My dream

di death_princess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo - the first time I see u ***
Capitolo 2: *** All I always want - tutto quello che ho sempre desiderato ***
Capitolo 3: *** sai baciare nel più perfetto stile ***
Capitolo 4: *** I nostri raggianti silenzi ***
Capitolo 5: *** Nightmare after waking up ***



Capitolo 1
*** prologo - the first time I see u ***


My Dream

Prologo – The first time I see u

 

“Quando rimembro quella notte il mio viso s’illumina con un sorriso, mi ricordo il suo respiro vicino al mio collo, il sapore delle sue labbra, il suo profumo, le ciocche bionde che cadevano sulle mie guance mentre s’inchinava per baciarmi; non so come e perché sia tutto finito, temo addirittura che sia stato uno di quei sogni che ti rapiscono e quando ti svegli pensi che sia stato vero, ma poi scopri, non sempre però, che è stato frutto della tua immaginazione. No! Non può essere stato un sogno, è stato così reale, Valentino, il nome del sogno, è sparito!”.  

Tre anni fa ero andata in Australia, era un viaggio con il mio gruppo, sarei rimasta lì per un mese, e dopo, come solito del mio lavoro avrei scritto un saggio per il giornale sulle tradizioni di tale città, Perth.  

Non era stata la prima volta che viaggi con il mio gruppo di lavoro, ma quella volta mi è bastata per rifiutare di andare in altri viaggi. E’ difficile spiegare come sia tutto successo, come abbia conosciuto Valentino, ma è successo tutto così in fretta e in modo confusionale. Di lui conosco poco, addirittura quasi niente, so che ha origini italiani, ha venticinque anni, era andato a Perth per uno strano motivo, assaggiare la “Vegemite”, una specialità australiana, sebbene non credessi moltissimo a questo motivo non cercai comunque di sapere la verità, perché non m’interessava, rimase poi per alcuni anni e dovette lavorare per mantenersi. Ma bastano davvero così poche cose per innamorarsi? Per cercare una persona di cui non si sa neanche il cognome? Sì, bastano, vi racconto la mia storia con Valentino perché capiate il mio stato d’animo attuale.

Feci di tutto per convincere il mio capo a concedermi di partecipare a quel progetto sull’Australia, solitamente mi mandava nei paesi più etnici dell’estremo oriente, dopo mesi di fatica preparai finalmente le valige. Eravamo pochi, solo in sette, io, Jane, Romeo, Michelle, Alexander, Jacqueleen, e Joseph, il solito gruppo. Io e Jane, la mia migliore amica, ci conosciamo dall’asilo, mentre ho conosciuto al lavoro Michelle, Alex e Jacqueleen, Joseph è mio cugino, e Romeo è il fidanzato e collega di Jane.

Jane (Judy Greer) è alta quasi quanto me, sul metro e settanta, ha i capelli ricci e biondi, è solare, un po’perfettina per i miei gusti. Romeo è castano, non è altissimo per essere un maschio, è serio e riservato.

Jacqueleen è la barbie del nostro reparto, si può dire, è elegante e la classica donna che chiunque uomo desidera! Michelle è rossa, bassa, magrolina e timida. Alex è alto, palestrato, siamo stati insieme per quasi un anno, ma non ha funzionato perché è immaturo, quindi lavorare con lui è dura. Joseph(Jared Leto), mio cugino, lo vedo più di mia madre, abita nel mio stesso palazzo, lavora nell’ufficio accanto al mio; è castano con gli occhi azzurri. Il viaggio durò molto, da Los Angeles a Perth, oltre all’aereo avevamo preso anche due pullman per arrivare alla casa presa in affitto. Arrivammo tardi e quindi il primo giorno fu considerato perso, perché appena vedemmo i letti, precipitammo dalla stanchezza. Il giorno dopo mi svegliai dal rumore del campanello di casa, appena mi svegliai non capivo dove fossi, poi realizzai, la casa era enorme e aveva uno stile piuttosto antico, mi alzai per andare a vedere chi stesse suonando. Aprii la porta e mi trovai davanti ad un uomo, più o meno della mia età, biondo, medio alto, occhi azzurri, cappello da lavoro, maglietta mezza maniche blu, jeans un po’ strappati e la sua moto era appoggiata all’albero di casa, con la colazione; non sapevo che James, il mio capo, avesse organizzato tutto così bene e nei minimi dettagli. Lo guardai senza parlare, non so a cosa stessi pensando, se al fatto che fosse strano che la colazione venisse consegnata a domicilio, o in che lingua avessi dovuto parlare(cosa stupida perché in Australia parlano inglese), o ammiravo la bellezza australiana di quel uomo, a dir poco affascinante; così nella confusione mentale e nel silenzio decise di aprire bocca lui: “buon giorno, temo di aver sbagliato chalet da come mi guarda, ma il signor James Buck..”

Buckendoly” lo aiutai a pronunciarlo. “sì, allora è giusto, la colazione è per sette persone” finì di parlare, io stupidamente non risposi e presi la colazione, con il suo aiuto, la posai sul tavolo del giardino dell’appartamento. “allora, è tutto, alla prossima” mi sorrise e se né andò. Maledettamente mi odiavo, perché non riesco mai a cogliere momenti come questi per conoscere uomini, o almeno parlarci, lui, infatti, non capiva, fortunatamente, se non rispondevo perché ero affascinata da lui o perché mi ero appena svegliata, spero la seconda. Quando seppi che eravamo nel bel mezzo del deserto australiano allora capì perché James avesse chiesto che tutti i pasti fossero portati in chalet. Decisi di iniziare a fare ricerche su quel deserto e non andare in giro, come invece decisero di fare tutti gli altri. Rimasi lì tutto il tempo nel giardino col portatile. All’ora di pranzo non erano ancora tornati, e arrivò di nuovo “il consegna pasto”. Lo notai da abbastanza lontano mentre veniva con la moto e capì che era lui, perché chi altro poteva essere in quel posto abbandonato da tutti? Appoggiò la moto all’albero, tolse il casco, la sua bellezza era divina, le ciocche bionde dei suoi capelli lunghi brillavano con i raggi solari, tolse gli occhiali, e si videro i suoi occhi color verde acqua, li socchiuse, nonostante il sole non fosse fastidioso in quel momento, pensai allora che gli desse fastidio per il fatto di averli molto chiari. Si avvicinò a me e mi sorrise: “ciao, sono venuto per il pranzo, si ricorda di me, vero?”. “sì, stamattina ero ancora assonnata e per questo che ero in confusione, e anche scortese!”. “no, si figuri, lo sono sempre anch’io, solo che stamattina mi sono svegliato alle cinque del mattino, quindi ero abbastanza sobrio alle dieci quando sono venuto a darle la colazione” continuò lui. “dammi del tu, non sono così vecchia” scherzai. “mmm, no, non lo sei, sarai anche più giovane di me!” rispose lui. “so che vuoi chiedermelo, e a me non dà fastidio, ho ventitré anni!”. “eh, proprio così, io venticinque”. Ci fu un silenzio che durò poco: “ma quanto tempo ci impieghi per venire qua?” chiesi fingendomi curiosa, ma in realtà volevo solo attaccare bottone, come si suol dire. “un’ora e mezza, neanche tanto rispetto ad altri chalet; ma gli altri non sono in casa?” chiese. “no, sono andati a fare dei giri esplorativi qua nei dintorni, quindi se non hai niente da fare, siediti pure a farmi compagnia”. “certo, volentieri…” “Stacey, tu come ti chiami, invece?” “Valentino!”.

“Valentino, australiano?” chiesi stupita. “no, no, sono italiano, sono qui da tre anni, prima abitavo ad Agrigento, poi a Londra, a Singapore e alla fine sono venuto qua, solo per assaggiare la vera vegemite, e per motivi vari sono rimasto qua a lavorare.” Valentino rimase con me fino alle sette a parlare, il tempo però sembrava volare, pensandoci bene avevamo parlato per ben sei ore consecutive, arrivarono poi gli altri e Valentino se né andò: “beh, io ora vado, oddio, sono già le sette, è così volato il tempo” disse rivolgendosi a me e agli altri, che entrarono subito nel chalet. “E’ stato un vero piacere, Stacey, verrò domani mattina, spero che questa volta sia più sobria!” scherzò. “Ci sarò, e da sveglia!” “ci conto!”. Così quel giorno anch’esso stava per finire, entrai nelchalet, decidemmo di guardare un film tutti insieme. Nel bene o nel male conobbi colui che avrebbe cambiato la mia vita per l’eternità.

 

  

N.B.


Stacey: 04/08/1980(23anni), Los Angeles

Valentino: 02/03/1978(25 anni), Agrigento

  

Alex: 05/10/1977(26 anni), Ely(Australia)

Romeo: 13/02/1978(25 anni), Roma

 

Jacqueleen: 25/09/1979(24 anni), New York

Joseph: 03/11/1979(24 anni), Los Angeles

 

Michelle: 22/07/1981(22 anni), Northfield


 

Jane: 25/08/1980(23 anni), Ohio


 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** All I always want - tutto quello che ho sempre desiderato ***


Capitolo due:

All I always want – Tutto quello che ho sempre desiderato

 

 

Sembrava che si fosse accesa una scintilla d’amore tra noi due, qualche volta ci ripenso a tutto quello che è successo con Valentino, ovviamente non mi peno di qualsiasi attimo passato con lui, ma c’è qualcosa in me, avrei preferito continuare la mia solita vita senza di lui? Magari dico questo solo perché odio la mia situazione attuale, o perché ho paura del cambiamento, ma stavo così bene prima? In realtà mi accontentavo della mia routine quotidiana, non avevo mai pensato a me prima, il mio lavoro era la mia vita; ora ho perso il lavoro, un cugino, dei carissimi amici per una persona che neanche conoscevo da quattro mesi! Ma allora se non mi pento di quello che è successo perché mi lamento del mio stato d’animo e di aver perso il posto di lavoro e gli amici. E ora non so neanche dove io sia, da qualche parte a cercare una persona che molto probabilmente non pensa minimamente a me, sono sicura però che alla fine del mio angoscioso racconto comprenderete i miei comportamenti verso la gente, so di non avere commesso errori abbastanza giustifibali, tanto da rinfacciare la migliore amica! 

Il giorno dopo avrei voluto svegliarmi presto in modo da rivedere Valentino, ma qualcosa mi bloccava, temevo di innamorarmi in fretta e di passare per una facilmente seducibile. Pensando che Valentino fosse già andato via da un pezzo, mi alzai, con i capelli un po’ disordinati, avevo a quel tempo i capelli lunghi; scesi le scale per andare nel giardino, in vestaglia rosa. Appena ero all’ingresso del giardino dissi: “che mal di testa, è..”. Fortunatamente non avevo finito la frase, avrei chiesto a loro se Valentino fosse già andato; perché trovai Valentino, un po’ lontano, a parlare con Romeo, penso centri il fatto che entrambi siano italiani. Non mi dava assolutamente fastidio il sorriso dipinto sulla sua faccia, deducevo quindi che era un piacere vedermi, lo era anche per me, ma allo stesso tempo volevo scappare data la condizione dei miei capelli e vestiti. Valentino mi salutò da lontano con la mano, il commento sulla mia vestaglia gli si leggeva in faccia. Jane mi guardava sorridendo e mi fece segno perché notassi la presenza di Valentino. Io risi per l’imbarazzo e rientrai imbattendomi in Alex, che appena entrata chiese a Jane cosa ci facevo in vestaglia in giardino e in più davanti a tutti compreso lo sconosciuto, lei non gli rispose e fece finta di niente. Come al solito, Jane non sopportava i commenti di Alex, considerati da lei inutili, in realtà lei non sopportava proprio lui, per i suoi atteggiamenti in passato nei miei confronti, e anche attuali, sebbene infatti fosse fidanzato con Jacqueleen fingeva sempre di essere geloso quando scherzavo con un ragazzo, ma tutto ciò non mi riguardava minimamente, nemmeno ci pensavo a lui. Per essere sincera, solo durante i primi anni dopo aver scoperto che mi tradiva con Jacqueleen, non riuscivo a guardarlo negli occhi, o almeno lui, e di conseguenza anch’io, ma ora sembra quasi che abbia dimenticato, e perdonato purtroppo, ma cosa ci posso fare? Era stato colpa mia non dedurre tutto dall’inizio, gli sguardi seducenti di lei, e gli schiarimenti di voce quando parlava con lui, perché sto pensando ad Alex? Entrai a cambiarmi e restai in camera mia a scrivere sul notebook la recensione sui primi due giorni. In realtà cercai la città natale di Valentino per usare queste informazioni come scuse per parlare con lui. Perché mi stavo ossessionando da lui, che incantesimo aveva creato per farmi innamorare così in fretta? Oddio avevousato il verbo ‘innamorare’? Mi stavo innamorando di lui? Tutti questi pensieri mi stavano facendo scoppiare la testa, basta pensare a tutto quello che provavo e facevo, da adesso in poi agisco e basta, non m’interessa niente di tutto il resto, io voglio lui, così in quel momento avevo deciso il mio destino, e sono consapevole degli errori che avrei fatto in futuro; una scelta egoista a quanto pare! Qualcuno bussò alla porta della mia camera: “Avanti!” entrò Joseph. “Disturbo?” mi chiese, “assolutamente no!” gli risposi. J: “Che fai?” si avvicinò al portatile, “niente” risposi riducendo la scheda che era aperta. “Agrigento?” chiese stupito, sorridendo allo stesso tempo. “Guardavo qua e là sul web e sono finita lì, è buffo, non trovi” cercai di giustificarmi, ma a quanto pare non funzionò la cosa, infatti: “Ti piace il ragazzo italiano?” “chi? Valentino? No!” deglutì. Joseph mi fissò negli occhi. “eh, va bene, mi attrae!” ammisi. J: “Oh, mio Dio, in ventitré anni di vita ti saranno piaciuti due o tre uomini, l’ultimo è stato Alex, e ci ho messo tre anni per fartelo dimenticare e ti pregavo di cercarti un altro, ora, t’innamori così facilmente del primo che vedi in Australia, non è da te, Stacey”. “Senti, ho riflettuto, io ho sempre pensato agli altri, ti ho aiutato a conquistare il cuore di Michelle, grazie a me Romeo e Jane si sono fidanzati, ed è stata anche colpa mia se ora Alex e Jacqueleenstanno insieme!” “A proposito di Alex, questi giorni lo vedo un po’…come si dice, distaccato da Jacqueleen” mi disse lui. “E con ciò?” chiesi secca. “Mi ha detto, che si è pentito di averti abbandonata!” “ti ha davvero detto così?” chiesi triste. “Sì, ora vado, che si fa colazione, vieni!”.

Fu davvero triste sapere che Alex si fosse pentito, quando dicevo che l’avevo lasciato perché si era dimostrato immaturo, mentivo, in realtà non lo avrei mai lasciato se non fosse per la mia dignità, se non avessi visto, oddio, mi ricordo ancora la scena, ogni volta che mi ricordo quella notte piango, vedere lui baciareJacqueleen, era stato come infilzare un coltello nel mio cuore, anzi peggio, non avrei mai immaginato che mi stesse tradendo, se tutte le persone sulla terra si fossero riuniti per dirmi che Alex mi stava tradendo, non li avrei mai creduto. Non avevo mai tradito Alex, era per questo che ero rimasta per tre anni a domandarmi perché mai mi avesse fatto una cosa del genere, gli davo tutto, ed ero sicura che lui mi amasse follemente, Alex mi aveva fatto odiare tutti gli uomini, mi diceva sempre che non mi avrebbe mai abbandonata

Andai a fare colazione, trovai sotto il mio tovagliolo un numero di telefono, capì subito che era di Valentino, lo presi senza che nessuno se ne accorgesse, finì di fare colazione. Verso il pomeriggio decisi di mandargli un messaggio, il seguente: “ciao, Valentino, ho trovato il tuo numero sotto il mio tovagliolo, e ho pensato di scriverti, se vuoi vedermi mi troverai vicino al cactus fiorito, quello vicino al pozzo, alle cinque del pomeriggio, a dopo!”.  

Così andai alle cinque del pomeriggio nel posto stabilito, e lo trovai già lì, in anticipo. “Temevo di trovarti in vestaglia, o assonnata, finalmente ora sei normale” “eh, spiritoso, non è colpa mia se vieni al mattino!” “sono venuto a dirti che, ti giuro, non sono tra quegli uomini che vogliono solo corteggiare le turiste, non so come, ma tu sei davvero tra le poche che mi hanno rapito sentimentalmente” “oh, Valentino, prima di te c’è stato uno, che mi ha ferita mortalmente, davvero, pensavo che non sarei stata capace di continuare a vivere, tu, tu non hai visto in che condizioni mi ero ridotta, e t’imploro di non fare lo stesso con me”. “Questo sarebbe un sì?” “qualcosa del genere” “stasera c’è la festa di compleanno di Jane, vieni!” “ma, nessuno mi ha invitato!” “lo sto facendo io!” “ok, verrò, e poi dimmi la tua risposta definitiva!”.

Era già sera, avevamo preparato tutto nei minimi dettagli, palloncini, un’enorme torta, ventitré candele, il suo nome sulla torta. Avevamo iniziato mettendo musica anni ’80, era evidente il fatto che l’avessi scelta io, alcuni ballavano, altri cantavano, io ero spaesata cercando Valentino. “Cerchi qualcuno?” mi chiese qualcuno da dietro le spalle, prima di girarmi, riflessi un attimo, avevo capito che non era Valentino, ma purtroppo mi girai per confermare: sì, era Alex: “T’interessa per caso?” “Stacey, sono serio, davvero, te lo giuro, mi pento di averti lasciata” “con che coraggio dici una cosa del genere, ora? Tu, tu mi hai lasciata lì senza scusarti e ora vieni dopo tre anni a dirmi una cosa del genere, dannazione, era la festa del nostro anniversario, Alex, come hai fatto?”. Così senza accorgermi scoppiai a piangere, lo spinsi e mi misi a correre. Mentre correvo, m’imbattei in Valentino: “hei, hei, dove vai? Se non sbaglio la festa è dall’altra parte”. Mi misi a piangere sulle sue spalle, era strano, non mi succedeva tutti i giorni, piangere sulle spalle di qualcuno che conoscevo da neanche una settimana. Mi accarezzò i capelli, mi sentivo bene appoggiata al suo petto, era protettivo, caldo, e affascinante. Aveva i capelli mossi, biondi, con alcune ciocche castane, quella notte aveva anche una benda blu sulla fronte, maglietta senza maniche, un po’ strappata, pantaloni neri in pelle, si vestiva da tipico ragazzo anni ottanta, forse m’attraeva fisicamente per questo. Sentivo il suo respiro tenero sulla mia testa, iniziò ad accarezzarmi anche il collo, lo guardai negli occhi, dal colore del mare e del cielo, s’inchinò verso di me e mi baciò, mi sentivo al settimo cielo, quel bacio mi fece dimenticare ogni minuto passato con Alex, come se Alex e chiunque uomo al mondo non fosse mai esistito per me, quel bacio lo aspettavo da molto tempo, quell’uomo, lo voglio per l’eternità.

Valentino: http://userserve-ak.last.fm/serve/_/184583/Jon+Bon+Jovi.jpg 






    

N.B.  

Stacey : 04/08/1980(23anni), Los Angeles  

Valentino: 02/03/1978(25 anni), Agrigento  

  

Alex: 05/10/1977(26 anni), Ely(Australia)  

Romeo: 13/02/1978(25 anni), Roma  

 

Jacqueleen: 25/09/1979(24 anni), New York  

Joseph: 03/11/1979(24 anni), Los Angeles  

 

Michelle: 22/07/1981(22 anni), Northfield  


   

Jane: 25/08/1980(23 anni), Ohio 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** sai baciare nel più perfetto stile ***


My Dream

capitolo 3 - "sai baciare nel più perfetto stile"





Il ricordo di quella notte mi risulta molto frammentato, ricordo solo fino a quando le candele furono spente. Il giorno dopo, infatti, mi svegliai in una stanza sconosciuta, con un fortissimo mal di testa, come mi succedeva dopo ogni festa, a causa dell’eccessivo consumo di alcool, direbbe mio padre; avevo i capelli sciolti e molto disordinati, non capivo che ore fossero, ma avevo intuito che era già mattino grazie alla luce proveniente dalle aperture delle persiane, questo era tutto quello che vidi appena mi ero svegliata, ma subito sentii che qualcuno dormiva abbracciandomi dal bacino, mi girai dall’altro lato del letto e in quel momento davvero non sapevo cosa stesse succedendo, trovai sul letto vicino a me Valentino! “Oddio, che ho fatto? Ennesima figuraccia con quel ragazzo, e cosa ci faccia nel suo letto, temo che abbia bevuto troppo ieri, spero non sia successo niente di grave” questo fu il mio pensiero, non sapevo se svegliarlo e fare una “bellissima” figura chiedendogli cosa fosse successo la notte precedente o cercare altri indizi per la casa, scelsi la seconda opzione. Tolsi lentamente il suo braccio, mi alzai dal letto e cercai qualcosa che potesse essere utile. Ecco a voi le “poche” tracce che trovai della notte prima: una bottiglia di vodka per terra, il mio trucco sbavato, tracce del mio rossetto sulla sua bocca e guance, infine la maglietta di Valentino per terra. Siccome non servì a niente, lasciai stare e feci colazione. Mi sistemai prima i capelli e la faccia, quando ero in bagno, notai allo specchio un succhiotto sul collo, di solito sono sempre ottimista, ma quella volta pensai subito che Valentino me lo abbia fatto solo per il fatto che fosse ubriaco. Andai poi in cucina a fare colazione, caffè e una fetta biscottata con della marmellata spalmata sopra. Mentre il caffè era sul fornello, qualcuno, e ovviamente quel qualcuno era lui, mi baciò sul collo e mi disse: “buon giorno, principessa”, mi girai verso di lui, gli sorrisi per l’imbarazzo, perché gli chiesi: “buon giorno, ti sembrerà stupido, ma non so come sia finita qua, non mi ricordo solo le ultime piccole cose che sono successe, mi aiuti a riprendere coscienza?”. Lui si mise a ridere: “Io me lo ricordo, perché non ho bevuto, sono astemio”, appena sentii uscire dalle sue labbra la parola “astemio” mi batté il cuore, mi ricordai infatti il pensiero fatto prima riguardo al succhiotto. “Allora, da dove iniziare, vediamo un po’, mi hai detto tante cose quando mi baciavi, che evito di ripetere, hai iniziato a parlare di un certo Alex, che tra l’altro ieri ho litigato con lui, il perché te lo spiego dopo. Poi, mi hai fatto un succhiotto sul collo, hai pianto più di una volta…”. “Pianto?” “Aspetta, m’interrompi dopo, ti ho portato a casa mia perché hai litigato con Jacqueleen, ed eri molto ubriaca”. “Oh, cosa ho fatto! Quante ne ho combinate con te, perdonami, mi sono comportata da bambina, la storia di Alex è vecchia e neanche m’interessa” provai a giustificarmi. “Stacey, ieri ho litigato con Alex perché voleva baciarti, e la festa di Jane è finita male con tutti i litigi che sono venuti a crearsi, tu e Jacqueleen, Joseph che ti difende, alla fine ho deciso di portarti a casa mia per assicurarmi che non ti succeda niente, da gente come Alex si può aspettarsi di tutto”. “Perché avevi paura che mi succedesse qualcosa?” chiesi come se non sapessi già la risposta. “Non torni in chalet?” cambiò argomento. “Resto un po’ con te, non ho il coraggio di guardarli in faccia dopo tutto quello che è successo ieri”. Valentino non aveva ancora addosso una maglietta, i pantaloni neri in pelle del giorno prima, aveva raccolto i capelli con un elastico; si avvicinò a me: “sei bellissima al mattino, di sera, di notte, cosa aspettavi a venire qua a Perth? Sei la donna che ho sempre sognato di avere, sto bene con te, Stacey, non te ne andare a Los Angeles, rimani qua con me, ti darò tutto quello che vuoi, ma ti chiedo solo questo!” mi chiesi con occhi dolci. “Io, dovrei riflettere bene prima di decidere, ho il lavoro a Los Angeles, ho tante cose da sistemare” cercai di non cedere alla tentazione. “Certo, sai, mio fratello fa lo psicologo e una volta mi spiegò una cosa del suo lavoro e perché preferisce ipnotizzare i suoi pazienti, una persona dice veramente quello che sente e vuole solo quando o sta dormendo, o è sotto tortura o è ubriaca, e ieri mi hai detto una cosa che mi ha fatto riflettere e prendere quella decisione!” mi disse accarezzandomi il collo. “Che cosa ho detto e cosa hai deciso?”. “Eh, no, non te lo dico, magari un giorno, in un’altra vita, ma ora non ha importanza”. Ecco, la frase preferita di Valentino era “non ha importanza”, a ogni cosa me lo diceva sempre, è per questo che di lui so poco. “Spero non abbia detto tutto quello che mi sia passato per la testa” non appena finì la frase, mi prese per il bacino e mi baciò profondamente, mi disse all’orecchio: “Ti ho sentito ieri notte, eri davvero sincera, sei mia ora, e non permetterò a nessuno di farti del male!”. Nonostante ci conoscessimo appena, lo amavo follemente, beh, certamente quel giorno non lo amavo così tanto come adesso, anzi non utilizzavo neanche il verbo “amare” fino ai primi due mesi insieme.

“Tesoro, facciamo colazione e poi ti riporto da loro, che devo andare al lavoro, tanto neanche si ricorderanno di quello che è successo ieri, solo io non bevevo!” mi disse mettendosi una maglietta mezzemaniche marrone. “D’accordo” dissi sbuffando. Mi riportò fino all’appartamento: “Ci vediamo per pranzo, principessa” mi disse, seduto sulla moto, mentre scendevo, e mi diede un bacio a stampo. Aveva ragione lui, nessuno si ricordava niente, infatti: “Oh, ma è Valentino? Oddio e perché ti bacia? Dai, raccontaci” mi disse Michelle assieme a Jane, che mi videro perché erano all’ingresso di casa. “Ma niente di che, niente di quello a cui pensate, ma è appena iniziata una seria storia tra noi due” dissi sorridendo.

In quel momento uscì Joseph e abbracciò da dietro Michelle: “Ciao Stacey, dov’eri la notte?” mi chiese lui, ma gli rispose Michelle, “da Valentino!” “Davvero?” mi chiese stupito. Jane mi trascinò prendendomi per un braccio e si girò dicendo “ma la lasciate in pace, poverina, ha anche una sua privacy!”. Andammo in cucina e lasciammo i due da soli, come sempre, a sbaciucchiarsi. “Ovviamente questo discorso non vale per me, dai, sputa il rospo” mi sorrise Jane. “Allora, tra di noi all’inizio c’era un po’ di feeling…”, “no, no, quello lo notavano tutti, passa ai dettagli, quando è stato il primo bacio?” mi chiese curiosa lei. “Alla tua festa lo cercavo, e indovina un po’, s’infila Alex come un prezzemolo chiedendomi chi stessi cercando, e ovviamente la nostra conversazione finì che io corsi piangendo, ma questa volta m’imbattei in lui, l’angelo dagli occhi azzurri caduto dal cielo, mi abbracciò fortemente, protettivo com’era, mi asciugò le lacrime, mi guardò negli occhi…”, “oh, che bello, continua” mi disse lei incantata, “e poi mi baciò!” finì. “Tutto qui?” “Tutto qui, per il resto non ricordo niente, è stato lui a raccontarmi quello che poi è accaduto, ma niente di che” replicai. “Com’è di carattere?” mi chiese seria, “è una brava persona, oddio, non è che lo conosca così bene, però me lo sta dimostrando man mano, è simpatico, senz’altro romantico, passionale, protettivo, geloso, sai che ieri ha litigato con Alex, ma eravamo tutti ubriachi, praticamente l’uomo che fa per me”. “Un difetto?” mi chiese, “ehm, forse, è un po’ serio, ma neanche tanto, ho paura però che sia un po’ testardo e ribelle, nel senso che fa tutto di testa sua”. “Ti piace?” mi sorrise, “tantissimo, l’altra volta mi ha detto che finché sarà con me nessuno mi potrà mai far del male, questo per dirti come mi tratta, da vera principessa, mi chiama pure così!”. “Che carino, sai, è stato il destino a unirvi, James ha accettato dopo mesi di suppliche, era evidente che sarebbe successo qualcosa!”. “Ma perché non passa il tempo? Voglio che sia l’ora di pranzo che vado anche con lui al lavoro, così vedo come è!”. Andai in camera mia a leggere qualche articolo sulle tradizioni dell’Australia. Siccome mi annoiavo, mi addormentai sul giornale che leggevo, all’ora di pranzo dormivo ancora, così Valentino venne a svegliarmi in camera mia. Dormivo a pancia in su, mi tolse il libro da sotto la testa, a quel punto mi ero svegliata, però feci finta di dormire ancora, mi accarezzò i capelli e iniziò a cantarmi alle orecchie “baby, you’re my angel, come and save me tonight, you’re my angel, make and make it al right…beh, se non ti svegli con gli Aerosmith, vediamo con questo: Se con indegna mano profana questa tua santa reliquia (è il peccato di tutti i cuori pii),

queste mie labbra, piene di rossore, al pari di contriti pellegrini, son pronte a render morbido quel tocco con un tenero bacio” si alzò, mi baciò sulle labbra, e si diresse verso la porta perché non mi svegliavo. Prima che uscisse dalla camera, mi svegliai dicendoli “Sai baciare nel più perfetto stile, Romeo!” allungai le braccia per abbracciarlo. Tornò a sedersi sul letto vicino a me, appoggiai la testa sulle sue gambe: “Ti piace Shakespeare?” mi chiese abbassando la testa, verso di me. “Lo leggo spesso, ho riletto molte volte il Romeo e Giulietta, Amleto, ma la tragedia che odio di più è Macbeth, il modo in cui scrive è del tutto diverso, non è lo stesso Shakespeare di prima, sono d’accordo con i critici che mettono in dubbio l’esistenza di un solo Shakespeare, per me William è quello che scrisse Romeo e Giulietta, mentre Macbeth fu scritto da un altro, sotto il nome di Shakespeare!”. “Dobbiamo parlare di Shakespeare?” mi chiese ironicamente. In quel momento gli squillò il cellulare, rispose: “Pronto! Jess, ciao tesoro, quanto tempo! Come stai? Domani? Ok, ho una sorpresa per te, ciao, baci!”. Mi alzai dal letto guardandolo in modo storto, lui riagganciò e mi sorrise: “Che c’è?” mi chiese. “Tesoro? Allora è così! Ti comporti con tutte allo stesso modo, era come sentirti parlare al telefono con me” sgridai.

“Calmati ora, ti ho già detto che tu sei un’altra cosa per me, sei speciale” mi si avvicinò toccandomi la spalla. “Non mi toccare! Oddio, come ho fatto ad essere così ingenua!” dissi mettendomi le mani sulla testa. “E’ mia sorella!” disse a bassa voce, guardando per terra e scuotendo la testa. “Chi?” “Jessica, è mia sorella che non vedo tanto tempo, domani verrà e te la presenterò, la sorpresa saresti te!” mi rispose offeso, uscendo e sbattendo la porta della camera, io rimasi senza parole.



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Capitolo 4
*** I nostri raggianti silenzi ***



capitolo quattro - I nostri raggianti silenzi


Sembrava davvero deluso di come mi ero comportata, ammetto di aver agito con una cieca gelosia e non razionale, ma ormai non si può tornare indietro, a ogni modo dovevo rimediare. Passarono tre giorni e Valentino non si fece sentire, al suo posto veniva un altro ragazzo, quando gli chiedevo dove fosse Valentino, mi rispondeva che lavorava in ristorante e per il momento faceva lui le consegne a domicilio. Ero davvero mesta, quei tre giorni mi servirono da riflessione sulla nostra relazione, momentaneamente complicata, Valentino non è, senza altro, uno come molti che conobbi, con lui il mio cuore batteva fortemente, mi metteva in soggezione. Fu un nuvoloso mercoledì, arrivò il nuovo ragazzo con la consegna a domicilio, lo salutai da lontano, mentre era con Alex a parlare, lo vedevo man mano avvicinarsi a me: “ciao, sono venuto a darti una lettera da parte di Valentino, lui mi ha detto di dartela domani mattina, ma credo che sia meglio che tu la legga ora”, mi disse, porgendomi la lettera e se ne andò, esitai ad aprirla, presi un profondo respiro e finalmente la aprii, trovai scritto:

“Devo paragonarti a un giorno d'estate? 

Tu sei più amabile e moderata:

venti impetuosi scuotono gli incantevoli boccioli di maggio

e il corso dell'estate ha durata troppo breve;

talvolta l'occhio del cielo splende troppo intensamente,

e spesso il tuo volto aureo viene oscurato;

e ogni bellezza dalla bellezza talora declina,

Sciupata dal caso o dal mutevole corso della natura.

Ma la tua eterna estate non dovrà appassire,

perdere la bellezza che ti appartiene…

Ovviamente conosci questi versi a memoria, nonostante fossero stati dedicati a un giovanotto, li ho resi al femminile e la dedico a te, mia amata principessa, ma ti devo annunciare una cattiva notizia. Devo partire questa notte per l’Italia, la mia famiglia ha bisogno di me, mia madre è davvero malata. E’ molto probabile che non torni più a Perth, e tu dovrai comunque ritornare a Los Angeles fra quattro giorni, se ci tieni davvero a me, perdonami per tutti gli errori che ho commesso, e sappi che non sono venuto a trovarti quei giorni non per quello che è successo l’ultima volta, ma perché ho saputo che devo partire e non volevo ferirti, facendoti illudere che sarei rimasto con te per sempre. Se leggi questa lettera, vuol dire che sono già partito, perdonami Stacey, lo so che avresti voluto vedermi prima che io partissi, solo che avremmo sofferto ancora di più, non provare a contattarmi e dimenticami per favore, non sai quanto sto soffrendo mentre scrivo questa lettera, non ti ho mai mentito e ti ho sempre amata. Addio, ti amo!”.                     Valentino 

 

Mentre leggevo, lacrimai sulla lettera e l’inchiostro dell’ultima frase (“Addio, ti amo”) sbavò. Mi vennero in mente però le parole di George, mentre mi consegnava la lettera, mi batté il cuore e corsi subito a chiamarlo, fortunatamente lo bloccai prima di andare via. “George, aspetta!” “sì, dimmi” mi disse lui, sulla moto. “Mi porteresti da Valentino?”, “io, non saprei dove sia ora, si è appena licenziato, e tra l’altro non avrei dovuto darti quella lettera, ma mi dispiaceva lasciarlo partire senza dirtelo prima, sapendo quanto proviate affetto l’uno per l’altra, lui mi ha raccontato tutto, era così triste, poverino, in quei cinque anni trascorsi con lui non l’ho mai visto così innamorato e così depresso come lo era stamattina” mi rispose scontento. “Ti prego, sei la mia unica speranza, dimmi dove potrebbe essere?” gli chiesi angosciata. “Ti porterò fino a quel posto e me ne andrò, al ritorno pensaci tu, però, d’accordo?” “affare fatto! Grazie mille”. “Monta su!” mi disse. Andai con lui in moto per circa mezz’ora: “Allora, cosa ti ha detto di me?” “mah, mi ha raccontato come si è innamorato solo che non voleva ammettere che è stato un colpo di fulmine, e poi mi ha detto che avete molto in comune, fino a cinque giorni fa era così convinto che niente vi possa mai separare, e come non detto!”. “Credi che mi ami sul serio?” “ti assicuro che Valentino non è uno di quei ragazzi che vogliono solo divertirsi, è un tipo serio e un po’ troppo romantico”…Dopo alcuni minuti arrivammo a destinazione. Era in un hotel a tre stelle, che si chiamava “Sheraton”, George se ne andò ed io chiesi di Valentino alla reception, fu lì che seppi il suo nome completo, Valentino Montecchi, rimasi senza parole, non ci credevo, ha lo stesso cognome di Romeo di Shakespeare! Una coincidenza? In fondo la famiglia Montecchi era molto famosa a Verona. “Lo può trovare nella camera cento ventitré all’ottavo piano, l’ascensore è da quella parte” disse indicandolo. Presi l’ascensore, mi batteva fortemente il cuore, arrivai all’ottavo piano, finalmente ero davanti alla sua porta, presi un profondo respiro e affrettai a bussare. Aprì la camera, era a petto nudo, in pantaloncini color azzurro hawaiano, in ciabatte, capelli sciolti e a dire il vero erano un po’ crespi, ma avevano un fascino tutto loro. Mi guardò per un attimo, che sembrò non finire più, era come se il tempo si fosse interrotto, tutte le persone al mondo fossero lì, fermi come spettatori in un teatro Elizabettiano e noi protagonisti di quest’opera. “Oh, ero sicuro che non ti avrei più rivista, è la cosa più meravigliosa che mi sia successa in venticinque anni di vita”, “posso entrare?”, “certo”. “Tesoro, accomodati, vado a chiudere il rubinetto che ho lasciato in bagno, volevo farmi la doccia”…Tornò in un attimo. “E così, stasera parti?”, “ah, hai letto la lettera! Dio, George!” scosse la testa sbuffando. Scoppiai a piangere, “ecco, è quello che temevo!” si avvicinò a me abbracciandomi. “Ti ricordi alla festa di Jane? Quando mi hai detto che non mi avresti mai lasciato, né ferita, ora lo stai facendo, perché?”. Deglutì e si giustificò “Non può funzionare, ci dividono due continenti, e poi c’è una cosa che sin dal primo giorno in cui ho confessato il mio amore per te, e forse è questo il motivo più valido, dopo quello della mia famiglia, per non restare”. “Che cos’è? Dimmelo!” “Non posso, rovinerei tante cose, forse è meglio se tutto finisce così senza rimorsi e senza dolori”. “Senza rimorsi, né dolori! Certo, ci puoi contare, pensavo che tu fossi la cura delle ferite del passato, tracce di persone che mi spezzarono il cuore” mi asciugai le lacrime. Era lì a sentirmi, riflettendo, non guardandomi negli occhi mi rispose: “parto fra sei ore, vorrei passare quegli ultimi attimi con te, in modo da non dimenticarti e averti come un dolce ricordo, Stacey, non giudicarmi come un ragazzo che vuole solo divertirsi, egoista, che vuole farti stare male. Sappi che non è assolutamente vero, io ti amo, adoro sentire il profumo dei tuoi capelli alla fragola, il sapore delle tue morbide labbra, i tuoi capelli biondi e mossi, e sono sempre soddisfatto di sentire il tuo cuore battere quando ti bacio, sai, è una delle sensazioni più belle al mondo, quando mi viene la pelle d’oca mentre mi passi una tenera mano sul petto, accarezzandolo, amo quei silenzi raggianti del nostro amore infinito”. Avvicinò le sue labbra alle mie bagnandole, sfiorò con le sue dita le mie guance, asciugandomi le lacrime, sentii il suo profondo e caldo respiro vicino al collo, aveva gli occhi quasi lacrimanti. Avvertii il suo cuore battere molto lentamente: “Il tuo cuore batte piano, come mai?” gli chiesi appoggiando la mia testa sul suo petto, si staccò dal mio collo e mi guardò, inghiottì: “Mah, non so, magari perché sono troppo stressato gli ultimi giorni”. Mi alzai dal divano e andai a prendere una bottiglia d’acqua per bere, quando tornai, lo vidi fumare: “Fumi?” chiesi stupita. “Avevo smesso, ma ora sono abbastanza giustificato, il dottore me lo sconsiglia sempre, soprattutto perché sono asmatico”. Mi sedetti sulle sue gambe, presi dolcemente la sigaretta dalla sua mano: “Allora non farlo, non è la migliore soluzione, sai”, “ma è sempre una soluzione” mi disse. “Sarà difficile dimenticarti!” gli sussurrai all’orecchio abbracciandolo, seduta sulle sue gambe, “ancora di più per me”. “Io mollo tutto e vengo con te, non riuscirò a vivere senza di te”, “mancano due ore e andrò all’aeroporto, vieni con me lì?”, “no, non ci riuscirò, rimango con gli altri”, “non piangere” disse ciò perché sentì le mie lacrime sulla sua spalla sinistra. “Non ci riesco, non ci riesco, ti prego, resta con me!” piansi ininterrottamente. “Per favore, Stacey, sto male se ti lascio in queste condizioni”, “ed io allora?”, “su, dai, non piangere” mi pregò e mi diede un bacio a stampo in bocca, “giuro, ti scriverò!” mi giurò per calmarmi, “non credo nei rapporti a distanza, e poi mi hai già giurato su altre cose e ora parti” gli ricordai. Mi sollevò e mi fece sdraiare sul divano, si sedette per terra vicino a me, abbracciandomi, mi disse “ti ricordi quando mi hai baciato al tramonto, il mattino, la sera, il pomeriggio e dormendo? Ora smettila di piangere” mi baciò intensamente come mai prima, non riuscii quasi a respirare, si scollò gradualmente e passò a carezzare il collo, lo baciò così passionalmente che mi rimase il segno, si alzò a “oziare” sul divano anche lui, ci guardammo negli occhi: “Mi perdonerai?” mi chiese, “non lo so”, “ora devo cambiarmi e uscire, vieni con me all’aeroporto!” si alzò dal divano. Ero seduta sul divano con le gambe piegate, il naso rosso, gli occhi lacrimanti e guardavo per terra, lui cambiandosi, mi rivolgeva lo sguardo angosciosamente. “Ho già preparato la valigia” precisò, disse questo solo per togliere l’atmosfera depressiva che era venuta a crearsi, “ho notato!” gli risposi, finì di vestirsi, portò la valigia fino alla porta della camera, si avvicinò a me, si mise per terra, prese la sua maglietta e mi chiese “mettiti questa, in modo da non dimenticarti di me”, mi abbracciò, ma lo evitai, “che hai? Stacey, non posso lasciarti così, sorridi, rispondimi per favore”, non gli rispondevo, cadevano lacrime dai miei occhi, guardavo per terra ed ero in pessima forma. “Stacey, Stacey, tesoro, dì qualcosa! Dammi un segno di vita!” iniziò a preoccuparsi, non riuscii a respirare, ero sul punto di svenire, mi alzai dal divano e andai in bagno, lui mi corse dietro, vomitai, così decise a entrare in bagno. “Amore, che ti prende? Mi stai facendo preoccupare sul serio, devo andare altrimenti perdo l’aereo, ma non posso se stai così!”. Finalmente pronunciai qualcosa “ce la farò, ora!”. Uscimmo dal bagno, dall’albergo, eravamo nel bel mezzo di Perth, “addio” si abbassò per volgermi lo sguardo, e fu in quel momento che per la prima volta lo vidi lacrimare: “Non voglio vivere con la coscienza sporca, non voglio dormire la notte credendo di averti spezzato il cuore, non voglio finire per essere odiato da te, scusami”, lo abbracciai e gli diedi il nostro ultimo bacio, gli sorrisi e mentii: “Sto bene, ci scriveremo, e ci rivedremo, ne sono certa, ti amo, Vale, con tutto il mio cuore, addio, signor Montecchi”, mi sorrise, tolse dalle sue tasche un pacchetto, lo aprì, e mi mostrò l’interno, “accettalo!”, mi mise l’anello d’oro bianco al dito, mi baciò la fronte e prese un taxi. Man mano vedi quel taxi allontanarsi, fino a scomparire, non piansi, ma ebbi un dolore da ardere il mio cuore, è così la vita, ci mentiamo per stare bene. Tornai all’appartamento, finimmo il nostro progetto, nessuno osava chiedermi di Valentino, io feci finta di continuare ad andare avanti senza rimorsi passati, non l’ho mai dimenticato. Riesci quasi a sentire i dettagli, quelli che non hai mai pensato di esprimere con le parole. Frammenti che si fanno sentire, anche se non vorresti. Li metti insieme e trovi il sapore di una persona, e capisci quanto ti mancano; e quanto odi che te li ha portati via. Se dimenticare una persona, vuole dire andare avanti e aspettare che il tempo vi separi abbastanza da avere i suoi ricordi sfuocati, come posso dimenticarlo se con lui non percepivo il tempo, con lui esso si era fermato.

Devo credere in un mondo fuori dalla mia mente, devo convincermi che le mie azioni hanno ancora un senso, anche se non lo sento, devo dimenticare, sebbene riesca a ricordarmi tutto. Tutti abbiamo bisogno di ricordi che ci rammentino chi siamo, io non sono diversa, tutti hanno tristi ricordi appartenenti al passato, solo che lui è sempre rimasto il mio presente! Eccomi alla fine del mio disperato racconto, ma non è finito, perché sono alla ricerca di Valentino, sono passati quattro anni, mi ha scritto solo dopo due, e poche lettere. Il motivo per cui lo cerco è l’ultima lettera:

“Non ho smesso di amarti, ti ricordo ogni giorno e ogni notte ti sogno, dobbiamo rivederci, Stacey, non so come e quando, ma sono sicuro che presto assaporerò di nuovo le tue morbide labbra, e come disse il nostro tanto ammirato Shakespeare: Amore, il quale mi ha spinto a cercarti: egli mi ha prestato il suo consiglio, ed io gli ho prestato gli occhi. Io non sono un pilota: ma se tu fossi lontana da me, quanto la deserta spiaggia che è bagnata dal più lontano mare, per una merce preziosa come te, mi avventurerei sopra una nave. Dal tuo amato Valentino, scrivimi!”     

 




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Capitolo 5
*** Nightmare after waking up ***


My Dream

Capitolo 5 – nightmare after waking up

 

Quegli anni furono i peggiori per Stacey, alcuni amici notarono il cambiamento, in realtà tutti, però solo pochi le stettero accanto, tra cui Joseph e Romeo. Alex e Jacqueleen si lasciarono dopo tre mesi del viaggio in Australia, nonostante le tante implorazioni da parte di Alex per essere scusato da Stacey, tuttavia non accettò di tornare insieme. Mentre Joseph e Michelle decisero di sposarsi, stavano appunto facendo gli ultimi preparativi per la cerimonia. In una stanza c’era Michelle, seduta davanti allo specchio e Stacey e Jane la preparavano: “Non ci credo, sto per sposare tuo cugino, Stacey!” ricordò felice Michelle, “Romeo mi ha accennato qualcosa, penso che voglia chiedermi di sposarlo”, Stacey guardò i due, fece un sorrisino, ricordò Valentino, i suoi occhi brillarono, fece finta di andare a buttare un fazzoletto nel cestino perché temeva di lacrimare, Jane si volse verso di lei, smise di ridere con Jacqueleen per non fare un torto a Stacey, che oltretutto la guardò con una smorfia sulla faccia che si può ritenere “soddisfacente”. Avevano finito di sistemare Michelle, che rimase a contemplarsi davanti allo specchio ancora per un po’, finché non l’avrebbero chiamata per l’inizio della cerimonia, mentre Stacey e Jane uscirono e andarono a parlare nel cortile, Jane fumava e Stacey beveva un bicchiere di scotch.

“Hai deciso, quindi, di andare a cercarlo in Italia?” chiese Jane, “Sì, ho dato le dimissioni ieri, James mi ha anche voluto dare una pausa, ma ho rifiutato l’occasione, penso che resterò per un po’ lì, e comunque non vorrei continuare questa vita, quindi spezzo prima ogni legame con il mio passato, in modo da non ritornarci mai più”, “ogni legame, anche i tuoi amici?” sussurrò Jane triste, Stacey rimase in silenzio guardandola. “E’ tardi, sarà meglio rientrare, che stanno per iniziare la cerimonia, e devo brindare io!”, “ah, sì” rispose Jane che sembrava davvero amareggiata e pensosa. Ebbe inizio la cerimonia, lo sposo, Joseph, aspettava all’altare, mentre la sposa, Michelle, camminava in quel sentiero verso l’eterna promessa d’amore, o almeno per quanto fossero convinti quasi tutti. "Vuoi tu Joseph Ryamer prendere come legittima sposa la qui presente, Michelle Mcgregor, e prometti di amarla e di onorarla, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, finché morte non vi separi?", "sì, lo voglio!", "e tu Michelle Mcgregor prendere come legittimo sposo il qui presente Joseph Ryamer e prometti di amarlo e onorarlo...", "sì, lo voglio". Così arrivò il punto in cui, tutti seduti a tavola aspettavano un brindisi da parte di Stacey: "Un minuto d'attenzione, prego" disse alzando il calice, che aveva in mano, facendolo sbattere appena contro un cucchiaio, "ventitré anni fa circa conobbi colui che oggi vedete in abito da sposo, devo ammetterlo, avevamo intenzione di sposarci da grandi nonostante fossimo e... lo siamo tutto ora, non solo cugini, ma migliori amici, e come accade spesso, il tutto si ribalta, e sono qui ora a brindare al suo matrimonio, sapete, da sempre ho deciso di non sposarmi, perché penso che la cosa sia del tutto inutile, perché ufficializzare una cosa se necessita solo la convinzione e il credo di due persone? Joseph mi fa sempre cambiare le mie idee definite liberali dalla sottoscritta, in idee prima credute ottuse, e tuttora conservative, benché giuste, e anche grazie a una persona che ho conosciuto circa tre anni fa... " rimase in silenzio, deglutì, e continuò "Volevo anche dirvi addio perché parto”, sì udì la voce di tutti che si chiedevano il motivo.

“Grazie Joseph per tutti questi anni, e per avermi fatto cambiare idea sull'amore e sul destino, e a proposito di destino, queste due magnifiche persone sono nate proprio per stare insieme, vi voglio bene, ragazzi, a Joseph e Michelle, che senza di loro non avrei capito cosa vuole dire amare", e ci fu il sottovoce “a Joseph e Michelle” da parte di tutti. Erano felici per il matrimonio, ma tristi per la notizia data da Stacey. La stessa notte Stacey, a mezzanotte decise di andarsene, senza salutare nessuno, preferì che partisse senza rimproveri e lacrime. Il taxi l’aspettava fuori casa, la portò fino all’aeroporto, prese l’aereo alle tre e mezza, fece scalo a Charles de Gaulle, arrivò all’aeroporto di Roma, prese il traghetto e andò fino in Sicilia, e infine prese un pullman da Palermo che porta ad Agrigento. Arrivata ad Agrigento, ormai erano passati tre giorni, ma aveva comunque dormito in pullman e in aereo, quindi non aveva sonno, tirò fuori dalla borsa la lettera di Valentino per dare un’occhiata all’indirizzo, “via Ficani, 5”, dunque chiamò un taxi, arrivò a destinazione, guardò la porta numero 5, sulla casella postale notò la scritta “Gianfranco Albini”, pensò di avere sbagliato indirizzo, ma tentò di bussare lo stesso, le aprì una donna anziana: “buon giorno, cercavo Valentino” disse sperando di ricevere una risposta soddisfacente, “sì, certo, entra”, così entrò, “E’ andato al lavoro mezz’ora fa, tu saresti?”, “Stacey” rispose, “Sei Stacey, quella Stacey di cui parla sempre Vale? Ha parlato molto bene di te”, le sorrise. “Lei sta bene?” chiese Stacey confusa, “Sì, sto bene, perché?”, “Voglio dire, Valentino non era venuto qua perché lei era malata?”, “No, era tornato per altri motivi”, Stacey la guardò delusa, “mi può indicare dove lavora?”, prese l’indirizzo della pizzeria dove lavora Valentino. Raggiunse la pizzeria con un autobus, la guardò da fuori, “pizzeria paradiso”, allora ricordò quando Valentino le spiegava il significato della parola [nota dell’autrice: dato che parlano in inglese, “Heaven”, quindi Valentino le spiegava il significato della parola “paradiso”], il suo cuore batteva forte, decise di attraversare la strada, sulle strisce pedonali sentii il suono del clacson di un furgone enorme, ormai però non poteva spostarsi, vide una luce abbagliante, allora chiuse gli occhi aspettando la propria ora, ma subito aprì gli occhi non appena percepì di essere ancora intatta, un’auto infatti aveva cercato di salvarle la vita offrendosi al posto suo, si mise in mezzo tra lei e il camion, risultò schiacciata e a pezzi, tutte le persone in piazza corsero a vedere, chiamarono un’ambulanza, Stacey andò subito a vedere chi fosse all’interno dell’auto e come stesse, aprì lo sportello e appena vide l’interno le mancò il fiato, scoppiò in lacrime, era infatti Valentino, con la fronte aperta, sangue dappertutto, svenuto, in gravissime condizioni, piangeva a dirotto, intanto l’ambulanza era arrivata, caricò il corpo e lo portò in ospedale, lei prese un taxi per raggiungerlo. Nel taxi ricordò tutti i bei momenti passati insieme a Valentino, quando si erano incontrati per la prima volta: “buon giorno, temo di aver sbagliato chalet da come mi guarda, ma il signor James Buck..”

“Buckendoly” lo aiutai a pronunciarlo. “sì, allora è giusto, la colazione è per sette persone” finì di parlare, io stupidamente non risposi e presi la colazione, con il suo aiuto, la posai sul tavolo del giardino dell’appartamento. “allora, è tutto, alla prossima” mi sorrise e se né andò.

Ricordò ancora: “Sai, mio fratello fa lo psicologo e una volta mi spiegò una cosa del suo lavoro e perché preferisce ipnotizzare i suoi pazienti, una persona dice veramente quello che sente e vuole solo quando o sta dormendo, o è sotto tortura o è ubriaca, e ieri mi hai detto una cosa che mi ha fatto riflettere e prendere quella decisione!” mi disse accarezzandomi il collo. “Che cosa ho detto e cosa hai deciso?”. “Eh, no, non te lo dico, magari un giorno, in un’altra vita, ma ora non ha importanza”; “Se con indegna mano profana questa tua santa reliquia (è il peccato di tutti i cuori pii),

queste mie labbra, piene di rossore, al pari di contriti pellegrini, son pronte a render morbido quel tocco con un tenero bacio” si alzò, mi baciò sulle labbra, e si diresse verso la porta perché non mi svegliavo,“Sai baciare nel più perfetto stile, Romeo!”; “ti giuro, non sono tra quegli uomini che vogliono solo corteggiare le turiste, non so come, ma tu sei davvero tra le poche che mi hanno rapito sentimentalmente”; “Io ti amo, adoro sentire il profumo dei tuoi capelli alla fragola, il sapore delle tue morbide labbra, i tuoi capelli biondi e mossi, e sono sempre soddisfatto di sentire il tuo cuore battere quando ti bacio, sai, è una delle sensazioni più belle al mondo, quando mi viene la pelle d’oca mentre mi passi una tenera mano sul petto, accarezzandolo, amo quei silenzi raggianti del nostro amore infinito; “Non voglio vivere con la coscienza sporca, non voglio dormire la notte credendo di averti spezzato il cuore, non voglio finire per essere odiato da te, scusami”. Infine le venne in mente l’incidente e pianse. Arrivata in ospedale, chiese in reception, andò fino alla sala operatoria, uscì una dottoressa che le chiese di firmare alcuni documenti, “ha avuto un trauma celebrale, è molto grave, dobbiamo ricorrere ad un intervento urgentemente, nel caso remoto che fallisse perderebbe per sempre la memoria, invece se fortunatamente andasse a buon fine farebbe un po’ di fatica a riprendersi, mentalmente, intendo, ma presto ritornerebbe in ottima forma” l’avvisò la dottoressa, “posso vederlo?” chiese Stacey, “certo, ma per pochi minuti che non c’è più tempo”, andò in sala operatoria: “Tesoro, sarei dovuta essere al posto tuo qua, grazie, principe mio” fu la prima volta che si rivolse al lui con questo appellativo, di solito era lui a chiamarla così. Sul foglio dove firmò, trovò di nuovo scritto “Valentino Albini”, continuò a non capire perché mai avesse cambiato cognome in Australia. Aspettò in sala d’attesa per ventitré ore, avvisò la sorella e la madre, e si addormentò seduta su una sedia con le lacrime agli occhi. Infine venne un dottore che la svegliò annunciandole che l’intervento è terminato, così andò a vedere Valentino. “E’ ancora sotto l’effetto dell’anestesia, si riprenderà fra una mezz’oretta” disse un’infermiera. Gli prese la mano, gli accarezzò le guance, gli diede un bacio sulla fronte, e lacrimò. “Grazie a Dio, sei ancora vivo, non sai quanto ero preoccupata per te, ora sono sicura, più di ogni altra cosa al mondo che ti amo, tesoro, io ti amo, quando ti sveglierai, mi dovrai spiegare molte cose, ma anche se mi hai mentito sulla malattia di tua madre, sul perché eri andato a vivere in Australia, il tuo cognome che ormai non so più se è Montecchi o Albini, e tua sorella non si chiama Jessica, ma Flavia, quindi quando parlavi al cellulare a Perth, non parlavi con tua sorella, e mi hai mentito, ma non importa, so che il nostro amore è molto più forte di questi piccoli ostacoli, quindi ti amerò per sempre”. Gli diede un bacio a stampo, e in quel momento lui batté ciglio, riprese finalmente i sensi: “oh, Valentino!” lacrimò e lo abbracciò. “Devo aver sbattuto la testa, mi sta per scoppiare”, rispose, lei rise, ancora con le lacrime agli occhi, “dove sono?”, “mi hai salvato la vita rischiando la tua, ti hanno appena fatto un’operazione al cervello, grazie tesoro” gli disse, “perché ti avrei salvato la vita?”, lei deglutì, “Come perché? Valentino, non riesci a riconoscermi?” chiese con timore, “no, chi sei? Davvero, mi sforzo, ma non riesco, mi dispiace, me lo ridici?”, lei scoppiò in lacrime, “oddio, non può essere, sono la tua fidanzata!”, lui rimase senza parola perché capì che perse la memoria, lei continuò a piangere tanto. “Stacey, ora calmati, era ironica la mia domanda, non ho perso la memoria, volevo solo vedere la tua reazione, non piangere, principessa” disse sorridendo, “ti ricordi quando abbiamo dormito insieme, e tu mi hai detto una cosa molto sincera?”, “sì, mi ricordo!” rispose asciugandosi le lacrime, “mi avevi detto”, iniziò a raccontarle: Valentino era sdraiato sul letto e Stacey gli levò la maglietta, lo abbracciò forte e ubriaca gli disse “Valentino, sei così attraente, affascinante, baciami”, così la baciò, “non ho mai conosciuto uno che bacia meglio di te” gli fece un succhiotto, “sai che appena ti ho visto, non riuscivo a parlare per colpa del tuo fascino”, “ah, Stacey, tu sei decisamente ubriaca”, “no, non lo sono, io ti amo, Vale!”, “mi ami? Non me lo avevi mai detto prima, ti amo anch’io, peccato che sei ubriaca, ed io sono sobrio”. Stacey dopo il racconto sorrise, “allora eri ubriaca o lo dicevi sul serio?”, “ero ubriaca, ma lo dicevo con tutto il mio cuore”, l’abbracciò intensamente, “così ho deciso di tenerti per sempre”, continuò lui baciandola.       

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