Seven Steps of Summer

di Dira_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** From Monday to Thursday ***
Capitolo 2: *** From Monday to Wednesday ***



Capitolo 1
*** From Monday to Thursday ***


La storia è collegata alla mia precedente fan-fic Doppelgaenger che trovate nel mio profilo o al link. Alcuni personaggi menzionati quindi appartengono a quella storia. Si può leggere tranquillamente anche senza averla letta, comunque. Solo per completezza, ecco. ^^
 



 


So, brown eyes, I'll hold you near
Because you're the only song I want to hear
A melody softly soaring through my atmosphere
(Soul Meets Body, Death Cab For Cutie)¹


 
 
In sette giorni ti può scoppiare il mondo in faccia. Letteralmente.
E non è detto che sia sempre una cosa orribile, catastrofica, spaventosa.
Ma di certo ti scombussola un po’.
E il bello è che c’erano state, sì, delle avvisaglie.
Del tipo, la domenica mattina ti svegli, trascinandoti con tutte le tue forze fuori dal dormiveglia.
Però poi ti ricordi che è estate, sei un professore e sei in vacanza.
Ed ecco che un attimo prima di sprofondare nel coma estivo ti viene in mente una frase, spuntata fuori dal nulla sonnolento delle tue sinapsi…
 
Niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare.
 
… E sai che non è assolutamente vero, che negli ultimi dieci mesi – quasi un anno! – hai fatto tutto il contrario.
Hai evitato di fermarti a pensare.
Certo, ci sono stati ottimi motivi, ma…
Se ti fossi fermato a ragionare, avresti potuto capire che non era importante farlo.

Sei sempre stato un po’ lento in certe cose, ma…
… cominciamo dal principio, eh?
 
****
 
Lunedì

È mattina. Stai dormendo della grossa, ancora.
Nessuno ha mai sospettato– a parte l’ineffabile nonna Dromeda – che in realtà, se fosse per te, dormiresti quindici ore al giorno tonde, rotolandoti nell’inedia più totale.
Adori l’odore delle lenzuola, fresco e pungente la sera e caldo e complice di prima mattina.
Adori strofinare il viso – non ti cresce la barba, perché sei un metamorfomago – contro la federa del cuscino e stirarti i muscoli contratti.
Quando dividevi il talamo con Vic era diverso: lei si alzava prestissimo, scivolando accanto a te con quella sua grazia liquida e profumata per un bacio, delle coccole. Sesso.
Non che ti dispiacesse, sei pur sempre un bipede maschio con dei bisogni mattutini, ma poi pretendeva la colazione a letto e, intontito dal post-orgasmo, dovevi trascinarti in cucina a prepararle la colazione, con il rischio di incontrare il ghigno di Bill o i sorrisi maliziosi di Fleur.

Le prime volte eri così imbarazzato che strisciavi fino all’uscita e andavi a comprargliela fuori.
Ora quelle incursioni solitarie alla boulangerie più vicina sono finite, come tostare il pane solo fino alla doratura. Vi siete lasciati quasi un anno fa, e non hai più notizie di lei dallo stesso lasso di tempo.
Sono successe tante cose in dieci mesi, non propriamente belle e i problemi personali di tutti, a lungo, sono passati in secondo piano.
Ora però, ti chiedi cosa faccia. Se stia bene. Se ci sia qualcuno che le prepari la colazione la mattina.
In quel caso speri che sappia dorare i toast. Davvero.
Poi senti un rumore. E lo riconosci.
Infili la testa sotto il cuscino, mentre la porta di camera tua viene spalancata e passi pesanti annunciano l’arrivo del tuo terremoto personale.
Dentro di te lo chiami così, ma non gliel’ha mai detto. Anche se forse apprezzerebbe, conoscendolo.
 
“Teddy! Sveglia, ghiro della brughiera! In Cornovaglia c’è uno splendido sole e sono quasi le undici del mattino!”

Il che vuol dire che sono a malapena le dieci.

Ti chiedi se James si alzi tutte le mattine alle sette, come proclama di fare, oppure bluffi magistralmente solo per venire, tre ore dopo, a darti il tormento.
Certo è che dovrebbe, visto che a settembre si terranno le selezioni per l’Accademia Auror e lui ha tutta l’intenzione – e il diritto secondo lui – di entrarci.
Senti il rumore di due scarpe che vengono calciate via, probabilmente agli angoli opposti della stanza, e poi…
Beh, ovvio. È James.
… e poi arriva il dolce peso del tuo ragazzino sulla schiena, in volata.

Più o meno è come essere placcato da un centauro incazzato.
Dovresti fargli notare, prima o poi, che non ha più dodici anni e non sei in grado di sopravvivere al peso dei suoi muscoli da ex-cacciatore di Quidditch.
“Jamie! Mi stai schiacciando i polmoni!”
“Se parli respiri, quindi non è vero!” Cantilena, infilando le mani ovunque e cercando strapparti via il lenzuolo. Ti tira una testata distratta contro la spalla destra. “Svegliati!” Ti ulula all’orecchio.

Devi svegliarti. Almeno prima che ti faccia saltare un timpano.
Ti volti di scatto e sfruttando l’effetto sorpresa – o i tuoi geni da lupastro, sostiene lui da anni – lo ribalti sotto di te con un colpo di reni.

Indossa la vecchia t-shirt della sua prima vittoria a Quidditch. Ormai sta diventando rosa per i troppi lavaggi, ma nessuno ha il coraggio di farglielo notare.  
I jeans invece ti piacciono: li ha comprati in un negozio babbano e li sfoggia da giorni come se dovesse mostrare a tutti che bel fondoschiena ha.
Forse lo fa sul serio, rifletti, mentre ride cercando di divincolarsi.
“Non così, Candidato Potter. È la presa 27, dal Manuale Auror. Come descriveresti la sua dinamica?” Chiedi, sentendoti didattico.
Gli occhi nocciola di James ridono, mentre intrappola la lingua trai denti, e poi risponde. “Tu nudo sopra di me?”
Stronzetto.
“Veramente ho i boxer. Non è questo il punto… Merlino, Jamie, ma stai studiando?” Sospiri, lasciandolo andare. James ti tira un colpo sul fianco.
“Sicuro che sì!” Brontola tirandosi a sedere sul letto. “Sono stato al corso stamattina.”
Poi si sporge e ti bacia.

 
Tra te e James è successo. A settembre stavi cercando di capire cosa fare della tua nuova vita dove eri un insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure ad Hogwarts…
… e a novembre te sei ritrovato nel letto mentre scoprivi di essere interessato agli uomini.

No, menti. Andando a ritroso nel tempo ti accorgi come le donne, a parte Vic – un quarto veela – non ti siano mai interessate un granché.
E non hai mai raccontato a nessuno quanto ammiravi il Capitano della squadra di Quidditch della tua casa, Malcolm Whitby. Soprattutto ammiravi i suoi muscoli tonici e la sua mascella squadrata.
Vieni risvegliato dai ricordi da una botta sul braccio.
James ha sempre questo modo tenero di attirare la tua attenzione. Non ricordi neanche più quanti lividi hai.
“A che pensi?” Chiede, corrugando le sopracciglia. “Pensi troppo.” Aggiunge.
“Pensavo a Malcolm Whitby.” Confessi, dandogli retta e non pensando.

“Chi diavolo è?”
“Era il capitano della squadra di Quidditch di Tassorosso, al mio terzo anno.”

“E perché lo stavi pensando?”
“Così…”

Poi ti ricordi che James è un diciottenne, ex-Grifondoro modello.
Quindi ti placca sul letto prima che tu possa dire ‘Api frizzole’. Senti le sue labbra incastrarsi con irruenza con le tue e le sue dita attorcigliarsi attorno ai tuoi capelli.
Baciare James non è come baciare Victoire. A volte usa i denti, la lingua, le labbra.

Ti lascia stordito, come se un uragano ti fosse passato addosso.
Ed è bello.
Non avresti mai pensato che un assalto sarebbe stato un modo piacevole di vivere la sessualità, e soprattutto un modo che si confaceva a te.

Ma senti che ti si addice.
James aggancia con le dita i tuoi boxer babbani e li lancia oltre le sue spalle. Probabilmente finiranno sulla libreria e dopo dovrai riprenderli con chili di polvere sopra.
Tu fai fare la stessa fine alla sua maglietta e quando se ne accorge ride contro la tua clavicola, prima di morderti la spalla facendoti gemere.

James fa sesso come vive. In modo irruento e sfrontato.
Ti guarda con irriverenti occhi nocciola mentre mappi la perfezione delle sue scapole e dei bicipiti, e ride con gli occhi mentre ti chiede se apprezzi lo spettacolo.
“Domanda retorica…” Sussurri, mentre gli tappi la bocca con un bacio, prima che si corrucci da brava capretta del Devonshire  chiedendoti cosa voglia dire.
Non sai precisamente cosa sta succedendo tra di voi e non sai mappare con precisione la geografia dei tuoi sentimenti per lui.
Vorresti chiedere a qualcuno se ha una risposta, un consiglio, ma non puoi.
James è James Sirius Potter, e tu sei Ted Remus Lupin.

E sono i vostri nomi a rendere tutto speciale. Inimitabile. Incomprensibile se non li aggiungi alla spiegazione.
E poi…  
C’è un’intera famiglia, il clan Potter-Weasley, che ti blocca e purtroppo la tua prima e unica confidente è anche la tua ex.

Che forse ti odia.
Hai venticinque anni e sorvoli le lande rigogliose del tuo casino mentale.
 
… e niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare…
 
La frase ti rimbalza tra le sinapsi di nuovo. Ma poi James si china sulla tua erezione, mentre si umetta le labbra facendola sparire in quella boccaccia irriverente, e l’unica cosa che ti viene in mente e…
Il nulla.

… mentre gli accarezzi la nuca, dove i riccioli rasati ti solleticano i polpastrelli, respirando forte, mentre il suo nome ti scivola sulla lingua.  
E lasci perdere, ancora una volta, come ogni volta.
 
Dopo James recupera il vestiario e, prima di infilarsi la maglietta, si china a pretendere il suo ‘bacio del buongiorno’
“Jamie, te ne avrò dati un’ottantina.”
“Sì, ma questo è quello.” Sogghigna, e tu lo baci, lasciando che lo trasformi in una mezza molestia al tuo fondoschiena. Poi si raddrizza. “Ero venuto a svegliarti! Per zia Dromeda saremo morti ormai.”
“Credo ormai si sia abituata al fatto che ci metti sempre tanto.” Sorridi, prendendo la bacchetta e recitando un accio per riavere boxer, camicia e un paio di pantaloni.
“Le camice anche d’estate?” Protesta James. “Come sei vecchio.”
“Mi stanno bene.” Protesti sentendo – sì, perché lo senti – che i capelli ti virano verso un curioso rosa cipria. “E poi è cotone egiziano. Traspira.”
“Sarà… il mio è cotone inglese e ci sto come Merlino comanda.” Si infila gli anfibi distrattamente, allacciandoli tutti storti.
James è scombinato. Dalla punta dei capelli arruffata fino alle scarpe slacciate.
Gli baci la testa e con la coda dell’occhio lo vedi sorridere.
“Va’ a fare colazione. E per favore, potresti non rubarmi i muffin al cioccolato?” Gli chiedi.

James ti guarda come se fossi scemo. “No. Ci vediamo in cucina!” Annuncia, prima di smaterializzarsi: lo fa anche per fare dieci metri, da quando è fuori da Hogwarts.
Ridacchi tra te e te, mentre apri la finestra per far circolare l’aria. È una luminosa mattina di giugno e selve di cicale superano la barriera del suono con il loro frinire.

E tu sei felice.
Aspiri l’aria, che sa di erba tagliata e salsedine. A volte ad Hogwarts ti scopri a sentire la mancanza del cottage della tua infanzia.
Il rumore, esile ma presente della risacca ti solletica le orecchie: sei vicino a Villa Conchiglia, ormai abitazione estiva della famiglia Weasley-Delacour. Dalla tua finestra puoi vederla in lontananza, un puntino sulla spiaggia sabbiosa dietro al bosco.
Poi vedi anche un’altra cosa.  

Guardi stralunato il gufo rosa – grazie alla magia – che si chiama Cocò ed è di Victoire atterrarti sulla finestra, come un deja-vu. Ha un biglietto legato alla zampa.
Lo prendi e lo apri.

 
Teddy,
Sono tornata per qualche giorno a Villa Conchiglia.
Ti va di vederci per un the?
È ridicolo ignorarci, non ti pare?
Vic 
 
Rimani con il biglietto – rosa antico – in mano per dieci minuti buoni.
Prima che tua nonna bussi alla porta e, preoccupata e ruvida come sempre, ti informi che la colazione sta sparendo tra le fauci di James.
E l’unica cosa che riesci a pensare, anche se non fa onore al piccolo gentiluomo che Andromeda Black ha cresciuto è…
Merda.

 
****
 
Martedì

Sei in giardino, in maniche di camicia perché sei stupido, sotto la canicola estiva a disinfestare quasi cento metri quadrati da gnomi malefici che non hai il coraggio di far fuori.
Devi prima stanarli dal complesso sistema di cunicoli e poi non puoi far altro che schiantarli e trascinarli nel bosco. Sospetti che tua nonna sappia della tua mancanza totale di crudeltà, ma che in fondo ti voglia bene anche per questo.
Si affaccia alla finestra, osservandoti mentre lavori.
A volte la sorprendi a fissarti con quell’espressione.  Quella in cui ti chiedi chi stia davvero guardando, se te o sua figlia.
Da piccolo per farle piacere, o almeno così credevi, hai provato a trasformarti in tua madre. Sfortunatamente il tuo corpo da novenne non poteva sopportare la trasformazione in un’adulta per troppo tempo e ti sei ritrovato con un febbrone da cavallo per una settimana e i capelli rosa cicca per un mese.

Tua nonna ti sgridò tanto, quella volta. E poi scoppiò a piangere, e ti chiese di non farlo mai più.
Probabilmente è da allora che hai smesso di cambiarti i connotati per divertimento.
Le sorridi, mentre ti leghi i capelli con un elastico. Dovresti tagliarli, ma qualche impertinente ragazzino bela che li preferisce così da sempre.
“Sai che Victoire Weasley è tornata?” Ti chiede sbrigativa. Sembra sempre volertene dire quattro, Andromeda Tonks: in realtà ci sono state poche volte in cui ti ha davvero imperiosamente bistrattato.

Sorridi nervosamente, annuendo. “Sì. Mi ha mandato un gufo ieri mattina…”
“E non le hai ancora risposto.” È un affermazione. Gli occhi di tua nonna ti trafiggono da parte a parte, e tu ti scopri a farti piccolo piccolo contro la vanga.

Detesti non soddisfare le aspettative delle persone. Sarà un trauma infantile, ma è così.
“Non ne avevo voglia, nonna…”
“Senti tu! Non ne aveva voglia il signorino! Vic è stata la tua fidanzatina immaginaria per anni. Quante volte ti ho visto sbirciarla da dietro le dune di sabbia mentre si faceva il bagno, eh?”
Avvampi come un gladiolo – hai un buon termine di paragone, ce li hai davanti in nutrita e panciuta schiera – e  non hai il coraggio di dirgli che in realtà sbirciavi i suoi cugini francesi, sognando di diventare biondo e muscoloso come loro.  

A posteriori, ti rendi conto che c’erano dei punti di contatto con la tua sessualità sin dall’età di sette anni.
Inquietante.
“Già, e lo è stata veramente per sei anni. Mi sento a disagio, nonna.”
“Vic è una tua amica di infanzia e anche se vi siete lasciati è tuo dovere rispondere ad un dannato invito!”
“… Come sai che è un invito?”
“Gliel’ho suggerito io.” Proclama placida, e supponi compiaciuta. Hai sempre sospettato che tua nonna supportasse la vostra unione eterna.

Lei, come tutti.
Sembravate perfetti assieme. Era proprio questo a non funzionare.
Nonna!” Protesti. O almeno ci provi. “Non avevi il diritto di fare una cosa del genere, maledizione!”
“Falla finita, ragazzino.” Ribatte, battendo una mano sul davanzale. Sembra un giudice del Wizengamot di fronte all’imputato reo confesso. “Prima o poi dovrai affrontarla. Ti sei nascosto abbastanza, direi. Ho forse cresciuto un coniglio?”   

Sospiri. Non ha tutti i torti, naturalmente. Vic è in Inghilterra, a solo un sentiero in mezzo alla brughiera salmastra da te. Non puoi semplicemente ignorarla.
“Va bene, risponderò al gufo stasera.”
Tua nonna guarda oltre le tue spalle, e tu hai un’orribile sensazione. Sesto senso da lupo, forse?
“Credo che non ce ne sia bisogno. Sta venendo qui.”
E prima che tu ti possa voltare è già rientrata dentro casa, lasciandoti in balia del tuo destino.

Vic sta arrivando dal bosco. È incredibile come riesca a imporsi sulla scena, che sia una sala da ballo affollata o un bosco solitario.
Ha un semplice vestito che svolazza alla brezza estiva, ed è bianco. I capelli sono sciolti sulle spalle, e piovono come una cascata dorata sulle braccia color del latte.
Vic non si abbronza, Vic non ha lentiggini.
Vic è perfetta, e tu ti aggrappi alla vanga con la forza di un naufrago.
Capisci perché ne sei stato innamorato per anni e perché, in fondo, la ami ancora.
Cammina fino alla staccionata che recinta il giardino, e ci si appoggia con le mani. Noti che non ha più l’anello che le hai regalato al vostro terzo anniversario.
Devi avvicinarti anche tu.
“Teddy.” Dice, e senti l’ultima sillaba rotolare sulla lingua e venir rafforzata. È il suo accento e senti una stretta al cuore nello scoprire che ti era mancato. “Ciao.” Conclude semplicemente.
“Ciao.” Rispondi acutamente, mentre senti il sapore del sangue sulle labbra. Ottimo, ti stai martoriando un labbro.
“Non hai ricevuto il mio Gufo?” Chiede inarcando un sopracciglio. Vedi da come stringe le dita sulla staccionata che è nervosa anche lei.
Non passi più di vent’anni della tua vita vicino ad una persona senza ricordarsi tutti i suoi piccoli gesti.
“A dire il vero sì…” Ammetti. “È solo che non sapevo come risponderti.”
“Con un sì o un no?” Suggerisce corrucciandosi. È facile al cambio di umore Vic, indice di quanto sia in fondo un po’ viziata. Ma il suo broncio è così adorabile che nessuno ci fa caso. “Pensavo di meritarmi almeno una risposta, Ted.”
“Sì, è vero.” Ammetti di nuovo. “Ma mi hai colto di sorpresa, non pensavo saresti tornata quest’estate.”
“I miei genitori sono a Lion con Louis per un seminario sulla danza e Dom è in Romania con zio Charlie. Ero sola ed ho pensato che almeno sarei potuta tornare in famiglia…” Ti lancia un’occhiata che sembra scavarti dentro. Forse in fondo è sempre stato così. “Sei cambiato.” Afferma. “Una volta saresti corso da me.”
Senti un pungolo fastidioso allo sterno, quando una volta avresti trovato carina quella sua sicurezza sull’affetto che vi lega. “Una volta… hai ragione.” Dici, sentendo la tua voce fin troppo secca.

Vic è la prima ad aver capito il tuo patologico bisogno di rendere felici tutti e di farti amare da tutti.
L’ha capito, ed a volte, te ne rendi conto solo ora, l’ha sfruttato.
Con quella sua malizia innocente, senza reale cattiveria… e tu eri felice di renderla felice.

Ma non poteva funzionare, per nessuno di voi due.
Vic esita, poi fa un sorriso di scuse. Lo riconosci, perché per un attimo la sua aura di intoccabile perfezione che fa voltare ogni singolo essere vivente che la incrocia si affievolisce.
“Hai ragione, come sempre. Scusami… Sono venuta qui per offrirti la mia amicizia. Nulla di più.” Ti guarda e ti prende la mano. È tiepida e morbida come ricordavi. “Mi sei mancato, Lupin. Non possiamo ignorarci per tutta la vita dopo che ne abbiamo trascorsa una assieme, non ti pare?”
Ti stringe la mano tra le sue, senza preoccuparsi del fatto che la tua è sporca di terra e sudata.
Ti ricorda di quando giocavate sulla spiaggia da bambini, e vi riempivate i capelli di sabbia.
E tu ogni volta ti stupivi di come una bambina così bella e apparentemente intoccabile potesse essere anche il perfetto compagno di giochi.
Le sorridi.
“Dai, entra. Ti faccio un the.”

 
****
 
Mercoledì

È il giorno ufficiale della cena a casa Potter.
Da quando hai memoria ogni mercoledì sei seduto alla tavola di Harry e Ginny, prima, quando avevi ancora bisogno di cuscini per raggiungerla e adesso, che aiuti tua zia ad apparecchiare mentre Harry e Jamie sono fuori per una partita di Quidditch a due.
Ginny è preoccupata. Lo vedi dalla ruga leggera che gli segna la fronte altrimenti dolce.

Quest’anno è stato duro per tutti: la scomparsa di Thomas ha segnato il vostro clan, come zia Herm ama definirlo, ed ha segnato la famiglia Potter più di chiunque altro.
Thomas Dursley, figlio adottivo del cugino di Harry, è… o era, hai paura a pronunciarlo, come un figlio e un fratello per loro.
E la sua scomparsa, dopo quell’orribile storia di ricatti e morte che proveniva dalla famiglia originaria di Tom…
Ginny ti sorride e ti chiedi dove sia Albus, il figlio di mezzo, il piccolo genio di famiglia.

Il migliore amico di Tom e, secondo quella linguaccia di Jamie, anche qualcosa di più.
“Al?”  

Ginny scrolla le spalle con un’espressione esasperata. “In soffitta con le sue pozioni. Fortunatamente abbiamo canalizzato il camino. Il primo anno che era tornato te lo ricordi che odore terribile spargeva per casa con i suoi intrugli?”
Ridacchi con lei, perché le vuoi bene. E vorresti trovare il modo per parlare con Al.

Ma come ti ha detto una volta James, non puoi salvare tutti.
“Se non esce di lì entro fine Giugno, giuro che do fuoco alla soffitta…” Mormora distratta Lily, controllandosi la perfetta riuscita della stesura dello smalto.  
“Non cominciare.” La ammonisce Ginny, ma senza convinzione. “Albie, lo sai, per via di Thomas…”
“Lo sappiamo tutti. Non penso che ci sia un essere umano, animale, minerale o vegetale che non sappia.” Replica imbronciandosi. “Ma se continuerà a stare ingobbito sulle sue pozioni diventerà orribile. Ed io ne rimarrò ferita, perché devo avere dei fratelli meravigliosi. Ne va della mia immagine. Meravigliosi… come Teddy.” Aggiunge, facendoti ridere mentre sbatte le ciglia.

Si respira sempre un’atmosfera difficile ormai. Lily e James sono gli unici che risollevano il morale delle truppe, come scherza Ginny.
James poi irrompe nel salotto del piccolo Cottage: è sudato, spettinato e con una canottiera che ha visto tempi migliori.
Teddy!” Ti saluta come al solito, urlando assolutamente senza motivo.
Vedi Ginny lanciare un’occhiata di disapprovazione verso il tatuaggio che gli campeggia sul braccio mentre gli intima di andare a farsi una doccia.

Distogli lo sguardo, perché ricordi come l’ultima volta che ci hai posato lo sguardo ci hai posato anche le labbra.
James ti passa accanto e sai che sa. Perché sogghigna. “Hai fatto il bravo bambino e hai aiutato mia ma’, Teddy?”
“Diversamente da te, ragazzino, Ted è il risultato di un educazione di successo.” Rimbecca Ginny. “E ora fila a toglierti quella puzza di spogliatoio maschile.”
“Si chiama sudore, mamma. E qualcuno lo trova eccitante.” Lo vorresti strozzare mentre tieni a bada la gorgone che abita nei tuoi capelli e li costringe ad imbarazzanti virate di colore.

Ovviamente Harry e famiglia non sanno niente di voi. Impossibile anche solo pensare ad una reazione del clan Potter-Weasley. E poco importa che per anni sei stato il modello di ispirazione per tutta la seconda generazione della famiglia.
Inoltre sei piuttosto sicuro che a zio Ron verrebbe un infarto.
Ginny ti dà un colpetto con il braccio. Sorride, ed ha una sfumatura inquietante in quel sorriso. Ti ricorda Lily quando tenta di darti a bere che non sta cercando di eludere la sorveglianza ad Hogwarts per infilarsi nelle gite notturne degli studenti del Settimo ad Hogsmeade.
“Ho saputo che Vic è tornata.” I suoi occhi hanno un luccichio pericoloso. Se lo ricorda, vero, pensi con terrore, che vi siete lasciati senza possibilità di appello?
“Ehm.” Reciti acutamente. A volte avresti voluto che zio Harry fosse stato un esempio paterno più loquace. “Sì.” Aggiungi.
“Sta a Villa Conchiglia, vero?”
“Ehm.” Continui, e l’arrivo di Harry con gli occhiali rotti in mano ti salva da un interrogatorio degno di Torquemada.

Gli stringi la mano brevemente, con il vostro solito affetto discreto.
“Ciao Teddy.” Ti sorride. Sembra stanco, ma rilassato. È troppo tempo, quasi dieci mesi, che gli vedi ombre annidarsi nello sguardo. La scomparsa di Thomas, tutta quella storia, l’ha lasciato pieno di sensi di colpa, nonché problemi al lavoro e con suo cugino Dudley, il padre di Tom. Sai però che l’amore per lo sport condiviso con il primogenito lo aiuta.
James fa quest’effetto alle persone, pensi affettuosamente mentre ragguagli Harry sull’andamento delle tue ferie.
Le fa sentire felici.

Quando scende Al cominciate a mangiare e l’atmosfera si fa più calda e rilassata, dopo che James tormenta un po’ Lily, facendosi rispondere per le rime.
Lanci un’occhiata ad Albus. Noti che i capelli gli sono cresciuti in una frangia disordinata che gli copre gli occhi. Mangia composto e ride alle battute salaci di Lily.
Non sembra triste, ma sembra distaccato. Fa impressione sapere che ha soli diciassette anni.
“Come vanno le pozioni?” Riesci a dirgli, al momento del dolce.
Scrolla le spalle. “Metifiche e rivoltanti, secondo la mia famiglia. Ma forse sto scoprendo la cura per la Lectovaiolosi.”

“Oh.”
Ride appena. “Magari.” Appoggia una mano sulla guancia. “Così Vic è tornata.”

È diventato l’argomento totem di quella cena?
Senti un orribile rumore di forchetta contro il piatto ed hai la certezza che James abbia smesso di ingozzarsi di torta di mele.

“Sì, starà qui per le vacanze.” Ignori uno sguardo ficcato sulla nuca. “Siete già andati a trovarla?”
Al scrolla le spalle. “Non io. La trovo antipatica.”
“Albus!” Lo riprende Ginny. “È tua cugina!”
“Se voglio sentir parlare qualcuno di sé per ore chiedo a Jamie.” Replica, e fa un sorrisetto che gli arriccia l’angolo della labbra. “Se non altro mi diverte. E non scintilla.”

Al è sempre stato uno stronzetto, rifletti. È un serpeverde dopotutto.
Harry sorride, dall’alto della sua ingenuità di pater familias che tutto vede e niente coglie.
“Allora, sei già andato a trovarla?”
A quel punto c’è un gran fracasso dalle parti di James. Ti volti e lo vedi che già sparisce fuori dalla sala, borbottando qualcosa che c’entra con ‘passeggiata’ e ‘non ho più fame’.

Lily sorride soave, piluccando la sua fetta di torta. “Jam odia Vitro. Comprensibilissimo peraltro. Io odio i suoi capelli e sì, come ha detto Al, il fatto che scintilli. Mi fa sentire normale e questo non è semplicemente tollerabile.”
“Tesoro, non scintilla.” Le fa notare Harry ragionevole. “E’ solo un quarto veela.”
“Sono i suoi maledetti capelli lino a farlo per lei.” Soffia Lily assottigliando lo sguardo. “Maledetta.”
Ginny stavolta non la riprende. L’argomento poi  si sposta sugli ultimi risultati dei Chudleys: nessuno ha commentato l’uscita di James.

Effettivamente, rifletti, ha sempre dato di matto al nome di Vic.
Solo che ora capisci perché.
 
Non ci metti molto a trovarlo: se ne sta steso sulla vecchia amaca appesa trai due alberi di melo in giardino. Fuma la sigaretta tra indice e pollice; ogni volta fa evanescere i mozziconi per non farsi scoprire dai genitori.
“Non hai paura che qualcuno ti scopra?”
“Mamma lo sa già.” Replica con lo sguardo ostinatamente puntato sulla manciata di luci che forma Ottery St. Catchpole. È proprio sulla collina. Oltre c’è la Tana.

La geografia dei tuoi ricordi.
“Perché sei uscito?”
“Non mi andava di sentir parlare di quella vacca.” Butta fuori salace, continuando ad ignorarti. Afferri con una mano la corda dell’amaca, chinandoti.

James a quel punto è costretto a lanciarti un’occhiata di sottecchi.
“Non chiamarla così, non ti ha fatto niente.”
“A parte farsi te?” In un attimo è in piedi e ti ha scostato con una manata sul petto. “’Fanculo Teddy!”
“Non capisco perché adesso ti sei arrabbiato.” E davvero, non lo capisci.

Tu e Vic vi siete lasciati. È tutto lì.
Cos’altro c’è?
“Mi sono arrabbiato perché non me l’hai… oh, fottiti!” Ringhia.
“Perché non te l’ho detto? Ho ricevuto il Gufo ieri e stavo cercando di capire come comportarmi.”
“Ignorarla?”

“Non posso ignorarla! È una mia amica di infanzia e oltretutto è la mia vicina di casa.”
Non riesci bene a vedere il viso di James a causa della penombra del giardino. Il sole è tramontato oltre la collina, incendiando tutto e rendendo i contorni più sfuocati.
“Stai con un’altra persona adesso!” Sbotta e lo senti respirare rabbia. James è sempre diretto. Non sente mai il bisogno di trattenersi, la qual cosa è ammirevole, ma ha il potere, per difesa, di renderti  un professorino didattico.
“Lo so. Ma non posso toglierle il saluto per questo. Cerca di ragionare…” Ti avvicini, inspirando odore di tabacco e bagnoschiuma. A volte lo desideri così tanto, James, che te ne spaventi.
È come aprire una voragine e caderci dentro. Non sai quando smetterai di cadere e questo ti spaventa più dell’eventuale botto stesso.
Senti le mani ruvide di James attorno al viso e poi le sue labbra scontrarsi con le tue. Sembra morderti, più che baciarti e devi afferrargli i polsi per non farti sbilanciare e finire poco dignitosamente culo a terra.
Ti stacchi subito, mentre qualcosa dentro di te urla oltraggiato.
“Jamie, potrebbero vederci dalle finestre…” Lo ammonisci.  Lo senti irrigidirsi e poi si strattona via dalla tua presa.
“Già. Quanto sei ragionevole. Teddy, l’uomo razionale!” Sputa furioso. Non capisci tutta quella rabbia e ne sei innervosito.

Per una volta non hai fatto niente di male, e sentirti aggredito come il più infimo degli assassini ti sembra ingiusto e incomprensibile.
“Non capisco cosa vuoi, James. Sai come stanno le cose tra di noi, sai cosa…”
“No che non lo so!” Sbotta.

Poi cala il silenzio.
Dieci mesi, e c’è stato troppo a cui pensare, e… devi ammetterlo, quando sei con James ti godi il momento e, davvero, ti basta alla grande.
È stato lui a chiederti di farlo e tu l’hai assecondato.
Si morde le labbra. Lo indovini, più che altro, con il crepuscolo imperante.
“Lo so che ci tieni a me…” Inizia, a voce bassa. “… e so che non ti fai film, tipo, ritornare con lei. Ma… non è facile capire che pensi. Sei sempre così… ragionevole.”

 
E niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare.
 
È tutto il contrario. Se sei qui con lui, è perché non ragioni.   
Sorridi appena e gli afferri la nuca tirandotelo contro.
“Tra me e Vic è finita. Non poteva funzionare, quindi non essere geloso.”
Lo senti brontolare e subito dopo ecco che arriva il pugno sulla spalla. Incassi senza fiatare.

“Non sono geloso! Sono favoloso e ti faccio un sesso da urlo. Perché dovresti mollarmi per quella sciacquetta francese? Con una come quella usi il letto solo per dormire.”
“Mmmh… In compenso con te raramente uso il letto per dormire.” Lo fai ridere, e ti rassereni.

Per ora va bene così.
Non ti chiede parole che non hai mai imparato a pronunciare. Non ti chiede di definire.
Non ti chiede di ragionare.
E va bene così. Forse.
 
****
 
 
Giovedì
 
Ora ricordi perché detestavi alcuni aspetti della vita di coppia con una ragazza.
Lo shopping è tra questi.
Non sai neanche come ci sei finito a fare di nuovo da portapacchi a Victoire, per le strade pietrose di Tinworth², l’unico villaggio nel giro di miglia.
Vic incede con il suo vestitino bianco per la strada principale, suscitando sospiri, sorrisi e sei certo che quel gruppo di ragazzini vi stia seguendo da quando siete arrivati.
Tu sei pieno di cinque o sei buste ma tutto sommato non puoi lamentarti: quando stavate assieme erano molte di più.

È solo che non riesci a dirle di no. Sei andato a portarle la crostata di more di tua nonna, e in men che non si dica ti ha coinvolto nel suo shopping per una cena di riconciliazione.
E diciamocelo, con James al corso estivo del Ministero e niente da fare ti annoi a morte. Hai riletto tutti i libri della biblioteca, hai letteralmente arato il tuo giardinetto e per un paio di giorni hai persino esposto anche la tua pallida pelle inglese al mare.
Vic ti sorride da sopra una spalla “Vuoi una mano con quelle buste?” ti chiede allegra. I capelli color del lino catturano i raggi di un pallido sole mattutino facendoli sembrare un’aureola.
Sorridi di rimando. “Penso ancora di saper reggere il peso di un po’ di viveri e qualche vestito.”
Vic ti si affianca e ti prende a braccetto. È un gesto naturale, così naturale che non lo percepisci come estraneo. Ha passato davvero una vita aggrappata al tuo braccio.

“Ti devo ringraziare. Credo di essere geneticamente incapace di portare dei pesi.” Scherza.
“O forse nessuno ti ha mai abituata.” Replichi facendola ridere, mentre ti mostra la lingua.
“Vero… ma che ci vuoi fare. È la fortuna di essere bellissima!”
Vic sa di essere bella, con la stessa naturalezza con cui qualcun altro affermerebbe di saper respirare. Non è una qualità, è il suo modo di essere.

“Fermiamoci a questo bar! Mon Dieu, te lo ricordi? Ci andavamo sempre da bambina a compare quel buon gelato babbano! Non è cambiato affatto!” Esclama. “Sembra di essere rimasti a dieci anni fa!”  
“Vero, questo posto sembra un’istantanea perenne.” Ironizzi, scostandole la sedia per farla sedere su uno dei tavolini posizionati fuori.
Tinworth è piena dei vostri ricordi. E ti senti a disagio, perché in sua presenza vengono tutti prepotentemente riesumati.

Pensavi sarebbe stato più semplice.
Ma passeggiando con lei, ascoltando le sue battute e rispondendo ai suoi sorrisi ti rendi conto di quanto poco tempo sia passato da quando vi baciavate e facevate l’amore.
E la cosa ti fa stupidamente sentire in colpa.
Perché lo devi ammettere, con Vic era facile. Facile essere il fidanzato perfetto, facile stringertela al petto la notte o assecondare i suoi capricci.
Vic era, ed è, una strada liscia senza asperità.
Quello che stai vivendo adesso con James è una fottuta salita con tronchi divelti a sbarrarti la strada.
Non c’è di mezzo solo lui, ma la tua sessualità, il modo in cui la stai cominciando a vivere dopo anni di negazioni…
E non ci sarà mai, per te, un matrimonio benedetto da tutti, né bambini che potranno perpetrare la stirpe Lupin.
Sei stato abituato a pensare che un giorno anche tu avresti avuto una famiglia, finalmente. E invece no.
Trovarti di fronte a Vic ti fa pensare a come potrebbe essere stata la tua vita, se fosse continuata tra di voi.
Ti schiocca le dita davanti al viso. Persino con un movimento così spigliato riesce a sembrare incredibilmente ammaliante. “Ehi, Teddy? Ci sei?”
“Sì, scusa… stavo solo pensando.”
“Ted Lupin, il grande pensatore.” Appoggia una mano sulla guancia. “Mi sono sempre chiesta se ci sia qualche attimo, nella tua pensierosa vita, in cui il tuo incredibile cervello smette di funzionare a pieno regime…”
Abbozzi un sorriso, afferrando il menù reso rigido dalla salsedine e non rispondi.

Certo che sì. Quando sono con James. E sai Vic? È una sensazione magnifica.
Vorresti dirglielo. Realizzi che vorresti dirgli di James, ma è ridicolo. Non puoi, è la tua ex e oltretutto sua cugina.
Bella fregatura, esserti impalmato la tua unica amica al mondo, eh?
“Cosa hai fatto in quest’anno?” Chiedi distratto, realizzando che non sai nulla degli ultimi dieci mesi della sua vita.
“Niente di interessante, se paragonato a quello che è successo qui. Povero zio Harry…” Sospira appena. “… e povero Thomas. È sempre stato un ragazzo inquietante, comunque.”
Non ribatti, perché è maledettamente vero. “Quindi?” Chiedi però e poi ordini distrattamente al cameriere un caffè forte con panna.  
Vic ordina qualcosa di sicuramente dietetico e sfugge il tuo sguardo.

“Vic?”
“Non è stato un gran periodo neanche per me.” Ammette a bassa voce. “Mi sono resa conto di non avere nulla tra le mani. Né un lavoro che mi piacesse… né un…” Indugia, ma ti guarda.

Sei tu stavolta a distogliere lo sguardo.
“Sei piena di talento Vic…”
“Sono bella.” Ritorce pacatamente. “Il talento è un'altra cosa. Tu hai talento. Hai venticinque anni e sei titolare di una cattedra nella scuola magica più rinomata del mondo. Lo ha Dom con quei suoi rivoltanti serpentoni giganti… Ma non io.” Si sposta una ciocca di capelli dal viso. “Quando ci siamo lasciati ho capito che non avevo più nulla in mano.”
Rimani in silenzio, contrito e colpevole. Perché non ti senti colpevole.

“Ho provato a frequentare degli uomini, ma non era lì il problema. Ho capito che dovevo realizzarmi come persona, come donna, per poter essere felice.” Fa un mezzo sorriso. “Credo di starci riuscendo.”
Rimani ancora il silenzio, restando in attesa. Vic è sempre stata un po’ teatrale in certe cose.

“Sì?” Tenti.
“Ho fatto richiesta per un posto di assistente alla professoressa Boutboule, a Beaux-Batons. Insegna incantesimi. Sono sempre stata piuttosto brava, ti ricordi?”
Sorridi, e davvero, sei stupito. “Sì, ma… oh, è fantastico Vic!”
Sei sinceramente contento per lei. Essere bella, per Vic, è stata collateralmente una condanna. La sua bellezza gli ha aperto molte porte, sia in Inghilterra che, soprattutto in Francia, facendole credere che bastasse quella per poter vivere serena: il fatto che abbia capito che non può dipendere da quella è … in qualche modo rassicurante.

Tu in anni che la conosci non sei mai riuscito a farglielo capire.
“Non voglio cantare vittoria troppo presto, devo ancora avere una risposta. Mi arriverà a giorni… Devo ammettere che sto diventando pazza. Odio le attese.” Dice, e da qualche parte vedi Vic undicenne, che voleva mettere su un allevamento di puffole pigmee con te.
Era buffo, ma ti sentivi più a tuo agio con quella bambina che con quella di cui poi, paradossalmente, ti sei innamorato.
“Sono davvero felice per te.” Le prendi una mano e gliela stringi. “Sono certo che ti prenderanno.”
Vic copre la tua mano con la sua. “Così saremo colleghi…” Scherza, prima di farsi seria. Il cameriere ha portato il suo frullato, ma lo ignora. “Sai, non riuscivo a rimanere il Provenza da sola, ad aspettare la risposta. Così mi sono detta… tornare qui è la cosa migliore. Ci sei tu.”
Inspiri appena: per un momento ti chiedi se non sia il caso di lasciare la sua mano e spiegargli che ti vedi con qualcuno.

Ma metti che hai frainteso…
Anche perché sorride subito dopo. “Sei la persona più rasserenante del pianeta terra, Ted Lupin.  E … possiamo essere di nuovo amici, n’est pas? Ho davvero bisogno del mio caro, vecchio Teddy adesso.”
Appunto, avevi frainteso.  No?
“Certo Vic. Sono qui.”

 
“Allora stasera a cena da me?” Ti chiede mentre l’accompagni all’entrata del villaggio, da dove prenderete strade diverse.
“Come ai vecchi tempi?” Tenti. Ricordi le orrende pietanze carbonizzate di Fleur.
“Con la differenza che io non brucio la cena come maman.” Indovina il tuo pensiero. “Come ai vecchi tempi, Teddy.”
Sorridi e annuisci. Ti sembra qualcosa di così bello e semplice, finalmente, che non ti fai domande.

Ah, giusto.
Perché ti viene in mente che James non sa nulla di tutto questo?
 
 
****
 
 
La cena a casa di Vic è stata perfetta.
Ti eri scordato che capace di cucinare e quanto apprezzassi la cucina francese.
Avete aperto del vino e finalmente avete parlato. Tanto.
Ti era mancato quel suo umorismo sottile e un po’ snob, il modo che ha di arricciare il naso quando esprime un giudizio tagliante su qualcuno, o quando ride di una tua battuta.
Ti era mancata la tua migliore amica.
E non sai come dirgli che ti vedi con un ragazzo. Che stai con Jamie.
Adesso siete seduti sulla sabbia, a pochi metri dall’ingresso. È fredda contro i vostri piedi nudi e ti ricorda le intere notti passate a dividere una coperta scrutando le stelle.
Vic ti ha rubato il maglione che la copre fino alla punta delle dita.
“Sai, non ho mai capito come fai ad avere un fisico del genere quando non fai sport…” Interloquisce, bevendo un sorso di acquaviola.

“Beh, veramente ne ho fatto. Quando ero all’Accademia. Te lo ricordi? Mi allenavo un sacco.”
“Moltissimo, è vero… ma quanti anni sono passati?”
“I miei geni da lupo.” Sorridi, ricordando la faccia offesa di James quando ha realizzato che persino con tutti i suoi muscoli non riesce a ribaltarti a terra, se non vuoi. “Sono il primo figlio di un mannaro e di un umana, quindi non saprei dirti…” Sorridi divertito. “Ma credo c’entri qualcosa. E poi continuo a correre, specialmente adesso che ho tempo.”
Vic inarca le sopracciglia. “Beh, che bei tipi che siamo, eh? Io con la mia bellezza perenne e tu con i tuoi muscoli a lunga conservazione.”
Ridete assieme ed è bello.

Poi Vic ti appoggia la testa sulla spalla.
“Mi era mancato tutto questo, Lupin.” Sospira e profuma di acquaviola “Parlare intendo… Solo con te riesco a rilassarmi veramente. Sai, smettere la mia faccia di gelida stronza francese per un attimo.”
“Tu non sei una stronza, Vic.”

“Oh, se lo sono. È che tu sei troppo buono per accorgertene. È sempre stato così.”
Il rumore della risacca copre le vostre parole. In cielo, sgombro dalle nuvole, si staglia una luna color avorio.
“Lo sono stata, vero? Ho preteso troppo da te.”
“Vic…”
“No, dico sul serio. Ho voluto che tu fossi perfetto. Una specie di principe azzurro da strattonare in giro… Dom può essere rude a volte, Merlino, a volte mi chiedo se abbia un briciolo di sangue Delacour nelle vene, ma ha il pregio di essere diretta. Ha detto che ti ho sempre trattato come un trofeo. Ed aveva ragione.”
“Vic.” Ti volti per guardarla negli occhi. Sono puliti come il cristallo e tristi.

E tu odi vedere le persone tristi. Ne hai viste così tante, da quando sei nato, che giuri a te stesso di eliminare la tristezza dal tuo mondo, un giorno o l’altro.
“Vic, non è così… Io ti ho fatto credere che la nostra storia non avesse mai un problema, che andasse tutto bene. Come potevi capirlo?”
“I tuoi capelli?” Ironizza, ma c’è dolore dietro le sue parole. “Non sei il grande attore che credi di essere, Teddy. Quando mi hai lasciato io in realtà … già me lo aspettavo. Ma sono stata codarda, non ho fatto niente. E tu ti sentivi in trappola.” Preme la guancia contro la tua spalla ed è morbida. “Sei sempre stato troppo dolce con me.”
“Te lo meritavi.” Le baci la fronte. “Sei la mia migliore amica Vic. Ti meritavi tutta la felicità e l’amore che riuscivo a darti.”
“Il dolce Teddy Lupin…” Ripete a bassa voce, con un sorriso vago. “E adesso?”
“Adesso cosa?”
“Ti vedi con qualcuna?”
Ti senti gelare il sangue nelle vene, e probabilmente Vic se ne accorge da come ti sei irrigidito come un cadavere congelato.

Ride però. “È un sì, eh?”
“Non proprio… sto… ho una specie di… Ehm.” Concludi, come tuo solito. “È complicato.” Concludi.

Vic ti lancia uno sguardo di sottecchi. “Spero che non sia più stronza di me, Teddy. Perché sarebbe masochismo.”
Ridacchi nervosamente. “No, no. Non è una stronza. È solo… irruenta.”
Irruento.

“Molto vitale… e rumorosa, direi.”
Rumoroso.

“Impegnativa.”
Impegnativo.

“… in sostanza, mi dà da fare ma non è una stronza.” Concludi mordicchiandoti un labbro.
Vic finisce la sua acquaviola, appoggiandoti il mento sulla spalla e squadrandoti. “Si direbbe interessante. Dove l’hai conosciuta?”
Fai una risatina nervosa. “La conosco da un po’.”

La presa sul tuo braccio si fa più forte. Non riesci a vedere il suo viso, perché è coperto dai capelli.
“Ma dai…” Dice, con tono quieto. “E la ami?”
Ti sale un sincero panico. Che domanda è?

Una domanda, naturalmente. Ma a cui non hai risposta.
Ami James? Certo, da sempre. Ma ora si sono aggiunte altre cose e il concetto di amore che intende Vic non è quello per un fratellino adottivo.
“Non lo so…” Ammetti sincero, perché a Vic non riesci a mentire, e pensi nebulosamente che comunque non sarebbe una buona idea.
“È più bella di me?”
Batti le palpebre. Sei sicuro per un attimo di aver capito male, ma poi ti ricordi che hai davanti Victoire Weasley.

Sbuffi.  
“Non posso paragonarvi. Siete su piani completamente differenti.”
Siete di generi completamente differenti.

“Lo immaginavo.” Si volta verso di te. “Teddy, mi devi promettere una cosa.” È mortalmente seria, e senza accorgertene annuisci. “Devi prometterti che ti proteggerai il cuore.”
La guardi confuso e lei ti prende il viso tra le mani. “Sei il ragazzo più tenero del mondo. Sei buono, dolce, altruista. Non faresti male a nessuno, neppure se lo volessi. Ti fai in quattro per gli altri. Non voglio che tu soffra, lo capisci?”

“Vic, ti posso assicurare che non succederà.”
Ma hai una paura tremenda, fottuta, imperante che James un giorno ti laceri il cuore.

Come ha fatto Vic, quando ha deluso le tue aspettative. In fondo, molto in fondo, ma l’ha fatto.
Come tua nonna quando cerca in te i vostri morti.
Come Harry quando cerca un riscatto dalle sue colpe.

È come avere corde legate attorno al cuore: è un immagine che hai letto in un libro da bambino e ti è rimasta stampata in mente.
Forse è un discorso vittimistico, in buona parte lo è, ma hai il terrore che un giorno anche James finirà per tirare la corda che vi lega. E la sua adesso è stretta al cuore

Hai sempre saputo che Vic poteva farti del male. Eri preparato. Ha sanguinato solo un po’.
Ma Jamie? Nella tua testa, stupidamente, sei certo che non te ne farà.
Ed è lì che rimani fregato.
Vic intanto si è chinata su di te. I suoi capelli brillano persino alla luce della luna. Dev’essere il suo sangue veela.
E poi posa le labbra sulle tue.
E poco più che uno sfiorarsi, e ti ricordi di come Vic è espansiva nei baci. È una cosa francese.
La guardi stupito, e lei ti sorride, scostandosi una ciocca di capelli.
Cerchi di farle notare che è sbagliato, mentre le tue orecchie percepiscono una distorsione nel monotono sciaguattare della risacca. Un pop.
Lei si china e ti preme di nuovo le labbra sulle tue. Stavolta davvero, la devi respingere.
Ma si scosta lei, corrugando le sopracciglia in quel broncio che significa profonda irritazione. Si volta, e quando le sue labbra si schiudono per pronunciare la prima sillaba di un nome, capisci qual è.
James! Cos’è, una mania interrompere le persone?”
Ti volti e con orrore ti rendi conto che Vic ci vede benissimo.
C’è James ed ha in faccia la stessa espressione frastornata di sei anni fa, quando vi ha infastidito alla banchina di King’s Cross.
Solo ora ti rendi conto che era anche maledettamente ferita. Che è maledettamente ferita.
“Jamie!” Ti alzi in piedi, ignorando il fatto che hai praticamente spinto via Vic, che si premura comunque di sottolineartelo con un mezzo grido oltraggiato.
James ha l’aria indecisa tra lo spaccarti la faccia e lo scoppiare a piangere.
È tremenda.
“Ero venuto a vedere dove cazzo stavi.” Sussurra. “Ma già lo vedo dove stai.”
“James, no, aspetta… non…” Te ne freghi dello sguardo di Vic piantato nella nuca. Te ne freghi se la scena sembra strana. “Non stavamo…!”
“Vaffanculo.” Sibila ed estrae la bacchetta. Senti Vic gridare, e nessuno di voi due si è portato dietro la bacchetta. Il passo seguente è tu che sei a due metri da dove eri prima, crollato a terra e pieno di sabbia.

Quando ti rialzi vedi Vic correre nella tua direzione. E James è già scomparso.
È migliorato moltissimo con gli incantesimi non verbali.
Purtroppo.
 
 
****
 
Note:
1 ) Qui la canzone.
2 )Nella cosmogonia della Row è il villaggio vicino a Villa Conchiglia. C’è una comunità di maghi al suo interno. Per maggiori informazioni qui
 

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Capitolo 2
*** From Monday to Wednesday ***


Grazie mille per le recensioni! Siete adorabili ad avermi seguito anche in questa piccola bagatella.
@Trixina: Essì, grazie mille per aver apprezzato questa diversione. Mi piace non scrivere soltanto d’azione, e su Vic hai ragione. Sei anni e una vita passata assieme non è che li potessi cancellare con un colpo di spugna. Le foto le trovo su DeviantArt e le manipolo con Photoshop. Niente di eccezionale, basta saper giocherellarci un po’. :P Lily è… lo scoprirete nella seconda parte. XD però grazie per averla notata, come aver notato il nostro Albie. xD
@Agathe: Ma grazie! Questo è solo un inciso, ma grazie mille per essere passata! L’estate di Rose e Sy… beh, mi ci hai fatto pensare. Forse mi inventerò qualcosa, mmh. Vedremo. Sy è il mio preferito in effetti, anche perchè è il più semplice da muovere. Anche qui avrà un piccolo cameo, solo per voi, a gran richiesta! XD
@Nicky_Iron: Ciao! Sì, è voluta che fosse Teddy-side. Ho pensato che è un personaggio che spesso viene frainteso, e quindi, cosa c’è di meglio di una sfida lanciatemi da un’amica, per parlare di lui?! XD
@Ombra: Esami di maturità? Esami? Fammi indovinare, tanto è una delle due xD Vero, tolte le vesti di prof, Teddy di base è un venticinquenne, niente di più. XD A Teddy arriverà di più di un pugno sul naso a ‘sto giro. XD
@Andriw9214: Grazie mille! È bello vedere che questa storia può essere apprezzata anche da un ragazzo! Sì, decisamente James gliela farà pagare a Teddy, se lo merita… e Vic è un po’ un adescatrice, ma ehi… è una Veela. XD
@SimoMart: io ti adoro! Mi hai addirittura recensito DP! *_* No, sul serio, grazie, grazie, grazie. Il tuo lavoro recensitorio è encomiabile. Sì, la riflessione su Vic te la sposo appieno, del resto io odio quando le ex di ragazzi si trasformano in delle arpie. Jamie la odia, ma del resto lui è di parte. A me Vic non dispiace, e del resto odio le dicotomie. Grazie mille ancora, e a presto con la seconda parte (giuro)!
 
****
 



 
 
   
 
You're cinematic, razor sharp /a welcome arrow through the heart
Under your skin feels like home/ electric shocks on aching bones
It's so clear now that you are all that I have
(You’re all I have, Snow Patrol)


 
19 Giugno 2023
Lunedì (della settimana dopo)
 
Tre giorni da incubo.
Senza vittimismi, lo sono stati sul serio.
Vic si rifiuta di parlarti per essere quasi stata mandata a quel paese quando ha cercato di chiederti cosa fosse successo e cosa diavolo ci facesse suo cugino lì.
James… non ti vuole vedere, molto semplicemente.
Hai fatto una lunga via crucis a casa Potter: due volte al giorno, e ogni volta un diverso membro della famiglia ti rispondeva imbarazzato che James non c’era, con l’aria di chi sapeva benissimo che invece era nei paraggi.
L’ultimo è stato Albus. Ed è stato il più illuminante, considerando che ti ha squadrato con la stessa freddezza con cui dissezionerebbe un vermicolo.
“È qui, anche se tutti cercano goffamente di mentirti. Ma non vuole vederti.” Ha fatto una pausa orrenda, in cui ti sei ricordato che alla fine della scuola, parlando della nomina dei Capocasa per il prossimo anno, sia uscito anche il suo nome. “Stupido coglione.” Ha aggiunto poi.
“… Sai qualcosa?” Gli hai chiesto, ignorando l’insulto. È da un bel po’ di mesi che Al ha smesso di essere il timido ragazzino che conoscevi. Si è affilato: comprensibile dopo quello che ha passato.
“Certo che so di voi due. O almeno, l’ho intuito.” Ha replicato disinvolto. “Pensi che sia stupido? O pensi che sia etero?” Ha aggiunto in completa e invidiabile calma.
“Tu sei…gay?”
Ha preso un’aria attenta, assottigliando lo sguardo. “Fino a prova contraria…” Poi ha continuato. “Jam lo sa, quindi lo sai anche tu. È da una vita che sei il suo deputato diario segreto.” Ha fatto un’altra pausa, in cui hai notato come la sua freddezza in realtà fosse proprio rabbia. “Sta così per colpa tua. Non mi ha voluto dire niente, ma io lo so. E so che c’entra Vic, perché James non starebbe così male altrimenti. Ha spaccato il suo manico di scopa. Il suo manico di scopa.” Ha ripetuto, con aria grave e luttuosa. La sacralità di quel pezzo di legno volante per ogni Potter è insindacabile.

“Mi dispiace…”
Ha avuto una lieve esitazione, poi si è scurito di nuovo. “Chissenefrega.”
“Se me lo lasciassi vedere…”
“Ti prenderebbe a pugni. Non è una ragazza da rassicurare. È furioso.” Ti ha squadrato, prima di afferrare il bordo della porta. “Che hai fatto con Vic?”
“… Mi ha baciato.” Ti sei sentito uno stupido ragazzino di fronte allo sguardo giudice di Al: ironico, considerando che sei ancora un suo docente.

 “E stai con lui però.”
Hai esitato, esitato ed esitato, poi alla fine l’hai detto. “Sì, ma è complicato.”

“… Ringrazia che non ho con me la bacchetta.”
E poi ti ha sbattuto la porta in faccia. Da allora non hai più visto manco lui.

Sei stato boicottato da due Potter su cinque, se conti anche Ginny come acquisita.
E se gli altri sapessero…
Ma è colpa tua. Decisamente colpa tua. Per quanto tu non abbia baciato Vic … ti sei reso conto che non dire nulla a James e soprattutto a lei, abbia portato a questa situazione orrenda, dove James ti odia e Victoire non ha capito perché l’hai rifiutata.
E non sai come rimediare.
Geniale.
Quindi te ne stai sotto le coperte, anche se è già mezzogiorno.
Senti aprirsi la porta, e una parte di te spera stupidamente che sia James venuto per crollarti addosso. Ma è tua nonna, a giudicare dal rumore dei passi.
La seconda cosa che senti è il letto che ti viene tirato via da sotto la schiena. Crolli a terra in un delirio di coperte e cuscini.
Riemergi con l’osso sacro che urla oltraggiato.
Nonna!
La suddetta torreggia sopra di te, con la bacchetta in mano.

“Oh, scusa. Pensavo che non ci fossero essere senzienti lì in mezzo.” Proclama, con un sogghigno che una donna quasi settant’anni non dovrebbe avere. “Merlino, ragazzo. Hai un aspetto orribile.”
Ti passi una mano sulla barba che ti sei dimenticato di far scomparire –poteri da metamorfomago – e sei certo che i tuoi capelli siano una matassa inestricabile con quante volte ci hai passato le dita.

“Lo so.” Ammetti con aria miserevole.  
Ti lancia un’occhiataccia, stemperata in qualche modo dal tuo essere remissivo. Funziona sempre.
“Vatti a fare una doccia, mentre ti preparo qualcosa da mangiare. Dobbiamo parlare.” Dice sbrigativa. “E no, non è una richiesta. È un ordine.”
“Nonna ho venticinque…”
“Venticinque anni e vivi ancora con me. Ho tutto il diritto di trattarti come un poppante. Fila.”

Sai bene che dietro quel rude sergente purosangue si nasconde la nonna che ti ama e ti ha cresciuto. Però davvero, a volte fai fatica a ritrovarla.
Sorridi però, quando scendi in cucina e trovi the fumigante, caffè profumato e uova e pancetta in quantità industriali.
“Siediti…” Ti dice, prima di riempirti il piatto. “E dimmi che succede.”
“Ho fatto un casino, nonna…” Mormori, e davvero, hai bisogno di parlarne con qualcuno. Queste cinquantadue ore sono state un assaggio di inferno piuttosto consistente.

“Un casino. E con chi? Con Victoire?”
“Sì. Ma… non solo. Anche con Jamie.”
“Sì, giovedì è venuto a cercarti. Quando gli ho detto che eri a Villa Conchiglia sembrava volermene dire quattro.” Si siede davanti a te, pensierosa. “Ted, ultimamente non sto capendo granché di quel che sta succedendo nella tua vita.”
“Beh, non è che ci sia molto da dire. Faccio il professore, non la spia.”
“Sentimentale, sciocco.” Sbuffa quasi divertita. “Prima ti lasci con Vic, quando sembravate dovervi sposare da un momento all’altro. Fleur già cominciava a rompermi le scatole con la lista degli invitati.” Rotea gli occhi al cielo. “Ma va bene, in fondo quella smorfiosetta francese non mi è mai andata a genio.”

“Ma se le hai chiesto tu di mandarmi quel biglietto!”
“Beh, perché credevo di farti cosa gradita.” Ti squadra. “Pare che non sia stato così. Vuoi dirmi qual è il problema?”
“Sono gay.”
Ecco, l’hai detto.

È folle, realizzi, ma ti senti investire da una curiosa ondata di panico ed ebbrezza. Probabilmente è così che si sentono i giocatori di Quidditch quando scendono in picchiata.
Rischi di schiantarti, ma ehi. Non è poi così male.
Ci hai messo un po’ per ammetterlo a te stesso, ma ormai non puoi fingere che consideri le donne come eteree creature, tranne Vic, perché sei romantico.
Le consideri così perché non ti interessano.
E come dimenticare la partita dei Puddlemere United contro le Pride of Portree a cui James ti ha trascinato questo inverno: ricordi con precisione clinica i fisici di ogni singolo Puddlemere, ma morissi se ti ricordi la faccia di una di quelle talentuose ragazze.
Tua nonna, mentre sei perso nei ricordi di aitanti giocatori, ti fissa immobile. Per un attimo sei certo che si sia auto-pietrificata.
Poi si passa una mano sul viso e scuote la testa.
“Me lo dovevo immaginare che non esserti abbonato a playwitch come tutti i ragazzi Weasley non significava che eri un ragazzino straordinariamente ben educato.”
Nonna!” Avvampi speranzoso. Il fatto che non ti abbia maledetto e non sia esplosa in uno dei suoi orrendi attacchi alla Black ti fa ben sperare.
Non sembra felice, ma neppure particolarmente … lo realizzi adesso… sorpresa.
“Teddy, io ti voglio bene.” Mormora, ma il tono è saldo, come sono salde le mani che afferrano le tue. “Te ne vorrei anche se tuo padre ti avesse regalato la sua stessa terribile maledizione. Perché sei la mia famiglia. E in fondo… credo di averlo sempre saputo, Vic o meno.”  
“… Non sei arrabbiata?” Ti arrischi a chiedere, e anche se sai che è infantile non ti importa. Hai bisogno di saperlo.
Tua nonna esita sorpresa, poi ti accarezza una guancia. È un gesto così raro per lei, questo, che non sai come reagire. Ti limiti a guardarla con una faccia da idiota, probabilmente.
“Non dire sciocchezze, Teddy. Di cosa dovrei arrabbiarmi? Tu sei un nipote stupendo. Sono fiera di te dal giorno in cui sei venuto al mondo… E non smetterò solo perché non diventerò bisnonna.”
Ridacchi appena, mentre senti quel nodo allo stomaco sciogliersi come neve al sole. Ti rendi conto che ti viene da piangere, e vorresti evitare, perché tua nonna odia le lacrime e le odi anche tu.

Ma sei stato accettato. Anche se non l’hai resa felice. Va bene lo stesso, realizzi, ed è una sensazione meravigliosa.
Ti strofini una guancia, sperando che non lo noti, ma è tua nonna. Sbuffa e ti passa un fazzoletto.
“Anche tua nonno era di lacrima facile.” Commenta con tono disinvolto, ma senti un acuta nostalgia nelle sue parole.   

“Quindi James…” Riflette poi, e prende un’aria rassegnata. “Ma certo. Ti trotterella dietro da quando ha imparato a stare in piedi. Merlino, Teddy… Ma cosa ti salta in testa? È un ragazzino.”
“Lo so.” Stringi il fazzoletto tra le dita. “Lo so che ti sembra sbagliato…”
“Puoi ben dirlo! Ha finito Hogwarts l’anno scorso!”
“Ed io ho capito solo l’anno scorso chi sono e cosa voglio. E non ho ancora finito, temo.” Rimbecchi. “Jamie potrà non sapere chi è il Ministro della Nuova Zelanda, ma… in molte cose da lui devo imparare, e non viceversa. Non è più un bambino.”  

Anche se appena lo dici realizzi che lo hai sempre considerato tale.
Per questo non gli hai detto di Vic. Per questo lo hai rabbonito e non gli hai fatto capire quanto ti sentivi scombussolato dalla presenza della tua ex.
Ha ragione Al, altro quasi minorenne. Sei uno stupido coglione.
Tua nonna intanto si è versata una generosa dose di caffè. Si scorda anche di zuccherarlo.
Capisci come si sente. E le sei grato per non esternartelo come vorrebbe davvero.
“Siete… una coppia?”
“Non… non lo so, adesso…” Senti una fitta allo stomaco al ricordo dell’espressione di James. “Vic quella sera mi ha baciato, e lui ha visto… beh, ha visto tutto.”
“Che tempismo perfetto.” Commenta, e le sei di nuovo grato per non commentare ulteriormente. “Quindi ora stai con Vic?”
“Merlino, no! Tra me e lei è tutto finito.” Protesti, confuso. Perché tua nonna sembra confusa quanto te?

“Non capisco Ted. Perché vi siete baciati allora?”
“Mi ha baciato lei!”
Ragazzo.” Tuona e ti verrebbe da metterti sull’attenti. “A meno che non ti abbia pietrificato, non mi spiego come tu possa ritenerti una vittima.”
“Non mi ritengo…”
“E tutto questo piagnucolare allora? Buon Dio!” Alza gli occhi al cielo. Sei certo che il suo interloquire sia dovuto a tuo nonno, che era un nato-babbano. Non si spiegano altrimenti tutte quelle imprecazioni alle santità babbane.

Poi ti guarda dritto negli occhi. “Sia chiaro, tutto questo mi sembra una follia. Ma del resto anche alla mia famiglia sembrava una follia che io sposassi tuo nonno.” Sorridi appena, nonostante tutto. “Accantoniamo tutto. Tu, cosa diavolo vuoi?”
“Io…” Vuoi James. Vuoi scusarti con James. Vuoi che Vic torni ad essere la buona amica di un tempo.
Vuoi poter dire a tutti ciò senti di essere, mandando al diavolo molti degli aspetti che ti hanno adagiato addosso, e possibilmente senza ferire nessuno.
Beh, complicato.
“Renditene conto in fretta.” Rimbecca tua nonna, bevendosi un lungo sorso di caffè, con un coraggio ammirevole visto che è completamente amaro: ma Andromeda Black non batte ciglio anche se lo ama zuccherato. “Renditene conto in fretta, prima che qualcuno si faccia male. Te compreso.”
E sai che ha ragione.
 
****
 
 
Vic la trovi che prende il sole sulla spiaggia davanti a casa sua. È una grossa lingua di sabbia che lambisce l’oceano e non è particolarmente invitante se non hai sei anni e non è Agosto.
Ma Vic riesce comunque a beneficiare del pallido sole che scalda giugno, in un micro-costume.

Ti avvicini, infossandoti fino alle caviglie nella sabbia molle. Prende il sole sempre a ridosso del bagnasciuga purtroppo.
“Vic.”
Si toglie gli occhiali da sole quando sente la tua voce. Ti guarda corrucciata. “Teddy…”
“Credo di doverti delle spiegazioni.” Si è alzato il vento e la camicia ti frusta lo stomaco violentemente. Ti schermi il viso dalle ciocche di capelli impazziti. “Potremo entrare in casa?”
“Mi piace il vento. Sarà la mia eredità Veela.” Ribatte impietosa. “Avanti, siediti.”
Ti togli i chili di sabbia dagli occhi e fai per obbedire.

No. Dalle piccole cose.
“Grazie, sto meglio in piedi.” Ribatti.
Vic ti squadra perplessa, poi fa spallucce.  Alors… Mi spieghi che ti è preso?”
“Mi hai baciato, Vic.” Ribatti per un attimo incredulo. “Insomma, io e te non stiamo più assieme.”
Vic si morde l’angolo di un labbro, con quella sua grazia innata. “E quindi? Pensavo…”
E sai che sta per fare: è una tecnica che ha usato per anni. Ti fa sentire in colpa per averla illusa, quando in realtà è tutto un suo piano.

“Io e te ci siamo lasciati Vic. Ti voglio bene, e te ne vorrò sempre… Ma non voglio rimetterti con te.” Appena lo dici realizzi che è vero in ogni sua singola parola. Riesci a trarne forza, e la guardi senza distogliere lo sguardo come un tempo, quasi a volerti scusare.
Vic per un attimo sembra realmente ferita – e ti fa male, ma non ritratti – poi sospira.
“Sì… lo so Teddy. Pensavo solo che se fossi diventata… non so, più interessante, più… simile a te.” Fa una mezza risatina, triste. “Ma è stupido, n’est pas?”
“Un po’. Ma è… anche dolce.” Ammetti accovacciandoti davanti a lei. “Ma non ha funzionato, Vic. Ci abbiamo provato, Merlino solo sa come l’abbiamo fatto.”
“Siamo andati bene…” Tenta mentre le vedi le lacrime tremare sulle ciglia. Vorresti fermarle, raccoglierle, ma sai che non puoi. Non è più tuo compito adesso. “Eravamo felici.”
“Volevamo disperatamente esserlo, e a volte è la cosa più simile alla felicità che si ha.”

Tu sei felice con James.
Di questo ne sei certo. Sei felice a vederlo spuntare dalla porta ogni mattina, sei felice quando resta a dormire, persino se ti ruba la coperta e ti dà un paio di calci nel sonno. Quando ti bacia e ti abbraccia la notte, incastrando il naso contro il tuo collo, e facendoti un terribile solletico con il suo respiro. Quando fate l’amore, perché dannazione, quello è fare l’amore… e guardi i suoi occhi sciogliersi nei tuoi, e sembra che ti entri dentro, come un balsamo caldo, che ti fa sentire a casa.
E la sola idea che questo possa finire, ora che è iniziato, ti annienta.
 “… ma non volevi parlarmi di questo…” Intuisce. “Perché James ha reagito in quel modo? È stato orribile. Ti ha scaraventato a terra!”
“Vic…” Questa è la parte più difficile. Vic non è nonna Dromeda. Non ha il dovere di scusarti e amarti lo stesso. “Aveva ragione a farlo.”
“Come? Si è comportato come il solito ragazzino insopportabile. È tanto che non lo vedo… ma zio Harry dovrebbe scambiarci qualche parola. Non è normale che sia ancora così geloso di te! È… morboso!”
“Vic, io sono gay.” E due. Dirlo, te ne accorgi, è ancora più facile stavolta. Forse arriverà un giorno in cui tenderai la mano e dirai ‘salve, mi chiamo Ted Lupin e sono gay’.

Vic ti guarda con gli occhi sgranati. Per un lungo momento lo sciabordare del mare e i richiami dei gabbiani sono l’unica cosa che senti.
“… Non è vero…” Mormora. Te lo aspettavi, in realtà. “Non puoi esserlo, tu… tu stavi con me!”
“Non credo che esserlo faccia di me un impotente alle grazie femminili, o almeno… non alle tue.”
“… Perché sono una veela?” La sua voce è poco più di un bisbiglio, e sai che tra poco si infurierà. Conosci la mappa delle incazzature di Victoire Weasley.

“Non ne ho idea.” Ammetti sinceramente. “Ma quello che provo per te non c’entra niente con questo, e lo sai. Il volerti bene e l’essere attratto da te sono due cose diverse.”
“Tu non sei gay!” Sbotta e sembra che voglia schiaffeggiarti. “Come puoi…”
“Non lo decido io.”
“Certo, e chi l’ha deciso allora? Chi ti ha…”
“Vic. Mi piacciono gli uomini. I ragazzi. I maschi. Mi piace guardarli e mi piace fare sesso con uno di loro. Merlino! Come puoi essere così egoista?!” Non sai perché ti sei trovato con i capelli color fiamma a quasi gridarle addosso, ma la smetti subito quando ti rendi conto che è ammutolita.

Hai esagerato, lo sai, ma non ti importa.
A volte non paga essere adorabile.
“… vorrei che mi lasciassi sola adesso…” Sussurra pianissimo.
Annuisci e ti chini a baciarle la fronte. “Scusa se ti ho gridato addosso.”
“Non l’avevi mai fatto.” Conviene fredda.
“Dovevo farlo, stavi esagerando. Buona giornata…” Ti rialzi e ti incammini verso casa.

Non è come aver sistemato le cose, ma ti senti comunque più leggero.
 
 
****
 
Alla fine sei riuscito a trovare James.
È stata Lily a cedere. Ti ha visto di nuovo alla porta ed è scesa ad aprirti.  

“Com’è che avete litigato tanto?” Ti ha chiesto. Aveva una sorta di sorriso maligno dipinto in volto, quasi tutta quella storia la stesse in realtà divertendo. Ma magari era solo una tua impressione.
Magari.
“È una storia lunga, Lils. Potrei sapere dov’è?”
“Dietro la rimessa a picchiare la legna.”
“… picchiare?”
“Come la chiami tagliarla senza magia?” Si è picchiettata l’indice sulla tempia, gravemente, prima di scuotere la testa. “Non dirgli che te l’ho detto però.” Ha alzato gli occhi al cielo, prima di lasciarti libero.
Adesso sei dietro la rimessa indeciso su cosa dirgli.
Non ti ha notato mentre, davvero, sembra picchiare la legna. Ha una di quelle scuri babbane – credi sia un capriccio di nonno Arthur qualche anno fa, prima che gli si bloccasse la schiena per tre giorni – e la abbatte violentemente sui ciocchi ancora superstiti in un ritmo regolare.

Di solito lo prenderesti in giro per questa inutile dimostrazione di virilità, considerando che la magia assicura zero fatica e piena riuscita. Ma ha la mascella serrata, e i tendini del collo così tesi che sembrano rischiare di spezzarsi da un momento all’altro.
Sta sudando, e fa una fatica immensa… e a quanto pare, è decisamente la soluzione adatta se non vuole rischiare di spaccare altre scope da corsa.
Capisci che quello che hai fatto è stata la stronzata più colossale di tutta la tua vita.
Sai quanto Jamie dentro di sé sia insicuro. Non su se stesso – è in perenne delirio di onnipotenza del resto – ma sul vostro rapporto.
E questa è tutta colpa tua: perché non gli hai mai chiarito un accidente, e l’hai sempre rabbuffato come un cagnetto festoso.
“James.” Lo chiami.
Per poco non fa un salto. Per un attimo ti guarda sbigottito, e l’istinto gli dice di sorriderti, lo vedi da come gli tremano le labbra. Poi però si ricorda, si adombra e stringe più forte la scure.
Inquietante, devi ammetterlo.
“Che cazzo vuoi?”
“Parlarti, credo.”
“No.” Si volta verso al catasta e prende un nuovo ciocco.

“Jamie, so di aver sbagliato…” Inizi. Per tutta risposta due secondi dopo devi schivare il lancio di un ciocco. Non è che l’abbia tirata con l’intenzione di ucciderti, ma di stenderti sicuramente.
“James!”
Sparisci!” Sbotta. “Non voglio parlarti, non me ne frega un cazzo di ascoltare i tuoi ragionamenti e non voglio più vederti!”
“Non l’ho baciata io!” Tenti, sentendo che la situazione ti sta scivolando di mano. La rabbia di James è genuina, ferita. Non c’è spazio perché tu entri e spieghi le tue ragioni.

 
E niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare…
 
James ti scocca un’occhiata sarcastica. “Non l’hai baciata tu? E che vuoi che differenza faccia per me? La sua faccia era incollata alla tua e questo mi basta!”
“James, ti assicuro che io non…”
“Tu, tu, tu! Cazzo Teddy, sei più egocentrico di me!” Ti raggiunge in due falcate, ma poi ti supera e recupera quello stupido ciocco. “È sempre colpa di qualcun altro, vero?”
“Non… non ho detto questo!” Ti ritrovi a balbettare come un ragazzino, ed è profondamente imbarazzante. Ma non hai mai saputo condurre un litigio. Farti valere in un litigio.

Chissà perché li eviti da sempre, eh?
James ti scocca un’occhiata. “In tutti i miei ricordi di poppante ci sei sempre stato tu. E lo so che sei un cacasotto. Che hai paura a dire di no alla gente, perché, oh Merlino Benedetto, potrebbero odiarti…” Il tono è ferocemente sarcastico e ti fa male: ma, scopri con sgomento, lui è l’unico che ti ha sempre inquadrato per quello che sei, non per quello che vuoi apparire.
E sarebbe favoloso, se non fosse che così conosce anche le tue debolezze.
“Questo non…”  
“Non è vero? Stronzate. Lo è, e lo sai anche tu. Non riesci a dire di no a tua nonna, per questo sei diventato il perfetto nipotino obbediente. Non riesci a dire di no ai miei, per questo ci hai fatto per anni da babysitter. Non riesci a dire di no a Vitro, per questo ti ci sei messo assieme quando te l’ha chiesto e per questo non l’hai mandata affanculo quando ti ha baciato. E …” Fa una pausa, mordendosi un labbro. Vorrebbe fermarsi, non vorrebbe dirlo, lo vedi. Ma è limpido, istintivo e non ci riesce. “E per questo mi hai fatto credere che volevi stare con me… Perché non sei riuscito a dirmi di no.”
“No!” Sbotti, sentendoti un sapore acido in bocca. Non è vero, vorresti urlargli.

Con te mi sento felice. Mi sento così orribilmente felice che non penso neanche a quanto sia sbagliato. Ma a quanto dovrebbe essere giusto. E sarebbe stato facile dirti di no, solo ragionando. Non l’ho fatto perché non volevo far felici tutti, ma solo tu ed io.
E ovviamente non dici una parola. Ti rimangono incastrate in gola, bruciando, ma non escono.
“No, Jamie… non è così. Io con te… sto bene.”
“Ma hai paura della reazione della mia famiglia.” Replica. Sembra improvvisamente stanco, perché si siede sul ceppo, passandosi un lembo della maglietta sul viso per asciugarsi dal sudore. Ti abbeveri di ogni suo gesto, come un cretino, perché, realizzi, potresti rischiare di non vederli mai più. “… Hai paura che ti giudichino. Che la tua bella immagine di ragazzo perfetto venga mandata affanculo.”
A questo non puoi ribattere. Parolacce o meno, è esattamente così che ti senti.

“Io non ho paura. E sai perché?” Si alza in piedi. “Perché io sono così, e non me ne fotte un cazzo se non piaccio a qualcuno. Neanche troppi mesi fa sono successe cose pazzesche. Al è quasi stato ammazzato e Tom è scomparso. Potrebbe succedere anche a  me in ogni momento, e non voglio avere rimpianti.”
Lo guardi senza capire.

“Voglio dire, stronzo, che io lo direi al mondo che amo un uomo e che quell’uomo sei tu. Ma sono stato zitto perché sì, in fondo mi conveniva, e poi era quello che volevi. Ma non funziona.” Fa una pausa, e si risiede sul ceppo, come svuotato. “Il bacio di Vic in sé non è niente. Persino un cretino come me lo capisce.”
Merlino, vorresti supplicarlo di guardarti, ma ti limiti a startene fermo come uno stoccafisso.
Perché con Vic e tua nonna parlare è stato facile… e con lui no?
… ma lo sai.
In fondo è semplice. Dell’amore di tua nonna sei sicuro. Di quello di Vic in fondo puoi fare anche a meno.
Ma quello di James non è scontato… e non ne puoi fare a meno.
E la cosa ti spaventa a morte.
“Jamie, io… Dimmi cosa devo fare.” Ti senti la gola secca come un deserto. Il tuo regno per un bicchier d’acqua!
Il regno di un coglione…

James fa una smorfia. “Troppo facile. Ti dicono tutti cosa devi fare, e tu da bravo bambino obbedisci per farti dare una carezza. Col cazzo. Per quanto mi riguarda hai chiuso con me.” Storce la bocca in un sogghigno. “Ma tranquillo, alle feste alla Tana fingerò di essere ancora il tuo caro fratellino adottivo. Anche se ti sei scopato il mio culo per quasi un anno.”
“Jamie, no…” Lo vorresti supplicare, ma anche la tua dignità ha un limite. E poi, non faresti altro che farlo infuriare.

James.” Ti corregge, mentre lo vedi, cerca con tutte le sue forze di trattenere le lacrime. Vorresti abbracciarlo, ma non vuole essere rassicurato. Non è un bambino. “Non sto con una persona che si vergogna di me, e che si fa baciare dalla sua ex, donna, perché si vergogna anche di se stesso.” Si passa una mano trai capelli, ma non c’è niente di scanzonato in quel gesto. È solo stanco. “… anche se sei tu, Teddy.”
Detto questo si volta di nuovo verso la catasta di legna. Sai che la conversazione è conclusa. Che qualsiasi cosa dirai non servirà a niente, adesso.
Sì. Ti ha scaricato.
 
 
****
 
 
Martedì
 
Se fossi una ragazzina sedici anni  ti comporteresti con più dignità.
Ti chiuderesti nella tua stanza, con la WWN a tutto volume, rotolandoti nel dolore e nella disperazione. Magari abbracciando un cuscino.

Invece sei seduto sul portico di casa tua con aria patibolare e non ti cambi da tre giorni.
Quando tu e Vic vi siete lasciati hai semplicemente fatto le valige e versato qualche lacrima.
Adesso buttarti dalla scogliera ti sembra una soluzione assolutamente ragionevole…
È che hai rovinato tutto. 
James ha ragione, ti sei comportato con lui come hai fatto con Victoire.
L’hai blandito, assecondato, coccolato… e non gli hai fatto vedere nulla di quel che hai dentro.
Perché è… era… il tuo ragazzino.
James sta diventando un uomo, e non vuole che tu gli arruffi i capelli, metaforicamente o meno.
Quanto poteva durare?
Hai perso l’unica cosa irruenta e vera della tua vita.
Senti un fruscio, di stoffa, una gonna dietro di te. Poi tua nonna ti si siede accanto.
“Sei davvero in condizioni miserabili, ragazzo.” Dice seria, dandoti una pacca sul ginocchio.
“Mi sento un miserabile, nonna.”
Sbuffa, alzando gli occhi al cielo. Probabilmente chiede a vostri morti come puoi essere così coglione.

Te lo chiedi anche tu.
“Tutto tuo padre…” Considera, e la cosa ti lascia sbigottito, perché sono rare le volte in cui vi paragona. Di solito tende a toglierlo dall’equazione, senza fartelo notare. Ma tu lo noti sempre. “Anche lui era straordinariamente portato al melodramma. Certo, con la sua condizione era quasi scusabile… ma alla lunga diventava noioso. E tu, Teddy? Sei noioso?”
“Probabile, tra le varie.”
“No, ragazzo mio, ti piangi addosso. Il che è ancora peggio.” Scuote la testa. È stata una bella donna tua nonna. Le rughe le danno un’aria stanca, ma puoi ancora vedere quella ragazzina ribelle. Un’antica bellezza patrizia stemperata dalla dolcezza dei suoi occhi.

Lei non ha mai avuto paura a lottare per ciò che voleva. E neanche tua madre.
“L’ho perso, nonna. L’ho perso perché ho paura di farmi odiare da tutti se lo reclamassi per me…” Ammetti e al diavolo, non ti vergogni di seppellire la testa tra le ginocchia. “… e Merlino, mi sento così male.”
“Benvenuto nell’amore. Ci hai messo un po’, ma meglio tardi che mai.”

“Ma veramente…”
“Se mi tiri in ballo Vic ti schianto.” Proclama burbera. “Cielo, tu non hai mai amato Victoire. Sono certa che le vuoi bene e che cadi fulminato dal suo aspetto come ogni maschio sulla faccia della terra, ma non è amare questo. Amare qualcuno è anche soffrire. Soffrire così tanto che ti sembra che ti strappino il cuore a morsi all’idea di non averlo più con te.” Guarda davanti a sé, e sai che ricorda.

“Mi sento così…” Ammetti piano, mentre senti un nodo alla gola. “… tu ti sentivi così con nonno Ted?”
“Tutti i santi giorni da quando avevo capito di amarlo, dopo che mi aveva rovesciato del succo di zucca addosso.” Proclama, con un sorriso che ti stringe il cuore. “Morgana, se avevo paura. Per lui, per noi… ero costantemente terrorizzata. Ma bastava un solo momento felice per farci andare avanti.”

“Non era una cosa ragionevole…”
“Perdio, Teddy! Da quando l’amore lo è?”
Non rispondi. Perché ha dannatamente ragione.

“Un nato babbano per una purosangue, un mannaro per un umana… e un ragazzo per te. Ecco la ragionevolezza della nostra famiglia.” Fa una smorfia ironica. “Beh, in fin dei conti forse tu sei il più equilibrato di noi.”
“Non voglio più essere ragionevole.”
“Mi sembra ragionevole.”
“Ma adesso…” Inspiri un refolo d’aria, ingoiando le lacrime perché davvero, non puoi piangere. “… è troppo tardi. L’ho ferito. In otto mesi non sono riuscito a capire che quello che voleva era potermi amare alla luce del sole.”
“Tutti lo vorrebbero, ma pensi che ve l’avrebbero lasciato fare?” Scuote la testa, con un sospiro. “Siamo seri, ragazzo. Eri il suo professore, hai quanto? Otto, nove anni più di lui. Ma lasciamo perdere…” Si massaggia la sella del naso, e sai che non l’ha ancora accettato, ma cerca di capirti. È tua nonna. È tua madre. “Quello che dovevi fare era amarlo come si deve lontano dagli occhi indiscreti. Avete tutta la vita, e soprattutto un po’ più di maturità da parte sua per uscire fuori dall’armadio.”

“… Cosa devo fare adesso?”
Ti guarda valutativa, poi si rialza, spazzolandosi con un gesto energico la gonna. “Adesso vieni con me da mia sorella. Mi ha invitato per un the, e tu mi accompagnerai.”
La guardi stupito dalla proposta. È tanto che non vedi la sorella di tua nonna, e sinceramente non è nella rosa dei tuoi parenti sopravvissuti preferita.

“Adesso?”
“Per il the delle cinque. Non preoccuparti, non credo che ci sarà quell’odioso ragazzetto di Draco.” Scrolla le spalle, glissando sul fatto che ‘quell’odioso ragazzetto’ è attualmente un influente membro del Wizengamot.

“Non è questo, è solo che è molto che non…”
Quasi otto anni. L’ultima volta facevi l’ultimo anno ad Hogwarts. Ricordi ancora la faccia disgustata del tuo amabile biscugino e della madre quando hai detto a che Casa appartenevi. Sua moglie, bella donna, è stata l’unica a chiederti se ti trovavi bene senza farlo sembrare un insulto.

“Pensi davvero che ti lasci qui a crogiolarti nel tuo dolore? Troppo facile.” Ti dà un colpetto sulla schiena con il tacco della scarpa, facendoti sobbalzare. “Victoire è troppo occupata a fare la principessa offesa, quindi non credo andrai da lei.” Inarca un sopracciglio. “O non vuoi accompagnare la tua vecchia e stanca nonna?”
Sorridi appena. “Tu non sei vecchia…”
“Lo sono, ed ho bisogno di un energico giovanotto che mi faccia da cavaliere. Vatti a rendere presentabile. Odio quando Narcissa trova il modo per farmi sentire inadeguata. Stronzetta…” Borbotta a bassa voce, prima di rientrare dentro.

Sospiri, ma poi ti alzi. È il momento di fare qualcosa. Qualunque cosa.
Comprese visite non gradite.  
 
****
 
Il Malfoy Manor ti ha sempre messo una certa ansia addosso.
Non perché sia cupo. Anzi. Probabilmente è una delle magioni più belle e luminose di tutto il Wiltshire, fatta di mattoni in cotto e dagli elaborati tetti di ardesia. È grande come dieci dei tuoi cottage, tutti messi in fila. Il parco, poi, è sterminato. È molto più simile ad un feudo, in dei conti, e tu ne sei sempre stato intimidito e segretamente affascinato.
Il fatto è che sai chi ci ha soggiornato qui. Mangiamorte e Voldemort stesso.
Comunque, tralasciando questo, la villa è semplicemente stupenda e mentre tua nonna prende il the con Narcissa tu passeggi per l’enorme giardino, schivando feroci pavoni e ammirando la fioritura estiva delle rose. Bianche, naturalmente. Tutti i fiori qui sono bianchi o di tenui colori pastello.
Credi sia l’influenza delle due donne di casa, Lady Narcissa e Lady Astoria.
Oppure il bisogno di avere qualcosa di puro e immacolato a nascondere il passato…
Passi le dita sul petalo di una rosa particolarmente bella.  
Ti senti a disagio, ma paradossalmente sei in famiglia. Anzi, Narcissa e le sue progenie sono gli unici parenti che ti sono rimasti.
Ma il cognome Black ti si adagia scomodo sulle spalle. Ti sei sempre sentito un Lupin.
In ogni, dannatissimo, senso.
 
“Professore.”


Ti volti e alle tue spalle è arrivato, silenzioso come un gatto, Scorpius. A volte dimentichi che siete biscugini. O qualcosa del genere.
Fai un sorriso, mentre senti una morsa artigliarti lo stomaco. Scorpius Hyperion Malfoy è il miglior amico di Jamie. E vedere lui è come pensare a James.
“Ciao Scorpius… chiamami pure Ted. Non siamo a scuola adesso.” Reciti gentile, e davvero, fingere a volte è la cosa che ti riesce meglio.
Scorpius fa spallucce. “Come vuoi.” Ti stupisce vederlo in abiti babbani. Indossa una maglietta nera, e un paio di pantaloni di cotone. Sembra esserci nato dentro, e ti chiedi nebulosamente come faccia ad essere così elegante, quando tu hai ancora problemi ad abbinare le cravatte.
Deve essere saltato qualche gene nella tua famiglia, decisamente.
“Sei venuto a trovare mia nonna?” Fa un sorrisetto irriverente, guardandosi oltre le spalle. “O ti ci ha trascinato zia Andromeda?”
Ridacchi. “La seconda. Cosa dice tua nonna dei vestiti babbani?”  

Scorpius si apre in un’espressione allegra. “Se n’è fatta una ragione. È che mi piacciono e d’estate è un salasso mettersi quegli orrendi tuniconi tradizionali, no?”
Sorridi, con aria di chi ha capito, quando di solito non indossi tuniche da mago. Sono cose che lasci ai purosangue o ai vecchi professori.
“Passerai l’estate al Manor?” Ti informi, quando ormai è chiaro che Scorpius ha voglia di rimanerti trai piedi. Speri che non sappia.
È stato già abbastanza imbarazzante con Albus.
“Come tutte le estati.” Hai la sensazione che ti stia studiando però.
Strano ragazzo, Scorpius: educato e diligente a scuola, quanto assolutamente pericoloso in contesti informali. Sorride sempre, e dietro quel sorriso sei certo che ci sia tutto un mondo interiore.
James una volta ha ironizzato dicendoti che è una versione aggiornata di un Malfoy.
Nel senso che è più sudbola, certamente.

“… Hai visto James in questo periodo?” E ti esce. Non puoi farci niente. Non ha detto o fatto nulla, ma ti ha teso una trappola e tu ci sei cascato con tutte le scarpe. Ci sei voluto cadere.
“Mio padre non è particolarmente entusiasta del fatto che frequenti i Potter fuori dalla scuola. Mi ha caldamente invitato a non vederlo…” Sorride allegro. “Ma ovviamente l’ho visto!” Soggiunge poi.
Ti viene tuo malgrado da sorridere. Se c’è un po’ di sangue Black nelle nuove generazioni, non è certo passato a te, ma a lui.
“Hai visto… qualcun altro?” Tenti di stornare, ma tanto sai benissimo che lui sa.
È il migliore amico di James, e James ha un concetto totalmente grifondoro dell’amicizia. Quando te la concede, è leale fino alla morte. E totalmente trasparente.
“Avrei voluto vedere Rosie.” Dice intanto. Per un attimo smette di sorridere e ti diverte vederlo rabbuiarsi. “Ma i suoi genitori l’hanno rapita e portata in Romania. È un comportamento assolutamente riprovevole.”
“A quanto mi risulta non credo che Ron sappia…”

… quello che hanno intuito tutti, ma fingono di non sapere.
Ovvero che Scorpius, l’erede Malfoy, è il ragazzo di Rose Weasley.
È l’effetto elefante rosa nella stanza, ti sussurra la voce di James all’orecchio, come se fosse qui: tutti lo sanno, ma nessuno ne parla.
“… di noi due? Secondo me finge.” Taglia corto, infilandosi le mani in tasca. Sospira, ma poi riprende a sorridere. “Comunque ci scriviamo. Credo che l’ultima volta il suo gufo abbia quasi avuto un infarto. Non reggerà a lungo la nostra corrispondenza di amorosi sensi, temo.”
Ridacchi, perché ammiri il modo in cui sta gestendo una situazione spinosa. James ti ha detto che nessuno dei due ha mai ammesso nulla alle rispettive famiglie, ma davanti agli amici non si nascondono. Il fatto che ora Scorpius faccia parte del circolo dei giovani Potter-Weasley rende ancora tutto più fumoso.

Supponi che anche se i loro genitori sappiano preferiscano chiudere gli occhi, sperando che questa romance tra adolescenti non avrà futuro.
Scorpius coglie una rosa, la stessa che prima ammiravi. Se la rigira tra le dita. “Ehi, professore… Hai mai notato il fatto che il fiore dell’amore per eccellenza è decisamente banale?”
Lo guardi perplesso. “Eh?” Ti esce acutamente.

Scorpius fa un sorrisetto di incomprensibile superiorità. “Credo che la rosa sia uno dei fiori più banali al mondo. Andiamo, ci sono fiori molto più belli ed elaborati. I gigli, i tulipani, le azalee…” Al tuo sguardo perplesso, sbuffa. “Purosangue. Il linguaggio dei fiori è qualcosa che ti trapanano in testa rischiando di farti diventare gay dall’età di tre anni.”
“Sì, beh…” Replichi confuso. “È sempre stato così.”
“Pateticamente prevedibile.” Dice, e non sai se si riferisca a te o al fiore. “Gli amori da mazzi di rose rosse, il principe azzurro e la principessa perfetta…” Decisamente non lo segui. O forse sì. “… se dovessi mai regalare dei fiori alla mia Rosie, non le regalerei delle rose. Le regalerei un cactus.”
“… un cactus?”

Probabilmente tutti quegli incroci tra purosangue hanno delle conseguenze, allora.
“Fanno dei fiori stupendi.” Replica con un vago sorriso, ignorando o forse indovinando i tuoi pensieri da come ti guarda divertito. “Raramente, certo, e ci vuole cura, ma anche da una pianta apparentemente arida esce qualcosa di meraviglioso.”  
Poi ci arrivi. A questo punto fai un sorriso, perché è un ragazzo maledettamente contorto, ma sincero.
E probabilmente alla vostra Rosie vuol bene davvero.
“Capisco. Prima però spiegalo a Rose, con un biglietto, se non vuoi vedertelo tirare dietro.”
“Mi darebbe dell’idiota, ma capirebbe.” Replica con sicurezza. “Sono il suo cactus.”

Scoppi a ridere, stavolta. Capisci perché James nel giro di metà anno scolastico l’abbia proclamato sua anima gemella. Sono maledettamente simili.
Scorpius ti dà una pacca sulla spalla, tendendoti la rosa. “Festa del Solstizio.” Pronuncia sibillino. “A Ottery St. Catchpole.” Lo guardi, senza capire. “Certo che Poo ha ragione. Sei davvero lento fuori da un’aula di lezione.” Esclama esasperato e ti senti sinceramente ritardato quando finalmente ci arrivi.
“James sarà lì?”
“Ovvio.” Alza gli occhi al cielo. “Dove potrebbe essere nel giorno più lungo dell’anno? Dove c’è da bere. È perfetto per il suo dolore formato famiglia.” Scrolla le spalle, mentre prendi la rosa. “Posso dirti una cosa in confidenza. Da uomo a uomo, professore?”
“Certo.” Annuisci. Non è che hai scelta: fuori dalle mura di Hogwarts sei un venticinquenne in balia degli eventi. E non c’è nessuna cattedra dietro la quale ti puoi riparare.

Annuisce, poi perde il sorriso. “Vedi di non farmene pentire. Mi piace quel cretino di Potter. Se fai altre cazzate ti faccio mangiare dai pavoni.” Ti fissa. “Nessuno ne saprà nulla.”
“… i pavoni non sono carnivori…” Tenti.
“Questi sì.” Replica, prima di riprendere a sorridere – inquietante, davvero – e allontanarsi.

Guardi la rosa che ti ha dato.
Hai regalato dozzine di rose come queste a Vic, credendo di fare la cosa giusta.
La getti su una siepe, mentre senti tua nonna chiamarti perché è ora di tornare a casa.

Scorpius ha ragione. Le rose sono banali.
Ora sai cosa fare per riprenderti James.
 
****
 

Mercoledì
 
Ti eri dimenticato completamente della festa del Solstizio – o del Litha se si vuol dar retta alla mitologia celtica - di Ottery St. Catchpole.
A tua discolpa c’è da dire che hai mancato gli ultimi sette anni di festeggiamenti, trovandoti oltre la Manica.
Ti eri scordato dei giganteschi falò che illuminano buona parte della città dove autoctoni, sia babbani sia maghi, si confondono e si godono una tiepida e calda serata estiva, sorseggiando birra e ingurgitando dosi massicce di patate fritte.
Ti soffermi a guardare l’alimentazione di un falò da parte di un gruppo di ragazzini del posto. Sorridi divertito quando noti che la maggioranza ha i capelli rossi. Forse è vero che gli Weasley vivono qui da generazioni.
Sospiri e riprendi a farti trascinare dal flusso di persone. 
Non hai avuto bisogno di dire nulla tua nonna. Semplicemente ti ha fatto indossare qualcosa che non fosse una camicia e ti ha spedito fuori.
Ti sei chiesto per un momento se non avesse parlato del tuo look con Scorpius.
Comunque…
Non hai idea di dove possa essersi cacciato James.
C’è più gente del solito, noti con un certo sconforto. La festa del Solstizio è molto sentita da queste parti e pare che venga gente anche dai paesi vicini.
Ti viene da sbattere la testa contro un muro quando realizzi che sono già venti minuti che sgomiti tra fiumi di gente con pinte di birra scura in mano.
Così non lo troverai mai.
Per un attimo sei tentato di estrarre la bacchetta dalla tasca dei jeans – sì, tua nonna ha definitivamente parlato di moda con Scorpius – e lanciare un incantesimo localizzante.
Poi ti ricordi che probabilmente molti babbani sono turisti, e mentre quelli di St. Catchpole ormai hanno sviluppato una sorta di paraocchi a scintille e stranezze di sorta… probabilmente una famigliola di Londra o del Galles non sarebbe particolarmente abituata a dimostrazioni di magia.
Sospiri profondamente. Questo prima che Vic entri nella tua visuale, come apparsa dal nulla.
È attorniata da una decina di ragazzi del posto e da qualche turista, mentre dispensa sorrisi e cortesie a destra e a manca.
Sorridi appena, quando ti rendi conto che non sei più geloso e la raggiungi.
Non è James, ma magari sa dov’è. E comunque, le devi parlare.
“Vic!” Sgomiti trai suoi spasimanti e ignori le occhiate di fuoco di un paio di loro. “Ehm, ciao.”
Vic inarca le sopracciglia, poi sbuffa. “Tranquilli ragazzi. È gay.”
Sorridi nervosamente, mentre senti esplodere un paio di risatine.

In qualche modo è sintomo che sta accettando la cosa? Lo speri.
“Ciao…” Borbotti. “Ehm. Bella festa, eh?”
“Oh, per favore!” Ti afferra per un braccio e ti porta via dalla calca testosteronica. Vi infilate tra due chioschetti, rispettivamente di gelati e, inutile dirlo, birra. “Adesso mi ricordo del motivo per cui sono fuggita in Francia…” Mormora con una smorfia di mirabile insofferenza. “Che volgarità dilagante.”

Sorridi appena. “Troppa gente. Troppa birra.”
“Morgana, sì. Questa maglietta…” Ti lancia uno sguardo di sottecchi. “È la prima volta che ti vedo indossare una maglietta. Ti dona.”
“Me l’ha regalata Lily al mio compleanno.” Ci pensi. “Sì, beh, è la prima volta che la metto.”
“Ha persino uno scollo a V.” Sembra impressionata, ma vedi che cerca di evitare quel discorso.

Poi vi guardate, e spunta in mezzo come un grosso elefante. Rosa.
“Avrei dovuto sapere che eri troppo perfetto per essere etero.” Dice con un sorrisetto nervoso. È fredda, e sai che lo fa perché cerca di non perdere il controllo. Gliene sei grato. “Dio, Teddy… È stato come prendere un bolide in faccia, se mi perdoni l’espressione.”
Fai per scusarti. Poi ci pensi e decidi che non è il caso.

Fare dei piccoli passi…
“Avrei dovuto dirtelo meglio, invece che urlarti addosso.” Ammetti comunque. “Ma ti voglio sempre bene, Vic.”
“Non me ne faccio un granchè… ma grazie lo stesso.” Sorride debolmente e poi, finalmente, ti lascia il braccio. “Adesso è meglio che vada. Sono qui con degli amici e non vorrei che pensassero che me ne sono andata …”
“Vic…”
“Mi ci vorrà un po’ per digerirla Teddy.” Dice, e si morde un labbro. Però poi riesce persino a sorriderti. Perché in fondo Vic è buona, e lo sai. “Dammi tempo.” Ti bacia leggermente la guancia e senti il suo profumo, tenero e struggente. Ti mancherà. Ma non troppo. “Adesso va’ a cercare James…”
Beh.
Vic è sempre stata sveglia, era per questo che era finita a Corvonero, no?

Ti senti arrossire, capelli e viso tutto compreso. Vic alza gli occhi al cielo, ma grazie a Dio non sembra particolarmente disgustata. Forse è stato peggio sapere che il suo fidanzato era universalmente gay.
“È così palese?” Chiedi però, piano.
Vic fa una smorfia. “Non tu. È James… era fuori di sé quando ci ha visti. E non era la gelosia morbosa di un fratellino quella. Era quella di un amante tradito.” Fa un sorrisetto valutativo. “È cresciuto decisamente bene. Era in qualche strano modo… sexy.”
“Vic!”

Questo ti rende geloso.
Lei ride, ma poi si fa seria. “Spero che tu sappia cosa stai facendo…”
“Mai saputo meglio.” Ed è vero. “L’hai visto?”
“Sono certa che sia qua in giro, ho visto Lily e Al. Prova verso il sentiero, sul fiume.” E detto questo, si rituffa tra la folla con quella sua leggerezza che ti ha incantato per anni.

Ma non è tempo per la nostalgia, e fai lo stesso anche tu.
 
Il sentiero sul fiume è largo e c’è spazio per mettere tavoli e chioschi di cibo e inspiegabilmente di zucchero filato. Un falò brilla da qualche parte, dando riverberi arancioni al tramonto rosato.
Il vento fresco ti scompiglia i capelli mentre cerchi James.
Alla fine lo trovi, ad un tavolo con i fratelli… e il resto della famiglia. Il nucleo ristretto, almeno.

Grandioso.
Harry ti sorride, intercettandoti con sguardo da falco – notevole per un miope.
“Teddy!” Esclama, facendoti un cenno. Ginny ti sorride e lo fa anche Lily. Al invece non apre bocca. Si limita a lanciare uno sguardo a James che…
… non alza neppure lo sguardo dal suo piatto e ti senti sprofondare dal senso di colpa. Lo vedi, da come lo tiene incollato, che vorrebbe alzarlo.

Ti avvicini, sentendoti le mani sudate e la bocca secca. Ma non puoi lasciar perdere.
Semplicemente non puoi.
“Ciao Harry… avrei bisogno di parlare con James.” Sorridi, o credi di farlo perché Harry ti scocca un’occhiata preoccupata.
“Certo… Va tutto bene?”
“No.” Ti anticipa James, alzandosi di scatto. “Non dovresti essere qui. Che diavolo ci fai qui?”
“Jam!” Lo riprende Harry confuso. “Non è questo…”
“No Harry, va tutto bene.” Lo interrompi avvicinandoti a James: è completamente in tensione e sembra che voglia picchiarti o estrarre la bacchetta da un momento all’altro.

La cosa invece di spaventarti, ti rasserena. Non è indifferenza quella che vedi agitarglisi negli occhi. È sofferenza, e ti fa male. Ma ti fa sperare.
“Jamie… Ho fatto una stronzata. Lo so.” Ignori lo sguardo del tuo padrino e di Ginny, confusi dal tuo eloquio solitamente forbitissimo. “Ti prego, permettimi di rimediare.”
“Non c’è niente da rimediare!” Sbotta, lanciandoti un’occhiata di traverso che ti attorciglia le viscere. Scorpius ha ragione. È dolore quello che vedi, e ti senti decisamente una carogna codarda, peggio persino di Peter Minus. “Non puoi rimediare, è tutto fi…”
“Non voglio più essere ragionevole.” Lo fermi. “Anche se questo dovesse costarmi tutto.”
Alza finalmente lo sguardo e ti guarda, dubbioso. Non fa nulla, non muove nessun passo verso di te.

Lo sai che devi muoverti tu adesso. Che non è vero che ti ha semplicemente aspettato. Ti è venuto incontro. Stavolta è il tuo turno.
Si passa la lingua sulle labbra. “… Non hai il coraggio…” Sussurra, ed è una sfida piena di ferocia e speranza. “Non ce l’hai il coraggio.”
“Non scommettere. Perderesti.” Dici e poi gli passi una mano dietro la nuca e te lo tiri contro.
Lo baci. Essì. Di fronte a tutti, o almeno alla parte della tua famiglia a cui speravi di non far mai vedere quello che ti agita dentro. La tua paura di non essere abbastanza per essere accettato, la tua paura di essere diverso da quello che si aspettano da te.

Le labbra di James si aprono in una protesta sorpresa e senti un esclamazione soffocata provenire da Ginny o forse da Harry. Sei così terrorizzato che neanche li distingui.
Poi James ti afferra la stoffa della maglietta sui fianchi, si aggrappa e ti risponde. Merlino, risponde con una tale irruenza che quasi ti fa indietreggiare, e non sei certo una ragazzina.

Ti morde, più che baciarti e siete maghi; senti la sua magia esploderti addosso ed avvolgerti tutto.
È la sensazione più fottutamente grandiosa della tua vita.
Quando vi staccate – non è un film, non ci sono baci da venti minuti filati – ti guarda con gli occhi che brillano. James non è un tipo da lacrime ma brillano come tizzoni scuri.
“Sei pazzo…” Sussurra pieno di meraviglia. E ti sorride.
“Sì, lo penso anch’io.” Mormori di rimando, non osando neanche guardare in direzione di Harry e Ginny. Il fatto che tu non sia morto fulminato da qualche maledizione non è una prova sufficiente che resterai vivo abbastanza a lungo da vedere il domani.

Si sente un lieve schiarirsi di voce. Ti devi voltare, e focalizzi Lily che sembra trattenere una risata.
Sa anche lei?
Vedi con la coda dell’occhio la bocca di Harry spalancata in una specie di muto grido d’orrore – o qualcosa del genere – e Ginny, che invece la bocca l’ha coperta da una mano ma ha un’espressione gemella di totale sbigottimento.
Sai che tra tre nanosecondi circa qualcuno dirà qualcosa.
Albus non si è alzato, ma ha un vago sorriso sorpreso e un po’ imbarazzato, mentre vi guarda appoggiato alla sedia. Non che cerchi l’approvazione di un diciassettenne, ma sembra comunque approvarti.
“È meglio se sparite…” Dice. “Qui ci pensiamo noi.”
James ti afferra per un braccio. “Schiodiamo.” Dice e ti trascina, o forse sei tu che te la dai velocemente a gambe prima di realizzare che effettivamente l’hai baciato di fronte ai suoi genitori, palesando il vostro reciproco interessamento di cui nessuno, almeno tra gli adulti, era a conoscenza.
Dovresti essere preoccupato, invece ti viene solo da ridere.

Adolescenza a scoppio ritardato, indubbiamente.
Vi fermate solo quando siete già in città, dalle parti dell’imponente abbazia gotica. Avete corso e te ne rendi conto da come avete entrambi il fiato corto.
O forse era per il bacio?
“Merlino…” Sussurra James, buttandosi su una panchina. “Merlino, Teddy.”
Concordi.

Ti siedi accanto a lui. Sai che quello è stato il gesto scenico. Ora ci sono altre cose da dire.
“Ti rendi conto che mi hai baciato davanti ai miei? Sei pazzo.” Ripete e non riesce a trattenere una risatina. “Papà aveva una faccia …”
Sorridi tra te e te: James non cambierà mai. La sua voglia di fare scherzi lo seguirà fino alla tomba. Eri certo che avrebbe apprezzato una cosa del genere.
“Penso che mi disconoscerà come figlioccio, probabilmente.” Mormori passandoti una mano trai capelli. “Ma ne è valsa la pena.”
James ti guarda stralunato. “Dov’è finito Teddy Lupin? Te lo sei mangiato ed hai preso le sue sembianze?”
Ridacchi e scuoti la testa. Poi lo guardi: alla luce del tramonto estivo non ti è mai sembrato tanto bello. Sbagliato, fuori luogo, non ti importa.

“Teddy, Teddy…” Sussurra passandoti una mano sulla gamba. “Il mite e ragionevole Teddy Lupin. Ecco a cosa si va incontro, quando si reprime tutto da una vita… Ci si approfitta degli amici di famiglia minorenni.”
“Oh, va’ al diavolo…” Sorridi, fermandogli la mano sopra la tua. È bollente e tiepida e ti era mancata da impazzire. “Te l’ho detto. Niente più ragionevolezza.”
“No?” Ti chiede. “Diventerai un selvaggio erede dei Malandrini?”
Scuoti la testa, passandogli le dita lungo la linea della mascella. Punge leggermente. “Pensavo più ad essere semplicemente felice.”
James accetta il gesto, ma è ancora un po’ rigido. “E fottertene di tutto il resto?”
“Sì. All’incirca.” Ti mordi un labbro, esiti, e ti sembra di essere in alto mare. Tua nonna non ti ha mai detto che si soffre di un tremendo maldimare quando si è innamorati. “… Se tu me lo lascerai fare.” Deglutisci sentendoti ancora quel maledetto peso in fondo allo stomaco. “Dio, Jamie… mi sei mancato. Guardami. Ho persino una maglietta addosso.”
James ridacchia, esita, poi sorride appena. “Mi hai fatto stare di merda, Teddy. E suppongo di non poter avere la certezza che tirerai tanto spesso la testa fuori dal sedere…”
Icastico come al solito, ma ha centrato il punto.
Ti chiedi con terrore cosa hai da offrirgli alla fine. Sei talmente complessato che a volte ti stupisci da solo. Sei terrorizzato dall’idea di deludere chiunque e finisci per farlo con le persone a cui tieni.

“… Però hai anche avuto le palle a baciarmi in pubblico. Davanti ai miei.” Aggiunge e si vede che la cosa lo sta tutt’ora esaltando. Gliela vorresti baciare via dalle labbra, quest’espressione.
“L’ho fatto perché andava fatto.”
“Far venire un infarto a mio padre?” Interloquisce con vago divertimento.
“No. Mettere le cose, i miei sentimenti per te, alla luce del sole.”
“Mmh.” Dice, e ti guarda di sottecchi, anche se sai che quel colpo ha affondato. “Manca ancora qualcosa. Sai, tipo la dichiarazione d’amore.”
“James…” Ti sudano le mani e senti un brivido di terrore lungo la schiena. “Non so se ne sono capace.”

“Cacasotto” Rimarca con cipiglio scuro. È buffo come siate seduti su una panchina, passi della gente, forse Harry ti sta cercando per ucciderti, e non te ne importi nulla. C’è solo la panchina di legno su cui siete seduti e le ombre che illuminano il viso di James.
“Cosa vuoi sentirmi…”
“No. Tu.” Ti spinge il dito sul petto. “Voglio sentire cosa hai tu da dire. Non cosa voglio sentirmi dire.”

Lo guardi e in effetti c’è solo una cosa che puoi dire. Di una banalità estrema, ma in certi casi c’è solo una risposta per una domanda.
“Ti amo, Jamie. Prometto di non essere ragionevole. Mai più.” Dici e poi la conseguenza e che James ti placca, facendo quasi scontrare i vostri nasi nella foga di baciarti.
Poi James si stacca. “Ehi prof…” Sussurra. “Materializzazione congiunta. Da qualche parte, io e te.” Il suo sorriso ha quella sfumatura, da letto, e capisci al volo.
Ti afferra un braccio e poi sentite entrambi il familiare strappo all’ombelico. Vi ritrovate in camera tua, che è straordinariamente incasinata e depressa.

Quasi una settimana di solitudine senza James ed ecco gli effetti.
Si guarda intorno. “Cacchio Teddy, come ti riduci senza di me!” Esclama pestifero.
Per tutta risposta lo afferri e lo sbatti sul letto, facendolo ridere di sorpresa, prima che le risate gli muoiano sulle labbra per trasformarsi in ansiti quando gli baci il collo. Profuma di sole e zucchero candito.

Sapevi che avrebbe mangiato quella schifezza dolciastra e babbana.
Ti passa le mani sulle braccia e poi un dito sullo scollo – secondo te imbarazzante – della maglietta.
“Non pensavo l’avresti mai messa…”
“Tutte le mie camicie sono sporche.” Menti.

“Non fare il cretino, ti sta bene.” Alza la testa dal cuscino e ti preme i denti, leggermente, sul collo. Ti fa rabbrividire ed è una cosa che gli piace da morire.
Ragazzino…
I vestiti, pensi, con la magia sono facili da eliminare. E ve ne liberate con urgenza, e stavolta sei certo che i tuoi boxer siano addirittura finiti dietro l’armadio.

C’è qualcosa nel corpo di James … È la linea dei muscoli della sua schiena, il tatuaggio o forse l’insieme di bellezza tra l’acerbo e il maturo che ti manda letteralmente il sangue alla testa.
Mappi il suo corpo con la bocca, le mani, il respiro. Senti i suoi mormorii e le sue parole spezzate. Ti piace guardarlo mentre affondi in lui, perché non chiude mai completamente gli occhi, non ci riesce o forse non vuole. Ti guarda tutto il tempo.
E non ti sei mai sentito in imbarazzo a ricambiarlo. In questi momenti il ruminare incessante dei tuoi pensieri si spegne e ti abbeveri di ogni sua espressione come un assetato ad una fonte e te la marchi a fondo nel cuore.
James poi ti si spalma addosso e ti stupisci ogni volta come i vostri corpi si incastrino meravigliosamente, anche se tanto simili. Stende le labbra in un sorrisetto che, a sorpresa, scopri timido. “Mi guardi ogni volta…” Esita, poi lo rende strafottente, perché è il suo modo di dissimulare la timidezza. “… mi guardi ogni volta come se fossi una fottuta fetta di torta di zucca.”
“La torta di zucca non mi piace particolarmente…” Gli fai notare, puntiglioso fino alla morte. “Ma tu sì. Ti mangerei volentieri.” Aggiungi e lo vedi avvampare, spettacolo più unico che raro. Probabilmente, rifletti, perché certe cose non gliele hai mai dette, sepolte sotto strati di seghe mentali.

“Vecchio maniaco…”
“Ho venticinque anni, giovane depravato.” Puntualizzi, mentre ridete. Poi ti fai serio e gli prendi il viso tra le mani.
Siete nudi e non solo letteralmente. Hai deciso di scoprirti adesso, e lo fai con la sicurezza che non arriverà nessun maledetto colpo basso.
“Jamie…”
Ti blocca le mani, con un sorrisetto. Ha gli occhi caldissimi, del colore della tua cioccolata preferita. O forse è la tua cioccolata preferita ad avere i suoi colori.
“Lo so, Teddy. Mi fido.” Poi sogghigna. “Lo vedi che è grandioso essere degli idioti impulsivi?”
Ridi. “Solo ogni tanto però. Non riuscirò mai a farci l’abitudine, temo.”
“E non devi! Il cretino impulsivo sono io della…” Esita, e ti guarda.

“… coppia.” Finisci per lui. “Noi siamo una coppia.”
Avrete tempo per far uscire tutte le parole. E James avrà tempo per insegnartele.
 
E niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare…
 
James sì. Ci riesce, per fortuna.
E ti sta benissimo.
 
 
 
Lovers, keep on the road you’re on
Runners, until the race is run
Sometimes even right is wrong…



 
 
 
****
 
 
 
 
Note:
Finita! Spero sinceramente che vi sia piaciuto questo piccolo scorcio d’estate e di approfondimento nei pensieri di Teddy ‘Ragione e Sentimento’ Lupin (come qualcuno l’ha ribattezzato).

Mi è servito come raccordo alla seconda parte, lo so, sono una bieca profittatrice.
Ma avevo bisogno di spiegare questi due. E in fondo voglio bene al povero mezzo-lupacchiotto.
Le canzoni che hanno ispirato il capitolo sono qui e qui.

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