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di Elisir86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Carrozze ***
Capitolo 2: *** L'ira di Piton ***
Capitolo 3: *** Gufi invisibili ***
Capitolo 4: *** Borsa di studio ***
Capitolo 5: *** Le lacrime di Luna ***
Capitolo 6: *** Benvenuti a Hogwarts! ***
Capitolo 7: *** La lettera di Percy ***
Capitolo 8: *** Monaci ***
Capitolo 9: *** Partenza! ***
Capitolo 10: *** Lettera ***
Capitolo 11: *** Zucca bucata ***
Capitolo 12: *** Fudia ***
Capitolo 13: *** Una fredda giornata d’inverno ***
Capitolo 14: *** Casa Weasley ***
Capitolo 15: *** Viaggio nel nord ***
Capitolo 16: *** Le stelle non sono inutili ***
Capitolo 17: *** Pensieri ***
Capitolo 18: *** Un piccolo regalo ***
Capitolo 19: *** Severus ***
Capitolo 20: *** La Stella ***
Capitolo 21: *** Perché uccidere Ginevra Weasley ***
Capitolo 22: *** La soffice neve...rossa ***
Capitolo 23: *** Diventare mangiamorte ***
Capitolo 24: *** Lacrime ***
Capitolo 25: *** La vendetta di Kadey ***
Capitolo 26: *** Enigmi… ***
Capitolo 27: *** Il prescelto dei Monaci ***
Capitolo 28: *** Dolorosi Saluti ***
Capitolo 29: *** Addio ***



Capitolo 1
*** Carrozze ***


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Carrozze

 

Lei stava lì. Accanto a quel deficiente di un Grifondoro, e rideva. Si portava una mano sulle rosee labbra e con l’altra si spostava una ciocca vermiglia dalla fronte. Il mantello nero si gonfiava ad un improvviso soffio d’aria fredda, il cappuccio cascò sulle spalle. Ma lei rideva sempre…Allegra come mai l’aveva vista.

E lui stava lì. A guardarla come un ebete. Sperando che quel dolore al petto si calmasse…sperando che lei non fosse causa della sua confusione. Le sue dita strinsero la mano fredda di ragazza.

Pansy Parkinson osservò stupita il suo fidanzato, le stringeva la mano con rabbia, quasi volesse usare lei come involucro per quell’ira. Si strinse di più nel mantello.

“Draco…” sospirò attirando su di se lo sguardo del giovane Malfoy. “Andiamo?” lui annuì.

Socchiuse gli occhi iniziando a trascinare i piedi sul terreno fangoso. Superò il gruppo di Grifondoro tra cui Ginevra Weasley. Che soave non staccava gli occhi blu da quelli marroni di Dean. Che lui Draco Malfoy doveva uccidere.

“Uccidi Ginevra Weasley!”

Spietata la voce di sua madre lo colpì al cervello, bloccandolo sul posto, facendolo rabbrividire, trattenere il respiro e ondeggiare lievemente.

Violenta come una sberla quella frase gli rimbombava nella mente.

“Uccidi Ginevra Weasley!”

“Uccidi Ginevra Weasley!”

“Uccidi Ginevra Weasley!”

“Uccidi Ginevra Weasley!”

“Uccidi Ginevra Weasley!”

Pansy l’osservò preoccupata, quasi temesse di vederlo cadere. E non capiva cosa avesse. Non capiva perché sbatteva così freneticamente le palpebre cercando di cancellare o annullare qualcosa.

Si strinse con il corpo sul forte braccio.

“Draco…” sussurrò quasi temesse che qualcuno potesse sentirla. “Non qui…” continuò guardando il gruppo di Grifondoro fermo ad osservare incuriosito la scena.

Socchiuse gli occhi alla seconda e gelida folata di vento.

“Si.” fu la semplice risposta del Serpeverde.

E con passo veloce ma strisciante si allontanarono. Le mani strette in cerca di calore, i volti fissi davanti a loro. Freddi e orgogliosi i loro occhi scrutavano le poche carrozze vuote.

Ginevra gli osservò allontanarsi, preoccupata che qualcosa stesse per succedere. E quello sguardo freddo, assassino. Aveva paura.

Si strinse nel mantello mentre le grandi e forti braccia di Dean Thomas si stringevano in torno a lei, cercando di donarle conforto. Sorrise alzando il voto verso il suo ragazzo.

“Andiamo, anche noi?” Hermione aveva già puntato una carrozza. Luna puntò i suoi azzurri occhi sulla testa ricciuta della ragazza, “Domani il cielo sarà verde…” mormorò quasi più a se stessa che alla nuova amica.

Ginny rise, “Si verde speranza!” annuì salendo sulla bianca carrozza, Lovegood alzò le spalle e con occhi spenti iniziò a leggere al rovescio il libro che Granger le aveva imprestato sul treno. La castana scosse sconsolata la testa.

E in quel momento salì anche Harry insieme a Ronald e Neville.

Il primo muto, perso nei suoi tormenti e Ron cercava di tirarlo su di morale…di farlo sorridere, inutilmente. Neville invece teneva la testa china e con sguardo intristito cercava di non parlare, di non esprimere ciò che, probabilmente gli avrebbe ricordato i suoi genitori.

Si sedettero.

E solo quando con un sospiro di sollievo -come se in quel posto si sentisse al sicuro- Paciock aprì una piccola scatolina che stringeva tra le mani dall’inizio di quella giornata. Una piccola perla faceva la sua figura tra un fazzoletto di seta rossa. Una perla meravigliosa, che sembrava illuminare quelle sera nuvolosa. Ginny la guardò rapita.

“Cos’è?” Ronald si avvicinò per esaminarla, “Il regalo di mia madre.” un sorriso raggiante si dipinse sul volto di Neville, mentre Hermione insicura avvicinò un dito per sfiorarla, “Posso?” chiese e lui annuì. Ginevra sospirò “È bellissima…” Harry lanciò uno sguardo alla piccola perla per poi tornare a guardare fuori dal finestrino. “Nonna non lo sa…Me l’ha data il giorno del mio compleanno…” sussurrò mentre lo sguardo diventava teneramente dolce.

Poi senza preavviso la chiuse.

Le due ragazze sbatterono ripetutamente gli occhi, Luna si girò in quel momento per contemplare la scatolina di legno chiusa.

“Ve l’ho fatta vedere, perché la trovo molto bella, nonostante sia molto piccola. E poi sapevo che a voi due sarebbe piaciuta molto!” e con delicatezza la mise nella borsa a tracolla.

Dean sorrise, e stringendo la sua fidanzata in un tenero abbraccio le depositò un bacio sulla fronte, “Un giorno te ne regalerò una così.” Sussurrò e il sorriso di Ginny s’allargò.

Si era decisamente felice.

Intanto in un’altra carrozza, Draco Malfoy stava tranquillamente osservando il paesaggio lugubre che lo circondava. La notte era avanzata. Pansy era seduta accanto a lui con il capo appoggiato delicatamente sulla sua spalla, gli occhi fissi su un Thestral, ma nonostante questo la dolcezza che le si leggeva non spariva. Si sentiva tranquilla accanto al suo fidanzato.

Draco le circondò le minute spalle con un braccio, spostando lo sguardo sul punto in cui guardava la ragazza. Lì, dove per lui non c’era niente vi erano dei strani animali a forma di cavalli scheletrici…o roba del genere, non si ricordava nemmeno il nome. Ma si domandava cosa avrebbe provato a vederne uno. Pansy cosa provava?

La Serpeverde si lasciò andare chiudendo gli occhi, respirando il profumo dolce di Malfoy e sorrise, “Grazie.”

Tiger Vincent lanciò uno sguardo ai due fidanzati, sembravano più amici che altro, ma forse era così un rapporta di coppia. Alzò le spalle e continuò a leggere il brano di un nuovo gruppo musicale, mentre il russare Goyle Gergory scandiva i secondi.

 

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Capitolo 2
*** L'ira di Piton ***


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L’ira di Piton

 

Il calore dei primi raggi del mattino riscaldava il viso pallido della ragazza. Con lenti e inutili mugolii la giovane si girò verso il freddo muro della torre. I capelli castani le cascarono scomposti sugli occhi ancora chiusi. Con mano incerta si tirò le coperte fin sopra le coperte.

Un’altra ragazza mugolò nel letto vicino al suo.

“Mmm…Hermione…” la voce impastata dal sonno di una terza costrinse la castana a sollevare lentamente le palpebre. Il buoi e il caldo della coperta la fecero sospirare di sollievo.

Calì…” sussurrò la stessa voce mentre il rumore di coperte seguito poi da leggeri passi echeggiò nella stanza. Patil mugolò contrariata da quell’intrusione.

Granger sbucò con il resto della testa dalle coltri, guardò Lavanda Brown rovistare nel baule e prendere qualche oggetto per la toilette. Sbuffò ricadendo sul cuscino, lanciò un occhiata a Calì ora anche lei sveglia con gli occhi fissi sul soffitto. “Le vacanze durano troppo poco” esclamò sbadigliando e quella mattina Hermione le dava decisamente ragione.

“Abbiamo pozioni alle prime ore, e se non volete prendervi una punizione alzatevi!” Lavanda uscì dal piccolo bagno. Patil scese dal letto con malavoglia per occupare il bagno.

Dopo qualche minuto Harmione segui l’esempio.

 

Ronald scese di corsa dalle scale per arrivare ai sotterranei, dietro di lui Harry lo seguiva con fatica. “Dai, non vorrai arrivare tardi, quello ci fa a pezzi!” esclamò il rosso aumentando l’andatura.

Come avevano potuto dimenticarsi di Piton? Ron ancora non si poteva capacitare della loro sbadataggine, per colpa di quel libro inutilizzato che il professore aveva preteso per ogni anno, loro erano in ritardo!

Hermione a colazione gli aveva guardati delusa, e con un “Ci vediamo dopo” si era avviata verso la classe. Primo giorno di scuola e già una punizione! Sua madre l’avrebbe strozzato! Arrivò davanti all’enorme portone dell’aula.

Guardò nervoso l’orologio che suo padre gli aveva regalato, uno babbano. Sospirò sollevato,mancava ancora un minuto. Sospinse la pesante porta ed entrarono. Piton non c’era ancora.

Granger indicò i due posti liberi davanti a lei con un cipiglio severo.

Il vociare delle due classi continuava frenetico e allegro, mentre i due ragazzi preparavano gli strumenti, Harry alzò lo sguardo sulla cattedra, non sapeva se aveva voglia di vedere Piton.

“Lui dov’è?” sussurrò il rosso, gli occhi azzurri fissi su una boccetta vuota, Hermione sospirò, “Non lo so… è in ritardo di dieci minuti” Ronald alzò lo sguardo sconvolto, e desolato lanciò un piccolo sguardo sull’ orologio, si era fermato di nuovo. Sbuffò.

Granger sbadigliò leggermente, non aveva voglia di fare lezione.

Neville era nel posto accanto a lei, quell’anno sarebbero stati compagni di pozioni. La guardava semplicemente assonnato, chissà che baldoria la sera precedente, conoscendoli…

“Herm, stavo pensando…” iniziò l’amico osservando il soffitto, “Che forse il professore è ammalato, nemmeno ieri sera era presente al banchetto.” Hermione sospirò, sperava sinceramente che Piton fosse nel letto febbricitante.

D’improvviso la porta si aprì con forza, sbattendo con violenza contro il muro. Il mormorio si smorzò facendo calare un tremendo silenzio.

Piton Severus avanzava lento con gli occhi neri pieni d’ira fissi davanti a se. Il scuro mantello colpiva i banchi con schiaffi di stoffa. Non degnò nessuno di uno sguardo nemmeno Draco Malfoy. Raggiunse la cattedra e prima di sedersi appoggiò le scheletriche mani su di essa. Alzò gli occhi per la prima volta sui visi ammutoliti degli studenti.

Ad Harry il cuore s’arrestò. Ronald trattenne il respiro come tutti gli altri e Draco abbassò lo sguardo.

In quelle scure iridi vi era solo una fredda e calcolata rabbia, come quando vedeva Sirius…anzi peggio. Sembrava una famelica pantera pronta ad attaccare.

Riportò lo sguardo sulla scrivania e lentamente si sedette. Il mantello coprì metà corpo. I capelli unticci gli ricadevano sul viso impedendo ai ragazzi di vederlo in faccia.

Le mani si strinsero con forza tra di loro. Respirò a fondo. “Per domani voglio una relazione di sei pergamene su Drosork. Non alzare quella mano!” esclamò facendo bloccare il braccio di Hermione nell’azione di alzarsi. Lei deglutì ed abbassò l’arto. “Ho detto sei pergamene, non di meno e non di più!” s’azzittì. Gli occhi ancora bassi.

“Oggi dovrete creare la pozione per le illusioni. Avete esattamente due ore. Troverete gli ingredienti e come prepararla alla pagine 3025 del vostro libro di testo, cercate non fare rumore. Appena avete finito portatemene una boccetta e poi andatevene.”

Draco iniziò a sfogliare le pagine, non aveva visto Piton così arrabbiato. E quell’estate non era nemmeno andato a trovarlo…neanche una volta. Era ovvio che era furioso con suo padre. Lucius Malfoy era un mangiamorte e si era fatto scoprire, Piton non glielo avrebbe perdonato per quello. E lui? Avrebbe perdonato lui? Lui che stava per diventare un mangiamorte?

“Malfoy!” tuonò l’oscuro professore, il biondo alzò lo sguardo inghiottendo rumorosamente “Non perderti in futili pensieri e inizia a lavorare se non vuoi una punizione!”

No, non l’avrebbe perdonato…

Harry sobbalzò, per un attimo aveva confuso Malfoy in Potter. Respirò a fondo, non poteva odiarlo solo perché aveva spiato i suoi pensieri più intimi…vero?

Allargò gli occhi verdi spaventato, di sicuro non poteva ucciderlo per quello, non lì almeno, non a scuola…ma odiarlo…Si poteva odiarlo fino alla morte.

“Potter!” tuonò di nuovo Piton, “Tu e Malfoy vi siete messi d’accordo per farmi esasperare?!?” la classe si fermò ad osservare l’alta figura del professore. In piedi, dietro la cattedra, non ci stava l’insegnante scorbutico, ma un incubo nero e agghiacciante, con due occhi iniettati di puro odio.

“Se non iniziate subito la pozione vi darò una punizione che vi ricorderete per tutta la vita!” la sua voce era diventata un sibilo velenoso…tagliente come la peggiore delle sciabole.

E senza aspettare oltre gli studenti continuarono la loro ricetta.

 

 

Grazie a Sabry e Viola del pensiero per i commenti, davvero così tanti complimenti non me li sarei aspettati ^^

Speravo che vi piacesse almeno quel capitolo!

Questo è un po’ strano, almeno così ha detto la mia sorellina.

Spero che sia di vostro gradimento ^__^

Un altro personaggio che adoro è Piton (dopo Ronald ^^)…ma non so se ho reso l’idea di quanto fosse arrabbiato ^^

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Capitolo 3
*** Gufi invisibili ***


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Gufi Invisibili

 

Ginevra si accomodò nel banco accanto a Luna. Era felice di poter condividere le lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure con l’amica di Pecoranera. La bionda si girò solo un per qualche secondo, giusto per salutarla con un timido sorriso.

La seconda ora era appena iniziata e nonostante questo la professoressa non si era fatta vedere. Ginny sospirò. La sera precedente l’insegnante aveva fatto una piccola comparsa giusto per  presentarsi.

“Buongiorno ragazzi!” una giovane donna si sporse dalla piccola ringhiera delle scale che portavano alla sua stanza. Un sorriso raggiante era dipinto sul suo volto, la frangetta copriva le bende che come la sera precedente fasciavano gli occhi e la fronte. La treccia disordinata le ricadeva sul petto, Colin Canon la fotografò.

“Io sono Kadey, la vostra nuova insegnante di Difesa!” scese con agilità i gradini, nonostante non vedesse, “Se credete di non aver talento in questa materia è meglio che cambiate idea. Affrontare un nuovo argomento scoraggiati è la cosa peggiore che possa accadere!” si fermò davanti alla cattedra posando un piccola gabbia di ferro.

“Quanti di voi hanno un gufo?” molti alzarono la mano, per poi ripensarci e riposarla sui banchi. “Bene. Quasi tutta la classe!” e sorrise.

“E tu nell’ultimo banco vicino la finestra, non hai gufi?” Ginny trattenne il respiro, parlava a lei, deglutì, tutti lo sapevano il perché non aveva gufi o animali…lo sapevano per via del suo cognome. “Sono Ginevra Weasley” e sottolineò l’ultima parola. L’insegnate annuì.

“Non ti perdi niente, ragazza mia! Alla tua età ne avevo uno, ma poi loro invecchiano e perdono la testa, o beh, dire testa a un uccello…” lasciò la frase a metà per sedersi sulla cattedra.

Sembrava una arrogante ragazza più che una professoressa.

“Bene, vedete tutti ciò che io non vedo?” chiese indicando la piccola gabbia vuota. Luna s’alzò eccitata, “Ci sono i gufi!” Ginny alzò gli occhi al cielo mentre tutta la classe rideva.

Kadey sorrise, “Tu devi essere Luna Lovegood, il professore di pozioni ha sottolineato la tua esuberanza. Sono contenta che ci sia una alunna come te!” Prese la borsa e iniziò a rovistarne all’interno, “Vedere oltre ciò che ti dicono gli occhi non è una cosa semplice, ma è affascinante.” Ripose la borsa e nella mano sinistra teneva una bomboletta spray.

“Comunque, Luna ha ragione. Ci sono dei semplici e tipici gufi Irlandesi.” Ginevra si sporse in avanti, “La loro grandezza varia tra i tre e cinque centimetri, e non possono essere visti nemmeno da occhi magici e roba del genere. Se vi state chiedendo cosa mi serve questa bomboletta, è molto semplice, per colorare i gufi.” Spruzzò sulla gabbia colorando essa e i piccoli esseri all’interno di rosa.

“Ora li vedete tutti?” domandò, Colin annuì fotografandoli.

Ginny sorrise teneramente, erano così piccole e dolci quelle creature spaventate, “Nonostante il loro aspetto sono creature abbastanza pericolose. Sarebbero dovuto essere il vostro programma dell’anno scorso, ma sapendo chi vi siete trovati come insegnate ho deciso di fare un piccolo riassunto!”

Luna si sedette raggiante, “Ora dovete sapere che io e l’insegnate di Cura delle Creature Magiche, abbiamo deciso di cooperare per una maggior istruzione per voi. Perciò pregherei tutti di non indugiare durante le lezioni di Hagrit per ulteriori spiegazioni sulle mie, e viceversa.”

Aprì velocemente la gabbietta lasciando liberi i gufi.

Una ragazza di pecoranera si coprì spaventata il capo, Colin inizò a fotografarli.

“Bene. Ora voglio che usiate la vostra bacchetta per bloccarli, la frase che dovete pronunciare è OEWIU!” Puntò la sua bacchetta su uno particolarmente fastidioso e colpendolo con un fascio verdognolo. Il gufo s’addormentò.

Con calma i ragazzi iniziarono a lanciare fasci a quelle piccole creature, colpendoli uno dopo l’altro. L’ora passò.

E quando Ginny portò l’ultimo gufo nella gabbia, vide che il colore stava sparendo. Kadey rise. “Ci mettono almeno un ora e dieci minuti ad assorbire il colore. Dei veri guastafeste non trovi?” e chiuse la gabbietta.

“A cosa servono?” azzardò un ragazzo. L’insegnate sorrise, “Sono felice che me lo chiedi!” si posò l’indice destro sulle labbra come se pensasse, “Fin dall’antichità questi gufi sono stati allevati da nobili famiglie per salvare il loro casato in tempo di guerra. Quando l’inglesi scoprirono questo piccolo e invisibile nemico ne portarono alcuni nella propria patria cercando inutilmente di allevarli. Nessuno a mai scoperto come gli Irlandesi ci siano riusciti. Comunque sia ora sono assai rari da trovare ed è un bene visto i tempi che corrono.”

Si girò verso la finestra sorridendo al contatto con il sole caldo.

“Cosa le è successo agli occhi?” Ginevra trattenne il respiro. Si morse il labbro inferiore. Non era sicura di volerlo sapere.

Kadey spalancò la finestra e respirò a fondo.

 

Grazie a tutte di avermi scritto!

Mi avete fatto arrossire!! ^///^

I nomi ho deciso di metterli in quel modo perché mi piace, ad esempio c'è una pagina nel quinto libro dove ci sono almeno venti volte Ron e Harry, mi ha dato un fastidio ...^^'

Vorrei precisare che Piton è dalla parte dei buoni, ma ovviamente Draco non lo sa...

Va bene grande così???

 

GRAZIE ANCORA!!!

Scrivetemi ancora!

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Capitolo 4
*** Borsa di studio ***


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Borsa di studio

 

Pansy guardò divertita il volo di un piccione. La strada di studio che aveva scelto era ben diversa da quella del suo adorato Draco, e quel giorno non aveva avuto la possibilità di vederlo. E molto probabilmente nemmeno il giorno dopo e così via.

Ma era felice.

Nelle mani stringeva un busta di pergamena dove Hagrid le aveva generosamente nascosto un piccolo testo riguardante la vita dei giganti.

Entrò nella scuola. Aveva un’ora buca e ne voleva approfittare per studiarsi il materiale appena regalatole.

Aprì gli occhi neri giusto per vedere dove dirigersi. Si fermò. E sospirò preoccupata un “Draco…”

Il ragazzo alzò lo sguardo sulla sua fidanzata.

Stava davanti a lui, rigidamente ferma.

“Pansy…” mormorò spostandosi di qualche centimetro, invitando la ragazza a sedersi sul gradino accanto a lui.

Lei si sedette.

I loro occhi puntati sulla porta, “Qualcosa non va?” Draco chiuse gli occhi, c’era qualcosa nella voce di Parkinson che gli donava tranquillità e sicurezza. L’adorava per questo.

“È per Piton, vero?” anche questa sua capacità di capirlo gli piaceva, non poteva trovarsi meglio con nessun’altra.

Lui annuì.

Rimasero in silenzio per molto tempo.

“È arrabbiato con tuo padre?” lui alzò le spalle. Che ne sapeva, Severus non gli parlava.

Silenzio.

“Come va ad essere l’unica studentessa che ha scelto la strada per diventare una storica?” Pansy rise, e Draco capì. Era da tempo che non la vedeva ridere.

La sua Pansy era tornata a sorridere.

***

Hermione guardò accigliata la professoressa di Erbologia. Ron aveva smesso di scavare nel vaso. Harry aveva spalancato gli occhi.

Era la quarta ora, avevano appena sospirato di sollievo per esser usciti dall’aula di pozioni, ed si ritrovavano ad ascoltare la voce moderata della professoressa Sprite. E l’ultima frase in un cabinato discorso aveva fermato l’attività dei giovani.

Neville posò noncurante la paletta infangata, il viso sporco di sabbia e uno strano luccichio gli illuminava gli occhi marroni. “Una borsa di studio?” domandò trattenendo a stento l’eccitazione.

L’insegnante annuì con forza. “Esattamente Paciock! Una vera e propria borsa di studio, per la scuola di stregoneria basata esclusivamente su questa materia.” Fece una pausa, come se dovesse pensare alle parole seguenti, “Perché non porvi a fare il test?” allungò al giovane una grossa busta di carta contenente alcune pergamene. “È un’opportunità meravigliosa per te ragazzo, sei il migliore del corso e non sei stato tu l’anno scorso a decidere di voler diventare uno studioso su quest’argomento?”

Neville arrossì. Annuì e prese la busta.

Hermione si accigliò ancor di più. Non voleva assolutamente diventare qualcosa di simile ad una studiosa delle piante e tanto mento un’insegnate di Erbologia. Ma se Neville poteva riuscire ad avere una borsa di studio per un’importante facoltà, allora anche lei ci sarebbe riuscita.

Alzò l’affusolata mano destra, “Vorrei anch’io il test, professoressa!” Sprite la guardò con una curiosità spenta. Si portò una mano sulla grossa guancia, “Non credo che sia il caso signorina Granger. Lei non ha quella passione che Pciock ha per questa materia…” La ragazza le si avvicinò, “Nel corso sono alla pari con Neville e…” L’insegnante alzò gli occhi sulla serra, poi annuì. Le diede con poca convinzione la busta.

Hermione ritornò al posto.

Ronald si sfregò una mano tra i capelli rossi, sporcandoli di fango. Harry scosse sconsolato la testa. “Herm…” iniziò, ma la ragazza era già tornata a lavorare sul proprio vaso.

La professoressa spalancò gli occhi, “Allora è meglio che vi comunichi che solo uno di voi potrà andarci.”

Ron guardò sconsolato l’amica, sul suo viso leggeva già determinazione.

Potter sbuffò.

Poi ricominciarono a lavorare.

 

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Capitolo 5
*** Le lacrime di Luna ***


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Le lacrime di Luna

 

Ginevra osservò felice la colazione che si era appena materializzata nel suo piatto. Iniziò a mangiare. Era il terzo giorno di scuola e quel giorno avrebbe avuto per la prima volta pozioni. Chissà se era ancora furioso come le aveva raccontato Dean.

Alzò lo sguardo confusa sul fidanzato ormai in piedi, “Io vado Ginny, ho Cura delle Creature Magiche. Ci vediamo a pranzo?” E le diede un piccolo bacio sulle labbra.

Ronald quasi si soffocò col succo.

“Va bene, ma non tardare!” e finse il muso. Dean rise e s’avviò verso la hall.

Ron la guardò storto, “Non dovresti baciare così liberamente i tipi…” mormorò. Hermione rise portandosi la busta contenete il test finito, alla bocca. “Ma cosa stai dicendo?” Harry si mise una mano sulla fronte scotendo la testa e cercando di non ridere. “Lo sai, lo sai…” e con aria saccente il fratello s’alzò dalla panca e stringendo con un braccio i libri e se ne andò. Potter lo seguì. “È un po’ presto, ma è meglio che ci avviamo, abbiamo Erbologia e non vedo l’ora che la professoressa guardi il mio test per confrontarlo con quello di Neville. Purtroppo lui ha potuto consegnarlo ieri, visto che ha solo tre o quattro materie…Beato lui. Comunque anche se vincessi, lascerei a lui la borsa di studio, io non certo intenzione di focalizzarmi solo su una materia. Ci vediamo dopo!” e anche Hermione s’alzò.

Ginevra sospirò. Finalmente c’era un po’ di silenzio.

Neville entrò in quel momento. La divisa ancora in disordine. Sorrise alla rossa e si sedette proprio dove prima stava il suo Dean.

Si salutarono e poi lui iniziò a mangiare.

“Se prendessi la borsa di studio quando partirai?” Paciock alzò gli occhi per qualche secondo dal suo piatto, “Ah, ecco sarebbe venerdì sera…” Ginevra spalancò gli occhi. “Così presto?” lui annuì.

Fra due giorni Neville sarebbe partito per l’Italia. Non ci poteva credere! Allungò il collo per osservare il tavolo dei Pecoranera…per cercare Luna.

“Sai Neville è davvero molto dolce! Ieri, ad esempio, mi ha portato davanti a un piccolo lago per poter guardare le stelle e magari con un pizzico di fortuna avrei potuto fotografare quel strano uomo.”

Glielo aveva scritto quell’estate, quando era andata nei pressi dei territori dei Paciock con suo padre, alla ricerca di un uomo metà insetto.

Si era persa per lui. Ginny ne era sicura.

Ma nell’ormai vuoto tavolo non c’era la sua più cara amica.

 

Arrivò in classe con il fiatone. La professoressa stava in piedi, come sempre bendata, ma a Ginevra sembrava che i suoi occhi si fossero puntati su di lei.

“Bene Weasley. Credo che tu abbia una più che valida ragione per essere in ritardo. Intanto vada al posto e mi dica se anche Lovegood entrerà da un momento all’altro.”

Ginny si sedette.

Luna non c’era. Eppure lei sperava che ci fosse.

“Non lo so…” rispose.

Kadey si girò verso la lavagna. “Prendi appunti ragazza. Stiamo parlando di Danfeys una tortura usata esclusivamente dai mangiamorte.” La ragazza iniziò a scrivere.

“Non c’è modo per difendersi da questa maledizione, l’unica cosa che potete fare è sperare. Sperare di morire subito. Perché ve la insegno? Perché ora Voldemort è tornato e nessuno avrà pietà di voi. Maghi o no! Questa è la realtà ragazzi. È inutile trasalire, guardarmi con i vostri occhini da cuccioli e aver paura.”

Ginevra si strinse nel mantello, improvvisamente aveva freddo.

“Ora. I mangiamorte non sanno -non ancora, almeno- che noi stiamo studiando una specie di medicina, in collaborazione con la Fate.”

Si girò verso la figura minuta di Colin “Le fate sono ben più potenti dei maghi, ma possono essere uccise come tutti gli esseri viventi. Ricordatevi questo, se vi capita d’incontrarne una. Come potete distinguerle? Per via dei loro occhi, sono completamente colorati. Le Fate dei laghi gli hanno color zaffiro, quelle delle praterie d’oro e via dicendo.”

Si fermò per aprire una finestra.

“Comunque sia la nostra lezione è su Danfeys e non di certo su quelle strane creature. Allora, Danfeys brucia la pelle, molto lentamente.” Pronunciò le ultime parole con calma, quasi a voler provocare un brivido di terrore agli studenti.

“Com’è possibile?” azzardò Ginny. L’insegnante incrociò le mani dietro la schiena. “Possibile? Weasley, mi dispiace deludere le sue prospettive ma siamo in guerra, e coloro che l’hanno iniziata non hanno pietà.” Sembrava nutrire un vero e proprio odio verso i mangiamorte, qualcosa che andava ben oltre alla voglia di vedetta per i cari morti. Improvvisamente Kadey si sfiorò le bende per poi posare la mano sul davanzale.

Ginevra spalancò gli occhi. Le avevano fatto qualcosa..! E la professoressa era così coraggiosa da volerli sfidare di nuovo?!

“Le Fate e i maghi più potenti stanno cercando di creare una pelle riparabile…E finché non sarà pronta sarà impossibile potersi salvare da Dafneys. Spero bene che voi vogliate aspettare l’arrivo di questa nuova pelle prima di farvi catturare.”

Colin deglutì.

“Oh! Non preoccuparti Canon, quelli mezzosangue e babbani non saranno mai torturati.”

Un ragazzo alto e ben messo, s’alzò. I capelli lunghi e neri ondeggiarono. “Perciò è inutile che mezzi noi sappiano dell’esistenza di…”

La mano di Kadey colpì con forza il duro marmo, “Non è inutile!” la voce si era lievemente alzata, e non sembrava neanche arrabbiata, ma ciò fece zittire i mormorii della classe.

Si spostò delicatamente un ciuffo ribelle.

“Il mondo ragazzi.” sussurrò sporgendosi dalla finestra, “Il mondo è così bello. Vi sembra così inutile combattere solo per questo? Per tutti gli animali che non si possono difendere, i babbani che non conoscono la magia e non sanno come creare scudi per salvarsi; per il cielo così bello, e la terra così fertile…è forse inutile?” sorrise teneramente.

Si voltò verso la classe, muta, che assorbiva piano le sue parole, e che in quel momento non capivano. “Io, non sono sicura che sia un bene per voi conoscere la malvagità di alcuni maghi. Non ne sono certa. Ma se è l’unico modo per potervi mettere in guardia…per salvarvi…allora vi insegnerò il Male Puro. E voi non dovreste averne paura. Perché una volta conosciuto, il male non è poi così spaventoso!”

 

Ginny chiuse gli occhi.

La sala le sembrava improvvisamente così piccola e aveva paura di soffocare.

Aveva passato una mattina intera a prendere appunti su Dafneys. Non aveva mai pensato a cose così terrificanti…non era mai andata oltre all’Avada Kedavra. E ora quel anatema non le sembrava una brutta soluzione.

Dean le stampò un bacio sulla fronte. “Cos’hai tesoro? Mi sembri stanca.” La ragazza alzò lo sguardo, “Mi dispiace. Sto rovinando l’unico momento della giornata che posso passare con te.” Posò le labbra su quelle di lui. Hermione tossì.

“Il fatto è che la professoressa di Difesa, ci ha fatto una lezione allucinante! Guarda, non vedo l’ora che arrivi pozioni…almeno lì non ho da prendere appunti e posso pensarti.”

Ronald tossì rumorosamente. Ginny rise.

Harry alzò lo sguardo sulla pallida ragazza che stava entrando nella sala in quel momento. Poi tornò a torturare il pranzo.

Una mano si appoggiò sulla spalla della rossa, lei trasalì. Si voltò con gli occhi blu spalancati. Respirò di sollievo nel vedere che era solo Lovegood. “Luna! Mi hai spaventata!” rise.

“Ginevra ho lasciato in camera tua i miei orecchini?” domandò la bionda. Gli occhi azzurri di solito spenti erano carichi di tristezza e contorceva le mani come in preda al panico. Non aveva mai visto la sua amica così.

“Quando te ne sei andata lì aveva ancora…” mormorò Ginny guardandola preoccupata, “Me lì hanno presi?” domandò ancora più spaventata di prima. Harry s’alzò per controllare non li avesse addosso, e in effetti non lì aveva.

“Lo fanno sempre, Luna, ti prendono sempre delle cose…” la voce le morì in gola. Luna si era messa a piangere, disperata come non mai. Come una bambina piangeva così forte che tutti si girarono e la confusione era finita.

I professori posarono le posate.

“Luna…” Ginevra si era alzata e aveva stretto accanto a se la sua amica. “Non fare così. Ritroveremo i tuoi orecchini.” Cercò appoggio da Hermione che annuì sonoramente, “Si saranno in camera tua da qualche parte…”

McGranitt Minerva s’avvicinò, “Cosa stai combinando Lovegood. Non credi di essere un po’ cresciuta per piangere in questo modo?” La ragazza si strofinò con la scheletriche mani gli occhi.

“Erano gli orecchini di mamma!” urlò ancora in preda alle lacrime e i singhiozzi. “Erano di mamma!” Harry spalancò gli occhi. Ginny la strinse ancor di più.

Ora anche Piton s’alzò dall’immenso tavolo. I suoi occhi neri scrutavano tutti gli studenti. L’ira aleggiava ancora in quelle iridi scure. Con passo sicuro s’avvicinò a Luna. Le accarezzò teneramente il capo, spettinandole i capelli.

“Vi do poco più di venti minuti per riportarglieli! Dopodiché se non saranno ritornati a Lovegood, tutti gli studenti saranno puniti severamente.”

Silente annuì. McGranitt scrutò malevola il tavolo dei Pecoranera come a volerli polverizzare sul posto. “Vieni con me piccola. Andiamo a prenderci una buona tazza di the…” Luna tirò su col naso e si lasciò trascinare fuori dalla sala.

 

 

 

 

Grazissime a tutte!

Non è poi un granché questa fanfic…

Pallina sono felice che ti piaccia “Fotografia” come titolo. È stato assai difficile sceglierlo…poi visto che tutto è iniziato grazie a una fanart…ci stava anche per quello,no?

Viola del pensiero e Sabry vi ringrazio tantissimo, insomma mi avete seguito almeno fin qui! Grazie! ^____^

Morgan_Snape mi hai fatto arrossire ^///^ non è che sono un genio…sono un po’ stramba ^^'

Noesis sono contenta che ti piace la mia Luna…anche a me piace…

Grazie anche a te Senda…il motivo dei nomi l’ho messo in due capitoli fa…non mi piace che si continui ripetere i nomi propri, da un senso che i personaggi non hanno altro che quelli…ma è solo una mia impressione!

Comunque in questo momento è una Draco/Pansy e una Ginny/Dean!

Poi si vedrà…visto che ho in mente anche un seguito…

I capitoli non gli faccio lunghi appunti per dare sensazioni di piccoli scatti di fotografia…e poi se faccio i capitoli troppo lunghi mi perdo... ^^'''

Spero che sia di gradimento per tutti questo capitolo!

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Capitolo 6
*** Benvenuti a Hogwarts! ***


Nuova pagina 1

Benvenuti a Hogwarts!

 

Hermione non ci poteva credere. Stava ferma a guardare la bacheca con gli occhi carichi di delusione. Ron le stava accanto e cercava di tirarla su di morale.

“Non è poi la fine del mondo Herm…E poi avevi così tanti compiti, non è mica semplice stare dietro a così tante cose, come fai tu…”

Ma Hermione non si spostava e non parlava.

Dean, si grattò imbarazzato il capo. “Beh, non è che è andata male…” mormorò guardando incerto i punti di differenza.

“Dodici punti…” mormorò con le lacrime agli occhi, “Dodici punti di differenza da Neville! Ma io ho risposto a tutte le domande in modo corretto e…” Ronald le asciugò gli occhi. “Dai non preoccuparti. Sono cose capitano, Herm…e ciò non ti deve scoraggiare! Pensa se fosse stato l’incontrario, Paciock non è forte come te!” La ragazza tirò su col naso. Rise percettibilmente, “Mamma sarà delusa…” l’amico sbuffò spostando così un ciuffo rosso, “Sai quante volte deludo io mamma, ma perdona sempre.”

Hermione Rise.

Pansy Parkinson superò il gruppo di Grifondoro con passo lento. Nelle mani stringeva vari libri. Il capo chino, gli occhi socchiusi. Perché quel giorno da tutte le parti c’erano solo persone isteriche?

S’avviò non curante verso l’aula di Trasfigurazione.

“Come hai potuto?” la voce alterata di un ragazzo fece bloccare la serpeverde. Due studenti di Pecoranera stavano discutendo davanti alla porta della classe, dove lei doveva andare a studiare.

“Non l’ho fatto apposta…” mormorò la giovane dai lunghi capelli neri, “Mi domando se ti senti quando parli, Cho!” la voce del giovane s’era alzata notevolmente facendo rabbrividire la sua compagna di casa.

“Non sapevo quello che le era successo…” cercò di scusarsi la straniera, “Se invece di essere così strana ci avesse…” Corner alzò gli occhi spazientito, “Cosa credi, che sia facile parlare della morte della propria madre con delle persone come voi?” prese con forza il polso della giovane, “Sei al settimo anno, Cho, ma sei peggio di una bambina! Ora glieli restituisci!” “No!” Chang alzò gli occhi pieni di lacrime sul giovane ragazzo.

Michael aveva lasciato l’amica, la guardava disgustato, “Sai…Con Cedric non eri così…” e se ne andò voltandole le spalle. “Non so perché ho lasciato Ginevra per te…” fu l’ultima frase che la ragazza sentì prima che la porta affianco a lei si aprisse.

La professoressa McGranitt la sovrastava con la sua altezza e sul volto tirato si leggeva solo severità, “Credo che potrai scusarmi Cho Chang, ma parlavate così forte che non ho potuto non sentirvi. Luna ti sta aspettando.” E la ragazza seguì la direttrice di Grifondoro.

Pansy si strinse con forza i libri al petto, “Mamma…” sussurrò lasciandosi scivolare a terra. Una lacrima scivolò lungo la pallida guancia.

***

“Ehi! Luna!” Ginevra aveva iniziato a urlare il nome dell’amica da quando era uscita dall’aula di Pozioni. La sua dorata amica, era passata di lì per ringraziare il professore.

“Luna!” la bionda si girò all’ennesimo richiamo della Grifondoro. “Allora come stai?” la rossa era ancora a qualche metro di distanza, ma con la sua andatura veloce si ritrovò ben presto affianco a Lovegood.

“Bene.” Rise “Mi dispiace di averti fatto preoccupare.” Ginny le sorrise spensierata, “Vedo che te li hanno riportati…” “Già, era la prima volta che lo faceva…Ho visto che Neville ha vinto la borsa di studio. Hermione no.”

“Ah! Si, quasi mi dimenticavo! Paciock partirà venerdì…di sera in teoria.” Luna si fermò interdetta. Si girò verso l’amica. Gli occhi erano ancora rossi dal pianto, ma non c’era più inquietudine ed anzi erano diventati…più dolci? “Così presto?” domandò, “Non abbiamo neanche il tempo per organizzargli una bella festa?” Ginevra rise, “Certo che ci sarà, e sarà la festa più bella a cui ha mai partecipato!” gli occhi azzurri si socchiusero come a voler sottolineare qualcosa di malizioso, ma Luna non lo capì.

Si fermò si colpo. Ginny la guardò confusa.

“Ciao ragazze! Ti senti meglio Luna?” la voce di Neville era leggermente insicura, la bionda annuì vigorosamente, “Ne sono felice! E tu Ginevra, ti è successo qualcosa di bello?” la rossa rise.

“A quanto pare…Beh, vado a vedere la classifica…Non ho avuto tempo prima, spero solo che non sia uno di Serpeverde ad avermi superato…Hermione era così triste!” Loveggod sorrise divertita. “Si, beh…ci…” urtò un giovane Tassorosso, “…Ci vediamo eh? Ciao!” e nel giro di pochi secondi era scomparso.

“Guarda Ginny, piove.”

***

“No! No! NO!” Hagrid guardava indispettito le strane figure nere camminare sul prato verde di Hogwarts. Lasciavano pesanti solchi sul terreno e a lui di certo non piaceva dover rimediare sotto la pioggia quel tremendo guaio.

Le figure si fermarono al suo ultimo e rabbioso no, e contemporaneamente si girarono verso di lui. Rubeus deglutì. Silente rise divertito.

Finalmente erano arrivati. Gli studenti stavano già dormendo da diverse ore e pochi professori erano riusciti a trovarsi lì, sotto la torrenziale pioggia per poter dare a loro un benvenuto.

Hagrid era giunto solo quando da lontano aveva visto il cancello aprirsi.

“Benvenuti a Hogwarts!” esclamò il vecchio preside avvicinandosi all’uomo in testa al gruppo. “È da tanto Albus che non ci vediamo.” Mormorò l’incappucciato stringendo la mano del vecchio amico.

“Mi dispiace, avete scelto una notte di pioggia per arrivare, mio caro Unaedus!” l’uomo rise. “Piove sempre quando arriviamo noi…qualunque posto sia.”

 

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Capitolo 7
*** La lettera di Percy ***


Nuova pagina 1

La lettera di Percy

 

Molly Weasley guardava arrabbiata i due gemelli. Avevano appena ricevuto la posta per via gufo e loro già si davano alla pazza gioia nel cercare lettere rivolte a loro. Stavano buttando tutto all’aria.

L’euforia dei due aveva preso anche i figli maggiori che prendevano ridendo le varie lettere lanciate in aria da Frederick e George.

Arthur bevette un sorso di caffè prima di ricevere sulla fronte una delle tante svolazzanti buste. “Charlie! Bill! Almeno voi fate un po’ di silenzio!” borbottò l’uomo, ottenendo così ciò che la moglie non era riuscita.

Lesse velocemente l’indirizzo del Mittente. La fronte si corrugò ed con rabbia lanciò la lettera sulla mensola. Molly la guardò. Era di Percy.

Il silenzio ora era un opprimente disagio, e la donna decise di andare in cucina.

Arthur la raggiunse. Le posò una mano sulla spalla “Mi dispiace. Se vuoi puoi leggerla.” E detto quello prese la polvere volante.

La porta cigolò per qualche secondo ma alla donna sembro un’eternità. Le ricordava quel giorno in cui suo figlio se ne era andato.

Un anno.

Era passato un stramaledetto anno da quando suo fratello era scomparso da quella casa! Aveva offeso papà, aveva offeso mamma, ed ora scriveva!

Bill, rigirò la busta tra le mani. La fronte corrugate, gli occhi chiusi in due furenti fessure. Charlie gli stava accanto. Sedeva scomposto su una sedia di legno e guardava con attenta curiosità la lettera.

Fred e George stavano impazientiti vicino alla porta della cucina, “Mamma…” chiamavano da almeno cinque minuti ma la donna faceva sentire la sua presenza solo con piccoli e pesanti sbuffi. Era stanca loro madre. Lo sapevano. Forse anche Percy.

Bill l’aprì con rabbia, “La stiamo leggendo! Anzi Charlie la leggera per tutti!” urlò passando il foglio di pergamena al fratello maggiore.

Quest’ultimo tossì schiarendosi la voce. E iniziò a leggere velocemente le prime righe per avere un idea del contenuto. Poi sbiancò. Gli occhi azzurro chiaro si spalancarono. “Che ti prende?” Frederick lo aveva raggiunto preoccupato, facendo così uscire la madre dalla cucina.

“Charlie, tesoro…stai forse male?”

Il maggiore alzò la testa di scatto. Nelle sue iridi solo inquietudine. “Mamma Percy…” deglutì, mentre Bill gli strappava la lettera dalle mani. Lesse. Alzò gli occhi su Molly, poi gli riportò sulle righe del fratello.

La scrittura era disordinata, come se avesse avuto fretta. Molte lettere erano tremolanti come se la sua mano fosse stata in preda al panico.

Non so, se ho il diritto di chiedervi perdono. Se posso ancora considerarmi vostro figlio. Ma vi prego…

***

Percy stava chino sulla scrivania nel suo appartamento. La frangetta si era notevolmente allungata e gli ricadeva sugli occhiali.

Scriveva con mano tremante e calcando fin troppo. Era una lettera per i suoi genitori, i suoi fratelli.

Socchiuse gli occhi respirando a fatica.

Lettera era un modo di dire.

Forse era meglio chiamarla “due parole” giusto per far conoscere ciò che gli succedeva.

Respirò. Tossì.

Continuò a scrivere ripetendo sottovoce e stringendo i denti per il dolore, ciò che voleva scrivere.

“…vi prego di ascoltarmi. Non ho tempo. Non molto almeno…”

Respirò a fondo come se gli mancasse l’aria.

Chiamò il suo gufo.

“Mamma…Non posso tornare. Ho bisogno di un rifugio…ho bisogno di un medico…Ho bisogno di tante cose. Ma vorrei che teneste con voi il mio gufo…datelo a Ginevra, so che se lo merita, perciò che ha fatto l’anno scorso.”

Prese tossendo, la busta già compilata.

“Perdonatemi ancora…Spero di rivedervi prima della fine.”

Finì di scrivere.

Legò la lettera sulla zampa di Hermes.

Lo guardò volare fuori dalla finestra su Londra, finché non scomparve.

Tossì ancora più forte.

Qualcuno bussò con forza.

“Percy Weasley sappiamo che sei qui dentro…” la voce metallica di un magiamorte lo raggiunse come una pugnalata.

Il ragazzo arrancò sulla scrivania. Prese la bacchetta. Con la mano sinistra cercò il libro di Pozione di quand’era a scuola.

Un colpo alla porta e la senti cadere.

Il rosso respirò profondamente. Poi con un filo di voce si smaterializzò.

Un uomo entrò in quel momento nella camera.

Urlò dalla rabbia.

“Chi di vuoi idioti ha detto che non ci si poteva materializzarsi qui dentro?” e con passò furioso uscì dalla stanza.

“Percy Weasley deve morire!”

***

 

Charlie aveva ritrovato la voce. “Mamma Percy sta male.”

La donna trattene il respiro, “Come male?” Bill la guardò ancora una volta, “Dice che ha bisogno di un medico…”Hermes gli si appollaiò sullo schienale della sua sedia.

“Mamma…” sussurrò il maggiore “Non credo che lo rivedremo…”

Molly sussultò, le lacrime agli occhi.

“…Sta scappando.”

 

Vi voglio bene.

Percy

 

 

Grazie ragazze!

Perché scrivo Pecoranera invece di Corvonero? Semplicemente perché inizialmente questa casa fu tradotta con Pecoranera...è stata una piccola decisione che mi ha tolto una mezzora di tempo ^^'

Spero che vi vadano a genio i due nuovi capitoli!

Aspetto i vostri commenti!

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Capitolo 8
*** Monaci ***


Nuova pagina 1

Monaci

 

Ormai stanca Luna raggiunse le scale che portavano alla sua torre. Cho le aveva chiesto nuovamente scusa con le lacrime agli occhi e si era perfino proposta di regalarle qualcosa di suo. Aveva rifiutato. Papà glielo diceva sempre di non prendere cose di altri. E lei lo aveva sempre ascoltato.

Abbassò gli occhi. Era notte fonda, forse non dovevano fare quella riunione con il professore Vitious, era durata troppo.

Sbadigliò. Non capiva perché era dovuta andare proprio lei per rappresentare Pecoranera, infondo nessuno la considerava.

Sbadigliò per l’ennesima volta.

“Unicorno volante…” mormorò all’uomo appisolato del quadro. Lui aprì un occhio e borbottando la lasciò passare.

Luna si trascinò verso la sua stanza. Entrò silenziosamente.

Una compagna di stanza si girò dalla parte opposta, facendo cadere un libro.

Lovegood si sdraiò incurante della divisa sul letto. Papà glielo diceva sempre, “Non importa come, ma assicurati di dormire!” e lei ora si assicurava di fare almeno sette ore di sonno.

Chiuse gli occhi e nel giro di qualche secondo si addormentò.

 

Oceaniel Bondey aprì gli occhi imprecando contro la sveglia rumorosa di Luna. Si alzò di scatto furiosa. Anche Lise, la vicina di letto si era seduta sbuffando. “Dirina…” mormorò portandosi una mano tra i riccioli neri, l’amica uscì da sotto le coperte completamente addormentata. “Fate smettere questo casino!” Bondey si tappò nervosamente le orecchie.

Dirina spalancò gli occhi.

Il silenzio era tornato.

Oceaniel ringraziò buttandosi di nuovo sul cuscino.

Lise rise e andò a scuotere la stravagante compagna di casa. “Luna. Ehi!” il capo della ragazza si girò verso di lei, pallido come mai l’aveva visto, “Luna. Su come puoi non svegliarti con un tale cosino…” ma non finì la frase che gli occhi azzurri della ragazza si spalancarono.

Lovegood sobbalzò e come se avesse qualcosa da fare, oltre andare a lezione di Pozioni, si vestì in tutta fretta.

Corse come mai aveva fatto in vita sua. Perché mai la torre dei Grifondoro era così lontana quella mattina, non lo poté mai sapere ma appena entrata nella sala comune riprese fiato.

“Sono in ritardo, vero?” chiese a un Finnigan assonnato. “No…Come vedi, Ginny ha appena iniziato le decorazioni e Hermione…” si fermò a guardare criticamente l’amica, “Beh, Hermione sta compromettendo gli elfi domestici…Almeno credo…”

Luna affiancò la sua carissima amica e inizio a darle delle piccole indicazioni su come mettere gli striscioni.

La festa per Neville era quella sera. E loro avevano il compito di organizzarla e di tenere il ragazzo lontano da quella torre fino le sei.

Ginevra sorrise all’amica “Così è più dritto?” la bionda annuì.

 

***

Pansy guardava il succo di zucca nel suo bicchiere con occhi spenti. Draco le stringeva la mano sinistra, ma in quel momento non le importava.

“Mi manca…” sussurrò. Lui annuì.

Vincent alzò lo sguardo giusto per vedere un pallido sorriso dipingersi sul volto della ragazza e la mano di Malfoy stringere con amore quella di lei. Poi la musica che sentiva attraverso cuffie magiche ricominciò a rimbombare nelle sue orecchie.

E come se quella danza di morte e disperazione che il gruppo musicale cantava, fosse stata creata per l’ingresso di uomini incappucciati, essi entrarono.

Vestiti di nero, con i cappucci alzati che nascondevano il volto e solo il pallido mente s’intravedeva. Strane corde dorate legavano la loro vita rimborsando la tonaca.

Camminavano lentamente e in fila. Silenziosi.

Vincent spalancò gli occhi. Quasi gli mancava il respiro.

“Che ti prende?” Draco lo guardò annoiato e solo quando la sua guardia del corpo spalancò la bocca preoccupato, si girò.

Uomini e donne incappucciati entravano senza degnare di uno sguardo. Poi sedevano su un tavolo aggiunto quella mattina. Tutti facevano tutto contemporaneamente. In silenzio.

Pansy si strinse di più a lui, c’era qualcosa in loro che la turbava.

Infine tutti gli sguardi degli studenti erano rivolti a loro.

***

Piton scese infuriato le scale che conducevano nei sotterranei.

Era tornati.

Quei maledettissimi monaci erano tornati nella sua vita. E infondo lo sapeva, era questione di giorni. Con rabbia spalancò la porta della propria stanza.

I capelli uniti gli cascarono per l’ennesima volta sugli occhi. Ringhiò prendendo tra le mani il piccolo ciondolo. Lo strinse con forza. Quante volte aveva desiderato distruggerlo…quante volte ci aveva rinunciato…

“Non sei cambiato.”

Smise di respirare.

Conosceva quella voce.

Non si girò. Non voleva.

 

 

Grazie Viola del Pensiero e Sabry...

^///^

Spero non vi deluda il fatto che ora sto andando così piano con i giorni...^^'

Mi dispiace di farvi dannare con tutto questo mistero!

Aspetto con ansia un vostro commento!

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Capitolo 9
*** Partenza! ***


Nuova pagina 1

Partenza!

 

Neville guardò esasperato il ragazzo che gli stava di fronte. Gli occhi marroni che si ostinavano a fissare il volto lentigginoso di Ronal Weasley, e il piede che pestava spazientito una piastrella traballante.

“Lasciami passare!” esclamò sospirando, il rosso scosse la testa. “Ma perché? Voglio portarti al campo da Quidditch! Ad esercitarti almeno a tirare la palla!”

Paciock si portò nervoso una mano tra i capelli, “Non m’interessa saper tirare una palla. Voglio semplicemente andare nella mia stanza e preparare le valige!” Ron sospirò con aria saccente, “Vuoi farci fare la figura di …” poi come una scossa lo avesse attraversato spalancò gli occhi, “Aspetta. Cosa vuol dire preparare le valige? Non parti domani?”

Neville sospirò ormai stufo di quella conversazione. “La professoressa Sprite ha dovuto preparare per oggi la mia partenza. Ora mi lasc…” Il rosso tranne il respiro. “Aspetta un attimo, eh?” Ma ormai l’amico l’aveva superato ed era entrato nella sala comune.

Decorazioni di ogni genere riempivano muri e scafali, dolci squisiti erano posti sui piccoli tavoli di marmo. Neville spalancò gli occhi.

Uno striscione con contenente il suo nome gli augurava buon viaggio.

“Non dovevi entrare…Ora lo sai, c’era una festa per te…” Ron lo guardò deluso. “Oh…” fu l’unica risposta dell’amico.

“NO! Neville cosa fai qui?” Hermione era scesa dal suo dormitorio. I capelli arruffati come sempre le ricadevano scomposti sulle esili spalle. Ronald la guardò sentendosi colpevole di qualcosa.

Paciock la salutò e corse in camera propria.

Il rosso sospirò, “Se ne sta andando…” l’amica gli lanciò un occhiata di fuoco “Certo che se ne va, gli stavamo preparando una festa apposta!” si portò le mani ai fianchi come faceva sempre per far notare il suo disappunto. “Non hai capito. Se ne va ora.”

Le palpebre di lei si chiusero ripetutamente. “Sono solo le due…” lui annuì. “Parte…Herm, e noi non possiamo neanche salutarlo come si deve!”

***

Pansy guardava tristemente fuori dalla finestra. Dei Grifondoro stavano salutando Neville Paciock ormai accomodato in una carrozza scura.

Come lei aveva fatto con sua madre.

“Pansy…Stai attenta alla Grifone femmina…Stai attenta ai suoi occhi.”

E così sua madre se ne era andata.

Dopo la morte di suo padre.

L’aveva lasciata sola…

Socchiuse gli occhi. Respirò profondamente. Due delicate mani le circondarono la vita. Pansy alzò il capo. Il viso diafano di Draco era dipinto da un tenero sorriso.

“Piangi?” domandò lui asciugando con l’indice una lacrima, lei scosse il viso.

“Sono solo un po’ stanca.”

Le labbra di lui le sfiorarono la fronte in un piccolo bacio. “Non dovresti pensare troppo a quello che è successo. Tua madre infondo ha bisogno di protezione, prevede cose che vanno oltre il tempo.”

Lei annuì riportando lo sguardo fuori dalla finestra.

Draco si sedette di fianco in modo da guardarla negli occhi.

“Ti voglio bene.”

***

“Non hai lasciato niente?” Hermione lo guardò dubbiosa, “No, non credo.”

Ronald lo strapazzò tra le sue esili braccia, “Cerca di non fare brutta figura a Quidditch!” Harry si sistemò gli occhiali “E non dimenticarti di noi!”

Finnigan e Dean sorrisero.

“Questo è un regalo da parte di tutti noi!” iniziò il primo, “Già, ma non aprirlo prima di essere arrivato nella tua nuova camera!” finì il secondo alzando con difficoltà un enorme pacco.

Neville spalancò gli occhi.

“Ma non dovevate…” arrossì di vergogna “Io per voi non ho nulla.” Ginevra rise. “Sei tu che parti mica noi!”

“Bene direi che possiamo partire!” il conducente del carro scrutò i ragazzi e con un sibilo fece partire la vettura.

Aspetta! Luna…” Paciock si sporse fuori dal finestrino, “Salutamela!”

Lovegood giunse in quel momento in groppa a una scopa.

Ron non poté far meno che rimanere a bocca aperta. “Caspita quella si che ha talento…” Cho Chang giunse ansimante in quel momento. “Attenta all’albero! Luna non accelerare così!” Dietro alla Pecoranera vi era il resto della squadra di Quidditch. Il capitano guardava impressionato la strana ragazza bionda.

“Caspitatombola! Non ho mai visto nessuno volare così velocemente e non farsi male!” Cho si copri gli occhi quando Lovegood scese in picchiata.

Poi sia la carrozza che Luna scomparvero.

 

“Luna!” Neville la guardava sconvolto. “Ti farai male. Guarda in avanti!” la ragazza spostò per qualche secondo l’attenzione davanti a se.

“Te ne volevi andare senza salutarmi?” i capelli biondi che vibravano dietro di lei. “Certo che ti volevo salutare, ma tu non c’eri. E vuoi guardare dove stai volando?!” Preoccupato Neville si sporse fuori dal finestrino per guardare dove finiva la sua amica.

“Beh ora ci sono, mi pare.” Alzò il sopraciglio depilato. Il ragazzo rise. “Si ora ci sei, Luna.”

Poi la ragazza frenò.

Non poteva andare oltre il cancello di ferro che delimitava Hogwarts. Respirò a fondo.

BUON VIAGGIO NEVILLE!” urlò alzando un braccio e scotendolo.

Il giovane scosse divertito la testa. “Ti scriverò!” fu la risposta, molto meno casinista della bionda.

Luna sorrise.

 

Grazie ragazze!

Mi fate arrossire tantissimo ^///^

Spero che qualcosa vi chiarisca questo capitolo...Almeno riguardo a Pansy.

Mi piacerebbe tanto che qualcuno disegnasse qualche scena di questa fanfic...io adoro le Fanart, ma non sono in grado di disegnare -__- Non sarebbe bello vedere tutti questi scatti di fotografia??? (Forse no...)

Beh, lasciate perdere il mio piccolo sklero!

Al prossimo capitolo!!!

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Capitolo 10
*** Lettera ***


Nuova pagina 1

Lettera

 

Ronald,

     io, Charlie e papà abbiamo deciso che sei abbastanza maturo per capire e sapere ciò che è accaduto a nostro fratello Percy.

L’altro giorno ci è giunta una lettera alquanto all’armante e molto vacua sulle sue condizioni fisiche. Ha solo accennato a un urgente bisogno di cure mediche. Ma il fatto che più ci ha fatto spaventare è che sta scappando. Non sappiamo da chi, ma abbiamo idea che siano dei mangiamorte. Molto probabilmente ha scoperto qualcosa che non doveva. Ma lo sai anche tu, con quel cervello non può restare impassibile alla curiosità.

Papà è andato al ministero a parlare con Caramell. Hanno confabulato di un viaggio nel nord Inghilterra che Percy ha fatto qualche mese fa. Deve aver trovato delle strane documentazioni. Caramell ha parlato di una certa J.Kate e di Tu-Sai-Chi.  Nostro fratello non ha voluto dirgli altro…Voleva fare più ricerche ed evitare che il ministro della magia rischiasse inutilmente la vita.

Della sua malattia ci ha parlato la sua fidanzata, Penelope Light. Dice che a causa di un tumore Percy l’ha lasciata. I referti medici non possiamo leggerli...Ma Charlie ci sta lavorando insieme a Papà.

Nonostante la sua precaria salute ci sta evitando. Un giorno, quando lo riterrà opportuno, verrà a casa a curarsi e a rivelarci le sue scoperte…Non temere.

Intanto ci ha inviato Hermes e ha pregato di regalarlo a Ginevra. Dille che è un regalo da parte dei genitori e che Percy ce lo ha rimandato indietro con qualche insulto.

Papà dice che dobbiamo essere il più naturali possibile. Di non far sapere che temiamo per nostro fratello. Perciò non dire niente alla nostra piccola sorellina e dalle un abbraccio da parte mia…e di Charlie.

Frederik è partito per un viaggio al nord, spera così di trovare qualche indizio che possa portare a Percy. Con mamma e papà ha usato la scusa del negozio, lo devono ampliare…in tutti i sensi. Ci è arrivata ieri una missiva, ammetteva che nel paese dove si trovava non c’era nulla.

Anche io e Charlie abbiamo cercato qualcosa, ma ovviamente non siamo riusciti a trovare niente.

Forse non cerchiamo nel modo giusto. Percy aveva tutto quel potenziale,forse aveva un senso di logica migliore del nostro.

Ti invieremo altre notizie appena possibile.

Intanto applicati nello studio e non solo nel Quidditch.

Con affetto

Bill

P.S.:

Se Parcy si mete in contatto con te (mamma dice che è impossibile) avvertici!

 

Ronald lesse per la terza volta la lettera di suo fratello maggiore. Deglutì rumorosamente. Hermione lo guardò preoccupata. Harry cercò di leggere il contenuto della pergamena, ma il suo migliore amico la nascose nella borsa.

“Qualcosa non va Ron?” domandò la sorella intenta a dar da magiare ad Hermes il gufo di Percy. Le aveva già detto che era un regalo dei suoi genitori. Ma non capiva perché continuasse a leggere quell’unico foglio di pergamena. “Oh, no Ginny. Pensavo solo a questo…” e indicò il nuovo gufo. Dean accarezzò il nuovo arrivato e ricevette subito piccoli ringraziamenti. “Gufo venduto…” mormorò la rossa ridacchiando.

Hermione s’alzò. “Andiamo ragazzi. Abbiamo la McGranitt. Non possiamo di certo arrivare in ritardo. E Ron, tuo fratello ha fatto un’altra cavolata cosa vuoi che sia? Meglio per Ginny che ora ha un gufo tutto suo!” e se ne andò.

“Si una cavolata…” mormorò portandosi una mano tra i capelli rossi. Harry lo seguì.

Dean sbuffò e dando un piccola bacio alla sua fidanzata seguì i suoi amici, “Ci vediamo stasera, ok?” la rossa sorrise.

Ronald lo guardò correre verso di loro e appoggiarsi con noia sulla spalla di Potter. “Già mi manca…” bisbigliò lanciando occhiate cariche d’affetto alla porta ormai chiusa della sala da pranzo.

 

Luna si sedette di fronte all’amica. Gli occhi azzurri pieni di felicità e in mano una pergamena.

“Neville mi ha scritto.” E nonostante la voce fosse piatta Ginevra sapeva che era al settimo cielo. Incurvo sospetta le sopraciglia, “Perché scrive a te e non a me? Mi conosce da più tempo…” La bionda le porse la missiva.

Poche semplici righe che la ringraziavano.

“Ehi qui ringrazia solo te…e di noi dice solo ‘È un regalo strepitoso quello che mi hanno fatto. Diversi libri in inglese e altre lingue su Erbologia. Per non parlare delle pergamene per raccomandarmi di scrivere…Mah…’  Noi siamo dei Mah?”

Luna rise divertita. Ginny anche.

 

Dean si fermò prima di entrare in aula, “Che ti prende?” Harry lo guardava confuso. “Niente…mi sembrava di aver sentito qualcuno…”

Hermione alzò le spalle inutilmente, “Sarà stato quello stupido Pix…” aprì lentamente la porta della classe, “Non farti suggestionare…” Thomas annuì.

Ronald lo raggiunse, “Ma cos’hai sentito?” l’amico scosse la testa, “Una urlo di donna…” e si sedette.

 

 

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Capitolo 11
*** Zucca bucata ***


Nuova pagina 1

Zucca bucata

 

Harry guardò sconvolto la maschera fantasma che Luna gli aveva appena fatto vedere. “Non vorrai mica vedermi con quello addosso?!” La ragazza alzò un sopraciglio e portandosi le mani ai fianchi sospirò esausta. “Harry Potter non si può abbassare a questi livelli? Su ti ho fatto vedere almeno dieci abiti diversi, Ginny altrettanto e non ti è andato bene nulla…Mi dici perché sei così complicato?” Il ragazzo abbassò lo sguardo. Da quando le avevano rubato gli orecchini non era più Lunatica...no era allegra e solare. Era perfino entrata nella squadra di Quidditch di Pecoranera, anche se doveva ancora giocare una sola partita.

E ora cercava di convincerlo a vestirti per Halloween.

Lei e Ginevra insieme erano riuscite a scovare vecchi e per carità bellissimi abiti, ma lui non trovava nulla di eclatante nel travestirsi.

Anche Dean era del suo preavviso ma per amore si era convinto ad indossare un completo di Romeo, si domandava se Ginny vedesse lo sforzo immane di Thomas per farla felice. Harry sospirò. Molto probabilmente si, lo capiva.

Luna sbuffò spazientita.

Ron era accanto al suo amico e stava già provando il capello e la camicia di un costume. Harry annuì, gli stava proprio bene la maschera scura e beffarda del pirata. I capelli rossi poi, davano un senso di inquietudine.

Hermione aveva deciso di non vestirsi e di presentarsi con un semplice e noioso abito. Lui invece era stato coinvolto da tutti.

Finnigan stava decidendo sull’abito da Dissennatore o Merlino…L’ultimo gli si addiceva meglio. Harry scosse la testa.

“Ok…” e prese a casa una specie di casacca, “Mi vesto da…?” e rimase interdetto, cos’era quella strano cosa? “Frate…Vuoi vestirti così?” Luna sembrava delusa.

“Si, ma sia ben chiaro solo un’ora! Poi torno nei dormitori!” la bionda sbuffò per l’ennesima volta.

Ronald si guardò allo specchio.

Gli mancavano i pantaloni neri e qualche strano oggetto, ma l’idea non era male. Sorrise compiaciuto. Sembrava poi nato per indossare quel abiti, della sua misura.

“Quanto sei noioso Harry. Oggi c’è una bellissima festa e tu non vuoi divertirti…Senza offesa Harry, ma non ti puoi dare una punizione da solo per quello che è capitato l’anno scorso!” Gli occhi azzurri socchiusi in fessure provocatorie.

Il moro sospirò.

Luna annuì vigorosamente.

Dean e Finnigan trattennero il fiato.

“E va bene…starò di più e…” Luna esultò. Strappò letteralmente dalle mani dell’amico la maschera da frate come ad invitarlo a trovarne una migliore.

Sbuffò. E chiudendo gli occhi pescò un altro indumento.

Ron annuì vigorosamente.

Harry aprì gli occhi. Teneva in mano un mantello scuro foderato di rosso. Era il complicato abito di un vampiro del 1600.

“Ehi Luna…” Seamus guardò stupito la ragazza che gli porgeva una perfetta barba bianca. Aveva occhio la ragazza.

“Bene ragazzi...” con velocità fece scomparire tutti gli abiti e accessori non necessari. “...Vi lascio prepararvi, io vado dalle ragazze!” e con un sorrise raggiante uscì dalla stanza.

Finnigan alzò i pantaloni rinascimentali azzurri.

“Perché Merlino?”

 

“Luna, finalmente!” Lavanda esortò la ragazza ad entrare. “Convinci questa qui a travestirsi!” Hermione la guardò accigliata. Lovegood rise divertita.

Ginevra stava nervosamente creandosi una splendida acconciatura. In un modo o nell’altra si sentiva in ansia per la serata. La prima che passava del tutto con Dean…Respirò a fondo.

“Herm sarai l’unica a non indossare una maschera…Perfino Harry si traveste.” La rossa si guardò meglio allo specchio. Luna era riuscita a trovarle un bellissimo abito verde acqua di Giulietta. Le stava anche bene ma era fin troppo scollato, suo fratello avrebbe fatto una scenata…Sospirò sconsolata.

“Non importa! Io verrò solo per mezz’oretta poi me ne ritorno qui a studiare!”

Le ragazze sbuffarono.

La festa ormai stava per iniziare e non c’era tempo da perdere nel convincere quella testona a divertirsi con loro.

***

Pansy guardò contrariata i monaci che rimanevano vicini al muro della sala. Sembrava che odiassero la musica, le feste…sembravano restii a essere felici.

Draco le cingeva la vita, conducendola nel ballo. Erano vestiti da qualcosa che poteva assomigliare ai loro genitori.

Lui le sorrise.

“Non capisco perché stanno qui se non vogliono divertirsi!” La mano di Draco scese leggermente sfiorandole il fondoschiena. “Non accigliarti così…è solo questione di minuti, poi se ne andranno via per la noia!”

Lei annuì.

Poi gli occhi scuri si posarono sul gruppo di Grifondoro. “Guarda tesoro. Che poca classe che hanno...ma devo ammettere che quel Weasley non è affatto male!”

Il biondo si girò di scatto. L’odiato trio si stava sedendo con qualche amico ad un tavolo. E come sempre erano insignificanti. Ma odiava che Pansy…La sua Pansy giudicasse qualcuno “niente male.” .

Lei rise e costringendolo a guardarla negli occhi lo baciò.

“Ehi! Poi sarei io quella immusonita?”

 

Ginevra si morse un labbro. Dean le aveva appena regalato un piccolo e costosissimo ciondolo e lei non sapeva se lo meritava.

“Tesoro, qualcosa non va?” lei lo guardò sorridendo. “No va benissimo…è solo che non mi fido di questi monaci!” sussurrò l’ultima frase.

Una donna incappucciata si girò verso di lei. Ginny deglutì rumorosamente stringendosi di più a Dean. Con la luce dei tavoli riusciva perfettamente a vedere il suo viso pallido e magro. I capelli rosso fuoco le scendevano sulle spalle e si nascondevano sotto il saio.

Gli occhi neri come la pece la scrutavano con intensità quasi a volerla passare con i raggi x. La ragazza si portò le mani al petto, quasi volesse nascondersi il seno.

Dean arrossì nel seguire quel gesto.

Poi la donna se ne andò.

“Che c’è?” Ronald guardò irritato Hermione che non gli toglieva gli occhi di dosso. Lei arrossì lievemente “Niente...Solo, beh…” lanciò uno sguardo a una zucca bucata come a crearle un spaventoso volto. “Io me ne vado…Ho da studiare per dopodomani…” e se ne andò.

Improvvisamente si sentiva proprio come quella zucca.

Vuota e terribilmente orrenda.

“Uff…Herm! Non volevo offenderti!” lei annuì prima di chiudere la porta della sala da pranzo.

Una zucca bucata…Granger si sentiva proprio così.

 

 

 

Grazie ragazze ^____^

Spero che anche questi capitoli siano di vostro gradimento!

Per i disegni non importa...ci ho provato! Comunque grazie!

Credo anch'io che sia l'unica fanfic dove Ginny e Dean stanno insieme e dove lui non vuole solo sesso... ^^'

 

^///^ I complimenti come sempre sono troppi!

Grazie comunque!

 

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Capitolo 12
*** Fudia ***


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Fudia

La bambina si era nascosta dietro una sedia di legno. Suo padre giaceva a pochi passi da lei. Sua madre la stringeva cercando di fonderle fiducia.

Un uomo scuro fissava la donna. “Lui ha scelto tua figlia per rappresentarlo. Una forte e salda donna. Non temerà la morte e nemmeno la vita, perché il Signore la guiderà. Lascia seguire a Fudia il suo destino. Il destino che molti vorrebbero. Nessun uomo potrà raggiungere il suo cuore e tanto meno il suo corpo. Non avrà nessun peccato.”

La bambina si strinse di più alla madre.

“Non ti sembra abbastanza Kate? Una vita consacrata a Dio. Non è il meglio che speravi per tua figlia?”

La donna lo guardò con rabbia.

“Voi…voi…” si morse il labbro inferiore spingendo la figlia nella stanza adiacente. L’uomo si avvicinò. “Stai commettendo un errore Kate. Tua figlia sarà la donna che tutti conosceranno. Il mondo l’acclamerà. Dio ha scelto per lei la via più gloriosa che nessun’altra potrebbe avere.”

Fudia entrò nella grande stanza da letto dei suoi genitori.

Non sentiva nulla di quello che accadeva nella sala da pranzo. Le parole del monaco e di sua madre erano confuse e basse, quasi non volessero farle sentire il resto del discorso.

Ma cosa ne sapeva lei di Dio e gloria? Aveva solo otto anni e nemmeno lontanamente sapeva i significati reali di quelle parole.

Si strinse le gambe al petto. Chinò il capo facendo ricadere davanti agli occhi i rossi capelli.

Un rumore sordo, come di un corpo che cadeva. La porta si aprì cigolando terribilmente. “Fudia…” la bambina alzò il volto. Davanti a lei stava l’uomo che prima aveva ucciso il suo papà. “Andiamo Fudia. Il Signore non può aspettare.”

dabc

La donna spostò lo sguardo su una giovane ragazza. Forse era del quinto anno. I lunghi capelli rossi erano creati in una splendida acconciatura. Si stringeva al suo fidanzato.

Qualcosa che lei non aveva mai conosciuto. O forse si…Un giorno aveva provato qualcosa simile all’amore.

La vide portarsi le mani al seno. Forse era meglio andarsene da quella festa.

Con passo deciso si allontanò.

Piton, l’insegnante di Pozioni non era presente nella sala.

Sapeva già dove trovarlo.

 

“Severus…” la dolce voce della donna echeggiò nella piccola stanza. L’uomo si fermò, lasciando cadere un libro sulla scrivania. Non si girò.

Fudia” la sua voce era secca, quasi volesse evitare di pronunciare quel nome. I capelli unti gli ricadevano nervosi sulle spalle. “Non puoi odiarmi in eterno per uno stupido errore...” mormorò la donna facendo cadere sulle spalle il nero cappuccio. I capelli lunghi e rossi le scendevano soavi e morbidi lungo la schiena. Piton riprese tra le mani il libro caduto e continuò a leggere.

“Perché siete qui?” in realtà l’uomo voleva sapere per quanto avrebbe dovuto sopportare la sua presenza. Lei lo capì. Si avvicinò di qualche passo. “Lo sai il perché. Dobbiamo uccidere Voldemort...Non ci siamo riusciti una volta ma ora è diverso, abbiamo trovato altre armi...Alcuni studenti devono scoprirle...” Severus lasciò andare il libro, strinse le mani sulla scura scrivania.

“Come hai fatto con Peter Minus?” la voce era diventata un sibilo, le mani si strinsero con maggior forza, e gli occhi si puntarono sullo specchio che aveva di fronte. Fudia annuì. “Chi riceve odio concede solo odio.”

Vallo a raccontare a qualcun altro!” sopirò, si portò due dita sulla fronte come a calmarlo, “Che ne so, a Remus Lupin. Sono sicuro che lui accetterà con un sorriso questa tua…come possiamo definirla? Scusa?”

La rossa non si mosse, il viso impassibile e pallido osservava l’uomo scuro e furibondo che gli stava a qualche metro di distanza.

“Ognuno può decidere come usare le proprie armi...” si fermò. Piton si era girato verso di lei. Non aveva mai visto così tanta rabbia.

“Tu, megera dei miei stivali! Falsa religiosa! Donna senza pietà! Non sei nemmeno lontanamente degna di vivere!” non urlava. La sua voce diventava sempre più un sussurro velenoso.

“Ricordati che ti ho salvato la vita. Avevo visto in te la voglia di voler cambiare!” si rimise il cappuccio. Nascose ancora una volta il viso. “Non avresti dovuto farlo! Avresti dovuto salvare lei! E ora vattene da camera mia!” Ma ormai Fudia era già uscita da quella fredda e umida stanza.

 

 

 

Ancora una volta grazie per avermi scritto ^__^

Questo capitolo è corto ma necessario... Spero che vi piaccia!

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Capitolo 13
*** Una fredda giornata d’inverno ***


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Una fredda giornata d’inverno

 

Molly si sedette stanca su una sedia di legno.

Il lavandino gocciolava lentamente. L’orologio ticchettava nervosamente. Le lancette erano sparpagliate un po’ in giro. Quella di Percy stava ferma su Altro. Arthur l’aveva rimessa appena saputo delle strana e inquietante situazione.

La donna guardò fuori dalla finestra.

Aveva iniziato a nevicare da qualche minuto e lei aveva fatto i salti mortali pur di non far bagnare i panni stesi fuori. Bill le aveva gentilmente dato una mano.

Suo figlio maggiore la raggiunse. Non le chiese niente e preparò del the alla cannella. Hermione l’aveva regalato a Molly quell’estate.

Il ragazzo sospirò.

Non avevano ricevuto nessuna notizia di Percy e ormai mancavano pochi giorni a natale.

La lancetta di Charlie si spostò su casa.

Lo sentirono entrare con pochissimo tatto. Era sempre il solito, incurante di tutto e di tutti. Bill aggrottò la fronte quando il giovane entrò con un plicco di fogli.

“Ho trovato alcune informazioni su una certa J. Kate.” e si lasciò cadere su una scomoda sedia. “Viveva nel nord con il marito J. John e la figlia, di lei non c’è scritto assolutamente nulla. I coniugi sono deceduti circa trent’anni fa...”

Guardò incerto la madre che si passava nervosa una mano tra i capelli “Dicono che avesse il marchio oscuro sul braccio, ma dopo il matrimonio con John ha abbandonato Voldemort...Percy è stato visto gironzolare nei dintorni della loro casa. Addirittura un ragazzo l’ha aiutato a scendere nella vecchia cantina sotterranea. Ci ho parlato.”

Prese tra le mani la calda tazza di the che suo fratello gli porgeva. Sorrise e sorseggiò.

Molly bevette un piccolo sorso. “Cosa ti ha detto?”

“Nulla mamma. È impazzito. Parla una lingua che io non conosco, che nessuno conosce. Sua madre dice che ha sentito solo un essere parlare in quel modo...I Monaci. I prescelti di Dio per salvare il mondo. Il giovane mi ha scritto tutto ciò che sapeva –in quella lingua- su questi fogli. Ho bisogno solo di trovare uno di questi “Monaci” per tradurre.”

Bill sospirò, “E non hai scoperto altro?” Charlie sorseggiò ancora il the prima di rispondere. Gli occhi azzurro chiaro che fissavano la credenza. “Sua madre mi ha parlato dei ragazzi prescelti per intraprendere questa strada religiosa...Non molto interessante in realtà, ma che sembra condurci ad una conclusione. Percy è entrato in un luogo sacro dove nessun essere umano comune può metterci piede.” Molly sussultò.

“Solo i Monaci possono entrarvi. È lì che custodiscono qualcosa...La donna ha detto oggetti potenti. Ma ovviamente non ha potuto descrivermeli. Lei non si avventurerebbe mai in quei luoghi, non vuole l’ira del Signore. Ah! Percy...scommetto che lo sapeva...”

Il fratello maggiore si gratto il mento aspettando la continuazione.

“Sono andato a vedere la cantina. Il ragazzo mi ha portato. È bruciata. Sua madre ha parlato di uomini dalla fredda maschera bianca. Credo dei mangiamorte. Si vede che cercavano qualcosa anche loro, ma Percy lì ha fregati...”

Finì il the. Sua madre sospirò preoccupata. Bill si sedette finalmente su una sedia.

“Perciò siamo ancora al punto di partenza...” prese alcuni fogli. La scrittura infantile non gli faceva supporre altro che il ragazzo fosse in realtà un bambino.

“Percy non lo sapeva che il ragazzo rischiasse. Sua madre lo ha descritto come il salvatore del figlio...” Il maggiore annuì concentrato sulle arcane parole.

“Ora concentriamoci e cerchiamo qualche libro che riporti qualcosa su questi monaci” mormorò.

***

George sopirò impazientito.

“Sono stanco Fred! Questa neve non fa uscire la gente da casa!” era seduto su una panca fuori dal negozio. I capelli rossi coperti da un scuro cappello di lana.

Frederik stava all’interno intento a sistemare la vetrina per il periodo natalizio. “È solo questione di un paio di giorni, poi le persone sono costrette a uscire...” iniziò cercando di mettere seduto un Babbo Natale scoppiettante. “Poi fra qualche minuto chiudiamo. Giusto?”

Il gemello sbuffò.

Portò lo sguardo sulla strada deserta.

Vi era solo qualche lavoratore impassibile che tornava a casa. I visi tirati e corrucciati come se quel tempo non fosse altro che un fastidio in più.

Un uomo tossì.

George lo guardò con noia. Indossava un capotto piuttosto logoro dal quale sbucava il cappuccio di una felpa grigia. Le mani nude e rosse dal freddo si stringevano tra di loro, stringendo ogni tanto nervose, la sciarpa nera.

L’uomo tossì ancora portandosi la fredda mano alla bocca. Gli occhiali s’appannarono.

Il ragazzo gli guardò quasi valessero più della persona che gli indossava. La montatura fine e nera. Le lenti rettangolari, graffiate. E dietro di esse due occhi di un blu scuro, penetrate.

Poi passò alla fronte. Dei riccioli rossi ricadevano su di essa.

E fu un secondo.

“Percy...” mormorò attirando l’attenzione del gemello.

L’uomo si fermò. Lo guardò.

Le labbra pallide si aprirono e si chiusero come a voler parlare.

Frederik uscì dal negozio.

“Portatemi da Ronald...” e cascò a terra.

 

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Capitolo 14
*** Casa Weasley ***


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Casa Weasley

 

Severus Piton entrò con passo pesante nella piccola e soffocante stanza.

Percy Weasley stava sdraiato nel suo letto d’infanzia, gli occhiali appoggiati su un rude comodino di legno e il respiro faticoso che riempiva il silenzio.

I poster di scienziati babbani e maghi prestigiosi erano stati attaccati alla meglio sui muri accanto al giovane, in modo che potesse vederli.

Molly glielo aveva detto qualche minuto prima. L’aveva richiesti lui. Molto probabilmente ci era cresciuto con quelli.

Lo raggiunse con calma.

Gli occhi di un blu scuro lo guardavano privi di lucidità. Il petto scarno si alzò e un guizzo di meraviglia accese per qualche secondo le iridi.

“Professore…” mormorò. Le labbra bianche, quasi come la pelle, si schiusero appena. Severus annuì. Percy sorrise appena. I denti bianchi e perfetti s’intravidero poi scomparvero di nuovo nascosti dalle fine labbra.

“È venuto per curarmi?” un profondo respiro accompagnò la domanda. L’uomo annuì di nuovo. “Sono...” tossì “Sono così grave?” probabilmente doveva essere una battuta. Una di quelle che raramente sfuggivano al giovane rosso.

Spostò lo sguardo sul comodino. Un solo libro vi era appoggiato. Quello scolastico di Pozioni. Lo prese in mano. “È per Ronald...” Piton non se lo ricordava così pesante.

“Dov’è Ronald? Devo parargli...” L’uomo spostò lo sguardo sul suo ex-studente. Era così ammalato…così stanco.

Si avvicinò alla finestra.

“Cosa vede professore?”

Spalancò gli occhi. La stessa domanda che lei gli fece quel lontano giorno.

“Cosa vedi Severus?”

Piton sospirò.

“Stelle...Tante inutili stelle.”

La stessa risposta che lui diede.

Percy rise tossendo. “Non sono inutili...Non sono inutili...Ronald lo deve sapere...”

L’uomo scosse la testa scura.

“Non sono inutili, Severus. Basta guardarle e ti senti subito meglio!”

Silenzio.

Inevitabile. Tra ricordi e frasi senza senso...Il silenzio era l’unica cosa che potesse arrivare.

“Da quant’è che la vista è peggiorata?”

Il giovane si girò verso la nera figura. Non lo vedeva bene...anzi non lo vedeva per niente. Solo una macchia scura indistinta, circondata da altre macchie che a stento non si mescolavano.

“Da quando ho visto la morte...”

 

Ronald guardava esasperato la madre.

L’avevano chiamato così d’improvviso.

Piton lo aveva accompagnato nel viaggio con una scopa...quasi stava congelando.

Ed era arrivato a casa in una bella notte di dicembre. E nevicava per giunta.

Ma lei non parlava.

Anzi si era ritirata con il professore nella cucina e avevano parlato per qualche minuto. Forse quindici. Ma con lui doveva ancora fiatare.

Poi Bill sbuffò. Stufo di quel silenzio probabilmente.

“Percy è tornato...” Ron spalancò gli occhi e sorrise, “Ha chiesto di te...” Charlie lasciò cadere alcuni fogli su cui stava lavorando sul tavolo di legno. “Volevamo chiedergli alcune informazioni...ma non era e non è tuttora in uno stato che possiamo definire stabile. Speriamo che tu riesca a capire cose gli è successo.”

Il fratello minore ingoio rumorosamente. Perché gli stavano dando quella enorme responsabilità? Infondo loro andavano più d’accordo con Percy...no?

Frederik gli circondò le spalle “Non temere fratellino!” e fu in quel momento che Piton scese lentamente le scale.

Molly spalancò gli occhi.

L’uomo scosse la testa.

“Non c’è nulla da fare...Sarà già una fortuna se supera una settimana.”

Lapidaria sentenza di morte.

La donna scoppiò a piangere. Arthur l’abbracciò.

Ronald deglutì.

Era ora di salire a trovarlo.

 

“Ron...” Percy sorrise tristemente. “Sembra quasi che hai paura di me...”

Il minore socchiuse gli occhi. Suo fratello stava sdraiato sul letto, sotto le coperte più calde della casa e con in mano un grosso libro.

Lui respirò a stento.

Ronald lo raggiunse. “Volevi parlarmi?” annuì.

E tutto quello che i due fratelli volevano in quel momento era solo che quella stanza fosse isolata dal resto del mondo.

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Capitolo 15
*** Viaggio nel nord ***


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Scusate il mio enorme ritardo. Ma chi è studentessa/studente saprà che l'ultimo periodo del primo quadrimestre è pieno di prove ed esami! Ho dovuto concentrarmi sui libri di scuola >__<

Comunque.

Visto che la prossima settimana parto per Londra ho deciso di far un capitolo un pò più lungo. Spero che sia di vostro gradimento...

Ringrazio Patty per i suoi complimenti ^///^. Ti prego di continuare ad scrivermi, adoro leggere i punti di vista dei lettori ^_____^

E ringrazio anche te Sabry! Mi chiedi come faccio a gestire tanto mistero, eh? Beh non lo so, lo dicono in molti che non è semplice e che io ho 'sta dote ^^''' Comunque ci sono persone bravissime a scrivere e io in quello non sono ancora in grado. E già...Sono ancora alla ricerca di un mio stile ^^'

Un salutone a Viola del Pensiero! Ero quasi preoccupata per te, ma ora che vedo la tua risposta al mio capitolo mi sento sollevata! Un bacione!

E infine grazie anche a te Mira'82! Mi chiedi di non far morire Percy, ma non so... >__< sono stra indecisa!!! Però è triste dover dire addio a un personaggio, anche se non l'ho inventato io, T___T

 

Buona lettura!

 

 

 

Viaggio nel nord

 

Percy Weasley stava tranquillamente rileggendo il discorso che il Ministro della magia doveva pronunciare da lì a qualche giorno.

Sulla scrivania la posta di quella mattina ancora chiusa.

Una tazza di caffè rimaneva salda nella sua mano sinistra, le labbra ogni tanto si schiudevano per sorseggiare.

Doveva assolutamente correggere l’impeccabile lavoro che aveva svolto durante quella notte, non voleva lasciare in difficoltà imbarazzanti Caramell.

Si accigliò quando la porta del suo misero –ma pur sempre più lusinghiero di quello di suo padre- ufficio si aprì.

Jack Nellson entrò esitante.

I capelli biondi gli cadevano arruffati sul volto e ciò dava fastidio a Percy. Si domandava perché Caramell tenesse un ragazzo così poco rassicurante nell’edificio, e per giunta lo lasciava camminare libero tra i vari corridoi...Alzò un fino sopraciglio rosso.

Jack tossì schiarendosi la voce. “Il suo taxi arriverà a momenti nel posto prestabilito, signore!” Percy annuì senza staccare gli occhi dalle carte scarabocchiate.

Sandy, la ragazza che lui stesso aveva scelto per sostituirlo, -e di cui non ricordava il cognome- non era ancora arrivata. Jack alzò gli occhi chiari sul soffitto meravigliosamente bianco dell’ufficio.

“Signore. Non vorrei darle fretta, ma il taxi...” Il rosso sbuffò. “Non vuole farmi fretta Nellson? Ma lo sta facendo, con anche un po’ d’irritazione. Perciò non dica ‘Non vorrei’ quando sa benissimo che non è possibile. Il taxi può anche aspettare un paio di minuti. Io non lascio l’ufficio finche Sandy non sarà arrivata e avrà ricevuto tutte le mie indicazioni su ciò che deve non deve fare. Sono stato chiaro?”

Jack uscì lentamente dall’ufficio.

Era estremamente nervoso il rossino quella mattina, ma a lui non piaceva sentirsi dare dello stupido. “Ma cosa crede?” borbottò svoltando un angolo e prendendo la solita scopa appoggiata lì qualche minuto prima. “Che siamo tutti qui per ascoltare le sue lamentele? Se fossi io al posto suo...Altro che non far sfigurare Caramell...più stipendi ad inservienti che si fanno un culo così!” iniziò a pulire il pavimento del sedicesimo corridoio del quarto piano.

“Te lo dico io, quel damerino non ha mai conosciuto il divertimento e la fame...” iniziò a parlare con il cestino della carta ormai pieno. “Eppure dovrebbe avere la mia età, ed più rigido di un pesce surgelato!” sbuffò facendo scomparire le carte.

Ritornò con calma sui suoi passi, era inevitabile finire a lavare perfino davanti alla porta di Percy Weasley l’uomo più scorbutico e freddo di tutto l’universo. Anche Voldemort era più divertente!

Passarono qualche minuto...forse anche dieci e Jack era ancora alle prese con quella dannatissima corsia color verde bottiglia!

Sbuffò. Il bel damerino rosso non era ancora uscito! Il taxista probabilmente stava perdendo la pazienza, proprio come lui...

Percy uscì in quel momento. Indossava un scuro capotto e un’elegante maglione di lana bianco. La valigia che magicamente lo seguiva e si fermava ogni qualvolta che lui si fermava...

“Ah! Nellson!” lo raggiunse con calma, e lo aveva chiamato come se non fosse successo nulla di particolare prima, “Sandy non è ancora arrivata e io non posso attendere oltre. Dalle questa cartella, contiene tutte le date delle riunioni ufficiali del ministero, e i vari preparativi per il discorso di Caramell. Mi raccomando non fare qualcosa di cui potresti pentirti!”

Gli diede riluttante il fascicolo e con un ultima ed esplicita occhiata se ne andò.

Jack osservò prima il corridoio numero diciassette completamente vuoto e poi la cartella noiosamente curata.

Sandy non c’era.

Sandy non sapeva nulla.

Sandy improvvisamente era stata licenziata...e un sorriso che faceva vedere nitidamente i denti gialli si disegno sul volto squadrato del giovane.

 

Percy si sedette sul sedile posteriore del taxi magico.

I capelli perfettamente tagliati e composti s’alzarono e abbassarono al ritmo del respiro affannoso. Il taxista lo guardò malevolo. Chiuse il giornale e mise in moto.

Weasley si rilassò un attimo.

Sperando ancora una volta di non aver commesso il più grande errore della sua a fidarsi di quel Nellson.

Il taxi partì.

Come una semplice macchina babbana correva tra le diverse e isolate strade di ogni paese e città in cui s’innoltrava.

Un viaggio di lavoro. Un viaggio per cercare di convincere i maghi di qualche sperduto paese a partecipare ad importante riunione... Una cosa semplice, infondo era sempre il migliore al ministero.

Era stato manda lì da Caramell in persona.

Il viaggio durò a lungo.

Diverse ore.

E lui non aveva chiuso occhio, troppo preoccupato per quello che poteva succedergli. Infondo era sempre un Weasley, un parente di diversi Auror...I mangiamorte potevano catturarlo e ucciderlo, o peggio ancora torturarlo.

E i suoi scuri occhi non abbandonarono mai la strada.

Solo quando la rude e grossa voce dell’autista pronunciò “Siamo arrivati” Percy sospirò sicuro.

Ed era arrivato per davvero.

La villa di un bianco latte lo accolse in tutta la sua meravigliosa raffinatezza. Sul tetto vi stavano due ragazzi che lentamente iniziarono a suonare i loro rispettivi strumenti. Uno il violino, l’altro il flauto. E un coro di bambina s’innalzò dal legnoso e meraviglioso portico.

Una donna dai lineamenti duri e lunghi capelli biondi lo raggiunse. Indossava un pesante vestito di lana blu e dal braccio piegato penzolava una triste ma alquanto costosa borsetta nera.

“Benvenuto!” iniziò a metà tragitto, come sua madre faceva ogni volta che vedeva Harry Potter. “Benvenuto! A casa Jackson!” solo che quella donna aveva un orrendo accento dialettale, quasi non importasse che appartenesse ad un rango assai elevato nella società inglese.

Percy sorrise. E mentalmente ringraziò di essere arrivato in una bella ed accogliete casa.

 

La mattina giunse fin troppo presto per Weasley.

I suoi occhi blu faticavano a stare aperti, mentre tentava in un modo o nell’altro ad ascoltare i confusi argomenti dell’uomo di casa.

Era alto e robusto con un’elegante barbetta bionda che ricordava un uomo d’affari. Forse lo era. I capelli lunghi erano compostamente legati in una coda.

“Allora Percy. Caramell ha deciso di indire un’assemblea con i più importanti maghi dell’Inghilterra? E gli altri? La maggioranza degli inglesi non è benestante. Non valgono nulla? O e solo...” “Angelica, per favore!”

Angelica era la figlia maggiore. Si e no, sui vent’anni con corti capelli color rame. Presi probabilmente dal gene di sua nonna. Era l’unica presente a casa, -a parte il fratello minore- visto che aveva già finito gli studi e si dedicava a faccende certamente poco signorini. E quel fervore con cui aveva iniziato l’argomento le aveva fatto arrossire le pallide guance e allargare d’indignazione i suoi splendidi occhi azzurri.

Il signor Julian Jackson l’aveva fatta tacere.

Percy s’immaginò suo padre troncare in quel moda una conversazione della sua unica figlia. No... Molto probabilmente l’avrebbe fatta andare avanti e avrebbe discusso amorevolmente.

La mani affusolata della giovane strinse con forza la forchetta e con poca educazione aveva iniziato a giocare con il cibo.

L’uomo aveva iniziato a parlare dei suoi figli. Orgoglioso di averli fatta andare ad Hogwarts, tutti di Pecoranera. Angelica era stata l’unica a seguire le orme della madre, era stata una Tassorosso.

Ma le labbra della giovane si schiusero ancora, e con irritazione evidente del padre iniziò a intavolare un nuovo dibattito.

“Lei pensa che abbiano diritto solo i benestanti di dover decidere cosa fare riguardo a Voldemort?” “Insomma, Angelica. Queste tue inutili rivolte dovresti evitarle davanti al segretario ufficiale del ministro della magia.” Il tono di Julian non sembrava arrabbiato, come se fosse stato abituato a quelle domande schiette ed ai modi alquanto irriverenti della figlia. “Vi prego di perdonarla...” La ragazza s’alzò facendo strisciare rumorosamente la sofisticata sedia sul pavimento di marmo. “Non sprecate il fiato padre per delle scuse, che io non ho intenzione di porgere. Ed ora ho cose ben più importanti che stare seduta ad ascoltare un ragazzo sciocco come lei signor Weasley.”

Con eleganza, quasi apparente, alzò la lunghissima gonna di jeans, facendo apparire gli stivali pesanti e di sicuro molto comodi. Poi con un leggero inchino verso il padre e la madre se ne andò.

“A quella ragazza!” la signora Jackson scosse contrariata il capo biondo “Nessuno vorrà sposarla. Troppo orgogliosa e cocciuta!”

 

Angelica Jackson era seduta scompostamente su un rude e bagnato tronco di legno. La gonna di Jeans era completamente infangata e gli stivali ormai erano rovinati. E il pallido viso era arrossato per il freddo.

Scriveva su un quaderno babbano con una piuma d’oca.

Percy la raggiunse.

Aveva deciso, dopo una lunga chiacchierata con i signori della villa sulla futura riunione, di farsi un giro per le loro tenute.

La ragazza alzò solo per qualche secondo lo sguardo poi tornò ad osservare un punto impreciso del terreno.

“Suppongo che mio padre ti abbia già assicurato la sua e quella di tutti i borghesi di questo sperduto posto per la futura assemblea.” Percy annuì. “Allora puoi anche andartene...” lei s’alzò.

“Aspettate!”

Si fermò.

“Perché mi odiate così tanto?” “Perché voi non conoscete la miseria.” La fronte del rosso si corrugò, i suoi occhi blu si riempirono di qualcosa che andava ben oltre al quel non capire che Angelica aveva visto in migliaia di giovani...

“Come fate a dire una cosa del genere, se nemmeno mi conoscete?” La giovane spalancò gli occhi azzurri “Siete voi che non sapete nemmeno lontanamente cosa vuol dire indossare un abito che apparteneva a vostro padre o addirittura al vostro nonno. Voi che predicate tanto e accusate, sapete come mi sentivo io quando ho patito per estati, a volte anche inverni, la fame. Sei solo una signorina abituata al lusso e che nemmeno lontanamente puoi immaginarti a cosa si è disposti pur di poter migliorare la propria condizione sociale! Ed ora non abbassate la testa in segno di umiliazione, perché io Jackson non le voglio. Ne la pietà ne le lacrime di quelli che non mi capiscono!”

Angelica alzò il capo. Gli occhi improvvisamente languidi e pieni di mille domande. E le mani. Quelle bellissime mani di porcellana, tremavano.

“Io...Io...” la voce  non era più sicura e una nota di desolazione le si leggeva. Il quaderno che prima teneva le cascò per terra, infangandosi. Si aprì involontariamente.

Gli occhi scuri di Percy si posarono sulle poche righe.

Inizio una nuova pagina del mio diario.

Ho scoperto che oltre il recinto del capo di grano vi è una terra completamente abbandonata. Molto probabilmente apparteneva a un certo John Jekiton e alla moglie Kate. Credo quella coppia uccisa dai monaci...Non voglio indagare oltre.

La ragazza lo riprese spaventata tra le mani.

“I monaci?” Angelica tirò su col naso. Ora anche Percy si era alzato e la sovrastava, nonostante la stessa età. “Chi sono i monaci?”

Lei deglutì rumorosamente.

“Creature di Dio...” ma al rosso non bastava, lo sapeva.

Deglutì ancora.

La pioggia iniziò a cadere.

E nessuno dei due si mosse.

“Sono simili ai mangiamorte. Hanno tuniche uguali e uno spietato privilegio sulla vita altrui! Loro sono in grado di uccidere senza pietà chiunque gli ostacoli...”

Lui socchiuse gli occhi.

“Sono mangiamorte allora...” lei scosse la testa ormai completamente bagnata “Te l’ho detto sono creature di Dio. I prescelti per una vita miracolosa...” “Non ucciderebbero...” mormorò Percy avvicinandosi pericolosamente alla ragazza. “Invece si...I Jekiton avevano una figlia...mamma me ne ha parlato. Fudia così si chiamava ed era stata prescelta per diventare un monaco.”

“Voglio saperne di più!”

La ragazza spalancò gli occhi di un immenso azzurro.

“Loro uccidono chiunque si metti sulla loro strada...”

“Come fai a sapere della loro esistenza?”

Perché non l’ascoltava? Perché?

Come?” la voce si era alzata, come se quella risposta valesse la sua vita. “Mio fratello. Mio fratello Jason è uno di loro...”

 

“Angelica!” la voce allegra di un bambino raggiunse i due ormai bagnati dalla testa ai piedi. “Angelica! Papà dice che devi tornare a casa. Uno dei tuoi possibili fidanzati, Hermann Muller è al telefono con lui! Stanno parlando di affari...” la ragazza annuì.

Si scostò lentamente da Weasley e con altrettanta lentezza si allontanò sotto l’ombrello che il fratellino le aveva portato.

Percy spostò lo sguardo dalla bella ragazza al bambino di nove anni che lo guardava ridendo. “Tu devi essere Percy! Io sono Patrick Jackson e se vuoi qualcosa devi chiederlo a me e non a mia sorella!” “Portami oltre il campo di grano...”

Patrick lo guardò quasi con divertimento “Cosa c’è di difficile? Basta andare dritti da quella parte!” e con una camminata un po’ buffa, po’ da uomo di società s’avviò verso la meta predisposta.

Camminarono a lungo. Sotto la pioggia.

Il bambino nascosto dall’acqua da un grande ombrello nero. Lui senza nulla, incurante delle conseguenze.

E infondo non capiva perché gli importassero tanto quei monaci. Non c’entravano nulla con lui, infondo.

Il bambino gli parlava di quanto non andasse a genio a suo padre che loro attraversassero il campo. Nessuno lo aveva mai fatto a parte Angelica qualche mese prima. E lui ovviamente. Lui giocava sempre oltre il recinto.

Lo trovava divertente.

“Per non parlare della cantina. È una cosa bellissima piena di oggetti meravigliosi. Ci sono spada con l’elsa d’oro!” e con un immaginaria lama segno un fendete “Scudi di cristallo...come quelli degli antichi guerrieri romani...i maghi sai!”

Oltrepassarono il recinto.

“Lance decorate con preziosi diamanti e...Sfere di cristallo...Dove vedi le persone che conosci...Ma non sono mai uguali a come le vedi tu.”

E fece spallucce.

Percy lo seguì fino alla cantina.

“È buio...” mormorò alzando la legnosa anta. Il bambino gli porse la sua bacchetta magica, “Spero non si arrabbi se glielo ho presa. Ho pensato di riportagliela non è un bene girare senza l’unica arma di difesa.”

Il rosso la prese.

E lentamente discese le scale. La fioca luce illuminava il suo cammino.

“Tu rimani qui fuori!” Patrick annuì.

Arrivato all’ultimo gradino un’immensa cantina lo accolse.

E con suo sommo stupore notò che il bambino non aveva mentito. Spade, scudi, lance...E tanto ancora. Un’ammucchiare di oggetti preziosi e pericolosi.

Oggetti cristiani.

Oggetti magici.

Oggetti Babbani.

Oggetti di...Si fermò.

Aveva scostato una piccola tela.

Nascosta vi era un’antica scatoletta di legno. Il segno di Voldemort vi era inciso in vari punti. Un tremendo teschio con un orrendo serpente che usciva da un occhio.

E dunque anche oggetti dei mangiamorte.

Accarezzo la piccola lingua del serpente. Su di essa era inciso un J.Kate.

…John Jekiton e alla moglie Kate…

E così senza nemmeno pensarci l’aprì.

Una luce abbagliante illuminò la cantina. Si sprigionò fino a superare i pori e le porte, fino a raggiungere il firmamento.

E lui vedeva una sagomo di un uomo.

Un uomo dai capelli rossi che reggeva quella scatolina e un altro uomo. Un po’ grassottello che sorrideva... “Weasley...”

La scatoletta si chiuse.

Percy tossì rumorosamente.

Tossì a lungo quasi a farsi male.

Quasi si trascinò lungo gli scalini e appena raggiunta la luce del sole si sentì meglio.

Respirò affannosamente, spuntando di quando in quando la sua stessa saliva.

Alzò gli occhi il bambino era accasciato a terra più pallido che mai. Lo raggiunse. “Patrick...” ma la frase che il bambino pronunciò non era altro che un miscuglio di suoni senza senso.

 

Angelica stava seduta con lo sguardo fisso davanti a se, davanti a una finestra. Patrick era in camera sua da diversi giorni, quasi cinque e non accennava a migliorare. Parlava quella lingua che solo ai monaci era concessa, come Jason.

Percy invece era guarito e stava preparando le sue valige. Sarebbe partito da lì a pochi minuti. E lei non aveva avuto ancora il coraggio di vederlo.

In quel giorno erano successe troppe cose.

La scoperta che un illustre e colto uomo come il signor Weasley non fosse altro che un plebeo che era riuscito a diventare qualcuno e quella maledetta rivelazione dei monaci.

Si alzò dalla sedia facendola quasi cadere.

Percy aveva raggiunto il taxi che suo padre aveva chiamato. Nessuno ce l’aveva con lui...Infondo lui non sapeva...

Ora, dopo salutato i suoi genitori, i suoi profondi occhi blu si posarono su di lei. Le diceva solamente addio.

Poi lo vide entrare nel veicolo e partire.

 

Il taxista era il solito dell’andata. Lo guardava come se vedesse un fantasma.

Respirò a fondo.

“Dove la porto?” la voce era molto meno rauca dell’altro giorno.

Sorrise.

“Al ministero della magia” e chiuse gli occhi.

 

 

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Capitolo 16
*** Le stelle non sono inutili ***


Nuova pagina 1

Le stelle non sono inutili

 

Ronald deglutì. Suo fratello aveva appena terminato di raccontare il suo brevissimo viaggio al nord. Un viaggio che lo aveva portato alla morte.

Respirava a fatica e gli occhi, un tempo pieni di passione e coscienza ora erano privi di lucidità e fissavano un punto impreciso.

I monaci...Gli aveva parlato di monaci e di perle.

Di qualcosa che suo fratello aveva capito, ma lui era ben lontano da poterlo fare.

“Mi dispiace...” la voce di Percy aveva smorzato ancora il silenzio della stanza. “...Ci ho messo tanto a capire...quella visione.”

Tossì.

“Ora ho capito. Sei tu il prescelto...” Ron spalancò gli occhi puntando lo sguardo di nuovo sul volto pallido del fratello.

“Il prescelto di cosa?” e le iridi blu di Percy si spostarono da un poster al comodino. “Per diventare uno di loro. Un monaco”

S’alzò inorridito facendo cadere la sedia. Il fratello respirò a fondo quasi a voler assorbire tutto l’ossigeno. “Ma io studio a Hogwarts...” protestò con un filo di voce.

“No...Non uno qualsiasi...” Porse lentamente il libro di pozioni al suo fratellino.

Ronald lo prese. Pesava.

Aprì.

E lì tra le pagine accuratamente tagliate nel centro vi era una scatolina di legno. E sopra ad essa vi era il simbolo di Voldermort.

Allargò se possibile maggiormente gli occhi.

“Era destinata a te. L’uomo che ho visto in quella visone eri tu...”

Era inutile.

Non capiva.

Non voleva capire.

“Guardale...” Percy si voltò verso la finestra. “Guardale...Non sono inutili le stelle. Ronald...” il giovane guardò i piccoli puntini bianchi che illuminavano la scura volta celeste.

“Nellson...Lui sa!”

“Perché non sono inutili?”

Silenzio.

Suo fratello non rispondeva alla domanda. Forse non la aveva capita.

Si voltò di nuovo verso il letto.

Gli occhi di Percy erano aperti e fissavano il cielo notturno. La frangetta rossa ricadeva sopra ad essi, quasi a volergli nascondere.

Le labbra schiuse.

E nessun alito usciva da esse.

“Percy...” Ron lo toccò esitante sulla spalla destra. Lo scosse.

La mano destra scivolò sul letto.

Pesantemente.

Con un lieve sobbalzo.

Poi rimase lì. Ferma.

E Ronald capì.

Mestamente uscì dalla stanza.

Scese le scale.

Le voci dei suoi parenti e del professore venivano atone dalla cucina.

Sul tavolo le carte che Charlie stava consultando prima.

Con una mano tremante prese un foglio. Parlava di quel giorno. Del giorno in cui Percy aveva preso la scatoletta che lui stringeva nella mano sinistra.

Perché allora loro lo sapevano.

Bill uscì.

“Ah! Cosa ti ha detto..?” Il maggiore s’azzittì.

“Lo sapevate...Sapevate che Percy...” sventolò i fogli.

Lo raggiunsero anche gli altri.

Charlie lo guardò confuso. “Come hai fatto a leggere? Sono in un lingua sconosciuta...”

Ma ormai gli occhi di Ronald erano puntate sulla madre.

“Percy è...Percy è...” lacrime scesero sulle sue guance.

 

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Capitolo 17
*** Pensieri ***


Nuova pagina 1

Ciao a tutti!

Perdonatemi, ma dopo essere tornata da Londra ho passato le giornate in giro con i miei amici ed non ho avuto un molto tempo!

Ecco a voi due piccoli capitoli...

Per quanto riguarda Percy, io non avevo intenzione di farlo morire in quel modo e in quel capitolo, ma poi... come m'accade sempre cambio idea all'ultimo secondo!

Aspetto vostri commenti!

 

Buona lettura!!!

 

Pensieri

 

George bussò energicamente sulla porta della stanza del fratello. Ronald erano giorni che si era rinchiuso nella propria stanza. Usciva solo per mangiare qualcosa e poi come nulla fosse si rinchiudeva...quasi a voler meditare sulla faccenda.

Non aveva comunicato nulla su quello che Percy gli aveva detto. E nessuno gliela aveva più chiesta.

Tese l’orecchio nella speranza di sentire un brontolio del fratello. Ma nulla.

Solo lo scricchiolio scocciante del pavimento di legno, sotto il peso del fratello. Camminava. A volte si fermava. Qualche minuto di silenzio e poi riprendeva il suo percorso da un letto all’altro.

George sospirò.

Prese tra la fredda mano sinistra la maniglia e l’abbassò.

E con enorme sorpresa quella mattina la porta si aprì.

Non l’aveva chiusa a chiave.

“Ron...” mormorò entrando nella stanza.

Il fratello si era fermato in quel momento come se fosse stato colto in fragrante, ma i suoi occhi erano fissi sulla scrivania. Sospirò, e con un passo giunse fino al letto che di solito utilizzava Harry.

Le mani, pallide, erano incrociate dietro la schiena e lo sguardo era perso sulle punte delle sue scarpe.

A George sembrava di trovarsi davanti Percy mentre studiava. Non si era mai reso conto quanto il suo fratellino gli assomigliasse.

“Ron...” alzò la voce, ma il ragazzo si fermò di nuovo per puntare lo sguardo sul cielo limpido.

“Ron...” questa volte giovane si girò verso l’intruso. La fronte corrugata come se non capisse quel disturbo, come se non lo volesse vedere.

George trattenne il fiato, quasi temesse di essere in un posto proibito per lui.

“È natale, Ron. Siamo tutti in sala, ti vorremo con noi...” Ronald annuì e tornò a camminare dal proprio letto a quello del suo amico.

“Chiudi la porta per favore...”

E così dicendo il fratello si ritrovò di nuovo sul corridoio con la porta di legno chiusa davanti a se.

Alzò lo sguardo.

Bill stava bussando timidamente sulla porta di fronte, quella della loro sorella.

Ginevra non aveva pianto quando aveva saputo della morte del fratello. Nei suoi occhi blu si leggeva solo rabbia verso di loro che non l’avevano considerata abbastanza matura per sapere cosa stava capitando a suo fratello. In quelle bellissime iridi vi era indignazione per le loro bugie per nasconderle la verità.

Si era rinchiusa in camera e non ne era uscita da più di tre giorni. Erano tutti preoccupati.

Non la sentivano piangere, ne muoversi...Ma infondo lo sapevano com’era. Si nascondeva nel suo mondo e teneva tutto dentro.

Al contrario di Ronald che si era messo a piangere senza sosta, lei aveva lo sguardo fisso e arido. Quando la bara era stata calata, Ginny se ne era andata come se non fosse stato altro che una perdita di tempo.

E intanto Bill la stava chiamando con delicatezza.

George lo lasciò stare e scese dal resto della famiglia.

“Ginevra...” La voce gli usciva come un sussurro...Si sentiva in colpa. Fin da quando era nata, aveva sentito una sorta di simpatia verso la sorellina. E quando l’aveva vista per la prima volta cadere a terra e piangere si era ripromesso che l’avrebbe sempre protetta. Ma, alla fine non ci era riuscito.

Bussò.

“Ginevra...Perdonami...” la sentì girarsi nel letto e sospirare.

Poi ancora silenzio.

Bill si staccò dalla legnosa porta, proprio mentre quella di Ronald si apriva. E quando il fratello minore scese le scale, anche lui s’avviò.

 

Molly stava ferma ad osservare l’orologio. Suo marito aveva avuto il coraggio di togliere la lancetta che riguardava Percy. Che per tutto il giorno prima era rimasta ferma su altro.

Era estremamente più stanca e sembrava che il tempo fosse passato troppo velocemente su di lei.

Sospirò.

Arthur stava seduto su una poltrona e giocava con sguardo vacuo con la lancetta appena tolta.

La fotografia di suo figlio gli stava sorridendo e ogni tanto gli faceva l’occhiolino, come a volerlo tirare su di morale.

Ron si sedette accanto.

Bill si sedette vicino a Charlie.

Molly sospirò ancora, Ginevra non sarebbe scesa.

Il silenzio che però si era creato venne interrotto da un suono gracchioso. Qualcuno aveva suonato al campanello.

Si guardarono dubbiosi di voler  vedere qualcuno.

Poi con un sospiro Frederik andò ad aprire.

“Harry, Hermione e...” non sapeva chi fossero gli altri, Grifondoro senza dubbio, tranne una. Una ragazzina pallida e con capelli color oro non si ricordava di averla mai vista.

“Salve...”

La voce di Dean le giunse come un richiamo disperato.

Ginevra s’alzò a sedere sul fin troppo morbido letto. Poi il mormorio di altre persone che proveniva dal salotto la fece alzare di scatto.

Spalancò la porta, non si preoccupò nemmeno di indossare qualcosa sui nudi piedi e di vestirsi più decentemente, e corse il più veloce possibile nel soggiorno.

Thomas stava facendo la su condoglianze al padre di Ginny, quando la vide o meglio sentì arrivare.

Con indosso solo una camicetta leggera si buttò tra le sue braccia e lo strinse con forza.

“Dean mio fratello...mio fratello...” mormorò cercando di trattenere le lacrime che ormai le scendevano sul volto.

Il ragazzo l’abbraccio noncurante degli sguardi che si puntavano su di loro.

 

 

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Capitolo 18
*** Un piccolo regalo ***


Nuova pagina 1

Un piccolo regalo

 

Pansy correva divertita sulla neve. La gonna nera a pieghe svolazzava facendo intravedere le belle cosce. Si girò ridendo per fare una linguaccia alquanto comica che fece scoppiare un’altra risata. Il ragazzo dietro di lei cercava di acciuffarla, ma all’incontrario della giovane non era abituato a muoversi sul soffice manto nevato.

Draco si fermò per prendere fiato. Pansy scomparve dalla sua vista dietro alle scuderie di proprietà dei Malfoy.

Alzò il viso arrossato dal freddo e dalla corsa verso il cielo.

Il giorno precedente aveva nevicato. Pansy come una bambina aveva spalancato la finestra e aveva riso “La neve...Quanto amo la neve!”

Era contenta. È lui non poteva far altro che esserne ancor più felice. Quell’estate...Quell’estate la sua fidanzata era scomparsa...

Quell’estate si era maledetto...

dabc

 

L’aria calda di Agosto lo fece sbuffare per l’ennesima volta. Pansy gli stava accanto ed era assorta in una lettura che probabilmente lui non avrebbe mai intrapreso. Il padre della giovane rise nel vederlo in difficoltà. “Oh, suvvia Draco! Mia figlia non è proprio di compagnia durante le vacanze estive, ma io so cosa potrebbe farti piacere!” si era alzato e gli aveva fatto cenno di seguirlo.

Pansy non se ne accorse.

Una volta fuori l’uomo sospirò.

“Credo proprio che abbia preso tutto da sua madre. Fisico, capelli, occhi, intelletto e anche tutte le varie manie!”

Il padre di Pansy era un uomo sulla quarantina biondo ed estremamente grasso. All’incontrario di suo padre quell’uomo aveva spirito di umorismo e vedeva il lato positivo in tutte le cose che lo circondavano. Adorava parlare di varie cose, che ben si allontanavano dalla politica e da Voldemort. Lucius non lo sopportava per questo.

A dire la verità Malfoy non sopportava nulla che fosse sporco, di poco valore e che non amava fino alla follia il Signore Oscuro.

Il signor Parkinson però non ci badava. Era uno di quelli che si potevano dichiarare un padre modello. Severo ma amorevole verso la sua unica figlia. Vedeva in lei il tesoro più grande che il Signore gli avesse concesso. E la trattava con delicata fermezza.

E trattava anche Draco con gentilezza, come se fosse suo figlio.

Quell’estate, dopo che Malfoy fu catturato e condannato come mangiamorte, il giovane ragazzo era andato a passare un fine settimana dai Parkinson.

Era domenica sera, e la mattina seguente sarebbe partito per tornare dalla madre, in crisi per l’arresto del marito.

“Comunque sia eccoti una bella stanza fresca, dove puoi giocare a bigliardo! Sai giocarci, vero?” Draco scosse la testa, “No? Bene, bene...rimediamo subito!” e ridendo gli aveva dato una lunga stecca.

 

Avevano giocato a lungo.

Draco era riuscito perfino a batterlo una volta.

L’uomo rideva come sempre.

Poi da fuori si sentirono rumore di passi. Tanti, fin troppi passi. Come se un intero paese giungesse silenzioso davanti alla porta.

E la risata allegra di Parkinson si smorzò.

“Tu stai qui ragazzo...” aveva mormorato posando la stecca e il bicchiere di Brandy che sorseggiava ogni qualvolta finiva il turno.

Poi con passo diplomatico, e con sguardo severo e serio, come mai lo aveva visto, uscì dalla stanza.

Passarono minuti, “Chi siete?” la voce alta del padre di Pansy lo fece sobbalzare. Poi il silenzio seguito da una luce fredda e estremamente accecante invase l’intera casa.

“Papà!” Un urlo. La sua Pansy aveva urlato.

Lui era uscito dalla villa con il cuore in gola.

Pansy stava sul vialetto inchinata sul corpo di suo padre. Lacrime amare scendevano copiose lungo le sue guance pallide. “Papà...Ti prego rispondimi. Papà...”

dabc

 

“Pansy!” Draco raggiunse la ragazza dietro le scuderie. Stava camminando verso di lui con un allegro sorriso dipinto sul volto, in mano teneva qualcosa.

“Cos’è?” il ragazzo guardò incerto il pupazzo di neve in miniatura che la sua fidanzata aveva appena terminato di fare. Lei rise. “Sei tu!” Draco la guardò sconvolto, “Non gli assomiglio nemmeno un po’...” “Gli ho fatto i capelli come gli tieni di solito, gli occhi azzurri e le tue labbra...” Lei alzò il pupazzo girandolo verso di se e con aria critica lo studiò. “Come fai a dire che non ti assomiglia?” lo piantò a un centimetro dal viso del fidanzato “È il tuo gemello!”

Draco spalancò gli occhi sconvolto e Pansy non poté trattenere le risate.

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Capitolo 19
*** Severus ***


Nuova pagina 1

Severus

 

Aprì prima un occhio, poi l’altro.

Una strana sensazione di vuoto l’accolse. Intorno a lui c’era solo buio.

Mugolò aprendo a fatica una mano.

“Silenzio…” una voce femminile e dolce invase la stanza. Severus trattenne il fiato cercando disperatamente d’individuare la sua bacchetta magica tra le lenzuola che… Strinse la coperta liscia e morbida, completamente diversa dalla sua… Spalancò gli occhi spaventato non era a casa sua!

“Devi riposarti…” la voce giungeva come un sospiro caldo da una sedia vicino alla porta; la sagoma snella non accennava a muoversi…era forse prigioniero?

Cercò d’alzarsi. Doveva andarsene. Doveva!

Spostò malamente le calde lenzuola e scese con un balzo dal letto a baldacchino, la figura si alzò trattenendo uno squittio terrorizzato, “Non devi alzarti! Sei ancora convalescente!” e lo raggiunse giusto in tempo per frenare la sua caduta.

Il petto gli doleva, la testa gli girava, il tatuaggio bruciava…lentamente le palpebre si chiudevano e la forza lo abbandonava…Doveva andarsene al più presto…Doveva andare da Voldemort…

Se solo quelle mani non fossero state così dolci e delicate…se solo non lo avessero toccato…e condotto con una tenera forza verso il letto…Se solo non si fosse sentito così dannatamente debole.

“Il medico ha detto che devi stare a riposo, è già tanto se sei rimasto vivo…” i capelli lunghi e morbidi della ragazza gli accarezzarono il volto, “Il Signore ti protegge.”

Severus scrutò con la poca lucidità che aveva il viso della giovane, ma solo i lineamenti indistinti gli rimasero impressi.

“Non credo in Dio…” balbettò, respirando a fatica e lasciando andare il capo sul cuscino di raso. La ragazza ridacchiò, come se la sua confessione non fosse stata altro che una battuta, e ritornando a sedersi sulla dura e fredda sedia annuì sonoramente.

E si era addormentato di nuovo.

 

La luce, tenera e calda di quel giorno d’estate lo cullò. Gli occhi ancora chiusi per non dover sopportare quel chiarore che da giorni evitava.

Accanto a lui stava un gattino. Lo aveva sentito miagolare e acoccolarsi sul cuscino.

“Sono prigioniero...” sospirò portandosi una mano al volto. Alcune bende gli coprivano la fronte e il capo, come se avesse ricevuto una forte botta sulla testa.

“Ho deluso i miei compagni...Ho deluso Voldemort...” aprì lentamente le palpebre.

Una risata cristallina giunse da dietro la porta. Una risata di uomo coprì quella di fanciulla.

E fu proprio così che entro una ragazza con lunghi capelli neri. Ridendo allegramente. Ridendo come se non ci fosse nulla da temere.

“Oh, vi siete ripreso!” e un sorriso solare, quasi tenero si dipinse sul volto pallido della giovane.

Tra le mani teneva un vassoio di legno scuro. Una tazza fumante e un succo d’arancia erano quello che lei intendeva dargli per la collazione.

“Erick non ci credeva che vi eravate svegliato, ieri notte!”

“Dove sono i miei vestiti. Devo andare.”

Lapidario come sempre.

Babbana.

Inutile essere vivente.

Qualcosa che poteva essere paragonato ad un insetto.

Il nulla più noioso e fastidioso che potesse esistere sulla terra.

Il volto della giovane si accigliò un attimo, poi arrossendo posò il vassoio sul comodino.

“Spero che non vi dispiaci. Quella tunica era così sporca di sangue…Il suo sangue. Ma non vi preoccupate tutto ciò che avevate con voi l’ho messo nel cassetto.”

Un altro sorriso.

Inutile sorriso.

Piton sbuffò. Il tatuaggio gli bruciava come non mai.

“Devo andare.” Ripeté come se con quelle parole potesse scomparire. Gli occhi scuri della giovane si rattristarono “Ma voi non potete, siete ancora convalescente Erick ha detto...” “Non m’importa di Erick!” la ragazza sobbalzò.

“Non potete...” ripeté lei con poca convinzione.

“Posso.”

Lei s’allontanò di qualche passo.

“No.”

“Si.”

“Voi non siete in grado di camminare da solo e perciò rimarrete qui.”

“Ho da fare!”

“Anch’io.”

“Lasciatemi andare. Ve lo ordino!”

“Signore. Lei è insopportabile, e nonostante non vorrei averla fuori da casa mia, lei non lascerà quel letto finché Erick non lo ritiene opportuno!”

“Sto bene!”

“Non cercate scuse!”

E detto questo la giovane rinchiuse dietro le sue spalle la porta chiudendola a chiave.

Il gattino grigio che dormiva accanto al capo di Piton si stiracchiò sfiorando con le piccole zampe i capelli puliti del giovane.

Sul volto pallido di Severus si disegnò una smorfia. E guardando irritato la porta bisbigliò un “Anche i capelli...”

E la sera giunse velocemente.

La ragazza era ritornata al suo posto della sera precedente. Su quella legnosa sedia con i capelli raccolti in una bizzarra coda.

Severus sbadigliò.

“Dormite.” La voce della giovane era dolce come non mai e sembrava più una madre preoccupata che una sorvegliante.

“No finché non se ne va.”

“Io resto.”

Il ragazzo sbuffò.

Insopportabile! Ecco cos’era quella ragazza!

La giovane sbuffò, come a volergli far eco.

“Erick ti ha trovato tra le macerie eri più morto che vivo. Ti fa solo bene riposare.

“Non vi ho chiesto io di salvarmi.”

“Ma Dio si...”

Severus alzò gli occhi. Un crocefisso stava sopra il letto. Lo guardò disgustato.

“Perché ci credi cosi tanto?”

“Perché ha salvato anche me.”

Silenzio.

“Come?”

“Come ha fatto con te. Erick mi ha salvata da una morte certa.”

“Credi che ti salverà ancora?”

La ragazza alzò le spalle.

Poi il silenzio era l’unica cosa che sentivano tra di loro. Un testardo silenzio. E per ore non ci fu che quello.

“Come ti chiami?” era un sussurro, ma Severus lo sentì lo stesso.

“Greta Faleawer. Tu?”

“Severus.”

E più nulla fu detto.

 

Passarono così le giornate, le settimane.

E Greta non era più andato a trovarlo. Erick, un parroco di campagna aveva preso il posto della giovane.

Severus si sentì di nuovo perso.

Poi un giorno impreciso. Quando il temporale sembrava più una bufera. Piton decise di andarsene.

Si mise la maschera bianca.

La maschera da Mangiamorte e si diresse verso Londra.

“Severus...” La voce di Greta, soave nonostante i tuoni e i fulmini, nonostante lui avesse l’aspetto della morte. “Te ne vai?” E il cuore gli balzò in gola.

Era bella nonostante fosse distrutta da un viaggio durato ore.

Lui annuì.

Allora si tolse una catenina con un piccolo ciondolo sopra di essa. Un crocefisso. E senza dire una parola glielo porse.

“Tornerai?”

Piton annuì.

dabc

 

Severus si sedette sul letto del proprio appartamento.

Invece non l’aveva più rivista.

Greta era morta in quel incidente causato da Peter Minus. Era morta mentre faceva la spesa. Era morta per via di Voldemort... E lui l’aveva odiato.

Aveva odiato quel marchio sul suo avambraccio. Aveva odiato Peter. Aveva odiato Malfoy. Aveva odiato Voldemort.

E soprattutto aveva detestato più di qualunque cosa se stesso.

Se stesso e quella misteriosa ragazza che lo aveva fermato pochi attimi prima.

Fudia...gli aveva donato una matita... Una matita che lo aveva salvato da quell’esplosione.

Ma Greta era morta. E con lei anche il suo cuore.

“Avrebbe dovuto salvare lei...Non me...” bisbigliò lasciandosi cadere sul letto.

E Severus pianse.

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Capitolo 20
*** La Stella ***


Nuova pagina 1

La Stella

 

Jack Nellson sedeva tranquillamente sulla sua nuova scrivania. Come un bambino si divertiva a fare le punte alle numerose matite che Percy Weasley aveva utilizzato prima di lui.

Doveva solo al rossino il suo nuovo lavoro. Era stato lui ha dare il suo nome per prendere il posto come segretario personale di Caramell.

Certo non si aspettava di trovarsi una figura alta e magra, con corti capelli rossi proprio come Percy davanti alla sua porta. “Si?” Jack sorrise vedendo il giovane entrare insicuro, gli piaceva sembrare un importante personaggio del ministero.

“Sono Ronald Weasley. Lei è Nellson, vero?” Il biondo spalancò gli occhi. Un altro Weasley. Infondo doveva immaginarselo, probabilmente era arrivato lì per fargli cambiare idea e ridare il posto al fratello...Se ne potevano scordare! Gli piaceva lavorare lì, fin troppo...

“Cosa vuoi?” le labbra di Ron si aprirono e poi si richiusero. Come se non trovasse giusto parlare, o se meditasse su qualche frase.

Jack aspettò. La fronte aggrottata e una morsa nervosa gli attanagliava lo stomaco, come se da lì a qualche secondo fosse caduto il mondo.

E così fu.

“Chi sono io?”

Nellson sospirò. Si portò due dita sulla fronte come a cercare di capire cosa volesse quel ragazzino. “Non capisco...” ma non terminò la frase. Ronald aveva depositato davanti a lui una scatolina di legno. Il segno di Voldemort vi era inciso e lui sapeva a chi apparteneva.

“J. Kate...” sospirò.

Il rosso annuì.

“Chi sono io?”

E allora Jack capì cosa volesse dire quella domanda.

S’alzò di scatto.

Chiuse la porta a chiave e appoggiandosi su di essa sospirò preoccupato.

“Tu...Hai mai aperto quella scatola?” Ron annuì.

L’aveva aperta e come.

La sera precedente, quando le stelle erano perfettamente visibili, voleva sapere perché le stelle non erano inutili.

“Perché sei venuto da me?” “Percy ti ha nominato prima di morire...”

Nellson scosse la testa.

Ecco perché Weasley gli aveva lasciato il suo posto di lavoro.

Era stato uno sciocco, guardare una di loro...Era logico che la maledizione dei monaci lo portasse alla morte...

Sospirò per l’ennesima volta.

“Tu sei uno di loro, vero? Un monaco non è vero?” Jack sorrise, “Lo ero.”

“E ora?”

“No.”

Ronald respirò a fondo.

“Spiegami, cosa sono.”

Il biondo prese in mano una matita e iniziò a guardarla con interesse.

“Il prescelto...” mormorò tirandosi indietro la frangetta. “Non puoi evitare di esserlo. Lo sei e basta.”

“Il prescelto per cosa?”

Jack alzò lo sguardo sul ragazzino, di sicuro ancora minorenne. Gli fece il gesto di sedersi e Ron lo fece.

“Lo sai cos’è la Stella?” il rosso scosse la testa. “È un frammento della mano di Dio. Qualcosa che può assomigliare alla sua immensa forza e bontà. I monaci La conservarono con cura finché non scoppiò la  guerra di Voldemort. Maghi spietati iniziarono a uccidere qualsiasi essere vivente, tutto ciò che Dio aveva creato con amore venne spazzato via. Il monaco più potente, colui che era incaricato di sorvegliare la Stella venne ucciso in battaglia, mentre puniva i servi di Satana. E la Stella scomparve. Per anni la cercarono e solo trent’otto anni fa la ritrovarono. Il Signore aveva prescelto Fudia, la figlia della mangiamorte che aveva assassinato il monaco, come sua serva. E Unaedus scoprì la Stella in quella scatoletta, era perfetta e abbagliante. Era qualcosa d’insolito e non Voleva allontanarsi da quella cantina, così fu deciso che Essa sarebbe rimasta lì e che quel luogo sarebbe diventato sacro. E così fu.”

Weasley lo guardò sospirando.

Non capiva cosa centrasse tutto quello con lui...Con la storia che lui era un prescelto.

“Si narra che la Stella abbia una gemella: la Rose. Entrambe hanno trovato rifugio in posti sicuri. La Stella nelle mani dei monaci e la Rose in una stirpe di maghi.”

Jack si fermò per osservare fuori dalla finestra.

“La Stella ha sempre avuto un prescelto. E appena esso moriva ne trovava un altro. Kate era una prescelta nonostante amasse il male...Nonostante non credesse in Dio. Morta lei fu scelto James Potter e successivamente te. Ovviamente non è un segreto. Almeno per i monaci...”

Ronald si grattò il capo.

“Allora perché sei rimasto sorpreso di vedermi qui?”

Jack alzò gli occhi azzurri su di lui.

“Perché io non conosco i loro segreti. Appena possibile sono scappato da quel posto. Io non sono un monaco.”

“Nemmeno io.”

Nellson sospirò.

“Lo sei.”

“Morirò anch’io. E forse molto presto. La Stella avrà già trovato un altro prescelto.”

“Può essere.”

Ronald s’alzò e ripresa la scatola tra le pallide mani si avviò verso la porta. Poi colto da una folgorazione si girò verso Jack Nellson.

“Tu sei Jason Jackson...Infondo loro ti cercano ancora, vero ?”

Il biondo ritornò a giocare con la matita di prima. Ron uscì.

***

Bill incrociò contrariato le braccia al petto. Ginevra era uscita dalla sua stanza solo con l’arrivo del suo “fidanzato” e poi da dove saltava fuori quel Dean?

Era decisamente troppo rozzo e grosso per la sua sorellina. E suo padre che ne era stato felice. E sua madre che lo aveva stretto al petto quasi a volerlo soffocare.

Lui era l’unico che vedeva che Ginny era ancora troppo giovane per avere un “fidanzato”?

Charlie rise divertito alla faccia irritata di suo fratello maggiore.

“Non rompere!”

“Sei buffo...”

E scoppiò in un’altra risata.

“E vattene!”

Lanciò un cuscino al ragazzo che afferrò senza problemi.

Charlie uscì facendogli una linguaccia ed evitando lo scontro con uno stivale pesante di suo fratello.

Bill si girò verso la finestra.

Ginevra stava passeggiando nel giardino mano nella mano con Dean. Si era cambiata ed indossava dei larghi pantaloni di ginnastica e un maglione decisamente maschile. Aveva gli occhi rossi dal pianto, ma Thomas non le staccava gli occhi di dosso, come se davanti a lui ci fosse stata la perdona più bella del mondo.

Stavano ridendo di qualche gnomo e Bill dovette ammettere che era la prima volta che la vedeva così allegra.

Solo che avrebbe voluto starle lui accanto.

Aiutarla.

E farla sorridere.

Come aveva fatto quando lei era piccola.

Quando i problemi di ragazzina non la avevano ancora raggiunta e quando Harry Potter non era entrato nelle loro vite.

Sospirò.

“Ti voglio bene Bill!”

Da quanto non glielo diceva?

Ormai da più di quattro anni.

Le due figure dei ragazzi scomparvero dietro un albero e Bill corrugò contrariato e sospettoso, la fronte.

Charlie entrò di nuovo nella camera.

“Che vuoi?”

“Solo ridarti la cucinata di prima!” e detto questo Bill si ritrovò con il cuscino sulla testa.

“Razza di cretino! Non si colpisce alle spalle!” e con una risatina perfida afferrò il cuscino dell’altro letto, “Carica!!!

E iniziarono a inseguirsi per tutta la stanza, ridendo e colpendosi come dei pazzi.

Piume d’oca schizzavano fuori dalle rosse fodere.

Poi Bill mollò il morbido oggetto “Ora ti prendo!” e si lanciò contro il fratello facendolo ruzzolare sul pavimento legnoso iniziando a fargli il solletico.

La porta si aprì.

George gli guardò allibito.

Suo fratello maggiore aveva i capelli completamente spettinati e sciolti sulle spalle, mentre stava a sopra a Charlie in una posizione alquanto equivoca.

Non si erano accorti di lui.

E George preferì chiudere la porta.

“Bill, ti rendi conto che nostro fratello ci ha preso per due gay?”

Il maggiore rise divertito scendendo dal ventre del fratello.

“Beh...Ronald?”

“Ronald è diverso...Guarda le stelle...Non ci sente e dubito che abbia notato tutto il casino che tu hai creato...”

Bill alzò un sopraciglio fino, “Io?” e un’altra cucinata colpì Charlie.

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Capitolo 21
*** Perché uccidere Ginevra Weasley ***


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Scusate per il ritardo!

Ho finito gli esami ed ora sono libera come l’aria... almeno finché non inizio a lavorare!

Ecco a voi un piccolo capitolo...

Spero di ricevere commenti, anche da coloro che mi seguivano fin dall’inizio!

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Perché uccidere Ginevra Weasley

 

Narcissa Malfoy odiava in maniera eccessiva la famiglia Weasley, soprattutto Ginevra. Draco se ne accorse solo all’inizio di settembre quando la donna, lo aveva richiamato nel maestoso gazebo che regnava nel bel mezzo del parco dei Malfoy.

Narcissa lo aveva fatto sedere dall’altra parte, a dieci metri da lei e con gli occhi azzurri puntati su di lui gli aveva chiaramente espresso un ordine.: Uccidi Ginevra Weasley!”

Ora, Draco si ritrovava nella strana posizione dell’indecisione.

Suo padre gli aveva sempre detto come comportarsi, e lui non aveva mai esitato tanto nell’ubbidire a propria madre. Ma lui tentennava ancora, nell’uccidere Ginevra...

Ora poi, che si era diffusa la voce della morte precoce di un suo fratello, lui si sentiva ancora più in trappola.

Draco alzò lo sguardo sul soffitto del gazebo, sua madre lo aveva fatto riverniciare qualche giorno prima. Stava seduto su una delle numerosi poltrone imbottite ed aspettava sua madre. Un elfo domestico aspettava in un angolo scuro della struttura.

Poi la porta a vetri s’aprì.

Sua madre, avvolta in un capotto argentato, entrò con passo deciso.

Draco s’alzò e inchinò lievemente il capo. La donna non lo degnò di uno sguardo finché non si sedette. “Sei stanco?” la voce gelida della madre lo accompagnò nell’azione di risedersi. Non rispose.

Narcissa sorrise. “Ti sei dimenticato della mia richiesta?” domandò. “È ancora viva...” continuò “Tuo padre non sarebbe fiero di te. Credi di poter diventare un mangiamorte senza uccidere?”

“Perché?” la voce del giovane uscì come un sussurro dalle sue labbra dischiuse appena, ma per la madre risuonò come un urlo.

“Uccidila e basta.”

“Mamma per favore...” la donna aveva acceso una sigaretta e il figlio aggrottò infastidito la fronte.

La donna espirò il tossico fumo e Draco s’alzò per uscire.

Quando aprì la porta la voce di Narcissa lo bloccò.

“Ginevra Weasley è la sorella del migliore amico di Harry Potter. Se muore lei, anche Ronald Weasley morirà...e così anche Harry Potter...Non dimenticarti mai, mio piccolo tesoro, per uccidere un nemico si parte sempre dalla formica più vicina a lui.”

“È per vendicare mio padre?”

La donna rise debolmente. “È per farlo tornare a casa...”

E con questa frase Draco chiuse la porta a vetri dietro di lui, mentre la madre restava all’interno osservandolo.

La mano bianca e magra strinse il ciondolo che portava sempre al collo.

“Draco!” il figlio non si mosse “Draco!” lo richiamò “Draco! È anche per te...” ma ormai il ragazzo si era già allontanato.

 

Malfoy corse più non posso. Il parco che circondava la sua villa era immenso. E lui non lo aveva mai percosso. Ma quella sera, non gli importava della pioggia o di dove andava, non gli importava di essere stanco oppure no...voleva solo prendere tempo per riflettere.

Ginevra Weasley era una delle persone che suo padre gli aveva insegnato ad odiare... Ma il solo pensiero di doverla uccidere gli dilaniava il cuore...come una fredda morse che non lo lasciava respirare... Era come quando pensava alla morte di Pansy.

E lui non capiva.

Odiava Ginevra.

Amava Pansy.

Eppure provava la stessa sensazione al solo pensiero del loro corpo privo vita.

Si lasciò cadere sul terreno fangoso, ansimando.

Davanti a lui stava le scuderie...Aveva girato intorno...

Quasi gli veniva da ridere quando notò il piccolo pupazzo che Parkinson gli aveva fatto due giorni prima.

E lei era lì. Ferma ad osservarlo, avvolta in un capottino nero, con un ombrello rosa stretto in una mano nascosta in un guanto si pelle.

Non si era mossa. Lo guardava e gli occhi erano freddi come mai gli aveva visti.

“Ti piace Weasley?” domandò con un filo di voce.

Draco sorrise appena, “No...”

Pansy si morse il labbro inferiore, insicura. Lo guardò con occhi colmi di tristezza e rabbia, “Io la odio! Uccidila per me...”

Il ragazzo respirò a fondo, “Perché?”

“Perché ti amo...”

Ma non era una spiegazione. Lei lo sapeva...lui lo sapeva. Eppure Draco annuì. “Va bene.”

Voleva un motivo per uccidere Ginevra e l’aveva ottenuto.:

Lei doveva morire per Pansy Parkinson.

E basta.

 

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Capitolo 22
*** La soffice neve...rossa ***


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Grazie Patty ^///^

 

 

La soffice neve...rossa

 

 

Luna Lovegood sedeva con sguardo assente su un tronco caduto di un pino. I lunghi capelli biondi, ricadevano sulle sue spalle coprendo l’elegante sciarpa. Suo padre l’osservava dalla finestra della cucina sorseggiando ogni tanto del caffè.

Vicino a Luna vi era Ron. Sedeva a qualche centimetro e con occhi tristi osservava il volo di un strano uccello. Nelle mani stringeva un cofanetto.

“Oggi il cielo sarà verde, Luna?” la ragazza sospirò alzando le spalle, “No, ci sarà la soffice neve...rossa...” Ronald sospirò. Sperava nel verde.

Sperava nella speranza.

A qualche metro da loro Ginny stava creando un pupazzo di neve insieme ai suoi fratelli maggiori. Stava tentando di creare degli occhiali simili a Percy.

E rideva.

Bill ne era felice.

Luna sospirò. “Papà ha paura...” mormorò guardando verso la sua più cara amica, “Dice che Ginevra è il tesoro della vostra famiglia. E se è vero, allora lei potrebbe essere la prossima vittima di...” sospirò ancora.

Ron aveva semplicemente annuito.

Ginny era qualcosa di meraviglioso, l’unica giusta in quella numerosa famiglia. La vide lanciare una palla di neve a Charlie e scappare verso la strampalata casa.

Sorrise.

“Non succederà...”

E la conversazione finì.

Lovegood s’alzò e si ritirò in casa. Suo padre l’attendeva.

Non salutò.

Non ricevette saluto.

Ronald invece rimase fermo per un infinità di minuti. E la neve cadeva su di lui, coprendo il suo capo, le spalle e le ginocchia. I gemelli l’osservavano dalla finestra della loro stanza. Preoccupati i per la sua salute.

“Tornerà secondo te?” Fred sospirò.

“Non lo so...” e George si avvicinò all’unica fotografia che ritraeva tutta la famiglia, Frederik lo seguì con lo sguardo, “Non è da lui starsene fermo.”

E quando i suoi occhi azzurri si posarono ancora su Ron, lui era scomparso lasciando al posto suo una scatolina di legno.

“PAPA’!”

E fu tutto troppo veloce per comprendere le azioni.

Ognuno nel suo mondo fu scosso dai suoi pensieri, mentre George e Fred scendevano dalle scale urlando.

“Se ne andato!” e uscirono da casa.

Molly trattenne il respiro e Ginny seguì i gemelli.

E poi in un attimo erano tutti all’aperto a studiare la scatolina di una mangiamorte...di J.Kate.

 

Ginny si fermò per respirare. Non sapeva chi l’avesse deciso, ma si erano divisi per cercarlo e a lei, ora, mancava il respiro.

Un rumore alla sua destra la fece sorridere. “Ron!” e s’avvicinò, ma di suo fratello quella persona non aveva niente.

I capelli biondi e lunghi erano accuratamente tirati sul retro del capo; il viso pallido e le labbra fine...Spalancò gli occhi e le labbra.

E il suo urlo raggiunse il resto della famiglia.

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Capitolo 23
*** Diventare mangiamorte ***


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Diventare mangiamorte

 

Draco respirava pesantemente mentre con passi lenti entrava nel proprio gazebo. I capelli rossi della giovane cadevano scompigliati sul suo braccio e il viso pallido si nascondeva nell’incavo della spalla.

Pansy l’osservò posarla su una sedia, corrugò la fronte, Draco stava utilizzando troppa delicatezza verso quella Weasley.

Lo guardò alzarsi e indossare l’abito dei mangiamorte, quello che sua madre aveva scelto per quella serata. Lo vide indossare la fredda maschera bianca, così, ora, nemmeno lei poteva vedere i suoi sentimenti.

Lei si sedette nel suo posto. Quello che prima ospitava suo padre. Schioccò le dita e subito degli elfi domestici si apprestarono a legare la rossa. In pochi secondi il corpo penzolava con le mani legate da una trave.

Draco si sedette nel posto d’onore.

“Sarò degno del tuo amore, Pansy...” sussurrò e il campanile suonò le nove.

Con calma tutti i mangiamorte possibili entrarono nel gazebo per prendere il loro posto. Tra loro c’era anche suo padre...sua madre, come era riuscita a farlo tornare a casa lui non lo sapeva...e non gli importava!

Non c’era bisogno di parlare. Lui doveva solo pronunciare quella formula...quella Avada Kedavra e lui sarebbe stato ufficialmente un mangiamorte.

L’uomo alla sua sinistra s’alzò e con voce rocca iniziò un inno, seguito da un altro e da un terzo e così via. Fino a giungere all’uomo alla sua destra che invece di cantare gli porse una bacchetta.

La sua bacchetta da mangiamorte.

La prese...e con passi sicuri s’avviò nel centro della stanza, a pochi metri da Ginevra Weasley.

Si guardò intorno.

Trovò subito sua madre e suo padre...e poco più distante da loro c’era il professore Piton. Lo guardò a lungo. “Sei fiero di me?” avrebbe voluto chiederglielo. Severus inchinò la testa come a sfidarlo. E in quel momento Draco capì.

La bacchetta puntata su Ginny iniziò a tremare.

“Che aspetti?” fu la domanda di suo padre, fin troppo impaziente. Lo sguardo di Draco si soffermò sulla minuta sagoma di Pansy. “Cosa devo fare?” le chiedevano, e anche lei esitava con le labbra che le tremavano e la tremenda angoscia di essere causa della morte di una studentessa.

“Uccidila!”

 

***

Luna singhiozzò. Suo padre le stava accanto e contemporaneamente cercava di aiutare i coniugi Weasley.

Ronald era scappato e Ginevra era stata rapita. E nessuno sapeva cosa fare.

Qualcosa balzò sul grembo dell’uomo.

“E questo cos’è?” borbottò toccando insicuro la strana cosa invisibile. Poi altri tonfi, e rumori di ali circondarono il gruppo di persone.

“I gufi!” esclamò Luna alzandosi in piedi e guardando nel cielo, lì, a molti metri d’altezza su una scopa ben curata vi era Kadey, la loro insegnate di difesa contro le arti oscure.

“Come sempre hai la risposta giusta, Lovegood! Allora siamo pronti per andare ad una festa?”

La bionda abbassò e alzò diverse volte le palpebre, “Professoressa lei è...”

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Capitolo 24
*** Lacrime ***


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Grazie ragazze che mi seguite T_T sono commossa!

 

 

Lacrime

 

Quando sua madre era salita sulla scura carrozza che l’avrebbe portata lontana da lei, le aveva accarezzato dolcemente il viso e con tristezza le aveva sussurrato quella maledetta frase.: “Pansy…Stai attenta alla Grifone femmina…Stai attenta ai suoi occhi.”

Ma non c’era motivo di temere Ginevra Weasley. Essa era svenuta e presto sarebbe morta. E anche se il pensiero di essere lei la causa della sua morte la tormentava, Pansy voleva assolutamente togliere di mezzo una Grifondoro.

“Uccidila!” esclamò con rabbia.

Draco la guardò ancora per qualche secondo. Dietro la maschera la supplicava di ripensarci, ma la sua fidanzata non cambiava idea.

Doveva ucciderla per Pansy, per il suo amore...

Si volto verso Ginny e impugnata con maggior forza la bacchetta sospirò. E in quel momento, una piccola striscia blu, che s’intravedeva dalle palpebre appena dischiuse lo fece bloccare ancora una volta.

Ginevra si era svegliata.

Non ci volle molto per farle capire d’essere legata...di essere in mezzo a dei mangiamorte.

E spalancò gli occhi spaventata e supplichevole.

Pansy trattenne il respiro.

“Pansy…Stai attenta alla Grifone femmina…Stai attenta ai suoi occhi.”

 

Piton inghiottì rumorosamente.

Draco stavo ancora esitando ed era un bene. Ma Lucius si stava avvicinando al figlio per spronarlo, ed era un male.

Lo bloccò con mano ferma. “Non vorrai aiutarlo, vero Malfoy?” sussurrò e il biondo s’arrestò indeciso se essere furente con il suo primogenito o con il suo migliore amico.

Poi tutto fu luce.

 

“Avada Kedavra!”

 

Ginny spalancò ancora di più gli occhi, mentre senti un dolore impensabile colpirla al petto. Ci fu una attimo di silenzio.

Severus spostò l’attenzione sul corpo della rossa, angosciato dal gesto di Draco. Sperava che non lo facesse.

Lucius sogghignò avido insieme alla moglie.

Draco lasciò cadere la bacchetta. S’inginocchiò distrutto. “Padre cosa mi avete fatto fare?” era un urlo di disperazione che rimbombò nella stanza facendo paralizzare i pochi mormorii.

E la luce cessò.

Lì, ai piedi di Ginevra Weasley vi era un corpo accasciato.

La maschera di mangiamorte stava sul pavimento vicino alla mano destra. E i capelli neri stavano sparpagliati sulle sue spalle, ma il volto si poteva notare benissimo.

Pansy Parkinson si era spostata per proteggere con il proprio corpo Ginevra.

Ed ora era morta.

Ginny ansimava con le lacrime agli occhi, mentre Draco strisciava a carponi verso la sua amata. Dalle labbra del ragazzo usciva solo il nome della fidanzata.

 

 

Poco distante, in una carrozza scura ferma davanti al cancello che delineava la proprietà dei Malfoy, una donna piangeva.

Piangeva la perdita della figlia, e la perdita di altre persone.

Piangeva perché sapeva già cosa sarebbe successo in pochi secondi.

E mentre lei versava lacrime la carrozza s’avviò.

 

***

Kadey guardava con sospetto il cielo limpido.

Erano arrivati da qualche minuto e con qualche trucco che i gemelli avevano inventato in quell’anno erano riusciti ad entrare nella proprietà dei Malfoy.

L’insegnante camminava sicura nel giardino verso il gazebo più lussuoso che avesse mai visto, e fischiettava.

 

“Padre cosa mi avete fatto fare?”

 

Bill si fermò pietrificato da quell’angoscia che l’urlo aveva trasmesso fin a loro. Anche il resto della compagnia si era arrestato, spaventato già dall’immagine di Ginny morta. Ma Kadey continuò imperterrita il suo viaggio e giunta alla porta del gazebo entrò.

 

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Capitolo 25
*** La vendetta di Kadey ***


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La vendetta di Kadey

 

La porta a vetri si spalanco ad un colpo d’aria gelida. Ginny spostò lo sguardo annebbiato verso l’unica via d’uscita.

Una sagoma esile entrò nel gazebo e la discussione dei mangiamorte cessò.

Malfoy trasalì.

« Tu... » mormorò con un filo di voce, trascinandosi dietro ad alcuni colleghi, « Tu...Hai ritrovato i tuoi occhi... » un sorriso si dipinse sul viso di Kadey.

Piton la guardò un attimo dietro la fredda maschera.

Tutto era pronto.

La donna annuì.

E Severus da quel momento sapeva di avere poco tempo a disposizione.

Ginevra guardò ancora la sua insegnante, non poteva crederci, era una di loro...lei era una fata! Deglutì cercando di parlare, ma qualcosa di dolorosamente freddo le colpì il petto.

Sobbalzò e volgendo lo sguardo verso il pavimento vide Draco attaccato disperatamente ad un pugnale, un pugnale che ancora stava nel suo corpo.

E in quell’istante un suono acuto invase la stanza.

Mani forti d’uomo liberarono la giovane e con velocità la trasportò fuori dal gazebo. Ginny respirò a fatica, e quando la luna illuminò il volto dell’uomo, lei vide solo la maschera dei mangiamorte. Poi svenne.

Il rumore acuto non diminuiva, e Luna non lo sopportava. Chiuse gli occhi tappandosi l’orecchie, ma la testa iniziava a scoppiarle.

Kadey smise di urlare.

E il silenzio che seguì era tremendamente dolorante.

Draco alzò la testa su di lei, le lacrime che ancora copiose gli scendevano delicatamente sulle guance, e la imploravano di ucciderlo.

“Tu...Maledetta fata! Tu...Io ti avevo tolto tutto...!” la donna non curò il mangiamorte biondo e anzi s’inchinò sul figlio che ancora teneva tra le braccia la sua fidanzata.

Accarezzò delicatamente i suoi capelli e depositò un bacio sulla fronte dei due ragazzi. Draco trattenne il respiro e prima di svenire vide un dolcissimo sorriso dipingersi sul volto della donna.

“Ora a noi Lucius!”

E la porta del gazebo si chiuse. Il vetro divenne pietra e il legno ferro.

Da fuori Bill s’alzò vedendo le trasformazioni del gazebo, “Che succede Piton?” ma l’uomo non rispose, Kadey si stava vendicando... e nel peggiore dei modi.

“Ora curiamo Ginevra...” mormorò prendendo tra le sue braccia il corpo della giovane, per poi smaterializzarsi nella sua casa.

 

Kadey sorrise beffarda.

E alzando le mani in alto iniziò a muoverle come delle farfalle, i suoi occhi completamente argentati si fissarono su quelli della maschera di Malfoy, ma lui sapeva che lo vedeva.

“akrio...” sussurrò.

E con lentezza qualcosa colò dalla pareti e dal soffitto... “Danfeys. Te lo avevo giurato, Malfoy...Ti avevo avvertito...e tu non mi hai dato ascolto!”

E i primi urli echeggiarono nel gazebo.

La fata chiuse gli occhi e con un dolcissimo canto scomparve dalla scena.

 

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Capitolo 26
*** Enigmi… ***


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Enigmi…

 

Neville Paciock stava tranquillamente sistemando i propri abiti nella sua stanza, era tornato la sera prima per le vacanze natalizie e stanco com’era del lungo viaggio si era subito addormentato sul divano della sua stanza.

Ora oltre un tremendo torcicollo doveva sopportare l’assenza del suo elfo domestico, chiamato da suo nonna nel giardino, come a volergli dare una punizione per aver dormito su un oggetto che ben lungi dal suo meraviglioso letto a baldacchino.

Ma infondo a Neville non dava fastidio sistemare come gli pareva. Era però sicuro che sua nonna avesse messo nella sua stanza una specie di telecamera.

Non aveva ricevuto notizie da Luna o dagli altri. Nonostante lui gli avesse invitati tutti nella propria villa per un bel fine settimana, sperando anche di distrarre un attimo dalla morte del fratello sia Ronald che Ginevra.

Ma il suo gufo era tornato senza risposta. Probabilmente era ancora troppo presto.

Sbuffò massaggiandosi con la mano sinistra il collo, “Maledetto divano...” borbottò.

Un bussare leggero lo distolse dai propri pensieri. Neville andò ad aprire, il suo elfo domestico stava timidamente aspettando davanti alla porta con un abito a dir vero molto ricco per essere un umile servo, ma il ragazzo non sopportava lasciarli andare in giro per le stanze con dei semplici stracci.

“Signorino, perdoni Sinak, ma Sinak ha una notizia per lei, Signorino.” Neville alzò un sopraciglio, “Dimmi, allora...” ci fu un attimo d’esitazione per entrambi, poi l’elfo prese la mano destra del giovane fra le sue e con tristezza sospirò.

“Sinka deve occuparsi di due nuovi ospiti Signorino. Sinka non può lasciarli perché loro stanno male, tanto male.” Il ragazzo sorrise, “Va bene Sinka, cosa vuoi che mi capiti in questa casa? Ma chi sono questi ospiti?” L’elfo sobbalzò quasi colpevole di aver fatto un crimine. “Non gli piacere Signorino, Sinka lo sa.”

Neville rise, e con un giuramento che non lo avrebbe punito per quello si fece accompagnare nella stanza addebita per gli ospiti.

Aprì timoroso di svegliare qualcuno. Due comodissimi letti stavano al centro della stanza e tra le varie coperte di seta vi stavano sue corpi che se non fosse stato per il leggero alzarsi e abbassarsi del petto, si potevano definire due cadaveri.

L’elfo lo fece avvicinare per fargli vedere meglio chi erano...

Neville aprì e chiuse varie volte le labbra senza riuscire a fare un minimo suono, poi, come se avesse ricevuto un’improvvisa forza urlò “NONNA!!!”

L’anziana signora sobbalzò leggermente, doveva aspettarselo un comportamento del genere. Non fece nemmeno il tempo di posare la delicata e preziosa tazzina di the che si ritrovò suo nipote di frante a se.

“Neville, quante volte ti ho detto che gridare non è un comportamento degno di un Paciock? E nemmeno correre dal piano superiore a quello inferiore.” Alzò con delicatezza gli occhiali da vista.

“In questo momento nemmeno avere quei due sotto questo tetto è da Paciock!” e indicò indignato le scale di legno finemente decorate. “Che cavolo ci fanno qua?”

Qualcuno rise divertito.

Neville spostò lo sguardo, finalmente verso l’enorme balcone. Lì tra i vari fiori, che lui stesso aveva curato, stava suo zio.

Viso baffuto, baffi lunghi e ridicolamente arricciati all’insù, “Sapevo che prima o poi, Neville saresti diventato come tuo padre...”

Il ragazzo deglutì a vuoto, che ci faceva lui a casa sua?

 

***

Arthur Weasley e Alan Lovegood stavano guardando desolati la scatolina di legno che Ronald aveva lasciato a loro. Era completamente vuota e sembrava non avere nemmeno un significato.

Improvvisamente il rosso si pentì di non aver chiesto spiegazioni al figlio...Spiegazioni che Percy voleva dare solo a lui.

Alan si grattò rumorosamente il capo, in quella grande e strana casa stavano dormendo tutti, tranne loro due e Piton Severus. Quest’ultimo stava seduto di fronte agli uomini e guardava assente la maschera da mangiamorte. Non sapeva se Ginevra fosse sopravvissuta e non sapeva nulla dei Malfoy, la gazetta doveva ancora arrivare.

Poi un ticchettio contro la finestra fece distrarre i tre uomini.

Un gufo di buona salute stava sul davanzale della cucina. Era quello di eri sera...

Arthur aprì la finestra.

Il gufo entrò e si accoccolò sulla tavola.

La lettera che portava era indirizzata al signor Weasley.

L’uomo la lesse velocemente. Poi alzando lo sguardo ai suoi coetanei sospirò.

“Neville Paciock chiede di andarlo a trovare oggi pomeriggio...” passò la lettera a Lovegood “Dice ha molte cosa di dirti, io ci andrei...I Paciock sono molto saggi.”

Piton tossì rumorosamente “Non Neville.”

E in quel momento dalle scale scese una esile figura, Luna s’affiancò al padre, “Signor Weasley sua figlia ha ripreso conoscenza...” non finì la frase che l’uomo corse raggiante nel piano superiore.

Alan sospirò alzando gli occhi sulla figlia, assomigliava sempre di più a sua madre. Anche caratterialmente, strana ma decisa a portare fino in fondo il proprio lavoro...Sorrise.

“Che ne diresti Luna di andare a trovare Neville?”

La ragazza sgranò gli occhi arrossendo lievemente, che cosa aveva in mente suo padre?

Piton tossì irritato, “Paciock sostiene di sapere qualcosa che ci possa essere utile. Devi scoprire che cos’è...Ci verrei io, ma come ben sai non posso più uscire da questa catapecchia...” guardò disgustato l’arredamento povero della stanza.

Luna annuì volgendo lo sguardo sulla scatolina di J.Kate; e improvvisamente le ritornò in mente il viaggio in carrozza del primo giorno di scuola.

Paciock aveva fatto vedere una bellissima perla alle sue amiche, lei invece non l’aveva degnata di uno sguardo me la scatolina... Che centrasse?

La ragazza si scostò di scatto dal padre e raggiunto il proprio capotto prese la polvere volante, sicura che i Weasley non se la sarebbero presa, e salutati gli uomini scomparve.

“Quella ragazza...Un uragano, proprio come sua madre!” sorrise Lovegood.

 

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Grazie ragazze!

Non credo di essere stata così brava, ma comunque vi posso dire che sono a buon punto...

Speriamo in bene!

Va beh...

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 27
*** Il prescelto dei Monaci ***


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Vorrei scusarmi per l'enorme ritardo, e spero che sto capitolo vi piaccia! Un bacio a tutti!!!

 

 

 

 

 

 

 

Il prescelto dei Monaci

 

Neville stava fermo ad osservare le fronde degli alberi dalla finestra della sala. Sua nonna stava comodamente seduta sulla poltrona.

“Mi spiace...” riuscì a mormorare suo zio che stava osservando il ritratto di Frank, era da tanto che non vedeva suo fratello, da anni...troppi...non era mai andato a trovarlo nemmeno all’ospedale, e ora, ora che sentiva che il suo posto era finito chiedeva perdono al fratello...e a Neville.

“Non importa.” L’anziana donna sorseggiò ancora un po’ di te. Aveva cacciato suo figlio da quando lui aveva lasciato gli studi, ed ora se lo trovava lì a dirgli che il suo piccolo e imbranato nipotino aveva la Rose.

Chi arriverà?

Un puff fece girare spaventato Neville.

Era giunta l’ora di dire tutta la verità.

Ma a chi sarebbe giunto fin lì a chiedere spiegazioni?

E quando vide il viso pallido della ragazza si sentì morire.

“Luna...” bisbigliò.

***

Stavano camminando da ore in quel parco, ma nessuno aveva fiatato, infine Neville sospirò. “Luna, ci sono alcune cose che ignorate sul mondo dei maghi.”

La ragazza alzò gli occhi confusa sull’amico, strinse con forza il labbro inferiore, “Parli dei monaci?” chiese cercando di non far tremare la voce e Paciock annuì.

“Nati dal sangue di un demone e di un arcangelo, protetti da Dio e dal Diavolo, sono gli esseri peggiori che possano esistere su questa terra. Con una forza che va aldilà di quella di ogni umano e mago, con qualcosa nel loro petto che potrebbe far esplodere il mondo. Sono qualcosa che fa paura, ma si dichiarano servitori di Dio.”

Sospirò inchinandosi a raccogliere una margherita magica.

“Ma non è questo il problema, Luna. E il loro amore verso il frammento di dio che dovrebbe far paura alla gente. Quel loro servirsi della bontà, e del loro prescelto. Chi sia, non lo ignoro. Non sono monaco, e non posso saperlo. Ma è l’arma più potente che esista sulla faccia della terra. E loro la useranno per uccidere un infido e strisciante male che sta nascendo tra noi maghi. Per distruggere Voldemort. Perché lui non può esistere, non può prendere il posto del Diavolo.”

Luna spalancò gli occhi stringendosi nel capotto bianco.

“Non capisco. Loro amano Dio, se no perché Silente li avrebbe lasciati entrare a Hogwarts?”

“Perché chiedi? Semplicemente perché il mondo è in pericolo. Semplicemente perché qualcuno aveva rubato il frammento di Dio...Perché il prescelto era lì.”

Erano giunti in prossimità del lago, e il tramonto lo stava colorando di un bel rosso.

Lovegood guardò la superficie in silenzio, quel rosso era così simile ai capelli di Ginivra, e a quelli dei suoi fratelli. “Ronald...” sussurrò stringendosi le mani al petto.

“Ronald cosa?” e Luna iniziò a piangere, “Ron...il prescelto è Ron...”

Neville la strinse a se, lasciando cadere la margherita nella gelida acqua, la vide galleggiare tra le piccole onde.

“C’è però un’altra cosa che non sai. Una cosa che potrebbe tremendamente spaventosa.” Mormorò accarezzando lentamente i capelli biondi della ragazza, “C’è il tempo.”

Luna tirò su col naso, e allontanandosi leggermente dal petto del giovane lo guardò senza capire, “Il tempo?” ripeté corrugando la fronte.

“Si, il tempo è poco. E se i monaci non ritroveranno Ronald allora tutto questo...tutto ciò che di più bello c’è può scomparire...più nulla esisterà.”

Neville scrutò la bionda che lentamente iniziò a capire.

“E anche se non succedesse, non c’è solo Ron come arma temibile, ma tutti noi ne costituiamo una. E probabilmente si sveglieranno anche loro.”

“Vuoi dire che non c’è possibilità?” e Paciock sorrise dolcemente, “Dipende da noi, Luna, dipende come le vogliamo usare...” “Quindi anche R...” la testa del ragazzo si mosse con foga in un no, e Luna capì.

Era così dunque?

Così tremendamente ingiusto il mondo...o forse era solamente sbagliato credere di essere nel giusto?

Ma ora c’era una battaglia da portare avanti.

Una grande battaglia.

 

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Capitolo 28
*** Dolorosi Saluti ***


Nuova pagina 1

Dolorosi Saluti

 

Luna era appena tornata a casa.

Aveva raccontato tutto ai Weasley e a suo padre. Ed ora aspettava seduta su una malridotta poltrona le conclusioni.

Bill beveva tranquillo il the alla cannella, me sembrava riflettere.

“Non ci posso credere...” mormorò Charlie che dondolava pericolosamente su una sedia, “Ronald uno di quelli...Che poi alla fine cosa sono?”

Bill alzò le spalle.

Molly sospirò esausta da quelle rivelazioni.

“Mamma forse è meglio se vai a riposare...” azzardò Frederik ma la donna lo fece azzittire con un cenno della mano.

“E ora?” chiese

Nessuno parlò.

Il temporale aumentò di forza facendo sbattere rumorosamente gli scuri. Facendo aumentare l’angoscia.

Il vento spalanco una finestra, e un’altra ancora.

Arthur andò a chiuderle con calma, e proprio quando giungeva all’ultima l’uomo si spostò spaventato.

Davanti alla finestra stava un uomo incappucciato, un uomo con la tunica.

“E ora ascolterete me.”

La voce rocca come se provenisse dal profondo di una caverna fece sussultare Molly.

“Chi sei?” Bill stringeva con forza la bacchetta.

E come risposta il vento fece scivolare il cappuccio dal capo dell’uomo, mostrando il viso rovinato di Peter Minus.

“L’unica possibilità.”

***

Neville spalancò gli occhi.

Un gufo era appena arrivato nella sala dove c’erano ancora sua nonna e suo zio.

E la pergamena da lui appena letta non dava belle notizie.

Lo chiamavano in una disperata impresa.

Gli chiedevano di combattere.

E a lui andava bene. E lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per Luna.

S’alzò e trascinando i piedi si diresse nella propria stanza.

Non era mai stato coraggioso, ed era sempre rimasto una frana in tutte le materie. Potevano non essere paragonato ai suoi grandi genitori. Ma questa volta no...Non si sarebbe fatto abbattere dalla paura.

Tirò fuori dall’armadio la sua bacchetta magica.

“Neville!” la voce della nonna lo raggiunse dal piano inferiore. “Neville non azzardarti a...” ma un leggero puf le bloccò la voce. Suo nipote se ne era andato.

 

Si era ritrovato in mezzo al camino dei Weasley. Luna lo guardava orgogliosa. Harry ed Hermione annuirono.

“Ci siamo tutti allora...” la voce monotona di Peter lo fece sussultare. “Andiamo, l’Ordine della Fenice ci aspetta.”

Neville uscì dal camino con l’aiuto di Dean Thomas, il fidanzato di Ginny. “Ben arrivato amico! Minus ci aveva detto che tu saresti giunto!” e con una forte pacca sulle spalle l’amico lo lasciò per salire ancora una volta le scale e salutare la sua adorata Ginevra.

Luna s’avvicinò al giovane Paciock che era stato circondato dai suoi vecchi compagni di stanza, con un fugace gesto si portò un ciuffo dietro l’orecchio destro. Lui la guardò e sorrise dolcemente, come a volerle darle un conforto. E come se quel gesto valesse più di qualsiasi parola anche lei sorrise, felice di poter avere accanto una persona tanto importante.

***

Molly li accompagnò alla porta.

Le lacrime che lentamente scendevano lungo le sue grosse guance, e le mani che tremavano.

Abbracciava tutti quanti, conoscenti o no, non le importava, erano pur sempre persone che andavano a morire per un mondo migliore.

E quando giunse il momento di salutare la sua famiglia iniziò a singhiozzare disperatamente. Abbracciandoli con disperazione e raccomandando a ognuno di loro di ritornare e di non fare troppe pazzie.

Anche Ginevra piangeva osservando dalla finestra tutti i ragazzi, e quando i fratelli si girarono a salutarle il cuore le si fermò. Dean alzò la mano mandandole un bacio, schiudendo le labbra in un “Ci vediamo fra qualche ora!” facendola sorridere fra le lacrime.

Luna in quel momento abbracciava con grande affetto e premura il padre, che da canto suo stringeva con forza la piccola e l’assicurava che sarebbe tornato. Quando fu il turno di Neville di salutarla lei gli sciolse la cravatta, “Non serve in battaglia...” mormorò abbracciandolo, “Ti prego abbi cura di te...”

E finito tutto ciò gli uomini ed Hermione erano scomparsi dalla loro vista.

Luna e Molly salirono le scale fino a raggiungere la stanza di Ginny, e senza dirsi niente guardavano fuori dalla finestra.

Ormai non c’era più scampo.

Qualcuno sarebbe morto.

Chi delle tre schiere non si sapeva.

Ma si sperava...Si sperava che morisse il male.

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Capitolo 29
*** Addio ***


Nuova pagina 1

Addio

 

Ginevra stava ferma ad osservare il cielo in quel momento nuvoloso.

Non sapeva se la battaglia era incominciata, e forse sperava che tutto finisse in quell’attimo, ma sapeva...Sapeva che non poteva essere così.

Si asciugò l’ennesima lacrima.

Il suo Dean aveva deciso di combattere, così come Hermione, e Neville.

Perfino Harry.

E chi sarebbe tornato?

Chi dei suoi quattro fratelli sarebbe sopravvissuto?

E suo padre?

Improvvisamente pensò a sua madre, all’angoscia che doveva provare in quel momento, al dolore della perdita di un figlio e della scomparsa dell’altro...Alla consapevolezza che forse nessuno sarebbe tornato.

Avrebbe voluto consolarla, scendere le scale e abbracciarla con forza, per dirle che lei era lì con lei.

Ma stava male.

Troppo.

Non si mosse.

E pianse.

Piangeva da ore ormai, e una lacrima in più non era importante.

Con le mani strinse quel buffo pacchetto Colin Canon le aveva donato prima delle vacanze. Non lo aveva ancora aperto.

E non voleva.

Luna però le aveva detto che doveva distrarsi in qualche modo. Lei era andata a volare con la scopa che Cho Chang le aveva regalato. Sua madre invece stava preparando una torta, -lo sentiva dall’odore-, in attesa del ritorno di tutti i loro cari.

E lei che non poteva scendere dal letto, che non poteva volare, o lavorare...A lei era rimasta solo la possibilità di guardare il regalo di Colin.

E così lentamente tolse la carta regalo, e la buttò a terra.

Non poteva crederci.

Un album di fotografie.

Logico da una che viveva con la macchina fotografica incollata addosso.

Ma era comunque sorpresa.

La copertina era lucida, di un azzurro chiaro, decorata con farfalle che volavano.

Bellissima nonostante la sua semplicità.

E trattenendo il respiro l’aprì.:

La prima pagina conteneva una fotografia magica, tutta la sua classe di Grifondoro. Sorridevano felici salutandola.

Con l’augurio di buone feste.

Colin

Era ciò che con tratti delicati il suo compagno aveva scritto. Sapeva che aveva regalato una cosa del genere a tutti.

Girò ancora una pagina.

E ora non erano più le fotografie magiche, ma quelle babbane.

Lei seduta a leggere un librò.

Hermione che parlava con Patil Calì.

Neville che curava una pianta.

Harry che volava.

Draco che rideva con dei serpeverde.

Draco che abbracciava teneramente Pansy.

Pansy che sorrideva.

Pensy che piangeva.

Draco che volava.

Cho che si allenava a Quidditch.

Cho che scherzava con Harry e Hermione.

Luna che leggeva una rivista all’incontrario.

Luna che mangiava una cioccorana.

Lei che rideva.

Lei che baciava Dean.

Dean che dormiva.

Dean con in mano un ossarchiotto.

Dean...Dean...Dean...

Colin aveva collezionato molte fotografie di ogni persona di Hogwarts.

Ed era uno tra i più belli regali che avesse mai ricevuto.

 

***

Gli Auror erano andavi avanti.

Mentre loro avevano il compito di tenere a bada i Monaci. Ma Hermione temeva che quello fosse stato il più grande errore che Silente potesse fare.

Si fidava di loro.

Ma probabilmente non gli conosceva bene.

 

Avada Kedavra!

Hermione si girò giusto in tempo per vedere un fascio di luce colpire Paciock. Vide il suo corpo sbalzare tra delle pietre mentre un altro raggio colpiva uno dei pochi monaci rimasti lì.

Granger spalancò gli occhi lucidi.

“Neville!” urlò cercando di raggiungerlo.

“E no ragazzina! Con chi credi di combattere?”

Una donna dai lunghi capelli rossi le bloccò la strada. “Mi spiace per Silente, ma Voldemort deve morire per mano del prescelto.” Alzò la propria bacchetta “Crucio!”

 

 

Hermione smise di urlare.

Alzò gli occhi tremanti sulla figura che troneggiava su di lei. Piton guardava con rabbia la donna che ormai aveva indietreggiato.

“Ce la fai ad alzarti?” la voce di Neville le giungeva da destra. Si girò, e lo vide ancora intero, un po’ dolorante, ma intero.

Annuì e con il suo aiuto s’alzò, “Dobbiamo andare Hermione. Dean ha bisogno di noi...” la ragazza si tirò su col naso, “Ma il professore...”

Ma Paciock la spinse con forza in un corridoio buio.

“Non preoccuparti, se la caverà. –sorrise- È tornato indietro sentendo le tue urla. Silente ha capito che non sono dalla nostra parte.”

Si fermarono in atrio di luce.

Dean stava combattendo proprio lì, l’avversario non riuscivano a vederlo ma era forte, molto forte.

Neville uscì allo scoperto.

Crucio!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola raggiungendo l’amico, l’avversario urlò.

 

***

Ginevra sfogliava lentamente l’enorme album di fotografie.

E ce ne erano molte divertenti che la facevano sorridere o addirittura ridere.

C’erano anche quelle sui due gemelli, perfino del loro ultimo giorno a scuola. E era scoppiata proprio a ridere nel vedere cosa combinavano i loro scherzi.

Molte anche di Ron, infuriato, triste, allegro, stupido...Appena sveglio o che si lavava i denti...

Ma ora che era arrivata alle ultime foto si era bloccata di colpo, delle lacrime le scendevano lungo le guance.

Erano le poche foto che Colin era riuscito a fare a suo fratello Percy.

La prima era chino su un tavolo della biblioteca a studiare.

Una dove festeggiava la vittoria di Quidditch.

Un’altra dove raggiante abbracciava la sua fidanzata.

La quarta dove stava sistemando la divisa a Ginny.

 

***

“Dov’è Harry?” Dean li guardò stanco.

Avevano appena finito il combattimento che già si ritrovavano a correre per altre stanze.

“È andato da Voldemort...- Hermione respirò a fondo- Dove sarà Ron? Quella donna ha parlato di lui!”

E i tre si bloccarono di botto.

A qualche metro di distanza vi era un enorme crepaccio. Dean indietreggiò improvvisamente aveva paura di non poter più rivedere Ginevra.

Neville lo raggiunse seguito da Granger.

Non era quella la strada giusta evidentemente.

Ma dov’erano?

***

Ginny voltò l’ultima pagina.

Un’altra fotografia magica.

Questa volta raffigurava Percy e Ronald insieme.

Sorridevano allegri e ogni tanto la salutavano.

Erano in una cabina sul treno da soli.

In quel momento il suo cuore saltò un battito.

***

Si fermò ad osservare i tre ragazzi.

I suoi occhi azzurri vuoti, si posarono su di loro.

“Ron!” Hermione fece qualche passo, voleva abbracciarlo e fargli sentire quanto gli era mancato...quanto si era preoccupata.

Ma la mano di Dean la bloccò.

“Non è lui Herm...Non vedi?” e gli occhi color cioccolata della ragazza fissarono quelli chiari del suo migliore amico.

Spenti.

Spenti.

Spenti.

“Prescelto..!” la voce di un uomo giunse dall’angolo più buio della radura.

Il rosso non ascoltò quella voce, qualcosa stava per accadere...

“Il mondo è male...”

Neville spalancò gli occhi, lo stava per fare... Strinse con forza la mano della ragazza, e chiuse gli occhi immaginandosi Luna.

Hermione capì deglutendo, cercando riparo con l’unico braccio libero così come Dean.

NO!” la voce maschile di prima giunse alle orecchie dei ragazzi poco prima dell’enorme esplosione.

 

***

Un rumore giunse alle orecchie di Luna, appena atterrata sulla terra ferma.

Ginny sobbalzò guardando fuori dalla finestra.

Qualcosa di luminoso le stava per raggiungere.

Molly urlò disperata.

E tutto in un battito di ciglia finì.

E fu silenzio

 

FINE

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