Per Sempre

di Madem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Il matrimonio era fallito, e da quel giorno niente era più come prima.

Akane e Ranma litigavano ancora, ma non nello stesso modo. Le loro liti erano fredde, litigavano più per cercare di ritrovare il loro equilibrio che per motivazioni reali.

In breve tempo arrivò la fine della scuola, e di conseguenza gli esami.

Akane e Ranma camminavano verso scuola, lui sulla ringhiera, lei per strada. Erano in orario, come ormai capitava dal giorno delle mancate nozze. Akane aveva smesso di svegliare Ranma, e lui per evitare di farla arrabbiare si alzava presto ogni mattina e si faceva trovare pronto quando doveva uscire.

Giunti a scuola, il professore aveva cominciato ad elencare le varie prove che avrebbero dovuto sostenere per ottenere il diploma di scuola superiore.

Akane era serena, si era sempre preparata e aveva lavorato quotidianamente, per cui gli esami per lei erano solo una formalità. Ranma invece cominciava ad agitarsi.

Erano assorti nei loro pensieri quando la voce del preside, dall’altoparlante li riportò alla realtà: “Hello students! I’m your favourite preside!! So, guys, vorrei parlare con Miss Akane Tendo! Come here, please! L’aspetto nel mio ufficio!”.

Il professore aveva ascoltato l’annuncio, ma già sapeva cosa il preside voleva da Akane. “Vai, su, Akane. Avrai una bella sorpresa, nell’ufficio del preside!”, disse il professore. Akane non sapeva cosa pensare, ma si diresse ugualmente nell’ufficio del preside.

Ranma era agitato. L’idea che lei andasse da quel pazzo da sola non lo lasciava per niente tranquillo. – E poi cosa avrà voluto dire il professore con “bella sorpresa”? –. Ranma non stava più nella pelle. Appena possibile avrebbe chiesto ad Akane.

“Miss  Akane! It’s so nice to see you here!!” disse il preside. “Mi ha chiamato lei, Signor Preside!”, rispose Akane, seccata. “Bene, Akane. Abbiamo letto il tuo questionario con molto interesse. E così vuoi iscriverti a medicina, il prossimo anno!”, asserì lui. Akane si fece rossa in viso: “Beh, si, vorrei diventare pediatra!”. “Bene, Akane. Hai degli ottimi voti, e sei una studentessa modello. Abbiamo pensato di offrirti una borsa di studio per studiare un anno alla Columbia University. Il rettore è un mio amico, ed è d’accordo con il progetto”, disse il preside. Akane era basita. “New York”, riuscì a dire soltanto. “Bene, Miss Tendo, ha tempo un mese per pensarci. Have a nice day!”, disse, e sparì dall’ufficio.

Akane tornò in classe con i fogli in mano, li posò nella cartella, e si sedette. I compagni la guardarono incuriositi, ma lei non disse nulla. Solo il professore si azzardò a fare una domanda all’alunna: “Una bella sorpresa, non crede Signorina Tendo?”. “Si”, rispose Akane, inespressiva.

Suonò la campanella del pranzo. Akane era ancora seduta sulla sedia quando Ranma fece per avvicinarsi. Non abbastanza in fretta, però.

“Lanma, amole mio! Sono venuta a poltalti il planzo, così non mangelai le schifezze di quella glassona violenta!”.

 “Shampoo tu arrivi sempre nei momenti meno opportuni! Lasciami andare, su, staccati da me! Ma è possibile che devi sempre appiccicarti?”.

“Lascia stare il mio Ranma. Hai capito, cinesina?”, disse Ukyo tirando una spatola verso la ragazza dai capelli viola.

“Il tuo Lanma? Mi dispiace ma penso che tu ti stia sbagliando!”, rispose Shampoo.

E così, un nuovo scontro ebbe inizio.

Ranma le guardava soddisfatto. – Poco male, così avrò tempo per parlare con Akane – pensò lui. Si voltò e fece per andare dalla sua fidanzata, ma lei non era più lì. La cercò in lungo e in largo per la scuola, ma di lei non c’era traccia. Suonò la campanella che segnava la fine della pausa pranzo, e tutti si rimisero ai loro posti. Solo il banco di Akane era vuoto. Ranma si voltò verso le amiche di Akane per avere notizie, ma la loro risposta non fece altro che incrementare la sua curiosità. “Ha detto che non si sentiva molto bene, ed è andata a casa. Abbiamo provato a chiedere cosa voleva il preside, ma non ha voluto dirci nulla!”.

La campanella che annunciava la fine delle lezioni era finalmente suonata.

Ranma camminava sulla ringhiera immerso nei suoi pensieri.

Stupida Akane! Perché se ne è andata senza dirmi nulla? L’avrei accompagnata io! È così strana, ultimamente. O forse, siamo strani. Da quel giorno niente è più uguale a prima. Come vorrei poter sistemare le cose, come vorrei riuscire a dirle apertamente quanto è importante per me, quanto la… quanto la… quanto la amo. Ecco, l’ho detto. Lo so, eppure non riesco a dirglielo. Non riusciamo più a comunicare. Mi manca il mio maschiaccio, le nostre liti, mi manca tutto. Chissà che voleva oggi il preside. Devo correre a casa!

E così dicendo, corse verso la dimora dei Tendo.

“Bentornato Ranma!”, disse Kasumi, con la solita dolcezza. Soun e Genma stavano giocando a Sojo, e non si erano nemmeno accorti dell’ingresso del ragazzo.

Ranma corse di sopra, appoggiò i libri e andò verso la camera di Akane.

Bussò, ma nessuno rispose. Aprì la porta, ma Akane non era lì. – Ma dove può essere? È andata via dicendo che stava male. Nel dojo non c’è, quando ci sono passato davanti era vuoto – pensò.

“Kasumi, scusa, dov’è Akane?” chiese Ranma, cercando di nascondere il suo interesse. “E’ andata dal dottor Tofu, è tornata dicendo che non stava bene. È successo qualcosa a scuola, oggi, Ranma?”, chiese Kasumi. “No, niente di che. Io esco!”, concluse frettolosamente Ranma.

Nel frattempo, nello studio del Dotto Tofu…

“Piccola Akane, non so davvero cosa consigliarti. È un’opportunità incredibile. Studiare medicina negli Stati Uniti ti permetterebbe di avere un livello di preparazione che qui nessuna università può darti. Si tratta di un anno, ma potrebbe cambiare la tua vita. Ne hai già parlato con la tua famiglia?”, chiese il Dottor Tofu.

“No, non ancora. Ho un mese di tempo per pensarci, e vorrei avere io le idee chiare prima di parlarne con loro”, disse lei.

“E Ranma?”. Akane si aspettava quella domanda. Lei avrebbe voluto parlane con lui già alla pausa pranzo, ma quella stupida di Shampoo era arrivata e aveva rovinato tutto, e lui ovviamente non aveva fatto nulla per togliersela di dosso. “Non sono convinta che gli interesserà molto. Io non gli interesso. Forse sarebbe una buona scusa per rompere il fidanzamento”, riuscì a dire, mentre le lacrime scendevano copiose sul suo volto.

“Akane, sei tu che devi decidere cosa fare, ma io penso che Ranma abbia il diritto di sapere. Non puoi tenerlo all’oscuro di tutto”, disse lui. In quel momento, Ranma entrava nello studio del Dottore.

Non riuscì a sentire cosa si stavano dicendo, ma dai volti si poteva capire che era una cosa piuttosto seria. Si fece avanti è bussò alla porta. Il Dottor Tofu andò ad aprire, non gli sembrava che ci fossero pazienti nella sala d’aspetto.

“Oh, Ranma, sei tu! Che ci fai qui?” chiese Tofu.

“Eh, beh… ecco… io…”, in effetti non si era preparato nessuna scusa.

Tofu lo salvò dall’imbarazzo. “Meno male che sei venuto. Akane è parecchio stanca, e dovrebbe riposare. Potresti accompagnarla a casa?”. Ranma guardò Akane, ne era sicuro, aveva appena pianto. Gli occhi gonfi, rossi. Vederla piangere, vederla sofferente, lo uccideva., stava male con lei.

“Nessun problema, Dottor Tofu. Lo porto a casa io il maschiaccio!”, disse. Non fece in tempo a concludere la frase, che già si era pentito di quello che aveva detto. Maledetto Ranma, possibile che non riesca a tenere la bocca chiusa?

“Non ce n’è alcun bisogno, Dottor Tofu. Riesco a tornare benissimo da sola. Mi farà bene fare due passi!”.

Ranma non aveva mai sentito parlare Akane in modo così… glaciale. Doveva fare qualcosa.

“Ranma, mettimi giù!” disse lei. “Oh, no, Akane. Che ti piaccia o no il Dottore ha detto che ti devi riposare, per cui stai buona e fatti portare a casa!”. Il suo tono non permetteva obiezioni. Uscirono dallo studio, e saltando sui tetti si avviarono verso casa.

Akane si accoccolò meglio al petto di Ranma, si fece cullare dal movimento ondulatorio e dalle sue braccia forti, e lasciando cadere ogni barriera difensiva, si addormentò.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Il calore di quel corpo così vicino al suo lo destabilizzava: Akane era così piccola, innoqua.

Come diavolo potevo definirla “vita larga”? E’ così magra... e poi dorme in maniera così angelica. Sembra una bambina.

Ranma non ne voleva sapere proprio di riportarla a casa: voleva godere di quel contatto, a costo di prendersi una martellata in testa quando lei si sarebbe svegliata.

Andò sul tetto di casa Tendo, il suo posto preferito, si sedette a gambe incrociate, e per un tempo che non seppe definire, vegliò sul suo sonno, guardandola, accarezzandole i capelli. Avrebbe voluto gridare al mondo quanto amava quel concentrato di energia. Ora che lo aveva ammesso a sé stesso, non riusciva a pensare lucidamente a tutto il resto. C’era solo lei nei suoi pensieri. Il suo sorriso, le sue martellate, la sua vicinanza.

Stava guardando il tramonto, quando il corpo che teneva tra le sue braccia si mosse.

“Ben svegliata!”, disse Ranma, ad una Akane che ora si stropicciava gli occhi chiedendosi dove si trovasse.

“Mmmm”, fu la risposta di lei, che invece di arrabbiarsi, come lui si aspettava, si sistemò meglio tra le braccia di lui. “Prima che uno di noi rovini tutto, Ranma, possiamo stare qui così ancora per un po’?”, chiese lei.

Lui non rispose, la strinse di più a sé e le diede un tenero bacio sulla fronte. Stavano bene, così vicini, non si sarebbero mai mossi, ma presto venne la sera.

“Dobbiamo rientrare Akane, presto sarà pronta la cena, e saranno tutti preoccupati per te!”, disse lui.

“Ok!”, rispose Akane.

Stavano per scendere dal tetto, quando Ranma chiese: “Senti, Akane, che cosa voleva oggi il preside?”.

Akane trasalì. Sapeva che avrebbero dovuto parlarne, ma non si aspettava una domanda così diretta da lui. Si girò verso di lui, e cominciò a piangere.

“No, no… Akane non piangere! Se non vuoi dirmelo non sei obbligata… su per favore non piangere!”. Akane si aggrappò al suo collo, e lo abbraccio con una dolcezza disarmante. “Senti, Ranma. Possiamo non andare a scuola domani? Facciamo una gita, andiamo al mare!”, disse trattenendo le lacrime. “Ma, Akane…”, fu l’unica cosa che Ranma seppe dire. “Ti prego, Ranma, ti prego!”, implorò lei. Lui la allontanò dal suo corpo e le asciugò le lacrime. “Va bene, però ora smettila di piangere, piagnucolona!”. Akane sorrise, e lui si sciolse davanti a tanta tenerezza, come sempre.

Akane non si presentò a cena. Ranma non disse nulla della gita che avevano in programma per il giorno successivo, non poteva rischiare di trovarsi tutti intorno. Ripensò alla richiesta di Akane. Non era da lei fare richieste simili, non era da lei saltare scuola. Questo lo preoccupava. Terminata la cena andò in palestra, dove prese ad allenarsi.

Akane fissava i moduli per l’iscrizione al progetto “Columbia”. Cosa avrebbe dovuto fare? Accettare? Salutare tutti? Salutare Ranma? Era un suo capriccio, oppure poteva essere davvero un’opportunità incredibile, come aveva detto il Dottor Tofu? Era confusa. Andò in bagno. Forse immergersi in acqua bollente avrebbe permesso al suo corpo di rilassarsi.

Ripensò al pomeriggio, a come Ranma l’aveva stretta tra le sue braccia e coccolata per un tempo interminabile. E poi quel bacio, così delicato. Avvampò. – Come farei senza Ranma, per un anno? – si chiese. Il giorno successivo ne avrebbe parlato con lui. Voleva parlare anche di tante altre cose, ma non sapeva se ne aveva il coraggio. – Semmai decidessi di partire – si era detta, - dovrei decidermi a confessare i miei sentimenti –. Sarebbe stato stupido partire lasciando tutto al caso. L’avrebbe aspettata? Cosa avrebbe fatto lui in quei dodici mesi di lontananza?

Uscì dalla vasca, si avvolse in un asciugamano, e si guardò allo specchio. I capelli le erano cresciuti, ormai erano alle spalle. Le davano un’aria matura. Aprì la porta del bagno e fece per andare in camera, ma si trovò Ranma davanti.

“Oh, scusa Akane io non volevo…”, disse lui imbarazzato.

“Perché ti scusi? Sei in corridoio, non mi sembra che tu abbia fatto nulla,no?, chiese lei.

“Oh, beh, no, ma sai… di solito…”, cercò di formulare una frase.

“Di solito sono un maschiaccio, violenta e con il sex appeal di un cetriolo, vero?”, chiese lei sorridendo.

“No, cioè si, cioè no… Oh insomma Akane! Vai a vestirti!”, disse lui, imbarazzatissimo.

Lei si guardò, e si accorse della sua mise succinta. “Oh!”, riuscì solo a dire, prima di sparire nella sua camera.

Ranma fissava la porta chiusa. Akane era splendida. Non avrebbe resistito un minuto di più, con quel corpo così sensuale vicino. Era pur sempre un uomo, con i suoi desideri, le sue pulsioni, le sue voglie.

La notte passò serena.

Akane si svegliò per via dei raggi del sole che le baciavano il viso. Era l’alba. Si alzò e si vestì. Voleva essere carina quel giorno. Sarebbe rimasta sola con Ranma per un sacco di ore, avrebbe dovuto parlare di cose serie, ma la cosa più importante è che gli avrebbe confessato i suoi sentimenti. Ogni cosa. Lui doveva sapere, poi lei avrebbe potuto decidere. Dei leggins e una maglietta lunga, con una cintura e dei sandali potevano essere l’ideale. Preparò la borsa, mise i documenti della Columbia, e uscì dalla stanza.

Passò dal bagno, si lavò e si mise un po’ di matita. Oggi voleva essere “di più”. Era cerca che Ranma l’avrebbe offesa comunque, alla prima occasione, ma non le importava. Voleva stare bene con sé stessa, sentirsi carina per sé stessa.

Uscì dal bagno e se lo ritrovò davanti. Arrossì. Era così tremendamente sexy, con i muscoli scolpiti, il volto che cominciava a prendere colore, per via del sole insistente.

“Sei… sei già sveglio?”, chiese lei, allibita. Ranma non si era mai svegliato così presto.

“Certo! Non voglio mica rischiare che qualcuno ci veda… poi sai che casino!”, disse lui, ed entrò in bagno.

Akane lo aspettò in veranda, seduta, mentre contemplava il sole appena sorto.

“Andiamo?”, le disse lui, porgendole la mano.

“Si!”, rispose lei, con uno dei suoi sorrisi.

Se la giornata inizia così, pensò Ranma, entro sera non risponderò più di me.

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