L'Amicizia di Amelie Dumas e Bill Kaulitz di Deeper_and_Deeper (/viewuser.php?uid=74035)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***
Capitolo 6: *** Ultimo ***
Capitolo 1 *** Uno ***
AMELIE
L'amicizia di Amelie Dumas e Bill Kaulitz
Uno.
Che Amelie, scrittrice sedicenne affermata, fosse una ragazza fuori dal
comune, lo si era capito sin dal momento iin cui aveva messo piede al
mondo. Da piccola non era mai stata quella che si poteva dire l'essenza
della femminilità, i suoi giochi preferiti erano i fucili, le
bombe, i videogiochi e nessun bambino avrebbe mai osato sfidarla a
braccio di ferro, disciplina in cui lei era incredibilmente brava.
Lei non aveva mai avuto quei complessi mentali delle sue coetanee, non
provava interesse nessuno e nulla che non fosse lo scrivere e neanche
faceva caso a che abiti indossava la mattina. Molti la definivano
apatica, gli stessi suoi professori dicevano che il lavoro eccellente
da lei svolto era in parte messo a tacere dall'inespressività
del suo volto e dal modo in cui essa reagiva alle situazioni. In
realtà lei reagiva in tal modo con in mondo solamente
perchè non voleva soffrire.
Se le piaceva un ragazzo, non lo diceva, bensì soffocava quella
cotta fino a farla scomparire; se le piaceva un abito che sentiva che
non le stava bene, trovava tutti i difetti possibili e immaginabili
fino a che quel capo d'abbigliamento non diventava orrido, quasi
ripugnante. Ovviamente mai e poi mai si sarebbe sognata di parlare
apertamente con qualcuno, scriveva e basta. I critici definivano le sue
opere qualcosa di sublime e meraviglioso, ma questi due vocaboli non
erano mai entrati nel dizionario di questa ragazza che le critiche non
le leggeva quasi mai.
Dopo aver letto un paio di suoi libri, Bill Kaulitz, il cantante dei
Tokio Hotel. si era messo in testa di voler conoscere Amelie a tutti i
costi per poterle parlare. C'erano molti aspetti dei suoi rcconti in
cui si rispecchiava, anche nelle frasi, ma non capiva assolutamente il
perchè. Quando leggevi un libro di Amelie Dumas, infatti, venivi
catapultato in un universo parallelo che ti lasciava sempre la
sensazione di amaro mista a felicità improvvisa. Era come se lei
scrivesse per ogni singola persona del mondo. In realtà,
però. lei raccontava solamente ciò che le passava per la
mente.
Così, lui, Bill, aveva mosso mari e monti pur di poter parlare
con la ragazza. Prprio quando pensava che quello fosse solo un sogno
impossibile, Amelie accettò di vederlo. In molti, però,
l'avevano avvertito: Amelie era un'apatica ragazzina scocciata che
l'unica cosa buona che sapeva fare ersa scrivere e lui ne sarebbe
rimasto certamente deluso. Purtroppo per quelle malelingue, Bill non
credette ad una sola parola ed il giorno seguente incontrò la
ragazza ad una cena. Anche lei era vegetariana.
-Mi fa piacere che hai voltuo incontrarmi- disse la ragazza, inespressiva.
-Mi sono piaciuti i tuoi libri, mi sono riconosciuto in molte cose...- disse Bill, bevendo un sorso d'acqua.
-Davvero?- la statua inespressiva, per un'attimo, tentennò.
-Sì... è... strano... sembra quasi che tu ti sia ispirata a me!-
-Io non mi ispiro... io scrivo e basta-
-So che non rilasci mai interviste... posso chiederti il perchè?-
-I giornalisti... sono terribilmente fastidiosi... sono una
scrittrice... non un'attrice... non mi piace stare sotto i
riflettori... odio quando chiedono della vita privata... che è
una cosa di cui non voglio parlare-
-Ti capisco... sono invadenti- disse Bill, guardandola negli occhi -Perchè sei... così... inespressiva?-
Bill Kaulitz fu la prima persona in tutta la sua vita che gli aveva
chiesto il motivo per cui lei era sempre e costantemente inespressiva.
Per quanto la domanda fosse inaspettata ed impertinente, la ragazza du
molto felice che gli venisse posta, soprattutto da lui. Lo fissò
per un nanosecondo, cercò di capire se era solo curiosità
o ci fosse qualcos'altro. Il volto del ragazzo, però, sembrava
incredibilmente sincero.
-Non voglio soffrire...vivo nella convinzione che ogni emozione, ogni
espressione del volto e ogni minimo cedimento mi renda più
fragile di quanto io sia- per un'attimo la maschera di marmo che
solitamente le copriva il volto era caduta, rivelando la vera lei.
Il ragazzo non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere. Dietro
all'apparente sicurezza di lei, vi era la paura di non essere in grado
di affrontare le sfide della vita e di sembrare così fragile da
poter essere rotta. Aveva bisogno di qualcuno con cui parlare e, lui ne
era in parte convinto, se gli aveva detto quel segreto, poteva fidarsi
di lui? Senza sapere perchè, ebbe l'istinto di proteggerla.
-Spero che questa cosa non la dirai a nessuno..-
-Non ti preoccupare... sai una cosa? Prima che io ti incontrassi mi
avevano avvertito di quanto fossi strana e fredda... alcuni hanno datto
persino che mi avresti messo paura... ma ora voglio chiederti...
perchè tra tutte le persone del mondo quel segreto l'hai
rivelato proprio a me?-
-Non ne ho idea- era ritornata in un attimo la ragazza inespressiva e glaciale di sempre.
Bill stava per replicare, aprì a metà la bocca rosea, ma
poi la richiuse riaprendola soltanto per terminare i resti di quella
cena alquanto strana. Quando si passa del tempo con questa ragazza,
pensò, se te lo concede si possono abbatere i confini dello
spazio tanto da andare su un altro mondo. Era felice che lei
gliel'avesse concesso, perchè sapeva che ottenere una
discussione normale con Amelie Dumas era un'occasione che quasi nessuno
poteva avere. La cena terminò in modo fantastico. Bill la
accompagno a casa, che era poco distante dal ristorante e in cambio
ricevette un sorriso. Quel sorriso segnò l'inizio di un'amicizia.
Se Bill Kaulitz era felice di aver incontrato quella ragazza, la nosta
Amelie era alquanto impaurita da quella situazione nuova. Non aveva mai
parlato cos' apertamente con nessuno e al pensiero della
fragilità cui si era esposta durante quella stupida cena, si
chiedeva perchè l'avesse fatto. Era stato un gesto
incondizionato che le aveva portato un'ingenua felicità che mai
più sarebbe stata intravista in lei. Forse, Amelie non avrebbe
nemmeno più incontrato Bill. O almeno lo sperava.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Due ***
amelie 2
L'amicizia di
Amelie Dumas e Bill Kaulitz
Due.
Questo capitolo lo dedico a una persona che non mi parla più su msn:
Roberta.
Fra Amelie e Bill ci fu un altro
incontro, questa volta creato da due mistiche entità che nel
passato erano state personificate da molti autori dell'epica: la
fortuna e il caso. Si trovavano entrambi ad una festa in un locale
lussuoso, le cui persone, a detta della ragazza, sapevano di
falsità e ignoranza e per questo erano poche le parole che lei
aveva scambiato con i presenti. Perchè, allora, vi chiederete
voi, Amelie ci era andata? Sperava forse in un incontro col giovane
cantante? No di certo.Neanche sospettava della presenza di
quest'ultimo. Una cosa che Amelie amava, era osservare il comportamento
delle persone in determinati luoghi. Il modo plastico con cui si
muovevano, come afferravano i bicchieri con quelle loro mani smaltate
era assolutamente affascinante. Tutto, secondo lei, faceva parte di una
danza incosciente che aveva come unico fine l'apparenza. Quella volta,
solo per quell'unica occasione, a suo discapito aveva dovuto indossare
un abito nero di seta che la faceva sembrare una farfalla. Le donava
un'eleganza tale he molti avevano aperto bocca, sorpresi.
Quando Bill l'aveva vista, era
rimasto basito come gli altri. Non si aspettava di cero che la ragazza
potesse essere così... così... unica. Provava un certo
timore nell'avvicinarsi, aveva paura di essere respinto con una
risposta garbata ma toccante e di non riuscire più a parlarle.
Poi, però, si fece coraggio e le andò accanto.
Amelie emanava una specie di luce
dorata, quasi surreale. Era come se fosse magica, ma lui sapeva che non
era possibile. Era solo una ragazza che aveva paura di soffrire e
vestiva un costume che si era costruito in sedici anni di vita. Quando
lo vide fu come se quel costume non fosse mai esistito, era solo Amelie
e di questo entrambi si sorpresero.
-Non mi sento a mio agio- disse la ragazza, sospirando.
-Perchè mai?- erano seduti su un divanetto nero e guardavano la gente divertirsi.
-Le feste.. non fanno per me, Bill-
quella fu la prima volta in cui lei pronunciò il nome del
ragazzo. Lo disse con grazia e cura, la stessa che riservava solamente
alla lettura, ma questo il suo interlocutore non lo sapeva ancora.
-Amelie... Amelie... neanche io
mi sento a mio agio alle feste- disse il ragazzo, guardandola negli
occhi castani che per un attimo brillarono.
-Mi puoi capire, allora...- asserì la ragazza, ritornando fredda e inespressiva.
Bill Kaulitz imparò presto che
quando parlava con Amelie doveva calibrare bene le parole, per non
farle risuonare monotone e prive di senso; perchè bastava un
attimo per far infrangere l'incantesimo e come Cenerentola quando a
mezzanotte ritornava una serva, Amelie ritornava la statua inespressiva
e priva di interesse per tutto quello che riguardava la lettura. Doveva
impedirlo. Doveva far sì che la durata di quell'incantesimo
fosse infinita e che la ragazza mettesse a nudo la sua anima e lui era
certo che non occorrevano incantesimi ma solamente volontà e
amore.
-Amelie... sei diversa...- disse lui, sorridendo e inclinando un po' la
testa per osservarla meglio -Non ho mai visto una persona che fosse
come te... -
-Perchè mi dici questo?- chiese lei arrabiata. Stava distruggendo la maschera, la stava rendendo fragile.
Era stupido, quello che diceva. La sua voce, non aveva senso. Il modo
in cui sorrideva, come pronunciava il suo nome.. tutte lame che
distruggevano l'apparenza. Non voleva soffrire, voleva solamente
scrivere. Perchè questo ragazzo, pur non avendo alcun diritto,
era entrato nella sua vita con l'intenzione di causarle dolore? Non
aveva fatto nulla di male, Amelie.
Lacrime calde iniziarono a scorrere sul viso immacolato della ragazza.
Voleva che Bill sparisse, che la dimenticasse e che bruciasse quei
libri...che in segreto erano stati scritti per lui, modello a cui si
era ispirata. Nel buio della sua mente complessa, infatti, era la
voce di quel ragazzo a calmarla quando a scuola veniva presa in giro ed
era il suo sorrido ad alimentare la voglia di vivere in una costante
corazza. Bill Kaulitz si era spinto troppo oltre e stava per
toccare tasti che le avrebbero fatto rivivere i tanti fantasmi del
passato che ancora la tormentavano, nel passato.
Non resse più la situzione, dopo aver gettato un'ultima occhiata
all'unica persona che era stata per una volta sincera con lei,
uscì dal locale.
Bill, invece, nel suo piccolo si domandò perchè avesse
rovinato tutto e privo di alcun tipo di controllo si alzò e la
iniziò a rincorrere.
Ringrazio l'unica anima pia che ha recensito:
M_Lucry_J: Grazie per i preziosi consigli che mi dai e sappi che sarai sempre la prima ad avere le anteprime..
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Tre ***
amelie 3
L'amicizia di
Amelie Dumas e Bill Kaulitz
Tre.
Ich bin da...
Amelie Dumas era incredibilmente
triste. In una serata Bill era riuscito a distruggere quel costume
grigio dopo sedici anni di duro lavoro a cui lui, seppur
inconsapevolmente, aveva contribuito. Non riusciva a credere di essere
diventata all'improvviso fragile e così... umana. Tutto per un
ragazzo che non aveva saputo resistere alla sfida: era stato catturato
da ciò che lei scriveva, quelle frasi così magnetiche e
romantiche e allo stesso tempo dolorose avevano innescato in lui
un meccanismo tale da fargli credere di poterla conoscere; nulla di
più inutile: nessuno era in grado di leggerle dentro e sebbene
Bill Kaulitz avesse distrutto il costume freddo e inespressivo che per
anni l'aveva vestita, mai avrebbe potuto cambiarla tanto da mostrargli
chi era.
Erano fermi accanto ad un'auto nera. Lei teneva lo sguardo fisso
dinnanzi a sè, mentre lui la osservava rapito. Chi mai si
sarebbe aspettato che Bill Kaulitz avrebbe vestito il ruolo di fan e
una ragazza, anche antipatica, avrebbe fatto la star? Molti avrebbero
pagato per assistere a quella scena se solo ne fossero venuti a
conoscenza.
-Amelie...- disse il ragazzo con voce rotta -Mi dispiace-
Lei non rispose. Sapeva perfettamente che non sarebbe riuscita a
proferire parola: sarebbe scoppiata in lacrime e lo avrebbe abbraciato.
Ma non poteva mostrare ancora di più la sua fragilità,
non voleva. O forse sì? Era come divisa. Una parte di lei era
così presa da quella vicenda, quello era il suo lato debole, che
non era mai riuscita a soffocare. L'altra parte, invece, quella fredda
da principessa dei ghiacci, voleva cacciarlo via e dimenticare tutto.
-Amelie...- continuò Bill, voltandosi completamente verso di lei -Guardami-.
Un sussurro. Ecco cos'era la sua voce. Non riusciva ad alzarla. Amelie Dumas l'aveva ridotto alla disperazione.
-Bill.. non ci riesco! Sei entrato all'improvviso nella mia vita,
hai creduto di poter abbattere quel muro che c'è tra me e il
mondo e l'unica cosa che sei riuscito a fare è farmi soffrire.
Dietro quel muro cìè tutto il mio mondo, dietro quel muro
ci sono io! Mi fa male questa invasione! Lo vuoi capire?- nuove
lacrime, mentre diceva quelle cose, avevano bagnato il viso della
ragazza, ma lei non ci fece tanto caso. Continuava imperterrita.
Ci sono momenti in cui non si deve dire nulla. Tra due persone deve
cadere un silenzio leggero, fatto di tanti sentimenti e devono essere
questi ultimi a parlare. Bill lasciò che accadesse questo. Non
sapeva se lei avesse accettato un abbraccio, sperava di sì,
perchè abbracciarla era l'unica cosa che voleva fare e lo fece,
senza esitazioni. Amelie, oramai stremata, non protestò.
-Mi dispiace di esserti piomato tra capo e collo...- mormorò infine lui.
-Non ci riesco... scusa..- disse Amelie staccandosi.
Era divisa in due. La regina dei ghiacci Amelie stava cercando di
ricostruire il muro che la sperava dal mondo e non ammetteva repliche
da parte dell'Amelie Dumas Vera, la buona, che cercava in tutti modi di
ostacolare l'operazione della sua gemella in modo tale da raggiungere
Bill il quale, in tutta questa situazione, l'aspettava fuori dal suo
mondo.
-È così difficle lasciarti andare?- Bill era furioso -Sei
una saccante e presuntuosa ragazzina! Il mondo non è solo odio e
tristzza... c'è anche qualcosa di bello! Se non riesci a vederlo
è colpa tua-
-Sai cosa? Non ho mai chiesto a nessuno di fare quello che hai fatto
tu... non ho mai voluto una persona così invadente nella mia
vita... quindi, se sei contrario a come penso, vivo o reagisco... sei
libero di uscire da tutto ciò che mi riguarda- era stata molto
ferma e decisa, quando aveva pronunciato quelle parole e nonostante li
facessero soffrire entrambi, nessuno dei due lo diede a vedere.
-Bene..- disse Bill, deglutendo -Addio-
-Addio-.
M_Lucry_J: non ci sei su msn... quindi nessuna anteprima... xD... al prossimo chap
Questa dedica è un po' lunga.
Lo dedico un po' a Cris... che è la mia scimmietta.
Un po' a Tom, che anche se fa il duro so che ha un cuore tenero.
A nonna S e nonna R, che sono persone importanti nella mia vita.
e infine a...
Bill...
a cui, anche se non lo leggerà, mandò un messaggio:
When the angels cry... sombody is sad.
When you cry... I want to be by your side.
Deeper_and_Deeper
Al prossimo capitolo ;)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Quattro ***
AMELIE 4
L'amicizia di
Amelie Dumas e Bill Kaulitz
Quattro
Da ascoltare con "Undisclosed Desires" dei MUSE
-Addio-.
La sua voce risuonava nella mente di Amelie Dumas come se nel cervello
ci fosse stato un ripetitore dalle batterie inesauribili. Il sole stava
calando e, essendo quasi alla fine di quel suo cammino giornaliero,
disegnava giochi di luci ed ombre colorando tutto di rosso. Amelie era
sdraiata sul tetto di casa sua: una costruzione semplice e abbastanza
piccola. Bastava per quattro persone, il numero dei membri della sua
famiglia. Lei veniva spesso su quel tessto spiovente, quando doveva
pensare, quando doveve ascoltare la musica... era l'unico posto dove
poteva essere sè stessa.
Sospirò, ripensando a Bill. Si era comportata malissimo, lo
sapeva e nulla avrebbe potuto cancellare il ricordo di quelle parole
che, al pari di mille spade, li avevano feriti entrambi.Ma stavano
ancoa sanguinando e un incontro a fine di un'eventuale chiarimento
sarebbe stato come il sale. Avrebbe causato molto dolore inutile.
Amelie si alzò dalla sua postazione e ritornò in casa. La
tristezza e la rabbia non gli erano ancora passate e l'unica cosa da
fare era andare in palestra.
La palestra.. dopo tanti giri di parole i suoi l'avevano iscritta a
pugilato, uno sport rozzo e futile che era necessario se dovevi
calmarti, e lei doveva. Sfogavi tutti i sentimenti su di un sacco con delle fascette
che ti consumavano le mani, ma ad Amelie questo non importava.
-Mamma... vado in palestra!- urlò prendendo il borsone
-Ancora!?- urlò la donna, uscendo dalla cucina, forse la sua stanza preferita.
Amelie non rispose. Era inutile parlare con quella donna, certe volte.
Era irrecuperabilmente ipocrita. Così la ragazza uscì
dalla porta di casa senza prestare troppa attenzione a ciò che
diceva. Il metodo migliore era accendere l'Ipod -costantemente in
modalità random-, e immergersi nella musica. Undisclosed desires
dei Muse partì a tutta forza. Un segno del destino, penso Amelie
storcendo la bocca.
Descriveva la situazione che stava vivendo con Bill. Cavolo.
I know you've suffered
But I don't want you to hide
It's cold and loveless
I won't let you be denied
Aveva sofferto, e non poco. Si era chiusa a riccio in un mondo in cui non c'era spazio per nulla, un mondo dove viveva solo lei.
Soothing
I'll make you feel pure
Trust me
You can be sure
Bill Kaulitz, la cui voce la faceva
emozionare appena la udiva, voleva che per una volta abbandonasse quel
mondo che stava diventando fin troppo piccolo per lei. Voleva che si
fidasse di lui, voleva renderla così forte da mostrarsi alla
gente per quella che era. Ma Amelie aveva paura. Chi le assicurava che
Bill non l'avrebbe lasciata sola? E se l'avesse fatto lei non si
sarebbe più ripresa.
La prima volta che aveva visto quel
ragazzo da vicino, il giorno in cui avevano cenato assieme, aveva
notato che lui non la vedeva, la guardava e queste sono due cose
diverse. Sin dal primo momento Bill l'aveva studiata, voleva capire chi
si celava dietro quella maschera e questo Amelie l'aveva inteso
subito, chiudendosi ancor di più a riccio e limitando i
convenevoli. Poi il ragazzo aveva iniziato a fare domande che mai
nessuno le aveva posto e quella franchezza l'aveva sconcertata.
-Perchè.. sei così... inespressiva?-
Ponendogliela aveva messo la mano destra
sotto al mento e l'aveva scrutata, quasi in modo impercettibile, con
quel suo sguardo apparentemente normale. Amelie Dumas aveva risposto
sinceramente, quasi impnotizzata da lui.
-Non voglio soffrire...vivo nella convinzione che ogni emozione, ogni espressione
del volto e ogni minimo cedimento mi renda più fragile di quanto io sia-
La risposta l'aveva sconcertato e se in
quel momento non si fosse concentrato sulle parole che erano state
appena pronunciate, avrebbe intravisto per un attimo la vera lei, che
era fuoriuscita da quel mondo stretto a causa di una distrazione.
Amelie scosse la testa, un po' infastidita da quel flusso di ricordi.
Era arrivata in palestra, doveva andarsi a cambiare. Salutò con
un cenno del capo l'allenatore e s'avviò verso lo spogliatoio
femminile, completamente deserto. Si infilò i pantaloncini e la
maglia e iniziò a mettere le fasce alle mani. Nonostante i
continui lavaggi alle nocche c'erano ancora alcune macchie di sangue.
Questi colpi sono per te... Bill...
Si avvicinò al sacco ed
iniziò a sfogarsi. Non pensava, quando tirava cazzotti. Era come
se il corpo compisse quei gesti automaticamente, senza che il cervello
facesse niente. Era d'obbligo, quando facevi pugilato, di riposarti per
due minuti ogni serie. Ma questa regola Amelie non voleva proprio
rispettarla.
-Amelie! Basta- la sua voce la colpì come se fosse stata in un incontro -FERMATI-
Era una visione? Stava forse sognado? Per la prima volta si rese conto
di quanto lo aveva desiderato. Era lui il suo desiderio irrivelato. Lui
che da quando l'aveva conosciuta voleva vedere la sua vera indole, la
ragazza nascosta.
-Cosa ci fai tu quì?- disse la regina dei ghiacci, sbucando all'improvviso.
-Ti ho cercato ovunque...-
-Ah, sì?- continuò la regina, fredda e marmorea -Mi pare che ci eravamo detti addio-
-Tu veramente volevi che ci dicessimo addio?-
Baaam. Quella era una domanda da un milione di euro. La concorrente
avrebbe saputo dare la risposta esatta o sarebbe tornata a casa a mani
vuote?
Ringraziamento (al singolare, dato che solo lei recensisce):
M_Lucry_J: Grazie per aver recensito. Ti aspettavi un capitolo
diverso, eh? L'intervista... l'ascensore... no... il cervello non ha
partorito un capitolo decente e così ho elaborato quest'altro.
Mh... che ne pensi??? A oggi pomeriggio xD
Ai Muse... che hanno fatto una canzone che non ha deluso i fan
e a Vittoria Cabello che mi fa schiattare dalle risate con il suo programma.
Deeper_and_Deeper
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Cinque ***
amelie 5
L'amicizia di Amelie Dumas e Bill Kaulitz
Cinque
(Dopo tanta fatica... )
Intanto, fuori, la pioggia era
iniziata a cadere copiosamente rendendo ancor più cupa
l'ambiente intorno ai due ragazzi che erano rimasti soli in palestra.
Amelie era confusa. Quella domanda
aveva mandato in tilt il proprio sistema nervoso e vi era una lotta
interna tra la vera lei, che non voleva lasciare Bill, e la regina dei
Ghiacci, che invece non voleva farla soffrire. Si era affezionata
troppo a Bill per dirgli una volta per tutte addio, ma nello non si
fidava di lui: l'avrebbe fatta stare male. L'avrebbe lasciata come un
giocattolo vecchio non appena sarebbe partito per il tour in Giappone e
questo lei non l'avrebbe sopportato. Era troppo fragile per reagire.
-Amelie... Amelie...- ripetè Bill con voce rotta e un po' meno
sicuro della risposta che la ragazza gli avrebbe dato -Vuoi che ci
diciamo addio?-
La ragazza scosse la testa e chiuse gli occhi. Aveva un dolore
lancinante alle tempie e non riusciva a calmarsi. Si portò le
mani alla testa e si avvicinò a lui. Non riusciva a capire dove
si troasse. Un attimo dopo, svenne, tra le braccia di un Bill allarmato.
La corsa all'ospedale fu molto rapida. Bill si fece aiutare dal
proprietario della palestra a riporla in auto e si rifiutò
categoricamente di farsi accompagnare. Doveva esserci solo lui. Le
uscite passavano velocemente, la sua meta si trovava dall'altra parte
di quella grande città e non voleva che il suo pensiero venisse
distolto dalla musica.
-Perchè? Perchè?- si lamentò battendo rabbioso le
mani sul volante -È colpa mia... tutta colpa mia... se non fosse
perchè volevo cambiarti.. adesso staresti bene! Pensavo che non
fossi così... fragile... quando ti avevo vista la prima volta,
in quel ristorante, sembravi così... fredda e forte. Se solo
avessi saputo che dietro a quella maschera c'era una ragazza di
porcellana, molto fragile... ma ora ricordare non vale nulla... in
realtà io stesso non so perchè lo sto facendo, per quale
motivo sto parlando da solo, mentre tu stai male... oddio... mi sento
terribilmente in colpa!-.
Bill, nonostante fosse rivolto in parte a un Amelie svenuta sul
sediolino di fianco a lui, era convinto che lei avesse perso totalmente
la coscienza, ma in realtà non era così. La ragazza,
infatti, non era in grado di parlare, di aprire gli occhi o di
muoversi, ma era completamente cosciente di ciò che le stava
accadendo attorno e continuava a provare quel dolore fastidioso.
-A quella festa ti ho visto sin dal primo momento, sai? Eri avvolta in
quel vestito nero che non ti rendeva affatto giustizia... eri troppo
bella per un qualsiasi abito. Indescrivibile. Mi piaceva come ti
muovevi, come parlavi con gli altri... congedandoli gentilmente... era
una maschera. So che la vera te avrebbe volentieri parlato con quelle
persone, scherzato con loro e so che la vera te non vuole dirmi addio.
Credo, mia cara Amelie, di averti capito. Tu non solo hai paura di
soffrire, tu non ti fidi della gente e devo confessarti che neanche io
mi fido molto delle persone... anche io indosso una maschera e so per
certo che non vorresti conoscere il vero me-
Arrivò all'ospedale e parcheggiò la macchina giusto
accanto all'entrata. Intravide alcuni medici che camminavano e li
chiamò urlando, agitatissimo. Lo riconobbero, forse,
perchè spalancarono gli occhi e si precipitarono nella sua
direzione.
Amelie venne portata nella velocità della luce su una barella, forse perchè era lui.
-Aspetti quì... prego... - gli disse il dottore cn tono calmo e pacato.
Erano in una sala dalle pareti azzurre, le sedie nere. Vi erano delle
riviste, un grande orologio a muro e dei distributori automatici. Una
sala d'attesa. Quelle dei film, dove, proprio nel momento in cui non
c'è più speranza per il malato, quello rinviene per
miracolo. Ecco... un miracolo... quello ci voleva ora. Il cellulare
squillò: era Tom. Rispose, con voce alterata, neanche sembrava
la sua:
-Tom... sono all'ospedale... poi ti spiego... sì.. raggiungimi... no.. io sto bene-.
Suo fratello arrivò in meno di cinque minuti. Era agitato e
nervoso; stringeva le chiavi dell'auto in una mano e il cellulare
nell'altra.
Si guardarono per qualche attimo, forse Tom stava cercando di capire la
situazione, ma dal modo in cui scosse la testa evidentemente non aveva
capito nulla.
-Amelie... è svenuta- disse Bill, lasciandosi cadere su una sedia nera.
-Amelie Dumas? La scrittrice?- domandò Tom, sedendosi accanto a lui.
Il ragazzo stava per replicare, ma venne interrotto da un uomo alto e
giovane, forse un medico. Era sorridente, si capiva dallo sguardo che
era andato tutto bene e che non era niente di grave.
-Sta bene- disse infine, raggiungendo Bill -Lei è un parente?-
-Sono... sono...- tentò di dire lui, agitato.
-Questo è il suo fidanzato... -.
Dalla stanza... sentirono una risata.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Ultimo ***
Amelie 6
L'amicizia di
Amelie Dumas e Bill Kaulitz
Sei
Quando lo vide entrare, Amelie
provò per la prima volta una sensazione di assoluta contentezza
e leggerezza. Gli gettava occhiate ad intervalli regolari perchè
aveva l'intenzione di memorizzare ogni angolo del uo corpo perfetto
nella speranza che, se un giorno si fossero separati, il ricordo si lui
l'avrebbe sempre accompagnata. Li lasciarono soli e senza rendersene
conto il ragazzo era corso accanto a lei e l'aveva stretta forte. Per
quanto potesse muoversi, lei lo ricambiò con un altro abbraccio.
-Mi piace la tua risata- confessò lui, guardandola negli occhi.
-Davvero?- domandò lei -Sei il primo che me lo dice-
-Mh.. sono il primo? Che onore!-
-Sai... solo ora ho capito quanto ci tengo a te- mormorò a bassa voce lei.
-Che cosa?- il ragazzo fece finta di non sentire.
Amelie alzò lo sguardo al cielo e poi sbuffò. Era
frustrante, per chi come lei era sempre stata chiusa in sè,
dover ripetere le cose due volte, per giunt5a a bassa voce.
-CI TENGO A TE! TI VOGLIO BENE!- scoppiò infine.
Bill non parlò. Quelle parole l'avevano sorpreso e la reazione
che gli provocarono non fu delle più belle. Si avvicinò
ad Amelie e la baciò.
-Io... ti voglio più che bene- concluse.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=520986
|