Con ogni singolo battito del mio cuore

di CassandraLeben
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ... ***
Capitolo 2: *** Mantenere la calma ***
Capitolo 3: *** Umana ***
Capitolo 4: *** Perchè? ***
Capitolo 5: *** Condizioni ***
Capitolo 6: *** Risposte ***
Capitolo 7: *** Consapevolezza ***
Capitolo 8: *** Visite... ***
Capitolo 9: *** La notizia di Charlie ***
Capitolo 10: *** Escamotage ***
Capitolo 11: *** La fuga ... ***
Capitolo 12: *** Nel vicolo, nel buio... ***
Capitolo 13: *** Occhi verdi ***
Capitolo 14: *** Ritorno ***
Capitolo 15: *** Vergogna ***
Capitolo 16: *** Nomi... ***
Capitolo 17: *** Madri e padri ***
Capitolo 18: *** Meloni ***
Capitolo 19: *** Amore... ***
Capitolo 20: *** Movimento ***
Capitolo 21: *** Discorsi ... ***
Capitolo 22: *** Notte 33.4 ***
Capitolo 23: *** "Con tutta la fatica che ho fatto ..." disse Reneé ***
Capitolo 24: *** Post Partum ***
Capitolo 25: *** Culle, case per le bambole e vestitini. ***
Capitolo 26: *** Per il tuo bene ... ***
Capitolo 27: *** Ninnananna ***
Capitolo 28: *** BBC world news ***
Capitolo 29: *** Finchè non ti sarai addormentata... ***
Capitolo 30: *** Alec ***
Capitolo 31: *** Fratello. ***
Capitolo 32: *** Jane ***
Capitolo 33: *** Baci ***
Capitolo 34: *** Desideri ***
Capitolo 35: *** Sarà per un'altra volta, Amore... ***
Capitolo 36: *** Notti in bianco ***
Capitolo 37: *** Alice (Biloxi, Mississippi, 1925) ***
Capitolo 38: *** Emmett,corpetti aderenti e seratine piccanti... ***
Capitolo 39: *** 13 Agosto... ***
Capitolo 40: *** Labbra gelate e caviglie slogate ***
Capitolo 41: *** tempo... ***
Capitolo 42: *** Il primo a saperlo ***
Capitolo 43: *** Di nuovo... ***
Capitolo 44: *** Ambo ***
Capitolo 45: *** Rotture ***
Capitolo 46: *** S.O.S. (ovvero SOnniferi e Singhiozzi) ***
Capitolo 47: *** Stanca, sfinita, felice… ***
Capitolo 48: *** Mi vuoi ancora bene, mammi? ***
Capitolo 49: *** cicogne ubriache e sorelle preoccupate ***
Capitolo 50: *** quarantena ***
Capitolo 51: *** Arrivi da lontano... ***
Capitolo 52: *** La ragazza di un altro. ***
Capitolo 53: *** Uno scusa chiesto con un mazzo di fiori... ***
Capitolo 54: *** Tosse e telefonini spenti. ***
Capitolo 55: *** voci bagnate di sangue. ***
Capitolo 56: *** Non addormentarti... Ti prego. ***
Capitolo 57: *** Attimi... frammenti di tempo perduto ***
Capitolo 58: *** AVVISO... Un anno dopo il primo capitolo ***
Capitolo 59: *** L'ultima prova sarà la morte... ***
Capitolo 60: *** Sete ***
Capitolo 61: *** Disperazione ***



Capitolo 1
*** L'inizio ... ***


Le due sponde dell'oceano

Allora, vi avevo detto che non avreste sentito la mia mancanza, ed infatti eccomi qui!

Spero che anche questa storia possa piacervi. Il titolo è una frase di una canzone del bravissimo Freddie (I was born to love you. Perfetta per la coppia Bella/Edward) . È da un po’ che mi frullava per la testa, ma prima volevo finire “Un respiro dolce dolce”. Forse potrete trovare delle analogie con la storia precedente, ma sappiate che questa me la sono praticamente sognata di notte mentre stavo scrivendo il cap 20 quindi …
La storia prenderà uno sviluppo tutto suo comunque e, vi avviso, cercherò di non renderla banale, nonostante il tema.  Pensavo di scriverla sia dal pov  di Bella che da quello di Edward.
Lo segnalerò ben grande all’inizio di ogni cap e userò caratteri differenti a seconda di chi narra. (saranno molti di più quelli dal pov di Bella  … )
Grazie a tutte coloro che leggeranno. Spero commenterete in molte! Mi farete molto felice!
Aspetto le vostre recensioni! Ciao e a prestissimo, Cassandra. ( alla fine la neuro si è dimenticata di me. Vi toccherà sorbirmi finché mia madre non mi farà portare via XD )
Prima di lasciarvi alla storia, volevo ringraziare tutte coloro che hanno letto e commentato " Un respiro dolce dolce... "Grazie davvero!

 

Bella’s POV

 

< Dormi bene amore mio. > La voce del mio sposo mi giungeva da lontano. Sentivo le sue dita fredde accarezzarmi la pelle, lente e delicate.

Mi avvolse nella coperta e io mi strinsi di più al suo corpo marmoreo.
Ero stanchissima e a malapena riuscii a bisbigliare:

< Grazie … > Le palpebre mi si chiudevano e, prima di addormentarmi del tutto, intravidi il mio abito da sposa che giaceva sul pavimento, insieme ai vestiti di Edward. Le nostre mani sinistre erano intrecciate e le sottili fedi d’oro luccicavano nell’oscurità.
Sussurrai: < Grazie Edward, per avermi dato l’unica esperienza umana a cui non volevo rinunciare. >
Ridacchiò e mi disse: < Domani lo rifacciamo … >
Sorrisi intontita e felice della sua promessa. Sentii le sue labbra posarsi sulla mia fronte e poi la stanchezza prese il sopravvento.

Quando, la mattina dopo, mi svegliai, mi ritrovai completamente aggrappata al corpo di Edward.

Mio marito, nudo proprio come me, teneva gli occhi chiusi e mi carezzava lentamente. Io avevo la testa poggiata sulla sua spalla e lui inspirava il mio odore.

< Ben alzata. > Mi bisbigliò cortese. < Dormito bene? > La sua voce e il suo respiro annebbiarono ulteriormente la mente, già abbastanza messa alla prova dalla serata precedente.
< Sì > Risposi stringendomi di più a lui. Il suo corpo, di solito gelido, era tiepido grazie al mio calore. Con un gesto velocissimo, Edward mi coprì la schiena nuda con la trapunta e poi, passando una mano tra i miei capelli, mi chiese:

< Colazione a letto? > Mi sorrideva felice. Io lo guardavo rapita. Non gli risposi, troppo intenta com’ero a rimirare tanta bellezza.

< Lo prendo come un sì. > E così dicendo scivolò fuori dalle lenzuola. Io mi girai pancia a terra e, poggiando sui gomiti e con le mani sotto il mento, me lo rimirai ben bene.

Quando lui, con i boxer in mano, sì voltò e mi vide in quella posizione, si avvicinò al letto, si accovacciò davanti a me e, con il naso a due centimetri dal mio, mi sussurrò sorridente: < Sei una tentazione insostenibile, in questa posizione. Stai mettendo a dura prova il mio autocontrollo. >

E mi avvolse schiena e gambe con il lenzuolo. A tradimento, mi coprì anche la testa.

Risi e gli dissi: < Non trattenerti! Io non mi offendo mica, anzi! Non so se riuscirò ad aspettare questa sera. > Quando mi levai il lenzuolo di dosso potei constatare, con mio profondo rammarico, che si era già infilato boxer e pantaloni della tuta.

< Bella … non credo che questo sarebbe il momento più adatto … Emmett se la sta già ridendo. > Non aveva ancora finito di parlare che aveva attraversato la stanza. Aperta la porta, gridò al fratello: < Piantala o ti distruggo! > Avvampai al pensiero di Emmett che origliava e chiesi, dopo essermi seduta a gambe incrociate: < Dimmi che riesci a mandarli via anche questa sera! Ti prego! >

< Farò del mio meglio. > e mi sorrise complice. Mi diede un bacio sulla guancia ed uscì in corridoio. Non appena la porta si fu richiusa dietro di lui, mi alzai da letto stiracchiandomi. L’occhio mi cadde su delle piccole gocce di sangue che macchiavano il lenzuolo.

Le guardai e sorrisi. Ora ero una donna. Ora ero Isabella Marie Swan Cullen. E, se proprio vogliamo, aggiungiamoci anche Masen. Pensai agli occhi neri di Edward e al fatto che, solo la sera prima fossero di un caldo color oro. Sorrisi all’idea che presto l’odore del mio sangue non avrebbe più fatto soffrire mio marito. Dopo aver sfiorato le gocce per un attimo, osservai il mio Abito da sposa. Edward lo aveva preso e steso sul divano. Era davvero molto bello. Certo la parte migliore era stata quando, la sera precedente, Edward me lo aveva sfilato … Sorrisi al pensiero.
Mi infilai un accappatoio che era stato poggiato sulla poltrona e andai in bagno.

Mi feci una doccia veloce per svegliarmi e lavare via l’agitazione. Dopo circa una trentina di minuti, aprii la porta del vano doccia e trovai Edward seduto sul bordo della vasca che mi osservava.

I suoi occhi, ora caldi e rassicuranti, vagavano lungo il mio corpo. Avvampai. Dopo aver afferrato un asciugamano, me lo strinsi attorno al corpo e mi avvicinai a lui. Con la punta del dito gli sfiorai il naso. Edward, con un movimento repentino, mi afferrò la mano per il polso e se la poggiò contro il viso. Fece scorrere il naso lungo le vene del mio avambraccio e poi, avendo inspirato profondamente, mi confessò: < Il tuo odore mi inebria. >

Gli sorrisi e gli cinsi le spalle con le braccia. Immergendo il viso nei suoi spettinati capelli ramati, gli bisbigliai: < Anche il tuo. >
Mi separai da lui e mi asciugai i capelli mentre Edward mi osservava sereno.

Sovrastando il rumore del fon gli chiesi: < Sei andato a caccia? >
< Mh, solo una piccola preda, nel bosco dietro il giardino … niente di che … >
< Ora sei a posto? >
< Sì, sì. Non preoccuparti. > Faceva l’indifferente ma sapevo bene quanto l’odore del mio sangue fosse per lui la più deliziosa e la più proibita delle
droghe.
< Te la senti … questa sera … >
Sì alzò e mi venne vicino. Dopo aver poggiato le sue mani sui miei fianchi mi sussurrò:
< Ma certo. Sono andato a caccia apposta. > Mi baciò sulle labbra per un istante e poi mi disse:
< Ti ho portato la colazione … > Annuii e lo presi per mano.
In camera, appoggiato sul letto rifatto, trovai un vassoio d’argento pieno di ogni ben di dio. Sul comodino, una lettera di Alice.
< La stanza l’ha sistemata lei? > Domandai afferrando la lettera.
< Sì. Ha detto che ci teneva tanto. > Rabbrividii aprendo la busta. Edward intanto ridacchiava tranquillo. Come mi aspettavo, quella piccola vampira sadica aveva perso in mano la situazione.

Con la sua elegante grafia mi aveva scritto:

Ciao Bella, Trascorso una serata piacevole? Sono davvero felice che tu ora sia a tutti gli effetti mia sorella! Ah, il lenzuolo l’ho preso io. Non preoccuparti, lo conserverò con cura. Non permetterò che tu lo bruci. Mi dispiace, te lo restituirò quando finalmente avrai cambiato idea! Baci, Alice.”

< Uffa. > Esclamai riponendo la lettera nella busta.
< Che c’è? > Mi domandò il mio sposo fingendo di essere sorpreso.
< Lo sai benissimo cosa c’è. Io lo volevo buttare il lenzuolo … > Ero arrossita.
Lui mi sfiorò la guancia e mi disse all’orecchio: < Perché? Quando sarà passato molto tempo, sono certo che ti commuoverai a vedere quelle innocenti goccioline … > Mi abbandonai al suo petto e alle sue braccia forti. Con la sua voce vellutata riusciva sempre ad incastrarmi.  Trovai un briciolo di lucidità per ribattere: < Ma Edward, mi vergogno … >
< Non fare la sciocca. Per un paio di gocce? Guarda che non era mica sporco … > Mi baciò la fronte e poi mi lasciò andare. Si sedette sul letto e mi osservò mentre facevo scivolare lentamente l’asciugamano lungo il mio corpo. Mi infilai la biancheria e poi mi sedetti sul letto, affianco a lui.

Bevvi il succo d’arancia e mangiai un paio di biscotti. Qualche volta Edward si chinava per baciarmi la guancia e accarezzarmi i capelli. Quando il vassoio fu vuoto, lui me lo levò dalle ginocchia e lo poggiò sul comodino in meno di un’stante. Con delicatezza mi fece stendere sul letto.
< Edward …  hai appena detto che gli altri sono di sotto … >
< Sì … ma noi non faremo niente di male … > Quel suo tono di voce sbriciolò ogni mia capacità di intendere e di volere.
Mi abbandonai alle coperte e poggiai le mani sulla testa del mio amore. Le sue labbra mi baciavano la clavicola, affondavano nell’incavo del mio collo … scendevano lungo il mio braccio sinistro per poi arrivare alla punta delle dita. Se le fece passare sul volto e poi baciò la fede d’oro. Lo stesso colore dei suoi occhi …
Prima di rialzarsi, mi diede un bacio tra i seni e un altro subito sotto l’ombelico.
Gli sfiorai le labbra con le dita e lui fece lo stesso con me.
Un ultimo, delicato tocco lungo le mie gambe e poi si mise in piedi e mi porse un vestito che sapevo piacergli molto. Me lo aveva regalato lui. Blu, come la notte.

Me lo infilai e lui me lo allacciò dietro la schiena, sfiorando la mia pelle con le dita, provocandomi più di un fremito. Quando ebbe finito, mi voltai di scatto e gli rubai un bacio in punta di piedi. Gli presi il volto tra le mani e disegnai il profilo delle sue labbra con la lingua. Le sue mani mi avevano afferrato il bacino e mi tenevano leggermente sollevata. Quando la sua bocca si separò dalla mia e cominciò a scendere lungo il mio collo, gettai la testa all’indietro in un turbinio di capelli.

< Edward … >
< Mh? > Mi rispose lui senza allontanare le labbra dalla mia pelle.
< Amore … dobbiamo andare … >
< Vorrà dire che questa sera riprenderemo da dove abbiamo lasciato. >
< Non vedo l’ora. >
< Neanch’io. > E così dicendo mi diede un ultimo, e questa volta casto, bacio sulle labbra.

Andai in bagno per lavarmi i denti e pettinarmi. Quando scesi in sala trovai Emmett seduto sul divano che mi fissava curioso. Edward, seduto al piano, fissava lui con sguardo contrariato ed esasperato.
< Emmett. > Lo ammonì il mio sposo con tono severo quando ormai avevo superato l’ostacolo dell’ultimo gradino.
Suo fratello lo guardò, mi guardò, poi tornò nuovamente a guardare lui ed infine sussurrò:
< Eddai … Edward … posso chiederle … > In una frazione di secondo al povero Emmett arrivarono in testa uno spartito musicale e uno dei due sandali che tenevo in mano.

Facendo finta di ripararsi dal nostro fuoco incrociato si rifugiò dietro la povera Esme che era appena entrata in sala dalla cucina. Per fortuna la mia suocera, che strano pensare a lei in questi termini, afferrò la mia scarpa prima di venirne colpita.

Con un tono molto educato mi domandò:
< Allora tesoro, passato una buona nottata? >
Arrossii violentemente tormentando il bordo della manica del mio abito con le dita.
Balbettai imbarazzata:
< Sì. Bella … serata … >
Mi sorrise materna e poi Emmett si rivolse ad Edward.
< Perché Esme può farle domande sulle vostre seratine piccanti e io no? >
Questa volta Esme si scansò ed Emmett venne raggiunto in pieno dal porta spartiti.
Andai vicino al mio sposo e lo baciai sulle labbra.  Lui, per tutta risposta, mi cinse il bacino con un braccio e mi sussurrò: < Questa sera … >
Chiusi gli occhi e, sorridendo, mi appoggiai a lui.
< Edward … >
< Sì, Isabella? >
< Sai, è strano essere tua moglie. Mi sento così felice … >
< Per quanto mi riguarda, essere tuo marito è bellissimo. >  e mi baciò la fronte.
< Ragazzi, se la smettete di fare i novelli sposi in salotto, vorrei ricordarvi che Bella ha un appuntamento in città con Angela. > Ci disse Alice che intanto aveva fatto la sua comparsa seguita a ruota da Jasper.

Mi ero completamente dimenticata che dovevo andare con Angela a ritirare il suo regalo. Lei e Ben mi avevano preso una cosa in gioielleria. Credo un ciondolo. Solo che sarebbe arrivato solo oggi.

< Vuoi che ti accompagni? > Mi sussurrò Edward all’orecchio con la sua voce vellutata.
Intrecciando le sue dita con le mie, dissi:
< Non preoccuparti. Mi ha detto che mi sarebbe passata a prendere alle 11 e che avremmo mangiato fuori … Se vuoi venire … temo però che passeresti la serata a tossire fuori tranci di pizza. >
Baciandomi il lobo dell’orecchio mi sussurrò:
< Sottrarre una giovane sposa al novello sposo è una crudeltà. Ricordami di dirlo ad Angela, appena la vedo. >
Improvvisamente fui invasa dalla tristezza e a voce bassa dissi:
< Edward, questa è l’ultima volta che la vedrò. Dopodomani partiamo per la luna di miele e … al nostro rientro … > Lasciai la frase in sospeso perché non trovai la forza per continuare.
Le sue braccia mi avvolsero strette e rassicuranti.
< Scusa. Non volevo ferirti. >
< Non mi hai ferito. Solo, è la verità. > Avevo abbassato lo sguardo e poggiato il capo contro il suo petto. Mi baciò i capelli e mi disse: < ti accompagno fuori, sta arrivando. >

E dopo poco anche io sentii il suono del motore dell’auto di Angela.

Mi infilai i sandali e, tenendo per mano Edward, salutai il resto dei Cullen, la mia famiglia, con un cenno della mano. Afferrata la borsa con soldi, documenti e cellulare, uscii in giardino.
Fuori era nuvoloso, come al solito a Forks.
Trovai Angela appoggiata alla sua auto, in mezzo al viale. Mi venne incontro tutta euforica e mi salutò con un abbraccio, dopodichè si rivolse ad Edward:
< Ciao! >
< Ciao. > Le rispose lui continuando a fissare me, malinconico.
Io mi sporsi per dargli un bacio sulla guancia e lui catturò le mie labbra per alcuni istanti. Quando stavo per svenire, non mi ricordavo di respirare, mi lasciò andare ed afferrò la mia mano. La strinse per un istante e poi mi disse: < Allora ti aspetto.>
< Va bene. Ci vediamo dopo. Ti chiamo quando sto per tornare. >
< Non fate troppo tardi. Mi raccomando Angela, non credo di resistere a lungo lontano da lei. >
< Va bene Edward. Non preoccuparti, farò attenzione, mi prenderò cura io di lei. > Gli rispose lei ironica.
< Angela! > le feci io. <  Anche tu mi tradisci in questo modo? Non sono così imbranata! >
< Se lo dici tu ... Sali o faremo tardi. Salutami tutti Edward! Anche da parte di Ben. > La traditrice stava trattenendo una risata.
< Lo farò senz’altro. Divertitevi! > E così dicendo lasciò andare la mia mano.

Angela salì a bordo e io la seguii. Partì dando vita al motore. Edward rimase ad osservarci mentre ci allontanavamo e io continuai a fissarlo finché non sparì dietro la curva del viottolo. Sospirai quando fu fuori dalla mia visuale.
< Che c’è? > mi domandò Angela.
< Niente. Mi sento un po’ strana quando non sono con Edward … >
< Voi due siete una coppia speciale. Quando siete insieme, vi illuminate. Anche se, ad essere sincera, a volte Edward sembra molto più grande della nostra età … >
Trattenni una risatina isterica e dissi: < Tu credi? >
< Mh, forse è solo un’impressione. Allora? >
< Allora cosa? > Domandai io.
< Bhe, ieri sera poi com’è andata? Ne vuoi parlare? > Angela era sempre stata molto discreta ma si vedeva che era curiosa. Curiosa da matti. Lei sapeva bene che ero vergine. O meglio, che lo ero stata fino alla sera prima.
< Se non vuoi non preoccuparti … >
< No, no. Sta tranquilla. > Arrossendo vistosamente le confidai: < Devo dire che Edward è proprio un cavaliere. E ieri notte … diciamo che mi sono divertita molto. È stato molto bello, e soprattutto molto dolce. >
Sorrise e poi cominciò a chiacchierare d’altro, avendo intuito il mio imbarazzo. 
Angela era proprio una persona speciale.

Arrivati a Port Angeles, la mia amica parcheggiò nei pressi del centro. Proprio come a Forks, il cielo era nuvoloso.
< Andiamo a prendere subito il tuo regalo? > mi domandò scendendo dall’auto.
< Sì, certo! Sono curiosa! >
Una volta in gioielleria, Angela parlò con il proprietario e poi mi porse un pacchettino.
< Grazie. Sei un tesoro. > le sussurrai dandole un bacio sulla guancia.
La mia attenzione venne subito attirata da un orologio esposto in una bacheca.
Lo fissai qualche minuto e poi Angela mi domandò:

< Ti piace? >
< Sì. Pensavo potrei regalarlo ad Edward … Sai, come dono di nozze, mi ha regalato una copia della prima edizione di cime tempestose … >
Mi si rivoltò lo stomaco al ricordo. Quando avevo scartato il regalo, per poco non ero caduta dalla sedia. Doveva aver speso una fortuna. Minimo!
< E io invece non gli ho preso niente. È che lui ha tutto. >
< Potresti prenderglielo. È un po’ costoso ma molto bello. >
< Sì. Credo che lo prenderò. >
< Senti Bella, io ti aspetto fuori, devo telefonare a Ben. Ti aspetto davanti alla casetta della posta. >
< Va bene. A dopo! > < A dopo. > Ed uscì. Io pagai l’orologio ( mi venne male a tirar fuori la carta di credito … ) e poi mi voltai per cercarla oltre la vetrina con lo sguardo. La vidi.

Per lo stupore e lo spavento, lasciai l’orologio pagato sul bancone, così come il regalo di Angela.
Quasi non sentii la voce del signore dietro il banco che mi diceva: < Signorina? Sta bene? >

La colazione stava facendo marcia indietro in direzione bocca

Uscii tremante dal negozio e percorsi barcollando i venti metri che mi separavano dalla mia amica. Quando l’ebbi raggiunta, lei mi guardò.
Era imbarazzata e allo stesso tempo come ammaliata. Un bellissimo, giovane uomo le aveva messo un braccio intorno alle spalle e le parlava come fossero grandi amici.
Quando fui abbastanza vicina da sentire i loro discorsi, capii che le stava chiedendo informazioni.
Improvvisamente, l’uomo si voltò nella mia direzione e il suo sguardo mi trafisse.

Con voce sensuale, si rivolse ad Angela e le domandò garbato: < Forse la tua amica può mostrarmi gentilmente la strada? > Mentre pronunciava quelle parole, fece scorrere un dito, pallidissimo e affusolato, lungo il collo della mia amica. Io risposi con la voce che mi usciva a fatica:

< Certo. >

Lasciando andare Angela, che mi osservò prima spaesata e poi impaurita, mi cinse il bacino con un braccio e con l’altro mi indicò una lussuosa auto nera dai finestrini oscurati. Non opposi resistenza.
Mi lasciai trascinare fino alla vettura e rimasi immobile davanti alla portiera qualche istante, finche questa non venne aperta dall’interno.
Mi voltai verso Angela con gli occhi gonfi di lacrime. Le stesse lacrime che mi solcavano le guance e mi bagnavano il vestito. La mia amica, che si era un po’ ripresa, mi osservava terrorizzata ed immobile. L’uomo mi diede una piccola spinta ed io mi piegai per entrare nell’auto.

Sentii la voce di Angela gridare: < Bella! Bella! Chiamate la … > Poi la portiera si chiuse di scatto dietro al giovane uomo che mi aveva trascinata dentro e che si era seduto alla mia destra. Sussultai. Nessun suono proveniente dall’esterno era più udibile. Non riuscivo a vedere niente fuori dai finestrini neri. I sedili erano di velluto e l’abitacolo era illuminato da una luce fioca che faceva rilucere la pelle bianca delle altre quattro persone che erano lì con me. Due davanti e una alla mia destra e l’altra alla mia sinistra.

L’auto partì sfrecciando a tutta velocità. Io tremavo dalla paura poi, con voce calma e pacata, Demetri disse: < Non vogliamo farti del male. Devi startene zitta e ferma e non darci problemi. >

La sua voce tagliente mi fece venire un conato di vomito.
La figura alla mia sinistra estrasse qualcosa dalla valigetta.
Quando realizzai che si trattava di una siringa cercai di allontanarmi, ma in quello spazio ristretto mi era impossibile. Cercai di trattenere un grido quando l’ago affondò nel mio braccio.

Dopo pochi istanti, i contorni degli oggetti intorno a me divennero sfocati e l’oscurità si fece più opprimente. Sentii un vento improvviso sfiorarmi il viso e scompigliarmi i capelli e mi resi conto che mi stavano sfilavano la borsa. Cercai di oppormi, inutilmente. Ormai non avevo più forza nelle braccia e dovevo combattere per tenere gli occhi aperti. Prima di crollare e venir inghiottita dall’oscurità, vidi Demetri, alla mia destra, estrarre i miei documenti dalla borsa e gettare quest’ultima fuori dal finestrino aperto. Alla fine chiusi gli occhi e mi accasciai contro lo schienale di quell’auto.

Prima di perdere del tutto i sensi, vidi Edward nei miei pensieri una lacrima scese dai miei occhi chiusi.

 

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Capitolo 2
*** Mantenere la calma ***


Eccoci qui, con il secondo capitolo. E il terzo, molto più interessante, non tarderà ad arrivare ...
Grazie davvero per tutti i bellissimi commenti!!!! Davvero, sono troppo felice!!! XD
Vi assicuro, questa storia è venuta fuori dopo un sogno, certo, con alcuni adattamenti! Mi era piaciuta l’idea, anche se un po’ assurda, e ho deciso di farci su una ficcy!
Questo capitolo è di transizione ma spero vi piaccia lo stesso. Sono molto più brava a scrivere dal pov di Bella… ( ho più esperienza XD ) Vi chiedo di avere quindi pazienza … i prossimi capitoli saranno migliori! Mi raccomando, continuate a seguirmi! Della serie: “abbiate fede e non disperate” per coloro che mi conoscono già. Per chi invece non avesse letto “Un respiro dolce dolce...… spero di non deludere le vostre aspettative!

E ora, ringrazio per aver inserito la mia storia tra i preferiti:
Aleberyl 90 alice brendon cullen, AliceCullen93, BellaSwan95, chicchetta, crusade, ELPOTTER, emily ff, Gocciolina, hachicat, hitomi, HopeToSave, kira988, MANDiNA, pazzerella_92, PenPen, sally10989, ShikaTema76, summer718, Vesuvium, Wind, Yuna Shinoda, yuyutiamo
Grazie davvero! Spero di non deludervi!

E grazie per i bellissimi commenti a :
Clhoe, emily ff, PenPen, Vesuvium, Meletta, memi16, _sefiri_, ka chan,_TinA_, gianna88, Wind, alice brendon cullen, aLbICoCCaCiDa, Livia1909, Giulls, Aleberyl 90, yuyutiamo, HopeToSave, Deimos, hachicat, BellaSwan95, Gocciolina, novilunio.
Scusate se non mi soffermo a ringraziarvi tutte per bene come al solito, ma devo limitare la mia permanenza al pc ( devo ASSOLUTAMENTE decidermi comprare una batteria muova. )
E ora, una precisazione: Se nella storia precedente sono stata molto fedele ai caratteri dei personaggi dei libri e alle vicende, in questa mi sono presa un po’ più di libertà e ho usato un po’ più di fantasia! Le vicende sono un po’ più improbabili, ma mi auguro che l’idea piaccia! Tutto verrà presto svelato!

A prestissimo,

                                               Cassandra

Edward' POV

Ero al pianoforte quando Alice smise di parlare. Lei, tra le braccia di Jasper, se ne stava seduta sul divano. Stava chiacchierando di un argomento futile mentre io pensavo al viaggio di nozze.
Improvvisamente, Alice prese a ciondolare il capo lentamente e i suoi occhi si fecero vitrei. La mia testa scattò nella sua direzione mentre Jasper la osservava tranquillo. Ignaro.
Quello che vidi nella sua mente mi sconvolse. Nell’arco di tre secondi, Alice si riprese e il suo sguardo incontrò il mio.
< Edward … >

Non le risposi neanche. Schizzai fuori di casa e corsi al garage. La sentii spiegare velocemente agli altri la sua visione. Infilai le chiavi nel cruscotto. Alice e gli altri mi furono subito dietro. Emmett mi afferrò da dietro e mi impedì di mettere in moto.
< Edward! >
La sua voce potente echeggiò nel garage, per venir sostituita poi da quella di Alice.
< Edward, è troppo tardi. Sono già partiti. È inutile e pericoloso. >
La fulminai con gli occhi e poi vidi Esme che teneva il cellulare all’orecchio. Non ricevendo risposta, la vidi comporre il numero di Carlisle. Le parole le uscirono velocissime.
Emmett e Jasper mi tenevano per le braccia impedendomi di muovermi.
Alla fine mi lasciai cadere sulle ginocchia e i miei fratelli mi lasciarono andare.
Dopo neanche due minuti, il mio telefonino nella tasca vibrò.

Lo afferrai e osservai il numero. Lo riconobbi all’istante. Era quello di Angela.
Esme me lo sfilò dalle dita e rispose con voce calma, come se non fosse successo niente:
< Pronto? >
Sentii la voce di Angela, stava piangendo.
< Signora Cullen … presto … dovete venire … >
< Cos’è successo, cara? >
< Si tratta di Bella … venite subito. > La sua voce era scossa dai singhiozzi. >
< Arriviamo subito tesoro. Stai calma. Dimmi, dove vi trovate? > Era proprio abile a fingere …
< Sono sola … Bella è … è … mi trovo in Alber st, all’altezza della 1st … Per favore … venite. > 
< Certo cara, sta calma. Stiamo arrivando. > E ci fece segno di salire in auto. Lei si sedette al posto di guidatore. Io, seduto dietro, mi ritrovai incastrato tra Emmett e Jasper.
Guidando con il motore in folle, arrivammo a Port Angeles.

Ma ormai era tardi.

Sapevo esattamente dove andare. La visione di Alice era stata molto precisa, a differenza delle indicazioni di Angela.
Angela era seduta a terra, come se le avessero ceduto le ginocchia, era in lacrime.
Intorno a lei, delle persone e un paio di poliziotti.
Mi avvicinai velocemente e, quasi gridandole contro le chiesi: < Dov’è? Dov’è? Cosa diavolo è successo! > Emmett mi raggiunse e mi poggiò una mano sul braccio. Io glie la levai e lui mi afferrò per le spalle. Mi sibilò: < Mantieni la calma. La calma. >
Lo guardai e poi, sospirando, cercai di riacquisire l’autocontrollo.
Mi voltai nuovamente verso Angela e, porgendole una mano, le domandai, cercando di modulare il tono di voce: < Cos’è successo? > L’aiutai ad alzarsi.
Singhiozzando, la ragazzina mi abbracciò e disse qualche parola senza un ordine preciso:
< Bella … l’hanno portata via … Bella. > Cercai di calmarla facendole scorrere una mano lungo la schiena.

Esme intanto stava telefonando a Carlisle che si trovava all’ospedale. Parlava velocemente, spiegando l'accaduto. Si faceva scorrere una mano tre i capelli , gli occhi chiusi e il volto contratto in una smorfia di dolore e angoscia.
Emmett e Jasper parlavano tra di loro cercando di decidere il da farsi mentre Alice se ne riamneva in macchina, il capo tra le mani. Percepii e suoi pensieri e vidi che non riusciva a scorgere niente nel futuro di Bella. Sentii un nodo stringermi lo stomaco.
Cercando di rimanere lucido, mi rivolsi ad Esme, che nel frattempo mi si era avvicinata.
< Esme, cosa facciamo? >  se avessi potuto, sarei scoppiato a piangere.
< Per adesso non facciamo niente. Dobbiamo aspettare. Carlisle sta arrivando. Abbi pazienza. >
Furioso le gridai: < Pazienza? PAZIENZA?  Ma ti sei resa conto della situazione? Hai capito cos’è successo? >
Mi poggiò una mano sulla guancia e, in tono materno mi sussurrò:
< Edward, la cosa migliore è non compiere gesti affrettati. Non possiamo permetterci di essere impulsivi e lo sai bene. Ora, cerca di non dare troppo nell’occhio. >
Il mio istinto era quello di prendere il primo aereo per Firenze ma sapevo che, se lo avessi fatto, avrei soltanto peggiorato la già abbastanza critica situazione. Aveva ragione Esme. Per il momento la cosa migliore era attendere. nonostante l’immagine di Demetri che trascinava Bella nell’auto mi stesse facendo impazzire.
Dopo alcuni minuti venimmo raggiunti da alcune auto della polizia di Forks.
Riconobbi quella di Charlie e, quando il padre della mia sposa usci dall’auto, quasi non lo riconobbi. Lo sceriffo, pallido come noi, andò incontro ad Angela e cominciò a tartassarla di domande. Alla fine il vice-sceriffo Mark riuscì a farlo calmare.

Io, che me ne ero rimasto immobile fino a quel momento, seguii la scia di Bella fino al bordo del marciapiede. Il suo odore spariva improvvisamente, bloccandosi in quel punto. Poco lontano da dove si trovava Angela, il suo profumo si mischiava a quello di un altro vampiro, a quello di Demetri. Jasper ed Emmett avevano intuito che si trattava di uno dei Volturi, sebbene loro non li avessero mai incontrati di persona. Sentivo i loro sguardi fissi su di me, al limitare della strada. Rimanemmo nella piazza per circa un’altra mezz’ora. Charlie fu costretto a tornare in auto perché quasi si sentì male.
Non so come, alla fine ci ritrovammo alla centrale di polizia di Forks. Rimasi seduto nella sala d’attesa per un tempo che mi parve infinito, mentre Charlie gridava al telefono.
Il tempo mi pareva si fosse bloccato. L'attesa era insopportabile, atroce.
Non so come, riuscii a trattenermi dall’urlare, dal correre in aeroporto. Non sopportavo l’idea di rimanermene là seduto, mentre tutti i poliziotti di Forks cercavano di scovare una traccia di Bella. Non l’avrebbero mai trovata. Non era nelle loro possibilità.
Sapevo esattamente dove si trovasse, cosa le fosse successo. Cosa avrei dovuto fare … eppure non potevo fare assolutamente niente. Era a dir poco frustrante.
Carlisle ci raggiunse e, dopo aver gettato un rapido sguardo prima a me e poi ad Alice, che scosse lentamente la testa, si diresse verso l’ispettore Swan.
Parlarono poco, pochissimo. Dopo neanche un quarto d’ora Charlie ci fece riunire nel suo studio.
Parlò con voce bassa e scossa:

< Sinceramente, non so cosa sia successo. I testimoni dicono che un uomo ha avvicinato Angela e che poi ha convinto Isabella a salire in auto con lui. Nessuno di loro pensava fosse un rapimento finché Weber non ha cominciato a gridare, ma a quel punto l’auto era troppo lontana. Nessuno ha preso la targa. Io naturalmente escludo categoricamente si tratti di un allontanamento volontario. Non avrebbe senso … Bells non farebbe mai … E poi le circostanze fanno pensare …. > Si prese il capo tra le mani e continuò:
< Hanno appena trovato la sua borsa. Lungo la statale. Hanno preso solo i documenti … >
< Dove esattamente? > Domandò Carlisle.
< In direzione di Seattle. Metteranno dei posti di blocco e faranno dei controlli in aeroporto … >
Sollevò lentamente lo sguardo e mi trafisse con gli occhi. Per la prima volta, i suoi pensieri mi spaventarono.
< Come facevate a saperlo? >
< Come scusi? > Fece Jasper che stava facendo una fatica immensa per mantenere un clima il più tranquillo.
< Come facevate a sapere che Bella … nessuno ancora sapeva … e voi … siete arrivati persino prima di noi. >

Esme parlò con tono pacato e addolorato.
< Ci ha telefonato Angela. Era disperata e non riusciva a dirci cosa fosse successo. Abbiamo provato a contattare Bella ma lei non ci rispondeva. Ci siamo preoccupati e siamo corsi a Port Angeles. Puoi controllare i tabulati … Temevamo fosse successo qualcosa. Quando siamo arrivati in città, abbiamo visto tutta la gente agitata e Angela Weber in lacrime … non sapevamo che … >
Cominciò a singhiozzare e portò le mani al volto, per coprirsi le lacrime che non le scendevano. Come scusa era un po’ tirata, ma era l’unica spiegazione che potesse sembrare anche solo vagamente plausibile.
Charlie parve convinto. Nella sua testa vidi svanire l’idea assurda che fossimo stati noi a commissionare il rapimento. Il dolore mio e di Esme, così come quello dei miei fratelli, soprattutto di Alice, era troppo vero per poter essere messo in discussione.
Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti ed infine Charlie ci disse:
< Tornate a casa. Vi informeremo se dovessimo avere notizie. E poi, se dovessero chiamare per un riscatto … Né io né Reneè disponiamo di grosse cifre … se è questo il movente del sequestro, sicuramente cercheranno di entrare in contatto con voi … > Il dolore nella sua voce era palpabile.
Così dicendo si alzò e si diresse nello studio attiguo, dove il vice-sceriffo stava dando istruzioni per i posti di blocco. Lo vidi sedersi alla scrivania e accasciarsi distrutto tra i fogli, prima di prendere in mano il telefono e chiamare Reneè. Sentivo la sua voce, roca e spezzata dall'angoscia.
In qualche modo, Carlisle ed Esme riuscirono a convincermi a tornare a casa.

Appena arrivati, scesi dall’auto, senza voltarmi a guardare in faccia i miei familiari, uscii dal garage. Non volli neanche ascoltare i loro pensieri.
Una volta in casa, afferrai la prima cosa che mi fu sotto mano e la scagliai con tutta la mia forza contro il muro, gridando di rabbia e dolore. 
Il vaso si sbriciolò in un istante contro la parete. Jasper cercò di calmarmi con il suo potere ma io, agendo come uno stupido, mi voltai nella sua direzione, pronto a spaccargli la faccia. Emmett e Carlisle mi afferrarono per le spalle, impedendomi di ferirlo. Una calma irreale mi invase ed offuscò in parte la mia mente. Appena mi lasciarono andare, uscii dalla stanza e mi chiusi in bagno.
Seduti in sala, i miei familiari attendevano una telefonata, una visione. Quando finalmente fui quasi sicuro che non avrei aggredito nessuno, tornai da loro. Tremavo ancora di rabbia e i miei pugni erano serrati.
Un ragazzo dell’ufficio dello sceriffo ci raggiunse dopo circa un’ora per mettere il nostro telefono sotto controllo, ma tanto quello rimase muto.

Alice rimase per tutto il pomeriggio chiusa nella sua stanza, senza parlare con nessuno.
Vidi nella sua mente l’interno di un aereo privato, i volti di alcune delle guardie dei Volturi, Bella addormentata su un divano.
Erano partiti, diretti con ogni probabilità a Volterra.

Racimolando tutta la calma e il controllo che potei, mi alzai dalla poltrona e salii le scale. Mi fermai davanti alla camera di Alice e bussai. Non ricevetti risposta.
< Alice? Alice, fammi entrare. >
< Vattene. > Mi sibilò lei.
< Non è colpa tua. > Cercai di dirle io. Non feci a tempo a finire la frase che lei mi aprì la porta e cominciò a tempestarmi di pugni il petto gridandomi: < No! No! No! Non ha senso! Edward! Io non ho visto. Avrei dovuto fare più attenzione! > Sembrava avesse perso letteralmente la testa. Singhiozzava e si mangiava le parole. Le afferrai i polsi e le urlai di rimando:
< Sanno come funzionano le tue visioni. Lo sanno perfettamente. Sicuramente hanno calcolato tutto fino all’ultimo dettaglio. Non potevi vedere. Non potevi e basta! >

In realtà, la parte più irrazionale di me era irata con Alice. Non era stata abbastanza abile. Non era riuscita a prevedere … Sapevo che non era colpa sua. Che io avrei dovuto proteggere Bella, che non avrei dovuto lasciarla andare da sola … Il mio cuore però non prestava il minimo ascolto alla mia mente.
Lasciando andare Alice, che mi fissò per alcuni istanti senza sapere cosa dire o cosa fare, mi diressi al piano di sopra. Entrai nella mia stanza e mi buttai sul letto cercando di trovare una soluzione a quella situazione assurda, terribile.

Il mio cuore, fermo da novant’anni sanguinava. Speravo con tutto me stesso che loro non le facessero niente. Al pensiero che potesse succederle qualcosa sentii la rabbia e l’odio invadermi. Ne ero certo, se le avessero fatto del male, non sarei riuscito a sopravvivere. Prima però di lasciarmi andare, li avrei distrutti.
Il loro operato non aveva senso. Perché rapirla? Perché portarla via con loro? Sapevo che un piccolo contingente era rimasto in America, per controllarci, per assicurasi che la trasformassimo …  Ma arrivare addirittura a rapirla ... Perchè diamine non erano venuti da me. Perchè?
Non potevano aver visto in lei improvvisamente una minaccia. Avevo promesso, giurato loro che l’avrei trasformata. In fondo, quindici giorni in più per i Volturi non significavano niente …
Non riuscivo a capacitarmene. Strinsi con forza l’abito da sposa di Bella respirandone a fondo l’odore. L’idea di saperla sola, impaurita, in pericolo … Mi stava facendo
impazzire. Mi odiavo per la mia stessa impotenza e la mia stupidità. Come avevo potuto essere così ingenuo? Avrei dovuto andare con lei.  Come avevo potuto  esporla ad un rischio simile?
Continuavo a tormentarmi con quelle domande, incapace di pensare con mente lucida.

Carlisle entrò senza neanche chiedere permesso e si sedette sul bordo del letto.

< Non le faranno del male. Conosco bene Aro, Marcus e Caius. Non infrangerebbero mai le loro stesse leggi. >
< E rapire una ragazza allora? Sanno perfettamente che la trasformerò. Non c’era alcun motivo. Perchè mai avrebbero dovuto? In questo modo … corriamo oltretutto il rischio di venir scoperti. Perché esporsi in questo modo? È assurdo! Lei non ha fatto niente! È solo una ragazza! È solo … Bella … > dissi prendendomi la testa fra le mani. La mia voce era rotta da singiozzi asciutti.
Ero furioso. Inveivo contro Carlisle che, silenzioso, mi lasciava sfogare.
Lentamente, venni avvolto da una pace impossibile e, nella mente di Jasper, percepii il tentativo di calmarmi. In quella di Carlisle si delineavano invece i contorni di un paesaggio a me purtroppo familiare. Pensava a Volterra e a come entrare in contatto con quelli che erano stato suoi amici.
< Edward, prima cerchiamo di capire cosa vogliono, poi agiamo. Non ha senso buttarci nel vuoto. Con un azione avventata rischieremmo di mettere a repentaglio la sua stessa vita, oltre che la nostra. Sicuramente saranno loro stessi a mettersi in contatto con noi. >
Senza aggiungere altro, uscì dalla mia stanza e mi lasciò solo.

Quella sera, quando scesi di sotto, la televisione era accesa e Jasper ed Emmett stavano guardando il telegiornale. Venne data la notizia del rapimento di una ragazza nello stato di Washington e venne trasmesso l’appello di Charlie e di Reneè. Il fatto aveva suscitato abbastanza clamore per le circostanze: In pieno giorno, in una cittadina di mare in alta stagione, la figlia diciottenne di uno sceriffo, sposata da appena un giorno. Insomma, un argomento che dava adito a numerose illazioni. Vedere la foto di lei sorridente alla cerimonia dei diplomi venir commentata dalla signorina del telegiornale mi fece girare la testa. Il suo nome scorreva sullo sfondo.
Non volli vedere né ascoltare ed uscii in veranda.
L’angoscia mi logorava e m’impediva di pensare lucidamente. Ogni istante era un’eterna agonia. Seduto in riva al torrente, cercai di riordinare le idee. Percepii i pensieri di qualcuno che si avvicinava.

< Che vuoi, Rosalie? > Le domandai secco, sgarbato. Con voce stranamente malferma, mia sorella, che era rimasta in disparte tutto il giorno, mi sussurrò:
< Mi dispiace, Edward, davvero. > E così dicendo mi abbracciò. Tutto questo era davvero insolito per Rosalie. Io d’altro canto, stanco e distrutto, le restituii l’abbraccio e rimasi per qualche minuto fermo in quella posizione. Finché lei non si allontanò da me dicendomi: < Io rientro. Tu cosa fai? Resti qui? > 
< Sì. Non ho voglia di tornare in casa. >

In silenzio, mi sdraiai nell’erba e pensai a dove fosse Isabella. Tanevo gli occhi chiusi. A quel punto avrebbe già dovuto essere atterrata. Avrebbe già dovuto essere in Italia … il pensiero mi fece rivoltare lo stomaco e crescere un moto di rabbia nel petto. Mi sembrava mi avessero rubato l'anima. 
Bella era la mia anima. 
L’avrei riportata da me. A qualunque costo. Di questo ero assolutamente certo.  

 

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Capitolo 3
*** Umana ***


Per prima cosa, scusate se questo capitolo è un po’ breve … 

Volevo solo dirvi un paio di cose prima di lasciarvi al cap 3:
1-  
Io sono molto meticolosa. Se mai vi dovesse capitare di andare a Port Angeles, troverete davvero le vie citate da Angela!!! E si incrociano veramente! (non so se ci sia una gioielleria o una cassetta della posta …) Ho cercato sulla cartina XD *cervello fuso*
2- 
Sono davvero, davvero contenta che questa storia vi piaccia! Grazie a tutte voi che leggete! Spero che questa ficcy vi appassioni!

 Grazie per aver inserito la mia storia tra i preferiti a:  
aLbICoCCaCiDa, carlottina, cometa91, Deimos, giulia9_91, Giulls, momob, novilunio, Ransie88219, RBAA, Roxyz, sky_eyes_vampire, sophie_95. (se ho dimenticato qualcuno, scusatemi) 

E per le recensioni (tutte bellissime) grazie infinite a:
alice brendon cullen
In effetti, povero Edward … nelle mie storie lo tratto proprio male … Ma è così dolce è tenero! *__* Certo, se passa dall’Italia, noi siamo a braccia aperte pronte per accoglierlo! XD
yuyutiamo Non preoccuparti per Bella, non ancora per lo meno! Povero povero Edward, Tutto solo dopo il matrimonio! E poveri Volturi! A me stanno troppo simpatici! E poi, nonostante tutto, sanno essere davvero in gamba!
Giulls Eccoti il terzo cap! Visto che non avevo altro modo per ringraziarti, lo faccio qui! Grazie per aver letto, commentato e aggiunto tra i preferiti:Un giorno di pioggia ( la mia prima ficcy su Twilight! ) Sono troppo affezionata a quella storia! Lì si vede il mio vero spirito melodrammatico! Tra l’altro, mi sono accorta che alla fine le parole erano tutte confuse … adesso ho provveduto a sistemare! Se ti è piaciuta così tanto, da un’occhiata anche alla mia storia originale (E in un attimo... ) Credo potrebbe piacerti!
sophie_95 Spero penserai lo stesso di questo! XD
PenPen Ti prego non farti male cadendo dalla poltrona!!!! Perché se quel capitolo ti ha messo ansia … non so pensare ai prossimi. Fra poco la situazione si farà più movimentata! XD Povera la nostra Bella! Tutte a lei capitano? ( Ps: nelle mie storie sì XD )
momob Sai, credo che rimarrai soddisfatta! Ho in mente grandi cose … Incasinate, ma grandi!!!
ka chan Vedremo come si evolvono gli eventi! Per intanto posso dirti che fra poco ci saranno delle sorprese ….
HopeToSave Il perché del rapimento lo saprai nel prossimo capitolo … E per la seratina piccante … questa è andata in fumo è vero, ma ricorda che ho scritto erotico nei generi! Mi diverto troppo a scrivere scenette xxxxxx anche se cerco di non esagerare per evitare di sforare nel rosso! Non preoccuparti, credo proprio che i nostri due sposini potranno rifarsi XD
Gocciolina Interessanti supposizioni! Però, non hai azzeccato quella che avevo pensato io … hai tempo fino a venerdì ( quando posterò il cap 3 ) Anche se non credo che riuscirai ad azzeccare il motivo ( è totalmente assurdo, però ha fascino! XD ) Dai, ti prego, scrivimi altre supposizioni! Sono troppo curiosa di scoprire cosa pensi!
giulia9_91 Mi toccherà nascondermi dove nessuno ( neanche tu XD ) potrà trovarmi … Magari a Forks, piovosa e anonima cittadina dello stato di Washington, al confine con il Canada …
BellaSwan87 Al solito, mi hai fatta arrossire, però ti prego, ti scongiuro, ti supplico … non chiamarmi CassandraLeben! Cassandra o Erika sono più che sufficienti! Devi sapere che Leben( anzi, Von Leben ) è come mi chiama il mio prof di filosofia –per sfottermi-! L’ho messo come se fosse un cognome … -credo che sia il mio cognome in tedesco …- Una Cassandra e basta c’era già! Il nome completo mi da un che di formale … Ma passando al commento: Eh sì, lo so che il pov di Edward non mi riesce tanto … infatti, saranno molto pochi i cap scritti così. Solo gli indispensabili XD Sono molto felice che ti siano piaciuti i primi capitoli! Aspetto con ansia i tuoi commenti sui prossimi! ( scusa se questo cap è breve … ) Spero non ti deluderanno …
Sairen Grazie per i complimenti! Sono contenta che ti piacciano le mie storie! Prova a leggere anche l’altra mia su Twilight (quella “breve”) … così poi mi dici se ti è piaciuta! È la mia preferita! ( e rispecchia di più il mio carattere malinconico! XD )
_sefiri_, sono felice che ti piaccia! Questa storia però è più complicata della precedente, non riesco ad aggiornarla quotidianamente … è molto più difficile non cadere nell’assurdo con il tema che ho intenzione di trattare! Spero di riuscire a postare comunque ogni tre giorni!
emily ff No ti prego, non piangere adesso! Se no dopo che fai? Per il seguito, spero che ti lasci senza parole davvero ( però, ritrovale in tempo per commentare ti prego! XD )
Deimos Edward è sexy sempre! Ma quella cicatrice lo rendeva ancora di più IL bel tenebroso! Lo voglio!!!!!! Per quanto riguarda il mio stile, sono contenta che piaccia! Così come le storie! E questa, sarà suspance allo stato puro! Eh eh eh *risata malefica* -> La Erika è sadica …
Wind Non preoccuparti, lo scoprirai fra poco! ( e poi vorrai tirarmi dietro un vaso di fiori XD )
sky_eyes_vampire  In realtà, se non scrivo per un po’ poi vado in astinenza da tastiera … per me scrivere è un bisogno fisiologico! non hai neanche la vaga idea delle ficcy ( moltissime su T ) che ho iniziato … magari un giorno le pubblicherò … per intanto, vado avanti con questa … e spero che continui ad appassionarti XD
BellaSwan95 Se proprio vuole, gli posso dare la mia … ( scusa, ma come sai, sono totalmente andata! )
Vesuvium Mi auguro tanto che tu abbia ragione!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!  E le grandi cose stanno per arrivare!
novilunio Sono contenta che la ficcy ti piaccia!!! E grazie per i complimenti XD
carlottina Eh sì … l’hanno rapita! Sono felice che apprezzi la mia scelta del doppio pov! Dato che i fatti si sarebbero svolti in due parti del mondo praticamente opposte, ho pensato fosse necessario XD Per quanto riguarda i Volturi, quei teneri, adorabili piccoli bastardi (a me piacciono troppo!) … chissà cosa vogliono da Bells? Mhh, non credo che se la mangeranno … PEGGIO XD
E come non potrebe farmi piacere sapere che la inserisci tra i preferiti? Sono davvero contenta di sapere che anche questa storia, nonostante sia solo ai primi cap, ti piaccia gia così tanto! Grazie!
- spero che cn il cap 4 non ti venga un infarto direttamente … mi dispiacerebbe perderti XD Mi sentirei in colpa a vita …
poketpolly Addirittura tragedia-dipendente? Bhe, direi di sì XD Scarpis ha contribuito con Eschilo!


Bella’s Pov

C’era un gran frastuono intorno a me. Avevo un gran mal di testa e quel rumore contribuiva ad aumentarlo.

Stanca, cercai di aprire gli occhi ma le palpebre erano troppo pesanti. Due braccia gelate mi sollevarono senza sforzo e mi strinsero al petto. Ancora intontita, pensai fossero quelle di Edward. Poi invece mi resi conto che quello che sentivo non era il suo profumo. Era sempre un buon odore, ma non er quello di Edward.
Improvvisamente, i ricordi cominciarono a riaffiorare dall’oscurità in cui ero precipitata. Mi tornarono alla mente l’auto, Demetri, le mie lacrime e l’urlo di Angela. I sedili di velluto e la mia borsa che volava fuori dal finestrino. Il dolore, durato appena qualche istante, al braccio e poi il vuoto.

Cercando di farmi forza, aprii gli occhi e mi resi conto di trovarmi in braccio ad un uomo che non avevo mai visto. Era alto e bellissimo. La sua pelle diafana pareva porcellana. I suoi occhi erano rossi come il sangue. Rabbrividii e l’uomo voltò lo sguardo nella mia direzione. Con un leggero accento straniero, mi chiese: < Hai freddo? >
Non riuscii a rispondere. A dire la verità, non riuscii neanche a muovere le labbra ma tanto, ne ero sicura, non avrei trovato la voce. Mi accorsi però che effettivamente avevo freddo, molto freddo. Indossavo soltanto l’abito blu che mi aveva regalato Edward, ed era troppo leggero. Tremavo come una foglia. L’uomo si sfilò la lunga mantella grigia e me l’appoggiò sul corpo. Sempre tenendomi tra le braccia continuò a camminare. Ondeggiavo lentamente e avevo un vago senso di nausea.
La mia testa era ancora annebbiata dai tranquillanti.
Una figura scura si chinò su di me. Con delicatezza dischiuse le mie labbra e lasciò scivolare nella mia bocca poche gocce di una sostanza amara.
Passò non più di qualche secondo e non potei fare a meno di richiudere gli occhi. Stanca e narcotizzata.
Prima di perdermi nuovamente nell’oscurità, riuscii a scorgere l’hangar di un piccolo aeroporto. Poi tutto tornò buio. Chissà come, sognai.

Mi vidi correre per piazze e strade che non conoscevo. La mia pelle bruciava sotto il sole caldo di mezzogiorno. Stringevo tra le braccia un bambino. I miei piedi nudi feriti lasciavano gocce di sangue e mi facevano male sul ciottolato bollente. Il pianto del bambino mi riempiva la testa. Dalle mie labbra mute, il nome del mio sposo non prendeva vita

Quando finalmente mi risvegliai, mi resi conto di trovarmi in un auto. Il ronzio basso e continuo del motore riempiva l’aria. Il movimento della macchina mi cullava.
Tutto era buio intorno a me.

Cercai di girarmi ma mi accorsi di trovarmi seduta tra due statue gelate.
Una voce fredda e tagliente mi intimò: < Non ti muovere. >
Obbedii. Non ero tanto stupida da dire di no ad un gruppo di vampiri assetati di sangue.
Ci misi qualche istante per rendermi conto che una fascia mi copriva gli occhi e che un’altra mi teneva le mani legate. Bende troppo strette, che mi facevano male.

Cercai di non scoppiare a piangere e in qualche modo, non so come,per un po’ ci riuscii. I miei respiri affannosi riempivano l’abitacolo, accompagnati dal battito forsennato del mio cuore e dal basso ronzio del motore. Ero a dir poco terrorizzata. Dopo un po’ si aggiunse uno strano rumore, incostante.
Ecco. Quel rumore strano che sentivo erano i miei singhiozzi. Ero in preda ad una crisi isterica.
< Datele dei calmanti. Non mi va di sentirla frignare. >
Cercai di trattenere i singulti e di respirare profondamente per riacquistare un briciolo di calma.
L’ultima cosa che volevo era che mi drogassero di nuovo. Con una voce terribilmente bassa ed esitante sussurrai: < Non li voglio. >
Sentii la persona al mio fianco sbuffare e poi rivolgersi a me.
< Zitta e ferma. > Quella voce mi fece trasalire.
Annuii lentamente e cercai di trattenere i gemiti.

Dopo quella che mi parve un’eternità, l’auto si fermò. Sussultai quando delle braccia forti e gelide mi sollevarono, dopo avermi sistemato meglio la mantella intorno al corpo. Ora eravamo all’aperto. Faceva freddo …

Un vento fresco mi accarezzava il volto. Svanì in un istante, nello stesso momento in cui sentii il rumore di una porta chiudersi alle mie spalle.
Dopo pochissimi minuti, le mani che mi reggevano mi lasciarono delicatamente tornare con i piedi per terra. Per prima cosa, mi levarono la benda intorno agli occhi.

Venni accecata dalla luce e mi portai istintivamente le mani, ancora legate, sul volto, come per proteggermi. Sbattei le palpebre molte volte e alla fine, tenendo gli occhi socchiusi e le mani sempre sul viso, cercai di dare un’occhiata in giro.

Mi trovavo al centro di un’ampia stanza senza finestre, illuminata a giorno da dei grandi e bellissimi lampadari molto potenti. Tuttosommato, in un'altra circostanza, avrebbe anche potuto sembrarmi accogliente. I muri erano bianchi e il parquet era di ciliegio. Un’enorme libreria copriva l’intera parete alla mia destra, mentre alla mia sinistra c’era un divano beige. Davanti a me una massiccia porta di legno.
Dita gelate mi sciolsero il nodo ai polsi e accompagnarono con determinazione le mie mani lungo i miei fianchi. Deglutii a vuoto e spalancai gli occhi per osservare le creature presenti nella stanza.
Riconobbi subito Jane, appoggiata stancamente alla parete. Sul volto vi era dipinta un’aria scocciata. Mi osservava come se fossi un insetto fastidioso. La sua voce, cristallina ed annoiata, ruppe il silenzio.

< Bene, e adesso che l’avete portata qui? Non crederete mica che me ne occupi io? >
I suoi occhi rossi mi squadrarono da capo a piedi. Sbuffò.
Distolsi lo sguardo e fissai il pavimento, le venature del legno.

< Non preoccuparti. Jane. Ma non fare la scontrosa. È pur sempre nostra ospite. >
Io tremavo e mi guardavo i sandali, incapace di alzare lo sguardo.
Mi strinsi di più la mantella intorno al corpo per riparami dal freddo che sentivo.
< Vieni. > Il giovane al mio fianco mi strattonò per un braccio e mi trascinò oltre la porta, in un'altra stanza. Entrammo in un ascensore insieme ad altri tre suoi compagni e scendemmo.
Quando le porte si riaprirono, potei constatare di trovarmi in una sorta di sotterraneo.
Le mura e il pavimento in pietra. Nessuna finestra. La luce fioca, emessa da alcune piccole lampade sul soffitto ad illuminarci la strada.

Con passo malfermo seguii il giovane vampiro che mi faceva strada. Dietro di me percepivo la presenza degli altri tre. Dopo un centinaio di metri. Il
ragazzo si fermò e m’indicò con la mano la porta aperta davanti a lui.
< Entra. Nessuno ha intenzione di mangiarti. > Mi ammiccò e poi, visto che io ero immobilizzata dalla paura, mi spinse con grazia dentro.
Quando la porta si chiuse con un tonfo sordo alle mie spalle, per poco non svenni.
Ero chiusa in quella stanza e non avevo via di fuga.

Strinsi la mantella più stretta intorno al mio corpo e scoppiai in un pianto a dirotto.

< Isabella. > 
Una voce familiare risuonò nella camera. Sobbalzai. Non mi ero accorta della presenza di qualcuno nella stanza.
< Bella! Quanto tempo, desideravo con ansia rivederti. > 

Aro mi si avvicinò e mi prese la mano. Con gentilezza, me la baciò. Notai i suoi occhi guizzare sulla mia fede e poi incontrare i miei.
Mi sorrise tranquillo e mi fece accomodare sul divano, dopo aver fatto cenno alle sue guardie del corpo di lasciarci soli.
< Prego cara, siediti. Non avere paura. Non devi preoccuparti. >
Sapevo che non potevo rifiutare. Tanto valeva stare al gioco. Magari sarei riuscita a sopravvivere un po’ più a lungo.

Mi sedetti sul divano, facendo ben attenzione a non sfiorare la pelle all’apparenza così friabile dell’antica creatura seduta al mio fianco.
Aro mi pose una mano sul braccio e attese qualche istante, poi sospirò sconsolato e mi rivolse un’occhiata lattiginosa. Tremai di freddo e di paura al contatto con quella pelle fredda, ma tuttavia non gelata.
< Niente. I tuoi pensieri mi sono negati. > Sembrava rassegnato.

Io, cercando di dissimulare il terrore cercai di rispondere nel modo più garbato possibile, ma dalle mie labbra non uscii che un rantolo.
Il vampiro si avvicinò di più a me e, prendendo una ciocca dei miei capelli spettinati, annusò il mio odore. < Edward ha buon gusto. > Il mio cuore perse un paio di colpi per lo spavento, finché non riprese a battere quando Aro mi sussurrò: < Naturalmente, non ti ho fatta venire qui per questo. Perdonami per il viaggio non troppo confortevole. Non potevo fare altrimenti. Ma dimmi, come ti senti? Hai bisogno di qualcosa? Ti ho fatto preparare una stanza, spero sarà di tuo gradimento. >

Mi osservò in attesa di una mia risposta. Io mi limitai a fissarlo.

Racimolando tutto il mio coraggio, alla fine riuscii a domandargli:
< Perché? >
Lo vidi sorridermi e poi avvicinarsi a me, per sussurrarmi all’orecchio:
< Perché tu sei una persona speciale … più di quanto tu riesca a immaginare. >
La mia voce era poco più di un sussurro:
< Si sbaglia. Io non sono assolutamente speciale. Sono una comunissima umana … >
Rise di gusto.
La sua risata era roca, antica.
Giocò un po’ con i miei capelli, arricciandoli sulle dita lunghe e pallide. All’apparenza così fragili …
Si avvicinò al mio volto e fece scorrere il naso sulla mia guancia e, dopo aver inspirato il mio profumo, mi bisbigliò all’orecchio:
< Non sottovalutarti. Tu sei davvero speciale. >
Io ero immobilizzata dal terrore.
Notò la mia angoscia, evidentemente ben visibile sul mio volto stanco, e mi sorrise.
Si allontanò un po’, sempre tenendo tra le mani i miei capelli, chiuse gli occhi per qualche secondo,  come se stesse cercando di immaginarsi qualcosa che io ancora non potevo vedere. Sul volto antico, un sorriso beato e compiaciuto.

Sollevò le palpebre e mi fissò negli occhi impedendomi di distogliere lo sguardo, come se fossi ipnotizzata da quelle pupille lattiginose.

Mi sussurrò:

< Ho in mente grandi cose per te, Isabella … grandi cose … >

 

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Capitolo 4
*** Perchè? ***


4.... Eccoci qui, con il quarto capitolo! Nelle recensioni al cap 3, la domanda più frequente (praticamente onnipresente) è stata: Che vuole Aro da Bells? Eh eh eh … lo scoprirete in questo cap!
Premetto che non credo che una cosa come l’ho pensata io sia possibile nel libro ( e sperando che a voi l’idea piaccia ) tutta la storia sarà incentrata sulle ultime parole di Aro in questo cap. Scusate se è un po’ assurda l’idea, ma il fulcro della storia mi è venuto in un sogno e si sa, i sogni sono assurdi ( soprattutto i miei, e i miei di solito sono anche devastanti. La gente scappa o trema di paura quando li racconto ... e io la mattina mi sveglio sempre male ... Il sogno più frequente prevede qualcuno che mi accoltella alle spalle o io che cado da un palazzo altissimo ... Insomma, capito il genere? preparatevi! ) questa storia però mi piaceva era troppo carina per non scriverla! *anche se è assurda*  XD  Scusate se questo cap è un po' lungo, ma non potevo proprio dividerlo o tagliarlo ... ( 6 pagg di Word TNR 12 ... invece che 5 ...  )   Ps: Ho usato il nome "Camilla" in questo cap perchè è l'unico abbastanza antico che mi venisse in mente XD ( La vergine Camilla nell'Eneide! )
E ora, grazie per aver aggiunto la storia tra i preferiti a :
yumisan, Inuyasha__girl92,niky_d,doval79,Bella_Swan,Hele91akane_val, ale90, lady_melody, Les, poketpolly, pRiNcEss LiLlUzzA. ( scusate se ho saltato qualcuno)

Grazie a tutte voi che leggete ed in particolare a coloro che commentano!!!!!
Wind Ehm … in effetti sì. Sadica e crudele, questi sono i miei due epiteti! E vedrai … XD
emily ff
Grazie! Allora, aspetterò le tue recensioni! Ci conto!
BellaSwan95
Che bello! Il moccioso dici?mhhh … chissà? XD
ka chan, sophie_95, _sefiri_
, poketpolly  Cosa vuole Aro da Bella? Spero che la risposta non vi deluda! La mia mente perversa imperversa!
Deimos
Addirittura? Mi sento onorata! Poveri Volturi, con tutte quelle che gli hai tirato dietro!!! XD Però, effettivamente se le meritano!
PenPen
, Non puoi vedermi, ma sto annuendo. Hai ragione … SADICONA mi si addice XD ( ti svelo un segreto che ti sconvolgerà: Non sono anti Bella! Anche se non sembra … Certo, vorrei esserci io tra le braccia di Edward, ma dato che non posso, tantovale che almeno lei sia felice! Grazie per la rec alla mia piccola originale! Vuoi un fazzoletto?
Vesuvium
Speriamo! E grazie per i bellissimi complimenti!
giulia9_91
Mi nasconderò bene! Andiamo a consolarlo insieme il nostro piccolo vampirello triste?
alice brendon cullen
Non preoccuparti! Un bel respiro … e vediamo come va avanti XD
cometa91
Ecco a te un altro cap! Sono davvero felice che ti sia piaciuta la mia one-shot! Davvero tanto! *occhi sbirluccicosi di gioia*
yuyutiamo
Aro ha un esercito molto potente … Non credo abbia paura di Edward, anche se teme una sua reazione! Ps1: Eh eh eh, la mia storia porta fortuna! Ps2: Mi mandi la tua mail che ti mando una cosa … (così potrai affermare che sono fusa!) Ciao e, per i prox cap: trema trema!
AngelOfLove
OMAMMAMIA! Sappi che io, che la matura ce l’ho l’anno prossimo, non ho dormito per la paura del tema … Spero che ti sia andato bene! Sto già male per la versione di latino e mancano 364 giorni!!! Auguri per la matura!
novilunio
 Vale quanto sopra! Che tema hai scelto? Auito!  In bocca al cane anche a te! ( povero povero Jake! )
hachicat
Oggi è mercoledì … (mentre scrivo) sto scegliendo un corpetto con la Lauri … tra la la!
Giulls
Ma certo che sono andata! Grazie! Quella è per me una storia molto speciale …
carlottina
Non preoccuparti (cioè, preoccupati, ma non per questo! ) Non succederà niente di così drastico! Se vuoi però, ti posso consigliare un bravo chirurgo per il bypass ( sai, dopo l’infarto ) … Tale Carlisle Cullen …
Gocciolina
No no, non la vuole come animale da compagnia! Peggio!
algin91
 Eh sì ... molto sospetto. Povera Bella ... *scuoto la testa sconsolata*
sky_eyes_vampire
Potremmo andarci insieme a fare il giro a Forks ... che ne dici? Per quanto riguarda Aro, ti capisco perfettamente! Il nostro piccolo Edward!!! Persino Bella mi fa un po' pena ... (ma finchè sono carezze va ancora bene ... Eh eh eh -> sono proprio cattiva ) Ah, mi raccomando, non morirmi ti prego! Troppe vite sulla mia coscienza complessata! Posso consigliarti lo stsso medico di carlottina? Sempre tale Carlisle Cullen ...                                                                                               

Mi raccomando, continuate a seguirmi e a commentare! (ho una  paura tremenda per questo capitolo ... *sto tremando*)

Ci vediamo Sabato verso le 4! Una Cassandra molto spaventata!

 Bella's Pov


Non sapevo cosa dire, cosa fare, come comportarmi. Mi limitai quindi a scrutare il volto del vampiro di fronte a me.

Con un gesto velocissimo, mi porse un bicchiere colmo d’acqua.
< Ma cara, prima di parlare d’affari, bevi qualcosa. Avrai sete. Il viaggio è stato molto lungo … > Mi sorrideva e, ne ero certa, si sforzava di sembrare rassicurante.
Con le mani che mi tremavano molto più di quanto non avrei voluto, afferrai il bicchiere che mi porgeva.
La sete mi bruciava la gola. Qualche goccia d’acqua cadde e bagnò il vestito. Aro ne sollevò un lembo, tastò la stoffa e poi mi disse:
< Nella tua stanza troverai abiti più caldi. >

Rimasi con il bicchiere sospeso davanti alla bocca per qualche minuto. Temevo volesse drogarmi. Alla fine però la sete prese il sopravvento e bevvi tutto d’un fiato. Appena abbassai le mani e il bicchiere, Aro me ne porse un altro. Io l’afferrai e lasciai scorrere l’acqua lungo la mia gola. Non mi ero ancora del tutto dissetata, ma non lo diedi a vedere. Posai il bicchiere sul tavolo di fronte a me e chiusi gli occhi.
Sentivo lo sguardo del vampiro fisso sul mio volto. Cercando di calibrare le parole, alla fine sussurrai:
< Vorrei poter tornare a casa mia. >
< Bella, carissima > Mi rispose lui con un tono amichevole che non si addiceva per niente né alla situazione né alle parole successive:
< Temo proprio che questo non sarà possibile, per lo meno per i prossimi mesi. Sta tranquilla, non sto dicendo che non ti lasceremo tornare dai tuoi amici, in America. Solo, prima devi fare un lavoro per noi. >
Sollevai le palpebre e l’osservai attentamente.
< Certo, anche se credo che forse, alla fine, sarai proprio tu a voler rimane qui. Naturalmente, se Edward vorrà unirsi a noi, saremo ben lieti di accogliere anche lui nella nostra famiglia.  >
Aggiunse osservando la fede.
< Credo che Edward vorrebbe che io tornassi a casa. Mio marito è molto impulsivo, e si preoccupa sempre molto della mia incolumità. Non vorrei che reagisse male alla mia sparizione. > Evitai di proposito la parola rapimento. Temevo una reazione improvvisa.
Quasi ridendo però, Aro mi disse: < Lo so bene. Quando abbiamo avuto il piacere di averlo come ospite, ha dato prova del suo carattere particolare. >
Mi tornò in mente la nostra visita in Italia e sperai con tutto il cuore che Edward non si precipitasse alla mia ricerca senza riflettere. Avrebbe soltanto messo a rischio la sua vita.

Dovevo evitarlo.

< Scusi … >
< Dimmi cara. >
< Potrei telefonare a mio marito?solo per rassicurarlo che sto bene … >
Mi osservò per qualche interminabile istante e poi mi sussurrò:
< Temo che al momento non sia possibile. Non preoccuparti, gli faremo pervenire la notizia alquanto prima. Non vorremmo che pensasse male o commettesse gesti insensati … dovremmo agire di conseguenza e mi dispiacerebbe perdere un elemento così particolare … >
Mi sorrideva gentile mentre io mi sentivo un nodo terribile allo stomaco.
In parole povere, mi stava dicendo che se Edward fosse venuto a cercarmi, lo avrebbero ucciso … Quell’idea mi faceva sentire male. Avrei preferito morire che saperlo in pericolo.

Rimasi in silenzio alcuni minuti, tentando di non avere una crisi di nervi.

Qualcuno bussò alla porta ed entrò senza aspettare risposta. Io mi irrigidii.
< Signore, Heidi è appena tornata. Vuole unirsi a noi? >

< Certamente. Alec, mi faresti il piacere di accompagnare la nostra giovane ospite nella sua stanza? > Mi sorrideva gentile mentre pronunciava quelle parole. < Cara, devi perdonarmi ma devo andare. Oltretutto, la tua vicinanza rende più difficile il tutto. A presto. >

Doveva andare a nutrirsi, ecco perché i suoi occhi erano scuri, dietro a quel velo bianco. Rabbrividii.
Non mi allettava l’idea di stare a pochi passi da un vampiro assetato ma non gli diedi a vedere la mia paura. Attesi che uscisse e poi feci un respiro profondo per racimolare le forze.
Mi alzai lentamente e seguii il giovane che mi porse una mano.
Mi condusse lungo il corridoio. Prendemmo nuovamente l’ascensore ma vi rimanemmo ben poco.

Quando le porte si spalancarono potei constatare di trovarmi in un altro lungo cunicolo.

Non c’erano spiragli di luce e proseguivo a tentoni seguendo Alec che mi teneva per il braccio. Ad un certo punto inciampai, probabilmente nei miei stessi piedi, e caddi, stremata. Scoppiai a piangere rannicchiata a terra, sulle pietre fredde. Il ragazzo attese finché non mi fui sfogata e poi, quando i miei singhiozzi si furono calmati, mi domando:
< Hai finito? Vorrei poter andarmene. > Poi mi afferrò i polsi e mi rimise in piedi.
Mi trascinai fino a che la mia guida non si fermò. Feci lo stesso e attesi. 
Mi aprì la massiccia porta e mi fece segno di entrare.

Non feci a tempo a fare quattro passi che me la richiuse dietro la schiena. Al tonfo sordo del legno sui cardini di ferro trasalii.

La stanza era ampia, lussuosa, illuminata a giorno da un grande lampadario, ma senza finestre.
Mi trascinai fino al letto a due piazze che si trovava al centro della camera e mi ci lasciai cadere.
Presi la mantella che avevo ancora sulle spalle e la gettai contro il muro con un urlo di rabbia.
Poi mi avvolsi nelle coperte rosse per combattere il freddo e nascondere il suono dei miei singhiozzi.
Mi addormentai quasi subito con il cuscino bagnato dalle mie lacrime. Feci sogni molto agitati, ma non li ricordo.

Quando alla fine mi risvegliai, con il respiro affannato, a stento riconobbi il luogo in cui mi ritrovai. Il sudore freddo mi bagnava la schiena.
Mi sentivo ancora intorpidita. Aprii gli occhi e trattenni a stento un ennesimo pianto isterico.
La luce era rimasta accesa e ora che ero un filo più lucida, tutti i dettagli che mi erano sfuggiti mi furono chiari.
Mi alzai a sedere e osservai con più attenzione la camera.

Ampia, lussuosa, riccamente arredata, lugubre.

I mobili erano antichi. Tutto l’arredamento era di legno scuro. Non c’era niente che mi collegasse al mondo esterno: una radio, una sveglia,  un televisore … men che meno un telefono.
Una volta messami in piedi, aprii la porta che si trovava dall’altra parte della stanza.

Ciò che mi si parò davanti mi sorprese. Un bagno, enorme e bellissimo, mi stava aspettando.

Mossi alcuni passi incerti verso la vasca gigante.

Il pavimento del bagno era in marmo e tutte le rifiniture e le manopole dei due lavandini, della vasca e della doccia, persino del bidet, erano in oro. A destra, uno specchio molto grande rifletteva la mia immagine. Non volli neanche guardarmi. 
Aprii il mobile alla mia sinistra e fui investita dal profumo di bucato.
Decine di asciugamani e accappatoi erano ordinatamente disposti sugli scaffali.
Il colore predominante nella stanza era il bianco.

< È di tuo gradimento? > La voce mi colse all’improvviso.

Sobbalzai portandomi le mani al petto e mi voltai lentamente.
Aro mi osservava incuriosito.
< Non volevo spaventarti. Scusami. >
< Non l’avevo sentita arrivare. >
< La prossima volta mi ricorderò di bussare.> Il suo sorriso mi faceva una paura tremenda ma, cercando di farmi coraggio, dissi:
< Qui è molto bello, però … vorrei tornare a casa. >
< Credevo che ne avessimo già parlato … al momento è necessario che tu rimanga qui. È solo una soluzione temporanea. Ma ora, immagino che vorrai rinfrescarti. >
< Che ore sono? >
< Domanda curiosa. Sai, per noi il tempo scorre in modo diverso. La visione che ne avete voi umani ci è estranea. Provvederò comunque a farti pervenire un orologio. Ma ora ti lascio. Ero passato solo a salutarti. Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, non esitare a chiederlo. Ogni tuo desiderio è un ordine. > Mi prese la mano e me la baciò, poi si voltò ed uscì.

Rimasta sola, mi accovacciai in un angolo e scoppiai nuovamente a piangere.

Avevo paura, mi mancava la mia famiglia. E poi, cos’avrebbero detto i Cullen ai miei genitori? Come avrebbero potuto spiegare ad Angela? Cosa stava facendo il mio Edward? Cosa mi sarebbe successo? Tutte quelle domande mi affollavano la testa e mi impedivano di pensare. Mi accorsi di tremare.

Mi alzai di scatto e andai davanti alla porta della camera. Era chiusa dall’esterno. Battei i pugni con forza urlando e gridando con quanto fiato avevo in corpo. Continuai così finché le nocche non cominciarono a sanguinarmi. Esausta, mi lasciai scivolare lungo il legno liscio. Sentivo il pavimento di legno sotto la mia guancia. Speravo di svegliarmi e scoprire che era solo un incubo ma purtroppo, ero fin troppo consapevole di quale fosse la realtà. Rimasi ferma ad osservare il color pesca dei muri, gli stucchi d’oro che ornavano il soffitto bianco.

Alla fine, dopo quelle che mi parvero ore, mi alzai e, benché fossi malferma sulle gambe, andai nel bagno, mi spogliai ed entrai nella doccia. Lasciai che l’acqua gelata mi svegliasse e lavasse via anche gli ultimi residui dei tranquillanti che ancora sentivo circolare nel mio corpo.
Quando oramai le mie labbra erano diventate viola, spensi l’acqua e afferrai un accappatoio.
Una volta che fui asciutta, lo lasciai per terra e tornai nella stanza del letto. Aprii la cassettiera e rimasi sorpresa dalla quantità di biancheria che vi trovai.

Tutto firmato dalle più importanti marche italiane. Persino le mutande.
Constatando che quello che c’era in quella cassettiera valeva più di quanto i miei genitori guadagnassero in un anno, mi infilai la biancheria e poi aprii un’anta dell’enorme armadio affianco alla cassettiera. Non volli neanche vedere cosa ci fosse dentro. Afferrai il primo vestito che mi fu a portata di mano e me lo infilai.
Era della stessa tonalità di rosso scuro delle coperte.
Lungo fino ai piedi e con una discreta scollatura a v sul davanti.
Lasciai che i miei cappelli, ancora umidi, lo bagnassero. Non mi importava che lo rovinasse, nonostante sapessi essere un vestito molto costoso.

Raccolsi l’abito regalatomi da Edward e lo piegai con cura, appoggiandolo su una sedia.

Effettivamente, ora che mi soffermavo sui particolari, potei notare come, in realtà, le dimensioni della stanza fossero pari a quelle di un appartamento spazioso. Una parete era occupata da una gigantesca libreria. Delle poltrone e un divano erano state posizionate non molto lontano. Al centro della stanza il grande letto a due piazze faceva bella mostra di sé. Poi c’era l’armadio e la cassettiera, la cassapanca che constatai essere piena di lenzuola, uno specchio gigante, una scrivania, un tavolo con sei sedie, un caminetto piuttosto grande con un fuoco scoppiettante, un frigo bar che scoprii essere pieno di bottiglie d’acqua, un mobiletto basso a due ante pieno di bicchieri. Vicino alla porta d’ingresso c’era una scarpiera. Sembrava che avessero previsto una mia lunga permanenza. Un brivido freddo corse lungo la mia schiena.
Notai con stupore la presenza di un citofono.

Mi avvicinai e sollevai la cornetta. Dato che c’era un solo pulsante, lo premetti ma non ebbi risposta.

Dopo pochi istanti, qualcuno bussò alla porta che dava sul cunicolo buio.
< Signorina? >
Non risposi.
< Signorina, entro. >

E la porta si aprì. Io ero rimasta lì impalata.

Il ragazzo, Alec, entrò e mi squadrò da capo a piedi, poi mi domandò:
< Allora? Perché mi hai fatto venire? Io non sono la tua balia. > il suo sguardo di ghiaccio mi trafisse.
< Io … non sapevo … volevo … questo … > mentre pronunciavo quelle parole sconnesse, il giovane mi sfilò l’apparecchio dalle dita e lo rimise al suo posto.
< Questo lo devi usare solo se stai male o se hai bisogno di qualcosa. >
Parlava piano, scandendo tutte le parole, come se si stesse rivolgendo ad un imbecille.
Annuii e poi decisi di giocare la mia mossa.

< Voglio uscire. >

< Non cominciare a fare i capricci. Non ho nessuna intenzione di stare qui a … >
< Voglio uscire e parlare con Aro. Voglio sapere perché mi avete portata qui. Ha detto che avrei potuto avere tutto quello che voglio. E io voglio incontrarlo. >
Speravo che l’angoscia e il terrore nella mia voce non fossero così palesi come parevano a me.
Alec sbuffò e poi, con mia grande sorpresa mi indicò delle scarpe nere con il tacco, ordinatamente sistemate nell’elegante porta-scarpe, e mi disse:
< Seguimi. >
Mi infilai le scarpe e poi uscii nel corridoio.

Percorremmo la stessa strada dell’andata, prendemmo lo stesso ascensore e ci ritrovammo nello stesso anticamera. Il giovane mi teneva sempre per un braccio e mi faceva camminare tanto in fretta da impedirmi di osservarmi in giro. Inciampai un paio di volte ma lui era sempre pronto ad afferrarmi prima che mi facessi male.

Quando ormai avevo il fiatone, mi spinse dentro un salone vuoto e mi intimò:
< Resta qui. Ferma e immobile. >

Non mi fu difficile obbedire, pietrificata com’ero dalla paura.
Attesi qualche minuto in piedi, sfregandomi le braccia con le mani per scaldarmi. Il mio respiro formava delle nuvolette davanti al mio volto.
Questa volta non mi feci sorprendere. Quando la voce di Aro riempì la stanza, mi voltai lentamente e, senza scompormi, dissi:

< Salve. >
Venendomi incontro con un sorriso incoraggiante, il vampiro mi salutò:
< Bella, che piacere scoprire che desideravi vedermi. >

Sapevo cos’avrebbe fatto. Fui io stessa a porgergli la mano. Lui la prese fra le sue e me la baciò, osservando la fede.

< Non restiamo qui … vieni … > E mi fece largo fino alla camera attigua.
< Prego, accomodati … > disse indicandomi un divano in pelle. Mi sedetti e attesi. Aro si accomodò al mio fianco e mi chiese:
< Di cosa desideravi parlarmi? >
< Ehm … mi chiedevo … > ma non riuscii a proseguire la frase. Osservavo le mie mani, strette intorno alla stoffa del vestito.
< Perché ti avessimo fatta venire? > Mi incoraggiò lui.
Annuii ed aggiunsi: < Edward, ha promesso che mi avrebbe trasformata … subito dopo il ritorno dalla luna di miele. >
< Vedi cara, è proprio quello che volevamo evitare. > Io lo guardavo confusa senza capire cosa stesse cercando di dirmi.
< Volevamo evitare che ti trasformasse. >
< Non capisco. > Gli dissi smarrita.
< In realtà, in queste ultime settimane trascorse dal nostro incontro ho avuto modo di riflettere sulle tue particolari caratteristiche. Sul tuo essere immune ai poteri miei, come a quelli di Edward e Jane. È rarissimo che un umano si avvicini a quelli della nostra specie e dimostri di non temerli. Tu riesci a vivere a stretto contatto con la famiglia di Carlisle. Ho visto i ricordi di Edward. Non hai mai avuto paura, e questo, è straordinario. Proprio come te. Solo una volta, in tutta la mia ormai lunga vita, ho avuto modo di incontrare una persona con le tue capacità. Ormai molto tempo fa.
Appena sono riuscito a ricordare, ho predisposto il tuo trasferimento … >
< Quindi volevate essere voi trasformarmi per poter sfruttare quelli che potrebbero essere i miei poteri … >
< O no. Proprio il contrario. Le qualità che ti rendono speciale risiedono proprio nella tua natura umana. 
Non abbiamo nessuna intenzione di trasformarti. >
Io lo guardavo allibita. Avevano insistito tanto perché Edward mi cambiasse, e ora loro stessi avevano fatto i salti mortali per impedirglielo.
Aro mi carezzò una guancia e aggiunse: < Abbiamo dovuto agire prima che venissi trasformata. Ma il tuo sposo non ti ha lasciata sola un secondo. È stato molto complesso riuscire a portarti da noi … anche perché dovevamo fare in modo che la giovane Alice non vedesse nulla. Tutte le decisioni dovevano essere prese al momento … Appena ne abbiamo avuto l’opportunità, ti abbiamo fatto venire qui. >

< Mi avete rapita. > Puntualizzai io, conscia del fatto che mi avessero spiata. Mi sentivo male all’idea che i Volturi avessero sorvegliato me e la mia famiglia … Charlie e i miei amici …

Lacrime di rabbia bagnarono i miei occhi.

< Non fare così. Sei molto importante per noi. Sai, stavamo aspettando che tu fossi sola, avremmo voluto parlarne con calma con te … ma i tempi si stavano restringendo e alla fine abbiamo dovuto fare le cose un po’ di fretta. >
< Avete intenzione di farmi restare a lungo? A giudicare dalla stanza … >
< Solo il tempo necessario, a meno che tu non decida il contrario … Di rimanere … >
< Dubito. > La mia voce invece di essere tagliente mi risultò tremolante. Cercai di non dare a vedere il mio disagio. Feci un respiro profondo e lo fissai nei suoi occhi lattiginosi. La pelle della sua mano, simile ad argilla, si soffermò sulla mia fronte.
< Isabella … più ti osservo più rivedo in te Camilla … Lei, proprio come te, era speciale. >
< Come fate a dire che sono speciale? >
< Non ci temi, sei così schietta, tranquilla … certo, ora la tua ansia è palpabile, ma quando ti sarai ambientata  sono sicuro che tornerai alla tua spontaneità. E, proprio come quella di Cammina, la tua mente percepisce più di quanto tu stessa non ti renda conto. >
Lo osservavo spaventata. La sua mano scese lungo la mia spalla e mi accarezzò il braccio lasciato in parte scoperto dall’abito.
< Non dirmi che non hai fatto caso ai tuoi sogni … > Mi sorrise incoraggiante.
< Non ti sei accorta di come il tuo inconscio veda oltre il semplice e l’effimero?
Non hai notato come i tuoi sogni ti suggeriscano la verità? >

A quelle parole restai interdetta. Ripensai alla prima volta che sognai Edward. Al volto di Mike … alle sue parole, ai canini di Edward. E poi ancora, la mia mente corse ad altre notti, ad altri sogni …
Jacob che si trasformava in Edward … i lupi nella foresta, A Edward che riluceva al sole, al mio riflesso nello specchio, all’immagine di mia nonna oltre il vetro ...

Mi presi il capo tra le mani e mi accorsi di tremare.
Aro mi passo la mano sulla schiena e allora io bisbigliai:
< Quindi, è per i sogni? >

Scoppiò in una fragorosa risata.

< Non direi proprio! Tu puoi fare molto di più! >
< proprio come Camilla? >
Sospirò e poi, in tono colloquiale,mi disse:
< All’epoca non eravamo ancora esperti come oggi. Non abbiamo saputo sfruttare le sue capacità.
Eravamo ancora giovani, se così si può dire, ed impulsivi. In un certo senso, io assomigliavo molto al tuo Edward. > Mi sorrise con lo sguardo perso nei ricordi, poi proseguì:
< Abbiamo commesso degli errori, errori che ci sono costati cari. >

Lo fissavo interrogativa. Mi osservò per alcuni istanti e poi mi sussurrò:

< Avevamo già ottenuto ciò che cercavamo, ma ci voleva ancora del tempo prima che il suo compito fosse assolto interamente. Avremmo dovuto aspettare una manciata di settimane, otto o nove. Non di più … 
Certi di aver raggiunto il nostro obbiettivo non ci siamo curati dell’effetto delle nostre azioni. Abbiamo ucciso il suo compagno.  Non avevamo previsto che si uccidesse a sua volta. I suoi pensieri, proprio come i tuoi, mi erano nascosti. Quando andammo a controllarla, la vita aveva ormai abbandonato il suo corpo. E comunque, una volta trasformata, non ci sarebbe stata più utile. Questa volta … > E afferrò la mia mano, < Non commetteremo lo stesso errore. E quando avrai assolto il tuo compito, sarai libera di tornare dalla tua famiglia. Naturalmente solo dopo essere stata trasformata. Se lo desideri, potrà essere il tuo stesso Edward a farlo. Lo faremo venire qui … >

La sua mano era ancora stretta intorno alla mia. E mi pareva così friabile … Sapevo perfettamente che non sarei riuscita a fuggire. Dopo aver inspirato profondamente, domandai:

< Cosa volete che faccia? >
Il sorriso calmo e tranquillo della creatura che avevo dinanzi mi sorprese.

Mi squadrò per qualche lunghissimo minuto e poi, dopo aver avvicinato la bocca al mio orecchio, mi sussurrò:

< Dammi un figlio. >

A quelle parole, il mio cuore perse un battito.

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Capitolo 5
*** Condizioni ***


Ok ragazze, ok … Devo dire che, con lo scorso capitolo, ho procurato a Carlisle molte nuove pazienti ansiose di farsi (curare da) lui e magari anche (da)i suoi bei figlioli …
Eh eh eh … quello proprio non ve lo aspettavate vero? *me molto perfidissima*
Ora, dopo aver decimato, le mie adorate lettrici, per quelle che sono riuscite a sopravvivere al colpo mortale, ecco il cap 5 che sarà ancora dal pov di Bella. Il prossimo capitolo sarà invece dal pov di Edward, per tornare infine a quello di Bella e, vi assicuro, in quel cap (il 7) vi verrà un altro infarto, o per lo meno un bel colpo al cuore L'infarto vi verrà nel cap 8 … (sempre Bella's Pov. Edward torna nel 9!!!)

Ma tanto ormai mi conoscete. Insomma, non mi smentirò.
Spero di poter continuare a sorprendervi!

Ed ora, piccola premessa al cap 5.
Allora, per prima cosa vi devo dire che nei libri della Meyer tutto, ma proprio tutto fa presupporre che i nostri dolci letali amici vampiri non possano avere figli.
Ora, essendo necessario per la mia ficcy, ho elaborato una teoria complicata, molto complicata, per poter spiegare come Aro (o i vampiri in generale) possa volere un figlio. Non saprei come spiegarla senza essere volgare dato che non sono medico e non è proprio il mio campo (nozioni di terza media e un po’ di biologia XD) quindi dirò giusto giusto due cose essenziali:
Bella ha una sorta di potere: (a parte non avere freni inibitori e quindi gettarsi tra le braccia di vampiri …) Con i sogni riesce a vedere la realtà delle cose così come, date le circostanze del momento ( e solo del momento mi auguro, se no Edward non la trasforma -> Il sogno in cui lei invecchia) sono. I sogni le svelano la realtà.

Nella mia storia, ho pensato che lei potesse anche poter concepire con i vampiri.
Ma il problema sono proprio i Vampiri? Bhe, in realtà qui cade l’asino, cioè io.
Però, una teoria l’ho elaborata. I vampiri sono morti … e così dovrebbero essere anche i piccolini che “vivono” nei piani bassi …

Secondo me, qui ci potrebbe essere un errore di fondo proprio nel libro della mia adorata Meyer. Dopo ore di camera di consiglio con il mio cervello (per citare Pen Pen!!!XD) sono arrivata alla conclusione che la nostra Bella non potrà avere la sua prima notte di nozze. Eh sì … i vampiri non potrebbero avere un rapporto sessuale per il semplice fatto che, perché questo abbia luogo, è necessario che il sangue venga pompato laggiù … perché se no il pene non potrebbe … si insomma, avete capito.
Però, c’è un però … se pensiamo che nelle vene dei vampiri scorra il sangue delle loro vittime (come viene fatto intuire dalla Meyer quando parla dei “neonati” e dice più o meno: “il loro sangue li rende più forti, dopo un anno questa forza viene meno … ”  o, parlando della dieta dice: “Il sangue umano ci rende più forte”) allora forse sarebbe possibile il rapporto sessuale. E in questo caso, ponendo che Bella sia speciale, lei potrebbe riuscire a concepire. Lei e la pora Camilla.

Lo so, è tutto un po’ contorto ma ci tenevo a esporvi le mie teorie che rendono quasi verosimile questa mia storia. Vi prego comunque di chiudere un paio d’occhi sulle imperfezioni di questa che è una storia senza pretese, partorita in una notte di maggio, alla fine della scuola. Spero che vi piaccia come andrà avanti. Ho pensato a delle cose carine e sono certa che non rimarrete deluse dal finale, che sarà moooooltooooo … tenero. (dovrete però passare sul mio sadismo che non muore mai.) Ci saranno un po’ di copi di scena.

Chiedo scusa a tutte voi che mi avete lasciato tutti quei commenti fantastici ( e qui stava venendo l’infarto a me!!! Tutte quelle recensioni!!! *Impazzisce di gioia* spero me ne lascerete sempre tante!!!) ma, data la prolissa introduzione, non ho lo spazio per ringraziarvi una per una!!! Anche perché davvero, avrei voluto rispondere a tutte voi! Mi avete fatta troppo felice!!!! Vale lo stesso per le persone che mi hanno aggiunto questa ff tra i preferiti!
Un GRAZIE gigante a tutte voi che leggete e recensite!!!!!! In questo modo fate contenta una tastiera-dipendente!!!

                    Con la speranza che anche questo capitolo vi piaccia ...    e mi raccomando, recensite!!!    Cassandra ( che sta già pensando alla prossima storia!!! ) 

                                                                                       A lunedì ... sempre verso le quattro! 

Bella's Pov

A quelle parole, il mio cuore perse un battito.

< Dammi un figlio, Isabella. >

Ritrassi la mano orripilata e lo osservai per alcuni istanti. Mi alzai di scatto e cominciai a correre senza neanche sapere dove. In quel momento, il mio unico pensiero era di allontanarmi da quel posto, da quella creatura.

Non riuscii a fare più di venti passi che delle mani gelide mi afferrarono per la vita e mi immobilizzarono.
Io urlavo e mi dimenavo. Scalciavo e battevo i pugni.

< Demetri, riportala in camera sua. E poi portale il pranzo. > la voce di Aro era tranquilla, quasi divertita.

La guardia mi appoggiò una mano sulla bocca per impedirmi di urlare mentre io cercavo di divincolarmi con tutte le mie forze. Invano.
Piangevo. Le lacrime calde mi scorrevano sulle guance e bagnavano la manica della mantella della guardia che mi teneva immobilizzata tra le sue braccia. Una gabbia gelida.
< Smettila. Non vuoi farti male, vero? > mi sibilò Demetri all’orecchio.
La sua mano sul mio volto mi impediva di respirare.
Tentando di trattenere i singhiozzi, chiusi gli occhi e scossi la testa.
Senza aggiungere altro, il giovane vampiro mi afferrò per i polsi e mi trascinò nella stanza dai muri color pesca.
Mi lasciò sul letto, dove rimasi inerme per non so quanto tempo.

Chiusi gli occhi e mi abbandonai all’oscurità.

Qualcuno entrò e appoggiò qualcosa di metallico sul tavolo. Accese una piccola luce ed uscì.
Mi girai e sollevai le palpebre. Un vassoio d’argento brillava alla luce della lampada.
Mi alzai lentamente e, nonostante i morsi della fame, lo presi fra le mani e lo lanciai contro la porta.
Nel tintinnio delle posate e nel fragore del vetro che si sbriciola, cominciai ad urlare, ma nessuno se ne curò.
Gridai di farmi uscire finché non mi fece male la gola e i miei polmoni non iniziarono a bruciare.

Alla fine, dopo aver spento la luce, tornai a sdraiarmi sul letto, stringendo le braccia al petto.
Le parole di Aro mi rimbombavano nella testa. Ne ero rimasta scioccata.  Lo sentivo ripetermi:

< Dammi un figlio … un figlio … un figlio … > Provai schifo e vergogna.

Sentii scorrere lungo le mie guance le lacrime, copiosi simboli della mia sofferenza.
Sussurrai nell’oscurità: < Edward … Edward … >
Mi mancava, mi mancava tantissimo. Mi avevano portato via dal mio unico motivo di vita … e per giunta, l’unico modo che mi era concesso per tornare da lui era tradendolo. Non avrei più potuto guardarlo negli occhi, non ce l’avrei fatta.
 La solitudine e il dolore si erano impossessati della mia mente, lasciando annegare la mia anima nella paura e nella tristezza.

Qualcuno bussò ma io non risposi, facendomi ancora più piccola.
Dopo qualche minuto, sentii la porta cigolare ed aprirsi.

Serrai di più gli occhi per non vedere e mi tappai le orecchie per non sentire, ma nessuno mi rivolse la parola.

Chiunque fosse entrato, si limitò a raccogliere i cocci, a mettere a posto e ravvivare il fuoco lasciandomi in pace.
Esausta, cercai di prendere sonno ma l’angoscia e la paura non me lo permisero. Mi sfilai le scarpe e le lasciai cadere a terra con un tonfo.
Mi avvolsi nelle coperte per ripararmi dal freddo e pensai a mio marito.

Il suo ricordo era l’unica cosa che mi permetteva ancora di respirare. Chiudevo gli occhi e mi pareva che fosse lì, al mio fianco. 
Lo desideravo così tanto … sentivo il bisogno di averlo con me, di abbracciarlo, di stringermi a lui.
I tratti del suo viso mi parevano così vicini da poter quasi venir toccati. Protesi le mie dita nell’oscurità. Non trovai altro che vuoto e tenebre. Non avevo più lacrime …
I miei pensieri corsero nuovamente alle parole di Aro, alla sua richiesta.
Ero convinta del fatto che i vampiri non potessero generare figli. Come poteva chiedermi una cosa tanto assurda? Senza rendermene conto, portai le mani al ventre. Non poteva chiedermi una cosa simile. Non poteva … Inoltre l’idea della sua richiesta mi dava il vomito e mi riempiva il cuore di orrore.
Rimasi sdraiata a letto per moltissimo tempo. Il dolore e la paura mi logoravano. Continuavo ad entrare ed uscire in un sonno senza sogni, senza riposo. Popolato d’angoscia e buio.

Mi alzai dal letto solo un paio di volte per andare in bagno e per bere.
Per tre volte, mi portarono del cibo che io rifiutai ogni volta. Tornavano a prenderlo e lo portavano via senza mai rivolgermi la parola. Controllavano che la stanza fosse calda e che io respirassi.
Io ignoravo il loro passaggio e i morsi della fame. Avrei preferito morire che piegarmi, vinta.
La quarta volta, Jane sbatté la porta e, dopo aver posato il vassoio sul tavolo, venne vicino al letto.

La sua voce tagliente fu come una doccia gelata che mi risvegliò dal torpore.
< Mangia. >

La voce mi uscì roca, affaticata:
< Non ho fame. >

< Mangia. > Accese la luce e io mi coprii gli occhi con il braccio.
La intravidi poggiata contro il muro. Sembrava annoiata.
< Non me ne posso andare finché non avrai finito di nutrirti. E ti assicuro, l’idea di restarmene qui con te mi da la nausea. >
A fatica mi alzai a sedere e osservai la bellissima ragazza. I tratti perfetti del suo volto angelico e il suo pallore mi riportavano alla mente Edward.
Non potevo morire. Non potevo arrendermi. Dovevo tornare da lui.
Vedendo che non reagivo, Jane mi portò il piatto sul letto e aspettò che sbocconcellassi qualcosa.
A stento, inghiotti il cibo. Avevo una fame tremenda ma l’ansia e l’angoscia mi bloccavano lo stomaco. Alla fine però, senza neanche accorgermene, finii tutto. Afferrai la bottiglia d’acqua e bevvi fino a dissetarmi.
Quando ormai la mia fame fu placata, alzai lo sguardo e fissai Jane.
< Aro sarà molto felice di sapere che finalmente hai deciso di mangiare. Tra qualche ora verrà a farti visita. Deve parlarti. Vedi di non farti trovare in questo stato. > E gettò uno sguardo schifato ai miei capelli arruffati. Quando pronunciò quel nome, tremai e sentii la nausea crescere. Stava venendo da me … Mi sdraiai e scoppiai a piangere, tenendo le mani sugli occhi e le ginocchia al petto.
Senza aggiungere altro e senza mostrare il minimo interesse per il mio dolore e per la mia paura, Jane raccolse il piatto e lasciò la stanza, venendo inghiottita dall’oscurità oltre la porta che si richiuse alla spalle.
Rimasi nuovamente sola. Alla fine, trovai la forza per rimettermi seduta, cercando di riacquistare lucidità.

Dopo qualche minuto, mi alzai e andai a farmi una doccia. Rimasi a lungo sotto il gettito lasciando scorrere l’acqua gelida sul mio volto. Quando fui asciutta, scelsi con cura il vestito.

Ne indossai uno elegante, di un bellissimo verde scuro. La stoffa morbida mi ricadeva leggera sulla pelle. Profumava di nuovo, di buono.
Volevo apparire ben curata, come se la prigionia non sortisse effetti su di me, per mostrargli che non sarebbe riuscito a piegarmi e ad ottenere ciò che voleva.
Che speranza vana.
Mi acconciai i capelli e, davanti allo specchio, mi accorsi di come fossi pallida,di quanto fossi dimagrita.

Sembravo malata.

Mi sedetti a gambe incrociate sulla poltrona ed attesi. Per cercare di non farmi sorprendere in attesa del suo arrivo, afferrai il primo libro che ebbi sotto mano e cominciai a leggerlo.
I miei occhi affaticati si stancarono presto e quindi mi limitai ad osservare le lettere e gli assurdi disegni che mi pareva formassero.

La mia mente era continuamente rivolta all’America. Ai Cullen. Ad Edward.

Avevo già in testa una richiesta per Aro. Avevo paura di lui, paura da vendere. Ero in trappola.

Stava venendo per ottenere ciò per cui mi aveva fatta rapire? Al pensiero di ciò che voleva da me, mi sentii male. Temevo la sua richiesta ma sapevo anche che non avrei potuto oppormi.
Ed era quello che mi faceva più male … La mia assoluta impotenza.
Se fosse venuto per quello, non avrei potuto fare altro che assecondarlo, pregando che non mi uccidesse nel tentativo. Rividi gli occhi neri di Edward, la notte delle nostre nozze … La sua sete del mio sangue veniva placata dal suo amore. Non sapevo neanche più a quando risalisse tutto quello. Non più di tre, quattro giorni prima … sembrava tutto così lontano …
Aro mi voleva solo perché gli servivo. Non c'era l'amore che Edward provava per me, ad impedirgli di uccidermi per errore. Se avesse perso il controllo, avrebbe potuto aspettare finché non avesse trovato un’altra come me, in grado di dargli quello che desiderava. Forse gli ci sarebbero voluti secoli … ma se hai l’eternità davanti …

Assorta nei miei pensieri, appoggiai la testa contro il bracciolo della poltrona e, senza volerlo mi assopii.
Aro non si fece attendere.

Quando aprii gli occhi, lo trovai seduto davanti a me, intento ad osservarmi.

Mi salutò garbato dicendomi:
< Ben svegliata. >

Mi alzai lentamente e risposi:

< Salve. > La mia voce tremava e le lacrime si addensarono agli angoli dei miei occhi.
< Sono davvero lieto di sapere che finalmente tu abbia deciso di assaggiare la cucina di questo paese … La cena è stata di tuo gradimento? >
Cena … voleva dire che era sera. Alla fine, l’orologio non me lo aveva fatto avere.
< Sì, era tutto molto buono. > Poi rimasi in silenzio. Gli occhi fissi al pavimento.
Sentivo il suo sguardo indagatore su di me.
Sospirò e mi disse:
< Non riesci ad immaginare quanto sia terribile non conoscere i tuoi pensieri. Oserei dire che lo trovo … frustrante. Non riesco a capire come Edward possa fare a sopportare una tale situazione. >
< Io ed Edward stiamo molto bene insieme … e comunque, lui sa sempre cosa sto pensando. Mi conosce molto bene … >

Parlando di Edward, sentii la ferita del mio cuore spalancarsi e lacerarmi.

Quando Aro cercò di accarezzarmi, io mi ritrassi senza curarmi di sembrare scortese. Era venuto per quello quindi? Lo fissai terrorizzata.

Trattenne una risata e mi rassicurò, o per lo meno ci provò:
< Non preoccuparti … non ti obbligherò, non adesso. Per me è un piacere averti come ospite. Però, pensaci bene … prima mi darai ciò che voglio, prima potrai tornare a casa. Naturalmente, aspetterò che sia tu a dirmi di essere pronta. Sappi però che non ti lascerò andare finché non avrò il mio erede. > Il suo tono dolce non riusciva a nascondere le ben poco velate minacce nelle sue parole.

< Vuole utilizzarmi come un oggetto! > invece di un grido mi uscii un rantolo, però lui capì lo stesso.

Mi rivolse uno sguardo stanco e mi disse:
< Ti prego, non vederla in questo modo. Tu sei molto importante. >
< Avete parlato con Edward? > Chiesi per focalizzare la sua attenzione su quell’aspetto della situazione.
< Ci siamo messi in contatto. > Fu la sua risposta evasiva.
< E lui cosa dice … della vostra pretesa? > esitai dicendo le ultime parole. Il mio sguardo era ancora fisso sul pavimento. Ero rossa di vergogna stringevo i pugni per la rabbia. Avevo paura. Lui mi disse:
< Finalmente un po’ di colore sulle tue guance … Cara, non siamo scesi nei particolari. Ma stai tranquilla, sa che sei al sicuro e che non abbiamo intenzione di farti del male. Che ti trattiamo più che bene … > e così dicendo, con un ampio gesto della mano mi mostrò teatralmente la stanza.
< Ho mandato alcune delle mie guardie più fedeli a parlare con lui. Sai anche tu che non gli si può mentire. 
Solo, desidera avere la prova che tu stia bene … teme che tu ti possa ammalare. Potresti ad esempio scrivergli una lettera … >
Glie lo leggevo negli occhi. Edward voleva una prova che fossi viva e che stessi bene. Avrebbe scatenato un disastro se non l’avesse avuta. I Volturi avevano bisogno che io lo calmassi. Ne andava della loro stessa sicurezza.
In quel caso però, sarei stata io a dettare le regole, o per lo meno ci avrei provato.

< Voglio telefonargli. Voglio parlare con lui. >
< Sai cara, se le cose si fossero evolute in modo differente, forse potremmo concedertelo, ma tuo padre ha provveduto a mettere tutti i telefoni dei tuoi parenti o amici sotto sorveglianza. Sarebbe inutile rischiare, non trovi? >
Una luce strana gli brillò negli occhi. Aveva colpito il mio punto debole. Non potevo permettere che Charlie corresse dei rischi a causa mia, e la politica dei Volturi era molto semplice:
Chi sa troppo deve essere eliminato.
Le mie mani tremarono.

< Va bene, gli scrivo una lettera. > La mia voce era rotta dal dolore.

Sorridente, Aro mi porse un foglio di carta pesante e costosa. Mi indicò la scrivania e mi mise tra le mani una stilografica.
Rassegnata, mi alzai. Facevo fatica a stare in piedi, ed Aro mi sostenne fino alla scrivania.
< Cara, rassicuralo e raccomandati che non venga a intralciare i nostri progetti … > Il suo tono era gentile e cordiale mentre le sue dita scivolavano lungo il mio collo e tra i miei capelli.  Sussultai a quel tocco freddo. Deglutii a vuoto.

Osservò ogni mio gesto e controllò tutto quello che scrissi.

 Caro Edward ...
Ti scrivo questa lettera per dirti che sto bene, che non devi preoccuparti per me.

 La mia calligrafia era quasi incomprensibile, tanto era disordinata. Lacrime sporadiche facevano sbavare l’inchiostro e raggrinzire la carta.

Qui mi trattano molto bene e non mi fanno mancare niente. La mia camera è molto accogliente ed il cibo è ottimo. Le giornate trascorrono lente e sento molto la tua mancanza.
So che non puoi dire a Charlie e Reneè quello che è successo ma, ti prego, cerca di tranquillizzarli.
Chiedi aiuto a Jasper.
Non si meritano di soffrire per la mia assenza, senza neanche poter sapere cosa mi sia successo. Sta loro vicino.
Sono certa che Reneè non si da pace, e che Charlie avrà mobilitato la polizia. Ti prego, se riesci, cerca di consolarli. So che non puoi parlare loro di questa mia lettera ma di loro che sei certo che sto bene.
Ti penso sempre e desidererei averti qui, affianco a me. Mi manca il tuo profumo e il tuo sorriso, la tua risata e la tua presenza tranquillizzante. Quando mi sento triste o sola, osservo la fede e, pensando a te, mi faccio coraggio. Ti amo.
So che non potrai capire la mia decisione, ma ti prego, non venire a cercarmi. Fallo per me.
Devo rimanere qui, dai Volturi,per un po’ di tempo.
Quando mi lasceranno andare, sarò io a tornare a casa. Prima però devo fare una cosa per loro. Ci vorrà un po’ di tempo, quindi non preoccuparti se starò
via per qualche mese.
Non sono in pericolo. Assolutamente. Quindi non devi farti venire strane idee …
Non tentare di venire a salvarmi, non ce n’è bisogno.
Non voglio assolutamente che tu corra dei rischi.
Non potrei vivere sapendoti in pericolo, perciò ti supplico, non commettere sciocchezze. Promettimelo.
Non agire d’impulso.
Ascolta Carlisle.
Non lasciarti trasportare dalla rabbia. 
Se alla mia ultima lettera non desti ascolto, a questa per favore da retta.
La mia vita non è a repentaglio. Non voglio che tu venga in Italia, rischiando la tua.
Se ti succedesse qualcosa, non potrei mai darmi pace.
Vorrei sentire la tua voce, assicurarmi che stai bene, e so che tu vorresti lo stesso, ma purtroppo non ci è possibile.
Non ti posso telefonare per il rischio che la chiamata venga intercettata, ma ti assicuro me la sto cavando.
Ti chiedo anche di avere fiducia in me.
Qualunque cosa tu senta, tu veda, sappi che ti amo e che il mio amore per te non potrà mai avere fine.
Qualunque cosa succeda, ricordalo: Io ti sarò sempre fedele con l’anima e con il cuore.
Entrambi appartengono a te e te soltanto.
Aspettami.
Tornerò da te appena potrò. Spero di ricevere presto una tua risposta e ricorda cosa ti ho chiesto di promettermi.. Rimani a casa, con la nostra famiglia. Non venire a cercarmi.
Ti amo tantissimo.
Ti bacio e ti abbraccio …
                                   Per sempre tua,  
                                                                 Isabella

 

Le mie dita tremavano. Lasciai cadere la penna sul foglio e appoggiai la testa sulla scrivania, sopra le mie braccia. Piangevo.
Aro mi sfilò il foglio da sotto il volto impedendo che si bagnasse ulteriormente e, dopo avermi accarezzato, mi disse:

< Brava Bella. In questo modo nessuno si farà male. Sono piacevolmente sorpreso della velocità con cui hai accettato la situazione … Naturalmente, per l’aspetto più importante, saprò aspettare fino a che tu stessa sarai pronta. Il tempo non è un mio problema. Al massimo, potrà esserne un tuo. Fammi chiamare quando avrai voglia di parlarmi, o anche se ti dovesse venir voglia di qualcosa in particolare. Sarò molto felice di poter rendere la tua permanenza il più gradita possibile.
Ora ti lascio. Riposa, credo che tu ne abbia bisogno. > e così dicendo, appoggiò una sveglia elettronica  a pochi centimetri da me. Segnava le 11pm.

Quando stava per andarsene, domandai con voce rotta dal pianto, tenendo ancora la testa sulla scrivania:

< Mi farete avere la risposta? >

Sollevai un po’ il capo per osservarlo e i miei occhi incontrarono i suoi.

< Certamente. >

E se ne andò, lasciandomi sola con il mio dolore. 

 

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Capitolo 6
*** Risposte ***


Ciao a tutte!
Sono davvero dispiaciuta di non aver postato questo capitolo Lunedì, come avevo promesso.
Purtroppo però, alcuni fattori indipendenti dalla mia volontà mi hanno impedito di accedere al mio PC, a Internet e a tutto ciò ad esso collegato.
Spero che non accada mai più … Anche perché non voglio finire al centro grandi ustionati …
E sì, perché dovete sapere che ha letteralmente preso FUOCO l’alimentatore del mio piccolo Edward ( Elric … Questo è il nome del mio amatissimo PC XD )
Il rischio di diventare cenere era relativamente alto, dato che, al momento dell’incidente mi trovavo sul divano, in mezzo ai fogli della relazione di mia sorella (che sarebbe stata solo felice di veder bruciati loro e me … ) .

A parte lo spavento e la scottatura alla mano ( dovevo pur staccarlo quel maledetto spinotto dal PC, prima che anche quello passasse a miglior vita … ) e all’aver telefonato di sera tardi alla Clari in preda ad una crisi isterica dicendole che il mio dito era nero e puzzava di plastica bruciata, devo dire che tutto sommato mi è andata abbastanza bene ...
Prima che si esaurisse l’energia, ho salvato i capitoli già scritti ( sono arrivata al 10 ) su una chiavetta. Vi scrivo queste righe dal PC di mia sorella che non ha la connessione.
Mi dispiace di non poter ringraziare le persone che mi hanno recensito lo scorso capitolo e coloro che abbiano inserito la storia tra i preferiti. Sfortunatamente, non ho momentaneamente accesso
a tali dati.

Per trovare un alimentatore compatibile però, ho fatto molta fatica.
Mi hanno detto che quel tipo di alimentatore è VECCHIO, che non è più in vendita perché il mio PC ha QUASI UN ANNO! Ma siamo scemi? Non è possibile! È SCANDALOSO. Farlo arrivare dalla ditta madre costerebbe 210 euro!!! Sono nera di rabbia.

Dato che gli alimentatori universali non andavano bene, ne ho dovuto ordinare uno compatibile, e ho dovuto aspettare un bel po’.
Sono inorridita dal sistema consumistico in cui ci ritroviamo a vivere e a cui spesso siamo costretti a sottostare. Se non fossi riuscita a trovare un altro alimentatore compatibile, avrei dovuto cambiare PC, nonostante il mio sia perfettamente funzionante. MI SAREI RIFIUTATA. Sono veramente allibita.
Scusate per questo piccolo sfogo, ma oggi volevo spiegarvi il motivo, più che valido, del mio ritardo.
Scusate ancora per l’inconveniente XD Grazie e a presto.

Una ancora spaventata (per la fiammata) e costernata (per tutto il resto) Cassandra.
PS: Se avete letto The Host,andate a dare un'occhiata alla mia ficcy! Grazie ancora, e Ciao!
 
 

Ti chiedo anche di avere fiducia in me.
Qualunque cosa tu senta, tu veda, sappi che ti amo e che il mio amore per te non potrà mai avere fine.
Qualunque cosa succeda, ricordalo: Io ti sarò sempre fedele con l’anima e con il cuore.
Entrambi appartengono a te e a te soltanto.
Aspettami.
Tornerò da te appena potrò. Spero di ricevere presto una tua risposta e ricorda cosa ti ho chiesto di promettermi. Rimani a casa, con la nostra famiglia. Non venire a cercarmi.
Ti amo tantissimo.
Ti bacio e ti abbraccio …
                                   Per sempre tua,  
                                                                 Isabella

Sentivo la voce di Bella ripetermi quelle parole nella testa.
Io e miei familiari eravamo seduti intorno al tavolo della cucina. In centro ad esso, la lettera di mia moglie.
Mi sembrava di impazzire. Nella casa, regnava il silenzio.
Mi sporsi e l’afferrai, per rileggerla per l’ennesima volta.
Con le dita sfiorai le increspature della carta, là dove le sue lacrime erano cadute e avevano bagnato il foglio. Nonostante fosse passata per tante mani, riuscivo ancora a percepire il profumo, leggero, di Bella impregnare la lettera.

La portai vicino al volto e chiusi gli occhi.
Sentì una sedia grattare contro il pavimento.
< Edward … > Carlisle mi aveva appoggiato la mano sulla spalla, interrompendo i miei pensieri tormentati.
< Edward, non disperarti. >
Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo.
< Adesso cercheremo una soluzione. MI metterò direttamente in contatto con i Volturi. Per sapere almeno cosa vogliono. Cercare di trovare un compromesso. Per intanto cerca di stare calmo. Dobbiamo agire con discrezione. Pensa al fatto che sta bene … Concentrati su questo … >
Il suo tono calmo e pacato, distaccato, mi dava i nervi e mi fece adirare, facendo esplodere la rabbia e la frustrazione che cercavo di trattenere e domare.

Mi alzai di scatto dalla sedia e cominciai ad urlargli contro:
< Ma non lo hai capito? Ma sei cieco o cosa? Bella non sta bene. Non mi avrebbe mai scritto delle cose del genere! Non si sarebbe mai firmata Isabella! >
< Edward, l’ha scritta lei la lettera, questo è certo. >
< Sì, questo sì! Ma ti dico che è stata obbligata a scrivere queste cose! Le ultime parole non hanno senso! Sa benissimo che io avrò sempre fiducia in lei … 
Non ha senso, NON HA SENSO! >
< Edward, è spaventata … cerca di capire. Teme che tu possa compiere qualche sciocchezza … e anche noi, abbiamo lo stesso timore … >
Mi appoggiai con la schiena contro il muro e, sempre tenendo la lettera stretta tra le dita, mi portai le mani al volto.
Singhiozzavo senza poter versare le lacrime del mio dolore.

< Edward, è già un passo avanti … aver ricevuto sue notizie. Significa che sta bene. Non hanno dato l’ordine di ucciderla. Alice questo lo avrebbe visto di sicuro. Sta abbastanza bene da riuscire a scrivere. >
Quando pronunciò il nome di Alice, mi voltai verso di lei.

Mia sorella, dal canto suo, se ne stava seduta in silenzio fissando il pavimento. La sua mano intrecciata a quella di Jasper che, di tanto in tanto, si chinava per darle un bacio sulla guancia o accarezzarle i capelli.
I nostri occhi si incontrarono per un attimo e poi lei li chiuse. Appoggiandosi alla spalla di mio fratello.
Da quando Bella era stata rapita, Alice aveva perso tutta la fiducia in se stessa.
Era in uno stato simile alla depressione, che contribuiva ad affievolire il suo dono. Non riusciva a concentrarsi.

Aveva delle visioni confuse. Una stanza, un bagno … tanti libri e un camino.
Bella, sdraiata in un grande letto dalle coperte rosse, in lacrime, che si rifiutava di mangiare …
Aro che ordinava che le venisse portato del cibo.

Tutto era sfocato. Riuscivo a leggerlo nella sua mente. Le visioni inoltre duravano appena qualche attimo. Come se Aro cercasse di non prendere decisioni se non per il futuro più prossimo. Per non farsi scoprire da noi. Per quanto riguardava Bella, Alice ne era certa. Aveva paura e non sapeva cosa fare. La sua incertezza però ci impediva di vederla.
L’idea di saperla sola e terrorizzata mi levava il fiato.
Me la vedevo rannicchiata su quel letto, con le gambe al petto e le braccia intorno alle ginocchia.
Avevo paura e quell’immagine mi straziava il cuore. Non capivo cosa potessero volere da lei.
Così indifesa, così umana …
Mi sentivo le gambe cedere. L’unica cosa che desideravo era saperla al sicuro tra le mie braccia.
Eppure, di lei avevo avuto pochissime notizie.

La sera stessa del rapimento, Felix si era presentato a casa nostra.
Ci aveva detto soltanto:
< Sta bene. Non abbiamo intenzione di farle del male. Vogliamo che voi non interferiate con il nostro lavoro, quindi, per favore, siete pregati di non creare disordini. >
< Possiamo parlarle? > Aveva chiesto Carlisle con falsa tranquillità.
< No. > Era stata la sua risposta secca.
A quel punto io non ressi e, alzatomi in piedi, gli avevo ringhiato contro:
< Come faccio a sapere che è viva, che sta bene, che non le farete niente? Come posso averne la certezza? Fatemi venire con voi in Italia o ci verrò per conto mio. Esigo di riaverla. Non avete alcun diritto … >
< Questo non è possibile. Il massimo che vi possiamo concedere, è lo scambio di alcune lettere. Ve ne faremo pervenire una della vostra umana non appena ci sarà possibile. >
Così ci aveva detto, prima di sparire nell’oscurità, lasciandomi persino più angosciato di prima.
Per quanto avessi scrutato nella sua mente, non ero riuscito a trovare niente. Lui non l’aveva vista.
Tutto era stato organizzato con cura.

Lo stesso Felix si era ripresentato a casa nostra, nel cuore della notte, cinque giorni dopo.
Ci aveva recapitato quella lettera.
< Tornerò domani mattina, per prendere la vostra risposta. > E se ne era andato, inghiottito dalla foresta.

Le avevo rilette non so quante volte quelle maledette, pochissime righe. Mi aggrappavo alla speranza che quei disordinati segni sulla carta mi davano. Viva … Salva … Al sicuro …
Cercavo di interpretare ogni sua parola, di cogliere ogni indizio, ogni macchia su quella pagina.
Avevo percepito il suo terrore nelle parole che aveva usato, nelle sbavature dell’inchiostro. Le sue mani tremavano mentre scriveva. Le mie dita si fermavano in prossimità delle tracce delle sue lacrime.
Non riuscivo più a resistere. Mi sentivo la testa scoppiare.

E poi, quelle parole … 

Qualunque cosa tu senta, tu veda, sappi che ti amo e che il mio amore per te non potrà mai avere fine.
Qualunque cosa succeda, ricordalo: Io ti sarò sempre fedele con l’anima e con il cuore.

Non riuscivo a decifrarne il senso.
Ero certo che Bella non me le avesse scritte a caso.
Doveva avere un buon motivo scrivermi delle cose del genere.
Sapeva che io l’amavo e che l’avrei amata sempre, che io stesso ero certo che mi sarebbe sempre stata fedele.
Sicuramente, aveva appreso qualcosa di cui io non ero a conoscenza. Qualcosa che non voleva che io scoprissi.
Ero sicuro che lei conoscesse le intenzioni di Aro. Ne ero certo.

Quando avevo chiesto il motivo del rapimento, la risposta di Felix era stata soltanto:
< Non ne sono a conoscenza. E comunque, non sarei stato autorizzato rivelartelo. >
Quello che più mi innervosiva, era che era sincero. La sua mente era limpida, franca.

Bella invece sapeva. Glie lo avevano detto … e per questo ora mi scriveva quelle parole?
L’avevano obbligata? Minacciata? Perché chiedermi di avere fiducia in lei?
Era a conoscenza di qualcosa per cui temeva che non l’avrei più amata, che avrei potuto dubitare di lei?
Come se fosse possibile …

Strinsi il foglio al mio petto e cercai di fare mente locale.
Non potevo lasciarla lì, in loro balia. Rischiava la vita ogni minuto che restava in quel luogo antico e segreto. In quella città tanto lontana da me …
Uscii dalla stanza sbattendo la porta. Vidi Alice sobbalzare e poi abbracciare Jasper, in preda ad un pianto arido.

Esme mi raggiunse e mi cinse in un abbraccio materno. Mi abbandonai alle sue carezze.
Dopo qualche minuto, mi prese le mani e mi sussurrò:
< Dobbiamo scrivere la risposta. Vieni. >
E mi riportò in cucina. Carlisle aveva già preparato tutto. Afferrai la penna e mi sedetti davanti al foglio.
Appoggiai la punta sulla carta e attesi qualche istante.
< Devi rassicurarla. Adesso sarà sicuramente spaventata. Non lasciar trasparire la tua angoscia. Devi trasmetterle calma, convincerla a pensare solo alla sua incolumità. >
Annuii.

Dopo aver inspirato profondamente cominciai a scrivere:

 Bella, Amore mio

Sapere che stai bene mi rassicura. Mi porta un sollievo che neanche riesci ad immaginare.
Questa è l’unica cosa per me importante. Saperti viva e in salute.
Non devi preoccuparti per i tuoi genitori. Carlisle ed Esme sono loro molto vicini. Sono provati per le ricerche, ma molto fiduciosi. Ci occuperemo noi di loro.
Anche i miei pensieri sono costantemente rivolti a te. Ogni istante.
Siamo tutti in apprensione per te.
Ti giuro che non commetterò azioni che possano mettere a rischio la mia incolumità e quella delle nostre famiglie. Non devi stare in ansia per me.
Non devi avere paura. Non voglio che ti agiti inutilmente.
Cercherò di venire da te con l’autorizzazione dei Volturi. Sono disposto a scendere a patti con loro e farò tutto il possibile per poter farti tornare a casa.  
Non posso che sperare che le tue parole siano veritiere.
Che tu stia realmente bene.
Hai ragione, non riesco a comprendere la tua richiesta ma, come ho già avuto modo di dimostrarti, ho fiducia nel tuo buonsenso e rispetto le tue decisioni. So che agisci sapendo quello che fai e spero con tutto me stesso che tu sia al sicuro.
Devi fare ogni cosa in tuo potere per salvaguardare la tua incolumità. Non preoccuparti di cosa potrei pensare io o chiunque altro. Devi pensare a te stessa.
Il mio unico desiderio è poter stringerti di nuovo tra le mie braccia, sana e salva. Se perché questo si avveri è necessario che io attenda, attenderò, sebbene starti lontano sia una sofferenza.
Non riesco a capire come tu possa chiedermi di avere fiducia in te, qualunque cosa accada.
Sai perfettamente che niente potrà mai scalfire il mio amore per te. Niente mai.
Qualunque cosa tu decida di fare, sappi che io ti appoggerò sempre. Abbi cura di te. Sei ciò che mi è di più caro al mondo. Non sopporterei di perderti.
Ti amo tanto intensamente da non poter esprimerlo.
Ti amo e nulla potrà mai farmi cambiare idea.
Ti prego, sta tranquilla e pensa a solo a te stessa.
Amore mio, ti bacio e ti stringo forte tra le mie braccia.
                                  Edward

 
Lasciai cadere la penna e osservai il foglio, le parole scritte nella mia calligrafia che a lei piaceva tanto.
Carlisle, in piedi dietro di me stava rileggendo e controllando. Mi voltai ad osservarlo e lui annuì.
Piegai la lettera e la chiusi, insieme a un fazzoletto di stoffa, con il mio odore, in una busta che Carlisle sigillò.
Come potevo prometterle che sarei rimasto a casa quando ero certo che prima o poi sarei corso in Italia. Restare a Forks mi faceva impazzire.
Improvvisamente, un odore sgradevole mi raggiunse. Tutti storcemmo il naso.

< Licantropi > Sussurrò Emmett.
Lui e Jasper furono subito alla porta e, dopo averla aperta, fecero entrare Sam e Jacob.
Quest’ultimo aveva un aspetto selvaggio, nonostante le sembianze umane.
I capelli lunghi e disordinati. Indosso, solo dei corti pantaloni laceri.

Mi rivolsi sprezzante a lui:
< Sei tornato a casa, cagnolino? >
Mi osservò con odio e mi sibilò:
< Ho visto cos’è successo e sono tornato indietro. >
Non risposi e chiusi gli occhi.
< Come hai potuto permettere che la portassero via! >
Mi stava urlando contro. L’istinto mi diceva di attaccarlo. Sollevai il labbro e mostrai i denti.
In un attimo, me lo ritrovai addosso.
L’urlo terrorizzato di Esme e Rosalie mi perforò le orecchie.

Non reagii alla furia di Jacob che, dopo essermi saltato addosso, mi aveva scaraventato per terra. I suoi pugni non mi facevano male. Sentivo la sua rabbia e i suoi pensieri. Provava il mio stesso incontrollato dolore.

Sam e carlisle me lo levarono di dosso con notevole sforzo.
Con naturalezza, in pochi secondi mi portai seduto e poi in piedi.
Sistemandomi gli abiti sussurrai con voce bassa e roca:
< Hai finito? >
Non mi rispose. Stringeva i pugni con rabbia e forza e il suo corpo era scosso dai tremori che precedevano la trasformazione. Sam gli poggiò una mano sul braccio e gli intimò di
mantenere la calma.
Jacob annuì e mi fissò. Dai suoi occhi scendevano copiose le lacrime.

Lo invidiai.
A me, piangere per la donna che amavo non era concesso.

Carlisle li fece accomodare in cucina ed Esme offrì loro da bere. Con una manata, Jacob buttò il bicchiere a terra, rovesciando acqua ovunque. Si prese il capo tra le mani e, ringhiando, chiese:
< Cosa le faranno? >
Fui io a rispondere con un sussurro:
< Non lo sappiamo. > Il dolore nella mia voce era talmente evidente che Jacob, gli occhi arrossati e gonfi, sollevò lo sguardo e mi fissò.
Non so cosa vide dipinto sul mio volto, ma improvvisamente smise di ringhiare e scosse la testa, poi disse:

< A Charlie e Reneè cosa avete detto? I Tg dicono che è stata rapita … >
< Loro non sanno niente. Le indagini non tralasciano nessun ambito tradizionale. Anche se l’ipotesi che sostengono è quella del rapimento a scopo di estorsione … Ovviamente, non hanno prove. Il che è meglio per tutti. Chi potrebbe mai sospettare la realtà?
In questo modo Charlie è al sicuro.I volturi non lasciano mai prove del loro passaggio.
Anzi, è evidente che avevano fretta, se no non avrebbero mai agito in maniera tanto avventata. Rapirla in pieno giorno in mezzo ad altra gente. >
Carlisle fissava Jacob negli occhi mentre parlava. Mio padre sembrava tranquillo.
I suoi pensieri mi dicevano tutto il contrario.

< Sappiamo che sta bene. Ci hanno fatto avere una sua lettera. Edward, fa loro vedere la lettera … >
Riluttante, porsi il foglio a Sam che lo passò a Jacob. Lui la lesse e poi me la restituii. Il volto era una maschera di angoscia.

In quel momento, Alice sussultò. Jasper la cinse tra le sue braccia e la sostenne.
Vidi Charlie nella sua testa … tre istanti dopo mia sorella disse: < Il telefono … Charlie … >
E infatti … non passarono che pochi minuti che il telefono suonò.

Carlisle lo afferrò più in fretta di me. Mi fece segno di stare zitto e lontano.
< Pronto? >
< Carlisle? > La voce dell’ispettore di polizia era stanca, affaticata. In quei giorni era sempre in centrale. Praticamente non dormiva. Si dedicava anima e corpo nelle ricerche di sua figlia, della mia Bella. Forse, da un certo punto di vista, era meglio che non sapesse la realtà … era viva, questo forse lo avrebbe rassicurato, ma per il resto …
< Sì, sono io. Notizie, Charlie? >
< Sì … > Sembrava a metà tra il sollevato e il distrutto. < Hanno rinvenuto i documenti di Bella. In una casella della posta a
Providence, nel Deleware. Ci siamo messi in contatto con la polizia locale.
Vi chiamavo solo per informarvi … Scusa per l’ora …  > Stava per mettersi a piangere.
Carlisle, facendo finta di niente, disse :
< Ti ringrazio. Non preoccuparti … tanto non riuscivo a dormire. Chiama pure, a qualsiasi ora, per qualsiasi cosa …  
Per i documenti … È pur sempre una traccia. Lo dirò ad Edward, appena si sveglia. > Mentiva, in tutti i sensi, ma Charlie non poteva saperlo.
< Come sta lui? > Charlie fece quella domanda e si sentiva che era molto dispiaciuto. < Ha elaborato il trauma? >
Carlisle rimase in silenzio per alcuni istanti e poi rispose: < Ci stiamo lavorando. È un duro colpo per tutti, ma di sicuro lui è quello tra noi che soffre maggiormente. Ora
comunque sta un po’ meglio … > sospirò e poi si salutarono. Era notte inoltrata.
< Edward … > La voce di Sam ruppe il silenzio che si era creato.
< Jacob tornerà da Billy. Allo sceriffo diremo che è tornato dopo aver saputo di Bella dai telegiornali … >
< Certo. > Annuii e mi appoggiai al muro, la testa fra le mani.
< Edward … >
< Sì? >
< Mi dispiace, davvero … >
< Grazie Sam. > Risposi, alzando lo sguardo e fissandolo negli occhi. 
< È la verità … >

Lui e Jacob uscirono e io strinsi la lettera al petto, in prossimità del mio cuore, immobile e muto.

La sua padrona era lontana e io, rischiavo di peggiorare la situazione per poterla riavere con me. Ero terrorizzato dalle parole che mi aveva destinato.
< Amore … > Sussurrai alla notte < Amore, cosa devo fare? Come puoi chiedermi di restare qui, mentre la tua vita è in pericolo? Come puoi chiedermi questo? Cosa sai che io non so? >

Ma purtroppo nell’oscurità non c’era la risposta. Lì non avrei udito la voce di Bella … Per farlo, avrei dovuto andare in Italia. E sapevo bene che ormai era solo questione di tempo. Prima o poi, avrei preso un dannatissimo aereo per Roma e sarei andato da lei …

Non sapevo per quanto sarei riuscito a restare con Carlisle e gli altri, impregnandomi in ricerche senza senso.
< Non dobbiamo destare sospetti. > Mi ripetevano tutti. < Per il bene di Bella. > Sembrava quasi un ritornello, di solito condito con un abbraccio di Esme o una stretta di Emmett. I loro sguardi e il loro temporeggiare però non avrebbe aiutato la mia sposa.
Per il bene di Bella, io avrei fatto qualcosa di molto più concreto. Sarei andato a riprendermela non appena le circostanze me lo avessero permesso. Non appena il mio intervento non avesse costituito un rischio per la sua incolumità.

 

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Capitolo 7
*** Consapevolezza ***


Ciao!
Ecco, per farmi perdonare del lungo ritardo, oggi posto un altro capitolo …
Sono un po’ di fretta e sto guardando Hannibal Lecter le origini ( in pratica, sono in contemplazione mistica, indovinate a chi sono rivolti i miei occhi! XD )

Ringrazio con il cuore le persone che ieri mi hanno recensito! Scusate se non vi ringrazio una per una, ma, se volevo postare questa sera, non potevo fare altrimenti!
Grazie a:
sophie_95, emily ff, PenPen, alice brendon cullen, ery, _sefiri_,Wind, BellaSwan95, Gocciolina, AngelOfLove, momob, francy94, giulia9_91, yuyutiamo, _Natsuki_,Ransie88219, yumisan, memi16, Giulls, novilunio, Deimos, Hele91, hachicat(indovina con chi sono!), Lilian Potter, Raki.
 
Volevo ringraziarvi e dirvi che il mio dito è perfettamente guarito, era una semplice scottatura! Grazie a tutte voi che recensite e a tutte coloro che leggono!!!!! 

A presto!!! Spero che questo capitolo vi piaccia …  (è, insieme al prossimo e al decimo, il mio preferito!)
Ah, rinnovo l’avviso, ho scritto una ficcy su The Host , per chi avesse letto il libro, mi farebbe piacere se la leggeste!
Ciao                                   Cassandra!

 

Bella's Pov

Le ore trascorrevano lente ed inesorabili ed io, rinchiusa nella mia prigione fatta di stucchi e rifiniture d’oro, non sapevo cosa fare.
Leggevo, scrivevo, disegnavo … Tentavo di far passare il tempo.
Tra quelle mura di pietra, cercavo di non impazzire tenendomi impegnata come meglio potevo. I libri erano scritti tutti in inglese e questo era un vantaggio per la mia salute mentale. Se non avessi avuto loro, probabilmente sarei impazzita.
Le mie giornate venivano scandite dai pasti che, svogliatamente, le mie guardie mi portavano.
Sebbene sia una cosa assurda, attendevo con impazienza il loro arrivo, anche se i miei controllori si limitavano a portarmi il cibo, a verificare che tutto fosse a posto, e ad andarsene. La loro comparsa mi ricordava che oltre quella maledetta porta il mondo continuava, anche senza di me …

L’unico tra i miei severi custodi che mi rivolgeva la parola era Alec.
Si era dimostrato essere il più gentile di tutti. Si fermava sempre qualche minuto, per chiedermi come stessi, se avessi bisogno di qualcosa. Quando aprivano la porta, speravo sempre fosse lui.
Mi diceva che dovevo stare tranquilla. Che nessuno voleva farmi del male. Cercava di tranquillizzarmi.

Un giorno gli chiesi perché fosse così gentile con me e lui mi disse:
< Sai, perché tu mi ricordi me e mia sorella … Anche io all’inizio avevo paura. Aro ci aveva avvicinato e, intuite le nostre capacità, ci ha poi trasformati. In realtà, sono molto felice adesso. E sono sicuro che quando anche tu sarai stata trasformata, capirai che per quelli come noi la cosa migliore che può capitare è vivere al servizio dei volturi. È un grande onore. E tu avrai l’onore più grande. Dare un erede di sangue al più importante tra tutti noi. Sarai ammirata e trattata con rispetto e deferenza …  > Mi sorrideva convinto.

Cercava di persuadermi. Io in tutto quello non ci vedevo niente di entusiasmante. Semmai, mi veniva il mal di pancia.

Ciò che in quella prigione soffrivo di più, era l’isolamento, e il non vedere mai il cielo. Sapevo che Aro sfruttava questa mia condizione per costringermi senza l’uso della forza a concedermi a lui, sapeva che non avrei sopportato tutto quello ancora a lungo. Io d’altronde non avevo nessuna intenzione di cedere. Non gli avevo più parlato, dal giorno in cui mi aveva fatto scrivere la lettera. In fondo, ne ero contenta.

Un altro colpo pesante dato alla mia felicità, consisteva nel svegliarmi e nel non trovare Edward, sdraiato al mio fianco, pronto ad abbracciarmi e a consolarmi. Pensavo a lui continuamente ma ormai, non piangevo neanche più. La mia sofferenza andava oltre le lacrime. Era più infima e profonda. Talmente forte da levarmi il respiro. Edward, che era costantemente nei miei pensieri, mi mancava in maniera atroce e spesso, mentre cercavo di tenermi occupata in qualche modo, mi sentivo male improvvisamente. La solitudine e la lontananza mi stava lentamente logorando. Bastava che l’occhio mi cadesse sulla fede perché mi cominciasse a mancare l’aria.
Là sotto, stavo diventando claustrofobia.

Aro aveva insistito, tramite Felix, perché qualcuno venisse a fare le pulizie ma io lo avevo praticamente supplicato, tramite Alec, di lasciarmi fare almeno quello. Quello che non potevo lavare io, lo davo alle guardie che provvedevano a riportarmelo pulito. Ogni cosa potesse impedirmi di pensare alla mia situazione, mi aiutava a restare padrona delle mie azioni. L’unico a cui permettevo di aiutarmi era proprio Alec. Se si offriva di darmi una mano nel riordinare, acconsentivo. Mi faceva compagnia, mi parlava … distoglieva la mia mente dai brutti pensieri.

Da quando ero stata rinchiusa lì dentro, avevo ricevuto una sola lettera del mio sposo. Insieme ad essa, che mi era stata recapitata aperta, un fazzoletto con il suo profumo. Nei momenti di maggior sconforto, quando sentivo la disperazione prendere il sopravvento, lo annusavo ed inspiravo l’odore di Edward, per farmi coraggio.
Io continuavo a scrivergli ma non sapevo se realmente le mie lettere venissero consegnate.
< Qualcuna … > Mi aveva detto una volta Alec, dopo che gli ebbi posto la domanda.
< Quelle che Aro ritiene possano tenerlo lontano da qui … >
< Capisco … > Avevo risposto sospirando.

Sapevo, anzi ero certa che lui continuasse a scrivermi con la speranza che me le recapitassero. Naturalmente, a me non le davano. Probabilmente speravano che pensassi di essere stata abbandonata e che quindi, presa dalla disperazione, cedessi. Ma sapevo che Edward pensava costantemente a me. Lo conoscevo bene. Avrei cercato di essere più rassicurante nelle mie lettere. Forse in questo modo, Aro glie le avrebbe fatte avere. Se io non potevo avere sue notizie, mi auguravo che almeno lui potesse stare tranquillo sapendo che, nonostante tutto, stavo abbastanza bene.

Questo lo pensavo finché non mi ammalai. Allora in quel momento, molto egoisticamente, sperai che non rispettasse le mie richieste e venisse a prendermi. Stavo davvero molto male ed ero spaventata. Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, che il mio fisico non avrebbe retto alla prigionia.

Mi sentii male per la prima volta all’improvviso. Non so se fosse notte o giorno.
Mi rigiravo nel letto senza riuscire a prendere sonno.
Prima sul fianco destro, poi su quello sinistro, infine tornavo su quello destro.
Non riuscivo a trovare tranquillità.
Avevo mangiato da poco e, siccome mi ero sentita stanca, ero andata a sdraiarmi.
In fondo, che altro avevo da fare?
Le coperte, che quel giorno erano color azzurro, mi parevano pesanti, opprimenti.
Sudavo. Mi bruciava lo stomaco. La testa mi girava.
Ad un certo punto, mi alzai e mi diressi di corsa in bagno. Vomitai tutto quello che avevo mangiato.
Mi sentivo un vero schifo.
Mi lavai la faccia e constatai quanto malata sembrassi. Avevo le occhiaie, profonde e scure, il volto stanco e pallido, emaciato. Parevo quasi un vampiro, se non fosse che non ero bellisima.
Ero dimagrita ancora.

Le guardie passarono molte volte a portarmi il cibo con la solita regolarità e io tutte le volte, dopo aver inghiottito qualcosa, mi ritrovavo in bagno …
Continuai a vomitare per non so quante volte, ma non dissi niente a nessuno. Non riuscivo neanche a stare in piedi e dormivo molto. Mangiavo a fatica.
Presa dalla disperazione, ad un certo punto smisi direttamente di mangiare, ma per non insospettire i miei custodi, buttavo via un po’ di cibo nel gabinetto. Andò avanti così per un bel po’.
Dovevano essere passati diversi giorni. Trascorrevo la maggior parte del tempo a letto, troppo debole per fare altro.

Dopo non so quanto, quella maledetta porta si aprì per l’ennesima volta ma per fortuna, finalmente, entrò Alec.
Io ero sdraiata a letto. Mi voltai nella sua direzione e lo salutai sorridendo debolmente. Stavo proprio male.

Lui se ne accorse subito e, dopo aver poggiato il cibo sul tavolo, mi venne vicino e mi chiese:
< Tutto a posto? >
< No… > Fu la mia risposta laconica. < Ma non dirlo a nessuno … >
< Sì, così se muori poi nei casino ci finisco io. Che cos’hai? >
< Tutto … > Dissi girandomi dalla parte opposta.
< Non credo che ti faccia bene restare qua sotto. Dovresti uscire a prendere un po’ d’aria. Ne parlerò con Aro. > Ogni volta che pronunciava quel nome trasparivano rispetto e deferenza.
< No, non voglio. >
< Insomma, più di sei settimane chiusa qui dentro … ci credo che ti riduci in questo modo … Hai proprio una brutta cera. >
< Quanto hai detto che sono rimasta qui dentro? > Chiesi sconvolta, con una nota isterica nella voce.
< Quasi sette settimane. >

Oddio, avevo completamente perso la concezione del tempo. Non esistevano più mattine né pomeriggi né notti nella mia vita, fatta ormai solo di buio e di paura …
Quei nomi ormai non significavano più niente.
La sveglia l’avevo spaccata lanciandola contro il muro in un attacco di rabbia, poco dopo che mi era stata data … Non sopportavo di vedere il tempo scivolarmi tra le dita.

La consapevolezza della realtà mi piombò addosso e mi sconvolse.
Tutti quei giorni là dentro, lontana dalla mia famiglia, lontana da Edward … Non ce l’avrei fatta ancora a lungo.
La disperazione che tentavo di reprimere prese il sopravvento. Ero scossa da singhiozzi asciutti.
< Puoi chiedere ad Aro di farmi avere la lettera di Edward? Quella che mi ha mandato per il mio compleanno? Per favore, almeno quella … > La mia voce era tremolante, bassa. Ero sicura che lui me ne avesse spedita una per il 13 di settembre, ne ero certa. Volevo leggerla. Almeno quello potevano concedermelo … Osservai la fede e sospirai.
< Va bene, glie lo chiederò … > La sua voce era dubbiosa  e provocò in me un ulteriore ondata di disperazione.
< Ti prego Alec, ti prego … > Lo supplicai. Lui, a differenza della sorella che, con uno sguardo infliggeva sofferenze atroci, era in grado di convincere le persone. Me lo aveva rivelato lui stesso, mentre mi riaccendeva il fuoco, una volta … Era un dono molto utile., anche se su di me non aveva effetto.
< Va bene Isabella, va bene … ma non piangere adesso … > Sembrava preoccupato.
Piangevo? Sì, e anche tanto. Dopo non so quanto tempo le lacrime tornarono a scorrermi sul viso. Ero stupita.

Lui se ne accorse e mi disse:
< Se stai male, dovremo portarti da un medico. Certo, si tratta di poche ora, ma potresti pur sempre uscire. E poi, non hai davvero un bell’aspetto. Credo che tu abbia seriamente bisogno di farti controllare. Forse sarà meglio che si faccia così. >
< vuoi farmi uscire? >
< Solo per qualche ora. Di più non riesco a convincerli … te la senti di mangiare qualcosa adesso? > Mi chiese indicandomi il cibo.
< No … > Tenevo le mani sul volto per nascondere la mia disperazione.
Si alzò e prese il vassoio e andò alla porta. < Tornerò fra poco. Un’ora circa … >
Non gli risposi. Pensavo alla mia famiglia, alla loro ansia, alla lontananza da Edward.

Una ferita invisibile mi lacerava il petto. Il cuore mi batteva forsennato. Ogni suo battito mi ricordava le parole del mio sposo: < Questo è il suono più bello che abbia mai udito. Ne sono così in sintonia che lo riconoscerei a kilometri di distanza … >

I miei pensieri vennero interrotti dalle parole di Alec.
< Mi dispiace … > levai le mani dagli occhi gonfi e l’osservai.
< Cosa? > rantolai.
< Per te e per tuo marito … Non fai altro che ripetere il suo nome. Proprio come ora. Quando dormi, quando sei soprapensiero … sempre. >
Chiusi la bocca. Non mi ero resa conto di aver sussurrato il suo nome, né quella volta né mai …

In realtà Aro non è cattivo. Solo che per lui, per noi, le cose hanno un aspetto differente. Non lo fa per farti un torto … >Sembrava volesse giustificarlo.
Se ne andò senza dirmi altro, lasciandomi nel letto.
Rimasta sola, pensai …

Pensai a Charlie, Reneè, i Cullen, Edward …
In fondo, per tornare a casa, avrei semplicemente dovuto obbedire ad Aro, dargli quel maledetto bambino che voleva tanto … La fase peggiore sarebbe durata poco, o per lo meno non moltissimo. Alla fine, avrei dovuto solo aspettare che il bambino nascesse e poi me ne sarei andata. In fondo, si poteva anche fare. Sperando di restare incinta al primo tentativo. Già una sola volta con Aro mi disgustava. Non so se avrei retto l’idea di dovermi concedere a lui più volte. Tremai di orrore e paura.  

Certo, sarebbe stato orribile, ma almeno avrei evitato la pazzia.
Se non avessi accettato le condizioni di Aro, sarei morta in quel dannato sotterraneo, lontana da tutto e da tutti.
Dovevo fare come voleva Aro.
Edward avrebbe capito.
Non potevo fare altrimenti …
Era l’unico modo che avevo per poter tornare a casa …
Ma poi, me la sarei sentita di abbandonare un figlio che, in fondo, sarebbe stato anche mio? Ecco cosa intendeva Aro quando mi ripeteva: 
< Forse sarai proprio tu a voler restare … > Bastardo.
Se io fossi rimasta, con me sarebbe venuto Edward, ed Aro avrebbe avuto tutto: il bambino e anche i poteri di mio marito …
E poi, mentre ormai mi ero decisa a dire ad Aro che aveva vinto, che avrei fatto tutto quello che mi chiedeva, dovetti alzarmi per andare a vomitare di nuovo.
E mentre mi trovavo in bagno, seduta a terra e con la schiena contro il vetro freddo dello specchio, mi portai le mani allo stomaco che bruciava.

< Quasi sette settimane … sette settimane … > Mi ripetevo ad occhi chiusi, la testa fra le mani. ondeggiavo avanti e indietro. Le ginocchia contro il petto … sentivo il freddo dell’oro della fede contro la mia pelle …
< Tutto questo tempo … Edward, Edward … Sette settimane lontana da te … > Lacrime calde mi solcavano il volto arrossato.
Improvvisamente spalancai gli occhi e mi portai le mani alla bocca.
< Cazzo! > urlai.

No, no … non poteva essere …
< Sette settimane? > ripetei con voce agitata …
Merda.
Non avevo avuto il ciclo …
Possibile?
Sicuramente era colpa della stress.
Doveva essere colpa dello stress …
Non poteva essere … non potevo essere incinta …
Non era possibile …
No, no, non potevo assolutamente essere incinta.
Un altro conato di vomito.
Porca miseria, sì che ero incinta.

In quel preciso istante, provai una paura tremenda, come non l’avevo mai provata prima.
E dire che io avevo avuto modo di incontrare la morte, e persino cose ben peggiori, più di una volta nella mia vita …
In tutte quelle occasioni non avevo mai provato una sensazione di angoscia pura come in quel momento. Era indescrivibile.
Stavo andando in iperventilazione.
Sussultavo convulsamente, scossa dai singhiozzi.
Quella paura era totalmente diversa da quelle provate in precedenza, era paralizzante.
Adesso in gioco non c’era più solo la mia vita. Non era me che dovevo proteggere …
Non era a me che dovevo pensare. Rabbrividii.
Non sapevo cosa fare.

Aggrappandomi al lavandino mi rimisi in piedi. Mi tremavano le ginocchia ed ero malferma sulle gambe. Appoggiandomi al muro, in qualche modo riuscii a tornare a letto e scoppiai in un pianto isterico.
Appoggiai le mani sul mio ventre e mi feci piccola piccola nascondendomi sotto le coperte.
Tra i singhiozzi sussurravo:
< Edward, Edward … >

Mi accarezzavo la pancia e pensavo che i quel momento, avrei dovuto essere felice.
Era un miracolo. Né io né Edward pensavamo che una cosa del genere fosse possibile.
Eppure, io in quel momento ero disperata, sola. Sentivo il bisogno di abbracciare mio marito, di dirgli cos’era successo. Volevo vedere il suo volto, il suo sorriso. Saperlo felice per ciò che era accaduto … Ma sapevo che probabilmente tutto ciò non sarebbe mai successo.

E proprio pensando a lui, al mio Edward, capii realmente in che razza di situazione mi trovassi.
In quale pericolo fossimo, io e il mio bambino.
Né Aro né nessun altro lì dentro avrebbe dovuto sapere che ero incinta.

Se lo avessero scoperto, mi avrebbero impedito di portare avanti la gravidanza.

E io quel bambino lo volevo, con tutto il cuore. Era il mio bambino, mio e di Edward.

Per la prima volta, realizzai che la mia unica possibilità era la fuga.
Me ne dovevo andare, e prima che si accorgessero della situazione.
Se fino a quel momento non avevo preso neanche in considerazione l’idea di fuggire, adesso quella mi pareva la mia unica speranza.
Avrei dovuto riuscirci prima che Aro si spazientisse e venisse a pretendere il mio corpo.
Avrei dovuto riuscirci prima che la mia condizione fosse evidente.

Sarebbe stato difficile, molto difficile, ma io avrei fatto di tutto per poter tornare ad abbracciare Edward.
Per dare alla luce il nostro bambino.
Tanto, non avevo niente da perdere.

Fuori dalla stanza, oltre la porta, dei passi veloci, delle voce concitate. Una fra tutte, quella di Aro.
Il rumore della catena e del chiavistello.
Stavano per entrare,

Mi asciugai le lacrime con la manica del pigiama e portai le mani sulle coperte, lontano dalla mia pancia.
Non dovevo destare sospetti.

Feci un respiro profondo e sussurrai:
< Edward, ti amo … >

Poi la porta si aprì e io mi voltai verso Aro che veniva verso di me con un espressione preoccupata dipinta sul suo volto antico.
Mi ripetei nella mente:

“ Tanto, non ho niente da perdere.
Farò tutto il possibile per far vivere questo bambino. Tutto il possibile …
Te lo giuro, Edward …  tutto il possibile … ”

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Capitolo 8
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MIRACOLO!!! Piove!!!!!!!!! PIOVE!!!!
Sono felice!
E quindi, posto… ( scherzo, posto per recuperare i giorni perduti causa alimentatore infingardo XD)

PIOVE!!! Anzi, specifichiamo, c’è proprio un’alluvione!!!! Ci sono delle cose che volano (?) vado a chiudere la finestra… Aiuto!!!!
Ma ora, tornando al capitolo, ringrazio tutte coloro che avessero letto il cap precedente e in particolare

Gocciolina, Wind, sophie_95, PenPen, giulia9_91, AngelOfLove, MoonlessNight, momob, BellaSwan95, yumisan, Clhoe, Giulls, alice brendon cullen, Lilian Potter, Deimos, Hele91, hachicat, bimbaemo, carlottina, Raki, novilunio, Inuyasha__girl92, _sefiri_ che hanno recensito, facendomi molto felice!
Scusate per le imprecisioni ( di qualsiasi tipo ) che ci possono essere … Sorry XD cerco di fare del mio meglio! Sappiate essere clementi!
Ora vado a godermi il temporale!!!! (finalmente c’è un po’ di fresco!!!)

Baci e a presto,  

E mi raccomando, aspetto le vostre recensioni … (Eh eh eh … chissà cosa mi direte dell’ultimo pezzo del capitolo … Eh eh eh *risata perfida di Erika*)
                                                   Cassandra! 

Bella’s Pov

< Bella? Bella? >

La voce di Aro mi faceva venire la nausea, come se già non ce l’avessi per i fatti miei …
< Bella? Come stai? >

Non dovetti neanche fingere di fare la voce da malata:
< Sto male … > biascicai
< Bella, è da tanto che stai male? > sembrava seriamente preoccupato. Lurido verme opportunista, di me in realtà non gli importava niente …
< Un po’ … >
< Perché non ci hai avvisato prima? > Notai un filo di rabbia nella sua voce.
< Non volevo farvi preoccupare. È solo una cosa passeggera … >
< Da quanto sta così? > domandò ad Alec e quello rispose:
< Ha cominciato a mangiare meno circa una settimana e mezzo fa … >

Vidi Aro annuire e poi rivolgersi nuovamente a me:
< Ora ti porteremo da un medico. Gianna è qui per aiutarti a vestirti … > e mi indicò la bella ragazza abbronzata che avevo già incontrato, una volta … Lui e i suoi “uomini” uscirono, lasciandomi sola con la donna. Era strano, piacevole sentire delle mani calde sulla mia pelle …
Non ne ero più abituata.
Mi aiutò ad infilare dei vestiti puliti e mi legò i capelli. Mi fece mettere delle scarpe ed una giacca pesante. Sudavo …
< Ecco, adesso ci siamo. > E mi sorrise incoraggiante.

Aro e le sue guardie rientrarono e Alec mi prese con dolcezza tra le braccia.
Mi portarono fuori molto velocemente.

Feci molta attenzione alla strada che percorrevamo, sforzandomi di non chiudere gli occhi.
Alla fine arrivammo in una sorta di parcheggio interrato. Aro diede chiare disposizioni e poi, insieme a Jane, tornò indietro.
Mi infilarono in auto, facendomi sdraiare sui sedili posteriori. Davanti, Demetri e una guardia che non conoscevo. Alec e un altro salirono su una seconda macchina.
I finestrini erano oscurati e io, che oltretutto ero sdraiata, non riuscii a vedere nulla.
Dopo una manciata di minuti, ci fermammo e delle braccia gelide mi aiutarono ad uscire.
Era sera ed il cielo era nuvoloso.
Faceva fresco. Mi strinsi di più la giacca intorno al corpo.

Non c’era quasi nessuno in giro.
Ci trovavamo ancora all’interno dell’antica città. Le case erano in pietra, così come le strade.
I lampioni emanavano una fioca luce giallastra.
< Che ore sono? > Domandai con un filo di voce.
< Le 9 meno un quarto. Stiamo andando da uno dei pochi dottori che restano aperti anche di sera. Vieni. > Mi fece il vampiro che non conoscevo.
Alec e Demetri mi cinsero il bacino con le braccia e mi trascinarono verso un ingresso in legno. Una targa dorata appesa di fianco.
Ero rigida e malferma sulle gambe.

Quando uno degli altri due vampiri aprì la porta, il mio sguardo, che osservava la strada alla ricerca di una via di fuga, incrociò quello di un uomo in uniforme azzurra che passava lì vicino. Sullo stesso marciapiede.
Ci fissammo per alcuni istanti. Le mie guardie, che erano vestite con abiti normali, non gli fecero minimamente caso, ma quell’uomo fece caso a me.
Osservò i miei accompagnatori e poi nuovamente me, e il mio volto spaventato.
Sembrava pensieroso.
Stava per avvicinarsi, sospettoso, quando venni letteralmente trascinata oltre la porta.
Lacrime silenziose solcavano il mio viso e quell’uomo se ne era certamente accorto.

La porta si richiuse dietro di noi con un tonfo facendo precipitare l'ingresso in un'oscurità fitta e opprimente. Venni condotta al secondo piano, in uno studio medico.
Attesi circa un quarto d’ora prima che il dottore mi ricevesse. Fortunatamente, una volta dentro, constatai che parlava inglese.
I miei accompagnatori mi attendevano in sala d’aspetto.

< Prego signorina, si sieda … > Mi disse l’uomo, sulla cinquantina, indicandomi una poltrona davanti alla scrivania.
< Allora signorina Reamer, mi hanno telefonato per avvisarmi che sarebbe venuta. Dicevano che stava male … Mi dica, che sintomi ha? > Signorina Reamer? Beh, certamente non potevano dirgli il mio vero nome …
< Ehm … > Ero imbarazzata, non potevo dirgli la verità …
< Non si vergogni, mi dica … > Mi sorrideva tranquillo.
< Ecco, vede, ultimamente ho avuto spesso mal di pancia e ho rimesso … > Restavo sul vago.
Lui annuiva e attendeva che proseguissi.
< Inoltre, non riesco a dormire bene … >
< Capisco. Venga, si sdrai sul lettino … >
Impallidii. Se ne sarebbe accorto sicuramente.

< Non si vergogni. > Mi fece lui.
Dovevo giocare d’anticipo. Non doveva parlare ad alta voce di quello …
Con uno scatto, mi sporsi e afferrai una penna e un blocco di fogli che si trovavano sulla scrivania.
Il medico stava per dirmi qualcosa quando io mi poggiai l’indice sulle labbra e poi unii le mani in segno di preghiera.
Lui mi fissò un attimo dubbioso e poi annuii lentamente.

Mi disse:
< Prego, mi faccia vedere. >
Cominciai a scrivere, cercando di non fare rumore.

“ scusi se la coinvolgo. Sono nei pasticci. La prego, non dica niente. Ho paura che mi sentano.
Credo di essere incinta ma non voglio tenere il bambino … ” Dovevo mentire, per sembrare minimamente credibile.
“ Se loro lo scoprissero, mi obbligherebbero a tenerlo ma non è di mio marito. Ho il terrore che lo scopra. ” E gli mostrai la fede.
“ Non potrebbe essere suo perchè noi non abbiamo ... 
Sono stata costretta a sposare un uomo molto più vecchio di me … ” Costretta? Beh, povero Edward, non direi proprio …
“ La prego, mi deve dire se sono incinta, ma non deve farne parola con nessuno. Quando glie lo chiederanno, deve dire alle persone che mi hanno accompagnato che sto male per lo stress. Che mi devono far uscire un po’ perché ho bisogno di prendere un po’ d’aria, magari in campagna … ”

Lui, man mano che leggeva annuiva.
“ La prego, mi dica se aspetto un bambino. Ho saltato il ciclo … e con i tempi, rispetto a quando ho avuto rapporti, ci siamo … ”

Mi prese per mano e mi disse:
< Si sdrai, prego. E sollevi la maglietta. >
Mi visitò con cura, controllandomi accuratamente. Il seno, la pancia …
Quando ebbe finito, scrisse:

“ Credo di sì. Sei nei guai? Vuoi che chiami la polizia? ” Scossi veementemente la testa.
Mi infilò in mano un pacchetto che aveva tirato fuori da un cassetto e mi scrisse:
“ Chiedi di poter andare in bagno … Quello è un test di gravidanza. Sai come si usano? ”
Annuii e poi domandai: < Scusi, Posso andare al bagno? >
< Certo, quella porta … > E mi ci accompagnò

Feci pipì e mi sentii mancare quando vidi la linea rosa che si formava su quel piccolo pezzo di plastica.
Mi lavai ed uscii. Tremavo. Il medico prese l’oggetto e mi scrisse:

“Dirò che sei stressata. Sicuro che ti basti? Non devo avvisare la polizia? Sei in pericolo? ”
Scossi di nuovo la testa. Cercando di trattenere le lacrime. Alcune sfuggirono al mio controllo e solcarono le mi guance.  Lui scrisse:
“ Fai attenzione, e non cercare di farlo da sola. Vai in ospedale. L’aborto può essere molto pericoloso. Mi raccomando.”
Annuii. In realtà, io volevo l’esatto contrario.
Il dottore fece sparire la nostra conversazione e il test e poi fece entrare i miei custodi.

< Allora … > Disse con un sorriso stampato sul volto. Lo sguardo preoccupato che aveva durante la nostra “conversazione” era svanito.
< La signorina è solo un po’ stressata. Forse è sotto pressione. Le prescrivo delle vitamine e dei ricostituenti. Una pastiglia al giorno, riposo e una vacanza la rimetteranno in sesto.
Deve mangiare molta frutta e verdura … pasti equilibrati.
Ora vi scrivo tutto … ecco, e credo che le farebbe bene andarsene dalla città. Ha bisogno di aria fresca e pulita. Deve stare un po’ di più all’aperto. La vedo piuttosto provata. Questo pallore …
La cosa migliore sarebbe passare un paio di settimane in campagna … >

Quell’uomo lo adoravo. Mi stava reggendo il gioco in maniera fantastica. Doveva avermi visto proprio messa male.
Dopo altri dieci minuti di raccomandazioni e ringraziamenti, le mie guardie mi riportarono in macchina. Ero molto stanca e mi si chiudevano gli occhi. Alec mi prese in braccio e si sedette accanto a me, sul sedile posteriore. Mi disse:
< Visto, non è niente di grave. Se non ti stressi, passerà. > Sembrava convinto.
Mi abbandonai allo schienale e sussurrai: < Edward … > Prima di addormentarmi.  Lo sentii accarezzarmi la spalla, quasi volesse consolarmi.

Quando mi risvegliai, mi ritrovai in camera mia.

Aro se ne stava in piedi, appoggiato al muro. Mi osservava.
Con orrore, mi resi conto di essere in pigiama.
< Non preoccuparti, si è occupata di tutto Gianna. Io sono appena arrivato.
Cerca di riposare ancora un po’ … >
< Non ho sonno. >
< Non si direbbe. Hai fame? Devi mangiare. Ti ho fatto portare il pranzo … > Ed indicò il tavolo.
Scossi la testa. Sentivo ancora il senso di vuoto e di nausea. Volevo evitare di correre in bagno davanti a lui …
< Mi farà avere le lettere di Edward? >

Mi si avvicinò e mi domandò:
< Da quanto non mangi? Ti trovo … sciupata. > Era preoccupato. Bingo! Credeva mi stessi lasciando morire di fame. E questo era un vantaggio per me.
< Da un po’ … Mi sento così triste. > Alzai lo sguardo e lo fissai dritto negli occhi. Lui mi osservò e poi, rassegnato, mi propose:
< io ti porto le tue lettere, e tu ricominci a mangiare. >
Annuii e poi gli domandai: < Mi farete anche uscire? > Mi squadrò e, con un tono duro che con me non aveva mai usato, e che mi fece tremare, mi disse:
< Non approfittartene troppo. Quello è fuori discussione. Prima, dammi quello che voglio. >
Si sedette sul letto e mi sfiorò il braccio.
Io lo allontanai bruscamente e gli ricordai: < Avevate detto che avreste aspettato! > Ma la mia voce era rotta dal pianto ed io stessa sapevo che quella promessa non era affatto vincolante.

Sospirò e mi accarezzò la guancia. Tremai.
< In questo stato, non potresti darmi quello che cerco. Se però continui così, se ti lasci morire, io avrò perso un occasione e tu la vita. Pensaci. Non appena avrai assolto il tuo compito, te ne potrai andare. > Me lo stava sussurrando all’orecchio, cercando di persuadermi.
< Appena ti sarai rimessa in forze, ne riparleremo … > e così dicendo, si alzò e mi lasciò sola.
Appena si fu richiuso la porta alle spalle, mi alzai e andai a mangiare. Non lasciai niente.

Naturalmente, mi venne di nuovo la nausea ma, potei constatare, avevano comprato le medicine che mi aveva prescritto il dottore. Me le avevano appoggiate sul vassoio. Una pillola per medicinale, dentro un sacchettino trasparente con su scritto a cosa servisse. Avevano paura che mi suicidassi con le medicine? Forse …
Presi l’antiacido e, miracolosamente, non corsi al bagno.

Quando Demetri venne a riprendersi il vassoio, notai come fosse scrupoloso. Appoggiò le medicine sulla scrivania e controllò che non mancasse niente. Lo vidi chiaramente contare le posate.
Erano seriamente preoccupati del fatto che potessi farmi del male. In effetti, avrei sempre potuto ficcarmi una forchetta in un occhio …
Ero proprio arrabbiata. La forchetta l’avrei volentieri ficcata nell’occhio a loro …
Sapevo che non sarei mai riuscita ad uscire dalla mia prigione. L’unico modo per fuggire, era farmi portare fuori dai Volturi stessi che però, non ne avevano assolutamente intenzione.

E poi, mi venne in mente che forse, la forchetta in un occhio avrei potuto evitarmela, ma che magari, se fossi riuscita a nascondere un coltello … Nel caso fossi stata per impazzire, avrei sempre potuto usarlo per farla finita …
Scossi la testa cercando di scacciare quel pensiero. Non dovevo fare così.
Non sarei impazzita. Non potevo permettermelo. Dovevo pensare al mio bambino. Non potevo fare questo ad Edward.

Demetri se ne andò senza neanche rivolgermi la parola ed io, sdraiata a letto, cominciai ad accarezzarmi il ventre. Sapevo che era ancora presto, che non poteva sentirmi, ma canticchiai la ninnananna di Edward, cercando di trattenere le lacrime. Mi addormentai e sognai il mio sposo e, per la prima volta da settimane, dormii bene, senza svegliarmi sudata o tremante.

Quando riaprii gli occhi mi misi seduta e, dopo aver osservato la stanza, cacciai un urlo.
Seduto al bordo del letto un vampiro che non avevo mai visto mi osservava.
< Non urlare … non ce n’è bisogno. >

Riconobbi la voce.  < Caius … > Sussurrai.
Lo avevo incontrato solo una volta, mesi prima.
< Che cosa ci fa qui? > Domandai spaventata.
< Sai, volevo vedere cosa Aro ci trovasse in te di interessante. >
Deglutii.
< In effetti … l’idea di un erede di sangue è molto allettante … > E si avvicinò al mio collo, per annusarmi.

Io ero bloccata dalla paura. Le sue dita fredde scivolavano lungo la mia pelle.
Cercai di ritrarmi ma lui mi afferrò per il polso.
< Non ti preoccupare … > Mi bisbigliò.
< Sai, prima di farti venire qui, Aro ha domandato se anche io e Marcus fossimo interessati alla prospettiva di avere un erede. Rispondemmo di no. Al momento, devo dire che mi parve una delle solite idee bislacche di mio fratello. In fondo, è solo un capriccio. Non pensare che gli serva, un figlio … Che lui ti voglia ... è solo curioso.
Vuole solo provare il tuo dono, perché sarebbe interessante …  Adesso tuttavia, anche io mi  ritrovo  affascinato da quest'idea … >

Lo fissavo incredula, gli occhi sbarrati dal terrore.

< credo che Aro non sia riuscito ancora ad ottenere ciò che vuole perché non è capace … di chiederlo … > E così dicendo mi buttò all’indietro, facendomi cadere sul letto, la schiena sulle lenzuola.
< Con certe persone, non si può essere gentili. Sono sicuro che io invece avrò successo là dove lui ha fallito … >
< Ma … lui si a … arrab … bierà … > tentai di balbettare. Il mio obbiettivo era fargli paura ma lui non parve minimamente scosso dalla prospettiva.
< Aro? Non credo … gli basterà aspettare che tu possa avere un altro figlio. Di nostra natura siamo creature pazienti, e lui è il più paziente tra noi … >
Con una mano mi accarezzò gli occhi e mi asciugò le lacrime. Io voltai il capo e serrai le palpebre.
Piangevo.
Lui mi teneva i polsi bloccati sopra la testa. E i miei tentativi di divincolarmi erano del tutto inutili.
Salì sul letto e mi sussurrò:
< Se stai buona, non ti farò male. Te lo prometto. Non è te che voglio, io voglio il tuo dono … la tua capacità … >
Certo, e per avere quello, avrebbe dovuto …
Ansimavo e tremavo.
Sentii la nausea crescere e i singhiozzi farsi più rumorosi … nonostante scalciassi, non riuscii ad allontanarlo,anzi, mi feci solo male sbattendo le gambe contro il suo corpo di pietra.
Attese finché, esausta, non smisi di oppormi. Le mie grida non avevano richiamato nessuno …
Respiravo con affanno, immobilizzata dalle sue braccia.
Con la mano scivolò sotto la mia maglietta.
Rabbrividì quando sentii il freddo della sua pelle sulla mia.
Mi sfilò la maglia, lasciandomi in reggiseno … cercai di coprirmi con le braccia, ma lui me le teneva strette con una mano, stringendomi i polsi e facendomi male.
Quando sentii le sue dita sfiorarmi la pancia e premere sul mio stomaco, sussurrai:
< La prego, sto male … mi lasci in pace … >
< Sei solo agitata. Vedrai non ti farò niente. Non sentirai niente. >
Mi sfilò i pantaloni, incurante delle mie suppliche.
Le sue dita scorrevano lungo il mio corpo mentre io annegavo nel terrore e nella vergogna. La mia mente era confusa, non riuscivo a pensare.
Quando le sue luride mani mi accarezzarono di nuovo, tentando di levarmi anche il resto infilandosi sotto l’elastico della biancheria, un lampo di lucidità mi attraversò la mente.

Dovevo reagire.

L’istinto di sopravvivenza prese il sopravvento.
Con tutta la mia forza, e con un gesto repentino, riuscii a divincolarmi da lui e caddi dal letto.

Lui rise ma io, decisa, corsi verso la porta.
Caius mi osservava divertito dal mio letto …
In pochi secondi, fui al citofono. Sollevai la cornetta e premetti quel maledetto tasto rosso.
Tenni il dito premuto finché non mi risposero.
Il volto di Caius era ora una maschera di rabbia. Si alzò dal letto e, lentamente, venne verso di me. Scuoteva la testa adirato.
Faceva paura.

Gridai nel citofono:
< Aiuto! Aiuto!per favore, qualcuno mi aiuti!!! Per favore! Aiuto! > Facevo fatica a parlare tra i singhiozzi.
Caius mi prese il citofono dalle mani e lo ripose al suo posto. Dopo avermi afferrato per i polsi, cominciò a scuotermi e gridarmi parole che non conoscevo, ma di cui potevo intuirne il senso …
Dopo appena pochi istanti, la porta massiccia si spalancò e tre delle mie guardie, insieme ad Aro, comparvero sulla soglia.

Non ero mai stata contenta di vederlo, tranne che in quel momento.
Caius mi lasciò andare ed io caddi sulle ginocchia.
Appena riuscii a respirare normalmente, mi rimisi in piedi, aiutata da Alec che, dal canto suo, mi prese in braccio e mi riportò a letto.

Mi voltai e vidi Caius e Aro parlare e, cosa che mi fece rabbia, quest’ultimo non mi pareva affatto adirato.
Mi coprii il volto con le coperte. Mi sentivo sporca … Avrei voluto andare in bagno, per lavarmi … Dove mi aveva toccata, mi sembrava di essere contaminata. Forse neanche il sapone, sarebbe riuscito a pulire la mia pelle …
Figuriamoci se Aro avesse poi davvero …
Non riuscivo neanche a pensarci.
E poi, venni invasa dalla paura.
Se anche Caius voleva un figlio, avrei dovuto restare lì per più di due anni …
No, no.
Non potevano farmi questo … Non ce l’avrei mai fatta, e poi, il mio bambino …

Mi raggomitolai sotto le coperte per nascondermi.
Non risposi alle domande che Jane mi pose.
No che non stavo bene.
Lei, dal tono di voce, sembrava compiaciuta. Le sue domande mi facevano girare la testa.
Era proprio perfida.

Alla fine, sentii Caius andarsene sbattendo la porta e Aro avvicinarsi a me. Mi levò le lenzuola dalla testa e scostò i capelli dalla fronte. Mi disse:
< Dice che hai un brutto carattere … che non vuole più avere niente a che fare con te. Che sono uno sciocco ad intestardirmi con una bambina viziata come te. > Sorrideva compiaciuto. < Ma la pazienza è la virtù dei forti. Alla fine, sarai proprio tu a venire da me … Ed io otterrò ciò che voglio … >
Vide la paura sul mio volto e mi bisbigliò: 
< Io sono un gentiluomo, se così si può dire … e non preoccuparti, nessuno ti toccherà più, finché non sarai tu stessa a chiedermelo. Solo, vedi di non metterci troppo tempo a deciderti, a non impazzire prima …
Cerca di rimetterti, prima sistemiamo la questione, prima sarai libera. > Avrei voluto sputargli in faccia. Lo odiavo, lo avevo sempre detestato ma adesso, ora che sapevo che la causa di tutte le mie disgrazie era una semplice curiosità ... un capriccio ...  Piangevo di rabbia.
Chiusi gli occhi e mi ritrassi, quando vidi la sua mano avvicinarsi il mio viso.
Mi accarezzò la fronte e, ridendo, uscì seguito dalle sue guardie.

Le sue parole furono per me come una scossa elettrica. 
Sapeva che stavo per cedere. 
Non sapeva che non potevo permettermelo.  
In effetti, se non mi fossi resa conto di essere incinta, probabilmente mi sarei consegnata a lui quel giorno stesso. 
La prigionia era per me ormai intollerabile.
Quel bastardo aveva fatto fin troppo bene i suoi calcoli …

Vidi Alec che mi osservava e voltai il capo.
Non volevo che intuisse qualcosa, nel mio volto scalzato dalla determinazione.
Avevo deciso.

Dovevo andarmene, e ora avevo anche capito come fare.
Sarebbe stato rischioso, ma non avevo alternative.
Avrei messo in atto il mio piano non appena mi fosse stato possibile.

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Capitolo 9
*** La notizia di Charlie ***


9

Ciao! Eccomi a tempo di record con il cap 9!!!
Grazie a tutte per aver letto lo scorso capitolo e un grazie particolare a
Wind, AngelOfLove, PenPen, Gocciolina, BellaSwan95, MoonlessNight, alice brendon cullen, summer718, hachicat, momob, Hele91, lilistar, yumisan, Lilian Potter, emily ff, yuyutiamo, Inuyasha__girl92, novilunio(quando ho letto la tua recensione, per poco non cadevo dalla sedia dal ridere XD fantastica! Mi sento onorata XD), sophie_95, _sefiri_, sky_eyes_vampire, Deimos, Giulls, giulia9_91, Raki per aver lasciato una recensione. Erano tutte bellissime e troppo dovertenti! Ve la siete presa tutte con Caius!
Sfortunatamente, questo capitolo era un po’ lungo e quindi non potevo ringraziarvi una per una … (sigh sob) ma, il prossimo, sarà più breve *breve ma molto intenso … * e quindi, potrò rispondervi, e non vedo l’ora! Secondo me, quella dei ringraziamenti è la parte più divertente!!!
Ma riguardo alle rec dello scorso cap: Sì, Aro è un porco, ma anche Caius non scherza. A parte qualche anima pura e candida (nevvero, Lily? XD) che voleva che Bella venisse violentata, devo dire che eravate tutte d’accordo a mandare anche Caius a quel paese. In effetti, povera Bella! Riguardo ad Edward, sarete felici di sapere che, finalmente, si da una svegliata in questo capitolo e che … XXXX non devo spoilerare!!! “E che” lo scoprirete nel prossimo capitolo con cui, vi devo avvisare, mi fermerò per un po’. Parto per una settimana. Il problema è che il cap 10 (il mio preferito, e capirete il perché … ) finisce in un modo strano e, sono certa, tutte vorrete leggere subito l’undicesimo. Stavo pensando di farlo postare da qualche amica mentre non ci sono. Fatemi sapere …

Per intanto, vi saluto qui e vi lascio a questo capitolo! Spero che vi piaccia! ( non vedo l’ora di postare il dieci. Se domani torno presto, lo posto verso le 8. Speriamo di sì! Sono troppo curiosa di leggere quello che mi scriverete! Eh eh eh *risata maleficissima di Erika, la sadica … *
Aspetto con ansia i vostri commenti!                                      Ps: è tornato il caldo anche qui … e anche l’afa!!! Voglio la pioggia e il fresco!!!!!!! ___________________ *muore di caldo*

Ciao e a presto,                                          Cassandra!

Edward's Pov 

Anche quella mattina, come tutte quelle che l’avevano preceduta, rimasi a fissare il sorgere del sole, dietro le nubi.
Le giornate si stavano lentamente accorciando, aumentando la mia agonia. Con l’oscurità, tutto diventava più difficile.

Sdraiato sul letto della mia stanza, tenevo fra le mani un vestito di Bella.
Le ore trascorrevano lente ed inesorabili. Ero certo che prima o poi sarei impazzito, o che avrei tradito la parola data ai miei familiari.

Come c’era d’aspettarsi, Carlisle era riuscito ad estorcermi una promessa che mi impediva di assecondare i miei desideri, dettati dall’ansia e dall’angoscia.
Solo la limpidezza dei suoi pensieri, la certezza che, se fosse stato inevitabile, mi avrebbe aiutato in tutti i modi, solo il dolore di Esme ed Alice, di fronte al rapimento di Bella erano riusciti a farmi desistere dal prendere il primo aereo per Firenze.

< Edward, caro … > Mi aveva detto mia madre, abbracciandomi stretto, quando ricevetti la seconda lettera di mia moglie, < Edward, se tu ora andassi, ti ucciderebbero o ti farebbero prigioniero. Vuoi farci soffrire anche la tua sparizione? Se Bella ti sapesse in pericolo, non riuscirebbe a darsi pace.
Se tu dovessi … venir ucciso …lei non riuscirebbe a sopportare un dolore tale. E neanche noi … >
Mi stringeva stretta a sé. I suoi pensieri erano lo specchio perfetto delle sue parole.
Ogni mia protesta, ogni mio tentativo di convincerli che la mia sarebbe stata la scelta migliore veniva sempre rifiutato.
Ogni mia proposta respinta.

Tutte le volte che mi decidevo ad andare in Italia, vedevo il mio destino nella mente di Alice.

La prima volta, lei rimase così terrorizzata da quello che vide, che Jasper dovette prenderla in braccio e farla stendere sul divano. La accarezzò per quasi un’ora, prima che lei si riprendesse del tutto. Era rimasta sconvolta dall’esito che avrebbe avuto la mia decisione, le mie azioni. Ed io con lei.

Il destino che mi riservava il futuro, se avessi agito come mi ero appena prefisso, non mi piaceva neanche un po’.
Non avrei avuto scampo. Non sarebbe stata una morte veloce, non avrei raggiunto il mio obbiettivo.

Un fallimento su tutti i fronti. Uno spreco, come avrebbe detto per la seconda volta Aro.
Non appena Alice fu tornata in sé, si voltò nella mia direzione e mi trapassò con lo sguardo.
< Non provarci. Non farci questo. Non farle questo. >
Annuii rassegnato. Leggevo il terrore nei suoi occhi così come lo percepivo nel mio cuore.
< Ho già cambiato idea. > dissi, scuotendo la testa. La vidi chiudere gli occhi e scrutare nuovamente nel mio futuro.
< Sì … > Sospirò rassicurata. Si portò a sedere ed abbracciò Jasper con un amore, un intensità che mi costrinsero a voltare lo sguardo. Soffrivo. E loro con me.
Rosalie, che di solito non mostrava mai i suoi sentimenti, più volte mi sussurrò il suo dispiacere. Apprezzai la sua sincerità. La sua mente, proprio come quella di Emmett, era limpida, chiara, semplice da leggere.

Emmett invece si limitava a pacche sulle spalle. Era troppo impegnato a mantenere i nervi saldi, per poter consolare me. Ed inoltre, sapeva bene che il suo tentativo sarebbe risultato inutile, dato che neanche Jasper ci riusciva. Anche lui soffriva. Era molto affezionato a Bella.
Per quanto si sforzasse di non darlo a vedere poi, Alice era sempre assente. Il suo sguardo perennemente rivolto all’Italia. Rimaneva immobile ore, sforzandosi di vedere qualcosa, anche il minimo segno che potesse infonderci speranza.

Ogni volta che riusciva scorgere qualcosa, correva da me tutta felice e mi abbracciava. Nella sua mente, vedevo Isabella rifare il letto, afferrare un libro, indossare un vestito, addentare una mela.  Piccoli gesti quotidiani …
Visioni di appena pochi istanti, ma tanto bastava a calmare il mio animo tormentato. A rassicurarmi. Mi dicevano: è viva …
E solo grazie alle sue visioni, ero riuscito a trattenermi dall’infrangere le regole che noi stessi ci eravamo dati. Solo grazie a quei pochi istanti, non mi ero ancora precipitato in Italia.
Se almeno ci avessero dettato le loro condizioni, Carlisle avrebbe potuto cercare un compromesso.
Ma poi, i Volturi, cos’avrebbero potuto chiedere che già non avessero? Me ed Alice?
Nel caso, mi sarei volentieri consegnato a loro. L’importante per me era che la lasciassero libera.
Eppure, non ci fu mai avanzata richiesta alcuna, tranne l’estorta promessa che non interferissimo con il loro operato.

Il non sapere rendeva per me la situazione insostenibile …

Una volta, non ricordo precisamente quando, Felix venne da noi per consegnarci una lettera.
Persi il controllo e lo attaccai. Non gli staccai la faccia a morsi solo perché Emmett e Jasper mi brancarono da dietro impedendomi di muovermi. Povero Jasper, una nuova cicatrice da aggiungere alla collezione. Però non era colpa mia. I miei denti erano rivolti a Felix … era lui che si era messo in mezzo.
Naturalmente, quello schifoso di Felix si era messo a ridere e mi aveva consigliato di mettermi il cuore in pace. Fosse per me, ora sarebbe un cumulo di cenere nel mio giardino.
Con un ghigno, aveva appoggiato la lettera sul tavolo e se ne era andato, nascosto dalla notte.

Nonostante tutto, si può dire che vivessi per i momenti come quello. I momenti in cui rivedevo la mia Bella nelle lettere che lei stessa vergava e marchiava con le sue stesse lacrime. Attimi fugaci in una vita infinita, e, a mio parere, insopportabile senza di lei.
E in questo modo trascorrevano le mie giornate:

Nella solitudine e nel dolore e, aiutando il povero Charlie in ricerche vane e vani tentativi di rintracciarla. Appelli alla televisione, viaggi su e giù per l’America. Tutto, per non mettere in pericolo la nostra vita di facciata.

Le mie notti invece, erano ciò che di più atroce potrebbe esserci. Infinite, vuote.

Passavo ore ed ore ad osservare la fede e a pensare a lei. Mi rigiravo tra le mani il braccialetto di Jacob … con il mio regalo appeso. Il cuore di diamante. Freddo e muto. Dalla parte opposta, il piccolo lupo. Il suo braccialetto …
La prima notte di nozze, glie lo avevo sfilato sussurrandole: < Solo noi … >

In quei momenti di sconsolatezza, cercavo di evitare la compagnia dei miei familiari. Non sopportavo di sentire i loro sguardi su di me. Carlisle cercava di nascondere il suo dolore, per non aumentare il mio. Aveva paura, e questo mi terrorizzava.

Ero stufo dei loro tentativi di rincuorarmi, quando erano loro i primi ad impedirmi di andare da lei.
Sentirmi ripetere: < Edward, è troppo pericoloso andare, per te e per lei. Rischieremmo di perdervi entrambi … > da Esme, vedere il suo volto, divorato dall’angoscia, era diventato insostenibile. Più di una volta avevo perso il controllo ed avevo spaccato non so quanti mobili.

Loro, rassegnati, mi lasciavano sfogare.

Se l’alternativa era farmi compatire, tanto valeva restarmene chiuso il più possibile in camera mia. Là dove il suo profumo era più forte, l’illusione della sua vicinanza più reale.
Lì, tra le sue cose, mi pareva di averla vicina ...

E in questo modo, in un susseguirsi di vuoto e frustrazione, venne Settembre … e il suo compleanno. 

Charlie aveva organizzato una veglia alla stazione di polizia.
Andai, tanto per farlo felice.  Reneè in lacrime e Angela che continuava a ripetermi: < Mi dispiace, è stata solo colpa mia > di certo non riuscirono a migliorarmi l’umore. Nelle menti dei presenti, leggevo chiaramente le parole:
“morta” “non la troveranno più” “poverina, così giovane” “che disgrazia” “appena sposata” “all’inizio della vita” e cose del genere. Li avrei voluti uccidere, uno per uno.
Nella mente di Jacob, lessi il disprezzo per quello che eravamo e il dolore, l’orrore di saperla prigioniera dei Volturi. Il terrore di non conoscere il suo destino. Sensazioni che comprendevo fin troppo bene. Le stesse che provavo io. Dettate dallo stesso sentimento: L’amore.

Quando fu troppo, me ne andai, accompagnato da Jasper. Il silenzio della foresta mi restituì un po’ di pace, o forse fu l’intervento di mio fratello … sinceramente, non importava granché.

Tornato a casa, scrissi una lettera per Bella ma quando Felix venne a ritirarla, seppi che non glie l’avrebbero fatta avere. Se avessi potuto, avrei pianto di rabbia e di dolore.
Circa ogni settimana, Felix ci consegnava una lettera. Ci aveva detto:
< Ve ne scrive molte, troppe. Ve ne facciamo avere solo alcune, quelle più significative. >
In pratica, ci lasciavano leggere solo quello che volevano loro …
Nelle lettere di Bella, lei non faceva mai riferimento alle mie. Non rispondeva alle mie domande che le ponevo nei miei messaggi e questo mi portava a credere che non glie li facessero pervenire. Perché mai avrebbero dovuto fare un’eccezione con quella lettera che stavo scrivendo? Cosa poteva mai rappresentare per loro, quella data? Come potevano comprenderne il significato?

A settembre inoltre, Emmett e Rosalie partirono, diretti a Denali. Non potevano restare a casa. Troppa gente ci veniva a trovare. Loro, per tutti, frequentavano l’università …
< Dobbiamo evitare di destare sospetti … > mi ripeteva Carlisle. Oramai, quelle parole erano diventate un motivetto vuoto, privo di significato per me.
Al momento della partenza, Emmett, forte e vigoroso come al solito, mi abbracciò sussurrandomi:
< Mi dispiace. Davvero. >
< Lo so. Lo so. >
Jasper disse a tutti di essersi ritirato dal suo corso, per stare vicino alla famiglia, ad Alice, distrutta dal dolore. Ed in effetti, a vederla, non gli si poteva dare torto.
La mia situazione, d’altro canto, non era certo migliore.
Me ne restavo la maggior parte del tempo in camera nostra, mia e di mia moglie, lontano dagli sguardi degli ospiti. Schivo come un’ombra. Un giorno, sentii Charlie rivolgersi preoccupato ad Esme e Carlisle. Propose di mandare me e mia sorella da degli specialisti … qualcuno che potesse aiutarci.
Erano i primi di Ottobre ed io ero al limite della sopportazione. Il rimanere ad attendere le sporadiche lettere che mi venivano recapitate o le rare visoni di mia sorella mi stava facendo letteralmente uscir di senno.

Il mio silenzio, il mio immenso dolore era percepibile nella casa.
< Non voglio sembrare … invadente … ma sfortunatamente, ho assistito a molti casi tristemente simili a quello di Bells … > La voce di Charlie si ruppe sul nome della figlia scomparsa.
< Nel mio lavoro, sono cose che succedono. Certo, un padre non dovrebbe mai essere costretto ad affrontare tutto questo … > E vidi nei suoi pensieri Bella, in abito da sposa, diciottenne e felice; Bella a sette anni che si dondolava spensierata su di un’altalena …
Si asciugò gli occhi e proseguì:
< Alcuni dei familiari, spesso, non accettano la scomparsa. In quel caso, consigliamo sempre un … supporto. Come per Reneè … >

Già, Reneè … Poverina.
Distrutta dal dolore e vittima di una crisi di nervi, era dovuta tornare a Jacksonville, insieme a suo marito. Non riusciva a reggere il clima di tensione, stress e paura che si respirava a Forks.
Aveva passato pomeriggi interi con Esme e le mie sorelle. Le avevo ascoltate, mentre me ne restavo chiuso in camera.
Ogni volta, mentre parlavano, scoppiava in lacrime e diceva: < Se le persone scomparse non vengono ritrovate nelle 48 ore, non vengono più ritrovate. >
A nulla erano valsi i nostri sforzi, soprattutto quelli di Jasper, per cercare di tranquillizzarla.
Alla fine Carlisle le aveva dovuto prescrivere degli antidepressivi e consigliarle di allontanarsi da Forks. A casa, a Jacksonville vedeva spesso uno psicologo.

Carlisle mi aveva distolto da quei pensieri dicendo:
< Se non riusciamo a farli reagire, sarà necessario … > Lo diceva solo per rassicurare Charlie, lo sapevamo tutti benissimo.
Alcuni giorni più tardi però, ci fu un cambiamento.

Quella straordinaria mattina, come tutte quelle che l’avevano preceduta, me ne rimanevo a fissare il sorgere del sole, dietro le nubi.
Sdraiato sul letto della mia stanza, tenevo fra le mani un vestito di Bella.

Improvvisamente, Alice bussò alla porta e mi disse:
< Preparati, Charlie sta per telefonare. Vuole vederci in centrale. Dirà che ha notizie per noi. >
< Che genere di notizie? > mormorai stanco e svogliato. Avevo bisogno di andare a caccia, ma proprio non ne avevo voglia.
< E che vuoi che ne sappia. Sono una veggente, non un’indovina. Sbrigati. > e poi se ne andò danzando al piano di sotto, fra le braccia di Jasper.

Mi alzai e mi cambiai. Non fui sorpreso di sentire il telefono squillare.
Mi preparai per un altro viaggio totalmente inutile, in qualche punto sperduto del paese.

Insieme a Charlie, per fare in modo che tutta la farsa fosse credibile, soprattutto ai suoi occhi. Eravamo andati in tutti i luoghi in cui erano state segnalate ragazze simili ad Isabella. Naturalmente, ogni pista si rivelava poi portare al nulla. Durante le ricerche, io e i miei genitori apparivamo rassegnati …
Eppure, vedendo la speranza negli occhi dello sceriffo, non potevo che provare pena per lui.
Era così fiducioso, così determinato … Il suo unico obbiettivo era riuscire a ritrovarla … e a questo, si dedicava completamente.
Se solo avesse saputo …
Quando Charlie ci telefonò, quella mattina, erano appena le 7 e mezza. Era piuttosto presto …
Ci chiese di andare in centrale, perché doveva riferirci una cosa molto importante riguardo le indagini su Isabella.

In auto, rimasi a fissare fuori dal finestrino mentre Alice mi teneva la mano. Al suo fianco, Jasper mi osservava. Carlisle ed Esme, seduti davanti, restavano in silenzio.
Quella settimana non avevamo ricevuto ancora niente. Ero davvero preoccupato.
Immerso nei miei pensieri, quasi non mi accorsi della voce di Carlisle.
Alice dovette scuotermi la spalla per attirare la mia attenzione.

Mi voltai e poi chiesi:
< Sì? >
< Edward … > Mi fece mio padre.
< Mh.>
< Mi raccomando, non fare lo sciocco. Stai tranquillo e non farti prendere dall’ira. >
Sempre le solite raccomandazioni …
L’auto si fermò. Eravamo nel parcheggio della centrale.

Il vice-sceriffo ci venne incontro. Non mi curai neanche di leggere nei suoi pensieri.
Tanto, per sentire che c’era una nuova traccia, un filmato in un centro commerciale in cui una ragazza simile a Bella compra dei detersivi … orami ero stufo di quella farsa.
Esme mi abbracciò ed entrammo.
Ci facemmo guidare fino all’ufficio dello sceriffo. Nessuno di noi aveva fretta di sentire le novità.
Charlie era al telefono in quel momento e così ci fecero accomodare sul divano e sulle poltrone nel suo ufficio.

Non potei non osservare le foto di mia moglie che tappezzavano le pareti.
Volantini con numeri di telefono e scritte del tipo: Scomparsa, Rapita.
Su una lavagna, a sinistra, sotto una sua foto scattata al nostro matrimonio, c’era segnato il numero dei giorni da cui era scomparsa. Mi si strinse lo stomaco: 64 giorni.
A fianco a questo numero, che purtroppo veniva aggiornato quotidianamente, le piste che ancora venivano seguite.
Distolsi lo sguardo. Troppo dolore suscitavano in me quelle immagini.
In quel preciso istante, Charlie entrò facendo sbattere la porta di vetro dietro di sé.

Tra le mani stringeva numerosi fogli, cartelle e documenti.
Li appoggiò sulla scrivania e disse, come per scusarsi del ritardo:
< Era Reneè. La stavo informando delle novità … >
Chiesi a Charlie: < Come sta? >
< Bene … o per lo meno meglio … > Sembrava speranzoso. < Abbiamo una nuova pista … >

Lo fissammo e cercammo di mostrarci interessati.
I suoi pensieri però catturarono subito la mia attenzione, così come le sue parole catturarono quella della mia famiglia.

< Sembra piuttosto attendibile … > Ci disse.
< Un poliziotto ha visto una ragazza estremamente somigliante a Isabella ed è persino riuscito a scattarle una foto. Certo, è presa con un telefonino ma si riesce a distinguere abbastanza bene.
Nella sua deposizione, ha detto di essere rimasto colpito dalle circostanze.

Ha raccontato di aver visto questa ragazza venir trascinata fin dentro un portone da quattro uomini. Parlavano inglese. In quell’edificio lavora un medico … Il poliziotto si è insospettito perché era stata portata lì con due auto dai finestrini neri e la ragazza pareva molto spaventata, in lacrime.
I quattro uomini non la lasciavano un istante, ma lei pareva cercare un modo per fuggire, o per lo meno questa è l’impressione che ha dato all’agente.
Il volto non gli era nuovo e così ha scattato la foto.
Tornato in centrale, ha controllato il database delle persone scomparse …
È sicuro che si ratti di Isabella. Era rimasto molto colpito dal suo caso. Ne aveva letto su Internet e quando ha visto la ragazza … si è ricordato e ha scattato la foto. Prontezza di spirito … > Sembrava convinto. Parlava con voce emozionata mentre ci spiegava le circostanze dell’avvistamento, una delle tante segnalazioni di quei due mesi. Ci porse le foto.

Rimasi a bocca aperta.

Nell’ingrandimento, un po’ sfocato, riconobbi Alec e Demetri, ma soprattutto, la ragazzina che stavano tenendo per il bacino, costringendola ad avanzare verso un portone.
Lei si vedeva solo di profilo ma non c’erano dubbi …
< Bella … > Sussurrai sfiorando la foto.
< Sembra proprio lei … > Mi disse Charlie.

Era lei. Sicuramente. Scortata dalle guardie dei Volturi. Le mani mi tremavano.

Chiesi: < Da dove arriva la segnalazione? >
< Da una piccola cittadina del centro-Italia. Nel sud dell’Europa. Volterra.

Sentii lo sguardo dei miei familiari su di me. Avevano avuto i miei stessi pensieri.

Domandai mostrando la foto: < Posso tenere questa? >
< Certo Edward. Prendila pure, è tua. Ne ho fatte stampare molte copie. Ci siamo già messi in contatto con la polizia Italiana. Hanno detto che svolgeranno delle indagini. La ragazza è stata notata quasi tre settimane fa … Ma ora che il poliziotto è riuscito ad identificarla e contattarci … Pensavamo comunque di recarci sul posto anche noi. Questa è più di una traccia. La somiglianza. … >
Non lo stavo ascoltando.
Sentivo il panico invadermi nonostante gli sforzi di Jasper.

Bella, in lacrime, appariva stanca, provata. Dimagrita. Era molto pallida e sciupata. E poi, l’avevano portata all’esterno, fuori dalla prigione sotterranea in cui lei stessa mi aveva scritto trovarsi.
< Hai detto che in quell’edificio lavora un medico? > La mia voce tremava.
< Sì. E se è davvero lei, la cosa è preoccupante … Il poliziotto stesso ha detto che la ragazza sembrava malata … Ma, intanto è già un passo avanti. È la pista più concreta che abbiamo. >
Il tono di voce era tormentato.
Io non trovai parole per rispondere. Ero shockato.
Ci fermammo per un’altra oretta e Charlie ci mostrò tutti i particolari, la cartina della città. Il punto esatto dell’avvistamento.
Potei constatare che non distava molto dalla residenza dei volturi …

Quando alla fine tornammo a casa, dissi a Carlisle:
< Bene, io vado. >
< Dove? > Mi domandò Esme, fingendo calma.
Alice mi guardò e mi disse: < Vengo con te. >
Al che Jasper s’intromise: < Tu non vai da nessuna parte. È troppo pericoloso. >

< Carlisle … > dissi rivolgendomi a mio padre, < Fino ad adesso, sono restato qui, aspettando il momento più opportuno. Se ora partissi per l’Italia,non creerei sospetti. In fondo, potete dire che sono andato seguendo le informazioni pervenute alla polizia … Non c’è alcun rischio …
E poi, Bella sta male. Se non fosse una cosa seria, non si sarebbero arrischiati a farla uscire …
Devo andare assolutamente da lei. Se l’obbiettivo dei Volturi era riuscire a convincermi ad unirmi al loro seguito, bhe, ci sono riusciti.
Io non resterò qui un minuto di più. Non ci riesco. Non posso. >
Quasi urlavo. Sentivo il bisogno di sfogarmi, di piangere …
Battei i pugni contro il tavolo che per poco non si frantumò.

Alla fine, Esme disse:
< sì, hai ragione. Questo è il momento migliore per agire senza destare sospetti.
Vuoi che veniamo anche noi? >

Questa volta fu Alice a parlare:
< No, meno siamo meglio è.  E poi, se succedesse qualcosa … almeno non rimarremmo tutti coinvolti.  Andremo noi tre … > Ed indicò me, se stessa e Jasper. < l’ho già visto. >
Carlisle ed Esme annuirono e poi ci aiutarono nei preparativi per la partenza. Esme ci prenotò i voli.
Facemmo le valige e, la sera stessa, fummo all’aeroporto di Siattle, in attesa dell’aereo che ci avrebbe portato fino a Roma. Da lì, per me potevamo anche andare a piedi, ma Alice aveva insistito per prendere un aereo per Firenze. Diceva che saremmo stati più vicini.

Quella sera, all’aeroporto, salutai quelli che erano stati per me dei veri genitori con la morte nel cuore. In fondo, non sapevo se sarei riuscito a rivederli …
Ciò che però mi sconvolse davvero avvenne in Aereo, quando Alice cadde in trance ed io vidi Bella. Capii subito le sue intenzioni e sentii il mio cuore frantumarsi.

Era troppo tardi. Non sarei neanche riuscito a dirle addio …

In quel momento, mi sentii morire, ma non fu come la prima volta.
Quella sera, provai molto più dolore. Un dolore talmente atroce e orrendo che non mi avrebbe permesso più di vivere.
Perché Bella?
Perché?

 

 

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Capitolo 10
*** Escamotage ***


Ciao a tutte. Dopo un pomeriggio distruttivo, (pranzo con le amiche, mostra, ricerca spasmodica di un paio di scarpe –torno a casa e mi rendo conto che ho sbagliato colore … domani devo tornare … - posso finalmente mettermi qui al PC e cominciare a ringraziarvi. Sono stravolta, quindi se scrivo cavolate, sappiate che non me ne rendo conto XD

MoonlessNight Mh … sai, magari non un coltello … Ma ora basta, non devo aggiungere altro, se no che sorpresa è? Però, povera la tua mamma!
emily ff Grazie per i complimenti! Come vedi, sono qui per saziare la tua curiosità!!! E mi farò anche postare il cap 11! Contenta? A presto! Ps: sì, forse è meglio che fai scorta d’aria prima di leggere questo capitolo … ti servirà XD
_sefiri_ Arriva Edward, è vero … ma farà in tempo? Per rivederlo, dovrai aspettare ancora un po’ …
alice brendon cullen Complimenti! Non avevo dubbi che lo avresti passato!!! Comunque, non preoccuparti. Anzi, preoccupati, povera Bella …
Hele91 Eh eh eh, lo scoprirai! E poi vorrai subito leggere il seguito XD
Wind Mh, cosa farà Edward? Non saprei … e poi, cosa farà Bella? Si fermerà in tempo? Non preoccuparti, lo scoprirai presto!
PenPen Poveri tutti!!!  Non preoccuparti per il poliziotto. I Volturi sono talmente sicuri di sé che, semplicemente, non ci hanno neanche fatto caso. In fondo, era solo un umano! Alec a me piace troppo! Ed infatti … per quanto riguarda la pioggia, oggi io e le mie amiche abbiamo giocato a bollire per le strade. È come se non avesse neanche piovuto! Uffa …
giulia9_91 Grazie!!! Ma che bei complimenti!!! Per quanto riguarda la visione, bhe … Bella non è un tipo da mezze misure …
novilunio Mamma mia, ma tu mi vuoi morta! Se rileggo la tua rec, ricomincio a ridere e non mi fermo più, neanche per respirare!!! Troppo bella!!! A proposito, come ti è andata la matura … ( davvero, troppo ridere!!! XD )
Gocciolina No no, Edward non ha perso le speranze … fino ad ora … Grazie per la cosa del braccialetto, anche a me piaceva!
ery Sai, avrei voluto che Aro e Bella … ma poi me ne è venuta in mente una più bella di cosa. Chissà cosa ne penserai! Fammi sapere la reazione!!!
momob Non contarci troppo, sul tutto liscio … però, credo in un lieto fine, alla fine XD
AngelOfLove E oggi, un altro aggiornamento!!! Contenta? E quello che ha visto Alice, verrà svelto prestissimo!!!
sophie_95 Grazie! Credo che Jasper di cicatrici ne abbia talmente tante che neanche gli si vedono più XD tipo me … che mi faccio sempre male … ma proprio sempre, e con tutto! PC compresi! Solo che io non sono la valeriana o lo Xanax della famiglia, anzi!!!
Non so se essere felice (sembrerei TROPPO sadica) o dispiaciuta del fatto che ti faccio piangere … per quanto riguarda la visione di Alice e la decisione di Bella, non posso che sperare che tu non scoppi in un pianto a dirotto … ma credo proprio che annegherai nelle lacrime … scusa! A, lo pubblico tramite terzi il cap 11 (il terzi è la Clari … )
yumisan SSSSSSSSS non posso dirti niente. Non posso spoilerarti niente!!!!!!!!!!!!!!!  Per il bimbo, vedrai … povero Edward!!!!
Giulls
Ecco l’aggiornamento!!! In effetti, povero Charlie, nessuno se lo fila mai, ed invece è in gamba!!!
3mo_is_love Ti ho prenotato un operazione a cuore aperto con carlisle … magari ti aiuta il solo vederlo, insieme allo spiare i suoi figli. Per il tuo povero cuore, è in arrivo una vera batosta!!!
Anche a me sta troppo simpatico Alec, è così  tenero!!! ( se lo dicesse lui a me però, mi preoccuperei! Sai com’è … ) sono contenta che ti piaccia la mia storia!!!
Deimos In realtà, se l’è pensata proprio bene la nostra piccola Bella … ora vedrai, o meglio, leggerai!!! Il chappy 11 verrà postato! Non preoccuparti!!!
RakiTi ho commossa? Che Bello!!! Cioè, sono contenta che la mia storia ti emozioni. Non è che sono felice di farti soffrire. Io sono sadica solo con Bella ( perché le invidio il ragazzo!!! ), spero di non farti stare troppo male in questo cap …
carlottina Se vai a salvare Bella, pensa che forse sarebbe meglio confortare Edward!!!!!!!! Però, hai ragione, povero Edward!!! Grazie per i bellissimi complimenti! E a proposito, grazie anche per il commento al cap 8 XD
BellaSwan95 Ti prego, Sara, non ti arrabbiare con me!!!!!!!!!!!!! Vedrai che ti piacerà!! (spero … ) ciao e un bacio!!!
BellaSwan87 Oddio! Ma che commento meraviglioso. Al solito, sto ancora sorridendo come un’ebete … E io che pensavo preoccupata che non leggessi più la mia storia!!! Spero di leggere presto un altro commento del genere! Grazie ancora!!! E buone vacanze anche a te!!!
hachicat Non preoccuparti!!! Ti invio tutto! GRAZIE PER LA DISPONIBILITà!!!!!!

 Eccoci qui! Allora, il prossimo capitolo verrà gentilmente postato durante la mia assenza dalla gentilissima hachicat che mi ha offerto la sua disponibilità, il suo accesso a Internet e il suo PC!
Grazie Clari!!!
Ed ora, piccolo annuncio: la storia si sta avviando al termine … ci vorrà ancora qualche capitolo, ma non sarà lunga come Un respiro dolce dolce... .
Per il capitolo 11, ci si vede venerdì. Mi raccomando commentate numerose, così quando torno da Budapest, potrò consolarmi con le vostre recensioni. Il rientro sarà meno traumatico!
Aspetto con ansia i vostri commenti per questo capitolo 10, il mio preferito! Ci tengo moltissimo, a questo cap. ci ho messo tutta me stessa.
Ps: mentre ero alla mostra di Canova, questo pomeriggio, contutte quelle bellissime staute di marmo ... pensando ad Edward ... quanto invidio Bella! Se passate da Milano, andate a vederla, la mostra.è davvero splendida! e c'è una statua splendida maschile (un volto nella prima sala:) stavo quasi per baciarlo!!! Comunque, a dir poco spettacolare la mostra!
Un bacione gigante,                                            Cassandra

 

Per molti giorni non mi lasciarono sola neanche un momento.
C’era sempre qualcuno con me, per controllare che mangiassi e che stessi bene.

E così, oltre a dover fingere, dovetti anche aspettare per poter attuare il mio piano.

Quando finalmente fu incaricato Alec di tenermi d’occhio, decisi di mettere in atto il mio progetto  

< Alec? > Chiesi abbassando il libro. Era insopportabile venir osservati in ogni movimento.
< Sì? > mi rispose lui che, tranquillamente, se ne stava seduto sulla poltrona davanti a me. I suoi occhi fissi sul mio volto.
< Da quanto tempo è che sono qui? > Avevo, ancora una volta, perso il conto dei giorni.
< Sicura di volerlo sapere? > Sorrideva. < Poi ti deprimi. Prima accetti le condizioni di Aro, prima te ne puoi andare … >
< Per favore, tanto il tuo potere non funziona su di me. Non ce la fai a convincermi. Dimmelo e basta … >
< Come vuoi … con oggi, visto che è sera e quella di prima era la cena, fanno esattamente 65 giorni … più di nove settimane. >
Mi mancò il respiro. Chiusi gli occhi e, cercando di mantenere la calma, mi appoggiai allo schienale della poltrona. Dopo essermi portata le ginocchia al petto ed essermi avvolta meglio nella coperta, mi accarezzai la pancia. Nove settimane … più due mesi. Il mio bambino aveva più due mesi … Sorrisi.
Alec mi squadrò e poi mi chiese:
< Stai bene? >
< Sì … > risposi, ed era vero. La nausea era passata, sostituita negli ultimi giorni da un appetito sempre crescente.

Aprii lentamente gli occhi ed osservai il fuoco scoppiettante nel camino.
< Che ore sono? >
< Circa le 10 … Anzi, credo che tu debba andare a dormire. >
< Tu resti? > Chiesi nel tono più naturale che riuscii. Speravo mi dicesse di no. Speravo di poter finalmente restare sola.
Non avevo tanto tempo.

Fra poco si sarebbe cominciata a vedere la pancia … avrebbero riconosciuto il battito del suo cuore ...

< Veramente, questa sera Heidi dovrebbe tornare … > Non proseguì per non turbarmi, come se non sapessi che cosa avrebbe fatto. I suoi occhi avevano assunto una preoccupante tonalità nerastra.
< Quindi devi andare a cena? > “Tanto meglio.” Pensai. Avrebbe reso più facile la seconda parte del piano, non avrei rischiato ulteriormente … sempre che riuscissi ad arrivarci viva, alla parte seconda del piano …
< Sì … Ma aspetterò che tu ti sia addormentata.  Tornerò in fretta, prima che tu ti sia risvegliata … > mi osservava sospettoso. Se avesse intuito qualcosa, non se ne sarebbe andato.
Dopo aver sbadigliato, in effetti sonno lo avevo, biascicai:
< Vedi di non scambiarmi con la cena! Mi stai simpatico, ma se potessi evitare di diventare il tuo pasto … > e cercai di ridere … fallendo.
Sembrò sollevato e mi disse:
< Andiamo a letto … fra un po’ ti addormenti qui. >

E, tenendomi per il braccio, mi riaccompagnò tra le lenzuola.
Si voltò mentre mi levavo l’abito azzurro ed infilavo la camicia da notte, corta e color crema.

Alec era sempre molto discreto. Nonostante tutto, mi lasciava abbastanza libertà. Se gli chiedevo di restare un po’ sola,quando volevo sfogarmi, se ne andava in bagno, o addirittura fuori, nel corridoio. Non si divertiva a vedermi soffrire.
Un po’ mi dispiaceva per lui. In fondo, stavo per tradire la sua amicizia … Lui era l’unico ad essere gentile con me, l’unico che, a modo suo, mi era stato amico …

Quella però, era l’unica strada.

Mi lasciai avvolgere dal calore delle coperte e, prima di chiudere gli occhi, lo fissai a lungo.
Si era seduto su una sedia, a lato del letto. E osservava con sguardo assente le coperte.
< Ciao … > Gli sussurrai. Il senso che io davo a quella parola era diverso da quello che gli dava lui.
Il suo sguardo guizzò sul mio volto e poi mi disse:
< Buona notte. Ci vediamo dopo. >
Annuii e poi chiusi gli occhi.

Attesi a lungo, e per poco non mi addormentai sul serio.
Dopo non so quanto tempo, sentii la sedia grattare sul pavimento e la porta aprirsi. Se n’era andato.
Attesi ancora qualche minuto, e poi mi alzai, cercando di non fare rumore.
Osservai la stanza. La mia lussuosissima prigione.
Mi soffermai su ogni particolare pregustando la libertà.
Avevo paura.

 Poggiai una mano sul mio ventre, che aveva cominciato,negli ultimi giorni, a gonfiarsi e sussurrai:
< Ora ce ne andiamo … non preoccuparti. >

Mi accarezzavo la pancia mentre poggiavo l’orecchio contro la porta. Oltre, nel cunicolo, il silenzio.
Respirai a fondo e mi feci coraggio.
Con la mano sempre sul ventre, continuavo a ripetere più a me stessa che non al bambino:
< Ora ce ne andiamo, ora ce ne andiamo. Non avere paura … >
In fondo, dovevo solo convincerli, obbligarli a farmi uscire.

Se tutto fosse andato come in quegli innumerevoli giorni avevo calcolato, sarei riuscita ad uscire ed una, volta fuori, avrei potuto provare a scappare …

Nella stanza, non c’era niente che potesse essere usato per il mio scopo, ma io lo avevo già previsto. Avevo avuto molto tempo per organizzarmi al meglio, senza tralasciare nessun particolare …
Andai al camino e presi l’attizzatoio. Era pesante, in ferro.
Lo strinsi forte tra le mani ed andai davanti al grande specchio. Feci un respiro profondo e tesi nuovamente l’orecchio.
Silenzio.

Ormai avevo deciso. Dovevo solo trovare la forza …

Alzai l’oggetto come se fosse una mazza e, dopo aver chiuso gli occhi, con tutta la forza e a rabbia che avevo nel corpo, diedi un colpo secco allo specchio.
Dopo il rumore assordante dell’impatto, niente.
Poi, in un istante, sentii formarsi centinaia di crepe. Lasciai andare l’attizzatoio ed arretrai velocemente, coprendomi il volto con le braccia.

Nel suono del vetro che si spezza e si frantuma, sorrisi.

Riaprii gli occhi e, nella devastazione davanti a me, cercai dei frammenti abbastanza grandi e affilati. Ne trovai uno che faceva proprio al caso mio.
Nonostante le mie mani tremassero, lo afferrai con la destra, facendo ben attenzione a non tagliarmi. Non volevo che l’odore del sangue li attirasse.
Non prima del tempo.

Il frammento era lungo una spanna, e largo mezza. Era molto affilato. Spesso meno di mezzo centimetro.
Con la mano libera, ricominciai ad accarezzarmi la pancia. Avevo mal di stomaco, a causa della tensione.
Con passi malfermi, raggiunsi il letto dalle lenzuola immacolate e mi sedetti.

Tremavo.

Distesi il braccio sinistro davanti a me e sussurrai:
< Mi dispiace Edward, mi dispiace. Questo è l’unico modo. Saranno costretti a portarmi fuori … >
Sentivo le lacrime scorrere sulle mie guance.
< E se non funzionerà, se non mi faranno uscire … meglio la morte che una vita qui dentro …
Mi dispiace, mi dispiace di infrangere la promessa … >

Strinsi il pugno sinistro fino a farmi male. La fede luccicava e rifletteva la luce del fuoco che, tremolante, dava un aspetto tetro alla stanza.
Racimolai tutto il coraggio che avevo e portai il vetro al polso.
Lo appoggiai in prossimità delle vene, ben visibili attraverso la mia pelle candida.

Respirando profondamente, feci pressione … ed incisi.

Cercai di trattenere i gemiti mordendomi le labbra. Il primo taglio lacerò la pelle, ma il vetro non penetrò in profondità. Alcune piccole goccioline si sangue cominciarono a formarsi.
Al secondo taglio ci misi molta più forza e determinazione. Le mie dita erano ora ferme, mentre osservavo i rivoli rossi scorrermi lungo la mano ed imbrattare il lenzuolo.
Il vetro affilato gocciolava sangue …
Plic Plic … facevano le gocce cadendo a terra …

Mi lasciai sfuggire un: < Cazzo … > sussurrato a denti stretti.

Faceva male, eccome se faceva male. Bruciava da morire.
Cercavo di trattenermi dal gridare.

Stringendo il braccio sanguinante al petto, corsi al citofono e sollevai la cornetta. Premetti il tasto rosso per alcuni istanti e poi, lasciando cadere il ricevitore, tornai
velocemente al letto.
Cominciavo a vedere la stanza girare … avevo il terrore di osservare il braccio. L’odore del sangue mi dava la nausea.

Ci avrebbero messo pochissimi minuti per arrivare.

Merda, sanguinavo tantissimo.
Vidi la scia di sangue, grosse gocce rosse, che mi ero lasciata dietro.

Mi sedetti sul letto dalle lenzuola bianche e appoggiai nuovamente il vetro sul braccio ferito.
Chiusi gli occhi e incisi ancora una, due, tre volte.
Mi accanii sul polso sfogando tutta la rabbia che provavo verso i miei rapitori. Tutta la mia frustrazione …

Faceva un male terribile.

Piangevo.
Sentivo il sangue fluire lentamente dalle numerose ferite che mi ero procurata.
Lo percepivo abbandonare il mio corpo.
Mi sentivo sempre più debole.
Fuori, oltre la porta, voci spaventate.

Non riuscivo più a stare seduta, e così mi lasciai cadere, venendo accolta da lenzuola macchiate di rosso. L’odore di ferro mi invadeva la mente.

Riaprii gli occhi giusto in tempo per vedere Alec e altre due guardie entrare.
Tutto cominciava a sfocarsi davanti a me.
Gli oggetti perdevano i loro contorni in un turbinio di colori. Sentivo il bisogno di vomitare …

L’odore del mio sangue che sgorgava copioso dalle lacerazioni mi dava la nausea.
Sperai di non aver esagerato …
Però, avevo dovuto assicurarmi di ferirmi abbastanza gravemente da costringerli a portarmi fuori, in ospedale.

Le figure chine su di me si confondevano e per un attimo mi parve persino di vedere Edward.
Sorrisi al suo pensiero.
Alec mi fissava terrorizzato. Lasciai andare il vetro che cadde, frantumandosi a terra. Centinaia di schegge brillanti, rosse del mio sangue.  

sopirai:
< Edward, ti amo … >
Poi le palpebre cedettero.

Alec continuava a ripetermi: < Tieni aperti gli occhi! Tieni aperti gli occhi! Non vorrai mica fare questo al tuo Edward! > Era disperato. Sapevo che, a modo suo, mi voleva
bene.
Non saprei dire se la mano gelida che stringeva il mio polso fosse la sua. Credo di si …
Mi tenevano il braccio sollevato e premevano con forza sulle ferite, per limitare l’emorragia …
Sentii il rumore della stoffa che viene lacerata.
Mi fasciarono l’avambraccio.
Socchiusi gli occhi e vidi Alec che me lo sorreggeva, tenendolo stretto all’altezza dei tagli. Premeva.
Vidi la stoffa intrisa del mio sangue e le sue mani completamente imbrattate. Gli occhi, da rossi come rubini stavano assumendo lentamente il colore del carbone.

Riuscii a sussurrare:
< Lasciami … > La mia voce era poco più di un sussurro che si perdeva nella confusione che mi circondava, ma lui mi sentì.
< No che non ti lascio. Stupida. Continua a parlare. Parlami di quello che vuoi, parlami di Edward, ma ti prego rimani sveglia! > Mi stava implorando.

Sorrisi e chiusi di nuovo gli occhi.

Forse quella volta, non sarei riuscita a sfuggire alla morte. Quella volta non c’era Edward a salvarmi. Però, in fondo, a me andava bene anche così.
Sapevo fin dall’inizio che la morte era una possibilità contemplata dal mio folle piano. Era un rischio che avevo deciso di correre.  Come si suol dire, il gioco, valeva la candela …
L’unico mio pentimento, era di non essere riuscita a salvare il mio bambino.
Con le ultime forze, mi accarezzai il ventre con la mano destra.

Sentivo le voci spaventate. Intorno a me. Qualcuno che parlava al citofono:
< Un’emergenza … presto … preparate una macchina. Presto … Chiamate Aro … >

Sorrisi di nuovo, ormai quasi incosciente …
La voce di Alec mi giungeva lontana.

Quella di Edward mi rimbombava nella testa e mi ripeteva di non arrendermi, di non cedere.
Mi trasmetteva calma e sicurezza. Mi riportava a casa …

Sentii delle braccia gelide sollevarmi e stringermi al petto di qualcuno, dopo avermi avvolta in una mantella.
Non capivo più niente.
Il braccio pulsava. Qualcuno provvedeva a tenerlo alzato.
La fascia era legata strettissimo e le ferite bruciavano terribilmente.
La mia testa ciondolava non sorretta, così come le mi gambe.
Tutto il mio corpo dondolava mentre ci muovevamo velocissimi lungo il corridoio buio …
O forse, ero io che ormai ero avvolta dall’oscurità ...
A tratti, percepivo la voce di Alec … mi diceva di tenere duro.

Il suono di una portiera che si apre …

La sensazione dei sedili in pelle sotto la mia guancia …

Sospirai …
Ero riuscita nel mio intento.
Il motore che parte con il suo suono basso monotono … Quanto avevo agognato quel suono …

Ero così felice …
Speravo solo di riuscire a sopravvivere.
Ormai ci ero tanto vicina ...
Ero così vicina …
Bastava che resistessi ancora un po’ …
Forse, non avrei dovuto tagliarmi le vene …
Non in questo modo per lo meno …
Forse, avrei dovuto fare dei tagli più superficiali.

Delle dita gelate mi scostarono i capelli dalla fronte madida di sudore, riportando per pochi istanti la mia mente nel mondo reale, donandomi un ultimo attimo di lucidità.
Sentivo ripetere: < Isabella … Isabella … >
Quanto avrei voluto che fosse Edward a chiamarmi, invece che Alec …
Nella mia testa, il mio sposo chiamava il mio nome.

Ce la dovevo fare.
Per forza.
Ormai ero fuori.
Dovevo sopravvivere.
Dovevo e basta …

L’ultima cosa che riuscii a sospirare, prima che l’oscurità mi inghiottisse, fu:
< Ti amo … Edward. Scusa … >

Poi, più niente.
Né dolore, né luce.
Solo freddo e tanta, tanta paura nell’oscuro, assordante silenzio che precede la morte.

La mia mano appoggiata sul mio ventre come per difenderlo, anche nell’ultimo attimo di consapevolezza …

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Capitolo 11
*** La fuga ... ***


11 Salve a tutte!!! Vista la sorpresa?
Ho pensato di postare io l'11 e lasciare alla Clari il 12 (o venerdì o sabato, ma credo sabato) ... questo perchè oggi mi sono ritrovata un po' di tempo libero per preparare il tutto!!! Ci ho impiegato meno tempo del previso a preparare la valigia e il resto, quindi eccomi qui! 
Un rinrgaziamento veloce a tutte voi che mi seguite, ed in particolare a:
BellaSwan95
, aLbICoCCaCiDa, Wind, summer718, giulia9_91, ery, _sefiri_, MoonlessNight, sophie_95, Raki, AngelOfLove, Hele91, alice brendon cullen, 4everWITCH, PenPen, yumisan, emily ff, Giulls, novilunio, Lilian Potter, lilly95lilly, 3mo_is_love, BloodyKamelot, carlottina, lilistar, Deimos, Miki87 che hanno lasciato dei bellissimi commenti!!! Grazie
Vero che fate lo stesso anche con questo capitolo? Spero di sì!!!
E poi, volevo chiedervi se potevate dirmi quale tra i capitoli postati vi è piaciuto di più ... Sono troppo curiosa!!!
Ciao e a presto!!!  Scusate per i ringraziamenti molto brevi, ma nel caos della partenza ... l'importante è postare XD  
Un bacio gigante
                                                                                           Cassandra

Bella's Pov

" Bella … Bella… Bella …”

La voce di Edward mi giungeva lontana. Una Eco che si perdeva nell’oscurità.
Un’effimera illusione …
Lo chiamavo, ma la mia voce era flebile, poco più che un sussurro smorzato.
Era quella, dunque, la Morte?
La morte, che non portava dolore.
La morte, che non portava sofferenza.
La morte, che non avrebbe dovuto portare solitudine.
Che non avrebbe dovuto portare paura, tristezza …
E allora, perché? Perché diavolo dovevo sentirmi sola, disperata, impaurita?
Neanche nell’oblio mi veniva concessa la pace?

Nel tormento di queste domande senza risposta, mi voltai su un fianco, o per lo meno ci provai.
Ad impedirmelo, delle mani forti e robuste, un improvviso bruciore al braccio sinistro.

Il peso della verità mi piombò addosso insieme alla consapevolezza della realtà.

“Viva … Viva!” mi gridavano tutte le cellule del mio corpo.

Dischiusi le labbra e, sorridente ed intontita dagli antidolorifici, sussurrai:
< Edward … > Mi aspettavo di trovarlo al mio fianco,come per una sorta di miracolo.
Ma la voce irata di Jane, mi riportò alla dolorosa realtà.

Se fino a quel momento avevo fatto di tutto per cercare di aprire gli occhi, in quel istante serrai di più le palpebre. Non volevo che fosse vero.

La sentii parlare con qualcuno.
Nessuna risposta.
Era al cellulare …
< Sì, Sì, si sta svegliando. Ha cominciato a parlare. >

Silenzio.
< Che vuoi che abbia detto? Le stesse cose che ripeteva anche prima.  Edward, Edward … >
Disse sprezzante, imitando la mia voce.
< Si agitava un po’. Adesso chiamo la dottoressa. Ti faccio sapere. > E sentii lo scatto secco di un telefonino che viene chiuso.
< Mi senti? > La  voce ora era vicino al mio orecchio. Secca e tagliente.
< Ei? Mi senti? >
Non risposi. Non volevo svegliarmi. Volevo l’oblio, o mio marito. Non Lei.

Cercai nella memoria la voce di Edward, ma la paura mi impediva di ritrovarla.
Sentii le lacrime scorrermi sul viso e bagnare il cuscino.
Jane sbuffò e poi premette qualcosa. Una voce, distorta, chiese qualcosa in una lingua che non conoscevo. Jane rispose nello stesso idioma.

Pochi minuti dopo, la porta si aprì e si richiuse subito.
Dita calde mi accarezzarono il volto, le guance. Mi presero il battito sul collo e sul polso destro. Esaminarono il braccio sinistro.
Domandò qualcosa, ma Jane disse in inglese: < Non parla Italiano. Solo Inglese. >
Nessuna risposta. 
Poi la voce di prima, una donna, mi domandò:
< Signorina? Signorina? Mi sente? È salva … >
Non mi mossi.
< Isabella? Isabella? >
Socchiusi gli occhi. Non c’era molta luce nella stanza. Le tende erano tirate.

Senza guardare Jane, sussurrai:
< Dove sono? >
< In una clinica privata piccola. Come ti senti? >
< Bene … > Mentii. In realtà, non sentivo proprio niente. Ma tanto …
La mia voce era affaticata. Avevo sete.
< Sicura? >
< Mh mh … > Feci io cercando di annuire, il che mi provocò un’ondata di nausea.
< Bene. Sei stata molto fortunata. I tuoi amici sono riusciti a portarti qui in tempo. Le ferite erano molto profonde. Appena starai meglio, ti  fisserò un colloquio con uno dei nostri psicologi. >
La sua voce era tranquilla, rassicurante.
< No, non ce n’è bisogno … > Cercai di dire, < Davvero … è stato solo un incidente … >

La vidi annuire distratta, mentre controllava la cartella clinica.
< Alcuni valori non rientrano del tutto nella norma. Ti faremo degli esami. Il tuo sangue è già in laboratorio, oltre naturalmente quello che ti sei lasciata per strada! > Non sembrava preoccupata.
I suoi occhi incontrarono i miei. Vidi una strana luce. Appoggiò i fogli sul comodino e cominciò a tastarmi il corpo.
Jane osservava la scena dall’altro capo della stanza. Sembrava pensare ad altro. Afferrò il telefonino ed uscì improvvisamente. Era annoiata.

Appena la porta fu chiusa, la dottoressa mi alzò il camice dell’ospedale e cominciò a tastarmi la pancia. Tremai e lei se ne accorse.

Mi disse: < Scelte come la tua, sono sbagliate, ma tristemente frequenti. Succede, in certi momenti, di sentirsi deboli, inadatti. Magari dopo un forte shock … Ma non per questo bisogna pensare che farla finita sia la scelta migliore. > Mi sorrideva.
< Fare la mamma è difficile, ma si impara con il tempo. Se sei da sola, puoi chiedere aiuto … non verresti abbandonata a te stessa … >
Arrossii.

Quando ebbe finito di tastarmi il ventre, mi rassicurò dicendomi che andava tutto bene e poi mi ricoprì, sistemandomi anche il lenzuolo.
< Ma immagino che tu non voglia parlarne … >
< No. > feci io, e poi aggiunsi, appoggiandomi la mano sul mio ventre: < Neanche lei lo farà, vero? Con loro intendo … >
Mi osservò materna e mi rassicurò: < Segreto professionale. Se vuoi, sei ancora in tempo per tirarti indietro, l’intervento è breve, non desterebbe sospetti … >
Mi accarezzava la mano, mentre parlava.
< No, grazie. Voglio tenerlo … >
Annuì e poi, guardando l’orologio al polso, mi disse: < Devo andare. Se hai bisogno di me, o anche se hai solo voglia di parlare, fammi chiamare. Sono la dottoressa Rosa Cestari. Adesso, riposa ancora un po’ … Te la sei vista brutta … temevamo davvero di perderti. L’emorragia non si fermava. Un paio di trasfusioni però, ed ora sei come nuova! > Cercava di essere rassicurante.
< Scusi? > Chiesi prima che e ne andasse.
< Quanto ancora dovrò stare qui? Ah, giusto, quanto ci sono rimasta? >
Mi osservò e tornò ad accarezzarmi, questa volta la fronte.
< Sei qui da ieri sera … sono le sette e venti del mattino. Se tutto andrà bene, come da prassi, ti terremo qua altri 3, 4 giorni. Il tempo che tu ti rimetta, e poi ti indirizzeremo ad un centro specializzato. Come questa struttura, anche quella è privata. Ci hanno detto che l’anonimato è molto importante per voi. > Mi guardò fiera ed aggiunse: < noi siamo estremamente discreti e trattiamo le informazioni dei pazienti con estremo riguardo. La privacy secondo noi è fondamentale. Capiamo perfettamente che, una ragazza giovane come te non voglia far sapere certe cose … > ed ammiccò, poi mi disse: < però, per i segni, non potremo fare molto. Abbiamo dovuto darti davvero molti punti. 38, mi pare. >
Inghiottii un po’ di saliva … porca miseria, ci ero andata giù pesante …
La dottoressa sospirò e poi, cordialmente, mi salutò ed io feci lo stesso.

Rimasi sola per qualche minuto. Dalle tende tirate non filtrava la luce. L’illuminazione proveniva da una piccola lampada su un piccolo tavolino.
La stanza era anonima, come in tutti gli ospedali. Come nella mia prigione, niente orologi. Anche qui, il tempo doveva parermi fermo.
I tubicini nel naso erano fastidiosi ma, in ben più felici circostanze, mi ci ero abituata e sopportarli non mi fu difficile.
La sete era tutta un’altra cosa. A Phoenix, Edward era sempre pronto con un bicchiere di acqua fresca a portata di mano. Mi aiutava a bere …

< Devi mantenerti idratata. > Mi ripeteva tra un bacio e l’altro …

Quanto mi mancavano le sue labbra …
Sentii lo stomaco stringersi e cercai di pensare ad altro.
Per esempio, ero disposta a sopportare la sete, pur di non chiedere aiuto a Jane, pur di non dovermela rivedere lì.

Ma tanto, lei tornò. Non mi aspettavo il contrario. Stavo diventando pazza forse, ma scema non lo ero di certo.  Spostai il mio braccio destro.
Non mi rivolse neanche la parola. Si sedette e si limitò ad osservarmi con sguardo accusatorio.
Io fissavo decisa il soffitto.

Avevo tre, quattro giorni al massimo per fuggire.
Se non ci fossi riuscita, mi avrebbero di nuovo sepolta laggiù, ed in quel caso, lo sapevo, non mi avrebbero lasciata sola neanche un secondo. Non avrei potuto più togliermi la vita, né fuggire.
Avrebbero scoperto il bambino. Per quanto ancora sarei riuscita a nascondere la gravidanza? Uno, due mesi nella migliore delle ipotesi? No, sicuramente se ne sarebbero accori prima. E poi? Non volevo neanche pensarci …

Dovevo fuggire finché ero lì, in ospedale.

Ero riuscita ad arrivarci … il piano aveva funzionato … ora, dovevo andare avanti. Se non ci fossi riuscita, ero disposta anche a buttarmi dalla finestra. Là sotto, nella prigione, non ci sarei mai tornata.
Forse fu il continuo e regolare “plic plic” della flebo, forse il suono ritmato del mio cuore, amplificato dallo strumento alla mia sinistra … quel continuo: “bip. Bip. Bip. Bip … ”
Fatto sta che i miei occhi si fecero pesanti e il sonno prese il sopravvento. La mia mano scivolò di nuovo sul mio grembo.

Al mio risveglio, trovai insieme a Jane anche Alec.

Quest’ultimo mi osservava preoccupato. Quando feci per parlare, lui si portò una mano alla fronte e disse:
< Non dire niente. Stai zitta. Non voglio sentire. >
Rimasi con la bocca aperta qualche secondo, prima di ricordarmi di richiuderla. Ero sorpresa.
Dopo qualche minuto trascorso nel silenzio, Jane disse:
< Allora io vado. Tra poco arriverà anche Demetri. >

Si baciarono sulle guance, con affetto, e poi lui le fece:
< Mi raccomando. A dopo … >
Quando se ne fu andata, domandai:
< Che ore sono? >

Mi fulmino con lo sguardo e poi mi ricordò:
< Ti avevo detto di non rivolgermi la parola. E poi, che ti importa saperlo? Hai in mente un'altra geniale idea per suicidarti? > la sua voce era carica di frustrazione. Si sentiva in colpa. Lo percepivo chiaramente.
Aggiunse in tono mesto:
< Ci hai spaventato, tutti quanti. Persino Aro. Complimenti. Ora, non è più disposto ad aspettare. Appena starai meglio, ti riporteremo a casa. E poi, per i prossimi nove mesi, non ti lasceremo mai sola. Mai. Non mi volterò neanche se ti devi cambiare. Sei contenta adesso? Allora? >

Mi osservava furioso.

Io tremavo,un po’ perché non lo avevo mai visto arrabbiato. Non era contento che venissi trattata a quel modo, lo sapevo, ma ora, pensava che me la fossi andata a cercare.
Tremavo anche perché, se Aro non era più disposto ad aspettare, se non fossi riuscita a fuggire …
Cercai di pensare ad altro, e domandai di nuovo, in tono dolce:
< Per favore, Alec, dimmi che ore sono … >

Mi osservò un attimo e mi disse, rassegnato:
< Davvero, non capisco l’importanza che tu attribuisci al tempo … Sono le nove di sera. Hai dormito tutto il giorno. I dottori dicono che è colpa dello stress accumulato e degli antidolorifici. Non preoccuparti … >aggiunse vedendo il mio volto preoccupato.
Un giorno … avevo sprecato un giorno. Sentii l’angoscia invadermi. Non potevo restarmene lì, dovevo agire. Poi osservai il mio corpo e mi accorsi di quanto ancora mi sentissi stanca. Effettivamente, quel giorno non era stato proprio del tutto sprecato. Avevo bisogno di rimettermi un po’ in forze. Nonostante la giornata trascorsa a dormire,, ero ancora stanca. E poi, se avessi voluto fuggire, avrei dovuto agire in pieno giorno, sicura che non avrebbero potuto seguirmi, sotto il sole.
< Alec … >
< Sì? >
< come fate, a restare qui? Come giustificate le tende tirate e il fatto che uscite solo quando è buio? Sono medici … >
Rise e mi rispose: < Abbiamo detto loro che siamo fotosensibili. Io e Jane siamo fratelli, e quindi sarebbe una cosa genetica, mentre Dimetri abbiamo detto che era un nostro amico. È una malattia … ci hanno creduto. In effetti … > ed ammiccò < è vero, non ti pare? >
Sorrisi < Grazie … >
< E perché? Non sono riuscito ad impedire che ti facessi del male, non riuscirò ad impedire che te ne facciano gli atri … >
< Grazie per essere stato mio amico … >
Mi sorrise e si alzò per accarezzarmi la fronte.  

Chiusi gli occhi ed immaginai che quelle dita appartenessero ad altre mani …

< Sai, Isabella … tu, mi piaci … >
< Lo avevo sospettato. > risposi, rigida.
< Se solo il tuo cuore non appartenesse irrimediabilmente ad un altro … > e sfiorò la piccola fede d’oro al mio anulare sinistro.
< Se solo non fossi umana … > aggiunsi io, ironica.
< Beh, a quello si può sempre rimediare. > Fece lui con il mio stesso tono.
< Alec … >
< Sì? >
< Mi  spiace, ma io per te non provo niente di questo tipo … per me, esiste solo Edward … >

Povero Jacob. Non sarebbe stato affatto contento di sentire quella conversazione. Essere sposata con un vampiro, per lui era già difficile accettare la cosa … ma averne pure un altro che mi viene dietro … non avrebbe retto, credo.

< Lo so più che bene. Sapessi quanto diavolo parli nel sonno! > Rise
< Non preoccuparti. Sono felice, che comunque tu mi consideri un amico. Per me è già un buon traguardo. E poi, non potrei aspettarmi altro da te. Immagino che le circostanze dei nostri incontri ti siano risultate traumatiche. >
< Immagini bene … > Non ero molto attenta, adesso. Pensavo ad altro. Speravo di non aver parlato troppo, nel sonno. Di non aver detto niente di pericoloso. Ma, visto che lui non sembrava turbato, pensai di no.
Senza rendermene conto stavo scivolando lentamente nel sonno. Alec, in silenzio, mi teneva la mano.                          

Quando sentii delle dita calde sfiorarmi il collo e la fronte, aprii gli occhi.
Mi stavano chiamando.
Mi osservai intorno e la stanza era ancora buia.

Chiesi: < Ho sete, potrei avere da bere? >
< Certo signorina, ma adesso deve venire con noi. Sono le dieci. Dobbiamo rifare la camera, e lei deve andare a fare degli esami. >
Annuii ancora disorientata e tentai di portarmi a sedere. L’infermiera mi aiutò. Dopo avermi staccato tutti i tubicini, mi avvicinò una sedia a rotelle.
< No, no. Preferisco camminare … > Mi guardò scettica e poi mi aiutò, sostenendomi per farmi uscire. Non mi voltai ma sentivo lo sguardo della mia guardia fisso su di  me. Jane disse: < Ti aspetto qui. Poi dimmi com’è andata. > Annuii e poi uscii, nel corridoio. Ero malferma sulle gambe. Debole.

Le finestre avevano delle tende color panna e i muri erano azzurri. C’era odore di ospedale, giustamente. Con lentezza percorsi il corridoio lungo e luminoso. Avrei voluto osservare il mondo fuori dalle finestre, ma non potevo fermarmi. C’era luce, luce vera. Sorridevo piena di speranza.
La struttura era abbastanza piccola. Prendemmo un ascensore e scendemmo al piano terra, dove si trovavano gli ambulatori.

< Prego cara, entra … > e così feci. Nello studio, la dottoressa del giorno precedente. Mi salutò cordialmente e mi mostrò l’esito degli esami del sangue specifici che aveva richiesto. Sospirai infinitamente sollevata, quando mi disse che il bambino stava bene. Mi sciolse la fasciatura al braccio e mi medicò di nuovo. Mi si rivoltò lo stomaco a vedere tanta devastazione. Distolsi lo sguardo.
< Bene, abbiamo finito … ora puoi tornare in camera. > Sorrideva conciliante. Io sussultai. Dovevo agire. Subito. Era la mia occasione. Da dietro il vetro della finestra che dava sul retro, sul giardino, vedevo il cielo terso. Non avrebbero potuto seguirmi.
< Scusi, non è che potrei andare in bagno, prima? > La dottoressa mi osservò per qualche istante e poi, sorpresa, mi disse: < Certo, la prima porta a destra. Però, c’è anche in camera tua … > mi osservava. Abbozzai un sorriso e dissi: < Ho sete … > < Certo cara, fa pure con comodo. > E tornò alle sue carte.

Con passo incerto, andai in bagno. La prima cosa che feci, fu di aprire l’acqua del rubinetto e bere, bere fino a dissetarmi. Nello specchio, il riflesso di una ragazza stanca e malata. Poi aprii la finestra e lasciai che il sole mi accarezzasse. Era forte e caldo. Mi era mancato tantissimo, così  come l’aria che mi scompigliava i capelli. Mi sentii rinascere. Fortunatamente, constatai che il prato del giardino si trovava appena due metri sotto la finestra. In silenzio, scavalcai il cornicione e, lentamente, mi calai. Fu difficile, sia perché ero debole, sia perché la camicia da notte di certo non mi risultava molto comoda. Data la mia agilità, mi sbucciai cadendo … Avevo esercitato troppa forza sul braccio e sentii i punti tirare. La fasciatura si macchiò un po’ di rosso. Non vi feci caso.
Faceva molto caldo e il sole picchiava forte. Non sembrava affatto ottobre. Non vidi nessuno nei paraggi, e in silenzio, cominciai a correre, cercando di non dare nell’occhio. Uscii dal giardino. Presto si sarebbero accorti della mia fuga.

Dovevo fuggire il più lontano possibile. Sapevo che non avrei dovuto, ma sarei andata alla polizia. Avrebbero contattato mio padre … I Volturi a quel punto non avrebbero più potuto fare niente, se non volevano venire scoperti. Ero stata così impegnata ad organizzare la fuga, che non avevo minimamente pensato al dopo. Avrei dovuto agire d’istinto. E l’istinto, in quei momenti, mi diceva di correre come non avevo mai fatto.
Inciampai più volte, cadendo a terra.
Le mani e i piedi feriti. Avevo dovuto lasciare le pantofole dell’ospedale nel bagno, con quelle non avrei potuto correre.
Il sole mi coceva la testa e i sampietrini sotto i miei piedi erano bollenti.
Faceva caldo e a me era tornata sete. Nel silenzio della città, oltre al suono delle posate e delle tv, solo il mio respiro affannoso e i miei singhiozzi.
Sapevo che piangere era inutile, anzi, dannoso. Sprecavo acqua … ma non riuscivo a trattenermi.
Vidi una fontana, al centro di una piazza, e mi avvicinai per bere.

Mi bagnai la testa e il volto. Mi dissetai. Cercai di sciacquarmi anche il sangue dalle mani.
E poi ricominciai a correre. Cercavo di rimanere al centro delle strade, deserte, lontana dai vicoli bui. Sicuramente i Volturi avevano già cominciato a cercarmi. Avevo paura.
I miei ansiti riempivano l’aria calda.

Continuai a correre anche quando il campanile, che suonava lontano, batté i dodici rintocchi e il sole fu a picco su di me. Non avevo più l’ombra. Talvolta, stremata, mi fermavo pochi attimi a riprendere fiato, piegata sulle ginocchia.
< Devi farcela, devi farcela. Sei arrivata fin qui … DEVI farcela Bella > mi ripetevo per farmi forza.

All’improvviso, un’auto suonò il clacson dietro di me e mi fece sobbalzare. Mi spostai verso il muro per lasciarla passare. Cercai di appoggiarmi ai mattoni, ma la mia mano non incontrò che vuoto.

Un vicolo stretto e buio …

Cercai di riportarmi al sole ma delle braccia gelide mi afferrarono da dietro, trascinandomi nel buio.
Una mano fredda si poggiò con forza sul mio volto, smorzando sul nascere il mio grido di terrore.
Sconfitta, mi abbandonai al pianto incontrollato e a quelle braccia fredde e stranamente accoglienti.

Non capivo più niente, mentre il mio corpo veniva scosso dai singulti.

Poi mi accorsi che quelle braccia mi cullavano e che mani fresche e gentili mi carezzavano il volto.
Cercavano di tranquillizzarmi e allo stesso tempo di impedirmi di muovermi, di fuggire ... 
Speravo che fosse Alec. Lui forse, se lo avessi implorato, mi avrebbe aiutato.
Non certo a fuggire, questo era ovvio, ma magari a morire ...

Nel silenzio e nell’oscurità, mi voltai lentamente, mentre la mano mi liberava il volto, permettendomi così di respirare …

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Capitolo 12
*** Nel vicolo, nel buio... ***


Pov a sorpresa!!! (indovinate chi è? ^^)

Salve a tutte! Ecco a voi il capitolo 12!!!!!!!!!!!!!!

Io ormai sono già a Budapest ( sempre che non sia caduto l’aereo, ma mi auguro di no … )
Per fortuna che c’è la Clari che mi posta il capitolo al posto mio!!! Grazie e un abbraccio, cara sorella XD
E, venendo al capitolo, vi devo confessare che sono davvero felice!!! Questa sera (Mercoledì 2 luglio) sono andata a vedere i vostri commenti al cap 11!!! Che dire, se non un grazie gigante a tutte voi che avete recensito? Sapete, è davvero bellissimo sapere che il proprio lavoro piace e viene apprezzato!!!! Grazie!!! Spero che ne arrivino altri, anche per questo capitolo che, per la prima volta, vedrà il doppio Pov! Non so perché … mi piaceva l’idea!!!
Allora, mi raccomando, lasciate un commentino per il mio ritorno!!!!!
Un bacione gigante!!! Vado a mettere via il dentrificio!!! (devo uscire alle 6 per prendere l’aereo per la prima volta!!! Aiuto!!!)
Ci vediamo prestissimo!!! Io torno lunedì 7, quindi credo che posterò l’8 …
A martedì!

Cassandra ( che se ne sta in Ungheria, dove fa un caldo boia uguale a Milano … che palle … Ma non potevo andarmene in Finlandia? Sarà per la prossima volta XD )

Piccola e debole, voltò lentamente il capo verso di me. Le sue lacrime mi bagnavano la mano che le tenevo sul suo viso e la manica lunga della mia camicia.

Con l’altra mano, le accarezzavo lentamente la schiena mentre il suo piccolo corpo era scosso dai singhiozzi.
Non parlammo.

I suoi occhi, caldi e color nocciola, incontrarono i miei e io sentii il mio cuore esultare di gioia.

Con il pollice, percorrevo il profilo del suo labbro. Scesi, e le presi la mano destra che teneva in grembo e glie la baciai teneramente, facendo scorrere sulle mie labbra la punta di ogni singolo dito. Il braccio sinistro le ciondolava inerte lungo il fianco.
Appena le lasciai andare la mano, lei la sollevò di più, facendola scorrere sulle mie palpebre, sui miei sopraccigli. Sulle mie occhiaia. Quando il suo palmo fu all’altezza della mia
bocca, glie lo baciai dolcemente. La mia mano poggiata sulla sua. Vidi un sorriso formarsi sulle sue labbra. Era incredula.

Poi, improvvisamente, scoppiò in una risata liberatoria e mi gettò le braccia al collo, portandosi in punta di piedi.

Le sue labbra, calde e bagnate di pianto, si mossero avide sulle mie, che risposero in egual modo.
Sentivo le sue dita tra i miei capelli. Cercava di avvicinarmi di più a se, ed io facevo lo stesso. Avevo bisogno del suo calore. Di sentire il suo respiro sul mio volto. Le cingevo il bacino con le mani. Sentivo la sua pelle accaldata e sudata oltre la sottile stoffa che le proteggeva il corpo.
Appena si separò da me, per respirare, la strinsi di più al mio corpo, chiudendo gli occhi e cercando di inspirare il suo profumo. Non lo ricordavo così forte, così invitante, così buono.
Sentivo il suo sangue pulsare furioso nelle sue vene, il suo cuore battere all’impazzata.
Stanca, appoggiò il capo sulla mia clavicola e si abbandonò alle mie braccia. La sostenni, prima che mi scivolasse a terra.

Prima che perdesse i sensi, sussurrò:
< Adesso possiamo anche morire … Adesso siamo felici … >
Pensavo si riferisse a noi due, e, in quel momento, non trovai nulla da obbiettare.

La presi in braccio e corsi verso la macchina, dall’altra parte del vicolo. Alice e Jasper mi attendevano per ripartire. Il motore già rombava.
Mi sedetti dietro, e feci sdraiare Bella, poggiandole il capo sulle mie gambe.

Non riuscivo a smettere di accarezzarla, di sfiorarle le guance e le palpebre, il profilo del naso, del viso …
Alice rimaneva in silenzio, concentrata sul futuro. Jasper guidava, attentissimo, a folle velocità..
Nell’abitacolo, reso buio dai finestrini oscurati, regnava il silenzio, rotto soltanto da respiro di Bella e dal battito ora quasi tranquillo del suo cuore.
Le sfiorai il braccio sinistro, la fasciatura stretta e intrisa di sangue.
Ripensai a quando Alice ebbe la visione. Un sussulto scosse per un istante il mio corpo.

Mia sorella l’aveva vista tagliarsi le vene ed accasciarsi sul letto.
Impotenti, a migliaia di Kilometri di distanza, avevamo osservato il suo respiro farsi sempre più flebile e la sua vita smorzarsi.
Quando quegli atroci istanti tornarono a riempirmi la mente, provai la necessita di stringerla tra le braccia, di baciarle il sorriso, si sentire il suo calore … Ma lei dormiva e io mi limitai a chinarmi, per baciarle la fronte sudata.

Come quando eravamo a casa, sussurrò nel sonno: < Edward … >
Le sussurrai con dolcezza: < Ti amo, Isabella … >

Quando l’auto si fermò, era sera. Eravamo a Roma. Jasper si voltò verso Alice e le chiese:
< Qui, o prendiamo subito l’aereo per Vancouver? > Mia sorella si voltò ed osservò Bella, sdraiata sulle mie gambe.
< A casa sarebbe più al sicuro … ma non credo che possa affrontare il viaggio in queste condizioni.
Per prima cosa, dobbiamo comprarle dei vestiti, e poi, ha bisogno di rimettersi. Inoltre, non possiamo ritornare a casa con lei, e fare finta di niente. Dobbiamo pensare a una buona scusa. A una credibile, possibilmente … E se no … beh, sarà complicato, ma molto più sicuro. > Lei e Jasper si fissarono negli occhi e poi lui rimise in moto.
Ci fermammo davanti ad un albergo a quattro stelle. Alice entrò, per chiedere se ci fosse posto.
Durante la sua assenza, Jasper si appoggiò allo schienale e mi domandò:
< Come sta? >

Sfiorandole i capelli, gli dissi:
< Tuttosommato, relativamente bene. Deve riposare molto. E anche mangiare, direi … Certo, preferirei che la vedesse un medico, magari Carlisle … >
Annuì lentamente e poi aprì la portiera. Alice, oltre al vetro, parlava con un ragazzo. Jasper gli consegnò le chiavi e si raccomandò di parcheggiare al coperto.
Senza fatica, presi Bella tra le braccia e scivolai fuori dalla vettura, nel fresco della sera.
Lei non se ne accorse neanche. Si limitò ad affondare il volto nella mia camicia.
La strinsi di più a me, ed entrai nell’albergo.
Alice aveva chiesto una suite con due matrimoniali. In silenzio, portai Bella in camera.
La poggiai sul letto ed attesi che si svegliasse
La osservai a lungo, sdraiato al suo fianco.
Nel sonno, si rigirava e continuava a sussurrare il mio nome. Ed ogni volta, mi avvicinavo per poterla accarezzare, facendo scorrere le mie dita gelate sulla sua pelle.
Le stringevo la mano.

Qualcuno bussò …

< Entra, Alice. >
Lei mi sorrise ed appoggiò dei sacchetti sul tavolino.
< Sono stata a comprare dei vestiti, qui in centro. Quando si sveglia, vorrà cambiarsi … >
< Grazie … >
< Dovremmo avvertire Charlie … >
Mi voltai a quelle parole e la fissai. La sua mente tratteneva i pensieri.
< Eh … > feci io.
< Dobbiamo decidere bene cosa fare. Non è prudente riportarla a Forks, ma non possiamo neanche restare in Italia. Partiamo domani alle 9. L’aereo è alle undici e mezza. Atterreremo a Vancouver. È abbastanza vicino a casa. Così Esme e Carlisle potranno raggiungerci in fretta. E poi, da lì … vedremo. >

Annuii e lei sparì oltre la porta.

Tornai ad osservare Bella. Si era rigirata di nuovo. In posizione fetale, si teneva il braccio sano intorno alle gambe, quello ferito giaceva inerte, teso verso di me.
Le mie dita si strinsero intorno alle sue. Piccole e calde.
La stanza era scura e silenziosa.
Tranquilla, come il battito del suo cuore. Appoggiai la mia mano sul suo petto e mi accorsi di un suono che non avrei dovuto udire.

Quasi impercettibile, un’eco che seguiva il suo battito …

M’irrigidii … Stava male?
Un problema al cuore?
No, non poteva essere …
La mia piccola Bella …

Forse, non era un problema grave. Magari Carlisle sarebbe riuscito ad aiutarla.
Io non sarei riuscito ad essere abbastanza obbiettivo, se l’avessi visitata.

Si girò di nuovo e io provai l’istinto di stringere il suo corpo al mio e così mi appoggiai con la pancia alla sua schiena. Il mio viso tra i suoi capelli.
Il suo odore, mi pareva leggermente differente. Probabilmente era colpa delle trasfusioni.
Le cinsi il corpo con le braccia.
Senza preavviso. Sentii il suo corpo irrigidirsi e lei smise di respirare per alcuni istanti.
Cominciò a tremare. Il suo cuore batteva forsennato. Percepii i suoi occhi scrutare la stanza.

Con un movimento repentino, si allontanò da me e, messasi in piedi a fatica, mi scrutò, prima terrorizzata, poi felice, poi di nuovo spaventata.
Cominciò a girare su se stessa tenendo le mani sulla pancia. Osservava la stanza. Si gettò verso la finestra dalle tende tirate. Mi alzai mentre lei era voltata e le andai vicino, per rassicurarla.
Tirò le tende ed osservò la città, nelle luci della sera. Appena realizzò di trovarsi al sicuro, scoppiò in un altro pianto liberatorio e mi buttò le braccia al collo.

Ripeteva sconnessa: < Edward, Edward! EDWARD!!! >

Saltellava felice baciandomi il collo, in un turbinio di capelli castani.
Io invece restavo fermo, le mie braccia poggiate intorno al suo esile corpo.
Appena l’euforia si fu placata, le lacrime che le solcavano il volto rallentarono.
Si appoggiava al mio petto e si stringeva a me.

< Bella … > Sussurrai. < Ti amo. >

Bella’s Pov

Ero stanca, ero molto stanca. Intorno a me, il silenzio e l’oscurità.
Dentro di me, sentivo una strana gioia e pace.
Non capivo … Non ricordavo.
Cosa diavolo era successo?
Dov’ero?
Qualcosa di freddo era appoggiato sulla mia schiena. Qualcuno mi stava abbracciando.

Ebbi paura.

Sollevai le palpebre e vidi che la stanza era buia.

Mi avevano quindi ripresa? E poi, cos’era successo? Quella persona, dietro di me … cos’è che non riuscivo a ricordare? O forse … che non volevo ricordare.
Alec in fondo aveva detto che Aro non aveva più intenzione di aspettare. No …
Mi divincolai e riuscii a scendere dal letto. Le braccia fredde non cercarono di impedirmelo.
E quello che vidi mi fece girare la testa.

Edward, sdraiato sul letto, mi osservava curioso.

Non era possibile … era proprio lui, il mio Edward …
Ma se anche lui era lì, voleva dire che avevano preso anche lui … non volevo … non volevo che lui sapesse cosa mi sarebbe successo. Avrebbe sofferto troppo.
Cominciai ad osservarmi intorno. La stanza non mi era familiare. La mia prigione l’avrei riconosciuta anche nel buio più profondo. Vidi una finestra e mi ci precipitai. Per poco non strappai la tenda, per poter vedere … e fuori … beh, c’era un fuori …

Case e case … le luci di una città che non conoscevo. La libertà ...

Edward, senza che me ne accorgessi, si era portato dietro di me.
Scoppiai a piangere e non riuscivo a stare ferma, nonostante i piedi mi facessero male per le abrasioni.
Continuavo a ripetere come una scema:
< Edward, Edward! EDWARD!!! > E poi mi gettai tra le sue braccia.

Lo baciai dove le mie labbra riuscivano a ritrovare la sua pelle fredda, mentre il mio corpo mi pareva ardere.
Lui mi abbracciava.
Quando finalmente riuscii a calmarmi, riuscii anche a trattenere parte delle lacrime.
Mi appoggiai a lui e chiusi gli occhi, stringendomi al suo corpo.
Quando sentii di nuovo la sua voce, per poco non svenni. Il velluto passava delicato sulle mie ferite, appena rimarginate.

< Bella, ti amo. >

Non riuscii a rispondere e sentii le forze abbandonarmi. Stavo letteralmente svenendo di felicità …

Lo vidi terrorizzato, afferrarmi prima che toccassi terra. Mi pose sul letto e si sedette al mio fianco.
Con le dita mi scostava i capelli dalla fronte.
Io sorridevo inebetita.
< Bella … > Mi chiese ansioso < Bella, come ti senti? Hai bisogno di qualcosa? > I suoi occhi dorati, venati di nero, mi scrutavano a fondo, in cerca di un mio segno di cedimento. Le sue dita premevano sul mio polso destro, con delicatezza.
Scossi la testa e poi vidi Alice sulla soglia.

Ne ero certa, sarei morta di gioia quella sera, in quella stanza.

< Alice! > Gridai nel tentativo di tirarmi seduta. Edward me lo impedì, tenendomi una mano sulla spalla. La mia amica mi venne vicino e mi abbracciò.
La prima cosa che mi disse fu: < Devi mangiare. Edward, vai a prendere da mangiare. Il ristorante è chiuso, ma con una bella mancia … >
< Vai tu. > Le disse, accarezzandomi.
< Edward, devo parlare con Bella. Roba da femmine … > Nonostante il tono suadente, quelle parole mi fecero quasi paura. Quasi. Dopo quello che avevo passato, ci sarebbe voluto ben altro.

Non so cosa Edward vide nella mente di Alice, ma qualunque cosa fosse lo convinse ad andarmi a prendere da mangiare.

Appena fummo sole, Alice si sdraiò al mio fianco e mi prese la mano destra.
< Mi hai fatto spaventare …Con queste … > e con il dito accarezzò la fasciatura insanguinata sul braccio sinistro.
< Scusa. Non riuscivo a pensare ad un altro sistema per fuggire. >
< E proprio questo dovevi scegliere? > Sembrava felice. Si voltò per baciarmi la guancia.
< Quando Edward ha visto … per poco non moriva, di nuovo … Appena arrivati in Italia, ho avuto la visione della tua fuga. Abbiamo noleggiato l’auto e ti abbiamo aspettato nel vicolo. Trattenerlo dal venire in ospedale è stata un’ardua impresa. Ma io sapevo che ce l’avresti fatta. >
< Io no. Ho avuto tanta paura … >
Mi accarezzava il capo.
< Sai, fino ad oggi, non riuscivamo a capire perché ti avessero rapita … >
Inizialmente, restai in silenzio. Poi domandai: < E Oggi? >
< Oggi, mentre parlavo all’accettazione, ho visto il futuro. >
Aveva chiuso gli occhi.
< Beh, Alice, non è una novità, se permetti. > non sapevo se sapesse, cosa sapesse … ed ero molto agitata.
Lei percepì la mia ansia e mi disse: < Non preoccuparti. È un bel futuro … >
Rimanemmo in silenzio alcuni istanti e poi aggiunse: < Lo sai? >
Sapevo a cosa alludesse.

Annuii lentamente. Gli occhi umidi.
La sentii sussurrare: < Straordinario. Quando lo saprà Carlisle … >

Si voltò di scatto e mi fissò negli occhi. Era … più che felice. Era estasiata.
< Vuoi saperlo? >
< Sapere cosa? >
< Se è maschio o femmina … > E mi poggiò una mano sul ventre.

Mi portai le mani al volto e, ridendo, dissi: < Santo cielo, no!!! Voglio che sia una sorpresa!!! >

Poi, pensando alle sorprese, le chiesi: < Edward lo sa? >
< No. > Non dissi altro. Rimasi a fissare il soffitto.
< Come stai? > Mi chiese dopo un po’.
< Abbastanza bene … >
< Non sembrerebbe. >
< Ho … passato dei brutti momenti … >
< Sai, mi sono odiata. Non riuscivo a vederti. Pochi attimi, e tutto svaniva. >
< Siamo al sicuro, qui? > chiesi con voce tremante.
< Sì. Sanno che tuo padre conosceva la nostra destinazione. Per loro sarebbe troppo rischioso agire, attaccarci.. Con noi sei al sicuro. Non ti lasceremo più sola. > La sua voce, calma e tranquilla, mi infondeva sicurezza.
L’abbracciai e poi sentii un colpo di tosse. Edward, con un vassoio in mano, mi osservava.
< Alice, non vorrai mica mettertitici pure tu … a rubarmi la moglie. >
Dietro di Lui, Jasper.

Lo salutai con un cenno della mano e lui mi rispose: < Bella, sono contento che ti abbiamo ritrovata. >
Sorrisi.
< Dai, adesso deve mangiare. Fuori! > fece Edward scherzando. Ridendo, Alice uscì.
Ma prima mi ammiccò. Edward la guardò scandalizzato e poi fece finta di tirarle un calcio per farla uscire. Una volta chiusa la porta, si sedette al mio fianco.
Mi accoccolai sulle sue ginocchia, tra le sue braccia, e domandai preoccupata:
< Cos’ha visto Alice? >
< Niente. >
< Menti. >
Mi sollevò il capo con il mento e mi baciò con intensità e passione. Mi sosteneva tenendo un braccio dietro la mia schiena.
Il suo respiro mi accarezzò le labbra, seguito dalla sua lingua.
< Questa notte devi dormire … non faremo niente … >
Avvampai di vergogna.
< Alice ci ha visto … ? >

Annuì tenendo gli occhi chiusi e io mi sarei seppellita per l’imbarazzo.

Sentii il suo respiro accarezzarmi l’orecchio, seguito dalle sue labbra gelide:
< Non preoccuparti. E poi, questa sera, devi riposare. > sembrava agitato. Continuava a sentirmi il polso.
In quel momento però, non avevo per niente sonno. Il mio corpo pensava per me. Continuava a dirmi “Voglio Edward, Voglio Edward.”
< Il cibo è bollente. Prima vieni, devo medicarti. Non l’ho fatto prima perché non volevo svegliarti, ma quelle ferite mi preoccupano … >

Gli rivolsi uno sguardo colpevole e lui mi abbracciò, per rassicurarmi.

Mi lasciai portare nel bagno e lì le sua mani esperte ed abili mi lavarono e disinfettarono i graffi sulle mani, sui gomiti, sulle ginocchia …
Mi mise seduta sul bordo della vasca e mi sciaquò a lungo le gambe.

I piedi dovette fasciarli perché i cerotti non bastavano.
Poi, mi disse: < Devo rifarti il bendaggio al braccio. Le ferite hanno sanguinato. Spero che i punti abbiano retto … >
Annuii e lo osservai sciogliere le bende con estrema delicatezza e gentilezza, per non farmi male. Quando vide le ferite non ancora rimarginate, sospirò.
Tenendo la mia mano, poggiò le labbra gelide sui tagli. Il freddo dava sollievo al bruciore.

< Per fortuna non hanno fatto infezione … > Disinfettò di nuovo e mi rifece la fasciatura. Le sue mani erano delicate ma decise.

Con dei gesti fulminei, mi levò la camicia dell’ospedale e la biancheria.
Bagnò un asciugamano e mi lavò il resto del corpo come meglio poté.

Ero nuda, ma davanti a lui non provavo imbarazzo. Non più.

Edward mi osservava. Le sue mani correvano sulla mia pelle e si lasciavano dietro scie bollenti. Senza volerlo, inarcai la schiena quando me l’accarezzò.
Si levò la camicia e mi prese tra le braccia. La mia pelle a contatto con la sua. Il fuoco e il ghiaccio.
Appoggiai le labbra nell’incavo del suo collo e lo baciai. Lui faceva lo stesso a me, affondando nei miei capelli.

Mi riportò a letto e, dopo avermi fatto indossare delle mutande e una camicia, mi aiutò a mangiare.

Appena mi portò la zuppa alle labbra, mi accorsi della fame terribile che avevo … e della sete.
Quando allontanò da me la zuppa, sussurrai: < c’è dell’acqua ? > In meno di un secondo, il liquido fresco mi invase la bocca. Edward mi aveva portato il bicchiere alle labbra.
Bevvi, fino a dissetarmi, e poi mi ributtai sul cibo. Mi osservava mangiare.
< Perché mi gvuardi coscì? >Domandai a bocca piena. Rise di gusto. Era felice.
< Ho fame … è da un po’ che non mangio … > Ed era vero.
Inoltre, ultimamente, il piccolo esserino nella mia pancia aveva cominciato a reclamare la sua parte.

Già, il bambino … glie lo dovevo dire.

Quando finii di mangiare, mi riaccompagnò al bagno. Mi aiutò a lavare i denti e non se ne andò neanche quando gli dissi che dovevo fare pipì. Si voltò dall’altra parte ed aspettò che avessi finito. Lavate le mani, mi riportò in camera. Ero troppo debole per camminare da sola.

Nel letto, mi mise sotto le lenzuola.

< Ti prego, vieni anche tu. > Lo supplicai. Con mia grande gioia, si spogliò e si infilò, con addosso solo i boxer, sotto le coperte con me.
Sentivo il mio corpo fremere al contatto con il suo.
Le sue dita mi accarezzavano, percorrendo la mia pelle. Con la mano destra mi carezzava il volto. Con la sinistra salì lungo la mia coscia, si infilò sotto la camicia.
Quando mi ricordai l’ultima volta che qualcuno mi aveva toccato in quel modo, mi venne la nausea, e così mi strinsi a lui, il mio Edward. Quanto mi era mancato. Si
soffermò sul seno, e poi mi baciò.
La mano mi sfiorò anche l’altro e si bloccò.
Mi disse: < Ti è cresciuto il … seno. >

Inghiottii saliva.

< Non è … un male. Anzi … > Cercava di rassicurarmi, in preda all’imbarazzo.
< Me ne ero accorta. Che si fosse ingrossato … > Sussurrai. Ora entrambe le mani mi carezzavano il volto. Le sue labbra tormentate mi lambivano la pelle.

Si girò in modo da portarsi sopra di me e cominciò a baciarmi il petto, lasciato libero dalla camicia sbottonata.
Io tenevo le mie mani sulla sua schiena. Nonostante la stanchezza, percepivo chiaramente la sensazione che avevo già provato, con lui, più di due mesi prima.

L’unica volta, per una sensazione straordinaria Anche se, quella volta, essendo la prima, fu più il male che altro ….

< Bella, ti amo. > Mi sussurrò staccandosi dal mio seno. Il suo respiro freddo contro la pelle mi diede una sorta di scossa.
Sentii il mio corpo non rispondermi più. Strinsi le mie gambe intorno alle sue. I nostri bacini entrarono in contatto e capii chiaramente che anche lui si trovava nella mia stessa situazione. Con la mano destra gli accarezzai gli addominali e lo sentii fremere sotto le mie dita. Lo sentii sussurrare a se stesso, a denti stretti: < Questa sera no. No. Deve riposare.>
Accaldata e ansimante, gli bisbigliai, stringendomi di più a lui: < Non sono stanca. Mi sei mancato troppo. >
Scosse la testa e mi tenne sdraiata, con la testa sul cuscino e la schiena contro le lenzuola.
Nonostante i Boxer, capii che si stava imponendo di trattenersi. Avrei preferito di no.
Quando cominciò a salire e scendere lungo il mio collo con le labbra, gemetti di piacere e chinai la testa di lato.
Poi, si spostò sul mio petto, soffermandosi su ogni seno, con delicatezza e amore. La sua lingua mi accarezzava e mi tentava …
Scese ancora più giù. Mi baciò la pancia e io sussultai. Le mie dita tra i suoi capelli, le mie gambe intorno al suo bacino.
Fece per appoggiarsi con il capo sul mio ventre che gli dissi, ansimando:
< Edward … Devo dirti una cosa … >
Si rimise come all’inizio, sempre sopra di me, appoggiato alle braccia per non pesarmi. Il suo volto a pochi centimetri dal mio.
Si abbassò per baciarmi e, dopo avermi lasciata libera di respirare di nuovo, mi sussurrò con la sua voce sensuale:

< Dimmi, Amore. >

Inghiottii altra saliva e mi feci coraggio.

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Capitolo 13
*** Occhi verdi ***


13...

Ciao!!!
Visto chi è tornata?
E sì, proprio io!!! E con me porto anche questo capitolo!!!
Vorrei soffermarmi a ringraziarvi tutte per bene, ma sto svenendo di sonno. Ho giusto la forza di scrivere queste due righe e di fare il solito casino con l’HTML (odio preparare i capitoli con il codice, sbaglio sempre qualcosa e poi devo rifare tutto, e non viene mai come voglio. Ghrrr). Fortuna che avevo già scritto il cap 13  XD!
Comunque, il viaggio è andato bene, Budapest è splendida, la campagna ungherese meravigliosa, e gli ungheresi … gli ungheresi … sono gente simpatica (mettiamola così … XD mamma mia che belli!!!).
Domenica, mentre ero a cena da uno zio, alla fine di una cena durata ben 5 ore (io giacevo distrutta sulla sedia, visto che di solito mangio pochissimo), in un ungherese che avrebbe fatto raccapriccio anche al
più impavido tra gli impavidi, sono riuscita a chiedere di andare al suo pc!!! E non appena l’ho acceso (e ho capito dove diavolo dovessi schiacciare XD) sono entrata su EFP.
Mi stava venendo un coccolone quando ho visto tutte quelle recensioni. Ero lì che saltellavo sulla sedia come una deficiente, in preda alla gioia (aiutata dallo spumante e dal vino che ho dovuto bere per non offenderli nonostante io sia astemia e mi ubriachi con le merendine kinder … ). Ad un certo punto è arrivato mio zio, che parla un po’ italiano, e mi ha chiesto se mi sentissi male ( è medico ). Chissà che faccia avevo? XD
Colpa della sua grappa, se ho perso completamente il controllo e non sono riuscita a contenere la felicità! E poi ha anche voluto sapere che cosa fosse EFP, e che cosa scrivessi!!! Quando gli ho detto che è una storia d’amore tra una ragazza e un vampiro, credo che mi abbia considerata perduta per sempre … Lui però adora la Transilvania e ha detto che mi ci porterà!!! Spero di tornare da loro molto presto XD. (che sporca approfittatrice).

Va beh, a parte questa digressione, sono davvero felice che vi siano piaciuti i cap precedenti!!!!!!!
Ed ora, dopo aver mandato
molte di voi ad affollare l’ade e le corsie di cardiochirurgia , a quelle a cui il cuore non ha ancora ceduto dico: Avete notato che nei generi ho messo: “Erotico”?
Ecco, i prossimi capitoli saranno molto “dolci” XD!!! Naturalmente, il mio lato sadico non riposa mai, non preoccupatevi! Per Edward e Bella, le sorprese non sono finite!
Mentre ero in Ungheria pensavo a come far andare avanti la storia, ma ero stata presa da una crisi di tristezza e avevo persino pensato di non proseguire la storia (attimo di sconforto. Maledetti ormoni). Di solito questa mia disperazione passa quando sono davanti alla tastiera ma, dato che il cap 14 non lo avevo ancora preparato, credo che ci metterò un po’ a postare … Chiedo perdono.

Voi magari date un occhiata verso giovedì pomeriggio. Al massimo venerdì. 
Credo che la storia si protrarrà un po’ più di quanto avessi pensato dato che mi sono venute un po’ di idee interessanti all’aeroporto … Devo solo capire come poterle inserire ... Spero non vi dispiaccia!
Ora vado che se no crollo. Un grazie a tutte voi che mi seguite e commentate (spero di ricevere ancora tanti commenti XD) e un saluto e un ringraziamento speciale a tutte coloro che hanno scoperto da poco le mie storie e che prima non mi conoscevano: Spero di non deludervi!
Un bacio a tutte,                                                                   Cassandra

PS: Ringrazio la ragazza che mi ha inviato la mail (mi pare li.95 ... nella mail, o qualcosa del genere.Non essendoti firmata, non posso chiamarti per nome.) Mentre ti stavo rispondendo alla mail, per sbaglio ho schiacciato elimina. Mi dispiace tantissimo. Scusami. Volevo ringraziarti per i complimenti.  Ciao.

 

< Dimmi, Amore. >

La faceva facile, lui.

< Edward … > Sussurrai accarezzandogli il capo. Si abbassò di nuovo per baciarmi le labbra e i suoi capelli mi accarezzavano la fronte.
< Bella, sei agitata … >
Era una constatazione, non una domanda.
< Il tuo cuore batte velocissimo. Calmati, ti prego. > Sembrava seriamente preoccupato.
Cercai di calmarmi, di respirare regolarmente. Non pensavo sarebbe stato così difficile.

< Edward … > mi ripetei per darmi coraggio < Devo dirti una cosa. >

Si sdraiò al mio fianco e, dopo aver posato le sue mani su miei fianchi, mi tirò sopra di sé.
Sdraiata sulla sua pancia, poggiai la testa sulla sua spalla. Osservavo il muro, mente lui osservava me.
Le sue mani erano poggiate una sotto la camicia, sulla pelle della mia schiena, l’altra sul mio capo, e mi carezzava con gentilezza.
< Non avere paura. A me puoi dire tutto. Lo sai … >
Interpretò male il fremito che corse lungo tutto il mio corpo ed aggiunse:
< Non mi potrei mai arrabbiare con te. Se si tratta di qualcosa che è successo … negli ultimi mesi … Qualunque cosa sia successa, tu abbia fatto. Non mi interessa. Non criticherò le tue scelte. Nella tua situazione, l’importante era pensare a sé stessi. Sono orgoglioso di te. Sei riuscita a liberarti da sola. Il resto per me non ha la minima importanza. Dimmelo solo se davvero lo vuoi, se ti può aiutare. Non aver paura di ferirmi.  >

Erano le stesse parole della sua lettera. L’unica che mi fosse pervenuta.

Non ero sicura di cosa potesse pensare, ma a grandi linee lo avevo intuito.
Dissi: < Non è niente di quello che credi … > Ero diventata rossa.
Mi baciò la testa e bisbigliò: < In questi momenti, darei di tutto per poter leggere i tuoi pensieri. >
< Forse, sarebbe più facile … > dissi io chiudendo gli occhi e stringendomi di più a lui.

Lo sentii trattenersi dal ridere.

< Amore, io … noi … > Non riuscivo ad andare avanti.
< Sì? > Mi incoraggiò lui con la voce più dolce del miele.
< Edward, è successa una cosa … >
Attendeva che proseguissi, accarezzandomi dolcemente.
< E credo … credo che dovrai aspettare un po’ prima di trasformarmi. >
Questa volta fu lui a stringermi di più.
< Bella, lo so che sono stato io ad insistere tanto, ma temo che, date le circostanze, sarebbe troppo pericoloso. >
Cominciai a tremare. Non mi sarei mai aspettata una risposta del genere. Non credevo che avrebbe insistito per trasformarmi.
Non potevamo aspettare? Appena qualche mese …
Mi alzai a sedere su  di lui, le mie mani sulle sue spalle. Non avevo smesso di tremare.
< Bella. Calmati. Non c’è motivo di avere paura. Prima torneremo a casa. Non lo farò subito.
Aspetteremo un po’. Attenderò finché non ti sentirai meglio, al sicuro … e magari riusciamo a farti incontrare i tuoi genitori, di nascosto … Sarà complesso, ma ce la faremo. Fra un mesetto, quando tutto sarà tornato tranquillo, diremo loro che per te restare è troppo difficile. Ce ne andremo lontano. Solo allora, ti cambieremo. >

Il suo tono era dolce e tranquillo, ma io non smisi di ansimare. Un mese era troppo poco.
Scoppiai a piangere.
Lui mi accarezzava la guancia, preoccupato.

< Edward, no, no! > Scuotevo la testa. Gli occhi chiusi.
< Bella, non avere timore. Non devi. Ti starò vicino. Non so cosa ti abbiano detto, ma ti giuro, ti proteggerò io, da tutto e da tutti. Anche da te stessa. > Ora la sua voce era davvero preoccupata.
< Edward, io voglio che mi cambi! Che mi trasformi! > balbettavo confusa.
< Ma ti supplico, dobbiamo aspettare. Qualche mese … > Lo stavo implorando.
Socchiusi gli occhi e vidi la sua espressione combattuta. I nostri ruoli si erano invertiti.
Ora era lui che mi voleva vampira ed ero io che volevo restare umana.
< Bella, è pericoloso … >

I miei singhiozzi si fecero più forti.

Tra le lacrime, lo vidi pensare.
< Ma se per te è così importante … >
Mi accarezzava ansioso la fronte.
< Se per te è così importante, aspetteremo. Finché non mi dirai che ti senti pronta. >
Io, quando capii che avrebbe aspettato, mi chinai velocemente e, farfugliando qualcosa, continuai a piangere di gioia nell’incavo del suo collo.
Piangevo e ridevo sollevata.

I miei movimenti lo sorpresero. Mi accarezzò la schiena confuso.

< Grazie. Grazie Edward! Davvero! Vedrai, sarò una mamma bravissima! E tu un papà fantastico! Il miglior papà di tutti! > gridavo, intontita dalla gioia, dall’euforia e dalla stanchezza.

Lo sentii irrigidirsi.

Ecco, la solita imbranata. Non ero riuscita a dirglielo nel modo giusto.

Appoggiando entrambe le mani sulle mie spalle, mi allontanò lentamente dal suo petto e mi fece rimettere seduta. Il mio corpo non gli pesava minimamente, sul bacino.
Mi guardava sorpreso, sconvolto. Una miriade di emozioni gli attraversarono in un istante fugace il volto. Ne riuscii a cogliere solo alcune.
Alla fine, incredulo, mi posò una mano sul ventre. Lo stava fissando. Sembrava che non riuscisse a distogliere lo sguardo.
Posai la mia mano destra sulla sua e attesi che mi dicesse qualcosa.
Aspettai a lungo ma lui non parlò.

Alla fine dissi: < Non sei contento? > Il tono della mia voce era speranzoso.

Con gentilezza mi afferrò per il bacino e mi mise seduta, poi si alzò ed andò dalla parte opposta della stanza. 
Si teneva la testa tra le mani. Lo vedevo tremare di rabbia mentre percorreva la stanza avanti e indietro a passi lunghi e veloci.
Ero terrorizzata e mi avvolsi nel lenzuolo.

Con voce inutilmente misurata mi domandò:
< Come stai? >

Non risposi. Mi limitai a fissarlo, dietro la spessa coltre di lacrime che mi offuscavano la vista.

Dopo aver fatto un respiro profondo, a occhi chiusi, irato,  scandendo le parole come se fossi scema mi domandò:
< Ti hanno fatto del male? >
< No … > sussurrai, cercando di ritrovare la voce.
Mi sentì. 
Lo vidi annuire. Il volto, tra le mani, contratto dalla rabbia. I nostri occhi si incontrarono.

Vide il terrore sul mio volto e, con evidente sforzo, tentò di rilassarsi e apparire calmo.
< Non sono arrabbiato con te, Bella. E non me la prenderò con il tuo bambino. Stai tranquilla. >

Le sue parole mi arrivarono addosso come uno schiaffo.
Mio? MIO? Sconvolta, mi limitai a fissarlo senza capire.

< Bella, dimmi, ti supplico … chi è il padre? Ho il diritto … > la sua voce tremava di rabbia.
< Edward … Ma che domande … > Scuotevo la testa e ridevo. Isteria.
< Ti ho detto: dimmi chi è il padre. Pretendo di saperlo! > Praticamente urlava. Io tremavo.

Mai mi sarei aspettata una reazione simile.

Qualcuno Bussò alla porta ed Edward gridò: < Vattene Alice! >
Lei se ne fregò ed entrò.
Ci osservò un attimo e, sbuffando, si sedette al mio fianco e mi cinse con le sue braccia fredde e snelle.
< Edward … Non vedi come la fai stare male? Dopo tutto quello che ha passato … Comunque, il bambino ha nove settimane e mezza. 67 giorni per la precisione. Fatti i tuoi calcoli e vedi che lo capisci da solo chi è il padre. Vi ho comprato un test. È nel sacchetto della farmacia … > Il tono di voce di Alice era tagliente, seccato.
Edward si appoggiò al muro. Era pensieroso. Mi osservava, preoccupato.
Alice si voltò e mi guardò negli occhi. A me rivolse uno sguardo amichevole, dolce.
< Bella, preferisci che stia qui io, per questa notte? >
Scossi la testa. < No, voglio Edward. >
Annuì e mi baciò la guancia, poi uscì.
Edward la osservava. Sicuramente, nella sua testa, aveva avuto le risposte che cercava.

Mi si avvicinò lentamente e mi abbracciò.
< Scusa, mi sono comportato in maniera riprovevole. Perdonami. > era sconvolto.

Mi feci piccola piccola tra le sue braccia e gli sussurrai:
< Non preoccuparti. So che è incredibile. >
< Incredibile è dir poco. > E poi mi fece sdraiare. Poggiò le labbra sul mio ventre e lo baciò con dolcezza.

Sollevando appena le labbra, mi sussurrò:

< Un bambino … Perché non vuoi sapere di che sesso è? >
< Come? Voglio che sia una sorpresa. Tu lo sai già? > Chiesi delusa.
Sorrise e mi disse: < Colpa di Alice, e del suo voler fare la stanza a tema. >
< O no! Ti prego, dimmi di no! Sarà tremendo! > Ridevo.
< Sicuramente. Dovresti vedere cos’ha in mente per i vestitini! > e rise anche lui.

Poggiò l’orecchio sulla mia pancia e rimase in silenzio. Lentamente, fece scivolare la mano sul mio cuore e rimase in quella posizione per qualche istante, poi sussurrò:

< Sai, ora … ora che me lo hai detto, riesco a distinguere anche il battito del suo cuore. È un suono molto, molto basso. Quasi impercettibile … Bellissimo. Prima, quando lo sentivo, non capivo cosa fosse. Temevo che ti fosse successo qualcosa, di dover correre da Carlisle. È un ottimo chirurgo … il migliore. Ero davvero preoccupato, e invece … chi mai avrebbe potuto pensare … > Mi sorrise e mi baciò le labbra. Era emozionato, commosso.
Si sdraiò al mio fianco e poggiò una mano sulla mia pancia mentre con l’altra afferrò la mia.
< Tu vorresti un maschietto o una femminuccia? >
< Voglio solo che sia sano e … normale … >
< Sarà sanissimo e normalissimo. Una vera piccola peste! >
Mi voltai e seppellii il volto tra la sua clavicola e il suo collo. Lui mi strinse le braccia intorno al corpo.
< Allora? Maschietto o femminuccia? >

Esitai un attimo. Ero certa che volesse un maschio, ma io …
< Vorrei una femminuccia … >

Lo sentii ridere e poi passarmi dolce una mano sulla schiena.
< Ci avrei scommesso! > Mi sussurrò all’orecchio.
< E tu? > Domandai.
< Io? Non lo so! Per me, era un’idea totalmente assurda. Non credevo che fosse possibile neanche lontanamente, una cosa del genere. È già un miracolo di per sè. Non ho mai pensato di poter avere dei figli … dei figli miei. >
< Uffa … > Sbuffai.
< Che c’è? > Mi chiese mentre la sua mano accarezzava gentile il mio volto.
< Ora sia tu che Alice sapete, e ci scommetto che lo dirà anche agli altri.
Ora solo io non lo so! >

Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti e poi lo sentii sospirare.

< Femmina … > mi sussurrò.

< Davvero? >
< Una bellissima bambina. >
Risi: < Avrà preso tutto da te! >
< Non dire così! Però, i capelli e gli occhi sì! >
< Avrà gli occhi verdi? >

Lo sentii annuire, poi aggiunse: 

< In realtà, verde-acqua. Reneè ha gli occhi azzurri.
Alleli recessivi. >
Feci finta di tirargli il cuscino e gli gridai: < Non parlarmi di biologia! >         

Rise e lo vidi alzarsi. Dopo appena un attimo, tornò da me e mi prese tra le braccia. Mi lasciò andare solo quando arrivammo in bagno.

< Edward! >
< Prendi. Sai come si usa? > e mi porse il test di gravidanza. Alzai lo sguardo per rimproverarlo ma la felicità che gli vidi brillare negli occhi mi fece cambiare idea …
< Toh, contento? > Gli dissi dopo un po’, agitandogli davanti agli occhi il pezzettino di plastica, con la striscia rosa ben in mostra.

Le dita gli tremarono, quando lo afferrò. Poi mi abbracciò con vigore.

< Ti riporto a letto. > e così fece. Mi baciò a lungo, lasciandomi a mala pena respirare.
< Fammi indovinare. Quello lo terrai? > ed indicai il test sul comodino, dentro la sua scatolina.  

Rise ed annuì. Scossi la testa sorridendo e mi scappò uno sbadiglio.

< Bella, è tardi. Devi dormire. Domani sarà una giornata estremamente faticosa per te. Non devi affaticarti. >
Annuii e poi gli domandai: < Edward, ora, non è che perché sono incinta tu mi tratterai come se fossi un giocattolo di cristallo. Per lo meno, non più di quanto tu già non facessi prima! Vero? >

Lo sentii irrigidirsi e poi mi domandò: 

< Ti risulto opprimente? > Sembrava rammaricato.
< No, Edward no. Certo, a volte esageri, ma capisco che per te sia difficile. E io di certo, con la mia imbranataggine e la mia sfortuna, non ti aiuto … 
E' nella tua natura, voler tenere tutto sotto controllo.
E poi,capisco che le cose adesso saranno molto più difficili e pericolose. Con il bambino, o meglio, la bambina. >
Entrambi, senza volerlo, cominciammo ad accarezzare la mia pancia. Appena le nostre mani s’incontrarono, lui intrecciò le sue dita alle mie.
< Bella, dopo gli ultimi mesi, non posso permettermi di lasciarti sola un solo istante.
Ti assicuro, non vorrei affatto limitare la tua libertà ma ne sono costretto … Non sarà facile, ma ti prego, cerca di capire, dovremo prendere delle precauzioni. > 
Sembrava volesse scusarsi.
< Non preoccuparti. Capisco benissimo. E poi, non voglio che ti allontani neanche per un attimo.
Devi restarmi vicino, ogni momento. Voglio poter sempre essere certa che tu sia lì, vicino a me. >
< Io ci sarò sempre. >
< Mi sei mancato. Mi sei mancato tantissimo. > Scoppiai a piangere e lui, dopo avermi avvolta nella coperta, mi strinse tra le sue braccia e cominciò a cullarmi.
Con voce addolorata e frustrata, mi sussurrò: < Anche tu, Amore, mi sei mancata in una maniera indicibile. Credevo di impazzire. >
< Ora cosa faremo? >
< Di questo non voglio che tu ti preoccupi. Hai già troppo a cui pensare. Troveremo una soluzione. Io e Alice abbiamo già pensato ad un piano. Dovrai tenere duro. All’inizio sarà molto difficile, ma sono certo che poi ti abituerai. >
< Promettimi che non farai il cretino e l’eroe, e che nessuno correrà rischi! > cercavo di respirare regolarmente.
< Bella, se ti agiti ti sentirai male. La bambina ha già dovuto patire l’ansia della prigionia. Sta certa che l’ha subita esattamente come te. In questo momento, ha bisogno che tu stia calma e serena. E anche io voglio saperti e vederti così.
Voglio che tu sia serena. E sta sicura che non correremo pericoli. Agiremo in modo discreto. Risolveremo tutto. E ti prometto: non mi allontanerò mai da te. >

Dalle sua parole traspariva la sincerità di cui erano intrise.
Mi calmai e, senza accorgermene, scivolai nel sonno.
Sentirlo cantare la mia ninnananna mi fece finalmente realizzare che ero libera, che ero con lui.

Quasi addormentata, cercai le sue labbra e lui me le porse.
Mi addormentai con il suo respiro buonissimo in bocca.
Non dovetti accarezzarmi il ventre. Non ne sentii il bisogno.

C’era già la sua mano posata sopra, a proteggerlo, a proteggerci.
A difendere me e la nostra piccola bambina.

 

Luce. Dita fresche sulla fronte.

< Dobbiamo proprio svegliarla? > La voce di Edward, bassissima.
< Dormirà in aereo. > Alice …
< Bella? Bella, Amore, svegliati … > mi lasciai guidare da quella voce e riaprii gli occhi.

Il mio bellissimo sposo era chino sopra di me e mi osservava.
Sorrisi e gli cinsi il collo con le braccia. Aiutata da lui, lo abbracciai stringendomi al suo corpo.
Edward teneva entrambe le mani sulla mia schiena, per sostenermi. Senza che quasi me ne accorgessi, riuscì a sfilarmi le lenzuola e le coperte e mi prese in braccio.
Dopo avermi portata in bagno, mi aiutò a lavarmi. Mi ricontrollò il braccio e le altre abrasioni e, dopo avermi baciato a lungo, mi porse degli abiti puliti.
Non badai neanche a che cosa fossero. Me li infilai in silenzio e, assonnata nonostante l’acqua gelata, mi lasciai prendere in braccio.

Alle nove, lasciammo l’albergo e, data la guida a dir poco veloce di Jasper, arrivammo in orario all’aeroporto. Non avevamo bagagli da imbarcare e fu tutto estremamente veloce.
< Bella … >
< Sì? >
< Non torneremo a Forks. Mi dispiace, per Charlie e Reneè … ma non possiamo proprio. >

Chiusi gli occhi e annuii, conscia della pena inflitta ai miei genitori. Mi appoggiai ad Edward che mi accompagnò e sostenne fino ai nostri posti, sull’aereo. Alice e Jasper erano seduti dietro di noi e controllavano che tutto fosse a posto. Vidi Alice infilare in tasca un passaporto con la mia foto. 
Il nome però era il mio. Documenti falsi, così come i loro.

Non facemmo neanche in tempo a decollare, che sentii Edward chiedere una coperta. 
Percepii chiaramente, nonostante il torpore, le sue dita accarezzarmi e sistemarmi il plaid addosso.
Ero praticamente sdraiata addosso a lui.

Quando riaprii gli occhi, stavamo volando sopra l’oceano.

< Mh … >
< Bella? Sei sveglia? > un bisbiglio al mio orecchio.
< Sì … Edward. > mi teneva tra le braccia.
< Scusa, se non ti sono di compagnia … >
< Ma cosa dici? È un piacere, osservarti dormire, sorridere … sentire il mio nome sussurrato dalle tue labbra. 
Adesso però devi mangiare. Hanno appena preparato. Hai fame? >
Annuii. Non vedevo l’ora di mangiare.
E quando venne la hostess, Edward chiese una porzione abbondante.

Non mi sfuggii il suo sguardo indirizzato non ai miei occhi, bensì alla mia pancia.

Come la sera precedente, mi riempii di cibo.
< Hai ancora fame? > mi domandò Edward, quando ebbi finito.
< Edward! Se continuo a mangiare in questo modo diventerò una botte prima del tempo … >
< Sht, non dirlo neanche. Mangia ogni volta che hai fame. Pensa che è la bambina che ti sta dicendo:
“Mamma, ho fame. Dammi da mangiare!”
E poi, sei dimagrita un bel po’. Voglio che ti rimetti in forze. >
Scossi la testa e chiesi se ci fosse della torta. Sapevo che lo diceva per il mio bene, ma riusciva sempre ad ammaliarmi e a farmi fare quello che voleva.
Prevedevo 7 mesi di “ Pensa al bambino ”.

Forse avrei potuto tenermi quella notizia per me ancora per un po’ … però, vedendo gli occhi adoranti di Edward …
No, effettivamente non avrei potuto non dirglielo.

Affondai la forchetta nella torta mentre Edward mi baciava i capelli e rideva della mia espressione.
Sollevai la bottiglietta d’acqua e sospirai:

< Alla bambina. >

Lui, al mio orecchio, sussurrò: < Alla bambina. >  

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Capitolo 14
*** Ritorno ***


Ciao!
A voi il capitolo 14! Visto che sono riuscita a postare oggi?

Allora, per cominciare, il nome della bambina ve lo svelerò o nel cap 15 o, più probabilmente, nel 16. Oltre ad essere il nome che vorrei dare a mia figlia, credo che sia l’unico nome che loro potrebbero dare alla bambina.

Grazie a tutte voi che leggete e commentate!
bimbaemo Ecco l’aggiornamento! Ps: Non mi avevi offesa per niente XD Anzi, mi hai dato una mano!
summer718 Sai, credo che descriverò anche un po’ di gravidanza e di vita insieme alla bambina, anche se all’inizio non ne avevo intenzione! Mi sono venute in mente un paio di belle cose!
_Natsuki_ Sono contenta di farti felice!!! Alice è il mio mito! Anche io adoro il pezzo in cui lui le bacia la pancia! E ti assicuro, Edward sarà sempre più dolce!!!
Raki Neanche io posso immaginare come si possa credere che qualcuno tradisca LUI, EDWARD CULLEN! Per il finale, non preoccuparti! Non sarà affrettato! Non è da me! Per la dipendenza, mi spiace dirti che non c’è cura! XD
LittleBloodyMary Spero che sia davvero così! Non mancherò di fare come dici! E la bambina sarà un amore!
Ransie88219
Grazie! Per la reazione di Edward, vedrai nel cap 15! Spero ti piacerà!!!
Wind
Peccato che tra poco parto di nuovo … Spero di riuscire a far apparire la bimba prima della partenza!
Giulls Una sola parola per commentare il tuo commento: Fantavolante XD
yumisan Anche a me piace troppo quella scena!!! È sia dolce che tremenda! E come puoi vederre, ho postato in fretta!
carlottina Zia Alice sarà tutta presa in completini e vestitini!!! E così, dal giocare a vestire Bella, passerà al vestire la piccolina! Spero ti piacerò anche il seguito! Non mi smentirò.
novilunio  Insomma, non so che fare/dire/scrivere per ringraziarti, quindi, Grazie!
3mo_is_love Dato il padre, sarà molto bella! La gioia dei ragazzi! Ma te lo immagini, Edward che fa il padre geloso! È proprio il tipo! E Bella che cerca di farlo ragionare!!! XD
lilly95lilly No!!! Non piangere! Non ancora! Cosa farai dopo?
BellaSwan95 No no, non preoccuparti, non mi ubriacherò! Chissà che potrebbe venir fuori però?
MoonlessNight E già … povera Bella! Sarà dura per lei, con tutte quelle attenzioni quasi soffocanti! Io però per Edward sopporterei!
grinch Grazie! Io continuerò a scrivere, tu continuerai a recensire? Dimmi di sì!!!!
hachicat Oh my darling! From Providence! From USA!!! I miss you! ( senti, so che è un po’ fuori mano, ma perchè non fai un saltino nello stato di Washington –esattamente dall’altra parte degli USA- e dai un occhiata al confine con il Canada … sulla costa occidentale? ) S U S!!!!
sophie_95 Non preoccuparti! L’importante è che ti piaccia! Ciao e a presto!
giulia9_91 Speriamo che prenda tutto da quel dio di suo padre!!!
Zarah Oddio, sono contenta che ti piaccia così tanto!!! Addirittura uno dei preferiti? E ti ho persino fatto piangere in ufficio? Sono imperdonabile … un bacio e a presto!
PenPen È vero, povero Edward!!!non preoccuparti, nessuna colazione a base di figlia!!! Il nome arriverà presto (già scelto, da tempo) penso che i nonni vedranno la nipotina!!! Sta tranquilla!!!
Inuyasha__girl92 Sono molto contenta che ti piaccia!!!!!! E per i prossimi, sarai molto felice spero!!!
aLbICoCCaCiDa Io magnanima? Io? Mhhh … ci sarà il lieto fine … ma sarà dura per la famigliola! XD. PS: Non preoccuparti, ti piacerà, saranno troppo carini con la bimba!!!
francy94 Romantico e un po’ triste … e anche i prossimi lo saranno XD spero ti piaceranno!
sally10989 Grazie!
AngelOfLove Adoro i fuochi! Grazie! Visto che ho postato di giovedì? Felice? PS: Alice for ever!
emily ff Eh sì, povera Bella! Sarà proprio dura, ma per Edward, questo ed altro!!! Ah, sì … quella ragazza non ha proprio tatto … Povero Edward … se viene da noi, sono certa che lo consoleremo benissimo!
Lilian Potter E sì, cara … sono astemia … (tutti hanno i propri scheletri nell’armadio!) se ti va, scolati tutti gli alcolici anche da parte mia!!! Ti do io il permesso, poi però dovrò scappare dai tuoi!!! Ora vado a raggiungere un gelato alla mela verde (quello vero … uffa … io volevo l’altro! XD) e poi vado a leggere la seconda parte di Fiore Impuro –Federica? Io avrei pensato che le avresti dato un altro nome … chissà perché … ?) ci vediamo tra le tue recensioni!
Deimos Sono diventata tutta rossa!!!!! Sei troppo buona!!!!! La bimba sarà adorabile!
alice brendon cullen Sarò già in fumetteria!!! Anche se l’ho già letto in inglese … ti piacerà troppo il prox numero. È a dir poco splendido!!! Morirai! Io e le altre abbiamo passato un mese, anzi molti di più, dato che lo ha lasciato in sospeso, con il fiato in sospeso. Edwardddddddddd!!!!!!!!!
Hanairoh Mamma mia, il tuo povero cuore!!! Anche a me piacciono troppo quei punti! E invidio Bella, con tutti quei pretendenti!!!
memi16 Edward è dolcissimo!!! Grazie per i complimenti!!!
Krisma Tutto d’un fiato???? Mamma mia! Ti sarà venuto mal di testa!!! Edward sarà un padre perfetto, ma io lo vorrei come marito!!!
yuyutiamo
Ma ti pare? Mi dispiace per te che ti sei dovuta dare alla matematica!!! Io ho scampato la fisica per un soffio! Proprio mentre leggevo il tuo commento, stavo scrivendo il cap 15, dove lei glie lo dice … Ma tu per caso sei come Edward? Di la verità … leggi nella mia mente! Spero che oggi tu riesca a leggere il cap 14!  Anche se so che la matematica forse ha la precedenza!!! Un bacio e a presto!

Bene, e ora vado a pranzare!!!! Anche se sono quasi le 4 …
Ci vediamo Sabato pomeriggio!

                                       Cassandra

Bella's Pov

Edward diceva che era colpa dello stress e del fatto che, negli ultimi due mesi, non avessi riposato abbastanza e nel modo giusto, sta di fatto che ero stanchissima.
Appena finito di mangiare, mi appoggiai a lui che mi accolse nelle sue braccia.
Mi resi a mala pena conto, non so quanto tempo fosse passato, di Edward che mi allacciava le cinture.
Mi accorsi poi che mi prendeva in braccio ma non aprii neanche gli occhi. Stavo troppo bene in quella posizione.

Fui però costretta a sollevare le palpebre quando, nel caos dell’aeroporto, la voce ansiosa di Esme mi raggiunse.
< Bella, tesoro … Edward, cos’ha? Sta male? > si stava avvicinando sempre di più.
< No, non preoccuparti. È solo molto stanca. È un po’ debilitata. > Sentii le sue mani fredde accarezzarmi il capo e sistemarmi una giacca addosso.
< Edward, vieni, da questa parte … La macchina. >
Quando sentii Jasper dire: < Quella? > sollevai le palpebre e vidi una bella auto dai finestrini scuri.
Era molto grossa, a otto posti …
Carlisle era già al posto di guida. Esme si sedette in quello del passeggero mentre Alice e Jasper, dopo avermi abbracciato, presero posto dietro nei sedili posteriori.
Carlisle tenne aperta la portiera ed aspettò che Edward mi facesse sdraiare. Il mio sposo scivolò al mio fianco e mi fece appoggiare a lui.
< Bella? >
< Si, Carlisle? >
< Te la senti di viaggiare un altro po’? >  Mi domandò voltandosi verso di me.
< Sì … > e sorrisi. Lui fece altrettanto e mi carezzò il volto. Poggiò due dita sulle vene del mio collo e poi guardò Edward negli occhi. Sicuramente, lui aveva letto la domanda nella mente di Carlisle, visto che scosse il capo e gli disse: < Non preoccuparti per quello. Dopo ti spiego. >

Carlisle annuì e poi mise in moto.
Dopo un po’ di tempo, trascorso nel silenzio, Esme disse:
< Abbiamo una casetta, non lontano da Gibsons. A un’ora di traghetto … e poi un altro po’ in auto. Ecco, siamo quasi arrivati al porto. Se vuoi, possiamo andare in albergo, per questa notte. >
Cercando di non sbadigliare, biascicai: < No, non preoccupatevi. Preferisco andare subito a casa. >
Poi Edward mi abbracciò e mi sussurrò: < Ti amo. >
Risi e dissi: < Anche io. >
Nonostante il buio, lo intravidi sorridermi.
Mi fece mettere comoda, sistemandomi meglio la giacca.
< Dormi. Amore … > e io ubbidii.

Venni investita da un vento gelido che mi sferzava il volto facendomi ondeggiare i capelli davanti al volto. Riaprii gli occhi a fatica ed Edward mi sorrise. Mi teneva in braccio, seduto su una panchina.
< Ben svegliata … > Di sottofondo, il suono di onde che s’infrangono sulle rocce.
< Siamo arrivati. Abbiamo appena attraccato. Alice è andata a noleggiare un’altra auto. Tornano a Forks, a prendere le nostre cose. Ci raggiungeranno presto. Tra un’ora saremo a casa. >
Annuii e poi mi strinsi di più al suo corpo.
< Hai freddo? > mi chiese preoccupato, mentre i soffi di vento mi scompigliavano i capelli.
< No. Solo, volevo sentire il tuo odore. Mi è mancato così tanto … >
Poggiò le sue labbra sulla mia fronte e poi scese lungo la mascella. Quando raggiunse le mie di labbra, io le dischiusi, accogliendo il suo respiro.
Mi accarezzò il palato e fece scorrere le sue dita lungo il mio collo e sulle mie spalle.
Quando mi permise di respirare, si spostò a baciarmi il lobo dell’orecchio.

La sua voce, poco più di un impercettibile sussurro, mi chiedeva:
< Come va? >
< Sto bene. >

Quando le sue mani raggiunsero la mia pancia, lo fissai e lo rassicurai:
< Stiamo bene. Non preoccuparti. >

Alzò lo sguardo e mi disse:
< Stanno arrivando con l’auto. Andiamo. >
< Lasciami camminare. >
Mi poggiò le mani sul bacino e mise in piedi davanti a lui.
Dopo avermi preso le mani, mi squadrò e poi si alzò.
Mi cinse le spalle con un braccio e con la mano libera si portò la mia, quella destra, al volto.

La baciò e poi mi condusse ad una vettura scura.

Dato che la mia goffaggine non era miracolosamente svanita, inciampai nei miei stessi piedi. Naturalmente, il mio sposo non mi permise neanche di avvicinarmi all’asfalto.
Le sue mani gelide mi afferrarono e mi strinsero al suo corpo.
< Bella, devi fare attenzione. >
Mi stava rimproverando?
Lo fissai incredula e lui scosse la testa, scoccandomi un bacio sulle labbra.
< Ora più che mai. >
Non gli risposi e mi infilai in auto. Non volevo litigare, ma non volevo neanche che si comportasse così. Che le cose cambiassero tra noi, per colpa della bambina.

Fu un viaggio silenzioso e mi parve molto lungo.
E nel silenzio dell’abitacolo scuro, ad un certo punto si sentì il mio stomaco brontolare.
< Carlisle, fermiamoci … > Disse Edward. E così parcheggiammo in una stazione di servizio.
< Vieni Bella. Devi mangiare. > sospirai ed uscii.

Fuori, nel fresco della sera, afferrai la mano di Edward. Lui mi si avvicinò e mi bisbiglio:
< Ti prego, non essere adirata con me. Ti amo. Sono solo preoccupato. >
Con il dito indice mi accarezzava le labbra. Mi prese la mano sinistra e, dopo avermi baciato la fede, mi alzò la manica della camicetta mostrandomi le bende leggermente macchiate di sangue.
< Ho davvero avuto molta paura. >

Scossi il capo e poggiai il palmo della mia mano sulla sua guancia. Con dolcezza, lui se lo portò davanti al volto ed inspirò a fondo l’odore del mio sangue.
Senza che me ne potessi neanche accorgere, mi ritrovai le sue labbra sulle mie. La mia bocca aperta accoglieva la sua.
Chiusi gli occhi e mi appoggiai a lui che intanto faceva scorrere le sue mani lungo la mia schiena.
Quando mi scostai per riprendere fiato, con voce grave e tormentata, Edward mi disse:
< Ed ora, dovremo fare ancora più attenzione. Lo sai … >
< Sì. > capivo le sue preoccupazioni. Mi rimise a posto la manica e mi accompagnò dentro l’area di servizio.

Esme mi venne vicina e mi chiese educata: < Tesoro, vuoi che ti accompagni in bagno? >
Annuii e la seguii. Sentii lo sguardo di Edward scortarmi finché  non scomparvi dietro la porta.
Mi diedi una bella rinfrescata e, quando fui pronta, seguii Esme fuori, nella sezione ristornate.

Edward e Carlisle mi stavano aspettando ad un tavolo. Mio marito mi aveva preso da mangiare.
Finii l’insalata velocemente, affamata.
Quando il piatto fu vuoto, chiesi: < Quanto ci manca ancora? >
< Circa quaranta minuti. Sei stanca? >
< Un po’. > Sentii Edward osservarmi e mi voltai. I suoi occhi mi esaminavano.
< Ho solo mal di testa. >
< Quando arriveremo, ti visiterò. Con calma, non c’è fretta. > mi disse Carlisle, più per rassicurare Edward, che non me.

 Senza dire niente, afferrai un panino e gli diedi un morso. Il lungo viaggio mi aveva scombussolata e improvvisamente mi pareva di avere un nodo allo stomaco.
Appoggiai il cibo nel piatto e subito Edward mi poggiò la mano sulla spalla.
< Bella? > 
Mi voltai a fissarlo: < Sì, Edward? >
< Non ti va? >
< Mhh … veramente, non ho più tanta fame. Magari dopo. Sai, la macchina … >
Vidi che non era per niente contento ma, da bravo gentiluomo, non disse nulla e mi sfiorò la fronte con le labbra.
< forse sarà meglio andare. Hai bisogno di stare tranquilla. > Carlisle mi accarezzò la mano destra, che tenevo poggiata sul tavolo. Il braccio sinistro ciondolava inerte.
Quando fummo nuovamente in auto, rimasi a fissare fuori dal finestrino, mentre Edward mi cullava tra le sue braccia.

Stavamo attraversando un bosco, su di una strada sterrata, quando Carlisle girò a destra lungo a un sentiero di pietra. Dopo circa dieci minuti, intravidi una vecchia casa, grande ma non come quella di Forks.
Era seminascosta dagli alberi. Aveva l’aria di essere abbastanza vecchia, di sicuro aveva bisogno di essere restaurata. Due piani, tetto rosso, intonaco bianco con alcune crepe. Due balconi e una terrazza.

L’auto si fermò proprio davanti al porticato ricoperto d’edera ed Esme, dopo neanche un secondo, venne ad aprirmi la portiera. Quando uscii, lei mi strinse in un abbraccio saldo ma al contempo delicato.
< Oh Bella, sono così felice! > 
< Grazie Esme. Mi siete mancati tantissimo. >
Quando ci separammo, Edward mi prese in braccio come se fossi stata una principessa o una sposa e salì i gradini davanti alla porta.

Sì, una sposa. La sua sposa. E quella sarebbe stata la nostra casa.

Fece scorrere la punta del naso sulla mia guancia e poi cercò le mie labbra.
Quando le trovò, le carezzò gentilmente con la lingua.

Mi baciò e fu come se fosse stata la prima volta. Mi aggrappai ai suoi capelli e avvicinai di più la sua testa alla mia. Le palpebre si abbassarono contro la mia volontà, mentre il mio corpo veniva invaso da tremori.
Sentivo il sangue pompare furioso nelle vene e il cuore battere impazzito.
Si allontanò leggermente da me e soffiò divertito sul mio volto, facendomi ondeggiare un ciuffo ribelle e impedendomi di riaprire gli occhi.
< Bella, sei sempre così impetuosa. > rideva.
Mi sfiorò con le labbra umide le occhiaia e mi sussurrò:
< stiamo varcando la soglia … non vuoi guardare? >

Annuii e spalancai gli occhi, stringendo le braccia attorno al suo collo e appoggiando il capo sulla sua spalla, per poter inebriarmi del suo odore.

Non mi ero neanche accorta che mi stesse reggendo con un braccio solo, finché non lo vidi aprire la porta.
Con un passo lungo e teatrale, varcò la soglia.
A pochissimi centimetri dal mio orecchio, mi bisbigliò:
< Mi dispiace che non sia la luna di miele che avevo organizzato, ma ti prometto, ti giuro, saremo felici. Vi farò felici. >
Sentii le lacrime formarsi agli angoli degli occhi e mi strinsi di più a lui che, con la mano libera, cominciò ad accarezzarmi la testa. Lo sentii sospirare:
< Ah, gli ormoni … > e poi passò delicato le sue labbra sul mio collo, con tutta la delicatezza e la dolcezza possibili.
Se non fosse che non avevamo gli abiti da cerimonia, si sarebbe potuto credere che ci fossimo sposato quello stesso giorno.

Quando fummo in casa, mi fece sedere sul divano e mi baciò la fede.

Mi osservai intorno e potei constatare che la casa non era fatiscente.
Certo, i mobili erano un po’ vecchi, le tende ingiallite e i libri intrisi di polvere, ma tuttosommato era accogliente, semplice. Mi piaceva ed ero sicura che Esme l’avrebbe rimessa a nuovo.
Edward non parlava. Si limitava a guardarmi. Ad un certo punto mi domandò: < Vuoi vedere la nostra camera? >
< Sì … >
Mi prese per mano e mi fece strada attraverso l’ampia sala. Si fermò davanti una porta ed abbassò la maniglia.

La stanza non era molto grande. Un letto matrimoniale, i comodini,  un armadio e una scrivania. A destra, una porta.

< Da su un bagno personale. > Mi rivelò quando vide che la fissavo curiosa.
< Questo era uno studio. Esme ieri ha sistemato qui una camera da letto. Appena Alice l’ha avvisata che eri con noi, al sicuro. 
È stata lei a chiederle di prepararla al piano terra. Non posso che essere d’accordo con lei. Per il futuro, sarà meglio che tu non abbia le scale da fare per andare in camera. 
Sai, vorrei evitare scivoloni sui gradini … >
Eccolo, il mio Edward … che cercava di proteggerci persino dalla mia sbadataggine.
< Edward … ti prego. Non cominciare. >
< Bella … > e mi abbracciò. Parlava talmente piano che a mala pena riuscivo a sentirlo io. Sicuramente Carlisle ed Esme, intenti com’erano a sistemare la cucina e la sala. < Lo dico per te, sul serio. Quando sarai più avanti con la gravidanza, sarà complicato riuscire a muoverti. Già ti fai sempre male, figuriamoci con il pancione che ti sbilancerà in avanti. Sarai una specie di mina vagante! Dobbiamo contenere i rischi. > Sorrideva ma io sapevo perfettamente che era convinto di quello che diceva. Ed io, in gravidanza, non avrei potuto permettermi leggerezze, sbadataggini. Quindi sorrisi e mi buttai sul letto, facendo sussultare Edward.

Mi girai pancia all’aria e spalancai le braccia. Risi della faccia scandalizzata di Edward.

< Che c’è? > domandai quando vidi che non si avvicinava.
< Bella, per favore, non fare così. Niente movimenti bruschi. >
Sbuffai e mi portai a sedere. < Va bene … >
Si sedette al mio fianco e mi sorprese. Nel modo in cui mi abbracciò. Con la mano, avvicinò la mia testa al suo corpo e mi obbligò con grazia ad appoggiarla nell’incavo del suo collo.

I movimenti furono talmente veloci che non mi accorsi neanche del come, ma improvvisamente mi ritrovi sdraiata con Edward inginocchiato su di me. 
Teneva il capo sul mio seno ma naturalmente Edward non pesava minimamente sul mio corpo, dato che scaricava il peso sulle gambe.
< Ti amo. >
Non risposi, limitandomi a far scorrere le mie mani tra i suoi capelli e lungo la sua schiena.
Era agitato. Io no.
Gli sfiorai le guance con le labbra, alzandomi sui gomiti per raggiungerle.
< Andrà tutto bene. Starò attentissima in futuro. Te lo prometto. >
< Lo so. Ora arriverà Carlisle. Controlleremo che vada tutto bene. >
< Cosa gli diremo? >
< Cosa vorresti dire loro? >

Mi portai le mani al volto per coprire le guance. Ero arrossita. Edward me le levò dal viso e mi domandò curioso:

< Che c’è? >
< Niente, è solo che mi vergogno. È così imbarazzante. >
< Come sarebbe a dire imbarazzante? è meraviglioso! Sei assurda … Siamo sposati. Ricordi? >
Lo fissai negli occhi e gli dissi: < Sposati, e genitori … >
< Già … > e annuì convinto. 

Rimanemmo sdraiati ad abbracciarci alcuni minuti, in silenzio, finché non bussarono alla porta.
< Avanti Carlisle … > e lui entrò, insieme ad Esme.

Eravamo tutti lì, io tra le braccia di Edward; Esme e Carlisle poggiati al muro. Due statue che mi sorridevano gentili. Lui teneva tra le mani la sua valigetta da medico.
< Allora Bella, ora controlleremo che non ci siano problemi … >
< Carlisle. > Feci io prima che potesse proseguire < Esme … > Lei si sedette al mio fianco, dalla parte opposta a quella di Edward, e mi prese la mano.
< Non preoccuparti Bella. È solo un controllo. > Non risposi. La bocca secca e lo stomaco in subbuglio.
Fu Edward a proseguire:

< Bella aspetta una bambina. > La sua voce era calma, tranquilla. L’unico sentimento che traspariva, ma solo dai suoi occhi, fu la gioia.

Esme s’irrigidì, spaesata. Carlisle invece, con tutta la sua professionalità, mi venne vicino e mi carezzò la guancia. Con uno sguardo d’altri tempi, mi disse: 
< Felicitazioni. >
Era cauto. Temeva di ferirmi. Che mi fosse successo qualcosa. Lo vedevo nei suoi occhi
Non mi fecero domande. Esme evitò accuratamente il mio sguardo, stringendomi in un abbraccio materno, come quello che avrei ricevuto da Reneè, se mai fossi riuscita a dirglielo.
Quel pensiero mi fece venire l’ansia. Cominciai a piangere in silenzio mentre lei mi carezzava la schiena. Edward mi prese la mano e poi rispose ad una domanda inespressa.
< No, no … il padre sono io. È già al secondo mese. Ma comunque, non avrebbe la minima importanza ... > Era felice.  
Carlisle gli diede un paio di pacche sulla spalla e poi vidi mio marito annuire e fare segno: “dopo”.
Esme mi baciò la fronte e mi sussurrò: < Sono così felice per voi. > I suoi occhi erano asciutti ma la sua voce era commossa.
Io non riuscivo a trattenere le lacrime. Mi voltai e mi lasciai avvolgere dalle braccia di Edward che, ansioso, mi domandò: < Cosa c’è, Amore? Sei stanca, devi riposare. >
Tra i singhiozzi, biascicai: < Vorrei tanto dirlo a Reneè e Charlie … >
Mi strinse a sé e mi rassicurò: < Faremo tutto il possibile, ma la priorità è la tua sicurezza. Così come la loro. Non possiamo rischiare. > Annuii e lasciai che mi facesse sdraiare.
< Stai calma. Per la bambina. > chiusi gli occhi e inspirai profondamente.
< Io ed Esme andiamo di là. Ci vediamo dopo. > Mi voltai e lo fissai negli occhi.
< Resta. > le mie parole furono una via di mezzo tra un ordine e una supplica.
Si chinò per baciarmi le labbra e poi il suo respiro mi accarezzò le palpebre.
< Va bene. >

Intravidi Esme alzarsi ed Edward mi disse sottovoce: < È andata a prepararti una camomilla. >

Carlisle appoggiò la sua borsa su una sedia che aveva avvicinato al letto e cominciò a slacciarmi la camicetta. Notai, sorpresa, che le sue dita tremavano leggermente mentre passavano leggere e dolci sulla mia pancia, quasi fossero delicate come le ali di una farfalla. Mi sentì il battito e mi misurò la pressione.
< In ospedale cosa ti hanno detto? Ti hanno fatto anche una visita ginecologica? > mi domandò riponendo lo strumento nella sua borsa.
< Sì … e mi hanno detto che va tutto bene. >

Edward mi sollevò il braccio ferito e mi baciò la mano.
< Avrei voluto esserci. In un momento così importante … > Sembrava davvero triste. Con il dorso della mano, gli carezzai la guancia e lo rassicurai: < Non preoccuparti. Tu sei qui, ora. Con me. Ed era come se ci fossi stato anche in quel momento. Davvero. >
Mi sorrise malinconico e mi baciò, casto, sulle labbra.

Carlisle si rivolse a me: < Purtroppo, non ti posso portare in ospedale. Sarebbe rischioso. Ti potrebbero riconoscere. Dovrò visitarti qui … anche quando la gravidanza sarà in uno stadio avanzato. Temo anche che dovremo farti partorire in casa. Non preoccuparti, sono perfettamente in grado di gestire questa situazione.
Ti terrò costantemente sotto controllo. Devi stare tranquilla. Faremo in modo che ti tu ti trovi persino meglio che in ospedale. >  Mi sorrideva cercando di tranquillizzarmi. Edward mi coccolava, ma sapevo che non era entusiasta di quella condizione. Un parto in casa era un rischio. Se fosse successo un imprevisto, non avrebbero avuto gli strumenti necessari per intervenire. Ed inoltre, non avremmo potuto effettuare gli esami di routine …
Edward intuì i miei pensieri e mi disse: < Non preoccuparti per la salute della bambina. Starà bene. Alice ha visto chiaramente che lei è sana. Limiteremo al minimo i rischi del parto. >
Le sue mani mi carezzavano ansiose. Era molto agitato, anche se non voleva darlo a vedere, soprattutto a me.
Lasciò il posto a Carlisle, alzandosi in piedi.

Esme entrò portando una bacinella piena d’acqua e delle garze.  Mi disse: < La camomilla è quasi pronta. >
Le sussurrai: < Grazie. > Prima che svanisse di nuovo dietro la porta.
Carlisle mi sciolse le bende e mi disinfetto nuovamente le ferite.
Mi rifiutai di prendere medicine contro il dolore. Non volevo fare ulteriormente male alla creaturina nella mia pancia.
Il bruciore era però molto intenso e mi ritrovai con la mascella serrata e il pugno stretto intorno al lenzuolo. Edward mi venne vicino e mi prese la mano, sciogliendo la presa stritolatrice delle mie dita. Per calmarmi, cominciò a baciarmi e il suo respiro agì come il più efficace degli anestetici, facendo saltare tutti i miei recettori e facendomi confondere il dolore con il piacere.

Carlisle terminò la medicazione e poi ci salutò dicendoci:
< Io ed Esme adesso andremo in città. Ci sono ancora alcuni negozi aperti. Andiamo a comprare alcuni generi di prima necessità. Staremo via circa quattro ore. >

Uscì dalla stanza ed Edward si abbassò su di me, a baciarmi la fronte.
< Soli … > mi bisbigliò.
Abbracciandolo, risposi: < finalmente … > 

E assaporai nuovamente il sapore delle sue labbra.

 

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Capitolo 15
*** Vergogna ***


Eccomi qui. Sabato. Capitolo 15. XD
Il PC caldo sulle gambe! Mamma che caldo! Dovrei decidermi ad andare a scrivere sul tavolo, invece che sul letto. Ma almeno sul letto assumo una posizione dignitosa! 
Come si capirà dai ringraziamenti, il nome della bambina lo svelerò nel capitolo 16!
Mentre coccolo quel piccolo verme del mio gatto scemo (povero Schinichi XD), vi dico grazie ancora per i vostri bellissimi commenti!!!  

giulia9_91Bella ed Eddino!!! Soliii!!!! Però hai ragione, anche Esme e Carlisle sono troppo dolci!!! Grazie!!!
Hanairoh Tranquilla, tranquilla! A te l’aggiornamento!chissà se anche oggi ti apparirà l’aggiornamento all’improvviso? Spero che il tuo quattordicenne cuore regga alla fine di questo capitolo. Mi dispiacerebbe averti sulla coscienza … (sono la causa di troppi infarti! XD)prima o poi qualche genitore mi denuncia! Ps: mentre stavo per postare, ho visto la rec! come vedi, non mi sono dimenticata ...  e sono ben più di 10 righe! -5 pagine e mezza!
sophie_95 Sicuro? Mh … non saprei … Sono pur sempre io … No dai, non preoccuparti! Però, sappi che avrai ancora delle sorprese! In fondo, sono pur sempre io! XD un bacio!
3mo_is_love Oddio, sono diventata una spacciatrice, una causa costante d’infarti … fra poco mi arrestano!!! Spero che in carcere ci sia il PC XD Ps: a meno che l’alimentatore non prenda fuoco di nuovo, cerco sempre di mantenere i miei termini di scadenza! Quindi ci si vede Lunedì pomeriggio verso le 4!
elisaterra Uh!!! Grazie per tutti quei complimenti!!! Secondo me, ad Agosto ci verrà svelato il segreto dei poteri di Bella! E, ci scommetto, i suoi sogni saranno sicuramente fondamentali nel libro! Sono certa che quelli siano una sorta di potere. Con quelli vede la realtà per quella che è … anche se non riesce ad interpretarli.
Giulls Un’altra drogata!!! E per colpa mia!!! Che bello!!! Ti devo pagare la disintossicazione? Kiss!
novilunio Ho paura del tuo piano diabolico XD ma forse dovrebbe averla Bella! Certo che gli inferi si stanno facendo affollati! Pieno di giovani ragazze morte d’infarto …
yumisan Speriamo di no!!! Se no, povera bimba e povero Edward! Per colpa di quell’imbranata gli viene un infarto! E lui è un vampiro! Però, da lei ce lo si può aspettare! Fa bene Edward a preoccuparsi!
alice brendon cullen Il nome della piccina lo rivelerò nel prossimo cap! saranno troppo dolci!!! Un Bacio!
carlottina Molto maliziosa … e poi, Edward fa bene ad essere così premuroso. Sai, con Bella come moglie … io avrei paura per la bambina XD a proposito, il nome … ho la bocca cucita ma … basta, non farmi parlare!!! Visto che non ti ho fatto aspettare?
aLbICoCCaCiDa No, non sono finiti, ma ti giuro, ci sarà un lieto fine! Parola di Cassandra!
Wind In effetti, tutti pensano male! Ma io dico, suo marito è Edward!!! Edward!!! Come potrebbe mai tradirlo? Io non lo farei mai! Certo, capisco i dubbi dato che è un vampiro … ma che vampiro!!!! XD Grazie per i complimenti!
yuyutiamo Due materie odiose, la fisica e la matematica! Sai una cosa? Mi hai fatto venire voglia di descrivere un eventuale parto, la nascita!!! Volevo chiuderla prima, ma mi hai convinta!!!! E se aspettavi il 15 … vorrai sicuramente il 16!!! Sperando che tu non mi uccida prima!!! A presto!
emily ff Sabato!!! Come promesso, il cap 15! Effettivamente, Edward è un tantinello troppo agitato, ma lui potrei anche sopportarlo! Tu no? Il nome nel prossimo cap! a Lunedì!
Raki Poveri sposini, tutte qui a speculare sulle loro nottate!!! Il tuo animo d’adolescente in crisi ormonale va a braccetto con il mio!!! Ah, gli ormoni … Sì Sì, il 14 era di transizione! Mi hai sgamata XD e hai ragione, ad Edward non si può negare nulla!!! Come dirgli di no? Non si può!e lui lo sa … Bella-mongolfiera sarà troppo buffa! Con Edward a scodinzolarle sempre dietro! Però, perché non ti va che partorisca in casa? C’è sempre Carlisle! Dai, mi dici il nome che stai pensando? Sono troppo curiosa!!! Ah, sono onorata della mia nuova posizione di idolo (tutta rossa! Tipo pomodoro!) giustamente prima però i bei fanciulli! Un bacio!
PenPen Più che alla reazione di Edward, credo ti preoccuperai delle conseguenze su Bella! Grazie per i tuoi sempre Bellissimi commenti!
BloodyKamelot Povera la nostra coppietta … dopo essersi sposati(e in tutto anche, povera Bella, ma come fa?), lo hanno fatto solo la notte di nozze! Devono recuperare!
Deimos Grazie grazie grazie grazie!!! Sei troppo gentile! E per il nome, cap 16! Lunedì!
francy94 Sì, dovrà partorire in casa! E il dottore sarà Carlisle! Poverina! Però di lui si può fidare!
memi16 Sono contenta che ti piaccia il mio stile! Mi spiace di averti fatto attendere fino ad oggi. Ciao!
hachicat No, la tortura no!!! Ho ceduto in fretta, non ti pare? In realtà, tu sai fin troppo bene come ottenere quello che vuoi … I miss you! Kiss
AngelOfLove Anche il nome lo svelo nel prossimo, mi dici quello che pensi? Ti prego! Spero che i vicini non si lamentino per i fuochi! XD chissà cosa farai aspettando Lunedì!
_Natsuki_ Ti scioglierai tantissimo nel prossimo! Mi sono quasi sciolta io a scriverlo! Per Rose ed Emmett sarà una sorpresa! Grazie per i tuoi adorabili commenti!!! Spero tutto a posto. Allora, a lunedì! Un bacio!
lilly95lilly Spero che con la fine di questo cap non allagherai la tua camera! I pompieri costano! Dai, non piangere!
LittleBloodyMary Sarebbe Bello, se potessi diventare scrittrice! Un sogno! Io penso che il fascino di Edward risieda nel fatto che … è Edward!!! *gridolino isterico!* ah, quanto è adorabile! Non so dirti se il mio ragazzo lo ammazzerei se facesse come lui, dato che il ragazzo non ce l’ho. Ad essere sincera, quello che ci provava era troppo appiccicoso, e non era insistente neanche un quinto di Eddy! Ma lasciamo perdere!
Krisma E se non come marito, almeno come amante! A lunedì!
Lilian Potter Gelati originali!!! Sbavv … *immagina la saliva!* attendo con impazienza FI! Venerdì? Io sono più buona! A LUNEDì!
grinch Uh, che bello! Come sono contenta!allora ti aspetto!
BellaSwan95 Potessi, farei un bel rating rosso! Ma poi dovrei vietarlo alle minorenni!non potrei mai.
momob Sono felice che ti siano piaciuti questi capitoli! Anche io adoro la scena della confessione!

Un bacio gigante anche a tutte voi che leggete e basta! Per l'aggiornamento, ci vediamo Lunedì!                           
                                                                                                              Cassandra!

 Bella's Pov

Rimasti finalmente soli, mi abbracciò, facendo attenzione a non esercitare troppa forza sul mio corpo, per lui così fragile ...

Le mie mani, calde e impazienti, si soffermavano sul suo volto, freddo e perfetto.

Lo osservavo rapita, i miei occhi lucidi.

 

< Bella … che cos'hai? >

< Niente. Sono solo davvero felice. >

E chiusi gli occhi. Portai le mie braccia dietro la sua schiena e cercai di avvicinarlo a me, affondando il volto nel suo petto.

Lui seguì i miei movimenti e si poggiò al mio fianco.

Lo baciai a lungo, assaporando ogni centimetro della sua pelle profumata.

 

Poi lui mi sussurrò:

< Bella … sei solo al secondo mese. 

Nei primi e negli ultimi tre, sarebbe meglio stare tranquilli. Potresti avere delle contrazioni … >

< No … non dirmi così! Starò calma e tranquilla. Non mi sforzerò, starò buona buona … Ho troppa voglia di te. >

< Anche io ho voglia di te. >

 

Mi carezzò il ventre e poi vi poggiò sopra l'orecchio, per ascoltare i battiti del cuore della bambina.

Prese la mia mano e se la passò sul viso.

Con delicatezza mi sfilò la camicetta ancora sbottonata e io sorrisi. Compiaciuta, sospirai.

Le mie mani arrivarono alla sua maglietta e lui mi aiutò a sfilargliela.

Poggiò il suo petto sul mio e portò le sue mani sotto la mia schiena. Mi slacciò il reggiseno e mi strinsi di più a lui.

Quando sentii il clic del gancetto, arrossii.

 

Cercai di nascondermi ma lui si allontanò da me e mi osservò a lungo. Mi obbligò a spostare le braccia che avevo portato al seno e cominciò a baciarmi il collo.

Mi sfilò i pantaloni e io cominciai a sbottonare i suoi. Appoggiai la mia mano sul suo bacino e poi scesi infilandola tra i pantaloni e i boxer.

Mentre lo accarezzavo, lui mi baciò il seno e poi si tolse i pantaloni.

Mi strinse in un abbraccio molto sensuale e poi fece finta di mordermi

l'orecchio. I suoi denti mi sfiorarono appena.

 

Mi bisbigliò: < Ti amo … >

< Lo so … >
Quando avvicinò il suo bacino al mio, non potei non irrigidirmi. In fondo, ero molto emozionata. Era solo la seconda volta che lo facevamo. Che ci univamo anche nel corpo.

 

Edward notò il mio disagio e lo mal'interpretò.

< Sarò delicatissimo. > mi aveva sussurrato prima di intrecciare le sue gambe alle mie.

Si sfilò i boxer e rimase nudo davanti a me.

Avvampai.

I miei occhi fissi su di lui.

Mi sforzai di distogliere lo sguardo ed osservai il soffitto, mentre Edward si appoggiava leggero sul mio corpo. Lo sentii su di me.

 

< Il tuo cuore batte velocissimo … che suono meraviglioso.  E il tuo profumo … la tua pelle … il tuo corpo … Vederti arrossire al mio tocco, così timida … così dolce … >

Quando infilò la mano sotto l'elastico delle mutandine, il mio cuore si fermò per un istante.

 

Chiusi gli occhi e cominciai a sentire il mio respiro farsi irregolare.

Edward mi accarezzava gentile sopra la stoffa leggera. Mi sentii improvvisamente a disagio.

Quando le sue labbra cercarono le mie, voltai la testa di lato, per schivarle. Pensavo che non avrei avuto problemi, che mi sarebbe bastato stare con Edward per essere felice, per stare bene. Ed invece …

Nella mia testa scorrevano velocissime le immagini di Caius che mi toccava. Le sue dita fredde sulla mia pelle.

La paura, l'ansia e l'angoscia che avevo provato in quegli istanti, il dolore ai polsi stretti nelle sue mani … tutto ciò mi investì come un vento gelido e mi fece tremare.

Mi venne la nausea.

 

Edward, che si era accorto che qualcosa non andava, si mise in ginocchio. Il suo bacino sopra il mio. Mi accarezzava ansioso il volto chiedendomi agitato:

< Cosa c'è Bella? Cosa c'è che non va? Ti senti male? Ti prego, calmati. >

Le sue mani mi asciugarono le lacrime che scorrevano dai miei occhi.

Con dei gesti improvvisi cercai di allontanarlo da me

Non capivo più niente … il freddo della sua pelle sulla mia.

Le sue dita sul mio seno …

Le tende tirate … l'oscurità.

 

Per un attimo mi parve di essere tornata nella mia prigione.

 

Urlai:

< Lasciami! Lasciami! >

Mi voltai di scatto e, attraverso le lacrime, lo vidi prima fissarmi spaventato e poi allontanarsi da me velocemente.

Si mise in piedi affianco al letto, nudo. Una mano tra i suoi bellissimi capelli rossi.

Io mi voltai dalla parte opposta e mi raggomitolai su me stessa, nascondendomi avvolta nel lenzuolo.

 

< Bella, va tutto bene … va tutto bene. Tranquillizzati. >

Il mio respiro accelerato riempiva l'aria insieme al suono dei miei singhiozzi.

Quando riuscii a ritrovare un po' di lucidità, riuscii a dire confusamente:

< Scusami … scusami Edward. Mi dispiace. È colpa mia … >

Si sedette vicino alla mia schiena e cominciò ad accarezzarla gentilmente.

Con le sue mani, salde ma delicate, mi costrinse a voltarmi e mi afferrò il capo, di modo che i miei occhi fossero di fronte ai suoi. Io però cercavo di distogliere lo sguardo. Temevo che riuscisse ad intuire cosa fosse successo.

< Non preoccuparti. È tutto a posto. Respira con me … > Cercava di aiutarmi a recuperare la tranquillità. La sua voce era come la più soave delle canzoni.

Le sue mani scivolavano dolci sulla mia pelle.

Mi raggomitolai al suo petto e lui mi strinse a se.

Mi avvolse nella coperta e mi cullò, come fossi stata una bambina piccola.

Cantava la mia ninnananna.

 

Quando il mio cuore ricominciò a battere tranquillamente, Edward mi prese le mani e me le baciò.

Dopo avermi fatto sdraiare e dopo essersi steso al mio fianco, mi domandò con falsa tranquillità:

< Cos'è successo? Cosa ti è successo? Riesci a dirmelo? >

Scossi la testa e mi accorsi di gocce salate che percorrevano il mio volto.

< No, non piangere … ci sono qui io. > mi baciò leggero la guancia asciugandomi le lacrime.

Annuii lentamente e respirai a fondo il suo odore.

Si separò da me e si avvolse un lenzuolo alla vita. Uscì dalla stanza e tornò da me pochi istanti dopo, con la camomilla preparatami da Esme.

< Fa attenzione … è molto calda. L'aveva lasciata sulla stufa. >

Attesi qualche minuto. Il freddo gelido delle mani di Edward la stava lentamente raffreddando.

Quando fu tiepida, la bevvi in pochi sorsi.

< Brava, ora vieni qui … > mi invitò tra le sue braccia dopo avermi sfilato la tazza dalle dita ed averla poggiata sul comodino. Le sue mani, ora tiepide, mi rassicuravano.

Dopo alcuni minuti mi domandò:

< Vuoi riposare? > scossi il capo e la mia nausea aumentò. Avrei voluto grattare via la pelle dove ero stata contaminata. Mi odiavo.

< Edward … scusa, devo andare un attimo al bagno. >

 

Mi divincolai dalle sue braccia e mi diressi alla porta chiusa.

L'aprii e mi ritrovai in un piccolo bagnetto molto carino.

Superai la vasca e mi fiondai al gabinetto.

Sollevai l'asse e mi piegai sulle ginocchia. Rimisi.

Tra i singulti e l'acidità, mi accorsi di Edward che mi teneva i capelli sollevati.

Quando finalmente mi sentii meglio, mi lasciai coccolare da lui che, dopo avermi aiutato a rimettermi in piedi, mi portò davanti al lavandino. Attese che mi lavassi il volto e i denti.

< Scusa … è solo che sono molto agitata. >

< Non preoccuparti. Capisco perfettamente. Ora ti senti meglio? > il suo sguardo era preoccupato.

< Sì … ora sto bene. > e mi voltai per abbracciarlo.

 

Mi strinse di più a se e mi domandò con la sua voce di velluto:

< Te la senti di raccontarmi quello che ti hanno fatto? >

< Non ti farebbe piacere … >

< Bella, ti hanno rapita. Come potrebbe farmi piacere qualsiasi cosa ti sia accaduta in quel luogo? >

< Andiamo a letto … > sussurrai, notando il fatto che fosse ancora nudo ed io avessi addosso solo le mutande.

Ci sedemmo entrambi a gambe incrociare nel centro del letto. Una di fronte all'altro.

Con la mano destra percorsi i suoi addominali e risalii fino alla sua spalla.

Lui rimaneva immobile, sorridente e rassicurante. Chiuse gli occhi.

Mi misi in ginocchio e accovacciai tra le sue braccia.

Il capo poggiato tra la sua mandibola e la sua spalla. Mi strinse a sé.

Il freddo del suo corpo mi fece tremare. Lui recuperò il lenzuolo e mi ci avvolse dentro.

 

< Sai perché mi hanno portata da loro? > domandai nel silenzio.

Mi squadrò attento e poi, cauto, mi rispose: < No. >

Deglutii e decisi di parlargliene.

< Sai, avevano intuito che ero speciale … Aro … > Mi bloccai e mi accorsi di tremare.

Mi resi improvvisamente conto che fino a pochi giorni prima mi ritrovavo rinchiusa in quel sotterraneo. Mi sentii mancare l'aria.

Edward attese paziente che proseguissi, senza smettere di cullarmi.

Cercai il coraggio e, quando riuscii a racimolarne abbastanza, continuai:

< Sapevano che posso rimanere incinta … che posso avere figli anche con … con quelli come te ...

Voleva che gli dessi un'erede di sangue. >

Smise di respirare. Me ne accorsi chiaramente. Si era irrigidito. Le sue mani avevano smesso improvvisamente di accarezzarmi.

Mi strinsi a lui per nascondere le lacrime.

Non volevo che sapesse di Caius. Conoscendolo, avrebbe potuto compiere qualche sciocchezza. Si sarebbe certamente sentito in colpa, a torto.

 

Edward però, tormentato nella voce e nell'animo, mi domandò con parole d'altri tempi:

< Ti hanno … violata? > faceva fatica a parlare. Quando pronunciò quelle parole, la sua stretta attorno al mio corpo si fece più salda.

Esitai, intenta a scegliere le parole più adatte.

Il mio indugiare lo stava facendo impazzire. Me ne resi conto quando, dopo avermi avvicinato a sé in un abbraccio pieno di dolore e frustrazione, lo sentii implorarmi:

< Perdonami. Avrei dovuto venire a salvarti. Avrei dovuto intervenire invece che restare a Forks. Ti ho lasciata sola. Ti prego, perdonami. >

 

Gli impedii di proseguire poggiandogli l'indice sulle labbra.

< Non preoccuparti. Non è colpa tua. Hai fatto proprio quello che ti avevo chiesto. E te ne sono grata. E poi, Caius mi ha solo toccata. Non è riuscito a farmi del male.  Aro è arrivato prima che ... > non riuscii a continuare. La sensazione di sporco che mi ero sentita addosso tornò ad invadermi.

Lui ringhiò:

< Caius? >

 

Mi accorsi di aver parlato più di quanto non avrei voluto.

Avevo sperato di riuscire a tenergli nascosta l'aggressione del Volturo. Non volevo che soffrisse. Bastavo io. In quel momento però, molto egoisticamente, capii che se glie ne avessi parlato, forse sarei riuscita a sentirmi meglio. In fondo, mentre ero stata prigioniera, ero troppo occupata a pensare a organizzare la fuga per soffrirne. Ora che ero libera, che ero con Edward, la consapevolezza e la disperazione presero forma. Mi resi conto di quanto avessi resistito al dolore, di quanto ora fossi fragile. Avevo troppo bisogno di lui.

A bassa voce, gli confidai: < Aro aspettava che fossi io a concedermi. Mi aveva ricattato promettendomi che mi avrebbe liberato una volta nato il bambino. E sapeva che non avrei resistito a lungo in quella prigione.

Caius invece si è presentato nella mia stanza e ha cercato di ottenere con la forza ciò che desiderava. Non è riuscito a … >

 

Mi bloccai e lui mi accarezzò la schiena, frustrato.

< Quando mi ha tolto i vestiti, ho trovato la forza di reagire. Sono riuscita a liberarmi. E gli altri mi hanno soccorsa. > Cercavo di sembrare rassicurante, ma non era facile.

Edward mi cullava e scuoteva la testa, sconvolto. Mi resi conto che Edward aveva il diritto di sapere. Speravo che riuscisse a capirmi.

< Ho avuto paura, quando ho scoperto di essere incinta. Se si fossero accorti della gravidanza, non mi avrebbero permesso di tenere la bambina. È per lei che ho deciso di fare tutto ciò che potevo per fuggire. È grazie a lei che ho trovato il coraggio di fare ciò che ho fatto. Altrimenti, sono certa che avrei ceduto. Non ce la facevo più. > mi vergognavo di quello che stavo dicendo, ma era la verità. Sentivo le lacrime sgorgare copiose e silenziose dai miei occhi. Turbamento e dolore.

 

Sorprendendomi mi sussurrò: < Sei così coraggiosa … così forte … non ti merito. >

Mi voltai e lo fissai negli occhi. Se avesse potuto, avrebbe pianto.

Con voce affranta, mi domandò:

< Dove ti ha toccata? >

In silenzio, mi sfiorai i polsi la pancia, il viso.

E man mano che proseguivo, lui si abbassava a baciarmi i punti che indicavo, che per me erano come marchiati a fuoco.

Le sue labbra erano gentili, buone. Mi fece sdraiare e continuò ad accarezzarmi a lungo, ovunque.

                    

Chiusi gli occhi e lasciai che percorresse il mio corpo poggiandovi sopra la bocca.

Quando raggiunse il volto, mi mormorò: < Apri gli occhi. >

E cosi feci, perdendomi nei suoi. Pece fusa che incatenava il mio animo al suo.

Dopo aver preso le mie mani tra le sue, lo vidi affondare il volto nel mio seno.

Era distrutto.

 

< Sono … così irato … come hanno potuto! >

Gli accarezzai i capelli e la testa. Lui sollevò lo sguardo e mi fissò negli occhi. Mi avvolsi nel lenzuolo e distolsi lo sguardo. Mi sembrava di averlo tradito.

Non so cosa vide in quel momento, ma improvvisamente appoggiò le sue labbra sulle mie e mi baciò, tormentato. Mi abbandonai a lui e alle sue mani confortanti.

< Ti farò dimenticare. > mi promise in un sospiro. La sua bocca ad un centimetro dalla mia.

Le sue dita mi sfioravano gli occhi chiusi e scendevano lungo le guance, asciugando la scia delle lacrime. Mi rilassai solo quando mi passò una mano sulla schiena, per tranquillizzarmi.

 

 Mi levò il lenzuolo di dosso e mi osservò, soffermandosi sul mio seno nudo e sulla mia pancia. Me li toccò appena e poi mi ammonì:

< Bella, devi dormire. > e mi porse un pigiama. Me lo infilai e poi gli feci segno di venire sotto le coperte con me. In pochissimo tempo mi addormentai tra le sue braccia fredde ma accoglienti. Viaggiavo nell'oscurità accompagnata dalla voce di Edward, che cantava per me.

 

 

< Io li … io li … >

< Calmati Edward. Fare così non aiuterà nessuno, men che meno lei. Quello che è stato è stato. Ora dobbiamo occuparci di lei e della bambina. > era la voce di Esme?

Allungai una mano ma, dove avrebbe dovuto trovarsi mio marito, non trovai che le lenzuola.

Ero ancora mezza addormentata e, non facendoci caso, richiusi gli occhi.

Quando però sentii il suono di qualcosa di metallico che si rompe, mi svegliai di colpo, portandomi a sedere di scatto. Le mani al ventre. Un altro rumore: vetro che si infrange e si frantuma. Sussultai.

Mi alzai lentamente ed andai in sala.

 

Carlisle ed Esme mi videro e mi salutarono come se niente fosse … Edward voltò il capo ed osservò in silenzio fuori della finestra.

< Bella, tesoro … hai fame? Ti abbiamo preso tantissime cose buonissime. > e mi venne incontro, cingendomi le spalle con un braccio. Notai una sedia in ferro battuto completamente distrutta giacere a terra, vicino al tavolo. Le altre, intatte, ribaltate a terra. Poco più in là, frammenti di vetro. Bicchieri …

Mi lasciai trascinare in cucina e venni presto raggiunta da Carlisle.

Mentre Esme mi preparava delle frittelle, entrò Edward.

 

Mi alzai e andai ad abbracciarlo. Rimasi sorpresa dalla sua freddezza. Non ricambiò la stretta e anzi, mi allontanò da lui. Cosa diavolo aveva? Rimasi ferma, in piedi davanti a lui che mi sfiorò una guancia con la punta delle dita.

 

< Edward … che hai? > sussurrai per mascherare l'ansia.

< Come hanno osato? Come hanno anche solo potuto pensare … > vidi i suoi occhi ardere di rabbia, ira …

< Io … Io … non posso restare qui e fare finta di niente … dopo quello che ti hanno fatto. >  Era furibondo.

Mi accorsi di tremare. < Edward … non avrai mica intenzione di fare cavolate, vero? Non te lo permetterò. >

< Bella, non ti ci mettere. Torna a dormire che è meglio. Non riesco a sopportare che ti abbiano … che volessero … Io devo fargliela pagare … non avevano alcun diritto! Andrò da loro … >

 

Disse qualcos'altro, ma io non lo sentii neanche.

Un dolore atroce mi attraversò improvvisamente il corpo. Mi ci volle un po' per capire che veniva dalla pancia.

Quando questo accadde, ero già a carponi per terra, terrorizzata. Il mio unico pensiero era: La bambina …

Boccheggiavo, mi girava la testa.

Fitte acute come rasoi mi pugnalavano il ventre.

Piangevo e gridavo qualcosa.

 

Carlisle mi levò le mani dal grembo senza curarsi di essere gentile.

Ero sdraiata a terra e mi sentii farfugliare: < La bambina no … la bambina no … >

< Ora calmati. Non è niente. Non devi agitarti. Ora ti portiamo di là. > e lo sentii sollevarmi e poi poggiarmi sul letto.

Intravidi Esme che mi accarezzava la fronte e poi mi accorsi di Edward. Era immobile, livido. Non stava respirando. Lo fissavo disperata.

< Calmati Bella. Calmati. Così non mi aiuti. > mi disse Carlisle, autoritario. Mi stava spogliando. Le sue mani sul mio ventre.

< Edward … non andare … non farci questo! > gli gridavo fra le lacrime.

Lui mi si avvicinò e si sedette al mio fianco, prendendomi la mano e accarezzandomela.

< Non fare così … non andrò. Non mi allontanerò. Te l'ho promesso. Ricordi? Insieme. Scusami, ti prego. Ho perso la lucidità per un attimo. Non accadrà più. > Mi sorrideva ma lanciava occhiate fugaci a Carlisle che mi stava visitando.

Non riuscivo a trattenere i singhiozzi.

 

Non potevo perdere la mia bambina. Non potevo. Cercai di convincermi che era sana, che stava bene.

Edward, che aveva i miei stessi timori, mi incitò: < Pensa a cose belle. Devi riuscire a tranquillizzarti. >

Annuii e ci provai. Pensai a me e lui … a una bambina tra le nostre braccia.

< Hai ancora le contrazioni? > mi chiese Carlisle con gentilezza, mentre premeva leggermente due dita sotto il mio stomaco.

< No. > tentai di dire, ma dalla mia bocca uscì solo un suono incomprensibile. Scossi lentamente il capo.

Lo vidi annuire e poi mi disse: < Credo che la contrazione sia una reazione all'ansia. Devi assolutamente stare tranquilla e a riposo. E tu Edward … non devi farle venire certi colpi. È troppo fragile in questo momento. Non permetterti mai più. >

 

Il mio sposo non rispose. Aveva occhi solo per me. Angosciato, mi teneva la mano e mi faceva carezze alla pancia, mentre carlisle, con dita delicate ma ansiose, cercava il battito della mia bambina.

 

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Capitolo 16
*** Nomi... ***


16.

Salve a tutte!
Scusate se sono molto frettolosa nei ringraziamenti, ma è tutto oggi che giro come una trottola … e sono appena tornata. E devo anche uscire di nuovo tra poco! E pensare che questa mattina faceva freddo, mentre adesso si muore di caldo!!! Ma che mondo è?
Comunque, andando al capitolo … finalmente la mocciosa avrà un nome! E vi dico anche che qualcuna ci ha pure azzeccato! Ma chi? Scoprirete leggendo! Spero che questo cap vi risulti dolce e piacevole!!! C’è uno dei miei pezzi preferiti!

Vi ringrazio per la costanza con cui mi seguite! E grazie in particolare a:
lilly95lilly, I pompieri servono sì a domare gli incendi, ma anche per le alluvioni ed inondazioni!!! Spero non ti siano serviti!
BloodyKamelot Recupereranno! Te lo prometto!
Giulls Va bene, va bene! Non so come, ma te la pagherò!
BellaSwan95 Se per fine di Bella, intendi che ti metti con un Edward, ti invidio!
HanairohNon preoccuparti per la bimba! E per l’infarto doppio, ti consiglio Carlisle, bravissimo (e bellissimo) dottore!!! Mhmm, sì, credo sia lunedì!!! Ed infatti ecco il cap!!! Certo che puoi chiamarmi Cassy, anche se ormai sono abituata a Kassy, che nella pronuncia non cambia, ma la K mi piace!(presa da Erika XD)
aLbICoCCaCiDa Poverina, a volte riesce a far pena persino a me! Il che è tutto dire!
PenPen Ho provato ad immedesimarmi in una ragazza che ha subito un trauma del genere come reagirebbe in tale situazione … è un dolore pensare a tanta sofferenza.
Wind Bella è sempre lei, la nostra imbranatissima Bella!!! Non oso immaginare la sua angoscia e il suo dolore!
Krisma E che traumi psicologici. Deve essere terribile, fortuna che lei ha Edward! È vero, Esme è sempre materna! E non preoccuparti, tra poco, rimpatriata!
momob Grazie per i complimenti! Ed Edward a volte è troppo impulsivo! Povera Bella!
Raki Carina l’idea della foto! E anche quella del demonietto stile AliceXD (grazie grazie!) e mi spiace per il triplo infarto! Non preoccuparti! Per il parto, effettivamente il suocero come ginecologo non deve essere il massimo, ma meglio che stare dai Volturi, e in ospedale l’avrebbero identificata … e grazie per un commento così lungo!!!
Lilian Potter La solita, piccola sadica!!! Grazie! E sì, fino a Lunedì!!! Buon gelato!!!
Fin Fish Sono contenta che tu abbia trovato la mia fanfic! Per occhi verdi dal pov di Edward, forse!!! Per il finale del cap 15, procede nel 16! Spero non ne resterai delusa! Un bacio e spero continuerai a seguirmi!
4everWITCH Aggiornato come preavviso! E grazie per i complimenti e per avermi messo la storia tra i pref!!!
alice brendon cullen Spero di ritrovarti il 17! Un bacio e spero che trascorra delle buone vacanze!
3mo_is_love No dai, non sono cosi cattiva! Carlisle cerca il battito per essere sicuro, don’t worry!!!
hachicat Solo una cosa: mezza telefonata transoceanica!!!! Oggi compro il microfono!!!!
_Natsuki_ L’ho detto io che questa ficcy fa male alla salute! (soprattutto a quella di Bella XD) ed ecco a te il nome della bimba! E vedrai, ti verrà pure il diabete, per la dolcezza! Un bacio gigante!
AngelOfLove Non ti ho fatto aspettare! Visto? Per il nome! I fuochi li farò a te!!! Però, quale delle tue proposte? Ciao!
yuyutiamo No, non piangere!!!neanche io concepisco la violenza. Trattare le persone (di solito donne, o ADDIRITTURA BAMBINE) in un modo simile è terribile e mi piange il cuore per le vittime. E non preoccuparti, più lunghe le rec, più felice la Erika!
novilunio Complimenti per la Matura!!! Sono felicissima per te!!! Chissà che affitti, laggiù al caldo! E attenta a schivare bene la lava! Spero che la tua sosta all’inferno sia vietata e che ti rimandino qui!!!
Deimos Grazie per i complimenti!!!! Ed ecco il cap 16!!! Povero Eddino!
elisaterra Non preoccuparti, i complimenti mi fanno sempre piacere!!!! Grazie! Ed ecco il seguito!!!
yumisan Niente stupidate per Edward. Deve stare con Bella, così io posso speculare sulle loro seratine!!!
LittleBloodyMary Anche io mi sono affezionata alla bimba! Non credo però che Bella avrà dei bambini in BD (per lo meno non da Edward!!!) Grazie per i tuoi splendidi complimenti che mi riempiono di gioia!
francy94Ma ti pare? Non sei in ritardo! Grazie per aver recensito!!!! Sono felice che ti piaccia il mio stile e che ti ricordi quello della Meyer!!! (me molto onorata)

Il prossimo capito, su questi schermi mercoledì, sempre verso quest’ora!!!
Un bacio a tutte!!!
                                            
Cassandra

 Bella's POV

Chiusi gli occhi e strinsi la mano di mio marito, mentre Carlisle mi tastava il ventre.

Quando sentii Edward sospirare rasserenato, mi rilassai.
< Eccolo … il battito. Va tutto bene, Bella, tutto bene. Ti sei solo agitata. > mi disse Carlisle, prendendo la mia mano sinistra con gentilezza e guidandola nel punto in cui prima premeva.

< Tu non puoi sentirla, ma è proprio qui, la tua bambina. >

 Piansi di gioia mentre Esme mi massaggiava lentamente il collo.
< Mi sono spaventata tanto. > sospirai.
< Non solo tu. > mi disse Edward
Spalancai le palpebre e lo fissai infuriata.

< Tu! > gli dissi acida.

E lui, sorpreso, si portò la mia mano al volto per baciarla.
< Tu non vai da nessuna parte. Non provarci neanche! Non te lo permetteremo. Abbiamo bisogno di te, qui con noi. Con me e con la bambina. Se farai il cretino … giurò che non ti perdonerò mai! >
Mi guardava confuso e io mi avvolsi nella coperta, girandomi verso Esme che mi continuava a massaggiare le spalle.

Carlisle ridacchiò e mi strizzò l’occhio:
< Brava, fagli capire che non è sempre lui a poter decidere. > sorrisi di rimando e poi sentii le labbra gelide di Edward poggiarsi sul mio orecchio.

Si sdraiò al mio fianco e fece aderire il suo petto alla mia schiena.
< Mi dispiace di averti fatto agitare. Scusami. > le sue mani erano scivolate sulla mia pancia.

Voltai il capo per baciarlo e lui avvicinò il capo, venendomi incontro.
Notai Esme e Carlisle lasciare la stanza in silenzio.
Mi girai e appoggiai le mani sul suo petto.
Soffiò gentile tra i miei capelli e poi scese a soffiare sulle palpebre, sulle ciglia, sulle guance e sulla bocca. Quando arrivò al collo, mi raggomitolai ridendo e mi lasciai avvolgere dalle sue braccia.
Sentivo che mi sorrideva, mentre mi scoccava dei baci silenziosi sulla fronte.
Con tutta la forza che avevo, lo feci sdraiare schiena a terra. Lui naturalmente assecondò i miei movimenti. Io non sarei stata in grado di smuoverlo di un centimetro.
Mi sedetti sopra di lui e lo lasciai guidarmi contro la sua pancia. Mi fece stendere su di lui e poggiare la testa sulla sua spalla. Da quella posizione, potevo fissarlo negli occhi e vedere il suo sguardo adorante. Ridacchiando, avvicinò le sue labbra ai miei capelli e respirò a fondo il mio odore.

Quando mi sussurrò:
< Va meglio? > annuii. < È stata più la paura, che il dolore. Ed il fatto che il male sia arrivato all’improvviso … > e poi gli domandai: < Lo sanno? Di quello che è successo? >
< Sì … > fu la sua risposta laconica. Cercò di nascondermi la sua ira.
Mi alzai a sedere a gambe incrociate e mi passai le dita tra i capelli.
Scossi la testa e poi sorrisi. Ora ero con lui. Ora ero felice e il passato non contava.
Non dovevo lasciarmi condizionare. Non avrei permesso loro di rovinare la mia relazione con mio marito. Dovevo pensare al nostro futuro.

< Allora, che nome le daremo? Alice lo ha già visto? > chiesi per cambiare discorso.

Sempre stando sdraiato, mi fece segno di no. Aveva capito che non avevo intenzione di ritornare sull’argomento Volturi.
< Hai qualche idea? > domandai.
< No. Ad essere sincero, devo ancora elaborare la cosa. Ti rendi conto? Diventerò padre. >
< E io diventerò madre, se è per quello. Ma dovremo pur darle un nome, povera la mia bambina. >
< TUA? Nostra bambina, vorrai dire. > Rise e baciò la punta delle mie dita dopo essersele portate alla bocca. < Nostra figlia … > a quelle parole, venni scossa da un tremito. Era la prima volta che si riferiva a lei in quel modo. Una figlia …
Proseguì: < Tu come la chiamavi, mentre eri lì? >

Arrossii e gli chiesi, portandomi le mani alla pancia:
< Come fai a sapere che le parlavo? >
< Ti conosco. Meglio di chiunque altro. Allora, che nome usavi? Quel nome sarà perfetto. >
< Edward … > sussurrai accarezzando il profilo del suo naso < Non sapevo se fosse maschio o femmina.  Le parlavo, è vero. Cercavo di rassicurarla. Non ho mai usato alcun nome. Pensavo a lei come al frutto del nostro amore. Tutto qui … >

Sorrise e poggiò la sua mano sulla mia pancia.

< E sentiamo, che nomi c’erano, in lista? Se femmina … Perché sicuramente avevi una lista.>
Sospirai e sconsolata gli risposi: < Sei petulante … in realtà, pensavo a dei nomi classici, tradizionali. Come piacciono a te … >
Mi squadrò e poi si portò a sedere. Fece scorrere una mano lungo il mio collo mentre con l’altra giocherellava con i miei capelli.
Ad occhi chiusi, leccò il lobo del mio orecchio e poi scese lungo la mascella fino ad arrivare alle mie labbra. Ne disegnò i contorni con la punta della lingua e poi soffiò leggerò sul mio volto.
Sentivo il profumo del suo respiro che mi dava alla testa. Sapevo di essere arrossita.

< Allora? Che nome ti piacerebbe che avesse, il simbolo del nostro Amore? >
Mi appoggiai a lui e scelsi il nome che, durante la prigionia, avevo pensato di dare alla nostra creatura, se fosse stata femmina.

< Che ne dici di Elizabeth? >

Rimase immobile e silenzioso per alcuni istanti.
Poi la sua mano s’infilò sotto la mia maglietta e si soffermò sul mio seno sinistro.
Il mio cuore batteva forte, per lui.
< Elizabeth … è perfetto. >
< Sono felice che ti piaccia. >
< Perché lo hai scelto? >
< Come perché? > domandai fingendo ingenuità. < Perché è un bel nome. Mi piace. >
Lo vidi osservarmi sospettoso. Scosse la testa e disse: < E poi? >
Sbuffai e continuai: < E sapevo che ti avrebbe fatto piacere. Che era il nome che avresti voluto darle tu, anche se non avresti mai osato dirmelo. Perché volevi che lo scegliessi io. Allora? Soddisfatto della mia scelta? >
Rise fragorosamente, mentre mi scompigliava i capelli.
< Sicura di non essere tu a leggere nella mia di mente? Il nome di mia madre … Elizabeth … Senti come suona bene: Elizabeth Cullen … >

In un attimo, mi ritrovai sdraiata sui cuscini, senza neanche sapere come.
Edward abbasso i miei pantaloni fino a che non si vide il fiocco delle mutande e mi sollevò la maglietta fino quasi al seno.
Con le labbra leccò intorno all’ombelico e poi mi baciò ogni centimetro della pelle del mio ventre.
Tra un bacio e l’altro, sussurrava:

< Elizabeth … Elizabeth … ti piace il tuo nome? Eh, Elizabeth? >

Parlava con la mia pancia, di poco più gonfia del normale.
Sul momento, mi sembrò una situazione assurda. Ma fu una sensazione di appena un istante.
Appena la vidi per quello che era, appena mi resi conto che stava parlando per la prima volta con la bambina, mi commossi e gli accarezzai i capelli. Quei cavolo di ormoni! Non c’era niente da piangere! Perché allora mi sentivo le lacrime agli occhi?

< Riesco a sentire il suo cuore … il tuo battito lo copre, in parte. A Volterra, in questo modo, l’hai protetta. >

E poi riappoggiò il suo orecchio in prossimità del mio ombelico.
< Edward … >
< Sì? >
< se continui ad accarezzarmi in questo modo la pancia, me la consumerai! >
< correrò il rischio. > mi rispose continuando a far scorrere le sue dita avanti e indietro, lungo il mio ventre. Decisi di lasciarlo fare … se lo rendeva felice.

Mentre me ne stavo lì a fissare il soffitto con la mia mano tra i suoi capelli, mi disse:
< Se però preferisci … > e sentii le sue dita arrampicarsi lungo il mio fianco, insinuarsi sotto la mia maglietta, raggiungere la mia schiena e poi ridiscendere di nuovo lungo la mia coscia.

< Sì, preferisco! > rimasi a godermi le sue carezze per un po’ finché non osai chiedergli:

< Edward … mi baci? >

< Che allettante proposta. > e mi ritrovai le sue labbra sulle mie.
Mi lasciai guidare dai suoi movimenti e in poco tempo dimenticai persino il mio nome.
Il suo no, dato che ogni volta che si allontanava lo ripetevo, sussurrandolo.
Cingendogli le spalle e il collo con le braccia, lo obbligavo a starmi vicino.

Alla fine, esausta, mi abbandonai alle lenzuola e sospirai.
< Soddisfatta del bacio? > mi domandò lui con il suo adorabile sorriso malizioso.
Adesso era in piedi, a lato del letto.
< No! >
< Insaziabile … > e scosse la testa.

Poi il suo cellulare squillò.
Vidi l’espressione sul suo volto farsi pensierosa all’improvviso, quando lesse il numero sul display.
Mi alzai a sedere di scatto ma lui mi fece segno di stare in silenzio ed uscì.
Volevo seguirlo, ma il suo sguardo mi aveva spaventata.
Stava parlando con Alice. Lo sentii pronunciare il suo nome.
Quando riattaccò, mi alzai dal letto ed andai nell’altra stanza.
Trovai mio marito e Carlisle intenti a sostenere un’accesa e velocissima conversazione.
Talmente veloce da non permettermi di capirne le parole.

Quando si accorsero che ero entrata, smisero immediatamente di discutere e Carlisle mi rivolse un sorriso splendente e rassicurante.

< Chi era? > domandai con voce flebile, sebbene lo sapessi.
< Alice. > mi rispose Edward, osservando suo padre negli occhi.
Proprio per quello che avevo paura. Aveva visto qualcosa? Che cosa.

Le mie gambe tremavano.

Si accorsero della mia tensione ed Edward mi venne vicino. Mi abbracciò stretta cullandomi dolcemente.
< Che c’è, Edward? >
< Niente tesoro, niente … > mi prese fra le braccia e si accomodò sul divano, con me sulle sue ginocchia.
< E allora perché non mi dici che succede? >
< Perché non succede niente. > mi rispose calmo, obbligando gentilmente la mia testa a poggiarsi sulla sua clavicola.
< Sì, come no. >
< Alice è stata a casa di Charlie … >

Voltai lo sguardo verso di lui e lo fissai.

< I tuoi genitori sono molto preoccupati … dopo la tua sparizione, Charlie non si è dato pace. Ha Aperto delle indagini … ti ha cercata ovunque. E anche Reneè ha sofferto molto. Noi naturalmente non abbiamo detto loro la verità, come ben sai. Era troppo rischioso. E poi, non avremmo potuto spiegare. Però, quando ti hanno portato dal medico, un poliziotto che passava per caso è riuscito a scattarti una foto. Si ricordava il tuo volto. Ha controllato l’elenco delle persone scomparse e si è messo in contatto con Charlie. >
Così dicendo, Esme estrasse una foto da una busta sul tavolo e me la porse.
< Questa è stata mandata in centrale. Quando Charlie ci ha detto dove fosse stata scattata, a Volterra, capii che avevo la scusa per venire in Italia senza insospettirlo.
Devi sapere che i nostri telefoni, la posta, tutto, era sotto controllo. Charlie sperava che i rapitori ci contattassero. È convinto che sia un rapimento a scopo d’estorsione. >
Sentii un nodo stringermi lo stomaco e le lacrime formarsi agli angoli dei miei occhi. Nascosi il volto nella camicia di Edward.

Quanta sofferenza avevo inflitto loro? Ai miei genitori, ai miei amici. A Jacob …

Edward mi consolava come poteva, carezzandomi la schiena e sfiorando le mie guance con le dita.
< Alice è andata da lui, per avvisarlo che siamo tornati dall’Italia. Adesso, la versione ufficiale è che, dopo il viaggio a vuoto a Volterra, la nostra famiglia si è trasferita, perché non sopportavamo il dolore della tua sparizione. >
Vide il mio sconforto dipinto sul volto e proseguì:
< Bella, sai che non potrai mai tornare a casa … >
< Sì, lo so. Sarebbe successo anche se non mi avessero rapita. Se tutto fosse proseguito secondo i nostri piani. Certo, sarebbe stato meno doloroso per la mia famiglia e per gli altri … ma ora non possiamo fare altrimenti. >

Rimasi in silenzio con una mano sul ventre, quella di Edward poggiata sulla mia, poi mi venne spontaneo chiedergli:
< Edward … Ma scusa ? >
< Sì? >
< Ma se i vostri telefoni sono controllati … >
< Sei così ingenua … >
Gli rivolsi un’occhiata assassina e lui proseguì, avvicinando il suo naso al mio:
< Abbiamo acquistato dei telefoni e delle schede con i nostri nuovi nomi … >
< Altri documenti falsi? > Domandai scettica.
< Precisamente. >
< Alice ha trovato Charlie molto depresso. Naturalmente, le indagini in Italia non stanno portando a niente. Nessuno ti ha vista, sentita … sono andati anche a parlare con il medico, ma lui dice di non conoscerti. Che la ragazza della foto non sei tu. Tiene fede al segreto professionale in maniera ammirevole. Nell’ospedale da cui sei fuggita, hanno registrato il ricovero di un’altra persona. Una piccola clinica privata … Non sono neanche andati a cercarti lì.
Insomma, pare proprio che sia una pista sbagliata. Una segnalazione a vuoto. Charlie era convinto che fosse la volta buona. Era molto fiducioso. Ed adesso è di nuovo al punto di partenza.
È per questo che Alice ci ha fatto una proposta. Ne stavamo discutendo proprio ora … >
< Posso conoscerla anche io? >
Mi baciò per un istante e mi bisbigliò: < Ma certo. >

< Bella … > s’intromise Carlisle < Pensavamo di dirgli una mezza verità. Che Edward, dopo essere arrivato in Italia, è stato contattato dai rapitori e che è riuscito a portarti via. Che stiamo fuggendo e che la tua sicurezza dipende dal suo silenzio. Alice è convinta che non parlerà. Che sarà talmente sollevato di saperti salva che accetterà di far finta di niente. Continuerà le indagini per alcuni anni e alla fine archivierà il caso. Irrisolto. Se ce lo promette, se ce lo giura, gli daremo uno dei nostri cellulari, permettendogli di entrare in contatto con te. Sei d’accordo? >

Ci pensai per un po’, nascondendomi nell’incavo del collo di Edward.

< Correrà dei rischi? >
< Ci assicureremo che mantenga il segreto. Se farà come gli diciamo, sarà al sicuro. E ti posso assicurare, i Volturi non si azzarderanno ad entrare in contatto con lui. È troppo conosciuto. È l'ispettore capo. Desterebbe sospetti se gli succedesse qualcosa.
Il tuo rapimento è stato un fatto del tutto eccezionale, dettato dall’impazienza. E sono certo che non si ripeteranno. >
< Posso chiamarlo? >
< Vuoi parlargli ora? >
< Sì … c’è anche Reneè? >
< Sì. È andata a Forks perché Charlie voleva mostrarle le foto … la pista Italiana. >
< Posso parlare anche con lei? >
< Dobbiamo prima parlarne con Alice. Deve prima osservare con cura le conseguenze. E deve anche informarli con calma, senza mettere loro paura. >
< Mi sembra molto ragionevole … >
< Sono lieto che la pensi così. Ora, che ne dici di fare colazione? >

Guardai fuori dalla finestra e vidi che l’oscurità, dietro le nubi, si stava diradando. < Ma che ore sono? > domandai mentre Carlisle componeva un numero sul suo telefonino e cominciava a parlare con Alice.
< Ormai sono le otto e mezza di mattina. Ma ieri non hai mangiato in modo appropriato. Devi assolutamente riprenderti. >
< Va bene … > Sapevo che avrei perso in partenza, se avessi tentato di oppormi. Tanto valeva consegnarmi direttamente alle sue mani premurose.

Tenendomi per mano, mi condusse in cucina dove mi accomodai su una sedia ed attesi, osservandolo mentre metteva mano al frigorifero. Le frittelle di Esme erano svanite.
< Cosa ti andrebbe? >
< Mhh … > ci pensai un po’ su e poi dissi: < Un the con i biscotti. >
< Solo? > Non mi sembrava molto soddisfatto.
< Sì … > e lo osservai prepararmi un profumatissimo the alle Erbe. Mi riempì un’enorme piatto di biscotti, ed ero sicura che fossero l’opposto di quelli dietetici. Con scaglie di cioccolato …
< Edward … sono troppi. Non riesco a mangiarli tutti. >
Si sedette di fronte a me ed appoggiò il capo sul palmo della sua mano destra. Con la sinistra, mi avvicinò il piatto e poi mi sussurrò con la sua voce più sensuale:
< Io credo che li finirai tutti. E poi, tutto il cibo che si trova in questa casa è stato comprato apposta per te da Carlisle. È particolarmente indicato per le ragazze
nella tua condizione. E non cercare di fare la capricciosa. Dimentichi forse che sono un medico anche io? So ciò di cui avete bisogno, tu ed Elizabeth … >
Infingardo. Era troppo furbo. Sapeva che se avesse usato il plurale sarei crollata immancabilmente. Chiamando la bambina per nome poi … avrei fatto qualunque cosa.
Ed infatti afferrai un biscotto e me lo mangiai.
< Sei così buffa, quando fai finta di essere adirata! > alzai gli occhi ed incontrai i suoi. Era a dir poco raggiante. Sorrisi anche io e lui mi poggiò il palmo della mano sulla guancia:
< Ti amo. >

Rimasi con il biscotto a mezz’aria, sorpresa, e poi bofonchiai arrossendo: < Anche io … >

< Dai, finisci di mangiare. Voglio farti vedere il resto della casa ed il giardino. Sono certo che ti piacerà. >
Non risposi, limitandomi a pucciare il povero biscotto nel the. Il suo sguardo fisso su di me.

Ci trovavamo seduti in veranda, abbracciati l’una all’altro, quando Esme venne a chiamarci.
< Bella … tesoro … Abbiamo appena sentito Alice. Carlisle è al telefono con Charlie.
I tuoi genitori vorrebbero tanto parlarti … >

Saltai in piedi e trascinai Edward in sala, dove mio suocero stava rassicurando qualcuno al telefono.
< Certo Charlie. Sta benissimo. L’ho visitata io stesso. È solo un po’ stanca. È stata dura, ma si rimetterà alla perfezione. Non devi preoccuparti … >
Silenzio.
< Sì, sì … anche lei è ansiosa di parlarvi … eccola, è arrivata proprio in questo momento. Ora ve la passo. Bella, vieni cara. C’è Charlie al telefono. >

Improvvisamente mi resi conto di essermi bloccata nel centro della stanza. Sentivo le gambe molli e l’emozione sopraffarmi.
< Bella … > mi chiese Edward scuotendomi lentamente la spalla.
Mi accompagnò al divano e Carlisle disse, prima di passarmi il cellulare:

< Ecco, ora te la passo … >

Afferrai il piccolo oggetto con dita tremanti e me lo portai all’orecchio.
Dall’altro capo, nessun suono, se non un respiro accelerato.

Alla fine bisbigliai: < Papà ... ? >

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Capitolo 17
*** Madri e padri ***


Salve!!!!!!!!!!!
Sono riuscita, non so come, a finire questo cap!
Visto che devo uscire, dovrò essere straveloce:

lilly95lilly visto che bel nome? Spero ti piaccia questo cap 17 …
Hanairoh Bella ha tutte le fortune (ma anche le sfortune) del mondo!!! Edward!!! Sai una cosa? La tua impazienza è adorabile! Sì, è mercoledì! E sto postando. E Venerdì posterò il cap 17. Quindi ti aspetto per Venerdì!
Wind L’importante è che prenda la bellezza del padre! E che padre!!!!!!
BellaSwan95 E forse invece prima o poi si rivedranno! Bella e i genitori! Anche io sono scioccata per le Quotes!
Inuyasha__girl92 Che Bello! Sono felicissima che ti sia piaciuto! Spero di replicare! Spero i biscotti fossero buoni XD
Giulls Ah…. Povero Edward, con Bella che lo sgrida XD
giulia9_91 Grazie per i complimenti!!! Sei davvero gentilissima!
Raki Vero che era dolce? Lo avevo detto io che sarebbe stato dolcerrimo! Per l’incontro, sta tranquilla! Ed ecco a te … la telefonata! Per il prossimo capitolo invece, spero di non sfociare nel rosso!!! Ho in mente certe cose XD
Deimos Edward è da sposare, amare, baciare … insomma, meglio che non vada avanti!!!! Grazie per i complimenti!
momob Lo scoprirai prestissimo! Ecco a te il cap 17! Un bacio!
ka chan Anche io non vedo l’ora che nasca la bimba!!! Li farò felici, quei due sposini!!! E anche voi! Spero! Allora, al cap 18!
Krisma Edward è … è Edward!!!  E spero che ti piaccia questo capitolo!
PenPen Grazie per i tuoi complimenti! Stanno benissimo quelle due!!! E appena posso ti mando la mail su quella roba là che mi avevi chiesto!
francy94 Sono felice che tu sia contenta che io sono onorata!
3mo_is_loveDai, non morirai neanche in questo … per un po’ me ne sto tranquilla! E li lascio in pace, i due sposini, e anche la piccina!
aLbICoCCaCiDa Per i casini, ancora qualche capitolo, io non mi smentisco mai!!!
LittleBloodyMary Spero di accontentarti!!! Elizabeth nascerà prestissimo!!!!
emily ff Sì, Bella è assolutamente anormale! Edward, Nudo, Davanti a lei … *basta, l’autrice è andata … non risponde più di sé stessa…
hachicat Provvederò XD
AngelOfLove UUU grazieeeeee!!! Comunque, brava per averci azzeccato!
_Natsuki_ E l’autrice ti ringrazia con il cuore colmo di gioia per i tuoi complimenti!!!
novilunioPensa che mentre recensivi, ero al PC anche io!!! Ah, la notte … Ps, forse laggiù potreste usare Jake come stufa!!!! E io, qui al caldo, potrei usare Edward per refrigerare i miei … ormoni!!!
BloodyKamelot Grazie grazie grazie!!! E li farò recuperare alla grande, e anche presto!!!
clodiina85 Postato! Mamma mia, tutta in una notte!!! Contenta che ti piaccia!!!!
frizz_np Sarà adorabile Edward-versione-papà!Ahi ragione, la natura ha buon senso!!!!!
Lilian Potter Dai che forse ce la faccio!!! Forse…

 Ci vediamo Venerdì, verso le quattro!!!
Grazie a voi che recensite, e a voi che leggete e basta!!!!!! Spero che questo cap (molto difficile da scrivere ...  )  vi piaccia! Un bacio

                                             Cassandra!

Edward's Pov 

< Bella? Bells, piccola mia? Sei tu? >

< Papà! > Bella scoppiò a piangere in preda all’emozione, ed io l’accompagnai con la schiena sul divano facendole poggiare il capo sulle mie ginocchia. Le scostai i capelli dalla fronte sorridendole ed accarezzandole le gote, rosse e rigate di lacrime.

Nel profondo dei suoi occhi nocciola scorsi la sua gioia.
Mi fu inevitabile pensare che, se non avessi interferito con la sua esistenza, lei non avrebbe patito tutta quella sofferenza, che lei ora si sarebbe stata al sicuro, con i suoi genitori.
Quando però mi accorsi che, inconsciamente, la sua mano era scivolata sul suo grembo, seppi che, sebbene fosse sbagliato tutto ciò, lei era felice. E la sua felicità era l’unica cosa che mi stesse a cuore.

I nostri occhi s’incontrarono e lei mi sorrise, arrossendo ancora di più, per poi distogliere lo sguardo imbarazzata. Piegò il capo di lato e poi, senza guardarmi, mi appoggiò il palmo della sua mano sinistra sulla guancia. L’odore del sangue che era tornato a sporcare le bende m’invase e ridestò in me il mostro che tentavo di reprimere. Chiusi gli occhi e lasciai che il veleno, schizzato improvvisamente dai miei denti, fluisse dalla mia bocca nella gola. Restai ad ascoltare la voce della mia sposa e quella di suo padre, a chilometri di distanza, a Forks …

< Bella! Stai bene? Io e Reneè eravamo così preoccupati … >
Sentivo la donna singhiozzare di sottofondo ed anche Alice, intenta a rassicurarla.
< Sì, sto benissimo. Edward mi ha salvata … Mi siete mancati tanto!>
 
Ti voglio così bene piccola … sono così felice di sentirti. Di sapere che sei viva … Ma ora ti passo Reneè. Era così in ansia. È qui che impazzisce, vuole parlarti … > persino Charlie cercava di trattenere i singhiozzi.
Sentii Bella girarsi di lato e raggomitolarsi, agitata. Aprii gli occhi e l’osservai. Intercettò il mio sguardo e mi sorrise, imbarazzata. Le poggiai una mano sulla spalla per rassicurarla.

Udii distintamente il suono di un oggetto che viene spostato e poi la voce di sua madre, gonfia di pianto e gioia.
< Bella? >
< Oh mamma, come sono contenta di sentirti! >
< Tesoro, come stai? >
< Non preoccuparti, sto benissimo, sul serio … anzi … >

Sentii il suo cuore accelerare e le scoccai un bacio sulle labbra, stringendo la sua mano nella mia.

< Avanti Amore, diglielo … > la incoraggiai, usando quel tono di voce che, sapevo bene, riusciva sempre a convincerla.

Reneè, quando mi sentì, le chiese agitata:
< Dirmi cosa? Bella? Bella? > Si stava agitando.
< Mamma … > esitò un attimo e poi le cercò di dire:
< Mamma … io ed Edward … >
Si bloccò. Non sapeva che parole usare. Come darle la notizia. Glie lo leggevo in faccia.
Mi osservò a lungo, stretta a me, e studiando i lineamenti del mio volto, confessò emozionata alla madre:

< Io ed Edward aspettiamo un bambino. > La sua voce era un sussurro dolcissimo. Come sempre, si accarezzava la pancia. Sapevo che non poteva dirle che era una femmina, la nostra creatura. Come avrebbe potuto spiegare? In teoria sarebbe stato troppo presto per saperlo …
< Sono incinta, di 10 settimane. > continuò Bella.

Sentii il telefono cadere dalle dita di Reneè con un tonfo sordo sul linoleum del salotto di Charlie.

Bella s’irrigidì, impaurita, ma subito dopo sentii la voce di Charlie. Aveva raccolto il telefono e ora chiedeva alla figlia, a mia moglie:
< Bells? Tutto bene? >
< Sì papà … come sta la mamma? > chiese lei, agitata.
< Reneè? No, sta bene … le è caduto il telefono. Alice le sta portando dell’acqua … sembra scossa. Cosa le hai detto?  Ti è successo qualcosa? Se è così, vorrei che ti sentissi libera di confidarti anche con me … > Charlie, grazie alla sua esperienza da poliziotto, riusciva a mantenere un tono pacato, quasi distaccato, nonostante la velocità incalzante delle sue parole. Naturalmente, sapevo quanto fosse agitato, e quanto si sforzasse di parere calmo e sereno.
< Papà … ti prego, non essere arrabbiato … solo … diventerai nonno … tra sei mesi e mezzo … Non è una notizia fantastica? > sorrideva speranzosa, aspettando la risposta di Charlie che però, tardava ad arrivare.
Dopo un po’ chiese di nuovo: < Papà? >
Bella cominciava ad inquietarsi così, la feci sedere meglio sulle mie gambe e le feci appoggiare il capo sulla mia clavicola. Passandole le dita tra i capelli, le sfilai il telefonino e, stringendola a me, dissi nell’apparecchio:

< Pronto Charlie? >
Fece un respiro profondo e poi mi disse: < Edward … ragazzo mio … >
Rimasi piacevolmente sorpreso dalle sue parole. Evidentemente, la gioia di sentire la voce di Bella era riuscita a placare la sua eventuale ira. O forse, era semplicemente contento per noi.
< Charlie, felice della lieta notizia? >
< Sì, sono molto … contento. > Nonostante le sue parole, la sua voce era evidentemente scioccata.
< Solo … siete ancora così giovani … >
Risi mentalmente delle sue parole. Certo, sua figlia era ancora una bambina, soprattutto ai suoi occhi, ed in confronto a me … Ma io …
< Non posso darle torto … è vero. Non era assolutamente prevista la gravidanza ma, siamo entrambi felicissimi, anzi, entusiasti del fatto che Bella sia in stato interessante. > il mio tono, persuasivo, sembrò rassicurarlo e convincerlo.
< Edward … è una notizia … splendida … scusa, ti passo un attimo tua sorella … vado a prendere un bicchiere d’acqua. > stava per svenire?

< Edward? >
< Alice? >
< Ciao, come sta la tua mogliettina? > mi chiese quel mostriciattolo, tutta allegra. Ero certo che stesse saltellando.
< Perché me lo chiedi, come se non lo sapessi. >
< Giusto. A proposito, controlla bene il pavimento del bagno. C’è dell’acqua. Prima che Bella ci scivoli sopra ... Ma non dirglielo, se no si arrabbia! >
< Lo farò. Come l’hanno presa? >
< Bene, direi. Reneè è … molto sorpresa. E Charlie ha assunto una strana tonalità che tira al verde … Però stanno benissimo. Dopo la sorpresa, ci sarà l’entusiasmo. Lo so. > mi disse in tono molto colloquiale, d’intesa.

 Bella si aggrappò al mio collo con il braccio sano e poi mi sussurrò all’orecchio:
< Amore, mi passi mia madre? >
< Sentito Alice? > lei ci rispose con un gridolino eccitato ed io passai il cellulare a Bella.

< Bella, piccola mia? >
< Mamma? >
< Bella! Piccola mia! Sono così felice per voi! Ma piccola, sei sicura che sia il momento? Dopo tutto quello che hai passato … e poi il bambino, Alice ha detto che devi rimanere nascosta, che dovremo fingere che non ti abbiamo ritrovata. Come farete? Un figlio è un impegno … e non voglio che affronti tutto questo da sola. Sono tua madre, e tu sei così giovane … voglio starti vicino, voglio aiutarti … > Reneè sembrava seriamente preoccupata.
Vidi l’espressione di Bella mutare improvvisamente.
Fissandomi negli occhi, mi sussurrò angosciata: < Edward? >
< Calmati Amore … non preoccuparti. Abbiamo organizzato tutto. Ora, non far agitare Reneè … > e la strinsi a me. Riavvicinò l’apparecchio all’orecchio e disse:
< Mamma, lo so che sarà molto difficile, ma i Cullen anno già preparato tutto. E il miglior modo di aiutarmi adesso è fingendo di non sapere nulla. Ti prego! In qualche modo faremo. Non preoccuparti. >
< Tesoro, è per te che sono preoccupata. Sei sicura di essere in grado di portare avanti la gravidanza? Sei sicura di stare abbastanza bene? >
< Sì mamma. E nonostante tutto, mi hanno trattata bene, i rapitori. Per loro sarebbe stato … controproducente … maltrattarmi. >
Vedere Bella cercare di rassicurare la madre mi commosse. Così piccola ed indifesa, accoccolata tra le mie braccia …
< Bella, credevo di impazzire, mentre eri lontana. Temevo che ti facessero del male, che non ti avrei più riabbracciata. E ora … non posso neanche vederti … > La voce le si incrinò.

I lucciconi che a Bella si formarono all’angolo degli occhi e glie li resero umidi, la rendevano ancora più incantevole. Le feci scorrere il pollice sulle palpebre e sulle ciglia, per poi portarmelo alle labbra, assaporando quelle poche e salate gocce del suo dolore.

Lei sospirò e poi disse a Reneè:
< Mamma, non fare così. Mi dispiace tantissimo che non potremo vederci, ma è l’unico modo. Lo dico per voi. Non voglio che corriate dei rischi. È gente molto pericolosa quella da cui sto fuggendo. Vi prego, dovrete fingere che questa telefonata non sia mai avvenuta. Se ci saranno novità, mi farò sentire io. Te lo prometto. Vi terrò informati e ... >

Rimasero al telefono a lungo, e Reneè prima e Charlie poi, le domandarono della salute, della gravidanza. Volevano sapere tutto e penso che forse, alcune domande le ponessero solo per sentirla parlare. Charlie sembrava ancora troppo sorpreso per elaborare la notizia e, imbarazzato, continuava a chiederle:
< Ma sei proprio sicura? Non è un ritardo? Magari sai, il rapimento e l’ansia … >
Era bellissimo vederla rispondere: < No papà. Ho fatto due test e anche Carlisle, che mi ha visitata più volte, è sicuro. Ha sentito anche il suo cuore! > era emozionata. Le gote imporporate.
Fu Reneè però, a farle la domanda che la mise più a disagio:
< Bella, piccola mia … sei sicura che sia di Edward? > Era proprio Reneè, così diretta …
< Mamma, ti assicuro, non mi hanno neanche sfiorata … >
A quelle parole, non riuscii a trattenere un ringhio soffocato e la abbracciai stretta, respirando a fondo il suo odore.
Solo averla lì, con me, mi permetteva di non distruggere tutto ciò che avessi a portata di mano.
Bella ovviamente se ne accorse e mi accarezzò, gentile e premurosa, facendo aderire il suo corpo al mio ed accomodandosi meglio tra le mie braccia. Intanto ascoltava la madre che le diceva:
< Bella, ma se ha davvero due mesi e mezzo, il bambino deve essere stato concepito … >
La mia giovanissima sposa arrossì ulteriormente e poi, con la voce simile a quella di un pulcino, sussurrò:
< Sì, l’unica notte che abbiamo passato assieme, io ed Edward. Quella del matrimonio … >

Pensai a quanto vera e al contempo falsa fosse quell’affermazione e sorrisi, malinconico. Durante la luna di miele, avrei voluto trascorrere con lei altre notti come quella unica, dolcissima e splendida in cui eravamo stati una sola anima, un solo corpo.

Reneè sapeva che Bella era vergine, prima del 13 agosto … in qualche modo, le aveva estorto l’informazione prima della cerimonia, insieme ad Alice. E fu per questo che sussurrò al telefono:
< Oh, Bella, è così romantico! >

E a pensarci, era straordinario come, la nostra unica volta, ci avesse donato la gioia della vita, la felicità che solo la nascita di un bambino può portare … Elizabeth.

Dopo questa domanda, né lei né Charlie accennarono più alla prigionia, al rapimento.

Con Carlisle avevano parlato a lungo. I miei suoceri temevano di agitare Bella. Noi non potevamo rischiare di svelare loro anche solo un accenno di verità. Quando finalmente Charlie si rimpossessò del cellulare, Bella, dopo averlo salutato affettuosamente, me lo passò.
Era molto agitato. Alla fine, gli promisi che li avremmo chiamati una volta al mese, ma fui costretto a confermargli che non potevano assolutamente venire a trovarci. Era una scelta dolorosa, ma inevitabile.

“Edward … ” pensò Esme “potrei farvi una foto con il cellulare … non apparirà la data dello scatto, così loro potranno tenerla. ” annuii e lo dissi a Charlie, che ne fu entusiasta. Dopo altri saluti, che lasciarono mia moglie con gli occhi arrossati, porsi il telefono ad Esme e lasciai che ci scattasse numerose foto.
In queste era ritratta Bella tra le mie braccia, io che le baciavo la guancia, lei da sola, seduta sul divano …
Il tutto, facendo ampiamente attenzione che non si vedesse mai il braccio sinistro, stretto nella fasciatura, nascosta in parte dal pigiama.
Gliele inviammo e la loro risposta fu:
“GRAZIE” scritto in maiuscolo e poi: “Bella, ti vogliamo bene.” Seguito da “Edward, ti siamo debitori … ”
Esme compose un messaggio di risposta, ma non me ne curai. Fissavo Bella, preoccupato.

Lei era ancora seduta dove l’avevo lasciata, sul divano, silenziosa ed immobile. Il capo chino, le guance rigate da sottili scie luccicanti. Teneva le mani giunte in grembo e all’inizio non si accorse neanche del fatto che mi fossi accovacciato davanti a lei e che la stessi osservando.
Quando alzò lo sguardo e mi vide, mi sorrise timida e mi sussurrò, portandosi la mano destra sul ventre: < Beh, l’hanno presa abbastanza bene … non trovi? Anche se penso che appena avranno realizzato che sono davvero viva, si arrabbieranno sul serio. >

Le presi il volto tra le mani e la obbligai a guardarmi negli occhi. < Bella, capisco ciò che provi … mi dispiace sinceramente per ciò che stai subendo. Il dolore che stai patendo. Questa bambina è un dono. I tuoi genitori l’adoreranno. Non devi preoccuparti di questo. Il mio unico desiderio è saperti contenta e farò tutto ciò che potrò per darti la vita più normale possibile. Te l’ho promesso, ricordi? Ti renderò felice. >

< Ne sono certa. > e poi avvicinò il suo volto al mio.

Appoggiò leggera le sue labbra umide sulle mie che dischiusi immediatamente, pronto ad accoglierla.
Si muoveva leggera, esitante. Sentivo il suo respiro caldo e avvolgente invadermi.
Dovetti concentrarmi sull’amore incommensurabile che provavo per quella fragile ragazzina che mi stava baciando, per reprimere la sete del suo buonissimo, profumatissimo sangue. Il suo sangue, così delizioso, così invitante … ma anche assolutamente proibito.
< Bella, ti amo. >le sussurrai sulle sue labbra, dalle quali mi ero separato un attimo solo per permetterle di respirare.
E l’amavo di un amore tanto intenso, travolgente e totalizzante che a lungo avevo ritenuto impossibile da provare. Un amore tale da assorbire ogni mio pensiero in un turbinio di appassionata follia.

Mi accorsi di star movendo le mie labbra in maniera frenetica, avida.
Bella mi assecondava. Aveva socchiuso gli occhi e passato il suo braccio destro dietro il mio capo e lasciava che le mie mani corressero veloci sulla pelle della sua schiena, del suo collo, intente a rincorrere il pulsare del suo sangue dentro le sue vene.
Il suono del suo cuore era assordante, bellissimo. Quello della bambina solo un’eco, lieve e delicato che lo accompagnava gentile, ricordandomi il miracolo della mia sposa.

Elizabeth era ancora così piccola che riuscivo a sentirla solo quando ero davvero vicino a Bella, quando la toccavo e, soprattutto, quando lei era calma.

Esme pensò: “ Edward, io e Carlisle andiamo a chiamare Emmett e Rosalie … Torniamo presto. ”
In quel momento non saprei dire se fosse un monito o una minaccia, dato il tono.

Annuì impercettibilmente, ma lei capì ed uscì.

Con gentilezza, mi sedetti sul divano e, afferrando Bella con delicatezza per il bacino, le portai a sedere sopra le mie gambe, a cavalcioni.
Dopo altri baci, che si facevano via via più audaci, si appoggiò al mio corpo, nascondendo il volto nell’incavo del mio collo. Le sue gambe strusciavano contro le mie.
< Edward … ? >
< Sì? > domandai sorpreso dal suo tono di voce. Era imbarazzata?
< Edward … se ne sono andati … > mi chiese titubante e poi aggiunse: < tutti? >
< Bella, ci siamo solo noi ma … >

Mi guardò un attimo ed arrossì furiosamente e si affrettò ad aggiungere: < No, non voglio fare quello! Volevo parlarti … >

Non capii subito perché fosse così rigida.
Seppellì il volto nella mia camicia e, senza riaffiorare dalle pieghe della stoffa mi domandò:
< Edward … verrà anche Rosalie, qui? >

Ed allora decifrai i segnali del suo corpo. Era una sofferenza non riuscire a leggere i suoi pensieri.

< Oh Bella, hai paura di Rosalie? Tu che sei fuggita persino dai Volturi, con tutto il tuo coraggio … temi la sua reazione? > trattenevo a stento le risa, mentre le massaggiavo le spalle.
Lei si allontanò da me e si alzò in piedi.
< Edward, non c’è niente da ridere. > La voce tremava d’ira. < Rosalie già mi odia, adesso poi! >
< Amore, non è vero che ti odia … > cercai di convincerla.
< Forse, ultimamente non mi odiava come all’inizio … ma quando saprà che aspetto Elizabeth, di sicuro mi odierà. >
< Bella, sei umana. Tutto questo è nella tua natura. Lei è questo che t’invidia. Non odia te. Odia se stessa. Certo, orgogliosa com’è, non te lo dirà mai ma sappi che la sua gelosia, il suo desiderio di maternità non sono contro di te. Sono certo che ti vuole bene. Me lo ha dimostrato, in queste settimane. Era sinceramente dispiaciuta. Sta tranquilla. Vorrà bene alla bambina e con te si comporterà benissimo. In fondo, rispetta il nostro amore … >

E così dicendo, le presi le mani e glie le portai dietro al mio collo. La misi sdraiata sul divano e io mi appoggiai sopra di lei, facendo attenzione a non farle male. Le baciai il lobo dell’orecchio e, dopo averle sollevato la maglietta fino al reggiseno, con le mani le carezzai la pelle della schiena. Il suo respiro era accelerato notevolmente. La strinsi a me per poterla sentire mia. Rabbrividì al contatto con il mio corpo gelido.
Il suo profumo, così forte e così buono, mi faceva avere pensieri disdicevoli, soprattutto dato il momento. Sciolsi quindi l’abbraccio e mi allontanai un poco. Entrambi ci mettemmo seduti, tenendoci per mano. La osservai a lungo mentre lei si guardava intorno, sforzandosi di regolare gli ansiti. Mi spaventai quando si alzò di scatto.

< Bella? > le domandai, ma lei, felice, mi indicò il vecchio pianoforte che si trovava nella stanza attigua. Esme aveva lasciato la porta aperta.
< Edward, c’è un piano!!! > saltellava felice, il braccio sinistro poggiato al petto. Avrei di gran lunga preferito che se ne fosse rimasta ferma, ma
sicuramente non mi avrebbe ascoltato, quindi mi limitai ad annuire.
< Perché prima non mi hai portato di là? Ti prego, mi suoni qualcosa? Mi è tanto mancata la tua musica! Ti prego! >
< Non c’è bisogno di pregarmi. Lo faccio con gioia. Ma prima … > e la guidai, tenendola per mano, al piano superiore nella camera di Esme.
< Tieni. > ed estrassi da un cassetto un grazioso foulard in seta azzurra. < Così il braccio ti darà meno fastidio … > e glielo feci passare dietro al collo, dove feci un piccolo fiocco. Con delicatezza, le feci appoggiare il braccio sulla stoffa e le chiesi: < Allora? Ti senti più comoda? Così non ti peserà … >
Annuì e poi, stringendosi a me, sussurrò: < Grazie … >
< Di niente. > e, portandola in braccio, la condussi nella stanza in cui avevamo sistemato il pianoforte.

Suonai a lungo, guidato dal suo respiro. Seduta al mio fianco, lei osservava rapita la danza delle mie dita sui tasti. Ogni tanto sollevavo la mano per carezzarle la guancia, senza rallentare la melodia.
< Sei bravissimo. E la tua musica è splendida … >
< Perché la persona che la ispira è speciale. > fece finta di tirarmi una gomitata e poi si alzò in piedi.

< Dove vai? >

Si voltò sospettosa: < In bagno … non vorrai seguirmi anche lì? Non ho intenzione di annegare nella tazza del gabinetto … >
Nonostante il suo sguardo omicida, mi alzai di colpo e la precedetti a velocità inumana.
< Ma che fai? > mi urlò dietro lei, quando mi chiusi nel bagno.
Le risposi: < Niente! >

Niente Amore mio. Asciugo solo il pavimento …

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Meloni ***


18

Eccomi qui, di Venerdì come promesso!

Siccome sono tornata a casa alle 3.35, non sono riuscita a preparare i ringraziamenti anche perché mi avete incuriosita troppo con la storia del brand new twilight trailer (della serie: appena letti i commenti, l’autrice è corsa su youtube a cercarlo e, ci è rimasta un quarto d’ora buono in contemplazione, nonostante Edward non sia Gaspard. Gaspard, l’Edward Cullen perfetto!!!! )
Allora, parlando brevemente del capito (scorso e corrente), ringrazio tutte voi che avete recesito!!! Siete troppo carine e scrivete sempre dei commenti fantastici! Sì, Edward si mette a pulire il pavimento del bagno!!! Però, perché non è venuto da me quando si è allagato il mio?? Sniff. È un’ingiustizia!!! Per il cap 18, sappiate che è strettamente (moltooo strettamente XD) collegato con il 19, che posterò Domenica. Spero sinceramente di non essere finita nel rating rosso.
AVVISO: questo capitolo contiene una scena erotica => se non volete leggerla, tale scena comincia più o meno quando Bella dice: < Edward … sai che giorno è oggi? > (seconda metà del cap.)
Spero che questo capitolo vi possa piacere!!!
Comunque, a parte la deficienza di questa mia introduzione (colpa del pollo-funghi-bambù del cinese di oggi. In realtà erano funghi allucinogeni XD), vi ringrazio ancora per i commenti (graditissimi, anche quelli lunghi! Mi piace troppo sapere quello che pensate, non preoccupatevi di essere prolisse!).
Per quanto riguarda i volturi, vi avviso: Per Edward e Bella non sono tutte rose e fiori. Tra qualche cap ci sarà il rientro in scena di alcuni personaggi. Non voglio dirvi altro!!!
Grazie ancora a tutte, un bacio e a Domenica, sempre intorno a quest’ora …
                                                                  Cassandra!

Bella's POV

In punta di piedi, sgattaiolai in cucina … devo dire che avrei anche potuto correre urlando dato che nella mia famiglia alle due di notte nessuno dormiva e i loro sensi erano talmente sviluppati da permettere loro di distinguere anche il minimo suono nel raggio di centinaia di metri ma, ingenuamente, mi auguravo che nessuno si accorgesse di me.

Sta di fatto che, visto che Edward se ne stava nella sala del pianoforte, così l’avevo ribattezzata, a comporre musica e degli altri non c’era nessuna traccia, quatta quatta mi diressi al frigorifero.
Non so come, lo raggiunsi senza inciampare. Già ero imbranata di mio, figuriamoci al buio, di notte, in una casa in cui abitavo da neanche tre mesi.
Quando aprii l’anta per tirare fuori qualcosa da mangiare (avevo voglia di meloni. In quel periodo avevo sempre voglia di meloni, ed era gennaio!) sentii la voce di Edward che mi rimproverava da dietro le mie spalle.

< Bella … è notte fonda. Torna a dormire. >

Sospirai, sconsolata e, tenendo il frigo aperto, mi voltai verso di lui, illuminato dalla luce fioca che veniva dal mio scrigno delle prelibatezze.
< Mi è venuta fame. > tentai di giustificarmi.
< Sì, lo avevo sospettato … ma mangiare la frutta fredda da frigo a quest’ora … ti resta sullo stomaco. Non vorrai mica stare male. Devi aspettare almeno mezz’ora. >
Lo guardai male e lui mi strinse a se ridacchiando.
Quando il mio naso sfiorò il suo collo, lasciai andare la portiera del frigo, che si chiuse lasciandoci al buio, e lo abbracciai con tutte e due le braccia. Se non ci fosse stata Elizabeth fra noi due, l’abbraccio sarebbe stato molto più sensuale, ma a noi andava benissimo così.
< Ti ho tirato fuori un melone una ventina di minuti fa … ma aspetta ancora un po’ prima di divorartelo. È ancora molto freddo. >
Alzai il capo e fissai il punto in cui sapevo si trovavano i suoi occhi. Esattamente sopra il suo magico sorriso.
< E sentiamo, come mai dici che voglio proprio il melone? Magari questa sera mi andava qualcosa di diverso … Forse riesci a leggere nei miei pensieri adesso? >
Mi baciò la fronte e seppi che stava sorridendo.

< Bella … preferivo quando, nel sonno, chiamavi me invece che un frutto arancione e puzzolente … > e scosse il capo, fingendo rassegnazione.

< Il melone non puzza. Profuma. Ed è anche buono. > feci io. Fortuna che era scuro. Ero arrossita. Da quando ero incinta, le mie reazioni erano state più vistose, meno controllabili. Arrossivo sempre, per cose quasi normali. Avere le emozioni così ben in vista mi metteva a disagio, un pochino … c’era gia il battito del mio cuore ad imbarazzarmi …
< Più buono di me? > Edward appoggiò le sue labbra sulle mie. Cominciò a succhiare, piano piano, il mio labbro inferiore e ad accarezzarmi i denti con la punta della lingua. Appena la mia incontrò la sua, mi avvinghiai ai suoi capelli. Quando si allontanò, nonostante i miei sforzi per impedirglielo, mi domandò:
< Allora? >
< Allora cosa? >
< Cosa ti piace di più? Il melone o un mio bacio? >
< Sai già la risposta. >
< Sì, è vero … ma mi piace sentirtelo dire … >
Lo guardai negli occhi per un istante.  

< Il melone! > E feci finta di correre via, ridendo, dopo aver afferrato il frutto che lui aveva appoggiato sul tavolo.

Naturalmente, lui mi afferrò poggiando leggero le mani sulla mia pancia.
Mi bloccai all’istante. Mi costrinse ad appoggiarmi con la schiena al suo petto. Le sue mani mi accarezzavano e salirono veloci fino a raggiungere il collo. Voltai il capo abbastanza da sentire il suo respiro gelato sulle mie ciglia.
Chiusi gli occhi e lasciai che mi baciasse le palpebre e le labbra. Quando il suo respiro mi invase la bocca non capii più niente. Lasciai cadere il frutto, che rotolò lontano da noi, e affondai le mani nei suoi capelli.

< Meloni … Bella … mi dispiace. Temo che dovrò dare il meglio di me per convincerti del contrario. > faceva la voce addolorata ma, quando un lampo illuminò la stanza (naturalmente diluviava), lo vidi. Sorrideva malizioso.
< Non credo che riuscirai a convincermi così facilmente … >
< Infatti. Ho detto che mi applicherò molto. > e mi prese tra le braccia.
Mi adagiò sul letto e mi raggiunse.
 

Da quando ero tornata, avevamo trascorso molte serate in quel modo. Semplicemente abbracciati, a scambiarci carezze più o meno caste. A baciarci, non sempre sulle labbra. Ma, da quando ero tornata, non lo avevamo mai fatto. Non c’era un motivo preciso … semplicemente, non era ancora accaduto.

Dopo i primi giorni d’assestamento trascorsi ad ingozzarmi e osservare il cielo pieno di nubi, giorni durante i quali non mi allontanavo mai da Edward che mi seguiva ovunque (benedetta porta del bagno! Almeno quel limite a volte lo rispettava!), nelle prime settimane ero sempre molto stanca. Dovevo ambientarmi. La variazione di clima, di cibo, d’aria … la presenza costante di Edward … tutti questi cambiamenti mi avevano provata. Avevo avuto per un po’ le nausee ma Carlisle ci aveva rassicurato, poteva capitare. Dormivo in continuazione. E soprattutto, non avevo molta voglia di adempiere ai miei doveri matrimoniali. E me ne stupivo io stessa. Per mesi avevo desiderato poterlo fare … e adesso semplicemente non mi andava. Preferivo restarmene calma a farmi coccolare.
Edward naturalmente non mi diceva nulla. Sapevo che lui avrebbe atteso che fossi io a volerlo.
Temeva che fossero la paura, i ricordi a bloccarmi e a nulla erano valsi i miei tentativi di convincerlo del fatto che non ne avevo voglia ma che Caius non centrava niente.

Una sera, mentre il mio sposo era a caccia, osai persino prendere da parte Carlisle:

< Carlisle … potresti venire un attimo in camera? >
< Certo … > una volta nella stanza mi aveva chiesto:
< Che cosa c’è? Non ti senti bene? > Aveva già in mano la sua mitica borsa da dottore.
< No, no … la salute non centra … > Ero arrossita fino alla punta dei capelli.
< Senti, da dottore … >
Si sedette accanto a me sul letto e mi prese gentilmente la mano: < Da dottore … >
< Ehm, è un argomento un po’ imbarazzante … > Mi aveva sorriso divertito.
In effetti era stupido che mi vergognassi, era il mio medico. Avrebbe fatto nascere la mia bambina e mi aveva già sottoposta ad una visita ginecologica, appena pochi giorni prima …
Ma oltre ad essere il mio dottore, era anche mio suocero!
< Ecco … appena ho rivisto Edward, ero talmente contenta che non capivo più niente. Ma da quando sono tornata, da un mese, non ho più voglia di … fare … >
Pensavo che non sarei riuscita ad arrossire ulteriormente ed invece ebbi la smentita proprio in quel momento.
< Non hai più molta voglia di avere rapporti con Edward … ? >
Annuii e chiusi gli occhi.
Passandomi una mano sulla schiena, mi rassicurò: < Certamente, hai subito un forte trauma … ma probabilmente è dovuto al fatto che sei ancora al terzo mese … in questo periodo della gravidanza c’è sempre un calo del desiderio. Non devi preoccuparti. Se il problema dovesse continuare, avvisami. Non vergognarti. Vedrai che fra qualche tempo tutto tornerà come prima. Edward ti fa pressione? >
< No! assolutamente … era solo, che ero preoccupata. >
< Tranquilla, si sistemerà tutto. Magari, quando siete solo … cercate di stare in intimità. Ti aiuterà ad abituarti piano piano. E mi raccomando, chiamami per qualsiasi cosa, intesi? > Annuii e lui mi diede un bacio sulla fronte, poi mi lasciò sola, a pensare.

Naturalmente Edward, dopo essere tornato, scoprì l’oggetto della nostra conversazione. E non perché glielo rivelò Carlisle, che da bravo medico sigillò i suoi pensieri per mantenere la mia privacy, ma perché alla fine, esasperata, fui io stessa a dirglielo:

< No, Edward … no, non sto male. Ti assicuro. >
< E allora perché hai voluto parlare da sola con Carlisle mentre io non c’ero? Perché lui ha fatto uscire tutti gli altri? > Era davvero in ansia. Prese il mio mento tra le dita e, obbligandomi a fissarlo negli occhi, mi implorò:
< Ti prego. Dimmelo. Sono tuo marito, non ti senti libera di sfogarti con me? Di dirmi la verità? Stai male? Ti prego. L’angoscia mi divora, e tu lo sai. >

Cedetti. Di fronte alla sua bellezza, alla sua dolcezza, al suo sorriso. Alla sua paura

 < Non sto male … ho chiesto a Carlisle di parlarmi perché … > non riuscivo a confessarglielo.
Sentivo le guance diventare bordeaux. Lui mi fece sedere sulle sue ginocchia e mi accarezzò gentile. Trovai la forza e il coraggio di proseguire,sussurrandogli all’orecchio:
< gli ho chiesto se fosse grave che non mi vada più tanto di fare l’amore … >

Senza che potessi aspettarmelo, mi strinse in un abbraccio confortevole e scoppiò a ridere.

< Mi hai fatto spaventare. Chissà cosa mi credevo! Non preoccuparti. Lo faremo quando ne avrai voglia. In fondo sei al terzo mese … è normale. E dopo tutto quello che hai passato … > e mi scoccò un bacio casto sui capelli.

Da quel giorno, ogni sera, mi faceva addormentare carezzandomi e cantando la ninnananna per me.
Quando le sue mani, più leggere della seta, mi accarezzavano dei punti sensibili, lui mi sussurrava: < ti amo > nient’altro.

Adesso però sentivo che lo volevo. Desideravo sentirlo parte di me.

 Mentre eravamo sdraiati sul letto, abbracciati, gli chiesi maliziosa:
< Edward … sai che giorno è oggi? >
Avvicinò le labbra al mio orecchio e, dopo averne sfiorato il lobo con la lingua, sussurrò:
< Oggi, Amore mio, è il 18 gennaio. L’anniversario del nostro incontro. È da tre anni che ho ricominciato a vivere … > e mi baciò la guancia. Si spostò sempre di più verso le labbra e, quando le ebbe raggiunte, le assalì con dolce impeto.
Le mie mani s’insinuarono sotto la sua camicia mentre le sue mi percorrevano vogliose il volto. Cominciai a respirare affannosamente.
Lo sentivo. Era eccitato quanto me. Appena si accorse che me ne ero resa conto, allontanò il suo bacino dal mio sdraiandosi al mio fianco. Tenendogli la mano, gli salii a cavalcioni sul petto.

Ero contenta di non dovermi preoccupare del peso, con lui.

Da quando anche la seconda ondata di nausee si era dissolta, avevo cominciato ad ingrassare notevolmente. Sebbene fossi alla ventunesima settimana, avevo già un grosso pancione. Secondo i miei due medici personali, ogni donna era un caso a sé e che il mio bel pancione già così ingombrante non poteva che essere un buon segno.
Sbottonandogli lentamente la camicia, gli domandai:

< Che ne dici di festeggiare? >

Mi accarezzò la guancia e, scrutando nel profondo dei miei occhi, cercò l’indecisione.
Non trovandola, non rispose, ma si limitò a reclinare il capo all’indietro e a chiudere gli occhi.
Con il suo aiuto, riuscii a sfilargli la camicia e cominciai a passare con le mani sui suoi muscoli, sui suoi addominali. Risalii fino al suo petto, che accarezzai, e poi raggiunsi il suo collo. Con le mani glie lo massaggiai, per quanto sia possibile massaggiare una statua di marmo, e poi gli passai i pollici sulle tempie, sulle palpebre, sulle occhiaia. Cercai di sdraiarmi su di lui, ma per paura di schiacciare Elizabeth mi limitai ad appoggiarmi alle sue spalle.
Riaprì gli occhi e con lentezza mi osservò.

Con la mia bella pancia ben in vista da sotto la maglietta del pigiama, mi sentivo una balena ma lui non pareva curarsene.

Mi levò la maglia e mi lasciò in reggiseno. Ora ero costretta a portare la quarta. Un’intera taglia in più!
Mi accarezzò il pancione e poi con entrambe le mani raggiunse la mia schiena. Dopo averla percorsa a lungo, sganciò il reggiseno. Un clic sordo nell’oscurità della notte. I nostri respiri accelerati e il battito forsennato del mio cuore.

< Sei splendida … > mi sussurrò mentre, stupidamente, mi coprivo con le braccia.

Mi prese la mano sinistra e se la portò al naso.
Dopo aver annusato a lungo il mio polso, là dove le mie vene erano più vicine al sottile strato di pelle candida, sospirò.

Poi cominciò a baciare le vistose cicatrici violacee che devastavano il mio avambraccio. Erano gonfie, in rilievo rispetto al resto della pelle. Erano orribili … eppure Edward le accarezzava con le labbra con tanta cura e tanto amore che non mi importò più quanto brutte fossero, quanto deturpato risultasse il mio braccio.

Con dolcezza, mi aiutò a sfilarmi i pantaloni del pigiama.
Mi sdraiai di lato, sopra di lui, mentre lasciavo che le sue mani percorressero il mio corpo, ovunque.
Erano dolci, esitanti, attente.
Solo a tratti percepivo la sua impazienza.
Quando mi sfiorò il lato di un seno, emisi un gemito di piacere e gli baciai la guancia.
< Edward … e se gli altri ci sentono? > 
forse era un po’ tardi per pensarci. Arrivati a quel punto, non avevo alcuna intenzione di smettere, che ci sentissero, chi se ne importa. Eravamo persino sposati, io ero incinta … cosa credevano, che giocassimo a carte di notte? Certo, Emmett mi avrebbe preso in giro, ma ci avrebbe pensato Edward a farlo stare zitto.

< Bella … > mi disse Edward con voce affannata < siamo soli, io e te. Alice ha detto che avevi bisogno di stare sola con me … e così sono andati tutti a
caccia. >
< Ma piove … >
< ti assicuro, Amore, non è un problema. > e prese a baciarmi con avidità il collo.
Mi fece sdraiare al suo fianco e poi, dopo aver avvicinato il suo capo al mio, fece scivolare la sua mano sotto la stoffa dei miei slip.
Rimasi immobile per alcuni istanti, e lo stesso fece lui.
Dovetti aspettare qualche momento, prima di calmarmi, di allontanare tutti i pensieri spiacevoli.

Ero con Edward e ci amavamo. Nient’altro contava.

Mi rilassai e sfiorai il volto di mio marito.
Con mani incerte, mi avvicinai all’orlo dei suoi pantaloni e cercai di levarglieli. Lui mi aiutò e rimase in boxer.
Incerta, vi appoggiai la mano sopra e lui sospirò.
Era strano vedere come si stesse sforzando di trattenersi. Era tenero.
Decisi di osare di più ed infilai la mia mano sotto la stoffa.
Lui non disse niente, limitandosi ad un gemito.

Il suo corpo era freddo, mentre il mio pareva ardere. Sentirlo …
< Edward … > sussurrai.
< Sì? >
< No, niente … >
< Adesso mi dici. > mi intimò.

< Sei freddo … Devo aspettare mezz’ora anche con te? >

Rise e poi scosse la testa. < No, non credo. Hai già aspettato abbastanza. Tu che dici? >
Invece di rispondere, tolsi la mia mano da sotto il suoi boxer e strinsi la sua, appoggiata sul mio bassoventre.
In un attimo, fu sopra di me. Mi stava riempiendo di baci il collo. Non avvertivo minimamente il suo peso. Tra il suo corpo e la mia pancia due centimetri di vuoto.

Scese ad accarezzarmi il seno. Le sue mani si posizionarono sulla mia vita.
Poi presero strade diverse. La destra scese e raggiunse la mia schiena, dove tracciò decisa la linea della mia spina dorsale. La sinistra raggiunse il seno su cui si erano intanto soffermate le sue labbra.

Mi massaggiava lentamente. Appoggiò per un attimo la fronte sul mio sterno, tra i miei seni, e portò entrambe le mani sotto le mie scapole. Mi strinse a se ed inspirò il mio odore.
Io intanto ansimavo e, ad occhi chiusi, cercavo di rimanere calma.
Appoggiai le mie mani sulle sua schiena, in un abbraccio dolce e carico d’amore.
< Bella, ti adoro. Sei così dolce … ti emozioni sempre. Così rossa … il tuo cuore che batte furioso … > cercò di allontanarsi un po’ per poter osservarmi meglio. Mi vergognai del suo sguardo avido e cercai di stringerlo più a me.

Sentivo la sua pancia contro il mio pancione. Ovviamente, non avvertivo minimamente il suo peso.

Ad un certo punto, mentre con la lingua giocava con il mio capezzolo inturgidito, decisi di agire.
Con le mani gli accarezzai la schiena, fino ad arrivare ai boxer. Lui, che si teneva sui gomiti e sulle ginocchia, capì subito le mie intenzioni. Sorrise malizioso e mi disse:

< Perché ti fermi? >

< Non mi fermo. > gli risposi decisa, e feci scivolare l’indumento lungo le sue gambe. Con un gesto veloce, se ne liberò e poi, dopo essersi seduto sui talloni, mi sussurrò: < Ora tocca a me. >
E, con la punta del dito indice, tracciò il profilo dei miei seni. Si soffermò sulla punta di entrambi e, seguendo le curve abbondanti del mio corpo, raggiunse l’ombelico. Si chinò in avanti per baciarlo e poi seguì la sottile linea scura che congiungeva quel piccolo bottoncino in cima alla mia pancia al punto più nascosto nel mio corpo. Non riuscii a dominare il mio corpo e, a quel contatto, mi incurvai, costretta a bloccare il tremito di piacere che aveva cominciato a scuotermi.

Purtroppo, la pancia mi bloccava la visuale del corpo nudo del mio sposo, mentre lui poteva osservarmi benissimo, mentre mi contorcevo per trattenere i gemiti.

Quando le sue dita gelide, che ad ogni tocco mi facevano sussultare, raggiunsero la stoffa bianca delle mie mutande molto poco sexy ma tanto, tanto comode, trattenni il respiro. Si abbassò di nuovo per baciarmi sopra la stoffa, inumidendosi le labbra. Mi sentii morire di vergogna. Lentamente, mi sfilò le mutandine facendomi sollevare le gambe.
Mi accarezzò.
Nonostante ostentasse sicurezza, anche per lui era solo la seconda volta ed era molto emozionato. Non sapeva bene neanche lui cosa fare e soprattutto come farlo.

Mi riempì di baci e lasciò che io fossi pronta, accompagnando il mio respiro con le sue carezze, delle mani e della lingua. Il mio corpo contro il suo.

Si posizionò in modo che i nostri bacini s’incontrassero e io cominciai a tremare. In parte era colpa del freddo, in parte dell’eccitazione crescente. Gli abbracciai la vita con le gambe. Lui sciolse l’abbraccio con dei gesti gentili delle sue mani, e, quando io feci per ribattere, posò il dito sulle mie labbra: < Non dire niente … > e poi mi baciò. Le sue labbra contro le mie per solo un istante.

Scivolò lungo il mio corpo nudo. Sfiorò le mie guance con le mani mentre con la lingua mi tormentava, illudendomi e poi ritirandosi.
Tra i miei ansiti, lo chiamavo e lui era sempre lì, pronto a sussurrarmi che mi amava, che sarebbe stato con me per sempre.

Accomodandosi meglio tra le mie gambe, mi accarezzò i glutei e poi i fianchi. Le sue dita cercarono me, il mio corpo, la sua parte più nascosta. Dopo avermi carezzata a lungo con discrezione, attento ad ogni mio tremito, ad ogni mio mugolio strozzato, si abbassò a baciarmi. Strinsi il lenzuolo nelle mani. Mi baciò l’intermo delle cosce e succhiò la pelle di quel punto, fino a lasciarmi un leggero segno rosso. Poi si rimise con la fronte poggiata dolcemente sulla mia e mi baciò le labbra. Le sue erano amare. Quando le sue mani ghiacciate accarezzarono il mio seno, estremamente sensibile, mi inarcai per l’ennesima volta. Vedevo i suoi caldi occhi dorati bruciare di passione. Sentivo il mio corpo accaldato e sudato che desiderava il suo, freddo e perfetto. Con le mani gli accarezzai la schiena e scesi. Volevo donargli le emozioni e le sensazioni che lui aveva appena donato a me. Per lo meno volevo provarci. Mi vergognavo e lui se ne accorse. Bloccò la mia mano tremante prima che potessi raggiungere il mio obbiettivo e la portò al volto. < Non è necessario, Amore, non preoccuparti. > La baciò con grazia. Si soffermò sulla sottile linea d’oro intorno all’anulare, poi, con dolcezza si aiutò un momento per unirsi a me.

< Pronta? > un sussurro smorzato. La sua voce era molto bassa, roca. Sensuale, persino più del solito ...

Piccola nota dell’autrice:
Allora, vi è piaciuto il cap? spero di sì!!! Non preoccupatevi, domenica continuerò ESATTAMENTE da dove ho lasciato. Avrei preferito scrivere tutto in questo cap, ma sarebbe venuto troppo lungo. Sorry! Preferisco non affrettare le cose, soprattutto queste cose XD
Volevo dirvi: la storia del melone …
Tutto nasce dal fatto che mia madre, quando, centinaia di anni fa, era incinta di me di notte si svegliava e andava a razziare il frigorifero, facendo incetta di meloni. Lei e i meloni erano la coppia felice e mio padre era relegato al secondario ruolo di marito e quasi-padre. E allora lui, di notte, si alzava e le tirava fuori dal frigo i meloni perché così mia madre non se li sarebbe mangiati freddi gelidi alle 3 di notte, evitandole una congestione e cercando di farsi notare di nuovo da lei, innamorata persa del frutto arancione!  Era una storia carina è così ho deciso di inserirla nella ficcy!
Spero vi sia piaciuta come cosa. Ancora un bacio, vi aspetto! A domenica!

PS: A me i meloni fanno schifo XD

 

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Capitolo 19
*** Amore... ***


cap 19

Salve a tutte. Per prima cosa, erigiamo tutte insieme un monumento al signor Muccio, che da bravo tecnico ha fatto risorgere sta scatola infernale dalle sue ceneri … (e bravo signor tecnico … che si è sorbito il mio pianto isterico di domenica alle 4 quando questo stronzo –scusate ma ora lo odio- di Pc  mi ha abbandonato)
Bene, dopo la statua in marmo di Carrara formato gigante, ora devo ringraziare tutte voi! 
Come ho già detto, ho perso tutto ciò che c’era nel pc … anche i capitoli nuovi.
Credo quindi che gli aggiornamenti saranno molto più lenti del normale … (tra l’altro, visto che dovevo riscrivere il cap 19, ho riletto il 18 e sono rimasta sconcertata da me stessa. Come ho potuto scrivere delle cose così? ODDIO! Quella sera dovevo aver mangiato merendine a base di alcol … non me ne capacito!Oddio! che vergogna!!! Quasi quasi è un bene che il seguito sia andato perduto XD
! Ah, e mia sorella, che lo ha letto, mi ha detto che non mi rivolgerà più la parola e che io sono una pervertita!Dice che diventerò una scrittrice di copioni per i film porno! che ridere la sua faccia sconvolta!) Inoltre fra poco parto … Ma per intanto, eccovi questo capito, alla fine del quale ci sono i ringraziamenti alle 17 persone che hanno risposto all’avviso postato gentilmente dalla cara Lilian Potter! E un grazie anche a lilly95lilly! Per tutte voi che avete commentato il cap 18, sappiate che avevo già pronti i ringraziamenti, ma anche quelli sono andati a ramengo … Sappiate che ho apprezzato tantissimo le vostre rec e che ne aspetto altre, altrettanto belle. GRAZIE!!!
Giulls, Hanairoh, Wind, Inuyasha__girl92, BellaSwan95, MoonlessNight, PenPen, emily ff, Girasole94, _Natsuki_, francy94, carlottina, aLbICoCCaCiDa, StarlitWriter, bimbaemo, memi16, hachicat, giulia9_91, frizz_np, 3mo_is_love, alice brendon cullen, yumisan, Krisma, Deimos, AngelOfLove, Rakiy, tinellona, yuyutiamo, momob, LittleBloodyMary, Gx_Gse (Contorta dici? Proprio come la mia personalità!!!Io sono moltooooo contorta! Dovresti vedere i miei ragionamenti XD), sophie_95, Helen Cullen, BloodyKamelot.
Spero di non aver perso la mano e che questo capitolo vi piaccia.
Un bacio e a presto (mi auguro)
                                                   Cassandra!

Ps: Questo capitolo è un po' così ... si insomma ... abbiate pazienza. devo riprendere confidenza con la tastiera XD migliorerò!
E mi raccomando, leggete anche la mia one-shot su twilight:  
Indietro           Grazie alle persone che l'hanno commentata! (vi risponderò nel prox cap!)
Oggi è uscito BREAKING DAWN!!!EVVIVA!!! Peccato che fino a martedì non potrò averlo!!!uffa.

Bella's POV

< Pronta? > un sussurro smorzato. La sua voce era molto bassa, roca. Sensuale, persino più del solito ...

Non risposi subito.

Stavo respirando il suo soffio, fresco ed inebriante. Le sue parole di velluto scivolavano leggere sul mio volto.

Lo fissai negli occhi …erano diventati neri, nonostante non fosse trascorso molto tempo dalla sua ultima battuta di caccia.                                                 
Sentivo il mio sangue pompare velocissimo ed impazzito nelle mie vene.                                                                                           
Rendere le mie guance color porpora.
E vedevo la sua sete in quei meravigliosi pozzi di pece fusa.
Mi dispiaceva sapere che starmi così vicino gli procurava una sofferenza tale. Sebbene lui non osasse ammetterlo, la vicinanza del mio sangue gli bruciava la gola, come fosse fuoco. Lo desiderava, e per questo si odiava. Era la sua natura, non ne aveva colpa. E io non ne avevo paura. Conoscevo fin troppo bene la sua autodisciplina.
Sapevo quanto fosse bravo nel fermarsi, quando fosse stato troppo, anche per il suo autocontrollo. Non mi avrebbe mai fatto del male. Avrebbe preferito morire …
Ma oltre la sete, era chiara la voglia che aveva di me … come donna.
Chiusi gli occhi per alcuni istanti, cercando di mantenere il respiro regolare.
Una battagli persa in partenza …

Anche perché Edward avvicinò ulteriormente il suo volto al mio e, dopo avermi baciato le palpebre, passò delicato le sue labbra lungo una linea invisibile che andava da dietro l’orecchio alla spalla, obbligandomi a reclinare il capo. Con le labbra lambì la pelle della mia clavicola.

Ebbi un fremito a quel contatto e strinsi il suo corpo al mio.
Appoggiai la fronte nell’incavo del suo collo, nascondendo il rosso delle mie guance.
Non sapevo neanche io come comportarmi, infondo era solo la seconda volta che ci provavamo.
Lasciai che fosse il mio corpo a guidarmi. Strinsi la presa delle mie braccia sulla sua schiena.
Quando mi decisi a sollevare le palpebre, incontrai di nuovo il suo sguardo. Mi scrutava .
Era cauto …
Mi resi conto di non aver risposto alla sua domanda ed arrossii.
< Edward … >
< Sì? > il tono della sua voce era prudente. Percepivo chiaramente il suo timore. Non voleva affrettare i tempi. Temeva di turbarmi.

< Edward … sono pronta. > sussurrai lentamente. Mi sollevai sui gomiti per un istante per baciarlo e poi mi abbandonai di nuovo alle lenzuola.

Mi sorrise e si chinò a leccare le mie labbra. Le sue mani mi carezzarono il volto e poi scesero lungo il collo, dietro le spalle, sulla mia schiena.
Ad ogni carezza mi regalavano un brivido e lui sembrava perfettamente consapevole di ciò …
Il tocco delle sue dita era seguito da quello delle sue labbra, fresche e delicate. Discrete ma allo stesso tempo terribilmente maliziose.
Lasciai che giocasse con la mia pelle, che la baciasse. E le scie gelate che lasciava su di me mi parevano tracciate con il fuoco. Lo stesso fuoco che bruciava dentro di me.
Mi accarezzò i glutei e poi, gentilmente, con le ginocchia mi obbligò ad aprire ancora un po’ di più le gambe.
Tremai quando sentii il suo corpo gelato combaciare perfettamente con il mio, accaldato e sudato. Il suo bacino sopra il mio.
Le sue labbra non abbandonavano il mio viso. Si appoggiarono sulle mie per un istante. Le sfiorarono appena e poi la sua voce resa roca dall’eccitazione che a stento tratteneva, mi raggiunse:
< Ora … ? >
Annuii lentamente, sorridendogli. Era assurdo che si facesse tutti quei problemi.
Poggiò la sua guancia sulla mia e sussurrò al mio orecchio: < Ti amo, come pensavo di non poter amare mai … >

Le mie dita intanto avevano raggiunto la sua nuca e gli scompigliavano i capelli.
< Anche io ti amo. Come non potrei mai amare nessun’altro. >
A quelle parole, lo sentii sorridere sulla mia pelle. Erano sincere, e lui lo sapeva, ne era contento.
Ero certa che tutte quelle emozioni non le avrei mai potute provare con altri al di fuori di lui.
Quel sentimento così intenso e travolgente …

Con una mano, lentamente, sollevò il mio bacino mentre con l’altra si aiutava. Faceva pianissimo, misurando ogni gesto, ogni singolo movimento.
Sapevo che era terrorizzato all’idea di fare del male a me, o ad Elizabeth …
Ma non volevo che vivesse questi momenti con una tale ansia.
Volevo che fosse felice, come lo ero io in quel momento… Volevo che fosse felice. Volevo renderlo felice ...

Mi aggrappai alle sue spalle quando si unì a me per la seconda volta in tutta la nostra vita.
Il suo, fu un movimento fluido e delicato ma allo stesso tempo deciso.
Proprio come la prima, sebbene molto attenuato, anche questa volta sentii dolore.
Mi lasciai sfuggire un gemito sofferente mentre nascondevo la fronte nell’incavo del suo collo.
Involontariamente, avevo stretto la presa delle mie dita sui suoi capelli e avevo intrecciato le gambe alle sue.
Il mio corpo era in tensione. Mi ero irrigidita.
Era strano sentirlo parte di me … era bello, emozionante.

Edward rimase fermo, immobile.

Distinguevo il suo respiro affannoso accarezzarmi la nuca mentre speravo che non notasse quelle due dannatissime lacrime agli angoli degli occhi.
Mi accarezzò la pelle del volto. Con amore, mi obbligò a voltare il capo e a fissarlo negli occhi.
Vide i miei umidi e li baciò, intrappolando le mie lacrime tra le sue labbra.

Senza neanche pensarci, alzai il capo improvvisamente ed appoggiai le mie alle sue. Lo baciai sconvolta io stessa della mia veemenza. Lui pareva piacevolmente sorpreso, a giudicare dalla risposta delle sue mani, intente a non permettermi di muovermi, neanche di un centimetro …
Era un bacio tenero, timido nonostante tutto. Ora entrambe le sue mani erano sulla mia schiena. Mi obbligava a stargli vicinissima.
Il mio ombelico premeva leggermente sui suoi addominali.
Con dei movimenti apparentemente naturali, si unì a me in modo sempre più profondo.

E ogni gesto, carico di attenzione, era accompagnato da una carezza, un bacio.
Aspettava che mi abituassi a lui, che i miei muscoli si distendessero.
Il mio corpo era caldo, bollente. Mi pareva ardesse per l’emozione.

Pian piano, il dolore mi abbandonò completamente lasciando spazio all’eccitazione.

Cercavo di muovermi anche io, ma ero goffa e, sebbene sapessi che fosse una cosa stupida, avevo anche un po’ paura.
Non saprei dire bene di che.
Temevo di far male alla bambina, di essere incapace, di non poterlo fare felice … temevo di rovinare tutto, di non essere all’altezza delle aspettative … Non riuscivo proprio a capire cosa ci trovasse in me, così goffa ed impacciata.
Edward invece, persino in una circostanza come quella, non aveva perso la grazia infinita che lo contraddistingueva.
Erano timori stupidi, sapevo che lui mi avrebbe rimproverata se glie li avessi confidati. Secondo lui, mi sottovalutavo, mi sminuivo. Forse era vero. Forse no … In fondo, lui non era un giudice imparziale.
Era un angelo, intento a baciarmi il petto, a regalarmi  tutto il suo amore.

Quando i movimenti di Edward cominciarono a farsi più incalzanti, mi distolsero dai miei pensieri. Sospirai e lo abbracciai stretto a me.
< Bella? > era preoccupato. Si era fermato all’istante.
< Amore, che c’è? >
< Niente … non ti fermare ti prego. > gli bisbigliai, visibilmente imbarazzata.
Sorrise baciandomi la guancia.
< Sicura? >
Annuii vigorosamente. Volevo tranquillizzarlo e gli sorrisi, incoraggiante.
Senza preavviso, catturò la mia bocca con un bacio. Era così … così diverso dal solito.
Mi abbandonai alle sue labbra avide e lentamente il mio corpo si rilassò.
Non mi ero mai sentita così.

Ero felice, felice dentro.

Sentivo il mio cuore battere all’impazzata e, quando Edward si scostava leggermente per permettermi di respirare, i miei ansiti cominciavano a riempire l’aria.
La sua mano scivolò sul mio seno sinistro.
Ascoltava il cuore mio e della bambina, e intanto respirava a fondo il mio odore ...
I nostri respiri erano accelerati … forse troppo rumorosi.

Sperai che gli altri fossero molto, molto lontani.

Sentivo nel mio corpo farsi strada una sensazione vissuta solo in parte, solo una volta … la notte del matrimonio. Era assolutamente travolgente, impetuosa, bellissima.
Il mio corpo, attraversato da dei brividi, non rispondeva più alla mia mente.
Mi scoprii molto più audace di quanto non credessi.
Accarezzavo il mio sposo, gli sussurravo il mio amore, gli baciavo ogni centimetro di pelle riuscissi a raggiungere.
Sentivo l’impazienza crescere dentro di lui, dentro di me …
Lo sorpresi stritolare il lenzuolo nel pugno, nel tentativo di trattenersi, mentre tutti gli altri suoi movimenti non tradivano assolutamente il suo stato.
Era così premuroso, così dolce.

Gli accarezzai la guancia e lui ringhiò.

E io inizialmente mi spaventai … realizzai però praticamente subito la vera natura del ringhio e sorrisi, ad occhi chiusi.
Più che un suono spaventoso, parevano delle fusa …
Ora anche io, vinta l’esitazione iniziale, mi muovevo con lui, anzi, lui assecondava ogni mio movimento … cercava di non mettermi fretta … mi stava aspettando.
O per lo meno ci stava provando.

Il mio corpo era ancora scosso da tremori leggeri quando lui appoggiò il palmo delle sue mani sulle mie spalle e cominciò a chiamarmi in modo molto, molto seducente.
Io non riuscivo a rispondere. Ero troppo emozionata. La bocca secca mi impediva di parlare.
Lui intuì tutto si abbassò a sfiorarmi il lobo dell’orecchio.
Sentivo il suo corpo freddo appoggiato leggerissimo sul mio.
Lo sentivo parte di me. Queste erano le uniche cose che riuscivo a capire in quel momento.
Strinsi Edward a me con tutta la forza che avevo. Volevo sentirlo mio, volevo essere la sua parte complementare. Non solo nell’anima, ma anche nel corpo.
Sentii nuovamente un ringhio basso e roco nascergli nel petto. In quello stesso istante anche lui mi strinse a sé in un abbracciò avvolgente.
Il suo corpo s’irrigidì per alcuni istanti. Inarcò la schiena e alla fine si rilassò.

Ripensai a l’unica volta in cui lo avevo visto in quel modo … cinque mesi prima. Era straordinario pensare che proprio in quel modo avessimo concepito la nostra bambina.
Sapevo che ora lui era completamente mio. Di nuovo …

Gli accarezzai la schiena e mi accorsi che tremava leggermente. I suoi movimenti si erano fatti di nuovo veloci sebbene sempre delicati, come se fossi fatta di vetro.

Ansimava ed era molto provocante mentre mi accarezzava.
Non riuscii a trattenere il gemito di piacere quando mi sfiorò il seno e scese lungo tutto il mio fianco. Le sue dita ormai tiepide correvano lungo la mia pelle, rincorrendosi e fermandosi nei punti più sensibili.
Mi sorrideva peccaminoso e il suo respiro, una brezza gelida, mi dava alla testa.
Dopo un suo movimento appena più brusco dei precedenti, strinsi la mia mano intorno alla sua con tutta la mia forza. Lui parve non accorgersene.
La sua voce, dannatamente sensuale e roca, fu l’unica cosa che mi permise di non dimenticare il mio nome …

Ormai non ero più la padrona del mio corpo, che rispondeva solo ai segnali di Edward.

O fremiti, man mano sempre più travolgenti, mi costringevano a stringermi a lui.
Quando persi totalmente il controllo, sentii le mie dita stringersi intorno alla sua pelle perfetta in modo tanto forte da farmi male, ma non me ne importava.
La mia testa era annebbiata dal suo respiro, mentre gli spasmi del mio corpo mi obbligavano a dei movimenti bizzarri.
Era come se fossi scossa da centinaia di brividi ma di freddo, anzi ...

In un attimo di lucidità residua, potei constatare di non essere l’unica ad ansimare. Fortunatamente.
Incontrai il suo sguardo peccaminoso.
Percepii il mio corpo tendersi e provai l’impulso di stringermi a lui. Le mie gambe intrecciate alle sue … il mio seno premuto contro il suo petto marmoreo.
Lui rispose al mio abbraccio mentre tutti i muscoli del mio corpo si rilassarono contemporaneamente. Boccheggiavo.
Rimasi tra le sue braccia a lungo, cullata dalle sue carezze e dai suoi baci.
Quando separò il suo corpo dal mio mi lamentai flebilmente e lui rise, baciandomi la fronte. Accarezzò le mie gambe, con cui gli avevo imprigionato il bacino, e mi massaggiò i polpacci obbligandomi a liberarlo dalla mia presa.

Con un gesto velocissimo e delicatissimo, ribaltò le nostre posizioni afferrandomi per la vita e io mi ritrovai di nuovo sdraiata su di lui. Ero stanca e mi limitai ad accoccolarmi sul suo petto, sdraiata di lato. Non volevo pesare sopra il pancione.
Già, la bambina …

Mi portai le mani al grembo e, carezzandolo, sospirai.

< Che c’è? > mi chiese Edward, dopo avermi coperta con il lenzuolo. < ti senti male? >
< Mai stata meglio. > gli sussurrai soddisfatta.
< Sei arrossita … come mai? > mi domandò fingendo disinteresse.
< Edward? >
< Sì? >
< mhm … spero di non aver fatto male ad Elizabeth … > confessai nascondendomi sotto il suo mento.
Lui mi accarezzò le spalle e, respirando a fondo il mio odore mi assicurò:
< Bella, te l’ho già detto … la bambina è ben protetta, e noi abbiamo fatto attenzione. Non corre alcun rischio. >
Annuii lentamente sfiorando il suo collo con le labbra. Il suo profumo mi tranquillizzava.
< Bella … come ti senti? >
Alzai lo sguardo e lo fissai irritata. < Bene, te l’ho già detto … >
< Sei felice? >
Arrossii: < Moltissimo. > confessai.

Mi baciò la tempia e mi sussurrò sereno:
< Se tu stai bene, se tu sei felice, anche la bambina lo è. Percepisce tutte le tue emozioni … le vive con te. Voglio che tu sia serena e felice anche per lei. E per questa sera … si sarà solo chiesta cosa fosse tutto quel movimento. Avrà pensato: “chissà cosa staranno combinando?” > 
Faceva la voce sensuale, quella che riusciva a sbriciolare ogni mio minimo tentativo di resistenza.
Non potei fare altro che ridere piano e mi abbandonarmi alle sue carezze.

Ritrovando parte di una uno spirito di iniziativa che non credevo nemmeno di avere, bisbigliai peccaminosa:
< Questa è stata una notte splendida … temo che Elizabeth si domanderà molte altre volte cosa succeda, il perché di tutto quel movimento … > e, ammiccando alla mia stessa allusione, gli massaggiai il petto con le dita.
< Io sono d’accordo. Il movimento non le farà certo male. Ma ora, che ne dici di dormire? Sei stanca. >
< non è vero. >
< Menti. >
Sbadigliai e mi misi sistemai meglio tra le sue braccia. Il suo corpo era ormai tiepido, a causa del prolungato contatto con il mio.
Senza accorgermene, i contorni della nostra stanza si sfocarono e i baci di Edward si confondevano con le sue carezze e io scivolai nel sonno sebbene avessi desiderato che quella notte non avesse mai fine.

Prima di addormentarmi del tutto, mi accorsi di Edward che mi massaggiava il pancione.
Stava dicendo qualcosa ma capii che non era con me che parlava …
Ne ero certa … sarebbe stato un padre dolcissimo.

< Edward … > cercai di dire, ma la mia voce era impastata di sonno. Lo sentii guardarmi.
< Dormi. È tardissimo. > La sua voce di velluto pareva accarezzarmi.
< Ti amo. Voglio stare con te, per sempre. Passare altre infinite notti come questa … >  riuscii a dirgli  prima di sbadigliare. 
I miei occhi sopraffatti dalla stanchezza bruciavano.

Con voce malinconica mi disse: < Bella … sarà così. Insieme. > Mi strinse a se e mi baciò, tormentato. Era agitato, turbato. In altre occasioni mi sarei preoccupata, ma in quel momento ero troppo stanca.

E pensando al nostro futuro, mi addormentai del tutto, scivolando in un sonno senza sogni.


 Voci …

Mi rigirai nel letto.
Ancora voci.

Emmett, Carlisle … forse anche Rosalie … uffa, era tornata anche lei …

Mi allungai nel letto alla ricerca di Edward ma le mie dita tese incontrarono solo le lenzuola.
Mugugnando, aprii gli occhi e con rammarico vidi che lui non c’era. Piegata sul cuscino, una camicia da notte per me.
Me la infilai e notai sulla mia pelle dei segni rossi.
Sentii il sangue affluire alle guance.
Non ricordavo fosse stato così passionale. Speravo che gli altri non li notassero, anche se alcuni erano molto visibili.

Sorridendo, mi portai una mano al collo nascondendo i segni della sua passione e andai in bagno.

Ero nella vasca quando Alice bussò alla porta.
Non attese una risposta ed entrò.
< Allora? Com’è andata? > mi chiese senza guardarmi.
Io mi immersi fino al mento portandomi le ginocchia al petto, per quanto Elizabeth me lo permettesse, e mi nascosi nella schiuma.
< Mm > risposi fissando la paperella di plastica che navigava solitaria rischiando di annegare nel sapone …
< E dai! L’altra volta non abbiamo fatto in tempo a parlarne … > e si voltò per fissarmi negli occhi. >
Io, per sfuggile, mi immersi del tutto bagnandomi i capelli. Quando riemersi, trovai Edward appoggiato allo stipite della porta. Istintivamente mi coprii il seno.
< Ti ho preparato la colazione. Quando avete finito di spettegolare, vieni di la. > e si avvicinò per darmi un bacio casto sulle labbra. Chiusi gli occhi ma li riaprii subito. Era stato troppo breve come bacio. Lo cercai con lo sguardo ma lui era già sparito oltre la porta.

Sbuffai con la bocca nascosta per metà sotto l’acqua e il mio sospiro sparse bolle di sapone ovunque.

< Alice … perché vuoi che ti racconti, cosa che tra l’altro non farei mai, se tanto hai già visto tutto? >
< Sai, non credevo che foste così passionali … > la povera paperella spiccò il volo in direzione testa di Alice. Lei naturalmente la schivò senza fatica.
< Dai Bella, esci. Devi prepararti. > sembrava nervosa.
< Alice, che cosa c’è? > chiesi improvvisamente agitata.
Alice nervosa era una delle cose che più temevo. Il mio respiro si era fatto veloce, un po’ troppo.
< Calma Bella. È tutto sotto controllo.Aspettiamo solo una visita ... Ora esci da lì. Si sta raffreddando l’acqua. >
E mi porse l’asciugamano.
< E per che ora aspettiamo la visita? > chiesi esitante.
Ci pensò un attimo e poi mi rivolse un sorriso.
< Arriverà nel primo pomeriggio … >
< E che ore sono? >
< Sono le nove e mezza. Hai tutto il tempo per prepararti! > e rise della sua risata cristallina, limpida e rassicurante.
Uscii dalla vasca con le mani che mi tremavano leggermente.
Sapevo che non sarei riuscita a mangiare niente.

Ancora avvolta nell’accappatoio, usci velocemente dal bagno e corsi da Edward.
Era voltato quando lo raggiunsi. Gli cinsi la vita con le braccia. Lui si girò stupito e lo vidi gettare uno sguardo indagatore ad Alice.  
Poi si abbassò a sfiorarmi le labbra con il pollice.
< Che hai? > mi domandò.

< Ti amo. > gli dissi nascondendomi nella sua camicia.

Mi accarezzò le spalle e cullandomi mi prese in braccio, riportandomi in camera.
< beh, è sempre bello sentirselo dire. Ma posso sapere perché sei così agitata?>
< Edward, chi è che sta per arrivare? >
Lo sentii sussurrare tra i denti il nome di Alice e, dopo un sospiro esasperato, mi rassicurò:
< Non te lo dico. È una sorpresa. > e mi fece il solletico mentre mi adagiava sul letto.

Rassegnata, lasciai perdere. Non me lo avrebbe detto.
Avrei aspettato, logorata dall’angoscia. Anche se avrei fatto di tutto per non farglielo capire.
In fondo, avrei dovuto aspettare solo poche ore.

Speravo solo che nessuno stesse per sconvolgere la mia vita di nuovo. Non sarei riuscita a sopportarlo. In fondo, chiunque stesse arrivando non poteva rappresentare una minaccia ... Edward mi avrebbe già portato via. Lui mi avrebbe protetto, sempre. A qualsiasi costo.
A quel pensiero, colta da un’ondata di paura, mi aggrappai alle sue spalle. Perché Jasper non c’era, quando avevo bisogno di lui? Dannazione.

 
Grazie per il vostro sostegno e per aver risposto al capitolo-avviso a: Hanairoh, Fin Fish, Krisma, Hele91, MoonlessNight, alice brendon cullen, novilunio, Deimos, _Natsuki_, Rakiy, francy94, PenPen, aquizziana, Helen Cullen, Giulls, BloodyKamelot.
Scusatemi. Cancellando il capitolo-avviso, ho cancellato anche i vostri commenti …
Visto però che mi dispiaceva perderli, volevo dirvi che prima di cancellare il cap, li avevo copiati e poi incollati sul mio PC! Ci tenevo a dirvelo! Un bacio grande grande, Cassandra!
Ah, grazie anche
a cometa91 e memi16
per aver commentato Un giorno di pioggia . Sono contenta che vi sia piaciuta la mia prima ficcy su Twilight. Ci sono molto affezionata!
E sempre a
memi16 ed anche ad elisaterra un altro grazie per il commento a E in un attimo... !!!

                                

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Capitolo 20
*** Movimento ***


Ciao a tutte! È tutto il pomeriggio che litigo cn il PC. Mi sta facendo dannare. Speriamo in bene. Ed inoltre poco prima di postare, ho ricevuto una notizia tremenda che mi ha messo KO il cervello ...

Eccomi qui cn un altro capitolo … Allora, vi devo avvisare: Io non racconterò niente di BD, ma sappiate che, se la Meyer scrive quelle cose, mi sento in tutto diritto di proseguire lungo la mia strada senza sentirmi una sciocca o un’esagerata. Quindi ragazze, tenetevi forte! La storia, che ora sembra tanto tranquilla, fra poco avrà uno scossone. Mi raccomando, abbiate pazienza ancora qualche cap (dai, un po’ di pace anche per la nostra coppietta, cosa ne dite?) e poi, la storia tornerà movimentata!!!
Un'altra cosa, visto che in molte me lo hanno chiesto, vi lascio il mio contatto MSN … per chi volesse contattarmi. L’unica cosa, se lo fate, scrivetemi il nome che usate su EFP,se no non vi riconosco e non so
se accettare o no. Ok? Ecco: CassandraLeben@hotmail.it  (che fantasia …)
Per prima cosa:

DEDICO QUESTO CAPITOLO A PenPen! Spero ti faccia piacere!Un bacio grande grande, Erika.

E poi, i ringraziamenti!!!
Hanairoh Sono felice che tu stessi proprio rileggendo la ficcy … Sincronia perfetta!!! Ah, credo che tutte(io per prima XD) vogliano un Edward personale!!
4everWITCH Adesso vedrai! E sn contenta che ti piaccia così tanto la mia ficcy! Mi sento onorata!
PenPen Si, per ora funziona, ma ha gia ricominciato a ridarmi problemi … speriamo di no!
Inuyasha__girl92 E io ti dico solo che per continuare questa storia, mi porterò il PC in montangna!!! Letti letti… mamma mia … Cioè, dicono? Ma è possibile?? Ciao e a presto!!! Ah, sì! È questo PC che si chiama Edward Elric! Che tenera che te lo ricordi!
yumisan Ehm … ho perso TUTTO!!!! *Erika si sta strappando i capelli* Sn contenta ti sia piaciuto il cap!!!
AngelOfLove OME (o my Edward) che bel commy! Se vuoi, ti mando quello che ho su BD … Ah, e oggi faccio le foto! Così te le mando XD
momob Ma non preoccuparti! Adesso scoprirai il seccatore!
MoonlessNight Sì!!! Sn tornata! E spero di poter continuare a postare! Fra poco arriva una parte che è molto che aspetto di poterla scrivere! Spero ti piacerà!
Fin Fish Ciao!!! Sai, mi devi spiegare il perché di questo nickname. Sn giorni che me lo chiedo XD!
tinellona Speriamo che vada avanti così!!! Sai, fra poco c’è una parte che amo molto, e vorrei renderla bene!
Rakiy Ufficiale: siamo in due ad essere pervertite!!! E anche io voglio Edward che mi faccia le fusa. Chissenefrega del mio gatto!!! (non è vero, io lo amo, sia il gatto che Edward XD Ok, s andata … ) Anche voi mi siete mancate!!!
hachicat Sorella!!! TCT alla seconda!!! Ma senti, ehm, nn ho capito il cartone. Chiedo venia! Come va a New York? Li in America come avete vissuto l’uscita di Breaking Dawn? La Jo ha rinunciato alla palestra per te? E il piccolo Wasabi come sta? Senti, lo so che Forks è lontano dal Rhode Island … ma non riesci proprio a fare un salto? Un diretto Providence Siattle … ps: Mi manchi.
Wind Vedrò di farli recuperare alla grande, ma poverini, non avranno molto tempo … prima che … XD
alice brendon cullen Dai,era così hot? *si seppellisce sotto la sabbia  di Alassio … * PS: sei stata un’angelo!
memi16 Grazie!!! Sei sempre così carina cn questi commenti!
Helen Cullen Visto che nn ti ho fatta aspettare molto? Sono davvero lieta che non ti sia parso troppo spinto cm cap. è il mio terrore. Non vorrei finire come dice mia sorella XD
novilunio Mi raccomando! Sono curiosa di sapere come te la passi laggiù!Sono molto passionali, ma anche io lo sarei cn Edward!!! Senti, mi togli una curiosità? Per andare a capo nelle rec usi il tag < br > ?  frizz_np Sono tanto contenta di essere tornata! Spero ti piaccia il cap!
BloodyKamelot Speriamo di mantenere il ritmo! Un bacio!
lilly95lilly Anche io sn super incasinata!!! Ma spero di poter continuare a postare a questo ritmo!!! Ciao e a prestissimo!
Deimos Grazie per entrambe le rec! Per BD … insomma, non so se hai letto … mamma mia XD!!!
BellaSwan95 Ciao Sara! Peccato che nn riusciamo più a beccarci! Sigh … spero ti piacciano anche gli altri cap!
Girasole94 Non preoccuparti, sn già al lavoro per recuperare. Scrivo a ritmo serrato!
rayaka TUO??? O tesoro, sappi che la fila è lungaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!! XD
Giulls Chissà con chi starò mai chattando? Nome? Mmm.. per quella cosa sto ancora pensandoci. Vi farò morire tutte Eh Eh Eh!
elisaterra Grazie!!! Sono contenta di tutto questo entusiasmo, tuo e delle altre!!! GRAZIE!!! Mi fate sentire così felice!
Gx_Gse Ho fatto più presto che ho potuto! Non preoccuparti, appena posso leggo anche la tua ficcy! Scusa, ma in questo momento è davvero un inferno! Per me è un onore sapere che ti farebbe così piacere! XD
ECILY Oddio, mi hai lasciata senza parole! Sono davvero colpita dal tuo entusiasmo! Grazie! Ah, sai una cosa? Quella frase è anche la mia preferita!!! Un bacio enorme e sono molto felice che tu abbia letto la mia storia (in un pome!!!) ciao e a presto!
emily ffGrazie!!! Sono corsa subito a correggere!!!! Grazie!!!
inoooo Grazie per la rec! La tua prima! Spero nn sarà l’utima!!!
Krisma Ho visto un attimo prima di postare la tua rec … grazie!!! Spero ti sia divertita al mare!!! Per fortuna che ho ricontrollato prima di postare!

Spero di riuscire ad aggiornare entro la mia partenza! Giovedì o venerdì!
Un bacio a tutte e poi, un ringraziamento speciale anche a tutte voi che leggete solamente!

                                                        Cassandra

Bella's POV

Edward mi abbracciò per rassicurarmi, avendo chiaramente intuito la mia ansia.

Mi fece sdraiare e scoprì parti del mio corpo spostando peccaminosamente l’asciugamano, lasciando in questo modo scie bollenti sulla mia pelle ancora umida. Ogni volta che le sue dita esploravano un lembo appena scoperto, dalle sue labbra usciva un gemito di approvazione.

< come si fa a resisterti? > mi chiese scuotendo la testa e fingendo sconsolatezza. Risi del suo sguardo.

Feci finta di tirargli un cuscino e poi mi avvinghiai al suo corpo.
Mi diede un bacetto sulla fronte, mi porse un abito azzurro, uno dei suoi preferiti, e poi uscii.
Mi infilai quel vestito premaman, che Esme mi aveva comprato a Gibson, e mi osservai allo specchio.
Sapevo perché a Edward piacesse così tanto. Faceva risaltare la pancia. Era proprio incorreggibile.

Mentre andavo in cucina, ripensai al mio povero guardaroba.
Tutti i miei vestiti, che Alice mi aveva portato dalla nostra casa di Forks, ormai non mi andavano più e sebbene lei sapesse benissimo che non volevo regali, mi aveva riempita di doni a natale.
< Bella, non fare la difficile. Ti servono dei vestiti nuovi. Già non ci stai più in questi! > mi aveva rimproverato quando avevo cominciato a sbuffare, la mattina di natale, quando,dopo aver visto la montagna enorme di pacchi e pacchetti ai piedi del mio letto, avevo cominciato a scartarli e mi ero ritrovata tra le mani una miriade di abiti …
Sì, sia lei che tutti gli altri Cullen mi avevano riempito di doni ed inoltre, mi erano arrivati anche quelli del compleanno. Mi avevano persino organizzato una festa in ritardo. Jasper e Alice tornavano spesso a Forks, si assicuravano che tutto fosse a posto. Avevano incontrato più volte i miei genitori. E naturalmente, mi avevano fatto pervenire i regali di Charlie e Reneè. E persino quello di Jake.

Quando me lo avevano consegnato, mi era venuto un magone tremendo.

Chissà come stava, realmente. Jasper aveva cercato di rassicurarmi ma io sentivo sempre un vuoto, al suo pensiero. Tenevo il suo bracciale sempre al polso, insieme al gioiello di mio marito. Era stata la prima cosa che Alice mi aveva restituito, dopo il mio ritorno. Dopo avermi assicurato che Jake stava bene. Il suo regalo di compleanno e natale si trovava nel mio cassetto, insieme ai miei ricordi.
Era una foto, di noi due. Non sapevo quando fosse stata scattata. Nel mio periodo buio, questo era certo. Noi due nel mio salotto, intenti a fare i 
compiti. Sembrava una scena normalissima ma ormai apparteneva ad un mondo a me lontanissimo.
Quando la vedevo mi veniva nostalgia. La sua dedica era semplice e dolce. Carica di sollievo per il mio ritorno.

Alzai lo sguardo e mi accorsi di come Edward mi stesse fissando.
< La smetteresti di tormentare le mie povere frittelle? Non ti piacciono? >
< Sono buone … ma non ho molta fame. > risposi abbassando gli occhi sulle frittelle ridotte a un puré dall’aspetto poco invitante. Con la forchetta mi ero limitata a rigirarle fino a distruggerle. La marmellata mi sembrava sangue … mi venne la nausea.
< Beh, che tu non abbia fame non mi importa. Devi mangiare per la bambina. Lei la fame ce l’avrà di sicuro. Non fare i capricci … > non fece a tempo a finire la frase.

In uno scatto d’ira gli lanciai il piatto e gli riempii di marmellata la camicia bianca.

Mi alzai facendo cadere la sedia all’indietro e corsi in camera, dove mi chiusi a chiave. Edward batteva contro la porta, ma il tono della sua voce non era adirato come avrebbe dovuto. Sembrava quasi preoccupato, il che mi irritò anche di più..
Io, dal canto mio, non sapevo cosa mi fosse preso.
Quella mattina mi ero alzata con la luna storta e il mal di pancia. Ero stata svegliata dalle voci di Emmett e degli altri. Avrei voluto dormire di più. E poi, Alice con quel suo atteggiamento sospetto mi aveva agitata … ero nervosa per via della visita del pomeriggio.
Mi dava fastidio ammetterlo ma, da quando ero tornata a casa qualsiasi cosa imprevista mi dava i nervi. Mi faceva paura. Carlisle era convinto che fosse una reazione al rapimento, che non avessi ancora smaltito lo stress …
Quando Edward aprì la porta con le chiavi di riserva, io ero sdraiata sul letto con il volto nascosto dai cuscini.
Sentii la sua mano fredda accarezzarmi la schiena e mi allontanai.

< Bella? Tutto bene? >

< Edward! > gli gridai da sotto il cuscino < La vuoi smettere di essere così protettivo? Sto bene cazzo! E starei anche meglio se tu la smettessi di comportarti in questo modo, come se fossi una bambina! Se non ho fame non mangio! E non tirare fuori Elizabeth. Non morirà anche se salto la colazione! > e poi, senza neanche sapere perché, scoppiai a piangere. Edward mi liberò dalle coperte e mi strinse al suo petto nudo. Si era levato la camicia macchiata.  
Possibile che fosse sempre così … così … dolce? Non si arrabbiava mai con me.
Con la voce spezzata dai singhiozzi gli chiesi scusa, cercai di spiegargli che non sapevo neanche io cosa mi fosse preso.
< Non preoccuparti. Non è successo niente. È normale avere degli sbalzi d’umore … gli ormoni non puoi mica controllarli! > e mi sorrise complice, asciugandomi le lacrime con un lembo del lenzuolo. Con le labbra si soffermò su un segno rosso che mi aveva lasciato sul collo. Si spostò di qualche centimetro e, succhiando piano la mia pelle, me ne lasciò un altro, se possibile anche più vistoso. Nonostante il suo respiro mi invadesse le narici, non riuscivo a ritrovare la calma.
Mi sentivo arrabbiata con lui, sempre così pacato … non si adirava mai con me. E io, forse, volevo che invece qualche volta lo facesse. In quei giorni, durante la gravidanza, si comportava come se fossi stata fatta di vetro. Volevo che si arrabbiasse. Che reagisse. Non so … io in fondo desideravo solo che mi trattasse come una persona normale. Ero così confusa …

< Ci vorrebbe Jasper … > sussurrai. Lo sentii annuire e poi dirmi:
< Dovrebbe tornare tra poco … >
Sospirai e gli sfiorai le occhiaie, ustioni violacee sotto i suoi occhi meravigliosi.
< Anche tu dovresti andare a caccia. Non voglio vederti soffrire per la sete. >
Mi osservò per un attimo e poi disse in modo fin troppo affrettato:
< Sì … a caccia. Io ed Emmett volevamo andare domani. Ma non preoccuparti. È gestibilissima per me questa situazione ... > e, dopo aver portato il mio polso al volto ed inspirato l’odore del mio sangue, lo baciò con amore.

Mi strinsi di più a lui.
< Grazie, per tutti questi tuoi sacrifici. >
Sbuffò e lo sentii sussurrare: < Io faccio sacrifici? Lei invece no? >
Scossi la testa e pensai a quanto la situazione fosse difficile per tutti.
Tutti i Cullen, negli ultimi mesi, andavano a caccia in gruppi di due, per non lasciare la casa, o meglio me, senza abbastanza protezione. Edward voleva sapermi al sicuro, voleva rimanere con me il più possibile, per stare con me e per proteggermi. E voleva che anche la sua famiglia mi stesse vicino. Fosse stato per lui, avrebbero dovuto restare tutti a casa a fare la guardia, e avrebbero dovuto andare a caccia da soli. Alla fine però tutti avevano convenuto che era troppo pericolosa una cosa simile. Andare a caccia in coppia era risultata la soluzione migliore. Lui e Carlisle inoltre non si allontanavano mai troppo e non cacciavano mai insieme. Dicevano che era meglio che ci fosse sempre un medico a portata di mano. La mettevano sul ridere ma erano più che seri. Carlisle, in tutte le numerosissime visite a cui mi aveva sottoposta, anche su pressione di Edward, aveva riscontrato alcuni problemi. Diceva che ero molto agitata (bhe, vorrei vedere loro in una situazione simile),e che la bambina era bella grande, il che significava che dovevo rimanermene buona e tranquilla per evitare problemi. Avrei dovuto fare molta attenzione soprattutto con l’avanzare della gravidanza,che avrebbe dovuto essere all’insegna del riposo totale. E naturalmente Edward si preoccupava sempre di più. Capisco che fosse angosciato per la mia salute, ma dopo un po’ … Certo, dato che stavo per avere un figlio da un vampiro ed era la prima volta che questa cosa accadeva, era chiaro che fossero tutti abbastanza agitati. Non sapevamo bene quali complicazioni avrebbero potuto esserci. Alice era sempre all’erta. E jasper le stava sempre accanto. Già, Jasper …

< Jasper è solo? > domandai quando mi resi conto che tutti gli altri erano a casa.
Sentii Edward irrigidirsi e poi sussurrare:
< Non è andato a caccia. È andato a prendere il nostro ospite … >
Per un attimo mi si bloccò il respiro.
< Bella, sarà una bella sorpresa. Ma voglio che resti una sorpresa. Non devi preoccuparti. Quindi ora vedi di calmarti. >

Chiusi gli occhi e mi appoggiai alla sua spalla.
Sbadigliai. Ero stanchissima. Rise e mi carezzò scherzoso la testa scompigliandomi i capelli.
< Bella … se ti riduci in questo stato dopo aver passato la notte con me, temo che dovremo rimandare le nostre serate in coppia a dopo la nascita di Elizabeth. Sei pallidissima, ti vengono le crisi isteriche e delle occhiaie da far invidia alle mie … forse faresti meglio a dormire ancora un po’ … mi dispiace per Alice, che si preoccupa tanto della nostra vita privata, ma credo che in futuro non avrà molto da spiare. > gli rivolsi un’occhiataccia e poi, dopo essere scesa dal letto, andai in cucina, tutta imbronciata. Se lo poteva scordare. Io volevo altre notti come quella appena trascorsa. E lui aveva promesso che ci sarebbero state. Paradossalmente, potevo chiamare Alice a testimoniare!
La cucina era in perfetto ordine. Pulita e ordinata. Come se non fosse successo nulla.
Mi sedetti a tavola e mi presi il capo tra le mani. Sentivo lacrime di vergogna scendere dai miei occhi. Da quando ero incinta non c’era stato verso. Non riuscivo a controllare le mie emozioni.
Mi sentivo in colpa per aver tirato dietro la colazione ad Edward … Era stato un atteggiamento stupido ed infantile.Ed inoltre, mi era venuta pure fame adesso.

< Bella? >

La sua voce mi colse all’improvviso facendomi sobbalzare. Mi portai una mano al cuore dallo spavento. 
< Mi dispiace tanto Edward … scusami …non volevo davvero … > mi appoggiò un dito sulle labbra e scosse piano la testa.
< Non è successo niente. Hai fame adesso? >
Annuii.
< Vuoi che ti prepari qualcosa in particolare? Ci sono delle altre frittelle, sono ancora calde. Se no, ti posso preparare anche qualcos’altro. Un the? >
Abbracciandolo sussurrai: < Voglio le frittelle … >
Rise e in meno di un minuto mi ritrovai un piatto stracolmo davanti agli occhi. Non ci misi molto a ripulirlo.
Mentre mangiavo, Edward parlava del più e del meno e io mi persi nei suoi occhi. Se ne accorse e cominciò a prendermi in giro. Ci misi un po’ a rendermene conto e quando lo feci, lui cercò di trattenersi dal ridere. Diceva che avevo fatto una faccia …

Sospirai esasperata e poi guardai fuori dalla finestra.
Era gennaio, ma miracolosamente c’era un bel sole che faceva risplendere la neve.
< Edward, dopo che ne dici di andare in giardino? > gli domandai d’un tratto.
< Sì … adesso è bellissimo fuori, tutto coperto di bianco … però che ne dici di aspettare un po’? Adesso è freddissimo fuori. >
< Sì … forse è meglio aspettare un po’ … > confermai convinta prima di bermi il bicchiere di latte magicamente comparso alla mia sinistra.

Verso le 11 uscimmo in giardino e io sembravo un eschimese, talmente ero imbacuccata. Con il pancione poi, sembravo un enorme palla di vestiti intenta a rotolare. Il freddo pungente mi pizzicava la pelle e mi aveva fatto diventare il naso e le guance rosse.

Fu divertente finché ero io a tirare palle di neve ad Edward …

Quando però arrivò Emmett e cominciò a prendermi di mira, battei in una rovinosa ritirata dietro la schiena di mio marito. Senza neanche accorgermene il tempo volò.
Mentre Edward ed Emmett, che sembravano dei modelli di un qualche prodotto di bellezza, continuavano nella loro guerra a suon di neve io andai a sedermi sotto il portico. Camminavo lentamente tenendomi il pancione con entrambe le mani, non era ancora diventato pesante, ma un po’ mi dava comunque fastidio. Mi ero stancata moltissimo.
Appena Edward se ne accorse, mi raggiunse ad una velocità paurosa e mi aiutò a sedermi, tenendomi per il gomito. Le sue mani sulla pelle accaldata delle mie guance erano gelate e bagnate di neve sciolta.
< Tutto a posto? > mi chiese Emmett tranquillo. Edward invece pareva un po’ agitato.
< Sto bene … mi fanno solo un po’ male le gambe. Era da un po’ che non sforzavo i muscoli … e dopo ieri sera … > Emmett scoppiò a ridere mentre mio marito mi guardò esasperato.
Si sedette al mio fianco e mi cinse la vita con il braccio. Rimanemmo alcuni minuti in quella posizione. Potevo sentire il suo respiro, più freddo dell’aria, accarezzarmi le guance.

Alla fine, dopo non so quanti baci, lo convinsi ad andare di nuovo a giocare, ora che si erano unite ad Emmett anche Alice ed Esme.

Rosalie se ne era restata in casa. In quel periodo era sempre molto triste. Mi evitava se poteva, se no se ne stava sulle sue, quando gli altri glielo permettevano. Era gentile con me ma sembrava davvero tormenta. Io non sapevo cosa dirle e quindi di solito con lei me ne restavo zitta. I nostri atteggiamenti non erano certo molto adatti a far sbocciare un’amicizia …
Quando mio marito si voltava verso di me io, appoggiata alla colonna, gli sorridevo e lo salutavo con la mano.
Non lo avvisai quando Emmett lo sorprese da dietro e praticamente lo bombardò sommergendolo di neve.
< Edward! Piantala di avere i pensieri sconci con quella faccia da santarellino! Noi tanto lo sappiamo benissimo come le passate le vostre serate. Dovremo chiamare gli assistenti sociali per la bambina! > Edward praticamente lo soffocò a furia di lanciargli neve in faccia.
Ridemmo ma io ero arrossita. Rimasi a guardarli a lungo. Sembravano proprio una famiglia felice.

Senza accorgermene mi addormentai.
Sentii delle braccia forti e fredde sollevarmi e poi portarmi in casa.
Intravidi Esme togliermi la giacca. Ero talmente stanca che non protestai.

Assecondavo i suoi movimenti lasciando che mi sfilasse i vestiti. Mi infilai un pigiama  e alla fine mi andai a rifugire sotto le coperte del mio letto. Esme mi salutò con un bacio in fronte. Io ormai ero già nel mondo dei sogni.

 Il rumore di una porta che si apre. Mi accorsi di uno spiraglio di luce che investì la stanza e che subito scomparve.
Mi rilassai nel calore delle coperte e mi girai dall’altra parte. Non so quanto tempo passò quando ancora venni distolta dal mio bel sogno ( Io ed Edward a fare i giochi sconci … ) ma di sicuro non fu poco. Improvvisamente, sentii delle voci provenire dalla sala ed ero davvero irritata. Possibile che non potessero essere un po’ più silenziosi? Sapevano che avevo dei problemi a dormire. Una volta tanto che non facevo incubi …
< Posso vederla? > Sentii la voce, familiare, provenire da oltre la porta di legno. Era sorpresa, sollevata.
Inizialmente non la riconobbi. Mi seppellii sotto i cuscini. Non avevo voglia di alzarmi
Mi faceva male la pancia.Più che altro, era come un fastidio. Da alcuni giorni mi sembrava di avere come delle bollicine. Naturalmente non ne avevo parlato con Edward. Non volevo che mi obbligasse a stare a letto. Sapevo che gli serviva solo un pretesto per costringermi a suon di baci e di carezze a restare ferma a letto. Carlisle era d’accordo riguardo al non dirlo ad Edward. Mi diceva di aspettare un po’, di vedere se fosse solo un malessere passeggero. E se me lo diceva Carlisle, con il sorriso sulle labbra, significava che potevo stare tranquilla.

< Solo per qualche minuto … non voglio disturbarla. >Ancora quella voce familiare.

< Certo … adesso dorme ma vieni, prego. Da questa parte. Adesso sarei andata a svegliarla comunque. È pomeriggio. Non voglio che salti i pasti in questo modo. Le ho preparato qualcosa da mangiare, per merenda. Spero ti voglia unire a lei.  > Questa era Esme. Sempre così premurosa. Degna madre adottiva del mio sposo.
Bussarono e la mia risposta fu un grugnito soffocato dai cuscini.
Bussarono ancora e fui costretta a dare una risposta più coerente … qualcosa che suonò come un: < Sì??? >
E poi Esme entrò e si sedette al mio fianco. Carezzandomi la schiena, mi sussurrò: < Bella? Bella, tesoro … è arrivato l’ospite. >
A quella frase, tutto si ricompose davanti ai miei occhi. L’ospite … l’attesa … come diavolo avevo fatto ad addormentarmi?

Mi alzai di scatto tenendomi la pancia e quasi non presi una testata contro il suo corpo di pietra.

< Oddio! > gridai portandomi la mano alla testa. Cattiva scelta alzarsi così di colpo … mi girava la testa.
< Bella? > a quella voce, mi voltai verso il proprietario.
Per poco non svenni dall’emozione e ci mancò poco che cadessi dal letto.

< Jake! > Gridai con le mani alla bocca spalancata e poi gli gettai le braccia al collo.

Mi accolse tra le sue, grandi e protettive, calde.
< Bells … come ti senti piccola? > mi chiese accarezzandomi i capelli.
Non so come, mi ritrovai a piangere contro il suo petto. Ero felicissima! Davvero felicissima, eppure … non so. mi sentivo triste.
< Ehi, perché fai così? > sembrava davvero felice mentre cercava di consolarmi. Forse sarebbe meglio dire sollevato.
Mi stringeva tra le sue braccia e mi cullava.
< Mah … è qualche settimana che piange invece che ridere … > fece Edward ridacchiando. Voltai il capo e lo vidi appoggiato alla scrivania. Mi sorrideva gentile. Esme intanto aveva aperto le tende …

Jacob si scostò da me e si soffermò alcuni istanti ad osservarmi. Le sue mani corsero lungo il mio collo mentre con il pollice percorreva i tratti del mio volto. Si chinò per baciarmi la guancia.
Ad un tratto, sentii la sua mano calda sul ventre. Sussultai. Erano mesi che il mio corpo non entrava a contatto con il calore umano. Era una sensazione molto piacevole.
< Aspetti un bambino. > non era una domanda, bensì un’affermazione. La sua voce tremò.
< È  una femminuccia. Si chiama Elizabeth … > pigolai io, rossa in volto. Lui, con gesti lenti e circolari mi massaggiava il ventre. 
Sembrava sconvolto.

Quando ebbi elaborato la notizia della sua presenza, riuscii a domandargli:
< Jake, ma com’è possibile? Come fai ad essere qui? > Lui mi osservò per alcuni istanti, scrutando il mio volto. Mi strinse le mani, trasmettendomi calore.
< Non sei contenta di vedermi? >
Scossi il capo con troppa veemenza, tanto che mi tornò la nausea. Feci finta di niente e dissi:
< Oh, Jake! Ma come puoi pensarlo! Sono così felice che tu sia qui! Ero così preoccupata per te! > e sentii altre lacrime scorrermi sul viso. Lui me le asciugò con il palmo della mano e si chinò di nuovo. Un altro bacio sulla fronte … i suoi capelli lunghi mi accarezzavano la pelle e mi facevano il solletico.
< Tu, tu eri preoccupata? > mi scompigliava gentile i capelli, prendendomi in giro. Ma nei suoi occhi scorsi un profondo dolore, una grande paura … per la mia sorte.
< Ho vissuto nell’angoscia. E poi, i tuoi genitori … avresti dovuto vederli … è stato … terribile. >
< Jacob. > Edward gli poggiò una mano sulla spalla, per farlo smettere. Inconsciamente, avevo chinato il capo e mi ero portata entrambe la mani al ventre. Quei pensieri mi facevano male all'animo. Sapevo quanto dolore avessi causato a  tutti.

Edward si sedette al mio fianco e mi cinse la vita con le braccia. Mi prese la mano e ne baciò il palmo. L’altra sua mano andò a stringersi su quella che tenevo in grembo. Mi appoggiai alla sua spalla fredda e dura. Inspirai il suo profumo e chiusi gli occhi. Sospirai.
< Jacob ha incontrato la scia di Alice e le ha chiesto dove fossimo finiti. Lei ha visto quanto fosse preoccupato ma non gli ha detto niente. Ne ha parlato con noi e abbiamo deciso che a Jake e al branco potevamo dirlo. E così è tornata a cercarlo. Gli ha raccontato che eri tornata a casa, ma che eravamo dovuti fuggire, per tenerti al sicuro … >
< Ma ero terrorizzato che ti potesse succedere qualcosa. Avevo paura che ti rapissero di nuovo. > continuò Jake < E temevo che ti avessero trasformata. La chiromante non voleva dirmi niente. Solo che non potevo incontrarti.E  che cosa potevo pensare? Solo che ti avessero trasformata! Era l’unica risposta a cui riuscivo a pensare. Alla fine li ho convinti a farmi venire qui. > sembrava stesse per esplodere di gioia.
Stupitagli domandai: < Sei venuto fin qui? … da lupo? > rise e a lui si unì Edward.
< Jasper è andato a prenderlo poco oltre il confine con gli USA … poi da lì ha viaggiato in auto. >
< Sì, con gli occhi bendati. 10 ore d’inferno. > sospirò Jake, ma non era assolutamente infastidito.
< Cane, lo abbiamo fatto per proteggere sia te che lei. Dovesse succedere qualcosa, dobbiamo poter farla fuggire senza lasciare traccia. E lo stesso vale con te. Meno sai, più sei al sicuro. > Si scambiarono un’occhiata densa di sottointesi e io mi sentii mancare.
Edward mi strinse a se e poi mi sussurrò baciandomi il lobo dell’orecchio: < Solo per precauzione. Non corri alcun rischio. E neanche lui. > e poi spostò la sua bocca sulla mia mandibola.
Jacob intanto si era alzato e stava parlando con Esme, vicino alla finestra.

Improvvisamente, m’irrigidii.

Edward se ne accorse e di riflesso, si immobilizzò.
< Bella? > le sue dita ansiose mi accarezzarono il volto mentre piccole gocce di sudore mi facevano appiccicare i capelli alla fronte.
Mi si era asciugata la bocca. Le mie mani erano sul mio grembo. Edward cercava di scostarle con gentilezza.
Alzai lo sguardo ed incontrai il suo. Era preoccupato.
Intanto sia Jake che Esme si erano avvicinati. Mia suocera osservava me. Jake Edward.
Con la voce che tremava, bisbigliai: < Edward … >
Lui mi accarezzò: < Bella, dove hai dolore? > 
"Dolore?"  Pensai ... quale dolore?
Lo guardai stralunata e poi sorrisi.

< Edward … si è mossa. SI E’ MOSSA! Mi ha tirato un calcetto! >

E poi mi aggrappai al suo collo. Stavo piangendo come una cretina mentre lui,ancora rigido, mi cullava.  Era ... sorpreso.  Finalmente si rilassò, baciandomi la pelle, le labbra.

Poi Esme disse: < Sai, mi chiedevo quando avresti sentito i primi movimenti. In fondo di solito cominciano proprio in questo periodo … verso la ventesima settimana.Anche se, all'inizio, non si riconoscono come tali ... > mi voltai per guardarla ma vidi il suo volto e capii che non era me che stava fissando. Il suo sguardo si perdeva nel passato, a quasi novant'anni di distanza. Ora guardava fuori dalla finestra Mentre le mani di Edward erano sul mio grembo, quelle di Esme erano poggiate sul suo ventre, destinato a restare vuoto per sempre. Poi di colpo, fu come se si fosse risvegliata da un sogno. Scosse leggera il capo e mi rivolse un limpido sorriso.  < Tesoro, sono così contenta … > e si chinò ad abbracciarmi sebbene Edward non avesse ancora sciolto il suo abbraccio.

Sospirai triste per poi dire: < Grazie Esme. > Lei poi uscì, in silenzio mentre Edward mi strinse più forte a sé. Chiusi gli occhi e lo sentii respirare il mio profumo.

Jacob, immobile, ci osservava. Scorsi in lui qualcosa di nuovo, nel modo in cui ci guardava.
Sembrava come se si fosse appena accorto di qualcosa di molto importante, che gli era sempre sfuggito.
Edward sorrise fra i miei capelli e bisbigliò:

< Sì cane, anche noi succhiasangue abbiamo dei sentimenti, come puoi vedere … > Rispose ai pensieri di Jake ...

Mi appoggiai alla spalla di mio marito e sospirai, mentre le sue labbra sfiorarono le mie palpebre.

 

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Capitolo 21
*** Discorsi ... ***


21

Ciao!

Allora, dato che EVIDENTEMENTE io non sto simpatica agli oggetti elettronici, obliteratori dell’ ATM (azienda dei trasporti pubblici milanesi, per chi non fosse della zona XD)compresi, 
il mio PC si è preso un virus …  *Erika non piange neanche più ... non riesce neanche a sospirare. è troppo arrabbiata*
Il che mi ha impedito di usare molto il PC, e quindi ho letto per tutto ieri e ho finito Breaking Dawn. Io mi chiedo, se usciva il 2, perché me lo hanno venduto il 5? Mah, l’importante è che alla fine me lo abbiano venduto prima che partissi XD
Non vi dirò assolutamente niente, ma mamma mia! Stavo per sbagliare a scrivere il nome Elizabeth, confondendolo … forse è meglio che non scriva queste cose qui, magari via mail …
Ah, giusto, dato il virus, mi si era impallato MSN. Credo di aver inavvertitamente rifiutato invece che accettato. Perdono! Ridò l’indirizzo e mi scuso con voi.
CassandraLeben@hotmail.it
Adesso parto, e non potrò portarmi il pc infettato, ma da casa della cugina dove ho intenzione di trasferirmi in pianta stabile per le vacanze, accederò a MSN, risponderò alle mail e posterò un 3 o 4 capitoli se riesco! Farò il possibile! Per ora, auguro buone vacanze a tutte!!!

Ed ora, i ringraziamenti!
Fin Fish Ciao!sono contenta che tu abbia trovato BD! Spero le mie indicazioni per la feltrinelli fossero chiare! Dai, più o meno era in Turati!
Wind La burrasca arriverà presto, ma devi portare pazienza ancora un paio di capitoli. Vorrai farla nascere questa povera bimba … XD
FeFeRoNzA Grazie!!! Sto scrivendo questa storia con il cuore, lasciandomi guidare dalla mia fantasia! Avevo pensato questa storia molto prima dei primi spoiler si BD, quindi è tutta made in Erika’s mind! Marchio certificato!
aLbICoCCaCiDa Jake è un personaggio tutto a sé, e non potevo tenerlo lontano a lungo, ma non preoccuparti, si leverà di mezzo talmente presto che ti dimenticherai di lui XD
Hanairoh Jake=prezzemolo, quindi devo dedurre che c’è un sacco di gente che ne è allergica XD. Sai, è meglio che io non dica chi dovrebbe essere nudo … tutti i Cullen stanno già scappando lontano da me chiamando il telefon azzurro XD Io non ho limiti XD ps: bombardami quanto vuoi, a me fa un piacere tremendo leggere i commenti, specie se lunghiii!!! Un bacio!!!
ECILY Sono rimasta molto colpita dal tuo commento. Davvero sei una mamma? Oddio!!! Anche io vorrei avere un bambino, con tutta me stessa, anche se è un po’ presto … Per scrivere questi cap ho fatto molte ricerche, per essere attendibile e per rispettare i tempi. Spero di esserci riuscita! Che dici? Dai un bacio ai tuoi bambini da parte mia! Grazie per il bellissimo commy, mi ha commossa. Sentire il bambino muoversi dev’essere fantastico … un’emozione unica.
momob Sono curiosa di cosa scriverai. Spero niente di sconcio XD
PenPen Per Bella e Rose, ho in mente una cosa carinissima, che spero ti piacerà! Ho scritto questi 2 cap ispirandomi al tuo affetto per Jake, nn potevo nn dedicarti il 20! Buone vacanze!
Helen Cullen Grazie, che bei complimenti! Spero che anche questo cap ti piaccia, ancora per un po’ ci sarà tranquillità, ma poi …
alice brendon cullen Non preoccuparti, anzi, grazie!!! Sei stata un angelo! Mi raccomando, a presto!
yumisan Sì Sì *annuisce convinta* trooooppaaaaaa calmaaaaaaaaaa …. Ma quanto durerà? Eh eh eh (risata sadica)
4everWITCH Oddio! Addirittura la tua preferita? Sono davvero contenta! Spero di non deluderti!
Giulls Ti dico solo una cosa … in questo momento stai portando fuori il cane!!! Ciao e u bacio gigante!!!
Girasole94 Spero che i prox capitoli li leggerai di mattina, se no non mi dormi più! Grazie per il commy!
lilly95lilly Non preoccuparti! Anzi, a presto!!!
BloodyKamelot Sai, è un cane … e fin qui tutto ok, ma è anche è un uomo e qui ci sono problemi. Sai, gli uomini sembrano proprio ciechi di fronte a certe cose. Solo i vampiri … sbav … ok, basta prima di dire cavolate!
giulia9_91 In BD dici? Nella mia storia NO (scusa, ma sono ancora scioccata per …) … la meyer … ok, mi devo fermare prima di spoilerare.
Krisma Preparati per BD… io l’imprinting nn lo capirò mai … sembra una cosa da papere … boh … Per Rose, nn preoccuparti, voglio scrivere una cosa molto dolce.
Deimos Concordo. Scrivere di tutto. Posso fargli fare la luna di miele sulla luna. Ma sai, se lo leggi è molto più bello di quanto nn sembri. Davvero. Fidati.
carlottina Scusami, ho fatto casino con MSN, mi rimandi il tuo indirizzo? Eh si, fai bene ad avere paura. Ma ci sarà il lieto fine, si insomma, più o meno … dai, scherzo! Sta tranquilla!
AngelOfLove Io odio questo PC! Lo odio!!! Saranno moltoo sconvolgenti. Preparati! Scusa per le foto! Non è per colpa mia!*piange*
Rakiy sono contenta che ti sia piaciuto! Povera Elizabeth, non la lasciano dormire quei due debosciati di genitori! Sai, ho in mente delle cose carine con Emmett, che io adoro come personaggio! E Jake … Beh, è Jake! Per BD, se lo leggi è moooltoo più bello!!! Il riassunto non rende onore. Però il mio pref è Twilight!
Kathys
Grazie! Beh, spero che il leggere questa ficcy non ti faccia troppo male. Sai, problemi cardiaci e assuefazione!!! Scoprirai presto lo scossone in cosa consiste …

                         BUONE VACANZE A TUTTE!!!   Cassandra

Bella's Pov

Con Jake che non mi levava gli occhi di dosso, andai in cucina mano nella mano con Edward …

Io Jake ed Edward ci sedemmo a tavola, io in mezzo fra i due, ed Esme ci servì la merenda.
Edward osservava ogni mia mossa, ogni mia smorfia. Jake invece preferiva osservare il muro davanti a noi. Avevo notato che, quando mi guardava, l’occhio gli cadeva sulla pancia rigonfia. Era a disagio …
Mentre mangiavamo, gli chiesi di raccontarmi di La Push, del branco …
Lui, contento che gli fosse data una possibilità di fuggire all’imbarazzo, si tuffò in una dettagliata descrizione degli eventi.
Raccontò quasi sconvolto di come Leah, che lui soffriva a stento, si fosse trovata un ragazzo e di come ne “rendesse partecipe tutto il branco, con loro sommo disgusto.
< Insomma, certe cose potrebbero anche evitarsele, o per lo meno potrebbe evitare di pensarci quando noi siamo obbligati a darle retta. >
< Beh, ma forse è un bene che stai con un ragazzo … dopo quello che è successo con Sam … > dissi io, ripensando al volto perfetto ma sfigurato di Emily < forse è un bene. Magari ha superato … >
Ma lui m’interruppe con un cenno del capo. < Ma no, si fa con quello, ma lo fa solo per ferire Sam. Poi vedi, il suo corpo è quello di una donna di circa ventisei anni. Anche se in realtà non ne ha neanche venti. È andata a trovarsi un tipo che ha più di trent’anni, e lei praticamente fa tutto quello che vuole. Vuole far soffrire Sam, e per questo si lascia trattare male, come un oggetto. Sam si sente molto in colpa. Lui però non ne ha nessuna. È solo Leah che è così testarda, orgogliosa … >

Jake sbatté il pugno sul tavolo con così tanta forza che tremò persino la credenza. Io sobbalzai ed Edward mi strinse la vita con il braccio forte e gelido.
< Scusa, non volevo spaventarti … > mi fece Jake, con quello sguardo da lupo bastonato … sì perché, dire cane sarebbe proprio inappropriato. Forse orso si addiceva meglio alla sua stazza, una volta trasformato …

Ripresi a mangiare e dopo un po’ incontrai lo sguardo di Jake. Sembrava divertito.

< Che c’è? > gli domandai dopo aver inghiottito un pezzo di pane imburrato e ricoperto di marmellata fatta in casa.
< Niente … > e trattenne una risatina.
I miei occhi si ridussero a due fessure e lo scrutai …
< Perché ridi? >gli domandai minacciosa. Fingevo e lui lo sapeva. Cercavo di alleggerire la situazione. Jake era molto teso. Stare tutto solo in covo di
vampiri andava contro al suo istinto più radicato …
< Perché sei incedibile. Non avrei mai detto, ma mangi più di me! E io mangio tantissimo! > e questa volta non cercò nemmeno di trattenersi.
La sua risata potente invase l’aria,accompagnata da quella cristallina e musicale di Edward.

Arrossii fino alla punta dei capelli e lasciai andare il coltello facendolo cadere nel piatto. Questa non me l’aspettavo.
Fissandomi le ginocchia, incrociai le braccia al petto, sopra il pancione.
Edward mi avvicinò di più a sé e premette le sue labbra sulla mia guancia.
< Non è colpa mia … > cercai di difendermi < Ho solo fame … ecco, l’avevo detto che sarei diventata una botte. >
< Non dirlo neanche per scherzo. > mi ammonì Edward, tornato immediatamente serio. < Non sei grassa, e poi devi pensare che devi mangiare per due. > e poi appoggiò il suo dito indice sul mio naso. < Capito? > mi sospirò. Il suo respiro mi mandò in tilt il cervello. Mi persi nei suoi occhi per alcuni istanti, finché Jake non sospirò. Allora mi voltai verso di lui.
< Che c’è, Jake? > domandai preoccupata accarezzandogli il braccio.
< Niente … > mi fece lui triste, osservandomi.
< Ma adesso, perché non mi racconti di te? Come sono stati questi tuoi 5 mesi di gravidanza? > il suo tono era cauto. Con lo sguardo cercava di decifrare la mia espressione. Non so cosa vide ma subito aggiunse < Cioè, se preferisci non dirmi niente, non importa. L’importante è che tu stia bene. >
Sospirai abbassando il capo e, dopo aver fatto un respiro profondo, sollevai il volto e tentai di sorridere.
< No, non preoccuparti! > e anche se il mio tono non risultava tranquillo come speravo, andai avanti.
< Qui è tutto bellissimo e non vedo l’ora che nasca la bimba. E poi, mi sento davvero a casa. È così bello … Hai visto? > e con un ampio gesto gli mostrai la cucina e poi oltre, oltre le finestre il paesaggio innevato …
< sono qui, con le persone che mi amano … e ora ci sei anche tu, che sei venuto a trovarmi. Tutto è perfetto. > annuii convinta e mi appoggiai allo schienale della panca su cui eravamo seduti.

Sospirai. < Certo, prima … beh, è stato difficile, ma in qualche modo ho trovato la forza di andare avanti, di resistere. Non è stato semplice. A volte ho creduto di non farcela, ma alla fine, eccomi qui, soprattutto grazie a lei. > e abbozzai un sorriso voltandomi verso di lui. Le mie mani accarezzavano il pancione con gesti circolari e tranquilli.
Edward che, mi aveva intanto circondato le spalle con le sue braccia, mi baciò il lobo dell’orecchio.
Cercai di deglutire. I brutti ricordi riaffioravano in fretta, ma erano così difficili da allontanare …
Jacob mi fissava. Il suo sguardo si spostò ad Edward, che annuì impercettibilmente, probabilmente ad una domanda non espressa da Jake.

Mio marito poi mi porse un bicchiere d’acqua. Lo afferrai con i braccio sinistro che si scoprì. La manica scivolò lungo il gomito mostrando involontariamente l’avambraccio devastato.
Sentii la panca tremare ed Edward stringermi tra le sue braccia di pietra. Nella mente di Jake aveva già visto cosa stava per accadere.
Fu un lampo.
Un istante.
Ci fu uno schiocco tremendo e poi sentii il tavolo ribaltarsi.
Non vidi niente, accecata dalla paura.
Edward mi teneva in braccio e mi proteggeva. In un batter di ciglia, mi portò via.
Ci trovavamo ora in sala, vicino allo studio di Carlisle.

< Edward … > cercai di dire, ma la voce mi morì in gola. Lui mi appoggiò un dito sulle labbra e poi uscì dalla stanza.

Jake si era quasi trasformato, ne ero sicura. Quel tremore, totalmente diverso da quello di cui ero al momento prigioniera, era tipico delle trasformazioni, quando perdeva la calma. 
Vidi Jasper entrare in casa e fondarsi in cucina, seguito da Emmett e Alice. Rosalie, uscita dalla sua stanza, si sporse dalle scale per vedere cosa stesse accadendo.
Io invece ero pietrificata.
Sentii dei rumori fortissimi provenire dalla cucina e poi un ringhio, un guaito … e di nuovo il silenzio.

Feci alcuni passi all’indietro e con le mani cercai il muro. Quando lo trovai, non potei fare altro che lasciarmi scivolare lungo la parete liscia. Mi ritrovai per terra, le gambe piegate in una posizione leggermente innaturale, all’infuori.
Vidi Alice dirigersi al piano di sopra e tornare dopo una manciata di secondi con degli abiti piegati tra le braccia. Neanche il tempo di capire cosa fosse accaduto, ed Edward fu nuovamente al mio fianco.

Mi afferrò da sotto le ascelle, come se avessi 2 anni, e mi rimise in piedi.

Mi scosse leggermente le spalle finché non tornai in me e gli rivolsi uno sguardo terrorizzato.
 < Jake? > rantolai, annegando nel terrore.
< Sta bene. Ha solo … perso la pazienza per un attimo. Non gli abbiamo fatto niente. Lasciagli qualche minuto e torna come nuovo. > il suo tono pareva seccato.
Stavo per andare in iperventilazione,sentivo il cuore battermi furioso e l’aria mancarmi nei polmoni.
< No. > mi disse perentorio Edward e poi, poggiando le sue labbra sulle mie, mi obbligò a dischiuderle e a seguire il ritmo del suo respiro.
Mi tranquillizzai, complice anche il profumo incantevole e rassicurante di Edward. Tra le sue braccia, protetta, mi calmai.
Quando tutto fu tornato normale, Edward mi disse: < Jacob deve imparare a controllare le sue reazioni. È troppo, troppo impulsivo. > e scosse la testa rassegnato.
Mi fece sedere sul divano, e mi carezzò premuroso le guance con il palmo della mano, fredda e perfetta. Si era inginocchiato all’altezza della mia testa.
Il mio cuore batteva più veloce del dovuto ed Edward, che lo sentiva meglio di me, mi fece sdraiare e, continuando ad accarezzarmi, mi sussurrò: < chiudi gli occhi, rilassati … >
Obbediente, feci tutto quello che mi diceva. Ora mi aveva preso le mani nelle sue.
< Segui il mio respiro … > e mi lasciai guidare da lui.
Dopo alcuni minuti, lo sentii sibilare: < Non ora. >

Spalancai gli occhi di colpo e cercai di mettermi a sedere, ma Edward me lo impedì, premendo leggermente le sue mani sulle mie spalle.

Sentii la bambina muoversi e portai velocissima una mano al ventre.
Edward posò la sua poco distante e mi rassicurò: < Non è niente. Sente solo che sei agitata, tutto qui. >
E poi, un rumore provenire dalla porta. Mi voltai nonostante lo sguardo seccato di mio marito.

Jake, dentro a dei vestiti non suoi, (Emmett forse … ) mi osservava mortificato.
< Bella … scusa, davvero … io … non volevo. Non pensavo che … credevo di riuscire a controllarmi meglio … non ero preparato a … >
Con la mano destra, mi strinsi l’avambraccio sinistro e lo portai al petto. Girai il volto verso lo schienale del divano e mi accorsi di star piangendo. Adesso mio marito mi accarezzava le spalle.
Mi costrinse a portarmi su un fianco, dando la schiena a Jake. Me la massaggiò finché non gemetti.
< Cosa c’è? > mi chiese con un tono di voce che pareva adatto ad un angelo.
< mi fa male la pancia. Credo di dover vomitare … > Mi ero presa proprio un bello spavento.
Mi fece sedere e poi, sostenendomi con un braccio attorno alla vita, mi portò in bagno.
Restammo lì un po’, finché non fui sicura che era tutto a posto. La nausea era passata dopo i primi passi. Mi sciacquai il volto con l’acqua gelida per cercare di schiarirmi le idee.
“Non era successo niente. Non era successo niente.” Ecco ciò di cui mi stavo autoconvincendo.

< Edward? > domandai insicura.
< Sì? > Era appoggiato al muro, le braccia incrociate. Seguiva ogni mio minimo movimento, quasi fosse pronto a prendermi nel caso crollassi.
< Come sta Jake? > il ricordo del suo volto disperato per il senso di colpa mi faceva male al cuore.

Quella domanda parve irritare Edward. Lo vidi nei suoi occhi.
< Meglio di te. Posso sapere perché ti preoccupi così tanto degli altri e così poco di te stessa? Ha messo a rischio la vita tua e della nostra bambina. > il suo tono era acido, seccato. Calcò molto sulla parte finale della frase.
Mi voltai appoggiandomi al lavandino e lo fissai negli occhi.
< Il mio primo pensiero è la bambina, Edward. Per lei sono stata disposta anche a morire. Per lei, ho fatto tutto il possibile. Dovresti saperlo bene. >
Mi sentivo offesa …

Sospirò e poi venne verso di me. Mi abbracciò e mi costrinse ad appoggiare la mia guancia sulla sua spalla. Con una mano percorreva gentile la mia schiena mentre, le dita dell’altra erano tra i miei capelli.
< Scusami, amore, è che a volte sei così … così interessata agli altri. Li metti sempre davanti a te. E questo mi fa paura … tu sei così … fragile. Temo per te. > sentivo la sua voce tremare.
Ricambiai l’abbracciò e cercai di rassicurarlo. Rimanemmo in quella posizione alcuni minuti, senza dirci altro. Sentivo il mio ombelico premuto contro di lui a causa del pancione.
Era una bella sensazione.

Quando finalmente tornammo di là, trovai Esme e Carlisle intenti a parlare con Jake, seduti in salotto. Appena entrai, mano nella mano con Edward, Jake si alzò e fece per venirmi incontro, ma si fermò ad un’occhiata di Edward.
Mi lasciai accompagnare al divano e mi sedetti. Ero goffa nei miei movimenti ma nessuno sembrava curarsene. Sia Esme che Carlisle mi rivolsero il loro sorriso più bello.
Jake ed Edward si scambiarono uno sguardo e poi entrambi si sedettero.
Con molta tranquillità, Carlisle riprese il discorso da dove lo avevano lasiciato prima che li interrompessimo con la nostra entrata in scena.
Rimasi a lungo ad ascoltarli parlare. Era … tranquillizzante.
Donava normalità alla mia vita assolutamente anormale.
Pian piano i loro discorsi divennero un ronzio indistinto …
Le mie palpebre erano sempre più pesanti … la spalla fredda di Edward era così accogliente, come il suo abbraccio … solo, era un po’ freddo …
Alla fine smisi di sforzarmi a tenere gli occhi aperti e lasciai che il mormorio mi cullasse, insieme alle mani delicate di Edward.

Quando riaprii gli occhi fuori era buio.

Ero avvolta in una trapunta e la mia testa era appoggiata ad un cuscino, sulle gambe di Edward.
Ero comoda. Mi stiracchiai e poi allungai le braccia, avvolgendole dietro il suo collo. Alzai il capo mentre lui abbassava il suo. Le nostre labbra s’incontrarono in un bacio dolce e tenero. Come da fidanzatini. Che bello …

Dalla cucina sentii il profumo di qualcosa di buono e sorrisi.
< Fame? > mi domandò premuroso.
< Sì! > sorrisi e poi mi alzai. Andai in sala da pranzo e trovai la tavola apparecchiata. Esme aveva dato il meglio di sé! Jake apparve da dietro la porta. Reggeva un vassoio colmo di cibo.
Mi vide e mi rivolse un sorriso enorme.

< Dormito bene? >
Annuii e lui aggiunse: < temevamo di svegliarti e ci siamo spostati di qua.  Saremmo venuti a svegliarti presto. 
Qui abbiamo quasi finito. Ancora un secondo … >
< Va bene … > risposi curiosa. Jake aveva dato una mano in cucina?
 Sì. Immagino come … ripulendo tutto … sorrisi al pensiero e andai a lavarmi le mani.
Al mio ritorno tutto era pronto. Presi posto a tavola e cominciai a rimpinzarmi come al solito, sotto lo sguardo attento e divertito di Edward.

La cena, a differenza del pomeriggio, fu molto silenziosa. Era abbastanza tardi ed Esme si lamentava che avevo sballato tutti gli orari per mangiare.

Alla fine della cena andammo tutti nella sala del piano. Edward non voleva più lasciarmi sola con Jake. Credo temesse in una sua reazione … Alice, naturalmente, non vedeva niente, il che non aiutava. Jasper s’impegnava come poteva ma più di tanto non riusciva neanche lui.
< Jake > gli domandai quando vidi che gettava degli sguardi fugaci oltre la finestra mentre giocavamo a carte seduti sul tappeto.
< Sì? > mi domandò con fare colpevole < che c’è Bella? >
< devi andare? > il mio tono triste lo rabbuiò.
< posso aspettare ancora un po’. Non ho fretta … > e poi gettò un’occhiata a Jasper, che guarda un film con Alice nella stanza adiacente. La porta era aperta e notai che lui ci stava osservando.
< Jake, se devi andare, non preoccuparti. Non voglio che poi magari Billy si preoccupi … >

Sorrise e mi accarezzò la guancia.
< Allora, io ho vinto 3 partite, tu 5. la prossima volta, mi devi dare la rivincita … >
< Allora tornerai! > dissi felice.
< Certo, se ti fa piacere … > e poi mi aiutò a rialzarmi in piedi. Con quella pancia non era facile. Già io mi sbilanciavo di mio … figuriamoci così!

Mi sostenne  e mi rimise in piedi. Dandomi un bacio su entrambe le guance e stringendomi le mani tra le sue, grandi e calde, mi abbracciò e mi rassicurò. < Torno presto, ma tu sta tranquilla. Sai, nonostante tutto quella roba lì … > ed indicò il pancione < se è figlia tua deve essere splendida. Non vedo l’ora di conoscerla. > e poi, avvicinandosi al mio orecchio, mi sussurrò, conscio che anche lui avrebbe sentito: < Speriamo che non abbia preso niente dal succiasangue … > Edward, seduto al piano a comporre, sbuffò e lo guardò male.
Fu triste salutarlo. Era stata una giornata bellissima. Lui aveva fatto tutta quella strada per stare con me, anche se per poche ore … Sapevo che aveva avuto paura per me, che temeva che io fossi stata trasformata. Scoprire che ero in dolce attesa … beh, doveva essere stato un bello shock!
Lo salutai con la mano finché la macchina su cui lui e Jasper viaggiavano non svoltò dentro il bosco e sparì alla mia vista.

Tornai in casa e trovai Edward pronto ad accogliermi a braccia aperte.

Mi strinse a sè alcuni minuti e poi, baciandomi, mi sussurrò: < Puzzi di cane … Dobbiamo rimediare … >  e poi scosse la testa.
Mi allontanai da lui quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi e scettica, domandai:
< e COME vorresti rimediare? > speravo nel bis della notte precedente ...
< Bella, posso sapere perché tieni le dita incrociate? > mi domandò baciandomi la fronte.
Arrossì e sentii Emmett dire: < Scemo, secondo te perché? Bella, se dobbiamo andarcene anche questa notte avvisami. Non voglio rimanere scioccato per il resto della mia vita! Non riesco proprio a immaginare Edward … Ahia! > Qualcuno, probabilmente Alice, gli aveva tirato uno scappellotto.
< Io pensavo ad un bel bagno, mentre qui apriamo le finestre e facciamo cambiare l’aria … >
< beh, però … potresti fare il bagno con me … > cercai di dire, diventando sempre più rossa.
Stranamente, lo vidi annuire dolce e mi sentii leggera come una piuma.
< certo … non vedo perché no … > e poi, mi prese in braccio e mi portò al piano di sopra …
Mi fece sedere in balcone, avvolta in una coperta, e poi sentii che faceva scendere l’acqua.

Dopo dieci minuti, mi portò nel bagno.

Era splendido. La luce era bassa, soffusa. La vasca era enorme. Una piccola piscina con l’idromassaggio. E poi il profumo! Il bagnoschiuma formava una splendida nuvola sull’acqua.
E poi lo specchio che rifletteva tutto facendo sembrare la stanza grande il doppio.
Mentre ero intenta ad osservare l’infinita gamma di saponi disposti lungo il bordo della vasca, sentii le sue mani infilarsi sotto la mia maglietta.

Tremai al contatto con il freddo gelido della sua pelle sulla mia.

Lasciai che mi sfilasse i vestiti, che rimasero abbandonati sul pavimento, e poi cominciai a sbottonargli la camicia. Le mie dita tremavano leggermente. Non riuscivo ad abituarmi alla sua meravigliosa bellezza.  Lui, paziente, mi sorrideva. Quando alla fine entrambi fummo nudi, cominciò a baciare la mia pelle.
Mi prese di nuovo in braccio e mi immerse lentamente nella vasca. Le bolle mi facevano il solletico e l’idromassaggio era assolutamente fantastico. Mai però come quando Edward mi raggiunse, dopo aver messo un enorme asciugamano ed un accappatoio sul calorifero.
Dopo essersi seduto, mi prese per i polsi e mi fece volare sulle sue gambe.
Mi sedetti sulle sue ginocchia, a cavalcioni. L’acqua e la schiuma arrivavano a coprirmi il seno, rendendo la situazione estremamene sensuale.
Mi appoggiai al suo petto e lo baciai. 
Le sue mani mi massaggiavano e facevano scorrere l’acqua sul corpo.
Erano accurate mentre mi levavano l’odore di Jake. Ma oltre ad essere accurate, erano anche dolci e premurose. Improvvisamente, si immobilizzò.
< Che c’è? > gli domandai un po’ preoccupata.
< Si è mossa. > sembrava sorpreso.
< Beh, è una buona cosa. > dissi perplessa.
< Sì, solo, è bellissimo … sai, è tutto diverso, ora che è così reale. Non è come quando si studia sui libri. >

Risi e poi gli baciai il petto. La piccolina intanto si godeva il rilassamento di tutti i miei muscoli, dovuto al caldo, all’acqua, all’idromassaggio … o alle mani di Edward che percorrevano strade infinite sul mio corpo nudo …  

Tutto era assolutamente perfetto, come le labbra di Edward sulla mia pelle bagnata.

 

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Capitolo 22
*** Notte 33.4 ***


Salve! Ecco a tutte voi il capitolo 21 che, come già era accaduto in precedenza, avrà il doppio POV! E non sarà l’ultima volta ( Edward era un po’ che non diceva la sua XD)
Ringrazio tutte voi che avete letto e recensito il cap 21! Data la situazione precaria in cui mi trovo (Ho sì accesso al PC, ma è limitato … ) non potrò ringraziarvi una per una, ma spero non me ne vorrete!
Il titolo indica la settimana e il giorno del feto(su internet ho visto che le gestanti scrivono così per dire di quanto sono ...)
Ecco il mio piccolo regalo di ferragosto per allietare la serata di chi è rimasta a casa e anche quella delle fortunate che hanno avuto l’opportunità di avere accesso ad internet anche in vacanza!!!!!!!
Il cap è un pochino più lungo del solito, spero non vi spiaccia ...
Un bacio enorme e a prestissimo,(e un grazie a MOMOB che mi ha messo l'HTML e a Deimos che si è offerta! grazie ragazze!)
Cassandra


Edward’s POV


< Edward! >
< Si, Bella? > le chiesi senza smettere di far scivolare le mie dita sui tasti d’avorio.
< Edward … Vieni a salvarmi! > mi implorò disperata.
< Dai, Bella … non fare l’antipatica. > le disse mio fratello, con l’aria di chi viene denunciato alla polizia sapendo di aver commesso un reato.
Mia moglie, seduta sul divano, teneva la maglietta, enorme, sollevata fin sotto al seno lasciando scoperta la pancia. Emmett, inginocchiato di fronte a lei, le teneva un orecchio subito sopra l’ombelico.
< Sì muove! > esultò felice mio fratello ed io sorrisi. Bella sbuffò e poi si abbandonò allo schienale del divano.
Mi voltai e li vidi. Erano nella stanza attigua, la porta aperta.
Emmett adesso le stava toccando il grembo e premeva leggermente con il dito. Lo spostava a destra, poi a sinistra …
< Cosa stai cercando di fare? > gli chiese lei perplessa.
< voglio che si muova. > fece lui innocente. Naturalmente, si comportava in quel modo perché non c’era Rosalie nei paraggi.
< Ecco, si è mossa ancora!!! Ehi piccolina? Come va? Sono lo zio Emmett! Non preoccuparti, ci penserò io a far star buoni quei porcellini dei tuoi genitori. >
< Emmett, non ti picchio perché sarei la sola a farmi male … ma sappi che le sto segnando tutte e quando sarò più forte di te, te le farò pagare con gli interessi. > le sue guance erano divenute color porpora mentre il tono della sua voce si era fatto ostile, come se qualcuno avrebbe mai potuto aver paura di quel suo sguardo, di quel suo sorriso, di quei suoi occhi nocciola ...
< Edward? Che ricordi ha suscitato in te la mia affermazione? Data la tua faccia … >
Mi alzai e mi avvicinai minaccioso. Emmett si alzò di scatto con un’espressione di finto terrore dipinta in volto. Era chiaro che si stava divertendo moltissimo, e poi, io glielo leggevo nella mente. A me, non poteva mentire. Prenderci in giro riguardo la nostra vita privata era il suo divertimento preferito. E pensare che io avrei potuto davvero rovinarlo, raccontando le sue seratine con Rose. Se non lo avevo ancora fatto, era solo per il rispetto che nutrivo nei confronti di mia sorella. In fondo, un gentiluomo non parla di certe cose …
Appena fui abbastanza vicino da poterlo sfiorare, lui corse via, andando a rifugiarsi da Alice che, al piano di sopra, stava ridendo. Codardo.
Scossi la testa e la risata di mia moglie mi raggiunse, stanca ma allo stesso tempo serena.
Mi inginocchiai davanti a lei e, dopo aver preso le sue mani calde nelle mie, le portai alle labbra e le baciai, facendola sorridere ed arrossire. Si era risistemata la maglietta, ma io gliela risollevai fin sopra l’ombelico. Anche io poggiai il capo sul suo grembo, per ascoltare meglio il battito del cuore di nostra figlia. La mia fronte fredda a contatto con la sua pelle bollente la fece sussultare. Volevo allontanarmi ma lei mi trattenne, cingendomi la testa con le sue mani piccole e delicate. Chiusi gli occhi, intento a seguire i battiti dei cuori delle due persone più importanti per me al mondo.
Rise.
< Che c’è? > le chiesi confuso, sollevando lo sguardo per poterla fissare negli occhi.
< Sei così bello. Spero che la bimba sia uguale a te … e poi, quando sorridi … come adesso, sembri proprio un angelo, venuto sulla terra solo per me. > A quell’ultima frase, arrossì violentemente.
Il sangue, che pompava furioso nelle sue vene per riuscire a sostenere sia il suo cuore che quello della bambina, le inondava le guance e le donava colore. Ultimamente era diventata molto pallida.
Io e Carlisle la tenevamo sempre sotto controllo, le facevamo mangiare solo cibi specifici preparati da me o da Esme … però, evidentemente non bastava. Troppo spesso inoltre l’avevo osservata, triste e taciturna, con lo sguardo perso oltre il vetro della finestra. Di notte, gli incubi erano tornati a tormentarla.
Secondo mio padre non dovevamo preoccuparci. Probabilmente, era solo agitata.
Sebbene cercassimo di farla sentire a suo agio, percepivo chiaramente la sua inquietudine.
E così anche Jasper che le stava spesso vicino,per cercare di tranquillizzarla.
Quando le avevo posto apertamente la domanda, chiedendole cosa la turbasse, mi aveva guardato come se l’avessi scoperta fare qualcosa di sbagliato e, scuotendo la testa e accarezzandosi il pancione, aveva borbottato qualcosa d’incomprensibile e poi era andata a dormire. Inoltre, non voleva dirmi cosa riguardassero i suoi incubi. Ogni volta che, sudata e tremante,si risvegliava tra le mie braccia, si stringeva al mio petto e respirava il mio odore.
Io la cullavo tra le mie braccia, ma non ero ancora riuscito a capire cosa avesse.
Se di notte gridava, di giorno non ne voleva assolutamente parlare.
Rise di nuovo, distogliendomi dai miei pensieri.
< Edward, scusami > era imbarazzata …
< Cosa c’è? > le domandai confuso, tenendole sempre le mani tra le mie.
< Ehm … > ora le sue guance avevano assunto un’invitante tonalità purpurea …
< Devo andare al bagno … > mi sussurrò con un sorriso. Ora ero io ad essere in imbarazzo.
< Vuoi che ti accompagni? > le domandai carezzandole una guancia.
< Devo solo fare pipì, non credo che partorirò adesso, non preoccuparti. > e, tenendosi il pancione con una mano e reggendosi al bracciolo del divano con l’altra, si mise a fatica in piedi.
< Senti, ti accompagno. > le dissi vedendo quanto fosse precario il suo equilibrio.
Sbuffò ma non mi disse nulla, anzi, si appoggiò completamente a me.
Oramai, passato l’ottavo mese, il suo pancione la sbilanciava completamente in avanti.
E per camminare, lo sosteneva sempre con le mani.
< Sono enorme … > si lamentò lei passando davanti a una finestra e vedendosi riflessa.
< Non è vero. Hai solo il pancione … ma se non lo avessi ancora notato, sei alla trentatreesima settimana … direi che è normale. >
Lei mi fece la linguaccia e poi si chiuse in bagno.
< Ti aspetto di là, chiama quando hai finito > le dissi da oltre il legno della porta.
La sua risposta fu un sì piuttosto svogliato.
Tornai al pianoforte e ricominciai da dove mi ero interrotto.
Comporre mi aiutava a restare rilassato.
Lasciai che la musica invadesse l’aria mentre, ad occhi chiusi, cercavo di trovare un modo per farmi dire da Bella cosa la rendesse così agitata.
< Edward … > mi chiamò Esme posandomi una mano sulla spalla.
Aprii lentamente gli occhi e la osservai.
< Sì? > le domandai senza smettere di suonare.
< Edward, dovresti andare a caccia … guardati … > e mi accarezzò il volto soffermandosi sulle occhiaia che sapevo essere molto profonde.
Scossi il capo seccato e poi, a bassa voce, le dissi: < Ci vado tra un po’. Qualche giorno. >
< Edward, sono settimane che dici così. Più tempo lasci passare, più poi renderai tutto difficile. >
Mi bloccai.
< Vai adesso, finché è ancora presto. Lo sai anche tu, che se la madre è molto giovane, è probabile un parto precoce. E poi, anche Bella ti ha fatto notare, non so quante volte, che non è un bene che tu sopporti la sete a tal modo. Questa notte Emmett va a caccia, qui nei dintorni. Vai anche tu. >
Mi accarezzò la guancia e poi, con grazia, tornò in cucina.
Mentre analizzavo bene la situazione, sentii la porta del bagno aprirsi lentamente, con un cigolio sordo.
Rimasi seduto. Se lei non mi aveva chiamato, non volevo andare da lei.
Forse, aveva bisogno di restare sola per un po’. Avevo sempre timore che interpretasse male il mio volerle stare accanto, proteggerla … non volevo che si sentisse controllata, prigioniera.
Sapevo che bastava poco a risvegliare le sue paure.
Ricominciai a suonare, cercando di concentrarmi sulla mia musica.
Mentre ero concentrato, sentii dei passi dietro di me. Un sospiro affaticato e poi un piccolo tonfo. Il profumo di bella invase la stanza.
Mi voltai e la vidi seduta sul divano dietro al pianoforte.
Si teneva il pancione con entrambe le mani e lo accarezzava dolcemente, il capo reclinato all’indietro e poggiato allo schienale. Gli occhi chiusi e sulle labbra un sorriso.
Sembrava stesse dormendo, pacificamente. Era sempre così stanca … non doveva essere facile portarsi dietro la bambina … anche perché l’inizio della gravidanza non era stato dei migliori, e poi nessuno di noi sapeva realmente cosa sarebbe successo. La nostra situazione era a dir poco unica. E questo certo aumentava le mie preoccupazioni.
Smisi di suonare e feci per avvicinarmi a lei per controllare che stesse bene quando con voce dolce mi domandò in un sussurro:
< Perché hai smesso? >
< Senti, se sei stanca, forse dovresti andare a dormire. Vuoi che ti faccia compagnia?
< In camera non si sente bene il piano … e poi, se tu suoni, la bimba si calma … > e fermò la sua mano sotto l’ombelico. < Le piace tanto la tua musica, almeno quanto piace a me. > e poi sollevò lo sguardo per sorridermi.
In un attimo, fui vicino a lei e le tenevo le mani. Dopo averle baciato per un secondo le labbra, le sfiorai il lobo dell’orecchio con la bocca, facendola fremere, e poi tornai al piano.
Suonai a lungo, finché l’oscurità non si fece molto fitta. Bella ormai dormiva quando, con delicatezza, la presi tra le braccia e la riportai a letto.
Si rigirò sotto le lenzuola bisbigliando il mio nome e poi ricominciò a dormire come se non fosse successo niente.
< Edward? > mi fece Emmett dalla sala < Allora, vieni o mi porto dietro Alice? >
Fissai mia moglie e sussurrai: < Arrivo. >
Forse era vero. Se continuavo a ritardare la caccia, avrei semplicemente procrastinato il problema.
Andai al piano di sopra a preparare uno zainetto con il cambio e poi tornai in camera nostra, per salutare Bella prima di uscire.
Ero stato via solo pochi minuti, il tempo di raccogliere dei vestiti e decidere bene la destinazione, eppure, quando entrai, lei era lì, con gli occhi spalancati sdraiata a fissare il soffitto.
Mi avvicinai lasciando cadere la sacca a terra con un tonfo.
< Bella? Bella tesoro che hai? > le chiesi preoccupato.
Lei si voltò lentamente e, con i suoi grandi occhi color cioccolato al latte mi fissò curiosa.
< Che c’è? > mi chiese innocente.
Le carezzai la guancia e lei mi domandò, come se fossi rintronato: < Tutto a posto? >
Un po’ sorpreso, le risposi: < Sì, ma tu? Cioè, cosa stai facendo? > aggiunsi notando che si picchiettava la pancia. Lei mi guardò male e, tornando a darsi delle piccole pacchette sul ventre, mi spiegò: < sai, di solito a quest’ora è sempre molto agitata. Non mi da tregua con i calcetti e gli stiracchiamenti, o le capriole … questa sera invece non si è ancora mossa. Carlisle mi ha detto che, stando sdraiata per un’ora, devo sentire almeno tre movimenti. E in una giornata almeno dieci colpi decisi. > e sorrise, come per scusarsi.
Scossi la testa e la rassicurai, premendo l’orecchio sotto al punto in cui lei teneva la mano, dopo averle baciato la linea scura che le percorreva la pancia.
La sentii sospirare. In effetti, le carezze e i baci erano le uniche cose che ci permettevamo, da quando la bambina impediva a Bella praticamente tutti i movimenti. Alla fine, ero persino riuscito a convincerla a restarsene a letto durante il giorno, o per lo meno, a muoversi poco. Il che per lei non era proprio il massimo della gioia.
< Mmm … > feci io intento ad ascoltare … la sentii irrigidirsi e poi chiedermi: < Qualcosa non va? > la sua voce tremava.
< No, no no … > le bisbigliai portando il capo dal suo ventre al suo seno e carezzandole il volto improvvisamente teso. < Sta dormendo. Rilassati … il suo cuore è forte e tranquillo. E poi, ci siamo qui noi. Non devi preoccuparti. Però se hai qualche dubbio, parlane con me o con Carlisle, prima di tormentare la piccola. > arrossì e poi mi sussurrò: < è già successo e quando l’ho detto a Carlisle, lui mi ha risposto di stare calma e di fare così. In quel momento mi ha visitata velocemente e mi ha detto che era un po’ una mia paranoia. Non volevo disturbarlo di nuovo. > e poi, osservando la sacca, mi disse: < ma tu, ora stai andando a caccia? >
< no, non preoccuparti … preferisco restare qui. Non voglio lasciarti sola. > e mi sedetti sul letto accanto a lei. Bella però fece finta di buttarmi giù dal letto e mi disse: < no no no … tu ora prendi e vai a caccia! Ne hai bisogno! > rideva mentre, dopo essersi portata a sedere anche lei, spingeva contro il mio petto. Involontariamente, le afferrai i polsi e cominciai a baciarla. Le mie labbra salirono fino al suo collo e la sentii abbandonarsi a me. La portai delicatamente a sedere sulle mie ginocchia e spostai le mie labbra sulle sue. Non fu il bacio dolce che speravo. Era diventato un bacio passionale ed intenso. Tanto intenso che Bella si inarcò sotto le mie mani per poter raggiungere meglio la mia bocca.
Quando ormai le mie mani erano sotto la sua camicia da notte, sentii bussare alla porta aperta.
Controvoglia mi voltai mentre mia moglie, ansimando leggermente, poggiava il capo sulla mia spalla.
< Edward … ma allora cosa vuoi fare? Capisco che stare qui sia più divertente che venire a caccia ma se andate avanti in questo modo, rischia un parto prematuro. > inutilmente, tratteneva le risa.
Bella aveva le guance in fiamme ma sorrideva serena, il che mi fece decidere di non ammazzare Emmett seduta stante.
< dai, Edward, vai. > mi sussurrò nascondendo il color porpora delle sue guance nella mia camicia < Io ti aspetto qui … domani, quando mi sveglio, voglio vedere i tuoi occhi d’oro … non che quelli neri non mi piacciano … ma oro sono così caldi … > e, dopo avermi lasciato un casto bacio sulle labbra e sulle guance, scivolò, con tutta la grazia permessa dal suo pancione, sotto le coperte. Il tutto tra gli sbuffi esasperati di mio fratello.
Mi chinai per carezzarle la fronte con le labbra e poi, dopo un ultimo tocco sulla sua pelle calda, lasciai la stanza.
< Non stiamo via molto. > sussurrai ad Emmett.
< No, non preoccuparti. Non voglio stare a sorbirmi tutte le tue paranoie per molto. Stiamo via giusto il tempo necessario. > e così, in un attimo, sparimmo nella notte …
E quando la battuta di caccia fu conclusa, ai primi chiarori dell’alba oltre i confini del bosco, ritornammo alla jeep per cambiarci. Appena ebbi indossato gli abiti puliti,presi il cellulare nella tasca anteriore dei pantaloni insanguinati. Lo afferrai e mi accorsi che era spento.
Lo accesi e a mia mano tremò quando vidi che c’erano dieci messaggi in segreteria.
Il numero di Carlisle.


Bella’s POV

Edward se ne era appena andato … sapevo che non avrei potuto ammetterlo davanti a lui, ma sentivo già la sua mancanza. Eppure, per starmi vicino, era rimasto a soffrire la sete troppo a lungo.
Mi rigirai nel letto e, tenendo le mani sul ventre, sospirai. Ad occhi chiusi, pensai che ancora qualche settimana e poi avrei tenuto la mia bambina tra le braccia. Sorrisi nell’oscurità.
Poi qualcuno aprì la porta senza alcun rumore. Dopo pochi istanti, sentii Alice sdraiarsi al mio fianco.
< Ciao, so che sei sveglia … > la sua voce era un po’ tesa.
< Ciao … che c’è? > le domandai piuttosto sorpresa.
< niente … > non era molto convincente. < voglio farti compagnia. >
< Alice … > la rimproverai.
< No, niente … non so bene perché, ma non riesco a vedere bene … sai, è tutto un po’ confuso. >
< cosa è confuso? >
< Domani mattina. Non saprei dirti. Vedo solo Emmett che esce di casa sbattendo la porta. Odio i litigi. > mi voltai per abbracciarla e sentii le sue braccia gelide stringermi con delicatezza.
< e la mia Elizabeth? La vedi? > le domandai emozionata

< Sì > la sua voce era limpida, chiara. < Piccola e molto, molto vivace. >
ridemmo e poi sbadigliai.
< Bella, è notte … perché non dormi? >

< Uffa … quando Edward non c’è, prendi sempre la brutta abitudine di fare come lui. Una specie di guardia, ecco cosa sei … >
Rise di nascosto e poi mi coprì la testa con il lenzuolo.
Visto che ero stanca, ma davvero stanca, non continuai con le critiche e lasciai che il sonno s’impadronisse di me.

E anche quella notte, nella mia testa tornarono vividi i miei incubi.
E nella mia corsa contro il tempo, le urla della mia bambina mi invadevano la testa. Vedevo Aro che ci inseguiva, che mi inseguiva. Mi afferrava per i capelli, buttandomi a terra e poi Jane, che era apparsa mentre ero a terra, mi strappava la bambina dalle braccia. Alec versava lacrime di sangue.
L’ultima cosa che vidi, prima che tutto si sfocasse e si perdesse nel buio della mia mente, furono le mie mani, protese verso Elizabeth, piccola ed indifesa.
Mi svegliai urlando.

In un attimo, ero seduta. Le mie mani all’altezza dell’ombelico esercitavano una leggera pressione. Stavo ansimando.
< Bella? > Alice era seduta ai piedi del letto, a gambe incrociate. Mi fissava ma non pareva preoccupata.
Ora avevo portato una mano al petto, visto che il respiro non si era ancora normalizzato.
< Scusa … > biascicai mentre mi levavo le lenzuola dal corpo.
< Tutto a posto? Gridavi … > mi sussurrò osservandomi attentamente.
< Sì, tutto a posto. Solo un incubo. > un altro incubo, uguale ai precedenti.
Quello che mi terrorizzava era quello che Aro mi aveva fatto notare, durante i miei primi giorni in Italia.

Se davvero i miei sogni mi suggerivano ciò che i miei occhi ancora non riuscivano a scorgere, allora il mio futuro non sarebbe stato come desideravo. Ne ero terrorizzata. Cercai di impedire alle lacrime di sfuggire alle palpebre.
< dove vai? > mi domandò sorpresa.
< In bagno. > fu la mia risposta secca e poi le chiesi sarcastica: < Vuoi venire? >
Lei mi guardò male. Scosse la testa ed uscì dalla stanza. < Vado a prepararti una camomilla. >

quando mi fui chiusa la porta del bagno alle spalle, feci quello che dovevo e poi mi sciacquai il volto con acqua gelata.
Cercai di lavarmi via anche i residui di ansia, ricordo del sogno e poi mi guardai allo specchio. Ero pallida almeno quanto il resto della mia famiglia e le occhiaia intorno ai miei occhi facevano invidia a quelle di Alice.
Accarezzai la bambina dopo essermi sollevata la maglietta. Sentii il suo piedino poco sotto lo stomaco.
< Allora? Stai ancora dormendo? > domandai alla mia pancia a forma di mongolfiera.

Come risposta, un lieve movimento mi scombussolò ma non potei fare altro che sorridere.
< Anche tu sei agitata? Dai, appena ritorna il papà vedrai che andrà meglio. Lo obblighiamo a suonarci qualcosa. > sospirando andai in cucina. La camomilla mi avrebbe aiutata sia a calmarmi che a farmi passare quel mal di pancia che, da un paio di giorni, mi dava fastidio. Certo, avrei dovuto tornare in bagno molto presto … ma pazienza.

Esme mi venne incontro appena mi vide in sala.
< Bella, tutto bene? > mi domandò dopo avermi accarezzato la guancia.
< Sì. Perché? >
< Niente … sembri solo un po’ stanca … forse sarebbe meglio che tornassi a letto. Ti porto io la tisana. >
< No … non preoccuparti. Ho voglia di camminare un po’. Sto sempre ferma. >

con la mia sensualissima camminata da papera raggiunsi la cucina e fui sorpresa di trovare Rosalie seduta al tavolo. Mi salutò con un cenno del capo e poi si voltò ad osservare Alice che stava armeggiando con le tazze.
Mi sorpresi quando entrambe si voltarono all’unisono e mi fissarono con delle espressioni davvero strane.
Poi sentii un liquido caldo scendere lungo le mie gambe.
Arrossii involontariamente mentre le mie mani raggiunsero all’istante il mio grembo.

< Ah perfetto … Avviso Carlisle. > disse Rosalie alzandosi in piedi e scomparendo su per le scale.
< Esme, portala in camera … > Alice parlò talmente velocemente che a stento capii le sue parole. Contemporaneamente le mani di Esme si posarono sulle mie spalle.
Io, che mi vergognavo da morire, farfugliai: < Ma ho appena fatto pipì in bagno … mi spiace … non capisco proprio come sia accaduto! Oddio che vergogna, scusami … ho bagnato il pavimento … >
< O, non è niente. Tesoro … non preoccuparti. Vieni. Andiamo di là … adesso arriva Carlisle. Rose è andata a chiamarlo. >
La guardai confusa e lei, accarezzandomi mi sussurrò con un sorriso ciò che io stavo inconsciamente rifiutando: < Si sono rotte le acque. La bambina sta nascendo. > rimasi così sconvolta e lasciai che mi guidasse per alcuni metri. Poi mi bloccai e tornai indietro, verso la cucina.
Avevo appena visto Carlisle entrare in camera con la sua valigetta nera in mano. Alice stava sistemando gli asciugamani sulla scrivania.

Fui colta dalla paura.
< No, no, no, no. > dissi mentre mi voltavo, le mani sempre sulla mia pancia.

< Bella … > la voce di Esme era molto tranquilla. < Su, non fare così. Non avere paura. Carlisle ci sta aspettando. >
< No NO NO! > gridai io. < Non puoi farmi questo, cazzo! Piccola traditrice. È troppo presto, e non c’è neanche tuo padre! Ma cazzo, proprio oggi! > stavo letteralmente piangendom in piena crisi isterica. Esme mi fece voltare di nuovo e mi obbligò a percorre alcuni passi. < No, io non ci vengo in camera! La bambina non sta nascendo! Aspetterà che torni suo padre. Adesso andiamo di là e guardiamo la televisione … Aspetterà … > dissi con voce tremante. Non potevo partorire senza Edward. Non potevo e basta.

< Bella, tesoro … la bambina non aspetta. Non vorrai che nasca sul pavimento … >
La guardai sconfitta e non so come mi ritrovai sdraiata a letto. Vidi Alice armeggiare al cellulare ed imprecare qualcosa che però non riuscii a cogliere.
< Bella, calmati … > mi disse Carlisle, dopo avermi visitato. Ora stava accarezzando il mio pancione.

Ringraziai che Rosalie fosse rimasta al piano di sopra con Jasper (che non avrebbe probabilmente resistito al sangue, nonostante le sue capacità mi sarebbero state molto utili ...)
Ero a disagio nuda davanti al mio suocero-dottore,ad Esme e ad Alice, ma davanti a lei sicuramente mi sarei sentita molto peggio. Il mio corpo normale, oltretutto sformato dalla gravidanza, sarebbe stato un insulto alla sua bellezza. Ciò che mi faceva più male era sapere che lei avrebbe però dato tutto, pur di trovarsi nella mia condizione.
< Bella … se continui ad agitarti in questo modo non risolverai niente. Cerca di tranquillizzarti. Ci vorranno ancora alcune ore. Vedrai che Edward sarà qui in tempo … > e mi sorrise.

< Posso alzarmi? > domandai agitata.
< Certo. > e, senza smettere di sorridere, mi aiutò a rimettermi in piedi e ad infilarmi una vestaglia.
Senza dire niente, afferrai il cellulare vicino alla pila di asciugamani e lenzuola e composi il numero di Edward. Camminavo agitata da una parte all’altra della stanza. Sembravo una pazza mentre Esme e Carlisle, perfettamente sereni, almeno all’apparenza, restavano immobili appoggiati alla scrivania.
Alice, in bagno, stava riempiendo la vasca di acqua calda.

< Rispondi! Edward, rispondi! > gridai piangendo quando un bip mi segnalò la segreteria telefonica.


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Capitolo 23
*** "Con tutta la fatica che ho fatto ..." disse Reneé ***


Salve a tutte! Passato un buon ferragosto? Mi auguro di si XD
Visto che non vi ho fatto attendere molto? Ecco infatti il capitolo 23!!! E finalmente, uno degli eventi principali della storia si compie! Ma cosa succederà adesso? Sarà data la possibilità ai nostri vampirucci teneri di vivere felici e in pace? Mmm … insomma, mi conoscete! Preparate le bombole d'ossigeno e prenotate un posto in cardiochirurgia a Forks, dove un bellissimo dottore sarà tutto intento a rianimarvi a suon di baci!
Insomma, si prevede bufera! (in realtà, la mia piccola mente perversa ha elaborato, - molto prima che uscisse BD, tanto per assicurarvi che 1 questa storia non contiene spoiler e 2 non ho copiato niente … tendo a ripetermi, ma alle elementari *trauma non elaborato* la mia maestra mi accusò di aver copiato, che non poteva essere farina del mio sacco perché il compito era fatto troppo bene. Insomma, vi assicuro, questa storia ha il marchio certificato: Made in Erika's mind. Controllato dall'origine allo schermo.)
Beh, preparate le cinture. Per intanto, farò vivere qualche tempo felice alla nostra coppia che, ormai, di coppia ha ben poco. E poi si sa, quando nascono i figli, finisce la pace! Ma la domanda è: E se la pace non c'è mai stata? Allora cosa può succedere? Lo scoprirete presto! (Erika si sfrega le mani con gli occhietti sbirluccicanti e lo sguardo da sadica assassina.) uno spoiler? Beh, ci sarà un po' di sangue in futuro *Erika's style* e non solo quello del parto!
Volevo ringraziare voi che, nonostante fosse Ferragosto, avete letto la mia storiella. E un grazie anche a tutte coloro che hanno commentato. Un ultima cosa, sono così felice! Questa ficcy ha raggiunto quota 152 preferiti!
È, è … splendido! Davvero! È un regalo bellissimo per me! GRAZIE DI CUORE

                                                                                                      Cassandra

                                                                              *con gli occhi pieni di lacrimucce di gioia*

PS: Io adoro Emmett!

Bella's POV

< Bella … Stenditi un attimo. >
< No! Esme, sono troppo agitata! Ho bisogno di camminare. > Percorrevo la stanza avanti ed indietro a passi veloci, tenendo le mani all'altezza dei reni, sulla schiena. Ogni volta che arrivava una contrazione, stringevo i denti e serravo gli occhi.
< Lascia che faccia quello che si sente di fare. Se camminare le fa bene …Come ti senti, Bella? >
< Mi sembra di avere il ciclo … > sospirai e poi aggiunsi:
< Carlisle … >
< Sì, Bella? >
< Senti, ma sei sicuro di poterlo fare? Non è che possiamo andare all'ospedale? > la mia voce tremava.
< Bella, è vero, non sono un ginecologo ma ti assicuro, sono perfettamente in grado di gestire questa situazione. Non è il primo bambino che aiuto a nascere. Anzi, sappi che negli ultimi mesi ho anche riletto tutti i manuali per tenermi aggiornato. E qui abbiamo tutto l'occorrente … Certo, se preferisci possiamo sempre andare all'ospedale. Abbiamo dei documenti falsi anche per te. Se andarci ti può aiutare ad essere più sicura … ti assicuro però che qui né tu ne la bambina correte alcun rischio. >
"Rischio" A quella parola tremai.
Ero stata calma riguardo al parto fino al momento in cui, in mezzo alla cucina, non mi si erano rotte le acque.
Poi, una volta resami conto che stavo davvero partorendo, dopo aver visto la piccola scia di sangue mescolata ad un liquido dal colore indefinito lungo la mia coscia e aver sentito Carlisle dire: < Sì, si è rotto il tappo. Adesso dobbiamo aspettare finché non ti sarai dilatata … Dobbiamo tenere sotto controllo le contrazioni. >, a quel punto realizzai che stavo davvero partorendo, che la bambina sarebbe nata di li a poco.
E tutto quello che, fino a quel momento, appariva ai miei occhi come un futuro indistinto e sfocato, divenne immediatamente reale, troppo reale.
All'improvviso non mi sentii pronta. Era troppo presto, avevo bisogno di altro tempo. Non mi sentivo ancora pronta.
Dopo averlo gridato dietro ad Esme che, poverina, cercava di rassicurarmi, Carlisle era intervenuto e aveva cercato di convincermi che questa paura era del tutto normale e che, sebbene mancassero ancora circa tre settimane alla data prevista, non c'era niente di cui preoccuparsi. Ero giovane ed evidentemente la bambina era pronta, dato che non c'erano stati eventi traumatici che avessero indotto il parto. Mi aveva visitato e tutto pareva normale. E comunque, mi continuava a ripetere, erano pronti ad ogni eventualità.
< Ah! > gemetti tenendomi la pancia. Un attimo dopo Carlisle fu al mio fianco e, tenendomi per mano, mi portò a sedere sul letto e mi sentì il polso.
Sorrideva.
< Ah! > un'altra contrazione.
Alice era tornata e tentava di nuovo di chiamare Edward.
Sbuffò e riappoggiò il telefono sul comodino, poi si voltò e, rivolgendomi un sorriso smagliante, disse: < Se le contrazioni sono regolari, potremmo spostarci in bagno. >
Era stata sua l'idea dell'acqua calda. Negli ultimi 5 mesi, aveva frequentato un paio di corsi per gestanti. Diceva che, visto che io non potevo, sarebbe andata lei e mi avrebbe fatto poi rifare esattamente gli stessi esercizi. Ed infatti molti miei pomeriggi erano trascorsi con lei come personal trainer … sotto lo sguardo attento di Edward. Sono certa che, se non avesse fatto così freddo, lui mi avrebbe fatto costruire una piscina in giardino.
Naturalmente, in quei corsi di cui Alice era tanto entusiasta, le signorine elogiavano il parto in acqua e, visto che Carlisle era d'accordo …
A fatica entrai nella grande vasca con idromassaggio e mi abbandonai alla ceramica fresca. L'acqua era calda e rilassante.
Ad occhi chiusi facevo dei respiri profondi. Seguivo il ritmo di Esme.
< Dai, Bella, respiri profondi. > La guardai malissimo. Povera Esme, sapevo che non se lo meritava, ma avrei tanto voluto tirarle dietro tutto ciò che avevo a portata di mano.
Strinsi i denti quando sentii arrivare l'ennesima contrazione.
Vidi Carlisle armeggiare con una siringa ed improvvisamente, mi sentii subito meglio, o per lo meno speravo lo credessero gli altri.
< Carlisle, mettila via, non occorre … >gli feci sorridente.
< Bella, questa ti aiuterà a tenere sotto controllo il dolore. > e si avvicinò di più a me.
< Esme, aiutala a girarsi … >
< No no no! Va bene così! > dissi avvinghiandomi ai bordi della vasca.
< Va bene. > mi sorrise e poi aggiunse, appoggiando il maledetto, piccolo oggetto di vetro sul fasciatoio che, da alcune settimane si era aggiunto agli arredi del mio bagno.
< avvisami quando ti sentirai pronta. >
Ormai ansimavo. Le goccioline di sudore sulla mia faccia mi appiccicavano i capelli alla fronte. Era stato inutile legarli in un alto codino, ormai erano bagnati fradici.
< Alice, quel debosciato non ti ha ancora richiamato? > Le chiesi al limite della sopportazione.
< C'è la segreteria telefonica. >
< Allora, registra sulla segreteria che sto partorendo. P.A.R.T.O.R.E.N.D.O. fagli lo spelling, mandagli un videomessaggio, fa come vuoi, ma cacchio fallo venire qui! >
< Bella, il telefono è ancora spento … ma ti assicuro, appena lo riaccende, vedrà i messaggi e si fonderà qui. >
< Me lo auguro per lui. >
Mentre ero lì, con l'acqua che mi arrivava alle ascelle e gli occhi chiusi, lasciavo che Alice mi massaggiasse le braccia e le gambe.
< Quanto tempo è passato? > chiesi tra uno spasmo e l'altro.
< Le doglie sono iniziate circa tre ore fa … >
Aprii gli occhi e sbuffai, espirando.
< Bella, non è colpa mia … > cercò di giustificarsi lei.
< No, lo so. È colpa sua! Perché tiene il cellulare spento? Cavolo! >
Alice non mi rispose e continuò a frizionarmi le spalle, insieme ad Esme.
Quando la sentii irrigidirsi, alzai lo sguardo terrorizzata e la fissai, nei suoi occhi vitrei.
Carlisle la prese gentilmente per le spalle e la fece sedere per terra. Le si inginocchiò davanti e, con calma apparente, le domandò piatto: < Alice, cosa vedi? >
Io mi ero letteralmente irrigidita e cercai di mettermi meglio per poter spiare da oltre il bordo della vasca.
Esme mi trattenne ma io gridai tra le lacrime: < Alice! È la mia bambina? Alice? >
Carlisle copriva la sagoma della mia migliore amica, ma alla fine, la sentii sospirare:
< Ha visto il telefono. Ora ci chiamerà. > a quelle parole, sentii tutti i muscoli del mio corpo rilassarsi contemporaneamente. Risprofondai nell'acqua calda sorretta dalle braccia di Esme.
Dopo neanche un minuto, il telefonino vibrò.
Carlisle lo afferrò all'istante e se lo avvicinò all'orecchio.
< Pronto? > si era intanto portato al mio fianco, seduto sul bordo della vasca.
Sentii chiaramente la voce di Edward, provenire dal piccolo apparecchio.
< Carlisle? Carlisle cosa succede? > era agitato.
< Sta tranquillo. Bella sta partorendo ma va tutto bene. Le si sono rotte le acque circa tre ore e mezza fa. Voi quanto ci metterete ad arrivare? >
Ci furono alcuni istanti di silenzio e poi, con voce roca, Edward bisbigliò:
< La bambina … Elizabeth … è già nata? >
< No, evidentemente, tutte e due ti stanno aspettando. > e nello stesso istante, mi accarezzò i capelli.
< Bella sta bene? >
< Passamelo! > bisbigliai e lui mi porse il telefonino, dopo avermi asciugato la mano con un asciugamano.
Sospirai nell'apparecchio: < Edward? >
< Bella? >
< Tra quanto torni? >
< Sono già sulla strada. > lo sentii bisbigliare velocissimo qualcosa ad Emmett e poi continuò velocissimo: < A che punto sei? Ogni quanto hai le contrazioni? Sei già dilatata? Si vede già la testa? >
< Edward, non sono un medico, non lo so, non lo so! Quindi è inutile che lo chiedi a me. Chiedilo a tuo padre! > E gli passai Carlisle. Parlarono per alcuni minuti, durante i quali Carlisle gli fece un resoconto dettagliato della situazione e, probabilmente su richiesta di Edward, mi sentii il polso. Quando finalmente mi restituì il telefonino, mi disse: < Scusa per prima, solo non mi aspettavo, così presto … non sarei mai dovuto andare … Oddio, sono così agitato. >
Nella mia testa pensai: "Certo cretino. Avresti dovuto andare prima, quando te lo dicevo io." Ma non glie lo avrei certo detto. Si sarebbe sentito in colpa per i prossimi … diciamo cent'anni?
< Ma no, anzi, è proprio un bene invece. Ci sarà tanto di quel sangue … > gli dissi scossa tra un tremito alla sola idea.
< Sì, certo … come ti senti? >
< Edward … come diavolo credi che mi senta? Sto partorendo! >
< Bella, fa dei respiri profondi … sarò da te tra pochissimo. Non ti preoccupare. >
< Mi raccomando. > sussurrai prima che arrivasse un'altra fitta e con essa, un mio grido.
< Cos'hai? > mi chiese terrorizzato.
< Una contrazione. > dissi a denti stretti.
< Ok, ok … sta calma. > dal tono della sua voce, mi parve che stesse cercando di tranquillizzare più sé stesso che me.
< Edward, non preoccuparti, va tutto bene … > dissi. Carlisle mi sorrise, divertito dal fatto che fossi io a rassicurare mio marito. Mi bisbigliò: < è sempre così. Alla fine sono le madri a rassicurare i padri. > sorridemmo entrambi e poi sentii la voce di Emmett nel telefono. Lui ed Edward stavano litigando.
Alice scosse il capo.
< Bella, stiamo arrivando … >
< Ti stiamo aspettiamo per il gran finale. > gli dissi ironica.
< Non dovrete attendere molto. >
Prima che le mie orecchie potessero cogliere alcun suono nuovo, Esme, Alice e Carlisle voltarono il capo verso la finestra che dava sul cortile. Poi, il rombo lontano di un motore.
< Edward? > gli chiesi interrompendo il suo discorso riguardo il calore dell'acqua.
Cercava di tenermi occupata.
< Eccoci. > disse mentre il suono si fece più forte.
Improvvisamente si arrestò e poi sentii una portiera sbattere. Un istante dopo, la porta del soggiorno cigolò e poi si spalancò quella del bagno. Carlisle mi sfilò il cellulare e spense la chiamata. 17 minuti.
Sorrisi ad Edward che corse a lavarsi le mani con del disinfettante. Subito dopo, si inginocchiò vicino a me e mi carezzò le guance.
Gli baciai la fronte e lo abbracciai, bagnandogli la camicia pulita, che sapeva di bucato.
< Bella, Amore … vado su a farmi una doccia. Così poi potrò aiutarti anche io. Non vorrei che tu o la bambina entraste in contatto con del sangue … >
< Sì, non ti preoccupare, non scusarti. Torna presto. >
Mi baciò la mano e poi scomparve, seguito da Carlisle.
Emmett si sporse nel bagno e, dopo avermi vista nella vasca,irò immediatamente il capo e, con voce imbarazzata cercò di scusarsi: < Scusa Bella scusa, non volevo! >scappò in camera.
Esme appoggiò sul mio corpo un asciugamano enorme, lasciando che si inzuppasse completamente, e poi disse:
< Se vuoi, vieni a salutarla … >
Emmett si sporse di nuovo un pochino e, dopo aver controllato che tutto fosse a posto spostando lentamente la mano che si era messo sugli occhi, mi disse:
< Davvero, Bella, mi spiace tantissimo. Se avessi saputo! Ma come potevo pensare che tu …
proprio questa notte …>
Se non fosse che era grande e grosso, sarebbe potuto benissimo sembrare un bambino. Ero certa che se avesse potuto, sarebbe arrossito.
< Beh, fai sempre lo sbruffone … e adesso non vieni a salutare tua sorella che sta facendo nascere tua nipote? >
Alice rise e poi Emmett entrò, lentamente come se ci fosse una bomba. Stava trattenendo il respiro. Nonostante il mio sangue fosse disperso nell'acqua, il suo odore doveva essere molto forte.
Strinsi l'asciugamano al mio corpo, ancora immersa fino al seno.
Emmett mi diede una pacca gentile sulla spalla e poi mi disse:
< Beh, senti … allora … > grande, grosso ed impacciato. Mi faceva persino tenerezza.
< Ehm … vedi di far nascere questa mocciosetta in fretta … eh, auguri, sì insomma, hai capito … >
< Certo Emmett, grazie. >
< Prego. > si fissava le scarpe mentre mi parlava.
< Em. > era la voce di Edward.
< Emmett, è arrabbiato con te? > Gli chiesi preoccupata. Lui scosse le spalle e disse:
< Sai, non ha apprezzato il fatto che gli avessi spento il cellulare di nascosto. In realtà, ero in buona fede. Volevo che si distraesse completamente. Ed è per lo stesso motivo che ho lasciato a casa il mio. Quando se ne è accorto, non ne è stato proprio entusiasta. Se non fosse che gli servivo per guidare mentre era intento a parlarti, sono certo che mi avrebbe staccato la testa. > risi per poi sentire un'altra contrazione, più forte delle precedenti, tanto forte da togliermi il fiato.
Le mie mani corsero al pancione mentre Emmett si allontanava spaventato.
Quando riuscii a parlare di nuovo lo presi in giro: < Ma come, fratellone, ti diverti a cacciare i Grizzlie e poi hai paura di una donna che partorisce? >
Lui non mi rispose e poi Edward entrò nella stanza. Adesso indossava una tuta. Fulminò Emmett con lo sguardo e poi si accovacciò al mio fianco.
< Senti, Bella, io vado … di là … >
< Va bene, Emmett, ci vediamo dopo. >
< Sì, due ragazzine al prezzo di una > scherzò lui prima di sparire in un lampo.
Arrivò anche Carlisle, anche lui si era cambiato ed indossava una tuta.
Esme ed Alice andarono a mettersi dei vestiti più comodi.
< Perché questo assalto al guardaroba? > chiesi preoccupata.
< Sta per cominciare la parte più … diciamo che è meglio avere degli abiti facilmente lavabili. >
< Ah … > fu la mia risposta. A giudicare dalla reazione di Edward, presumo che il mio sguardo fosse carico di terrore. Si chinò su di me e mi abbracciò stretto, accarezzandomi la schiena lentamente. All'orecchio mi sussurrò: < Andrà tutto bene. >
Mi appoggiai a lui e cercai di rilassarmi. L'acqua era ancora caldissima e il contrasto con la pelle gelata di Edward era notevole. Chiusi gli occhi e lasciai che Edward cantasse la mia ninnananna.
Quando, all'ennesima contrazione, emisi un urlo strozzato, sentii Alice dire: < La portiamo in camera adesso? > erano tornate.
< No, è ancora presto. Ne avrà ancora per un bel po'. >
< Cosa? > urlai io. < No! Ma come? >
< Eh sì, sei solo all'inizio. >
< Ma quanto tempo è passato?>
< Circa quattro ore e un quarto.>
< E immagino che più andrà avanti, più farà male … > a quella mia affermazione, Carlisle ammiccò verso il fasciatoio e la siringa luccicò alla luce dell'alba, minacciosa.
Mi strinsi ad Edward e poi venni colpita da un'altra ondata di dolore.
Il grido scivolò dai miei denti serrati. Cominciai a capire mia madre che, quando mi facevo male, mi diceva: "con tutta la fatica che ho fatto  per partorirti, per favore vedi di fare più attenzione"
Cavolo che male. Passò altro tempo, non so quanto.
Ormai le contrazioni si erano fatte sempre più vicine.
Quando ormai passava talmente poco tempo tra una e l'altra che a stento capivo quando il dolore finiva e quando ricominciava, Edward mi prese in braccio ed Esme mi diede un'asciugata veloce. Poco dopo eravamo in camera. Carlisle voleva che la parte finale del parto avesse luogo in un posto asciutto, dove potesse seguirmi ed aiutarmi meglio. Sul letto i cuscini formavano un muro a cui Edward mi fece appoggiare con la schiena. Sotto le ginocchia Alice mi posizionò altri cuscini.
Stare lì, con le gambe divaricate era a dir poco imbarazzante, ma l'imbarazzo svanì nello stesso istante in cui tutto il mio copro fu avvolto da un altro spasmo. Edward era seduto al mio fianco e mi teneva la mano. Il suo braccio libero mi cingeva le spalle. Appena il dolore si fu placato un attimo, mi infilò una larga camicia da notte.
Ogni volta che arrivava il dolore, mi piegavo in avanti.
I miei capelli e il mio corpo erano percorsi da rivoli di sudore.
Senza che neanche me ne fossi resa conto, cominciai ad urlare a tutti polmoni.
Sentii Carlisle dire: < Ok, è in travaglio … >
Appena ripresi fiato, sentii la porta d'ingresso sbattere di colpo. Fissai Edward stupita e lui disse: < Emmett non sopporta le urla. Credo sia scappato. > Alice fissava oltre la finestra suo fratello che andava a prendere una boccata d'aria.
< E così lo avevi visto, Alice … > e lei annui sorridente. Sorrisi anche io, prima di ricominciare ad urlare, all'ennesima contrazione. Con la mano libera strinsi il lenzuolo.
Non feci a tempo a rilassarmi che di nuovo, mi ritrovai ad urlare con il sudore che mi gocciolava dalla fronte. Sentii le lacrime agli angoli degli occhi e non provai neanche a fermarle.
Quando ormai era mattina, Carlisle finalmente disse, in una pausa tra le mie urla:
< Ecco, ora riesco a vedere la testa. > a quelle parole, cercai di respirare più profondamente. Aprii gli occhi bagnati e vidi Esme. Sembrava così emozionata … ed in attesa, con un asciugamano bianco e soffice tra le mani, pronta ad accogliere la mia bambina. Un'ombra di tristezza le velava il viso.
Chiusi immediatamente gli occhi quando mi sembrò che il mio ventre venisse squarciato.
Invece del solito urlo, gridai: < Edward! Primo e ultimo figlio! > Appoggiò le sue labbra sulla mia guancia e non mi rispose. Cercai di guardarlo negli occhi e vidi che erano nerissimi.
< Bella, spingi. > Questo era Carlisle. < Spingi forte quando te lo dico. > Annuii.
< Ora. > e io obbedii urlando. Sentivo il sangue che bagnava le lenzuola. < Ferma … > e mi rilassai, buttandomi contro i cuscini. Troppo presto Carlisle mi disse: < Ancora. > ed io spinsi.
Ogni volta m'irrigidivo per poi rilassarmi.
< Ancora qualche spinta, forte … dai che sta nascendo. Segui il mio respiro. > mi diceva Edward. Provavo l'istinto di tirargli un pugno ma feci come mi diceva.
< AAAAAAAAHHHHHHHH > gridai mentre spingevo con tutta la forza che avevo in corpo. Se ci fosse stata una seconda volta, avrei implorato Carlisle di farmi quella maledettissima puntura.
< Spingi > Mio suocero era calmissimo, mentre Edward mi stringeva convulso la mano.
L'ultima spinta fu accompagnata da un dolore persino più atroce dei precedenti. Uno spasmo terribile.
Quando al mio urlo acutissimo sentii unirsi, dopo quello che mi parve il suono di uno schiaffo, un altro grido, disperato, sentii che il mio cuore perse un battito. Edward, che guardava davanti a noi rapito, si voltò velocissimo ad osservarmi, per assicurarsi che stessi bene. Mi sorrise mentre io piangevo come una scema. L'ombra del dolore era ancora presente nel mio ventre adesso piatto. Ansimavo ancora.
Edward mi tenne seduta mentre Alice toglieva i tanti cuscini da dietro la mia schiena, lasciandone solo uno. Mio marito mi riaccompagnò sdraiata e mi accarezzò il volto. Tenendo gli occhi chiusi, sussurrai:
< La bambina, voglio vederla. > la sentivo urlare. Gridava così forte …
poi, qualcosa di caldo e bagnato venne appoggiato al mio petto, Dopo che Edward mi ebbe slacciato la parte superiore della maglietta, lasciando scoperto il seno. Nonostante la stanchezza, aprii gli occhi e sorrisi quando vidi quella piccola creatura coperta di sangue. Era minuscola. Tutta grinzosa e ricoperta di sangue e di uno strano liquido biancastro. Vidi che le era già stato reciso il cordone ombelicale.
Le appoggiai le mani sul capo e la cullai lentamente, piangente. Lei continuava a gridare, e quel suono mi riempì il cuore di gioia.
Teneva i pugnetti stretti e la boccuccia aperta, ma non sembrava cercare il mio seno. Tremava.
< Ha freddo? > chiesi spaesata. Carlisle l'allontanò da me, togliendola dalle mie braccia ed affidandola ad Esme. Al mio sguardo preoccupato, mi disse: < Tu intanto riposa, io la devo visitare e le dobbiamo fare il bagno. > mi voltai lentamente verso Edward. Gli dissi: < Faglielo tu … > Sapevo quanto ci tenesse. Mi accarezzò la fronte e, dopo un bacio sulle labbra, svanì. Il pianto proveniva ora dal bagno.
Senza che mi rendessi conto di cosa stesse accadendo, Carlisle si avvicinò e, senza preavviso o spiegazione, premette il dito indice sotto l'ombelico.
Gridai. tra due lacrime sfuggite alle mie palpebre, lo fissai sorpresa e adirata.
Lui mi accarezzò e mi disse: < Va tutto bene, semplice controllo di routine. >
Poi, dopo avermi dato un bacio sulla fronte sudata, si diresse in bagno.
Esausta, chiusi gli occhi e, ormai lontana dal dolore del travaglio, mi addormentai, persino troppo stanca per sognare.

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Capitolo 24
*** Post Partum ***


Salve! Come promesso, dopo una non troppo lunga attesa (almeno mi auguro) vi offro questo capitolo 24, aggiungendo alcune note:

1. Dissi (non ricordo quando, ma verso l'inizio) che questa storia sarebbe stata più breve di "Un Respiro Dolce Dolce" ma, naturalmente, mi ritrovo a smentirmi. Eh sì, abbiamo raggiunto quota 24! E presto supereremo questa soglia che inizialmente credevo che non avremmo visto neanche da lontano XD. Questo è dovuto al fatto che, senza mutare la trama originale, mi sono venuti in mente degli sviluppi interni carini! Come tra l'altro il parto (mi pare fosse di Yuyutiamo l'idea …) XD

2. Per il cap precedente, mi sono ampiamente documentata ( e spero di non aver detto cavolate, nel caso, perdono!) leggendo il cap del libro di Biologia, chiedendo a più o meno tutte le donne con figli me soprattutto … rullo di tamburi … ho guardato tanti di quei video su youtube … i titoli erano di solito: My daughter's birth, my son's birth, How to deliver a baby, Giving birth, Kate givin' birth to our child … e simili. In questi video si vedeva proprio tutto. In certi momenti ho davvero analizzato i vantaggi dell'adozione XD Se pensate che questi video, certamente toccanti, sono vietati ai minori di 18 mentre il sesso (e io non sono una moralista) viene servito in tutte le sue colorite forme a tutti gli orari … che poi, il sesso è una cosa tra le più naturali (così come il parto che ne è diretta conseguenza ma non viceversa) ma è il modo in cui viene proposto! Sembra che il mondo sia abitato da ninfomani e assetati di sesso … Comunque, tutto questo per dirvi che per scrivere il cap precedente mi sono addentrata nei meandri della rete (con largo anticipo, fortunatamente, dato che poi i PC mi hanno dichiarato guerra …)

3. La storia del dito premuto sul ventre … lo hanno fatto a mia madre e quando lei ha chiesto a cosa servisse, dopo aver smesso di urlare, il tizio se ne era già andato. Indi, non lo so … sorry … vivremo tutte nel mistero XD c'è un'ostetrica in zona? La frase di Reneé in realtà viene tirata fuori da mia madre ogni volta che ho un incidente (leggi: capita estremamente spesso … come forse avrete notato XD)

Bene, direi che ho parlato anche troppo … quindi, buona lettura (con la speranza di non avervi annoiate a morte!!!) Baci di fine (Noooooo) agosto! Quando tornerò a casa, posterò con più frequenza!!!! Ciao e grazie infinite a tutte,

Cassandra

Bella’s POV

Dormivo.

Dormivo e, per una volta, ero tranquilla e serena.

Era come se fossi caduta in un torpore meraviglioso. Il dolore stava scivolando lentamente lontano da me.

Anche quella tranquillità però ebbe presto fine.

Sentivo delle mani gelate toccarmi. Sentivo dell'acqua tiepida sul mio corpo.

Qualcuno mi stava passando una spugna bagnata sulla pelle.

Mi stavo svegliando ma ci misi qualche secondo per ricordarmi perché le mie mani, scendendo dal petto, non incontrarono la montagna a cui ero abituata. Piatto. Il mio ventre era piatto.

Mi obbligai ad aprire gli occhi e la prima cosa che vidi fu Alice. Le tende erano state tirate e nella stanza era buio.

< Alice? >

< Ciao. Come ti senti? >

I ricordi ritornarono lentamente. Rividi la bambina tra le braccia di Esme, la rividi appoggiata al mio petto.

< Dov'è Elizabeth? > chiesi emozionata dalle mie stesse parole.

< L'esserino è di là. Sta dormendo. >

< Ed Edward? > Le chiesi notando la sua assenza. Anzi, effettivamente, nella stanza c'era solo Alice.

Lei mi guardò con un'espressione strana e poi, sorridendo, mi disse: < sono tutti di là. >

A quelle parole, cercai di alzarmi ma mi resi presto conto che non era una buona idea.

< Quanto è passato? > chiesi spaesata.

< Circa mezz'ora. Edward sta arrivando. > mi disse osservando la porta che, dopo un istante, si aprì.

< Bella, ho sentito che ti eri svegliata. Come stai amore? >

< Bene … e la bambina? >

< Carlisle si sta occupando di lei. > mi rispose rassicurante, solo che io, quando elaborai la sua frase, mi sentii morire.

< C'è qualche problema? > la mia voce tremò.

Edward si chinò a baciarmi la guancia e, stringendomi in un abbraccio leggero, mi sussurrò all'orecchio:

< No. È solo che è leggermente sottopeso. È piccina. La stiamo tenendo in una culla calda. Carlisle l'aveva comprata, sai, per ogni evenienza … >

< Ma è in incubatrice? > chiesi agitata.

< No … è solo una culla normale, ma riscaldata. Per il peso, è convinto che in qualche settimana arriverà a raggiungere quello giusto. >

Annuii e mi strinsi al suo petto.

< Piccina? > chiesi in un sospiro.

< Sì, piccina. > il suo fu un sussurro.

< E pensare che a me sembrava così grande, dentro la mia pancia. >

Rise sommessamente e mi aiutò a mettermi seduta.

< Hai fame? > domandò lui ed io scossi la testa.e la prima cosa che vidi fu Alice. o la montagna a cui ero abituata. ncione. a affianco.

< Posso vederla? >

< Certo … > e dopo avermi avvolta nella coperta, mi prese in braccio.

La bambina era nella sala del piano, insieme a una bilancia per neonati (sembrava quella del supermercato … ) e tutte le cose di Carlisle sparpagliate sul tavolo.

Edward mi fece sedere sul divano, affianco alla culla dentro cui dormiva la mia bambina appena nata.

Mi sporsi per vederla, appoggiata al bordo di ferro e vetro.

Ed era lì, piccola e grinzosa, seminascosta sotto una copertina ricamata da Esme, infilata in un vestitino un po' più grande del necessario.

Ora che la mia mente era abbastanza lucida, mi resi conto che era davvero piccolina.

Dormiva.

< Puoi toccarla, non credo morda … > mi fece Edward ironico.

Guardai Carlisle che annuii e allungai la mano per accarezzare la fronte della bambina.

Al mio tocco, tirò la testa lentamente all'indietro e spalancò la bocca, senza emettere alcun suono.

Ritrassi la mano, preoccupata di averla disturbata. Edward però cominciò ad accarezzarle la schiena sotto la coperta.

Rimasi appoggiata al bordo della culla ad osservarla a lungo.

Non mi sembrava vero.

Quell'esserino che, per tutto quel tempo, era cresciuto dentro di me … Che mi teneva sveglia con i suoi calcetti …

La bambina che mi aveva dato la forza di fuggire dalla mia prigione …

Per quella piccola vita, ero stata pronta a rinunciare alla mia.

L'accarezzai di nuovo e le sussurrai: < Elizabeth? Elizabeth, piccolina … > e lei si girò aderendo di più alla mia mano, come se ne ricercasse il calore umano. Non riuscivo a smettere di fissarla, e non so per quanto rimasi lì, immobile, intenta ad osservare ogni suo singolo respiro.

Quando Esme mi porse dell'acqua, non la rifiutai.

Con ogni probabilità, mi addormentai sul divano, perché, quando Edward mi svegliò, ero sdraiata a letto.

< Bella … Bella? >

< Mh … >

< Bella, Amore, risvegliati. >

Aprii gli occhi e mi ritrovai Edward seduto al mio fianco, con la bambina in braccio.

Era sveglia, ma i suoi occhi erano appena socchiusi. Mi portai a sedere poggiando sui gomiti.

Allungai le braccia e lui me la porse, appoggiandola contro il mio petto.

Elizabeth muoveva la testa, sapevo in cerca di cosa …

Edward mi slacciò la parte superiore della vestaglia e poi mi mise un braccio intorno alle spalle.

Sistemai la bambina sul mio seno, come se fosse la cosa più normale del mondo, e la osservai mentre restava aggrappata al mio corpo, intenta a nutrirsi. Teneva le manine, minuscole, sul mio petto.

Ora che potevo vederla meglio, notai quanto fosse pallida … Era calda, ma non come mi sarei aspettata e la sua pelle liscissima pareva più resistente della mia.

Guardai Edward negli occhi e lui sostenne il mio sguardo. Accarezzandole la testa, mi disse:

< La trasformazione ha mutato il mio DNA … alcune caratteristiche fisiche glie le ho trasmesse.

Ma non credo che ci saranno problemi. È sana … e questo è l'unico mio interesse. >

Rimasi ad osservare Elizabeth a lungo, finché non sentii la presa della sua bocca sul mio capezzolo allentarsi. L'allontanai e me la sistemai meglio tra le braccia, muovendole lentamente, per cullarla.

Lei emise dei piccoli vagiti e dopo un po' sbadigliò, stropicciando i pugnetti.

< Si è addormentata. > mi bisbigliò Edward baciandomi la pelle dietro all'orecchio.

< Posso tenerla ancora un po'? >

< Certo. Ci mancherebbe altro. >

Appoggiata completamente a lui, lasciando che mi riallacciasse il complicato intreccio di nastri della mia vestaglia, gli chiesi:

< Gli altri l'hanno vista? >

< Sì. L'adorano tutti. Volevano venirti a fare gli auguri e i complimenti, ma preferiscono aspettare che tu ti sia riposata. >

< Emmett si è ripreso? > chiesi dopo aver appoggiato le labbra sulla fronte liscia e perfetta di … mia figlia.

< Sì … direi di sì. > disse ridendo e poi aggiunse: < Solo, è contrariato dal fatto che la bimba abbia dormito tutto il tempo. Anche se, effettivamente, adesso sarebbe comunque troppo piccola per poter giocare con lui. Povero Em, Voleva fare il cretino ... >

< Beh, credo che sia normale, per lui. Non penso lo volesse fare … a volte credo proprio che lo sia. >

< Sì, sottoscrivo. >

< Lo hai perdonato? >

< No. >

< Dai, poverino, voleva solo che ti svagassi, senza limitarti a nutrirti. >

< Guarda che non mi disturbavi quando mi chiamavi in lacrime perché ti eri appena svegliata, dopo aver avuto un incubo … Mi faceva piacere poterti esserti d'aiuto. E io, che stupido, pensavo che finalmente ieri notte avessi fatto un bel sogno, che non ti fossi svegliata nel cuore della notte … Mai fui più lontano dalla verità. Se avessi saputo che avresti partorito … se Alice avesse visto … Non mi sarei allontanato dal tuo letto neanche di un millimetro. >

Appoggiandomi al suo petto, voltai il capo per poterlo baciare, lui chinò il capo per venirmi incontro e appoggiò le sue labbra sulle mie. Entrambi tenevamo gli occhi chiusi. Mi girai per poter appoggiare il mio petto contro il suo corpo gelido.

Le sue mani, appoggiate una sulla mia spalla e l'altra alla base della mia schiena, mi strinsero a lui.

La bambina era tra noi, come quando ero incinta.

Il nostro bacio … ehm, appassionato, fu interrotto da una serie di flash accecanti nonostante i miei occhi chiusi.

La mano di Edward arrivò alla mia testa e, contro la mia volontà, mi costrinse ad allontanarmi da lui.

< Alice … > bisbigliò a denti stretti prima di passare a baciare il mio collo.

< Bella, girati verso di me e fa vedere bene la bambina. >

Ed Edward, con un movimento dolce mi aiutò a voltarmi e cinse sia me che Elizabeth con le sue braccia gelide e protettive. Io, dal canto mio, tenevo la bimba stretta al petto. Aveva un profumo buonissimo, come suo padre, e forse, era persino più bella di lui …

Alice continuò a scattare foto per un po'. Me ne fece una splendida in cui io prendevo Elizabeth e le baciavo la guancia. Entrambe tenevamo gli occhi chiusi e il suo vagito mi era arrivato alle orecchie come una canzone. Edward mi teneva per la vita …

Quando finalmente Alice fu soddisfatta, mi abbandonai al petto di Edward ed appoggiai il capo sulla sua spalla. Lui accarezzava sia me che la piccola.

< Charlie e Reneè impazziranno quando vedranno queste foto. > disse tutta entusiasta.

A quelle parole, aprii gli occhi e con stupore mi accorsi che erano colmi di pianto.

Charlie e Reneè … Loro non avrebbero mai visto la mia piccola Elizabeth. Io stessa, non li avrei più rivisti …

E tutto il dolore, la tristezza, l'ansia che, fino a quel momento, ero riuscita a tenere lontano da me,

parvero esplodere all'istante.

Mi sentii persa, sola … nonostante Elizabeth fosse al sicuro tra le mie braccia, ebbi paura di perderla, di averla persa.

Ero letteralmente terrorizzata.

Il mio pianto, da silenzioso divenne un susseguirsi di singhiozzi e singulti.

Sebbene lo volessi, sebbene ci provassi, non riuscivo a fermarmi. Mi pareva mi mancasse l'aria.

Quando mia figlia, svegliata dai miei singhiozzi, cominciò vagire disperata, la strinsi al mio petto, facendola aderire alla mia pelle. Volevo sentire il suo cuore, volevo sentirla come quando era parte di me.

Alice poggiò la macchinetta sulla scrivania e poi si avvicinò a me.

Mi accarezzò la faccia mentre Edward continuava a stringermi e a cullarmi.

Quando però la mia migliore amica cercò di levarmi la mia bambina dalle braccia, cominciai a gridare, con tutto il fiato che avevo in corpo.

Cercai di tenere stretta Elizabeth e mi riparai tra le braccia di mio marito.

Le grida della bambina coprirono le mie parole:

< Lasciala. Lasciala. Non la toccare. >

Continuai a cullare la piccola finché non si calmò, ma i lacrimoni scendevano ancora copiosi sulle mie guance.

Alla fine, sfiancata dal pianto, lasciai che Edward la prendesse tra le sue braccia mentre io, in silenzio mi accoccolai al suo petto. Con un gesto fulmineo, mi coprì con una leggera trapunta e mi strinse a sé. Reggeva Elizabeth con un braccio solo e lei, in silenzio, pareva addormentata.

Quando anche il mio respiro si fu calmato, così come il battito del mio cuore, Edward mi domandò:

< Tutto bene? >

Annuii, troppo stanca per parlare.

Lui mi baciò la fronte e poi, dopo avermi restituito la piccolina, bisbigliò qualcosa ad Alice che nel frattempo si era seduta ai piedi del letto.

< Bella? > mi chiese cauta. Io la fissai e lei, lentamente, continuò:

< Posso prenderla? Per portarla nella sua culla? >

Non risposi. Non volevo separarmi da lei. Se era lontana, mi pareva mi mancasse l'aria per respirare.

< Eh Bella? O preferisci che portiamo di qua la culla? Pensavamo di metterla direttamente nella camera che vi abbiamo preparato al piano di sopra … ma se vuoi, non c'è problema.>

Mi voltai, guardai Edward negli occhi e, con voce stranamente roca, dissi:

< Sì, per favore … falla stare qui. > Alice annuì e dopo poco minuti ritornò nella stanza con quella specie di scatola enorme. La collegarono alla corrente e poi Carlisle, con una cura infinita, mi prese la bambina dalle braccia e la mise sotto le sue copertine.

Dopo, mi controllò e mi sorrise dicendo: < Beh, siete a posto tutte e due. È proprio una bella bimba. >

Io lo guardai: < Ma è così piccola … >

Quando mi accarezzò, capii che lo aveva fatto per rassicurarmi: < Non dovresti preoccuparti di questo. Vedrai che fra qualche settimana sarà perfetta. In fondo, devi tenere presente che la data del parto era prevista molto avanti. È normale che abbia questo peso. >

Annuii e poi domandai: < Posso fare una doccia? > Mi sentivo ancora il sudore addosso, nonostante Alice avesse provveduto a lavarmi accuratamente quando ero troppo stanca anche solo per muovere un dito.

< Se te la senti … >

< Sì, ho proprio voglia di acqua calda. > e mi sfiorai le guance ancora umide di pianto. < Edward, mi accompagneresti … >

< Ma certo > mi rispose lui senza neanche permettermi di terminare la frase.

Ci sorridemmo e in un attimo mi ritrovai in bagno.

Mi abbracciò stretta dicendomi: < Non preoccuparti, è normale sentirsi spossate, tristi. Un parto non è una cosa da tutti i giorni … >

Mi fissò a lungo, squadrandomi come per capire cosa potesse essere stata la causa della mia crisi di poco prima. Passò lentamente le mani lungo il mio collo e le mie braccia per poi andare ad accarezzarmi le labbra con la punta delle dita.

Dopo avermi baciato la guancia seguendo la scia delle lacrime, mi sussurrò: < Niente depressione post-partum, ok? Non sopporterei di vederti depressa … e la bambina ha bisogno di te. Hai passato di peggio, ne converrai anche tu. Se senti di dover sfogarti, non esitare a farlo. Io sarò sempre pronto ad ascoltarti. Non tenerti le tue angosce dentro. Sono sicuro che se me le riveli, troveremo una soluzione, d'accordo? >

Annuii e feci un respiro profondo. < Va bene, basta che tu non mi abbandoni mai … >

< Non potrei … > e poi le mani fredde e discrete di Edward mi liberarono dei miei pochi indumenti e mi accompagnarono delicate nel vano della doccia. Lui si tolse solo la camicia.

< Non entri? >

Scosse la testa e rise del mio sbuffo. Io, che mi sentivo leggermente malferma sulle gambe, appoggiai le mani contro il muro tenendo le braccia tese.

Lasciai che l'acqua, così come le mani di Edward, scorressero sul mio corpo levandomi via il sudore e l'odore insopportabile del sangue. Pian piano percepii tutti i muscoli del mio corpo rilassarsi e quando Edward spense il gettito dell'acqua, mugugnai contrariata: < No, voglio restare qui. >

< Su, non fare la bambina. > mi stava prendendo in giro … < Ora sei una madre … hai delle responsabilità. Non vorrai far morire di fame nostra figlia, mi auguro. >

< Mi voltai e lo fissai perplessa: < Di nuovo? Ma ha appena mangiato … >

< Bella, sai quanto tempo sei rimasta sotto la doccia? Quasi quaranta minuti. Poi, devo calcolare il tempo che ci impiegherai ad asciugarti i capelli … dalla prima poppata a quando sarai pronta, sarà passato il tempo necessario a far sì che abbia fame di nuovo.

I neonati vanno nutriti molto frequentemente. I primi giorni non fanno altro che mangiare e dormire. E poi, pensavo che avresti gradito riposarti un po', prima di darle da mangiare … >

E detto questo, mi trasse a sé e, nonostante fossi nuda e bagnata, mi abbracciò a lungo. Quando cominciai a tremare, mi allontanò quel tanto che bastava per potermi avvolgere in un asciugamano enorme e poi mi cominciò ad asciugare i capelli con il fon. Forse a causa del calore nella stanza, mi si asciugarono molto velocemente. ( o forse persi semplicemente il conto del tempo intenta com'ero a baciare e lasciarmi baciare ovunque l'asciugamano lo permettesse. Lui non mancò di ripetermi quanto fosse buono l'odore della mia pelle umida … )

Quando ormai non avevo più scuse per restare con solo l'asciugamano indosso, mi infilai una lunga camicia da notte con i bottoni davanti e poi chiesi: < Edward, Alice parlava di mettere la culla al piano di sopra … in che senso? >

< Al piano di sopra, ci sono due camere vicine … una per noi e una per la bambina. Lei voleva farti una sorpresa. La nostra stanza attuale, era una soluzione provvisoria per evitarti le scale mentre avevi il pancione. Esme vuole farla diventare la camera dei giochi. >

< Ma a me questa stanza piaceva … >

< Lo so, ma sta sicura che ti innamorerai di quella che ti hanno preparato Esme ed Alice. È davvero molto graziosa, molto luminosa e decisamente più ampia. E poi, per i primi tempi la culla starà nella nostra camera, ma poi la sposteremo in quella adiacente. Vedrai, ti piacerà … >

Mi voltai per osservare la sua espressione ma, prima che potessi rendermene conto, le sue labbra cominciarono a muoversi avide sulle mie. Le sue mani mi afferrarono per il bacino e mi appoggiarono sul mobiletto in cui tenevamo gli asciugamani. Il modo in cui mi baciò era tormentato, voglioso.

Dovetti essere io a separarmi per riprendere fiato. Prendendomi in braccio, senza smettere di baciarmi il volto, mi portò nella nostra camera e mi appoggiò sul letto, sdraiandosi al mio fianco. Edward passò non so quanto tempo ad accarezzarmi e baciarmi i capelli, tendendomi stretta in un abbraccio gentile e dolce, finché poi non mi sussurrò: < Credo che Elizabeth abbia fame … >

Aprii gli occhi e, con ansia, gli chiesi: < Senti i suoi pensieri? >

Lui scosse la tesa e poi aggiunse: < Percepisco il suono delle sue labbra … presumo abbia fame. Tra poco comincerà anche a piangere, credo … ma la mia è un'ipotesi basata sul fatto che ormai sono trascorse più di tre ore dal suo primo e fin'ora unico pasto. Sfortunatamente, non riesco a sentirne i pensieri. Magari è troppo presto per poterli ascoltare. Forse, con il tempo … > ma non mi pareva troppo convinto. Evidentemente, non era il primo neonato con cui entrava in contatto, e con gli altri probabilmente era stato diverso. Dentro di me, mi sentii strana. Per un istante fui dispiaciuta. Gelosa ...
Non ero più l'unica mente celata ad Edward.
Fu solo un attimo ...
Quando sentii che aveva cominciato a piangere, mi alzai subito in piedi. Sentivo il bisogno di andare da lei, di darle il mio calore.

In silenzio andai alla culla.

Elizabeth mi attendeva, gli occhi e la bocca spalancati.
Appena la presi in braccio,smise di piangere e cercò il mio seno.

Per allattarla, mi sedetti sulle ginocchia di Edward ...
Tenendo la bambina stretta a me, la osservai attentamente e mi resi pienamente conto di quanto fosse bella, perfetta. Proprio come Edward.
Teneva gli occhietti chiusi e ciucciava lentamente, al ritmo del mio cuore.I pugnetti serrati intorno alla mia maglietta, come per impedirmi di allontanarla da me.
Mi sentii stupida per aver provato gelosia verso quella piccola creatura, verso mia figlia.
Lei era parte di me. Lo sarebbe stata sempre.

E in quel momento, mi sentii la persona più felice del mondo.
Se solo avessi saputo …

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Capitolo 25
*** Culle, case per le bambole e vestitini. ***


Finalmente, dopo tanto tempo, sono tornata a casa!
Il che significa: Il mio PC, la mia connessione, il mio MSN … (sorvoliamo sui compiti non fatti e i libri coperti di polvere lì sulla scrivania da giugno) => FanFiccy e tanti capitoli nuovi!!!
Insomma, oggi posto questo capitolo scritto in montagna e un altro è già quasi pronto, quindi penso di postare tra 3 o 4 giorni (posterei prima, ma in questi gg non sarò mai a casa … Sorry)
Spero che questo capitolo vi piaccia! Piccolo salto nella mente di Edward per poi tornare, nel prossimo cap, nella testolina di Bella!
Ora vi lascio alla lettura sperando che non vi annoi! Io vado a finire il cap 26! Un bacione a tutte e spero che, questa mia storia, vi renda il rientro più piacevole! Ciao e a presto,
                                                Cassandra

 PS: Le spiegazioni arriveranno nel prossimo cap! Nulla è stato affidato al caso! Ancora un bacio!

 

Edward’s POV

Bella aveva da poco finito di allattare Elizabeth e la teneva ancora tra le braccia quando Esme bussò alla porta.
< Avanti … > disse a bassa voce, dato che la bambina sembrava stesse per addormentarsi.
< Bella … >fece mia madre entrando, seguita dal resto della mia famiglia.
< Finalmente possiamo farti i complimenti per la bambina. > disse Jasper avvicinandosi cautamente a noi. Alice gli teneva la mano.
< Grazie … > disse Bella arrossendo e stringendo di più la bambina a sé. Lei emise un piccolo vagito e con le manine afferrò la camicia di sua madre.
Rimanemmo a parlare a lungo e sia io che Bella fummo investiti da consigli e complimenti in perfetto stile neogenitori, finché mia moglie, davvero stanca, non sbadigliò e si appoggiò a me.

< Forse, sarebbe meglio che vi lasciassimo un po’ in pace … > suggerì Alice.
< No, non preoccupatevi. Non è un problema. >
< Ma no, figurati. Capiamo benissimo che tu sia stanca. Partorire non è una passeggiata. > La voce di Alice era serena.
Non potei però ignorare i pensieri di Rosalie. Provai pena per lei.
Bella, a cui non era sfuggito il fatto che mia sorella le avesse detto poche parole e poi, tenendo a braccetto Emmett, si fosse messa a fissare fuori dalla finestra, sorrise triste ad Alice e, come per scusarsi, aggiunse: < Grazie. Effettivamente sono un po’ stanca … >
E tutti, persino Rose, si erano poi congedati con un abbraccio per lei e un bacio per la bambina.
Quando fummo di nuovo soli, Bella mi baciò lievemente sulle labbra e poi, dopo avermi affidato Elizabeth, si addormentò con la testa poggiata sulle mie ginocchia.
Appena una ventina di minuti dopo però, la bambina cominciò a piangere per attirare la nostra attenzione. Mi sbrigai a cambiarla e poi l’affidai al seno di Bella.

Ora che, sebbene prematuramente, la nostra bambina era nata,  speravo che mia moglie riuscisse a riposarsi, dormire senza avere incubi, ed invece i primi giorni di Elizabeth furono per lei un vero e proprio tour de force.
Era terrorizzata che la bambina restasse sola, o che avesse fame o freddo. Ed effettivamente, Bella era l’unica che potesse soddisfare i bisogni primari della bambina, anche perché su alcuni punti era stata irremovibile. Carlisle aveva cominciato a farle tener da parte del latte, latte che noi avevamo congelato, e, quando la bimba aveva ancora sì e no mezza giornata, le aveva  proposto: < Bella, di notte non preoccuparti, fatti una bella dormita. Alla bambina ci pensiamo noi. Quando le verrà fame, le daremo noi il latte. >
< No, no e no. > La testarda aveva puntato i piedi nonostante io e Carlisle avessimo cercato di farla ragionare.
< Ma Bella, per piacere … guarda che non succede niente. Sono certo che se ti concedi un paio di notti di sonno, poi ti sentirai meglio, più in forze. Le darò il tuo latte, niente di liofilizzato. Te ne stiamo facendo tenere via abbastanza. >
< No, Carlisle. Quello lo conserviamo in caso mi dovesse succedere qualcosa. Finché posso, voglio essere io ad allattarla. E poi, lo hai visto anche tu. Lei vuole me. Le piace il mio odore, il calore della mia pelle … >

E a queste sue affermazioni, Carlisle aveva semplicemente scosso il capo e detto: < Come preferisci. Non mi dai mai retta, e ti dimentichi che sono il tuo dottore, oltre che tuo suocero … ti avviso che Elizabeth ti reclamerò molto spesso. >

Ed infatti ogni tre,massimo quattro ore, per i primi giorni e per le prime notti, Bella prendeva la bambina e l’allattava. Non si allontanava mai troppo da lei, come se fossero legate da un filo invisibile. Ogni volta che la piccola cominciava a piangere, lei si alzava, anche se magari erano le 2 di notte, e la prendeva in braccio. Le dava da mangiare, la cullava, la coccolava, cercava di capire cosa volesse … sembrava che la sua vita fosse quella bambina, la nostra bambina.
Non dormiva quasi più, con Elizabeth sempre tra le braccia.
Spesso si addormentava, con la bambina ancora appoggiata al petto,  sul divano, mentre mi ascoltava suonare e io, facendo attenzione a non svegliare nessuna delle sue, mettevo Elizabeth nella sua culla e poi prendevo Bella e la facevo sdraiare sul nostro letto.
La osservavo dormire. Le sfioravo le occhiaie, il sorriso. Sebbene i primi giorni furono un susseguirsi di pianti e poppate, lei era davvero felice.

Mentre, il secondo giorno,  stavamo facendo il bagnetto ad Elizabeth lei mi disse:
< Sai Edward, è bellissima. > e nei suoi occhi vidi l’adorazione più pura. Senza smettere di carezzarle la pelle bagnata e del colore della luna, aggiunse:
< Esme ha proprio ragione … però, secondo me è tutta suo padre … > e mi guardò con lo stesso sguardo innamorato di sempre.
< Sai, dovremmo fare un regalo ad Esme. È sempre così premurosa con noi … così materna con entrambe, come se fossimo tutte due figlie sue. >
Esme … già, mia madre l’aiutava in tutto dato che Bella non aveva la minima esperienza con i lattanti. Sapevo quanto fosse spiccato il suo senso materno, il suo dolore per il suo bambino, perso ottant’anni addietro. Occuparsi di Bella e della nostra bambina la faceva sentire … realizzata.
Mentre ero immerso in questi pensieri, notai come Bella mi stesse fissando. Le sue mani, bagnate d’acqua calda, mi accarezzavano i capelli.
Io, che avevo le maniche della camicia tirate fin sopra ai gomiti, continuai a tenere e lavare la bambina con le mani mentre con la bocca cercai la sua dopo aver attraversato il suo collo, dove le sue vene pulsavano invitanti e sensuali.

Quattro giorni dopo il parto, trasferimmo tutti gli effetti personali di Bella nella stanza al piano superiore. Lei non aveva ancora visto la camera dato che Alice voleva che fosse una sorpresa. E poi, ripeteva mia sorella, lei ed Esme dovevano occuparsi degli ultimi ritocchi.
Quando, finalmente tutto fu pronto, era ormai pomeriggio, portai Bella al piano di sopra tenendole le mani sugli occhi. Di Elizabeth si stava occupando Esme, al piano di sotto, concedendoci un momento per noi. Strano che Bella non avesse insistito per tenerla con se.
Appena le scostai le mani dal volto, dopo averla portata al centro della stanza, le baciai il collo e le dissi:

< Adesso, puoi aprire gli occhi … > e lei, lentamente, sollevò le palpebre.

Rimase qualche minuto ferma ad osservare, muta.
Per alcuni istanti temetti persino che non le piacesse poi andò dritta al letto e ci salì sopra in maniera alquanto sensuale.
Si sdraiò al centro del letto e poi, accarezzando il copriletto di raso blu con dei disegni dorati e verdi, mi disse: < Beh, questo letto è molto grande … persino più grande di quello di quello al piano di sotto, ed è anche molto comodo. Sai, quante cose si possono fare … > e poi rise della mia faccia finto-scandalizzata. < Edward, tanto lo so che per almeno due mesi … e poi, sinceramente, adesso non me la sentirei neanche. Come dice Esme, devo fare la brava puerpera. > Ed imitò la sua voce.
Sorrisi. Mia madre le diceva in continuazione: < Sei stata una brava gestante e una brava partoriente. Ora, devi essere una brava puerpera. > e tutte le volte Bella la guardava con una faccia ... Fortuna che non leggeva i pensieri di Esme, anche se li intuiva. Mia madre conosceva Bella fin troppo bene …

Bella scostò le tende blu del baldacchino e rimase a fissare ogni particolare: La culla in legno con delle tendine bianche che formavano una specie di tetto color della neve e dei fiocchi lungo i bordi, le tende alla finestra dello stesso colore e disegno del copriletto, la scrivania, il tappeto azzurro scuro, il divano, la cabina armadio e la cassettiera, lo specchio gigante …

Notai che lo fissava con insistenza. Quasi le facesse paura. Con voce entusiasta sussurrò: < La stanza è … è assolutamente straordinaria. > poi si voltò verso di me e continuò con voce stranamente incerta:
< Edward … quello, possiamo toglierlo? > e indicò proprio lo specchio, venendone riflessa.
< Non ti piace? > le chiesi sorpreso. Era davvero un bell’oggetto …
< No, è … bello … ma preferirei non averlo in camera. Magari da qualche altra parte. Nella saletta della televisione … >
Cercava di fare l’indifferente, ma le vedevo uno strano velo negli occhi. Per un istante, la mano le scivolò sul grembo poi si alzò di fretta e disse: < Vado a prendere Elizabeth, così vede la stanza. E poi, voglio vedere anche la sua, anche se, sappilo, ho intenzione di tenermi la bambina in camera con noi il più possibile. E senti, allora, quello lo sposti? > ed indicò ancora lo specchio con la testa. Non mi sfuggii la mano destra sul suo avambraccio sinistro. Non aveva mai voluto spiegarmi la dinamica della sua fuga nei dettagli. Quello che sapevo, lo avevo visto nella mente di Alice, poco prima che accadesse. Ed era solo una parte di ciò che era accaduto. Non sapevo dove si fosse procurata il vetro … anche se ora lo avevo intuito.
Quando avevo cercato di farmelo dire, lei aveva scosso la testa e, con gli occhi velati di lacrime, mi aveva detto: < Non ho intenzione di ricordare. >.
Nonostante il tempo fosse bello e facesse anche relativamente caldo, Bella non indossava più canottierine o magliette a mezze maniche come aveva sempre fatto. Aveva persino obbligato Alice a comprarle magliette e vestiti rigorosamente a maniche lunghe. Sapevo che cercava di non costringermi a vedere …

Appena ebbe varcato la soglia della stanza, afferrai lo specchio e lo portai in camera di Emmett e Rosalie. Lei, che era sdraiata sul divano a leggere una rivista di moda, mi riservò un’occhiata di sufficienza e con la testa indicò il muro. Evidentemente, aveva sentito il nostro discorso.
Tornai in camera che Bella era ancora al piano di sotto. Attesi e, quando entrò tenendo tra le braccia Lizzie, come la chiamava Emmett, io le andai incontro e le misi un braccio intorno al bacino. Con lentezza la guidai al bagno che la nostra camera aveva in comune con quella che sarebbe stata di Elizabeth.
< Alice è sempre la solita … > disse studiando l’arredo del bagno e soffermandosi ad esaminare l’ampiezza della vasca idromassaggio con faccia compiaciuta.
< Alice è Alice … > ribattei io, portandola nella “cameretta”.
< Oddio! Ma è pieno di peluches e bambole e pupazzi e … e quella cos’è??? > chiese portandosi la mano libera alla bocca ed indicando un’enorme casetta di legno completamente arredata e con bamboline annesse.
< Quella? È una casa per le bambole … > le dissi ridendo del suo stupore.
< Quando ero piccola ne desideravo anche io una così! >
< Quella è un regalo di Emmett, così come la culla in legno. Sai, è un bravo falegname … è un passatempo costruttivo. > le dissi carezzandole i capelli.
< Ma è …è fantastica! Certo, ha esagerato. Non voglio che sia viziata. E poi, è ancora così piccola  … >
< E ti dimentichi anche dei vestitini che le hanno comprato o cucito quelle due invasate … Volevano che la piccola avesse un guardaroba completo. Ho provato a spiegare loro che è solo una neonata … ma erano troppo assorte a confezionare abitini formato mignon per darmi ascolto. Di notte, non hanno molto da fare, da un mese a questa parte . Ti sono solidali. Dicono che se tu sei obbligata a non spendere le tue notti con me, loro non le spenderanno con i relativi compagni. Em, Jazz e persino Carlisle non ne sono proprio entusiasti, ma accettano in silenzio. Hanno capito che la solidarietà femminile è molto forte.  Fortuna che Rose non vede i pensieri di Emmett! Sa essere molto fantasioso quando vuole …
Comunque, li hanno stipati tutti li dentro, i loro vestitini. > le precisai indicando un’enorme cassettiera. Entrambi ridemmo e la sua risata mi infuse gioia e serenità.

< Beh, comunque, è davvero carina questa camera, anche se mi dispiace per i tuoi fratelli e per Carlisle. Non è necessario … solo perché noi non possiamo, non è giusto che neanche loro …> mi disse sincera e il suo sorriso mi incantò. < Comunque, mi piace davvero molto questa camera. > e poi andò al lettino con le sbarre di legno, vicino alla finestra. < Sì, è proprio adatta alla nostra bambina … anche se è così … rosa … > e, sfiorando le tende rosa pallido con dei disegni floreali bianchi e oro, tornò verso di me e poggiò il capo sul mio petto. Alzò lo sguardo e ci guardammo così negli occhi. La vidi annegare nei miei.
< Certo, da Alice, ce lo dovevamo aspettare. > mi disse risoluta prima d’imporporarsi.
< Perché sei arrossita? > le domandai notando il colore che stavano prendendo le sue guance.
La mia domanda l’imbarazzò ulteriormente. < Niente … >
< Non ti credo. > e lei, in risposta, mi sorrise maliziosa. Portò Elizabeth in camera nostra, (sentii che l’appoggiava nella culla dopo un bacio) tornò da me e mi prese la mano. Mi condusse in bagno e,  accompagnando le mie mani su di sé tenendomi i polsi, mi disse: < La vasca … è molto spaziosa e sembra molto confortevole. Sai, non credo che sarei riuscita a fare certe cose che facevamo prima nella vasca in cui ho partorito nostra figlia. > man mano che parlava le gote le si imporporavano ed ora era davvero rossa.
Le sfiorai la guancia bollente con il dorso della mano destra, mentre la mia mano sinistra s’infilò sotto la sua maglietta di cotone e l’avvicinò al mio corpo. Rabbrividì quando il mio respiro gelato le sfiorò il collo. Con il naso scesi da dietro il suo orecchio fino alla sua spalla. < Bella, anche se non leggo i tuoi pensieri, il tuo volto parla … così come le tue gote. E dimmi … cosa avevi intenzione di fare … >
Non mi rispose a parole.
Lasciai che il suo calore mi avvolgesse insieme alle sue braccia.

La afferrai per il bacino ed in un istante la stesi sul letto, dopo averla portata in camera. Mi sdraiai di  modo che, ad ogni suo respiro accelerato, il suo petto sfiorasse il mio. Quando ormai avevo già percorso la pelle del suo collo, calda e candida, diverse volte, scesi lungo il solco tra i suoi seni nella sua maglietta e sollevai quest’ultima. L’ultima volta che avevo compiuto questo gesto per baciarle l’ombelico, Bella indossava un’enorme maglietta premaman color pesca e il suo pancione era enorme.
Quando le mie labbra si posarono sul suo ventre piatto e le sue mani accarezzavano i miei capelli, Elizabeth cominciò a piangere a tutti polmoni.
Sorrisi sulla sua pelle quando sentii Bella sospirare scocciata.
< Bella, lasciala piangere … può aspettare dieci minuti … >
< Ma no … Edward, non posso. Devo andare. >
< Non è vero. > e rise, perché le avevo fatto il solletico. Le mie mani corsero velocissime lungo i suoi fianchi, raggiunsero le sue spalle, corsero lungo le sue braccia e incontrarono i suoi polsi sottili. Glieli afferrai con delicatezza e glieli portai oltre la testa. Lei non oppose la minima resistenza, anzi … ora le nostre labbra si sfioravano dolcemente. Le tenevo i polsi in una mano mentre con l’altra le accarezzavo la schiena che s’inarcava ad ogni mio tocco gelato.

Ad un ulteriore, acuto, grido di Elizabeth, Esme bussò alla porta e chiese preoccupata:

< Bella, tesoro … tutto a posto? Elizabeth sta piangendo … posso entrare? >
Al che, il respiro di Bella si bloccò per un istante e poi, rossa come non mai, gridò: < No, non preoccuparti … io … noi … cioè … > e intanto cercava di divincolarsi mentre io non ero intenzionato minimamente a lasciarla andare. < Bella? > chiese di nuovo mia madre.
< Arrivo Esme! >le urlò Bella sgusciando via dalla mia presa.
Cercando di sistemarsi gli abiti, e guardandomi con rimprovero dopo aver visto che le avevo sgualcito un lembo della maglietta nella foga del momento, prese Elizabeth in braccio.
Si slacciò la maglietta e il reggiseno per permetterle di attaccarsi al seno e poi aprì la porta. Le guance in fiamme.
< Esme! > la salutò cercando di darsi una sistemata ai capelli con una mano sola. Mia madre le accarezzò la guancia. Pensò di chiederle se stesse bene, dato il respiro leggermente affannato ma poi mi vide mentre mi lasciavo cadere sul letto con un leggero tonfo. Mi sorrise imbarazzata e ringraziai che stesse guardando un programma di puericultura, con le orecchie impegnate altrove. Gli altri erano tutti in garage …
< Bella … se vuoi, posso occuparmi io della bambina, quando hai finito di allattarla … >
Bella mascherò l’imbarazzo affondando il volto negli ancora pochi capelli rossicci di nostra figlia. Sfregò il suo viso sulla sua nuca e sussurrò: < No, grazie … non è necessario … magari tra un po’ … >
Mia madre le carezzò i capelli e poi le si avvicinò all’orecchio. In un sussurro le disse: < Aspettate un po’ … devi rimetterti dal parto. > se non fosse che le lessi queste parole nei pensieri, non le avrei colte tanto bassa era la sua voce. Bella annuì lentamente ed in leggero imbarazzo.
< Bella, tu resta qui mentre io vado già a prendere la culla calda … intanto, se vuoi, dai un’occchiata al corredo che ti ha preparato Esme. È dentro la cassapanca, sulla destra. >
< Va bene … quando ho finito di allattarla. > e poi si sedette sul letto. La osservai mentre, appoggiata con la schiena alla testiera del letto, accarezzava il capo di Elizabeth, sostenendole il corpo e il capo stesso con un braccio solo. Fissava la bambina mentre quest’ultima, intenta a ciucciare, sbatteva le palpebre e stringeva i pugnetti. Evidentemente Bella si accorse che Elizabeth aveva freddo, perché si alzò, prese la copertina dalla culla di Emmett, e la usò per avvolgerci la bambina. Quando, per coprirla, Bella l’allontanò dal suo seno, Elizabeth mosse la bocca e poi cominciò a piangere.
< No, no, non piangere … > e la riavvicinò al petto. Lei cercò il capezzolo e ci si appoggiò con la bocca spalancata, smettendo immediatamente di vagire. Succhiava lentamente e tranquilla. Gli occhi chiusi.
< Ecco, visto? Non preoccuparti. C’è la tua mamma qui con te … > e le baciò la fronte liscia e candida. Alzò lo sguardo e, vedendomi ancora sulla porta, mi sorrise radiosa.
Tornai indietro per baciarle entrambe e poi andai nella nostra vecchia stanza. Mentre stavo scollegando i fili della corrente, sentii Carlisle dire: < Alice? Alice? Cosa succede? > poi la voce di Jasper: < Alice! Cosa vedi? > Nelle loro menti c’era la confusione e lo stupore più totale.

Senza neanche pensarci, lasciai la culla nel centro della stanza e corsi al garage.

Trovai Alice seduta sul cofano della sua porche. Jasper le teneva le mani nelle sue mentre Carlisle le carezzava la fronte. Gli occhi vitrei di mia sorella fissano il vuoto. Loro non sapevano cosa stesse vedendo, ma io sì. Tutti si voltarono verso di me quando, afferrato primo oggetto a portata di mano,con un grido di rabbia lo scagliai contro il muro, danneggiando quest’ultimo e riducendo in polvere lo sfortunato oggetto, una chiave inglese.
< Edward, cosa succede? Cosa vede? > mi chiese Emmett allarmato. Io, per tutta risposta, mi avvicinai ad Alice e con voce senza tono le chiesi: 
< Quando? Concentrati. Quando? >. In pochi istanti, i suoi occhi rimisero a fuoco lo spazio circostante e lei mi vide. Mi abbracciò con slancio e singhiozzando mi sussurrò: < Mi dispiace! Edward, mi dispiace! >
< Cosa succede? > chiese Rose, prendendo la mano di Emmett. Esme, attirata dalle nostre voci concitate, ci aveva raggiunto e passava una mano sulla schiena di mia sorella. Alice allontanò il capo dal mio petto e, osservandoli da dietro la mia spalla, sussurrò con un tremito: < Li ho visti. Aro ha deciso. Vuole venire a prendere Bella. Ritiene che ormai la situazione si sia calmata e che quindi sia possibile riportarla in Italia, senza destare sospetti. Ha tenuto sotto controllo i notiziari … ha notato che non si parla quasi più del rapimento. Sa che la versione ufficiale è un rapimento a scopo d’estorsione, probabilmente finito male … Questa è la versione data Charlie. È convinto che gli umani la credano morta  … Sta pensando a quando dare l’ordine ai suoi uomini. Vuole anche parlare con noi, spiegarci le sue richieste e offrirci in cambio … non ha ancora deciso cosa … vuole evitare intrusioni a Volterra. Vuole tenerci lontani dall’Italia. Non so come, ha saputo che Bella è ancora umana e non vuole lasciarsela sfuggire. Sa che, rapendola, aveva fatto un grave torto alla nostra famiglia, ma è convinto che la sua autorità gli permetta di fare ciò che desidera. E sa che noi non potremo permetterci di sfidarlo. Che siamo consapevoli che verremmo annientati nel tentativo. È convinto che per noi sarebbe più conveniente consegnarli Bella. Vuole minacciarci, se non acconsentissimo … >
I suoi occhi impauriti incontrarono i miei.
< Alice, cerca di tenere sotto controllo la situazione. Avvisami per qualsiasi cosa. Io vado a preparare le nostre cose. > e uscii velocemente dal garage …

Mentre percorrevo il giardino a passo relativamente lento, con la testa tra le mani, sentii Bella, lontana, trattenere il respiro. Alzai lo sguardo e la vidi, alla finestra della nostra nuova camera. Teneva tra le braccia Elizabeth, avvolta in due copertine, stringendola al petto. Lei appoggiava la sua testolina sulla spalla di sua madre. I nostri occhi s’incrociarono e lessi il terrore sul suo volto cereo. Non poteva aver sentito … eppure, eppure quello sguardo carico di angoscia diceva più di mille parole.
Evidentemente, aveva capito dal mio atteggiamento che qualcosa era successo. La fissai finché non si allontanò dalla finestra. Mi stava venendo incontro. Io la precedetti e le strinsi tra le mie braccia non appena lei, terrorizzata, aprì la porta della nostra camera con una mano sola e con la bimba ancora addormentata tra le braccia.
< Edward, cosa succede? > mi domandò mentre mi accarezzava lo zigomo.
Non riuscii a risponderle, costringendola ad appoggiarsi con il capo alla mia spalle. Inspirai il suo odore e poi le bisbigliai: < Bella, ora vai a stenderti per un po’. Non preoccuparti. Ci occuperemo noi di tutto. >
Si allontanò da me e mi fissò negli occhi. Il color cioccolato veniva oscurato dalle lacrime.
< Alice ha visto qualcosa? > mi chiese con voce atona ed io annuii. Sentii Esme salire le scale per venire da noi. Bella non se ne accorse e continuò: < La bambina? >
E qui invece il suo tono era allarmato. Scossi la testa spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Rimase silenziosa un istante e poi bisbigliò terrorizzata: < Loro? I Volturi? >

Interpretò giustamente il mio silenzio come un assenso e, con un sospiro, chiuse gli occhi prima di accasciarsi a terra. Afferrai istintivamente la bambina, mentre Esme sostenne Bella prima ancora che sfiorasse il pavimento.

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Per il tuo bene ... ***


Caius!!! Ehm, volevo dire … CIAO!!!
Come va? Io, causa rientro imminente a scuola, sono abbastanza giù di corda … la storia però, state tranquille, non ne risentirà! Era già così di suo nel momento in cui l’ho elaborata! (Ah, Giugno, rimembri ancor quel tempo della tua vita mortale quando le vacanze splendevano nel mio cuore ed io lieta e giocosa mi tuffavo dal trampolino?)
Ecco, si insomma … rientro=trauma  
Comunque, grazie a tutte per le splendide recensioni!!! E alle 2 ragazze che hanno appena scoperto questa mia storia dico: Cavoli, ve la siete letta tutta in un sol colpo!!!
Grazie ancora!! (dalla prox volta farò i commenti alla vecchia maniera! In questi gg non ero mai a casa XD! Oggi volevo prepararli ma, terribile dictu (devo fare ancora tutto e dico tutto latino!!! Nuooo), ho scoperto che la Meyer non vuole più continuare Midnight Sun perché qualcuno a cui aveva affidato da leggere i primi cap li ha pubblicati a sua insaputa e lei è furiosa. Spero si ricreda e continui!
Adesso i primi capitoli sono leggibili sul suo sito,il danno ormai era già stato fatto…, insieme ad una sua spiegazione. Consiglio a chiunque sappia l’inglese di leggerli. Sono davvero bellissimi!!!
Speriamo cambi idea e lo pubblichi!!!
Ora vi lascio che devo fare i compiti!!! (si dispera e si strappa i capelli!)
Un bacione e a presto con il prossimo capitolo in cui ci saranno grandi sorprese!
Ciao!!!
PS: non ero per niente convinta di questo cap qui … speriamo in bene!

 

Bella’s POV

Edward ci stava mettendo tanto. Pensavo sarebbe tornato in un istante ed invece …
Mi piaceva stare sola con mia figlia, anche se stare con Edward …
La bambina, con i suoi vagiti, attirò la mia attenzione. Sapevo che era stanca. La vedevo.
La presa della sua bocca sul mio capezzolo si allentava sempre, quando stava per addormentarsi. Sempre tenendola al petto, andai in bagno e presi un asciugamano. Me lo appoggiai alla spalla e spostai Elizabeth, che protestò con un piccolo vagito, di modo che il suo capo poggiasse sul telo.
Camminando per la camera lentamente e canticchiando la ninnananna di Edward, le davo delle lievissime pacchette sulla schiena, aspettando paziente che facesse quel dannatissimo ruttino. Dell’allattamento, quella era la parte che mi annoiava di più.
Intanto, stavo osservando l’interno della cabina armadio, piena di vestiti che non avevo mai visto e consapevole che i miei adorati vecchi abiti erano solo un ricordo. Improvvisamente, sentii un fortissimo schianto provenire dalla piccola casetta al limitare del bosco. Casetta che fungeva da garage. Subito dopo, il grido irato di Edward.

Allarmata andai alla finestra e scostai la pesante tenda blu.

Osservai il giardino alcuni minuti … le mie orecchie umane non riuscirono ad udire nessun altro suono.
Ad un tratto, Edward uscì dal garage. Camminava stranamente a velocità umana. Teneva le mani tra i capelli. Notai Carlisle uscire dalla casetta e poi vidi Alice che, afferrandolo per un braccio, lo tratteneva. Entrambi parevano estremamente turbati.
Sentii il respiro morirmi in gola.

Edward si voltò verso di me. Evidentemente aveva percepito il mutamento del mio respiro.

Mi fissò negli occhi. E mi sentii svenire. Era terrorizzato. E io sapevo che solo due cose avrebbero potuto farlo spaventare a quel modo. O sarebbe accaduto qualcosa a me, o peggio, alla nostra bambina.
Corsi alla porta, per andargli incontro ma lui, quando l’aprii, era già lì. Mi strinse in un abbraccio tormentato. Percepivo la sua ansia dal modo in cui mi accarezzava.
Mi scostai per osservarlo negli occhi, dove lessi solo il terrore.
< Edward, cosa succede? > gli chiesi accarezzandogli lo zigomo.
Non mi rispose. Con le mani, mi costrinse ad appoggiare il capo sulla sua spalla. Inspirò profondamente e con voce falsamente calma e tranquillizzante mi suggerì: < Bella, ora va a stenderti per un po’. Non preoccuparti. Ci occuperemo noi di tutto. >
Cercai di allontanarmi di nuovo da lui. Il sangue mi si era gelato nelle vene.

< Alice ha visto qualcosa? > gli chiesi con voce morta. Quando annuì, mi sentii male.
Sul punto di piangere chiesi: < La bambina? >
Mi sistemò i capelli scuotendo la testa lentamente. Mi fissava negli occhi, quasi volesse scrutare la mia anima, o carpire i miei pensieri.
Se la visione di Alice non riguardava Elizabeth, l’unica cosa che poteva turbare a quel modo Edward …  Non potevo, non volevo pensare a loro. Alla fine mi costrinsi a bisbigliare: 

< Loro? I Volturi? >

Rimase in silenzio, fissandomi con intensità. Avevo ragione.
Erano loro …
Perché non potevamo essere felici? Perché non ce lo concedevano?
Sentii il terreno mancarmi sotto i piedi e la stanza girare intorno a me.
Strinsi la bimba al mio petto ma l’angoscia mi impediva di respirare. Tutto divenne nero.
La mia mente stava respingendo il dolore e la paura, riparandomi nell’effimera illusione dell’oscurità.
In un secondo, non sentii più il mondo intorno a me e caddi nel buio. Sentivo freddo dentro il mio corpo esausto.

Quando mi ripresi, non osavo aprire gli occhi.
C’era qualcosa che non volevo ricordare. Qualcosa che cercavo di reprimere.
Nonostante fossi sotto delle pesanti coperte, avevo freddo.
A risvegliarmi dal torpore, i vagiti di mia figlia.
Aprii lentamente gli occhi e vidi intorno a me l’oscurità. Ero immobile. Volevo alzarmi. Volevo andare da lei. Stringerla a me … ma non ne avevo la forza.
< Su, non fare così … non fare così … > era la voce di Edward. Stava mormorando una ninnananna.
Mi voltai verso il punto da cui sentivo arrivare la sua voce. Pian piano i miei occhi si abituarono all’oscurità. Edward teneva in braccio nostra figlia e la cullava dolcemente. Le stava dando da mangiare con il biberon.

Carlisle era seduto al mio fianco.
Quando incontrai i suoi occhi, la consapevolezza mi investì, facendomi girare la testa.
Avevo la nausea.
< Bella? > era la voce calma di mio suocero. Mi stava accarezzando la fronte e le spalle.
< Bella, come ti senti? >
Edward si era avvicinato ed ora era ai piedi del letto. Teneva ancora tra le braccia la bambina. Mi osservava attentamente.
< Bella, amore … > mi sussurrò con dolcezza, passando la bimba ad Alice. Si sedette vicino a suo padre e mi prese la mano. < Bella, come ti  senti? >
A fatica, ritrovai la voce. Mi uscì rauca e bassa. < Edward. Edward come faremo? >stavo per piangere.
Si chinò su di me e appoggiò le sue mani sulle mie. Il freddo della sua pelle era un sollievo.
< Stai calma. Non preoccuparti. >
Tremavo scossa dai singhiozzi.
< Shh shh … non fare così. > Mi portai a sedere e lo abbracciai il più stretto possibile. Lui ricambiò cullandomi avanti ed indietro. Le sue mani sulla mia schiena.
< Edward … > e sollevai lo sguardo per fissarlo negli occhi. Lui mi accarezzò la guancia sorridente e Carlisle mi porse un bicchiere colmo d’acqua fresca. Lo afferrai con mani tremanti e bevvi. Mi accorsi, mentre l’acqua mi rinfrescava la gola, di quanto avessi sete.
< Come ti senti? > mi domandò Carlisle. < Spossata. > risposi appoggiandomi a mio marito.
< Hai qualche linea di febbre. Causata dallo stress. Devi riposarti. >
Rimasi tra le braccia di Edward per non so quanto. Riuscii a tranquillizzarmi. Edward mi baciò le mani e la fronte sussurrando il mio nome. Con lui vicino, tutto appariva meno
terribile.

Mi voltai verso Carlisle e lo fissai. < Dov’è la bambina? > chiesi avendo notato che Elizabeth non era più nella camera.

< Lizze è con Alice ed Esme. Si stanno occupando di lei. Non devi assolutamente preoccuparti per la piccola. >
< Voglio vederla. Voglio la mia bambina! >
Carlisle mi accarezzò la guancia e mi disse: < Va bene. Alice, vieni e porta Elizabeth … > disse senza cambiare tono di voce. Sicuramente lei lo aveva sentito. Poco dopo, la porta del bagno si aprì ed entrò Alice. Venivano dalla cameretta. Elizabeth era sveglia. Protesi le braccia verso di lei e Alice me la porse. Era tutta infagottata dentro una tutina ed avvolta in un paio di copertine.
< Sai, noi siamo fredde per lei … > mi disse come per scusarsi.
< Edward … prima, le stavi dando da mangiare? >
< Sì, sei rimasta incosciente per quasi cinque ore. Sei molto stanca e lei aveva fame. > Annuii e strinsi Elizabeth al mio petto. Le diedi un bacio sulla fronte e poi chiesi ad Edward: < Ora cosa faremo. Cos’è successo? >
Tutto era molto confuso nei miei ricordi.
< Bella … > mi fece Carlisle appoggiando la sua mano sulla mia. < Bella, Aro vuole venire a parlare con noi. Vuole la tua capacità. > Lo guardai terrorizzata. Edward mi accarezzò la guancia e poi Carlisle continuò: < Non preoccuparti. Non gli permetteremo di avvicinarsi a te. Stiamo già organizzando un piano ed Aro, tra l’altro, non ha ancora dato nessun ordine. Ne ha parlato solo con uno dei suoi ... uno della sua guardia. >
Deglutii a fatica. Mi girava la testa. Vedevo il sotterraneo, il letto a baldacchino, vedevo loro … vedevo Aro. Mi accorsi del mio respiro affannato. Stavo andando in iperventilazione. Edward si chinò a baciarmi a destra delle mie labbra, a soli pochi centimetri dalla mia bocca. Sentii il suo respiro dolce e fresco nella mia bocca. Mi cinse le spalle  e appoggiò le sue labbra sul mio orecchio.
Cercando di tranquillizzarmi, rantolai: < Chi? Chi è? >
Mi rispose Alice.

< Alec. >

Non sapevo se esserne felice o disperata. Chissà cosa aveva pensato Alec, l’unico che mi fosse stato amico, dopo la mia fuga? E la mia rocambolesca evasione gli aveva causato dei problemi? Lo avevano punito? Era adirato con me?

Mi portai una mano al capo e sentii che il mio volto era bagnato di lacrime.
< Bella, cosa puoi dirci di lui? > mi domandò Carlisle.
< Lui … lui mi conosce bene. Sa bene che io non volevo. Lui … era gentile con me. Mi voleva bene. Era premuroso. > la mia voce tremava.
< Bella … devi essere sincera. Ci può aiutare qualsiasi cosa. Devi dirci tutto! Non preoccuparti delle nostre reazioni. > Edward mi aveva stretto dolcemente un braccio intorno al bacino mentre mi diceva queste cose.
Io raccontai loro i miei ricordi, le impressioni, gli avvenimenti, le attenzioni che Alec mi riservava.
Loro mi ascoltavano attenti e neutri. Edward però teneva il pugno serrato.
Quando ebbi raccontato di come Alec mi trattò quando rinvenni, all’ospedale, Edward passò leggero un dito lungo la mia guancia. Con voce addolorata, mi chiese: < C’è stato qualcosa, tra voi? Non preoccuparti, non mi arrabbierò. Solo, potrebbe esserci molto utile sapere cose come questa. Per salvarti, dobbiamo capire chi dobbiamo fronteggiare, chi dobbiamo ingannare … > Lo sentii sussurrarw qualcosa a Carlisle a voce così bassa che a stento ne percepi il suono. Un sussurro. Distinsi solo la parola "Stoccolma"
Alzai lo sguardo e lo fissai. < Edward, come puoi pensare … io non potrei mai tradirti. Alec mi ha aiutata. Mi è stato amico. Si preoccupava per me. È grazie a lui se sono qui. Probabilmente se non ci fosse stato lui, non sarei riuscita a fuggire. Avrebbero scoperto che ero incinta. Mi avrebbero tolto mia figlia. L’avrebbero uccisa prima che potesse vivere. Sarei certamente morta anche io. Gli devo tutto. > mentre parlavo mi si stringeva il cuore. Probabilmente lui ora mi odiava.
Mi avrebbe consegnata ad Aro? E cosa avrebbero fatto ad Elizabeth? Per salvarla, ero disposta ad andare io stessa in Italia. Non mi importava. Per lei, avrei fatto tutto ciò che avrei potuto.
Edward mi prese la bambina e la cullò.
< Isabella. > mi disse senza smettere di coccolare nostra figlia < Non sappiamo cosa succederà, ma io ti giuro, andrà tutto bene. >
< Bella … > spostai lo sguardo su Carlisle. < Bella, abbiamo analizzato le varie possibilità. La cosa migliore sarebbe impedirgli di attuare il suo piano. > lo fissai senza capire e lui continuò: < Sappiamo che abbiamo tempo una settimana. Alice ha visto chiaramente la data. Se ti trasformiamo, Aro non potrà pretendere niente. Provvederemo a tenere Elizabeth al sicuro. >
A quelle parole, sentii il mondo crollarmi addosso.
< No … no … > balbettai afferrando le mani di mio marito. < Edward, diglielo! Diglielo che non possiamo. La bambina ha bisogno di me. > e poi, a causa della sete, chissà per quanto non avrei più potuto neanche vederla. Per il primo anno, sarei stata incontrollabile … e poi, dai racconti degli altri, sapevo che la sete era fortissima e totalizzante. Per anni non avrei potuto entrare in contatto con gli umani. Elizabeth avrebbe dovuto crescere senza di me. Non volevo. Negli ultimi periodi, avevo pensato spesso alla mia trasformazione. Anche se avessi lasciato trascorrere qualche anno, non mi importava. Avevo già compiuto 19 anni. Potevo arrivare ai 23, 24. Volevo essere una madre. Volevo che mia figlia avesse il mio amore, così piccola ed indifesa. Quando sarebbe stata più grande … quando avrebbe potuto capire … allora avrei affrontato la trasformazione.
< Bella, alla bambina non mancherà niente. Io mi occuperò di te, mentre Esme si prenderà cura di nostra figlia. > < No! È mia figlia. È mia! > piangevo.
Le mie grida la svegliarono e io la presi dalle braccia di Edward. Lui non voleva lasciarmela ma io, facendomi male contro il suo corpo di pietra, la strinsi a me. Cominciai ad ondeggiare avanti ed indietro lentamente mentre i lacrimoni scendevano copiosi lungo le mie guance.
< Edward, ti prego. Non portarmela via. Fammi essere madre. Non posso lasciarla. È mia figlia. > lo stavo implorando, sovrastando le grida della bambina. Lui non mi rispose, osservandomi triste.
Carlisle mi accarezzò il capo e poi mi disse: < Io vado … vi lascio un po’ soli. Bella, in qualunque caso, riposati. Stai male. Cerca di stare tranquilla. >

Si alzò ed insieme ad Alice, che era rimasta in piedi contro il muro in silenzio fino a quel momento, uscì.
< Bella, adesso dormi. > mi pregò Edward. La sua voce era tormentata.
Mi aiutò, tenendo contemporaneamente la bambina, a sistemarmi sotto le coperte e poi si sdraiò vicino a me. Aveva poggiato Elizabeth sul mio petto. Lei aveva smesso di piangere. Entrambi la stavamo accarezzando.
< Bella … sei sempre stata tu a voler essere trasformata, ed io mi opponevo … ma ora, ascoltami. Se ti trasformassimo, per te sarebbe infinitamente più sicuro. Dico sul serio. >
< Edward. > la mia voce ferma gli fece alzare lo sguardo. Ci fissavamo negli occhi. < Io non voglio. >
Mi sfiorò lentamente la guancia con la punta del dito indice e poi appoggiò il capo sulla mia pancia. Rimanemmo in silenzio. In quell’oscurità, mi addormentai di nuovo. Mi accorsi di Edward, che metteva la bambina nella culla, che mi baciava la pelle con le sue labbra gelate.
Quando mi risvegliai, la mattina dopo, avevo una gran fame. Non avevo cenato.
Mi portai a sedere e mi strofinai gli occhi. La stanza era scura ma un raggio di luce filtrava da dietro la tenda. Mi alzai e la scostai,venendo investita dalla luce del mattino. Ero sola nella stanza.
Dopo essere stata in bagno, scesi lentamente le scale. In cucina mi stavano aspettando. Tutti erano tesi. Esme stava prendendo il latte per Elizabeth, che riposava tra le braccia di Alice.
< Esme, non occorre. Me ne occupo io … > e così dicendo mi avvicinai a mia sorella che mi porse mia figlia.
Mi sedetti sulla panca e mi slacciai la maglietta. Elizabeth si appoggiò subito al mio seno e cominciò a poppare. Mi lasciai sfuggire un gemito. La sua presa forte mi aveva lasciato il seno indolenzito.
Con il pollice l’accarezzai vicino alla bocca. Lei protese le mani verso il mio collo e le chiuse intorno alle mie dita. Le baciai la testolina rotonda e poi alzai lo sguardo, sentendomi osservata.
Ed in effetti, tutti stavano guardando me. Esme mi chiese: < Hai fame,tesoro? Ti preparo la colazione? >
Io annuii e lei si mise subito al lavoro.
Feci un respiro profondo e, cercando di tenere la voce ferma, dissi: < Allora, qual è il piano? >
Edward si sedette vicino a me e mi accarezzò i capelli. < Come ti senti? > mi chiese premuroso.
< Meglio. > < Ti è andata via la febbre. Questo è un bene. Vedrai che con un po’ di tranquillità, starai benissimo. > mi sorrise triste e mi sistemò una ciocca ribelle dietro l’orecchio.

Stava evitando l’argomento …

< Edward, ti prego, dimmi cosa faremo. >
< Bella, senti, abbiamo parlato a lungo. So che non ti piacerà come soluzione, ma è l’unica possibile. > Lo fissai confusa e lui proseguì: < Demetri saprebbe ritrovare me ed Alice ed anche Carlisle. Tu sei immune al suo potere. Ti faremo andare via, insieme a Jasper ed Emmett. Ti proteggeranno loro. Esme ti aiuterà ad occuparti di nostra figlia. Appena sarà sicuro per te, vi raggiungerò. >
Abbassai lo sguardo.  Sapevo che questa soluzione non piaceva neanche a lui. Tutto per permettere al mio cuore di battere. In quel momento, provavo tanta rabbia. Per colpa loro, la mia famiglia veniva sventrata, separata. Io volevo stare con Edward. Volevo che lui stesse con noi.
Lui mi distolse dai miei pensieri con una carezza. < Bella, abbiamo chiamato i tuoi genitori. Abbiamo detto loro di Elizabeth. Volevano parlarti ma abbiamo spiegato loro che non era possibile. Sanno che per un po’ sarai lontana. Hanno visto le foto. Sono davvero … incantati. Scusa se non abbiamo atteso che ti risvegliassi ma ci siamo dovuti organizzare in fretta. Non potevamo permetterci di tralasciare niente. > il suo tono era calmo e io sapevo che cercava di farmi pesare il meno possibile la situazione. Come se tutto fosse normale …
< Vuoi chiamarli per rassicurarli? >
< Non lo so. Sinceramente, ho paura … >
Si avvicinò e mi poggiò la sua mano sulla mia. < Sì, capisco. È normale … Loro sanno che stai bene e che adesso ci sarà un momento … difficile. Sono dispiaciuti di non poter vedere te e la bambina, ma sanno che è per la sicurezza di tutti. Ho promesso che li avresti richiamati non appena possibile. Nel frattempo, io li terrò informati. >
< Sanno che ci dobbiamo separare? >
< Sì. Ma non preoccuparti. Troveremo il modo di farti parlare con loro evitando il rischio di venir rintracciati. 
Ci vorrà un po’ di tempo, ma riusciranno a farti gli auguri di persona. > Sorrideva.
Annuii poco convinta. Quella situazione mi faceva venire l’ansia.
< Quando partirò? >
< Domani … Abbiamo già individuato un buon posto dove nasconderti … O meglio, lo hanno trovato Em e Jaz. Io non so dove si trovi. È per tenerti al sicuro. Se Aro intervenisse di persona, non potrei impedirgli di frugare nei miei pensieri. Una precauzione in più. >
Tremai al pensiero che Aro incontrasse Edward. Se fosse successo, avrebbe significato che mio marito e tutti gli altri sarebbero stati in pericolo …
< Ti abbiamo già preparato tutto quello che ti serve. Jasper si procurerà degli altri documenti per voi. > e mi sorrise complice. Sembrava tranquillo. Notai però come le sue dita scorressero troppo ansiose sulla pelle del mio volto.
Elizabeth aveva finalmente finito di poppare e così mi sistemai il vestito per poi darle delle lievi pacchette sulla schiena. Notai lo sguardo di Rosalie ed abbassai gli occhi. Mi sentivo in colpa. Non solo io avevo avuto ciò che a lei sarebbe stato sempre negato, la gioia di essere madre, ma oltretutto, per questo lei era costretta a separarsi dal suo Emmett, ed era solo causa mia.

In silenzio mi alzai e andai a chiudermi in camera. Mi era passata la fame.  Lasciai la bimba nella culla e poi mi buttai sul letto, piangendo accovacciata tra i cuscini. Tenevo le braccia intorno alle gambe. Non rimasi sola a lungo. Edward bussò alla porta e mi chiese di entrare. Io farfugliai un sì e lui entrò. Senza dire niente, si sdraiò sul letto e fece combaciare la mia schiena con il suo petto. Giocava con i miei capelli … mi voltai di scatto e appoggiai le mie labbra sulle sue. Le mie mani si aggrapparono alla sua schiena e lui, un po’ sorpreso, socchiuse la bocca e accompagnò i movimenti della mia. Chissà per quanto tempo non avremmo più potuto stare insieme … e se gli fosse successo qualcosa? A quel pensiero, incrociai le mie gambe alle sue mentre le mie lacrime bagnavano il suo volto e la sua maglietta. < Ti amo! > gli ansimai quando, dopo essermi allontanata di pochi millimetri dalle sue labbra, ebbi respirato il suo odore fresco. 
< Anche io, anche io ti amo. > furono le sue parole, prima che cominciasse a mordere per finta il mio labbro inferiore. Mi accarezzava dolcemente,senza mai posare le mani sul seno. Era così strano. Il suo tocco era disperato. < Ci rivedremo presto … > mi sospirò sulla pelle. < Te lo prometto … > A quelle parole nascosi il volto nell’incavo del suo collo.

Mentre rimanevamo abbracciati, nel silenzio dei nostri respiri e del mio cuore, lo sentii irrigidirsi, farsi pietra. Allarmata alzai il capo finché i nostri occhi non si incontrarono. I suoi erano persi dove io non potevo vedere. Con grazia, sciolse il nostro abbraccio e si alzò di scatto. Nello stesso istante, dal piano di sotto, la voce di Jasper chiamava Alice. Edward si precipitò in un attimo fuori dalla stanza sussurrandomi: < Tu resta qui. > i miei capelli si mossero a causa dello spostamento d’aria.
Mi alzai velocemente e mi sporsi oltre la porta. Andai fino alle scale ma non osavo scendere …
Da sotto arrivavano solo dei sussurri velocissimi. Le ginocchia mi tremavano e mi accasciai a terra.

Le mie mani erano ancora strette intorno alle sbarre in legno della ringhiera quando Edward comparve magicamente alla mie spalle. Mi rimise in piedi e, tenendomi per mano, mi portò in cucina. Terrorizzata osservai ad uno ad uno i volti imperscrutabili della mia famiglia.

Edward si sedette e mi fece accomodare sulle sue gambe. Le sue braccia strette intorno alla mia vita. La sua mano che mi accarezzava il volto.
Fu Carlisle a parlare: < Bella, c’è stato un cambiamento … >
Sembrava sorpreso. Sconcertato.  Preoccupato ...

Deglutii e lo fissai, facendomi piccola piccola tra le braccia di Edward.
Con la coda dell'occhio, intravidi Esme uscire dalla stanza ed andare al piano di sopra, da Elizabeth.
Quando Carlisle cominciò a parlare, i trattenni il fiato … 

Avevo paura di quello che avrebbe potuto dirmi.

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Capitolo 27
*** Ninnananna ***


Salve a tutte! Scusate la lunga attesa ma ho scoperto che devo riassumere paragrafo per paragrafo 150 pagg di storia!!!
Ho avuto un po’ da fare… ed inoltre, questo cap è stato estremamente difficile da scrivere! Un calvario! Qui la storia prende una svolta molto pesante …
Segue la trama originale. Avevo pensato di cambiarla in seguito all’uscita di BD, ma poi ho pensato: non importa. Io l’avevo pensata in questo modo questa storia. Voglio seguire la linea originale anche se un po’ assurda… Spero vi piaccia!
E spero di aggiornare presto anche se, con la scuola che incombe (inizia l'otto)…  e poi, la storia si farà complicata e devo cercare di non fare casini!
Un bacio a tutte, che siete assolutamente fantastiche!!!
E un bacio enorme a tutte le 172 ragazze che hanno inserito la mia storia tra i preferiti! Mi state tenendo su il morale!!! E poi, le vostre recensioni sono sempre bellissime! Pensate che, ad un certo punto mi ero demoralizzata e volevo interrompere la storia facendola finire un po’ prima di quanto avessi previsto. Poi però leggendo le rec mi sono detta: Questa storia doveva essere fatta in quel modo. Non posso modificarla ora. E quindi, eccomi qui. Non manca molto alla fine, ma vi assillerò ancora per un po’ XD!!!
Un bacio gigante a tutte!!!
PS: scusate se questo cap è un po’ così… ho fatto parecchia fatica a scriverlo e soprattutto, ci ho impiegato diversi giorni causa impegni esterni … io di solito scrivo tutto di getto. Un capitolo alla volta. Spero di non aver fatto un casino.
Ciao e a prestissimo,
PPS: Consiglio di dare un'occhiata al cap 11... non si sa mai XD                                                                      Cassandra!

Bella’s POV 

Edward rimaneva immobile mentre Carlisle parlava.
Io invece tremavo come una foglia.

< Bella … non partirete domani. > Mentre mi diceva così, mi osservava cercando d'interpretare le mie emozioni.
< E … perché? > domandai non sapendo se fosse una buona o una cattiva notizia. Fortuna che non avevo mangiato dato che il mio stomaco faceva le capriole.
< Le circostanze sono … mutate. Dovremo cambiare i nostri programmi. >
Edward mi strinse di più a sé.
< Cos'è successo? > chiesi intontita.
In quello stesso momento, Alice si perse con lo sguardo nel vuoto. Sentii Edward girarsi verso di lei. Tutti la fissavano. Jasper le prese le mani senza dirle niente. Il silenzio mi stava schiacciando l'anima.

Quando, senza preavviso,Alice batté le palpebre e i suoi occhi rimisero a fuoco la stanza Edward sospirò. Vidi il suo corpo rilassarsi e lei si abbandonò alle braccia di Jasper.

< Edward? Cos'ha visto? > chiese suo padre.
< Non .. è troppo confuso. > fu la sua risposta. Mi voltai per osservarlo in volto e vidi un misto di paura e frustrazione …
< Edward, ma cosa significa? > era stata Alice adesso a parlare. Non le rispose.
< Cosa facciamo? > Domandai spaesata. Perché non sarei partita? Cosa era cambiato?
Invece che fornirmi una spiegazione, Edward mi fece scendere dalle sue ginocchia e mi prese per mano. Mi portò in salotto praticamente trascinandomi. Io voltai la testa verso la cucina cercando di capire qualcosa dalle espressioni degli altri.
Inutile.
Edward mi fece sedere sul divano e si inginocchiò davanti a me. Mi prese le mani nelle sue, che appoggiò sulle mie gambe. Mi fissava negli occhi.
< Bella, ci siamo solo tu ed io. Gli altri sono usciti … prima ho chiesto loro di lasciarci un po' soli … rimarranno vicini in caso di necessità. Esme è di sopra con la bambina, ma è occupata e non presterà ascolto ai nostri discorsi. Così possiamo parlare liberamente, solo tu ed io. Così potrai sentirti libera di dirmi tutto. > L'ansia che cercava di mascherare mi terrorizzava.

< Bella, ho bisogno che tu mi dica cosa è accaduto a Volterra. Devi essere precisa. So che è difficile, doloroso … ma devi farlo. Devi dirmi cosa è successo. Ogni cosa. Voglio sapere cosa realmente c'è stato tra te e Alec. Non mi arrabbierò, te lo giuro, ma ti prego dimmi ogni cosa. Non importa quanto brutta o dolorosa. Non importa se pensi che possa ferirmi … non succederà. > Mi fissava con intensità, convinto delle sue parole.  Racimolai tutta la mia pazienza, duramente messa alla prova negli ultimi giorni, e con tutta la calma che mi era possibile, gli dissi: < Edward, non è successo niente. Te l'ho già detto. Non c'è mai stato niente fra me e Alec. Lui voleva proteggermi. Tutto qui. > Nei suoi occhi vidi che non mi credeva.
Sentivo la rabbia salire dentro di me. In quei giorni avevo cercato, senza troppi risultati, di reprime tutto, ogni sentimento . Mi sentivo oppressa dalle mie emozioni.
Con voce alterata gli dissi: < Se non mi credi sono affari tuoi. Fidati, se vuoi. Se non vuoi, non mi importa! > feci per alzarmi ma lui me lo impedì. Immobile, mi bloccava le braccia nella sua stretta marmorea.

< Bella, non dubito delle tue parole ma davvero, magari lui ha interpretato male qualche suo atteggiamento … > In quel momento sentii lacrime amare scendere dalle mie guance. Non sapevo se fosse rabbia o dolore …
< Edward! Ma cosa credi?!! Ero prigioniera, in un sotterraneo! Non c'erano finestre, non c'era luce! Non potevo uscire, non potevo parlarti, leggere le tue lettere! Ero sola! Sola! Per due mesi rinchiusa sottoterra! Ma tu lo sai cos'ho passato? Perché secondo te non ne voglio mai parlare? È stato … è stato atroce! Persino peggio di quando te ne sei andato, di quando mi hai lasciata! In quei mesi almeno pensavo che tu potessi essere felice! Là sotto invece … era tutto così buio! Sapevo che tu mi stavi aspettando. Ero disperata. Non sapevo come fare! Ero convinta che non sarei mai tornata a casa … e quando ho scoperto di essere incinta … ? Per tutto il tempo non ho fatto altro che cercare un modo per poter tornare da te e per poter tenerti lontano dal pericolo. E tu, tu credi che io avrei potuto mai tradirti? In quelle condizioni poi?! > Stavo sia gridando che piangendo. Una risata isterica scivolò insieme alle mie lacrime. Con uno scatto, mi portai in piedi. Lui continuava a tenermi le mani.

Il suo volto era una maschera di dolore. Tenendomi per i polsi con una mano sola, mi strinse a sé con dolcezza. Appoggiata al suo petto, continuai a piangere per sfogarmi.
Mi lasciai accarezzare, raggiunta dalla mia canzone sussurrata da Edward.

Appena fu riuscito a tranquillizzarmi, mi disse: < Non intendevo questo … Io, davvero, sono addolorato per ciò che ti è accaduto. Per ciò che ci è accaduto. Credimi, io per te vorrei il meglio. Vorrei che tu potessi avere tutto ciò che desideri. Vorrei vederti felice e serena. Vorrei darti tutto ciò che vuoi. Ed invece … tutto ci è contro. Però Bella, devi assolutamente dirmi ogni minimo particolare. Mi dispiace farti rivivere l'ansia di quei mesi. Non era la tua fedeltà che mettevo in dubbio … ma dati gli ultimi sviluppi, deve essere successo qualcosa in Italia … qualcosa a cui tu forse non hai dato peso, ma che ha avuto una grande conseguenza. >

Non capivo cosa cercasse di dirmi, a cosa si riferisse.

Con lentezza, mi rimisi seduta e lui fece lo stesso. Mi baciò il palmo della mano e mi fece scivolare sulle sue ginocchia, come fossi una bambina. Lasciai che le sue braccia mi avvolgessero e, poggiata al suo petto, inspirai profondamente. < Racconta … sta tranquilla e cerca di non tralasciare niente. >

E così, per la seconda volta nell'arco di poche ore, mi ritrovai a descrivere ciò che, per tutti quei mesi mi ero tenuta dentro. Talvolta Edward mi interrompeva e mi chiedeva di ripetere le ultime frasi. Sembrava cercasse di capire qualcosa, qualcosa che sfuggiva persino a lui. Spesso mi accarezzava i capelli, mi stringeva la mano. Mentre parlavo, si abbassava a baciarmi la guancia. Un paio di volte, quando avevo sentito le lacrime formarsi agli angoli degli occhi, lui mi aveva spostato sul divano e, dopo essere stato in cucina, mi aveva portato una tisana o dell'acqua … Mi teneva stretta a lui. Mi faceva sentire al sicuro. Quando arrivai a raccontare del momento in cui fuggii dall'ospedale alzai lo sguardo e vidi il suo. Soffriva del mio dolore. < Va bene, basta così … da qui in poi, non può essere successo niente. > mi sospirò in un orecchio.

< Edward, ora vuoi dirmi cosa sta succedendo?Perchè non devo più partire? Non mi voglio separare da te, ma se è per tenere al sicuro Elizabeth, sono disposta ad andare in capo al mondo. >
Lui mi osservò triste e mi disse: < Ancora non sappiamo cosa succederà con esattezza. È troppo indistinto … molte decisioni sono ancora da prendersi. Sappiamo solo che separaci adesso sarebbe una follia. Un rischio che non possiamo correre. >

Dentro di me,  sentii che ero felice. Non avrei dovuto dirgli addio. Non ancora. Accarezzò con il polpastrello il sorriso che si era formato sulle mie labbra. Lo baciò per un attimo e poi, senza allontanarsi dal mio viso se non di pochi centimetri, sospirò: < Bella … > e poi afferrò il cellulare che aveva appena squillato.
< Pronto, Jaz? > e poi parlarono così veloci che non riuscii neanche a capire cosa stessero dicendo.
Riagganciò praticamente subito e mi portò in cucina.
< Gli altri stanno arrivando. Ora mangia. > e mi porse del pane imburrato.
A piccoli morsi, lo mangiai. Edward mi osservava sorridente. Sembrava tranquillo ma scattò in piedi non appena si aprì la porta dell'ingresso. < Arrivo subito. > mi sussurrò.

Mentre lo aspettavo, venni raggiunta da Alice. Mi preparai da mangiare mentre entrambe restavamo in silenzio. Il pane mi aveva aperto lo stomaco. I suoi occhi puntati sulla mia schiena.

< Alice, almeno tu, mi vuoi dire cosa succederà? > Le chiesi mentre il mio uovo friggeva.
< Bella … > cominciò a dirmi e poi si bloccò.
< Sì? > le chiesi senza voltarmi.
< Bella, Demetri non potrà venire a cercarci. Non potremo essere rintracciati. Non sarà necessario dividerci.> Era Edward, che era ritornato dopo aver parlato con gli altri.
< Davvero? > la mia voce tremava di gioia.
< Alice e Jasper dovranno partire, ma torneranno presto, giusto Alice? >
Lei lo fissò con intensità ed annuì.
< Alice, non correrete rischi, vero? >
< Credi che Jasper mi permetterebbe di mettermi in pericolo? > e poi mi sorrise con grazia.
Cercai di sorriderle anche io ,a senza troppi risultati.
Mi venne vicina e mi abbracciò stretta. < Bella, noi adesso andiamo. Torneremo domani sera. >
Cercai di rimanere calma e mi strinsi a lei. Dopo neanche mezzo minuto, Alice si separò da me e mi baciò la guancia.
< A domani … > mi sussurrò e poi uscì dalla stanza. La vidi salire le scale.

Mezz'ora dopo, lei e Jasper sparirono lungo il sentiero a bordo della mercedes di Carlisle.

Li osservai da dietro il vetro della finestra della sala.
Seduta sul divano, mi tenevo le ginocchia al petto.

Sentii la bambina piangere e mi alzai di corsa. Al primo gradino delle scale sentii la mano fredda di Edward trattenermi. Mi voltai sorpresa e lo fissai confusa.
< Edward, lasciami … >
< Bella, vuoi dirmi che ti prende? Da quando è nata Elizabeth … sei così cambiata. Capisco che sia un gran cambiamento per te … e che non puoi certo regolare gli ormoni, ma in questi 5 giorni non hai fatto altro che occuparti di lei. Non ti sei presa neanche un momento per te, per noi … >
Mi osservava preoccupato. Io abbassai lo sguardo. Avrebbe scoperto che nascondevo qualcosa.
Quei maledetti sogni ricorrenti, che non mi abbandonavano neanche se dormivo poche ore … nemmeno se la bambina dormiva nella sua culla, al sicuro …
< Bella, vuoi dirmi cosa ti succede? Come faccio ad aiutarti se non mi dici il perché di questo attaccamento morboso? >

< Tu non ami nostra figlia? > gli domandai quasi furiosa.
Lui con la mano libera mi accarezzò la guancia. L'altra mano era ancora stretta intorno al mio polso. < Bella, lei è la nostra bambina … come potrei non amarla? Solo, tu non riesci a stare lontano neanche per poche ore … >

Feci un respiro profondo e mi resi conto che, agli occhi degli altri, il mio atteggiamento era certamente parso a dir poco possessivo.
< Edward, io ho tanta paura… è così piccola ed indifesa … > e rividi le immagini del sogno nella mia testa. Le parole di Aro …
Mi portai le mani al volto per nascondere la mia disperazione e le mie lacrime. Lui con delicatezza afferrò anche l'altro mio polso e mi obbligò a spostare le mani. Mi osservò a lungo, in silenzio.
< Con noi è al sicuro. Esme si occupa di lei come lo faresti tu. Non devi avere paura. >

Io non risposi e lui mi domandò: < Bella, cosa sai che io non so? Cosa non mi vuoi dire? Ti conosco troppo bene. Non puoi continuare a mentirmi… >

Lo fissai negli occhi e poi sospirai:
< Edward, sai i miei incubi? > lui annuì e mi accarezzò. < Edward, non sono semplici incubi. Aro mi ha detto che la mia mente vede oltre ciò che i miei occhi riescono a cogliere. Diceva che i miei sogni mi mostrano ciò che accadrà anche se io ancora non lo so. Ed Edward, è vero! È vero! Questi sogni sono … diversi da quelli normali. È come se accadessero realmente mentre li vivo. È orribile. E gli altri, si sono avverati tutti. Lui diceva anche che è una caratteristica di chi possiede un dono come il mio … > e mi toccai il ventre.

Lui, con voce calma e rassicurante, mi domandò: < E cosa sogni? Magari, potremmo trovare una soluzione… >

La stretta della sua mano sui miei polsi si era fatta più forte. Nonostante le apparenze, era teso …
Tremando leggermente, gli raccontai il sogno e quando raccontai di come Aro mi gettasse per terra, tirandomi i capelli, mentre Jane mi strappava Elizabeth dalle braccia, lui mi trasse a sé, stringendomi forte. Gli raccontai anche di Alec, e delle sue lacrime di sangue. Lui mi sussurrò:
< Avresti dovuto dirmi prima di questa cosa. Avrei cercato di aiutarti. Non capivamo cos'avessi. Se mi avessi detto delle tue paure, di cosa le scatenasse … temevo che lo shock del rapimento ti avesse … cambiata. Non sapevo cosa fare … >
Sembrava davvero frustrato …

< Sei certa che Aro intendesse questo dei tuoi sogni? >

 
Edward POV.

 < Sei certa che Aro intendesse questo dei tuoi sogni? > le chiesi lentamente, cercando di non agitarla ulteriormente.

< Sì, è stato molto chiaro … mi ha detto che è già successo. C'è stata una ragazza, molti anni fa, che aveva il mio stesso … dono. > Mi disse con voce strana. Rimase in silenzio per alcuni istanti, intenta a ricordare qualcosa che non voleva dirmi. Le sfiorai il braccio con la punta delle dita e lei rabbrividì impercettibilmente a causa del freddo della mia pelle sulla sua.

Sentii che Elizabeth al piano di sopra si era svegliata. Esme la stava portando a Bella. La bambina aveva fame.  
Quando Bella si accorse di mia madre, si alzò e andò da lei. Si avvicinò ad Elizabeth e si chinò a baciarle la fronte. La bambina tese la mani, minuscole, verso Bella e le afferrò i capelli. Un sorriso illuminò il volto di mia moglie ed io provai l'istinto di correre da lei e stringerla a me.

Elizabeth cominciò a vagire e a muovere la bocca mostrandoci che aveva fame.
Bella sospirò sfiorandosi il petto. Evidentemente, le prime poppate le dovevano aver indolenzito il seno. Senza però dire niente, la prese tra le sue braccia e andò a sedersi sulla poltrona. Le sfiorò le labbra, si alzò la maglietta e si slacciò il reggiseno. Elizabeth si aggrappò al suo seno e cominciò a ciucciare prima con foga e poi sempre più lentamente. Bella le accarezzava il capo sorridendo.

Vedendo quanto fosse felice, mi presi il capo tra le mani. Non potevo trasformarla adesso. Non potevo toglierle quella felicità che traspariva dai suoi sorrisi.
Non potevo portarla a provare il dolore che attanagliava Rosalie ed Esme.
Rividi nella mia testa ciò che Alice aveva scorto nel futuro.
Alec stava venendo a Forks, dopo aver rischiato la sua vita per permettere a Bella di continuare a vivere … Aveva rischiato tutto per poter tenere il segreto di mia moglie al sicuro. Aveva fatto sparire le sue cartelle dal piccolo ospedale in cui era stata ricoverata. Aveva cercato di proteggerla da Aro, le aveva permesso di tornare da me … e adesso, adesso aveva osato persino andare contro tutto ciò per cui era vissuto. Aveva osato ribellarsi a colui che lo aveva cresciuto ed educato. Tutto perché quando qualcosa mutava il nostro animo, questo mutamento era irreversibile …

Nella mia testa rividi Demetri assalire Aro alle spalle. I mobili e le travi di legno prendere fuoco …
E poi, Demetri stesso, sventrato da quelli che erano i suoi compagni. Quel suono atroce della nostra carne, forte come roccia, che viene lacerata. Nessuna via di scampo. Già un miracolo che fosse riuscito a compiere ciò che Alec gli aveva imposto con quel suo particolarissimo potere, che non lascia traccia su chi viene influenzato da tale dono.
Far uccidere Aro, che voleva mia moglie … far ricadere ogni colpa su Demetri, l'unico che poteva rintracciare me e la mia famiglia … far in modo che fossimo al sicuro anche a costo di venire scoperto…
Non avrei mai pensato che qualcuno potesse arrivare a tanto. Solo per sapere Bella felice. Anche se con un altro, anche se con me. A dir poco ammirevole. Più di quanto avrei potuto anche solo immaginare …
Dovevo ad Alec tutto. Dovevo ad Alec un futuro che Alice prima di queste visioni non riusciva a scorgere.

< Edward? Edward ti prego, cos'hai? Perché non mi vuoi dire cosa succede? > mi chiese Bella, interrompendo il silenzio.
Notai che mi fissava. La bambina stretta tra le sue braccia e ancora intenta a ciucciare …
Le sorrisi ma non credo di essere riuscita a tranquillizzarla.
Mi alzai e la raggiunsi. Sistemandole i capelli, venni invaso dal suo profumo, dall'odore del suo sangue a cui si aggiunse subito dopo quello della bambina. Chiusi gli occhi e inghiottii il veleno schizzato nella mia bocca. Sentii la sua mano sulla mia guancia. Mi stava confortando …  

Sollevai le palpebre lentamente e la fissai nei suoi occhi color cioccolato.
< Visto che non mi vuoi dire niente, credo che andrò a mettere la bambina a letto. Ormai ha finito. > e poi le accarezzò le labbra. Elizabeth le dischiuse ed emise un gemito. Assonnata sbatté le palpebre e chiuse la sua mano sul dito di Bella.
La osservai salire le scale e rimasi a sentire mentre le cantava una ninnananna e le faceva fare il ruttino. La rimise nella sua culla e le rimboccò le coperte. Le sentii chiedere ad Esme se, per lei, fosse abbastanza al caldo e mia madre le disse di sì. Dovevamo ancora usare la culla riscaldata …
Esme la rassicurò ma nei suoi pensieri vidi lo sguardo scettico di Bella.

Quando tornò in sala, l'accolsi con un abbraccio dal quale lei si scostò, con mia grande sorpresa. Il suo sguardo era confuso.
< Edward, le valige? Perchè sono di sopra? Con dentro i miei vestiti? Avevi detto che non partiremo … > e lasciò la frase in sospeso.
< Le teniamo pronte, nel caso dovessimo partire all'improvviso. Meglio essere preparati. >
Mi guardò sia spaventata che sospettosa.
< Riuscirò ad estorcerti qualche informazione … dovessi giocare sporco … > e mi sorrise maliziosa. Si aggrappò alle mie spalle ed appoggiò le sue labbra bollenti sulle mie, gelate.
Le mosse lentamente, come se volesse che quel momento non finisse più. Era sulla punta dei piedi.
La strinsi a me e lei gemette.  Mi resi conto di aver esercitato troppa forza sul suo fragile corpo, lasciatomi trasportare dalle emozioni. Errore grave.

La lasciai andare immediatamente ma lei non sciolse l'abbraccio. Si appoggiò con il capo al mio petto e la sentii inspirare a fondo il mio odore. Le portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio per poter fissarla meglio. Le sue guance imporporate … i suoi occhi lucidi … Non avrei mai sopportato di perderla. Mai. Lasciai scorrere il mio dito sul suo zigomo e lei mi sorrise. Mi abbassai e la baciai di nuovo, lievemente. Sentii Carlisle chiamarmi  e baciai Bella sulla guancia per poi dirle: < Bella, vuoi scusarmi un secondo? > Lei non mi rispose ma annuì e poi fece per andare in camera. Passando davanti ad una vetrata, sospirò.
< Che c'è, Bella? > Le domandai curioso prima di raggiungere mio padre.
< Niente … > e poi la vidi toccarsi la pancia. < Bella? > e mi avvicinai velocemente a lei. Stava male? < No no … solo, Carlisle dice che ci metterò almeno quattro mesi … a tornare come prima. >
< Bella … > la rimproverai stupito. < Sei perfetta così come sei … e poi, hai appena avuto una bambina hai partorito cinque giorni fa. È normale. Ci vuole un po' di tempo. >
Sospirò di nuovo ed io le strinsi un braccio intorno alle spalle. < Non è solo questo, vero? > La conoscevo troppo bene per lasciarmi sfuggire i segnali che inconsciamente il suo corpo mandava.
< Sono stanca morta, anche se non faccio altro che dormire … e poi, sono preoccupata. Anche perché tu, non vuoi dirmi niente … > e mi squadrò da capo a piedi.
< Bella, ti giuro, ti spiegherò tutto, ma solo quando saprò cos'è successo. Davvero. > E le strinsi la mano con gentilezza, per rassicurarla. Senza dire altro, si alzò e mi baciò la guancia. In silenzio, salì le scale ed andò in camera nostra, da Elizabeth. Ero così addolorato che lei fosse così preoccupata. Se mi avesse detto prima la natura delle sue angosce … se mi avesse parlato dei suoi sogni …
Magari Carlisle avrebbe potuto cercare di aiutarla. Ma naturalmente, Bella cercava di fare di tutto per evitare di farci pesare il suo essere umana. E in questo modo, ci rendeva più difficile capire i suoi problemi. Mi passai una mano tra i capelli ed andai da Carlisle, nel suo studio.

Mentre discutevamo riguardo ciò che stava accadendo in Italia, vidi Bella nella mente di Rose.

< Ciao Rosalie … > le disse mia moglie gentile. Rosalie appoggiò dei vestiti puliti sul nostro letto e poi rimase a fissare Elizabeth nella sua culla. Bella era seduta affianco a lei. Rosalie le guardava e nei suoi pensieri lessi il dolore e la frustrazione. Rimase a osservarle per pochi istanti appena ma, quando stava per andarsene, Bella le disse gentile: < Rose, Elizabeth credo abbia voglia di stare in braccio … vedi come si agita? Io sono un po' stanca … non è che la terresti tu? >
La mente di Rosalie venne invasa da stranissimi e confusi pensieri. Rividi in questi Bella, il primo giorno in mensa, il giorno del suo diciottesimo, il matrimonio, la notte in cui lei,Rose, le raccontò cosa le era successo prima di venir trasformata da Carlisle. Istintivamente,mia sorella si mosse verso Bella che, lentamente, si era alzata e aveva preso Elizabeth tra le braccia. Mia moglie la strinse a sé un secondo e, dopo averla avvolta in una copertina, la porse a Rose. Lei la prese tra le braccia e sorrise allo sbadiglio di mia figlia.
< Io magari vado a dormire un po' … Ma tu se vuoi resta pure qui … > le disse Bella infilandosi sotto le coperte. Rosalie stava già pensando di andare in camera sua. Sorrise a Bella e si sedette sulla sedia a dondolo, vicino alla finestra. Lentamente, cullò mia figlia. Sentivo che era felice. I suoi pensieri erano tutti incentrati sul viso di Elizabeth …
< Grazie, Bella. > Sussurrò e mia moglie le rispose semplicemente: < Avrò bisogno di aiuto, con la bambina … > e poi si sorrisero. Non potevo leggere la mente di Bella, ma in quella di Rose percepivo la gioia assoluta.

< Edward … Mi stai ascoltando, Edward? >
< Sì,scusa Carlisle … stavo … > e poi scossi la testa. 
Bella si era addormentata e Rose sussurrava una ninnananna.

 

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Capitolo 28
*** BBC world news ***


Salve a tutte! Scusate il ritardo vergognoso, ma davvero i compiti mi hanno impedito di avvicinarmi al pc… sigh… e come se non bastasse, mi sento anche male. Nausea e mal di testa. Con ogni probabilità, causati dalla scuola. O per lo meno, lo spero … ammalarsi adesso non mi sembra una grande idea.
Scusatemi inoltre per il non aver risposto ai commy, ma è un miracolo già essere riuscita a scrivere il cap. Maledetta scuola. Rende la vita impossibile anche in vacanza. Vero che però continuerete a recensire? Vero?
Spero che questo cap possa piacervi anche se le cose importanti saranno nel prox. Ora scusatemi ma devo correre a finire filo. E domani, si ricomincia… fortuna che è l’ultimo anno XD
Un bacione a tutte,
                                    Cassandra sommersa di compiti

 

 

Bella’s POV

Faceva freddo nei miei sogni quella notte.

Vagavo, sperduta, attraverso boschi infiniti.
Camminavo velocemente ma qualcosa mi rallentava.
La mia mano era stretta da una ben più piccola, sebbene altrettanto calda.
Abbassai lo sguardo e mi voltai. Vidi una bambina di circa quattro anni. I suoi ricci rossi le incorniciavano il volto pallidissimo. Un velo rosato sulle guance. Appena incrociai i suoi occhi verdi e profondi, mi sorrise e io rimasi interdetta. Era troppo bella per essere vera.
Dalle labbra, involontariamente, mi lasciai sfuggire un sussurrò: < Elizabeth … > e sentendo quel nome, la bambina strinse di più la mia mano. Senza rendermene conto, mi inginocchiai e lei si buttò letteralmente tra le mie braccia. Strinse le sue dietro il mio collo e io le mie sulla sua piccola schiena. Mi sentii felice. 
Tutto pareva così reale …
Poi però arrivò quella sensazione …
E capii che non era un sogno normale. Era uno di quei sogni …
< Mamma? > mi chiese con voce chiara e musicale la bambina, stringendosi di più a me. < Mamma, perché tremi? >
Nonostante il sole splendesse oltre le fronde alte degli alberi, mi sentivo gelare.
Battevo i denti.
La presi in braccio senza risponderle e feci per proseguire lungo il sentiero attraverso i boschi.
Ma dopo aver mosso appena due passi, la bambina mi fece capire di voler scendere.
La posai delicatamente a terra e le scostai i capelli dal viso. Fissò per un breve istante la mia fronte e, prendendomi la mano tra le sue, parlò di nuovo: < Mamma … non andare via. Non lasciarmi qui. >
Cercai di risponderle ma improvvisamente mi resi conto di non avere voce. Mi portai le sue mani alle labbra e gliele baciai. Sembrava così preoccupata …
Volevo rassicurarla. Sentivo il bisogno di farlo.
< Mamma non andare via … >
Quelle parole mi rimbombavano nella testa che mi pareva scoppiare. Il freddo ovunque intorno a noi. Le sistemai meglio la giacchetta leggera e lei mi guardò triste. Si voltò e, lasciando la mia mano,  cercò con lo sguardo qualcosa dietro di noi. Evidentemente vide ciò che cercava e fece appena pochi passi verso il luogo da cui presumevo fossimo arrivate. Le sue lacrime bagnavano le mie dita. Non cercai neanche di trattenerla, sebbene ora mi sentissi terribilmente sola. Sola e perduta.
Sapevo che non potevo e che non avrei dovuto comunque. Un soffio di vento mosse le foglie sopra di me ed in un attimo la bambina era svanita.
Caddi sulle ginocchia. Faceva troppo freddo … Chiusi gli occhi e mi abbandonai alle sterpaglie.
Le mie forze lontane. Qualcuno, distante, chiamava il mio nome.
< Bella? Bella? Bella  … > volevo rispondere ma non sapevo come. La mia bocca impastata. Mi mancava l’aria. Il mio corpo veniva scosso da dei singulti.
< Bella? > la voce preoccupata mi chiamava sempre più tesa.
< Bella! >

E poi, nella mia testa, le mia stessa voce: “Svegliati. È un sogno, è solo un sogno …”
A quella si unì la voce di prima. Mi ripeteva le stesse cose: < Bella, è un sogno. Tranquilla. >
Il bosco era scomparso, sostituito dall’oscurità.
Troppo buio. Troppo. Mi faceva male agli occhi.
Li spalancai.
La luce era troppo forte e li richiusi subito. Portai le braccia a coprirmi il volto ma delle mani ghiacciate me lo impedirono.
< Bella, tutto bene? > mi sforzai di tenere gli occhi aperti e vidi Edward chino su di me. Le sue mani erano poggiate sulla mia fronte. Mi stava accarezzando. Sentivo il sudore freddo sulla mia fronte e sulla mia schiena. Ero accovacciata su me stessa.
< Edward … > rantolai con le lacrime agli occhi. Lui mi strinse dopo aver aiutato a sedermi. Vidi le coperte e lenzuola in disordine a terra. Dovevo essermi agitata nel sonno.
Lui, notando il mio tremore, raccolse la trapunta e me la avvolse intorno al corpo.
Rosalie teneva la bambina tra le braccia e mi fissava confusa. Di Elizabeth, avvolta nelle sue copertine, vedevo solo le manine agitarsi in aria. Aveva afferrato i capelli di Rosalie, ma lei non se ne curava. Si muoveva lentamente per cullarla ma i suoi occhi erano fissi su di me.
Edward le sussurrò qualcosa troppo velocemente e a voce troppo bassa perché potessi capirlo. Lei, in un attimo, uscì dalla stanza.
Carlisle teneva premute due dita sul mio polso per prendermi il battito.
< Bella, ti senti bene? > mi domandò senza un tono particolare.
Annuii. Edward mi strinse di più a sé e mi domandò: < Un altro di quei sogni? >
< Sì … > sussurrai dopo essermi schiarito la voce. Carlisle mi carezzò i capelli e capii che Edward gli aveva raccontato tutto.
< Vuoi raccontarmelo, ora che i ricordi sono ancora vividi? >
Sebbene il tono della sua voce di velluto fosse dolce, sapevo che non potevo dirgli di no.  
Deglutii e poi gli raccontai ciò che ricordavo. Notai come lui e  Carlisle si fossero scambiati degli sguardi fugaci. Appena ebbi finito, gli domandai: < Secondo te cosa significa? >
Mi accarezzò la guancia e si soffermò sul mio zigomo. Mi appoggiai a lui che mi sussurrò: < Non lo so, ma non devi preoccuparti. Non ti succederà niente. >
Sentii le sue labbra gelate accarezzare la pelle delle guance, seguendo le tracce lasciate dalle mie lacrime.

< Rosalie … > sospirò mio marito esasperato verso la porta. Non mi ero accorta che Rose fosse tornata e che attendesse alla porta. Mi sorrise impacciata e poi sentii i versetti di Elizabeth. La mia bambina tendeva le braccia, tenendo la maglietta di Rose stretta tra le sue manine, all’altezza del seno.
Mi alzai e andai da lei. Rose me la porse ed io l’accolsi tra le mie braccia, piegate a formare una sorta di culla.  Lei, piccola e fragile, sfregò la sua testa contro il mio petto e mosse la bocca in quel modo ormai a me familiare. Mi sedetti vicino alla finestra, sulla sedia a dondolo occupata la sera precedente da Rosalie, e mi alzai la maglietta. Quei reggiseni con la chiusura davanti erano estremamente comodi per la mia situazione. Avrei dovuto ringraziare Alice, quando fosse tornata.
Già, Alice … dov’era adesso?
La bimba aveva già sigillato le sue labbra intorno alla mia pelle. Ignorando il dolore e l’indolenzimento, alzai lo sguardo e fissai Edward.
< Quando torna Alice? >
< Questo pomeriggio. > e subito dopo, il mio stomaco brontolò. Arrossii e lui mi disse: < Sarà meglio che ti prepari da mangiare. Ieri alla fine non hai mangiato come si deve. >

Fece per alzarsi ma Carlisle lo precedette e mi disse: < Cosa vuoi che ti prepari? >
< Ehm … > avevo talmente fame che avrei mangiato di tutto. Lui probabilmente intuii i miei pensieri e mi sorrise. < Preparerò un po’ di tutto. > e poi, insieme a Rosalie, si dileguò oltre la porta. Edward rise e mi disse: < Vado a parlare con Esme. Credo che voglia andare a Gibson e le devo chiedere di comprarmi una cosa. Mi baciò sulla fronte e poi si chinò a sfiorare le guance di nostra figlia. Nei suoi occhi una strana luce.
Mentre accarezzavo la testolina di Elizabeth, osservando i suoi pochi capelli rossi, decisi di andare al piano di sotto.
In sala, mi sedetti sul divano ed accesi la televisione.
Elizabeth continuava imperterrita a ciucciare. Pesava poco e riuscivo a tenerla in braccio senza difficoltà. Stranamente, quando mi occupavo di lei non mi sentivo inadatta o imbranata. E poi, ero sicura che se avesse solo rischiato di cadere almeno uno dei proprietari delle paia di occhi immortali che vegliavano su di noi avrebbe impedito il peggio.

Non c’era niente d’interessante sui canali principali. Facendo zapping mi ritrovai su canali che non credevo neanche esistessero. Insomma, va bene l’informazione, ma a cosa serviva avere ben 7 canali che trasmettevano a rotazione telegiornali regionali?
Accarezzando le labbra della mia bambina, la cui presa sul mio seno si faceva sempre più flebile, cambiai ancora canale e finii sulla BBC WS che trasmetteva notizie da tutto il mondo. Era l’ora delle notizie di carattere culturale. Dopo aver annunciato che in sud America  era stata scoperta una tomba ricchissima sepolta sotto una montagna, la signorina in abito rosso annunciò:

< Un incendio dalle cause ancora sconosciute ha raso al suolo a Volterra, piccolo centro italiano, l’antico “Palazzo dei priori” edificato nella prima metà del XIII secolo. Il più antico palazzo comunale toscano, centro Italia, è andato a fuoco la notte scorsa a causa di un incendio propagatosi dai sotterranei. Gravissimi i danni. Perduti tesori inestimabili come il celebre dipinto: “Nozze di Cana” dell’autore Donato Mascagni che visse nella zona d’influenza fiorentina a cavallo tra il XVI e il VII. Perduto irrimediabilmente anche il soffitto in legno intagliato che adornava le antiche sale. Salva la torre pentagonale a due ripiani merlati che sovrastava l’edificio. Le indagini sono in corso per accertare la presenza di eventuali materiali infiammabili che avrebbero potuto favorire il propagarsi dell’incendio che, da una prima analisi svolta dagli inquirenti, parrebbe essere di matrice dolosa, ma tutte le ipotesi sono al vaglio della magistratura. Gravi danni si sono riscontrati anche nella piazza omonima a causa delle fiamme che hanno danneggiato quello che rimane della meravigliosa facciata esterna dell’edificio,che era decorata con targhe di terracotta smaltate rappresentanti antichi stemmi fiorentini … sempre restando su suolo italiano, andrà ora in onda un servizio che denuncerà la razzia da parte dei ladri di tombe a danno di antichi sepolcri di età romana nella zona del napoletano … >

Ma ormai la mia mente era lontana. Le mie mani tremavano e non ero certa di riuscire a tenere Elizabeth che, nel frattempo, aveva smesso di mangiare e aveva sporcato tutta la mia maglietta.
Mi alzai di colpo e con le ginocchia che mi tremavano andai in cucina.
< Bella,è  quasi pronto. > mi assicurò Carlisle appena mi vide. Era impegnato in una fitta conversazione di puericultura con Rose. Era talmente assorto nel suo discorso bisbigliato che a sento mi notò. Quando però vide come tremavo, mi venne vicino in un attimo e mi chiese come mi sentissi. Le sue dita si posarono sul mio collo. < Bella, siediti, sei pallidissima. > e mi aiutò a sistemarmi sulla sedia. Carlisle mi prese la bambina dalle braccia e la esaminò velocemente, poi l’affidò a Rose che si era fatta avanti. La stava già tenendo appoggiata alla sua spalla,colpendole la schiena con delle pacchette leggere.
< Bella, cosa c’è? > Non trovavo neanche le parole per rispondergli. Tremavo come una foglia. Avevo visto quel palazzo dall’esterno solo due volte. e non mentre ero prigioniera. Eppure sapevo di essere rimasta due mesi proprio nei sotterranei di quel palazzo.
Edward ed Esme arrivarono in quel momento, attirati dal tono agitato di Carlisle. Mia suocera mi porse una maglietta pulita ed io mi sfilai quella sporcata da Elizabeth. Quando vidi mio marito gli presi le mani e gli dissi: < Edward, è andato a fuoco. >
Capì subito ciò di cui stavo parlando e s’inginocchiò davanti a me. Senza lasciare le mie mani, mi fissava negli occhi. Con il dorso di una sua mano mi accarezzò le guance e mi disse: < Stavo cercando il modo di dirtelo … senza turbarti … >
Deglutii a fatica. Rivedere Volterra, sebbene attraverso uno schermo, mi aveva fatto sentire di nuovo in trappola. Il mio respiro stava sfuggendo al mio controllo. Stavo andando in iperventilazione.
< Calmati Bella. È tutto a posto, è tutto perfetto. Bella, Aro non potrà più venire a cercarti. > e mi sorrise dolce. Io rimasi lì, interdetta per alcuni istanti e poi, con voce tremante, chiesi: < Come? >
< Aro è morto. E con lui Demetri … > mi disse con un sorriso rassicurante.
< Morto? Aro? >
< Sì, Alec ha costretto Demetri ad attaccare Aro. Essendo una delle sue guardie private, Aro aveva piena fiducia in loro. Alec ha fatto ben attenzione a non farsi toccare da Lui dopo aver concepito il suo piano. Aro aveva confidato solo a lui che voleva venirti a cercare. Credo che Alec, appena possibile, abbia persuaso Demetri usando il suo potere. Demetri non ha potuto non obbedirgli, vincolato a non rivelare niente. È stato … tutto estremamente calcolato. >
Alec? Alec aveva fatto tutto questo per me? Le mie labbra tremavano.
< E lui? Alec sta bene? > mormorai preoccupata, reprimendo le lacrime.
< Non preoccuparti. Ha lasciato Volterra il giorno prima che accadesse tutto. Inoltre, poco prima di partire, aveva fatto circolare la voce che Dimetri aspirasse ad un ruolo più alto. Tutti credono che la morte di Aro sia la conseguenza di una guerra di potere. Lui era il più potente ma anche il più anziano dei Volturi. Ora la corte si è divisa tra chi crede che la sua morte sia stata ordinata da Marcus e chi crede sia opera di Caius. Se vogliono evitare che finisca in tragedia, dovranno trovare un modo per stringere una nuova alleanza. Erano secoli che l’equilibrio precario su cui si basava il loro impero e controllo rischiava di infrangersi. Era questione di tempo prima che tutto collassasse.
Non andava tutto bene come volevano mostrare loro. Si può dire che a tenere tutto insieme era proprio l’autorità esercitata da Aro e il rispetto che egli incuteva. >
Lo vidi sorridermi e cercai di fare lo stesso. Le mie labbra non mi obbedirono.
< E quindi ora cosa succederà? >
< Ancora non possiamo saperlo, ma quando si ricorderanno di noi, tu sarai già una vampira. Te lo prometto. > Annuii e poi Carlisle mi appoggiò un vassoio colmo di cibo. Nonostante l’ansia, avevo una fame tremenda. Afferrai il pane tostato e cominciai a mangiarlo, scottandomi la lingua per la fretta. Afferrai il bicchiere e bevvi a piccoli sorsi il succo d’arancia.
In pochi minuti finii tutto ciò che Carlisle mi aveva preparato e poi andai in bagno.

Quando tornai in sala, trovai Edward seduto al piano. Teneva Elizabeth in braccio e con una mano sola suonava una canzone, sfiorando a malapena i tasti. Le note si diffondevano nella stanza.
Mi appoggiai allo stipite della porta e rimasi a fissarli. Era così bello … come fossimo una famiglia felice. Ma in fondo, lo eravamo …
Elizabeth vagì ed Edward smise immediatamente di suonare. Le sfiorò le labbra con il polpastrello.
La bambina stiracchiò le braccia e gli afferrò la camicia. Notai che, come al solito, era avvolta in spesse e calde copertine da neonato. Non volevo rovinare quel loro momento perfetto e quindi rimasi ad osservarli da lontano, le braccia conserte.
Naturalmente, Edward si era accorto di me ...
Alzò lo sguardo e mi sorrise. Sembrava incantato. Mi fece cenno con la testa di raggiungerloe mi sedetti accanto a lui. Edward mi passò la bambina, che si stava addormentando, e cominciò a suonare. Dopo pochi minuti, Elizabeth chiuse gli occhi e le sue manine, strette intorno alle mie dita, si rilassarono. Non so per quanto tempo rimanemmo lì, in quella posizione ma avrei voluto che non finisse mai.

Quando però il telefonino di mio marito trillò, per poco non mi venne un infarto.
Fu Carlisle a rispondere.
< Pronto? > Domandò scettico. Pensavo che solo noi della famiglia avessimo il numero.
Dall’altro capo del telefono, un bellissima voce di donna mi raggiunse.
< Pronto Carlisle? >
< Tanya? > Edward smise immediatamente di suonare e mi cinse la vita con un braccio. Con la mano libera accarezzò il capo di Elizabeth che, a causa dello squillo, si era svegliata e aveva cominciato a piangere.
Mio suocero si allontanò velocemente, andando verso la finestra.
< Sì, ho sentito … Alice aveva visto qualcosa … >
La voce disse qualcos’altro. E poi la conversazione fu un susseguirsi di silenzi,per lo meno alle mie orecchie, e brevi risposte di Carlisle.
< No, non ho la più pallida idea del motivo … certo, un rovesciamento di potere … Impensabile … Cosa faranno Marcus e Caius dici? 
Non ne ho idea… Sì, incredibile … Dalla sua stessa guardia del corpo. Parrebbe un intrigo. Forse una vendetta … sì, potrebbe anche essere un omicidio su commissione. Davvero? Demetri gli aveva detto che doveva riferirgli una cosa in privato poco prima che Aro radunasse un contingente? Sai che missione volesse affidare loro? >
Questa volta il silenzio fu molto più lungo. Vidi il viso di Carlisle distendersi.
< Non è riuscito a parlarne … capisco … e quindi non si sa cosa volesse fare. >
Un altro momento di calma e poi la voce di mio suocero, calma e serena: < Certo. Grazie Tanya, sei stata molto gentile a telefonarci. E certo, ti saluterò anche gli altri. E mi raccomando, manda i miei saluti anche alle tue sorelle. Spero anche io di rivedervi presto. > E poi chiuse il telefonino argentato porgendolo ad Edward. Parlaro troppo veloci perchè potessi capirli per alcuni minuti e poi sorrisero.  Un misto di serenità, compiacimento e soddisfazione sui loro volti.  Edward mi accarezzò la guancia e mi disse: < Nessuno sospetta di Alec. Tanya ha parlato con una sua amica che vive in Italia. Nessuno ricollegherà ciò che è accaduto a noi o a lui. 
Proprio come ti avevo detto. > E mi sorrise.
Elizabeth però, stretta tra le mie braccia, non aveva smesso di piangere e così Edward la prese in braccio e cominciò a dondolarla dolcemente per farla addormentare. Le cantava la canzone che stava suonando prima e finalmente, dopo alcuni minuti, il pianto si trasformò in una serie di vagiti e suoni molto bassi per poi placarsi del tutto.Edward le baciò la fronte e poi alzò lo sguardo verso di me, radioso. Effettivamente, in quei primi sei giorni di vita di nostra figlia, lo avevo visto poco con lei. Forse perché era stato troppo in tensione. Adesso invece mi sembrava fosse nato per essere padre.
Il resto della giornata trascorse tranquillo. Mi ero ingozzata talmente tanto a colazione che a pranzo mangiai poco. Mi divertii a guardare Rosalie litigare con Emmett per chi dovesse tenere la bambina che, ignara di tutto, dormiva nella sua culla. Quando la discussione cominciò a farsi rovente, Rose si voltò indispettita verso di me e disse: < Diglielo anche tu, Bella, che Elizabeth è troppo piccola e che ha solo bisogno di mangiare, dormire ed essere accudita. E che io sono più brava di lui. Ci vogliono mani piccole e delicate per accarezzare un neonato. Non si può essere un orso che rompe tutto quello che tocca. Bisogna essere delicati! > e puntò il dito verso suo marito.
Io, totalmente presa in contropiede, rimasi in silenzio. Rose che mi rivolgeva la parola era già un miracolo … che addirittura chiedesse il mio sostegno … Beh, evidentemente il mondo aveva cominciato a girare dalla parte opposta. Forse, stava cominciando ad accettarmi.
Temendo che Emmett, non riuscendo a dosare la sua tremenda forza, potesse fare inavvertitamente male ad Elizabeth, dissi  timida :< Beh, forse ha ragione Rose ... > e lei annuì per poi continuare a litigare con suo marito.  
Edward pose fine al loro diverbio con un occhiataccia ad entrambi e sottolineando che Elizabeth dormiva e che andava lasciata in pace, dato che non era un giocattolo.

Di pomeriggio, come al solito, piovve  e così il mio progetto di sdraiarmi al caldo sole di maggio svanì tristemente. Anche se non avrei mai avuto il coraggio di dirlo ad Edward e agli altri, stare sempre chiusa in casa mi stava cominciando a far venire l’ansia. Certo, qui avevo loro e la mia bambina … però la libertà mi mancava. Ed ora che tra l’altro non avevo neanche più il pancione ingombrante, mi sarebbe piaciuto andare a fare un giro …
Sapere che anche volendo non avrei potuto, mi fece venire una tristezza tremenda. Se qualcuno mi avesse riconosciuta, avrei messo a rischio tutta la mia famiglia e anche la versione ufficiale della mia scomparsa.

Evidentemente si capiva che qualcosa in me non andava tanto che Edward mi venne vicino e mi prese la mano. < Bella, Amore … cos’hai? > Per evitare di rispondergli, mi alzai sulla punta dei piedi e gli diedi un bacio sulle labbra. Sentii il sapore delle lacrime e mi accorsi di star piangendo. Quei dannatissimi ormoni mi stavano facendo impazzire. Le mani di mio marito si incontrarono dietro la mia schiena e scesero fino al mio bacino. Mi obbligarono gentilmente ad aderire di più al suo petto di marmo e poi mi accarezzarono, infilandosi sotto la mia maglietta. < Bella, la bambina dorme … perché non ci prendiamo un momento per noi? > Alzai lo sguardo scettica. Sapeva che era un po’ presto, avevo appena partorito, e poi, la casa era piena di gente … Al pensiero arrossii e lui rise sommessamente. < Ma cosa vai a pensare? > mi chiese prendendomi in giro. Due secondi dopo eravamo in cima alle scale, nel bagno. Lo osservai riempire l’enorme vasca bianca di acqua calda e poi venire verso di me. Lentamente, cominciò a togliermi i vestiti. Scoprendo lentamente la mia pelle, la baciava. < Sei così tesa … > mi sussurrò passando le sue labbra sui muscoli delle mie spalle. < Ti aiuterà a rilassarti … > e così dicendo mi liberò anche dai miei ultimi indumenti. M legò i capelli in un alto codo, di modo che non si bagnassero, e poi mi baciò dietro l’orecchio Subito dopo, si slacciò la camicia e la fece cadere a terra con grazia. Quando anche lui fu nudo come lo ero io, mi prese tra le braccia e mi fece sedere nella vasca. Vi entrò anche lui e io andai a sedermi poggiando la mia schiena sul suo petto. La schiuma bianca profumava leggermente di rosa. Le sue braccia scesero lungo il mio ventre e le sue mani s’intrecciarono alle mie. Con la testa reclinata all’indietro e poggiata sulla sua spalla, lasciai che le sue labbra mi baciassero il collo. Era così bello rimanere in quella posizione …

< Bella … > mi bisbigliò all’orecchio circa mezz’ora dopo, < Dobbiamo uscire. > 
< Mhh… perché? Sto troppo bene. > ed era vero. Mi sentivo tranquilla ed in pace. Le mie ansie e le mie paure un ricordo lontano …
< Bella, stanno per tornare Jasper ed Alice. Hanno appena telefonato. Sarà meglio uscire.  Arriveranno tra poco. > il tono stranamente urgente della sua voce fece sparire ogni traccia di calma dentro di me. Lo guardai
sorpresa e lui mi disse: < Non preoccuparti. Andrà tutto bene. Non hanno voluto dirci cosa succedeva per telefono, ma sono certo che non sia niente di grave. Alice però ha detto di farci trovare pronti ... C'è stato ... un imprevisto. >
< Edward? > chiesi 
impaurita. Lui non mi rispose, limitandosi ad alzarsi ed uscire dalla vasca. Mi misi in piedi confusa e lui mi afferrò per la vita. Mi avvolse nell’asciugamano e poi mi accompagnò in camera nostra dove, disposti ordinatamente da qualcuno, probabilmente Esme o Rose, ci aspettavano dei vestiti.

Velocemente, mi asciugai per poi indossare un lungo e leggero abito blu, rigorosamente a maniche lunghe. Edward mi baciò velocemente una guancia ma quando mi voltai, era già sparito. Si era già rivestito. Al posto dei suoi abiti, l’asciugamano bagnato.

Elizabeth, nella sua culla, dormiva tranquilla ed ignara di tutto.

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Capitolo 29
*** Finchè non ti sarai addormentata... ***


Salve!
Quarto giorno di scuola … Italiano, Greco, Matematica …
Non è possibile che sia solo il QUARTO giorno… sono così stanca.
Sono giunta alla conclusione che, chiaramente, ho bisogno di una vacanza.
Lunga, possibilmente XD
Cmnq, dedico questo capitolo a due persone:
a Cristina mando un grande abbraccio mentre a Rave, che compie oggi 17 anni, faccio tanti auguri!!! Ho postato apposta oggi per farti un regalo! Spero ti faccia piacere!
Sono davvero felicissima. Il numero di persone che hanno aggiunto la mia storia ai pref è salito a 180!!!!! GRAZIE!!!!
Allora, due parole riguardo questo cap:
Non preoccupatevi… per un paio di capitoli succederanno delle cose un po’ strane ma abbiate fede e vedrete che tutto s’intersecherà alla perfezione! Non spaventatevi!!! Spero vi piaccia anche se è solo di passaggio! Un bacio a tutte!!!
chichetta99 Vero che è dolce la piccola mocciosa???? O forse, è meglio dire che lo è suo padre XD Spero che anche questo cap ti piaccia!
Wind Ehi! Non vale! Così mi togli tutto il gusto! Sei riuscita a svelare i miei loschi piani! Però, Edward è un padre dolcissimo, ma io preferirei averlo come marito!
PenPen Grazie per tutti i favori che mi fai! Spero che questo cap ti piaccia. Per Jake & co. Non preoccuparti! So essere buona, a volte XD
lilly95lilly Grazie! Alec? Alec? Ehm… non posso dire niente, ma sarà fondamentale da qui in poi!
Fin Fish Quando scrivevo la scena del piano, gongolavo pure io!!! Grazie!!!
Giulls My dear! Grazie per il commy!!! Lungooo!!! Che bello!!!
Hanairoh Sì Sì, ho postato! Spero ti abbia fatto felice il cap in cui quel maiale di Aro muore!!! Però, sai una cosa? Una volta dicesti che avresti commentato sempre! (persino a ferragosto XD) però, la volta scorsa non lo hai fatto!!! Hai tradito la tua parola!!! PS: non preoccuparti, ti sto solo prendendo in giro. Volevo anzi cogliere l’occasione per ringraziarti delle tue sempre bellissime recensioni!!! Grazie!
_Natsuki_ Dell’incubo di Bella, ne riparliamo più avanti, tra un 4 o 5 cap (ovvero, alla fine della storia)  Ecco a te il nuovo capitolo! Posso farti una domanda? Come stai? A inizio estate mi avevi parlato di un problema di salute… spero tu stia bene.
giulia9_91 A Volterra sono sull’orlo di una crisi politica. Ma cosa succederà a Gibson, dove sono i nostri (poveri) sposini? Cosa accadrà loro? E Alice e Jasper? Spero di non deluderti!
AngelOfLove Farò del mio meglio per aggiornare in fretta! E mi raccomando, pensa al futuro!!! Ai ragazzi dell’università!
Rowen_Cullen Sono contenta che quel punto ti sia piaciuto! È uno dei miei preferiti!
MizzCamilla Noooo, stai tranquilla!!!!! Non preoccuparti!!!
FeFeRoNzA Ti prometto che, nonostante tutte le disgrazie che stanno per capitare, ci sarà una specie di lieto fine!!! Giurin giuretta!
carlottina Che bello, mi mancavano le tue rec! In un mese, effettivamente sn successe … un po’ di cose! Ed ora che però Aro è morto, cosa succederà? Chi lo sa? Io no di certo XD
Rakiy Oddio! Che bella rec!!! Mi hai fatto sentire così … emozionata! Sono così felice che la storia ti piaccia così tanto! Io, man mano che la scrivo, mi ci sto affezionando sempre di più! Come farò a farla finire, ora che le voglio così bene? Fortuna che ne ho già pronta un’altra! Spero che seguirai anche quella… il titolo è già pronto: Once upon a time, in Forks … e sarà molto diversa da questa. Credo che scorreranno lacrime!
Deimos Vote for Alec! He is the best. Alec rules XD Lo adoro pure io! E si vede, no? XD un bacione, e salutami la giò! Ps: kai phobos!
elisaterra Ahhh !!! No ti prego!!! Basta compiti!!! Non ce la faccio più!!! Dai che scoprirai presto cosa succede!
Helen Cullen Sadica mi sa che lo sono sempre stata … ma cosa starà succedendo? E poi, povero palazzo… con tutte le sue ricchezze, ora è ridotto ad un cumulo di cenere. Certo che però, insieme a quella cenere, c’è anche Aro XD gioiamo tutte!!!
LaPiccolaPrincess Sai, ho fatto una ricerca!!! Sono totalmente PAZZA lo so, ma quando faccio le cose, lo faccio per bene. Il dipinto e tutto il resto … è tutto lì per davvero.XD
ECILY Tu mi vizi con tutti questi bellissimi complimenti!!! Un abbraccio enorme anche a te!!!
Girasole94Grazie! Quanto vorrei Edward come padre di un mio eventuale figlio!!! Perché se come papà è adorabile, come marito ……… basta se no il rating diventa rosso!!!
Noemi91 Mi spiace deludere la tua speranza… per famiglia felice dovrai aspettare ancora un po’, ma come promesso, ci sarà una specie di happy ending! La tua idea riguardo ad Edward è un po’ prematura, ma non preoccuparti. Ho in mente una cosa carina proprio riguardo quell’aspetto della vita di coppia!!! E per Rose, avrai modo di rivalutarla ancora!!!
momob Ci stavo pensando, ma prima, finisco ciò che ho in cantiere XD Spero li da te tutto ok! Un bacio!!!
novilunioIn quel modo, effettivamente, è più comodo XD Eh sì, tutto in fiamme … povero palazzotto carino XD!
francy94 Ecco qui gi imprevisti!!! Grazie per la pazienza XD
Krisma Ehm, allora, per farla breve … no, non credo si possa rendere breve tutto questo … 28 cap… Diciamo che Alec, per salvare Bella, ha fatto uccidere i due (Aro e Demetri) che avrebbero potuto costituire un rischio per la vita di lei XD
BellaSwan87 URCA!!! Che recensione lungaaa(le adoro!!!) e splendida!!! Per il rapporto di Bella ed Edward, non preoccuparti. Appena avranno un po’ di tempo per stare insieme, si spiegheranno e tutto tornerà a posto!!!  Grazie ancora per la tua meravigliosa rec! Spero tutto bene lì da te… Ciao e a presto!

 

Bella’s POV

Mi affrettai a sistemarmi il vestito ma poi mi ritrovai ferma davanti alla porta.
Sentivo le voci degli altri, giù in sala.
Arretrai di alcuni passi, incerta sul da farsi. Nel silenzio in cui mi ritrovai, Elizabeth si agitò nel sonno ed io andai da lei. Le accarezzai la schiena e la pancia e lei stropicciò le manine. Involontariamente, le sorrisi. Nonostante la tensione, lei riusciva sempre a tranquillizzarmi.

< Bella? > Sobbalzai. Edward fu subito al mio fianco. La sua mano accarezzava il corpo della bambina da sopra le coperte. Nella sua culla riscaldata, Elizabeth vagì.

< Bella, tutto bene? Non volevo spaventarti, scusa. > Scossi la testa e lui mi baciò per un secondo per poi prendermi per mano. < La bambina dorme. Se ci fossero problemi, la sentiremmo. Vieni … > e mi condusse al piano inferiore. Tutti erano seduti sulle poltrone o sul divano in posizioni che parevano naturali. Esme teneva le gambe accavallate mentre Carlisle stava consultando uno stradario del Canada.
Proprio mentre mi stavo accomodando in salotto accanto a mio suocero, Emmett, che fingeva di essere rilassato, si alzò di colpo mentre Rose, che sedeva accanto ad Esme, si sistemò nervosamente i capelli dietro l’orecchio. Carlisle ed Esme si scambiarono un’occhiata fugace ma densa di significato. Edward seguì Emmett alla porta. Feci anche io per alzarmi ma Carlisle mi mise una mano sul ginocchio e mi sorrise. Poi, lontano, sentii il rombo di un motore.
Carlisle appoggiò la sua mano gelida sulle mie e mi accorsi di averle chiuse in una stretta stritolatrice.
Il suono del motore cessò e tornò il silenzio. Neanche un minuto dopo, la porta dell’ingresso si aprì. Sentii il tonfo quando la chiusero. Edward poneva delle domande ma non riceveva risposta, per lo meno non a voce. Probabilmente, gli altri le pensavano. Poco dopo però, Alice cominciò a rispondergli. Il suo tono irritato. Io comunque, non riuscivo a distinguere le loro parole. Dopo qualche altro minuto, sentii Edward sospirare rassegnato e dire con uno strano tono di voce: < Prego, di qua. >

Entrò prima Jasper, seguito da Alice ed Emmett.

Mia sorella si avvicinò a me e mi abbracciò stretta. All’orecchio mi sussurrò: < Sta tranquilla. Non dire niente a meno che non te lo diciamo noi. > e poi si sedette al mio fianco. Si sporse per fissare Carlisle ed annuirgli.
Interdetta, la fissai e poi mi accorsi di chi stava sulla soglia, davanti ad Edward, i cui occhi lampeggiavano.
< Alec! > boccheggiai. Lui non mi rispose, limitandosi ad annuire.
< Come stai, Bella? Ti vedo decisamente meglio dell’ultima volta … > e tentò di sorridermi. Un ringhio basso e minaccioso sfuggì dai denti serrati di Edward tanto che
Alec si voltò leggermente e lo fissò per un istante. Era nervoso. Lo percepivo.
< Io sto bene. Grazie. >
< Ne sono molto … contento. Sai, ho avuto molta paura per te. >

Edward gli mise una mano sulla spalla trattenendolo ed impedendogli di avvicinarsi a me.

Esme lo guardò e poi Edward lasciò la presa. Alec sospirò rasserenato ed Alice gli fece segno di avvicinarsi. Lui obbedì e poi si chinò su di me. Sorprendendo tutti,mi prese le mani e le baciò e poi mi strinse in un abbracciò carico di sollievo. Io, ancora seduta sul divano, arrossii e notai Edward fissarlo con sguardo omicida. Un altro ringhio sordo aleggiò nell’aria.
All’orecchio mi sussurrò: < Come sono felice di vedere che sei salva. Non ero certo che fossi riuscita a fuggire. Ti abbiamo cercata a lungo a Volterra. Ma tu ci hai messo tutti nel sacco. >
E poi si allontanò da me quel tanto che gli serviva per osservarmi meglio.
Le sue dita corsero sotto i miei occhi, lungo le mie occhiaia. < Non riesci ancora a dormire bene? >
< Ha dei problemi di sonno. Capita quando ti rapiscono all’improvviso e ti rinchiudono per due mesi in un sotterraneo dall’altra parte del mondo, lontana da tutto e da tutti, separata dalla propria famiglia e dai propri cari, sapendo che ti vogliono violentare. > gli disse Edward irato.
Rabbrividii ed abbassai lo sguardo. Osai però dire: < Edward, smettila. Alec è mio amico. >
Sentii il suo sguardo irato su di me ma non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi.
< Edward, ha ragione … lascialo in pace. Alec ha corso molti rischi per Bella, per proteggerla dai pericoli … > ma Edward non lasciò finire: < E che bisogno c’era di esporla anche a questo? Andare a Forks? Cosa sperava, di trovarci lì? E poi tu? Cosa ti salta in mente di portarlo qui? > < Edward, ti ho già spiegato cosa ho visto. Te lo ho mostrato … > < Forse, se non avessi agito così avventatamente, se ne avessimo discusso insieme, non sarebbe accaduto ciò che vedi. Forse avremmo potuto evitarlo. > Edward, che si era avvicinato, alzò il braccio verso Alice che si coprì il capo con il suo, chiudendo gli occhi. Jasper ringhiò ed Emmett afferrò il polso di mio marito.
< Edward! > gli gridai io. Non potevo accettare che trattasse a quel modo Alice.
Lui si voltò e mi fissò negli occhi per un istante. Vedevo la rabbia ardere nell’oro.

< Tu sta zitta. >

A quella frase scoppiai.
< Come ti permetti? > gli gridai irata, alzandomi in piedi. Alec si scansò ma Alice mi afferrò per il polso e, obbligandomi a sedermi di nuovo, mi accarezzò il braccio.
Edward si voltò dandomi le spalle. In quel momento, Rose e Carlisle si girarono verso le scale.

Un attimo dopo, il pianto disperato di Elizabeth richiamò la mia attenzione. Alec sobbalzò ed io mi alzai velocemente, seguita da Carlisle. Andammo in silenzio in camera mia ed io mi affrettai alla culla. Presi Elizabeth e me la strinsi al petto. Mi sedetti sul letto e guardai Carlisle.
Mi alzai la maglietta e mi slacciai il reggiseno ma non ne voleva sapere di poppare.
< Ha mangiato da poco … non credo abbia fame. >
Mi rivestii e poi guardai Carlisle: < E non devo neanche cambiarla … > Aggiunsi controllando il pannolino, troppo grande per lei, ancora così piccola.
Lui ci fissava. Lentamente, prese la bambina e l’adagiò sul letto, al mio fianco. Con mani esperte la controllo. Le tasto la pancia e lei pianse più forte. Io, preoccupatissima, mi chinai verso di lei e le accarezzai la testolina. Il suo pianto mi stava facendo stare male.
Alzai lo sguardo e chiesi: < Che cos’ha? > e la mia voce tremava.
< Non preoccuparti, ha solo il mal di pancia. È normale. Adesso vado a prenderle qualcosa da diluire nel latte. >
Le accarezzò la testa e con voce normale disse: < Rose, scaldale del latte … >
Io mi sfiorai il seno e lui mi sorrise: < Sarebbe difficile in quel modo. Non preoccuparti, ne abbiamo ancora da parte. Poi al massimo, te ne faremo conservare ancora. >
Avvolse mia figlia nella coperta e me la porse. Io la strinsi al mio petto cullandola dolcemente. Sulla soglia, mi disse: < Non essere adirata con Edward. Lui vuole solo tenerti al sicuro. È letteralmente terrorizzato che possa accadere qualcosa a te o alla bambina … >
L’attimo dopo, era già sparito. Mi muovevo avanti ed indietro per la stanza, cullando mia figlia e cercando di farla stare buona. Le facevo anche dei massaggi alla pancia ma lei non faceva altro che lamentarsi. Alla fine, esasperata, la implorai: < Ti prego, smetti di piangere! Su, per favore! Stai calma … >

Finalmente arrivò Carlisle con un biberon in mano, seguito da Edward il cui volto, se possibile, era persino più livido del solito. Mio suocero mi prese la bimba e le fece bere il latte. Sebbene lei inizialmente non volesse saperne, alla fine lui riuscì ad infilarle la tettarella del biberon tra le gengive. Il suo pianto si placò.
Io, di proposito, avevo cercato di evitare di guardare Edward ma lui, all’improvviso, venne dietro di me e mi abbracciò stretta. < Bella … > Il dolore della sua voce mi portò a voltare il capo e a fissarlo negli occhi. Quando lo feci, lui mi baciò con labbra tormentate. Gli appoggiai la mano sulla guancia gelida e lui la prese fra le sue. Quando si separò da me per permettermi di respirare, gli domandai cauta: < Che c’è, Edward? >
< Bella, ti prego, non avermene… Cerca di capirmi. >
Sospirai e cercai di racimolare la calma. < Va bene. Dimmi. >
< Dovremo cercare di fare estrema attenzione. > sciolse l’abbraccio e mi afferrò per le spalle.
Con il pollice, accarezzò il profilo delle mie labbra e poi mi disse: < Alice ha portato qui Alec perché lo aveva visto aspettarci. Stava per entrare in contatto con Charlie, per poter sapere qualcosa di te. Per fortuna che siamo riusciti a raggiungerlo prima. Alice lo ha incontrato nei boschi dell’Olimpya National Park. Fortunatamente, Alec ha avuto l’accortezza di non scendere all’aeroporto di Siattle. Il suo aereo è atterrato a Medford e da lì ha percorso la strada a piedi. Correndo. >
< E ora? > Domandai cercando di decifrare l’espressione strana dipinta sul volto di Edward.
< Bella. È venuto per avvisarci. Aro non ha fatto in tempo ad avvisare le sue guardie. Lui era l’unico a conoscenza del suo piano. Però, Caius manderà un piccolo gruppo a cercarti. >

A quel punto, cominciai a tremare.

< No, sta calma … Gli altri torneranno a Forks. Diremo che sei già stata trasformata ma che, essendo una neonata, sei … instabile… che per evitare che commettessi errori di cui avresti potuto pentirti, ti abbiamo portata in un luogo lontano dalle tentazioni. >
Sentivo i miei denti battere e il mio corpo sussultare.
< Bella, non potranno mettere in dubbio questa storia. Lo sanno che i primi tempi sono difficoltosi per tutti. Per chi segue una dieta come la nostra inoltre, è tutto più complesso. >
< E io resterò qui? >
Mi accarezzò e poi mi rispose: < Bella, sarebbe troppo rischioso. Dovremo cercare un altro luogo in cui nasconderti … temporaneamente. >
< Cosa? >
< Bella, è necessario. Sarà per breve tempo. Ed Esme ed Emmett, insieme a Rose, verranno con te.
Sarai al sicuro, sta tranquilla. Ci rivedremo prestissimo. >
< Ma perché? Perché non puoi venire anche tu con noi? Lì resteranno Alice e Jasper, e anche Carlisle … Perché tu non vieni con me? >
Mi poggiò un dito sulle labbra, per impedirmi di proseguire e poi mi sussurrò: < Ho bisogno di stare vicino a coloro che ci cercheranno. Devo poter conoscere i loro pensieri. Per lo stesso motivo Alice deve restare con noi. Se vedesse qualcosa di … grave o strano … se ti vedesse in pericolo, potremmo agire per tempo. Ti assicuro, la sicurezza tua e della piccola sono la nostra sola preoccupazione. Tu e gli altri andrete in un luogo che nemmeno io conosco. In questo modo, anche volendo, non potrei rivelarlo loro. Ma comunque, Alice dice che si accontenteranno di sapere che sei “in isolamento” a causa della recente trasformazione. >

Sentivo le ginocchia cedermi ed Edward mi accompagnò al letto.

< Quando verranno? > chiesi con voce flebile mentre lui mi scostava i capelli dalla fronte.
< Abbiamo ancora due giorni prima che raggiungano Forks. Dobbiamo partire questa sera. Dovremo fare in modo di non lasciare tracce. Non devono poter risalire a questo posto. Alice dice che pioverà per circa una settimana. L’odore non farà neanche in tempo ad attecchire. Tu invece partirai domani mattina. È tutto pronto … è tutto a posto. >
< Ed Alec? >
< Verrà con voi. Se dovessero trovarvi, cosa che non accadrà, lui è l’unico che potrebbe convincerli a lasciarti andare. >e così dicendo mi accarezzò le spalle.
Vidi Carlisle appoggiare il biberon sul comodino tenendo la bambina sempre in braccio. Elizabeth era tranquilla e silenziosa. Si stava addormentando. < Era solo un po’ di mal di pancia. > Mi sussurrò mio suocero sorridendomi. Edward si spostò verso di lui che gli diede la bambina.
Mio marito la strinse per un secondo e le baciò la pelle bianchissima. La posò nella culla con estrema delicatezza e l’accarezzò mentre le rimboccava le coperte. Non avevamo ancora avuto modo di utilizzare la culla regalataci da Emmett. Sentii una stretta allo stomaco quando pensai alla cameretta della bambina. Speravo con tutto il cuore che la separazione fosse molto breve.
Subito dopo, mi venne vicino e mi chiese: < Ormai è ora di cena … Hai fame? >
Scossi la testa affondando il volto nel cuscino.
< Bella … > La sua voce improvvisamente incerta mi sorprese.
< Sì? > domandai riaffiorando dalle coperte.
< Bella, senti… devo chiederti di fare una cosa non piacevole ma necessaria. > Sentii un groppo in gola ma tentai di reprimerlo e sussurrai: < Dimmi. Non preoccuparti. >
Mi prese il braccio sinistro e sollevo la manica. Io, confusa, lo lasciai fare. Sapeva quanto io odiassi quelle cicatrici violacee ma non pareva curarsene. Le baciò con delicatezza e poi passò le sue labbra sulle mie. < Bella, dobbiamo macchiare di sangue questo … > e mi mostrò una mia maglietta. L’avevo indossata il giorno prima e aveva ancora addosso il mio odore.
< Dobbiamo far credere loro di averti morsa. Ti taglierò e succhierò un po’ del tuo sangue, di modo che si mescoli con il mio veleno. In questo modo, non potranno dubitare. Non preoccuparti, non ti morderò … > ed accennò un sorriso. Evidentemente aveva letto l’espressione terrorizzata sul mio volto. Avvicinò le sue labbra al mio orecchio e, sebbene io istintivamente mi fossi ritratta, lui ne baciò il lobo. Sussurrò: < Non proverai dolore. Non te ne accorgerai nemmeno … Te lo giuro.
Mi dispiace farti del male ma è necessario.> Sembrava come se mi stesse facendo un torto. La sua voce era malferma.
Annuii e poi lui appoggiò gentile il mio braccio sulla maglietta che aveva portato.
< Guardami negli occhi … > mi bisbigliò a due centimetri dal mio naso. Sentivo il suo profumo … e nient’altro oltre a lui ebbe altro senso. Mi accorsi di Carlisle che si era avvicinato ma non volli guardare l’oggetto luccicante tra le sue mani. Fissai invece le mie gambe e mi accorsi di tremare leggermente. La mano fredda e sicura di Edward mi afferrò gentilmente il mento e mi costrinse ad alzare lo sguardo: < Guardami… > e così feci.

Carlisle passò un po’ di cotone imbevuto di disinfettante sulla mia pelle.
Qualcosa di freddo fu appoggiato sul mio avambraccio. Con delicatezza, qualcuno esercitò una discreta pressione e sentii un bruciore acuto. Chiusi gli occhi ed Edward mi strinse la mano destra. Dopo qualche secondo, mi alzò il braccio sinistro oltre la testa, di modo che fosse perpendicolare. Senza che capissi realmente cosa stesse accadendo, percepii le sue labbra seguire la scia calda lasciata sulla mia pelle dal sangue. La percorse fino ad arrivare alla fonte. Succhiò per qualche istante. Bruciava da morire. Si era portato la maglietta, già sporca del mio sangue sotto il mento. Aprii gli occhi e vidi i suoi. Erano chiusi. Pareva concentratissimo… come se si stesse sforzando terribilmente per non uccidermi. Vidi anche i rivoli rossi colare dal suo collo sulla stoffa. Il mio sangue e il suo veleno. Continuò a succhiare senza però lasciare che anche una minima parte del veleno s’insinuasse nel mio corpo.
Quando lasciò la presa, portò la  maglietta alla bocca e vidi la macchia rossa, già grande, espandersi ulteriormente mentre Edward sospirava. Aprì gli occhi ed erano nerissimi. Si pulì la bocca mentre Carlisle disinfettava accuratamente il mio braccio. < Scusa se non ti abbiamo dato niente per il dolore, ma non volevamo che alterasse l’odore. > si scusò Carlisle. non guardai quando mi fece l’iniezione e quando mi diede i punti. Edward era andato in bagno a sciacquarsi la bocca e a respirare aria fredda. Mio suocero mi medicò e mi diede tre punti. < Tanto per star sicuri che non si riapra … > mi aveva detto mentre mi ricuciva. Quando mi ebbe stretto l’avambraccio in una fasciatura abbastanza stretta, mi accarezzò il capo e mi abbracciò. Mi porse un bicchiere e mi disse: questo te lo ho preparato io, servirà a farti riacquistare le forze... non avrà un buon sapore, ma non ho avuto il tempo di prepararti qualcosa di meglio... >e mi sorrise. Il mio sorriso di risposta fu un po’ spento ma lui non ci diede peso. Lo ringraziai e poi appoggiai il bicchiere alle labbra. Annusai il liquido dall’aspetto poco invitante. L'odore era terribile e storsi il naso ma, senza dire niente, l'inghiotti... il sapore era anche peggio. Quando non era rimasto che un residuo denso sul fondo Carlisle mi porse dell'acqua che bevvi tutta d'un fiato. < Non voglio neanche sapere cosa c'è dentro ... > dissi schifata quando la mia bocca ebbe un sapore quasi accettabile

< Meglio che tu non lo sappia... ma comunque > aggiunse vedendo la mia faccia < Nessuno è morto per permettermi di preparartela... > e trattenne un sorriso. Mi baciò la fronte e mi accarezzò la spalla.
Mi stava salutando. Poco dopo, vennero anche Alice e Jasper. Entrambi mi strinsero tra le braccia. < Ci vediamo presto … e non preoccuparti. > mi fece Alice prima di uscire. Il taglio non lo sentivo neanche più…

Mi infilai di nuovo sotto le coperte e cercai di rilassarmi. O per lo meno di riacquistare un po’ di calma. A pancia in giù, lavoravo sul mio respiro affrettato. Sentii Edward entrare ma non mi volsi verso di lui. Si sedette vicino a me e mi scostò le coperte dal corpo.
Sentivo le sue mani gelate massaggiare la mia schiena, giocare con i miei capelli. Percepii le sue labbra ghiacciate farsi strada sul mio collo. Con un movimento fulmineo delle mani, mi obbligò a voltarmi. Mi ritrovai a fissare il soffitto di legno. I miei occhi erano gonfi ma ormai non avevo più lacrime da versare. Edward si sdraiò al mio fianco e mi cinse in un abbracciò dolce ed avvolgente. < Resterò con te finché non ti sarai addormentata. > E mi baciò le palpebre.  
< Non voglio separarmi da te... > Gli sussurrai. La mia voce tremò.
< Sht sht ... non fare così … ci sentiremo per telefono. E ci rivedremo prestissimo. >
Posò le sue labbra sulla mia bocca per impedirmi di ribattere. Le sue si muovevano lentamente, caute. Io invece, dentro di me, sentivo una nuova urgenza … un bisogno. Il bisogno di sentirlo vicino a me. Di sentire il suo corpo sul mio. Avevo la necessità di sentire la sua pelle ghiacciata sulla mia, bollente.
Con le mani mi aggrappai alla sua camicia, stringendo le mie braccia intorno alla sua schiena. I suoi polpastrelli tracciavano delle spirali sulla pelle della mia pancia, sotto la mia maglietta. Il suo profumo mi stava tranquillizzando ma allo stesso tempo mi faceva capire che, senza di lui, sarei stata molto peggio. Il mio cuore, al solo pensiero, cominciò a battere più velocemente. La sua mano vi si posò sopra con gentilezza.
Le sue carezze si fecero sempre più delicate man mano che il mondo intorno a me si sfocava, inghiottito lentamente dall’oscurità che stava scivolando silenziosa intorno a noi. Sentivo la sua mano fredda sulla fasciatura… mi aiutava a tenere lontano il dolore. L’effetto dell’antidolorifico stava svanendo. Carlisle me ne aveva somministrato pochissimo. Sapevo che finché allattavo non potevo esagerare. Anzi, ero stupita che Edward gli avesse permesso di darmi l’antidolorifico … pensavo che la bambina avesse la priorità rispetto ad un sopportabilissimo dolorino al braccio.
Quando ancora ero cosciente, sentii la sua voce vicino al mio orecchio: < Ti amo. >

Tra le sue braccia, fu semplice addormentarmi.

Il trauma fu al risveglio. Allungai il braccio lungo le coperte ma Edward non c’era. Quando ricordai la serata precedente, strinsi il lenzuolo nervosamente prima di aprire gli occhi. Non volevo vedere l’assenza di Edward. Non ancora.

<  Bella, sei sveglia? alzati. >
Senza realmente volerlo, mi voltai verso di Esme e notai il modo in cui stava tenendo Elizabeth. Come se fosse un oggetto prezioso. La guardava adorante. Portandomi a sedere, osservai l’ora e vidi che erano le circa le sei e mezza. Il sole filtrava dalla finestra. Le tende erano aperte.
< Ha già mangiato? > ed indicai mia figlia con il capo.
< Questa notte, ma credo che abbia ancora fame. Carlisle l’ha controllata prima di partire. Mi ha dato tutto quello che le serve, se dovesse sentirsi di nuovo male. Mi ha spiegato tutto con cura. Quindi non dovrai preoccuparti. > e mi sorrise, porgendomi Elizabeth la quale, non appena mi fui sollevata la maglietta, si avvinghiò a me. Le sue gengive strette intorno alla mia pelle dolente.
Appoggiata ai cuscini e con la bambina stretta al petto, domandai: < Quando partiamo? >
< Fra tre ore circa. Quando sarai pronta. > e poi mi strinse la mano. Io e Rose facemmo il bagno alla bambina e poi, mentre lei l’asciugava e la preparava, io mi presi una decina di minuti per me. Sotto il gettito caldo della doccia, lasciai i miei muscoli distendersi. Sentivo già la mancanza di Edward. Senza pensarci, aprii l’acqua fredda e lasciai che il mio corpo venisse percorso dai gettiti ghiacciati. Tremavo per il freddo. Esme bussò contro il vetro. < Bella, tesoro,  prenderai una polmonite se non esci. E non voglio assolutamente venir uccisa da Edward per questo. >
Spensi l’acqua fredda e aprii lo sportello. Il mio accappatoio mi aspettava, caldo ed invitante.
Mi vestii e poi feci una colazione estremamente abbondante. Il tutto con una lentezza esasperante, persino per dei vampiri. Emmett mi fissava spazientito mentre sezionavo le mie uova.
< Bella, capiamo che tu non voglia andare, ma torneremo presto. > mi rassicurò Esme, materna, posando la sua mano sulla mia.
< Lo ha visto, Alice? >
< Non ancora. È troppo presto. Però io me lo sento. > E mi sorrise serena.

Rosalie aveva appena finito di impacchettare le ultime cose di Elizabeth e ora la teneva tra le braccia, addormentata. Le poggiò un dito sulla punta del naso e poi le sussurrò: < Avresti dovuto nascere fra due settimane, piccola bestiolina … > e poi le baciò la fronte. Si voltò verso di me e mi disse: < fra un’ora e dodici minuti, compie una settimana > e mi sorrise tutta gongolante coccolando mia figlia. Poi fu Emmett a parlare: < Bene Bella, se hai finito, dovremmo andare. >
Annuii e mi infilai una giacca leggera. Era Maggio ma c’era un leggero venticello.
L’auto, enorme, era già nel vialetto. Salii in macchina tra Esme e Rose, che teneva Elizabeth, addormentata candidamente e tutta infagottata. Davanti Emmett guidava mentre Alec, che vedevo per la prima volta quella mattina, stava seduto al posto del passeggero. I miei bagagli e quelli, molti meno, degli altri, erano ordinatamente sistemati nell’ampio bagagliaio. Salutai Alec ma lui, con una strana espressione sul volto, mi ignorò e fissò fuori dal finestrino. Ferita, mi guardai le mani. Rose mi appoggiò le dita sulla guancia e mi sussurrò all’orecchio: < Edward gli ha proibito di rivolgerti la parola. > Sospirai.

Quando ormai la casa stava per sparire oltre il bosco, mi voltai per osservarla un’ultima volta. Non sapevo quando sarei tornata. Sentii le lacrime scendere copiose dalle mie guance ma non me ne curai. Esme, mi abbracciò stretta.

In quel momento, la casetta svanì, inghiottita dagli alberi.

 

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Capitolo 30
*** Alec ***


cap 30

Ciao ragazze! La maggior parte di noi ormai è a scuola quindi, auguro a tutte un buon anno scolastico, che si tratti di medie,superiori od università!!!!!
Questo cap 30 (mamma mia, così tanti ne ho scritti??? Che storia lunga!!!) è dal POV di Edward. Il prossimo ancora non so. Credo sarà di Bella per poi, nel 32, spostarsi nuovamente su quello di Edward.
Per quanto riguarda Alec, in questo cap daremo una sbirciatine nella sua testa passando da quella del nostro vampiro preferito XD
Scusate se ultimamente sono così lenta ad aggiornare ma la scuola, si sa, è una sorta di prigione anche per la fantasia. Soprattutto il classico… poi ci si mettono pure i compiti …
Per chi voleva il sangue: Non tarderà ad arrivare. Povera Esme che dovrà pulire tutto XD
Per chi voleva una scena da rischiare il rating rosso: Neanche questa tarderà ad arrivare. Ma tra chi? (Eh eh eh… sono sadica, molto sadica. Chi si divertirà di notte? Ormai Bella, sposata cn Edward, ha ben 4 spasimanti sovrannaturali. Morto Aro, restano Alec e Jake ma anche Caius… si sarà rassegnato? Chissà… vedremo nei prossimi capitoli! Eh eh eh à non uccidetemi. Non resterete deluse!)
Però, c’è un però … cosa succederà ora che i Cullen si sono divisi?
Spero di avervi interessato abbastanza. Continuate a seguirmi! Sapete che non vedo l’ora di tornare a casa da scuola per scrivere? Oggi, facendo Parini (che è anche il nome del mio liceo XD), stavo scrivendo gli appunti ed intanto pensavo: “Sì, allora, Alec dice questo, poi Bella gli risponde… ma poi salta fuori Rose … e intanto a Forks Edward con Carlisle…” ed è suonata la campana dell’intervallo e quasi non me ne accorgevo!!! Sembravo così attenta e concentrata!!! Il mio prof sarà stato contento XD poverino… non so neanche di cosa stessimo parlando!
Ah, e ringrazio tutte voi per le vostre splendide recensioni!!! 860!!!  *__* sono troppo felice!!! Non sapete che soddisfazione enorme è per me. Scusate se non vi rispondo una per una ma ho buttato giù queste righe (senza senso) prima di andare a cercare di capire cos’è il coseno… sigh.
Un bacio enorme a tutte voi, aspetto i vostri pareri ( che mi aiuteranno a risollevarmi il morale dopo lo shock post-gognometriam. È sempre difficile riprendersi dopo certi traumi. Necessito di sostegno!!! –non ho capito niente… a mala pena so cosa devo disegnare…- SIGH)
A presto se sopravvivo alla prof di matematica!!! (se tutto va bene, giovedì o venerdì!!!)
PS: Le coordinae geografiche sono vere!!! E, paradossalmente, vicino a dove è atterrato Alec, c'è un posto che si chiama Jacksonville ma che non ha niente a che fare con il luogo dove è andata a vivere Reneé XD Viva google maps!!! XD
                                                 Vostra (incasinatissima) Cassandra-Erika   


Edward’s POV

< Bella … >

< Sì? > Mi domandò scostando le coperte dalla sua testa, scoprendo così la pelle pallida.
< Bella, senti… devo chiederti di fare una cosa non piacevole ma necessaria. >

La vidi deglutire, ma mi rispose: < Dimmi. Non preoccuparti. >
Le sollevai con delicatezza il braccio sinistro e le riavvolsi la manica. Lei mi lasciò fare, fissandomi con intensità. Rabbrividì impercettibilmente quando il suo braccio deturpato venne completamente scoperto. Mi chinai per baciarle i segni delle ferite. Sfiorai appena la sua fragile pelle. Con un semplice movimento brusco avrei potuto ferirla. Poi appoggiai le mie labbra sulle sue cercando di accarezzargliele delicatamente con la lingua. Senza che lei lo notasse, afferrai una sua maglietta che avevo scelto. L’aveva indossata il giorno precedente e non era ancora stata lavata. Il suo odore ne impregnava la stoffa.< Bella, dobbiamo macchiare di sangue questo … > e gliela mostrai. Con tutta la calma che mi era possibile, le spiegai: < Dobbiamo far credere loro di averti morsa. Ti taglierò e succhierò un po’ del tuo sangue, di modo che si mescoli con il mio veleno. In questo modo, non potranno dubitare. Non preoccuparti, non ti morderò … >

Cercai di sorriderle nonostante l’idea di ferirla di proposito mi rivoltava. Riconobbi sul suo volto il terrore e cercai di tranquillizzarla. Mi avvicinai a lei e, nonostante lei avesse cercato di allontanarsi, poggiai le mie labbra al suo orecchio per baciarne il lobo.
Cercai di rassicurarla: < Non proverai dolore. Non te ne accorgerai nemmeno … Te lo giuro. Mi dispiace farti del male, ma è necessario.> Mi sentivo in colpa per quello che stavamo per farle, ma era l’unico modo per tenerla al sicuro. Lei fece un cenno con il capo ed io le posai il braccio sulla sua maglietta. Mi avvicinai nuovamente al suo volto e le sussurrai: < Guardami negli occhi … > Volevo che non vedesse. La vidi respirare profondamente e poi perdersi con lo sguardo nei miei occhi. Carlisle si avvicinò a noi con il bisturi in mano. Per evitare di guardare mio padre, Bella si fissò le ginocchia tremanti. Le afferrai con delicatezza il mento e le bisbigliai: < Guardami… > E lei mi obbedì.

Carlisle passò un po’ di cotone imbevuto di disinfettante sulla sua pelle diafana e fragile. Troppo delicata.
La incise con estrema facilità. Distinsi chiaramente il suono della carne lacerata e l’odore del sangue esposto mi invase le narici provocando in me una sete atroce e bruciante. Il veleno inondò la mia bocca, ma non me ne curai. La vidi chiudere gli occhi e stringere i denti per trattenere un gemito. Le strinsi la mano per rassicurarla e darle forza. Per farmi forza. Senza dirle niente, le alzai il braccio ferito. La scia del suo sangue le percorreva l’avambraccio facendosi strada tra le cicatrici. Prendendo un profondo respiro mi avvicinai alla sua pelle e appoggiai le mie labbra lungo i rivoli di sangue. Non lasciai che neanche una goccia del suo sangue bollente e squisito venisse perduto. Raggiunsi la ferita e accolsi ancora più sangue nella mia bocca. Lo succhiai lentamente cercando di non farle male con le mie labbra di pietra gelata. La vidi tremare e mi odiai. Presi la sua maglietta, su cui era già gocciolato del sangue,posizionandola sotto il mio mento di modo che anche i rivoli che si formavano agli angoli della mia bocca andassero ad impregnarla. Avevo chiuso gli occhi. L’odore del suo sangue era fortissimo, ma riuscivo a resistere per amor suo. Volevo però almeno evitare di vederlo. Mi concentrai sul veleno che, dai miei denti, andava ad unirsi a quel denso liquido dolce. Facevo estremamente attenzione a che neanche una minima quantità del mio veleno penetrasse nel suo corpo tramite la ferita. Le prelevai altro sangue e poi lasciai la presa. Appoggiai la bocca alla maglietta insanguinata e lasciai che il miscuglio di sangue e veleno colasse completamente. Mi liberai la bocca e sospirai. Lasciai che il veleno scorresse dai miei denti lungo la mia gola e sospirai. Sentivo che la maglietta era zuppa. Aprii gli occhi per guardare Bella e notai intorno alla ferita dei segni, quelli delle mie labbra … fra qualche ora le sarebbero venuti dei lividi. Mi pulii anche l’esterno della bocca ed osservai Carlisle disinfettarle il taglio.
Mi alzai lentamente ed andai in bagno. Sentii le loro voci provenire dalla stanza e mi si rivoltò lo stomaco. < Scusa se non ti abbiamo dato niente per il dolore, ma non volevamo che alterasse l’odore. > < Tanto per star sicuri che non si riapra … > e avevo sentito lui che le dava i punti. Cercai di concentrarmi sull’acqua che scorreva ma non riuscivo a distrarmi del tutto. <... non avrà un buon sapore, ma non ho avuto il tempo di prepararti qualcosa … > Continuavo a sentire le loro voci ed inoltre,vivido, il ricordo del suo sangue nella mia bocca mi stava facendo impazzire.

Sciacquarmi la bocca non era sufficiente. Mi levai velocemente gli abiti e li piegai, posandoli sul mobile. Mi infilai nella doccia e aprii l’acqua bollente. Speravo che il mio corpo potesse scaldarsi. In quel modo avrei potuto stare vicina a Bella senza provocarle tremori o brividi. Il suono dell’acqua mi rimbombava nelle orecchie ed allontanava la voce dei miei familiari, di mia moglie…

Attesi finché la sete non fu nuovamente sotto controllo e tornai in camera. Bella era sdraiata a pancia in giù, completamente avvolta nelle coperte. Mi sedetti al suo fianco e le scostai le coperte. Piano, infilai la mano sotto la sua maglietta. Carlisle aveva portato via quella insanguinata. Con le dita, le massaggiai la schiena e la sentii tremare. Era stato inutile tentare di riscaldare il mio corpo per lei. Cominciai a giocare con i suoi capelli. Sapevo che l’avrebbe aiutata a calmarsi. Il suo respiro era leggermente accelerato. Chinatomi su di lei, le percorsi il collo con le labbra. In un attimo, la girai di modo che potesse guardarmi negli occhi. Vedevo che non era tranquilla. Non piangeva, ma i suoi occhi erano gonfi e rossi. Mi sdraiai e la strinsi a me, abbracciandola. < Resterò con te finché non ti sarai addormentata. > le dissi prima di baciare le palpebre.  
< Non voglio separarmi da te... > mi bisbigliò in preda al panico. Il dolore nella sua voce mi fece più male della sete.
< Sht sht ... non fare così … ci sentiremo per telefono. E ci rivedremo prestissimo. > Volevo tranquillizzarla ma, dato che non riuscivo a trovare parole migliori e visto che stava per ribattere qualcosa, le poggiai le mia labbra sulla sua bocca appena dischiusa. Cercavo di non avere fretta, di assaporare a lungo quel bacio che sapeva d’addio. Lei invece pareva … preda di una sorta di urgenza… Cercò di avvicinare il suo corpo al mio ed io l’aiutai, stringendola a me. Percepivo il suo cuore battere furioso, il suo respiro farsi affrettato …
Si aggrappò a me ed io cominciai a tracciare disegni immaginari sulla pelle liscia della sua schiena bollente. Quando sentii il battito del cuore farsi velocissimo, vi appoggiai sopra la mano e lei arrossì. Il sangue le irrorò le gote.
Cercando di far in modo che non se ne accorgesse, resi le mie carezze sempre più leggere e delicate. Speravo riuscisse ad addormentarsi. Quando chiuse gli occhi, le poggiai il palmo freddo sulla fasciatura stretta, sperando le arrecasse sollievo, seppur minimo. Non avevamo potuto somministrarle una quantità eccessiva di antidolorifico. Stava allattando …
Stava scivolando nel sonno ma, visto che saremmo partiti nel cuore della notte, non avrei potuto salutarla in un altro momento. Non volevo un addio. Non avrei sopportato le sue lacrime. Preferivo sparire nella notte. E lei lo sapeva. Era ancora cosciente e così le sussurrai: < Ti amo … >
Poco dopo, il suo respiro si fece regolare e le sue labbra si schiusero. Parole senza senso sgusciarono da esse. Ogni volta che chiamava il mio nome, sentivo l’impulso a piangere …

Rimasi ad osservarla per alcune ore. Non mi sarei mai stancato di farlo.

Elizabeth vagì ed Esme entrò in camera. “Deve mangiare.” Pensò prendendola tra le braccia. < Lascia, me ne occupo io… > Presi la bambina tra le mie braccia ed andai al piano inferiore dove Rose stava già scaldando del latte. Alec, quando mi vide, scattò in piedi. Aveva paura di me, della mia ira, e faceva bene. Quando vide la bambina sussultò. Capì subito che era la figlia mia e di Bella. I suoi pensieri confusi non mi interessavano. Senza parlare, andai in cucina. Pochi minuti dopo, Rose mi porse il biberon a cui Elizabeth si attaccò avida. Mi sarebbe mancata troppo, proprio come sua madre. < Edward, scusa, posso entrare? > Mi voltai e fulminai Alec con lo sguardo. Dal profondo del mio petto sgorgò un ringhio basso e minaccioso. Ritrassi le labbra mostrando i denti. Elizabeth,spaventata, lasciò la presa delle sue gengive sulla tettarella e cominciò a piangere. Ignorando Alec, mi ricomposi e, sedutomi, accarezzai la bambina cantandole una ninnananna. Non appena si fu calmata, le rimisi in bocca il biberon e aspettai che fosse sazia. La cambiai e poi andai nella stanza del piano. Muovendola lentamente per farla addormentare, con una mano sola sfiorai i tasti del piano. Dopo pochi sbadigli, le manine di Elizabeth si distesero e le sue dita lasciarono andare la mia camicia. Le avevo messo un completino caldo e grazioso. Sembrava una bambola di porcellana tanto la sua pelle diafana era perfetta. Sorridendo, me la sistemai meglio tra le braccia e le baciai le guance e la fronte. Portandole le manine piccole e morbide alle mie labbra, gliele baciai. Lei tremò nel sonno ed io, odiando la mia natura che non mi permetteva di stare troppo vicino alle persone che amavo più di me stesso, mi maledii. Esme mi porse una coperta ed io la usai per coprire mia figlia. Tornai al piano di sopra e mi sedetti sul letto, di fianco a mia moglie addormentata. Lei continuava a chiamare il mio nome ed io, scostandole i capelli dal viso, la accarezzai ammirando i suoi lineamenti. Lei sorrise nel sonno e sospirò tranquilla. Per quasi tre ore tenni tra le braccia nostra figlia mentre, con la mano, accarezzavo Bella. Quando Esme mi avvisò che gli altri avevano finito di preparare le loro cose, già sistemate in auto, io sospirai. Lei mi venne vicino e mi passò una mano sulla guancia. < I tuoi bagagli te li ho fatti io. Partirete quando sarai pronto. Non c’è fretta. > e poi fece scorrere i polpastrelli sulle gote di mia figlia. < Puoi stare ancora un po’ con loro … ti vengo a chiamare tra circa mezz’ora? >
Annuii e mi limitai a fissare mia figlia. Mi parve fossero passati solo pochi minuti quando Esme, dal piano inferiore, sussurrò il mio nome. Con un sospiro, mi alzai e, dopo averla stretta a me per un breve istante, le baciai la pelle calda e poi poggiai mia figlia nella sua culla. Dopo averle rimboccato le coperte, le sfiorai appena la pelle. Sorrisi al suo vagito di protesta quando la mia mano si allontanò dalla sua schiena. In silenzio, mi sdraiai vicino a Bella e, dopo averla abbracciata, la baciai sulle labbra. Lei non si accorse di nulla, continuando a sognare.
Al piano di sotto, tutti mi aspettavano. Alice mi prese la mano e, fissandomi negli occhi, mi volle  mostrare il futuro. Entro la sera, ormai erano le 5 di mattina, saremmo arrivati a Forks. L’indomani, il piccolo contingente ci avrebbe raggiunto. Per fortuna che, durante le loro frequenti visite a Forks, lei e Jasper avevano provveduto a mantenere la casa in ottimo stato, come se nessuno si fosse mai allontanato.

< Edward … ti prego, ascoltami… > Alec tentava ancora di parlare con me. Lessi i suoi pensieri e lo vidi in quei ricordi che anche Bella aveva ma a cui io non avevo accesso.

Vidi Bella, in una enorme e lussuosissima suite priva di finestre, con indosso uno splendido abito rosso che le metteva in evidenza il corpo. Era triste. I suoi occhi erano gonfi di pianto. I ricordi di Alec si spostarono ad un altro momento. Mia moglie era addormentata e giaceva rannicchiata nel letto. Lui la coprì con una trapunta. Laggiù nelle segrete doveva fare molto freddo come si capiva dalle labbra bluastre e tremanti di lei. La sua leggera camicia da notte non bastava a scaldarla. Nei  suoi ricordi la sentii piangere, sussurrare il mio nome. Passare ore intere a leggere, a scrivere. Leggeva e rileggeva all’infinito un pezzo consunto di carta che riconobbi essere la mia lettera. Alec mi mostrò di quando lei si ammalò, quando rimaneva nel letto troppo debole per muoversi. Poi vidi lei, qualche settimana dopo. Stava meglio. Alec era chino su di lei seduta su di una poltrona e commentava un libro che lei teneva fra le mani. Attraverso la sua memoria, la vidi voltarsi verso di lui e rivolgerli un sorriso ammirato. I suoi occhi splendevano alla flebile luce delle candele. Il suo volto pallido e magro pareva brillare. Notai la sua mano infilarsi sotto la coperta poggiata sul suo corpo. Si accarezzò il ventre come se avesse mal di pancia. Il sorriso però non abbandonò le sue labbra. Percepii l’amore di Alec per quella delicata ragazzina che si addormentava sul divano e che lui portava nel letto tra le braccia. Sentii il suo desiderio di sfiorarle le labbra con le sue, il suo bisogno di stringerla a sé. Ma non lo aveva mai fatto. Aveva cercato di non invadere i suoi spazi, di lasciarle la sua intimità. Non la spiava come avrebbe potuto e come avrebbe voluto. La rispettava almeno quanto la desiderava. Vidi nella mia testa le immagini che si era creato. Mia moglie con gli occhi rossi e la pelle ancora più pallida del normale. Lei tra le sue braccia ma non nel modo in cui lei si era abituata, non come amici ma come amanti. Le sue mani che la sfioravano come e dove neanche io avevo mai osato. Sebbene però lui la desiderasse così ardentemente, non la aveva mai neanche sfiorata in quel modo nonostante ne avesse avuto ben più di un’occasione. Eppure quei suoi pensieri mi fecero infuriare. Mi voltai ed afferrai Alec per la camicia, sollevandolo di alcuni centimetri da terra. Emmett e Jasper mi furono subito accanto. Alec non reagì. Sussurrò: < Scusa… > ed io lo lasciai andare. Lui cadde sulle ginocchia e poi alzò lo sguardo. Nel momento in cui i nostri occhi s’incontrarono, lui pensò al giorno in cui bella riuscì a scappare. Sentii nei suoi ricordi il suono di un citofono, percepii l’ansia sua e di altre guardie addette ala custodia di mia moglie. Si erano affrettati alla segreta. Mi bruciò la gola il ricordo della sua sete nel momento in cui, ancora nel corridoio, aveva sentito l’odore del suo sangue. Mi parve di essere lì. Lui aprì la porta e si ritrovo una scia di sangue che portava al letto. Lì, mia moglie giaceva in un lago di sangue con le vene del polso recise. Vicino al letto, lo specchio in frantumi. Il sorriso sereno di lei mi fece tremare le gambe. Mi ritrovai a ringraziare mentalmente Alec per aver fermato l’emorragia e per averla portata in ospedale. Subito dopo la fuga di Bella, aveva rubato le sue cartelle e le aveva distrutte. Sapeva che aspettava un bambino. Sapeva che era mio.
< Lei … ha sempre amato solo te. Non ha mai smesso di chiamarti nel sonno. A volte parlava di un bambino. Diceva: “Il bambino no… > ma tutti credevano che fosse il figlio che doveva concepire con Aro. Nessuno ha mai pensato… >
Queste parole mi scossero. Istintivamente gli chiesi, con voce dura e severa: < Qualcuno sa di Elizabeth? >
< No. Nessuno. Aro non sapeva se lei fosse ancora umana o no. Diceva di esserne sicuro ma a me ha confidato che la sua era solo una speranza. Era così irato che fosse fuggita. Ripeteva in continuazione che lei era un’ingrata. Che lui le avrebbe dato tutto. Non si dava pace. Penso che, se l’avesse trovata trasformata, avrebbe dato l’ordine di portarla a Volterra comunque e di ucciderla. Lei gli aveva negato l’unica cosa che non poteva ottenere grazie alle ricchezze o al prestigio. Tutto per amor tuo … Fortuna che ne aveva parlato solo con me. Ho agito il più in fretta possibile. Non hai idea di quanto sia rivoltante quello che ho fatto. > e poi si prese la testa tra le mani. < Non potevo pensare a lei … morta. O di rivederla consumarsi giorno dopo giorno rinchiusa al buio. Mi aveva ordinato di predisporre una cella, nel caso fossero riusciti a riportarla lì ancora umana. Non sarebbe sopravvissuta. Stava morendo nella stanza meravigliosa e ricca preparatale appositamente su misura … lì non avrebbe retto più di pochi giorni. L’avrebbe uccisa la paura e il freddo. Lo soffriva molto… > Il suo tono era adorante quando parlava di lei. Sebbene mi provocassero rabbia le sue fantasie in cui Bella si dava a lui, mi sentii in debito per quello che aveva fatto. < Grazie. Grazie di averla protetta. >
Sempre inginocchiato a terra, mi sussurrò: < Jane … lei sa che sono in America … > A quelle parole mi raggelai. < Come sarebbe a dire? > < Io e mia sorella siamo … siamo nati a Paisley, in Oregon. È per questo che ho preso un aereo che faceva scalo a Medford, che non è tanto distante alla nostra città natale. Probabilmente Jane crederà che sia tornato a casa. È per questo che lei farà parte del contingente. A lei non importa niente di Isabella. Lei vuole ritrovarmi. >
< Cosa? > Gli urlai contro. < Mi staresti dicendo che Jane vuole trovare te! Ti cercherà e alla fine ti troverà! E se trovasse te e Bella capirebbe … Conosco il suo modo di pensare. Non ci metterà tanto a fare il collegamento! > E man mano che parlava, i suoi pensieri correvano lasciandomi libero di vedere cosa fosse accaduto. Vidi Jane abbracciarlo quando, il giorno prima della morte di Aro, lui la salutava all’aeroporto. L’assenza di ogni dubbio negli occhi della ragazza mi tranquillizzarono. Quando però vidi nella sua testa mia moglie nel letto dell’ospedale in cui era stata ricoverata in Italia, sentii nuovamente la rabbia montare dentro di me. Il mio ringhio lo spaventò. Era solo in mezzo a troppi nemici di cui uno, io, particolarmente ostile.
< Andrai con loro, come previsto, ma non le rivolgerai la parola. > < Come, scusa? > < Non le parlerai, sono stato chiaro? >< Non puoi obbligarla a non parlarmi. Lo sai, anche lei mi vuole bene … Siamo amici. > Sì, lo sapevo fin troppo che lei gli voleva bene. Era tipico di Bella affezionarsi alle persone. Soprattutto a quelle sbagliate. < Alec, ti ho già espresso la mia gratitudine per quanto hai fatto per noi, ma non posso permetterti di turbarla ulteriormente. È già troppo fragile. Finché rimarrai con i miei fratelli, Bella e mia madre, per favore evita di parlarle. Se lo farai lo verrò a sapere… e sono certo che non gradiresti le conseguenze. > voltandomi salii al piano di sopra. L’immagine di Bella, pallida e malata nel letto d’ospedale mi martellava in testa. Era persino peggio della visione di Alice … il braccio insanguinato stretto nelle bende …
Senza far rumore entrai in camera per baciare di nuovo Elizabeth e Bella. Le sfiorai la pelle del viso e le baciai la guancia. < Ti amo… > le sussurrai per l’ennesima volta all’orecchio prima di uscire ed andare al piano di sotto.

Tutti mi aspettavano. Dopo aver salutato Esme, Rose ed Emmett, salii in auto. Il mio cuore morto ed immobile mi bruciava di dolore nel petto all’idea di ciò che mi stavo lasciando alle spalle.
Lungo la strada per Forks ci fermammo in un albergo dove ci lavammo ed indossammo degli abiti acquistati da Alice ed ancora imballati. In questo modo non ci rimase addosso neanche una minima traccia dell’odore di Alec. Al crepuscolo, avevamo raggiunto Forks.
Sistemammo la casa come se non ci fossimo allontanati. Alice tolse la polvere ed io accordai il piano. Poi, mentre Jasper faceva arieggiare, presi il telefono.

< Bep, bep, bep. > Al terzo squillo, Bella mi rispose. La voce stanca.
< Bella, tesoro, ti ho svegliata? >
< No, no, non preoccuparti. > e poi sbadigliò. Distinsi il suono delle sue dita che sfregavano i suoi occhi e la voce di Rose che sussurrava qualcosa alla bambina. < Oh Edward, sono così felice di sentirti! > < Anche io, Amore, anche io. Ma dimmi, come va il viaggio? > Erano ancora in macchina. Il suono del motore era forte e prepotente. < Bene. Esme ha una guida molto prudente, non come qualcuno di mia conoscenza… > e poi rise. O per lo meno ci provò. Io feci lo stesso.
< Tu e la bambina state bene? > < Sì. Va tutto bene. Grazie. Lì a casa, invece? >
Mi sorprese il suo tono. Parlava di Forks come ancora di “casa” nonostante fossero quasi nove mesi che ne era lontana. < Ti amo. > Mi sussurrò di punto in bianco. < Io di più. > la canzonai io e lei ribatté: < Il solito pieno di sé. > e poi sospirò.  < Mi manchi. Vedi di risolvere tutto presto e poi vienici a prendere. > < Non preoccuparti. Sarò lì da te presto. Ora vado. Ti telefono appena possibile. > < Va bene. Non farmi attendere troppo. > < No, non oserei mai, e non potrei neanche. Bacia nostra figlia anche da parte mia. A presto, Amore mio. > < A presto, Edward. Ti aspetto. > E poi aspettai che riattaccasse.

Alice venne a distrarmi dai miei pensieri, alleviando il mio dolore. < Edward, qui è tutto a posto. La maglietta di Bella l’ho messa in una scatola in camera vostra, insieme a … ehm … > E nella sua mente la vidi rifarci il letto con le lenzuola della nostra prima notte di nozze. < Che ne dici di andare a caccia? Ormai è una settima che non ti nutri… da quando è nata la bambina.
La guardai e le dissi: < Qui è già tutto perfetto. > e lei mi rivolse un sorriso radioso.
Quando tornammo dalla caccia, trovammo Alice seduta ad aspettarci sotto il portico.
< Sono arrivati. > Mi disse. < Ma non ho capito dove. Esme ha portato Bella nella sua camera. Si sono già sistemati. Lei dorme. Il viaggio è stato pesante. Elizabeth invece è con Rose. Non vuole dormire. Non è abituata a questo movimento. > Sapevo che cercava di rassicurarmi e la ringraziai.

Erano ormai le undici passate quando Alice ebbe una nuova visione.
< Stanno arrivando. Sono appena atterrati. Ancora sei-sette ore. >
Sarebbero arrivati dopo sei ora e mezza. Ore che noi tre passammo in sale. Io, seduto al piano, non riuscivo neanche a suonare. Jasper cercava di mantenerci calmi ma lui stesso era molto teso. Alice, impegnandosi al massimo, cercava di prevedere cosa sarebbe successo, analizzando le conseguenze di eventuali decisioni. Ogni volta che riusciva a vedere qualcosa, ci informava.
Per ora, nel futuro, tutto era tranquillo. L’unica cosa che potevamo fare era attendere. E così facemmo.

Quando,da lontano, sentimmo la loro auto avvicinarsi, tutti e tre ci alzammo in piedi. Eravamo tutti tesissimi.

Fu Jasper ad andare ad aprire loro la porta.

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Capitolo 31
*** Fratello. ***


31

Salve a tutte!
Scusate il ritardo ma giovedì sn andata a fere degli esami che hanno richiesto molto più tempo del previsto e non sn riuscita a finire il cap (che non mi è venuto al meglio… sigh).
Chiedo perdono XD
Ringrazio tutte voi che mi seguite!!! Il vostro sostegno ed apprezzamento mi riempie di gioia!!!

Volevo augurare a Mattia buon compleanno ma soprattutto volevo dire alla sua giovanissima mamma che è fantastica e che gli auguri andrebbero fatti a lei che in fondo, è stata quella a partorire!!! Auguri enormi ad Entrambi!!!
Auguri anche a Viviana che sta per ricevere il suo primo voto numerico!!!
Piccolo annuncio: devono rifare l’impianto elettrico a casa mia… niente elettricità per una settimana o due. Non capisco perché mia madre voglia utilizzare la batteria portatile per il frigo e la caldaia invece che per il mio pc. Non ho parole. Ed io come diavolo faccio?????????
Ma non preoccupatevi!!! Scriverò sul portatile (che caricherò di nascosto… spegnendo il boiler XD) e posterò da casa di qualche amica! Non so quando però riuscirò ad aggiornare. Non vorrei sbilanciarmi ma sn abbastanza sicura di farcela per martedì o mercoledì XD (Hanairoh scusa per il ritardo!!! I’m so sorry!!! Eccoti l’aggiornamento!!!)
Un bacio enorme a tutte!!!
A prestissimo!!!
                                  Vostra Cassandra sempre in ritardo… sigh

Bella's POV

Mi alzai indolenzita. Il viaggio in macchina era stato lungo e faticoso. Ci eravamo fermati poche volte, per permettermi di mangiare ed essere umana e per poterci occupare di Elizabeth. Finalmente Esme mi disse: < Bene Bella. Per un po’ staremo qui. Non potremo fermarci a lungo ma per un paio di settimane dovremmo poter restare. >

A quelle parole tremai. Quanto tempo avrei dovuto rimanere senza una casa? Viaggiare lontana da Edward? In auto avevamo deciso che avremmo scattato foto alla bambina ogni giorno, di modo che suo padre potesse apprezzare tutti i cambiamenti uno alla volta, una volta ricongiunti. Quante foto avremmo dovuto scattarle?
Mentre ero ancora intontita per il sonno,Rosalie mi sistemò meglio la giacca e la sciarpa per rendere poco visibile il mio volto. Mi fece ricadere una ciocca di capelli davanti e mi mise un cappello. Nonostante fosse maggio, faceva freddo. Eravamo a Nord. Esme aveva guidato per circa undici ore e, riconoscendo il nome della città scritto sui cartelli stradali, Edmonton, capii di essere molto lontana da casa. Evidentemente feci una faccia sconsolata dato che Rose, coccolando Elizabeth, mi rivolse uno sguardo comprensivo. Stava mostrando un lato tutto nuovo di sé… Mal’interpretò i miei sentimenti.

< Non preoccuparti Bella, non ti riconosceranno mai. E poi, con me ed Esme vicino a te, nessuno ti noterà. > Mi disse Rose dopo avermi sorriso. Certo, lo diceva cercando
di rassicurarmi ma sicuramente il suo non era un complimento. Alla reception di un lussuosissimo albergo, Esme pagò per una suitè tripla. Evidentemente, era una moda di famiglia. Le due volte in cui, con Alice, mi ero ritrovata in fuga, avevo alloggiato in posti splendidi. Salimmo al quarto piano accompagnate da un facchino che ci portò alla nostra “stanza”.
Esme aveva detto al signore che ci aveva assegnato la suite che eravamo in viaggio per andare a trovare dei parenti e avevamo colto l’occasione per visitare meglio il nostro paese. Gli aveva spiegato che io e Rose eravamo le sue sorelle e che Elizabeth era figlia mia e del mio giovane marito. Rose era lì con noi ed il suo fidanzato. In camera mi aveva sussurrato: < Non dire a Edward di questa bugia. Di certo non gradirebbe! > e poi mi aveva fatto l’occhiolino. Come scusa a me non sembrava stare molto in piedi ma, proprio come aveva detto Rosalie, tutti erano troppo impegnati ad ammirare la loro bellezza per prestare ascolto alle loro parole.

In camera, mi levai quei vestiti ingombranti ed andai in bagno. Mi presi del tempo per me, a mollo nella vasca. Sentii il facchino portare una culla ed Elizabeth vagire affamata. Mi asciugai ed andai nell’ampio salotto. In accappatoio, presi Elizabeth e l’avvicinai al mio seno. Mangiava sempre molto e molto spesso e potei notare come ciò avesse contribuito alla profondità delle mie occhiaia, oltre che al suo peso. Era ancora leggerissima e piccola ma si era irrobustita un pochino.
Quando potei finalmente dare la bambina ad Esme perché la cambiasse, andai in camera e mi infilai un pigiama. Nonostante avessi passato quasi tutto il giorno a dormire, ero ancora stanchissima. Edward mi aveva chiamato mentre ero addormentata ma, svegliata da Emmett, ero riuscita a rispondergli. La sua voce mi aveva riempito il cuore di gioia e speranza. Avevamo parlato poco ma sapevo accontentarmi. Meglio di niente, come era successo prima di allora. Mi bastava sapere che stava bene; sentire la sua voce anche per un solo attimo era sufficiente.

Indossai un pigiama e tornai in salotto. < Bene Bella, allora, io e te staremo in quella stanza dove ti sei cambiata. Rose, Emmett voi starete nella stanza in mezzo. Tu invece puoi accomodarti nella singola. > disse Esme rivolgendosi a ciascuno di noi.

Io, sedendomi sul divano, accesi la tele e fissai il monitor. Non riuscivo a concentrarmi sulle ragazze che parlavano nello schermo. Esme si sedette al mio fianco e mi chiese: < Vuoi che ti ordini da mangiare? > Intanto Rose aveva provveduto a tirare le tende. Saremmo rimasti chiusi lì dentro, al buio come al solito. < No grazie…magari domattina… > Lei mi accarezzò la spalla e poi si allontanò. Rose ed Emmett erano spariti nella loro camera. In silenzio, Alec mi osservava appoggiato alla finestra. Sentivo il suo sguardo su di me. Mi voltai e lo fissai negli occhi. Lui distolse lo sguardo. Lo vidi mordersi il labbro. < Alec? >
Non mi rispose. < Alec, per favore, non fare così. Non ignorarmi. >
Dato che non mi rispondeva, mi alzai e mi misi davanti a lui. < Alec, per favore. Non vorrai comportarti così per sempre. Non ho intenzione di restare qui con te che non mi rivolgi la parola. >
Fece per andarsene ma io gli afferrai la mano. Sussurrò tra i denti: < Non farmi questo. >
< Alec, perché fai così? Non mi importa cosa ti abbia detto Edward. Non mi importa. Io non voglio che tu mi tratti in modo diverso. Ti ricordi come mi eri amico? > Lo vidi chiudere gli occhi e sospirare profondamente. Qualcosa lo turbava profondamente. Gli accarezzai la guancia per rassicurarlo e lui mi scostò con violenza. Caddi all’indietro e l’ultima cosa che vidi fu il volto terrorizzato di Alec.

< Bella, Bella tesoro? >

< Dottore, cosa dobbiamo fare? >
< Il respiro è regolare … mi sembra normale. Dobbiamo solo aspettare che si riprenda >
< Va bene… Rose, passami quello. >
< Ok, così. Certo, certo. >
< Va bene.  >
< Bella? Bella? >
Le voci confuse sulla mia testa si facevano man mano più semplici da distinguere.
< Esme? > Sbiascicai con la bocca impastata.
< Oh, Bella, tesoro … > poi si rivolse a qualcun altro e disse: < Si sta svegliando. Ok, certo. >
Cercai di mettermi in piedi ma una mano gelida poggiata sul mio petto me lo impedì. < No, sta sdraiata ancora un po’. > Era la voce di Rose.

Aprii gli occhi e mi accorsi di una pezza gelata a lato della mia testa. Del ghiaccio era stato avvolto  dentro ad un pezzo di stoffa ed era stato appoggiato sul punto in cui avevo sbattuto contro il tavolino.

< O merda! > gracchiai portandomi la mano alla testa. < Cavolo, cavolo, cavolo! > imprecai sdraiata sul letto matrimoniale. Vedevo la mia valigia a lato del letto.
Quando mia figlia, dalla stanza vicina, cominciò a piangere io mi appoggiai ai gomiti e chiesi: < Quanto tempo sono rimasta così? >
< Appena una decina di minuti. Non preoccuparti. > Rosalie cercava di rassicurarmi.
Poi sentii nuovamente la voce di Esme. Stava parlando con un uomo. Quest’ultimo mi si avvicinò e mi tastò dolcemente il capo.
< Come stai piccola? >
< Ehm … bene… > Ero agitata. Sentivo Elizabeth piangere e volevo andare da lei. Il signore mi stava ora sentendo il polso. < Mi sembra sia tutto a posto … Evidentemente era molto stanca per il lungo viaggio… non mi preoccuperei se fossi in voi. La botta non è stata violenta. > disse gentile as Esme e Rose. Vedendo la mia impazienza nel cercare di alzarmi, mi chiese: < Il bambino è tuo? > Annuii e lui mi sorrise. < Signora, perché non portate il piccolo dalla madre? >

Esme annuii e fece cenno a Rose di andare. Poco dopo lei entrò con la bambina in braccio. L’avevano avvolta in una coperta pesante. Appena la appoggiai al mio corpo il suo pianto si attenuò. Dato che il vestitino che le avevano messo era rosa, il dottore mi chiese: < Femmina? >
< Sì … > mormorai impacciata. < Posso allattarla? Non corre rischi… > Chiesi non sapendo se mi avesse dato qualche medicinale. < Certo, cara. Ci mancherebbe. Non ti abbiamo dato niente. Tua sorella voleva vedere se riuscivi a riprenderti da sola, prima di arrivare alle medicine. > Sorrisi e ripetei il solito rito della maglietta ed Elizabeth si avvinghiò a me. Quando ebbe finito, vedendo il mio sguardo apprensivo, il dottore mi chiese: < Vuoi che la controlli? > < Oh, sarebbe molto gentile. > < Dovere. > Mi rispose cordiale.

E così dicendo le tolse il vestitino e la visitò. Il viaggio era stato molto lungo anche per lei e non avere Carlisle vicino mi angosciava. Sentii tantissimo la mancanza di Edward in quel momento. Avevo bisogno di lui. Quando il dottore strinse le labbra, per poco non mi misi a piangere. < Sta male? > Domandai con voce tremante. < No, direi di no… solo, è un po’ fredda e sottopeso. Quanto ha? >
< Una settimana. >  Quando glielo dissi, mi guardò male.
< Signorina, non avrebbe dovuto mettersi in viaggio così presto. Non capisco neanche perché l’abbiano dimessa dall’ospedale. Lei mi pare ancora fragile e pallida. Il parto non è una cosa da sottovalutare. E la bambina è piccola… >
< Elizabeth è nata prematura … > S’intromise Esme poggiandomi una mano sulla spalla per rassicurarmi.
< Di quanto? >
< Tre settimane. > Lo vidi pensieroso e mi sentii mancare. Edward e Carlisle mi avevano forse mentito per tranquillizzarmi?
< Complessivamente mi sembra stare tutto sommato bene. Certo, avrà bisogno di essere seguita… Forse avreste dovuto rimandare la partenza, per entrambe. Una degenza più lunga in ospedale non vi avrebbe fatto male. > E mi guardò con sguardo critico.
< Vede, dottore, abbiamo dovuto partire subito per dei gravi motivi … ma se potesse, vorrei che tutto ciò che è stato detto in questa stanza non ne uscisse. Sa, è stata una partenza improvvisa… >
E poi gli rivolse un sorriso che lo zittì. Ad Esme si aggiunse Rose che, rivestendo la bambina, muoveva il suo corpo in modo particolarmente accattivante.

L’uomo, incantato, scosse la testa come per risvegliarsi da un sogno e mi disse: < Adesso come va il capo, cara? >
< Bene… Ahia! > gridai quando lui tastò un rigonfiamento alla mia sinistra.
< Ti verrà un bel bernoccolo. Devi fare più attenzione… Allora, resta a letto e riposati. Ne hai bisogno. Ti consiglierei di mangiare molta carne e uova. E anche molta frutta e verdura. Devi cercare di avere una dieta bilanciata ma anche ricca di sostanze nutrienti. > Mi accarezzò i capelli e poi si rivolse ad Esme: < Senta, questa notte controlli ogni 3-4 ore che sia vigile e cosciente. Le ponga delle domande. Deve assicurarsi che le sua risposte siano coerenti. Se ci fossero problemi, mi richiami. Questo è il mio numero … o può anche contattarmi tramite l’albergo, come ora. Se io non ci fossi, verrà un mio collega dello studio. Poi, se volete e se avete intenzione di fermarvi un po’, posso darvi anche il numero di alcuni ginecologi e pediatri. Basta che mi facciate sapere.> e poi ci salutò, raccomandandosi nuovamente con me. Appena se ne fu andato, mi alzai in piedi ed andai in sala. Emmett ed Alec non c’erano. Senza bussare, aprii la porta della camera singola. Mi tenevo ancora la borsa del ghiaccio appoggiata alla testa. Emmett mi disse: < Bella, torna in camera tua. >
< No, Emmett, non rompere. Alec. > dissi rivolgendomi a lui, seduto a terra con il capo tra le mani. Non si mosse.
< Alec, esigo una spiegazione. > Gli gridai irata. Lui non mi rispose e io gli tirai il ghiaccio in testa. In quel momento lui alzò la testa e mi trapassò con il suo sguardo nero. Era tormentato.
Sussurrò: < Stai bene? Mi dispiace così tanto… non ho misurato la mia forza. Ti prego, perdonami. Perdonami. >
Quelle parole  tormentante e cariche di dolore e ansia mi sconvolsero. Sapevo che avrebbe voluto poter piangere. Mi sedetti in ginocchio davanti a lui e gli dissi: < Scusa, non avrei dovuto gridarti dietro ma davvero … non puoi non parlarmi. Non sono arrabbiata per prima. Io mi faccio sempre male. Era questione di tempo prima che cadessi inciampando nei miei piedi e sbattendo da qualche parte. Non prendertela. > < Ti ho spinto. È colpa mia. Mi dispiace tantissimo! Scusa. Scusa. >
Gli appoggiai la mano sulla guancia e gli bisbigliai: < Ti ricordi a Volterra, quante volte sono inciampata nell’orlo del vestito? E quando ho sbattuto la gamba contro il divano? O quando sono caduta cercando di prendere quel libro dalla libreria e tu mi hai afferrato prima che mi spiaccicassi a terra? >

Fece un mezzo sorriso e poi mi sussurrò: < La tua bambina è bellissima. Assomiglia tutta a te. >
< Edward ti ucciderà… > Disse Emmett rivolto ad Alec che lo guardò strano. < Probabilmente … > ammise lui. L’ombra di un sorriso sulle sue labbra.
< Grazie … secondo me, assomiglia di più ad Edward … > Dissi ad Alec arrossendo.
Lui mi sfiorò la guancia con delicatezza e poi scosse il capo. < Scusami Bella. Avrei voluto fare di più per te, a Volterra … >
< Tu hai fatto più di quanto potessi anche solo immaginare. Hai salvato me e la mia bambina. Te ne sarò eternamente grata. > E le mie parole sincere lo convinsero. Dolcemente, mi cinse il bacino e mi abbracciò. Le sentii inspirare profondamente. Mi strinsi a lui per un attimo e poi mi allontanai. Lo fissai negli occhi e gli dissi: < Tu per me sei stato un grande amico, e così ti vedrò sempre. Ti voglio bene come ad un fratello perché è questo che tu sei stato per me. E mi piacerebbe che ti unissi alla mia famiglia… sono certo che Carlisle ti accoglierebbe volentieri. Siamo tutti in debito con te, per tutto quello che hai fatto per noi. >
Mi strinse gentilmente le mani e mi disse tranquillo :< Mi spiace ma sono costretto a reclinare l’offerta. Credo che Edward non sarebbe molto d’accordo. > Io sbuffai e lui rise, poi continuò: < Appena sarà tutto finito, partirò. Andrò lontano a cercare la mia strada. Ho bisogno di tempo. Non sono mai stato libero. Nessuno mi ha mai costretto a restare a Volterra ma, essendo l’unico luogo che potessi chiamare casa, non mi era mai neanche passata per la testa l’idea di andarmene, lasciare mia sorella Jane… Da quando sono un vampiro, è la prima volta che penso a un futuro per me nel mondo. > Sorrise triste ed io feci lo stesso.
< Promettimi che verrai a trovarci. Mi mancherai … vorrei che non te ne andassi mai ma allo stesso tempo vorrei che tutto finisse in fretta. Sarebbe bello se potessi restare… > Mi accarezzò la spalla e mi sussurrò: < Vedrai, ci vedremo ancora. Magari quando sarai meno fragile … > E poi, scompigliandomi i capelli, aggiunse: < E magari, avrai cambiato idea e vorrai fuggire con me. >
Risi e poi gli dissi sarcastica: < Ti piacerebbe. >
Chinandosi a baciarmi la fronte, mi bisbigliò: < Certo. Lo sai che ti amo… >
< E tu lo sai che ti voglio bene, ma che se continui così non impedirò ad Edward di staccarti la testa al suo arrivo. > Gli risposi io. Scoppiò a ridere e passò il palmo della sua mano sul mio capo. Sussultai quando toccò il punto che mi doleva. Lui indietreggiò ed io dissi: < Va tutto bene, non è niente. > e poi abbozzai un sorriso. Lui pareva scettico e non mi rispose. Uno sguardo colpevole dipinto sul volto. Mi sporsi in avanti per baciargli la guancia e gli sussurrai: < Tu non sei innamorato di me. Solo, non hai mai conosciuto l’affetto, quando io te ne ho dato, non sapevi cosa stessi ricevendo. Quando troverai la ragazza giusta per te, capirai cos’è l’amore. E capirai anche cosa significa amicizia. >
Detto questo, andai in camera mia da Esme ed Elizabeth. Attraversando la stanza sentii Alec bofonchiare: < Non credo che vorrei fare quello con un’amica… >
Io arrossii violentemente e capii perché Edward non avesse voluto che gli parlassi. Che sciocco.mio marito sapeva che amavo solo lui. Che niente sarebbe riuscito a farmi cambiare idea. Il sentimento che provavo nel profondo del mio cuore era troppo forte e travolgente perché potessi reprimerlo o metterlo a tacere. Quel sentimento era troppo parte di me. Così come lo era Edward. Così come avevo bisogno di sentirlo.

Entrata in camera, mi sdraiai a pancia in giù sul letto. Esme poggiò la piccola nella culla e mi venne vicino. Passandomi la mano sulla schiena,massaggiandola lentamente, mi sussurrò: < Tutto bene, tesoro? >
In silenzio, annuii affondando nelle coperte. < La testa? > < Tutto bene … > < Vuoi dormire? > < Sì … > E lei allora mi avvolse nelle lenzuola. Poco dopo mi addormentai. Quando Esme, con la sua voce dolce e materna mi svegliò,mi ritrovai piangente.
< Bella, tesoro, va tutto bene… tutto bene… > Mi ripeteva tentando di infondermi sicurezza.

Cercando di moderare i singhiozzi, mi ricomposi. Avevo sognato di essere con Edward. Avevo desiderato le sue mani sulla mia pelle e, nel mio sogno, quelle erano arrivate. Nel sogno, ci amavamo sicuri dell’avvenire. Ci amavamo spensierati e felici delle nostre esistenze. Nella realtà però, tutto era diverso. Mio marito era lontano da me e la nostra famiglia era divisa.

Nella realtà, il futuro era una possibilità indistinta, così come le nostre vite. Ogni cosa incerta appesa ad un sottilissimo filo che non eravamo noi a reggere. Tremai.

Esme mi obbligò a mettermi in piedi. Io feci come voleva.risposi alle domande sue e di Rose. Elizabeth, svegliata dai nostri, o per meglio dire miei, rumori, cominciò a vagire ed io l’accolsi tra le mie braccia. Era una bambina bravissima dato che i lamentava pochissimo e stava tranquilla tra le braccia di tutti ma, tra le mie, cessava immediatamente di piangere e restava calma. Ero certa che gradisse il calore emanato dal mio corpo. Lessi la domanda sulle sue labbra affamate. La sua bocca tesa a formare una minuscola O, tonda e perfetta. Le sue dita strette intorno ai miei capelli. La allattai al buio senza sapere se fosse realmente notte. Le pesanti tende erano tirate e nella camera non vidi orologi.
Mentre io ero intenta ad occuparmi di mia figlia, Esme e Rose discutevano. Stavano parlando del nostro rifugio successivo. Sospirai al pensiero di un altro giorno di viaggio. Loro interpretarono bene il mio verso e mi sussurrarono: < Lasceremo trascorrere un po’ di tempo. Devi essere in forze. Non preoccuparti, resteremo qui ancora almeno una settimana. >
Quella notte, o per lo meno  presumevo fosse notte, venni svegliata ed “interrogata” da mia suocera diverse volte.  Voleva assicurarsi che stessi bene.
Quando Esme mi porse un vassoio enorme stracolmo di cibo, capii che finalmente doveva essere mattina.
Proprio grazie ai pasti, nei giorni successivi, riuscii a distinguere il giorno dalla notte. Edward non aveva ancora chiamato e, sebbene cercassi si non darlo a vedere, mi stavo tormentando per l’angoscia.

Tutto ciò mi ricordò i momenti peggiori della mia vita e mi fece cadere, senza che me ne rendessi conto, in un pozzo buio e profondo a cui mi ero, fino ad allora, opposta con tutte le mie forze. L’unico mio motivo per alzarmi dal letto ogni giorno era quella piccola e fragile bambina che aveva bisogno di me per poter vivere. Era giàla seconda volta che, grazie a lei, riuscii a non impazzire d’angoscia e dolore. Ero una madre e tutto ora doveva venire dopo di lei. Persino me stessa. Persino Edward. Ed ero certa che lui mi avrebbe detto lo stesso. Era questo ciò che mi ripetevo quando, sveglia, tenevo gli occhi chiusi sdraiata a letto e sentivo la piccola piangere ed io non trovavo la forza di alzarmi ed andare da lei... 

Alec ed Emmett osavano raramente entrare in camera mia, a differenza di Esme e Rose. Io avrei voluto tanto restare sola... 

Talvolta Esme, vedendomi così passiva, pur di farmi alzare, la lasciava piangere. La sentii dire una volta ad un preoccupato Emmett, che voleva venire a controllare perchè la piccola piangesse, di non impicciarsi:
< Lasciala stare. Bella deve riuscire ad alzarsi e ad andare da lei da sola. Altrimenti è inutile. Deve capire che deve essere forte. Che deve farlo per lei. >
Elizabeth in quell’occasione aveva continuato a frignare finché io, stufa del suo pianto, non mi fui alzata e, barcollando, non fui andata da lei. Come mi aspettavo, si era calmata non appena la sua pelle era entrata in contatto con la mia. Attaccata al mio seno, subito di era fatta tranquilla. Le lacrime lungo il mio volto, diminuirono in velocità sentendo il calore del suo piccolo corpo contro il mio petto.  

Una sera, a giudicare dai programmi in TV, stavo seduta sul divano. Erano trascorsi tre giorni circa dal nostro arrivo ed Io stavo sfogliando le pagine di un vecchio libro regalatomi da Esme quando Alec si sedette al mio fianco. 

< Come ti senti? > Mi domandò premuroso.  Soffrivo tantissimo per la situazione in cui ci trovavamo tutti noi, ma sapevo che il mio dolore lo rattristava. Mi guardò colpevole e sospirò. Non volevo che si sentisse causa di quello che stava succedendo. Era sbagiato che si tormentasse a quel modo. Non era colpa sua. Mi strinsi nelle spalle e, dopo aver sospirato profondamente, reprimedo la mia angoscia e solitudine,  sospirai: < Come al solito, grazie. > Senza rendermene conto, delle lacrime cominciarono a scorrere dai miei occhi. Vidi le lacrime raggrinzire la carta del libro che fissavo, assente.
< Vedrai, questa volta tornerà presto da te. > Mi disse prendendomi la mano e stringendola dolcemente. Con il dorso asciugò le scie bagnate suella mie guance.  Io abbozzai un sorriso e lui mi sussurrò: < Ecco... un sorriso. Te ne ho visti così pochi... Mi dispiace non averti mai visto realmente felice. Ti meriteresti di esserlo, insime a tua figlia, insieme alla tua famiglia. >
Io arrossii ed annuii contemporaneamente. < Grazie, sei molto gentile con me. Lo sei sempre stato. > Rise di gusto accarezzandomi la guancia. In quel momento, il telefonino rosso di Rose, appoggiato sul tavolo in attesa di una telefonata che non era ancora arrivata, squillò. Io mi alzai in piedi all'istante e mossi due passi verso il cellulare ma Emmett, con la classica velocità da Vampiro, mi precedette. al mio secondo passo, lui aveva già detto: < Pronto? >
Rose ed Esme si erano precipitate in sala e si trovavano adesso una alla mia destra e l'altra alla mia sinistra. Tra le braccia di Rose, mia figlia mi osservava curiosa.

< Bella, è Carlisle... c'è Edward vicino. Li sentiamo... >
Il cuore mi cominciò a battere furioso nel petto non appena ebbi realizzato che avrei finaleme parlato con Edward. Senza neanche volerlo, mi avvicinai ad Emmett ma Esme mi trattenne per un braccio. La fissai confusa ed eccitata ma lei alzò la mano e mi fece cenno di aspettare. Il suo sguardo ed i suoi occhi, preoccupati, mi gelarono il sangue nelle vene.

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Capitolo 32
*** Jane ***


Eccomi qui!
Stanno rifacendo l’impianto elettrico e c’è polvere ovunque. Pieno di calcinacci… la pelle è tutta rovinata!!!
E non c’è l’elettricità!!!!!!!!!
Terribile.
Comunque, in un modo o nell’atro, sono riuscita a riattaccare Internet solo oggi. Colpa dei muratori.
Spero che questo capitolo vi piaccia più del precedente.
Fan di Edward… preparatevi.
Fan di Alice… non vogliatemene.
Fan di Jane… mmm, non credo che ci siano delle fan di Jane, effettivamente. Nel caso, io ODIO JANE, anche se le sto dando ampio spazio XD Questo cap è un po'... strano. Doloroso. Scusate se sn stata così cruda ma ho voluto scriverlo in questo modo per far capire bene i rapporti tra i vari membri della famiglia Cullen e per preparare il terreno per gli ultimi sviluppi della storia. Della serie: è vero che sn sadica, ma non crudele... povera Alice...

Un Bacione a tutte e spero di postare presto (tra poco finiscono i lavori per fortuna!!!!!)  
Per  Hanairoh cavolo, non andare a prendere la bara!!! Credo che il bianco(il colore della purezza) sia per le vergini... mogano fa più fashon! Ma ti prego! Hai visto che ho postato!!!! Spero ti piaccia!!!


Edward’s POV

Sentii i loro passi. I loro piedi scivolavano silenziosi sull’erba bagnata. Quando salirono i pochi gradini che davano sul portico, tutti trattenemmo il respiro. Nell’oscurità, distinguemmo le loro sagome oltre la vetrata.

< Toc Toc > Fece una voce femminile, sgradevole.

Jasper aprì lentamente la porta e Carlisle disse: < Avanti, prego… >
La prima a farsi strada nel salone fu Jane. Ci lanciò un’occhiata strana e poi alzò il capo chiudendo gli occhi. Vidi le sue narici dilatarsi e la sentii inspirare profondamente. Stava annusando. Stava cercando. Il mio corpo involontariamente sussultò.
Subito dietro di lei, entrarono due vampiri alti e robusti. Le mantelle calate sul corpo lasciavano intravedere solo il viso. Gli occhi rossi come rubini lanciarono bagliori minacciosi.
Altre due figure rimasero in attesa sulla soglia, guardinghe.
< Salve Georgy … Jane… Estergon…e anche a voi, Luba e Shoa. > dissi salutando per nome tutti i presenti. Due femmine e tre maschi.  Tra loro, l’unica che conoscessi era Jane.

Jane riaprì gli occhi e si voltò lentamente verso di me. Mi sorrise beata, Alice s’irrigidì e Carlisle, intuendo il futuro imminente, disse: < Jane, per favore. Noi siamo in pace … >
Le immagini nella mente di mia sorella mutarono. Jane sospirò. Nei suoi pensieri lessi il dolore di una duplice perdita. Aro, per cui provava amore carnale, e Alec, per cui provava amore fraterno. I suoi pensieri erano confusi. Non le importava niente di Bella. Mia moglie era stata la sua scusa per poter venire in America a recuperare l’unico membro della sua famiglia. Voleva il fratello ed era disposta a tutto per riaverlo. Il suo istinto le diceva che Alec fosse venuto a cercare Bella. Che quello che le aveva raccontato fosse falso. Se tali dubbi fossero divenuti certezze, sarebbe stato un disastro.
< Jane, a cosa dobbiamo la visita? > le chiesi tentando di suonare cortese.
< Tua moglie come sta? Non  qui… non ne percepisco l’odore… Sai, avevate promesso di trasformarla. Siamo solo venuti a controllare. > Ed annusò l’aria nuovamente, come riprova delle sue parole.
< Bella ha preferito … allontanarsi temporaneamente. Mia madre e mia sorella si stanno prendendo cura di lei, insieme a mio fratello. >
< E vorresti farmi credere che tu saresti restato qui, mentre lei è lontana? > Suonò cinica.
< Non per mia scelta. Dopo la trasformazione… Bella è diventata leggermente instabile. L’astinenza la fa soffrire molto. Questa zona è troppo abitata per una giovanissima vampira. Adesso stanno vagando in zone deserte e disabitate. Lei ha preferito che io restassi … > Feci una pausa e sospirai, abbassando gli occhi e fingendo dolore. Dato il mio stato d’animo mi riuscii bene. Continuai: < Bella mi ha attaccato. Quando è tornata in sé, è stata molto male per questo. Era disperata. Ha insistito lei per allontanarsi. Diceva che non voleva che la vedessi in quello stato. Quando sta abbastanza bene, mi telefona. Tornerà non appena riuscirà a gestire questa nuova situazione

Ormai, il tempo non è più un problema… > E tentai un mezzo sorriso, poi aggiunsi:< Vorrei essere con lei, aiutarla… ma per prima cosa ho il dovere di rispettare le sue richieste. Gli altri si stanno occupando di lei. Non è sola.>  Calcai sull’ultima frase.
Jane sospirò e fece cenno ai due che erano dietro di lei: < Andate. >
Indicò con il capo il piano superiore.
< Cosa avete intenzione di fare? > Chiese Carlisle calmo e pacato.
< Abbiamo ordini precisi. È qui che l’avete trasformata? In questa casa? >
Io annuii e poi sussurrai: < Non credo troverete tracce. Esme ha pulito tutto con molta cura. Non voleva che Bella soffrisse percependo il suo stesso sangue. I sensi dei neonati sono estremamente sviluppati. >
Jane annuì assente e nei suoi pensieri vidi i suoi dubbi. Credeva che fosse fuggita con Alec.
Pochi istanti dopo i pensieri di Georgy mi indicarono che avevano rinvenuto la maglietta, sigillata dentro una scatola. Sospirai. La portarono da noi e Jane la prese per esaminarla.
Provai una sorta di conato di vomito quando, dopo aver avvicinato l’indumento insanguinato al volto, aveva sussurrato: < La tua sposa… il suo sangue aveva davvero un odore delizioso. Peccato non aver potuto assaggiarlo. > Poi, con un sorriso perfido, strinse la stoffa tra le mani affondandoci il naso. Un attimo dopo il suono delle fibre di cotone che si lacerano mi raggiunse. Stracciò la maglietta e lasciò che i brandelli cadessero a terra lentamente.
I due che attendevano fuori dalla porta ci guardarono incuriositi mentre quelli in casa, attendevano in silenzio ordini.
Per alcuni momenti, nessuno parlò. Fu Carlisle a rompere il silenzio: < Credo che ormai le incomprensioni si siano risolte … spero che abbiate ottenuto le risposte che cercavate. > Il suo tono cordiale era velato da una leggera minaccia nella voce.
Jane sbuffò e poi domandò, rivolta a me: < Alec. >
La fissai confuso analizzando i suoi pensieri.
< Sapete dov’è mio fratello? > Sapeva che stavo scrutando nella sua mente e per questo pensò a un ricordo che non avevo mai visto. Voleva che perdessi la pazienza.
Bella, pallidissima e debole, giaceva sul letto di un ospedale. Incosciente. Un braccio fasciato e dei tubicini nell’altro, proprio come nel naso. Alec era seduto al suo capezzale e le accarezzava i capelli. Le sue mani scesero sulle sue spalle il suo capo si chinò su quello di Bella. Le labbra gelide di lui sfiorarono la fronte e per un istante la bocca socchiusa di mia moglie. Le labbra di Bella non erano rosse come al solito ma bensì di un pallido rosa malato. Il contatto con la pelle fredda di Alec la fece rabbrividire e lui si ritrasse. Jane fissava entrambi da un angolo, o cosi dedussi dalla prospettiva del ricordo. Ricordo che Alec non mi aveva mai fatto vedere.
Sentii la rabbia crescere dentro di me ma sapevo che non potevo mostrarla. In tal modo avrei confermato di averlo visto. Jasper tentò di tranquillizzarmi e in minima parte ci riuscì. Leggermente più tranquillo, sussurrai: < Non ho il piacere di vedere tuo fratello da… direi più di un anno. Non so se ricordi il nostro incontro a Volterra. > E poi attesi la sua reazione.
Lei si sedette sulla poltrona e Alice strinse la mano a Jasper. Lui le accarezzò i capelli e la guancia. Si abbassò per baciarle il capo. Alice era tesa. Il futuro era nebbioso e questo non rassicurò né me né lei.

< Eppure, io sono certa che lui non sia lontano. Lui voleva Bella. Era così … palese. >

Si voltò per fulminarmi con gli occhi e poi aggiunse: < Non che lei non si sia mostrata disponibile, tutta così civetta. > E così dicendo mi mostrò dei ricordi di Bella seduta sul letto accanto ad Alec. Stavano parlando. Lei pareva triste. Gli occhi lucidi. Lui le accarezzava la spalla per consolarla. Con un gesto della mano, le sistemò i capelli mostrando il collo candido in cui le sue vene pompavano il sangue. Lei non reagì al tocco delicato delle dita gelide di Alec sulla sua pelle. Sospirò e si strinse di più nella coperta. Alec le asciugò le lacrime che le solcavano il volto. Non riuscii a capire di cosa stessero parlando. Bella, stanca e provata, si appoggiò alla spalla di Alec e cominciò a singhiozzare mentre lui le accarezzava la schiena. Sembrava preoccupata per lei. Mi ripetei di non perdere la calma, che non mi importava di cosa fosse successo a Volterra… Ma provai l’istinto di ammazzare Alec. Poi vidi cosa Bella stringesse nella mano che si era portata al cuore. Un fazzoletto bianco, a me molto familiare. Il mio fazzoletto…
Lei indossava una camicia da notte corta e semitrasparente. Si era però avvolta in una pesante coperta, nascondendo il corpo e le gambe nude. Date le leggere chiazze bluastre sulla pelle, dedussi che doveva avere freddo.
Il ricordo cambiò: La vidi in accappatoio cercare dei vestiti nell’armadio della stanza sotterranea. Alec poco lontano da lei. Forse Bella non si accorgeva degli sguardi che lui le riservava o forse, conscia, li ignorava. In fondo, in quelle segrete, lei doveva pensare a rimanere viva. A qualunque costo. Nonostante ciò che mi mostrava Jane, lei mi era sempre stata fedele. Me lo aveva giurato e io non avevo alcun motivo di dubitare. Mi tornarono alla mente le parole nella lettera: “Ti sarò fedele per sempre, nel cuore e nell’anima.” Sorrisi triste a quelle parole. Lei sarebbe stata sempre e solo mia, non importava cosa fosse e sarebbe accaduto. Il nostro amore andava oltre ciò che veniva comunemente così definito.
Jane stava cercando di insinuare in me il dubbio di modo da rivelarle dove si trovasse Bella. Forse credeva seriamente che Alec fosse con lei, o forse semplicemente aveva intenzione di utilizzarla come esca per attirarlo. Qualunque cosa realmente intendesse, se avesse trovato Bella umana con una bambina tra le braccia avrebbe capito e sarebbe stata la fine.

Dovevo impedirlo, a tutti i costi.

Sorrisi e dissi: < Povero Alec, temo abbia frainteso. Bella è così… spontanea, innocente. Non si rende conto dell’effetto che fa sugli altri. Temo che Alec si sia fatto delle illusioni, delle aspettative sbagliate su di lei. >
< Forse … > Fece lei per poi aggiungere: < A me di tua moglie e della sua dubbia fedeltà non interessa assolutamente niente. L’unica cosa che mi preme, è ritrovare mio fratello prima che possa compiere qualche sciocchezza. Sarei partita con lui, se Aro non mi avesse espressamente chiesto di restare. Ora che lui … ora che le cose sono cambiate, per me non ha più senso rimanere a Volterra. Appena avrò assolto i miei ultimi compiti, lascerò il palazzo. > Il dolore nella sua voce era chiaramente percepibile ma non provai alcuna pena per lei. Colui per il quale il suo cuore morto si struggeva di dolore e per il quale i suoi occhi bruciavano di un pianto asciutto aveva quasi distrutto la mia vita, mia moglie. Come si poteva avere compassione di un amore per una creatura come quella? Un essere disposto a fare una cosa simile ad una ragazza innocente?
Scossi la testa allontanando il pensiero di mia moglie insidiata da quella perversa creatura e, cercando di ricompormi, le dissi: < Noi non sappiamo dove sia Alec. Non lo abbiamo visto. E Bella sta cercando di riprendersi nel più totale isolamento. Emmett e Rose la proteggono dai pericoli. Se avessero percepito un vampiro arrivare, sta certa che avrebbero evitato di incontrarlo fuggendo. Sono certo che non siano entrati in contatto con tuo fratello. >
Jane, senza rivolgermi la parola, fece cenno con la mano alle due persone sulla soglia e queste entrarono. Luba, la donna, si richiuse la porta alle spalle e poi, insieme a Shoa, si posizionò di fianco a Georgy e  Estergon. Un muro compatto in mezzo alla stanza.

< Edward… mi diresti dove potremmo trovare Bella? Solo per una chiacchierata… > e mi rivolse un sorriso luminosissimo.
< Non so dove si trovi. Come ti ho detto, si spostano in continuazione. E comunque, adesso lei è pericolosa. Quando starà meglio, potrete incontrarvi, se sei così ansiosa di rivederla. >
< Non prendermi in giro. > Il suo tono, così come i suoi pensieri, era ora irato. < Io ho bisogno di lei. E come puoi vedere, siamo perfettamente in grado di occuparci di un’insulsa neonata. Ora, dicci dove trovarla. >
< Non posso. Non lo so. Ma anche se lo sapessi, non te lo direi. > Mormorai a denti stretti.
Jane si infuriò. La sua mente era semplice da leggere. Ma prima ancora di sbirciare tra i pensieri di Jane, fui investito da quelli di Alice. Mi vidi a terra, immobile… in agonia…
Sentii l’urlo di mia sorella un istante prima che il mio corpo venisse avvolto da un dolore insopportabile. Mi ritrovai a carponi, boccheggiante. Per alcuni, brevi istanti, il dolore continuò per poi cessare improvvisamente. Alzai leggermente il capo e feci leva sui gomiti per alzarmi un pochino. Fissai Jane che, con voce melliflua, mi chiese: < Dove possiamo trovarla? >
Ringhiai istintivamente e prima di venir invaso nuovamente dal dolore, vidi Jasper venir trattenuto da dietro da due degli uomini del contingente: Georgy e Estergon. I due più forti.
Alice aveva le mani alla bocca con un’espressione di dolore sul volto e Carlisle mi osservava impietrito. I miei occhi incontrarono i suoi nell’ultimo istante privo di dolore e nella sua mente distinsi le parole: “Mi dispiace. Resisti”.
Un attimo dopo, il dolore fu troppo grande per poter anche solo concentrarmi. Ogni millimetro del mio corpo martoriato pareva corrodersi, bruciare. Ogni cellula mi sembrava venisse trafitta da aghi e punte affilate. Quella sofferenza era paragonabile solo all’agonia della trasformazione. Tenevo i denti serrati per non urlare.
Riuscivo a cogliere solo frammenti di conversazioni ed ero talmente sofferente da non riuscire a rendermi conto se fossero mentali o reali. Percepii la voce di Alice al mio fianco. Le sue mani sul mio corpo. Non mi ero reso conto di aver cominciato a tremare. Ero scosso da spasmi.

La voce di Alice mi riportò alla realtà. Jane non stava più chiedendo a me, bensì ai miei familiari, dove fosse Bella. Loro tacevano, eccezion fatta per mia sorella.
< Basta! Basta! > Gridava in preda a singhiozzi senza lacrime. < Basta. Non lo sappiamo! Ve lo avremmo già detto! Non lui forse, ma noi certamente. Che cosa ci importerebbe di una ragazzina appena entrata nella nostra famiglia in fondo? Se dovessimo scegliere chi salvare, salveremmo Edward! > Continuava a gridare Alice. Sapevo che le sue parole erano false. Lei voleva bene a Bella come non aveva voluto bene a nessuno. Erano più che amiche, erano sorelle.
< Non credo che davvero non sappiate… > Era la voce di Jane.
Improvvisamente, vidi nella testa di Alice l’imminente  futuro. Lei stessa lo vide ma non fece niente. Rimase ferma e, con un sospiro, attese che arrivasse. Mi accorsi che stava stringendomi la mano. Aprii
gli occhi e la guardai. Riuscii a bisbigliarle: < No… > con voce rauca ma lei mi sorrise e scrollò leggermente le spalle. Aveva paura. Glielo leggevo nel cuore.

E poi, così come era venuto, il dolore svanì all’improvviso, lasciandomi a terra, sfiancato.

Non feci neanche a tempo ad assaporare il piacere della mancanza di sofferenza che delle grida straziate riempirono l’aria della stanza.

Alice giaceva a terra, al mio fianco. Le mani una stretta in un pugno sul petto e l’altra intorno alla mia. Inarcava la schiena, teneva gli occhi chiusi. La bocca era spalancata e le grida di dolore acutissime,insopportabili.
Con fatica, facendo forza sugli avambracci e sui gomiti, mi portai a sedere. Carlisle era immobile, sconcertato. Jasper pareva impazzito. Shoa prese il posto di Georgy per trattenerlo mentre quest’ultimo si chinò su Alice e le sferrò un calcio. Sentimmo il suono di un osso che si frattura. Jasper ringhiò facendo tremare i vetri.
Avevano capito che io non avrei mai parlato, e così neanche Alice e Carlisle. Evidentemente non era loro sfuggito il comportamento protettivo tenuto da Jasper nei confronti di mia sorella.
Jasper cercò di divincolarsi. Il suo ringhio potente però non riuscì a sovrastare le urla di Alice.
Georgy lo afferrò per la gola e lo sbatté contro il muro, aiutato dai suoi due compagni. Luba teneva d’occhio Carlisle, immobile e disgustato da Jane, e me, ancora troppo debole e spossato per rappresentare una minaccia. Il dolore inflittomi era stato troppo prolungato e violento perché mi potessi riprendere all’istante. Io, che ora ero seduto in ginocchio, ero chino su Alice. Cercavo di tenerla ferma. Percepii i suoi pensieri. Il dolore acutissimo, lacerante, devastante. Lei non serbava ricordi della trasformazione. Era la prima volta che subiva una sofferenza così atroce.

< Allora, dove? Vogliamo solo parlare con Bella. Non abbiamo intenzione di farle del male. Devo solo parlarle. > Disse Jane melliflua.

Alice, senza smettere di muoversi convulsamente nel tentativo di assecondare gli spasmi, strinse i denti. Vidi scorrere nella sua mente i ricordi di lei e Bella insieme. La piccola Elizabeth e il sorriso di mia moglie. il ricordo della sua pelle calda e morbida contro quella fredda e marmorea di Alice. Lei si stava facendo forza. Si stava imponendo di ricordare per chi combatteva, per chi soffriva. Chi amava.
Jane avendo intuito il punto debole chiese di nuovo, ma in maniera persino più vigliacca di prima, se sapessimo: < Allora Jasper? Io ho tanto tempo, nessuna fretta. Pensaci con calma. Magari ti viene in mente dove potrebbero essere gli altri tuoi familiari, insieme a Bella… fa pure con comodo. In fondo, Alice sta reagendo bene. >
Jasper, il viso deformato dalla rabbia e dalla sofferenza, fece per parlare e mia sorella lo vide. Addolorata e immensamente sconvolta dalle conseguenze della confessione di Jasper, cominciò a singhiozzare. Io ero incredulo di fronte alla visione di Alice, oscurata dal dolore. Lei riuscì a portarsi entrambe le mani al cuore e socchiuse le palpebre.
< Jaz. > disse soltanto, fissandolo negli occhi, e poi sorrise debolmente. Jasper era sul punto di rivelare tutto, non perché non volesse bene a Bella, ma perché incapace di assistere a quella scena.
La voce di Alice parve calmarlo. Mio fratello smise di divincolarsi e di tirare pugni e calci ai tre che lo trattenevano contro il muro. Il ringhio che, minaccioso, proveniva dal suo petto si arrestò.
Shoa e Estergon lo tenevano fermo per i polsi, in una presa strettissima. Georgy gli si avvicinò e gli sferrò un ginocchiata nella pancia. Tramite i suoi pensieri, provai il dolore di Jasper per il colpo, ma non era niente rispetto al dolore per Alice.
Né io, ne Carlisle né tanto meno Jasper riuscivamo a sopportare di vederla a terra, torturata da Jane che, a intervalli regolari,smetteva di torturarla per qualche secondo per darle l'illusione che fosse tutto finito per poi però ricominciare a tormentarla. Alice però sapeva benissimo cosa pensava Jane. Lo vedeva nel futuro, così come grazie a lei potevo vederlo io. Le sue urla mi riempivano la testa. Quando mio fratello, ad un urlo più acuto di Alice, strattonò Shoa riuscendo a mandarlo a terra, Io e Carlisle lo vedemmo venir scaraventato contro il muro dagli altri due. Estergon lo tenevaper il collo, impedendogli di muoversi e stringendo con forza. Con il suono dell’impatto, udimmo anche il vetro frantumarsi a causa del colpo sul muro che si era crepato. Io e mio padre non potevamo fare niente. Rischiavamo di peggiorare la situazione. Quando Estergon lasciò andare Jasper, che cadde a terra, mio padre gli si avvicinò e lo aiutò  a riportarsi in piedi. All’orecchio gli sussurrò: < Calmo… > poi si rivolse a Jane:
< Per favore Jane, ti supplico. Ti abbiamo detto la verità. Bella in questo momento potrebbe essere ovunque… ma certamente non con tuo fratello. Ti scongiuro, lascia andare Alice. Lei non ti ha fatto niente… >
Jane alzò lo sguardo verso mio padre. Stava pensando ad Aro. Era disperata e dentro il suo cuore, soffriva. Stava sfogando su mia sorella la rabbia repressa. Jasper fece per avvicinarsi ad Alice ma venee nuovamente bloccato.
Alice, a terra al mio fianco, annaspava. Le sue grida si erano tramutate in gemiti. Teneva i denti serrati come per evitare che la voce fuggisse. Gli occhi erano sigillati e le mani giunte in petto. Inarcava la schiena o si rannicchiava su sé stessa, cercando di evitare il dolore.
Io tentavo di calmarla ma probabilmente non riusciva neanche più ad udire le mie parole. Il tempo passava e fuori il cielo cominciò a schiarire. La mia pena, a confronto con quella di Alice, non era stata niente.
Poi, improvvisamente, i movimenti convulsi del suo corpo cessarono. Lei, immobile, giacque a terra. Il respiro affannato. Jane si era stufata di giocare con lei. Si alzò seccata dalla poltrona e si sistemò la mantella. Jasper strattonò i due che ancora lo tenevano per i polsi e s’inginocchiò al mio fianco, prendendo le mani di Alice. Lei socchiuse appena gli occhi e, tentando un sorriso, sussurrò: < Era solo… un illusione… >
Jasper la prese in braccio e la strinse al suo corpo. Rimanendo inginocchiato a terra, cominciò a dondolarla lentamente e lei si strinse a lui. Il ricordo ancora vividissimo. Il suo corpo stava tentando di smaltire il dolore.

< Se vedeste Alec, riferitegli che lo sto cercando. Che mi manca. Ditegli di chiamarmi. > E senza attendere una risposta, ordinò agli altri di uscire. In meno di un secondo svanirono nella fioca luce dell’alba.

< Alice? Alice come stai? > le chiese Carlisle dopo che Jasper l’ebbe adagiata sul divano. Lei non rispose subito, allarmando Jasper. Dopo circa mezzo minuto bisbigliò: < Meglio… sta passando tutto. > Carlisle le passava una mano sulla fronte mentre Jasper le teneva le mani. Jane e i suoi compagni erano ancora là fuori,  nascosti in attesa di un nostro passo falso, di una nostra parola di troppo. Nei pensieri di Carlisle e Jasper la domanda che mi rivolgevano era la stessa: < Se ne sono andati? > Io risposi: < No, il bosco… > e lo indicai con il capo. Carlisle sospirò e continuò a massaggiare la testa ad Alice mentre Jasper ringhiò piano. Mia sorella sussurrò: < Va tutto bene, Jaz, tutto bene. Non preoccuparti. > Lentamente, il suo corpo si distese e i suoi muscoli si rilassarono. Trascorremmo circa mezz’ora aspettando che si riprendesse. Quando, cercando di fare finta di niente, si portò a sedere, Jasper le cinse i fianchi e la sorresse. < Sto bene. > disse lei appoggiandosi alla sua spalla. < Certo che è un bene che non mi ricordi della trasformazione… > cercò di ironizzare ma mio fratello non rise come faceva di solito. La strinse di più a sé e le baciò i capelli. < Mi dispiace. Non ho potuto fare niente… > < No, sei stato grande. Ti sono grata per non essere stato impulsivo. > e gli sorrise, poi aggiunse: < Carlisle… >
< Sì? >
< Mi sento… debole… Non... cioè, è così strano…> Disse confusa. Mio padre le si avvicinò di più e le prese la mano. < Senti che qualcosa potrebbe aiutarti? > Le chiese cercando di aiutarla. Lei ci pensò un istante e poi sussurrò: < Credo di aver bisogno di cacciare… > La sua voce assomigliava ad un pigolio, bassa impaurita. < Sì, mi sembra un ottima idea. Vuoi che veniamo tutti o preferisci solo con Jasper? > Lei alzò il capo e fissò Jaz negli occhi per un istante. Lo sguardo che si scambiarono era denso di significati. Cercai di non intromettermi nei loro pensieri privati. Jaz voleva baciarla… < Staremo nel bosco del giardino. Se succedesse qualcosa, ci faremo sentire. >

Io e Carlisle annuimmo e Jaz, sempre tenendo Alice per i fianchi, l’aiutò ad alzarsi. Per i pochi metri in cui Alice camminò per raggiungere la porta, tutti e tre ci accorgemmo di come le sue gambe tremassero. Jasper la strinse a sé protettivo,baciandole i capelli spettinati, ed insieme uscirono dalla casa. Alice, non appena fu all'aria aperta, inspirò profondamente e tremò. Nei suoi pensieri il sollievo e la paura nonchè il ricordo vivissimo del dolore. Strinse la mano di Jaz e insieme a lui camminò lentamente fino al limitare del bosco. I pensieri gentili di Alice mi rassicuraono: "A dopo, Edward. Grazie..." E poi sparì tra gli alberi.

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Capitolo 33
*** Baci ***


 

Salve a tutte!
Scusate per il ritardo ma tra i muratori, i compiti, il concorso di FF a cui mi sn iscritta (e che ero convinta scadesse il 16 ottobreà super ritardo!!! Erika, scrivi di corsa!!! E poi mi sn accorta che il termine era sì il 16, ma di novembre… della serie: Erika sta letteralmente dando i numeri XD) davvero non sn riuscita a dedicarmi al cap 33 come dovevo e ve ne chiedo scusa. Potevo scrivere qualcosa di veloce tanto per postare ma non mi piace fare le cose male e di fretta. Preferisco prendermi più tempo ma essere soddisfatta del mio risultato (sono una perfezionista XD) e poi, mi ero un po’ depressa per il calo di recensioni…
Spero che non sia dovuto ad un abbassamento di interesse per la storia. All’inizio mi ero un po’ demoralizzata ma poi mi sn detta: Erika, la gente va a scuola, deve studiare… magari legge il cap nei ritagli di tempo e non ha molto tempo per recensire. L’importante è che l’aggiornamento sia piaciuto!
E proprio per questo mi sn messa e ho cercato di scrivere un bel capito per oggi (ho l’influenzaà Sn nel letto malata e ho trovato il tempo di scrivere XD) sperando che possa allietare i vostri pomeriggi di studio. Scrivere mi rilassa e mi fa sentire felice. Spero che leggere le mie storie abbia su voi che mi seguite lo stesso effetto e che questo capitolo vi lasci un sorriso.
Questa è quasi finita ma molte altre idee mi stanno pregando di essere messe su carta, o meglio, sulle pagine di word!!!
Un grazie gigante alle ragazze che hanno recensito migliorandomi la giornata (litigata cn mia madre… e chi mi conosce dirà: Oh che novità! àio e lei litighiamo SEMPRE!!! Voglio andare a vivere da sola!!!)
Ora vi lascio che, nonostante la febbre, devo studiare tantissimo.
Un bacio (pieno di germi… no anzi, meglio di no XD) a tutte e continuate a seguirmi. Il prossimo aggiornamento non tarderà ad arrivare. È una promessa! (giovedì va bene? )
Vostra Cassandra, malaticcia  ed infreddolita!!!
Ps: scusate per il carattere piccolo che ho usato la volta scorsa… non so perché me lo ha fato così… *sconcerto*
PPS: questo è il link per la culla da viaggio di Elizabeth XD : http://www.genux.com/files-V2/img-8/pg-42145-1-ek.jpg

Bella's Pov
< Esme… Per favore, voglio parlare con mio marito! >

< Bella, aspetta un secondo, di grazia. >
Emmett parlava velocemente, troppo velocemente. Non riuscivo a distinguere nemmeno una parola. Corrugò la fronte e scosse il capo fissando Rose ed Esme, poi indicò me e la porta con la testa.
Esme mi prese per l’avambraccio e cercò di accompagnarmi in camera. Io puntai i piedi e cominciai a gridare: < Io voglio parlargli! >
Rose ed Esme mi presero di peso ma Emmett le bloccò e in un attimo mi porse il telefonino.
< Che capricciosa che sei. > mi disse ma io neanche lo ascoltavo. Presi il piccolo oggetto tra le mani e mi accorsi che le mie dita tremavano.
Lo avvicinai all’orecchio e sussurrai: < Edward? >
< Bella, Amore… stai bene? >
< Sì, e tu? E Alice? Jasper e Carlisle? > Chiesi in un fiato. Le lacrime che si accalcavano agli angoli degli occhi, ansiose di uscire contro la mia volontà.
< Bella, calmati. Stiamo tutti bene. >
< Vi hanno fatto del male? Se ne sono andati? >
< Va tutto bene, Tesoro. Qui è tutto a posto. Se ne sono andati qualche ora fa. Ti ho chiamata appena possibile. Scusa se non l’ho fatto prima. Non sai quanto desiderassi parlarti. >
< Se ne sono appena andati? > Domandai spaesata. Doveva essere passata una settimana dalla nostra separazione. Perché si erano trattenuti presso la mia famiglia così a lungo?
< Sì, per sei giorni sono rimasti appostati nelle vicinanze in attesa di un nostro passo falso. Aspettavano che vi contattassi. E stato molto difficile non farlo. Ho dovuto fingere di non poter chiamarti. Ho passato un giorno intero seduto sul divano con la testa tra le mani. Dovevo sembrare in attesa di una tua chiamata. Fortuna che sono un attore migliore di te. > E rise piano, senza vera allegria nella voce.
< Scemo… > gli feci io affondando nel divano e portandomi le ginocchia al petto. < Sei certo che se ne siano andati? >
< Sì. Vedendo che qui non succedeva niente, hanno deciso di partire circa quattro ore fa. Alice dice che sono già in Oregon. A Portland. I loro pensieri sono spariti. Ora qui è tutto tranquillo. >

Sollevata, gli sussurrai: < Mi manchi. Quando vieni a prendermi? >
< Abbi pazienza ancora un po’ di tempo. Devi cercare di stare calma… ti prometto che arriverò presto. Mi manchi così tanto… >
< Ti stiamo aspettando. Non tardare troppo. >
< No, non preoccuparti. Volevo prima però passare a salutare Charlie e anche Jake. Volevo rassicurarli personalmente. >
< Sì, sarebbe molto carino da parte tua. Ti prego, di a Charlie che gli voglio bene. E anche a Jake. >
< Certo. Appena sarà possibile, ti farò parlare con loro direttamente. Per ora però, dobbiamo pensare a tenerli al sicuro. > < Certo, capisco benissimo. > < Amore, abbraccia la bambina da parte mia, mi raccomando. > < Certo Edward. Lo farò. Ti passo Emmett? > Chiesi consapevole dell’urgenza nella sua voce. < Sì, grazie. Ti amo. > < Anche io. > gli dissi subito prima di dare il cellulare ad Emmett. La loro conversazione fu breve. Poco dopo il mio fratellone chiuse il cellulare e disse: < Partiamo domani. >
< Dove andiamo? > Chiese Rose e lui le rispose: < Ci spostiamo più a sud. Edward dice di andargli incontro. >
Sentii una strana eccitazione dentro di me. Presto avrei rivisto mio marito. Un sorriso si fece timidamente strada sulle mie labbra. Alec pareva turbato. Fissava le stampe alle pareti, assente.

< Tutto bene? > gli chiesi accarezzandogli la spalla. Lui si voltò verso di me e mi sorrise triste. Mi accarezzò il volto e, quando feci per chiedergli che avessi, lui mi strinse a sé ed appoggiò  le sue labbra di pietra sulle mie. Nella mia bocca socchiusa sentii il sapore del suo respiro. Stringendomi per il bacino, mi sollevò di pochi centimetri, facendomi rimanere in punta di piedi.

Io, sconvolta e sconcertata, rimasi immobile. Alec mosse timidamente le labbra per pochi istanti e poi mi lasciò andare. Appena mi lasciò andare il bacino, io mi allontanai e feci per tirargli uno schiaffo. Lui mi afferrò il polso impedendomi di colpirlo. < Ti faresti male. > mi disse semplicemente. < Come ti sei permesso?!! > Gli gridai irata.

Lui scosse il capo e poi sollevò lo sguardo. Mi fissò negli occhi e sussurrò: < Volevo un regalo d’addio. >

Improvvisamente, mi sentii triste. Lui mi lasciò il polso ed io lasciai cadere il braccio lungo il mio fianco. < Te ne vai? > gli chiesi con voce tremante. L’offesa del bacio rubato già dimenticata.
< Non c’è più bisogno che io ti protegga. Tra poco tornerai dal tuo Edward. >
Senza pensarci, mi buttai contro il suo corpo di pietra e lo abbracciai stretto, facendomi male. Gli bagnai la maglietta di lacrime. Singhiozzavo che non se ne andasse ma lui, dandomi delle pacchette sulla schiena, mi sussurrava: < Non essere triste. Non devi. Sei stata la cosa migliore che mi sia capitata nella mia lunga esperienza. Solo che non sei mia. Non ho il diritto di desiderarti. È quello che mi hai dato è più di quanto meritassi. Non ti potrò mai dimenticare. >
< Promettimi che tornerai a trovarci. Ti prego! > Lo implorai.
< Se il destino lo vorrà. >
< Sei tu che devi volerlo. Io ho sempre combattuto contro il destino. È troppo semplice abbandonarsi al fato. Io non lo ho mai fatto. >
< Sì, me ne sono accorto… > e sorrise. Appoggiò le sue labbra sulla mia fronte ed io sussurrai: < Partirai subito? >
< Sì. > < Ti prego, non puoi accompagnarmi da Edward? > Per essere sicura che non mi dicesse di no, gli bisbigliai con le lacrime agli occhi: < Sarei più tranquilla e mi sentirei più al sicuro sapendo che tu sei con noi. >
Scosse il capo e mi lanciò un mezzo sorriso. Mi prese la mano e poggiò il mio palmo sulla sua guancia. < Come se potessi dirti di no… > e poi si chinò per un attimo appoggiando la sua fronte sulla mia. Un attimo dopo, era sparito nella sua stanza.

Rose, che aveva riportato mia figlia in cameta, mi prese per mano e mi accompagnò in camera. Mi sedetti sul letto e lei mi accarezzò i capelli.
< Sono pieni di nodi… > Io mi voltai e la fulminai con lo sguardo. < cioè, sono belli… non volevo offenderti. Solo, dovresti curarli di più… sono tutti annodati. > Mi disse per scusarsi.
Io sbuffai e mi lasciai cadere con la schiena sul letto. < Rose… ma ti pare che io abbia avuto il tempo di mettermi a usare il balsamo e la maschera per i capelli nelle ultime settimane? Cioè, non so se ti sei accorta che una settimana e mezzo fa ho partorito e che da allora non dormo quasi più… e poi, ho avuto parecchio da fare scappando da della gente che mi vuole morta. >
Si morse il labbro e rimase zitta. Io chiusi gli occhi e lei, delicata, con le dita cominciò a pettinarmi i capelli. Quasi non mi accorgevo del suo tocco tanto era delicata. Senza rendermene conto, mi addormentai.

< Bella? Bella tesoro… > < Mmm? > < Bella, alzati… > < Noo! Ho sonno. > < Bella, devi alzarti. > Mi tolsero le coperte di dosso e la luce della lampada mi ferì gli occhi. Mi coprii il volto con il braccio ma Esme mi appoggiò la sua mano gelida sulla spalla lasciata seminuda dalla mia camicia da notte. Tremai e mi girai su un fianco, cercando con le mani le coperte.
< Bella, ti butto giù dal letto. > mi fece Emmett che, una volta aperti gli occhi, mi accorsi essere accucciato a terra. La sua testa era a tre centimetri dalla mia. Soffiò sulla mi fronte facendo svolazzare i miei capelli ed io richiusi gli occhi. Tre secondi dopo qualcuno, Emmett di sicuro, mi levò il lenzuolo dal letto e mi fece rotolare sul copri materasso. Gridai e risi insieme ad Esme che, tranquilla, mi osservava appoggiata alla finestra dalle tende tirate.
Emmett se la rideva e mi lanciò un cuscino. Rose apparve alla porta con la mia bambina tra le braccia. La dondolava lentamente cercando di calmarla. Elizabeth, tutta infagottata, stropicciava le manine e piangeva. Il suono della televisione aveva coperto i suoi vagiti. La sua bocca era spalancata in una piccola O. mi alzai velocemente e, raggiunta Rose, mi chinai per strofinare il mio naso su quello della piccola. Le sue dita minuscole si strinsero intorno ad una ciocca di miei capelli. La tirò con forza e mi stupii di quanto fosse forte.

Senza che la piccola mi lasciasse i capelli, Rose me la passò ed io la accolsi nelle mie braccia, piegate a formare una culla modellata sul suo piccolo fragile corpicino di neonata. Smise di piangere all’istante e cercò di avvicinarsi di più a me, in cerca di calore.
Mi sedetti sulla poltrona e la poggiai al mio seno. Per alcuni minuti non vi fu altro suono se non i nostri due cuori, i respiri e il suo tranquillo e ritmato ciucciare.
< Allora? Hai finito? > Le chiesi poggiando la punta del mio indice su quella del suo nasino quando sbadigliò sporcandomi il seno di latte. Lei chiuse gli occhi ed affondò il visino tra i miei seni, quasi volesse ripararsi dal mondo. Era piccola e leggera tra le mie mani. La strinsi a me e le baciai i capelli. Era come averla ancora nel mio grembo.
< Bella, hai fame? Ti faccio portare qualcosa? >
< Che ore sono? >
< Sono lei sei e mezza di mattina… > Era già mattina? Ma allora… < Chi ha dato da mangiare alla bambina questa notte? > Perché non mi avevano svegliata? Sapevano quanto ci tenessi ad allattarla al seno. < Rose si è occupata di lei. Questa notte non voleva proprio dormire. Non preoccuparti, il latte era caldo ma non bollente… oltretutto, non ne è rimasto quasi più del tuo, quindi non preoccuparti. La prossima volta ti sveglieremo. Comunque, dopo è meglio se ne prepari un po’… > E mi porse dei piccoli barattoli in cui conservavo il mio latte. Quella dannatissima macchina datami da Carlisle per estrarre il latte mi osservava dal comodino. Nel piccolo frigobar le coche erano state sostituite dal mio latte…
< Esme… > < Sì? > < Secondo te… posso fare il bagno con la bambina? > Chiesi timidamente cullando Elizabeth che stava ancora nascosta tra i miei seni.
< Beh… non vedo perché no… > Sorrisi felice e portai la bambina con il volto contro il mio. Affondai le labbra nella sua guancia morbida e calda e lei strusciò la manina sul mio viso. Le feci fare il ruttino e poi aspettai un po’. Alle 8 andai nel bagno Rose mi aveva preparato la vasca. L’acqua era calda ma non eccessivamente, bassa tanto da arrivarmi alla vita una volta entrata, e non c’era il sapone diluito nell’acqua.
Per lavare la bambina non usavamo prodotti se non alcuni determinati per neonati.
Con attenzione entrai nella vasca con la bimba tra le braccia. Appoggiata al mio petto, Elizabeth non si mosse. I suoi piedi affondavano nell’acqua. Tremò ed io le passai l’acqua calda sul corpo e poi, tenendola sotto le ascelle, la immersi fino alle spalle. Nell’acqua scalciò ed agitò le braccia schizzando il muro. La riavvicinai a me stringendola forte. Le lavai i capelli e il corpo lentamente e con delicatezza. La tenevo con una mano e la l’accarezzavo con l’altra. Lei osservava attenta l’acqua e con le manine tendeva verso di me.
Dopo circa dieci minuti, appoggiata al mio petto, sbadigliò. Risi e la strinsi di più contro la mia pelle. L’acqua era ancora calda e piacevole…
Quando Esme,  poco dopo, bussò le dissi di entrare. Si chiuse la porta alle spalle per non fare uscire il calore del bagno. Le sue mani erano stranamente calde quando mi sfiorarono il petto per prendere Elizabeth. Mi sorrise e mi fece l’occhiolino. < Calorifero. > Disse semplicemente mentre avvolgeva la bambina in un asciugamano morbido e caldo anch’esso. Dato che se lo era portato dalla stanza attigua, dedussi che lo aveva messo sul calorifero.

Poco dopo anche io uscii dalla vasca infilando dentro l’accappatoio. Quando fui pronta, tornai in camera e vidi che Rose aveva già finito di preparare i bagagli.

Non mangiai molto dato che dovevamo viaggiare.
< Emmett… > Gli chiesi mentre scendevamo in ascensore, < Quante ore dobbiamo restare in auto? >
< Ci metteremo circa sei ore per raggiungere il luogo stabilito, e da lì a casa, a Gibson, sono altre cinque ore. Edward ha insistito per incontrarci lungo la strada. Non vuole affaticarti troppo. >
Mi appoggiai allo specchio. Rose ed Esme mi aspettavano già in auto mentre mio fratello e Alec mi accompagnarono. Non mi permisero di fare neanche un metro senza di loro. Elizabeth era con Esme. Nei pochi metri che separavano l’ingresso dell’albergo dalla macchina, Alec mi coprì per evitare che mi bagnassi a causa della fitta pioggia.

Una volta a bordo, sospirai. Faceva freddo. Ero seduta tra Rose ed Esme…
< Emm, non è che accenderesti il riscaldamento? > Gli chiesi mentre prendevo tra le braccia mia figlia. Mia suocera teneva sulle ginocchia una culla da viaggio per neonati comprata il giorno prima. 
Pochi secondi dopo, un getto d’aria bollente cominciò a riscaldare il freddo abitacolo.
Elizabeth volle mangiare e dovetti allattarla a bordo.
Alec mi fissava in silenzio dallo specchietto del conducente.
La guida di Emmett era tranquilla e, nonostante la velocità sostenuta, sembrava di non muoverci neanche. Quando Elizabeth ebbe finito, le feci fare il ruttino e mi rivestii. Rose la prese in braccio e lei cominciò a piangere. Tesi le braccia verso di lei e quando fu di nuovo a contatto con la mia pelle, si calmò. < Vuole stare con te. > Mi sorrise Esme accarezzandomi la guancia e poi sfiorando quella della bimba.
Dopo quasi un’ora chiuse gli occhi e la sua bocca si spalancò.
< Si è addormentata? > Mi domandò Rose più per gentilezza che non per curiosità.
La bambina, accoccolata tra le mie braccia, riposava appoggiata al mio seno. La passai a sua nonna che la mise nella piccola culla sulle sue ginocchia.
Sbocconcellai un panino ma poco dopo dovetti chiedere di fermarci. Cattiva idea mangiare in auto. Rimisi quel poco che avevo mangiato e rimanemmo fermi ad una stazione di servizio per quasi tre quarti d’ora.
< Merda… > Sussurrai a denti stretti nel bagno del ristorante. Mi stavo lavando la faccia.
< Non preoccuparti cara. È certamente colpa dello stress. Emmett ha avvisato Edward che arriveremo un po’ in ritardo. Anche lui preferisce aspettare che tu stia bene prima di farti mettere di nuovo in auto. Ti senti meglio adesso? >
< Sì… Dai, andiamo. > Mi prese per mano e mi accompagno al tavolo dove Emmett mi stava aspettando. Prima di uscire dal bagno però, mi spettinò i capelli facendomeli ricadere disordinatamente sul volto e mi sistemò meglio la sciarpa e il cappellino. Nessuno doveva poter riconoscermi.
Una volta in auto, accarezzai la fronte della mia bambina, ancora placidamente addormentata sulle ginocchia di Rose.

Poco dopo anche io scivolai nel dolce mondo incantato dei sogni. E lì, nei sogni, incontrai Edward. Io, lui e la bambina, soli e felici. Molto lontano dalla pioggia di Forks o di Gibson. In un luogo pieno di sole e di luce, dove io potevo camminare senza nascondermi. Dove potevo baciare mio marito senza che lui mi allontanasse dopo poco, per timore di perdere il controllo.
Un posto incantato ed inesistente.
La luce presto si trasformò in una nebbia fitta. Con la mano cercai mio marito ma le mie dita incontravano solo la corteccia umida e ricoperta di muschio degli alberi che non riuscivo a scorgere a causa dell’oscurità.
Sentivo la sua voce chiamarmi ma non riuscivo a raggiungerlo. Poi improvvisamente, il dolore…
Mi faceva male lo stomaco. Avevo la nausea.
Sentii qualcosa di freddo sfiorarmi le guance e la fronte e il mio subconscio mi disse di svegliarmi.
Eravamo ancora in macchina dato il ronzio basso del motore. Stavo piangendo. Le lacrime mi bagnavano la maglietta.
Sentivo delle braccia gelide stringermi dolcemente e per un attimo sperai fossero quelle di Edward.

Quando però aprii gli occhi e mi accorsi di essere appoggiata al petto di Esme, sentii la sconforto prendere il sopravvento. Mi nascosi con il volto nella sua camicetta e lei, accarezzandomi la schiena, mi sussurrò: < Siamo quasi arrivate, non preoccuparti. Edward non è lontano… >
Evidentemente avevo parlottato nel sonno.
Rimasi a farmi consolare dal suo abbraccio per quasi un’ora. Emmett uscì dall’autostrada per immettersi in una strada provinciale. Poco dopo imboccammo una stradina secondaria che attraversava un bosco. Era deserta. Tra gli alberi alti e fitti, non riuscivo a distinguere niente. Faceva freddo nonostante fosse primavera inoltrata. Mi infilai il cappotto che Esme mi aveva appoggiato sulle ginocchia per scaldarmi e controllai che Elizabeth fosse ben coperta. Dormiva tranquilla ed ignara della mia ansia. Emmett alzò il riscaldamento.
Dopo circa un’altra mezzora vidi Alec, che era restato in silenzio fino a quel momento, irrigidirsi e sentii Emmett sussurrare qualcosa troppo veloce perché potessi capire. Da lontano intravidi un’auto scura in una piccola piazzola di sosta ricavata in uno slargo della strada.
Quando l’auto si arrestò, il mio cuore perse un battito.
Dalla vettura di fronte a noi uscirono quatto figure pallide e bellissime. Esme, alla mia destra, aprii la portiera ed uscì. Io la seguii subito. Il freddo pungente mi fece tremare ma non me ne importava. Sentii le mie guance protestare per il vento gelido che mi sferzava il volto ma non vi feci caso. Pensai solo a correre. Correre verso il ragazzo dai capelli rossi a venti metri da me.

Forse inciampai nei miei piedi o in un sasso o una radice, o forse le mie gambe indolenzite per il lungo viaggio non tennero il passo del mio cuore, sta di fatto che caddi.

Prima che però potessi toccare il terreno fangoso, delle mani forti e sicure mi strinsero gli avambracci impedendomi di cadere e farmi male. Qualcuno mi prese in braccio.
La prima cosa che vidi furono le sue labbra e il primo istinto fu di baciarle, assaporarle. Poi vidi gli occhi, caldo oro liquido intento a fissarmi. Improvvisamente mi sentii leggera e felice come non lo ero da tempo. Rimanemmo a guardarci per un lungo e bellissimo istante poi lui mi rimise in piedi. Non appena i miei talloni sfiorarono il suolo. Gli buttai le braccia al collo e lui mi sollevò senza difficoltà. Gli strinsi le gambe intorno alla vita e cominciai a ridere e piangere contemporaneamente. Le sue dita mi sfioravano il collo, i capelli, la schiena.

Io affondavo le labbra nell’incavo profumato del suo collo marmoreo…

Quello che accadeva intorno a noi non mi interessava. Sentivo le voci degli altri… distinsi Rose salutare Emmett ed Esme Carlisle ma non mi importava. Io ed Edward eravamo come soli in un altro mondo, nostro e perfetto.
< Bella, tesoro, prenderai freddo. > Mi sussurrò dopo qualche minuto, quando il mio pianto si fu attenuato e la mia presa intorno al suo corpo allentata. < Perché non entri in macchina? >
< Edward!!! Mi sei mancato tantissimo! > gli sussurrai mentre delicatamente mi obbligava ad allontanarmi da lui. Quando fui di nuovo in piedi, posò le sue mani sul mio bacino ed avvicinò il suo volto al mio: < Pensavo di impazzire senza di te. A proposito, sei bellissima. Persino più bella di quanto ricordassi. Il che è impossibile dato che sei sempre stata splendida … > e mi accarezzò la guancia con il dorso della mano. Poi aggiunse: < La prossima volta, voglio essere io a fare il bagno con te. > e rise piano. Arrossii e lui fece finta di scusarsi dicendo: < Alice ti teneva sottocontrollo… ed io non potevo fare a meno di sbirciare nella sua mente per assicurarmi che tu stessi davvero bene. A proposito, mi piace quel completino blu che indossavi ieri. >
Io, al limite della vergogna, mi nascosi al suo sguardo affondando nella sua giacca. Le sue braccia mi cinsero le spalle e lui cominciò a cullarmi. Mi bisbigliò: < Come va lo stomaco? Stai meglio adesso? Carlisle ha delle pillole per il mal d’auto se avessi bisogno... > Appoggiai le mie labbra alle sue per impedirgli di proseguire. Quando mi separai per respirare lo rassicurai: < Sto bene. È stato un malessere passeggero… > e lui mi sorrise prima di baciarmi di nuovo, con più enfasi.

Le sue mani gelate s’infilarono sotto la mia giacca e mi sfiorarono la pelle della schiena. Tremai.

< Bella, qui fa veramente freddo. Vieni in auto… E mi prese per mano. Dopo pochi metri, come se di colpo il mondo fosse tornato reale, senza lasciare la sua mano mi voltai verso l’auto in cui si trovavano Esme e Rose. < Elizabeth… > Sussurrai ma lui mi poggiò un dito sulle labbra e mi rassicurò: < Non preoccuparti. È già in auto con Alice. Vieni… >  E mi aprì la portiera. Dentro mi aspettava un piacevolissimo tepore. Carlisle, alla guida, mi salutò: < Ciao Bella. Sono molto contento di rivederti. > e fu seguito da Jasper che aggiunse: < Anche io. > < Grazie… > risposi imbarazzata. Mi sedetti vicino ad Alice che teneva sulle ginocchia la culla. Elizabeth si era svegliata e fissava la zia che le accarezzava i lineamenti del volto. Mia sorella mi abbracciò mentre Edward prese la culla. < Oh Bella, mi sei mancata così tanto! > mi disse ma il suo atteggiamento mi sorprese. Sembrava guardinga, agitata. Le sue mani accarezzarono il mio volto in modo ansioso, quasi ad accertarsi che stessi realmente bene. Subito dopo la calma invase sia me che lei. Entrambe ci voltammo verso Jasper che sorrise e prese la mano di Alice per baciarne il palmo. Lei contraccambiò grata. Notando il mio sguardo confuso, Edward disse: < Sono stati dei giorni difficili per tutti, ma adesso è tutto a posto. > E poi si chinò a sfiorare la fronte di Elizabeth con le labbra. Lei sbadigliò e strinse il suo pugnetto intorno alle dita del padre.

Sì, ora eravamo di nuovo insieme e tutto era perfetto…

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Capitolo 34
*** Desideri ***


Salve ragazze!

Come promesso, con molto sforzo, eccomi qui giovedì con il cap 34 che dedico ad Ylenia e Rasputin… e a tutte le matricole e le liceali e anche a quelle che fanno le medie. A tutte voi vessate dalla scuola spero che le mie storie aiutino ad allontanarsi per un po’ dall’ansia delle lezioni!!!
Per quanto riguarda il cap, questo è un po’ di passaggio dato che oltretutto descrive un “viaggio”.
Spero davvero che vi piaccia! L’ho finito questa mattina verso le 2… mentre guardavo V per Vendetta… XD il cap però nei contenuti non dovrebbe aver subito conseguenze!!! Forse la forma si è un po’ ingarbugliata a causa della stanchezza. Sorry.
Fatemi sapere se vi è piaciuto. Come al solito, ringrazio tutte voi che mi avete recensito. Se tutto va bene, con questo capitolo, dovrei raggiungere un obbiettivo che davvero mi farebbe immenso piacere. Se sarà così, vi farò sapere!!! Grazie anche a tutte coloro che hanno contribuito ad arrivare fino a qui!
Ciao e Lunedì (se ce la faccio…Martedì ho la prima verifica di ginnastica di teoria. Primo soccorso ! Come faccio a studiarla??????????) Vado che doma ho la versione di greco e devo esercitarmi assolutamente. È da Maggio che nn ne faccio una! Mi raccomando, lasciate un segno del vostro passaggio XD
Un bacio,
Cassandra sommersa dai verbi greci!!!
Ps: Io uso il bagnoschiuma all'Ylang Ylang... ha un profumo buonissimo e dato che nn mi veniva in mente altro... capirete leggendo XD  
Ah, in questo cap, Edward si fa un po'... come dire... non mi viene la parola... molto intraprendente? XD


In auto, una di quelle grandi a otto posti, Edward mi teneva un braccio intorno alla vita.
< Qui potrai stenderti se vuoi. C’è molto spazio… > Mi disse per giustificare l’ampiezza della’vettura.
Le sue labbra gelate sulla mia guancia mi facevano rabbrividire nonostante l’abitacolo fosse caldo.
Elizabeth dormiva nella culla sulle gambe di Alice.
Sebbene non volessi addormentarmi per non perdermi neanche uno di quei momenti da me così tanto desiderati, le mie palpebre si fecero man mano più pesanti e alla fine decisi di smettere di lottare contro la stanchezza.
Mio marito, che era stato in silenzio fino a quel momento vedendomi stanca ed aspettando che mi addormentassi, mi sussurrò: < Dormi Amore, tu che puoi. >
Sorrisi prima di cedere e di lasciarmi scivolare nel sonno.
Sognai ancora la luce che si trasformava in nebbia, sognai di non riuscire a ritrovare Edward in quel bosco invisibile ma, questa volta,  fu la sua voce a liberarmi dalla paura…

< Bella? Bella… Piccola, svegliati. Va tutto bene… Sono qui. Sono vicino a te. >

Sentii freddo intorno al mio corpo. Ero appoggiata a qualcosa di duro e in qualche modo scomodo. Aprii gli occhi e scoprii di trovarmi sulle gambe di Edward, tra le sue braccia gelide ed accoglienti, nonostante fossero dure come marmo…
< Ed… Edward… > Sbiascicai tra i singhiozzi ancora semiaddormentata.
< Sht, sht… > mi sussurrò all’orecchio.  

Poco dopo ci fermammo ad un’altra stazione di servizio. Gli altri,sull’auto che mi aveva portato fino al luogo di incontro, ci avrebbero preceduto a Gibson. Aveva piovuto ed il cielo era ancora coperto da una spessa coltre di nubi. Per terra, le pozzanghere… mi si bagnarono di nuovo i calzini e i pantaloni.
Mentre Carlisle faceva la fila per prendermi qualcosa, Edward mi accompagnò al tavolo. Mi aveva comprato uno di quei marsupi a fascia per neonati, quelli che si fanno girare intorno al collo e sulla spalla, ma non volle sentire storie…
< Dai Bella, falla tenere un po’ a me… in fondo, come padre, qualche diritto ce l’ho anche io! > E così dicendo si fece passare la MIA fascia intorno al SUO petto e con cura e grazia vi ci adagiò la piccola.
Seduta al tavolo, nascosta da una sciarpa, lasciavo che lui mi accarezzasse le spalle e mi tenesse la mano. Mi osservava come se fosse la prima volta che mi vedeva.
Alice comparve dietro di me dopo aver parcheggiato. Era abbracciata a Jasper che, per quel poco che avevo potuto notare, non si allontanava da lei per più di due o tre centimetri.
Si sedette sulle ginocchia di lui che, in silenzio, giocava con i suoi capelli.
Mentre aspettavamo Carlisle, Elizabeth cominciò a piangere sfregando il viso contro il petto di suo padre. Con le manine aperte si strusciava sulla stoffa che afferrava stringendo i pugnetti per poi lasciarla muovendo la bocca.

Edward cercò di calmarla cullandola ed accarezzandola. Le sue mani gelide la fecero piangere di più quando la bambina capì da lui non poteva ottenere ciò che cercava. Quando lo vidi evidentemente a disagio dato che non riusciva a calmarla decisi di agire.
< Edward… deve mangiare… > Gli sussurrai chinandomi e sporgendomi verso di lui e sfiorandogli la guancia con le labbra umide.
Mi alzai e lui fece lo stesso, accompagnandomi in bagno. Quando fummo dentro, ignorando il pianto della bambina, appoggiò la sua bocca sulla mia. Si muoveva piano accarezzandomi con la lingua i denti ed il palato. Quando sentii crescere in me il desiderio, lo allontanai dal mio corpo poggiando i palmi delle mie mani sul suo petto. Imbarazzata, mi chinai per accarezzare la bambina. I capelli mi ricadevano disordinati sul volto, nascondendo il color porpora assunto dalle mie guance.
Edward, tendendomi il mento tra le dita, mi obbligò gentilmente a sollevare lo sguardo. Quando i nostri occhi si incontrarono, mi resi conto di essere arrossita ulteriormente.

Fece per baciarmi di nuovo ma quando sentii il suo respiro nella mia bocca, gli sussurrai sulla sua: < No, dai Edward… devo allattare la bambina… Non sprechiamo un bel momento in un gabinetto… > Lui rise e mi provocò: < Potrebbe essere eccitante… >
Io con il dito gli indicai nostra figlia che, dopo il nostro abbraccio nel quale lei si era ritrovata involontariamente coinvolta, si era evidentemente calmata forse perché aveva sentito il mio odore molto vicino a lei. Sempre ridendo, prese la bambina e me la passò. Mi osservò a lungo mentre me ne stavo appoggiata al lavandino allattando Elizabeth. Mi disse che mi trovava … affascinante, sexy…
Osservando il mio riflesso nello specchio oltre le spalle di Edward gli feci notare: < Edward? Sei sicuro di stare bene? Guardami!!! Ho ancora i chili della gravidanza da smaltire, ho gli occhi pesti e le occhiaie, i capelli annodati come gentilmente mi ha fatto notare Rosalie…> < Sciocchezze. Sei adorabile. > Mi sussurrò assalendo le mie labbra. > Imbarazzata dal suo ardore, aggiunsi: <  e poi, è ancora troppo presto… > 
A quelle parole, lasciò immediatamente andare le mani che, non troppo discrete, si erano insinuate sotto la mia maglietta e appoggiate alla mia vita.
Sollevai lo sguardo ed incontrai il suo. Mi stupii di leggere nei suoi occhi la paura di aver detto qualcosa di troppo.
< Edward? Cosa hai capito? Guarda che non… oh, hai pensato che… ma no!! > Gli dissi per rassicurarlo, accarezzandogli lo zigomo. Poi, appoggiando il viso contro la sua spalla, chiusi gli occhi e lasciai che lui mi facesse dondolare lentamente avanti ed indietro.
< Se non te la senti,se non  ti senti pronta, non preoccuparti… abbiamo tutto il tempo… >

Mi alzai sulle punte per sussurrargli all’orecchio: < A casa abbiamo molto da recuperare… ti rendi conto che per un motivo o per l’altro, alla fine noi… noi … >
Mi vergognavo troppo per continuare ma fu lui a proseguire: < Noi abbiamo fatto l’amore solo sei volte? >
Ci pensai un attimo facendo il conto mentalmente e poi, corrugando la fronte ed alzando lo sguardo sussurrai incerta: < Cinque… >
Lui si chinò per baciarmi e mi bisbigliò: < Quella volta vale doppio… >
Ed ammiccò complice facendomi battere il cuore con quel suo sorriso sghembo.
Ci pensai un po’ e poi dissi: < Ah… ahhh… > E lui rise della mia faccia rossa di vergogna. Affondando nei suoi capelli perché non mi vedesse, farfugliai: < Dobbiamo rifarlo. >
Rise di gusto poi, accarezzando Elizabeth e scivolando sul mio seno scoperto, aggiunse: < Per fortuna che questa volta non ci sarà lei tra i piedi. >
< Sì, sarà molto più comodo con lei nella culla che non nella mia pancia. >
In quel momento Elizabeth staccò, per la mia felicità, le sue piccole gengive dal mio capezzolo.

Mi lavai mentre Edward fece fare il ruttino alla piccola creatura che teneva tra le braccia.
Mi presi un paio di minuti umani e lasciai che mio marito si divertisse a fare il padre.
Quando finalmente tornammo da Carlisle e gli altri, Edward mi arruffò ulteriormente i capelli e mi alzò il colletto della giacca. Lo notai accennare impercettibilmente un sì con il capo e superare imperterrito il tavolo. Non c’erano Jasper ed Alice…
Feci per voltarmi ma lui, che mi teneva stretta per il braccio facendomi male, me lo impedì. Quando provai a chiedere cosa stesse facendo lui mi sussurrò: < Sht. Fa finta di niente e vieni con me. >
Raggelata, obbedii. Non sapendo se dovessi avere paura o meno, osservai il suo volto. Edward, senza lasciarmi andare, continuava ad accarezzare con una mano Elizabeth, addormentata contro il suo petto nella sua comoda fascia rossa.    
Con la coda dell’occhio, notai mio suocero alzarsi da tavola ed uscire da una porta opposta alla nostra. Distratta, mi accorsi del basso ringhio di Edward. Mi voltai per guardarlo in faccia ed in quel momento mi baciò all’improvviso. Per un breve momento le nostre labbra restarono poggiate le une sulle altre poi si sbrigò a condurmi fuori. Un uomo ci osservò curioso. Pareva mi stesse fissando.
Quando fummo di nuovo al freddo lui mi lasciò andare il braccio indolenzito ed io tremai per il freddo. Feci per domandargli cosa diavolo gli fosse preso ma, con le parole ancora sulle mie labbra, vidi due volanti della polizia parcheggiate non troppo lontane dalla nostra auto.

Il mio respiro si fece immediatamente veloce come il battito cardiaco. Sentii il sudore freddo lungo la mia schiena. La fame se ne era completamente andata.

Arrivati alla macchina, qualcuno mi aprì la portiera. Alice. Mi infilai nell’abitacolo e cominciai a singhiozzare più per paura che non per dolore… Edward fu subito al mio fianco mentre Carlisle metteva in moto. La bambina era ormai tra le braccia di mia sorella. Nella sua culla da viaggio avvolta in coperte da neonato.
< Allora? > Chiese mio suocero.
< Non l’hanno riconosciuta. Erano troppo impegnati a cercare quel ladro… i loro pensieri erano focalizzati su di lui. Non le hanno fatto caso.Quello in borghese l’ha notata. Pensava fosse simile alla cugina… >
A quelle parole, alzai lo sguardo verso di lui che mi accarezzò. < Ce ne siamo andati solo per precauzione. Le ricerche sulla tua sparizione sono state sospese ma se ti dovessero riconoscere, sarebbe un po’ problematico. Non ti succederebbe niente, ma dovremmo stare molto più nascosti. Sai, in questi mesi sono arrivate molte segnalazioni di ragazze che ti assomigliano ma se ci vedessero insieme… > lasciò la frase in sospeso e mi abbracciò con un braccio.
Poi abbozzando un sorriso mi bisbigliò: < E poi, ora sei un po’ diversa… hai i capelli così lunghi… ti stanno molto bene. La gravidanza inoltre di ha cambiata un pochino… >

Lo guardai spaventata. Stavo invecchiando ai suoi occhi?

L’ansia mi mozzò il respiro. Dovevo sbrigarmi a farmi cambiare? Stavo diventando troppo adulta? Rischiavo di crescere troppo rispetto ad Edward? Dovevo rinunciare a stare con mia figlia per poter restare con lui? Non mi sentivo ancora pronta a rinunciare a quello per cui avevo lottato così strenuamente. Volevo stare con la mia bambina il più a lungo possibile. Proprio come volevo stare con Edward per il resto della mia esistenza.
Trattenni a stento delle lacrime.
< Ehi, ehi? Che cos’hai? Non è un male. intendevo dire solo che il tuo sguardo è cambiato. Ora sembra più, come dire, materno? E poi, mi piacciono i capelli lunghi… >
E li percorse con le dita dalla mia nuca fino alla vita. Quando arrivò alle punte, li sollevò e li portò alle labbra. Li annusò e poi passò le sue labbra sul mio collo.
Rimanemmo in silenzio a lungo mentre Carlisle guidava  per una strada deserta in mezzo ai boschi.
Quando il mio stomaco brontolò, nessuno disse niente. Mi stupii di vedere Carlisle parcheggiare in un piccolo spiazzo.
Jasper porse ad Edward un sacchetto che lui aprì davanti a me. Profumava di buono.
< Tieni. È ancora caldo… > e mi passò un panino. Mangiai lentamente, gustando ogni morso. Non era male, anzi… in pochi minuti finii tutto ciò che mi avevano comprato.
Quando ormai non era rimasto che un pezzetto di mela, ripartimmo. Prima però, Edward mi passò una pillola. < Contro la nausea. Non farà male né a te né a lei, non preoccuparti. E poi, non manca molto. >
Sebbene Jasper facesse del suo meglio, la tensione era palpabile. Finché non fossimo stati al sicuro a casa la tensione non si sarebbe sciolta.
In quel silenzio opprimente, Jasper mise su della musica classica. Era piacevole e mi aiutò a rilassarmi. Persino troppo dato che i addormentai di nuovo. A mia discolpa va detto che, dato che nessuno parlava, fu più difficile resistere alla stanchezza.

Per una volta, finalmente, non feci altro che un sogno normale. Io ed Edward a scuola che facevamo un esperimento di biologia. Una realtà non molto lontana ma ormai passata per sempre. Come ogni sogno che si rispetti, arrivò l’elemento assurdo. Stavamo esaminando il mio sangue. Guardando nel microscopio Edward mi diceva che ero incinta. Diceva che era una bambina e che si chiamava Elizabeth. L’immagine successiva mi vide nella mia camera a casa di Charlie ad allattare la bambina. Charlie e Reneè erano al piano di sotto e stavano di nuovo insieme mentre Edward era lì con me. I suoi occhi erano verdi come smeraldi, come quelli di nostra figlia. Non c’era un senso né logico né temporale… ma era piacevole osservare quelli che erano i miei desideri. Una famiglia normale, per una volta…

Dormii a lungo, riposandomi per davvero, una volta tanto.

Ad un certo punto sentii delle voci sopra la mia testa ma non volli aprire gli occhi. Stavo troppo bene tra le braccia ora tiepide di Edward, che si piegarono per accogliermi meglio. Sentii che mi sollevava e sorrisi accoccolandomi meglio e sorridendo nel mio sonno tranquillo.

Nel calore di qualcosa di morbido, soffice e profumato, mi allungai in cerca di una posizione più comoda. Poi mi resi conto che per quanto l’auto fosse spaziosa, ero un po’ troppo comoda.
Mi girai su me stessa e incontrai altro spazio morbido.
In un attimo aprii gli occhi per richiuderli immediatamente. Con lentezza calcolata sollevai lentamente le palpebre e sorrisi alla splendida statua di fronte a me.

< Ciao… > Gli sussurrai allungando le braccia per stiracchiarmi e sfiorandogli la camicia.

Con una mano mi stropicciai gli occhi e poi mi avvicinai a lui facendo forza sui gomiti.
Strusciai il mio naso sulla sua guancia ed emisi un gemito quando mi trasse a sé. Si sdraiò supino e mi issò sul suo corpo. Seduta sul suo ventre, gli accarezzai la pelle sotto la camicia. Risi quando mi accorsi del modo in cui mi guardava.

Mi sdraiai su di lui e lasciai che mi accarezzasse la schiena e i capelli. Il mio capo riposava sulla sua spalla. Sfiorai la trapunta con il palmo di una mano e sorrisi. < Siamo a casa… >
Passai la stessa mano sui miei occhi umidi di felicità.
Eravamo nella camera che Esme ed Alice mi avevano preparato. Vicino alla finestra, illuminata dalla flebile luce della sera, la culla intagliata da Emmett.
< Gli altri sono di sotto? >
< Sì. > bisbigliò con le labbra poggiate alla mia guancia. Mi rimisi seduta su di lui e cercai di allontanare i pensieri non consoni al momento.
< Arrossita. > Constatò lui, al che gli tirai un cuscino in faccia. Da sotto la stoffa alzò le mani in segno di resa e poi mi disse: < Certe volte vorrei proprio poter leggerti la mente. Temo di perdermi davvero delle cose indimenticabili… > E sogghignò.
< Se continui così, mi sa che le cose che penso te le potrai proprio sognare… e pensare che volevo mettere presto in pratica qualche cosa che le ultime volte ti era piaciuta parecchio… pazienza. >

Facendo la faccia offesa, scivolai dal suo corpo e mi rimisi in piedi. La testa mi girò dato che ero restata troppo tempo sdraiata ma prima che potessi perdere l’equilibrio lui fu alle mie spalle. Mi afferrò facendo aderire la mia schiena al suo petto. Mi voltai per poterlo baciare e lui rispose alle mie labbra con gentilezza. Fui io ad allontanarmi per riprendere fiato.

< Che ore sono? > < Le 8 di sera… > Lo guardai delusa e lui capì.
< Alec è di sotto. Ho visto il modo in cui gli hai chiesto di riaccompagnarti da me. > < Pensavo se ne fosse andato quando ci siamo divisi… > gli dissi un po’ impacciata. < Lui voleva farlo. In fondo tu gli hai chiesto di proteggerti finché non ti avessi riabbracciata ma sapeva che non poteva andarsene senza averti salutato. Ed inoltre, non credo che ne sarebbe stato in grado. >
Sorrisi. < Credi che aspetterà ancora un po’ prima di andarsene, se vado in bagno? >
Chiuse gli occhi ed analizzò i suoi pensieri poi mi sorrise tranquillo ed aggiunse: < Direi di sì… vai tranquilla. > E così feci, dopo aver accarezzato la bambina che dormiva. In bagno mi lavai velocemente facendo attenzione a non bagnare i capelli. Il gettito della doccia era caldo e piacevole. Mi avvolsi nell’asciugamano che strinsi sotto le spalle e tornai in camera. Non mi accorsi di Edward finché non mi afferrò per la vita da dietro e fece scivolare il suo naso lungo il mio collo scoperto e bagnato. < Hai usato il bagnoschiuma allo Ylang Ylang… ti sta bene questo profumo. >
< Appetitoso? > Chiesi e lui abbozzò un sorriso e poi mi sospirò:
< Molto dissetante effettivamente. > Lo baciai un po’ contrariata dal fatto che la mia bocca sapesse di dentifricio alla menta invece che di vento e bosco e buono come quella di Edward. Mi volevo vestire lentamente davanti a lui, per giocare…  ma le sue mani furono più veloci ad infilarmi gli abiti. Le sue dita fredde sulla mia pelle calda e ancora umida erano come scosse elettriche. Giocando a farmi mettere i vestiti, rischiammo di finire a fare ben altro. Alla fine il suo autocontrollo più che il mio ci permise di scendere dagli altri in un tempo relativamente breve. Mi piaceva il vestito che Edward mi aveva fatto indossare. Era di un morbido blu che si intonava in modo delicato con la mia pelle diafana. Era molto simile a quello che indossavo il giorno in cui mi portarono via. Solo, l’intreccio di nastri sulla mia schiena era più complesso e il mio seno più ingombrante.

Mano nella mano, scendemmo le scale. Alec, seduto sul divano, si alzò e mi venne incontro. Mi prese la mano libera e poi mi abbracciò. Edward lasciò scivolare la sua mano sul mio bacino e mi trasse a se in una maniera che mi parve un po’ troppo possessiva ma,date le circostanze, decisi di non fare polemiche. Il sorriso di Alec si rifletteva nei miei occhi ma evidentemente Alec pensò qualcosa che non avrebbe dovuto dato che Edward ringhiò e mostrò i denti in un modo abbastanza minaccioso. Alec allora si chinò su di me e mi sfiorò appena la guancia con le sue labbra di ghiaccio. I suoi occhi neri ardevano di sete ma lui non si ritrasse. Le sue mani sulla mia schiena si strinsero e le sue dita mi graffiarono la pelle e lui si allontanò. Notai che si teneva il polso.
< Cosa ti è successo? > < Niente… > Svicolò lui sistemandosi i capelli. Guardai Edward che mi fissò a lungo e poi mi sfiorò con la mano gelata la nuca, nel punto in cui mi doleva a causa della caduta contro lo spigolo del tavolo. Con le dita inoltre sfiorò le mie labbra e chiuse gli occhi.
< Oh… > Sussurrai capendo cosa fosse successo mentre dormivo. < Edward… > Lo rimproverai ma lui liquidò il tutto dicendo: < Non preoccuparti. Fra un paio d’ore sarà come nuovo. > Non gradii il tono irritato della sua voce. Mi divincolai da lui irritata ed Edward lasciò cadere lungo il suo fianco il braccio che prima teneva poggiato sulla mia vita. Di slancio, abbracciai Alec che rispose sorpreso stringendomi a sé. < Grazie Alec, grazie davvero… per me e per la mia bambina. Oggi lei è viva solo grazie a te che hai salvato entrambe. Grazie… > fortunatamente riuscii a non piangere mentre lui mi stringeva delicatamente contro il suo petto. Avrei reso tutto più difficile a lui e ad Edward… Ci separammo e lui mi carezzò il viso sfiorando la fronte e la guancia. < Allora, Addio… > gli sussurrai con un nodo allo stomaco ed abbassai lo sguardo. Allungai la mano dietro di me alla ceca, cercando quella di Edward. La trovai e la strinsi per farmi coraggio.

Alec mi sollevò il volto e mi sorrise: < Arrivederci, Isabella… spero di rivederti presto. > Gli rivolsi un sorriso speranzoso e lui rispose: < Sarò lieto di incontrare tua figlia quando sarà cresciuta. Spero sia bella come la madre… e sono convinto che quando sarai diventata come noi, sarai persino più splendida di ora… sempre che sia possibile. Allora, a presto. > < Tornerai. > e la mia non era una domanda. < Sì, un giorno… prima ho bisogno di ritrovarmi. Immagino che tu capisca… >

Io annuii e poi gli baciai la guancia. < A presto Alec, amico mio… > Lui sorrise e poi, dopo un'ultima carezza sulla mia guancia rigata da una lacrima che lui rubò, svanì in un istante, scomparendo oltre la porta. In quel momento le braccia di Edward mi avvolsero e mi strinsero a sé. < Geloso. > < Certo. Come potrei non esserlo di te? > e mi passò le labbra sul lato del collo, percorrendolo con la punta della lingua attraverso la bocca dischiusa.
Mi strinsi a lui per scacciare la malinconia dal mio cuore. < Va tutto bene. Tornerà a trovarti. Ti è troppo affezionato. > Disse per calmare i miei singhiozzi sordi. Prendendomi tra le braccia, mi portò sul divano e lì mi avvolse in una coperta. Appoggiata a lui, afferrai la ciotola colma di un liquido denso che Alice mi porgeva. Aveva un buon sapore. < Crema di funghi. > mi spiegò Edward notando la mia incertezza. Finito di mangiare mi alzai e andai da Alice Rose ed Esme che, insieme, si stavano preparando per andare a caccia.
Alice mi abbracciò stretta come se avesse paura di perdermi. Io la fissai e le domandai: < Alice, tutto bene? > Nei suoi occhi vedevo uno strano velo… < Sono così contenta che tu sia qui… > mi sussurrò soltanto prima di abbracciarmi di nuovo, con più enfasi. Dato che Rose ed Esme erano state con me per tutti i giorni che avevo passato
lontano da Edward e la nostra separazione era durata appena poche ore, ci demmo solo un bacio sulle guance e un saluto spontaneo.
< Dove sono Jaz ed Emmett? > Chiesi non vedendoli in giro. < Sono di sopra ad organizzare la caccia. > < Partite tutti? > < Staremo nei paraggi ma abbastanza lontano per non dover essere coinvolti nella vostra vita privata. > Mi fece Rose complice e sia lei che Esme sorrisero al mio imbarazzo. Alice invece fissava assente oltre il vetro della finestra. Il suo sguardo era perso nella foresta ma i suoi occhi non osservavano il futuro… non aveva
quello sguardo… Non si accorse di me che mi avvicinavo. Appena arrivata dietro di lei, l’abbracciai e cercai di stringermi di più al suo corpo gelido. < Anche io sono felice di essere qui… > Lei parve uscire da un sogno e ricambiò la stretta affondando nei miei capelli. 

< Sei calda… > Mi disse trasognata.

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Capitolo 35
*** Sarà per un'altra volta, Amore... ***


Ragazze, Dopo una giornata di scuola che mi sarei volentieri evitata (I prof sono una categoria senza cuore…) post oil cap 35 augurandomi che vi piaccia.
Scusate se è un po’ affrettato ma per questioni di tempo e di lunghezza della storia ho dovuto condensare un po’. Ah, non preoccupatevi se in questo cap alla fine non… si beh, quello… il prossimo cap si intitolerà in un modo (e tratterà di cose XD)che spero vi faccia perdonare la povera autrice per aver lasciato la povera Bella all’asciutto!
Un bacio a tutte!!!

PS, Cara Fin Fish, scusa se non riesco mai a beccarti… questa scuola mi ucciderà probabilmente XD    Hanairo, tutto bene? Spero di sì… fammi sapere. Idem per Momob. Spero tutto ok.
Grazie infinite a voi che leggete e soprattutto che mi recensite facendomi in questo modo molto felice e apprezzata. 
Pps:Un bacio speciale alla piccola città di San Marino e a chi mi segue da lì, stessa cosa vele per le mie lettrici svizzere!!! Fortuna che l’italiano è uguale per tutti!!!
Vado a studiare che doma ho il primo compito di ginnastica di Teoria (?) Primo soccorso…
Spero sia di pratica e che si debba usare il ragazzo carino in 4rta fila XD Mi offro volontaria per la respirazione bocca a bocca caro XXXXX
                                                
Vostra impazzita, Cassandra!(Ci vediamo sabato pome. Prima proprio non riesco a postare. Sorry)

Sebbene fossi stata via appena pochi giorni, quella casa mi era mancata. Per me era un rifugio… Era il  mio posto sicuro, insieme alla mia mia famiglia...

Dopo essere fuggita dai Volturi ero stata nascosta tra quelle mura… lì avevo visto il mio corpo cambiare per accogliere la mia bambina e sempre lì l’avevo fatta nascere. Camminando per le stanze, appoggiavo le mani dove, fino ad appena una settimana e mezzo prima, facevo lo stesso ma per aiutarmi a camminare dato il peso del pancione…
I mobili, gli oggetti, le tende e l’intonaco, tutto mi trasmetteva pace e sicurezza. Amore.
Sentii Rose ed Esme salutarmi seguite dalle voci degli altri. Quando arrivai all’ingresso, erano già tutti svaniti nella foresta. Avevo mal di testa e mi portai una mano al capo. Pensando però alla serata che mi aspettava, sorrisi e mi sentii meglio.

La luce si stava facendo sempre più fioca mentre il sole, ad ovest, veniva inghiottito dai boschi.
Le dita fredde di Edward si erano posate sulla mia vita. Mi voltai e lo vidi dietro di me, intento a fissarmi. Con una mano corse lungo il mio collo e poi, con la stessa, scese infilandosi sotto la maglietta. L’altra mano stretta intorno alla mia. Per sottrarre alla sua vista le guance in fiamme, mi nascosi nella sua spalla.
Ora le sue braccia erano intorno alla mia schiena e mi tenevano stretta a lui.
Le sue labbra giocavano con il mio orecchio.
Nella frazione di un secondo, con un movimento invisibile ai miei occhi, mi prese tra le braccia e mi portò al piano di sopra, adagiandomi supina sulle lenzuola del nostro letto.

Sorrisi quando, senza pesare su di me, appoggiò il suo bacino sul mio.

Chiusi gli occhi e reclinai la testa di lato e leggermente all’indietro per assecondare le richieste del mio corpo. I miei capelli lunghi sparsi sul cuscino parevano una nuvola disordinata.
Risi piano quando cominciò a farmi il solletico sui fianchi passando con le sue mani fredde e perfette sulla mia pelle accaldata. Mi dispiacque di avere addosso della biancheria anonima ma, non tanto segretamente a giudicare dai miei mugolii, speravo di disfarmene in fretta.
Edward si chinò per accarezzare con le guance la mia pancia. Le mie gambe si incrociarono alle sue quando fece finta di mordicchiarmi l’ombelico. In quel momento non mi importava niente di quello che mi aveva detto Carlisle… non ce l’avrei mai fatta ad aspettare uno o addirittura due mesi… avevo bisogno di Edward in quel momento e in tutti i sensi…
in fondo, lui aveva detto che dopo il parto bisognava stare tranquille e aspettare di essere pronte ed io, io mi sentivo pronta.
Quasi a convincermene, cominciai a slacciare la camicia di Edward che invece, con mani e con gesti troppo desiderosi ma assolutamente ben graditi e sensuali, aveva strappato la mia maglietta in un sordo rumore di stoffa lacerata…

Il clic freddo del gancetto del reggiseno che si apre mi fece desiderare di essere più veloce nel liberare Edward da quegli inutili impedimenti che erano i suoi vestiti..

Più le mie mani percorrevano il suo corpo e le sue il mio, più sentivo i nostri respiri farsi più veloci. Il mio cuore, non ancora abituato all’idea che Edward fosse reale, batteva all’impazzata. Le dita di Edward vi si posarono sopra, in mezzo ai seni, seguite quasi subito dalle sue labbra che però vi restarono ben poco. Dopo un bacio freddo ma carico di passione infatti, si erano spostate sul seno destro, accarezzandolo. Quando lo vi esitare cercai di riacquistare nuovamente l’uso delle mie braccia, che giacevano inermi dietro la mia testa, e gli accarezzai il capo. Socchiudendo gli occhi gli domandai con voce più roca di quanto non pensassi: < Che c’è? > Avevo il respiro accelerato…

Lui mi fissò per un attimo e poi posò gentile le sue labbra sulle mie. Sentivo il suo sapore nella mia bocca. < Scusa… > mi bisbigliò a fior di pelle mentre, dopo aver percorso il mio mento e il mio collo, stava baciando la mia clavicola.
< Scusa di che? > Gli chiesi quando i movimenti involontari del mio corpo accaldato si placarono. L’eccitazione che provavo era piacevolissima, tranne forse per un leggerissimo dolore al ventre, cosa di cui certo non avrei reso partecipe lui. Edward appoggiò una mano sul mio seno, timoroso, e poi proseguì: < è una sensazione così strana… > Lo guardai perplessa e lui aggiunse: < Non riesco a non pensare a te che allatti la bambina. Come faccio a toccarti… senza pensare di farle un torto… > Era in evidente imbarazzo. Io, totalmente spiazzata, cercai di pensare a qualcosa per sbloccarlo e poi gli avvolsi le mie braccia intorno al collo. Feci forza sugli addominali mi alzai. Il mio seno premeva contro il suo petto. Entrambi adesso eravamo seduti. Le mie gambe intrecciate dietro la sua schiena. Entrambi nudi nella parte superiore del corpo…
< Edward, non dire sciocchezze… > Lo rimproverai accarezzandogli il busto e baciandogli i muscoli di pietra. Poi per incoraggiarlo, arrossendo aggiunsi: < A me piace quando lo fai… le tue mani sono sempre… gentili. > La mia voce bassa e imbarazzata. Un secondo dopo, in un turbinio di capelli, mi ritrovai seduta su di lui. Mentre ci girava, avevo avvertito solo le sue mani sul mio bacino afferrarmi gentilmente e tenermi ferma. Con voce strana, mi suggerì: < guida tu. > il che fu strano dato che era stato quasi sempre lui a prendere l’iniziativa. Incerta sul da farsi, cominciai a far scorrere le mie mani sulla sua pelle. Le infilai nei suoi capelli e mi abbassai finché il mio seno non fu poggiato sul suo petto.
Non riuscivo a staccare le mie labbra dalla sua bocca. Ad un certo punto sentii chiaramente che era impaziente almeno quanto me che le cose proseguissero e mi rimisi seduta sopra di lui, scivolando a sedere sulle sue gambe. Con dita un po’ esitanti cercai di sbottonargli i pantaloni. Mi si asciugò la bocca e le mie dita tremarono. Mi maledii… non era possibile che alla sesta volta che ci provavo mi sentissi ancora così in imbarazzo. La cosa sarebbe finita però lì se Edward non avesse avuto tutti quei suoi sensi straraffinati… invece, dato che era un vampiro, riusciva a percepire ogni mio battito e respiro.
< Bella, forse hai bisogno di un altro po’ di tempo. Aspettiamo ancora qualche minuto… così ti abitui… > Mi disse reprimendo l’istinto di saltarmi addosso e strapparmi anche i pantaloni.

Io scossi la testa e sorrisi orgogliosa quando il primo bottone fu liberato dall’asola.

Sentendomi leggermente a disagio però, decisi di seguire il suo consiglio e pensai che un altro po’ di coccole non mi avrebbero certo fatto male. scivolai alla sua sinistra e mi accoccolai sotto la sua ascella. Il suo braccio si piegò ad accogliermi mentre l’altro andò a cingermi la vita. Chiusi gli occhi mentre la mia bocca si piegava in un sorriso beato.
Le sue labbra si posarono sulla mia fronte mentre una sua mano, non saprei dire quale tanto a quel punto la mia mente era lontana e il mio corpo ormai libero di comportarsi come volevano i miei ormoni, si era infilata sotto i pantaloni ma sopra i miei slip. Ogni sua carezza era magica…
Lentamente, Edward mi fece stendere supina e si risedette su di me. Con entrambe le mani, una delle quali umida, adesso mi accarezzava il collo e, passando vicino alle orecchie, le palpebre mentre con i pollici percorreva le mie guance con piccoli movimenti circolari. Appoggiò le sue labbra piacevolmente fredde sulla mia fronte.

Mi voleva almeno quanto io volevo lui. Lo percepivo benissimo. Eppure, con mio enorme disappunto, improvvisamente non sentii neanche il peso leggero che esercitava su di me.

Contrariata, socchiusi gli occhi e lo vidi in piedi vicino ad un mobiletto che assomigliava ad un fasciatolo. Mi sedetti a gambe incrociate e mi coprii il seno con le braccia mentre lo osservavo cercare qualcosa nel cassetto. Forse gli era venuto in mente qualcosa per rendere particolare il tutto. Sorrisi al pensiero. Mi era piaciuto quando mi aveva cosparso di petali di rosa il corpo e poi aveva giocato a scoprire la mia pelle petalo dopo petalo…
Mi accorsi di come, magicamente, fosse comparso ai piedi del letto un pigiama caldo e pesante.
< Mettitelo… > mi sussurrò senza particolari inflessioni della voce mentre continuava a cercare.
< Edward… che senso continuare a mettermi e togliermi i vestiti? > Non credo ci fosse niente di eccitante in quel pigiama azzurro. Non avevo ancora fatto in tempo a finire la domanda che lui comparve alla mia destra. Si chinò su di me ed appoggiò le labbra gelide sulla mia fronte, di nuovo.

Feci per baciarlo ma le sue mani sulle mie spalle mi impedivano di muovermi.

< Hai la febbre. > Mi sussurrò dopo essersi allontanato da me quel tanto che gli bastava per fissarmi negli occhi. Scocciata lo fissai e dissi: < Sto benissimo. > Lui mi accarezzò le spalle nude, mi baciò il collo e con le mani scese lungo le mie braccia, sfiorandomi i seni e provocandomi un fremito, fino ad arrivare ai polsi. Tenendomeli stretti gentilmente tra le sue dita bianche ed affusolate, mi costrinse ad alzare le braccia oltre la testa. Mi fissò il petto nudo per un attimo e piegò la bocca come se fosse dispiaciuto. Subito mi infilò il sopra del pigiama. Le sue dita poi mi liberarono dai pantaloni per però sostituirmeli con quelli coordinati alla morbida e calda maglietta che mi aveva messo. Incrociando le braccia dissi: < Edward…  non puoi farmi questo… > Stavo per richiudere la bocca quando mi infilò un termometro sotto la lingua. Contrariata, lasciai che mi coprisse il corpo con la trapunta e mi appoggiai al cuscino. Quando Alice mi aveva detto che ero calda... di certo non mi aspettavo questo! Ero di una sfortuna impossibile...
Accoccolandomi su me stessa mi afferrai le ginocchia e lasciai che lui mi accarezzasse la schiena. Con il telefono intanto stava chiamando qualcuno. < Carlisle… ciao scusa, non è che verresti qui? Bella non si sente molto bene. > < Io scito benisscimo. Anci, fino a tre minuti fa scitavo da Dio… > biascicai rischiano di far cadere il termometro. Lui mi bloccò e mi sussurrò: < Sht, non parlare e sta buona… > Sospirai rumorosamente e mi voltai dall’altra parte per non essere costretta a guardarlo in faccia.
Insomma, dopo tutto quel tempo che, per un motivo o per l’altro, non avevamo potuto essere marito e moglie nella mia accezione preferita dei termini, mi ritrovavo con un termometro in bocca e completamente vestita.
Ero molto più che irritata.
In silenzio, attesi di sentire la porta da basso aprirsi. Mio marito era in piedi vicino alla culla e accarezzava nostra figlia cantandole una ninnananna.
< Bella, non fare così, sarà per un’altra volta… > Mi sussurrò dispiaciuto e allo stesso tempo preoccupato. Poi aggiunse leggermente in imbarazzo: < Anche io ti desidero… >
Sbuffai e lo ignorai. Passai circa 5 minuti, mi venne vicino e mi passò leggero le dita sulla fronte. Prese il termometro e lo fissò.
< Allora? > Chiesi senza voltarmi a fissarlo. Il mio tono era acido.

< Mh… direi che per questa sera resti a dormire. > Fece lui sedendosi vicino a me e rimboccandomi le coperte. < Visto che la febbre non è alta, se ti curi subito passerà più in fretta… >

Accarezzandomi da sopra la trapuntina, continuò: < Hai 37.7 … mi spiace di non essermene accorto prima. Non ti avrei proposto di… > impacciato, rimase in silenzio per alcuni istanti poi proseguì cercando di svicolare: < è solo che sei sempre così calda e morbida… percepire la differenza di qualche grado è molto difficile, soprattutto quando sono… distratto… >
Mi voltai e lo fulminai con gli occhi: < Edward, la pianti di sentirti in colpa per tutto? Se mi è venuta la febbre non è certo a causa tua anche se secondo me ti sbagli. Non è febbre ma solo accaloramento. Sono i miei ormoni che mandano segnali che tu interpreti male. Sentiti in colpa invece per avermi illuso… >
Lui mi sorrise e mi abbracciò. Sfiorando la mia guancia con il naso mi giurò: < Se non fossi certo che sei malata, ti assicuro che adesso non saresti vestita e che neanche io lo sarei… >

In quel momento qualcuno bussò alla porta.
< Avanti > fece Edward allontanandosi da me e tenendomi la mano.
Carlisle entrò e si sedette su letto. Sorrideva mentre mi prendeva il battito al polso.
< Scusa se abbiamo disturbato la tua battuta di caccia… > Gli dissi osservando i suoi lineamenti perfetti. < Non preoccuparti. Nessun disturbo. È un piacere per me aiutarti. >
Chiese poi ad Edward la mia temperatura e cominciò a tastarmi il corpo come se stesse cercando qualcosa che non andava. Mentre palpava alla pancia sentii dolore ma sigillai le labbra per non emettere alcun suono. Lui però mi vide e premette più forte.
< Ahia! > esclamai.  < Dolore? > < Un po’. > Ammisi infastidita dal doverlo fare davanti ad Edward che mi fissava apprensivo.
Lui mi sorrise e mi aiutò a sedermi. Poggiò l’orecchio sulla mia schiena ed ascoltò i miei polmoni.
< Direi che è tutto a posto. Probabilmente dopo il parto avresti dovuto stare a riposo ed evitare lo stress  ma non è niente di grave. La febbre è dovuta agli sbalzi di temperatura e comunque credo che forse sia presto per fare certe cose. Il tuo organismo non è ancora tornato allo stato normale. > Poi cominciò a parlare con Edward e l’unica parla che carpii fu: “Utero”
Sconsolata, mi lasciai cadere tra le coperte e non obbiettai quando Edward me le sistemò lasciandomi fuori solo la testa.

< Dormi. > mi sussurrò gentile ma io ribattei: < Certo che non era proprio così che speravo finisse la serata. > Fece una mezza risata e poi mi baciò la fronte. Cullata dalla sua voce, chiusi gli occhi e cominciai a fantasticare su di noi e così, pian piano, mi addormentai.

Non ricordo cosa sognai ma so che ad un certo punto sentii la bambina piangere. Il suo pianto sempre più acuto mi infastidiva. Volevo che smettesse. Quando mi accorsi che proveniva da oltre il mio sogno spalancai gli occhi. Edward non c’era  e il pianto proveniva dal piano di sotto. Mi alzai e scesi. Vidi Rosalie seduta sulla sedia a dondolo intenta a coccolare la bambina che però non voleva saperne di attaccarsi al biberon. Ogni volta che Rose glielo avvicinava alle labbra lei si divincolava. Quando sentì il mio sospiro tranquillizzato, Rose alzò lo sguardo e mi sorrise imbarazzata. < Scusa, non volevamo svegliarti. Mi spiace di averti disturbata. >
< Non preoccuparti. > Le feci avvicinandomi. Lei mi porse il piccolo fagotto rosa e io lo strinsi tra le braccia. Il pianto cessò e la sua piccola bocca cominciò ad aprirsi e chiudersi mentre muoveva la testa cercando il mio seno. Presi il posto di Rose e mi slacciai la maglietta del pigiama. Dato che sotto non portavo niente, Elizabeth trovò subito ciò che cercava e poco dopo la sentii stringersi con le gengive intorno alla mia pelle dolorante. Il male era molto diminuito rispetto alle prime volte che l’allattavo ma quella notte era particolarmente affamata e la sua presa decisamente stretta. Le presi una manina con tre dita e lei ce la chiuse sopra, come ad impedirmi di andare via. Chinandomi per baciarle la testolina le sussurrai: < Sono qui. Non me ne vado… >

Edward nel frattempo era comparso in sala e mi porse una coperta. Mi lasciai avvolgere dal plaid e aspettai che la piccola finisse. < Non voleva mangiare quello che le davate… > Dissi semplicemente. < Evidentemente non le piace il sapore del latte in polvere… > Mi rispose lui per poi aggiungere con una nota di preoccupazione: < Io Carlisle siamo quasi certi che i suoi sensi, come il gusto ad esempio, siano più sviluppati di quelli di un normale bambino… Altrimenti sarebbe molto strano il suo comportamento. È vero che un neonato riconosce subito l’odore della madre ma non ha senso che smetta di piangere solo quando lo sente. E poi, anche il suo voler stare sempre con te… non le piace quando non sei nella sua stessa stanza. Il suo olfatto è estremamente sviluppato. >
Lo fissai incuriosita più che spaventata. Che Elizabeth fosse speciale, lo sapevo già.
Finalmente la mocciosetta smise di tormentarmi il seno e lasciò andare la presa. I suoi verdissimi e bellissimi occhi, gonfi di sonno, mi fissavano. Per un attimo rividi Edward in quello sguardo e sorrisi. Era strano immaginarlo con gli occhi verdi… La sollevai finché i suoi non furono paralleli ai miei ed in quel momento lei allungò il braccino fino a sfiorarmi la guancia. < Vero che riconosci anche il papà? Vero? > Le domandai tutta felice mentre avvicinavo il mio viso per far aderire la sua guancia alla mia. Subito dopo la passai ad Edward che la prese e se la poggiò al petto, tenendole la testolina sulla spalla. Andai al bagno e quando tornai Elizabet era stata cambiata e aveva fatto il ruttino. Mano nella mano con Edward tornai a letto e fui lieta di vederlo sedersi accanto a me con la bambina tra le braccia. Coccolando entrambe, ci accarezzava ed io mi lasciai andare all’oscurità.

I tre giorni successivi li passai a letto e furono molto noiosi. Edward non mi lasciava fare niente ed io stessa in realtà non è che mi sentissi un granché in forma. Elizabeth compì due settimane e io constatai di aver perso un chilo, il che non entusiasmò molto Edward ma rese me estremamente felice. < Non sono denutrita, non preoccuparti. E se l’influenza ha questi risultati, ben venga. Questi chili in più a causa della gravidanza proprio non mi vanno… > Gli dissi prima che mi impedisse di proseguire sigillandomi le labbra con le sue mentre ero, in biancheria intima, sulla bilancia.
Ciò che però mutò notevolmente il mio umore in meglio accadde il quarto giorno.
Seduta a letto con qualche linea di febbre sfogliavo annoiata una rivista di puericultura quando sentii la macchina di Jasper parcheggiare in Garage. Lui ed Alice erano andati a caccia e mi era mancata la compagnia di mia sorella. Li sentii entrare ma dato che le mie gambe erano indolenzite preferii aspettare che fosse lei a salire. Non mi andava di fare un ruzzolone giù per le scale.

Senza però alcun preavviso, sentii una voce profonda, dolce. Non era di nessuno dei Cullen. Mi portai a sedere e tesi l’orecchio. Quando capii a chi appartenesse per poco non svenni. Sentivo le lacrime scorrere sul mio viso e non mi curai neanche di farle smettere mentre sgusciavo fuori da sotto le coperte.

Scesi le scale di corsa e mi  feci per buttarmi ma inciampai e caddi. Lui fu più veloce della gravità e mi prese tra le braccia bollenti che si chiusero introno alla mia schiena. Sentivo odore di muschio e di pioggia. Nel momento in cui i nostri corpi erano entrati in contatto, avevo avuto una strana sensazione. Da molto tempo non ero più abituata ad essere accolta da un corpo morbido e caldo. Era estremamente piacevole. < Jake… > Sussurrai alzando lo sguardo e fissandolo negli occhi, marroni e dolci. Mi strinse a sé e poi mi disse: < Dovresti essere a letto. > Mi squadrò a lungo e poi disse: < Hai partorito pretermine... > < Urca Jake, mi stupisci. Hai intenzione di diventare medico? Sì, la bimba è nata un po’ prima del previsto… ma adesso sta bene. Vero? > E guardai Edward che annuendo sorrise e mi prese la mano, baciandomi la guancia. In quel momento Elizabeth fece sentire la sua voce ed io trattenni Edward che stava già per salire. < Sono capricci. L’ho allattata 3 ore fa. > A quelle parole Jake mi guardò un po’ strano e così gli dissi: < Che c’è? > < Ho fatto così tanta fatica a convincere Edward a farmi venire qui per vederti e tu non sei cambiata nel tuo modo di fare. Anche se forse, i capelli e lo sguardo… Sai, è strano immaginarti madre. Vederti esserlo. > Feci finta di dargli uno scappellotto e lui fece finta di farsi male. Ridemmo entrambi e poi gli proposi: < Vieni a vederla? > Al suo assenso, sorrisi e lo guidai di sopra insieme ad Edward… Una volta in camera, presi la bambina e, sostenendole la testa, l’appoggiai al mio petto. Come al solito, cercava il mio seno. Cercano di piegarmi leggermente all’indietro chiesi a Jake: < Allora, non è splendida la mia piccola bambina? > Elizabeth mi afferrò i capelli fissando Jake. Che si fosse resa conto che per lei era uno sconosciuto? < La vuoi prendere in braccio? > < Fai attenzione. > Gli disse aggressivo e perentorio Edward. Jake annuì un po’ incerto e io gli misi tra le braccia la bambina. < Ecco Elizabeth, vai da Jacob… > Esitante, lui l’accolse sorreggendola dolcemente. Quelli erano i primi istanti di mia figlia con qualcuno che non era parte della famiglia, sebbene Jake per me fosse come un fratello. Quando ricominciò a piangere però, Jake si spaventò e me la porse. Nuovamente stretta a me, la bambina smise di vagire. Poco dopo, si addormentò. Jake le accarezzò il capo e mi sorrise. < Hai ragione. È proprio molto carina. > Lo guardai male e lui si corresse: < Ok, è bellissima… contenta? > < Sì. > E gli sorrisi orgogliosa. Rise del mio sbadiglio.
< Bella, perché non torni a letto? > Mi disse Edward prendendomi per il gomito e guidandomi verso le lenzuola. Stanca, obbedii. Seduta sotto le coperte e con la bambina dolcemente addormentata tra le braccia, rimasi a parlare con Jake ed Edward a lungo.

< E come stanno tutti? > < Bene… più o meno. Emily è incinta di 5 mesi. > < Oddio, che bello! Devi farle gli auguri da parte mia! E dille che essere incinta è bellissimo! Chissà se lo ha già sentito muoversi? > Sorrisi e mi portai la mano alla pancia non più enorme e pensai che mi mancava un po’ la gravidanza. < Riferirò. Sono due gemelli. Sam è fuori di sé dalla gioia. A proposito, grazie… > Fece ad Edward che annuì sorridendo. Li guardai sospettosa e chiesi: < Di che parlate? > Edward scosse il capo ma Jake mi rivelò: 
< Quando gli altri succhiasangue, Alice e Jasper, sono venuti a trovarci un paio di mesi fa e hanno saputo la notizia, lo hanno detto agli altri e Edward ha voluto dare a Sam i soldi per ampliare la casa. Per fare una camera ai bambini… > < Siamo in debito per il vostro aiuto… è un piacere. Qualunque cosa vi serva... > Disse Edward gentile ed io mi appoggiai a lui. < Leah invece ha avuto di nuovo quelle cose… > 
< Mm? Come scusa? > Gli chiesi non avendo capito a cosa si riferisse e lui, un po’ a disagio, cercò di spiegarmi: < Ma sì dai… quando voi donne diventate intrattabili. Per quasi un anno, dopo essersi trasformata, non aveva più avuto il ciclo… come se fosse in menopausa. Il tuo vampiro-dottore diceva che era legato al fatto che la sua età era bloccata. Dovevi vedere come ci assillava! Diceva che era colpa nostra… E noi dovevamo sorbirci tutte le sue lagne. Non pensavo che le donne fossero così. Ci schiaffava i suoi ricordi davanti e noi non potevamo evitarlo. È per questo che ormai siamo così ben informati. Avere una femmina nel branco non è facile. Adesso che si è innamorata invece è convinta che il tempo sia ricominciato a scorrere anche per lei. Ora si lamenta perché dice che rischia di rimanere incinta. Non è mai contenta. > E rise. Io lo fissai meravigliata e felice. < Quindi ora ha trovato un ragazzo, uno che e vuole bene? Ma ha subito l’imprinting? > 
< Mm, secondo quelli che ce l’hanno l’imprinting, no. Però cavolo se è innamorata! Pensa che lui le andava dietro da un po’. È un barista di un locale di La Push. Un giorno l’ha difesa mentre il suo ex le stava gridando dietro. Quello gli ha tirato un pugno e allora Leah si è arrabbiata dicendo che non doveva prendersela con chi non c’entrava. Poi ha accompagnato il poveraccio all’ospedale. Setto nasale rotto. Da quel giorno hanno cominciato a frequentarsi e poi, improvvisamente, Leah è diventata più irritabile del solito. 3 giorni dopo ha rifiutato di trasformarsi. Sam è andato a parlarle e lei gli ha detto delle mestruazioni. Lei e sua madre erano felicissime. Il suo ragazzo è un cugino di Quil, quindi conosceva le nostre storie. Lei non voleva dirgli della faccenda dei lupi per paura che lui fuggisse ma alla fine ha ceduto. Lui ha reagito bene… l’ha portata fuori a cena quella sera. E lei si sta facendo crescere i capelli… > < Dille che sono molto contenta per lei. > Attesi un attimo e poi continuai: 
< E tu invece? Come va? Trovato qualche ragazza carina? > 
< Una… ma è occupata. > Disse ricordando la festa di fine anno quando avevo la gamba rotta. < Inoltre, pare che sia felicemente sposata e si stia cimentando nel ruolo di madre. Cose assurde se pensi che ha solo un anno in più di me. > 
< Piantala! > gli dissi scherzando ma Edward non rise. Mi mise un braccio intorno alla vita e mi baciò i capelli. Notai stranamente tristezza nei suoi gesti. Gli avrei chiesto in seguito. Non volevo discutere davanti a Jacob. In silenzio, ascoltai Jake raccontarmi le piccole cose di La Push. Lo pregai di raccontarmi di Charlie e lui esaudì il mio desiderio. Mio padre stava bene. Gli mancavo proprio come mancavo a mia madre ma entrambi erano felici di sapermi al sicuro. Mi ripromisi di richiamarli non appena mi fosse passata le febbre. Ad ora di pranzo, Esme ci portò da mangiare in camera. Jake rimase un po’ scioccato dal vedermi allattare ma ebbe il buon gusto di non dire niente. Aveva chiaramente paura di Edward.Chiacchierammo per ore finché non crollai.

A sera, sdraiata a letto, sentii le sue dita calde sulla mia fronte. Mi ero assopita. Assonnata, socchiusi gli occhi e lo vidi triste. < Vai? > domandai un po’ infelice con la voce impastata di sonno. Cercai di mettermi a sedere ma lui me lo impedì. < Non preoccuparti. Tornerò a trovarti. Tu pensa a rimetterti. La prossima volta che ci vediamo potremmo fare un giro qui intorno. Sai, il posto è molto bello. Mi raccomando. E auguri con la mocciosa. Non è facile fare la mamma. > e mi sorrise. Si chinò per baciarmi la fronte e le sue labbra calde mi fecero capire che avevo freddo… 

Ci salutammo ma non mi accorsi di quando se ne andò dato che gli chiesi di aspettare che mi fossi addormentata. L’ultima cosa di quella sera che ricordo sono le sue braccia che mi scaldavano.

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Capitolo 36
*** Notti in bianco ***


35 Salve a tutte! Ecco il cap 36
Scusate la fretta ma devo correre a studiare. In 9 giorni, 9 VERIFICHE + interrogazioni... io dico, manco fossimo a dicembre prima della fine del trimestre!!!
Mi raccomando, leggete e recensite! Spero apprezzerete il fatto che (finalmente) la nostra povera Bella ottenga quello che vuole XD
Che cose che ho scritto!!! Le ho rilette e sn arrossita, ma non avendo il tempo di cambiarle, posto così! Un po' hard ma suvvià, lasciamo che qualche volta si divertano anche loro XD
ps: io amo quel bel vampiro di Emmett anche se è un pazzo totale, soprattutto in questa ff. devo riuscire a dargli più spazio!!!!
ma ora, bando alle ciance! un grazie a voi che leggete e commentante! Così rallegrate le mie grige giornate di studio.
prossimo aggiornamento previsto per... Mercoledì o Giovedì. Spero che questo capitolo vi soddisfi!
Un bacione a tutte!!!                  
                                           Cassandra, in crisi per il non aver ancora trovato il suo Edward personale!

Bella's POV

< Edward! > Gridai girando a vuoto per casa. Non lo trovavo da nessuna parte. Effettivamente, non riuscivo a trovare nessuno… sembrava che ci fossimo solo io ed Elizabeth…

< Edward??? > Ero appena uscita dalla vasca. Quando ci ero entrata tutti erano al piano di sotto a chiacchierare e adesso parevano scomparsi nel nulla.
< Mm… se mi state prendendo in giro, vi assicuro che non mi state facendo ridere. > E mi accorsi che la mia voce tremava per la paura. Forse fu proprio per la traccia di terrore nel mio tono che Edward decise di venire allo scoperto, per così dire…

La prima cosa che avvertii furono le sue labbra sul mio collo e le sue mani, che potrei riconoscere fra mille, sui miei occhi. < Sht, Bella… eccomi. > < Edward! Ma perché fate tutti i cretini? > < Sht… > Mi bisbigliò ancora, bacandomi la pelle della clavicola lasciata scoperta dalla scollatura del mio vestito leggero. Naturalmente, a maniche lunghe. Mi prese, fulmineo, tra le braccia e mi cullò dolcemente. Tenendomi stretta, mi portò fuorì in giardino. Me ne accorsi perché sentii il sordo sbattere della porta dietro di noi e poi un leggero e piacevole venticello scompigliarmi i capelli sul viso. Risi quando le sita di Edward mi corsero lungo la giugulare. < Non fare domande. > Incuriosita dal tono, obbedii.
In silenzio mi lasciò scivolare dalle sue braccia ed io poggiai i piedi, con addosso dei sandali di cuoio, sul terreno fresco. I fili d’erba mi accarezzavano la pelle. Sempre tenendomi le mani sugli occhi, mi guidò verso un punto indefinito. Poggiai le mie mani sulle sue e mi accorsi di opporre resistenza al suo guidarmi. < Ehi… non ti fidi di me? > Mi domandò fingendo di essere offeso ed appoggiando la sua bocca sulla mia tempia. Impacciata balbettai: < No… no… cioè, mi fido di te, è di me che non mi fido. Cadrò sicuramente... cado già con gli occhi aperti, figuriamoci chiusi... >
< Bene, anche perché ora puoi aprire gli occhi. > E tolse le sue mani dal mio volto. Lentamente socchiusi gli occhi e la prima impressione che ebbi fu di essere caduta in un mondo incantato.

Eravamo nel giardino, ma nella sua parte più appartata, sul retro. In un punto non visibile dalla casa in quanto nascosto dal boschetto del giardino stesso. Un tavolo tondo posto sotto un baldacchino di rose rosse mi stava aspettando completamente apparecchiato. La stoffa bianca della tovaglia si stagliava nella semioscurità illuminata dalle candele che, a centinaia portavano da dove mi trovavo al piccolo angolo di paradiso attraverso una sottile stradina tortuosa che si faceva strada tra i cespugli di rose bianche.

Un candelabro antico e probabilmente d’oro, illuminava la tavola e il pergolato. Con le mani alla bocca per lo stupore, mi voltai per guardare Edward negli occhi. Lui sorrise alla mia espressione.
< Ti piace? >mi domandò teso.
< Edward… è splendido! È per questo che Alice si è inventata l’invasione di formiche rosse assassine sul retro del giardino, vero? > Chiesi un pochino in imbarazzo per esserci cascata nonostante conoscessi Alice. < Sì… non credo esistano formiche rosse assassine in questa zona dell’America settentrionale… > < Oddio, è assolutamente splendido… > Poi il mio stomaco brontolò e lui rise. Prendendomi per mano mi condusse sotto il pergolato dove fui avvolta dal dolce profumo di fiori e anche da quello molto invitante del cibo che si trovava celato dai contenitori di argento. Da galantuomo, Edward mi fece accomodare per poi cominciare a servirmi. Tutto era a dir poco buonissimo. Da quando avevo partorito, e quindi Edward non temeva più che dessi fuoco al pancione, ero tornata a cucinare per me, di solito insieme ad Esme o Alice. Rose preferiva decisamente stare con mia figlia. < Chi ha cucinato? > < Esme ed io… > e poi mi servì l’antipasto. Tra una portata e l’altra, si sedeva esattamente davanti a me per osservarmi mangiare. Uno dei suoi sport preferiti. Ogni portata era piccola, giusto tre o quattro cucchiaiate per poter permettermi di assaggiare tutto ma non ingozzarmi.

Arrivati al gelato, chiesi ad Edward: < Amore, la bambina come sta? > < Dorme. La sto tenendo d’occhio, o meglio, d’orecchio. > e poi mi accarezzò la guancia. Essendo passati solo due mesi dal parto l’allattavo ancora al seno ma con mia somma gioia, la mocciosetta dormiva moltissimo e adesso le sue poppate erano drasticamente calate in numero ma allungate in durata. Grazie a questo cambiamento nel suo tempo biologico, anche il mio si era stabilizzato. Non crollavo più dal sonno ogni 5 minuti e riuscivo a dormire tutta la notte di fila. Bastava allattarla subito prima di andare a dormire e subito dopo essermi svegliata. Durante il giorno, tre poppate bastavano. Era una bimba assolutamente adorabile. Non faceva i capricci e dormiva tranquilla. L’unica cosa era il fatto che piangeva sempre se si accorgeva di essere sola. Io ero la sua compagnia preferita. Subito dopo di me venivano Edward e  Rose. Sebbene le piacesse stare tra le braccia di tutti.
Sorridendo, affondai il cucchiaio nel gelato al limone e alla fragola. Fatto in casa…
< Vuoi anche il caffè? > mi domandò quando ebbi finito il gelato al lampone.
< Mm, non so. > Rise e me lo porse, ancora caldo.
< Certo che tu che mi lasci bere il caffé… > lo presi in giro < A cosa devo questa tua apertura alla caffeina? Non mi lasci bere neanche la coca cola… e poi, sto allattando… > < Diciamo che facciamo un’eccezione. Spero che questa sera tu ti addormenti tardi… > Disse facendo finta di osservare il roseto prendendomi un ricciolo tra le dita e giocandoci attorcigliandolo su sé stesso. Arrossii ed abbassai lo sguardo sulla tovaglia candida.

< Non ti va? > Mi chiese turbato. < Non preoccuparti. La mia era solo una proposta. Non sentirti obbligata per questo… > E mostrò i resti della cena. Alzai gli occhi e balbettai: < Ehi, guarda che a me va… e molto anche, visto che l’ultima volta mi hai impedito di… > Lui poggiò le dita sulle mie labbra facendomi segno di stare in silenzio. < Sai, speravo proprio che questa volta non mi dicessi di no… > E sorrise. Lo guardai confusa e poi gli dissi: < Edward, io non ti ho mai detto di no. Sei tu quello che di solito dice di no al sesso. > Lui continuò dicendo: < Un anno fa esatto, ti ho portata alla radura, dopo ciò che era successo con Victoria… non ricordi? Sdraiata supina sull’erba hai respinto le mie mani sulla tua pelle, sotto la tua camicetta. Quella volta sei stata tu a dirmi di no, anche se con notevole ed evidente sforzo se mi permetti. Il tuo cuore sembrava impazzito e le tue mani nei miei capelli come le tue gambe intorno alle mie mi dicevano il contrario delle tue parole… proprio come il tuo respiro e il tuo sguardo. > < Il giorno in cui ho deciso che era il momento di dirlo a Charlie… > Ricordai io. Con le guance imporporate sussurrai: < Lo sai perché ti dissi di no. Io ti ho sempre chiesto di fare l’amore con me ma tu ti eri sempre opposto. Volevi il matrimonio… In quel momento non potevo acconsentire sapendo che tu in realtà volevi aspettare, che stavi facendo tutto quello per me, andando contro ai tuoi desideri. >
Mi accarezzò di nuovo e disse: < Beh, forse non ci sarebbe Elizabeth adesso se tu allora non mi avessi chiesto di aspettare. > Poi si zittì, perso nei ricordi del mio rapimento.

Per distrarlo, mi chinai in avanti e lo baciai. Lui si lasciò ampiamente distrarre. Quando le sue labbra di ghiaccio si allontanarono per permettermi di respirare, mi accorsi di ansimare.

< Oggi, esattamente un anno fa, hai accettato di sposarmi. Ci siamo fidanzati ufficialmente in questo giorno. Mi hai chiesto l’anello, là, nella radura. Ricordi? > < Certo. > Risposi sincera. Lui mi baciò la mano, la fede e il cuoricino di diamanti fissato al mio braccialetto poi sfiorò l’anello di fidanzamento appeso al mio collo. < Quello per me è stato uno dei giorni più belli della mia esistenza. Paragonabile solo al giorno in cui hai accettato la mia proposta, a quello del matrimonio o a quello della nascita di nostra figlia… Gli unici momenti della mia vita meritevoli di essere vissuti lo sono stati solo grazie a te. Voglio che questo anniversario sia indimenticabile e speciale, proprio come sei tu per me. > Poi si alzò rapidissimo e mi prese tra le braccia. Mi stese sull’erba e poi si sedette sulle mie gambe. Si chinò a baciare il mio seno spostando la stoffa del vestito. Con una mano s’insinuò sotto il mio vestito, lungo la spaccatura sulla mia coscia. Me la massaggiava con le dita esercitando una leggera pressione. Quando arrivò agli slip, giocò con il laccetto sul lato per un po’ spostando la bocca dal mio petto al mio collo. Strusciai la mia gamba sul suo fianco e poi la accavallai sulla sua schiena insieme all’altra. A questo punto anche l’altra mano s’infilò sotto i miei vestiti. Dentro di me fui felice di aver indossato un completino di pizzo. Molto poco casualmente, una volta tornata in camera non ero più stata in grado di trovare della biancheria “normale”. Aperti i cassetti avevo trovato solo intimo piuttosto osé. Non era però la prima volta che Alice sabotava il mio guardaroba. Da dopo il parto non avevo più fatto l’amore con mio marito ma Alice mi aveva praticamente obbligato a mettere intimo non troppo casto. Diceva che Edward avrebbe apprezzato. Ed in effetti, nelle nostre serate non troppo innocenti sebbene fatte solo di carezze e coccole, sembrava che mia sorella avesse avuto ragione.
< Edward… > La mia voce arrochita dalle mie emozioni. < Sì? > La sua bassa e sensuale.
< Ti amo. > E un attimo dopo mi passò le mani sulla schiena alzando il vestito fino alla mia vita. Mi accarezzò a lungo e poi si arrestò.
< Continuiamo in casa? >
Annuii nascondendomi tra i suoi capelli rossi. Sorreggendomi con le sue braccia, mi prese in braccio come fossi una bambina ed io appoggiai il capo sulla sua spalla, dopo aver incrociato le gambe dietro la sua schiena.. 

Arrivati in camera. Andai al bagno mentre lui controllava la bambina e le rimboccava le coperte.
< La teniamo qui? > Chiesi dopo essermi lavata i denti. Addosso avevo ancora il vestito.
< Hai paura che si svegli? > Arrossii pensando al fatto che in quelle situazioni mi lasciavo molto trasportare e … bhe insomma… diciamo che non modulavo bene la voce… < Se vuoi la mettiamo in camera sua. > Annuii e lui la portò nella stanza adiacente.
Sdraiata a letto, lo aspettai e lui arrivò subito. Mi domandò: < Sicura di stare bene? >
< Starò male se dovrò aspettare ancora prima di poter amarti non solo con l’anima. > Scosse la testa fingendo di essere sconsolato e poi sorrise peccaminoso.

La prima cosa che fece fu di levarmi l’abito. Le sue mani erano veloci e precise. Quella sera non ci furono strappi nei miei vestiti. Per lo meno non quelli non intimi. Questa volta non aspettò che fossi io, impacciata, a sbottonargli i pantaloni e la camicia.

Seduto sul mio bacino, senza realmente sfiorarlo, mi accarezzava con dita avide. Era persino più impaziente di me, nonostante cercasse di non farmelo notare. Una volta in biancheria, volli levarmi la soddisfazione di togliergli i boxer. Lui mi lasciò fare ma poi mi sussurrò all’orecchio: < Allora quelli… > E sfiorò i miei glutei fino ad arrivare agli slip per poi salire fino al reggiseno < Sono compito mio. > Si chinò a baciarmi la pelle e poi con la lingua cominciò a giocare con i laccetti degli slip. Improvvisamente sentii il freddo dei suoi denti sfiorarmi. Trattenni il respiro mentre con i denti tagliavano i cordicini, prima uno e poi l’altro. Con il naso scese dall’ombelico fino alla stoffa bagnata che scostò con delicatezza poi, con le dita mi accarezzò la schiena e un clic mi avvisò che mi aveva liberato dal reggiseno. Quello che accadde nei minuti successivi non riesco a ricordarlo con molta lucidità. All’inizio fu molto gentile e misurato, come sempre. Cercava di non farmi male nel momento che più gli faceva paura. temeva di fare un movimento brusco e di ferirmi. Lentamente si unì a me stringendo il lenzuolo. Io invece trattenni il respiro e serrai gli occhi. Un po’ per vergogna un po’ per il leggero male. La nostra prima notte di nozze lui era stato così delicato, cosi misurato per evitare di farmi male che quasi aveva avuto paura a muoversi. Per quello aveva voluto che la prima notte la passassimo a casa, dove Calrisle avrebbe potuto intervenire in caso di necessità. Edward non sapeva cosa aspettarsi e aveva paura della sua stessa reazione. Neanche lui aveva provato prima quelle emozioni. Quando lo avevamo fatto durante la gravidanza, la paura di perdere per un attimo il controllo e poter quindi fare male ad Elizabeth lo aveva tormentato. Sebbene non me lo avesse mai detto, io lo avevo capito dal modo in cui mi toccava. Il pancione era troppo ingombrante per permettermi molti movimenti e quindi avevo dovuto lasciar fare tutto a lui. Adesso invece, nonostante si moderasse per evitare di ferirmi, si lasciò quasi subito andare molto di più. Dopo i primi momenti, in cui io mi abituai alla sua presenza e lui alla mia tensione, entrambi ci rilassammo. Lui poi cominciò a prendere l’iniziativa lasciandosi trasportare dalla passione. Potevo sentirlo nel suo respiro, nella pressione, persino dolorosa, delle sue dita sulla mia pelle. I suoi baci affamati del mio corpo, il suo stesso corpo impaziente. Era tutto così travolgente. Così coinvolgente… mi ritrovai ad annaspare in cerca di aria mentre il mio corpo si muoveva totalmente sconnesso dal cervello. I miei movimenti non rispondevano alla mia volontà, totalmente soggiogata dalla passione. Con le braccia cercavo di tenere Edward attaccato al mio corpo sebbene lui a volte cercasse di allontanarsi per guardarmi. Mi eccitava sentire il freddo del suo corpo sul mio seno. Quando sentii che stavo per perdere anche l’ultimo barlume di controllo, man mano che i suoi movimenti si facevano più veloci, scivolai con la mano destra dalla sua schiena ai suoi capelli ai quali mi avvinghia. Se fosse stato umano glieli avrei strappati. Era una sensazione unica essere una sola anima con Edward. I nostri corpi uniti erano complementari.
< Ti amo. > Sussurrò con un filo di voce mentre stringeva le sue mani sui miei fianchi facendomi male. Io ero troppo distante con la mente per rispondergli. Mi limitai a registrare l’informazione e ad emettere un ulteriore gemito di piacere. Ormai le mie grida e i miei ansiti erano udibili e mi vergognavo ma le mani intraprendenti di Edward sulla mia pelle mi fecero presto dimenticare il pudore.
Quando smisi del tutto di pensare, lasciai che fosse il mio corpo a guidarmi ed Edward, assecondando i miei movimenti, accentuava tutte le mie sensazioni. Dimenandomi per il piacere, chiamavo il suo nome accaldata e sudata. E ad ogni sua carezza il mio cuore batteva più veloce. Ad un tratto mi aggrappai a lui con tutta la mia forza e mi lasciai andare. Avevo cercato di ritardare, prolungare quel momento ma non riuscii a resistere. Poco dopo Edward fece lo stesso e lasciò che la sua mente lasciasse spazio al suo istinto.
Quella era stata fina a quel momento la notte più travolgente da me vissuta. Fortunatamente non fu l’ultima. Ci eravamo amati così intensamente che la sensazione che ebbi dopo fu di totale pace e gioia. Mi sentivo felice e bene. Ero completa, appagata. Edward respirava affannato sulla mia pelle e il suo respiro mi accarezzava gentile, contribuendo al mio stato di beatitudine.

Fosse stato per me, quella notte avremmo continuato all’infinito ma il mio corpo pareva avere necessità diverse da quelle della mia volontà. Sdraiandomi accoccolata sul fianco tiepido di Edward, appagato quanto me, gli accarezzai gli addominali. Le sue dita percorrevano la mia spina dorsale avanti ed indietro mentre i suoi occhi dorati erano fissi sul mio seno, schiacciato contro il suo corpo di marmo. Rimanemmo a lungo in quella posizione rilassante. Cullati dai nostri respiri che andavano tranquillizzandosi, ci coccolavamo a vicenda. Fu molto riposante. Presto mi sentii sveglia abbastanza per poter provare qualcosa di nuovo. Mi feci scivolare sopra di lui. In mio petto sopra il suo. 
< Sei una tentazione insostenibile. Come faccio a trattenermi? > mi domandò sfiorando le mie labbra con le dita.
< Non trattenerti. Non mi offendo mica… > Gli dissi maliziosa issandomi su di lui e chinandomi in avanti per poter leccare con la punta della lingua le sue labbra bagnate ed amare.
< Non questa sera… adesso riposati. >
< Non sono stanca. Colpa del tuo caffé. Oggi è un giorno importante tra l’altro. E poi… > cercai le parole giuste per dirglielo senza offenderlo. < Sì? > mi fece lui curioso.
Arrossita sussurrai: < Voglio provare a stare sopra. >
Mi guardò a lungo, studiando il mio volto e il mio corpo. Lo vidi combattere interiormente. La cosa intrigava anche lui ma allo stesso tempo pensava che fosse il momento che dormissi. Esultai dentro di me quando vidi le sue labbra piegarsi in un sorriso molto poco innocente e sentii le sue mani fare presa sul mio bacino. Per tutto il tempo le sue mani percorsero ogni centimetro della mia pelle come non avevano avuto modo di fare nelle nostre esperienze precedenti. Fu più complicato di quanto pensassi ma alla fine entrambi ci lasciammo guidare dai nostri sensi e per quello che riesco a ricordare di coerente, il non pensare funzionò. Quando ritornai nel mondo reale, ero sdraiata su di lui avvolta nelle coperte. Lo sentivo respirare il mio profumo.

Poco dopo, mi disse: < Prendi questo. > Mi misi a sedere e lo osservai prendere delle pastiglie dal cassetto. Me ne porse una insieme ad un bicchiere pieno di acqua appena versata da una bottiglietta nascosta nel suo comodino.
Afferrai la pastiglia con due dita e gli domandai: < Che cos’è? > < Ti ricordi quello che mi doveva comprare Esme a Gibson? > Io annuii e lui continuò: < Per evitare sorprese… >

Avendo capito, annuii. Dentro di me però mi resi conto di non voler prendere quella pillola. Senza dirgli niente afferrai il bicchiere, lasciai che vedesse che mettevo la piccola in bocca e poi deglutii, facendo attenzione a tenere la pastiglia tra i denti. Lui mi passò un fazzoletto per asciugarmi le labbra ed io, senza farmi notare, ci sputai dentro la pillola, poi accartocciai il fazzoletto e lo misi nel mio cassetto.
< Adesso dormi… > Mi bisbigliò gentile accarezzandomi il collo e i capelli.
< Nooo > Mi lagnai io. < Ancora, per favore! > lo implorai e gli sfiorai il corpo scendendo con la mano a sfiorargli l’inguine. Lui mi bloccò la mano prima che raggiungessi il mio obbiettivo. Tenendomi per il polso, portò la mia mano alle labbra e la baciò.

Mi obbligò a voltare il capo e fissarlo negli occhi. Con le dita tracciò il profilo delle mie occhiaia e disse: < Devi dormire. > Stanca, mi abbandonai al suo petto cullata dalla sua voce. Ad un certo punto, semiaddormentata, gli sussurrai. < Sarebbe bello poterlo fare ogni volta che vogliamo, senza scomodare tutti. Quanto mi piacerebbe avere un posto solo per noi… una casetta per noi e la nostra bambina, dover poter essere una famiglia… > Lui mi accarezzò i capelli e mi bisbigliò addolorato: < Bella, non sai quanto vorrei darti questo, darti tutto ciò che desideri. Se potessi, ti giuro che preparerei una casetta per noi. Non sai quanto mi dispiaccia non poterti accontentare. Anche io lo vorrei… ma è solo per la sicurezza tua e di nostra figlia. La vostra incolumità viene prima di tutto. Lo sai… > E mi baciò la fronte. Annuii e  gli dissi che io ero felicissima anche così. Dopo Volterra, l’importante per me era stare con lui e con la bambina, insieme agli altri Cullen, il resto sarebbe venuto dopo. Stretta a lui e da lui mi addormentai. Non dormii a lungo dato che Elizabeth si svegliò. Edward diceva che aveva il mal di pancia. Mi suggerì di dormire assicurandomi che si sarebbe occupato di lei ma io ero certa che non sarei riuscita ad addormentarmi sapendo che la mia bambina non si sentiva bene.

Mentre la cullavo cercando di calmarla, seduta in salotto verso le quattro di mattina, Edward venne da me e mi prese la mano. < Bella, Amore… > < Sì? > Sbadigliai io. Lui mi accarezzò la guancia e cercando le parole giuste e mi disse: < Perché non me lo hai detto? > < Cosa? > < Che vorresti un altro bambino… > Mi zittii e svegliai completamente nel giro di pochi istanti. Mi ero dimenticata di buttare il fazzoletto e lui aveva scoperto la pillola. Mi si gelò il sangue temendo che si arrabbiasse con me. Prima arrossii e poi impallidii. Lui mi accarezzò gentile e mi disse: < Non sono adirato. Solo, perché non me lo hai detto? Non ti avrei dato la pillola… > < Temevo che tu non avresti voluto … un altro bambino. > Ammisi capendo solo in quel momento la sensazione che avevo provato prima. Cercai di discolparmi dicendo: < Pensa poi ad Elizabeth, unica bimba in questa casa di vampiri… tutta sola. >  Lui mi baciò e mi disse: < Questa volta però, che ne dici di un maschietto? > Sorrisi sollevata e lui mi baciò con passione, mentre le sue mani mi accarezzavano le guance. < Questo dipende da te… > gli sussurrai felice che avesse accettato il mio desiderio. Rimasi sveglia tutta la notte e, quando la mattina dopo gli altri tornarono, Emmett mi guardò in faccia mentre in cucina stavo mettendo in frigo il latte che avevo tenuto via per Elizabeth e mi disse: < Oddio, cosa avete combinato questa notte voi due? Ci andate pesante! Hai una faccia, Bella… > Io arrossì e cercai di balbettare qualcosa riguardo Elizabeth ma lui non me ne lasciò il tempo. < Dovrò ricordare ad Edward che sei ancora umana… non può mica pensare di fare come faccio io con Rose… > non riuscì a continuare la frase dato che Rosalie, apparsa davanti alla porta, gli diede uno scappellotto e gli sibilò qualcosa riguardo al futuro prossimo delle loro nottatine piccanti. Lei svanì in giardino dopo avermi fatto un cenno di saluto con la mano. Vidi Emmett ignorarmi e correrle dietro gridandole delle scuse e dicendo che era dispiaciuto, pronto a fare tutto ciò che lei voleva, come lo voleva...

Chiaramente esisteva solo un modo per tenere in riga gli uomini…

Edward e Carlisle andarono al piano di sopra dove la nostra bambina si era appena addormentata dopo avermi tenuto sveglia tutta la notte. Li seguii e mi lasciai rassicurare da Carlisle riguardo la salute della bambina. Mentre si occupavano di lei, tornai al piano di sotto. Andai in bagno per darmi una sciacquata e notai dei segni scuri sul mio corpo, tracce della passione di Edward... 
Toccai la macchia violacea sul mio bacino e trattenni un gemito. 
Per evitare di angosciarlo, non gli avrei detto niente e avrei cercato di non fargli sapere nulla.  Prima di giocare ancora, avrei aspettato che fossero spariti. Un po' di attesa sarebbe stata ripagata da un Edward privo di remore nel toccarmi, temendo di farmi del male.
Esausta, andai a sedermi sul divano e lì mi addormentai appoggiata alla spalla di Alice, immaginando di dare un fratellino alla mia bambina.

Il bambino che avremmo voluto però non arrivava. Secondo Carlisle il problema non era mio (Il mio ciclo era regolarissimo) ma di Edward. La teoria di mio suocero era piuttosto strana ma, dato che non riuscivo a rimanere incinta nonostante avessi aspettato un po' prima di riprovarci seriamente, doveva essere giusta. Edward ovviamente, come da sua natura, si sentiva in colpa e diceva che era colpa sua se io non potevo essere felice. Mi dovetti impegnare per convincerlo che ero felice lo stesso e comunque, non disperammo, impegnandoci molto per raggiungere il nostro obbiettivo. 
Emmett se la rise vedendo che li cacciavamo tutti di casa almeno quattro volte a settimana...
Io di questo certo non mi lamentavo. Potevo avere Edward tutto per me senza sguardi od orecchie indiscrete, il che è sempre un bene quando si fanno certi giochi...  

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Capitolo 37
*** Alice (Biloxi, Mississippi, 1925) ***


Ciao a tutte!!! Miracolosamente sn riuscita a postare oggi!!!

Capitolo scritto velocemente oggi prima di studiare latino. Ero molto triste per una verifica di matematica andata male a causa di una prof che mette su otto esercizi 6 su cose mai fatte…
Solo che poi, la media la rovina a noi, non a lei.
Il capitolo cmnq nelle linee generali era già pronto prima quindi non dovrebbe averne risentito (era drammatico anche prima XD)
Spero vi piaccia. Ci tenevo molto a scriverlo perché mi sono sempre chiesta cosa fosse successo…
Questo era l’unico modo per poter inserire questo fatto nella ff.
Spero gradirete. Non preoccupatevi. Andrà a finire tutto bene! Anche per A***E  (vediamo chi indovina chi è XD)
Grazie per i vostri bellissimi commenti. Davvero belli e graditi!!!
Non vi dico ancora se avranno altri bambina ma per intanto, ditemi dei nomi, sia maschili che femminili che vi piacciono (un paio in mente ce li ho già XD)!
Ah, per le serate piccanti, direi che ce ne è almeno un’altra!!! (minimo... una serve per far contenta Bella... se a lei piacciono i mocciosi... ) La teoria di Carlisle la spego la prossima volta, non preoccupatevi, basta che non vi mettiate a ridere però, Povero Edward, i suoi problemmi sbattuti senza ritegno su queste pagine da me, sadica e perversa XD!!!!!!
Ora vi lascio che ho la versione domani…

PS: grazie davvero infinitamente!!! Questa storia è stata inserita tra i preferiti da 200 persone!!! GRAZIE!!! SONO AL SETTIMO CIELO!!! Mi avete tirato sù il morale!!! (e mi serviva proprio una botta di felicità... anche perchè il mio prof di Italiano mi ha detto che non so scrivere e che i miei temi fanno schifo... almeno qualcuno che apprezza il mio lavoro c'è. Grazie infinito a tutte voi! Un bacione enorme!!!)
PPS: Questo cap riprende da prima che Edward e Bella comincino ad impegnarsi costantemente per avere un secondo figlio, circa 2 ore dopo che Bella si è addormentata. Dimenticate le ultime 10 righe del cap prima. Nel prossimo cap, dal POV di Bella, si riprende dalla fine del 36, ovvero, approfondendo quelle 10 righe XD!!! 

Un bacione da Cassandra che andrà, con molta poca voglia, a ripassare Cicerone. 

Edward's POV

Rimasi con Elizabeth per circa 3 ore, seduto ad osservarla dormire. Carlisle venne a controllarla ogni ora. La esaminava e poi tornava da Jasper ed Emmett che stavano lavorando a qualcosa in giardino. Credo stessero smontando una vecchia macchina per poi riassemblarla, dopo averla truccata, ovviamente. Emmett ci teneva tanto... E Rosalie apprezzava quel genere di lavori. Amava giocare alla meccanica sexy...

Bella, al piano di sotto, si era addormentata dopo aver passato la notte alzata. E devo dire che, finchè Elizabeth non aveva cominciao a stare male, era stata una notte a dir poco fantastica.

Quando notai che la bambina muoveva nel sonno la bocca come quando aveva fame, decisi di andarle a prendere del latte e scaldarglielo. Inoltre, avrei preso Bella e l’avrei portata in camera. Il letto era certamente più comodo del divano, ed io più socievole di Alice in questo periodo.
Sapevo che mia moglie le si  era seduta accanto di proposito. Sebbene non potessi leggerle la mente, la conoscevo bene. Sapeva che ad Alice era successo qualcosa e si limitava a starne vicina, senza farle domande, nonostante mia sorella cercasse di evitarla. Voleva che Alice sapesse che lei le era vicina. Sapevo che a Bella mancava il loro rapporto. Le mancava la sua migliore amica, sua sorella…
Dopo aver baciato mia figlia sulla fronte calda e liscia, scesi al piano inferiore. Rimasi fermo alcuni istanti ad osservare mia moglie che, addormentata, sorrideva ad Alice. Aspettai che lei si accorgesse di me ma ciò non accadde.
< Alice? Alice? >
Mia sorella non mi prestava attenzione. Osservava fuori dalla finestra con gli occhi persi nel bosco. I suoi pensieri erano confusi… non volevo violare la sua privacy e quindi cercavo di non intrufolarmi nella sua mente ma non riuscivo ad ignorare il pianto arido della sua anima. Era addolorata ma non voleva parlarne con me, con nessuno.
Le appoggiai la mano sulla spalla e le sussurrai di nuovo: < Alice? Mi senti? >
Lei sembrò svegliarsi da un sogno e mi fissò stupita. Bella si era accoccolata con la testa sulla sua spalla ma poi era scivolata sulle ginocchia di mia sorella che le accarezzava i capelli, assente.

< Alice, porto Bella in camera. È molto stanca. Questa notte non è riuscita a dormire… Elizabeth non è stata bene e lei non ha voluto saperne di lasciarmela. Si preoccupa così tanto per lei… >
A quelle parole, la vidi deglutire ed abbassare lo sguardo. Osservò mia moglie e percepii sua disperazione.
< Bella è molto preoccupata per te. Non te lo direbbe mai per paura di ferirti ma non capisce perché tu ti stia comportando così. Ti sente distante. Si è accorta che la eviti… così come ce ne siamo accorti tutti… So che quello che ti è successo a Forks, ciò che ti hanno fatto, è stato atroce ma Bella non ne ha colpa. Lei non sa niente. E non ho intenzione di dirglielo. La turberebbe soltanto e si sentirebbe terribilmente in colpa. Non riuscirebbe mai a perdonasi la tua sofferenza.
Per favore, cerca di rilassarti e di essere più dolce con lei… ti vuole bene. Vorrebbe tanto aiutarti. >
< Edward… > E mi fissò negli occhi per un attimo. In quei pozzi neri come i suoi capelli vidi una cosa che non avevo mai scorto in lei…

Rimpianto?

< Alice, cos’è che mi stai tenendo nascosto? >
Fece per rispondere. Le sue labbra si incresparono e piegarono come se stesse per dirmi qualcosa. Cominciò a formulare un pensiero ma si bloccò subito, mordendosi il labbro inferiore. Per un attimo solo intravidi l’interno di una casa che non conoscevo. Mobili modesti e una donna appoggiata ad un lavello, girata di spalle. Indossava un grembiule e teneva i capelli scuri legati in uno chignon.

Subito dopo, Alice scostò Bella dalle sue ginocchia e per poco non la fece cadere. Si alzò in piedi e corse via. Bella, svegliata di soprassalto, mi guardò sorpresa con gli occhi ancora gonfi per la stanchezza. Si tirò a sedere e mi abbracciò. < Edward… che c’è? > < Niente, Amore, niente. Vieni, andiamo in camera… > e, dopo averla bacia lievemente sulle guance, l’accompagnai al piano di sopra.  Avrei preferito non svegliarla e restare ad accarezzarla mentre ancora dormiva aspettando che si svegliasse ma, ero certo, sarebbe stata contenta di allattare Elizabeth al seno. Se poteva, evitava i biberon e voleva che noi facessimo lo stesso. Se si accorgeva che non la chiamavamo per allattarla, si offendeva.
< Che ore sono? > mi chiese sbadigliando.
< Le undici… >
Mi sorrise radiosa e, sfiorandosi il seno, mi ridacchiò: < Ora della poppata. Resti o vai? >
< Vado. > Le risposi un po’ brusco. Lei ci rimase male e così, prima di lasciare la stanza, mi avvicinai velocemente e le sussurrai all’orecchio: < Ti amo… a dopo… Aspettami. >
Al piano di sotto, Alice era stretta in un abbraccio molto materno da Esme. Entrambe erano in silenzio. Alice teneva gli occhi chiusi e mia madre mi guardava da sopra i suoi capelli neri, corti e spettinati.
“Edward. Lasciala in pace.” Pensò mia madre spostando lo sguardo su mia sorella e guardandola apprensiva.
Annuii lievemente ed andai nella sala del pianoforte e mi sedetti al mio adorato piano. Le mie dita scivolarono sui tasti d’avorio come se la musica scaturisse direttamente da loro e non dal lieve tocco sullo strumento. Sentii bella, al piano di sopra, sospirare e accompagnare la mia musica ad una canzone, che si adattava perfettamente alla melodia,  per la bambina.

Suonai a lungo, ignorando Alice che, nel frattempo, si era seduta per terra in un angolo. Si teneva la testa tra le mani e gli occhi erano chiusi.

Mi interruppi solo quando Elizabeth, dal piano di sopra, si fece sentire con la sua voce da neonata.
Sentimmo Bella cercare di calmarla. Le diceva: < No, no, non piangere piccolina. La mamma è qui. È qui con te e con il papà. Adesso arriva anche lui. Sht, sht, non fare così. > Dopo un po’ la sua voce era esasperata e dai suoi passi piccoli e veloci capimmo che si stava muovendo avanti e indietro per la stanza, cullandola.
Feci per andare da loro ma, quando passai vicino ad Alice, lei mi afferrò la manica e mi bisbigliò:
< Non te ne andare. Ho bisogno di parlarti. >
Sorpreso, mi bloccai.
Bella, agitata, cominciò a chiamarmi. La bambina aveva evidentemente ancora mal di pancia.
< Esme, andresti ad aiutare Bella, per favore? Carlisle è in giardino con Emmett ma sta arrivando… ha sentito la bambina piangere. >
< Certo Edward. Le dico che stai arrivando? >
< Sì, dille che arrivo fra un attimo. > le dissi fissando interrogativo Alice che teneva ancora un lembo della mia maglietta.
< Alice, che cosa… > Ma lei mi interruppe alzando gli occhi verso di me.

< Edward, perché vuoi andare dalla bambina? >

Totalmente spiazzato dalla sua affermazione, non capendo cosa stesse cercando di dirmi, la fissai curiosa e lei continuò: < Cosa spinge te e Bella a starle sempre così vicini? Come mai siete così … attenti a tutto ciò che la riguarda? >
< Alice, sei certa di stare bene? È nostra figlia. È naturale che sia così. Soprattutto adesso che è così piccola ed indifesa, assolutamente dipendente da noi che siamo i suoi genitori… >
< … Non riesco a capire… anche io voglio bene a vostra figlia ma voi sembrate totalmente …
Bella sembra così… come se la sua vita improvvisamente fosse incentrata solo sulla bambina. Prima non aveva occhi che per te… e tu per lei. Ora invece è come se entrambi aveste spostato la vostra attenzione su di lei e lei venisse prima di voi stessi. Di voi come coppia. >

< Alice, siamo i suoi genitori… è normale che sia così. > Le ripetei lentamente, come se stessi parlando con qualcuno che non parla la mia lingua.

< E se lei fosse… > Indugiò un secondo indecisa se proseguire o meno e poi continuò: < E sei lei fosse … diversa? Se fosse sbagliata per voi? >

< Alice? Ma cosa stai dicendo? Lei non potrebbe mai essere sbagliata per noi! Non riesco a capire cosa cerchi di dirmi. Hai visto qualcosa che non vuoi che io sappia? Ti prego, non farmi stare in pena. Dimmi! Avrà dei problemi? Starà male? Ti prego, dimmi se succederà qualcosa di cui dobbiamo preoccuparci! Noi l’ameremo sempre e comunque, se è questo che temi. Niente potrà mutare i nostri sentimenti per lei. È la nostra bambina… la accetteremmo qualsiasi cosa succeda. Le staremo vicino, sempre e comunque. > Cercai di spiegarle, tentando di convincerla a dirmi cosa avesse visto, terrorizzato che avesse scoperto una qualche malattia o avesse scorto nel futuro una qualche disgrazia. 
Si alzò sulle ginocchia ed affondò la testa nella mia camicia. Piangeva senza però poter versare lacrime. Il suo piccolo corpo era scosso dai singhiozzi. Appoggiai sorpreso le mani sulle sue spalle e cercai di consolarla. Mi sentii male, temendo per la vita della bambina.

Cosa aveva visto Alice da sconvolgerla così tanto?

Probabilmente a causa del suo stato d’animo, lasciò correre i suoi pensieri che fino a quel momento aveva cercato di tenermi nascosti. Fui come sommerso da una miriade di emozioni.
Le sue emozioni.
Pura, solitudine, dolore.
C’era oscurità intorno a lei nei suoi ricordi. E fu quello a sorprendermi.
Erano ricordi sbiaditi, come filtrati attraverso degli occhi troppo deboli per cogliere tutti i dettagli del mondo. Tutte le sfumature dei colori e le variazioni dei colori…
Tutto ciò era dovuto alla debolezza dei sensi umani.
E fu proprio questo a farmi mozzare il fiato.
Erano ricordi umani…
Il punto era che Alice non aveva mai avuto ricordi della sua vita… precedente.
Quella lontano da noi e da Jasper.
Quella fragile e precaria che aveva dovuto abbandonare a soli diciannove anni…

< Alice? Alice, cosa significa? > Non era il Futuro della mia bambina che la terrorizzava. Appena lo capii mi sentii, molto egoisticamente, estremamente sollevato. subito dopo però mi accorsi del dolore di mia sorella e cercai di tranquillizzarla, accarezzandole i capelli.
< Edward, Edward… > singhiozzava lei.
< Alice, calmati ti prego. Ti prego… > Le dissi ma un altro fiume di immagini mi raggiunse.

La giovane donna che prima lavava i piatti adesso gridava qualcosa ad una bambina piccola che piangeva, rannicchiata in un angolo. La ragazza aveva chiesto ad una donna che chiamava zia cosa pensasse fosse successo al figlio scomparso del sindaco.
Prima che l’altra donna potesse rispondere, la bambina con voce limpida aveva detto: < Io lo so. L’ho visto. È caduto nel fiume tre giorni fa… lo ho visto mentre dicevo la preghiera… > La donna si era voltata verso di lei, l’aveva osservata per un’interminabile istante e aveva cominciato a gridarle dietro delle cose orribili. L’aveva strattonata per le braccia e le aveva urlato di non dire quelle cose.
L’aveva fatta cadere dalla sedia e lei era scappata in un angolo.
La piccola aveva paura. era terrorizzata dalla reazione di quella che probabilmente era la madre. Non aveva fatto niente di male e non capiva perché quella donna a cui voleva bene si comportasse in quel modo con lei, quando lei, concentrandosi, riusciva vedere delle cose che non erano ancora successe.  
La prospettiva visiva del ricordo era dal basso.
Mi accorsi che gli occhi dal quale osservavo la scena erano proprio quelli della piccola quando la donna cominciò a picchiarla. Vedevo le manine poste sugli occhi, come a coprirsi e a tentare di difendersi. Sentivo le grida irate della donna e dentro di me sentii una sorta di dolore. I sentimenti della bambina erano talmente intensi che li provavo anche io, in tutto il loro orrore.

Quando arrivò il colpo dalla mano della donna dritto sulla piccola faccia della bambina, il ricordò cambiò.

In una camera piccola e scura, sentivo piangere. Come nel flashback precedente, era la bambina che piangeva affondando il volto nel cuscino e che si copriva la testa con la coperta.
L’immagine mutò ancora. Questa volta riconobbi Alice. Si rifletteva in uno specchio. Avrà avuto non più di quattordici anni. Si trovava nell’atrio di un grande edificio pieno di uomini e donne in camice bianco. Qualcuno la trascinava. Lei gridava e piangeva e chiamava “Madre!” “Padre!” ma le due persone a cui si riferiva non l’ascoltavano. La donna di prima, tra le braccia dell’uomo, si appoggiava a lui. Vedevo le sue lacrime. Alice riuscì a divincolarsi e corse verso di loro. Prima che i dottori potessero bloccarla, il padre (perché ero certo che fosse il padre. Era una sensazione chiara anche se lontana quella che Alice provava per lui: Affetto… ) le tirò un ceffone che la fece cadere per terra. Le disse: < Io non sono più tuo padre. Tu sei sempre stata una vergogna per la nostra famiglia. >
La madre pianse più forte e, mentre Alice veniva portata via, lasciò la stanza sorretta da un medico. L’ultimo ricordo umano del mondo esterno che Alice serbava era il giardino oltre le porte dell’ospedale che si chiudevano dietro di lei, mentre lei, in lacrime, si voltava per implorare i suoi genitori di aiutarla.
Mi sentivo male per quello che stavo vedendo e quando Alice pensò ad un altro ricordo, mi si strinse il cuore.
La tenevano ferma in una stanza bianca e spoglia mentre una donna le tagliava i capelli. L’avevano immobilizzata perché lei si agitava. Quando la lasciarono andare, i suoi capelli lunghi erano sparsi per terra. Si passò una mano sulla testa e pianse più forte sentendo che le avevano lasciato i capelli lunghi appena tre centimetri.

Due donne robuste la trascinarono di peso in una stanza e la lasciarono lì dopo averle tolto i vestiti e infilato una camicia d’ospedale.

E da quel momento ogni immagine perse il concetto di tempo.
Si mescolavano ricordi più o meno recenti. Dolore e paura erano l’unica costante.
Il buio era una presenza opprimente ed onnipresente. La rinchiudevano in un luogo piccolo e scuro, freddo. Le facevano del male. queste erano le cure per quella che consideravano una malattia.
La diagnosi era stata il nome di una malattia mentale.
Dopo altre immagini terribili di quelle che loro consideravano cure, Alice finalmente cominciò a calmarsi. I suoi pensieri si stabilizzarono sul volto di Jasper.
Senza che me ne fossi reso conto, mi ero inginocchiato davanti a lei e l’avevo stretta in un abbraccio.
< Alice, ti prego. Calmati. Adesso va tutto bene… adesso sei qui con noi. Noi ti vogliamo bene. >
< Ed… Edward > pianse lei nascondendosi nella mia camicia.
< Alice. Ti prego. Adesso tranquillizzati. Sono qui… > E cominciai a dondolarla dolcemente come facevo con Bella quando era impaurita.
Da sempre Alice era stata la mia sorella più cara. Il giorno che la conobbi, la trovai antipatica ed invadente ed invece,praticamente subito, diventammo amici. Per anni lei fu la sola con la quale mi fossi confidato. Era stata più che una sorella. Era semplicemente Alice.
Era strano vedere lei, così vitale ed euforica, sempre così  allegra e gioiosa essere così indifesa ed impaurita, addolorata.
< Edward… perché i miei genitori mi hanno abbandonata? Perché non mi hanno amata come fate tu e Bella con Elizabeth? Perché mi hanno rinchiusa in quell’ospedale? In quella prigione? Perché per loro ero sbagliata? > singhiozzava sconnessa…
Capii il suo strano atteggiamento e provai una pena infinita per lei. Si era tenuto tutto quell’orrore dentro di sé fino a quel momento, soffrendo da sola ed in silenzio, senza voler coinvolgerci.
Aveva evitato di permettermi di vedere nella sua testa per paura che scoprissi cosa lei stesse patendo.
< Da quando riesci a … ricordare? > Le chiesi impaurito di poterla fare sentire peggio.
Lei sospirò profondamente e con voce tremante mi sussurrò:

< Da quando Jane… il dolore…
era come all’ospedale. Quando mi facevano l’elettro-shock.
Faceva talmente male…
Era un male talmente atroce…
Mi ha fatto ricordare quello che avevo subito in quel posto.
Improvvisamente, ho ricominciato a vedere delle cose…
È stato orribile. Fa così… male… mi fa male pensarci.
Non è giusto! Perché mi hanno fatto questo? Loro lo sapevano che mi avrebbero fatto del male. hanno detto a tutti che ero morta! Non mi avrebbero più voluta con loro… > Ripeteva le parole, piangeva e si accoccolava su se stessa senza riuscire a tranquillizzarsi.
Non sapendo cosa dirle per consolarla, mi limitai a stringerla a me con vigore. Le baciai i capelli e lei proseguì nel suo sfogo: < Sapevo che il giorno della mia morte era in realtà il giorno del mio ricovero… L’ho letto nelle carte che ho rubato. Ma sapere… sapere è così diverso dal ricordare.
I ricordi, fanno male. > Mi disse triste e sconsolata. il dolore traspariva chiaramente dalle sue parole.

Dopo quelle parole, si abbandonò al mio petto, aggrappandosi alla mia camicia con le dita. Le accarezzai la schiena e la presi in braccio. Sentivo i pensieri di Jasper che, accortosi di quello che stava succedendo, discreto come suo solito, restava in silenzio nella stanza attigua.

Quando, con Alice tra le braccia, mi voltai, vidi Bella ai piedi delle scale. Elizabeth si era calmata ed Esme era restata con lei. Non appena i nostri occhi si incontrarono, abbassò lo sguardo e corse su per le scale, andando a rifugiarsi in camera nostra.
Portai Alice in camera sua e Jasper si sostituì a me nel farle carezze e nel cercare di consolarla.
Facendo un respiro profondo, bussai. Bella cercava di non farsi sentire mentre tratteneva un singhiozzo.

< Vieni pure. > mi bisbigliò aprendomi. Gli occhi erano arrossati e sulle mani notai le tracce delle lacrime. Appena entrai, lei mi abbracciò e si alzò sulle punte per baciarmi. Chinai il capo per appoggiare le mie labbra sulle sue, bagnate di pianto. Mi baciò tormentata, avvolgendo il mio petto e la mia schiena tra le sue braccia, per avvicinarmi di più a lei. Sentii il suo seno premere contro di me ma, in silenzio, misi da parte tutti i pensieri poco adatti alla situazione. Con un movimento veloce e delicato, la sollevai da terra e la poggiai sul letto. Quando la sua schiena fu appoggiata alla coperta, si rannicchiò su se stessa e si rifugiò tra le mie braccia.

< Edward… mi dispiace così tanto per Alice. >
< Lo so, Amore… > < Come hanno potuto, una madre e un padre, fare una cosa simile alla loro stessa figlia? Io non potrei neanche pensare di abbandonare Elizabeth. >
< Bella, lo so che è molto difficile capirlo, ma devi rapportarti all’epoca. Negli anni venti, la vita era diversa… >
< Edward, non ci sono scusanti. Erano i suoi genitori. E l’hanno abbandonata… e hanno permesso che le facessero del male! > Alzò troppo la voce e la bambina, agitata dal tono, cominciò a piangere come faceva quando si sentiva sola.
Bella, come legata a lei da una catena invisibile, si alzò e la prese tra le braccia. Le baciò le guance piccole e rosee e poi la strinse a sé. < Edward, tu credi che non le volessero bene? >

Dato ciò che avevo visto e non sapendo come risponderle senza essere costretto a mentire, le dissi:
< Credo che avessero molta paura delle sue capacità. Non l’hanno saputa capire… Da quello che ho capito, lei riusciva a vedere in modo diverso da come fa oggi. Solo se era molto concentrata riusciva a scorgere il futuro. È chiaro che era un dono che poteva apparire come una maledizione… in una società come quella degli Stati Uniti del sud a metà degli anni venti. >
< Non hai risposto. Sai, mentre ero  incinta avevo paura che Elizabeth fosse… diversa. Ma l’avrei accettata comunque. Anche se avesse avuto occhi rossi e avesse preferito il sangue umano al mio seno. >

E poi, tenendo la bambina, si avvicinò a me e si lasciò abbracciare.

< Non me lo hai mai detto, non mi hai mai parlato di queste tue preoccupazioni. Perché? > 
< Non volevo turbarti… e poi, sapevo che mi avresti rimproverata… > Ammise lei abbozzando un sorriso. Poi appoggiò le labbra sul mio collo e infilò le mani sotto la mia camicia.
< Come avranno potuto comportarsi così? > sussurrò accarezzando la mia pelle con il suo sospiro.
< Capisco quello che vuoi dire. Provo i tuoi stessi sentimenti. Non so come abbiano potuto arrecare tutto quel dolore alla loro figlia. Anche io,come te, non riesco a immaginare di poter lasciare la nostra bambina nelle mani di estranei, neanche se fossi convinto che loro la possano aiutare. Preferirei morire che abbandonare lei, o te. Il comportamento dei genitori di Alice è stato, sebbene in linea rispetto alla mentalità dell'epoca, assolutamente riprovevole. Anche io ne sono sorpreso. > Poi l'accarezzai. Lei rimase in silenzio a lungo. 
Quando le sue labbra si schiusero di nuovo, mi sospirò: < Io le voglio bene... vorrei che lei sapesse che quello che provo per lei è un sentimento sincero, che io non potrei mai farle quello che le hanno fatto loro. Io le voglio davvero bene... > E poi nascose il volto nell'incavo del mio collo mentre la bambina,appoggiata a lei, con le sue manine minuscole andava in esplorazione del mio volto. Quando il piccolo palmo caldo sfiorò le mie labbra le diedi un piccolo bacio.
Invidiai il suo ignorare le bruttezze del mondo e nel mio cuore sperai di poterla proteggere da quegli orrori il più a lungo possibile. Sperai di poter essere per lei un buon padre...

< Non preoccuparti per Alice. Fra un po’riuscirà a metabolizzare il trauma. E poi, adesso, ha Jasper e tutti noi. Siamo noi la sua famiglia e le vogliamo tutti molto bene.
Questo lei lo sa bene. > La rassicurai baciandola. Sperai che anche Alice sentisse le mie parole...

 

 

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Capitolo 38
*** Emmett,corpetti aderenti e seratine piccanti... ***


38

Buona domenica a tutte!
Ragazze, vi ringrazio molto!!! 1009 commenti!!!!!!!!!!! Data la settimana scolasticamente orribile (credo di aver preso l’insufficienza in matematica e in latino LATINO!!!! Di solito ho 8 in queste materie!!! Matematica, passi, la prof ha messo delle cose che non avevamo fatto ma LATINO!!!! Tutta colpa di CICERONE!!!!! Sigh sob) queste piccole soddisfazioni aiutano, non vi pare? Grazie XD
Fra poco sarà un giorno speciale per me, un giorno in cui sono sempre abbastanza triste. Quindi, per scacciare la tristezza, pubblicherò qualcosa di speciale XD preparatevi! (venerdì)
Prossimo aggiornamento previsto per mercoledì.
PS: Hanairo, siamo a quota tre… alla 4 scatta la penale XD (scherzo!) un bacio gigante a te e alle ragazze che hanno appena scoperto la mia storia! È molto bello per me sapere di scrivere per voi.
Per chi mi segue da un po’, un abbraccio gigante ed un bacio.
PPS: Questo cap è un po' strano. non preoccupatevi per l'inizio. andate avanti a leggere e capirete. ricordate che io sn per la coppia: Edward\Bella XD Spero che vi piaccia come è piaciuto a me scriverlo XD
Ora andrò a fare… fisica o latino? Questo è il problema…
Allora, buon pomeriggio a tutte!
Un bacio da Milano…

                                       Cassandra!

< Emmett? Emmett? > Chiamai sussurrando nell’oscurità. Arrancando nel buio, inciampai nei miei stessi piedi nudi.  Avevo lasciato le pantofole nell’ingresso per non farmi scoprire da Edward.

Protesi le mani avanti e caddi nell’erba. Mi sbucciai la base dei polsi e le ginocchia contro la terra irregolare. Fortunatamente salvai la faccia riparandomi con i gomiti.

< Ehi? Ohi, sei viva? > mi domandò sottovoce Emmett prima ridacchiando e poi un po’ preoccupato, vedendo che non mi rialzavo, anche se, ne ero certa, non per me ma per la reazione che avrebbe avuto Edward scoprendo cosa stava succedendo.
< Bella? >  
< Sì? > biascicai io appoggiandomi ai gomiti. Lui si osservò intorno con fare sospetto e poi si avvicinò a me. In un istante mi rimise in piedi e mi trascinò dietro all’albero dove era rimasto fino a quel momento. Eravamo nella parte più isolata del giardino. Tutti erano andati a caccia ed io, insieme ad Edward, ero restata a casa con Elizabeth.
Tenendomi per le spalle, Emmett fece aderire la mia schiena alla corteccia ruvida dell’albero. Dato che indossavo un abito leggero, sentii la mia pelle che si graffiava. Cercai di allontanare Emmett, le cui mani erano ancorate saldamente ai miei avambracci come se temesse, lasciandomi andare, che potessi cadere.
< Emmett, lasciami… > gli bisbigliai.
Dovevamo tenere la voce bassissima. Non potevamo farci scoprire, altrimenti sarebbe successo chissà cosa e tutto sarebbe andato all’aria.
< Sicura di riuscire a restare in piedi? > Mi chiese un po’ divertito e un po’ scettico mentre lasciava la presa, permettendo al mio sangue di circolare di nuovo anche nelle mie braccia.
< Certo che lo sono… > Gli dissi irritata. Lui abbozzò un sorriso e poi mi disse: < Pensavo non venissi più… con tutto il tempo che ho aspettato… e la fatica che ho fatto per liberarmi degli altri…
Ci mancava solo che tu mi dessi buca. > < Edward non si allontanava mai. diceva che aveva voglia di stare solo con me, a guardare un film… penso che si sia un po’ demoralizzato, dopo martedì scorso… >

Il giorno in cui mi erano venute le mestruazioni per la seconda volta dopo il parto.
Le prime mestruazioni post partum infatti erano arrivate tre mesi dopo la nascita di Elizabeth.
I miei medici personalissimi mi avevano detto che erano arrivate così tardi perché allattavo…
Da quel momento io ed Edward avevamo cercato di avere un altro bambino.
Dato che quel mese ero stata in ritardo di tre giorni, speravamo di essere riusciti nel nostro intento ed invece, martedì…
Sì beh, insomma, martedì Edward mi aveva avvisato, con lo sguardo triste e sentendosi evidentemente in colpa, che avrei dovuto andare in bagno di li a poco e che i miei mal di pancia non erano colpa della cucina di Rose. 
Quando i suoi sensi super sviluppati ed estremamente sensibili, soprattutto al sangue ed in particolare al mio, gli permettevano di conoscere le cose a mio riguardo prima di me, mi sentivo particolarmente irritata.  
Emmett interruppe i miei pensieri trattenendo le risate.
< Beh, insomma… lo so che ci siete riusciti al primo colpo con Elizabeth, ma non per questo Edward deve pensare che sia infallibile… Insomma, nonostante tutto è sempre un uomo… >
< Emmett, non dirglielo… si offende. Quando ci ho provato io a spiegarglielo, mi ha detto che se non riesco a restare incinta è solo colpa sua. Carlisle teme che dopo Elizabeth non possa più avere figli e lui se ne sta convincendo.
Io ed Edward inoltre avevamo deciso che, se non ci riesco entro il primo anno, rinunciamo. Ormai sto per compiere vent’anni… non posso aspettare troppo altrimenti comincerò a diventare troppo grande… non posso aspettare troppo per decidere a farmi cambiare… > e tentai di sorridere. < Solo che se lui non vuole più provarci… > Emmett afferrò il mio mento e mi obbligò a guardarlo negli occhi. < Vedi di non diventare pessimista come lui… e poi, ti assicuro. Avrai il tuo bambino prima diventare vecchia. >
E poi mi cinse le spalle con un braccio per consolarmi. Mi prese per mano e mi guidò nel boschetto fino ad un punto nascosto.
< Sei sicuro che funzionerà in questo modo? >
< Certo, non preoccuparti. In queste cose sono un maestro. Resterai soddisfatta. >
< Mhm… chissà perché, ho paura di quello che stai dicendo… spero che Rose non mi uccida. >

< Non preoccuparti… lei sa essere molto comprensiva. Quando le ho detto quello che avevamo intenzione di fare mi ha dato molti consigli utili. >

< Sicuro che gli altri non sappiano niente di quello che abbiamo in mente? Non vorrei che Edward scoprisse che… Sì, insomma… si sentirebbe molto a disagio a sapere che ho chiesto aiuto a te invece che a lui… >
Mi impedì  di proseguire poggiandomi un dito sulle labbra. < Non preoccuparti. Alice lo sa, ma a lei non si può nascondere niente… capiscimi… Però, mi ha assicurato che alla fine funzionerà. Oltre a lei, e Rose, gli altri non sanno niente. Il segreto è al sicuro tra di noi. > E mi sorrise complice. Sospirai cercando di tranquillizzarmi. Segreto al sicuro? Ma se lo sapeva metà della famiglia? Mi sembrava di essere una criminale.
< Su dai, sbrighiamoci prima che Edward s’insospettisca… > Annuii facendomi coraggio e gli sussurrai: < Va bene. Muoviamoci. >
Rise del mio vacillare nella voce.
< Dai, ecco. Pronta? >
< Ma cosa diavolo c’è là dentro? È enorme!!!Come puoi pensare che io… >

< Senti, ti ho svaligiato tutto il negozio. Rose ha scelto i colori, le misure… io invece mi sono occupato di scegliere i modelli. Dovrebbero far cambiare idea ad Edward…
per lo meno, io la cambierei. > Ed ammiccò porgendomi  l’enorme sacchetto gonfissimo che avevo visto poco prima. < Non riuscirò mai a portarlo in casa senza che mi scopra. >
< Allora scegli qui in fretta… Ti abbiamo comprato un po’ di tutto. > Mi disse aprendo il sacchetto e facendomi segno di cercare qualcosa di adatto. Un po’ indecisa, cominciai a cercare. < Emmett, non ti sembra un po’ … esagerato? > gli domandai mostrandogli un reggiseno molto succinto che tenevo con la punta delle dita.
< Senti, vuoi convincerlo? Questo è il modo migliore. >

Non sapendo cosa scegliere, afferrai un corpetto nero con degli intricati disegni formati dai laccetti di seta, le relativa culottes con il pizzo, un completino di seta azzurro e un altro completo piuttosto trasparente…

< Grazie Emmett, ti devo un favore… >
< Non preoccuparti. È stato utile anche per me. Rose ha trovato un paio di cosine davvero carine…
con quelle addosso a te, Edward non sarebbe riuscito a dirti di no per niente al mondo.
Rose però ha detto che per te era presto per provare certe cose e che ti saresti sentita a disagio…
Nel caso però tu sia interessata, fammelo sapere che te ne procuro uno… >
< Grazie Emm, ma credo che ne faro a meno… per intanto bastano quelli. > Ed indicai con il capo il sacchetto rigonfio.
Arrossii pensando a cosa si fosse comprata Rose. Lei mi aveva consigliato di essere audace con gli uomini ma in quella circostanza mi preoccupai del reale significato che lei dava a quella frase. Lei mascherava bene la sua indole, a differenza di Emmett che non avrebbe parlato d’altro che di sesso. Stava già per darmi quelli che lui riteneva preziosi consigli quando decisi che poteva bastare…
< Ok Emmett, adesso vado che se no si accorge che non sono in bagno… era in camera con Elizabeth prima. Oddio! Come farò a metterlo?? > Mi lamentai osservando meglio il corpetto. Lui mi prese i capi che avevo scelto dalle mani e li mise in un sacchettino piccolo e scuro, poi me li ripassò.

< Divertiti, sorellina > Ridacchiò Emmett sparendo nell’oscurità.

Rassegnata, tornai quatta quatta in casa.

Non feci a tempo ad Entrare che Edward, in un lampo, mi raggiunse. Mi baciò sulla guancia prima che potessi rendermi conto della sua presenza. < Amore? Cosa ci facevi in giardino? > Mi domandò seducente. Non mi lasciai ingannare dalla sua voce di velluto e, nascondendo il sacchetto dietro la schiena, gli dissi: < Mi mancava un po’ l’aria… senti, vado a farmi una doccia. Tu aspettami in sala… Va bene? > Il mio tono, che voleva essere seducente, pareva implorante. < Tutto bene? > Mi domandò accarezzando il lato del mio viso con dolcezza. Io annuii e gli sorrisi, o meglio, ci provai. Mi misi sulle punte per sfiorarlo con le labbra e poi, quasi di corsa, andai in bagno. Mentre ero nella doccia, a cercare di rilassarmi, sentii Edward che, nella stanza affianco, metteva a dormire Elizabeth. Dopo poco, bussò. < Bella, ti manca molto? Se vuoi, il film possiamo guardarlo domani… è tardi, dovresti andare a dormire. > Secca gli risposi: < Non ho sonno… e poi, non l’ho mai visto quello che ha comprato Alice… aspettami di sotto… > < Va bene… a dopo. > e poi, la tv al piano inferiore si accese. Finii in fretta di lavarmi e poi mi asciugai il più velocemente possibile. Avvolta nell’asciugamano, andai in camera e recuperai una sottoveste nera di pizzo, regalo di Alice. Non avevo intenzione di presentarmi in mutande…

Tornata nel bagno, scelsi quale dei regali di Emmett indossare. Li provai tutti e tre ma, davanti all’enorme specchio, decisi di optare per il corpetto e le culottes. Il nero del pizzo risaltava sulla mia pelle bianca. Fu difficile cercare di allacciare tutto e, alla fine, fui quasi sul punto di scaraventare il completino fuori dalla finestra. Fu solo la vergogna che qualcuno lo ritrovasse a farmi desistere. Dopo non so quanto, riuscii a fare tutti i fiocchetti e i gancetti parvero tutti al loro posto…
I capelli intanto si stavano asciugando e si erano formati dei morbidi ricci castani. Ravvivai il tutto con le dita e poi mi infilai anche la sottoveste, corta e molto trasparente. Ricadeva morbidamente sul mio corpo  formava dei bellissimi svolazzi con il pizzo nero. Ricalcava le forme del mio corpo in modo morbido, accentuando il seno e ricadendo gentile sul mio ventre. Il mio braccio sinistro mostrava i segni della mia permanenza a Volterra ma non c’era modo di nasconderlo. Fui sul punto di togliermi tutto e mettermi il pigiama ma poi mi dissi: “ Tanto, non posso farci niente… tanto vale … ” Un modo come un altro per farsi coraggio.
Mi sciacquai di nuovo la faccia e, facendo un respiro profondo, uscii dal bagno. Da sotto, Edward mi chiese: < Tutto a posto? Sei rimasta chiusa lì dentro per una vita… > < Sì. Tutto ok, scusa. Sto arrivando… un secondo. > Diedi un ultima occhiata al mio riflesso nel vetro della finestre e poi, in punta di piedi, scesi le scale. Quando toccai l’ultimo gradino, il legno cigolò, ma Edward non si mosse intento com’era ad ascoltare un concerto di musica classica trasmesso da una rete locale.

Mi mossi con cautela, cercando di non attirare la sua attenzione. Il fruscio della stoffa sulla mia pelle accompagnava i miei movimenti. Riuscii ad arrivare dietro di lui, seduto sul divano, senza che lui si voltasse. Piegandomi lentamente in avanti oltre lo schienale del divano, feci aderire il mio seno alla parte superiore della sua schiena. Sentii il sangue irrorare le mie guance più del dovuto. Gli copri gli occhi con le mani nello stesso istante e gli baciai la guancia sfiorandolo appena. I miei capelli gli accarezzavano il viso e gli ricadevano morbidamente sul collo. Chinando il capo all’indietro, lo poggiò sul mio seno ed io, mi chiedo come fu possibile, arrossii ancora di più.

Voltò il viso per porgermi le labbra ed io avvicinai le mie alle sue. Lentamente, lasciai scivolare le mie mani lungo il suo collo. Teneva gli occhi chiusi.

Quando li aprii, lo vidi inghiottire e cercare di ritrovare la voce. Cercando di darsi un contegno, contegno che il suo volto aveva perso nel momento in cui il suo sguardo si era bloccato sulla mia sottoveste e su quello che questa lasciava intravedere, si schiarì la voce e dolce mi sussurrò: < Amore? > < Edward, senti… > Gli dissi io cercando di imitare il suo tono da ora-ti-ammalio e girando intorno al divano tenendo un dito sulle sue labbra finché non fui davanti a lui. < pensavo che, visto che siamo solo io e te… > e piegandomi in avanti gli baciai la fronte mentre spostavo il dito dalle labbra al suo petto < Potevamo provare a stare un po’ insieme… senza cercare di ottenere niente. Solo una serata dolce, io e te… > e mentre cercavo di sedurlo, giocherellavo con i suoi capelli. Lui mi accarezzò le guance che mi sembravano in fiamme. Mi vergognavo da matti ma non volevo che se ne accorgesse. Volevo cercare di farlo sentire a suo agio, che non si sentisse sotto pressione…

Mi morsi un labbro quando pensai a quello che stavo cercando di fare, o per lo meno al modo in cui ci stavo provando. Lui però parve gradire. Mi cinse il bacino con le mani e mi fece scivolare a cavalcioni sulle sue ginocchia. Appoggiandomi a lui, cominciai ad accarezzargli la schiena.

Dato che era un po’ esitante, decisi di agire. < Edward… > gli sussurrai vicino all’orecchio mentre gli sbottonavo la camicia. < Senti, perché non proviamo a stare insieme e basta? Vedrai, sarà bellissimo… > gli sorrisi conciliante ma lui scosse la testa e cercò di allontanarmi. Sembrava abbattuto. < Bella, ti prego… non me la sento di deluderti… non chiedermi questo. Questa sera non sono dell’umore giusto… Mi dispiace, davvero. Domani devo andare a Gibson. Ti ricordi quel vestito che Alice ti aveva mostrato? Ti vado a comprare quello, per farmi perdonare. > < Edward… > gli dissi io delusa dal suo atteggiamento. < Di lunedì mattina i negozi sono chiusi. E il pomeriggio mi dovevi portare al fiume. Lo hai promesso. Ti prego! Ci proveremo. Se non funziona, fa niente… Sarà stato bello comunque. Con te è sempre bello. E non me ne importa del vestito. Io voglio te… >

Lui mi allontanò poggiano i palmi delle mani sul mio petto. Scuoteva la testa e sembrava arrabbiato con se stesso. Dato che stavo per mettermi a piangere e già sentivo le lacrime bagnare gli occhi, decisi di tentare il tutto per tutto. < Mi stai respingendo? Come quella volta a casa? Non ti piaccio? Neanche vestita così? > Va bene, lo ammetto… sono stata un verme… mi sono approfittata del suo buon cuore. Come previsto infatti, lui alzò lo sguardo e mi asciugò le lacrime provvidenziali. Come per scusarsi mi balbettò: < Ma no, Amore, come potrei mai? > i suoi occhi viaggiarono lungo il mio copro a malapena coperto e si soffermarono sul corpetto che affinava la mia vita e faceva risaltare il seno. Inghiottì a vuoto e poi, poggiando il naso nell’incavo del mio collo, mi sussurrò: < Io ti desidero, ma non voglio deluderti. Aspettiamo un po’… > poi borbottò qualcosa sul mio abbigliamento mentre abbassava gli occhi cercando di non osservare la vertiginosa scollatura o la pelle lasciata intravedere dal pizzo. Rassegnata mi abbandonai a lui che cominciò a cullarmi, stringendomi le braccia intorno alla schiena . Quando voltai il capo poggiando la guancia sulla sua spalla, riuscii a fissarlo negli occhi. Lui però stava osservando il mio copro. Gli occhi erano diventati nerarsti e fissavano la fine della vestaglia. Dove c’erano le culottes. Arrossii e mi nascosi tra i suoi capelli. < Ti sei messa questo… > e sollevò la stoffa facendosela scorrere tra le dita e facendola ricadere sulla mia pelle in un fruscio < solo per convincermi a fare l’amore con te? > Vergognandomi troppo per rispondere, mi limitai ad annuire. Lo sentii sussurrare a denti stretti: < Come se ce ne fosse bisogno. > Sentivo che stava perdendo il controllo ma non volevo mettergli fretta. Volevo che fosse lui a dare il via. Mi limitai ad accarezzarlo, un po’ provocante, con le mani.

Ad un certo punto, mi prese il capo con una mano mentre con l’altra mi reggeva la vita. La stanza vorticò per un secondo e alla fine mi accorsi di star fissando dritto davanti a me… e vedevo le travi del soffitto. Ero sdraiata supina. Le sue mani stavano accarezzando la mia pelle sotto la vestaglia. Mi obbligò ad alzare le braccia e me la levò velocemente. Avevo il sangue alla testa. Nonostante ormai fossi quasi abituata a fare l’amore, ogni volta mi emozionavo. Mi resi conto di trovarmi sdraiata sul tappeto solo quando, voltando il capo per permettergli di baciarmi il collo, vidi la sottoveste a pochi centimetri dal mio naso.  < Edward, come mai qui? > gli chiesi curiosa. Non era mai capitato… ma forse, se lo ispirava… < Sopra c’è la bimba… > mi disse con la voce resa roca dalla circostanza. Chiusi gli occhi e mi lasciai coccolare dalle sue mani sempre più audaci. Quando lo accarezzai mi resi conto che non aveva più i vestiti che, notai poi, giacevano poco lontano dalla mia sottoveste. Lo sorpresi con le dita a giocare con i cordini del mio corsetto. Tirando il laccetto centrale, liberò il mio petto dal pizzo e dalla stoffa. Con gentilezza me lo sfilò, baciando la pelle che man mano si scopriva.

< Ti amo. > mi sussurrò mentre mi baciava il collo. In risposta, gli accarezzai il capo e gli sorrisi, poi chiusi gli occhi e voltai la testa per permettergli di arrivare fino all’orecchio con le labbra.

Sentii le sue mani sulla mia pelle, ovunque. Percepii appena i movimenti con cui mi liberò degli indumenti che ancora avevo indosso. Quando si chinò per carezzare con le labbra il mio seno, gli avvolsi la testa con le braccia. Sdraiato su di me, si soffermava con le mani su ogni centimetro di pelle. Mi fece un massaggio alle spalle poi da quelle, scendendo lentamente lungo i fianchi muovendo i pollici in modo da formare cerchi immaginari sulla mia pelle, arrivò al bacino. Si bloccò un secondo ed io, per incoraggiarlo, appoggiandomi ai gomiti, mi sollevai quel che bastava per baciargli il mento. Lui si abbasso per posare le sue labbra sulle mie e, mentre mi baciava, le sue mani ricominciarono ad esplorare il mio corpo con attenzione, cura, gentilezza. Quasi con timore, come se fosse la prima volta… La gentilezza del suo tocco mi fece tenerezza e provai la necessità di stringermi di più a lui, di stargli ancora più vicino. Avevo bisogno di saperlo reale, mio. Quando glielo dissi, rise e mi abbracciò stretta, ma senza farmi male. i suoi capelli rossi si mescolavano ai miei e, seguendo i nostri movimenti sempre più veloci, svolazzavano e ricadevano con grazia.

Notai però che, nonostante cercasse di non darlo a vedere, lui era agitato. Non volevo che non si divertisse perché ossessionato dall’idea di farmi felice. Se il bambino doveva arrivare, sarebbe arrivato altrimenti, pazienza… in fondo Elizabeth era stata un miracolo. Che diritto avevamo di reclamarne un altro?
Glielo dissi, o per lo meno ci provai tra un gemito e l’altro. Lui mi sorrise e mi sussurrò: < Sei sicura? > < Edward, per favore… perché non mi credi mai?certo che sono sicura di quello che dico. L’unica cosa che voglio, è amarti ed essere amata da te, in tutte le forme possibili. > Probabilmente fui abbastanza convincente dato che i suoi gesti si fecero più decisi e lui… bhe, diciamo che capii che si era fatto prendere dalla situazione e che non lo faceva più solo per farmi felice…
Ad un certo punto cominciai a non riuscire più a discernere la realtà dalla magnifica illusione di un dio che mi abbracciava e mi lasciai completamente andare ai sensi.
Sentivo solo il suo corpo sul mio. Sentivo la sua pelle gelata di pietra sfregare contro la mia, fragile morbida e calda, delicata. Sentivo il suo respiro nella mia bocca, sulle mie palpebre, tra i miei capelli…percepivo la sua voce chiamarmi e dirmi parole dolcissime. LE sue mani vagare ovunque sul mio corpo e soffermarsi proprio dove più volevo. Il resto non lo presi neanche in considerazione. Il freddo era attenuato dal calore ustionante che sentivo dentro di me. La scomodità del pavimento era moderata dal soffice tappeto e dalla capacità di Edward di far collimare i nostri corpi come fossero uno solo. Le mie sensazioni mi travolsero poco dopo aver visto Edward serrare i pugni intorno ai miei polsi. Nonostante mi facesse male, non avevo la forza o la voglia di dirglielo. Poi persi anche l’ultimo barlume di coscienza e mi lasciai precipitare in un mare di sensazioni che, ad ogni nostra esperienza, erano sempre diverse, sempre più intense…

Quando, contro la mia volontà, mi ripresi, assaporai la gioia che sentivo dentro di me. Edward mi stava accarezzando con la punta delle dita. < Tutto bene? > 
< Ceeertooo! > Gli sbadigliai voltandomi di lato per poter gettargli le braccia al collo ed obbligarlo a starmi più vicino.
< Sei stanchissima e hai freddo. > constatò gentile notando il mio tremore. < Dai, ti porto al piano di sopra… > E mi prese tra le braccia, le mie gambe a ciondoloni mentre le mani erano saldamente strette attorno alle sua spalle. Appoggiato il capo al suo petto, chiusi gli occhi per inspirare il suo odore. Mi lasciò al centro del letto e poi mi raggiunse. Sistemandomi i capelli dietro l’orecchio, con il volto a due centimetri dal mio, mi sussurrò: < Allora, soddisfatta? > < Sììì > gli dissi io con un gridolino ed un sorriso prima di gettargli nuovamente le braccia al collo. Lui mi allontanò di poco e mi fissò: < Credo di essere… si insomma… per esserci ci sono riuscito… ma non saprei… > Era così strano vederlo impacciato, in difficoltà… non volevo che si sentisse a disagio e per interromperlo gli posai il palmo della mano sul volto. Lui a sua volta prese la mia mano nella sua. < Edward, non ha importanza se sei riuscito a ... sì insomma... L’importante è che ti sia piaciuto… > Lui chiuse gli occhi e sorrise. < Bella, è stato meraviglioso. > Appoggiò la sua fronte alla mia guancia e mi strinse a sé. Cominciai ad accarezzargli i capelli e poi le spalle. Ci coccolavamo a vicenda stretti in un abbracciò che non aveva niente di malizioso. Era solo tanto, tanto tenero.  In quel mentre mi addormentai. Mi resi appena conto delle sue mani fredde che mi infilavano un pigiama. Prima che però perdessi del tutto il comando del mio corpo sopraffatta dalla stanchezza, mi chiese: < Dove lo hai presi quel completino molto… particolare? > Restai in silenzio rannicchiandomi di più tra le sue braccia. < Mi piace tantissimo. Ti sta d’incanto. Mi ha fatto… molto piacere vedertelo addosso. > Disse limitando le sue parole per evitare di essere volgare.
< Grazie > gli sorrisi nascondendomi tra il suo braccio e il suo fianco. Lui mi baciò i capelli e comincio a mormorare la mia ninnananna. E sulle note della sua voce, scivolai nel sonno. Non ricordo cosa sognai ma so che la mattina dopo la prima cosa che vidi fu Edward a pochi metri da me. Era stato il pianto di Elizabeth a farmi alzare.

Dato che i primi raggi di sole inondavano la casa e il giardino, doveva essere già mattina. Edward mi porse la bambina che si avvinghiò subito al mio seno. Mentre cucciava ritmatamene, Edward si sedette accanto a noi e ci abbracciò entrambe. Mentre ero tra le sue braccia, avvicinò le labbra al mio orecchio e mi sussurrò: < Dì ad Emmett che gli devo un favore… e che mi deve dire in che negozio è andato. > Non sembrava adirato. Arrossendo gli sussurrai: < Te lo ha detto? Ma sono già tornati? > 
< No, no… Sai, sebbene non possa leggere nei tuoi pensieri, sei tu stessa a permettermi di vederli, di intrufolarmi nella tua testa, di tanto in tanto… le notti… quando sogni…  Sei dolcissima quando borbotti nel sonno… E anche molto sexy. >

< Edward! > poi, cercando di non apparire a disagio, gli domandai: < Non sei arrabbiato? > < E perché? > < Perché ne ho parlato ad Emmett. È una cosa privata… mi dispiace. > Lui piegò le labbra in un sorrisino e poi le appoggiò alla mia guancia. < No… certo, è strano sapere che mio fratello compra biancheria osé a mia moglie per permetterle di sedurmi… E poi, lo sai che, se mi avessi chiesto di comprarteli, io lo avrei fatto molto volentieri. A me puoi chiedere tutto. > < Certo, me lo avresti comprato, ma non ci sarebbe stato l’effetto sorpresa. > gli feci io divertita. 
< Sì, anche questo è vero. Emmett è stato bravo a non pensarci in mia presenza. E poi, ti stava proprio bene. Il corsetto era molto… aderente. > Lo vidi deglutire ripensando alla sera precedente. < Eri molto… attraente. Anche se in realtà lo sei sempre. > < Dai sciocco… > Gli dissi prima di dargli un bacio. Mi accarezzò il seno scoperto e poi scese a fare carezze sulla testolina di Elizabeth che pian piano stava finendo di mangiare. Al contatto con la pelle gelida di Edward, mosse la piccola bocca e tirò indietro la testa. Sbattee gli occhi insonnolita e poi, dopo aver emesso un vagito, affondo il visino nel mio seno come per sfuggire al freddo.

Dopo circa due ore gli altri tornarono a casa. Quando sentii l’auto parcheggiare, sobbalzai e dissi: 
< Edward! Vedranno tutto il casino di sotto! Chissà cosa penseranno! > < Bella, non preoccuparti. Ho messo tutto a posto questa notte. Non si accorgeranno di niente. Ah, se non ti togli quel rosso dalle guance, capiranno che abbiamo qualcosa da nascondere. > Ero arrossita, di nuovo. Sbuffai e cercai di ricompormi. Edward prese Elizabeth, a cui aveva infilato un grazioso vestitino tosa e un capellino, e scese al piano di sotto con lei in braccio. Mi sistemai i capelli e poi scesi. Salutai tutti e notai come Emmett mi fissasse curioso. Rose mi guardava come se si aspettasse un mio resoconto lì, davanti a tutti… Alice invece mi osservava e sembrava concentrata. Emmett mi afferrò per il braccio e mi trascinò in camera sua, seguito a ruota dalle altre due. Edward fece finta di niente e cominciò a parlare con Carlisle mentre Elizabeth si sporgeva per giocare con la camicia del nonno.

Una volta prigioniera in camera di Rose, Emmett mi domandò: < Allora? > < Allora cosa? >
< Allora com’è andata? > Arrossendo e toccandomi le punte delle dita, sussurrai: < Bene… > < Ma bene bene, o bene ci è riuscito? > < Emmett, la metti a disagio. > lo rimproverò Rose.
< Diciamo che il completino ha funzionato. > Dissi semplicemente, senza scendere nei particolari.
< Speriamo allora che vada tutto bene. > Mi fece Rose carezzandomi una spalla.
Io annuii e poi aggiunsi: < L’importante è che Edward non lo viva come un dovere. Fare… l’amore… deve essere una cosa spontanea, piacevole… > Sussurrai rischiando di annegare nella vergogna. Poi ripetei loro quello che avevo detto ad Edward: < In fondo, abbiamo Elizabeth. Cosa potremmo chiedere di meglio? Se un altro bambino deve nascere, nascerà… altrimenti, significa che non era destino. > 

Lei annuii sorridente ed aggiunse: < Elizabeth è stata una grazia. Hai ragione. > Poi, salutandomi con un bacio sulla guancia, si dileguò insieme ad Emmett.
< Alice? > < Sì? > Mi disse come se non avesse ascoltato una parola.
< Tu vedi niente? > Si concentrò un secondo e poi mi disse: < Bella, anche se fosse… adesso è troppo presto. Ma non disperare. > < Va bene. >

Mi abbracciò ed io ricambiai. Con la guancia poggiata ai suoi capelli le bisbigliai: < Ti voglio bene… > < Anche io. > e poi mi strinse più forte. Quando il mio stomacò brontolò, entrambe ridemmo e lui mi suggerì: < Andiamo a mangiare? > < Basta che tu non mangi me… > Le feci e lei, sorridendo, mi prese per mano guidandomi verso la cucina. < Non credo che Edward mi perdonerebbe… > entrambe ridemmo mentre Edward ci fissava curioso. Elizabeth gli tirò i capelli per reclamarela sua attenzione e poi sbadiglio. Lui le carezzò le labbra con le dita ed uscì in giardino. Mentre mengiavo, lo osservavo da dietro la finestra. Seduto sull'erba, teneva la piccola tra le braccia e e cantava una canzone...

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Capitolo 39
*** 13 Agosto... ***


Eccomi qui!!!
Prima di tutto, volevo dirvi che alla fine in matematica sono riuscita a prendere uno strimizito 6+... estremamente ben accetto!!! EVVIVA!!!
Quindi, per la legge di muffin, latino deve essere andato malissimo ma, come si dice in giro, non si può avere tutto dalla vita, men che meno dalla scuola XD
Grazie per i vostri messaggi!
Volevo salutare tutte voi che recensite con costanza e anche quelle che recensivano e non lo fanno più. spero che continuiate a seguirmi lo stesso.
Scusate se questo capitolo è un po' di transizione ma ho dovuto scriverlo nei ritagli di tempo e non ho potuto dedicargli la soltia cura...
Anzi, visto che domani c'è sciopero, oggi ho un po' di tempo per scrivere e devo cominciare subito se voglio fare in tempo per venerdì....
Un bacio gigante a tutte voi!!!
                                                                                                    Vostra, Cassandra...
PS: Bella ed Edward in questa storia sembrano dei pervertiti, ma poverini, almeno loro, lasciamo che si divertano XD Dalla prossima volta, si daranno una calmata.(ne saranno costretti...)
In fondo, avevano un sacco di arretrati da recuperare!!!
PPS: Domani, ESCE BREAKING DAWN!!!! Così potrò cominciare a postare la storia su una nuova coppia che nasce in quel libro... volevo aspettare che BD uscisse in italiano prima di cominciarla! Buona lettura!!! Speriamo che in Italiano non lo abbiano rovinato troppo... sarebe un peccato. In inglese è comunque un'altra cosa XD E poi, vi aiuta molto con la lingua! Esperienza personale!!! Ciao e a Venerdì (tra l'altro, Venerdì parto per Lucca, dopo essere stata dal dentista.... il mio compleanno lo trascorrerò dal dentista e in treno... Uffa... Vabbè, pazienza XD)
Un abbraccio a tutte!!!

Bella's POV

Uscii in giardino e mi sedetti affianco ad Edward. Lui, che teneva la bambina in braccio, la appoggiò nella sua culla da viaggio e mi cinse le spalle con un braccio. Chiuse gli occhi con un sorriso beato dipinto sul volto. Mi appoggiai a lui che cominciò a riempirmi di baci. Afferrò con delicatezza la mia mano e se la portò al volto. Elizabeth emetteva degli strani gorgoglii mentre si ciucciava la mano.

< Bella… ti fa male? > < Cosa? Come scusa? > < I polsi… ti sei ferita. > < O quelli… sono solo graffietti. Poco più che una sbucciatura. > Arrossii e poi cercai di giustificarmi: < Sai, ieri sera in giardino era buio… sono inciampata… > < Me ne sono accorto quando dormivi. Prima ero distratto… da altre cose. > E mi sorrise baciandomi la mano. Quella sinistra me la ero portata al petto. Lui la prese e sollevò la manica. Sfiorò le vecchie cicatrici e poi mi sussurrò: < Non è necessario che tu le nasconda. > Ritraendomi gli confessai: < Mi fanno sentire a disagio. >
Lui annuii e poi rimise a posto la manica. Baciò la fede e mi accarezzò la guancia.

Rimanemmo in giardino per un po’, finché Esme non mi avvisò che c’era Charlie al telefono. Mi alzai e, dando con la mano un bacio ad Edward, entrai in casa.

Parlai con lui del più e del meno per quasi un’ora. Voleva sapere della bambina e commentare le foto che gli avevo mandato. Diceva che Elizabeth era splendida e che gli sarebbe piaciuto vederla prima o poi. Poi mi parlò di Forks e dei gemellini avuti da Emily. Li descrisse come se fossero figli suoi. Quando ebbe finito di raccontarmi il colore dei vestitini che i gemelli indossavano all’ospedale, mi chiese di passargli Esme. Rimasero al telefono poco e, quando Esme mi ripassò Charlie, questo voleva dirmi soltanto che mi voleva bene e che gli mancavo. Ci salutammo e poi riattaccai con le lacrime agli occhi. < Cosa ti ha detto? > Chiesi a mia suocera mentre riponevo il telefono al suo posto. < Mi voleva dire che l’inchiesta sulla tua sparizione è stata archiviata. Tutti credono che tu sia stata uccisa e che abbiano occultato il tuo corpo. Hanno smesso di cercarti… Così tesoro, anche per i tuoi genitori sarà più facile andare avanti… > E mi accarezzò la guancia. Deglutii a fatica quando mi disse che ci sarebbe stata una messa in mio ricordo. Esme mi venne vicino e mi abbracciò stretta. < Lo sai che è necessario… > Cercando di trattenere le lacrime, annuii e poi mi rifugiai nuovamente tra le sue braccia fredde ma accoglienti.
Quando mi fui ripresa, mi disse che sarebbero andati alla funzione in mio ricordo lei e Carlisle, insieme a Rose ed Emmett. Avrebbero detto che Edward ed Alice erano ancora troppo sconvolti. Che Jasper non facesse un passo senza Alice era scontato anche per gli abitanti di Forks.

< Quando partite? > < La funzione verrà celebrata fra una settimana, in concomitanza con l’anniversario del tuo… rapimento. >

Dato che mi sentii mancare l’aria, portai la mano alla gola e cercai di respirare più tranquillamente. Esme mi accompagnò al divano e mi fece sedere. Mi prese la mano e mi disse: < Noi partiremo la sera del vostro anniversario di nozze, così potremo farvi gli auguri di persona ma… non interferire con la vostra vita privata… Torneremo presto. Non ci fermeremo più di un paio di giorni. Vedrai, non succederà niente. > Dato che le mie mani tremavano, lei me le accarezzò. I ricordi si fecero strada prepotentemente nella mia testa. Non poteva essere passato già un anno. Mi sembrava di essermi appena sposata… di essere appena scappata. Quelle mura fredde mi parevano così vicine…

Improvvisamente, tutto mi parve offuscato. La paura, l’ansia, l’orrore suscitati dai ricordi svanirono nel momento stesso in cui Jasper apparve alla porta. Mi venne incontro e si inginocchiò davanti a me. Mi prese le mani e  mi rassicurò: < Bella, non ti succederà niente. Percepisco quello che provi e ti assicuro: Nessuno verrà a portarti via. Sei al sicuro. > Io annuii cercando di convincermi. Sentii le lacrime formare scie calde e bagnate sulle mie guance. L’angoscia però si fece più opprimente. Nella mia mente rividi l’auto con cui mi portarono via, sentii il dolore della puntura e il sapore dell’anestetico sulla mia bocca. Rividi il buio della mia prigione e gli occhi di Aro. Mi parve di sentire il freddo delle loro luride dita mentre tentavano di svestirmi. Mi accorsi di ansimare e di essermi portata le mani al petto. Un attimo dopo Edward era vicino a me mentre La culla da viaggio con dentro Elizabeth era appoggiata sul tavolo. Jasper guardava Edward confuso. Tra le lacrime intravidi Carlisle avvicinarsi. Edward mi prese la mano destra mentre Carlisle la sinistra. < Bella, fai dei respiri profondi. > Mi disse mio suocero con tono autoritario. Volevo fare come mi diceva ma non ci riuscivo. Fu Edward a prendermi tra le braccia…

< Ha un attacco di panico. Portiamola fuori… deve prendere aria. >

Io appoggiai la mano sulla spalla di Edward e gli dissi: < Non preoccuparti. Va tutto bene. Adesso passa… >

Lui mi guardò scettico mentre mi sforzavo di regolarizzare il respiro. Mi prese la testa tra le mani e appoggiò la sua fronte sulla mia. Il suo respiro mi sfiorava la pelle e penetrò nella mia bocca dalle mie labbra dischiuse. Un venticello leggero e fresco mi accarezzò i capelli. Chiusi gli occhi e mi concentrai sul respiro. Si avvicinò abbastanza da appoggiare la bocca sopra la mia. Mi toccò appena ma tanto bastò per ricordarmi che lui era lì, era reale, era mio… Mi rimise sul divano e mi accarezzò i capelli.

Quando il mio cuore smise di battere forsennato, si allontanò dal mio viso. Aprii gli occhi e notai che Esme e Carlisle erano dall’altra parte della stanza, intenti a coccolare la bambina che nel frattempo si era addormentata. Jasper invece restava dietro Edward. Riuscivo a sentire l’effetto del suo potere su di me. Non mi sfuggì la finestra prima chiusa ed ora aperta. Esme cercava di venirmi incontro in tutto, come una madre.

Cercai di alzarmi ma Edward me lo impedì tenendo le sue mani sulle mie spalle. < Edward, lasciami alzare… > Lui mi osservò, mi studiò e poi mi chiese: < Bella, sei sicura? Perché non ti un stendi un attimo? Magari… > < No, non ho intenzione di  sdraiarmi. Mi devi ancora finire di spiegare quel pezzo. > E gli sorrisi indicando il pianoforte. Lui mi carezzò le guance e mi prese in braccio. Un attimo dopo ero seduta sulle sue gambe al pianoforte. Da quando ero bloccata in casa, per cercare di non sprecare il mio tempo, avevo cominciato a studiare pianoforte oltre che alcune delle materie che avrei voluto seguire all’università. Edward era il maestro migliore di tutti. Al piano non ero neanche lontanamente come brava come lui, ma ad Edward non sembrava importante. Diceva che miglioravo a vista d’occhio. Quelle lezioni erano a dir poco fantastiche. Seduta sulle sue ginocchia, cercavo di seguire le sue istruzioni. Lui accompagnava le mie dita poggiandoci sopra le sue. Non so come mai ma di solito mi ritrovavo girata verso di lui a baciarlo. Le sue mani sul mio bacino mi costringevano a restargli vicina ed io non avevo nessuna intenzione di fare altro se non restare ferma appoggiata a lui. Anche quella volta, come mi aspettavo infatti, rimasi alcuni minuti attenta alla sua spiegazione ma poi, rapita dai movimenti aggraziati delle sue dita sui tasti, sentii il mio cuore battere sempre più forte. Le sue labbra dal mio collo si spostarono sulle mie guance e mi fecero completamente perdere la testa. Quando ricominciai a connettere, scoprii di essere a cavalloni su di lui, sciolta contro il suo petto. Le mie gambe avvinghiate dietro la sua schiena. Le nostre bocche intente a muoversi in sincronia. Le sue mani accarezzavano la pelle della mia schiena.

< Come va adesso? > Mi chiese malizioso, giocherellando con il gancetto del reggiseno.
< Mai stata meglio. > Gli confidai prima di ritornare a mordicchiargli le labbra…
Le sue mani intanto si erano infilate sotto la gonna e risalivano le mie cosce fino ad arrivare ai miei slip.
All’orecchio mi mormorò: < Se ne sono andati tutti… > e poi scostò un po’ il filo laterale degli slip.
Con un risolino, mi avvicinai a lui e, provocante, gli dissi: < E allora che ci facciamo ancora qui? >
< Ottima domanda… > e un attimo dopo, affondavo nelle lenzuola, avvolta dalle sue braccia. I nostri vestiti giacevano ormai abbandonati ai piedi del letto. 

                                                

Una settimana dopo, seduta in sala sul divano davanti al pianoforte, assaggiavo una fetta della torta preparatami da Alice. Avevo appena sentito i miei genitori al telefono. Mia madre era stata felicissima di sentirmi ed era stata sul punto di piangere quando dovette riattaccare.
< Buona? > Mi chiese mia sorella. Io a bocca piena cercai di risponderle:
< Squiscita… Scei una maga, Alisce… > Lei mi sorrise e si sistemò meglio mia figlia tra le braccia.
Emmett guardò mia figlia e, dopo averle accarezzato la fronte con un dito, le disse: < Allora Liz? Questa sera sarà esattamente un anno da quando quei maialini dei tuoi genitori hanno… > Edward lo incenerì con lo sguardo prima che potesse continuare prese Elizabeth dalle braccia della sorella e, tenendola da sotto le ascelle, la avvicinò a sé.  Lei si era limitata a sorridere ed emettere versetti di gioia, felice che tutta l’attenzione fosse focalizzata su di lei.
Edward le sfregò il nasino con il suo e lei rise, poi appoggiò le sue manine spalancate sulle guance del padre, sfiorandogli la pelle e cercando di aggrapparsi ai capelli.

All’inizio, quando era appena nata, sorrideva se vedeva un volto. Carlisle mi aveva detto che era il sorriso cossiddetto sociale…
A due mesi e mezzo invece aveva cominciato a sorridermi deliberatamente. Dischiudeva le labbra ogni volta che mi vedeva, quando i nostri occhi si incontravano, quando sentiva la mia voce. Adesso pareva riconoscere anche gli altri, soprattutto il padre. Quando lo sentiva, si osservava intorno in cerca delle sue mani fredde.

< Beh, magari questa sera… potreste provare a vedere se riuscite a darle un fratellino… magari il 13 agosto vi porta fortuna! > Fece Emmett, distogliendomi dai ricordi.
< Il 13 forse sì, ma spero che domani non succeda niente. > Dissi mesta, poggiando il piatto sul tavolino e passandomi una mano sulla gonna. Mi alzai e seppi di avere gli occhi di Edward fissi sulla mia schiena. Respinsi le lacrime e mi voltai a sorridergli. Poi mi rivolsi ai miei suoceri: < Grazie per la festa… è stato un bell’anniversario. > Entrambi mi abbracciarono e, dopo aver dato un’occhiata al pendolo, mi dissero: 
< Ora dobbiamo andare altrimenti non ce la facciamo ad arrivare per la… cerimonia… > e poi riabbracciarono tutti. Rosalie mi prese le mani e me le strinse. < Allora, ci vediamo fra quattro giorni. Mi raccomando, sta serena. Ci sentiamo domani. > Io annuii
e la abbracciai di slancio. Persino Emmett restò serio, per una volta, almeno per un po’... Mi augurò un buon fine di serata e proseguimento di anniversario, poi, per non smentirsi mai, si chinò per dirmi all’orecchio: < Ti ho comprato un altro paio di cosine carine… le ho nascoste sotto ai tuoi vestiti… quelli che ti ha preso Alice a Forks. Sono certo che gli piaceranno. L’ho visto osservarli attentamente mentre sfogliava una rivista di Rose. > E mi fece l’occhiolino. Subito dopo però mi strinse la spalla con la sua mano enorme e mi scompigliò i capelli. < Vedi di non demoralizzarti troppo. Quando torno, voglio vederti allegra. E mi raccomando, non stressarti. Non ti aiuta di certo. > Poi anche lui mi strinse in un abbraccio affettuoso.

Vedendoli andare verso l’auto, sentii lo stomaco contrarsi. Strinsi le braccia intorno al petto e, dopo averli salutati con la mano mentre la macchina si allontanava, tornai in casa. Alice mi venne incontro saltellando e mi sventolò un pannolino davanti agli occhi.

Un po’ demoralizzata, mi appallottolai sul divano e le dissi: < Cambiaglielo tu. >

< No. Non ti permetterò di deprimerti. E il modo migliore è tenerti occupata. Le madri di solito non hanno tempo per crogiolarsi nell’autocommiserazione. Sono troppo occupate a badare ai figli. Fra poco comincerà a piangere e vorrà essere cambiata. > Le sue parole furono dure e mi ferirono, soprattutto perché, dopo avermi accarezzato la schiena e scoccato un bacio sulla guancia, lasciò la stanza lasciandomi rannicchiata sul divano, senza dirmi niente. Elizabeth, era tranquilla nella culla che Edward aveva sistemato nella stanza del piano. Emmett era stato ben felice di costruirgliene un’altra. In effetti, era comodo averne una anche lì. Mia figlia si addormentava meglio se accompagnata dalle note del padre…

Poco dopo Elizabeth cominciò a vagire. Cercai di ignorarla e mi tappai le orecchie, ma le sue grida erano troppo acute perché riuscissi ad ignorarle. Il senso di colpa si faceva lentamente strada dentro di me. Non potevo lasciarla lì tutta sola. Quello non era il pianto tipico di quando faceva i capricci perché non voleva restare sola… era il pianto di quando era a disagio. Sperai che Edward o Alice si occupassero di lei ma invece parvero ignorarla. Alla fine, sconfitta, mi alzai ed andai da lei. La portai in bagno e la lavai, la cambiai e poi l’allattai. Mentre lei restava attaccata al mio seno, io, appoggiata alla finestra, la osservavo. Quando Edward mi baciò la testa, mi colse di sorpresa. Alzai il capo e lui non mi diede il tempo di parlare. Mi baciò appassionatamente e poi mi mormorò:

< Alice e Jasper dopo vanno a caccia… che ne dici di … > E poi fece scorrere un dito dal mio labbro inferiore lungo il mio mento,lungo il mio collo, fino ad arrivare al seno. Invece che rispondergli mi appoggiai a lui che, colto di sorpresa, mi abbracciò. Asciugò le mie lacrime e poi mi sussurrò: < Un anno fa, tutto avrei pensato fuorché credere che adesso ci saremmo trovati qui, con una figlia… Chi lo avrebbe mai detto che la nostra notte di nozze avrebbe avuto questo risultato. >

Cercai di ridere e poi lui aggiunse: < Potremmo dare retta ad Emmett e vedere se questo giorno porta fortuna… magari tra un anno di bambini tra le scatole ce ne saranno due. >

Alzai lo sguardo e i miei occhi resero inutili le mie parole. Quindi, non ero ancora incinta, nonostante tutte le volte che ci avessimo provato fino a quel momento… 

< No, Alice non ha visto niente… Non ancora. Ma sono certo che è solo una questione di tempo. Ne ho discusso a lungo con Carlisle. Nelle coppie, capita che i bambini si facciano attendere… Non è detto che sia io a non poter avere più figli.

Che ne dici se riproviamo… Tentar non nuoce. Oggi mi sento particolarmente… >

< Edward… non devi pensare che voglia un figlio a tutti i costi. Io voglio amarti. Certo, se dovessi restare incinta, non mi spiacerebbe di certo.  Te lo ho già detto un milione di volte! > e sorrisi, facendo finta di allontanarmi da lui. Si chinò a baciarmi e poi mi disse: < Spero non ti sia offesa prima. Alice non voleva ferirti. Lo sai. Cerca solo di spronarti ad essere forte. > Io Annuii e poi mi divincolai dalla sua presa protettiva. Riposta Elizabeth nella culla in camera nostra, tornai da mio marito.

Mi fece entrare in sala da pranzo, che per tutto il giorno era stata per me off limits, e a me mancò il fiato. Le candele illuminavano la stanza piena di rose rosse. Mi accomodai a tavola e mi godetti il mio primo anniversario di nozze sola con mio marito. Una piccola oasi di felicità in un mondo che in certi momenti era stato davvero duro con me…

Sebbene la serata si fosse presto spostata in camera nostra, terminò tra le braccia protettive di Edward dove mi feci consumare dalle sue carezze dolci e premurose. Niente di più…

Quella sera mi sentivo troppo spossata per pensare ad altro se non a riposare tranquilla coccolata dalle sue mani. Le sue dita gentili e discrete accarezzavano la mia pelle accompagnandomi, insieme alla sua voce, nel mondo dei sogni.

I tre giorni successivi furono molto delicati per me. Edward cercò di tenere impegnata la mia mente per evitare che pensassi troppo a cosa fosse successo un anno prima.

Affidammo Elizabeth alle cure premurose di Alice per un giorno, dopo che mi fui assicurata che avesse abbastanza latte. Edward dovette trascinarmi via di casa perché trovavo ogni scusa per rimanere. < Bella, non staremo via molto… torneremo questo pomeriggio. Ora per favore, vieni… > 
< Ma Edward… guardala poverina. Come faccio a lasciarla… e se poi si sente male? o se non vuole mangiare? > Non mi ero mai allontanata da lei. neanche per poche ore... 
< Bella, ti prometto che anche solo se starnutisce ti telefono… va bene? > Mi aveva detto Alice spingendomi verso la porta. Edward, dopo aver salutato sua sorella e nostra figlia, mi infilò la giacca e mi strinse tra le braccia. Alice venne sull’uscio a salutarci. La bambina, appoggiata al suo petto, protese le braccia verso di me ed io, tenuta per mano da Edward e già con la giacca, mi avvicinai a lei e le baciai la guancia.
< Ci vediamo dopo, Amore mio… > Le bisbigliai accarezzandole la testolina coperta da una cuffietta rosa. Edward sbuffò e, dopo avermi tirato verso di lui, fingendo di
essere sconvolto, mi disse: < Mi tradisci con lei? >
< Ma come puoi pensare questo? Dovrò farti capire che ti sbagli... > Gli sussurrai cingendogli il collo con le spalle e mettendomi in punta di piedi per baciarlo.

Prima che le nostre labbra si sfiorassero, riconobbi il suo sorriso sghembo e gli accarezzai il capo. mi accarezzò il palato con la lingua ed io inarcai la schiena. Lui mi baciò il collo per poi tornare alla bocca. Un attimo dopo, mi fece salire sulla sua schiena. Mi tenni stretta a lui che sfrecciò velocissimo verso il bosco. Una manciata di secondi dopo stavamo praticamente volando attraverso la foresta. I miei capelli lunghi svolazzavano per la forte velocità. Piccoli ramoscelli e foglioline vi si incastrarono ma non vi feci caso. Appoggiato il capo alla sua spalla, osservai il mondo sfrecciare ai miei lati. La presa di Edward sul mio corpo si fece più stretta e lui mi sussurrò: < Ti amo. >
Senza rispondergli, cominciai a baciargli il collo, senza dimenticarmi neanche un minuscolo lembo della sua pelle marmorea.
Quando arrivammo a destinazione, Edward mi lasciò scivolare delicatamente sull’erba soffice. Mi sfilò la giaccia e mi ci fece sdraiare sopra.
Subito dopo si fece cadere al mio fianco e poi rotolò fino a raggiungermi. Quando mi sfiorò, mi disse: < Ho una cosa per te… >
< Cosa? > Mi misi seduta a gambe incrociate e lui, poggiandosi sui gomiti, mi sorrise.

Alla luce del flebile sole, la sua pelle risplendeva come fosse costituita da centinaia di cristalli sfavillanti e creava dei disegni meravigliosi sul terreno… rimasi ammaliata ad osservarlo. Ero come rapita… i suoi occhi fissi nei miei erano splendidi. Il vento gli scompigliava i capelli rossi che gli incorniciavano il viso perfetto. Non riuscii a trattenermi. Allungai la mano e gli sfiorai la guancia, come avevo fatto anni prima, la prima volta che lui era stato se stesso in mia presenza. Anche allora ci trovavamo in un bosco che pareva incantato…

< Mmm… lo vuoi vedere? > Mi chiese entusiasta, facendomi ridestare dal sogno magico in cui mi ero persa... Un po’ preoccupata per il suo sguardo troppo emozionato, annuii. Subito dopo fu alle mie spalle. Poggiò le sue mane gelide sui miei occhi.

Quasi non mi accorsi del freddo che sentivo sul petto, cercai di aprire gli occhi e, quando appoggiai la mano sinistra sulle sue per poter liberare i miei occhi, sentii qualcos’altro di freddo sfiorarmi il polso.
< Edward… ma che diavolo… ? >
< Sht, non dire niente. > E poi liberò la presa delle sue mani sulla mia testa.
Rimasi interdetta un attimo, senza capire cosa fosse cambiato poi, notai un luccichio all’altezza del seno.
Un ciondolo splendido era appeso ad una catenina certamente d’oro. Brillava. Un fiore dalle mille sfaccettature splendeva nella mia mano.
< Ti piace? > Lo presi tra due dita e notai anche il braccialetto, vicino a quello regalatomi da Jake.
< Quello è un diamante… mentre il braccialetto è d’oro bianco. >

Notai la scritta… recava la data del nostro matrimonio e quella del nostro anniversario… poi, con una grafia elegante, vi era scritto: “Grazie per aver dato un senso alla mia esistenza.”
< Oddio Edward… è bellissimo. Davvero… Ma ti sarà costato una fortuna! Scusa... io non ti ho dato niente... >
< Non dire scemenze… Mi hai donato te stessa. Il tuo amore. Più di quanto meritassi e avessi mai potuto sperare. > Mi disse appoggiando la mano sul mio viso.  Continuò dicendomi: < E poi, c’è questo… È per Elizabeth, quando sarà un po’ più grande…>
E mi porse un pacchettino di una gioielleria. Il velluto era vecchio e consunto. Pareva molto antico. Dentro c’era un ciondolo a forma di cuore come quello che mi aveva regalato tempo prima.
< Anche questo è un regalo riciclato? >  gli chiesi ironica. Lui scrollò le spalle con
nonchalance.
Liquidò la risposta con un < Dettagli. Comunque, sì... mia madre aveva molti ciondoli così...
> prima di appoggiare le labbra sulla mia spalla. Seguendo la sottile catenina d’oro, raggiunse il fiore di diamanti e poi mi fece sdraiare. Poggiò il capo sul mio seno e rimase a lungo ad ascoltare il battito del mio cuore… Battito che accelererò dato che quella posizione così naturale ma allo stesso tempo romantica e dolce, suscitò in me desideri non molto casti. Mi limitai però a poggiare le mie braccia intorno al capo di mio marito e a baciargli i capelli che mi solleticavano il volto.

Quando il mio stomaco brontolò, lui sorrise e mi preparò la tovaglia per il pic-nic.
< Da dove lo hai tirato fuori quello? > Gli domandai indicandogli il cestino con dentro il cibo.
< Ce lo ha portato Jasper prima. Tu non te sei accorta… > Arrossii probabilmente, percependo il mio stato d’animo, aveva capito quello che avrei voluto fare. < Bella, per una volta che non stavamo facendo niente di male o di sconcio, non dovresti aver nulla di cui vergognarti… a meno che… > E poi sorrise malizioso poggiando il dito sul mio petto e facendolo scorrere fino al mio mento per poi sfiorare il mio labbro superiore.
< “A meno che” cosa? > < A meno che i tuoi pensieri, che come ben sai io non posso vedere, non fossero così innocenti come appariva dalla tua espressione… >
Cercando di apparire scandalizzata, mi alzai in piedi e mi allontanai ma lui mi cinse la vita e mi fece ricadere a terra tra le risa di entrambi.
< Non leggerò i tuoi pensieri, ma so interpretare ogni tuo battito, ogni tuo sospiro… >
E poi le sue mani presero ad esplorare nuovamente il mio corpo, facendo scivolare i miei vestiti, insieme ai suoi, lontano da noi...
L’erba fresca accarezzava la pelle della mia schiena facendomi il solletico mentre il freddo trasmessomi dal corpo di Edward mi faceva fremere di piacere ed impazienza...
Il piccolo cestello da pic-nic finì dimenticato ai piedi di un albero…
Nella mia mente trovava spazio solo Edward,i suoi movimenti, i suoi gesti accompagnati dalle sue parole…

L’unica cosa su cui riuscivo a concentrarmi era la sua voce e il suo profumo.  Il dolce peso del suo corpo sul mio…

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Capitolo 40
*** Labbra gelate e caviglie slogate ***


40

Ciao a tutte!
Oggi, 31 Ottobre 2008 è il mio compleanno.
Arrivata alla veneranda età di 19 anni, ho deciso di descrivere in questo capitolo il ventesimo compleanno di Bella!!!
Adesso sono le 3 meno un quarto di mattina… esattamente 19 anni fa, fra 45 minuti, nascevo!!!!
Bene, probabilmente mentre leggete sarò già sul treno per Lucca (ringrazio la Giu che gentilmente ha postato per me) ma sappiate che Domenica, quando tornerò, aprirò efp sperando in tante belle rec.
Colgo l’occasione per ringraziare quante abbiano recensito e/o letto il cap 39.
Un bacione enorme a tutte voi!!!
Questo cap l’ho finito giovedì dopo essermi fatta togliere circa 420 ml di sangue à non garantisco niente. Facoltà mentali interdette XD
Spero vi piaccia!
Il prossimo cap lo posterò o mercoledì o giovedì… prima non riesco dato che non ho dietro il pc (sigh)
Ora vi lascio… ho intenzione di andare a svegliare mia madre dicendole: 19 anni fa a quest’ora stavi finendo di partorire e urlavi come una matta!!! Contenta?
Secondo voi mi ucciderà? Anzi, mi avrà uccisa? Se la storia dovesse interrompersi… direi di sì ma speriamo di no. Ah, 4 anni fa, alle 10.30 del 31/10 sono andata a prendere il mio micio dal veterinario! Il mio piccolo Shinichi/Pocio!!! Che amore di gatto scemo!!! Già quattro anni? Mi sembra ieri! (sembro una nonna che parla della nascita dei nipotini… assurdo XD)
Comunque, basta parlare di queste cose a cui non interessa a nessuno…
Vi lascio al cap 40 (ODDIO, 40???????) e mi auguro che vi piaccia! Sperando che questo compleanno sia migliore dei precedenti…
Una sola cosa, qui ho messo una cosa che in realtà vorrei succedesse a me, quindi, per favore, siate clementi.(no, non è FARE SESSO CON UN VAMPIRO STRAFIGO…anche se effettivamente… chi non vorrebbe? io no di certo XD *faccia da pervertita*) Questo giorno per me è sempre molto difficile da affrontare per motivi di carattere familiare…
Un bacio a tutte,
                                                          Erika

Dedciato alla piccola Emma che mi ha ispirata nell'immagginare Elizabeth!
Scusate se il cap è più breve del solito ma, dato che ero di fretta, non volevo liquidare tutto in due righe. quella che doveva essere la parte finale del cap è diventata ò'inizio del cap 41!
Ciao!

Bella's POV

Dopo che Edward, i cui occhi erano neri come la pece anche a causa dell’odore del mio sangue (data la troppa veemenza, mi ero ferita il dorso della mano sfregandolo contro un sasso nascosto nell’erba mentre Edward mi faceva perdere la testa. Lui aveva provveduto subito a medicare il taglietto ma ormai il mio sangue era sgorgato dalla ferita… ) ebbe raccattato i miei vestiti in giro per il prato, cercai di rivestirmi sebbene i miei sensi fossero ancora ottenebrati…
Fare certi giochi aveva sempre quell’effetto su di me.
Lasciai che fossero le sue mani ad infilarmi i vestiti, ad accarezzarmi la pelle nel farlo. Mangiai voracemente tutto quello che Esme mi aveva preparato e poi Edward mi prese per mano. Mi portò a fare un giretto nei dintorni mostrandomi i fiori e le piante, perfettamente a suo agio. La natura, con la sua vitalità impressionante, era semplicemente straordinaria. Restammo per quasi un’ora a contemplare una piccola cascata che si tuffava in un torrente di montagna. Camminammo a lungo, girovagando per dei sentieri stretti e tortuosi. Riuscii a vedere un cervo che Edward aveva individuato. Ironica, gli chiesi: < Tu non mangi? > E sorrisi ma il sorriso mi si gelò sulle labbra. Non mi sarei mai aspettata una reazione come quella.

Mi guardò malissimo e poi, velocissimo, mi strinse tra le braccia facendomi scivolare e tenendomi stretta come se stessimo ballando un tango. Mi teneva tra le braccia e ringhiava piano. Pietrificata, lo fissai negli occhi. In quel momento mi parve… cattivo. Il cuore mi si fermò per un attimo quando mi obbligò a reclinare il capo ed appoggiò le sue labbra gelide a lato del mio collo. Accarezzò la pelle in prossimità della giugulare con i denti freddi ed affilati. Ero impietrita. Le mani unite come fossi in preghiera.

Ero consapevole del fatto che non mi avrebbe mai fatto del male ma, in quel momento, non sapevo cosa pensare. Il mio cervello era in tilt, annebbiato dal terrore. Non riuscivo neanche a chiudere gli occhi. L’unica cosa che riuscivo a vedere nella mia testa era il volto di Elizabeth ed io ed Edward che facevamo l’amore nel prato.

Edward dischiuse la bocca e il suo respiro gelido si disperse sulla mia pelle, facendomi venire la pelle d’oca.

Nel momento in cui fece pressione trovai la forza di gridare: < Ti prego! NO! > E subito dopo mi accorsi ce mi stava baciando. Fece scorrere le sue labbra sulla mia pelle con gentilezza., seguite a breve dalla sua lingua. Il mio corpo si rilassò e le ginocchia cedettero. Le braccia di Edward mi accolsero modellandosi sul mio corpo. Il cuore partì a martellare furioso, recuperando tutti i battiti persi.

< Sciocca. > Mi rimproverò. < Cosa credevi? >
Deglutii e mi sforzai di rispondere: < Mi hai fatto paura. >
< Ho notato. > E poi ricominciò a baciarmi.
< Pensavo volessi mangiarmi. > Aggiunsi dopo un po’, quando ebbi riacquistato la voce.
Lui mi guardò triste e mi carezzò la guancia con il dorso della mano. < Non potrei mai. la sola idea di perderti mi fa impazzire. > Io annuii e poi lui mi disse: < Quando ti… cambierò > e notai la fatica con cui pronunciò quella frase < Farò in modo che sia per te il meno traumatico possibile. E lo farò solo quando sarai realmente pronta. > Mi strinsi a lui, che mi carezzava i lineamentii del volto con il poccile mentre mi guardava addolorato, e dissi: < Non sarà fra molto. > Lui annuì e mi abbracciò  più stretta. < Prenditi il tempo che ti serve. Sei ancora praticamente una bambina. Se hai paura che qualcuno noti la differenza di età tra noi due,mi dispiace ma temo che nessuno ne sarebbe in grado. > Mi impedì di ribattere coinvolgendomi in un bacio travolgente che mi fece dimenticare persino il mio nome. Dopo, restai sdraiata sull’erba con il capo sulle sue ginocchia a lungo. Lui mi carezzò cantando per me. Osservavamo l’oceano perdersi all’orizzonte.

Quando il sole cominciò a tramontare, Edward mi infilò galantemente la giacca e mi prese in braccio. cominciò a volare attraverso il bosco come fosse un angelo. Mi accoccolai facendomi comoda e nascosi il viso nella sua giacca. Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dal dolce movimento della corsa di Edward…
< Sei stanca? > Mi chiese gentile. Le parole dolci come le note della canzone più bella.

Annuii e lei rise piano, accompagnandomi nel mondo dei sogni.
Dormii non molto però. Quando arrivammo nei pressi di casa, Edward s’irrigidì e affrettò il passo. Mi ero accorta del fatto che non avesse corso veloce come al solito. Voleva prolungare il nostro tempo da soli.
Dal mio dormiveglia mi svegliò il pianto di Elizabeth. Aprii gli occhi e vidi il viso di Edward. L’espressione era di sconcerto.
< Che succede? >
< Niente. > E poi mi lasciò scivolare con grazia sui miei piedi, davanti all’ingresso. Nell’istante in cui le punte dei miei piedi toccarono il legno del poggiolo, la porta si spalancò.
Alice, esasperata, mi fece segno di entrare. Il pianto di Elizabeth era assordante.

< Bella, vai da quel piccolo mostro e dille di stare zitta. Io e Jasper non ce la facciamo più! >

Colta di sorpresa, mi diressi in sala e presi Elizabeth dalle braccia di Jaz. Dopo alcuni istanti in cui la mia bimba annusò l’aria, smise di piangere. Il volto paonazzo si distese e le lacrime smisero di scorrere. Cullandola dolcemente, tornai da Alice che parlava con Edward. In realtà lui parlava e lei pensava, ma il risultato era lo stesso. < Alice! Da quanto è che è così? >
< Da quando si è svegliata. All’inizio, appena ha cominciato a piangere, le ho dato il tuo latte. L’ho avvolta in una tua maglietta sporca e lei ha cominciato a ciucciare poi si è riaddormentata. Quando si è svegliata la seconda volta non ci è più cascata. È quattro ore che ci sta distruggendo i timpani. >
< Quattro ore? Avevi promesso che mi avresti chiamata se anche avesse solo starnutito!!! Perché non mi hai telefonato? > Le chiesi irata stringendo la bambina al mio petto. Kei scosse le spalle e mi fece la linguaccia. < Non avevi detto in caso di crisi di pianto da mi-manca-la-mamma. >
E poi danzando andò a raggiungere Jasper in salotto. Sconfortata consolai mia figlia che, dopo appena due secondi, si aggrappo alla mia camicetta, reclamando la mia totale attenzione. Mi levai la giacca a fatica senza smettere di tenerla in braccio e poi mi slacciai la camicetta. Lei trovò subito quello che cercava ed io mi abbandonai sul divano.
< Alice è una traditrice. > Sbuffai accarezzando Elizabeth. Edward rise e cominciò a suonare il pianoforte. Fuori ormai era buio e lui mi sussurrò: < Beh, è stato uno splendido anniversario. > Io annuii chiusi gli occhi per ascoltare più attentamente, senza venir distratta dalla vista di mio marito.
Qualche giorno dopo, il resto della famiglia fece ritorno a casa. Nessuno parlò di cosa fosse successo a Forks. Mi portarono i regali dei miei genitori e Rose, appena mi vide, corse ad abbracciarmi stretta, come se le fossi mancata tantissimo. Io non volli sapere niente riguardo la cerimonia e loro rispettarono il mio desiderio.

 
I giorni passarono e così arrivò anche la vigilia del mio compleanno.

Quella notte aveva piovuto e le gocce che battevano insistentemente contro il vetro mi avevano tenuta sveglia… Edward mi aveva stretto in un abbraccio e poi mi aveva ricordato come, quando s’intrufolava nella mia camera per spiarmi dormire, io mi lamentassi sempre per la pioggia o commentassi la rigogliosità della vegetazione a Forks. Dato che fuori imperversava quella che pareva una tempesta, Edward cominciò a spogliarsi.Davanti al mio sguardo sospettoso, si sdraiò su di me e cominciò a giocare a con il mio orecchio destro. < Con questo frastuono, non sentiranno nessun rumore… nonostante tu sia molto… espansiva. > Naturalmente, arrossi ma lui chiuse gli occhi ed avvicinò il suo volto al mio. Appoggiò teneramente le labbra sulla mia guancia e poi restò a respirare il mio profumo. Le sue mani erano intente ad intrufolarsi sotto il mio pigiama.

Drogata dal suo profumo, avvicinai automaticamente le mie labbra al suo volto. Il mio respiro fuori controllo come il mio cuore. Sentii freddo e feci appena in tempo a riaprire gli occhi per vedere i miei abiti volare per la stanza ed atterrare sulla poltrona affianco alla culla di Elizabeth che, nonostante fuori sembrava ci fosse la terza guerra mondiale, dormiva tranquilla e pacifica. Quando l’avevo controllata, pochi minuti prima, teneva i pugnetti chiusi e la bocca leggermente dischiusa in un vago sorriso.
Dopo varie capriole tra le lenzuola, rincorrendo l'uno i desideri dell'altra, e una serie di frasi sconnesse, a seguito di un turbinio di sensazioni ed emozioni a dir poco straordinarie, mi adagiai sul petto di Edward, molto più stanca di quanto non lo fossi stata prima di mettermi a letto, quando avevo ancora qualcosa addosso...

Verso le tre di mattina finalmente il vento smise di soffiare furioso e il temporale si placò. L’ultimo ricordo di quella sera fu Edward, in boxer, che teneva Elizabeth in braccio, seduto nel letto affianco a me. Appoggiai il capo sulle sue guance e mi godetti le sue carezze su ogni punto del mio corpo.

L’indomani mattina mi svegliai intorpidita, stanca…
Con la mano cercai mio marito tra le coperte ma non lo trovai.
< mhh > mugugnai portandomi a sedere. Essendo nuda, mi coprii il corpo e poi, cercando almeno le mutande, mi alzai avvolgendomi il lenzuolo intorno al corpo., stringendolo alla vita. Cercando di raggiungere la cassettiera, inciampai nel lenzuolo e caddi rovinosamente tirandomi dietro la tenda a cui mi ero aggrappata in extremis. Dato il mio peso, l’asta a cui era appesa cedette e mi venne tutto addosso.  Massaggiandomi la testa cercai di rimettermi in piedi ma mi resi conto di non riuscire a muovermi. Elizabeth, svegliata dal frastuono, cominciò a piangere. Qualcuno bussò.

< Amore,sei sveglia? >
< Perché me lo chiedi se lo sai? >
< Bella, ho sentito molto rumore. Posso entrare? > Cercai di alzarmi ma gemetti. Lui non aspettò che gli rispondessi ed entrò. Non prestò la minima attenzione alla bambina e questo mi irritò.
Mi venne vicino e mi liberò dalla tenda da cui, nel tentativo di liberarmi, ero stata avvolta.
Cercò di levarmi anche il lenzuolo ma io me lo strinsi al corpo.
< Bella? >
< Sono nuda… > Cercai di giustificarmi io.

< Anche questa notte lo eri, eppure mi pare di ricordare che ti sei addormentata su di me… senza preoccuparti che ti vedessi. Anzi, che ti toccassi… >

Avvampai e lui mi sorrise. Mi prese in braccio e mi adagiò sul letto.
< Bella, possibile che ti fai sempre male? > Mi domandò massaggiandomi la caviglia con le sue mani fredde. Baciò il punto che mi faceva male e poi cominciò a salire verso punti ben più nascosti del mio corpo. Dove le sue labbra passavano, mi pareva di bruciare. Si soffermò sul ginocchio per poi toccare l’interno delle cosce. Quando scostò il lenzuolo con cui cercavo di coprirmi, emisi un risolino e mi lasciai cadere all’indietro. Facendo quel gesto, il mio piede sbatte contro la gamba di Edward ed emisi un gemito. Edward non se lo lasciò sfuggire e di colpo corse ad analizzare la caviglia, contro i miei desideri. Avrei preferito che continuasse da dove era prima.
< Credo te la sia slogata… > < A magnifico… > Feci io coprendomi il volto con le mani.
< Uhm… credo che dovrai startene buona per una settimana… >
Mi alzai sui gomiti e lo fissai: < No. >
< Non sei tu a decidere… >
Sbuffai e poi lui disse a voce normale: < Sì, forse è meglio se vieni… >
< Con chi stai parlando? >
< Con Carlisle. Stava pensando di venire a controllare cosa ti fossi fatta. >
Un attimo dopo Carlisle bussò. Cercai di coprirmi meglio infagottandomi nel lenzuolo. Edward parve non curarsi dei miei goffi tentativi di nascondermi ed aprì la porta. Mi disse ironico: < Ti ha fatto partorire, ti ha seguita per tutta la gravidanza e il puerperio… ti vergogni ancora di lui? > Io annuii ed arrossii, tentando di nascondermi tra le lenzuola.
< Sì > Gli dissi ed Edward rise. Lui e Carlisle si scambiarono poche, velocissime parole e poi mio suocero si inginocchiò davanti a me. Esaminò il mio piede e scosse la testa. < Bella, ho lavorato negli ospedali per… decenni… e non ho mai avuto una cliente affezionata come te. Fortuna che Edward è un vampiro altrimenti lo avresti già fatto morire d’infarto un centinaio di volte. > E poi rise tra sé e sé. Mi controllò la caviglia facendomi compiere dei piccoli cerchi con la punta del piede.
< Ti faccio una fasciatura leggera. Tienila e non affaticare il piede. > Sorrise al mio sbuffo e mi disse: < Ti sei fatta di peggio. > Poi mi tastò il capo ma non dovette intervenire. Mi medicò e mi salutò dicendomi di fare più attenzione. Edward mi aiutò a vestirmi ma riuscii ad impedirgli di accompagnarmi di sotto in braccio. Zoppicando, raggiunsi la cucina. Edward teneva Elizabeth che però non voleva stare in braccio. La mise a terra e lei gattonò velocissima verso di me. Aveva cominciato a andare gattoni tre giorni prima ed i suoi movimenti erano ancora incerti. Scivolava spesso ma c’era sempre qualcuno pronto ad aiutarla. Esme puliva il pavimento non so quante volte al giorno e non voleva che gattonasse al piano di sotto. Diceva che nelle camere andava bene ma lì, con loro che facevano avanti ed indietro dal giardino, il pavimento era sempre sporco e che la bambina, mettendosi le manine in bocca, rischiava di prendersi qualche malattia.

Ormai Elizabeth aveva 5 mesi da una settimana ma continuava a volere solo il mio latte. Tutti gli omogeneizzati che avevo cercato di darle mi erano finiti in faccia. La prima volta che mi aveva sputato addosso la pappa, le risate di Emmett erano state talmente fragorose che avevano spaventato Elizabeth che aveva cominciato a piangere. Risi al pensiero e feci velocemente colazione, poi presi in braccio mia figlia che, aggrappata ai miei pantaloni, cercava la mia attenzione.

< Andiamo dal papà? > le chiesi. Lei, che naturalmente ancora non capiva, felice di sentire la mia voce, sorrise ed emise dei gridolini nel momento in cui appoggiai il mio volto contro il suo.

Chiamai Edward che mi rispose dalla stanza del piano. Mi disse di raggiungerlo ed io lo feci, zoppicante. Appena aprii la porta, fui investita dal profumo di fiori. Ovunque, bouquet coloratissimi e profumati. Ornavano le finestre, gli angoli… riempivano i vasi e abbellivano il pianoforte a coda.
E ai piedi del pianoforte, una pila di regali in carta argentata, rosa e bianca a fiori. I fiocchi ed i nastri ovunque.
Edward mi abbracciò da dietro e, poggiando le labbra nell’incavo del mio collo, mi sussurrò:
< Auguri, amore mio. >il sorriso sul mio volto era un po’ forzato ma cercai di fare del mio meglio.
< Grazie… > dissi a tutti quanti. Tutta la famiglia era lì per festeggiarmi… Fui accolta dalle loro braccia fredde. Ognuno mi stringava a sé e mi faceva gli auguri. Alla fine riuscii a raggiungere il divano e a sedermi.
Sul tavolino alcuni pasticcini mi aspettavano, molto invitanti.
Alice mi vide osservarli e mi disse sorridente: < Li ho fatti io. Dopo c’è anche la torta, per questa sera. Elizabeth la adorerà. Anzi, dovremo faticare per non fargliela mangiare tutta. >
< L’hai vista? > < Sì. Le piacerà molto! > e se ne compiaceva dato che aveva scoperto la sua nuova passione. Cucinare torte era diventata per lei un’arte.
Elizabeth vide Rose e si protese verso di lei. Rose la prese tra le braccia e cominciò a coccolarsela come fosse un gattino. Emmett cominciò a scattare foto ed io mi sistemai i capelli dietro l’orecchio con un gesto nervoso. Edward mi bloccò la mano. Sorrisi incerta e lui sussurrò al mio orecchio: < Sei splendida. E sembri molto più piccola della tua età effettiva. Va tranquilla. >
Lo guardai male. Rose, quando era … stata cambiata aveva 19-20 anni, Alice 19, Emmett 21. Esme 26 e Carlisle 23. io ora ne stavo compiendo 20… ed Edward invece era bloccato nella perfezione dei suoi 17 anni. Un nodo alla gola mi impedì di parlare.
< Bella, tesoro, non preoccuparti. Non stai invecchiando. > E poi ammiccò complice.
Sentii il bisogno della presenza di Jasper ed in quel momento mi resi conto che in casa c’erano tutti tranne lui. Guardai Edward con sguardo interrogativo. Lui capì subito e mi disse: < Non preoccuparti. È andato a prenderti il regalo. >
Indicai con la testa la pila di doni e gli chiesi: < Quelli non bastavano? >
< Quello che Jaz è andato a prenderti ti piacerà di più. Ne sono certo. > e poi mi baciò. Passai quasi tutta la mattina a bighellonare per casa. Edward volesse che aspettassi l’arrivo del fratello per aprire i doni ed io ero ben felice di procrastinare quel momento.

A pranzo mangiai poco senza un motivo preciso. Probabilmente era l’ansia da compleanno che si faceva sentire.

Mentre facevo il bagno con Elizabeth nella comodissima e grande vasca idromassaggio, il telefono suonò. Edward bussò alla porta. < Vieni pure. > Entrò e mi guardò come se fossi una cosa da mangiare. Una cosa molto buona. Tanto per giocare stesi la gamba facendo la ragazza provocante dimenticandomi la distorsione. Mi feci un male cane e lui scosse la testa sconsolato. Lo vidi trattenere una risata. Ci si avvicinò ed Elizabeth cominciò a sbattere le manine sull’acqua, schizzando ovunque. In meno di due secondi, Edward si ritrovò bagnato da capo a piedi.
Lui la prese e l’asciugò, poi mi aiutò ad uscire e mi avvolse nell’asciugamano.con i denti lacerò l’elastico con cui avevo tenuto i capelli in altro perché non si bagnassero e mi disse: < Sei una tentazione sempre, ma così come farò a resisterti? > Scoprendo un po’ il mio corpo bagnato risi e lui mi baciò la clavicola.
Quando sia io che mia figlia fummo asciutte e vestite (Edward mi aveva dato un bel vestito color crema e poi mi aveva rifatto la fasciatura) scendemmo al piano di sotto. Erano le quattro del pomeriggio e le nuvole coprivano il cielo. Elizabeth tra le mie braccia si stava appisolando.

Zoppicando leggermente, raggiunsi il salotto. Vidi Jaz e lo salutai con la mano. Tutto allegro, mi venne vicino e mi disse: < Vuoi vedere il tuo regalo? > < Se proprio devo… > < Sono certo che gradirai. > Mi assicurò lui. Edward mi coprii gli occhi con le mani e mi guidò verso quella che era stata la nostra camera e che ora era diventata un piccolo salotto con dentro un divano, due poltrone, un box per neonati e uno di quei cosi che servono per far giocare i bambini e contemporaneamente farli stare in piedi. A terra era pieno di pupazzi e cubi per le costruzioni. Le pareti erano state dipinte di color pesca.
Arrancando nel buio strinsi mia figlie e dissi: < Edward, se cado, avrai tutte e due sulla coscienza. > Lui fece finta di niente. Altre mani fredde mi aiutarono a sedermi sul divano. Edward lasciò la presa ed io sbattei le palpebre. La prima cosa che vidi furono i regali che la mattina erano ai peidi del pianoforte. Poi vidi la torta, piuttosto grande. Quando però il mio sguardo si spostò su ciò che c’era dietro il tavolino, per poco non svenni.

Elizabeth osservava le due persone a lei estranee che la fissavano con gli occhi gonfi per l’emozione. Era curiosa... non li aveva mai visti.
Quando la donna scoppiò a piangere per la gioia, Elizabeth, spaventata, si ritrasse e si nascose tra le mie braccia.

Io la strinsi a me e a mezza voce, con le lacrime agli occhi, sussurrai:

< Mamma… Charlie… >

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Capitolo 41
*** tempo... ***


Scusate a tutte quante per il mostruoso ritardo!
Chiedo perdono!!!
Le cause sono state molteplici. L più importanti sono queste:
Avevo la mano destra fasciata e non potevo scrivere…
Non potevo nemmeno modificare il testo perché il mio pc si era infettato e non partiva più!

Fortuna che il mitico Muccio giovedì ha sistemato il pc. Per la mano il computeraio non serviva ma sta migliorando! Proprio la destra però!!!! Che palle!!!
Comunque, eccomi qui. Per farmi perdonare, capitolo lungo!
Spero vi piaccia. Scusatemi ancora ma davvero, scrivere era una fatica (potevo usare sl il mignolo… non so se mi intendo XD!)
Grazie e a prestissimo! 
Non vorrei fare pronostici e poi mandarmela da sola come la volta scorsa, ma direi che potreste passare per mercoledì e dovreste trovare l’aggiornamento!
Un bacio speciale a Crusade! Visto che ti ho trovata!!!
E naturalmente, ad Hanairo!! Scusa se non vi ho avvisate… ma proprio non sapevo come fare!
Adesso cmnq tutto a posto!
Un bacio enorme e grazie per i vostri bellissimi auguri!!!
Sn tornata a casa e mi hanno davvero addolcito il rientro a scuola!!!
            Vostra Erika dalla mano destra fasciata (sembra il nome di una piratessa sciancata XD)
PS:grazie  Giu per aver postato il cap scorso!

Bella's POV 

< Bells… >

Interdetta, rimasi a fissare le due persone, che mi sorridevano commosse, per qualche istante senza proferire parola.

Sentivo le braccia molli e le mani tremare per l'emozione.

< Bella? > Mi domando Edward sfiorandomi la guancia con il pollice, assicurandosi che fossi ancora viva. Prese la bambina dalle mie braccia e si sedette al mio fianco, cingendomi la vita.

Elizabeth, curiosa, fissava quelli che per lei erano degli intrusi. Non appena mia madre si voltò a guardarla, lei si nascose nella camicia di Edward.

Mi alzai tremante e venni accolta dalle braccia di mio padre che mi era venuto incontro.

< Bells, piccolina. Come stai? > Non era da lui lasciarsi andare a tali dimostrazioni di affetto. Dovevo essergli mancata davvero molto. < sto bene papà, sto bene… > singhiozzai tra le lacrime. Mi strinse a sé e poi lasciò che fosse Reneè ad abbracciarmi.

< Oh Bella, eravamo così in pena per te. Sono così contenta di vederti! > < Anche io mamma. > Ed era vero. Non mi sarei mai aspettata di rivederli. Soprattutto, non lì.

Reneè rimase ad osservarmi a lungo, studiando i tratti del mio volto, quasi cercando di scorgere dei cambiamenti. L'ultima volta che 'avevo vista era stato il giorno del mo matrimonio. Un anno e un mese prima. Poggiandomi una mano sul braccio mi confidò: < Non sei cambiata per niente. Sembri ancora una bambina… la mia bambina. > E dicendo questo si asciugò le lacrime che si erano formate all'angolo degli occhi. < Ma sei già madre… E che bella bimba che avete tu ed Edawrd. È un angelo.... Ma siete ancora così giovani… >

Edward si intromise sistemando meglio nostra figlia tra le sue braccia, di modo che Reneè potesse vederla meglio. < Elizabeth è stata un dono. Date anche le circostanze, chi mai avrebbe potuto immaginare? Anche se adesso, stavamo penando di avere un altro bambino… >

< Edward!> Gli strillai. Insomma, non era il caso di dirlo così esplicitamente ai miei genitori.

Avere un figlio a diciannove ani può capitare ma averne due a venti… non credo che mia madre ne sarebbe stata felice. 

Come si dice? La prima volta ci cadi, la seconda significa che ti ci sei buttata dentro… ai casini, s’intenda. 

Lei infatti corrugò la fronte e si rivolse a mio marito: < Non state correndo troppo? Un figlio è una grande responsabilità. Avrete tempo, più avanti, per avere altri bambini. Per ora pensate a questa che avete. > Quelle parole furono come una lama affondata nel mio cuore. Non era vero. Lei non poteva saperlo, ma non avevamo tempo. Non molto, per lo meno.

Edward vide che mi ero incupita e disse a mia madre: < Noi vorremmo avere un altro bambino. Se verrà,lo accoglieremo con tutto il nostro amore, altrimenti non cambierà niente… siamo già comunque molto felici… > E poi mi baciò la guancia. Io sorrisi arrossendo e focalizzai la mia attenzione su Elizabeth che tendeva le braccia per venire da me. Speravo di evitare in questo modo lo sguardo indagatore dei miei genitori. Rimanemmo a chiacchierare del più e del meno mentre Alice ci scattava una miriade di fotografie. Ad un certo punto io padre, che fra tutti era stato quello che era rimasto più in silenzio, accarezzando il capo di mia figlia mi domandò: < Posso tenerla per un po'? >

< ma certo… > E gli passai Elizabeth che, spaesata, si osservava intorno.  < Oddio, ma com'è leggera… è così piccina. > e mentre mi diceva queste parole, il suo guardo era adorante. Poco dopo anche mia madre reclamò il suo ruolo di nonna. Quando però Elizabeth cominciò a lamentarsela ripresi tra le mie braccia e lei mosse la bocca come a dirmi: "Ho fame"

Cercando di coprirmi, mi slacciai la camicetta e il reggiseno. Dato il mio goffo tentativo di non farmi notare, mia madre rise e mi disse: < Tesoro, allattare è una cosa normale… non ti vergognerai mica di noi. > Charlie la fulminò con lo sguardo ma rimase zitto, fingendo di essere interessato alle decorazioni floreali allestite da Alice. Si vergognava quasi quanto me. Edward rise sottovoce. Elizabeth, ciucciando per a prima volta distrattamente, si osservava intorno incuriosita dalle voci e dagli odori dei miei genitori. < Com'è tenera. Vero Charlie? > Mio padre grugnì qualcosa evitando accuratamente di guardarmi. Nel frattempo Esme ci servì il pranzo in cucina. Mentre tutti si accomodavano, finii di allattare Elizabeth, le feci fare il ruttino,poi la misi a dormire nella sua culla nella stanza del pianoforte. Sbadigliò e, non appena l'ebbi appoggiata sotto la piccola copertina, chiuse gli occhi rilassò i pugnetti. In silenzio, andai dagli altri.

Tutti i Cullen fecero finta di gustare quei piatti squisiti preparati da Alice.

Quando mi chinai sotto il tavolo per raccogliere una posata che mi era scivolata, Edward fece lo stesso. Mi baciò la guancia e, al mio sguardo perplesso mi rispose complice: < questa sera avremo tutti la tosse… > e poi ammiccò al ripiano del tavolo, alludendo alle pietanze. Feci per dirgli che non dovevano fare questo per me quando lui cominciò a baciarmi con passione infilando le dita tra i miei capelli. Aggrappata alla sua camicia, quasi non notai la testa di Emmett fare capolino da dietro la tovaglia che arrivava a sfiorare il pavimento.

< voi due, la smettete di pomiciare sotto il tavolo? Staremmo mangiando, se non vi dispiace. >

Arrossii furiosamente e cercai di ignorare il risolino di mia madre. Bordeaux mi rimisi seduta e non mi sfuggii il sorriso compiaciuto sul viso di Edward. Non parlammo molto ed io continuavo a controllare che non mi si scoprisse il braccio sinistro. Non volevo che mia madre vedesse…non volevo essere costretta a spiegare…

Quando tutti i piatti furono vuoti, ci spostammo nella stanza dove eravamo prima. La torta faceva bella mostra di sé in mezzo agli addobbi. Prima di assaggiarla però mi sedetti per terra e cominciai a scartare i regali. Mia madre, seduta accanto a me,non la smetteva di accarezzarmi i capelli e le spalle.

Facendo molta attenzione a non tagliarmi con la carta mentre Jasper mi fissava sospettoso, aprii prima il regalo di Esme e Carlisle. Già dalla confezione avevo capito che era caro… quando lo aprii ne ebbi la conferma. Un nuovissimo portatile con WebCam e microfono…

< Così potremo continuare a sentirci, e sarà come essere ancora più vicine. Meglio che con la mail, che ne dici? > disse Reneè, entusiasta. Annuii a mia madre abbracciando i miei suoceri, ringraziandoli.

Alice mi porse, da parte sua e di Jasper, un sacchetto pieno di libri e CD. Solo in un secondo tempo notai la ricevuta con la mia firma, troppo elegante per assomigliare alla mia vera, che sottoscriveva un abbonamento ad una costosissima rivista di moda. Stranamente, non ricordavo di averne mai neanche sentito parlare. Quando, con fare accusatorio, guardai Alice, lei mi sorrise e mi disse. < Non prendetela. Sto solo cercando di portarti sulla retta via. > Non feci a tempo ad arrabbiarmi con lei perché Emmett mi diede il suo regalo. Prometteva male già dal colore del sacchetto. < da parte mia e di Rosalie… > cantilenò cercando di restare serio. 

Rose faceva finta di guardare fuori dalla finestra ma in realtà teneva la coda dell’occhio puntato sul mio viso. Sul biglietto c'era scritto: 

"Alla nostra sorellina, aiutino per il figlio numero due. > Attonita, sbirciai nel sacchetto. Arrossii e lo richiusi subito tra le risa generali.

< Emmett, Rose, non lo metterò mai! > Dichiarai cercando di non balbettare per l'imbarazzo.

< Lo metterai, lo metterai… > Mi prese in giro il mio fratello acquisito, facendo l’occhiolino ad Edward. Lui fece una faccia molto strana leggendo i pensieri di Emmett. Se possibile, divenni persino più rossa di prima e distolsi imbarazzata lo sguardo. Emmett mi diede una poderosa pacca sulla spalla che per poco non mi fece cadere in avanti.

Bofonchiando qualcosa i poco carino nei confronti delle sue idee riguardo la mia vita sessuale, afferrai l'ultimo regalo, quello di Edward. Per fortuna non erano gioielli. Tra ciondoli e braccialetti, indossavo più dell’equivalente di quanto mia madre percepisse all'anno di stipendio…

Da sotto la carta argentata pareva un libro ma quando lo scartai mi accorsi essere un album fotografico.

Aveva raccoltole mie foto dall'infanzia a quel momento. Che gesto dolce…

Lo sfogliai distrattamente per poi rendermi conto che le foto erano divise in gruppi. Aprii a caso e notai la calligrafia ordinata di Edward che recitava: "Isabella, un anno." E poi c'erano sei o sette mie foto ad un anno di età. Dopo queste però ce ne era una ingiallita, raffigurante un bambino infagottato in abiti buffissimi.

Sopra vi era scritto: "Edward, un anno."

Aveva alternato le mie foto alle sue, che però, per ovvi motivi erano meno numerose. Durante la prima guerra mondiale dovevano costare parecchio… e poi, il tempo ne aveva rovinato o distrutto la maggior parte.

Dopo i diciassette anni, tutte le foto ci ritraevano insieme. Erano molte, moltissime. Le più recenti includevano anche nostra figlia. In fondo all'album c'erano otto foto raffiguranti lo stesso splendido ragazzo di diciassette anni. A cambiare era l'ambientazione. Ve ne era una per ogni decennio del 1900 da lui vissuto come vampiro. Quella del decennio 1980 rappresentava lui, triste, intento ad osservare l'oceano. All'orecchio mi sussurrò: < Se solo avessi saputo che la mia via era sul punto di mutare… se avessi saputo che ti avrei incontrata… > E poi mi baciò. L'album mi scivolò dalle mani e si aprì su un'immagine di me neonata, placidamente addormentata in una piccola culla…

La parte del mio cervello, minima, che non era concentrata a baciare Edward, notò la somiglianza con mia figlia…Sorrisi e strinsi le mie braccia intorno al collo di mio marito.


Con una mano sola e senza staccarsi dalle mie labbra, Edward raccolse l’album e lo passò ad Esme che, mentre lo sfogliavo, aveva tenuto i miei genitori occupati evitando che si insospettissero vedendo Edward vestito anni 40… in una città in qui tutto era stile anni 40!!!

Non credo che avrebbero… capito.

Arrivati al fatidico taglio della torta, la mia mano tremò. Fortunatamente non la rovesciai nel tentativo di fare le parti uguali. Esme mise la prima fetta nel mio piatto ed io feci appena in tempo a mangiarne un morso che Elizabeth cominciò a piangere. Io, sbuffando, feci per alzarmi. Spostai il piatto con la torta dalle mie ginocchia al tavolino ma venni bloccata da una mano gelida e pallidissima.
< Non provarci neanche. > Mi fece Edward prima di sparire oltre la porta per poi ripresentarsi con nostra figlia. Tra le sue braccia, Elizabeth ci osservava curiosa. Si stropicciò gli occhi e tese le mani verso di me.
< Non vuoi stare in braccio al papà? > Le sussurrai ridendo ed avvicinandomi ad entrambi.
Ai gridolini di lei al sentirmi parlare, Edward scosse la testa sconsolato e mi porse la bambina che fu subito attratta dalla torta.
Alice sorrise compiaciuta ed io dissi: < Vuoi assaggiare? >
< Hai già iniziato a svezzarla? > Chiese mia madre osservando mia figlia.
< Mm… no. Vuole solo il mio latte. >  E mi chiesi se fosse normale, arrivata a quasi sei mesi.
A quel punto si intromise Carlisle: < Non preoccuparti. È perfettamente nei tempi. E poi, ogni bimbo è diverso… dobbiamo rispettare le sue esigenze. > E poi si rivolse a mia madre descrivendole i primi mesi di Elizabeth come solo un medico poteva fare. Mentre loro parlavano, io presi un po’ di torta con il cucchiaio e la portai alla bocca di mia figlia che serrò le labbra. Con le dita gliele feci aprire e le sussurrai: < Non è omogeneizzato. Rilassati. > poi riuscii a fargliene assaggiare un po’. Al contatto con la lingua, Elizabeth arricciò il naso ma dopo aver sentito bene il sapore, spalancò la bocca e mi sfiorò con insistenza il braccio.
< Piccola traditrice. Le pappe alla frutta che scegliamo con tanta cura no, e le torte della zia sì? > Le bisbigliai dandole un pochino di torta. 
< Non esagerare. Non è abituata al cibo. > mi rimproverò Edward attirando l’attenzione di Elizabeth. Al terzo cucchiaio, decisi che poteva bastare per il suo primo pasto. Quando poggiai la posata sul piatto, Elizabeth sgranò gli occhi e si allungò verso il cucchiaio, facendo i capricci.
< No. Lascialo. > le intimai. Per la prima volta il mio tono non era adorante. Stupita dalla severità nella mia voce, lasciò andare subito la presa e si appoggiò al mio seno.
Reneè ed Esme risero facendomi arrossire. Emmett commentò qualcosa all’orecchio di Rose ed Edward ringhiò piano, senza farsi udire dai miei genitori. Charlie invece si alzò e batté piano una mano sulla spalla di Edward.

< Ragazzi… forse è meglio se noi, adesso… >

Sentii il panico invadermi. Non potevano andarsene. Non ora che, dopo così tanto tempo, ero riuscita a rivederli per quella che sarebbe stata forse l’ultima volta. Le mie labbra tremavano e strinsi mia figlia a me. Mi faceva sentire più tranquilla. Jasper intervenne per aiutare a calmarmi.
< Oh, giusto. Sarete molto stanchi. Il viaggio è stato molto lungo. > Disse Edward.
< Bella… > mi disse inginocchiandosi davanti a me e prendendomi le mani nelle sue. Lesse la mia ansia sul mio volto e me lo carezzò, rassicurante.
< Si fermeranno qui per una settimana. Abbiamo cercato di organizzare un po’ di tempo per voi. >
Quasi scoppiai a piangere per la gioia. Notai mia madre osservarmi e le sorrisi.
< Spero di non disturbare. >
< Ma le pare? Siete i benvenuti qui. > Fece Edward cortese.
< Emmett ha già portato le valige nelle vostre camere. Adesso vi accompagno. >
< Dove staranno? >
< Abbiamo preparato due stanze degli ospiti. > Mi disse Alice con la sua splendida voce trillante.
Piena come un uovo, mi alzai e salutai tutti,  specialmente i miei genitori, più tranquilla di sapere di avere la possibilità di stare un po’ con loro dopo tanto tempo. Quando furono svaniti nelle rispettive camere, andai in bagno. Dopo essermi lavata i denti, andai in camera dove Edward mi aspettava sdraiato sul letto, a braccia spalancate. Mi ci rifugiai, e risi quando con le labbra mi sfiorò il collo, subito sotto l’orecchio. Ridendo gli domandai: < Tossito tutto fuori? > e lui annuì convinto.
< Peccato che ci siano i miei… > gli bisbigliai mentre mi accarezzava la schiena. Rimase in silenzio per un attimo e poi mi confessò: < Le loro stanze sono abbastanza lontane…se riesci a … contenere le emozioni… Alice sta cercando di convincere tutti ad andare a caccia. >
< Contenere le emozioni? > gli sibilai con gli occhi ridotti a due fessure mentre mi allontanavo e facevo finta di tirargli un cuscino. Afferrandomi per i polsi, immobilizzandomeli, mi obbligò a tenere le braccia alzate e mi baciò con tanta passione che lasciai andare il cuscino. Quando mi lasciò respirare di nuovo, mentre le mie labbra rincorrevano le sue, gli sussurrai: < Alice ci ha visto? >

Non si prese neanche la briga di rispondere. Soffiò sulla pelle del mio seno facendomi sorridere e poi, accarezzandomi con le guance mi bisbigliò: < Se ne sono andati. Sperando di non svegliare i tuoi… > E lasciando la frase in sospeso, con un grande sorriso dipinto in volto, provvide a levarmi il pigiama mentre io facevo lo stesso con lui.

Quando, parecchio dopo, fui troppo stanca anche solo per tenere gli occhi aperti, mi adagiai sul suo petto e lasciai che le sue mani mi massaggiassero la schiena nuda. Tenere testa ad un vampiro instancabile era una bella fatica…
Mi giunse un’eco lontana della sua voce che mi assicurava di non aver svegliato nessuno. A un passo dal mondo dei sogni, sorrisi.

Quando, una settimana dopo, i miei partirono, cercai di trattenere le lacrime.
In quei giorni non avevamo fatto niente di speciale. Semplicemente, eravamo restati vicini… avevamo riso e scherzato, chiacchierato del più e del meno…
Nessuno aveva mai tirato in causa l’argomento rapimento ed io, nervosa, controllavo in continuazione che il mio braccio fosse ben coperto. Non avrei avuto la forza di spiegare…
Eravamo stati uniti come non mai nei miei ricordi. Il calore della famiglia che non avevo mai avuto. Mia madre e mio padre che si tenevano per mano formavano un’immagine che non riuscivo a rievocare nella mia infanzia. Avevo solo pochi mesi quando Reneé se ne era andata portandomi con sé. Per alcuni momenti era parso che il mio sogno di bambina si fosse realizzato, per poi infrangersi ogni sera quando Reneé chiamava Phil. Mio padre non pareva molto contento di ciò ma restava in silenzio. Il sospetto che amasse ancora mia madre non mi aveva mai abbandonato.
Circondata dalla mia famiglia acquisita, salutai mia madre piangente. Reneè continuava ad abbracciare me ed Elizabeth dicendoci che sarebbe tornata presto a trovarci mentre Charlie, cercando di non mostrare la sua tristezza, abbracciò me ed Edward e poi accarezzò mia figlia salutandoci serenamente. Jasper, che mi pareva essere diventato il tassista di casa, li avrebbe riportati a Forks da dove Reneè sarebbe partita per Jaksonville. In effetti, era un bene che fosse lui ad accompagnarli. Li avrebbe tranquillizzati con le sue… qualità speciali.
A calmare me ci sarebbe stato invece Edward. Il che mi andava benissimo.

< Ti voglio bene, Bells, a te e alla tua bambina. > Mi mugugnò mio padre prima di salire in auto. Dire: “ E ad Edward” era un po’ troppo. Sapevo che avrebbe preferito fossi innamorata di Jacke o di qualcun altro al college e non sposata e nascosta con mio marito… fuggita da dei rapitori e … già madre…
Sebbene gli fosse grato per avermi salvata, era certo che fossi stata rapita per causa sua. O meglio, dei suoi soldi. Il risultato però era lo stesso… spesso lo fulminava con lo sguardo, non sapendo che i suoi pensieri erano per mio marito come un libro aperto.
< I momenti degli addii sono sempre tristi. > Aggiunse Charlie tentando di nascondere una lacrima dietro un sorriso triste.
Mia madre lo fulminò con lo sguardo e, tra le lacrime, sibilò: < Non è un addio, ma un arrivederci.> Io feci cenno con il capo senza sapere se fosse realmente così.

Abbandonata tra le braccia di Edward, li salutai e li osservai sparire oltre quel sentiero da cui era stato inghiottito anche Jake. Da quello che mi aveva detto Charlie, viveva ancora a La Push… ed era ancora solo. A quanto aveva lasciato intendere Charlie, in realtà era ancora follemente innamorato di me… il che mi fece sentire un po’ in colpa. Sperai che le cose si mettessero a posto per lui, per tutti, ma non sapevo se fosse una mera illusione o un futuro possibile…
Tornata in camera, mi sdraiai ad osservare il soffitto. Era tardi. I miei genitori si erano trattenuti il più possibile. Ripensando ai giorni passati, senza rendermene conto mi addormentai.

Tormentata da sonni terribili, mi agitai nel sonno. Vagavo sola in un luogo buio, sconosciuto.

Odori, sensazioni nuove… paura. non per me ma per altri… persone che mi stavo lasciando alle spalle. Non volevo abbandonarli. Non volevo andarmene. Sentivo di aver lasciato in sospeso qualcosa. Gridai e mi accasciai sulle ginocchia, tenendo le mani appoggiate alla testa.

Sudata e tremante, spalancai gli occhi. Stavo ansimando e le braccia di Edward strette intorno a me non bastarono a calmarmi. Un altro incubo. L’ennesimo. Questo pareva persino più vero dei precedenti.
< Bella, va tutto bene… > < Oddio Edward… > Sussurrai tra le lacrime.
Mi strinse di più, cullandomi dolcemente. < Ancora incubi? > mi domandò senza particolari intonazioni della voce. Alzai lo sguardo e fissai il suo volto. Una sottile linea sulla fronte mi suggeriva la sua preoccupazione.
< Ancora? > Chiesi confusa. Non pensavo si fosse accorto di quelli che avevo avuto ultimamente, non ne aveva mai accennato. Lui si sforzò di sorridermi e mi baciò la fronte. Non hai avuto pace, settimana scorsa. Dato che non me ne volevi parlare, ho voluto rispettare le tue decisioni. >
< Ho gridato, in queste notti? > < Un po’. > ammise continuando a cullarmi. Lo fissai e domandai: < Mamma e Charlie mi hanno sentito? > < Non preoccuparti. Abbiamo spiegato loro che hai ancora… delle conseguenze di quanto accaduto… > < Oddio, non volevo che … > < Sht. > mi appoggiò un dito alle labbra. < Non angosciarti. Loro hanno capito. > < Li avrò spaventati… Chissà che avranno pensato! Poverini. Si saranno preoccupati per me. > Mi portai le mani al volto e lui me le scostò. < Hanno pensato solo che tu sia ancora spaventata. È comprensibile. > subito dopo mi avvolse nella coperta e mi prese tra le braccia. Mi portò al piano di sotto dove cominciò a suonare tenendomi seduta sulle ginocchia. La sua musica mi calmò, aiutandomi a riaddormentarmi, appoggiata con il capo alla sua spalla.
Nei giorni successivi appurammo che, se mi addormentato al suono della sua musica, i miei sonni erano più calmi. Per quel motivo Edward installò uno stereo in camera nostra. Sembrava che i suoi componimenti, registrati su CD, venissero eseguite nella stessa stanza tanto il suono era limpido, chiaro. Ogni sera, tra le sue braccia e sotto le coperte, mi addormentavo con il suono della sua musica.
Non per questo però rinunciai ad ascoltarlo dal vivo.  

La nostra vita trascorse tranquilla, nonostante i miei incubi che, sebbene in minor misura, continuavano ad assillarmi.

Alle prime parole, ai primi passi di nostra figlia, sia io che Edward ci eravamo letteralmente sciolti dalla gioia. Una mattina, verso fine Gennaio, mentre muoveva i suoi passettini incerti verso di me, Elizabeth, notando che non la stavo guardando intenta com’ero a leggere un libro, per attirare la mia attenzione si avvicinò a me e mi afferrò i jeans. Con voce lamentosa, senza preavviso, biascicò: < Maammaa > Al che, abbassando con circospezione il libro, l’avevo osservata sorpresa da dietro le pagine e la copertina. Lei tese le manine verso di me ed io la presi sulle ginocchia. Dato che rimasi imbambolata ad osservarla, emozionata e commossa dalla sua vocina trillante, lei mi accarezzò teneramente la guancia strusciandoci sopra il suo piccolo palmo caldo. Edward Era in piedi alla porta e ci fissava orgoglioso. Nostra figlia lo senti sospirare e si voltò. Vedendolo tese la mano verso di lui tenendosi con l’altra alla mia maglietta, nonostante le mie mani la stringessero saldamente a me. Quando lui si avvicinò, lei si sporse ulteriormente e disse < Pappà… > lasciando di stucco pure lui che, leggermente interdetto, s’inginocchiò davanti a noi per abbracciarci.

Con Elizabeth che cresceva sana e forte, vincendo tutte le mie paure, la nostra vita sembrava felice, nonostante fossi costretta a restare sempre nei dintorni della casa ed Edward non si fidasse a lasciare me e nostra figlia sole. La paura che succedesse qualcosa, che qualcuno ci trovasse era troppa… Oltretutto, malgrado i nostri sforzi, tutti i nostri tentativi di allargare la nostra famiglia non erano andati a buon fine. Ed Edward, preso da una crisi di presunta impotenza, cominciò a comportarsi poco da marito.

Esasperata dal disfattismo del mio sfiduciato e abbattuto sposo, una sera, circa un anno dopo il nostro secondo anniversario di nozze, afferrai il regalo che Emmett e Rose mi avevano fatto e, racimolando fino all’ultima goccia di coraggio che avevo, indossai… quella sottospecie di intimo.
La mia pelle morbida e calda si adattò subito a quella lingerie a dir poco audace.
Ero ancora umana… e la scelta era stata mia. La bambina aveva troppo bisogno di una madre che potesse starle vicino. Una vampira neonata ed assetata di sangue non avrebbe potuto prendersi abbastanza cura di lei. Forse questa era la scusa che mi davo per giustificare la mia titubanza… forse, ci tenevo davvero troppo ad avere altri bambini. Ma davvero volevo essere una buona madre per Elizabeth…
In fondo, ventuno anni non erano poi molti… nessuno avrebbe notato la differenza di età tra me ed Edward, soprattutto se, come diceva lui, avevo lo sguardo ancora da ragazzina. Se anche avessi rimandato di un altro anno, non sarebbe successo niente.

Mentre in bagno pensavo a queste cose e, cercando di fare silenzio e di non insospettire Edward, mi cambiavo e preparavo per riuscire a sedurlo, lui se ne stava sdraiato sul letto ascoltando i sogni di Elizabeth che dormiva beata nella stanza affianco alla nostra, abbracciata ad un enorme peluche, regalo di Emmett. Di sottofondo, aveva messo su un CD con una melodia molto bella, che aveva composto da poco. Cercando di essere audace e seducente nel portamento, uscii dal bagno avvolta nell’accappatoio. Lui fece per alzarsi e venire ad accogliermi quando io, di proposito, lasciai scivolare l’asciugamano lungo il mio corpo in maniera sensuale, o per lo meno mi auguro che sembrasse tale!

La scena, degna di un film vietato ai minori, prevedeva che mi avvicinassi a lui con fare intrigante. Riuscii a raggiungere il letto con lui immobilizzato dalla sorpresa. Appoggiando prima un ginocchio sul materasso e poi l’altro, mi inginocchiai sul letto. A pochi centimetri da lui, gli passai un dito sulle labbra, molto velocemente. Il mio seno intrappolato dal pizzo nero sfiorò il suo petto quando mi avvicinai per lambirgli il collo con le labbra. Dato che il gioco prevedeva che io mi ritirassi subito, cercai di allontanare la mano ma lui, improvvisamente, mi afferrò il polso impedendomi di muovermi. Un attimo dopo mi ritrovai sotto di lui. Sentivo il suo corpo sopra il mio, il calore bruciante ed eccitante dentro di me, su di me.
Sulla mia pelle, dove il mio corpo sfiorava il suo. Il suo ringhio basso copriva la musica. Senza smettere di baciarmi il collo ed il seno, alzò il volume fino a coprire i miei gemiti e poi cominciò ad accarezzarmi, peccaminoso. Il ritmo della musica si fece piuttosto incalzante e lui si lasciò prendere troppo la mano. Dalle carezze passò velocemente a gesti molto più provocatori e sensuali. Passionali.
Sì insomma, Edward alzò il volume e fece a brandelli la mia camicetta di seta, e poi tutto quel poco, ed imbarazzante, che avevo sotto…
Senza badare a quelle parole confuse, lasciai che la mia mente sprofondasse di nuovo nel dolce limbo dei sogni…
Pensai: “Obbiettivo raggiunto!” nel momento in cui i suoi vestiti presero il volo attraverso la stanza.

Far rilassare  Edward quando era così arrabbiato con se stesso non era cosa facile eppure, ci ero riuscita! Le sue mani che vagavano ovunque sul mio corpo ne erano una prova inconfutabile, così come il suo respiro nella mia bocca, sulla mia pelle…

La mattina dopo, ancora in semi incoscienza, sentii Edward socchiudere la porta e chiedere: < Alice? Perché sposti la tua stanza-armadio nella camera degli ospiti? >
Lei rispose sottovoce e trattenendo un risolino: < Avrete bisogno di spazio e questa è la camera più vicina alle vostre… >
Appena pochi attimi dopo, sentii le labbra di Edward, piegate in un dolce sorriso, sfiorarmi la guancia.

Io ovviamente non mi lamentai e dischiusi le mie, in cerca di un bacio più intimo.

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Capitolo 42
*** Il primo a saperlo ***


Ciao a tutte!!!!
Come va? Spero bene, o per lo meno benino... scuola permettendo. Per chi lavora, spero che vada tutto bene e a tutte dico quello che mi ripeto tutte le mattine per convincermi ad alzarmi: NATALEEEEEEEE
Visto che sono stata di parola?
Mercoledì Aggiornamento dissi e così è stato XD. (prossimo: venerdì o sabato, se Sabato lo farò dopo che avrò visto il film al cinema, quando sarò tornata XD Speriamo che non abbiano rovinato troppo TW!!!!!! Aiuto!!!)
Per quanto riguarda le analogie con Bella che qualcuno a tirato in ballo:

  • Sfortunata: direi che ci siamo
  • Asociale: direi che lo sono
  • Mi faccio sempre male: Direi che è vero…
  • Pallida: Assolutamente sì. Alle elementari mi dicevano giocando con il mio nome Erika cadavErica.           Non ci provate se non volete finire male.
  • Capelli lunghi castani: ok
  • altezza 1.68: anche io
  • peso 54: io due kg in più ma più o meno...
Ma bisogna anche aggiungere che:
  1. Posso senza ombra di dubbio affermare di non avere le belle gambe di Kristen Stewart (aggiungerei un bel purtroppo e un pianto a dirotto)
  2. Ma, cosa più grave: NON HO il mio EDWARD personale!!!!   NUOOOOOOOooooooooooooooooo    (il pianto disperato si perde nei meandri di internet… )

In pratica, di Bella ho solo i lati negativi. Tutto ciò per cui varrebbe la pena assomigliarle anche solo un pochino (nuvoletta di Fantozzi sulla testa inclusa) patendo tutte le sfighe di sta terra era LUI!!! Ed io non ho non dico LUI, ma neanche uno straccio di ragazzo! Che palle!!!!!

Ma a parte questo, direi che potrei lasciarvi al capitolo dicendovi grazie per le bellissime recensioni, abbracciando le 215 persone che hanno messo la storia tra i preferiti e anche tutte quelle non registrate che mi seguono comunque (San Marino non è poi così lontana! Anche se mi devi ancora spiegare un po’ di cose XD)
Un bacio enorme a tutte quante.
Vado a fare latino… e mi raccomando fatemi gli auguri domani per la versione di latino e Venerdì per quella di greco. Quasi quasi non vedo l’ora che arrivi la maturità, poi potrò dimenticarmi ste due cavolo di lingue!! (balletto di gioia sul dizionario)
Ciao e a presto

Un bacio a tutte!!!
PS: Doppio POV!!! Mi mancava intrufolarmi nella tesa di Edward XD

                                 Vostra Erika (e la sua nuvoletta portasfortuna XD)

Edward’s POV

< Perché non vuoi che glielo dica? >
< Edward, si ragionevole. Bisogna aspettare. Non possiamo sapere… Non si può MAI sapere. >
< Dici che qualche rischio che perda il bambino? >
< Su, non preoccuparti. Non sto dicendo questo. Solo, sai, all’inizio bisogna andare cauti… se poi succedesse qualcosa, ci starebbe molto male. Lascia passare il primo mese. Se passa senza intoppi, se ne accorgerà da sola. E sono certa che sarà felicissima. Lasciale la soddisfazione di non avere il ciclo e di sorprendersi! Dire al marito che si è incinta è la parte più bella… >
< Sì, e tu gliela hai rovinata. >
< In realtà, io non volevo dirti nulla. Sei tu che ti sei impicciata negli affari miei. >
< Senti, se ti metti a spostare specchi e armadi e vagonate di vestiti alle sette di mattina, permetterai che un fratello si chieda per lo meno cosa stia succedendo. Potevi non dirmi la verità. Rifilarmi una bugia. >
< See…Edward, tanto poi tu mi avresti letto nella mente… >
< E allora, perché non hai pensato ad una bugia? >
< Senti, potrò essere felice anche io? Anche io ero sorpresa… avevo appena visto il pancione… >
< Sì, sì… tanto alla fine riesci sempre ad avere ragione tu. >
< Ecco, bravo. Vedo che hai capito come gira. >
< Senti, appena vedi qualcosa di più sicuro, avvisami. Subito. >
< Sarai il primo a saperlo. >
< E il solo. Non voglio che tu lo dica agli altri tenendone Bella all’oscuro. >
< Non preoccuparti. Bocca cucita. > E fece segno di tapparsi le labbra. > Mi alzai dalla poltrona e le passai affianco. Con la mano le scompigliai i capelli e lei si divincolò, ridendo. Dopo esserci portata le ginocchia al petto, sussurrò: < A Carlisle lo dico però. Non si sa mai. Così comincia fin da subito, senza farsi notare, a prendersi cura di lei e della … “situazione”. >
< Già, questa volta sarà meglio che passi un buon inizio di gravidanza. > Lei annuii e poi si alzò in piedi con grazia, sparendo a passo di danza, su per le scale.
In casa c’eravamo solo noi due, Bella e la bambina. Mia moglie e mia figlia giocavano in giardino.

Io ed Emmett avevamo installato una piccola piscina che Elizabeth adorava. 
Da quando il sole aveva cominciato a scaldare le giornate, la mattina si presentava in camera nostra (mia e di Bella! Non di mia e di Emmett!!! Non pensiate male!), si intrufolava nel lettone e si sdraiava sulla mia pancia. Dopo avermi baciato le guance, mi sussurrava: 
< Picignaaaa > E poi tirava fuori il costume che teneva nascosto sotto la maglietta del pigiama.
Sapeva che io non dormivo ed invece Bella sì. Non voleva disturbarla e per questo assillava me. Si era accorta che lei e Bella erano diverse da noi altri. La cosa però non pareva turbarla. Anzi, sembrava divertirla il fatto che se sgattaiolava in cucina alle 3 di notte trovava tutto il resto della famiglia intento a svolgere le normalissime attività giornaliere. Più di una volta l’avevamo trovata addormentata, alla mattina, sulle ginocchia di Rose seduta in sala ed intenta a leggere un libro.
Elizabeth era una bambina molto intelligente, acuta. Capiva ed imparava estremamente velocemente. Le piaceva ascoltare gli altri parlare e rimaneva ferma per ore, seduta in ginocchio, ad osservare Jasper ed Alice giocare a scacchi. Adorava disegnare ed imbrattare tutto con le coloratissime matite che le aveva regalato Bella. Con orrore rassegnato di Esme, persino i muri. In cucina ci osservava cucinare, rubando pezzettini delle cose che le piacevano di più, ma solo se non c’era in giro sua madre. A differenza di quello che poteva sembrare a prima vista, Bella era molto severa. Dolce, ma determinata. La riempiva di attenzioni, cercava di proteggerla da tutto, certo, ma lo faceva in modo che non sembrasse che Elizabeth avesse il via libera per fare qualsiasi cosa. La sgridava (cosa che io non riuscivo a fare) e la rimproverava. Nonostante ciò, era lei che Elizabeth amava di più. Nostra figlia era legata alla madre e non si allontanava mai troppo da lei.  Se non la vedeva e non riusciva a trovarla, scoppiava a piangere, proprio come da piccola. Mia moglie voleva che non fosse viziata. Una lotta persa in partenza contro Esme, Alice, Rose ed Emmett. Io cercavo di essere un buon padre e di non viziarla ma non era facile. Essere la unica bambina in una casa abitata da sette vampiri immortali e una ragazza umana con uno spiccato senso di protezione per quella che era ancora la sua unica figlia. Nostra figlia…

I comportamenti della nostra bambina erano per me affascinanti, nonostante Bella li trovasse buffi.
Da quando c’era lei, mia moglie aveva ricominciato a ridere e sorridere. 
Rimaneva ore a giocare con Elizabeth a cui piaceva giocare con i pupazzi e con la casa delle bambole costruita da Emmett, prima ancora della sua nascita. Si divertiva moltissimo a raccogliere fiori o collezionare sassi colorati. Qualsiasi attività la tenesse occupata, la lasciava appena si accorgeva che avevo preso posto al piano. Se appena sentiva una nota, correva da me, tenendo Bella per mano.
Appena mi sedevo al pianoforte, mi saliva sulle ginocchia. Voleva sentire la musica, voleva suonarla. Le avevo insegnato alcune semplici melodie, guidandole le dita piccole e sottili sui tasti lisci e d’avorio. 
Lei andava orgogliosa delle sue piccole conquiste, pronta a suonare per chiunque fosse disposto ad ascoltarla. 
Spesso muoveva a caso le dita ma aveva buon orecchio. Diciamo che, come a tutti i bambini, le piaceva fare rumore. A differenza degli altri però, lei invece che con un giocattolo, esprimeva la propria creatività con
il mio (povero) pianoforte.
Nonostante avesse poco più di due anni ( due anni e cinque mesi ) parlava in modo abbastanza scorrevole e faceva lunghi discorsi sulle cose più disparate. Il suo argomento preferito erano i fiori. Li raccoglieva e ce li portava a far vedere, prima di sistemarli nei vasi che Alice disponeva per tutta la casa. Ci descriveva i colori, i profumi. 
I suoi sensi, più sviluppati del normale, le permettevano di cogliere particolari che sfuggivano agli altri umani. E con la sua voce gentile e divertente, ci esponeva le sue considerazioni.
Proprio mentre stavo prendendo in mano il suo ultimo disegno (io, Bella e lei per mano davanti a casa ) la sentii gridare. Mi precipitai in giardino e vidi Bella sollevare la bambina per poi farla ricadere in acqua. Stavano giocando.

< Bella, non fare sforzi… > Le dissi inginocchiandomi sul bordo della piscina. Insomma, non volevo rovinarle la sorpresa  ma non volevo neanche che compromettesse tutto solo perché ancora non sapeva. Ci tenevo, ci teneva troppo a questa gravidanza.
< Edward… non mi sto mica sforzando. Non so se hai notato quanto pesa… > Mi disse scettica stringendo la bambina al petto. Elizabeth le si aggrappò e le sfiorò il seno con la mano.
Voleva che Bella la allattasse.
Svezzarla era stato un problema. Bella le prese la manina e stringendola dolcemente se la tolse dal petto. A volte, alla fine cedeva. Carlisle, assumendo l’espressione seria da dottore, le aveva detto che alcuni bambini chiedono il seno fino addirittura a quattro anni. Al che Bella, sconvolta, aveva chiesto ad Esme di comprarle gli omogeneizzati più appetitosi per il palato di un bambino. Il suo seno era ancora una quarta e lei non ce la faceva più dato che la bambina aveva una bella serie di dentini.
< Lo so che è leggera ma… >
< Ma niente. Uffa che antipatico. > Si chinò a baciarle la fronte cercando di ignorarmi e poi sollevò lo sguardo. Mi sorrise e poi mi schizzò. Uscì dalla piscina e i miei occhi si fermarono sul suo… ehm… corpo mentre lei si asciugava. Elizabeth continuava a sguazzare nell’acqua alta poco più di un metro e mezzo. Cercai di spostarla nella parte in cui era più bassa ma lei si aggrappò alla mia mano. La tirai fuori dalla piscina e la avvolsi nell’asciugamano.

Quando mi voltai, Bella non c’era più.
Il suo profumo si perdeva in una scia che proseguiva fino a casa.
E lì la trovai. Si era messa un vestito leggero, a maniche lunghe. I capelli erano raccolti ed avvolti nell’asciugamano, per non bagnare di acqua il pavimento.

La vidi armeggiare con delle medicine e, con Elizabeth dimenticata tra le mie braccia, corsi da lei. Le bloccai la mano prima che se la portasse alla bocca. < Edward, si può sapere che cos’è che hai oggi? >
< Cosa stai facendo? > Le domandai e lei mi guardò prima male, e poi con sospetto.  < Cosa mi stai nascondendo? > < Niente. Alice ha visto che non ti sentirai molto bene. Non vorrei che fosse a causa di qualcosa che prenderai… > Lasciò che le sfilassi la pastiglia dalle dita senza dire niente, un po’ preoccupata dalle mie parole. Forse avrei dovuto inventare una bugia migliore…

< Niente di grave, si intende. Che cos’hai adesso? Perché prendi delle medicine? Senza neanche avvisarmi? > < Veramente, quella è una pastiglia di vitamine… me le ha date Carlisle questa mattina. >

Questa mattina? Ma ma ma… 
< Alice! >
Gridai lasciando Bella, sola e perplessa, nell’ingresso. Elizabeth era intenta a giocare con i bottoni della mia camicia.
< Alice! > < Che c’è Edward? > mi chiese mia sorella innocente socchiudendo la porta di camera sua. < Tu a Carlisle lo avevi già detto! >
< Uffa Edward. Te la prendi sempre troppo. > < Lo hai detto solo a lui, vero? > Dato il tono minaccioso della mia voce, Elizabeth sollevò il capo per osservarmi. < Sì, lo sa solo lui… E comunque, ha detto che mi crederà solo quando l’avrà visitata. Sai, in queste cose è proprio un dottore. >
< Ti conviene che sia così. E che nessun’altro lo sappia. > Annuì.
Per cercare di farsi perdonare, mi prese la mano e mi disse: < Guarda. > poi chiuse gli occhi. Ricordò ciò che aveva visto fino a pochi attimi prima. Bella, con un pancione enorme, davvero enorme, vagava per casa diretta in cucina. La visione non mostrava cosa stesse cercando ma sapevo che presto ci saremmo ritrovati pieni di meloni, come la volta scorsa.
< Vedi che alla fine ci siete riusciti? >
< Già… temevo che potesse essere davvero come… >
< Ma figurati. Quella era solo un’ipotesi. E nel caso, non sarebbe stato colpa tua. Comunque, nonostante ci sia voluto un po’, adesso è tutto a posto. > E poi mi sorrise, sporgendosi per prendere Elizabeth. < Pensi che dovremo riportare la stanza al piano di sotto? >
In quel momento sentimmo un tonfo e Bella gemere. Preoccupato, le gridai: < Bella?  Cos’è successo? > < Niente Edward! Ho sbattuto il ginocchio contro il tavolino! >
Io ed Alice ci fissammo e dicemmo in coro: < Sì, spostiamo la camera. >
Bella al piano di sotto mi chiese se potesse prendere le vitamine ed io scesi da lei velocemente. Accarezzandole la fronte le dissi: < Devi. >
Perplessa lasciò che le infilassi la pastiglia attraverso le labbra che poi baciai. 

Tre settimane dopo Bella, nervosa, aspettava il ritorno di Carlsile. Era andato con Esme a caccia ed era partito due giorni prima. Sarebbe arrivato a ore.
< Bella, posso sapere perché sei così arrabbiata? >
< Non sono arrabbiata. >
< Si che lo sei. >
< No! >
< Sì. >
< No, sono nervosa. È diverso. >
< E perché sei nervosa? > le domandai lambendole le guance con le labbra. Lei mi respinse e si prese il capo tra le mani. < Edward! Sono stufa di star qui! Voglio uscire! Voglio andare da qualche parte, incontrare gente nuova! Non ce la faccio più! >Interdetto, rimasi in silenzio e lasciai che lei si sfogasse. Mi riversò tutte le sue paure, le sue ansie. Mi disse che voleva uscire, che voleva viaggiare… che voleva essere libera…
Sapevo che soffriva per la situazione ma era troppo rischioso fare quello che voleva finché fosse stata ancora umana. Di solito inoltre, non voleva dare a vedere il suo disagio.
Alla fine, esausta dalla crisi di pianto, si rifugiò tra le mie braccia.

Sintomo numero uno: Sbalzi d’umore. Colpita ed affondata.

Jasper, ignaro, venne in mio aiuto e la calmò.
Lei alzò lo sguardo e con gli occhi arrossati mi sibilò: < Sei cattivo. È come se Jasper fosse una droga. Ogni volta che sono agitata gli chiedi di calmarmi così me ne sto buona. Come se fossi instabile. Come se lui fosse la mia droga. >
Le carezzai la guancia imbarazzato e le dissi: < No tesoro, non è così… io voglio solo che tu non stia male…se preferisci gli chiedo di non fa… > Ma non mi permise di terminare,
< Sei tu la mia droga. Non cercare di scaricare i tuoi doveri sugli altri. > E poi appoggiò le labbra alle mie.
Quando Carlisle arrivò, alcune ore dopo, lei era in salotto impaziente del suo ritorno. Gli corse incontro tutta agitata ignorandomi completamente. < Carlsile! Come è andata la caccia? > Gli chiese fin troppo interessata. Lui le rispose cortese. Andò a cambiarsi, nonostante i suoi abiti fossero immacolati, e poi la seguì in giardino, dove lei gli aveva 
chiesto di raggiungerlo.

Sapevo che non avrei dovuto, ma decisi di ascoltare cosa gli volesse dire. Se ne era accora? Erano in ritardo le sue… ehm, cose?
Nonostante fossero nel punto più distante della casa, io li sentivo. Solo che lei non lo sapeva. Pensava di essere abbastanza lontana… e che io non fossi intento ad origliare, s’intende.
< Carlisle… > < Dimmi Bella… > < Senti, ho un problema. > < Posso aiutarti? > < Beh, vedi, mi vergogno un po’ ma non saprei a chi altro chiedere. > < A me puoi chiedere tutto, lo sai. > < Sì… è solo che riguarda Edward. Vedi, nelle ultime settimane non ha più voluto… cioè, io non gliel’ho chiesto ma ogni volta che mi avvicino con chiare intenzioni, o per lo meno a me paiono tali,di fare… quello, lui sembra non accorgersene, non vedermi. Pensi che si sia stufato di me? L’ultima volta che lo abbiamo fatto è stato tre settimane fa. Ero stata io a prendere l’iniziativa e magari a lui non è piaciuto. Al momento mi sembrava abbastanza felice ma da lì in poi… insomma, ho usato tutti i regali di Emmett! Non so se mi capisci! E lui niente. Come se avessi addosso la tuta! Cioè, è dolce, gentile, tenero… però si ferma alle carezze. Il seno e il viso. Non si spinge oltre. Sono un po’ preoccupata. >

Ough… questa proprio non me la aspettavo. Cosa diavolo aveva capito? Cosa diamine avevo, o non avevo, fatto tanto da turbarla a questo modo?

< Bella, non credo che si sia stufato di te. Non lo ritengo proprio possibile. Forse, semplicemente, ha interpretato male i messaggi del tuo corpo, i segni che gli mandavi… > < Ma allora è proprio tonto. Ti assicuro che più esplicita di come ero l’altro ieri… >

Scioccato da quello che sentivo, che era totalmente diverso da ciò che mi aspettavo, mi preoccupai di averla ferita con il mio atteggiamento. È solo che ero troppo preso dalla storia della gravidanza. La mia attenzione era focalizzata su quello. Ogni sera, dopo che lei si era sdraiata al mio fianco, le poggiavo il capo tra i seni, sperando di udire la lieve eco del cuore del bambino… insomma, non avevo proprio pensato a… quello. Prima che però potessi pensare ad altro, Bella si sedette sull’erba. Lo vidi nei pensieri di Carlisle. si prese il capo tra le mani e cominciò a singhiozzare.
Lui le si sedette accanto e le massaggiò la spalla. < Che c’è? >
< Carlisle, potresti visitarmi, quando non c’è Edward? >
< Ma certo… cosa c’è? Stai male? > Le chiese preoccupato. Tramite i suoi pensieri mi chiese di non ascoltarli. Per lui la privacy era estremamente importante. Io non gli diedi retta e rimasi in ascolto.
< No… non credo. Solo, ho mal di testa e non riesco più a dormire di notte. Continuo a svegliarmi. I miei incubi stanno peggiorando. E credo che lo stress mi abbia bloccato il ciclo. Mi sento nervosa e tesa. >
Sussurrò in un singhiozzo smorzato. Lui le prese la mano e le disse di non preoccuparsi. Rimasero in giardino per un po’, finché Bella non si  fu calmata. L’indomani era prevista una battuta di caccia mia e di Emmett. Forse avremmo potuto anticiparla. Questo avrebbe permesso a Bella di stare in privato con Carlisle…

Quando tutti e due tornarono in casa, Esme sbucò dalla cucina e disse: < Ehm… Carlisle, credo di dover andare un attimo in città. Manca la pastina per Elizabeth, e anche il disinfettante è finito… >
< Non preoccuparti mamma, vado io. > Le dissi, cogliendo al volo l’occasione per lasciare a Bella la possibilità di stare sola. Lei mi guardò addolorata e quando si accorse che anche io la fissavo, distolse lo sguardo. Trattenne un singhiozzo. Carlisle mi fece però segno di andare. La salutai un bacio veloce sulle labbra ed andai. Quando fui in macchina, le sentii dire: < Visto? Mi evita. >

Confidando in Carlsile e nella sua capacità di rassicurare, misi in moto. Mi sarei fatto perdonare per il mio comportamento inscusabile. A Gibson le avrei preso qualcosa per tirarle su il morale e convincerla che si sbagliava, che l’amavo come e più di prima, se possibile.

 

Bella’s POV

 < Vieni Bella, non preoccuparti. >
Entrammo in camera mia. Elizabeth stava giocando con Alice in veranda. Edward se ne era appena andato… si era fiondato fuori casa alla prima occasione. Come se volesse evitarmi.
< Prego, sdraiati e mettiti a tuo agio. > Mi consigliò aprendo la sua valigetta nera.
Mi auscultò il cuore controllò i polmoni. Mi prese la pressione e poggiò il mio polso in prossimità del suo naso. Temo per sentire l’odore del mio sangue.
< Pare vada tutto bene… per lo meno fisicamente. > Mi disse conciliante. < Che altro ti senti? >
< Sono così stressata. Lo so che qui non faccio niente e credo sia per questo! Ho saltato l’ultimo ciclo e da settimane ho incubi terribili! Non riesco proprio a dormire. Sono sempre nervosa ed irritabile! Cacchio. Da un paio di mesi mi sento mancare l’aria e mi viene sempre mal di testa. >
< Senti, e se ti facessi una visita ginecologica. Così vediamo se ci sono anche delle cause fisiche e non solo psicologiche per il ciclo. > Arrossii ma annuii convinta. Magari se avessi preso qualche medicina sarebbe tornato tutto normale. Come quelle che prendevano la pillola per stabilizzare il ciclo o far migliorare i brufoli…
Mi chiese: < Altri sintomi? Mal di pancia? Difficoltà ad andare in bagno? > < Mh… no, a parte le occhiaia e l’ansia. Ieri mi è venuto un attacco di panico ma Jasper mi ha aiutata a controllarlo prima che se ne accorgesse Edward. > Lui annuii ed aspettò che mi spogliassi. Andò a lavarsi di nuovo le mani mentre io cercavo di sdraiarmi e di vincere l’imbarazzo.

Quando tornò le sue mani fredde mi accarezzarono la fronte. < Vedrai, non sarà niente. E con Edward, al massimo ci parlo io e vedo di capire cosa gli succede. > Inghiottii saliva ed annuii.
Lui cominciò a visitarmi. Le sue mani erano gelide e caute. Rimase chino su di me per un po’. Notando la mia agitazione mi chiese: < Vuoi che rimandiamo a dopo o magari che chiami Alice o Rose? Così magari ti fanno compagnia? > < No no. > Paradossalmente, in quel momento volevo Edward lì al mio fianco. Ma lui avrebbe voluto stare con me?
Dopo un po’ mi disse che potevo rivestirmi e tornò in bagno. Quando rientrò in camera, mi domandò: < Bella… >
< Sì? > Chiesi io preoccupata.
< Senti, quando hai avuto il tuo ultimo ciclo? > precisamente non ricordavo ma approssimativamente… < Un mese fa, direi. >
< Mh… > < C’è qualcosa che non va? > Chiesi e la mia voce mi tradì nel momento in cui tremò.
< No… non direi. Solo, sei incinta. >

Il mio cervello non registrò al primo colpo le sue parole.

< Come scusa? >
< Niente… stai benissimo… >
< Ah… oddio mi sembrava di aver capito che aspettavo un bambino. >
< Sì, infatti… sei incinta… quando si è incinta, si aspetta un bambino. > Mi disse lui scrutandomi con sospetto, come se si fosse accorto che ero scema.  Ma la mia mente era persa altrove.

Incinta… INCINTA? O mamma mia!

Altro che stress! Altro che incubi! Ero incinta!
Ecco perché non avevo le mestruazioni!
Ma no, non era possibile. Con tutte le volte che ci avevamo provato…Era da due anni che i nostri tentativi erano andati a vuoto! Però, se me lo diceva Carlisle…
Presa da un attimo di sorpresa, scoppiai a piangere. Gioia, commozione, paura…
Questo momento era così diverso da quello in cui avevo scoperto di aspettare Elizabeth, appoggiata allo specchio freddo, nella mia buia prigione sotterranea.
Al pensiero, mi venne ancora più da piangere. All’epoca ero sola, lontana… Adesso invece no, ero a casa…
Abbracciai Carlisle nonostante fossi abbastanza senza vestiti. Lui ricambiò l’abbraccio e mi strinse dolcemente. < Devo dirlo ad Edward! > Esclamai per poi rabbuiarmi. Mi accarezzò la guancia e mi disse: < Sono certo che vi chiarirete. Non preoccuparti. >
Mi lasciai cadere a braccia aperte sul letto. La schiena adagiata sulle lenzuola. Sorrisi poggiandomi le mani sul ventre piatto.

< Un bambino… > Chiusi gli occhi immaginandomi un’altra Elizabeth distruttrice in giro per casa e sentii caldo all’altezza del cuore. Carlisle mi carezzò la fronte e raccolse tutte le sue cose prima di lasciare la stanza. Poco dopo sentii la porta cigolare. Alzai la testa quel tanto che bastava per guardare e vidi Elizabeth che teneva la porta socchiusa e sbirciava nella stanza. I riccioli rossicci ondeggiavano leggeri sulle sue guance rosee che splendevano sulla sua pelle bianchissima.

< Posscio venire da te? >
Mi misi seduta e spalancai le braccia. < Ma certo tesoro. > Lei corse e saltò sul letto, accovacciandosi tra le mie braccia, facendosi piccola piccola.
< Cosa c’è? > Le domandai dondolandola. Lei chiuse gli occhi ed appoggiò il capo sul mio seno, rannicchiandosi in cerca di calore. < La giia Alice ha detto di lasciati sciola… di non darti fasciidio. Ma io volevo tare con te. Posscio? >
< Ma certo che puoi. Non ascoltare la zia. La mamma è sempre felice di stare con te. > La rassicurai baciandole la fronte scostandole i capelli. Lei annuii sorridendo e poi poggiò la sua manina piccola e calda sulla mia, poggiata sul mio grembo. Alzò lo sguardo per fissarmi dritto negli occhi. < Sei felice? > Mi domandò atona. Una strana luce negli occhi. Le carezzai la guancia e le dissi: < Sì. >
< Allora pechè piangi? >
Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano. Ormoni? Di certo non avrebbe capito…
< a volte, quando si è molto felici, viene da piangere… >
Lei mi guardò non molto convinta, scrollò le spalle e poi mi disse: < Mi manca papà. >
La strinsi a me poi dissi: < Torna presto. Ascoltiamo la tua canzone? >
Lei annuii senza notare la tristezza nella mia voce. Magari, sapendo del bambino, Edward si sarebbe sentito di nuovo coinvolto nella nostra relazione…

Schiacciai play ed Elizabeth sgattaiolò in camera sua. Tornò poco dopo con dei fogli e le sue matite preferite. Si sdraiò davanti alla sedia a dondolo su cui l’allattavo da neonata e cominciò a disegnare, ispirata dalla musica. Io, seduta a gambe incrociate sul letto, guardavo fuori dalla finestra, sperando di veder arrivare Edward. Di studiare non ne avevo proprio voglia. Quello stupido corso di laurea via internet poteva aspettare.
La mano scivolò involontaria sul mio ventre e sorrisi.

Elizabeth alzò lo sguardo e mi vide. Corse da me e mi baciò la guancia prima di tornare a disegnare. Mi sporsi e vidi che stava colorando un grosso cuore rosso.
Sotto c’eravamo io e lei abbracciate. Edward, che nei suoi disegni lei non colorava (proprio come non colorava nessun altro membro vampiro della nostra famiglia),  era vicino a noi sorridente.
Nonostante fosse molto stilizzato ed infantile, il disegno era estremamente eloquente.
< Mamma > < Sì? > < Ti voglio bene. >
< Anche io Liz, anche io. > Alla fine aveva vinto Emmett e spesso persino io la chiamavo così.
Tornai a guardare fuori dalla finestra,con il cuore che palpitava furiosamente.

Volevo Edward…
Volevo stare con mio marito e nostra figlia. La mano sulla pancia si strinse intorno alla maglietta.

…con i nostri figli…

 

 

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Capitolo 43
*** Di nuovo... ***


Ciao a tutte!!! Come ve la passate? Spero vada tutto bene!
Qui come al solito non ce la sia fa più a causa della scuola ma, come promesso, ho trovato il tempo per aggiornare.
La mano va molto meglio ma mi da ancora alcuni problemi, fortuna che avevo dei capitoli già scritti XD
Quindi, per il prossimo, direi che dovrei postare Mercoledì o giovedì. La storia si sbloccherà un pochino. Ho intenzione di darle una spintarella e farla procedere abbastanza velocemente. Questi ultimi due cap sono stati un preludio al… sì, finale. Questa volta per davvero devo dire che non manca molto. Come si suol dire? La calma prima della tempesta?
Ecco, la calma è direttamente proporzionale alla tempesta.
Alla fine del cap, che è per così dire in sospeso, sembrerà che potrebbe succedere una certa cosa… ma non preoccupatevi, non voglio fare la parodia di I-R o Dottor House o qualsivoglia dottore. (forse scrubs mi piacerebbe XD Lo adoravo!) Il pancione sta da Dio. Questo solo per rassicurare tutte.
Ora scusate ma corro a fare Seneca ed Inglese. Non credo che riuscirò ad arrivare a natale con le mie poche restanti funzioni celebrali ancora integre. Voglio il mio vampiro!!!!
Comunque, grazie a tutte voi che leggete, recensite ed apprezzate il mio lavoro. Almeno qualcosa che mi piace fare (scrivere) è apprezzato dagli altri e (a differenza di quanto affermi mia madre, vecchia arpia) non è tempo buttato. In fondo, lei che ne sa? Scrivere mi fa sentire bene e se riesce a migliorare il pomeriggio di qualcuno, tutto sarà fuorché tempo sprecato!
Un bacio a tutte!!!
Ci vediamo Mercoledì-Giovedì!!! (con un capitolo un po’ più bello di questo. Scusate ma davvero l’ho scritto sempre la sera tardi… sorry)

Vostra Erika-Cassandra (sul bordo di una crisi di nervi.
L’ultimo anno si sta facendo sentire XD)

(piccolo sclero sul film)
Alla fine non sono andata al cinema.
Troppi compiti, troppa gente, troppo tutto.
Ci andrò settimana che viene.
Su youtube però ho visto degli estratti in inglese e sinceramente sono restata sconcertata di quando (con accento molto azzardato) si cimentano in una prova di Italiano… Perché mai a Bella dovrebbe piacere cibo Italiano solo perché si chiama Bella? Emmett? Ci sei? Ce la fai? Sei connesso?
Prima di giudicare cmnq aspetterò di averlo visto nella versione italiana.
(fine dello sclero)

 Bella’s POV

 

< Uffa ma quanto ci mette? > Mi chiesi prendendo Elizabeth e mettendola sul lettone. Si era addormentata per terra mentre disegnava ascoltando il CD inciso da Edward.

Dato che lui tardava cercai di tenermi occupata mettendo un po’ a posto ma non c’era niente da sistemare dato che Esme ed Alice tenevano la casa come fosse uno specchio.
Mi limitai quindi ad aprire l’armadio e a cercare qualcosa che sembrasse vagamente attraente. Scelsi un vestito blu, lungo fino a poco sopra le ginocchia. Dopo essermi osservata e sistemata allo specchio sospirai. Non potevo reggere il confronto con la bellezza dei vampiri ma speravo che Edward si accontentasse…
Andai in cucina e mi mangiai una merendina. Esme mi guardò male. Diceva che non era cibo sano.
< Bella, senti, se hai voglia di cose dolci posso prepararti una torta. Non mangiare quelle schifezze. >
< Non sciono schifezze > Sussurrai a bocca piena, coprendola con la mano.

Involontariamente l’altra mia mano scivolò sul basso-ventre. Ero appoggiata al piano della cucina e fissavo il muro con gli occhi persi nel vuoto. Con la coda dell’occhio intravidi Esme fissarmi e subito mi resi conto di cosa avesse visto. Spostai velocemente la mano dal ventre ai capelli mentre il sangue fluiva veloce alle mie guance.

< Bella, Tesoro, stai bene? > Mi domandò avvicinandosi. Cercai di eludere il suo sguardo ma lei mi afferrò la mano e con l’altra mi obbligò a voltarmi verso di lei.

< Oddio! > Sussurrò mentre un’enorme sorriso le illuminava il volto.
< Ehm… > Ok, lo aveva capito ma aspettava che fossi io a dirglielo. Evidentemente prima non stava ascoltando. Nonostante i loro sensi ipersensibili, i vampiri della mia famiglia preferivano non origliare le conversazioni altrui. O per lo meno questo era quello che mi sembrava. Alice diceva che, per rispettare la privacy reciproca, cercavano di ignorarsi a vicenda quando si cercava di stare in tranquillità.
Esme continuava a guardarmi speranzosa mentre io me ne restavo zitta. < Ehm… > dissi cercando di schiarirmi la voce per rispondere al suo sorriso smagliante.

Racimolai la forza, la voce ed il coraggio e sussurrai: < Sono incinta. >
< Ahh!! Che bello! Come sono felice! > Disse emettendo gridolini gioiosi. Mi abbracciò stretta e mi baciò la guancia sinistra. Prendendomi le mani mi sorrise ed io feci lo stesso.
< Che bella notizia! Sono così contenta per te! E per Edward! Un altro bambino. è meraviglioso!!! >
Un secondo dopo mi accorsi che la mia mano era vuota e che quello che restava della mia merendina era misteriosamente svanito. 

Abbassai lo sguardo e mi accorsi del leggero ondeggiare della veletta della pattumiera.

< Esme? > Ma lei si era già messa ai fornelli.
< Cosa ti va di particolare? >
< Guarda che non ho ancora le voglie. Perché l’hai buttata? > Ed indicai i rimasugli del mio spuntino.
< Adesso farò sparire anche le altre, e vieterò ad Emmett di comprartele. Tieni presente che adesso devi controllare cosa mangi. Non puoi pensare di buttare giù tutte quelle schifezze. Non è solo della tua salute che stiamo parlando. >

Eccoci. Come sospettato, si ricominciava con la vecchia tiritera: “pensa al bambino”. Sospirai ed annuii, rassegnata. Era inutile combattere contro Esme. Alla fine vinceva sempre lei. In fondo, ero contenta come non mai. Ero disposta a seguire tutte le diete pre-maman a cui Esme mi avrebbe sottoposta. In fondo, dopo tanti tentavi…

< Ti va una merenda particolare? Magari potrei farti un budino oppure … >
< No, non preoccuparti. Prendo una mela. > Un secondo dopo mi porse il frutto, rosso e lucido. Tentatore.
Le mele erano alcuni dei frutti che crescevano in giardino. Rose oltre che le macchine sportive amava anche le piante. Il giardino lo curava lei insieme ad Alice.
Voltandomi verso Esme le bisbigliai: < Senti, non dire niente agli altri… vorrei aspettare di averlo detto  almeno ad Edward… >
< Ma certo. > mi mormorò avvicinatasi a me. Mi baciò la fronte ed aggiunse: < Non preoccuparti. Andrà tutto benissimo. Adesso a quanto sei? Insomma, non credo molto in là. Lo hai saputo adesso? >
< Eh? come? Oh, sì! L’ho appena capito… sì, sono appena all’inizio! Carlisle dice che dovrei essere alla terza settimana… secondo il calcolo. >
Si sistemò i capelli e sorrise. < Se vuoi andare a riposarti, vengo a chiamarti quando arriva Edward. >
< Riposarmi di che? Qui non faccio niente. > < Su su, non fare la scontrosa. >
< Uffa. > Sospirai trascinandomi fino in sala. Tentai di suonare qualcosa ma preferivo di gran lunga la musica di Edward. Quando suonavo io sembrava che dei gatti fossero in amore, o soffrissero le pene dell’inferno…
Alla fine, dopo aver guardato l’orologio una ventina di volte nell’arco di quindici minuti, sentii che Elizabeth si era svegliata. Scese le scale quasi di corsa e si buttò tra le mie braccia.

< Mamma! > Mi disse con le lacrime agli occhi mentre la sollevavo da terra e la stringevo a me.
< Cosa c’è? > < Mamma! Ho fatto un incubo… >
< Oh… ma non preoccuparti. Era solo un brutto sogno. Non devi avere paura. ci sono qui io. >

Dato che non smetteva di piangere, le chiesi: < Vuoi raccontarmelo? >
< Scì… > Singhiozzò appoggiata alla mia spalla. Mi sedetti sul divano e me la sistemai sulle ginocchia. Appoggiata a me si asciugò le lacrime. Le carezzai i capelli rossi e le sorrisi. I suoi occhi smeraldo splendevano.

< Avevo paura. ci eravamo persce… lontano,nei bochi. Papà non c’era e tu eri scitrana. E io piangevo pechè tu non mi sentivi. E poi cohevo e cohevo e tu parivi. Io ti chiamavo ma tu non c’ei più. Ed io eo scioa. E c’eva vento e tante foglie pe teaaa. > Poi cominciò a singhiozzare più forte. La cullai agitata io stessa dalle sue parole. Anche io avevo fatto un sogno come quello, molto tempo prima…

< Poi era tutto buio. E io non vedeo gniente… ma ero sottoteaa  e facea feddo. La pota ea chiuscia e nessciuno veniva da me. >

E poi continuò a descrivere la stanza in cui aveva sognato di trovarsi. Le mie mani tremavano mentre le carezzavo automaticamente i capelli. Esme, che era venuta da me per portarmi dei pezzetti di pera (anche Elizabeth doveva fare merenda), mi squadrò non capendo quale fosse il problema. Cercai di sorriderle e le dissi: < Sono solo sogni. Non è il caso di preoccuparsi. >
Quando se ne andò strinsi mia figlia a me e cercai di trattenere le lacrime.
Lei non aveva mai visto la mia prigione eppure l’aveva descritta molto bene. E quel sogno… era il mio stesso sogno.

Tremai al pensiero che anche lei avesse ereditato la mia stessa maledizione che allo stesso tempo era anche la mia benedizione. Se anche per lei i sogni fossero uno specchio per il futuro, significava forse che anche lei avrebbe potuto avere dei figli con i vampiri? Se fossero venuti a conoscenza della sua esistenza cosa sarebbe successo? Avrebbero cercato anche lei quando fosse stata pronta? Le avrebbero fatto del male?

Sapevo che non avremmo potuto proteggerla per sempre, tenerla nascosta all’infinito. Alice parlava già di mandarla a scuola a Gibson. Guardata a vista da uno dei suoi zii o nonni si intenda.

In fondo, aveva il diritto di crescere come una bambina normale. Non potevamo tenerla isolata dal mondo. Già adesso, guardando la televisione, mi chiedeva perché non andassimo al parco o perché non ci fossero altre persone oltre a noi. Gli unici estranei con cui aveva parlato erano i nonni, che erano tornati un paio di volte negli ultimi due anni, e Jake che era venuto a trovarmi circa dieci mesi prima. Di lui non aveva che un vago ricordo. A differenza di Charlie e Reneè con cui ci vedevamo via WebCam, lui lo sentivo solo per telefono…

Cercai di non pensarci e presi le manine di Elizabeth che continuava a singhiozzare. Le dissi: < Non preoccuparti amore. Era solo un brutto sogno. Qui sei al sicuro. E la mamma ti vuole bene, non ti lascerà mai. > Lei annuì e si nascose nel mio petto, poggiando il capo tra i miei seni. Smangiucchiò la pera e poco dopo scese dalle mie ginocchia. Prese le sue bambole e cominciò a giocare ai miei piedi. Fissandola, sentii gli occhi diventare pesanti. Decisa a riposarmi per appena qualche minuto, mi appoggiai allo schienale del divano ma dato che ero scomoda mi sdraiai. Non riuscivo a levarmi dalla testa i sui occhi umidi e le guance rigate di lacrime. Mi coprii il volto con il braccio.
Sebbene non volessi, alla fine mi resi conto di starmi addormentando. Non lottai neanche contro la stanchezza. Quando ormai ero praticamente addormentata sentii Elizabeth accoccolarsi tra le mie braccia. Ci addormentammo insieme, l’una tra le braccia dell’altra.
                                                                       

Mi girai su me stessa e mi accorsi che: 1) avrei dovuto schiacciare Elizabeth, 2) sarei come minimo dovuta cadere dal divano.
Ed invece ero comodamente adagiata sul mio letto.

Mi voltai ed il respiro dolce di Edward mi accarezzò il viso.

< Ti sei svegliata. > Mi sussurrò accarezzandomi le labbra con l’indice.
< Sei tornato. > Lui annuì e sorrise.
< Mi sei mancata. > A quelle parole arrossii e voltai il capo. Sentivo gli occhi pizzicare.
< Ehi, non piangere… >
< Non sto piangendo. >
< Senti, volevo dirti una cosa. > Oddio, cosa voleva dirmi?
< Anche io… > < Prima tu allora. > < No, prima tu. > < No, adesso mi hai incuriosita. > Mi disse giocherellando con il bordo del mio vestito, tenendo lo sguardo fisso sul mio seno.
Mi misi seduta e lo abbracciai. Cercai di tenerlo il più possibile stretto a me e poi gli sussurrai:
< Edward. Non andartene mai. >
Rimase immobile un attimo e poi mi accarezzala schiena. < Non me ne vado da nessuna parte. Io sarò sempre vicino a te. >
< Allora perché mi eviti? >
< Io non ti evito. Come potrei? Ti amo troppo. >
Chinai il capo ed abbassai gli occhi. Volevo credere alle sue parole.
Inghiottii a vuoto un paio di volte e poi sussurrai: 

< Edward, aspetto un bambino. >

Nell’attimo di silenzio che seguì le mie parole il mio cuore batté velocissimo.
Poi, senza preavviso, Edward mi baciò il collo. < Sei contento? >
Non mi rispose subito. Prima percorse per tre volte il profilo del mio viso con le labbra.
< Certo. Sono molto più che contento. > E poi mi accarezzò la pancia.
< Non mi sembri molto entusiasta della sorpresa. > Gli feci notare un po’ rassegnata. Che le mie paure fossero fondate, sebbene lui dicesse che non fosse così?
Fece una faccia colpevole e poi confessò: < Veramente io… Alice… >
Oddio. Traditore.
< TU LO SAPEVI!!! > Gli gridai scandalizzata.
< Dai amore, non prendertela. > si avvicinò per baciarmi ma io mi allontanai. < ODDIO, MA DA QUANTO LO SAI???? >
Fece una faccia strana e poi sussurrò: < Tre settimane. Alice mi ha avvisato la mattina dopo il nostro ultimo … ehm… tentativo. > Pareva piuttosto imbarazzato.
Io invece ero furiosa.

< Perché non me lo hai detto? > 

Mi sentivo tradita. Lui mi carezzò asciugandomi le lacrime e mi sussurrò: < Bella, né io né Alice potevamo sapere come sarebbe andata a finire. Sai quante volte ci sono degli aborti spontanei prima ancora che una ragazza si accorga di essere incinta? Volevamo aspettare che te ne accorgessi tu. Adesso te ne stai tranquilla per un po’ e lasci passare altri due mesetti così poi siamo davvero sicuri che vada tutto bene e che non ci siano problemi o… interruzioni... Vedrai che andrà tutto bene. Sarà tutto perfetto. >
Mi portai le mani al ventre e sibilai: < Questo bambino lo voglio. >
< Anche io… quindi, vedi di non agitarti per un po’. >
< Uffa che noia. Immagino che saranno otto mesi di raccomandazioni. > Lui sorrise baciandomi i capelli.< Scusa se sono apprensivo. è che sei così... fragile. la mia fragile umana. > E cominciò ad accarezzarmi e le sue mani non erano il ritratto della castità.
Pensierosa, gli chiesi: < Edward… ma a me, in questi anni, è successo quello che dicevi prima? Non mi sono neanche accorta di… > Non mi lasciò finire. < Non lo so. Alice non ha mai visto niente fino a tre settimane fa. Se hai avuto delle interruzioni che sono sfuggite anche al potere di Alice, questo non so dirtelo, anche se lo escluderei. > Poi mi abbracciò dicendomi:
< E così, saremo di nuovo genitori. Non vedevo l’ora di poter condividere con te la felicità che provavo. > E potei constatare nella sua voce tutta la gioia che io stessa provavo.  Quando sciolse l’abbraccio gli domandai: < E il regalo di cui parlavi? > Rise e mi fece sdraiare.
Mi intimò: < Chiudi gli occhi. >

Obbedii. Ad un certo punto sentii la pelle del volto venir sfiorata da qualcosa che mi faceva il solletico. Sorpresa, spalancai gli occhi. La prima cosa che attirò la mia attenzioni furono gli occhi scuri di Edward. Bellissimi.
Mi persi in quello sguardo finché lui non rise. < Il regalo. > Mi ricordò. E a quel punto lo vidi.

< Capelli? > Esclamai sorpresa.
< Parrucca. >
< Parrucca? >

< Sì, con questa, nessuno ti riconoscerà. Non vorrai mica restartene qui per sempre. Pensavo che potevamo farci un giretto da qualche parte… > Alzandomi di scatto lo abbracciai di slancio.
< Grazie. > Gli sussurrai felice e sorpresa.
< Credo che il rosso ti starà bene. Inoltre, con questo vestito che ti sta d’incanto… > E la sua mano s’infilò sotto la stoffa leggera. Quando mi sfiorò la biancheria arrossi e sussurrai: < Gli altri… >
< Sono usciti. Ed Elizabeth sta dormendo. > Non gli permisi di dire altro. Le mie braccia salde intorno al suo petto e le mie labbra avide sulle sue. Tre settimane erano state decisamente troppe.
Data la risposta del suo corpo, pensai che anche a lui facesse piacere. Mentre gli sfilavo i vestiti ( i miei erano già lontani) gli chiesi: < Perché non volevi fare l’amore con me? >
Rise e all’orecchio mi confidò: < Ero troppo sorpreso dalla notizia. Mi sembrava impossibile… ed inconsciamente credo temessi di poter farti male e compromettere la situazione. >
< Edward, non ci provare. Nove mesi casti io non ho nessuna intenzione di passarli! > E lui rise insieme a me mentre le sue dita mi accarezzavano la schiena scendendo dalle spalle sempre più verso il basso…
< Non preoccuparti. Sei troppo invitante. Speriamo che il tuo pancione non ci intralci troppo. Sarà davvero enorme. >
< Alice lo ha visto? > Lui annuì e poi aggiunse: < Molto grande ma probabilmente era il nono mese. >  
< Edward… > < Sì? > < Senti, non voglio sapere se è maschio o femmina. Voglio che sia una sorpresa. > < Va bene. Alice ancora non lo sa. Vedrò di fare attenzione. Quando lo saprà, le dirò di contenersi. >
< Uhm… ma è per questo che ha sgombrato il suo armadio-stanza? Per fare la cameretta? >
< Sì. > Rise lui prima di impedirmi di proseguire, impegnando le mie labbra in ben più gratificanti imprese. Il suo respiro era dolce e fresco come al solito. La carezza più dolce che la mia pelle potesse desiderare.

Finché fui ancora in grado di formulare una frase di senso compiuto ansimai: < Gli altri alla fine non ci sopporteranno più. Li costringiamo ad andarsene ogni due per tre. >

Rise seppellendo il volto tra il mio collo e la mia spalla.
< Bella, in questi ultimi… settanta anni me ne sono dovuto andare tante di quelle volte che, ti assicuro, sono tutti in debito con me di molte notti da passare nel bosco. Emmett e Rose soprattutto. Quindi non farti problemi. E poi, ne approfittano per andare a caccia. > Poi smise di parlare, troppo impegnato a giocherellare con il lobo del mio orecchio. Il suo corpo gelato poggiato delicatamente sul mio mi trasmetteva tremiti di freddo e di piacere, scombussolando tutto il mio sistema nervoso.
Quando, troppo presto, le sue braccia lasciarono il mio petto e lui si fu sdraiato al mio fianco, mugugnai un tentativo di protesta ma venni zittita da un bacio molto passionale.
Le sue dita si facevano strada tra i miei capelli mentre le sue labbra giocavano con le mie.
Mi fece scivolare il lenzuolo sul mio corpo nudo soffocando le mie flebili proteste con una carezza.
< Dormi… > mi cantilenò all’orecchio. Mi abbracciò ed io, assonnata, sussurrai: < Ho freddo. >
Rimase in silenzio per una frazione di secondo e mi preoccupai di averlo ferito. Mi strinsi di più a lui per fargli capire che lo volevo vicino ma lui, agile, si divincolò. Sparì ed un attimo dopo mi porse il pigiama. Sbadigliando, lo infilai ed il mio stomaco brontolò.
< Hai fame? Hai saltato la cena. Non mi sembra il > < Edward, mi sono stancata troppo. Non credo di aver la forza per tenere in mano nemmeno un cucchiaino. E poi, a merenda mi sono riempita di roba. Mangerò a colazione. > e poi mi nascosi sotto le lenzuola. Lui mi rimboccò le coperte e mi accorsi che adesso indossava dei pantaloncini.
Mannaggia.
Cominciò a cantare a bassa voce per aiutarmi ad addormentarmi e le note scivolavano leggere dalle sue labbra

Stavo praticamente dormendo quando sentii Edward sospirare. Pochi istanti dopo la porta cigolò ed Elizabeth, cercando di fare silenzio, s’intrufolò in camera nostra. Trascinava con sé l’enorme pupazzo che le aveva regalato Emmett (un orso di peluche più grande di lei).
< Pappà… posscio dormie con voi? > La mia attenzione venne richiamata dal tono della sua voce. Non aprii però gli occhi, rimanendo in ascolto. Edward, facendo attenzione a non svegliarmi, fece scivolare la mia testa dal suo braccio e poi si alzò velocissimo dal letto. La prese tra le braccia e fece per uscire ma lei si oppose. < Voio la mamma. >
< Mamma riposa. Lasciala dormire. >
< Non voio che mi lascii! > piagnucolò lei. Edward la rimise a terra e lei corse verso il letto, infilandosi sotto le coperte ed accoccolandosi contro il mio petto. La strinsi a me baciandole la fronte.
< Non me ne vado. Non ti lascio. > < Ho fatto un brutto sogno. > < Sht sht, non preoccuparti. Se dormi con noi vedrai che passa tutto. >

Non mi rispose, nascondendo la testa sotto il lenzuolo. Edward le poggiò il pupazzo vicino al mio cuscino e poi si sdraiò al nostro fianco, abbracciando entrambe.

All’orecchio mi sussurrò: < Non preoccuparti. > e poi posò entrambe le mani sul mio ventre.
Da quel giorno nostra figlia cominciò a fare strani sogni, ogni tanto. Avevamo cercato di tranquillizzarla ma non era semplice. Alla fine, dopo circa due mesi, i sogni cessarono.

Nel frattempo la mia pancia era leggeremnte cresciuta ed ora sembravo un po' ingrassata. Unico segno della gravidanza,  le  nausee continue.  Fortuna che Rose ed Emmett erano spesso fuori casa e non si erano accorti di nulla. Come noi, per sbrigare certe faccende non volevamo gente in giro, lo stesso valeva per loro, con la differenza che loro non potevano mandare via ME...  e quindi erano costretti a ricercarsi dei posticini tranquilli. Jasper  invece non si curava molto di quello che facevo.
Non perchè non mi volesse bene, a modo suo, ma perchè semplicemente non gli interessavano molto i comportamenti umani. 

Quando fui al terzo mese e mezzo decidemmo di dirlo anche agli altri. Secondo Carlisle, che mi aveva visitata di nuovo (dovetti reprimere l’imbarazzo. In fondo, se ne prospettavano altre di visite all’orizzonte) la fase decisiva e più critica era passata. Adesso si trattava solo di aspettare. Riunimmo tutti in sala ed Edward, con voce calma e pacata, tendendomi la mano e accarezzandomi il volto arrossato per l'imbarazzo, aveva informato Jasper, Rose ed Emmett.

Jasper diede una pacca sulla spalla ad Edward mentre Emmett, trattenendo una risata, mi sussurrò: < Sorellina, vedo che alla fine sei ricorsa ai mezzi che ti avevo consigliato. E tu, complimenti.
Certo che, fratellino mio, l’hai fatta proprio disperare. Secondo me non ti ci mettevi d’impegno. Certe cose o si fanno bene, o non si fanno. Povera Bella… chissà che noia avere te per marito. Devi mancare di fantasia… In certe cose bisogna essere creativi. Prendi me e Rose ad esmp… > 
Stava per aggiungere qualcos’altro ma Rose gli tirò un calcio alla gamba (a dire il vero, un po’ più in su) e un attimo dopo lui era piegato su se stesso, mugolante. Le mani intente a proteggere ciò che era già stato colpito.
< Grazie Rose. > le disse mio marito trattenendo un sorriso. Lei mostrò i suoi bellissimi denti splendenti in un sorriso mozzafiato e poi mi abbracciò.

< Speriamo che sia un maschietto questa volta, così fate uno e uno. >
Arrossii e poi sussurrai: < Non voglio saperlo. A me basta che sia sano. > a quelle parole Edward ed Alice si scambiarono uno sguardo. La mia mano corse al ventre ed io dissi: < Cosa c’è? io non voglio… > ma poi notai il velo di preoccupazione. Mi bloccai ed Alice mi confidò: < Sinceramente, Bella, non vedo proprio niente. Ma non preoccuparti. Sono certa che tra un po’ tutto mi apparirà. Tranquilla. Forse, sono eventi troppo lontani. Riesco a vederti con il pancione. E mi pare che tu sia circa al nono mese, date le dimensioni. Più il là di così non riesco ad andare. ma forse, basterà aspettare. > >

Inghiottii della saliva ed osservai tutti. Elizabeth giocava nella stanza accanto e la sentivo ridere. Emmett, che si era ricomposto, mi fissò e Jasper cercò di alleggerire l’atmosfera con il suo dono. Edward teso, non staccava gli occhi dal mio viso. Mi abbandonai al divano e sorrisi. Cercai di ironizzare:

< Beh… evidentemente, significa che deve essere una sorpresa per tutti. >
E mi diedi delle pacchette leggere, che assomigliavano più a carezze, sul ventre.
Edward non sorrise di rimando. Tenendo la mia mano stretta nella sua, mi sussurrò: < Andrà tutto bene. >
< Io ne sono convinta. Me lo sento. > Gli risposi decisa. < E poi, i miei due dottori preferiti controlleranno che vada tutto per il meglio. >
E poi mi sporsi cercando le sue labbra, all’inizio esitanti ma poi sempre più coinvolte nel bacio.
A mio avviso non era necessario preoccuparsi. 
In fondo, non era la prima volta che Alice aveva qualche difficoltà a visualizzare eventi futuri…

Ero certa che tutto sarebbe andato a posto. Bastava solo aspettare un pochino.

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Capitolo 44
*** Ambo ***


Ciao a tutte!!!

Allora… sono andata a vedere Twilight…
Beh… ho riso dall’inizio alla fine!!!
Mamma mia, potevano cercare di fare qualcosina di meglio!
Lei è brava, lui insomma, all’inizio non sapeva recitare ma migliora con il film (forseè un effetto voluto? Boh XD)
Quando lui le dice: “Sono fatto per uccidere” io ho esclamato: “No, tu sei fatto e basta!!!!” al che siamo scoppiati tutti a ridere XD
E insomma, per tutto il film non ho fatto altro che ridere. Se non sapessi a memoria il libro, credo che non avrei capito un benemerito XXXXX (autocensura XD)
Comunque, alla fine, non è stato tanto male. mi riservo di vederlo un’altra volta prima di esprimermi...
 

Passando ad altro…

Stavo per scrivere che la scuola mi sta uccidendo a furia di compiti ma poi mi sono immediatamente vergognata di questo pensiero…

Dicono che di scuola non è mai morto nessuno.
Credo che queste persone dovrebbero ricredersi.
Volevo solo esprimere il mio dolore per il ragazzo di Torino, morto per l’incuria di alcuni, l’indifferenza di molti.
Morire a 17 anni, per dei lavori di ristrutturazione fatti male poi è troppo, troppo ingiusto.

Questo fatto mi ha colpito molto. Oggi, a Milano, c’era una manifestazione in suo ricordo. Per molti motivi (fra cui alcuni scolastici) non sono potuta andare ma ci tenevo a ricordare Vito (che si chiamava come il mio papà) almeno su queste pagine che sono specchio dei miei sentimenti…
Con la speranza che la morte di questo ragazzo sia l’ultima di una lunga serie, ho sentito il bisogno di scrivere queste due righe come memento a me stessa della fortuna che ho ad andare a scuola in un edificio sicuro (la scuola di Milano allagata 4 anni fa. Ristrutturata completamente per una spesa folle. Era inagibile a causa della stupidità di alcuni ragazzini viziati, non abituati a sentirsi rimproverare…)

Perché il dolore della perdita di una persona amata è atroce, lacerante…
…Ti annulla, ti annichilisce, ti sfianca, ti distrugge, ti fa perdere concezione del tempo, della realtà, della vita stessa…
…Ti toglie il respiro, ti toglie l’anima…
Il dolore della perdita è troppo, troppo insopportabile…

Perché la morte è atroce, crudele…

Perché è vero, la morte esiste ma è tanto, tanto ingiusta… soprattutto quando si porta via un ragazzo che non aveva avuto neanche il tempo di assaporare nient’altro che un assaggio di tutto ciò che è il mondo.
E tutto questo per colpa dell’incuria, dell’indifferenza e della superficialità di chi dovrebbe accertarsi che noi, ragazze e ragazzi che ogni giorno passano a scuola gran parte della giornata, siamo al sicuro.
Ed invece Vito è morto e un altro ragazzo forse resterà paralizzato.
I compagni di classe feriti…
Non credo che una cosa simile sia accettabile, da nessuna parte.
Men che meno qui, in Italia, dove ci reputiamo uno stato civile…
 

Scusate se questi miei pensieri non riguardano minimamente la mia storia, ma non potevo proprio trattenermi, facendo finta di niente riguardo un fatto così grave e così atroce.
Con un abbraccio rivolto a Vito e alla sua famiglia, nonché a tutti gli altri ragazzi rimasti coinvolti in quello che a stento riesco chiamare incidente, vi lascio a questo capitolo, limitandomi ad un pensiero di vicinanza alla famiglia.

 
Erika

             

Per quanto riguarda questo capitolo, spero che vi piaccia…
Un bacio a tutte quante, corro a studiare che ho talmente tante verifiche che non so proprio come farò…
PS: grazie a tutte per i vostri commenti!!!
 

Bella’s POV

< Elizabeth… >
< No. >
< Elizabeth, non fare così. >
< No. >
< Lascia la gamba di tua madre. >
< No. >
< Dai Edward, non fare così. Siamo in larghissimo anticipo. Restiamo qui ancora un po’. >
< Bella, preferisco arrivare in anticipo piuttosto che in ritardo. >
< Uffa, che noioso. Liz, lasciami andare altrimenti papà si arrabbia. >
< No. >
Dato che si era aggrappata alla mia gamba non mi permetteva di muovermi. Gentilmente cercai di sciogliere la sua presa ferrea ma questo fece sì che lei si stringesse di più al mio ginocchio.
Edward si mise in ginocchio davanti a lei e le carezzò una guancia.
< Per favore piccola, lascia andare la mamma. >
< No. >
< Ti prego… più tardi partiamo, più tardi torniamo a casa. Se ci lasci andare adesso, torniamo prima. >

Elizabeth represse le lacrime e tirò su con il naso. < Non andare, mamma. >

Mi chinai per rassicurarla ma lei mi buttò le braccia al collo e cominciò a piangere. Nella foga del momento mi tirò i capelli e la parrucca si spostò, lasciando intravede la retina che mi nascondeva i capelli veri. Edward sospirò ed Alice sbuffò. Ci aveva messo venti minuti a sistemarmi in modo che sembrassero i miei capelli naturali. Mi rimise la parrucca a posto e poi cercò di prendere Elizabeth. Io baciai mia figlia sulla fronte e gliela passai ma lei pianse ancora più forte. Il volto rosso e gli occhi gonfi. Tendeva le mani verso di me senza riuscire neanche a parlare.
Edward le baciò la guancia, poi mi prese la mano e mi accompagnò fuori. Carlisle ci aspettava in macchina insieme ad Esme. Sarebbero venuti con noi. Non volevano correre il rischio che rimanessi sola neanche un minuto. E ad essere sincera, neanche io.

Arrivati davanti alla macchina inspirai profondamente. Edward mi strinse a sé e mi sussurrò: < Tranquilla. Non succederà niente. Non avere paura. >
< Non ho paura… solo, è così strano. > Era la prima volta che lasciavo la casa per andare in un luogo dove c’erano altre persone. Era la prima volta che tornavo nel mondo reale e questo mi spaventava. Da tre anni e tre mesi vivevo nella casa nel bosco, lontano da tutto e da tutti. Protetta dal mondo esterno.
Mi accorsi di tremare leggermente.
< Sta tranquilla. Ti proteggerò io. Nessuno ti … farà del male. >
All’ultimo cambiò la frase. Inizialmente voleva dire: “nessuno ti porterà via.”

Il ricordo dell’ultima volta che ero salita su una macchina per svolgere una commissione era troppo vivido in me. Edward strinse le mie mani tra le sue e fermò il tremore. Anestetizzò i miei sentimenti  con un bacio a fior di labbra e poi mi aiutò ad entrare in auto. Mi sedetti vicino ad Esme, ed Edward si sedette al mio fianco. Il seggiolino di Elizabeth era stato sistemato davanti. Eravamo andati al fiume o a fare dei giri nei dintorni ultimamente ed Edward lo aveva comprato per evitare che Liz si facesse male. Questo perché quando eravamo andati a fare la prima “gita” faceva freddo. Edward mi teneva sulla schiena mentre Elizabeth era tra le sue braccia. Aveva corso nel vento come una scheggia. Noi però ci eravamo prese entrambe un raffreddore ed io ed Edward, sebbene Elizabeth volesse correre ancora, avevamo quindi optato per la macchina. Carlisle fece per mettere in moto ma si fermò prima di aver ruotato la chiave nella quadrante.

sibilò Edward. Lo guardai curiosa e lui aprì la portiera prendendo Elizabeth tra le braccia.
< Scusa Edward ma davvero non riesco a tenerla con me. È troppo agitata. Non si è mai allontanata da Bella, tranne quella volta. E quella volta non ha fatto altro che piangere. Ho visto che questa volta sarà peggio! Ci ho provato ma non credo che io e Jasper riusciremmo a calmarla. E stare senza di lei e di te le fa paura. >
< Va bene, va bene. Visto qualcosa di interessante, nel momento in cui hai deciso di non fare la baby-sitter? >
< Solo che andrà tutto bene. > Disse con un sorriso a cui Edward rispose in egual modo.
< Allora, piccola frignona viziata? Contenta? > Chiese lui ad Elizabeth prima di farla scivolare sulle mie ginocchia. La bambina si aggrappò al mio collo. Smise di piangere e guardò suo padre.

Edward le sorrise rassegnato ed io ridacchiai.  
< Liz, guarda che però andiamo in un posto nuovo, dove c’è tanta gente… >
< Come nei film? >
< Sì… esatto. > le risposi facendo finta di essere tranquilla. A quel punto però si intromise Edward che le sussurrò: < Amore, mi raccomando, non dire cose strane. Le altre persone non capirebbero. Non dire dove abitiamo e tutte le cose che succedono a casa nostra… >

Lei annuì decisa asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.

< Dai, piagnona, vieni qui. > e la prese tra le braccia, stringendola a sé. Poi la passò a Carlisle che la sistemò sul seggiolino. Lei si voltò e tese le manine verso di me. Socchiuse le labbra ma Edward le impedì di parlare. < Zitta. Non ci provare neanche. Tu stai lì e dovresti ringraziare che ti portiamo con noi. >
Lei chiuse immediatamente la bocca e mi guardò colpita dal tono.
Mi sporsi verso di lei e le sistemai i capelli rossi dietro l’orecchio. < Su, non fare così, Edward. In fondo, siamo una famiglia. Dobbiamo essere uniti. E tu, Liz, ascolta il papà. > Lei si rimise seduta educata e Carlisle le sistemò le cinture, assicurando il seggiolino al sedile.

Finalmente, partimmo. Poco dopo Liz, cullata dal movimento continuo e regolare del motore e dalla musica dolce che Carlisle aveva fatto partire poco prima, si addormentò.
Io passai tutto il viaggio a massaggiarmi la pancia, accarezzata da Edward che cercava di tranquillizzarmi. Arrivata al quarto mese, Edward aveva insistito perché andassi a fare l’ecografia.
Se con Elizabeth, per vari motivi, non ne avevo fatte, questa volta era necessario. Alice non vedeva niente e Carlisle da delle visite ginecologiche non poteva sapere più di tanto.
Ultimamente, aveva cominciato a lavorare nell’ospedale di Gibson. Mi aveva prelevato del sangue e fatto gli esami. Tutto andava bene. Per l’ecografia però dovevo per forza spostarmi.

Arrivati a destinazione, Esme prese Elizabeth in braccio e Carlisle ci fece strada nell’ospedale.
Ovviamente eravamo in anticipo. La guida di Carlisle era stata morbida ma la velocità sempre sostenuta.
Passando davanti ad uno specchio mi sistemai i capelli. Temevo che potessero riconoscermi.
< Non preoccuparti, sei perfetta. E nessuno potrebbe ricollegarti a Bella Swan. >

Sulla carta d’identità falsa c’era scritto: “Isabel Masen”
Anche Carlisle mi rassicurò e poi mi fece accomodare. Parlò con la ginecologa che mi invitò ad entrare nello studio. Elizabeth dormiva ancora tra le braccia di Esme.
Sdraiata sul lettino, attesi. Edward era ancora più teso di me.
La dottoressa, gentile e simpatica, mi visitò accuratamente insieme a Carlisle. Quando mi passò il gel freddo sulla pancia mi fece il solletico. Trattenni il fiato aspettando che si formasse l’immagine sullo schermo.

E poi vidi quella macchia scura che si muoveva dentro di me. 

Sorrisi stringendo la mano di Edward che fissava lo schermo, attonito. Alzò lentamente lo sguardo per
incontrare quello di Carlisle. si scambiarono un’occhiata di intesa e Carlisle sillabò: “te lo avevo detto”
Si fissarono per alcuni istanti mentre la dottoressa cercava di interpretare l’immagine.
Mi si gelò il sangue nelle vene.
< Edward? > Sussurrai in un filo di voce. Lui si voltò di scatto e mi sorrise, accarezzandomi la fronte.

La dottoressa guardò Carlisle che le annuì e che si rivolse a me: < Beh, Bella… congratulazioni. > Lo fissai senza capire bene a cosa mirasse ma poi Edward, con voce emozionata, aggiunse: < Aspetti due gemelli. >

La dottoressa gli sorrise e disse: < Tuo fratello deve essere fiero di te. Sono certa che sarai un bravo dottore proprio come Carlisle. I tuoi professori saranno molto contenti. Uno sguardo e hai capito subito. >
Ah già… la versione ufficiale adesso prevedeva che Edward, che avrebbe dovuto studiare medicina all’università, fosse il “fratellino” di Carlisle e che io fossi la sua fidanzata.
Mi portai le mani alla bocca nel momento in cui le parole di mio marito assunsero significato.

Due gemelli!

La giovane donna si rivolse a me e mi disse gentile: < Non piangere, cara, non preoccuparti. >
Stavo piangendo?
Oddio, ero talmente frastornata che non riuscivo neanche a capire cosa stessi facendo.

Cercai Edward e lo trovai. Mi asciugò la pancia e mi aiutò a rimettermi seduta, dopodichè mi abbracciò stretta.
< Ehi… non fare così. > Mi sussurrò mentre mi cullava.
< Scusa, sono così sorpresa! Due gemellini! >
< O Gemelline… >
Lo guardai male.
< Edward, non dirm… >
< O magari un maschietto e una femminuccia… Non ho guardato. Contenta? >
Sorpresa, esclamai: < Oh, ma se tu vuoi saperlo, a me non da fastidio. Cioè, l’importante è che tu non me lo dica. >
< Sono molto paziente. Pensavo lo sapessi. Aspetteremo insieme. > E poi mi ammiccò complice e poi mi risistemò la maglietta.
La dottoressa e Carlisle parlarono per un po’ dopo che io ed Edward ci fummo congedati.

Mi sedetti nella sala d’aspetto e poggiai le mani sul grembo.

< Edward! Due bambini! >  Esclamai ad un certo punto, rompendo il silenzio. Lui mi abbracciava e le sue mani gelate erano posate delicatamente sulle mie.

Mi fissò e sorrise. Stavo cominciando ad elaborare il piacevole shock.
Ero intontita dalla notizia, felicissima.
Solo adesso stavo cominciando a rendermi conto di cosa significasse.
< Due… e tu che dicevi che eri incapace… >

Edward rise ed Esme, che teneva la bambina addormentata in braccio chiese: < Due gemellini? >

Io ed Edward annuimmo in contemporanea e lei rimase in silenzio per qualche istante, interdetta. Poi il suo volto si aprì in un ampio sorriso e disse: < Congratulazioni! Sarete felicissimi. Sono così felice per voi! Non sono cose che capitano tutti i giorni! Due bambini… Allora era vero! È fantastico! Ma dovremo preparare un’altra stanza. Che dici Edward? Secondo te riusciamo a spostare la biblioteca in una delle stanze degli ospiti e fare lì la cameretta dell’altro bambino? È la più vicina al vecchio camerino di Alice, praticamente di fronte a camera vostra. >
< Esme, non preoccuparti. Finché saranno piccoli, potranno stare insieme nella cameretta che state preparando… ci penseremo più avanti. >
< Come sarebbe a dire “era vero?” > Esclamai sorpresa. Cosa cavolo avevano tramato alle mie spalle?
< Io e Carlisle, avevamo sentito un’eco nel battito del feto. Non eravamo certi che fossero due ma era probabile. Prima di dirtelo però. volevamo esserne sicuri… poteva essere una malformazione… >
< Come al solito sapete tutto prima della sottoscritta. Dovrebbe essere il contrario! > Esclamai fingendo di essere offesa. Edward intuì facilmente le mie vere emozioni e si sporse per baciarmi. Le sue mani fisse sulla pancia, a pochi centimetri dalle mie.

Elizabeth, svegliata dal nostro parlare, alzò la testa dalla spalla di Esme e ci guardò. Si stropicciò gli occhi e scese dalle ginocchia della nonna per venire verso di noi. Edward la prese in braccio e poi le disse: < Ti va qualcosa da mangiare? > < Shiii > Sbadigliò lei. < Chiediamo alla mamma se viene con noi? > < Shi! > Lui si voltò e rise del mio sguardo indispettito.
Mi chiese ironico: < Bella, vieni al bar con noi? >
< Mah… non saprei… > Feci io ridendo ed alzandomi. < Esme, resti ad aspettare Carlisle? > < Sì, vi raggiungiamo al bar. > < Va bene. >
Salutai mia suocera con un bacio sulla guancia e un suo forte abbraccio. Poi, per mano con Edward, che teneva Elizabeth su un braccio, andai a mangiare.
Io e la bambina ci prendemmo una cioccolata calda con la panna. Elizabeth fece un gran casino sporcando dappertutto. Era intensissima ad osservare le persone che passavano, tanto da ignorare o quasi la cioccolata che di solito adorava.
Quando la cameriera le chiese se volesse della torta, lei arrossì furiosamente e si nascose in braccio a suo padre.
La signorina lo chiese a noi, divertita dal comportamento della bambina.
< Sì grazie… > Le disse Edward, incantandola con il suo sorriso.

Quando finimmo di fare colazione, dopo che ci ebbero raggiunto Esme e Carlsile, tornammo all’auto. Dopo tanto tempo lontano dal mondo, tutto mi pareva nuovo, diverso.
Mi piaceva, nonostante mi facesse un po’ paura. stretta ad Edward, proposi: < Esme, non è che tu e Carlisle portereste la bambina al parco o da qualche parte? Così magari io ed Edward facciamo un giro… >
< Ma certo. > Fece lei, consapevole di quanto la libertà mi fosse mancata.
Convincere Elizabeth a separarsi da noi non fu così difficile come temevo. Era attratta dalle insegne e dalle vetrine dei negozi. Incantata dalle persone che passavano.
Ci salutammo dandoci appuntamento all’auto, tre ore più tardi.
Io ed Edward facemmo dei giretti senza una meta precisa.
Ad un certo punto, mentre eravamo seduti su una panchina, sul lungomare, mi porse il cellulare.

< Allora, lo diciamo a mamma e papà? >

< Oddio… e come faccio a dirglielo? >
< Mh, vediamo… potresti iniziare con un saluto, breve però… e poi arrivare subito al dunque, qualcosa tipo: Ciao mamma, come stai? Ah, volevo dirti una cosa: sai che dopo innumerevoli tentativi e dopo aver sedotto quell’incapace di mio marito per non so quante volte in due anni, alla fine sono riuscita a rimanere incinta? Sono due gemellini! Non è magnifico? > Fece lui imitando il mio tono di voce per prendermi in giro. Voleva farmi arrabbiare.
Diceva che ero bellissima e molto, molto attraente quando mi arrabbiavo con lui.

Eccitante.

Solo, non era il luogo adatto. Mi ripromisi di infuriarmi con lui dopo… a casa.
Allora cercai di rispondere in un modo sensato, nonostante le sue labbra sul mio collo facessero di tutto per mandare in tilt il mio cervello.
< See, come no. Così le viene un infarto sul momento… >
Lui rise e mi baciò sulla guancia. < A parte gli scherzi, dovrai dirglielo. >
< Mh… quando è prevista la loro prossima visita? >
< Beh, fra tre mesi. Vuoi che ti vedano al settimo mese senza neanche averli avvisati? >
< No, hai ragione… dai, dammi il telefono. > Dissi rassegnata. Mi faceva paura l’idea di dirlo a mia madre. Alla fine però fu tutto molto più semplice di quanto pensassi. Mia madre fu entusiasta della notizia, soprattutto dopo aver saputo che il futuro prevedeva non una, ma due culle, ed insistette per anticipare la sua visita. Alla fine però Edward riuscì a convincerla che era meglio attenersi al piano originale. Si fece però promettere che avrei fatto una foto al pancione almeno una volta alla settimana, per documentare la crescita della pancia. E che ovviamente poi gliele avrei spedite…

Dirlo a Charlie fu più difficile. Disse di essere felicissimo ma, lo conoscevo bene, sapevo che la cosa non lo entusiasmava. Secondo lui ero troppo giovane. Ebbe però il buon gusto di non dirmelo. Non volle rovinare la mia gioia e cercò di mostrarsi felice.

< Bells, so che lo desideravi tanto… certo che due gemelli sono un bella responsabilità. C’è già Liz che sicuramente vi impegna molto. Sicura di riuscire a farcela? > < Papà… certo che ce la faremo. E poi, tutti ci daranno una mano. > < beh, so che è quello che vuoi… ed è giusto che tu sia felice… > Mi disse prima che ci salutassimo, entrambi con molto affetto. Gli mancavo almeno, e forse di più, quanto non mi mancava lui. Comunque lo avrei risentito presto. Questa era stata una chiamata imprevista. Avrei comunque dovuto telefonargli sabato. Erano i patti… chiusi la conversazione e notai la scritta sul display.
Era stata una chiamata di 15 minuti.
Breve, rispetto a quella con mia madre.
37 minuti.

Edward aveva cominciato a dire che i cellulari fanno male se usati troppo ed io a ribattere che era stato lui ad insistere sul telefonare ai miei, quando l’occhio mi cadde su un negozio di intimo.
< Edward, mi presti dei soldi? >
< Ehi, mi stavi ascoltando?E poi, io non ti devo prestare proprio niente. I miei soldi sono tuoi… >
E mi passò una carta di credito luccicante.
Lo trascinai dentro il negozio e lui, impacciato, si bloccò a metà strada. < Su, non fare il bambino. Sei grande e vaccinato. Mi aiuti a scegliere qualcosa per Rose… qualcosa che faccia imbarazzare Emmett ma che a lei piaccia? >
Sospirò tranquillizzato e mi accompagnò in cerca di qualcosa di adatto. Una vendetta piena di gratitudine per il mio fratellone impiccione.

Io volevo comprare il frustino in pelle e un completo molto… erotico, ma alla fine Edward mi costrinse a prendere qualcosa di meno drastico. 
Sciocco moralista della prima guerra mondiale…

E pensare che, checché ne dicesse Emmett, Edward era un tipo molto fantasioso in certe attività…

Per noi, anzi per me, comprammo cose semplici ma, soprattutto, adatte ad una donna incinta. A partire da reggiseni nuovi col la clip davanti (nonostante avessi ancora quelli che avevo usato per allattare Elizabeth) per arrivare a pigiami e camice da notte nuove, un completino da notte dolcissimo per Liz e per me ( erano camice da notte e pigiama con lo stesso disegno) e naturalmente abiti larghi, adatti al pancione di una donna che aspetta due bambini. Pagai e mi venne la nausea quando vidi il costo. Edward sbuffò e mi sibilò: < Soldi miei. >
< Avevi detto che erano anche miei. > ribattei io ritirando la carta.
< Sì, ma se c’è una cosa di cui non devi preoccuparti, è questa. Non finiremo sul lastrico per colpa della brasiliana che ti sei comprata cercando di non farmela vedere. Ah, tra l’altro, non vedo l’ora di vedertela addosso. Starebbe benissimo con quella canottierina di seta tutta svolazzi… o magari quel corpetto… anche se è meglio che tu non stringa il ventre. > Gli tirai un calcio sullo stinco ma fui l’unica a farsi male… che mondo ingiusto.
Alla fine naturalmente portò tutti i pacchi lui.
Arrivati alla macchina, trovammo Elizabeth ad aspettarci, intenta a giocare con un pupazzo nuovo. Regalo, di certo, dei nonni.

< Pappà!!! Mammi! Vi piasce? L’ho celto io!!! > E ce lo mostrò.

Esme si strinse nelle spalle mentre Carlisle nascose la risata in un colpo di tosse.
Tra le mani, Liz teneva un pupazzo altro circa 20 cm rappresentante un vampirotto con i canini appuntiti e un sorriso simpatico. Il mantello con il colletto era morbido e liscio, proprio come il resto del Peluche. Sembrava la parodia di Dracula.
Era troppo simpatico. Sull’etichetta c’era scritto: “Ho voglia di te.” E poi il nome della collana di Peluches, nonché la marca e le indicazioni per lavarlo. Edward la staccò e se la infilò in tasca. Mi sussurrò: < Questa la conservo. La appendiamo in camera… >
Elizabeth, che non poteva capire, ci guardò curiosa e sorrise radiosa.

Inginocchiata davanti a lei le sussurrai: < Ma è bellissimo! > E le baciai l’orecchio. Lei rise andò a nascondersi tra le gambe di suo padre che prese il pupazzo tra le mani per esaminarlo.
< E posso sapere come vuoi chiamarlo? >
< Emmett! > Rispose lei decisa, scatenando l’ilarità di tutti.
La presi in braccio e le diedi un bacetto sulla guancia prima di metterla sul seggiolino.
In auto, cullata da Edward mi addormentai.
Nella mia mente fluttuavano delle immagini nuove. Due neonati, due culle…
centinaia di pannolini…
Fortuna che  a Rose e ad Esme piaceva fare la mamma. Erano sempre felicissime di darmi una mano.

E con due neonati, avrei avuto bisogno di molto aiuto…

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Capitolo 45
*** Rotture ***


cap 45

Sono davvero desolata per la mia lunga (e forzata) assenza da EFP

ECCOMI TORNATA!!!

Scusate se aggiorno così tardi ma davvero ho avuto troppo da fare per poter anche solo sperare di accendere il PC…
Stavo andando in crisi di astinenza!!!
Nella mia scuola fanno trimestre e pentamestre e non vi dico queste due ultime settimane cosa nn sono state!!!
Un delirio! Se in più ci sommate lo spettro della maturità che si aggira per gli incubi di quelli dell’ultimo anno… (notate la citazione colta XD)
Ed inoltre, ho cominciato una specie di lavoro in prova!!! Un delirio… e le giornate di volontariato con i bambini delle case-famiglia… insomma, solo oggi sono riuscita a mettermi al pc.
Il capitolo nn è venuto un gran che… succede sempre così quando lo comincio tre settimane prima di pubblicarlo e scrivo due pagine un giorno, due una settimana dopo e l’ultima il giorno in cui posto…
Spero mi perdonerete…
Il prossimo sarà più organico e meglio strutturato, nonché più movimentato e spero che potrà risultarvi anche divertente…
Questo cap era “necessario” per gli sviluppi futuri. Torno anche a ribadire che questa storia, compreso questo passaggio, era stata concepita prima dell’uscita di BD.
E se i due gemelli sono una new entry, il resto risale circa a giugno luglio. Non ho copiato nessuno anche se alcune idee sono simili (partendo da presupposti uguali, le conclusioni sono spesso simili… XD o per lo meno così dice il Lazzari, il mio prof di filosofia XD)
Ora vi lascio al cap 45 se nn sbaglio e mi metto a scrivere il prossimo.
Vi faccio a tutti gli auguri di natale!!!
Ma spero di riuscire a postare in tempo per farveli il 25
Se tutto va bene, a Mercoledì!!!!

                                Buon Natale

Grazie a tutte voi che mi avete mandato e-mail per sapere che fine avessi fatto!!!
E grazie anche alle 243 che hanno inserito la mia storia tra i preferiti!
Un abbraccio a tutte voi che leggete, commentate o apprezzate il mio lavoro!
A tutte auguro buone feste!!!

Bella's POV

Edward se ne stava seduto in giardino, intento ad osservare Elizabeth che, tutta infagottata in un enorme giaccone (era aprile ma faceva un freddo terribile), giocava a palla insieme ad Emmett.
Improvvisamente mio marito voltò il capo verso la finestra della camera al pianoterra, dove ci eravamo trasferiti da quando ero al quarto mese.  I giochi di Liz momentaneamente spostati in quello che prima era lo “stanzino” delle scarpe di Alice…
Edward alzò lo sguardo e i suoi occhi vagarono per qualche istante. Fissarono il mio ventre per un momento poi alzò lo sguardo, i nostri sguardi si incrociarono e lui mi sorrise. Un istante dopo si alzò in piedi e svanì. Non feci a tempo a chiedermi dove fosse andato che la porta cigolò e le sue braccia mi strinsero dolci al suo petto.
< Come va? Stai meglio? >
Mi stiracchiai e gli gettai le braccia al collo, baciandoglielo.
< Siii > Gli bisbigliai lasciando che mi coccolasse.
< Sicura? >
Sbuffai affondando tra le sue braccia. < Mi è passato tutto. > poi cercai di baciarlo in modo più appassionato ma lui si allontanò.
< Vuoi che chiami Carlisle? >
< Edward, per favore! Ho solo avuto un giramento di testa… >
< E anche la nausea. Hai rimesso tutto il pranzo. >
< Sì, capita quando si tengono due bambini nella pancia. Ed inoltre… > Ed indicai il pancione (enorme) con l’indice < Questi due si agitano tantissimo! >
< Beh, perché non torni a letto? Hai voglia di vedere un po’ di tv? Ti va qualcosa da mangiare? >
< Senti, mi hai costretto a stare a letto per tutta la mattina, non esagerare. E a quest’ora in tv non c’è niente. Per il cibo… > E mi alzai in punta di piedi per sfiorargli le labbra con la lingua < beh, magari potrei andare di la a mangiare una fetta di melone, oppure un po’ di te... > poi gli feci l’occhiolino.
Sollevandomi per la vita mi fece adagiare sul letto e su sdraiò al mio fianco.
< Vada per il melone. >
Fece per alzarsi ma io gli afferrai la camicia cercando di costringerlo a rimanere con me. Mi accoccolai sul suo petto, lasciando che mi carezzasse la schiena con movimenti lenti e delicati.

Nella mia pancia un calcetto fece sussultare entrambi.

< Beh, sembra che siano molto vivaci. > Mi sussurrò poggiando le labbra sulla mia fronte.
Ridacchiai ma al mio fianco Edward si irrigidì. Non mi restituì la carezza e io mi bloccai. Il suo sguardo indecifrabile.
< Edward, cosa… >
Un attimo dopo, il pianto disperato di Elizabeth ruppe il silenzio che si era creato.
< Oddio! > Sussurrai cercando di portarmi a sedere ma Edward, tenendomi le mani sulle spalle, me lo impedii.
< Edward, oddio, cos’è successo? > piagnucolai nel panico dato che le urla non si placavano. Gettai un’occhiata spaventata al giardino e vidi tutti i Cullen radunati intorno alla fonte delle grida. Elizabeth.
< Niente, niente. È solo caduta… Resta qui. > Disse prima di dileguarsi per ricomparire subito dopo in giardino.

Senza dargli minimamente ascolto, mi alzai e mi affrettai in giardino. Correre senza neanche riuscire a vedermi i piedi non era una buona idea.

Edward teneva in braccio Liz mentre Carlisle era chino su di lei. Il suo braccino piegato in modo innaturale e il suo volto sconvolto dalla paura e dal dolore. Appena mi vide, pianse più forte e si agitò per venire da me. Edward alzò lo sguardo ed Esme mi fu subito accanto. Mi riaccompagnò in casa tenendomi un braccio intorno alle spalle. < Vieni cara, adesso ci raggiungono. > mi sussurrò mentre mi guidava in cucina.

Edward depose Elizabeth sul divano e Carlisle si chinò ad esaminarla. Tra le lacrime, mia figlia mi chiamava ed io mi inginocchiai per avere il volto a pochi centimetri dal suo.
Le scostai i capelli dalla fronte con dita tremanti e le baciai la pelle accaldata.
< Mammi!!! Mammiii! > Piangeva Liz impaurita.
< Sta tranquilla piccola, vedrai che adesso il nonno ti fa passare tutto. > Le dissi e poi osservai Carlisle. lui guardò prima me e poi Edward, poi di nuovo me.
< Dovremo ingessarle il braccio. Si è rotto. Una brutta frattura. > Mi sussurrò con tono professionale.  Poi si rivolse a mia figlia:
< Liz, adesso ti farò un po’ male e per un po’ non potrai muovere il braccio… adesso stai ferma. Ti do qualcosa per farti passare il male… Rose, vai a prendere la mia valigetta, per favore. >
Lei sparì veloce mentre Carlsile cominciò a togliere a Liz il maglioncino, strappandolo per non farle male. la giacca era rimasta in giardino. Glie la aveva tolta mentre Esme mi accompagnava in casa.
< Ma come ha fatto? > Chiesi con una nota di isteria nella voce, osservando Edward che sosteneva il braccio di nostra figlia, evitando che si muovesse mentre Carlisle le levava gli indumenti superiori.
Fu Emmett a cercare di rispondere.
Edward, in silenzio, ribolliva di rabbia e di senso di colpa.
Concentrai la mia attenzione su Emmett...
< Stavamo giocando… l’ho presa in braccio… ma poi lei ha voluto scendere… è scivolata… ha sbattuto contro il terreno ed è caduta sul suo stesso braccio… >
< Ma perché non l’hai afferrata? > Gli domandai irata ed Elizabeth pianse ancora più forte, quando Carlisle le fece distendere il braccio, cercando di fargli assumere la posizione corretta. Sentii un crack sonoro ed Elizabeth gridò ancora più forte. < Adesso passa… > la rassicurò.

Sentivo la nausea aumentare.

< Non pensavo si sarebbe fatta male… cade sempre… non si è mai fatta niente… > Emmett cercava di giustificarsi, spaventato di aver commesso l’errore di sottovalutare la fragilità umana…
Edward non gli avrebbe perdonato tanto facilmente una leggerezza tale.
E neanche io.
Senti la rabbia dentro di me crescere ma decisi che era meglio occuparsi di Liz, ad Emmett ci avrei pensato dopo…
La mia bambina mi fissava mentre le stringevo la mano. 
< Amore, sta tranquilla… > Le sussurrai asciugandole le lacrime con il palmo della mano. Lei tirò su con il naso. Gli occhi rossi gonfi e il volto paonazzo. Esme mi passò un fazzoletto ed io le pulii il visino.
Carlisle scambiò uno sguardo sconcertato, che non mi sfuggii, con Edward.
< Cosa succede? > Chiesi reprimendo il tremore della voce.
< Straordinario… impressionante… > Borbottò Carlisle prima di rivolgersi a me.
< Guarda… > E le piegò il braccio.
< Ma cosa fai? Le fai male!!! > Gli gridai orripilata. Elizabeth però rimase in silenzio, gli occhi fissi sul mio volto.

Carlisle le piegò il braccio un paio di volte e poi disse: < Elizabeth, piegalo tu… > Edward la mise seduta e lei, con alcune lacrime che ancora le solcavano il voltò, tirò su col naso di nuovo e piegò il braccio.

Mosse le dita e si fissò il gomito poi, improvvisamente, mi si getto al collo senza curarsi di evitare il mio pancione. 
Edward trattenne il respiro ma non disse niente.

Accolsi mia figlia tra le braccia. Ero stordita.
Un attimo prima il braccio era fratturato… e l’attimo dopo era tornato sano.
< Quanti minuti sono passati da quando si è fatta male a quando… a quando è tornato a posto il braccio? > Chiese Carlisle.
Emmett rispose: < 7 minuti. > Anche lui era attonito.
Rose, che era ricomparsa, stringeva stupefatta la borsa di Carlisle.
Misi Liz in piedi e le chiesi: < Amore, ti fa ancora male? > 
Lei scosse con vigore la testa. Le asciugai di nuovo il naso e lasciai che Edward la prendesse in braccio.

< Vieni piccola, ti prepariamo qualcosa… ti sei spaventata? > Le chiese mentre lei appoggiava la testa alla sua spalla.
< Sci. > Sussurrò Liz prima di stringersi di più a lui. Esme era già in cucina.
< Una cioccolata calda? > Domandò ed Edward annuii mentre faceva scivolare Liz sul seggiolone. Lei però non mollò la presa delle sue dita sulla sua camicia e così lui decise di tenerla sulle gambe.
Li avevo seguiti in cucina mezza intontita e fu la voce di Esme a riportarmi alla realtà.
< Bella, tesoro… vuoi qualcosa? >
< Una camomilla, grazie… > Risposi distratta.

Mentre nostra figlia rimaneva in silenzio, io ed Edward continuavamo a fissarci, stupiti, sconvolti, stupefatti…

Sentii Carlisle, in sala, parlare con Emmett e con Rose in tono concitato. Colsi le parole “braccio” “velocità” ma soprattutto “anomalo” e “anormale”
Le mie mani scivolarono sul ventre e si strinsero intorno alla stoffa della tuta che avevo usato come pigiama. Mi abbandonai allo schienale della sedia, agitata, e chiusi gli occhi.
< Bella, non preoccuparti… > Mi suggerì la voce di velluto di mio marito, vicino al mio orecchio.
Dischiusi le palpebre e lo vidi a pochi centimetri da me. La bambina, tra le sue braccia, mi fissava curiosa. Ogni traccia di paura o dolore svanita dal suo volto ora sereno.
Tese il braccio, fino a poco prima rotto, verso di me e mi accarezzò i capelli.
< Mammi? > Domandò insicura. Io alzai il capo e le feci un sorriso forzato al quale lei rispose con uno sincero. Edward la mise a terra e lei si aggrappò alla mia gamba.

Quando Esme le annunciò che la sua cioccolata era pronta, la piccola corse da lei saltellando. Quello che era successo poco prima ormai dimenticato.
Mi voltai e fissai Edward negli occhi.
< Edward… ma come è possibile? >

Rimase in silenzio, sedendosi al mio fianco. Mi prese la mano e la strinse leggermente.
< Carlisle sta pensando che… in effetti, noi vampiri abbiamo capacità rigenerative molto sviluppate… impieghiamo pochissimi minuti per guarire nel caso venissimo feriti. Parrebbe proprio che questa caratteristica Elizabeth l’abbia ereditata da me. >
Si chinò per baciarmi la guancia e poi proseguì: < Le sue capacità di apprendimento sono superiori a quelle di un bambino della sua età. Anche la proprietà di linguaggio è superiore alla media. A parte durante i primi giorni di vita, non ha mai avuto problemi di salute.
Evidentemente il suo corpo è più forte di quello di un umano. E non solo. >

Deglutii e cercai di non dargli a vedere il mio stato d’animo.
Anche io mi ero accorta di questo.
Erano piccole cose, che un estraneo non avrebbe mai notato. Ma una madre…

Ad una madre non sfugge il fatto che la propria figlia non si graffi mai, non abbia mai nemmeno un livido nonostante sia inciampata o caduta come tutti i bambini normali.
E poi, i suoi movimenti, troppo aggraziati per essere quelli di un normale bambino.
Le sue dita erano sempre sicure sul pianoforte, il suo sguardo troppo attento ed acuto per avere appena due anni e mezzo.

Affondai il volto tra le mani e sospirai.

Un attimo dopo, una manina piccola e calda mi accarezzò la guancia, come per consolarmi.
< Mammi? >
< Vieni qui, piccoletta. > disse Edward ad Elizabeth. Socchiusi le dita e lo vidi prenderla in braccio con delicatezza, prima di baciarle la guancia rosea.
< Andiamo di là, lasciamo la mamma in pace per un po’… > le sussurrò all’orecchio prima di alzarsi. Mi passò accanto sfiorandomi la spalla con una carezza e poi passando veloce le dita tra i miei capelli. Sentii il fruscio dell’aria prima che Edward svanisse dietro la porta.
A quel punto mi alzai in piedi e mi diressi in camera. Mi lasciai scivolare sul letto, rotolando fino al centro dove mi distesi. Con le mani mi accarezzai il pancione, pensierosa.

< Toc toc. > Fece Rosalie sorridente. La sua voce dolce era simile al canto di un uccellino. .
Alzai il capo, la vidi ed abbozzai un sorriso.
< Ciao. >
< Allora, quei due piccoletti come stanno? > Mi chiese sedendosi al bordo del letto. Se durante la prima gravidanza mi era stata lontana, adesso era molto premurosa. Mi aiutava come poteva cercando di non essere invadente. Aveva, in un certo senso, preso il posto che aveva occupato Alice quando aspettavo Liz.

Alice ultimamente era sempre di cattivo umore.
Cercava di evitarmi, cercava di evitare tutti.

Non sopportava l’idea di non vedere niente del nostro futuro.
Mio e dei miei due bambini.

Se ne stava per ore in giardino, seduta all’ombra, a pensare. Chiudeva gli occhi, poggiata al tronco di un albero, e si sforzava, si concentrava per cercare di vedere qualcosa.
Riusciva a scorgermi, con il pancione gigantesco. Dalle dimensioni, secondo Edward, ero all’ottavo mese. Per il resto, quando cercava di andare oltre alla gravidanza, il buio.
E lei, per questa sua incapacità, si sentiva in colpa.
Non importa quante volte le avessi detto che lei non c’entrava niente con questo vuoto.
Lei ogni volta si voltava scocciata e si allontanava, intristita e adirata con se stessa.

Rosalie invece si prendeva cura di me come non pensavo fosse possibile. Mi dava una mano in tutto ciò che non permettevo ad Edward di fare. era sempre disponibile a parlare, chiacchierare, giocare con Liz.
Ripensai ai primi giorni di Elizabeth, quando ce ne eravamo dovute andare, a quanto mi avesse aiutato, a quanto fosse stata indispensabile.
Ero in debito con lei, con tutti…
Rose mi accarezzò i capelli riportandomi alla realtà.
< ti ho portato la camomilla. >
La ringraziai prendendo la tazza calda tra le mani.
Poco dopo, Edward entrò in camera e scambiò qualche parola con Rose, troppo velocemente perché potessi carpirle. Lei sorrise divertita e complice.

< Bella, a dopo. > Mi salutò Rosalie con voce cristallina, sparendo in una nuvola di capelli biondi.
< Ciao, a dopo. > le risposi, consapevole che mi avrebbe sentito.

Rimasta con Edward, accarezzai lo zigomo, trasognata. Lui mi sorrise. Sdraiato, mi osservava sorseggiare la camomilla.
< Non devi essere preoccupata. Liz crescerà sana e forte. Molto più forte dei bambini normali.
E sarà felice. Proprio come i due piccoletti qua dentro. > Ed accarezzò il pancione con un ampio sorriso dipinto in volto.
Lo fissai perplessa e lui soffiò sul mio viso facendomi sbattere gli occhi. Quando li riaprii lui non c’era più. Mi voltai e lo vidi appoggiato alla finestra, che mi osservava.

< Sai, Alice l’ha vista… >

< Davvero? Quando? > chiesi e di colpo tutta la mia attenzione fu rapita dalle sue parole. Il suo sguardo non era felice come mi sarei aspettata. capii immediatamente che io, in quella visione, non c'ero... 
il che però non significava necessariamente qualcosa di brutto... Molte volte Alice vedeva solo Edward senza il resto dei Cullen, o solo Jasper, o solo Carlisle... Lei le chiamava "visioni singole". A volte, aveva visto solo me...
Edward non parve cogliere i miei pensieri. sospirò e poi mi disse:
< Poco fa. Dovrebbe avere sui dieci anni, in quella visione. Starà benissimo. E assomiglierà sempre di più a noi… >
< ehm… voi? >
< Già… sotto ogni aspetto. il che, non è un fattore del tutto negativo, non trovi? Non credo che le basterà il cibo normale. Arrivati ad una certa età, sentirà l’esigenza di nutrimento diverso… Ma non preoccuparti, potrà solo essere una cosa positiva. >

Non sapendo realmente se lo fosse o no, preferii starmene zitta. Non volevo rischiare di offenderlo. In fondo, quale madre potrebbe desiderare che la propria figlia abbia voglia di sangue fresco a colazione?

Certo, la paura che invecchiasse e morisse mi terrorizzava ma in fondo, quella era la sorte delle persone normali…
Si era parlato di trasformarla, se avesse voluto, quando fosse stata più grande, ma né io né Edward eravamo entusiasta di questa prospettiva.

Se però il processo fosse stato naturale…

Sentii un calcetto provenire dalla parte destra del pancione. Trasalii.
Ai bambini non piaceva quando mi angosciavo. Diventavano irrequieti.

Sentii gli occhi di Edward fissi su di me e feci finta di niente, scottandomi la lingua nel tentativo di ignorarlo.
< Hai! > esclamai  ed allontanai la tazza dalle labbra.
< Sei sempre così distratta… possibile? > Sussurrò mio marito appoggiando il capo sulle mie ginocchia.
Accarezzandolo in volto, soffiai sulla camomilla e cominciai a berla a piccoli sorsi…
< Bella… >
< Sì? >
< Sei felice? >
Lo fissai negli occhi per un istante, perdendomi nell’oro caldo in cui più volte ero annegata.
< Ma che domande fai? > Gli chiesi sorpresa. L’intensità della sua voce mi aveva sconvolta, facendomi sentire sottosopra.
Lui alzò il braccio e con la punta delle dita mi sfiorò le vene del collo.
< dimmi solo se lo sei. ti prego… >
Afferrai la sua mano e la strinsi con quanta forza fui in grado di esercitare.
< Certo. >
Mi godetti il suo sorriso per pochi istanti, finché una voce squillante non interruppe la mia contemplazione.

< Mammi! Mammi! Vieni a sgiocare con me? >

Edward si alzò sui gomiti e le disse: < La mamma adesso è occupata. > E poi mi sfilò in un secondo la tazza ormai vuota dalle mani.
Non me ne accorsi nemmeno. 
L’unica cosa che riuscii a capire fu che le sue labbra erano sulle mie, che si muovevano insieme alle mie… che io ero completamente persa con il pensiero a centinaia di chilometri... che in quel momento non volevo altro che Edward...
 Mi ritrovai sdraiata al suo fianco e lo vidi sorridere quando nostra figlia emise un versetto di finto disgusto e cominciò a tirarmi la maglietta per convincermi ad andare con lei.
Edward si sporse e la afferrò per la vita.
Lei rise e lui se la poggiò sulla pancia. La velocità dei movimenti del padre la incantava e la divertiva. Le piaceva quando lui la lanciava in aria o quando se la metteva sulle spalle e correva…
< Liz, che ne dici di dormire? >
 Lo guardai male… mettere Liz a dormire era sempre il preludio a qualcosa di molto divertente. Solo, con tutta la famiglia in casa non mi sembrava molto appropriato.
< No! > piagnucolò lei girandosi verso di me. Tese le braccia ed io la accolsi tra le mie. Edward si alzò e mi aiutò a mettermi in piedi, sostenendo sia me che la bambina.
< A cosa vuoi giocare? > Le chiese mentre si chinava a baciarmi la guancia.
< voglio suonare! > Ma mentre rispondeva, si appoggiò alla mia spalla e sbadigliò, spalancando la bocca e stropicciandosi gli occhi con il palmo delle manine.
Edward rise dolcemente e la prese in braccio. La portò al piano di sopra ed io, goffa e sbilanciata in avanti a causa del pancione, rinunciai a segurli. Sentii le proteste di Elizabeth farsi sempre più flebili fino a perdersi nella ninnananna che Edward intonò per lei.

Andai in cucina e rimasi sorpresa dal non trovarsi Esme o Rose. Gettai un’occhiata in giardino ma neanche lì vidi nessuno.
Andai in sala e vidi che sul porta-spartiti c’era un biglietto rosa. A fatica mi sedetti e lo presi. Lo aprii e riconobbi la calligrafia elegante di Alice.

“Divertitevi!”

Un attimo dopo Edward mi abbracciò e mi sussurrò: < Non vorrai sprecare questa bella occasione… >
< Edward, le occasioni sono quando capita qualcosa per caso. Quando fai andare via tutti, è premeditazione! >
< Sarà… > Fece lui scettico prendendomi in braccio come se fossi una piuma.

Mi portò in camera, adagiandomi sul letto, e mi sussurrò: < Alice,sforzandosi di vedere il futuro, finisce sempre per incappare nella nostra vita privata. È stata lei ad obbligare gli altri ad andare a caccia. Quindi, posso ritenermi innocente riguardo a questo. >
E spalancò le braccia tra le quali mi rifugiai.

< Sì… forse sì… > Acconsentii io mentre cercavo di togliergli i vestiti.
Come al solito, lui fu più veloce di me ed entrambi ci ritrovammo sdraiati, intenti uno ad accarezzare l’altra. I suoi baci leggeri mi accarezzavano la pelle.

Appoggiò l’orecchio sul mio ombelico e sorrise, prima di intrecciare le mie dita alle sue e far avverare la visione di Alice…

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Capitolo 46
*** S.O.S. (ovvero SOnniferi e Singhiozzi) ***


È la vigilia di Natale… (frase scontata...)

Spero che domani trascorriate tutte una piacevole giornata con le persone a cui volete bene! (altra frase scontanta)
Io, domani, sarò in casa a scrivere il cap 48 (il 47 è già pronto XD, dopo tanto tempo,avevo molto da recuperare…) e a sorbirmi quel poco della mia famiglia che ancora si ricorda che io e mia sorella esistiamo (non che la cosa mi turbi… anzi, meglio. Non mi piace la confusione.) In pratica, saremo io, il mio gatto, la mia gatta, mia madre e mia sorella… e il membro più simpatico della compagnia è Schinichi, il mio adorato gatto rintronato che adesso è splendido! Ha messo su il pelo invernale ed è un batuffolo grasso con il pelo rosso soffice soffice!!! Ma basta parlare del mio gatto-scemo…
Finalmente, in questo cap, si comincia ad intravedere qualcosa!
Ma adesso vi lascio… devo leggere “Dubliners” (che gioia… è in inglese... ma sempre meglio de “La montagna incantata”… è lunghissima!!!! Oddio…)
Consideratete questo capitolo come un regalino di Natale da parte mia…
A tutte, buon Natale! (anche questa, è scontata... ma ci tenevo a dirvelo XD)
Ci vediamo il 27?
Speriamo di sì! (visto come sono stata veloce? Dopo tante settimane senza pubblicare, mi sto rifacendo XD)

PS: Ma lo sapevate che anche nella apncia della mamma i bambini possono avere il singhiozzo? Succede quando respirano attraverso il liquido amniotico XD. Ecco qui riportato il paragrafo dal sito "Pianeta Mamma", una delle mie fonti più affidabili, con cui mi sono documentata per scrivere questa storia di gravidanze e Ehm... sesso? (si può dire? direi di sì XD in fondo, la vita in fin dei conti è intorno a questo che gira...)
Settimana 37 Il bambino impara a respirare inalando liquido amniotico, e questo può portarlo ad avere il singhiozzo, facilmente avvertibile dalla madre.
PPS: La storia di Kung Fu Panda in realtà mi è venuta in mente domenica, mentre lo guardavo con i bambini della casa famiglia dove sn andata per il olontariato... inizialmente, avevo pensato di far guardare a Liz Van Helsinki XD

 
Bella’s POV

 
Freddo.

Delle mani gelate mi tenevano schiacciata a terra, mi mancava l’aria.
Qualcuno mi stava facendo del male.
Qualcuno che non riuscivo a vedere, dato che la mia testa era tenuta premuta contro le foglie arancioni sparse sul terreno, macchiate di rosso dal mio sangue.
Avevo paura e non riuscivo a respirare. Nel terrore vidi la mano di Edward, tesa verso di me. Era troppo lontana perché potessi raggiungerla.
Cercai di strisciare sulle ginocchia, di divincolarmi, di andare da lui.
Ma il dolore era troppo forte e alla fine, sconfitta, lasciai che la persona che mi teneva schiacciata a terra infierisse su di me. Il mio sangue, il suo odore e il suo scorrere lentamente lungo le mie guance ferite, mi dava la nausea.
Ma poi la mano di Edward si avvicinò. Mi accarezzò il volto grondante del liquido denso e caldo che tanto lo tentava ma a cui resisteva per amor mio; mi liberò dalla stretta estranea e mi strinse a sé. Mi cullò.
E la paura si trasformò in sollievo.
Il freddo pian piano si fece meno pungente.
Il mio respiro affannato mi rimbombava nella testa.

E poi mi accorsi di un cambiamento.

Calore…
Morbidezza…
Una manina piccola e calda poggiata sul mio seno…
Un peso leggero poco sopra il pancione, sullo stomaco.

Socchiusi gli occhi ed intravidi Elizabeth, sul letto, mezza addormentata su di me. Le manine strette intorno alla stoffa della mia camicia da notte.
Con delicatezza la feci scivolare tra le lenzuola e mi misi seduta.
< Mammi… peché piansgevi? > Mi domandò con la voce impastata di sonno.
Non le risposi, accarezzandola finché non si fu addormentata.
Le rimboccai le coperte e mi maledii per averla svegliata. Era venuta apposta per vedere cosa stesse succedendo. L’avevo messa a dormire nel suo lettino io stessa…
Mi chinai in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia ed ebbi un brivido. Sentii il sudore freddo sulla mia schiena. Ripensai al sogno. Un sogno terribile.
Un altro, ennesimo incubo.
Mi sistemai i capelli in un codino arruffato e sospirai. Come a cercare di proteggermi, mi strinsi le braccia al petto e il sospiro che emisi fu simile ad un rantolo di paura.
I bambini, a differenza di Elizabeth, erano agitati e mi faceva male la pancia. Un brontolio sordo rimbombava dentro di me.

Uno dei bambini aveva il singhiozzo. Speravo non fosse stato a causa della mia ansia.

Avrei voluto Edward vicino a me ma era a caccia insieme ad Alice e ad Esme.
Da quando ero entrata nell’ottavo mese, andavano a caccia una volta alla settima. Nel caso ci fosse stato bisogno di averli in casa, almeno non sarebbero stati assetati…

La sera precedente ero appena arrivata a segnare sul calendario la trentottesima settimana che Edward, tranquillo solo in apparenza, mi aveva baciato sulla guancia ed era svanito nella foresta. Non voleva che capitasse come per la nascita di Elizabeth. Non si allontanava mai troppo e teneva sempre il telefonino acceso. Lo stesso faceva Carlisle, che si era preso un paio di mesi di riposo dal suo lavoro all’ospedale. Gibson era troppo lontana, se ci fosse stata una necessità urgente.
Ripensai agli otto mesi e mezzo precedenti e sorrisi.
Ancora al massimo una quindicina di giorni e avrei stretto tra le braccia i miei bambini…
Sarebbe andato tutto bene. Doveva essere così. I sogni e le mancate visioni di Alice non mi dovevano condizionare. Già in passato mia sorella si era sbagliata.
Carlisle ed Edward non mi avrebbero lasciata sola un solo istante…

A fatica mi misi in piedi, appoggiandomi al comodino.

Il pancione gigante mi nascondeva i piedi e mi faceva sentire pesante.
Feci appena pochi passi che la porta si aprì.
< Bella… > Mi salutò Carlisle cordiale. Io risposi con un mezzo sorriso e poi dissi: < Ciao. Che ore sono? >
< Sono le sei e mezza… Edward dovrebbe arrivare tra poco. >
< Ah, bene. > e mi massaggiai il pancione. Non ero l’unica ad essere sveglia a giudicare dai calcetti che, da leggeri, si erano fatti più decisi. Mi sfiorai la pancia ad un colpo più forte dei precedenti.
< Tutto a posto? >
< Sì, sono solo un po’ agitati… >
< Sicura? >
Annuii e poi barcollai verso il bagno. Carlisle fu così gentile da accompagnarmi, sostenendomi. Mi aspettò fuori della porta. Quando uscii, me lo trovai sorridente ad aspettarmi, pronto ad accompagnarmi di là. Mi appoggiai a lui. Mentre camminavo goffamente verso la porta, Rose entrò nella stanza con grazia, tenendo per mano Emmett. Mi salutarono con un cenno della mano prima di uscire in giardino. A metà luglio il sole splendeva già nonostante l’ora e faceva brillare la loro pelle di diamante.

Andammo in sala ed io proseguii verso la cucina, improvvisamente affamata, ma sapevo che non avrei trovato quello che stavo cercando. Edward ed Esme avevano fatto sparire tutte le merendine e le schifezze simili… proprio quelle di cui avevo una voglia paurosa.
Sconsolata, aprii la credenza ed afferrai i biscotti biologici che sapevano di cibo per criceti e, sospirando, mi sedetti.
Sbirciai in sala e vidi Carlisle intento a leggere un libro dall’aspetto vecchio e consunto, nonché noioso…
Infilai di nuovo la mano nella la scatola per afferrare un altro biscotto ma con orrore mi accorsi che…
< Oddio, sono finiti! Questi erano quelli che facevano meno schifo! >
Carlisle, attirato dalle mie parole, in un secondo si alzò e venne da me. < Tutto a posto? > Mi domandò alquanto perplesso.
Con le lacrime agli occhi (stupidi ormoni) alzai lo sguardo ed incontrai il suo.
< Sono finiti! Gli altri mi fanno schifo! > ed agitai la scatola davanti a lui.
Carlisle sospirò e, con infinita pazienza, aprì un armadietto troppo in alto per me. Ne estrasse un pacchetto di merendine e me ne passò una.
< Non dirlo ad Edward… non vuole che interferisca con la tua dieta. 
Con tutta la fatica che abbiamo fatto per elaborarla, effettivamente credo abbia ragione lui ma un piccolo sgarro non ti farà male. >
E mi sorrise complice.
< Grazie. >
< Di niente. > e tornò di corsa, almeno dal mio punto di vista, al suo libro.
Con ancora metà merendina in mano, mi alzai ed andai in sala. Seduta sul divano, presi uno dei libri del mio corso universitario e cominciai a studiare un nuovo capitolo. Gli esami che avevo dato erano andati abbastanza bene, grazie anche ad Edward, che come tutor era davvero insuperabile (come del resto, in qualunque cosa...). Inoltre, ultimamente, gli esami li avevo tenuti di persona. Con la mia parrucca rossa, accompagnata da Edward, ero andata in sede, a Gibson, e avevo dato l’esame. Era stato divertente vedere il professore osservare il mio  pancione che, date le magliette leggere, faceva bella mostra di sé. Prima ero stata costretta a dare tutti gli esami per corrispondenza,per la mia sicurezza. Edward aveva ottenuto un permesso speciale dicendo che ero affetta da una malattia estremamente contagiosa…
Sorrisi pensando a tutti gli escamotage che la mia famiglia aveva escogitato per farmi vivere al sicuro. O anzi, meglio ancora, per farmi vivere, almeno.
Persa in quei pensieri, non mi accorsi di essere scivolata nel sonno.

Sentii il tonfo sordo del libro che cadeva ma non me ne curai.

Improvvisamente mi sentivo stanchissima, come se fossi stata sveglia per ore.

Feci appena in tempo a sentire la porta della stanza aprirsi e Carlisle entrare. 
Ero scivolata anche io dal divano, senza rendermene conto.
Mi prese in braccio ed io non riuscii a reagire. Cominciò a chiamarmi ma ero troppo stanca per rispondergli.
< Bella! Bella! >  Era agitato. Socchiusi gli occhi e lo vidi afferrare la merendina che non avevo finito.
Un secondo dopo mi scostò i capelli dalla fronte. Continuava a chiamarmi ma ormai, anche volendo, non sarei riuscita a rispondergli. Le palpebre erano troppo pesanti e fui costretta a chiudere gli occhi.
Sentii le sue dita fredde sul mio polso e, nell’incoscienza che incombeva su di me, mi immaginai fossero quelle di Edward. Sorrisi. Poi tutto divenne definitivamente nero. La voce di Carlisle perduta in quella oscurità resa fredda dalle sue dita sulla mia pelle.

Quando mi risvegliai c’era mezza famiglia assiepata intorno al mio letto, il che mi fece sentire un po’ a disagio.

A farmi tornare in me erano state le urla di Edward. Socchiusi gli occhi e vidi Liz tra le braccia di Alice, poi intravidi Carlisle ed Esme. Dietro di loro, Edward agitava le mani contro Rose che, a braccia incrociate, sembrava a disagio.

< Cosa ti è saltato in mente? >
< Non preoccuparti. Quel sonnifero non le farà male! vero Carlisle? è quello che le ha prescritto lui! >
< Sì, ma tu ci hai imbevuto dentro quella merendina! Non ci hai pensato che forse era esagerata la dose? Sei deficiente?  Ed è anche caduta dal divano! E se fosse caduta più forte? Avrebbe potuto succedere un disastro! >
< Ma non è successo! Quindi piantala! >
< Io? Ma sei tu l’incosciente che…! > Urlavano tanto da darmi fastidio.
< Edward! Non volevo fare nulla di male! >
< Ma come hai fatto a non renderti conto che stavi esagerando? E poi, come hai osato farlo tenendomi all’oscuro? Tenendo all’oscuro lei? >
< Edward, lo sai che non vuole prendere niente, nessuna medicina! Neanche quelle che Carlisle le consiglia, quelle che le prescrive! Quelle omeopatiche o che non fanno male ai bambini! Ha troppa paura di fare loro del male!
Io volevo solo aiutarla! L’hai vista che non riesce più a dormire. Volevo solo darle una mano. Se lei avesse saputo che volevo darle del sonnifero, non avrebbe più accettato niente da me. Per questo l’ho messo nelle merendine. Non si è neanche accorta del foro dell'ago... Pensavo di dargliele mentre non c’eri. Volevo solo aiutarla! > Se avesse potuto, Rose avrebbe certamente pianto. Lo capivo dalla voce rotta. < Hai visto come ha dormito bene? Ecco! Speravo che per una volta non si svegliasse in lacrime, coperta di sudore, più stanca di quando non era quando era andata a dormire! >
< Certo, e quindi l’hai imbottita di calmanti! Ma sei completamente fuori di testa? HAI DROGATO MIA MOGLIE!!! >
Mi accorsi che il tono di voce non era alto. Ero io che sentivo più di quanto non avrei voluto. La testa che ronzava mi faceva male.
La confusione nella mia testa andava lentamente dissolvendosi, di pari passo con il chiarificarsi delle voci. Vagamente, capivo di cosa stessero parlando, ed intuii la causa del mio mal di testa.
Mugolai portandomi le mani al capo dolorante.
Un istante dopo Edward era chino su di me.< Bella, Tesoro, come ti senti? >
< Edward… > cercai di dire con la voce impastata dal sonno. Le sue mani mi accarezzarono gentili e premurose.
< Non litigare ‘on Rose… > sussurrai rannicchiandomi contro il suo braccio.

Ecco perché quella merendina aveva un sapore strano. Sonnifero…

Appoggiai il capo sulla spalla di Edward. Lui mi accarezzò i capelli e poi la schiena.
< Va bene. Non stavamo litigando, non preoccuparti. Come stai? > Mi domandò cercando di mantenere un tono di voce normale.
< Bene. Stanca. > Non riuscivo a formulare una frase più sensata, che comprendesse delle congiunzioni o qualcosa di più complesso di un aggettivo o avverbio. 
Sentii un brivido lungo la schiena. Mi sforzai di aggiungere: < Sei freddo. >
Un attimo dopo mi avvolse in una coperta calda e morbida.
Volevo dormire ma sapevo, mi rendevo conto che questo avrebbe agitato Edward.
Mi sforzai di aprire gli occhi e di sorridere. Non ricordavo di averli richiusi.
Intravidi le sue labbra piegarsi in un’espressione di sollievo.
A fatica mi misi seduta, aiutata da Edward.
Rose, immobile, mi fissava con uno sguardo indecifrabile. Si sentiva in colpa? Così sembrava.

< Edward… >
< Sì, amore? >
< Mi accompagneresti in bagno? > bisbigliai quando mi resi conto che avevo urgentemente bisogno di andarci. I bambini premevano sulla mia vescica ed il bagno era diventato uno dei luoghi che frequentavo di più. Lui rise leggermente e mi prese in braccio.
Ad un centimetro dal mio orecchio, mi sussurrò: < Non addormentarti di nuovo. Non farci prendere di nuovo paura. Non farmi agitare. >
< Edward, tu ti agiti sempre. > lo rimproverai in un bisbiglio. Sentii Emmett ridacchiare. Nel frattempo, mi ero quasi del tutto svegliata.
< Comunque, tu non provare più a mangiare quelle schifezze. Se mi avessi dato ascolto… >
Gli feci la linguaccia e lo precedetti dicendogli: < È colpa tua. Non mi lasci mai mangiare le cose che mi piacciono. Se non fossi stata costretta a mangiarlo di nascosto, Rosalie non avrebbe osato... > Ma mi impedì di proseguire dandomi un bacio a fior di labbra.

Quando io ed Edward tornammo dagli altri, Rose era sparita. Gettai uno sguardo interrogativo ad Alice, che si strinse nelle spalle ed indicò le scale, ed Edward mi fece sedere sul divano. Liz cominciò ad agitarsi. Alice la fece scendere dalle sue braccia e la bambina mi venne vicino. All’orecchio mi sussurrò: < Ho fame. >
Da qualche tempo aveva cominciato a parlare solo con me di tutto ciò che riguardava il cibo o le tipiche caratteristiche umane, per così dire, fisiologiche.
Sembrava che ormai per lei fosse chiaro che queste cose non potessero essere del tutto compre dagli altri, in quanto loro, per quanto cercassero di non dare troppo peso alla cosa, erano diversi da noi. Forse, non voleva disturbarli chiedendo loro di fare qualcosa che non potevano essi stessi apprezzare di persona, come cucinare.

Con Elizabeth avevo creato un piccolo universo custodito all’interno del nostro già minuscolo e protetto angolo di mondo.

Mi voltai verso Edward che indicò con il capo l’orologio. Erano le 13 e 40.
< Va bene, adesso ti preparo qualcosa… > le dissi cercando di alzarmi appoggiandomi al bracciolo del divano.
< Non ci provare. > Mi bisbigliò Edward prima di sparire in cucina.
< Il papà non mi lascia fare niente. > Dissi ad Elizabeth in tono molto colloquiale. < Tutto perché è convinto che mi sfracellerò per terra se anche provo ad accendere un fiammifero. > e feci finta di sospirare. Dalla cucina, Edward sussurrò qualcosa ed Alice si coprì la faccia per nascondere un sorriso. E lo stesso fecero Carlisle ed Esme.
Arrossii lievemente. Sebbene non avessi sentito le parole, ne intuivo facilmente il senso.

Che ero imbranata era un dato di fatto… non c’era bisogno di ribadirlo ogni tre minuti.

Quando fu pronto, Elizabeth mi precedette accomodandosi sulla sua sedia speciale, fatta per lei apposta da Emmett. Con lentezza la raggiunsi. Ultimamente mi muovevo poco. Edward faceva di tutto per farmi rimanere a letto. Era piacevole camminare, facendo attenzione a dove mettessi i piedi...
Finimmo in fretta di mangiare e poi andammo nella stanza del pianoforte. Edward suonò a lungo mentre io e la bambina lo ascoltavamo. Mi ci volle un po’ per smaltire la stanchezza derivata dalla merendina corretta di Rose, la quale non si fece vedere nella stessa stanza in cui si trovava Edward per due giorni, per evitare di litigare. L’occasione di riunirli mi capitò il venerdì della stessa settimana del pasticcio del sonnifero.

Stavo lavando i piatti quando Liz, tutta contenta, venne da me e mi afferrò la gonna. < Mammi, vieni? >
< Un attimo, amore. Appena ho finito. > dato che io e la bambina eravamo le uniche a sporcare i piatti, ero riuscita a convincere Esme ad andare a dipingere e lasciare me a pulirli. Avevo avuto un po’ mal di pancia negli ultimi giorni e stare in piedi mi aiutava. Inoltre, i bambini erano irrequieti e stare sdraiata mi faceva notare di più i loro movimenti.
< Dai mammi, il fim comincia. >
< Eccomi, eccomi. > e mi asciugai le mani.
Le maniche alzate lasciavano vedere le cicatrici che avevano ancora un colore leggermente violaceo. Erano spesse e facili da individuare. Liz mi prese la mano ancora umida e cercò di trascinarmi di là. Non si lasciava impressionare facilmente. La prima volta che le aveva viste, mi aveva tranquillamente chiesto cosa fossero. Le avevo detto con molta calma che una volta mi ero fatta male, quando aspettavo che nascesse lei -ed avevo indicato il pancione-. Lei allora mi aveva chiesto: < E perché papa no ti ha aiutato? >
Presa in contropiede, le avevo risposto: < Perché in quel momento lui non c’era… ma è venuto subito da me e mi ha aiutata. > Lei allora si era aggrappata a me e con voce leggermente tremante a causa della paura mi aveva chiesto: < Ma non sce ne adrà più, vero? >
< Ma no, no tesoro… >
< E neanche tu te ne adrai mai, vero? Non come nei miei brutti sciogni…? >
Ero Rimasta bloccata con la mano sulla sua testa, la mia carezza interrotta. Edward, che ci aveva ascoltate dalla stanza vicina, era entrato e l’aveva presa in braccio, poi mi aveva cinto la vita con un braccio e mi aveva baciato a lungo.

Da quel giorno, tre mesi prima, Elizabeth non aveva fatto più domande. Ero quasi certa che Edward le avesse detto qualcosa che l’aveva convinta a stare zitta…

Pensando a queste cose, raggiunsi mio marito, tenuta per mano da una Liz impaziente di raggiungere il papà.
Entrate nella stanza, Edward e Carlisle smisero di parlare, chini su dei grafici incomprensibili, e mio marito venne verso di noi. Spalancò le braccia e Liz gli corse incontro, saltandogli al collo ed aggrappandosi al suo petto. Edward mi prese poi la mano e mi accompagnò al divano. Nel lettore DVD era già inserito il cartone scelto da Liz. Glielo aveva regalato Alice per il compleanno. Lei lo adorava e lo guardava ogni volta che le davamo il permesso di accendere la televisione. Aveva espresso il desiderio di guardarlo insieme a noi che, da bravi genitori, avevamo accettato con una specie di nodo allo stomaco. Forse Edward no, dato che lui adorava fare le cose con Liz, ma io speravo che la bambina si addormentasse in fretta facendo finire in anticipo quella tortura.

Dopo la prima mezz’ora di risate da parte di Liz, di panda imbranati e grassi (che mi ricordavano me stessa), di maestri topi con la faccia perennemente arrabbiata e spaghetti di soia distribuiti da un’oca simpatica e totalmente fuori di testa, sentii il bisogno di andare in bagno. Mi sporsi per dare a mio marito un bacio sulla guancia e uno sulla fronte alla bambina quando la voce di velluto del mio Edward mi chiese: < Ti accompagno? >
< Non preoccuparti, non credo che sarebbe più interessante che guardare lo spaghettinaro…  > Ed indicai Liz che seduta sulle sue gambe, incurante del nostro discorso, rideva tenendo tra le mani il suo pupazzo Emmett.

Appoggiandomi al bracciolo del divano mi misi in piedi.

In quel momento vidi l’espressione di Edward farsi improvvisamente serissima. Sembrava che la sua attenzione fosse stata catturata da qualcosa di imprevisto. Sussurrò a Carlisle, che si trovava seduto sulla poltrona a destra (e che aveva alzato lo sguardo): < Hai sentito? >
Quello annuì ed entrambi mi fissarono.

In contemporanea sentii qualcosa di bagnato e di caldo scendere lungo le cosce.

Quella volta non mi lasciai cogliere di sorpresa.
Edward invece fu quasi colto da una crisi di panico. Con un gesto quasi invisibile, depositò Liz sul tappeto davanti al divano e venne da me. Mi accarezzò il volto e poi fissò Carlsile, letteralmente impaurito.

< Edward… non preoccuparti. Andiamo di là… non voglio partorire in sala. > Gli dissi calma e tranquilla, nonostante mi tremassero le ginocchia.

Alla parola partorire, ebbe un leggero sussulto. In quel momento Alice e Rose scesero le scale. Sotto i capelli neri intravidi un cellulare. Con voce cristallina ed eccitata, Alice disse: < Sì Charlie! Sta partorendo! Le si sono appena rotte le acque! No, no, questa volta credo proprio che ci vorrà di meno che con Liz. Ti chiamo appena posso. > E poi riattaccò. Alzò lo sguardo e mi sorrise raggiante. Poi sparì in camera mia e subito sentii il suono dello scrosciare dell’acqua della vasca.
< Carlisle… > Sussurrai a mezza-voce quando sentii le prime fitte di dolore.
< Si Bella? > Mi domandò lui tenendomi per il braccio mentre mi accompagnava in camera sostenendomi. Non mi sfuggirono le sue dita sul mio polso, intente a controllarmi.
< Carlsile, vero che ce ne hai di quella roba per l’epidurale? > e non potei nascondere il tremore mentre parlavo.
Lui rise sommessamente e mi rassicurò: < Quanta ne vuoi, quanta ne vuoi. >

Edward, che mi teneva l’altra mano, pareva più pallido del solito.

< Rose! > Gridai e lei comparve subito. Si era accorta di cosa stesse succedendo ma voleva evitare di farsi odiare ulteriormente da Edward. Mio marito però in quel momento sembrava lontano migliaia di anni-luce… Tanto distante da dimenticarsi di litigare con sua sorella. Le chiese:
< Rose, ti occuperesti tu di… ehm, di Elizabeth, per favore? >
Lei annuì, ci rassicurò e poi svanì in sala.
La sentii mentre diceva: < Liz, che ne dici se adesso vieni con la zia e con lo zio? Andiamo di sopra a giocare? >

Poi la porta della mia camera si chiuse dietro di me, allontanando tutti i rumori.
Mi sdraiarono a letto mentre l’acqua calda continuava a scorrere e riempire la vasca…
< Edward… >
< Sì? > mi domandò lui agitato, tenendomi la mano.
< Sono contenta che tu sia qui. > gli dissi stringendo le sue dita perfette.
Lui si aprì in un gran sorriso. 

< Anche io. > e poi si chinò a baciarmi la fronte su cui avevano fatto la loro comparsa le prime gocce di sudore…

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Capitolo 47
*** Stanca, sfinita, felice… ***


Eccomi qui!
Questo capito spero vi piaccia.
Scusate se posto un po’ in ritardo ma sono venuti dei cugini dalla montagna (io di solito ci vado solo in estate lì, a quasi 5 ore di viaggio) e visto che rimanevano solo oggi, non potevo eclissarmi da qualche parte.

Comunque, questa mattina alle 4 e mezza mi sono svegliata e visto che non riuscivo a riaddormentarmi mi sono messa a scrivere. Visto che non avevo la sacra ispirazione per finire il capitolo (mancavano le ultime fatidiche dieci righe) mi sono messa a scrivere una one-shot.
Da domani comincerò a postare una serie di One-Shot su vari punti di BD.
Quello di domani sarà dal POV di Esme. Spero che lo leggiate in tante, che vi piaccia, e che magari lasciate un segno, anche piccono, del vostro passaggio XD

È in progettazione una serie breve (e questa volta sarà breve sul serio, non come questa storia) dal POV di Edward in cui descriverò la prima settimana dopo il ritorno dall’isola Esme.
Non so se qualcuno abbia già scritto qualcosa in proposito… nel caso, non era mia intenzione copiare nessuno…
Per quanto riguarda questo capitolo, spero che vi piaccia.
Scusate ma mentre scrivo sto litigando per il fatto che sono agli arresti domiciliari perenni e non per un motivo particolare.
Semplicemente, mia madre non mi lascia mai uscire la sera. Dice che, visto che è una madre single (diciamo così) ha tutta la responsabilità.
Ho 19 anni!
Mi prendo la responsabilità di me stessa , grazie, ma mi lasci uscire. Le sue paranoie e  le sue ansie se le tenga per lei. Sono già una disadattata, non serve che ci si metta anche lei a darmi una mano ad affondare nella solitudine più profonda.
Comunque, tornando al cap, presto arriverà il successivo!
Un bacio a tutte, spero di “rivedervi” presto!
Ps: grazie a tutte le 255 persone che hanno inserito questa storia tra i preferiti! E alle 12 persone che hanno commentato lo scorso cap!!!
E poi, ai miei cugini che sono venuti a trovarci e che sono convinti che qui a Milano io non possa uscire la sera perché potrei essere uccisa, vorrei dire che Milano non è la città dell’orco cattivo e che anzi, bisognerebbe piantarla con il terrorismo psicologico. Se le persone tengono la testa sulle spalle, le cose più brutte possono essere evitate. Certo, le disgrazie succedono ma certe volte i tg esagerano. Le mie zie della montagna sono terrorizzate e danno ragione a mia madre!!! Sono convinte che rischi la vita quando prendo l’autobus per andare a scuola alla mattina!!! (Delirio!!!!!!!)

A parte questo, gli auguri per l’anno prossimo aspetto a farveli dato che ho intenzione di postare al più tardi il 30!!!

Ciao e grazie a tutte!!!
Un bacione enorme, Erika

(che ha scoperto la Vodka ed è tutta felice!
 –provatela con il succo alla pesca, ma solo se avete più di 16 anni XD-)

Spero di non aver fatto molti errori di ortografia. ho scritto di fretta... Sorry!

Bella's POV

< Carlisle, l’acqua calda è quasi pronta. > Sussurrò Alice uscendo dal bagno. < Dimmi tu quando devo cominciare ad aggiungere quella fredda. >

Mio suocero, che mi accarezzava i capelli, annuì.

< Edward… >
< Sì, amore? >
< Mi aiuteresti a mettermi in piedi? Devo camminare. >
Lui mi guardò dubbioso ed io aggiunsi: < Mi fa sentire meglio. Anche l’altra volta… > ma lui mi zittì subito. Si sentiva ancora in colpa per non esserci stato la volta precedente, per lo meno all’inizio.
< Va bene, vieni. > E mi mise in piedi. Camminai per un bel po’ avanti ed indietro per la stanza tenendo le mani dietro la schiena, sui reni. Edward mi teneva, temendo che potessi inciampare.

Alla fine, stanca, mi risdraiai sul letto.

Nel frattempo mi aveva chiamata Reneè, allarmata da Charlie.
Farle capire che, per quanto lo permettesse la situazione, stavo bene, non fu semplice.
Fortunatamente Esme decise di intromettersi nella conversazione e riuscì a far in modo che mia madre mi lasciasse in pace. Sdraiata a letto, sudata e ansante, rimasi ad osservare le venature del soffitto in legno, contando le fitte che man mano si facevano più ravvicinate.
Le labbra fredde di Edward lungo il mio viso furono un sollievo a cui sinceramente non avrei saputo rinunciare.
Sebbene fosse agitato, cercava di mantenere la voce pacata mentre mi sussurrava frasi rassicuranti.
Alice invece era tutta elettrizzata.
Carlisle stava sistemando le ultime cose in bagno e lei si era seduta ai piedi del letto, una mano gelida poggiata sulla mia gamba.

< Vedrai che carina la stanza! E tutte le cose per neonato che ho comprato! E non fare quella faccia… non potevamo riutilizzare quelle di Liz, maschi o femmine che siano… > Disse notando la mia espressione sconcertata. Avevo resistito 9 mesi trattenendomi dal chiedermi se fossero maschi o femmine, non poteva rovinarmi la sorpresa proprio adesso…
Per svicolare, aggiunse: < E vestiti che ti ho comprato! Mamma mia che bellini! Te ne innamorerai! >
< Andavano bene quelli che avevo già. >
Mi guardò come se l’avessi insultata e poi, indignata, replicò: < Bella, quelli sono un ricordo di quando hai avuto Elizabeth… non vorrai mica che li ricicli. Sono già stati messi via. Comunque, adorerai il completino che ti ho preso. E sono sicuro che piacerà anche ad Edward. >
Sentii una contrazione più forte delle altre,un dolore che mi invase il corpo. Strinsi la mano di Edward e a denti stretti, trattenendo un gemito, sibilai: < Alice, sto partorendo. La pianteresti gentilmente di parlare di vestiti! >
Edward si voltò verso la sorella. In una situazione simile ma in altre circostanze, avrebbe riso ma adesso la fulminò con lo sguardo e lei si zittì istantaneamente.

Carlsile entrò in camera asciugandosi le mani con un grande asciugamano. Vedevo gli altri, bianchi immacolati, ordinatamente appoggiati sulla cassettiera. Ne sarebbero serviti parecchi…

< Allora Bella, vuoi l’epidurale? Sei pronta?  >
< Carlisle… > sussurrai con voce tremante < Non sarò mai pronta, tanto vale che lo fai e basta. >
e si avvicinò a me con quella dannata siringa luccicante. Involontariamente, mi strinsi di più ad Edward che mi avvolse un braccio intorno alle spalle.
< Girati. > Mi sussurrò gentile Carlisle. Edward mi aiutò a levarmi l’accappatoio e a mettermi a carponi. Quando sentii il freddo delle mani di Carlsile, le cui dita erano intente a cercare il punto esatto, mi irrigidii.
< Carlisle… >
< Sì? >
< Ho cambiato idea. Fa niente. >
Edward, sospettoso, cominciò a massaggiarmi le spalle.
< Sta tranquilla tesoro. Non farà male. >
< Sì, ma ho letto tutte quelle cose sulla separazione del bambino dalla madre… che psicologicamente, un parto senza dolore non ti fa accettare l’idea che il bambino sia reale… una cosa del genere. > E poi, ma questo non glielo avrei mai detto, non mi piaceva molto l’idea che Carlisle mi infilasse un ago nella spina dorsale… non me ne ero resa conto fino a quel momento.

< Carlisle. > Disse Edward sfiorando la mia schiena all’altezza delle vertebre lombari. Che posizione imbarazzante!

Io avrei voluto girarmi a pancia in su per sfuggirgli ma dato il pancione e le mani di Edward che me lo impedivano, dissi: < Carlisle, per favore, preferisco così. Alla fine, la volta scorsa, non è andata così male… >
Voltai il capo per guardarlo e la siringa luccicò minacciosa a pochi centimetri dalla mia pelle.
< Quindi, per favore, lascia tutto così com’è. Le donne hanno sempre partorito in questo modo. Non rompiamo la tradizione… >
< Carlisle, per favore, falle quella maledetta iniezione > Sibilò Edward con fare minaccioso.
< Se vuole così, non posso obbligarla. > Disse Carlisle abbassando la siringa.
Edward sbuffò e mi aiutò a rigiramri.
Alla fitta successiva gemetti ed Edward mi guardò. Stava per rimproverarmi ma si trattenne. Sospirò e mi sussurrò: < Siamo ancora in tempo. >
Sbuffai < Edward, per favore… >
< Come vuoi. > E mi sfiorò il collo con le labbra.

Quando le contrazioni si fecere più ravvicinate e, secondo Carlisle, ero abbastanza dilatata, Esme, che mi aveva aiutata a levarmi i vestiti e mi aveva avvolta in un enorme accappatoio, mi aiutò a raggiungere la vasca. Edward mi sorreggeva. Percorsi quei pochi metri, Edward mi prese in braccio e mi fece scivolare delicatamente nella vasca. L’acqua calda fu un piacevole sollievo ai muscoli indolenziti del mio corpo.
< Edward, che ore sono? > Sussurrai con la testa poggiata alla sua.
< Sono le dieci e mezza… >
< Senti, vai a mettere Liz a dormire. Sono certa che Emmett la starà facendo giocare. >
< Veramente, quel cretino le ha detto che presto conoscerà i suoi fratellini e lei ora è iper-agitata. >
Mentre parlava, una contrazione più forte delle precedenti mi fece serrare gli occhi e i denti, nonché stringermi alla mano di Edward.
Lui mi baciò la fronte e poi aggiunse: < Jasper è di sopra, nel tentativo di calmarla, ma se vuoi lo faccio scendere e venire da te. >
< No, non preoccuparti… > sussurrai quando il dolore se ne fu andato, lasciando solo una sorta di intorpidimento.
Socchiusi gli occhi e mi accorsi di Esme che stava entrando in bagno. Aveva indosso degli abiti diversi da prima. E come lei, anche Carlisle.
< Adesso andrò a cambiarmi anche io. Stai qui tranquilla un secondo? >
< Vai anche a controllare Elizabeth. >
< Bella, a lei ci stanno pensando gli altri. Tu occupati di loro. > E mi accarezzò il pancione che, dentro l’acqua, sembrava anche più grande.
Quando tornò, mi trovò accasciata sul marmo, le mani strette intorno ai bordi della vasca.

I suoi occhi divennero neri, ma lui, facendo finta di niente, si inginocchiò al mio fianco e sciolse lentamente la presa delle mie mani dal marmo della vasca. Stringere le mie dita intorno alle sue fu esattamente la stessa cosa che stringerle intorno al marmo. Erano fredde e dure ugualmente, sebbene quelle di Edward erano piegate ad accogliere le mie...
Guardai l’acqua e la vidi striata di sangue.
Carlsisle, che era inginocchiato davanti a me, mi sussurrò: < Sei già a buon punto. Vedrai che andrà tutto bene. > E mi accarezzò la gamba.

Cercai di rilassarmi godendomi l’idromassaggio ma non era semplice. Inoltre, ogni mezz’ora, Alice aggiornava mia madre e mio padre. Fosse stato per me, li avrei avvisati solo a parto terminato.
Ad un certo punto suonò il cellulare, cogliendo Alice di sorpresa. Il che mi preoccupò.
Rispose, fece una faccia scocciata, e poi poggiò il telefonino contro il mio orecchio.

< Pronto, Bells, ti disturbo? >

< Jake? > Ansimai mentre Edward mi asciugava il sudore dalla fronte. < Jake, è successo qualcosa? >
< No, non preoccuparti. Tu invece? Ho parlato con Charlie… stanno nascendo? >
< Charlie sa che tu sai? > Domandai, e ormai annaspavo per l’ansia.
< Ehm, sì, non te lo avevo detto? Comunque, io e la tua amica succiasangue siamo andati a trovarlo insieme, l’ultima volta. Ma come stai? Sono già nati? >
< No. Senti, posso chiamarti… Ah! > uno spasmo involontario. Non ricordavo facesse così male…
Edward mi sfilò il telefonino e disse qualcosa a Jake. Quando me lo ripassò, Javob pareva alquanto a disagio. < Beh, senti, allora ti richiamo quando hai… ehm… finito… cioè, mi chiamerà Alice. Mi raccomando, fatti forza. Beh, allora… > < Ok Jake, ci sentiamo dopo.scusa ma, al momento, è una frase critica. > Gli sibilai tra i denti. Lui ridacchiò e poi aggiunse, prima di salutarmi: < Ti verrò a trovare presto. Il tuo succiasangue mi ha dato il permesso. Ti voglio bene Bells. Speriamo siano due femmine e che non assomiglino al padre! > e poi riattaccò, dopo avermi augurato ancora una volta buona fortuna.
Edward emise un piccolo ringhio ma non ci feci caso. Quando arrivò una contrazione particolarmente forte, per sbaglio lasciai cadere il cellulare ultimo modello di Alice. Lei lo raccolse senza dirmi niente.

Dopo circa due ore Edward mi bisbigliò: < Si è addormentata finalmente, la piccola peste, in braccio a Rose… >
< Ah, bene… > sospirai ansante.
Fino a quel momento, non avevo ancora gridato ma temevo che, nella fase del travaglio vero e proprio, le mie urla si sarebbero sentite.
Chiusi gli occhi e rimasi ad ascoltare, cercando di respirare regolarmente.
Percepivo solo il mio cuore, i nostri respiri, l’acqua calda che andava a sostituire quella troppo fredda della vasca in un ricambio continuo e l’idromassaggio.
< Edward… mi metteresti su la tua musica? > domandai inquieta. Neanche un minuto dopo, senza che mio marito si fosse spostato dal mio fianco, qualcuno accese un piccolo stereo portatile e la musica invase l’ambiente.

Ormai le contrazioni erano ravvicinate.
< Bene, è in travaglio. > sentenziò la voce professionale di Carlisle.
E da quel momento mandai a quel paese le buone maniere. Con il passare del tempo (e l’aumentare del dolore) ricordai paroleche si addicevano di più ad un liceo maschile in una periferia degradata di qualche immensa città che non ad una sala parto ma nessuno parve curarsene.
Alice fece ripartire il CD diverse volte prima che Edward mi sussurrasse all’orecchio: < Ok. Sei abbastanza dilatata. Manca poco. >
Dato che le contrazioni erano talmente vicine e talmente lunghe da non lasciarmi neanche il tempo di rilassarmi o anche solo respirare decentemente, annuii e sussurrai: < Per fortuna, non ce la faccio più! >
< Allora… > disse per tenermi occupata e non farmi pensare al dolore < Che nomi gli diamo? > 
Intanto mi accarezzava.

Ne avevamo parlato, alcune volte, ma non era stato deciso ancora niente.

Ed invece, eccoci qui senza aver deciso ancora niente. O per lo meno, senza averlo deciso insieme…
< Edward, scegli tu, questa volta tocca a te. >
< No, dai, dimmi a cosa pensavi… >
Lasciai passare la fitta successiva e mi sforzai di dire, anzi quasi gridare, alcuni dei nomi che avevo scelto… < Melanie e Eryn se sono femminucce, Alexander e Thomas se sono maschietti. Tu invece? Quali hai scelto alla fine? >
< Mah, se femminucce Eryn e Melanie, se maschietti Alexander e Thomas. >
< Edward, ti prego! Non vale, sei sleale! >
< No, ho solo tanta esperienza. Quasi cento anni. Ho imparato come ottenere quello che voglio. Ed è giusto che sia tu a scegliere i nomi dei bambini. >
< Non vale. Carlisle! vero che non vale? >
< Non tiratemi in ballo, non voglio saperne. Cerca di stare calma. Edward, non farla arrabbiare. >
< Bella, per favore, non fare così. >
< Edward, è colpa tua. >
Ma non mi ascoltava più. Trasognato, sussurrò: < Che nomi particolari… >
A denti stretti sussurrai: < Melanie… le prime tre lettere sono l’acronimo di Mary, Elena, Lilian. Le prime due di Eryn invece di Esme  e Reneé. >
< Ti sei fatta dire i secondi nomi di Alice, Esme e Rosalie? > mi chiese sorpreso.
< Sì. Se saranno dei maschietti, beh, mi piacevano. Né Emmett ne Jasper o Carlisle hanno secondi nomi e, amore, non arrabbiarti, ma Anthony a me non piace tanto… >
Rise e mi baciò i capelli poi aggiunse: < Hai notato quanto Alexander, o meglioAlex assomigli ad Alec? >
Arrossiie lui disse: < Beccata. >

Chinai il capo e ammisi: < Ok, mi hai beccata. >

< Allora, facciamo così. Se maschi Li chiamiamo Alec e Anthony. >
< Antony? > domandai sbigottita.
< Alec? > Fece lui imitando il mio tono di voce.
< Affare fatto. >
< Perfetto. Comunque, non era il caso di mascherare il nome che avevi scelto. Alec ci ha aiutato tantissimo. Sono d’accordo con la tua scelta. >
< Ma non ti piace Thomas. > Protestai a mezza voce.
< Non è vero. Però, mi piacerebbe che, se possibile, nostro figlio porti il mio nome… Visto che chiamarlo Edward è un po’ eccessivo, direi che Anthony sarebbe un buon
compromesso. In fondo, eri tu che volevi che scegliessi io i nomi. Non avevi posto dei limiti alla scelta... >
< Sì, direi di sì. > 
Com'era all'antica... Però aveva ragione. Secondo alcuni infatti Elizabeth e Isabella in realtà sarebbero due varianti di uno stesso nome. Se una dei nostri figli si chiamava come me, era giusto che se fosse nato un maschietto si fosse chiamato come il papà.

Un attimo dopo, mi ricordai di cosa stesse succedendo perché mi ritrovai ad urlare a pieni polmoni.
Quando mi riappoggiai alla vasca, Edward mi chiese:
< Tesoro? >
< Aiahhh! >
< Ok, ok, stai calma! >
< Edward!!! Io sono calma! >
Continuai ad urlare a lungo, fino a consumare tutta l’aria che avevo nei polmoni.
Ogni volta che Carlisle mi diceva di spingere, io ci provavo ma mi pareva non riuscire mai a concludere nulla.
La musica non bastava a coprire le mie grida.
Ad un certo punto infatti sentii Edward digrignare i denti.

Sudata ed ansimante poggiai il capo sulla sua spalla e lo chinai in modo da guardarlo negli occhi.

< Che c’è? > Gli domandai afona. Lui mi carezzo la guancia e poi disse:< Bella,scusami un secondo. >
Lo guardai alzarsi ed aprire la porta. Mi stupii però di vedere Liz in camera nostra.
Teneva in mano il suo peluche Emmett e per mano l’Emmett vero.
La leggera camicia da notte ondeggiò leggermente quando l’aria provocata dall’apertura della porta la investì.
Vidi che stava piangendo.
< Mammi? mammi? >
< La mamma non può adesso. > Le disse Edward prendendola in braccio e dandole un bacio sulla guancia. < Tesoro, adesso torna a dormire. > poi sibilò qualcosa ad Emmett e Rosalie che però scrollarono le spalle. Rose entrò in bagno per salutarmi. Si inginocchiò al mio fianco e, accarezzandomi, mi sussurrò: < Era talmente agitata da aver fatto saltare i nervi persino a Jasper. >
< Si è svegliata da molto? >
< No… da quando hai iniziato a gridare, circa mezz’ora fa. Senti, perché non la lasci venire qui, così si tranquillizza se ti parla. >
< Va bene… > e trattenni un grido tra i denti.
Edward, contrariato, portò la bambina nel bagno. Esme mi aveva poggiato un enorme asciugamano addosso ma alla bambina non sfuggirono le macchie di sangue su di esso, e il colore rossastro che aveva assunto l’acqua.
Con la mano l’accarezzai.
< Mammi? >
< Va tutto bene tesoro. Ora torna a dormire… >
< Mamma, ma se va tutto bene, pechè urli? >
< Perché i tuoi fratellini sono pigri e non mi vogliono aiutare. Senti, perché adesso non vai di la con gli zii? >
< No, voglio stare qui con te… > Quello che disse dopo non lo sentii.
Chiusi gli occhi ed urlai, incapace di trattenere il dolore ancora a lungo.
Quando li riaprii, né lei né Edward erano più in vista.
Un attimo dopo, lui tornò.

< Non voglio che ti veda in queste condizioni. È importante che non serbi un ricordo traumatico del parto… >
Annuii senza forze. < Adesso è di sopra con Jasper. Si è un po’ spaventata, ma adesso Rose le sta spiegando che va tutto bene.
Non credo che riuscirà a metterla a letto ma almeno se ne starà tranquilla. >
< Che ore sono? >
< Le due e quaranta. > Oddio, era tardissimo per lei. Non riuscii però a preoccuparmi molto di quello dato che le ondate di dolore tornarono, precise come un orologio svizzero. Mi strinsi ancora di più ad Edward.
< Ahhaaaa! > Lo sentii irrigidirsi al mio fianco. Sorpeso dall’intensità del grido.
Qualche urlo dopo,  (il tempo aveva perso momentaneamente il suo significato) Carlisle, chino su di me, sussurrò: < Edward, pronto? Vedo la testa… >
Alice, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, guardò Esme ed Entrambe annuirono. La mora si avvicinò e disse: < Edward, sto io con lei. Tu pensa ai bambini. >
Edward, che non trovava la voce, si limitò ad annuire e da andò da Carlisle.
Stavo talmente male da non riuscire nemmeno a vergognarmi. Inoltre Edward pareva più in ansia per questo parto che non per la nascita della primogenita.
Lo potevo capire… Dato che Alice non riusciva a vederli, erano tutti preoccupati per loro.
I nostri piccoli gemelli.

Edward aveva insistito per farmi partorire in ospedale ma alla fine, dopo non so quanti tentativi di farlo ragionare da parte mia e di Carlisle, aveva ceduto. Non mi andava di tenere una parrucca in sala parto. E poi, se i bimbi non fossero stati del tutto umani? Magari non si sarebbe visto dalle ecografie. Se si fossero messi a mordere l’ostetrica per succhiarle il sangue, cosa avremmo potuto dire? “scusate hanno gusti particolari.”
No, era meglio restare a casa…

< Eccolo, lo vedo! > Disse Edward emozionato. < Bella, tesoro, ancora un ultimo sforzo. >
Seguendo le istruzioni di Carlsile, ed imprecando come una scaricatrice di porto, mi ritrovai a spingere finché non mi sentii come svuotata.
Subito dopo un suono forte riempii le mie orecchie. Delle urla potenti, a pieni polmoni.
< Brava Bella. > mi sussurrò Alice mentre piangevo di stanchezza. Mi sforzai di alzare il capo e, nell’acqua rossa di sangue, vidi le mani di Edward e Carlisle armeggiare davanti a me. Intravidi delle forbici enormi e decisi che era meglio chiudere gli occhi.
Un attimo dopo Edward fu vicino a me.

< Bella, è una femminuccia! > La voce gli tremava.

< Oddio, Edward, dammela… > E un secondo dopo qualcosa di caldo, liscio e bagnato, mi venne appoggiato sul petto nudo, tra i seni. Come sua sorella maggiore al momento della nascita, anche lei tremava. La mia piccola Melanie…
Pochi minuti dopo ricominciai ad urlare ed Esme mi prese la bambina dalle braccia.
< Bella, non preoccuparti. Il secondo gemello è sempre più facile da far nascere. Vedo già la testa. > mi disse Carlisle già pronto ad accogliere nel mondo l’altro bambino.

In un ultimo urlo, cercai di metterci tutta la mia forza.

La mia voce stanca venne sopraffatta da una che veniva usata per la prima volta. La prima aria che passava per i polmoni diede al piccolo la forza di urlare più forte di me, come aveva fatto la sorella pochi minuti prima.
Quando mi resi conto che finalmente erano nati, mi abbandonai alle mani di Alice che mi scostò i capelli bagnati di sudore dalla fronte e me la sfiorò con le labbra.

< Bella, è finita. > sussurrò al mio orecchio.

Poi Edward mi mise la creaturina piccola e bagnata di sangue sul petto e, pieno di orgoglio e gioia, mi bisbigliò: < Maschietto. >
Non sapevo se stessi piangendo o ridendo ma mi ritrovai con il capo contro il suo petto mentre stringevo il mio bambino. L’odore del sangue era forte e gli occhi di tutti i
presenti erano divenuti neri. Ma Edward pareva non curarsi della sete.
Esme gli passò la bambina ed io mi sporsi per baciarle la fronte. Lei era già stata lavata e avvolta dentro a delle copertine. Il fratellino tremava di freddo tra le mie braccia. Lo strinsi di più a me per trasmettergli calore e poi sfiorai anche la sua testolina con le labbra.

In quel momento scattò un flash ed io imprecai.
< Alice! > sussurrammo in coro. Lei nascose la macchina dietro la schiena e poi sorrise.
< Vado a dire a Liz che fra poco conoscerà i gemellini. > E poi sparì dietro la porta del bagno.
Esme mi sfilò il bambino dalle braccia ma io cercai di trattenerlo.
< Bella, dai, devo lavarlo… e mettergli qualcosa addosso. Prenderà freddo. >
E a quel punto le mie braccia si rilassarono, lasciando che lei prendesse il mio bambino. Il mio Alec Anthony.

Chiusi gli occhi mentre Edward faceva scendere l’acqua piena di sangue, svuotando la vasca, e lavava il mio corpo con dolcezza con una spugna e il gettito caldo della doccia.
Per fortuna questa volta non mi avevano spostato in camera. In confronto alla volta precedente, questo parto non era stato doloroso come pensavo. Evidentemente, due figli non significavano dolore per due…

Per fortuna…

E mentre pensavo a questo, cullata dalle urla assordanti dei miei due gemellini e dalle mani attente di Edward e Carlsile,
mi lasciai prendere dal sonno, stanca, sfinita, felice…

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Capitolo 48
*** Mi vuoi ancora bene, mammi? ***


Salve, anzi, Buona Sera!!!
Per prima cosa, Buon 2009!!!
La prossima volta che posterò, il 2 gennaio, sarà l’anno prossimo (ma dai XD)
Colgo l’occasione per augurare a tutte un buon anno, pieno di cose belle! (la frase è scontata, ma mi auguro che sia davvero così!)
Sarò breve…
Intanto, grazie a quelle che hanno letto e recensito, il cap 19  di Breaking Dawn (quando nasce Nessie)visto dal POV di Esme. Our Little Beloved  Se qualcun'altra di voi olesse andare a darci un’occhiata, mi farebbe felice XD
Parlando del cap scorso, volevo dire solo un paio di cose:
Melanie è un nome che ho scelto per due motivi:

  1. è il nome della protagonista di “the host”
  2. le prime tre lettere sono davvero l’acronimo dei secondi nomi di (in ordine) Alice, Esme, Rose. (ho cercato sul sito della Meyer XD)

     E poi, mi piace! Inoltre con l’accento sulla i, è anche il nome di una mia amica con un po’ di problemi. Diciamo che spero possa essere per lei un buon augurio. (io lo leggo con l’accento E… e voi? )
Il nome del bambino sarà al centro del prossimo cap.
Ora vi lascio che devo andare a mangiare…
Un bacio,
Erika
E ancora, Buon 2009!!!

Edward's POV

< Bella, vieni. > Le sussurrai prendendola in braccio e facendola uscire dalla vasca.

Lei si limitò ad annuire, sfinita.
La strinsi a me mentre Esme la asciugava e le infilava l’accappatoio.
Una volta in camera, lei la vestì e poi la fece stendere sul letto. Bella, mezza addormentata, si lasciò accudire senza protestare come suo solito. Quando Esme le ebbe fatto indossare la biancheria da puerpera (di cui Bella si vergognava in modo impressionante cercando però di non farmelo notare, fallendo miseramente…) la aiutai a stendersi. La doccia calda le aveva rilassato i muscoli e il parto l’aveva affaticata moltissimo.
< Ti fa male? > le domandai accarezzandole il ventre nel punto in cui Carlisle aveva premuto con forza qualche minuto prima, facendola urlare.
< No… in confronto a prima poi… > Ed abbozzò un sorriso stanco. Poi mi carezzò la guancia con la mano calda e umida. < Perché sei qui? Vai dai nostri bambini… >
< Carlisle li sta visitando adesso. Appena avrà finito, li porterà qui. >
< Va bene. > sussurrò accomodandosi meglio tra le coperte.
Rimasi ad accarezzarla e a sussurrarle quanto l’amassi finché non mi accorsi che si era addormentata. A quel punto le rimboccai la coperta e mi alzai.
Nella sala Carlsile si stava occupando dei bambini.
Il loro pianto potente era stato sostituito da un silenzio fatto di respiri e vagiti.
< Hanno fame… > mi disse Esme venendomi incontro e prendendomi una mano.
Mi infilai l’altra tra i capelli e un po’ a disagio ammisi: < Come faremo con due? Bella impazzirà. >
< Vedrai che ci arrangeremo. Ha già detto che vuole allattarli il più possibile, proprio come ha fatto con Liz… >
< Beh, il tiralatte è già in camera nostra… comincerà a tenerne via un po’. >

< Dai, avvicinati. > Mi disse Carlsile che stava finendo di trascrivere dei dati su due cartelle, una rosa e una azzurra, con su scritti in bella grafia i nomi dei bambini.
Era difficile ammetterlo, ma mi sentivo un po’ in soggezione. A passi lenti e misurati mi avvicinai alla culla calda, la stessa usata con Liz, dentro alla quale i miei due figli si agitavano.
< Sono minuscoli. > La culla era grande, ma loro ci stavano comodamente. Erano uno vicino all’altra, stretti come in un abbraccio.. Il maschietto era rannicchiato contro la femminuccia. Carlisle aveva messo loro dei pannolini di stoffa, di quelli che si possono lavare e si adattano al corpo del bambino. Nonostante questo però,erano troppo grandi per loro…

< Edward, in un parto gemellare è normale che siano un po’ più piccoli della media. >

Mi sporsi e lui mi incoraggiò: < Prendili in braccio. Ti fanno forse paura? >
< No, solo, mi sembra impossibile pensare che delle creaturine del genere siano davvero figli miei. Proprio come Liz… sono così innocenti, così belli. >
< Edward, non dire sciocchezze. Sei troppo critico nei tuoi confronti. > mi intimò mia madre. < Prendili, poveri piccoli… >
E così feci. Prima sollevai la bambina (la riconobbi subito perché aveva un minuscolo neo sotto l’occhio sinistro) e poi con l’altro braccio il maschietto.
Non smisero di vagire e Carlsile pensò esattamente ciò che aveva detto Esme e che stavo pensando anche io: “Hanno fame”.

Facendo scivolare la bambina tra le braccia di Esme, tornai in camera, seguito da lei.
< Bella, Bella, amore… > le dissi sfiorandole la fronte leggermente sudata con le dita. < Bella, svegliati. >
Lei scosse il capo e poi socchiuse gli occhi.
< Bella, non li vuoi conoscere? > La vidi arrossire. Quel tono di voce la faceva sempre impazzire… La chiamava “la voce di velluto”. Era quella che sfoderavo quando volevo qualcosa da lei.
Si sedette, poggiandosi sui gomiti per tirarsi su e poi sorrise.

Con voce affaticata si scusò: < Oddio, credo di essermi addormentata… scusami. >
< Ma che dici? È normale che tu sia stanca. Ecco, prendi il bambino. > E poi accompagnai Alec contro il suo petto, non fidandomi troppo della mani tremanti per l’emozione di mia moglie.
< Oddio, è splendido… > sussurrò dopo averlo accarezzato. Poi, con un filo d’ansia, domandò: < Edward, e la bambina? >
< È qui. > fece Esme avvicinandosi ed attirando la sua attenzione. < Eccola… > e gliela avvicinò. Bella piegò le braccia a formare una culla e accolse anche la bambina nel suo primo gesto da mamma verso di loro.
< Muovono la bocca proprio come Liz quando aveva fame… > Sussurrò trasognata poi mi porse i nostri bambini. Quando le sue labbra furono libere, si slacciò la camicia da notte e cercò di sedersi più comoda.
< Ehm, allora, vediamo… > borbottò cercando di capire come fare per allattarli insieme. Poi parve rinunciare, sospirò e disse: < Edward, mi daresti una mano? Tu ne tieni uno, io l’altro? >
< Ma certo. > e le passai Mel.
Quando finalmente entrambi si furono stufati di ciucciare, io ed Esme li prendemmo in braccio e facemmo fare loro il ruttino. Quando mi voltai, vidi Bella addormentata, il capo reclinato sul cuscino.
Esme mi carezzò la spalla e pensò: < Lasciamola un po’ in pace. È esausta… > ed un attimo dopo, involontariamente, la sua mente tornò ai ricordi nebbiosi e confusi del suo parto.
In silenzio lasciammo la stanza.

Appena entrai in sala, Liz si alzò dal divano e saltellando mi corse incontro. La sollevai da terra e le baciai la guancia in una frazione di secondo. I suoi capelli profumavano di miele e fresia…
Gli occhi, verdissimi, le brillarono quando sbirciò oltre il mio braccio il piccolo fagotto che stringevo al petto. La feci scivolare fino a farle toccare terra con i piedi nudi e poi mi inginocchiai davanti a lei.
Le scostai un ricciolo dalla fronte.
< Liz, ti presento Melanie, la tua sorellina. >
Con voce cristallina lei mi rispose: < La conosco già. >
Rimasi con la mano bloccata a mezz’aria. La mia carezza interrotta. Lei,come se niente fosse, continuò: < scalciava sempre nella pancia della mamma! >
Un attimo dopo si sporse in avanti e cercò di osservare la sorellina. Io, ancora confuso dalle sue parole, scostai la copertina in cui avevo avvolto la piccola Mel e mostrai a Liz la sorellina.
Melanie, disturbata dalla luce, emise un gemito e strofinò il visino contro la mia maglietta.
Liz, silenziosa, la guardava rapita. Con la manina ferma le diede una carezza gentile sulla guancia.
< Che bella!!! >
< Vero? Ti assomiglia, sai? > Lei sorrise ed arrossi, ricordandomi sua madre con il suo sorriso.  < Esme, fagli vedere Alec. > Bisbigliai. Lei, lentamente, si avvicinò e mostrò a Liz il suo fratellino.

Dopo alcuni minuti in cui Elizabeth continuava a fissare i due neonati, che nel frattempo si erano addormentati ed erano stati messi nella culla riscaldata, Liz venne da me. Tese le braccia come quando voleva venire in braccio. La sollevai in un turbinio di capelli rossi.
< Che c’è? > Le domandai baciandole una guancia. Lei, in silenzio, posò due mani intorno al mio orecchio e mi bisbigliò: < Papà… sono davvero piccoli. Più delle mie bambole! > < Sì… >
< Dopo posso tenerli in braccio ache io? >
< No, non sono dei giocattoli. Sono dei bambini veri. Quando sarai più grande… > Cercai di spiegarle. Lei parve rattristarsi, quindi le diedi un buffetto sulla guancia. < Non fare così. >
Assonnata, sbadigliò e si stropicciò gli occhi.
< Vieni, furbacchiona. È tardissimo, e tu devi dormire. >
< Posso domire con la mamma? >
< No, lasciala riposare. È molto stanca. >
< Ma papi!!! >
< Non voglio sentire storie. Vai a dormire… >
< Vieni Liz. Ti accompagno io. > Sussurrò Rosalie alzandosi dal divano. Prese Liz dalle mie braccia e svanì al piano di sopra. Mentre le rimboccava le coperte, sentii le proteste di
mia figlia.
< Ma zia… io non voio domire. Io voio tare con la mamma… >
< Domani… > le disse Rose prima di cantarle una ninnananna.

Mentre osservavo i due gemellini nella culla, ascoltai le proteste di Liz farsi sempre più flebili, fino a diventare un mormorio indistinto, specchio dei suoi sogni.
Come la madre, anche Liz parlava nel sonno.
< Carlisle, Carlilse! >
< Si, Alice? >
< Reneè vuole parlare con te. Chiamerà fra cinque minuti circa. Sta cercando il tuo numero fra i bigliettini sul suo comodino. >
< Le hai detto che è andato tutto bene? >
< Sì, prima, quando ho chiamato lei e Charlie… credo che però  voglia parlare con te. In fondo, sei tu il medico…  Rispondi al primo squillo, altrimenti sveglierai i bambini. >
E così dicendo gli porse il telefono.
Reneè, proprio come aveva predetto Alice, telefonò e volle sapere da Carlisle tutto riguardo al parto. Si fece anche promettere che Bella l’avrebbe chiamata subito, appena sveglia.
Alla fine, dopo circa un’ora, Carlisle riuscì a tranquillizzarla e lei decise di tornare a dormire. Anzi, di andarci, visto che non era riuscita a chiudere occhio.
A parer mio,si sentiva in colpa per non poter stare vicino a Bella in un momento importante come la nascita di un figlio. Inoltre, era riuscita a vedere di persona Bella e Liz solo poche volte negli ultimi due anni…
E questo la faceva soffrire.
Certo, lei non poteva sapere il rischio che correvano sia loro che noi, ogni volta che lei e Bella si incontravano.

Sebbene Aro non costituisse più un rischio, non era prudente lasciare che qualcuno potesse sospettare della presenza di Bella.
Appena i bambini non avessero più avuto bisogno di Bella giorno e notte, avrei cercato di convincerla a lasciarsi trasformare.
Sapevo che per almeno un anno avremmo dovuto restare lontano da loro (era fuori discussione che lasciassi Bella da sola, o con qualcuno della mia famiglia. volevo starle accanto) ma era meglio agire in fretta. Al più presto.
Aspettare che rimanesse incinta di nuovo era stata una mezza pazzia. Sapevo che avrei dovuto trasformarla appena Liz non avesse avuto più bisogno del suo latte…
Avevo accontentato Bella solo perché sapevo che da un passo del genere non si sarebbe più potuto tornare indietro. E dato che era un desiderio così profondo, come avrei potuto negarle le gioie di essere madre.
Soprattutto vedendo quanto mia madre e mia sorella soffrissero  per la loro condizione di eterna impossibilità di avere bambini.
Mi fece sorridere pensare che un tempo i nostri ruoli erano rovesciati.
A quanto lei avesse implorato che la cambiassi, e quanto io avessi cercato di dissuaderla.
Per me, lei sarebbe stata perfetta anche se fosse somigliata a mia nonna.
Certo, non avrei sopportato di vivere senza di lei ma tanto, quando fosse giunto il momento,  l’avrei raggiunta. La morte non mi poteva spaventare. Una vita infinita senza di lei invece mi terrorizzava.
Le cose però erano mutate notevolmente.
Adesso, tutto era diverso.
Non potevo sopportare l’idea di saperla morta.
E poi, non potevamo abbandonare i nostri figli.
Per farla diventare come me avrei dovuto aspettare giusto il tempo di vedere i nostri bambini crescere un pochino…
Ancora al massimo due anni, e poi, senza mostrarle quanto impaziente fossi, l’avrei accompagnata attraverso le soglie dell’immortalità.
Naturalmente, avrei fatto in modo che fosse lei a chiedermelo. Volevo farle almeno credere che la decisione fosse sua. Più o meno come sempre...

Mentre pensavo a quanto difficile sarebbe comunque stato uccidere (perché di questo si trattava) mia moglie, non vederla più arrossire o non sentire più il suo cuore battere, continuavo ad accarezzare i due minuscoli bambini che, beati, dormivano rannicchiati l’uno vicino all’altra, quasi fossero ancora nell’utero materno.

Poche ore dopo, quando sorse l’alba, sentii Bella chiamarmi flebilmente, ancora nel mondo dei sogni.
Un attimo dopo fui da lei e le presi la mano.
Lei aprì lentamente gli occhi e quando mi vide al suo fianco quasi scoppiò a piangere.
< Bella, Bella, tesoro, non fare così… >
< Oh, Edward!!! >
La  strinsi a me, accarezzandole la schiena.
< Cosa c’è? >
< Non lo so, mi sento così strana, vuota… proprio come quando è nata Liz. >
< Su, non fare così. È colpa degli ormoni. >
Si asciugò gli occhi con il dorso della mano e poi si appoggiò a me, lasciandosi cullare.
Quando i suoi singhiozzi si furono placati le sussurrai: < Hai fame? >
< No… veramente, mi aiuteresti ad alzarmi? Devo andare al bagno ma mi sento le gambe molli. >
< Ma certo. Ecco, reggiti a me. >
La sorressi lungo i pochi metri che ci separavano dal bagno.
Insistette perché la lasciassi sola ma non mi lasciai convincere.

Quando alla fine mi permise di riportarla in camera sentii il suo stomaco protestare e allora fu il mio turno di insistere.
< Dai, Bella, mangia qualcosa… >
< Edward, davvero…non ho molta fame. >
< Dai, sforzati. Ricordati che devi >
< Mangiare per tre… lo so. > Finì lei e fui felice di notare un sorriso timido farsi strada sulle sue labbra.
< Solo, ci metterò un sacco a ritornare come prima. >
Mi vide che stavo per adirarmi e si affrettò subito a dire: < Ok, ok… andiamo a mangiare… >
< Dai, ti porto qualcosa qui. >
< No, senti. Non ho intenzione di rimanermene qui sdraiata tutto il tempo. >
E così dicendo si alzò in piedi. Sbuffando, la presi in braccio e la portai in cucina.
Quando era a metà del the, Mel cominciò a piangere. Alec, svegliato dalla sorellina, la imitò subito.
Bella fece per mettersi in piedi ma le poggiai una mano sulla spalla.
< Non preoccuparti. Te li portiamo di qua. >
Lei annuì e inghiottì il biscotto.
Le baciai la guancia ma lei mi sussurrò: < Vai a prenderli, altrimenti non la smettono più di piangere. >
Quando fui in sala notai che Esme e Rose li avevano appena cambiati. Mia madre, con un sorriso materno, mi disse che avevano fame.
< Sì, infatti. Bella è in cucina. >
Ed insieme glieli portammo.

Come quella mattina presto, facemmo un po’ fatica per capire come fare, ma alla fine Bella riuscì ad allattarli.

Vedevo le lacrime formarsi agli angoli dei suoi occhi a causa della presa troppo forte delle gengive dei bambini sulla sua pelle ma non dissi niente. Il suo sorriso bastava a tranquillizzarmi.
Quando alla fine mi passò la femminuccia e fece appoggiare il maschietto alla sua spalla per fargli fare il ruttino,mi chiese dove fosse Carlisle.
< Non preoccuparti, è di là. Non ti senti bene? Vuoi che lo faccia venire da te? >
< No, veramente, volevo solo chiedergli una cosa… pazienza, lo farò dopo… >
< Dì pure a me. >
< No, no… > Arrossì e, per cercare di nascondermelo, piegò il capo fingendo di osservare il bambino. Gli diede un bacetto sulla guancia e poi gli accarezzò la testolina. 
< Edward, credo che dovremo tenere da parte moooolto latte. Questi due sono insaziabili... > 

Pochi minuti dopo, Alec le vomitò sulla maglietta, suscitando l’ilarità di Emmett che stava trasportando i mobili che aveva costruito dal garage alla cameretta dei bimbi. Bella gli fece la linguaccia e poi disse fingendo irritazione:

< Ecco, si ricomincia… >. Colsi facilmente la gioia nella sua voce.
< Dai, dai a me il bambino, ci penso io. > Ed Esme allungò le mani per afferrare il nipotino.
< Sai Edward, non dirglielo, ma credo che Alice abbia fatto bene a comprarmi delle camice da notte nuove. Con due gemelli, mi sa tanto che non farò in tempo a metterne una, che loro ci avranno già vomiticchiato sopra… >
< Bella, ti ho sentito! > Le gridò Alice dalla stanza dei piccoli. Stava dando istruzioni ad Emmett sul come disporre i mobili. Si stava divertendo moltissimo…
Ridemmo mentre Rose prendeva Mel e andava a portarla in camera nostra, insieme ad Alec.
Alice e Carlisle avevano sistemato tutto anche in bagno ed avevano spostato la culla in camera nostra.
Quando Esme tornò, portò a Bella dei vestiti puliti ed io l’aiutai a cambiarsi la maglietta.
Nel fare questo, la strinsi dolcemente a me. Lei, timida, restituì l’abbraccio e mi sussurrò: < Sono bellissimi. >
Mi limitai ad annuire, catturato dalla dolcezza nella sua voce.
Quando, pochi minuti più tardi, la riaccompagnai in camera, vi trovai dentro Liz.
Era seduta sul lettone, dalla mia parte. Teneva le braccia conserte poggiate a quella che era stata la sua culla, e osservava i fratellini.

Lasciai Bella sulla soglia e mi avvicinai a lei. Quando Liz girò il capo verso di me, mi stupii di vedere le lacrime scorrerle lungo le guance pallide.
< Liz, tesoro, cosa c’è? > Domandò Bella, venendo verso di noi.
< Mammi! > Le gridò Liz scoppiando a piangere, divincolandosi da me e correndo tra le sue braccia. Bella si inginocchiò e spalancò le sue per accoglierla.
< Mamma. Adesso non mi vuoi più bene? >
< Ma no, cosa dici? Te l’ho già detto. Come potrei non volerti più bene? Sei la mia bambina. >
< Ma mammi, perché non posso tare con te allora? >
< Liz, tu puoi stare con me quanto vuoi. >
< Ma papà non mi ha pemesso di vedeti. > Sussurrò la bambina fra i singhiozzi. Bella, stupita, mi osservò da sopra la testa di Liz. < Edward? > mi domandò in tono accusatorio. < Cosa significa? >
< Bella, avevi appena partorito. Non era il caso che venisse a disturbarti… dovevi riposare. >
< Edward, non permetterti mai più. Se Liz voleva stare con me, dovevi lasciarla fare. Sei tu quello che insisteva tanto per non farle vivere in modo traumatico la nascita dei fratellini. E poi non le lasci… >
< Bella, ne abbiamo già parlato… il fatto è che voleva dormire con te. E ti assicuro, non eri in gran forma. Non volevo che ti vedesse così stanca e affaticata. E poi, ti avrebbe disturbata. >

Lei abbassò lo sguardo e, senza rispondermi, mi fece segno “dopo” con il dito poi sorrise e disse a Liz: < Non ascoltarlo. Io ti voglio bene e niente potrà farmi cambiare idea. La prossima volta che vuoi stare con me, chiama mamma e io verrò. Io verrò sempre, quando avrai bisogno di me. >
< Promesscio? >
< Promesso. > e le prese la manina, poggiandosela sul cuore.
< Quindi non è vero che non mi vorrai più bene? Anche se sci sono Alec e Mel? >
< E chi te l’ha detto questo? >
< Nessuno… ma Zio Emmett mi ha detto che poi adesscio non potai più tare con me pechè devi tare con loro... >
< Zio Emmett è un cretino. Io starò sempre con te. E ti vorrò sempre bene. Io voglio lo stesso bene sia a te sia ai tuoi fratellini. Siete tutti quanti i miei bambini. Adesso quindi non piangere. >
< Va bene. >
< Vuoi venire nel lettone? > Liz non rispose ma annuì con decisione.
Bella si sdraiò e nostra figlia le posò la testa sul seno. Io,piedi ai piedi del letto, osservavo entrambe.
< Edward… >
Io, che ero rimasto appoggiato al muro davanti alla culla, la guardai negli occhi. Curiosamente, non era adirata con me come sospettavo.
< Sì? >
< Tu non vieni? >
E mi sorrise. Feci altrettanto. Rimboccai la copertina bianca ai gemellini e poi mi sdraiai vicino a Bella e Liz.
< Sei arrabbiata? >
< No. >
< Sicura? >
< Sì… >
< Ma… >
< Ma, ti prego, smettila di essere così protettivo. >
< Va bene. > Le risposi per niente convinto. Sapevo che lei, per gli altri, metteva se stessa in secondo piano. Soprattutto se si trattava di qualcuno della famiglia.
La strinsi a me cercando di non schiacciare Liz che se ne stava beatamente tra di noi.
Le carezzai i capelli e poi le sfiorai le labbra con le mie. Lei immediatamente si sciolse tra le mie braccia.
A metà del bacio però uno dei due piccoli cominciò a vagire a tutti polmoni.
Ad orecchio mi pareva Mel.
Ovviamente, venne seguita da Alec.
Bella si portò a sedere e poi baciò Liz sulla fronte.
Nostra figlia si mise le manine sulle orecchie e sussurrò: < Ma anche io facevo coscì casino? >
< Sì, tesoro, sì. > Le disse Bella scompigliandole affettuosamente i capelli. Io nel frattempo avevo già preso i bambini tra le braccia.
Bella prese Mel e cominciò a cullarla.
Liz, si mise in ginocchio e sbirciò tra le braccia della madre.
E quando la sorellina sbadigliò, il suo voltò si aprì in un sorriso radioso.
In quel momento Alice bussò alla porta.

Con voce tremante, mi chiese di raggiungerla…

 

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Capitolo 49
*** cicogne ubriache e sorelle preoccupate ***


Buon 2009 a tutte!!!!
Ed eccoci quindi qui, al 2 di gennaio!!!
Nuovo anno, vecchia ff. non credevo di continuare a scrivere questa ff ancora nel 2009!
Comunque, ormai siamo agli sgoccioli. Il finale sarà doppio, nel senso che probabilmente metterò in appendice il finale che avevo previsto all’inizio e che potrebbe lasciare molte di voi con un infarto da ricovero presso l’ospedale di Carlisle!
Per questo capitolo, ecco il ritorno del doppio POV. Prima Edward e poi Bella racconteranno la mattinata dopo il parto.
Capitolo di passaggio senza pretese, scritto tra un’Ecloga di Virgilio e un’orazione di Lisia per un invalido ateniese del V sec a.C. … il risultato è colpa dei compiti e non mia.
Nonostante questo, spero che vi piaccia!
Auguro a tutte un buon 2009 e vi aspetto Lunedì! E mi raccomando, lunedì, tenetevi ben strette alle sedie che se vi fate male cadendo per lo spavento mentre leggete la mia ff poi mi sento in colpa XD

E un grazie gigante a tutte quelle che hanno recensito o anche solo letto la mia one-shote sulla nascita di Nessie: Our Little Beloved  Spero vi sia piaciuta!

 

Edward’s POV

Mi alzai dal letto per andare da Alice con un nodo allo stomaco. Riposi Alec nella culla con attenzione e poi presi Mel dalle braccia di Bella, che si era appoggiata allo schienale del letto tenendo gli occhi chiusi. Era esausta. Nella mente di Alice vedevo l’immagine di Jasper. Si stava concentrando su di lui. Faceva sempre così,quando non voleva che sbirciassi tra i suoi pensieri.
Bella, che era molto stanca a causa del parto, socchiuse gli occhi quando si accorse che non mi rimettevo a letto. Le baciai la guancia per non insospettirla ma lei voltò il capo e con le labbra cercò le mie.
Appena le trovarono, mi baciò con passione sempre crescente. Cercai di non darle a vedere la mia preoccupazione ma, dato il suo tentativo di trattenermi e di stringermi al suo corpo, dedussi di aver fallito.
Alice mi chiamò ancora, la voce troppo bassa perché potesse sentire anche Bella, ed io mi separai da mia moglie.
Prima che potesse chiedermi qualcosa, le sussurrai: < Torno subito. > e poi raggiunsi Alice che mi attendeva ai piedi delle scale.
< Alice cosa è successo? >
< Vieni. > e mi prese per mano.
Insieme andammo in cucina dove Carlisle ed Esme ci stavano aspettando.
Rose si alzò in piedi quando entrammo e disse: < Vado da Bella. Avrà bisogno di aiuto… >
Presi il suo posto. Jasper mi fissò e poi scambiò uno sguardo d’assenso con Carlsile.
Emmett prese posto vicino a Carlisle.
< Edward… >
Mi voltai verso Alice che mi aveva chiamato. < Vuoi dirmi che succede? >
< Edward, ho avuto una visione. Adesso, vedi di non agitarti. >
< Se mi dici cosa hai visto, potrò valutare io stesso. > sussurrai sospettoso.
Alice incrociò le braccia e si appoggiò al lavandino. Mi fissò negli occhi per un istante e poi sospirò: < Edward, ho visto i bambini. >

Rimasi in silenzio, in attesa che proseguisse.
< Forse, sarebbe meglio dire che finalmente ho visto i gemellini. Avevano circa sette anni. Liz ne aveva 9-10. Erano sani. >
< Ma … > la incoraggiai io, messo in allarme dal tono tormentato della sua voce.
< Ma non c’era Bella. Edward, ti giuro, io mi sono sforzata. Ho cercato di vederla… ma c’è il vuoto. Prima pensavo di non riuscire a vedere lei e i gemelli per colpa della gravidanza. Temevo che sarebbe successo qualcosa durante il parto… Ma adesso che i bambini sono nati, ora che non sono più dipendenti totalmente dalla vita di Bella, adesso riesco a vederli chiaramente.
Senza nessuna difficoltà! Bella invece non riesco a scorgerla. >
Prima che potessi proferire la benché minima parola, Carlisle si intromise.
< Edward, non angosciarti troppo. Le visioni non sono mai precise. Magari, fra un po’, riuscirà a vedere anche lei. Volevamo solo informarti della buona notizia…Che Alec e Mel staranno bene… >
Ma Alice, preoccupata, si limitava a fissare il pavimento mordicchiandosi il labbro.

Alla fine si decise a ripensare alla visione, per mostrarmela.

Vidi mio figlio seduto in giardino, sulle gambe di Rose che gli passava le dita tra i capelli. Teneva tra le mani un pupazzo. Sembrava triste.
Poco lontano Liz e Mel si dondolavano su un’altalena. I miei figli erano splendidi e la loro pelle brillava leggermente alla luce del sole. Quella di Liz più di quella dei gemellini. Evidentemente, era un fattore
legato all’età…
Io li osservavo seduto sotto il portico,nello stesso punto in cui Bella, incinta di Liz, aveva guardato me e i miei familiari giocare a palle di neve.
Ero solo, ero… assente con lo sguardo.

Scossi la testa, quasi a voler allontanare i cattivi pensieri, e poi cercai di ragionare.
< Alice, non vuol dire che, dato che non la vedi, le sia successo qualcosa… >
< Edward, non ero riuscita mai a vederli prima di oggi. Ma sebbene ora veda loro, non riesco ancora a vedere Bella. Sono preoccupata. >
In realtà leggevo nella sua mente il terrore. C’era qualcosa che la turbava e che non voleva dirmi. Scrutai nella sua mente ma non trovai nulla di più di quanto non mi avesse già mostrato.
Il che, bastava a mandarmi in ansia.
Mi presi il capo tra le mani e cercai ritrovare una spiegazione all’assenza di Bella nel futuro visto da Alice.
Con voce incerta, le dissi: < Alice, Bella in quel momento potrebbe essere a caccia, o in cucina… neanche tu ci sei in quella visione, nemmeno Esme o Carlsile… >
< Esatto. È proprio quello che intendevo io. Potrebbe essere ovunque. > Disse Carlsile con voce pacata. < Proviamo ad aspettare ancora un po’ prima di allarmarci. E comunque, presto, non ci sarà motivo di
preoccuparsi. Bella è protetta e al sicuro. E quando Edward l’avrà trasformata potremo stare tranquilli. >
Cercai di interiorizzare quelle parole rassicuranti e mi appoggiai allo schienale della sedia.

Dopo alcuni secondi di silenzio, Alice mi venne vicina. < Edward, ascolta. Presto verrà a trovarci Alec… forse, dovresti parlarne con lui. >

< Alec? >
< Sì… l’ho visto questa notte. Naturalmente, confidava nel fatto che lo vedessi. Non si arrischierebbe a chiamarci. È impaziente di rivedere Bella. Ci incontreremo a Vancouver… >
< Quando? >
< Fra due settimane. E anche Jacob vorrebbe venire a trovare Bella… chiamerà alle 10.14. >
< Lui quando vuole venire? >
< Fosse per lui, anche domani… credo però di poter convincerlo ad aspettare un po’. Una puerpera va lasciata riposare. 
Stressarla il giorno dopo il parto non mi pare una bella idea. >
< Gli parli tu? >
< Certo. > E mi sorrise, gentile. Una nota di preoccupazione sul suo volto dai tratti delicati.

 

Bella’s POV

Sentii Edward sedersi sul letto e socchiusi gli occhi. Lui se ne accorse e mi baciò la guancia.
Stava per andare nell’altra stanza. Se fosse rimasto, si sarebbe sdraiato al mio fianco, invece fissava la porta. Non volevo che si allontanasse e quindi voltai il capo per rubargli un bacio vero. Non la carezza casta sulla mia guancia.
Le sue labbra non mi respinsero ma furono troppo ansiose e circospette per rasserenarmi. Quando sciolse il bacio, sentii sulle labbra il sapore amaro della separazione.
< Torno subito > la sua voce mi giunse quando ormai era già oltre la porta.
Mi alzai sui gomiti e Liz, accoccolata vicino a me, mi osservò.
< Mammi? >
Cercai di sciogliere la presa delle sue piccole manine dalla mia camicia ma inutilmente.
Poco dopo Rose fece il suo ingresso in camera mia.
< Liz, hai voglia di fare colazione? > Chiese tutta miele a mia figlia che, sbadigliando, lasciò finalmente la mia maglietta e si tuffò tra braccia della zia.
< Shii >
< Bella, a te cosa porto? >
< Niente, Rose, grazie… >
< Non ti ho chiesto se vuoi, ma cosa vuoi. È fuori discussione che ti lasci a digiuno. Carlisle si è tanto raccomandato. >
< Rose, davvero… mi sento sottosopra. Non è che faresti venire Carlisle, a proposito? prima volevo parlargli ma Edward ha detto che era occupato. Io non volevo preoccuparlo e non ho insistito. >
Rose mi squadrò con un’espressione tutta nuova dipinta sul volto.
Passò leggera la mano sulla mia fronte e poi la ritrasse pensierosa.
< Rose? >
< Adesso ti chiamo Carlisle. > Disse prima di lasciar andare Liz che venne a nascondersi vicino a me, sotto le coperte.
La porta si chiuse con un leggero tonfo dietro rose e Liz mi accarezzò la faccia.
< Mammi? >
< Sì? >
< Ma come hanno fatto Mel e Alec ad entrare nella tua pancia? >
Eccolo, il momento tanto temuto. Avvampai e sentii lo sguardo curioso e carico di aspettative di Liz fisso su di me.

Cercai di ricordare cosa mi avesse detto Reneè a suo tempo e, quando me ne ricordai, decisi di non tramandare la favola di Reneè…
Non mi parve un’idea intelligente dirle che i suoi fratellini, e lei stessa, fossero nati perché io avevo incontrato una cicogna ubriaca che non sapeva dove metterli…
Ma cos’aveva in mente Reneè quel giorno?
Non soddisfatta della risposta che Reneè (adesso potevo capire il suo imbarazzo) aveva dato alla mia domanda: “Come nascono i bambini”, ricordai di essere andata a chiedere alla mia vicina di casa, che aveva 16 anni, e che mi aveva raccontato cosa succedesse realmente…
Ero rimasta talmente scioccata che mi ero ripromessa che non avrei mai fatto una cosa tanto schifosa…

Ehm… effettivamente, non sapevo cosa mi sarei persa.

E adesso oltretutto mi ritrovavo con tre figli, la maggiore dei quali mi stava chiedendo come nascessero i bambini. Pensai di dirle di chiedere ad Edward ma sapevo poi me lo immaginai spigarle cosa fosse il sesso e, temendo che Emmett riuscisse ad infiltrarsi nel discorso stile-papà, pensai che era meglio se ci provavo io. Decisi di dirle una verità che non la turbasse:
< vedi tesoro, quando una mamma e un papà si vogliono tanto bene, si fanno tante coccole. Il papà stringe la mamma e le dà tanti baci. E quando si vogliono bene, ma proprio tanto bene, allora l’amore che il papà prova per la mamma entra dentro di lei e si unisce a quello della mamma. E in questo modo si forma un bimbo piccolissimo che cresce per 9 mesi dentro la pancia della mamma. E quando è cresciuto abbastanza, allora bussa alla mamma e la avvisa che deve nascere. >
< Ma allora ieri Mel e Alec hanno bussciato? >
Oddio, mi sembrava che mi stessero uccidendo pugnalandomi dall’interno dato il dolore, ma lasciamogliela passare…
< Sì… e il papà, i nonni e la zia Alice mi hanno aiutata a farli nascere. >

Liz sembrava soddisfatta della risposta e sorrise. Io cercai di sdraiarmi un po’ meglio.
Avevo male ovunque a causa dello sforzo della notte precedente. Volevo dormire, volevo riposarmi… Ne avevo bisogno.
per cercare di allontanare Liz senza offenderla, le chiesi di andarmi a prendere un bicchiere d’acqua.
Lei, gentile ed ubbidiente, sorrise e corse in cucina.
Mi abbandonai ai cuscini cercando di trovare una posizione che non mi facesse sentire il male alle gambe, alla schiena e all’inguine.
Mentre me ne stavo sdraiata ad occhi chiusi, una mano gelata mi fece rabbrividire.
< Bella, Amore? Stai bene, tesoro? Sei calda. >
In un istante di spazientimento mi ritrovai a pensare: “se non la smette, gli tiro dietro una corona d’aglio attaccata ad un pugnale d’argento” per poi ricordarmi però che gli stupidi rimedi umani contro i vampiri non avevano nessun effetto pratico.

Aprii lentamente gli occhi, poggiando la guancia contro il palmo freddo di Edward.

Vidi Carlisle e sbuffai.
< Bella, se volevi vedere Carlisle, se era una cosa importante, perché non me lo hai detto? > Mi rimproverò mio marito, seduto sul letto vicino a me.
< Rose dice che non stai bene. >
< Sto bene, solo, mi sento strana… non è il caso di agitarsi. > Ma dal suo sguardo, capii che lui era molto più che agitato… era proprio per quello che avrei preferito parlare con Carlisle in privato…
Non volevo che Edward si facesse delle paranoie.
< Edward, perché non vai di là con Liz. Non vorrai che si senta trascurata? Ci penso io a Bella… >
< Carlsile, Liz può stare con Rose o Esme, o con Alice. >
< Edward, fa come dice lui… mi sentirei più tranquilla se stessi un po’ con lei. Continua ad essere il padre affettuoso che sei stato fino a ieri. >
< Bella, ti prego… non se ne parla neanche. Ecco, questa è l’acqua che hai chiesto. >
E mi porse un bicchiere stracolmo di acqua fresca. Quando la vidi, sentii la sete crescere. Mi sporsi ed afferrai il bicchiere, da cui bevvi avidamente.
In quel momento Carlisle mi passò la mano sulla fronte.
Guardò Edward e poi mio marito mi sussurrò: < Hai la febbre. Non alta ma comunque è meglio evitare che salga... >
< Ah, ecco perché mi sento così… strana. Con Liz, dopo il parto, è stato diverso. >
Edward mi sfilò il bicchiere e mi accompagnò sui cuscini.
< Devi stare a riposo. > poi, rivolgendosi a Carlisle < Forse ha un’infezione >
< Forse... Potrebbe anche essere la spossatezza però. Secondo me è per quello. La terremo sottocontrollo, nel caso sia necessario intervenire con una cura antibiotica. >
Mi toccai il seno e sussurrai: < Non prendo niente. >
Senza realmente darmi retta, Edward disse: < Sì, tesoro, lo sappiamo. Ma se fosse necessario, non voglio sentire storie. >
Contrariata, mi voltai di lato. Volevo tenergli il muso ma non mi fu possibile. Cominciò a massaggiarmi la schiena dolcemente. Quando sentii le sue labbra gelate sfiorarmi il collo sciolsi i muscoli e mi rilassai.

Sentii Edward annuire e mi voltai. Lui mi sorrise.
< Carlisle ritiene che sia ora di allattarli. > < Ah, ok… Non c’è rischio che… > < No, figurati… > < Bene. Edward, mi aiuteresti? >
< Certo. > e con cura infinita prese la bambina dalla culla. Il fratellino stava ancora dormendo.
< Allora Mel, è l’ora della pappa? > le fece con la voce dolce e melodiosa che mi aveva catturato l’anima. La piccolina gorgogliò e lui le pulì la bocca minuscola, prima di porgermela.

Io la appoggiai al mio seno e lasciai che si attaccasse con le gengive alla mia pelle. Strizzai gli occhi cercando di non pensare al dolore e mi lasciai cullare dal ritmato ciucciare.
Quando sia lei che il fratellino furono sazi, mi accoccolai tra le braccia di Edward che, cercando di non farsi notare, mi sfiorava la fronte come per controllarmi. Il suo tocco era preoccupato.
< Edward > gli feci all’improvviso < Perché prima te ne sei andato di là? Cos’è successo? >
< Niente di preoccupante. Anzi, sarai felice. >
Queste parole mi risvegliarono e mi aggrappai alla sua camicia, facendo scorrere le mie dita sul suo petto. < Davvero? >
Annuì convinto e poi mi confessò: < Alice ha visto i gemellini. Saranno splendidi. >
Nella sua voce serena riuscii però a cogliere una nota di preoccupazione che decisi di non alimentare. < E Elizabeth? C’era anche lei nella visione? >
< Sì. Giocava con Melanie. Andranno molto d’accordo. Alec invece era seduto e giocava con un pupazzo. La loro pelle brillerà leggermente. Il bagliore sarà impercettibile agli occhi umani ma sarà splendido. >
Sorrisi soddisfatta e mi immaginai i miei figli che crescevano, sani e forti.

In quel momento sentimmo strimpellare al pianoforte.
< Liz… > sibilò Edward ironico, con una punta di orgoglio nella voce sensuale.
< Edward, mi aiuti ad andare di là? Voglio sentire Liz. >
< Bella, perché non te ne resti tranquilla per un po’? La si sente anche da qui. > mi sussurrò all'orecchio, conciliante.
< Va bene, vorrà dire che ci andrò tutta sola soletta, visto che non vuoi accompagnarmi tu... > E così dicendo scivolai fuori dal letto. Mi misi in piedi e feci appena pochi passi prima di sentire il braccio di Edward cingermi il bacino.
Le mie gambe tremavano e faticavo a restare in piedi a causa dei muscoli indolenziti. Mi pareva di essere fatta di burro.
Lasciai che Edward borbottasse qualcosa riguardo la mia cocciutaggine senza ribattere. Appoggiata a lui, mi sentivo felice e completa.
Mi aiutò a sedermi sul divano e mi avvolse una coperta intorno al corpo.
Liz si voltò e mi domandò: < Mammi, ti piasce? >
< Certo, sei bravissima. Anche meglio del papà. >
Lei rise ed Edward la sollevò dallo sgabello su cui si sedette talmente velocemente che quasi non me ne accorsi. Fece accomodare Liz sulle sue ginocchia e poggiò le sue mani su quelle di nostra figlia, per guidarla. La musica chiassosa e sconclusionata che prima riempiva l’aria venne sostituita da una melodia dolce e semplice al contempo. Edward sussurrava a Liz: < Ecco, più dolcemente. Senti le note? Brava, così. Non avere fretta. Devi essere leggera, accarezzare i tasti. Brava. Senti che bella musica? Sei proprio una brava pianista. > mentre parlava le baciava i capelli.
Mi portai le ginocchia al petto e rimasi a fissarli finché Emmett non entrò in sala.
< Edward, vieni a caccia con me e Jasper questa sera? Carlsile andrà domani e visto che non vuoi che siate via entrambi… >
< No Emm, preferisco aspettare. Non ho sete. Non preoccuparti. >
< Se lo dici tu. A proposito, Alice ha parlato con il cane. Lo ha convinto ad aspettare un po’ prima di venire. >
Quella frase catturò definitivamente la mia attenzione.
< Jake viene a trovarci? >
< Sì, ma non subito. Prima devi rimetterti. > mi sussurrò Edward senza smettere di guidare le manine di Liz sui tasti splendenti.
< Uffa Edward, quanto sei iper-protettivo. >
La musica cessò improvvisamente e Liz alzò lo sguardo verso il padre con un’espressione confusa sul visetto incorniciato da riccioli rossi. < Papi? >
Lui la fece scendere dalle ginocchia e la poggiò sulla coda del pianoforte che aveva chiuso in un secondo.
< Che c’è? >
< Alec si sta svegliando… non vorrei che svegliasse anche Mel. Vado a prenderlo… >
E poi svanì nel corridoio.
Emmett si sedette vicino a me e fissò Liz che stava sfogliando uno spartito senza però capire cosa ci fosse scritto. Era affascinata dalle linee e dai puntini… dondolava le gambe trasognata.
Era troppo carina con il vestitino lungo e bianco che indossava. Alice diceva che quel colore le donava ed aveva ragione. Sembrava una fatina.

Mio “fratello” sbuffò e attirò l’attenzione mia e di Liz.
< Che c’è? > gli chiesi. Lui mi squadrò e poi indicò con il mento verso la mia camera.
< Come si fa a chiamare un bambino Alec? Solo due genitori come voi potevano riuscirci. >
< Emmett!!! E poi, il mio bambino si chiama Alec Anthony >
< Ecco, appunto… ma si può? Non potevate scegliere dei nomi un po’ più… maschili? >
< Alec ha fatto tantissimo per me. Ci tenevo a dargli il suo nome. E poi, il secondo nome di Edward, Anthony, non l’ho scelto io ma sua madre... >
< A me piaceva di più Thomas. Credo che lo chiamerò così. >
Edward entrò in camera e guardò male suo fratello prima di venirmi vicino. Mi passò nostro figlio e si sedette vicino a me, dal lato opposto a quello di suo fratello, poi, accarezzandogli la testolina minuscola, disse: < Senti, si chiama Alec Anthony Cullen.  >
< Io comunque lo chiamerò Thomas. Vero Tom? > sussurrò piegandosi verso il bambino minuscolo che stringevo al petto. Io scostai la coperta per fargli vedere il visetto ed Emmett glielo accarezzò delicatamente. Nonostante fosse enorme, Emmett sapeva anche essere dolce. Alec strinse i pugnetti intorno ai miei capelli e strusciò il viso contro la mia pelle calda e morbida. Edward sorrise e si alzò in piedi.
Alzai lo sguardo < Edward, dove vai? >
< A Mel non piace stare da sola, a quanto pare. Non la puoi sentire perché l’udito umano non è abbastanza sviluppato, ma si sta svegliando. La porto di qua. Ah, a  proposito, Rose ti ha preparato il the e dei biscotti secchi. Devi restare leggera. >
Prima di sparire di nuovo andò al piano e prese Liz fra le braccia.
< Vieni, andiamo dalla tua sorellina. >

Dalla cucina intanto Rose mi avvisava che mi stava portando la colazione. Emmett si alzò per andarle incontro dopo avermi scompigliato i capelli e detto: < sono contento che finalmente siano nati. Adesso potrò ricominciare a prenderti in giro senza che per questo Edward mi accusi di farti arrabbiare e, di conseguenza, di far star male i gemelli. Vedrai, mi devo rifare di questi ultimi nove mesi! Comunque, sono proprio degli scriccioli. Spero che, crescendo,assomiglino di più a te che ad Edward. Di lui c’è già uno specchio al femminile. Più cresce, più Liz gli assomiglia. > E in questo modo mi salutò.

Seguendolo con lo sguardo notai Alice che mi spiava, seduta in cima alle scale. Quando i nostri occhi si incontrarono, voltò il capo velocemente e si alzò,  come se non volesse parlare con me e  lasciandomi perplessa. Il suo nome mi morì sulle labbra con un sussurrò smorzato. Alec, sentendo la mia voce, si strinse di più a me con un movimento inconscio. Strinsi il mio bambino che era placidamente addormentato tra le mie braccia piegate a formare una culla calda e accogliente e aspettai che arrivasse Edward. Avevo mal di testa e non mi andava di alzarmi… anche se avrei tanto voluto andare a fare quattro chiacchiere con Alice…

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Capitolo 50
*** quarantena ***


Ciao a tutte!
Ragazze, dopodomani si torna a scuola e questo ha rovinato irrimediabilmente il mio umore… e non credo solo il mio…
Capirete quindi che vi scrivo con il cuore in gola…
Dato che però per un po’ dovrei riuscire a stare al passo.
Devo dirvi che per una serie di fraintendimenti, in realtà questo non è l’ultimo capitolo… non ne mancano molti, ma questo non è l’ultimo…
Per rimediare alla depressione pre-scuola, mi sono data ai saldi. Io di solito odio lo shopping ma con i saldi…
Pagando le cose la metà, sono tornata a casa con sacchetti pieni di lingerie… ho svaligiato tutti i negozi tezenis, golden point, yamamay, etam… e ho trovato delle cose bellissime che solitamente sono inavvicinabili. C’era una camicetta da notte di yamamay che volevo dal giorno del mio compleanno ma nessuno me l’aveva presa. Fortuna che c’era la mia taglia!!!
Questo ha contribuito a migliorare il mio umore XD
Questo però ha comportato che trascorressi tutto il tempo fuori casa e (come al solito) mi sono messa a scrivere ad orari assurdi. Prometto che per il prossimo capito mi ci impegnerò al massimo.
Spero che questo vi piaccia e che vi incuriosisca.
Ora scappo a cominciare l’altro e poi a fare latino…
Un bacio a tutte, ci vediamo giovedì o venerdì con due personaggi che era un po’ che si facevano desiderare!!!        
                                                             
                            Erika (che NON vuole tornare a scuola!!! Sigh sob)

PS: scusate ma non sono riuscita a rileggere il cap. spero non sia proprio illeggibile... scusate...

Bella’s POV

Melanie e Alec dormivano tranquilli nella loro culla mentre Liz, al computer, stava scegliendo con Rose la foto più bella di lei e dei gemellini.
Delle centinaia che avevamo scattato quei giorni e che avevamo messo sul PC, doveva scegliere quella che le piaceva di più. Volevamo farne l’ingrandimento e appenderlo vicino alla foto enorme di lei appena nata che faceva bella mostra di sé in sala.
Rosalie, che insieme ad Alice aveva scattato la maggior parte delle foto, l’aiutava consigliandola. Alla fine, l’avrebbe scelta mia sorella facendo credere a Liz il contrario.
Cercando di non farmi notare da loro, tentai di sgattaiolare in cucina.
La risata cristallina di mia figlia ruppe il silenzio facendomi sobbalzare ed immaginai che stesse ridendo dopo aver visto qualche foto divertente…
In quel momento però, la voce di Rose mi fece trasalire…
< Bella, se Edward ti trova in piedi si arrabbia. Hai l’obbligo assoluto di restare a letto. Lo sai quant’è ansioso… E puoi mangiare solo le cose che ti ha detto Carlisle, quindi è inutile che tu vada in cucina. Non troverai niente. Hanno fatto sparire tutto... >
Sconfitta, smisi di cercare di fare piano e tornai indietro, affacciandomi allo studio.
< Rose, per favore… sono quasi due settimane che mi state obbligando a restare in camera. Diventerò claustrofobia! >
A quelle parole mia sorella si voltò e, sempre tenendo Liz sulle ginocchia, mi squadrò da capo a piedi.
Mordendosi il labbro, cercò sul mio volto i segni del cedimento. Temeva di vedermi nello stesso stato in cui ero al momento del mio ritorno da Volterra.
< Beh, senti, io non voglio far arrabbiare Edward ma se proprio insisti… vuoi che ti prepari qualcosa? >
< No, non preoccuparti, un the sono capace anche io di farmelo. > le risposi più acidamente di quanto non avrei voluto. In fondo, Rose non c’entrava niente…
Non era colpa sua se mi ero ammalata.

E nemmeno se,per questo, Edward era diventato persino più ansioso del solito.

Mi aveva costretta a restare a letto per otto giorni.
Effettivamente, stanca per il parto ed oltre tutto con la febbre, non che ne avessi avuto una gran voglia…
Contro ogni mia aspettativa e desiderio però, per una settimana avevamo dovuto dare ai bambini il latte artificiale.
Carlisle non si fidava a dargli il mio. Avevo avuto 38 e mezzo di febbre per quattro giorni e io stessa non volevo rischiare di trasmettere loro qualche malattia.
Vedere però Rose spostare la culla in camera di Esme e Carlsile era stato un dolore. Li avevo tenuti con me per neanche un giorno e già me li portavano via…

Persino Liz, per una settimana, non aveva potuto stare con me.
Certo, la salute dei bambini andava preservata, ma impedirmi di vederli mi aveva fatto leggermente alterare. Edward, non appena la febbre mi fu scesa, ed io fui in grado
di “ragionare” si era dovuto sorbire una mia sfuriata culminata in un bel pianto. Da vero gentelman mi aveva lasciato gridare, sfogare e alla fine mi aveva stretto tra le braccia consolandomi.
Arrabbiarsi con lui era orribile. Quel suo comportamento così comprensivo mi faceva sentire in colpa.
Fortuna che da cinque giorni era finito il periodo di “quarantena”,come lo avevo chiamato io.
Carlisle, dopo avermi visitato, aveva assicurato Edward che ero perfettamente guarita e che, comunque, quello che avevo avuto non era infettivo. Avevo potuto riabbracciare Liz e prendere in braccio i gemellini.

Appena la piccolina fu tra le mie braccia si rifugiò nel calore del mio seno sfregando la testolina contro la mia pelle. Lo stesso aveva fatto il fratellino. Le loro manine si erano strette intorno alla mia vestaglia ed io, seduta sulla sedia a dondolo, ero rimasta a lungo incantata, costretta a guardarli da qualcosa, un sentimento molto strano, quasi totalizzante, che mi nasceva da dentro il cuore.

Con mia somma gioia avevo constatato inoltre che i gemelli preferivano il mio seno al latte artificiale. Avevo letto che di solito, una volta cominciato con il latte in polvere, era difficile tornare a quello della madre ma fortunatamente così non era stato.
Appena li appoggiai alla pelle nuda del petto, cercarono il mio seno e vi si avvinghiarono con una forza impressionante.
Le loro gengiva mi facevano male ma non lo avrei mai detto ad Edward, che mi osservava rapito, per paura che decidesse di passare ai biberon, sebbene riempiti con il mio latte…
A me piaceva quel contatto fisico con i miei figli.
Proprio come era stato con Liz, me li faceva sentire vicini, in qualche modo, solo miei…
Era un sentimento egoista, ma non potevo ignorarlo.
Sapere che loro dipendessero da me, che loro cercassero me, mi faceva sentire completa.
Il senso di vuoto che provavo da quando li avevo partoriti si attenuava, dandomi un senso di pace e tranquillità.
Fuori dal mio ventre, non potevo proteggerli come avrei voluto.
Ecco, pensare ai miei due piccoli mocciosi (così li chiamava affettuosamente Emmett) mi fece sentire triste. Appena fosse stato pronto il the, sarei salita in camera di Esme a controllarli.
Speravo che sarebbero tornati in camera mia presto. Ero stufa di intrufolarmi nella vita privata dei miei suoceri…

Mentre mettevo a scaldare l’acqua entrò in cucina Esme che mi rivolse un sorriso smagliante.
< Allora, cara, dopodomani riportiamo le tue cose al piano di sopra, nella vostra camera. >
Sorrisi e poi decisi di chiederle direttamente quello che volevo.
< Esme, vero che i bambini li metterete in camera mia? >
< Certo… la cameretta è già pronta ma le culle sono già affianco al vostro letto matrimoniale. Non preoccuparti, tesoro. Avranno bisogno della culla calda,secondo Alice e Carlisle, almeno per un’altra settimana. Ci stanno ancora larghi. Dopo sposteremo anche quella in camera vostra. >
Sorrise ed io feci altrettanto.
Era strano pensare che adesso, io, mio marito e i miei tre figli, occupavamo tutto un corridoio. O meglio, occupavamo tutta la parte finale del corridoio del piano superiore. Camera mia, un bagno, camera di Liz, camera dei gemellini e inoltre, una camera vuota che, una volta cresciuti i due piccoli, sarebbe andata ad uno di loro. In pratica, tutta la parte destra del corridoio del secondo piano...
In quei giorni in cui ero rimasta in camera, Edward mi aveva fatto una proposta molto allettante.

Tenendo lo sguardo fisso sulle mie mani che teneva fra le sue in un gesto motlo intimo e dolce, mi aveva chiesto:

< Bella, che ne diresti se tu, io e i bambini andassimo a stare in una casetta tutta nostra?
Non lontano da quella degli altri… pensavamo che, tra qualche anno dovremo trasferirci di nuovo.
Potremmo comprare una casa grande con vicino una un po’ più piccola, per noi.
Esme ne avrebbe già individuata una.
Ha già preparato i piani del restauro… Naturalmente, ci sarà abbastanza spazio per tutti noi. E il posto è molto carino. Ovviamente, è isolato ed immerso nel verde. Casa nostra disterebbe circa cento metri da quella principale. Era quella del giardiniere della villa. Spero che non ti dispiaccia. È molto graziosa, a due piani. Non è enorme… Esme ha comunque progettato di ampliarla, ma se vuoi, possiamo aggiungere qualche stanza. Per ora c’è spazio per una cucina abitabile piuttosto ampia, un piccolo studio e un soggiorno al pian terreno e quattro camere a quello superiore. Ah, naturalmente, un bagno per piano. Se Esme allarga un pochino, dovrebbe starci la vasca idromassaggio. E se no, al massimo, per quella andremo nel bagno di Alice… Le stanze non saranno giganti, ma ci dovremmo stare abbastanza comodamente. Dovrei riuscire anche ad infilare il mio pianoforte nel soggiorno. Rinunceremo alla poltrona… >

Poi titubante aveva alzato lo sguardo verso di me e aveva sorriso speranzoso.

In quel momento gli ero praticamente saltata addosso, buttandogli le braccia al collo.
< Ti piace come idea? > mi aveva domandato cauto, carezzandomi i capelli.
< Sì! Sì! Mi piace tantissimo! > gli avevo sussurrato in preda ad una gioia profonda.
Avremmo avuto un posto… nostro, nostro per davvero. Che non avremmo dovuto condividere con nessun altro. E tutto questo, senza rinunciare alla nostra famiglia che sarebbe restata poco lontano da noi.
In effetti, non credo che Edward si sarebbe arrischiato ad allontanarsi troppo.
Il suo clan di vampiri era forte, ma solo se unito…

Era bello pensare che saremmo stati una famiglia normale, almeno per quanto permettessero le circostanze…
Una mamma, un papà, i nostri bambini…

Prima di concepire Liz, non mi rendevo conto di quanto volessi tutto questo.
Anzi, non è che volessi propriamente creare questo tipo di famiglia. il cardine su cui tutto si basa e girava intorno era il crearla con Edward…
Esme mi passò una tazza ed io feci attenzione a non rovesciarmi l’acqua bollente addosso.
A tavola, mia suocera facendo un sorriso colpevole e dispiaciuto, mi passò dei biscotti integrali con le vitamine.
< Esme, fanno schifo. > mi lagnai dopo averne addentato uno.
< Dai, non fare così. Prima guarisci, prima potrai tornare a mangiare cibo normale. >
Poi squillò il cellulare nuovo di zecca che Edward mi aveva regalato. Diceva che era un regalo di anniversario anticipato. Ad agosto sarebbero stati quattro anni da quando ci eravamo sposati.

Velocemente lo tirai fuori dalla tasca del pigiama e risposi: < Pronto? >

< Pronto amore, come va? >
A sentire quella voce angelica mi sciolsi. < Bene… e la caccia, com’è andata? >
< Mh, normale… senti, dovremmo incontrare Jacob fra poco. Saremo di ritorno questa sera… >
< Vi aspetto… >
< No. Vai a dormire. Riposati. Noi arriveremo piuttosto tardi. >
< Edward, adesso sto bene. E non voglio che Jake arrivi e mi trovi a dormire. >
< Jacob capirà. Gli conviene. > Sentii Carlisle sghignazzare ed arrossii. Lui ed Edward erano partiti per andare a caccia e poi per incontrare Jacob che da due settimane stressava Edward per poter venire a trovarmi.
Alice e Jasper invece erano andati incontro ad Alec. Mia sorella aveva previsto che si sarebbero incontrati a Vancouver proprio in questi giorni, ma non sapeva la data precisa. Per questo si era allontanata da casa tre giorni prima. Non voleva rischiare di arrivare tardi. Era necessario che quegli incontri avvenissero senza che lui venisse a cercare noi… sarebbe stato rischioso.

A casa con me e i bambini erano rimasti Emmett, Rose ed Esme.

Sospirai e dissi: < Edward, torna presto. Mi manchi. >
< Anche tu… sapevo che avrei dovuto mandare solo Carlisle… >
< Non dire sciocchezze. Sai che non vai a caccia da prima che partorissi? Sono quasi tre settimane dall’ultima volta. >

Non rispose. Cambiò direttamente argomento.

< Liz che sta facendo? >
< Sta scegliendo le foto. Sai, per l’ingrandimento… >
< Mh… dì a Rose che a me piace quella in cui Elizabeth è sul letto e tiene a destra Alec e a sinistra Mel. Secondo me, quella sarebbe perfetta. >
< Edward, ce ne saranno una trentina di loro sul letto… >
Ridacchiò e poi aggiunse: < quella in cui ci sei anche tu. L’abbiamo scattata ieri l’altro… >
< Edward, avevamo detto: Solo i bambini. > lo ripresi.
Sospirò borbottando qualcosa sul fatto che secondo lui quella era una regola che avevo imposto io e poi mi disse: < Dille di scegliere quella in cui sono in giardino. Liz è sdraiata nell’erba e su una copertina affianco a lei ci sono i due gemelli. È molto carina. >
< Edward… dovrebbe sceglierla Liz. >
< Tanto lo sai, alla fine la sceglierà Rose… >
< spero che non sia un vizio di famiglia… > gli dissi sarcastica poi aggiunsi: < Ti amo. >
< Anche io. Non preoccuparti, torno presto… quando ti sveglierai, domani mattina, sarò già lì da te. >
< Ti aspetto. > e poi ci salutammo. Vidi Emmett che passava per la sala fare a Rose il gesto di vomitare. Si chinò versò Liz e le disse all’orecchio, abbastanza forte perchè io sentissi: < Che smanciosi. > risero tutti e tre e poi Liz si fece prendere in braccio da suo zio.
< Dove andate? > chiesi sospettosa notando il fare cospiratorio.
< In piscina. Ovvio. > mi rispose Emmett innocentemente.
< Mhm, vediamo di non rompere nessun osso oggi. Va bene? >
< Sarò attentissimo. > promise solennemente prima di porgere la mano a Rose. In pratica sapevo già come sarebbe finita… Emmett e Rose avrebbero fatto i cretini e pomiciato tutto il tempo nella piscina. E come scusa per usarla usavano Liz.
Rose la adorava. La trattava come se fosse figlia sua. La figlia che non avrebbe mai potuto avere…
Quel pensiero mi mise tristezza e Rose lo notò. Mi venne vicina e mi accarezzò la guancia.
< Perché non vieni anche tu? Magari non fare il bagno… prendi un po’ di sole, una volta che c’è… >
Mh… l’idea di vedere il corpo da urlo di Rose in bikini e di confrontarlo con il mio che, già di suo non era di certo paragonabile ma che oltretutto era reduce da una gravidanza gemellare mi fece desistere dall’accettare.
< No, grazie… preferisco restare in casa. Non vorrei prendere freddo e ammalarmi di nuovo. Mi raccomando, bada te a Liz. >
Mi sorrise radiosa e annuì, prima di prendere la bambina dalle braccia di suo marito e sparire al piano di sopra. Quando tornarono,pochi minuti dopo, lei indossava un costumino minuscolo che metteva in risalto il suo corpo perfetto. Liz era troppo tenera con il suo semplice costumino colorato.
Entrambe erano avvolte in un ampio asciugamano.

Liz ebbe un brivido e sussurrò: < Scei fredda! >

Rose rimase interdetta per alcuni istanti poi il suo volto si aprì in un sorriso radioso e le sfiorò il naso con la punta del  dito. Emmett le raggiunse sfogiando dei boxer lunghi fin sopra il ginocchio e color marrone chiaro… Un bel corpo effettivamente...
Notevole…
Feci mente locale ricordandomi che: Uno, ero sposata con Edward; Due, Edward era suo fratello; tre, Emmett era come se fosse mio fratello; quattro, Rose mi avrebbe squartata viva.

Nonostante tutto, devo ammettere che era proprio un bel ragazzo… 
certo, Edward era meglio... e sopratutto, era mio...

Trascorsi il resto della giornata in modo molto poco interessante.
Telefonai a mia madre e poi mangiai leggero, prima di telefonare a Charlie.
Il pomeriggio mi misi a studiare. Ah, naturalmente ogni tre ore e mezza i gemelli reclamavano il mio seno con pianti che avrebbero distrutto i timpani.
Fortuna che Esme era una donna paziente… mi aiutava con i pannolini e con i bagnetti.
Dato che la sera erano inquieti, la trascorsi in sala, con loro tra le braccia. dovevo cullari in continuazione... Ogni volta che li mettevo nella culla ricominciavano a piangere, anche se si stavano per addormentare. Come se non bastasse Liz era particolarmente malinconica. Mi restava attaccata in maniera quasi snervante…

Al momento di metterla a letto non c’era stato verso. Voleva restare sveglia fino a tardi ad aspettare il rientro del padre.
< No, Liz, ti prego. Fa la brava bambina… lo sai che il papà non vuole. >
< Ma papà no c’è. >
< Lo so… ma per favore, va a dormire. >
< No… mammi! >
< Dai, non fare i capricci… >
Lei aveva abbassato lo sguardo e cominciato a singhiozzare. Grossi lacrimosi le scendevano lungo le gote arrossate.
< Mammi, alloa posscio domire con te? Pe favore!!! Mammi!!! >
Dopo vari tentativi fui costretta a cedere.
< Va bene, dormi dove vuoi, basta che lo fai subito. > Lei si era messa a saltellare e mi aveva dato un bacio sulla guancia prima di scappare in camera sua a prendere il suo pigiama e il suo pupazzo.
Pochi minuti dopo essere riuscita ad addormentarla telefonò Alice… Ero in sala con il libro in mano e la sentivo parlare con Esme. Emmett e Rose, facendo finta di giocare a carte, ascoltavano proprio come me che fingevo di studiare…

< Va bene cara… Domani? >
< Sì Esme. Ci siamo incontrati due ore fa. Ho già avvisato Edward. >
< Ma ci sarà anche Jacob… >
< Lo so… ma andrà tutto bene. >
< E come fai a dirlo? Non riesci a vedere i licantropi… >
< Infatti. È per questo che ne ho parlato prima ad Alec, che pur di rivedere Bella ne affronterebbe un branco di licantropi, e poi con Edward. Lui dice che Jake è d’accordo. In fondo, deve essere riconoscente ad Alec… >
< Ma sarà sicuro? >
< Sì. Si sono parlati e hanno messo in chiaro le loro “posizioni”. Nessuno attaccherà nessuno. >
< Allora vi aspettiamo. >
< Va bene. A domani. >
< A domani. >
Quando mise giù la cornetta sia io che Rose che Emmett eravamo con le orecchie tese ed era palese che non stessimo facendo quello che fingevamo.

Il mio libro era aperto sulle ginocchia, troppo lontano perché riuscissi a leggere. Le carte di Rose ed Emmett erano sparse sul tavolo.
< Beh, la buona educazione vorrebbe che non si origliasse, ma per lo meno non dovrò ripetervi quello che mi ah detto Alice. > Disse Esme dolce. Io fui l’unica ad arrossire ma Rose si morse il labbro. Lo faceva sempre quando era in imbarazzo.
Stanca, sbadigliai ed Esme mi disse: < Bella, forse sarebbe meglio se andassi a dormire… >
< Sì, forse è meglio. Sono stravolta. stare dietro a due gemellini è davvero pesante... senza il vostro aiuto non saprei proprio come fare. > dissi riconoscente e salutai tutti prima di infilarmi sotto le coperte spostando Liz verso il lato di Edward. Aveva il brutto vizio di occupare tutto il letto nonostante fosse piccola. Si metteva di traverso… Era così tenera. I capelli le ricadevano morbidi sulle spalle e il contrasto tra il rosso e il bianco delle federe era delicato ed impressionante. Sorrideva tranquilla. Mi sedetti vicino a lei, accarezzandole il capo e sistemandole una ciocca ribelle dietro l’orecchio. In quel momento strinse i pugni e mugugnò qualcosa. Capii solo: < Mammi… papà… > poi si accoccolò su se stessa. La presi tra le braccia facendo attenzione a non svegliarla e mi sistemai meglio le coperte, dopo averla stretta a me per sentire il calore del suo piccolo corpo.
Non appena chiusi però gli occhi uno dei bambini cominciò a piangere. Nel tempo di un battito di ciglia, anche l’altro diede aria ai polmoni.
Sbuffai e spostai Liz. Possibile che appena mi mettevo a letto quelli cominciavano a piangere? Eppure, li avevo allattati prima. Erano sempre affamati…  

Le urla si facevano sempre più forti e più vicine

Svogliatamente mi alzai ed aprii la porta della mia camera. Esme teneva in braccio Alec e lo cullava dolcemente mentre Rose coccolava Mel.
< Credo che abbia fame… > sussurrò Rose indicando la bambina.
Sussurrai sorridente: < Beh, posso dirle di no? >
< Mhm, a giudicare da quanto stanno piangendo, direi di no… > ridacchio Rose avvicinandosi. Presi la bimba dalle sue braccia e andai ad accovacciarmi sul divano. Prima allattai lei e poi presi il piccolo dalle mani di Esme. Quando finalmente mi lasciarono in pace il seno, li riportai in camera di Esme e li adagiai nella culla. Non feci neanche lo sforzo di tornare in camera mia. Diedi un’occhiata al copriletto di seta verde sul matrimoniale dei miei suoceri, diedi un’occhiata alla porta chiusa e senza realmente essere cosciente mi lasciai cadere sul letto morbido. Rotolai fino al centro dove mi rannicchiai su me stessa. 

Pochi minuti dopo sentii delle mani gelide accarezzarmi e mettermi qualcosa di morbido sulla schiena. Socchiusi appena gli occhi quel tanto che bastava per vedere Esme uscire dalla sua camera.

Dopo quell’immagine, nella mia mente c’era solo il ricordo vago di un sonno lungo e tormentato.

Ad un certo punto, nell’incoscienza della notte e del sogno, sentii delle labbra gelate lambirmi la pelle e delle mani delicate accarezzarmi le spalle… poco dopo, perso nell’incongruenza del sonno, una risata calda e profonda che risvegliava in me ricordi di tempi passati, felici ed amari al contempo.
Jacob...
quanto mi era mancato il mio migliore amico...

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Capitolo 51
*** Arrivi da lontano... ***


Eccomi qui!!!

Scusate la fretta…
La scuola è ricominciata. A Milano ha nevicato come non mai e sono dovuta andare a scuola lo stesso nonostante fosse tutto bloccato. Ci ho messo un’ora… con la neve che mi arrivava alle ginocchia e che cadeva fitta fitta. Adesso la situazione si è un po’ calmata ma io mi sono ammalata…

Ci hanno costretto ad andare a scuola nonostante la città non potesse affrontare quella che definirei un’emergenza… almeno per una città come Milano che a questo non è abituata… tram ed autobus bloccati. Mezzi spargisale senza sale e simili genialate…
Gli scambi del tram bloccati per il ghiaccio e gli autobus senza le catene… ieri quello con cui sono tornata a casa si è bloccato perché non aveva le catene e la neve era troppo alta…
In compenso, una prof non è venuto (causa neve) e così sono andata a comprare un altro po’ di cose da etam…!!!!!
Vabbè, adesso vi lascio al capitolo che ho scritto un po’ di fretta (perdono, non ho potuto dedicargli molto tempo… io pensavo che chiudessero la scuola almeno mercoledì, quando le strade erano impraticabili, e contavo di scriverlo quella mattina.)
Spero che vi piaccia comunque…
Ho cercato di dare il meglio di me.
Ci vediamo Domenica sera o Lunedì pomeriggio! Dipende dai compiti che ci daranno XD
Un bacio a tutte quante!!!
Grazie per i vostri bellissimi commenti!!!
Ciao e a presto, 
                                             Erika
PS: Grazie!!! 1200 commenti e 283 preferiti!!! Come inizio di 2009 non era stato un granchè, ma grazie a voi è andata un po' meglio! Alla faccia di mia madre che dice che scrivere ff non serve... A me invece da tanta soddisfazione scrivere se so che poi le mie storie vengono lette ed apprezzate!!!
Ancora, grazie per il vostro sostegno!

Bella's POV

Risa?

Mi sforzai di socchiudere gli occhi.

Edward mi accarezzò prima di chinarsi a darmi un bacio veloce sulle labbra.
< Ben svegliata, amore. >
Grugnii qualcosa prima di riaffondare la faccia nella trapuntina.
Jake rise di nuovo, più forte ed Edward mi carezzò la schiena.
< Lasciamola dormire… > Disse piano.
Lo sentii ed alzai un braccio e farfugliare: < No… ora mia alzo… > e mi poggiai sui gomiti.
Edward mi aiutò a mettermi seduta ed io mi passai la mano tra i capelli per cercare di sistemarli.
La stanza era scura. Qualcuno aveva tirato le tende.
Ancora frastornata, sorrisi a Jake che alzò una mano in segno di saluto.
Istintivamente, volsi il capo verso la culla. Edward mi prese la mano e mi sussurrò: < Stanno dormendo. Sono sazi e al caldo. >
Annuii e mi alzai in piedi. Barcollai ma Edward, pronto, mi afferrò prima che andassi a sbattere contro il parquet della stanza di Esme.
< Tutto a posto, tesoro? >
< Sì, non preoccuparti. Sono solo ancora mezza addormentata… vado un secondo in bagno… >
< Jake, ti dispiace se vado un secondo al bagno prima di salutarti per bene? >
< No, non preoccuparti. Fa pure… intanto, guarderò i due mocciosi. >
< Sembri Emmett… >  Gli dissi prima di chiudermi la porta del bagno alle spalle con un risolino.

Mi lavai la faccia ed i denti. Mi guardai allo specchio e mi resi conto di avere un aspetto pietoso…
Si vedeva che dormivo poco e male.
Le occhiaia profonde davano un aspetto cupo ed inquietante al mio pallore. I capelli non vollero saperne di lasciarsi pettinare ed alla fine rinunciai a sistemarli…
Quando stavo notando che non era carino accogliere Jacob con il mio pigiama premaman (che indossavo ancora nonostante avessi già partorito dato che avevo qualche
problema legato a questioni prettamente femminili e non mi andava di rovinare i bei completino di Alice) qualcuno bussò.
Mi affrettai a dire: < Arrivo… >
< Tieni. > Mi disse Edward gentile. Socchiuse la porta e mi passò un completino molto grazioso che non avevo mai visto.
Era un pigiama abbastanza largo (il seno, come sempre quando si allatta, era circa una taglia in più rispetto al mio solito. )
< Grazie > gli sussurrai dallo spiraglio nella porta.
Mi infilai il pigiama bianco a fiori rossi e foglie verdi. Era davvero carino e nascondeva i residui della gravidanza. I chili non smaltiti…
Uscii dal bagno e trovai la stanza ancora buia.

Le braccia di Edward mi cinsero in un abbraccio dolce e molto delicato prima che le sue labbra si posassero sui miei capelli.
< Sei splendida. >
< See… certo. Dici sempre così. > Lo presi in giro prima di alzarmi sulle punte e baciargli la fronte.
< Ma dov’è Jake? >
< Giù, con Esme e Liz. >
< Si è svegliata? > Chiesi confusa. < Spero non si sia accorta che me ne ero andata via… >
< Mh… in realtà, se ne è accorta ma non se la è presa, non preoccuparti. Ha detto che ha sentito i bambini piangere e che sapeva che saresti andata da loro… >
Feci un sorriso colpevole e cominciai a scendere le scale.
Quando arrivai in sala da pranzo, Liz si alzò da tavola e mi corse incontro, buttandosi tra le mie braccia. Mi inginocchiai per poterla accogliere con un bacio sulla guancia. La presi in braccio e arrancai verso il tavolo dove Jake mi osservava malinconico.
< Allora, Jake, > dissi depositando Liz sul suo seggiolone e portandole un cucchiaio pieno di yogurt alle labbra.
< Come va? Sono così contenta che tu sia venuto a trovarmi… >
Lui si alzò in piedi e, senza preavviso, mi abbracciò.
< Bells, mi sei mancata. >
Liz aprì la bocca come un pesce mentre mi osservava. Non aveva mai visto nessuno abbracciarmi a quel modo, tranne suo padre, ovviamente…
< Anche tu Jake… > boccheggiai < Ma mi lasceresti respirare? >
< Oh, sì, scusa… > Disse lasciandomi andare. Si passò una mano tra i corti e fitti capelli neri e poi, e giuro mi parve arrossire, aggiunse: < Certo che, insomma, ti ricordavo con meno… >
A quel punto Edward ringhiò. Evidentemente i pensieri di Jake non gli piacquero…

Risi portandomi un braccio a coprire il seno.
< Sai, capita quando allatti due piccoli neonati continuamente affamati. >scherzai. Sorrise e disse: < Sì, mi ricordo i pensieri di Sam… > si bloccò un attimo e poi aggiunse: < Sai, essere lupo può anche essere una vera seccatura. Prima del parto, Sam era insostenibile. Pensava continuamente a lei. Avevamo cronicamente la nausea… e poi, le immagini del parto!!!
Mamma mia. Avrebbe dovuto non assistere. Emily glielo aveva anche detto. Sapeva che noi ci saremmo dovuti subire tutto in replay. Pensa che Leah ha giurato di non voler avere figli. Dovevi sentire come urlava… e il sangue… Bleah! E poi, l’idea di Emily sdraiata in sala parto! Oddio… spero di poter dimenticare… >
Quelle parole portarono alla mia mente i ricordi del mio parto. Quando avevo fatto nascere Liz e, appena pochi giorni prima, Mel e Alec. Accarezzai la testolina di Liz, che nel frattempo aveva ricominciato a mangiare, e dissi: < Sì, ne ho una vaga idea… sai com’è, tre figli. >
< Sì, ma due valgono un parto solo. >
< Vero. >
< Certo che, tre figli alla tua età… Emily diventa pazza con quei due piccoli tornado. Hanno più o meno l’età di Liz ma né lei ne Sam hanno intenzione di avere altri bambini, almeno per il momento. Magari più avanti… vogliono aspettare un po’ almeno. >
Sorrisi mesta e abbassai lo sguardo: < Beh, io non ho molto tempo, Jake. Se volevo essere ancora madre, dovevo avere dei bambini il più presto possibile. > Edward mi pose una mano sulla spalla e me la carezzò premuroso.
< Sai anche tu che non riuscivo a restare incinta… >
Lo guardai sottecchi e vidi che si era incupito. Si sedette e con una strana voce sussurrò con voce strozzata: < Quindi, non hai cambiato idea? >
< Calmati Jacob. Hai già perso la calma una volta, quando Bella era incinta di Liz. Non vorrai ripeterti adesso, davanti alla bambina? > E dopo aver detto questo, Edward prese Liz in braccio. Le carezzò la guancia e lei gli cinse il collo con le braccia. Poggiò la testolina sulla sua scapola e lo fissò a lungo mentre lui continuava a parlare. < Lo sai anche tu che questa è l’unica strada. Non possiamo fare altrimenti. >
Carezzai a Jake un braccio prima di sedermi. Afferrai dal centro del tavolo del pane e lo imburrai prima di spalmarci la marmellata. Edward portò via Liz, lasciando me e Jake da soli.

Rimanemmo in silenzio a lungo finché Jake non sospirò. Alzò lo sguardo e mi sorrise.
< Jake… > sussurrai a voce bassa. < Lo sai che è tutto quello che voglio… >
< Sì. Lo so. È solo che, è difficile accettare l’idea che la donna che amo si lascerà uccidere da un vampiro schifoso. >
< Ti prego, non dire così… > sussurrai a fatica. Sentivo le lacrime che volevano uscire. Cercai di reprimerle ma non ci riuscii.
< No, non piangere. Non fare così. Sono io che mi faccio le pare mentali. Non riesco a rassegnarmi all’idea di perderti. >
< Ma non mi perderai. Resterai sempre il mio migliore amico. E lo sai. >
< Ma non sarai più la stessa. > sussurrò mesto.
< Io resterò la solita Bella. Lasciami il tempo per “assestarmi” e poi vedrai che sarà tutto come prima. >

< Ma tu non mi amerai più. > Ribatté semplicemente.

Rimasi di sasso.

< Jacob, ho tre figli. Sono sposata con Edward… Io ti voglio bene. Tu per me sei importante. Importantissimo. Sei come un fratello per me, e così ti vedrò sempre. Tu resterai per sempre il mio fratello scapestrato. Tu sarai sempre parte della mia famiglia. sei stato l’unico a starmi vicino nel momento in cui più avevo bisogno. Io davvero te ne sono grata… >
Batté il pugno sul tavolo, facendomi sobbalzare e morire il respiro in gola. La mia frase rimase sospesa.
< Edward ricomparve immediatamente. Ovviamente era stato in ascolto.
< Jacob, per piacere. Non rovinare tutto. Bella è stata molto male. Da quando sta bene non ha fatto altro che aspettarti. Era così felice di vederti. Non darle il dispiacere di vederti adirato. >
Jake sbuffò e poi tentò un sorriso: < Scusa Bella, solo, certe volte sento proprio che potrei impazzire pensando a te. >
< E non riesci a pensare a nessun’altra? Ci sono tante ragazze migliori di me che… >
Edward ringhiò piano e vidi Jake ritrarsi istintivamente.
< Ok, ok, la pianto Edward, non è il caso di scaldarsi per così poco. E poi, è la verità… >

Notai il suo sguardo e fui grata di sentire i gemelli frignare.

< Si sono svegliati i bambini. Sarà meglio che vada a… >
Ma in quel momento comparve Esme con in braccio Alec. Dietro di lei Rose in ginocchio teneva Mel mentre Liz cercava di sbirciare tra le coperte che avvolgevano la sorellina.
< E questo chi è? > disse jacob in tono forzatamente leggero.
< Lui è Alec Anthony Cullen > E sorrisi, prendendolo dalle braccia di Esme. Gli scostai la copertina dal volto per mostrarlo a Jacob.
Emmett urlò dalla stanza adiacente: < Non ascoltarli, lupo, si chiama Thomas! THOMAS! >
Jake mi guardò un po’ confuso ed io scossi la testa: < Non ascoltare lui. Si chiama anche Thomas… >
< povero moccioso. Quanti nomi… > Gli feci la linguaccia mentre cullavo il piccolino tra le mie braccia. Lui però non accennava a smettere di piangere. Andai in sala e mi sedetti sulla poltrona. Almeno là ero comoda. < Jake, non ti dispiace se lo allatto? Così la smette di piangere… Mel è molto più tranquilla. Quando a fame i suoi vagiti sono meno rumorosi. Lui invece sembra sforzarsi di infrangere tutte le barriere del suono… >
Jake, leggermente a disagio, sorrise e disse: < Ma certo. Con tutte le volte che ho visto Emily, ormai ci sono abituato. >
Mentre mi alzavo la maglietta e slacciavo il reggiseno lui finse di essere interessato alla libreria…
Alec si attaccò subito al capezzolo, succhiando affamato. A metà circa della poppata Mel smise di piangere. Rose si era messa in piedi vicino a me e la bambina, sentendo il mio odore, si era calmata.

Finii di dare da mangiare al bambino e poi camminai per un po’ cercando di fargli fare il ruttino. Quando finalmente mi svomiticchiò sulla maglietta, potei adagiarlo nella culla che tenevamo al piano terra. Tolsi il bavaglino che tenevo sulla spalla e che era sporco di latte lo portai in bagno prima di prendere Mel tra le braccia e riprendere l’operazione.
Lei fu meno ansiosa nel cucciare e le sue gengiva furono più delicate sul mio capezzolo tormentato. Quei due piccoli mostriciattoli preferivano ciucciare dal seno destro che da quello sinistro. Quando li allattavo insieme, ognuno si doveva accontentare ma se li allattavo uno per uno, ero costretta a cedere. Alla fine potei mettere anche lei a dormire e poi tornai in bagno. Buttai anche il bavaglino di Mel nel catino e poi mi lavai i denti e la faccia.
Quando uscii, vidi Edward parlare al telefono. Parlava in modo accorato a voce tanto bassa che non potevo sentirlo. Lo guardai incuriosita e lui sorrise passandomi la mano sulla guancia, poi riattaccò.
< Chi era? >
< Era Alice. Stanno arrivando. Ancora circa un’ora e saranno qui. > Annuii senza sapere bene come comportarmi. Non vedevo Alec da quando Liz aveva poche settimane. Era passato tanto tempo…
Decisi di tornare dagli altri. Emmett e Jacob stavano discutendo allegramente di macchine e Rose, leggermente seccata, li ascoltava distrattamente mentre coccolava Liz.
< Ah, eccoti. Pensavo che non tornassi più. Che ti fossi addormentata contro il muro… >
< Uffa, piantala di prendermi in giro!  > Mi lamentai andando a controllare i bambini.
Mel dormiva tranquilla mentre Alec, sveglio ed attento, osservava il mondo intorno a noi.
Jake si avvicinò alla culla e ci guardò dentro.

< Ehi, piccolino, vuoi venire in braccio allo zio? >

Lo guardai un po’ stupita. Lui fece altrettanto e mi sorrise complice. Nascose la tristezza dietro la facciata che si era costruito mentre ero nell’altra stanza.
< Che c’è? io pensavo che dal momento che tu vuoi che io sia, beh, come dire… una specie di tuo fratello, allora i tuoi figli dovrebbero essere i miei nipoti. E poi, Liz
chiama Rose zia… >
< Davvero? Dici sul serio? >
Fece spallucce e torno a grattare la pancia a mio figlio che emetteva dei gorgoglii di compiacimento mentre agitava in aria i pugnetti.
< Certo che è proprio carino. Fortuna che non ha preso niente dalla sanguisuga. >
< Guarda che se vuoi, puoi anche prenderlo in braccio… basta che tu faccia attenzione… >
< Posso davvero? >
< Non avevi mica detto di essere suo zio? È un tuo dovere. >  Infilò la mano sotto la schiena del mio bambino attento a non disturbare Mel che ancora dormiva.
< Mi raccomando, attento alla testa. Devi sorreggergliela. >
< Uffa Bella. Sembri Emily. Ma voi mamme siete tutte così ansiose? Guarda che non le faccio mica niente… > E così dicendo appoggiò il bambino sul petto. < Vero Tom?vero che ti piace stare in braccio a zio Jake? >
< Si chiama… > < Io lo chiamo così. Inoltre, Emmett mi ha detto che era il nome che avevi scelto ma poi hai scartato visto che non piaceva alla sanguisuga. Il che mi fa piacere ancora di più questo nome. >
< Sei impossibile. > Evidentemente i nostri toni di voce erano stati troppo alti dato Mel cominciò a piangere. Prima che anche Alec cominciasse a frignare,mi precipitai sulla culla e la presi in braccio.
Rimasi a cullarla a lungo mentre Jacob si stufò in fretta di cullare Alec. Lo ripose delicatamente tra le braccia di Rose e poi si sedette vicino a me, sul divano.
Mi tempestò di domande. Voleva sapere tutto. Come stessi, se mi trovassi bene, come andassero gli esami… Io, un po’ in soggezione, cercavo di rispondergli in modo da non urtare i suoi sentimenti.
Mentre parlavo lo vidi dilatare le narici e stringere i pugni. Le mani gli tremavano leggermente.
Impaurita, strinsi la bambina al mio petto e mi alzai di scatto. Un attimo dopo Carlisle mi fu vicino, tenendomi le mani sulle spalle, quasi fosse pronto a portarmi via all’istante. Parlò con voce rassicurante e calma: < Jacob, controllati. L’importante è non lasciarsi trasportare da sentimenti tumultuosi. Non fare cose di cui potresti pentirti. > Jake respirò a fondo un paio di volte prima di distendere le dita le cui nocche erano diventate bianche.
Mi voltai per cercare Edward con lo sguardo ma non lo vidi. In compenso però mi accorsi che Alice mi stava venendo incontro. Facendo attenzione alla bambina, mi abbracciò stretta. Aveva percorso la stanza talmente velocemente che non l’avevo quasi vista.
< Oh Bella, ero tanto in pena… da quando sono "ceca" sono così ansiosa... > Avrei voluto accarezzarla per tranquillizzarla ma non potevo a causa della piccola creatura che proteggevo tra le braccia.

Da dietro la sua spalla però vidi un bagliore brillare nella penombra del sottoscala. Due occhi rossi mi scrutavano. Alec…

Mi mancò il respiro e sentii le ginocchia tremarmi.
Alice probabilmente se ne accorse e mi sorrise, poggiando le sue braccia sotto le mie ed impedendo alla bambina di cadere. Me la sfilò gentilmente dalle braccia in silenzio scostandosi leggermente verso il muro.

Non so cosa mi spinse a comportarmi in quel modo. C’era Edward a pochi metri da me. Era mio marito. L’uomo, o meglio il vampiro, che avevo baciato con passione la sera prima. Colui che sognavo ed amavo, che mi aveva stretto la mano mentre partorivo. Il padre dei miei figli.

Eppure, in quel momento, il mio cervello si scollegò totalmente e la mia volontà venne relegata in un piccolo angolo della mia mente. L’istinto prese il sopravvento.

In un attimo cominciai a correre. Sentii i capelli svolazzare intorno alla mia testa per qualche istante mentre correvo Alec. Vidi lo sguardo stupido di Jacob, quello addolorato di Esme, quello sconvolto di Jasper, quello addolorato di Edward. Li vidi, ma non li registrai. Erano solo immagini sfocate che mi corsero di fianco mentre mi precipitavo da Alec. Mi gettai tra le sue braccia aperte e lui mi strinse a sé, immergendo la testa tra i miei capelli morbidi. Sentivo le sue braccia fredde intorno alle mie spalle.

Era leggermente più basso di Edward e il suo volto era solo pochi centimetri più in alto del mio.
Se mi mettevo sulle punte dei piedi, i nostri occhi si trovavano alla stessa altezza.
Mi resi conto di star piangendo quando sentii la camicia di Alec bagnata sotto il mio viso. Mi stava cullando lentamente, accarezzandomi i capelli.
< Su, su, non fare così. > Mi sussurrò.
Alzai lo sguardo ed incontrai i suoi inquietanti ed affascinanti occhi rossi.

< Alec, ero così preoccupata per te. In tutto questo tempo non ti sei mai fatto vivo. Avevo paura che ti fosse successo qualcosa. Quando ho saputo che saresti venuto, quasi non credevo alle mie orecchie. Dovevo vederti per credere alle parole di Alice. Non ci hai neanche telefonato. Tutto basato solo su una visione… ti rendi conto? >
< Scusami Bella, davvero. > Mi sussurrò accarezzandomi i capelli. < Sarebbe stato pericoloso. Sapevo che Jane mi stava cercando… >
Edward nel frattempo mi era venuto vicino. Con un gesto marcatamente possessivo che però al momento non notai, mi mise un braccio intorno alla vita. Mi appoggiai al suo petto e con un braccio gli cinsi il collo, quasi ad aggrapparmi a lui. Sentivo ancora le gambe tremanti. Edward annuii impercettibilmente ad una domanda inespressa ed Alec proseguì: < Ci siamo incontrati, un anno ed otto mesi fa. Abbiamo girovagato insieme per un po’… lei è in lutto e ho cercato di starle vicino… era davvero disperata. Un anno fa però mi ha confessato di voler tornare a Volterra. È partita quattro mesi fa. Sono venuto qui quando sono stato certo che nessuno fosse sulle mie tracce. Sai, sono diventato un nomade abbastanza sfuggevole. > Mi sussurrò sorridendomi. Aveva calibrato ogni parola per non turbarmi. Lo osservai attentamente attraverso il velo di lacrime. Era ordinato,lavato, profumato. La camicia era pulita sebbene lisa in certi punti. Mi asciugai gli occhi con il dorso della mano e sussurrai: < Scusami. È colpa degli ormoni… > Ed Edward mi strinse di più a sé, accarezzandomi la fronte con un bacio.
Alec sorrise e poi disse: < Sì, ho saputo che eri in dolce attesa… è andato tutto bene? Come stai?> e mi accarezzò la guancia.

Questa volta fu Edward a parlare. La voce non tradiva alcuna emozione particolare, eccezion fatta per l’amore nei miei confronti e nei confronti dei nostri bambini. < Sì. Bella ha partorito due settimane fa. Una femminuccia ed un maschietto. Li abbiamo chiamati Melanie ed Alec. >

Il vampiro davanti a me fece un’espressione buffissima, misto di vergogna, orgoglio, stupore e felicità. Edward aggiunse: < In realtà, il bambino ha un nome piuttosto lungo… Alec Anthony Thomas. Alec, in tuo onore. Bella ci teneva tanto. Ti è estremamente grata per il tuo aiuto. Proprio come tutti noi. Anthony è il mio secondo nome mentre Thomas piaceva a Bella. Mel invece è l’acronimo delle iniziali dei secondi nomi di mia madre e delle mie sorelle. Mary Elena e Lilian… >
< Mh… complicati come sempre. > Fece Jacob ironico, parlando per la prima volta dall’arrivo di Alec.
Alec lo studiò per un secondo e poi sussurrò a Jasper: < Allora era vero… credevo che mi steste prendendo in giro. Incredibile… non era una leggenda… >
Jake rise. < Potrei dire la stessa cosa dei vampiri… > al che anche Alec sorrise, sciogliendo l’atmosfera di ghiaccio che si era venuta a creare.

In quel momento Liz si sporse da dietro la gonna di Rose. Le si vedeva solo la testa. Quando si accorse che il vampiro dagli scintillanti ed inquietanti occhi rossi la stava fissando, tornò a ripararsi dietro Rose.
< Eih piccolina, sei cresciuta dall’ultima volta. > Le disse gentile.
Lei
, imbarazzata, arrossì. Quando lo ebbe guardò in faccia, tremò appena e bisbigliò: < Mammi… > E la sua era come una richiesta di aiuto. Io andai verso di lei. Quando fui abbastanza vicina,Liz, imbarazzata, corse verso di me ed io la presi in braccio. Si nascose tra i miei capelli.

< Liz, ti voglio presentare una persona che dobbiamo ringraziare tanto tanto… >

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Capitolo 52
*** La ragazza di un altro. ***


cap 52

Scusatemi se sono restata lontano da EFP per un po’…

Non è dipeso dalla mia volontà…
Non potrò postare con molta regolarità per un po’ di tempo dato che ho da recuperare dei compiti in classe. Sono stata assente una settimana e pare che tutti abbiano deciso di fare verifiche mentre non c’ero…
Ho avuto dei problemi a casa e sono dovuta pure partire… ero a 360 km dal mio pc…
Però la famiglia viene prima di tutto… anche della scuola. (Vaglielo a dire ai prof!!! Ho saltato la simulazione di terza prova. Temo che mi uccideranno. Nel caso, la storia finisce così:                    ………..… XXXXXXXXXXXXXXXXXXX )

Spero che i prof non mi uccidano:

  1. perché sono troppo giovane per morire
  2. la mia vita non è abbastanza soddisfacente per chiuderla qui. Non mi sono divertita per niente.
  3. non posso aver scritto delle seratine piccanti dei nostri due sposini preferiti e poi non aver sperimentato niente di ciò di cui ho scritto.
  4. voi non sapreste come va a finire la storia. (e non sorridete. Non è detto che sia il lieto fine che sperate. Le due ragazze a cui l’ho raccontato, sono rimaste con le lacrimucce…)
  5. non potrei vedere i miei prof andare in galera. È ciò che aspetto da una vita… me lo perderei…

(a parte gli scherzi, ho davvero una paura tremenda)

Comunque, questo capitolo è stato cominciato circa un mese fa ma finito solo ieri. Mi scuso per eventuali cambiamenti di stile o passaggi troppo bruschi.
Il prossimo aggiornamento è previsto in linea di massima per lunedì pomeriggio. Spero che non mi cada in testa una tegola mentre vado a scuola domani… (oltre al danno, anche la beffa) anche se ciò non mi stupirebbe più di tanto…
Ora vi lascio a questo capitolo.
Il titolo, mentre scrivo queste righe, non l’ho ancora deciso.
Non sono  molto in vena creativa. Questo mese mi ha proprio sfiancata. Mi sento esausta…
Adesso mi inventerò qualcosa, spero sia carino.
Un bacio a tutte. Grazie per i vostri commenti e il vostro incoraggiamento.
                                                     Erika

                                                                                                                 A mia Nonna che, dopo tanto tempo, è tronata a casa dalla sua famiglia...



Bella’s POV

< Liz, dai, non fare così, non nasconderti. >

Mentre parlava, Edward le carezzava gentilmente la schiena, per farle coraggio.
Nostra figlia però non si tranquillizzò. Si rannicchiò tra le mie braccia e cominciò a lagnarsi.
Mi stringeva convulsamente la maglietta e non osava alzare lo sguardo.
Alla fine mi strinsi nelle spalle e, con un’occhiata di scuse rivolta ad Alec, andai a sedermi sul divano.
Allontanai Liz dal mio petto e la misi sulle mie ginocchia. Fissandola negli occhi, le carezzai la guancia. < Amore, non fare così. Non devi vere paura. >
Le sistemai una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio e poi le diedi un bacio sulla fronte.
Lei in quel momento mi gettò le braccia al collo e, stringendomi forte, mi sussurrò: <Mammi, ti prego, non andare via. >
Edward, avendola sentita, si sedette al mio fianco e le carezzò i capelli.
Si piegò in avanti e le sussurrò all’orecchio: < La mamma non andrà da nessuna parte. Te lo prometto. >
Con delicatezza Edward la costrinse ad aprire i pugni e a sciogliere la presa intorno al mio collo.
Con un movimento leggero e veloce la prese in braccio e se la strinse al petto.
Alec si era avvicinato e Liz, quando se ne fu accorta, si nascose tra le braccia di Edward, rantolando per la paura.
Bisbigliò al padre: < Papà, mi fa paura… gli occhi… >
Alec, che aveva teso la mano come per confortarla, la ritrasse lentamente, addolorato.
< Alec, devi scusarla. Liz non è abituata agli estranei. E poi, lei è un po’ speciale… non è come gli altri bambini… è estremamente perspicace. Sa perfettamente che io, lei e i suoi fratellini siamo diversi da… voi. Ovviamente, non sa il perché. Capisce le cose a prima vista. >
Gli occhi rossi di Alec scintillarono per un attimo e nella sua espressione c’era più di quanto potesse esprimere a parole.
Mi resi conto in quell’istante di come Edward mi tenesse un braccio poggiato intorno alle spalle.
Io gli tenevo la mano. L’avevo afferrata inconsapevolmente,abituata  al contatto con la pelle gelida di mio marito. Per entrambi erano dei gesti naturali, spontanei…
Eppure, notai come Edward avesse assunto un atteggiamento possessivo. La stretta intorno alle spalle era decisa, ferma… quasi non volesse permettermi di muovermi.

Con le dita giocherellava con i miei capelli mentre Liz gli stava attaccata e non dava segno di volersi allontanare.

Riconobbi lo sguardo di Alec. Era lo stesso che aveva avuto Jacob quando gli avevo detto che mi sarei sposata… o meglio, che aveva quando era tornato da me alla tenda, il giorno della battaglia contro Victoria…
Lo sguardo di chi ha davanti agli occhi la verità.
La sofferenza di chi si rende conto che non potrà stare con la persona che ama.
Lo stesso sguardo che avevo visto nel mio riflesso nello specchio, il primo giorno nella mia prigione sotterranea a Volterra.
Mi sentii a disagio ed abbassai lo sguardo, fissandomi le ginocchia. La mia mano sinistra era intrecciata a quella di Edward il cui braccio sinistro era ancora intorno alle mie spalle, e quella destra poggiata sul ginocchio. Avevo stretto tra le dita la stoffa del mio pigiama. Mi stavo tormentando il labbro con i denti.
Edward smise di giocare immediatamente con i miei capelli e poggiò la sua mano destra sulla mia.
< Cosa c’è tesoro, tutto a posto? Non ti senti bene? Se vuoi andare a riposarti per un po’… >
Voltai lo sguardo verso di lui e sentii gli occhi umidi.
Sapevo quanto fosse doloroso essere rifiutati.
Quando Edward mi lasciò, quando ero convinta che non mi amasse più, mi ero sentita svuotata, inutile, terribilmente sola…
Era così che si sentiva Alec? E Jacob?
Ma forse vedere la persona che ami con un altro, forse, è ancora peggio.

Se possibile Alec e Jacob soffrivano persino più di quanto non avessi sofferto io, nei sei mesi più bui della mia esistenza.

Vedere la donna che ami tra le braccia di un altro deve essere atroce. Si è combattuti, lacerati dai propri sentimenti...
La vedi felice ed in fondo è questo tutto ciò che vuoi per chi ami, che sia contenta…
Ma non sei tu a renderla felice, non è con te che condivide la propria gioia…
Guardando chi ami tra le braccia di un’altra persona, soffri. Irrimediabilmente soffri.
Vedi tutto quello che tu non potrai mai avere. Vedi tutto ciò che vorresti dalla vita.
Vedi tutto ciò che vorresti offrirle ma non è con te che lei vuole condividere la vita, e non sarai tu a stringerla tra le braccia.
E questo, irrimediabilmente, ti fa soffrire…
Perché il sorriso di chi ami non è per te. Non è il tuo collo che le sue labbra lambiranno, non sono le tue le mani che stringerà, non sono i tuoi i capelli che accarezzerà.
Non sei tu che sognerà, non è a te che penserà, non sarai tu che desidererà…
Non sarà il tuo il nome che invocherà nella notte, nella intimità delle lenzuola.
Non sei tu la persona a cui dirà “Ti amo mentre farà l’amore…
Non ansimerà chiamando te quando, esausta, si adagerà tra i cuscini…
Non sarà grazie a te che il suo grembo racchiuderà una nuova vita.
Non sono tuoi i figli che stringe tra le braccia, che allatta al suo seno. Non sei tu che chiameranno Papà…
Non sei tu, e non potrai mai esserlo.
Ecco cosa vedevano Jacob e Alec.
Vedevano me, amavano me, ma il loro amore non era stato accettato.
Gli era stato lanciato indietro, respinto, rifiutato.
Ed ora erano costretti a vedere tutto ciò che a loro veniva negato.
Che io avevo negato loro.

Mostrare loro Elizabeth che, tra le braccia di Edward, mi chiamava mamma mentre i suoi capelli e quelli di suo padre, di egual colore, si confondevano in un abbraccio carico di sentimenti, era come un ribadire che io ormai ero troppo lontana da loro per poter ripensare alle mie scelte.

Li avevo respinti…
Eppure, nonostante questo, loro erano tornati.
Erano tornati da me a costo di dover subire la sofferenza che io imponevo loro.
Erano tornati per starmi vicino.
Perché, in un’accezione diversa dalla loro, li amavo.
Volevo loro bene come a dei fratelli.
Ma loro potevano rassegnarsi a questo?
Potevo loro chiedere di accontentarsi?

Sentii gli occhi bagnarsi mentre i pensieri fluivano veloci e confusi nella mia mente.
< Isabella? > Mi chiese Alec preoccupato mentre osservava un po’ confuso.
Edward, intuendo che volevo alzarmi, levò il braccio dalla mia spalla. Si sistemò Liz tra le braccia e poi mi guardò in volto: < Bella, credo che forse dovresti andare a riposare. I bambini ti stanno davvero tenendo sempre sveglia… sei un po’ tesa, stressata. >
Cercai di concentrarmi sul tono rassicurante. Volevo evitare di scoppiare a piangere davanti ad Edward, Jake ed Alec.
Mi alzai sistemandomi un po’ il pigiama con sguardo fisso al pavimento. Cercavo di sviare gli occhi rossi che mi squadravano.
Annuii ad Edward e cominciai ad allontanarmi.

Poi tutto accade nel giro di pochi istanti.  < Non andartene >  disse quello che per me era un fratello, nonostante gli inquietanti occhi rossi...

Alec però mi afferrò il gomito per non farmi andare via. Edward ringhiò con forza.
Sentii il suono cupo e profondo nascergli dal petto.
Al che Jake, in una falcata, attraversò la stanza in un secondo e afferrò le spalle di Alec. Gli tremavano le mani.
Liz, terrorizzata, non sapeva cosa fare. Non era abituata a vedere il padre adirato.
Era la prima volta che lo sentiva ringhiare per davvero.
Quello non era un gioco.
Edward non stava facendo il cretino rotolandosi sul tappeto della sala con lei tra le braccia come faceva di solito, quando giocava con lei.
I ringhi a cui era abituata erano scherzosi, dolci.
Questa volta quel ringhio era violento, irato, aggressivo…
Liz rimase come paralizzata per alcuni istanti poi scoppiò a piangere e cercò di allontanarsi da Edward che la teneva stretta al petto, come se tentasse di proteggerla.

La paura le mozzava il respiro e si era fatta rossa in volta.

Carlisle, che discretamente era restato nella stanza attigua a controllarci, lentamente camminò verso di noi. Con tono pacato disse: < Calma… calma. Non è successo niente. >
La stretta di Alec stava cominciando a farmi male dato che era troppo forte sul mio debole braccio umano. Sentivo il sangue che non riusciva a fluire come avrebbe dovuto e le dita della mano si stavano intorpidendo.
< Alec, lascia andare Bella… Jake, non infastidire Alec… e tu Edward, credo che Liz voglia scendere. >
Edward parve rinsavire. Abbassò lo sguardo su nostra figlia che continuava a singhiozzare stretta nella morsa marmorea delle sue braccia.

Vidi il dolore dipingersi sul suo volto perfetto.

Questa era una delle cose che più lo angosciava… che potesse far del male a me o ai nostri figli, far paura ai bambini, perdere la loro fiducia…
La lasciò andare e la bambina scese velocemente dalle sue ginocchia. Rimase immobile un secondo.
Mi osservò. Voleva venire da me ma vide Alec che ancora mi teneva il braccio.
Si ritrasse con un sussulto e poi si voltò, per correre via. La vidi salire le scale e sparire nel corridoio luminoso.
Anche le mie sorde orecchie umane percepirono la porta sbattere dietro di lei. Stava piangendo.
< Alec, lasciala andare. > Ordinò Edward perentorio dopo essersi alzato in piedi.
Alec immediatamente lasciò la presa e fece scivolare la mano lungo il suo fianco. Con un sussulto, mi afferrai il gomito e me lo massaggiai assente. Quasi subito le mani di Edward sostituirono le mie nel massaggiarmi il braccio.
Carlisle sfiorò la spalla di Edward e poi disse: < Edward, Jake… non è il caso che reagiate così. Non è successo niente. >

Jake sbuffò ed Edward digrignò i denti. Alec, sentendosi in minoranza, arretrò di un passo.

Mi sentii in dovere di difendere quello che per me era un amico molto caro: < Alec, sei mio ospite. Non preoccuparti. Loro non capiscono. Soprattutto Jake… Per te non è immediato come per loro stare con me. Ma io ti conosco… so che non volevi farmi niente. >
Gli sorrisi ed Edward borbottò qualcosa che mi suonò come un “non vedi cosa pensa…”
Mi voltai e lo ripresi con lo sguardo.
< Mi dispiace di aver spaventato la tua bambina. È cresciuta molto dall’ultima volta che l’ho vista. Ti assomiglia. È splendida. >
Mi sentii arrossire. < Dai Alec, è troppo giovane per te. > Lo presi in giro.
Mi accorsi di aver detto la cosa sbagliata. Edward non parve gradire la mia battuta.
< Bella, non mettergli strane idee in testa. > mi disse con tono stranamente duro.
Mi voltai verso di lui e lessi anche sul suo volto lo stesso dolore che avevo visto negli occhi di Jake ed Alec pochi minuti prima.
Stavo facendo soffrire anche lui.
Gli accarezzai la guancia. < Stavo scherzando. >

Mi afferrò il polso impedendomi di muovermi e, lasciandomi letteralmente paralizzata, si chinò sul mio viso. Le sue labbra assalirono le mie con impeto stranamente
violento. Erano decise, possessive.
Con un gesto repentino mi ritrassi e provai l’impulso di schiaffeggiarlo.
< Edward. Piantala. Non hai  bisogno di ribadire ancora una volta che sono tua moglie! penso che ormai l’abbiano capito! > gli urlai buttandogli addosso tutti i miei pensieri di prima.
Sentii Emmett ridacchiare nella camera affianco. Irata, me ne andai dalla stanza, lasciando i due vampiri e il licantropo a guardarsi in cagnesco.

In sala, Alice stava seduta nella poltrona. Sfogliava svogliata una rivista di moda con sguardo distratto. Un sorrisetto stampato sulle sue labbra sottili.

< siete meglio di una soap opera. E oltretutto, visto che c’è anche Jacob nel cast, niente spoiler. Per la prima volta non mi rovinerò il finale. >
La fulminai con lo sguardo. < Dai, scherzo. Il finale lo so. Tu ed Edward fra due settimane ricomincerete a mandarci a caccia una notte sì e l’altra pure. Giusto il tempo perché Carlisle ti dica che è tutto a posto. E poi, Edward lo conosci… non ti toccherà finché Carlisle non lo rassicurerà che i punti che ti ha dato siano ormai guariti. >
Le passai vicino e lei alzò lo sguardo. < Dai Bella, non prendertela. Edward è solo pazzamente innamorato. Teme così tanto di perderti… >
< Fobie inutili. > sussurrai a mezza voce. Mi guardai intorno. Sospirai e poi dissi: < Vado da Liz. Non voglio che abbia paura. >
Alice, con fare piuttosto naturale, abbassò la rivista e mi informò: < Si riprenderà presto. Anche se questa notte temo che Edward dovrà dormire sul divano. Vuole stare con te nel lettone. >
< Grazie Alice > bisbigliai salendo le scale. Bussai ma Liz non mi rispose. Abbassai la maniglia e, lentamente, entrai. Liz era sdraiata a pancia in giù sul lettino. La testa nascosta sotto il cuscino.

Mi inginocchiai vicino a lei e le carezzai gentilmente la schiena. Le presi la mano combattendo contro le sue dita contratte e strette sulla federa.  Ne baciai il dorso liscio e pallido prima di chinarmi e sussurrarle: < Liz, tesoro… non fare così. >
< Papà è arrabbiato con me! > Pianse girandosi e rannicchiandosi tra le mie braccia. Poggiò il capo sul mio seno e si portò le ginocchia al petto. La cullai. < No… Il papà ti vuole bene e non potrebbe mai essere arrabbiato con te. Stava “discutendo” con i miei amici. > Cercai di spiegarle mentre le carezzavo la fronte. Mi ero seduta per terra e le baciavo i capelli.
Quando si fu calmata, le bisbigliali: < Liz, non devi aver paura dei miei amici. >
< Geke... Quello gande non mi fa paura. > mi confessò stringendo le sue manine sottili intorno alle mia dita. Beh, Jake ne sarebbe stato contento…
< Ma quello che sci chiama come Alec… lui ha degli occhi che fanno tanta paura. >
< Non preoccuparti. Lui ci vuole bene. > Mi alzai la manica sinistra e le mostrai le cicatrici. < Ti ricordi quando ti ho spiegato che papà ci sarà sempre per proteggerci? Quando mi sono fatta male e il papà non era potuto venire subito ad aiutarmi e tu eri ancora nella mia pancia? In quel momento mi ha aiutato Alec. È una brava persona… E adesso smetti di piangere, se no poi il papà si sente in triste. >
Le asciugai la faccia e lasciai che mi abbracciasse prima di alzarmi e prenderla per mano.

Quando tornammo dagli altri Liz era tranquilla. Edward ci stava aspettando sorridente seduto al pianoforte.
Suonava dolcemente una melodia che a nostra figlia piaceva molto. Le strinsi la mano prima di lasciarla andare. Lei mi guardò per un attimo prima di correre da Edward che la prese e se la mise sulle ginocchia, suonando con una mano sola.

Jake era intento a parlare con Emmett di macchine sportive sfogliando un catalogo. Alice e Rose stavano decidendo cosa comprare ad Esme e Carlisle per il loro anniversario. Loro due intanto si stavano occupando dei gemelli che non parevano aver voglia di dormire. Non vidi né Alec né Jasper. Un po’ spaesata, mi guardai intorno. Dato che Alice era tranquilla, non poteva esser successo nulla di brutto. < Edward, dove sono Jasper e Alec? > Domandai innocentemente.
Lui si voltò e con un mezzo sorriso mi sussurrò: < Non sei brava a recitare. Comunque, sono in giardino. Stanno discutendo di strategie… pare che sia un argomento che interessa ad entrambi. >
Mentre parlava, Edward continuava a suonare. In quel momento, Esme mi venne vicino con Mel tra le braccia. La piccola era sveglia ma se ne stava silenziosa a fissare la nonna. < Bella, mi daresti una mano in cucina? > Porsi le braccia e presi Mel in braccio. < Certo. Arrivo. > dissi prima di baciare la bambina sulla fronte. La posai nella culla e poi raggiunsi mia suocera.
Era strano cucinare per tre. Anzi, per cinque… Jacob ogni volta che veniva a trovarci mangiava l’equivlente di quanto io mangiassi in tre giorni…
Preparai a Liz una pastina e poi della carne. Per me e Jake, Esme preparò come al solito le sue prelibatezze. Cucinare le piaceva. Aprii il frigo per prendere la bistecchina di pollo e vidi che un intero ripiano, tra la verdura e i formaggi, era occupato da una torta gigante. Esme, senza smettere di triturare il prezzemolo e senza voltare per fissarmi, mi informò: < Alice questa notte si annoiava. >

Alzai gli occhi al cielo ed ebbi la tentazione di assaggiarne un po’ con la punta del dito. Pensai al fatto che avessi ancora addosso i chili della gravidanza e ci ripensai.

In pochi minuti il pranzo di Liz fu pronto ed Edward la portò in cucina. Sul suo seggiolone, dovemmo implorarla per farle mangiare il primo. Il secondo invece lo gradì di più.
Quando appoggiai la forchetta nel piatto lei mi fissò a bocca spalancata. Esme trattenne un risolino mentre andava a prendere alcuni ingredienti nella dispensa.
< Ne vuoi ancora? > chiesi a mia figlia con voce dolce.
Scosse la testa. La guardai confusa e le chiesi: < Vuoi qualcos’altro? >
Annuì. < Senti, se fai così, io me ne vado. Dimmi cosa vuoi… >
Liz chiuse immediatamente la bocca e mi fissò contrariata.
Incrociò le braccia e sussurrò: < Mamma. Io voglio la tota! >
< Edward, vieni qui. Tua figlia fa i capricci. > Dissi alzandomi. Lei mi afferrò la maglietta.
Le carezzai la testa. < Liz, aspetta più tardi. Ti chiamo quando io e Jake avremo finito di mangiare. Ora magari vai a giocare. Perché non fai un bel disegno? >
Edward la prese dal seggiolone e la mise in piedi. < Dai, fai un bel disegno per la mamma e per il papà. > Le disse infilandole in mano un pezzetto di cioccolato. Quando si voltò verso di me, mi trovò con le braccia incrociate e lo sguardo contrariato. Si avvicinò e usando la sua voce seducente mi sussurrò all’orecchio: < Eddai, non fare così. Devo pur viziarla un pochino… è una delle donne più importanti della mia vita. >

Lasciandomi avvolgere dalle sue braccia, gli feci notare che in quel modo mi faceva ingelosire lui mi chiese: < Come ti senti? > Poi corse con le dita dalla mia spalla al mio orecchio. Poi da lì scese di nuovo spingendosi più in basso. Raggiunse le costole e poi il bacino. A quel punto le fece scorrere lungo la mia spina dorsale. Insinuandosi sotto la mia maglietta e facendomi fremere al contatto con la sua pelle gelida, mi baciò con ardore. Sentii una sua mano sostenermi la testa infilando le dita tra i miei capelli. Mi sentivo tutta scombussolata e provai l’istinto di avvicinarmi di più a lui. I nostri corpi erano l’uno appoggiato all’altro.

Le sue labbra abbandonarono le mie per un istante e sentii il suo respiro gelato passare sulla pellle sottile del mio collo. Se te la senti… magari questa notte potremmo… >
La proposta era allettante… il mio corpo si era completamente scollegato dal cervello e non ero più padrona di me stessa. In quel momento però entrò Esme e con voce severa ammonnì Edward. <
Edward, potete evitare di peccare di lussuria sul tavolo della cucina? È un pezzo antico che ho fatto fatica a trovare… non vorrei che vi faceste prendere da troppa passione. E poi, è una puerpera. Lasciale il tempo per riprendersi. Stai diventando come Emmett. >

Arrossii immediatamente. Possibile che Edward non l’avesse sentita arrivare? Insomma, non era una posizione molto casta…
E ancora con questa storia della puerpera… stava cominciando a darmi sui nervi l’idea che i miei suoceri fossero così attenti alla mia salute. Controvoglia mi allontanai da Edward.
Lui si chinò e mi sussurrò all’orecchio: < Appena te la senti, fammi sapere. Non importa cosa dicono… devi essere tu ad essere pronta. E poi, non dobbiamo necessariamente… >
E poi mi baciò la scapola. Le sue labbra sfiorarono nuovamente il mio orecchio e disse: < E se loro non ci lasciano la casa libera, ho trovato un posticino che ti piacerebbe molto… un prato molto romantico. >
Appoggiai le mani sul suo petto e, arrossendo, cercai di darmi un contegno.
< Edward, sei una tentazione atroce. Comunque, adesso andiamo di là, altrimenti Emmett non la smetterà mai di prendermi in giro… e poi, non voglio che Jake o Alec siano costretti a sentire… certe cose… >
Rise dolcemente abbracciandomi.
Lo sentii borbottare qualcosa riguardo al fatto che non riuscivo a sentire i pensieri degli altri.

In un giorno era già la seconda volta che lo sentivo commentare le mie parole in quel modo…

Arrossii di vergogna al pensiero di cosa Edward vedesse nelle menti dei miei ospiti.
Lo presi per mano e in silenzio lo portai in sala.
Come mi aspettavamo, Emmett sorrideva con l’aria di chi la sapeva lunga.
Rosalie, china sui gemellini, cercava di nascondere un sorrisetto.
Ecco, come pensavo, ci avevano sentito…
Pazienza…

In fondo, mi incuriosiva parecchio il prato di cui mi aveva parlato Edward.

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Capitolo 53
*** Uno scusa chiesto con un mazzo di fiori... ***


Eccomi tornata!
Il ritardo nel postare è stato determinato da una scuola terribilmente crudele. Ho dovuto recuperare tutti i compiti in classe fatti mentre non ero a Milano. In realtà ci sarebbe ancora fisica, ma a quella non voglio nemmeno pensare!
Inoltre, ho subito un ingiusto sequestro di computer. Per par-conticio mia madre, avendolo tolto a mia sorella per punirla, mi ha impedito di usare il mio dicendo che non dovevo fare invidia a Olga…
Grr…
Vabbè, per ora vi lascio al cap e corro a scrivere il prossimo, prima di studiare un po’ Leopardi.
Settimana prossima sono i vacanza e quindi avrò più tempo per preparare il gran finale.
A presto e grazie per i commenti bellissimi! Spero di riceverne sempre di così belli!
Ciao!
             Erika

Bella’s POV

< Bella, vedo che certi vizi non passano mai! > mi disse Emmett per prendermi in giro.

< Già… come ad esempio quello di origliare, vero Emmett? > ribattei con un sorriso malizioso.

Rimase in silenzio per qualche secondo poi, come se stesse per dire qualcosa di molto, molto pesante, si avvicinò. Edward fu quasi invisibile tanto fu veloce. Si voltò verso di lui, alzò un dito in segno di monito e poi sillabò: R.O.S.A.L.I.E. 

Evidentemente, il mio fratellone aveva qualcosa da nascondere dato che si fermò immediatamente, la frase cattiva e irrispettosa sulla mia vita sessuale gelata sulle sue labbra.

Edward mi cinse il bacino con il braccio e mi condusse verso il tavolo apparecchiato. Ci sedemmo e Jake, seduto davanti a me, sorrise. Edward prendeva posto a tavola anche se, ovviamente, non toccava mai cibo. Lo faceva solo per farmi contenta, tenermi compagnia. Se non ci fosse stato lui, avrei dovuto mangiare da sola ogni volta. Quando Liz doveva mangiare, la dovevamo ancora imboccare, non perché non fosse capace di farlo da sola, ma perché le piaceva essere coccolata.
Sentii dei passetti veloci e mia figlia si aggrappò alla maniglia della porta, aprendola.
Quando ci vide, sorrise e corse verso di noi. Edward se la mise sulle ginocchia e le accarezzò i capelli. Lei gli posò le manine sulle guance e sussurrò: < Tota!!! >
< Quando avranno finito, arriverà la torta, ma devi aspettare. E non fare quella faccia. Non riuscirai a commuovermi. > le rispose sfiorandole il nasino. La fece scendere e le promise, facendo aderire la sua mano al capo di Liz coronato di folti capelli rossi, che l’avrebbe chiamata non appena fosse stato il momento della torta.

Lei annuì e poi corse da Emmett. Si aggrappò ai suoi pantaloni e gli chiese di andare a giocare in giardino con lui. Era felice. Suo zio la prese in braccio e, con una risata fragorosa, se la portò nel garage dove le stava costruendo una casetta in legno. Lei adorava guardarlo, spiegandole cosa desiderasse. Avevo faticato a convincere Emmett che non doveva seguire alla lettera le istruzioni di Liz. Non mi pareva opportuno che la sua casetta di legno fosse più grande della casa in cui vivevamo. Insomma, non doveva costruirle un castello…
Cominciai a sgranocchiare qualche grissino e poi mi diedi alla pazza gioia. Il primo era squisito e il secondo non era da meno. Come previsto, Jake mangiò tantissimo. Fu divertente vedere come Esme gradisse tanto apprezzamento verso la sua cucina.
Alec e Jasper, nel giardino, passarono davanti alla finestra. Erano coinvolti in una fitta conversazione.
Non mi stupii quando, a metà del secondo, Edward alzò gli occhi al cielo. Voltai sconsolata il capo verso di lui che mi accarezzò la guancia. < Che c’è? > gli chiesi sconfortata.

Mi baciò la fronte e si alzò in piedi. < Mel si sta svegliando. Vado a prenderla prima che svegli Alec.  >

Gli presi la mano prima che si allontanasse troppo e lo implorai di rimanere. Gli dissi: < lascia che piangano. Resta qui. > Lui mi baciò il dorso della mano e poi ridacchiò. < Non potrei mai. lo sai… > sbuffai e tornai al mio piatto. Con la forchetta cominciai a tormentare le patate. Sentii Jake ridacchiare e alzai lo sguardo. Lui mi sorrideva. Con gli occhi ridotti a due fessure, lo fissai circospetta. Come per scusarsi, mi confessò: < Siete proprio fuori voi due. Così affiatati. > ma colsi una nota di risentimento nelle sue parole. < Oh Jake… >
< Ehi, non piangere. Non ti ci mettere anche tu! > cercai di sorridere e mi alzai in piedi per andare incontro ad Edward. Il pianto assordante di Mel aveva invaso le stanze di casa nostra. < Scusa Jake… > gli dissi prima di allontanarmi. Lui rispose gentilmente e si avventò sul bis di carne.

Edward camminava avanti ed indietro in sala, cullando la bambina che teneva tra le braccia.
Mi avvicinai a lui che mi sorrise e mi diede un bacio veloce sul collo.
< Che cos’ha? >
< Fame? >
< Ma non è da molto che hanno mangiato… >
< nostalgia? >
< Ma ha solo due settimane… >
< Le mancherà la calda e sicura pancia della sua mamma… >

Ecco, i miei ormoni tutti ormai confusi. Sentii le lacrime salirmi e mi afferrai la maglietta all’altezza del ventre piatto.
< Ehi? Ma che fai? > mi chiese terrorizzato. La mano gelida corse lungo la mia guancia, ansiosamente. < Non piangere… per favore. Stavo solo scherzando. Non dicevo sul serio. >
Mi passai la mano sugli occhi ed annuii. Mi abbracciò cercando di consolarmi. Mi accarezzò la guancia con mani fredde e ansiose.
< Lo so! > piagnucolai abbandonandomi a mio marito. < Sono così confusa… mi sento tutta stravolta! È colpa di questi ormoni. >
Mi batté teneramente la mano sulla spalla e si chinò a baciarmi la guancia. < Non fare così. Vedrai che i bambini saranno felicissimi da grandi e non avranno problemi. Non preoccuparti per loro. >
Sentivo il dolore nelle sue parole. Alzai il capo dalla sua spalla e lo fissai negli occhi.
Gli accarezzai la guancia. < Che c’è? c’è qualcosa che ti turba? > gli domandai un po’ agitata.
< No, niente. Non preoccuparti. > mi disse distante, stringendomi con ardore.
Non del tutto convinta, mi allontanai leggermente da lui per fissarlo meglio. Era così bello…
< Perché sorridi? > mi domandò leggermente sorpreso e con una punta di compiacimento nella voce.
< Perché credo proprio di essere irrimediabilmente innamorata di un vampiro molto seducente. >
Gli confessai alzandomi sulla punta dei piedi e baciandogli il mento.
Piacevolmente sorpreso, sorrise e parve rasserenato.

Mel nel frattempo si era riaddormentata e ora dormiva tranquillamente tra le braccia del padre.
< Rimettila a letto, prima che si svegli di nuovo. >
< Agli ordini, signora. > e la sua voce ironica mi sfiorò le orecchie prima ancora che Edward svanisse lasciandosi alle spalle il suo dolce profumo.  Mi voltai e Jake mi venne incontro.
< Allora, la frignona si è finalmente decisa a tornare a ronfare? >
Passandogli affianco, gli tirai uno scappellotto. Ovviamente, mi feci male ma non volli darlo a vedere… < Non ti permetto di offendere la mia bambina. >
< Era solo la fredda cronaca dei fatti, Bells. Le gravidanze ti hanno inacidita. Un po’ di spirito fa bene alla salute. Certo, restare sempre chiusa qui dentro non credo ti aiuti… > poi però, notando la mia espressione, si mi disse: < Scusa, non volevo farti sentire triste. Sono stato inopportuno. Volevo solo… farti ridere, come una volta… >
Stiracchiai un sorriso e Jake mi posò il braccio intorno alle spalle.
< Oh, Jake… te l’ho già detto. Non sono rinchiusa qui. Qualche volta usciamo. Edward mi ha portato anche al cinema. Siamo stati al ristorante, un paio di volte… e mentre ero incinta siamo andati all’ospedale. L’importante, è essere discreti. > poi, per sdrammatizzare la situazione, feci lo sguardo un po’ monello che sapevo piacergli tanto e sussurrai: < la parrucca rossa mi sta d’incanto. > rise, ma solo per farmi piacere. Non c’era gioia dipinta sul suo viso. Non gli piaceva sapere che la mia libertà era limitata. Quando ci sentivamo per telefono, mi raccontava sempre di Forks, di La Push, del branco… io invece non avevo mai niente di interessante da dirgli. Durante la gravidanza mi sedevo sulla poltrona e, con il telefono appoggiato all’orecchio, gli raccontavo di come il pancione si fosse ingrossato, di come i piccoli scalciassero, del fatto che l’ombelico sembrasse un bottoncino e che Liz fosse convinta che, schiacciandolo, sarebbero usciti i suoi fratellini… Lui mi aveva sempre ascoltato pazientemente e aveva cercato, per quanto possibile, di essere partecipe delle mie gioie e di allietare almeno un poco la mia solitudine. Mi abbracciò, come un fratello. Mi amava e, nonostante io non potessi amarlo nello stesso modo, lui continuava a volermi bene. A sostenermi. Mi strinse a sé e mi passò una mano tra i capelli. Sussurrava parole gentili ma non sdolcinate. Era in quel momento un amico, un fratello. Niente di più. Ma avere qualcuno di così caro, è un dono raro che all’epoca ancora non ero in grado di apprezzare appieno.

È proprio vero che ci si rende conto del valore delle cose solo quando queste ti vengono sottratte…

Mentre Jake mi teneva stretta,fece il suo ingresso nella stanza Carlisle. ci sorrise cordiale e tornò a controllare i fogli che teneva in mano. Pareva assorto.

Edward apparve come un angelo. Il suo volto però era velato da un’onbra di preoccupazione. Ne colsi solo un rapido guizzò sul suo volto perfetto. Scambiò un’occhiata fugace con Carlisle che gli poggiò la mano sulla spalla. Lo vidi indicargli la stanza attigua. Edward si ricompose in appena un istante e Jake non si accorse nemmeno dello scambio silenzioso di battute tra mio marito e mio suocero.
Edward mi sorrise prima di seguire il padre. Un po’ preoccupata mi separai da Jake cercai di sbirciare nella stanza vicina.
Jake trattenne una risata ma poi mi afferrò la manica, strattonandomi. Irritata, mi voltai per dirgli di lasciarmi andare quando vidi che si teneva un dito premuto sulle labbra. Sembrava sorridere con gli occhi. Mi indicò il giardino. Alec stava sdraiato in silenzio sull’erba. Teneva le braccia incrociate dietro la schiena e sembrava sereno. Sorrideva al cielo terso e la sua pelle riluceva opaca, nascosta dagli abiti. Liz, lentamente, avanzava verso di lui. Teneva un braccio nascosto dietro la schiena. Alec voltò il capo verso la bambina e il suo sorriso si fece più ampio. Non fece nessun altro movimento. Non voleva farle paura con un gesto repentino. Liz, inizialmente, arretrò impercettibilmente poi però fece un gran respiro e si avvicinò. Si sedette a circa un metro da Alec e poi scosse leggermente la testa. Si passò nervosa una mano tra i capelli rossi e folti, come per sistemarseli. In quel gesto rividi me stessa e non potei negare ad un sorriso involontario di formarsi sulle mie labbra scettiche.

Liz disse qualcosa che io non potei udire ma Jake sì. Sorrideva ironico.

Alec si sedette lentamente e poggiò le mani sulle ginocchia, chinandosi in avanti per mostrare di essere attento a ciò che Liz stava dicendo. Io mi
logoravo dalla curiosità.
Poi, improvvisamente, Liz  mostrò il braccio che aveva tenuto nascosto.
Nel suo piccolo pugno era racchiuso un mazzo di fiori. Provenivano da un’aiiola del giardino. Una delle più lontane dalla casa. Forse sperava che in questo modo le zie e la nonna non si accorgessero della razzia e non la sgridassero?
Offrì il mazzo colorato ad Alec, si alzò lentamente e poi corse via. Era veloce, molto veloce. Le sue gambe scattarono e in un attimo già era lontana. I suoi piedini si rincorrevano frenetici quasi volessero fuggire da ciò che si lasciavano alle spalle.
La porta d’ingresso sbatté. Jake cercava di non ridere. Si sforzava, ma non poi molto dato il modo in cui il suo corpo era scosso dalle risa soffocate.
< Mi vuoi dire cosa succede? > gli domandai. L’inquietudine di poco prima era passata in secondo piano, scalzata da più impellenti curiosità.
< Liz è andata dal tuo amico succhiasangue e, ma non ne sono proprio sicuro dato che in quel momento stava farfugliando in maniera quasi incomprensibile, credo che abbia cercato di scusarsi e di fare pace con lui. Gli ha detto che lo ringraziava tanto di averti salvata, e di aver salvato anche lei. Poi ha aggiunto che aveva salvato anche Edward, che senza di te, sue testuali parole, Edward si ucciderebbe di dolore… e poi, senza di lui, non sarebbero potuti nascere nemmeno i fratellini.

Insomma, lo ha ringraziato a nome di tutta la famiglia con una cerimonia in grande stile. Con tanto di bouquet! Poi è arrossita ed è scappata via. Ma questo mi pare che tu lo abbia visto. >
< Eddai. Non ridere! > lo ripresi. < Liz è stata molto gentile e cortese. È una bimba molto sensibile e ben educata. Tutto il contrario di te, Jake. >
< Sì, sì. Certo. > fece lui bonario, prima di darmi una pacca leggera sulle spalle. Non era bravo come Edward a calibrare la sua forza sovrumana. Nonostante avesse esercitato poca forza, quel poco bastò a sbilanciarmi in avanti e quasi caddi a terra. Mi ritrovai a terra. Avevo sbattuto il sedere la mia gamba era andata a sbattere contro il tavolino. Avrei avuto un nuovo livido da aggiungere alla mia fantastica collezione. Non feci neanche a tempo a rendermi conto di quello che era successo che Edward già mi stringeva tra le braccia.

Mi sorpresi a ridere. Anche Edward era sorpreso. Ridevo con il cuore. Era da tanto tempo che non succedeva.

Jake aveva sempre un effetto straordinario su di me. Ogni sua visita era rigenerante. Un soffio di aria fresca e viva che si insinuava poco discretamente ma tuttavia troppo sporadicamente nella meravigliosa tomba di cristallo in cui, ancora viva, ero rinchiusa un po’ perché costretta, un po’ perché la mia felicità sapevo bene che avrei potuto trovarla solo lì.
Mio marito parve rincuorato vedendomi felice e dal suo volto svanì ogni traccia di angoscia.
Vedendo, sebbene per solo una frazione di secondo, l’ombra della paura sfigurargli il viso, un nodo mi strinse lo stomaco. Sempre sorridendo per non preoccuparlo, gli carezzai la guancia e gliela sfiorai con le labbra. All’orecchio gli bisbigliai: < Che c’è? >

Fece un sorriso colpevole e poi si guardò le scarpe. < Te ne sei accorta, allora? >
< Sono attenta a tutto ciò che ti riguardi. > gli dissi semplicemente. Jacob, vedendo le nostre effusioni, si era allontanato, preferendo lasciarci soli.
< Allora, mi dici che c’è? per favore!!! >
Sospirò rassegnato e mi accarezzò i capelli, accompagnando la mia testa contro il suo petto.
< Bella, Carlsile vuole portare i bambini a fare dei controlli. Quando saranno un po’ più grandicelli. >
< Cosa? > chiesi spaesata. < Era per questo che prima ti ha preso da parte? > cercai di non far trapelare la mia ansia.
< Non preoccuparti. Alice ci ha visti portarli dal pediatra. Non c’è niente di cui preoccuparsi. Dovranno fare le vaccinazioni, come Liz. >
< Sì, ma a Liz Carlisle le ha fatte qui in casa. Ricordi? >
< Sì, certo. Alice però ha detto che Mel è allergica a qualcosa che potrebbe farla stare male. Carlisle vuole solo essere sicuro di poter intervenire con i mezzi adeguati in caso di necessità. >
Mi morsi il labbro inferiore un po’ scettica ma lui mi rassicurò con un bacio sulla fronte.
< Quando andiamo? >
< Carlisle voleva fissare i controlli per appurare a cosa siano allergici fra tre mesi. Per intanto, grazie al tuo latte, sono protetti da tutte le malattie. Hanno i tuoi anticorpi. > Mi disse orgoglioso, passando un pollice sulla mia guancia la cui pelle, al suo tocco, si imporporava. Ci sorridemmo a vicenda finché Liz non mi venne a chiamare.
< Mamma, insciomma, non vieni più a mangiare la tota? > si aggrappava alla mia maglietta cercando di trascinarmi in sala da pranzo. La presi in braccio e, con il braccio di Edward stretto intorno alla vita, andai di là. Il secondo che ero stata costretta ad abbandonare a causa di Mel era sparito. Al suo posto la torta si mostrava in tutto il suo splendore. Nonostante i vampiri non mangiassero, erano tutti seduti intorno al tavolo.
Passammo l’ora seguente tra risate, scherzi, felicità e racconti di avventure passate. Jake sembrava essersi ormai abituato ai vampiri. Sembrava abbastanza a suo agio. Gradì la torta e fu solo grazie a lui se non avanzò neanche un po’ di panna. Alice era felice che la sua creazione fosse stata gradita. Liz, che si era riempita di torta a dismisura, dormiva placidamente tra le mie braccia. La sua testa era appoggiata sotto la mia spalla, sul seno destro, e le manine erano strette intorno alla mia. Le baciai i capelli che sapevano di fiori e andai a metterla nel suo lettino.

Tornata di sotto, notai che la mia famiglia, Alec compreso, si erano spostati in sala.
Incredibile come il tempo passi in fretta quando finalmente si fa qualcosa di interessante, diverso dal solito. Nel corso del pomeriggio dovetti alzarmi ed andare ad allattare i bambini due volte. grazie a quei momenti di quotidiana realtà mi resi conto che il tempo stava passando velocemente. Fu presto sera, e con la sera venne anche il momento del congedo.

Combattei contro le lacrime che però vinsero sia quando abbracciai Jake, sia quando abbracciai Alec.

Feci loro promettere che sarebbero tornati presto a trovarmi e Jake, premuroso ma rozzo come era suo solito, mi strinse in un poderoso abbraccio sussurrandomi che, se mi fossi stufata di vivere con dei vampiri e avessi cambiato idea, lui sarebbe corso da me. Era disposto a portarsi dietro anche i miei figli. A questa affermazione Edward rise e così anche gli altri. Io mi sentii un po’ a disagio. Sapevo, proprio come Edward, che Jake diceva sul serio.
< Mi raccomando. Chiamami presto. Va bene Jake? Non farmi stare in pena. >
< Oddio Bella, non diventarmi paranoica. Ti serve una vacanza. Comunque, ti chiamerò prestissimo. Mi manchi già. Ti avviso, quando sono a casa. > E mi fece l’occhiolino prima di salire in auto. Mi chiesi se Carlisle lo avrebbe bendato, una volta usciti dal bosco. Lo salutai con le lacrime agli occhi e la mano in aria finché la macchina non svanì tra gli alberi. Soffocai un oaio di singhiozzi e mi asciugai le lacrime con la manica della maglietta.
Mi voltai e vidi Alec seduto sotto il portico. Mi osservava. Era bellissimo nell’ombra della prima sera. Il rosso del tramonto si rifletteva sulla sua pelle di diamante donando colore alle sue guance ceree. Era splendido.
Mi era parso tale già la prima volta che lo avevo visto, a Volterra. Anche durante la prigionia mi era sembrato un ragazzo magnifico ma adesso, la sua bellezza andava oltre ogni possibile descrizione. Nessuna gli avrebbe mai potuto rendere giustizia…
Proprio come sarebbe stata insufficiente per descrivere uno qualunque dei Cullen in qualunque momento. In quello in particolare. Quel momento della giornata era il loro preferito, a metà strada tra il buio e la luce, il giorno e la notte. La morte e la vita.

Il crepuscolo… il loro momento di libertà.

Nella bellezza di quel tramonto rosso come il sangue, la perfezione di quelle creature il cui cuore non batteva ormai più, risaltava in modo ancora più evidente.
Come il tramonto, i vampiri non erano né giorno, né notte. Nè vita, nè morte.

Eternamente bloccati nella perfezione dell’attimo sospeso al loro ultimo sospiro vitale.

A quei pensieri sospirai e mi strinsi ad Edward. Alec si alzò e mi venne vicino con grazia.
Mi prese la mano e, dopo un breve inchino, me ne baciò il dorso. Sussurrò qualche parole gentile e poi mi accarezzò la guancia. < Spero di rivederti presto. Con tutto il cuore. Sei una ragazza speciale e i tuoi bambini sono davvero adorabili. Liz ti assomiglia moltissimo. Deve essere fiera di essere tua figlia. È davvero adorabile. > Arrossii per i complimenti impliciti ed espliciti che mi rivolgeva e, colpita dall’immediatezza dell’ennesima separazione, lo
abbracciai di slancio. Sentivo un vuoto freddo e doloroso all’altezza del cuore. Come se quella separazione non fosse come tutte le altre.
Non sarebbe stato l’ennesimo arrivederci. Aveva il sapore amaro e crudele dell’addio. Un feroce e spietato dolore si stava insinuando dentro il mio cuore.
Ci abbracciammo ancora prima che lui mi carezzasse la testa. < Bella, allora, a presto. Tornerò a trovarti. E chissà, magari ci sarà qualche altro bambino. Ogni volta che ti vedo la tua famiglia aumenta in termini di membri sotto i dieci anni di età. >
Risi ma si sentiva che la mia gioia non era sincera. Non volevo che se ne andasse. Se lui e Jake si allontanavano, era come se dei fratelli partissero. I miei fratelli dovevano sempre andarsene.

Mi raggomitolai tra le braccia di Edward. Uno dei pochi punti davvero saldi della mia vita. Mio marito era il mio porto sicuro, la mia salvezza. Su di lui avrei potuto contare sempre, qualunque fosse la causa del mio dolore, e sempre avrei potuto contare, qualsiasi fosse stata la situazione. Le sue braccia erano già pronte a consolarmi, a colmare il senso di solitudine. Erano spalancate davanti a me e mi strinsero cautamente. Lo avrebbero sempre fatto.
Alec mi carezzò una spalla. Mi sussurrò che mi voleva bene. Mi voltai verso di lui e gli presi la mano. Lui me la strinse dolcemente e la baciò lievemente di nuovo, tenendola tra le sue.
Mi rivolse un sorriso smagliante e poi, insieme ad Emmett e Jasper, svanì nel bosco, lasciandomi in piedi davanti al viale vuoto. I miei vestiti svolazzavano a causa dello spostamento d’aria provocato dai movimenti impressionantemente veloci dei vampiri.

Un po’demoralizzata, tornai in casa trascinando i piedi. Cominciava a fare freddo e andai alla ricerca di un maglione pesante da mettermi. Volevo inoltre controllare che i bambini fossero ben coperti e preparare il semolino a Liz. Mentre passavo per la sala vidi Rose discutere animatamente con Alice. < Che fate? > Chiesi curiosa, piegandomi verso di loro. Mi mostrarono un catalogo di luoghi di villeggiatura. < Bella, che ne dici? Meglio andare a vedere l’aurora boreale o andare a fare un viaggio Russia? Mosca deve essere splendida, ma anche i giacchi del polo nord devono essere impressionanti. > < Partite? > chiesi un po’ preoccupata. Mi sentivo molto sola da quando avevo partorito sapere che Rose ed Alice si sarebbero allontanate mi riempì di ansia e tristezza.
Alice si coprì la bocca con la mano e Rose chinò il capo. Sa avesse potuto, sarebbe arrossita.

< Beh, veramente, io ed Emmett pariamo per un mesetto. È l’anniversario del nostro matrimonio. 70 anni. Un bel numero tondo, non ti pare? Volevo organizzare qualcosa di speciale. Prima partivamo tutti gli anni,. Ultimamente non ne abbiamo avuto molto l’occasione. Però pensavo che gli avrebbe fatto piacere. Tu che ne pensi? Se no, possiamo anche trovare un posto più vicino. >
Afferrai la copertina poggiata sul divano e me la misi intorno alle spalle prima di sedermi tra le mie sorelle acquisite. < Devi assolutamente andare. Io, se fossi in te, andrei sia a Mosca che al polo nord. Tanto, il tempo non vi manca. Però, se proprio dovessi scegliere, andrei a Mosca. A me piacciono molto le città d’arte… >
Notai che Edward mi fissava. Alice guardava lui. Mi sarebbe piaciuto, per la luna di miele, andare a visitare qualche antica città. Lo avevo confidato ad Alice che certamente lo aveva detto ad Edward. Con ogni probabilità il viaggio di nozze da lui organizzato ma che non avevamo mai potuto fare prevedeva proprio un tour nella storia di qualche antica e splendida cittadina europea. Mi consolai pensando alla felicità che avevo ritrovato con la mia famiglia. il dolore della prigionia mi aveva fatto acquisire un nuovo modo di guardare alla realtà.

Mentre stavo seduta tra le due vampire splendenti di bellezza, sfogliando cataloghi di isole lontane, Edward si inginocchiò davanti a noi e disse: < Alice, Rose, non va bene che abbiate così sete. Forse è meglio se questa sera andate a caccia. Che ne dite? >
Alice nascose un sorriso e Rose si tirò indietro i capelli un po’ seccata. Si voltò verso di me e mi chiese: < Sei stanca? Affaticata? Ti lascio da sola con lui solo se mi assicuri che te la senti? Non sei obbligata ad assecondarlo, se non vuoi. >
Io, arrossita fino alla radice dei capelli, abbassai lo sguardo e balbettai qualcosa del tipo: < Non preoccuparti, cioè, grazie, ma va pure, io… noi… sto bene… non c’è problema… >

Forse non sarebbe stato come un viaggio di nozze, forse nemmeno come un anniversario in qualche posto lontano, però almeno sarei stata con Edward, nell’intimità della nostra vita privata. Per una volta soli, io e lui…

Beh, certo, c’erano anche i bambini… ma speravo con tutto il cuore che quella notte non ci disturbassero…

 

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Capitolo 54
*** Tosse e telefonini spenti. ***


In questi giorni ho dovuto leggere moltissimi libri per scuola e studiare come non mai... non oso pensare cosa sarà a Maggio, e a Febbraio siamo già messi così male...
COmunque, tra tutti i libri orrendi che ci hanno fatto leggere, mi sono letta per affari miei i due libri di Khaled Hosseini.
Splendidi.
terribili.
favolosi.
alla fine de "mille splendidi soli" sono scoppiata a piangere (quando Mariam...) e io non piango mai per i romanzi o per i film. Consiglio a tutte coloro che non lo avessero ancora fatto, di leggere questi due meravigliosi romanzi... ne rimarrete incantate...
Ciao a tutte e a presto!
Prossimo aggiornamento, o venerdì o sabato! (portatevi una bomboletta d'ossigeno! Blood!!!)
Grazie alle 350 persone che hanno inserito la mia storia (a cui sono affezionatissima) tra i preferiti e a tutte coloro che commentano! Un abbraccio e un grazie di cuore a tutte le mie lettrici!!!

Edward's POV

< Liz, per piacere, lasciami in pace. >
< Mammi! >
< Liz, ti ho detto di andare di là. Vai a vedere la tv. >
< Ma io mi annoio. Voglio giocare. >
< Gioca con Mel e Alec. >
< No, voglio giocare con te! >
< Non ho tempo. Per favore. Lascia la mamma in pace… >
< Mamma, per favore! >
< Edward, vieni a prendertela. >
Misi Mel nella sua culla e le carezzai la testa, prima di andare da Bella. Le baciai la fronte e lei, un po’ scocciata, mi respinse. Sorrisi.
< Dai Liz, vieni dal papà. Lascia in pace la mamma. Sta studiando. >
< Edward, piantala di prendermi in giro. Devo dare un esame settimana prossima! E non ho capito niente! Non sono riuscita a studiare niente! Liz continua a rompere e Mel e Alec hanno sempre fame! Non mi lasciano un secondo libero! >
Mi sedetti al suo fianco tenendo la bambina tra le braccia. < Vuoi una mano? >
Mi guardò un po’ triste, un po’ in imbarazzo. < Edward, non perdere tempo con me…  insomma, possibile che sia tanto incapace da non riuscire a preparare un esame? >

Le sistemai una ciocca ribelle dietro l’orecchio e poi le presi la mano, baciandogliela.
< Non dire così. >
< Soraya, che frequenta il mio stesso corso, ha già dato tutti gli esami di questo corso mentre io sto ancora preparando il secondo. E il primo l’ho passato con 26, lei con 30. voglio
migliorare. >
< Non essere troppo severa con te stessa. Sei stata bravissima! È un ottimo risultato. >
Mi guardò molto male poi abbassò lo sguardo, torturandosi le mani.
< Non riuscirò ad essere alla tua altezza. Mai. >
< Bella, tu devi fare tutto da sola. Avrai frequentato sì e no tre lezioni… >
< Anche Soraya non può frequentare molto. Tutti i martedì e giovedì il corso si sovrappone al suo lavoro part-time… e sua madre è invalida. Suo padre è vecchio e non può curarla più di tanto e sua sorella maggiore vive a Montreal, con suo marito. suo fratello è con gli zii in Pakistan. Lei deve badare ai suoi genitori… >
< Lo so, ma lei non ha tre figli, due dei quali neonati. E non deve neanche andare in giro con una parrucca. La nostra situazione è complessa, e tu la stai gestendo benissimo. >
Si appoggiò alla mia spalla e poi chiuse il libro. < Non saprei… mi sento un po’ un fallimento. Mi piace l’università, per quel poco che ci vado. Soraya è gentile a passarmi gli appunti via fax. >
< Sono contento che siate diventate amiche. È una ragazza molto gentile e buona. >
< sì, è molto cara e gentile. Peccato che alla fine ci si senta solo al telefono praticamente. >
Mi chinai per baciarle la guancia e Liz, che era rimasta in silenzio fino a quel momento, si intromise nella conversazione. < Mammi, adesso vieni a giocare? >
Le presi la manina calda e morbida e me la poggiai sulle guance. < Liz, andiamo di là. Perché non vai ad esercitarti al pianoforte? Lasciamo la mamma studiare da sola. > 
< Ma papà! Io voglio stare con la mamma. Non voglio suonare. Mi annoio a stare da sola! Voglio stare con mamma. E poi, senza lo zio, mi sento tanto sola. Lui mi fa divertire quando giochiamo. Tu papà vuoi sempre suonare. A me piace, ma mi piace anche giocare come con lo zio! >
Ecco, ogni volta riusciva a smontarmi con una semplicità disarmante. Bella trattenne un risolino e mi accarezzò il viso. < Non prendertela. Ti vuole bene. Però, con te non si diverte come con Emmett. E la colpa non è tua, ma di tuo fratello. È un bambino formato orso. Sembra che abbia tre anni quando gioca con lei…  > facendo finta di essere disperata, esclamò: < Come farò quando Alec e Mel saranno grandi? Qui sarà un manicomio! > poi, abbassando la voce ed avvicinandosi a me, mi guardò in modo sensuale e mi sussurrò: < Credo che dovremo prenderci dei lunghi periodi di vacanza… lontano dagli altri. Tutti soli, noi due e basta… >

Il suo respiro caldo e avvolgente mi sfiorò il collo. Sentivo la mia pelle fremere. L’odore del suo sangue, dolcissimo e tentatore, mi bruciava la gola. Le sue vene pulsavano sotto la pelle sottile e candida. Nonostante il tono spavaldo, le sue guance si erano infiammate dalla vergogna, proprio come quando facevamo l’amore. Era sempre così timida. Provava ad essere audace ma la sua purezza emergeva con il sangue che le colorava le sue guance bianche come la neve.
Il suo profumo mi sconvolgeva ogni volta. Riuscire a trattenermi era sempre una sfida. Ogni momento avrei voluto trarla a me. Abbracciarla, baciarla. Farla mia. Avrei voluto sentire il mio nome tra i suoi ansiti. Avrei voluto che mi chiamasse con il respiro affannato mentre si aggrappava al mio corpo. La sua pelle bollente contro la mia mi dava letteralmente alla testa. Sentire il suo sangue pulsare sotto i miei polpastrelli mi risvegliava la sete. Ma più di quella, era la voglia di essere parte di lei, di unirmi a lei, a vincere. Ed ogni volta ogni bacio, ogni carezza che lei mi riservava, mi faceva ringraziare il mondo di averla trovata, di resistere alla tentazione proibita di sentire la dolcezza della sua vita fluire nel mio corpo.
Lasciai scivolare Liz, il nostro primo adorato miracolo, giù dalle ginocchia.
Lei si aggrappò alla mia manica e disse: < Potremmo giocare tutti insieme! Allora mammi? ti prego, ti prego! >
< Magari più tardi. > Le disse accarezzandole i capelli, poi si chinò verso di me e i nostri occhi furono tanto vicini che mi parve di annegarvici dentro. Mi baciò con dolcezza, timida.
Senza riuscire a controllare i miei istinti, le poggiai le mani sul capo e assaporai a lungo il gusto delle sue labbra. Il bacio si fece sempre più coinvolgente. La feci scivolare sulle mie ginocchia e lei vi si mise a cavalcioni. Le sue braccia mi cinsero la schiena e sentivo il suo cuore battere sempre più veloce. Desideravo essere solo con lei, poter essere me stesso… ma c’era Liz che ci guardava. Fu Bella ad interrompere tutto. Con il respiro affannoso appoggiò le sue mani sul mio petto e si allontanò, quel tanto che il mio abbraccio le consentisse. Sottovoce, mi sussurrò: < Dopo, quando Carlisle porta i gemelli dal pediatra. Esme ha detto che durante la visita porterà Liz al parco… Alice e Jasper sono a caccia e staranno via fino a domani. Rose ed Emmett sono in Europa… un’occasione simile non possiamo lasciarcela sfuggire. Un pomeriggio solo per noi, senza i bambini… e nessuno nel giro di miglia. Potremo lasciarci un po’ andare, che ne dici? Senza nemmeno preoccuparci di svegliare i mocciosi… > Mi sorrise maliziosa e poi scese dalla sedia.
Liz le prese subito la gonna. < Mamma, ora vieni a giocare con me e con papà? > Lei le si inginocchiò davanti e la fissò negli occhi. < Liz, tesoro mio. Ti prego, lasciami studiare… ti prometto che quando avrò dato l’esame, giocherò con te tutto il giorno. Il papà ci porterà a fare una passeggiata e saremo solo noi. Senza i nonni o gli zii. Sei contenta? > Lei annuì poi aggiunse: < Saremo solo noi tre? > Il suo tono tradiva la speranza che serbava. < Beh, portiamo anche i tuoi fratellini. Non vuoi bene ai tuoi fratellini? > < Sì… però vorrei stare un po’ con te e papà. Come una volta. > < Sei gelosa? > Spudoratamente, Liz disse: < Un pochino… io voglio bene ai gemelli. Tanto bene. Però, tu sei la mamma. E adesso non sei più solo mia. > Mi intromisi nella conversazione afferrando Bella per il bacino e, tra le sue finte grida, poggiandomela sulla spalla. Batteva i pugni sulla mia schiena mentre io le tenevo le gambe che lei agitava, colpendo con le ginocchia il mio petto. Speravo non si facesse male. < Liz, la mamma è solo mia. Al massimo te la posso prestare, qualche volta… > < Lasciami! Lasciami Edward! Oddio, Carlisle! Aiuto! Edward mi vuole rapire! > I suoi copelli castani si muovevano velocissimi mentre lei agitava la testa e sforzava gli addominali per cercare di tenersi dritta.

Liz rideva mentre la voce di Bella si mescolava alle sue risate. La adagiai velocemente sul divano e cominciai a farle il solletico, sedendomi a cavalcioni su di lei. Entrò Esme che ci guardòsconsolata.
“ Edward… non fare il ragazzino… capisco che tu voglia assolvere ai tuoi doveri coniugali, ma abbi almeno la pazienza di aspettare che usciamo… e poi, Bella deve studiare. Non distrarla. ”
Non ascoltai i suoi pensieri. Mi limitai a bisbigliare: < non preoccuparti. Non faremo niente di sconveniente, non ancora. > Esme mi sentì. Bella invece no. Il tono di voce era troppo basso. “ In certe cose sei proprio un ragazzino. Però, sono felice che siate contenti. ”
< Liz, vuoi venire con la nonna? Ti preparo il pranzo. Devi mangiare presto. Alle tre dobbiamo uscire. > < Va bene nonna. > Disse nostra figlia prendendole la mano.
Ad un suo colpo di tosse però, sia io che Bella smettemmo di fare i cretini e ci voltammo verso di lei. Lei tossì ancora e ancora. In un secondo fui davanti a lei. 
< Liz, piccola, stai male? >
< No. Non preoccuparti papà. > minimizzava tutto, proprio come sua madre… Le poggiai la mano sulla fronte e storsi il labbro. Bella, che lo aveva notato, mi venne subito vicina. < Sta male? > < Direi che ha un po’ di febbre, appena qualche linea. > all’incirca 37 e 3. volevo però misuragliela, prima di dirglielo. Non volevo allarmare Bella inutilmente. Le sentii le ghiandole sotto la gola ed effettivamente erano leggermente ingrossate. < Fai aaahhh > < AAHHAHH > < Brava così… sì, la gola è un po’ arrossata. Da quanto ti fa male? > < da ieri… ma poco poco. Anche qui, un pochino. > e si toccò il petto, all’altezza dei polmoni. La presi in braccio e, stringendola a me, andai nello studio di Carlsile, al piano superiore. Bella mi seguiva mentre Esme già era in cucina, intenta a preparare una tisana calda. < Carlisle, non è che daresti un’occhiata a Liz? Ha un po’ di tosse e un filo di febbre… > Carlsile alzò immediatamente lo sguardo e poggiò il libro sulla scrivania.
“qualcosa di grave?” Pensò agitato. Scossi impercettibilmente il capo e Bella non se ne accorse, intenta com’era a coccolare Liz. Le lasciai la bambina e Carlisle disse: < Bella, falla sedere sul divano. La visito subito. > E così dicendo prese la sua valigetta. Bella si sedette accanto a Liz e non si perse un solo gesto di Carlisle. lui le auscultò i polmoni facendole sollevare la maglietta. Le controllò la gola e le orecchie. Dopo averle misurato la febbre, ripose gli strumenti.

< Non preoccupatevi. Ha solo preso freddo. questo pomeriggio andrò a prenderle lo sciroppo per la specifico per la sua tosse. Per intanto, le do questo. Poi, le daremo il propoli e qualcosa per il mal di gola e il male ai polmoni. In tre-quattro giorni sarà di nuovo sana come un pesce. Oggi però dovrà restare a casa. >
< No!!! Voglio venire con voi! > < Liz, devi restare qui, al caldo. Non vorrai ammalarti per davvero? Devi obbedire, se si tratta di salute. Lo sai che noi vogliamo solo che tu stia bene e sia felice. Per favore, non fare i capricci. E poi, potrai stare con la mamma e il papà. Saranno solo per te… > A queste parole, Liz si illuminò e si voltò per abbracciare Bella.
“ mi spiace per i vostri progetti, ma temo che dovrete rimandare a questa sera. Magari, le medicine le provocheranno sonnolenza e lei si addormenterà. Potreste approfittare di quell’oretta di pace. Certo, dovrete trattenere i rumori… ” Lo guardai storto e mi limitai a scuotere il capo. Ecco come il nostro pomeriggio di divertimento andava a farsi benedire. Se conoscevo bene Bella, e la conoscevo bene, sarebbe restata accanto a Liz finché non fosse guarita completamente. Le carezzò la guancia e le disse a mo’ di rimprovero: < Liz, ti avevo detto di non giocare in giardino di sera. A Marzo fa freddo senza giacca. Adesso dovrai restare in casa per un po’. Ma non preoccuparti, la mamma starà con te tutto il tempo. > e poi le baciò le guance, prendendola in braccio. Ringraziammo Carlisle e poi andammo da Esme. Liz bevve la tisana al miele mentre Bella allattava i gemellini. Erano all’ottavo mese ma, proprio come la sorella prima di loro, non volevano saperne degli omogeneizzati. Quando Bella ed io eravamo in intimità, non potevo sfiorarle il seno. Le doleva sempre… due bambini che vi si aggrappavano con tutta la loro forza non erano uno scherzo…
Bella però li adorava. Se li tenne vicino a lungo. Li carezzava, li coccolava, li baciava con dolcezza, sfiorando la loro pelle di seta.
Sembrava malinconica. Le andai vicino e le cinsi il bacino mentre lei cullava Melanie.
< Cosa c’è, amore? >
< Edward, non voglio separarmi da loro. >
< Sarà solo per poche ore. Non fare così… >
< Lo so… è solo che mi sento così… ansiosa. Vorrei andare con loro, ma Liz non si sente bene. Non voglio farla uscire di casa, altrimenti avremmo potuto andare tutti insieme… >
< Vedrai, la visita andrà benissimo. In fondo, bisogna solo vedere a cosa sono allergici. E comunque, non è un’allergia grave. Solo sfoghi cutanei. Non fare così. > Lei annuì e si appoggiò con la schiena al mio petto. Coccolò i bambini finché Carlsile non venne dirci che erano pronti. Liz si era appisolata sul divano.
< Bella, abbiamo già messo i seggiolini in auto. Li vuoi portare tu in auto? >
< Sì… grazie. Mi raccomando, chiamami quando sai qualcosa. E se fanno i capricci, chiamami e passameli. Riconoscono la mia voce… >
< Va bene, non preoccuparti. Guarda che torniamo presto. > E soffocò una risata, mentre l’accompagnava in giardino. Io li seguii e, tenendo Bella per mano, salutai Esme e Carlsile
mentre mettevano in moto. Il tutto dopo aver dato un bacio ai gemellino che se ne stavano comodamente seduti nel loro seggiolino, uno alla destra e l’altro alla sinistra di Esme che, apposta per loro, si era messa di dietro. Alec dormiva placidamente mentre Mel giocava con un pupazzetto che le aveva regalato Liz.

< Edward, torniamo dentro? Ho un po’ freddo. > Mi sussurrò Bella quando l’auto fu sparita nel fitto del bosco. >

La presi in braccio e, dopo averla baciata appassionatamente, le sussurrai: < Spero che tu non abbia troppo freddo… al massimo, possiamo accendere la stufetta in camera nostra… o magari, potremmo prima fare un bel bagno caldo. Sempre che tu sia dell’umore giusto per… > e lasciando la frase in sospeso, le percorsi con le dita la pelle del suo collo candido. Arrivai alla scapola e le baciai ancora le labbra rosse. Sentivo in me crescere a dismisura il desiderio di farla mia…
Lei pareva essere d’accordo, dal momento che si aggrappò ai miei capelli e cominciò a mescolare piccoli ansiti a risatine… < Sì… un bel bagno caldo… insieme… anche se per me, possiamo passare direttamente alla camera da letto. Ho davvero tanta voglia di stare un po’ con te… come donna. Liz è ancora addormentata? >
Sforzandomi di parlare, e quindi di mantenere la lucidità ancora un po’, la rassicurai: < Sì. Sta dormendo. La sento russare. > La baciai con ardore e poi, con voce maliziosa e un po’ roca a causa dell’eccitazione,  le bisbigliai all’orecchio: < Sopra o sotto? >
Staccando appena le labbra dalle mie, mi rispose: < io sotto… >
Annuii, prima di correre in camera mia. Lasciai Bella sul letto e lei spalancò le braccia. Lasciandosi affondare tra i cuscini. I capelli disordinatamente sciolti. < Bella, vado a mettere Liz nel suo lettino e poi arrivo. > Mi sorrise maliziosa e mi disse: < Edward, ti aspetto. Non metterci troppo. > Prima di andarmene, accesi lo stereo e partì una delle mie canzoni. Bella chiuse gli occhi e con un mugolio di piacere si mise su un lato e intrecciò braccia e gambe intorno a un cuscino. Desiderai essere quel cuscino…
non mi era mai capitato… mi sentii un po’ stupido. Mentre mettevo Liz a dormire, lei sussurrò qualcosa. Stava facendo un incubo. Qualcosa collegato ad un bosco, foglie, vento… e sua madre.
 Le bisbigliai: < Liz, tesoro, non preoccuparti. Il papà è qui con te. > E le baciai la fronte. Lei sorrise nel sonno e si rannicchiò sotto le coperte. Un attimo dopo fui in camera mia. Chiusi la porta a chiave e raggiunsi Bella sul letto.
Tra i baci, le carezze, i contatti, i nostri corpi fremevano e noi, scossi da tremori involontari, ci abbandonammo a noi stessi e ai nostri desideri cercando di farci felici l’uno con l’altra. Per noi era sempre come la prima volta. Una continua scoperta, una dolcezza racchiusa in ogni abbraccio, in ogni bacio, dal più casto al più peccaminoso…

Quando, esausta, Bella lasciò scivolare le sue braccia dalla mia schiena alle lenzuola, mi sorrise soddisfatta e beata. Io avrei continuato per ore ma Bella non aveva la mia stessa resistenza. Senza dirle niente, mi sdraiai al suo fianco e la trassi a me, facendola sdraiare sul mio petto. Le baciai i capelli godendomi le sue carezze e i suoi sospiri che facevano fremere la mia pelle. Dopo circa dieci minuti, quando il suo respiro e il battito del suo cuore si fu normalizzato, mi disse: < Edward, ci facciamo una doccia calda? > < Certo. > E la presi in braccio, portandola in bagno.

Nella doccia restammo abbracciati sotto l’acqua calda che scorreva sui nostri corpi nudi, vicinissimi. La voglia di unirmi a lei era ancora forte, potente… ma lei era così tranquilla che non volli dirle niente. Era bello vedere quanto fosse felice e serena dopo aver “giocato” a marito e moglie. Alla fine uscimmo e ci asciugammo a vicenda. La avvolsi in un gigantesco asciugamano che avevo messo a scaldare sul calorifero.
Circa un’ora dopo, Carlisle telefonò: < Edward, siamo appena arrivati in ospedale. Alec ha rimesso il latte e ci siamo dovuti fermare. Ora siamo in ambulatorio. Entreremo fra una ventina di minuti. Ti chiamo quando usciamo… ci vorranno un paio d’ore. Tutto a posto a casa? > Forse gli risposi in maniera troppo elusiva visto che, con il tono di chi la sa lunga, mi disse: < Vedo che alla fine siete riusciti ad attenervi ai piani originali. > e rise. Ci salutammo e poi riattaccò.
< Chi era? > mi chiese Bella poggiando il libro sulle ginocchia. Il suo vestito bianco le ricadeva morbidamente sul corpo e le metteva in risalto il seno. Sentii l’impulso di andare da lei e di abbracciarla, sentirla il più vicino possibile a me. Andai vicino a lei e lei cinsi il capo con un braccio, accompagnandolo sul mio ventre. < Era Carlisle. stanno per entrare in ambulatorio. Ci chiameranno quando avranno finito. >
< Mh, speriamo facciano in fretta. Mi mancano i bambini. >
< A proposito, Liz si sta svegliando. Le preparo lo sciroppo. Peccato che si sia ammalata proprio oggi. C’è un bel sole. Potevamo giocare in giardino se no. E pensare che non si ammalava da quando aveva poche settimane… > < Già, hai ragione. Sembra quasi che l’abbia fatto apposta. Proprio oggi poi. Quasi a voler metterci i bastoni fra le ruote. Non ci è riuscita. > E piegò le labbra in un sorriso ammaliante.
< Edward, forse dovremmo iscrivere Liz all’asilo. Non va bene che non abbia contatti al di fuori di quelli familiari. E senza Emmett, si annoia. Se frequentasse altri bambini, crescerebbe in modo più sano. > < Sì, ci stavamo pensando anche noi. Pensavamo che potremmo sorvegliarla a turno. Da qui a Gibson ci vuole circa un’ora. Ma con le nostre auto, e il nostro stile di guida, in mezz’ora ci arriviamo tranquillamente. Potremmo iscriverla in un asilo privato, per evitare troppi documenti. E poi, potrebbe andare alle elementari, quando sarà più grande.
In realtà, potremmo darle noi lezioni e poi farle dare gli esami ma secondo me hai ragione tu.
Ha bisogno di stare con altri bambini. E come lei, anche i gemellini quando saranno più grandi. Anche la casa che Esme sta preparando è relativamente vicina ad una cittadina. Quando ci trasferiremo, potremo iscriverli lì… >
Sorrise, pensando alla casetta solo per noi, a poche centinaia di metri dalla casa nuova, che Esme  stava ristrutturando. Le nostre nuove case si trovavano in un’altra regione del Canada. Ci saremmo trasferiti lì quando fossero state pronte. Forse addirittura entro tre anni. Sarebbe stato bellissimo. Io e Bella, insieme con i bambini… gli altri abbastanza lontani da lasciarci la nostra privacy, abbastanza vicini per ogni problema.
Bella sussurrò un po’ trasognata: < Sì, mi sembra giusto. Avranno bisogno di fare amicizia… > E poi risprofondò nel libro. Era così cocciuta che non voleva dare gli esami in appello ma le risultava difficile prepararli tutti in tempo. Per questo si faceva sempre venire il mal di stomaco. Era  proprio incorreggibile... mi sedetti accanto a lei e mi offrii di aiutarla. Dopo i primi rifiuti, cedette. Le spiegai i passaggi più complessi, soffermandomi nei punti in cui vedevo che aveva più difficoltà. Era un argomento difficile, non facilmente assimilabile se studiato unicamente sui libri. Dopo una quarantina di minuti, Bella mi ripeté quello che le avevo appena spiegato e si illuminò osservando il mio sorriso. < Allora, secondo te come vado? > 
< Splendidamente. > Le risposi cercando di baciarla. Fece finta di ritrarsi. < Non sei obbiettivo. > Disse prima di gettarmi le braccia al collo e baciarmi dolcemente, lasciando cadere il libro a terra con un tonfo. Liz però apparve presto a romperci le uova del paniere. < Mamma, ho fame. > Si stropicciò gli occhi con i pugnetti e ci venne vicino. Lei la prese in braccio e strinse le spalle. Le baciai la guancia e poi la fornte di nostra figlia. < Edward, ce ne è ancora un po’ di torta? Se no le faccio un panino. Fra poco è ora di merenda… > < Mh, credo che ne sia rimasta una fetta. Vado a tirarla fuori dal frigo, così non la mangiate fredda. >

Mentre dicevo questo, il cellulare che avevo appoggiato sul tavolino in salotto cominciò a squillare. Bella lo afferrò e vide il numero. Rispose. < Pronto Carlsile? >

Dall’altro capo del telefono, la voce di Carlisle era tesa, agitata, sebbene cercasse di non farlo notare. Bella si accorse che qualcosa non andava ma prima che potesse dire altro, con le dita che mi tremavano impercettibilmente, le sfilai il telefonino di mano. < Carlsile? >

< Edward, per favore, devi raggiungermi subito. > Stavo per chiedere se fosse successo qualcosa ai bambini ma mi trattenni. Bella, vicino a me, stringeva Liz al petto e si era fatta pallidissima.La bimba tossì due volte e si rannicchiò contro il petto della madre. Per fortuna che fu Carlislie a continuare. < Edward, i bambini stanno bene ma non  riesco a trovare Esme. È uscita dopo che ti ho chiamato, prima. Ha detto che voleva comprare una cosa per Bella. Il cellulare è spento. Avrebbe dovuto essere qui venti minuti fa ma non è tornata. Devi assolutamente venire qui e aiutarmi a cercarla. Magari riesci a sentirla… Alice non riesce a vedere niente. L’ho già chiamata… sta venendo qui. Lascia Bella a casa. Jasper sta tornando da voi. > Il tono della sua voce era troppo basso perché Bella potesse sentirlo. era agitatissimo. Bella mi guardò ansiosa. Le dissi: < Non preoccuparti, i bimbi stanno bene. Devo però andare a Gibson. Sarà una cosa veloce. Tornerò presto. >
< Cos’è successo ? > < Niente amore. Hanno bisogno della mia firma su alcuni documenti… Prima vado, prima torno. > Mi infilai il cappotto e poi le sussurrai: < Aspettami in casa. Ti chiamo tra un po’… fra poco tanto ritorneranno Alice e Jasper. Non starete sole a lungo. > Le baciai la guancia e lei mi prese la mano. < Sicuro? Non mi stai nascondendo qualcosa sui gemelli? Se aspetti un secondo, metto la giacca a Liz e veniamo con te. >
Avrei voluto portarla con me ma se avessi dovuto cercare Esme in giro per Gibson, non potevo portarmele dietro… e poi, Liz doveva restare in casa. Si stava già addormentando in braccio a Bella.
< Ma no tesoro, non preoccuparti. Devo solo andare a riempire dei moduli. Carlisle pensava di compilarli lui ma deve riempirli davanti a loro e l’infermiera si ricorda di noi… > sfoderai il mio tono rassicurante e lei si tranquillizzò. Sorrise serena e si strinse nelle spalle. < Va bene, a dopo amore… > Sorrisi ma non mi sentivo tranquillo.
Era la prima volta che lasciavo Bella del tutto sola, senza nessuno di noi a proteggerla e mi sentii lo stomaco contrarsi. A quanto diceva Carlisle però, Jaz era già di ritorno. Sarebbe stato a casa presto. Liz sbadigliò e Bella le carezzò i capelli.
Le baciai entrambe sulla fronte prima di uscire. < Ti chiamo ogni mezz’ora? > < Va bene… > mi disse scettica. La strinsi a me per un istante e poi salii in auto, cercando di non spingere al massimo l’acceleratore almeno fino a quando fossi stato nel suo campo visivo.

Guardai nello specchietto retrovisore e vidi Bella, con Liz in braccio, sotto il portico. Teneva la manina di Liz nella sua e le faceva scuotere il braccino a mo’ di saluto. Poi se la issò meglio sul fianco e, prima di tornare dentro, le baciò la fronte. Appena svoltai e la casa svanì tra gli alberi, spinsi al massimo l’acceleratore.

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Capitolo 55
*** voci bagnate di sangue. ***


55

Ahem…
Ecco…
Allora…
Alla fine ci siamo arrivate… per lo meno, quasi…
Dopo tanto tempo, eccoci giunte al fatidico momento…
Prima, una piccola premessa:
Spero che sappiate pazientare ancora un capitolo… avrei voluto finire con il 55 ma avrei dovuto tagliare dei pezzi e per, non affrettare troppo, ho preferito “spanderlo” su due cap.
Il 56 è già quasi finito, quindi posterò Lunedì nel primo pomeriggio.
Mi raccomando, non odiatemi, vi prego! Sapete, sono mesi che volevo arrivare a questo punto e, mentre scrivevo, mi tremavano un po’ le dita e sentivo lo stomaco agitarsi per l’emozione!!!
Annuncio poi che, a storia terminata, aggiungerò un paio di capitoli che raccontano il finale nella sua prima versione. (vi assicuro, è estremamente cruento quel finale… molto più di questo. Quando avrete letto questo cap, vi chiederete come sia possibile.)
Io pensavo di scrivere cose tristi (per lo meno dato il finale) ma un autore che ammiro moltissimo e che è infinitamente, assolutamente, indicibilmente più autorevole di me, davanti a cui mi prostro umilmente, a cui guardo dal basso delle mie ff… (sto parlando del grandissimo Kahled Hosseini) è molto più drammatico e devastante di me quindi questo mi consola un po’. Evidentemente non sono l’unica inguaribile pessimista!
Vi prego di aver fede. Non preoccupatevi, nel prossimo cap spiegherò cosa sta succedendo e tutto tornerà al suo posto.
Abbiate fiducia in me. In fondo, sono un’accanita sostenitrice della coppia Edward/Bella!
Allora, a Lunedì… spero vi piaccia e non vi sconvolga troppo questo cap 55.

Un bacio e a presto, Erika. 

PS: doppio POV!!! Bella, Edward, e di nuovo Bella!!!

Bella’s POV

Appoggiai Liz sul divano e le misi una copertina addosso. Le carezzai la guancia e feci per andarmene. Lei mi afferrò la manica e biascicò:
< Mamma, ho fame. >
< Sì… adesso ti preparo la merenda. >
< Quando torna papà? >
< Presto. È andato un attimo dal nonno. >
< E quando torna il nonno? >
< Fra poco. >
< Fra poco quanto? >
< Appena i suoi amici dottori avranno finito di fare a Mel e Alec la visita. >
< E quanto ci mettono? >
< Poco. Ma se continui a pensarci, ti sembrerà tantissimo tempo. >
< Mamma… >
< Sì? > le dissi esasperata. Era proprio vero che i bambini non fanno altro che fare domande.
Scuotendo leggermente il capo, si mise seduta e mi disse: < Mi sento triste. > Poi mi prese la mano e si nascose tra le mie braccia. < Mi piace il tuo profumo. > La strinsi forte a me e le sussurrai: < Non devi essere triste. Sai che io e il papà abbiamo deciso di mandarti all’asilo. Vedrai, ti piacerà. Conoscerai molti bambini simpaticissimi. E ti farai tanti amici. > Vidi che si stava spaventando. < No, non fare così. Non devi preoccuparti. Non ti lasceremo lì. Ci sarà sempre qualcuno di noi vicino a te. E poi, ci starai pochissimo. Poche ore al giorno. Vedrai, ti piacerà. E poi, potrai invitare qui i tuoi amichetti. >
< Ma loro vorranno venire qui? > Mi inginocchiai davanti a lei e le carezzai la guancia.
< Ma certo tesoro, perché non dovrebbero? > Lei, imitando suo padre, si strinse nelle spalle ed evitò il mio sguardo. Fece un lungo sospiro e poi sussurrò: < Io non sono come loro. Quando andiamo al parco, a Gibson, mi stanno lontano. Mi guardano… >
< Oh, Liz, ma è normale. È perché non ti conoscono. Ma se siete in classe assieme, sono sicura che tutti vorranno essere tuoi amici. >
< Ma sarò comunque diversa. >
Mi si gelò il sangue. Non riuscivo a capire cosa stesse cercando di dirmi. Non volevo che si sentisse un’emarginata. < E perché saresti diversa dagli altri bambini? >
Rimase in silenzio per alcuni secondi, mordendosi il labbro inferiore. Con le mani giocava nervosa con il suo vestitino bianco come il mio. Le carezzai le guance e lei mi guardò di sottecchi.
< non te lo posso dire. > < E perché no? A me puoi dire tutto, lo sai… io sono la tua mamma. Alla mamma e al papà bisogna sempre dire tutto. Noi ti amiamo. > 
< Ma è un segreto. Mio e del papà. >
La mano mi rimase sospesa a mezz’aria.
Come si permetteva Edward di farmi una cosa del genere? Dopo un primo istante di rabbia ed egoismo (in quei momenti sentivo una sorta di senso di possessione nei confronti di Liz e dei Gemelli. Quasi appartenessero più a me che non al padre) mi calmai. Forse, era una cosa insignificante. Magari Liz se ne vergognava… magari Edward l’aveva scoperta fare qualcosa che non doveva e lei gli aveva chiesto di non dire niente… o magari, semplicemente, era una stupidata, a cui Edward aveva dato importanza, ma per fare felice nostra figlia magari…
Forse, vedendo quanto io e la bimba fossimo legate, unite nel nostro piccolo universo privato in cui ci si capiva con un solo sguardo e non servivano nemmeno parole, aveva voluto creare un clima di complicità fra lui e nostra figlia. Voleva solo sentirsi più unito a lei? Mente, con la mano ancora alzata come per carezzarle il volto, rimanevo immobile, Liz prese la mia mano tra le sue e la strinse.
< O mamma, lo sapevo che dovevo stare zitta. Adesso sei arrabbiata. Papà me lo aveva detto… >
< Io non sono arrabbiata. Come puoi anche solo pensarlo? Cosa, ti aveva detto il papà, tesoro? >
Mi abbracciò e poi mi confessò: < Papà non vuole che ti preoccupi. Ma io non voglio stare con gli altri bambini perché, quando sono al parco, tutti mi stanno lontani. E quando ci parlo, loro non mi capiscono. Loro non sentono le cose come le sento io. Non le vedono come le vedo io. Mi guardano male quando cerco di spiegare… >
< Oh, Liz, non devi fare così. Tu sei speciale. Ma non è una cosa brutta, anzi. Tu sei preziosa. E vedrai, anche gli altri bambini capiranno quanto sei speciale. Devi lasciare loro il tempo di conoscerti… e poi, ma questo non dirlo a papà, al massimo fa finta di essere come loro. Quando sei a casa con noi, sii te stessa. Ma magari con gli altri bambini, non far vedere quanto sei in gamba. Non mostrare loro quanto sei forte, veloce ed agile. Vedrai che non si accorgeranno di niente. >
< Sicura? > < Ma certo. La mamma, lo sai, ti vuole bene. Non farebbe mai qualcosa che possa farti sentire male. fidati di me. >
Mi abbracciò forte e mi disse: < Io mi fido di te. E ti voglio tanto bene. > < Anche io… >
Mi alzai in piedi e le arruffai gentilmente i capelli. Liz mi sorrise, raggiante. Mi voltai e la sentii tossire. < Ti preparo una tisana calda… e tiro anche fuori la torta. Va bene? >
< Sì! Ah, mamma! Sta suonando il telefonino! > Mentre parlava, la suoneria si faceva più squillante. Andai velocemente verso il mobiletto e presi il telefono.
< Pronto? > < Pronto amore, come va? > < Bene, Sei già arrivato? > < No, sono ancora in auto. C’è un po’ di traffico qui in città. Tutto a posto a casa? >
Sbuffai. < Edward, sei uscito di casa 25 minuti fa… non è cambiata molto la situazione. >
Era teso. Mi nascondeva qualcosa. Ero certa però che non si trattasse dei bambini. In quel caso mi avrebbe portata con lui. Più probabilmente non gli andava a genio il sapermi sola a casa con Liz. Fortuna che Alice e Jasper stavano tornando dalla caccia… < Beh, senti, adesso devo lasciarti… ti chiamo dopo, va bene? > < Certo. Lascio il telefono sul tavolo… > < Bella… > < Sì? > < Ti amo. > < Anche io. > < Salutami Liz. > < Certo. > Prima di riattaccare, mi ripeté due volte quanto mi amasse, facendomi arrossire.
Liz, che nel frattempo era andata a giocare in sala, mi urlò: < Mammi, ti faccio un disegno! >
< Va bene. Ti porto la merenda quando è pronta. >
< Va bene! > e poi accese lo stereo. Rachmaninoff. Lo adorava ed Edward le aveva già insegnato a suonare qualcosa di questo compositore. Il tutto in presenza dei gemelli. Anche loro adoravano la musica e, ascoltandola, si tranquillizzavano...
Sorrisi a pensare come Liz si divertisse con il pianoforte del padre. Edward, per il compleanno, voleva comprargliene uno e tutti, specialmente Rose, erano d’accordo.
Andai al frigorifero e presi la torta, poggiandola sul piano della cucina. Misi l’acqua a bollire e preparai la tazza di Liz. Miele, una bustina di melissa. Presi una pera e una mela. Con delicatezza le sbucciai e le tagliai a pezzetti. Per me, preparai una tazza di the. Era piacevole fare merenda insieme. Di solito ci mettevamo in salotto e ascoltavamo Edward suonare per noi. Ovviamente, appena mi sedevo, uno dei due piccoli cominciava a piangere ed io ero costretta ad andare ad accudirlo. Sorrisi al pensiero che oggi io e Liz avremmo trascorso un po’ di tempo sole, come quando era dentro di me. Nonostante questo però, sentii la mancanza degli altri miei due bambini… stare sola con loro tre era sempre bello. speciale.
Chissà se, quando fossi  diventata vampiro, mi avrebbero vista in modo diverso? Io ed Edward eravamo riusciti a metterci d’accordo. Io e lui saremmo partiti per una vacanza di una settimana. Una sorta di viaggio di nozze al termine del quale Edward mi avrebbe trasformata. Bisognava aspettare che i bimbi fossero un po’ più grandi. Il desiderio che fossero felici aveva vinto la mia ritrosia nei confronti dello scorrere del tempo. Separarsi da me così presto sarebbe stato per loro troppo doloroso. Quando i gemelli avessero compiuto due anni e mezzo, saremmo partiti. Per un anno, forse di più, non avrei più potuto vederli e questo mi spezzava il cuore. Era una separazione necessaria.
Assorta in questi pensieri, mentre disponevo sul vassoio le tazze e i piattini, sentii la voce di Edward chiamarmi…

 

Edward’s POV

Chiusi il telefonino e sospirai. Bella pareva non essersi accorta di nulla. Mi era parsa serena come al solito. Composi immediatamente il numero di Esme. < Il numero chiamato non è al momento raggiu… > Chiusi la chiamata e telefonai a Carlisle. < Ancora niente? >
< Niente. Ti sto aspettando… non posso lasciare i bambini soli. Sono irrequieti. I miei colleghi ed io siamo stati nella camera dei guardiani. Le telecamere mostrano Esme che esce. Sembra normale. Da quello che abbiamo visto fin’ora, non è proprio tornata in ospedale. Non riesco proprio a capire dove possa essere! Sono così preoccupato. >
< Sto arrivando. Ormai sono qui… vedo già l’ospedale. >
< Comincia a fare un giro, magari cogli la sua scia, o la sentii… > La sua voce quasi tremava.
< Va bene. Non preoccuparti. >
Parcheggiai. Scesi. Presi un gran sospiro. In quel momento il mio cellulare suonò. Lo afferrai all’istante e risposi. < Alice? >
< Edward, sono quasi arrivata. Jasper ha proseguito in auto… sarà a casa fra un’ora al massimo. >
< Hai visto qualcosa? >
< Esme sta vagando per la città. Sembra andare a caso… per fortuna che è nuvoloso… sembra confusa. Continua a guardarsi attorno. Non ha senso. Non ha senso! >
< Alice, calmati. Io ora vado a dare un’occhiata in giro. Tu vai all’ospedale. Carlisle ti sta aspettando. > < Cosa credi che l’abbia spinta ad andarsene? > < Non lo so. Magari ha visto qualcosa che l’ha turbata… non preoccuparti. La troveremo. Te lo prometto. > < Sì. Ci vediamo da Carlsile. > < Va bene. > La telefonata si concluse così… Prima di uscire dall’abitacolo, mi presi il capo tra le mani. Mi concentrai. Non sentivo la voce di Esme, tra le centinaia, le migliaia che affollavano la mia testa. “devo rifarmi il trucco” “Dobbiamo comprare le patate” “guarda che culo quella. Potessi…” “Sono in ritardo, questa volta mi licenziano” “Cosa regalo ad Anne? Oggi è il suo compleanno.” “devo essere dal dentista fra tre ore.”  “mazzate quant’è carino sto tipo sulla volvo. Quasi quasi gli chiedo se ha bisogno di aiuto. Sarà certamente un modello…” < Basta! Basta! > Gridai appoggiato allo schienale. Respirai a fondo e mi inserii nel flusso di persone ignare persino della mia stessa natura. Altrimenti, non avrebbero nemmeno osato passarmi accanto.
Il cellulare vibrò. Lo presi e notai che mi era arrivato un messaggio. “Esme, la persona chiamata è ora disponibile.” Mi affrettai a chiamarla ma era occupata. Poco dopo mi telefonò Carlisle.
< Edward, mi ha appena chiamato > < Ho visto che ha acceso il telefono. Cos’è successo? > < Vieni in ospedale che ti spiego. Alice la sta raggiungendo. > < Va bene. Sono praticamente davanti all’ospedale. Eccomi. A che piano sei? > < Pediatria. Quinto piano, corridoio F, allergologia. >
< Va bene. Ci vediamo davanti alle scale. > < Ok. Arrivo. Prendo i bambini. >
Varcai le porte dell’ospedale nel momento stesso in cui chiusi la telefonata.
 

Bella’s POV

Sentii la voce di Edward chiamarmi e mi voltai, sorpresa che fosse già tornato. Sorrisi ma mi accorsi che lui non c’era. Sbattei le palpebre due volte prima di rendermi conto che la voce che avevo sentito era nella mia stessa testa. Come quando lui non c’era, come quando stavo per annegare, come quando facevo la cretina con Jake, su quelle stupide moto.
Rimasi immobile ma la voce non tornò. Mi resi conto che era solo autosuggestione.
Sentii la porta di ingresso aprirsi e chiudersi. Gridai: < Liz, torna in casa. Hai la tosse. Prendi freddo. >
< Un attimo mamma! Voglio prendere una cosa. Torno subito! >
Mi lavai le mani e presi il vassoio.
Bella, Bella, sbrigati. ” Evidentemente, mi mancava Edward, dato che continuavo a sentirne la voce. Decisi di chiamarlo non appena avessi dato a Liz la merenda. Presi il vassoio e mossi i primi passi verso la sala quando la voce tornò, furiosa e terrorizzata.
Bella. La bambina. Bella! Bella! Prendi la bambina e scappa! Prendi Liz e scappa!
Rimasi interdetta un secondo. Voltai lentamente lo sguardo dal vassoio alla finestra alla mia destra.
Vidi Liz camminare tranquillamente nel giardinetto davanti al portico. C’era qualcosa di strano, che mi bloccava il respiro. Il sangue pulsava furioso nelle mie vene.
Lentamente, andai in sala e poi, da lì, all’ingresso. Con una mano abbassai la maniglia e poi uscii nella fresca aria di marzo.
Feci tre passi e poi mi immobilizzai. I miei occhi incontrarono quelli di Liz che, sorpresa, mi fissava confusa.
Non ebbi nemmeno la forza di urlare. Niente. Vuoto, buio, terrore…
Il vassoio mi sfuggì dalle mani. Scivolò e cadde sul pavimento del portico.
Un rumore acuto. Argento che sbatte per terra. Un tintinnare grazioso. Porcellana che si fracassa e frammenti che schizzano ovunque. Mi ricordò lo specchio di Volterra nel momento in cui lo frantumai. L’acqua delle tisane si era rovesciata ai miei piedi, formando una pozza da cui si spandevano lentamente dei rivoli lunghi e sottili…
Mi portai le mani alla bocca quasi a bloccare l’urlo sordo che non riuscivo ad emettere.
Avanzai come in stato di trance. Caddi sulle ginocchia. Caddi e pezzettini di porcellana, affilati e taglienti, si conficcarono nelle mie ginocchia facendomi sanguinare. Quasi non mi accorsi del male. il vento mi scompigliava i capelli, sferzandomi il viso. Protesi un braccio verso mia figlia e poi sussurrai:
< Ti prego. Ti prego! Lasciala andare. Ti prego. Lei non ti ha fatto niente. >
Liz mi guardò confusa tra le braccia dell’algida e splendida estranea che le carezzava il viso. Aveva issato Liz sul fianco e le stingeva la vita con un braccio.
Le lacrime mi solcavano le guance ma non potevo fare niente per fermarle. La voce, nella mia testa, mi gridava: “
Bella, alzati! Scappa. Scappa! Prendi Liz e scappa! ” ma io sapevo che sarebbe stato impossibile. Ero bloccata dal terrore. E poi, quanto lontano sarei riuscita ad andare, ammesso anche che fossi riuscita a prendere Liz? No, no… non ero una stupida. Sapevo che sarebbe arrivato quel momento. Avevo chiesto troppo e la vita mi aveva dato anche di più. Era giunto il tempo in cui erano venuti a chiedermi il conto. Ma non Liz… tutto ma non Elizabeth…
Cercando di farmi forza, mi rimisi in piedi e, tremando, mossi appena due passi prima che la ragazza dalla pelle bianca e dura come marmo sfiorasse il collo della mia bimba.
< Lasciala… ti supplico! >
< Mamma. > sussurrò Liz confusa, sporgendosi verso di me, tendendo le sue manine al vento.
La donna le carezzò la gola e prese tra le dita il ciondolo di diamante che Liz portava al collo.
< Ma che bel cuoricino, tesoro. Chi te lo ha regalato? >
Liz le rispose incerta: < Il mio papà. >
< Sai, è molto bello. Il tuo papà deve volerti molto bene. >
< Sì. Ce lo ha anche la mamma. E poi, papà ne tiene anche un altro. E poi ha un orologio, perché ad Alec non può regalare un cuore. È un maschio. >
La confusione sfiorò il volto pacato della giovane donna che si ricompose subito.
< E tu vuoi bene al tuo papà? >
< Sì. Tantissimo. >
< Ma dimmi, ne vuoi di più alla mamma o al papà? > Liz restò in silenzio per un po’ poi disse: < A nessuno dei due. Io voglio bene uguale a mamma e papà. >
< Comunque, è proprio un bel cuoricino… >
Cercai, mi sforzai di parlare… < Jane, ti prego, lasciala andare. >
Jane mi guardò sprezzante. Si chinò a sussurrare qualcosa ad Elizabeth con il sorriso sulle labbra. Mia figlia impallidì e cercò di ritrarsi. Jane strinse le dita sul cuoricino che Liz teneva al collo e, esercitando una piccola pressione, chiuse il pugno.
Una pioggerellina argentata le sfuggi dalle sue dita serrate.
Liz cominciò a piangere forte e Jane aprì la mano. Le carezzò la guancia e le disse di smettere. Liz si divincolava, cercando di scendere. Non smise di gridare.
Senza che potessi fare niente, improvvisamente, le diede un ceffone in pieno viso col il palmo sulla guancia destra e con il dorso della mano sulla guancia sinistra.
Ci fu silenzio per appena pochi attimi. Liz cominciò poi a singhiozzare in silenzio, portandosi le manine alle guance. Il segno della mano di Jane stava già prendendoforma sulla sua pelle candida.
< Ecco. Se vuoi, sei una brava bimba. > Liz non era mai stata sfiorata nemmeno come un dito. Non sapeva che il dolore non arriva solo se ci si fa male… non sapeva che il male poteva arrivare anche dagli altri. Era shockata. Mi fissava terrorizzata.
Dentro di me ritrovai quella forza che già una volta scovai in me, quando ruppi lo specchio a Volterra. La forza di una madre che vede la sua creatura in pericolo.

Corsi. Corsi.

Corsi più veloce che potevo. Jane non si mosse neanche di un millimetro. Quando le fui vicina, lei mi rivolse un sorriso innocente. Disse: < Questa bambina, assomiglia molto al padre… ma ha preso molto anche da te. > E in quel momento mi resi conto con gioia che, nonostante la mia debolezza, la proteggevo. Le avevo trasmesso la capacità di resistere agli attacchi di Jane. Proprio come la sua mente era segreta per Edward, il suo corpo era immune a Jane. Ero ormai a poco più di un metro da Jane quando lei afferrò Liz per il collo e, con un gesto secco del braccio, la scaraventò lontano.
Mia figlia volò per una decina di metri prima che il suo corpo andasse a sbattere contro un alberò. 
Sentii il suono di uno scrocchio insopportabile.  Un osso che si rompeva...
Liz sbattè con violenza, emise un urlo breve, di dolore e, senza piangere, si accasciò a terra, carponi. Si rannicchiò su se stessa e cominciò a singhiozzare. Sentivo che mi chiamava. Un istante dopo, mentre ancora urlavo < NO! >, Jane si spostò talmente velocemente che neanche la vidi. 
Schizzò alla mia destra. Una macchia sfocata. Non vi badai, sconvolta com’ero da quello che avevo visto. Non capii nemmeno come fu possibile ma la mia testa sbattè contro la terra. Il cielo venne coperto da un volto sorridente, di bambina.
< Allora, come sono stati questi tuoi ultimi… 4 anni? Tu e tuo marito… e tua figlia? Sicuramente, migliori dei miei. Mi hai tolto tutto. Schifosissima stronza. Sgualdrina che non sei altro. Mi hai tolto tutto! Tutto! > 
E in quel momento sentii qualcosa colpirmi. Un calcio fortissimo mi raggiunse lo stomaco. 
Il ventre mi sembrava squarciarsi. Lo stomaco mi si rivoltò e ringraziai di non avere niente da rimettere. Mi accorsi di avere gli occhi chiusi.  Nella mia mente sconvolta apparve l'immagine di James...
Jane mi afferrò per i capelli e mi costrinse a mettermi in ginocchio. Mi accorsi che, a casa, il telefono squillava. La vampira si chinò sorridente su di me e mi sussurrò: 
< Non preoccuparti, quando saranno qui, sarà già tutto finito. È un peccato. Speravo di potermi prendere un minimo della mia giustizia… evidentemente, dovrò fare in fretta. Ritieniti fortunata. > e in quel momento mi arrivarono due schiaffi in piena faccia. Sentivo il sapore del sangue e il labbro rotto pulsava. Poi altri calci. Era come se venissi picchiata da una statua di marmo. Ogni colpo mi mozzava il respiro.  
Bella. Bella! Resisti! Combatti! Resisti!
Sentivo il sangue scorrermi copioso sul volto, sulle braccia. Socchiusi a fatica gli occhi e vidi i suoi farsi neri. Improvvisamente, Liz afferrò la gamba di Jane. Aveva un rivolo di sangue che le scendeva dal naso. < Lasciala! Lascia andare la mamma! Lasciala! > < vattene, mocciosa. >
< Lascia andare la mia mamma! >  Mi misi sui gomiti e, sentendo delle fitte nel tentativo di fare un respiro profondo, le gridai: 
< Liz, vattene! Vattene subito da qui! Vattene! > L’idea che Jane l’avrebbe lasciata andare mi diede un briciolo di speranza. Le aveva detto “vattene”… forse, se fossi riuscita a tenerla occupata con me abbastanza, Liz sarebbe riuscita a scappare senza che lei l'inseguisse... 
Edward aveva detto che Jaz e Alice stavano arrivando… se li avesse incontrati (e confidai nel fatto che Alice avrebbe visto mia figlia correre nel bosco) la mia bambina sarebbe stata salva.  Le gridai ancora: < Scappa! Scappa Liz! >
Mi arrivò un altro calcio. Liz non se ne voleva andare. Si inginocchiò al mio fianco, piangente. La sentii stendersi su di me, come a proteggermi.  Jane la prese per un braccio e la scrollò con forza: < Vuoi crepare anche tu? Eh? Eh? Eh? Basta dirlo. A me non importa. > e poi la scagliò alla sua destra. Liz piangeva. Jane, lo sguardo di ghiaccio, mi sibilò: < Scusami un secondo. Vado a rispondere al telefono. Non ce la faccio più a sentirlo squillare… >
Si allontanò da noi. Sebbene fossi distrutta, sanguinante, praticamente impossibilitata a muovermi, mi alzai in piedi. 
Liz si aggrappò a me. Inghiottii sangue e le dissi: < Liz, presto, corri. Corri il più lontano che puoi. > Sentimmo Jane rispondere al telefono. Ci salutò con la mano, da dietro il vetro della finestra. Io non potevo sentire cosa dicesse ma Liz sì. Impallidì ulteriormente e mi afferrò la mano. < Mamma! Mamma, vieni. Dobbiamo andarcene. Vieni mamma! >

Mi trascinai per alcuni metri. Mi girava la testa, mi sentivo fatta a pezzi. Jane aveva fatto attenzione a non colpirmi in punti vitali ma mi sentivo così male da non riuscire quasi a respirare. Sapevo cosa voleva. Che morissi lentamente, davanti a lei. Voleva godersi lo spettacolo. Mi costrinsi a camminare. Avrei voluto correre ma a malapena mi reggevo in piedi. Riuscii ad arrivare al limitare del boschetto. Imboccammo il sentiero. Due metri dopo caddi carponi. Liz cercava di trascinarmi. Piangeva disperata. < Mamma! Mamma! No mamma, no! Ti prego! >
< Liz, ascoltami. Vai. Scappa. Alice sta arrivando. Mi aiuterà lei. Ma tu ora devi correre più veloce che puoi. Non ti devi guardare mai indietro. Qualunque cosa tu senta. Hai capito? >
< No mamma! No! Non posso! >
< Liz… > sentivo ormai le forze abbandonarmi. Mi sforzai di sussurrarle: < Liz, ascoltami. Se tu vai, la zia Alice potrà aiutarmi. Se resti qui, dovrà prendersi cura di te… il papà sta già venendo a prenderti. Vagli incontro… > non sapevo cosa le stessi dicendo. Vedevo solo le sue lacrime… Sapevo che Alice l’avrebbe vista… l’avrebbero trovata. Sarebbe stata salva, con i suoi fratellini.
< Dai un bacio a papà e a Mel ed Alec. Dì loro che li amo tantissimo, proprio come amo te. >
< No mamma! Non mi lasciare. >
< Non ti lascio… ma tu ora vai. > “
Ti prego Bella, sforzati. Alzati e scappa anche tu!”
Sentii il suo respiro bloccarsi fra i denti. Qualcuno stava calpestando le foglie dietro di me. Jane camminava lentamente. Liz cadde all’indietro. Era terrorizzata. Arretrò di alcuni metri poggiandosi sui polsi poi si girò e cominciò a correre. Corse, corse come il vento lontano da me.
La mia mano tesa verso di lei si chiuse su delle foglie secche mentre Jane cominciò a stuzzicare il mio braccio piegato in una posizione innaturale. Per non urlare mi morsi le guance e le labbra. Altro sangue cominciò ad inumidirmi la bocca… Gli occhi serrati…

Nella mia mente Edward continuava a gridare: “Resisti, Bella, non lasciarmi,ti prego, combatti!”
Edward…
Edward… Oh, Edward...

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Capitolo 56
*** Non addormentarti... Ti prego. ***


PENULTIMO

Bene, oggi è lunedì e, come promesso, sto postando…
A scuola, avrò 4 compiti in 5 giorni + simulazione di terza prova…        sono leggermente sotto pressione.
So che questo avrebbe dovuto essere l’ultimo cap ma, dato il nuovo POV che ho aggiunto, si è un po’ allungato…
Ci tenevo a mettermi nei panni di questo personaggio. rendeva tutto più chiaro!
Mi veniva da piangere mentre scrivevo!
Volevo dirvi che farò sì finire questa storia “bene” ma che, dopo averla finita (cioè molto presto, 1 o due cap.), aggiungerò un paio di capitoli con il finale originale che è davvero tragico! Li metterò come appendice…
Il finale originale e che è stato concepito prima che inserissi la nascita di Mel e Alec; è davvero triste e toccante… quindi, lo lascerò lì… se vorrete leggerlo, mi farà molto piacere!
Ora vi lascio… devo studiare molto per domani… non so manco da dove cominciare!!!
Grazie a tutte voi che avete letto e/o commentato lo scorso cap e grazie infinite a quelle che stanno leggendo e commenteranno questo!
Spero vi piaccia, nonostante sia un po’ cruento…
Un bacio e un abbraccio a tutte,
                                                     Erika 

Elizabeth’ POV
Correvo, correvo. Gli alberi schizzavano veloci ai miei lati. Le foglie si sollevavano per il vento e i capelli si riempivano di ramoscelli e foglie. Piangevo e sentivo male al petto.
Mi facevano male i piedi. Avevo perso le ciabattine che mi aveva regalato la zia e le mie calze si erano tutte rotte.
Con la mano mi pulii il viso e cercai di togliere il sangue che era colato dal naso. Avevo male ovunque. Continuai a correre nonostante le fitte ai polmoni. Dovevo tossire, mi veniva da vomitare.
Non riuscivo a pensare ad altro se non alla mamma.
L’avevo lasciata lì, da sola. L’avevo abbandonata.
Cercai di non piangere ma non ci riuscii. Inciampai. Cercai di rimettermi in piedi ma mi accorsi che mi tremavano le gambe. Mi appoggiai ad un albero. Avevo la tosse.
Sentivo qualcosa, un fastidio sempre maggiore, allo stomaco. Mi mancava l’aria. Non vedevo niente a causa delle lacrime.
Continuavo a vedere la mamma a terra, quella ragazza che la picchiava. Vedevo il suo sangue, ne sentivo l’odore. Ce lo avevo addosso…
Mi ritrovai in ginocchio a vomitare.
< Mamma… mamma… >

Mentre correvo l’avevo sentita gridare. Gridava fortissimo, molto di più di quando erano nati Mel e Alec. Era un urlo diverso. Disperato.
E io non ero tornata indietro… l’avevo lasciata lì.
Mi rimisi in piedi. C’era un gran vento e avevo freddo. molto freddo. ero uscita dal sentiero e non sapevo più dove mi trovassi. Non ce la facevo più a correre… cominciai a vagare e l’unica cosa che sentivo erano i miei singhiozzi. Da quanto ormai ero sola?
Non riuscivo a smettere di chiamare: < Mamma, mamma. >
Ma la mamma non c’era. Ero sola… mi girò la testa.

Sentii dei rumori.

Ebbi paura che quella ragazza, che al telefono aveva detto a papà che non avrebbe più trovato la mamma e me, avesse portato via la mamma. Avevo paura che ora fosse lì per portare via me.
Ricominciai a correre. A piangere. < Papà, papà. Mamma! >
I suoni si fecero più vicini. Ricordo che corsi ancora più veloce, senza fiato. Inciampai. Mi rimisi in piedi e ricominciai a correre. Ma non fui abbastanza veloce.
Sentivo il mio cuore battere furioso. Pensavo che sarebbe scappato dal mio petto. Ci posai le mani sopra. Sentivo il volto bagnato. Dovevo soffiarmi il naso, smettere di piangere. Non riuscivo a pensare. < Mamma. Mamma. >

I passi erano sempre più vicini. Troppo.

Capii che mi avrebbe presa. E avrei sofferto. Mi avrebbe picchiata. Non ancora, ma presto. < Mamma, mamma. >
Eccoli, proprio dietro di me. Qualcuno mi bloccò, afferrandomi le spalle. Cercai di divincolarmi ma fu tutto inutile. Non vedevo niente. I miei occhi offuscati dalle lacrime. Gridai: < Lasciami, LASCIAMI!!! Lasciami! > Le braccia gelide mi tennero ferma, immobilizzandomi. Le mie suppliche furono inutili. Aspettai il dolore. Lo aspettai contratta, rannicchiata su me stessa. Lo aspettai ma non arrivò.
Tra i miei singhiozzi e i miei strilli mi accorsi di una voce familiare che tentava di calmarmi. Qualcuno mi stringeva dolcemente tra le braccia, impedendomi però di muovermi.

< Liz, Liz… ti prego, sta calma. Respira. Tranquilla… sta tranquilla. Sei al sicuro. Sei al sicuro. > 

Riconobbi la voce e mi venne da piangere ma non più per la paura. mi sentii protetta. Cercai di dire: < Nonna? > Tentai di pulirmi gli occhi con i palmi delle mani ma lei mi afferrò i polsi con delicatezza. Mi baciò la guancia. < Sht, sht… non piangere amore. Non piangere. Ci sono qui io… Alice… > < Resto qui. Non è sicuro muoversi da sole. Andiamo all’auto. Carlisle non può più aspettare. > < Zia? > < Sì tesoro, sì. Siamo qui. > Mi accarezzò i capelli e mi pulì il viso con la manica del suo vestito. < Non avere paura. nessuno ti farà più del male. >
Cercai di annuire ma scoprii di essere immobilizzata. Tremavo dalla testa ai piedi. < Liz, adesso dobbiamo andare. Dobbiamo correre. Tieniti stretta e chiudi gli occhi. >

Obbedii e mi strinsi alla nonna. Le mani della zia mi tenevano le mie. 

Bella’s POV
Jane era accovacciata al mio fianco. Mi stava studiando. La vedevo attraverso il sangue che mi era colato sul volto. Mi girava la testa e sentivo le forze venirmi meno. < Allora, ti piace? > mi chiese prendendomi la mano e stringendomela con forza. Non riuscii a trattenermi dal gridare. Sentii il suono delle ossa della mano rompersi. La lasciò andare e la mia mano cadde a terra come un peso morto. Rantolai.  A stento riuscivo a muovere le dita. Mi sforzavo di non darle la soddisfazione di piangere ma non sapevo per quanto ci sarei riuscita. La intravidi alzarsi in piedi e girarmi intorno, squadrandomi. Mi arrivò un calcio sui reni. Tossii e urlai. Sentii il sangue salirmi in bocca.

Cercai di rannicchiarmi su me stessa ma lei me lo impedì. Mi tirò altri calci, ovunque. Sentivo le mie ossa rompersi sotto i suoi colpi. Cercavo di proteggere il volto con le braccia ma a stento riuscivo a muoverle…

Respiravo a fatica, ormai immobile, quando lei mi sussurrò all’orecchio: < Sai, non ti ucciderò di botte. Ho in mente un modo migliore per porre fine a questa tua miserabile vita. Inizialmente pensavo di toglierti quello che tu hai tolto a me. Ma uccidere te era più semplice e più appagante che uccidere Edward. Perché io so che è solo a causa tua se Aro è morto. Mi hai rubato la mia famiglia!  > e prima di parlare mi alzò la testa tenendomi per i capelli < Tu, tu! Me lo hai rubato. Ha preferito te a me. Aro voleva il tuo corpo. Non gli andava più bene il mio. E mio fratello… era così ossessionato da te. Non voleva che ti facessero del male. pazzi! > e mi lasciò cadere di nuovo, dopo avermi tirato un pugno sulla tempia. Altro sangue, altro dolore. Sentii Edward nella mia mente: < Bella, ti prego, resisti. Resisti! Aspettami! Non arrenderti! >

Lei infierì ancora su di me prima di continuare a parlare. Riuscivo a cogliere solo parte di quello che mi diceva…
< Lascerò che ti trovi …… … Voglio che sia Edward a vederti morire. Voglio che ti veda e soffra capendo di non poterti salvare. Perché non potrà fare niente, nemmeno tentare di trasformarti. Il tuo cuore non potrà resistere tanto a lungo. >
Mi tirò un altro calcio e mi obbligò a mettermi in ginocchio. Dovette sorreggermi lei. Io non riuscivo nemmeno a muovere le labbra. Vidi la pozza di sangue ai miei piedi e tremai. All’orecchio mi sussurrò: < E mentre sarà impegnato nel disperato tentativo di salvarti, andrò a cercare tua figlia, sola nel bosco. Povera piccola. Non so, la uccido o la mordo? Cosa mi consigli? >mi sorrise maligna. Mi sforzai di parlare. Mi uscii un sussurrò smorzato: < No, ti prego. No. Lei non centra niente. >
< Sai, a giudicare dall’aspetto, dovrebbe avere sui tre anni e mezzo, quattro… anche se credo che di testa sia più grande. 
Eri già incinta quando sei arrivata a Volterra… > La sua era una semplice constatazione. Mi tirò uno schiaffo e sentii un dente rompersi. Intravidi i suoi occhi nerissimi. Chiusi i miei. Non riuscivo a pensare a niente. Vedevo solo le immagini dei miei figli, di Edward. Capii con impressionante freddezza le visioni di Alice. I miei figli sarebbero cresciuti senza di me. Non reagii.
Era sempre stato così. Non avrei potuto cambiare il mio destino… e il mio destino era morire per mano di Jane.  In quel momento di delirio mi venne in mente un nome che non riuscii a ricollegare a nessun fatto preciso. Camilla… mi venne in mente e mi colpì come una secchiata di acqua gelida. Alla fine, i nostri destini non sarebbero stati molto diversi…

Jane, sempre tenendomi per i capelli, mi disse sprezzante: < Sapevo, ero certa che non ti avesse ancora morso. Ne ho avuto conferma seguendo il tuo amico cane e parlando con Alec, qualche mese fa… Sai, era da tempo che stavo organizzando tutto ma Edward non ti lasciava mai sola. Fortuna che oggi sono riuscita ad attirarlo a Gibson con l’inganno… che Rosalie ed Emmett siano via. Ho DOVUTO cogliere l’occasione, capisci? Quando mi si sarebbe ripresentata se no? Alice e Jasper a caccia, Esme e Carlsile in città… era da tempo che cercavo una serie di circostanze così favorevoli per il mio piano. > mentre parlava, lo sguardo che aveva era da pazza.  < quando è stato il momento, è stato facile allontanare la compagna del vostro capo da lui. E, sentendosi seguita, lei ha preferito non tornare da Carlsile per evitare che scoprissimo dove fosse lui e i tuoi figli. Non sapeva che noi già sapevamo.
Si era accorta di essere seguita e ascoltata e per questo ha spento il cellulare, per evitare che la chiamassero e noi scoprissimo qualcosa di utile. Povera sciocca.
E naturalmente Carlisle, pensando che fosse successo qualcosa alla sua compagna, ha chiamato ad aiutarlo Edward… è per questo che ti ha lasciato sola. Tutto questo è stato possibile grazie a un mio caro amico che si è offerto di aiutarmi. Ricordi Georgy?
Sono in tanti, a Volterra, a nutrire risentimento nei tuoi confronti… Nessuno quanto me però…
tu, piccola stronzetta, mi hai rovinato la vita. > e così dicendo mi sputò in faccia, riversandomi tutto il suo odio addosso. Il tono dell’ultima frase era terribilmente sprezzante e schifato.
< Ti lascerò morire qui, in mezzo al tuo stesso sangue e alla tua stessa saliva. > e mi tirò un calciò nello stomaco. Vomitai. Bile… < Ti lascerò qui a morire dissanguata perché non meriti nemmeno di poter crepare in fretta. >
Mi tirò ancora più su, stringendo più forte la presa sui miei capelli. Ormai non vedevo più nulla. Sentivo solo dolore, ovunque. Terribile, immenso. Mi sembrava di soffocare. Ogni respiro mi provocava fitte al torace. Spasimi involontari…
<
Bella, non farlo! Non lasciarmi! Resta con me! > Mi gridò Edward, furioso e disperato. Mi venne da piangere pensando a quanto avrebbe sofferto per la mia morte.
Speravo solo non compisse qualche gesto sconsiderato. Doveva pensare ai nostri bambini… non poteva farmi questo.

Poi, improvvisamente, qualcosa di freddo e appuntito mi sfiorò il collo. La mano di Jane si era spostata dai capelli ad esso.
E poi arrivò, il suono della pelle lacerata giunse persino prima del dolore. I suoi denti mi recisero le vene. La sentii succhiare piano, gustandosi il sapore del mio sangue. Mi teneva il capo reclinato per avere libero accesso al mio collo.
Ero così debole da sperare solo che la fame avesse il sopravvento e che mi uccidesse in fretta. Non potevo più sopportare. Dopo quelle che mi parvero ore, separò i suoi denti affilati dal mio corpo e mi lasciò cadere all’indietro, riversa sul terreno reso rosso dal mio sangue. Mi afferrò il braccio sinistro. Estrasse un piccolo coltellino dalla tasca, lo aprì e poi, facendosi beffe di me, disse: < Così ti rinfresco un po’ la memoria. > e poi ripercorse con la lama affilata le cicatrici dei tagli.
Quando ebbe terminato si alzò con grazia. La vidi nonostante il sangue che mi incrostava gli occhi.
Si poggiò la mano sulle labbra e se leccò avida prima di salutarmi con la mano. Fece alcuni passi e poi tornò indietro, come se si fosse ricordata di una cosa importante. < Bella, mi raccomando, salutami Alec, quando sarai all’inferno. Con lui non ho potuto divertirmi come con te. Ma, in fondo, tu sei una debole umana. È stato fin troppo semplice. Non hai nemmeno opposto resistenza. >

Mi diede un ultimo sprezzante calcio e poi si avviò verso il bosco. Con mio sollievo nella direzione opposta a quella presa da Liz. Mi stupii di riuscire ancora a provare qualcosa come il sollievo. Ma forse, persino in punto di morte, l’amore per i figli supera quello per se stessi.  
Distrutta, chiusi gli occhi. Era inutile continuare a combattere. Il dolore era troppo. Resistere era impossibile. Il buio e il torpore erano così invitanti.

Mi abbandonai a loro mentre anche le ultime forze mi abbandonavano. < Bella! Bella! Ti prego, resta sveglia! > Nemmeno la voce di Edward che mi gridava nella testa riuscii a convincermi a cercare di restare vigile. Non avevo potuto fare niente per proteggermi da Jane. Lei diceva che non avevo opposto resistenza. Non era vero. Ma era stato come se un filo d’erba avesse combattuto contro un albero. Inutile…
cercai di piangere ma non ci riuscii. Mi resi conto di avere il naso rotto. E sicuramente non era l’unica parte del mio corpo ad esserlo. Ogni centimetro pareva rivendicare la sua esistenza tramite il dolore. Ovunque. Soffrivo. Non riuscivo più a respirare… a pensare.
Percepivo il sangue fluire lentamente, allontanarsi da me.
Era caldo… e io avevo così freddo… il vento non aveva pietà di me mentre io, inerme, annaspavo. Con un grandissimo sforzo cercai di rannicchiarmi. Ogni movimento era
come cento pugnalate. Emisi un urlo strozzato. Riuscii a mala pena ad avvicinare un braccio al petto, girandomi di lato.
Sarei morta lì, nel giardino di casa mia, dove ero stata tanto felice.
I miei sogni infranti, distrutti. Il mio futuro rubato. La possibilità di vedere i miei figli crescere svanita. Il dolore più grande al pensiero di abbandonarli, di lasciare Edward…
Sarei morta lì, a pochi metri da dove io ed Edward avevamo festeggiato il nostro primo anniversario di nozze, a pochi metri da dove Liz giocava con Emmett.

A pochi metri dal mio piccolo mondo sicuro. Sarei morta e lo avrei fatto sola. Forse era meglio se Edward non vedeva…

Scoprii di stare singhiozzando perché, ad ogni singulto il mio corpo reagiva con una sferzata di dolore. Uno spasmo dopo l’altro.
Sentii in lontananza delle grida e dei ringhi…
Il mio cuore si spezzò.
Aveva trovato Liz…non riuscii nemmeno a piangere, tanto ero debole. Il dolore che però provai all’idea della morte della mia bambina fu così atroce che cancello gli altri per alcuni istanti, lasciandomi intontita.
Le ferite al braccio erano superficiali ma dal collo scorreva sempre più sangue.
Ripetevo come una scema: < Edward, Liz…  Edward… Liz, Edward…
Quando ormai anche i dolori si attutirono, mi abbandonai completamente al terreno conscia che la perdita di conoscenza era il preludio alla morte. Rassegnata, mi lasciai cullare dalla voce disperata del mio amore… <
Bella! Bella! Svegliati! Svegliati! >
Sorrisi, pronta ad accogliere la morte che mi avrebbe salvato da quel mare di dolore…
Ero felice di andarmene con la voce di Edward nella mia mente…

< Ti prego, Bella, non puoi lasciarmi… > Il vento freddo mi sferzava il volto.
Mi spostava i capelli impiastricciati di sangue. Mi accarezzava la pelle tumefatta.
< Bella? Bella? Riesci a sentirmi? >
< Ha perso troppo sangue. Edward bisogna agire subito, sempre che non sia troppo tardi. >
Un ringhio di dolore. Mi stupii rendendomi conto che le voci venivano da oltre il mio corpo…
Erano delle dita quelle che mi accarezzavano?
< Edward, dobbiamo fare in fretta. > Qualcuno mi teneva premuta la mano sul collo.
< Da quanto sarà incosciente? >
< Non più di due minuti… prima riuscivo a sentirla chiamarmi. Bella? Bella? Carlsile, sta morendo! > 
Era Edward, ed era disperato. Non lo avevo mai sentito in quello stato.
Mi sforzai, mi imposi di aprire gli occhi. Riuscii a malapena a socchiudere le palpebre. Un’altra ondata di dolore mentre tutti i muscoli si contraevano.
Ci fu silenzio per un secondo poi Edward sussultò, nel momento in cui gemetti cercando di alzare il braccio. Bisbigliò in un misto tra sollievo e disperazione: < Bella, Bella, amore mio, non temere, adesso ti aiuteremo. Sta tranquilla. Carlisle ti curerà. Non avere paura. > Io non ne avevo, lui sì invece…
Dalle labbra spaccate riuscii a dire: < Liz? > La mia lingua sfiorò alcuni denti spezzati…
Edward sorrise ma non rispose. Probabilmente non era riuscito a capire cosa avessi detto. era solo felice di sentirmi parlare. Mi poggiò il palmo della mano sulla guancia, protettivo. Se avesse potuto, avrebbe pianto.  
Le sue mani erano sporche di sangue, il mio. 
Mi sentivo talmente debole che anche solo tenere gli occhi socchiusi mi risultava una fatica immane. Lasciai che si chiudessero. Sentii Edward sussultare di terrore. < Bella, ti prego, non addormentarti. Guardami. Parlami… non smettere di parlarmi. >
Carlisle disse: < Edward, l’emorragia non si ferma. Sta morendo dissanguata. Le ferite sono troppo gravi. > Era distrutto.
Edward ringhiò. < No! NO! NO!! Devi trovare un modo. > mi prese dolcemente la mano ancora “sana” nella sua. < Non posso accettarlo! Dobbiamo provare, dobbiamo salvarla! >
< Edward, non so cosa fare! Non so come farlo! Non c’è abbastanza sangue… anche se le iniettassi il veleno, non potrebbe farcela… mi dispiace, mi dispiace. Mi dispiace… > Era frustrato, addolorato.  La sua mano destra non si mosse dal mio collo ma la sinistra cominciò ad accarezzarmi il capo.
< NO! NO! > Quel grido disperato di Edward mi colpì talmente in profondità da darmi la forza di stringere la mia mano intorno alla sua. La stretta fu talmente lieve che a stento se ne accorse. Subito mi disse: < Bella,amore, va tutto bene, non preoccuparti. Si sistemerà tutto. Ti salverò. Te lo prometto. Non ti permetterò di andartene.  >

Qualcuno mi prese in braccio, con estrema cautela. Un’altra voce disse: < Sicuro che possiamo spostarla? >
Gli rispose Carlisle: < Jaz, se la lasciamo qui, ci lascerà entro pochi minuti… magari riusciamo a… > ma lasciò la frase in sospeso. Sentii di nuovo la voce di Edward vicino al mio orecchio: < Bella, amore, non preoccuparti. Ci sono io qui con te. >
Ci stavamo muovendo molto velocemente. Avevo freddo.
< Jasper, Vai a prendere la mia roba. Prendi della morfina, tanta, e sgombera il mio tavolo nello studio. >
Mentre ondeggiavo, socchiusi ancora le palpebre. Ero tra le braccia di Edward. Le mani di Carlisle strette delicatamente sul mio collo per tamponare le ferite. Cercò di sorridermi. A stento riuscì a collegare il suo volto ad un nome. Passammo velocissimi davanti alla vetrata. Vidi riflesso Edward e, tra le sue braccia, un corpo, grondante un liquido rosso. Il volto tumefatto, una maschera di sangue. Il braccio destro penzolava inerme, rotto, così come la gamba sinistra.

Gemetti quando realizzai che quel corpo martoriato ero io. Edward mi strinse delicatamente. Poi tutto si fece definitivamente buio.
Un buio talmente profondo da non avere una fine…
 

Elizabeth
Alla fine ci fermammo… Ero aggrappata alla nonna. Mi ci tenevo così stretta che a fatica riuscì a liberarsi dalla mia presa. < Liz, tesoro, sei al sicuro. Non piangere… amore mio… >
Mi baciò la fronte. < Esme, passala a me, occupati dei gemelli. >
Le braccia della zia mi strinsero forte e lei mi carezzò i capelli. Socchiusi gli occhi e scoprii di essere in un posto dove non ero mai stata. Tremavo talmente tanto che mi battevano i denti. Alice si tolse il maglione, rimanendo in camicetta, e me lo mise addosso. Mi sorrise e disse: < Tanto io non ho freddo. >

Mi accoccolai tra le sue braccia e, senza smettere di singhiozzare, mi osservai intorno. Vidi la macchina del nonno. Ci stavamo avvicinando ai gemellini. Li sentivo piangere.
Sentii, in lontananza, il nonno correre verso casa. Riconoscevo i suoi passi…
Nello spiazzo c’era l’odore suo e del papà ma quello del nonno era un po’ più forte. Era rimasto per aspettarci?
La zia aprì la portiera posteriore e mi ci fece scivolare dentro. Faceva un bel caldo e sedili erano morbidi. Quando fece per separarsi da me, strillai e mi aggrappai alla sua manica. < NO! Non lasciarmi! Non lasciarmi ti prego! >
Mi sorrise dolcissima e si chinò su di me. Mi prese in braccio ed entrò nella macchina, facendomi sedere sulle ginocchia. La nonna, davanti, stava dando a Mel il biberon. Mi venne il mal di stomaco.
Era la mamma che allattava Mel e Alec… lei non usava mai il biberon... 
< Sht, sht, non fare così… > Guardai la zia e mi accorsi che parlava con me. Era la mia la voce che continuava a ripetere “Mamma”
Deglutii e sussurrai: < La mamma… dov’è la mamma? Voglio la mamma! Papà! >
< Liz, ascoltami… io lo so che quello che è successo è terribile però, ti prego, devi cercare di essere una bambina coraggiosa. Non devi piangere… si sistemerà tutto. >
< Ho abbandonato la mamma! Non sono coraggiosa. Sono una bambina cattiva! E adesso la mamma sta male… per colpa mia… > < No, non dirlo nemmeno per scherzo. Non è colpa tua. Tu hai fatto come voleva tua mamma. Sei stata una brava bambina obbediente e sono sicura che Bella è stata molto contenta di te. > Ebbe un fremito ed abbassò gli occhi. La nonna le chiese sottovoce: < Alice? > < Niente… è arrivato anche Carlisle… >. La nonna chiese con voce smorzata < Bella? >.
La zia scosse mestamente la testa ad occhi chiusi. Il respiro le uscì come un rantolo di dolore e la nonna strinse Mel al petto, un espressione tristissima sul volto. La zia si coprì gli occhi con la mano.
Mi resi conto di cosa significasse quel gesto. Lo avevo visto fare in un film. La protagonista trovava il suo fidanzato-eroe a terra, che non respirava, e aveva fatto la stessa cosa prima di cominciare a piangere. La mamma mi aveva detto che lei era triste perché il suo fidanzato non sarebbe tornato da lei. Io le avevo detto: “Ma mamma, lui è li davanti! Basta che lo svegli…”
Mamma mi aveva stretto a sé e sussurrato: “Liz, ci sono volte in cui non ci si può svegliare… > e poi aveva spento la tv. Quella sera litigò con il papà
perché secondo lui non avrei dovuto vedere quel film. Mamma gli aveva risposto tranquilla: “La morte è una realtà. Solo perché non ne verrete toccati, non è giusto che lei non se ne renda conto.”  Lui si era arrabbiato ancora di più, l’aveva presa per i polsi e poi l’aveva abbracciata forte, nonostante il pancione, dicendole che in casa nostra nessuno sarebbe stato toccato dalla morte.
Morte… la mamma non si sarebbe svegliata mai più… non sarebbe mai tornata da me. Non mi avrebbe mai più abbracciato, coccolato. Non mi avrebbe mai più cantato la ninnananna. Anche se era stonata, a me piaceva tanto lo stesso…
Mamma… mamma. No, mamma…

Ancora oggi, ad anni di distanza, ricordo quei momenti con estremo dolore.

Quasi impazzii. Cominciai ad urlare svegliando Alec… tiravo pugni alla zia. Sentii un dito, il mignolo, fare crack ma non me ne importava. Mi dimenticai del male al petto, della tosse, del freddo. Piangevo. Continuavo a gridare: < No, No! Mamma! Mamma! > Anche Alec e Mel cominciarono a frignare, spaventati dalle mie grida.
La zia, sconvolta, mi afferrò i polsi e cercò di calmarmi con la sua voce ma io non l’ascoltavo. Non potevo. Sentivo l’odore del sangue della mamma addosso. La vedevo a terra, mentre quella la picchiava…  < Liz, non fare così.Ti prego, calmati… >

Mi sentii male. ma non era come quando ero caduta e mi ero rotta il braccio, o come quando quella ragazza mi aveva picchiata… no, era un male strano, terribile, che mi nasceva nel cuore e che sembrava farmelo a pezzi. Per la prima volta, capii che la vita per come la conoscevo io era ormai finita.

Grazie per la pazienza che dimostrate… avrei potuto togliere il POV di Liz e fare finire la storia condensando tutto in questo ma sarebbe stato tutto troppo confuso… e poi, Liz meritava un po’ spazio anche per sé!
Penso che i suoi pensieri abbiano reso più “reale” il tutto.
Scusate si vi faccio aspettare ma prima di sabato non credo di riuscire a postare… sono davvero sommersa di compiti e lavoro…
Grazie a tutte,
Non vi deluderò! abbiate fiducia!
Chiedo scusa se vi faccio aspettare così tanto per farvi sapere come va a finire!
Un bacione!!!

Erika


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Capitolo 57
*** Attimi... frammenti di tempo perduto ***


Salve a tutte. So di essere imperdonabile per questo ritardo ma sappiate che questo capitolo era pronto (sebbene necessitasse di notevoli modifiche) fin da quando postai il precedente...

A mia discolpa posso dire che l'ultimo anno di liceo non prevede tempo libero. C'era la polvere sul mio portatile! la polvere!!!
E non vi dico cos'è successo quando ho aperto msn... cmnq, sono riuscita a postare ora solo perchè sono in piena influenza/allergia-da-polline/fase-ko-per-le-mie-cose... --> non posso studiare e quindi... XD
Non ho postato prima anche perchè il cap non mi soddisfaceva ma, visto che è sempre difficile tenere testa ai cap precedenti quando la storia è così lunga, ho preferito postare adesso quello che c'è e so che me ne pentirò ma, finche ho ancora il coraggio di farlo, tantovale farlo (discorso inconcludente... colpa della febbre...)

Grazie per la pazienza,per i bellissimi commenti e per il semplice fatto di leggere la mia storia. 
Un bacio a tutte e buona pasqua... posterò la fine non appena possibile. SCUSATE SE E' UN CAP UN PO' LUNGO
Ps:  sono passati un anno e 2 mesi da quando ho letto Twilight, New Moon e Eclipse (rispettivamente il 9, il 14 e il 15 febbraio del 2008. Twilight me lo prestò un'amica ma eravamo in vacanza e dovetti aspettare il rientro a scuola per leggere gli altri 2. mai rientro fu più gradito XD) è già passato così tanto tempo? mi sembra ieri!!!

Senza alcuna retorica, un abbraccio a quanti stanno soffrendo in questi giorni a causa del terremoto.

PS: 3 POV!!!!

Elizabeth’s POV

Ero sconvolta. Non sapevo cosa mi stesse succedendo. Dentro di me era come se si fosse aperto un vuoto enorme. Mi mancava l’aria e non potevo smettere di piangere. La zia continuava ad accarezzarmi in silenzio mentre i gemellini si stavano finalmente riaddormentando. La nonna li sistemò nei loro seggiolini e poi si sedette al posto di guida. Lei e la zia erano immobili e, se non fosse stato per i miei singhiozzi, ci sarebbe stato un silenzio totale nella foresta.

Continuavo a vedere la mamma nella mia testa.
Lei non poteva morire. Lei doveva tornare da me.
 Doveva e basta.

La mia mamma non poteva lasciarmi. Non riuscivo nemmeno a concepire una cosa simile…
Quando il cellulare della zia vibrò, sobbalzai e cominciai ad ansimare. La nonna si voltò ad accarezzarmi mentre la zia si avvicinava il piccolo apparecchio all’orecchio. Parlava a voce bassissima ed io a malapena riuscivo a sentirla. Stava parlando con lo zio Jasper.
O meglio, lui parlava mentre lei si limitava a sospirare.  Alla fine della conversazione,con voce spezzata, disse solo: < Oddio Jaz! Non può essere! E noi? Cosa facciamo? Non possiamo tornare… a casa.
Carlisle però deve vedere Elizabeth. È troppo provata. Non so cosa fare. Non so cosa fare! >
< Alice, ti prego, calmati. Troveremo una soluzione. Per forza. Carlisle adesso non può muoversi da casa. Stanno cercando di... si insomma, Bella…
Emmett e Rosalie sono già in aeroporto. Si imbarcheranno con il primo volo Dovete venire qui. Dobbiamo restare uniti.. Però, prendi la strada da nord. Ed entra dal sentiero che porta sul retro. È meglio che non passiate dalla strada… lì è un disastro… Grazie al cielo ho appena cacciato e sta piovendo. È così, così… Oh Alice… è orribile. > 
< Sì… certo. È troppo…> non riuscì a finire la frase che terminò in un singhiozzo terrorzzatoi. La sua voce tremò quando aggiunse: <  ho visto. > e poi mi strinse a sé mentre la voce le moriva nel petto con un rantolo.
Le loro parole veloci divennero confuse e senza un senso preciso. Dov’era mamma? E papà?
Nel piangere cominciai a tossire e sentii male al petto. Come quella mattina… prima che succedesse tutto. Stanchissima, vidi l’auto farsi buia dietro ai miei occhi stanchi. Le palpebre pesanti cedettero. Vidi la mamma a terra. Pensai al film. Ricordai un sogno lontano e confuso, in cui la mamma ed io camminavamo in un bosco ed io, ad un certo punto, voltandomi, non la vedevo più. Mi ero sentita impaurita, sola, spaventata, terrorizzata. Appena sveglia però, lei mi aveva abbracciata e accarezzata, consolata.

Aveva detto che sarebbe stata con me per sempre.
Sempre.
Mi aveva mentito.
Non aveva mantenuto la promessa che mi aveva fatto.
Non sarebbe stata con me per sempre…

Mi sentii come in quell’incubo. La solitudine che provavo, il dolore… mi mancava mia mamma…
Mi sentii in colpa. Se il giorno prima non fossi uscita in giardino forse non mi sarei ammalata e non sarebbe successo tutto quel disastro.
Tutto quel dolore.
Non sarebbe successo niente… Spalancai gli occhi.
Scoprii di star singhiozzando avvinghiata alla maglietta della zia, tutta bagnata di lacrime.
Lei, gentile e premurosa, mi massaggiava il petto sistemandomi meglio il maglioncino. Avevo un freddo terribile ed ero stanchissima ma non potevo chiudere gli occhi.
Non potevo.
Appena provavo ad abbassare le palpebre, tutto quello che era successo tornava davanti a me violento e vividissimo. L’odore del sangue, la mamma sdraiata a terra dietro di me. I gemiti che tratteneva per non spaventarmi.
No, non potevo chiudere gli occhi nonostante la zia mi stesse cullando, nonostante la nonna avesse fatto partire il CD con la ninnananna di papà. Non potevo chiuderli e ricordare tutto.
< Liz, vuoi tornare a casa? Se no, possiamo andare da qualche altra parte… >
Al telefonino, lo zio le disse: < Alice, adesso dovete venire qui! > Era strano sentire lo zio nervoso, soprattutto con la zia. Lei, cercando di restare calma, rispose: < Jaz, tu non capisci. È sotto shock. Forse dovrei portare lei e i bambini via, in un posto sicuro… >
Le afferrai i capelli. < No! NO! Ti prego! Torniamo a casa! Voglio il papà! Papà! Mamma! >
Stringendomi dolcemente, mi baciò la fronte e cercò di tranquillizzarmi. < Va bene, ve bene. Non preoccuparti. Ora torniamo a casa. Ti prego, sta tranquilla. > poi ricominciò a parlare al telefonino ma dai miei occhi, pieni di lacrime, non riuscii a vedere la sua espressione. Non riuscivo a vedere più nulla. E non distinguevo più le sue parole. La nonna aveva alzato la musica e la macchina correva veloce e silenziosa lungo una strada bagnata e scura.
Alla fine non ebbi neanche più lacrime. Mi accorsi che la zia non era più al telefono. Alzai il viso e lei, sorridendo a fatica, me lo pulì con la manica della camicetta. < Tra poco saremo a casa… il papà ti sta aspettando. Non vede l’ora di vederti. >

< La mamma? >

Non mi rispose, limitandosi a chinarsi in avanti per sussurrare qualcosa alla nonna. Mi accorsi che eravamo vicino a casa. La zia abbassò un attimo il finestrino e l’odore familiare degli alberi bagnati mi avvolse confortandomi. Insieme a questo, un odore sgradevole, dolciastro. Simile a quello del fumo. Mi dava la nausea. Riconobbi la sagoma di casa lontano, in fondo al sentiero fangoso. Riconobbi la finestra della camera dei giochi. Mi accorsi di tremare ed ansimare solo quando la zia mi disse: 
< Stanno arrivando lo zio e il nonno. Tra poco starai meglio. > Avevo freddo sia sulla pelle che nel cuore…

La macchina si fermò all’improvviso ed io sussultai. Serrai le palpebre, terrorizzata., rimangiandomi quello che avevo pensato poco prima.  Era meglio rivedere la bella ragazza di ghiaccio piuttosto che scoprire cosa fosse successo nel frattempo.
Il sangue sull’erba, i pezzetti del mio ciondolo frantumato…li rividi nella mia testa mentre cadevano a terra l’uno dopo l’altro in tintinnii cristallini e tenebrosi…
il giardino era diventato un luogo orrendo.
Sentii la portiera spalancarsi e delle braccia gelide mi separarono dalla zia. Mi sentii improvvisamente calma. Misto all’odore della pioggia, riconobbi quello dello zio Jasper.
Lo scrosciare della pioggia sull’ombrello copriva tutti i rumori ma l’acqua non aveva cancellato tutti gli odori. Vago, nell’aria, riconobbi quello del sangue della mamma.
La pioggia lo stava portando via lentamente…
< Liz, non preoccuparti. Stai tranquilla. Ecco, brava, così. > mi sussurrava lo zio mentre mi sentivo sempre più intorpidita. Non riuscivo a muovermi e mi sentivo stranamente bene tra le sue braccia. Improvvisamente il rumore della pioggia venne allontanato. Una porta sbatté ed io fui felice di essere al caldo. Riconobbi tutti gli odori a me familiari. Eravamo entrati. Avrei voluto aprire gli occhi ma non ci riuscii. Sentii Mel vagire. La nonna era già volata in cucina, a prendere il latte. Non riuscivo nemmeno più a pensare. Persi l’idea di tempo…

Mi accorsi solo di essere sdraiata su un letto. Non era il mio.

La zia mi stava levando i vestiti bagnati e sporchi di sangue.
Mi passava un asciugamano bagnato di acqua calda sul corpo.
< Ziiia… > sussurrai stanca e con la mente annebbiata. Lo zio mi stava tenendo la mano e accarezzando i capelli. Stava usando quel suo strano gioco, proprio come quando erano nati Mel e Alec. Se lui voleva, riusciva a farti stare tranquilla anche se avevi paura. tanto tranquilla da farti addormentare…
Socchiusi a fatica le palpebre e vidi il soffitto della camera dei nonni. Tossii.
Riconobbi il nonno. Era al mio fianco. Mi stava toccando la gola e il petto. Stava parlando.
< Le ferite si sono quasi tutte rimarginate.Erano superficiali. Finisci di disinfettare quelle più profonde. Per quelle ci vorrà qualche ora. Le microfratture si stanno già saldando. La costola andrà a posto entro poche ore. Altre due sono lievemente incrinate… non ci vorrà molto prima che tornino normali. Credo che la velocità rigenerativa dipenda anche dallo stato psichico e dalla situazione esterna. Lo stress le fa male. inoltre ha preso molto freddo, questo sì. Falle bere questo…e mi raccomando, tienila al caldo e non farla uscire di qui. >
< Certo Carlisle. >
Il nonno mi sorrise, accortosi che lo fissavo, e mi accarezzò. < Liz, ora devo andare. Se hai bisogno di me, dillo alla zia e lei mi verrà a chiamare subito. Capito piccola? >
< Mh mh… > biascicai io intontita. Poi chiusi gli occhi mentre la zia mi metteva dei vestiti puliti, morbidi, caldi. Vestiti che non avevano l’odore del sangue della mamma…
Sentii Alec respirare piano vicino a me. Mel era lì vicino. Aprii gli occhi. Li vidi addormentati e sdraiati al mio fianco. Lo zio stava accarezzando anche loro. Richiusi gli occhi. Non avevo più male da nessuna parte. Mi sentivo bene, come sospesa in una nuvola di pace. Il letto era morbido e la stanza era calda. Qualcuno mi mise seduta e con le dita mi dischiuse le labbra. Qualcosa di dolciastro e caldo invase la mia bocca e scese lentamente nel mio stomaco scaldandomi anche dentro. Mi tennero seduta per qualche istante per poi riadagiarmi tra le coperte con una carezza.

L’unica cosa a turbare quella pace innaturale era un suono strano che proveniva dal corridoio. Oggetti che cadevano a terra e dei respiri veloci e carichi di dolore…

Ma io ero troppo comoda e al caldo. Mi raggomitolai su me stessa allontanando da me ogni pensiero. E in quel modo caddi in un sonno senza sogni.

  
Edward’s POV

< Bella, Bella amore mio, adesso andrà tutto a posto… >
Le ripetevo quelle parole come un ebete, tenendole la mano. Salimmo velocemente le scale e Carlsile aprì la porta dello studio con forza. Jasper era già dentro. Per terra c’erano libri e fogli sparsi. Jaz li aveva buttati in terra per fare spazio a Bella. Carlisle accese una luce da tavolo e mi fece segno con gesti veloci di poggiare mia moglie sul ripiano di legno laccato. 
L’adagiai dolcemente sul tavolo antico e le carezzai la fronte febbricitante.
Quando le sfiorai la guancia e il labbro rotto, Bella sussultò.
< Amore, ci sono qui io. > Lei non mi rispose. Il suo respiro andava affievolendosi. Non riuscivo nemmeno a guardare il suo corpo pieno di ferite. L’odore del sangue era così invitante, così buono che mi ottenebrava la mente. Mi vergognai di me stesso, ebbi schifo della mia natura.
Mi odiai.
Con mia moglie agonizzante davanti a me, i miei istinti mi portarono a desiderarne il sangue.
Rividi quello che Jane stava pensando mentre Jaz l’attaccava. Lei sapeva di star per morire ma non le importava. Lei voleva la sua vendetta. della vita non le importava più nulla. Mentre lui la faceva a pezzi, io stavo sopraggiungendo. Tramite la mente di Jane, avevo rivisto quello che aveva fatto a Bella. Anche in punto di morte Jane volle prendersi la sua rivincita. Lei voleva che io provassi il desiderio di bere il sangue di Bella. Sperava che fossi io a procurarle la morte. Voleva vedermi perdere la ragione. Sapeva che, se avessi ceduto al sangue proibito del mio amore, sarei uscito di senno.
Carlisle, che con una mano stava per iniettare qualcosa a Bella, mi posò l’altra sulla spalla. < Non preoccuparti Edward. Ci sono io. Non ti permetterò di fare qualcosa di cui ti possa pentire. >
Nella sua mente vidi i miei occhi divenire neri. Deglutii il veleno che era schizzato nella mia bocca riarsa. < Cerca di restare concentrato e andrà tutto a posto. >
Annuii. Erano passati appena una trentina di secondi da quando eravamo saliti nella stanza ma il respiro di Bella si era assottigliato ancora. Le carezzai il viso. ripresi a parlarle,
cercavo di attirare la sua attenzione sperando che aprisse gli occhi, che mi rispondesse.
Carlisle le iniettò della morfina. Senza alzare lo sguardo dall’avambraccio di Bella disse: < Per sicurezza… credo che adesso non senta niente. È svenuta… >
Intorno al collo, in prossimità del morso di Jane, le aveva avvolto un panno di stoffa che era ormai intriso di sangue.

Bella non reagì alle nostre voci. Il suo cuore stava cominciando a rallentare il battito.

Carlisle si allontanò un istante. Andò ad un armadietto e lo aprì. Era un piccolo frigorifero pieno di medicinali molto delicati e di alcune sacche di sangue. Non avevamo mai detto a Bella dell’esistenza di quella scorta. Lei non avrebbe gradito. Eppure, come diceva Alice, non si poteva mai essere sicuri. Bisognava essere pronti a tutto. Se per caso la bambina o lei si fossero ferite, avremmo potuto occuparcene più velocemente in caso di immediato bisogno.
Mio padre preparò tutto l’occorrente nel piccolo laboratorio che una volta era stato un bagno. Dentro c’erano solo pochi strumenti. Tra cui quello per prepararle il sangue, per reidratarlo.
Quando tornò, pochi minuti dopo, infilò l’ago nella vena dell’avambraccio di bella e poi le sentì il polso. Le stava facendo una trasfusione. Sentii l’odore di sangue estraneo pungermi la gola. Non era niente rispetto al fuoco scatenato da quello di Bella, che mi macchiava le mani e gli abiti.

Le sussurrai: < Bella, Bella? Riesci a sentirmi? >

< Edward, è inutile. Adesso non riuscirebbe comunque a sentirti. Appena sarà abbastanza forte, dovremo cercare di… >
Annuii sconvolto.
Fuori dalla stanza, Jasper stava parlando con Alice. La voce di mia sorella tremava, impaurita. Chiese di Bella. Questo poteva solo significare che non riusciva a vedere niente. Sentii le gambe cedermi. Sentii Jasper allontanarsi. Stava pensando al giardino. Mi chiese scusa prima di dirigersi verso il bosco, da dove un fumo violaceo si innalzava. Andava ad aspettare Alice.
L’odore del fumo mi faceva bruciare il naso. Come un flash, rividi ciò che era accaduto appena pochi minuti prima. Jasper ci aveva preceduto e aveva rincorso Jane. Con la sua esperienza, era riuscito a vincerla e si era occupato di lei. Il mio desiderio di vendetta era stato fortissimo ma era passato in secondo piano dopo la visione che Alice aveva avuto quando ci eravamo incontrati a metà strada. Ero rimasto così sconvolto che non me ne importò più niente di Jane. Non mi importava se fosse riuscita a scappare. Io dovevo andare da Bella. Non potevo rischiare di perderla… o peggio ancora (e quando ci avevo pensato mi ero sentito male) non avrei sopportato che morisse sola… Non avrei mai accettato una cosa simile…
Se non ce l’avesse fatta, io l’avrei seguita. Di questo ne ero certo.
Era orribile ammetterlo ma, sebbene sapessi che i miei figli avrebbero avuto ancora più bisogno di me in quel caso, non ce l’avrei fatta ad andare avanti…
Venni distolto dai miei ricordi dal battito irregolare del cuore di mia moglie.
< Carlisle, non possiamo più aspettare. > La mia voce tremava.
< Edward, ha perso troppo sangue... quello in circolo potrebbe non bastare… rischiamo di sigillarle le vene ma che, allo stesso tempo, il sangue non circoli abbastanza velocemente e il suo cuore così potrebbe fermarsi. Lo sai che le prime ore della trasformazione sono le più delicate. >
Il cuore di Bella sembrava sempre più debole. Sentii l’auto di Carlisle avvicinarsi. Aveva imboccato la stradina sterrata che portava a casa. Liz stava singhiozzando.
Nel silenzio, mi chinai su Bella. Quando il sangue mi sfiorò le labbra, il veleno mi schizzò di nuovo in bocca. Presi il capo di mia moglie fra le mani. Le diedi un bacio leggero sulle sue labbra spaccate e le sussurrai: < Ti amo. Perdonami. > e poi scostai il fazzoletto sul suo collo. Nel punto in cui l’aveva morsa Jane, affondai i denti. Iniettai veleno cercando di non far fuoriuscire il sangue. Quando il veleno entrò in contatto con le sue vene Bella boccheggiò. Aprì gli occhi in un gesto involontario e arcuò la schiena. Succhiò aria fra i denti serrati e poi ricadde sul tavolo emettendo dei gemiti confusi. Mi allontani dal collo e là dove il veleno stava agendo le ferite si stavano già cicatrizzando, a causa del potere rigenerativo del nostro veleno. Lo stesso potere che aveva salvato me, Rose, Emmett… e che pregai potesse salvare anche la persona che mi era più cara al mondo.
Senza perdere altro tempo, cercai di iniettarle tutto il veleno che continuava a schizzarmi in bocca. Le recisi le vene dei polsi e delle caviglie. Poi gli avambracci. Se avessi potuto, avrei continuato…
Nella mente di Carlsile colsi queste parole. < Edward, ora non possiamo che aspettare, e sperare. >
Lo guardai e, seguendo il suo sguardo, vidi che l’ago nel braccio di Bella si era lentamente ritratto, quasi respinto dal corpo di lei. Le vene si erano sigillate. Il sangue zampillava lentamente dalla punta dell’ago. Afferrai la mano di Bella. < Amore, ci sono qua io. Non preoccuparti. > poi calò il silenzio, interrotto solo dal battito agitato del cuore di Bella e dal suo respiro sottile.
Passati pochi minuti Carlisle, dopo avermi stretto una spalla e aver detto: < Non è colpa tua. Siamo stati tutti degli incoscienti. Siamo stati così stupidi… > si prese il capo tra le mani. Pareva parlasse più a se stesso che non a me. Si sforzò di ricomporsi e mi chiese: < Vuoi che ti lasci solo con lei o preferisci che rimanga. > Accarezzò Bella, sistemandole i capelli sudati dietro l’orecchio.
A stento sillabai: < Solo… >
< Va bene. Per qualsiasi cosa, qualsiasi, chiamami. Sono qui fuori. Vado a controllare Liz. Tornerò fra poco, a vedere come… procede... >
< Carlsile… >
< Sì? > chiese conciliante.
< Perchè? Perché non si muove? Perché non grida? >
< Edward, bisogna aspettare… non avere fretta… >
Con le mani tra i capelli, mostrando la sua debolezza, lasciò la camera. Teneva in mano la sua valigetta stringendosela al petto, quasi ci si aggrappasse per salvarsi.

Passarono pochi minuti. Sentii Liz lamentarsi ma non riuscivo a concentrarmi sulla voce di mia figlia. Nel momento in cui ero stato sicuro che fosse sana e salva, viva e al sicuro tra le braccia di Alice ed Esme, il mio cervello aveva focalizzato la mia attenzione solo su Bella. La mia mente era totalmente rivolta a mia moglie.

Liz disse qualcosa. Mi sforzai di prestare attenzione anche alle parole di Carlisle oltre che al respiro affannoso e affaticato di Bella. Nonostante quella situazione, una parte della mia mente provò sollievo quando capii che Liz sarebbe guarita in fretta. Una volta in un luogo confortevole e con persone pronte ad accudirla, si sarebbe rimessa velocemente. Lo shock che aveva subito però era stato molto profondo e da quello non si sarebbe rimessa altrettanto velocemente.

Si stava addormentando. Il suo respiro si stava tranquillizzando e, nella mente di Jasper, la vidi chiudere gli occhi e rilassarsi tra le lenzuola. Il prima possibile sarei andato da lei. L’avrei rassicurata e stretta a me. Le avrei detto che andava tutto bene.
Sperai che non fosse una bugia…
Mi sentii mancare il terreno sotto i piedi.
L’idea di perdere Bella mi distruggeva.
Il pensiero di dover spiegare a Liz e, un domani, ad Alec e Mel cosa fosse successo alla loro madre mi annientava.
E poi, Liz aveva visto cosa Jane avesse fatto a sua madre.
Come avrebbe potuto accettare una cosa del genere?
Strinsi la mano di Bella e lei, ad occhi chiusi, rantolò. 

Rimasi in piedi al suo fianco per non so quanto tempo, immobile e completamente alienato dal mondo che mi circondava. Dentro di me, solo il dolore e il terrore.

Bella’s POV

Ero in un buio infinito… senza fine. Sentivo il freddo propagarsi da ogni parte del mio corpo, dalla punta delle dita delle mani fino alle labbra…
Ero avvolta, immersa nel dolore. Non sentivo più niente oltre a quello…
Non riuscivo più a pensare a causa del dolore.
Però, non potevo lasciarmi andare, non potevo andarmene…
Mi aggrappai all’unica cosa su cui riuscivo a focalizzare la mia attenzione…
Mio marito. la sua voce vicino al mio orecchio.

Edward… Edward…

< Edward… >

< Sì, signora Cullen? >

< Mi aiuteresti? > indicai i lacci del mio abito da sposa. Intricatissimi nodi di raso imprigionavano il mio corpo. Edward sorrise e mi fece scivolare sul letto con un gesto sinuoso. Mi ritrovai a pancia in giù in un mare di raso e seta bianca, sdraiata sul letto in camera di Edward…   Soli…
Lentamente lui sciolse i primi nodi accarezzando la pelle lasciata nuda dalla scollature sul petto e sulla schiena. Mi baciò sotto la clavicola, sulla schiena, per poi far correre il dito lungo la mia spina dorsale. Liberò anche il resto del mio busto con una lentezza esasperante. Sentii le sue dita tremare impercettibilmente mentre le sue mani scivolavano dalla mia schiena al mio ventre.
Con il polpastrello dell’indice mi sfiorò l’ombelico ed io tremai. Lo sentii sorridere mentre mi baciava il collo da dietro. Con le dita scese sempre più in giù, fino a toccarmi l’inguine.
Mi sentii avvampare.
< Signora Cullen, qualche problema? > Mi chiese con un misto di sorpresa, malizia e preoccupazione.
Nascosi il volto nelle lenzuola prima di sussurrare: < No… sono… emozionata… >
Con una voce roca ed eccitata mi sussurrò all’orecchio: < Anche io. > e mi sfilò velocemente l’abito, lasciandomi in biancheria intima, bianca immacolata come l’abito.
Con un gesto fulmineo che fece vorticare ai miei occhi la stanza, mi rigirò su me stessa, mettendomi supina. Mi squadrò con un sorriso dolce ed al contempo sensuale, soffermandosi sul mio seno e poi, un po’ più in giù…
< Ti amo. >
< Anche io amo te, Edward… > sussurrai rossa in volto mentre alzavo le braccia e con dita incerte gli cominciavo a slacciare la camicia bianca, scoprendogli il petto.
Poco dopo entrambi ci ritrovammo nudi. Inizialmente fummo impacciati. Edward pareva aver paura a toccarmi. Fui io a sfiorare per prima la sua pelle, adagiata tra le sue braccia gelide. Lentamente, entrambi prendemmo confidenza l’uno con i corpi dell’altra. Da sempre avevo desiderato che mi toccasse in quel modo. Ogni sua carezza risvegliava qualcosa in me che neanche sapevo esistesse.
Dentro di me stava succedendo di tutto ma l’unico segno visibile di ciò che mi stava accadendo era il rossore di cui avvampavano le mie guance, insieme al mio respiro lievemente affannoso.
< Ti amo. > gli sussurrai stringendo le mie braccia intorno al suo collo mentre lui faceva aderire il suo corpo al mio stringendomi sotto di lui. Con la sua voce di velluto mi
provocò: < Io di più. >
pensai: “Il solito spaccone”
poi non pensai più nulla mentre, per la prima volta, sentii il suo corpo divenire parte di me. Al dolore del primo istante mi contrassi, aggrappandomi a lui e mordendomi il labbro. Lui, allarmato dalla mia reazione, si bloccò. Lo accarezzai pregandolo di non fermarsi, rassicurandolo che andava tutto bene anzi,  molto più che bene…
ci rilassammo entrambi e, con dolcezza e gentilezza, si unì a me lasciandomi per un istante senza fiato.

Quello fu l’inizio della nostra prima notte di nozze. Dì lì a qualche ora la mia vita sarebbe mutata radicalmente ma io allora  ne ero del tutto inconsapevole, così come ero inconsapevole di ciò che mi avrebbe riservato il destino…
non avrei mai pensato quanto sarei cresciuta come persona nei pochi mesi successivi, di quanto sarei maturata. Da ragazzina sposata appena diciottenne ad adulta, donna, madre…

fino a quel giorno non avevo mai immaginato cosa sarei stata disposta a rischiare pur di dare una minima speranza di vita alla figlia concepita in una notte d’amore in quello che avrei osato tranquillamente definire un sogno di una notte di mezz’estate… 
E all’amore per Elizabeth si sarebbe aggiunto quello altrettanto immenso per Mel e Alec…
La mia vita mi avrebbe regalato gioie immense anche se, senza che potessi prevederlo in alcun modo, quella stessa vita si sarebbe conclusa nel dolore, nell’angoscia per i miei figli, nel rimpianto al pensiero di mio marito.
E proprio mentre la morte ormai mi abbracciava e tentava di trascinarmi via con sé, ripensai a quella prima notte con Edward e mi resi conto che dovevo solo essere grata per quanto avevo avuto. Per quanto breve, il mio tempo con Edward era stato più di quanto chiunque potesse chiedere dalla vita.
Per questo negli ultimi momenti di coscienza mi dissi che, in fondo, mi andava bene così…
l’unico rimpianto era il dolore che avrei inflitto ai miei figli, alla mia famiglia… al mio Edward… per loro, avrei dovuto resistere.
Eppure, il dolore fisico che provavo era troppo. Il mio corpo distrutto reclamava la pace e il mio cuore ormai non aveva più la forza di far circolare il sangue che non era ancora sgorgato dalle mie ferite.
Avevo la vaga percezione, un ricordo confuso, di essere tra le braccia di Edward. Forse riuscivo persino a riconoscerne la voce in quel silenzio assordante. Sì, era lui…  Mi stava chiamando? Non riconoscevo le sue parole… capii solo che  era disperato.

Sì, mi chiamava… Mi diceva di restare con lui. Le sue dita fredde mi lambivano la pelle ma, nonostante fossero delicate come piume, dove mi toccavano mi faceva male…

Se avessi avuto la forza, avrei gridato per il dolore travolgente che le sue dita portavano con sè. Riuscii a pensare: < Oh Edward… mi dispiace così tanto… > poi il dolore fu così atroce da stordirmi, facendomi tornare ai ricordi del mio recente passato. La mia mente rifiutava di registrare la sofferenza che stavo patendo…
Senza rendermene realmente conto, ricordai il primo bacio di Edward sulla mia pelle…

E poi, lentamente, al freddo si contrappose il caldo. Un fuoco liquido che scorreva a rallentatore nelle mie vene.
Bruciante, impetuoso, violento, incandescente, rovente, stordente, frastornante…
Vivificatore...

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Capitolo 58
*** AVVISO... Un anno dopo il primo capitolo ***


Salve a tutte.
Scusate per questo capitolo avviso...
Volevo solo informarvi che non ho affatto smesso di scrivere ma che, contro la mia volontà, al momento non mi è possibile aggiornare in quanto la maturità incombe minacciosa su di me.

Sto davvero cercando di studiare in maniera decente per prepararmi a questo maledetto esame ma pare proprio che non ci sia con la testa. Oltretutto la mia salute non è al massimo (sono abbastanza cagionevole e lo stress mi mette sempre KO…)

Avevo scritto l’ultimo capitolo, o meglio metà, e volevo postarlo oggi dato che proprio una anno fa ho pubblicato il primo capitolo di questa storia che amo molto.
Purtroppo non sono riuscita a finirlo e prepararlo però non volevo lasciar passare questa data senza dire niente. Volevo lavorarci ieri sera ma era il ventesimo compleanno della mia migliore amica e mi sono presa una sbornia tremenda. La prima della mia vita (io non bevo, di solito…) Credo di aver bevuto, oltre a un cocktail, circa una decina di bicchieri tra vino e spumante… non facevo altro che ridere e sbattere ovunque. Non vi dico mia madre… ho provato a studiare quando sono tornata a casa alle due ma le lettere danzavano graziosamente invece che formare parole…
Non ce la facevo proprio a scrivere… Mi dispiace davvero di non aver potuto pubblicare oggi l’ultimo cap (sarebbe stato carino fare un anno preciso, no?)

Quindi, dopo un anno, ringrazio tutte quelle che seguono questa storia.
Vi chiedo solo di avere un po’ di pazienza fintanto che non finisce l’esame di maturità.
Forse non ci crederete ma ormai non accendo neanche più il pc e msn si sarà dimenticato la password da quanto tempo non ci entro più.
Spero di poter farvi leggere l’ultimo capitolo (e il finale alternativo!) al più presto.
Un abbraccio a tutte voi.
Appena posso, pubblico il capitolo!
 

Ps: se ci sono errori, è colpa della sbornia non smaltita… chissà se mi ricordo come si fa il codice?... boh, vedremo... speriamo in bene...
Sorry

 
Ciao e a presto,
Scusate per l’attesa,

Erika

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Capitolo 59
*** L'ultima prova sarà la morte... ***


E mentre il sangue lento usciva e ormai cambiava il suo colore...

Edward’s Pov

< Non ho fame. >
< Liz, fammi il piacere. Mangia. >
< No. Non ho fame. >
< Elizabeth, per l’ultima volta, smettila di fare i capricci e mangia. >
Incrociò le braccia e chinò il capo. Ingoiai veleno e cercai di calmarmi. Non potevo adirarmi con Elizabeth. Non potevo. Dovevo mantenere un certo contegno, almeno di fronte a lei.
< Liz, ti prego, fallo per il papà. Mangia. >
< No. Non ho fame. >

Mi portai le mani ai capelli, ormai prossimo alla crisi di nervi. Quando, per l’ennesima volta, Liz allontanò il piatto da lei non ci vidi più. Sbattei il pugno con violenza sul tavolo. Un suono assordante. La porcellana frantumata volò per tutta la stanza insieme all’insalata e al pesce. Liz trasalì, sobbalzando sulla sedia, e il respirò le morì in gola. Le lacrime che le gonfiavano gli occhi scorrevano veloci sulle guance pallide. Esme la prese in braccio stringendola al petto mentre Emmett mi afferrò le spalle e mi costrinse a voltarmi. Feci appena in tempo a vedere come Liz si rifugiasse tra i capelli di Esme, avvinghiandosi al suo collo, prima di incontrare lo sguardo di mio fratello. Sentii il tavolo rompersi a causa del colpo che gli avevo assestato.
< Edward, niente stronzate. > mi intimò con un sussurro. < Non vorrai mica metterti a fare lo scemo in questo momento? Non credo che faresti il bene di tua figlia. E tu è questo che vuoi, vero? Che la bambina stia bene, vero? >
< Emmett, tu hai idea di ciò che sto passando? Elizabeth deve mettersi a fare la preziosa proprio adesso? > gli ringhiai contro pronto a tirargli un pugno sulla mascella. Lui mi bloccò i polsi e mi sibilò: < Edward, non ti permettere. Stiamo tutti soffrendo per ciò che è successo. Siamo tutti in apprensione, quindi cerca di darti una calmata altrimenti ce ne andiamo. Rose e io siamo pronti. Possiamo portare via i bambini in qualsiasi momento. Ed Esme è disposta a venire con noi. Sai che, nel caso le cose vadano per il verso giusto, dovremo portarli via. Finché puoi restare con loro, sta loro vicino. Fallo per Bella. > detto questo mi lasciò andare. Dietro di me, Liz ed Esme erano sparite. Andai in cucina e le trovai sedute al tavolo. Esme cercava di farla mangiare, tenendola sulle ginocchia e accarezzandola. Liz si rifiutava di anche solo socchiudere le labbra, limitandosi a nascondere il viso nella maglietta di mia madre.

So che è molto egoista da parte mia ma in quel momento l’unica cosa che sentivo di dover fare era correre al piano di sopra, dove Bella giaceva inerme e da dove il suo respiro spezzato e affaticato mi giungeva alle orecchie per trafiggermi il cuore. Carlisle mi aveva chiesto, implorato di scendere e andare da Liz, convincerla a mangiare qualcosa. Con estrema fatica mi ero allontanato da mia moglie, dopo averle stretto la mano un’ultima volta, ed ero andato dalla bambina. In ognuno di quegl’istanti che stavo passando lontano da Bella mi sentivo male. Avrei dovuto esserle vicino ed invece stavo sprecando il mio tempo con Liz che non accennava minimamente ad accettare il cibo. Che senso aveva cercare di convincerla quando il cuore di Bella faceva sempre più fatica a battere? Non potevano pensarci Rose e Alice? Emmett od Esme?
Cercai di ritrovare lucidità. Elizabeth era figlia mia.
Non Di Rose ed Emmett o di Alice.

Era figlia mia di Bella e in questo momento aveva bisogno di me, forse più di quanto non ne avesse bisogno mia moglie, per la quale non potevo far altro che attendere.

Respirai profondamente e feci qualche passo verso Esme e Liz. Lei, appena mi sentì, si voltò e mi fissò dritto negli occhi. E in quei suoi occhi verdi, così simili a quelli che erano stati i miei, rividi tutto l’orrore del giorno precedente. Il sangue, le botte, le urla…

Andai loro vicino e accarezzai il capo di mia figlia. Le sfiorai le cicatrici sul volto. Parevano vecchie di settimane ed invece solo il giorno precedente erano tagli sanguinanti. Il suo corpo si stava riprendendo velocemente. Più velocemente del suo animo.
< Liz, scusami. Lo sia che ti voglio bene. E proprio perché ti voglio bene, adesso ti voglio vedere mangiare. Fallo per me. > La feci scivolare tra le mie braccia e mi appoggiai al bancone della cucina. Afferrai un po’ di pane e glielo appoggiai alle labbra. Con le dita cercai di farglielo mangiare. Le accarezzai la fronte e gliela baciai, soffiandole tra i capelli.
< Papà, non voglio mangiare. Ho la nausea. >
< Liz, per favore. Anche il nonno ti ha detto che devi mangiare. Non fare così. È da ieri che non mangi niente. Lo sai che non va bene. >
Fissandola negli occhi, riuscii a socchiuderle le labbra e lei inghiottì un po’ di pane, masticandolo lentamente. Mi appoggiò la manina sulla guancia e mi disse: < Adesso posso andare dalla mamma? Adesso posso vederla? >

Le afferrai la manina stringendola tra le mie e le sussurrai: < Liz, non adesso. Quando starà meglio, ti accompagnerò da lei. Adesso però mangia qualcos’altro. > e così dicendo presi un po’ di torta fatta da Esme quella mattina. Le aveva preparato la sua preferita per invogliarla a mangiare. La spezzettai tra le dita prima di portargliela alla bocca. Lei, senza più opporre resistenza, cominciò a mangiare con il capo poggiato alla mia spalla. Jasper era appena entrato nella stanza e aveva esercitato il suo potere su tutti noi. Scossi la testa. Non volevo che mi annebbiasse la mente. Dovevo restare lucido.
Mio fratello si avvicinò a noi, accarezzo Liz che si rilassò ulteriormente, e poi pensò: “ I bambini dormono. Alice è con loro. Hanno appena finito di mangiare. ”
Annuii e strinsi la bimba a me prima di appoggiarla sul bancone per imboccarla. Dopo averle fatto mangiare tutto quello che Esme nel frattempo le aveva preparato, la affidai a Jasper che l’avrebbe portata in camera dai suoi fratelli.
Prima stringersi al collo di Jaz, Liz però mi accarezzò il viso e mi sussurrò:
< Ti voglio bene papà. >
Le baciai la fronte. < Anche io te ne voglio. Tanto. >

Mi sorrise e Jasper la portò al piano di sopra.
Incrociai lo sguardo di Esme. “ Edward, perché non resti qua un po’? Riposati un poco. Non devi per forza… ”
< Esme, non ce la faccio a stare qui senza far niente. > E me ne andai senza aggiungere altro.

Trovai Carlisle ad attendermi sulla porta della camera dove avevamo portato Bella.
Mi mise una mano sulla spalla prima di accompagnarmi dentro.
Mi sedetti affianco al letto e presi la mano di mia moglie.
Lei, tra le lenzuola madide di sudore, ansimava senza però dare altri segni di vita.
< Nessuno segno di recettività. Non risponde ai segnali luminosi o sonori, niente… è come se fosse in coma. >
< Cosa significa? > Chiesi quasi senza voce.
Non mi rispose ma con la mente vagò nei suoi ricordi più prossimi. I nostri occhi si incrociarono.
< Edward, adesso è inutile preoccuparsi. Fino a che il processo non sarà terminato,non potremo… >
Scossi velocemente il capo. Non volevo pensarci. Avevo paura del momento in cui il suo cuore si fosse fermato.
Non sapevo cosa aspettarmi. Non era normale. Il suo silenzio, la sua assoluta mancanza di reazioni…
Durante le prime ore, mentre il veleno le entrava in circolo, mentre Alice ed Esme le lavavano via il sangue rappreso e le infilavano un pigiama pulito, mentre la portavamo in camera, mentre io le sussurravo che le ero vicino, lei si era dimenata in silenzio senza un solo gemito.
All’improvviso però aveva rantolato come se le mancasse il fiato e poi si era rannicchiata su se stessa, immobile. Dopo non si era più mossa. Avevo passato l’intera notte tenendole le mani, accarezzandole il volto, massaggiandole i muscoli, chiamandola …
ma lei niente. non mi aveva risposto, non aveva reagito alle mie carezze, ai miei sussurri, ai baci con cui le avevo lambito le guance.
A darmi l’unica speranza che non fosse troppo tardi, il battito sempre più affaticato del suo cuore.

Mi chinai per appoggiare la mia fronte sulla sua.

Sentii dei passi fuori dalla porta, dei respiri, il cuore di Liz che batteva vigoroso e forte, sovrastando quello agonizzante della madre.
Esme la stava tenendo per mano… avevo riconosciuto il suo respiro.
Carlisle si avvicinò alla porta e prima di uscire mi sussurrò: < Vado di sotto. Se hai bisogno di me o se noti anche il più piccolo cambiamento chiamami. Verrò immediatamente. >

Quando però aprì la porta Liz sgusciò velocemente dentro la stanza. Quando capì cosa la circondasse si arrestò di colpo per poi indietreggiare di alcuni passi. Mio padre le si inginocchiò accanto e la prese in braccio. < Liz, non preoccuparti. Sta solo dormendo. >
Gli feci cenno di andarsene ma lui non mi ascoltò, anzi, mi venne vicino e, con mia figlia tra le braccia, si sedette accanto a me.

< Liz, quello che è successo… è stato orribile ma devi cercare di capire che quella ragazza, Jane, non diceva la verità. Qualunque cosa lei ti abbia detto, era solo una bugia. >
< Davvero? >
< Certo. >
< Non tornerà più a prendermi e a uccidermi? >

Mi voltai verso di lei e la fissai negli occhi. < Liz, lei non tornerà mai più. Hai capito. È una promessa. Lei non ti verrà mai a prendere. Tu resterai sempre con noi, al sicuro. E lei non potrà più farti del male. mai più. Te lo giuro. Non farà più del male a nessuno di noi. Non può più… >

 Tese le braccia ed io l’accolsi tra le mie. Si chinò poi in avanti e carezzò il braccio di Bella. Ritrasse presto la manina e si osservò le dita bagnate del sudore di Bella.

< Perché la mamma sta male? è per quello che le ha fatto la signora cattiva? >
La strinsi, incapace di risponderle. Fu Carlisle a parlare: < Vedi Liz, la tua mamma stava molto male ieri. Io e il tuo papà abbiamo cercato di farla stare meglio. E adesso dobbiamo solo aspettare e vedere se riesce a guarire. Bisogna avere pazienza. Potrebbe guarire e potrebbe non guarire. In qualunque caso, noi resteremo qui con lei. E faremo tutto il possibile per aiutarla. Ma non preoccuparti, vedrai che starà bene. >
< E se non guarisce? >
< Carlisle, basta così. >
< Edward, è inutile cercare di ignorare la realtà dei fatti. Liz è troppo in gamba per cercare di mascherarle la realtà. Le infieriresti solo un danno maggiore mistificando il mondo intorno a lei. >

Provai l’impulso di tirargli un calcio ma mi limitai a sibilare a voce bassissima:

< Carlisle, è mia figlia. Decido io cosa dirle e cosa non dirle. Non ritengo opportuno angosciarla inutilmente. Se Bella… > Facevo fatica a proseguire  < Se Bella non dovesse farcela, troverò un modo per spiegarle che le persone muoiono, che sua madre… che sua madre è morta. Ma fino a quel momento, e mi auguro che non venga mai,  lei deve credere che tutto andrà bene. >
< Preferisci illuderla? >
< è solo una bambina! > Sbottai alzandomi in piedi e ringhiando. Liz, confusa e disorientata, si aggrappò alla mia camicia. < Papà, per favore, non arrabbiarti. Ti prego. > Cercai di ricompormi.
< Scusami amore. Non volevo. Adesso ti porto di là. >
Le accarezzai i capelli e poi seguii il suo sguardo. Fissava il volto di Bella. Le coprii gli occhi con la mano e la portai fuori. Ad Esme sussurrai: < è stata una pessima idea lasciarla entrare. >

Una volta in camera, Liz si sedette sul letto e si afferrò le ginocchia con le braccia. Lo stesso gesto che faceva Bella quando si sentiva sola. Mi sedetti accanto a lei e le cinsi il corpo con un braccio.

< Papà… >
< Sì? >
< Se la mamma muore, per favore, non andartene anche tu… > Tremai ma cercai di mascherare la mia angoscia con uno sguardo rassicurante.
< Perché mi dici questo? >
< Perché l’ho sognato. Ho sognato che mamma non respirava più e che poi la nostra casa bruciava… e tu non uscivi più. E io ti aspettavo, ti aspettavo, ti aspettavo. Ti aspettavo ma sapevo che non saresti mai tornato da me. Ti prego, non andartene mai. >
< Non preoccuparti. Non succederà mai. te l’ho promesso. Adesso perché non cerchi di dormire un po’? > Scosse la testa ma quasi subito le palpebre le cedettero. Jaz, dall’altra parte della porta, stava facendo un ottimo lavoro. Le riboccai le coperte e le baciai le guance prima di andarmene.

Nel corridoio, cercai di ignorare Jasper ma lui non me lo permise.
< Edward, sento che sei confuso ma tu sai che non ce ne è motivo. I sogni di Elizabeth sono ancora più variabili delle visioni di Alice. E poi, ieri notte, Bella stava molto male… e tu eri… >
Con la mente ritornò alla notte precedente. Rividi nei suoi ricordi e poi nei miei Bella contorcersi per il dolore, la rividi dimenarsi, ansimare, rantolare, senza però aver emesso neanche un grido, un urlo, un lamento.
Strinsi i pugni e mi allontanai velocemente da mio fratello e dai suoi ricordi, inghiottii veleno e tornai in camera ignorando tutti quelli che mi circondavano. Mi sedetti e le accarezzai la fronte, cercando di concentrarmi sul suo cuore che, nonostante tutto, ancora batteva.

< Bella, Bella… > sussurrai sfinito, sprofondando con il capo nelle lenzuola. Ripensai a ciò che avevo promesso a Liz. Se davvero Bella fosse morta, avrei avuto la forza, il coraggio, di andare avanti senza di lei? Sarei stato in grado di convivere con il senso di colpa? Ce l’avrei fatta a guardare ogni giorno in faccia i nostri figli e rivedere il suo sorriso nei loro occhi? Il suo sguardo nei loro lineamenti? La sua vitalità nelle loro voci?
Alice mi cinse le spalle con un braccio. < Non piangere… > mi sussurrò.

E allora mi accorsi che il mio corpo, freddo e morto, tremava sconvolto da singhiozzi. Lacrime asciutte che laceravano, come fossero mille pugnalate, il mio cuore immobile.

 

 

Bella’s POV

Per tutta la mia vita ero stata debole.
Debole ed umana.
Sottomessa alla mia natura fragile.
Per tutta la mia vita avevo avuto paura della morte.

La morte avrebbe potuto separarmi dai miei cari: Da mio marito, dai miei figli, dai miei genitori, da Jake, dai Cullen…  Era per questo che l’avevo temuta così tanto.
Avevo tentato in tutti i modi di evitarla. L’avevo combattuta nelle segrete di Volterra, così come contro James, Victoria, Laurent…
Però in quel momento soffrivo troppo e morire non mi parve una così brutta prospettiva.
Quel dolore era troppo, troppo atroce. Insopportabile.
Era un dolore che non aveva niente a che fare con le ferite o le ossa sbriciolate.
No, quello era molto peggio. Dopo un primo istante in cui il calore dentro le vene mi aveva dato forza e mi aveva fatto credere che avrei potuto vivere, il mio corpo si era fatto sempre più debole e quel calore impossibile si era fatto fuoco.
Fuoco liquido che ardeva dentro di me, che mi consumava alimentandosi delle ultime gocce di vita che ancora scorrevano tra le mie vene, usandole come veicolo per propagarsi fino al più recondito angolo del mio corpo.
Ciò che però più mi distruggeva e minava la mia sanità mentale era l’atemporaneità. Stavo vivendo un attimo infinito di agonia. Sferzate di dolore e sofferenza che si accanivano su di me tramortendomi.
Insopportabile, ecco com’era… insostenibile.
Sapevo, mi rendevo conto, che il mio corpo era immobile, bloccato. Sapevo che dalle mie labbra a malapena sfuggivano dei respiri spezzati ed agonizzanti, sapevo che nessuno poteva sentirmi.

Eppure, con tutta me stessa, sperai che Edward riconoscesse il dolore inciso nel mio corpo.

Speravo che Edward comprendesse quel dolore e avesse pietà di me, che mi amasse abbastanza da trovare la forza di porre fine a quell’agonia insensata.
Volevo morire. Volevo strapparmi il cuore, pugnalarmi, spararmi.
Tutto purchè finisse. Che senso poteva avere la paura della morte se questa avesse significato la fine di tanta sofferenza?
E in quel mondo senza tempo, in quell’attimo senza inizio né fine, rividi quanti avevo amato… i miei genitori, i miei amici, Jacob, i Cullen,i miei bambini, Edward.
“ Oh, Edward… ” pensai “ Mi dispiace… mi dispiace per tutto. Ti amo ”.
Ecco, avrei tanto voluto dirgli quanto l’amassi. Sperai che fosse vicino a me. Desiderai che mi stringesse la mano. La mano che neanche più sentivo. Essa era perduta, insieme al resto del mio corpo, in quel mare di lava bollente che ormai aveva corroso ogni mia terminazione nervosa.

Oh, Edward…

Che cos’avrei dato per poter sentire il suo profumo, vedere il suo volto, ascoltare la sua voce!
In quel momento mi sarebbe stato tanto di conforto…e invece no. Ero sorda, cieca e insensibile al mondo esterno. Tutto ciò che veniva da oltre il mio corpo io non lo percepivo. Troppo consumata dal dolore che nasceva da quelle che io sapevo essere le mie stesse ossa, ma che mi parevano tizzoni ardenti, per poter anche solo percepire la sua presenza… Ero assordata dal battito del mio cuore e dal suono del sangue che veniva pompato nelle mie vene distrutte. Accecata dall’oscurità intorno a me…
Ma sapevo, in modo del tutto irrazionale sapevo, che lui era lì, vicino a me. Sapevo che non mi avrebbe abbandonata. Che avrebbe lottato sino
all’ultimo singolo battito del mio cuore agonizzante. Che non mi avrebbe mai lasciata. Che sarebbe stato più perseverante di me, come al solito.

Ma io stavo morendo. E forse, ne ero felice.

Certo, l’avrei deluso… l’avrei deluso dal momento che preferivo morire piuttosto che lottare. Ma sentivo anche che non avrei avuto la forza di sopportare ancora a lungo. Avrei rinunciato, smesso di combattere e mi sarei arresa.
E in quel modo avrei detto addio…
Senza una sola parola, senza un ultimo bacio, un’ultima carezza.
In silenzio me ne sarei andata abbandonando tutti.. Ecco cosa sarebbe accaduto. Sarei morta.
Passarono ore? Minuti? Secondi? giorni? Per quello che ne sapevo io poteva essere trascorso un secolo quanto un attimo. Il tempo era qualcosa che non aveva più importanza e il confine tra l’istante e l’eternità ormai era solo una parola nella mia testa: Adesso.

E in quell’adesso, quando sentii la morte sopraggiungere, nonostante l’avessi invocata, ebbi paura.
Era la consapevolezza dell’ultimo istante di lucidità prima del nulla a farmi tremare.
Non l’avrei più rivisto.
Né lui, ne nessun altro.

Sì, stavo proprio morendo. Incominciavo a non sentire più dolore.
Stavo morendo ed ero terrorizzata. Ed ero felice. Ero quasi libera.
Sola. Lontano dai miei cari, da Edward e dai miei bambini…
Sentii gli occhi (o per lo meno li riconobbi come tali) bruciarmi d’un dolore diverso da quello che mi attanagliava ancora il resto delle membra.

Erano bagnati?
Stavo piangendo?
Sì. Erano lacrime…

Le lacrime per i miei figli e per la vita che non avrei vissuto…
Per le albe che non avrei mai visto e per i tramonti che non avrei mai ammirato, per le notti in cui non avrei mai più amato Edward, per i giorni in cui non avrei potuto vedere i miei bambini crescere.
Per questo, ormai in punto di morte, piangevo.
Imprigionata in un corpo distrutto, in questo modo dicevo addio al mondo e alla persona che ero stata…
Ma almeno, la sofferenza era sempre minore. Respirare non era più  così doloroso e il cuore non mi tormentava più ad ogni battito. No, adesso che ci facevo caso, non mi tormentava più…

Il mio cuore non mi tormentava più… Intorno a me, oscurità, silenzio.

E dentro di me,silenzio…
Il sangue aveva smesso di scorrere e il mio cuore si era fermato.

Ed io, ero morta.

 
[ Il titolo del cap l’ho preso da una canzone -a cui ho però tolto una parola- di De andrè, l’unico ed inimitabile. anche se la canzone non c'entra niente con la storia -anche se dipende dalla chiave di lettura del libo Twilight e della relativa saga-, la frase ci stava bene. Alla prima che indovina quale canzone derubato, un piccolo premio (sempre che possa definirsi tale… il finale alternativo in anteprima…)
Tengo a specificare che il titolo della storia è tratto da “I was born to love you” canzone di freddie che ritornerà nell’ultimo cap ]

 Hem, ecco, lo so.
Non sono imperdonabile.
Peggio.
Non so nemmeno più da quando non aggiorno.
E se sapeste da quanto tempo continuo a rimaneggiare questo cavolo di cap innoridireste. Anche perché, visto che poi non è che lo abbia modificato poi molto dalla sua stesura originale e quindi avrei potuto pubblicarlo subito…
Vabbè, cmnq, ho cominciato l’univ e, davvero, non pensavo fosse così stressante e con degli orari così assurdi. Torno a casa a delle ore impossibili! 8 ore in un giorno, e sono lì dalle 8.30 alle 18.30 perché non sono tutte di fila (a volte sì ma comunque è stressante fare anche dalle 8.30 alle 16.30 senza pause…)

Credo di aver postato per l’ultima volta prima ancora di fare la maturità!!!!
ODDIO quanto tempo è passato!!! Mi sembra ieri! Mamma mia, non po’ essere vero che ho già fatto la matura!
Comunque, bando alle ciance. Mi scuso con voi tutte per quest’attesa e spero non me ne vorrete. So che questo avrebbe dovuto essere l’ennesimo ultimo cap ma sfortunatamente non è così. Portate pazienza please! E non me ne vogliate se non riesco a separarmi da questa storia.
Sappiate comunque che è davvero prossima alla fine. Solo che per sviluppare il finale ho bisogno di un po’ più di pagine. Queste 5 non mi bastavano! Spero di trovare il coraggio di postare questo cap…
Grazie e continuate a seguirmi. Prossimamente sui vostri schermi, il prossimo capitolo ( e questa volta lo giuro, non vi farò aspettare 6 mesi. Se riesco, prima di capodanno!)
Pss: sapete che in Irlanda mi hanno abbordato in un cimitero? Molto vampiresca come cosa XD
Psss: alle tante ragazze che mi hanno invito e-mail chiedendomi quando avrei postato, eccomi qui. grazie per i vosti complimenti!

A presto e buon natale

Erika (l’imperdonabile temporeggiatrice.)

 

                                         

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Capitolo 60
*** Sete ***


Va bene, lo so. Mi merito tutte le maledizioni che mi avete mandato. Però, davvero, per molto tempo ho avuto i soliti casini. L’università mi impegna tantissimo e non riuscivo a trovare l’ispirazione per scrivere. Continuavo a buttare già delle schifezze, a tagliare, incollare etc etc. poi invece, ieri, mi è venuta l’ispirazione e ho buttato giù il cap in un’oretta (all’1 di notte, ovviamente, seguendo le buone vecchie abitudini)
Spero che non vi siate dimenticate di me e che mi possiate perdonare.
Adesso dovrò studiare per un esame che ho il 29 quindi non so bene quanto tempo avrò ma posterò presto, per davvero, perché l’altro cap lo sto già scrivendo. In realtà, questo cap finisce qui per la suspance! Se no, avrei continuato qui!

Ciao e a presto.

Ps: spero che vi piaccia anche la mia nuova storia.
Ultimamente non ho aggiornato eprchè, per il caldo, non volevo accendere il pc, e poi dovevo studiare per due esami.il cap è già scritto, adesso provvederò a pubblicarlo.
Un bacione e a presto, recensite in tante
Pps: non abbiate paura, io amo i lietofine.
Ppps: buona maturità a chi deve affrontarla. Mi ricordo lo scorso anno che paura avevo! In bocca al lupo a tutte.

Ovviamente, non riesco a separarmi da questa storia e questo non sarà l’ultimo cap… scusate

 Bella’s Pov

 

La morte era qualcosa di freddo, duro, liscio.

Una lapide di marmo che trafiggeva la terra smossa e bagnata di lacrime. Il pianto di chi ti ha amato e non ti permette di andare via.
Il loro dolore ti tiene incatenata a questo mondo di sofferenza e paura, dove ogni battito di cuore è penoso come una pugnalata.
È l’amore che ti impedisce di essere libera per l’ultima volta. Ti obbliga a restare…
Io non ero libera. Non potevo andarmene.
A tenermi incatenata alla vita dei lacci invisibili, più resistenti dell’acciaio.
Lasciatemi andare.
Lasciatemi morire. Vi prego, lasciatemi morire.
Avevo sofferto troppo.
Forse ero già morta?
No, il dolore era ancora  troppo vivido nella mia memoria.
Tutto intorno a me era immobile, silenzioso.
Vuoto.
Non ricordavo il perché, il come, il quando. Men che meno il quanto.
Non potevo aprire gli occhi perché non sapevo dove fossero.
Non ero padrona del mio corpo. non riuscivo a percepire nulla all’infuori del panico che mi attanagliava. E il ricordo del dolore così annullante e frastornante che mi faceva temere anche solo di tentare di muovermi.
Ero sola. Al buio. Abbandonata.
Ero stata lasciata ad annegare in un oceano infinito di dolore. Ed ora ero sola nel silenzio e nell’oscurità più totale. 

Lentamente ricominciai a pensare. E con i pensieri la sensazione di annegamento tornò a tormentarmi. Non volevo ricordare tutto quel dolore. 
Tutta la paura che avevo provato.

Paura…

Quando ero piccola, avevo paura del buio e del silenzio.
Ciò che mi circondava in quel momento.
Avevo paura. cercai di focalizzare la mia mente su quei ricordi per evitare di evocare il dolore.
Era buio in camera mia. E io avevo paura. urlavo se sentivo un rumore strano.
E quando gridavo, Reneé veniva e mi abbracciava stretta, stringendomi al suo petto.
Reneé, i suoi abbracci caldi e rassicuranti. Reneé… Mamma…
Avevo bisogno di lei.
Perché era mia madre e aveva il dovere di proteggermi. Contro tutto e contro tutti.

Già, madre…

Vidi una piccola bambina dai capelli rossi e gli occhi verdi. La vidi dentro la mia testa ma era così… reale. E poi, oltre a lei, due infanti, piccoli e fragili. 
Due neonati splendidi e delicati.
Anche loro così impossibilmente reali da sembrare veri.
Anche io...

Impossibile.
Non ero pronta, non ero forte, grande abbastanza. E poi, ero troppo sola.
Avevo bisogno di qualcuno che mi proteggesse.
Avrei voluto gridare, urlare, scalciare… piangere.
Ma non potevo muovermi.
Ero immobilizzata.                                              
E poi, me ne accorsi.
Ero immobile. Letteralmente immobile.
Così immobile che il mio petto non si alzava ed abbassava ritmicamente e dolcemente come avrebbe dovuto.
I miei polmoni erano vuoti.
Terrore.
Cercai di rimanere lucida. Ovviamente non era possibile. 
Cercai allora di ascoltare il battito del mio cuore o di percepire la sensazione del sangue che pulsa feroce attraverso le vene.
Niente.
Nessun suono, nessuno movimento.
In compenso, nel tentativo di ridare ordine ai miei sensi, mi accorsi del dolore sempre crescente che mi invadeva. Bruciante a tal punto da ricordarmi il rogo interiore che avevo subito.
Cercai di localizzare questa nuova sofferenza.
E così ritrovai la gola. E con essa il collo, le spalle, la testa.
E poi le braccia, le mani, le dita… il busto la schiena… le gambe, i piedi. Il mio corpo tornava ad esistere nella mia mente.
Lo percepivo di nuovo.
Proprio ora che ormai sapevo.
Sapevo di essere irrimediabilmente morta.

E la morte era qualcosa di freddo, duro, liscio. Qualcosa di immobile tra le mie dita.
Ecco i polpastrelli.
Avevo paura. strinsi gli occhi.
Avevo ritrovato le palpebre.
Decisi di farmi coraggio e le sollevai lentamente, terrorizzata da ciò che mi stava aspettando là, nell’ade.

La prima cosa che vidi fu la luce.

Non me lo sarei mai aspettata. Mi immaginavo un luogo scuro e cupo pieno di anime dannate ed invece c’era la luce, prodotta da una comunissima lampadina.
Banale.
E poi, c’era odore di disinfettante. Ammoniaca. Mi fece storcere il naso. Quell’odore pizzicava. Certo, niente in confronto all’arsura che percepivo al collo.
Il muro davanti di me era bianco, immacolato. C’erano delle travi di legno. Era un soffito? Sì. Sembrava proprio di si.
Ma che ci faceva un soffitto all’inferno?
Ciò che di liscio e duro, freddo, sentivo tra le mie dita fremette. Mi irrigidii automaticamente. Non osavo guardare. Ero troppo spaventata. Serrai immediatamente gli occhi e strinsi i denti.
Altre due cose dure, lisce e fredde mi afferrarono i polsi. Mani forse?
Ci fu uno spostamento d’aria e il mio viso venne investito da dei profumi fortissimi che mi ravvivarono dei ricordi che parevano lontanissimi.
Prati, fiori, sole…acqua… miele… e poi altro ancora. Molto altro ancora.
Avrei voluto rannicchiarmi ma quelle mani dure e lisce mi stringevano i polsi con troppa forza. Eppure, non provavo dolore. Non lì perlomeno.
Una voce, agitata e ansiosa ma ugualmente splendida e limpida, giunse alle mie orecchie. Sembrava implorante e spaventata. Era di un uomo.
< Lasciala. >
E le mani mi lasciarono. In un tempo che mi parve infinitesimale mi ritrovai rannicchiata su me stessa. Mi coprivo il capo con le braccia. Le ginocchia poggiavano sotto al mento.
Tremavo.
Delle altre mani, gentili e delicate, corsero lungo la mia schiena.
< Bella? Non avere paura. so che sei spaventata. È normale. Ma tu stai bene. Adesso stai bene. >
Che cavolo stava dicendo?
Come poteva dire che stavo bene? La gola bruciava impedendomi persino di pensare?
E poi, non respiravo! Il mio cuore non batteva!
No! No! No! < No!, No! No, No! No, no, no, no, no, no, no, no, no! >
Sentivo un suono uscire dalla mia bocca. Non mi ero accorta di aver cominciato ad urlare. ma quella non poteva essere la mia voce. Era troppo diversa da come la ricordavo.

Era tutto sbagliato.

Mi stavo agitando, muovendomi convulsamente. Scalciavo. Nessuno mi doveva toccare.
Avevo troppa paura.
< Edward, devi calmarla. >
< Jasper, TU devi calmarla. >
< Non ci riesco. È incontrollabile. >
Cercavano di tenermi ferma. Di immobilizzarmi. Ma io scalciavo. Erano più di due persone. Molte di più. Volevano farmi del male.
Quando caddi capii di essermi trovata in un punto sopraelevato. Ci fu un tonfo rumorosissimo quando il mio corpo sbatté sul legno morbido del pavimento, lasciando come un’incavatura nel parquet.
Nell’attimo in cui i miei aggressori chinarono per afferrarmi, spalancai gli occhi e schizzai, veloce quanto non avrei mai pensato di potermi muovere. Mi sarei aspettata che, a quella velocità gli oggetti mi risultassero sfocati ed invece potevo cogliere tutto. Ogni più insignificante particolare. Come quel granello di polvere che danzava leggero vicino alla lampada.
Avevo paura. paura di quelle sei persone che percepivo intorno a me. Due donne e quatto uomini a giudicare dal loro odore.
Non pensai neanche. Fu l’istinto a guidarmi. Mi fece giungere alla porta. La mano era già sulla maniglia quando delle braccia possenti mi imprigionarono. Cercai di divincolarmi ma le mie gambe colpivano alla cieca. Muovevo il capo all’indietro nel tentativo di colpirgli il volto. Inutile. L’istinto mi diceva di mordere ma non c’era niente a portata di bocca.
La mia pelle sensibile percepiva il contatto con l’energumeno che mi aveva immobilizzata molto più di quanto non fosse mai successo.
< Bella?  Calmati. Devi calmarti. Imponitelo. So che puoi farcela. >
Qualcuno parlava ma io non lo ascoltavo. Qualcun altro continuò. Era la prima voce che avevo udito.
< Bella, amore, ascoltaci. Devi calmarti. Tranquilla… non devi avere paura. non vogliamo farti del male. >
Mentivano.Volevano eccome. Non potevo vederli perché erano tutti alle mie spalle ma potevo percepire la loro tensione. 
Finsi di acquietarmi. Smisi di divincolarmi e, poco dopo, la prima voce disse: < Prova a lasciarla, piano. >
Le braccia forti come acciaio mi liberarono ed io scivolai lungo il petto dell’uomo che mi aveva tenuta prigioniera. Mi lasciai cadere a terra dove mi abbandonai.
Le prime mani che avevo percepito tornarono ad accarezzarmi la schiena.
La sua voce adesso sembrava più calma. Ma era solo apparenza. Lo percepivo.
< Bella?Tranquilla piccola.È tutto a posto. Sei al sicuro. Non vogliamo farti del male. >
Sentii gli altri indietreggiare di qualche millimetro. Finsi di essere docile. Non mi mossi.
Poi, quanto sentii che il ragazzo sopra di me voltava il capo verso il suo gruppo, mi rialzai in piedi e mi avventai sulla porta, spalancandola. A velocità folle corsi lungo il corridoio.
Sentivo le urla concitate dei sei che mi ero lasciata alle spalle. Stavano cercando di raggiungermi. Non mi avrebbero presa. Ero più veloce di loro.
Con un balzo mi ritrovai in fondo alle scale. Era passato poco più di un quindicesimo di secondo rispetto a quando avevo aperto la porta ed ero fuggita.
Mi diedi una rapidissima occhiata intorno per localizzare la via di fuga più vicina e più sicura.

E in quel momento la vidi, spuntò da dietro una porta.
Una bambina piccola. Non dimostrava più di quattro anni. Capelli lunghi e rossi, occhi verdi. La stessa bimba che la mia mente aveva evocato poco prima.
Vidi il suo sangue caldo pulsare nelle vene sotto la pelle della gola. Sentivo il suo cuore battere indicandomi la sua posizione.
Mi accorsi di altri due piccoli cuori nella stanza da cui la bambina proveniva. Con loro c’era anche una persona, una donna. 
Gli altri sei erano quasi dietro di me
A nessuno di loro batteva il cuore. Ebbi paura. Cosa diamine stava succedendo?
Una voce possente, l’uomo che mi aveva immobilizzato, gridò: < Rose, prendi i bambini e vattene. >
La piccola mi fissò negli occhi, rapita, e sorrise.

Seguii l’istinto.

Mi avventai sulla piccola creatura stringendola tra le mie braccia.
Poi, con il suo peso leggero tra le mani, schizzai fuori dall’abitazione.
Avevo sete. Una sete terribile. Accecante.
Ma non potevo fermarmi. Dovevo correre e scappare da quegli individui. La sete l’avrei placata dopo.
Strinsi la bambina. Lei non aveva gridato, non si era agitata. Si era limitata a rimanere immobile tra le mie braccia.
Sapevo che aveva paura perché il suo piccolo cuoricino batteva velocissimo ed invitante.
Avevo sete. Sete, sete, sete, sete, SETE!
Corsi ancora più veloce. Dovevo allontanarmi, dovevo scappare da loro. Li sentivo che mi seguivano. Erano a circa un kilomentro da me. Li stavo distanziando. Il ragazzo che mi aveva parlato con parole gentili era il più veloce. Si trovava ottocentosettantatre metri e quindici centimetri indietro rispetto a me. La più lenta era una donna. Lei era mille quattrocentododici metri indietro.
Non si davano per vinti. Continuavano a correre e mi urlavano di fermarmi.
Incontrai un fiume. Era molto largo. Avrei potuto disperdere il mio odore. Mi ci immersi e per alcuni metri nuotai, seguendo il corso della corrente.
Quando riemersi, mi trovavo molto più a valle. Raggiunsi la riva e, lasciando fuori dall’acqua solo il busto, ricominciai a correre. Non li sentivo più.
Li avevo seminati.
Guardai la creatura tra le mie braccia. tossiva acqua. avevo cercato di lasciarle la testa fuori per permetterle di respirare ma evidentemente aveva bevuto un po’.
Circa un’ora dopo, mi sentii abbastanza sicura e lasciai del tutto il fiume. Camminai a piedi nudi lungo un sentiero roccioso ma le pietre non mi ferivano. La bambina tremava. I vestiti bagnati le si stavano asciugando addosso anche a causa del vento provocato dalla mia corsa. E il suo sangue pulsava irrorandole le guance.
Avevo sete. Troppa. Non riuscivo a gestirla. A pensare.
Il collo della bimba era così vicino…
Lei non aveva detto neanche una parola da quando l’avevo presa. Era rimasta silenziosa.
Mi fissò negli occhi. Ricambiai il suo sguardo e sorrisi. Lei fece altrettanto.
Poi si azzardò a parlare.
< Ho sonno. >
Sonno? Io non ne avevo neanche un po’. Avevo solo sete. Eppure, avrei dovuto essere stanca. Chissà per quanti chilometri avevo corso…
< Posso dormire? > mi chiese con voce incerta. Era impaurita, questo è certo, ma allo stesso tempo sembrava fidarsi di me.
Le accarezzai i capelli e poi le guance rosate. Sentii il sangue scorrere sotto quel sottile strato di pelle. Lo vedevo. Avevo sete.
Con un balzo mi portai sulla cima di un albero e mi sedetti, poggiandola sulle mie ginocchia.
< Certo che puoi dormire. Basta che tu chiuda gli occhi. > le dissi suadente, accarezzandole i capelli e sistemandoglieli dietro alle orecchie.
Lei, obbediente, annuii e poi poggiò il capo sulla mia spalla.
Osservai le palpebre abbassarsi e poi posai le mie labbra sul suo collo dalla pelle sottile.

Il suo sangue aveva un odore dolcissimo…

 

 

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Capitolo 61
*** Disperazione ***


Edward’s POV

< Abbiamo perso le tracce. >
< No! NO! Non è possibile. >
< Edward, calmati. Così non concluderai niente. ha attraversato il fiume. Potrebbe aver nuotato per chilometri, verso nord o controcorrente e poi essere andata sulla sponda opposta oppure essere tornata su questa. Non possiamo cercare alla ceca. >
< E invece sì! Disperdiamoci e cerchiamola. Non posso lasciare che… >
Non riuscii neanche a proseguire. Non era possibile. Bella era totalmente fuori controllo. E aveva la bambina. Al solo pensiero le ginocchia mi cedettero ed io caddi carponi, affondando nel terreno fangoso.
La mia bambina. La mia piccola bimba.
Non poteva morire in questo modo.
Mi presi la testa fra le mani, muovendo il capo lentamente avanti ed indietro.
Elizabeth, Elizabeth…. Vedevo il mio volto nei pensieri degli altri. Sembravo spiritato. Non me ne importava.
La mia bambina… la mia piccola Liz.
Tutti erano silenziosi. Sentivo le loro menti. Ognuno si recriminava di non essere stato abbastanza prudente. Esme era disperata. Continuava a ripetersi che avrebbe dovuto portare subito via i bambini. Emmett non si perdonava di aver lasciato andare Bella, sebbene la colpa fosse mia. Ero io ad averglielo chiesto.
Liz, Liz… no.
< Alice? > domandai con una voce irriconoscibile.
< Non vedo niente. è troppo… confusa. Non è in grado… > la sua voce si incrinò e poi si affievolì. < di prendere decisioni. Non riesco a vedere da che parte è andata. Ha nuotato per circa venti minuti, controcorrente. Il resto non lo so. >
Carlisle cercò di prendere in mano la situazione. < Quindi è andata verso Sud. Questo è già qualcosa. Cominciamo a seguire il corso del fiume, tre su questa sponda, tre sull’altra. Prima o poi intercetteremo il suo odore. >
Io non riuscivo ad alzarmi. Carlisle ed Emmett mi costrinsero a rimettermi in piedi.
< Edward, io so cosa stai pensando. E ti sbagli. Non è solo colpa tua. È un terribile errore commesso da tutti noi. Non mi potrò mai perdonare se dovesse succedere qualcosa ma adesso dobbiamo agire, altrimenti sarà troppo tardi. Dobbiamo trovarla. E tu sei l’unica persona in grado di trovarle. Cerca i pensieri di Liz. Se è ancora viva, tu puoi captarli. Altrimenti andremo davvero alla ceca. Devi importi di essere più forte del tuo dolore. Devi fare di tutto per ritrovare tua figlia viva. Se resti a crogiolarti nell’autocommiserazione potrai riabbracciare solo il suo cadavere. Quindi vedi di darti una mossa. >
Poi mi afferrò per mano e, insieme ad Alice, balzammo sull’altra sponda. Le sue parole mi rimbombavano in testa. Cadavere… Liz cadavere… cadavere. Non riuscivo  pensare.
Ricordai la sete, il giorno in cui mi risvegliai dal dolore della trasformazione. E ricordai la mia prima vittima. Un uomo. Era un guardiano notturno.
Non avevo saputo resistere. Avevo appena una settimana. Le bestie che mi portava Carlisle non riuscivano a placare l’arsura ed una notte, impazzito dalla sete, ero fuggito sui tetti, ed avevo trovato quel uomo. Fred. Si chiamava così. Aveva il nome scritto sulla sua targhetta.
Lo avevo dilaniato, in preda alla frenesia, guidato dall’inesperienza e dalla sete incontrollabile.
Lo avevo fatto soffrire, involontariamente, molto più del necessario. La sua morte era sopraggiunta lentamente, tra atroci sofferenze. Mi aveva guardato negli occhi. E io avevo potuto percepire tutto il suo terrore, il suo dolore, mentre lo prosciugavo rompendogli le ossa per tenerlo fermo.
È così che si nutrono i neonati, senza sapere come fare per essere veloci ed efficienti.
Bella avrebbe fatto lo stesso, accanendosi su nostra figlia… un urlo di dolore mi sgorgò dal petto ed aumentai la velocità, superando i miei compagni. Con la mente cercavo di captare i pensieri più lontani ma, intorno a me, solo la quiete di una foresta terrorizzata da sei, anzi sette, vampiri.

Dovevamo sbrigarci, prima che facesse giorno…

  

Bella’s POV

Il profumo del suo sangue era dolcissimo. Appoggiai le labbra sul suo collo e inspirai profondamente.
Lei fremette ma non aprì gli occhi. Si raggomitolò tra le mie braccia e mi poggiò una manina sulla guancia. La presi tra le mie e la baciai.
Le mie labbra si schiusero e con i denti le sfiorai le vene ai polsi. La bambina si lasciava fare tutto. Non cercava di opporre resistenza. Le feci poggiare il capo sulla mia spalla e poi glielo feci reclinare all’indietro, esponendo la giugulare. I capelli le scivolavano lungo la schiena riflettendo i bagliori dell’alba nascente. Sulla mia pelle il sole si specchiava in milioni di brillanti. Diamanti luccicanti ricoprivano la mia pelle. Mi nascosi tra le fronde dell’albero, in modo da allontanare da me la luce. Non volevo che mi vedessero. Identificai un anfratto che sembrava sicuro, dando su una scarpata. Sistemai meglio la bambina e poi saltai giù. In un attimo mi intrufolai nella fessura nella roccia. Lei chiuse gli occhi. Tremava.
< Hai paura? >
Scosse la testa, facendo segno di no.
< Io ho paura. > dissi quasi soprappensiero. E avevo sete. Così tanta sete che non capivo più niente.
< Perché hai paura? > mi domandò con la sua voce cristallina.
< Perché sono sola. > risposi semplicemente.
Mi stupì accarezzandomi gentilmente la guancia. < Non sei sola. Ci sono io. Non avere paura. >
Strinsi la sua manina sulla mia guancia.
L’odore del suo sangue era così invitante.
< Elizabeth, forse dovresti dormire. > le parole mi sgusciarono dalle labbra senza che davvero potessi io stessa capirle. Non capii perché, ma sapevo che si chiamava
Elizabeth. Me lo sentivo dentro.
Sul suo volto si aprì un sorriso meraviglioso che mi trasmise sicurezza. Era felice.
si aggrappò al mio collo e mi diede un bacio. Il calore del suo collo mi investì facendomi bruciare la gola ed irrigidire il corpo. l’istinto mi diceva che dovevo nutrirmi. Avevo bisogno di sangue. Ma lo stesso istinto mi impediva di far del male a quella piccola creatura. Sentivo di doverla proteggere. La strinsi delicatamente a me e le baciai i capelli.
Sentivo che era agitata. Cominciai a cullarla. Una parte di me, totalmente fuori dal controllo della mia mente, sapeva che la bambina avrebbe dovuto dormire.
< Tutto bene, piccolina? >
< Sì. > mi rispose senza staccarsi dal mio vestito. Rimase in silenzio alcuni istanti.
< Ho fame. > ammise poco dopo, accarezzandomi il petto. Le sue mani si strinsero sulla stoffa, all’altezza del mio seno. Solo allora notai che indossavo un raffinato abito blu. Era bello, morbido. Comodo.
La piccola richiamò la mia attenzione stringendosi a me e dicendomi: < Ho fame. Mi dai qualcosa da mangiare? >
< Adesso non ho niente da darti. Cerca di dormire. Ti passerà la fame. > e poi ripresi a cullarla.
Non potevo muovermi da lì. Avevo paura che quelle persone potessero trovarci. Sapevo che ci stavano cercando. Li sentivo, lontano… li sentivo muoversi veloci tra il sottobosco.
Non potevano prenderci.  Avevo l’esigenza di proteggerla e poi, avevo anche un’altra necessità. Quella di tornare indietro. Gli altri due piccoli cuori che avevo udito nella stanza al piano terra.
Erano un richiamo atavico. Appartenevano sicuramente a due bambini piccoli, molto piccoli.
Dovevo andare da loro. Avevo bisogno di stare con loro. Dovevo proteggerli. Non potevo abbandonarli.
Scoprii di star singhiozzando ma dai miei occhi non uscivano lacrime.
< Mamma, non piangere. Ci sono qua io. Ti voglio bene. Tanto bene. E sono tanto felice che tu ora stai bene. Ho avuto molta paura. ma ora non sono più triste. Non essere triste neanche tu. >
Le sfiorai le labbra. Mamma. Mi aveva chiamato mamma.
Le baciai la fronte. E poi la strinsi a me. Tossì più volte ma alla fine riuscì ad addormentarsi. Sentii la temperatura del suo corpicino aumentare. Si faceva sempre più calda.

Rannicchiata nel mio pertugio, osservai il sole alzarsi nel cielo e poi tornare ad abbassarsi, fino a scomparire oltre le fronde degli alberi. Nella foresta l’oscurità ci avrebbe nascoste.
Quando il sole aveva cominciato a calare, avevo sentito le voci di tre delle persone che ci seguivano. Le loro voci erano lontanissime. Almeno venti kilometri verso il fiume. All’inizio, con voce molto angosciata, chiamavano “Elizabeth. Bella” poi, qualche ora più tardi, con voce rassegnata si limitavano a urlare: “Bella.”
Quella parola mi faceva venire il mal di testa.
La piccola non poteva sentirli ma temevo che loro, se lei avesse parlato, l’avrebbero sentita perciò le feci segno di rimanere in silenzio. Per tutta la giornata lei rimase zitta, seduta affianco a me. Non la smetteva di accarezzarmi. Per fortuna dormì per un paio d’ore. Il suo stomaco reclamava cibo.
Era passato un giorno da quando mi ero svegliata. Da quando il mio corpo aveva smesso di bruciare. La gola però ardeva terribilmente. E lei non mangiava né bevevo da allora.
Quando fui sicura che fossero abbastanza lontani, presi la bambina e, proteggendola con il mio corpo, mi tuffai nella foresta. La pioggia scrosciante avrebbe scacciato il mio odore. Mi diressi nella direzione opposta rispetto a quella da cui avevo sentito provenire le voci.

La bambina continuava a tossire. La sua pelle bagnata era ancora più profumata.
Sete. Sete. Sete. Ero ottenebrata dalla sete. Così fuori controllo che, individuato un branco di cervi, appoggiai la bambina in un buco tra le radici di un’antica quercia e poi mi gettai nella mischia.
Abbattei il maschio più grande. Il suo sangue caldo non bastò a saziarmi, né tantomeno a placare il fuoco nella mia gola ma, per lo meno, adesso riuscivo a pensare.
La piccola mi fissava con gli occhi spalancati. Le tremavano le gambe e tutto il suo corpicino esprimeva il terrore. Mi avvicinai a lei lentamente. Incedendo piano piano, il mio corpo e il vestito strappato venivano bagnati dalla pioggia scrosciante che lavava via il sangue.
Quando la raggiunsi, il sangue era ormai stato tutto lavato via.
Le porsi la mano. < Vieni Liz. > quel diminutivo mi uscì naturale. < Vieni. Andiamo a prendere qualcosa da mangiare. >
Lei, inizialmente titubante, si lasciò sollevare e poi si aggrappò al mio collo. Corsi velocissima attraverso il bosco. Evitare gli alberi era così semplice e naturale che non dovevo sforzarmi di fare attenzione. I miei piedi nudi scivolavano leggeri senza produrre rumore.
L’aria ci sferzava e mi resi conto che, per la piccola, questo non andava bene. I vestiti bagnati le stavano appiccicati addosso e il vento per lei era sicuramente gelido. Batteva i denti.
Mi fermai e la presi da sotto le ascelle. La osservai. < Hai freddo? >
Liz, scosse il capo sebbene tremasse. Le colava il naso. Glielo pulii con la mia mano e lei tese le manine affinché io la stringessi al petto. Così feci e ricominciai a correre.
Lei mi sussurrò all’orecchio: < Mamma, ti voglio tanto bene. >
Le baciai il lobo dell’orecchio dirigendomi verso il suono di un centro abitato, a quaranta chilometri di distanza, a giudicare da quanto fosse flebile il suono che da lì proveniva.

Quando fummo in prossimità della cittadina era notte inoltrata e le luci erano tutte spente. Diminuii la velocità fino a camminare lentamente. Mi muovevo sinuosa tra le fronde.
La bambina dormiva ma il suo respiro era affaticato. La sua pelle molto più calda rispetto alla sera precedente. Mi intrufolai in una casa in cui abitavano quattro cuori. Uno era piccolo come quello di Liz. Era una villetta a due piani e la famiglia dormiva tranquilla al piano superiore. Posizionai la piccola sul divano e mi recai in cucina. In silenzio riempii di cibo un sacchetto di tela. Quella roba puzzava. Pane, merendine, una bottiglia di succo di pesca, una torta dentro a della carta stagnola. Tre banane, due mele, una pera, un cartoccio di latte. Biscotti secchi.
Dato che tutto quel cibo non ci stava nel sacchetto che avevo trovato sul ripiano della cucina, afferrai uno zaino e, dopo averlo svuotato del suo contenuto di libri, lo riempii di tutto il cibo che avevo procacciato.
Poi, senza fare rumore alcuno, salii le scale. Trovai una camera e vi entrai. Vi dormiva un bambino. Era suo, il piccolo cuore. Frugai nel suo armadio e sottrassi dei vestiti pesanti. Un maglione, una felpa, una canottiera di lana e dei pantaloni jeans. Calzini pesanti. Poi trovai una giacca e presi anche quella. Nell’armadio trovai anche delle coperte. Ne presi due e poi tornai dalla bambina.
Dormiva accoccolata sul divano. Tremava anche se nella casa la temperatura non era bassa.
Cercando di non svegliarla, le levai i vestiti bagnati. La asciugai come meglio potei e poi le infilai gli abiti puliti e asciutti. Erano da maschietto ma le stavano bene comunque. Era così bella…

La lasciai dormire fino alle cinque di mattina poi, preoccupata che gli abitanti ci trovassero, decisi che era ora di andarcene. Cercai di non svegliarla ma, nell’infilare la giacca lei aprì gli occhi.
< Liz, adesso dobbiamo andare. > le sussurrai accarezzandola.
Tossì e al piano di sopra qualcuno si svegliò.
< Mamma… non voglio usci… > le misi un dito sulle labbra.
Qualcuno scese dal letto e, lentamente, camminò fino alla porta della camera. Era un uomo.
Fece alcuni passi indietro ed aprì un cassetto. Una voce femminile, assonnata, disse: < Amore, torna a letto. >
< Ho sentito delle voci, al piano di sotto. > qualcosa di metallico. Una pistola.
Il mio corpo si irrigidì.
Lui aprì la porta. Percorse mezzo metro e poi cominciò a scendere le scale.
Afferrai Elizabeth e spalancai in una frazione di secondo la finestra. In un millesimo di istante io, la piccola, le due coperte e lo zaino pieno di cibo eravamo nascoste nel fitto della boscaglia, in cima ad un pino. L’uomo scese le scale di corsa ma noi ormai non c’eravamo già più.
In un attimo tutte le luci della casa si accesero. In breve si accorsero che mancavano cibo e vestiti, le coperte e lo zaino.
L’uomo era infuriato. Urlava e diceva che voleva chiamare la polizia. La donna cercava di calmarlo.
Avevo lasciato i vestiti bagnati di Liz nel loro soggiorno, sul divano. Lei li teneva in mano e, agitandoli, diceva: < Caro, qui c’è stata una bambina. Non vedi. Hanno portato via cibo e vestiti di un bambino di cinque anni. Cerca di essere comprensivo. Sono sicura si trattasse di una mamma in difficoltà. Avrebbe potuto rubare i soldi che tenevamo nella scatola dei biscotti ed invece li ha lasciati per terra. Cercava cibo, non di derubarci. >
< Cosa dici? È entrato nella camera di nostro figlio! Qualcuno ha dormito sul nostro divano! >
< Non vedi la sagoma? È piccola. Ci ha dormito un bambino. Anzi, una bambina. Queste calze, questa maglietta… sono da bambina. Per favore, se avesse voluto, avrebbe potuto farci del male. probabilmente era una mamma sola e disperata con la sua bambina. Fuori piove e fa freddo… >
< Mi stai dicendo che non dovrei chiamare la polizia? > lui urlava, lei cercava di farlo ragionare.
< Esatto caro. Se vuoi, oggi chiamo la ditta e faccio inserire un sistema d’allarme. Però, non chiamare la polizia. Questa notte non è entrato un criminale. >
Mi piaceva quella signora. Era gentile con me anche se non mi conosceva. Mi stava cercando di proteggere. 
Non ascoltai il resto della conversazione. Mi nascosi nel boschetto retrostante e, nel tronco cavo di un sitka, aprii il latte. Liz lo bevve avidamente, dal cartoccio. Le spezzettai del pane, che lei divorò. Mangiò anche una mela e una banana. Tre biscotti e un pezzetto di una merendina. Alla fine, senza più la fame ad attanagliarla, si addormentò tra le mie braccia. la avvolsi nelle coperte e le baciai i capelli.
Quando, cinque ore dopo, si svegliò, cominciò a piagnucolare. < mammi, devo fare la pipì. >
Fu difficile convincerla a farla nel bosco. Diceva che aveva bisogno del vasino. Io non ce lo avevo e alla fine dovette arrendersi. Non avrei rischiato di andare in paese e farmi scoprire per quello.
 Nel corso della giornata la tosse aumentò e io le diedi del latte per cercare di non farle sentire la gola irritata. Era irrequieta e non riusciva a stare ferma. Mi sembrava sempre sul punto di fare una domanda che poi però non mi poneva mai.
Dopo un’ora passata sdraiata tra le coperte si aggrappò al mio braccio. < Mammi… ho sonno. > La presi in braccio e cominciai a cullarla. Si addormentò velocemente. La sua pelle era sempre molto calda. Anche nel sonno venne colta da dei colpi di tosse che la facevano sussultare.
Cercavo di alleviare la sua pena con baci e carezze ma io stessa non mi sentivo bene.Sete, sete, sete.

 Avevo sete e stare così vicino ad un luogo abitato da così tanti umani non era facile. Il cervo non aveva placato del tutto il mio desiderio di sangue e stare vicino a loro rendeva tutto più difficile. Avrei voluto andare a caccia ma non osavo allontanarmi così tanto da Liz.

Quando ormai era di nuovo notte, mi recai nuovamente al villaggio.
Non sarei entrata nella casa della notte precedente, mi sarei spinta un po’ più a ovest se, sulla soglia della finestra dalla quale la notte prima ero entrata e poi fuggita, non ci fosse stato un sacchetto di plastica grande e gonfio. Quatta quatta mi avvicinai, lo afferrai e in un secondo fui nel fitto della foresta.
Lo aprii. Dentro, i vestiti di Liz, lavati, asciugati e stirati. Dentro a un contenitore di plastica, trovai due porzioni di insalata di riso. C’era anche un bigliettino. “non preoccuparti dei vestiti di Nicholas. Puoi tenerli. Buona fortuna a te e alla tua bambina.”
Mi commossi e sono certa che avrei pianto se quello strano corpo avesse potuto.
In quei giorni mi ero accorta che quel corpo era strano. Le prime ore avevo seguito solo l’istinto. E cioè ero fuggita.
Ma adesso, dopo aver bevuto il sangue (cosa che al solo pensiero mi disgustava) riuscivo anche a pensare. Cercavo di ricordare ma, oltre al dorore infinito del fuoco nel mio corpo e a quello che c’era stato dopo, non ricordavo niente. sì, delle sensazioni, delle emozioni… nulla di più.
L’unica cosa di cui ero sicura era che volevo bene alla bambina. E agli altri due piccoli che avevo lasciato nelle mani di coloro che mi avevano fatto del male.
Mi si rivoltò lo stomaco al pensiero. Dovevo andare a prenderli. Dovevo salvarli.
Pensai alle parole della donna.

Forse avevo ragione. Ero davvero una mamma disperata insieme alla sua bambina piccola.

Sebbene non ricordassi assolutamente nulla.

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