Fotografia di Elisir86 (/viewuser.php?uid=688)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Carrozze ***
Capitolo 2: *** L'ira di Piton ***
Capitolo 3: *** Gufi invisibili ***
Capitolo 4: *** Borsa di studio ***
Capitolo 5: *** Le lacrime di Luna ***
Capitolo 6: *** Benvenuti a Hogwarts! ***
Capitolo 7: *** La lettera di Percy ***
Capitolo 8: *** Monaci ***
Capitolo 9: *** Partenza! ***
Capitolo 10: *** Lettera ***
Capitolo 11: *** Zucca bucata ***
Capitolo 12: *** Fudia ***
Capitolo 13: *** Una fredda giornata d’inverno ***
Capitolo 14: *** Casa Weasley ***
Capitolo 15: *** Viaggio nel nord ***
Capitolo 16: *** Le stelle non sono inutili ***
Capitolo 17: *** Pensieri ***
Capitolo 18: *** Un piccolo regalo ***
Capitolo 19: *** Severus ***
Capitolo 20: *** La Stella ***
Capitolo 21: *** Perché uccidere Ginevra Weasley ***
Capitolo 22: *** La soffice neve...rossa ***
Capitolo 23: *** Diventare mangiamorte ***
Capitolo 24: *** Lacrime ***
Capitolo 25: *** La vendetta di Kadey ***
Capitolo 26: *** Enigmi… ***
Capitolo 27: *** Il prescelto dei Monaci ***
Capitolo 28: *** Dolorosi Saluti ***
Capitolo 29: *** Addio ***
Capitolo 1 *** Carrozze ***
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Fotografia
Carrozze
Lei
stava lì. Accanto a quel deficiente di un Grifondoro, e rideva. Si portava una
mano sulle rosee labbra e con l’altra si spostava una ciocca vermiglia dalla
fronte. Il mantello nero si gonfiava ad un improvviso soffio d’aria fredda, il
cappuccio cascò sulle spalle. Ma lei rideva sempre…Allegra come mai l’aveva
vista.
E
lui stava lì. A guardarla come un ebete. Sperando che quel dolore al petto si
calmasse…sperando che lei non fosse causa della sua confusione. Le sue dita
strinsero la mano fredda di ragazza.
Pansy
Parkinson osservò stupita il suo fidanzato, le stringeva la mano con rabbia,
quasi volesse usare lei come involucro per quell’ira. Si strinse di più nel
mantello.
“Draco…”
sospirò attirando su di se lo sguardo del giovane Malfoy. “Andiamo?” lui
annuì.
Socchiuse
gli occhi iniziando a trascinare i piedi sul terreno fangoso. Superò il gruppo
di Grifondoro tra cui Ginevra Weasley. Che soave non staccava gli occhi blu da
quelli marroni di Dean. Che lui Draco Malfoy doveva uccidere.
“Uccidi Ginevra Weasley!”
Spietata la voce di sua madre lo colpì al cervello,
bloccandolo sul posto, facendolo rabbrividire, trattenere il respiro e
ondeggiare lievemente.
Violenta
come una sberla quella frase gli rimbombava nella mente.
“Uccidi Ginevra Weasley!”
“Uccidi Ginevra Weasley!”
“Uccidi Ginevra Weasley!”
“Uccidi Ginevra Weasley!”
“Uccidi Ginevra Weasley!”
Pansy
l’osservò preoccupata, quasi temesse di vederlo cadere. E non capiva cosa
avesse. Non capiva perché sbatteva così freneticamente le palpebre cercando di
cancellare o annullare qualcosa.
Si
strinse con il corpo sul forte braccio.
“Draco…”
sussurrò quasi temesse che qualcuno potesse sentirla. “Non qui…” continuò
guardando il gruppo di Grifondoro fermo ad osservare incuriosito la scena.
Socchiuse
gli occhi alla seconda e gelida folata di vento.
“Si.”
fu la semplice risposta del Serpeverde.
E
con passo veloce ma strisciante si allontanarono. Le mani strette in cerca di
calore, i volti fissi davanti a loro. Freddi e orgogliosi i loro occhi
scrutavano le poche carrozze vuote.
Ginevra
gli osservò allontanarsi, preoccupata che qualcosa stesse per succedere. E
quello sguardo freddo, assassino. Aveva paura.
Si
strinse nel mantello mentre le grandi e forti braccia di Dean Thomas si
stringevano in torno a lei, cercando di donarle conforto. Sorrise alzando il
voto verso il suo ragazzo.
“Andiamo,
anche noi?” Hermione aveva già puntato una carrozza. Luna puntò i suoi
azzurri occhi sulla testa ricciuta della ragazza, “Domani il cielo sarà
verde…” mormorò quasi più a se stessa che alla nuova amica.
Ginny rise, “Si verde speranza!” annuì salendo sulla
bianca carrozza, Lovegood alzò le spalle e con occhi spenti iniziò a leggere
al rovescio il libro che Granger le aveva imprestato sul treno. La castana
scosse sconsolata la testa.
E
in quel momento salì anche Harry insieme a Ronald e Neville.
Il
primo muto, perso nei suoi tormenti e Ron cercava di tirarlo su di morale…di
farlo sorridere, inutilmente. Neville invece teneva la testa china e con sguardo
intristito cercava di non parlare, di non esprimere ciò che, probabilmente gli
avrebbe ricordato i suoi genitori.
Si
sedettero.
E
solo quando con un sospiro di sollievo -come se in quel posto si sentisse al
sicuro- Paciock aprì una piccola scatolina che stringeva tra le mani
dall’inizio di quella giornata. Una piccola perla faceva la sua figura tra un
fazzoletto di seta rossa. Una perla meravigliosa, che sembrava illuminare quelle
sera nuvolosa. Ginny la guardò rapita.
“Cos’è?”
Ronald si avvicinò per esaminarla, “Il regalo di mia madre.” un sorriso
raggiante si dipinse sul volto di Neville, mentre Hermione insicura avvicinò un
dito per sfiorarla, “Posso?” chiese e lui annuì. Ginevra sospirò “È
bellissima…” Harry lanciò uno sguardo alla piccola perla per poi tornare a
guardare fuori dal finestrino. “Nonna non lo sa…Me l’ha data il giorno del
mio compleanno…” sussurrò mentre lo sguardo diventava teneramente dolce.
Poi
senza preavviso la chiuse.
Le
due ragazze sbatterono ripetutamente gli occhi, Luna si girò in quel momento
per contemplare la scatolina di legno chiusa.
“Ve
l’ho fatta vedere, perché la trovo molto bella, nonostante sia molto piccola.
E poi sapevo che a voi due sarebbe piaciuta molto!” e con delicatezza la mise
nella borsa a tracolla.
Dean
sorrise, e stringendo la sua fidanzata in un tenero abbraccio le depositò un
bacio sulla fronte, “Un giorno te ne regalerò una così.” Sussurrò e il
sorriso di Ginny s’allargò.
Si
era decisamente felice.
Intanto
in un’altra carrozza, Draco Malfoy stava tranquillamente osservando il
paesaggio lugubre che lo circondava. La notte era avanzata. Pansy era seduta
accanto a lui con il capo appoggiato delicatamente sulla sua spalla, gli occhi
fissi su un Thestral, ma nonostante questo la dolcezza che le si leggeva non
spariva. Si sentiva tranquilla accanto al suo fidanzato.
Draco
le circondò le minute spalle con un braccio, spostando lo sguardo sul punto in
cui guardava la ragazza. Lì, dove per lui non c’era niente vi erano dei
strani animali a forma di cavalli scheletrici…o roba del genere, non si
ricordava nemmeno il nome. Ma si domandava cosa avrebbe provato a vederne uno.
Pansy cosa provava?
La
Serpeverde si lasciò andare chiudendo gli occhi, respirando il profumo dolce di
Malfoy e sorrise, “Grazie.”
Tiger
Vincent lanciò uno sguardo ai due fidanzati, sembravano più amici che altro,
ma forse era così un rapporta di coppia. Alzò le spalle e continuò a leggere
il brano di un nuovo gruppo musicale, mentre il russare Goyle
Gergory scandiva i secondi.
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Capitolo 2 *** L'ira di Piton ***
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L’ira di Piton
Il
calore dei primi raggi del mattino riscaldava il viso pallido della ragazza. Con
lenti e inutili mugolii la giovane si girò verso il freddo muro della torre. I
capelli castani le cascarono scomposti sugli occhi ancora chiusi. Con mano
incerta si tirò le coperte fin sopra le coperte.
Un’altra
ragazza mugolò nel letto vicino al suo.
“Mmm…Hermione…”
la voce impastata dal sonno di una terza costrinse la castana a sollevare
lentamente le palpebre. Il buoi e il caldo della coperta la fecero sospirare di
sollievo.
“Calì…”
sussurrò la stessa voce mentre il rumore di coperte seguito poi da leggeri
passi echeggiò nella stanza. Patil mugolò contrariata da quell’intrusione.
Granger
sbucò con il resto della testa dalle coltri, guardò Lavanda Brown rovistare
nel baule e prendere qualche oggetto per la toilette. Sbuffò ricadendo sul
cuscino, lanciò un occhiata a Calì ora anche lei sveglia con gli occhi fissi
sul soffitto. “Le vacanze durano troppo poco” esclamò sbadigliando e quella
mattina Hermione le dava decisamente ragione.
“Abbiamo
pozioni alle prime ore, e se non volete prendervi una punizione alzatevi!”
Lavanda uscì dal piccolo bagno. Patil scese dal letto con malavoglia per
occupare il bagno.
Dopo
qualche minuto Harmione segui l’esempio.
Ronald
scese di corsa dalle scale per arrivare ai sotterranei, dietro di lui Harry lo
seguiva con fatica. “Dai, non vorrai arrivare tardi, quello ci fa a pezzi!”
esclamò il rosso aumentando l’andatura.
Come
avevano potuto dimenticarsi di Piton? Ron ancora non si poteva capacitare della
loro sbadataggine, per colpa di quel libro inutilizzato che il professore aveva
preteso per ogni anno, loro erano in ritardo!
Hermione
a colazione gli aveva guardati delusa, e con un “Ci vediamo dopo” si
era avviata verso la classe. Primo giorno di scuola e già una punizione! Sua
madre l’avrebbe strozzato! Arrivò davanti all’enorme portone dell’aula.
Guardò
nervoso l’orologio che suo padre gli aveva regalato, uno babbano. Sospirò
sollevato,mancava ancora un minuto. Sospinse la pesante porta ed entrarono.
Piton non c’era ancora.
Granger
indicò i due posti liberi davanti a lei con un cipiglio severo.
Il
vociare delle due classi continuava frenetico e allegro, mentre i due ragazzi
preparavano gli strumenti, Harry alzò lo sguardo sulla cattedra, non sapeva se
aveva voglia di vedere Piton.
“Lui
dov’è?” sussurrò il rosso, gli occhi azzurri fissi su una boccetta vuota,
Hermione sospirò, “Non lo so… è in ritardo di dieci minuti” Ronald alzò
lo sguardo sconvolto, e desolato lanciò un piccolo sguardo sull’ orologio, si
era fermato di nuovo. Sbuffò.
Granger
sbadigliò leggermente, non aveva voglia di fare lezione.
Neville
era nel posto accanto a lei, quell’anno sarebbero stati compagni di pozioni.
La guardava semplicemente assonnato, chissà che baldoria la sera precedente,
conoscendoli…
“Herm,
stavo pensando…” iniziò l’amico osservando il soffitto, “Che forse il
professore è ammalato, nemmeno ieri sera era presente al banchetto.” Hermione
sospirò, sperava sinceramente che Piton fosse nel letto febbricitante.
D’improvviso
la porta si aprì con forza, sbattendo con violenza contro il muro. Il mormorio
si smorzò facendo calare un tremendo silenzio.
Piton
Severus avanzava lento con gli occhi neri pieni d’ira fissi davanti a se. Il
scuro mantello colpiva i banchi con schiaffi di stoffa. Non degnò nessuno di
uno sguardo nemmeno Draco Malfoy. Raggiunse la cattedra e prima di sedersi
appoggiò le scheletriche mani su di essa. Alzò gli occhi per la prima volta
sui visi ammutoliti degli studenti.
Ad
Harry il cuore s’arrestò. Ronald trattenne il respiro come tutti gli altri e
Draco abbassò lo sguardo.
In
quelle scure iridi vi era solo una fredda e calcolata rabbia, come quando vedeva
Sirius…anzi peggio. Sembrava una famelica pantera pronta ad attaccare.
Riportò
lo sguardo sulla scrivania e lentamente si sedette. Il mantello coprì metà
corpo. I capelli unticci gli ricadevano sul viso impedendo ai ragazzi di vederlo
in faccia.
Le
mani si strinsero con forza tra di loro. Respirò a fondo. “Per domani voglio
una relazione di sei pergamene su Drosork. Non alzare quella mano!” esclamò
facendo bloccare il braccio di Hermione nell’azione di alzarsi. Lei deglutì
ed abbassò l’arto. “Ho detto sei pergamene, non di meno e non di più!”
s’azzittì. Gli occhi ancora bassi.
“Oggi
dovrete creare la pozione per le illusioni. Avete esattamente due ore. Troverete
gli ingredienti e come prepararla alla pagine 3025 del vostro libro di testo,
cercate non fare rumore. Appena avete finito portatemene una boccetta e poi
andatevene.”
Draco
iniziò a sfogliare le pagine, non aveva visto Piton così arrabbiato. E
quell’estate non era nemmeno andato a trovarlo…neanche una volta. Era ovvio
che era furioso con suo padre. Lucius Malfoy era un mangiamorte e si era fatto
scoprire, Piton non glielo avrebbe perdonato per quello. E lui? Avrebbe
perdonato lui? Lui che stava per diventare un mangiamorte?
“Malfoy!”
tuonò l’oscuro professore, il biondo alzò lo sguardo inghiottendo
rumorosamente “Non perderti in futili pensieri e inizia a lavorare se non vuoi
una punizione!”
No,
non l’avrebbe perdonato…
Harry
sobbalzò, per un attimo aveva confuso Malfoy in Potter. Respirò
a fondo, non poteva odiarlo solo perché aveva spiato i suoi pensieri più
intimi…vero?
Allargò
gli occhi verdi spaventato, di sicuro non poteva ucciderlo per quello, non lì
almeno, non a scuola…ma odiarlo…Si poteva odiarlo fino alla morte.
“Potter!”
tuonò di nuovo Piton, “Tu e Malfoy vi siete messi d’accordo per farmi
esasperare?!?” la classe si fermò ad osservare l’alta figura del
professore. In piedi, dietro la cattedra, non ci stava l’insegnante
scorbutico, ma un incubo nero e agghiacciante, con due occhi iniettati di puro
odio.
“Se
non iniziate subito la pozione vi darò una punizione che vi ricorderete per
tutta la vita!” la sua voce era diventata un sibilo velenoso…tagliente come
la peggiore delle sciabole.
E
senza aspettare oltre gli studenti continuarono la loro ricetta.
Grazie a Sabry e Viola del pensiero per i commenti, davvero così tanti
complimenti non me li sarei aspettati ^^
Speravo che vi piacesse almeno quel capitolo!
Questo è un po’ strano, almeno così ha detto la mia sorellina.
Spero che sia di vostro gradimento ^__^
Un altro personaggio che adoro
è Piton (dopo Ronald ^^)…ma non so se ho reso l’idea di quanto fosse
arrabbiato ^^
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Capitolo 3 *** Gufi invisibili ***
Nuova pagina 1
Gufi Invisibili
Ginevra si accomodò nel
banco accanto a Luna. Era felice di poter condividere le lezioni di Difesa
Contro le Arti Oscure con l’amica di Pecoranera.
La bionda si girò solo un per qualche secondo, giusto per salutarla con un
timido sorriso.
La seconda ora era appena
iniziata e nonostante questo la professoressa non si era fatta vedere. Ginny
sospirò. La sera precedente l’insegnante aveva fatto una piccola comparsa
giusto per presentarsi.
“Buongiorno ragazzi!”
una giovane donna si sporse dalla piccola ringhiera delle scale che portavano
alla sua stanza. Un sorriso raggiante era dipinto sul suo volto, la frangetta
copriva le bende che come la sera precedente fasciavano gli occhi e la fronte.
La treccia disordinata le ricadeva sul petto, Colin Canon la fotografò.
“Io sono Kadey, la
vostra nuova insegnante di Difesa!” scese con agilità i gradini, nonostante
non vedesse, “Se credete di non aver talento in questa materia è meglio che
cambiate idea. Affrontare un nuovo argomento scoraggiati è la cosa peggiore che
possa accadere!” si fermò davanti alla cattedra posando un piccola gabbia di
ferro.
“Quanti di voi hanno un
gufo?” molti alzarono la mano, per poi ripensarci e riposarla sui banchi.
“Bene. Quasi tutta la classe!” e sorrise.
“E tu nell’ultimo
banco vicino la finestra, non hai gufi?” Ginny trattenne il respiro, parlava a
lei, deglutì, tutti lo sapevano il perché non aveva gufi o animali…lo
sapevano per via del suo cognome. “Sono Ginevra Weasley” e sottolineò
l’ultima parola. L’insegnate annuì.
“Non ti perdi niente,
ragazza mia! Alla tua età ne avevo uno, ma poi loro invecchiano e perdono la
testa, o beh, dire testa a un uccello…” lasciò la frase a metà per sedersi
sulla cattedra.
Sembrava una arrogante
ragazza più che una professoressa.
“Bene, vedete tutti ciò
che io non vedo?” chiese indicando la piccola gabbia vuota. Luna s’alzò
eccitata, “Ci sono i gufi!” Ginny alzò gli occhi al cielo mentre tutta la
classe rideva.
Kadey sorrise, “Tu devi
essere Luna Lovegood, il professore di pozioni ha sottolineato la tua
esuberanza. Sono contenta che ci sia una alunna come te!” Prese la borsa e
iniziò a rovistarne all’interno, “Vedere oltre ciò che ti dicono gli occhi
non è una cosa semplice, ma è affascinante.” Ripose la borsa e nella mano
sinistra teneva una bomboletta spray.
“Comunque, Luna ha
ragione. Ci sono dei semplici e tipici gufi Irlandesi.” Ginevra si sporse in
avanti, “La loro grandezza varia tra i tre e cinque centimetri, e non possono
essere visti nemmeno da occhi magici e roba del genere. Se vi state chiedendo
cosa mi serve questa bomboletta, è molto semplice, per colorare i gufi.”
Spruzzò sulla gabbia colorando essa e i piccoli esseri all’interno di rosa.
“Ora li vedete tutti?”
domandò, Colin annuì fotografandoli.
Ginny sorrise teneramente,
erano così piccole e dolci quelle creature spaventate, “Nonostante il loro
aspetto sono creature abbastanza pericolose. Sarebbero dovuto essere il vostro
programma dell’anno scorso, ma sapendo chi vi siete trovati come insegnate ho
deciso di fare un piccolo riassunto!”
Luna si sedette raggiante,
“Ora dovete sapere che io e l’insegnate di Cura
delle Creature Magiche, abbiamo deciso di cooperare per una maggior istruzione
per voi. Perciò pregherei tutti di non indugiare durante le lezioni di Hagrit
per ulteriori spiegazioni sulle mie, e viceversa.”
Aprì
velocemente la gabbietta lasciando liberi i gufi.
Una
ragazza di pecoranera si coprì spaventata il capo, Colin inizò a fotografarli.
“Bene.
Ora voglio che usiate la vostra bacchetta per bloccarli, la frase che dovete
pronunciare è OEWIU!” Puntò la sua bacchetta su uno particolarmente
fastidioso e colpendolo con un fascio verdognolo. Il gufo s’addormentò.
Con calma i ragazzi
iniziarono a lanciare fasci a quelle piccole creature, colpendoli uno dopo
l’altro. L’ora passò.
E quando Ginny portò
l’ultimo gufo nella gabbia, vide che il colore stava sparendo. Kadey rise.
“Ci mettono almeno un ora e dieci minuti ad assorbire il colore. Dei veri
guastafeste non trovi?” e chiuse la gabbietta.
“A cosa servono?”
azzardò un ragazzo. L’insegnate sorrise, “Sono felice che me lo chiedi!”
si posò l’indice destro sulle labbra come se pensasse, “Fin dall’antichità
questi gufi sono stati allevati da nobili famiglie per salvare il loro casato in
tempo di guerra. Quando l’inglesi scoprirono questo piccolo e invisibile
nemico ne portarono alcuni nella propria patria cercando inutilmente di
allevarli. Nessuno a mai scoperto come gli Irlandesi ci siano riusciti. Comunque
sia ora sono assai rari da trovare ed è un bene visto i tempi che corrono.”
Si girò verso la finestra
sorridendo al contatto con il sole caldo.
“Cosa le è successo
agli occhi?” Ginevra trattenne il respiro. Si morse il labbro inferiore. Non
era sicura di volerlo sapere.
Kadey spalancò la
finestra e respirò a fondo.
Grazie a
tutte di avermi scritto!
Mi avete
fatto arrossire!! ^///^
I nomi ho
deciso di metterli in quel modo perché mi piace, ad esempio c'è una pagina nel
quinto libro dove ci sono almeno venti volte Ron e Harry, mi ha dato un fastidio
...^^'
Vorrei
precisare che Piton è dalla parte dei buoni, ma ovviamente Draco non lo sa...
Va bene
grande così???
GRAZIE
ANCORA!!!
Scrivetemi
ancora!
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Capitolo 4 *** Borsa di studio ***
Nuova pagina 1
Borsa
di studio
Pansy guardò divertita il
volo di un piccione. La strada di studio che aveva scelto era ben diversa da
quella del suo adorato Draco, e quel giorno non aveva avuto la possibilità di
vederlo. E molto probabilmente nemmeno il giorno dopo e così via.
Ma era felice.
Nelle mani stringeva un
busta di pergamena dove Hagrid le aveva generosamente nascosto un piccolo testo
riguardante la vita dei giganti.
Entrò nella scuola. Aveva
un’ora buca e ne voleva approfittare per studiarsi il materiale appena
regalatole.
Aprì gli occhi neri
giusto per vedere dove dirigersi. Si fermò. E sospirò preoccupata un
“Draco…”
Il ragazzo alzò lo
sguardo sulla sua fidanzata.
Stava davanti a lui,
rigidamente ferma.
“Pansy…” mormorò
spostandosi di qualche centimetro, invitando la ragazza a sedersi sul gradino
accanto a lui.
Lei si sedette.
I loro occhi puntati sulla
porta, “Qualcosa non va?” Draco chiuse gli occhi, c’era qualcosa nella
voce di Parkinson che gli donava tranquillità e sicurezza. L’adorava per
questo.
“È per Piton, vero?”
anche questa sua capacità di capirlo gli piaceva, non poteva trovarsi meglio
con nessun’altra.
Lui annuì.
Rimasero in silenzio per
molto tempo.
“È arrabbiato con tuo
padre?” lui alzò le spalle. Che ne sapeva, Severus non gli parlava.
Silenzio.
“Come va ad essere
l’unica studentessa che ha scelto la strada per diventare una storica?”
Pansy rise, e Draco capì. Era da tempo che non la vedeva ridere.
La sua Pansy era tornata a
sorridere.
***
Hermione guardò
accigliata la professoressa di Erbologia. Ron aveva smesso di scavare nel vaso.
Harry aveva spalancato gli occhi.
Era la quarta ora, avevano
appena sospirato di sollievo per esser usciti dall’aula di pozioni, ed si
ritrovavano ad ascoltare la voce moderata della professoressa Sprite.
E l’ultima frase in un cabinato discorso aveva fermato l’attività dei
giovani.
Neville
posò noncurante la paletta infangata, il viso sporco di sabbia e uno strano
luccichio gli illuminava gli occhi marroni. “Una borsa di studio?” domandò
trattenendo a stento l’eccitazione.
L’insegnante
annuì con forza. “Esattamente Paciock! Una vera e propria borsa di studio,
per la scuola di stregoneria basata esclusivamente su questa materia.” Fece
una pausa, come se dovesse pensare alle parole seguenti, “Perché non porvi a
fare il test?” allungò al giovane una grossa busta di carta contenente alcune
pergamene. “È un’opportunità meravigliosa per te ragazzo, sei il migliore
del corso e non sei stato tu l’anno scorso a decidere di voler diventare uno
studioso su quest’argomento?”
Neville
arrossì. Annuì e prese la busta.
Hermione
si accigliò ancor di più. Non voleva assolutamente diventare qualcosa di
simile ad una studiosa delle piante e tanto mento un’insegnate di Erbologia.
Ma se Neville poteva riuscire ad avere una borsa di studio per un’importante
facoltà, allora anche lei ci sarebbe riuscita.
Alzò
l’affusolata mano destra, “Vorrei anch’io il test, professoressa!”
Sprite la guardò con una curiosità spenta. Si portò una mano sulla grossa
guancia, “Non credo che sia il caso signorina Granger. Lei non ha quella
passione che Pciock ha per questa materia…” La ragazza le si avvicinò,
“Nel corso sono alla pari con Neville e…” L’insegnante alzò gli occhi
sulla serra, poi annuì. Le diede con poca convinzione la busta.
Hermione ritornò al
posto.
Ronald si sfregò una mano
tra i capelli rossi, sporcandoli di fango. Harry scosse sconsolato la testa.
“Herm…” iniziò, ma la ragazza era già tornata a lavorare sul proprio
vaso.
La professoressa spalancò
gli occhi, “Allora è meglio che vi comunichi che solo uno di voi potrà
andarci.”
Ron guardò sconsolato
l’amica, sul suo viso leggeva già determinazione.
Potter sbuffò.
Poi ricominciarono a
lavorare.
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Capitolo 5 *** Le lacrime di Luna ***
Nuova pagina 1
Le
lacrime di Luna
Ginevra osservò felice la
colazione che si era appena materializzata nel suo piatto. Iniziò a mangiare.
Era il terzo giorno di scuola e quel giorno avrebbe avuto per la prima volta
pozioni. Chissà se era ancora furioso come le aveva raccontato Dean.
Alzò lo sguardo confusa
sul fidanzato ormai in piedi, “Io vado Ginny, ho Cura delle Creature Magiche.
Ci vediamo a pranzo?” E le diede un piccolo bacio sulle labbra.
Ronald quasi si soffocò
col succo.
“Va bene, ma non
tardare!” e finse il muso. Dean rise e s’avviò verso la hall.
Ron la guardò storto,
“Non dovresti baciare così liberamente i tipi…” mormorò. Hermione rise
portandosi la busta contenete il test finito, alla bocca. “Ma cosa stai
dicendo?” Harry si mise una mano sulla fronte scotendo la testa e cercando di
non ridere. “Lo sai, lo sai…” e con aria saccente il fratello s’alzò
dalla panca e stringendo con un braccio i libri e se ne andò. Potter lo seguì.
“È un po’ presto, ma è meglio che ci avviamo, abbiamo Erbologia e non vedo
l’ora che la professoressa guardi il mio test per confrontarlo con quello di
Neville. Purtroppo lui ha potuto consegnarlo ieri, visto che ha solo tre o
quattro materie…Beato lui. Comunque anche se vincessi, lascerei a lui la borsa
di studio, io non certo intenzione di focalizzarmi solo su una materia. Ci
vediamo dopo!” e anche Hermione s’alzò.
Ginevra sospirò.
Finalmente c’era un po’ di silenzio.
Neville entrò in quel
momento. La divisa ancora in disordine. Sorrise alla rossa e si sedette proprio
dove prima stava il suo Dean.
Si salutarono e poi lui
iniziò a mangiare.
“Se prendessi la borsa
di studio quando partirai?” Paciock alzò gli occhi per qualche secondo dal
suo piatto, “Ah, ecco sarebbe venerdì sera…” Ginevra spalancò gli occhi.
“Così presto?” lui annuì.
Fra due giorni Neville
sarebbe partito per l’Italia. Non ci poteva credere! Allungò il collo per
osservare il tavolo dei Pecoranera…per cercare Luna.
“Sai Neville è
davvero molto dolce! Ieri, ad esempio, mi ha portato davanti a un piccolo lago
per poter guardare le stelle e magari con un pizzico di fortuna avrei potuto
fotografare quel strano uomo.”
Glielo aveva scritto
quell’estate, quando era andata nei pressi dei territori dei Paciock con suo
padre, alla ricerca di un uomo metà insetto.
Si era persa per lui.
Ginny ne era sicura.
Ma nell’ormai vuoto
tavolo non c’era la sua più cara amica.
Arrivò in classe con il
fiatone. La professoressa stava in piedi, come sempre bendata, ma a Ginevra
sembrava che i suoi occhi si fossero puntati su di lei.
“Bene Weasley. Credo che
tu abbia una più che valida ragione per essere in ritardo. Intanto vada al
posto e mi dica se anche Lovegood entrerà da un momento all’altro.”
Ginny si sedette.
Luna non c’era. Eppure
lei sperava che ci fosse.
“Non lo so…”
rispose.
Kadey si girò verso la
lavagna. “Prendi appunti ragazza. Stiamo parlando di Danfeys una tortura usata
esclusivamente dai mangiamorte.” La ragazza iniziò a scrivere.
“Non c’è modo per
difendersi da questa maledizione, l’unica cosa che potete fare è sperare.
Sperare di morire subito. Perché ve la insegno? Perché ora Voldemort è
tornato e nessuno avrà pietà di voi. Maghi o no! Questa è la realtà ragazzi.
È inutile trasalire, guardarmi con i vostri occhini da cuccioli e aver
paura.”
Ginevra si strinse nel
mantello, improvvisamente aveva freddo.
“Ora. I mangiamorte non
sanno -non ancora, almeno- che noi stiamo studiando una specie di medicina, in
collaborazione con la Fate.”
Si girò verso la figura
minuta di Colin “Le fate sono ben più potenti dei maghi, ma possono essere
uccise come tutti gli esseri viventi. Ricordatevi questo, se vi capita
d’incontrarne una. Come potete distinguerle? Per via dei loro occhi, sono
completamente colorati. Le Fate dei laghi gli hanno color zaffiro, quelle delle
praterie d’oro e via dicendo.”
Si fermò per aprire una
finestra.
“Comunque sia la nostra
lezione è su Danfeys e non di certo su quelle strane creature. Allora, Danfeys
brucia la pelle, molto lentamente.” Pronunciò le ultime parole con calma,
quasi a voler provocare un brivido di terrore agli studenti.
“Com’è possibile?”
azzardò Ginny. L’insegnante incrociò le mani dietro la schiena.
“Possibile? Weasley, mi dispiace deludere le sue prospettive ma siamo in
guerra, e coloro che l’hanno iniziata non hanno pietà.” Sembrava nutrire un
vero e proprio odio verso i mangiamorte, qualcosa che andava ben oltre alla
voglia di vedetta per i cari morti. Improvvisamente Kadey si sfiorò le bende
per poi posare la mano sul davanzale.
Ginevra spalancò gli
occhi. Le avevano fatto qualcosa..! E la professoressa era così coraggiosa da
volerli sfidare di nuovo?!
“Le Fate e i maghi più
potenti stanno cercando di creare una pelle riparabile…E finché
non sarà pronta sarà impossibile potersi salvare da Dafneys. Spero bene che
voi vogliate aspettare l’arrivo di questa nuova pelle prima di farvi
catturare.”
Colin deglutì.
“Oh! Non preoccuparti
Canon, quelli mezzosangue e babbani non saranno mai torturati.”
Un ragazzo alto e ben
messo, s’alzò. I capelli lunghi e neri ondeggiarono. “Perciò è inutile
che mezzi noi sappiano dell’esistenza di…”
La mano di Kadey colpì
con forza il duro marmo, “Non è inutile!” la voce si era lievemente alzata,
e non sembrava neanche arrabbiata, ma ciò fece zittire i mormorii della classe.
Si spostò delicatamente
un ciuffo ribelle.
“Il mondo ragazzi.”
sussurrò sporgendosi dalla finestra, “Il mondo è così bello. Vi sembra così
inutile combattere solo per questo? Per tutti gli animali che non si possono
difendere, i babbani che non conoscono la magia e non sanno come creare scudi
per salvarsi; per il cielo così bello, e la terra così fertile…è forse
inutile?” sorrise teneramente.
Si voltò verso la classe,
muta, che assorbiva piano le sue parole, e che in quel momento non capivano.
“Io, non sono sicura che sia un bene per voi conoscere la malvagità di alcuni
maghi. Non ne sono certa. Ma se è l’unico modo per potervi mettere in
guardia…per salvarvi…allora vi insegnerò il Male Puro. E voi
non dovreste averne paura. Perché una volta conosciuto, il male non è poi così
spaventoso!”
Ginny chiuse gli occhi.
La sala le sembrava
improvvisamente così piccola e aveva paura di soffocare.
Aveva passato una mattina
intera a prendere appunti su Dafneys. Non aveva mai pensato a cose così
terrificanti…non era mai andata oltre all’Avada
Kedavra. E ora quel anatema non le sembrava una brutta soluzione.
Dean
le stampò un bacio sulla fronte. “Cos’hai tesoro? Mi sembri stanca.” La
ragazza alzò lo sguardo, “Mi dispiace. Sto rovinando l’unico momento della
giornata che posso passare con te.” Posò le labbra su quelle di lui. Hermione
tossì.
“Il
fatto è che la professoressa di Difesa, ci ha fatto una lezione allucinante!
Guarda, non vedo l’ora che arrivi pozioni…almeno lì non ho da prendere
appunti e posso pensarti.”
Ronald
tossì rumorosamente. Ginny rise.
Harry
alzò lo sguardo sulla pallida ragazza che stava entrando nella sala in quel
momento. Poi tornò a torturare il pranzo.
Una
mano si appoggiò sulla spalla della rossa, lei trasalì. Si voltò con gli
occhi blu spalancati. Respirò di sollievo nel vedere che era solo Lovegood.
“Luna! Mi hai spaventata!” rise.
“Ginevra
ho lasciato in camera tua i miei orecchini?” domandò la bionda. Gli occhi
azzurri di solito spenti erano carichi di tristezza e contorceva le mani come in
preda al panico. Non aveva mai visto la sua amica così.
“Quando
te ne sei andata lì aveva ancora…” mormorò Ginny guardandola preoccupata,
“Me lì hanno presi?” domandò ancora più spaventata di prima. Harry
s’alzò per controllare non li avesse addosso, e in effetti non lì aveva.
“Lo
fanno sempre, Luna, ti prendono sempre delle cose…” la voce le morì in
gola. Luna si era messa a piangere, disperata come non mai. Come una bambina
piangeva così forte che tutti si girarono e la confusione era finita.
I professori posarono le
posate.
“Luna…” Ginevra si
era alzata e aveva stretto accanto a se la sua amica. “Non fare così.
Ritroveremo i tuoi orecchini.” Cercò appoggio da Hermione che annuì
sonoramente, “Si saranno in camera tua da qualche parte…”
McGranitt
Minerva s’avvicinò, “Cosa stai combinando Lovegood. Non credi di essere un
po’ cresciuta per piangere in questo modo?” La ragazza si strofinò con la
scheletriche mani gli occhi.
“Erano
gli orecchini di mamma!” urlò ancora in preda alle lacrime e i singhiozzi.
“Erano di mamma!” Harry spalancò gli occhi. Ginny la strinse ancor di più.
Ora
anche Piton s’alzò dall’immenso tavolo. I suoi occhi neri scrutavano tutti
gli studenti. L’ira aleggiava ancora in quelle iridi scure. Con passo sicuro
s’avvicinò a Luna. Le accarezzò teneramente il capo, spettinandole i
capelli.
“Vi
do poco più di venti minuti per riportarglieli! Dopodiché se non saranno
ritornati a Lovegood, tutti gli studenti saranno puniti severamente.”
Silente annuì. McGranitt
scrutò malevola il tavolo dei Pecoranera come a volerli polverizzare sul posto.
“Vieni con me piccola. Andiamo a prenderci una buona tazza di the…” Luna
tirò su col naso e si lasciò trascinare fuori dalla sala.
Grazissime
a tutte!
Non
è poi un granché questa fanfic…
Pallina
sono felice che ti piaccia “Fotografia” come titolo. È stato assai
difficile sceglierlo…poi visto che tutto è iniziato grazie a una fanart…ci
stava anche per quello,no?
Viola
del pensiero e Sabry vi ringrazio tantissimo, insomma mi avete seguito almeno
fin qui! Grazie! ^____^
Morgan_Snape
mi hai fatto arrossire ^///^ non è che sono un genio…sono un po’ stramba ^^'
Noesis
sono contenta che ti piace la mia Luna…anche a me piace…
Grazie
anche a te Senda…il motivo dei nomi l’ho messo in due capitoli fa…non mi
piace che si continui ripetere i nomi propri, da un senso che i personaggi non
hanno altro che quelli…ma è solo una mia impressione!
Comunque
in questo momento è una Draco/Pansy e una Ginny/Dean!
Poi
si vedrà…visto che ho in mente anche un seguito…
I
capitoli non gli faccio lunghi appunti per dare sensazioni di piccoli scatti di
fotografia…e poi se faccio i capitoli troppo lunghi mi perdo... ^^'''
Spero
che sia di gradimento per tutti questo capitolo!
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Capitolo 6 *** Benvenuti a Hogwarts! ***
Nuova pagina 1
Benvenuti
a Hogwarts!
Hermione non ci poteva
credere. Stava ferma a guardare la bacheca con gli occhi carichi di delusione.
Ron le stava accanto e cercava di tirarla su di morale.
“Non è poi la fine del
mondo Herm…E poi avevi così tanti compiti, non è mica semplice stare dietro
a così tante cose, come fai tu…”
Ma Hermione non si
spostava e non parlava.
Dean, si grattò
imbarazzato il capo. “Beh, non è che è andata male…” mormorò guardando
incerto i punti di differenza.
“Dodici punti…”
mormorò con le lacrime agli occhi, “Dodici punti di differenza da Neville! Ma
io ho risposto a tutte le domande in modo corretto e…” Ronald le asciugò
gli occhi. “Dai non preoccuparti. Sono cose capitano, Herm…e ciò non ti
deve scoraggiare! Pensa se fosse stato l’incontrario, Paciock non è forte
come te!” La ragazza tirò su col naso. Rise percettibilmente, “Mamma sarà
delusa…” l’amico sbuffò spostando così un ciuffo rosso, “Sai quante
volte deludo io mamma, ma perdona sempre.”
Hermione
Rise.
Pansy Parkinson superò il
gruppo di Grifondoro con passo lento. Nelle mani stringeva vari libri. Il capo
chino, gli occhi socchiusi. Perché quel giorno da tutte le parti c’erano solo
persone isteriche?
S’avviò non curante
verso l’aula di Trasfigurazione.
“Come hai potuto?” la
voce alterata di un ragazzo fece bloccare la serpeverde. Due studenti di
Pecoranera stavano discutendo davanti alla porta della classe, dove lei doveva
andare a studiare.
“Non l’ho fatto
apposta…” mormorò la giovane dai lunghi capelli neri, “Mi domando se ti
senti quando parli, Cho!” la voce del giovane s’era alzata notevolmente
facendo rabbrividire la sua compagna di casa.
“Non sapevo quello che
le era successo…” cercò di scusarsi la straniera, “Se invece di essere
così strana ci avesse…” Corner alzò gli occhi spazientito, “Cosa credi,
che sia facile parlare della morte della propria madre con delle persone come
voi?” prese con forza il polso della giovane, “Sei al settimo anno, Cho, ma
sei peggio di una bambina! Ora glieli restituisci!” “No!” Chang alzò
gli occhi pieni di lacrime sul giovane ragazzo.
Michael aveva lasciato
l’amica, la guardava disgustato, “Sai…Con Cedric
non eri così…” e se ne andò voltandole le spalle. “Non so perché ho
lasciato Ginevra per te…” fu l’ultima frase che la ragazza sentì prima
che la porta affianco a lei si aprisse.
La
professoressa McGranitt la sovrastava con la sua altezza e sul volto
tirato si leggeva solo severità, “Credo che potrai scusarmi Cho Chang, ma
parlavate così forte che non ho potuto non sentirvi. Luna ti sta aspettando.”
E la ragazza seguì la direttrice di Grifondoro.
Pansy si strinse con forza
i libri al petto, “Mamma…” sussurrò lasciandosi scivolare a terra. Una
lacrima scivolò lungo la pallida guancia.
***
“Ehi! Luna!” Ginevra
aveva iniziato a urlare il nome dell’amica da quando era uscita dall’aula di
Pozioni. La sua dorata amica, era passata di lì per ringraziare il professore.
“Luna!” la bionda si
girò all’ennesimo richiamo della Grifondoro. “Allora come stai?” la rossa
era ancora a qualche metro di distanza, ma con la sua andatura veloce si ritrovò
ben presto affianco a Lovegood.
“Bene.” Rise “Mi
dispiace di averti fatto preoccupare.” Ginny le sorrise spensierata, “Vedo
che te li hanno riportati…” “Già, era la prima volta che lo faceva…Ho
visto che Neville ha vinto la borsa di studio. Hermione no.”
“Ah! Si, quasi mi
dimenticavo! Paciock partirà venerdì…di sera in teoria.” Luna si fermò
interdetta. Si girò verso l’amica. Gli occhi erano ancora rossi dal pianto,
ma non c’era più inquietudine ed anzi erano diventati…più dolci? “Così
presto?” domandò, “Non abbiamo neanche il tempo per organizzargli una bella
festa?” Ginevra rise, “Certo che ci sarà, e sarà la festa più bella a cui
ha mai partecipato!” gli occhi azzurri si socchiusero come a voler
sottolineare qualcosa di malizioso, ma Luna non lo capì.
Si fermò si colpo. Ginny
la guardò confusa.
“Ciao ragazze! Ti senti
meglio Luna?” la voce di Neville era leggermente insicura, la bionda annuì
vigorosamente, “Ne sono felice! E tu Ginevra, ti è successo qualcosa di
bello?” la rossa rise.
“A quanto pare…Beh,
vado a vedere la classifica…Non ho avuto tempo prima, spero solo che non sia
uno di Serpeverde ad avermi superato…Hermione era così triste!” Loveggod
sorrise divertita. “Si, beh…ci…” urtò un giovane Tassorosso, “…Ci
vediamo eh? Ciao!” e nel giro di pochi secondi era scomparso.
“Guarda Ginny, piove.”
***
“No! No! NO!”
Hagrid guardava indispettito le strane figure nere camminare sul prato verde di
Hogwarts. Lasciavano pesanti solchi sul terreno e a lui di certo non piaceva
dover rimediare sotto la pioggia quel tremendo guaio.
Le figure si fermarono al
suo ultimo e rabbioso no, e contemporaneamente si girarono verso di lui. Rubeus deglutì. Silente rise divertito.
Finalmente erano arrivati.
Gli studenti stavano già dormendo da diverse ore e pochi professori erano
riusciti a trovarsi lì, sotto la torrenziale pioggia per poter dare a loro un
benvenuto.
Hagrid era giunto solo
quando da lontano aveva visto il cancello aprirsi.
“Benvenuti a Hogwarts!”
esclamò il vecchio preside avvicinandosi all’uomo in testa al gruppo. “È
da tanto Albus che non ci vediamo.” Mormorò l’incappucciato stringendo la
mano del vecchio amico.
“Mi dispiace, avete
scelto una notte di pioggia per arrivare, mio caro Unaedus!”
l’uomo rise. “Piove sempre quando arriviamo noi…qualunque posto sia.”
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Capitolo 7 *** La lettera di Percy ***
Nuova pagina 1
La
lettera di Percy
Molly Weasley guardava
arrabbiata i due gemelli. Avevano appena ricevuto la posta per via gufo e loro
già si davano alla pazza gioia nel cercare lettere rivolte a loro. Stavano
buttando tutto all’aria.
L’euforia dei due aveva
preso anche i figli maggiori che prendevano ridendo le varie lettere lanciate in
aria da Frederick e George.
Arthur bevette un sorso di
caffè prima di ricevere sulla fronte una delle tante svolazzanti buste.
“Charlie! Bill! Almeno voi fate un po’ di silenzio!” borbottò l’uomo,
ottenendo così ciò che la moglie non era riuscita.
Lesse velocemente
l’indirizzo del Mittente. La fronte si corrugò ed con rabbia lanciò la
lettera sulla mensola. Molly la guardò. Era di Percy.
Il silenzio ora era un
opprimente disagio, e la donna decise di andare in cucina.
Arthur la raggiunse. Le
posò una mano sulla spalla “Mi dispiace. Se vuoi puoi leggerla.” E detto
quello prese la polvere volante.
La porta cigolò per
qualche secondo ma alla donna sembro un’eternità. Le ricordava quel giorno in
cui suo figlio se ne era andato.
Un anno.
Era passato un
stramaledetto anno da quando suo fratello era scomparso da quella casa! Aveva
offeso papà, aveva offeso mamma, ed ora scriveva!
Bill, rigirò la busta tra
le mani. La fronte corrugate, gli occhi chiusi in due furenti fessure. Charlie
gli stava accanto. Sedeva scomposto su una sedia di legno e guardava con attenta
curiosità la lettera.
Fred e George stavano
impazientiti vicino alla porta della cucina, “Mamma…” chiamavano da almeno
cinque minuti ma la donna faceva sentire la sua presenza solo con piccoli e
pesanti sbuffi. Era stanca loro madre. Lo sapevano. Forse anche Percy.
Bill l’aprì con rabbia,
“La stiamo leggendo! Anzi Charlie la leggera per tutti!” urlò passando il
foglio di pergamena al fratello maggiore.
Quest’ultimo tossì
schiarendosi la voce. E iniziò a leggere velocemente le prime righe per avere
un idea del contenuto. Poi sbiancò. Gli occhi azzurro chiaro si spalancarono.
“Che ti prende?” Frederick lo aveva raggiunto preoccupato, facendo così
uscire la madre dalla cucina.
“Charlie, tesoro…stai
forse male?”
Il maggiore alzò la testa
di scatto. Nelle sue iridi solo inquietudine. “Mamma Percy…” deglutì,
mentre Bill gli strappava la lettera dalle mani. Lesse. Alzò gli occhi su Molly,
poi gli riportò sulle righe del fratello.
La scrittura era
disordinata, come se avesse avuto fretta. Molte lettere erano tremolanti come se
la sua mano fosse stata in preda al panico.
Non
so, se ho il diritto di chiedervi perdono. Se posso ancora considerarmi vostro
figlio. Ma vi prego…
***
Percy stava chino sulla
scrivania nel suo appartamento. La frangetta si era notevolmente allungata e gli
ricadeva sugli occhiali.
Scriveva con mano tremante
e calcando fin troppo. Era una lettera per i suoi genitori, i suoi fratelli.
Socchiuse gli occhi
respirando a fatica.
Lettera era un modo di
dire.
Forse era meglio chiamarla
“due parole” giusto per far conoscere ciò che gli succedeva.
Respirò. Tossì.
Continuò a scrivere
ripetendo sottovoce e stringendo i denti per il dolore, ciò che voleva
scrivere.
“…vi prego di
ascoltarmi. Non ho tempo. Non molto almeno…”
Respirò a fondo come se
gli mancasse l’aria.
Chiamò il suo gufo.
“Mamma…Non posso
tornare. Ho bisogno di un rifugio…ho bisogno di un medico…Ho bisogno di
tante cose. Ma vorrei che teneste con voi il mio gufo…datelo a Ginevra, so
che se lo merita, perciò che ha fatto l’anno scorso.”
Prese tossendo, la busta
già compilata.
“Perdonatemi
ancora…Spero di rivedervi prima della fine.”
Finì di scrivere.
Legò la lettera sulla
zampa di Hermes.
Lo guardò volare fuori
dalla finestra su Londra, finché non scomparve.
Tossì ancora più forte.
Qualcuno bussò con forza.
“Percy Weasley sappiamo
che sei qui dentro…” la voce metallica di un magiamorte lo raggiunse come
una pugnalata.
Il ragazzo arrancò sulla
scrivania. Prese la bacchetta. Con la mano sinistra cercò il libro di Pozione
di quand’era a scuola.
Un colpo alla porta e la
senti cadere.
Il rosso respirò
profondamente. Poi con un filo di voce si smaterializzò.
Un uomo entrò in quel
momento nella camera.
Urlò dalla rabbia.
“Chi di vuoi idioti ha
detto che non ci si poteva materializzarsi qui dentro?” e con passò furioso
uscì dalla stanza.
“Percy Weasley deve
morire!”
***
Charlie aveva ritrovato la
voce. “Mamma Percy sta male.”
La donna trattene il
respiro, “Come male?” Bill la guardò ancora una volta, “Dice che ha
bisogno di un medico…”Hermes gli si appollaiò sullo schienale della sua
sedia.
“Mamma…” sussurrò
il maggiore “Non credo che lo rivedremo…”
Molly sussultò, le
lacrime agli occhi.
“…Sta scappando.”
Vi
voglio bene.
Percy
Grazie ragazze!
Perché scrivo
Pecoranera invece di Corvonero? Semplicemente perché inizialmente questa casa
fu tradotta con Pecoranera...è stata una piccola decisione che mi ha tolto una
mezzora di tempo ^^'
Spero che vi vadano a
genio i due nuovi capitoli!
Aspetto i vostri
commenti!
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Capitolo 8 *** Monaci ***
Nuova pagina 1
Monaci
Ormai stanca Luna
raggiunse le scale che portavano alla sua torre. Cho le aveva chiesto nuovamente
scusa con le lacrime agli occhi e si era perfino proposta di regalarle qualcosa
di suo. Aveva rifiutato. Papà glielo diceva sempre di non prendere cose di
altri. E lei lo aveva sempre ascoltato.
Abbassò gli occhi. Era
notte fonda, forse non dovevano fare quella riunione con il professore Vitious,
era durata troppo.
Sbadigliò. Non capiva
perché era dovuta andare proprio lei per rappresentare Pecoranera, infondo
nessuno la considerava.
Sbadigliò per
l’ennesima volta.
“Unicorno volante…”
mormorò all’uomo appisolato del quadro. Lui aprì un occhio e borbottando la
lasciò passare.
Luna si trascinò verso la
sua stanza. Entrò silenziosamente.
Una compagna di stanza si
girò dalla parte opposta, facendo cadere un libro.
Lovegood si sdraiò
incurante della divisa sul letto. Papà glielo diceva sempre, “Non importa
come, ma assicurati di dormire!” e lei ora si assicurava di fare almeno
sette ore di sonno.
Chiuse gli occhi e nel
giro di qualche secondo si addormentò.
Oceaniel
Bondey aprì gli occhi imprecando contro la sveglia rumorosa di Luna. Si alzò
di scatto furiosa. Anche Lise, la vicina di letto si era seduta sbuffando.
“Dirina…” mormorò portandosi una mano tra i riccioli neri, l’amica uscì
da sotto le coperte completamente addormentata. “Fate smettere questo
casino!” Bondey si tappò nervosamente le orecchie.
Dirina spalancò gli
occhi.
Il silenzio era tornato.
Oceaniel ringraziò
buttandosi di nuovo sul cuscino.
Lise rise e andò a
scuotere la stravagante compagna di casa. “Luna. Ehi!” il capo della ragazza
si girò verso di lei, pallido come mai l’aveva visto, “Luna. Su come puoi
non svegliarti con un tale cosino…” ma non finì la frase che gli occhi
azzurri della ragazza si spalancarono.
Lovegood sobbalzò e come
se avesse qualcosa da fare, oltre andare a lezione di Pozioni, si vestì in
tutta fretta.
Corse come mai aveva fatto
in vita sua. Perché mai la torre dei Grifondoro era così lontana quella
mattina, non lo poté mai sapere ma appena entrata nella sala comune riprese
fiato.
“Sono in ritardo,
vero?” chiese a un Finnigan assonnato. “No…Come vedi, Ginny ha appena
iniziato le decorazioni e Hermione…” si fermò a guardare criticamente
l’amica, “Beh, Hermione sta compromettendo gli elfi domestici…Almeno
credo…”
Luna affiancò la sua
carissima amica e inizio a darle delle piccole indicazioni su come mettere gli
striscioni.
La festa per Neville era
quella sera. E loro avevano il compito di organizzarla e di tenere il ragazzo
lontano da quella torre fino le sei.
Ginevra sorrise
all’amica “Così è più dritto?” la bionda annuì.
***
Pansy guardava il succo di
zucca nel suo bicchiere con occhi spenti. Draco le stringeva la mano sinistra,
ma in quel momento non le importava.
“Mi manca…” sussurrò.
Lui annuì.
Vincent alzò lo sguardo
giusto per vedere un pallido sorriso dipingersi sul volto della ragazza e la
mano di Malfoy stringere con amore quella di lei. Poi la musica che sentiva
attraverso cuffie magiche ricominciò a rimbombare nelle sue orecchie.
E come se quella danza di
morte e disperazione che il gruppo musicale cantava, fosse stata creata per
l’ingresso di uomini incappucciati, essi entrarono.
Vestiti di nero, con i
cappucci alzati che nascondevano il volto e solo il pallido mente
s’intravedeva. Strane corde dorate legavano la loro vita rimborsando la
tonaca.
Camminavano lentamente e
in fila. Silenziosi.
Vincent spalancò gli
occhi. Quasi gli mancava il respiro.
“Che ti prende?” Draco
lo guardò annoiato e solo quando la sua guardia del corpo spalancò la bocca
preoccupato, si girò.
Uomini e donne
incappucciati entravano senza degnare di uno sguardo. Poi sedevano su un tavolo
aggiunto quella mattina. Tutti facevano tutto contemporaneamente. In silenzio.
Pansy si strinse di più a
lui, c’era qualcosa in loro che la turbava.
Infine tutti gli sguardi
degli studenti erano rivolti a loro.
***
Piton scese infuriato le
scale che conducevano nei sotterranei.
Era tornati.
Quei maledettissimi monaci
erano tornati nella sua vita. E infondo lo sapeva, era questione di giorni. Con
rabbia spalancò la porta della propria stanza.
I capelli uniti gli
cascarono per l’ennesima volta sugli occhi. Ringhiò prendendo tra le mani il
piccolo ciondolo. Lo strinse con forza. Quante volte aveva desiderato
distruggerlo…quante volte ci aveva rinunciato…
“Non sei cambiato.”
Smise di respirare.
Conosceva quella voce.
Non si girò. Non voleva.
Grazie Viola del Pensiero e Sabry...
^///^
Spero non vi deluda il fatto che
ora sto andando così piano con i giorni...^^'
Mi dispiace di farvi dannare con
tutto questo mistero!
Aspetto con ansia un vostro
commento!
|
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Capitolo 9 *** Partenza! ***
Nuova pagina 1
Partenza!
Neville guardò esasperato
il ragazzo che gli stava di fronte. Gli occhi marroni che si ostinavano a
fissare il volto lentigginoso di Ronal Weasley, e il piede che pestava
spazientito una piastrella traballante.
“Lasciami passare!”
esclamò sospirando, il rosso scosse la testa. “Ma perché? Voglio portarti al
campo da Quidditch! Ad esercitarti almeno a tirare la palla!”
Paciock si portò nervoso
una mano tra i capelli, “Non m’interessa saper tirare una palla. Voglio
semplicemente andare nella mia stanza e preparare le valige!” Ron sospirò con
aria saccente, “Vuoi farci fare la figura di …” poi come una scossa lo
avesse attraversato spalancò gli occhi, “Aspetta. Cosa vuol dire preparare le
valige? Non parti domani?”
Neville sospirò ormai
stufo di quella conversazione. “La professoressa Sprite ha dovuto preparare
per oggi la mia partenza. Ora mi lasc…” Il rosso tranne il respiro.
“Aspetta un attimo, eh?” Ma ormai l’amico l’aveva superato ed era
entrato nella sala comune.
Decorazioni di ogni genere
riempivano muri e scafali, dolci squisiti erano posti sui piccoli tavoli di
marmo. Neville spalancò gli occhi.
Uno striscione con
contenente il suo nome gli augurava buon viaggio.
“Non dovevi
entrare…Ora lo sai, c’era una festa per te…” Ron lo guardò deluso.
“Oh…” fu l’unica risposta dell’amico.
“NO! Neville cosa fai
qui?” Hermione era scesa dal suo dormitorio. I capelli arruffati come sempre
le ricadevano scomposti sulle esili spalle. Ronald la guardò sentendosi
colpevole di qualcosa.
Paciock la salutò e corse
in camera propria.
Il rosso sospirò, “Se
ne sta andando…” l’amica gli lanciò un occhiata di fuoco “Certo che se
ne va, gli stavamo preparando una festa apposta!” si portò le mani ai fianchi
come faceva sempre per far notare il suo disappunto. “Non hai capito. Se ne va
ora.”
Le palpebre di lei si
chiusero ripetutamente. “Sono solo le due…” lui annuì. “Parte…Herm, e
noi non possiamo neanche salutarlo come si deve!”
***
Pansy guardava tristemente
fuori dalla finestra. Dei Grifondoro stavano salutando Neville Paciock ormai
accomodato in una carrozza scura.
Come lei aveva fatto con
sua madre.
“Pansy…Stai attenta
alla Grifone femmina…Stai attenta ai suoi occhi.”
E così sua madre se ne
era andata.
Dopo la morte di suo
padre.
L’aveva lasciata sola…
Socchiuse gli occhi.
Respirò profondamente. Due delicate mani le circondarono la vita. Pansy alzò
il capo. Il viso diafano di Draco era dipinto da un tenero sorriso.
“Piangi?” domandò lui
asciugando con l’indice una lacrima, lei scosse il viso.
“Sono solo un po’
stanca.”
Le labbra di lui le
sfiorarono la fronte in un piccolo bacio. “Non dovresti pensare troppo a
quello che è successo. Tua madre infondo ha bisogno di protezione, prevede cose
che vanno oltre il tempo.”
Lei annuì riportando lo
sguardo fuori dalla finestra.
Draco si sedette di fianco
in modo da guardarla negli occhi.
“Ti voglio bene.”
***
“Non hai lasciato
niente?” Hermione lo guardò dubbiosa, “No, non credo.”
Ronald lo strapazzò tra
le sue esili braccia, “Cerca di non fare brutta figura a Quidditch!” Harry
si sistemò gli occhiali “E non dimenticarti di noi!”
Finnigan e Dean sorrisero.
“Questo è un regalo da
parte di tutti noi!” iniziò il primo, “Già, ma non aprirlo prima di essere
arrivato nella tua nuova camera!” finì il secondo alzando con difficoltà un
enorme pacco.
Neville spalancò gli
occhi.
“Ma non dovevate…”
arrossì di vergogna “Io per voi non ho nulla.” Ginevra rise. “Sei tu che
parti mica noi!”
“Bene direi che possiamo
partire!” il conducente del carro scrutò i ragazzi e con un sibilo fece
partire la vettura.
“Aspetta! Luna…”
Paciock si sporse fuori dal finestrino, “Salutamela!”
Lovegood giunse in quel
momento in groppa a una scopa.
Ron non poté far meno che
rimanere a bocca aperta. “Caspita quella si che ha talento…” Cho Chang
giunse ansimante in quel momento. “Attenta all’albero! Luna non
accelerare così!” Dietro alla Pecoranera vi era il resto della squadra di
Quidditch. Il capitano guardava impressionato la strana ragazza bionda.
“Caspitatombola! Non ho
mai visto nessuno volare così velocemente e non farsi male!” Cho si copri gli
occhi quando Lovegood scese in picchiata.
Poi sia la carrozza che
Luna scomparvero.
“Luna!” Neville la
guardava sconvolto. “Ti farai male. Guarda in avanti!” la ragazza
spostò per qualche secondo l’attenzione davanti a se.
“Te ne volevi andare
senza salutarmi?” i capelli biondi che vibravano dietro di lei. “Certo che
ti volevo salutare, ma tu non c’eri. E vuoi guardare dove stai volando?!”
Preoccupato Neville si sporse fuori dal finestrino per guardare dove finiva la
sua amica.
“Beh ora ci sono, mi
pare.” Alzò il sopraciglio depilato. Il ragazzo rise. “Si ora ci sei,
Luna.”
Poi la ragazza frenò.
Non poteva andare oltre il
cancello di ferro che delimitava Hogwarts. Respirò a fondo.
“BUON VIAGGIO NEVILLE!”
urlò alzando un braccio e scotendolo.
Il giovane scosse
divertito la testa. “Ti scriverò!” fu la risposta, molto meno
casinista della bionda.
Luna sorrise.
Grazie ragazze!
Mi fate arrossire
tantissimo ^///^
Spero che qualcosa vi
chiarisca questo capitolo...Almeno riguardo a Pansy.
Mi piacerebbe tanto che
qualcuno disegnasse qualche scena di questa fanfic...io adoro le Fanart, ma non
sono in grado di disegnare -__- Non sarebbe bello vedere tutti questi scatti di
fotografia??? (Forse no...)
Beh, lasciate perdere il
mio piccolo sklero!
Al prossimo capitolo!!!
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Capitolo 10 *** Lettera ***
Nuova pagina 1
Lettera
Ronald,
io, Charlie e papà abbiamo
deciso che sei abbastanza maturo per capire e sapere ciò che è accaduto a
nostro fratello Percy.
L’altro
giorno ci è giunta una lettera alquanto all’armante e molto vacua sulle sue
condizioni fisiche. Ha solo accennato a un urgente bisogno di cure mediche. Ma
il fatto che più ci ha fatto spaventare è che sta scappando. Non sappiamo da
chi, ma abbiamo idea che siano dei mangiamorte. Molto probabilmente ha scoperto
qualcosa che non doveva. Ma lo sai anche tu, con quel cervello non può restare
impassibile alla curiosità.
Papà
è andato al ministero a parlare con Caramell. Hanno confabulato di un viaggio
nel nord Inghilterra che Percy ha fatto qualche mese fa. Deve aver trovato delle
strane documentazioni. Caramell ha parlato di una certa J.Kate e di Tu-Sai-Chi.
Nostro fratello non ha voluto dirgli altro…Voleva fare più ricerche ed
evitare che il ministro della magia rischiasse inutilmente la vita.
Della
sua malattia ci ha parlato la sua fidanzata, Penelope Light. Dice che a causa di
un tumore Percy l’ha lasciata. I referti medici non possiamo leggerli...Ma
Charlie ci sta lavorando insieme a Papà.
Nonostante
la sua precaria salute ci sta evitando. Un giorno, quando lo riterrà opportuno,
verrà a casa a curarsi e a rivelarci le sue scoperte…Non temere.
Intanto
ci ha inviato Hermes e ha pregato di regalarlo a Ginevra. Dille che è un regalo
da parte dei genitori e che Percy ce lo ha rimandato indietro con qualche
insulto.
Papà
dice che dobbiamo essere il più naturali possibile. Di non far sapere che
temiamo per nostro fratello. Perciò non dire niente alla nostra piccola
sorellina e dalle un abbraccio da parte mia…e di Charlie.
Frederik
è partito per un viaggio al nord, spera così di trovare qualche indizio che
possa portare a Percy. Con mamma e papà ha usato la scusa del negozio, lo
devono ampliare…in tutti i sensi. Ci è arrivata ieri una missiva, ammetteva
che nel paese dove si trovava non c’era nulla.
Anche
io e Charlie abbiamo cercato qualcosa, ma ovviamente non siamo riusciti a
trovare niente.
Forse
non cerchiamo nel modo giusto. Percy aveva tutto quel potenziale,forse aveva un
senso di logica migliore del nostro.
Ti
invieremo altre notizie appena possibile.
Intanto
applicati nello studio e non solo nel Quidditch.
Con
affetto
Bill
P.S.:
Se
Parcy si mete in contatto con te (mamma dice che è impossibile) avvertici!
Ronald
lesse per la terza volta la lettera di suo fratello maggiore. Deglutì
rumorosamente. Hermione lo guardò preoccupata. Harry cercò di leggere il
contenuto della pergamena, ma il suo migliore amico la nascose nella borsa.
“Qualcosa
non va Ron?” domandò la sorella intenta a dar da magiare ad Hermes il gufo di
Percy. Le aveva già detto che era un regalo dei suoi genitori. Ma non capiva
perché continuasse a leggere quell’unico foglio di pergamena. “Oh,
no Ginny. Pensavo solo a
questo…” e indicò il nuovo gufo. Dean accarezzò il nuovo arrivato e
ricevette subito piccoli ringraziamenti. “Gufo venduto…” mormorò la rossa
ridacchiando.
Hermione
s’alzò. “Andiamo ragazzi. Abbiamo la McGranitt. Non possiamo di
certo arrivare in ritardo. E Ron, tuo fratello ha fatto un’altra cavolata cosa
vuoi che sia? Meglio per Ginny che ora ha un gufo tutto suo!” e se ne andò.
“Si
una cavolata…” mormorò portandosi una mano tra i capelli rossi. Harry lo
seguì.
Dean
sbuffò e dando un piccola bacio alla sua fidanzata seguì i suoi amici, “Ci
vediamo stasera, ok?” la rossa sorrise.
Ronald
lo guardò correre verso di loro e appoggiarsi con noia sulla spalla di Potter.
“Già mi manca…” bisbigliò lanciando occhiate cariche d’affetto alla
porta ormai chiusa della sala da pranzo.
Luna
si sedette di fronte all’amica. Gli occhi azzurri pieni di felicità e in mano
una pergamena.
“Neville
mi ha scritto.” E nonostante la voce fosse piatta Ginevra sapeva che era al
settimo cielo. Incurvo sospetta le sopraciglia, “Perché scrive a te e non a
me? Mi conosce da più tempo…” La bionda le porse la missiva.
Poche
semplici righe che la ringraziavano.
“Ehi
qui ringrazia solo te…e di noi dice solo ‘È un regalo strepitoso quello che mi hanno fatto. Diversi libri in
inglese e altre lingue su Erbologia. Per non parlare delle pergamene per
raccomandarmi di scrivere…Mah…’ Noi
siamo dei Mah?”
Luna
rise divertita. Ginny anche.
Dean
si fermò prima di entrare in aula, “Che ti prende?” Harry lo guardava
confuso. “Niente…mi sembrava di aver sentito qualcuno…”
Hermione
alzò le spalle inutilmente, “Sarà stato quello stupido Pix…” aprì
lentamente la porta della classe, “Non farti suggestionare…” Thomas annuì.
Ronald
lo raggiunse, “Ma cos’hai sentito?” l’amico scosse la testa, “Una urlo
di donna…” e si sedette.
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Capitolo 11 *** Zucca bucata ***
Nuova pagina 1
Zucca
bucata
Harry
guardò sconvolto la maschera fantasma che Luna gli aveva appena fatto vedere.
“Non vorrai mica vedermi con quello addosso?!” La ragazza alzò un
sopraciglio e portandosi le mani ai fianchi sospirò esausta. “Harry Potter
non si può abbassare a questi livelli? Su ti ho fatto vedere almeno dieci abiti
diversi, Ginny altrettanto e non ti è andato bene nulla…Mi dici perché sei
così complicato?” Il ragazzo abbassò lo sguardo. Da quando le avevano rubato
gli orecchini non era più Lunatica...no era allegra e solare. Era perfino
entrata nella squadra di Quidditch
di Pecoranera, anche se doveva ancora giocare una sola partita.
E ora cercava di
convincerlo a vestirti per Halloween.
Lei e Ginevra insieme
erano riuscite a scovare vecchi e per carità bellissimi abiti, ma lui non
trovava nulla di eclatante nel travestirsi.
Anche Dean era del suo
preavviso ma per amore si era convinto ad indossare un completo di Romeo, si
domandava se Ginny vedesse lo sforzo immane di Thomas per farla felice. Harry sospirò. Molto probabilmente si, lo capiva.
Luna sbuffò spazientita.
Ron era accanto al suo
amico e stava già provando il capello e la camicia di un costume. Harry annuì,
gli stava proprio bene la maschera scura e beffarda del pirata. I capelli rossi
poi, davano un senso di inquietudine.
Hermione aveva deciso di
non vestirsi e di presentarsi con un semplice e noioso abito. Lui invece era
stato coinvolto da tutti.
Finnigan stava decidendo
sull’abito da Dissennatore o Merlino…L’ultimo gli si addiceva meglio.
Harry scosse la testa.
“Ok…” e prese a casa
una specie di casacca, “Mi vesto da…?” e rimase interdetto, cos’era
quella strano cosa? “Frate…Vuoi vestirti così?” Luna sembrava delusa.
“Si, ma sia ben chiaro
solo un’ora! Poi torno nei dormitori!” la bionda sbuffò per l’ennesima
volta.
Ronald si guardò allo
specchio.
Gli mancavano i pantaloni
neri e qualche strano oggetto, ma l’idea non era male. Sorrise compiaciuto.
Sembrava poi nato per indossare quel abiti, della sua misura.
“Quanto sei noioso Harry.
Oggi c’è una bellissima festa e tu non vuoi divertirti…Senza offesa Harry,
ma non ti puoi dare una punizione da solo per quello che è capitato l’anno
scorso!” Gli occhi azzurri socchiusi in fessure provocatorie.
Il moro sospirò.
Luna annuì vigorosamente.
Dean e Finnigan
trattennero il fiato.
“E va bene…starò di
più e…” Luna esultò. Strappò letteralmente dalle mani dell’amico la
maschera da frate come ad invitarlo a trovarne una migliore.
Sbuffò. E chiudendo gli
occhi pescò un altro indumento.
Ron annuì vigorosamente.
Harry aprì gli occhi.
Teneva in mano un mantello scuro foderato di rosso. Era il complicato abito di
un vampiro del 1600.
“Ehi
Luna…” Seamus guardò
stupito la ragazza che gli porgeva una perfetta barba bianca. Aveva occhio la
ragazza.
“Bene
ragazzi...” con velocità fece scomparire tutti gli abiti e accessori non
necessari. “...Vi lascio prepararvi, io vado dalle ragazze!” e con un
sorrise raggiante uscì dalla stanza.
Finnigan
alzò i pantaloni rinascimentali azzurri.
“Perché
Merlino?”
“Luna,
finalmente!” Lavanda esortò la ragazza ad entrare. “Convinci questa qui a
travestirsi!” Hermione la guardò accigliata. Lovegood rise divertita.
Ginevra
stava nervosamente creandosi una splendida acconciatura. In un modo o
nell’altra si sentiva in ansia per la serata. La prima che passava del tutto
con Dean…Respirò a fondo.
“Herm
sarai l’unica a non indossare una maschera…Perfino Harry si traveste.” La
rossa si guardò meglio allo specchio. Luna era riuscita a trovarle un
bellissimo abito verde acqua di Giulietta. Le stava anche bene ma era fin troppo
scollato, suo fratello avrebbe fatto una scenata…Sospirò sconsolata.
“Non
importa! Io verrò solo per mezz’oretta poi me ne ritorno qui a studiare!”
Le
ragazze sbuffarono.
La
festa ormai stava per iniziare e non c’era tempo da perdere nel convincere
quella testona a divertirsi con loro.
***
Pansy
guardò contrariata i monaci che rimanevano vicini al muro della sala. Sembrava
che odiassero la musica, le feste…sembravano restii a essere felici.
Draco
le cingeva la vita, conducendola nel ballo. Erano vestiti da qualcosa che poteva
assomigliare ai loro genitori.
Lui
le sorrise.
“Non
capisco perché stanno qui se non vogliono divertirsi!” La mano di Draco scese
leggermente sfiorandole il fondoschiena. “Non accigliarti così…è solo
questione di minuti, poi se ne andranno via per la noia!”
Lei
annuì.
Poi
gli occhi scuri si posarono sul gruppo di Grifondoro. “Guarda tesoro. Che poca
classe che hanno...ma devo ammettere che quel Weasley non è affatto male!”
Il
biondo si girò di scatto. L’odiato trio si stava sedendo con qualche amico ad
un tavolo. E come sempre erano insignificanti. Ma odiava che Pansy…La sua
Pansy giudicasse qualcuno “niente
male.” .
Lei
rise e costringendolo a guardarla negli occhi lo baciò.
“Ehi!
Poi sarei io quella immusonita?”
Ginevra
si morse un labbro. Dean le aveva appena regalato un piccolo e costosissimo
ciondolo e lei non sapeva se lo meritava.
“Tesoro,
qualcosa non va?” lei lo guardò sorridendo. “No va benissimo…è solo che non
mi fido di questi monaci!”
sussurrò l’ultima frase.
Una
donna incappucciata si girò verso di lei. Ginny deglutì rumorosamente
stringendosi di più a Dean. Con la luce dei tavoli riusciva perfettamente a
vedere il suo viso pallido e magro. I capelli rosso fuoco le scendevano sulle
spalle e si nascondevano sotto il saio.
Gli
occhi neri come la pece la scrutavano con intensità quasi a volerla passare con
i raggi x. La ragazza si portò le mani al petto, quasi volesse nascondersi il
seno.
Dean
arrossì nel seguire quel gesto.
Poi
la donna se ne andò.
“Che
c’è?” Ronald guardò irritato Hermione che non gli toglieva gli occhi di
dosso. Lei arrossì lievemente “Niente...Solo, beh…” lanciò uno sguardo a
una zucca bucata come a crearle un spaventoso volto. “Io me ne vado…Ho da
studiare per dopodomani…” e se ne andò.
Improvvisamente
si sentiva proprio come quella zucca.
Vuota
e terribilmente orrenda.
“Uff…Herm!
Non volevo offenderti!” lei annuì prima di chiudere la porta della sala da
pranzo.
Una
zucca bucata…Granger si
sentiva proprio così.
Grazie ragazze ^____^
Spero che anche questi capitoli
siano di vostro gradimento!
Per i disegni non importa...ci ho
provato! Comunque grazie!
Credo anch'io che sia l'unica
fanfic dove Ginny e Dean stanno insieme e dove lui non vuole solo sesso... ^^'
^///^ I complimenti come sempre
sono troppi!
Grazie comunque!
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Capitolo 12 *** Fudia ***
Nuova pagina 1
Fudia
La
bambina si era nascosta dietro una sedia di legno. Suo padre giaceva a pochi
passi da lei. Sua madre la stringeva cercando di fonderle fiducia.
Un
uomo scuro fissava la donna. “Lui ha scelto tua figlia per
rappresentarlo. Una forte e salda donna. Non temerà la morte e nemmeno la vita,
perché il Signore la guiderà. Lascia seguire a Fudia il suo destino. Il
destino che molti vorrebbero. Nessun uomo potrà raggiungere il suo cuore e
tanto meno il suo corpo. Non avrà nessun peccato.”
La
bambina si strinse di più alla madre.
“Non
ti sembra abbastanza Kate? Una vita consacrata a Dio. Non è il meglio che
speravi per tua figlia?”
La
donna lo guardò con rabbia.
“Voi…voi…”
si morse il labbro inferiore spingendo la figlia nella stanza adiacente.
L’uomo si avvicinò. “Stai commettendo un errore Kate. Tua figlia sarà la
donna che tutti conosceranno. Il mondo l’acclamerà. Dio ha scelto per lei la
via più gloriosa che nessun’altra potrebbe avere.”
Fudia
entrò nella grande stanza da letto dei suoi genitori.
Non
sentiva nulla di quello che accadeva nella sala da pranzo. Le parole del monaco
e di sua madre erano confuse e basse, quasi non volessero farle sentire il resto
del discorso.
Ma
cosa ne sapeva lei di Dio e gloria? Aveva solo otto anni e nemmeno lontanamente
sapeva i significati reali di quelle parole.
Si
strinse le gambe al petto. Chinò il capo facendo ricadere davanti agli occhi i
rossi capelli.
Un
rumore sordo, come di un corpo che cadeva. La porta si aprì cigolando
terribilmente. “Fudia…” la bambina alzò il volto. Davanti a lei stava
l’uomo che prima aveva ucciso il suo papà. “Andiamo Fudia. Il Signore non
può aspettare.”
dabc
La
donna spostò lo sguardo su una giovane ragazza. Forse era del quinto anno. I
lunghi capelli rossi erano creati in una splendida acconciatura. Si stringeva al
suo fidanzato.
Qualcosa
che lei non aveva mai conosciuto. O forse si…Un giorno aveva provato qualcosa
simile all’amore.
La
vide portarsi le mani al seno. Forse era meglio andarsene da quella festa.
Con
passo deciso si allontanò.
Piton,
l’insegnante di Pozioni non era presente nella sala.
Sapeva
già dove trovarlo.
“Severus…”
la dolce voce della donna echeggiò nella piccola stanza. L’uomo si fermò,
lasciando cadere un libro sulla scrivania. Non si girò.
“Fudia”
la sua voce era secca, quasi volesse evitare di pronunciare quel nome. I capelli
unti gli ricadevano nervosi sulle spalle. “Non puoi odiarmi in eterno per uno
stupido errore...” mormorò la donna facendo cadere sulle spalle il nero
cappuccio. I capelli lunghi e rossi le scendevano soavi e morbidi lungo la
schiena. Piton riprese tra le mani il libro caduto e continuò a leggere.
“Perché
siete qui?” in realtà l’uomo voleva sapere per quanto avrebbe dovuto
sopportare la sua presenza. Lei lo capì. Si avvicinò di qualche passo. “Lo
sai il perché. Dobbiamo uccidere Voldemort...Non ci siamo riusciti una volta ma
ora è diverso, abbiamo trovato altre armi...Alcuni studenti devono
scoprirle...” Severus lasciò andare il libro, strinse le mani sulla scura
scrivania.
“Come
hai fatto con Peter Minus?” la voce era diventata un sibilo, le mani si
strinsero con maggior forza, e gli occhi si puntarono sullo specchio che aveva
di fronte. Fudia annuì. “Chi riceve odio concede solo odio.”
“Vallo
a raccontare a qualcun altro!” sopirò, si portò due dita sulla fronte
come a calmarlo, “Che ne so, a Remus Lupin. Sono sicuro che lui accetterà con
un sorriso questa tua…come possiamo definirla? Scusa?”
La
rossa non si mosse, il viso impassibile e pallido osservava l’uomo scuro e
furibondo che gli stava a qualche metro di distanza.
“Ognuno
può decidere come usare le proprie armi...” si fermò. Piton si era girato
verso di lei. Non aveva mai visto così tanta rabbia.
“Tu,
megera dei miei stivali! Falsa religiosa! Donna senza pietà! Non sei nemmeno
lontanamente degna di vivere!” non urlava. La sua voce diventava sempre più
un sussurro velenoso.
“Ricordati
che ti ho salvato la vita. Avevo visto in te la voglia di voler cambiare!” si
rimise il cappuccio. Nascose ancora una volta il viso. “Non avresti dovuto
farlo! Avresti dovuto salvare lei! E ora vattene da camera mia!” Ma
ormai Fudia era già uscita da quella fredda e umida stanza.
Ancora una volta grazie per avermi
scritto ^__^
Questo capitolo è corto ma
necessario... Spero che vi piaccia!
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Capitolo 13 *** Una fredda giornata d’inverno ***
Nuova pagina 1
Una
fredda giornata d’inverno
Molly si sedette stanca su
una sedia di legno.
Il lavandino gocciolava
lentamente. L’orologio ticchettava nervosamente. Le lancette erano
sparpagliate un po’ in giro. Quella di Percy stava ferma su Altro.
Arthur l’aveva rimessa appena saputo delle strana e inquietante situazione.
La donna guardò fuori
dalla finestra.
Aveva iniziato a nevicare
da qualche minuto e lei aveva fatto i salti mortali pur di non far bagnare i
panni stesi fuori. Bill le aveva gentilmente dato una mano.
Suo figlio maggiore la
raggiunse. Non le chiese niente e preparò del the alla cannella. Hermione
l’aveva regalato a Molly quell’estate.
Il ragazzo sospirò.
Non avevano ricevuto
nessuna notizia di Percy e ormai mancavano pochi giorni a natale.
La lancetta di Charlie si
spostò su casa.
Lo sentirono entrare con
pochissimo tatto. Era sempre il solito, incurante di tutto e di tutti. Bill
aggrottò la fronte quando il giovane entrò con un plicco di fogli.
“Ho trovato alcune
informazioni su una certa J. Kate.” e si lasciò cadere su una scomoda sedia.
“Viveva nel nord con il marito J. John e la figlia, di lei non c’è scritto
assolutamente nulla. I coniugi sono deceduti circa trent’anni fa...”
Guardò incerto la madre
che si passava nervosa una mano tra i capelli “Dicono che avesse il marchio
oscuro sul braccio, ma dopo il matrimonio con John ha abbandonato Voldemort...Percy
è stato visto gironzolare nei dintorni della loro casa. Addirittura un ragazzo
l’ha aiutato a scendere nella vecchia cantina sotterranea. Ci ho parlato.”
Prese tra le mani la calda
tazza di the che suo fratello gli porgeva. Sorrise e sorseggiò.
Molly bevette un piccolo
sorso. “Cosa ti ha detto?”
“Nulla mamma. È
impazzito. Parla una lingua che io non conosco, che nessuno conosce. Sua madre
dice che ha sentito solo un essere parlare in quel modo...I Monaci. I prescelti
di Dio per salvare il mondo. Il giovane mi ha scritto tutto ciò che sapeva
–in quella lingua- su questi fogli. Ho bisogno solo di trovare uno di questi “Monaci”
per tradurre.”
Bill sospirò, “E non
hai scoperto altro?” Charlie sorseggiò ancora il the prima di rispondere. Gli
occhi azzurro chiaro che fissavano la credenza. “Sua madre mi ha parlato dei
ragazzi prescelti per intraprendere questa strada religiosa...Non molto
interessante in realtà, ma che sembra condurci ad una conclusione. Percy è
entrato in un luogo sacro dove nessun essere umano comune può metterci
piede.” Molly sussultò.
“Solo i Monaci
possono entrarvi. È lì che custodiscono qualcosa...La donna ha detto oggetti
potenti. Ma ovviamente non ha potuto descrivermeli. Lei non si avventurerebbe
mai in quei luoghi, non vuole l’ira del Signore. Ah! Percy...scommetto che lo
sapeva...”
Il fratello maggiore si
gratto il mento aspettando la continuazione.
“Sono andato a vedere la
cantina. Il ragazzo mi ha portato. È bruciata. Sua madre ha parlato di uomini
dalla fredda maschera bianca. Credo dei mangiamorte. Si vede che cercavano
qualcosa anche loro, ma Percy lì ha fregati...”
Finì il the. Sua madre
sospirò preoccupata. Bill si sedette finalmente su una sedia.
“Perciò siamo ancora al
punto di partenza...” prese alcuni fogli. La scrittura infantile non gli
faceva supporre altro che il ragazzo fosse in realtà un bambino.
“Percy non lo sapeva che
il ragazzo rischiasse. Sua madre lo ha descritto come il salvatore del
figlio...” Il maggiore annuì concentrato sulle arcane parole.
“Ora concentriamoci e
cerchiamo qualche libro che riporti qualcosa su questi monaci” mormorò.
***
George sopirò
impazientito.
“Sono stanco Fred!
Questa neve non fa uscire la gente da casa!” era seduto su una panca fuori dal
negozio. I capelli rossi coperti da un scuro cappello di lana.
Frederik stava
all’interno intento a sistemare la vetrina per il periodo natalizio. “È
solo questione di un paio di giorni, poi le persone sono costrette a
uscire...” iniziò cercando di mettere seduto un Babbo Natale scoppiettante.
“Poi fra qualche minuto chiudiamo. Giusto?”
Il gemello sbuffò.
Portò lo sguardo sulla
strada deserta.
Vi era solo qualche
lavoratore impassibile che tornava a casa. I visi tirati e corrucciati come se
quel tempo non fosse altro che un fastidio in più.
Un uomo tossì.
George lo guardò con
noia. Indossava un capotto piuttosto logoro dal quale sbucava il cappuccio di
una felpa grigia. Le mani nude e rosse dal freddo si stringevano tra di loro,
stringendo ogni tanto nervose, la sciarpa nera.
L’uomo tossì ancora
portandosi la fredda mano alla bocca. Gli occhiali s’appannarono.
Il ragazzo gli guardò
quasi valessero più della persona che gli indossava. La montatura fine e nera.
Le lenti rettangolari, graffiate. E dietro di esse due occhi di un blu scuro,
penetrate.
Poi passò alla fronte.
Dei riccioli rossi ricadevano su di essa.
E fu un secondo.
“Percy...” mormorò
attirando l’attenzione del gemello.
L’uomo si fermò. Lo
guardò.
Le labbra pallide si
aprirono e si chiusero come a voler parlare.
Frederik uscì dal
negozio.
“Portatemi da Ronald...”
e cascò a terra.
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Capitolo 14 *** Casa Weasley ***
Nuova pagina 1
Casa
Weasley
Severus
Piton entrò con passo pesante nella piccola e soffocante stanza.
Percy Weasley stava sdraiato nel suo letto
d’infanzia, gli occhiali appoggiati su un rude comodino di legno e il respiro
faticoso che riempiva il silenzio.
I
poster di scienziati babbani e maghi prestigiosi erano stati attaccati alla
meglio sui muri accanto al giovane, in modo che potesse vederli.
Molly
glielo aveva detto qualche minuto prima. L’aveva richiesti lui. Molto
probabilmente ci era cresciuto con quelli.
Lo
raggiunse con calma.
Gli
occhi di un blu scuro lo guardavano privi di lucidità. Il petto scarno si alzò
e un guizzo di meraviglia accese per qualche secondo le iridi.
“Professore…” mormorò. Le labbra
bianche, quasi come la pelle, si schiusero appena. Severus annuì. Percy sorrise
appena. I denti bianchi e perfetti s’intravidero poi scomparvero di nuovo
nascosti dalle fine labbra.
“È
venuto per curarmi?” un profondo respiro accompagnò la domanda. L’uomo annuì
di nuovo. “Sono...” tossì “Sono così grave?” probabilmente doveva
essere una battuta. Una di quelle che raramente sfuggivano al giovane rosso.
Spostò
lo sguardo sul comodino. Un solo libro vi era appoggiato. Quello scolastico di
Pozioni. Lo prese in mano. “È per Ronald...” Piton non se lo ricordava così
pesante.
“Dov’è
Ronald? Devo parargli...” L’uomo spostò lo sguardo sul suo ex-studente. Era
così ammalato…così stanco.
Si
avvicinò alla finestra.
“Cosa
vede professore?”
Spalancò
gli occhi. La stessa domanda che lei gli fece quel lontano giorno.
“Cosa
vedi Severus?”
Piton sospirò.
“Stelle...Tante
inutili stelle.”
La
stessa risposta che lui diede.
Percy
rise tossendo. “Non sono
inutili...Non sono inutili...Ronald lo deve sapere...”
L’uomo
scosse la testa scura.
“Non
sono inutili, Severus. Basta guardarle e ti senti subito meglio!”
Silenzio.
Inevitabile.
Tra ricordi e frasi senza senso...Il silenzio era l’unica cosa che potesse
arrivare.
“Da
quant’è che la vista è peggiorata?”
Il
giovane si girò verso la nera figura. Non lo vedeva bene...anzi non lo vedeva
per niente. Solo una macchia scura indistinta, circondata da altre macchie che a
stento non si mescolavano.
“Da
quando ho visto la morte...”
Ronald
guardava esasperato la madre.
L’avevano
chiamato così d’improvviso.
Piton
lo aveva accompagnato nel viaggio con una scopa...quasi stava congelando.
Ed
era arrivato a casa in una bella notte di dicembre. E nevicava per giunta.
Ma
lei non parlava.
Anzi
si era ritirata con il professore nella cucina e avevano parlato per qualche
minuto. Forse quindici. Ma con lui doveva ancora fiatare.
Poi
Bill sbuffò. Stufo di quel silenzio probabilmente.
“Percy
è tornato...” Ron spalancò gli occhi e sorrise, “Ha chiesto di te...”
Charlie lasciò cadere alcuni fogli su cui stava lavorando sul tavolo di legno.
“Volevamo chiedergli alcune informazioni...ma non era e non è tuttora in uno
stato che possiamo definire stabile. Speriamo che tu riesca a capire cose gli è
successo.”
Il
fratello minore ingoio rumorosamente. Perché gli stavano dando quella enorme
responsabilità? Infondo loro andavano più d’accordo con Percy...no?
Frederik
gli circondò le spalle “Non temere fratellino!” e fu in quel momento che
Piton scese lentamente le scale.
Molly
spalancò gli occhi.
L’uomo
scosse la testa.
“Non
c’è nulla da fare...Sarà già una fortuna se supera una settimana.”
Lapidaria
sentenza di morte.
La
donna scoppiò a piangere. Arthur l’abbracciò.
Ronald
deglutì.
Era
ora di salire a trovarlo.
“Ron...”
Percy sorrise tristemente. “Sembra quasi che hai paura di me...”
Il
minore socchiuse gli occhi. Suo fratello stava sdraiato sul letto, sotto le
coperte più calde della casa e con in mano un grosso libro.
Lui
respirò a stento.
Ronald
lo raggiunse. “Volevi parlarmi?” annuì.
E
tutto quello che i due fratelli volevano in quel momento era solo che quella
stanza fosse isolata dal resto del mondo.
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Capitolo 15 *** Viaggio nel nord ***
Nuova pagina 1
Scusate il mio enorme ritardo. Ma chi è
studentessa/studente saprà che l'ultimo periodo del primo quadrimestre è pieno
di prove ed esami! Ho dovuto concentrarmi sui libri di scuola >__<
Comunque.
Visto che la prossima settimana parto per Londra ho
deciso di far un capitolo un pò più lungo. Spero che sia di vostro
gradimento...
Ringrazio Patty per i suoi complimenti ^///^. Ti prego
di continuare ad scrivermi, adoro leggere i punti di vista dei lettori ^_____^
E ringrazio anche te Sabry! Mi chiedi come faccio a
gestire tanto mistero, eh? Beh non lo so, lo dicono in molti che non è semplice
e che io ho 'sta dote ^^''' Comunque ci sono persone bravissime a scrivere e io
in quello non sono ancora in grado. E già...Sono ancora alla ricerca di un mio
stile ^^'
Un salutone a Viola del Pensiero! Ero quasi preoccupata
per te, ma ora che vedo la tua risposta al mio capitolo mi sento sollevata! Un
bacione!
E infine grazie anche a te Mira'82! Mi chiedi di non
far morire Percy, ma non so... >__< sono stra indecisa!!! Però è triste
dover dire addio a un personaggio, anche se non l'ho inventato io, T___T
Buona lettura!
Viaggio
nel nord
Percy
Weasley stava tranquillamente rileggendo il discorso che il Ministro della magia
doveva pronunciare da lì a qualche giorno.
Sulla
scrivania la posta di quella mattina ancora chiusa.
Una
tazza di caffè rimaneva salda nella sua mano sinistra, le labbra ogni tanto si
schiudevano per sorseggiare.
Doveva
assolutamente correggere l’impeccabile lavoro che aveva svolto durante quella
notte, non voleva lasciare in difficoltà imbarazzanti Caramell.
Si
accigliò quando la porta del suo misero –ma pur sempre più lusinghiero di
quello di suo padre- ufficio si aprì.
Jack
Nellson entrò esitante.
I
capelli biondi gli cadevano arruffati sul volto e ciò dava fastidio a Percy. Si
domandava perché Caramell tenesse un ragazzo così poco rassicurante
nell’edificio, e per giunta lo lasciava camminare libero tra i vari
corridoi...Alzò un fino sopraciglio rosso.
Jack
tossì schiarendosi la voce. “Il suo taxi arriverà a momenti nel posto
prestabilito, signore!” Percy annuì senza staccare gli occhi dalle carte
scarabocchiate.
Sandy,
la ragazza che lui stesso aveva scelto per sostituirlo, -e di cui non ricordava
il cognome- non era ancora arrivata. Jack alzò gli occhi chiari sul soffitto
meravigliosamente bianco dell’ufficio.
“Signore.
Non vorrei darle fretta, ma il taxi...” Il rosso sbuffò. “Non vuole farmi
fretta Nellson? Ma lo sta facendo, con anche un po’ d’irritazione. Perciò
non dica ‘Non vorrei’ quando sa benissimo che non è possibile. Il
taxi può anche aspettare un paio di minuti. Io non lascio l’ufficio finche
Sandy non sarà arrivata e avrà ricevuto tutte le mie indicazioni su ciò che
deve non deve fare. Sono stato chiaro?”
Jack
uscì lentamente dall’ufficio.
Era
estremamente nervoso il rossino quella mattina, ma a lui non piaceva sentirsi
dare dello stupido. “Ma cosa crede?” borbottò svoltando un angolo e
prendendo la solita scopa appoggiata lì qualche minuto prima. “Che siamo
tutti qui per ascoltare le sue lamentele? Se fossi io al posto suo...Altro che
non far sfigurare Caramell...più stipendi ad inservienti che si fanno un culo
così!” iniziò a pulire il pavimento del sedicesimo corridoio del
quarto piano.
“Te
lo dico io, quel damerino non ha mai conosciuto il divertimento e la fame...”
iniziò a parlare con il cestino della carta ormai pieno. “Eppure dovrebbe
avere la mia età, ed più rigido di un pesce surgelato!” sbuffò facendo
scomparire le carte.
Ritornò
con calma sui suoi passi, era inevitabile finire a lavare perfino davanti alla
porta di Percy Weasley l’uomo più scorbutico e freddo di tutto l’universo.
Anche Voldemort era più divertente!
Passarono
qualche minuto...forse anche dieci e Jack era ancora alle prese con quella
dannatissima corsia color verde bottiglia!
Sbuffò.
Il bel damerino rosso non era ancora uscito! Il taxista probabilmente stava
perdendo la pazienza, proprio come lui...
Percy
uscì in quel momento. Indossava un scuro capotto e un’elegante maglione di
lana bianco. La valigia che magicamente lo seguiva e si fermava ogni qualvolta
che lui si fermava...
“Ah!
Nellson!” lo raggiunse con calma, e lo aveva chiamato come se non fosse
successo nulla di particolare prima, “Sandy non è ancora arrivata e io non
posso attendere oltre. Dalle questa cartella, contiene tutte le date delle
riunioni ufficiali del ministero, e i vari preparativi per il discorso di
Caramell. Mi raccomando non fare qualcosa di cui potresti pentirti!”
Gli
diede riluttante il fascicolo e con un ultima ed esplicita occhiata se ne andò.
Jack
osservò prima il corridoio numero diciassette completamente vuoto e poi la
cartella noiosamente curata.
Sandy
non c’era.
Sandy
non sapeva nulla.
Sandy
improvvisamente era stata licenziata...e un sorriso che faceva vedere
nitidamente i denti gialli si disegno sul volto squadrato del giovane.
Percy
si sedette sul sedile posteriore del taxi magico.
I
capelli perfettamente tagliati e composti s’alzarono e abbassarono al ritmo
del respiro affannoso. Il taxista lo guardò malevolo. Chiuse il giornale e mise
in moto.
Weasley
si rilassò un attimo.
Sperando
ancora una volta di non aver commesso il più grande errore della sua a fidarsi
di quel Nellson.
Il
taxi partì.
Come
una semplice macchina babbana correva tra le diverse e isolate strade di ogni
paese e città in cui s’innoltrava.
Un viaggio di lavoro. Un
viaggio per cercare di convincere i maghi di qualche sperduto paese a
partecipare ad importante riunione... Una cosa semplice, infondo era sempre il
migliore al ministero.
Era
stato manda lì da Caramell in persona.
Il
viaggio durò a lungo.
Diverse
ore.
E
lui non aveva chiuso occhio, troppo preoccupato per quello che poteva
succedergli. Infondo era sempre un Weasley, un parente di diversi Auror...I
mangiamorte potevano catturarlo e ucciderlo, o peggio ancora torturarlo.
E
i suoi scuri occhi non abbandonarono mai la strada.
Solo
quando la rude e grossa voce dell’autista pronunciò “Siamo arrivati”
Percy sospirò sicuro.
Ed
era arrivato per davvero.
La
villa di un bianco latte lo accolse in tutta la sua meravigliosa raffinatezza.
Sul tetto vi stavano due ragazzi che lentamente iniziarono a suonare i loro
rispettivi strumenti. Uno il violino, l’altro il flauto. E un coro di bambina
s’innalzò dal legnoso e meraviglioso portico.
Una
donna dai lineamenti duri e lunghi capelli biondi lo raggiunse. Indossava un
pesante vestito di lana blu e dal braccio piegato penzolava una triste ma
alquanto costosa borsetta nera.
“Benvenuto!”
iniziò a metà tragitto, come sua madre faceva ogni volta che vedeva Harry
Potter. “Benvenuto! A casa Jackson!” solo che quella donna aveva un orrendo
accento dialettale, quasi non importasse che appartenesse ad un rango assai
elevato nella società inglese.
Percy
sorrise. E mentalmente ringraziò di essere arrivato in una bella ed accogliete
casa.
La
mattina giunse fin troppo presto per Weasley.
I
suoi occhi blu faticavano a stare aperti, mentre tentava in un modo o
nell’altro ad ascoltare i confusi argomenti dell’uomo di casa.
Era
alto e robusto con un’elegante barbetta bionda che ricordava un uomo
d’affari. Forse lo era. I capelli lunghi erano compostamente legati in una
coda.
“Allora
Percy. Caramell ha deciso di indire un’assemblea con i più importanti maghi
dell’Inghilterra? E gli altri? La maggioranza degli inglesi non è benestante.
Non valgono nulla? O e solo...” “Angelica, per favore!”
Angelica
era la figlia maggiore. Si e no, sui vent’anni con corti capelli color rame.
Presi probabilmente dal gene di sua nonna. Era l’unica presente a casa, -a
parte il fratello minore- visto che aveva già finito gli studi e si dedicava a
faccende certamente poco signorini. E quel fervore con cui aveva iniziato
l’argomento le aveva fatto arrossire le pallide guance e allargare
d’indignazione i suoi splendidi occhi azzurri.
Il
signor Julian Jackson l’aveva fatta tacere.
Percy
s’immaginò suo padre troncare in quel moda una conversazione della sua unica
figlia. No... Molto probabilmente l’avrebbe fatta andare avanti e avrebbe
discusso amorevolmente.
La
mani affusolata della giovane strinse con forza la forchetta e con poca
educazione aveva iniziato a giocare con il cibo.
L’uomo
aveva iniziato a parlare dei suoi figli. Orgoglioso di averli fatta andare ad
Hogwarts, tutti di Pecoranera. Angelica era stata l’unica a seguire le orme
della madre, era stata una Tassorosso.
Ma
le labbra della giovane si schiusero ancora, e con irritazione evidente del
padre iniziò a intavolare un nuovo dibattito.
“Lei
pensa che abbiano diritto solo i benestanti di dover decidere cosa fare riguardo
a Voldemort?” “Insomma, Angelica. Queste tue inutili rivolte dovresti
evitarle davanti al segretario ufficiale del ministro della magia.” Il tono di
Julian non sembrava arrabbiato, come se fosse stato abituato a quelle domande
schiette ed ai modi alquanto irriverenti della figlia. “Vi prego di
perdonarla...” La ragazza s’alzò facendo strisciare rumorosamente la
sofisticata sedia sul pavimento di marmo. “Non sprecate il fiato padre per
delle scuse, che io non ho intenzione di porgere. Ed ora ho cose ben più
importanti che stare seduta ad ascoltare un ragazzo sciocco come lei signor
Weasley.”
Con
eleganza, quasi apparente, alzò la lunghissima gonna di jeans, facendo apparire
gli stivali pesanti e di sicuro molto comodi. Poi con un leggero inchino verso
il padre e la madre se ne andò.
“A
quella ragazza!” la signora Jackson scosse contrariata il capo biondo
“Nessuno vorrà sposarla. Troppo orgogliosa e cocciuta!”
Angelica
Jackson era seduta scompostamente su un rude e bagnato tronco di legno. La gonna
di Jeans era completamente infangata e gli stivali ormai erano rovinati. E il
pallido viso era arrossato per il freddo.
Scriveva
su un quaderno babbano con una piuma d’oca.
Percy
la raggiunse.
Aveva
deciso, dopo una lunga chiacchierata con i signori della villa sulla futura
riunione, di farsi un giro per le loro tenute.
La
ragazza alzò solo per qualche secondo lo sguardo poi tornò ad osservare un
punto impreciso del terreno.
“Suppongo
che mio padre ti abbia già assicurato la sua e quella di tutti i borghesi di
questo sperduto posto per la futura assemblea.” Percy annuì. “Allora puoi
anche andartene...” lei s’alzò.
“Aspettate!”
Si
fermò.
“Perché
mi odiate così tanto?” “Perché voi non conoscete la miseria.” La fronte
del rosso si corrugò, i suoi occhi blu si riempirono di qualcosa che andava ben
oltre al quel non capire che Angelica aveva visto in migliaia di giovani...
“Come
fate a dire una cosa del genere, se nemmeno mi conoscete?” La giovane spalancò
gli occhi azzurri “Siete voi che non sapete nemmeno lontanamente cosa vuol
dire indossare un abito che apparteneva a vostro padre o addirittura al vostro
nonno. Voi che predicate tanto e accusate, sapete come mi sentivo io quando ho
patito per estati, a volte anche inverni, la fame. Sei solo una signorina
abituata al lusso e che nemmeno lontanamente puoi immaginarti a cosa si è
disposti pur di poter migliorare la propria condizione sociale! Ed ora non
abbassate la testa in segno di umiliazione, perché io Jackson non le voglio. Ne
la pietà ne le lacrime di quelli che non mi capiscono!”
Angelica
alzò il capo. Gli occhi improvvisamente languidi e pieni di mille domande. E le
mani. Quelle bellissime mani di porcellana, tremavano.
“Io...Io...”
la voce non era più sicura e una
nota di desolazione le si leggeva. Il quaderno che prima teneva le cascò per
terra, infangandosi. Si aprì involontariamente.
Gli
occhi scuri di Percy si posarono sulle poche righe.
Inizio
una nuova pagina del mio diario.
Ho
scoperto che oltre il recinto del capo di grano vi è una terra completamente
abbandonata. Molto probabilmente apparteneva a un certo John Jekiton e alla
moglie Kate. Credo quella coppia uccisa dai monaci...Non voglio indagare oltre.
La ragazza lo riprese
spaventata tra le mani.
“I monaci?” Angelica
tirò su col naso. Ora anche Percy si era alzato e la sovrastava, nonostante la
stessa età. “Chi sono i monaci?”
Lei deglutì
rumorosamente.
“Creature di Dio...”
ma al rosso non bastava, lo sapeva.
Deglutì ancora.
La pioggia iniziò a
cadere.
E nessuno dei due si
mosse.
“Sono simili ai
mangiamorte. Hanno tuniche uguali e uno spietato privilegio sulla vita altrui!
Loro sono in grado di uccidere senza pietà chiunque gli ostacoli...”
Lui socchiuse gli occhi.
“Sono mangiamorte
allora...” lei scosse la testa ormai completamente bagnata “Te l’ho detto
sono creature di Dio. I prescelti per una vita miracolosa...” “Non
ucciderebbero...” mormorò Percy avvicinandosi pericolosamente alla ragazza.
“Invece si...I Jekiton avevano una figlia...mamma me ne ha parlato. Fudia così
si chiamava ed era stata prescelta per diventare un monaco.”
“Voglio saperne di più!”
La ragazza spalancò gli
occhi di un immenso azzurro.
“Loro uccidono chiunque
si metti sulla loro strada...”
“Come fai a sapere della
loro esistenza?”
Perché non l’ascoltava?
Perché?
“Come?” la voce
si era alzata, come se quella risposta valesse la sua vita. “Mio fratello. Mio
fratello Jason è uno di loro...”
“Angelica!” la voce
allegra di un bambino raggiunse i due ormai bagnati dalla testa ai piedi.
“Angelica! Papà dice che devi tornare a casa. Uno dei tuoi possibili
fidanzati, Hermann Muller è al telefono con lui! Stanno parlando di
affari...” la ragazza annuì.
Si scostò lentamente da
Weasley e con altrettanta lentezza si allontanò sotto l’ombrello che il
fratellino le aveva portato.
Percy spostò lo sguardo
dalla bella ragazza al bambino di nove anni che lo guardava ridendo. “Tu devi
essere Percy! Io sono Patrick Jackson e se vuoi qualcosa devi chiederlo a me e
non a mia sorella!” “Portami oltre il campo di grano...”
Patrick lo guardò quasi
con divertimento “Cosa c’è di difficile? Basta andare dritti da quella
parte!” e con una camminata un po’ buffa, po’ da uomo di società s’avviò
verso la meta predisposta.
Camminarono a lungo. Sotto
la pioggia.
Il bambino nascosto
dall’acqua da un grande ombrello nero. Lui senza nulla, incurante delle
conseguenze.
E infondo non capiva perché
gli importassero tanto quei monaci. Non c’entravano nulla con lui, infondo.
Il bambino gli parlava di
quanto non andasse a genio a suo padre che loro attraversassero il campo.
Nessuno lo aveva mai fatto a parte Angelica qualche mese prima. E lui
ovviamente. Lui giocava sempre oltre il recinto.
Lo trovava divertente.
“Per non parlare della
cantina. È una cosa bellissima piena di oggetti meravigliosi. Ci sono spada con
l’elsa d’oro!” e con un immaginaria lama segno un fendete “Scudi di
cristallo...come quelli degli antichi guerrieri romani...i maghi sai!”
Oltrepassarono il recinto.
“Lance decorate con
preziosi diamanti e...Sfere di cristallo...Dove vedi le persone che conosci...Ma
non sono mai uguali a come le vedi tu.”
E fece spallucce.
Percy lo seguì fino alla
cantina.
“È buio...” mormorò
alzando la legnosa anta. Il bambino gli porse la sua bacchetta magica, “Spero
non si arrabbi se glielo ho presa. Ho pensato di riportagliela non è un bene
girare senza l’unica arma di difesa.”
Il rosso la prese.
E lentamente discese le
scale. La fioca luce illuminava il suo cammino.
“Tu rimani qui fuori!”
Patrick annuì.
Arrivato all’ultimo
gradino un’immensa cantina lo accolse.
E con suo sommo stupore
notò che il bambino non aveva mentito. Spade, scudi, lance...E tanto ancora.
Un’ammucchiare di oggetti preziosi e pericolosi.
Oggetti cristiani.
Oggetti magici.
Oggetti Babbani.
Oggetti di...Si fermò.
Aveva scostato una piccola
tela.
Nascosta vi era
un’antica scatoletta di legno. Il segno di Voldemort vi era inciso in vari
punti. Un tremendo teschio con un orrendo serpente che usciva da un occhio.
E dunque anche oggetti dei
mangiamorte.
Accarezzo la piccola
lingua del serpente. Su di essa era inciso un J.Kate.
…John Jekiton e alla
moglie Kate…
E così senza nemmeno
pensarci l’aprì.
Una luce abbagliante
illuminò la cantina. Si sprigionò fino a superare i pori e le porte, fino a
raggiungere il firmamento.
E lui vedeva una sagomo di
un uomo.
Un uomo dai capelli rossi
che reggeva quella scatolina e un altro uomo. Un po’ grassottello che
sorrideva... “Weasley...”
La scatoletta si chiuse.
Percy tossì
rumorosamente.
Tossì a lungo quasi a
farsi male.
Quasi si trascinò lungo
gli scalini e appena raggiunta la luce del sole si sentì meglio.
Respirò affannosamente,
spuntando di quando in quando la sua stessa saliva.
Alzò gli occhi il bambino
era accasciato a terra più pallido che mai. Lo raggiunse. “Patrick...” ma
la frase che il bambino pronunciò non era altro che un miscuglio di suoni senza
senso.
Angelica stava seduta con
lo sguardo fisso davanti a se, davanti a una finestra. Patrick era in camera sua
da diversi giorni, quasi cinque e non accennava a migliorare. Parlava quella
lingua che solo ai monaci era concessa, come Jason.
Percy invece era guarito e
stava preparando le sue valige. Sarebbe partito da lì a pochi minuti. E lei non
aveva avuto ancora il coraggio di vederlo.
In quel giorno erano
successe troppe cose.
La scoperta che un
illustre e colto uomo come il signor Weasley non fosse altro che un plebeo che
era riuscito a diventare qualcuno e quella maledetta rivelazione dei monaci.
Si alzò dalla sedia
facendola quasi cadere.
Percy aveva raggiunto il
taxi che suo padre aveva chiamato. Nessuno ce l’aveva con lui...Infondo lui
non sapeva...
Ora, dopo salutato i suoi
genitori, i suoi profondi occhi blu si posarono su di lei. Le diceva solamente addio.
Poi lo vide entrare nel
veicolo e partire.
Il taxista era il solito
dell’andata. Lo guardava come se vedesse un fantasma.
Respirò a fondo.
“Dove la porto?” la
voce era molto meno rauca dell’altro giorno.
Sorrise.
“Al ministero della
magia” e chiuse gli occhi.
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Capitolo 16 *** Le stelle non sono inutili ***
Nuova pagina 1
Le
stelle non sono inutili
Ronald deglutì. Suo
fratello aveva appena terminato di raccontare il suo brevissimo viaggio al nord.
Un viaggio che lo aveva portato alla morte.
Respirava a fatica e gli
occhi, un tempo pieni di passione e coscienza ora erano privi di lucidità e
fissavano un punto impreciso.
I monaci...Gli aveva
parlato di monaci e di perle.
Di qualcosa che suo
fratello aveva capito, ma lui era ben lontano da poterlo fare.
“Mi dispiace...” la
voce di Percy aveva smorzato ancora il silenzio della stanza. “...Ci ho messo
tanto a capire...quella visione.”
Tossì.
“Ora ho capito. Sei tu
il prescelto...” Ron spalancò gli occhi puntando lo sguardo di nuovo sul
volto pallido del fratello.
“Il prescelto di
cosa?” e le iridi blu di Percy si spostarono da un poster al comodino. “Per
diventare uno di loro. Un monaco”
S’alzò inorridito
facendo cadere la sedia. Il fratello respirò a fondo quasi a voler assorbire
tutto l’ossigeno. “Ma io studio a Hogwarts...” protestò con un filo di
voce.
“No...Non uno
qualsiasi...” Porse lentamente il libro di pozioni al suo fratellino.
Ronald lo prese. Pesava.
Aprì.
E lì tra le pagine
accuratamente tagliate nel centro vi era una scatolina di legno. E sopra ad essa
vi era il simbolo di Voldermort.
Allargò se possibile
maggiormente gli occhi.
“Era destinata a te.
L’uomo che ho visto in quella visone eri tu...”
Era inutile.
Non capiva.
Non voleva capire.
“Guardale...” Percy si
voltò verso la finestra. “Guardale...Non sono inutili le stelle. Ronald...”
il giovane guardò i piccoli puntini bianchi che illuminavano la scura volta
celeste.
“Nellson...Lui sa!”
“Perché non sono
inutili?”
Silenzio.
Suo fratello non
rispondeva alla domanda. Forse non la aveva capita.
Si voltò di nuovo verso
il letto.
Gli occhi di Percy erano
aperti e fissavano il cielo notturno. La frangetta rossa ricadeva sopra ad essi,
quasi a volergli nascondere.
Le labbra schiuse.
E nessun alito usciva da
esse.
“Percy...” Ron lo toccò
esitante sulla spalla destra. Lo scosse.
La mano destra scivolò
sul letto.
Pesantemente.
Con un lieve sobbalzo.
Poi rimase lì. Ferma.
E Ronald capì.
Mestamente uscì dalla
stanza.
Scese le scale.
Le voci dei suoi parenti e
del professore venivano atone dalla cucina.
Sul tavolo le carte che
Charlie stava consultando prima.
Con una mano tremante
prese un foglio. Parlava di quel giorno. Del giorno in cui Percy aveva preso la
scatoletta che lui stringeva nella mano sinistra.
Perché allora loro lo
sapevano.
Bill
uscì.
“Ah! Cosa ti ha
detto..?” Il maggiore s’azzittì.
“Lo sapevate...Sapevate
che Percy...” sventolò i fogli.
Lo raggiunsero anche gli
altri.
Charlie lo guardò
confuso. “Come hai fatto a leggere? Sono in un lingua sconosciuta...”
Ma ormai gli occhi di
Ronald erano puntate sulla madre.
“Percy è...Percy è...”
lacrime scesero sulle sue guance.
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Capitolo 17 *** Pensieri ***
Nuova pagina 1
Ciao a tutti!
Perdonatemi, ma dopo
essere tornata da Londra ho passato le giornate in giro con i miei amici ed non
ho avuto un molto tempo!
Ecco a voi due piccoli
capitoli...
Per quanto riguarda
Percy, io non avevo intenzione di farlo morire in quel modo e in quel capitolo,
ma poi... come m'accade sempre cambio idea all'ultimo secondo!
Aspetto vostri
commenti!
Buona lettura!!!
Pensieri
George bussò
energicamente sulla porta della stanza del fratello. Ronald erano giorni che si
era rinchiuso nella propria stanza. Usciva solo per mangiare qualcosa e poi come
nulla fosse si rinchiudeva...quasi a voler meditare sulla faccenda.
Non aveva comunicato nulla
su quello che Percy gli aveva detto. E nessuno gliela aveva più chiesta.
Tese l’orecchio nella
speranza di sentire un brontolio del fratello. Ma nulla.
Solo lo scricchiolio
scocciante del pavimento di legno, sotto il peso del fratello. Camminava. A
volte si fermava. Qualche minuto di silenzio e poi riprendeva il suo percorso da
un letto all’altro.
George sospirò.
Prese tra la fredda mano
sinistra la maniglia e l’abbassò.
E con enorme sorpresa
quella mattina la porta si aprì.
Non l’aveva chiusa a
chiave.
“Ron...” mormorò
entrando nella stanza.
Il fratello si era fermato
in quel momento come se fosse stato colto in fragrante, ma i suoi occhi erano
fissi sulla scrivania. Sospirò, e con un passo giunse fino al letto che di
solito utilizzava Harry.
Le mani, pallide, erano
incrociate dietro la schiena e lo sguardo era perso sulle punte delle sue
scarpe.
A George sembrava di
trovarsi davanti Percy mentre studiava. Non si era mai reso conto quanto il suo
fratellino gli assomigliasse.
“Ron...” alzò la
voce, ma il ragazzo si fermò di nuovo per puntare lo sguardo sul cielo limpido.
“Ron...” questa volte
giovane si girò verso l’intruso. La fronte corrugata come se non capisse quel
disturbo, come se non lo volesse vedere.
George trattenne il fiato,
quasi temesse di essere in un posto proibito per lui.
“È natale, Ron. Siamo
tutti in sala, ti vorremo con noi...” Ronald annuì e tornò a camminare dal
proprio letto a quello del suo amico.
“Chiudi la porta per
favore...”
E così dicendo il
fratello si ritrovò di nuovo sul corridoio con la porta di legno chiusa davanti
a se.
Alzò lo sguardo.
Bill stava bussando
timidamente sulla porta di fronte, quella della loro sorella.
Ginevra non aveva pianto
quando aveva saputo della morte del fratello. Nei suoi occhi blu si leggeva solo
rabbia verso di loro che non l’avevano considerata abbastanza matura per
sapere cosa stava capitando a suo fratello. In quelle bellissime iridi vi era
indignazione per le loro bugie per nasconderle la verità.
Si era rinchiusa in camera
e non ne era uscita da più di tre giorni. Erano tutti preoccupati.
Non la sentivano piangere,
ne muoversi...Ma infondo lo sapevano com’era. Si nascondeva nel suo mondo e
teneva tutto dentro.
Al contrario di Ronald che
si era messo a piangere senza sosta, lei aveva lo sguardo fisso e arido. Quando
la bara era stata calata, Ginny se ne era andata come se non fosse stato altro
che una perdita di tempo.
E intanto Bill la stava
chiamando con delicatezza.
George lo lasciò stare e
scese dal resto della famiglia.
“Ginevra...” La voce
gli usciva come un sussurro...Si sentiva in colpa. Fin da quando era nata, aveva
sentito una sorta di simpatia verso la sorellina. E quando l’aveva vista per
la prima volta cadere a terra e piangere si era ripromesso che l’avrebbe
sempre protetta. Ma, alla fine non ci era riuscito.
Bussò.
“Ginevra...Perdonami...”
la sentì girarsi nel letto e sospirare.
Poi ancora silenzio.
Bill si staccò dalla
legnosa porta, proprio mentre quella di Ronald si apriva. E quando il fratello
minore scese le scale, anche lui s’avviò.
Molly stava ferma ad
osservare l’orologio. Suo marito aveva avuto il coraggio di togliere la
lancetta che riguardava Percy. Che per tutto il giorno prima era rimasta ferma
su altro.
Era estremamente più
stanca e sembrava che il tempo fosse passato troppo velocemente su di lei.
Sospirò.
Arthur stava seduto su una
poltrona e giocava con sguardo vacuo con la lancetta appena tolta.
La fotografia di suo
figlio gli stava sorridendo e ogni tanto gli faceva l’occhiolino, come a
volerlo tirare su di morale.
Ron si sedette accanto.
Bill si sedette vicino a
Charlie.
Molly sospirò ancora,
Ginevra non sarebbe scesa.
Il silenzio che però si
era creato venne interrotto da un suono gracchioso. Qualcuno aveva suonato al
campanello.
Si guardarono dubbiosi di
voler vedere qualcuno.
Poi con un sospiro
Frederik andò ad aprire.
“Harry,
Hermione e...” non sapeva chi fossero gli altri, Grifondoro senza
dubbio, tranne una. Una ragazzina pallida e con capelli color oro non si
ricordava di averla mai vista.
“Salve...”
La voce di Dean le giunse
come un richiamo disperato.
Ginevra s’alzò a sedere
sul fin troppo morbido letto. Poi il mormorio di altre persone che proveniva dal
salotto la fece alzare di scatto.
Spalancò la porta, non si
preoccupò nemmeno di indossare qualcosa sui nudi piedi e di vestirsi più
decentemente, e corse il più veloce possibile nel soggiorno.
Thomas stava facendo la su
condoglianze al padre di Ginny, quando la vide o meglio sentì arrivare.
Con indosso solo una
camicetta leggera si buttò tra le sue braccia e lo strinse con forza.
“Dean mio fratello...mio
fratello...” mormorò cercando di trattenere le lacrime che ormai le
scendevano sul volto.
Il ragazzo l’abbraccio
noncurante degli sguardi che si puntavano su di loro.
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Capitolo 18 *** Un piccolo regalo ***
Nuova pagina 1
Un
piccolo regalo
Pansy correva divertita
sulla neve. La gonna nera a pieghe svolazzava facendo intravedere le belle
cosce. Si girò ridendo per fare una linguaccia alquanto comica che fece
scoppiare un’altra risata. Il ragazzo dietro di lei cercava di acciuffarla, ma
all’incontrario della giovane non era abituato a muoversi sul soffice manto
nevato.
Draco si fermò per
prendere fiato. Pansy scomparve dalla sua vista dietro alle scuderie di proprietà
dei Malfoy.
Alzò il viso arrossato
dal freddo e dalla corsa verso il cielo.
Il giorno precedente aveva
nevicato. Pansy come una bambina aveva spalancato la finestra e aveva riso “La
neve...Quanto amo la neve!”
Era contenta. È lui non
poteva far altro che esserne ancor più felice. Quell’estate...Quell’estate
la sua fidanzata era scomparsa...
Quell’estate si era
maledetto...
dabc
L’aria calda di Agosto
lo fece sbuffare per l’ennesima volta. Pansy gli stava accanto ed era assorta
in una lettura che probabilmente lui non avrebbe mai intrapreso. Il padre della
giovane rise nel vederlo in difficoltà. “Oh, suvvia Draco! Mia figlia non è
proprio di compagnia durante le vacanze estive, ma io so cosa potrebbe farti
piacere!” si era alzato e gli aveva fatto cenno di seguirlo.
Pansy non se ne accorse.
Una volta fuori l’uomo
sospirò.
“Credo proprio che abbia
preso tutto da sua madre. Fisico, capelli, occhi, intelletto e anche tutte le
varie manie!”
Il padre di Pansy era un
uomo sulla quarantina biondo ed estremamente grasso. All’incontrario di suo
padre quell’uomo aveva spirito di umorismo e vedeva il lato positivo in tutte
le cose che lo circondavano. Adorava parlare di varie cose, che ben si
allontanavano dalla politica e da Voldemort. Lucius non lo sopportava per
questo.
A dire la verità Malfoy
non sopportava nulla che fosse sporco, di poco valore e che non amava fino alla
follia il Signore Oscuro.
Il signor Parkinson però
non ci badava. Era uno di quelli che si potevano dichiarare un padre modello.
Severo ma amorevole verso la sua unica figlia. Vedeva in lei il tesoro più
grande che il Signore gli avesse concesso. E la trattava con delicata fermezza.
E trattava anche Draco con
gentilezza, come se fosse suo figlio.
Quell’estate, dopo che
Malfoy fu catturato e condannato come mangiamorte, il giovane ragazzo era andato
a passare un fine settimana dai Parkinson.
Era domenica sera, e la
mattina seguente sarebbe partito per tornare dalla madre, in crisi per
l’arresto del marito.
“Comunque sia eccoti una
bella stanza fresca, dove puoi giocare a bigliardo! Sai giocarci, vero?” Draco
scosse la testa, “No? Bene, bene...rimediamo subito!” e ridendo gli aveva
dato una lunga stecca.
Avevano giocato a lungo.
Draco era riuscito perfino
a batterlo una volta.
L’uomo rideva come
sempre.
Poi da fuori si sentirono
rumore di passi. Tanti, fin troppi passi. Come se un intero paese giungesse
silenzioso davanti alla porta.
E la risata allegra di
Parkinson si smorzò.
“Tu stai qui
ragazzo...” aveva mormorato posando la stecca e il bicchiere di Brandy che
sorseggiava ogni qualvolta finiva il turno.
Poi con passo diplomatico,
e con sguardo severo e serio, come mai lo aveva visto, uscì dalla stanza.
Passarono minuti, “Chi
siete?” la voce alta del padre di Pansy lo fece sobbalzare. Poi il silenzio
seguito da una luce fredda e estremamente accecante invase l’intera casa.
“Papà!” Un urlo. La
sua Pansy aveva urlato.
Lui era uscito dalla villa
con il cuore in gola.
Pansy stava sul vialetto
inchinata sul corpo di suo padre. Lacrime amare scendevano copiose lungo le sue
guance pallide. “Papà...Ti prego rispondimi. Papà...”
dabc
“Pansy!” Draco
raggiunse la ragazza dietro le scuderie. Stava camminando verso di lui con un
allegro sorriso dipinto sul volto, in mano teneva qualcosa.
“Cos’è?” il ragazzo
guardò incerto il pupazzo di neve in miniatura che la sua fidanzata aveva
appena terminato di fare. Lei rise. “Sei tu!” Draco la guardò sconvolto,
“Non gli assomiglio nemmeno un po’...” “Gli ho fatto i capelli come gli
tieni di solito, gli occhi azzurri e le tue labbra...” Lei alzò il pupazzo
girandolo verso di se e con aria critica lo studiò. “Come fai a dire che non
ti assomiglia?” lo piantò a un centimetro dal viso del fidanzato “È il tuo
gemello!”
Draco spalancò gli occhi
sconvolto e Pansy non poté trattenere le risate.
|
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Capitolo 19 *** Severus ***
Nuova pagina 1
Severus
Aprì prima un occhio, poi
l’altro.
Una strana sensazione di
vuoto l’accolse. Intorno a lui c’era solo buio.
Mugolò aprendo a fatica
una mano.
“Silenzio…” una voce
femminile e dolce invase la stanza. Severus trattenne il fiato cercando
disperatamente d’individuare la sua bacchetta magica tra le lenzuola che…
Strinse la coperta liscia e morbida, completamente diversa dalla sua… Spalancò
gli occhi spaventato non era a casa sua!
“Devi
riposarti…” la voce giungeva come un sospiro caldo da una sedia vicino alla
porta; la sagoma snella non accennava a muoversi…era forse prigioniero?
Cercò
d’alzarsi. Doveva andarsene. Doveva!
Spostò
malamente le calde lenzuola e scese con un balzo dal letto a baldacchino, la
figura si alzò trattenendo uno squittio terrorizzato, “Non devi alzarti! Sei
ancora convalescente!” e lo raggiunse giusto in tempo per frenare la sua
caduta.
Il
petto gli doleva, la testa gli girava, il tatuaggio bruciava…lentamente le
palpebre si chiudevano e la forza lo abbandonava…Doveva andarsene al più
presto…Doveva andare da Voldemort…
Se
solo quelle mani non fossero state così dolci e delicate…se solo non lo
avessero toccato…e condotto con una tenera forza verso il letto…Se solo non
si fosse sentito così dannatamente debole.
“Il
medico ha detto che devi stare a riposo, è già tanto se sei rimasto vivo…”
i capelli lunghi e morbidi della ragazza gli accarezzarono il volto, “Il
Signore ti protegge.”
Severus
scrutò con la poca lucidità che aveva il viso della giovane, ma solo i
lineamenti indistinti gli rimasero impressi.
“Non
credo in Dio…” balbettò, respirando a fatica e lasciando andare il capo sul
cuscino di raso. La ragazza ridacchiò, come se la sua confessione non fosse
stata altro che una battuta, e ritornando a sedersi sulla dura e fredda sedia
annuì sonoramente.
E si era addormentato di
nuovo.
La luce, tenera e calda di
quel giorno d’estate lo cullò. Gli occhi ancora chiusi per non dover
sopportare quel chiarore che da giorni evitava.
Accanto a lui stava un
gattino. Lo aveva sentito miagolare e acoccolarsi sul cuscino.
“Sono prigioniero...”
sospirò portandosi una mano al volto. Alcune bende gli coprivano la fronte e il
capo, come se avesse ricevuto una forte botta sulla testa.
“Ho deluso i miei
compagni...Ho deluso Voldemort...” aprì lentamente le palpebre.
Una risata cristallina
giunse da dietro la porta. Una risata di uomo coprì quella di fanciulla.
E fu proprio così che
entro una ragazza con lunghi capelli neri. Ridendo allegramente. Ridendo come se
non ci fosse nulla da temere.
“Oh, vi siete
ripreso!” e un sorriso solare, quasi tenero si dipinse sul volto pallido della
giovane.
Tra le mani teneva un
vassoio di legno scuro. Una tazza fumante e un succo d’arancia erano quello
che lei intendeva dargli per la collazione.
“Erick non ci credeva
che vi eravate svegliato, ieri notte!”
“Dove sono i miei
vestiti. Devo andare.”
Lapidario come sempre.
Babbana.
Inutile essere vivente.
Qualcosa che poteva essere
paragonato ad un insetto.
Il nulla più noioso e
fastidioso che potesse esistere sulla terra.
Il volto della giovane si
accigliò un attimo, poi arrossendo posò il vassoio sul comodino.
“Spero che non vi
dispiaci. Quella tunica era così sporca di sangue…Il suo sangue. Ma non vi
preoccupate tutto ciò che avevate con voi l’ho messo nel cassetto.”
Un altro sorriso.
Inutile sorriso.
Piton sbuffò. Il
tatuaggio gli bruciava come non mai.
“Devo andare.” Ripeté
come se con quelle parole potesse scomparire. Gli occhi scuri della giovane si
rattristarono “Ma voi non potete, siete ancora convalescente Erick ha
detto...” “Non m’importa di Erick!” la ragazza sobbalzò.
“Non potete...” ripeté
lei con poca convinzione.
“Posso.”
Lei s’allontanò di
qualche passo.
“No.”
“Si.”
“Voi non siete in grado
di camminare da solo e perciò rimarrete qui.”
“Ho da fare!”
“Anch’io.”
“Lasciatemi andare. Ve
lo ordino!”
“Signore. Lei è
insopportabile, e nonostante non vorrei averla fuori da casa mia, lei non lascerà
quel letto finché Erick non lo ritiene opportuno!”
“Sto bene!”
“Non cercate scuse!”
E detto questo la giovane
rinchiuse dietro le sue spalle la porta chiudendola a chiave.
Il gattino grigio che
dormiva accanto al capo di Piton si stiracchiò sfiorando con le piccole zampe i
capelli puliti del giovane.
Sul volto pallido di
Severus si disegnò una smorfia. E guardando irritato la porta bisbigliò un
“Anche i capelli...”
E la sera giunse
velocemente.
La ragazza era ritornata
al suo posto della sera precedente. Su quella legnosa sedia con i capelli
raccolti in una bizzarra coda.
Severus
sbadigliò.
“Dormite.”
La voce della giovane era dolce come non mai e sembrava più una madre
preoccupata che una sorvegliante.
“No finché non se ne
va.”
“Io resto.”
Il ragazzo sbuffò.
Insopportabile! Ecco
cos’era quella ragazza!
La giovane sbuffò, come a
volergli far eco.
“Erick ti ha trovato tra
le macerie eri più morto che vivo. Ti fa solo bene riposare.
“Non vi ho chiesto io di
salvarmi.”
“Ma Dio si...”
Severus alzò gli occhi.
Un crocefisso stava sopra il letto. Lo guardò disgustato.
“Perché ci credi cosi
tanto?”
“Perché ha salvato
anche me.”
Silenzio.
“Come?”
“Come ha fatto con te.
Erick mi ha salvata da una morte certa.”
“Credi che ti salverà
ancora?”
La ragazza alzò le
spalle.
Poi il silenzio era
l’unica cosa che sentivano tra di loro. Un testardo silenzio. E per ore non ci
fu che quello.
“Come ti chiami?” era
un sussurro, ma Severus lo sentì lo stesso.
“Greta Faleawer. Tu?”
“Severus.”
E più nulla fu detto.
Passarono così le
giornate, le settimane.
E Greta non era più
andato a trovarlo. Erick, un parroco di campagna aveva preso il posto della
giovane.
Severus si sentì di nuovo
perso.
Poi un giorno impreciso.
Quando il temporale sembrava più una bufera. Piton decise di andarsene.
Si mise la maschera
bianca.
La maschera da Mangiamorte
e si diresse verso Londra.
“Severus...” La voce
di Greta, soave nonostante i tuoni e i fulmini, nonostante lui avesse
l’aspetto della morte. “Te ne
vai?” E il cuore gli balzò in gola.
Era bella nonostante fosse
distrutta da un viaggio durato ore.
Lui annuì.
Allora si tolse una
catenina con un piccolo ciondolo sopra di essa. Un crocefisso. E senza dire una
parola glielo porse.
“Tornerai?”
Piton annuì.
dabc
Severus si sedette sul
letto del proprio appartamento.
Invece non l’aveva più
rivista.
Greta era morta in quel incidente
causato da Peter Minus. Era morta mentre faceva la spesa. Era morta per via di
Voldemort... E lui l’aveva odiato.
Aveva odiato quel marchio
sul suo avambraccio. Aveva odiato Peter. Aveva odiato Malfoy. Aveva odiato
Voldemort.
E soprattutto aveva
detestato più di qualunque cosa se stesso.
Se stesso e quella
misteriosa ragazza che lo aveva fermato pochi attimi prima.
Fudia...gli aveva donato
una matita... Una matita che lo aveva salvato da quell’esplosione.
Ma Greta era morta. E con
lei anche il suo cuore.
“Avrebbe dovuto salvare
lei...Non me...” bisbigliò lasciandosi cadere sul letto.
E
Severus pianse.
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Capitolo 20 *** La Stella ***
Nuova pagina 1
La
Stella
Jack Nellson sedeva
tranquillamente sulla sua nuova scrivania. Come un bambino si divertiva a fare
le punte alle numerose matite che Percy Weasley aveva utilizzato prima di lui.
Doveva solo al rossino il
suo nuovo lavoro. Era stato lui ha dare il suo nome per prendere il posto come
segretario personale di Caramell.
Certo non si aspettava di
trovarsi una figura alta e magra, con corti capelli rossi proprio come Percy
davanti alla sua porta. “Si?” Jack sorrise vedendo il giovane entrare
insicuro, gli piaceva sembrare un importante personaggio del ministero.
“Sono Ronald Weasley.
Lei è Nellson, vero?” Il biondo spalancò gli occhi. Un altro Weasley.
Infondo doveva immaginarselo, probabilmente era arrivato lì per fargli cambiare
idea e ridare il posto al fratello...Se ne potevano scordare! Gli piaceva
lavorare lì, fin troppo...
“Cosa vuoi?” le labbra
di Ron si aprirono e poi si richiusero. Come se non trovasse giusto parlare, o
se meditasse su qualche frase.
Jack aspettò. La fronte
aggrottata e una morsa nervosa gli attanagliava lo stomaco, come se da lì a
qualche secondo fosse caduto il mondo.
E così fu.
“Chi sono io?”
Nellson sospirò. Si portò
due dita sulla fronte come a cercare di capire cosa volesse quel ragazzino.
“Non capisco...” ma non terminò la frase. Ronald aveva depositato davanti a
lui una scatolina di legno. Il segno di Voldemort vi era inciso e lui sapeva a
chi apparteneva.
“J. Kate...” sospirò.
Il rosso annuì.
“Chi sono io?”
E allora Jack capì cosa
volesse dire quella domanda.
S’alzò di scatto.
Chiuse la porta a chiave e
appoggiandosi su di essa sospirò preoccupato.
“Tu...Hai mai aperto
quella scatola?” Ron annuì.
L’aveva aperta e come.
La sera precedente, quando
le stelle erano perfettamente visibili, voleva sapere perché le stelle non
erano inutili.
“Perché sei venuto da
me?” “Percy ti ha nominato prima di morire...”
Nellson scosse la testa.
Ecco perché Weasley gli
aveva lasciato il suo posto di lavoro.
Era stato uno sciocco,
guardare una di loro...Era logico che la maledizione dei monaci lo portasse alla
morte...
Sospirò per l’ennesima
volta.
“Tu sei uno di loro,
vero? Un monaco non è vero?” Jack sorrise, “Lo ero.”
“E ora?”
“No.”
Ronald respirò a fondo.
“Spiegami, cosa sono.”
Il biondo prese in mano
una matita e iniziò a guardarla con interesse.
“Il prescelto...”
mormorò tirandosi indietro la frangetta. “Non puoi evitare di esserlo. Lo sei
e basta.”
“Il prescelto per
cosa?”
Jack alzò lo sguardo sul
ragazzino, di sicuro ancora minorenne. Gli fece il gesto di sedersi e Ron lo
fece.
“Lo sai cos’è la
Stella?” il rosso scosse la testa. “È un frammento della mano di Dio.
Qualcosa che può assomigliare alla sua immensa forza e bontà. I monaci La
conservarono con cura finché non scoppiò la
guerra di Voldemort. Maghi spietati iniziarono a uccidere qualsiasi
essere vivente, tutto ciò che Dio aveva creato con amore venne spazzato via. Il
monaco più potente, colui che era incaricato di sorvegliare la Stella venne
ucciso in battaglia, mentre puniva i servi di Satana. E la Stella scomparve. Per
anni la cercarono e solo trent’otto anni fa la ritrovarono. Il Signore aveva
prescelto Fudia, la figlia della mangiamorte che aveva assassinato il monaco,
come sua serva. E Unaedus scoprì la Stella in quella scatoletta, era perfetta e
abbagliante. Era qualcosa d’insolito e non Voleva allontanarsi da quella
cantina, così fu deciso che Essa sarebbe rimasta lì e che quel luogo sarebbe
diventato sacro. E così fu.”
Weasley
lo guardò sospirando.
Non
capiva cosa centrasse tutto quello con lui...Con la storia che lui era un
prescelto.
“Si
narra che la Stella abbia una gemella: la Rose. Entrambe hanno trovato rifugio
in posti sicuri. La Stella nelle mani dei monaci e la Rose in una stirpe di
maghi.”
Jack
si fermò per osservare fuori dalla finestra.
“La
Stella ha sempre avuto un prescelto. E appena esso moriva ne trovava un altro.
Kate era una prescelta nonostante amasse il male...Nonostante non credesse in
Dio. Morta lei fu scelto James Potter e successivamente te. Ovviamente non è un
segreto. Almeno per i monaci...”
Ronald
si grattò il capo.
“Allora
perché sei rimasto sorpreso di vedermi qui?”
Jack
alzò gli occhi azzurri su di lui.
“Perché
io non conosco i loro segreti. Appena possibile sono scappato da quel posto. Io
non sono un monaco.”
“Nemmeno
io.”
Nellson
sospirò.
“Lo
sei.”
“Morirò
anch’io. E forse molto presto. La Stella avrà già trovato un altro
prescelto.”
“Può
essere.”
Ronald
s’alzò e ripresa la scatola tra le pallide mani si avviò verso la porta. Poi
colto da una folgorazione si girò verso Jack Nellson.
“Tu
sei Jason Jackson...Infondo loro ti cercano ancora, vero ?”
Il biondo ritornò a
giocare con la matita di prima. Ron uscì.
***
Bill incrociò contrariato
le braccia al petto. Ginevra era uscita dalla sua stanza solo con l’arrivo del
suo “fidanzato” e poi da dove saltava fuori quel Dean?
Era decisamente troppo
rozzo e grosso per la sua sorellina. E suo padre che ne era stato felice. E sua
madre che lo aveva stretto al petto quasi a volerlo soffocare.
Lui era l’unico che
vedeva che Ginny era ancora troppo giovane per avere un “fidanzato”?
Charlie rise divertito
alla faccia irritata di suo fratello maggiore.
“Non rompere!”
“Sei buffo...”
E scoppiò in un’altra
risata.
“E vattene!”
Lanciò un cuscino al
ragazzo che afferrò senza problemi.
Charlie uscì facendogli
una linguaccia ed evitando lo scontro con uno stivale pesante di suo fratello.
Bill si girò verso la
finestra.
Ginevra stava passeggiando
nel giardino mano nella mano con Dean. Si era cambiata ed indossava dei larghi
pantaloni di ginnastica e un maglione decisamente maschile. Aveva gli occhi
rossi dal pianto, ma Thomas non le staccava gli occhi di dosso, come se davanti
a lui ci fosse stata la perdona più bella del mondo.
Stavano ridendo di qualche
gnomo e Bill dovette ammettere che era la prima volta che la vedeva così
allegra.
Solo che avrebbe voluto
starle lui accanto.
Aiutarla.
E farla sorridere.
Come aveva fatto quando
lei era piccola.
Quando i problemi di
ragazzina non la avevano ancora raggiunta e quando Harry Potter non era entrato
nelle loro vite.
Sospirò.
“Ti voglio bene Bill!”
Da quanto non glielo
diceva?
Ormai da più di quattro
anni.
Le due figure dei ragazzi
scomparvero dietro un albero e Bill corrugò contrariato e sospettoso, la
fronte.
Charlie entrò di nuovo
nella camera.
“Che vuoi?”
“Solo ridarti la
cucinata di prima!” e detto questo Bill si ritrovò con il cuscino sulla
testa.
“Razza di cretino! Non
si colpisce alle spalle!” e con una risatina perfida afferrò il cuscino
dell’altro letto, “Carica!!!”
E iniziarono a inseguirsi
per tutta la stanza, ridendo e colpendosi come dei pazzi.
Piume d’oca schizzavano
fuori dalle rosse fodere.
Poi Bill mollò il morbido
oggetto “Ora ti prendo!” e si lanciò contro il fratello facendolo ruzzolare
sul pavimento legnoso iniziando a fargli il solletico.
La porta si aprì.
George gli guardò
allibito.
Suo fratello maggiore
aveva i capelli completamente spettinati e sciolti sulle spalle, mentre stava a
sopra a Charlie in una posizione alquanto equivoca.
Non si erano accorti di
lui.
E George preferì chiudere
la porta.
“Bill, ti rendi conto
che nostro fratello ci ha preso per due gay?”
Il maggiore rise divertito
scendendo dal ventre del fratello.
“Beh...Ronald?”
“Ronald è
diverso...Guarda le stelle...Non ci sente e dubito che abbia notato tutto il
casino che tu hai creato...”
Bill alzò un sopraciglio
fino, “Io?” e un’altra cucinata colpì Charlie.
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Capitolo 21 *** Perché uccidere Ginevra Weasley ***
Nuova pagina 1
Scusate
per il ritardo!
Ho
finito gli esami ed ora sono libera come l’aria... almeno finché non inizio a
lavorare!
Ecco
a voi un piccolo capitolo...
Spero
di ricevere commenti, anche da coloro che mi seguivano fin dall’inizio!
Buona
lettura!
Perché
uccidere Ginevra Weasley
Narcissa Malfoy odiava in
maniera eccessiva la famiglia Weasley, soprattutto Ginevra. Draco se ne accorse
solo all’inizio di settembre quando la donna, lo aveva richiamato nel maestoso
gazebo che regnava nel bel mezzo del parco dei Malfoy.
Narcissa
lo aveva fatto sedere dall’altra parte, a dieci metri da lei e con gli occhi
azzurri puntati su di lui gli aveva chiaramente espresso un ordine.: “Uccidi
Ginevra Weasley!”
Ora, Draco si ritrovava
nella strana posizione dell’indecisione.
Suo padre gli aveva sempre
detto come comportarsi, e lui non aveva mai esitato tanto nell’ubbidire a
propria madre. Ma lui tentennava ancora, nell’uccidere Ginevra...
Ora poi, che si era
diffusa la voce della morte precoce di un suo fratello, lui si sentiva ancora più
in trappola.
Draco alzò lo sguardo sul
soffitto del gazebo, sua madre lo aveva fatto riverniciare qualche giorno prima.
Stava seduto su una delle numerosi poltrone imbottite ed aspettava sua madre. Un
elfo domestico aspettava in un angolo scuro della struttura.
Poi la porta a vetri
s’aprì.
Sua madre, avvolta in un
capotto argentato, entrò con passo deciso.
Draco s’alzò e inchinò
lievemente il capo. La donna non lo degnò di uno sguardo finché non si
sedette. “Sei stanco?” la voce gelida della madre lo accompagnò
nell’azione di risedersi. Non rispose.
Narcissa sorrise. “Ti
sei dimenticato della mia richiesta?” domandò. “È ancora viva...”
continuò “Tuo padre non sarebbe fiero di te. Credi di poter diventare un
mangiamorte senza uccidere?”
“Perché?” la voce del
giovane uscì come un sussurro dalle sue labbra dischiuse appena, ma per la
madre risuonò come un urlo.
“Uccidila e basta.”
“Mamma per favore...”
la donna aveva acceso una sigaretta e il figlio aggrottò infastidito la fronte.
La donna espirò il
tossico fumo e Draco s’alzò per uscire.
Quando aprì la porta la
voce di Narcissa lo bloccò.
“Ginevra Weasley è la
sorella del migliore amico di Harry Potter. Se muore lei, anche Ronald Weasley
morirà...e così anche Harry Potter...Non dimenticarti mai, mio piccolo
tesoro, per uccidere un nemico si parte sempre dalla formica più vicina a
lui.”
“È per vendicare mio
padre?”
La donna rise debolmente.
“È per farlo tornare a casa...”
E con questa frase Draco
chiuse la porta a vetri dietro di lui, mentre la madre restava all’interno
osservandolo.
La mano bianca e magra
strinse il ciondolo che portava sempre al collo.
“Draco!” il
figlio non si mosse “Draco!” lo richiamò “Draco! È anche per
te...” ma ormai il ragazzo si era già allontanato.
Malfoy corse più non
posso. Il parco che circondava la sua villa era immenso. E lui non lo aveva mai
percosso. Ma quella sera, non gli importava della pioggia o di dove andava, non
gli importava di essere stanco oppure no...voleva solo prendere tempo per
riflettere.
Ginevra Weasley era una
delle persone che suo padre gli aveva insegnato ad odiare... Ma il solo pensiero
di doverla uccidere gli dilaniava il cuore...come una fredda morse che non lo
lasciava respirare... Era come quando pensava alla morte di Pansy.
E lui non capiva.
Odiava Ginevra.
Amava Pansy.
Eppure provava la stessa
sensazione al solo pensiero del loro corpo privo vita.
Si lasciò cadere sul
terreno fangoso, ansimando.
Davanti a lui stava le
scuderie...Aveva girato intorno...
Quasi gli veniva da ridere
quando notò il piccolo pupazzo che Parkinson gli aveva fatto due giorni prima.
E lei era lì. Ferma ad
osservarlo, avvolta in un capottino nero, con un ombrello rosa stretto in una
mano nascosta in un guanto si pelle.
Non si era mossa. Lo
guardava e gli occhi erano freddi come mai gli aveva visti.
“Ti piace Weasley?”
domandò con un filo di voce.
Draco sorrise appena,
“No...”
Pansy si morse il labbro
inferiore, insicura. Lo guardò con occhi colmi di tristezza e rabbia, “Io la
odio! Uccidila per me...”
Il ragazzo respirò a
fondo, “Perché?”
“Perché ti amo...”
Ma non era una
spiegazione. Lei lo sapeva...lui lo sapeva. Eppure Draco annuì. “Va bene.”
Voleva un motivo per
uccidere Ginevra e l’aveva ottenuto.:
Lei doveva morire per
Pansy Parkinson.
E basta.
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Capitolo 22 *** La soffice neve...rossa ***
Nuova pagina 1
Grazie
Patty ^///^
La
soffice neve...rossa
Luna Lovegood sedeva con sguardo assente su un tronco caduto di un pino. I
lunghi capelli biondi, ricadevano sulle sue spalle coprendo l’elegante
sciarpa. Suo padre l’osservava dalla finestra della cucina sorseggiando ogni
tanto del caffè.
Vicino a Luna vi era Ron. Sedeva a qualche centimetro e
con occhi tristi osservava il volo di un strano uccello. Nelle mani stringeva un
cofanetto.
“Oggi il cielo sarà verde, Luna?” la ragazza sospirò
alzando le spalle, “No, ci sarà la soffice neve...rossa...” Ronald sospirò.
Sperava nel verde.
Sperava nella speranza.
A qualche metro da loro Ginny stava creando un pupazzo di
neve insieme ai suoi fratelli maggiori. Stava tentando di creare degli occhiali
simili a Percy.
E rideva.
Bill ne era felice.
Luna sospirò. “Papà ha paura...” mormorò guardando
verso la sua più cara amica, “Dice che Ginevra è il tesoro della vostra
famiglia. E se è vero, allora lei potrebbe essere la prossima vittima di...”
sospirò ancora.
Ron aveva semplicemente annuito.
Ginny era qualcosa di meraviglioso, l’unica giusta in
quella numerosa famiglia. La vide lanciare una palla di neve a Charlie e
scappare verso la strampalata casa.
Sorrise.
“Non succederà...”
E la conversazione finì.
Lovegood s’alzò e si ritirò in casa. Suo padre
l’attendeva.
Non salutò.
Non ricevette saluto.
Ronald invece rimase fermo per un infinità di minuti. E
la neve cadeva su di lui, coprendo il suo capo, le spalle e le ginocchia. I
gemelli l’osservavano dalla finestra della loro stanza. Preoccupati i per la
sua salute.
“Tornerà secondo te?” Fred sospirò.
“Non lo so...” e George si avvicinò all’unica
fotografia che ritraeva tutta la famiglia, Frederik lo seguì con lo sguardo,
“Non è da lui starsene fermo.”
E quando i suoi occhi azzurri si posarono ancora su Ron,
lui era scomparso lasciando al posto suo una scatolina di legno.
“PAPA’!”
E fu tutto troppo veloce per comprendere le azioni.
Ognuno nel suo mondo fu scosso dai suoi pensieri, mentre
George e Fred scendevano dalle scale urlando.
“Se ne andato!” e
uscirono da casa.
Molly trattenne il respiro e Ginny seguì i gemelli.
E poi in un attimo erano tutti all’aperto a studiare la
scatolina di una mangiamorte...di J.Kate.
Ginny si fermò per respirare. Non sapeva chi l’avesse
deciso, ma si erano divisi per cercarlo e a lei, ora, mancava il respiro.
Un rumore alla sua destra la fece sorridere. “Ron!” e
s’avvicinò, ma di suo fratello quella persona non aveva niente.
I capelli biondi e lunghi erano accuratamente tirati sul
retro del capo; il viso pallido e le labbra fine...Spalancò gli occhi e le
labbra.
E il suo urlo raggiunse il resto della famiglia.
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Capitolo 23 *** Diventare mangiamorte ***
Nuova pagina 1
Diventare
mangiamorte
Draco
respirava pesantemente mentre con passi lenti entrava nel proprio gazebo. I
capelli rossi della giovane cadevano scompigliati sul suo braccio e il viso
pallido si nascondeva nell’incavo della spalla.
Pansy
l’osservò posarla su una sedia, corrugò la fronte, Draco stava utilizzando
troppa delicatezza verso quella Weasley.
Lo
guardò alzarsi e indossare l’abito dei mangiamorte, quello che sua madre
aveva scelto per quella serata. Lo vide indossare la fredda maschera bianca, così,
ora, nemmeno lei poteva vedere i suoi sentimenti.
Lei
si sedette nel suo posto. Quello che prima ospitava suo padre. Schioccò le dita
e subito degli elfi domestici si apprestarono a legare la rossa. In pochi
secondi il corpo penzolava con le mani legate da una trave.
Draco
si sedette nel posto d’onore.
“Sarò
degno del tuo amore, Pansy...” sussurrò e il campanile suonò le nove.
Con
calma tutti i mangiamorte possibili entrarono nel gazebo per prendere il loro
posto. Tra loro c’era anche suo padre...sua madre, come era riuscita a farlo
tornare a casa lui non lo sapeva...e non gli importava!
Non
c’era bisogno di parlare. Lui doveva solo pronunciare quella formula...quella Avada Kedavra e lui sarebbe stato ufficialmente un mangiamorte.
L’uomo alla sua sinistra s’alzò e con voce rocca
iniziò un inno, seguito da un altro e da un terzo e così via. Fino a giungere
all’uomo alla sua destra che invece di cantare gli porse una bacchetta.
La sua bacchetta da mangiamorte.
La prese...e con passi sicuri s’avviò nel centro della
stanza, a pochi metri da Ginevra Weasley.
Si guardò intorno.
Trovò subito sua madre e suo padre...e poco più distante
da loro c’era il professore Piton. Lo guardò a lungo. “Sei fiero di
me?” avrebbe voluto chiederglielo. Severus inchinò la testa come a
sfidarlo. E in quel momento Draco capì.
La bacchetta puntata su Ginny iniziò a tremare.
“Che aspetti?” fu la domanda di suo padre, fin troppo
impaziente. Lo sguardo di Draco si soffermò sulla minuta sagoma di Pansy. “Cosa
devo fare?” le chiedevano, e anche lei esitava con le labbra che le
tremavano e la tremenda angoscia di essere causa della morte di una studentessa.
“Uccidila!”
***
Luna
singhiozzò. Suo padre le stava accanto e contemporaneamente cercava di aiutare
i coniugi Weasley.
Ronald
era scappato e Ginevra era stata rapita. E nessuno sapeva cosa fare.
Qualcosa
balzò sul grembo dell’uomo.
“E
questo cos’è?” borbottò toccando insicuro la strana cosa invisibile. Poi
altri tonfi, e rumori di ali circondarono il gruppo di persone.
“I
gufi!” esclamò Luna alzandosi in piedi e guardando nel cielo, lì, a molti
metri d’altezza su una scopa ben curata vi era Kadey, la loro insegnate di
difesa contro le arti oscure.
“Come
sempre hai la risposta giusta, Lovegood!
Allora siamo pronti per andare ad una festa?”
La bionda abbassò e alzò diverse volte le palpebre,
“Professoressa lei è...”
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Capitolo 24 *** Lacrime ***
Nuova pagina 1
Grazie ragazze che mi seguite T_T sono
commossa!
Lacrime
Quando
sua madre era salita sulla scura carrozza che l’avrebbe portata lontana da
lei, le aveva accarezzato dolcemente il viso e con tristezza le aveva sussurrato
quella maledetta frase.: “Pansy…Stai attenta
alla Grifone femmina…Stai attenta ai suoi occhi.”
Ma non c’era motivo di temere Ginevra
Weasley. Essa era svenuta e presto sarebbe morta. E anche se il pensiero di
essere lei la causa della sua morte la tormentava, Pansy voleva assolutamente
togliere di mezzo una Grifondoro.
“Uccidila!” esclamò con
rabbia.
Draco la guardò ancora per qualche
secondo. Dietro la maschera la supplicava di ripensarci, ma la sua fidanzata non
cambiava idea.
Doveva ucciderla per Pansy, per il suo
amore...
Si volto verso Ginny e impugnata con
maggior forza la bacchetta sospirò. E in quel momento, una piccola striscia
blu, che s’intravedeva dalle palpebre appena dischiuse lo fece bloccare ancora
una volta.
Ginevra si era svegliata.
Non ci volle molto per farle capire
d’essere legata...di essere in mezzo a dei mangiamorte.
E spalancò gli occhi spaventata e
supplichevole.
Pansy trattenne il respiro.
“Pansy…Stai attenta alla Grifone
femmina…Stai attenta ai suoi occhi.”
Piton inghiottì rumorosamente.
Draco stavo ancora esitando ed era un
bene. Ma Lucius si stava avvicinando al figlio per spronarlo, ed era un male.
Lo bloccò con mano ferma. “Non vorrai
aiutarlo, vero Malfoy?” sussurrò e il biondo s’arrestò indeciso se essere
furente con il suo primogenito o con il suo migliore amico.
Poi tutto fu luce.
“Avada
Kedavra!”
Ginny
spalancò ancora di più gli occhi, mentre senti un dolore impensabile colpirla
al petto. Ci fu una attimo di silenzio.
Severus
spostò l’attenzione sul corpo della rossa, angosciato dal gesto di Draco.
Sperava che non lo facesse.
Lucius
sogghignò avido insieme alla moglie.
Draco
lasciò cadere la bacchetta. S’inginocchiò distrutto. “Padre cosa mi
avete fatto fare?” era un urlo di disperazione che rimbombò nella stanza
facendo paralizzare i pochi mormorii.
E
la luce cessò.
Lì, ai piedi di Ginevra Weasley vi era un
corpo accasciato.
La maschera di mangiamorte stava sul
pavimento vicino alla mano destra. E i capelli neri stavano sparpagliati sulle
sue spalle, ma il volto si poteva notare benissimo.
Pansy Parkinson si era spostata per
proteggere con il proprio corpo Ginevra.
Ed ora era morta.
Ginny ansimava con le lacrime agli occhi,
mentre Draco strisciava a carponi verso la sua amata. Dalle labbra del ragazzo
usciva solo il nome della fidanzata.
Poco distante, in una carrozza scura ferma
davanti al cancello che delineava la proprietà dei Malfoy, una donna piangeva.
Piangeva la perdita della figlia, e la
perdita di altre persone.
Piangeva perché sapeva già cosa sarebbe
successo in pochi secondi.
E mentre lei versava lacrime la carrozza
s’avviò.
***
Kadey guardava con sospetto il cielo
limpido.
Erano arrivati da qualche minuto e con
qualche trucco che i gemelli avevano inventato in quell’anno erano riusciti ad
entrare nella proprietà dei Malfoy.
L’insegnante camminava sicura nel
giardino verso il gazebo più lussuoso che avesse mai visto, e fischiettava.
“Padre
cosa mi avete fatto fare?”
Bill
si fermò pietrificato da quell’angoscia che l’urlo aveva trasmesso fin a
loro. Anche il resto della compagnia si era arrestato, spaventato già
dall’immagine di Ginny morta. Ma Kadey continuò imperterrita il suo viaggio e
giunta alla porta del gazebo entrò.
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Capitolo 25 *** La vendetta di Kadey ***
Nuova pagina 1
La
vendetta di Kadey
La porta a vetri si
spalanco ad un colpo d’aria gelida. Ginny spostò lo sguardo annebbiato verso
l’unica via d’uscita.
Una sagoma esile entrò
nel gazebo e la discussione dei mangiamorte cessò.
Malfoy
trasalì.
« Tu... »
mormorò con un filo di voce, trascinandosi dietro ad alcuni colleghi, « Tu...Hai
ritrovato i tuoi occhi... » un sorriso si dipinse sul viso di Kadey.
Piton la guardò un attimo
dietro la fredda maschera.
Tutto era pronto.
La donna annuì.
E Severus da quel momento
sapeva di avere poco tempo a disposizione.
Ginevra guardò ancora la
sua insegnante, non poteva crederci, era una di loro...lei era una fata! Deglutì
cercando di parlare, ma qualcosa di dolorosamente freddo le colpì il petto.
Sobbalzò e volgendo lo
sguardo verso il pavimento vide Draco attaccato disperatamente ad un pugnale, un
pugnale che ancora stava nel suo corpo.
E in quell’istante un
suono acuto invase la stanza.
Mani forti d’uomo
liberarono la giovane e con velocità la trasportò fuori dal gazebo. Ginny
respirò a fatica, e quando la luna illuminò il volto dell’uomo, lei vide
solo la maschera dei mangiamorte. Poi svenne.
Il rumore acuto non
diminuiva, e Luna non lo sopportava. Chiuse gli occhi tappandosi l’orecchie,
ma la testa iniziava a scoppiarle.
Kadey smise di urlare.
E il silenzio che seguì
era tremendamente dolorante.
Draco alzò la testa su di
lei, le lacrime che ancora copiose gli scendevano delicatamente sulle guance, e
la imploravano di ucciderlo.
“Tu...Maledetta fata!
Tu...Io ti avevo tolto tutto...!” la donna non curò il mangiamorte biondo e
anzi s’inchinò sul figlio che ancora teneva tra le braccia la sua fidanzata.
Accarezzò delicatamente i
suoi capelli e depositò un bacio sulla fronte dei due ragazzi. Draco trattenne
il respiro e prima di svenire vide un dolcissimo sorriso dipingersi sul volto
della donna.
“Ora a noi Lucius!”
E la porta del gazebo si
chiuse. Il vetro divenne pietra e il legno ferro.
Da fuori Bill s’alzò
vedendo le trasformazioni del gazebo, “Che succede Piton?” ma l’uomo non
rispose, Kadey si stava vendicando... e nel peggiore dei modi.
“Ora curiamo
Ginevra...” mormorò prendendo tra le sue braccia il corpo della giovane, per
poi smaterializzarsi nella sua casa.
Kadey sorrise beffarda.
E alzando le mani in alto
iniziò a muoverle come delle farfalle, i suoi occhi completamente argentati si
fissarono su quelli della maschera di Malfoy, ma lui sapeva che lo vedeva.
“akrio...” sussurrò.
E con lentezza qualcosa
colò dalla pareti e dal soffitto... “Danfeys. Te lo avevo giurato, Malfoy...Ti
avevo avvertito...e tu non mi hai dato ascolto!”
E i primi urli
echeggiarono nel gazebo.
La fata chiuse gli occhi e
con un dolcissimo canto scomparve dalla scena.
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Capitolo 26 *** Enigmi… ***
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Enigmi…
Neville Paciock stava
tranquillamente sistemando i propri abiti nella sua stanza, era tornato la sera
prima per le vacanze natalizie e stanco com’era del lungo viaggio si era
subito addormentato sul divano della sua stanza.
Ora oltre un tremendo
torcicollo doveva sopportare l’assenza del suo elfo domestico, chiamato da suo
nonna nel giardino, come a volergli dare una punizione per aver dormito su un
oggetto che ben lungi dal suo meraviglioso letto a baldacchino.
Ma infondo a Neville non
dava fastidio sistemare come gli pareva. Era però sicuro che sua nonna avesse
messo nella sua stanza una specie di telecamera.
Non aveva ricevuto notizie
da Luna o dagli altri. Nonostante lui gli avesse invitati tutti nella propria
villa per un bel fine settimana, sperando anche di distrarre un attimo dalla
morte del fratello sia Ronald che Ginevra.
Ma il suo gufo era tornato
senza risposta. Probabilmente era ancora troppo presto.
Sbuffò massaggiandosi con
la mano sinistra il collo, “Maledetto divano...” borbottò.
Un bussare leggero lo
distolse dai propri pensieri. Neville andò ad aprire, il suo elfo domestico
stava timidamente aspettando davanti alla porta con un abito a dir vero molto
ricco per essere un umile servo, ma il ragazzo non sopportava lasciarli andare
in giro per le stanze con dei semplici stracci.
“Signorino, perdoni Sinak,
ma Sinak ha una notizia per lei, Signorino.” Neville alzò un sopraciglio,
“Dimmi, allora...” ci fu un attimo d’esitazione per entrambi, poi l’elfo
prese la mano destra del giovane fra le sue e con tristezza sospirò.
“Sinka
deve occuparsi di due nuovi ospiti Signorino. Sinka non può lasciarli perché
loro stanno male, tanto male.” Il ragazzo sorrise, “Va bene Sinka, cosa vuoi
che mi capiti in questa casa? Ma chi sono questi ospiti?” L’elfo sobbalzò
quasi colpevole di aver fatto un crimine. “Non gli piacere Signorino, Sinka lo
sa.”
Neville
rise, e con un giuramento che non lo avrebbe punito per quello si fece
accompagnare nella stanza addebita per gli ospiti.
Aprì
timoroso di svegliare qualcuno. Due comodissimi letti stavano al centro della
stanza e tra le varie coperte di seta vi stavano sue corpi che se non fosse
stato per il leggero alzarsi e abbassarsi del petto, si potevano definire due
cadaveri.
L’elfo
lo fece avvicinare per fargli vedere meglio chi erano...
Neville
aprì e chiuse varie volte le labbra senza riuscire a fare un minimo suono, poi,
come se avesse ricevuto un’improvvisa forza urlò “NONNA!!!”
L’anziana
signora sobbalzò leggermente, doveva aspettarselo un comportamento del genere.
Non fece nemmeno il tempo di posare la delicata e preziosa tazzina di the che si
ritrovò suo nipote di frante a se.
“Neville,
quante volte ti ho detto che gridare non è un comportamento degno di un Paciock?
E nemmeno correre dal piano superiore a quello inferiore.” Alzò con
delicatezza gli occhiali da vista.
“In
questo momento nemmeno avere quei due sotto questo tetto è da Paciock!” e
indicò indignato le scale di legno finemente decorate. “Che cavolo ci fanno
qua?”
Qualcuno rise divertito.
Neville spostò lo
sguardo, finalmente verso l’enorme balcone. Lì tra i vari fiori, che lui
stesso aveva curato, stava suo zio.
Viso baffuto, baffi lunghi
e ridicolamente arricciati all’insù, “Sapevo che prima o poi, Neville
saresti diventato come tuo padre...”
Il ragazzo deglutì a
vuoto, che ci faceva lui a casa sua?
***
Arthur Weasley e Alan
Lovegood stavano guardando desolati la scatolina di legno che Ronald aveva
lasciato a loro. Era completamente vuota e sembrava non avere nemmeno un
significato.
Improvvisamente il rosso
si pentì di non aver chiesto spiegazioni al figlio...Spiegazioni che Percy
voleva dare solo a lui.
Alan si grattò
rumorosamente il capo, in quella grande e strana casa stavano dormendo tutti,
tranne loro due e Piton Severus. Quest’ultimo stava seduto di fronte agli
uomini e guardava assente la maschera da mangiamorte. Non sapeva se Ginevra
fosse sopravvissuta e non sapeva nulla dei Malfoy, la gazetta doveva ancora
arrivare.
Poi un ticchettio contro
la finestra fece distrarre i tre uomini.
Un gufo di buona salute
stava sul davanzale della cucina. Era quello di eri sera...
Arthur aprì la finestra.
Il gufo entrò e si
accoccolò sulla tavola.
La lettera che portava era
indirizzata al signor Weasley.
L’uomo la lesse
velocemente. Poi alzando lo sguardo ai suoi coetanei sospirò.
“Neville Paciock chiede
di andarlo a trovare oggi pomeriggio...” passò la lettera a Lovegood “Dice
ha molte cosa di dirti, io ci andrei...I Paciock sono molto saggi.”
Piton tossì rumorosamente
“Non Neville.”
E in quel momento dalle
scale scese una esile figura, Luna s’affiancò al padre, “Signor Weasley sua
figlia ha ripreso conoscenza...” non finì la frase che l’uomo corse
raggiante nel piano superiore.
Alan sospirò alzando gli
occhi sulla figlia, assomigliava sempre di più a sua madre. Anche
caratterialmente, strana ma decisa a portare fino in fondo il proprio
lavoro...Sorrise.
“Che ne diresti Luna di
andare a trovare Neville?”
La ragazza sgranò gli
occhi arrossendo lievemente, che cosa aveva in mente suo padre?
Piton tossì irritato,
“Paciock sostiene di sapere qualcosa che ci possa essere utile. Devi scoprire
che cos’è...Ci verrei io, ma come ben sai non posso più uscire da questa
catapecchia...” guardò disgustato l’arredamento povero della stanza.
Luna annuì volgendo lo
sguardo sulla scatolina di J.Kate; e improvvisamente le ritornò in mente il
viaggio in carrozza del primo giorno di scuola.
Paciock aveva fatto vedere
una bellissima perla alle sue amiche, lei invece non l’aveva degnata di uno
sguardo me la scatolina... Che centrasse?
La ragazza si scostò di
scatto dal padre e raggiunto il proprio capotto prese la polvere volante, sicura
che i Weasley non se la sarebbero presa, e salutati gli uomini scomparve.
“Quella ragazza...Un
uragano, proprio come sua madre!” sorrise Lovegood.
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Grazie
ragazze!
Non
credo di essere stata così brava, ma comunque vi posso dire che sono a buon
punto...
Speriamo
in bene!
Va
beh...
Al
prossimo capitolo!
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Capitolo 27 *** Il prescelto dei Monaci ***
Nuova pagina 1
Vorrei
scusarmi per l'enorme ritardo, e spero che sto capitolo vi piaccia! Un bacio a
tutti!!!
Il
prescelto dei Monaci
Neville stava fermo ad osservare le fronde
degli alberi dalla finestra della sala. Sua nonna stava comodamente seduta sulla
poltrona.
“Mi spiace...” riuscì a mormorare suo
zio che stava osservando il ritratto di Frank, era da tanto che non vedeva suo
fratello, da anni...troppi...non era mai andato a trovarlo nemmeno
all’ospedale, e ora, ora che sentiva che il suo posto era finito chiedeva
perdono al fratello...e a Neville.
“Non importa.” L’anziana donna
sorseggiò ancora un po’ di te. Aveva cacciato suo figlio da quando lui aveva
lasciato gli studi, ed ora se lo trovava lì a dirgli che il suo piccolo e
imbranato nipotino aveva la Rose.
Chi arriverà?
Un puff fece girare spaventato Neville.
Era giunta l’ora di dire tutta la verità.
Ma a chi sarebbe giunto fin lì a chiedere
spiegazioni?
E quando vide il viso pallido della
ragazza si sentì morire.
“Luna...” bisbigliò.
***
Stavano camminando da ore in quel parco,
ma nessuno aveva fiatato, infine Neville sospirò. “Luna, ci sono alcune cose
che ignorate sul mondo dei maghi.”
La ragazza alzò gli occhi confusa
sull’amico, strinse con forza il labbro inferiore, “Parli dei monaci?”
chiese cercando di non far tremare la voce e Paciock annuì.
“Nati dal sangue di un demone e di un
arcangelo, protetti da Dio e dal Diavolo, sono gli esseri peggiori che possano
esistere su questa terra. Con una forza che va aldilà di quella di ogni umano e
mago, con qualcosa nel loro petto che potrebbe far esplodere il mondo. Sono
qualcosa che fa paura, ma si dichiarano servitori di Dio.”
Sospirò inchinandosi a raccogliere una
margherita magica.
“Ma non è questo il problema, Luna. E
il loro amore verso il frammento di dio che dovrebbe far paura alla gente. Quel
loro servirsi della bontà, e del loro prescelto. Chi sia, non lo ignoro. Non
sono monaco, e non posso saperlo. Ma è l’arma più potente che esista sulla
faccia della terra. E loro la useranno per uccidere un infido e strisciante male
che sta nascendo tra noi maghi. Per distruggere Voldemort. Perché lui non può
esistere, non può prendere il posto del Diavolo.”
Luna spalancò gli occhi stringendosi nel
capotto bianco.
“Non capisco. Loro amano Dio, se no
perché Silente li avrebbe lasciati entrare a Hogwarts?”
“Perché chiedi? Semplicemente perché
il mondo è in pericolo. Semplicemente perché qualcuno aveva rubato il
frammento di Dio...Perché il prescelto era lì.”
Erano giunti in prossimità del lago, e il
tramonto lo stava colorando di un bel rosso.
Lovegood guardò la superficie in
silenzio, quel rosso era così simile ai capelli di Ginivra, e a quelli dei suoi
fratelli. “Ronald...” sussurrò stringendosi le mani al petto.
“Ronald cosa?” e Luna iniziò a
piangere, “Ron...il prescelto è Ron...”
Neville la strinse a se, lasciando cadere
la margherita nella gelida acqua, la vide galleggiare tra le piccole onde.
“C’è però un’altra cosa che non
sai. Una cosa che potrebbe tremendamente spaventosa.” Mormorò accarezzando
lentamente i capelli biondi della ragazza, “C’è il tempo.”
Luna tirò su col naso, e allontanandosi
leggermente dal petto del giovane lo guardò senza capire, “Il tempo?” ripeté
corrugando la fronte.
“Si, il tempo è poco. E se i monaci non
ritroveranno Ronald allora tutto questo...tutto ciò che di più bello c’è può
scomparire...più nulla esisterà.”
Neville scrutò la bionda che lentamente
iniziò a capire.
“E anche se non succedesse, non c’è
solo Ron come arma temibile, ma tutti noi ne costituiamo una. E probabilmente si
sveglieranno anche loro.”
“Vuoi dire che non c’è possibilità?”
e Paciock sorrise dolcemente, “Dipende da noi, Luna, dipende come le vogliamo
usare...” “Quindi anche R...” la testa del ragazzo si mosse con foga in un
no, e Luna capì.
Era così dunque?
Così tremendamente ingiusto il mondo...o
forse era solamente sbagliato credere di essere nel giusto?
Ma ora c’era una battaglia da portare
avanti.
Una grande battaglia.
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Capitolo 28 *** Dolorosi Saluti ***
Nuova pagina 1
Dolorosi
Saluti
Luna era appena tornata a casa.
Aveva raccontato tutto ai Weasley e a suo padre. Ed ora
aspettava seduta su una malridotta poltrona le conclusioni.
Bill beveva tranquillo il the alla cannella, me sembrava
riflettere.
“Non ci posso credere...” mormorò Charlie che
dondolava pericolosamente su una sedia, “Ronald uno di quelli...Che poi alla
fine cosa sono?”
Bill alzò le spalle.
Molly sospirò esausta da quelle rivelazioni.
“Mamma forse è meglio se vai a riposare...” azzardò
Frederik ma la donna lo fece azzittire con un cenno della mano.
“E ora?” chiese
Nessuno parlò.
Il temporale aumentò di forza facendo sbattere
rumorosamente gli scuri. Facendo aumentare l’angoscia.
Il vento spalanco una finestra, e un’altra ancora.
Arthur andò a chiuderle con calma, e proprio quando
giungeva all’ultima l’uomo si spostò spaventato.
Davanti alla finestra stava un uomo incappucciato, un
uomo con la tunica.
“E ora ascolterete me.”
La voce rocca come se provenisse dal profondo di una
caverna fece sussultare Molly.
“Chi sei?” Bill stringeva con forza la bacchetta.
E come risposta il vento fece scivolare il cappuccio dal
capo dell’uomo, mostrando il viso rovinato di Peter Minus.
“L’unica possibilità.”
***
Neville spalancò gli occhi.
Un gufo era appena arrivato nella sala dove c’erano
ancora sua nonna e suo zio.
E la pergamena da lui appena letta non dava belle
notizie.
Lo chiamavano in una disperata impresa.
Gli chiedevano di combattere.
E a lui andava bene. E lui avrebbe fatto qualsiasi cosa
per Luna.
S’alzò e trascinando i piedi si diresse nella propria
stanza.
Non era mai stato coraggioso, ed era sempre rimasto una
frana in tutte le materie. Potevano non essere paragonato ai suoi grandi
genitori. Ma questa volta no...Non si sarebbe fatto abbattere dalla paura.
Tirò fuori dall’armadio la sua bacchetta magica.
“Neville!” la voce della nonna lo raggiunse dal piano
inferiore. “Neville non azzardarti a...” ma un leggero puf le bloccò la
voce. Suo nipote se ne era andato.
Si era ritrovato in mezzo al camino dei Weasley. Luna lo
guardava orgogliosa. Harry ed Hermione annuirono.
“Ci siamo tutti allora...” la voce monotona di Peter
lo fece sussultare. “Andiamo, l’Ordine della Fenice ci aspetta.”
Neville uscì dal camino con l’aiuto di Dean Thomas, il
fidanzato di Ginny. “Ben arrivato amico! Minus ci aveva detto che tu saresti
giunto!” e con una forte pacca sulle spalle l’amico lo lasciò per salire
ancora una volta le scale e salutare la sua adorata Ginevra.
Luna s’avvicinò al giovane Paciock che era stato
circondato dai suoi vecchi compagni di stanza, con un fugace gesto si portò un
ciuffo dietro l’orecchio destro. Lui la guardò e sorrise dolcemente, come a
volerle darle un conforto. E come se quel gesto valesse più di qualsiasi parola
anche lei sorrise, felice di poter avere accanto una persona tanto importante.
***
Molly li accompagnò alla porta.
Le lacrime che lentamente scendevano lungo le sue grosse
guance, e le mani che tremavano.
Abbracciava tutti quanti, conoscenti o no, non le
importava, erano pur sempre persone che andavano a morire per un mondo migliore.
E quando giunse il momento di salutare la sua famiglia
iniziò a singhiozzare disperatamente. Abbracciandoli con disperazione e
raccomandando a ognuno di loro di ritornare e di non fare troppe pazzie.
Anche Ginevra piangeva osservando dalla finestra tutti i
ragazzi, e quando i fratelli si girarono a salutarle il cuore le si fermò. Dean
alzò la mano mandandole un bacio, schiudendo le labbra in un “Ci vediamo
fra qualche ora!” facendola sorridere fra le lacrime.
Luna in quel momento abbracciava con grande affetto e
premura il padre, che da canto suo stringeva con forza la piccola e
l’assicurava che sarebbe tornato. Quando fu il turno di Neville di salutarla
lei gli sciolse la cravatta, “Non serve in battaglia...” mormorò
abbracciandolo, “Ti prego abbi cura di te...”
E finito tutto ciò gli uomini ed Hermione erano
scomparsi dalla loro vista.
Luna e Molly salirono le scale fino a raggiungere la
stanza di Ginny, e senza dirsi niente guardavano fuori dalla finestra.
Ormai non c’era più scampo.
Qualcuno sarebbe morto.
Chi delle tre schiere non si sapeva.
Ma si sperava...Si sperava che morisse il male.
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Capitolo 29 *** Addio ***
Nuova pagina 1
Addio
Ginevra stava ferma ad osservare il cielo in quel momento
nuvoloso.
Non sapeva se la battaglia era incominciata, e forse
sperava che tutto finisse in quell’attimo, ma sapeva...Sapeva che non poteva
essere così.
Si asciugò l’ennesima lacrima.
Il suo Dean aveva deciso di combattere, così come
Hermione, e Neville.
Perfino Harry.
E chi sarebbe tornato?
Chi dei suoi quattro fratelli sarebbe sopravvissuto?
E suo padre?
Improvvisamente pensò a sua madre, all’angoscia che
doveva provare in quel momento, al dolore della perdita di un figlio e della
scomparsa dell’altro...Alla consapevolezza che forse nessuno sarebbe tornato.
Avrebbe voluto consolarla, scendere le scale e
abbracciarla con forza, per dirle che lei era lì con lei.
Ma stava male.
Troppo.
Non si mosse.
E pianse.
Piangeva da ore ormai, e una lacrima in più non era
importante.
Con le mani strinse quel buffo pacchetto Colin Canon le
aveva donato prima delle vacanze. Non lo aveva ancora aperto.
E non voleva.
Luna però le aveva detto che doveva distrarsi in qualche
modo. Lei era andata a volare con la scopa che Cho Chang le aveva regalato. Sua
madre invece stava preparando una torta, -lo sentiva dall’odore-, in attesa
del ritorno di tutti i loro cari.
E lei che non poteva scendere dal letto, che non poteva
volare, o lavorare...A lei era rimasta solo la possibilità di guardare il
regalo di Colin.
E così lentamente tolse la carta regalo, e la buttò a
terra.
Non poteva crederci.
Un album di fotografie.
Logico da una che viveva con la macchina fotografica
incollata addosso.
Ma era comunque sorpresa.
La copertina era lucida, di un azzurro chiaro, decorata
con farfalle che volavano.
Bellissima nonostante la sua semplicità.
E trattenendo il respiro l’aprì.:
La prima pagina conteneva una fotografia magica, tutta la
sua classe di Grifondoro. Sorridevano felici salutandola.
Con
l’augurio di buone feste.
Colin
Era ciò che con tratti delicati il suo compagno aveva
scritto. Sapeva che aveva regalato una cosa del genere a tutti.
Girò ancora una pagina.
E ora non erano più le fotografie magiche, ma quelle
babbane.
Lei seduta a leggere un librò.
Hermione che parlava con Patil Calì.
Neville che curava una pianta.
Harry che volava.
Draco che rideva con dei serpeverde.
Draco che abbracciava teneramente Pansy.
Pansy che sorrideva.
Pensy che piangeva.
Draco che volava.
Cho che si allenava a Quidditch.
Cho che scherzava con Harry e Hermione.
Luna che leggeva una rivista all’incontrario.
Luna che mangiava una cioccorana.
Lei che rideva.
Lei che baciava Dean.
Dean che dormiva.
Dean con in mano un ossarchiotto.
Dean...Dean...Dean...
Colin aveva collezionato molte fotografie di ogni persona
di Hogwarts.
Ed era uno tra i più belli regali che avesse mai
ricevuto.
***
Gli Auror erano andavi avanti.
Mentre loro avevano il compito di tenere a bada i Monaci.
Ma Hermione temeva che quello fosse stato il più grande errore che Silente
potesse fare.
Si fidava di loro.
Ma probabilmente non gli conosceva bene.
“Avada Kedavra!”
Hermione si girò giusto in tempo per vedere un fascio di
luce colpire Paciock. Vide il suo corpo sbalzare tra delle pietre mentre un
altro raggio colpiva uno dei pochi monaci rimasti lì.
Granger spalancò gli occhi lucidi.
“Neville!” urlò cercando di raggiungerlo.
“E no ragazzina! Con chi credi di combattere?”
Una donna dai lunghi capelli rossi le bloccò la strada.
“Mi spiace per Silente, ma Voldemort deve morire per mano del prescelto.”
Alzò la propria bacchetta “Crucio!”
Hermione smise di urlare.
Alzò gli occhi tremanti sulla figura che troneggiava su
di lei. Piton guardava con rabbia la donna che ormai aveva indietreggiato.
“Ce la fai ad alzarti?” la voce di Neville le
giungeva da destra. Si girò, e lo vide ancora intero, un po’ dolorante, ma
intero.
Annuì e con il suo aiuto s’alzò, “Dobbiamo andare
Hermione. Dean ha bisogno di noi...” la ragazza si tirò su col naso, “Ma il
professore...”
Ma Paciock la spinse con forza in un corridoio buio.
“Non preoccuparti, se la caverà. –sorrise- È
tornato indietro sentendo le tue urla. Silente ha capito che non sono dalla
nostra parte.”
Si fermarono in atrio di luce.
Dean stava combattendo proprio lì, l’avversario non
riuscivano a vederlo ma era forte, molto forte.
Neville uscì allo scoperto.
“Crucio!” urlò con tutto il fiato che aveva
in gola raggiungendo l’amico, l’avversario urlò.
***
Ginevra sfogliava lentamente l’enorme album di
fotografie.
E ce ne erano molte divertenti che la facevano sorridere
o addirittura ridere.
C’erano anche quelle sui due gemelli, perfino del loro
ultimo giorno a scuola. E era scoppiata proprio a ridere nel vedere cosa
combinavano i loro scherzi.
Molte anche di Ron, infuriato, triste, allegro,
stupido...Appena sveglio o che si lavava i denti...
Ma ora che era arrivata alle ultime foto si era bloccata
di colpo, delle lacrime le scendevano lungo le guance.
Erano le poche foto che Colin era riuscito a fare a suo
fratello Percy.
La prima era chino su un tavolo della biblioteca a
studiare.
Una dove festeggiava la vittoria di Quidditch.
Un’altra dove raggiante abbracciava la sua fidanzata.
La quarta dove stava sistemando la divisa a Ginny.
***
“Dov’è Harry?” Dean li guardò stanco.
Avevano appena finito il combattimento che già si
ritrovavano a correre per altre stanze.
“È andato da Voldemort...- Hermione respirò a fondo-
Dove sarà Ron? Quella donna ha parlato di lui!”
E i tre si bloccarono di botto.
A qualche metro di distanza vi era un enorme crepaccio.
Dean indietreggiò improvvisamente aveva paura di non poter più rivedere
Ginevra.
Neville lo raggiunse seguito da Granger.
Non era quella la strada giusta evidentemente.
Ma dov’erano?
***
Ginny voltò l’ultima pagina.
Un’altra fotografia magica.
Questa volta raffigurava Percy e Ronald insieme.
Sorridevano allegri e ogni tanto la salutavano.
Erano in una cabina sul treno da soli.
In quel momento il suo cuore saltò un battito.
***
Si fermò ad osservare i tre ragazzi.
I suoi occhi azzurri vuoti, si posarono su di loro.
“Ron!” Hermione fece qualche passo, voleva
abbracciarlo e fargli sentire quanto gli era mancato...quanto si era
preoccupata.
Ma la mano di Dean la bloccò.
“Non è lui Herm...Non vedi?” e gli occhi color
cioccolata della ragazza fissarono quelli chiari del suo migliore amico.
Spenti.
Spenti.
Spenti.
“Prescelto..!” la voce di un uomo giunse
dall’angolo più buio della radura.
Il rosso non ascoltò quella voce, qualcosa stava per
accadere...
“Il mondo è male...”
Neville spalancò gli occhi, lo stava per fare... Strinse
con forza la mano della ragazza, e chiuse gli occhi immaginandosi Luna.
Hermione capì deglutendo, cercando riparo con l’unico
braccio libero così come Dean.
“NO!” la voce maschile di prima giunse alle
orecchie dei ragazzi poco prima dell’enorme esplosione.
***
Un rumore giunse alle orecchie di Luna, appena atterrata
sulla terra ferma.
Ginny sobbalzò guardando fuori dalla finestra.
Qualcosa di luminoso le stava per raggiungere.
Molly urlò disperata.
E tutto in un battito di ciglia finì.
E fu silenzio
FINE
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