Bloody Family Tree (provvisorio)

di Inferno
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bloody Family Tree ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** The hell is a lifestyle choice. ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8° ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** Decimo ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20. ***



Capitolo 1
*** Bloody Family Tree ***


1° B.F.T Primo.






¿BLOODY FAMILY TREE?





“ Tra le tante e nobili famiglie di maghi purosangue, la più antica, le cui generazioni risalgono ai tempi dei fondatori della nostra amata scuola, se non prima, è di sicuro quella della famiglia Radix “.
Lezione di Storia della Magia. Lunedì mattina. Ora terza.
Ruff come al solito spiegava con la cadenza di un orologio a pendolo.
Bisbigliava, come se stesse tramandando un segreto importantissimo per le future generazioni,
abbassando sempre di più il tono, poi, all’improvviso, di solito quando arrivava nella lettura ad una data importante, alzava il tono di voce con un acuto spaventoso da svegliare persino Ron, che, puntuale come un orologio, aveva già assunto una posizione comoda sul banco per poter prendere sonno.
Quella mattina la classe sembrava più assonnata del solito.
Eravamo con i Tassorosso e, in pochi mi avrebbero creduto, ma solo pochi di quei secchioni erano ancora svegli.
La maggior parte aveva la testa dolcemente appoggiata sul banco, altri si facevano spalla a vicenda, alcune ragazze compilavano i test di StregaOggi sotto il banco.
Per i Grifondoro invece, Storia della Magia era l’unica lezione dove non potessero dimostrare il loro coraggio, nemmeno Fred e George sarebbero stati così imprudenti da scommettere di riuscire a rimanere svegli anche una sola ora con Ruff.
Ron, neanche a parlarne, già dormiva profondamente. Aveva chiuso la testa fra tre mura di libri non solo per nascondere il fatto che stesse dormendo ma anche per insonorizzare il suo russare.
Un tempo, almeno, tentava di rimanere sveglio durante la lezione di Storia, ora invece neanche si prendeva il disturbo di comprare il libro per l’anno nuovo, né usava quelli dei suoi fratelli maggiori. Per lui quella materia non esisteva.
Le uniche a resistere all’incantesimo Valeriana di Ruff erano Hannah Abott e, naturalmente, Hermione Granger.
In verità Hannah mi sembrava un po’ più fiacca del solito. Teneva la testa appoggiata mollemente sulla mano e cercava di rimanere sveglia solo per non essere da meno ad Herm nonostante ormai, si capisse che gli occhi le erano diventati più pesanti di un ponte levatoio.
Hermione era fresca come una rosa, come ogni mattina prendeva appunti con la sua solita meticolosa precisione, annuiva al professore, che ormai vedeva in lei sola l’unico faro di speranza della nostra generazione, e faceva una domanda di tanto intanto, su cosa non aveva capito e su cosa desiderava le fosse ripetuto.
Io invece mi ero svegliato per caso mentre la lezione era ancora in pieno svolgimento; avevo aspettato mezz’ora prima di addormentarmi per capire quale sarebbe stato l’argomento della lezione, appena saputo che quel giorno Ruff avrebbe trattato “Le famiglie Purosangue dal medioevo ad oggi”, non avevo esitato ad addormentarmi. Dopotutto, quell’argomento non sarebbe nemmeno rientrato fra i temi previsti nel G.U.F.O di quell’anno, dunque, perché sprecarmi a studiarlo?
Feci un cenno ad Hermione come per dirle buon giorno e dopo che lei mi ebbe risposto con un sorriso, mi voltai verso la finestra a fissare un allenamento di Quiddicth.
La scuola era iniziata da poco, appena una settimana, eppure non mi era mai sembrata così noiosa.
Certo, avevo scoperto l’esistenza dell’Ordine della Fenice ed avevo scoperto che aveva come sede la dimora del mio padrino, Sirius, a Londra, però: a cosa mi poteva servire sapere dell’esistenza di questa organizzazione se non vi potevo partecipare?
Avevo provato a convincere Sirius a farmi rimanere a casa con lui, a non farmi andare a scuola quest’anno, dicendogli che avrei imparato più magia stando con lui a casa che venendo qui a farmi dire che mischiando blu e giallo ne usciva il verde!
Dio! Ciò che avrei voluto avere era qualcuno in grado di spiegarmi a che cosa servisse saper trasformare un maiale in un coniglio! Lo so che ogni maiale vorrebbe essere un coniglio però, ad ognuno il suo, no?
Ero quasi riuscito a convincerlo quando ci si è messa la signora Weaslay e a ruota Hermione, Remus, i G.U.F.O ed infine Silente.
Silente poi non era mai stato più enigmatico.
“sarà un bell’anno questo Harry….almeno in parte, per te lo sarà”.
Finora era stato tutto molto deludente.
Come poteva pensare che sarebbe stato un bell’anno se, ad insegnare la mia materia preferita, il Ministro aveva messo una donna travestita da rospo rosa?
Non avevo ancora avuto lezione con lei ma non ci tenevo affatto, aveva già messo Fred e George in punizione e Ginny, che, vi assicuro, non si faceva spaventare proprio da nulla, uscita dall’aula di Difesa era pallida come un morto e quasi in lacrime.
Inoltre continuava a ripetere frasi convulse del tipo – non datele retta, portatevi dei tappi, soprattutto tu Harry! Terrorismo psicologico! Violenza Psicologica! –
Sembrava peggio della Cooman quando faceva delle vere previsioni. Spaventosa.
Quando glielo abbiamo detto sembrava non ricordarsi dell’accaduto.
Comunque non avremmo avuto lezione con lei se no fino a venerdì pomeriggio, era giovedì, per cui ancora presto per preoccuparsi.
Mi azzardai ad ascoltare cosa stesse dicendo il professore in quel momento.
“ La famiglia Radix è composta da un albero genealogico che vanta generazioni e generazioni di famosi magni esperti nelle arti oscure. La leggenda narra che i figli eletti possedessero un potere particolare, un qualcosa di strabiliante ed infinito, capace di combattere qualsiasi incantesimo e sortilegio. Si dice vantassero una assai vasta conoscenza in materia di veleni, e si dice che sia stato questo, il motivo per cui siano riusciti a sopravvivere così a lungo nei secoli ”.
-    Vuole dire che in molti attentavano alla loro vita professore?
-    Mi pare ovvio signorina Granger! Se lei avesse avuto sottomano un potere così vasto, non avrebbe cercato in tutti i modi di carpirne il segreto?
-    Certo che sì. Ma cosa c’entra il veleno?
-    Beh, lei sa che, morto un mago, chiunque entri in possesso della sua bacchetta prende possesso anche dei suoi più reconditi segreti. La bacchetta ha con il proprio mago un legame che va oltre la comprensione.
Qui la mano di Hermione riprese a scrivere furiosamente, per non perdersi nemmeno una parola. Spesso mi sono chiesto come facesse la sua mano a non bollire con tutta quella frenesia. Hermione alzò nuovamente la mano.
-    Come venivano scelti gli eletti?
-    Nessuno realmente lo sa, purtroppo. In molti pensano che fossero i primogeniti, poiché spesso il potere è caduto in mano loro, ma è successo altre volte, anche se rare, che il potere sia andato in mano a due fratelli, per esempio sul minore e sul maggiore, o su due a caso. E in questo caso il potere si manifestava più debole, poiché era diviso in due.
Altre volte il potere saltava una generazione, ed in quei casi la famiglia entrava in crisi.
Proseguì con la lettura.
“ Si pensava che il potere, o Giles, fosse una presenza a sé stante all’interno della stessa famiglia, tanté che i Radix avevano preso l’abitudine di onorarlo e celebrarlo con debite messe religiose, combattimenti magici ad alto livello e dubbie cerimonie sacre. Lo veneravano come un dio, come un beneficio concesso a loro soltanto, come il loro orgoglio davanti al resto del mondo magico.
Dopo una serie svariata di errori i Radix per primi giunsero alla conclusione che Giles fosse un’entità separata.
Sin dalle origini era stata loro convinzione che il potere avesse bisogno di un contenitore robusto, un corpo robusto, dove essere versato, così gli offrivano, dopo averlo sottoposto a diversi test da parte dei medici, un neonato forte e sano.
Ma non sempre questo veniva scelto.
Così cambiarono, e offrirono al potere solo i primogeniti, ma Giles non fu soddisfatto.
Poi solo i più attraenti, pensando che anche la bellezza fosse uno strumento di potere, ma sbagliarono ancora.
L’errore più grave lo commisero nel 1888, quando offrirono in sacrificio anche del sangue umano, pensando che il potere avesse bisogno di calore per continuare a vivere, prendendo esempio da molti testi greci.
In quell’occasione Giles dimostrò di essere più forte e autoritario che mai, abbandonando la famiglia per due generazioni.
Quando il potere decise di perdonarli il portatore era al limite della vecchiaia e agli sgoccioli di potere.
Infatti, qualcosa per metà l’avevano indovinata. Solo un corpo sano poteva ospitare Giles, ma questo non significava che si dovesse nascere forti, lo si poteva diventare, inoltre, con la vecchiaia, il potere si assopiva con il corpo, veniva riassorbito e andava a ricolmare la fonte di potere per le generazioni successive.
Dunque, solo dopo vari errori si accorsero che era Giles a scegliere i maghi che voleva e che non sempre il potere si manifestava in tenera età.
Tuttavia gli studiosi della famiglia, che facevano ruotare la loro vita attorno a questa ricerca, trovarono un modo per scoprire almeno in anticipo chi sarebbe stato designato e chi no.
Crearono una bacchetta.
L’oggetto magico per eccellenza.
Non fu la prima bacchetta e non fu nemmeno una delle migliori, ma aveva in se la capacità di avvertire il fulcro di potere più forte all’interno della famiglia.
Ogni membro ne possedeva una scintilla, ma solo i prescelti conservavano nel loro corpo la fiamma e il fuoco.
Così la bacchetta veniva esposta ogni otto anni, l’infinito, davanti hai bambini nati in quel periodo di tempo, senza limiti di età.
Colui che veniva chiamato poteva avere la bacchetta per sé, se i prescelti erano due, e non hanno mai superato questo numero, la bacchetta del secondo veniva forgiata con una scheggia proveniente dall’albero sacro dal quale era nata la Grande.
Nel corso degli anni, però, la bacchetta sembrò preferire e scegliere come vasi i componenti di un solo ramo della famiglia Radix che venne chiamato Reale. Tutti gli altri divennero cadetti, subordinati a questo principale, che per secoli, sino all’estinguersi della famiglia, fu il prediletto di Giles. ”
Hermione alzò la mano nuovamente.
-    Le donne professore?
-    In che senso signorina Granger?
-    Ci sono state anche donne prescelte?
-    È stata attenta, no? Corpi forti – rispose spazientito
-    Lei ha anche detto che il corpo poteva diventarlo, non era necessario che lo fosse dalla nascita.
-    Non possiamo muoverci nel campo delle ipotesi, non abbiamo gli strumenti per farlo, in ogni caso, no, non è mai stata registrata la presenza di un’eletta donna.
-    - che peccato….- bisbigliò Hermione, distogliendo un attimo lo sguardo dal quaderno.
Alzai la mano anch’io, cosa che non avevo mai fatto in quattro anni che frequentavo le lezioni di Ruff, ma, ogni volta che sentivo parlare di artefatto oscuro mi si accendeva sempre una lampadina. Vuoi sconfiggere il nemico? Pensa come il nemico.
-    Signor Potter! Quale onore! Dica, dica…
-    Che mi dice della bacchetta professore?
-    Lei va sempre al sodo, signor Potter – rispose con fare metadibondo, voltandosi verso la cattedra e svolazzando per raggiungere la libreria dietro questa.
Prese un libro molto sottile e iniziò a leggere.
“ Della Grande ci giungono ben poche notizie fino al 1950, quando si interrompono del tutto.
Da quando morì l’ultimo discendente della famiglia, famoso cacciatore di magni oscuri e famoso pozionista, Cassiel Radix, si persero le sue tracce.
Si tramanda che la Grande venne dispersa in seguito a numerose dispute interne, causate dall’ambizione di alcuni famigliari e da numerose gelosie.
Infatti, a causa del favoritismo di Giles nei confronti della Reale, era nata una sorta di gerarchia, come non era mai esistita all’interno di una grande famiglia, basata sin dal principio solo sul rispetto e sulla reciproca collaborazione.
Questa non era fondata su denaro né su bravura, ma piuttosto sul numero dei componenti del proprio ramo che era stato toccato dal Bacio di Giles, come la famiglia aveva iniziato a chiamare il dono del potere.
Più componenti del tuo ramo avevano ottenuto la Grande, più la famiglia otteneva onore e rispetto.
La Reale era l’indiscussa, le altre sempre in competizione. Molte facevano svolgere ai loro giovani compiti d’inaudita fatica e dolore per renderli presentabili di fronte al potere.
Da questo punto di vista la Reale rimaneva e rimase sino alla fine la più corretta, poiché si
basava con fedeltà sui corretti valori di Giles.
Non fu un periodo del tutto felice per la famiglia, né per l’intero mondo magico.
All’interno una battaglia fra rami cadetti ne indeboliva le file. Queste faide infatti portavano a molti combattimenti, i molti duelli portavano alla morte di molti maghi valorosi. In pochi anni i Radix si assottigliarono.
Tuttavia, all’esterno, i Radix erano sempre considerati un’invincibile famiglia di maghi e, durante la guerra contro l’Oscuro Signore, a molti dei suoi componenti furono affidati, da parte del ministero, compiti di estrema importanza.
È in questo periodo che divenne nota la loro abilità nel riconoscere i veleni. Per la loro notorietà erano continuamente soggetti ad attacchi da parte di famiglie gelose del loro successo, ed il veleno, a quei tempi, era considerato uno degli attacchi più subdoli.
Tre famiglie, in particolare, furono sue acerrime nemiche.
Le prime due in tempi più remoti.
La terza in più moderni. ”
Appena Ruff alzò gli occhi si accorse che tutta la classe lo stava ascoltando.
-    Mai avuta cotanta attenzione durante le mie lezioni.
-    Continui con la storia ! – esplose Ron, prendendosi una poderosa gomitata da Hermione per la sua maleducazione.
Ruff abbassò lo sguardo nuovamente sul libro e sbarrò gli occhi.
-    Non è un argomento di storia di cui tratteremo oggi.
-    Prof non si faccia pregare! – disse uno di Tassorosso che aveva l’aria di essersi appena svegliato.
La classe seguì il suo esempio e si misi a brontolare sonoramente.
Una volta tanto che seguivano attenti e concentrati sulla materia!
Il professore intanto era in difficoltà, volteggiava dal nervosismo e balbettava di mantenere l’ordine. In effetti, i miei compagni non stavano dimostrando molta maturità.
Osservai Ruff e il suo modo di volteggiare e mi si accese un’altra lampadina.
-    Io so qual è una famiglia, professore.
Il fantasma si fermò all’improvviso e mi fissò, poiché lo avevo sorpreso ancora una volta con la mia inaspettata loquacità, in un unico giorno per di più.
-    Ci faccia partecipe delle sue opinioni allora – annuendo, pensando forse alla poca possibilità che avevo di indovinare e alla mia scarsa intelligenza.
-    Sono i Malfoy
Un coro soffuso di esclamazione si propagò come un’onda da ogni angolo della classe e la gomitata arrivò anche per me.
-    Harry! Ma che dici! Lo sanno già tutti che odi Malfoy, non c’è bisogno di spiattellarlo ovunque!
Ruff chiuse il libro con un tonfo, rendendo la classe più silenziosa di un cimitero, (ed io me ne intendevo) e mi fissò; in quel momento assomigliò a Piton come non mai, anzi mi fece addirittura più paura. Nelle mie fantasie Piton lo potevo schiantare, Ruff no.
-    Che acume oggi signor. Potter, non me lo sarei mai aspettato. Adoro quando gli studenti mi stupiscono!
In seguito seppi che ad Hogwarts c’era un altro professore ad odiarmi.
-    E non vuole sapere i nomi delle altre due famiglie?
Proseguì con la lettura senza darmi il tempo di rispondere o di scusarmi.
Hermione mi lanciò una seconda occhiata omicida, e non fu un buon segno.
“Nel periodo di conquista di quelli che sarebbero poi diventati gli odierni stati Americani “,
-    Dunque stiamo parlando di un periodo molto antico, per chi si fosse perso un grosso pezzo di storia – disse indugiando con lo sguardo su Ron.
“ tre grosse famiglie di maghi presero, ciascuno per sé, un’uguale fetta di nuovo mondo.
A queste famiglie sarebbe spettato il compito di propagare, di tramandare la magia anche oltre oceano. Avrebbero avuto l’onere di coltivare le nuove menti, i nuovi maghi. E questo avrebbe già portato grandi onori e potere alla famiglia.
In questa impresa esisteva, però, anche un’altra forma di profitto, di lunga più lucrosa del trasmettere il sapere magico come semplici insegnanti.
Nel nuovo mondo poteva già esistere qualcuno in grado di usare la magia, magari diversa dalla nostra, magari più potente.
Se così fosse stato la famiglia avrebbe avuto a disposizione un sapere magico vasto oltre ogni immaginazione, e così fu.
Le famiglie erano tre: i Radix, i Riddle e i Marcron ”.
Soltanto in tre, in quella classe, sapevano il significato che il nome Riddle portava con sé.
Solo a noi tre il nome Riddle sembrò accompagnato da un terribile e guerrigliero rombo di tamburi. Hermione addirittura iniziò a tremare.
Intanto Ruff mi fissava.
-    Per lei il nome Marcron non ha alcun significato vero, signor. Potter?
-    Dovrebbe?
-    Io se fossi in lei andrei a dare un’occhiata al suo albero genealogico.
-    Come andò a finire professore? – chiese una Hannah Abott finalmente sveglia e brillante.
-    Niente di particolare in verità. Ognuna di loro, andando nel nuovo mondo, trovò ciò che cercava: la magia. Ogni famiglia trovo nel territorio affidatogli un popolo, uno per ognuna, anch’essi in lotta fra loro come lo erano le famiglie.
Alla fine fu più ciò che loro ricevettero dagli aborigeni che ciò che diedero.
Le famiglie insegnarono agli indigeni incantesimi che loro inizialmente trovarono immensamente utili, per quelle che erano le loro attuali esigenze, ma il progresso, prima o poi, arriva dappertutto e quei tre popoli si accorsero troppo tardi di essere stati giocati.
-    Cosa ci trasmisero? – chiese Calì
-    Avete fatto le maledizioni senza perdono, sì?
Solo alcuni di noi annuirono, tra cui Neville.
-    Beh, le parole della maledizione senza perdono, di certo, non sono nate dal balbettio di un neonato, vi sembra?
Rimasi scioccato dalla scoperta. Davvero un popolo così poco sviluppato aveva nella sua lingua parole così pericolose?
-    Loro già usavano quelle parole? – chiese Ron, al posto mio.
-    Oh cielo, no! Furono i maghi di quelle famiglie ad estrapolare quelle parole da dei versi di alcune preghiere che gli indigeni usavano per rendere omaggio al sole, alla luna, alla terra e alla morte.
Seguì un lungo silenzio.
Nemmeno Hermione aveva la forza di fare domande, o così pensai.
-    Signore, è in seguito a queste scoperte che ebbe inizio…
-    …la prima Grande Guerra dei Maghi, esattamente.
Doveva essere molto dura per lui parlarne, visto che vi era morto.
Ora c’era un’ultima cosa che mi interessava sapere, ma non potevo introdurlo sempre io.
Hermione non l’avrebbe fatto neanche se l’avessi pregata con la promessa di studiare tutto l’anno. Ron, invece, avrebbe fatto più semplicemente finta di non sentire.
Fortunatamente ci pensò qualcun altro.
-    E i Malfoy cosa c’entrano in tutto questo?- chiese con apparente interesse Alberthont McRodwing, detto Eddy, non chiedetemi perché.
Per sfortuna la campanella suonò e tutti gli studenti, come svegliati da un incantesimo, si scossero, e, per quanto fossero stati assuefatti dalla lezione fino a pochi secondi prima, fecero strisciare le panche sul pavimento, producendo un rumore assordante, e iniziarono a raggruppare i libri.
 
Anche se non frettolosamente come il resto del gruppo, uscimmo anche noi, ma, almeno da parte mia, Ruff ricevette un saluto più caloroso del solito.
Prima di superare la soglia gli feci un’ultima domanda.
-    Signore, com’era fatta la Grande? Di che legno era fatta?
-    Oh, nessuno lo sa in realtà. La leggenda dice che cambiasse forma, dimensione, legno, colore, morbidezza, a seconda di chi la brandiva. Solo l’interno rimaneva immutato. Non si sa da cosa fosse composta l’anima, si sa solo che era l’unica cosa a rimanere inalterata. In verità le cose erano due. Sull’impugnatura della bacchetta esiste anche un incisione e si tramanda che anche questa rimanga invariata nel tempo.
Eravamo tutti e tre lì in trepidante attesa ma Ruff continuava a osservarci senza aprir bocca.
-    Pensavate che la sappia? Magari! Non lo sa nessuno! E ora andate alla prossima lezione, che sono stanco, è da secoli che non ho una lezione così intensa!
Non feci fatica a credergli.

Ci dirigemmo in corridoio verso Trasfigurazione.
-    Non avevo mai seguito una lezione di Ruff in vita mia!
-    Infatti non hai Ron! Ne hai seguita meno di metà.
-    Eddai Hermione! Non sminuirmi così velocemente! Lasciami almeno l’impressione!
-    Ha ragione Herm! Inoltre non puoi pretendere che ne segua una intera in un colpo solo, ci vuole esperienza.
-    Guarda Harry, che nemmeno tu l’hai seguita per intero!
-    Tre quarti mica sono da ignorare – risposi facendola ridere
Vicino all’aula di Trasfigurazione incontrammo Silente, era strano vederlo per i corridoi.
Quel giorno indossava “un’allegra” tunica color azzurro cielo con dei ricami dorati.
-    Come vi è sembrata la lezione con il professor Ruff? – chiese senza preamboli, dopo averci fatto segno di avvicinarci.
Annuimmo tutti e tre anche se con poca convinzione, vista la stranezza della domanda e della situazione in sé.
-    È stata particolare, signore – rispose Ron.
-     Bene, bene…buona continuazione. Ah! Un’ultima cosa! – si girò, ancora sorridendo – Quando qualcosa attira la nostra curiosità è bene che questa curiosità venga alimentata!
Si voltò nuovamente e se ne andò.
-    Bene – dissi annuendo con il capo – tutto chiaro?
-    Tutto chiaro.
-    Cristallino.

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Capitolo 2
*** 2. ***


2° B.F.T Secondo.














Era sera inoltrata e gli ultimi sprazzi di sole si scorgevano all’orizzonte, brillanti come pepite d’oro.
Era tutto il giorno che stavo appesa su quell’altalena traballante, guardando, per passare il tempo, i bambini venuti al parchetto per giocare con la sabbia o per divertirsi con lo scivolo in compagnia degli amici.
Mi dispiace bambini, ma solo per oggi l’altalena sarà occupata. Perdonatemi.
Era un bel parco, con tante aiuole dai fiori colorati. I giochi erano ben mantenuti e non arrugginiti come nella maggior parte dei parchi.
Questo parco aveva una particolarità. In mezzo ai prati verdi sorgevano piccole fontanelle di marmo bianco che, se di giorno splendevano, di notte brillavano come lanterne.
Per questo era chiamato Parco delle Fontanelle. E non poteva esistere nome più azzeccato.
Aspettai che anche l’ultima madre con bambino se ne fosse andata, per alzarmi, stiracchiarmi e per far scricchiolare le ossa indolenzite del collo.
Guardai ancora una volta all’orizzonte e sentì aumentare il vento. Mi esposi con il corpo per sentire la mia pelle bollente accarezzata da quell’arietta fresca e delicata.
Il vento mosse l’altalena, che scricchiolò fastidiosamente facendomi digrignare i denti.
Mi voltai, strinsi la mano attorno al gancio che la teneva appesa e la riparai facilmente.
Guardai lo sconquassato orologio che avevo al polso, troppo grande e ingombrante per le mie ossa da donna. Erano le otto, avevo una gran fame e a casa non c’era nulla di pronto.
Sarei potuta andare al ristorante per una pizza ma non avevo voglia di vedere gente.
Così mi rassegnai alla realtà di un pasto frugale, composto da pane duro, olio e verdura cotta.
Avevo già l’acquolina in bocca.
Mi stavo già incamminando quando sentì un rumore che era diventato fin troppo familiare negli ultimi mesi. Quel POP avrebbe dovuto essere eliminato da ogni dizionario conosciuto.
Subito, alla mia sinistra, comparve quel bizzarro vecchio mago che non faceva altro che seguirmi dall’inizio dell’estate.
Quella sera era vestito con una lunga tunica blu notte con tante stelle argentate ricamate sul tessuto e un cappello anch’esso argentato per completare l’opera. Prima o poi gli avrei chiesto chi fosse il suo stilista e perché si facesse convincere ad andare in giro vestito in pigiama.
Era un vecchio intelligente questo glielo dovevo concedere, ma il suo stilista lo era sicuramente di più.
Quella sera mi sembrava particolarmente stanco e affaticato ma capì che farglielo notare sarebbe stato di cattivo gusto, poiché aveva fatto di tutto per nasconderlo, vestendosi così riccamente.
Avanzava lentamente sulla ghiaia del vialetto, le braccia adagiate sui fianchi, secondo me anche per via dei numerosi anelli d’oro che aveva sulle dita, un grosso medaglione di legno, riccamente decorato che penzolava sul suo petto.
Rimasi ferma in piedi dov’ero, per aspettarlo, scappare non sarebbe servito a niente.
Quando fu abbastanza vicino da farsi sentire, cominciò a parlare.
“Lei mi fa penare, signorina Moonroad, tutto questo viaggiare di stato in stato non fa bene ad un povero vecchio come me.”
“Ha assolutamente ragione, per me può smettere quando lo ritiene più consono. Di contro, il mondo è vasto e mi manca ancora molto prima di dire di averlo visitato tutto.”
Il vecchio sospiro sorridendo. In quegli attimi appariva veramente giovane, nonostante mi avesse detto di avere più di cent’anni.
“Speravo di essere riuscito a farti capire il motivo per cui continuo a darti la caccia, se così la possiamo definire,” disse dandomi del tu, cosa che in qualche modo apprzzai.
“ Il motivo l’ho capito benissimo, professor Silente, ma non ho alcuna intenzione di accettarlo” risposi incrociando le braccia al petto. Iniziavo davvero ad arrabbiarmi.
“Questo mi dispiace immensamente. Mi rincresce molto anche doverti ricordare ad ogni mia visita che esiste un contratto magico, per cui indissolubile. Un contratto che deve essere rispettato, che io mi sono preso l’obbligo di far rispettare” proseguì dopo una breve pausa “Ed io non alcuna intenzione di estromettermi dal mio dovere. Anche per la tua protezione.”
“Io non ho firmato alcun contratto! L’ho già ripetuto parecchie volte.”
“Questo lo so benissimo. Ma è stato firmato da…”
“Non usi quel dannato nome! Non voglio nemmeno che venga pensato!”
“Farò di tutto per accontentarla, so quanto è doloroso per lei.”
“Non provi pietà. Non glielo permetto.”
Silente sorrise nuovamente con gentilezza.
“Ti sei indurita troppo mia cara. La solitudine, la stanchezza, la tensione. Posso capire.”
“Forse.”
Mi guardai un po’ in giro per non dovere incontrare il suo sguardo pieno di gentilezza. Con i nostri incontri, con la sua presenza, riusciva a farmi ricordare di essere un’umana, una ragazza sola in giro per il vasto mondo.
“Stavo andando a mangiar un boccone a casa, ma lì non ho molto da offrirle, sempre se vuole fermarsi per un po’.”
Il vecchio sorrise e sospirò nuovamente, liberandosi da un po’ di tensione.
“Conosco un ottimo ristorante babbano, proprio dietro l’angolo, naturalmente offro io.”
Mi raggiunse fuori dal parco dove, tirata fuori la bacchetta, chiusi il cancello con un semplice incantesimo.
Mi guardò con occhi scintillanti ed io, per giustificarmi. “Si aprirà domani mattina all’alba. Qui durante la notte ci sono un sacco di teppisti, non voglio che questo parco venga rovinato.”
“Comprendo perfettamente. Andiamo?”
Non mi offrì il braccio sapendo che l’avrei rifiutato e ci incamminammo.
“Usi ancora quella bacchetta?”
“Sì, l’altra sembra che non mi appartenga.”
“Ma non è vero, è tua. Inoltre non tenendola con te rinunci ad un sacco di alternative. Da quant’è che non usi gli Altri?”
Alzai le spalle. ”Da allora penso. Quel giorno ne uccisi molti, di quei bastardi. Mi facevo schifo, così da allora uso la sua, mi sembra meno sporca.”
Silente annuì comprensivo.
“Non ne senti mai la mancanza?”
“Certo che la sento Silente! Sono una parte di me! Come un arto che non viene usato!” abbassai il tono, che si fece più cupo “Però mi manca di più lui”
“Questa punizione non servirà a nulla.”
“È vero, ma è a causa degli Altri che tutto è iniziato e grazie agli Altri tutto finirà.”
Allungai il passo e mi distanziai dal preside. Forse così sarei riuscita a trattenere le lacrime.

Il ristorante, in effetti, era uno dei migliori della zona.
Entrati, tutti i presenti notarono il curioso abbigliamento del mio accompagnatore, ma dopo un po’ lo ignorarono. Ce n’erano di tipi ben più strani al mondo.
Ci sedemmo e ordinammo. Ero talmente affamata che non parlai molto.
Mangiai primo, dolce e caffè.
“Sei stata seduta su quell’altalena per tutto il giorno?”
Suonava pietoso, detto così, ma annuì.
“Perché non mi vuoi seguire? Alla mia scuola potrei darti la protezione che cerchi.”
“Ho letto i giornali. Lo so che non è un buon periodo. E so anche che lei ha bisogno della mia presenza più di quanto io della sua.”
Silente sorrise nuovamente. Stavo decisamente iniziando ad irritarmi.
“Oh no! Secondo me, a cosa fatta, troverai lo scambio più che equo.“
“Non mi piacciono i misteri. Cosa c’è nella sua scuola?”
“Niente di pericoloso, a parte tanti adolescenti e le loro crisi, naturalmente.”
Non mi convinse del tutto ma gli credetti e finì il mio dolce alla frutta.
“Cosa sta facendo Voldemort?”
“Niente a cui non eravamo preparati, ma nonostante questo ci sta causando non pochi problemi. Già cinque maghi del ministero, che gli andavano aspramente contro, sono stati uccisi. Ora a capo della comunità magica c’è solo un Ministro, pauroso della sua stessa ombra, circondato da sanguisughe della peggior specie. Ma ci aspettavamo anche questo.”
“Però non siete riusciti a far niente.“
“Non abbiamo potuto. Il piano è di tenere la nostra organizzazione al segreto per più tempo possibile, per prendere Voldemort di sorpresa. Se rivelassimo subito al mondo la nostra posizione perderemmo il vantaggio che ci siamo costruiti fino ad ora. Inoltre ci troveremmo addosso un governo che ancora oggi, nonostante l’evidenza, cerca di nascondere al mondo la rinascita dell’Oscuro Signore” rispose tutto d’un fiato, lasciandosi leggermente andare e picchiando le dita sul tavolo
“È un bel problema“ sorrisi mesta “Ed io sono l’unica arma di questo piano o c’è qualcos’altro che tieni tra le pieghe di quel pigiama?”
“Lui ti ha insegnato a pensare con la testa e non con il cuore. Nascondi la tua età sia dal fisico sia dalla mente.Non solo sembri più adulta di quanto sei in realtà, ma anche la tua mente è più vecchia”
Sorrisi. “Certo. Altrimenti sarei come sproporzionata. In ogni caso, ormai, quasi tutti gli adolescenti dimostrano più della loro età” risposi pulendomi la bocca con il tovagliolo color panna prima di bere un sorso d’acqua.
“Allora? Chi manderai a compiere una missione suicida oltre me?” Silente aspettò a rispondere e continuò a fissarmi. Proseguì a parlare “Secondo me in pochi hanno capito come manovri le fila. Fai un doppio gioco su un doppio gioco. Ci vuole esperienza per avere una tale maestria nel manovrare i sentimenti umani. Io almeno potrò dire di aver adempiuto un tuo piano in piena coscienza.”
“Vuol dire che accetti?”
 Sorrisi ancora.
“È stato lui a parlarti di tutto ciò”affermò sicuro.
“E chi sennò? Aveva pensato a tutto. Mi ha preparata a tutto ciò che mi sarebbe potuto succedere nel caso fosse morto, o fosse stato ucciso, prima della mia maggiore età. Evidentemente ha previsto che ti avrei incontrato. Te, e molta altra gente.”
Silente scivolò sul bordo della sedia, tutti i sensi all’erta “Chi è venuto? Quando?”
Iniziai a ridere per la sua ottima recitazione.
Aveva previsto tutte le mosse di Voldemort tranne questa? Improbabile. Gli sarebbe potuta sfuggire una sottigliezza, ma non un piano congegnato da così tanto tempo, secoli.
“Non mi dire che non te lo aspettavi, Silente, perché non ci credo. Da secoli i Riddle ci provano, da generazioni, e non ci sono mai riusciti fino alla fine. Neanche ora che lui è morto.”
“Certo che me l’aspettavo, ma non così presto.”
“E perché no?”
“Lui è appena risorto, ha cose ben più importanti di cui occuparsi. Infiltrati nel ministero, vecchi mangiamorte da punire, nuovi da reclutare. Esercito da creare.”
Il mio sopracciglio destro s’inarcò automaticamente.
“Un esercito?”
“Un esercito enorme. Voldemort sta reclutando maghi da ovunque nel mondo e sta stipulando accordi con orchi e giganti. Gli inferus sono già dalla sua parte.”
“Prevedibile.”
“Si, certo, ma difficile da contrattaccare. Si sa, sono i buoni quelli a morire prima. In ogni fiaba.”
Lo guardai negli occhi e capì. Quello sguardo ne aveva superate di epoche e da lì a poco avrebbe visto la sua ultima. Le sue macchinazioni erano andate troppo oltre e questa volta, avrebbero richiesto un tributo più alto del solito.
“Lasciami del tempo per pensare” Lui annuì.
“La scuola inizia a settembre. Riceverai anche tu una lettera come tutti gli studenti. Per i libri, sai come fare? Posso sperare almeno che tu sia puntuale?”
Annuì distrattamente ad entrambe le domande ma subito mi rifeci seria
“Chi è l’altro? Chi stai mandando a morire questa volta?”
Silente sorrise impassibile.
“Non essere crudele! Se tutto andrà bene nessuno morirà, ma la morte è uno dei rischi della guerra e noi stiamo per affrontarne una.”
“Signore, chi è l’altro?”
Il vecchio preside allargò le braccia, tendendo le maniche della veste come ali di pipistrello.
La sua espressione divenne serena e sorridente, le rughe attorno agli occhi si ammorbidirono e gli conferirono un’aria quasi tenera.
“Chi potrebbe mai essere, se non la sua nemesi giurata?”
Detto questo, sparì in una nuvola di fumo seguito dal solito e fastidioso POP.

Restai al ristorante per non so quanto tempo, finché un cameriere non venne a chiedermi di liberare il tavolo perché ne avevano bisogno.
Guardai l’orologio. Nove e mezza. Chiesi quanto dovevo e il cameriere mi disse che ci aveva già pensato lo strano signore che mi aveva accompagnata, così ringraziai e uscì.
La notte fuori dal ristorante era molto fredda.
Non avevo niente con me, indossavo solo una sottile felpa estiva e dei jeans blu.
Aumentai il passo tentando di riscaldarmi, casa per fortuna non era lontana.

Casa era un termine un po’ astratto per definire dove vivevo.
Mi ci ero trasferita una settimana prima.
Era un vecchio e malandato appartamento, di nemmeno cinquanta metri quadrati, al settimo piano di una palazzina che rischiava di crollare da un momento all’altro.
Composto da una camera da letto, un piccolo bagno che fungeva anche da lavanderia, una cucina molto piccola con due piani cottura, un micronde e un lavabo, e un salottino con una poltrona, una televisione antiquata che riceveva solo canali tedeschi e una scrivania. Il tutto incorniciato da un soffitto che perdeva intonaco ad ogni movimento brusco e da un vicino di casa che probabilmente spacciava droga.
Era orrendo, ma avevo bisogno di abitare in un luogo poco conosciuto, possibilmente malfamato dove, secondo gli standard, una ragazza normale non sarebbe mai entrata.
Feci le scale, poiché l’ascensore era rotto da mesi, ed entrai in casa. La porta era già spalancata ma non me ne preoccupai, tutti gli oggetti di valore erano stati già nascosti con la magia.
Al loro posto un ladro umano avrebbe trovato semplicemente delle stoffe rovinate.
Inoltre, questi oggetti di valore non erano poi molto preziosi, solo alcuni vestiti, un paio di scarpe di ricambio, alcuni libri e la mia vecchia bacchetta che odiavo ma che non mi decidevo mai a buttare.
Che non me ne sbarazzassi era stato il suo ultimo desiderio prima di morire, nonostante, in precedenza, avessimo spesso pensato di distruggerla e di vivere tranquilli.
Quella bacchetta esisteva ancora solo per il desiderio di un morto e per la mia voglia di vendetta.
Entrai buttando le chiavi sul divano.
Mi assicurai che in casa non ci fosse ancora qualcuno intento a sgraffignare.
Poiché non senti altri rumori, chiusi la porta e accesi la lampada del salotto.
Mi svestì, buttando tutto sopra la poltrona e sulla scrivania che non adoperavo mai, dove erano già ammonticchiate diverse magliette e dei pantaloni di una tuta sporchi.
Entrai nel bagno e aprì l’acqua calda. Subito il vetro dello specchio sopra il lavandino si appannò e le piastrelle di ceramica bianche sulle pareti diventarono bagnate e scivolose.
Intanto, io, sotto il getto dell’acqua calda pensavo e ripensavo alle parole del vecchio.
Si stava preparando una guerra, questo l’avevo capito, tuttavia mi erano ben chiare poche cose.
Di che organizzazione parlava Silente? E qual era l’altra sua pedina?
Non ero mai stata brava nel gioco degli scacchi e sperai vivamente che Silente fosse più in gamba di me.
Se da un lato c’era Voldemort e dall’altro lui la battaglia si sarebbe protratta a lungo, ma, dallo sguardo del vecchio, avevo capito che il risultato non si sarebbe basato solo sull’uso che lui avrebbe fatto delle sue pedine, ma anche sulla quantità di tempo che gli era concessa.
Voldemort era giovane e con la resurrezione aveva riacquistato le sue energie, inoltre aveva al suo fianco uomini spietati che non facevano altro che sottoporsi al suo volere.
Da una parte, avere dei compagni succubi, poteva essere un vantaggio: erano delle spietate macchine da guerra, senza cervello e nessuno avrebbe sentito la loro mancanza.
Dall’altro lato, invece, Voldemort rinunciava al confronto con i suoi compagni e ai vantaggi che questo portava, nessuno l’avrebbe aiutato nel prendere le decisioni e questo portava ad un largo margine di errore. Non per niente si dice che due teste sono meglio di una.
Probabilmente Silente giocava molto su questi numeri, ma non ci aveva fondato le sue operazioni.
Per conoscere tutte le mosse dell’Oscuro Signore in anticipo, doveva avere una spia, e, per comandare un esercito, doveva avere un comandante di cui tutti si fidassero, due posizioni per niente facili da occupare.
Io sapevo per certo di non essere né l’una né l’altra, non potevo essere una spia perché non ero di certo così sacrificabile, non potevo essere un comandante perché non avevo le capacità e nemmeno il rispetto dei suoi soldati.
Ero ciò che Voldemort desiderava di più al mondo, e la mia non era una mancanza di modestia.
Voleva me e ciò che mi portavo appresso.
Se avesse potuto avermi come alleata ne sarebbe stato ben lieto, ma ormai penso avesse capito che le mie intenzioni erano altre.
Se pensava che avrei potuto mettere da parte l’odio che provavo nei suoi confronti, si sbagliava di grosso.
Dei dieci mangiamorte che aveva inviato nel corso degli ultimi mesi solo in due erano tornati a casa vivi.
L’ultimo contingente inviato a recuperarmi era stato decisamente massiccio.
Era composto da niente meno che da Lucius Malfoy e Fenrir Greyback.
La coppia peggio assortita che avessi mai visto e, di certo, la meno indicata a quel genere di operazioni.
Malfoy era di sicuro l’ultima persona in grado di convincere qualcuno a seguirlo, come se non gli si leggesse in fronte la parola "STRONZO FARABUTTO".
Fenrir, tra i due, era stato quello a darmi più problemi e quello a nausearmi meno, poiché non aveva dimostrato di avere una grande parlantina.
In quei giorni mi trovavo a Copenaghen. Per una volta avevo deciso di trattarmi bene e avevo prenotato una camera in albergo per cinque giorni.
Rimasi fino all’inizio del terzo.
“Buonasera miss Moonroad. Ben trovata. Siamo venuti a recapitarle un messaggio dal nostro signore” iniziò Malfoy con diplomazia.
Il mio approccio non fu uno dei migliori.
“Avevo già spiegato agli altri cani di non voler più essere disturbata. Oltre a vedere in bianco e nero siete pure sordi?”
“Ci vediamo benissimo miss, ma ascoltiamo solo gli ordini del Signore Oscuro” rispose Grayback inumidendosi le labbra.
Lo osservai per alcuni secondi e pensai a quanto poteva essere strana la natura. Gli occhi, nonostante fosse umano, erano giallognoli e il tono di voce risentiva ancora della trasformazione, era troppo ruvido.
“Mi dispiace che il mio corpo le faccia ribrezzo, miss.”
“Non mi fai schifo, mi fai pena.”
Le vene sul suo collo muscoloso si contrassero ma Fenrir mantenne la stessa espressione.
“E mi rincresce che l’Oscuro Signore abbia degli incapaci come alleati. Ma ognuno si merita ciò che ha seminato, no?”
Avevo fatto trenta, vada per i trent’uno.
Malfoy estrasse la bacchetta dal suo bastone e la puntò contro di me senza esitazione, non avevo offeso lui solamente, ma anche il suo signore, cosa imperdonabile.
Mentre Malfoy si apprestava ad affrontarmi con la magia, Grayback aveva qualcos’altro in mente. Si accovacciò a terra a quattro zampe e ringhiò sputando saliva, o bava, ormai non sapevo più come chiamarla.
“Ragazzi! Ragazzi! Andiamo! Non vi sarete mica offesi?” chiesi sorridendo come una cretina, cercando di prendere tempo.
Contro Malfoy me la sarei potuta cavare in pochi colpi.
Il problema era Grayback.  Quell’uomo era grosso come un armadio, pesava il triplo di me e aveva sicuramente anche il doppio dei miei denti. Dovevo fare attenzione a non farmi mordere.
Cosa mi aveva insegnato sui lupi mannari?
Luna piena. Carne fresca. Bambini. Starci lontana.
Ah! Bene! Grazie!
Continuavo a farneticare mentre cercavo in tutti i modi di farmi venire in mente un modo per difendermi, almeno dal lupacchiotto.
“Possiamo giungere ad una qualche soluzione?”
“Il nostro signore chi ha ordinato di portati da lui, non ha specificato come” mi rispose Malfoy.
Eccola. Sapevo che sarebbe arrivata. La frase da telefilm di serie B.
“Il tempo degli accordi è concluso.”
Ed eccone un’altra. Questa le supera tutte.
È in momenti come quelli che farei volentieri a meno del mio orgoglio. Se l’avessi avuta con me…
Naturalmente attaccarono prima loro.
Malfoy andò subito sul pesante e tentò di cruciarmi, mentre Grayback arrivava sulla destra.
Mi misi a correre.
Vedendo un vicolo piuttosto stretto mi venne in mente la battaglia delle termopili, che vide gli spartani battersi contro un esercito enorme di persiani.
Noi eravamo solo due contro uno ed era già abbastanza impari per me.
Aspettai che Grayback mi saltasse addosso. Tirai fuori la bacchetta all’ultimo momento e lo schiantai contro la parete opposta. Non servì a molto visto che si rialzò subito.
Intanto individuai Malfoy che era rimasto un po’ indietro, doveva essere difficile camminare con quella tunica ingombrante, e lo spazio era troppo piccolo per teletrasportarsi.
Inchiodai e per poco non finì addosso a Fenrir che perse l’equilibrio e cadde con un tonfo.
Andai incontro a Malfoy e urlai un incantesimo che sapevo fosse usato dall’Oscuro.
Lui dovette averlo riconosciuto perché la sua espressione, che era già arrabbiata, si trasformò in puro odio.
“come osi…”
Non finì la frase e fu meglio, non amavo sentirmi rivolgere degli spergiuri.
In pochi secondi si accasciò a terra quasi incosciente.
 “Inventa cose utili l'Oscuro Babbeo...”dissi, girandomi la bacchetta fra le dita.
Poi lo guardai fisso negli occhi.
“ ... peccato che le insegni alle persone sbagliate!” proseguì sghignazzando, mentre godevo nel vederlo digrignare con forza i denti.
Feci un respiro profondo. Peccato che avessi dimenticato il mio piccolo problema peloso. Fu lui a ricordarmi della sua presenza.
 “Bastarda che non sei altro, come ti permetti di usare così gli insegnamenti del Signore Oscuro? “
Mi saltò addosso da dietro, artigliandomi le spalle e scuotendomi con forza.
Sfoderò le zanne e si avvicinò al mio collo.
Allora si risvegliò il mio istinto si sopravvivenza e lo feci volare dall’altra parte del vicolo, dove sbatté la testa contro un pezzo di ferro acuminato. Nessuno si mosse più.

Sulle spalle per fortuna non avevo trovato nessun graffio. E allora eccomi qui.
In un alloggio di categoria E, isolata dal mondo, chiusa nel mio dolore.
Lui mi aveva sempre detto che ero una donna forte e combattiva e gli avevo creduto, ora, di quella donna, non ne vedevo più manco l’ombra.
Chiusi l’acqua della doccia e mi avvolsi in un grosso asciugamano di spugna.
Entrai nella mia camera e cercai ovunque il pigiama a righe che avevo comprato il giorno prima.
Poi sentì qualcosa.
Ebbi una di quelle strane sensazioni che ti avvertono di un pericolo imminente.
Lasciai perdere il pigiama e mi buttai sui vestiti. Non mi avrebbero trovata impreparata.
Indossai dei jeans neri, i miei preferiti abbinati a una cintura borchiata. Non perché mi piacesse ma perché avevo scoperto i suoi altri utilizzi.
Presi una di quelle fasce sportive molto comode e la indossai.
Sopra misi una t-shirt, anch’essa nera, e come giacca votai per la mia inseparabile di pelle.
Annodai i capelli bagnati in una coda stretta.
Ai piedi, degli stivali con tante fibie. Molto comodi per correre e per infilarci dentro la bacchetta.
Questa volta presi anche la mia, ma la misi nello stivale sinistro solo in caso di emergenza.
Con un rapido incantesimo ordinai le mie due cose nel borsone. Riordinai per far sembrare che niente fosse stato toccato e saltai giù dalla finestra, come avevo già provato in precedenza.
Poi iniziai a correre perdendomi nel buio pesto dei vicoli.



























Ringraziamenti:

Un bacione enorme a en86 che ha scritto l’unica recensione…Grazieeeeee!!!!!
E un ringraziamento enorme a chi ha messo la storia tra i preferiti:
Azzalea [Contatta]
babibabi [Contatta]
en86 [Contatta]
giada2000 [Contatta]

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Capitolo 3
*** The hell is a lifestyle choice. ***


3° B.F.T Terzo.


¿THE HELL IS A LIFESTYLE CHOICE. DON'T YOU KNOW?










Era sabato 24 giugno, il giorno in cui ero scappata, saltando dalla finestra come un gatto, dal mio appartamento nella periferia di Gibilterra.
Da quel giorno erano passati due mesi e sette giorni.
In due mesi avevo girato quasi più di mezzo mondo, fermandomi non più di tre giorni ad ogni tappa, per non venire rintracciata.
Avevo promesso a Silente che con tutta probabilità sarei riuscita a entrare a scuola il 1 settembre insieme a tutti gli studenti, per non essere messa troppo in evidenza.
Non avrei potuto mantenere la promessa naturalmente. Era il 5 settembre e mi trovavo in Russia, nella bellissima e sperduta Russia. Bellissima se solo avessi avuto il tempo di visitarlo.
Ero arrivata la sera prima, stanca morta e sporca.
Avevo affittato un appartamento, sempre, rigorosamente in periferia, per una settimana, ma non ero sicura che ci sarei rimasta per tutti e sette i giorni.
Entrai e buttai sul letto la borsa contenente gli ultimi vestiti che mi erano rimasti. Non avevo potuto comprarne di nuovi e quelli vecchi li avevo dovuti buttare perché erano strappati o bruciacchiati. L’unica cosa che avevo avuto il tempo di acquistare erano state alcune erbe da un erborista in Romania, erbe dall’apparenza innocue per chi non sapeva cosa farne.
Io, che ero una pozionista piuttosto esperta, potevo ricavarne ciò di cui avevo bisogno.
Pozioni rigeneranti, curative, disinfettanti ma, soprattutto, tranquillanti.
La notte, o dovrei meglio dire il giorno, visto che i Mangiamorte sembravano aspettare il buio per attaccarmi, era l’unico momento in cui potevo abbassare le difese e provare a riposare, ma la tensione era sempre tanta e spesso faticavo a prendere sonno.
Così assumevo dei tranquillanti che avrebbero steso un elefante.
Non avevo paura di essere attaccata la notte, perché sistemavo sempre degli efficaci sistemi di difesa lungo il perimetro dell’appartamento. Se qualcuno si fosse avvicinato, che fosse stato un piccione, un topo, una scossa mi avrebbe svegliata, avvertendomi.
Con il tempo ero diventata paranoica e m’immaginavo le scosse, così avevo iniziato a fabbricare tranquillanti fatti in casa.
Non serviva poi molto. Valeriana, stramonio e una pentola, anche se un calderone sarebbe stato meglio, e un piano cottura.
Mi tolsi la giacca di pelle e mi sfilai le scarpe.
I piedi urlavano tanto avevo corso e il mio cervello non aveva ancora capito che ora poteva fermarsi, o almeno girare più lentamente.
Avevo un mal di testa lancinante, le tempie mi pulsavano come se le cervella avessero voluto uscirmi dalla testa, gli occhi facevano fatica a rimanere aperti e bruciavano e pizzicavano in modo spaventoso, la pancia mi doleva talmente tanto per la corsa che nonostante avessi una fame abnorme, il mio corpo si rifiutava di assumere qualsiasi cosa che non fosse acqua.
Senza contare tutte le cicatrici, aperte e non, infette e non, che avevo collezionato in quei due mesi. Da far invidia a un pugile di pesi massimi.
Sulle gambe, sulle braccia e sulla schiena, che erano quelle più difficili da curare.
Era un po’ complicato spalmarmi le pomate da sola, se avessi chiesto aiuto a qualcuno avrebbe iniziato a fare domande e io non avevo alcuna voglia di gestire altri problemi.
Facevo il possibile per rimanere in vita e per non far infettare le ferite.
Un’altra invenzione di Voldemort. Ora i suoi incantesimi non uccidevano soltanto.
Era sufficiente un taglietto sottile per provocare un’infezione grave, che, naturalmente, portava ad una morte lenta e dolorosa.
Per questo avevo comprato le erbe. Mi ero dovuta inventare velocemente una soluzione.
Avevo asportato un pezzo di pelle malata, questo era stato molto doloroso, e partendo da quel pezzo di pelle morta avevo creato due pozioni che dovevo adoperare secondo l’occasione.
Da sottolineare quanto facessero schifo e quanto sapessero di roba putrefatta, però funzionavano perfettamente.
Finì di apportare gli ultimi ritocchi alle trappole e mi tolsi i pantaloni, mi coricai e mi addormentai subito.

*
Mi risvegliai la mattina dopo del tutto indolenzita.
Sulle mie gambe solo pochi spazi erano rimasti rosa, tutto il resto era violaceo o rosso.
Feci una smorfia totalmente schifata e scocciata e mi coprì nuovamente con le coperte per essere cullata ancora un po’ da quel calore.
Dopo un’ora di assoluto riposo, decisi che era il caso di finirla, mi alzai e mi lavai come non facevo da secoli. Mi fece quasi schifo vedere l’acqua marrone uscire dallo scarico. Per sicurezza mi feci tre shampoo.
Quando mi sentì pulita e fresca mi sembrò anche di poter ragionare meglio.
Avevo una gran confusione di eventi in testa, così presi un pezzo di carta e una penna e iniziai a trascrivere per punti ciò che mi era successo fino a quel punto.
Lasciata Gibilterra mi ero rifugiata a Zaragoza, ma ci ero rimasta per poco.
Mi avevano trovato la sera successiva, ancora Malfoy e Greyback, e avevamo avuto un piccolo combattimento, ma me l’ero svignata prima che avessero potuto rendersene conto.
Dunque ero scappata a Madrid, poi a Valencia, avevo superato i Pirenei, un quarto a piedi e il resto smaterializzandomi.
Ero arrivata in Italia passando per la costa francese e avevo raggiunto la Iugoslavia in treno.
Lì erano iniziati i problemi.
Quella volta i Mangiamorte erano in quattro. A Lucius e Fenrir si erano aggiunti Bellatrix e Malbòro.
Quest’ultimo non l’avevo mai visto prima, era più giovane degli altri, quasi la mia età, e sembrava più inesperto. Era inesperto quanto lo sono io.
Mentre i primi due erano già a terra lui e Bellatrix continuavano e continuavano, senza darmi tregua.
Avevo sconfitto prima quella strega per zittire i suoi risolini acuti e in quei secondi di vittoria lui non si era perso d’animo e mi aveva disarmato.
Sarei stata perduta se non l’avessi avuta con me; lui, come ogni Mangiamorte che si rispetti, stava già blaterando degli onori e della gratitudine che Lord Voldemort gli avrebbe concesso e donato.
La gratitudine di Voldemort era il tallone d’Achille dei Mangiamorte. Lo schiantai con Lei e recuperai l’altra bacchetta che era caduta poco lontano tra dei rifiuti.
Solo quando fui lontana già chilometri, quasi in Romania, mi accorsi di due cose.
Primo, avevo di nuovo usato gli Altri quando avevo promesso di non farlo mai più, ma, cosa ben più peggiore, mentre li usavo, con quel solo incantesimo, avevo provato un piacere così intenso e profondo, così caldo, come non ricordavo di aver mai provato.
Secondo, tutto il mio corpo era ricoperto da piccolissimi tagli che, però, sanguinavano copiosamente.
Sul confine della Romania, con mia enorme fortuna, avevo trovato una cittadella, molto accogliente e graziosa, con pochi abitanti.
Un posto perfetto in cui stare.
Lì avevo passato il soggiorno più lungo: quattro giorni.
Mi ero curata, avevo sintetizzato una pozione usando la mia pelle e avevo cercato di capire come diamine fosse stato possibile.
Le scintille dei loro incantesimi potevano ferire quanto l’incantesimo stesso.
Se l’incanto non andava a buon fine le scintille si espandevano nell’aria e colpivano come piccoli aghi avvelenati.
Probabilmente era un’opzione nuova. Come un gadget che Voldemort aveva aggiunto alle bacchette di Bellatrix e di Malbòro. Ero sicura che Malfoy non l’avesse.
Sicuramente sulla bacchetta doveva esserci un’impronta, un qualcosa che identificasse questo nuovo potere perché la magia lascia sempre un segno.
Se fosse stato un ornamento avrei potuto provare a distruggerlo, se fosse stato all’interno della bacchetta sarebbe stato più difficile distruggerla del tutto, si sa, sono molto resistenti.
Avevo anche provato a fare la stessa cosa sulla mia bacchetta, ma non aveva funzionato, inoltre avevo avuto troppo poco tempo per pensarci.
Dopo l’ennesimo combattimento mi ero spinta sempre più a est.
Da quel soggiorno in Romania le giornate erano diventate pressoché anonime, identiche.
Riuscivo a conservare il mio rifugio per poco più di due giorni. La notte cercavo di farmi trovare sempre fuori di casa cosicché fosse più difficile rintracciare la mia base, che usavo prevalentemente per dormire ma solo se ne avevo un estremo bisogno.
Bevevo e mangiavo poco, non potevo andare a comprarmi niente per paura che potessero attaccarmi in presenza di altre persone, e io non volevo far morire nessuno ma non volevo nemmeno dovermi preoccupare di nessun’altro tranne che di me stessa.
Camminavo e mangiavo poco.
Negli ultimi giorni avevo preso l’abitudine di usare gli Altri con più frequenza per fare più in fretta, ero troppo stanca, non potevo permettermi di protrarre a lungo i combattimenti, sarei morta.
Inoltre era così piacevole per me usarli, così liberatorio, anche se ogni tanto mi saliva qualcosa in gola al pensiero del mio stupido fioretto.
Tuttavia non avevo avuto una seconda possibilità.

Alzai gli occhi dal foglio e guardai fuori dalla finestra.
Ora il mio piano era semplice. Raggiungere l’Inghilterra, trovare Hogwarts e soprattutto Silente.
Dovevo consegnargli le informazioni che avevo raccolto in questi mesi, dovevo dirgli delle nuove armi e delle nuove strategie dei Mangiamorte.
Sapevo che Voldemort contava sul fatto di riuscire a catturarmi prima che potessi raggiungere la Manica e per questo stava mostrando tutte le sue carte. Sarebbe rimasto deluso, di questo ero pienamente certa o forse ero troppo sicura di me.
Speravo con tutta me stessa che lui non avrebbe giocato il pezzo più importante della sua scacchiera contro di me, se stesso.
Se lo avessi incontrato le chance sarebbero state due: consegnarmi, farmi torturare, diventare la sgualdrina di qualche Mangiamorte e poi, finalmente, morire. Non so ancora se per la tortura o per la disperazione. Oppure avrei combattuto, avrei perso, sicuro al 99,99 %, ed allora, o sarei morta con un Avada oppure per uno dei punti che ho elencato prima.
In entrambi i casi sarei morta: Good.
La testa cominciava a surriscaldarsi e non era un buon segno, perché significava che iniziavo ad innervosirmi e a non pensare più razionalmente.
Presi un po’ della pozione rimasta e la ingurgitai velocemente per non sentirne il sapore, mi sdraiai sul letto sfatto e mi coprì solo con il copriletto.
Mi addormentai nuovamente troppo stanca per pensare e per preoccuparmi.

*

Scappa. Scappa.
Corri. Corri.
Scappa.
Avevo appena fatto in tempo a raggruppare le mie cose e ad afferrare le bacchette.
Non avevo bisogno di vestirmi perché per dormire ormai non mi spogliavo più, mi toglievo i vestiti solo se avevo tempo di lavarmi.
Ero sul confine tra Germania e Francia e stavo proseguendo lungo la costa, ancora poco e ce l’avrei fatta.
La sera prima avevo preparato una Felix Felicis leggermente modificata, non avevo i componenti esatti ma conoscevo il processo e potevo riprodurlo.
Evidentemente avevo sbagliato qualcosa, per l’agitazione o per i componenti, la pozione però aveva il colore a la consistenza esatti.
Inoltre quando l’avevo bevuta avevo avuto la giusta sensazione.
Inizialmente avevo pensato di entrare in Inghilterra dalla Norvegia, il viaggio sarebbe stato più lungo ma nessuno avrebbe sospettato di questo cambiamento di programma; la Felix però mi aveva fatto cambiare idea, e per questo ero lì in Francia a proseguire seguendo il piano originale.
Avevo una paura tremenda ed ero tesa come una corda di violino.
Sentivo scricchiolii da ovunque ma non potevo fermarmi.
La paura mi rallentava, la mano della bacchetta mi tremava da morire e avevo una grandissima tentazione di smaterializzarmi, ma non potevo, se l’avessi fatto i Mangiamorte mi sarebbero stati addosso in pochi secondi, mi avrebbero rintracciato.
Il mio piano consisteva nell’arrivare sul promontorio e, allora, smaterializzarmi, allora sarebbe stato troppo tardi per acciuffarmi.
Volevo correre ma non potevo dimostrare paura, soprattutto perché ero una ragazza ma anche perché i Mangiamorte si nutrivano di paura, e di certo io non gli avrei mai dato l’occasione di nutrirsi della mia.
Mi fermai.
Questa volta lo scricchiolio l’avevo sentito davvero, non me l’ero immaginato.
Estrassi la bacchetta e mi voltai di scatto.
“Lumus!”
Il bosco alle mie spalle si illuminò improvvisamente, ma neanche un’ombra tradiva la presenza di qualcuno.
Sbuffai e mi voltai ‘Probabilmente sto iniziando ad impazzire. Sì, tutta questa solitudine mi deve aver fatto male’
Talvolta mi chiedevo se sapevo ancora parlare così mi mettevo a farneticare da sola ad alta voce per vedere se avevo ancora la voce.
Appena voltata mi scappò un urlo e puntai la bacchetta dritta contro di lui.
“Malbòro!”
Lui sorrise “Ciao Marte. Come ce la passiamo?”
Lo schiantai per non perdere tempo, ma lui si difese.
“Non così in fretta” disse scuotendo la testa “Sei stanca, lo so. Non c’è bisogno di iniziare un combattimento, non è nei miei piani.”
Mi sedetti su un masso per guardarlo con calma.
Finalmente potevo osservarlo bene.
Avevo visto bene, non doveva essere di molto più grande di me però la sua aria strafottente superava i secoli.
Aveva i capelli neri molto ricci e uno sguardo freddo più del ghiaccio. Non mi dava una sensazione di sporco come tutti i Mangiamorte. Indossava due grossi bracciali, uno per braccio, sicuramente per nascondere il Marchio. Inoltre l’avevo visto nascondere la bacchetta in quello destro, visto che era mancino, un ottimo nascondiglio.
Naturalmente il resto dell’abbigliamento era nero.
“Stai andando incontro ad un rogo, lo sai?”
“Certo che lo so” risposi con aria molto scocciata e scuotendo le spalle “Ma ho preso una Felix e lei mi ha detto di cambiare tragitto.”
Strabuzzò gli occhi e mi fissò incredulo “Una Felix? E l’avresti fatta tu?”
“E chi sennò Malbòro? Dio! Piantala con le domande stupide!”
Sorrise.
“Finiamola con questa scenata. Che cosa sei venuto a fare?”
“Non sono venuto per conto del Signore Oscuro, se è questo che ti preme sapere.”
“Sì, era esattamente quello che mi premeva sapere, e ora ti chiedo nuovamente, cosa vuoi?”
“Voglio capire,” rispose senza esitazione.
Lo guardai negli occhi, cercando di capire quanto fosse serio, e, sul suo viso, non c’era niente che suggerisse una fregatura.
“Voldemort non vi ha spiegato nulla, eh? Tipico di Tom.“
Come ogni Mangiamorte rabbrividì al sentire il suo nome, ma si trattenne, dandomi prova di sanità mentale.
“Nessuno sa qualcosa. Nemmeno Bellatrix, ed è molto irritata per questo. Lucius ormai è quasi del tutto uscito dalla cerchia preferita dell’Oscuro, mentre Greyback…”alzò le spalle.
“A lui interessano solo il sangue e la carne” finì per lui.
“Esattamente.”
Mi sistemai più comoda sul masso e lo guardai di nuovo.
“Mi dispiace io non posso, né voglio, dirti niente. Il segreto è mio e del possessore di questa bacchetta” dissi sollevando la bacchetta che avevo usato nel periodo prima dell’ultima visita di Silente “Non posso dirti di più.”
“Riconosco quella bacchetta” disse facendosi più sveglio “è la sua! È quella di Lilium!”
Aveva pronunciato quel nome ed io non potevo permetterlo.
Lo schiantai contro un albero con tutta la mia forza, spezzandone addirittura il tronco.
Solo quando si esaurì l’adrenalina capì la grande cazzata che avevo appena fatto.
Mi avvicinai correndo per soccorrerlo e gli sollevai la testa.
“Mi dispiace, mi dispiace” continuai a ripetere come una litania. Gli accarezzai la fronte con delicatezza e gli appoggiai la testa sulle mie gambe.
“Dopo mesi che combatti i Mangiamorte, ne aiuti uno dopo averlo schiantato? Devi essere pazza.”
Mi scossi sentendo la sua voce così affaticata, ma non mi mossi.
“Inizio a pensarlo anch’io, Malbòro, la solitudine non fa mai bene.”
“Chiamami Luke. “
Annuì e aprì la cerniera del mio piccolo bagaglio a mano e ne tirai fuori un ricostituente che prendevo abitualmente ogni dodici ore, per mantenermi in forze senza mangiare.
“Anche tu devi essere stanco. Darmi la caccia giorno dopo giorno, con la minaccia di morte se non porti a buon fine il compito” aprì la boccetta “Bevi questo, fa schifo, ma molto schifo, ti avverto. Ma devi berlo tutto, altrimenti ti farà sentire peggio.”
Glielo versai velocemente in bocca, per fargli sentire il sapore per meno tempo possibile.
Notai come si sforzasse per non fare una smorfia schifata e risi leggermente.
“Guarda che puoi dirlo che fa schifo, lo so bene anch’io. Non ti ucciderò se lo dici.”
Si alzò e si mise seduto con la schiena appoggiata contro il tronco – “Fa schifo”
Risi ancora “Però mi sento meglio, grazie”
Questa volta fu il mio turno di strabuzzare gli occhi e di inarcare le sopracciglia.
Luke, notando la mia reazione “Guarda che sono un purosangue educato, non un mezzosangue cafone”
“Vorrai dire, non un purosangue cafone” lo corressi calcando sulla parola purosangue.
Fece un gesto sbrigativo con la mano “Come ti pare”
“Hai fatto tu anche questa pozione? “
Annuì distrattamente mentre sistemavo le mie cose “Lo conoscevi?”
Mi fissò prima di rispondere “Era il mio migliore amico.”
“Ah! Non mi aveva mai parlato di te”
“Certo che non l’ha fatto, il bastardo! Voleva tenermi fuori da tutto: Mangiamorte, magia oscura, tutto! Voleva tenere il divertimento tutto per se!“
Non persi un attimo e lo schiaffeggiai. Una volta, due volte, imprecando.
“Non ti è mai passato per la testa che fosse tutto per il tuo bene, stupido incosciente? Lui voleva solo proteggerti e tu ti sei buttato in questo inferno da solo! “
Sentì le lacrime pizzicarmi gli occhi, ma le trattenni.
“L’inferno è una scelta di vita. Non lo sai?” disse con un sorriso spavaldo.
Tre volte.
Stava per arrivare anche una quarta ma mi fermò per il polso.
“Ora basta. Penso di essere stato schiaffeggiato abbastanza.”
“Io non penso, con tutte le cavolate che spari a raffica dovrebbe esserci qualcuno a schiaffeggiarti ogni minuto. Sei uno stupido.”
Mi strinse ancora di più il polso con faccia livida di rabbia, ma improvvisamente il suo viso si rilassò e mi lasciò.
“Quanti anni hai?”
Mi voltai e non risposi.
“Cristo! Quanti anni hai!”mi chiese urlando come un pazzo.
Lo guardai di nuovo e gli dissi gelida “Zitto stupido. Vuoi che mi scoprano?”
“Ti scopriranno se non me lo dici."
Sbuffai e feci una smorfia scontenta mentre lo vedevo estrarre la bacchetta “Mando una luce di segnalazione se non me lo dici.”
“Ho due anni” gli risposi con un’imitazione di quella che credevo essere la voce di una mocciosa, facendo due con la mano “E tu quanti ne hai uomo nero? Così saprò cosa mettere sulla tua lapide se non evapori!”
Buttò indietro la testa ridendo molto sguaiatamente “Il mio caro amico puro come la neve era pure un pedofilo! Se la faceva con le minorenni!”
Mandai a segno un cazzotto sul suo bel mento scolpito, poi mi alzai e presi a calciarlo sulla pancia come una furia. Sentivo il mio piede affondare nella sua pelle e un gemito sempre più doloroso salire dalla sua gola.
Ancora e ancora, non volevo fermarmi, volevo fargli male.     
Poi mi sentì afferrare per la caviglia e prima che potessi rendermene conto ero sdraiata a terra pancia in su, mentre cercavo impotente di togliermi il suo peso di dosso.
“Togliti, togliti, togliti! “
Era troppo tardi mi aveva bloccato mani e braccia, cavolo! Era il doppio di me!
Lacrime di frustrazione iniziarono a scendere lente e dolorose dalle mie guance mentre i miei denti non la smettevano di digrignare rabbiosamente.
“Quante volte l’avete fatto? Eh? Quante!”
Non ricordo molto di quello che accadde. Ricordo solo di una grande bolla di energia che si allargava all’interno del mio corpo e raggiungeva le mie mani e saliva su per la gola.
Poi solo una grande campana di luce che mia avvolgeva e che sbatteva Malbòro lontano dal mio corpo, ed infine il viso di Lilium, il suo sorriso rassicurante e le sue labbra che mi accarezzavano la fronte – continua a camminare, non ti fermare, non ti guardare indietro. Fatti forza, io non ti mollo.

Non so esattamente quanto tempo dopo ripresi i sensi.
Malbòro era ancora svenuto a qualche metro da me, un rivolo di sangue gli scendeva lungo la fronte ma il petto si alzava e abbassava ancora, non era morto.
Lilium mi aveva protetto con la sua magia. Sapevo che aveva fatto una magia di protezione su di me, ma fino ad ora non ne avevo mai capito la funzione, forse perché non ne avevo mai avuto bisogno.
Mi alzai, nonostante tutte le mie articolazioni gridassero e i punti in cui Malbòro aveva premuto pulsassero come l’inferno.
Trascinai il corpo del Mangiamorte fino all’albero dove l’avevo sbattuto  la prima volta, mi assicurai che fosse resistente e ve lo legai con delle catene magiche, non prima di avergli sfilato la bacchetta naturalmente.
Mi pulì dalla terra con delle salviette prima di dargli il buongiorno con una cascata di acqua gelida.
“Dormito bene bastardo?”
Scosse la testa e mi guardò. Poi tentò di liberarsi ma le catene non glielo permisero, solo quando sentì odore di bruciato capì che più si dimenava più la sua carne bruciava. Una mia prerogativa.
“Come hai fatto?”
“Io non ho fatto nulla. Lilium, evidentemente, non voleva che tu mi toccassi. Ora è il mio turno di domande” incrociai le braccia sotto il seno ”Dove si trova Voldemort?“
Non parlò. Ma ero preparata pure a questo.
Tirai fuori dalla mia borsa l’unica boccetta di Veritaserum che ero riuscita a sintetizzare con non poca fatica.
“Veritaserum?”
Annuì senza smettere di sorridere “Ti ho sorpreso un’altra volta, per caso?”
“Non penserai mica che lo prenda di mia spontanea volontà, vero? Sognatelo!”
Alzai le spalle “In effetti un po’ ci speravo, ma ho i miei metodi.”
“Puoi anche minacciarmi di uccidermi se ti va, ma nessuna minaccia è peggiore della punizione che ci spetta se lo tradiamo. Vale anche per la tua tortura, non cederò, nemmeno un sussulto.”
Sospirai e capì che aveva ragione, non valeva la pena di sprecare dell’ottimo Veritaserum, per uno come lui sarei bastata io.
Era da un po’ che non lo facevo e probabilmente lo sforzo mi avrebbe stremato ma ce l’avrei fatta, inoltre era la mia unica speranza.
Riposi la boccetta nella tasca del jeans e mi avvicinai a lui.
Lo costrinsi a fissarmi negli occhi tenendo gli indici premuti sulle sue tempie. Un tempo non avrei avuto bisogno di tutta quella cerimonia, mi sarebbe bastato conoscerlo e sentire la sua presenza, ma senza allenamento guarda cosa mi toccava fare.

I suoi ricordi, pensieri e emozioni mi investirono come un un’onda violenta.
Vidi un bambino piccolo, con il broncio, che tentava di trattenere le lacrime davanti al padre arrabbiato e lo stesso bambino avvolto dalle braccia della madre, che lo consolava di nascosto.
Poi vidi un bambino più grande, bello, con i capelli scuri e lucidi, al suo primo giorno di scuola, vestito con una divisa rosso borgogna, stringere con forza la bacchetta come se fosse la sua ultima salvezza.
Poi vidi Lilium ridere, scherzare e bisticciare con Malbòro, vestito con la stessa tunica borgogna.
Ancora Luke camminare mano nella mano con una ragazza e, legato al ricordo, lui al cimitero mentre piange.
Infine il giorno della sua marcatura e il ghigno terribile di Bellatrix mentre sviene per il dolore.
Infine il suo mondo è pieno di Voldemort.

Mi staccai da lui con uno sforzo enorme. Entrambi eravamo accaldati e avevamo il fiato corto.
Lo fissai per un secondo prima di alzarmi e recuperare le mie cose.
“Cosa è successo? Cosa mi hai fatto? Cos’era quella sensazione?”
“Datti una calmata Luke, non è successo niente che ti possa aver danneggiato.”
“Perché mi sento così debole?”
“Non è niente di che. Fra qualche secondo perderai coscienza e quando ti risveglierai non ricorderai nulla. Né di avermi visto, né di avermi picchiata né tanto meno ricorderai ciò che ho fatto. Continuerai con la tua felice vita da Mangiamorte e la prossima volta che ci incontreremo, ti ucciderò.”
Tentò di alzarsi, ma anche senza catene rimaneva un fantoccio privo di forze.
“Non voglio dimenticare.”
Mi fece quasi pena ma non dovevo farmi prendere dalla gentilezza, lui, se fosse stato al mio posto, non l’avrebbe fatto.
Mi avvicinai e gli baciai la fronte “Dormi.”






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Capitolo 4
*** 4 ***


3° B.F.T Quarto   












Giungemmo all’ultima settimana di settembre in un battito di ciglia, tuttavia il vento freddo tipico di questa stagione non si era fatto ancora sentire e tutti gli studenti approfittavano delle ultime giornate di sole per fare i compiti all’aperto, divertirsi in riva al lago, giocare a “Quiddicth in the box” o semplicemente rilassarsi.
Il clima a scuola era ancora di vacanza.
Tutti i professori, tranne Piton ovviamente, avevano alleggerito il bagaglio di compiti ed esercizi, in particolare Vitius ci stava insegnando alcuni incantesimi stupidi, per esempio imparammo come far muovere l’acqua di una fontana in un determinato modo, idem la Sprite, che ci stava facendo studiare i nomi di piante che contenevano sostanze afrodisiache.
Hermione era l’unica ragazza a non essere particolarmente esaltata, al contrario di Lavanda e Calì che, per tutta la lezione, non avevano smesso un solo attimo di lanciare gridolini eccitati.
Il professor Ruff, più di tutti, nell’ultimo periodo, aveva conquistato la simpatia degli studenti del quinto anno.
Aveva continuato con i suoi racconti sulle Famiglie Purosangue con il favore di tutti, anche se spesso esaltava più se stesso che noi.
Tutti amavano le sue lezioni e nella Top-Ten dei professori aveva scavalcato la Umbrige piazzandosi al decimo posto.
In effetti, non si era dimostrato così complicato scegliere chi fosse il peggiore.
Sia noi Grifondoro che i Serpeverde eravamo molti patriottici quando si parlava della propria casa quindi il primo posto era sempre conteso fra Trasfigurazione e Pozioni.

Io stesso, al terzo anno, quando volevo votare Remus, avevo ceduto il mio voto alla causa.
Le lezioni di Storia della Magia erano diventate le più attese degli studenti, ma non tutti avevano le stesse ragioni.
-    È sclerato, vi dico! Non ho mai visto quella serpe perdere il controllo così velocemente!
Eravamo appena entrati in sala comune, Hermione, Ron ed io, quando avevamo sentito Dean parlare, circondato da una ventina di persone.
-    La famiglia Malfoy è stata di sicuro la famiglia più potente del suo secolo, superiore anche a quella dei Radix, una bacchetta non fa il mago! Ahbram Malfoy l’avrebbe distrutto un Radix! - ripeté scimmiottando la voce del Serpeverde, facendolo assomigliare quasi a una donna.    
-     Sembrava sul punto di voler strozzare Ruff. Ha continuato a bestemmiare fino alla fine della lezione!
- La verità è proprio dura da digerire- intervenne George - Chissà com’è stato scoprire che la sua è una famiglia di gorilloni incapaci.
-    Non piacevole di certo – rispose Fred, dando il cinque al fratello.
-    Ma non è tutto- continuò Dean - Finita la lezione è tornato da Ruff pretendendo di sapere dove si trovasse l’albero sacro. Per farsi una bacchetta uguale. Quando Ruff non ha saputo rispondergli è andato su tutte le furie. Ha accusato Ruff di voler tenere il segreto tutto per se e ha minacciato di chiamare suo padre. Alla fine è uscito, ma di certo i suoi capelli non staranno più in ordine come prima!
Ci sedemmo sul nostro solito divanetto davanti al fuoco.
Hermione tirò fuori un libro di Rune Antiche e iniziò a fare i compiti. Ron invece prese da una tasca interna della divisa “MagoOra, il mensile per i giovani maghi che crescono”.
Non l’avevo mai letto però penso fosse simile al playboy dei babbani, e la mia tesi veniva continuamente confermata anche dal fatto che Ron nascondesse subito la rivista appena Hermione si voltava.
-    Secondo voi perché Malfoy era così interessato alla lezione di Ruff? – chiesi ad entrambi.
-    Harry? Non comincerai a fare il sospettoso? Tutti sono interessati alle lezioni di Ruff! – mi rispose Herm sorridendo
-    Lo so, lo so, ma perché la scenata?
-    Ai Malfoy piace pavoneggiarsi, ormai si sa.
La risposta di Ron liquidò la mia domanda. Non del tutto però. Il tarlo del dubbio si era già insinuato dentro di me.
Per il momento non rimuginai e mi avvicinai ad Hermione per vedere se aveva finito con Antiche Rune e se poteva aiutarmi con qualcosa.
-    Hai già fatto Difesa per domani?
Lei annuì senza smettere di scrivere – non era molto lungo, era solo noioso. Devi fare un riassunto dei capitoli letti e un foglio di pergamena con le tue opinioni. –
-    Se mi metto a scrivere le mie opinioni, quest’anno verrò bocciato!
-    Devi solo sforzarti a pensare come lei. Scrivi l’esatto opposto di quello che pensi.
Copiai da lei il riassunto e seguì il suo suggerimento, quando rilessi il tema mi sembrò quasi divertente tanto era ridicolo.
“Secondo me, tutte le creature marine, conosciute e sconosciute, dovrebbero consegnarsi alle autorità magiche e essere rinchiuse in acquario pubblico per essere da divertimento ai piccoli maghi in gita con la scuola….”
Probabilmente la Umbrige non l’avrebbe bevuta ma avevo solo scritto come mi aveva detto di fare.
La prima lezione era stata un disastro, esattamente come aveva predetto Ginny. Uno sterminio.
Alla fine della lezione tutti e tre, io in particolar modo, eravamo in uno stato catatonico e apatico.
Non una cosa di ciò che aveva spiegato la Umbrige quel giorno stava in piedi.
Il libro che avevamo in affidamento per quell’anno si intitolava “Difesa contro le arti oscure per il cittadino intelligente: come usarla senza far male a una mosca.”
Quanto può rimane confuso uno studente leggendo prima “Difesa” e poi “senza far male a una mosca”?
Se uno si difende è perché viene attaccato, o così dovrebbe essere. Vuol dire che è meglio morire piuttosto che difendersi?
Metà di noi sarebbe già al cimitero. Io per primo.
Comunque cercai di non farmela pesare, dopotutto la incontravo solo tre volte a settimana, non sarebbe stata il centro del mio universo.
Presi in mano penna e pergamena per il compito di Pozioni e intinsi la punta della piuma nel calamaio preparandomi a scrivere.
Dovevamo scrivere un foglio di pergamena sulle fasi lunari e sul loro effetto sullo svolgimento delle varie pozioni. Un compito che avrebbe occupato il resto del mio pomeriggio.
Mentre pensavo a come iniziare il trattato, la mia mano rimaneva sospesa sopra il foglio lasciando alla pena il compito di macchiare con l’inchiostro la pergamena.
Non mi accorsi nemmeno di essere chiamato.
-    Harry? Harry!
Alzai la testa di scatto – si?
-    A che cosa stavi pensando? È da ore che ti stiamo chiamando – disse Ron, che aveva nascosto il giornale e che si era spostato sul bordo della poltrona.
Sfilai gli occhiali e mi sfregai gli occhi assonnati.
-    Scusate, mi sono distratto. Mi stavo spremendo cercando di trovare un modo per iniziare il compito per Piton.
-    Non ti sforzare troppo Harry. Lo sai che non fa bene alla salute – mi disse Ron. Io mi limitai a guardarlo allibito. Da quando se ne usciva con frasi simili?
-    Non dargli retta Harry – Hermione prese la mia pergamena e vi scrisse sopra due, tre frasi d’introduzione – così sarà più facile - disse riconsegnandomi il compito.
-    Grazie Herm – lei mi sorrise.
Tornai a dedicarmi al mio testo. Hermione intanto si era avvicinata a Ron e aveva iniziato a spiegarli, a bassa voce, le cose di Trasfigurazione che non aveva capito.
Cercai di non farmi distrarre ma la mia penna continuava a rimanere ferma così mi stufai e lo buttai sul tavolo.
Mi alzai e mi stiracchiai.
-    Vado a fare un voletto. Ho bisogno d’aria – annunciai.
Entrambi annuirono prestandomi poca attenzione. Li guardai velocemente prima di uscire dal ritratto, erano così attaccati che fra un po’ Hermione gli sarebbe finita in braccio.
Alzai le spalle e uscì.
Non ero geloso, sapevo che sarebbe successo, inoltre Hermione non costituiva per me una preda appetibile. Dio! Da come si comportava con me poteva essere mia madre, se non mia nonna!
La sola cosa che temevo era che lui avrebbe potuto farla soffrire e allora non avrei saputo da che parte mettermi. Probabilmente dalla parte del tradito.
Sinceramente i loro problemi amorosi erano il mio ultimo pensiero, il primo erano, insieme all’Ordine, i miei problemi amorosi.
Ero cotto di Cho Chang, e sia Ron sia Hermione non facevano altro che farmelo notare.
Come potevo dargli torto. Come era possibile non prestare attenzione a quei bellissimi capelli neri, che volevo tanto toccare. La notte non facevo altro che immaginarmi la loro morbidezza, il loro profumo e come si muovevano quando lei scuoteva la testa, sembravano le onde di un mare tranquillo dove avrei finalmente potuto farmi cullare.
Naturalmente i miei pensieri e le mie fantasie non erano orientate solo ai suoi capelli. Adoravo tutto di lei, dai suoi occhi dolci come il miele e neri come il carbone, al suo profilo delicato che culminava nelle labbra più carnose e rosee che avessi mai voluto baciare e accarezzare.
Sotto la divisa scolastica immaginavo il suo fisico morbido e magro, che avrei voluto abbracciare la notte.
Dire che la desideravo da morire era poco e superfluo.
Sapevo inoltre che anche lei provava per me gli stessi sentimenti.
Era come una scossa che ci univa tutte le volte che ci guardavamo, quelle occhiate che duravano ore le adoravo.
La vedevo inumidirsi le labbra e sorridere quando doveva abbassare lo sguardo.
Era veramente tenera e spesso avevo timore di farle male.
Con questi pensieri e con tutto questo desiderio, lei continuava ad essere un fiore proibito per me.
Scesi le scale fino all’atrio ed uscì dal portone principale, presi il sentiero che conduceva al campo di Quidditch e allo spogliatoio dei Grifondoro dove avrei trovato la mia Firebolt.
Nel venticello di quella notte anticipata, erano solo le cinque e il cielo era già ricoperto di stelle, mi sembrava di sentire il profumo del suo shampoo ed era una gran bella sensazione.
I lunghi fili d’erba si muovevano tutti nella stessa direzione, come le bandiere sulle torri del campo da Quidditch, sicuramente si stava avvicinando una tempesta e il giorno dopo sarebbe piovuto, ma per ora non avrei avuto bisogno di preoccuparmi, potevo volare tranquillo.
Mi tolsi la divisa e allentai la cravatta attorno al collo per essere più libero nei movimenti e più libero di respirare.
Salì sulla scopa e iniziai con qualche giro di riscaldamento.
Sentire il vento contro il mio viso era una delle sensazioni più belle del mondo, mi faceva sentire totalmente libero, mi distraeva dai miei pensieri e rendeva quella maledetta cicatrice notevolmente più leggera e meno fastidiosa.
Soprattutto da quando, nell’ultimo periodo, sembrava non volermi dare un attimo di tregua.
Mi svegliava durante la notte per il troppo bruciore, mi dava il buongiorno tutte le mattine e mi provocava un gran mal di testa ogni volta che cercavo di concentrarmi davvero in qualcosa.
Proprio per questo motivo il Quidditch era la soluzione migliore, poiché mi veniva del tutto naturale, volando, potevo solo rilassarmi e pensare a quelle cose che mi facevano strare bene.
Dopo una ventina di giri spericolati attorno alle due porte, atterrai e presi una pluffa dal baule dei Grifondoro e, tornando in volo, iniziai a giocarci un po’ e a farci qualche tiro di prova.
Purtroppo, quella sera, il mio divertimento solitario finì prima del solito e non per via della stanchezza ma perché accade qualcosa di davvero insolito, almeno più insolito della normale routine.
Stavo volando rivolto verso la foresta quando sentì un rumore strano, continuo e ritmico, che poi capi appartenere agli zoccoli di più cavalli.
Guardai più attentamente tra il fogliame, cercando di distinguere le foglie dei grossi alberi dal buio della notte.
Il rumore di zoccoli si faceva sempre più vicino e sempre più chiaro. A questo si univa anche il fiato affannato dei cavalli e il rumore delle ruote sul terreno accidentato.
Improvvisamente, con un botto, dall’intrico dei rami ne uscì una carrozza.
I cavalli, che la stavano trainando a grande velocità verso il portone dal quale ero uscito io, erano davvero bellissimi. Quattro stalloni neri come la carrozza, avevano una foltissima criniera e si muovevano con grande eleganza e fierezza.
Si fermarono esattamente davanti all’entrata e da allora per una decina di minuti non accadde nulla.
Intanto atterrai per non essere visto e, dopo aver riposto la scopa e recuperato i vestiti, mi avvicinai silenziosamente.
La carrozza era piccola ma raffinata e non aveva conducente.
Le tendine erano tirate su entrambi i lati così che nessuno potesse vederne l’interno, intuì ugualmente che non era vuota, il legno della carrozza scricchiolava e si potevano intravedere delle ombre, non capì però quante persone fossero.
Improvvisamente il portone si aprì con un lamento che mi spaventò e dalla scuola ne uscì Silente in persona.
Vestito sempre con uno dei suoi curiosi pigiama multicolore, aveva stampato sul viso un sorriso davvero radioso e camminava con una rinnovata energia, in breve, sembrava davvero felice e ansioso di accogliere i passeggeri della carrozza.
Aprì l’anta e iniziò a parlare amabilmente, com’era solito fare con me. Mi sforzai e tesi l’orecchio per sentire cosa dicesse ma il vento e la sua voce flebile resero impossibile tutto ciò.
Tese la mano per aiutare qualcuno a scendere e chiuse la porta.
Rimasi quasi deluso a scoprire che dentro la carrozza c’era solo una persona.
Questa era avvolta in un mantello nero e un pesante cappuccio ne nascondeva il viso.
Mentre il preside e lo sconosciuto erano ancora fuori, i cavalli, come se avessero ricevuto una frustata, partirono con un nitrito e balzarono all’interno della Foresta Proibita, proprio da dove erano usciti.
Intanto il preside stava accompagnando il suo ospite verso le scale d’entrata e qui accadde qualcosa che ha suo modo mi sconvolse.
Vidi qualcosa che con l’erba alta del prato non sarei stato in grado di notare…lo sconosciuto portava delle scarpe con i tacchi alti! Saranno stati dieci centimetri, non ero un esperto, lo stivaletto era nero, abbinato con tutto il resto. Un abbinamento a mio parere per nulla originale.
Raggiunte le scale, la sconosciuta, ormai era certo che fosse una donna, si sfilò le scarpe dai piedi e seguì Silente senza aprir bocca.
All’improvviso, come in vortice sconnesso e informe, centinaia di’idee iniziarono a formarsi all’interno del mio cervello, dalle più bizzarre e insolite, alle più razionali, in stile Hermione Granger, il tipo d’idee che rovinano ogni divertimento.

Che Silente avesse un’amante?
Che Silente avesse una vita sessuale?
Che Silente stesse cercando di creare una vita sessuale per Piton?
E se fosse qualcosa riguardo l’Ordine?
E se fosse una nuova professoressa in sostituzione del rospo?
E se fosse il professore di una nuova materia? Danza del ventre?

Tutto ciò si concluse con un grosso punto interrogativo.

Entrai nella scuola prima che le porte si chiudessero e, tornando al dormitorio, guardai alle mie spalle e dietro ogni angolo che sorpassavo, temendo che Silente e la sua misteriosa ospite fossero lì in attesa per prendermi con le mani nel sacco. Quando arrivai davanti alla Signora Grassa fu solo un sollievo.  

*

Mi svegliai la mattina successiva con un mal di testa del tutto inaspettato.
Non avevo fatto sogni di particolare rilevanza, almeno non importanti per quanto riguardava il fronte Voldemort. Avevo sognato Cho come ogni ragazzo normale e per chi non lo sapesse i nostri sogni sono vietati ai minori di 18…ed era piuttosto strano che mi fosse venuto un mal di testa simile dopo un sogno simile.
Mi vesti più distrattamente del solito, infilandomi i nuovi abbinamenti di calzini che avevo fatto, poiché non trovavo la copia.
Non era niente di esaltante in realtà: blu con nero, grigio con nero, rosso con giallo.
Poi passai al resto; per fortuna la scelta degli abiti non implicava né una grossa concentrazione né un particolare gusto negli abbinamenti.
Il disastro accadeva il weekend; durante la settimana la divisa scolastica era la mia salvezza: solita camicia bianca, solita cravatta, soliti pantaloni e solite scarpe. Per fortuna era così, perché la scelta dei calzini costituiva per me uno sforzo mentale non indifferente.
Per uscire il sabato e la domenica chiamavo Hermione o Lavanda, che, fortunatamente, erano ragazze e gli abbinamenti ce li avevano nel DNA.  
Mi avevano fatto cambiare la montatura degli occhiali con una più moderna e avevano fatto una scorta di lenti a contatto da usare nelle occasioni speciali, cioè mai, inoltre, ogni volta che c’era la gita ad Hogsmade, mi accompagnavano a fare shopping.
Il mio armadio non era mai vuoto, ero io ad essere troppo svogliato per aprirlo.
Scesi le scale allacciandomi di malavoglia la cravatta quando mi ricordai di essermi dimenticato di svegliare Ron.
Tornai su di corsa ed aprì la porta sbattendola.
Ron, intuendo che era ora di svegliarsi, si rannicchiò stretto sotto le coperte e si portò il cuscino sopra la testa, sbuffando parole sconnesse.
Io, che non avevo alcuna voglia di giocare, aprì le tende bordeaux  della finestra vicino al suo letto e feci entrare la prima luce all’interno della camera.
Da ogni letto partirono mormorii di dissenso.
Scossi la testa. Io dovevo solo far alzare Ron, gli altri che si svegliassero a vicenda!
Denudai Ron dalle coperte e gli tolsi con forza il cuscino dalle mani.
-    Sveglia Ron! Non ho nessuna intenzione di saltare la colazione a causa tua!
In risposta lui alzò il medio.
-    Fai come vuoi!
Gli ributtai addosso il cuscino e scesi nella sala comune.
Appena Hermione mi vide fece subito per aprir bocca per chiedermi di Ron, ma l’anticipai.
-    è il tuo innamorato Hermione, non il mio, gestiscitelo da sola.
Questa loro fase di innamoramento mi stava davvero stancando, non solo mi toccava fare da balia a Ron, dovevo anche ascoltare le lamentele di entrambi.

Arrivai nella Sala Grande in compagnia di Fred e George ma appena ci sedemmo al tavolo si allontanarono insieme ai loro amici del settimo anno.
Mi sedetti accanto a Neville e iniziai ad imburrare una fetta di pane tostato.
Mentre masticavo, di tanto in tanto, alzavo gli occhi per vederla arrivare, perché, il momento in cui entrava in Sala Grande, era il più bello della giornata.
Entrava dalla porta principale, sempre circondata da amiche, immersa nel loro chiacchiericcio, però splendeva, almeno per me brillava di una luce propria.
Ogni giorno mi appariva sempre più bella e sapevo di non essere l’unico a notarlo.
Molti altri ragazzi, anche tra i Serpeverde, erano attratti dai suoi lineamenti e dai suoi capelli lucidi, ero io però, l’unico, a essere notato da lei.
Infatti, appena trovava posto mi cercava subito con lo sguardo. Appena entravo nei suoi occhi li vedevo scintillare e allargarsi. Diventavano talmente profondi che avevo la tentazione di sprofondarvi.
Inoltre adoravo anche la nostra complicità, se avevo qualche baffo di marmellata sulle labbra lei mi faceva segno e mi sorrideva con dolcezza.
Odiavo quando era triste perché voleva dire che stava pensando a Cedric e ciò mi creava un grande dispiacere.
Un giorno, vedendola uscire di corsa fuori da una classe, avevo aspettato che si fermasse in luogo appartato per raggiungerla e consolarla. Quella volta l’avevo stretta tra le mie braccia quasi fino a soffocarla mentre lei, con le sue lacrime, aveva riempito di macchie la mia camicia.

Quella mattina finì di bere il mio the molto lentamente nella speranza di vederla entrare ma quel giorno la pazienza non mi aiutò.
Forse aveva già fatto colazione, oppure si era svegliata tardi ed era già corsa a lezione.
Quella mattina non avevo visto entrare né lei né le sue amiche dunque non avevo paura che non fosse venuta per via di Diggory.
Pensai a tutto ciò dirigendomi verso l’aula d’Incantesimi. Mentre camminavo fui raggiunto da Ron e Hermione che, silenziosi, mi affiancarono.
Quel giorno la lezione si sarebbe svolta insieme alle serpi, il peggior inizio mattinata che avessi mai potuto desiderare.
Ci sedemmo al nostro solito banco in fondo alla classe e osservammo il professore entrare in classe con un carico di libri più grande di lui.
-    Buon giorno cari ragazzi- ci salutò con un saluto molto caloroso -Spero che siate belli carichi questa mattina perché oggi vi insegnerò un incantesimo davvero interessante. Oggi impareremo a levitare!
La classe intera scoppiò in un chiacchiericcio e in mormorio di eccitazione.
-    Calmi, calmi. Per favore! Non facciamoci prendere dall’entusiasmo. Anche perché durerà poco. Questo sarà pure un incantesimo molto utile e molto interessante ma questo non significa che sia facile. Dovrete avere molta concentrazione e avere un ottimo controllo del vostro potere.
Noi tutti annuimmo e ci preparammo ad ascoltare attentamente la spiegazione.
Aveva appena iniziato quando qualcuno bussò alla porta con due colpi secchi.
Tutti, appena vedemmo entrare la professoressa McGrannit, ci alzammo in segno di rispetto e ci zittimmo.
-    Buon giorno professor Vitius, scusi se la interrompo, ma sono qui in veste di accompagnatrice per ordine per professor Silente. Spero di non aver interrotto una spiegazione particolarmente importante.
-    Non si preoccupi, non avevo ancora cominciato.
-    Bene, bene – poi si voltò verso l’ingresso dell’aula e, alzando la voce– ora puoi entrare, mia cara.
Tutta la classe si girò verso la porta come un tutt’uno, facendo scricchiolare rumorosamente  le panche.
Inizialmente si vide solo lo sventolare il tessuto nero di una divisa, poi, molto lentamente, una gamba, un braccio, una ragazza.
Camminava sicura verso la McGrannit, con le braccia abbandonate sui fianchi e le mani aperte penzoloni.
La sua pelle era molto chiara, sembrava un pezzo di carta tirato fino al punto di spezzarsi.
Aveva i capelli mossi, quasi ricci sulle punte, di un castano scuro molto brillante.
Gli occhi, dello stesso colore dei capelli, erano duri come il marmo.
Quando lo raggiunse vicino alla cattedra, la McGrannit la afferrò non molto gentilmente per la spalla e la fece voltare verso di noi per presentarla.
-    Allora ragazzi – iniziò con fare spiccio - vi voglio presentare Marte Moonroad. Proviene da un paese del nord della Scozia. Questo è il suo primo giorno in una scuola di magia quindi vi prego di farla sentire a casa e fra amici – qui rivolse una lunga occhiata ai Serpeverde, scorrendo velocemente le facce, banco per banco - Mostratele ciò che le serve e fatele da guida per i primi giorni. Noi professori ci occuperemo del resto.
Sorrise una volta a noi e una volta alla nuova arrivata, con poca convinzione, le consegnò un foglio, contenente probabilmente l’orario delle sue lezioni e, dopo aver scambiato un cenno d’intesa con Vitius uscì dalla classe sbattendo la porta.
Per alcuni secondi continuò ad esserci un silenzio totale nella classe.
La nuova arrivata teneva il viso basso, fisso sul pavimento, come se stesse contando i massi che lo componevano.
Io l’avevo già fatto, in tutte le aule.
Tutte avevano dai sessanta ai settanta pietroni, tranne quella di divinazione che era notevolmente più piccola delle altre.
Anche Vitius sembrava non sapere da che parte iniziare e se ne stava con le mani in mano, indeciso se guardare noi o la ragazza.
-    Allora - iniziò con cautela ma con un sorriso incoraggiante sul viso – per questa prima lezione puoi sederti qui al primo banco con il signor Malfoy e la signorina Parkinson. Sono gli unici in coppia, mentre gli altri sono in gruppi da tre. Stiamo facendo un incantesimo leggermente complicato, dunque fai ciò che puoi – proseguì indicandole il banco – Non so ancora esattamente quale sia il tuo attuale livello magico dunque fai pure con calma, e chiedi se no capisci qualcosa.
Alzò subito lo sguardo, neanche di tanto in verità, con Vitius non si rischiava mai il torcicollo, e si voltò a guardare il professore.
Per qualche secondo lo ascoltò attenta e concentrata, poi, nonostante il professore le stesse ancora parlando, alzò gli occhi per dare un’occhiata in giro.
Nessuno più la stava osservando così che lei poté dedicare ad ognuno un’occhiata di dieci secondi, come se stesse analizzando la classe.
Io ero l’unico a fissarla ancora perché quel solito brivido, che mi avvertiva dei pericoli, una specie di sesto senso, mi aveva percorso tutta la schiena. E, anche se nessuno ci credeva mai, all’inizio, il mio sesto senso aveva sempre fatto centro.
Insomma, una ragazza arriva per iniziare la scuola con un mese di ritardo, di notte, su una carrozza, accolta da Silente in persona… di certo qualcosa non quadrava!
La stavo fissando ancora quando il suo sguardo cadde su di me.
Che scossa.

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Capitolo 5
*** 5. ***


5° B.F.T Quinto.







Nei ricordi di Luke avevo visto tutto molto chiaramente.
Voldemort aveva diviso i Mangiamorte in coppie che avevano il compito di perlustrare una lunga fascia di costa che partiva dalla Francia fino alla Germania e su tutta la Norvegia.
Sapeva che non avevo abbastanza energie per smaterializzarvi da dovunque e che dunque dovevo farlo dalla costa.
L’idea di farlo dalla Norvegia era molto rischiosa ma ne sarebbe valsa la pena di provare se non ci fosse stato nessuno di guardia e se avessi avuto tutto il tempo del mondo per accumulare energie.
Invece doveva essere una cosa veloce e senza un grande dispendio di energie perché una volta arrivata a terra dall’altra parte niente mi avrebbe assicurato che sarei stata al sicuro.
Giunsi ad un promontorio senza problemi. Mi affacciai e vidi l’Inghilterra dalla parte opposta della Manica.
Era stato tutto tremendamente facile e questo m’insospettì.
Mi guardai intorno, cercando di rilassarmi per captare qualche eventuale mago nelle vicinanze, ma non sentì nulla se non l’ululare del vento.
Balzai.

*
Atterrai un po’ barcollante.
La mia batteria biologica, per così dire, si era quasi del tutto esaurita.
Ero riuscita ad arrivare ad un autostrada che sapevo giungesse a Londra. Una volta lì arrivare a Diagon Alley e rintracciare Silente sarebbe stato un gioco.
-    Sapevo che ti avrei trovata qui. Sei prevedibile come sempre.
La sua voce roca mi fece venire i brividi, nonostante l’anno precedente mi ci fossi assuefatta.
Lo guardai e mi apparve diverso da quando era risorto.
I lineamenti serpentini non erano ancora del tutto scomparsi dal suo viso ma non era più nemmeno così evidenti.
Il colorito era più rosato e la forma del viso era meno allungata. Gli occhi, però, rimanevano rossi come il sangue.
Era incredibile che io mi fossi davvero affezionata a lui quando aveva avuto un aspetto così mostruoso. Certo, l’amore non si misurava con la bellezza, però a tutto c’è un limite.
Eppure gli avevo voluto bene. Era stato uno di quegli amici difficili da dimenticare; mi amava e mi proteggeva a spada tratta.
-    Ciao Tom.
-    Ciao Marte. Come stai, mia cara? Mi sembri stanca.
-    Certo che sono stanca, Tom, mi hai messo alle calcagna ogni singolo cane alle tue dipendenze.
-    Mi ci hai costretto, cara. Io voglio solo riportarti a casa.
-    Non sei esattamente il classico genitore premuroso, ma che ne so io, dopotutto – alzai la testa e lo guardai – Non voglio più aiutarti Tom, non sono più d’accordo con quello che fai, perdonami.
-    Cosa vuol dire che non mi vuoi più appoggiare?
Alzai le braccia in un gesto disperato – Dio Tom! Come fai a non capire? Quante persone hai ucciso o hai ordinato di uccidere, Tom? Ti stai mettendo contro l’intero mondo magico e per cosa?
-    Perché voglio cambiare il mondo, Marte. Voglio cambiarlo questo mondo corrotto, pieno di politici ricchi ed egoisti, pieno di questi maghi indegni.
-    Non sono indegni, sono solo diversi da te. Non puoi fare tutti a tua immagine e somiglianza. Non sei un Dio.
-    Sono immortale.
-    Ma non sei un Dio- ripetei - Sarai immortale ma guarda come ti sei ridotto.
Gli occhi di Voldemort si assottigliarono ma senza essere minacciosi – perché mi fai questo?
Finalmente trovai la forza di guardarlo negli occhi – perché mi hai portato via la mia linfa, la mia ragione di vita, il mio cuore.
Sospirò – lo so che mi porti ancora del rancore per ciò che ho fatto a tuo fratello ma lui mi aveva tradito.
-    L’ha fatto per me! Per il mio bene!
-    Questo non cambia la situazione, tuo fratello mi ha voltato le spalle.
-    Non era solo un fratello per me, e tu lo sai bene.
-    Certo che lo so, e ho mai detto niente al riguardo?
-    Che diritto avresti avuto di intervenire, scusa? – gli puntai il dito contro – tu l’hai ucciso per una faida che aveva avuto inizio secoli fa, che motivo c’era, voi non avevate colpa per ciò che avevano fatto i vostri avi!
-    Nostri avi!
Sbuffai e gli diedi le spalle, cercando di arginare a rabbia. Lo sentì avvicinarsi.
-    Inoltre sai che c’era molto più di tutto questo, ragioni di onore, ragioni di sangue.
-    Ragioni stupide.
-    Lui si è preso carico dei doveri della vostra famiglia al tuo posto, è morto con onore.
Finalmente sentì le mie lacrime scendere e fu quasi una liberazione.
Mi accasciai al suolo, incurante della mia dignità e mi tirai i capelli per sentire un dolore diverso, per non sentire il mio cuore sanguinare e sfaldarsi.
-    Vieni con me. Unisciti a me, non posso pensare di vederti tra le fila nemiche.
Mi strofinai gli occhi che si arrossarono subito.
-    Tu mi offendi chiedendomi questo. Offendi la mia intelligenza e il Mio senso dell’onore. Non sono una marionetta, ho dei sentimenti. Non sono un’ipocrita come tutti i bastardi che ti porti dietro – sospirai - Non sono come te, Tom, per me il potere non è tutto.
Mi offrì una mano e mi aiutò ad alzarmi.
-    Forse è così, ma anche tu provi il mio stesso piacere ad usarlo, ed allora ne vuoi sempre di più, sempre di più. Non tradire i tuoi desideri.
Risi - io non sono un animale Tom, io so controllare i miei istinti, forse tu dovresti imparare a fare lo stesso.
Voldemort appoggiò le sue mani sulle mie spalle – adoro le donne intelligenti quanto quelle incoscienti. Non condivido le tue idee ma le accetto. Tuttavia non pensare che non ti ucciderò se non ne avrò l’occasione, Marte.
La mia anima è divisa, il mio cuore non batte più, io però continuo a vivere. Anche se i sentimenti non fanno più parte di me, io esisto. E sono più forte che mai –
Negai con la testa – oh Tom! Tu proprio non vuoi capire! Le emozioni, le paure, le gioie non sono una debolezza, ci fanno solo capire la portata delle nostre azioni. Tu, la tua portata, l’hai già superata. Non tirare troppo il filo, perché lo spezzerai.
Annuì e abbasso le braccia sui fianchi con delusione. Non aveva bisogno di farmelo notare, sapevo di averlo deluso, ma, ormai, le nostre strade avevano preso direzioni diverse; mentre lui avrebbe lottato per il potere, io avrei lottato per impedirglielo.
-    addio Tom.
-    No, alla prossima battaglia. Ti darò un po’ di vantaggio, il tempo perché tu raggiunga Hogwarts e Silente, poi riprenderò da dove avevo iniziato.
Avrei voluto fare la spocchiosa e dirgli che non ne avevo bisogno ma sapevo che era il suo ultimo atto d’affetto nei miei confronti quindi mi limitai a guardarlo andare via e sparire nel buio.
Era stato parte della mia famiglia per molto tempo e per sempre avrebbe fatto parte del mio cuore, perché, nonostante avessimo idee divergenti e nonostante mi avesse rubato un possibile futuro felice, mi aveva sempre portato rispetto e aveva rivolto sempre e solo a me quell’ultima scintilla d’affetto che gli era rimasta.

*

Finita la chiacchierata con Tom proseguì con il cammino e, seguendo il consiglio di Lilium, non mi guardai mai indietro.
Non avevo voglia di chiedere aiuto a nessuno, così, appena mi sentì in grado, balzai per un’ultima volta.

Sentì qualcuno chiamare il mio nome ma io non avevo più voglia di sentire nessuno, così mi lasciai cadere, augurandomi che qualcuno avesse la cortesia di raccogliermi.

*

Mi svegliai in un letto caldo, mentre la luce del sole m’illuminava il viso.
Le molle del letto scricchiolarono appena mi mossi.
Poco a poco presi a focalizzare ciò che avevo attorno, misi a fuoco la vista appannata e mi bagnai le labbra secche.
Avvertì una presenza alla base del letto ma non capì subito perché la cosa non mi preoccupasse.
Il baldacchino su cui mi trovavo era vecchio, di legno e senza tende.
Nell’aria aleggiava un buon profumo di cibo ma il mio stomaco era ancora troppo chiuso per sopportarlo.
-    Ben svegliata. Ti ho portato qualcosa da mangiare nel caso avessi fame.
Mi tirai su – no grazie, non ho fame.
-    Va bene, ma non ti alzerai finché non avrai mangiato qualcosa di solido – si alzò e prese una boccetta dalla mia borsa - Sei riuscita a sopravvivere quasi del tutto senza cibo grazie a questa tua pozione ricostituente. Un intruglio strabiliante, se si pensa che l’hai preparato con le poche risorse a tua disposizione. Sei davvero un’ottima pozionista, ai livelli di Severus quando aveva la tua età – ne sollevò un’altra - Non ho capito però l’utilizzo di quest’altra. È servita forse come rimedio ai tuoi tagli?
-    È davvero una lunga storia preside.
Silente si voltò verso di me sorridendo – una storia che io sarò davvero felice di ascoltare se ne avrai voglia.
-    Sicuro, ho davvero molte cose da dirle. Ho scoperto molto in questi due mesi. Cose terrificanti e preoccupanti.
Il suo sorriso si allargò quando mi vide sbadigliare – quando sarai in forma parleremo.
Avrei voluto contraddirlo e dirgli che ero pronta, anche perché non vedevo l’ora di togliermi il peso di tutte quelle novità, invece annuì e mi sdraiai di nuovo.
-    Vuoi che chiuda le tende?
-    Sì, per favore.
Silente mosse rapidamente il polso e, di colpo, tutto si fece buio.

*

Quando mi svegliai era già la sera del giorno dopo.
Mi alzai e mi stiracchiai.

Dagli spiragli delle tende entrava una lieve luce dorata che illuminava la stanza rendendo i contorni dei mobili più chiari.
Su una sedia erano appoggiati tre morbidi asciugamani di spugna mentre sulla scrivania erano impilati più di una decina libri, di fianco a questi delle piume, due calamai e alcuni fogli di pergamena.
Presi gli asciugamani ed entrai nel bagno. Era piccolo ma carino. Il pavimento e metà di ogni parete erano decorati con piccole piastrelle bianche con ricami rosa e grigi. Il lavandino e la doccia avevano le manopole di ottone mentre il soffitto era del tutto ricoperto da uno specchio enorme.
Mentre mi facevo la doccia pensai a come riuscissero a renderlo così perfettamente pulito.
Poi mi misi a ridere perché, come mi avrebbe detto Lilium, ero ancora abituata alle maniere babbane, con la magia era tutto più facile.
Tornata in camera trovai sulla stessa sedia su cui avevo trovato gli asciugamani, un paio di jeans grigi, una camicetta nera e le mie scarpe pulite. Lì qualcuno conosceva le mie misure…
Il letto era già stato rifatto e sul copriletto vi trovai una divisa nera molto larga che mi sembrava si avvicinasse più a quella di un prete che a quella di un mago.
Presi tutto il tempo che avevo bisogno per asciugarmi i capelli, vestirmi, incremarmi. Insomma, per fare tutte quelle cose da donna che non facevo da secoli!
Quando scesi erano le otto di sera, e sentì con piacere il mio stomaco ingarbugliato per la fame.

Trovai Silente, seduto ad un tavolo elegantemente apparecchiato, guardarmi mentre scendevo le scale.
Mi diressi verso di lui e mi accomodai. Per i primi dieci minuti parlammo del più e del meno: della scuola, degli studenti, dei professori, del mio livello magico, poi arrivò il cameriere e ordinammo.
-    Penso che non avrai il minimo problema con quelli del quinto anno. Insomma, le tue capacità magiche hanno avuto momenti migliori, soprattutto nel periodo in cui allenavi e adoperavi frequentemente gli Altri, ma sono comunque ottime. Ti potrei addirittura mettere con quelli del sesto se lo preferisci, ma io penso che ti troverai meglio con quelli della tua età.
-    Per me non fa differenza preside, lei lo sa. La scuola è il mio ultimo problema, ci vado solo così avrò la possibilità di tornare in forma e, sì, di imparare qualcosa di nuovo. Soprattutto ho una gran voglia di fare pozioni. È da secoli che non opero con un vero e proprio calderone.
-    Vuoi essere smistata?
Ci pensai qualche secondo - Non ne sono sicura.
-    Se preferisci ti posso dare una stanza in una qualsiasi delle torri, così ti sentirai più libera.
-    Non voglio essere privilegiata. Se devo andare a scuola voglio farlo come tutti i ragazzi normali.
Silente annuì – allora verrai smistata.
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, non sapendo cosa dire oppure pensando a ciò che avevamo già detto – che giorno è oggi, professore?
Silente mi guardò con aria stupefatta ma dopo quell’attimo mi sorrise – è il 25 settembre, mia cara.
Mi guardai le mani e vidi che tremavano – tre mesi.
Mi sembrava tutto così incredibile ed impossibile.
La paura che ogni ombra e rumore che mi circondava potesse svelare la presenza di un Mangiamorte.
Quel terribile silenzio, che era diventato opprimente e doloroso ed infine il gelo di un letto che non avrebbe dovuto essere vuoto.
Come una storia scritta male di cui non si vedeva il lieto fine.
-    Puoi iniziare domani se vuoi. Una carrozza verrà a prenderti stasera così non darai nell’occhio e avrai il tempo di sistemare le tue cose in una stanza provvisoria, per la fine della settimana sarai smistata in una casa.
Annuì – Ho molte cose da dirle professore, e non so da dove cominciare.
Sorrise nuovamente con gentilezza – direi dal giorno in cui ci siamo visti l’ultima volta.
-    Molto bene.

*

Il racconto non durò molto e, per le undici di sera, una carrozza venne a raccogliermi.
Avevo raccattato le mie poche cose, più i libri e i vestiti che Silente mi aveva comprato per affrontare i primi giorni.
Un paio di jeans e alcune magliette con i personaggi della Warner Bros disegnati sopra, molto carine. Mi aveva comprato anche delle scarpe col tacco che provai subito, sistemando i grossi stivali da battaglia nella valigia insieme al resto.
Insieme a tutti gli abiti trovai un mantello nero molto lungo e immaginai di doverlo indossare.

Arrivammo a scuola in pochi minuti. I cavalli della carrozza erano bellissimi però correvano come se avessero avuto il diavolo alle calcagna.
Passammo per il bosco e tutti i rami che avrebbero dovuto sbattere contro il gabbiotto lo trapassavano come se fossero stati invisibili.
Appena vidi il castello, il cuore iniziò a battermi più forte. Era esattamente come Lilium me l’aveva sempre descritto. Ogni pietra conteneva la magia, ogni pietra aveva visto la magia e per questo l’aria era avvolta da un lieve alone di nebbia brillantina.

Silente mi accompagnò alla mia stanza.
Passammo attraverso una miriade di corridoi e di rampe di scale. Avrei fatto fatica a ricordarmi tutto quel percorso se non ci fossero stati i vari quadri ad aiutarmi.
Non disfai nulla, mi sdraiai sul letto e fissai la divisa di Hogwarts per tutta la notte, senza chiudere occhio.

La mattina arrivò presto, indossai la toga, cioè la divisa, presi la bacchetta di Lilium, lasciando la mia nel cassetto della scrivania e aprì la porta scoprendo che ad aspettarmi c’era una donna, avvolta in un abito scuro dal colletto rigido molto alto, sopra i capelli rigidamente raccolti un enorme cappello nero da strega.
-    Buon giorno signorina Moonroad, sono la professoressa McGrannit, insegno Trasfigurazione. Sono qui per darle il benvenuto alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts e per accompagnarla alla sua prima lezione. La prego di fare più in fretta la mattina.
Le lezioni iniziano tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, alle 8 in punto.  La Sala Grande, che è il luogo dove si svolgono tutti i pasti e tutte le cerimonie, aprirà per la colazione alle sei e mezza. Per gli ultimi orari le consegnerò un foglio con tutte le informazioni.
Il sabato e la domenica, e occasionalmente il pomeriggio al termine delle lezioni, potrà uscire e visitare Hogsmade o Diagon Alley. Noi professori preghiamo gli alunni di uscire sempre in coppie o in gruppo, per evitare spiacevoli incontri.
Si voltò verso di me, forse per assicurarsi che la stessi seguendo o che la stessi ascoltando.
-    Le sue lezioni di oggi saranno provvisorie, poiché non sappiamo ancora quale sia la sua casa né tanto meno sappiamo le sue preferenze. Per le lezioni base seguirà quelle dei Grifondoro, dei quali sono a capo, per le altre invece, solo per oggi, avrà totale libertà, sono stata chiara?
-    Sì, professoressa McGrannit.
-    Bene.
In seguito mi ritrovai davanti all’aula di Incantesimi, il professore era un nanetto molto tenero dalla barba argentata che cercò subito di farmi trovare a mio agio.
La McGrannit invece si limitò a consegnarmi l’elenco e ad uscire dalla classe con fretta.
Osservai prima il foglio e poi il pavimento. Chissà quanti pietroni c’erano?
Mi misi a contarli, senza un grande entusiasmo, ma in questo riuscivo ad accorgermi dello scorrere del tempo.
Quando il professore, Vitius se avevo capito bene, mi chiamò lo guardai e lo ascoltai, era molto gentile e comprensivo, ma poi diventò quasi noioso, mi spiegava le cose come se fossi stata una mocciosa incapace. Forse lo faceva con tutti.
Guardai in giro, per vedere se c’era qualcosa di interessante. Tutti erano intenti a provare l’incantesimo. Non capì subito cosa fosse, finché non vidi una ragazza con lo stemma Grifondoro che era già riuscita, rispetto ai suoi compagni, a far levitare i capelli e le vesti.
Sentivo qualcuno che mi fissava e guardai chi occupasse il posto accanto a lei.
Un ragazzo, dalla bella e folta zazzera nera, mi stava fissando intensamente da quando ero entrata.
Quanto avrei voluto poter leggere il pensiero come una volta! Ero troppo curiosa!
Mi limitai a fissarlo di rimando.
Era uno sportivo, aveva delle belle spalle e un fisico longilineo, per quanto potei vedere.
Gli occhiali che indossava non nascondevano la brillantezza dei suoi occhi verdi e la forma perfetta del suo viso.
Stava seduto sulla panca con le caviglie incrociate mentre con le mani muoveva in continuazione la bacchetta, come se non sapesse esattamente cosa farne.
Adoravo le sue labbra, il labbro superiore più sottile di quello inferiore, e il modo in cui se le mordicchiava.
Mi piaceva tutto di lui.
Pure la sua pelle color caffelatte, quando avevo sempre preferito gli uomini dalla pelle chiara come la mia.
Improvvisamente sentì tirare la manica della divisa e dovetti distogliere lo sguardo, poiché Vistius mi stava indicando il banco giusto.
Mi sedetti vicino ad un ragazzo biondo decisamente carino, occhi blu, capelli biondi e fisico perfetto, aveva pure un nome figo: Draco.
Bello. 
Mentre nell’altro ragazzo tutto mi trasmetteva fuoco puro, lui esprimeva la bellezza delle statue di ghiaccio, e tali erano anche i suoi modi: “A che casa appartieni?”
“ Ma vaff…” pensai, naturalmente.


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Capitolo 6
*** 6. ***


6°B.F.T Sesto.



Non me ne accorsi nemmeno tanto ero concentrato nel leggere i suoi movimenti.
I nostri sguardi s’incrociarono e, credetemi, perché di ragazze ne avevo avute più di quante sanno i posteri, i suoi occhi erano i più belli, luminosi e profondi che avessi mai visto, di un color cioccolato, molto scuro, senza increspature più chiare, compatto.
In contrasto, la sua pelle sembrava ancora più chiara, troppo trasparente per i miei gusti.
I suoi capelli mossi erano lasciati a se stessi, selvaggi. Ogni tanto, mentre si girava, saltava agli occhi un riccio solitario tra la jungla della sua chioma.
Non aveva niente a che fare con la bellezza forte e leonina di Hermione, né tanto meno poteva essere paragonata a Cho, che sembrava un fiore così delicato da potersi spezzare da un momento all’altro.
Lei era avvolta dalla magia.
Il nostro contatto venne interrotto da Vitius che la fece sedere ad un banco.
Dio! Ma doveva capitare proprio con Malfoy!
Poiché ero dalla parte opposta della stanza non sono sicuro di quello che dico ma mi pare che, la prima domanda che Malfoy le abbia rivolto, sia stata “A che casa appartieni?”
Dio!
Per Malfoy quella era la frase magica per iniziare ogni tipo di relazione.
Il tuo sangue.
Se volevi diventare amico di un Malfoy esisteva una prassi. Dovevi avere alla mano tre cose: il tuo albero genealogico, il documento che attesta che tipo di gruppo sanguineo hai e la ricetta del medico che diceva che potevi sopportare senza problemi lo stress che avrebbe comportato essere amico suo.
Ron era purosangue.
Hermione aveva 0 negativo.
Io non avevo niente.
Probabilmente la sconosciuta le doveva avere tutte e tre perché, nonostante Malfoy avesse incominciato con il piede sbagliato, ora parlavano tra di loro come se fossero stati amici d’infanzia.
Durante la spiegazione si lanciavano sorrisini complici e durante la pratica si aiutavano a vicenda, più che altro lei lo aiutava e lui si faceva aiutare, tramutando la sua aria da signore del mondo in un’aria da ignorante coccolone.
Flirtarono in modo spudorato, forse però fui il solo a notarlo.
Tiger e Goyle, poiché non venivano più considerati, si arrangiarono da soli, creando un enorme guazzabuglio.
Non so perché ma fui quasi geloso delle attenzioni che lei gli dedicava.
Volevo ancora fissarla e volevo che lei facesse lo stesso con me. Quanto egoismo da parte mia, soprattutto visto che ero un Grifondoro.
Cercai di allontanare i miei pensieri dalla sua figura e mi concentrai anch’io sul compito.
Mi voltai verso Hermione per chiederle la formula dell’incantesimo e la pagina del libro per cominciare, lei mi guardò sbuffando per averla deconcentrata ma la ignorai; aprì il libro ed iniziai a leggere alzando lo sguardo di tanto in tanto.
Marte se la cavava molto bene, decisamente meglio di Malfoy, e, oso dire, pensai che fosse al livello di Hermione.
Possedeva una grande scioltezza e una grande controllo dei suoi poteri e riuscì a sollevarsi in aria al quarto tentativo
Tuttavia tra lei e la sua bacchetta non c’era quel rapporto particolare che esisteva tra ogni mago e la sua bacchetta. Si girava in continuazione il manico fra le dita come per trovare la posizione più comoda e talvolta rischiava di farla cadere.
La lezione finì felicemente, poiché anche Hermione era riuscita a sollevarsi di qualche metro da terra, e se lei era soddisfatta tutti i Grifondoro potevano dirsi sereni.
Ron ed io eravamo in piedi davanti all’uscita ad aspettare Hermione, che, insieme a Marte, stava ricevendo i complimenti da parte di Vitius per la riuscita dell’incantesimo in così poco tempo.
Le vidi incamminarsi verso di noi, mentre parlavano con molta complicità. Erano due belle ragazze intelligenti che finalmente avevano trovato qualcuno con cui discutere di argomenti diversi dal trucco, gli abiti, i ragazzi e il Quidditch.
Di sicuro parlavano anche di queste cose, ma non solo.
In un attimo mi sentì sollevato, Hermione finalmente avrebbe paralato con qualcun’altro di quei suoi ragionamenti strani e complessi, delle lezioni di Antiche Rune che tanto le piacevano e dell’amore, cosa che nessuno di noi capiva ma che lei si ostinava a comprendere.
Finalmente non avrebbe più rotto l’anima a me e a Ron con le sue lamentele sul nostro animo poco sensibile.
“Ragazzi vi voglio presentare Marte” si voltò verso di lei “Marte, Ron Weasley e Harry Potter.”
Strinse la mano ad entrambi. Fu un saluto nella norma, più normale di quello che pensassi.
Appena Hermione aveva pronunciato il mio nome avevo pensato che lei si sarebbe messa a gridare – Oh mio Dio! Harry Potter!Ma sei proprio tu? Mi fai vedere la cicatrice? Quando hai in programma il prossimo round con Voldemort?- Non ci crederete ma qualcuno, l’ultima domanda, me l’ha posta veramente.
Lei invece non sembrò averlo mai sentito prima e si limitò a salutarmi pronunciando il mio nome molto dolcemente.
“La professoressa Mc Granitt le ha detto che per oggi seguirà le lezioni con i Grifondoro, così le ho chiesto se voleva venire con noi. Per voi va bene?”
Ron ed io ci guardammo presi alla sprovvista e ci scambiammo frasi di assenso parlando come dei mongoli. Ecco come farsi passare per degli stupidi.
Hermione ci guardò sorridente e tornò a rivolgersi a Marte.
“Ora abbiamo Pozioni. Ad alcuni Grifondoro “ come se non si capisse che si stesse esplicitamente rivolgendo a noi “non piace molto perché ad insegnarla c’è Piton che è capo dei Serpeverde, con i quali non andiamo d’accordo dall’inizio dei secoli. Io personalmente l’adoro, insomma è veramente interessante e ti mette sempre alla prova, e non capisco gli altri cosa ci trovino di male, nemmeno a me piace Piton, però bisogna ammettere che è un ottimo insegnante“.
“Sì, lo so. Draco me ne ha parlato molto. Pare che sia il suo prof preferito. In ogni caso, anch’io adoro pozioni, la trovo divertente. L’ultima volta che ho avuto gli ingredienti corretti ho fatto un Distillato della Morte Vivente perfetto!”.
“ Davvero?”
Marte ed Hermione parlavano di pozioni con un eccitazione che raggiungeva le stelle.
Intanto io e Ron camminavamo dietro di loro, come dei bodygard dalla faccia incazzata

Pozioni filò liscia come l’olio.
Piton mi tolse i consueti dieci punti che però furono recuperati, come al solito, da Hermione con cinque risposte esatte.
Piton era davvero uno spilorcio, Herm dava risposte precise e argute ma lui si limitava sempre e solo a darle due punti per ognuna, mentre a Malfoy non esitava regalare dieci punti per aver risposto bene ad un vero o falso.
Hermione e Marte si sistemarono sul banco davanti al nostro e seguirono la spiegazione della pozione con attenzione.
Mentre in incantesimi loro due si equivalevano, in Pozioni Marte era un dio.
Piton aveva scritto alla lavagna un’insieme di procedimenti che apparivano più confusi di quanto già erano per via della sua calligrafia sottile e illeggibile.
Mentre Ron sforzava la vista per leggere le istruzioni, usando i miei occhiali come cannocchiale, la osservai.
Aveva un talento naturale per le pozioni, non alzò gli occhi sulla lavagna neanche per una volta, misurava le polveri e i rametti da inserire con grande attenzione.
“Guarda che hai sbagliato. Devi inserire solo un rametto di stramonio, non due.”
Si voltò verso di me con aria sorpresa e mi sorrise “ Non guardare la mia pozione, preoccupati della tua” fece una smorfia strana “Il colore sta cambiando” .
Aveva ragione, il colore della mia pozione stava cambiando da fucsia a marrone, e anche la consistenza era diventata più solida.
Prima ancor di sentirlo parlare avvertì il suo fiato sul collo “Un’altra T signor Potter, così impara ad applicarsi di più la prossima volta”.
Fece evaporare il liquido dal mio calderone e anche da quello di Ron, il cui viso continuava ad arrossarsi sempre di più per la frustrazione.
Per ultimo Piton tenne il calderone di Marte, si avvicinò al bordo con il suo lungo naso e aspirò, mi fece quasi senso.
Estrasse la bacchetta e dopo averla fatta ondeggiare tra i fumi del liquido la sollevo di scatto, versando la pozione in una boccetta che aveva appositamente estratto.
“Potrò consegnare questa boccetta a Madama Chips senza doverne preparare un’altra. Per una volta qualcuno mi ha tolto l’onere di dover preparare una pozione così semplice e noiosa” Rivolse a Marte un sorriso compiaciuto “Quando sarai smistata darò venti punti alla tua casa”.
Una strana consapevolezza mi travolse.
Abilità di pozionista equivaleva Serpeverde ad Hogwarts.
Hermione era brava ma era un’eccezione alla regola, la verità era che la maggior parte degli studenti bravi in pozioni facevano parte di Serpeverde, tali Malfoy, Zabini, Montgomery.
Che Marte fosse davvero come loro?
Non era mai capitato che ad Hogwarts arrivasse uno studente nuovo nel bel mezzo dell’anno scolastico, non smistato per di più.
Non avevo mai giudicato nessuno, ma era risaputo che non avessi un buon rapporto con i Serpeverde, anche se avevo avuto delle tresche con alcune di loro nel periodo del Torneo Tremaghi. Cavolo! La tensione era tanta e, visto che Cho sembrava essere troppo occupata con la squadra avversaria, mi ero dovuto trovare uno sfogo, un qualcosa che mi rilassasse.
E le Serpeverde dimenticavano in fretta, non badavano molto al futuro e vivevano molto sul presente senza fartelo pesare.
Erano perfette se volevi una relazione breve, nascosta e priva di gelosia, dunque di amore.
Non ero sicuro di voler sapere da che parte della strada sarebbe stata.
Un’altra cosa era sicura, anche se aveva conquistato Piton, e ciò era molto negativo, aveva conquistato anche Hermione, e questo mi faceva ancora sperare.
Fino ad un certo punto, naturalmente, non ero mai morto dietro ad una ragazza, tranne che Cho, e non avrei cominciato con lei.
Marte seguì Hermione per il resto della giornata e si ambientò velocemente.
E con la cena arrivò lo smistamento.

Eravamo seduti al nostro tavolo quando Silente si alzò e iniziò a parlare degli ultimi svolgimenti con la sua solita pacatezza.
Vidi Marte voltarsi verso Hermione e sussurrarle qualcosa a cui Herm rispose scuotendo dolcemente la testa e abbracciandola.
“ Stasera daremo uno strappo alla regola alle tradizioni” Allungò un braccio ad indicare la professoressa McGrannit mentre questa trasportava non con poca fatica lo sgabello con il Cappello Parlante.
“ Abbiamo in programma un ultimo smistamento, un po’ fuori dai tempi. Ma penso che il nostro Cappello farà un’eccezione.”
Il Cappello fece una smorfia, sembrò sul punto di voler cantare qualcosa ma la canzone di inizio anno l’aveva già usata e sarebbe stato uno sfinimento, anche per lui, cantarla nuovamente.
Silente fece un cenno a Marte che si alzò e raggiunse il tavolo degli insegnanti.
Gli alunni che non l’avevano ancora incontrata si mossero incuriositi verso il tavolo degli insegnanti e la seguirono silenziosi mentre saliva le scale e mentre si sedeva sullo sgabello.
Fu quasi divertente vederla indossare quel cappello vecchio e logoro.
Insomma, l’avevo sempre visto indosso a bambini di undici anni che vi ci erano affondati, io stesso ci ero caduto dentro; lei, al contrario, accomodandosi sullo sgabello poteva toccare il suolo con i piedi e il cappello non le era tre taglie più grande; anche se aveva su di sé lo sguardo di  tutta Hogwarts, per lo meno non doveva combattere anche contro la scomodità.
Finalmente è arrivata signorina Moonroad, un po’ in ritardo, ma nel complesso meglio tardi che mai.

La vidi scuotersi e sorridere leggermente capendo che le parole provenivano dal cappello.
Qui la cosa si fa complicata. Scegliere la casa per un adulto è un affare del tutto di verso del scegliere la casa per un bambino.
Un bambino è ancora puro, per quanto pestifero possa essere, qui invece sento già l’odore di un’eternità vissuta e di un dolore profondo.

Il viso di Marte si pietrificò poco a poco, il suo sguardo era vacuo e dritto davanti a sé.
Una maturità prematura e quasi indesiderata, oserei dire…

“Si limiti a indirizzarmi, per favore. Non ho bisogno del profilo psicologico,” disse con voce secca e quasi infastidita.
Il Cappello fece una smorfia ma si zittì.
Serpeverde!

La nostra parte di tavolo si ghiacciò al suono di quella parola mentre tutto il tavolo verde-argento si alzò in un boato di esultanza per la nuova arrivata.
Non capì quale fu la reazione di Marte, semplicemente non si alzò subito dallo sgabello come se fosse sconvolta poi però la vidi scuotere la testa e indirizzarsi verso l’unico tavolo felice della sala.
Mi voltai verso Hermione e la vidi sgranare gli occhi. La potevo capire, la conosceva da poco ma per lei era stato speciale, una di quelle amicizie lampo che però poi durano tutta una vita. Evidentemente non in questo caso.
Abbassò lo sguardo sul suo piatto e riprese a mangiare. Come faceva a mangiare dopo un momento simile?
A me era venuta la nausea e penso che anche Ron fosse nella mia stessa situazione, e deve essere qualcosa di davvero spiacevole per costringere Ron a non mangiare più.
Dopo un minuto o due la vita riprese e si ricominciò a sentire il rumore delle forchette sui piatti e dei denti che masticano.
Io proprio non potevo così mi voltai leggermente per dare un’occhiata al tavolo Serpeverde.
Marte, come da copione, era seduta tra Malfoy e Zabini. Entrambi sembravano convergere con le spalle verso di lei mentre la sommergevano con domande di ogni genere.
Lei continuava a voltarsi a destra e a sinistra per rispondere, sempre con un sorriso. Che fosse davvero una Serpeverde alla stregua di Malfoy?
Non potei pensare diversamente vista la tranquillità con cui discuteva con in suoi nuovi compagni di casa. Sembrava estremamente a suo agio.
“ Ma vi rendete conto? Siamo stati in compagnia di una vipera per tutto il giorno, senza accorgercene, e ci stava pure simpatica! ” sentì dire Ron, mentre si serviva una grossa fetta di dolce.
Mi voltai, troppo infastidito per continuare ad osservare Marte con la sua nuova famiglia.
“ Non puoi chiamarla vipera, Ron, ”dissi guardando Hermione “ Soprattutto non quando le hai offerto mezza scatola di caramelle Gommose mentre l’hai assillata con i tuoi racconti sul quidditch e sulle tue vittorie immaginarie.”
“ Non l’ho assillata, Harry! Non sapeva nemmeno cosa fosse il quidditch, gliel’ho dovuto spiegare tutto dall’inizio.”
Hermione scosse la testa. “ Non l’avrei proprio mai immaginato.” disse con aria abbattuta,  
“ Insomma, andava bene in pozioni, e allora? Anch’io sono piuttosto brava ma non sono una Serpeverde.”
Scossì la testa. “ Hermione? Sveglia! Non hai visto come Piton l’ha mangiata con gli occhi oggi? Guarda anche adesso.”
Ci voltammo tutti verso il tavolo degli insegnanti.
Piton aveva stampato sulla faccia un sorrisino machiavellico e, ogni due per tre rivolgeva occhiate compiaciute al tavolo della sua casa.
Tornai a guardare Hermione. “ Visto?”
Lei sbuffò e tornò al suo piatto. “ Questo non prova proprio nulla, Harry. Piton non decide dove vengono smistati gli studenti. Inoltre, prima di essere smistata, lei mi ha detto che voleva rimanere mia amica, anche se non fosse finita nei Grifondoro, qualsiasi cosa fosse successa. Capite? Questa non è una frase da Serpeverde.”
Vidi Ron annuire convinto e così lasciai perdere e mi voltai alla ricerca di qualcosa di molto più interessante da guardare.
Cho era seduta al suo solito posto al tavolo dei Corvonero.
Era più bella che mai. Rideva con le sue amiche e questo mi fece stare molto meglio, dopo tutte quelle volte che l’avevo vista piangere e soffrire per Cedric.
Finalmente si accorse di me e si voltò. Le sue pupille si allargarono e il suo sorriso si fece più malizioso, appoggiò il mento ad una mano e si limitò a fissarmi.
Dopo un po’ mi fece segno, indicando la porta con gli occhi, e si alzò, lasciando la Sala Grande.
Sentì il mio sangue ribollire mentre la seguivo con lo sguardo.
Mi voltai verso Ron ed Hermione che avevano iniziato a parlare con Fred e George e li ascoltai per un po’.
Dopo poco ci alzammo e così ne approfittai anch’io per uscire.
Quando fui quasi fuori lanciai un’occhiata al tavolo dei Serpeverde e vidi Marte ancora intenta a parlare con i due ragazzi e con tanti altri che si erano aggiunti.
‘Perché mi preoccupo?’
Uscì.

 


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Capitolo 7
*** 7. ***


7° B.F.T Settimo.







Il tavolo dei Serpeverde era in fermento quella sera.
La maggior parte di loro erano tutti raccolti attorno a Marte, tutti volevano sapere chi fosse, da dove venisse e perché fosse entrata ad Hogwarts con un ritardo di cinque anni.
E lei rispondeva a tutte le domande con un sorriso, forse un po’ intimidita e imbarazzata, ma felice che tutti stessero cercando di farla sentire a suo agio, anche se sapeva di non essere altro che la novità del momento.
Silente aveva ragione. Non c’era nulla ad Hogwarts se non tanti adolescenti.
“Perché sei arrivata ad Hogwarts solo ora? Insomma, hai già quindici anni, non hai mai pensato a delle lezioni private?” chiese una ragazza davvero bruttina di nome Millicent Bullstrote.
“Lezioni private? Neanche se dovessi essere bocciata! Inoltre ci sono già passate e ne ho abbastanza di studiare a casa. Sono arrivata ora perché ho viaggiato molto, soprattutto nell’ultimo periodo. E intanto i miei genitori mi hanno fatto da insegnanti.”
“Chissà che brutto!”
Lei negò con la testa. “Non tanto in verità. Non è stato divertente ma loro si limitavano a spiegarmi la teoria perché poi dovevano andare a lavoro, è stato mio fratello a seguirmi.”
“Oh! Hai un fratello?” chiese Pansy Parkinson con uno strano interesse “Più grande?”
Annuì “Più grande di sette anni.”
“E non è venuto ad Hogwarts?”
“No, lui ha frequentato una scuola al nord.” poi sorrise e gli occhi iniziarono a brillarle “Una scuola molto più oscura di Hogwarts.”
Da molti di loro uscirono dei ghigni e risolini trattenuti al sentire la parola ‘oscura’.
Quando la massa iniziò a disperdersi Draco Malfoy la guardò sorridendo e le porse la mano, aiutandola ad uscire dalla panca.
“Come Prefetto ho il dovere e l’onore di indicarti dove si trova il nostro dormitorio, signorina.”
Marte sorrise e afferrò la mano del ragazzo. “Posso fidarmi, Draco?”gli chiese, reggendo il gioco.
“Di me, sempre” rispose illuminandola con un sorriso complice “Sei la mia protetta.”
S’incamminarono fuori dalla Sala Grande e scesero alcuni piani di scale.
“Per arrivare nella sala comune dei Serpeverde bisogna passare per quella che noi chiamiamo Zona Rossa.”
Marte lo guardò inarcando un sopracciglio aspettando che continuasse.
“Intendiamoci, non è niente di particolare. È solo un lungo corridoio con tante porte. Però è lì che gli studenti vengono quando cercano, ecco, un po’ d’intimità. I professori non ci passano mai.”
Marte aprì la bocca e scosse la testa, per dire che aveva capito. Non si sarebbe mai aspettata che nella scuola di Silente ci fosse una cosa simile. Forse la cosa si sarebbe fatta divertente.
Draco si fermò e la guardò. “Sei imbarazzata? Perché se lo desideri posso farti vedere un’altra strada, più lunga ma più tranquilla”
“Perché dovrei essere imbarazzata, Draco. Sembri tu nervoso a parlarne.”
Blaise e Pansy, che li stavano seguendo, scoppiarono a ridere, mentre Draco aveva abbassato il capo e si era coperto gli occhi con la mano per nascondere un sorriso divertito e spavaldo.
“Draco è l’ultima persona che puoi sperare di imbarazzare per qualcosa, Marte” disse Pansy passandosi una mano tra i capelli corvini.
“Noi Serpeverde siamo una casa libertina, mia cara, non c’è molto che ci possa rendere insicuri e niente che ci possa sconfiggere,” aggiunse Blaise, portando un braccio dietro il collo di Pansy e portandosela vicino. ”Siamo un popolo altero, egoista e viziato. Ci piace tutto.”
Poi prima potesse accorgersene girò violentemente la ragazza e la fece aderire a sé, baciandola aggressivamente.
Marte spalancò gli occhi sorpresa e, senza rendersene conto, si leccò e si mordicchiò le labbra, mentre la temperatura del suo corpo saliva.
I due ragazzi continuavano indisturbati, come se fossero stati soli nel corridoio e lei non riusciva a distogliere lo sguardo dai loro corpi avvinghiati.
Vide Blaise sbattere la ragazza contro il muro e sentì i loro mugolii di piacere ma non riuscì a staccare gli occhi da loro.
Solo quando si sentì osservata riuscì a voltarsi, ed allora il suo sguardo si incrociò con quello di Draco.
Lui le mise una mano dietro la spalla e la spinse a continuare.”Lasciamoli soli. Non che non sia un bello spettacolo, ma non voglio sconvolgerti subito” le disse sorridendo.
“Siamo già nella Zona Rossa?”
“No, ma a quei due piace il rischio. Si lasciano sempre andare.”
“Saranno molto innamorati. Stanno insieme?”
Draco rise di gusto, come se fosse stata la barzelletta più divertente del mondo.
“No, non è da Serpeverde innamorarsi, Marte. Non stanno insieme. Non Pansy e Blaise,”
Marte si sentì più confusa che mai e continuò a guardarlo.
“Di solito si comportano come cane e gatto però gli piace fare sesso insieme, tutto qui. Sono violenti. C’è a chi piace così.”
Poi la osservò di nascosto “Io, per esempio,”disse guardandola malizioso “lo preferisco lento e dolosamente piacevole, così che alla fine lei mi debba pregare per appagarla.”
Marte rise come non aveva mai fatto, aveva capito che l’imbarazzo non era una caratteristica da Serpeverde, fece altri due passi e poi si fermò.
Lui si mise di fronte a lei e aspettò che parlasse. “Oh Draco…dimmi, cosa ti rende così sicuro e sfacciato e terribilmente affascinante?” gli domandò cercando di aver un tono serio da una parte, mentre dall’altra aveva alzato il braccio e aveva incominciato ad accarezzargli i capelli.
“Ma non so sinceramente, me lo sono chiesto spesso. Saranno i miei occhi magnetici, “ disse mentre lei prese ad annuire “oppure saranno i miei capelli morbidi” lei annuì nuovamente mentre continuava a giocarci.
Draco fece un passo verso di lei.
“Oppure sarà la mia voce: tu che dici?” le chiese quando era a pochi centimetri da lei.
Marte gli mise un dito sul mento e lo guardo “Sai invece a me come piace?” chiese con tono dolce e carezzevole. Draco negò con la testa. “Mi piace atteso e poi improvviso”
Draco sorrise divertito. “Penso che ci intenderemo noi due.”
“Lo penso anch’io.”
Erano ancora assorti quando sentirono un gridolino acuto provenire da dietro l’angolo.
“Cos’era?” chiese lei.
“Niente di nuovo. Da lì inizia la Z.R. Qualcuno si sta divertendo.”
“Ok, ma chi può avere una risata così orribile?”
“L’hai notata, eh? La Z.R è di tutti, non ci vanno solo i Serpeverde, cani e porci sono ammessi. Andiamo.”
E camminarono spalla contro spalla.
Appena voltato l’angolo Marte aprì gli occhi ancora più meravigliata.
Avrebbe riconosciuto quella schiena ovunque.
Pigiata contro il muro c’era una ragazza dai capelli corvini e dagli occhi a mandorla, mentre davanti a lei c’era niente meno che Harry Potter.
Harry le doveva star sussurrando all’orecchio cose molto divertenti per farla ridere così.
Marte avrebbe preferito non disturbarli ma sapeva che Draco non si sarebbe trattenuto, Hermione le aveva accennato l’inimicizia che correva tra Serpeverde e Grifondoro, ma soprattutto tra Draco e Potter.
“Ecco Potter che si dà da fare con della spazzatura. Cosa si prova Potter ad essere ai livelli più bassi della catena alimentare? Eh? Farsela con la ragazza di un morto mi sembra alquanto deprimente.”
Draco si girò verso di lei dandogli le spalle.
Marte guardando dietro di lui capì che Harry stava per estrarre la bacchetta così lo anticipò e gli puntò la bacchetta alla gola.
“Non si attacca quando il nemico è di spalle Harry” disse con durezza ”così passi dalla parte del torto.”
Harry, che aveva la bacchetta mezza fuori dalla tasca la rinfoderò del tutto e con la mano andò a coprire quella di Cho che gli aveva appoggiato sulla spalla.
“Riflessi un po’ lenti, vero?” aggiunse poi Marte con un sorriso spavaldo.
Draco la guardò stupito per un attimo ma poi sorrise e le mise un braccio attorno alle spalle.  
Si avvicinò con le labbra alla sua guancia mentre Marte girò il collo nella sua direzione per andargli incontro.
“Grazie, mio Angelo della Guerra” le sussurrò dopo averle baciato delicatamente la guancia.
Marte assaporò per qualche istante il profumo della sua pelle prima che riprendessero a camminare.

*

A quanto Harry poté assistere, Marte si era già ambientata magnificamente.
Da come si era mossa per accompagnare il bacio di Malfoy, così accondiscendente. Aveva assunto le loro stesse sembianze, sorriso malefico e modi serpentini, anche se c’era ancora qualcosa nel suo sguardo che andava ben oltre l’oscurità di un normale Serpeverde.
Inoltre il modo con cui gli aveva risposto e l’aveva anticipatolo l’avevano lasciato confuso.
L’aveva chiamato per nome e le sue parole l’avevano calmato, gli avevano fatto sbollire la rabbia in un secondo. Che fosse in qualche modo diversa?
Scosse la testa scacciando un pensiero così improbabile. In pochi giorni sarebbe diventata una Serpeverde in tutto e per tutto, se poi stava insieme alla cricca di Malfoy sarebbe diventata una perfetta vipera velenosa.
“Harry? Tutto bene?”
La voce delicata di Cho lo risvegliò e lo fece voltare verso di lei.
“Niente, scusami Cho.”
“Non vuoi continuare?”
Lui la guardò. “Vorrei ma non sono più dell’umore, scusami.”
Lei scosse la testa per niente arrabbiata. “Mi accompagni alla mia Sala Comune?”
Harry annuì con un sorriso un po’ mesto e s’incamminarono insieme.

*

Intanto Marte e Draco avevano raggiunto il quadro del Barone Sanguinario.
“La parola d’ordine cambia ogni tredici del mese, il giorno in cui il barone fu ucciso, e siamo sempre io o il Caposcuola Serpeverde a sceglierla. Oggi la parola d’ordine è Giles.”
Il Barone Sanguinario fece un inchino sfilandosi il cappello e aprì la porta.
“Perché Giles?” chiese incuriosita.
Draco alzò le spalle. “È il nome di un potere molto antico appartenente ad un’antica famiglia purosangue di nome Radix. Lo stiamo studiando in Storia della Magia.”
Entrarono e dopo aver superato un corridoio scuro, senza luce, si aprì davanti a loro un enorme e bellissimo salone.
Tutto l’arredamento era sui toni del verde, dell’argento e del nero, colori scuri che però brillavano
nell’insieme.
C’erano cinque camini, uno per ogni lato della stanza, diversi divani e poltrone, sedie e tavoli attorno ad un piano bar ed infine una grande libreria a muro.
“Eccoci qui! Il nostro regno. Niente male, eh?” aggiunse davanti al suo sguardo illuminato.
“Le stanze femminili sono a sinistra,” proseguì, facendole strada tra la massa festante di Serpeverde. “Se non sbaglio sei capitata in camera con Pansy e Gioia, i due estremi in assoluto. Gioia è la Serpeverde più casta di tutta la storia” disse sorridendo.
Marte salì due gradini prima di voltarsi verso di lui. “Grazie per il tour Draco. Mi è piaciuto molto”
Lo baciò sulla fronte. “Buona notte”
Malfoy rimase quasi sorpreso e prima che lei scomparisse disse “Questo è stato in assoluto il bacio più pudico che io abbia mai ricevuto!”
Marte rise dalle scale. “Volevo sorprenderti!”

*

“Dove sarà andato Harry?” chiese Ginny, impaziente di vederlo solcare la soglia della sala comune.
“Sarà la milionesima volta che melo chiedi Ginny, non lo so, non sono la sua balia!” le rispose Hermione con esasperazione, dopo che le veniva posta ancora una volta la stessa domanda in un’ora “Non è affare nostro ciò che fa.”
Voltò la pagina del libro che stava leggendo dopo aver bagnato la punta del pollice con un po’ di saliva “Inoltre ha già abbastanza problemi, inclusi i Grifondoro, figurati che fine farà se anche noi gli causiamo del dispiacere. ” concluse amaramente.
Ginny sbuffò ancora una volta e si sedette accanto a lei sul divanetto.”Lo so, lo so. Ma se non è con voi e se non è con nessun Grifondoro, o è al campo da Quidditch o…”
Lasciò le parole in sospeso con un grande rammarico.
“…o è con Cho” concluse per lei Hermione.
Appoggiò il libro e mise un braccio attorno alle spalle dell’amica.
“Te l’ho già detto e ripetuto, Harry, quando si fissa con qualcosa, ci impiega anni per togliersela dalla testa, aspetta che si stanchi. Intanto divertiti e mostrati indipendente. Stai già uscendo con qualcuno, no?”
“Sì, si chiama Adam Claiton, Serpeverde.”
Hermione strabuzzò gli occhi “Serpeverde?”
Ginny annuì “Non è male come puoi pensare. È molto romantico e mi ha sempre trattato normalmente. Non mi ha mai chiamato Piattola o cose del tipo. È uno a posto.”
Rimasero in silenzio per qualche secondo ad osservare il fuoco.
“Ron?”
“Hermione? Non mi dirai che sei ansiosa anche tu?” le chiese sulla soglia delle risa.
“Certo che sono ansiosa! Ma per tutt’altra ragione.”
Si rifece silenziosa dopo aver voltato il viso dalla parte opposta rispetto a quella dell’amica.
“C’è qualcosa che dovrei sapere, Herm?”
Hermione si rivoltò verso di lei e le prese le mani fra le sue stringendole con forza.
“Io ti dirò tutto ma solo se mi prometti che non lo dirai a nessuno, soprattutto a tua madre.”
“Hermione mi stai spaventando.”
“Prometti!”
Ginny annuì con convinzione e aspettò che l’amica parlasse.
“Ti ricordi l’anno scorso, durante il periodo della coppa Tremaghi, quando ha iniziato a fumare?”
Ginny annuì nuovamente.
“Beh, la cosa è diventata più seria ora.”
“Che cosa intendi dire?”
Ancora una volta Hermione esitò.
“Ron si droga, Ginny.”
*

La sua nuova camera era molto più piccola della sua precedente, ma forse era solo perché doveva dividerla con altre due ragazze.
Il suo letto era esattamente al centro.
A sinistra la camera era uno specchio.
La polvere sembrava non aver mai toccato il pavimento, in un angolo, su una scrivania, erano raccolte ordinatamente diverse piume e alcuni rotoli di pergamena.
Sul letto non c’era una grinza e su una mensola appena sopra la testata erano impilati in ordine di altezza una grande quantità di libri.
Spostò lo sguardo dalla parte opposta.
Se a sinistra la camera era nell’ordine più assoluto, a destra era un groviglio di calze a rete, reggiseni, gonne, abiti, scarpe, tutto era in un caos totale.
Sul letto erano buttati alcuni prodotti di bellezza, creme aperte e tante matite per gli occhi, ognuna di colore diverso.
In una teca, che sembrava essere l’unica parte illibata, erano raccolte diverse cravatte, saranno state più di dieci, tutte appartenenti alle diverse case di Hogwarts.
“So a cosa stai pensando”
Guardò alla sua sinistra e finalmente si accorse che qualcuno era seduto sulla scrivania. Non l’aveva notata subito nonostante fosse seduta a poco più di un metro da lei e se ne vergognò leggermente.
La ragazza che aveva di fronte era incredibilmente magra. Indossava un leggero pigiama di seta che la faceva sembrare ancora più sottile e senza forme.
Marte si ritrovò a pensare che i suoi capelli erano forse anche più biondi di quelli di Draco, e anche più sottili.
“Pansy è famosa per tutto tranne che per il suo ordine. Beh, vedendo tutte quelle cravatte si capisce quale sia la sua specialità.” Tossì.
Si alzò dalla sedia muovendosi come se fosse stata un’onda portata dal mare, con una leggerezza e un’eleganza innata, e si avvicinò a lei.
“Sono Gioia Lochdoor, piacere di conoscerti Marte, il professor Silente mi ha avvisato del tuo arrivo.”
Gioia la superava in altezza di almeno cinque centimetri, era poco più bassa di Draco.
Era sempre stata alta ma Gioia la metteva quasi in soggezione e ora poteva anche capire perché riuscisse ad intimidire pure Draco.
“Questa è la nostra camera, di Pansy, tua e mia. Il tuo letto, come avrai capito, è quello al centro e questo,” disse aprendo le ante di un grosso armadio “è tutto per te.”
“Grazie.”
“In questa camera esiste una regola sola. Niente cose sconce con i ragazzi. Non ho nessuna voglia di dover bussare alla porta della mia stessa camera per sapere se posso entrare o se non devo disturbare. Noi tutte dobbiamo essere libere di fare ciò che vogliamo.”
“Rilassati, l’idea di portare qualcuno non mi era neanche passata per il cervello. Non ho nessun fidanzato in programmazione.”
“Davvero?”
Marte alzò subito lo sguardo stupita dal tono improvvisamente rilassato e disteso di Gioia.
Gli occhi della ragazza che all’inizio e mentre parlava erano stati pungenti come spilli, ora erano aperti e grandi come il cielo.
Le sue spalle, che le erano sembrate aguzze, si erano abbassate e anche il pigiama elegante che prima esaltava la sua figura, ora sembrava indossato dalla persona sbagliata.
“Intendiamoci, a me piacciono i ragazzi ma non sono una ruba cuori come Pansy. E il pensiero di avere un’altra come lei come compagna di stanza mi faceva rabbrividire. Per questo stavo facendo un po’ la stronza.”
“E ti veniva molto bene.” aggiunse Marte, anche lei più tranquilla.
Gioia ridacchiò. “Dopo tanta pratica davanti allo specchio.”
Si diresse verso il suo armadio dal quale tirò fuori un altro pigiama, molto più semplice, e si cambiò, usando l’anta come camerino.
“Allora? Come ti sembra Hogwarts?”
Anche Marte ne approfittò per togliersi la divisa e si sedette più comoda sul proprio letto.
“Magica. Adoro Pozioni.”
“A quale Serpeverde non piace?” rispose Gioia con un’alzata di spalle.
Poi aprì il cassetto del suo comodino e ne tirò fuori delle caramelle.
“Ne vuoi una?”
Marte si fece più vicina per vedere meglio. “Cosa sono?”
“Come? Non ne hai mai mangiate? Sono molto famose.” Le sventolò il pacchetto davanti incitandola a prenderne una.
Marte iniziò a masticare mentre Gioia la guardava.
Dopo poco prese un fazzoletto dalla tasca e vi sputò la caramella.
“Dio! Che schifezza mi hai dato!”
“Dovevi vedere la smorfia che hai fatto!” le disse ridendo “Sono caramelle Tutti i gusti +1 per bambini. Di cosa sapeva la tua caramella?”
“Mora marcia”
“Poco male, aspetta a provare quelle vere!”disse continuando a ridere.
Dopo qualche attimo di silenzio imbarazzante Marte le chiese se i Serpeverde facevano qualche rito per accogliere i nuovi arrivati.
“No, no” le rispose scuotendo la testa “Chi ti ha detto una cosa simile?Un Grifondoro?”
‘Bingo!’ pensò.
Hermione quello stesso giorno le aveva raccontato dei piccoli pettegolezzi e dicerie sulla casa verde-argento, e tra queste c’era quella della cerimonia d’iniziazione.
“Forse come rituale d’inizio intendono il passare per la Z.R, ma quello è spaventoso solo per un bambino, dopo un po’ che ci si passa ci si fa il callo, tra grida e gemiti”
Davanti alla crudezza con cui Gioia raccontava le cose Marte iniziò a ridere sguaiatamente seguita poi dalla sua nuova compagna di stanza.

*

“Harry lo sa?” chiese Ginny con un’espressione coperta dall’ansia.
“Non penso, sai com’è lento a capire le cose. Penso che abbia notato un cambiamento in Ron, ma non credo sospetti nulla.”
“Cosa dovremmo fare Hermione?”
“Stiamogli vicine, e teniamolo lontano dal pensiero.”
“Ma com’è possibile che abbia iniziato?”
“oh Ginny!Cosa ti fa pensare che lo sappia?” rispose Hermione con frustrazione nella voce “Se avessi saputo come è iniziata avrei già risolto sto casino senza dire nulla a nessuno.” Poi si voltò verso Ginny “Ora ho bisogno di te. Io sono sempre stata sua amica Gin, ma, lui non parla più con me, non mi ascolta più, sembra che l’unica cosa che voglia sia toccarmi.”
Un brivido le percorse tutto il corpo e la costrinse ad alzarsi e a muoversi per non sentire il freddo.
“In che senso ti tocca?”chiese con il fiato in gola.
Hermione si guardò in giro, si risedette e iniziò a sfregarsi le mani.
“Ogni volta che gli sono seduta accanto o che gli sono vicina lui mi accarezza, s’incolla a me, mi abbraccia, mi soffia sul collo e mi mormora parole strane all’orecchio. So che quando fa così è fatto fino al collo, perché quando dopo cerco di fargli capire qualcosa lui non si ricorda nulla.”
Ginny l’abbracciò di slancio e la strinse soffocando il pianto dell’amica.
“Io gli voglio bene Gin, tu lo sai, ma non voglio che accada così. Non voglio che il giorno dopo lui  si possa già essere dimenticato di me!”
“Cosa le succede?”
Hermione alzò lo e oltre la spalla di Ginny vide Harry che stava in piedi poco dietro di loro.
Si affrettò ad asciugarsi il viso dalle lacrime e gli rivolse un sorriso.
“Niente Harry, non ti preoccupare.”
Il ragazzo si fece più vicino e si sedette sul divano tra le due ragazze.
“È stato Ron, vero? Che cosa ha fatto questa volta?” le chiese irritato dal comportamento dell’amico.
Hermione negò velocemente. “Niente, niente, Ron non centra. È andato su a dormire da un pezzo.” Poi, vedendolo poco convinto, cacciò indietro le ultime lacrime e aggiunse “Davvero!” Harry si lasciò andare indietro con la schiena e cercò di rilassarsi.
Ginny non sapeva cosa dire e dal silenzio dei due ragazzi capì di doversi fare da parte, così, con la scusa di essere stanca, salì nel dormitorio.
Rimasero in silenzio per una decina di minuti, a contemplare le fiamme.
“La cicatrice continua a bruciare, Herm.”
Un brivido salì per la schiena della ragazza poiché sapeva cosa significasse.
“Pensi che sia vicino?”
“Non penso sia vicino, penso solo che sia molto arrabbiato. L’Ordine sta manomettendo molti dei suoi piani e questo non gli va giù.”
Hermione annuì. “Cosa pensi di fare? Cosa pensi che possiamo fare?”
“Non lo so Hermione! Era anche per questo motivo che avrei preferito rimanere a casa quest’anno, con Sirius, invece di venire qua a perdere il mio tempo.”
“Piantala di tornare sempre su questo discorso Harry!”disse lievemente scocciata “Non stai perdendo il tuo tempo, come pensi di sconfiggere Voldemort se non ne hai i mezzi?”
Harry si alzò con la schiena dritta e la guardò negli occhi. “Ti rendi conto vero che la nostra insegnate di difesa non è altro che un suino incapace?Cosa sto imparando?”
“Per difesa posso anche essere d’accordo con te, ma esistono anche le altre materie e tutte sono utili!”
Si guardarono in cagnesco finché Harry non abbassò lo sguardo e non si sdraio nuovamente.
Hermione fece altrettanto e si appoggiò su di lui.
“Sono molto stanco, Herm.”
“Non dormi?”  
“È da quando ho lasciato il Quartiere dell’Ordine che non dormo più. Lui mi tormenta.”
Hermione lo abbracciò e Harry nascose il viso tra i suoi capelli.
“Ho visto Marte poco fa, era con Malfoy.”
Hermione perse un battito ma rimase calma. “Cosa facevano?”
“Niente, ancora, ma Malfoy la stava mangiando con gli occhi.”
“Pensi che sia possibile che il cappello abbia sbagliato?”
Harry scosse la testa impercettibilmente. “È molto brava con la magia, te ne sei accorta?”
Annuì. “Finalmente ho trovato una rivale.”
“Non penso che sarete rivali, anzi, io vi vedo più come alleate. Lei non è una Serpeverde normale, sarà lussuriosa ma non viscida.”
Hermione soffocò le risa sul collo dell’amico.
“Perché piangevi prima Herm? Non ti ho mai visto piangere per nulla.”
“Questa volta non posso dirtelo Harry, devi capirlo da te. Mi devi promettere solo una cosa.”
“Tutto.”
“Non mi lasciare sola.”

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Capitolo 8
*** 8° ***


8° B.F.T Ottavo.



Marte quella sera si addormentò abbastanza presto. Presto per un Serpeverde.
A mezzanotte era ancora in piedi a chiacchierare con Gioia di questo e quello, alimentate da una grande quantità di Burro Birra che la ragazza aveva prontamente sgraffignato dal minibar privato di Pansy.
“ Tanto non se ne accorge mai. Ne ha talmente tante, ed inoltre un elfo domestico la rifornisce ogni sera. ”
“ È buona. Che cos’è? “
“ Si chiama Burro Birra. Non mi chiedere di cosa sia fatta perché proprio non lo so. Non è né burro né birra, però. Se lo fosse non la berrei.”
Marte annuì e trangugiò la sua lattina in pochi sorsi.
“ Pensi che rimarranno a far festa a lungo?”
“ Penso proprio di sì “ rispose Gioia bevendo la sua “ è il tuo primo giorno con noi ed è comprensibile che tu non sia molto esperta, ma qui tutte le sere è la stessa storia.”
Poi le lanciò qualcosa di colorato preso dal suo comodino “ Ti serviranno “
“ Cosa sono?” chiese lei con interesse, mentre non la smetteva più di singhiozzare.
“ Sono tappi magici per le orecchie. Con questi, sta sicura che neanche un Big Ben ti potrebbe svegliare, e Pansy, purtroppo, è altrettanto rumorosa.”
Marte la guardò perplessa mentre continuava a girarsi i tappi fra le dita.
“ Pansy torna sempre molto tardi dai festini. Non rimane mai a dormire in un altro letto e ogni volta che apre e richiude la porta sembra che sia in corso una sparatoria!”
Marte rise a crepapelle. Gioia era una ragazza gentile e simpatica. Inoltre aveva una grande capacità di osservazione. Non sembrava una Serpeverde. Ripensandoci però si chiese se non fosse altro che un luogo comune l’idea che i Serpeverde non potessero essere carini e gentili.
Marte fece per prendere la sua lattina un’altra volta per finirla tutta ma Gioia gliela tolse dalle mani.
“ Non sembri fatta per l’alcool, Marte. Non esagerare. Sei già ubriaca dopo aver bevuto metà lattina!”
“ Hai ragione, ma fammela almeno finire. Tu non vai mai alle feste?”
“ Non spesso come vorrei. Di solito alle feste ci si dovrebbe divertire, il loro unico divertimento è il sesso, insieme a tante altre cose che centrano con l’argomento. Il sesso non m’interessa per ora e andare a quelle feste senza combinare nulla sarebbe stupido.”
Marte annuì e si coricò sul suo letto. Le sembrava quasi nuova la sensazione di un materasso sotto la schiena e dunque si rilassç subito, iniziando a chiudere gli occhi molto lentamente.
Poco prima di addormentarsi sospirò di piacere per la comodità e si concentrò sul suono ovattato della musica che proveniva dal piano inferiore.
“ Sembra quasi che sia la prima volta che dormi su un letto dopo secoli.”
“ Ci hai quasi azzeccato ”
 E si addormentò.

Aveva deciso di non mettersi i tappi per le orecchie, non perché credeva che non funzionassero, ma perché non aveva alcuna intenzione di essere presa di sorpresa, da nessuno.
Si addormentò e calcolò di aver dormito poco più di tre ore quando sentì la porta aprirsi e Pansy ridere sguaiatamente e a voce alta con un ragazzo che lei non aveva ancora conosciuto. Oltre a loro due, sentì anche la presenza di Blaise e si chiese per un attimo cosa diavolo lei avesse intenzione di fare.
“ Sei sicura che non possiamo rimanere? Anche per poco, giusto per finire la serata in bellezza” le disse Blaise con voce divertita.
“ Lo sai che lo vorrei Blaise, ma non posso proprio, se quella la lo scopre, sai che lagna domattina…chi la sopporta?”
 “Ma qui il letto non è più vuoto. Chi è la novizia?”
Finalmente lo sconosciuto aveva parlato e Marte si sorprese ad ascoltare una voce profonda e tranquilla. Non aveva niente a che fare con quella di Draco, che era bella sì, ma solo per ammagliare le ragazze. Questa non era solo ammaliatrice, bellissima e profonda, era magica.
“ Si chiama Marte, ha fatto lo smistamento a cena. Te ne sei già dimenticato, Nott?”
Nott? Che razza di nome sarebbe?
“ Non ero presente alla cena questa sera, Pansy” le rispose il ragazzo di nome Nott con grande dolcezza. Poi iniziò a camminare.
Marte sentì che il ragazzo nuovo si stava avvicinando al suo letto molto silenziosamente e allora, con il cuore che le batteva a mille, strinse forte la bacchetta nascosta sotto il cuscino. Si sa, erano dure a morire le vecchie abitudini.
Lo sentiva vicino a sé e pregava con tutta se stessa di non tradirsi da sola con il suo tremare.
Un passo dopo l’altro ed infine lo sentì sfiorare le lenzuola con l’abito che indossava.
“ Andiamo Nott, non vorrai farmi diventare gelosa, vero? Come mai così curioso?”
“Così.”
“ Perché non ci dedichiamo a qualcosa di più interessante?” la voce allegra di Blaise tornò a rompere quel silenzio.
Non capì se ci fu uno scambio di sguardi o un sussurro ma i tre superarono il suo letto e si diressero verso quello di Gioia.
“ Cosa possiamo farle?” chiese Pansy con un tono che superava gli squilli del telefono “Con quegli stupidi tappi non sentirà nulla.”
“Potremo tagliarle i capelli, o toglierle le sopracciglia” disse Blaise.
“ I capelli! I capelli! Vado a prendere le forbici!”
Pansy corse velocemente dalla sua parte di stanza e tra il ciarpame che trasbordava dal cassetto ne tirò fuori un paio di forbici.
“ Vuoi che lo faccio io?” le chiese Zabini, come se sperasse però in una risposta negativa.
“No, no Blaise, me ne occupo io. Tu e Nott state dietro.”
Sollevo delicatamente una ciocca di capelli biondi, “Finalmente la smetterà di vantarsene tanto.”

“Non è una cosa carina da fare, Pansy.”
Marte, a quel punto non era potuta stare ferma a far niente, non se lo sarebbe perdonato e non avrebbe potuto più guardare Gioia negli occhi.
Tenne saldamente la bacchetta pigiata sul capo del nuovo ragazzo mentre con lo sguardo non perdeva di vista Blaise e Pansy.
“ Non sarà molto piacevole la mia permanenza qui se ogni notte qualcuno mi sveglia con le sue idee cretine. Ma da dove venite? Dall’asilo? ”
La bacchetta iniziò a tremarle leggermente ed allora Marte la pigiò più in profondità nella zazzera nera del ragazzo.
“ Sta fermo, tu.” Poi si rivolse nuovamente a Pansy, che teneva le forbici ancora davanti a sé.
“ Ora, cara, saresti così gentile da far uscire i tuoi ospiti? Non m’interessa quanto silenziosi possiate essere nel fare gli affari vostri, ma io, almeno per stanotte, voglio dormire come un bambino.”
La bacchetta tremò con più forza e Nott scoppiò a ridere.
“Ma che diavolo ci hai da ridere?”
Nott tentò di scuotere la testa e Marte lasciò perdere.
“Ora, gentili signori, vi scorto alla porta, sempre che non vogliate che i vostri di capelli finiscano a fare da cuccia al mio cane.”
Nott non la smetteva di ridere, ma il tono di Marte non era minimamente scherzoso, anzi, sembrava che stesse annunciando una pena di morte.
Perse la pazienza e fece voltare Nott per vederlo bene in faccia e lo spinse vicino agli altri due.
“Ora che ti vedo bene posso sapere almeno quale faccia aggiungere alla lista degli omicidi commessi” disse.
“Ora che mi hai visto bene in faccia avrai il rimorso per tutto il resto della tua vita, se mi uccidi, non è più un uomo senza volto il tuo obiettivo.”ribatté Nott con tono tranquillo.
Marte rimase sorpresa ma non abbassò il braccio.
Un altro Serpeverde che sapeva parlare.
Lo osservò bene.
Nott assomigliava molto a Draco, aveva la stessa pelle lattea, e gli occhi grigi come la tempesta.
Era alto e longilineo e aveva una presenza terrificante che riempiva l’ambiente.
Gli unici particolari che li differivano erano i capelli, che Nott aveva neri come il petrolio, e la voce, più profonda e intima.
“Il rimorso rimane un mio problema, non ti devi preoccupare per me.” rispose Marte senza smettere di guardarlo.
“Adesso basta Marte, questa è anche la mia camera, toglimi quella bacchetta di dosso.”
“ E’ vero che è anche la tua stanza, Pansy, ma io posso fare quello che voglio, sono una Serpeverde.”
Il sorriso sul viso di Nott si allargò, quasi soddisfatto.
Ma Pansy per una volta aveva ragione, era ora di finirla. Era rimasta un po’ contrariata, sentendoli organizzare quella cavolata, e aveva solo voluto spaventarli un po’, cosa che probabilmente non le era nemmeno riuscita.
Pansy aveva superato lo spavento ed ora era rossa e arrabbiata come un toro.
Blaise era forse l’unico a sudare un po’, ma cercava di non darlo a vedere.
La verità era che Nott, con la sua presenza e le sue parole, aveva fatto calmare gli altri due.
Stava riflettendo su cosa fare senza sembrare una pazza ma senza nemmeno finire per sembrare una debole, quando la punta di una bacchetta le sfiorò la schiena con delicatezza e le fece venire i brividi.
“ E pensare che poche ore fa hai detto che se si attacca un nemico di spalle si passa dalla parte del torto.”
Marte chiuse gli occhi per gustarsi il tocco della bacchetta di Draco sul tessuto della camicetta del pigiama.
“Sei troppo Serpeverde per mantenere la tua stessa parola, Marte.”
Lei si voltò di colpo. “La situazione era diversa Draco. Inoltre non li avrei davvero colpiti, volevo solo spaventarli.”
Draco le accarezzò il viso delicatamente e la guardò con dolcezza ma sempre con quel tocco di malizia che nel suo sguardo non mancava mai.
Si gustò la sua presenza senza fermare la sua mano. Draco non indossava più la divisa scolastica ma dei semplici jeans e una maglietta, vestito così informale e con i capelli lasciati liberi sembrava ancora più bello.
Draco le appoggiò il braccio sulle spalle e la fece voltare verso i compagni.
“Sono venuto a controllare che lei non vi avesse già fatto secchi. Sospettavo che aveste in mente una delle vostre idee stupide e sono venuto a controllare.”
Vide la forbice nelle mani di Pansy e dunque si voltò verso Nott in particolare “E tu manco li hai fermati, vero Theo?”
“Era troppo divertente Draco, lei poi è stata decisamente piacevole.”Rispose indicando Marte.
Marte sentì ribollire il sangue e anche Draco dovette sentirlo perché la tenne più stretta a sé.
“Non dire che sarebbe stato zitto e fermo davanti ad una cavolata simile!”
Draco alzò le spalle e le sorrise. “L’hai detto tu poco fa, sono Serpeverde, possono fare ciò che vogliono. Inoltre ti assicuro che nemmeno Gioia è esattamente una santa. Casta sì, non santa.”
Marte si staccò dal corpo di Draco ed andò a sedersi sul proprio letto.
“Sentite, è stato davvero divertente, ma sono molto stanca e vorrei dormire senza avere l’obbligo di dover difendere nessuno” disse posando la bacchetta sul suo comodino.
“Nessuno ti ha obbligata”le rispose Nott.
Lei neanche lo ascoltò e gli indicò la porta. “Lì è l’uscita”
Nessuno aprì più bocca.
Marte si sdraiò e si sistemò tra le coperte senza assicurarsi che tutti fossero usciti, tuttavia sapeva che qualcuno non se n’era andato e quando le parlò non si sorprese, anzi si sistemò meglio sotto le lenzuola.
“Sei stanca?”
“Non si vede già abbastanza, Draco?”
Lui rise leggermente. “Spero che tu non sia stanca domattina.”
“Non lo sarò, sono abituata a dormire poco.”
Lo sentì appoggiarsi con la spalla sulla sbarra del letto a baldacchino.
“Draco? Hai detto che temevi che loro stessero combinando qualcosa, ma ci hai impiegato dieci minuti buoni prima di salire. E se invece che beccarli a tagliare i capelli alla mia compagna di stanza li avessi scoperti a fare sesso? Quanto ci avresti impiegato a salire?”
Draco rise ancora e più forte facendo dondolare il letto.
“Non so se sarei stato più veloce, forse perché in fondo sapevo che tu saresti riuscita a mandarli via, anche senza ucciderli. Però avevo la sicurezza che non sarebbe successo.”
“E perché? Veggenza?”
“Assolutamente no!Odio quella roba. Lo sapevo perché c’era Nott con loro.”
“Ah beh, se c’è Nott…”
“Ora è meglio che dormi mio Angelo della Guerra.”
Marte annuì distrattamente.
“Un’ultima domanda. Quale ragazza della nostra età tiene la bacchetta sotto il cuscino?”
“Buonanotte, Draco.”
“Comunque per stanotte non ne avrai più bisogno, promesso.”
 

Intanto, ad ogni giorno che passava, quel fresco venticello estivo si trasformava in una gelida aria invernale. Non aveva ancora nevicato, era ancora troppo presto essendo solo fine di ottobre, ma si sentiva qualcosa nel vento che sembrava preannunciare una tempesta.
Marte non aveva più incontrato Hermione o i suoi amici, non s’incrociavano nemmeno nei corridoi, ma era normale che Grifondoro e Serpeverde frequentassero ambienti totalmente diversi, e ormai lei c’era dentro.
Per i Serpeverde infatti, il martedì era il giorno più orrendo della settima proprio perché questa regola veniva ignorata totalmente.
Alle prime ore, neanche lo si fosse voluto fare apposta, c’erano Pozioni con Grifondoro e anche Difesa contro le Arti Oscure con Grifondoro.
Per Marte, però, non era assolutamente un problema, anzi, aveva alle prime quattro ore le sue lezione preferite e si sarebbe potuta sbizzarrire.
Soprattutto quando ogni risveglio era a dir poco infernale.
Gioia occupava il bagno per un’ora e quando era il suo turno di entrare, la sua adorata compagna di stanza, alla quale aveva salvato tutti i riccioli la sua prima notte in quella torre, si prendeva sempre il disturbo di ordinarle di svegliare Pansy. Cosa che le costava un’altra ora persa.
Alla fine riusciva a scendere per la colazione.
Grazie a Dio Draco, come ogni mattina, l’aveva aspettata, e con sua grande sorpresa ogni tanto c’era anche Theodore Nott.
“Buongiorno dormigliona. Fatti bei sogni?” le chiese Nott trattenendosi dal ridere.
“Letto comodissimo e compagne di stanza tremende. Chi cavolo mi ha messo lì dentro?”
“Nessuno” rispose Draco “Le camere vengono scelte a caso. Per magia.”
Marte alzò il viso dal bicchiere di succo che stava ingurgitando con grande sete e gli chiese “E tu? Con chi sei in camera? Di certo uno difficile come te deve farli disperare i suoi compagni di stanza.”
Lanciarsi frecciatine con loro era un ottimo modo per risollevare la giornata.
“Fino all’anno scorso ero con quei disastri di Tiger e Goyle, con quel molestatore di Blaise e con il sociopatico qui accanto a me.”
“Non hai la più pallida idea di per quanto tempo questo fanatico occupasse il bagno. E alla fine facevamo perdere punti alla casa per colpa sua.” Aggiunse Nott.
“Ci credo, mi dispiace” rispose Marte con tono accondiscendente, carezzando la spalla del Serpeverde.
“Ora ho una stanza tutta per me, essendo Prefetto. E non ti sognare di chiedere asilo, Marte, perché ti dovrai inginocchiare a miei piedi e supplicarmi,”riprese Draco con un sorrisino soddisfatto e malizioso.
“Tranquillo, non ci ho mai nemmeno pensato, goditi la tua solitudine e il tuo letto matrimoniale.”
Nott si mise nuovamente a ridere, facendo tremare quasi tutta la panca.
“Ti assicuro che lui la solitudine non la soffre minimamente.”
Questa frase l’aveva sentita già fin troppe volte. Sbuffò e si alzò. “ Mi accompagnate a lezione o continuate a fare i maleducati?”
I due si alzarono all’unisono e la seguirono.

Stavano camminando per il corridoio dei sotterranei, continuando sempre a lanciarsi frecciatine. In quel preciso istante Nott stava commentando la faccia infuriata che Marte aveva fatto quella notte, vedendo Pansy brandire delle forbici. “Così poco femminile!”l’aveva commentata.
Dalla parte opposta del corridoio, intanto, provenivano tre voci distinte.
Quando s’incontrarono davanti alla porta della classe di pozioni, sembrò ad entrambi i gruppi di veder riflesso in uno specchio la propria nemesi.
I tre Grifondoro rilucevano di un colorito sano e luminoso. La pelle di tutti e tre aveva una carnagione rosea o quasi abbronzata. La loro aurea era color del fuoco.
Harry Potter quella mattina era più bello che mai. Si era tolto quegli orrendi occhialini da professore e ora le sue iridi verdi rilucevano come due fari.
Hermione era raggiante, sorrideva ed anche lei appariva bellissima e leonina circondata dai suoi due uomini.
Ron invece, anche lui finalmente sveglio e sorridente, appariva ancor più alto e muscoloso, ed i suoi capelli rossi sembravano fuoco vivo.
Dall’altro lato invece erano il ghiaccio e l’argento a colorare l’aurea.
Draco era malizioso e sensuale come al solito. Elegante con la sua bella cravatta verde-argento, e con i suoi capelli biondi, che parevano morbidi come seta al solo guardarli.
Marte aveva una chioma di mossi capelli scuri ad incorniciare il suo viso dalla pelle lattea. Sembrava impalpabile, intoccabile, magica.
Theo invece non era altro che la ciliegina sulla torta. La sua figura seria e impassibile, creava attorno al gruppo un’aria di invincibilità e di forza.
Si squadrarono per alcuni secondi, mentre il resto degli studenti sfilava fra di loro per entrare in classe il prima possibile.
“Malfoy.”
“Potter.” Poi si voltò verso Ron, “Weasley, ti vedo più in forma stamattina. Abbiamo preso qualcosa per tirarci un po’ su? ”
Gli unici a rimanere confusi furono Harry e Marte. L’uno fece finta di non aver sentito mentre l’altra, probabilmente, avrebbe chiesto spiegazioni in seguito.
Marte guardò Hermione, e si accorse di essere ricambiata. Voleva capire se per lei le parole che si erano scambiate valevano ancora o no. Fino a quel momento Hermione era stata l’unica persona normale che avesse conosciuto in quella scuola.
Adorava Draco, Theo era magnifico, Harry era strano, Ron idem, Gioia aveva una doppia personalità, Pansy e Blaise erano degli ammalati di sesso ma non poteva contestarli visto che con tutta probabilità avrebbe contratto la stessa malattia, eventualità che aumentava ogni qual volta  Draco le si avvicinava.
Hermione era normale ed inoltre riponeva in lei tutte le speranze che aveva per riuscire a conservare una certa normalità, motivo in più per rimanerci amica.
Era pur sempre una Serpeverde, c’era sempre un guadagno.
“Ciao Herm.” La salutò e, se da parte di Hermione l’espressione che le fu rivolta fu felice, Draco la guardò allibito, Harry, nonostante fosse suo nemico giurato, ebbe circa la stessa reazione, Marte vide con la coda dell’occhio Nott sorridere e coprirsi la bocca con la mano, Ron, dal suo canto, si limitò ad alzare le sopracciglia.
“Ciao Marte, stiamo nello stesso banco?”
“Certo! Inizia ad andare” si avvicinò all’orecchio e le sussurro “Devo rilasciare i body guard.” E indicò Draco con un movimento impercettibile della testa.
“Ti aspetto dentro, primo banco!”
I tre Grifondoro entrarono e li lasciarono da soli.
Subito lei si voltò verso Draco, sapendo che per lui la cosa sarebbe stata dura da digerire.
Lui, infatti, non disse una parola e si limitò a guardarla.
“Vi lascio soli, avete poco tempo per parlare.” Guardò Draco e gli afferrò una spalla “è una Serpeverde, può fare ciò che desidera.” Ed entrò anche lui.

Marte cercò di avvicinarsi al ragazzo facendo un passo verso di lui, ma Draco si spostò.
“Draco! Non fare il permaloso, non ho scelto loro a te.”
“Perché ti piace la mezzosangue?”
Marte alzò il sopracciglio “La che?”
Draco per un attimo sorrise della sua ignoranza quasi tenera, ma subito si rifece serio.
“Draco, è una mia amica, l’unica ragazza che mi capisce. Abbiamo le stesse passioni ed è divertente competere con lei.”
Draco cercò di rilassare le spalle. “Non hai bisogno di competere, tu sei la migliore. La più grande secchiona che io abbia mai conosciuto. Molto più della mezzosangue, visto che non ti ho mai vista aprire libro.”
Marte mise su un finto broncio e tentò nuovamente ad avvicinarsi a lui. Questa volta Draco non si spostò.
Lei con molta attenzione e delicatezza gli appoggiò le dita su una guancia e lo accarezzò dolcemente.
“Sei gelida.” Le disse, senza però spingerla a staccare la mano dal suo viso.
Lei lo intuì e gli prese il viso con due mani, a coppa, facendole risalire finché le sue dita non s’intrecciarono con i suoi capelli sottili.
La tensione saliva, così, senza che lei se ne accorgesse, Draco la portò con sé in una nicchia mentre la continuava a guardare.
Lei lo aveva seguito senza neanche accorgersene e senza essere spinta dalle sue braccia, ma quando realizzò dove si trovava rimase confusa.
“Dove mi hai portata?” sussurrò.
“è una nicchia, Hogwarts è piena di questi posti.” Le sussurrò lui di rimando.
Marte cercò di non farsi deconcentrare dalla vicinanza del ragazzo e continuò con il discorso.
“Draco, io sono una Serpeverde ma non vado d’accordo con molti di voi…”
Draco la interruppe subito. “Non importa con quanti vai d’accordo. Vai d’accordo con i migliori. Inoltre è normale che ci si odi tra di noi, non siamo mica come quei Tassorosso mammoloni. Odiare e combatterci è nella nostra natura.”
Marte negò con la testa e gli accarezzò le labbra con i pollici per farlo zittire e proseguì “Lo so Draco, io vi adoro, io ti adoro, ma ho bisogno di qualcuno che possa capire anche il mio cervello, non solo il mio corpo ed i miei sensi.”
Draco la osservò confuso. “Cerca di capirmi, non c’è nessuno capace di leggermi come te, adoro parlare con te di ogni cosa, ed anche Theo mi sollecita molto da questo punto di vista, ma Hermione è stata una delle prime persone che ho conosciuto e dal primo istante mi sono sentita molto vicina a lei.”
Con lei posso parlare di cose di cui tu ti annoieresti. Antiche Rune, Babbanalogia, Storia della Magia, test e anche cose da ragazze.”
Rimasero in silenzio per alcuni secondi a guardarsi e sul viso di Draco riaffiorò il suo famoso sorriso. “In effetti, penso proprio che mi annoierei, Theo idem, e non credo che esista una ragazza Serpeverde interessata a Babbanalogia. Anzi, quest’ultimo punto è meglio se lo tieni per te.”
“Draco, nessuno vi ha mai detto che conoscere il tuo nemico ti dimezza la strada?”
Lui negò e questa volta la spinse contro di sé abbracciandola con dolcezza.
Non si parlarono e si sentì solo lo strusciare delle loro vesti. Marte non aveva spostato le mani dal suo viso e dai suoi capelli, ed intanto Draco si faceva accarezzare.
“Dimmi Marte, è anche perché ti senti sola che ti vuoi avvicinare alla Grifondoro?”
Marte lo guardò stupita e gli sorrise “Sono stata sola a lungo, prima di venire qua. Le mie compagne di stanza, per quanto strambe, sono simpatiche, Pansy mi presta tutti i suoi cosmetici. Theo è fantastico, adoro le sue frecciatine e con Blaise c’è sempre qualcosa da imparare.” Poi lo guardò in viso “Draco, io sono la tua protetta, sono tua, lo capisci? Non potrei mai sentirmi sola quando ci sei tu attorno. Che mi calmi, mi parli, mi stuzzichi, con te che ti comporti da Draco.”
Draco non sembrò imbarazzato e rimase calmo a guardarla mentre sulle sue guancie bianchissime spuntavano due macchie vermiglie.
Marte sentì il viso andarle a fuoco e si allontanò un po’ da Draco per coprirsi con le mani; fortuna che i suoi capelli la coprivano parzialmente e lei si sorprese a ringraziare il cielo di non averli tagliati.
“Ecco perché ho bisogno di Herm, non posso parlare con te di queste cose, non posso sembrare debole e sempre così delicata e infatuata come una bambina.”
Draco a quel punto la strattonò con forza e le spostò le mani dal viso per vederlo chiaramente.
“Tu sei una Serpeverde.” Disse in un sibilo che sembrò far tremare le mura “Hai una mente sottile e calcolatrice, io lo so. Sei intelligente e sei altera,” le disse tutto di un fiato ma mantenendo una compostezza e una freddezza invidiabili.
“Inoltre ho visto come sfoderi e usi la bacchetta. I tuoi occhi s’illuminano di una luce penetrante e fredda, come se avessi il controllo di tutto e di tutti. E non pensare che io non veda come godi ad osservare chi si bacia e chi si diverte, come ti lecchi le labbra in maniera cosi assurdamente sensuale e pericolosa, come giochi con i tuoi capelli. Tu sei bella e pericolosa. Tu sei il mio Angelo della Guerra.”
Sul viso di Marte, come su quello di Draco, nacque quel sorriso furbo tipico di ogni Serpeverde che si rispetti.
“Dici che mi posso divertire anch’io come Pansy? Posso baciare chiunque, scopare con chiunque, uccidere chiunque?”Si umettò e leccò le labbra ad ogni frase.
Al vederla davanti a sé in quel modo, così serpentina, finalmente libera di essere ciò che voleva per davvero, in Draco sparì ogni tipo di dolcezza e salì solo la passione.
Le lasciò le mani e affondò le dita nei suoi fianchi con violenza, avvicinando i loro visi e i loro corpi.
“Sii Serpeverde solo per me, mostrati solo a me. Voglio io la tua irruenza, la tua voglia, le tue grida e la tua violenza.”
Marte sorrise di nuovo, facendo ciò che le chiese. “Egoista.”
“No, Serpeverde.”





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Capitolo 9
*** 9. ***


9°B.F.T
Nono.
*




C’erano cose, che, al contrario, Hermione assolutamente non capiva o non voleva capire, per via della sua natura, cose che poteva condividere solo con lui.
Era da tempo che non sentiva quella sensazione di libertà sulla pelle, dai tempi in cui viveva con Voldemort, dai tempi del suo Lilium.
Draco aveva fatto una magia quasi senza accorgersene.
Da quando era arrivata ad Hogwarts quella tensione, quella paura e quell’incertezza che si era trascinata per tutti i mesi in cui aveva viaggiato per l’Europa erano state difficili da abbandonare e lasciare alle spalle.
La notte dormiva poco per via dell’orario impossibile a cui si era dovuta abituare, la bacchetta la teneva sempre pronta sotto il cuscino e, ogni sera, fregava una Burro Birra dal frigo di Pansy per trattenersi dal sistemare alcune trappole sul perimetro attorno al letto.
Draco, da quando ci aveva parlato la prima volta, era diventato una grande distrazione da tutte queste fisse.
Il suo volto luminoso, i suoi occhi e la sua voce erano come un dolce ritornello al quale Marte adorava appoggiarsi durante la giornata.  
Adorava essere circondata dalla sua presenza così che, quando non doveva studiare, aveva qualcosa di piacevole da guadare e toccare.
Ed era una sensazione bellissima, non sconosciuta ma dimenticata, lontana.
Gli ultimi capelli che aveva toccato erano stati quelli di Lilium, molto diversi da quelli di Draco, ed era stato in un tempo che le sembrava lontanissimo.
Draco era sempre presente ed era impossibile non adorarlo e desiderarlo.
Ciò che davvero non capiva era come fosse possibile che lui fosse attratto da lei.
Con la sua pelle pallida, che si arrossiva in continuazione, i suoi occhi scuri e profondi e i suoi capelli che le sembrava avessero una vita propria.
C’erano molte ragazze molto più belle di lei, a partire da Pansy ed Hermione, ma Draco le ripeteva sempre che il suo aspetto quando erano soli si trasformava e questo la rendeva ancor più desiderabile.
Dunque ora lei gli apparteneva, ed era felice di essere sua.
La cosa che più li divertiva era il veder cambiar il suo modo di agire da un momento all’altro.
Un attimo prima era con Hermione, e faceva la parte della ragazza e della studentessa.
Poi era con i Serpeverde, ed allora si mostrava sfacciata e sveglia.
Quando era con Draco invece liberava tutta la sua aggressività, tutti i suoi sfoghi, tutta la sua parte nera, ed entrambi godevano di essa. Draco addirittura se ne nutriva, la assorbiva e se ne compiaceva.
Quando gli aveva mostrato per la prima volta il proprio corpo con indosso solo la biancheria era stata un po’ titubante; era piena di cicatrici, sottili e poco visibili ma ruvide, e il suo corpo era sodo; le numerose corse indesiderate erano servite a mantenerla in forma ma la cattiva alimentazione e la paura le avevano fatto perdere peso, troppo peso.
Non si sentiva più nella sua pelle, lei era sempre stata abbastanza possente e questa fragilità le stava scomoda, tanto che aveva preso l’abitudine di mangiare ad ogni pasto, anche se non aveva fame.
E mentre lei si faceva tutte quelle fisime, Draco l’aveva stretta sui fianchi e aveva appoggiato la fronte sul suo ventre, sospirando.
Si compiaceva di molte cose e sospirava e respirava il suo odore ogni volta che la prendeva fra le sue braccia.
Adorava osservare i suoi capelli scuri sparsi sul cuscino, le sue mani, che lo graffiavano e lo stuzzicavano, e il suo ventre piatto, che poteva sempre baciare e solleticare, per farla ridere.
Ma più di ogni cosa adorava i suoi occhi spalancati di mattina presto, quando si ricordava di non essere sola ma con lui, e di avere tutto il tempo del mondo per rilassarsi e prepararsi.

Marte non aveva nemmeno dovuto accennare ad un inchino per entrare nella camera di Draco.
Si trovava in sala comune davanti al camino insieme a Draco e a tutti i suoi compagni.
Essere un Serpeverde era una pacchia.
La sala comune era elegantemente arredata, comoda e sempre luccicante con una decina di elfi domestici che si volatilizzavano da ogni dove per accontentare le richieste di ogni studente. In un angolo c’era pure un bar, creato con la magia da un mago oscuro circa cento anni prima a uso dei soli Serpeverde, che conteneva ogni genere di alcolico possibile e immaginabile.
Draco, notò, non andava pazzo per gli alcolici quanto per le sigarette, mentre Nott li adorava ma ne beveva pochi, perché aveva gusti esigenti ed era talmente difficile da accontentare che spesso se li preparava da solo.
Stava ascoltando e partecipando alle conversazioni seduta su di un divano con la testa appoggiata sulle gambe di Draco.
Anche quella sera lui era bellissimo, ogni volta che si toglieva la divisa, il suo volto prendeva un'altra forma ed espressione mentre il suo corpo appariva in tutto il suo splendore.
Si era cambiata anche lei, inizialmente la divisa le era sembrata comoda ma con l’andare del tempo aveva iniziato a sentirla pesante e fastidiosa, così aveva indossato dei semplici jeans grigi, un cinturone ed una canottiera viola.
Non se l’era sentita di indossare le scarpe così era scesa a piedi nudi, mostrando al mondo le unghie smaltate di nero che le aveva sistemato Pansy la sera prima. Quando quella ragazza voleva fare qualcosa era impossibile convincerla del contrario così l’aveva accontentata e ora i suoi piedi sembravano ancora più bianchi.
“Sei a tuo agio?” le chiese dopo che gli fu vicina e si fu sdraiata su di lui.
“Sei molto comodo.”
“Niente scarpe oggi?” disse alzando un sopracciglio.
Marte sorrise e mosse le dita dei piedi, appoggiati sull’altro capo del divano. “ Ti piacciono?”
“Nere, eh? Perché non verdi?”
“Magari la prossima volta.”
Draco si abbassò verso di lei e le sussurrò “Sei bellissima.”
Ecco, quando voleva metterla in difficoltà usava sempre quella frase così si limitò a non guardarlo e a chiedere a Nott di prepararle uno dei suoi bicchieri.
“Scommetto che non sai cosa vuoi.”
“Stupiscimi Theo, trova ciò che mi piace.” Gli rispose.
“Adoro le sfide.”
Si allontanò e tornò poco dopo due bicchieri. Uno dal contenuto trasparente, che consegnò a Draco, e uno pieno di un liquido rosso e frizzante, che porse a Marte.
“Provalo.”
Draco la aiutò ad alzarsi un po’ sulla schiena così che potesse assaggiarlo.
Inizialmente lo assaporò solo con le labbra ma subito il sapore si fece così intenso, dolce e frizzante che lo trangugiò in un sorso.
Sia Draco sia Theo risero davanti alla sua espressione stupita e Draco la fece sdraiare di nuovo sulle sue gambe.
“Non ne posso avere ancora un po’?”
Theo rise nuovamente “Meglio di no per stasera dolcezza, bisogna andarci piano.”
Marte si accucciò di più sul divano e si girò su un lato.
“Quando sarà la prima partita di Quidditch, Draco?”gli chiese un ragazzo alto con le spalle da culturista. Aveva incontrato pochi Serpeverde brutti, e lui era uno di quelli.
“Con tutta probabilità fra due settimane Marcus, contro i Corvonero, sarà una passeggiata.”
“Tu giochi a Quidditch?”
Pansy esplose in una risata seguita da Blaise e da alcuni altri.
“è vero, lei non lo può sapere,” disse la ragazza dai capelli corvini. Poi la guardò. “ Draco è il capitano della squadra di Quidditch Serpeverde, Marte. È un cercatore.”
“Draco? Proprio Draco?” chiese ancora molto confusa.
“Dubiti di me?” le chiese con un sorrisino scherzoso.
“Non sia mai, Draco, che tu non sappia fare qualcosa!” gli rispose facendo ridere tutti gli altri Serpeverde.
Per tutto il resto della serata parlarono tra di loro, di Quidditch, di scuola, ma soprattutto di feste ed eventi mondani riservati ai purosangue.
Eventi che tuttavia non le erano poi così sconosciuti.
Quando faceva parte della ‘corte prediletta’di Lord Voldemort aveva partecipato, insieme a Lilium, a feste incredibili, lunghe tutta la notte, feste che la lasciavano estasiata, eccitata ed euforica.
Ai ricevimenti di Lord Voldemort la droga che girava era magia allo stato più puro.
Spesso Lilium gliela aveva iniettata tramite la bacchetta, usandola come siringa, e quella droga le aveva dato ogni volta una strana energia, una sensazione di allegria e forza incontrollabili.
E mentre i ragazzi parlavano si chiese se avrebbe sentito quella sensazione ancora una volta ma soprattutto si chiese se l’avrebbe voluta ancora.
Perché oltre alla bellissima euforia c’era l’agghiacciante mattina del risveglio.
Ricordava tutto in modo confuso e non poteva mai dare un perché alla sensazione di debolezza che avvertiva sulle gambe e all’altezza dello stomaco.
Chiuse gli occhi e si accoccolò ancor di più contro Draco.
Nonostante i pensieri funesti il sonno che la stava prendendo era dolce e tranquillo, probabilmente grazie al tocco delle dita di Draco sul viso.
“Shhh!” sentì bisbigliare da qualcuno.
“Si è addormentata.”
“Sì, si è addormentata.”
“Com’è carina quando dorme.”
Riconobbe le voci di tutti, tranne quella di Draco. Il ragazzo non smise un attimo di toccarla e di guardarla.
“Com’è tenera.” Disse infine Millicent Bullstrote con un pizzico di malignità nella voce.
Marte spalancò di colpo gli occhi e li puntò sulla Serpeverde. Odiava essere considerata una tenera, soprattutto davanti a Draco.
Si limitò a guardarla, troppo stanca per parlare.
Millicent capì comunque l’occhiata e si allontanò a parlare con altri Serpeverde.
“Non c’era bisogno di spaventarla.” Le sussurrò Draco all’orecchio.
“Portami a letto, ti prego.”
Draco non se lo fece ripetere e la sollevò, incamminandosi senza dare spiegazioni.
Nessuno osò parlare, solo Theo. “Notte, dolcezza!”

La stanza di Draco era spaziosa, non più grande della sua ma lui non doveva condividerla con altri ragazzi.
La prima volta non ebbe il tempo di osservarla bene ma, le poche cose che le caddero sott’occhio, erano verdi, nere o argentate. I colori di Draco.
“Sono diventata talmente fragile che mi puoi sollevare come se fossi una bambola. Che pietà.”
Draco rise leggermente. “La maggior parte delle ragazze avrebbe interpretato la cosa come una favola divenuta realtà ed inoltre non ho mai sentito nessuna lamentarsi di essere troppo magra. Se ti può consolare non sei una piuma.”
Marte sorrise contro la sua spalla e gli strinse le braccia attorno alle spalle.
“Sei profumato. Un buon profumo, Draco. Lo voglio anch’io.”
“ Un profumo da uomo?”
Lei annuì debolmente con la testa.
“A me piace il tuo di odore, non voglio profumi su di te.”
La poggiò delicatamente sul suo letto e la aiutò a sistemarsi bene sul cuscino.
“Vuoi levarti qualcosa?”
Marte aprì un po’ più gli occhi e lo guardò in viso.
“Ne stai approfittando, Draco?”
Draco sorrise e scosse la testa dolcemente. “Non è divertente approfittare di una donna che non ha la coscienza di sé. Forse un’altra volta.”
Marte si rilassò leggermente, cercò di controllare i suoi bollori e il calore che le stava inondando il viso e bruciando le orecchie.
“Sfilami la cintura e i pantaloni. La canottiera la posso tenere, non mi da fastidio.” Disse con un po’ di esitazione e un impercettibile tremolio nella voce.
Draco la guardò negli occhi con affettuosità e le tolse il cinturone nero dalle asole del jeans.
Ad ogni scatto il cuore di Marte sembrò fare un battito più forte e con le mani strinse le lenzuola del letto.
“Lenzuola e copriletto neri? Che scelta curiosa.” Chiese cercando di allentare un po’ la tensione e l’ansia che la stava prendendo.
“Rilassati, sei troppo nervosa.” Le rispose aspettando ad aprire il bottone e la cerniera del jeans, anche se le sue parole non fecero altro che provocarla e renderla impaziente.
“Dopotutto,” continuò avvicinando di più il proprio viso a quello della ragazza “non dobbiamo fare niente di strano o trasgressivo, no?”
Prima che glieli potesse sfilare Marte gli afferrò le mani e lo fermò.
“Perché non vai a cambiarti, a metterti quel che ti devi mettere per venire a letto, e non mi lasci finire da sola? Penso di potercela fare.”
Aveva rotto il momento magico, lo sapeva, ma si era sentita sull’orlo di perdere il controllo.
Le dita del ragazzo le erano sembrate sul punto di fondere il tessuto del jeans e toccarle la pelle, era troppo per lei.
Draco non sembrò sorpreso e le sorrise. “Come preferisci.”
Si alzò dal posto accanto a lei e poggiò la cintura su una grossa poltrona prima di entrare in una stanza che doveva essere il bagno.
Marte guardò il soffitto per qualche secondo. Aveva la vista ancora quasi tutta annebbiata, e, anche se l’eccitazione per l’avere Draco accanto era forte, non aveva alcuna voglia di svegliarsi.
Si tolse in fretta i pantaloni, per paura che lui potesse tornare subito indietro, e si sistemò sotto le lenzuola.
Erano morbide, nere, calde e sapevano di lui.
Prese il cuscino che era dalla parte opposta alla sua, immaginando che fosse quello che lui usava di solito per dormire, e vi affondo il viso, respirando profondamente.
Si sentiva il profumo del suo shampoo sulla federa e quello del suo corpo fra le coperte. Un odore di pulito e di sesso.
‘Il cuscino di Draco.’ Pensò. E la voglia di stringere il ragazzo aumentò.
Alzò la guancia dal cuscino e si fermo per accertarsi che Draco stesse ancora trafficando in bagno e non stesse assistendo a quella scena pietosa. Chissà quante ragazze l’avevano fatto prima di lei, ma dopotutto le doveva capire, l’odore di Draco era irresistibile.
Chiuse gli occhi per riprendere il controllo del proprio corpo e del proprio cuore, ritrovando un po’ di calma.
Poi sentì la porta del bagno scricchiolare e li spalancò nonostante la stanchezza.
Draco si era messo un paio di lunghi pantaloni di seta color petrolio, e una camicia dello stesso colore tutta aperta a mostrare il petto bello e splendente.
‘Draco, tu sei troppo malizioso.’ Pensò, scivolando via leggermente per lasciargli spazio mentre si avvicinava con passo felpato e sensuale al bordo del letto. La sua presenza si faceva sempre più vicina e i suoi occhi grigi diventavano sempre più luminosi. Si sentiva come una preda, ma era contenta di esserlo.
Prima di entrare nel letto Draco si sfilò i tanti anelli e li poggiò sul comodino facendoli tintinnare fra di loro a contatto con il comodino.
“Stanca?”
Rispose con un gemito di assenso.
Draco sollevò le coperte, la camicia del pigiama si alzava e abbassava a ritmo con i suoi movimenti, mostrando in parte il suo torace e la striscia sottile di peluria che saliva dal bordo dei pantaloni, chiara come quella dei suoi capelli.
Era quasi troppo accecante per poterlo guardare, troppo luminoso mentre lei si sentiva solo ‘tenera’ e non adatta alla situazione.
Draco era perfetto, mentre lei stava rannicchiata, come se avesse paura, nel letto di un dio, quando in verità smaniava solo di essere sfiorata.
Entrò nel letto lentamente e si sistemò di fronte a lei, senza smettere di guardarla, senza perdersi le sue espressioni.
Marte stava appoggiata con il capo sul dorso delle mani e tentava con tutte le sue forze di tenere gli occhi socchiusi, per non perdersi neanche un secondo della lucentezza della pelle del ragazzo.
“Hai le occhiaie. Studi troppo Marte.” Disse accarezzandole il viso, mentre il corpo della ragazza continuava ad avvicinarsi e a ritrarsi dalla sua mano in preda agli spasmi.
“Non studio affatto, lo sai bene.” Balbettò appena.
“Allora perché sei stanca?”continuò con la sua voce calma e maliziosa.
“Faccio fatica a dormire, ho paura e faccio brutti sogni.”
“Ti proteggo io stanotte, dormi quanto vuoi e rilassati.”
“Non posso. Non ci riesco.” Disse stringendo con forza la federa del cuscino, mentre i suoi polmoni si alzavano e abbassavano velocemente.
Abbassò lo sguardo ma quando si ritrovò davanti la pelle bianca e perfetta del petto di Draco sentì le guancie andarle in fiamme e il profumo del suo bagnoschiuma penetrarla prepotentemente dalle narici.
Draco alzò un sopracciglio, come faceva sempre quando era confuso o quando stava scherzando.
“Perché?”
Prese un grosso respiro, l’aria le entrò con fatica nei polmoni e con poca voce disse “Sono con te, Draco.”
Lui prese un suo ciuffo di suoi capelli fra le dita e ci giocò sempre senza smettere di guardare lei che si sforzava di non chiudere gli occhi.
“Mi piace avere questo effetto su di te.”
Poi improvvisamente sentì le mani di Marte spostare la camicia e toccargli il torace.
“Non solo su di me, Draco.”
Gli sembrava così delicata ed inesperta.
Sembrava come una bambina che sta scoprendo qualcosa di nuovo e con la stessa curiosità lo accarezzava e lo solleticava ovunque.
I palmi delle mani aperti e tesi si muovevano in senso circolare, sfiorando le clavicole e scendendo fino all’ombelico per poi ritornare in cima e chiudersi con delicatezza attorno al collo e ai muscoli delle spalle.
Si rannicchiò sempre di più contro di lui, spostando il capo sotto il suo mento, fino ad accarezzargli la pelle sottile del collo con la punta del naso.
Il loro respiro andava di pari passo e il seno di Marte spingeva contro il petto di Draco con una sensualità innocente ed involontaria, che la rendeva ai suoi occhi ancor più seducente e voluttuosa, tanto da fargli male.
Draco si mise a pancia in su e lei, automaticamente, lo seguì, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Poi, mentre Draco la strinse poggiandole una mano sul fianco e una dietro il capo, Marte, invogliata, gli misi una gamba fra le sue e si sistemò più comodamente contro di lui, per sentirlo vicino e aderente al suo fianco.
Draco le coprì con il lenzuolo le braccia scoperte e continuò ad accarezzarla finché non sentì il suo respiro regolare solleticargli e bruciargli la pelle.
Appena la guardò un’ondata di sentimenti lo travolse, talmente potente da farlo tremare ma così piacevole da scaldarlo.
Era bella, sensuale, intelligente, scaltra e si era promessa a lui soltanto.
Se un momento prima le sembrava inesperta e timida, la sua espressione mentre dormiva gli trasmise un’aura di forza, di energia e di potere incomparabili.
Le palpebre erano ferme e le labbra, carnose e rosse, erano chiuse in una posizione di assoluta tranquillità e dolcezza.
Non voleva muoversi temendo che si potesse spostare da lui, quando il peso della sua gamba sulle sue era così piacevole e familiare, così girò lievemente la testa e le carezzò i lineamenti del viso con i polpastrelli delle dita.
Curioso di sapere quale sapore gli sarebbe rimasto sulle labbra, la baciò più volte sulla fronte ma non fu soddisfatto e non riuscendo a trattenersi si avvicinò e le sfiorò la bocca con la propria, per saggiarne la morbidezza.
Era talmente stanca che non si accorse di nulla, il suo corpo rimase inerte al suo tocco se non per un lieve gonfiore sulle labbra, così Draco ne approfittò e le lambì il labbro inferiore, leccandolo avidamente, per poi ritrarsi meravigliato e con il respiro pesante.
Con un solo sguardo l’aveva ammaliato e dopo un solo bacio Draco si sentiva già scosso e turbato.
La desiderava follemente, e se si fosse trattato di un sentimento solo carnale l’avrebbe già presa, ma Marte non era una ragazza qualunque, lei gli era affine, era sua pari e il desiderio che provava per lei non si sarebbe fermato dopo una sola notte di sesso.
Draco la voleva sempre e la voleva consenziente, presa dalla passione come lo era lui in quel momento, voleva farla gridare, gemere e soffrire per l’attesa, come stava facendo lei con lui con quella sua innocenza e ingenuità che rendeva tutto ancor più doloroso, sospirato e preteso.
Provò a chiudere gli occhi e a controllare il suo istinto e, quando sentì il sonno prendere anche lui, spense la luce con un movimento della mano e la abbracciò con un ultimo gesto, appoggiando il mento sulla spalla di lei, e addormentandosi al ritmo calmo del suo cuore.
 





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Capitolo 10
*** Decimo ***


10° B.F.T
Probabilmente qst cap fa un po' schifio, come tutta la storia, ma ormai mi sono intestardita e la voglio concludere dopo anni che la scrivo e la rielaboro....mi sembra di essere una Manzoni scadente e la cosa mi deprime un po' visto che io ODIO Manzoni, ma vabbè....
Recensite ho bisogno di consigli!!!



Decimo.




Dopo quel martedì le convinzioni di Hermione sulla normalità di Marte divennero delle sicurezze.
Era da secoli che non passava quattro ore di lezione così piacevoli.
Se per i primi mesi, sia lei che Harry e Ron, avevano cercato di evitarla, soprattutto quando era con Malfoy e i Serpeverde, quando l' avevano incontrata a faccia a faccia davanti all'aula di pozioni non notarla era stato impossibile.
E lì Marte aveva fatto qualcosa di davvero inaspettato.
L’aveva salutata davanti a Malfoy e a Nott con una scioltezza e una sicurezza che l’avevano impressionata.
È vero che poi, prima di entrare in classe, era rimasta una decina di minuti a parlare con il Serpeverde, ma, in ogni caso, in quel momento preciso in cui le aveva detto ‘ciao’, non le era sembrata spaventata della reazione di Malfoy.
Perché avrebbe dovuto esserlo in fin dei conti?
Li si vedeva sempre insieme, loro tre e più frequentemente solo Malfoy e Marte.
Sembravano davvero inseparabili e spesso aveva visto Marte ridere a crepapelle aggrappandosi al braccio del biondo o davanti allo sguardo furbo di Nott.
Davanti alla classe di pozioni si era vista riflessa in lei; per un attimo aveva pensato che fossero le due parti di una medaglia, ma la loro amicizia e la loro complicità avevano trionfato e sembravano anche aver messo uno stop alle rivalità tra Grifondoro e Serpeverde.
Malfoy e Harry, le volte in cui si incontravano in corridoio, si ignoravano e lasciano la parola a loro ragazze, che si sorridevano e si prendevano a braccetto davanti ai loro sguardi increduli.
Non aveva mai chiesto il loro parere, né a Harry né a Ron.
Il primo, stava iniziando a pensare, aveva seri problemi di carattere o aveva una multipla personalità.
Un momento era aggressivo, scontroso e preoccupato fino alla morte per gli ultimi avvenimenti riguardanti Voldemort, ma anche frustato per non avere la possibilità di scendere in battaglia e combattere al fianco dei suoi cari, che rischiavano la vita ogni giorno; si sentiva in gabbia.
Alla sua frustrazione si univa il malcontento dovuto alle lezioni di Difesa.
La Umbrige lo metteva in castigo quasi ogni giorno, e la sera tardi, quando tornava dalla punizione, la sua mano sinistra era sempre più malridotta e sanguinolenta della volta prima.
Poi, miracolosamente, alla vista di Cho Chang, il suo volto si rischiarava e sembrava quasi prendere altre fattezze, tanté che per la Corvonero aveva anche deciso di dire addio agli occhiali e di dare il benvenuto alle lenti a contatto.
Si svegliava addirittura un’ora prima la mattina per infilarsele, visto che non era ancora molto pratico e, la sera, a cena, perdeva sempre tempo a descrivere gli effetti miracolosi delle lenti.
“Se Malfoy perdesse la vista non potrebbe indossarle visto che sono una cosa Babbana!”
La cosa la irritava un po’, non per l’affronto al Serpeverde ma perché si era dovuto innamorare per cambiare idea, non le era bastato il consiglio di quella che era stata la sua migliore amica per ben cinque anni.
Ron, invece, stava avendo un grande miglioramento.
Dopo l’ultima chiacchierata che aveva avuto con Ginny, entrambe si erano impegnate a stargli accanto, a consolarlo, a farlo studiare, a toglierli dalla testa il pensiero della droga.
Ginny, addirittura, aveva subito un calo nelle sue storie amorose. Il Tassorosso con cui si era impegnata l’aveva mollata, offendendola e quasi accusandola d’incesto, per via del tempo che passava con il fratello.
Ginny, tuttavia, non si era nemmeno scomposta e l’aveva mandato prima a quel paese e poi in infermeria con il volto tempestato di foruncoli. Il ragazzo non si era ancora visto in giro; si diceva che i foruncoli fossero così profondi ed infetti che avrebbe dovuto subire un’operazione per non avere il viso rovinato per tutta la vita.
Nessuno aveva visto personalmente Ginny fare la magia e dunque nessuno poteva accusarla, ma in realtà tutti lo sospettavano; la Grifondoro era stata da sempre famosa per via dei “marchi di riconoscimento” che lasciava sui ragazzi che la mollavano per motivi stupidi.
E questo Tassorosso aveva proprio superato ogni limite.
Harry si era congratulato con lei, anche se non aveva capito il motivo della sua rabbia, adorava le persone coraggiose.
Ron invece si era agitato ma entrambe erano subito riuscite a calmarlo e la situazione era tornata normale.
Per fortuna ora l’instabilità emotiva di Ron era notevolmente diminuita, era tornato forte come un leone e timido come era sempre stato.
Nei confronti di Hermione non assumeva più comportamenti incerti, però aveva cominciato a dimostrare l’affetto che provava per lei con dolcezza; si poteva dire che il romanticismo aveva preso il posto della sua solita sbadataggine.
Non mangiava più a bocca piena, aveva preso a studiare e controllava di più le sue parole, insomma, se chi non lo conosceva lo aveva creduto uno stupido ora si doveva ricredere.
Il nuovo Ron era sveglio, romantico e affascinante, sempre rispetto a come era prima, naturalmente, ma era comunque un grande passo avanti.
Hermione dubitava che il miglioramento di Ron fosse dovuto, non solo alle loro cure, ma anche alla tregua fra le due case più forti di Hogwarts.
Era certa che fosse Malfoy o qualcuno dei suoi a passare la roba a Ron, che la presenza di Marte avesse, di fatto, cambiato la situazione?
Nonostante i progressi però non se la sentiva di parlargli dei suoi dubbi, non voleva agitarlo in alcun modo, e dunque non aveva nessuno con cui parlare tranne Marte.


Non conversavano spesso dei loro amici, quasi mai a dir la verità, forse temendo di avere idee divergenti, ma Hermione pensò che, se una Serpeverde e una Grifondoro erano riuscite a diventare amiche, niente sarebbe riuscito a dividerle.
“Cose dice Malfoy del fatto che stai spesso con me, Marte?”buttò lì innocentemente.
Erano ad Antiche Rune ed erano impegnate a copiare i simboli dell’alfabeto runico e a descrivere le similitudini iconografiche con l’alfabeto attuale.
Al solo sentire il nome di Malfoy, notò Hermione, gli occhi di Marte si erano illuminati e per un attimo aveva temuto di aver fatto un passo falso.
“Sono contenta che tu me lo abbia chiesto,” le rispose sorridendo “Non ho nessuno con cui parlare di Draco. Le mie compagne di stanza mirano solo al gossip e naturalmente non ne posso parlare con Theo che è un maschio, per quanto intuitivo e gentile sia. Volevo discuterne con te ma avevo paura che questo avrebbe potuto dividerci in qualche modo.”
Hermione rispose con un sorriso raggiante. “Anch’io avevo lo stesso dubbio, Marte. Avrei voluto chiedertelo tanto tempo fa ma non volevo pensassi che fossi spinta solo dalle dicerie o dai pregiudizi dei Grifondoro.”
Ripresero a scrivere e dopo un po’ Marte riprese a parlare.
“Draco non è mai stato totalmente contrario alla nostra amicizia,” scrisse un’ultima frase e alzò il naso dal foglio “Può non sembrare; so cosa pensa di lui la gente, che sia viziato, spocchioso ed egoista, ma Draco è molto intelligente e sensibile, mi capisce molto. Gli ho solo dovuto spiegare le mie motivazioni e lui si è subito arreso. Certo, non è felice alla follia quando sa che ho lezione con te ma non penso che lo sia perché non è d’accordo. Per prima cosa ha paura per me.”
Hermione corrugò la fronte “Non capisco.”
“Vedi Herm, non tutti i Serpeverde sono come Draco e i suoi. Tra di noi la vita non è facile come tra voi Grifondoro. Io quando sono in loro presenza devo sempre mantenere un certo carattere, un certo modo di fare, capisci? Solo così posso mantenere la mia autorità e stare al fianco di Draco.”
“Ma perché rimani lì se sei costretta a fare tutto ciò? Per Malfoy? Inizio a pensare che il Cappello Parlante abbia sbagliato a collocarti.”
Marte scosse la testa lentamente e la guardò.
“Herm, io non mi sforzò a fare nulla. Io sono una Serpeverde, non mi devo sforzare per esserlo, anche se ho un’affinità con te non significa che io la abbia anche con gli altri. In verità so di essere molto simile a Draco e a Theo, solo che tu non te ne accorgi perché mi vuoi bene e perché senti di avere un’affinità con me.”
Marte fece il discordo guardandola con grande dolcezza, cercando di alleggerire il discorso, e Hermione rispose alle sue parole senza timore, con un sorriso sincero.
Il bello di Hermione era proprio quello, poteva capire come reagire a seconda della persona che si trovava davanti, capire se devi essere comprensivo, gentile, dispiaciuto, arrabbiato.
“Dunque, se ho capito bene, tra i Serpeverde ci sono persone a cui non fa piacere la nostra amicizia, giusto? Ma tu non hai problemi perché sei fra la tua gente e dunque ti comporti in relazione a delle regole con cui concordi, non ti senti costretta a far nulla, sei a tua agio, sei te stessa.”
“Esattamente.”
“E Draco ha paura per te?”
“Lui teme che mi possano fare del male, ma ha anche un grande ascendente su tutti i Serpeverde e in pochi hanno il fegato di attaccarmi.”
Scrisse ancora qualche frase e quando alzò lo sguardo dal foglio di pergamena vide Hermione in attesa di una spiegazione.
“Sono come la protetta di un re, Herm, ed inoltre tutti sanno che sono molto brava a proteggermi, anche senza l’aiuto di Draco.”
Hermione annuì, non seppe perché ma era certa che lei fosse brava a difendersi.
“E il secondo motivo?”
Marte sorrise maliziosamente e le rispose bisbigliando “Secondo me è anche geloso.”
Hermione strabuzzò gli occhi “Di me?”
L’amica annuì come se fosse una cosa normale. “è un Serpeverde, Herm. Ed è anche il più bello, malizioso e potente. Tutto questo porta ad un grande egoismo.” Concluse come se la sapesse lunga sul ragazzo.
“E non hai paura del suo carattere possessivo e geloso?” le disse rabbrividendo “Io avrei una fifa tremenda.”
“Perché dovrei, Herm?” rispose scuotendo la testa. “Io voglio che sia geloso e che mi voglia. Anch’io sono molto egoista, e questo sentimento non mi spaventa affatto, anzi.” Terminò con un ghigno furbesco.
“Sei innamorata di lui?” le sussurrò all’orecchio.
“Solo se lo è lui di me.”
Hermione la guardò senza capire.
“Herm, l’amore ha due sensi di percorrenza, se lui non mi vuole io non voglio andare a sbattere contro un muro.”
“Questo è il rischio dell’amore, Marte.”
Marte negò con il capo.
“L’amore è già di per sé il rischio per eccellenza. È l’unica cosa del modo che riunisce in se il dolore e il piacere. L’amore ha così tanto potere proprio per questo, Herm. Non è solo l’apice del bene.
Se uno è amato ha potere incondizionato sull’altra persona.
Se uno ama ha due possibili destini davanti a sé, e nessuno dei due dipende dalla sua volontà.
O viene ricambiato, o viene lasciato solo nel suo amore incompiuto. Perché è l’incompiutezza stessa che fa soffrire, non il rifiuto.
Quando una persona ama impiega tutte le sue energie nell’amore.
Se questo non va a buon fine si sente nel proprio corpo un accumulo di energia in eccesso che non può essere consumato se non dall’amore stesso. Non con l’affetto, con l’amore.
Allora che cosa si può fare se non consumare tutta quell’energia, perché l’amore ne richiede tanta, attraverso il dolore?”
Marte, mentre parlava, aveva lanciato il suo sguardo fuori dalla finestra, nel vuoto assoluto e aveva lasciato le parole scorrere via senza guida.
“Io sono prudente e allergica al dolore, Hermione, cosa ci posso fare?”
Hermione sorrise e le rispose. “L’amore è un rischio che richiede coraggio non prudenza. Per quanto riguarda il dolore hai due possibilità. O ne diventi assuefatta o lo curi con l’amore, che è l’unica medicina.”
Marte la guardò. Herm aveva fatto cadere il suo castello con un pensiero e aveva ribaltato la situazione con le parole giuste. “Avessi anch’io il tuo coraggio, Herm.”
“Io dico che ce l’hai. Stiamo parlando di Draco Malfoy, un serpente velenosissimo, non di un barboncino, ce ne vuole di coraggio!”
Marte rise sottovoce per quanto le fu permesso finché lo sguardo dell’insegnante non le persuase a ritornare sui loro fogli.
“E tu Herm? Cosa dicono le tue guardie del corpo?”
Hermione sospirò ma non alzò lo sguardo da ciò che stava facendo.
“Entrambi hanno già i loro problemi a cui pensare. Credo però che a nessuno dei due, come a Malfoy, la cosa crei un grande problema. Pensano che in qualche modo tu sia diversa, anche se stai con Malfoy, sei intelligente e vai a genio me. Le loro aspettative si fermano qui.”
Marte la guardò insospettita dal suo tono di voce.
“Che cosa succede Hermione? Sei preoccupata per qualcosa?”
Hermione arrotolò la sua pergamena ed insieme con Marte si alzarono per consegnare i loro compiti alla professoressa.
Uscirono dalla classe prima di tutti gli altri, come al solito, e si diressero verso il portico interno della scuola.
Piaceva ad entrambe come luogo per riposare ma ci andavano solo se riuscivano a staccare prima degli altri e ad arrivare lì quando non c’era ancora nessuno.
Il bello di quel giardino era che avevi natura, silenzio e magia insieme a tua disposizione.
Si sedettero sulla solita panchina situata all’ombra di un salice piangente e mentre Marte si sistemava a gambe incrociate a cercare nella borsa la caramella che vi aveva buttato prima quella mattina, Hermione si mise a raccogliere qualche foglia caduta sul manto erboso.
“Ciò di cui ho paura fa parte di uno di quegli argomenti di cui non so se posso parlare con te.”
Ancora cercando nella sua tracolla, Marte alzò lo sguardo. “Centrano i Serpeverde?”
Hermione si guardò in giro e alzò un po’ le spalle. “Sì, no, in un certo senso.”
“Vai al sodo, Herm. Sei la mia unica vera amica e rimarrai tale qualsiasi cosa dirai.”
Hermione sospirò e le si mise di fronte, anche lei a gambe incrociate sulla panchina.
“Riguarda Voldemort.”
“Ah, Voldemort!”rispose con tono leggero senza smettere di cercare la caramella.
“Sai di cosa sto parlando?”
“Mago oscuro? Cattivone? Sono nuova ma ho sempre vissuto su questa terra.”
“Te ne ha parlato Malfoy?”le domandò ignorando la sua ironia da quattro soldi.
Marte inarcò un sopracciglio e la fissò con uno sguardo intenso. “Cosa vuoi dire? Perché avrebbe dovuto?”
Hermione pensò bene prima di rispondere. ‘ Evidentemente non sa. Meglio stare zitti, per ora.’
“No niente. Cosa sai di Voldemort?”
“Abbastanza. Tu di cosa sei preoccupata?”
“Avevi mai sentito il nome di Harry prima d’ora?”
Marte negò velocemente.
Hermione si insospettì ma proseguì. “Harry Potter, il bambino sopravvissuto, la nemesi del Signore Oscuro, il combattente del mondo magico…, devo continuare?”
‘La nemesi di Tom? Chissà come non me ne ha mai parlato.’
“Dunque sei preoccupata per Harry?”
Hermione annuì. “Harry ha incubi ininterrottamente. La cicatrice gli brucia ed ha di continuo i nervi a fior di pelle.”
“Cicatrice?”
Hermione annuì e disegnò con un gesto una saetta sulla fronte, poi rivolse lo sguardo verso il giardino ancora vuoto e calmo. “Lui vuole fare qualcosa, vuole combattere, vuole partecipare e qui si sente rinchiuso.”
“ E tu digli di trovarsi uno sfogo, uno sport, un hobby, che ne so!”
“Il Quidditch non lo aiuta più, e la scuola per lui non è mai stata un divertimento. Ancor meno ora che ad insegnare difesa c’è una puttana! Dio! Pure io mi sento rinchiusa!”
Marte scoppiò a ridere. “Che linguaggio Granger! Sapevo che avessi un dizionario molto vasto, ma non così vasto! Non è che ti senti rinchiusa perché hai trovato pane per i tuoi denti?”
“Quale pane?”
Anche Hermione scoppiò a ridere con l’amica e per qualche minuto rimase in silenzio a gustarsi quell’aria frizzante dalla quale erano circondate, un’aria di amicizia.
Poi si voltò nuovamente verso di lei.
“Come è possibile che tu abbia sentito parlare di Voldemort e non di Harry? Sono complementari, non puoi averne sentito parlare separatamente.”
Marte si sentì spiazzata e riprese a cercare la caramella.
Hermione osservò i suoi movimenti frettolosi e scomposti, Marte non era brava a mentire.
“Cosa mi nascondi, Marte?”
“Niente.”
“Non ci credo.”
Marte alzò gli occhi al cielo. “Tu non mi conosci Hermione, io non posso parlare.”
“Perché non puoi?” domandò prendendo le sue mani fra le sue. “Malfoy te lo impedisce?”
Marte si scostò da lei sbuffando infastidita. “Draco non c’entra niente, Hermione, piantala di pensarlo. Tu non lo conosci.”
“Dimmi perché allora! Io lo so, Marte. Ci sono cose che tu non mi dici. Non so nulla della tua infanzia e della tua vita prima di Hogwarts, tu invece di me sai tutto! Siamo affini, è vero! E sono felice di parlare con te di qualcosa che non sia il prossimo colore in voga. Ma ci sono cose che non capisco.”
Visto che la ragazza non replicava continuò.
“Come è possibile che tu non sia mai stata in una scuola di magia quando hai una conoscenza superiore alla media, spesso superiore alla mia, e ho la fama di secchiona. Dici che ti ha insegnato tuo fratello, ma non parli mai di lui, né della tua famiglia.
E Voldemort? Come è possibile che tu non abbia mai sentito parlare di Harry Potter?”
L’espressione sul viso di Marte cambiò radicalmente, non divenne solo seria ma concentrata sulle parole che avrebbe dovuto dire, come le avrebbe dette. Le apparve improvvisamente così controllata e dura da farle paura.
Poi sorrise.
“Non posso dirtelo.” Ma aggiunse subito “nonostante ne abbia voglia. Non sai che peso.” E la sua voce si incrinò.
La sua voce non le aveva mai trasmesso così tanto dolore, non le aveva mai trasmesso dolore in generale e fu un effetto allarmante.
“ Ma puoi cercarmi.” Finì con decisione.
Hermione inarcò il sopracciglio “Cercarti?”
“Mio padre non l’ho mai conosciuto ma so che aveva il nome di un angelo. Però non era un santo, anzi. Aveva la fama di aver ucciso un sacco di gente.
Mia madre idem, non l’ho mai vista. Non aveva la stessa fama di mio padre ma era una donna influente, non molto brava con la magia quanto che con l’arte del convincere, mi hanno detto che fosse anche molto bella.
Infine mio fratello. Lui l’ho conosciuto e ci ho vissuto insieme a lungo, quella non era una bugia.
Ho avuto con lui un rapporto molto travagliato, ma ci amavamo moltissimo. Si chiamava Laer Lilium.
“Non ha il tuo stesso cognome.”osservò ragazza.
Marte annuì. “è vero ma questo è perché io non ho mai saputo il suo vero nome. È morto prima di potermelo dire.”
Tremò e si strinse le gambe al petto con forza.
“Come è morto?”
La ragazza sorrise amaramente. “Qual è il modo più frequente per perdere la vita?”
Hermione non dovette nemmeno pensarci e una parola le sfiorò le labbra. “Voldemort.”
“Precisamente.”
Hermione non riuscì a trattenersi e si portò le mani alla bocca con un singulto.
“è terribile. Ma come è stato possibile? Non era mica…”
Marte alzò le spalle e recupererò la borsa che le era caduta per rimettersi a cercare la caramella.
“Trovami Herm, e vedremo cosa si potrà fare.”
“Cosa potrei guadagnarci se trovassi delle informazioni?”
“Un aiuto, o forse sarò io ad essere aiutata da voi, questo dipende da te, e da cosa scoprirai. Devi solo sapere che anch’io ho subito molte perdite e che sono stata ingannata. Per questo negli ultimi sette mesi non ho fatto altro che viaggiare, per salvarmi la pelle.”
“Perché non me lo dici tu direttamente Marte e la facciamo finita con tutti questi indovinelli?”
“Per il semplice fatto, Hermione, che anch’io so ben poco del mio passato e tutto ciò che sapevo te l’ho detto. Il soprannome di mio padre era Angelo dei Veleni, ma non so quanto ti potrà essere utile saperlo, io pure ho fatto ricerche e non l’ho mai trovato scritto da nessuna parte. Non sai che rabbia non sapere chi sei per davvero.”
“E tuo fratello non ti ha mai detto nulla?”
“Lilium mi era sempre apparso come un tipo tranquillo, forte e sfacciato finché non ho scoperto che in verità la sua esistenza era incentrata solo sulla nostra sopravvivenza, sulla mia in particolare. Si atteggiava a strafottente solo per sopravvivere. Che stupido temerario.”
“E Malfoy?”
“Draco non sa ancora nulla e non mi sento nemmeno pronta a dirglielo. L’unica cosa che desidero è che il nostro rapporto rimanga come è ora, capisci? Tranquillo, senza problemi, divertente.” Disse con lo sguardo perso nel vuoto e con la solita voce morbida di quando si metteva a parlare di lui.
“Marte, ci sono cose di Malfoy che tu non sai. Non è buono! Non è come te!”
Lei la guardò e con grande sorpresa di Hermione rispose con tutta tranquillità, senza infuriarsi minimamente. “Hermione, come fai a dirlo? Non ti puoi fidare di me manco un po’?”
“Non è di te che non mi fido Marte ma di lui, ci sono alleati del Signore Oscuro ovunque, molti figli di Mangiamorte sono qui ad Hogwarts!”
Le aveva servito su un piatto d’argento la preoccupazione che aveva cercato di nasconderle sin dall’inizio. Possibile che nel covo delle Serpi non avesse mai sentito gli alunni parlare dei loro genitori? Possibile che Malfoy fosse così scaltro da riuscire a nasconderle la verità sulla sua famiglia?
Marte non era mica scema, anzi, era furba e sveglia, non le sembrava così ingenua da farsi passare davanti agli occhi una cosa così palese.
Forse però era ovvia solo per lei che era una Grifondoro e che, ad ogni Serpeverde che incontrava, le sembrava avessero stampata sulla fronte la scritta futuro mangiamorte.
Marte però non reagì minimamente, la guardò solo leggermente confusa e poi si rimise a cercare la caramella. “Possibile che non ci sia? Mi ricordo di averla messa qui proprio questa mattina!”
Hermione sospirò, arrendendosi all’evidenza. Marte riponeva piena fiducia in Draco Malfoy, probabilmente ne era pure innamorata ed era una donna, perciò avrebbe difeso i suoi sentimenti fino alla fine, anche se i suoi discorsi sull’amore la facevano apparire come una persona un po’ distaccata e quasi senza sentimenti reali.
Cercò di riprendere il controllo di tutte quelle informazioni ed idee che le balenavano in testa in modo disordinato, senza un filo conduttore.
‘Durante il pranzo vado in biblioteca e metto giù le idee, ho già in mente un paio di libri che mi potrebbero aiutare…’ pensò prima di essere interrotta da un grosso tonfo.
Marte aveva svuotato completamente la sua borsa e aveva fatto cadere tutti libri a terra, sulla base marmorea della panchina.
“Possibile che tu abbia messo una caramella sola in quella dannata borsa?”
“Lo so, lo so, è stata una cosa stupida; ma sapevo che se ne avessi messa due, poi ci avrei infilato tutto il pacchetto ed allora mi sarei infognata!”
Il giardino si stava lentamente popolando ed aveva già perso tutta la sua tranquillità.
Hermione sbuffò e alzò sguardo sopra la testa della sua amica.
Gli occhi le si spalancarono di botto alla vista di Malfoy, il ragazzo si stava avvicinando lentamente a loro.
Le fece segno con il dito di stare zitta ma lei non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che il ragazzo si trovava già alle spalle di Marte.
Malfoy sventolò davanti al naso della ragazza la carta di una caramella e Marte, prima di girarsi verso di lui, le lanciò un ultimo sguardo, divertito e diverso dal solito, in qualche modo più serpentesco.
“Draco! L’ho cercata dappertutto, sentivo che eri stato tu!”
Malfoy le sorrise e con un gesto della bacchetta fece rientrare ordinatamente tutti i libri all’interno della sua borsa.
“Ed io sapevo che ti avrei trovata qui, fame?”
“Direi!” gli rispose con un sorriso enorme e sfavillante. Si voltò un’ultima volta verso di lei e la salutò.
“Sì, ciao.” Le rispose amaramente.
Marte era davvero incredibile. In qualche modo riusciva sempre a svincolare dai discorsi importanti, ora la caramella, ora Malfoy che la salvava sul gong.
Era fortunata, molto fortunata in queste cose.
Prima che Harry e Ron arrivassero a prenderla, Hermione pensò molto a ciò che si erano dette.
Marte aveva un segreto, di cui nessuno era a conoscenza, nemmeno Malfoy.
Un segreto che lei non poteva dire a nessuno, e se non poteva parlarne voleva dire che ho le era stato fatto un incantesimo o l’aveva promesso a qualcuno.
La sua famiglia e il suo rapporto con Lord Voldemort erano un mistero.
Che la sua discendenza centrasse qualcosa con le sue capacità magiche?
“Hermione! Ti prego pensa dopo, andiamo a mangiare ora.”
“Arrivo Ron!”
Corse fino al portico dove la aspettavano Ron e Harry. Erano appena arrivati dalla loro lezione di Divinazione ed avevano entrambi dipinto sul volto il segno di una grande sofferenza.
“La Umbrige era alla nostra lezione di Divinazione oggi, è stato tremendo.” La informò Harry.
“Cosa è successo?”
“Niente di particolare, le ha posto alcune domande, come ha fatto con tutti gli altri, ma mi è sembrata più perfida. Gli occhiali della Cooman sembravano non volerle più stare sul naso.”
“Non so se rimarrà qui ancora per molto.” Aggiunse Ron.
“Perché dici così”
“Beh, gli unici due insegnanti a rischio sono Hagrid e la Cooman, ed io spero con tutto il cuore che sia quella befana ad andare via.”
“Mi fa quasi pena, dove potrebbe andare fuori da qui?”
“Harry? Forse non te la ricordi ma quella ‘poverina’ ha predetto la tua morte una cosa tipo cento volte, più le altre cento volte in cui dormivo.”
“Sembra che più volte lo predica meno accada.” Pensò Harry ad alta voce.
Hermione gli diede uno scappellotto leggero sulla testa. “E spera che continui ad esserlo, perché se così fosse io mi farei predire la morte più di cento volte!”
“Mi sembri un po’ agitata, Herm, tutto bene?” le chiese Ron, togliendole il peso della tracolla dalla spalla.
“È successo qualcosa di male con Marte?” aggiunse Harry con fare sospetto.
Hermione negò più volte. “Tutto bene, ho solo un po’ di idee da riordinare e ho un po’ di fame.”
“Devi andare in biblioteca più tardi?”
“Sì, Harry, devo dare un’occhiata ad alcuni volumi.”
“Vuoi essere accompagnata?”
“No grazie, mi distrarreste.”
Sia Harry che Ron alzarono le spalle.
“Intanto però, se volete farmi piacere potreste non so, fare i compiti, ordinare un po’ le idee.”
“Mi dispiace cara, io so già come occuperò il mio pomeriggio.”
Hermione si voltò verso Harry sistemandosi in posizione di combattimento con le mani sui fianchi e la fronte corrugata.
“Ebbene?”
Harry sembrò non voler rispondere così spostò il suo sguardo su Ron, sul quale faceva più effetto.
“Vuole chiamare Tartufo via camino.”
“Cosa?”
“Hermione calmati, ho già organizzato tutto; a quell’ora la Umbrige sarà nei corridoi per il suo giro di perlustrazione, l’ho sentita parlarne con Gazza proprio oggi. Non avrò problemi.”
Entrarono tutti e tre in Sala Grande.
Hermione non riuscì a trattenersi e spostò lo sguardo verso il tavolo dei Serpeverde dove sedeva Marte tra Malfoy e Nott.
Le sembrava davvero felice.
Malfoy le teneva un braccio sulla spalla mentre lei intrecciava le dita con la sua mano; era una scena troppo dolce per poter essere Serpeverde.
Eppure entrambi ridevano, guardando Zabini parlare delle sue storielle amorose.
Marte chiamava i suoi racconti ‘ Volo sopra le Europee ’.
Volo, perché Blaise usava sempre più spesso il termine scopare.
Sopra, perché di certo Zabini non era un tipo passivo.
Europee, perché il suo raggio d’azione non aveva superato l’Atlantico, ma si era riproposto di scavalcare quella barriera molto presto.

Marte dovette averla notata perché sorrise nella sua direzione e subito ritornò ad ascoltare il Serpeverde.
Era vero quello che le aveva confidato a lezione.
Marte non si sforzava a essere ciò che era.
Era fiera di essere una Serpeverde quanto lei lo era di essere Grifondoro ed inoltre la parte della serpe, fastidioso da ammettere, le calzava alla perfezione.
Per stare con Malfoy bisognava essere parecchio scemi, ammalati di sesso o furbi in modo particolare, ma nel suo caso Marte non era nessuna delle tre cose, Marte era sua pari, era una vera Serpeverde e, al contrario di molti, sapeva usare la testa.
Distolse lo sguardo da quella scena così poco ordinaria e si andò sedere anche lei, tra Harry e Ron, dando le spalle al tavolo verde-argento.












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Capitolo 11
*** 11 ***


11° B.F.T
A voi...

U
ndicesimo.















Per la prima volta discutere con Hermione l'aveva lasciata con una grande incertezza dentro.
Con Draco non aveva mai discusso delle rispettive famiglie, si era sempre concentrata sul presente, non aveva voglia di pensare al passato.
La sua infanzia le era come reclusa e gli ultimi avvenimenti della sua vita erano da dimenticare.
Il suo legame con Voldemort non l’aveva nemmeno nominato, l’aveva promesso a Silente, però aveva fatto in modo che Hermione capisse qualcosa, aveva stuzzicato la sua curiosità perché voleva che lei scoprisse.
Voleva che lei scoprisse la verità sulla sua vita presente però non riponeva molte speranze per quanto riguardava il suo passato.
Conosceva la sua discendenza per quanto le era stato raccontato da Lilium. Quando ne avevano parlato le era sembrato così distaccato, come se non fosse stata anche la sua di famiglia, come se quello fosse stato solo un paragrafo preso da un libro di storia.
L’unica cosa che avrebbe potuto fare sarebbe stato indirizzarla dalla parte giusta.

Per quanto riguardava Draco non sapeva come agire, la loro relazione era la cosa che di più stabile aveva, non poteva perderlo.
Hermione, tuttavia, era da secoli che usava ogni espediente possibile per farle capire che la famiglia di Draco fosse alleata dei mangiamorte. Aveva capito, non era stupida, ed inoltre aveva provato la bacchetta del padre di Draco sulla propria pelle.
Spesso comparava la figura di Draco con quella che ricordava di Lucius Malfoy.
Malfoy Senior a confronto del figlio le sembrava solo una figura nera impacciata, usava la bacchetta come se fosse stato un bastone, senza la minima eleganza, e serviva il Signore Oscuro come uno schiavo inutile, quando Voldemort in verità non cercava schiavi ma compagni. Il problema era che tutti erano o troppo spaventati da lui o troppo devoti.
Draco invece era elegante, intelligente, indipendente, dimostrava una grande sicurezza ed era in grado di contenere i suoi umori, non era avventato.
Sarebbe stato un ottimo Mangiamorte, ma lei avrebbe fatto di tutto per impedirlo.

“A che cosa stai pensando?”
Marte si accorse di essere stata zitta per molto tempo, alzò lo sguardo e fissò Draco.
Si trovava nella sua camera, Draco era appena tornato dall’allenamento di Quidditch serale ed era stanco morto.
Guardandolo dovette ammettere che Draco stava bene davvero con qualsiasi cosa, anche la divisa di Quidditch, larga e sporca di terra, gli stava benissimo.
Si stava svestendo mentre lei lo guardava dal letto sul quale era sdraiata.
Non dormiva lì con lui così spesso come si poteva pensare, le piaceva quella stanza perché era spaziosa e calda, perché non aveva orari e perché, naturalmente, poteva dormire fra le sue braccia.
Rimaneva lì con lui fino a tardi e solo se era molto stanca dormiva nel suo letto.
“Allora?”
Incredibile, si era ancora incantata, chiunque poteva capire se era pensierosa o no, non era molto brava a nascondere le sue espressioni.
Marte distolse lo sguardo dallo stemma dei Serpeverde cucito sulla sua divisa e lo guardò negli occhi.
“A niente in particolare, in verità, ero solo distratta.”
“ È andato storto qualcosa con la Granger oggi?”
Marte negò e si sistemò meglio il cuscino sotto la testa. “Niente di che, abbiamo solo discusso un po’, tanto alla fine si è risolto tutto.”
Draco ghignò, entrò in bagno e ne tirò fuori un asciugamano con il quale iniziò ad asciugarsi i capelli.
“S’iniziano a vedere le prime divergenze per caso? Io ti avevo avvertita, ci sono troppe diversità tra di voi, i vostri mondi sono l’esatto opposto.”  
Marte si alzò di scatto e gli arrivò sotto il naso cogliendolo di sorpresa.
“Lo sai che ho litigato con lei perché si è comportata esattamente come stai facendo tu adesso? Mi ha detto quasi le stesse parole.”
Il ragazzo corrugò la fronte e smise di asciugarsi, facendo gocciolare l’acqua sulla maglietta.
“Ti ha detto che non sei una Serpeverde?” le chiese con tono aggressivo.
Draco era fatto così, appena qualcuno metteva in dubbio la sua appartenenza, o quella di chiunque, ai Serpeverde, si infuriava.
Era una questione di onore per lui. Chiunque fosse stato scelto dal Cappello Parlante era degno di stare fra di loro. Chiunque lo mettesse in dubbio, poteva vedersela brutta.
Guardò il suo viso corrucciato e sentì subito una fitta di dolcezza arderle la gola.
Come si poteva non adorarlo?
“Mi ha semplicemente detto che sono molto diversa da voi, che il Cappello può aver sbagliato e che tu mi costringi a rimanere.”
La sua espressione si era fatta via via più maliziosa a mano a mano che finiva di parlare.
Le si avvicinò, dopo aver lanciato l’asciugamano sul letto.
“E tu le hai dato ragione?” Chiese molto scherzosamente.
Incrociò le braccia sotto il seno per mettere un po’ di distanza fra loro “Le ho detto di no, naturalmente, che sono ciò che sono.”   
Draco sorrise. “Ma come le è venuta in mente una cosa simile? Vuoi dire che la mia fama di serpe supera quella di casanova? Che tristezza.”
Tornò a guardarla. “E avete parlato solo di questo?”
Intanto entrò in bagno e aprì l’acqua calda della doccia, il vapore iniziò subito ad uscire dallo stipite della porta. Draco faceva sempre delle docce bollenti.
Marte alzò le spalle e tornò a sedersi sul letto per aspettarlo. “No, anche di alcune cose da ragazze.”si zittì un attimo per sentire il rumore della doccia, poi, alzando la voce “Lei non si fida molto di te, sai?”
“Ah, ho capito adesso! Parlando di cose da ragazze vi siete messe a parlare di me, giusto?”
Mai che si limitasse a rispondere alle domande, l’unica cosa che sapeva fare era leggere fra le righe e metterla in difficoltà.
“Dopotutto,” urlò ancora dal bagno “ a meno che non vi siate messe a parlare del mio bellissimo didietro, cosa che la mezzosangue non farebbe mai, l’argomento era un altro.”
“Sei solo una serpe Draco!”
Si sdraiò sul letto e lo aspettò per scendere a cena insieme.

Non indossava più la divisa ma un lungo maglione di lana con i leggins.
Quella gonna alla scozzese era scomodissima e pizzicava da morire; anche se non la indossava nessuno se ne sarebbe accorto, le sarebbe bastato mettere sopra la divisa, andare a cena e tornarsene di corsa a dormire.
Ora però doveva pensare a cosa fare.
Il primo punto di cui occuparsi erano i suoi poteri, doveva tornare ad essere in grado di usarli. Aveva un sacco di ore buche, molte delle quali sprecava portandosi avanti con lo studio di cose che sapeva già. Doveva solo trovare un luogo tranquillo in cui esercitarsi nella meditazione e subito si sarebbero visti i risultati, soprattutto nella lettura del pensiero, che era anche il potere di cui sentiva più la mancanza.
Se fosse riuscita a riconquistare le sue capacità avrebbe poi potuto occuparsi di Draco.
Si fidava ciecamente di lui però ciò che diceva Hermione era vero.
Herm pensava che lei non sapesse nulla della famiglia Malfoy.
Draco pensava la stessa cosa, visto che da lui non aveva saputo nulla e non avevano mai affrontato l’argomento.
Dunque né Hermione, che non vedeva l’ora che lei scoprisse la verità e iniziasse ad odiare Draco, né lo stesso Draco, che le teneva nascosta una cosa così importante, sospettavano che in verità lei sapesse già tutto e di più, forse.
Prima o poi i segreti sarebbero usciti allo scoperto, avrebbe aspettato che Hermione finisse la sua ricerca per dire della sua famiglia a Draco. Chissà come avrebbe reagito quando gli avrebbe detto che aveva mandato più volte suo padre con le gambe all’aria, che aveva vissuto con Voldemort per più di un anno e che aveva avuto un fratello.
Lilium. Le mancava molto.
Lilium era stato tutto per lei, fratello, amico, maestro, amante.
Marte rise amaramente al pensiero di come avrebbe potuto reagire Draco se l’avesse saputo, e anche Hermione. Chissà come sarebbe stati disgustati.
Aveva amato suo fratello in modo folle. Il periodo in cui erano stati insieme era stata come una bellissima magia, che, purtroppo, si era spezzata con la sua morte.
In momenti simili sarebbe stato meglio dormire e non svegliarsi mai più.


“Marte?”
Sentì una mano scuoterla e chiamarla dolcemente.
Tentò di aprire gli occhi ma le palpebre erano così pesanti e serrate che le parve un’impresa.
“Alzati, ti ho portato qualcosa dalla Sala Grande.”
Riconobbe la voce di Draco e il suo cuore si svegliò improvvisamente, ricominciando a battere. Tentò ancora, e riuscì a socchiuderli con uno sforzo enorme. Si sentì stordita e disorientata.
Non si ricordava nulla, né di dove si trovava né di cosa stava facendo.
Fece per issarsi sulle braccia ma le forze non glielo permisero e si accasciò di nuovo sulle coperte.
“Deboluccia, eh? Un po’ di solletico dovrebbe aiutarti.”
Fece per avvicinare le dita alla pancia quando Marte riconquistò improvvisamente la voce. “Non ti azzardare, altrimenti urlo.”
Draco sogghignò. “La forza per parlare non ti manca mai. Lascia, ti aiuto.”
Le sistemò il cuscino contro lo schienale del letto e la aiutò ad appoggiarsi.
Aprì gli occhi e lo guardò, il suo Draco.
Appena vide i suoi occhi brillare si dimenticò improvvisamente di tutti quei pensieri orrendi che le erano venuti in mente prima, mentre il suo sorriso le provocò una scossa.
“Cos’è successo? Che ore sono?”
Draco sospirò e le mise le mani sui fianchi, iniziando ad accarezzarla lentamente.
“Mi era venuta l’idea di uscire dal bagno con solo l’asciugamano addosso per farti arrossire, “ alzò lo sguardo e vide che anche solo con le parole stava riuscendo ad ottenere lo stesso risultato, “ Ma quando sono entrato in camera tu stavi dormendo.”
Marte non seppe se maledirsi, perché si era persa lo spettacolo, o se ritenersi fortunata, perché aveva evitato di fare una figuraccia.
L’espressione e le parole di Draco però le diedero una strana impressione.
Draco non voleva solo farla arrossire, al fine di prenderla in giro; lui era geloso, egocentrico, sensuale e calcolatore, poteva vedere le sue guancie rosse per molto meno.
Ciò che in realtà aveva voluto fare era mostrarle il suo corpo, renderla gelosa delle altre ragazze, che potevano toccarlo, parlargli e guardarlo.
E mentre realizzava questo concetto si rese conto di esserlo già, gelosa di lui.
Improvvisamente si ricordò di tutte le volte in cui Pansy gli aveva sfiorato il braccio o il viso e di come l’aveva silurata. Improvvisamente capì tutte le battutine che le erano state rivolte sulla gelosia secondo lei senza ragione.
“Mi dispiace.” Rispose non sapendo cosa dire.
Draco iniziò a ridere e strinse con più forza i suoi fianchi. “Ti dispiace? Ti dispiace di non avermi visto mezzo nudo?”
Aveva fatto l’ennesima figuraccia, le sue orecchie cominciarono a bruciarle gradualmente, ma comunque si sforzò di non distogliere lo sguardo da quello di Draco.
“Sai una cosa, a me non dispiace affatto.”
I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa, e il suo cuore aumentò talmente tanto il ritmo che le sembrò di tremare.
“Vorrei vederti dormire nel mio letto più spesso.”
La gola si seccò di colpo e Marte non seppe cosa rispondere, l’unica cosa che riusciva a fare era continuare a guardare le labbra di Draco muoversi e formare le parole, per convincersi che fossero reali.
“Ti ricordi della prima volta in cui hai dormito qui con me?”
Marte annuì debolmente.
Eccome se la ricordava.

Era stata una delle notti più eccitanti di tutta la sua vita, soprattutto perché la mattina successiva, appena sveglia, aveva sentito le braccia di Draco stringerla forte.
Da allora, però, tutte le volte che tornava da lui, si ricordava sempre di portarsi il pigiama: lunghi pantaloni e canottiera.
Draco non aveva mai commentato la volta in cui era entrata in camera sua, alle cinque del mattino, con indosso una camicia da notte bianca con delle mucche disegnate sopra.
Non aveva commentato né l’ora né tanto meno l’abbigliamento.
La camicia da notte era stato un ostacolo molto facile da superare, era bastato sollevare, ma lui non era andato oltre una carezza sulla coscia, appena era entrata nel letto e Marte non l’aveva interpretato come un gesto lascivo bensì semplicemente come un suo modo per dirle che era sveglio e che si era accorto di lei.
Certo, si sarebbe potuto limitare a qualcosa di più semplice ma non sarebbe stato da lui, inoltre, il contatto della sua mano, mentre la obbligava a sollevarsi per alzarle la camicia da notte fino ai fianchi, era stato elettrizzante e lei non aveva avuto né la forza né la voglia di spostarsi.

Draco voltò lo sguardo di nuovo su di lei.
“Le tue dita che mi accarezzavano, il tuo respiro leggero, il battito del tuo cuore, tutto di te mi  faceva fremere in maniera incontrollata. Mi sembravi così gracile e ingenua ma allo stesso tempo così sensuale.”
Draco si alzò dal letto, buttò la divisa scolastica su di una sedia e prese a camminare lentamente per tutta la stanza.
“Tu non puoi capire com’è il tuo corpo mentre sei addormentata. Non ti puoi rendere conto di come mi sfiori, di come ti stringi a me mentre dormi e mi soffi sul collo.”
Marte continuò ad ascoltarlo allibita. Draco continuava a parlare di cose che non ricordava ma che lui faceva suonare tutte così maledettamente erotiche e carnali.
“Eri morbida fra le mie braccia e le tue labbra rosse e soffici.”
Le diede le spalle e si passò una mano fra i capelli. Draco di norma non mostrava mai insicurezza alle persone ma quel gesto, in quel momento, le trasmisero il suo nervosismo e la fatica con cui pronunciava quelle parole.
“Non ho potuto resistere, il tuo viso era lì, a poca distanza dal mio, ed era un invito troppo allettante per rifiutare.” Si voltò ma solo per potersi appoggiare con la schiena contro il muro. “E le tue labbra si sono rivelate più piacevoli di quanto potessi mai aver pensato.”
Draco la stava guardando e lei non seppe come rispondere, i suoi occhi sembravano argento fuso, oscurati da qualcosa d’indefinito.
Non riuscì a muovere alcun muscolo tanto era paralizzata sotto i suoi occhi, la sua bocca però reagì da sola.
Con un riflesso incondizionato si leccò le labbra e se le mordicchiò più e più volte, le mani continuavano a stringere le lenzuola e le gambe erano piegate e strette vicino allo stomaco.
La sua mente vagava velocemente e scene confuse e sfocate si sovrapponevano, poi un calore improvviso la sorprese all’altezza del petto e del ventre e le sembrò di trovarsi immersa all’interno degli occhi del Serpeverde.
Draco l’aveva baciata mentre stava dormendo e ciò la sconvolgeva ma la rendeva anche euforica.
Spostò lo sguardo sulle sue labbra e pensò al momento in cui si erano poggiate sulle sue, poi guardò le sue mani, lasciate sui fianchi, con il palmo rivolto verso di lei e immaginò quale parte del suo viso potevano aver sfiorato, se il collo o la guancia, poi pensò ai loro corpi premuti l’uno contro l’altro.
Infine unì insieme tutte quelle sensazioni e fece di tutto per ricordare la sensazione che poteva averle dato baciandola, cercando di sentirla sulla pelle, ma niente.
Si alzò e gli andò incontro.
Draco non si era ancora mosso dalla sua posizione, da una parte sembrava immobile però i suoi occhi si muovevano, seguendola per tutta la stanza, il colore era ancora sciolto e indefinito, brillante.
Poi Marte gli fu davanti. Non aveva mai sentito così tanta rabbia in corpo, ma non solo quella, si sentiva controllata da due sentimenti contrapposti, non era in sé.
“È successo altre volte? Perché non mi hai mai svegliata Draco?”
La sua voce non riuscì a mantenere lo stesso tono per tutta la durata di una frase.
Il suo corpo tremava visibilmente e le mani erano talmente strette in un pugno che le unghie si conficcavano nella carne come coltelli.
Draco continuava a non muovere un muscolo, le sue spalle erano ancora in una posizione rilassata contro il muro, le gambe piegate e le mani aperte, come se stesse aspettando di ricevere qualcosa.
Poi Marte sentì qualcosa rompersi e sentì il bisogno di fargli qualcosa, così si buttò con forza contro di lui e lo baciò come aveva sognato di fare.
Quel bacio non ebbe nulla di dolce e romantico, entrambi volevano solo soddisfare il proprio bisogno e il proprio desiderio, le loro labbra si muovevano freneticamente e si esploravano, volevano conoscere il sapore dell’altro, volevano fondersi e non staccarsi mai, continuare con quel bacio senza fermarsi.
Marte vide realizzate tutte le emozioni che aveva immaginato un attimo prima, i capelli di Draco che le solleticavano il viso, il suo seno che si alzava e abbassava strusciando contro la sua maglietta e le sue mani, una sul collo e l’altra che dal fianco risaliva lentamente verso il seno.
Quella lentezza rese i suoi baci ancora più profondi, si concentrò sul labbro inferiore di Draco, lo leccò e lo mordicchiò.
Intanto Draco continuava ad accarezzarle il fianco con grande lentezza e, oltre che assaporare i suoi baci, si gustava il suo respiro accelerato e i suoi gemiti che riempivano la stanza.
Da sveglia le sue labbra erano anche migliori, erano dolci e le sentiva gonfiarsi dolcemente, il modo in cui lei lo incoraggiava a leccarle e succhiarle era stimolante e appagante.
Sentiva il suo calore attraverso la pelle. Il suo collo era liscio e delicato, così facile da stringere e da avvolgere con una sola mano.
E il suo corpo morbido e sinuoso era esattamente come l’aveva immaginato, si modellava alle sue carezze come metallo fuso.
Si fece vincere dalla sua stessa lentezza e con un movimento brusco ed inaspettato le strinse un seno attraverso la lana del suo maglione.
La sentì sospirare dalla sorpresa mentre lui, dopo averle abbassato la spalla del maglione, aveva intensificato le carezze attorno al capezzolo, entrando nella scollatura e scostando con foga il reggiseno.
La mano di Draco era stranamente bollente sulla sua pelle e il modo in cui la palpeggiava e la premeva contro di sé era qualcosa che non aveva mai provato prima.
Poi il bacio divenne più lento finché Marte non si lasciò andare contro una sua spalla mentre Draco teneva ancora una mano nel suo maglione e la testa appoggiata contro il muro.


Si svegliò terribilmente sudato e agitato, si voltò subito alla sua sinistra e vide solo un letto vuoto.
Recuperò il cuscino da terra, dove era caduto, gli diede una risistemata e si sdraiò nuovamente; dopo un po’ si tolse le coperte di dosso, il caldo che sentiva era davvero fastidioso.
Le lenzuola gli si erano attaccate come una seconda pelle mentre i capelli, nonostante se li fosse appena lavati, erano già fastidiosamente schiacciati contro la fronte.
Infastidito li spettinò con una mano e poi fece ricadere stancamente il braccio sul materasso.
Guardò il soffitto, dunque nuovamente il suo fianco, per una decina di volte.
Ascoltò il suo respiro per un paio di secondi e gli ritornò in mente il sogno che stava facendo.
Dischiuse le labbra e assaporò un’ultima traccia del sapore della ragazza.
Non era stato solo un sogno, l’aveva baciata davvero, Marte, e questa volta senza doverlo fare di nascosto, mentre dormiva.
E, come aveva previsto, nonostante avesse avuto le sue labbra, non era assolutamente soddisfatto, e mai lo sarebbe stato.
Si chiese nuovamente perché l’avesse lasciata andare comportandosi da cretino, perché non l’avesse trattenuta a dormire con lui, solo per abbracciarla e stringerla, perché, dopo tutto il calore che gli aveva trasmesso, il letto ora era vuoto e gelido.
Tutto era avvenuto troppo velocemente e lui si era ritrovato ancora in piedi davanti a lei, imbambolato e troppo confuso per reagire.
L’unica cosa che aveva sentito erano stati il suo capo sulla spalla e il suo seno morbido nella mano.
Si era accorto solo che lei, scostandosi, lo aveva afferrato per il polso, sfilando la sua mano dalla scollatura, e, sotto i suoi occhi ancora accecati dal desiderio, gli aveva baciato le dita, una per una, con dolcezza, per poi appoggiarla sul suo fianco.
Dunque si era sistemata velocemente il reggiseno e il maglione che aveva spostato, ed infine, aveva chiuso di nuovo le braccia intorno al suo collo e aveva chiuso gli occhi.
E lui aveva fatto lo stesso, pronto a ricominciare quel gioco bellissimo, ma non aveva sentito altro se non il suo odore, le sue labbra non lo avevano sfiorato e Marte se ne era andata, lasciando la porta spalancata.
Non ci era rimasto male, insoddisfatto, ma poteva capirla. Se lui si trovava ancora in quello stato dopo ore chissà lei che sforzo doveva aver compiuto per poter uscire dalla stanza.
Guardò in giro, cercando qualcosa con cui distrarsi, ma non riuscì a tenerla fuori dalla sua mente neanche per un secondo, così fece per spostarsi sul lato opposto del letto ma subito si ricompose e, per resistere alla tentazione, si alzò e andò a fare una doccia.

Era scappata come una cretina, ma era stato più forte di lei; ora, però, sentiva la mancanza di Draco come un’ossessione.
Uscire dalla sua camera era stata una prova dura, mentre per aprire la porta della propria camera ci aveva messo fin troppa energia e le sue compagne di stanza, vedendola così ansimante, con le labbra rosse e tutta stropicciata, l’avevano accompagnata al suo letto, l’avevano fatta sedere e le avevano offerto una Burro Birra.
Sfortunatamente il loro atteggiamento cordiale era durato poco, Pansy aveva preso posto alla sua sinistra e Gioia alla sua destra. Entrambe la avevano assalita di domande a velocità incredibile, tanté che si chiese come fosse possibile che due ragazze, che avevano il quoziente intellettivo inferiore a un babbuino nelle materie scolastiche, fossero in realtà sveglie e reattive in altre attività.
E il gossip era il loro hobby preferito.
Comunque non aveva dato loro grandi soddisfazioni, l’unica cosa che le fosse riuscita bene era rispondere a monosillabi ma loro, immaginando cosa fosse successo, se non più di quello che era accaduto in realtà, volevano i particolari.
Così erano andate a dormire deluse e mugolanti mentre lei era rimasta ancora mezz’ora seduta sul letto immobile, con la sua lattina in mano.
Dopo un po’ che si era sdraiata aveva provato a prendere sonno ma la durezza delle lenzuola le fecero rimpiangere il corpo sodo di Draco e non la aiutarono a chiudere occhio.
Chissà cosa aveva pensato quando gli aveva leccato le dita in modo così lascivo?
E perché ora che se ne ricordava, se vergognava tantissimo?
Con Draco, nei momenti in cui erano stati da soli, era sempre stata se stessa, si comportava da stronza, faceva battutine calienti ma non si era mai spinta così in là.
Dio! Gli era saltata addosso!
Si portò una mano sul seno e si sorprese a sentirlo ancora sensibile e liscio.
Le emozioni che aveva provato erano state troppo veloci e, ora che era tranquilla e le poteva rivivere, le sembrarono troppo belle e forti perché potesse averle vissute per davvero.
Le labbra di Draco, le sua mani sul proprio corpo ed il suo respiro.
Lei aveva baciato Draco Malfoy.
Sembrava ancora così incredibile ed irreale.
Era stato il più bel bacio che avesse mai ricevuto, intenso, erotico, passionale ma, ripensandoci, non capì perché, poco prima di andarsene, lo avesse avvicinato senza far niente.
Forse ora Draco avrebbe pensato che non le era piaciuto e che si era pentita, che era scappata per paura.
Ma le cose non stavano assolutamente così.
Ormai nella sua stanza il silenzio era totale e la tranquillità creava uno scudo attorno a lei.
Ma Marte era comunque inquieta e le sembrava di trovarsi nel posto sbagliato.
Fece attenzione a non far rumore e si alzò dal letto.
Si diresse verso il bagno dove fregò un fermaglio dalla trousse di Pansy e si tirò su i capelli in una coda.
Prese la mantella che le aveva dato Silente per venire al castello quella notte e se la buttò sulle spalle.
Aprì la porta e scese verso la sala comune.

In giro non c’era un’anima, nessun Serpeverde mezzo ubriaco sdraiato sui divani e nessuna coppietta che dormiva davanti al camino.
Passò davanti alla scala che portava alla camera di Draco con grande fatica, superò il mega salone ed uscì dalla sala comune.
Appena fu nei corridoi camminò velocemente verso le scale e uscì dai sotterranei.
I corridoi erano già illuminati da una lieve luce mattutina che penetrava dalle enormi vetrate.
Calcolò che fossero solo le cinque del mattino, ma non sentì alcun accenno di sonno.
La Umbrige e Gazza avevano già sicuramente finito la loro ronda così avrebbe potuto camminare tranquillamente per la scuola e pensare.
Nessuno forse se ne era mai reso conto a causa del continuo via vai di studenti ma se la scuola era avvolta dal silenzio e se facevi particolarmente attenzione, toccando le pareti, potevi percepire una grande fonte di energia.
‘Chissà quanti maghi sono passati per di qui.’ Chiese a se stessa rivolgendo il proprio pensiero a Tom, che, come lei ora, aveva frequentato Hogwarts.
Fece un giro nei corridoi accanto all’aula di trasfigurazione e su per le scale, nei luoghi più tempestati di quadri della scuola.
Per lei i quadri erano stati una grande novità, guardarli dormire rallegrava molto ma ciò che era veramente divertente era spaventarli. Con Draco lo faceva spesso.
Appena realizzò il pensiero si allontanò e scese giù per una scala che non aveva mai notato prima, nei pressi della sala grande.
Lì l’aria non era umida e cupa come nei sotterranei, anzi, osò pensare che fosse fresca, ariosa e solare, nonostante non ci fosse traccia di finestre.
Si stava guardando in giro quando sentì il rumore che odiava di più al mondo.
Pop!
“Desidera qualcosa signorina?”
Davanti a lei era apparso uno di quei tanti esserini strani che gironzolavano sempre nella sua sala comune.
Era un elfo molto piccolo, le orecchie non erano assolutamente proporzionate con il viso, per non parlare degli occhi enormi che però erano azzurri come il cielo.
Questo però aveva qualcosa di diverso. Prima cosa che notò fu che era vestito, con tanto di maglione, pantaloni e calzini, in testa invece portava uno scolapasta, che non gli oscurava la vista per misericordia.
“Posso fare qualcosa per lei?” le chiese nuovamente.
 Marte lo guardò bene poi rispose gentilmente. “Potrei avere un caffè?”
Subito l’elfo sorrise allegramente e le fece gentilmente segno di seguirlo.
“Venga, venga a sedersi! Farò in un lampo. Come lo preferisce? Lungo? Macchiato?”
“Lungo andrà benissimo, grazie.”
L’elfo si fermò a guardarla con occhi sbarrati poi mosse le lunghe orecchie e schioccò le dita.
Apparvero un tavolino e una sedia, la tovaglia era a fiori molto colorata.
“Si accomodi pure.”
Scomparve nuovamente.
Marte si sedette e diede un’occhiata in giro. Nell’aria senti un profumo dolce di torta appena sfornata e capì di trovarsi vicino alle cucine.
Theo le aveva parlato di quel luogo. Gli elfi erano molto servizievoli e spesso, inconsapevolmente, gli davano una mano a preparare i festini dei Serpeverde.
Gli elfi avevano davvero dei poteri incredibili. Potevano compiere magie senza bacchetta e senza incantesimi. Avrebbero potuto comandare il mondo magico se non fosse stato per il loro carattere sottomesso e introverso.
Pop! Davanti a lei si era appena materializzato lo stesso elfo di prima con un vassoio in mano.
Appoggiò delicatamente sul tavolo la tazzina con il caffè, lo zucchero e un piattino pieno di biscotti, poi si mise da parte ma non se ne andò, si fermò a guardarla bere.
“Perché non ti ho mai visto ai festini dei Serpeverde?”
L’elfo si avvicinò di pochi passi con molta cautela. “Lei è una Serpeverde?”
Marte annuì lentamente senza smettere di sorseggiare il suo caffè.
L’elfo aprì ancor di più gli occhi, poi li abbassò e sembrò quasi arrossire. “Lei non mi era sembrata una Serpeverde.”
“Non mi avresti invitato altrimenti, vero?” Lei sorrise.“Comunque non sei il primo a dirmelo. Come ti chiami?”
L’elfo rialzò il viso e le rispose con la sua vocina sottile. “Dobby, signorina.”
“Beh, Dobby,” Marte si alzò dalla sedia e allungò la mano. “Grazie molte per il caffè, sei stato molto carino.”
Dobby arrossì e le porse il braccio tremante.
“Non avere paura, anch’io arrossisco come te se sono imbarazzata.” lo rassicurò Marte ridendo.
La ragazza fece per stringergli la manina callosa molto delicatamente ma appena si toccarono Marte avvertì una sensazione famigliare.
Vide Hogwarts in ogni sua parte, percorse tutti i corridoi della scuola ed entrò in tutte le classi, camminò lungo passaggi che non aveva mai visto, nascosti nei luoghi meno probabili, poi vide una stanza in cima ad una torre e con uno sforzo si staccò.

Marte si aggrappò ad una parete mentre Dobby cadde a terra e comincio a rotolare e a urlare.
“Cosa è successo? Cosa è successo?”
Marte fece mente locale e cercò di capire cosa aveva appena vissuto.
Aveva visto i pensieri di Dobby tramite il contatto fisico, questo era chiaro, la cosa grave era che fosse successo contro la sua volontà.
Ciò stava a significare che i suoi poteri erano quasi del tutto fuori controllo e che se non avesse iniziato subito l'allenamento tutto sarebbe stato possibile.
Guardò Dobby, ancora sdraiato a terra, ma non gli si avvicinò avvertendo la sua paura.
“Scusa Dobby. Grazie ancora.”
Percorse il corridoio a ritroso, senza guardarsi indietro, sentì però l’elfo alzarsi in piedi e sparire.
Pop!

Tornare in camera si rivelò quasi un’impresa.
Non si era resa conto dello scorrere del tempo e non si era accorta che fossero già quasi le otto.
Gli studenti erano già in giro per la scuola, sentì le loro voci mentre ancora stava percorrendo il corridoio. Non poteva farsi vedere vestita in quel modo, con addosso un mantello nero e un cappuccio, faceva tanto Mangiamorte, così usò alcuni dei percorsi che Dobby le aveva mostrato per arrivare ai sotterranei e lì, pronunciata la parola d’ordine molto velocemente, entrò nella sala comune e si diresse nella sua camera.
Fortunatamente tutti i Serpeverde erano già andati a colazione, e la sala sembrava anche più deserta di come era quella mattina.
Sia Pansy che Gioia se ne erano già andate, naturalmente, e in camera non c’era una cosa che fosse al proprio posto, tuttavia trovò subito i suoi abiti appesi su una poltrona, indossò la divisa, le calze le salirono a fatica e la camicia le sembrò molto scomoda ma non si lamentò, e infilata la mantella con lo stemma della sua casa e dopo essersi data un’occhiata allo specchio, volò verso la Sala Grande.

“Ehi Pansy! Hai visto Marte?” chiese alla ragazza dalla parte opposta della sala.
“No Draco, quando mi sono svegliata non era già più nel suo letto.”
Pansy lo raggiunse e si incamminò cui lui verso l’uscita della sala comune.
“Cosa avete combinato ieri notte? Sicuramente qualcosa è successo ma ciò che non capisco è perché lei sia tornata a dormire in camera.”
Draco alzò le spalle.
“Quando è tornata mi è sembrata molto agitata, si è scolata una Burro Birra e sembrava avesse perso l’uso della parola. Draco, non è che le hai strappato la lingua vero?”
Draco rise e scosse la testa. “Non credo di essere arrivato a tanto.”
La ragazza alzò le spalle a sua volta e sospirò “Peccato, speravo in qualcosa di eccitante!”
Lo lasciò solo e sgattaiolò in direzione di Blaise.
“Cos’è successo ieri notte Draco? Gioia ha già iniziato a parlarne in giro e tutti sono curiosi.”
“Lo sei anche tu, Theo?”
Lui gli sorrise ed insieme proseguirono verso la Sala Grande.
“Sono amico di entrambi Draco, mi preoccupo e basta.”
Si sedettero su una panca, un po’ separati dagli altri.
“Ci siamo baciati a lungo. Un attimo primo le avevo detto che l’avevo baciata mentre dormiva…”
“L’hai baciata mentre dormiva?” sibilò il ragazzo come se si stesse trattenendo.
Draco annuì. “ Lo so, Theo. Ma è stato più forte di me. Appena gliel’ho confessato si è arrabbiata e sembrava sul punto di colpirmi, poi però mi è quasi saltata addosso e ci siamo baciati.” Raccontò giocando con l’uovo strapazzato nel suo piatto.
“E poi? Cos’è successo?”
I due si guardarono. “Niente, mi ha baciato e poi se n’è andata.”
“Cavolo! Il classico prendi e fuggi, solo che di solito sei tu a farlo Draco.”
Si zittirono al passaggio di un gruppo di Corvonero e mangiarono qualcosa poi Theo riprese a parlare.
“Che cosa hai provato?”
“Non lo so con precisione ma voglio sentirlo ancora.”
Theo alzò gli occhi dietro le sue spalle, verso l’entrata della Sala Grande.
Sorrise all’amico furbescamente e iniziò ad alzarsi.
“Dove vai?” gli chiese Draco, ma lui lo zittì.
“Chissà che non risolviate tutto più velocemente del previsto.”
Draco si voltò nella direzione in cui stava guardando e la vide, mentre varcava la soglia della Sala Grande e si dirigeva verso di lui molto timidamente.
Era davvero carina, e si stupì a riconoscere su di lei i marchi che le aveva lasciato la notte precedente, ormai era sua, tutti potevano vederlo, era sua.
Appena le fu accanto si alzò in piedi e le fece spazio sulla panca.
Marte si sedette molto cautamente accanto a lui e si servì subito un bicchiere di spremuta.
“Assetata?”
“No, ma se hai un consiglio migliore per far passare la sbornia.”
Non assorbiva l’alcool così bene come aveva pensato e preoccupandosi per i suoi poteri aveva come al solito dimenticato tutto il resto, aveva un mal di testa tremendo.
Draco sogghignò, levandole di mano il bicchiere e porgendole una tazza fumante di caffè amaro.
“Bevi questo e mangia qualche fetta biscottata con marmellata al limone.”
“Limone?”
“Lo so, con il caffè amaro è un intruglio micidiale ma ti assicuro che funziona, non so perché, ma funziona.”
Iniziò a bagnarsi le labbra con il caffè, intanto alzò gli occhi e notò di essere seduta molto lontano da tutti gli altri Serpeverde.
Abbassò lo sguardo su Draco per chiederglielo ma la domanda le morì in gola appena vide che il ragazzo le stava spalmando un po’ di marmellata su un pezzo di pane abbrustolito.
Improvvisamente sentì gli occhi di tutta la casa puntati su di lei e una grande quantità di bisbigli spandersi per tutta la sala a macchia d’olio.
Ebbe il coraggio di voltarsi e di guardare sopra la sua spalla e subito ebbe la sensazione orrenda di sentire il proprio nome pronunciato da ogni singolo studente presente, sentì il peso dei loro sguardi addosso e imbarazzata come non mai tornò al suo caffè.
“Draco?”bisbigliò, cercando di farsi notare il meno possibile. “Perché tutti ci stanno guardando?”
Lo sentì ridere sotto i baffi e metterle davanti un piatto con tre fette biscottate.
“Non so cosa sia successo dopo che sei corsa via ieri sera e non so cosa tu abbia detto alle tue amiche ma pensavo sapessi che Gioia è una bomba quando si parla di gossip.”
“Non ho detto niente! Giuro!”
Dio! Aveva introdotto il discorso con la sua solita non chalance ma lei non poteva affrontarlo subito, la agitava e la esponeva troppo, inoltre come avrebbe potuto iniziare?
Draco, scusa se sono scappata, il tuo bacio in realtà mi è piaciuto molto e sarei pronta a ripetere l’esperienza quando vuoi.
Scosse il capo, mangiò la prima fetta in pochi morsi e ne prese subito un’altra.
“Mangia piano, non c’è bisogno di essere frettolosi, hai ancora tutto il tempo che vuoi.”
Sospirò profondamente, la posò di nuovo sul piatto e si pulì le mani con un tovagliolo.
“Hai ragione, è che proprio non capisco.” Sbatté il tovagliolo sul tavolo. “Non ho aperto bocca ieri notte ma loro hanno tratto le conclusioni per conto loro! Odio i pettegolezzi!”
Lui rise leggermente e, poggiata la testa sulla mano e il gomito sul tavolo, si voltò a guardarla meglio.
“Non è molto difficile leggere le tue espressioni, Marte.” Con dolcezza le strinse una mano e la accarezzò.
Lei rispose alla sua stretta. “Mi dispiace Draco, non ci ho potuto fare proprio nulla. Mi dispiace solo che tutti questi pettegolezzi ti diano fastidio.”
Draco le andò più vicino e le sfiorò una guancia sorridendo. A quel gesto qualcuno emise un gemito di sorpresa ma nessuno dei due ci prestò attenzione.
“Non sono infastidito da nulla, Marte.”
Marte lo guardò confusa. “E non hai paura per quello che diranno gli altri? Già m’immagino, il grande casanova di Hogwarts s’innamora.”disse con una lieve nota di tristezza nella voce “La tua immagine subirà un calo.”
Davanti alle sue parole Draco scoppiò a ridere e una seconda volta il brusio aumentò diventando più fastidioso.
“Innamorato? Lo dai proprio per scontato!”
Marte con una smorfia fece finta di non aver sentito e Draco rise ancor di più per poi ritornare serio.
 “Che fine farà la mia immagine non ha più alcuna importanza adesso, cosa vuoi che me ne importi delle altre se quando ci sei tu è come se le oscurassi con la tua presenza? Nessun’altra, davanti ai miei occhi è bella, intelligente e misteriosa come te.”
Marte sentì gli occhi luccicare e le guancie imporporarsi.
“Mi piacerebbe continuare questo discorso da un’altra parte.” Gli disse sorridendo.
“Non ti piace avere pubblico?”
Marte negò con la testa e iniziò ad uscire dalla panca. “Non molto.”
“Come preferisci.”

Non si affrettarono a raggiungere l’uscita, anzi, procedettero molto lentamente.
Il mondo attorno a loro aveva rallentato il suo giro, non sentivano voci e non vedevano nessun altro che non fosse loro due.
Mentre camminavano Draco aveva avvicinato la sua mano a quella di Marte e aveva iniziato a giocare con le sue dita accarezzandole delicatamente.
“Dove preferisci continuare il discorso?”
Lei sembrò pensarci, poi chiese “Cosa abbiamo alla prima?”
“Trasfigurazioni.” Rispose lui mestamente.
Usciti dalla Sala Grande Marte lo fermò. “Non penso che ci sia nulla di male a saltarla per una volta, poi te la spiego io se vuoi.”
Draco spalancò gli occhi sorpreso che lei fosse disposta a saltare una lezione, nonostante sapesse del perfezionismo della ragazza.
“Adoro la mia nuova professoressa, è leggermente più carina dell’altra.”
Marte inarcò un sopracciglio minacciosamente. “Leggermente?”
Draco rise di gusto e le poggiò un braccio sopra le spalle. “Va bene, molto più carina.”
“Non so se mi basta ancora.”
Allora le prese una mano, se la portò vicino alle labbra e le baciò i polpastrelli delle dita e aggiunse. “Molto più bella.”
Marte sorrise contenta. “Allora direi che si può andare fuori in giardino, un po’ lontano.”
“Molto lontano.”
Sorrise ancora. “Va bene, molto lontano.”
“Ti guido io.”









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Capitolo 12
*** Dodicesimo. ***


12° B.F.T

Un Grazie di cuore a chi mi ha aggiunto fra i preferiti o fra le storie seguite.
Buon Natale e Buona Lettura!








Dodicesimo.





Non ci posso credere. Le sta imburrando il pane!”
Ron, dal preciso istante in cui Marte aveva varcato la soglia della Sala Grande, aveva dato inizio ad una radio-cronaca molto scrupolosa su ogni mossa fatta da Malfoy.
Tutti, nella sala, erano concentrati sui due Serpeverde, loro tre in particolar modo.

Hermione davvero non ci volle credere.

Sin da subito aveva capito che qualcosa stava girando nel verso sbagliato quella mattina.
Appena entrato
Malfoy, il tavolo dei Serpeverde si era improvvisamente zittito, come se il protagonista, o uno dei protagonisti, del loro pettegolezzo fosse entrato nel raggio di ascolto.
Malfoy, tuttavia, si era semplicemente seduto in disparte in compagnia di Nott.
Non era rimasta stupita nel non vedere Marte, la ragazza era solita scendere più tardi mentre Malfoy non stava seduto ad aspettarla per andare a lezione insieme.
Anocora più strano fu ciò che accadde quando Marte entrò nella Sala Grande.
Questa volta l’intera sala si zittì, il pettegolezzo era stato trasmesso a tutta la scuola in un tempo record di cinque minuti.
Tuttavia la ragazza aveva finto di non accorgersene e si era incamminata verso Malfoy.
Hermione non l’aveva mai vista arrotolarsi i capelli attorno alle dita, mai.

Rimase sconvolta.


Nella sala in pochi secondi il si alzò un brusio talmente fastidioso da somigliare alla telecronaca di una partita, e si vergognò quasi a pensare che anche lei ne facesse parte.
Rimase concentrata sulla loro figura come tutti per pochi secondi poi per tranquillizzarsi 
disse "Va bene, Marte e Malfoy fanno colazione insieme, e allora? Non succede forse tutte le mattine?”
Ron e Harry la zittirono simultaneamente.
“Hermione non la senti questa tensione nell’aria?” le sussurrò il rosso intanto che seguiva attentamente la scena. “Si dice che ieri notte Marte sia tornata in camera sua sudata e rossa come un peperone, tu sai cosa vuol dire, vero?”
Hermione strabuzzò gli occhi e rispose aspramente. “Ron tu sei sempre rosso in viso, questo non sta a significare che tu abbia fatto sesso!”
“Hermione!” Harry la zittì, anche lui attento, ma quasi infastidito dalla scena.
Lei ritornò al librone che aveva preso dalla biblioteca e riprese a leggerlo mangiucchiando un biscotto.
Poco dopo sentì provenire dal suo tavolo una serie di espressioni esclamative, ma non volle alzare la testa e si accontentò di sentire solo la cronaca di Ron dire che Malfoy le aveva stretto la mano.
Mai che ci fosse un po’ di privacy in quel posto; il castello era grande in lungo e in largo ma, chissà come e chissà perché, tutti sapevano sempre cosa stavi facendo, dove lo stavi facendo e con chi.
Venne spaventata da Ron che la prese per una spalla. “Le ha sorriso di nuovo! Herm, sbrigati! Guarda!”
Hermione non resistette e alzò la testa in tempo per intravedere Malfoy sfiorare la guancia della sua amica e Marte muoversi al suo tocco.
Un gemito di sorpresa le uscì involontariamente dalla bocca, che si coprì subito con le mani.
Malfoy stava facendo il romantico? E non solo.
Era sexy, ammaliante e le sorrideva sia con le labbra sia con gli occhi con dolcezza e attenzione.
Le sue labbra si muovevano lentamente e mano a mano che parlava vide l’espressione di Marte tramutarsi radicalmente, da una incredibilmente timida fino ad una sorridente, piena di fiducia e felice.

Ciò che aveva predetto, anche se più che predetto le era sembrato palese, era accaduto.
Marte e Malfoy si erano innamorati.
Marte, scoperto che il suo amore era pienamente ricambiato, Malfoy non le staccava minimamente gli occhi di dosso, non si sarebbe fermata davanti a nulla e tutti i suoi tentativi per farle capire che era un Mangiamorte si erano dimostrati inutili.
Poi assisti ad un’ultima scena che ebbe davvero dell’incredibile.
Malfoy non aveva mai dimostrato la benché minima dolcezza verso nessuna, anzi, fingeva di conoscere ragazze che magari erano andate a letto con lui fino al giorno prima; con Marte invece si era fatto avanti, e ora stavano uscendo dalla sala comune insieme, mano nella mano.
“Oh mio Dio. È impazzito.”disse Harry dopo qualche minuto che i due erano usciti, dopo aver continuato a fissare insistentemente la porta. “Quello non è Draco Malfoy, devi dirglielo Hermione! Malfoy è una serpe della peggior specie, subdolo, viscido, calcolatore, un bastardo!”
Hermione sorrise. “Harry, lo sa già com’è fatto Malfoy, inoltre anche lei è una serpe, non lo dimenticare.”
“Hermione ma è tua amica, come fai a fregartene così?”
Anche Ron si era fatto attento e voleva ascoltare la sua risposta.
“Cosa credete che abbia provato a fare in tutti questi mesi secondo voi?” disse con un tono duro e deciso nella voce, “Le ho provate tutte per farle capire che Malfoy è figlio di Mangiamorte, che è malvagio e viscido, ma Marte si fida ciecamente di lui.”
“Ma le hai detto esattamente questo, Herm? Che è figlio di Mangiamorte?”
L’espressione della ragazza vacillò e anche la sua voce si fece più incerta. “No, Harry, sarebbe stato crudele, lei non lo sospetta nemmeno. Solo ieri abbiamo parlato un po’ di Voldemort…”
Harry la afferrò per un braccio e le sibilò vicino all’orecchio, “Hai parlato di Voldemort con una Serpeverde, ma sei impazzita? E se lei lo va a dire a Malfoy?”
Hermione non si fece minimamente intimorire e strattonò il braccio dalla sua presa.
“Ti contraddici da solo Harry?” chiese mentre si preparava a raccogliere i libri dal tavolo. “Hai appena finito di dire che è diversa ma subito, per colpa dei tuoi sbalzi d’umore, sei tornato a considerarla una Serpeverde alla stregua della Parkinson. Io mi fido di lei, non ne parlerà mai con Malfoy, non è di questo che ti devi preoccupare.”
Si alzò e fece per andarsene ma tornò subito sui propri passi e sussurrò. “Io mi fido più di lei che di voi in questo momento. Voi sarete Grifondoro, tanto coraggiosi e leali, ma avete un ego infinito e non vi accorgete di nulla al di fuori di voi stessi. Non avrei mai creduto di dirlo ma Marte, che è Serpeverde, è molto meglio di voi. Svegliatevi!”

Uscì infuriata come non mai dalla Sala Grande e poiché tutti i Grifondoro erano molto sensibili al suo carattere si zittirono come per magia, e il silenzio si prolungò anche dopo che lei era già sparita.
Ron guardò Harry, che, con un misto d’imbarazzo e di rabbia, si era piegato sulla sua ciotola di cereali.
“Ha ragione Harry, lo sai? In questo periodo ci siamo stati solo noi, noi, e noi.” Disse tristemente.  “Non ci siamo minimamente comportati da amici, non le abbiamo mai chiesto del suo rapporto con Marte ma non abbiamo fatto altro che farle pesare i nostri sbalzi d’umore.”
Harry buttò il cucchiaio nella ciotola del latte, la fame gli sparita del tutto, litigare con Hermione era sempre tremendo.
“Sentì Harry forse non lo sai, anzi,” si fermò ripensandoci, “probabilmente non lo sai,  non penso che Hermione te ne abbia mai parlato, sarebbe stato strano altrimenti; lei non ti avrebbe mai caricato di problemi che non fossero tuoi.”
Si fermò a guardare Harry. L’amico raccolse la sua borsa da terra, “Andiamo a parlarne fuori? Non ho più voglia di stare qui dentro.”
Ron annuì e lo seguì.
Si diressero verso la torre di Astrologia.
“Hermione ha sempre cercato di alleggerirti il peso dei problemi pensando che tu ne avessi già abbastanza dei fatti tuoi. I tuoi incubi, le punizioni, Tartufo ecc…Beh, in questi mesi ho avuto anch’io un grave problema e Hermione mi ha aiutato a risolverlo da sola.”
“Che tipo di problema? Io non ne ho mai saputo nulla.”
Ron sorrise e lo guardò. “Certo che no, Harry, Tu-Sai-Chi è più importante.”
“Non ho mai detto questo, tu lo sai, ma lui ha ucciso i miei genitori.”
“Infatti, io non ti ho mai criticato per questo, e nemmeno ora lo sto facendo. Sto criticando entrambi perché in questo periodo abbiamo lasciato Hermione da sola.”
Iniziarono a salire le scale per arrivare in cima torre, in giro non si vedeva ancora nessuno ma il loro tono di voce si fece comunque più basso mano a mano che salivano.
“Tu sei preoccupato per Voldemort, i tuoi incubi ed inoltre, quando non pensi a lui,  hai la testa costantemente occupata da Cho o dal Quidditch. Io invece mi sono comportato in modo imperdonabile.”
“Perché? Non mi pare che tu abbia fatto niente di male.”
“Harry! A volte mi sembra che tu abbia ancora gli occhiali, non hai più scusanti adesso, e nemmeno io. Non hai notato il mio comportamento il mese scorso? Non hai notato nulla di strano?”
Harry ci pensò per un po’ e poi disse. “Sì, mi sembravi più svogliato del solito e con Hermione sembrava che avessi perso tutte le tue inibizioni.”
“Non so come dirtelo.” Ron si coprì gli occhi con una mano, inspiro profondamente e con un unico respiro disse. “Io mi drogavo, Harry.”
“No!”


Hermione prima di andare sulla torre di astrologia fece un giro in giardino.
Immaginò che Marte e Malfoy avrebbero saltato la prima e forse anche la seconda ora di lezione, quando erano usciti dalla Sala Grande non le era sembrava che avessero avuto intenzione, o voglia, di andare a fare Trasfigurazione.
Forse era anche meglio così, non sarebbero riusciti a concentrarsi.
Aveva ancora una decina di minuti prima di andare alla lezione, così si sedette sulla loro solita panchina e tirò fuori dalla borsa il libro o, per meglio dire, il mattone che stava consultando quella mattina a colazione.
Dalle informazioni che le aveva dato Marte aveva dedotto che la sua famiglia doveva essere piuttosto famosa e potente.
A suo padre era stato pure affibbiato un soprannome di tutto rispetto, Angelo dei Veleni, e dunque, come se non bastasse, aveva dedotto che la sua famiglia aveva pure una parte oscura. Non per niente Marte era finita nei Serpeverde.
Inizialmente però aveva deciso di lasciare da parte questa supposizione.
Non era detto che suo padre, poiché aveva un nome un po’ aggressivo o poiché aveva ucciso un numero indefinito di persone, fosse un cattivo.
Questa sua speranza però stava per essere amaramente smentita.
Il libro che aveva in mano parlava di famiglie famose, purosangue e non, il nome Angelo dei Veleni era stato pronunciato solo due volte, di cui una volta era riferito ad una donna.
Il libro non dava altre spiegazioni, né sulla persona né sulla famiglia.
Era normale, Ruff aveva detto una volta che i maghi purosangue, se dovevano essere nominati in un libro che trattava anche di famiglie mezzosangue, preferivano mantenere un profilo molto basso e la parte che gli veniva dedicata era minima.
Per essere sicura aveva controllato anche la famiglia di Malfoy. Del suo albero genealogico venivano nominati si e no due nomi, due maghi che venivano ricordati per aver combattuto strenuamente contro la famiglia Radix.
Hermione non si stupì affatto, i Malfoy erano da secoli alleati di Voldemort, i Radix invece erano famosi cacciatori di maghi oscuri, lo scontro era stato inevitabile.
L’unica cosa d’interessante che aveva scoperto era che Angelo dei Veleni era stato un pozionista davvero in gamba, il libro diceva che era in grado di riconoscere i veleni anche solo annusando la bibita o il cibo. Era strepitoso.
Di certo ora Hermione poteva escludere la morte per avvelenamento.
Si alzò e si diresse in biblioteca.
Poggiò il libro dove l’aveva trovato e si diresse verso la bibliotecaria.
Ora che era al quinto anno aveva libero accesso alla Sezione Proibita, conosceva i libri sui purosangue a memoria e nella parte normale non avrebbe trovato nulla che l’avrebbe potuta aiutare, la sua ultima possibilità era di andare a frugare tra i libri di magia nera.
Si avvicinò cautamente a Miss Pince e cercò di usare un tono molto neutro e disinteressato.
“Potrei avere la chiave della Sezione Proibita per favore?”
Miss Pince si sporse dal bancone e si abbassò gli occhiali per guardarla bene.  
“Lei è?”
“Hermione Granger, Grifondoro, quinto anno.”
“Un Grifondoro nella Sezione Proibita? I tempi stanno proprio cambiando.”
Le porse la chiave e Hermione non si fece attendere, la prese e s’incamminò velocemente verso la Sezione Proibita.
Una volta dentro prese l’elenco dei libri da un tavolo, lo scorse velocemente e individuò subito il libro adatto “Famiglie Purosangue: le più velenose.”
Il titolo faceva quasi ridere ma non c’erano volumi comici nella Sezione Proibita, di questo ne era più che certa.
Lo individuò subito ma non perse tempo a sfogliarlo o ad accertarsi che fosse quello giusto, per prima cosa perché ora aveva lezione, poi perché odiava stare lì dentro più del dovuto, si sentivano scricchiolii in continuazione, era agghiacciante.
Riconsegnò le chiavi a Miss Pince, registrò il libro che aveva preso e corse subito verso Astronomia.
Mentre camminava diede un’occhiata alla copertina del libro.
Sembrava davvero antica e ben lavorata, era fatta di cuoio nero e ricami dorati, il massimo del lusso.
Salì la prima rampa di scale quando riconobbe due voci a lei familiari.
“Non hai notato nulla di strano?”
‘Ron?’
“Sì, mi sembravi più svogliato del solito e con Hermione sembrava che avessi perso tutte le tue inibizioni."
Hermione si sentì arrossire: Harry se ne era accorto. Si avvicinò ma rimase silenziosa ad ascoltare.
Non aveva ancora capito quale fosse il centro della conversazione finché non sentì Ron parlare nuovamente.
“Non so come dirtelo.”
Hermione capì all’istante, iniziò a correre su per le scale, il peso del libro e della borsa erano incredibilmente fastidiosi ma non le importava.
Arrivò in cima appena in tempo per sentire Ron rivelare tutto a Harry. “Io mi drogavo, Harry.”
“No!”
Sentì le forze abbandonarla improvvisamente, si sentì svuotata, lasciò cadere tutto a terra, libro, borsa e senza nemmeno rendersene conto iniziò a piangere.

“Hermione!” dissero i due all’unisono prima di avvicinarsi a lei.
“Perché glielo hai detto Ron?”chiese disperata fra le lacrime. “Io non volevo che lui sapesse, non volevo dargli un altro dispiacere!”
I volti di entrambi si intenerirono e mentre Ron le abbracciava le spalle Harry le offrì un fazzoletto con cui asciugare le lacrime.
“Io non voglio essere escluso da cosa vi succede Herm, voi siete l’unica mia scappatoia da tutte le preoccupazioni che ho, non voglio essere messo da parte per questo.”
Hermione alzò gli occhi arrossati dal pavimento e lo guardò.
“Se avessi saputo che Ron si drogava come minimo lo avrei picchiato!”
Così dicendo sul viso di Hermione comparve un sorrise leggero.
Lui aprì le braccia e la ragazza vi si buttò dentro.
“Mi dispiace Harry.”
“è stata tutta colpa mia, Herm, sarò meno umorale d’ora in poi, te lo prometto.”
“Io voglio fare qualcosa per quanto riguarda Voldemort, Harry, voglio aiutarti a trovare un modo per partecipare. Anch’io voglio entrare.”
Harry annuì e rivolgendosi anche a Ron. “Troveremo un modo, noi tre.”
“Ben detto, Harry.”disse Ron annuendo convinto.

Non seguirono la lezione di Astronomia come avrebbe voluto Hermione, ma per quella volta anche lei permise un’eccezione.
C’erano molte cose che dovevano raccontarsi e molte altre che dovevano decidere.
“E così Marte è diventata la tua migliore amica.”
Hermione annuì. “Sì. Sotto molti aspetti siamo diverse ma la mentalità è la stessa, ci intendiamo molto. È davvero speciale.”
“Dovrei parlarci un giorno.”disse Harry.
“Tutte e due dovreste, è molto simpatica, un po’ sadica a volte ma ha una dolcezza inaspettata.”
Ron indicò il librone che aveva appena preso dalla biblioteca con sguardo critico.
“Da dove l’hai preso?” chiese.
“Dalla Sezione Proibita.”
“Cosa? E perché?” domandò Harry  leggermente allarmato.
“è per una ricerca che devo fare.” Si zittì per alcuni secondi vedendo passare la professoressa.“Riguarda Marte.”
“Cosa c’entra lei?”
“Penso che lei abbia un passato leggermente ingarbugliato, nascosto e sono certa che lei abbia un qualche contatto con Voldemort.”
Entrambi si fecero immediatamente più attenti e ricettivi, scribacchiando ogni tanto qualche appunto.
“Come fai a dirlo?”
“Suo fratello è stato ucciso dai Mangiamorte o da Tu-Sai-Chi in persona, dunque un qualche legame lo deve avere, ma non so quale. Per questo sto indagando sulla sua famiglia.”concluse indicando il volume.
“E che cosa ne pensa della tua ricerca?”
“Me l’ha chiesto lei di farlo.”
Harry la guardò seriamente senza capire, e la stessa confusione le venne trasmessa da Ron.
“Perché?”
Non era facile sbandierare i segreti della sua migliore amica ma anche loro erano suoi amici e non poteva nascondergli una cosa così importante.
“Io penso che sia sotto giuramento o qualcosa di simile, penso che qualcuno le abbia fatto promettere di non dire nulla.” Alzò per la prima volta lo sguardo dal suo foglio di pergamena e abbassò la voce.
“Neanche lei sa molto della sua famiglia, sa che suo padre aveva il nome di un angelo e che il suo soprannome era Angelo dei Veleni. Sua madre era una donna molto influente. Sono entrambi morti.
Suo fratello invece si chiamava Laer Lilium, ma non era il suo vero nome, è morto prima di poterglielo dire.”
“Così è orfana.” Ron si trattenne dal dire ‘anche lei’.
Hermione annuì, Harry invece non parlò più fino alla fine della lezione e si limitò a prendere appunti.
“Ho una gran voglia di combattere e ucciderlo, far capire a tutti che è tornato.” Esordì a fine lezione.
“Ci verrà un’idea, Harry.” Disse Ron dandogli una pacca sulla spalla.
Sì, ce l’avrebbero fatta.


Quella sera, nella sala comune, i tre si ritrovarono davanti al camino a discutere gli ultimi avvenimenti: l’amicizia di Hermione con Marte, la cotta di Harry per Cho Chang e per ultimo, con grande delicatezza, affrontarono la temporanea dipendenza di Ron dalle droghe.
“Domani ho ancora la punizione con la Umbrige.” Disse Harry guardandosi la mano.
“Quante te ne mancano ancora?” chiese Ron, che aveva il capo appoggiato su un braccio del divano.
“Tre o quattro.”
“Ho trovato su un libro di pozioni la ricetta per l’Essenza di Purvincolo, il libro dice che fa miracoli contro i tagli profondi e le escoriazioni, magari mi faccio aiutare da Marte per prepararla.”
“Il Quidditch invece?” chiese ancora Ron.
Harry si stiracchiò un po’ e disse mestamente. “Non andiamo molto avanti, la partita contro i Tassorosso l’abbiamo vinta per un pelo ma dopo Natale ci sarà quella contro i Serpeverde e Malfoy in questi giorni sembra maledettamente in forma.”
Ci pensò un po’ e poi chiese a Hermione “Secondo te, Marte, cosa ci trova di bello? E tutte le altre?”
“è vero.” Aggiunse con una smorfia Ron. “Ad ogni allenamento dei Serpeverde c’è uno stuolo di ragazzine sugli spalti che gli fa il tifo, è una cosa penosa.”
Hermione rise “ è penoso per voi, non per lui, vero? Se volete vengo io a farvi il tifo.”
“Non è divertente Hermione!” esclamò Ron, cercando di coprire le risate della ragazza.
“Se proprio volete saperlo, anche se probabilmente non sono la persona adatta a dirvelo, Malfoy è molto sexy ed è misterioso.”
Ron arrossì di rabbia mentre Harry fissò il camino con insistenza.
“Pensa troppo al suo aspetto e perde tutta la sua mascolinità.”affermò Ron dopo un po’. “Si vede lontano un miglio che è effemminato.”
Hermione scosse la testa. “nessuna ragazza lo guarderebbe se lo fosse, inoltre Marte non ci starebbe insieme ora.”
Harry buttò indietro la testa stancamente. “Odio la scuola, pagherei oro se ci fosse un modo per farmela piacere di più!”
Hermione ebbe all’improvviso la sensazione di una lampadina che si accendeva, si alzò dal divano e si posizionò davanti ai due ragazzi con le mani sui fianchi.
“Ma certo Harry! é logico! Perché non ci siamo arrivati prima?”
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo confuso e incerto, poi tornarono a guardare Hermione.
“Cosa è logico?”
“Non ti seguiamo.”
“La scuola, Harry, è questa la soluzione! Tu insegnerai agli studenti che lo desiderano come lottare, gli farai da insegnante di Difesa. Sarà fantastico!”
Hermione sprizzava gioia da tutti i pori, il divano invece sembrava che si fosse improvvisamente congelato.
“Non è una grande idea, Herm, io non ne sono in grado.”
“Harry, si invece! Chi ha referenze migliori delle tue? Affronti Voldemort da quando avevi undici anni e conosci più incantesimi di tutti noi. Cosa vuoi di più?”
Harry guardò Ron che gli disse incoraggiante “Potrebbe funzione, Harry.”
“Va bene, ma come facciamo a scegliere chi potrà partecipare, non possiamo farci scoprire subito. E il luogo?”
Nonostante i problemi, l’entusiasmo di Hermione non si spense, prese a camminare per la sala comune.
“Beh, chiederemo agli amici, i Grifondoro che sappiamo essere fidati, per le altre case invece io chiederei a Luna.”
Ron strabuzzò gli occhi. “Alla Lovegood?”
Hermione annuì. “Non sembra ma lei conosce un sacco di gente e sono certa che se glielo chiediamo troverà le persone giuste.”
“Va bene”disse Ron. “Ma per il luogo? Che si fa?”
Harry si alzò in piedi e i suoi occhi verdi scintillarono come fari.
“Che ne dite di Dobby?”



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Capitolo 13
*** 13. ***


13° B.F.T
Tredicesimo.



Nelle settimane successive ebbe inizio la vera frenesia.
Il lago nero era ghiacciato del tutto già da molti giorni, l’aria all’esterno era da neve e, di conseguenza, gli allenamenti di Quiddicth e tutte le attività al di fuori delle mura scolastiche erano state interrotte, nonostante ciò molti ancora prendevano la scopa e andavano a farsi un giro per distrarsi.
Dentro il castello, invece, l’atmosfera era calda e festosa.
Le grosse vetrate erano state decorate con cristalli di neve, agli archi e alle porte erano stati appesi una grande quantità di vischio e su per le scale i quadri intonavano canti natalizi, di cui alcuni molto stonati.

Nonostante l’allegria c’erano gli ultimi esami da superare prima delle vacanze e gli studenti vivevano fra biblioteca, classe e sala comune.
La Umbrige aveva da tempo licenziato la Cooman, che era stata sostituita da Fiorenzo e, senza perdere tempo, stava meditando sul licenziamento di Hagrid.

Marte non aveva più avuto contatti con Silente e non aveva la più pallida idea di come il vecchio mago avesse affrontato la presenza della donna e di come avesse reagito alle nuove leggi che erano state imposte alla scuola; lei, se fosse stata preside, non avrebbe esitato a cacciarla via a calci.
Hermione le aveva raccontato come il suo rapporto con Harry e Ron stesse procedendo felicemente, la ragazza era contenta più che altro perché la punizione di Harry era conclusa, la sua mano, grazie all’essenza di purvincolo che avevano preparato, era migliorata molto e il ragazzo le sembrava più tranquillo.
Inoltre, ultimamente, era stata sempre occupata, frequentava la biblioteca molto spesso, e sicuramente non occupava tutto il tempo allo studio e alla sua ricerca, c’era qualcosa di nuovo che bolliva in pentola.

Marte aveva organizzato i suoi allenamenti in modo da occupare il tempo in cui Draco era a giocare a Quidditch, per non destare sospetti.
Per un’ora e mezza spariva e si rifugiava in cima alla torre ovest.
Il solaio era sporco e impolverato ma non le importava, lei si sedeva in mezzo alla stanza e si concentrava sul silenzio che la avvolgeva.
Ritrovare il ritmo non era stata un’impresa facile: ogni cosa, ogni suono, ogni pensiero riusciva a distrarla così, durante le prime sedute, si era dovuta dedicare solo alla fase dell’isolamento.
Per raggiungere il silenzio doveva allontanarsi da tutto il resto.
Passato il primo ostacolo tutto era filato liscio come l’olio e in meno di un mese aveva provato nuovamente la bellissima sensazione di essere avvolta dalla magia.
Percepiva la magia fluire dentro e fuori dal suo corpo, liquida e mutevole, preziosa, era tornata a fare gli incantesimi con le mani con la stessa facilità con cui li compieva prima, ed era davvero divertente.
Anche quelli che le stavano attorno avevano avvertito che qualcosa in lei era cambiato.
La sua aurea era diversa, più forte, più compatta ma anche il suo aspetto fisico era cambiato. Non aveva perso del tutto l’aspetto fragile che aveva acquistato in quei mesi di ‘peregrinazione’ però la sua pelle bianca era omogenea e non più trasparente, i suoi capelli erano diventati più lucidi e i suoi occhi più scuri. Tutte piccole differenze che nell’insieme le davano un aspetto completamente diverso.
Dal punto di vista magico aveva riconquistato quasi tutta la sua forza.
La bacchetta di Lilium era stata riposta definitivamente in un cassetto della sua vecchia camera, ora usava solo la propria. Grazie a lei aveva riconquistato tutte le affinità che credeva perdute, era tornata ad essere leggera, precisa e potente.
Ma oltre a questo, ciò che la rendeva più felice, era che poco a poco stava tornando ad avvertire i pensieri altrui.
Faceva ancora fatica, la cosa le richiedeva un minimo di concentrazione e doveva avere ancora un minimo di contatto fisico, però il fatto di riuscire a controllare questo istinto la rendeva fiera di sé.
Non era però del tutto soddisfatta e convinta dei suoi riflessi e della sua capacità di reazione.
Con Lilium aveva raggiunto una capacità combattiva molto elevata, aveva imparato ad usare tutte le sue arti e a leggere i pensieri dell’avversario prima che questo l’attaccasse, ma era da anni che non si metteva alla prova e da anni che non trovava un avversario alla pari.
Draco non poteva includerlo, non avrebbe potuto combattere contro di lui, Draco era la sua debolezza.

Pansy e Gioia condividevano la camera senza di lei da quel giorno in sala Grande, quando alla fine, invece che saltare solo la prima lezione avevano passato l’intera giornata di scuola sulle rive del lago nero da soli.
La certezza di avere Draco tutto per sé le aveva dato una bellissima sensazione di forza e di felicità.
Le prime notti erano state bellissime, tutte da scoprire, perché alle carezze e agli abbracci si erano aggiunti i baci.
I suoi baci non erano solo fantastici e maliziosi ma arrivavano sempre senza preavviso, ciò che adorava di più era che con lui niente era un luogo comune e tutto era lento e atteso, desiderato.

La sera era il momento della giornata che aspettava con più ansia.
A cena, con l’arrivo della notte, la tensione fra loro si faceva sempre più alta ogni giorno che passava e lei, incapace di sopportarla, si faceva seguire in un luogo deserto per baciarlo e lasciarsi andare.
A Draco piaceva che fosse lei a prendere l’iniziativa a volte; il fatto che Marte non potesse resistergli non lo stufava affatto, anche perché la cosa era reciproca; la sua sola fortuna era di avere più pazienza della ragazza e essere capace di resistere fino ad entrare in camera per rilassarsi con lei.
Nonostante dormissero insieme tutte le notti non erano mai andati fino in fondo.
Hermione glielo aveva chiesto una volta con grande discrezione e lei era arrossita non solo per la situazione ma anche perché, con tutta sincerità, non aveva mai pensato a quella fase della relazione.
Guardando Draco le venivano in mente tante cose, e tutte centravano con il sesso, il problema era che lei non si era mai vista in nessuna di queste e la domanda di Hermione le aveva aperto le porte verso un universo inesplorato.
Da quel giorno aveva iniziato a guardare Draco sotto una luce diversa, non più solo come il ragazzo dei suoi sogni, bellissimo e malizioso. Draco era un uomo.
Dio! Aveva sempre saputo che fosse un casanova e che avesse tutte le carte per esserlo, ed infatti era
sempre stata gelosa di quella parte del suo carattere ma non aveva mai fatto un collegamento essenziale, e cioè che se si era guadagnato quella fama c’era stato di sicuro un motivo.
Così, per andare a dormire indossava sempre dei pigiama molto coprenti, dicendo addio alle camicie da notte.
Quei pigiama non avrebbero aizzato gli istinti di nessuno ma non aveva calcolato una cosa.
Draco le aveva sempre detto che lei aveva una sensualità innocente e ingenua ma non l’aveva mai capito né preso sul serio, così, tutte le volte in cui s’infilava o sfilava una maglietta, Draco la sorprendeva alle spalle, la abbracciava e le posava le mani sul ventre scoperto.
Sentire il corpo del ragazzo aderente al suo le trasmetteva sempre dei brividi indescrivibili che, se abbinati ai pensieri sconci che faceva tutte le volte che gli stava accanto, diventavano quasi insopportabili.
Poi, appena entrati nel letto, pigiama o non pigiama, stare lontani diventava impossibile e doloroso da sopportare; Draco poi trovava sempre il modo di superare gli ostacoli e sia il pantalone lungo sia la maglietta larga diventavano inutili.
Non sapeva se lui avesse intuito qualcosa e sinceramente sperava di no, non voleva sembrare paurosa e insicura.

“Cosa hai intenzione di fare per le vacanze natalizie?”
Alzò gli occhi dalla rivista che stava leggendo sulla poltrona di Draco, davanti al camino della loro stanza.
Draco non sapeva che la sua famiglia non esistesse più, così rispose. “Ho paura che rimarrò qua, i miei e mio fratello sono in giro per lavoro. Tu?”
Draco continuò ad asciugarsi i capelli ed intanto si avvicinò a lei e al fuoco.
“Non so, mio padre vorrebbe che tornassi a casa dopo il Ballo d’Inverno ma sto cercando di convincerlo a farmi rimanere, non voglio lasciarti.”
Marte smise ancora una volta di leggere e guardò Draco che si trovava ormai in piedi davanti a lei, con un asciugamano a coprirgli il corpo dall’inguine in giù.
Buttò la rivista a terra e lo abbracciò, avvolgendo le braccia attorno al suo bacino e poggiando la testa all’altezza del suo ombelico.
Poi si alzò in ginocchio sulla poltrona e gli baciò i muscoli del petto mentre lui aveva poggiato una mano fra i capelli e le accarezzava la testa.
“Ci dobbiamo andare per forza a quella festa?”
Draco annuì gentilmente e le alzò il mento. “Sì, Marte, e voglio che tu sia bellissima quella sera, la più bella.”
“Lo faccio solo per te.”sospirò rassegnata.
“E per chi lo dovresti fare altrimenti?”
Marte si alzò, lo prese per mano e lo condusse verso il letto. “Non potremmo fare qualcos’altro? Arrivare a un’altra soluzione?”
Fece sedere Draco sul letto e senza smettere di guardarlo gli accarezzò la testa ancora umida con un massaggio molto persuasivo.
“Per favore, non sono fatta per le cose mondane.”
Draco rise scherzosamente e la prese per i fianchi. “Non c’è nulla di mondano, Marte. Noi due abbiamo troppe poche occasioni per uscire insieme, andiamo ad Hogsmade ogni tanto, ma non è abbastanza; io voglio andare al ballo con te e mostrarti al mondo in tutto il tuo splendore.”
Marte sbuffò, nuovamente insoddisfatta, nonostante le parole di Draco le avessero fatto piacere. “Non posso fare nulla per farti cambiare idea?”
“Ed io non posso convincerti in alcun modo?”
Si sedette sulle sue gambe e avvicinò il viso a quello del ragazzo.
“Qualcosa potresti fare, ma non mi convinceresti, mi renderesti il tutto solo più piacevole.”
Draco le sorrise furbescamente e la baciò sulle labbra con dolcezza.
“Togliti tutto, ti prego, solo per questa volta.”
Marte spalancò gli occhi. “Io mi riferivo solo a un bacio, Draco. Non…”
“Giuro che non ti farò nulla se non vorrai, te lo prometto.” la interruppe, pronto a rassicurarla.
Le parole di Draco la colsero impreparata e la sorpresero.
“Come hai capito?” Draco si limitò a sorriderle.
Quante volte le aveva detto che la sua espressione era facile da leggere? Lui era sempre stato abile a capire le sue espressioni e i suoi gesti, era normale che avesse inteso la sua esitazione.
Lo abbracciò più saldamente attorno alle spalle. “Me lo prometti?”
“Una parola, un gesto e mi fermerò.”
“Non sono pronta per arrivare fino in fondo, ho paura.”
Draco iniziò a sollevarle la maglietta prima di dirle con voce roca e con gli occhi già sciolti come metallo fuso. “Te lo prometto.”
Alzò le braccia per agevolarlo, poi si alzò in piedi e aspettò che lui snodasse l’elastico e le abbassasse i pantaloni del pigiama.
Insieme all’aria tiepida sentì sulla pelle il tocco incerto delle mani di Draco sulle cosce e delle sue labbra sul ventre.
“Avvicinati, non avere paura.”
Marte avanzò di un passo con l’aiuto di Draco che l’aveva presa per i fianchi.
I suoi baci sulla pelle erano dolci come il miele ed esasperatamente lenti. Le facevano venir voglia di contorcersi ma allo stesso tempo la spingevano a stare ferma se ne avesse voluti ancora.
Di sorpresa sentì la sua lingua muoversi dentro l’ombelico e un gemito roco le uscì dalle labbra, allora, involontariamente, spinse la testa di Draco più a fondo contro la sua pancia e lui, invece di aumentare il ritmo si fece sempre più lento.
Sollevo la testa e la aiutò a salire sul letto e ad abbracciarlo anche con le gambe, le sfiorò la schiena, dedicando più tempo alle cicatrici, e la baciò ripetutamente, succhiandole gentilmente un labbro alla volta.
 Seduta su di lui, avvolta dal suo corpo e stregata dai suoi baci, pregò che quell’asciugamano restasse al suo posto e non si spostasse, se fosse successo non avrebbe contato molto sull’autocontrollo di Draco ma nemmeno sul suo.

Stava baciando il suo collo quando sentì le sue mani armeggiare con il gancio del reggiseno.
Il suo corpo tremò ed ebbe l’improvvisa tentazione di spostarsi.

“Shh, non ti faccio niente, voglio solo toccarti e guardarti.” Le sussurrò nell’orecchio, solleticandole la schiena affinché i suoi muscoli non si rilassarono.
Appena sentì il suo reggiseno scivolare via, si premette ancor di più contro Draco e nascose la testa dietro il suo collo.
“Mi fai fare sempre ciò che vuoi. Io non ho mai la forza di rifiutare.”sussurrò.
Sentì le sue mani afferrarla per le natiche e con uno strattone la schiacciò del tutto contro di lui, così che non ci fosse aria fra i loro corpi o distacco fra i loro volti.
Gli occhi di Draco erano sciolti e liquidi e la sua espressione talmente inebriata da sembrare assente. Delle sottili lingue di fuoco si riflettevano sul suo corpo e sui suoi capelli rendendolo ancora più bello e provocante.
“Non faccio nulla che tu non voglia, Marte, e tu vuoi me. Io voglio solo essere tuo.”
Marte accarezzò il collo teso di Draco e risalì modellandogli il mento glabro e massaggiandogli le labbra fino a renderle rosse e ancora più invitanti.
Gliele mordicchiò e leccò, ordinando che acconsentisse all’accesso.
‘ Lo voglio tutto.’ Pensò mentre esplorava i muscoli delle sue spalle.
“Lo so, lo so.” Bisbigliò lui fra un bacio e l’altro.
Draco si staccò dalle sue labbra e si avvicinò al seno, mordendo prima un capezzolo poi l’altro mentre con la mano si muoveva dall’ombelico sempre più in basso.
Il suo seno diventava sempre più sensibile sotto i suoi baci.
Chiuse gli occhi e buttò la testa all’indietro non prima di vedere la bocca di Draco muoversi e i suoi occhi concederle un ultimo sguardo argentato e avvolto dal piacere.
La sua mano invece la solleticava attraverso il tessuto umido con i polpastrelli, muovendosi contemporaneamente alla lingua e alle labbra.
I suoi gemiti riempivano la stanza mentre si teneva saldamente alle sue spalle e al collo.
Poi però lo sentì giocare con il bordo dei suoi slip e insieme al calore che aumentava ritornò in lei l’incertezza.
Si avvicinò nuovamente al suo viso e gli baciò le labbra distogliendolo dal seno.
“Dopo la festa sarò tua, te lo prometto.”
Draco sembrò non ascoltarla, la zittì baciandola ed e entrò con un dito nello slip.
Marte non aveva la forza per togliersi ma ora la sua voglia andava di pari passo con la paura e Draco lo percepì.
Sfiorò per una volta la sua peluria e uscì.
La guardò. “Ne sei sicura?”
Marte annuì, mentre il suo petto si alzava e abbassava velocemente.
“La prossima volta non riuscirò a controllarmi.”
“Non voglio che ti controlli.”
Draco sospirò, prese la maglietta del suo pigiama e la aiutò a ricoprirsi.
Poi allungò le braccia dietro di sé per poggiarsi sul materasso.
“Cosa cambia ora o dopo?”
Marte attorcigliò una ciocca di capelli e rispose. “Non lo so, forse niente.”
“Non ti stava piacendo?”
Lo guardò male. “Non fare il furbo Draco, sai che mi piaceva.”
Lui sorrise, alzò una mano e si leccò l’indice. “Sì, lo so. Allora perché?”
“Non lo so, non mi sento pronta.”
Le accarezzò una coscia sorridendo, la spostò sul letto e se ne andò in bagno.
Marte non voleva che una cosa così bella finisse in quel modo, così si tirò su e lo raggiunse.
La figura di Draco tutto nudo era uno spettacolo di luce e sarebbe rimasta ad osservarlo se non fosse stata preoccupata per qualcos’altro, prima di ogni cosa lei lo voleva felice
Lo abbracciò da dietro le spalle. “Draco io ti desidero, manca poco e tu sarai mio ed io tua. Scusa se ti faccio aspettare ma ora non me la sento, mi devo abituare alla cosa.”
Sospirò contro la sua pelle e poggiò la fronte contro la sua schiena. “Hermione, un bel po’ di tempo fa, mi ha chiesto se noi due l’avessimo già fatto e io sono rimasta spiazzata, non ci avevo mai pensato prima, per me era talmente importante stare anche solo in tua compagnia da essermi dimenticata del resto.” Gli baciò una spalla e continuò, “In seguito mi sono accorta di che effetto ti facesse vedermi girare mezza nuda per la camera e mi sono accorta che effetto facesse a me vederti mezzo nudo e mi sono spaventata.”
Draco poggiò le sue mani sopra quelle di lei e la tranquillizzò.
“Lo so, sono stata una stupida.”
“Mi devo vestire, copri gli occhi un attimo.” Avvisò trattenendo la risata.
Marte arrossì, si staccò da lui in fretta per mettersi le mani davanti agli occhi.
Lo sentì spostarsi e indossare qualcosa, provò a guardare da un buchino tra le dita ma subito Draco la beccò.
“Non sbirciare.” La provocò maliziosamente.
“Scusa!”
“Ora li puoi aprire.”
Draco aveva solo indossato i boxer e si stava avvicinando a lei.
Le afferrò la maglietta ancora una volta e fece per sfilarla ma Marte lo bloccò.
“Draco, forse non hai capito il senso del mio discorso.”
Draco rise. “Ho capito perfettamente, tu sei solo poco disinvolta e molto eccitata, e le due cose non cooperano, perciò…”
Le sfilò delicatamente la maglietta e subito la strinse a sé. “Contenta? Non ho visto nulla.”
Giunsero a letto ed entrambi si coprirono con le lenzuola.
Marte si mise a pancia in giù e brontolò. “Non mi sembra una grande idea.”
“Per me invece è ottima.” rispose Draco malizioso come non mai, accarezzandole la schiena.
Marte chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
“Come ti sei fatta tutte queste cicatrici?”
Aprì leggermente gli occhi. “Lo so che non sono il massimo” rispose “Anche se ora si vedono giù molto meno.”
“Non mi interessano le cicatrici, Marte. Voglio solo sapere come te le sei fatte.” chiarì duramente.
Marte si alzò, avvolgendosi il lenzuolo attorno al petto. “C’è una cosa che non sai di me, Draco, e che non posso dirti ora, anche se vorrei. Sappi solo che non me le sono fatti da sola quei tagli.”
Draco la fissò a lungo ma per la prima volta non riuscì a leggerla come avrebbe voluto.
“Va bene, aspetterò anche per questo.”
Marte si sdraiò nuovamente e si appoggiò a lui.
Lui le prese la mano e la baciò. “Io voglio sapere tutto di te, capito? Mi hai fatto innamorare Marte, sarà dura per te mandarmi via.”
La ragazza sogghignò. “Non ti manderò mai via. Draco, pensi di amarmi?”
“Penso di sì”
Si sollevo leggermente e gli baciò la fronte. “Continua a pensarlo.”

+

Era il decimo libro che prendeva dalla Sezione Proibita e ancora non aveva ottenuto nulla di concreto.
Il nome Angelo dei Veleni era ripetuto di continuo ma non dava mai un riferimento concreto.
Aveva scoperto un sacco di cose su di lui, e le aveva riferite tutte a Marte: abile pozionista, abile mago, poteri nascosti.
Quando aveva letto dei poteri nascosti si era chiesta se Marte ne avesse saputo qualcosa, ma la ragazza era rimasta impassibile davanti a quella scoperta che per lei era incredibile.
Angelo dei Veleni aveva un’innata capacità nell’utilizzare la magia con le mani e con il pensiero e si era chiesta se a Marte non fosse stato trasmesso qualcosa geneticamente. Era pur sempre suo padre.
Sulla madre e il fratello non aveva trovato nulla, tranne qualche accenno sulla bellezza della donna, che rimaneva comunque un volto senza nome.
Per lo meno aveva una remota sicurezza di stare cercando le persone giuste. La descrizione della madre combaciava perfettamente con quella di Marte: capelli scuri, occhi brillanti, pelle chiara.
Ma erano indizi che non la conducevano da nessuna parte, per non dire troppo soggettivi. Quante persone al mondo potevano esistere con i capelli e gli occhi scuri? Miliardi.
Chiuse il libro con un botto, appuntò due cose e buttò tutto sul divano accanto a lei.
Erano tutti e tre in sala comune ad aspettare che Dobby arrivasse per parlare del luogo d’incontro per le lezioni di Difesa alternative.
Grazie a Luna erano già riusciti a individuare una ventina di persone fidate che avrebbero potuto invitare e che avrebbero riunito a Hogsmade quel weekend, prima del Ballo d’Inverno, per definire le ultime cose e per iniziare gli allenamenti prima delle vacanze natalizie.
Hermione aveva preparato delle monete, simili a galeoni, per avvisare gli studenti sul giorno e l’ora del ritrovo, erano state una gran bella trovata, si era pure auto congratulata ma ci aveva impiegato un’infinità a prepararle. Con Marte avrebbe fatto prima.
Purtroppo né Harry né Ron si fidava di Marte, nonostante tutte le carinerie che aveva detto su di lei in quei giorni, dunque aveva dovuto preparare tutto da sola, insospettendo la stessa Serpeverde, che però, fortunatamente, sembrava già molto impegnata da un altro progetto e da un ragazzo di nome Draco Malfoy.
Erano già le due di notte passate, Ron si era appisolato da un pezzo mentre Harry camminava dal camino alla finestra nervoso oltre ogni limite.
“Perché non è ancora arrivato? Aveva detto che sarebbe stato qui un’ora fa.”
“Harry, calmati” gli disse Hermione sospirando “Avrà avuto i suoi problemi in cucina, sai bene che ora che è libero mette il proprio lavoro davanti a tutto.”
“E se invece avesse avuto dei problemi con la Umbrige?”
“A quest’ora quella megera è bella che dorme con una mascherina a forma di gatto sulla faccia, Harry, datti una calmata.”
Fece per sedersi accanto a lei e Hermione spostò i suoi appunti stizzita.
“Ci siamo quasi Harry, non ti preoccupare sono certa che arriverà.”
Pop!
Ron cacciò un urlo tremendo, Dobby squittì in maniera orrenda e si nascose dietro il divano dove era seduto Harry.
“Mi scusi signore” bisbigliò affranto e dispiaciuto.
Ron si ricompose “Non ho avuto paura, sto bene.”
Hermione gli diede uno scappellotto sulla testa e gli disse sibilando arrabbiata. “Se non hai provato paura potevi almeno trattenerti un po’, razza di zucca vuota!”
Guardò su per le scale che conducevano ai dormitori per assicurarsi che nessuno avesse sentito il suo urlo.
Intanto Harry aveva iniziato a parlare con Dobby.
“Mi scusi per il ritardo signore, ma da quando c’è quel bon-bon qui a scuola, il guardiano ci controlla sempre.”
“Non ti preoccupare Dobby, ora però non sprechiamo tempo, non possiamo farci scoprire.”
“Hai pensato a un luogo?” intervenne Hermione.
“Sì signora!” esclamò sorridendo. “Ci ho pensato molto, non avrei mai perso l’occasione di aiutare il signor Potter e i suoi amici.”
Tutti e tre si erano fatti attenti ma l’elfo sembrava non avere intenzione di continuare e un silenzio agghiacciante e imbarazzante si diffuse per tutta la sala.
“Allora?” chiese Ron.
“Avevo trovato il luogo perfetto signore, grande abbastanza, nascostissimo, ma poi mi è accaduta una cosa molto strana, signore.”
“Cosa Dobby?” chiese Harry
“Una ragazza è scesa nelle cucine qualche giorno fa, mi ha chiesto un caffè e prima di andarmene mi ha ringraziato.”
Hermione sorrise soddisfatta. “beh, sei contento, no? Era una ragazza molto educata. Chi era?”
“Non lo so signora ma prima che se ne andasse è successa una cosa molto strana.” Allungò la mano verso di loro e disse con gli occhi che brillavano “Mi ha stretto la mano.”
Ron intervenne interrompendolo molto sgarbatamente. “Abbiamo capito! È stata gentile con te! Mi dispiace che sia una novità!”
“Appena ci siamo toccati l’ho sentita come entrare nella mia testa e scorrere i miei pensieri. La mia testa scoppiava signore, non ho saputo fermarla!”
Dobby non aveva ancora perso le cattive abitudini così iniziò a darsi dei pugni sulla testa.
"Ti ha letto nel pensiero?" azzardò Hermione già estremamente interessata.
Harry ignorò la sua domanda e, esasperato, lo fermò per i polsi. “Ma cosa c’entra con noi tutto questo?”
L’elfo iniziò a respirare tranquillamente, abbassò i pugnetti così che Harry potesse lasciargli i polsi.
“Lei ha visto nei miei pensieri il luogo che volevo dirvi signore, è l’unico, non ce ne sono altri abbastanza grandi, signore.”
Harry e Ron si abbandonarono contro lo schienale del divano sospirando amaramente.
“Addio progetto.”
“L’hai detto Ron.”
“Aspettate, aspettate." Hermione lì fermò senza perdere la speranza e si rivolse ancora a Dobby “Non puoi dirci nulla su questa ragazza Dobby? Proprio nulla?”
“Non l’hai vista in faccia?” gli chiese Harry cercando di farsi contagiare dal positivismo dell’amica.
L’elfo ci pensò su. “No signore, era coperta da un lungo mantello nero.”
“Anche se sapessimo che faccia ha, cosa potremmo fare? Ucciderla?”propose Ron, poco convinto
“Certo che no.” rispose Hermione incrociando le braccia. “Ma almeno potremmo sapere con chi abbiamo a che fare e se possiamo farla passare dalla nostra parte.”
“C’è una cosa che mi ricordo.” esordì l’elfo “Mi ha detto di essere Serpeverde, anche se a me non lo era sembrata affatto. Mi accorgo subito se c'è un Serpeverde nelle vicinanze.”
“Marte!”
La parola le nacque sulle labbra immediatamente, era sicura che fosse lei. 
Ora ne era più che certa. Marte aveva ereditato i poteri di suo padre, Angelo dei Veleni, sapeva leggere nel pensiero!
E chi sa quante altre cose era in grado di fare.
La sua mente iniziò a lavorare sempre più velocemente: ora non doveva far altro che ottenere altre informazioni sulla sua famiglia e avrebbe finalmente scoperto in che rapporti lei fosse con Voldemort.
“Come fai a dire che è lei?”
“Harry! È ovvio! Una Serpeverde che non lo sembra! Quante Serpeverde conosci che stringerebbero la mano ad un elfo domestico?”
I due ragazzi ci rifletterono a lungo e le diedero ragione.
“Ma questo come ci può essere utile? Insomma le dovremmo dire tutto?”
Hermione sembrò ragionare e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza non badando a Dobby che si spostava ovunque per non intralciarla.
“è la cosa migliore che ci rimane da fare. Prima però cercherò di scoprire se si è resa conto di cosa ha visto, poi agiremo di conseguenza.”
Dobby alzò timidamente la mano. “Se può aiutarvi saperlo la ragazza Serpeverde ultimamente va sempre a rifugiarsi in cima alla torre ovest, quella abbandonata. Non penso che sappia del vostro nascondiglio.”
“Va bene Dobby,” lo interruppe Harry “Fino ad ora ci hai detto tutto tranne dove si trova questo posto.”
L’elfo sorrise e abbassò il tono di voce. “Si chiama Stanza delle Necessità. Si trova al settimo piano davanti all’arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll. Passateci tre volte davanti pensando intensamente a che cosa vi serve e lei vi accontenterà.”
I tre amici lo guardarono poco convinti.
“Sei sicuro Dobby?” chiese Ron “Io non ho mai sentito parlare di una stanza simile.”
“Si fidi signore, si fidi, il vecchio Dobby non vi ha deluso, andateci e vedrete!”
I due ragazzi guardarono Hermione. “Facciamo un tentativo, ragazzi, tanto non abbiamo nulla da perdere!”

L’elfo se ne andò dopo aver ricevuto dai ragazzi un calzino a testa, era così felice che rischiava di svegliare l’intera casa.
“Hermione come ha fatto Marte a leggere nel pensiero di Dobby? E perché l’ha fatto?”
Hermione alzò le spalle. “Non lo so Harry, so ben poco sulla famiglia di Marte al momento, ma mi sto informando.”
“E perché si va a rifugiare in cima alla torre ovest?”
Hermione alzò ancora una volta le spalle.
“Ho paura che nemmeno il suo nome sia quello vero, e questo rende le cose molto più complicate visto che non posso cercarla per il cognome.”
“Come si chiama di cognome?” chiese Ron.
“Moonroad, o qualcosa di simile.” rispose Harry.
“Strada lunare.” il rosso alzò le spalle “Si vede lontano un miglio che è falso!”
Sia Harry che Hermione si misero a ridere da morire al sentire il tono di voce dell’amico.
“E Lovegood allora, Ron? Sarà falso anche il suo?”
Ron si mise seriamente a pensare alla possibilità e alzò gli occhi al cielo, si sforzò talmente tanto che il suo viso iniziò ad assumere tutti i toni del porpora e del rosso.
“ E se anche Luna fosse una spia? E se il suo tono accondiscendente fosse solo una recita?”
Harry sbuffò e Hermione sorrise. “Non è proprio possibile Ron, nessuno può essere cosi bravo!”
“Ma se ci pensate…”
“No!” dissero all’unisono i due amici.






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Capitolo 14
*** 14. ***


14° B.F.t
Quattordici.

 


Hermione quella mattina le stava davvero facendo saltare i nervi.
Il clima era diventato insostenibilmente gelido perciò avevano dovuto cercare un altro luogo all’interno delle mura, isolato, dove potersi riunire in tutta tranquillità senza che ci fosse nessuno a disturbarle.
Avevano trovato una saletta al quarto piano che faceva proprio al caso loro. Era stato il fantasma dei Tassorosso a suggerirlo a Hermione. Quel vecchio andava pazzo per lei, sin dal suo smistamento a Hogwarts, quando il cappello parlante era stato indeciso sul dove collocarla. La riempiva sempre di lusinghe e le faceva sempre favori, con la segreta speranza che lei decidesse di cambiare casa, speranza segreta e impossibile.
Quella sala però era mille volte meglio della loro panchina: aveva un camino, due comode poltrone e due scrivanie, calda d’inverno e fresca d’estate.
Per Marte troppo calda.
Sembrava che più che il camino fosse Hermione a riscaldare l’ambiente.
Sin da quando si erano sedute, la ragazza aveva iniziato a sfogliare libro dopo libro e lo scarto dell’energia cinetica prodotta dal suo povero braccio produceva calore e le dava i nervi.
Si erano a malapena rivolte la parola, Hermione non staccava gli occhi dalla pagina nemmeno per scrivere gli appunti sul foglio che aveva di lato, era un tornado.

Da mezz’ora grattava infastidita la pelle della poltrona e la fissava in cagnesco cercando di farle sentire il suo sguardo sulla pelle ma sembrava non essere sufficiente, così si alzò, le strappò il volume da sotto il naso e lo sventolò sopra il camino.
“Ehi!” Hermione sollevò immediatamente la testa.
“Vuoi che il libro faccia una pessima fine, Hermione?”
La Grifondoro la guardò con gli occhi chiusi a due fessure “Non lo faresti mai.” la sfidò.
“Ah no?”
Lasciò cadere il libro fra le fiamme ma, appena Hermione si alzò dalla sedia con gli occhi sgranati, lo riacciuffò e glielo sventolò davanti.
Hermione andò a buttarsi sulla poltrona sfinita. “Da chi hai imparato a farmi morire di paura? Da Malfoy?”
Marte negò. “No, è repertorio personale. E tu da chi hai imparato a farmi saltare i nervi?”
“Repertorio personale.” Ripose sorridendo.
Marte andò a sedersi sulla poltrona accanto a lei. “Che ti prende, Herm? È da un po’ che ti vedo così agitata, oggi poi mi sembra quasi che tu stia implodendo!”
“Sono solo un po’ indietro con lo studio, tutto qui.” Prese il libro dalle mani dell’amica e lo poggiò sul tavolino, per allontanarlo dalla sua portata.
“è per colpa mia, Herm? Non starai perdendo tempo con la mia vita, vero?”
Hermione la guardò e pensò che in verità la ricerca sulla sua famiglia non aveva raggiunto i traguardi che aveva sperato e che, anzi, si era fermata e poteva considerarsi conclusa.
Aveva letto tutti i libri della scuola che parlassero di famiglie purosangue e non aveva scoperto nulla se non poche citazioni riguardanti Angelo dei Veleni.
L’unica novità era che aveva scoperto il nome di sua madre da nubile: Circe D’Hoile. Uno strano nome per una donna che aveva meno poteri di un maganò.
La verità era che da settimane era presa con le ultime preparazioni per l’incontro di quel pomeriggio.
Harry era nervoso oltre ogni dire e da giorni, stranamente, spendeva il suo tempo libero in biblioteca per informarsi sulla parte teorica degli incantesimi che avrebbe spiegato.
Lei invece aveva ideato quei falsi galeoni, aveva allestito la Sala delle Necessita con tutto ciò che sarebbe potuto divenire utile e ancora adesso stava cercando un nome adatto per identificare il gruppo.
Ron, invece, si era occupato della parte lavorativa, aveva smistato i componenti della classe e aveva fatto in modo che venisse recapitato ad ognuno di loro un galeone, con una discrezione che non aveva mai mostrato di possedere, ma il suo compito più importante era quello di  trascinare il cadavere di Harry fuori dalla Sala Grande dopo cena e di riporlo nel suo letto: il ragazzo non era abituato a leggere così tanto.
“Non ti preoccupare, non è per quello, anzi, uno di questi giorni devo parlarti di ciò che ho trovato.”
Marte annuì. “Novità?”
“Sì, ma non molte.”
Improvvisamente l’orologio scandì il mezzo giorno e interruppe il discorso della ragazza.
Marte guardò l’ora e poi nuovamente l’amica.
“Scusami, ma ora me ne devo proprio andare. Draco mi starà aspettando.”
“Per cosa?”
“Oggi lo accompagno al campo di Quidditch.”
Hermione la guardò storta mentre riponeva i libri dentro la borsa con la magia. “Lo fai tutti i giorni?”
Marte alzò le spalle. “Solo quando me lo chiede.” Poi prima di uscire le chiese, “Tu cosa fai invece?”
Hermione si sedette più composta sulla sedia e anche lei mise a posto i libri che aveva preso dalla biblioteca e gli appunti. “Andrò con Harry e Ron a Hogsmade.”
“Vai al Ballo d’Inverno stasera?”
Hermione annuì leggermente imbronciata e annuì. “Harry e Ron vogliono che li accompagni. Non ho ancora scelto l’abito.”
“Nemmeno io. Vai in paese per comprarlo?”
Annuì, anche se non era vero. L’abito ce l’aveva, era stato un regalo che sua madre le aveva fatto prima di partire per l’occasione, ma non poteva dirle che andava ad Hogsmade per organizzare una classe clandestina! Non aveva ancora avuto nemmeno il tempo di chiederle cosa sapesse della Stanza delle Necessità e di Voldemort, ma era stata occupata da altro.
“Allora ci vediamo stasera?”
“A stasera.”

Hermione, dopo essere andata a cambiarsi, incontrò Ron davanti al ritratto ad attenderla.
Si stupì di quanto il ragazzo le sembrò bello e in forma e di quanto fosse cambiato in quei mesi.
“Dov’è Harry?”
Ron le sorrise e la aiutò a infilare il cappotto. “Ci sta aspettando al campo di Quidditch, non ti ricordi? Sta finendo ora l’allenamento.”
Hermione aggrottò la fronte. “Ma non c’è l’allenamento dei Serpeverde?”
Ron negò con il capo e camminò lungo il corridoio per uscire dalla sala comune. “Di solito sì ma oggi, dopo di noi, il campo è stato prenotato dai Corvonero.”
Che Marte le avesse mentito? E per cosa poi?
Alzò le spalle e concluse che forse si era vergognata a dirle che andava in camera a divertirsi con Malfoy e non a vederlo giocare.
Presero le scale per giungere al portone principale, scesero fino al secondo piano ma poi dovettero attendere che la scala tornasse indietro.
“Che palle queste scale mobili, rendono tutto più scomodo.”
Hermione sorrise. “Nel mondo babbano le scale mobili rendono davvero tutto più comodo, ma non si muovono così tanto!”
“Stai spigando a Weasley qualcosa sul tuo patetico mondo babbano, Granger?”
Hermione si voltò velocemente e spalancò gli occhi appena vide Draco Malfoy e Theodore Nott camminare verso di loro.
Guardò alla sinistra del Serpeverde aspettandosi di vedere Marte al suo fianco ma non vide altro che uno spazio vuoto.
Non riuscì a connettere e la provocazione di Malfoy e la risposta di Ron le sfuggirono.
“Marte” sussurrò senza rendersene conto.
“Marte che cosa?” rispose il Serpeverde senza capire.
Hermione guardò il ragazzo negli occhi e capì che lui realmente non sapeva di cosa stava parlando né dove si trovasse Marte.
Abbassò lo sguardo e si allontanò dai tre ragazzi.
“Hermione? Cosa fai? Dobbiamo andare.” Le disse Ron.
Lei però era troppo concentrata e già persa nei suoi pensieri.
Marte aveva dei segreti con Draco, ma perché proprio con lui? Insomma, sapeva che l’amica non le confidava tutto, per questo era stata spinta a fare quella ricerca sulla sua discendenza, ma da sempre era convinta che almeno fra i due non ci fossero mai stati segreti.
Alzò lo sguardo dal pavimento e trovò su di sé gli occhi gelidi e argentati del Serpeverde.
La colpevolezza la assalì e gli voltò le spalle.
Subito capì di non poter spifferare i segreti dell’amica.
Anche perché non sapeva né di che segreto si trattasse né quanto fosse grave né tanto meno perché quello che faceva dovesse essere segreto. Se avesse buttato benzina sul fuoco Malfoy si sarebbe ingelosito subito e avrebbe pensato il peggio.
Marte le aveva ripetuto spesso quanto Draco fosse geloso e possessivo, sempre dicendolo con tono malizioso. Purtroppo lei aveva colto un messaggio diverso, che non aveva fatto altro che confermare il giudizio che aveva avuto del Serpeverde sino a quel momento: Malfoy era pericoloso, geloso e prepotente.
Inoltre l’ipotesi del tradimento era impossibile. Marte parlava del ragazzo sempre con una luce brillante negli occhi e gli sguardi che si scambiavano tutti i giorni valevano più di mille parole.
Aveva anche letto su un libro per coppie che, la maggior parte delle volte, gli amanti si lasciavano dopo aver fatto l’amore, e, per quanto ne sapeva, Marte e Malfoy non avevano ancora combinato nulla.
Arrossì al pensiero e si vergognò di quanto potesse diventare insensibile quando voleva.

Lasciò i ragazzi sulle scale e si diresse verso le scale che conducevano direttamente al quarto piano. Sentì Ron rincorrerla ma non si voltò e salì le scale a due alla volta.
“Hermione cosa fai? Dobbiamo andare!”
“Vai da Harry! Ci vediamo fra venti minuti!”

Arrivò al corridoio della torre ovest con il fiatone e provò a sentire se c’era qualcuno nelle vicinanze ma tutto intorno non vide un’anima.
Vide una porta e posò l’orecchio sulla parete per sentire cose avveniva all’interno.
Non sentì nulla per alcuni secondi, poi un tonfo seguito da un’imprecazione.
Aprì lievemente e sbirciò cercando di non farsi notare.
Gli occhi le si spalancarono davanti a quello che vide.
Marte era seduta nel centro della stanza a gambe incrociate, in una posizione che le ricordava tanto quelle di yoga, l’unica differenza era che attorno a lei tutti i mobili della stanza levitavano vorticosamente nell’aria, scontrandosi e sfiorandosi.
Poi la vide alzare una mano e indicare una vecchia scrivania.
Questa esplose in mille pezzi.
Poi si alzò in piedi, sempre mantenendo i mobili in movimento e si diresse verso l’enorme vetrata circolare che illuminava tutta la stanza.
Allargò le braccia e le spalle come se stesse prendendo un grosso respiro e anche la finestra si ruppe in mille schegge.
I pezzi di vetro presero a vorticare attorno al suo corpo, assecondando ogni suo movimento, senza mai tagliarla e in quell’attimo Hermione la vide veramente per com’era: una creatura avvolta dalla magia.
Improvvisamente in un gesto rapido e inatteso Marte la guardò, indicò la porta con entrambe le mani e le schegge si impiantarono nella porta, un istante dopo che lei la chiudesse e si spostasse dalla soglia.
Sentì ogni singolo pezzo conficcarsi nel legno e rabbrividì pensando a cosa sarebbe successo se invece della porta ci fosse stato il suo corpo.
“Entra Hermione. Non sta bene spiare.”
Aveva il respiro mozzato per lo spavento e sudore freddo gocciolava dalla sua fronte. Allungò la mano verso la maniglia e lentamente aumentò la stretta e l’aprì.
Entrò sotto lo sguardo fisso di Marte, fece pochi passi e la porta si chiuse alle sue spalle un colpo secco.
Poi sentì i pezzi di vetro tremare come su un lampadario di cristallo e staccarsi dalla porta. Hermione al sentirli muovere si abbassò e si accucciò per paura che potessero tagliarla, le schegge però non fecero altro che tornare al loro posto sulla finestra e ricomporre la vetrata.
Il gelo della stanza si fece improvvisamente più sopportabile e smise di storfinarsi le mani sulle braccia.
Alzò poi gli occhi e vide Marte offrirle la mano per alzarsi.
“Come hai fatto, Marte? Senza bacchetta!”
Le sorrise enigmatica. “Tempo al tempo Herm, aspetto ancora che tu mi dica cosa hai scoperto sulla mia famiglia.”
“Ben poco a dir la verità.” Rispose con respiro affannato. “ Ho trovato molte citazioni sparse su tuo padre, Angelo dei Veleni, pare fosse una pozionista assai abile e facesse parte di una famiglia purosangue della quale però non so il nome.”
Marte fece una smorfia e si sedette sul pavimento dispiaciuta.
“Ho scoperto però il nome di tua madre.”
La ragazza alzò lo sguardo ancora una volta, con una lieve speranza sul volto.
“Si chiamava Circe D’Hoile, era una donna molto bella e influente però con scarsi poteri magici. Purtroppo però non è mai nominata la nascita di un figlio.”
“Hai provato a partire dalla famiglia di mia madre?”
“Certo che sì, ma anche in quel caso le citazioni erano poche,” rispose annuendo vigorosamente.
Marte mise la testa fra le gambe, abbattuta e tutti i mobili caddero a terra con un tonfo.
Hermione si guardò intorno e vide mobili vecchi e rotti, una scrivania con pergamene, calamaio e una alta colonna di libri.
“è questo ciò che tieni nascosto a Malfoy, è questo il tuo segreto.” Andò a sedersi vicino all’amica e le posò una mano sulla spalla.
“Volevo parlarne a Draco dopo il ballo, appena fossi riuscita a riconquistare la dimestichezza e la fiducia nei miei poteri. Con la tua ricerca speravo di riuscire a capire il perché di ciò che sono e non solo rassegnarmi all’idea di essere così.”
“Così come?”
“Beh, tu hai assistito a ben poco di ciò che so fare, posso manipolare gli oggetti, farli muovere. I miei poteri sono molto utili in combattimento, o meglio, sono utili solo per quello, come mi ha fatto credere Lilium.”
“Tuo fratello? Ma chi era? Perché Voldemort lo ha ucciso?”
“Non so chi fosse mio fratello in realtà ma so che per un lungo periodo della sua vita è stato alleato di Voldemort e che per tutta la nostra vita insieme abbiamo vissuto con Tom.”
Hermione si staccò violentemente dall’amica e la guardò come se fosse un’estranea, “Hai vissuto con Voldemort? Come? Perché?Sei una Mangiamorte?”
Marte rise come aveva sempre fatto davanti alle domande a raffica di Hermione.  “Andiamo Herm! Tu hai un radar incorporato per i Mangiamorte, possibile che non ne hai avvistata una così vicina?” Scoprì il braccio sinistro e glielo mostrò.
“Pallida come un morto. Non è una novità.”
Hermione si alzò e iniziò a camminare nervosamente per la stanza. “Va bene, sei pulita, ma perché hai questi poteri? Perché hai vissuto con Voldemort? Perché sei qui ora?”
“Alla prima non so rispondere nemmeno io, non ho origini, ricordi?” rispose amaramente guardando fuori dalla finestra. “L’ultima invece è la più semplice: Silente mi ha convinto. Io avevo bisogno di protezione. Per sette mesi, dopo la morte di mio fratello, non ho fatto altro che vagare per l’Europa per nascondermi dai Mangiamorte, ero stanca, avevo bisogno di un rifugio protetto e cosa è meglio di Hogwarts?”
Hermione non la interruppe e rimase ad ascoltare con attenzione. “Silente invece aveva bisogno di informazioni sul Signore Oscuro, e io gliele ho offerte.”
“Ma scusa,” chiese con incertezza “Ora non ti starà cercando per vendicarsi? Prima stavi dalla sua parte, no? Lo hai tradito.”
Marte la guardò duramente ma la Grifondoro sembrò quasi non accorgersi del suo sguardo.
“Non sono mai stata dalla sua parte, non ero nemmeno cosciente di quello che stava succedendo. Comunque già prima che dicessi tutto a Silente mi stava rincorrendo, la situazione non è molto cambiata. “ poi un ghigno apparve sulle sue labbra “Ho già affrontato abbastanza Mangiamorte per sapere che non valgono nulla ma è Lui quello che temo.”
“Hai affrontato molti Mangiamorte? Dunque anche il padre di Malfoy!”
Marte rise leggermente e la guardò mentre si avvicinava alla finestra. “Certo che sì, chi non conosce il piccolo, stupido Lucius Malfoy?” le rivelò con ironia. “Spesso mi stupisco che Draco sia figlio suo. Lucius sembra così piccolo e insignificante davanti a lui, se Tom avesse Mangiamorte come Draco la guerra sarebbe molto più dura di così.” Affermò con una punta di orgoglio.
“Dunque è stato Silente a farti giurare di non dire nulla a nessuno.” ribadì la Grifondoro.
“Silente e il mio buon senso, in verità. Come potevo fidarmi di sconosciuti, Herm?
“Pensavo che almeno a Draco…”
Marte la interruppe subito. “ Anche Draco era un estraneo per me, inoltre cosa pensavi? Che non sapessi che era figlio dell’ex braccio destro di Voldemort? Pensavo avessi un’opinione più alta della mia intelligenza Herm!” Poi aggiunse con un sorriso che aveva ben poco di vero. “Diciamocelo, anche se non lo avessi saputo tu ti sei impegnata davvero molto per farmelo capire.”
“Però se non ti avessi scoperto l’avresti detto prima a Draco, vero?” affermò Hermione con un lieve fastidio nella voce.
“Herm, entrambi, sia tu che Draco, rappresentate il mio equilibrio ma se l’avessi detto prima a te non dire che non ti saresti confidata con Potter, sapendo quanto lui ci tenga ad essere sempre informato sul Signore Oscuro.”
Hermione non poté ribadire e incrociò le mani davanti al petto.
“E poi Draco è il mio ragazzo, è come se fosse la mia nuova famiglia, è il mio conforto e la mia vita, come avrei potuto metterlo al secondo posto?”
Hermione sembrò riflettere su quanto le era stato appena detto e riprese a camminare, arrivò alla scrivania e diede un’occhiata ai vari appunti.
“Tu non hai mai studiato per nessuna verifica, vero? Questi appunti risalgono ai tuoi primi giorni di scuola e non sono riguardo a nessuna materia che studiamo.”
“Lilium, da quando ci siamo incontrati tre anni fa mi ha insegnato tutto ciò che so, mi ha dato un’ottima istruzione, inoltre negli ultimi due anni sono sempre stata circondata da maghi che si sono divertiti a insegnarmi incantesimi di ogni genere, poi stava a me apprendere la vera lezione. Voldemort si è occupato di me pochi mesi dopo la sua rinascita, ho imparato molto anche da lui. Se Lilium mi ha dato le basi e mi ha insegnato a controllare i miei altri poteri, Tom mi ha dato la conoscenza della magia vera e propria.”
“Ne parli come se fosse stato un amico.”
“Difatti lo è stato.”
Hermione non poté credere a ciò che stava sentendo, era qualcosa di impossibile per lei.
“Poi però ha ucciso l’ultimo membro della mia famiglia in vita e i miei sentimenti per lui sono cambiati.”
“Lo odi?”
Marte rise sguaiatamente. “Il tuo pensiero è ancora fermo all’odio e all’amore, Hermione, ma c’è altro oltre questo duo invincibile. Esiste la compassione, la pena. Cosa puoi provare per un uomo che rinuncia al suo corpo e alla sua anima per il potere, che è una cosa così astratta.”
Marte appoggiò le mani sul vetro e guardò il suo riflesso. Questo rimase il suo per alcuni secondi, poi si trasformò in quello di Lilium e velocemente in quello di Draco, e ancora una volta si rese conto della loro effettiva somiglianza. Poi però i bei capelli di Draco sparirono e i suoi occhi argentei divennero rossi e il volto di Voldemort divenne il suo.
“Voldemort, come tutti i tiranni, ha già avuto la sua era e ha già preso il numero di vittime che gli sono state concesse. Questa sua rinascita, il suo continuo essere attaccato a questa non-vita, sono solo ritardi nella sua caduta e niente altro. Voldemort morirà di certo.” La sua voce divenne quasi un sibilo ma il silenzio della stanza fecero risuonare le sue parole con più severità e durezza di quanto fossero state pronunciate. “Come non si può provare pena per un morto che cammina?”
“Ma quanto ci vorrà ancora prima che ciò accada?”
“Non so fare previsione, purtroppo,” disse con le mani alzate, “Però so che Silente crede molto in Harry.”
“Tu conoscevi già il nome di Harry allora, perché mi hai mentito?”
“Sempre per la stessa identica ragione, Herm. Potter non è ancora pronto, ha tanta forza ma gli manca la calma necessaria e uno scopo che sia più alto di una semplice vendetta. Silente lo sa.”
Hermione si accasciò su una sedia e si massaggiò le tempie. “Perché nonostante il tuo racconto mi sembra tutto ancora così complicato e difficile?”
“Non è come una lezione di storia, Herm, è vita. Ed inoltre nemmeno io sono in grado di unire tutti i pezzi. Piuttosto, come hai fatto a trovarmi?”
Hermione la guardò, contenta che si tornasse ad un argomento più normale.
“Dobby, ieri sera”
“Ah, l’elfo.”
“Dice che gli hai letto la mente, in qualche modo, io sono venuta a capire cosa sapessi riguardo la stanza delle Necessità.”
Marte scosse la testa, muovendo l’enorme massa di capelli. “Potevi risparmiarti la salita, me ne ero già dimenticata. Perché vi interessa la Stanza delle Necessità?
“Prima dimmi cosa ci fai tu quassù.”
Andò nel centro della stanza circolare. “Questo è l’unico luogo in cui posso concentrarmi, è silenzioso, poco frequentato e lontano dal resto della scuola, insomma perfetto. Dovevo riprendere famigliarità con le mie capacità e di certo non avrei potuto mettermi a sbattere e distruggere cose in classe, ti pare? Voi invece?”
Hermione sospirò e si arrese a raccontarle tutto. “Stiamo organizzando dei ritrovi per insegnare difesa contro le arti oscure agli studenti.”
Marte si trattenne dal ridere e chiese. “Chi dovrebbe farvi lezione?”
“Harry.”
Marte cercò di mantenere un’espressione neutra ma il ghigno che tentava di trattenere appariva e spariva dal suo volto a intervalli.
“Harry può farlo, difesa contro le arti oscure è sempre stata la sua materia preferita ed inoltre per il Torneo Tremaghi dell’anno scorso si è dovuto preparare a lungo. Sa molti incantesimi ed è forte.”
La ragazza non rispose e ritornò alla finestra. “è per questo che ti stanno aspettando davanti al campo di Quidditcth?”
Hermione si avvicinò alla finestra accanto a lei e guardò nella stessa direzione. “Oggi dobbiamo andare ad Hogsmade per un incontro con gli studenti coinvolti. Vuoi venire?”
Si guardarono. “Ti fidi ancora di me?”
L’amica le sorrise debolmente. “Penso di sì, inoltre voglio che aiuti Harry.”
“Va bene, a patto che tu mantenga tutto segreto fino a domani, voglio che Draco sia il primo a saperlo.”
Hermione annuì “Inoltre potremmo andare a comprarti un abito insieme, se vuoi.”
Marte sorrise e le prese una mano. “Mi piacerebbe tantissimo, è da un po’ che non vado a fare shopping, tutti i vestiti che ho mi sono stati regalati da Silente.”
Hermione inarcò un sopracciglio assumendo un’espressione molto buffa e confusa. “Che strano, pensavo che le sue conoscenze in fatto di abiti si fermassero a pigiama da notte e pantofole.”
“è pieno di sorprese il vecchio.”
“Decisamente.”
Iniziarono ad incamminarsi verso le scale, chiusero la porta e Marte chiuse la maniglia con la bacchetta.
“Sbaglio o questa bacchetta è diversa da quella che hai usato nei primi tempi.”
“In effetti sì, quella di prima era di mio fratello, ma poi ho capito che legarsi ai ricordi non è mai bene.”

Harry e Ron si stupirono nel vedere arrivare Hermione in compagnia della Serpeverde.
La ragazza appena arrivata aveva giustificato il perché con una semplice frase. “Ho trovato un’altra allieva.”
Harry però si sentì leggermente a disagio. Aveva già notato che la ragazza aveva una grande prontezza di riflessi ed inoltre insegnare a qualcuno migliore di lui in tutte le materie lo metteva leggermente a disagio.
Con Hermione la storia era un’altra, anche perché era stata lei stessa a convincerlo a fare da insegnante.
Comunque Marte aveva un aspetto decisamente innocuo quella mattina, nessun ghigno serpentesco, nessuno sguardo pericoloso, teneva le mani nelle tasche del giaccone e indossava un cappello alla gangster. Niente di strano.
“Marte viene con noi per il gruppo ma dopo però andremo a cercarle un abito per stasera, senza di voi, naturalmente.” Spiegò Hermione con un sorriso angelico.
I due annuirono e così s’incamminarono per il sentiero, con la neve che arrivava all’altezza del polpaccio.
Marte durante il tragitto ascoltò attentamente i discorsi dei tre Grifondoro e si accorse che non erano molto diversi da quelli che facevano Draco, Theo e lei.
Anche i tre Grifondoro si stuzzicavano, parlavano di Quidditch, Hermione li sgridava perché andavano male a scuola, Ron parlava di suo fratello Charlie che stava in Romania e Harry, invece, accennava ad alcuni incantesimi che aveva messo in programma però con poca attenzione.
I suoi pensieri mutavano da tremendamente dolci, quando realizzava che Cho sarebbe stata presente alla riunione, a lontani, quando davanti agli occhi gli apparivano le immagini dei suoi genitori,ed infine si tramutavano in ricordi dolorosi e colmi di paura, quando gli veniva in mente Voldemort, la sua risata e la sua bramosia di potere.
In quei brevi attimi diventava più determinato, più uomo, sorgeva dentro di lui una forza nascosta e invisibile ma anche la consapevolezza profonda di essere l’unico a poterlo uccidere.
Harry si voltò improvvisamente verso di lei e mantenne il contatto visivo per alcuni secondi, prima di tornare a dare retta a Ron che aveva esultato allegramente per aver finalmente avvistato il villaggio.
I pensieri del ragazzo su di lei erano fondati su una grande curiosità e attrazione fisica.
Ricordò il suo primo giorno di scuola, quando aveva incrociato il suo sguardo e aveva pensato a quanto fosse attraente e atletico.
Forse, se non fosse finita fra i Serpeverde ma tra i Grifondoro, o in una qualsiasi altra casa, ora starebbe prendendo lui per mano e bacerebbe lui tutte le sere prima di andare a dormire.
Pensò all’eventualità mentre osservava il paesaggio attorno a lei mutare.
Avevano percorso un lungo pezzo di strada immerso nella neve e circondato da una fitta boscaglia, ora che si stavano avvicinando al villaggio lo scenario stava cambiando radicalmente, le luci natalizie illuminavano festosamente le strade del paese e l’ingresso, gli alberi si erano fatti più radi, meno imponenti e la neve diminuiva gradualmente mano a mano che si avvicinavano.
Fissò gli occhi sulle sue spalle e capì che in ogni caso si sarebbe innamorata di Draco.
Nonostante il saluto scostante e antipatico con cui il Serpeverde l’aveva accolta, sin dal secondo successivo fra di loro era scoccata la scintilla, si erano sentiti subito attratti l’uno dall’altra e Harry era passato inevitabilmente in secondo piano.
Anche se non poteva ignorare che Harry avesse su di lei un qualche effetto, era Draco quello che voleva abbracciare durante la notte ed era Draco a tenere il suo cuore in scacco tutti i giorni.
Tra i due non c’era dubbio su chi avrebbe scelto.
Harry era bello e valoroso ma il Serpeverde, oltre a queste qualità, aveva eleganza, era intelligente e profondo, e aveva un carattere di ferro.
Entrambi, a quanto aveva capito, avevano affrontato un’infanzia difficile anche se in modi diversi.
Harry aveva fronteggiato la morte dei suoi genitori ed era stato costretto a vivere in un mondo babbano senza sapere di essere un mago, come lei.
Draco, invece, era vissuto per tutta la sua vita a stretto contatto con una realtà pericolosa e, anche se i suoi genitori erano tuttora in vita, non aveva ricevuto il loro amore come magari l’avrebbe potuto ricevere Harry se i suoi genitori non fossero stati uccisi.
Draco aveva sempre vissuto ogni giorno avvolto da tensione e paura e per resistere ad un clima simile bisognava possedere una grande forza di volontà. Anche lei si era trovata nella medesima situazione nei due anni precedenti al suo arrivo a Hogwarts: la vita con i Mangiamorte, con Voldemort, era sempre avvolta da una fitta nebbia che non ti permetteva di vedere le numerose mine sulle quali potevi inciampare.
I principi di Harry erano più puri di quelli di Draco, il suo unico obiettivo era di difendere le persone che amava e vendicare la morte dei genitori ma Marte si ritrovava più a suo agio con Draco che, al contrario di Harry, viveva con più calma e non sprecava nessuna occasione.
La scuola, ad esempio; Draco la odiava ma, anche se non glielo aveva mai confidato, sapeva che, un suo desiderio, che tentava con tutte le sue forze di nascondere pure a se stesso, era quello di scappare da suo padre appena finita la scuola, scappare da un destino che lo dipingeva già come un nuovo Mangiamorte.
Marte era particolarmente contenta di ciò, anche perché aveva già deciso di dissuaderlo con ogni mezzo nel caso Draco avesse deciso di seguire le orme di suo padre.
Per strapparlo da quel giro vizioso l’avrebbe anche ucciso se necessario, e poi sarebbe morta di dolore.

Entrarono finalmente nel villaggio e a quel punto le fu impossibile continuare con i suoi pensieri nefasti. Le vetrine erano tutte riccamente addobbate a festa. In giro vide molti dei suoi compagni di scuola fare compere per la festa di quella sera, solo loro quattro camminavano senza nessun pacco in mano.
S’incantò a guardare un abito in una vetrina quando sentì Hermione toccarle la spalla e farle segno in direzione di una stradina secondaria che si diramava lontana da quella principale.
Mano a mano che si allontanavano dal paese le grida, le risate e le luci sparirono gradualmente.
Giunsero a un locale fuori mano, la Testa di Porco, sulla porta era appesa una decorazione striminzita del secolo precedente. Una renna della slitta aveva pure perso un occhio, che non la smetteva di penzolare su e giù per il vento, facendo sembrare l’addobbo più adatto a Halloween che a Natale.
Entrarono e, poiché Hermione si era già accordata con il proprietario, sistemarono le sedie in cerchio. Se non avesse voluto tenere i suoi poteri segreti avrebbe sistemato tutto in pochi secondi, invece impiegarono mezz’ora per dare alla sala un aspetto più accogliente.
Dopo cinque minuti giunsero i primi studenti.

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Capitolo 15
*** 15. ***


15° B.F.T
Quindici.
 





M
arte non si era minimamente aspettata che così tanta gente si sarebbe fatta avanti alla riunione.

Aveva contato sulla presenza di quattro gatti Grifondoro ma, evidentemente, si era fatta influenzare troppo dal giudizio che Draco aveva di loro, e non aveva calcolato la loro grande capacità di persuasione.
C’erano una decina di studenti, tra Corvonero e Tassorosso ma i Grifondoro erano in maggioranza. Dopotutto, erano o non erano i ‘coraggiosi'? Chi tra loro avrebbe resistito al brivido di farla sotto il naso della Umbrige?
Naturalmente era l’unica Serpeverde ma non si meravigliò, loro erano i ‘viscidi’ della situazione, no?
Appena qualcuno si accorgeva di lei si avvicinava all’orecchio del vicino e bisbigliava parole che non aveva bisogno di leggere nel pensiero per capire cosa riguardassero.
Tuttavia non si sentì minimamente fuori posto, un po’ per la presenza di Hermione che ogni tanto si voltava verso di lei per sorriderle, probabilmente avendo capito la situazione, in parte perché era una Serpeverde e le serpi amavano stare al centro dell’attenzione, così anche lei.
Appena tutti si furono zittiti, tutti leggermente intimoriti da lei, perché, si sapeva, i Serpeverde erano anche gli ‘spioni’ e nessuno poteva rischiare di essere scoperto.
Hermione si alzò e spiegò la situazione.
Marte notò che tutti pendevano dalle sue labbra e rimase colpita dalla bravura dell’amica nei discorsi, non perdeva mai il contatto visivo con i presenti e gestualizzando non perdeva di incisività, come spesso accade, ma conferiva al discorso una nota combattiva e speranzosa.
“Finalmente impareremo Difesa delle Arti Oscure come si deve, non ci sentiremo più impreparati e acquisiremo sicurezza.” affermò accompagnando le parole con un gesto imperioso della mano.
Poi abbassò il tono di voce e guardò a terra. “Non so voi, ma io non credo a ciò che scrivono i giornali in questi giorni. Mi sento insicura e tutti noi abbiamo potuto constatare che anche la Umbrige non fa altro che riempirci la testa di menzogne.”
‘Tutto calcolato’ pensò lei. Hermione era una bravissima attrice.
Diede un’occhiata a Harry per vedere quale fosse la sua espressione davanti al discorso appassionato di Hermione, discorso che avrebbe dovuto tenere lui in verità.
Vide che aveva lo sguardo rivolto verso la folla. In un primo momento pensò che stesse tranquillizzando uno studente un po’ nervoso, dicendogli che lui ci avrebbe messo tutto se stesso, così seguì con gli occhi la stessa direzione e, sorpresa delle sorprese, stava tranquillizzando qualcuno ma non con l’intento che aveva in mente lei.
Chi poteva esserci all’altro capo del telefono se non Miss Chang, tutta bella infagottata, con le guancie rosse e lo sguardo adorante, rivolto esclusivamente al suo cavaliere senza macchia e senza paura?
Si infastidì leggermente per questa scoperta. Insomma, Hermione ci stava mettendo l’anima e lui, invece di ascoltare, perdeva il suo tempo a inviare telepaticamente i suoi ormoni?
Alla fine gli studenti non premiarono il discorso di Hermione con un applauso, ma sull’espressione di tutti si aprì un sorriso speranzoso e convinto al cento per cento di ciò che stavano per fare.
Hermione ricambiò il sorriso e chiese “Allora, ci stiamo tutti?”
Prima che tutti esultassero con un boato di assensi Marte interruppe l’idillio e si rivolse a Harry.
“ Io prima di dare il sì definitivo vorrei sentire qualche parola provenire dal mio futuro insegnante, il suo silenzio mi lascia un po’ delusa a dir la verità, speravo in una partecipazione più attiva.”
Meccanicamente le teste dei presenti si mossero di trenta gradi a destra, ad osservare Harry, che, cosciente di avere tutta l’attenzione su di sé prima arrossì leggermente e poi dissimulò l’imbarazzo con finto starnuto.
 “Beh, tutto ciò che penso è stato dettagliatamente spiegato da Hermione, non credo ci sia bisogno di altri chiarimenti.”
Marte gli sorrise con una finta dolcezza, piegando il collo verso sinistra. “Infatti io non ho chiesto spiegazioni, volevo solo conoscere il mio insegnante, il suo pensiero, insomma. Qual è il tuo obiettivo?”
Lo sguardo che Harry le rivolse al principio non fu lontanamente amichevole ma poi sembrò che, sopraggiunta l’illuminazione, i suoi lineamenti si addolcissero diventando seri e decisi mano a mano che il discorso proseguiva. Fu sufficientemente convincente e, pronunciando anche solo il nome Voldemort, diede ai presenti la sicurezza che avevano bisogno di sentire.
Un nome è la persona, e sapere che Harry potesse pronunciare il nome Voldemort con una tale facilità convinse tutti di avere un capo con la testa sulle spalle, uno tosto, forte e coraggioso.
Harry aveva passato l’esame.

“Perché l’hai fatto? E dire che ti ho raccontato spesso della spiccata capacità di dialogo di Harry!”
“Eddai Herm! Non mi vorrai fare la predica? So che il nostro Cavaliere qui è un po' timido ma non sarebbe stato sufficiente se fossi stata solo tu a parlare. Per quanto bello sia stato il discorso tutta quella gente é venuta perché spinta dalla novità di avere il Bambino Sopravvissuto come insegnante. Anche lui doveva intervenire!”
Hermione si rabbuiò, prese a braccetto la ragazza e domandò preoccupata, “Perciò non ti sembra che abbia fatto una mega figuraccia?”
“Assolutamente no!” garantì ridendo. “Tutt’altro, si è risollevato molto bene e, non so se hai notato, alla fine in molti si sono spintonati per firmare e essere in cima alla lista!”
Hermione incominciò a saltare e spinse Marte a fare lo stesso, urlando, a suo parere, come una suilibrata, finché non tornarono alla via principale di Hogsmade.
Iniziarono a girare per negozi, additando qualcosa ad ogni vetrina. Dopo una mezz’ora non avevano ancora comprato nulla però si erano caricate di due sacchetti ognuna ricolmi di dolci, caramelle e cioccolato.
“Ho paura che quando proverò il vestito dovrò prenderlo di due taglie più grande!”
Hermione sbuffò e le fece un pizzicotto alla pancia. “Non fare la finta tonta! Sei in formissima! Sarò io quella che non entrerà più nell’abito!”
Fecero sosta su di una panchina e mangiarono tutti i dolci che avevano comprato discutendo delle compere da fare.
“Perché non andiamo a prendere l’abito che stavi guardando prima?” propose Hermione leccandosi avidamente le dita impiastricciate di glassa.
“Non so, forse era troppo elegante.”
Hermione si alzò, butto i tovaglioli sporchi che avevano usato e tornò a prenderla, afferrandole la mano. “Secondo me invece lo devi proprio provare!”

Marte venne trascinata al negozio con la forza e spinta immediatamente dentro il camerino dall’esuberanza dell’amica che, probabilmente, aveva ecceduto nel mangiare i pasticcini al liquore.
L’abito era bellissimo, nero, morbido davanti e con una scollatura esagerata dietro, che le scopriva tutta la schiena, le spalle e il bacino.
Appena uscita dal camerino si stupì di come le cadesse bene ma appena si voltava e vedeva l’enorme scollatura si imbarazzava oltre ogni dire.
Chiese alla commessa se non fosse possibile diminuirla leggermente ma questa, sbuffando, si era rifiutata categoricamente di accorciarla, sostenendo che ogni modifica avrebbe rovinato la bellezza dell’abito. Hermione, naturalmente, le diede ragione, ripetendole di fare una giravolta per osservarla con occhi trasognati.
“Mi si vede quasi il sedere Hermione!”
“Non è assolutamente vero!” ribadì. “La tua pelle e questo nero sembrano fatti per stare insieme.”
“Ma mi sento scoperta, sia dietro che davanti!”
Hermione fece un veloce gesto con la mano come per dirle di finirla. “La scollatura davanti è perfetta e quella dietro ti fa sexy, non vuoi essere bella per la tua serpe?” chiese maliziosamente facendole l’occhiolino.
Marte sentì le guancie andarle a fuoco e decise di fare un altro giro per vedersi bene allo specchio.
“L’unica cosa che mi dispiace è che si vedano tutte quelle cicatrici.”
Hermione si avvicinò è le sfiorò la schiena.
“Poi mi racconterai come è successo ora però penso di aver già trovato la soluzione, una bellissima soluzione.” La guardò con occhi talmente sottili e luccicanti che le sentì un brivido dove lei la stava toccando.
“Sarebbe?” chiese, temendo la risposta.
“Semplice,” rispose sorridendo, “la tua schiena sarà un gioiello!”

“Come al solito Hermione ci ha piantato da soli a scegliere un maledetto vestito! Quanto odio fare shopping!”
“Non ti lamentare Ron.” sbuffò Harry. “Grazie a Dio Madame McClan conosce le nostre misure e i nostri gusti, altrimenti saremmo ancora là a provare e riprovare.”
“Sono più sudato ora che dopo una partita di Quidditch.”
“Non me lo dire.”
“Cosa facciamo?”  chiese Ron spostando il sacchetto con l’abito nuovo sulla schiena.
“Io direi di andare a bere qualcosa e poi di tornare al castello, sinceramente questo gelo mi blocca le meningi.”
Ron sorrise e gli diede una spallata. “Ma non erano in piena attività mentre guardavi una certa signorina alla Testa di Porco poco fa?”
Harry lo guardo mestamente. “Se ne sono accorti tutti vero?”
“Direi di sì, mio caro, e Marte è stata la ciliegina sulla torta.”
Harry alzò le spalle “Comunque non erano poi tanto le mie meningi quelle in movimento.”
Ron scoppiò a ridere ed insieme si avviarono verso Madama Rosmerta.
“Ti piace proprio vero?” gli chiese mentre passavano di fronte ad un nuovo negozio.
“Non so, è molto carina, tenera, delicata però…che posto è questo?”
Entrambi guardarono la vetrina nera e vuota del nuovo negozio con curiosità.
“La vetrina dice gioielli, ma non c’è nulla di esposto. Penso che sia quel negozio nuovo di cui mi ha parlato Lavanda qualche giorno fa.”
“Cosa si fa dentro?”
“Sinceramente non me ne ricordo.” Rispose alzando le spalle.
La vetrina era coperta da una grossa e pesante tenda nera, dalla quale si poteva intravedere l’interno solo da uno spiraglio sottile.
Harry si avvicinò incuriosito alla vetrina e cercò di mettersi nella posizione migliore per sbirciare all’interno.
“Cosa fai, Harry’”
“E se fosse un negozio tipo Magie Sinister?”
“Non credo proprio,” rispose scuotendo la testa davanti alla fissa dell’amico. “Non se si trova nella via principale e soprattutto non se è frequentato dal cinquanta per cento delle ragazze di Hogwarts.”
Harry stava già dando un’occhiata all’interno quando esclamò. “C’è Hermione qui dentro!”
Ron accorse immediatamente e si arrampicò sul vetro per osservare meglio.
Le figure all’interno erano confuse però abbastanza distinguibili.
Due erano sempre in movimento mentre la terza stava ferma in piedi aggrappata fermamente ad una sbarra di ferro con le mani, in modo che la schiena fosse tesa e dritta.
Hermione, che era andata avanti e indietro fino a quel momento, si fermò davanti alla persona in piedi e coprì con le proprie mani le sue.
Harry aguzzò la vista e premette il naso contro il vetro per distinguere il viso della persona con cui Hermione stava parlando.
Il viso dell’amica era l’unico riconoscibile perché illuminato da un sottile cono di luce, dell’altra invece si distinguevano solo una folta massa di capelli e la schiena scoperta.
Una terza persona giunse alle spalle e, dopo aver scambiato un’occhiata con Hermione estrasse la bacchetta e la punto contro la schiena.
“Cosa diavolo sta facendo Hermione?”
“Harry? Non sembra anche a te che sia Marte quella di fronte ad Herm?” lo interruppe Ron con un evidente tentativo di chiarire.
Harry sforzò la vista ancor di più e, appena la figura si mosse, e i capelli si spostarono dal viso, riconobbe i lineamenti sfocati della ragazza.
“Hai ragione! Ma perché quel tipo gli sta puntando la bacchetta contro?”

Intanto Marte stringeva convulsamente alla sbarra di ferro e Hermione, che sembrava stesse subendo qualcosa anche lei, ad ogni spasmo dell’amica rispondeva con una forte stretta di mano.
“Quanto manca, Herm?” chiese con tono implorante.
Hermione diede un’occhiata alle sue spalle e rispose con un gemito.
“Non si preoccupi, signorina, alla fine sarà molto soddisfatta.” Rispose l’uomo che stava armeggiando con una matita molto appuntita sulla sua schiena. “Il disegno è la parte più dolorosa, poi con la bacchetta ci vorrà un minuto.”
“Lo spero.” Risposero le due ragazze all’unisono con tono incerto e dolorante.
L’uomo rise e continuò con il suo lavoro.
“Parlami, Herm, prima che cambi idea e me ne vada.” La incitò Marte digrignando i denti.
Hermione le rivolse una risata poco convinta e provò a consolarla.
“Sarai bellissima! Pensa a questo!”
“Magra consolazione!”
La ragazza sbuffò, sforzandosi di trovare un argomento.
“Ora passo alla bacchetta, e mi devo mettere delle cuffie, se ha bisogno di qualcosa o vuole che mi fermi mi faccia un gesto, va bene?”
Marte rispose scuotendo la testa.
Hermione allora ne approfittò e le sussurrò. “Perché non mi parli di te?”
Marte abbassò lo sguardo e si concentrò per alcuni secondi sul tocco della bacchetta dell’uomo che si era spostata a sinistra sulla scapola. Un tocco delicato, che spingeva quasi al sonno.
“Conobbi Lilium quando avevo dodici anni. Allora vivevo ancora con la famiglia babbana alla quale ero stata affidata. Ho vissuto con quelli che credevo i miei genitori naturali sin da quando posso ricordare ma non so come ci sia finita.
Mi disse di essere mio fratello mesi dopo che lo incontrai, lui si era presentato a me come un normale studente, niente di più, perciò quella scoperta fu una novità per la mia vita.
Mi stava cercando da anni, mi disse, i nostri veri genitori non gli avevano svelato il luogo in cui mi avevano nascosta e così da quando loro erano morti non aveva fatto altro che viaggiare per trovarmi. Mi aveva scoperta per un colpo di fortuna.
I miei poteri si erano manifestati a dieci anni, accidentalmente, ma solo in quel periodo ero riuscita a controllarli e a usarli correttamente a mio piacere, così avevo iniziato ad adoperarli a scuola, per vendicarmi di una compagna di classe troppo antipatica, per divertirmi, per mostrarmi.
Lilium percepì la fonte di energia che stavo utilizzando e mi trovò.
Tutto dal suo arrivo non fu più lo stesso.
Tutta la monotonia, tutto quel malessere che provavo, sparì appena lui mi disse di essere mio fratello. Con la sua venuta davanti a me sia aprirono le porte di un nuovo mondo, un mondo bellissimo.”

Alzò gli occhi dal pavimento e guardò finalmente Hermione negli occhi con espressione indecifrabile, un misto fra sollievo e dolore.
“Anche tu puoi capire, hai provata la mia stessa identica sensazione quando hai ricevuto la lettera per Hogwarts.”
Hermione annuì. “Sì, è vero.”
“Mi iniziò sin da subito alla magia e, naturalmente, ne rimasi affascinata e lessi ogni singolo libro che mi diede.”
Rise leggermente e l’uomo, immediatamente, la prese per i fianchi per rimetterla nella posizione iniziale, scoprendole maggiormente la schiena fino ad intravedere la linea delle natiche.
Marte fece una smorfia infastidita ma si costrinse a non muoversi.
“Sembrerà ridicolo ma mi sono accorta del valore di ciò che so, soltanto ora che sono arrivata ad Hogwarts.” Riattaccò il discorso dopo brevi attimi di silenzio. “Mi ha insegnato magie che voi quest’anno non apprenderete nemmeno, che nemmeno immaginate e che forse non conoscerete mai.”
Alzò lo sguardo e sorrise alla ragazza, che intanto aveva allentato la presa confortante sulle sue mani e si era allontanata, lievemente intimorita dal suo tono di voce.
“E sai perché ha fatto questo?” le pose la domanda come indovinello.
Hermione scosse la testa impercettibilmente, tanto era paralizzata dalla tensione.
“Perché?” sussurrò
“Perché voleva che fossi degna davanti a Lord Voldemort e migliore dei suoi Mangiamorte.”

Harry e Ron si erano staccati in fretta dalla vetrina non appena l’uomo aveva scoperto maggiormente la schiena di Marte e, dopo essersi guardati leggermente imbarazzati, avevano lasciato il negozio con una particolare attenzione a non farsi notare minimamente.
Sarebbe stato spiacevole se Herm e Marte si fossero accorte di essere spiate.
Si incamminarono velocemente per la strada principale, passando davanti a Madama Rosmerta e uscendo subito dal villaggio, senza fermarsi, finché non giunsero a uno dei ponti che conduceva alla scuola.
“Miseriaccia.” esordì Ron con tono sommesso. “Certo che ha una bella schiena.”
Harry annuì tremando tutto sudato. “Decisamente.” Si voltò verso Ron e lo fece voltare verso di sé per le spalle. “Senti, se ce ne dimentichiamo è meglio, non è la prima volta che vediamo un fondo schiena, o sbaglio?”
Ron annuì titubante. “Non so te, Harry, ma per me era la prima volta!”
Harry sorrise e si accorse che l’amico non aveva notato nulla di strano.
Non aveva visto l’espressione di Hermione cambiare e divenire sempre più scura e confusa mentre Marte le parlava. Aveva fatto di tutto per capire l’argomento della discussione ma non era mai stato in grado di leggere le labbra e non conosceva nessun incantesimo utile.
Aveva capito che, qualsiasi cosa le due ragazze si stessero dicendo, non sarebbe stato il caso di farsi trovare con il viso premuto contro il vetro. Avrebbero davvero pensato che le stavano spiando, e Harry non voleva perdere la fiducia di Hermione, né far perdere all’amica l’amicizia di Marte, alla quale sapeva lei tenesse fortemente.

“Tuo fratello era un Mangiamorte?”
“No, no che non lo era!” assicurò scuotendo la testa con fermezza.
L’uomo la fermò la testa duramente e riprese il suo lavoro.
“Lilium aveva fatto un accordo con Voldemort che riguardava me ma alla fine vi ha rinunciato perché…” 'perché si è innamorato di me', avrebbe voluto dire ma si trattenne, abbassò lo sguardo e non concluse la frase.
Si erano innamorati fino alla follia ‘ Un fratello e una sorella, che cosa sporca ’ pensò.
Lilium era inizialmente venuto a cercarla per vedetta, verso i suoi genitori, e aveva programmato di vendere lei, il suo potere e i suoi servizi a Voldemort.
Tuttavia non aveva calcolato l’impossibile, ciò amare una sorella più del consentito.
Quando aveva iniziato a sentire per lui dei sentimenti diversi si era sentita fuori posto e sbagliata.
Non era una cosa normale guardare il proprio fratello in quel modo, con il cuore che andava a mille e l’eccitazione che saliva.
Inizialmente l’aveva fatto discretamente, presa dalla vergogna e dall’indecenza dei suoi gesti, che le sembrava avessero sempre qualcosa di putrido. Non riusciva più a parlargli, a guardarlo negli occhi, a sfiorarlo senza sentirsi colpevole. Così lo faceva di nascosto.
Una volta, ricordò, era entrata in camera sua mentre il ragazzo dormiva per poterlo osservare. Lilium era sempre stanchissimo in quel periodo, per cui dormiva profondamente.
L’aveva osservato per tutta la notte facendo attenzione che nemmeno il suo respiro potesse disturbarlo.
Un giorno, uno dei giorni più belli della sua vita, aveva beccato Lilium osservarla di nascosto e, nonostante avesse abbassato lo sguardo immediatamente, dentro si era sentita libera e piena di speranza.
Le lezioni andavano avanti normalmente ma ogni volta c’era in lui qualcosa di diverso, talvolta era arrabbiato e scontroso, altre invece la ricopriva di attenzioni.
Marte sentì la fronte di Hermione appoggiarsi alla sua e la freschezza di quel contatto la fece sospirare di sollievo.
“ Finiamola con questi pensieri cattivi, Marte. Non ti chiederò più nulla, mi fido di te, e voglio che oggi sia una bellissima giornata. Siamo riusciti a fare la classe di Difesa contro le Arti oscure! Cosa si può volere di più?”
Sul viso di Marte comparve un sorriso forzato e annuì.
“ A che punto è?”
Hermione si spostò per andare a vedere e quando tornò guardò l’amica con un sorriso sfavillante.
“Manca poco! Ti piacerà molto.”
“Spero che piaccia anche a lui, di solito non ama che io sia coperta con qualcosa, non vorrebbe nemmeno che mettessi un profumo!”
Hermione arrossì e abbassò lo sguardo.
“Cosa ho detto di tanto imbarazzante?”
La ragazza negò senza però incrociare il suo sguardo. “Non devi essere timida in queste cose Herm, prima o poi capita a tutte.”
“La tua schiena è una gemma.” Proseguì sviando l’argomento.
Marte sorrise in risposta e fece un cenno all’uomo che si fermò subito e si tolse le cuffie dalle orecchie.
“Senta, è possibile farlo nero?”
Lui alzò un sopracciglio. “Va bene” assentì, “Ma proprio tutto?”
Ci pensò un po’ e rispose. “L'occhio d'argento, va bene.”

Draco Malfoy era sdraiato sul letto della sua camera, l’abito che avrebbe indossato quella sera era adagiato su una sedia, gli anelli li aveva sfilati e poggiati sul comodino.
Era lì sdraiato da ore, aspettando di sentirla tornare, ma non aveva udito alcun suono provenire dalla sala comune.
Pansy e Gioia da ore si erano ritirate nella loro stanza per prepararsi, stessa cosa aveva fatto Blaise, che fra tutti gli amici che aveva era di sicuro il più schizzinoso.
Nott era rimasto con lui fino a qualche secondo prima ma poi aveva deciso di andare anche lui a cambiarsi, con la promessa che l’avrebbe avvisato se fosse tornata.
“Non ci contare, però,” l’aveva avvertito. “ Probabilmente è andata a prepararsi con la mezzosangue e vi vedrete al ballo. Lo sai che porta sfortuna vedere la sposa prima delle nozze.”
Malfoy l’aveva silurato con lo sguardo mentre il Serpeverde usciva dalla sua camera con un ghigno compiaciuto stampato sulla faccia.
Per tutto il pomeriggio, da quando avevano incontrato la mezzosangue e lo sfigato sulle scale, era rimasto in pena. L’aveva cercata per tutto il castello finché non aveva scoperto che era stata vista sulla strada per Hogsmade con la combriccola di Potter. Probabilmente stava andando a comprare l’abito per il ballo.
Si era offerto di regalarglielo, aveva già in mente che cosa farle indossare per renderla bellissima, una sua fantasia personale, però lei l’aveva convinto che non avrebbe avuto senso e che aveva intenzione di fargli una sorpresa. E Draco Malfoy non rifiutava mai un regalo.
Non vedeva l’ora che arrivasse la notte, non poteva trattenere la voglia che aveva di stare solo con lei, di stringerla e di legarla a sé.
La mancanza che sentiva era inoltre accentuata dal distacco provato nell’ultima settimana.
Ogni sera, Marte si spogliava, lo baciava e si addormentava velocemente fra le sue braccia.
Non era minimamente riuscito a spiegarsi il motivo di questa sua stanchezza: non poteva essere lo studio, poiché a scuola il suo impegno era minimo, e causa non poteva nemmeno essere un bisticcio con la mezzosangue, visto che quelle due andavano a braccetto per qualsiasi cosa.
Aveva iniziato a soffrire di nostalgia tutte le volte in cui pensava a quella sera davanti al fuoco, quando per poco non avevano fatto l’amore e quando aveva dormito con lui mezza nuda, pelle contro pelle.

Marte pensava che non non avesse capito il motivo per cui si vestiva a strati per venire a dormire con lui. Aveva avvertito il suo timore e, come sempre, poiché gli piaceva approfittare dell’effetto che aveva su di lei, non aveva atteso per stuzzicarla un po’.
Sembrava passata un’eternità da quando le aveva dato un bacio decente.

Una sera, erano già sdraiati e Marte, quella
tornata ai pantaloni e alle magliette, lo aveva baciato e aveva appoggiato il capo sul suo petto.
“Sei stanca?”
Marte aveva risposto con un sospiro e un mormorio, sorridendo assonnata“Sai tutto di me, signor Malfoy, ma mai quando ho sonno.”
“Ti vedo sempre un po' debole, ultimamente.”
Lei, sollevandosi sulle braccia, aveva strofinato il viso sul suo petto, chiaro invito per essere toccata. “Sarà la scuola.” aveva risposto mentre lui la accarezzava.
Draco, alzando un sopracciglio, poco convinto, espresse il suo scetticismo al quale lei rispose con una risata.
“Ti posso baciare mentre dormi?” le aveva domandato dopo alcuni secondi di silenzio.
Il petto della ragazza si era mosso come per ridere nuovamente, ma dalla sua bocca non era uscito nulla. Anzi, aveva socchiuso gli occhi e lo aveva guardato con dolcezza, si era sollevata e aveva accarezzato le sue labbra con un dito prima di baciarle delicatamente, sistemandosi nuovamente sotto le coperte.
“Se vuoi puoi, io non te lo impedisco. Però se è un bel bacio prima svegliami.”
“Vuoi dire che i miei baci non sono sempre fantastici?” l’aveva punzecchiata lui.
“Va bene,” si era corretta. “Se è un bacio che richiede anche il mio aiuto, svegliami.”
Draco aveva scosso la testa, incredulo, e aveva pensato di approfittarne ma, tornato a guardarla, il suo viso era già rilassato e addormentato e la sua vena vendicatrice si era immediatamente ammorbidita.

Lui le aveva posto quella domanda solo per farle capire quanto avesse bisogno della sua attenzione, Marte sapeva perfettamente quanto lui non amasse dare baci alle donne quando queste non potevano sentirlo, era frustrante. Le favole non facevano per lui.
Per lei però si era pure abbassato a pregare per un bacio o per una carezza. Ed ora non vedeva l’ora di stringerla a sé.
Si alzò, stufo di non far niente, guardò per l’ultima volta l’abito che aveva deciso di indossare e iniziò a vestirsi. Indossò la camicia ma poi tornò subito a letto annoiato.
Qualcuno bussò alla porta e Nott entrò in camera sua, già pronto.
L’amico lo guardò ancora sorridendo furbescamente. “Pensavi fossi lei?”
Draco negò con il capo. “Lei è l’unica che non bussa per entrare.”affermò, infilandosi i pantaloni.
“Vuoi dire che non è obbligata o che è il suo carattere?”
“Non deve proprio.” rispose Draco sorridendo. Dunque si alzò e riprese a vestirsi con più entusiasmo.
“Le hai dato la chiave del tuo letto?”lo prese in giro e continuò con tono divertito. “Di solito avviene il contrario Draco, non sono le donne a darti entrata libera al loro?”
Draco intanto aveva indossato due anelli, uno d’argento da pollice e quello di famiglia, che aveva un’enorme pietra nera incastonata tra due brillanti.
“Di solito, ma questa volta il suo letto è anche il mio. E, in ogni caso, per quante volte io possa averle fatto quest’offerta, lei non l’ha ancora colta.”
“È in gamba! E nella Casa sono tutte un po’ invidiose, Draco.”Poi ripeté con voce stridula “Dov’è il mio Dracuccio? Perché non è qui?”
“Ma smettila!” gli ordinò.
“è una cosa semplicemente patetica, inoltre pare che Blaise stia perdendo fiducia in se stesso. Dice che è tutta una tua tattica per acchiappare più Europee.” aggiunse, scambiando con lui un’occhiata eloquente.
Draco inizialmente sorrise, poi però i lineamenti del suo viso si fecero sempre più seri, finché la sua espressione non fu di assoluta serietà. Si voltò verso il muro, fingendo di sistemarsi il colletto.
“Le ho detto che l’amo, Theo.” sussurrò debolmente.
Le parole giunsero a Nott come un macigno e il ragazzo non seppe cosa rispondere.
Si avvicinò a lui e si sedette sul letto. “E lei?”
Draco alzò le spalle. “Mi ha detto di continuare a pensarci.”
Nott lo guardò e con tono incredulo chiese “Ti ha detto di continuare a pensarci?”
“Tu ci capisci qualcosa?”domandò.
Nott alzò le spalle e si sdraiò sul letto con le braccia dietro la testa. “Valle a capire le donne.”
Draco andò in bagno e con dell’acqua si pettinò i capelli all’indietro.
“È stata una faticaccia convincere mio padre a farmi rimanere ad Hogwarts quest’inverno. Chissà cosa aveva programmato per me. Sicuramente un’altra sessione di allenamento intensivo.”
Nott si alzò dal letto e lo raggiunse, si appoggiò con la spalla allo stipite della porta e si rivolse alla sua immagine riflessa nello specchio. “Immagino che tu non le abbia ancora parlato di tuo padre. Sa che cos’è un Mangiamorte? E sa che tu lo diventerai?”
“Non sa ancora nulla! È logico!”sottolineò chiaramente appoggiandosi al bordo del lavandino. “A mala pena sa cosa siano i Mezzosangue, come pretendi che sia a conoscenza del Signore Oscuro?”
“Se la ami come dici tu, e vuoi stare con lei, prima o poi lo verrà a sapere. Anzi, mi stupisco che non le siano già giunte voci da altri Serpeverde, o dalla Granger!”
“Che mi stia mentendo? Ma perché dovrebbe?”azzardò dubbioso ma anche timoroso.
“Non lo so, forse ha anche lei un segreto, forse non vuole crederci o forse la reputa una cosa così normale da non doverne discutere.”
Fece spazio all’amico mentre tornava in camera per prendere la giacca e lo rincorse.
“Io non la so leggere, Draco!” lo aggredì, fermandolo per la spalla. “Non è una Serpeverde normale! Né i suoi genitori né suo fratello sono fra i Mangiamorte, talvolta parlare con lei è come parlare con qualcuno che è vissuto in un altro mondo e ha un contatto con la magia fuori dall’ordinario. È piena di stranezze! Ma ciò che mi chiedo, Draco, è altro.”
Draco aveva finalmente smesso di muovere gli occhi dal pavimento al soffitto e affrontò l’amico "Cos’è che vuoi, Nott?” lo aggredì.
“Perché il Serpeverde per eccellenza è attratto da lei, e perché ha paura di mostrarle ciò che per davvero è il vero se stesso? Normalmente avresti usato la tua futura posizione fra i Mangiamorte per ingraziarti una donna, ma questa volta sembra quasi che tu abbia paura di ciò che diventerai.”
Draco si scostò dalla ferrea presa dell’amico sulle spalle e si spostò dalla parte opposta del letto.
“Perché me le dici solo ora queste cose?”
“Perché tuo padre ha chiesto al mio se sapeva se fosse accaduto qualcosa a suo figlio, e naturalmente mio padre mi ha interrogato, Draco!”gridò.
Era raro vedere Nott perdere la pazienza.
La mano di Draco iniziò a tremare e a spostarsi verso la tasca dove aveva posto la bacchetta, era una reazione che ormai gli veniva naturale tutte le volte in cui il discorso ricadeva su suo padre.
“E tu?”
“Gli ho detto che non avevo notato nulla di strano, che vai a letto con molte ragazze, vai bene a scuola, la tua squadra è prima in classifica e che i Grifondoro invece sono al terzo. Ho sparato le solite cose che li accontentano e che li fanno credere di aver messo al mondo dei perfetti assassini.”
Draco sospirò profondamente e lasciò la bacchetta dove si trovava.
Andò a sedersi sulla poltrona davanti al camino, quella dove Marte si era rannicchiata proprio quella notte, e si sentì calmo ma inquieto allo stesso tempo.
Fece un respiro profondo e ricostruì la sua maschera gelida e impenetrabile. “Cosa dice la Casa?” volle sapere.
“Sentono tutti la tua mancanza e si chiedono cosa abbia Marte che non avevano tutte le altre, sono gelosi.”
“E tu cosa ne pensi, Nott?”
“Lo sai che io adoro te quanto adoro lei, è simpatica e intelligente, però è diversa.”
Draco strinse con forza i braccioli della poltrona e si concentrò sulle fiamme per ritrovare la calma.
“Marte sicuramente ha dei segreti con me, questo lo so, ma anch’io non sono mai stato del tutto sincero. Ho chiesto a Lucius il permesso di rimanere solo per capire. Il problema dei Mangiamorte lo risolverò in seguito, intanto cercherò di non dare a mio padre altre preoccupazioni così che tu non abbia problemi.”
“Grazie Draco.”
Nott si diresse verso la porta ma Draco lo fermò prima che potesse aprirla. “La devo lasciare, Theo?”
“Tu lo vuoi?” “No.” rispose immediatamente.
“Allora non fare ciò che non vuoi fare. Sei il Re delle Serpi, continua a comportarti come tale. Fai il despota, fai quello che vuoi e nessuno ti dirà nulla. Fai sembrare Marte come un tuo possesso e nessuno parlerà.” Detto ciò uscì e richiuse la porta senza voltarsi.

Appena le Grifondoro la videro entrare in camera spalancarono gli occhi e rimasero immobili per tutto il tempo in cui lei appoggiò le sue cose sul letto di Hermione.
Si tolse la giacca e chiese a tutte. “Vi dispiace se uso la doccia?”
“No, certo che no.” rispose Lavanda Brown titubante.
“Sei sicura di potere? L’ha appena finito,”fece per fermarla Hermione.
“Il tizio del negozio ha detto che posso.”
“Ti porto un asciugamano.”
Marte la ringraziò e si diresse verso il bagno.
Nella camera c’era ancora un silenzio fastidioso nell’aria. Poi Lavanda si avvicinò ad Hermione e e le sussurrò all’orecchio. “Ma sei impazzita! é una serpe!”
“è mia amica, Lavanda, e vogliamo prepararci insieme.” poi le sorrise e aggiunse “Non vi ucciderà per oggi.”
Tutte rabbrividirono ma erano talmente impegnate nei preparativi che si dimenticarono velocemente della presenza della Serpeverde.
Dopo qualche minuto lei uscì dal bagno, coperta con l’asciugamano e con i capelli raccolti perché non si inumidissero, e tirò fuori dal sacchetto l’abito e le scarpe.
Lavanda le si avvicinò, trascinando l’abito che non aveva ancora sistemato.
“Cosa hai fatto sulle schiena?” le chiese incuriosita.
Marte sorrise debolmente ma non la allontanò, nel tentativo di non sembrare scortese.
“Lo vuoi vedere?”
Lavanda annuì, allora allentò un po’ il nodo dell’asciugamano, scoprendo le spalle.
La Grifondoro dapprima si allontanò, intimorita dall’immagine, ma poi, imitata anche da Calì, si avvicinò nuovamente e sfiorò la sua schiena delicatamente per paura di rovinarlo.
“Che meraviglia!” esclamò estasiata. “Sembra un gioiello quanto brilla! Ci ha messo molto a fartelo?”
“Poche ore.” ripose con una scrollata di spalle. “Non è stato nemmeno doloroso. Anche Hermione ne ha fatto uno.”
“Davvero?”chiese Calì con una lieve nota d’invidia rivolgendosi all'amica. “Anche tu lungo tutta la schiena?”
“No, certo che no.” si sbrigò a dire imbarazzata Hermione. “Il mio è molto più piccolo.” disse scostando i capelli dal lato sinistro del collo. “Non sarebbe servito farlo enorme visto che il mio abito lo avrebbe coperto.”
Le due compagne si avvicinarono anche a lei per toccarlo. “Il tuo è bianco!” esclamò sorpresa Lavanda. “E liscio, mentre il suo è appuntito.”
“I brillanti si potevano lavorare come più preferivi.” rispose Herm.
Mentre le due si cambiavano le sue compagne di camera non smisero un attimo di lanciare delle veloci occhiate alla schiena dell’una o al collo dell’altra.

Marte fu la prima a finire di prepararsi ma l’ultima a uscire dalla stanza, addirittura dopo Lavanda che, dopo un po’, non aveva più trovato scuse per arrivare in ritardo e fare la sfilata trionfale che aveva pensato.
Marte aveva realizzato che la scollatura non era poi così ampia ma poi aveva provato a camminare e aveva notato che, muovendosi, la scollatura si allargava e scivolava dalle spalle, per tutta la serata avrebbe dovuto tirare su le spalline dell’abito.
Hermione intanto tentava di convincerla che nessuno avrebbe fatto troppo caso alla sua schiena scoperta per via del disegno nero.
“Hai scelto quell’animale perché è il suo, vero?” le chiese mentre si stava ancora osservando davanti allo specchio.
Marte annuì. “Lui ci tiene molto a questa serata, vuole mostrarmi alla scuola, e io non voglio deluderlo.”
“Ma non ti dà fastidio che ti esponga come un trofeo?”
“Perché dovrebbe? Non mi da alcun fastidio, penso che sia il suo modo per darmi del potere.” rispose alzando le spalle e guardando Hermione tramite lo specchio.
Hermione era bellissima nel suo abito rosso, faceva davvero un gran figurone anche senza delle scollature enormi. Il gioiello che aveva sul collo spiccava enormemente, illuminandole il volto, mentre i capelli scendevano giù in morbidi boccoli.
“Potere?”
“Sei bellissima Hermione.”
La ragazza arrossì enormemente al complimento. “Herm, se hai questa reazione con me cosa farai davanti al tuo Ronald.” la derise. Hermione divenne bordeaux.
“Appunto!” esclamò Marte ridendo allegramente.
Si avviarono verso la porta.
“Tu invece, a prima vista, sei più pericolosa che bella.”
A quell’affermazione Marte espose il suo ghigno stile Serpeverde e la fece rabbrividire.
“Non potevi farmi complimento migliore.”




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Capitolo 16
*** 16. ***


16° B.F.T
Sedicesimo.


 



La Sala Grande era stata decorata squisitamente come ogni anno.
L’ambiente era rischiarato dalla luce soffusa e delicata di numerose candele che galleggiavano ovunque nell’aria. I grossi tavoloni erano dissolti e al loro posto erano apparsi numerosi tavoli circolari, alcuni grandi altri più piccoli e in angoli riservati.
Ai lati era stato preparato un buffet magnifico, con pietanze da ogni angolo del mondo mentre, accanto, c'era il tavolo dei drink che era stato allestito, vanto dei Serpeverde, proprio da Theodore Nott.
Ma la bellezza di quella sala era come al solito riservata al soffitto.
Il cielo era limpido e stellato ma, quell’anno, aveva una particolarità in più.
Da un capo all’altro della stanza partivano numerose strisce di velluto e seta colorate e, fra un nastro e l’altro, si arrampicavano, nascondevano e si confondevano numerosi acrobati dalla tuta bianca e con il volto nascosto da una maschera dello stesso colore.
Nessun professore era presente, nemmeno la Umbrige che, stranamente appoggiata dalla McGrannit, aveva ritenuto che almeno uno di loro sarebbe dovuto rimanere ma non era stata ascoltata.

Erano le dieci mezza e quasi tutta Hogwarts era presente.
In pochi riuscivano a staccare lo sguardo dal soffitto e ogni secondo si sentiva un sospiro o un mormorio di eccitazione alzarsi da un nuovo arrivato.
Draco e i suoi amici erano seduti ad un unico grosso tavolo. Si era già goduto i complimenti di ogni ragazza che aveva incontrato e ne aveva dovuti regalare molti, non sempre veritieri.
Le uniche ad attirate la sua attenzione erano Pansy e Gioia che, come al solito, erano l’una sensuale e l’altra molto elegante.
Nonostante fossero appena all’inizio avevano già riso molto e bevuto altrettanto.
“Chi vuole un altro drink?” propose ad un certo punto Blaise, che era già mezzo sbronzo e meno lucido del solito.
“Io Blaise, ma sarebbe meglio che non lo portassi tu!” gli disse Pansy, avvicinandosi a lui e sedendosi sulle sue gambe.
“Ma che dici?”
“Vado a prenderli io.” si offrì Nott.
Subito Draco si alzò e lo seguì al buffet.
“La tua bella?” domandò l’amico, riempiendo diversi bicchieri dello stesso liquido blu.
“Niente di niente, al diavolo il mio ingresso trionfale.”rispose accigliato, prendendo una sigaretta dal taschino.
“Non qui Draco!” si lamentò Nott, mentre lo guardava avvicinare la sigaretta a una candela.
“Tranquillo, non farò scoppiare un incendio.”
Nott scosse la testa. “Non me ne frega dell’incendio ma così ti rovini il sapore dell’alcool.”
Draco alzò le spalle in un gesto stizzito e continuò a fumare. “Ho le mani che non vogliono stare ferme, mi prudono dal fastidio!”
Nott scoppiò a ridere. “Quanta impazienza!”
Poi toccò con una mano una sua spalla, mentre con l’altra reggeva un vassoio. “Goditi la serata, mio caro.”
Draco lo guardò allontanarsi e si rassegnò a finire la sua sigaretta in solitudine, poi, preso il bicchiere che Nott gli aveva lasciato, si incamminò verso le vivande; tutto quel parlare gli aveva fatto venire fame.

“Marte? Sicura che non ci sia modo per fare un’entrata meno evidente?”
Si trovavano ormai a pochi passi dalla Sala Grande, ma l’ombra le copriva completamente.
“Non vorrai fare la fifona mia cara Grifondoro, perché lo racconterei a tutti.”
Hermione rabbrividì e le strinse un braccio. “Li sento già i Serpeverde che mi prendono in giro, no grazie.”
Si avvicinarono lentamente.
“Appena siamo dentro, ci mischiamo con la folla così che nessuno ci noti troppo, va bene? Così tu potrai localizzare Harry e Ron.” proseguì la ragazza.
“Ok, ma tu?”
Marte le rivolse un sorriso aggressivo. “Un po’ di attenzione non mi infastidisce. Cercherò Draco.”

Varcarono la soglia e furono immediatamente investite dalla musica pressante e dallo scenario fantastico.
“Ma è sempre così? Ogni festa?”
Hermione annuì, anche i suoi occhi erano accecati dalla bellezza di quell’intrico di stoffe colorate che quasi impediva di vedere il cielo al di dietro.
“Sempre più spettacolare. Spesso mi chiedo chi sia ad organizzare il tutto.”
Abbassarono lo sguardo e appena Hermione vide che le stavano fissando prese la mano di Marte e iniziò subito a spintonare per farsi largo tra la folla e togliersi dal centro dell’attenzione.
Raggiunsero il palco senza troppa fatica anche se Hermione attirava lo sguardo per via del suo abito rosso mentre Marte per l’enorme tatuaggio sulla schiena.
“Hermione rilassati, ti aiuto a cercare Harry e Ron.”
Lei annuì in risposta e alzò nuovamente lo sguardo.
Improvvisamente venne distratta da qualcosa che si muoveva fra le tende. Sbatté gli occhi un paio di volte, per avere la sicurezza che non fosse solo frutto della sua immaginazione, e lo vide muoversi ancora.
Stava per chiamare Marte quando lei la avvisò di aver avvistato Harry e Ron.
“Guarda, sono al quel tavolo, con altri Grifondoro.”
Hermione riprese a respirare. “Sicura di non voler venire con me?”
Marte negò con la testa. “Devo proprio cercare Draco, ma tu non aver paura perché sei bellissima.”
“Anche tu.” e si allontanò.

Sola, Marte gironzolò per la sala, afferrando gli sguardi annebbiati dei ragazzi e quelli invidiosi di alcune ragazze.
Sentiva il tessuto morbido dell’abito carezzarle il fondo della spina dorsale e, talvolta toccarle il tatuaggio.
Non capì perché ma le sembrava di camminare in modo strano, più flessuosa e dritta.
Forse per via delle scarpe ma non era così ovvio.
I capelli ondeggiavano sulle sue spalle dolcemente, non era ancora incespicata e sentiva i muscoli e le ossa del proprio corpo incredibilmente rilassati e a proprio agio.
Le sembrava si essere sinuosa come un serpente ma al contempo potente come un leone.
Si stufò ben presto di ricambiare gli sguardi di sconosciuti e di farli tremare, lei voleva solo il suo di sguardo.
Decise di cercare Draco con la mente ma non fece in tempo a decidersi che se lo trovò davanti, dalla parte opposta della sala.
Sorrise soddisfatta e si incamminò, tagliando il salone in due.
Draco stava fumando, cosa che faceva solo quando era nervoso e lei immaginò quanto fosse infastidito dal suo ritardo.
S’ncamminò lentamente, cercando di controllare il battito del suo cuore che andava sempre più veloce a mano a mano che gli si avvicinava e lo poteva osservare meglio.
Era bellissimo, oscuro, pericoloso e sensuale.
Stava appoggiato al tavolo del buffet con la schiena.
Alla sua destra aveva sistemato un posacenere, nel quale c’era già una sigaretta spenta.
Ogni tanto, quando abbassava la testa, alcuni ciuffi gli andavano a coprire gli occhi e lui, con una manata spazientita, li riportava indietro.
Sulla mano sinistra portava due anelli, il suo preferito al pollice e un altro che aveva messo al medio che, peraltro, non aveva mai visto.

Appena la vide arrivare i suoi occhi si allargarono ma la sua espressione rimase illeggibile e seria.
Lasciò che lei gli sfilasse la sigaretta dalle labbra e la spegnesse nel posacenere.
Si scambiarono uno sguardo penetrante dopo il quale Draco allargò le gambe, la prese per la vita e la avvicinò a sé.
Sentendo la sua schiena scoperta rimase piacevolmente sorpreso e incominciò a salire lentamente con la mano.
Marte era già scossa dai brividi ma subito la sua carezza, incontrato qualcosa di ruvido e sfaccettato, si bloccò.
L’espressione di Marte si fece enigmatica e Draco, spinto dalla curiosità, la fece voltare e osservò l’enorme tatuaggio che si avvolgeva attorno alla spina dorsale della ragazza.
Era un enorme serpente nero, un gioiello fatto di brillanti neri.
Il suo corpo sinuoso partiva dall’alto del collo, con la testa, e scendeva in piccole onde sino alla linea delle natiche sotto l’abito.
Draco accarezzò il contorno dell’animale, fino al limite della spaccatura, poi tornò in alto, e disegnò dei cerchi attorno all’occhio grigio dell’animale.
Poi spostò i capelli de Marte da un lato del collo e la fece finalmente appoggiare a sé, inspirando profondamente l’odore della sua pelle dal collo.
“Sei rimasto sorpreso?” ebbe finalmente il coraggio di domandargli.
“Piacevolmente stupito.”
Marte sorrise. “Da quanto mi aspetti?”
“Da una settimana, ormai. Ma è stata un’attesa ben appagata.”
“L’abito è di tuo gradimento, dunque.” affermò soddisfatta.
“Tu sei molto gradita.” mormorò Draco, con il mento appoggiato sulla sua spalla, che aveva iniziato a tempestare di piccoli baci.
“Non pensi che sia un po’ troppo scoperta?”
Draco rise e soffiò sul suo collo, facendola rabbrividire.“Finché non mostri le tue grazie a qualcuno che non sia il sottoscritto direi che può andare.”
Strinse con più forza le braccia attorno al suo corpo e poggiò le mani sul suo ventre, solleticandola leggermente, come gli piaceva fare.“Ora posso finalmente godermi la serata.”
Marte coprì le mani di Draco con le sue e allungò il collo all’indietro per poterlo guardare negli occhi.
“Anche tu hai sentito la mia mancanza?” chiese con voce flebile. “Perché io ho un terribile bisogno di te.”
Non smise di guardarlo mentre lo baciava con esitazione, con leggerezza, giusto per fargli sentire il suo sapore sulle labbra e la necessità, il bisogno che aveva di stargli accanto.
“Questa notte chiariremo molte cose.” affermò Draco con gentilezza.
Voleva per davvero sistemare le cose fra di loro, basta segreti, basta passato, tutto alla luce del sole.
Marte capì e gli sorrise sinceramente. “Sì, Draco.”


Chiusa quella questione tutto sembrò risolto.
Iniziò a chiaccherare senza sosta con chiunque le si avvicinasse, soprattutto al fine di evitare ogni momento di imbarazzo causato dal suo abbigliamento. Tuttavia a fine serata non diede più retta al suo imbarazzo, senza accorgersene ignorò ogni cosa e iniziò a divertirsi.
Si sentiva più affine ai ragazzi che alle ragazze. Se si fosse unita alla combricola di Lavanda sicuramente non avrebbero fatto altro che stressarla con i loro soliti discorsi riguardanti la moda e i ragazzi. Sempre così: moda, ragazzi, moda ragazzi, mai che le concedessero, o si autoconcedessero, dei momenti di pausa da quei discorsi così noiosi e ripetitivi.
Stare con Harry, Ron  ed i loro amici in effetti non era molto diverso. Se le ragazze discutevano di moda e ragazzi loro intraprendevano accesi dibattiti su Quidditch e ragazze.
Tuttavia il modo in cui ne parlavano le sembrava molto più semplice e genuino, più spensierato. Ed inoltre era divertentissimo vederli prendersi in giro a vicenda per le loro cotte.
Giudicare quale ragazza fosse più bella, quale più simpatica, più brutta, noiosa, oppure fare degli scherzi senza aver paura che l'amico ci potesse rimanere offeso a morte.
Lei certo non poteva prendere parte a queste cose, essendo una ragazza e perciò più 'delicata', ma assistere, ridere e punzecchiare il vicino era più che sufficiente.
Il vero motivo però non stava nel fatto di essere una ragazza quanto piuttosto nel fatto che colui che possedeva il suo cuore era seduto accanto a lei.
Ron fin'ora non aveva parlato di nessuna ragazza, solo di Quidditch, e ringraziò che non l'avesse fatto perchè sarebbe stato difficile da sopportare.
Intanto si divertiva a discapito del suo migliore amico e del suo amore impossibile.
Harry non poteva distogliere lo sguardo da Cho Chang nemmeno per un attimo. La belle cinesina era decisamente graziosa quella sera. I bei capelli neri sciolti sulle spalle tranne che per qualche ciuffo che teneva legato ad un grosso ago di legno dietro al capo. Una tunica di seta nera le cadeva a pennello, stretta sotto il seno da una fascia color petrolio, e uno scialle di tulle della stessa tonalità della fascia. Tutto sembrava voler mettere in risalto la sua bellissima e candida carnagione e i suoi occhi garndi e profondi.
Harry sbavava, sosprirava, sbuffava, si contorceva, fantasticava. Tutto per colpa di una bella Corvonero che aveva stregato il suo cuore.
I due stavano almeno un'ora al giorno a fissarsi intensamente, talvolta con desiderio, altre con imbrarazzo e dolcezza ma nessuno dei due sembrava voler fare il primo passo e il loro rimaneva un amore platonico.
"Devi essere tu a farti avanti, Harry." gli disse con dolcezza Hermione, vedendolo sospirare per la decima volta. "Sono stufa di vederti sognare a occhi aperti tutto il santo giorno. Devi fare qualcosa."
"Sono d'accordo," assentì Ron, prendendo un sorso dal suo bicchiere. "Insomma, non vorrai che qualcuno te la freghi."
"Ron ha ragione Harry." si intromise George. "Potresti provare con dei cioccolatini."
"O con dei fiori" completò Fred.
"O con una lettera."
"Successo assicurato!" conclusero all'unisono.
Ron e i gemelli scoppiarono a ridere mentre Harry da una parte continuava ad aspirare per uno sguardo della sua amata, dall'altra si sentiva uno stupido.
Hermione allora allungò la mano per stringere la sua. "Non servono tutte queste cose, perchè non provi semplicemente ad invitarla a uscire?"
"Sembra facile ma mi sento sempre combattuto."
"Su cosa?"
Harry strinse forte la sua mano. "Tra i miei doveri e i miei sentimenti. Non posso sconcentrarmi proprio ora. Devo rimanere fisso sul mio obbiettivo."
"Ti capisco, forse però distrarsi un po' non è sempre male, a volte serve per allentare la tensione."
"Hai ragione! Andiamo allora!"
La ragazza strabuzzò gli occhi ed esclamò. "A fare che?"
"Ballare, no?"
Harry la fece alzare e l'abbracciò per farla dondolare dolcemente.


Iniziarono a girare per i buffet, camminando fianco a fianco, con le mani che si cercavano, l’abito di Marte che sfiorava le sue gambe e il profumo del suo corpo che aleggiava nell’aria, dal quale non cessava mai di sentirsi rapito e sedotto.
La accompagnava fra un tavolo e l’altro, seguendo la scia della sua presenza e l’occhio argentato del serpente.
L’animale si muoveva sulla sua schiena come se fosse stato vivo, ondeggiava, si allungava e accorciava sinuosamente, i suoi canini sembravano voler mordere la pelle immacolata della ragazza e sporcarla di sangue.
Poi si accorse di come sentisse i sentimenti del serpente come propri e si costrinse a distogliere lo sguardo della coda dell’animale che si infilava sotto la veste.
Le pose una mano sulla spalla per farla voltare e le chiese. “Hai scelto tu di fare l’occhio di quel colore?”
Marte gli rispose sorridendo e lo prese per mano. “Mi ricordava qualcuno.” e gli spostò un ciuffo di cappelli dalla fronte. “I tuoi occhi sono bellissimi, Draco, e li voglio portare per sempre con me.”
Lei si voltò per riempire il piatto con qualcos’altro preso a caso dal tavolo.
“I miei occhi sono maledetti, e uguali a molti altri.”
Marte appoggiò il piatto sul tavolo e si voltò per osservarlo. “Ciò che è così bello non può essere maledetto…” si trattenne dall’aggiungere‘amore mio’ e si voltò, tornando al suo piatto.
Draco alzò una mano e accarezzò nuovamente il contorno del serpente. “Così bella.”
Marte sorrise e le spalline dell’abito scesero lungo le braccia.
Fece per sistemarsele ma sentì Draco avvicinarsi a lei da dietro e anticiparla.
“Non allarghiamoci altrimenti il mio autocontrollo va in fumo.”
“Ti stai trattenendo?” chiese con un ghigno stampato sulla faccia.
Draco si avvicinò ancor di più a lei, finché i loro corpi non furono premuti l’uno contro l’altro. “Non senti?” la provocò.
Marte rise, nonostante avesse il fiato spezzato. “Mi piace tenerti sulle spine.”
“Non quanto diverte me camminarci sopra.”
Marte si voltò verso di lui e lo imboccò con un quadrato di torta.
“Si va direttamente al dolce?” chiese divertito.
 “Non ho fame di salato, tu sì?”
Draco alzò le spalle. “Sì ma non importa, mangerò più tardi.” sussurrò con voce roca e prese il boccone dalle sue dita.
Marte si allontanò da lui di un passo e si aggrappò al tavolo. “Ci conviene smetterla con le allusioni se vogliamo andare a sederci con Nott e gli altri.”
Draco si appoggiò contro il muro con una spalla, guardò il soffitto e assaggiò un altro pasticcino, preso dal piatto che aveva appena riempito.
“Perché smetterla?”
Marte rise tanto da doversi tenere la pancia, poi lo raggiunse nuovamente. “Tu sei troppo malizioso e narcisista.”affermò cercando di farlo indietreggiare additandolo con l'indice.
“E tu troppo sensuale e seria, così rovini tutto il bello.”
Marte incrociò le braccia sotto il seno. “Sei impossibile!”
“Ed è per questo che mi vuoi.” rispose prendendola per il mento e ricambiando il suo bacio con uno altrettanto leggero, come le ali di una farfalla.
Poi la prese per mano e le indicò un tavolo nel mezzo della sala.
“Andiamo?”
Marte gli sorrise e lanciò un’occhiata al tavolo. “Vi siete presi quello più grande.”
“Abbiamo mandato uno del primo a metterci un biglietto con scritto Riservato; quando siamo arrivati era l’unico vuoto, ci siamo dovuti accontentare.”
“Naturalmente.”
Draco la prese per la vita e s’incamminarono.
Giunti al tavolo Marte si staccò da Draco e si diresse verso le sue compagne di stanza.
“Siete uno splendore, ragazze.” disse dolciastra come lo zucchero a velo.
“ E tu sei riuscita ad essere bellissima anche senza il mio aiuto, direi che sei pronta, tutti i miei sforzi hanno dato i loro frutti!”
“Ma quali sforzi?” esclamò Marte.
Pansy la guardò male ma la ignorò.
Quella sera appariva più sensuale e aggressiva che mai, il suo abito verde scuro la avvolgeva stretta e aveva una scollatura molto profonda sul davanti, nella quale Blaise sembrava sul punto di metterci la faccia.
Gioia invece era l’emblema castità. Indossava un abito argentato senza spalline con uno strascico molto lungo, sulle spalle, per completare, aveva abbinato uno scaldacuore nero.

 
Si accomodarono insieme agli altri della loro casa.
Marte, mentre Draco continuava ad accarezzarle la schiena, vide un bicchiere ancora mezzo pieno davanti a lei.
“è tuo Draco?” Lui negò, così guardò chi le era di fianco.
“Lo puoi bere se vuoi.” la anticipò Nott, “Sempre che il tuo principe non abbia nulla in contrario.” aggiunse con un sorriso. “è pur sempre un bacio indiretto.” Marte si voltò verso il biondo, che scrollò le spalle e iniziò a discutere con Montgomery.
Marte si avvicinò il bicchiere di Nott alle labbra e assaporò l’alcolico color cobalto dapprima toccandolo solo con le labbra ma poi con sorsate sempre più corpose.
Se prima non avrebbe mai bevuto alcun liquido di quel colore, ora non si sorprendeva più di nulla ma soprattutto aveva cieca fiducia nelle capacità di Nott. Fin’ora non l’aveva mai visto preparare i composti ma spesso si domandava se preparare un drink fosse lo stesso che preparare una pozione.
“Ti devo sempre fermare, vai a briglie sciolte come al solito.”
Marte vide il bicchiere sparire dalle sue mani e posarsi sul tavolo. Poi girò il capo e notò lo sguardo profondo ma brillante di Nott, che la osservava con vivo interesse.
Marte si asciugò le labbra con le dita e si rivolse al ragazzo con un ghigno simile stampato sulla faccia.
“Come fai a prepararli, Theo? è come creare una pozione?”
Nott alzò le spalle, prese qualcosa dal suo piatto e lo mangiò. “Direi di no, per prima cosa creare alcolici è molto più divertente!” esclamò sorridente. “ Sai,” continuò facendo un cenno verso la folla di studenti che ballava “è strano vedere le persone godere perché bevono ciò che tu produci, vedere come si sbronzano e come ti aprono il loro cuore. E’ come se una parte di me entrasse dentro di loro e potesse scavare ovunque, questa sensazione non si può ottenere con un Veritaserum.”
“L’alcool è come il Veritaserum ma più divertente, in poche parole.” concluse lei. “Non so se berrò mai più qualcosa creato da te!”
“Non hai nulla di cui preoccuparti mia cara. Le tue espressioni solo facili da leggere mentre i tuoi segreti troppo profondi da essere scoperti con del misero alcool. Non è una vanga sufficientemente grande per cercare sotto tutto quel mare di terra che ti ricopre.”
Marte parve riflettere sulle sue parole e annuì. “Dunque da te sono al sicuro.” Disse con incertezza.
Nott alzò le spalle, riempì un bicchiere pulito con del liquido ambrato e glielo offrì. “Al sicuro fino al prossimo bicchiere. Nessuno è immune all’infinito.”
Lei negò continuando a sorridere e allontanò il bicchiere.
“L’alcool è una malattia ed io ci tengo ai miei segreti.”
“Saggia!”rispose, tracannando la bevanda che le aveva offerto.
“Però, ”proseguì Marte, afferrando il bicchiere dalle sue mani e riempiendolo fino all’orlo. “m’interessano molto di più i segreti degli altri.”
Fece scivolare il bicchiere sulla superficie del tavolo e glielo offrì. “Parliamone, sono curiosa.”
Nott la guardò corrugando la fronte sorpreso e rise mostrando due linee di denti bianchissimi.
Si stravaccò sulla sedia senza però staccare le dita dal bordo del bicchiere e senza abbandonare il suo sguardo.
Infine le sorrise e si avvicinò al suo viso. “Parliamone ma prima,” le sussurrò accostandosi sempre di più alle sue labbra, “concedimi un ballo.”
Si allontanò velocemente e la fece alzare.
Mentre si allontanava, con la mano stretta da quella di Nott, si voltò e incontrò lo sguardo di Draco. Non seppe cosa fare, se fargli un cenno, un sorriso o bisbigliargli qualcosa.
Pensò che sia tutto sia niente avrebbe potuto trasmettergli una sensazione sbagliata così optò per il niente, e pregò che Draco non fosse geloso del suo migliore amico.
“Adesso scoprirai un mio segreto Theo.”
“Alludi al fatto di essere una pessima ballerina?” ipotizzò, impegnato a metterla nella posizione corretta.
“Precisamente.”
“Non è un gran problema,” rispose alzando le spalle. “Tutti i Serpeverde hanno l’eleganza nel sangue e con me pure Pansy ha imparato a ballare.” Aggiunse indicandole la ragazza che, con grazia, volteggiava avvinghiata ad un ragazzo che non aveva mai visto.
Iniziarono a muoversi molto lentamente, giusto il tempo che lei ci prendesse la mano.
“Jackson Miller,” bisbiglio Nott, facendola voltare vero un ragazzo bruno, basso e un po’ gracilino. “Tassorosso, per due anni consecutivi ha assunto una droga speciale per rallentare la crescita e per essere più leggero possibile. Era convinto che in quel modo sarebbe riuscito ad entrare nella squadra di Quidditch della sua casa. Naturalmente non l’hanno preso e rimarrà così per sempre.”
La fece voltare di scatto. “Viola Beuxel, Corvonero, ha fatto sesso un’estate con un mago vent’anni più adulto.”
“Ed è rimasta incinta, naturalmente.”
Sentì Theo annuire. “Tornò a settembre con una pancia piuttosto evidente, dicendo di essere ingrassata ma subito dopo Natale diffuse la voce di aver fatto una dieta super rapida.”
Marte rabrividì istintivamente e si meravigliò che fossero solo i Serpeverde ad essere considerati insensibili e crudeli. Lo smistamento ci dice la categoria alla quale apparteniamo ma alla fin fine le bassezze sono sempre le stesse.
Volteggiarono per alcuni istanti senza parlare finché nuovamente non le indicò qualcuno.

“Pansy Parkinson e Blaise Zabini, quasi sposi; per lo meno, così vogliono le loro famiglie." esordì amaramente. "Sai bene quel’è la loro principale occupazione, amano il sesso.”
“Draco mi aveva detto che fossero solo amici.”
Nott rimarcò la stretta sulla sua mano e le impedì di voltarsi verso il loro tavolo.
“Anche Draco non ama dilungarsi su queste faccende sporche e poco onorevoli. Si divertono ora per accettare meglio il futuro, non sono niente.”
“Come puoi parlare così?” lo accusò, obbligandolo a fermarsi in mezzo alla pista. “Sai bene che Pansy ti adora.”
“Io non sono il principe azzurro di nessuno, Marte, io vedo, penso e basta, non salvo nessuno.”
Questo l’aveva capito da sempre e anche Pansy lo sapeva molto bene.
Provare amore per un tipo come Theodore Nott era un’impresa impossibile, era come dedicare i propri sentimenti a una pietra nella speranza che questa si svegliasse.
Lo sapeva molto bene ma mai lo aveva realizzato come in quell’istante e per un attimo fu tentata di guardare nella mente di Nott.
Aveva promesso a se stessa che non avrebbe mai violato la mente di nessuno dei suoi amici, ma ancor di più aveva giurato che non l’avrebbe fatto da ubriaca o nel caso avesse avuto un contatto fisico con loro.
Leggere la mente significava essere intimamente connessa con la persona che stai analizzando. È come essere una parte dell’altro, dentro l’altro, i corpi per brevi attimi coincidono e si appartengono.
Marte era in grado di contenere il suo potere perché non scatenasse alcuna di quelle sensazioni tuttavia, in quel momento, non solo era sbronza, per i suoi canoni, ma non aveva ancora raggiunto il livello di forza sufficiente a contenersi.
Però, scoprire quali pensieri offuscassero la mente del Serpeverde, appariva come una possibilità fin troppo allettante.
“Solo una domanda Theo.”
Nott attese che continuasse senza smettere di condurla.
“Perché, se lei non è niente per te, non ci sei andato a letto? Perché non ti sei divertito con lei come fai con tutte le altre?”
Gli occhi del ragazzo si allargarono impercettibilmente ma il suo corpo non diede altro segno di essere stato spiazzato dalla sua domanda. Non fece niente di ridicolo, come farle male, stringendole la mano o graffiandole la schiena.
“Sarebbe stato come sporcarsi.”
Marte sorrise e ribatté “Sarebbe stato come spezzarle il cuore.”
Nott buttò la testa all’indietro e ridacchiò forzatamente.
“L’ho già fatto prima, con molte ragazze.”
“Ma non con lei. Tutti possono innamorarsi, anche noi.”
Alla sua risposta lo vide sorridere gentilmente per la prima volta da quando l’aveva incontrato.
Danzarono sempre più lentamente fino a fermarsi, infine le fece fare un’ultima giravolta e l’abbracciò per le spalle.
“L’ultimo esemplare di questa sera.” Sussurrò con tono delicato e soave.
“Draco Malfoy,” disse indicandole un punto davanti a lei.
Un ragazzo dal profilo affilato e dagli occhi turbinosi come una bufera.
Un vero angelo.
“Draco Malfoy,” ripeté, “principe delle Serpi, casanova di Hogwarts, grande Mago e tuo.”

Mio? Pensò intontita. Sarà vero?
Si voltò per domandarglielo ma Nott era già sparito, dissolto nella folla e il suo calore con lui.
Si avvicinò lentamente al tavolo e si fermò davanti a Draco.
“Piaciuto il ballo?” domandò curioso, coprendo la sua espressione con il sorriso che era solito usare quando voleva essere fastidioso.
“No.” Rispose schiettamente negando con il capo. “è stato quasi deludente a dir la verità.”
Draco si alzò, superandola in altezza di dieci centimetri, e guardandola dall’alto al basso. Non le diede fastidio, c’era abituata, e a dire il vero, quella sottile presa di forza su di lei non le dispiaceva ma la faceva vibrare.
“Sei una pessima bugiarda, piccola.”
Aggrottò la fronte ma pose le braccia attorno al collo del ragazzo e lo abbracciò, contenta di sentirgli fare lo stesso.
“E tu un pessimo attore, Dracuccio.”
Draco storse il naso e iniziò a cullarla, fronte contro fronte.
La mano sulla sua schiena era già presa ad accarezzare l’enorme serpente come se fosse abituata a farlo, la superficie sfaccettata del gioiello dava una sensazione talmente deliziosa e piacevole al tatto come non avrebbe mai pensato di provare.
Marte strinse con forza la giacca fra le mani e si pigiò maggiormente contro di lui.
“Preferisco di gran lunga ballare così che in ogni altro modo.”aggiunse.
“La semplicità non è comune fra di noi.”
Marte alzò le spalle ma non lasciò la presa sulla sua giacca.
Ballarono isolati, senza dar retta al tempo della musica che si era fatto più movimentato e rapido, né ascoltando la musica stessa, metallica e martellante.
Gli studenti si accalcavano sulla pista da ballo strattonandosi e spintonandosi, ognuno pressato al proprio partner, e la mischia somigliava a un disordinato organismo pulsante.
“Mi avevano giurato che sapevi ballare,” affermò Marte.
“So ballare, non strusciare.”
Lei rispose accarezzandogli il collo con la punta del naso. “Secondo me sai fare entrambe le cose.”
Draco le rispose ridendo e si sedette portandola sulle proprie gambe.
“In effetti vedo molto di me stesso in questo serpente.”
“Lo immaginavo.”
D’un tratto qualcosa le attraversò la mente e sentì i suoi occhi spalancarsi e le sue tempie iniziare a pulsare.
“Ho un segreto,” gli sussurrò ad un orecchio. “Però, mi devi promettere di farmi finire prima di parlare o di fare qualsiasi altra cosa.”
"Tutto quello che vuoi.”
Marte lo guardò compiaciuta e prese posto più comodamente sulle sue gambe, poi si sentì attraversare da un brivido gelido lungo tutta la schiena e i lineamenti del suo viso mutare per indurirsi e affilarsi.
Iniziò lentamente a richiamare la magia.
Con lo sguardo gli fece segno di guardare verso l’altro, verso la miriade di liane colorate che quella sera calavano dal cielo di Hogwarts, e gli indicò un’ombra che si muoveva agilmente tra una liana e l’altra e che in quel momento stava precisamente sopra di loro.

“Guarda,” bisbigliò a Draco, che non se lo fece ripetere e seguì il suo sguardo e fissò intensamente il punto che gli aveva indicato.

Mentre aumentava la presa sul colletto della giacca di Draco, mentre teneva lo sguardo puntato su quella che, per un puro caso, malauguratamente, solo per essersi trovata così vicina in quel preciso istante, era diventata la sua nuova preda, richiamò con tutte le sue forze quella magia che per mesi era rimasta assopita all'interno del suo corpo.
Sapeva bene quanto fosse pessimo ciò che stava per fare. L'energia evocata sarebbe stata superiore a quella richiesta dall'incantesimo e, con tutta probabilità, l'avrebbe drogata e intontita per alcune ore, nelle queli non avrebbe avuto il controllo del suo corpo né dei suoi pensieri, e anche Draco, poichè le era così vicino, sarebbe stato soggetto a quella scarica di onde.
La sua magia era come un'arma a doppio taglio se non la si sapeva controllare, ma voleva rischiare.
Ormai quella goccia di crudeltà e menefreghismo e lussuria che risiedeva nascosta nella sua anima aveva infettato un intero mare.


E così inizialmente fu una semplice scintilla, poi questa sfrigolò e divenne l'inferno.


Le urla terribili dell'acrobata coprirono la musica, le risate, il chiasso e attirarono l'attenzione su di lui che, come una torcia, era avvolto da fiamme incandescenti.
Le lingue di fuoco si erano arrampicate, sino a lui, da una liana all'altra, saltando come se fossero state animate e appena avevano sfiorato il tallone dell'uomo, avevano attecchito a lui come se fosse stato benzina da consumare.
“Guarda,” ringhiò Marte, corrosa dallo sforzo.
Nonostante le grida, si potevano sentire lo sfrigolio della tuta che bruciava e il primo odore di carne carbonizzata.
Ma l'uomo continuò a muoversi, si prese la testa fra le mani e sfilò la maschera per allontanare le fiamme da lui, ma queste sembravano come colla e non gli concedevano tregua.
Molti non riuscirono a vedere il fuoco ma si voltarono giusto in tempo per assistere alla caduta dell’uomo dalle funi.
Le stoffe ai suoi piedi si erano consumate in pochi secondi e in un breve istante l'acrobata non ebbe più nulla a cui reggersi: falliti i tentativi di aggrapparsi, cadde impotente e scomposto, senza nemmeno tentare di raggomitolarsi.
“Guarda,” disse ancora Marte, tentando di controllare il proprio tono di voce che si era fatto quasi felino, completamente differente dalla sua voce normale.
Il potere significava questo. L’assuefazione provocava disinibizione e rendeva difficile controllare l’emozione.
Così, seguì la caduta dell’uomo istante dopo istante e poco prima che egli cadesse lo fermò.
Draco non seppe cosa aveva visto ma ebbe l’assoluta certezza che fosse stata Marte a farlo.
Infatti, appena si voltò verso di lei, vide la mano della ragazza tesa e puntata contro l’uomo, mentre sul suo volto c’erano un sorriso straziato e un’espressione affannata e dura.
Poggiò immediatamente la propria mano su quella di lei, per paura che qulcuno potesse notare un che di strano, ma appena le loro dita si toccarono, il corpo sospeso dell’uomo cadde come un peso morto sulla schiena.
Tutti gli studenti, tranne i Serpeverde al loro tavolo, si affannarono attorno all'acrobata caduto, che, sdraiato sulla schiena, sembrava non avesse nemmeno la forza di muovere un dito.
Marte nascose il viso dietro il collo di Draco e lo abbracciò forte, come se la scena fosse troppo forte da poter essere vista.
Il ragazzo sentì il suo respiro affannoso e veloce bruciargli la pelle, il suo cuore battere freneticamente e il suo seno spostargli la giacca.
Il suo corpo rispose a quello della ragazza e iniziò a tremare e a battere rapido e incessante.
Poi udì la sua voce. Un bisbiglio affilato come la lama di un coltello ma impastato, per via della furia che l'aveva catturata.
"Hai visto, Draco, che cosa so fare? Come sono forte?"
Aveva un tono roco e maledettamente accattivante mentre il suo corpo sembrava che pizzicasse e che stesse per esplodere.
"Posso fare quello che voglio," proseguì. "Niente di ciò che desidero mi è proibito."
Marte gli baciò forte il collo ma subito passò al lobo dell'orecchio e lo mordicchiò.
Lui rabbrividì e tentò di distrarsi. Alzò lo sguardo e notò, sbirciando tra le spalle dei compagni, che l'acrobata si era alzato, coprendosi con i pochi resti del suo costume, e la musica era ripartita più forte di prima.
"Cosa ne pensi, Draco? Hai paura di me?"
Draco tentò di spostare il collo dalla sua bocca ma non ci riuscì perché quelle sembravano del tutto attaccate alla sua pelle.
"Basta..." si lamentò silenzioso.
Marte non gli diede retta e lo morse ancora continuando a ripetere come una litania, "Niente di ciò che desidero mi è proibito, niente di ciò che desidero mi è proibito..."
Draco al limite del proprio autocontrollo afferrò i suoi capelli con una presa stretta e cercò tirare all'indietro la testa della ragazza per poterla guardare in faccia.
"Finiscila." le ordinò secco, tentando in ogni modo di controllare il tremito della propria voce, come se in verità stesse desiderando la cosa opposta.
Una risata cristallina gorgogliò fuori dalla gola della ragazza e si abbatte su di lui come un vento gelido.
Anche Marte lo afferrò per i capelli e avvicinò i loro visi.
Accarezzò per alcuni secondi il suo naso con il proprio e domandò ancora una volta, alzando la voce. "Hai paura Draco?"
"Zitta!"

Mai Draco si era rivolto a lei in quel modo, e difatti sapeva che quello non era il suo atteggiamento normale, ma, con sua stessa sorpresa, ne rimase deliziosamente colpita.
Il suo sibilo velenoso si stava ancora lentamente infiltrando in lei, solleticandole le membra e colmandola.
Una mano di Draco era stretta ai suoi capelli, e le tirava indietro la testa con forza, mentre l'altra aveva artigliato con energia il suo avambraccio e sembrava voler bucare le maniche del suo costoso vestito.
Si lasciò travolgere dalla voce carica d'ira di Draco ma, soprattutto, lasciò che i resti della magia che aveva compiuto rimanessero il più a lungo possibile dentro di lei, insieme con la disinibizione e la furia che avevano portato.
Tentò di abbassare il mento per incontare il suo sguardo, nonostante la forte presa del ragazzo sulla sua testa, e quel lieve dolore che provò, la ripagò con ciò che vide. Gli occhi del ragazzo erano esattamente come voleva che fosserso, persi, sciolti, opachi ma non per questo meno belli, e la osservavano come se fosse stata cibo; non a caso, poco prima, Draco aveva deciso di saltare la cena.
Marte si accarezzò con due dita la gola liscia e spoglia, porgendola al ragazzo come sacrificio.
"Se devo stare zitta mi devi mordere qui." gli disse indicando la trachea.
Draco ringhiò in risposta e strinse maggiormente la presa sui suoi capelli.
"Basta giocare." ordinò seccamente.
Rimase immobile nella sua stretta per alcuni secondi, nei quali i lunghi respiri di Draco scandirono i secondi, poi rilassò le spalle e i muscoli del collo, tesi all'indietro, e lo stesso fece lui, rilasciando poco alla volta i capelli che teneva in pugno.
"Facciamo un giro fuori" gli propose con calma.
Draco la guardò, ancora con quell'espressione animalesca negli occhi. Da un momento all'altro avrebbe potuto emettere un ruggito o allungare dei denti e le sarebbe parso normale.
Come risposta la lasciò libera dalla sua stretta, così che lei si potesse alzare, e la seguì fuori dalla sala.




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Capitolo 17
*** 17. ***


17° B.F.T
DiCIASSETTESIMO

*













I pochi che non erano in pista, e quei due o tre non ancora del tutto ubriachi, si accorsero che loro stessero uscendo dalla sala.
Camminavano fianco a fianco, senza toccarsi né guardarsi, comportamento assai insolito quando in realtà, ad ogni ora del giorno, facevano fatica a stare lontani e frequentare lezioni diverse li rendeva insofferenti.
Stavano facendo al contempo una sfilata militare e una di bellezza. Marte aveva stampata sul volto un’espressione ebbra di felicità, con un lieve tono di arroganza mentre Draco non mostrava la sua solita espressione maliziosa e allegra, al contrario le pupille dei suoi occhi erano spalancate e i tratti duri del suo viso esprimevano un lieve nervosismo.
Nonostante il loro modo di essere apparisse invertito, insieme formavano un esempio di bellezza assoluta, insieme si completavano e si valorizzavano a vicenda.
La loro gelida eleganza li rendeva un tutt’uno: la morbidezza dei movimenti di Marte, evidenziata dal vellutato strascico dell’abito lungo, che danzava fra le loro gambe, e la fiera presenza di Draco, che si opponeva a tutta quella morbidezza con la linea dritta delle sue spalle.
Uscirono nell’atrio e si incamminarono verso il portone principale che conduceva all’esterno. Questo arrivava fino al tetto, talmente in alto da venire nascosto dal buio opprimente della notte, e con la sua imponente presenza, resa ancora più massiccia dai numerosi lucchetti e spranghe con i quali era stato sigillato, rendeva quel limite ancora più invalicabile e la paura dell’esterno maggiore.
“Non ti senti rinchiuso qui dentro?” gli chiese appoggiandosi prima con la fronte e poi con tutto il corpo alla superficie ferrea e dentellata del portone. “Non hai mai voglia di spaccare ogni cosa e di scappare, di liberarti da ogni oppressione?” continuò sussurrando contro la porta. “Io sì. Sempre.”
Poi si voltò e si appoggiò al portone con la schiena per parlargli direttamente.
Allungò un braccio davanti a sé e nel suo pugno apparve la sua bacchetta dal nulla, avvolta da una luce chiara e benefica.
Marte gli sorrise ancora, poi si allontanò di pochi passi dal portone e gli diede ancora le spalle.
Sibilò qualcosa e di colpo il portone si spalancò, ignorando i numerosi lucchetti che forzati da una forza misteriosa si ruppero con uno schianto e caddero fragorosamente a terra.
La gelida aria invernale entrò furiosamente dall’entrata e li investì in pieno, insinuandosi tra i vestiti e congelandoli da capo a piedi.
Marte cercò allora di proteggersi ma piano a piano si abituò al gelo e allargò le braccia per accoglierlo.
“Senti la libertà, Draco? Non è bella?”
“Bella e gelida.” Si avvicinò alle sue spalle e fece per togliersi la giacca per coprirla ma lei lo fermò, riabbottonando lentamente i bottoni che aveva già sfilato dalle asole.
“Esatto, Draco, è fatta apposta per noi.”
Lo prese per mano e lo condusse all’esterno. “Perché solo noi siamo in grado di sfruttarla a pieno.”
Camminarono lentamente guardando avanti, finché non incontrarono il primo strato di neve ad ostacolarli.
Questa era bianca e asciutta e si infiltrava tra le vesti come se fosse stata polvere finissima ma allo stesso tempo li inumidiva e congelava.
Nessuno dei due però sembrava badarci, volevano ancora camminare, osservare il lago nero ghiacciato e il platano picchiatore denudato di tutte le foglie.
Marte scostò un po’ di neve con i piedi, nonostante avesse ai piedi delle eleganti e delicate scarpe con il tacco e fece una smorfia.
“Vuoi che ti prenda in braccio?” le offrì Draco sorridendo.
“Dopo, prima osserva un’altra parte della mia verità.”
Entrò con tutto il piede sinistro nella neve e un brivido acuto le attraversò la schiena, tuttavia non durò molto, dopo brevi secondi la neve intorno al suo piede iniziò a sciogliersi e divenne acqua.
“Un breve dolore in cambio del potere.” Mise nella neve anche il destro e accadde la stessa cosa e subito il medesimo effetto investì il manto nevoso davanti a loro, tracciando un sentiero.
“Vieni vicino a me Draco, riscaldati.”
Il Serpeverde si fece più vicino e improvvisamente una ventata di aria tiepida toccò anche lui, riscaldando quei polpastrelli che avevano già perso sensibilità.
La neve non li toccava più ma si scioglieva e scivolava in rigagnoli sottili lungo una barriera invisibile che li avvolgeva.
Marte gli afferrò una mano, quella con i due anelli, e l’accarezzò per infondergli calore.
“Vedi, questo era l’unico modo in cui potevo trasmettere calore, ma non è vero caldo poiché è prodotto dalla magia. Il mio corpo è sempre freddo, Draco, gelido, e a volte mi vergogno per questo, ma da quando ci sei tu è come se mi trasmettessi un po’ del tuo e mi fai sentire viva.”
Lasciò la sua mano e si abbassò. “Ora non ho più bisogno di queste.”
Alzò lo strascico della gonna e sfilò le scarpe dai piedi.
Un piede alla volta posò la pianta sul pavimento ciottolato, ruvido e umido di acqua. Camminò per un breve tratto, fino a metà strada fra la scuola e il lago, sicura che lui la stesse seguendo.
Poi, dandogli ancora le spalle, “Voglio abbandonarmi del tutto a te, Draco, voglio essere tua e sono stufa di nasconderti ciò che sono, la mia magia, e allo stesso tempo ho l’impellente bisogno di essere protetta da te, voglio essere debole.”
Draco le sorrise e la fece voltare. Le scostò i capelli dal viso e li pettinò accuratamente all’indietro per vedere chiaramente nei suoi occhi.
“ Più scopro ciò che sei, più ti desidero. Che reazione strana.”
Marte socchiuse gli occhi e le labbra. “Non hai paura?” sospirò.
Draco annuì. “Ho paura che tu faccia la stupida. Non voglio che tu sia debole, voglio che tu ti difenda ma allo stesso tempo io sarò al tuo fianco, ti proteggerò da tutto, anche da te stessa e da me stesso,” concluse con tono grave.
“Io non cerco una donzella da salvare, Marte, tu non sei quel genere di donna. Non cambiare, ti prego.”
Strinsero l’uno le mani dell’altra, incrociando le dita fra di loro.
“Come fai a dire di essere fredda se sei bollente, non senti come scotti?” le chiese dopo essere tornato ad accarezzarle una guancia per osservare il suo viso rilassato, con gli occhi chiusi.
“ Non sono io quella calda, Draco, sei tu a risplendere, non te ne accorgi?”mormorò.
Draco negò e portò una mano poco sopra il suo seno. “ Il tuo cuore batte.”
“Per te, è così che mi tieni in vita.”
“Può darsi ma sei tu a provare qualcosa per me, io non ti ho obbligato a far nulla. Il sentimento è tuo.”
“Come siamo sicuri di sé, signor Malfoy, non staremo mica peccando di arroganza?” domando sfoggiando un sorriso enorme.
Draco rise allegramente e le trasmise una nuova scossa, stringendole le mani, senza rendersi di conto di quale reazione stesse provocando alla ragazza che, affascinata dalla bellezza della sua voce, smise di sorridere e arrossì di colpo.
“Non hai freddo ai piedi, piuttosto?”
Marte negò. “Mi piace guardarti da quaggiù, mi dà una visuale migliore del tuo collo e poi, se indossassi tutte le volte quel plateau altissimo, non avrei alcuna scusa per farmi prendere in braccio, ti pare?”
Gli occhi del ragazzo scintillarono come due fari.“Non lo sai che basta chiedere?”
Senza aspettare Draco, accarezzandole le cosce, alzò leggermente la parte anteriore dell’abito e, senza sforzo, la sollevò per le natiche e portò i loro volti alla stessa altezza.
“Dici che siamo così male assortiti?” iniziò Marte, titubante.
“No, perché? Non credo,” affermò avvicinandosi al suo viso. “Siamo solo due pazzi che camminano scalzi sotto la neve, cosa c’è di sbagliato?”
Eliminò la distanza fra le loro labbra e lambì quelle di Marte con grande dolcezza.
La neve riprese a cadere su di loro e così anche il freddo tornò a colpirli ma senza toccarli davvero, tanto erano distratti l’uno dall’altro.
Dopo un numero infinito di baci Draco mugugnò soddisfatto e si staccò leggermente per poggiare la propria fronte sulla sua.
Continuò a gemere appagato senza parlare, senza smettere di stringerla finché Marte non scoppiò a ridere.
“La pianti di sogghignare in modo così indecente?”
“Ho le labbra più gustose mai viste prima tutte per me, sto per diventare molto più che indecente,” sussurrò sempre più maliziosamente.
Marte sospirò ma senza scostarsi dalla sua fronte. “Ho ancora così tante cose da raccontarti e da farti vedere.”
“ Spero che almeno ciò che mi devi dire sia piacevole, perché altrimenti, se unito alla mia di storia, diventerà deprimente.”
Marte sogghignò ancora e strinse le braccia attorno al collo del ragazzo.
“Che cosa preferisci fare per prima?”
Draco fece finta di rifletterci. “Per prima cosa io tornerei dentro, farei una doccia, magari per riscaldarci un po’…”
“Oh cavolo!Scusa!” Marte rialzò di colpo la barriera d’aria bollente e la neve smise di cadere sopra di loro.
“Guarda che sei tu quella mezza nuda, io lo dico solo perché non vedo l’ora di coprirti…”

Rientrarono tra le mura del castello, rincorrendosi, superarono la soglia della sala da ballo e salirono le scale, Marte con le scarpe in mano e con la cravatta del Serpeverde annodata stretta intorno al collo e Draco con la camicia bianca del tutto sbottonata a mostrare il suo fisico asciutto e perfetto.
Correre con quell’abito lunghissimo non era una passeggiata e così, quando era costretta a fermarsi per sollevare lo strascico, Draco l’agguantava per la cravatta e la tirava a sé per baciarla, e per recuperare terreno.
Superarono la Zona Rossa, cercandosi con le dita e ignorando i gemiti ed i lamenti provenienti dalle diverse stanze, che apparivano così inadeguati e fuori luogo di fronte all’atmosfera che circondava i due amanti.
Gli occhi di entrambi si facevano sempre più opachi a mano a mano che si avvicinavano al ritratto del Barone Sanguinario, e anche le loro mani si cercavano sempre con più insistenza e ansia.

Il serpente, che avvolgeva la sua schiena ora nuda, risplendeva di una luce ancora più cupa e densa, illuminato dal languore delle fiamme e del fuoco.
Le sue fauci emettevano un roco brontolio di piacere nell’addentare la tenera carne bianca su cui stava strisciando così sinuosamente, ed era talmente affamato da non poter fare a meno di mostrare il suo continuo bisogno di saziarsi.
Il suo occhio argentato, invece, osservava la scena davanti a lui per conto della sua stessa padrona, che, tremante, aveva incrociato le braccia attorno al seno, forse per paura di scoprire cosa avanzava alle sue spalle.
Il giovane signore dei Serpeverde, del quale lui stesso incarnava la fame, si avvicinava con gli occhi ormai del tutto ottenebrati dalla lussuria e dall’impazienza. Il suo corpo agognava intensamente quello della ragazza, tuttavia, una parte di lui, non ancora del tutto in preda all’istinto, costringeva i suoi movimenti a essere lenti, per non spaventarla, ma quella esasperazione dei gesti provocava in lei contrastanti sentimenti di impazienza e paura.
Prima di potersene rendere conto, la prese per le spalle e le accarezzò le braccia, afferrò le sue mani, strette saldamente fra di loro, e le separò per liberare il suo seno, poi spostò i suoi capelli da un lato del collo e la ricoprì di baci lungo la spina dorsale.
“Certo è che questo serpente mi preclude una grossa fetta di pelle da baciare,” sussurrò al suo orecchio ironicamente.
Marte ridacchiò, ma tornò subito a irrigidirsi, quando sentì le dita di Draco scendere nuovamente lungo la sua schiena e superare la coda del serpente per andare ad accarezzare la linea delle sue natiche.
La strinse per i fianchi e si avvicinò nuovamente al suo collo. “Sono io questo serpente, Marte, sono io. E lui ha una gran voglia di mangiarti, da cima a fondo, capisci?”
La afferrò per i capelli e per il lembo della sua cravatta, ancora annodata attorno al suo collo, e con un violento strattone le portò indietro la testa e si impossessò della sua bocca con violenza, lambendo e mordendo le sue labbra e giocando con la sua lingua senza darle tregua.
"Ti avevo avvertita che non sarei riuscito a controllarmi."
In breve Draco s’impossessò di lei, la rese incapace di capire, e Marte fu vittima dalla cupidigia del serpente che, come un virus, aveva infettato tutto il suo corpo ed infine anche la sua mente, non appena i loro corpi erano entrati in contatto.
Fu amore ma anche sesso, con tutto ciò che di selvaggio poteva esistere.
Draco giocava con il suo corpo come se non fosse mai stato abbastanza, come se avesse dovuto toccare e baciare ogni singolo triangolo di pelle, come se avesse dovuto schiavizzarla al suo volere. La sua pelle, il suo seno e il suo inguine non avrebbero mai gioito così tanto nuovamente. Le sue labbra bruciavano come l’inferno e il suo collo e le sue cosce pulsavano dal dolore.
I loro corpi si erano mossi da soli, senza essere comandati da nessuno, in un pieno vortice di follia. Quelle volte in cui si era ritrovata sopra di lui, si era sentita sinuosa, la sua schiena s’inarcava, le sue membra si muovevano da sole e mandavano al suo cervello continue scariche di piacere e non appena, in quella massa di coperte, sudore, capelli e pelle, incontrava lo sguardo perso di Draco, si ritrovava nuovamente inchiodata al materasso, con le braccia attorno al suo collo a gridare e ringhiare.
Si sentiva così calda, bollente e completa. Avrebbe voluto continuare quel rito senza smettere mai, con Draco, con le dita ad accarezzare i muscoli guizzanti della sua schiena e ad osservare i suoi occhi, sempre nascosti da qualche ciuffo ribelle.
‘Questa è la vera libertà,’ pensò.
Evidentemente Draco si accorse della sua momentanea assenza e diminuì le spinte.
“Hai male?” le chiese solleticandole il seno con le labbra.
Marte vide il suo capezzolo inturgidirsi e gemette debolmente.
Negò e si alzò lentamente con il capo, poi con il busto, finché non si ritrovò seduta a calcioni sopra di lui.
 “Voglio fare una cosa, Draco, tu solo non smettere,” gli disse con quel poco di voce che ricordava di avere.
Così, ritornata alla posizione iniziale, coinvolse Draco in un bacio molto profondo e fece nuovamente ciò che aveva giurato di non fare più.
Si spinse con il pensiero in lui ma si accontentò della superficie. Lì entrò in contatto con le emozioni di Draco, con i suoi istinti, con i suoi desideri, con ciò che stava provando in quel momento e vide piacere, semplice e puro. Lo colmava totalmente e comandava ogni suo movimento, ogni suo gesto.
Inizialmente questo la spaventò, un uomo dominato completamente dai suoi istinti è un uomo pericoloso, ma poi si tranquillizzò: cosa poteva esserci di male nel fare l’amore?
Dentro Draco non c’erano domande, non esistevano dubbi, non c’era ragione, era libero. I suoi pensieri erano semplicemente rivolti al suo corpo e al loro piacere, nulla di più, dunque capì e abbandonò ogni difesa per immergersi nella sua passione.
E Draco, con quell’energia nuova a colmarlo, non sentendo più la stanchezza si fece più veloce e, resosi conto del ritmo rapido del respiro e dei movimenti della ragazza, pronta ad assecondarlo, si liberò dentro di lei, nella sua mente e nel suo corpo contemporaneamente, disperdendo tutta la sua libido, unendosi a lei, come testimoni di quella magia che aveva cancellato i confini dei loro corpi e li aveva resi uno solo.


“È da più di un’ora che mi fissi, piantala.”
Aveva dormito solo due ore quella notte, Draco nemmeno una.
L’aveva cullata e coccolata aspettando che lei si assopisse, poi si era alzato, si era infilato i pantaloni del pigiama e si era seduto su una delle due poltrone vicino al camino, contemplandola nell’aspettare che si svegliasse.
“Siamo sempre così allegre la mattina, dopo aver fatto dell’ottimo sesso?” domandò sarcastico, passandosi una mano fra i capelli.
Marte, che era sdraiata a pancia in giù, per via dei cuscini e dei suoi lunghi capelli che le oscuravano la vista, non poté vedere quale fosse la sua faccia, ma dal suo tono di voce avrebbe scommesso tutto quello che aveva nel dire che, in quel momento, Draco stesse sfoggiando un’espressione di completa soddisfazione.
Inarcò la schiena leggermente e poggiò la testa su una mano per poterlo guardare meglio.
“Non so come tu sia abituato, ma dopo aver fatto l’amore,” iniziò calcando apposta sul termine, “ Io vorrei avere il mio uomo a letto con me per tutta la notte.”
Draco le rispose con un ghigno. “Lo terrò a mente per la prossima volta, mia signora, peccato che adesso sia già mattina.”
La ragazza sgranò dapprima gli occhi, non essendosi resa conto del passare del tempo, ma poi si stiracchiò come un gatto, facendo mostra del suo bellissimo tatuaggio.
“Ecco perché sono così stanca.”
Si mise a sedere, coprendosi con il lenzuolo, e mise mano sotto il cuscino, sperando di pescare il suo pigiama in quel marasma, ma non trovò nulla, allora cerco i suoi slip fra le coperte ma la sua ricerca andò a vuoto.
Poi alzò gli occhi verso Draco. “Senti, non è che per caso vedi…qualcosa di mio per terra?”
Il ragazzo già aveva iniziato a muovere il capo negativamente senza nemmeno dare un’occhiata in giro, per gustarsi il suo dolcissimo imbarazzo.
“Perché non guardi nell’angolo là in fondo, piuttosto, magari è volato lì,” le propose, accucciandosi meglio sulla poltrona e poggiando il mento sul ginocchio, per spingerla ad alzarsi.
“Chissà come c’è finito, eh Draco?” accennò poco convinta “Sei impossibile.”
“Sinceramente non ricordo, sarà che ero talmente impegnato a fare altro che non mi sono preoccupato della mira, ho paura che i tuoi vestiti siano disseminati ovunque.” Sorrise machiavellico.
Tuttavia Marte non arrossì come si sarebbe aspettato, ma gli sorrise astutamente.
Accio pigiama!”
In pochi secondi, davanti allo sguardo basito di Draco, volarono da lei un pantaloncino corto e una delle sue canottiere, e la ragazza si rivestì tranquillamente davanti a lui.
“Questo si chiama uso di materiale illegale. Non è leale.”
“E perché?” chiese, facendo attenzione a come infilare la maglietta, “Tu sei molto più furbo di me Draco, quella è la tua arma, io ho la mia, ti dovrai solo ingegnare di più.” concluse avvicinandosi alla poltrona e ravvivandosi al contempo i capelli con una mano.
“In effetti, chi sono io per dirti di usare mezzi leali? Ingannare e mentire sono le mie specialità, non c’è molto di onorevole,” sussurrò, perdendo di colpo tutta la sua ironia.
Marte si avvicinò a lui e lo baciò gentilmente sulla fronte. “Tu non sei solo questo, Draco Malfoy. Tu sei leale, carismatico, intelligente, sei un leader insomma…”
Improvvisamente sentì qualcosa sfiorare la canottiera all’altezza dei capezzoli e abbassò lo sguardo.
“Tu invece sei un’ingenua, Marte,” sussurrò il ragazzo, continuando a disegnare dei cerchi con le dita all’altezza dei seni, “Hai dimenticato di dire quanto sono bravo a letto, anche questo fa di me un leader?”
Marte sbuffò e si allontanò di qualche passo, lievemente imbarazzata.
“Guarda come sono già belli gonfi, il tuo corpo percepisce ogni mio singolo comando, ogni mio tocco, mi ascolta, non è incredibile?” esclamò con gli occhi brillanti dalla meraviglia.
“Non sperare che duri per sempre, mio caro.”
“Lo so che è chiedere troppo ma non posso dimenticare stanotte e quello che hai fatto, anche se più passa il tempo più tutto è confuso. Come hai fatto?”
Marte alzò le spalle. “Ti ho letto nel pensiero.” Rispose modestamente.
Draco sbuffò e tornò a sedersi composto, poggiando le mani sui braccioli della poltrona. “Certo, facile, bello. Provamelo.”
Lei lo guardò, con occhi roventi per la provocazione, facendo partire una decina di fiamme dirette a lui. Comunque accettò la sfida e dopo pochi secondi che si squadravano, lo sgridò “Piantala di guardarmi il seno, sei patetico.”
“E ora?”
Marte si voltò nuovamente verso di lui, infuriata. “Ancora? La vuoi smettere di farmi le lastre? Sei irritante!”
“È incredibile,” lo sentì esclamare per la prima volta, “ e molto interessante e vantaggioso.”
“Perché invece non ci dedichiamo a te?”propose sedendosi sulla poltrona di fronte a lui. “E non mentire perché lo saprò.”
Draco corrugò la fronte, contrario alla possibilità della cosa.
“Allora, cosa mi nascondi, Draco?”
Lui sogghignò. “Vediamo che questo scambio di informazioni sia pari, una verità ciascuno?”
“Mi pare equo.”assentì, rispondendo al suo ghigno.
“Molto bene,” prese un grosso respiro “Mio padre è un bastardo Mangiamorte, anche se probabilmente non sai nemmeno cosa siano,” iniziò schietto schietto. “ti dovrò spigare tutto.”
“Non sono una sprovveduta.”
“Ah già,” esclamò con un sorriso ben poco allegro, “Dimentico spesso che sei amica di Miss Castoro Granger, che stupido!”
“Lei non centra,” rispose come se lo stesse ripetendo per la decima volta.
“Certo che no. Comunque sai chi sia il mio papino, Lucius Malfoy? Sono colpito! Mi risparmi un lunghissimo racconto.”
“Non so se ti possa consolare ma, sin dal primo momento in cui ti ho conosciuto, non mi sei mai sembrato suo figlio,” mormorò per fermare la sua gelida ironia.
Il suo sguardo si fece di colpo più duro.“Come fai a dirlo?” 
“Perché ho conosciuto tuo padre e molti altri, tutti i suoi amici di gioco.”
Draco si alzò dalla poltrona e le si avvicinò e nel sentire la sua presenza Marte si appiattì contro lo schienale e attese.
“Quanto sai in verità? Perché non mi hai mai parlato prima?”
Fece per alzarsi ma lui la respinse sulla poltrona per costringerla a parlare. “Non ti ho parlato prima perché sapevo che fossi suo figlio ma non sapevo da che parte fossi. Se Lui avesse saputo che il figlio di uno dei suoi Mangiamorte era mio amico, avrebbe fatto di tutto per ferirmi, e ferire te. Poi però ho visto l’odio che ti lega a tuo padre e mi sono convinta che tu non avresti mai acconsentito a farmi del male, anche perché ti stavi affezionando a me.”
“Per questo facevi finta di non sapere cosa fossero, Mangiamorte, Tu-Sai-Chi, Potter…”
“Certo,” rispose annuendo, “meno sapevo, ai vostri occhi, e più possibilità avevo di tenere un profilo basso e non insospettire nessuno. Non stata proprio una gran fortuna finire in un covo di piccoli assassini.”
“E non è stata un colpo di fortuna nemmeno conoscermi, figlio di un maledetto bastardo, viscido e stupido. Mio padre vive per Voldemort e per la sua missione, ucciderebbe la sua stessa madre se servisse a qualcosa, intanto rende a suo figlio la vita impossibile con allenamenti e torture varie.”
Marte sobbalzò. “Torture?”
“Non ti preoccupare,” le sorrise, “Non si possono vedere le mie ferite.”
Peccato che le sue parole non la tranquillizarono affatto.
I loro occhi non si staccarono nemmeno per un attimo, durante il quale Draco si chinò su di lei, reggendosi grazie ai braccioli della poltrona, e congiunse le loro labbra in bacio gentile e profondo.
“Io non mi pento di nulla, Draco, io volevo concedermi a te, io voglio dirti tutto. Non m’importa di chi sei figlio, solo ti impedirò di seguire il suo cammino. Ti ucciderò se posso.”
“Grazie.” E la baciò nuovamente.

Sistemate le coperte, a letto la discussione andò avanti con più tranquillità e serenità. Avvolti dal calore dei loro stessi corpi, scambiandosi carezze e baci ad ogni verità rivelata, arrivarono fino in fondo alla loro storia.
L’infanzia tumultuosa di Draco, il suo arrivo ad Hogwarts e il senso di appartenenza che sentiva quando si riuniva con i suoi compagni in sala comune. La sua continua paura della marchiatura, non solo sua ma di tutti i suoi compagni con genitori Mangiamorte: Theo, Blaise, Pansy, pure Gioia! Come potevi immaginare una bellezza così pura come la sua marchiata da un simbolo orrendo, condannata ad un’eternità di servizio, coperta da una coltre nera di pece. Nessuno fra loro osava parlare della questione, anche se le frasi, che spesso si scambiavano, sottintendessero il loro rammarico per un destino che non potevano mutare e la loro quasi definitiva rassegnazione.
Pansy e Blaise si sarebbero sposati per via delle loro famiglie, mentre Theodore avrebbe per sempre nascosto la sua infatuazione per la bella Serpeverde dietro una maschera di freddezza e furbizia.
Draco, invece, sarebbe diventato l’erede di una casata sulla via della rovina, la follia di suo padre era diventata incontenibile tanto che neppure sua madre aveva più la forza di opporsi.
“La famiglia dei Malfoy ritornerebbe potente se tu diventassi il nuovo braccio destro di Lord Voldemort,” affermò con sicurezza, senza smettere di strusciare contro il suo fianco per trovare la posizione migliore.
“Perché mi dici questo?”
Marte alzò lo sguardo su di lui e lo guardò seriamente. “Draco tu sei intelligente, abile, scaltro, mantieni sempre i nervi salvi e sai sempre ciò che vuoi. Sapresti come comportanti davanti a Tom, non come un servo ma come il suo più potente alleato.”
“Il Signore Oscuro non accetterebbe mai consigli da un ragazzo,” rispose, considerando impossibile la cosa.
“Non è vero, Draco, io lo conosco, e so che tu gli piaceresti molto,” gli disse accarezzandogli la punta del naso. “Sei potente e fai valere le tue proposte, non gli parleresti con la paura di essere ucciso ma con la certezza di seguire i tuoi stessi ideali, non i suoi. Sempre se i tuoi ideali fossero quelli.”
E ancora la certezza di percorrere un cammino che ha come obiettivo uno non scelto da loro. Prendere il posto dei propri genitori spesso significava diventarne la copia. Diventarne i sosia nella loro malvagità, nella loro ignoranza e nella loro pazzia.
“Perché il Signore Oscuro ha scelto mio padre, Marte, o Bellatrix? Perché proprio loro?”
“Io penso che siano stati il suo bel modo di parlare e il suo bell’aspetto ad ingannarli," fece una pausa. "Poi sono impazziti con lui.”
Draco, per la prima volta, si lasciò scivolare verso il basso, per appoggiare il capo sul suo seno. “Ti faccio male? Peso?”
“No, appoggiati” giocando con un ciuffo biondo dei suoi capelli.
Con un grosso respiro il ragazzo si lasciò andare completamente sopra di lei e avvolse le braccia attorno alla sua vita.
“Perché siamo sempre legati ad un passato che non vogliamo e siamo obbligati a vivere un futuro non nostro? Io non desidero lavorare al Ministero e fare il doppio gioco per un pazzo, né voglio uccidere, combattere, minacciare.” Poi sorrise, solleticando la sua pelle con le labbra. “Perché no, invece? Potrei anche fare tutte queste cose, mi vengono naturali, ma solo se sarò io a volerlo, non perché qualcuno me lo ha ordinato.”
“Allora non è difficile, Draco, ti manca solo decidere cosa vuoi fare della tua vita per conto tuo. Tu vuoi essere libero ma in verità lo sei già, qui con me.”
Draco si sollevò sui gomiti per baciarla, tra una parola e l’altra.
“Io sono libero con te, ma fuori da questo bacio, fuori da questa camera, io devo considerare anche i miei compagni, Marte,” si rimise comodo su di lei. “Loro contano su di me, io sono il loro principe Serpeverde, questo è un vantaggio ma soprattutto un dovere.”
Marte gli accarezzò il viso e gli stampò sulla fronte un lungo bacio.
“Sai, ora non so più cosa sia meglio, avere dei genitori come i tuoi o nessuno. Io sono orfana, Draco.”
E in meno di venti minuti la verità sui numerosi viaggi lavorativi dei suoi genitori venne alla luce, così anche la misteriosa presenza di suo fratello nella sua vita e la sua adolescenza rovinata da Voldemort.
Vivere nel covo, fra decine di Mangiamorte sempre a controllarti, era spaventoso, come vivere in un buio castello pieno di ombre e creature malvagie nascoste dietro ogni angolo.
Le lezioni di magia, la fatica e la consapevolezza di essere sola e di poter contare solo sulle periodiche visite di suo fratello, che comunque era rimasto un estraneo quasi fino alla fine, fino alla sera in cui avevano fatto l’amore.
Ma questo non lo poteva raccontare a Draco, non ora che si stava aprendo per la prima volta con qualcuno, non ora che capiva di desiderare qualcosa, e quel qualcosa implicava lui.
Già al solo pensiero si sentiva scuotere dal profondo. Al solo ricordo delle sue mani fra quei capelli biondi e brillanti come il grano maturo, di quegli occhi, così simili ai suoi, che la scrutavano maliziosamente, iniziava a tremare visibilmente. Tentava in tutti i modi di rimanere disgustata da ciò che aveva fatto, tuttavia, nei suoi ricordi, quell’atto, almeno da parte sua, era stato fatto per amore.
Ma non poteva soffermarsi solo su quella vicenda, doveva anche raccontare la verità sui suoi poteri. Su come fossero legati alle sue origini sconosciute, alla sua famiglia e a quella dannata bacchetta che si doveva portare sempre dietro. Nascondere la decima menzogna con una verità.
“Dunque hai vissuto con una famiglia di babbani fino a quando tuo fratello non ti ha trovata e portata dai Mangiamorte, ma perché?”
“Aveva fatto un patto con Tom, affinché anch’io diventassi un’assassina al suo servizio. Tom da sempre aveva desiderato possedere il potere della mia famiglia, qualsiasi cosa sia, e mio fratello mi ha offerto a lui su un piatto d’argento: giovane, influenzabile, inconsapevole della propria forza, perfetta per essere un soldatino nelle sue mani.”
Marte continuò a tracciare le linee della sua mano per distrarsi mentre lei stessa raccontava. “Pensa che addirittura,” ironizzò, “Iniziai a considerarlo un mio amico, l’Oscuro Signore, quando lui tradì la mia fiducia, uccidendo Lilium,” sospirò faticosamente. “Non augurerei una morte simile a nessuno.”
Draco la strinse ancor più forte fra le sue braccia e posò una guancia sul suo ventre. “Così la tua ricerca è legata ad un nome falso e ad un potere sconosciuto. La tua magia è una cosa fantastica, ma non ti sarà utile finché ti rende più debole che forte.”
“Lo so.”
“Cosa pensi di fare?”
“Sempre che io non vada a chiedere direttamente spiegazioni a Voldemort, e ritornare a casa da morta, dovrò trovare un’altra maniera o rassegnarmi.”
Di colpo Draco si alzò dal suo ventre. “ E se cercassi di scoprire qualcosa da mio padre?” ipotizzò.
Marte storse il naso e prese il volto del ragazzo fra le mani. “Io la trovo una pessima, pessima idea.”
“Troppo tardi, sono già convinto. Chiederò anche a Theo di fare una ricerca per me e vedremo.”
“Odio quando le persone fanno il contrario di ciò che chiedo,” affermò contrariata, allontanandosi dal ragazzo.
“Beh, potresti convincermi con la mente a non farlo.”
“Purtroppo è una delle cose che non mi sono concesse,”brontolò. “Non posso comandarla.”
“Non importa, prova a leggermi ora,” la pregò Draco con un sorriso.
Il broncio che aveva messo su, scomparve immediatamente. Si mise seduta e mentre cercava di guardare dentro i suoi occhi, posò le dita sulle sue tempie e si concentrò.
Entrò in superficie e subito venne investita da un serie turbinosa di emozioni che un po’ la fecero ridere ma soprattutto arrossire, poi vide un pensiero lasciato infondo, ma più intenso di tutti gli altri, così si addentrò, cercando di contenere la curiosità, ma proprio quando stava per toccare quella sensazione venne sbalzata fuori dalla mente di Draco.
“Mi hai buttato fuori!” esclamò, riaprendo gli occhi. “Come?”
“Semplice Occlumanzia,” rispose con tono da saputello, “Ho capito fino a che strato ti eri introdotta e con un po’ di volontà ti ho spinto fuori, inoltre eri pure impreparata, nulla di più facile!”
Marte sorrise, quasi orgogliosa, poi però fece una smorfia, “Proprio ora che avevo visto qualcosa, era come una sfera di luce, si allargava attimo dopo attimo ed era bella, molto bella.”
“La tua curiosità è davvero stimolante,” e la baciò.






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Capitolo 18
*** 18. ***


18° B.F.T
Diciottesimo







La partenza da Hogwarts le aveva messo addosso una tristezza enorme.
La notte appena conclusa era stata incredibile, ma le sembrava già lontana anni luce. Anche il ricordo iniziava ad essere sostituito da un grave senso del dovere.
Non si era mai divertita tanto: aveva ballato con Harry, con il suo Ron e anche con alcune amiche, aveva riso e anche bevuto, per una volta tanto, e si era stupita dell’incredibile simpatia di quel Nott Serpeverde che aveva sempre cercato di ignorare…insomma era stata una serata magica sotto tutti gli aspetti.
Si era sentita bene, bella, piena di attenzioni ma ora doveva smetterla di sognare e tornare al presente.
Lo scompartimento era silenzioso come un cimitero; evidentemente anche i suoi amici si sentivano sconfortati quanto lei.
Ginny aveva litigato con il suo attuale fidanzato, Cormac, davanti al binario e, invece che consegnargli il suo regalo di Natale, lo aveva affatturato.
Ron, beato lui, dormiva sin da quando si era seduto, ed ora teneva dolcemente la testa appoggiata sulle sue gambe.
Harry invece vagava per cieli al di là della sua comprensione: davanti a tutta la scuola Cho Chang l’aveva baciato, e ad un bacio ne erano seguiti altri venti. Non aveva più connesso per il resto della serata.
‘Che bello l’amore!’ pensò ironicamente.
Gli unici a non potersi lamentare erano Marte e quella serpe di Malfoy. Li aveva intravisti correre su per scale ridendo come pazzi e per un attimo si era estremamente pentita di aver convinto l’amica a comprare quell’abito.
Anche se di coppie ne aveva viste di più disparate…
“Harry, dopo quella volta che hai provato a contattare Sirius, non l’hai più sentito, vero?”
Il Bambino sopravvissuto staccò la fronte dal vetro e sembrò riconquistare una lieve consapevolezza di sé. “No, purtroppo, e anche in quel caso la comunicazione è durata poco, altrimenti mi sarei fatto scoprire. Diventa sempre più difficile sfuggire a quella…ora che anche Gazza e il suo stramaledetto gatto sono dalla sua parte, non ha più nemmeno bisogno della magia per appendere i suoi decreti,” ritornò a guardare fuori dalla finestra e sospirò, “Mi chiedo solo perché Silente non stia facendo nulla, è la sua scuola, no?” affermò con rabbia crescente.
“Lo so che sei frustrato Harry, ma sono sicura che con il nostro gruppo le cose cambieranno, la faremo imbestialire!” concluse raggiante, con tono basso e subdolo.
“Secondo me la tua amicizia con Marte ti ha reso un po’ troppo viscida, Hermione,” le disse sorridendo.
Lei sorrise di rimando, e sfiorò i capelli di Ron con le dita, “Malfoy potrebbe dirle lo stesso.”

“Ricapitolando,” iniziò Hermione.
Erano riuniti tutti e tre in camera sua e di Ginny a discutere sul come si sarebbero mossi per il primo incontro della loro classe.
Indicò la mappa del Malandrino posata a terra in mezzo a loro, e seguì un tracciato che partiva da ogni sala comune fino al settimo piano e alla stanza delle necessità.
“Faremo arrivare ogni gruppo in tempi diversi, affinché non si formi un sovraffollamento di studenti tanto da far sospettare qualcosa, prima i Grifondoro e poi a scalare gli altri. La puntualità è fondamentale.”
“Hermione, mi fai davvero paura quando prendi il comando,” poi diede una gomitata all’amico di fianco a lui, “Harry fa qualcosa.”
“Abbiamo capito Hermione, l’hai ripetuto centomila volte, la lezione la sai a memoria,” disse nel tentativo di tranquillizzarla, “non ci resta che inviare il messaggio tramite i galeoni falsi che hai prodotto.”
Hermione annuì e recuperò il galeone che teneva in tasca.
Iniziò a maneggiarlo, scuotendo ogni tanto la testa quando muoveva un numero invece che un altro. “Certo che questa moneta è stata davvero un colpo di genio, siamo impazzite nel prepararle… Ecco fatto!”
La moneta di prova che Ron stringeva in mano divenne talmente incandescente che dovette buttarla a terra.
“Brucia da morire!”
Hermione sorrise e si morse le labbra. “Forse abbiamo esagerato, ma almeno così siamo sicuri che tutti lo guarderanno.”
Infatti, da ogni parte del mondo ogni ragazzo si ricordò del dovere che lo aspettava già dal primo giorno di scuola.
In molti presero la moneta e imprecarono per il calore, altri, più previdenti, usarono addirittura delle presine, tutti però la nascosero alla vista e si ricordarono del dovere con un misto di orgoglio e paura, al pensiero di ciò che stavano per fare.

“ahio!” Infilò svelta la mano nella tasca dei jeans e vi sfilò uno dei galeoni che aveva prodotto insieme ad Hermione e che lei stessa le aveva consegnato giorni prima del Ballo.
I numeri si stavano lentamente disponendo per formare una data e Marte fissò intensamente con soddisfazione il risultato del loro lavoro.
‘Se fosse stato un po’ meno caldo, sarebbe andato ugualmente’ pensò, ricordando il rigore con cui Hermione aveva operato, ‘Ma un po’ più di scrupolo va sempre bene.’
“Ti devo venire a recuperare o pensi di farcela?” le urlò Draco da lontano.
Quella sera stavano andando a Londra per festeggiare l’inizio della scuola, e quale modo migliore se non fare un po’ di casino?
Mentre gli altri erano andanti avanti, Draco e Theo la stavano aspettando, l’uno fumando e l’altro con le mani saldamente in tasca.
“Sarebbe davvero carino da parte tua darti una mossa, angelo mio,” le disse non appena li ebbe affiancati.
Lei lo guardò e anche senza bisogno di leggerle nel pensiero lui capì perfettamente e sorrise.
‘Dopo me la paghi.’

Dopo che ebbero inviato il messaggio, attesero alcuni secondi, riuniti, a fissarsi, come per aspettare una magica risposta.
Il respiro di Hermione era accelerato ed irregolare, picchiettava le mani sulle cosce ma, quando la signora Weasley chiamò per la cena, si alzò di scatto, prendendo tutti contropiede.
“Quel che è fatto è fatto!” esclamò improvvisamente raggiante.
“Grazie al cielo si mangia, era ora, lo stomaco mi si è ritorto dal nervoso,” brontolò Ron, alzandosi e seguendo l’amica.
“Non dirlo a me,” rispose Harry, alzando gli occhi al cielo.
La cena passò leggera e divertente, assaporando i manicaretti che la madre di Ron aveva preparato.
Harry, in compenso, si godeva le ultime ore a disposizione per stare in compagnia di Sirius.
Solo lui lo poteva capire ed era l’unico a trattarlo come un adulto, senza nascondergli nulla.
“Voldemort sta facendo strage di Babbani e Mezzosangue negli ultimi mesi ma l’Ordine pensa che questo sia solo un modo per sviare la nostra attenzione. Lui sta cercando qualcosa, tutti i Mangiamorte che lavorano al Ministero sono in pieno fermento e gironzolano sempre attorno all’ufficio misteri in cerca di chi sa quale diavoleria o arma. Te lo avrei detto prima se non fosse stato troppo rischioso mandarti un gufo…”
Harry annuì mestamente, “Hai ragione, ormai la Umbrige setaccia ogni centimetro di posta che le passa sotto il naso,” allungò la mano sul tavolo per mostrare al padrino le scritte incise sulla pelle dalla penna dell’inquisitrice.
Sirius osservò con odio profondo ma anche con dolore la scritta tremenda:
‘Non devo dire bugie.’
“Non m’importa della scritta, Sirius, e non mi importerebbe nemmeno se fosse scritta sulla faccia, ma non voglio che il mio male sia gratuito.”
Di colpo gli occhi dell’uomo si illuminarono di una luce birichina e giovanile che lo fece sorridere. “Cosa hai in mente?”
Harry si sporse sul tavolo per non far sentire i loro discorsi alla signora Weasley, che sicuramente non avrebbe approvato.
“Insegnerò agli studenti come combattere!” esclamò ormai tutto esaltato e contento del suo atto d’insubordinazione. “Tutto è pronto, sarà fantastico!”
Anche Sirius rispose alla sua contentezza con un sorriso complice, poi gli posò una mano sulla spalla e la strinse forte. “In questi momenti mi sembra davvero di parlare con tuo padre, lui adorava mettersi contro le autorità, era una sua dote, se possiamo chiamarla così!”
“Più che altro, in verità, non lo faccio per andare contro alla Umbrige,” strinse forte i pugni sul tavolo, “Ciò che mi infastidisce è il menefreghismo assoluto di Silente nei confronti della sua scuola, perché non fa nulla? Si sta facendo soffiare il posto sotto il naso e l’unica cosa che sa fare è rispettare il ministero…al diavolo le leggi! Se lui non farà nulla, noi insieme faremo qualcosa!”
Sirius ascoltò rapito il suo racconto e batté orgogliosamente i palmi delle mani sul tavolo, attirando l’attenzione di tutti che li guardarono confusi, non capendo il motivo delle loro risate.
“Ah! Sei proprio il degno figlio di James, e il mio figlioccio. Sono fiero di te, anche se in verità dovrei sgridarti, però ti prego solo di una cosa,” lo fissò per alcuni secondi, come per imparare a memoria i lineamenti del suo viso, poi sospirò ed infine sorrise arruffandogli i capelli già di se spettinati, “Non combattere mai da solo, stai sempre con Ron ed Hermione. Sei il prescelto Harry, lo sappiamo, ma non devi fare per forza tutto da solo, hai molti amici vicino a te.”
Harry annuì. “Lo terrò a mente, ma anche tu non fare cose stupide per favore,” aggiunse sorprendendolo con il suo tono autoritario, “So bene quanto possa essere orrendo passare ogni singolo giorno da solo, in compagnia del ritratto di tua madre, però sappi che tu sei la mia famiglia e non voglio perderti. Quindi non so, leggiti un libro…trova un modo per distrarti, portati delle ragazze a casa…quello che vuoi…ma non farti scoprire.”
Sirius sorrise e ancora una volta gli arruffò i capelli. “Non ti preoccupare, Harry, la mia proposta di venire a vivere con me rimarrà valida, per quanto riguarda la comunicazione a distanza, nel caso avessi bisogno di me, ti regalo questo specchio.”
Dopo aver frugato per diversi secondi nell’enorme tasca della sua giacca, ne tirò fuori uno specchietto ottagonale, largo quanto il palmo di una mano e dai bordi taglienti.
“Ogni volta che James ed io gli usavamo, ci prendevano subito in giro pensando che ci stessimo truccando!” esclamò con una risata profonda, “Tuttavia ci furono molto utili durante le punizioni e anche in seguito…comunque ti basterà chiamare il mio nome ed io risponderò immediatamente tramite il mio specchietto, tutto chiaro?”
“Grazie Sirius!”
“Ma dimmi ancora una cosa, avete trovato un nome per questa classe?”
Harry ci pensò su, “Veramente non abbiamo mai nemmeno pensato a dargli un nome,” rispose con sincerità, “Non ci siamo mai nemmeno posti il problema.”
“Beh, questo è sbagliato. Spesso un nome da autorità Harry, guarda ad esempio il Signore Oscuro…nessuno osa nemmeno pensare il suo nome! Pensaci bene Harry, non è essenziale ma potrebbe rendere la tua ‘classe’ più unita…” concluse alzando le spalle.


“E così stiamo per affrontare due guerre, una contro Tu-Sai-Chi e una contro quella simpaticona della Umbrige,” esclamò Ron, sdraiato sul letto, stanco e satollo, rivolto agli altri due. “ah, dimenticavo, in verità sono tre! Ci aspettano anche interminabili ore di studio in attesa del suicidio di massa, i G.U.F.O, che felicità!”
“Certo che con te, Harry, il tempo vola quando ci si diverte!” concluse infine con tono ironico.
Il Bambino Sopravvissuto non poté ribattere ma, al contrario, si limitò a sogghignare e anche Hermione ebbe la stessa reazione.
“Ma scusa, Ron, che vita sarebbe senza affrontare un casino diverso ogni nuovo anno, ci sentiremmo poco impegnati, non ti pare?”
“Mi sa che hai ragione, potrò anche sembrare pigro, ma la verità e che non so neanche cosa voglia dire esserlo!”
“E poi un minimo di attività fisica fa sempre bene, non è vero Ronald?” lo scimmiottò Harry, scoppiando a ridere.
“Fai tanto il furbo tu, ti voglio proprio vedere fare lezione di Difesa alla tua Cho Chang…” calcò sul nome, cercando di mimare l’accento cinese, “Sarà davvero interessante…” terminò, prendendolo in contropiede.
Hermione abbassò il capo come se fosse imbarazzata, ma la verità era che pure lei aveva notato come Harry aveva osservato la Corvonero durante il loro ritrovo a Hogsmade, ed inoltre aveva visto ‘dal vivo’ il modo in cui si erano baciati durante il ballo.
Di certo erano stati un’ottima distrazione, tuttavia avrebbe preferito non assistere mai più ad una scena simile in pubblico.
Diciamo che nel preciso istante in cui le labbra del suo amico avevano toccato quelle della ragazza, aveva visto il loro passato insieme sfaldarsi e rompersi, l’ Harry bambino non esisteva più, ormai tutti e due i suoi amici erano diventati uomini e questo, in un certo senso, la spaventava.
Perché lei non riusciva ancora a compiere quel passo? Perché lei, che era più matura ed intelligente di loro, non poteva avere la sua storia d’amore?
Marte le aveva più volte detto che sarebbe arrivato l’attimo giusto e che avrebbe trovato la forza per buttarsi, tuttavia spesso si sentiva piena di amore, in implosione, e stava male perché non poteva trasmettere quel sentimento a nessuno, era frustrante.
E pensare che con Victor non le era sembrato così difficile, però era anche vero che Krum si era rivelato un ragazzo totalmente diverso dagli altri, più freddo, rigoroso, distaccato, troppo simile a lei per diventare qualcosa di più che amici.
Ma la verità era quella, finché non avesse trovato il coraggio dentro di sé, i ragazzi avrebbero continuato a provare timore nei suoi confronti e nessuno, tanto meno Ron, si sarebbe messo con lei.
“Per ora preoccupiamoci del presente, con la nostra classe vedremo cosa succederà, per quanto riguarda i G.U.F.O, ti basterà studiare, Ron, come le persone normali!” lo ammonì ferocemente.
Lui evitò il discorso studio, e si girò verso la parete, facendo finta di dormire.
“Per quanto riguarda la classe, Herm, che ne dici di trovarci un nome?”le domandò Harry, pensieroso.
“Sì, non penso sia una cattiva idea, cosa proponi?”
“Veramente non ho un granché in mente,” confessò, facendo volare in aria con la bacchetta il modellino di Firebolt che Ginny gli aveva regalato per Natale. “Io pensavo a qualcosa del tipo ‘Esercito di Silente’, come ti suona?”
Gli occhi della ragazza si spalancarono per la sorpresa e iniziò subito a scribacchiare su un pezzo di carta per non farsi sfuggire l’idea. “Esercito di Silente, E.S, mi sembra perfetto, autorevole, potente insomma!”
“Proprio quello che stava cercando…” mormorò, ripensando alle parole che aveva detto a Sirius a cena.
‘Se lui non farà nulla, noi insieme faremo qualcosa!’

Non capì perché, ma se l’andata era stata deprimente e triste, durante il ritorno in treno si sentì come un fascio di nervi.
Non riusciva a stare ferma tanta erano l’ansia e l’agitazione che sentiva.
In parte non vedeva l’ora di mettersi al lavoro con l’E.S, informare Marte sulle novità e prepararsi alla sera dell’incontro, dall’altro lato, però, aveva paura di essere scoperta, temeva che il piano, che avevano ripetuto e ripetuto all’infinito, fallisse  e che la Umbrige li cacciasse dalla scuola per sempre, ma più di tutte queste cose, per la prima volta, temeva per il loro destino. Che cosa avrebbe fatto se un giorno si fosse trovata davanti a Lord Voldemort, sarebbe scappata o avrebbe mantenuto il suo coraggio Grifondoro fino alla fine?
Continuava a domandarselo, in attesa del momento fatidico, e pregava per la seconda opzione, ma perché rischiare la vita, dopotutto? Per salvare la fiducia che i suoi compagni avevano in lei oppure per salvare il rispetto che aveva per se stessa?
Scossa la testa davanti a tutte quelle domande inutili, era o non era una Grifondoro?
Staccò la fronte dal vetro dello scompartimento e lanciò uno sguardo ai suoi amici.
Harry stava ripassando la teoria di alcuni incantesimi che avrebbe spiegato quella sera, Ron invece leggeva interessato il Cavillo, mordicchiando, di tanto in tanto, una cioccorana.
Chissà se anche loro avevano le sue preoccupazioni. Avevano paura?

Marte fissava irritata la parete che portava alla Sala Grande. Questa era costellata da numerosi quadretti, ognuno contenente un decreto istituito dalla benvoluta professoressa Dolores Jane Umbrige, Inquisitrice Suprema di Hogwarts e undicesima piaga d’Egitto.
In particolare la ragazza ne stava fissando una, che non preannunciava nulla di buono.

Tutti i gruppi studenteschi sono sciolti da questo momento in avanti.
Per ripristinare un gruppo studentesco è necessario rivolgersi all’Inquisitore Supremo e ottenere il suo esplicito consenso.

La Umbrige sospettava qualcosa, non c’era dubbio, ed Hermione avrebbe preso malissimo la notizia, si sarebbe agitata e ciò non era bene per una come lei che adorava mantenere il controllo.
Scosse la testa con un sospiro e resistette alla tentazione di far saltare tutto per aria.
Abbassò lo sguardo e mise le mani nelle tasche della tunica prima di entrare per fare colazione. Quella sarebbe stata l’ultima mattina in assoluto in cui le sarebbe stato permesso fare con comodo senza temere di arrivare in ritardo a lezione; e per quanto triste fosse quel pensiero, non aveva alcuna intenzione di sprecare l’ultima giornata di vacanza in inutili preoccupazioni. Si doveva preparare all’arrivo della tempesta Hermione e aveva bisogno di fare il pieno di tranquillità, e Draco e Nott insieme erano il migliore anestetico in assoluto.



Giunsero al castello nel tardo pomeriggio.
Quel viaggio era sembrato più lungo e noioso del solito, probabilmente anche perché la dolce vecchina col carrello era passata una volta solo per fare rifornimento.
Nel camminare verso le carrozze incontrarono molti membri dell’E.S, tra cui Luna, Neville, Dean,  tutti i fratelli Weasley, e con loro scambiarono numerose occhiate d’intesa, come per dare la conferma del primo incontro che si sarebbe tenuto quella sera.
Tuttavia, per non attirare sguardi, e per non affollare un’unica carrozza, si divisero in attesa di rincontrarsi quella notte.
Harry, Ron ed Hermione si diressero immediatamente verso la torre dei Grifondoro e si diedero appuntamento per l’ora di cena davanti al ritratto della signora Grassa, tuttavia la ragazza non salì le scale come gli altri due ma, dopo essersi infilata un secondo maglione sotto la divisa scolastica, superò nuovamente il ritratto e si diresse verso la torre ovest.

“Perché devi già andare via?” si lamentò Draco, contrario a mollare la mano della ragazza.
“Te l’ho già spiegato, Draco, Hermione mi ha inviato un gufo stamattina chiedendomi se potevamo vederci appena fosse tornata a scuola per discutere di un compito.” ripetè, forse per la decima volta quel pomeriggio.
“E non potete discuterne domani? È così vitale, urgente?” domandò ironicamente.
Lei si voltò a fissare il suo finto broncio e sorrise. “Più che vitale.”
“Allora lascia che muoia, non hai anche il potere di resuscitare i morti nel tuo arsenale?”
Marte corrugò la fronte e lo baciò sulle labbra. “Ho paura di no, vogliamo provare?”
Draco non ripose ma le mise un braccio intorno alle spalle e riprese a camminare.
Stavano facendo un giro attorno al castello e visto che non incontravano mai nessuno, lo avevano adottato come luogo di ritrovo privato per parlare, oltre che al letto. Inoltre era molto rilassante.
“Non ti sono bastata in tutti questi giorni?”
Il ragazzo rispose con un gemito d’insoddisfazione e la strinse di più a sé. “Te l’ho già detto, per me ogni momento che passiamo con altri è uno spreco. Per quanto mi riguarda, potevamo passare le vacanze chiusi in camera,” ed iniziò a raccontare, accarezzandole il volto,  “Un elfo domestico che ci porta da mangiare e una consueta rutine che inizia dal letto, per poi passare al tappeto davanti al camino, per poi passare alla doccia ed, infine, di nuovo sotto le lenzuola. Niente di meglio che della sana attività fisica!”
Marte ridacchiò per la serietà con cui Draco parlava e se da un lato sperava che il suo sogno disparato non si esaudisse mai, da un altro le suonava inevitabile pensare ad un futuro con lui.
Si allontanò di pochi passi e si accucciò a terra per raccogliere un po’ di neve, e intanto Draco ne approfittò per accendersi una sigaretta.
“Un giorno il fumo ti ucciderà Draco, perché piuttosto non mangi un po’ di neve?”
Prese un’ampia boccata. “Ci tengo alla mia lingua.”
“Più che alla tua vita?”
Rispose con un’alzata di spalle. “Devo mettere in scala le mie priorità.”
Marte sogghignò e tornò da lui, spolverando sul suo capo della neve come se fosse zucchero a velo. “E se ti dicessi che le tue labbra sono più morbide e il tuo sapore è migliore quando non fumi?”
“Davvero?” domando, inarcando un sopracciglio.
Marte si leccò le dita fredde di neve e attese a rispondere, poi andò a togliere un fiocco bianco dal suo naso e avvicinò nuovamente le loro labbra.
“No, mentivo.” Sorrise mentre lo baciava. “Stasera non ci vediamo, vero?”
Le spalle di Draco si abbassarono di colpo e un sospiro abbattuto uscì dalle sue labbra.
“Purtroppo no, stasera c’è la riunione con tutti i Caposcuola e i Prefetti a cui devo partecipare, e forse mi toccherà pure fare un giro di perlustrazione nel castello a mezzanotte.”
‘Non devo nemmeno inventare una scusa per non esserci’ pensò sollevata, ‘Dovrò solo fare molta attenzione.’ E immaginò l’espressione di Draco a vederla circondata da decine di Grifondoro, non avrebbe retto il colpo.
“Vuoi che ti aspetto?”
“No, lo sai, mi piace vederti dormire.”

Salì velocemente le scale per la torre ovest e trovò la porta già aperta.
‘Diamine!Sono in ritardo.’ Pensò, alzando agli occhi al cielo, superando la soglia.
“Sei in ritardo,” annunciò Hermione con tono basso e indefinito, continuando a guardare fuori dalla finestra.
“Scusa, Herm, ma…”
“Eri con Malfoy, sì, lo so. Da qui vi si vedeva benissimo.”
Stavolta era propria arrabbiata, anche se, con tutta sincerità, non poteva credere che lo fosse solo per un suo ritardo di pochi secondi, così cercò di ignorare il suo tono freddo e distaccato e cercò di ironizzare.
“È molto difficile da convincere, e le sue risposte sono più convincenti delle mie,” rispose con un sorriso.
Hermione finalmente si voltò verso di lei e finalmente Marte poté vedere il suo sguardo angosciato e terrorizzato.
“Perché ho così tanta paura, Marte? Insomma, sono stata io a convincere Harry, sono stata io ad organizzare tutto però, proprio ora che dovrei tirare fuori il carattere, ho una gran voglia di chiudermi o di scappare.”
La Grifondoro strinse forte i pugni e si morse le labbra mentre il suo colorito rosa e sano spariva. “Ho voglia di urlare. Forse avrei dovuto davvero diventare una stupida Tassorosso!”
Marte corse subito da lei e la strinse forte, accarezzandole la schiena, come per scaldarla, intanto la cullava e ripeteva il suo nome più volte per tranquillizzarla.
“Tu sei una Grifondoro, Hermione, sei coraggiosa e forte, altrimenti non ti sarebbe nemmeno passato per il cervello di suggerire a Harry di fare da insegnante. Il coraggio senza paura non è nulla, Herm, non esiste, capisci? Quando sarà il momento anche tu sorgerai, troverai te stessa e i dubbi spariranno e, in quel momento, ti troverai precisamente dove vorrai essere. Devi solo avere pazienza. Avremo pazienza insieme.”
Nonostante tremasse ancora, Hermione si scostò dal suo abbraccio e si sedette a terra con la schiena contro il vetro, facendole segno di raggiungerla.
“Sai la novità? Abbiamo trovato un nome interessante per la nostra classe, Esercito di Silente, che te ne pare?”
Marte si sedette al suo fianco. “Mi pare buono, anche se non capisco quale sia il vostro messaggio.”
“Ad Hogwarts ci sarà anche una polizia buona d’ora in poi, il rospo avrà parecchi problemi.”
La Serpeverde ghignò. “Sarà davvero interessante stanotte, a proposito, Draco mi ha detto che verso mezzanotte ci sarà una ronda dei Caposcuola, dunque sarebbe meglio se Harry finisse con la sua lezione almeno mezz’ora prima di quell’ora,” concluse con una risata smorzata, quando pronunciò la parola – lezione -.
“Draco non sa nulla, immagino,” alluse Hermione titubante.
“Non dovresti nemmeno chiederlo, Herm, anche se non mi dispiacerebbe confessarglielo, mentirgli è davvero faticoso.”
Marte gli raccontò della sera del Ballo, di com’erano passate la notte e la mattina dopo, del momento in cui si erano chiariti, anche se, naturalmente, non le disse nulla di ciò che Draco le aveva confidato.
Il rossore di Hermione appariva ad intervalli come un semaforo, ogni qual volta alludeva a ciò che c’era stato.
“Hermione, saresti perfetta sopra un’ auto volante della polizia.”
“E tu mi ricordi sempre quant’è piacevole avere qualcuno con cui parlare di cose babbane.”
Ignorò la sua ironia. “Vuoi sapere com’è stato?” le chiese maliziosamente, indovinando, senza averlo letto, il pensiero nella sua mente.
Hermione annuì impercettibilmente senza guardarla negli occhi.
Marte, invece, appoggiò il capo sulla sua spalla e mischio i suoi capelli con quelli più chiari dell’amica.
“È stato magico.” Respirò, “Niente di più, niente di meno.”
Avrebbe sentito Hermione deglutire da kilometri di distanza e comunque non sarebbe riuscita a controllare il tremito della sua voce.
E per la prima volta sentì dentro di sé la consapevolezza di ciò che era accaduto come reale.
Sospirò più volte sulla spalla dell’amica, mentre immagini sfocate di ciò che era stato le apparivano davanti agli occhi, ne sentiva i suoni e ne avvertiva il tocco.
Nonostante avrebbe preferito rimanere lì a sognare per ore, si svegliò e recuperò la voce con una battutina stile Malfoy. “Ed è stato lo stesso tutte le notti a seguire, e pure qualche mattinata, ad essere sincera…”
“Ma piantala!” la ammonì Hermione, che ormai non riusciva più a contenere il suo imbarazzo, scostandola con una spallata. “Potresti parlarmi di qualcosa di serio ogni tanto!” esclamò.
Marte fece il broncio, come se fosse stata appena offesa a morte.“E questo non ti sembra serio abbastanza?”domandò con tono innocente, “Possiamo sempre parlare di trucco, abiti, pomiciate, moda…”
“Risparmiami la Lista,” la fermò lei, mettendole rudemente una mano davanti alla bocca e poggiando il capo sull’altra.
Si riferiva alla lista che avevano stilato in una delle loro numerose ore buche, quando non sapevano cosa fare.
S’intitolava: Di cosa parla Lavanda Brown? Viaggio alla scoperta di un non- cervello.  Compilarla si era rivelato un compito più arduo del previsto.
Dieci punti avevano racchiuso in sé la fatica di un’intensa settimana di lavoro, poiché a facilitarle era stato solo il fatto di poter completare ogni punto, oltre che con un nuovo elemento, con un tema sempre ricorrente e un po’ volgare, che fa rima con mazzo.              Avevano, infatti, riconosciuto che, estrarre dalla diretta interessata il contenuto della loro ricerca, si rivelava difficile proprio per questo. Così, contemporaneamente ad un excursus psicologico, Hermione, che qualcuno la protegga, aveva dovuto pure rendere la sua compagna di stanza un po’ più raffinata, per lo meno, per leggere fra le righe.
Così erano nati i dieci comandamenti di Lavanda, i Lavandai.
Marte sorrise al ricordo, ma la sua espressione felice sparì alla domanda della Grifondoro.
“Perché piuttosto non mi dici se ci sono stati cambiamenti a scuola.”

E così Hermione venne a sapere del decreto numero 47 e Marte non vide mai più i suoi occhi aprirsi così tanto.
Sulla porta della Sala Grande stentava a crederci e continuava a strabuzzare gli occhi con vigore come per svegliarsi.
“Hermione, cosa ti prende?” le chiese subito Harry, non appena la vide.
“Beh, io ve la affido. Buon appetito!”E Marte si dileguò alla velocità della luce verso il suo tavolo.
“Allora? Che ti prende?” richiese un po’ scocciato il Grifondoro.
La ragazza indicò il riquadro alzando il braccio e disse con tono cavernoso e affranto. “Ci ha bloccato alla riga di partenza.”
Ron ne uscì con un’imprecazione e Harry lo imitò.
Insieme si diressero ai loro posti, si riempirono i piatti di cibo, senza far eccezione per Hermione, e non parlarono per una decina di minuti.
“Sentite, io non mi fermo ora, non dopo tutta la fatica e i problemi che abbiamo avuto, sarebbe proprio da stupidi!” esclamò Harry, con entusiasmo. “Questa è la nostra notte, e come questa ce ne saranno altre, non molleremo.”
Hermione, magicamente, tornò a respirare e Ron fece lo stesso, lei per le parole dell’amico, il ragazzo invece per una semplice botta sulla schiena.
“Sono d’accordo con te Harry, ma sapete una cosa? Improvvisamente mi è andata via la fame.”
La Cooman l’avrebbe considerato un pessimo presagio.

Draco non era ancora arrivato così si sedette tra Theo e Blaise e si mise a chiacchierare.
“Pensavo che il nostro principe fosse con te,”alluse Zabini, facendole l’occhiolino.
Marte aveva fatto il callo alle loro continue frecciatine, ma ancora quelli accenni le facevano battere il cuore, così negò solo con il capo e riprese a mangiare.
“Beh, noi pregheremo sempre per l’arrivo di un principino, non di un bastardo,” si intromise Pansy, con voce tagliente.
“Cosa vuoi dire, Pansy?” reagì lei con immediatezza, alzando lo sguardo dal bicchiere che teneva in mano.
La bella Serpeverde alzò le spalle e si accarezzò sensualmente le labbra con le dita.
“Non sarò mica io a spiegarti come si fanno i bambini, Marte, anche perché Draco è perfettamente in grado di farlo da sé, non lo sai ancora?”
Immediatamente sentì la mano di Nott afferrarle saldamente il polso.
Sospirò, aveva capito; quella sera Pansy aveva una gran voglia di litigare o di farla infuriare, la cosa migliore da fare era lasciarla perdere e permetterle di sfogarsi, sempre che non superasse i limiti.
Ma Pansy usciva sempre fuori dai contorni, partiva sempre prima dello sparo, andava sempre fuori dalle righe.
Tante parole. Un solo significato.
“Ricordo ancora la nostra notte insieme, davvero magnifica,” iniziò a raccontare. “Le sue mani ti modellano come se fossi creta e ti fanno morire, e cosa dire dei suoi gemiti? Impagabili. Quando ti entra dentro poi…”continuò a spiegare leccandosi le dita e le labbra e guardandola con sguardo di fuoco.
“Evidentemente è proprio per questo motivo che il principino si fa aspettare. Povero Draco, sempre insoddisfatto, sempre freddo…”
Al momento non si chiese perché Pansy stesse parlando così.
Perché con lei? Non era innamorata di Draco ma di Theo, come rientrava lei nella faccenda?
Non si fece nessuna di queste domande e la interruppe a metà frase, sapendo che poi se ne sarebbe pentita, ma in quel momento l’unica ragione che si seppe dare fu che Pansy era stata morsa dalla tarantola e che lei doveva estirpare il veleno, con qualsiasi mezzo.
Così fece leva sul suo unico punto debole.
“Mi chiedo cosa stia pensando tuo marito a sentirti parlare così, ma dopotutto doveva aspettarsi di stare per sposare solo una poveretta.”
Pansy, come se fosse stata colpita da un fulmine, abbassò istintivamente lo sguardo verso Blaise, che ricambiò, senza però dare mostra della sua solita ironia ma, al contrario, di un’insolita tristezza.
‘Sweet Blaise, you are doing everything all alone’ pensò Marte, ghignando.
Dopo aver lanciato anche una breve occhiata a Nott, il viso della Serpeverde si trasfigurò in una maschera di rabbia che esplose contro di lei, attirando l’attenzione di tutta la sala.
“Puttana!”
“A questo proposito,” iniziò riferendosi all’offesa che le aveva rivolto, “ti sei mai chiesta,” riprese tranquillamente, “perché con Draco sia stata UNA notte meravigliosa?”
“Tu non sei come noi, maledetta! Tu non sei come noi! Hai preso Draco e lo hai traviato!”
Marte sentì l’aria attorno a sé farsi bollente e si accorse di avere istntivamente richiamato il suo potere.
Tutto si svolse rapido.
Pansy fece per assalirla a mani nude, come solo una donna può fare, ma venne bloccata da Theo, che, velocemente, aveva estratto la bacchetta e gliela aveva puntata alla fronte.
Draco, invece, sopraggiunto in tempo per lo spettacolino, si era limitato a posare le mani sulle spalle di Marte e, di colpo, come se risucchiato, il potere era completamente ritornato all’interno del suo corpo.

Quattro persone, esclusa lei, avevano percepito un cambiamento nell’aria quella sera.
In cima alla lista c’erano Draco e Hermione.
Il primo era intervenuto tempestivamente e l’aveva aiutata a tornare normale, facendole pure un po’ male, anche se non aveva ben capito come ci fosse riuscito.
L’altra, si era voltata verso di lei sin da subito e aveva guardato la scena allarmata, come se non bastasse già la sua attuale condizione a preoccuparla.
A occupare a pari merito il secondo posto, Harry Potter e Theodore Nott.
Il primo, a dir la verità, aveva solo sentito un lungo brivido su per la spina, un caldo improvviso e un lieve fastidio alla cicatrice, il secondo, invece, si sarebbe rivelato più problematico.
Nott aveva bloccato Pansy non solo per fermare il suo ‘attacco’ ma soprattutto per proteggerla da lei. L’aria si era riempita di magia tutta di un colpo e lui si era ritrovato sfortunatamente accanto a lei, o meglio, al posto giusto nel momento giusto.
Poteva fieramente dire di aver salvato una vita.

“Tu devi essere impazzita. Ancora tanto così,” le fece segno con la mano, “e ti saresti fatta scoprire!”
Non aveva mai visto Draco così arrabbiato e preoccupato. Cercava di mantenere la calma, rimanendo fermo, con le spalle al muro, ma la sua voce schioccava come una frusta.
“La potevi uccidere, non ci hai pensato?”
Aveva ragione, lo stava per fare, ed ora non riusciva più nemmeno a guardarlo in faccia e se ne stava seduta sulla loro poltrona con le ginocchia strette al petto e lo sguardo dritto nel fuoco.
Normalmente non avrebbe mai permesso a nessuno di parlarle in quel modo, di sgridarla, nessuno lo aveva mai fatto ed era cresciuta divinamente!, ma Draco aveva maledettamente ragione e lei torto marcio.
Stava per uccidere una persona che la stava attaccando, poco seriamente, a suon di unghiate e se l’avesse fatto, probabilmente, se ne sarebbe pentita per tutta la vita.
In un unico momento di follia avrebbe perso la sua umanità.
Pensando a ciò le risuonarono in mente le parole di Tom.

“Uccidi una volta e diventa invincibile. Uccidi due volte e diventa eterno.”

Voleva davvero questo?
Si tappò le orecchie e chiuse gli occhi davanti a quel ricordo.
Draco allora s’inginocchiò davanti a lei, l’afferrò per il collo e fece combaciare la propria fronte con la sua.
“Era una promessa, no?”disse per tranquillizzarla, “Ci salviamo a vicenda. Non importa cosa ti abbia detto Pansy né perché, io sono tuo,” affermò con chiarezza.
Era stata davvero semplice gelosia a farla impazzire? Un sentimento così semplice a farla scoppiare?
No, non poteva crederlo.
“Come sta Pansy?” domandò titubante.
“Nott si sta occupando di lei, stai tranquilla, è in buone mani. Non ha capito in che pericolo si è trovata, altrimenti si sarebbe spaventata, ha solo fatto un po’ di scene per entrare in camera.”
“E Nott? Come facciamo?”
“Ci pensiamo poi,” rispose, prendendola in braccio per adagiarla sul letto.
Le sfilò delicatamente le scarpe e la aiutò, dopo averla spogliata, ad infilarsi i pinocchietto che usava come pigiama.
Infine la baciò più volte sulle labbra, quasi disperatamente, giocandoci, e, per la prima volta, tenendo gli occhi socchiusi per poterla osservare mentre rispondeva al suo bacio.
“Dormi, non mi aspettare, e non ci pensare più.”
“Ho bisogno di stare con te questa notte,” rispose, trattenendolo per la veste. ‘Non me la sento di andare dall’E.S.’ pensò.
“Non andare via, rimani con me, bigia, no?” cercò di convincerlo con un debole sorriso.
Per un attimo, da come Draco tornò a baciarla, pensò di averlo convinto, ma si sbagliava.
“Vorrei, ma questa volta non posso proprio mancare. Soprattutto dopo quanto è successo, sembrerei debole e tu capricciosa.”
“Ma…” fece per ribattere ma aveva ancora ragione, di nuovo.
Marte lasciò che le braccia avvolte attorno al suo collo cadessero sul materasso, come morte.
Guardò le labbra del ragazzo schiudersi e vide, riflessa nei suoi occhi, la bolla lucente che quella volta non era riuscita a leggere.
Cosa provi, Draco?

Lo vide uscire dalla stanza e chiudere la porta, aspettandosi di vederlo tornare da un momento all’altro, spalancare la porta, e buttarsi nel letto, tra le sue braccia.
Invece, dopo una decina di minuti, spesi in un inutile e sacro silenzio, nel quale le parve sentir rimbombare più volte nel vento la parola ‘sola’, si rialzò.
Si tolse la maglia del pigiama e ne indossò un’altra, a maniche lunghe, con un grosso teschio minaccioso, tutta sua, non di Draco.
Lasciò i pinocchietto dove si trovavano, indossò i suoi Hag, caldi e silenziosi, e uscì di soppiatto dal passaggio segreto che il suo Serpeverde le aveva mostrato proprio durante quelle vacanze.


“Marte? Sei in bagno? Draco mi ha appena detto di venire a vedere come stavi.”


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Capitolo 19
*** 19 ***


19° B.F.T Diciannove.













Raggiunse silenziosamente il corridoio del settimo piano e lo attraversò fino all’incrocio che le era stato indicato da Hermione.
Aveva ancora impressa nella mente l’espressione assorta di Draco, e faceva fatica a togliersela dalla testa.
L’unica cosa che sapeva per certo era che non l’avrebbe deluso un’altra volta, mai più.
Questa certezza dunque, invece che abbatterla, la rafforzò, e le ricordò, per di più, di avvisare Hermione sulla ronda dei capiscuola. Non potevano mica farsi beccare subito, giusto?
“Qualcosa mi dice che eri già a letto e che avevi una gran voglia di bigiartela, vero signorinella?"
La voce di Hermione la risvegliò dai suoi pensieri e la costrinse a girarsi verso destra.
Indicò i propri vestiti con uno sguardo birichino. “Vero per entrambe le cose, ma il mio principe stasera non era disponibile e così, poiché mi sembra inutile occupare un letto matrimoniale senza di lui, sono venuta.”
“Hai mai pensato di tornare al tuo vecchio materasso? Sentirà di certo la tua mancanza,” ironizzò la Grifondoro.
“Non l’ho mai considerata una possibilità così lontana come la considero oggi, mia cara,” le rispose per le rime.
“Penso che tu mi debba una lunga serie di spiegazioni. Harry ha percepito qualcosa oggi.”
Immediatamente i suoi sensi si acuirono e prestò più attenzione. “Cosa di preciso?”
“Poco più di un brivido, a dir la verità, e la cicatrice ha iniziato a bruciargli un po’,” la informò, incrociando le braccia sotto il seno. “In compenso non ha capito nulla.”
“Mi pare ovvio, era troppo lontano. Peccato che non sia lo stesso per Theo,” aggiunse, con una certa stizza nel tono di voce.
Hermione corrugò le sopracciglia.
“Theodore Nott? E perché dovrebbe essere un problema?”
Marte si accasciò contro la parete, nello spazio fra due quadri e sospirò. “Con tutta sincerità non capisco e non lo so, però Draco è preoccupato e questo basta ad allarmare anche me. Tuttavia penso che si tratti solo del fatto di farlo sapere a meno persone possibili.”
“Non avrei mai pensato che Malfoy potesse prestare così tanta attenzione ai dettagli.” Tornò a guardarla in faccia e aggiunse, “Si è arrabbiato?”
Marte alzò le spalle. “Giusto un po’, era solo preoccupato. A proposito, a mezzanotte ci sarà una ronda dei caposcuola.”
“A mezzanotte cosa?!” esclamò Hermione, passando all’isteria.
“Sta arrivando qualcuno.” La zittì.
Dopo pochi secondi Harry spuntò da dietro l’angolo e si rivolse ad Hermione.
“Ehi Herm! Stiamo iniziando!”
“Arriviamo Harry.”
Solo allora il ragazzo si accorse della Serpeverde, nascosta dal buio e da una cornice enorme.
Sorpreso in principio, la sua espressione si fece più maliziosa e sul suo volto apparve un ghigno intrigante e di sfida.
“Pensavo non ti saresti fatta vedere Serpe.”
Marte sorrise di rimando. “Noi Serpeverde siamo come le star, arrivare in ritardo è d’obbligo, non lo sapevi, gatto?”
E lo superò seguendo Hermione verso la sala delle necessità.
“Spera piuttosto di non annoiarmi, gatto,” aggiunse quando se lo trovò  nuovamente di fianco.
“La prima lezione sarà un po’ noiosa per forza, devo capire come siete messi, ma le prossime saranno via via più intere…”
“Non hai capito,” lo interruppe, puntando un dito contro il suo petto. “Io voglio divertirmi.”
“Fai qualcosa di sbagliato e dovrò richiamarti,” la avvertì.
“Mi darai una nota? E a chi la farò firmare? A Draco?” Marte scoppiò in una profonda risata che venne precocemente tappata da Hermione.
“Siete impazziti a ridere così? Volete farci scoprire?” sibilò la Grifondoro, con voce acuta e tesa. Poi si rivolse ad Harry. “Devi finire entro le undici e mezza se non vogliamo essere beccati dai caposcuola, dunque muoviamoci, please.”
La seguirono dentro la Stanza senza ribattere, e mentre Harry si muoveva verso il centro della sala, Marte rimase in fondo, per darsi un’occhiata in giro.
La Stanza appariva precisamente come Hermione gliel’aveva descritta e per questo la magia le sembrò ancora più eccezionale.
Ogni parete era ricoperta da specchi, come se fosse stata una scuola di danza. Alla sua destra erano posti una serie di alti e spaventosi manichini, dall’altro lato, invece, armadi e cassapanche erano scossi ogni secondo da qualcosa, come se stessero contenendo un uomo che si dibatteva, ma in verità erano solo mollicci.
Lì accanto, spade scintillanti, elmi ricoperti di gemme e frecce dalla punta quasi invisibile occupavano la scena, senza però oscurare, con la loro lucentezza, le numerose bacchette esposte in una teca subito a destra.
“Smettila di gingillarti, e presta almeno un po’ di attenzione, provaci,” la esortò Hermione con una poderoso pizzicotto nel fianco.
“Perdono, perdono.”
“Non essere così manesca Herm, non si feriscono le signore.”
Marte guardò Ron e gli rivolse un sorriso a trentadue denti. “Finalmente qualcuno che conosce ancora le buone maniere.”
“Eh lo so,” annuì amareggiato, “Siamo rimasti in pochi, ma perdureremo, mia cara, proprio per difendere le donzelle come te.”
“La volete smettere voi due!” ringhiò ancora la Grifondoro.
“Rilassati Hermione, ormai siamo dentro.”
Ron le mise un braccio attorno alle spalle per tranquillizzarla e le pose un bacio sulla guancia.
“Lo so, è che ho un brutto presentimento, e non mi sentirò sicura finché stasera non sarà tutto finito.”
“Stai in coppia con me, ok?” le fece Ron prima di allontanarsi.
Lei annuì e lo guardò andare via.
“Certo che, invece che tranquillizzarti, quello ti farà bruciare per poi ridurti in cenere. La lezione non riguarda il suo sedere.”
Hermione distolse rapidamente lo sguardo e arrossì, ritornando a concentrarsi sulle parole di Harry.
“Non essere ridicola.”
“E tu non tirarti indietro proprio ora che siete entrambi al dente,” sogghignò Marte.
“Sei proprio una Serpe! Sai benissimo che non è così facile!” esclamò, dandole un’altra gomitata.
“Ma se con la domanda di prima sembrava ti stesse chiedendo la mano!”


“Allora, per oggi, giusto per capire a quale livello ci troviamo, partiremo con i due incanti più facili, ma anche più importanti, per la sopravvivenza di un mago: l’incantesimo di Disarmo e quello di Difesa. Dividetevi in coppie, intanto vi spiegherò come funziona con questo manichino.”
Seguì dunque un intenso vocio, durante il quale gli studenti si divisero in coppie e, quando l’ordine fu ripristinato, Harry riprese a parlare.
“Ora, indirizzerò l’incantesimo di Disarmo, Expelliarmus, sul manichino. Questo, dopo cinque secondi, me lo rimanderà indietro con il doppio della forza ed io dovrò semplicemente difendermi con l’incantesimo Protego. Tutto chiaro?”
“Non dovremo mica farlo subito anche noi spero!” esclamò in un singulto Lavanda Brown.
Marte, dal fondo della folla, sbuffò e si chiese dove si fosse cacciata, se anche Lavanda Brown era tra loro.
“Me lo sto chiedendo anch’io, ” sussurrò Hermione, come se le avesse letto nel pensiero.
“Non subito, per lo meno, ” rispose Harry. “Ma quando diverrete più pratici sarà uno scherzo da ragazzi anche per voi.”
Si posizionò davanti al manichino vestito da Mangiamorte ed estrasse la bacchetta.
Tutti gli studenti si avvicinarono e si fecero più silenziosi e attenti, ed anche Marte, nonostante la dimostrazione non le interessasse, seguì la massa e cercò uno spiraglio fra le schiene e i capelli per poter vedere meglio.
La voce di Harry risuonò forte e chiara.
“Expelliarmus!”
Una scintilla rossa scaturì dalla bacchetta del Bambino Sopravvissuto; passati cinque secondi, la stessa scintilla fuoriuscì dal manichino, ma più spessa e potente, e s’infranse sullo scudo argenteo di Harry.
“Visto? Non è difficile! Ricordate solo di pronunciare correttamente l’incanto, di indirizzare la bacchetta davanti a voi ma, soprattutto, di crederci. A voi ora!” annunciò il giovane insegnante, allegro e fiducioso.
In risposta tutti lo guardarono dubbiosi e diffidenti ma si misero comunque uno di fronte all’altro.
‘ Ecco cosa succede a essere l’unica Serpeverde nel raggio di chilometri’ pensò Marte.
“Sicura di non voler stare in gruppo con noi?” le chiese Hermione per la decima volta.
Lei negò ancora e la spinse a muoversi con un gesto della mano.
Si sedette su un materasso e rimase ad osservare i falliti tentativi dei suoi compagni di scuola.
Molti di loro si erano già rassegnati e si guardavano in giro oppure scherzavano con il compagno, altri, al contrario, presi dalla foga, diventavano rossi per la rabbia e agitavano con veemenza la bacchetta cercando di far uscire qualcosa.
Questo rimaneva in assoluto il genere di divertimento preferito per un Serpeverde, in altre parole, bearsi delle figure di merda altrui e farle pesare per il resto della vita.
Inoltre si godeva anche lo spettacolo di un Harry Potter che, non essendo il suo entusiasmo ancora del tutto sconfitto, correva da una parte all’altra della stanza a sistemare la posizione o la pronuncia di qualcuno.
Dio! Non era mica lezione di Antiche Rune, non serviva essere geni per capire che la pronuncia fosse Expelliarmus e non Espelliarmo o altre simili storpiature.


“Perché non fai nulla?” le chiese, non appena ebbe raggiunto la sua zona.
“Non ho un compagno, ma ti assicuro che se mi fossi messa a lavorare, la vista non sarebbe stata ugualmente divertente,” rispose sorridendo.
“Su, dai, alzati, sarò io il tuo partner,” la prese per un gomito e la tirò in piedi.
“Ma non sei già impegnato? Guarda che potrei fraintendere,” lo prese in giro mentre si faceva tirare in mezzo alla sala e lo vedeva incamminarsi dalla parte opposta.
Harry comunque ignorò la frecciatina e rispose piatto. “Una volta ciascuno, a ruota, tu attacchi ed io difendo, io attacco e tu difendi e così via.”
“Non ci vuole di certo una calcolatrice, ti pare?”
“Fammi vedere.”
Marte attaccò per prima, Harry si difese e continuarono a mulinello per diversi minuti.
“Hai capito a che livello sono, Maestro, o devo ancora attendere prima di passare al livello successivo?”
“Sei bravina,” rispose, trattenendo un sorriso, “Ma mi dici ancora poco sulle tue capacità.”
Marte aumentò leggermente la forza dei suoi colpi e lui fece lo stesso.
“Non è di certo il più allettante degli esercizi questo.”
“Lo so ma, come puoi ben vedere, non tutti sono in grado di svolgerlo.”
Harry, di colpo, condusse un fascio di energia continuo contro il suo scudo ed iniziò ad avvicinarsi. Marte allora fece lo stesso, riuscì a cambiare la traiettoria dell’incantesimo del ragazzo per un breve istante, durante il quale dissolse la difesa e iniziò il contrattacco.
‘Ora capisco come ha fatto a trattenere Tom, quella volta nel cimitero. Ha dentro di sé una forza inesauribile!’ pensò Marte, in preda allo sforzo.
Alzò lo sguardo verso Harry e si accorse, con invidia, di quanto lui, al contrario suo, fosse ancora fresco e calmo, per niente stanco.
“Mollo io se molli anche tu!” gli urlò Marte.
“Sei già stanca?”
Non rispose per orgoglio ma ormai sapeva di essere agli sgoccioli. Il braccio era indolenzito e le sembrava che l’incantesimo le stesse succhiando via l’anima, usare i suoi poteri naturali nei combattimenti le veniva molto più facile.
Improvvisamente sentì la tensione fra le due bacchette aumentare e seguendo la linea della sua vide il ragazzo avvicinarsi lentamente verso di lei, senza diminuire l’intensità dell’incantesimo.
“Ti arrendi?” le chiese con un ghigno che non era tipico vedere sul suo viso.
Marte lo fissò e, solo allora vide la sua fronte aggrottata dallo sforzo e piccole gocce di sudore solcare la sua fronte. Vide anche la sua immagine riflessa nei suoi occhi verdi e per un attimo si disse che non poteva arrendersi, che lei era forte e che Potter non era nessuno, nessuno che potesse batterla.
Infine però rispose con un’altra domanda. “È una gara?”
“Se la vuoi vedere in questo modo,” ribatté con un’alzata di spalle. “Sinceramente, sarebbe meglio se finisse in maniera amichevole, non c’è gusto a far del male ad una ragazza.”
Marte alzò violentemente un sopracciglio e strinse le labbra. “Non credere che sia finita qua, grande Mago dei miei stivali!”
Sentì l’incantesimo di Harry affievolirsi e fece lo stesso con il suo.
“Non mi dire che ti sei arrabbiata?” le chiese mentre si incamminavano entrambi verso il materasso su cui lei era seduta pochi attimi prima.
“Frustrata più che altro, odio perdere.”
“Questo non mi sorprende, mia cara Serpeverde, per lo meno tu non bari per ottenere ciò che vuoi, al contrario del tuo boyfriend!”
Marte lo spinse via con un pugno, “Anch’io baro, ma so anche trattenermi, gatto!”
“Apprezzo lo sforzo,” rispose Harry, e dopo aver frugato nelle tasche della giacca che indossava, le offrì una barretta di cioccolato.
Marte alzò gli occhi, incredula, e per un attimo le sembrò di trovarsi ancora nel maniero di Voldemort, alle prese con Lilium e i suoi allenamenti, ma rapidamente scacciò quel pensiero lontano dalla sua mente.
“Grazie,” disse allungando una mano ed iniziando a scartare il cioccolato. “Per lo meno ora ho capito dove nascondi le energie di riserva.”
Harry abbozzò un sorriso e si scostò la frangia dagli occhi, poi si appoggiò con la schiena contro la parete, mentre Marte si mise a gambe incrociate accanto a lui.
“È roba babbana?” chiese incuriosita, mentre succhiava l’estremità di un quadratino.
“Ho quasi paura di rispondere,” fece Harry, piegando il collo verso sinistra.
“Anche se sto con Draco, non significa che sia lui. Non ho niente contro i babbani e i loro aggeggi, solo preferisco di gran lunga la magia,” affermò senza smettere di mangiare e dando un’occhiata agli altri.
Hermione per la quarta volta stava mandando Ron al tappeto. Il ragazzo, se messo sotto pressione, non riusciva a evocare uno scudo decente; il velo argenteo si squagliava come un gelato non appena lei gridava l’incantesimo e lui finiva steso a terra, rosso dalla rabbia.
Marte scoppiò a ridere e Harry intanto la fissò con sguardo confuso ma sorridente. “Suona così strano, detto dalla fidanzata di Malfoy. Mi sembra quasi anormale.”
“Anormale è bello!” rispose Marte con una risata che contagiò anche lui.  “Comunque non dire fidanzata, suona così formale, non mi piace per niente,” aggiunse, ritornando improvvisamente seria.
Harry alzò le mani in segno di resa e le rivolse un sorriso ironico. “Ma come? Non ti esalta essere considerata la futura regina delle Serpi?”
La ragazza fece cadere la carta della barretta per terra e con un colpo di bacchetta la ridusse in cenere. “Mi piace Draco, non il principe dei Serpeverde, è una cosa ben diversa. Anzi se fosse per me, ne farei volentieri a meno di quel ruolo, che per altro non mi tocca ancora ricoprire. Se fosse altrimenti, non sarei qui, a mescolarmi con la plebaglia di Hogwarts, eppure così ho fatto.”
“È davvero interessante la tua distinzione degli studenti in classi sociali, dovrebbe diventare materia di studio.”
“Che coincidenza!Lo pensa anche Draco!”
Harry la guardò sbalordito, pensando e sperando che stesse scherzando, ma l’espressione con cui lei invece ricambiava non esprimeva ironia né niente di simile, anzi, nei suoi occhi splendeva un bagliore che in parte gli ricordava quello che vedeva spesso riflesso negli occhi di Malfoy; su di lei, però, quella luce, non sembrava una saetta di pazzia bensì una stella appesa ad un cielo color pece.
Per paura di averla fissata troppo a lungo, abbassò velocemente lo sguardo e tornò a torturare la sua bacchetta con le mani ormai completamente sudate. “Penso di dover tornare al lavoro.”
Marte, come se avesse intuito il suo imbarazzo, gli sorrise furbescamente e si sdraiò al suo fianco, accarezzandosi con le unghie quella lieve striscia di pelle che la sua maglietta lasciava scoperta.
Come le piaceva stuzzicare gli uomini!
Con i ragazzi Serpeverde non poteva essere così: se volevi stuzzicarne uno, per forza, poi, dovevi anche portartelo a letto. Con quelli delle altre case, invece, dove quella regola non valeva, una donna poteva godere di tutti quei piccoli sintomi che la rendono soddisfatta di essere bella.
Sorrise quando sentì Harry deglutire e quando, alzando gli occhi, lo vide arrossire mentre seguiva le sue dita tirare l’elastico dei pantaloni del suo pigiama.
“Non dovevi andare?”
Harry fece fatica sia ad annuire sia a rispondere e si alzò goffamente cercando di respirare. Allora le venne un’idea e facilmente si intrufolò nella sua mente e tra i pensieri più superficiali vide come l’immaginazione del ragazzo vagasse a briglie sciolte.
‘Violento il gatto…’ pensò, mentre un brivido la percorreva dalla punta dei piedi per tutte le ossa.
Stava già macchinando la seconda mossa da fare quando una voce interruppe il flusso dei suoi pensieri.
“Harry! Potresti venire qua a rispiegare a Ron cosa vuol dire ergere uno scudo, per favore?” la voce squillante di Hermione risvegliò anche il ragazzo che si voltò, per guardarla arrivare.
La Grifondoro andò a sedersi accanto all’amica e sbuffò. “Non ce la faccio più a stare in coppia con lui. Se non gli spieghi come fare, piuttosto mi alleno con un manichino!” esclamò, sottolineando con più forza il suo disappunto.  
Senza nemmeno rispondere Harry si allontanò e andò ad aiutare il compagno.
“Ma non lo sai che l’amore è sia nel bene che nel...” Venne bruscamente interrotta da una botta alla testa e, massaggiandosi ancora la cute, si voltò verso Hermione. “Perché lo hai fatto?”
“Ho visto cosa stavi facendo con Harry, e non mi è piaciuto.”
“Fare cosa?”
“Harry si stava toccando la cicatrice, come quando gli fa male, ho guardato te e ho visto come te lo stavi mangiando con gli occhi.”
Non negò ma annuì consapevolmente e sogghignò. “Gelosa anche del tuo migliore amico?”
“Non essere ridicola!” esclamò, spintonandola con una spallata, “Solo non voglio che soffra.”
Marte si sdraiò nuovamente, con le mani dietro la testa e sospirò. “Mi stavo solo divertendo un po’, Herm, hai in mente quel gioco che si chiama seduzione?”
“Mi fa rabbrividire,” replicò fieramente. “Non è ciò che voglio per lui.”
“Preferisci una bella cinesina alla tua migliore amica? Mi sento offesa.”
Appena si sentì chiamare in quel modo, Hermione fece come per cedere, ma il sorriso saccente scolpito sul volto della Serpeverde in qualche modo la infastidì.
“Meglio una cinesina che la ragazza di un boss mafioso!”
Marte si rotolò sul materasso, stringendo forte le braccia attorno alla pancia. “Se Draco sapesse cosa vuol dire, penso che non gli dispiacerebbe come titolo! Comunque non penso che Harry sarebbe contento di sapere che la sua migliore amica lo difende da Draco Malfoy.”
“Orgoglio maschile!” conclusero all’unisono.
“Sappi che è stato lui a iniziare, gli ho letto nel pensiero e ho abboccato.”
“Eh già, spesso mi dimentico di questa tua facoltà.”
Mentre Marte guardava il soffitto, Hermione concentrò il suo sguardo su di lei fino a diventare una presenza opprimente e l’altra si vide costretta a rispondere. “Cosa c’è ora? Non posso guardare nemmeno il soffitto?”
“Leggeresti i suoi pensieri per me?” implorò Hermione d’un fiato.
Marte strabuzzò gli occhi incredula, poi si sollevò e la abbracciò per la vita con una mano, mentre con l’altra spostava i suoi capelli a un lato solo del collo per potersi appoggiare con il mento sulla sua spalla.
“Non mi dire che inizi a capire i meccanismi dell’accoppiamento, Herm!”
La ragazza deglutì in risposta e tenne gli occhi fissi su quella massa di capelli rosso fuoco che, come neanche lei capiva come, la faceva palpitare.

“Ci stanno ancora fissando, Ron?” chiese Harry, dando le spalle alle due ragazze e fingendo di dare spiegazioni all’amico su come si dovesse tenere correttamente una bacchetta.
“Sì, ma hanno smesso di parlare. Aspetta! Marte le sta sussurrando qualcosa all’orecchio!”
Schioccò le labbra e negò energicamente con il capo. “Quella mi dà i brividi, amico, mi fa paura.”
Harry gli mise una volta per tutte la bacchetta in mano e iniziò ad allontanarsi, camminando all’indietro. “Anche a me fa rabbrividire,” sussurrò, come se lo stesse dicendo a se stesso. “Prova adesso Ron!”
Ron borbottò qualcosa e uno scudo si innalzò tra i due e, miracolosamente, quando Harry lo attaccò, non si frantumò in mille pezzi, come invece aveva previsto.
“Bravo Ron!”
Hermione tornò ad esercitarsi con Ron, lasciando Marte da sola, ed Harry, nonostante avesse l’ardente tentazione di tornare da lei per farsi acchiappare, tornò a girare fra gli studenti a dare consigli e a sistemare le posizioni.
In particolare, passando accanto a Cho Chang, annusando il suo buonissimo profumo ai fiori di ciliegio e specchiandosi nei suoi occhi trasparenti tanto erano sinceri, riuscì a disfarsi di quella terribile tentazione, e in breve tempo si fecero le undici e mezza.

“Okay ragazzi, bravi, avete lavorato bene per essere stata la vostra prima volta. Ricordatevi di tenere sempre in tasca il galeone d’oro, in modo che possiate essere avvisati sulla data del prossimo incontro. Ora dividetevi nei quattro gruppi nei quali siete arrivati e seguite le istruzioni di Hermione per favore.”
Ron, finito il discorso, gli diede una gomitata e ridacchiando. “Niente da ridire sulla tua abilità retorica, mai più!”
Gli studenti lo superavano, rivolgendogli sorrisi e affettuose pacche sulla spalla. Harry guardò verso il materasso, dove si era sdraiato con Marte, e una vampata di calore gli fece slacciare il primo bottone del colletto, nonostante la ragazza fosse già sparita insieme a tutti gli altri.
“Ciao Harry, a dopo!” gli disse Ron.
Lui lo guardò confuso ma notando poi il suo ghigno e il suo sguardo rivolto verso il fondo della Stanza, si voltò senza fare domande.
Mentre osservava la longilinea forma delle curve di Cho e i suoi bellissimi capelli neri dondolare come onde, dritti sulla sua schiena, la porta della Stanza delle Necessità si chiuse con un tonfo, lasciandoli dentro da soli.
Mentre si avvicinava alla ragazza e finiva avvolto dalle sue braccia, si convinse che quello doveva essere l’amore e se lo ripeté mentre la sollevava, la baciava e la posava su quel materasso.
Cosa ci faceva poi un materassone per ginnastica artistica in una stanza posta al combattimento! Si chiese anche questo.
Intanto lui rimaneva impigliato in quella sensazione di beatitudine disumana, senza essere in grado di liberarsi. Come poteva sentirsi attratto da una ragazza un attimo prima e un istante dopo finire a letto con un’altra?
Saranno state le lenti a contatto?
No, quello non era amore ma l’aveva capito troppo tardi.
Troppo tardi.


Marte tornò con calma al suo dormitorio, sapeva che la zona Serpeverde sarebbe stata l’ultima a venir controllata per via dell’influenza che Draco aveva su tutti gli altri caposcuola.
Superò camminando piano i bui corridoi del settimo piano e, raggiunte le scale iniziò a scendere e scendere.
In effetti, il settimo piano per lei non era di certo la zona più semplice da raggiungere: i dormitori Serpeverde stavano nei sotterranei, otto piani più in basso, e non era proprio entusiasta di doversi fare tutte quelle scale da sola, di notte e con tutti quei quadri ad osservarla per di più. Tuttavia si trattenne dal fare un po’ di luce, non poteva rischiare di farsi scoprire, non tanto da Gazza o dalla Umbrige, quanto da uno dei caposcuola. Non era in grado di modificare del tutto la memoria di un uomo, quello che mesi prima aveva fatto a Malbòro era stata un eccezione alla regola. Erano entrambi stanchi e la sua mente non sarebbe stata in grado di sopportare tutto lo stress, l’aveva sovraccaricata, per così dire.
Scosse la testa al ricordo di quel Mangiamorte, amico di suo fratello, anche lui deciso a vendicarsi. Chissà cosa aveva conquistato in quegli ultimi mesi.
Il ronfare di un quadro al suo fianco la colse di sorpresa e la fece girare di scatto dallo spavento.
‘Devo smetterla di essere così fifona, non mi si addice per niente. Ho affrontato castelli peggiori ad Halloween!’
Si sistemò un ciuffo di capelli con una manata e lo riportò al suo posto, lontano dagli occhi, e tornò a scendere le scale.
Per lo meno, quella sera, le scale sembravano non avere alcuna voglia di muoversi ma, al contrario, seguivano il suo stesso percorso. Sicuramente così era per via della giro di perlustrazione dei caposcuola, non potevano permettersi di perdere tempo per vedere dove mettere i piedi. Adorati tutori della legge.
Questa forse l’avrebbe detta a Draco. Prendersi in giro tra di loro era particolarmente divertente e stimolante, anche se in molti, nessun Serpeverde, avrebbero messo in dubbio la sua sanità mentale visto ciò che la stimolava e cosa no.
Con tuttta probabilità, anzi sicuramente, era nelle preferenze sessuali, più che nel modo di pensare, che i Serpeverde si distinguevano dal mondo.
Non che eseguissero pratiche strane, beh, alcuni anche quelle, ma più che altro stava nella libertà. Una libertà che lei non aveva ancora assaggiato e che, se Draco da una parte le stava facendo scoprire, dall’altra non gliela faceva nemmeno desiderare visto il loro legame.
Ringraziando di dover fare le scale solo in discesa, iniziò saltare gli ultimi cinque scalini di ogni rampa, cercando di fare attenzione al rumore che produceva e sforzandosi di essere silenziosa, e, con questo gioco, neanche si accorse di aver raggiunto il buio dei sotterranei.
Riconobbe fra le ombre il ritratto del Barone Sanguinario e per individuare il passaggio, che conduceva direttamente alla loro camera da letto, contò sette cornici verso sinistra e spinse il lastrone di marmo che si trovò davanti.
Il passaggio si aprì davanti a lei e, senza che avesse avuto nemmeno il tempo di passare attraverso, si richiuse senza un suono alle sue spalle.
Spinto il quadro con una lieve pressione si ritrovò in camera. Il caminetto scoppiettava allegramente e l’orologio, in quel preciso istante, stava risuonando la mezzanotte.
Il fuoco era l’unica fonte di luce della camera, a parte una sottile scia di luce che proveniva dalla porta semiaperta del bagno. Non ricordava di esserci andata ma, andando a spegnarla, pensò che fosse dovuto alla sua disattenzione.
Sfilò gli Hag e li buttò in un angolo della stanza, sfilò la maglietta con il teschio e indossò una semplice canottiera. Poi rivolse uno sguardo al camino e con un gesto del capo moderò la grandezza delle fiamme e, allo stesso modo, attenuò la luce, fino a circoscrivere chiaramente solo il tappeto con le due poltrone, lasciando in una piacevole ombra il letto e nel buio più totale il resto della camera.
Da quando dormiva con Draco aveva perso l’agghiacciante abitudine di tenere la bacchetta sotto il cuscino, ma ogni qual volta che egli non c’era quella diventava più che un’abitudine una fobia, un’ossessione. Automaticamente la infilò nella federa e subito si tuffò nel tiepido calore delle lenzuola.
Gennaio era appena iniziato, ma solo allora si rese conto del freddo che impregnava l’aria, l’assenza di Draco si faceva sentire sempre, più che mai in notti come quelle.
Tuttavia, non ebbe nemmeno il tempo di lamentarsi per il freddo che gli occhi iniziarono a chiudersi per conto loro, nonostante Marte continuasse incessantemente a ripetersi di voler aspettare il ritorno di Draco e di voler fare l’amore con lui anche se da mezza morta.
L’intento era dolce ma le forze decisero per lei, le sue palpebre si chiusero e la sua razionalità divenne vittima della stanchezza.

Draco tornò verso le due, quasi sperando di ritrovarla sveglia ad attenderlo ma, quando la vide così dolcemente addormentata, si ricredette e sospirò in silenzio, davanti a quella bellissima immagine.
Entrò nel letto, facendo addirittura attenzione a dove cadeva il proprio peso per non svegliarla ma, appena poggiò la testa sul proprio cuscino, Marte si girò e, nonostante tenesse gli occhi ben serrati, mise le mani esattamente attorno al suo collo, per potersi accoccolare contro di lui.
Contro il suo petto percepì tutte quelle sensazioni familiari che lo facevano morire di piacere: il profumo del suo shampoo e della sua pelle, il suo tocco delicato sui muscoli delle spalle, il suo respiro caldo proveniente dalle labbra semichiuse e il tocco morbido del suo seno coperto solo da una sottile canottiera.
Adorava quei piccoli contatti, non poteva negarlo, lo facevano eccitare più di ogni altra cosa. Spesso si credeva pazzo per sentirsi così al solo sfregarsi contro la sua maglietta ma era una verità fisicamente innegabile.
Sospirò nuovamente e si costrinse a mantenere la calma, strinse le braccia attorno alla sua schiena per accarezzarla, sperando di addormentarsi senza problemi, quando, passando con la mano sotto il cuscino di lei, sentì qualcosa di duro.
Sempre attento cercò di recuperare qualsiasi cosa fosse, però quando ne tirò fuori la bacchetta della ragazza rimase perplesso.
Da tempo Marte non teneva la bacchetta sotto il cuscino, aveva smesso di farlo già da molto prima del Ballo d’Inverno, probabilmente da quando aveva iniziato a dormire con lui.
Cosa poteva averla spaventata a tal punto? Ciò che era successo con Pansy? Il problema di Theo? Oppure la sua assenza?
Chiuse gli occhi e posò la bacchetta della ragazza sul proprio comodino.
La baciò sulla fronte e la strinse forte tra le sue braccia, poi chiuse gli occhi e sperò di sognare lei o di entrare nei suoi sogni per poterla baciare almeno lì, perché non poteva aspettare l’arrivo della mattina, che appariva ancora così lontana.









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Capitolo 20
*** 20. ***


20° B.F.T Ventesimo




La mattina dopo si scoprì avvolta dalle forti braccia di Draco, ancora profondamente addormentato. Era così bello sentirlo vicino a sé, il tranquillo battito del suo cuore e il suo odore, virile e protettivo.
Alzò leggermente gli occhi per osservare meglio il suo viso, quando lo sguardo si allungò dietro di lui per finire sul comodino, dove era appoggiata la sua bacchetta.
Il respiro si mozzò in gola e per un istante le sembrò che il cuore avesse smesso di battere.
Era strano pensare che qualcuno fosse riuscito a toglierla da sotto il suo cuscino, quando era abituata ad avere un sonno leggero; ma forse le cose erano cambiate, senza che se ne fosse accorta.
“Ho fatto male?” chiese Draco, con la voce ancora impastata dal sonno, premendola contro il suo petto.
Marte negò e gli baciò la spalla, per poi accarezzarla con la punta del naso. “Assolutamente no. Mi sento solo un po’ scoperta.”
Il ragazzo sorrise leggermente mentre poggiava il mento sul suo capo. “È il segnale per qualcosa?”
“Solo per abbracciarmi più forte. Se fossi rimasto ieri sera, chissà…”
Draco mugolò infastidito e la afferrò per le natiche. “Cattiva.” Lei rise allegramente e lasciò che facesse aderire i loro corpi.
“Non ne hai proprio voglia?” le mormorò all’orecchio con tono molto persuasivo. Il suo fiato era incredibilmente caldo sul suo collo, le dita sulla sua schiena si muovevano dall’alto in basso, insistentemente, come se si trattenessero dal sollevarle la maglietta.
Alzò quasi con timore gli occhi per incontrare i suoi. L’ombra creata dalle timide fiamme provenienti dal camino rendeva la loro vicinanza ancora più intima e la loro attrazione a dir poco irresistibile.
“Te la sei voluta, Draco,” aggiunse anche lei in un sussurro, “Anche io mi nego molto.”
“Non mi piace affatto questa tua tendenza alla castità.”
“Momentanea castità, ad essere precisi.”
Draco mugugnò ancora infastidito, ma si arrese, effettivamente era andato a cercarsela. In quelle occasioni aveva lei la bacchetta dalla parte del manico.
Si alzò e si diresse verso il bagno, rassegnato e socchiuse la porta alle proprie spalle.
“Andiamo giù per colazione?” gli urlò dal letto, mentre si stiracchiava tra le lenzuola.
“Decisamente sì,” rispose inflessibile.
Il Serpeverde quando si trattava di diatribe o situazioni scomode all’interno della casa, le risolveva sempre mostrandosi forte e senza vergogna. Mancare al primo pasto della giornata, proprio il giorno dopo il litigio con Pansy, avrebbe lanciato una pessima impressione.
Si mise a sedere sul materasso mentre Draco apriva l’acqua della doccia e delle sottili nuvole di vapore prendevano a fuoriuscire dall’uscio della porta, quasi del tutto spalancata.
Marte con un gesto delle mani preparò gli abiti da indossare e li adagiò su di una delle due poltrone, recuperò la sua bacchetta dal comodino di Draco e la fece scivolare nella tasca interna della sua divisa scolastica.
Alzato il capo, lo sguardo le cadde sull’immagine del corpo di Draco, riflessa nello specchio del bagno.
Il suo corpo diafano ma robusto era avvolto e carezzato dal vapore acqueo già sprigionato dal getto bollente della doccia. Egli stava recuperando da un ripiano lo shampoo, con cui era solito lavarsi i capelli, e il bagnoschiuma, che condividevano. Prima era un sapone qualsiasi, ma da quando dormivano nello stesso letto era divenuto il loro sapone.
Tanto era rapita dai suoi gesti, si rese conto con alcuni secondi di ritardo che il ragazzo si stava spogliando del tutto, così si coprì freneticamente gli occhi con le mani.
Non si sarebbe mai del tutto abituata a vederlo nudo senza esserne neanche leggermente imbarazzata e intimorita. Mentre facevano l’amore, era sempre talmente catturata dal piacere da dimenticarsi di essere stretta al suo corpo nudo, invece, quando non aveva il cervello ridotto ad una pappa, i suoi nervi trasmettevano ancora perfettamente le informazioni e, con esse, le sensazioni di disagio.
Entrò in bagno anche lei. Sollevò i lunghi capelli dal collo con una pinza e si sciacquò il viso con acqua gelida, infine si lavò i denti, spremendo sullo spazzolino una gran quantità di dentifricio alla fragola, naturalmente non in comune. Quello alla menta le pizzicava troppo la lingua.
Nel farlo si volse verso la vasca, dove Draco si era immerso e nella quale riposava ad occhi chiusi, con il capo appoggiato ad una grossa e porosa spugna.
Finito, si avvicinò alla vasca e si sedette a terra, in corrispondenza con il busto del ragazzo. Draco automaticamente sollevò un braccio da sotto l’acqua e le porse la mano bollente, che lei strinse immediatamente.
Mentre si guardavano, Marte gli accarezzò la fronte con una mano, pettinando i sottili ciuffi di capelli all’indietro, mentre con l’altra non mollava la presa sulla sua.
“Ti lavo la schiena?”
Lui si alzò a sedere e si piegò leggermente in avanti, lei invece afferrò la spugna, la intinse nel sapone e iniziò a fregare, divertendosi a vedere scoppiare le bollicine sulla superficie liscia della sua schiena.
Dopo aver percorso tutta la sua spina dorsale, dall’alto in basso, immerse un’ultima volta la spugna nell’acqua calda e la strizzò sulla testa del ragazzo.
“Perché ti preoccupa tanto che Theo venga a sapere dei miei poteri? È tuo amico ma anche mio, non ci tradirebbe mai.”
Draco sospirò e trono a sdraiarsi, portando con sé una mano della ragazza, vicino alle labbra.
“Io non mi fido di nessuno quando si tratta di te. Voglio che il tuo segreto sia una cosa mia, nostra. Certo, se si dimostrasse indispensabile rivelare a Nott tutta quanta la storia, penso che lo farei, ma non senza un Voto Infrangibile. Con le famiglie dei Mangiamorte in conflitto fra di loro è difficile prevedere chi e quando qualcuno farà una qualche sciocchezza per recuperare il proprio prestigio agli occhi dell’Oscuro; lui ci rende pazzi.”
Marte si lasciò cadere sul bordo della vasca, appoggiando il mento sugli avambracci, ed iniziò a soffiare contro la schiuma.
“L’ultima cosa che voglio è aumentare il tuo peso, farò molta più attenzione in pubblico ora,” affermò decisa.
Draco le sorrise e la afferrò per il mento con delicatezza, guardandola negli occhi.
“Tu neanche immagine quanto mi abbia fatto piacere che tu mi abbia rivelato il tuo segreto, e non immagini il sollievo che ho provato nel raccontarti del mio futuro. Il nostro è un peso diviso due, no?”
La attirò a sé in un bacio bollente e pieno di desiderio.
Quella mattina le parve che il sole fosse finalmente spuntato.


I G.U.F.O si avvicinavano a velocità inesorabile, contemporaneamente anche la stagione sportiva riprendeva e così anche gli incontri dell’E.S divennero sempre più frequenti.
Hermione si era totalmente calata nel suo ruolo di organizzatrice d’incontri. Per ore e ore rimaneva china sui fogli nel tentativo di arrangiare orari che non ostacolassero gli impegni dei diversi membri della loro classe. Era un compito equivalente a un rebus vero e proprio: spesso sembrava impossibile riuscire a far combaciare i vari incontri delle squadre di Quidditch e dei vari club studenteschi con gli orari dei giri di ispezione della Umbrige e di Gazza. Spesso si scatenavano dei litigi, ma questi o venivano risolti da Harry, con una grande ed inaspettata professionalità, oppure da Marte, che aveva dalla sua il jolly della paura.
Almeno quella categoria di problemi era risolta da qualcun altro perché, con tutta sincerità, non vedeva mai l’ora di poter tornare ai propri studi.
Proprio quel giorno il professor Ruff aveva avvisato gli studenti che la lezione successiva ci sarebbe stato un compito riepilogativo su ciò che aveva affrontato durante quei primi mesi di scuola. Argomento che non sarebbe stato presente negli esami finali ma che comunque doveva essere saputo, anche a prova di uno studio costante.
Harry e Ron rimasero spiazzati da quella notizia. Il primo, che finalmente aveva trovato la sua zona edenica di sopravvivenza nell’organizzazione delle lezioni di difesa, vide infrangersi davanti a sé quella magnifica barriera protettiva. Il secondo, allo stesso modo, cadde nel più totale malumore, sbattendo seccato sul divano il libro di Storia, non appena entrato in sala comune: una verifica di storia subito dopo le vacanze invernali equivaleva ad una carneficina. Come si poteva pensare che loro avessero avuto tempo di preoccuparsi anche dello studio in sole due settimane di riposo?
Così entrambi, nell’irritazione più totale, adottarono la medesima strategia. Studiarono, o provarono a studiare, un capitolo a testa, con l’intenzione di suggerirsi durante il compito.
Durante i pomeriggi impegnati da quell’‘inutile’ attività Ron riprese a fumare, anche se nei limiti consentiti, per recuperare un po’ di calma, mentre Harry iniziò a perdersi nella visione del proprio sfogo serale, pronto ad accoglierlo ogni sera in una stanza della Zona Rossa.

“Cosa ha preparato Harry per il prossimo incontro?” domando Marte incuriosita, sollevando gli occhi dal tomo posato sulle sue ginocchia.
Era rannicchiata a gambe incrociate su una poltrona di quello che ormai era diventato il loro studiolo personale.
Mentre lei si rilassava, leggendo per diletto un libro, trovato nella Sezione Proibita, che spiegava l’uso di alcuni proibiti incantesimi di offesa, Hermione da ore non sollevava il naso dalla pergamena su cui stava scrivendo freneticamente, alzando di tanto in tanto la testa per andare a leggere rapidamente alcune righe dal libro di pozioni da cui prendere spunto.
Giacché non dava cenno né di volerle rispondere né di averla sentita, aggiunse ironicamente, “Se continui così rischi seriamente di diventare gobba. Giunta lì, il passo per diventare precisamente uguale a Piton non è molto lungo. Se lui ha il naso lungo e i capelli unti, tu hai i denti da castoro e sei ancora vergine.”
Hermione capì l’antifona. Sospirò, si alzò bruscamente dalla sedia e andò a buttarsi sulla poltrona accanto alla sua.
“La fai facile tu che non hai mai bisogno di studiare, visto che ormai riesci a leggere nella mente dei professori come devi rispondere alle domande,” mormorò stancamente.
“Anche, certo, ma se dobbiamo essere più precisi la mia bravura sta più nella mia ottima memoria,” sottolineò con tono saccente, “In ogni caso, non puoi dire che me ne sto con le mani in mano. Questo libro è particolarmente interessante, penso proprio che lo proporrò ad Harry.”
“Ci rimarrai male se pensi che lo leggerà, ” la avvertì, aggrottando la fronte, nel vedere il volume di quel mattone.
Marte alzò le spalle e girò pagina, facendo però l’occhiolino a quella precedente.
“Stasera penso che abbia intenzione di affrontare gli Schiantesimi, sarà di certo una carneficina,” rispose Hermione alla sua prima domanda, strofinandosi gli occhi con le dita.
“Tu invece dovresti riposare Herm, quanto ti manca?”
Hermione contò sulle dita di una mano, guardando in aria, nel tentativo di ricordare tutto.
“Allora…ho finito pozioni, incantesimi e trasfigurazione. Grazie al cielo domani Babbanalogia è saltata altrimenti avrei dovuto studiarmi pure quella! Storia della Magia e ho terminato, direi.”
“Storia della Magia? Ma sei impazzita a lasciarla per ultima?” esclamò Marte, accarezzando il viso dell’amica in corrispondenza delle lunghe occhiaie che lo ricoprivano.
“Devo solo leggermi un paio di alberi genealogici. L’argomento è Le Famiglie Purosangue del sedicesimo secolo. ”
“Promettente…” lamentò Marte con un gemito.
Hermione alzò le spalle e si stiracchiò un’ultima volta, prima di alzarsi e ritornare alla scrivania.
Marte però la fermò per una manica della veste e la fece riaccomodare.
“Ho qualcosa per aiutarti,” le disse con un grosso sorriso incoraggiante.
Frugò in una tasca esterna della borsa e, stranamente, ne tirò subito fuori una piccola boccetta dal contenuto nero.
“Nel mondo babbano la chiamano ‘pappa reale’, questa però l’ho preparata io, con la magia, e dunque dà risultati più efficaci più rapidamente. Bevine solo un sorso e ti sentirai meglio.”
Hermione non esitò un istante, afferrò la fiala e con attenzione ingurgitò un sorso del contenuto, deglutendo a fatica per via del sapore.
“Disgustoso!” sibilò, tappandosi la bocca con entrambe le mani, per non avere la tentazione di rimettere.
Marte scoppiò a ridere. “E pensare che io l’ho presa quasi tutti i giorni l’estate scorsa! Non mi dire che però non ti senti già meglio.”
Hermione, superando la sensazione di rigurgito, fece un veloce check-up del proprio corpo e si accorse di sentirsi di gran lunga molto meno stanca.
“Domani notte, tuttavia, ti conviene andare a dormire presto, provoca un lieve rinculo a chi non ne è abituato,” la avvertì con un sorrisetto colpevole.
Hermione annuì, ancora stupita di quel suo rapido recupero. Tornata alla scrivania, prese in mano la penna e si vide maneggiarla con rinnovata solerzia.
Nemmeno sentì Marte uscire dallo studio, dicendole che si sarebbero riviste quella sera presto per l’incontro dell’E.S.


Draco, anche quella sera, sarebbe stato impegnato con gli allenamenti di Quidditch fino a tardi, per cui non avrebbe nemmeno avuto bisogno di trovare una scusa al riguardo. Tuttavia, quella situazione non poteva continuare così all’infinito. Prima o poi la sua assenza non sarebbe più caduta nello stesso giorno dell’incontro ed allora o avrebbe bigiato o avrebbe bigiato. La possibilità di farsi scoprire non era nemmeno contemplata.
Inoltre – tanto per essere schietta – partecipava a quelle riunioni solo per Hermione, che ci teneva e, ogni tanto, per il gusto di poter anche brevemente duellare contro il gatto. Attività ricreativa davvero stimolante.
Come se non bastasse, odiava ammetterlo, quei duelli le ricordavano tanto gli allenamenti con Lilium e perciò metteva nei suoi incantesimi tutto l’ardore e la passione che poteva, per infine vedere lo sguardo di Harry sempre più stupito dalla sua forza combattiva.
Pure quello sguardo non le era nuovo. Anche Lilium reagiva così ogni volta che lo sconfiggeva, donandole dopo ogni combattimento un piacere immenso, che solo una vittoria sudata o una dovuta sconfitta poteva concederle.
Nonostante ciò avrebbe di gran lunga preferito duellare contro il suo Draco. Ritornando sempre al discorso riguardante i discutibili gusti sessuali della Casa Serpeverde – ognuno aveva la propria piccola fantasia e questa era la sua: duellare contro Draco, sconfiggerlo o essere sconfitta, ed infine finire insieme a letto e leccarsi le ferite a vicenda, letteralmente.
Sorrise e scosse la testa, mentre s’incamminava verso lo stadio di Quidditch, dove si erano dati appuntamento.
Draco, che si stava già allenando, avrebbe fatto una pausa giusto per la cena, insieme alla squadra, per poi tornare immediatamente in groppa alla scopa.
Le aveva chiesto se avrebbe avuto voglia di venirlo a prendere e lei aveva risposto con entusiasmo, sia perché non le dispiaceva camminare di notte nel giardino della scuola, sia perché, come al solito, se ogni momento che poteva essere passato insieme a Draco, non veniva passato insieme a lui, era da considerarsi tempo buttato nel cesso.
Si strinse ancor di più la sciarpa attorno al collo, per via del vento pungente, quando si ricordò di avere dei poteri e creò attorno a sé una barriera contro il gelo.
Adorava usarLi per scopi inutili!
Raggiunse subito gli spalti e assistette all’ultima fase del gioco, durante la quale la squadra titolare, nella quale giocava Draco, segnò altri trenta punti e conquistò il boccino.
Scesi a terra, il Serpeverde aveva ordinato delle ulteriori modifiche alla formazione di volo, poi aveva sostituito i due battitori della squadra con le due riserve, punendoli ‘ Per aver giocato come dei sudici Corvonero’ – sue testuali parole.
Infine l’aveva raggiunta in volo ed era rimasto a guardarla dall’alto della sua Nimbus, sempre con il suo solito ghigno stampato sulla faccia.
Marte gli aveva sorriso di rimando, alzando il mento verso il cielo, nel tentativo di non slogarsi il collo.
Era troppo ripetersi, dire che Draco sembrava nato per stare in groppa a quella scopa? Le sembrava così libero e fiero, padrone del suo mondo più di quando non toccava con i piedi la terraferma. Ed era bellissimo, e affascinante. Il classico angelo dalle ali nere.
“Mi sembra quasi sospetto che tu sia venuta qua a guardarmi, come fanno tutte le normali fidanzate con i loro giocatori, ” osservò lui, accennando con il mento verso la sua sinistra.
Marte seguì con lo sguardo la direzione che aveva indicato e si accorse per la prima volta di uno stormo di ragazzine gracchianti ed esagitate, che sventolavano le mani, alcune in direzione del campo ma la maggior parte nella sua direzione.
Certa che non stessero salutando lei con tutta quella vivacità, tornò a guardare Draco, che scoprì, non le aveva mai tolto gli occhi di dosso, e rispose a tono. “ Siamo sicuri che siano tutte dolci e innamorate fidanzatine? A me sembrano piuttosto membri di un tuo fan club personale!”
Draco alzò le spalle. “Può darsi…” ghignò. “Comunque, vieni ad aiutarmi con Storia nello spogliatoio?” chiese, cambiando discorso.
Gli sorrise e annuì. Poi, mentre ancora la guardava, gli soffiò un bacio dalla mano, facendolo scoppiare dalle risate.
Aveva mai accennato alla bellezza della sua risata? Non ancora, vero?

Entrò nello spogliatoio dopo essersi assicurata che ogni presenza maschile indesiderata fosse uscita.
Appena dentro, vide la divisa di Draco buttata a casaccio su di una panca e subito, con un gesto della mano, la fece piegare ed entrare ordinatamente nel suo borsone sportivo.
Poi sentì una manopola dell’acqua chiudersi e la voce del ragazzo risuonare nelle docce.
“Mi porteresti un asciugamano?” le urlò.
Come facesse a sapere che era lei e non uno sconosciuto, rimaneva un mistero.
Insomma, c’erano molti modi per riconoscere una persona: dai suoi passi, se indossa braccialetti o altri gioielli, dalla suola delle scarpe, se indossa pantaloni o gonna…ma Draco era stato fino a un secondo prima sotto il getto bollente di una doccia, come poteva averla sentita?
Escluse a priori i super-poteri, poiché ne aveva abbastanza, e perciò concluse che doveva trattarsi senza dubbio di una questione di pelle.
Si sfilò la divisa scolastica con il logo Serpeverde e le calze corte, che indossava insieme ai leggins al posto delle ruvide collant, per non inumidirle, e lo raggiunse a piedi nudi, camminando sulle bianche piastrelle bagnate dell’angolo docce dello spogliatoio, attenta a non scivolare.
Aspettando che uscisse da dietro la tendina, tese l’asciugamano di spugna bianco davanti a sé, e s’impose di guardare sempre verso l’alto, per non cadere in tentazione ma soprattutto per non provocare alcuna battutina spiritosa da parte sua.
Draco scostò la tendina e appena la vide si pettinò i capelli bagnati all’indietro, con un gesto lento della mano. Chiuse le mani sulle sue, dove stringevano l’asciugamano e avvicinò i loro volti.
“Grazie, ” mormorò, respirando a pochi centimetri dalle sue labbra.
Marte rise sotto i baffi, si liberò dalla sua stretta e lo abbracciò, avvolgendolo con la spugna all’altezza del bacino.
“Gran buon profumo,” sussurrò, carezzandogli la pelle con la punta del naso e con le labbra.
 “Ma sai quel’è il bello? Sentirlo su di te,” rispose Draco facendo lo stesso e baciandole il lato sinistro del collo.
Lei allora gli annodò la spugna attorno ai fianchi, gli diede un rapido bacio sulle sue labbra morbide e s’incamminò, prendendolo a braccetto e spingendolo fuori dai bagni.
“Adesso che ci penso non sarebbe affatto male farlo qui una volta tanto,” la stuzzicò, nel porgerle il libro di Storia della Magia.
“Proprio il massimo del brivido: lo spogliatoio maschile del campo di Quidditch! Ti credevo più fantasioso!” lo derise con una lieve nota di malignità nel tono.
Anche Draco ghignò nel vederla voltarsi imbarazzata, non appena ebbe iniziato ad asciugarsi per rivestirsi con gli abiti puliti. “Beh, se preferisci, potremmo saltare direttamente allo studio della McGrannit. Anche se penso che tu ti debba prima abituare a guardarmi nudo. Sai, non è poi male come vista.”
Marte arrossì, piena d’imbarazzo, ma cercò comunque di non stare con le mani in mano e sviò il discorso su un terreno a lei più congeniale, aprendo il libro su di una pagina a caso e sedendosi sulla panchina di fronte a lui.
“Grazie a Dio, io non devo fare questo test, visto che sono entrata quando eravate già a metà del programma. Da dove vuoi che parto?” gli chiese. Non aspettò nemmeno la risposta poiché non appena voltata la pagina, vide il nome Gaunt scritto nel titolo di un paragrafo e lesse.
“I Gaunt: scopritori del nuovo mondo o crudeli conquistatori? Ma tu guarda. Chissà come ci si sente a leggere il proprio nome sui libri di storia.” si domandò ancora, improvvisamente incuriosita ed eccitata per aver trovato il cognome di Tom tra le pagine di uno dei suoi libri di scuola.
Draco alzò le spalle, esasperato, ma anche terribilmente attratto dal suo tentativo di sviare la sua attenzione. Così, mentre lei non accennava nemmeno ad alzare lo sguardo dal libro e continuava a leggere imperterrita, Draco, vestito di tutto punto, si sedette accanto a lei e, come stesse muovendo una marionetta, spostò le sue gambe sulle proprie e la fece girare verso di lui.
“…difatti il popolo degli Ambàryghn, gli aborigeni nativi di quei territori immensi, agghiaccianti ed inesplorati, si dimostrarono sin da subito contrari a diffondere e trasmettere la loro conoscenza agli esploratori ma poi, attratti dalle loro magie e dai loro “bastoni magici”, alcuni si lasciarono convincere e dettarono loro diverse strofe delle loro canzoni funerarie…”
Draco mugolò, fingendo di sentirsi coinvolto dal racconto, quando le mise un braccio attorno alle spalle e, con poca delicatezza, ma con tanta urgenza, la coinvolse in bacio profondo ed inaspettato, zittendola.
Mentre sentiva i denti e le labbra di Draco chiudersi sulle sue e la sua lingua farsi strada nella sua bocca, dimentica del libro, lasciò che cadesse a terra e avvolse con le gambe i suoi fianchi.
Come poteva concentrarsi su altro quando le uniche cose che percepiva erano le mani di Draco toccarla ovunque e i suoi baci frenetici e invitanti sulle labbra?
Capì che Draco non aveva alcuna intenzione di studiare quella sera, soprattutto quando sentì le sue mani sollevarle la gonna, correre sotto i leggins ed infine chiudersi attorno alle sue natiche per poi spingerla contrò il suo bacino con un’urgenza che le mozzò il respiro.

Quando dopo – molto dopo – entrarono nella Sala Grande, le sembrò, forse per via di tutti gli sguardi incuriositi che riceveva, che ogni studente di Hogwarts sapesse che aveva appena fatto sesso con Draco, badate, sesso non amore. Quelli erano solo animali affamati di gossip.
Solo quando girò lo sguardo e vide l’espressione emozionata di Hermione, capì che in quella sala c’era almeno una persona che condivideva la sua stessa trepidazione e che capiva i suoi sentimenti.
Trattenne Draco e lo mise tra sé e gli altri, per potergli sussurrare senza essere vista.
“Mmm?”fece lui.
“Draco, ho qualcosa fuori posto?” gli chiese lisciandosi intanto la divisa.
La fissò con occhio critico. “Intendi a parte i primi cinque bottoni della camicia aperti a mostrare il tuo bellissimo reggiseno di pizzo nero? Sei perfetta!”
Marte portò subito le mani al petto, nonostante fosse certa di aver ermeticamente chiuso i bottoni della camicetta quando si era rivestita…
Appena sentì Draco sghignazzare si accorse di aver fatto la figura dell’esagerata e sbuffò.
Il ragazzo la riprese per mano e si diressero verso il tavolo della loro Casa.
“ È una sensazione solo tua ciò che abbiamo fatto, ” la tranquillizzò, “ È solo una tua impressione pensare che gli altri ti stiano guardando solo per questo. Prima di tutto perché è una cosa assolutamente normale e siccome tra noi accade in pratica ogni giorno,più volte al giorno, dovresti, come minimo, sentirti sempre osservata, ” le disse, facendola leggermente arrossire con la sua affermazione. “In secondo luogo, non ti è più facile pensare che ti stiano guardando semplicemente perché sei bella?”aggiunse in tono più aggressivo.
Marte rispose alle sue parole con un sospiro trattenuto e con un lieve sorriso, metà fra l’onorato e il tronfio, e lasciò che lui le baciasse le dita delle mani, mentre erano già seduti a tavola e partecipavano alle conversazioni.
Pensandoci su Marte si rese conto che, nell’ultimo periodo, si sentiva più bella che mai. Il suo corpo, modellato dalle mani di Draco, le sembrava ogni giorno più armonioso e flessuoso, come se subisse ogni volta una trasformazione, mentre raggiungeva l’apice del piacere insieme con lui e lo sentiva aprirsi dentro il suo corpo.


Lasciò Draco davanti al portone principale della scuola verso le otto, lottando contro se stessa per staccare le mani del ragazzo dai suoi fianchi.
Fortunatamente quella notte l’avrebbero passata insieme, invece ora poteva sfrecciare tranquillamente al settimo piano, con la certezza di poter tornare in camera in tempo per il suo ritorno.
Altra ottima notizia: non vide in giro nessun Serpeverde, a quell’ora stavano già sicuramente tutti a gustarsi gli aperitivi di Nott in sala comune, al cui pensiero le venne l’acquolina in bocca.
Sconfisse anche quel bisogno ed entrò nella Stanza delle Necessità, non prima di aver controllato, sia con la mente che con gli occhi, che non vi fosse alcun sospetto dietro le armature.
Non era arrivato ancora nessuno. Fece per andare a specchiarsi quando da dietro un armadio saltò fuori Harry.
“Ehila!” esclamò.
“Ciao!Come va?” rispose ancora presa alla sprovvista.
Harry alzò le spalle e solo allora Marte si ricordò di quando Hermione le aveva raccontato dei suoi incubi notturni.
Occhiaie nere e profonde rigavano il suo volto, oscurando la lucentezza del verde dei suoi occhi. Tuttavia quella stanchezza non stonava con il suo aspetto, ma faceva invece intendere di aver marcato quel viso già più volte in precedenza.
“Pensi di riuscire a fare lezione senza cadere stramazzato a terra?” gli chiese con ironia, cercando di buttarla sul ridere.
Harry sospirò e si pesò con una spalla a uno specchio, appannandolo con il suo fiato. “Spero di sì, anche se, ad essere sinceri, non è ciò che avrei programmato se avessi avuto scelta,” mormorò.
“Immagino…” ridacchiò.
Anche Harry sorrise e si stropicciò ripetutamente gli occhi assonnati. “Non mi riferivo minimamente a ciò che stai immaginando. Io stavo pensando ad un breve voletto sulla mia Firebolt e poi dritti a nanna, oggi non ho nessuna voglia di consumare altre calorie.”
“Hai esaurito la tua riserva energetica?’”
Negò, si sedette a terra con le gambe rilassate, dritte davanti a lui, e le fece segno di seguirlo.
Tirò fuori dalla tasca la consueta barretta al cioccolato e la spezzò in due. “Mi dispiace offrirti un’insulsa barretta di bassa qualità comprata alle Magie, ieri ad Hogsmade, piuttosto che un’ottima tavoletta made in babbani, di cui purtroppo ho esaurito le scorte.”
“Se ti sentisse Draco…”
“Credi che mi ucciderebbe?”
Marte ridacchiò, masticando un quadratino di cioccolato. “Non essere ridicolo!Certo, potrebbe, ma penso che aspetterebbe a farlo per un’occasione più propizia, tipo nel caso uscissi dai G.U.F.O con voti superiori ai suoi. Allora ti distruggerebbe!”
Involontariamente Harry appoggiò la testa sulla sua spalla e sospirò nuovamente, stanco. Marte cercò di irrigidirsi il meno possibile e aspettò che parlasse, approfittandone per guardarsi meglio intorno.
“Gli puoi dire di mettersi il cuore in pace, finché ci sei tu ad aiutarlo.”
“Ma tu hai Hermione, e non credere che io sia meno intransigente di lei!”
“Può darsi, ma per lo meno tu ti devi dedicare ad una sola persona, che, al contrario di me e Ron, può essere considerata un caso non del tutto patologico…difficile da ammettere, ” concluse appisolandosi contro di lei.
“Apprezzo lo sforzo gatto.”
Come premio per quell’ammissione, che, naturalmente, appena sveglio, avrebbe negato di aver mai detto, Marte lo fece appoggiare sulle sue gambe.
Non volendo che si addormentasse completamente, continuò a sussurrargli delle brevi domande che richiedevano comunque un minimo sforzo come risposta, del tipo: hai preparato gli schiantesimi per stasera? Dovremo stare in coppia? Hai mai pensato di preparare una lezione sui Patronus? Non li trovi interessanti?
Ad ogni domanda Harry rispondeva con un sibilo o scuotendo la testa. Solo quando Marte cercò di indovinare quale fosse il suo animale protettore, parlò per un’ultima volta.
“Scommetto che evochi un leone, anzi no, una tigre!”
Harry ridacchiò dicendole che era totalmente fuori strada. “Il mio patrono è un cervo.”
“Ah!” In quell’istante si chiese quale fosse il patrono di Draco e immaginò di vedere uscire dalla sua bacchetta un’enorme e viscida anaconda. Rabbrividì al solo pensiero.
“Il tuo invece?”
“Pfui! Il mio penso sia un uomo. Brutto, vero?”
Harry aprì gli occhi di scatto, ma li richiuse subito, accecato dalla luce, ed allora non si sforzò nemmeno di parlare, troppo stanco pure per pensare a cosa dire.
Aggiunse solo, “Spero che con lui ti faccia delle lunghe chiacchierate.”
“Io invece spero che il tuo t’incorni per bene.”
Ridacchiò un’ultima volta prima di rilassarsi del tutto.
A quel punto Marte tirò fuori la sua bacchetta, con essa spruzzò dell’acqua sul pavimento e poi si divertì a manipolarla con la magia, come le aveva insegnato Vitius qualche lezione precedente.
Appena sentì il respiro di Harry calmo e regolare, abbassò lo sguardo su di lui e contemplò la placidità del suo volto. Chissà da quanto non dormiva. Poteva capirlo. Chi, meglio di lei, poteva comprendere cosa significasse avere una presenza come quella di Tom dentro la propria testa?
Certo, lei l’aveva sperimentato in una sola occasione, fortunatamente, quando ancora non era in grado di controllare le sue capacità psichiche per difendersi, ma Laer ne era stato vittima diverse volte ed i suoi ricordi a proposito erano sempre più terrificanti.
Ricordò con dolcezza le diverse volte in cui lei aveva alleviato il suo dolore, grazie ai suoi poteri. Gli Altri, in quelle situazioni, si erano dimostrati molto utili e li aveva amati per questo, poiché le concedevano del tempo in più da trascorrere con il suo fratellone.
Posava le mani sulle tempie di Lilium e le massaggiava in senso circolare, per tranquillizzarlo, farlo rilassare e per aumentare il flusso di energia. Poi entrava con dolcezza in lui, lentamente, per distinguersi dall’approccio invasivo e violento di Tom, e gli faceva vedere delle immagini tranquille. Il più delle volte gli mostrava scene di giornate passate insieme, visto che erano gli unici ricordi felici che condividevano.
In breve raggiungeva il centro del suo organismo, quello da cui partivano i vari filoni dei pensieri, dei ricordi e anche dei sogni, e vi s’immergeva, fungendo quasi da sedativo per il turbamento che vi trovava all’interno.
Finito tutto, lo baciava sulla fronte, ma quello non rientrava nella magia, che era solo una scusa per sentire il suo sapore sulle labbra.
Mentre ripercorreva i vari passi, compì gli stessi movimenti su Harry, approfittando della complicità del sonno che lo aveva colto, ed entrò nei recessi più profondi della sua mente.
Vide tanto dolore e solitudine, ma vi trovò anche una gioia immensa, poiché in un panorama buio anche i più piccoli sprazzi di luce illuminano come il sole stesso.
Vide tanto amore in Harry, più di quando lui avesse mai ricevuto, e anche compassione, anche se non era ben chiaro se fosse rivolta a se stesso o a quelli che gli stavano vicino, partecipi della sua stessa sorte.
Stava cercando di capirlo meglio. Che cosa portava un ragazzo a compiere imprese come quelle che lui aveva compiuto, a combattere disperatamente contro un mostro per il bene di migliaia di persone, che probabilmente non l’avrebbero mai nemmeno ringraziato, trattandolo più come carta igienica che come eroe nazionale?
Perché non fuggiva? Non poteva essere solo vendetta, no?
Così sperava. Sia per lui, sia per se stessa.
Improvvisamente sentì un forte dolore alla testa, come un pizzicotto acuto e lacerante, un grido disperato e straziante che la costrinse mano a mano a retrocedere, fino a confinarla ai primi strati dell’organismo, finché non si vide costretta ad uscire definitivamente dalla testa di Harry.
Il ragazzo nel frattempo si era svegliato, ma non perché si fosse accorto della sua piccola invasione, quanto per via di quella sua dannata cicatrice, che ormai non la smetteva più di pulsare e bruciare, tanto da lacerargli il cervello.
Harry si alzò di scatto, premendo le dita sulla fronte, come per contenere quel dolore immenso e la guardò, in maniera che avrebbe definito aggressiva e felina. Sembrava davvero un gatto!
Ad una ragazza normale la sua espressione avrebbe suscitato paura, ma il lei, inaspettatamente, si ripresentò quella gelida calma, che l’aveva sempre aiutata a sopravvivere durante il suo soggiorno nel castello di Voldemort.
Non smise un attimo di fissarlo, immobile, come se si fosse trovata davanti ad un animale selvaggio, sempre con la bacchetta stretta fra le dita, anche se in quelle situazioni tendeva a lasciarsi comandare dall’istinto e dunque dagli Altri.
Nessuno dei due osava muoversi e Marte nemmeno tentò di azzardare un’ipotesi su cosa Harry potesse aver pensato in quegli istanti.
Non ne ebbe nemmeno il tempo a dire il vero, perché la porta della Stanza delle Necessità si spalancò e da lì iniziarono a entrare i vari membri del loro esercito.
Marte alzò un sopracciglio, ironica, quasi con un accenno di sfida, mentre entrambi si voltarono per osservare Hermione avvicinarsi imperterrita a loro due, con dipinta sul volto l’espressione di chi la sa lunga.
Si giunse così all’ottava riunione dell’Esercito di Silente.

Hermione si trattenne dall’iniziare a urlare sonoramente e si limitò a fissare entrambi con sguardo truce. Harry aveva ancora scolpita sulla faccia un’ espressione sofferente e continuava a premere con la mano sulla fronte. Marte invece si era semplicemente alzata in piedi e aveva incrociato le braccia dietro alla schiena, con fare innocente.
“Harry, ti conviene iniziare immediatamente la lezione se non vuoi che gli altri si accorgano che eravate qui insieme, da soli,” sibilò Hermione fra i denti, cercando di ignorare lo sguardo confuso del ragazzo.
Lui si allontanò subito dalle due ragazze ed iniziò a chiamare a raccolta gli altri studenti per cominciare la lezione, intanto la dolce Grifondoro si girò, con le mani premute sui fianchi, a fronteggiare la sua migliore amica Serpeverde, che non sapeva se ridere o iniziare a preoccuparsi perché, come al solito, aveva combinato un pasticcio.
Giusto diversi giorni prima Draco le aveva ripetuto che i suoi poteri dovevano essere una cosa loro e che non avrebbe confessato il suo segreto nemmeno al suo migliore amico, se non sotto giuramento. Ora, lei aveva reso Hermione partecipe del loro segreto e ancora un po’ e si sarebbe fatto scoprire pure da Potter.
Draco faticava a sopportare Hermione come parte della loro vita, in quanto sua migliore amica, ma era certa che per il gatto non avrebbe fatto alcuna eccezione.
“Non stavo facendo nulla di ciò a cui stai pensando.” Hermione ormai si era fissata che lei volesse in qualche modo sedurre Harry, ma si sbagliava di grosso. Per lei stuzzicarlo rappresentava solo una fonte di divertimento, nulla di più. Per nulla al mondo avrebbe rinunciato a Draco. Tanto meno per un Grifondoro.
“Allora spiegami, te ne prego, perché sono confusa,” le rispose stizzita.
“Lo vedo, nel tuo cervello c’è qualcosa che assomiglia sempre di più ad un groviglio di fili!” esclamò, cercando come al solito di distrarla.
Hermione si voltò, ancora più scocciata per via della sua intrusione, nonostante sapesse che questo non bastasse a bloccarla. Marte notò inoltre che la ragazza non la smetteva mai di muoversi. Incrociava le gambe, le braccia, si toccava i capelli e si torturava l’interno delle guancie con i denti.
“Hermione, o tu sei molto eccitata, cosa che escluderei a priori visto che il tuo principe rosso non è presente e visto che anche se lo fossi tenteresti di controllarti, o tu hai bevuto troppo dalla boccetta che ti ho dato, confessa!”
“E va bene! Lo ammetto!Ne ho bevuta metà! So che non avrei dovuto ma era una sensazione così incredibile, riuscivo a studiare senza sforzo, era fantastico!”
Marte scosse la testa, leggermente preoccupata e arrabbiata, anche se sapeva che la sua pozione non avrebbe avuto effetti così negativi.
“E pensare che ti avevo avvertita,” la sgridò, amaramente, “Stanotte probabilmente non riuscirai a dormire. Ti conviene studiare anche durante la notte per consumare gli effetti più velocemente e dormire domani mattina.”
Hermione spalancò sconvolta gli occhi all’idea di dover saltare le prime due ore di Trasfigurazione. “Immagino di essermela andata a cercare…” ammise mestamente.
“Prenderò appunti per te, okay?”
“E io sono consapevole di chiederti uno sforzo enorme,” la prese in giro Hermione, inchinandosi davanti a lei.
“Ma piantala!”

Marte spinse l’amica e la costrinse a raggiungere gli altri, dove Harry aveva già preso a spiegare l’incantesimo che aveva programmato di spiegare quel giorno.
Si misero tutti in cerchio, attorno ad uno di quegli enormi manichini con le rotelle al posto dei piedi che somigliavano tanto ai Mangiamorte.
“Oggi proveremo tutti gli incantesimi affrontati fino ad ora, ovvero Expelliarmus, Protego, Reducto e Stupeficium. Indirizzate l’incanto verso il manichino e spingetelo verso un compagno, ma ricordate,” il suo tono di voce si fece ancor più fermo e deciso, “Qualsiasi incantesimo con cui lo colpirete, il manichino ve lo rinvierà due volte più forte, perciò fate attenzione e proteggetevi. Non è il caso di usare l’infermeria della scuola.”
Sia Hermione che Marte ritenerono che quel metodo di allenamento fosse di gran lunga più divertente di quello abituale e si misero in cerchio una accanto all’altra, anche per parlare senza essere sentite.
“Non mi hai ancora illuminato su ciò che è accaduto fra te e Harry,” borbottò Hermione, poco prima di respingere uno schiantesimo.
Marte alzò le spalle e spine via il manichino riducendo il suo braccio sinistro ad un cumolo di polvere: questo ricrebbe in pochi secondi e il falso Mangiamorte invocò lo stesso incantesimo contro uno studente Corvonero, che, impreparato, riuscì a difendersi ma cadde all’indietro.
“Fa attenzione Colin!”urlò Harry
“Non so di preciso cosa sia successo. Mi sono introdotta nella sua testa solo per dargli un po’ di sollievo - non era la prima volta che mi capitava di doverlo fare e Harry mi sembrava sul punto di crollare - quando all’improvviso ho sentito un dolore acutissimo, straziante, e subito Harry si è svegliato, teso e incazzato.”
“Se era la cicatrice - e non poteva essere altro - allora c’era Voldemort nella sua testa,” commentò la Grifondoro con tono grave e sofferto.
Rimasero in silenzio per diversi minuti, durante i quali respinsero numerose volte il manichino e guardarono gli altri fare lo stesso. Ogni dieci colpi qualcuno si ritirava ed infine, di venticinque che erano all’inizio, ne rimasero in piedi solo tredici, quasi tutti Grifondoro, tra i quali spiccavano molte teste rosse, tre Corvonero e, naturalmente, un’unica Serpeverde.
“Ma c’è una cosa che trovo strana,” pensò ad alta voce, dopo quella lunga pausa di riflessione, “Questa è in assoluto la prima volta che io mi faccio male, non è mai successo prima che qualcuno sia riuscito a superare le mie barriere. La lettura del pensiero è il potere che mi contraddistingue, il mio punto di forza!Non può cedere!” concluse infuriata, ma sempre tenendo basso il tono di voce.
Hermione scosse la testa davanti a questa contraddizione. “Ciò che dici è vero, ma non pensi che in questo caso la situazione presente sia leggermente diversa? Expelliarmus!” urlò svogliatamente. “Dobbiamo ricordare che non è un semplice mago quello a compiere delle continue incursioni nella testa di Harry, bensì Voldemort!”
Nonostante Hermione avesse appena fatto vacillare le sue convinzioni, Marte negò con sicurezza. “No, non è possibile, forse tempo fa, ma di certo non ora!”
“Qui si parla troppo e si lavora poco, mi pare.”
La voce di Harry s’inserì all’interno della loro conversazione come un soffio gelido e spaventoso, facendo sobbalzare entrambe.
Hermione, che era più abituata di lei al carattere del Grifondoro, si comportò normalmente e si scusò, il suo cuore invece, sentendo lo sguardo del ragazzo trapassarle la nuca, ancora dopo che si fu allontanato, continuò a battere all’impazzata, finché una provvidenziale Ginny Weasley non distrusse del tutto il manichino, mettendo fine ai giochi.
Hermione aveva risollevato i suoi timori passati. Voldemort non era più in grado di entrare nella sua testa, ma poteva ferirla tramite gli altri.
Ciò che però lei temeva maggiormente era che un suo presentimento si avverasse, cioè che Tom avesse scoperto che lei era diventata amica di Harry Potter e, tramite il ragazzo, avesse capito che si era innamorata di Draco Malfoy.

    

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