edward si ucciderebbe di dolore… e poi, senza di lui, non
sarebbero potuti
nascere nemmeno i fratellini.
Insomma,
lo ha ringraziato a nome di tutta la famiglia con una
cerimonia in grande stile. Con tanto di bouquet! Poi è
arrossita ed è scappata
via. Ma questo mi pare che tu lo abbia visto. >
< Eddai. Non ridere! > lo ripresi. < Liz
è stata molto gentile e
cortese. È una bimba molto sensibile e ben educata. Tutto il
contrario di te,
Jake. >
< Sì, sì. Certo. > fece lui
bonario, prima di darmi una pacca leggera
sulle spalle. Non era bravo come Edward a calibrare la sua forza
sovrumana.
Nonostante avesse esercitato poca forza, quel poco bastò a
sbilanciarmi in
avanti e quasi caddi a terra. Mi ritrovai a terra. Avevo sbattuto il
sedere la
mia gamba era andata a sbattere contro il tavolino. Avrei avuto un
nuovo livido
da aggiungere alla mia fantastica collezione. Non feci neanche a tempo
a
rendermi conto di quello che era successo che Edward già mi
stringeva tra le
braccia.
Mi
sorpresi a ridere. Anche Edward era sorpreso. Ridevo con il
cuore. Era da tanto tempo che non succedeva.
Jake
aveva sempre un effetto straordinario su di me. Ogni sua
visita era rigenerante. Un soffio di aria fresca e viva che si
insinuava poco
discretamente ma tuttavia troppo sporadicamente nella meravigliosa
tomba di
cristallo in cui, ancora viva, ero rinchiusa un po’
perché costretta, un po’
perché la mia felicità sapevo bene che avrei
potuto trovarla solo lì.
Mio marito parve rincuorato vedendomi felice e dal suo volto
svanì ogni traccia
di angoscia.
Vedendo, sebbene per solo una frazione di secondo, l’ombra
della paura
sfigurargli il viso, un nodo mi strinse lo stomaco. Sempre sorridendo
per non
preoccuparlo, gli carezzai la guancia e gliela sfiorai con le labbra.
All’orecchio gli bisbigliai: < Che
c’è? >
Fece
un sorriso colpevole e poi si guardò le scarpe. < Te
ne sei accorta, allora? >
< Sono attenta a tutto ciò che ti riguardi. >
gli dissi semplicemente.
Jacob, vedendo le nostre effusioni, si era allontanato, preferendo
lasciarci
soli.
< Allora, mi dici che c’è? per favore!!!
>
Sospirò rassegnato e mi accarezzò i capelli,
accompagnando la mia testa contro
il suo petto.
< Bella, Carlsile vuole portare i bambini a fare dei controlli.
Quando
saranno un po’ più grandicelli. >
< Cosa? > chiesi spaesata. < Era per questo che
prima ti ha preso da
parte? > cercai di non far trapelare la mia ansia.
< Non preoccuparti. Alice ci ha visti portarli dal pediatra. Non
c’è niente
di cui preoccuparsi. Dovranno fare le vaccinazioni, come Liz. >
< Sì, ma a Liz Carlisle le ha fatte qui in casa.
Ricordi? >
< Sì, certo. Alice però ha detto che Mel
è allergica a qualcosa che potrebbe
farla stare male. Carlisle vuole solo essere sicuro di poter
intervenire con i
mezzi adeguati in caso di necessità. >
Mi morsi il labbro inferiore un po’ scettica ma lui mi
rassicurò con un bacio
sulla fronte.
< Quando andiamo? >
< Carlisle voleva fissare i controlli per appurare a cosa siano
allergici
fra tre mesi. Per intanto, grazie al tuo latte, sono protetti da tutte
le
malattie. Hanno i tuoi anticorpi. > Mi disse orgoglioso,
passando un pollice
sulla mia guancia la cui pelle, al suo tocco, si imporporava. Ci
sorridemmo a
vicenda finché Liz non mi venne a chiamare.
< Mamma, insciomma, non vieni più a mangiare la tota?
> si aggrappava
alla mia maglietta cercando di trascinarmi in sala da pranzo. La presi
in
braccio e, con il braccio di Edward stretto intorno alla vita, andai di
là. Il
secondo che ero stata costretta ad abbandonare a causa di Mel era
sparito. Al
suo posto la torta si mostrava in tutto il suo splendore. Nonostante i
vampiri
non mangiassero, erano tutti seduti intorno al tavolo.
Passammo l’ora seguente tra risate, scherzi,
felicità e racconti di avventure
passate. Jake sembrava essersi ormai abituato ai vampiri. Sembrava
abbastanza a
suo agio. Gradì la torta e fu solo grazie a lui se non
avanzò neanche un po’ di
panna. Alice era felice che la sua creazione fosse stata gradita. Liz,
che si
era riempita di torta a dismisura, dormiva placidamente tra le mie
braccia. La
sua testa era appoggiata sotto la mia spalla, sul seno destro, e le
manine
erano strette intorno alla mia. Le baciai i capelli che sapevano di
fiori e
andai a metterla nel suo lettino.
Tornata
di sotto, notai che la mia famiglia, Alec compreso, si
erano spostati in sala.
Incredibile come il tempo passi in fretta quando finalmente si fa
qualcosa di
interessante, diverso dal solito. Nel corso del pomeriggio dovetti
alzarmi ed
andare ad allattare i bambini due volte. grazie a quei momenti di
quotidiana
realtà mi resi conto che il tempo stava passando
velocemente. Fu presto sera, e
con la sera venne anche il momento del congedo.
Combattei
contro le lacrime che però vinsero sia quando
abbracciai Jake, sia quando abbracciai Alec.
Feci
loro promettere che sarebbero tornati presto a trovarmi e
Jake, premuroso ma rozzo come era suo solito, mi strinse in un poderoso
abbraccio sussurrandomi che, se mi fossi stufata di vivere con dei
vampiri e
avessi cambiato idea, lui sarebbe corso da me. Era disposto a portarsi
dietro
anche i miei figli. A questa affermazione Edward rise e così
anche gli altri.
Io mi sentii un po’ a disagio. Sapevo, proprio come Edward,
che Jake diceva sul
serio.
< Mi raccomando. Chiamami presto. Va bene Jake? Non farmi stare
in pena. >
< Oddio Bella, non diventarmi paranoica. Ti serve una vacanza.
Comunque, ti
chiamerò prestissimo. Mi manchi già. Ti avviso,
quando sono a casa. > E mi
fece l’occhiolino prima di salire in auto. Mi chiesi se
Carlisle lo avrebbe
bendato, una volta usciti dal bosco. Lo salutai con le lacrime agli
occhi e la
mano in aria finché la macchina non svanì tra gli
alberi. Soffocai un oaio di
singhiozzi e mi asciugai le lacrime con la manica della maglietta.
Mi voltai e vidi Alec seduto sotto il portico. Mi osservava. Era
bellissimo
nell’ombra della prima sera. Il rosso del tramonto si
rifletteva sulla sua
pelle di diamante donando colore alle sue guance ceree. Era splendido.
Mi era parso tale già la prima volta che lo avevo visto, a
Volterra. Anche
durante la prigionia mi era sembrato un ragazzo magnifico ma adesso, la
sua
bellezza andava oltre ogni possibile descrizione. Nessuna gli avrebbe
mai
potuto rendere giustizia…
Proprio come sarebbe stata insufficiente per descrivere uno qualunque
dei
Cullen in qualunque momento. In quello in particolare. Quel momento
della
giornata era il loro preferito, a metà strada tra il buio e
la luce, il giorno
e la notte. La morte e la vita.
Il
crepuscolo… il loro momento di libertà.
Nella
bellezza di quel tramonto rosso come il sangue, la
perfezione di quelle creature il cui cuore non batteva ormai
più, risaltava in
modo ancora più evidente.
Come il tramonto, i vampiri non erano né giorno,
né notte. Nè vita, nè morte.
Eternamente
bloccati nella perfezione dell’attimo sospeso al
loro ultimo sospiro vitale.
A
quei pensieri sospirai e mi strinsi ad Edward. Alec si alzò
e mi venne vicino con grazia.
Mi prese la mano e, dopo un breve inchino, me ne baciò il
dorso. Sussurrò
qualche parole gentile e poi mi accarezzò la guancia.
< Spero di rivederti
presto. Con tutto il cuore. Sei una ragazza speciale e i tuoi bambini
sono
davvero adorabili. Liz ti assomiglia moltissimo. Deve essere fiera di
essere
tua figlia. È davvero adorabile. > Arrossii per i
complimenti impliciti ed
espliciti che mi rivolgeva e, colpita dall’immediatezza
dell’ennesima
separazione, lo
abbracciai di slancio. Sentivo un vuoto freddo e doloroso
all’altezza del
cuore. Come se quella separazione non fosse come tutte le altre.
Non sarebbe stato l’ennesimo arrivederci. Aveva il sapore
amaro e crudele
dell’addio. Un feroce e spietato dolore si stava insinuando
dentro il mio
cuore.
Ci abbracciammo ancora prima che lui mi carezzasse la testa. <
Bella, allora,
a presto. Tornerò a trovarti. E chissà, magari ci
sarà qualche altro bambino.
Ogni volta che ti vedo la tua famiglia aumenta in termini di membri
sotto i
dieci anni di età. >
Risi ma si sentiva che la mia gioia non era sincera. Non volevo che se
ne andasse.
Se lui e Jake si allontanavano, era come se dei fratelli partissero. I
miei
fratelli dovevano sempre andarsene.
Mi
raggomitolai tra le braccia di Edward. Uno dei pochi punti
davvero saldi della mia vita. Mio marito era il mio porto sicuro, la
mia salvezza.
Su di lui avrei potuto contare sempre, qualunque fosse la causa del mio
dolore,
e sempre avrei potuto contare, qualsiasi fosse stata la situazione. Le
sue
braccia erano già pronte a consolarmi, a colmare il senso di
solitudine. Erano
spalancate davanti a me e mi strinsero cautamente. Lo avrebbero sempre
fatto.
Alec mi carezzò una spalla. Mi sussurrò che mi
voleva bene. Mi voltai verso di
lui e gli presi la mano. Lui me la strinse dolcemente e la
baciò lievemente di
nuovo, tenendola tra le sue.
Mi rivolse un sorriso smagliante e poi, insieme ad Emmett e Jasper,
svanì nel
bosco, lasciandomi in piedi davanti al viale vuoto. I miei vestiti
svolazzavano
a causa dello spostamento d’aria provocato dai movimenti
impressionantemente
veloci dei vampiri.
Un
po’demoralizzata, tornai in casa trascinando i piedi.
Cominciava a fare freddo e andai alla ricerca di un maglione pesante da
mettermi. Volevo inoltre controllare che i bambini fossero ben coperti
e
preparare il semolino a Liz. Mentre passavo per la sala vidi Rose
discutere
animatamente con Alice. < Che fate? > Chiesi curiosa,
piegandomi verso di
loro. Mi mostrarono un catalogo di luoghi di villeggiatura. <
Bella, che ne
dici? Meglio andare a vedere l’aurora boreale o andare a fare
un viaggio Russia?
Mosca deve essere splendida, ma anche i giacchi del polo nord devono
essere
impressionanti. > < Partite? > chiesi un
po’ preoccupata. Mi sentivo
molto sola da quando avevo partorito sapere che Rose ed Alice si
sarebbero
allontanate mi riempì di ansia e tristezza.
Alice si coprì la bocca con la mano e Rose chinò
il capo. Sa avesse potuto,
sarebbe arrossita.
<
Beh, veramente, io ed Emmett pariamo per un mesetto. È
l’anniversario del nostro matrimonio. 70 anni. Un bel numero
tondo, non ti
pare? Volevo organizzare qualcosa di speciale. Prima partivamo tutti
gli anni,.
Ultimamente non ne abbiamo avuto molto l’occasione.
Però pensavo che gli
avrebbe fatto piacere. Tu che ne pensi? Se no, possiamo anche trovare
un posto
più vicino. >
Afferrai la copertina poggiata sul divano e me la misi intorno alle
spalle
prima di sedermi tra le mie sorelle acquisite. < Devi
assolutamente andare.
Io, se fossi in te, andrei sia a Mosca che al polo nord. Tanto, il
tempo non vi
manca. Però, se proprio dovessi scegliere, andrei a Mosca. A
me piacciono molto
le città d’arte… >
Notai che Edward mi fissava. Alice guardava lui. Mi sarebbe piaciuto,
per la
luna di miele, andare a visitare qualche antica città. Lo
avevo confidato ad
Alice che certamente lo aveva detto ad Edward. Con ogni
probabilità il viaggio
di nozze da lui organizzato ma che non avevamo mai potuto fare
prevedeva
proprio un tour nella storia di qualche antica e splendida cittadina
europea.
Mi consolai pensando alla felicità che avevo ritrovato con
la mia famiglia. il
dolore della prigionia mi aveva fatto acquisire un nuovo modo di
guardare alla
realtà.
Mentre
stavo seduta tra le due vampire splendenti di bellezza,
sfogliando cataloghi di isole lontane, Edward si inginocchiò
davanti a noi e
disse: < Alice, Rose, non va bene che abbiate così
sete. Forse è meglio se
questa sera andate a caccia. Che ne dite? >
Alice nascose un sorriso e Rose si tirò indietro i capelli
un po’ seccata. Si
voltò verso di me e mi chiese: < Sei stanca?
Affaticata? Ti lascio da sola
con lui solo se mi assicuri che te la senti? Non sei obbligata ad
assecondarlo,
se non vuoi. >
Io, arrossita fino alla radice dei capelli, abbassai lo sguardo e
balbettai
qualcosa del tipo: < Non preoccuparti, cioè, grazie,
ma va pure, io… noi…
sto bene… non c’è problema…
>
Forse
non sarebbe stato come un viaggio di nozze, forse
nemmeno come un anniversario in qualche posto lontano, però
almeno sarei stata
con Edward, nell’intimità della nostra vita
privata. Per una volta soli, io e
lui…
Beh,
certo, c’erano anche i bambini… ma speravo con
tutto il
cuore che quella notte non ci disturbassero…
In questi giorni ho dovuto leggere moltissimi libri per scuola e
studiare come non mai... non oso pensare cosa sarà a Maggio,
e a Febbraio siamo già messi così male...
COmunque, tra tutti i libri orrendi che ci hanno fatto leggere, mi sono
letta per affari miei i due libri di Khaled Hosseini.
Splendidi.
terribili.
favolosi.
alla fine de "mille splendidi soli" sono scoppiata a piangere (quando
Mariam...) e io non piango mai per i romanzi o per i film. Consiglio a
tutte coloro che non lo avessero ancora fatto, di leggere questi due
meravigliosi romanzi... ne rimarrete incantate...
Ciao a tutte e a presto!
Prossimo aggiornamento, o venerdì o sabato! (portatevi una
bomboletta d'ossigeno! Blood!!!)
Grazie alle 350 persone che hanno inserito la mia storia (a cui sono
affezionatissima) tra i preferiti e a tutte coloro che commentano! Un
abbraccio e un grazie di cuore a tutte le mie lettrici!!!
Edward's POV
<
Liz, per piacere, lasciami in pace. >
<
Mammi! >
<
Liz, ti ho detto di andare di là. Vai a vedere la tv.
>
< Ma
io mi annoio. Voglio giocare. >
<
Gioca con Mel e Alec. >
< No,
voglio giocare con te! >
< Non
ho tempo. Per favore. Lascia la mamma in pace… >
<
Mamma, per favore! >
<
Edward, vieni a prendertela. >
Misi Mel
nella sua culla e le carezzai la testa, prima di andare da Bella. Le
baciai la
fronte e lei, un po’ scocciata, mi respinse. Sorrisi.
< Dai
Liz, vieni dal papà. Lascia in pace la mamma. Sta studiando.
>
<
Edward, piantala di prendermi in giro. Devo dare un esame settimana
prossima! E
non ho capito niente! Non sono riuscita a studiare niente! Liz continua
a
rompere e Mel e Alec hanno sempre fame! Non mi lasciano un secondo
libero! >
Mi
sedetti al suo fianco tenendo la bambina tra le braccia. < Vuoi
una mano?
>
Mi
guardò un po’ triste, un po’ in
imbarazzo. < Edward, non perdere tempo con
me…insomma,
possibile che sia tanto
incapace da non riuscire a preparare un esame? >
Le
sistemai una ciocca ribelle dietro l’orecchio e poi le presi
la mano,
baciandogliela.
< Non
dire così. >
<
Soraya, che frequenta il mio stesso corso, ha già dato tutti
gli esami di
questo corso mentre io sto ancora preparando il secondo. E il primo
l’ho
passato con 26, lei con 30. voglio
migliorare. >
< Non
essere troppo severa con te stessa. Sei stata bravissima! È
un ottimo
risultato. >
Mi
guardò molto male poi abbassò lo sguardo,
torturandosi le mani.
< Non
riuscirò ad essere alla tua altezza. Mai. >
<
Bella, tu devi fare tutto da sola. Avrai frequentato sì e no
tre lezioni… >
<
Anche Soraya non può frequentare molto. Tutti i
martedì e giovedì il corso si
sovrappone al suo lavoro part-time… e sua madre è
invalida. Suo padre è vecchio
e non può curarla più di tanto e sua sorella
maggiore vive a Montreal, con suo
marito. suo fratello è con gli zii in Pakistan. Lei deve
badare ai suoi
genitori… >
< Lo
so, ma lei non ha tre figli, due dei quali neonati. E non deve neanche
andare
in giro con una parrucca. La nostra situazione è complessa,
e tu la stai
gestendo benissimo. >
Si
appoggiò alla mia spalla e poi chiuse il libro. < Non
saprei… mi sento un
po’ un fallimento. Mi piace
l’università, per quel poco che ci vado. Soraya
è
gentile a passarmi gli appunti via fax. >
<
Sono contento che siate diventate amiche. È una ragazza
molto gentile e buona.
>
< sì,
è molto cara e gentile. Peccato che alla fine ci si senta
solo al telefono
praticamente. >
Mi
chinai per baciarle la guancia e Liz, che era rimasta in silenzio fino
a quel
momento, si intromise nella conversazione. < Mammi, adesso vieni
a giocare?
>
Le presi la manina calda e morbida e me la poggiai sulle guance.
< Liz,
andiamo di là. Perché non vai ad esercitarti al
pianoforte? Lasciamo la mamma
studiare da sola. >
< Ma papà! Io voglio stare con la mamma. Non voglio
suonare. Mi annoio a stare da sola! Voglio stare con mamma. E poi,
senza lo
zio, mi sento tanto sola. Lui mi fa divertire quando giochiamo. Tu
papà vuoi
sempre suonare. A me piace, ma mi piace anche giocare come con lo zio!
>
Ecco,
ogni volta riusciva a smontarmi con una semplicità
disarmante. Bella trattenne
un risolino e mi accarezzò il viso. < Non
prendertela. Ti vuole bene. Però,
con te non si diverte come con Emmett. E la colpa non è tua,
ma di tuo
fratello. È un bambino formato orso. Sembra che abbia tre
anni quando gioca con
lei…>
facendo finta di essere
disperata, esclamò: < Come farò quando
Alec e Mel saranno grandi? Qui sarà
un manicomio! > poi, abbassando la voce ed avvicinandosi a me,
mi guardò in
modo sensuale e mi sussurrò: < Credo che dovremo
prenderci dei lunghi
periodi di vacanza… lontano dagli altri. Tutti soli, noi due
e basta… >
Il suo
respiro caldo e avvolgente mi sfiorò il collo. Sentivo la
mia pelle fremere.
L’odore del suo sangue, dolcissimo e tentatore, mi bruciava
la gola. Le sue
vene pulsavano sotto la pelle sottile e candida. Nonostante il tono
spavaldo,
le sue guance si erano infiammate dalla vergogna, proprio come quando
facevamo
l’amore. Era sempre così timida. Provava ad essere
audace ma la sua purezza
emergeva con il sangue che le colorava le sue guance bianche come la
neve.
Il suo
profumo mi sconvolgeva ogni volta. Riuscire a trattenermi era sempre
una sfida.
Ogni momento avrei voluto trarla a me. Abbracciarla, baciarla. Farla
mia. Avrei
voluto sentire il mio nome tra i suoi ansiti. Avrei voluto che mi
chiamasse con
il respiro affannato mentre si aggrappava al mio corpo. La sua pelle
bollente
contro la mia mi dava letteralmente alla testa. Sentire il suo sangue
pulsare
sotto i miei polpastrelli mi risvegliava la sete. Ma più di
quella, era la
voglia di essere parte di lei, di unirmi a lei, a vincere. Ed ogni
volta ogni
bacio, ogni carezza che lei mi riservava, mi faceva ringraziare il
mondo di
averla trovata, di resistere alla tentazione proibita di sentire la
dolcezza
della sua vita fluire nel mio corpo.
Lasciai
scivolare Liz, il nostro primo adorato miracolo, giù dalle
ginocchia.
Lei si
aggrappò alla mia manica e disse: < Potremmo giocare
tutti insieme! Allora
mammi? ti prego, ti prego! >
< Magari più tardi. > Le disse accarezzandole
i
capelli, poi si chinò verso di me e i nostri occhi furono
tanto vicini che mi
parve di annegarvici dentro. Mi baciò con dolcezza, timida.
Senza riuscire a controllare i miei istinti, le poggiai
le mani sul capo e assaporai a lungo il gusto delle sue labbra. Il
bacio si
fece sempre più coinvolgente. La feci scivolare sulle mie
ginocchia e lei vi si
mise a cavalcioni. Le sue braccia mi cinsero la schiena e sentivo il
suo cuore
battere sempre più veloce. Desideravo essere solo con lei,
poter essere me
stesso… ma c’era Liz che ci guardava. Fu Bella ad
interrompere tutto. Con il
respiro affannoso appoggiò le sue mani sul mio petto e si
allontanò, quel tanto
che il mio abbraccio le consentisse. Sottovoce, mi sussurrò:
< Dopo, quando
Carlisle porta i gemelli dal pediatra. Esme ha detto che durante la
visita
porterà Liz al parco… Alice e Jasper sono a
caccia e staranno via fino a
domani. Rose ed Emmett sono in Europa…
un’occasione simile non possiamo
lasciarcela sfuggire. Un pomeriggio solo per noi, senza i
bambini… e nessuno
nel giro di miglia. Potremo lasciarci un po’ andare, che ne
dici? Senza nemmeno
preoccuparci di svegliare i mocciosi… > Mi sorrise
maliziosa e poi scese
dalla sedia.
Liz le prese subito la gonna. < Mamma, ora vieni a
giocare con me e con papà? > Lei le si
inginocchiò davanti e la fissò negli
occhi. < Liz, tesoro mio. Ti prego, lasciami
studiare… ti prometto che
quando avrò dato l’esame, giocherò con
te tutto il giorno. Il papà ci porterà a
fare una passeggiata e saremo solo noi. Senza i nonni o gli zii. Sei
contenta?
> Lei annuì poi aggiunse: < Saremo solo noi
tre? > Il suo tono tradiva
la speranza che serbava. < Beh, portiamo anche i tuoi
fratellini. Non vuoi
bene ai tuoi fratellini? > < Sì…
però vorrei stare un po’ con te e papà.
Come
una volta. > < Sei gelosa? > Spudoratamente, Liz
disse: < Un
pochino… io voglio bene ai gemelli. Tanto bene.
Però, tu sei la mamma. E adesso
non sei più solo mia. > Mi intromisi nella
conversazione afferrando Bella
per il bacino e, tra le sue finte grida, poggiandomela sulla spalla.
Batteva i
pugni sulla mia schiena mentre io le tenevo le gambe che lei agitava,
colpendo
con le ginocchia il mio petto. Speravo non si facesse male. <
Liz, la mamma
è solo mia. Al massimo te la posso prestare, qualche
volta… > < Lasciami!
Lasciami Edward! Oddio, Carlisle! Aiuto! Edward mi vuole rapire!
> I suoi
copelli castani si muovevano velocissimi mentre lei agitava la testa e
sforzava
gli addominali per cercare di tenersi dritta.
Liz rideva
mentre la voce di Bella si mescolava alle sue
risate. La adagiai velocemente sul divano e cominciai a farle il
solletico,
sedendomi a cavalcioni su di lei. Entrò Esme che ci
guardòsconsolata.
“ Edward… non fare il ragazzino…
capisco che tu voglia assolvere
ai tuoi doveri coniugali, ma abbi almeno la pazienza di aspettare che
usciamo…
e poi, Bella deve studiare. Non distrarla. ”
Non ascoltai i suoi pensieri. Mi limitai a bisbigliare:
< non preoccuparti. Non faremo niente di sconveniente, non
ancora. > Esme
mi sentì. Bella invece no. Il tono di voce era troppo basso.
“ In certe cose
sei proprio un ragazzino. Però, sono felice che siate
contenti. ”
< Liz, vuoi venire con la nonna? Ti preparo il pranzo.
Devi mangiare presto. Alle tre dobbiamo uscire. > < Va
bene nonna. >
Disse nostra figlia prendendole la mano.
Ad un suo colpo di tosse però, sia io che Bella smettemmo
di fare i cretini e ci voltammo verso di lei. Lei tossì
ancora e ancora. In un
secondo fui davanti a lei.
< Liz, piccola, stai male? >
< No. Non preoccuparti papà. > minimizzava
tutto,
proprio come sua madre… Le poggiai la mano sulla fronte e
storsi il labbro.
Bella, che lo aveva notato, mi venne subito vicina. < Sta male?
> <
Direi che ha un po’ di febbre, appena qualche linea. >
all’incirca 37 e 3.
volevo però misuragliela, prima di dirglielo. Non volevo
allarmare Bella
inutilmente. Le sentii le ghiandole sotto la gola ed effettivamente
erano
leggermente ingrossate. < Fai aaahhh > < AAHHAHH
> < Brava così…
sì, la gola è un po’ arrossata. Da
quanto ti fa male? > < da ieri… ma
poco poco. Anche qui, un pochino. > e si toccò il
petto, all’altezza dei
polmoni. La presi in braccio e, stringendola a me, andai nello studio
di
Carlsile, al piano superiore. Bella mi seguiva mentre Esme
già era in cucina,
intenta a preparare una tisana calda. < Carlisle, non
è che daresti
un’occhiata a Liz? Ha un po’ di tosse e un filo di
febbre… > Carlsile alzò
immediatamente lo sguardo e poggiò il libro sulla scrivania.
“qualcosa di grave?” Pensò agitato.
Scossi impercettibilmente
il capo e Bella non se ne accorse, intenta com’era a
coccolare Liz. Le lasciai
la bambina e Carlisle disse: < Bella, falla sedere sul divano.
La visito
subito. > E così dicendo prese la sua valigetta.
Bella si sedette accanto a
Liz e non si perse un solo gesto di Carlisle. lui le
auscultò i polmoni
facendole sollevare la maglietta. Le controllò la gola e le
orecchie. Dopo
averle misurato la febbre, ripose gli strumenti.
< Non
preoccupatevi. Ha solo preso freddo. questo
pomeriggio andrò a prenderle lo sciroppo per la specifico
per la sua tosse. Per
intanto, le do questo. Poi, le daremo il propoli e qualcosa per il mal
di gola
e il male ai polmoni. In tre-quattro giorni sarà di nuovo
sana come un pesce.
Oggi però dovrà restare a casa. >
< No!!! Voglio venire con voi! > < Liz, devi
restare qui, al caldo. Non vorrai ammalarti per davvero? Devi obbedire,
se si
tratta di salute. Lo sai che noi vogliamo solo che tu stia bene e sia
felice.
Per favore, non fare i capricci. E poi, potrai stare con la mamma e il
papà.
Saranno solo per te… > A queste parole, Liz si
illuminò e si voltò per
abbracciare Bella.
“ mi spiace per i vostri progetti, ma temo che dovrete
rimandare a questa sera. Magari, le medicine le provocheranno
sonnolenza e lei
si addormenterà. Potreste approfittare di
quell’oretta di pace. Certo, dovrete
trattenere i rumori… ” Lo guardai storto e mi
limitai a scuotere il capo. Ecco
come il nostro pomeriggio di divertimento andava a farsi benedire. Se
conoscevo
bene Bella, e la conoscevo bene, sarebbe restata accanto a Liz
finché non fosse
guarita completamente. Le carezzò la guancia e le disse a
mo’ di rimprovero:
< Liz, ti avevo detto di non giocare in giardino di sera. A
Marzo fa freddo
senza giacca. Adesso dovrai restare in casa per un po’. Ma
non preoccuparti, la
mamma starà con te tutto il tempo. > e poi le
baciò le guance, prendendola
in braccio. Ringraziammo Carlisle e poi andammo da Esme. Liz bevve la
tisana al
miele mentre Bella allattava i gemellini. Erano all’ottavo
mese ma, proprio come
la sorella prima di loro, non volevano saperne degli omogeneizzati.
Quando
Bella ed io eravamo in intimità, non potevo sfiorarle il
seno. Le doleva
sempre… due bambini che vi si aggrappavano con tutta la loro
forza non erano
uno scherzo…
Bella però li adorava. Se li tenne vicino a lungo. Li
carezzava, li coccolava, li baciava con dolcezza, sfiorando la loro
pelle di
seta.
Sembrava malinconica. Le andai vicino e le cinsi il
bacino mentre lei cullava Melanie.
< Cosa c’è, amore? >
< Edward, non voglio separarmi da loro. >
< Sarà solo per poche ore. Non fare
così… >
< Lo so… è solo che mi sento
così… ansiosa. Vorrei
andare con loro, ma Liz non si sente bene. Non voglio farla uscire di
casa,
altrimenti avremmo potuto andare tutti insieme… >
< Vedrai, la visita andrà benissimo. In fondo,
bisogna
solo vedere a cosa sono allergici. E comunque, non è
un’allergia grave. Solo
sfoghi cutanei. Non fare così. > Lei annuì
e si appoggiò con la schiena al
mio petto. Coccolò i bambini finché Carlsile non
venne dirci che erano pronti. Liz
si era appisolata sul divano.
< Bella, abbiamo già messo i seggiolini in auto. Li
vuoi portare tu in auto? >
< Sì… grazie. Mi raccomando, chiamami
quando sai
qualcosa. E se fanno i capricci, chiamami e passameli. Riconoscono la
mia voce…
>
< Va bene, non preoccuparti. Guarda che torniamo
presto. > E soffocò una risata, mentre
l’accompagnava in giardino. Io li
seguii e, tenendo Bella per mano, salutai Esme e Carlsile
mentre mettevano in
moto. Il tutto dopo aver dato un bacio ai gemellino che se ne stavano
comodamente seduti nel loro seggiolino, uno alla destra e
l’altro alla sinistra
di Esme che, apposta per loro, si era messa di dietro. Alec dormiva
placidamente mentre Mel giocava con un pupazzetto che le aveva regalato
Liz.
<
Edward, torniamo dentro? Ho un po’ freddo. > Mi
sussurrò Bella quando l’auto fu sparita nel fitto
del bosco. >
La presi in
braccio e, dopo averla baciata
appassionatamente, le sussurrai: < Spero che tu non abbia troppo
freddo… al
massimo, possiamo accendere la stufetta in camera nostra… o
magari, potremmo
prima fare un bel bagno caldo. Sempre che tu sia dell’umore
giusto per… > e
lasciando la frase in sospeso, le percorsi con le dita la pelle del suo
collo
candido. Arrivai alla scapola e le baciai ancora le labbra rosse.
Sentivo in me
crescere a dismisura il desiderio di farla mia…
Lei pareva essere d’accordo, dal momento che si
aggrappò
ai miei capelli e cominciò a mescolare piccoli ansiti a
risatine… < Sì… un
bel bagno caldo… insieme… anche se per me,
possiamo passare direttamente alla
camera da letto. Ho davvero tanta voglia di stare un po’ con
te… come donna.
Liz è ancora addormentata? >
Sforzandomi di parlare, e quindi di mantenere la lucidità
ancora un po’, la rassicurai: < Sì. Sta
dormendo. La sento russare. > La
baciai con ardore e poi, con voce maliziosa e un po’ roca a
causa
dell’eccitazione,le
bisbigliai
all’orecchio: < Sopra o sotto? >
Staccando appena le labbra dalle mie, mi rispose: < io
sotto… >
Annuii, prima di correre in camera mia. Lasciai Bella sul
letto e lei spalancò le braccia. Lasciandosi affondare tra i
cuscini. I capelli
disordinatamente sciolti. < Bella, vado a mettere Liz nel suo
lettino e poi
arrivo. > Mi sorrise maliziosa e mi disse: < Edward, ti
aspetto. Non
metterci troppo. > Prima di andarmene, accesi lo stereo e
partì una delle
mie canzoni. Bella chiuse gli occhi e con un mugolio di piacere si mise
su un
lato e intrecciò braccia e gambe intorno a un cuscino.
Desiderai essere quel
cuscino…
non mi era mai capitato… mi sentii un po’ stupido.
Mentre
mettevo Liz a dormire, lei sussurrò qualcosa. Stava facendo
un incubo. Qualcosa
collegato ad un bosco, foglie, vento… e sua madre. Le bisbigliai:
< Liz, tesoro, non preoccuparti. Il papà è
qui con te. > E le baciai la
fronte. Lei sorrise nel sonno e si rannicchiò sotto le
coperte. Un attimo dopo
fui in camera mia. Chiusi la porta a chiave e raggiunsi Bella sul letto.
Tra i baci, le carezze, i contatti, i nostri corpi
fremevano e noi, scossi da tremori involontari, ci abbandonammo a noi
stessi e
ai nostri desideri cercando di farci felici l’uno con
l’altra. Per noi era
sempre come la prima volta. Una continua scoperta, una dolcezza
racchiusa in
ogni abbraccio, in ogni bacio, dal più casto al
più peccaminoso…
Quando,
esausta, Bella lasciò scivolare le sue braccia
dalla mia schiena alle lenzuola, mi sorrise soddisfatta e beata. Io
avrei
continuato per ore ma Bella non aveva la mia stessa resistenza. Senza
dirle
niente, mi sdraiai al suo fianco e la trassi a me, facendola sdraiare
sul mio
petto. Le baciai i capelli godendomi le sue carezze e i suoi sospiri
che
facevano fremere la mia pelle. Dopo circa dieci minuti, quando il suo
respiro e
il battito del suo cuore si fu normalizzato, mi disse: < Edward,
ci facciamo
una doccia calda? > < Certo. > E la presi in
braccio, portandola in
bagno.
Nella doccia
restammo abbracciati sotto l’acqua calda che
scorreva sui nostri corpi nudi, vicinissimi. La voglia di unirmi a lei
era
ancora forte, potente… ma lei era così tranquilla
che non volli dirle niente.
Era bello vedere quanto fosse felice e serena dopo aver
“giocato” a marito e
moglie. Alla fine uscimmo e ci asciugammo a vicenda. La avvolsi in un
gigantesco asciugamano che avevo messo a scaldare sul calorifero.
Circa un’ora dopo, Carlisle telefonò: <
Edward, siamo
appena arrivati in ospedale. Alec ha rimesso il latte e ci siamo dovuti
fermare. Ora siamo in ambulatorio. Entreremo fra una ventina di minuti.
Ti
chiamo quando usciamo… ci vorranno un paio d’ore.
Tutto a posto a casa? >
Forse gli risposi in maniera troppo elusiva visto che, con il tono di
chi la sa
lunga, mi disse: < Vedo che alla fine siete riusciti ad
attenervi ai piani
originali. > e rise. Ci salutammo e poi riattaccò.
< Chi era? > mi chiese Bella poggiando il libro
sulle ginocchia. Il suo vestito bianco le ricadeva morbidamente sul
corpo e le
metteva in risalto il seno. Sentii l’impulso di andare da lei
e di
abbracciarla, sentirla il più vicino possibile a me. Andai
vicino a lei e lei
cinsi il capo con un braccio, accompagnandolo sul mio ventre. <
Era Carlisle.
stanno per entrare in ambulatorio. Ci chiameranno quando avranno
finito. >
< Mh, speriamo facciano in fretta. Mi mancano i
bambini. >
< A proposito, Liz si sta svegliando. Le preparo lo
sciroppo. Peccato che si sia ammalata proprio oggi.
C’è un bel sole. Potevamo
giocare in giardino se no. E pensare che non si ammalava da quando
aveva poche
settimane… > < Già, hai ragione.
Sembra quasi che l’abbia fatto apposta.
Proprio oggi poi. Quasi a voler metterci i bastoni fra le ruote. Non ci
è
riuscita. > E piegò le labbra in un sorriso
ammaliante.
< Edward, forse dovremmo iscrivere Liz all’asilo. Non
va bene che non abbia contatti al di fuori di quelli familiari. E senza
Emmett,
si annoia. Se frequentasse altri bambini, crescerebbe in modo
più sano. >
< Sì, ci stavamo pensando anche noi. Pensavamo che
potremmo sorvegliarla a
turno. Da qui a Gibson ci vuole circa un’ora. Ma con le
nostre auto, e il
nostro stile di guida, in mezz’ora ci arriviamo
tranquillamente. Potremmo
iscriverla in un asilo privato, per evitare troppi documenti. E poi,
potrebbe
andare alle elementari, quando sarà più grande.
In realtà, potremmo darle noi lezioni e poi farle dare
gli esami ma secondo me hai ragione tu.
Ha bisogno di stare con altri bambini. E come lei, anche
i gemellini quando saranno più grandi. Anche la casa che
Esme sta preparando è
relativamente vicina ad una cittadina. Quando ci trasferiremo, potremo
iscriverli lì… >
Sorrise, pensando alla casetta solo per noi, a poche
centinaia di metri dalla casa nuova, che Esmestava ristrutturando. Le nostre nuove case si trovavano in
un’altra
regione del Canada. Ci saremmo trasferiti lì quando fossero
state pronte. Forse
addirittura entro tre anni. Sarebbe stato bellissimo. Io e Bella,
insieme con i
bambini… gli altri abbastanza lontani da lasciarci la nostra
privacy,
abbastanza vicini per ogni problema.
Bella sussurrò un po’ trasognata: <
Sì, mi sembra
giusto. Avranno bisogno di fare amicizia… > E poi
risprofondò nel libro. Era
così cocciuta che non voleva dare gli esami in appello ma le
risultava
difficile prepararli tutti in tempo. Per questo si faceva sempre venire
il mal
di stomaco. Eraproprio
incorreggibile... mi sedetti accanto a lei e mi offrii di aiutarla.
Dopo i
primi rifiuti, cedette. Le spiegai i passaggi più complessi,
soffermandomi nei
punti in cui vedevo che aveva più difficoltà. Era
un argomento difficile, non
facilmente assimilabile se studiato unicamente sui libri. Dopo una
quarantina di minuti,
Bella mi ripeté quello che le avevo appena spiegato e si
illuminò osservando il
mio sorriso. < Allora, secondo te come vado? >
< Splendidamente. >
Le risposi cercando di baciarla. Fece finta di ritrarsi. < Non
sei
obbiettivo. > Disse prima di gettarmi le braccia al collo e
baciarmi
dolcemente, lasciando cadere il libro a terra con un tonfo. Liz
però apparve
presto a romperci le uova del paniere. < Mamma, ho fame.
> Si stropicciò
gli occhi con i pugnetti e ci venne vicino. Lei la prese in braccio e
strinse
le spalle. Le baciai la guancia e poi la fornte di nostra figlia.
< Edward,
ce ne è ancora un po’ di torta? Se no le faccio un
panino. Fra poco è ora di
merenda… > < Mh, credo che ne sia rimasta una
fetta. Vado a tirarla fuori
dal frigo, così non la mangiate fredda. >
Mentre
dicevo questo, il cellulare che avevo appoggiato
sul tavolino in salotto cominciò a squillare. Bella lo
afferrò e vide il
numero. Rispose. < Pronto Carlsile? >
Dall’altro
capo del telefono, la voce di Carlisle era
tesa, agitata, sebbene cercasse di non farlo notare. Bella si accorse
che
qualcosa non andava ma prima che potesse dire altro, con le dita che mi
tremavano impercettibilmente, le sfilai il telefonino di mano. <
Carlsile? >
<
Edward, per favore, devi raggiungermi subito. >
Stavo per chiedere se fosse successo qualcosa ai bambini ma mi
trattenni. Bella, vicino a me,
stringeva Liz al petto e si era fatta pallidissima.La bimba
tossì due volte e si rannicchiò contro il petto
della madre. Per fortuna che fu
Carlislie a continuare. < Edward, i bambini stanno bene ma nonriesco a trovare Esme.
È uscita dopo che ti
ho chiamato, prima. Ha detto che voleva comprare una cosa per Bella. Il
cellulare è spento. Avrebbe dovuto essere qui venti minuti
fa ma non è tornata.
Devi assolutamente venire qui e aiutarmi a cercarla. Magari riesci a
sentirla…
Alice non riesce a vedere niente. L’ho già
chiamata… sta venendo qui. Lascia
Bella a casa. Jasper sta tornando da voi. > Il tono della sua
voce era
troppo basso perché Bella potesse sentirlo. era
agitatissimo. Bella mi guardò ansiosa. Le dissi: <
Non preoccuparti, i bimbi stanno bene. Devo però andare a
Gibson. Sarà una cosa
veloce. Tornerò presto. >
< Cos’è successo ? > < Niente
amore. Hanno
bisogno della mia firma su alcuni documenti… Prima vado,
prima torno. > Mi
infilai il cappotto e poi le sussurrai: < Aspettami in casa. Ti
chiamo tra
un po’… fra poco tanto ritorneranno Alice e
Jasper. Non starete sole a lungo.
> Le baciai la guancia e lei mi prese la mano. < Sicuro?
Non mi stai
nascondendo qualcosa sui gemelli? Se aspetti un secondo, metto la
giacca a Liz
e veniamo con te. >
Avrei voluto portarla con me ma se avessi dovuto cercare
Esme in giro per Gibson, non potevo portarmele dietro… e
poi, Liz doveva
restare in casa. Si stava già addormentando in braccio a
Bella.
< Ma no tesoro, non preoccuparti. Devo solo andare a
riempire dei moduli. Carlisle pensava di compilarli lui ma deve
riempirli
davanti a loro e l’infermiera si ricorda di noi…
> sfoderai il mio tono
rassicurante e lei si tranquillizzò. Sorrise serena e si
strinse nelle spalle.
< Va bene, a dopo amore… > Sorrisi ma non mi
sentivo tranquillo.
Era la prima volta che lasciavo Bella del tutto sola,
senza nessuno di noi a proteggerla e mi sentii lo stomaco contrarsi. A
quanto
diceva Carlisle però, Jaz era già di ritorno.
Sarebbe stato a casa presto. Liz
sbadigliò e Bella le carezzò i capelli.
Le baciai entrambe sulla fronte prima di uscire. < Ti
chiamo ogni mezz’ora? > < Va bene…
> mi disse scettica. La strinsi a
me per un istante e poi salii in auto, cercando di non spingere al
massimo
l’acceleratore almeno fino a quando fossi stato nel suo campo
visivo.
Guardai
nello specchietto retrovisore e vidi Bella, con
Liz in braccio, sotto il portico. Teneva la manina di Liz nella sua e
le faceva
scuotere il braccino a mo’ di saluto. Poi se la
issò meglio sul fianco e, prima
di tornare dentro, le baciò la fronte. Appena svoltai e la
casa svanì tra gli
alberi, spinsi al massimo l’acceleratore.
Ahem…
Ecco…
Allora…
Alla fine ci siamo arrivate… per lo meno, quasi…
Dopo tanto tempo, eccoci giunte al fatidico momento…
Prima, una piccola premessa:
Spero che sappiate pazientare ancora un capitolo… avrei
voluto finire con il 55 ma avrei dovuto tagliare dei pezzi e per, non
affrettare troppo, ho preferito “spanderlo” su due
cap.
Il 56 è già quasi finito, quindi
posterò Lunedì nel primo
pomeriggio.
Mi raccomando, non odiatemi, vi prego! Sapete, sono mesi che
volevo arrivare a questo punto e, mentre scrivevo, mi tremavano un
po’ le dita
e sentivo lo stomaco agitarsi per l’emozione!!!
Annuncio poi che, a storia terminata, aggiungerò un paio di
capitoli che raccontano il finale nella sua prima versione. (vi
assicuro, è
estremamente cruento quel finale… molto più di
questo. Quando avrete letto
questo cap, vi chiederete come sia possibile.)
Io pensavo di scrivere cose tristi (per lo meno dato il
finale) ma un autore che ammiro moltissimo e che è
infinitamente,
assolutamente, indicibilmente più autorevole di me, davanti
a cui mi prostro umilmente,
a cui guardo dal basso delle mie ff… (sto parlando del
grandissimo Kahled
Hosseini) è molto più drammatico e devastante di
me quindi questo mi consola un
po’. Evidentemente non sono l’unica inguaribile
pessimista!
Vi prego di aver fede. Non preoccupatevi, nel prossimo cap
spiegherò cosa sta succedendo e tutto tornerà al
suo posto.
Abbiate fiducia in me. In fondo, sono un’accanita
sostenitrice della coppia Edward/Bella!
Allora, a Lunedì… spero vi piaccia e non vi
sconvolga troppo
questo cap 55.
Un bacio e a presto, Erika.
PS: doppio POV!!! Bella, Edward, e di nuovo Bella!!!
Bella’s POV
Appoggiai Liz sul divano e le
misi una copertina
addosso. Le carezzai la guancia e feci per andarmene. Lei mi
afferrò la manica
e biascicò:
< Mamma, ho fame. >
< Sì… adesso ti preparo la merenda.
>
< Quando torna papà? >
< Presto. È andato un attimo dal nonno. >
< E quando torna il nonno? >
< Fra poco. >
< Fra poco quanto? >
< Appena i suoi amici dottori avranno finito di
fare a Mel e Alec la visita. >
< E quanto ci mettono? >
< Poco. Ma se continui a pensarci, ti sembrerà
tantissimo tempo. >
< Mamma… >
< Sì? > le dissi esasperata. Era proprio vero
che i bambini non fanno altro che fare domande.
Scuotendo leggermente il capo, si mise seduta e mi
disse: < Mi sento triste. > Poi mi prese la mano e si
nascose tra le mie
braccia. < Mi piace il tuo profumo. > La strinsi forte a
me e le
sussurrai: < Non devi essere triste. Sai che io e il
papà abbiamo deciso di
mandarti all’asilo. Vedrai, ti piacerà. Conoscerai
molti bambini
simpaticissimi. E ti farai tanti amici. > Vidi che si stava
spaventando.
< No, non fare così. Non devi preoccuparti. Non ti
lasceremo lì. Ci sarà
sempre qualcuno di noi vicino a te. E poi, ci starai pochissimo. Poche
ore al giorno.
Vedrai, ti piacerà. E poi, potrai invitare qui i tuoi
amichetti. >
< Ma loro vorranno venire qui? > Mi inginocchiai
davanti a lei e le carezzai la guancia.
< Ma certo tesoro, perché non dovrebbero? >
Lei,
imitando suo padre, si strinse nelle spalle ed evitò il mio
sguardo. Fece un
lungo sospiro e poi sussurrò: < Io non sono come
loro. Quando andiamo al
parco, a Gibson, mi stanno lontano. Mi guardano… >
< Oh, Liz, ma è normale. È
perché non ti conoscono.
Ma se siete in classe assieme, sono sicura che tutti vorranno essere
tuoi
amici. >
< Ma sarò comunque diversa. >
Mi si gelò il sangue. Non riuscivo a capire cosa
stesse cercando di dirmi. Non volevo che si sentisse
un’emarginata. < E
perché saresti diversa dagli altri bambini? >
Rimase in silenzio per alcuni secondi, mordendosi il
labbro inferiore. Con le mani giocava nervosa con il suo vestitino
bianco come
il mio. Le carezzai le guance e lei mi guardò di sottecchi.
< non te lo posso dire. > < E perché
no? A me
puoi dire tutto, lo sai… io sono la tua mamma. Alla mamma e
al papà bisogna
sempre dire tutto. Noi ti amiamo. >
< Ma è un segreto. Mio e del papà.
>
La mano mi rimase sospesa a mezz’aria.
Come si permetteva Edward di farmi una cosa del
genere? Dopo un primo istante di rabbia ed egoismo (in quei momenti
sentivo una
sorta di senso di possessione nei confronti di Liz e dei Gemelli. Quasi
appartenessero più a me che non al padre) mi calmai. Forse,
era una cosa
insignificante. Magari Liz se ne vergognava… magari Edward
l’aveva scoperta
fare qualcosa che non doveva e lei gli aveva chiesto di non dire
niente… o
magari, semplicemente, era una stupidata, a cui Edward aveva dato
importanza, ma
per fare felice nostra figlia magari…
Forse, vedendo quanto io e la bimba fossimo legate,
unite nel nostro piccolo universo privato in cui ci si capiva con un
solo
sguardo e non servivano nemmeno parole, aveva voluto creare un clima di
complicità
fra lui e nostra figlia. Voleva solo sentirsi più unito a
lei? Mente, con la
mano ancora alzata come per carezzarle il volto, rimanevo immobile, Liz
prese
la mia mano tra le sue e la strinse.
< O mamma, lo sapevo che dovevo stare zitta. Adesso
sei arrabbiata. Papà me lo aveva detto… >
< Io non sono arrabbiata. Come puoi anche solo
pensarlo? Cosa, ti aveva detto il papà, tesoro? >
Mi abbracciò e poi mi confessò: <
Papà non vuole
che ti preoccupi. Ma io non voglio stare con gli altri bambini
perché, quando
sono al parco, tutti mi stanno lontani. E quando ci parlo, loro non mi
capiscono. Loro non sentono le cose come le sento io. Non le vedono
come le
vedo io. Mi guardano male quando cerco di spiegare… >
< Oh, Liz, non devi fare così. Tu sei speciale. Ma
non è una cosa brutta, anzi. Tu sei preziosa. E vedrai,
anche gli altri bambini
capiranno quanto sei speciale. Devi lasciare loro il tempo di
conoscerti… e
poi, ma questo non dirlo a papà, al massimo fa finta di
essere come loro.
Quando sei a casa con noi, sii te stessa. Ma magari con gli altri
bambini, non
far vedere quanto sei in gamba. Non mostrare loro quanto sei forte,
veloce ed
agile. Vedrai che non si accorgeranno di niente. >
< Sicura? > < Ma certo. La mamma, lo sai, ti
vuole bene. Non farebbe mai qualcosa che possa farti sentire male.
fidati di
me. >
Mi abbracciò forte e mi disse: < Io mi fido di te.
E ti voglio tanto bene. > < Anche io… >
Mi alzai in piedi e le arruffai gentilmente i capelli.
Liz mi sorrise, raggiante. Mi voltai e la sentii tossire. < Ti
preparo una
tisana calda… e tiro anche fuori la torta. Va bene? >
< Sì! Ah, mamma! Sta suonando il telefonino! >
Mentre parlava, la suoneria si faceva più squillante. Andai
velocemente verso
il mobiletto e presi il telefono.
< Pronto? > < Pronto amore, come va? >
< Bene, Sei già arrivato? > < No, sono
ancora in auto. C’è un po’ di
traffico qui in città. Tutto a posto a casa? >
Sbuffai. < Edward, sei uscito di casa 25 minuti fa…
non è cambiata molto la situazione. >
Era teso. Mi nascondeva qualcosa. Ero certa però che
non si trattasse dei bambini. In quel caso mi avrebbe portata con lui.
Più
probabilmente non gli andava a genio il sapermi sola a casa con Liz.
Fortuna
che Alice e Jasper stavano tornando dalla caccia… <
Beh, senti, adesso devo lasciarti…
ti chiamo dopo, va bene? > < Certo. Lascio il telefono
sul tavolo… >
< Bella… > < Sì? >
< Ti amo. > < Anche io. > <
Salutami Liz. > < Certo. > Prima di riattaccare,
mi ripeté due volte
quanto mi amasse, facendomi arrossire.
Liz, che nel frattempo era andata a giocare in sala,
mi urlò: < Mammi, ti faccio un disegno! >
< Va bene. Ti porto la merenda quando è pronta.
>
< Va bene! > e poi accese lo stereo.
Rachmaninoff. Lo adorava ed Edward le aveva già insegnato a
suonare qualcosa di
questo compositore. Il tutto in presenza dei gemelli. Anche loro
adoravano la
musica e, ascoltandola, si tranquillizzavano...
Sorrisi a pensare come Liz si divertisse con il
pianoforte del padre. Edward, per il compleanno, voleva comprargliene
uno e
tutti, specialmente Rose, erano d’accordo.
Andai al frigorifero e presi la torta, poggiandola sul
piano della cucina. Misi l’acqua a bollire e preparai la
tazza di Liz. Miele,
una bustina di melissa. Presi una pera e una mela. Con delicatezza le
sbucciai
e le tagliai a pezzetti. Per me, preparai una tazza di the. Era
piacevole fare
merenda insieme. Di solito ci mettevamo in salotto e ascoltavamo Edward
suonare
per noi. Ovviamente, appena mi sedevo, uno dei due piccoli cominciava a
piangere ed io ero costretta ad andare ad accudirlo. Sorrisi al
pensiero che
oggi io e Liz avremmo trascorso un po’ di tempo sole, come
quando era dentro di
me. Nonostante questo però, sentii la mancanza degli altri
miei due bambini… stare sola con loro tre era sempre bello.
speciale.
Chissà se, quando fossi diventata
vampiro, mi avrebbero vista in modo
diverso? Io ed Edward eravamo riusciti a metterci d’accordo.
Io e lui saremmo
partiti per una vacanza di una settimana. Una sorta di viaggio di nozze
al
termine del quale Edward mi avrebbe trasformata. Bisognava aspettare
che i
bimbi fossero un po’ più grandi. Il desiderio che
fossero felici aveva vinto la
mia ritrosia nei confronti dello scorrere del tempo. Separarsi da me
così
presto sarebbe stato per loro troppo doloroso. Quando i gemelli
avessero
compiuto due anni e mezzo, saremmo partiti. Per un anno, forse di
più, non
avrei più potuto vederli e questo mi spezzava il cuore. Era
una separazione
necessaria.
Assorta in questi pensieri, mentre disponevo sul
vassoio le tazze e i piattini, sentii la voce di Edward
chiamarmi…
Edward’s POV
Chiusi
il telefonino e sospirai. Bella pareva
non essersi accorta di nulla. Mi era parsa serena come al solito.
Composi
immediatamente il numero di Esme. < Il numero chiamato non
è al momento
raggiu… > Chiusi la chiamata e telefonai a Carlisle.
< Ancora niente?
>
< Niente. Ti sto
aspettando… non posso lasciare i bambini soli. Sono
irrequieti. I miei colleghi
ed io siamo stati nella camera dei guardiani. Le telecamere mostrano
Esme che
esce. Sembra normale. Da quello che abbiamo visto fin’ora,
non è proprio
tornata in ospedale. Non riesco proprio a capire dove possa essere!
Sono così
preoccupato. >
< Sto arrivando. Ormai
sono qui… vedo già l’ospedale. >
< Comincia a fare un giro,
magari cogli la sua scia, o la sentii… > La sua voce
quasi tremava.
< Va bene. Non preoccuparti.
>
Parcheggiai. Scesi. Presi un
gran sospiro. In quel momento il mio cellulare suonò. Lo
afferrai all’istante e
risposi. < Alice? >
< Edward, sono quasi
arrivata. Jasper ha proseguito in auto… sarà a
casa fra un’ora al massimo. >
< Hai visto qualcosa? >
< Esme sta vagando per la
città. Sembra andare a caso… per fortuna che
è nuvoloso… sembra confusa.
Continua a guardarsi attorno. Non ha senso. Non ha senso! >
< Alice, calmati. Io ora
vado a dare un’occhiata in giro. Tu vai
all’ospedale. Carlisle ti sta aspettando.
> < Cosa credi che l’abbia spinta ad andarsene?
> < Non lo so.
Magari ha visto qualcosa che l’ha turbata… non
preoccuparti. La troveremo. Te
lo prometto. > < Sì. Ci vediamo da Carlsile.
> < Va bene. > La
telefonata si concluse così… Prima di uscire
dall’abitacolo, mi presi il capo
tra le mani. Mi concentrai. Non sentivo la voce di Esme, tra le
centinaia, le
migliaia che affollavano la mia testa. “devo rifarmi il
trucco” “Dobbiamo
comprare le patate” “guarda che culo quella.
Potessi…” “Sono in ritardo, questa
volta mi licenziano” “Cosa regalo ad Anne? Oggi
è il suo compleanno.” “devo
essere dal dentista fra tre ore.”“mazzate quant’è carino sto
tipo sulla volvo. Quasi quasi gli chiedo se
ha bisogno di aiuto. Sarà certamente un
modello…” < Basta! Basta! >
Gridai appoggiato allo schienale. Respirai a fondo e mi inserii nel
flusso di
persone ignare persino della mia stessa natura. Altrimenti, non
avrebbero
nemmeno osato passarmi accanto.
Il cellulare vibrò. Lo presi
e notai che mi era arrivato un messaggio. “Esme, la persona
chiamata è ora
disponibile.” Mi affrettai a chiamarla ma era occupata. Poco
dopo mi telefonò
Carlisle.
< Edward, mi ha appena
chiamato > < Ho visto che ha acceso il telefono.
Cos’è successo? >
< Vieni in ospedale che ti spiego. Alice la sta raggiungendo.
> < Va
bene. Sono praticamente davanti all’ospedale. Eccomi. A che
piano sei? >
< Pediatria. Quinto piano, corridoio F, allergologia. >
< Va bene. Ci vediamo
davanti alle scale. > < Ok. Arrivo. Prendo i bambini.
>
Varcai le porte dell’ospedale
nel momento stesso in cui chiusi la telefonata.
Bella’s POV
Sentii la voce di Edward
chiamarmi e mi voltai,
sorpresa che fosse già tornato. Sorrisi ma mi accorsi che
lui non c’era. Sbattei
le palpebre due volte prima di rendermi conto che la voce che avevo
sentito era
nella mia stessa testa. Come quando lui non c’era, come
quando stavo per
annegare, come quando facevo la cretina con Jake, su quelle stupide
moto.
Rimasi immobile ma la voce non tornò. Mi resi conto
che era solo autosuggestione.
Sentii la porta di ingresso aprirsi e chiudersi.
Gridai: < Liz, torna in casa. Hai la tosse. Prendi freddo.
>
< Un attimo mamma! Voglio prendere una cosa. Torno
subito! >
Mi lavai le mani e presi il vassoio.
“ Bella,
Bella, sbrigati. ” Evidentemente, mi
mancava Edward, dato che continuavo a sentirne la voce. Decisi di
chiamarlo non
appena avessi dato a Liz la merenda. Presi il vassoio e mossi i primi
passi
verso la sala quando la voce tornò, furiosa e terrorizzata. “
Bella.
La
bambina. Bella! Bella! Prendi la bambina e scappa! Prendi Liz e scappa! ” Rimasi
interdetta un secondo. Voltai lentamente lo
sguardo dal vassoio alla finestra alla mia destra.
Vidi Liz camminare tranquillamente nel giardinetto
davanti al portico. C’era qualcosa di strano, che mi bloccava
il respiro. Il
sangue pulsava furioso nelle mie vene.
Lentamente, andai in sala e poi, da lì,
all’ingresso.
Con una mano abbassai la maniglia e poi uscii nella fresca aria di
marzo.
Feci tre passi e poi mi immobilizzai. I miei occhi
incontrarono quelli di Liz che, sorpresa, mi fissava confusa.
Non ebbi nemmeno la forza di urlare. Niente. Vuoto,
buio, terrore…
Il vassoio mi sfuggì dalle mani. Scivolò e cadde
sul
pavimento del portico.
Un rumore acuto. Argento che sbatte per terra. Un
tintinnare grazioso. Porcellana che si fracassa e frammenti che
schizzano
ovunque. Mi ricordò lo specchio di Volterra nel momento in
cui lo frantumai.
L’acqua delle tisane si era rovesciata ai miei piedi,
formando una pozza da cui
si spandevano lentamente dei rivoli lunghi e sottili…
Mi portai le mani alla bocca quasi a bloccare l’urlo
sordo che non riuscivo ad emettere.
Avanzai come in stato di trance. Caddi sulle
ginocchia. Caddi e pezzettini di porcellana, affilati e taglienti, si
conficcarono nelle mie ginocchia
facendomi sanguinare. Quasi non mi accorsi del male. il vento mi
scompigliava i
capelli, sferzandomi il viso. Protesi un braccio verso mia figlia e poi
sussurrai:
< Ti prego. Ti prego! Lasciala andare. Ti prego.
Lei non ti ha fatto niente. >
Liz mi guardò confusa tra le braccia dell’algida e
splendida estranea che le carezzava il viso. Aveva issato Liz sul
fianco e le stingeva la vita con un braccio.
Le lacrime mi solcavano le guance ma non potevo fare
niente per fermarle. La voce, nella mia testa, mi gridava: “Bella, alzati! Scappa. Scappa!
Prendi Liz e scappa! ” ma io sapevo
che sarebbe stato impossibile.
Ero bloccata dal terrore. E poi, quanto lontano sarei riuscita ad
andare,
ammesso anche che fossi riuscita a prendere Liz? No, no… non
ero una stupida. Sapevo
che sarebbe arrivato quel momento. Avevo chiesto troppo e la vita mi
aveva dato
anche di più. Era giunto il tempo in cui erano venuti a
chiedermi il conto. Ma
non Liz… tutto ma non Elizabeth… Cercando
di farmi forza, mi rimisi in piedi e,
tremando, mossi appena due passi prima che la ragazza dalla pelle
bianca e dura
come marmo sfiorasse il collo della mia bimba.
< Lasciala… ti supplico! >
< Mamma. > sussurrò Liz confusa, sporgendosi
verso di me, tendendo le sue manine al vento.
La donna le carezzò la gola e prese tra le dita il
ciondolo di diamante che Liz portava al collo.
< Ma che bel cuoricino, tesoro. Chi te lo ha
regalato? >
Liz le rispose incerta: < Il mio papà. >
< Sai, è molto bello. Il tuo papà deve
volerti
molto bene. >
< Sì. Ce lo ha anche la mamma. E poi, papà
ne tiene
anche un altro. E poi ha un orologio, perché ad Alec non
può regalare un cuore.
È un maschio. >
La confusione sfiorò il volto pacato della giovane
donna che si ricompose subito.
< E tu vuoi bene al tuo papà? >
< Sì. Tantissimo. >
< Ma dimmi, ne vuoi di più alla mamma o al
papà?
> Liz restò in silenzio per un po’ poi
disse: < A nessuno dei due. Io
voglio bene uguale a mamma e papà. >
< Comunque, è proprio un bel cuoricino…
>
Cercai, mi sforzai di parlare… < Jane, ti prego,
lasciala andare. >
Jane mi guardò sprezzante. Si chinò a sussurrare
qualcosa ad Elizabeth con il sorriso sulle labbra. Mia figlia
impallidì e cercò
di ritrarsi. Jane strinse le dita sul cuoricino che Liz teneva al collo
e,
esercitando una piccola pressione, chiuse il pugno.
Una pioggerellina argentata le sfuggi dalle sue dita
serrate.
Liz cominciò a piangere forte e Jane aprì la
mano. Le
carezzò la guancia e le disse di smettere. Liz si
divincolava, cercando di
scendere. Non smise di gridare.
Senza che potessi fare niente, improvvisamente, le
diede un ceffone in pieno viso col il palmo sulla guancia destra e con
il dorso
della mano sulla guancia sinistra.
Ci fu silenzio per appena pochi attimi. Liz cominciò
poi a singhiozzare in silenzio, portandosi le manine alle guance. Il
segno
della mano di Jane stava già prendendoforma sulla sua pelle
candida.
< Ecco. Se vuoi, sei una brava bimba. > Liz non
era mai stata sfiorata nemmeno come un dito. Non sapeva che il dolore
non
arriva solo se ci si fa male… non sapeva che il male poteva
arrivare anche
dagli altri. Era shockata. Mi fissava terrorizzata.
Dentro di me ritrovai quella forza che già una volta
scovai in me, quando ruppi lo specchio a Volterra. La forza di una
madre che
vede la sua creatura in pericolo.
Corsi. Corsi.
Corsi più veloce che
potevo. Jane non si mosse neanche
di un millimetro. Quando le fui vicina, lei mi rivolse un sorriso
innocente.
Disse: < Questa bambina, assomiglia molto al padre…
ma ha preso molto anche
da te. > E in quel momento mi resi conto con gioia che,
nonostante la mia
debolezza, la proteggevo. Le avevo trasmesso la capacità di
resistere agli
attacchi di Jane. Proprio come la sua mente era segreta per Edward, il
suo
corpo era immune a Jane. Ero ormai a poco più di un metro da
Jane quando lei
afferrò Liz per il collo e, con un gesto secco del braccio,
la scaraventò
lontano.
Mia figlia volò per una decina di metri prima che il
suo corpo andasse a sbattere contro un alberò.
Sentii il suono di uno scrocchio
insopportabile. Un osso che si rompeva...
Liz sbattè con violenza, emise un urlo breve, di dolore e,
senza piangere, si accasciò a terra, carponi. Si
rannicchiò su se stessa e
cominciò a singhiozzare. Sentivo che mi chiamava. Un istante
dopo, mentre
ancora urlavo < NO! >, Jane si spostò talmente
velocemente che neanche la
vidi.
Schizzò alla mia destra. Una macchia sfocata. Non vi badai,
sconvolta
com’ero da quello che avevo visto. Non capii nemmeno come fu
possibile ma la
mia testa sbattè contro la terra. Il cielo venne coperto da
un volto
sorridente, di bambina.
< Allora, come sono stati questi tuoi ultimi… 4
anni? Tu e tuo marito… e tua figlia? Sicuramente, migliori
dei miei. Mi hai
tolto tutto. Schifosissima stronza. Sgualdrina che non sei altro. Mi
hai tolto
tutto! Tutto! >
E in quel momento sentii qualcosa colpirmi. Un calcio
fortissimo mi raggiunse lo stomaco.
Il ventre mi sembrava squarciarsi. Lo stomaco
mi si rivoltò e ringraziai di non avere niente da rimettere.
Mi accorsi di
avere gli occhi chiusi. Nella mia mente sconvolta apparve
l'immagine di James...
Jane mi afferrò per i capelli e mi costrinse a mettermi
in ginocchio. Mi accorsi che, a casa, il telefono squillava. La vampira
si
chinò sorridente su di me e mi sussurrò:
< Non preoccuparti, quando saranno
qui, sarà già tutto finito. È un
peccato. Speravo di potermi prendere un minimo
della mia giustizia… evidentemente, dovrò fare in
fretta. Ritieniti fortunata.
> e in quel momento mi arrivarono due schiaffi in piena faccia.
Sentivo il
sapore del sangue e il labbro rotto pulsava. Poi altri calci. Era come
se
venissi picchiata da una statua di marmo. Ogni colpo mi mozzava il
respiro. “Bella.
Bella! Resisti! Combatti! Resisti!”
Sentivo il sangue scorrermi copioso sul volto, sulle
braccia. Socchiusi a fatica gli occhi e vidi i suoi farsi neri.
Improvvisamente, Liz afferrò la gamba di Jane. Aveva un
rivolo di sangue che le
scendeva dal naso. < Lasciala! Lascia andare la mamma! Lasciala!
> <
vattene, mocciosa. >
< Lascia andare la mia mamma! >Mi misi sui gomiti e, sentendo delle fitte
nel tentativo di fare un respiro profondo, le gridai:
< Liz, vattene!
Vattene subito da qui! Vattene! > L’idea che Jane
l’avrebbe lasciata andare
mi diede un briciolo di speranza. Le aveva detto
“vattene”… forse, se fossi
riuscita a tenerla occupata con me abbastanza, Liz sarebbe riuscita a
scappare senza che lei l'inseguisse...
Edward aveva detto che Jaz e Alice stavano arrivando… se li
avesse incontrati
(e confidai nel fatto che Alice avrebbe visto mia figlia correre nel
bosco) la
mia bambina sarebbe stata salva.Le
gridai ancora: < Scappa! Scappa Liz! >
Mi arrivò un altro calcio. Liz non se ne voleva
andare. Si inginocchiò al mio fianco, piangente. La sentii
stendersi su di me,
come a proteggermi. Jane la prese per un braccio e la
scrollò con forza: <
Vuoi crepare anche tu? Eh? Eh? Eh? Basta dirlo. A me non importa.
> e poi la
scagliò alla sua destra. Liz piangeva. Jane, lo sguardo di
ghiaccio, mi sibilò:
< Scusami un secondo. Vado a rispondere al telefono. Non ce la
faccio più a
sentirlo squillare… >
Si allontanò da noi. Sebbene fossi distrutta,
sanguinante, praticamente impossibilitata a muovermi, mi alzai in
piedi.
Liz si
aggrappò a me. Inghiottii sangue e le dissi: < Liz,
presto, corri. Corri il
più lontano che puoi. > Sentimmo Jane rispondere al
telefono. Ci salutò con
la mano, da dietro il vetro della finestra. Io non potevo sentire cosa
dicesse
ma Liz sì. Impallidì ulteriormente e mi
afferrò la mano. < Mamma! Mamma,
vieni. Dobbiamo andarcene. Vieni mamma! >
Mi trascinai per alcuni metri. Mi
girava la testa, mi
sentivo fatta a pezzi. Jane aveva fatto attenzione a non colpirmi in
punti
vitali ma mi sentivo così male da non riuscire quasi a
respirare. Sapevo cosa
voleva. Che morissi lentamente, davanti a lei. Voleva godersi lo
spettacolo. Mi
costrinsi a camminare. Avrei voluto correre ma a malapena mi reggevo in
piedi.
Riuscii ad arrivare al limitare del boschetto. Imboccammo il sentiero.
Due
metri dopo caddi carponi. Liz cercava di trascinarmi. Piangeva
disperata. <
Mamma! Mamma! No mamma, no! Ti prego! >
< Liz, ascoltami. Vai. Scappa. Alice sta arrivando.
Mi aiuterà lei. Ma tu ora devi correre più veloce
che puoi. Non ti devi
guardare mai indietro. Qualunque cosa tu senta. Hai capito? >
< No mamma! No! Non posso! >
< Liz… > sentivo ormai le forze abbandonarmi.
Mi
sforzai di sussurrarle: < Liz, ascoltami. Se tu vai, la zia
Alice potrà
aiutarmi. Se resti qui, dovrà prendersi cura di
te… il papà sta già venendo a
prenderti. Vagli incontro… > non sapevo cosa le
stessi dicendo. Vedevo solo
le sue lacrime… Sapevo che Alice l’avrebbe
vista… l’avrebbero trovata. Sarebbe
stata salva, con i suoi fratellini.
< Dai un bacio a papà e a Mel ed Alec. Dì
loro che
li amo tantissimo, proprio come amo te. >
< No mamma! Non mi lasciare. >
< Non ti lascio… ma tu ora vai. > “ Ti prego Bella, sforzati. Alzati
e scappa anche tu!” Sentii
il suo respiro bloccarsi fra i denti. Qualcuno
stava calpestando le foglie dietro di me. Jane camminava lentamente.
Liz cadde
all’indietro. Era terrorizzata. Arretrò di alcuni
metri poggiandosi sui polsi
poi si girò e cominciò a correre. Corse, corse
come il vento lontano da me.
La mia mano tesa verso di lei si chiuse su delle
foglie secche mentre Jane cominciò a stuzzicare il mio
braccio piegato in una
posizione innaturale. Per non urlare mi morsi le guance e le labbra.
Altro
sangue cominciò ad inumidirmi la bocca… Gli occhi
serrati…
Nella mia mente Edward continuava
a gridare: “Resisti, Bella, non lasciarmi,ti
prego, combatti!” Edward…
Edward… Oh, Edward...
Capitolo 56 *** Non addormentarti... Ti prego. ***
PENULTIMO
Bene, oggi è
lunedì e, come promesso, sto postando…
A scuola, avrò 4 compiti in 5 giorni + simulazione di terza
prova…
sono leggermente sotto
pressione.
So che questo avrebbe dovuto essere l’ultimo cap ma, dato il
nuovo POV che ho aggiunto, si è un po’
allungato…
Ci tenevo a mettermi nei panni di questo personaggio. rendeva tutto
più chiaro!
Mi veniva da piangere mentre scrivevo!
Volevo dirvi che farò sì finire questa storia
“bene” ma che,
dopo averla finita (cioè molto presto, 1 o due cap.),
aggiungerò un paio di capitoli con il finale originale che
è davvero tragico! Li metterò come
appendice…
Il finale originale e che è stato concepito prima che
inserissi
la nascita di Mel e Alec; è davvero triste e
toccante…
quindi, lo
lascerò lì… se vorrete leggerlo, mi
farà
molto piacere!
Ora vi lascio… devo studiare molto per domani…
non so manco
da dove cominciare!!!
Grazie a tutte voi che avete letto e/o commentato lo scorso
cap e grazie infinite a quelle che stanno leggendo e commenteranno
questo!
Spero vi piaccia, nonostante sia un po’ cruento…
Un bacio e un abbraccio a tutte, Erika
Elizabeth’ POV Correvo,
correvo. Gli alberi schizzavano veloci ai miei lati. Le foglie si
sollevavano
per il vento e i capelli si riempivano di ramoscelli e foglie. Piangevo
e
sentivo male al petto.
Mi
facevano male i piedi. Avevo perso le ciabattine che mi aveva regalato
la zia e
le mie calze si erano tutte rotte.
Con
la mano mi pulii il viso e cercai di togliere il sangue che era colato
dal
naso. Avevo male ovunque. Continuai a correre nonostante le fitte ai
polmoni.
Dovevo tossire, mi veniva da vomitare.
Non
riuscivo a pensare ad altro se non alla mamma.
L’avevo
lasciata lì, da sola. L’avevo abbandonata.
Cercai
di non piangere ma non ci riuscii. Inciampai. Cercai di rimettermi in
piedi ma
mi accorsi che mi tremavano le gambe. Mi appoggiai ad un albero. Avevo
la
tosse.
Sentivo
qualcosa, un fastidio sempre maggiore, allo stomaco. Mi mancava
l’aria. Non
vedevo niente a causa delle lacrime.
Continuavo
a vedere la mamma a terra, quella ragazza che la picchiava. Vedevo il
suo
sangue, ne sentivo l’odore. Ce lo avevo addosso…
Mi
ritrovai in ginocchio a vomitare.
<
Mamma… mamma… >
Mentre
correvo l’avevo sentita gridare. Gridava fortissimo, molto di
più di quando
erano nati Mel e Alec. Era un urlo diverso. Disperato.
E
io non ero tornata indietro… l’avevo lasciata
lì.
Mi
rimisi in piedi. C’era un gran vento e avevo freddo. molto
freddo. ero uscita
dal sentiero e non sapevo più dove mi trovassi. Non ce la
facevo più a correre…
cominciai a vagare e l’unica cosa che sentivo erano i miei
singhiozzi. Da
quanto ormai ero sola?
Non
riuscivo a smettere di chiamare: < Mamma, mamma. >
Ma
la mamma non c’era. Ero sola… mi girò
la testa.
Sentii
dei rumori.
Ebbi
paura che quella ragazza, che al telefono aveva detto a papà
che non avrebbe
più trovato la mamma e me, avesse portato via la mamma.
Avevo paura che ora
fosse lì per portare via me.
Ricominciai
a correre. A piangere. < Papà, papà.
Mamma! >
I
suoni si fecero più vicini. Ricordo che corsi ancora
più veloce, senza fiato.
Inciampai. Mi rimisi in piedi e ricominciai a correre. Ma non fui
abbastanza
veloce.
Sentivo
il mio cuore battere furioso. Pensavo che sarebbe scappato dal mio
petto. Ci
posai le mani sopra. Sentivo il volto bagnato. Dovevo soffiarmi il
naso,
smettere di piangere. Non riuscivo a pensare. < Mamma. Mamma.
>
I
passi erano sempre più vicini. Troppo.
Capii
che mi avrebbe presa. E avrei sofferto. Mi avrebbe picchiata. Non
ancora, ma
presto. < Mamma, mamma. >
Eccoli,
proprio dietro di me. Qualcuno mi bloccò, afferrandomi le
spalle. Cercai di
divincolarmi ma fu tutto inutile. Non vedevo niente. I miei occhi
offuscati
dalle lacrime. Gridai: < Lasciami, LASCIAMI!!! Lasciami!
> Le braccia
gelide mi tennero ferma, immobilizzandomi. Le mie suppliche furono
inutili.
Aspettai il dolore. Lo aspettai contratta, rannicchiata su me stessa.
Lo
aspettai ma non arrivò.
Tra
i miei singhiozzi e i miei strilli mi accorsi di una voce familiare che
tentava
di calmarmi. Qualcuno mi stringeva dolcemente tra le braccia,
impedendomi però
di muovermi.
<
Liz, Liz… ti prego, sta calma. Respira.
Tranquilla… sta tranquilla. Sei al
sicuro. Sei al sicuro. >
Riconobbi
la voce e mi venne da piangere ma non più per la paura. mi
sentii protetta. Cercai
di dire: < Nonna? > Tentai di pulirmi gli occhi con i
palmi delle mani ma
lei mi afferrò i polsi con delicatezza. Mi baciò
la guancia. < Sht, sht… non
piangere amore. Non piangere. Ci sono qui io…
Alice… > < Resto qui. Non è
sicuro muoversi da sole. Andiamo all’auto. Carlisle non
può più aspettare. >
< Zia? > < Sì tesoro, sì.
Siamo qui. > Mi accarezzò i capelli e mi
pulì il viso con la manica del suo vestito. < Non
avere paura. nessuno ti
farà più del male. >
Cercai
di annuire ma scoprii di essere immobilizzata. Tremavo dalla testa ai
piedi.
< Liz, adesso dobbiamo andare. Dobbiamo correre. Tieniti stretta
e chiudi
gli occhi. >
Obbedii
e mi strinsi alla nonna. Le mani della zia mi tenevano le mie.
Bella’s POV Jane
era accovacciata al mio fianco. Mi stava
studiando. La vedevo attraverso il sangue che mi era colato sul volto.
Mi
girava la testa e sentivo le forze venirmi meno. < Allora, ti
piace? > mi
chiese prendendomi la mano e stringendomela con forza. Non riuscii a
trattenermi dal gridare. Sentii il suono delle ossa della mano
rompersi. La
lasciò andare e la mia mano cadde a terra come un peso
morto. Rantolai. A
stento riuscivo a muovere le dita. Mi
sforzavo di non darle la soddisfazione di piangere ma non sapevo per
quanto ci
sarei riuscita. La intravidi alzarsi in piedi e girarmi intorno,
squadrandomi.
Mi arrivò un calcio sui reni. Tossii e urlai. Sentii il
sangue salirmi in
bocca.
Cercai di rannicchiarmi su me
stessa ma lei me lo
impedì. Mi tirò altri calci, ovunque. Sentivo le
mie ossa rompersi sotto i suoi
colpi. Cercavo di proteggere il volto con le braccia ma a stento
riuscivo a
muoverle…
Respiravo a fatica, ormai
immobile, quando lei mi
sussurrò all’orecchio: < Sai, non ti
ucciderò di botte. Ho in mente un modo
migliore per porre fine a questa tua miserabile vita. Inizialmente
pensavo di
toglierti quello che tu hai tolto a me. Ma uccidere te era
più semplice e più
appagante che uccidere Edward. Perché io so che è
solo a causa tua se Aro è
morto. Mi hai rubato la mia famiglia! >
e prima di parlare mi alzò la testa
tenendomi per i capelli < Tu, tu! Me lo hai rubato. Ha preferito
te a me.
Aro voleva il tuo corpo. Non gli andava più bene il mio. E
mio fratello… era
così ossessionato da te. Non voleva che ti facessero del
male. pazzi! > e mi
lasciò cadere di nuovo, dopo avermi tirato un pugno sulla
tempia. Altro sangue,
altro dolore. Sentii Edward nella mia mente: < Bella, ti prego,
resisti. Resisti! Aspettami! Non arrenderti! >
Lei infierì ancora su
di me prima di continuare a
parlare. Riuscivo a cogliere solo parte di quello che mi
diceva…
< Lascerò che ti trovi ……
… Voglio che sia Edward a
vederti morire. Voglio che ti veda e soffra capendo di non poterti
salvare.
Perché non potrà fare niente, nemmeno tentare di
trasformarti. Il tuo cuore non
potrà resistere tanto a lungo. >
Mi tirò un altro calcio e mi obbligò a mettermi
in
ginocchio. Dovette sorreggermi lei. Io non riuscivo nemmeno a muovere
le
labbra. Vidi la pozza di sangue ai miei piedi e tremai.
All’orecchio mi
sussurrò: < E mentre sarà impegnato nel
disperato tentativo di salvarti,
andrò a cercare tua figlia, sola nel bosco. Povera piccola.
Non so, la uccido o
la mordo? Cosa mi consigli? >mi sorrise maligna. Mi sforzai di
parlare. Mi
uscii un sussurrò smorzato: < No, ti prego. No. Lei
non centra niente. >
< Sai, a giudicare dall’aspetto, dovrebbe avere sui
tre anni e mezzo, quattro… anche se credo che di testa sia
più grande.
Eri già
incinta quando sei arrivata a Volterra… > La sua era
una semplice
constatazione. Mi tirò uno schiaffo e sentii un dente
rompersi. Intravidi i
suoi occhi nerissimi. Chiusi i miei. Non riuscivo a pensare a niente.
Vedevo
solo le immagini dei miei figli, di Edward. Capii con impressionante
freddezza
le visioni di Alice. I miei figli sarebbero cresciuti senza di me. Non
reagii.
Era sempre stato così. Non avrei potuto cambiare il
mio destino… e il mio destino era morire per mano di Jane. In quel momento di delirio
mi venne in mente
un nome che non riuscii a ricollegare a nessun fatto preciso.
Camilla… mi venne
in mente e mi colpì come una secchiata di acqua gelida. Alla
fine, i nostri
destini non sarebbero stati molto diversi…
Jane, sempre tenendomi per i
capelli, mi disse
sprezzante: < Sapevo, ero certa che non ti avesse ancora morso.
Ne ho avuto
conferma seguendo il tuo amico cane e parlando con Alec, qualche mese
fa… Sai,
era da tempo che stavo organizzando tutto ma Edward non ti lasciava mai
sola.
Fortuna che oggi sono riuscita ad attirarlo a Gibson con
l’inganno… che Rosalie
ed Emmett siano via. Ho DOVUTO cogliere l’occasione, capisci?
Quando mi si
sarebbe ripresentata se no? Alice e Jasper a caccia, Esme e Carlsile in
città…
era da tempo che cercavo una serie di circostanze così
favorevoli per il mio
piano. > mentre parlava, lo sguardo che aveva era da pazza.< quando
è stato il momento, è stato
facile allontanare la compagna del vostro capo da lui. E, sentendosi
seguita,
lei ha preferito non tornare da Carlsile per evitare che scoprissimo
dove fosse
lui e i tuoi figli. Non sapeva che noi già sapevamo.
Si era accorta di essere seguita e ascoltata e per
questo ha spento il cellulare, per evitare che la chiamassero e noi
scoprissimo
qualcosa di utile. Povera sciocca.
E naturalmente Carlisle, pensando che fosse successo
qualcosa alla sua compagna, ha chiamato ad aiutarlo Edward…
è per questo che ti
ha lasciato sola. Tutto questo è stato possibile grazie a un
mio caro amico che
si è offerto di aiutarmi. Ricordi Georgy?
Sono in tanti, a Volterra, a nutrire risentimento nei
tuoi confronti… Nessuno quanto me però…
tu, piccola stronzetta, mi hai rovinato la vita. >
e così dicendo mi sputò in faccia, riversandomi
tutto il suo odio addosso. Il
tono dell’ultima frase era terribilmente sprezzante e
schifato.
< Ti lascerò morire qui, in mezzo al tuo stesso
sangue e alla tua stessa saliva. > e mi tirò un
calciò nello stomaco.
Vomitai. Bile… < Ti lascerò qui a morire
dissanguata perché non meriti
nemmeno di poter crepare in fretta. >
Mi tirò ancora più su, stringendo più
forte la presa
sui miei capelli. Ormai non vedevo più nulla. Sentivo solo
dolore, ovunque.
Terribile, immenso. Mi sembrava di soffocare. Ogni respiro mi provocava
fitte
al torace. Spasimi involontari…
< Bella,
non farlo! Non lasciarmi! Resta con me! > Mi
gridò Edward, furioso e disperato. Mi venne da piangere
pensando a
quanto avrebbe sofferto per la mia morte. Speravo solo non compisse qualche
gesto sconsiderato. Doveva pensare ai
nostri bambini… non poteva farmi questo. Poi,
improvvisamente, qualcosa di freddo e appuntito
mi sfiorò il collo. La mano di Jane si era spostata dai
capelli ad esso. E
poi arrivò, il suono della pelle lacerata giunse
persino prima del dolore. I suoi denti mi recisero le vene. La sentii
succhiare
piano, gustandosi il sapore del mio sangue. Mi teneva il capo reclinato
per
avere libero accesso al mio collo.
Ero così debole da sperare solo che la fame avesse il
sopravvento e che mi uccidesse in fretta. Non potevo più
sopportare. Dopo
quelle che mi parvero ore, separò i suoi denti affilati dal
mio corpo e mi
lasciò cadere all’indietro, riversa sul terreno
reso rosso dal mio sangue. Mi
afferrò il braccio sinistro. Estrasse un piccolo coltellino
dalla tasca, lo
aprì e poi, facendosi beffe di me, disse: <
Così ti rinfresco un po’ la
memoria. > e poi ripercorse con la lama affilata le cicatrici
dei tagli.
Quando ebbe terminato si alzò con grazia. La vidi
nonostante il sangue che mi incrostava gli occhi.
Si poggiò la mano sulle labbra e se leccò avida
prima
di salutarmi con la mano. Fece alcuni passi e poi tornò
indietro, come se si
fosse ricordata di una cosa importante. < Bella, mi raccomando,
salutami
Alec, quando sarai all’inferno. Con lui non ho potuto
divertirmi come con te.
Ma, in fondo, tu sei una debole umana. È stato fin troppo
semplice. Non hai
nemmeno opposto resistenza. >
Mi diede un ultimo sprezzante
calcio e poi si avviò
verso il bosco. Con mio sollievo nella direzione opposta a quella presa
da Liz.
Mi stupii di riuscire ancora a provare qualcosa come il sollievo. Ma
forse,
persino in punto di morte, l’amore per i figli supera quello
per se stessi.
Distrutta, chiusi gli occhi. Era inutile continuare a
combattere. Il dolore era troppo. Resistere era impossibile. Il buio e
il
torpore erano così invitanti.
Mi abbandonai a loro mentre anche
le ultime forze mi
abbandonavano.
< Bella! Bella! Ti
prego, resta sveglia! > Nemmeno la
voce di Edward che mi gridava nella testa riuscii a convincermi a
cercare di
restare vigile. Non avevo potuto fare niente per proteggermi da Jane.
Lei
diceva che non avevo opposto resistenza. Non era vero. Ma era stato
come se un
filo d’erba avesse combattuto contro un albero.
Inutile… cercai
di piangere ma non ci riuscii. Mi resi conto di
avere il naso rotto. E sicuramente non era l’unica parte del
mio corpo ad
esserlo. Ogni centimetro pareva rivendicare la sua esistenza tramite il
dolore.
Ovunque. Soffrivo. Non riuscivo più a respirare…
a pensare.
Percepivo il sangue fluire lentamente, allontanarsi da
me.
Era caldo… e io avevo così freddo… il
vento non aveva
pietà di me mentre io, inerme, annaspavo. Con un grandissimo
sforzo cercai di
rannicchiarmi. Ogni movimento era
come cento pugnalate. Emisi un urlo strozzato.
Riuscii a mala pena ad avvicinare un braccio al petto, girandomi di
lato.
Sarei morta lì, nel giardino di casa mia, dove ero
stata tanto felice.
I miei sogni infranti, distrutti. Il mio futuro
rubato. La possibilità di vedere i miei figli crescere
svanita. Il dolore più
grande al pensiero di abbandonarli, di lasciare Edward…
Sarei morta lì, a pochi metri da dove io ed Edward
avevamo festeggiato il nostro primo anniversario di nozze, a pochi
metri da
dove Liz giocava con Emmett.
A pochi metri dal mio piccolo
mondo sicuro. Sarei
morta e lo avrei fatto sola. Forse era meglio se Edward non
vedeva…
Scoprii di stare singhiozzando
perché, ad ogni
singulto il mio corpo reagiva con una sferzata di dolore. Uno spasmo
dopo
l’altro.
Sentii in lontananza delle grida e dei ringhi…
Il mio cuore si spezzò.
Aveva trovato Liz…non riuscii nemmeno a piangere,
tanto ero debole. Il dolore che però provai
all’idea della morte della mia
bambina fu così atroce che cancello gli altri per alcuni
istanti, lasciandomi
intontita.
Le ferite al braccio erano superficiali ma dal collo
scorreva sempre più sangue.
Ripetevo come una scema: < Edward, Liz… Edward… Liz,
Edward…
Quando ormai anche i dolori si attutirono, mi
abbandonai completamente al terreno conscia che la perdita di
conoscenza era il
preludio alla morte. Rassegnata, mi lasciai cullare dalla voce
disperata del
mio amore… < Bella! Bella!
Svegliati! Svegliati! > Sorrisi,
pronta ad accogliere la morte che mi avrebbe
salvato da quel mare di dolore…
Ero felice di andarmene con la voce di Edward nella
mia mente…
< Ti prego, Bella, non
puoi lasciarmi… > Il
vento freddo mi sferzava il volto.
Mi spostava i capelli impiastricciati di sangue. Mi
accarezzava la pelle tumefatta.
< Bella? Bella? Riesci a sentirmi? >
< Ha perso troppo sangue. Edward bisogna agire
subito, sempre che non sia troppo tardi. >
Un ringhio di dolore. Mi stupii rendendomi conto che
le voci venivano da oltre il mio corpo…
Erano delle dita quelle che mi accarezzavano?
< Edward, dobbiamo fare in fretta. > Qualcuno mi
teneva premuta la mano sul collo.
< Da quanto sarà incosciente? >
< Non più di due minuti… prima riuscivo a
sentirla
chiamarmi. Bella? Bella?Carlsile,
sta
morendo! >
Era Edward, ed era disperato. Non lo avevo mai sentito in quello
stato.
Mi sforzai, mi imposi di aprire gli occhi. Riuscii a
malapena a socchiudere le palpebre. Un’altra ondata di dolore
mentre tutti i
muscoli si contraevano.
Ci fu silenzio per un secondo poi Edward sussultò, nel
momento in cui gemetti cercando di alzare il braccio.
Bisbigliò in un misto tra
sollievo e disperazione: < Bella, Bella, amore mio, non temere,
adesso ti
aiuteremo. Sta tranquilla. Carlisle ti curerà. Non avere
paura. > Io non ne
avevo, lui sì invece…
Dalle labbra spaccate riuscii a dire: < Liz? > La
mia lingua sfiorò alcuni denti spezzati…
Edward sorrise ma non rispose. Probabilmente non era riuscito a capire
cosa
avessi detto. era solo felice di sentirmi parlare. Mi poggiò
il palmo della
mano sulla guancia, protettivo. Se avesse potuto, avrebbe pianto.
Le sue mani erano sporche di sangue, il mio.
Mi
sentivo talmente debole che anche solo tenere gli occhi socchiusi mi
risultava
una fatica immane. Lasciai che si chiudessero. Sentii Edward sussultare
di
terrore. < Bella, ti prego, non addormentarti. Guardami.
Parlami… non
smettere di parlarmi. >
Carlisle disse: < Edward, l’emorragia non si ferma.
Sta morendo dissanguata. Le ferite sono troppo gravi. > Era
distrutto.
Edward ringhiò. < No! NO! NO!! Devi trovare un
modo. > mi prese dolcemente la mano ancora
“sana” nella sua. < Non posso
accettarlo! Dobbiamo provare, dobbiamo salvarla! >
< Edward, non so cosa fare! Non so come farlo! Non
c’è abbastanza sangue… anche se le
iniettassi il veleno, non potrebbe farcela…
mi dispiace, mi dispiace. Mi dispiace… > Era
frustrato, addolorato. La
sua mano destra non si mosse dal mio collo
ma la sinistra cominciò ad accarezzarmi il capo.
< NO! NO! > Quel grido disperato di Edward mi
colpì talmente in profondità da darmi la forza di
stringere la mia mano intorno
alla sua. La stretta fu talmente lieve che a stento se ne accorse.
Subito mi
disse: < Bella,amore, va tutto bene, non preoccuparti. Si
sistemerà tutto. Ti
salverò. Te lo prometto. Non ti permetterò di
andartene. >
Qualcuno mi prese in braccio, con
estrema cautela.
Un’altra voce disse: < Sicuro che possiamo spostarla?
>
Gli rispose Carlisle: < Jaz, se la lasciamo qui, ci
lascerà entro pochi minuti… magari riusciamo
a… > ma lasciò la frase in
sospeso. Sentii di nuovo la voce di Edward vicino al mio orecchio:
< Bella,
amore, non preoccuparti. Ci sono io qui con te. >
Ci stavamo muovendo molto velocemente. Avevo freddo.
< Jasper, Vai a prendere la mia roba. Prendi della
morfina, tanta, e sgombera il mio tavolo nello studio. >
Mentre ondeggiavo, socchiusi ancora le palpebre. Ero
tra le braccia di Edward. Le mani di Carlisle strette delicatamente sul
mio collo
per tamponare le ferite. Cercò di sorridermi. A stento
riuscì a collegare il
suo volto ad un nome. Passammo velocissimi davanti alla vetrata. Vidi
riflesso
Edward e, tra le sue braccia, un corpo, grondante un liquido rosso. Il
volto
tumefatto, una maschera di sangue. Il braccio destro penzolava inerme,
rotto,
così come la gamba sinistra.
Gemetti quando realizzai che quel
corpo martoriato ero
io. Edward mi strinse delicatamente. Poi tutto si fece definitivamente
buio.
Un buio talmente profondo da non avere una fine…
Elizabeth Alla
fine ci fermammo… Ero aggrappata alla nonna. Mi ci tenevo
così stretta che a
fatica riuscì a liberarsi dalla mia presa. < Liz,
tesoro, sei al sicuro. Non
piangere… amore mio… >
Mi
baciò la fronte. < Esme, passala a me, occupati dei
gemelli. >
Le
braccia della zia mi strinsero forte e lei mi carezzò i
capelli. Socchiusi gli
occhi e scoprii di essere in un posto dove non ero mai stata. Tremavo
talmente
tanto che mi battevano i denti. Alice si tolse il maglione, rimanendo
in
camicetta, e me lo mise addosso. Mi sorrise e disse: < Tanto io
non ho
freddo. >
Mi
accoccolai tra le sue braccia e, senza smettere di singhiozzare, mi
osservai
intorno. Vidi la macchina del nonno. Ci stavamo avvicinando ai
gemellini. Li
sentivo piangere.
Sentii,
in lontananza, il nonno correre verso casa. Riconoscevo i suoi
passi…
Nello
spiazzo c’era l’odore suo e del papà ma
quello del nonno era un po’ più forte.
Era rimasto per aspettarci?
La
zia aprì la portiera posteriore e mi ci fece scivolare
dentro. Faceva un bel
caldo e sedili erano morbidi. Quando fece per separarsi da me, strillai
e mi
aggrappai alla sua manica. < NO! Non lasciarmi! Non lasciarmi ti
prego! >
Mi
sorrise dolcissima e si chinò su di me. Mi prese in braccio
ed entrò nella
macchina, facendomi sedere sulle ginocchia. La nonna, davanti, stava
dando a
Mel il biberon. Mi venne il mal di stomaco.
Era
la mamma che allattava Mel e Alec… lei non usava mai il
biberon...
<
Sht, sht, non fare così… > Guardai la zia
e mi accorsi che parlava con me.
Era la mia la voce che continuava a ripetere “Mamma”
Deglutii
e sussurrai: < La mamma… dov’è
la mamma? Voglio la mamma! Papà! >
<
Liz, ascoltami… io lo so che quello che è
successo è terribile però, ti prego,
devi cercare di essere una bambina coraggiosa. Non devi
piangere… si sistemerà
tutto. >
<
Ho abbandonato la mamma! Non sono coraggiosa. Sono una bambina cattiva!
E
adesso la mamma sta male… per colpa mia… >
< No, non dirlo nemmeno per
scherzo. Non è colpa tua. Tu hai fatto come voleva tua
mamma. Sei stata una
brava bambina obbediente e sono sicura che Bella è stata
molto contenta di te.
> Ebbe un fremito ed abbassò gli occhi. La nonna le
chiese sottovoce: <
Alice? > < Niente… è arrivato anche
Carlisle… >. La nonna chiese con
voce smorzata < Bella? >.
La
zia scosse mestamente la testa ad occhi chiusi. Il respiro le
uscì come un
rantolo di dolore e la nonna strinse Mel al petto, un espressione
tristissima
sul volto. La zia si coprì gli occhi con la mano.
Mi
resi conto di cosa significasse quel gesto. Lo avevo visto fare in un
film. La
protagonista trovava il suo fidanzato-eroe a terra, che non respirava,
e aveva
fatto la stessa cosa prima di cominciare a piangere. La mamma mi aveva
detto
che lei era triste perché il suo fidanzato non sarebbe
tornato da lei. Io le
avevo detto: “Ma mamma, lui è li davanti! Basta
che lo svegli…”
Mamma
mi aveva stretto a sé e sussurrato: “Liz, ci sono
volte in cui non ci si può
svegliare… > e poi aveva spento la tv. Quella sera
litigò con il papà
perché
secondo lui non avrei dovuto vedere quel film. Mamma gli aveva risposto
tranquilla: “La morte è una realtà.
Solo perché non ne verrete toccati, non è
giusto che lei non se ne renda conto.” Lui
si era arrabbiato ancora di più, l’aveva presa
per i polsi e poi l’aveva abbracciata forte, nonostante il
pancione, dicendole
che in casa nostra nessuno sarebbe stato toccato dalla morte.
Morte…
la mamma non si sarebbe svegliata mai più… non
sarebbe mai tornata da me. Non
mi avrebbe mai più abbracciato, coccolato. Non mi avrebbe
mai più cantato la
ninnananna. Anche se era stonata, a me piaceva tanto lo
stesso…
Mamma…
mamma. No, mamma…
Ancora
oggi, ad anni di distanza, ricordo quei momenti con estremo dolore.
Quasi
impazzii. Cominciai ad urlare svegliando Alec… tiravo pugni
alla zia. Sentii un
dito, il mignolo, fare crack ma non me ne importava. Mi dimenticai del
male al
petto, della tosse, del freddo. Piangevo. Continuavo a gridare:
< No, No!
Mamma! Mamma! > Anche Alec e Mel cominciarono a frignare,
spaventati dalle
mie grida.
La
zia, sconvolta, mi afferrò i polsi e cercò di
calmarmi con la sua voce ma io
non l’ascoltavo. Non potevo. Sentivo l’odore del
sangue della mamma addosso. La
vedevo a terra, mentre quella la picchiava… < Liz, non fare
così.Ti prego, calmati…
>
Mi
sentii male. ma non era come quando ero caduta e mi ero rotta il
braccio, o
come quando quella ragazza mi aveva picchiata… no, era un
male strano,
terribile, che mi nasceva nel cuore e che sembrava farmelo a pezzi. Per
la
prima volta, capii che la vita per come la conoscevo io era ormai
finita.
Grazie
per la pazienza che dimostrate… avrei
potuto togliere il POV di Liz e fare finire la storia condensando tutto
in
questo ma sarebbe stato tutto troppo confuso… e poi, Liz
meritava un po’ spazio
anche per sé!
Penso che i suoi pensieri abbiano reso più
“reale” il tutto.
Scusate si vi faccio aspettare ma prima di sabato non credo di riuscire
a
postare… sono davvero sommersa di compiti e
lavoro…
Grazie a tutte,
Non vi deluderò! abbiate fiducia!
Chiedo scusa se vi faccio aspettare così tanto per farvi
sapere come va a
finire!
Un bacione!!!
Capitolo 57 *** Attimi... frammenti di tempo perduto ***
Salve a tutte. So di essere
imperdonabile per questo ritardo ma sappiate che questo capitolo era
pronto (sebbene necessitasse di notevoli modifiche) fin da quando
postai il precedente...
A mia discolpa posso dire
che l'ultimo anno di liceo non prevede tempo libero. C'era la polvere
sul mio portatile! la polvere!!!
E non vi dico cos'è successo quando ho aperto msn... cmnq,
sono riuscita a postare ora solo perchè sono in piena
influenza/allergia-da-polline/fase-ko-per-le-mie-cose... --> non
posso studiare e quindi... XD
Non ho postato prima anche perchè il cap non mi soddisfaceva
ma, visto che è sempre difficile tenere testa ai cap
precedenti quando la storia è così lunga, ho
preferito postare adesso quello che c'è e so che me ne
pentirò ma, finche ho ancora il coraggio di farlo, tantovale
farlo (discorso inconcludente... colpa della febbre...)
Grazie per la pazienza,per i
bellissimi commenti e per il semplice fatto di leggere la mia
storia.
Un bacio a tutte e buona pasqua... posterò la fine non
appena possibile. SCUSATE SE E' UN CAP UN PO' LUNGO
Ps: sono passati un anno e 2 mesi da quando ho letto
Twilight, New Moon e Eclipse (rispettivamente il 9, il 14 e il 15
febbraio del 2008. Twilight me lo prestò un'amica ma eravamo
in vacanza e dovetti aspettare il rientro a scuola per leggere gli
altri 2. mai rientro fu più gradito XD) è
già passato così tanto tempo? mi sembra ieri!!!
Senza alcuna retorica, un
abbraccio a quanti stanno soffrendo in questi giorni a causa del
terremoto.
PS: 3 POV!!!!
Elizabeth’s POV
Ero sconvolta. Non sapevo cosa mi
stesse succedendo. Dentro di me era come se si fosse aperto un vuoto
enorme. Mi mancava l’aria e non potevo smettere di piangere.
La zia continuava ad accarezzarmi in silenzio mentre i gemellini si
stavano finalmente riaddormentando. La nonna li sistemò nei
loro seggiolini e poi si sedette al posto di guida. Lei e la zia erano
immobili e, se non fosse stato per i miei singhiozzi, ci sarebbe stato
un silenzio totale nella foresta.
Continuavo a vedere la mamma nella
mia testa.
Lei non poteva morire. Lei doveva tornare da me. Doveva e basta.
La mia mamma non poteva lasciarmi.
Non riuscivo nemmeno a concepire una cosa simile…
Quando il cellulare della zia vibrò, sobbalzai e cominciai
ad ansimare. La nonna si voltò ad accarezzarmi mentre la zia
si avvicinava il piccolo apparecchio all’orecchio. Parlava a
voce bassissima ed io a malapena riuscivo a sentirla. Stava parlando
con lo zio Jasper.
O meglio, lui parlava mentre lei si limitava a sospirare.Alla fine della conversazione,con voce spezzata, disse
solo: < Oddio Jaz! Non può essere! E noi? Cosa
facciamo? Non possiamo tornare… a casa.
Carlisle però deve vedere Elizabeth. È troppo
provata. Non so cosa fare. Non so cosa fare! >
< Alice, ti prego, calmati. Troveremo una soluzione. Per forza.
Carlisle adesso non può muoversi da casa. Stanno cercando
di... si insomma, Bella…
Emmett e Rosalie sono già in aeroporto. Si imbarcheranno con
il primo volo Dovete venire qui. Dobbiamo restare uniti..
Però, prendi la strada da nord. Ed entra dal sentiero che
porta sul retro. È meglio che non passiate dalla
strada… lì è un disastro…
Grazie al cielo ho appena cacciato e sta piovendo. È
così, così… Oh Alice…
è orribile. >
< Sì… certo. È
troppo…> non riuscì a finire la frase che
terminò in un singhiozzo terrorzzatoi. La sua voce
tremò quando aggiunse: < ho
visto. > e poi mi strinse a sé mentre la voce le
moriva nel petto con un rantolo.
Le loro parole veloci divennero confuse e senza un senso preciso.
Dov’era mamma? E papà?
Nel piangere cominciai a tossire e sentii male al petto. Come quella
mattina… prima che succedesse tutto. Stanchissima, vidi
l’auto farsi buia dietro ai miei occhi stanchi. Le palpebre
pesanti cedettero. Vidi la mamma a terra. Pensai al film. Ricordai un
sogno lontano e confuso, in cui la mamma ed io camminavamo in un bosco
ed io, ad un certo punto, voltandomi, non la vedevo più. Mi
ero sentita impaurita, sola, spaventata, terrorizzata. Appena sveglia
però, lei mi aveva abbracciata e accarezzata, consolata.
Aveva detto che sarebbe stata con
me per sempre.
Sempre.
Mi aveva mentito.
Non aveva mantenuto la promessa che mi aveva fatto.
Non sarebbe stata con me per sempre…
Mi sentii come in
quell’incubo. La solitudine che provavo, il
dolore… mi mancava mia mamma…
Mi sentii in colpa. Se il giorno prima non fossi uscita in giardino
forse non mi sarei ammalata e non sarebbe successo tutto quel disastro.
Tutto quel dolore.
Non sarebbe successo niente… Spalancai gli occhi.
Scoprii di star singhiozzando avvinghiata alla maglietta della zia,
tutta bagnata di lacrime.
Lei, gentile e premurosa, mi massaggiava il petto sistemandomi meglio
il maglioncino. Avevo un freddo terribile ed ero stanchissima ma non
potevo chiudere gli occhi.
Non potevo.
Appena provavo ad abbassare le palpebre, tutto quello che era successo
tornava davanti a me violento e vividissimo. L’odore del
sangue, la mamma sdraiata a terra dietro di me. I gemiti che tratteneva
per non spaventarmi.
No, non potevo chiudere gli occhi nonostante la zia mi stesse cullando,
nonostante la nonna avesse fatto partire il CD con la ninnananna di
papà. Non potevo chiuderli e ricordare tutto.
< Liz, vuoi tornare a casa? Se no, possiamo andare da qualche
altra parte… >
Al telefonino, lo zio le disse: < Alice, adesso dovete venire
qui! > Era strano sentire lo zio nervoso, soprattutto con la
zia. Lei, cercando di restare calma, rispose: < Jaz, tu non
capisci. È sotto shock. Forse dovrei portare lei e i bambini
via, in un posto sicuro… >
Le afferrai i capelli. < No! NO! Ti prego! Torniamo a casa!
Voglio il papà! Papà! Mamma! >
Stringendomi dolcemente, mi baciò la fronte e
cercò di tranquillizzarmi. < Va bene, ve bene. Non
preoccuparti. Ora torniamo a casa. Ti prego, sta tranquilla. >
poi ricominciò a parlare al telefonino ma dai miei occhi,
pieni di lacrime, non riuscii a vedere la sua espressione. Non riuscivo
a vedere più nulla. E non distinguevo più le sue
parole. La nonna aveva alzato la musica e la macchina correva veloce e
silenziosa lungo una strada bagnata e scura.
Alla fine non ebbi neanche più lacrime. Mi accorsi che la
zia non era più al telefono. Alzai il viso e lei, sorridendo
a fatica, me lo pulì con la manica della camicetta. <
Tra poco saremo a casa… il papà ti sta
aspettando. Non vede l’ora di vederti. >
< La mamma? >
Non mi rispose, limitandosi a
chinarsi in avanti per sussurrare qualcosa alla nonna. Mi accorsi che
eravamo vicino a casa. La zia abbassò un attimo il
finestrino e l’odore familiare degli alberi bagnati mi
avvolse confortandomi. Insieme a questo, un odore sgradevole,
dolciastro. Simile a quello del fumo. Mi dava la nausea. Riconobbi la
sagoma di casa lontano, in fondo al sentiero fangoso. Riconobbi la
finestra della camera dei giochi. Mi accorsi di tremare ed ansimare
solo quando la zia mi disse:
< Stanno arrivando lo zio e il nonno. Tra poco starai meglio.
> Avevo freddo sia sulla pelle che nel cuore…
La macchina si fermò
all’improvviso ed io sussultai. Serrai le palpebre,
terrorizzata., rimangiandomi quello che avevo pensato poco prima. Era
meglio rivedere la bella ragazza di ghiaccio piuttosto che scoprire
cosa fosse successo nel frattempo.
Il sangue sull’erba, i pezzetti del mio ciondolo
frantumato…li rividi nella mia testa mentre cadevano a terra
l’uno dopo l’altro in tintinnii cristallini e
tenebrosi…
il giardino era diventato un luogo orrendo.
Sentii la portiera spalancarsi e delle braccia gelide mi separarono
dalla zia. Mi sentii improvvisamente calma. Misto all’odore
della pioggia, riconobbi quello dello zio Jasper.
Lo scrosciare della pioggia sull’ombrello copriva tutti i
rumori ma l’acqua non aveva cancellato tutti gli odori. Vago,
nell’aria, riconobbi quello del sangue della mamma.
La pioggia lo stava portando via lentamente…
< Liz, non preoccuparti. Stai tranquilla. Ecco, brava,
così. > mi sussurrava lo zio mentre mi sentivo sempre
più intorpidita. Non riuscivo a muovermi e mi sentivo
stranamente bene tra le sue braccia. Improvvisamente il rumore della
pioggia venne allontanato. Una porta sbatté ed io fui felice
di essere al caldo. Riconobbi tutti gli odori a me familiari. Eravamo
entrati. Avrei voluto aprire gli occhi ma non ci riuscii. Sentii Mel
vagire. La nonna era già volata in cucina, a prendere il
latte. Non riuscivo nemmeno più a pensare. Persi
l’idea di tempo…
Mi accorsi solo di essere sdraiata
su un letto. Non era il mio.
La zia mi stava levando i vestiti
bagnati e sporchi di sangue.
Mi passava un asciugamano bagnato di acqua calda sul corpo.
< Ziiia… > sussurrai stanca e con la mente
annebbiata. Lo zio mi stava tenendo la mano e accarezzando i capelli.
Stava usando quel suo strano gioco, proprio come quando erano nati Mel
e Alec. Se lui voleva, riusciva a farti stare tranquilla anche se avevi
paura. tanto tranquilla da farti addormentare…
Socchiusi a fatica le palpebre e vidi il soffitto della camera dei
nonni. Tossii.
Riconobbi il nonno. Era al mio fianco. Mi stava toccando la gola e il
petto. Stava parlando.
< Le ferite si sono quasi tutte rimarginate.Erano superficiali.
Finisci di disinfettare quelle più profonde. Per quelle ci
vorrà qualche ora. Le microfratture si stanno già
saldando. La costola andrà a posto entro poche ore. Altre
due sono lievemente incrinate… non ci vorrà molto
prima che tornino normali. Credo che la velocità
rigenerativa dipenda anche dallo stato psichico e dalla situazione
esterna. Lo stress le fa male. inoltre ha preso molto freddo, questo
sì. Falle bere questo…e mi raccomando, tienila al
caldo e non farla uscire di qui. >
< Certo Carlisle. >
Il nonno mi sorrise, accortosi che lo fissavo, e mi
accarezzò. < Liz, ora devo andare. Se hai bisogno di
me, dillo alla zia e lei mi verrà a chiamare subito. Capito
piccola? >
< Mh mh… > biascicai io intontita. Poi chiusi
gli occhi mentre la zia mi metteva dei vestiti puliti, morbidi, caldi.
Vestiti che non avevano l’odore del sangue della
mamma…
Sentii Alec respirare piano vicino a me. Mel era lì vicino.
Aprii gli occhi. Li vidi addormentati e sdraiati al mio fianco. Lo zio
stava accarezzando anche loro. Richiusi gli occhi. Non avevo
più male da nessuna parte. Mi sentivo bene, come sospesa in
una nuvola di pace. Il letto era morbido e la stanza era calda.
Qualcuno mi mise seduta e con le dita mi dischiuse le labbra. Qualcosa
di dolciastro e caldo invase la mia bocca e scese lentamente nel mio
stomaco scaldandomi anche dentro. Mi tennero seduta per qualche istante
per poi riadagiarmi tra le coperte con una carezza.
L’unica cosa a turbare
quella pace innaturale era un suono strano che proveniva dal corridoio.
Oggetti che cadevano a terra e dei respiri veloci e carichi di
dolore…
Ma io ero troppo comoda e al caldo.
Mi raggomitolai su me stessa allontanando da me ogni pensiero. E in
quel modo caddi in un sonno senza sogni.
Edward’s POV
<
Bella, Bella amore mio, adesso andrà tutto a
posto… >
Le ripetevo quelle parole come un ebete, tenendole la mano. Salimmo
velocemente le scale e Carlsile aprì la porta dello studio
con forza. Jasper era già dentro. Per terra
c’erano libri e fogli sparsi. Jaz li aveva buttati in terra
per fare spazio a Bella. Carlisle accese una luce da tavolo e mi fece
segno con gesti veloci di poggiare mia moglie sul ripiano di legno
laccato.
L’adagiai dolcemente sul tavolo antico e le carezzai la
fronte febbricitante.
Quando le sfiorai la guancia e il labbro rotto, Bella
sussultò.
< Amore, ci sono qui io. > Lei non mi rispose. Il suo
respiro andava affievolendosi. Non riuscivo nemmeno a guardare il suo
corpo pieno di ferite. L’odore del sangue era così
invitante, così buono che mi ottenebrava la mente. Mi
vergognai di me stesso, ebbi schifo della mia natura.
Mi odiai.
Con mia moglie agonizzante davanti a me, i miei istinti mi portarono a
desiderarne il sangue.
Rividi quello che Jane stava pensando mentre Jaz l’attaccava.
Lei sapeva di star per morire ma non le importava. Lei voleva la sua
vendetta. della vita non le importava più nulla. Mentre lui
la faceva a pezzi, io stavo sopraggiungendo. Tramite la mente di Jane,
avevo rivisto quello che aveva fatto a Bella. Anche in punto di morte
Jane volle prendersi la sua rivincita. Lei voleva che io provassi il
desiderio di bere il sangue di Bella. Sperava che fossi io a procurarle
la morte. Voleva vedermi perdere la ragione. Sapeva che, se avessi
ceduto al sangue proibito del mio amore, sarei uscito di senno.
Carlisle, che con una mano stava per iniettare qualcosa a Bella, mi
posò l’altra sulla spalla. < Non
preoccuparti Edward. Ci sono io. Non ti permetterò di fare
qualcosa di cui ti possa pentire. >
Nella sua mente vidi i miei occhi divenire neri. Deglutii il veleno che
era schizzato nella mia bocca riarsa. < Cerca di restare
concentrato e andrà tutto a posto. >
Annuii. Erano passati appena una trentina di secondi da quando eravamo
saliti nella stanza ma il respiro di Bella si era assottigliato ancora.
Le carezzai il viso. ripresi a parlarle,
cercavo di attirare la sua attenzione sperando che aprisse gli occhi,
che mi rispondesse.
Carlisle le iniettò della morfina. Senza alzare lo sguardo
dall’avambraccio di Bella disse: < Per
sicurezza… credo che adesso non senta niente. È
svenuta… >
Intorno al collo, in prossimità del morso di Jane, le aveva
avvolto un panno di stoffa che era ormai intriso di sangue.
Bella
non reagì alle nostre voci. Il suo cuore stava cominciando a
rallentare il battito.
Carlisle
si allontanò un istante. Andò ad un armadietto e
lo aprì. Era un piccolo frigorifero pieno di medicinali
molto delicati e di alcune sacche di sangue. Non avevamo mai detto a
Bella dell’esistenza di quella scorta. Lei non avrebbe
gradito. Eppure, come diceva Alice, non si poteva mai essere sicuri.
Bisognava essere pronti a tutto. Se per caso la bambina o lei si
fossero ferite, avremmo potuto occuparcene più velocemente
in caso di immediato bisogno.
Mio padre preparò tutto l’occorrente nel piccolo
laboratorio che una volta era stato un bagno. Dentro c’erano
solo pochi strumenti. Tra cui quello per prepararle il sangue, per
reidratarlo.
Quando tornò, pochi minuti dopo, infilò
l’ago nella vena dell’avambraccio di bella e poi le
sentì il polso. Le stava facendo una trasfusione. Sentii
l’odore di sangue estraneo pungermi la gola. Non era niente
rispetto al fuoco scatenato da quello di Bella, che mi macchiava le
mani e gli abiti.
Le
sussurrai: < Bella, Bella? Riesci a sentirmi? >
<
Edward, è inutile. Adesso non riuscirebbe comunque a
sentirti. Appena sarà abbastanza forte, dovremo cercare
di… >
Annuii sconvolto.
Fuori dalla stanza, Jasper stava parlando con Alice. La voce di mia
sorella tremava, impaurita. Chiese di Bella. Questo poteva solo
significare che non riusciva a vedere niente. Sentii le gambe cedermi.
Sentii Jasper allontanarsi. Stava pensando al giardino. Mi chiese scusa
prima di dirigersi verso il bosco, da dove un fumo violaceo si
innalzava. Andava ad aspettare Alice.
L’odore del fumo mi faceva bruciare il naso. Come un flash,
rividi ciò che era accaduto appena pochi minuti prima.
Jasper ci aveva preceduto e aveva rincorso Jane. Con la sua esperienza,
era riuscito a vincerla e si era occupato di lei. Il mio desiderio di
vendetta era stato fortissimo ma era passato in secondo piano dopo la
visione che Alice aveva avuto quando ci eravamo incontrati a
metà strada. Ero rimasto così sconvolto che non
me ne importò più niente di Jane. Non mi
importava se fosse riuscita a scappare. Io dovevo andare da Bella. Non
potevo rischiare di perderla… o peggio ancora (e quando ci
avevo pensato mi ero sentito male) non avrei sopportato che morisse
sola… Non avrei mai accettato una cosa simile…
Se non ce l’avesse fatta, io l’avrei seguita. Di
questo ne ero certo.
Era orribile ammetterlo ma, sebbene sapessi che i miei figli avrebbero
avuto ancora più bisogno di me in quel caso, non ce
l’avrei fatta ad andare avanti…
Venni distolto dai miei ricordi dal battito irregolare del cuore di mia
moglie.
< Carlisle, non possiamo più aspettare. > La
mia voce tremava.
< Edward, ha perso troppo sangue... quello in circolo potrebbe
non bastare… rischiamo di sigillarle le vene ma che, allo
stesso tempo, il sangue non circoli abbastanza velocemente e il suo
cuore così potrebbe fermarsi. Lo sai che le prime ore della
trasformazione sono le più delicate. >
Il cuore di Bella sembrava sempre più debole. Sentii
l’auto di Carlisle avvicinarsi. Aveva imboccato la stradina
sterrata che portava a casa. Liz stava singhiozzando.
Nel silenzio, mi chinai su Bella. Quando il sangue mi sfiorò
le labbra, il veleno mi schizzò di nuovo in bocca. Presi il
capo di mia moglie fra le mani. Le diedi un bacio leggero sulle sue
labbra spaccate e le sussurrai: < Ti amo. Perdonami. > e
poi scostai il fazzoletto sul suo collo. Nel punto in cui
l’aveva morsa Jane, affondai i denti. Iniettai veleno
cercando di non far fuoriuscire il sangue. Quando il veleno
entrò in contatto con le sue vene Bella
boccheggiò. Aprì gli occhi in un gesto
involontario e arcuò la schiena. Succhiò aria fra
i denti serrati e poi ricadde sul tavolo emettendo dei gemiti confusi.
Mi allontani dal collo e là dove il veleno stava agendo le
ferite si stavano già cicatrizzando, a causa del potere
rigenerativo del nostro veleno. Lo stesso potere che aveva salvato me,
Rose, Emmett… e che pregai potesse salvare anche la persona
che mi era più cara al mondo.
Senza perdere altro tempo, cercai di iniettarle tutto il veleno che
continuava a schizzarmi in bocca. Le recisi le vene dei polsi e delle
caviglie. Poi gli avambracci. Se avessi potuto, avrei
continuato…
Nella mente di Carlsile colsi queste parole. < Edward, ora non
possiamo che aspettare, e sperare. >
Lo guardai e, seguendo il suo sguardo, vidi che l’ago nel
braccio di Bella si era lentamente ritratto, quasi respinto dal corpo
di lei. Le vene si erano sigillate. Il sangue zampillava lentamente
dalla punta dell’ago. Afferrai la mano di Bella. <
Amore, ci sono qua io. Non preoccuparti. > poi calò
il silenzio, interrotto solo dal battito agitato del cuore di Bella e
dal suo respiro sottile.
Passati pochi minuti Carlisle, dopo avermi stretto una spalla e aver
detto: < Non è colpa tua. Siamo stati tutti degli
incoscienti. Siamo stati così stupidi… >
si prese il capo tra le mani. Pareva parlasse più a se
stesso che non a me. Si sforzò di ricomporsi e mi chiese:
< Vuoi che ti lasci solo con lei o preferisci che rimanga.
> Accarezzò Bella, sistemandole i capelli sudati
dietro l’orecchio.
A stento sillabai: < Solo… >
< Va bene. Per qualsiasi cosa, qualsiasi, chiamami. Sono qui
fuori. Vado a controllare Liz. Tornerò fra poco, a vedere
come… procede... >
< Carlsile… >
< Sì? > chiese conciliante.
< Perchè? Perché non si muove?
Perché non grida? >
< Edward, bisogna aspettare… non avere
fretta… >
Con le mani tra i capelli, mostrando la sua debolezza,
lasciò la camera. Teneva in mano la sua valigetta
stringendosela al petto, quasi ci si aggrappasse per salvarsi.
Passarono
pochi minuti. Sentii Liz lamentarsi ma non riuscivo a concentrarmi
sulla voce di mia figlia. Nel momento in cui ero stato sicuro che fosse
sana e salva, viva e al sicuro tra le braccia di Alice ed Esme, il mio
cervello aveva focalizzato la mia attenzione solo su Bella. La mia
mente era totalmente rivolta a mia moglie.
Liz
disse qualcosa. Mi sforzai di prestare attenzione anche alle parole di
Carlisle oltre che al respiro affannoso e affaticato di Bella.
Nonostante quella situazione, una parte della mia mente
provò sollievo quando capii che Liz sarebbe guarita in
fretta. Una volta in un luogo confortevole e con persone pronte ad
accudirla, si sarebbe rimessa velocemente. Lo shock che aveva subito
però era stato molto profondo e da quello non si sarebbe
rimessa altrettanto velocemente.
Si
stava addormentando. Il suo respiro si stava tranquillizzando e, nella
mente di Jasper, la vidi chiudere gli occhi e rilassarsi tra le
lenzuola. Il prima possibile sarei andato da lei. L’avrei
rassicurata e stretta a me. Le avrei detto che andava tutto bene.
Sperai che non fosse una bugia…
Mi sentii mancare il terreno sotto i piedi.
L’idea di perdere Bella mi distruggeva.
Il pensiero di dover spiegare a Liz e, un domani, ad Alec e Mel cosa
fosse successo alla loro madre mi annientava.
E poi, Liz aveva visto cosa Jane avesse fatto a sua madre.
Come avrebbe potuto accettare una cosa del genere?
Strinsi la mano di Bella e lei, ad occhi chiusi, rantolò.
Rimasi
in piedi al suo fianco per non so quanto tempo, immobile e
completamente alienato dal mondo che mi circondava. Dentro di me, solo
il dolore e il terrore.
Bella’s POV
Ero in un
buio infinito… senza fine. Sentivo il freddo propagarsi da
ogni parte del mio corpo, dalla punta delle dita delle mani fino alle
labbra…
Ero avvolta, immersa nel dolore. Non sentivo più niente
oltre a quello…
Non riuscivo più a pensare a causa del dolore.
Però, non potevo lasciarmi andare, non potevo
andarmene…
Mi aggrappai all’unica cosa su cui riuscivo a focalizzare la
mia attenzione…
Mio marito. la sua voce vicino al mio orecchio.
Edward…
Edward…
<
Edward… >
<
Sì, signora Cullen? >
<
Mi aiuteresti? > indicai i lacci del mio abito da sposa.
Intricatissimi nodi di raso imprigionavano il mio corpo. Edward sorrise
e mi fece scivolare sul letto con un gesto sinuoso. Mi ritrovai a
pancia in giù in un mare di raso e seta bianca, sdraiata sul
letto in camera di Edward…Soli…
Lentamente lui sciolse i primi nodi accarezzando la pelle lasciata nuda
dalla scollature sul petto e sulla schiena. Mi baciò sotto
la clavicola, sulla schiena, per poi far correre il dito lungo la mia
spina dorsale. Liberò anche il resto del mio busto con una
lentezza esasperante. Sentii le sue dita tremare impercettibilmente
mentre le sue mani scivolavano dalla mia schiena al mio ventre.
Con il polpastrello dell’indice mi sfiorò
l’ombelico ed io tremai. Lo sentii sorridere mentre mi
baciava il collo da dietro. Con le dita scese sempre più in
giù, fino a toccarmi l’inguine.
Mi sentii avvampare.
< Signora Cullen, qualche problema? > Mi chiese con un
misto di sorpresa, malizia e preoccupazione.
Nascosi il volto nelle lenzuola prima di sussurrare: <
No… sono… emozionata… >
Con una voce roca ed eccitata mi sussurrò
all’orecchio: < Anche io. > e mi
sfilò velocemente l’abito, lasciandomi in
biancheria intima, bianca immacolata come l’abito.
Con un gesto fulmineo che fece vorticare ai miei occhi la stanza, mi
rigirò su me stessa, mettendomi supina. Mi
squadrò con un sorriso dolce ed al contempo sensuale,
soffermandosi sul mio seno e poi, un po’ più in
giù…
< Ti amo. >
< Anche io amo te, Edward… > sussurrai rossa
in volto mentre alzavo le braccia e con dita incerte gli cominciavo a
slacciare la camicia bianca, scoprendogli il petto.
Poco dopo entrambi ci ritrovammo nudi. Inizialmente fummo impacciati.
Edward pareva aver paura a toccarmi. Fui io a sfiorare per prima la sua
pelle, adagiata tra le sue braccia gelide. Lentamente, entrambi
prendemmo confidenza l’uno con i corpi dell’altra.
Da sempre avevo desiderato che mi toccasse in quel modo. Ogni sua
carezza risvegliava qualcosa in me che neanche sapevo esistesse.
Dentro di me stava succedendo di tutto ma l’unico segno
visibile di ciò che mi stava accadendo era il rossore di cui
avvampavano le mie guance, insieme al mio respiro lievemente affannoso.
< Ti amo. > gli sussurrai stringendo le mie braccia
intorno al suo collo mentre lui faceva aderire il suo corpo al mio
stringendomi sotto di lui. Con la sua voce di velluto mi
provocò: < Io di più. >
pensai: “Il solito spaccone”
poi non pensai più nulla mentre, per la prima volta, sentii
il suo corpo divenire parte di me. Al dolore del primo istante mi
contrassi, aggrappandomi a lui e mordendomi il labbro. Lui, allarmato
dalla mia reazione, si bloccò. Lo accarezzai pregandolo di
non fermarsi, rassicurandolo che andava tutto bene anzi,molto più che bene…
ci rilassammo entrambi e, con dolcezza e gentilezza, si unì
a me lasciandomi per un istante senza fiato.
Quello fu l’inizio della
nostra prima notte di nozze. Dì lì a qualche ora
la mia vita sarebbe mutata radicalmente ma io allora ne
ero del tutto inconsapevole, così come ero inconsapevole di
ciò che mi avrebbe riservato il destino…
non avrei mai pensato quanto sarei cresciuta come persona nei pochi
mesi successivi, di quanto sarei maturata. Da ragazzina sposata appena
diciottenne ad adulta, donna, madre…
fino a quel giorno non avevo mai
immaginato cosa sarei stata disposta a rischiare pur di dare una minima
speranza di vita alla figlia concepita in una notte d’amore
in quello che avrei osato tranquillamente definire un sogno di una
notte di mezz’estate…
E all’amore per Elizabeth si sarebbe aggiunto quello
altrettanto immenso per Mel e Alec…
La mia vita mi avrebbe regalato gioie immense anche se, senza che
potessi prevederlo in alcun modo, quella stessa vita si sarebbe
conclusa nel dolore, nell’angoscia per i miei figli, nel
rimpianto al pensiero di mio marito.
E proprio mentre la morte ormai mi abbracciava e tentava di trascinarmi
via con sé, ripensai a quella prima notte con Edward e mi
resi conto che dovevo solo essere grata per quanto avevo avuto. Per
quanto breve, il mio tempo con Edward era stato più di
quanto chiunque potesse chiedere dalla vita.
Per questo negli ultimi momenti di coscienza mi dissi che, in fondo, mi
andava bene così…
l’unico rimpianto era il dolore che avrei inflitto ai miei
figli, alla mia famiglia… al mio Edward… per
loro, avrei dovuto resistere.
Eppure, il dolore fisico che provavo era troppo. Il mio corpo distrutto
reclamava la pace e il mio cuore ormai non aveva più la
forza di far circolare il sangue che non era ancora sgorgato dalle mie
ferite.
Avevo la vaga percezione, un ricordo confuso, di essere tra le braccia
di Edward. Forse riuscivo persino a riconoscerne la voce in quel
silenzio assordante. Sì, era lui… Mi
stava chiamando? Non riconoscevo le sue parole… capii solo
che era disperato.
Sì, mi
chiamava… Mi diceva di restare con lui. Le sue dita fredde
mi lambivano la pelle ma, nonostante fossero delicate come piume, dove
mi toccavano mi faceva male…
Se avessi avuto la forza, avrei
gridato per il dolore travolgente che le sue dita portavano con
sè. Riuscii a pensare: < Oh Edward… mi
dispiace così tanto… > poi il dolore fu
così atroce da stordirmi, facendomi tornare ai ricordi del
mio recente passato. La mia mente rifiutava di registrare la sofferenza
che stavo patendo…
Senza rendermene realmente conto, ricordai il primo bacio di Edward
sulla mia pelle…
E poi, lentamente, al freddo si
contrappose il caldo. Un fuoco liquido che scorreva a rallentatore
nelle mie vene.
Bruciante, impetuoso, violento, incandescente, rovente, stordente,
frastornante…
Vivificatore...
Capitolo 58 *** AVVISO... Un anno dopo il primo capitolo ***
Salve
a tutte.
Scusate per questo capitolo avviso...
Volevo solo informarvi che non ho affatto smesso di scrivere ma che,
contro la
mia volontà, al momento non mi è possibile
aggiornare in quanto la maturità
incombe minacciosa su di me.
Sto
davvero cercando di studiare in maniera decente per
prepararmi a questo maledetto esame ma pare proprio che non ci sia con
la
testa. Oltretutto la mia salute non è al massimo (sono
abbastanza cagionevole e
lo stress mi mette sempre KO…)
Avevo
scritto l’ultimo capitolo, o meglio metà, e volevo
postarlo oggi dato che proprio una anno fa ho pubblicato il primo
capitolo di
questa storia che amo molto.
Purtroppo non sono riuscita a finirlo e prepararlo però non
volevo lasciar passare questa data senza dire niente. Volevo lavorarci
ieri
sera ma era il ventesimo compleanno della mia migliore amica e mi sono
presa
una sbornia tremenda. La prima della mia vita (io non bevo, di
solito…) Credo
di aver bevuto, oltre a un cocktail, circa una decina di bicchieri tra
vino e
spumante… non facevo altro che ridere e sbattere ovunque.
Non vi dico mia madre…
ho provato a studiare quando sono tornata a casa alle due ma le lettere
danzavano graziosamente invece che formare parole…
Non ce la facevo proprio a scrivere… Mi dispiace davvero di
non
aver potuto pubblicare oggi l’ultimo cap (sarebbe stato
carino fare un anno
preciso, no?)
Quindi,
dopo un anno, ringrazio tutte quelle che seguono questa
storia.
Vi chiedo solo di avere un po’ di pazienza fintanto che non
finisce l’esame di maturità.
Forse non ci crederete ma ormai non accendo neanche più il
pc e
msn si sarà dimenticato la password da quanto tempo non ci
entro più.
Spero di poter farvi leggere l’ultimo capitolo (e il finale
alternativo!) al più presto.
Un abbraccio a tutte voi.
Appena posso, pubblico il capitolo!
Ps:
se ci sono errori, è colpa della sbornia non
smaltita… chissà se mi
ricordo come si fa il codice?... boh, vedremo... speriamo in bene...
Sorry
Capitolo 59 *** L'ultima prova sarà la morte... ***
E
mentre il sangue lento usciva e ormai cambiava il suo colore...
Edward’s Pov
<
Non ho fame. >
<
Liz, fammi il piacere. Mangia. >
<
No. Non ho fame. >
<
Elizabeth, per l’ultima volta, smettila di fare i capricci e
mangia. >
Incrociò
le braccia e chinò il capo. Ingoiai veleno e cercai di
calmarmi. Non potevo
adirarmi con Elizabeth. Non potevo. Dovevo mantenere un certo contegno,
almeno
di fronte a lei.
<
Liz, ti prego, fallo per il papà. Mangia. >
<
No. Non ho fame. >
Mi
portai le mani ai capelli, ormai prossimo alla crisi di nervi. Quando,
per
l’ennesima volta, Liz allontanò il piatto da lei
non ci vidi più. Sbattei il
pugno con violenza sul tavolo. Un suono assordante. La porcellana
frantumata
volò per tutta la stanza insieme all’insalata e al
pesce. Liz trasalì,
sobbalzando sulla sedia, e il respirò le morì in
gola. Le lacrime che le
gonfiavano gli occhi scorrevano veloci sulle guance pallide. Esme la
prese in
braccio stringendola al petto mentre Emmett mi afferrò le
spalle e mi costrinse
a voltarmi. Feci appena in tempo a vedere come Liz si rifugiasse tra i
capelli
di Esme, avvinghiandosi al suo collo, prima di incontrare lo sguardo di
mio
fratello. Sentii il tavolo rompersi a causa del colpo che gli avevo
assestato.
<
Edward, niente stronzate. > mi intimò con un
sussurro. < Non vorrai mica
metterti a fare lo scemo in questo momento? Non credo che faresti il
bene di
tua figlia. E tu è questo che vuoi, vero? Che la bambina
stia bene, vero? >
<
Emmett, tu hai idea di ciò che sto passando? Elizabeth deve
mettersi a fare la
preziosa proprio adesso? > gli ringhiai contro pronto a tirargli
un pugno
sulla mascella. Lui mi bloccò i polsi e mi
sibilò: < Edward, non ti
permettere. Stiamo tutti soffrendo per ciò che è
successo. Siamo tutti in
apprensione, quindi cerca di darti una calmata altrimenti ce ne
andiamo. Rose e
io siamo pronti. Possiamo portare via i bambini in qualsiasi momento.
Ed Esme è
disposta a venire con noi. Sai che, nel caso le cose vadano per il
verso
giusto, dovremo portarli via. Finché puoi restare con loro,
sta loro vicino.
Fallo per Bella. > detto questo mi lasciò andare.
Dietro di me, Liz ed Esme
erano sparite. Andai in cucina e le trovai sedute al tavolo. Esme
cercava di
farla mangiare, tenendola sulle ginocchia e accarezzandola. Liz si
rifiutava di
anche solo socchiudere le labbra, limitandosi a nascondere il viso
nella
maglietta di mia madre.
So
che è molto egoista da parte mia ma in quel momento
l’unica cosa che sentivo di
dover fare era correre al piano di sopra, dove Bella giaceva inerme e
da dove
il suo respiro spezzato e affaticato mi giungeva alle orecchie per
trafiggermi
il cuore. Carlisle mi aveva chiesto, implorato di scendere e andare da
Liz,
convincerla a mangiare qualcosa. Con estrema fatica mi ero allontanato
da mia
moglie, dopo averle stretto la mano un’ultima volta, ed ero
andato dalla bambina.
In ognuno di quegl’istanti che stavo passando lontano da
Bella mi sentivo male.
Avrei dovuto esserle vicino ed invece stavo sprecando il mio tempo con
Liz che
non accennava minimamente ad accettare il cibo. Che senso aveva cercare
di
convincerla quando il cuore di Bella faceva sempre più
fatica a battere? Non
potevano pensarci Rose e Alice? Emmett od Esme?
Cercai
di ritrovare lucidità. Elizabeth era figlia mia.
Non
Di Rose ed Emmett o di Alice.
Era
figlia mia di Bella e in questo momento aveva bisogno di me, forse
più di
quanto non ne avesse bisogno mia moglie, per la quale non potevo far
altro che
attendere.
Respirai
profondamente e feci qualche passo verso Esme e Liz. Lei, appena mi
sentì, si
voltò e mi fissò dritto negli occhi. E in quei
suoi occhi verdi, così simili a
quelli che erano stati i miei, rividi tutto l’orrore del
giorno precedente. Il
sangue, le botte, le urla…
Andai
loro vicino e accarezzai il capo di mia figlia. Le sfiorai le cicatrici
sul
volto. Parevano vecchie di settimane ed invece solo il giorno
precedente erano
tagli sanguinanti. Il suo corpo si stava riprendendo velocemente.
Più
velocemente del suo animo.
<
Liz, scusami. Lo sia che ti voglio bene. E proprio perché ti
voglio bene,
adesso ti voglio vedere mangiare. Fallo per me. > La feci
scivolare tra le
mie braccia e mi appoggiai al bancone della cucina. Afferrai un
po’ di pane e
glielo appoggiai alle labbra. Con le dita cercai di farglielo mangiare.
Le
accarezzai la fronte e gliela baciai, soffiandole tra i capelli.
<
Papà, non voglio mangiare. Ho la nausea. >
<
Liz, per favore. Anche il nonno ti ha detto che devi mangiare. Non fare
così. È
da ieri che non mangi niente. Lo sai che non va bene. >
Fissandola
negli occhi, riuscii a socchiuderle le labbra e lei
inghiottì un po’ di pane,
masticandolo lentamente. Mi appoggiò la manina sulla guancia
e mi disse: <
Adesso posso andare dalla mamma? Adesso posso vederla? >
Le
afferrai la manina stringendola tra le mie e le sussurrai: <
Liz, non
adesso. Quando starà meglio, ti accompagnerò da
lei. Adesso però mangia
qualcos’altro. > e così dicendo presi un
po’ di torta fatta da Esme quella
mattina. Le aveva preparato la sua preferita per invogliarla a
mangiare. La
spezzettai tra le dita prima di portargliela alla bocca. Lei, senza
più opporre
resistenza, cominciò a mangiare con il capo poggiato alla
mia spalla. Jasper
era appena entrato nella stanza e aveva esercitato il suo potere su
tutti noi.
Scossi la testa. Non volevo che mi annebbiasse la mente. Dovevo restare
lucido.
Mio
fratello si avvicinò a noi, accarezzo Liz che si
rilassò ulteriormente, e poi
pensò: “ I bambini dormono. Alice è con
loro. Hanno appena finito di mangiare.
”
Annuii
e strinsi la bimba a me prima di appoggiarla sul bancone per
imboccarla. Dopo
averle fatto mangiare tutto quello che Esme nel frattempo le aveva
preparato,
la affidai a Jasper che l’avrebbe portata in camera dai suoi
fratelli.
Prima
stringersi al collo di Jaz, Liz però mi accarezzò
il viso e mi sussurrò:
<
Ti voglio bene papà. >
Le
baciai la fronte. < Anche io te ne voglio. Tanto. >
Mi
sorrise e Jasper la portò al piano di sopra.
Incrociai
lo sguardo di Esme. “ Edward, perché non resti qua
un po’? Riposati un poco.
Non devi per forza… ”
<
Esme, non ce la faccio a stare qui senza far niente. > E me ne
andai senza
aggiungere altro.
Trovai
Carlisle ad attendermi sulla porta della camera dove avevamo portato
Bella.
Mi
mise una mano sulla spalla prima di accompagnarmi dentro.
Mi
sedetti affianco al letto e presi la mano di mia moglie.
Lei,
tra le lenzuola madide di sudore, ansimava senza però dare
altri segni di vita.
<
Nessuno segno di recettività. Non risponde ai segnali
luminosi o sonori,
niente… è come se fosse in coma. >
<
Cosa significa? > Chiesi quasi senza voce.
Non
mi rispose ma con la mente vagò nei suoi ricordi
più prossimi. I nostri occhi
si incrociarono.
<
Edward, adesso è inutile preoccuparsi. Fino a che il
processo non sarà
terminato,non potremo… >
Scossi
velocemente il capo. Non volevo pensarci. Avevo paura del momento in
cui il suo
cuore si fosse fermato.
Non
sapevo cosa aspettarmi. Non era normale. Il suo silenzio, la sua
assoluta
mancanza di reazioni…
Durante
le prime ore, mentre il veleno le entrava in circolo, mentre Alice ed
Esme le
lavavano via il sangue rappreso e le infilavano un pigiama pulito,
mentre la
portavamo in camera, mentre io le sussurravo che le ero vicino, lei si
era
dimenata in silenzio senza un solo gemito.
All’improvviso
però aveva rantolato come se le mancasse il fiato e poi si
era rannicchiata su
se stessa, immobile. Dopo non si era più mossa. Avevo
passato l’intera notte
tenendole le mani, accarezzandole il volto, massaggiandole i muscoli,
chiamandola …
ma
lei niente. non mi aveva risposto, non aveva reagito alle mie carezze,
ai miei
sussurri, ai baci con cui le avevo lambito le guance.
A
darmi l’unica speranza che non fosse troppo tardi, il battito
sempre più
affaticato del suo cuore.
Mi
chinai per appoggiare la mia fronte sulla sua.
Sentii
dei passi fuori dalla porta, dei respiri, il cuore di Liz che batteva
vigoroso
e forte, sovrastando quello agonizzante della madre.
Esme
la stava tenendo per mano… avevo riconosciuto il suo respiro.
Carlisle
si avvicinò alla porta e prima di uscire mi
sussurrò: < Vado di sotto. Se
hai bisogno di me o se noti anche il più piccolo cambiamento
chiamami. Verrò
immediatamente. >
Quando
però aprì la porta Liz sgusciò
velocemente dentro la stanza. Quando capì cosa
la circondasse si arrestò di colpo per poi indietreggiare di
alcuni passi. Mio
padre le si inginocchiò accanto e la prese in braccio.
< Liz, non
preoccuparti. Sta solo dormendo. >
Gli
feci cenno di andarsene ma lui non mi ascoltò, anzi, mi
venne vicino e, con mia
figlia tra le braccia, si sedette accanto a me.
<
Liz, quello che è successo… è stato
orribile ma devi cercare di capire che
quella ragazza, Jane, non diceva la verità. Qualunque cosa
lei ti abbia detto,
era solo una bugia. >
<
Davvero? >
<
Certo. >
<
Non tornerà più a prendermi e a uccidermi?
>
Mi
voltai verso di lei e la fissai negli occhi. < Liz, lei non
tornerà mai più.
Hai capito. È una promessa. Lei non ti verrà mai
a prendere. Tu resterai sempre
con noi, al sicuro. E lei non potrà più farti del
male. mai più. Te lo giuro.
Non farà più del male a nessuno di noi. Non
può più… >
Tese le braccia ed io
l’accolsi tra le mie. Si
chinò poi in avanti e carezzò il braccio di
Bella. Ritrasse presto la manina e
si osservò le dita bagnate del sudore di Bella.
<
Perché la mamma sta male? è per quello che le ha
fatto la signora cattiva? >
La
strinsi, incapace di risponderle. Fu Carlisle a parlare: < Vedi
Liz, la tua
mamma stava molto male ieri. Io e il tuo papà abbiamo
cercato di farla stare
meglio. E adesso dobbiamo solo aspettare e vedere se riesce a guarire.
Bisogna
avere pazienza. Potrebbe guarire e potrebbe non guarire. In qualunque
caso, noi
resteremo qui con lei. E faremo tutto il possibile per aiutarla. Ma non
preoccuparti, vedrai che starà bene. >
<
E se non guarisce? >
<
Carlisle, basta così. >
<
Edward, è inutile cercare di ignorare la realtà
dei fatti. Liz è troppo in
gamba per cercare di mascherarle la realtà. Le infieriresti
solo un danno
maggiore mistificando il mondo intorno a lei. >
Provai
l’impulso di tirargli un calcio ma mi limitai a sibilare a
voce bassissima:
<
Carlisle, è mia figlia. Decido io cosa dirle e cosa non
dirle. Non ritengo
opportuno angosciarla inutilmente. Se Bella… > Facevo
fatica a proseguire <
Se Bella non dovesse farcela, troverò un
modo per spiegarle che le persone muoiono, che sua madre…
che sua madre è
morta. Ma fino a quel momento, e mi auguro che non venga mai,lei deve credere che tutto
andrà bene. >
<
Preferisci illuderla? >
<
è solo una bambina! > Sbottai alzandomi in piedi e
ringhiando. Liz, confusa
e disorientata, si aggrappò alla mia camicia. <
Papà, per favore, non
arrabbiarti. Ti prego. > Cercai di ricompormi.
<
Scusami amore. Non volevo. Adesso ti porto di là. >
Le
accarezzai i capelli e poi seguii il suo sguardo. Fissava il volto di
Bella. Le
coprii gli occhi con la mano e la portai fuori. Ad Esme sussurrai:
< è stata
una pessima idea lasciarla entrare. >
Una
volta in camera, Liz si sedette sul letto e si afferrò le
ginocchia con le
braccia. Lo stesso gesto che faceva Bella quando si sentiva sola. Mi
sedetti
accanto a lei e le cinsi il corpo con un braccio.
<
Papà… >
<
Sì? >
<
Se la mamma muore, per favore, non andartene anche tu…
> Tremai ma cercai di
mascherare la mia angoscia con uno sguardo rassicurante.
<
Perché mi dici questo? >
<
Perché l’ho sognato. Ho sognato che mamma non
respirava più e che poi la nostra
casa bruciava… e tu non uscivi più. E io ti
aspettavo, ti aspettavo, ti
aspettavo. Ti aspettavo ma sapevo che non saresti mai tornato da me. Ti
prego,
non andartene mai. >
<
Non preoccuparti. Non succederà mai. te l’ho
promesso. Adesso perché non cerchi
di dormire un po’? > Scosse la testa ma quasi subito
le palpebre le
cedettero. Jaz, dall’altra parte della porta, stava facendo
un ottimo lavoro.
Le riboccai le coperte e le baciai le guance prima di andarmene.
Nel
corridoio, cercai di ignorare Jasper ma lui non me lo permise.
<
Edward, sento che sei confuso ma tu sai che non ce ne è
motivo. I sogni di
Elizabeth sono ancora più variabili delle visioni di Alice.
E poi, ieri notte,
Bella stava molto male… e tu eri… >
Con
la mente ritornò alla notte precedente. Rividi nei suoi
ricordi e poi nei miei
Bella contorcersi per il dolore, la rividi dimenarsi, ansimare,
rantolare,
senza però aver emesso neanche un grido, un urlo, un
lamento.
Strinsi
i pugni e mi allontanai velocemente da mio fratello e dai suoi ricordi,
inghiottii
veleno e tornai in camera ignorando tutti quelli che mi circondavano.
Mi
sedetti e le accarezzai la fronte, cercando di concentrarmi sul suo
cuore che,
nonostante tutto, ancora batteva.
<
Bella, Bella… > sussurrai sfinito, sprofondando con
il capo nelle lenzuola.
Ripensai a ciò che avevo promesso a Liz. Se davvero Bella
fosse morta, avrei
avuto la forza, il coraggio, di andare avanti senza di lei? Sarei stato
in
grado di convivere con il senso di colpa? Ce l’avrei fatta a
guardare ogni
giorno in faccia i nostri figli e rivedere il suo sorriso nei loro
occhi? Il
suo sguardo nei loro lineamenti? La sua vitalità nelle loro
voci?
Alice
mi cinse le spalle con un braccio. < Non piangere…
> mi sussurrò.
E
allora mi accorsi che il mio corpo, freddo e morto, tremava sconvolto
da
singhiozzi. Lacrime asciutte che laceravano, come fossero mille
pugnalate, il
mio cuore immobile.
Bella’s POV
Per
tutta la mia vita ero
stata debole.
Debole ed umana.
Sottomessa alla mia natura
fragile.
Per tutta la mia vita
avevo avuto paura della morte.
La
morte avrebbe potuto
separarmi dai miei cari: Da mio marito, dai miei figli, dai miei
genitori, da
Jake, dai Cullen…Era
per questo che
l’avevo temuta così tanto.
Avevo tentato in tutti i
modi di evitarla. L’avevo combattuta nelle segrete di
Volterra, così come
contro James, Victoria, Laurent…
Però in quel momento
soffrivo troppo e morire non mi parve una così brutta
prospettiva.
Quel dolore era troppo,
troppo atroce. Insopportabile.
Era un dolore che non
aveva niente a che fare con le ferite o le ossa sbriciolate.
No, quello era molto
peggio. Dopo un primo istante in cui il calore dentro le vene mi aveva
dato
forza e mi aveva fatto credere che avrei potuto vivere, il mio corpo si
era
fatto sempre più debole e quel calore impossibile si era
fatto fuoco.
Fuoco liquido che ardeva
dentro di me, che mi consumava alimentandosi delle ultime gocce di vita
che
ancora scorrevano tra le mie vene, usandole come veicolo per propagarsi
fino al
più recondito angolo del mio corpo.
Ciò che però più mi
distruggeva e minava la mia sanità mentale era
l’atemporaneità. Stavo vivendo
un attimo infinito di agonia. Sferzate di dolore e sofferenza che si
accanivano
su di me tramortendomi.
Insopportabile, ecco
com’era… insostenibile.
Sapevo, mi rendevo conto,
che il mio corpo era immobile, bloccato. Sapevo che dalle mie labbra a
malapena
sfuggivano dei respiri spezzati ed agonizzanti, sapevo che nessuno
poteva
sentirmi.
Eppure,
con tutta me
stessa, sperai che Edward riconoscesse il dolore inciso nel mio corpo.
Speravo
che Edward comprendesse
quel dolore e avesse pietà di me, che mi amasse abbastanza
da trovare la forza
di porre fine a quell’agonia insensata.
Volevo morire. Volevo
strapparmi il cuore, pugnalarmi, spararmi.
Tutto purchè finisse. Che
senso poteva avere la paura della morte se questa avesse significato la
fine di
tanta sofferenza?
E in quel mondo senza
tempo, in quell’attimo senza inizio né fine,
rividi quanti avevo amato… i miei
genitori, i miei amici, Jacob, i Cullen,i miei bambini, Edward.
“ Oh, Edward… ” pensai “
Mi dispiace… mi dispiace per tutto. Ti amo ”.
Ecco, avrei tanto voluto
dirgli quanto l’amassi. Sperai che fosse vicino a me.
Desiderai che mi
stringesse la mano. La mano che neanche più sentivo. Essa
era perduta, insieme
al resto del mio corpo, in quel mare di lava bollente che ormai aveva
corroso
ogni mia terminazione nervosa.
Oh,
Edward…
Che
cos’avrei dato per
poter sentire il suo profumo, vedere il suo volto, ascoltare la sua
voce!
In quel momento mi sarebbe
stato tanto di conforto…e invece no. Ero sorda, cieca e
insensibile al mondo
esterno. Tutto ciò che veniva da oltre il mio corpo io non
lo percepivo. Troppo
consumata dal dolore che nasceva da quelle che io sapevo essere le mie
stesse
ossa, ma che mi parevano tizzoni ardenti, per poter anche solo
percepire la sua
presenza… Ero assordata dal battito del mio cuore e dal
suono del sangue che
veniva pompato nelle mie vene distrutte. Accecata
dall’oscurità intorno a me…
Ma sapevo, in modo del
tutto irrazionale sapevo, che lui era lì, vicino a me.
Sapevo che non mi
avrebbe abbandonata. Che avrebbe lottato sino all’ultimo
singolo battito
del mio cuore agonizzante. Che non mi
avrebbe mai lasciata. Che sarebbe stato più perseverante di
me, come al solito.
Ma
io stavo morendo. E
forse, ne ero felice.
Certo,
l’avrei deluso… l’avrei
deluso dal momento che preferivo morire piuttosto che lottare. Ma
sentivo anche
che non avrei avuto la forza di sopportare ancora a lungo. Avrei
rinunciato,
smesso di combattere e mi sarei arresa.
E in quel modo avrei detto
addio…
Senza una sola parola,
senza un ultimo bacio, un’ultima carezza.
In silenzio me ne sarei
andata abbandonando tutti.. Ecco cosa sarebbe accaduto. Sarei morta.
Passarono ore? Minuti?
Secondi? giorni? Per quello che ne sapevo io poteva essere trascorso un
secolo
quanto un attimo. Il tempo era qualcosa che non aveva più
importanza e il
confine tra l’istante e l’eternità ormai
era solo una parola nella mia testa:
Adesso.
E
in quell’adesso, quando
sentii la morte sopraggiungere, nonostante l’avessi invocata,
ebbi paura.
Era la consapevolezza
dell’ultimo istante di lucidità prima del nulla a
farmi tremare.
Non l’avrei più rivisto.
Né lui, ne nessun altro.
Sì,
stavo proprio morendo.
Incominciavo a non sentire più dolore.
Stavo morendo ed ero
terrorizzata. Ed ero felice. Ero quasi libera.
Sola. Lontano dai miei
cari, da Edward e dai miei bambini…
Sentii gli occhi (o per lo
meno li riconobbi come tali) bruciarmi d’un dolore diverso da
quello che mi
attanagliava ancora il resto delle membra.
Erano
bagnati?
Stavo piangendo?
Sì. Erano lacrime…
Le
lacrime per i miei
figli e per la vita che non avrei vissuto…
Per le albe che non avrei
mai visto e per i tramonti che non avrei mai ammirato, per le notti in
cui non
avrei mai più amato Edward, per i giorni in cui non avrei
potuto vedere i miei
bambini crescere.
Per questo, ormai in punto
di morte, piangevo.
Imprigionata in un corpo
distrutto, in questo modo dicevo addio al mondo e alla persona che ero
stata…
Ma almeno, la sofferenza
era sempre minore. Respirare non era piùcosì doloroso e il cuore non mi tormentava
più ad ogni battito. No,
adesso che ci facevo caso, non mi tormentava più…
Il
mio cuore non mi
tormentava più… Intorno a me,
oscurità, silenzio.
E
dentro di me,silenzio…
Il sangue aveva smesso di
scorrere e il mio cuore si era fermato.
Ed
io, ero morta.
[ Il titolo del cap
l’ho
preso da una canzone -a cui ho però tolto una parola- di De
andrè, l’unico ed inimitabile. anche se la canzone
non c'entra niente con la storia -anche se dipende dalla chiave di
lettura del libo Twilight e della relativa saga-, la frase ci stava
bene. Alla prima che
indovina quale canzone derubato, un piccolo premio (sempre che possa
definirsi tale… il finale alternativo in
anteprima…)
Tengo a specificare che il
titolo della storia è tratto da “I was born to
love you” canzone di freddie che
ritornerà nell’ultimo cap ]
Hem, ecco, lo so.
Non sono imperdonabile.
Peggio.
Non so nemmeno più da quando non
aggiorno.
E se sapeste da quanto tempo
continuo a rimaneggiare questo cavolo di cap innoridireste. Anche
perché, visto
che poi non è che lo abbia modificato poi molto dalla sua
stesura originale e
quindi avrei potuto pubblicarlo subito…
Vabbè, cmnq, ho cominciato l’univ
e, davvero, non pensavo fosse così stressante e con degli
orari così assurdi.
Torno a casa a delle ore impossibili! 8 ore in un giorno, e sono
lì dalle 8.30
alle 18.30 perché non sono tutte di fila (a volte
sì ma comunque è stressante
fare anche dalle 8.30 alle 16.30 senza pause…) Credo di aver postato per
l’ultima
volta prima ancora di fare la maturità!!!!
ODDIO quanto tempo è passato!!! Mi
sembra ieri! Mamma mia, non po’ essere vero che ho
già fatto la matura!
Comunque, bando alle ciance. Mi
scuso con voi tutte per quest’attesa e spero non me ne
vorrete. So che questo
avrebbe dovuto essere l’ennesimo ultimo cap ma
sfortunatamente non è così.
Portate pazienza please! E non me ne vogliate se non riesco a separarmi
da
questa storia. Sappiate
comunque che è davvero
prossima alla fine. Solo che per sviluppare il finale ho bisogno di un
po’ più
di pagine. Queste 5 non mi bastavano! Spero di trovare il coraggio di
postare
questo cap…
Grazie e continuate a seguirmi.
Prossimamente sui vostri schermi, il prossimo capitolo ( e questa volta
lo
giuro, non vi farò aspettare 6 mesi. Se riesco, prima di
capodanno!)
Pss: sapete che in Irlanda mi
hanno abbordato in un cimitero? Molto vampiresca come cosa XD
Psss: alle tante ragazze che mi
hanno invito e-mail chiedendomi quando avrei postato, eccomi qui.
grazie per i
vosti complimenti! A presto e buon natale
Va bene, lo so. Mi merito tutte le
maledizioni che mi avete
mandato. Però, davvero, per molto tempo ho avuto i soliti
casini. L’università
mi impegna tantissimo e non riuscivo a trovare l’ispirazione
per scrivere.
Continuavo a buttare già delle schifezze, a tagliare,
incollare etc etc. poi
invece, ieri, mi è venuta l’ispirazione e ho
buttato giù il cap in un’oretta
(all’1 di notte, ovviamente, seguendo le buone vecchie
abitudini)
Spero che non vi siate dimenticate di me e che mi possiate
perdonare.
Adesso dovrò studiare per un esame che ho il 29 quindi non
so bene quanto tempo avrò ma posterò presto, per
davvero, perché l’altro cap lo
sto già scrivendo. In realtà, questo cap finisce
qui per la suspance! Se no,
avrei continuato qui!
Ciao e a presto.
Ps: spero che vi piaccia anche la mia
nuova storia.
Ultimamente non ho aggiornato eprchè, per il caldo, non
volevo accendere il pc, e poi dovevo studiare per due esami.il cap
è già
scritto, adesso provvederò a pubblicarlo.
Un bacione e a presto, recensite in tante
Pps: non abbiate paura, io amo i lietofine.
Ppps: buona maturità a chi deve affrontarla. Mi ricordo lo
scorso anno che paura avevo! In bocca al lupo a tutte.
Ovviamente, non
riesco a separarmi da questa
storia e questo non sarà l’ultimo cap…
scusate
Bella’s
Pov
La morte era qualcosa di freddo,
duro, liscio.
Una lapide di marmo che
trafiggeva la terra smossa e
bagnata di lacrime. Il pianto di chi ti ha amato e non ti permette di
andare
via.
Il loro dolore ti tiene incatenata a questo mondo di sofferenza
e paura, dove ogni battito di cuore è penoso come una
pugnalata.
È l’amore che ti impedisce di essere libera per
l’ultima volta. Ti obbliga a restare…
Io non ero libera. Non potevo andarmene.
A tenermi incatenata alla vita dei lacci invisibili,
più resistenti dell’acciaio.
Lasciatemi andare.
Lasciatemi morire. Vi prego, lasciatemi morire.
Avevo sofferto troppo.
Forse ero già morta?
No, il dolore era ancora troppo
vivido nella mia memoria.
Tutto intorno a me era immobile, silenzioso.
Vuoto.
Non ricordavo il perché, il come, il quando. Men che
meno il quanto.
Non potevo aprire gli occhi perché non sapevo dove
fossero.
Non ero padrona del mio corpo. non riuscivo a
percepire nulla all’infuori del panico che mi attanagliava. E
il ricordo del
dolore così annullante e frastornante che mi faceva temere
anche solo di
tentare di muovermi.
Ero sola. Al buio. Abbandonata.
Ero stata lasciata ad annegare in un oceano infinito
di dolore. Ed ora ero sola nel silenzio e
nell’oscurità più totale.
Lentamente ricominciai a pensare.
E con i pensieri la
sensazione di annegamento tornò a tormentarmi. Non volevo
ricordare tutto quel
dolore.
Tutta la paura che avevo provato.
Paura…
Quando ero piccola, avevo paura
del buio e del
silenzio.
Ciò che mi circondava in quel momento.
Avevo paura. cercai di focalizzare la mia mente su
quei ricordi per evitare di evocare il dolore.
Era buio in camera mia. E io avevo paura. urlavo se
sentivo un rumore strano.
E quando gridavo, Reneé veniva e mi abbracciava
stretta, stringendomi al suo petto.
Reneé, i suoi abbracci caldi e rassicuranti.
Reneé…
Mamma…
Avevo bisogno di lei.
Perché era mia madre e aveva il dovere di proteggermi.
Contro tutto e contro tutti.
Già, madre…
Vidi una piccola bambina dai
capelli rossi e gli occhi
verdi. La vidi dentro la mia testa ma era così…
reale. E poi, oltre a lei, due
infanti, piccoli e fragili.
Due neonati splendidi e delicati.
Anche loro così impossibilmente reali da sembrare
veri.
Anche io...
Impossibile.
Non ero pronta, non ero forte, grande abbastanza. E
poi, ero troppo sola.
Avevo bisogno di qualcuno che mi proteggesse.
Avrei voluto gridare, urlare, scalciare… piangere.
Ma non potevo muovermi.
Ero immobilizzata.
E poi, me ne accorsi.
Ero immobile. Letteralmente immobile.
Così immobile che il mio petto non si alzava ed
abbassava ritmicamente e dolcemente come avrebbe dovuto.
I miei polmoni erano vuoti.
Terrore.
Cercai di rimanere lucida. Ovviamente non era
possibile.
Cercai allora di ascoltare il battito del mio cuore o di percepire
la sensazione del sangue che pulsa feroce attraverso le vene.
Niente.
Nessun suono, nessuno movimento.
In compenso, nel tentativo di ridare ordine ai miei
sensi, mi accorsi del dolore sempre crescente che mi invadeva.
Bruciante a tal
punto da ricordarmi il rogo interiore che avevo subito.
Cercai di localizzare questa nuova sofferenza.
E così ritrovai la gola. E con essa il collo, le
spalle, la testa.
E poi le braccia, le mani, le dita… il busto la
schiena… le gambe, i piedi. Il mio corpo tornava ad esistere
nella mia mente.
Lo percepivo di nuovo.
Proprio ora che ormai sapevo.
Sapevo di essere irrimediabilmente morta.
E la morte era qualcosa di
freddo, duro, liscio.
Qualcosa di immobile tra le mie dita.
Ecco i polpastrelli.
Avevo paura. strinsi gli occhi.
Avevo ritrovato le palpebre.
Decisi di farmi coraggio e le sollevai lentamente,
terrorizzata da ciò che mi stava aspettando là,
nell’ade.
La prima cosa che vidi fu la
luce.
Non me lo sarei mai aspettata. Mi
immaginavo un luogo
scuro e cupo pieno di anime dannate ed invece c’era la luce,
prodotta da una
comunissima lampadina.
Banale.
E poi, c’era odore di disinfettante. Ammoniaca. Mi
fece storcere il naso. Quell’odore pizzicava. Certo, niente
in confronto
all’arsura che percepivo al collo.
Il muro davanti di me era bianco, immacolato. C’erano
delle travi di legno. Era un soffito? Sì. Sembrava proprio
di si.
Ma che ci faceva un soffitto all’inferno?
Ciò che di liscio e duro, freddo, sentivo tra le mie
dita fremette. Mi irrigidii automaticamente. Non osavo guardare. Ero
troppo
spaventata. Serrai immediatamente gli occhi e strinsi i denti.
Altre due cose dure, lisce e fredde mi afferrarono i
polsi. Mani forse?
Ci fu uno spostamento d’aria e il mio viso venne
investito da dei profumi fortissimi che mi ravvivarono dei ricordi che
parevano
lontanissimi.
Prati, fiori, sole…acqua… miele… e poi
altro ancora.
Molto altro ancora.
Avrei voluto rannicchiarmi ma quelle mani dure e lisce
mi stringevano i polsi con troppa forza. Eppure, non provavo dolore.
Non lì
perlomeno.
Una voce, agitata e ansiosa ma ugualmente splendida e
limpida, giunse alle mie orecchie. Sembrava implorante e spaventata.
Era di un
uomo.
< Lasciala. >
E le mani mi lasciarono. In un tempo che mi parve
infinitesimale mi ritrovai rannicchiata su me stessa. Mi coprivo il
capo con le
braccia. Le ginocchia poggiavano sotto al mento.
Tremavo.
Delle altre mani, gentili e delicate, corsero lungo la
mia schiena.
< Bella? Non avere paura. so che sei spaventata. È
normale. Ma tu stai bene. Adesso stai bene. >
Che cavolo stava dicendo?
Come poteva dire che stavo bene? La gola bruciava
impedendomi persino di pensare?
E poi, non respiravo! Il mio cuore non batteva!
No! No! No! < No!, No! No, No! No, no, no, no, no,
no, no, no, no! >
Sentivo un suono uscire dalla mia bocca. Non mi ero
accorta di aver cominciato ad urlare. ma quella non poteva essere la
mia voce.
Era troppo diversa da come la ricordavo.
Era tutto sbagliato.
Mi stavo agitando, muovendomi
convulsamente.
Scalciavo. Nessuno mi doveva toccare.
Avevo troppa paura.
< Edward, devi calmarla. >
< Jasper, TU devi calmarla. >
< Non ci riesco. È incontrollabile. >
Cercavano di tenermi ferma. Di immobilizzarmi. Ma io
scalciavo. Erano più di due persone. Molte di
più. Volevano farmi del male.
Quando caddi capii di essermi trovata in un punto
sopraelevato. Ci fu un tonfo rumorosissimo quando il mio corpo
sbatté sul legno
morbido del pavimento, lasciando come un’incavatura nel
parquet.
Nell’attimo in cui i miei aggressori chinarono per
afferrarmi, spalancai gli occhi e schizzai, veloce quanto non avrei mai
pensato
di potermi muovere. Mi sarei aspettata che, a quella
velocità gli oggetti mi
risultassero sfocati ed invece potevo cogliere tutto. Ogni
più insignificante
particolare. Come quel granello di polvere che danzava leggero vicino
alla
lampada.
Avevo paura. paura di quelle sei persone che percepivo
intorno a me. Due donne e quatto uomini a giudicare dal loro odore.
Non pensai neanche. Fu l’istinto a guidarmi. Mi fece
giungere alla porta. La mano era già sulla maniglia quando
delle braccia
possenti mi imprigionarono. Cercai di divincolarmi ma le mie gambe
colpivano
alla cieca. Muovevo il capo all’indietro nel tentativo di
colpirgli il volto.
Inutile. L’istinto mi diceva di mordere ma non
c’era niente a portata di bocca.
La mia pelle sensibile percepiva il contatto con
l’energumeno che mi aveva immobilizzata molto più
di quanto non fosse mai
successo.
< Bella?Calmati. Devi calmarti. Imponitelo. So che puoi farcela.
>
Qualcuno parlava ma io non lo ascoltavo. Qualcun altro
continuò. Era la prima voce che avevo udito.
< Bella, amore, ascoltaci. Devi calmarti.
Tranquilla… non devi avere paura. non vogliamo farti del
male. >
Mentivano.Volevano eccome. Non potevo vederli perché
erano tutti alle mie spalle ma potevo percepire la loro
tensione.
Finsi di
acquietarmi. Smisi di divincolarmi e, poco dopo, la prima voce disse:
<
Prova a lasciarla, piano. >
Le braccia forti come acciaio mi liberarono ed io
scivolai lungo il petto dell’uomo che mi aveva tenuta
prigioniera. Mi lasciai
cadere a terra dove mi abbandonai.
Le prime mani che avevo percepito tornarono ad
accarezzarmi la schiena.
La sua voce adesso sembrava più calma. Ma era solo
apparenza. Lo percepivo.
< Bella?Tranquilla piccola.È tutto a posto. Sei al
sicuro. Non vogliamo farti del male. >
Sentii gli altri indietreggiare di qualche millimetro.
Finsi di essere docile. Non mi mossi.
Poi, quanto sentii che il ragazzo sopra di me voltava
il capo verso il suo gruppo, mi rialzai in piedi e mi avventai sulla
porta,
spalancandola. A velocità folle corsi lungo il corridoio.
Sentivo le urla concitate dei sei che mi ero lasciata
alle spalle. Stavano cercando di raggiungermi. Non mi avrebbero presa.
Ero più
veloce di loro.
Con un balzo mi ritrovai in fondo alle scale. Era
passato poco più di un quindicesimo di secondo rispetto a
quando avevo aperto
la porta ed ero fuggita.
Mi diedi una rapidissima occhiata intorno per
localizzare la via di fuga più vicina e più
sicura.
E in quel momento la vidi,
spuntò da dietro una porta.
Una bambina piccola. Non dimostrava più di quattro
anni. Capelli lunghi e rossi, occhi verdi. La stessa bimba che la mia
mente
aveva evocato poco prima.
Vidi il suo sangue caldo pulsare nelle vene sotto la
pelle della gola. Sentivo il suo cuore battere indicandomi la sua
posizione.
Mi accorsi di altri due piccoli cuori nella stanza da
cui la bambina proveniva. Con loro c’era anche una persona,
una donna.
Gli
altri sei erano quasi dietro di me
A nessuno di loro batteva il cuore. Ebbi paura.
Cosa diamine stava succedendo?
Una voce possente, l’uomo che mi aveva immobilizzato,
gridò: < Rose, prendi i bambini e vattene. >
La piccola mi fissò negli occhi, rapita, e sorrise.
Seguii l’istinto.
Mi avventai sulla piccola
creatura stringendola tra le
mie braccia.
Poi, con il suo peso leggero tra le mani, schizzai
fuori dall’abitazione.
Avevo sete. Una sete terribile. Accecante.
Ma non potevo fermarmi. Dovevo correre e scappare da
quegli individui. La sete l’avrei placata dopo.
Strinsi la bambina. Lei non aveva gridato, non si era
agitata. Si era limitata a rimanere immobile tra le mie braccia.
Sapevo che aveva paura perché il suo piccolo cuoricino
batteva velocissimo ed invitante.
Avevo sete. Sete, sete, sete, sete, SETE!
Corsi ancora più veloce. Dovevo allontanarmi, dovevo
scappare da loro. Li sentivo che mi seguivano. Erano a circa un
kilomentro da
me. Li stavo distanziando. Il ragazzo che mi aveva parlato con parole
gentili
era il più veloce. Si trovava ottocentosettantatre metri e
quindici centimetri
indietro rispetto a me. La più lenta era una donna. Lei era
mille
quattrocentododici metri indietro.
Non si davano per vinti. Continuavano a correre e mi
urlavano di fermarmi.
Incontrai un fiume. Era molto largo. Avrei potuto
disperdere il mio odore. Mi ci immersi e per alcuni metri nuotai,
seguendo il
corso della corrente.
Quando riemersi, mi trovavo molto più a valle.
Raggiunsi la riva e, lasciando fuori dall’acqua solo il
busto, ricominciai a
correre. Non li sentivo più.
Li avevo seminati.
Guardai la creatura tra le mie braccia. tossiva acqua.
avevo cercato di lasciarle la testa fuori per permetterle di respirare
ma
evidentemente aveva bevuto un po’.
Circa un’ora dopo, mi sentii abbastanza sicura e
lasciai del tutto il fiume. Camminai a piedi nudi lungo un sentiero
roccioso ma
le pietre non mi ferivano. La bambina tremava. I vestiti bagnati le si
stavano
asciugando addosso anche a causa del vento provocato dalla mia corsa. E
il suo
sangue pulsava irrorandole le guance.
Avevo sete. Troppa. Non riuscivo a gestirla. A pensare.
Il collo della bimba era così vicino…
Lei non aveva detto neanche una parola da quando
l’avevo presa. Era rimasta silenziosa.
Mi fissò negli occhi. Ricambiai il suo sguardo e
sorrisi. Lei fece altrettanto.
Poi si azzardò a parlare.
< Ho sonno. >
Sonno? Io non ne avevo neanche un po’. Avevo solo
sete. Eppure, avrei dovuto essere stanca. Chissà per quanti
chilometri avevo
corso…
< Posso dormire? > mi chiese con voce incerta.
Era impaurita, questo è certo, ma allo stesso tempo sembrava
fidarsi di me.
Le accarezzai i capelli e poi le guance rosate. Sentii
il sangue scorrere sotto quel sottile strato di pelle. Lo vedevo. Avevo
sete.
Con un balzo mi portai sulla cima di un albero e mi
sedetti, poggiandola sulle mie ginocchia.
< Certo che puoi dormire. Basta che tu chiuda gli
occhi. > le dissi suadente, accarezzandole i capelli e
sistemandoglieli
dietro alle orecchie.
Lei, obbediente, annuii e poi poggiò il capo sulla mia
spalla.
Osservai le palpebre abbassarsi e poi posai le mie
labbra sul suo collo dalla pelle sottile.
<
Abbiamo perso le tracce.
>
< No! NO! Non è possibile.
>
< Edward, calmati. Così
non concluderai niente. ha attraversato il fiume. Potrebbe aver nuotato
per
chilometri, verso nord o controcorrente e poi essere andata sulla
sponda
opposta oppure essere tornata su questa. Non possiamo cercare alla
ceca. >
< E invece sì!
Disperdiamoci e cerchiamola. Non posso lasciare che… >
Non riuscii neanche a
proseguire. Non era possibile. Bella era totalmente fuori controllo. E
aveva la
bambina. Al solo pensiero le ginocchia mi cedettero ed io caddi
carponi,
affondando nel terreno fangoso.
La mia bambina. La mia
piccola bimba.
Non poteva morire in questo
modo.
Mi presi la testa fra le
mani, muovendo il capo lentamente avanti ed indietro.
Elizabeth, Elizabeth…. Vedevo
il mio volto nei pensieri degli altri. Sembravo spiritato. Non me ne
importava.
La mia bambina… la mia
piccola Liz.
Tutti erano silenziosi.
Sentivo le loro menti. Ognuno si recriminava di non essere stato
abbastanza
prudente. Esme era disperata. Continuava a ripetersi che avrebbe dovuto
portare
subito via i bambini. Emmett non si perdonava di aver lasciato andare
Bella,
sebbene la colpa fosse mia. Ero io ad averglielo chiesto.
Liz, Liz… no.
< Alice? > domandai con
una voce irriconoscibile.
< Non vedo niente. è
troppo… confusa. Non è in grado…
> la sua voce si incrinò e poi si
affievolì. < di prendere decisioni. Non riesco a
vedere da che parte è
andata. Ha nuotato per circa venti minuti, controcorrente. Il resto non
lo so.
>
Carlisle cercò di prendere in
mano la situazione. < Quindi è andata verso Sud.
Questo è già qualcosa.
Cominciamo a seguire il corso del fiume, tre su questa sponda, tre
sull’altra.
Prima o poi intercetteremo il suo odore. >
Io non riuscivo ad alzarmi.
Carlisle ed Emmett mi costrinsero a rimettermi in piedi.
< Edward, io so cosa stai
pensando. E ti sbagli. Non è solo colpa tua. È un
terribile errore commesso da
tutti noi. Non mi potrò mai perdonare se dovesse succedere
qualcosa ma adesso
dobbiamo agire, altrimenti sarà troppo tardi. Dobbiamo
trovarla. E tu sei
l’unica persona in grado di trovarle. Cerca i pensieri di
Liz. Se è ancora
viva, tu puoi captarli. Altrimenti andremo davvero alla ceca. Devi
importi di
essere più forte del tuo dolore. Devi fare di tutto per
ritrovare tua figlia
viva. Se resti a crogiolarti nell’autocommiserazione potrai
riabbracciare solo
il suo cadavere. Quindi vedi di darti una mossa. >
Poi mi afferrò per mano e,
insieme ad Alice, balzammo sull’altra sponda. Le sue parole
mi rimbombavano in
testa. Cadavere… Liz cadavere… cadavere. Non
riuscivo pensare.
Ricordai la sete, il giorno
in cui mi risvegliai dal dolore della trasformazione. E ricordai la mia
prima
vittima. Un uomo. Era un guardiano notturno.
Non avevo saputo resistere.
Avevo appena una settimana. Le bestie che mi portava Carlisle non
riuscivano a
placare l’arsura ed una notte, impazzito dalla sete, ero
fuggito sui tetti, ed
avevo trovato quel uomo. Fred. Si chiamava così. Aveva il
nome scritto sulla
sua targhetta.
Lo avevo dilaniato, in preda
alla frenesia, guidato dall’inesperienza e dalla sete
incontrollabile.
Lo avevo fatto soffrire,
involontariamente, molto più del necessario. La sua morte
era sopraggiunta
lentamente, tra atroci sofferenze. Mi aveva guardato negli occhi. E io
avevo
potuto percepire tutto il suo terrore, il suo dolore, mentre lo
prosciugavo
rompendogli le ossa per tenerlo fermo.
È così che si nutrono i
neonati, senza sapere come fare per essere veloci ed efficienti.
Bella avrebbe fatto lo
stesso, accanendosi su nostra figlia… un urlo di dolore mi
sgorgò dal petto ed
aumentai la velocità, superando i miei compagni. Con la
mente cercavo di
captare i pensieri più lontani ma, intorno a me, solo la
quiete di una foresta
terrorizzata da sei, anzi sette, vampiri.
Dovevamo
sbrigarci, prima che
facesse giorno…
Bella’s
POV
Il profumo
del suo sangue era dolcissimo. Appoggiai le labbra sul suo collo e
inspirai
profondamente.
Lei fremette ma non aprì gli occhi. Si
raggomitolò tra le mie braccia e mi
poggiò una manina sulla guancia. La presi tra le mie e la
baciai.
Le mie labbra si schiusero e con i denti le sfiorai le vene ai polsi.
La
bambina si lasciava fare tutto. Non cercava di opporre resistenza. Le
feci
poggiare il capo sulla mia spalla e poi glielo feci reclinare
all’indietro,
esponendo la giugulare. I capelli le scivolavano lungo la schiena
riflettendo i
bagliori dell’alba nascente. Sulla mia pelle il sole si
specchiava in milioni
di brillanti. Diamanti luccicanti ricoprivano la mia pelle. Mi nascosi
tra le
fronde dell’albero, in modo da allontanare da me la luce. Non
volevo che mi
vedessero. Identificai un anfratto che sembrava sicuro, dando su una
scarpata.
Sistemai meglio la bambina e poi saltai giù. In un attimo mi
intrufolai nella
fessura nella roccia. Lei chiuse gli occhi. Tremava.
< Hai paura? >
Scosse la testa, facendo segno di no.
< Io ho paura. > dissi quasi soprappensiero. E avevo
sete. Così tanta
sete che non capivo più niente.
< Perché hai paura? > mi domandò
con la sua voce cristallina.
< Perché sono sola. > risposi semplicemente.
Mi stupì accarezzandomi gentilmente la guancia. < Non
sei sola. Ci sono io.
Non avere paura. >
Strinsi la sua manina sulla mia guancia.
L’odore del suo sangue era così invitante.
< Elizabeth, forse dovresti dormire. > le parole mi
sgusciarono dalle
labbra senza che davvero potessi io stessa capirle. Non capii
perché, ma sapevo
che si chiamava
Elizabeth. Me lo sentivo dentro.
Sul suo volto si aprì un sorriso meraviglioso che mi
trasmise sicurezza. Era
felice.
si aggrappò al mio collo e mi diede un bacio. Il calore del
suo collo mi
investì facendomi bruciare la gola ed irrigidire il corpo.
l’istinto mi diceva
che dovevo nutrirmi. Avevo bisogno di sangue. Ma lo stesso istinto mi
impediva
di far del male a quella piccola creatura. Sentivo di doverla
proteggere. La
strinsi delicatamente a me e le baciai i capelli.
Sentivo che era agitata. Cominciai a cullarla. Una parte di me,
totalmente fuori
dal controllo della mia mente, sapeva che la bambina avrebbe dovuto
dormire.
< Tutto bene, piccolina? >
< Sì. > mi rispose senza staccarsi dal mio
vestito. Rimase in silenzio
alcuni istanti.
< Ho fame. > ammise poco dopo, accarezzandomi il petto.
Le sue mani si
strinsero sulla stoffa, all’altezza del mio seno. Solo allora
notai che
indossavo un raffinato abito blu. Era bello, morbido. Comodo.
La piccola richiamò la mia attenzione stringendosi a me e
dicendomi: < Ho
fame. Mi dai qualcosa da mangiare? >
< Adesso non ho niente da darti. Cerca di dormire. Ti
passerà la fame. >
e poi ripresi a cullarla.
Non potevo muovermi da lì. Avevo paura che quelle persone
potessero trovarci.
Sapevo che ci stavano cercando. Li sentivo, lontano… li
sentivo muoversi veloci
tra il sottobosco.
Non potevano prenderci. Avevo l’esigenza di
proteggerla e poi, avevo
anche un’altra necessità. Quella di tornare
indietro. Gli altri due piccoli
cuori che avevo udito nella stanza al piano terra.
Erano un richiamo atavico. Appartenevano sicuramente a due bambini
piccoli,
molto piccoli.
Dovevo andare da loro. Avevo bisogno di stare con loro. Dovevo
proteggerli. Non
potevo abbandonarli.
Scoprii di star singhiozzando ma dai miei occhi non uscivano lacrime.
< Mamma, non piangere. Ci sono qua io. Ti voglio bene. Tanto
bene. E sono
tanto felice che tu ora stai bene. Ho avuto molta paura. ma ora non
sono più
triste. Non essere triste neanche tu. >
Le sfiorai le labbra. Mamma. Mi aveva chiamato mamma.
Le baciai la fronte. E poi la strinsi a me. Tossì
più volte ma alla fine riuscì
ad addormentarsi. Sentii la temperatura del suo corpicino aumentare. Si
faceva
sempre più calda.
Rannicchiata
nel mio pertugio, osservai il sole alzarsi nel cielo e poi tornare ad
abbassarsi, fino a scomparire oltre le fronde degli alberi. Nella
foresta
l’oscurità ci avrebbe nascoste.
Quando il sole aveva cominciato a calare, avevo sentito le voci di tre
delle
persone che ci seguivano. Le loro voci erano lontanissime. Almeno venti
kilometri verso il fiume. All’inizio, con voce molto
angosciata, chiamavano
“Elizabeth. Bella” poi, qualche ora più
tardi, con voce rassegnata si
limitavano a urlare: “Bella.”
Quella parola mi faceva venire il mal di testa.
La piccola non poteva sentirli ma temevo che loro, se lei avesse
parlato,
l’avrebbero sentita perciò le feci segno di
rimanere in silenzio. Per tutta la
giornata lei rimase zitta, seduta affianco a me. Non la smetteva di
accarezzarmi. Per fortuna dormì per un paio d’ore.
Il suo stomaco reclamava
cibo.
Era passato un giorno da quando mi ero svegliata. Da quando il mio
corpo aveva
smesso di bruciare. La gola però ardeva terribilmente. E lei
non mangiava né
bevevo da allora.
Quando fui sicura che fossero abbastanza lontani, presi la bambina e,
proteggendola con il mio corpo, mi tuffai nella foresta. La pioggia
scrosciante
avrebbe scacciato il mio odore. Mi diressi nella direzione opposta
rispetto a
quella da cui avevo sentito provenire le voci.
La bambina
continuava a tossire. La sua pelle bagnata era ancora più
profumata.
Sete. Sete. Sete. Ero ottenebrata dalla sete. Così fuori
controllo che,
individuato un branco di cervi, appoggiai la bambina in un buco tra le
radici
di un’antica quercia e poi mi gettai nella mischia.
Abbattei il maschio più grande. Il suo sangue caldo non
bastò a saziarmi, né
tantomeno a placare il fuoco nella mia gola ma, per lo meno, adesso
riuscivo a
pensare.
La piccola mi fissava con gli occhi spalancati. Le tremavano le gambe e
tutto
il suo corpicino esprimeva il terrore. Mi avvicinai a lei lentamente.
Incedendo
piano piano, il mio corpo e il vestito strappato venivano bagnati dalla
pioggia
scrosciante che lavava via il sangue.
Quando la raggiunsi, il sangue era ormai stato tutto lavato via.
Le porsi la mano. < Vieni Liz. > quel diminutivo mi
uscì naturale. <
Vieni. Andiamo a prendere qualcosa da mangiare. >
Lei, inizialmente titubante, si lasciò sollevare e poi si
aggrappò al mio
collo. Corsi velocissima attraverso il bosco. Evitare gli alberi era
così
semplice e naturale che non dovevo sforzarmi di fare attenzione. I miei
piedi
nudi scivolavano leggeri senza produrre rumore.
L’aria ci sferzava e mi resi conto che, per la piccola,
questo non andava bene.
I vestiti bagnati le stavano appiccicati addosso e il vento per lei era
sicuramente gelido. Batteva i denti.
Mi fermai e la presi da sotto le ascelle. La osservai. < Hai
freddo? >
Liz, scosse il capo sebbene tremasse. Le colava il naso. Glielo pulii
con la
mia mano e lei tese le manine affinché io la stringessi al
petto. Così feci e
ricominciai a correre.
Lei mi sussurrò all’orecchio: < Mamma, ti
voglio tanto bene. >
Le baciai il lobo dell’orecchio dirigendomi verso il suono di
un centro
abitato, a quaranta chilometri di distanza, a giudicare da quanto fosse
flebile
il suono che da lì proveniva.
Quando fummo
in prossimità della cittadina era notte inoltrata e le luci
erano tutte spente.
Diminuii la velocità fino a camminare lentamente. Mi muovevo
sinuosa tra le
fronde.
La bambina dormiva ma il suo respiro era affaticato. La sua pelle molto
più
calda rispetto alla sera precedente. Mi intrufolai in una casa in cui
abitavano
quattro cuori. Uno era piccolo come quello di Liz. Era una villetta a
due piani
e la famiglia dormiva tranquilla al piano superiore. Posizionai la
piccola sul
divano e mi recai in cucina. In silenzio riempii di cibo un sacchetto
di tela.
Quella roba puzzava. Pane, merendine, una bottiglia di succo di pesca,
una
torta dentro a della carta stagnola. Tre banane, due mele, una pera, un
cartoccio di latte. Biscotti secchi.
Dato che tutto quel cibo non ci stava nel sacchetto che avevo trovato
sul
ripiano della cucina, afferrai uno zaino e, dopo averlo svuotato del
suo
contenuto di libri, lo riempii di tutto il cibo che avevo procacciato.
Poi, senza fare rumore alcuno, salii le scale. Trovai una camera e vi
entrai.
Vi dormiva un bambino. Era suo, il piccolo cuore. Frugai nel suo
armadio e
sottrassi dei vestiti pesanti. Un maglione, una felpa, una canottiera
di lana e
dei pantaloni jeans. Calzini pesanti. Poi trovai una giacca e presi
anche quella.
Nell’armadio trovai anche delle coperte. Ne presi due e poi
tornai dalla
bambina.
Dormiva accoccolata sul divano. Tremava anche se nella casa la
temperatura non
era bassa.
Cercando di non svegliarla, le levai i vestiti bagnati. La asciugai
come meglio
potei e poi le infilai gli abiti puliti e asciutti. Erano da maschietto
ma le
stavano bene comunque. Era così bella…
La lasciai
dormire fino alle cinque di mattina poi, preoccupata che gli abitanti
ci
trovassero, decisi che era ora di andarcene. Cercai di non svegliarla
ma,
nell’infilare la giacca lei aprì gli occhi.
< Liz, adesso dobbiamo andare. > le sussurrai
accarezzandola.
Tossì e al piano di sopra qualcuno si svegliò.
< Mamma… non voglio usci… > le misi
un dito sulle labbra.
Qualcuno scese dal letto e, lentamente, camminò fino alla
porta della camera.
Era un uomo.
Fece alcuni passi indietro ed aprì un cassetto. Una voce
femminile, assonnata,
disse: < Amore, torna a letto. >
< Ho sentito delle voci, al piano di sotto. > qualcosa di
metallico. Una
pistola.
Il mio corpo si irrigidì.
Lui aprì la porta. Percorse mezzo metro e poi
cominciò a scendere le scale.
Afferrai Elizabeth e spalancai in una frazione di secondo la finestra.
In un
millesimo di istante io, la piccola, le due coperte e lo zaino pieno di
cibo
eravamo nascoste nel fitto della boscaglia, in cima ad un pino.
L’uomo scese le
scale di corsa ma noi ormai non c’eravamo già
più.
In un attimo tutte le luci della casa si accesero. In breve si
accorsero che
mancavano cibo e vestiti, le coperte e lo zaino.
L’uomo era infuriato. Urlava e diceva che voleva chiamare la
polizia. La donna
cercava di calmarlo.
Avevo lasciato i vestiti bagnati di Liz nel loro soggiorno, sul divano.
Lei li
teneva in mano e, agitandoli, diceva: < Caro, qui
c’è stata una bambina. Non
vedi. Hanno portato via cibo e vestiti di un bambino di cinque anni.
Cerca di
essere comprensivo. Sono sicura si trattasse di una mamma in
difficoltà.
Avrebbe potuto rubare i soldi che tenevamo nella scatola dei biscotti
ed invece
li ha lasciati per terra. Cercava cibo, non di derubarci. >
< Cosa dici? È entrato nella camera di nostro figlio!
Qualcuno ha dormito
sul nostro divano! >
< Non vedi la sagoma? È piccola. Ci ha dormito un
bambino. Anzi, una
bambina. Queste calze, questa maglietta… sono da bambina.
Per favore, se avesse
voluto, avrebbe potuto farci del male. probabilmente era una mamma sola
e
disperata con la sua bambina. Fuori piove e fa freddo…
>
< Mi stai dicendo che non dovrei chiamare la polizia? >
lui urlava, lei
cercava di farlo ragionare.
< Esatto caro. Se vuoi, oggi chiamo la ditta e faccio inserire
un sistema
d’allarme. Però, non chiamare la polizia. Questa
notte non è entrato un
criminale. >
Mi piaceva quella signora. Era gentile con me anche se non mi
conosceva. Mi
stava cercando di proteggere.
Non ascoltai il resto della conversazione. Mi nascosi nel boschetto
retrostante
e, nel tronco cavo di un sitka, aprii il latte. Liz lo bevve
avidamente, dal
cartoccio. Le spezzettai del pane, che lei divorò.
Mangiò anche una mela e una
banana. Tre biscotti e un pezzetto di una merendina. Alla fine, senza
più la
fame ad attanagliarla, si addormentò tra le mie braccia. la
avvolsi nelle
coperte e le baciai i capelli.
Quando, cinque ore dopo, si svegliò, cominciò a
piagnucolare. < mammi, devo
fare la pipì. >
Fu difficile convincerla a farla nel bosco. Diceva che aveva bisogno
del
vasino. Io non ce lo avevo e alla fine dovette arrendersi. Non avrei
rischiato
di andare in paese e farmi scoprire per quello.
Nel corso della giornata la tosse aumentò e io le
diedi del latte per
cercare di non farle sentire la gola irritata. Era irrequieta e non
riusciva a
stare ferma. Mi sembrava sempre sul punto di fare una domanda che poi
però non
mi poneva mai.
Dopo un’ora passata sdraiata tra le coperte si
aggrappò al mio braccio. <
Mammi… ho sonno. > La presi in braccio e cominciai a
cullarla. Si addormentò
velocemente. La sua pelle era sempre molto calda. Anche nel sonno venne
colta
da dei colpi di tosse che la facevano sussultare.
Cercavo di alleviare la sua pena con baci e carezze ma io stessa non mi
sentivo
bene.Sete, sete, sete.
Avevo
sete e stare così vicino ad un luogo abitato da
così tanti umani non era
facile. Il cervo non aveva placato del tutto il mio desiderio di sangue
e stare
vicino a loro rendeva tutto più difficile. Avrei voluto
andare a caccia ma non
osavo allontanarmi così tanto da Liz.
Quando ormai
era di nuovo notte, mi recai nuovamente al villaggio.
Non sarei entrata nella casa della notte precedente, mi sarei spinta un
po’ più
a ovest se, sulla soglia della finestra dalla quale la notte prima ero
entrata
e poi fuggita, non ci fosse stato un sacchetto di plastica grande e
gonfio.
Quatta quatta mi avvicinai, lo afferrai e in un secondo fui nel fitto
della
foresta.
Lo aprii. Dentro, i vestiti di Liz, lavati, asciugati e stirati. Dentro
a un
contenitore di plastica, trovai due porzioni di insalata di riso.
C’era anche
un bigliettino. “non preoccuparti dei vestiti di Nicholas.
Puoi tenerli. Buona
fortuna a te e alla tua bambina.”
Mi commossi e sono certa che avrei pianto se quello strano corpo avesse
potuto.
In quei giorni mi ero accorta che quel corpo era strano. Le prime ore
avevo
seguito solo l’istinto. E cioè ero fuggita.
Ma adesso, dopo aver bevuto il sangue (cosa che al solo pensiero mi
disgustava)
riuscivo anche a pensare. Cercavo di ricordare ma, oltre al dorore
infinito del
fuoco nel mio corpo e a quello che c’era stato dopo, non
ricordavo niente. sì,
delle sensazioni, delle emozioni… nulla di più.
L’unica cosa di cui ero sicura era che volevo bene alla
bambina. E agli altri
due piccoli che avevo lasciato nelle mani di coloro che mi avevano
fatto del
male.
Mi si rivoltò lo stomaco al pensiero. Dovevo andare a
prenderli. Dovevo
salvarli.
Pensai alle parole della donna.
Forse avevo
ragione. Ero davvero una mamma disperata insieme alla sua bambina
piccola.