Bloody Family Tree (provvisorio) di Inferno (/viewuser.php?uid=67358)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bloody Family Tree ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** The hell is a lifestyle choice. ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8° ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** Decimo ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** Dodicesimo. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20. ***
Capitolo 1 *** Bloody Family Tree ***
1° B.F.T
Primo.
¿BLOODY FAMILY TREE?
“ Tra le tante e nobili famiglie di maghi purosangue, la
più antica, le cui generazioni risalgono ai tempi dei fondatori
della nostra amata scuola, se non prima, è di sicuro quella
della famiglia Radix “.
Lezione di Storia della Magia. Lunedì mattina. Ora terza.
Ruff come al solito spiegava con la cadenza di un orologio a pendolo.
Bisbigliava, come se stesse tramandando un segreto importantissimo per le future generazioni,
abbassando sempre di più il tono, poi, all’improvviso, di
solito quando arrivava nella lettura ad una data importante, alzava il
tono di voce con un acuto spaventoso da svegliare persino Ron, che,
puntuale come un orologio, aveva già assunto una posizione
comoda sul banco per poter prendere sonno.
Quella mattina la classe sembrava più assonnata del solito.
Eravamo con i Tassorosso e, in pochi mi avrebbero creduto, ma solo pochi di quei secchioni erano ancora svegli.
La maggior parte aveva la testa dolcemente appoggiata sul banco, altri
si facevano spalla a vicenda, alcune ragazze compilavano i test di
StregaOggi sotto il banco.
Per i Grifondoro invece, Storia della Magia era l’unica lezione
dove non potessero dimostrare il loro coraggio, nemmeno Fred e George
sarebbero stati così imprudenti da scommettere di riuscire a
rimanere svegli anche una sola ora con Ruff.
Ron, neanche a parlarne, già dormiva profondamente. Aveva chiuso
la testa fra tre mura di libri non solo per nascondere il fatto che
stesse dormendo ma anche per insonorizzare il suo russare.
Un tempo, almeno, tentava di rimanere sveglio durante la lezione di
Storia, ora invece neanche si prendeva il disturbo di comprare il libro
per l’anno nuovo, né usava quelli dei suoi fratelli
maggiori. Per lui quella materia non esisteva.
Le uniche a resistere all’incantesimo Valeriana di Ruff erano Hannah Abott e, naturalmente, Hermione Granger.
In verità Hannah mi sembrava un po’ più fiacca del
solito. Teneva la testa appoggiata mollemente sulla mano e cercava di
rimanere sveglia solo per non essere da meno ad Herm nonostante ormai,
si capisse che gli occhi le erano diventati più pesanti di un
ponte levatoio.
Hermione era fresca come una rosa, come ogni mattina prendeva appunti
con la sua solita meticolosa precisione, annuiva al professore, che
ormai vedeva in lei sola l’unico faro di speranza della nostra
generazione, e faceva una domanda di tanto intanto, su cosa non aveva
capito e su cosa desiderava le fosse ripetuto.
Io invece mi ero svegliato per caso mentre la lezione era ancora in
pieno svolgimento; avevo aspettato mezz’ora prima di
addormentarmi per capire quale sarebbe stato l’argomento della
lezione, appena saputo che quel giorno Ruff avrebbe trattato “Le
famiglie Purosangue dal medioevo ad oggi”, non avevo esitato ad
addormentarmi. Dopotutto, quell’argomento non sarebbe nemmeno
rientrato fra i temi previsti nel G.U.F.O di quell’anno, dunque,
perché sprecarmi a studiarlo?
Feci un cenno ad Hermione come per dirle buon giorno e dopo che lei mi
ebbe risposto con un sorriso, mi voltai verso la finestra a fissare un
allenamento di Quiddicth.
La scuola era iniziata da poco, appena una settimana, eppure non mi era mai sembrata così noiosa.
Certo, avevo scoperto l’esistenza dell’Ordine della Fenice
ed avevo scoperto che aveva come sede la dimora del mio padrino,
Sirius, a Londra, però: a cosa mi poteva servire sapere
dell’esistenza di questa organizzazione se non vi potevo
partecipare?
Avevo provato a convincere Sirius a farmi rimanere a casa con lui, a
non farmi andare a scuola quest’anno, dicendogli che avrei
imparato più magia stando con lui a casa che venendo qui a farmi
dire che mischiando blu e giallo ne usciva il verde!
Dio! Ciò che avrei voluto avere era qualcuno in grado di
spiegarmi a che cosa servisse saper trasformare un maiale in un
coniglio! Lo so che ogni maiale vorrebbe essere un coniglio
però, ad ognuno il suo, no?
Ero quasi riuscito a convincerlo quando ci si è messa la signora
Weaslay e a ruota Hermione, Remus, i G.U.F.O ed infine Silente.
Silente poi non era mai stato più enigmatico.
“sarà un bell’anno questo Harry….almeno in parte, per te lo sarà”.
Finora era stato tutto molto deludente.
Come poteva pensare che sarebbe stato un bell’anno se, ad
insegnare la mia materia preferita, il Ministro aveva messo una donna
travestita da rospo rosa?
Non avevo ancora avuto lezione con lei ma non ci tenevo affatto, aveva
già messo Fred e George in punizione e Ginny, che, vi assicuro,
non si faceva spaventare proprio da nulla, uscita dall’aula di
Difesa era pallida come un morto e quasi in lacrime.
Inoltre continuava a ripetere frasi convulse del tipo – non
datele retta, portatevi dei tappi, soprattutto tu Harry! Terrorismo
psicologico! Violenza Psicologica! –
Sembrava peggio della Cooman quando faceva delle vere previsioni. Spaventosa.
Quando glielo abbiamo detto sembrava non ricordarsi dell’accaduto.
Comunque non avremmo avuto lezione con lei se no fino a venerdì
pomeriggio, era giovedì, per cui ancora presto per preoccuparsi.
Mi azzardai ad ascoltare cosa stesse dicendo il professore in quel momento.
“ La famiglia Radix è composta da un albero genealogico
che vanta generazioni e generazioni di famosi magni esperti nelle arti
oscure. La leggenda narra che i figli eletti possedessero un potere
particolare, un qualcosa di strabiliante ed infinito, capace di
combattere qualsiasi incantesimo e sortilegio. Si dice vantassero una
assai vasta conoscenza in materia di veleni, e si dice che sia stato
questo, il motivo per cui siano riusciti a sopravvivere così a
lungo nei secoli ”.
- Vuole dire che in molti attentavano alla loro vita professore?
- Mi pare ovvio signorina Granger! Se lei avesse
avuto sottomano un potere così vasto, non avrebbe cercato in
tutti i modi di carpirne il segreto?
- Certo che sì. Ma cosa c’entra il veleno?
- Beh, lei sa che, morto un mago, chiunque entri in
possesso della sua bacchetta prende possesso anche dei suoi più
reconditi segreti. La bacchetta ha con il proprio mago un legame che va
oltre la comprensione.
Qui la mano di Hermione riprese a scrivere furiosamente, per non
perdersi nemmeno una parola. Spesso mi sono chiesto come facesse la sua
mano a non bollire con tutta quella frenesia. Hermione alzò
nuovamente la mano.
- Come venivano scelti gli eletti?
- Nessuno realmente lo sa, purtroppo. In molti
pensano che fossero i primogeniti, poiché spesso il potere
è caduto in mano loro, ma è successo altre volte, anche
se rare, che il potere sia andato in mano a due fratelli, per esempio
sul minore e sul maggiore, o su due a caso. E in questo caso il potere
si manifestava più debole, poiché era diviso in due.
Altre volte il potere saltava una generazione, ed in quei casi la famiglia entrava in crisi.
Proseguì con la lettura.
“ Si pensava che il potere, o Giles, fosse una presenza a
sé stante all’interno della stessa famiglia, tanté
che i Radix avevano preso l’abitudine di onorarlo e celebrarlo
con debite messe religiose, combattimenti magici ad alto livello e
dubbie cerimonie sacre. Lo veneravano come un dio, come un beneficio
concesso a loro soltanto, come il loro orgoglio davanti al resto del
mondo magico.
Dopo una serie svariata di errori i Radix per primi giunsero alla conclusione che Giles fosse un’entità separata.
Sin dalle origini era stata loro convinzione che il potere avesse
bisogno di un contenitore robusto, un corpo robusto, dove essere
versato, così gli offrivano, dopo averlo sottoposto a diversi
test da parte dei medici, un neonato forte e sano.
Ma non sempre questo veniva scelto.
Così cambiarono, e offrirono al potere solo i primogeniti, ma Giles non fu soddisfatto.
Poi solo i più attraenti, pensando che anche la bellezza fosse uno strumento di potere, ma sbagliarono ancora.
L’errore più grave lo commisero nel 1888, quando offrirono
in sacrificio anche del sangue umano, pensando che il potere avesse
bisogno di calore per continuare a vivere, prendendo esempio da molti
testi greci.
In quell’occasione Giles dimostrò di essere più
forte e autoritario che mai, abbandonando la famiglia per due
generazioni.
Quando il potere decise di perdonarli il portatore era al limite della vecchiaia e agli sgoccioli di potere.
Infatti, qualcosa per metà l’avevano indovinata. Solo un
corpo sano poteva ospitare Giles, ma questo non significava che si
dovesse nascere forti, lo si poteva diventare, inoltre, con la
vecchiaia, il potere si assopiva con il corpo, veniva riassorbito e
andava a ricolmare la fonte di potere per le generazioni successive.
Dunque, solo dopo vari errori si accorsero che era Giles a scegliere i
maghi che voleva e che non sempre il potere si manifestava in tenera
età.
Tuttavia gli studiosi della famiglia, che facevano ruotare la loro vita
attorno a questa ricerca, trovarono un modo per scoprire almeno in
anticipo chi sarebbe stato designato e chi no.
Crearono una bacchetta.
L’oggetto magico per eccellenza.
Non fu la prima bacchetta e non fu nemmeno una delle migliori, ma aveva
in se la capacità di avvertire il fulcro di potere più
forte all’interno della famiglia.
Ogni membro ne possedeva una scintilla, ma solo i prescelti conservavano nel loro corpo la fiamma e il fuoco.
Così la bacchetta veniva esposta ogni otto anni,
l’infinito, davanti hai bambini nati in quel periodo di tempo,
senza limiti di età.
Colui che veniva chiamato poteva avere la bacchetta per sé, se i
prescelti erano due, e non hanno mai superato questo numero, la
bacchetta del secondo veniva forgiata con una scheggia proveniente
dall’albero sacro dal quale era nata la Grande.
Nel corso degli anni, però, la bacchetta sembrò preferire
e scegliere come vasi i componenti di un solo ramo della famiglia Radix
che venne chiamato Reale. Tutti gli altri divennero cadetti,
subordinati a questo principale, che per secoli, sino
all’estinguersi della famiglia, fu il prediletto di Giles. ”
Hermione alzò la mano nuovamente.
- Le donne professore?
- In che senso signorina Granger?
- Ci sono state anche donne prescelte?
- È stata attenta, no? Corpi forti – rispose spazientito
- Lei ha anche detto che il corpo poteva diventarlo, non era necessario che lo fosse dalla nascita.
- Non possiamo muoverci nel campo delle ipotesi, non
abbiamo gli strumenti per farlo, in ogni caso, no, non è mai
stata registrata la presenza di un’eletta donna.
- - che peccato….- bisbigliò Hermione, distogliendo un attimo lo sguardo dal quaderno.
Alzai la mano anch’io, cosa che non avevo mai fatto in quattro
anni che frequentavo le lezioni di Ruff, ma, ogni volta che sentivo
parlare di artefatto oscuro mi si accendeva sempre una lampadina. Vuoi
sconfiggere il nemico? Pensa come il nemico.
- Signor Potter! Quale onore! Dica, dica…
- Che mi dice della bacchetta professore?
- Lei va sempre al sodo, signor Potter –
rispose con fare metadibondo, voltandosi verso la cattedra e
svolazzando per raggiungere la libreria dietro questa.
Prese un libro molto sottile e iniziò a leggere.
“ Della Grande ci giungono ben poche notizie fino al 1950, quando si interrompono del tutto.
Da quando morì l’ultimo discendente della famiglia, famoso
cacciatore di magni oscuri e famoso pozionista, Cassiel Radix, si
persero le sue tracce.
Si tramanda che la Grande venne dispersa in seguito a numerose dispute
interne, causate dall’ambizione di alcuni famigliari e da
numerose gelosie.
Infatti, a causa del favoritismo di Giles nei confronti della Reale,
era nata una sorta di gerarchia, come non era mai esistita
all’interno di una grande famiglia, basata sin dal principio solo
sul rispetto e sulla reciproca collaborazione.
Questa non era fondata su denaro né su bravura, ma piuttosto sul
numero dei componenti del proprio ramo che era stato toccato dal Bacio
di Giles, come la famiglia aveva iniziato a chiamare il dono del potere.
Più componenti del tuo ramo avevano ottenuto la Grande, più la famiglia otteneva onore e rispetto.
La Reale era l’indiscussa, le altre sempre in competizione. Molte
facevano svolgere ai loro giovani compiti d’inaudita fatica e
dolore per renderli presentabili di fronte al potere.
Da questo punto di vista la Reale rimaneva e rimase sino alla fine la più corretta, poiché si
basava con fedeltà sui corretti valori di Giles.
Non fu un periodo del tutto felice per la famiglia, né per l’intero mondo magico.
All’interno una battaglia fra rami cadetti ne indeboliva le file.
Queste faide infatti portavano a molti combattimenti, i molti duelli
portavano alla morte di molti maghi valorosi. In pochi anni i Radix si
assottigliarono.
Tuttavia, all’esterno, i Radix erano sempre considerati
un’invincibile famiglia di maghi e, durante la guerra contro
l’Oscuro Signore, a molti dei suoi componenti furono affidati, da
parte del ministero, compiti di estrema importanza.
È in questo periodo che divenne nota la loro abilità nel
riconoscere i veleni. Per la loro notorietà erano continuamente
soggetti ad attacchi da parte di famiglie gelose del loro successo, ed
il veleno, a quei tempi, era considerato uno degli attacchi più
subdoli.
Tre famiglie, in particolare, furono sue acerrime nemiche.
Le prime due in tempi più remoti.
La terza in più moderni. ”
Appena Ruff alzò gli occhi si accorse che tutta la classe lo stava ascoltando.
- Mai avuta cotanta attenzione durante le mie lezioni.
- Continui con la storia ! – esplose Ron,
prendendosi una poderosa gomitata da Hermione per la sua maleducazione.
Ruff abbassò lo sguardo nuovamente sul libro e sbarrò gli occhi.
- Non è un argomento di storia di cui tratteremo oggi.
- Prof non si faccia pregare! – disse uno di
Tassorosso che aveva l’aria di essersi appena svegliato.
La classe seguì il suo esempio e si misi a brontolare sonoramente.
Una volta tanto che seguivano attenti e concentrati sulla materia!
Il professore intanto era in difficoltà, volteggiava dal
nervosismo e balbettava di mantenere l’ordine. In effetti, i miei
compagni non stavano dimostrando molta maturità.
Osservai Ruff e il suo modo di volteggiare e mi si accese un’altra lampadina.
- Io so qual è una famiglia, professore.
Il fantasma si fermò all’improvviso e mi fissò,
poiché lo avevo sorpreso ancora una volta con la mia inaspettata
loquacità, in un unico giorno per di più.
- Ci faccia partecipe delle sue opinioni allora
– annuendo, pensando forse alla poca possibilità che avevo
di indovinare e alla mia scarsa intelligenza.
- Sono i Malfoy
Un coro soffuso di esclamazione si propagò come un’onda da
ogni angolo della classe e la gomitata arrivò anche per me.
- Harry! Ma che dici! Lo sanno già tutti che
odi Malfoy, non c’è bisogno di spiattellarlo ovunque!
Ruff chiuse il libro con un tonfo, rendendo la classe più
silenziosa di un cimitero, (ed io me ne intendevo) e mi fissò;
in quel momento assomigliò a Piton come non mai, anzi mi fece
addirittura più paura. Nelle mie fantasie Piton lo potevo
schiantare, Ruff no.
- Che acume oggi signor. Potter, non me lo sarei mai aspettato. Adoro quando gli studenti mi stupiscono!
In seguito seppi che ad Hogwarts c’era un altro professore ad odiarmi.
- E non vuole sapere i nomi delle altre due famiglie?
Proseguì con la lettura senza darmi il tempo di rispondere o di scusarmi.
Hermione mi lanciò una seconda occhiata omicida, e non fu un buon segno.
“Nel periodo di conquista di quelli che sarebbero poi diventati gli odierni stati Americani “,
- Dunque stiamo parlando di un periodo molto antico,
per chi si fosse perso un grosso pezzo di storia – disse
indugiando con lo sguardo su Ron.
“ tre grosse famiglie di maghi presero, ciascuno per sé, un’uguale fetta di nuovo mondo.
A queste famiglie sarebbe spettato il compito di propagare, di
tramandare la magia anche oltre oceano. Avrebbero avuto l’onere
di coltivare le nuove menti, i nuovi maghi. E questo avrebbe già
portato grandi onori e potere alla famiglia.
In questa impresa esisteva, però, anche un’altra forma di
profitto, di lunga più lucrosa del trasmettere il sapere magico
come semplici insegnanti.
Nel nuovo mondo poteva già esistere qualcuno in grado di usare
la magia, magari diversa dalla nostra, magari più potente.
Se così fosse stato la famiglia avrebbe avuto a disposizione un
sapere magico vasto oltre ogni immaginazione, e così fu.
Le famiglie erano tre: i Radix, i Riddle e i Marcron ”.
Soltanto in tre, in quella classe, sapevano il significato che il nome Riddle portava con sé.
Solo a noi tre il nome Riddle sembrò accompagnato da un
terribile e guerrigliero rombo di tamburi. Hermione addirittura
iniziò a tremare.
Intanto Ruff mi fissava.
- Per lei il nome Marcron non ha alcun significato vero, signor. Potter?
- Dovrebbe?
- Io se fossi in lei andrei a dare un’occhiata al suo albero genealogico.
- Come andò a finire professore? – chiese una Hannah Abott finalmente sveglia e brillante.
- Niente di particolare in verità. Ognuna di
loro, andando nel nuovo mondo, trovò ciò che cercava: la
magia. Ogni famiglia trovo nel territorio affidatogli un popolo, uno
per ognuna, anch’essi in lotta fra loro come lo erano le
famiglie.
Alla fine fu più ciò che loro ricevettero dagli aborigeni che ciò che diedero.
Le famiglie insegnarono agli indigeni incantesimi che loro inizialmente
trovarono immensamente utili, per quelle che erano le loro attuali
esigenze, ma il progresso, prima o poi, arriva dappertutto e quei tre
popoli si accorsero troppo tardi di essere stati giocati.
- Cosa ci trasmisero? – chiese Calì
- Avete fatto le maledizioni senza perdono, sì?
Solo alcuni di noi annuirono, tra cui Neville.
- Beh, le parole della maledizione senza perdono, di
certo, non sono nate dal balbettio di un neonato, vi sembra?
Rimasi scioccato dalla scoperta. Davvero un popolo così poco
sviluppato aveva nella sua lingua parole così pericolose?
- Loro già usavano quelle parole? – chiese Ron, al posto mio.
- Oh cielo, no! Furono i maghi di quelle famiglie ad
estrapolare quelle parole da dei versi di alcune preghiere che gli
indigeni usavano per rendere omaggio al sole, alla luna, alla terra e
alla morte.
Seguì un lungo silenzio.
Nemmeno Hermione aveva la forza di fare domande, o così pensai.
- Signore, è in seguito a queste scoperte che ebbe inizio…
- …la prima Grande Guerra dei Maghi, esattamente.
Doveva essere molto dura per lui parlarne, visto che vi era morto.
Ora c’era un’ultima cosa che mi interessava sapere, ma non potevo introdurlo sempre io.
Hermione non l’avrebbe fatto neanche se l’avessi pregata
con la promessa di studiare tutto l’anno. Ron, invece, avrebbe
fatto più semplicemente finta di non sentire.
Fortunatamente ci pensò qualcun altro.
- E i Malfoy cosa c’entrano in tutto questo?-
chiese con apparente interesse Alberthont McRodwing, detto Eddy, non
chiedetemi perché.
Per sfortuna la campanella suonò e tutti gli studenti, come
svegliati da un incantesimo, si scossero, e, per quanto fossero stati
assuefatti dalla lezione fino a pochi secondi prima, fecero strisciare
le panche sul pavimento, producendo un rumore assordante, e iniziarono
a raggruppare i libri.
Anche se non frettolosamente come il resto del gruppo, uscimmo anche
noi, ma, almeno da parte mia, Ruff ricevette un saluto più
caloroso del solito.
Prima di superare la soglia gli feci un’ultima domanda.
- Signore, com’era fatta la Grande? Di che legno era fatta?
- Oh, nessuno lo sa in realtà. La leggenda
dice che cambiasse forma, dimensione, legno, colore, morbidezza, a
seconda di chi la brandiva. Solo l’interno rimaneva immutato. Non
si sa da cosa fosse composta l’anima, si sa solo che era
l’unica cosa a rimanere inalterata. In verità le cose
erano due. Sull’impugnatura della bacchetta esiste anche un
incisione e si tramanda che anche questa rimanga invariata nel tempo.
Eravamo tutti e tre lì in trepidante attesa ma Ruff continuava a osservarci senza aprir bocca.
- Pensavate che la sappia? Magari! Non lo sa nessuno!
E ora andate alla prossima lezione, che sono stanco, è da secoli
che non ho una lezione così intensa!
Non feci fatica a credergli.
Ci dirigemmo in corridoio verso Trasfigurazione.
- Non avevo mai seguito una lezione di Ruff in vita mia!
- Infatti non hai Ron! Ne hai seguita meno di metà.
- Eddai Hermione! Non sminuirmi così velocemente! Lasciami almeno l’impressione!
- Ha ragione Herm! Inoltre non puoi pretendere che ne segua una intera in un colpo solo, ci vuole esperienza.
- Guarda Harry, che nemmeno tu l’hai seguita per intero!
- Tre quarti mica sono da ignorare – risposi facendola ridere
Vicino all’aula di Trasfigurazione incontrammo Silente, era strano vederlo per i corridoi.
Quel giorno indossava “un’allegra” tunica color azzurro cielo con dei ricami dorati.
- Come vi è sembrata la lezione con il
professor Ruff? – chiese senza preamboli, dopo averci fatto segno
di avvicinarci.
Annuimmo tutti e tre anche se con poca convinzione, vista la stranezza della domanda e della situazione in sé.
- È stata particolare, signore – rispose Ron.
- Bene, bene…buona continuazione. Ah!
Un’ultima cosa! – si girò, ancora sorridendo –
Quando qualcosa attira la nostra curiosità è bene che
questa curiosità venga alimentata!
Si voltò nuovamente e se ne andò.
- Bene – dissi annuendo con il capo – tutto chiaro?
- Tutto chiaro.
- Cristallino.
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Capitolo 2 *** 2. ***
2° B.F.T
Secondo.
Era sera inoltrata e gli ultimi sprazzi di sole si scorgevano all’orizzonte, brillanti come pepite d’oro.
Era tutto il giorno che stavo appesa su quell’altalena
traballante, guardando, per passare il tempo, i bambini venuti al
parchetto per giocare con la sabbia o per divertirsi con lo scivolo in
compagnia degli amici.
Mi dispiace bambini, ma solo per oggi l’altalena sarà occupata. Perdonatemi.
Era un bel parco, con tante aiuole dai fiori colorati. I giochi erano
ben mantenuti e non arrugginiti come nella maggior parte dei parchi.
Questo parco aveva una particolarità. In mezzo ai prati verdi
sorgevano piccole fontanelle di marmo bianco che, se di giorno
splendevano, di notte brillavano come lanterne.
Per questo era chiamato Parco delle Fontanelle. E non poteva esistere nome più azzeccato.
Aspettai che anche l’ultima madre con bambino se ne fosse andata,
per alzarmi, stiracchiarmi e per far scricchiolare le ossa indolenzite
del collo.
Guardai ancora una volta all’orizzonte e sentì aumentare
il vento. Mi esposi con il corpo per sentire la mia pelle bollente
accarezzata da quell’arietta fresca e delicata.
Il vento mosse l’altalena, che scricchiolò fastidiosamente facendomi digrignare i denti.
Mi voltai, strinsi la mano attorno al gancio che la teneva appesa e la riparai facilmente.
Guardai lo sconquassato orologio che avevo al polso, troppo grande e
ingombrante per le mie ossa da donna. Erano le otto, avevo una gran
fame e a casa non c’era nulla di pronto.
Sarei potuta andare al ristorante per una pizza ma non avevo voglia di vedere gente.
Così mi rassegnai alla realtà di un pasto frugale, composto da pane duro, olio e verdura cotta.
Avevo già l’acquolina in bocca.
Mi stavo già incamminando quando sentì un rumore che era
diventato fin troppo familiare negli ultimi mesi. Quel POP avrebbe
dovuto essere eliminato da ogni dizionario conosciuto.
Subito, alla mia sinistra, comparve quel bizzarro vecchio mago che non
faceva altro che seguirmi dall’inizio dell’estate.
Quella sera era vestito con una lunga tunica blu notte con tante stelle
argentate ricamate sul tessuto e un cappello anch’esso argentato
per completare l’opera. Prima o poi gli avrei chiesto chi fosse
il suo stilista e perché si facesse convincere ad andare in giro
vestito in pigiama.
Era un vecchio intelligente questo glielo dovevo concedere, ma il suo stilista lo era sicuramente di più.
Quella sera mi sembrava particolarmente stanco e affaticato ma
capì che farglielo notare sarebbe stato di cattivo gusto,
poiché aveva fatto di tutto per nasconderlo, vestendosi
così riccamente.
Avanzava lentamente sulla ghiaia del vialetto, le braccia adagiate sui
fianchi, secondo me anche per via dei numerosi anelli d’oro che
aveva sulle dita, un grosso medaglione di legno, riccamente decorato
che penzolava sul suo petto.
Rimasi ferma in piedi dov’ero, per aspettarlo, scappare non sarebbe servito a niente.
Quando fu abbastanza vicino da farsi sentire, cominciò a parlare.
“Lei mi fa penare, signorina Moonroad, tutto questo viaggiare di
stato in stato non fa bene ad un povero vecchio come me.”
“Ha assolutamente ragione, per me può smettere quando lo
ritiene più consono. Di contro, il mondo è vasto e mi
manca ancora molto prima di dire di averlo visitato tutto.”
Il vecchio sospiro sorridendo. In quegli attimi appariva veramente
giovane, nonostante mi avesse detto di avere più di
cent’anni.
“Speravo di essere riuscito a farti capire il motivo per cui
continuo a darti la caccia, se così la possiamo definire,”
disse dandomi del tu, cosa che in qualche modo apprzzai.
“ Il motivo l’ho capito benissimo, professor Silente, ma
non ho alcuna intenzione di accettarlo” risposi incrociando le
braccia al petto. Iniziavo davvero ad arrabbiarmi.
“Questo mi dispiace immensamente. Mi rincresce molto anche
doverti ricordare ad ogni mia visita che esiste un contratto magico,
per cui indissolubile. Un contratto che deve essere rispettato, che io
mi sono preso l’obbligo di far rispettare” proseguì
dopo una breve pausa “Ed io non alcuna intenzione di
estromettermi dal mio dovere. Anche per la tua protezione.”
“Io non ho firmato alcun contratto! L’ho già ripetuto parecchie volte.”
“Questo lo so benissimo. Ma è stato firmato da…”
“Non usi quel dannato nome! Non voglio nemmeno che venga pensato!”
“Farò di tutto per accontentarla, so quanto è doloroso per lei.”
“Non provi pietà. Non glielo permetto.”
Silente sorrise nuovamente con gentilezza.
“Ti sei indurita troppo mia cara. La solitudine, la stanchezza, la tensione. Posso capire.”
“Forse.”
Mi guardai un po’ in giro per non dovere incontrare il suo
sguardo pieno di gentilezza. Con i nostri incontri, con la sua
presenza, riusciva a farmi ricordare di essere un’umana, una
ragazza sola in giro per il vasto mondo.
“Stavo andando a mangiar un boccone a casa, ma lì non ho
molto da offrirle, sempre se vuole fermarsi per un po’.”
Il vecchio sorrise e sospirò nuovamente, liberandosi da un po’ di tensione.
“Conosco un ottimo ristorante babbano, proprio dietro l’angolo, naturalmente offro io.”
Mi raggiunse fuori dal parco dove, tirata fuori la bacchetta, chiusi il cancello con un semplice incantesimo.
Mi guardò con occhi scintillanti ed io, per giustificarmi.
“Si aprirà domani mattina all’alba. Qui durante la
notte ci sono un sacco di teppisti, non voglio che questo parco venga
rovinato.”
“Comprendo perfettamente. Andiamo?”
Non mi offrì il braccio sapendo che l’avrei rifiutato e ci incamminammo.
“Usi ancora quella bacchetta?”
“Sì, l’altra sembra che non mi appartenga.”
“Ma non è vero, è tua. Inoltre non tenendola con te
rinunci ad un sacco di alternative. Da quant’è che non usi
gli Altri?”
Alzai le spalle. ”Da allora penso. Quel giorno ne uccisi molti,
di quei bastardi. Mi facevo schifo, così da allora uso la sua,
mi sembra meno sporca.”
Silente annuì comprensivo.
“Non ne senti mai la mancanza?”
“Certo che la sento Silente! Sono una parte di me! Come un arto
che non viene usato!” abbassai il tono, che si fece più
cupo “Però mi manca di più lui”
“Questa punizione non servirà a nulla.”
“È vero, ma è a causa degli Altri che tutto
è iniziato e grazie agli Altri tutto finirà.”
Allungai il passo e mi distanziai dal preside. Forse così sarei riuscita a trattenere le lacrime.
Il ristorante, in effetti, era uno dei migliori della zona.
Entrati, tutti i presenti notarono il curioso abbigliamento del mio
accompagnatore, ma dopo un po’ lo ignorarono. Ce n’erano di
tipi ben più strani al mondo.
Ci sedemmo e ordinammo. Ero talmente affamata che non parlai molto.
Mangiai primo, dolce e caffè.
“Sei stata seduta su quell’altalena per tutto il giorno?”
Suonava pietoso, detto così, ma annuì.
“Perché non mi vuoi seguire? Alla mia scuola potrei darti la protezione che cerchi.”
“Ho letto i giornali. Lo so che non è un buon periodo. E
so anche che lei ha bisogno della mia presenza più di quanto io
della sua.”
Silente sorrise nuovamente. Stavo decisamente iniziando ad irritarmi.
“Oh no! Secondo me, a cosa fatta, troverai lo scambio più che equo.“
“Non mi piacciono i misteri. Cosa c’è nella sua scuola?”
“Niente di pericoloso, a parte tanti adolescenti e le loro crisi, naturalmente.”
Non mi convinse del tutto ma gli credetti e finì il mio dolce alla frutta.
“Cosa sta facendo Voldemort?”
“Niente a cui non eravamo preparati, ma nonostante questo ci sta
causando non pochi problemi. Già cinque maghi del ministero, che
gli andavano aspramente contro, sono stati uccisi. Ora a capo della
comunità magica c’è solo un Ministro, pauroso della
sua stessa ombra, circondato da sanguisughe della peggior specie. Ma ci
aspettavamo anche questo.”
“Però non siete riusciti a far niente.“
“Non abbiamo potuto. Il piano è di tenere la nostra
organizzazione al segreto per più tempo possibile, per prendere
Voldemort di sorpresa. Se rivelassimo subito al mondo la nostra
posizione perderemmo il vantaggio che ci siamo costruiti fino ad ora.
Inoltre ci troveremmo addosso un governo che ancora oggi, nonostante
l’evidenza, cerca di nascondere al mondo la rinascita
dell’Oscuro Signore” rispose tutto d’un fiato,
lasciandosi leggermente andare e picchiando le dita sul tavolo
“È un bel problema“ sorrisi mesta “Ed io sono
l’unica arma di questo piano o c’è
qualcos’altro che tieni tra le pieghe di quel pigiama?”
“Lui ti ha insegnato a pensare con la testa e non con il cuore.
Nascondi la tua età sia dal fisico sia dalla mente.Non solo
sembri più adulta di quanto sei in realtà, ma anche la
tua mente è più vecchia”
Sorrisi. “Certo. Altrimenti sarei come sproporzionata. In ogni
caso, ormai, quasi tutti gli adolescenti dimostrano più della
loro età” risposi pulendomi la bocca con il tovagliolo
color panna prima di bere un sorso d’acqua.
“Allora? Chi manderai a compiere una missione suicida oltre
me?” Silente aspettò a rispondere e continuò a
fissarmi. Proseguì a parlare “Secondo me in pochi hanno
capito come manovri le fila. Fai un doppio gioco su un doppio gioco. Ci
vuole esperienza per avere una tale maestria nel manovrare i sentimenti
umani. Io almeno potrò dire di aver adempiuto un tuo piano in
piena coscienza.”
“Vuol dire che accetti?”
Sorrisi ancora.
“È stato lui a parlarti di tutto ciò”affermò sicuro.
“E chi sennò? Aveva pensato a tutto. Mi ha preparata a
tutto ciò che mi sarebbe potuto succedere nel caso fosse morto,
o fosse stato ucciso, prima della mia maggiore età.
Evidentemente ha previsto che ti avrei incontrato. Te, e molta altra
gente.”
Silente scivolò sul bordo della sedia, tutti i sensi all’erta “Chi è venuto? Quando?”
Iniziai a ridere per la sua ottima recitazione.
Aveva previsto tutte le mosse di Voldemort tranne questa? Improbabile.
Gli sarebbe potuta sfuggire una sottigliezza, ma non un piano
congegnato da così tanto tempo, secoli.
“Non mi dire che non te lo aspettavi, Silente, perché non
ci credo. Da secoli i Riddle ci provano, da generazioni, e non ci sono
mai riusciti fino alla fine. Neanche ora che lui è morto.”
“Certo che me l’aspettavo, ma non così presto.”
“E perché no?”
“Lui è appena risorto, ha cose ben più importanti
di cui occuparsi. Infiltrati nel ministero, vecchi mangiamorte da
punire, nuovi da reclutare. Esercito da creare.”
Il mio sopracciglio destro s’inarcò automaticamente.
“Un esercito?”
“Un esercito enorme. Voldemort sta reclutando maghi da ovunque
nel mondo e sta stipulando accordi con orchi e giganti. Gli inferus
sono già dalla sua parte.”
“Prevedibile.”
“Si, certo, ma difficile da contrattaccare. Si sa, sono i buoni quelli a morire prima. In ogni fiaba.”
Lo guardai negli occhi e capì. Quello sguardo ne aveva superate
di epoche e da lì a poco avrebbe visto la sua ultima. Le sue
macchinazioni erano andate troppo oltre e questa volta, avrebbero
richiesto un tributo più alto del solito.
“Lasciami del tempo per pensare” Lui annuì.
“La scuola inizia a settembre. Riceverai anche tu una lettera
come tutti gli studenti. Per i libri, sai come fare? Posso sperare
almeno che tu sia puntuale?”
Annuì distrattamente ad entrambe le domande ma subito mi rifeci seria
“Chi è l’altro? Chi stai mandando a morire questa volta?”
Silente sorrise impassibile.
“Non essere crudele! Se tutto andrà bene nessuno
morirà, ma la morte è uno dei rischi della guerra e noi
stiamo per affrontarne una.”
“Signore, chi è l’altro?”
Il vecchio preside allargò le braccia, tendendo le maniche della veste come ali di pipistrello.
La sua espressione divenne serena e sorridente, le rughe attorno agli
occhi si ammorbidirono e gli conferirono un’aria quasi tenera.
“Chi potrebbe mai essere, se non la sua nemesi giurata?”
Detto questo, sparì in una nuvola di fumo seguito dal solito e fastidioso POP.
Restai al ristorante per non so quanto tempo, finché un
cameriere non venne a chiedermi di liberare il tavolo perché ne
avevano bisogno.
Guardai l’orologio. Nove e mezza. Chiesi quanto dovevo e il
cameriere mi disse che ci aveva già pensato lo strano signore
che mi aveva accompagnata, così ringraziai e uscì.
La notte fuori dal ristorante era molto fredda.
Non avevo niente con me, indossavo solo una sottile felpa estiva e dei jeans blu.
Aumentai il passo tentando di riscaldarmi, casa per fortuna non era lontana.
Casa era un termine un po’ astratto per definire dove vivevo.
Mi ci ero trasferita una settimana prima.
Era un vecchio e malandato appartamento, di nemmeno cinquanta metri
quadrati, al settimo piano di una palazzina che rischiava di crollare
da un momento all’altro.
Composto da una camera da letto, un piccolo bagno che fungeva anche da
lavanderia, una cucina molto piccola con due piani cottura, un micronde
e un lavabo, e un salottino con una poltrona, una televisione antiquata
che riceveva solo canali tedeschi e una scrivania. Il tutto
incorniciato da un soffitto che perdeva intonaco ad ogni movimento
brusco e da un vicino di casa che probabilmente spacciava droga.
Era orrendo, ma avevo bisogno di abitare in un luogo poco conosciuto,
possibilmente malfamato dove, secondo gli standard, una ragazza normale
non sarebbe mai entrata.
Feci le scale, poiché l’ascensore era rotto da mesi, ed
entrai in casa. La porta era già spalancata ma non me ne
preoccupai, tutti gli oggetti di valore erano stati già nascosti
con la magia.
Al loro posto un ladro umano avrebbe trovato semplicemente delle stoffe rovinate.
Inoltre, questi oggetti di valore non erano poi molto preziosi, solo
alcuni vestiti, un paio di scarpe di ricambio, alcuni libri e la mia
vecchia bacchetta che odiavo ma che non mi decidevo mai a buttare.
Che non me ne sbarazzassi era stato il suo ultimo desiderio prima di
morire, nonostante, in precedenza, avessimo spesso pensato di
distruggerla e di vivere tranquilli.
Quella bacchetta esisteva ancora solo per il desiderio di un morto e per la mia voglia di vendetta.
Entrai buttando le chiavi sul divano.
Mi assicurai che in casa non ci fosse ancora qualcuno intento a sgraffignare.
Poiché non senti altri rumori, chiusi la porta e accesi la lampada del salotto.
Mi svestì, buttando tutto sopra la poltrona e sulla scrivania
che non adoperavo mai, dove erano già ammonticchiate diverse
magliette e dei pantaloni di una tuta sporchi.
Entrai nel bagno e aprì l’acqua calda. Subito il vetro
dello specchio sopra il lavandino si appannò e le piastrelle di
ceramica bianche sulle pareti diventarono bagnate e scivolose.
Intanto, io, sotto il getto dell’acqua calda pensavo e ripensavo alle parole del vecchio.
Si stava preparando una guerra, questo l’avevo capito, tuttavia mi erano ben chiare poche cose.
Di che organizzazione parlava Silente? E qual era l’altra sua pedina?
Non ero mai stata brava nel gioco degli scacchi e sperai vivamente che Silente fosse più in gamba di me.
Se da un lato c’era Voldemort e dall’altro lui la battaglia
si sarebbe protratta a lungo, ma, dallo sguardo del vecchio, avevo
capito che il risultato non si sarebbe basato solo sull’uso che
lui avrebbe fatto delle sue pedine, ma anche sulla quantità di
tempo che gli era concessa.
Voldemort era giovane e con la resurrezione aveva riacquistato le sue
energie, inoltre aveva al suo fianco uomini spietati che non facevano
altro che sottoporsi al suo volere.
Da una parte, avere dei compagni succubi, poteva essere un vantaggio:
erano delle spietate macchine da guerra, senza cervello e nessuno
avrebbe sentito la loro mancanza.
Dall’altro lato, invece, Voldemort rinunciava al confronto con i
suoi compagni e ai vantaggi che questo portava, nessuno l’avrebbe
aiutato nel prendere le decisioni e questo portava ad un largo margine
di errore. Non per niente si dice che due teste sono meglio di una.
Probabilmente Silente giocava molto su questi numeri, ma non ci aveva fondato le sue operazioni.
Per conoscere tutte le mosse dell’Oscuro Signore in anticipo,
doveva avere una spia, e, per comandare un esercito, doveva avere un
comandante di cui tutti si fidassero, due posizioni per niente facili
da occupare.
Io sapevo per certo di non essere né l’una né
l’altra, non potevo essere una spia perché non ero di
certo così sacrificabile, non potevo essere un comandante
perché non avevo le capacità e nemmeno il rispetto dei
suoi soldati.
Ero ciò che Voldemort desiderava di più al mondo, e la mia non era una mancanza di modestia.
Voleva me e ciò che mi portavo appresso.
Se avesse potuto avermi come alleata ne sarebbe stato ben lieto, ma ormai penso avesse capito che le mie intenzioni erano altre.
Se pensava che avrei potuto mettere da parte l’odio che provavo nei suoi confronti, si sbagliava di grosso.
Dei dieci mangiamorte che aveva inviato nel corso degli ultimi mesi solo in due erano tornati a casa vivi.
L’ultimo contingente inviato a recuperarmi era stato decisamente massiccio.
Era composto da niente meno che da Lucius Malfoy e Fenrir Greyback.
La coppia peggio assortita che avessi mai visto e, di certo, la meno indicata a quel genere di operazioni.
Malfoy era di sicuro l’ultima persona in grado di convincere
qualcuno a seguirlo, come se non gli si leggesse in fronte la parola
"STRONZO FARABUTTO".
Fenrir, tra i due, era stato quello a darmi più problemi e
quello a nausearmi meno, poiché non aveva dimostrato di avere
una grande parlantina.
In quei giorni mi trovavo a Copenaghen. Per una volta avevo deciso di
trattarmi bene e avevo prenotato una camera in albergo per cinque
giorni.
Rimasi fino all’inizio del terzo.
“Buonasera miss Moonroad. Ben trovata. Siamo venuti a recapitarle
un messaggio dal nostro signore” iniziò Malfoy con
diplomazia.
Il mio approccio non fu uno dei migliori.
“Avevo già spiegato agli altri cani di non voler
più essere disturbata. Oltre a vedere in bianco e nero siete
pure sordi?”
“Ci vediamo benissimo miss, ma ascoltiamo solo gli ordini del
Signore Oscuro” rispose Grayback inumidendosi le labbra.
Lo osservai per alcuni secondi e pensai a quanto poteva essere strana
la natura. Gli occhi, nonostante fosse umano, erano giallognoli e il
tono di voce risentiva ancora della trasformazione, era troppo ruvido.
“Mi dispiace che il mio corpo le faccia ribrezzo, miss.”
“Non mi fai schifo, mi fai pena.”
Le vene sul suo collo muscoloso si contrassero ma Fenrir mantenne la stessa espressione.
“E mi rincresce che l’Oscuro Signore abbia degli incapaci
come alleati. Ma ognuno si merita ciò che ha seminato, no?”
Avevo fatto trenta, vada per i trent’uno.
Malfoy estrasse la bacchetta dal suo bastone e la puntò contro
di me senza esitazione, non avevo offeso lui solamente, ma anche il suo
signore, cosa imperdonabile.
Mentre Malfoy si apprestava ad affrontarmi con la magia, Grayback aveva
qualcos’altro in mente. Si accovacciò a terra a quattro
zampe e ringhiò sputando saliva, o bava, ormai non sapevo
più come chiamarla.
“Ragazzi! Ragazzi! Andiamo! Non vi sarete mica offesi?”
chiesi sorridendo come una cretina, cercando di prendere tempo.
Contro Malfoy me la sarei potuta cavare in pochi colpi.
Il problema era Grayback. Quell’uomo era grosso come un
armadio, pesava il triplo di me e aveva sicuramente anche il doppio dei
miei denti. Dovevo fare attenzione a non farmi mordere.
Cosa mi aveva insegnato sui lupi mannari?
Luna piena. Carne fresca. Bambini. Starci lontana.
Ah! Bene! Grazie!
Continuavo a farneticare mentre cercavo in tutti i modi di farmi venire
in mente un modo per difendermi, almeno dal lupacchiotto.
“Possiamo giungere ad una qualche soluzione?”
“Il nostro signore chi ha ordinato di portati da lui, non ha specificato come” mi rispose Malfoy.
Eccola. Sapevo che sarebbe arrivata. La frase da telefilm di serie B.
“Il tempo degli accordi è concluso.”
Ed eccone un’altra. Questa le supera tutte.
È in momenti come quelli che farei volentieri a meno del mio orgoglio. Se l’avessi avuta con me…
Naturalmente attaccarono prima loro.
Malfoy andò subito sul pesante e tentò di cruciarmi, mentre Grayback arrivava sulla destra.
Mi misi a correre.
Vedendo un vicolo piuttosto stretto mi venne in mente la battaglia
delle termopili, che vide gli spartani battersi contro un esercito
enorme di persiani.
Noi eravamo solo due contro uno ed era già abbastanza impari per me.
Aspettai che Grayback mi saltasse addosso. Tirai fuori la bacchetta
all’ultimo momento e lo schiantai contro la parete opposta. Non
servì a molto visto che si rialzò subito.
Intanto individuai Malfoy che era rimasto un po’ indietro, doveva
essere difficile camminare con quella tunica ingombrante, e lo spazio
era troppo piccolo per teletrasportarsi.
Inchiodai e per poco non finì addosso a Fenrir che perse l’equilibrio e cadde con un tonfo.
Andai incontro a Malfoy e urlai un incantesimo che sapevo fosse usato dall’Oscuro.
Lui dovette averlo riconosciuto perché la sua espressione, che
era già arrabbiata, si trasformò in puro odio.
“come osi…”
Non finì la frase e fu meglio, non amavo sentirmi rivolgere degli spergiuri.
In pochi secondi si accasciò a terra quasi incosciente.
“Inventa cose utili l'Oscuro Babbeo...”dissi, girandomi la bacchetta fra le dita.
Poi lo guardai fisso negli occhi.
“ ... peccato che le insegni alle persone sbagliate!”
proseguì sghignazzando, mentre godevo nel vederlo digrignare con
forza i denti.
Feci un respiro profondo. Peccato che avessi dimenticato il mio piccolo problema peloso. Fu lui a ricordarmi della sua presenza.
“Bastarda che non sei altro, come ti permetti di usare così gli insegnamenti del Signore Oscuro? “
Mi saltò addosso da dietro, artigliandomi le spalle e scuotendomi con forza.
Sfoderò le zanne e si avvicinò al mio collo.
Allora si risvegliò il mio istinto si sopravvivenza e lo feci
volare dall’altra parte del vicolo, dove sbatté la testa
contro un pezzo di ferro acuminato. Nessuno si mosse più.
Sulle spalle per fortuna non avevo trovato nessun graffio. E allora eccomi qui.
In un alloggio di categoria E, isolata dal mondo, chiusa nel mio dolore.
Lui mi aveva sempre detto che ero una donna forte e combattiva e gli
avevo creduto, ora, di quella donna, non ne vedevo più manco
l’ombra.
Chiusi l’acqua della doccia e mi avvolsi in un grosso asciugamano di spugna.
Entrai nella mia camera e cercai ovunque il pigiama a righe che avevo comprato il giorno prima.
Poi sentì qualcosa.
Ebbi una di quelle strane sensazioni che ti avvertono di un pericolo imminente.
Lasciai perdere il pigiama e mi buttai sui vestiti. Non mi avrebbero trovata impreparata.
Indossai dei jeans neri, i miei preferiti abbinati a una cintura
borchiata. Non perché mi piacesse ma perché avevo
scoperto i suoi altri utilizzi.
Presi una di quelle fasce sportive molto comode e la indossai.
Sopra misi una t-shirt, anch’essa nera, e come giacca votai per la mia inseparabile di pelle.
Annodai i capelli bagnati in una coda stretta.
Ai piedi, degli stivali con tante fibie. Molto comodi per correre e per infilarci dentro la bacchetta.
Questa volta presi anche la mia, ma la misi nello stivale sinistro solo in caso di emergenza.
Con un rapido incantesimo ordinai le mie due cose nel borsone.
Riordinai per far sembrare che niente fosse stato toccato e saltai
giù dalla finestra, come avevo già provato in precedenza.
Poi iniziai a correre perdendomi nel buio pesto dei vicoli.
Ringraziamenti:
Un bacione enorme a en86 che ha scritto l’unica recensione…Grazieeeeee!!!!!
E un ringraziamento enorme a chi ha messo la storia tra i preferiti:
Azzalea [Contatta]
babibabi [Contatta]
en86 [Contatta]
giada2000 [Contatta]
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Capitolo 3 *** The hell is a lifestyle choice. ***
3° B.F.T
Terzo.
¿THE HELL IS A LIFESTYLE CHOICE. DON'T YOU KNOW?
Era sabato 24 giugno, il giorno in
cui ero scappata, saltando dalla finestra come un gatto, dal mio
appartamento nella periferia di Gibilterra.
Da quel giorno erano passati due mesi e sette giorni.
In due mesi avevo girato quasi
più di mezzo mondo, fermandomi non più di tre giorni ad
ogni tappa, per non venire rintracciata.
Avevo promesso a Silente che con
tutta probabilità sarei riuscita a entrare a scuola il 1
settembre insieme a tutti gli studenti, per non essere messa troppo in
evidenza.
Non avrei potuto mantenere la
promessa naturalmente. Era il 5 settembre e mi trovavo in Russia, nella
bellissima e sperduta Russia. Bellissima se solo avessi avuto il tempo
di visitarlo.
Ero arrivata la sera prima, stanca morta e sporca.
Avevo affittato un appartamento,
sempre, rigorosamente in periferia, per una settimana, ma non ero
sicura che ci sarei rimasta per tutti e sette i giorni.
Entrai e buttai sul letto la borsa
contenente gli ultimi vestiti che mi erano rimasti. Non avevo potuto
comprarne di nuovi e quelli vecchi li avevo dovuti buttare
perché erano strappati o bruciacchiati. L’unica cosa che
avevo avuto il tempo di acquistare erano state alcune erbe da un
erborista in Romania, erbe dall’apparenza innocue per chi non
sapeva cosa farne.
Io, che ero una pozionista piuttosto esperta, potevo ricavarne ciò di cui avevo bisogno.
Pozioni rigeneranti, curative, disinfettanti ma, soprattutto, tranquillanti.
La notte, o dovrei meglio dire il
giorno, visto che i Mangiamorte sembravano aspettare il buio per
attaccarmi, era l’unico momento in cui potevo abbassare le difese
e provare a riposare, ma la tensione era sempre tanta e spesso faticavo
a prendere sonno.
Così assumevo dei tranquillanti che avrebbero steso un elefante.
Non avevo paura di essere attaccata
la notte, perché sistemavo sempre degli efficaci sistemi di
difesa lungo il perimetro dell’appartamento. Se qualcuno si fosse
avvicinato, che fosse stato un piccione, un topo, una scossa mi avrebbe
svegliata, avvertendomi.
Con il tempo ero diventata
paranoica e m’immaginavo le scosse, così avevo iniziato a
fabbricare tranquillanti fatti in casa.
Non serviva poi molto. Valeriana, stramonio e una pentola, anche se un calderone sarebbe stato meglio, e un piano cottura.
Mi tolsi la giacca di pelle e mi sfilai le scarpe.
I piedi urlavano tanto avevo corso
e il mio cervello non aveva ancora capito che ora poteva fermarsi, o
almeno girare più lentamente.
Avevo un mal di testa lancinante,
le tempie mi pulsavano come se le cervella avessero voluto uscirmi
dalla testa, gli occhi facevano fatica a rimanere aperti e bruciavano e
pizzicavano in modo spaventoso, la pancia mi doleva talmente tanto per
la corsa che nonostante avessi una fame abnorme, il mio corpo si
rifiutava di assumere qualsiasi cosa che non fosse acqua.
Senza contare tutte le cicatrici,
aperte e non, infette e non, che avevo collezionato in quei due mesi.
Da far invidia a un pugile di pesi massimi.
Sulle gambe, sulle braccia e sulla schiena, che erano quelle più difficili da curare.
Era un po’ complicato
spalmarmi le pomate da sola, se avessi chiesto aiuto a qualcuno avrebbe
iniziato a fare domande e io non avevo alcuna voglia di gestire altri
problemi.
Facevo il possibile per rimanere in vita e per non far infettare le ferite.
Un’altra invenzione di Voldemort. Ora i suoi incantesimi non uccidevano soltanto.
Era sufficiente un taglietto
sottile per provocare un’infezione grave, che, naturalmente,
portava ad una morte lenta e dolorosa.
Per questo avevo comprato le erbe. Mi ero dovuta inventare velocemente una soluzione.
Avevo asportato un pezzo di pelle
malata, questo era stato molto doloroso, e partendo da quel pezzo di
pelle morta avevo creato due pozioni che dovevo adoperare secondo
l’occasione.
Da sottolineare quanto facessero schifo e quanto sapessero di roba putrefatta, però funzionavano perfettamente.
Finì di apportare gli ultimi ritocchi alle trappole e mi tolsi i pantaloni, mi coricai e mi addormentai subito.
*
Mi risvegliai la mattina dopo del tutto indolenzita.
Sulle mie gambe solo pochi spazi erano rimasti rosa, tutto il resto era violaceo o rosso.
Feci una smorfia totalmente
schifata e scocciata e mi coprì nuovamente con le coperte per
essere cullata ancora un po’ da quel calore.
Dopo un’ora di assoluto
riposo, decisi che era il caso di finirla, mi alzai e mi lavai come non
facevo da secoli. Mi fece quasi schifo vedere l’acqua marrone
uscire dallo scarico. Per sicurezza mi feci tre shampoo.
Quando mi sentì pulita e fresca mi sembrò anche di poter ragionare meglio.
Avevo una gran confusione di eventi
in testa, così presi un pezzo di carta e una penna e iniziai a
trascrivere per punti ciò che mi era successo fino a quel punto.
Lasciata Gibilterra mi ero rifugiata a Zaragoza, ma ci ero rimasta per poco.
Mi avevano trovato la sera
successiva, ancora Malfoy e Greyback, e avevamo avuto un piccolo
combattimento, ma me l’ero svignata prima che avessero potuto
rendersene conto.
Dunque ero scappata a Madrid, poi a Valencia, avevo superato i Pirenei, un quarto a piedi e il resto smaterializzandomi.
Ero arrivata in Italia passando per la costa francese e avevo raggiunto la Iugoslavia in treno.
Lì erano iniziati i problemi.
Quella volta i Mangiamorte erano in quattro. A Lucius e Fenrir si erano aggiunti Bellatrix e Malbòro.
Quest’ultimo non
l’avevo mai visto prima, era più giovane degli altri,
quasi la mia età, e sembrava più inesperto. Era inesperto
quanto lo sono io.
Mentre i primi due erano già a terra lui e Bellatrix continuavano e continuavano, senza darmi tregua.
Avevo sconfitto prima quella strega
per zittire i suoi risolini acuti e in quei secondi di vittoria lui non
si era perso d’animo e mi aveva disarmato.
Sarei stata perduta se non
l’avessi avuta con me; lui, come ogni Mangiamorte che si
rispetti, stava già blaterando degli onori e della gratitudine
che Lord Voldemort gli avrebbe concesso e donato.
La gratitudine di Voldemort era il
tallone d’Achille dei Mangiamorte. Lo schiantai con Lei e
recuperai l’altra bacchetta che era caduta poco lontano tra dei
rifiuti.
Solo quando fui lontana già chilometri, quasi in Romania, mi accorsi di due cose.
Primo, avevo di nuovo usato gli
Altri quando avevo promesso di non farlo mai più, ma, cosa ben
più peggiore, mentre li usavo, con quel solo incantesimo, avevo
provato un piacere così intenso e profondo, così caldo,
come non ricordavo di aver mai provato.
Secondo, tutto il mio corpo era ricoperto da piccolissimi tagli che, però, sanguinavano copiosamente.
Sul confine della Romania, con mia
enorme fortuna, avevo trovato una cittadella, molto accogliente e
graziosa, con pochi abitanti.
Un posto perfetto in cui stare.
Lì avevo passato il soggiorno più lungo: quattro giorni.
Mi ero curata, avevo sintetizzato una pozione usando la mia pelle e avevo cercato di capire come diamine fosse stato possibile.
Le scintille dei loro incantesimi potevano ferire quanto l’incantesimo stesso.
Se l’incanto non andava a buon fine le scintille si espandevano nell’aria e colpivano come piccoli aghi avvelenati.
Probabilmente era un’opzione
nuova. Come un gadget che Voldemort aveva aggiunto alle bacchette di
Bellatrix e di Malbòro. Ero sicura che Malfoy non l’avesse.
Sicuramente sulla bacchetta doveva
esserci un’impronta, un qualcosa che identificasse questo nuovo
potere perché la magia lascia sempre un segno.
Se fosse stato un ornamento avrei
potuto provare a distruggerlo, se fosse stato all’interno della
bacchetta sarebbe stato più difficile distruggerla del tutto, si
sa, sono molto resistenti.
Avevo anche provato a fare la
stessa cosa sulla mia bacchetta, ma non aveva funzionato, inoltre avevo
avuto troppo poco tempo per pensarci.
Dopo l’ennesimo combattimento mi ero spinta sempre più a est.
Da quel soggiorno in Romania le giornate erano diventate pressoché anonime, identiche.
Riuscivo a conservare il mio
rifugio per poco più di due giorni. La notte cercavo di farmi
trovare sempre fuori di casa cosicché fosse più difficile
rintracciare la mia base, che usavo prevalentemente per dormire ma solo
se ne avevo un estremo bisogno.
Bevevo e mangiavo poco, non potevo
andare a comprarmi niente per paura che potessero attaccarmi in
presenza di altre persone, e io non volevo far morire nessuno ma non
volevo nemmeno dovermi preoccupare di nessun’altro tranne che di
me stessa.
Camminavo e mangiavo poco.
Negli ultimi giorni avevo preso
l’abitudine di usare gli Altri con più frequenza per fare
più in fretta, ero troppo stanca, non potevo permettermi di
protrarre a lungo i combattimenti, sarei morta.
Inoltre era così piacevole
per me usarli, così liberatorio, anche se ogni tanto mi saliva
qualcosa in gola al pensiero del mio stupido fioretto.
Tuttavia non avevo avuto una seconda possibilità.
Alzai gli occhi dal foglio e guardai fuori dalla finestra.
Ora il mio piano era semplice. Raggiungere l’Inghilterra, trovare Hogwarts e soprattutto Silente.
Dovevo consegnargli le informazioni
che avevo raccolto in questi mesi, dovevo dirgli delle nuove armi e
delle nuove strategie dei Mangiamorte.
Sapevo che Voldemort contava sul
fatto di riuscire a catturarmi prima che potessi raggiungere la Manica
e per questo stava mostrando tutte le sue carte. Sarebbe rimasto
deluso, di questo ero pienamente certa o forse ero troppo sicura di me.
Speravo con tutta me stessa che lui
non avrebbe giocato il pezzo più importante della sua scacchiera
contro di me, se stesso.
Se lo avessi incontrato le chance
sarebbero state due: consegnarmi, farmi torturare, diventare la
sgualdrina di qualche Mangiamorte e poi, finalmente, morire. Non so
ancora se per la tortura o per la disperazione. Oppure avrei
combattuto, avrei perso, sicuro al 99,99 %, ed allora, o sarei morta
con un Avada oppure per uno dei punti che ho elencato prima.
In entrambi i casi sarei morta: Good.
La testa cominciava a
surriscaldarsi e non era un buon segno, perché significava che
iniziavo ad innervosirmi e a non pensare più razionalmente.
Presi un po’ della pozione
rimasta e la ingurgitai velocemente per non sentirne il sapore, mi
sdraiai sul letto sfatto e mi coprì solo con il copriletto.
Mi addormentai nuovamente troppo stanca per pensare e per preoccuparmi.
*
Scappa. Scappa.
Corri. Corri.
Scappa.
Avevo appena fatto in tempo a raggruppare le mie cose e ad afferrare le bacchette.
Non avevo bisogno di vestirmi
perché per dormire ormai non mi spogliavo più, mi
toglievo i vestiti solo se avevo tempo di lavarmi.
Ero sul confine tra Germania e Francia e stavo proseguendo lungo la costa, ancora poco e ce l’avrei fatta.
La sera prima avevo preparato una
Felix Felicis leggermente modificata, non avevo i componenti esatti ma
conoscevo il processo e potevo riprodurlo.
Evidentemente avevo sbagliato
qualcosa, per l’agitazione o per i componenti, la pozione
però aveva il colore a la consistenza esatti.
Inoltre quando l’avevo bevuta avevo avuto la giusta sensazione.
Inizialmente avevo pensato di
entrare in Inghilterra dalla Norvegia, il viaggio sarebbe stato
più lungo ma nessuno avrebbe sospettato di questo cambiamento di
programma; la Felix però mi aveva fatto cambiare idea, e per
questo ero lì in Francia a proseguire seguendo il piano
originale.
Avevo una paura tremenda ed ero tesa come una corda di violino.
Sentivo scricchiolii da ovunque ma non potevo fermarmi.
La paura mi rallentava, la mano
della bacchetta mi tremava da morire e avevo una grandissima tentazione
di smaterializzarmi, ma non potevo, se l’avessi fatto i
Mangiamorte mi sarebbero stati addosso in pochi secondi, mi avrebbero
rintracciato.
Il mio piano consisteva
nell’arrivare sul promontorio e, allora, smaterializzarmi, allora
sarebbe stato troppo tardi per acciuffarmi.
Volevo correre ma non potevo
dimostrare paura, soprattutto perché ero una ragazza ma anche
perché i Mangiamorte si nutrivano di paura, e di certo io non
gli avrei mai dato l’occasione di nutrirsi della mia.
Mi fermai.
Questa volta lo scricchiolio l’avevo sentito davvero, non me l’ero immaginato.
Estrassi la bacchetta e mi voltai di scatto.
“Lumus!”
Il bosco alle mie spalle si illuminò improvvisamente, ma neanche un’ombra tradiva la presenza di qualcuno.
Sbuffai e mi voltai
‘Probabilmente sto iniziando ad impazzire. Sì, tutta
questa solitudine mi deve aver fatto male’
Talvolta mi chiedevo se sapevo
ancora parlare così mi mettevo a farneticare da sola ad alta
voce per vedere se avevo ancora la voce.
Appena voltata mi scappò un urlo e puntai la bacchetta dritta contro di lui.
“Malbòro!”
Lui sorrise “Ciao Marte. Come ce la passiamo?”
Lo schiantai per non perdere tempo, ma lui si difese.
“Non così in
fretta” disse scuotendo la testa “Sei stanca, lo so. Non
c’è bisogno di iniziare un combattimento, non è nei
miei piani.”
Mi sedetti su un masso per guardarlo con calma.
Finalmente potevo osservarlo bene.
Avevo visto bene, non doveva essere di molto più grande di me però la sua aria strafottente superava i secoli.
Aveva i capelli neri molto ricci e
uno sguardo freddo più del ghiaccio. Non mi dava una sensazione
di sporco come tutti i Mangiamorte. Indossava due grossi bracciali, uno
per braccio, sicuramente per nascondere il Marchio. Inoltre
l’avevo visto nascondere la bacchetta in quello destro, visto che
era mancino, un ottimo nascondiglio.
Naturalmente il resto dell’abbigliamento era nero.
“Stai andando incontro ad un rogo, lo sai?”
“Certo che lo so”
risposi con aria molto scocciata e scuotendo le spalle “Ma ho
preso una Felix e lei mi ha detto di cambiare tragitto.”
Strabuzzò gli occhi e mi fissò incredulo “Una Felix? E l’avresti fatta tu?”
“E chi sennò Malbòro? Dio! Piantala con le domande stupide!”
Sorrise.
“Finiamola con questa scenata. Che cosa sei venuto a fare?”
“Non sono venuto per conto del Signore Oscuro, se è questo che ti preme sapere.”
“Sì, era esattamente quello che mi premeva sapere, e ora ti chiedo nuovamente, cosa vuoi?”
“Voglio capire,” rispose senza esitazione.
Lo guardai negli occhi, cercando di
capire quanto fosse serio, e, sul suo viso, non c’era niente che
suggerisse una fregatura.
“Voldemort non vi ha spiegato nulla, eh? Tipico di Tom.“
Come ogni Mangiamorte rabbrividì al sentire il suo nome, ma si trattenne, dandomi prova di sanità mentale.
“Nessuno sa qualcosa. Nemmeno
Bellatrix, ed è molto irritata per questo. Lucius ormai è
quasi del tutto uscito dalla cerchia preferita dell’Oscuro,
mentre Greyback…”alzò le spalle.
“A lui interessano solo il sangue e la carne” finì per lui.
“Esattamente.”
Mi sistemai più comoda sul masso e lo guardai di nuovo.
“Mi dispiace io non posso,
né voglio, dirti niente. Il segreto è mio e del
possessore di questa bacchetta” dissi sollevando la bacchetta che
avevo usato nel periodo prima dell’ultima visita di Silente
“Non posso dirti di più.”
“Riconosco quella
bacchetta” disse facendosi più sveglio “è la
sua! È quella di Lilium!”
Aveva pronunciato quel nome ed io non potevo permetterlo.
Lo schiantai contro un albero con tutta la mia forza, spezzandone addirittura il tronco.
Solo quando si esaurì l’adrenalina capì la grande cazzata che avevo appena fatto.
Mi avvicinai correndo per soccorrerlo e gli sollevai la testa.
“Mi dispiace, mi
dispiace” continuai a ripetere come una litania. Gli accarezzai
la fronte con delicatezza e gli appoggiai la testa sulle mie gambe.
“Dopo mesi che combatti i Mangiamorte, ne aiuti uno dopo averlo schiantato? Devi essere pazza.”
Mi scossi sentendo la sua voce così affaticata, ma non mi mossi.
“Inizio a pensarlo anch’io, Malbòro, la solitudine non fa mai bene.”
“Chiamami Luke. “
Annuì e aprì la
cerniera del mio piccolo bagaglio a mano e ne tirai fuori un
ricostituente che prendevo abitualmente ogni dodici ore, per mantenermi
in forze senza mangiare.
“Anche tu devi essere stanco.
Darmi la caccia giorno dopo giorno, con la minaccia di morte se non
porti a buon fine il compito” aprì la boccetta “Bevi
questo, fa schifo, ma molto schifo, ti avverto. Ma devi berlo tutto,
altrimenti ti farà sentire peggio.”
Glielo versai velocemente in bocca, per fargli sentire il sapore per meno tempo possibile.
Notai come si sforzasse per non fare una smorfia schifata e risi leggermente.
“Guarda che puoi dirlo che fa schifo, lo so bene anch’io. Non ti ucciderò se lo dici.”
Si alzò e si mise seduto con la schiena appoggiata contro il tronco – “Fa schifo”
Risi ancora “Però mi sento meglio, grazie”
Questa volta fu il mio turno di strabuzzare gli occhi e di inarcare le sopracciglia.
Luke, notando la mia reazione “Guarda che sono un purosangue educato, non un mezzosangue cafone”
“Vorrai dire, non un purosangue cafone” lo corressi calcando sulla parola purosangue.
Fece un gesto sbrigativo con la mano “Come ti pare”
“Hai fatto tu anche questa pozione? “
Annuì distrattamente mentre sistemavo le mie cose “Lo conoscevi?”
Mi fissò prima di rispondere “Era il mio migliore amico.”
“Ah! Non mi aveva mai parlato di te”
“Certo che non l’ha
fatto, il bastardo! Voleva tenermi fuori da tutto: Mangiamorte, magia
oscura, tutto! Voleva tenere il divertimento tutto per se!“
Non persi un attimo e lo schiaffeggiai. Una volta, due volte, imprecando.
“Non ti è mai passato
per la testa che fosse tutto per il tuo bene, stupido incosciente? Lui
voleva solo proteggerti e tu ti sei buttato in questo inferno da solo!
“
Sentì le lacrime pizzicarmi gli occhi, ma le trattenni.
“L’inferno è una scelta di vita. Non lo sai?” disse con un sorriso spavaldo.
Tre volte.
Stava per arrivare anche una quarta ma mi fermò per il polso.
“Ora basta. Penso di essere stato schiaffeggiato abbastanza.”
“Io non penso, con tutte le
cavolate che spari a raffica dovrebbe esserci qualcuno a
schiaffeggiarti ogni minuto. Sei uno stupido.”
Mi strinse ancora di più il
polso con faccia livida di rabbia, ma improvvisamente il suo viso si
rilassò e mi lasciò.
“Quanti anni hai?”
Mi voltai e non risposi.
“Cristo! Quanti anni hai!”mi chiese urlando come un pazzo.
Lo guardai di nuovo e gli dissi gelida “Zitto stupido. Vuoi che mi scoprano?”
“Ti scopriranno se non me lo dici."
Sbuffai e feci una smorfia
scontenta mentre lo vedevo estrarre la bacchetta “Mando una luce
di segnalazione se non me lo dici.”
“Ho due anni” gli
risposi con un’imitazione di quella che credevo essere la voce di
una mocciosa, facendo due con la mano “E tu quanti ne hai uomo
nero? Così saprò cosa mettere sulla tua lapide se non
evapori!”
Buttò indietro la testa
ridendo molto sguaiatamente “Il mio caro amico puro come la neve
era pure un pedofilo! Se la faceva con le minorenni!”
Mandai a segno un cazzotto sul suo
bel mento scolpito, poi mi alzai e presi a calciarlo sulla pancia come
una furia. Sentivo il mio piede affondare nella sua pelle e un gemito
sempre più doloroso salire dalla sua gola.
Ancora e ancora, non volevo fermarmi, volevo fargli male.
Poi mi sentì afferrare per
la caviglia e prima che potessi rendermene conto ero sdraiata a terra
pancia in su, mentre cercavo impotente di togliermi il suo peso di
dosso.
“Togliti, togliti, togliti! “
Era troppo tardi mi aveva bloccato mani e braccia, cavolo! Era il doppio di me!
Lacrime di frustrazione iniziarono
a scendere lente e dolorose dalle mie guance mentre i miei denti non la
smettevano di digrignare rabbiosamente.
“Quante volte l’avete fatto? Eh? Quante!”
Non ricordo molto di quello che
accadde. Ricordo solo di una grande bolla di energia che si allargava
all’interno del mio corpo e raggiungeva le mie mani e saliva su
per la gola.
Poi solo una grande campana di luce
che mia avvolgeva e che sbatteva Malbòro lontano dal mio corpo,
ed infine il viso di Lilium, il suo sorriso rassicurante e le sue
labbra che mi accarezzavano la fronte – continua a camminare, non
ti fermare, non ti guardare indietro. Fatti forza, io non ti mollo.
Non so esattamente quanto tempo dopo ripresi i sensi.
Malbòro era ancora svenuto a
qualche metro da me, un rivolo di sangue gli scendeva lungo la fronte
ma il petto si alzava e abbassava ancora, non era morto.
Lilium mi aveva protetto con la sua
magia. Sapevo che aveva fatto una magia di protezione su di me, ma fino
ad ora non ne avevo mai capito la funzione, forse perché non ne
avevo mai avuto bisogno.
Mi alzai, nonostante tutte le mie
articolazioni gridassero e i punti in cui Malbòro aveva premuto
pulsassero come l’inferno.
Trascinai il corpo del Mangiamorte
fino all’albero dove l’avevo sbattuto la prima volta,
mi assicurai che fosse resistente e ve lo legai con delle catene
magiche, non prima di avergli sfilato la bacchetta naturalmente.
Mi pulì dalla terra con delle salviette prima di dargli il buongiorno con una cascata di acqua gelida.
“Dormito bene bastardo?”
Scosse la testa e mi guardò.
Poi tentò di liberarsi ma le catene non glielo permisero, solo
quando sentì odore di bruciato capì che più si
dimenava più la sua carne bruciava. Una mia prerogativa.
“Come hai fatto?”
“Io non ho fatto nulla.
Lilium, evidentemente, non voleva che tu mi toccassi. Ora è il
mio turno di domande” incrociai le braccia sotto il seno
”Dove si trova Voldemort?“
Non parlò. Ma ero preparata pure a questo.
Tirai fuori dalla mia borsa l’unica boccetta di Veritaserum che ero riuscita a sintetizzare con non poca fatica.
“Veritaserum?”
Annuì senza smettere di sorridere “Ti ho sorpreso un’altra volta, per caso?”
“Non penserai mica che lo prenda di mia spontanea volontà, vero? Sognatelo!”
Alzai le spalle “In effetti un po’ ci speravo, ma ho i miei metodi.”
“Puoi anche minacciarmi di
uccidermi se ti va, ma nessuna minaccia è peggiore della
punizione che ci spetta se lo tradiamo. Vale anche per la tua tortura,
non cederò, nemmeno un sussulto.”
Sospirai e capì che aveva
ragione, non valeva la pena di sprecare dell’ottimo Veritaserum,
per uno come lui sarei bastata io.
Era da un po’ che non lo
facevo e probabilmente lo sforzo mi avrebbe stremato ma ce
l’avrei fatta, inoltre era la mia unica speranza.
Riposi la boccetta nella tasca del jeans e mi avvicinai a lui.
Lo costrinsi a fissarmi negli occhi
tenendo gli indici premuti sulle sue tempie. Un tempo non avrei avuto
bisogno di tutta quella cerimonia, mi sarebbe bastato conoscerlo e
sentire la sua presenza, ma senza allenamento guarda cosa mi toccava
fare.
I suoi ricordi, pensieri e emozioni mi investirono come un un’onda violenta.
Vidi un bambino piccolo, con il
broncio, che tentava di trattenere le lacrime davanti al padre
arrabbiato e lo stesso bambino avvolto dalle braccia della madre, che
lo consolava di nascosto.
Poi vidi un bambino più
grande, bello, con i capelli scuri e lucidi, al suo primo giorno di
scuola, vestito con una divisa rosso borgogna, stringere con forza la
bacchetta come se fosse la sua ultima salvezza.
Poi vidi Lilium ridere, scherzare e bisticciare con Malbòro, vestito con la stessa tunica borgogna.
Ancora Luke camminare mano nella mano con una ragazza e, legato al ricordo, lui al cimitero mentre piange.
Infine il giorno della sua marcatura e il ghigno terribile di Bellatrix mentre sviene per il dolore.
Infine il suo mondo è pieno di Voldemort.
Mi staccai da lui con uno sforzo enorme. Entrambi eravamo accaldati e avevamo il fiato corto.
Lo fissai per un secondo prima di alzarmi e recuperare le mie cose.
“Cosa è successo? Cosa mi hai fatto? Cos’era quella sensazione?”
“Datti una calmata Luke, non è successo niente che ti possa aver danneggiato.”
“Perché mi sento così debole?”
“Non è niente di che.
Fra qualche secondo perderai coscienza e quando ti risveglierai non
ricorderai nulla. Né di avermi visto, né di avermi
picchiata né tanto meno ricorderai ciò che ho fatto.
Continuerai con la tua felice vita da Mangiamorte e la prossima volta
che ci incontreremo, ti ucciderò.”
Tentò di alzarsi, ma anche senza catene rimaneva un fantoccio privo di forze.
“Non voglio dimenticare.”
Mi fece quasi pena ma non dovevo farmi prendere dalla gentilezza, lui, se fosse stato al mio posto, non l’avrebbe fatto.
Mi avvicinai e gli baciai la fronte “Dormi.”
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Capitolo 4 *** 4 ***
3° B.F.T
Quarto.
Giungemmo all’ultima
settimana di settembre in un battito di ciglia, tuttavia il vento
freddo tipico di questa stagione non si era fatto ancora sentire e
tutti gli studenti approfittavano delle ultime giornate di sole per
fare i compiti all’aperto, divertirsi in riva al lago, giocare a
“Quiddicth in the box” o semplicemente rilassarsi.
Il clima a scuola era ancora di vacanza.
Tutti i professori, tranne Piton
ovviamente, avevano alleggerito il bagaglio di compiti ed esercizi, in
particolare Vitius ci stava insegnando alcuni incantesimi stupidi, per
esempio imparammo come far muovere l’acqua di una fontana in un
determinato modo, idem la Sprite, che ci stava facendo studiare i nomi
di piante che contenevano sostanze afrodisiache.
Hermione era l’unica ragazza
a non essere particolarmente esaltata, al contrario di Lavanda e
Calì che, per tutta la lezione, non avevano smesso un solo
attimo di lanciare gridolini eccitati.
Il professor Ruff, più di tutti, nell’ultimo periodo, aveva conquistato la simpatia degli studenti del quinto anno.
Aveva continuato con i suoi
racconti sulle Famiglie Purosangue con il favore di tutti, anche se
spesso esaltava più se stesso che noi.
Tutti amavano le sue lezioni e nella Top-Ten dei professori aveva scavalcato la Umbrige piazzandosi al decimo posto.
In effetti, non si era dimostrato così complicato scegliere chi fosse il peggiore.
Sia noi Grifondoro che i
Serpeverde eravamo molti patriottici quando si parlava della propria
casa quindi il primo posto era sempre conteso fra Trasfigurazione e
Pozioni.
Io stesso, al terzo anno, quando volevo votare Remus, avevo ceduto il mio voto alla causa.
Le lezioni di Storia della Magia erano diventate le più attese degli studenti, ma non tutti avevano le stesse ragioni.
- È sclerato, vi dico! Non ho mai visto quella serpe perdere il controllo così velocemente!
Eravamo appena entrati in sala
comune, Hermione, Ron ed io, quando avevamo sentito Dean parlare,
circondato da una ventina di persone.
- La famiglia
Malfoy è stata di sicuro la famiglia più potente del suo
secolo, superiore anche a quella dei Radix, una bacchetta non fa il
mago! Ahbram Malfoy l’avrebbe distrutto un Radix! - ripeté
scimmiottando la voce del Serpeverde, facendolo assomigliare quasi a
una donna.
- Sembrava sul punto di voler strozzare Ruff. Ha continuato a bestemmiare fino alla fine della lezione!
- La verità è proprio
dura da digerire- intervenne George - Chissà com’è
stato scoprire che la sua è una famiglia di gorilloni incapaci.
- Non piacevole di certo – rispose Fred, dando il cinque al fratello.
- Ma non è
tutto- continuò Dean - Finita la lezione è tornato da
Ruff pretendendo di sapere dove si trovasse l’albero sacro. Per
farsi una bacchetta uguale. Quando Ruff non ha saputo rispondergli
è andato su tutte le furie. Ha accusato Ruff di voler tenere il
segreto tutto per se e ha minacciato di chiamare suo padre. Alla fine
è uscito, ma di certo i suoi capelli non staranno più in
ordine come prima!
Ci sedemmo sul nostro solito divanetto davanti al fuoco.
Hermione tirò fuori un libro
di Rune Antiche e iniziò a fare i compiti. Ron invece prese da
una tasca interna della divisa “MagoOra, il mensile per i giovani
maghi che crescono”.
Non l’avevo mai letto
però penso fosse simile al playboy dei babbani, e la mia tesi
veniva continuamente confermata anche dal fatto che Ron nascondesse
subito la rivista appena Hermione si voltava.
- Secondo voi
perché Malfoy era così interessato alla lezione di Ruff?
– chiesi ad entrambi.
- Harry? Non
comincerai a fare il sospettoso? Tutti sono interessati alle lezioni di
Ruff! – mi rispose Herm sorridendo
- Lo so, lo so, ma perché la scenata?
- Ai Malfoy piace pavoneggiarsi, ormai si sa.
La risposta di Ron liquidò
la mia domanda. Non del tutto però. Il tarlo del dubbio si era
già insinuato dentro di me.
Per il momento non rimuginai e mi
avvicinai ad Hermione per vedere se aveva finito con Antiche Rune e se
poteva aiutarmi con qualcosa.
- Hai già fatto Difesa per domani?
Lei annuì senza smettere di
scrivere – non era molto lungo, era solo noioso. Devi fare un
riassunto dei capitoli letti e un foglio di pergamena con le tue
opinioni. –
- Se mi metto a scrivere le mie opinioni, quest’anno verrò bocciato!
- Devi solo sforzarti a pensare come lei. Scrivi l’esatto opposto di quello che pensi.
Copiai da lei il riassunto e
seguì il suo suggerimento, quando rilessi il tema mi
sembrò quasi divertente tanto era ridicolo.
“Secondo me, tutte le
creature marine, conosciute e sconosciute, dovrebbero consegnarsi alle
autorità magiche e essere rinchiuse in acquario pubblico per
essere da divertimento ai piccoli maghi in gita con la
scuola….”
Probabilmente la Umbrige non l’avrebbe bevuta ma avevo solo scritto come mi aveva detto di fare.
La prima lezione era stata un disastro, esattamente come aveva predetto Ginny. Uno sterminio.
Alla fine della lezione tutti e tre, io in particolar modo, eravamo in uno stato catatonico e apatico.
Non una cosa di ciò che aveva spiegato la Umbrige quel giorno stava in piedi.
Il libro che avevamo in affidamento
per quell’anno si intitolava “Difesa contro le arti oscure
per il cittadino intelligente: come usarla senza far male a una
mosca.”
Quanto può rimane confuso
uno studente leggendo prima “Difesa” e poi “senza far
male a una mosca”?
Se uno si difende è
perché viene attaccato, o così dovrebbe essere. Vuol dire
che è meglio morire piuttosto che difendersi?
Metà di noi sarebbe già al cimitero. Io per primo.
Comunque cercai di non farmela
pesare, dopotutto la incontravo solo tre volte a settimana, non sarebbe
stata il centro del mio universo.
Presi in mano penna e pergamena per il compito di Pozioni e intinsi la punta della piuma nel calamaio preparandomi a scrivere.
Dovevamo scrivere un foglio di
pergamena sulle fasi lunari e sul loro effetto sullo svolgimento delle
varie pozioni. Un compito che avrebbe occupato il resto del mio
pomeriggio.
Mentre pensavo a come iniziare il
trattato, la mia mano rimaneva sospesa sopra il foglio lasciando alla
pena il compito di macchiare con l’inchiostro la pergamena.
Non mi accorsi nemmeno di essere chiamato.
- Harry? Harry!
Alzai la testa di scatto – si?
- A che cosa
stavi pensando? È da ore che ti stiamo chiamando – disse
Ron, che aveva nascosto il giornale e che si era spostato sul bordo
della poltrona.
Sfilai gli occhiali e mi sfregai gli occhi assonnati.
- Scusate, mi
sono distratto. Mi stavo spremendo cercando di trovare un modo per
iniziare il compito per Piton.
- Non ti sforzare
troppo Harry. Lo sai che non fa bene alla salute – mi disse Ron.
Io mi limitai a guardarlo allibito. Da quando se ne usciva con frasi
simili?
- Non dargli
retta Harry – Hermione prese la mia pergamena e vi scrisse sopra
due, tre frasi d’introduzione – così sarà
più facile - disse riconsegnandomi il compito.
- Grazie Herm – lei mi sorrise.
Tornai a dedicarmi al mio testo.
Hermione intanto si era avvicinata a Ron e aveva iniziato a spiegarli,
a bassa voce, le cose di Trasfigurazione che non aveva capito.
Cercai di non farmi distrarre ma la mia penna continuava a rimanere ferma così mi stufai e lo buttai sul tavolo.
Mi alzai e mi stiracchiai.
- Vado a fare un voletto. Ho bisogno d’aria – annunciai.
Entrambi annuirono prestandomi poca
attenzione. Li guardai velocemente prima di uscire dal ritratto, erano
così attaccati che fra un po’ Hermione gli sarebbe finita
in braccio.
Alzai le spalle e uscì.
Non ero geloso, sapevo che sarebbe
successo, inoltre Hermione non costituiva per me una preda appetibile.
Dio! Da come si comportava con me poteva essere mia madre, se non mia
nonna!
La sola cosa che temevo era che lui
avrebbe potuto farla soffrire e allora non avrei saputo da che parte
mettermi. Probabilmente dalla parte del tradito.
Sinceramente i loro problemi
amorosi erano il mio ultimo pensiero, il primo erano, insieme
all’Ordine, i miei problemi amorosi.
Ero cotto di Cho Chang, e sia Ron sia Hermione non facevano altro che farmelo notare.
Come potevo dargli torto. Come era
possibile non prestare attenzione a quei bellissimi capelli neri, che
volevo tanto toccare. La notte non facevo altro che immaginarmi la loro
morbidezza, il loro profumo e come si muovevano quando lei scuoteva la
testa, sembravano le onde di un mare tranquillo dove avrei finalmente
potuto farmi cullare.
Naturalmente i miei pensieri e le
mie fantasie non erano orientate solo ai suoi capelli. Adoravo tutto di
lei, dai suoi occhi dolci come il miele e neri come il carbone, al suo
profilo delicato che culminava nelle labbra più carnose e rosee
che avessi mai voluto baciare e accarezzare.
Sotto la divisa scolastica immaginavo il suo fisico morbido e magro, che avrei voluto abbracciare la notte.
Dire che la desideravo da morire era poco e superfluo.
Sapevo inoltre che anche lei provava per me gli stessi sentimenti.
Era come una scossa che ci univa tutte le volte che ci guardavamo, quelle occhiate che duravano ore le adoravo.
La vedevo inumidirsi le labbra e sorridere quando doveva abbassare lo sguardo.
Era veramente tenera e spesso avevo timore di farle male.
Con questi pensieri e con tutto questo desiderio, lei continuava ad essere un fiore proibito per me.
Scesi le scale fino all’atrio
ed uscì dal portone principale, presi il sentiero che conduceva
al campo di Quidditch e allo spogliatoio dei Grifondoro dove avrei
trovato la mia Firebolt.
Nel venticello di quella notte
anticipata, erano solo le cinque e il cielo era già ricoperto di
stelle, mi sembrava di sentire il profumo del suo shampoo ed era una
gran bella sensazione.
I lunghi fili d’erba si
muovevano tutti nella stessa direzione, come le bandiere sulle torri
del campo da Quidditch, sicuramente si stava avvicinando una tempesta e
il giorno dopo sarebbe piovuto, ma per ora non avrei avuto bisogno di
preoccuparmi, potevo volare tranquillo.
Mi tolsi la divisa e allentai la
cravatta attorno al collo per essere più libero nei movimenti e
più libero di respirare.
Salì sulla scopa e iniziai con qualche giro di riscaldamento.
Sentire il vento contro il mio viso
era una delle sensazioni più belle del mondo, mi faceva sentire
totalmente libero, mi distraeva dai miei pensieri e rendeva quella
maledetta cicatrice notevolmente più leggera e meno fastidiosa.
Soprattutto da quando, nell’ultimo periodo, sembrava non volermi dare un attimo di tregua.
Mi svegliava durante la notte per
il troppo bruciore, mi dava il buongiorno tutte le mattine e mi
provocava un gran mal di testa ogni volta che cercavo di concentrarmi
davvero in qualcosa.
Proprio per questo motivo il
Quidditch era la soluzione migliore, poiché mi veniva del tutto
naturale, volando, potevo solo rilassarmi e pensare a quelle cose che
mi facevano strare bene.
Dopo una ventina di giri
spericolati attorno alle due porte, atterrai e presi una pluffa dal
baule dei Grifondoro e, tornando in volo, iniziai a giocarci un
po’ e a farci qualche tiro di prova.
Purtroppo, quella sera, il mio
divertimento solitario finì prima del solito e non per via della
stanchezza ma perché accade qualcosa di davvero insolito, almeno
più insolito della normale routine.
Stavo volando rivolto verso la
foresta quando sentì un rumore strano, continuo e ritmico, che
poi capi appartenere agli zoccoli di più cavalli.
Guardai più attentamente tra il fogliame, cercando di distinguere le foglie dei grossi alberi dal buio della notte.
Il rumore di zoccoli si faceva
sempre più vicino e sempre più chiaro. A questo si univa
anche il fiato affannato dei cavalli e il rumore delle ruote sul
terreno accidentato.
Improvvisamente, con un botto, dall’intrico dei rami ne uscì una carrozza.
I cavalli, che la stavano trainando
a grande velocità verso il portone dal quale ero uscito io,
erano davvero bellissimi. Quattro stalloni neri come la carrozza,
avevano una foltissima criniera e si muovevano con grande eleganza e
fierezza.
Si fermarono esattamente davanti all’entrata e da allora per una decina di minuti non accadde nulla.
Intanto atterrai per non essere visto e, dopo aver riposto la scopa e recuperato i vestiti, mi avvicinai silenziosamente.
La carrozza era piccola ma raffinata e non aveva conducente.
Le tendine erano tirate su entrambi
i lati così che nessuno potesse vederne l’interno,
intuì ugualmente che non era vuota, il legno della carrozza
scricchiolava e si potevano intravedere delle ombre, non capì
però quante persone fossero.
Improvvisamente il portone si
aprì con un lamento che mi spaventò e dalla scuola ne
uscì Silente in persona.
Vestito sempre con uno dei suoi
curiosi pigiama multicolore, aveva stampato sul viso un sorriso davvero
radioso e camminava con una rinnovata energia, in breve, sembrava
davvero felice e ansioso di accogliere i passeggeri della carrozza.
Aprì l’anta e
iniziò a parlare amabilmente, com’era solito fare con me.
Mi sforzai e tesi l’orecchio per sentire cosa dicesse ma il vento
e la sua voce flebile resero impossibile tutto ciò.
Tese la mano per aiutare qualcuno a scendere e chiuse la porta.
Rimasi quasi deluso a scoprire che dentro la carrozza c’era solo una persona.
Questa era avvolta in un mantello nero e un pesante cappuccio ne nascondeva il viso.
Mentre il preside e lo sconosciuto
erano ancora fuori, i cavalli, come se avessero ricevuto una frustata,
partirono con un nitrito e balzarono all’interno della Foresta
Proibita, proprio da dove erano usciti.
Intanto il preside stava
accompagnando il suo ospite verso le scale d’entrata e qui
accadde qualcosa che ha suo modo mi sconvolse.
Vidi qualcosa che con l’erba
alta del prato non sarei stato in grado di notare…lo sconosciuto
portava delle scarpe con i tacchi alti! Saranno stati dieci centimetri,
non ero un esperto, lo stivaletto era nero, abbinato con tutto il
resto. Un abbinamento a mio parere per nulla originale.
Raggiunte le scale, la sconosciuta,
ormai era certo che fosse una donna, si sfilò le scarpe dai
piedi e seguì Silente senza aprir bocca.
All’improvviso, come in
vortice sconnesso e informe, centinaia di’idee iniziarono a
formarsi all’interno del mio cervello, dalle più bizzarre
e insolite, alle più razionali, in stile Hermione Granger, il
tipo d’idee che rovinano ogni divertimento.
Che Silente avesse un’amante?
Che Silente avesse una vita sessuale?
Che Silente stesse cercando di creare una vita sessuale per Piton?
E se fosse qualcosa riguardo l’Ordine?
E se fosse una nuova professoressa in sostituzione del rospo?
E se fosse il professore di una nuova materia? Danza del ventre?
Tutto ciò si concluse con un grosso punto interrogativo.
Entrai nella scuola prima che le
porte si chiudessero e, tornando al dormitorio, guardai alle mie spalle
e dietro ogni angolo che sorpassavo, temendo che Silente e la sua
misteriosa ospite fossero lì in attesa per prendermi con le mani
nel sacco. Quando arrivai davanti alla Signora Grassa fu solo un
sollievo.
*
Mi svegliai la mattina successiva con un mal di testa del tutto inaspettato.
Non avevo fatto sogni di
particolare rilevanza, almeno non importanti per quanto riguardava il
fronte Voldemort. Avevo sognato Cho come ogni ragazzo normale e per chi
non lo sapesse i nostri sogni sono vietati ai minori di 18…ed
era piuttosto strano che mi fosse venuto un mal di testa simile dopo un
sogno simile.
Mi vesti più distrattamente
del solito, infilandomi i nuovi abbinamenti di calzini che avevo fatto,
poiché non trovavo la copia.
Non era niente di esaltante in realtà: blu con nero, grigio con nero, rosso con giallo.
Poi passai al resto; per fortuna la
scelta degli abiti non implicava né una grossa concentrazione
né un particolare gusto negli abbinamenti.
Il disastro accadeva il weekend;
durante la settimana la divisa scolastica era la mia salvezza: solita
camicia bianca, solita cravatta, soliti pantaloni e solite scarpe. Per
fortuna era così, perché la scelta dei calzini costituiva
per me uno sforzo mentale non indifferente.
Per uscire il sabato e la domenica
chiamavo Hermione o Lavanda, che, fortunatamente, erano ragazze e gli
abbinamenti ce li avevano nel DNA.
Mi avevano fatto cambiare la
montatura degli occhiali con una più moderna e avevano fatto una
scorta di lenti a contatto da usare nelle occasioni speciali,
cioè mai, inoltre, ogni volta che c’era la gita ad
Hogsmade, mi accompagnavano a fare shopping.
Il mio armadio non era mai vuoto, ero io ad essere troppo svogliato per aprirlo.
Scesi le scale allacciandomi di malavoglia la cravatta quando mi ricordai di essermi dimenticato di svegliare Ron.
Tornai su di corsa ed aprì la porta sbattendola.
Ron, intuendo che era ora di
svegliarsi, si rannicchiò stretto sotto le coperte e si
portò il cuscino sopra la testa, sbuffando parole sconnesse.
Io, che non avevo alcuna voglia di
giocare, aprì le tende bordeaux della finestra vicino al
suo letto e feci entrare la prima luce all’interno della camera.
Da ogni letto partirono mormorii di dissenso.
Scossi la testa. Io dovevo solo far alzare Ron, gli altri che si svegliassero a vicenda!
Denudai Ron dalle coperte e gli tolsi con forza il cuscino dalle mani.
- Sveglia Ron! Non ho nessuna intenzione di saltare la colazione a causa tua!
In risposta lui alzò il medio.
- Fai come vuoi!
Gli ributtai addosso il cuscino e scesi nella sala comune.
Appena Hermione mi vide fece subito per aprir bocca per chiedermi di Ron, ma l’anticipai.
- è il tuo innamorato Hermione, non il mio, gestiscitelo da sola.
Questa loro fase di innamoramento
mi stava davvero stancando, non solo mi toccava fare da balia a Ron,
dovevo anche ascoltare le lamentele di entrambi.
Arrivai nella Sala Grande in
compagnia di Fred e George ma appena ci sedemmo al tavolo si
allontanarono insieme ai loro amici del settimo anno.
Mi sedetti accanto a Neville e iniziai ad imburrare una fetta di pane tostato.
Mentre masticavo, di tanto in
tanto, alzavo gli occhi per vederla arrivare, perché, il momento
in cui entrava in Sala Grande, era il più bello della giornata.
Entrava dalla porta principale,
sempre circondata da amiche, immersa nel loro chiacchiericcio,
però splendeva, almeno per me brillava di una luce propria.
Ogni giorno mi appariva sempre più bella e sapevo di non essere l’unico a notarlo.
Molti altri ragazzi, anche tra i
Serpeverde, erano attratti dai suoi lineamenti e dai suoi capelli
lucidi, ero io però, l’unico, a essere notato da lei.
Infatti, appena trovava posto mi
cercava subito con lo sguardo. Appena entravo nei suoi occhi li vedevo
scintillare e allargarsi. Diventavano talmente profondi che avevo la
tentazione di sprofondarvi.
Inoltre adoravo anche la nostra
complicità, se avevo qualche baffo di marmellata sulle labbra
lei mi faceva segno e mi sorrideva con dolcezza.
Odiavo quando era triste perché voleva dire che stava pensando a Cedric e ciò mi creava un grande dispiacere.
Un giorno, vedendola uscire di
corsa fuori da una classe, avevo aspettato che si fermasse in luogo
appartato per raggiungerla e consolarla. Quella volta l’avevo
stretta tra le mie braccia quasi fino a soffocarla mentre lei, con le
sue lacrime, aveva riempito di macchie la mia camicia.
Quella mattina finì di bere
il mio the molto lentamente nella speranza di vederla entrare ma quel
giorno la pazienza non mi aiutò.
Forse aveva già fatto colazione, oppure si era svegliata tardi ed era già corsa a lezione.
Quella mattina non avevo visto
entrare né lei né le sue amiche dunque non avevo paura
che non fosse venuta per via di Diggory.
Pensai a tutto ciò
dirigendomi verso l’aula d’Incantesimi. Mentre camminavo
fui raggiunto da Ron e Hermione che, silenziosi, mi affiancarono.
Quel giorno la lezione si sarebbe svolta insieme alle serpi, il peggior inizio mattinata che avessi mai potuto desiderare.
Ci sedemmo al nostro solito banco
in fondo alla classe e osservammo il professore entrare in classe con
un carico di libri più grande di lui.
- Buon giorno
cari ragazzi- ci salutò con un saluto molto caloroso -Spero che
siate belli carichi questa mattina perché oggi vi
insegnerò un incantesimo davvero interessante. Oggi impareremo a
levitare!
La classe intera scoppiò in un chiacchiericcio e in mormorio di eccitazione.
- Calmi, calmi.
Per favore! Non facciamoci prendere dall’entusiasmo. Anche
perché durerà poco. Questo sarà pure un
incantesimo molto utile e molto interessante ma questo non significa
che sia facile. Dovrete avere molta concentrazione e avere un ottimo
controllo del vostro potere.
Noi tutti annuimmo e ci preparammo ad ascoltare attentamente la spiegazione.
Aveva appena iniziato quando qualcuno bussò alla porta con due colpi secchi.
Tutti, appena vedemmo entrare la professoressa McGrannit, ci alzammo in segno di rispetto e ci zittimmo.
- Buon giorno
professor Vitius, scusi se la interrompo, ma sono qui in veste di
accompagnatrice per ordine per professor Silente. Spero di non aver
interrotto una spiegazione particolarmente importante.
- Non si preoccupi, non avevo ancora cominciato.
- Bene, bene
– poi si voltò verso l’ingresso dell’aula e,
alzando la voce– ora puoi entrare, mia cara.
Tutta la classe si girò verso la porta come un tutt’uno, facendo scricchiolare rumorosamente le panche.
Inizialmente si vide solo lo
sventolare il tessuto nero di una divisa, poi, molto lentamente, una
gamba, un braccio, una ragazza.
Camminava sicura verso la McGrannit, con le braccia abbandonate sui fianchi e le mani aperte penzoloni.
La sua pelle era molto chiara, sembrava un pezzo di carta tirato fino al punto di spezzarsi.
Aveva i capelli mossi, quasi ricci sulle punte, di un castano scuro molto brillante.
Gli occhi, dello stesso colore dei capelli, erano duri come il marmo.
Quando lo raggiunse vicino alla
cattedra, la McGrannit la afferrò non molto gentilmente per la
spalla e la fece voltare verso di noi per presentarla.
- Allora ragazzi
– iniziò con fare spiccio - vi voglio presentare Marte
Moonroad. Proviene da un paese del nord della Scozia. Questo è
il suo primo giorno in una scuola di magia quindi vi prego di farla
sentire a casa e fra amici – qui rivolse una lunga occhiata ai
Serpeverde, scorrendo velocemente le facce, banco per banco -
Mostratele ciò che le serve e fatele da guida per i primi
giorni. Noi professori ci occuperemo del resto.
Sorrise una volta a noi e una volta
alla nuova arrivata, con poca convinzione, le consegnò un
foglio, contenente probabilmente l’orario delle sue lezioni e,
dopo aver scambiato un cenno d’intesa con Vitius uscì
dalla classe sbattendo la porta.
Per alcuni secondi continuò ad esserci un silenzio totale nella classe.
La nuova arrivata teneva il viso basso, fisso sul pavimento, come se stesse contando i massi che lo componevano.
Io l’avevo già fatto, in tutte le aule.
Tutte avevano dai sessanta ai
settanta pietroni, tranne quella di divinazione che era notevolmente
più piccola delle altre.
Anche Vitius sembrava non sapere da che parte iniziare e se ne stava con le mani in mano, indeciso se guardare noi o la ragazza.
- Allora -
iniziò con cautela ma con un sorriso incoraggiante sul viso
– per questa prima lezione puoi sederti qui al primo banco con il
signor Malfoy e la signorina Parkinson. Sono gli unici in coppia,
mentre gli altri sono in gruppi da tre. Stiamo facendo un incantesimo
leggermente complicato, dunque fai ciò che puoi –
proseguì indicandole il banco – Non so ancora esattamente
quale sia il tuo attuale livello magico dunque fai pure con calma, e
chiedi se no capisci qualcosa.
Alzò subito lo sguardo,
neanche di tanto in verità, con Vitius non si rischiava mai il
torcicollo, e si voltò a guardare il professore.
Per qualche secondo lo
ascoltò attenta e concentrata, poi, nonostante il professore le
stesse ancora parlando, alzò gli occhi per dare
un’occhiata in giro.
Nessuno più la stava
osservando così che lei poté dedicare ad ognuno
un’occhiata di dieci secondi, come se stesse analizzando la
classe.
Io ero l’unico a fissarla
ancora perché quel solito brivido, che mi avvertiva dei
pericoli, una specie di sesto senso, mi aveva percorso tutta la
schiena. E, anche se nessuno ci credeva mai, all’inizio, il mio
sesto senso aveva sempre fatto centro.
Insomma, una ragazza arriva per
iniziare la scuola con un mese di ritardo, di notte, su una carrozza,
accolta da Silente in persona… di certo qualcosa non quadrava!
La stavo fissando ancora quando il suo sguardo cadde su di me.
Che scossa.
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Capitolo 5 *** 5. ***
5° B.F.T
Quinto.
Nei ricordi di Luke avevo visto tutto molto chiaramente.
Voldemort aveva diviso i
Mangiamorte in coppie che avevano il compito di perlustrare una lunga
fascia di costa che partiva dalla Francia fino alla Germania e su tutta
la Norvegia.
Sapeva che non avevo abbastanza energie per smaterializzarvi da dovunque e che dunque dovevo farlo dalla costa.
L’idea di farlo dalla
Norvegia era molto rischiosa ma ne sarebbe valsa la pena di provare se
non ci fosse stato nessuno di guardia e se avessi avuto tutto il tempo
del mondo per accumulare energie.
Invece doveva essere una cosa
veloce e senza un grande dispendio di energie perché una volta
arrivata a terra dall’altra parte niente mi avrebbe assicurato
che sarei stata al sicuro.
Giunsi ad un promontorio senza problemi. Mi affacciai e vidi l’Inghilterra dalla parte opposta della Manica.
Era stato tutto tremendamente facile e questo m’insospettì.
Mi guardai intorno, cercando di
rilassarmi per captare qualche eventuale mago nelle vicinanze, ma non
sentì nulla se non l’ululare del vento.
Balzai.
*
Atterrai un po’ barcollante.
La mia batteria biologica, per così dire, si era quasi del tutto esaurita.
Ero riuscita ad arrivare ad un
autostrada che sapevo giungesse a Londra. Una volta lì arrivare
a Diagon Alley e rintracciare Silente sarebbe stato un gioco.
- Sapevo che ti avrei trovata qui. Sei prevedibile come sempre.
La sua voce roca mi fece venire i brividi, nonostante l’anno precedente mi ci fossi assuefatta.
Lo guardai e mi apparve diverso da quando era risorto.
I lineamenti serpentini non erano ancora del tutto scomparsi dal suo viso ma non era più nemmeno così evidenti.
Il colorito era più rosato e
la forma del viso era meno allungata. Gli occhi, però,
rimanevano rossi come il sangue.
Era incredibile che io mi fossi
davvero affezionata a lui quando aveva avuto un aspetto così
mostruoso. Certo, l’amore non si misurava con la bellezza,
però a tutto c’è un limite.
Eppure gli avevo voluto bene. Era stato uno di quegli amici difficili da dimenticare; mi amava e mi proteggeva a spada tratta.
- Ciao Tom.
- Ciao Marte. Come stai, mia cara? Mi sembri stanca.
- Certo che sono stanca, Tom, mi hai messo alle calcagna ogni singolo cane alle tue dipendenze.
- Mi ci hai costretto, cara. Io voglio solo riportarti a casa.
- Non sei
esattamente il classico genitore premuroso, ma che ne so io, dopotutto
– alzai la testa e lo guardai – Non voglio più
aiutarti Tom, non sono più d’accordo con quello che fai,
perdonami.
- Cosa vuol dire che non mi vuoi più appoggiare?
Alzai le braccia in un gesto
disperato – Dio Tom! Come fai a non capire? Quante persone hai
ucciso o hai ordinato di uccidere, Tom? Ti stai mettendo contro
l’intero mondo magico e per cosa?
- Perché
voglio cambiare il mondo, Marte. Voglio cambiarlo questo mondo
corrotto, pieno di politici ricchi ed egoisti, pieno di questi maghi
indegni.
- Non sono indegni, sono solo diversi da te. Non puoi fare tutti a tua immagine e somiglianza. Non sei un Dio.
- Sono immortale.
- Ma non sei un Dio- ripetei - Sarai immortale ma guarda come ti sei ridotto.
Gli occhi di Voldemort si assottigliarono ma senza essere minacciosi – perché mi fai questo?
Finalmente trovai la forza di
guardarlo negli occhi – perché mi hai portato via la mia
linfa, la mia ragione di vita, il mio cuore.
Sospirò – lo so che mi porti ancora del rancore per ciò che ho fatto a tuo fratello ma lui mi aveva tradito.
- L’ha fatto per me! Per il mio bene!
- Questo non cambia la situazione, tuo fratello mi ha voltato le spalle.
- Non era solo un fratello per me, e tu lo sai bene.
- Certo che lo so, e ho mai detto niente al riguardo?
- Che diritto
avresti avuto di intervenire, scusa? – gli puntai il dito contro
– tu l’hai ucciso per una faida che aveva avuto inizio
secoli fa, che motivo c’era, voi non avevate colpa per ciò
che avevano fatto i vostri avi!
- Nostri avi!
Sbuffai e gli diedi le spalle, cercando di arginare a rabbia. Lo sentì avvicinarsi.
- Inoltre sai che c’era molto più di tutto questo, ragioni di onore, ragioni di sangue.
- Ragioni stupide.
- Lui si è preso carico dei doveri della vostra famiglia al tuo posto, è morto con onore.
Finalmente sentì le mie lacrime scendere e fu quasi una liberazione.
Mi accasciai al suolo, incurante
della mia dignità e mi tirai i capelli per sentire un dolore
diverso, per non sentire il mio cuore sanguinare e sfaldarsi.
- Vieni con me. Unisciti a me, non posso pensare di vederti tra le fila nemiche.
Mi strofinai gli occhi che si arrossarono subito.
- Tu mi offendi
chiedendomi questo. Offendi la mia intelligenza e il Mio senso
dell’onore. Non sono una marionetta, ho dei sentimenti. Non sono
un’ipocrita come tutti i bastardi che ti porti dietro –
sospirai - Non sono come te, Tom, per me il potere non è tutto.
Mi offrì una mano e mi aiutò ad alzarmi.
- Forse è
così, ma anche tu provi il mio stesso piacere ad usarlo, ed
allora ne vuoi sempre di più, sempre di più. Non tradire
i tuoi desideri.
Risi - io non sono un animale Tom, io so controllare i miei istinti, forse tu dovresti imparare a fare lo stesso.
Voldemort appoggiò le sue
mani sulle mie spalle – adoro le donne intelligenti quanto quelle
incoscienti. Non condivido le tue idee ma le accetto. Tuttavia non
pensare che non ti ucciderò se non ne avrò
l’occasione, Marte.
La mia anima è divisa, il
mio cuore non batte più, io però continuo a vivere. Anche
se i sentimenti non fanno più parte di me, io esisto. E sono
più forte che mai –
Negai con la testa – oh Tom!
Tu proprio non vuoi capire! Le emozioni, le paure, le gioie non sono
una debolezza, ci fanno solo capire la portata delle nostre azioni. Tu,
la tua portata, l’hai già superata. Non tirare troppo il
filo, perché lo spezzerai.
Annuì e abbasso le braccia
sui fianchi con delusione. Non aveva bisogno di farmelo notare, sapevo
di averlo deluso, ma, ormai, le nostre strade avevano preso direzioni
diverse; mentre lui avrebbe lottato per il potere, io avrei lottato per
impedirglielo.
- addio Tom.
- No, alla
prossima battaglia. Ti darò un po’ di vantaggio, il tempo
perché tu raggiunga Hogwarts e Silente, poi riprenderò da
dove avevo iniziato.
Avrei voluto fare la spocchiosa e
dirgli che non ne avevo bisogno ma sapevo che era il suo ultimo atto
d’affetto nei miei confronti quindi mi limitai a guardarlo andare
via e sparire nel buio.
Era stato parte della mia famiglia
per molto tempo e per sempre avrebbe fatto parte del mio cuore,
perché, nonostante avessimo idee divergenti e nonostante mi
avesse rubato un possibile futuro felice, mi aveva sempre portato
rispetto e aveva rivolto sempre e solo a me quell’ultima
scintilla d’affetto che gli era rimasta.
*
Finita la chiacchierata con Tom proseguì con il cammino e, seguendo il consiglio di Lilium, non mi guardai mai indietro.
Non avevo voglia di chiedere aiuto a nessuno, così, appena mi sentì in grado, balzai per un’ultima volta.
Sentì qualcuno chiamare il
mio nome ma io non avevo più voglia di sentire nessuno,
così mi lasciai cadere, augurandomi che qualcuno avesse la
cortesia di raccogliermi.
*
Mi svegliai in un letto caldo, mentre la luce del sole m’illuminava il viso.
Le molle del letto scricchiolarono appena mi mossi.
Poco a poco presi a focalizzare ciò che avevo attorno, misi a fuoco la vista appannata e mi bagnai le labbra secche.
Avvertì una presenza alla base del letto ma non capì subito perché la cosa non mi preoccupasse.
Il baldacchino su cui mi trovavo era vecchio, di legno e senza tende.
Nell’aria aleggiava un buon profumo di cibo ma il mio stomaco era ancora troppo chiuso per sopportarlo.
- Ben svegliata. Ti ho portato qualcosa da mangiare nel caso avessi fame.
Mi tirai su – no grazie, non ho fame.
- Va bene, ma non
ti alzerai finché non avrai mangiato qualcosa di solido –
si alzò e prese una boccetta dalla mia borsa - Sei riuscita a
sopravvivere quasi del tutto senza cibo grazie a questa tua pozione
ricostituente. Un intruglio strabiliante, se si pensa che l’hai
preparato con le poche risorse a tua disposizione. Sei davvero
un’ottima pozionista, ai livelli di Severus quando aveva la tua
età – ne sollevò un’altra - Non ho capito
però l’utilizzo di quest’altra. È servita
forse come rimedio ai tuoi tagli?
- È davvero una lunga storia preside.
Silente si voltò verso di me
sorridendo – una storia che io sarò davvero felice di
ascoltare se ne avrai voglia.
- Sicuro, ho
davvero molte cose da dirle. Ho scoperto molto in questi due mesi. Cose
terrificanti e preoccupanti.
Il suo sorriso si allargò quando mi vide sbadigliare – quando sarai in forma parleremo.
Avrei voluto contraddirlo e dirgli
che ero pronta, anche perché non vedevo l’ora di togliermi
il peso di tutte quelle novità, invece annuì e mi sdraiai
di nuovo.
- Vuoi che chiuda le tende?
- Sì, per favore.
Silente mosse rapidamente il polso e, di colpo, tutto si fece buio.
*
Quando mi svegliai era già la sera del giorno dopo.
Mi alzai e mi stiracchiai.
Dagli spiragli delle tende entrava
una lieve luce dorata che illuminava la stanza rendendo i contorni dei
mobili più chiari.
Su una sedia erano appoggiati tre
morbidi asciugamani di spugna mentre sulla scrivania erano impilati
più di una decina libri, di fianco a questi delle piume, due
calamai e alcuni fogli di pergamena.
Presi gli asciugamani ed entrai nel
bagno. Era piccolo ma carino. Il pavimento e metà di ogni parete
erano decorati con piccole piastrelle bianche con ricami rosa e grigi.
Il lavandino e la doccia avevano le manopole di ottone mentre il
soffitto era del tutto ricoperto da uno specchio enorme.
Mentre mi facevo la doccia pensai a come riuscissero a renderlo così perfettamente pulito.
Poi mi misi a ridere perché,
come mi avrebbe detto Lilium, ero ancora abituata alle maniere babbane,
con la magia era tutto più facile.
Tornata in camera trovai sulla
stessa sedia su cui avevo trovato gli asciugamani, un paio di jeans
grigi, una camicetta nera e le mie scarpe pulite. Lì qualcuno
conosceva le mie misure…
Il letto era già stato
rifatto e sul copriletto vi trovai una divisa nera molto larga che mi
sembrava si avvicinasse più a quella di un prete che a quella di
un mago.
Presi tutto il tempo che avevo
bisogno per asciugarmi i capelli, vestirmi, incremarmi. Insomma, per
fare tutte quelle cose da donna che non facevo da secoli!
Quando scesi erano le otto di sera, e sentì con piacere il mio stomaco ingarbugliato per la fame.
Trovai Silente, seduto ad un tavolo elegantemente apparecchiato, guardarmi mentre scendevo le scale.
Mi diressi verso di lui e mi
accomodai. Per i primi dieci minuti parlammo del più e del meno:
della scuola, degli studenti, dei professori, del mio livello magico,
poi arrivò il cameriere e ordinammo.
- Penso che non
avrai il minimo problema con quelli del quinto anno. Insomma, le tue
capacità magiche hanno avuto momenti migliori, soprattutto nel
periodo in cui allenavi e adoperavi frequentemente gli Altri, ma sono
comunque ottime. Ti potrei addirittura mettere con quelli del sesto se
lo preferisci, ma io penso che ti troverai meglio con quelli della tua
età.
- Per me non fa
differenza preside, lei lo sa. La scuola è il mio ultimo
problema, ci vado solo così avrò la possibilità di
tornare in forma e, sì, di imparare qualcosa di nuovo.
Soprattutto ho una gran voglia di fare pozioni. È da secoli che
non opero con un vero e proprio calderone.
- Vuoi essere smistata?
Ci pensai qualche secondo - Non ne sono sicura.
- Se preferisci
ti posso dare una stanza in una qualsiasi delle torri, così ti
sentirai più libera.
- Non voglio essere privilegiata. Se devo andare a scuola voglio farlo come tutti i ragazzi normali.
Silente annuì – allora verrai smistata.
Rimanemmo in silenzio per qualche
minuto, non sapendo cosa dire oppure pensando a ciò che avevamo
già detto – che giorno è oggi, professore?
Silente mi guardò con aria stupefatta ma dopo quell’attimo mi sorrise – è il 25 settembre, mia cara.
Mi guardai le mani e vidi che tremavano – tre mesi.
Mi sembrava tutto così incredibile ed impossibile.
La paura che ogni ombra e rumore che mi circondava potesse svelare la presenza di un Mangiamorte.
Quel terribile silenzio, che era
diventato opprimente e doloroso ed infine il gelo di un letto che non
avrebbe dovuto essere vuoto.
Come una storia scritta male di cui non si vedeva il lieto fine.
- Puoi iniziare
domani se vuoi. Una carrozza verrà a prenderti stasera
così non darai nell’occhio e avrai il tempo di sistemare
le tue cose in una stanza provvisoria, per la fine della settimana
sarai smistata in una casa.
Annuì – Ho molte cose da dirle professore, e non so da dove cominciare.
Sorrise nuovamente con gentilezza – direi dal giorno in cui ci siamo visti l’ultima volta.
- Molto bene.
*
Il racconto non durò molto e, per le undici di sera, una carrozza venne a raccogliermi.
Avevo raccattato le mie poche cose, più i libri e i vestiti che Silente mi aveva comprato per affrontare i primi giorni.
Un paio di jeans e alcune magliette
con i personaggi della Warner Bros disegnati sopra, molto carine. Mi
aveva comprato anche delle scarpe col tacco che provai subito,
sistemando i grossi stivali da battaglia nella valigia insieme al
resto.
Insieme a tutti gli abiti trovai un mantello nero molto lungo e immaginai di doverlo indossare.
Arrivammo a scuola in pochi minuti.
I cavalli della carrozza erano bellissimi però correvano come se
avessero avuto il diavolo alle calcagna.
Passammo per il bosco e tutti i
rami che avrebbero dovuto sbattere contro il gabbiotto lo trapassavano
come se fossero stati invisibili.
Appena vidi il castello, il cuore
iniziò a battermi più forte. Era esattamente come Lilium
me l’aveva sempre descritto. Ogni pietra conteneva la magia, ogni
pietra aveva visto la magia e per questo l’aria era avvolta da un
lieve alone di nebbia brillantina.
Silente mi accompagnò alla mia stanza.
Passammo attraverso una miriade di
corridoi e di rampe di scale. Avrei fatto fatica a ricordarmi tutto
quel percorso se non ci fossero stati i vari quadri ad aiutarmi.
Non disfai nulla, mi sdraiai sul letto e fissai la divisa di Hogwarts per tutta la notte, senza chiudere occhio.
La mattina arrivò presto,
indossai la toga, cioè la divisa, presi la bacchetta di Lilium,
lasciando la mia nel cassetto della scrivania e aprì la porta
scoprendo che ad aspettarmi c’era una donna, avvolta in un abito
scuro dal colletto rigido molto alto, sopra i capelli rigidamente
raccolti un enorme cappello nero da strega.
- Buon giorno
signorina Moonroad, sono la professoressa McGrannit, insegno
Trasfigurazione. Sono qui per darle il benvenuto alla Scuola di Magia e
Stregoneria di Hogwarts e per accompagnarla alla sua prima lezione. La
prego di fare più in fretta la mattina.
Le lezioni iniziano tutti i giorni,
dal lunedì al venerdì, alle 8 in punto. La Sala
Grande, che è il luogo dove si svolgono tutti i pasti e tutte le
cerimonie, aprirà per la colazione alle sei e mezza. Per gli
ultimi orari le consegnerò un foglio con tutte le informazioni.
Il sabato e la domenica, e
occasionalmente il pomeriggio al termine delle lezioni, potrà
uscire e visitare Hogsmade o Diagon Alley. Noi professori preghiamo gli
alunni di uscire sempre in coppie o in gruppo, per evitare spiacevoli
incontri.
Si voltò verso di me, forse per assicurarsi che la stessi seguendo o che la stessi ascoltando.
- Le sue lezioni
di oggi saranno provvisorie, poiché non sappiamo ancora quale
sia la sua casa né tanto meno sappiamo le sue preferenze. Per le
lezioni base seguirà quelle dei Grifondoro, dei quali sono a
capo, per le altre invece, solo per oggi, avrà totale
libertà, sono stata chiara?
- Sì, professoressa McGrannit.
- Bene.
In seguito mi ritrovai davanti
all’aula di Incantesimi, il professore era un nanetto molto
tenero dalla barba argentata che cercò subito di farmi trovare a
mio agio.
La McGrannit invece si limitò a consegnarmi l’elenco e ad uscire dalla classe con fretta.
Osservai prima il foglio e poi il pavimento. Chissà quanti pietroni c’erano?
Mi misi a contarli, senza un grande entusiasmo, ma in questo riuscivo ad accorgermi dello scorrere del tempo.
Quando il professore, Vitius se
avevo capito bene, mi chiamò lo guardai e lo ascoltai, era molto
gentile e comprensivo, ma poi diventò quasi noioso, mi spiegava
le cose come se fossi stata una mocciosa incapace. Forse lo faceva con
tutti.
Guardai in giro, per vedere se
c’era qualcosa di interessante. Tutti erano intenti a provare
l’incantesimo. Non capì subito cosa fosse, finché
non vidi una ragazza con lo stemma Grifondoro che era già
riuscita, rispetto ai suoi compagni, a far levitare i capelli e le
vesti.
Sentivo qualcuno che mi fissava e guardai chi occupasse il posto accanto a lei.
Un ragazzo, dalla bella e folta zazzera nera, mi stava fissando intensamente da quando ero entrata.
Quanto avrei voluto poter leggere il pensiero come una volta! Ero troppo curiosa!
Mi limitai a fissarlo di rimando.
Era uno sportivo, aveva delle belle spalle e un fisico longilineo, per quanto potei vedere.
Gli occhiali che indossava non nascondevano la brillantezza dei suoi occhi verdi e la forma perfetta del suo viso.
Stava seduto sulla panca con le
caviglie incrociate mentre con le mani muoveva in continuazione la
bacchetta, come se non sapesse esattamente cosa farne.
Adoravo le sue labbra, il labbro superiore più sottile di quello inferiore, e il modo in cui se le mordicchiava.
Mi piaceva tutto di lui.
Pure la sua pelle color caffelatte, quando avevo sempre preferito gli uomini dalla pelle chiara come la mia.
Improvvisamente sentì tirare
la manica della divisa e dovetti distogliere lo sguardo, poiché
Vistius mi stava indicando il banco giusto.
Mi sedetti vicino ad un ragazzo
biondo decisamente carino, occhi blu, capelli biondi e fisico perfetto,
aveva pure un nome figo: Draco.
Bello.
Mentre nell’altro ragazzo
tutto mi trasmetteva fuoco puro, lui esprimeva la bellezza delle statue
di ghiaccio, e tali erano anche i suoi modi: “A che casa
appartieni?”
“ Ma vaff…” pensai, naturalmente.
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Capitolo 6 *** 6. ***
6°B.F.T
Sesto.
Non me ne accorsi nemmeno tanto ero concentrato nel leggere i suoi movimenti.
I nostri sguardi
s’incrociarono e, credetemi, perché di ragazze ne avevo
avute più di quante sanno i posteri, i suoi occhi erano i
più belli, luminosi e profondi che avessi mai visto, di un color
cioccolato, molto scuro, senza increspature più chiare, compatto.
In contrasto, la sua pelle sembrava ancora più chiara, troppo trasparente per i miei gusti.
I suoi capelli mossi erano lasciati
a se stessi, selvaggi. Ogni tanto, mentre si girava, saltava agli occhi
un riccio solitario tra la jungla della sua chioma.
Non aveva niente a che fare con la
bellezza forte e leonina di Hermione, né tanto meno poteva
essere paragonata a Cho, che sembrava un fiore così delicato da
potersi spezzare da un momento all’altro.
Lei era avvolta dalla magia.
Il nostro contatto venne interrotto da Vitius che la fece sedere ad un banco.
Dio! Ma doveva capitare proprio con Malfoy!
Poiché ero dalla parte
opposta della stanza non sono sicuro di quello che dico ma mi pare che,
la prima domanda che Malfoy le abbia rivolto, sia stata “A che
casa appartieni?”
Dio!
Per Malfoy quella era la frase magica per iniziare ogni tipo di relazione.
Il tuo sangue.
Se volevi diventare amico di un
Malfoy esisteva una prassi. Dovevi avere alla mano tre cose: il tuo
albero genealogico, il documento che attesta che tipo di gruppo
sanguineo hai e la ricetta del medico che diceva che potevi sopportare
senza problemi lo stress che avrebbe comportato essere amico suo.
Ron era purosangue.
Hermione aveva 0 negativo.
Io non avevo niente.
Probabilmente la sconosciuta le
doveva avere tutte e tre perché, nonostante Malfoy avesse
incominciato con il piede sbagliato, ora parlavano tra di loro come se
fossero stati amici d’infanzia.
Durante la spiegazione si
lanciavano sorrisini complici e durante la pratica si aiutavano a
vicenda, più che altro lei lo aiutava e lui si faceva aiutare,
tramutando la sua aria da signore del mondo in un’aria da
ignorante coccolone.
Flirtarono in modo spudorato, forse però fui il solo a notarlo.
Tiger e Goyle, poiché non venivano più considerati, si arrangiarono da soli, creando un enorme guazzabuglio.
Non so perché ma fui quasi geloso delle attenzioni che lei gli dedicava.
Volevo ancora fissarla e volevo che
lei facesse lo stesso con me. Quanto egoismo da parte mia, soprattutto
visto che ero un Grifondoro.
Cercai di allontanare i miei pensieri dalla sua figura e mi concentrai anch’io sul compito.
Mi voltai verso Hermione per
chiederle la formula dell’incantesimo e la pagina del libro per
cominciare, lei mi guardò sbuffando per averla deconcentrata ma
la ignorai; aprì il libro ed iniziai a leggere alzando lo
sguardo di tanto in tanto.
Marte se la cavava molto bene, decisamente meglio di Malfoy, e, oso dire, pensai che fosse al livello di Hermione.
Possedeva una grande scioltezza e una grande controllo dei suoi poteri e riuscì a sollevarsi in aria al quarto tentativo
Tuttavia tra lei e la sua bacchetta
non c’era quel rapporto particolare che esisteva tra ogni mago e
la sua bacchetta. Si girava in continuazione il manico fra le dita come
per trovare la posizione più comoda e talvolta rischiava di
farla cadere.
La lezione finì felicemente,
poiché anche Hermione era riuscita a sollevarsi di qualche metro
da terra, e se lei era soddisfatta tutti i Grifondoro potevano dirsi
sereni.
Ron ed io eravamo in piedi davanti
all’uscita ad aspettare Hermione, che, insieme a Marte, stava
ricevendo i complimenti da parte di Vitius per la riuscita
dell’incantesimo in così poco tempo.
Le vidi incamminarsi verso di noi,
mentre parlavano con molta complicità. Erano due belle ragazze
intelligenti che finalmente avevano trovato qualcuno con cui discutere
di argomenti diversi dal trucco, gli abiti, i ragazzi e il Quidditch.
Di sicuro parlavano anche di queste cose, ma non solo.
In un attimo mi sentì
sollevato, Hermione finalmente avrebbe paralato con qualcun’altro
di quei suoi ragionamenti strani e complessi, delle lezioni di Antiche
Rune che tanto le piacevano e dell’amore, cosa che nessuno di noi
capiva ma che lei si ostinava a comprendere.
Finalmente non avrebbe più rotto l’anima a me e a Ron con le sue lamentele sul nostro animo poco sensibile.
“Ragazzi vi voglio presentare Marte” si voltò verso di lei “Marte, Ron Weasley e Harry Potter.”
Strinse la mano ad entrambi. Fu un saluto nella norma, più normale di quello che pensassi.
Appena Hermione aveva pronunciato
il mio nome avevo pensato che lei si sarebbe messa a gridare – Oh
mio Dio! Harry Potter!Ma sei proprio tu? Mi fai vedere la cicatrice?
Quando hai in programma il prossimo round con Voldemort?- Non ci
crederete ma qualcuno, l’ultima domanda, me l’ha posta
veramente.
Lei invece non sembrò averlo mai sentito prima e si limitò a salutarmi pronunciando il mio nome molto dolcemente.
“La professoressa Mc Granitt
le ha detto che per oggi seguirà le lezioni con i Grifondoro,
così le ho chiesto se voleva venire con noi. Per voi va
bene?”
Ron ed io ci guardammo presi alla
sprovvista e ci scambiammo frasi di assenso parlando come dei mongoli.
Ecco come farsi passare per degli stupidi.
Hermione ci guardò sorridente e tornò a rivolgersi a Marte.
“Ora abbiamo Pozioni. Ad
alcuni Grifondoro “ come se non si capisse che si stesse
esplicitamente rivolgendo a noi “non piace molto perché ad
insegnarla c’è Piton che è capo dei Serpeverde, con
i quali non andiamo d’accordo dall’inizio dei secoli. Io
personalmente l’adoro, insomma è veramente interessante e
ti mette sempre alla prova, e non capisco gli altri cosa ci trovino di
male, nemmeno a me piace Piton, però bisogna ammettere che
è un ottimo insegnante“.
“Sì, lo so. Draco me
ne ha parlato molto. Pare che sia il suo prof preferito. In ogni caso,
anch’io adoro pozioni, la trovo divertente. L’ultima volta
che ho avuto gli ingredienti corretti ho fatto un Distillato della
Morte Vivente perfetto!”.
“ Davvero?”
Marte ed Hermione parlavano di pozioni con un eccitazione che raggiungeva le stelle.
Intanto io e Ron camminavamo dietro di loro, come dei bodygard dalla faccia incazzata
Pozioni filò liscia come l’olio.
Piton mi tolse i consueti dieci punti che però furono recuperati, come al solito, da Hermione con cinque risposte esatte.
Piton era davvero uno spilorcio,
Herm dava risposte precise e argute ma lui si limitava sempre e solo a
darle due punti per ognuna, mentre a Malfoy non esitava regalare dieci
punti per aver risposto bene ad un vero o falso.
Hermione e Marte si sistemarono sul banco davanti al nostro e seguirono la spiegazione della pozione con attenzione.
Mentre in incantesimi loro due si equivalevano, in Pozioni Marte era un dio.
Piton aveva scritto alla lavagna
un’insieme di procedimenti che apparivano più confusi di
quanto già erano per via della sua calligrafia sottile e
illeggibile.
Mentre Ron sforzava la vista per leggere le istruzioni, usando i miei occhiali come cannocchiale, la osservai.
Aveva un talento naturale per le
pozioni, non alzò gli occhi sulla lavagna neanche per una volta,
misurava le polveri e i rametti da inserire con grande attenzione.
“Guarda che hai sbagliato. Devi inserire solo un rametto di stramonio, non due.”
Si voltò verso di me con
aria sorpresa e mi sorrise “ Non guardare la mia pozione,
preoccupati della tua” fece una smorfia strana “Il colore
sta cambiando” .
Aveva ragione, il colore della mia
pozione stava cambiando da fucsia a marrone, e anche la consistenza era
diventata più solida.
Prima ancor di sentirlo parlare
avvertì il suo fiato sul collo “Un’altra T signor
Potter, così impara ad applicarsi di più la prossima
volta”.
Fece evaporare il liquido dal mio
calderone e anche da quello di Ron, il cui viso continuava ad
arrossarsi sempre di più per la frustrazione.
Per ultimo Piton tenne il calderone
di Marte, si avvicinò al bordo con il suo lungo naso e
aspirò, mi fece quasi senso.
Estrasse la bacchetta e dopo averla
fatta ondeggiare tra i fumi del liquido la sollevo di scatto, versando
la pozione in una boccetta che aveva appositamente estratto.
“Potrò consegnare
questa boccetta a Madama Chips senza doverne preparare un’altra.
Per una volta qualcuno mi ha tolto l’onere di dover preparare una
pozione così semplice e noiosa” Rivolse a Marte un sorriso
compiaciuto “Quando sarai smistata darò venti punti alla
tua casa”.
Una strana consapevolezza mi travolse.
Abilità di pozionista equivaleva Serpeverde ad Hogwarts.
Hermione era brava ma era
un’eccezione alla regola, la verità era che la maggior
parte degli studenti bravi in pozioni facevano parte di Serpeverde,
tali Malfoy, Zabini, Montgomery.
Che Marte fosse davvero come loro?
Non era mai capitato che ad
Hogwarts arrivasse uno studente nuovo nel bel mezzo dell’anno
scolastico, non smistato per di più.
Non avevo mai giudicato nessuno, ma
era risaputo che non avessi un buon rapporto con i Serpeverde, anche se
avevo avuto delle tresche con alcune di loro nel periodo del Torneo
Tremaghi. Cavolo! La tensione era tanta e, visto che Cho sembrava
essere troppo occupata con la squadra avversaria, mi ero dovuto trovare
uno sfogo, un qualcosa che mi rilassasse.
E le Serpeverde dimenticavano in fretta, non badavano molto al futuro e vivevano molto sul presente senza fartelo pesare.
Erano perfette se volevi una relazione breve, nascosta e priva di gelosia, dunque di amore.
Non ero sicuro di voler sapere da che parte della strada sarebbe stata.
Un’altra cosa era sicura,
anche se aveva conquistato Piton, e ciò era molto negativo,
aveva conquistato anche Hermione, e questo mi faceva ancora sperare.
Fino ad un certo punto, naturalmente, non ero mai morto dietro ad una ragazza, tranne che Cho, e non avrei cominciato con lei.
Marte seguì Hermione per il resto della giornata e si ambientò velocemente.
E con la cena arrivò lo smistamento.
Eravamo seduti al nostro tavolo
quando Silente si alzò e iniziò a parlare degli ultimi
svolgimenti con la sua solita pacatezza.
Vidi Marte voltarsi verso Hermione e sussurrarle qualcosa a cui Herm rispose scuotendo dolcemente la testa e abbracciandola.
“ Stasera daremo uno strappo
alla regola alle tradizioni” Allungò un braccio ad
indicare la professoressa McGrannit mentre questa trasportava non con
poca fatica lo sgabello con il Cappello Parlante.
“ Abbiamo in programma un
ultimo smistamento, un po’ fuori dai tempi. Ma penso che il
nostro Cappello farà un’eccezione.”
Il Cappello fece una smorfia,
sembrò sul punto di voler cantare qualcosa ma la canzone di
inizio anno l’aveva già usata e sarebbe stato uno
sfinimento, anche per lui, cantarla nuovamente.
Silente fece un cenno a Marte che si alzò e raggiunse il tavolo degli insegnanti.
Gli alunni che non l’avevano
ancora incontrata si mossero incuriositi verso il tavolo degli
insegnanti e la seguirono silenziosi mentre saliva le scale e mentre si
sedeva sullo sgabello.
Fu quasi divertente vederla indossare quel cappello vecchio e logoro.
Insomma, l’avevo sempre visto
indosso a bambini di undici anni che vi ci erano affondati, io stesso
ci ero caduto dentro; lei, al contrario, accomodandosi sullo sgabello
poteva toccare il suolo con i piedi e il cappello non le era tre taglie
più grande; anche se aveva su di sé lo sguardo di
tutta Hogwarts, per lo meno non doveva combattere anche contro la
scomodità.
Finalmente è arrivata signorina Moonroad, un po’ in ritardo, ma nel complesso meglio tardi che mai.
La vidi scuotersi e sorridere leggermente capendo che le parole provenivano dal cappello.
Qui la cosa si fa complicata.
Scegliere la casa per un adulto è un affare del tutto di verso
del scegliere la casa per un bambino.
Un bambino è ancora puro,
per quanto pestifero possa essere, qui invece sento già
l’odore di un’eternità vissuta e di un dolore
profondo.
Il viso di Marte si pietrificò poco a poco, il suo sguardo era vacuo e dritto davanti a sé.
Una maturità prematura e quasi indesiderata, oserei dire…
“Si limiti a indirizzarmi,
per favore. Non ho bisogno del profilo psicologico,” disse con
voce secca e quasi infastidita.
Il Cappello fece una smorfia ma si zittì.
Serpeverde!
La nostra parte di tavolo si
ghiacciò al suono di quella parola mentre tutto il tavolo
verde-argento si alzò in un boato di esultanza per la nuova
arrivata.
Non capì quale fu la
reazione di Marte, semplicemente non si alzò subito dallo
sgabello come se fosse sconvolta poi però la vidi scuotere la
testa e indirizzarsi verso l’unico tavolo felice della sala.
Mi voltai verso Hermione e la vidi
sgranare gli occhi. La potevo capire, la conosceva da poco ma per lei
era stato speciale, una di quelle amicizie lampo che però poi
durano tutta una vita. Evidentemente non in questo caso.
Abbassò lo sguardo sul suo piatto e riprese a mangiare. Come faceva a mangiare dopo un momento simile?
A me era venuta la nausea e penso
che anche Ron fosse nella mia stessa situazione, e deve essere qualcosa
di davvero spiacevole per costringere Ron a non mangiare più.
Dopo un minuto o due la vita
riprese e si ricominciò a sentire il rumore delle forchette sui
piatti e dei denti che masticano.
Io proprio non potevo così mi voltai leggermente per dare un’occhiata al tavolo Serpeverde.
Marte, come da copione, era seduta
tra Malfoy e Zabini. Entrambi sembravano convergere con le spalle verso
di lei mentre la sommergevano con domande di ogni genere.
Lei continuava a voltarsi a destra
e a sinistra per rispondere, sempre con un sorriso. Che fosse davvero
una Serpeverde alla stregua di Malfoy?
Non potei pensare diversamente
vista la tranquillità con cui discuteva con in suoi nuovi
compagni di casa. Sembrava estremamente a suo agio.
“ Ma vi rendete conto? Siamo
stati in compagnia di una vipera per tutto il giorno, senza
accorgercene, e ci stava pure simpatica! ” sentì dire Ron,
mentre si serviva una grossa fetta di dolce.
Mi voltai, troppo infastidito per continuare ad osservare Marte con la sua nuova famiglia.
“ Non puoi chiamarla vipera,
Ron, ”dissi guardando Hermione “ Soprattutto non quando le
hai offerto mezza scatola di caramelle Gommose mentre l’hai
assillata con i tuoi racconti sul quidditch e sulle tue vittorie
immaginarie.”
“ Non l’ho assillata,
Harry! Non sapeva nemmeno cosa fosse il quidditch, gliel’ho
dovuto spiegare tutto dall’inizio.”
Hermione scosse la testa. “ Non l’avrei proprio mai immaginato.” disse con aria abbattuta,
“ Insomma, andava bene in pozioni, e allora? Anch’io sono piuttosto brava ma non sono una Serpeverde.”
Scossì la testa. “
Hermione? Sveglia! Non hai visto come Piton l’ha mangiata con gli
occhi oggi? Guarda anche adesso.”
Ci voltammo tutti verso il tavolo degli insegnanti.
Piton aveva stampato sulla faccia
un sorrisino machiavellico e, ogni due per tre rivolgeva occhiate
compiaciute al tavolo della sua casa.
Tornai a guardare Hermione. “ Visto?”
Lei sbuffò e tornò al
suo piatto. “ Questo non prova proprio nulla, Harry. Piton non
decide dove vengono smistati gli studenti. Inoltre, prima di essere
smistata, lei mi ha detto che voleva rimanere mia amica, anche se non
fosse finita nei Grifondoro, qualsiasi cosa fosse successa. Capite?
Questa non è una frase da Serpeverde.”
Vidi Ron annuire convinto e
così lasciai perdere e mi voltai alla ricerca di qualcosa di
molto più interessante da guardare.
Cho era seduta al suo solito posto al tavolo dei Corvonero.
Era più bella che mai.
Rideva con le sue amiche e questo mi fece stare molto meglio, dopo
tutte quelle volte che l’avevo vista piangere e soffrire per
Cedric.
Finalmente si accorse di me e si
voltò. Le sue pupille si allargarono e il suo sorriso si fece
più malizioso, appoggiò il mento ad una mano e si
limitò a fissarmi.
Dopo un po’ mi fece segno, indicando la porta con gli occhi, e si alzò, lasciando la Sala Grande.
Sentì il mio sangue ribollire mentre la seguivo con lo sguardo.
Mi voltai verso Ron ed Hermione che avevano iniziato a parlare con Fred e George e li ascoltai per un po’.
Dopo poco ci alzammo e così ne approfittai anch’io per uscire.
Quando fui quasi fuori lanciai
un’occhiata al tavolo dei Serpeverde e vidi Marte ancora intenta
a parlare con i due ragazzi e con tanti altri che si erano aggiunti.
‘Perché mi preoccupo?’
Uscì.
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Capitolo 7 *** 7. ***
7° B.F.T
Settimo.
Il tavolo dei Serpeverde era in fermento quella sera.
La maggior parte di loro erano
tutti raccolti attorno a Marte, tutti volevano sapere chi fosse, da
dove venisse e perché fosse entrata ad Hogwarts con un ritardo
di cinque anni.
E lei rispondeva a tutte le domande
con un sorriso, forse un po’ intimidita e imbarazzata, ma felice
che tutti stessero cercando di farla sentire a suo agio, anche se
sapeva di non essere altro che la novità del momento.
Silente aveva ragione. Non c’era nulla ad Hogwarts se non tanti adolescenti.
“Perché sei arrivata
ad Hogwarts solo ora? Insomma, hai già quindici anni, non hai
mai pensato a delle lezioni private?” chiese una ragazza davvero
bruttina di nome Millicent Bullstrote.
“Lezioni private? Neanche se
dovessi essere bocciata! Inoltre ci sono già passate e ne ho
abbastanza di studiare a casa. Sono arrivata ora perché ho
viaggiato molto, soprattutto nell’ultimo periodo. E intanto i
miei genitori mi hanno fatto da insegnanti.”
“Chissà che brutto!”
Lei negò con la testa.
“Non tanto in verità. Non è stato divertente ma
loro si limitavano a spiegarmi la teoria perché poi dovevano
andare a lavoro, è stato mio fratello a seguirmi.”
“Oh! Hai un fratello?” chiese Pansy Parkinson con uno strano interesse “Più grande?”
Annuì “Più grande di sette anni.”
“E non è venuto ad Hogwarts?”
“No, lui ha frequentato una
scuola al nord.” poi sorrise e gli occhi iniziarono a brillarle
“Una scuola molto più oscura di Hogwarts.”
Da molti di loro uscirono dei ghigni e risolini trattenuti al sentire la parola ‘oscura’.
Quando la massa iniziò a
disperdersi Draco Malfoy la guardò sorridendo e le porse la
mano, aiutandola ad uscire dalla panca.
“Come Prefetto ho il dovere e l’onore di indicarti dove si trova il nostro dormitorio, signorina.”
Marte sorrise e afferrò la mano del ragazzo. “Posso fidarmi, Draco?”gli chiese, reggendo il gioco.
“Di me, sempre” rispose illuminandola con un sorriso complice “Sei la mia protetta.”
S’incamminarono fuori dalla Sala Grande e scesero alcuni piani di scale.
“Per arrivare nella sala comune dei Serpeverde bisogna passare per quella che noi chiamiamo Zona Rossa.”
Marte lo guardò inarcando un sopracciglio aspettando che continuasse.
“Intendiamoci, non è
niente di particolare. È solo un lungo corridoio con tante
porte. Però è lì che gli studenti vengono quando
cercano, ecco, un po’ d’intimità. I professori non
ci passano mai.”
Marte aprì la bocca e scosse
la testa, per dire che aveva capito. Non si sarebbe mai aspettata che
nella scuola di Silente ci fosse una cosa simile. Forse la cosa si
sarebbe fatta divertente.
Draco si fermò e la
guardò. “Sei imbarazzata? Perché se lo desideri
posso farti vedere un’altra strada, più lunga ma
più tranquilla”
“Perché dovrei essere imbarazzata, Draco. Sembri tu nervoso a parlarne.”
Blaise e Pansy, che li stavano
seguendo, scoppiarono a ridere, mentre Draco aveva abbassato il capo e
si era coperto gli occhi con la mano per nascondere un sorriso
divertito e spavaldo.
“Draco è
l’ultima persona che puoi sperare di imbarazzare per qualcosa,
Marte” disse Pansy passandosi una mano tra i capelli corvini.
“Noi Serpeverde siamo una
casa libertina, mia cara, non c’è molto che ci possa
rendere insicuri e niente che ci possa sconfiggere,” aggiunse
Blaise, portando un braccio dietro il collo di Pansy e portandosela
vicino. ”Siamo un popolo altero, egoista e viziato. Ci piace
tutto.”
Poi prima potesse accorgersene girò violentemente la ragazza e la fece aderire a sé, baciandola aggressivamente.
Marte spalancò gli occhi
sorpresa e, senza rendersene conto, si leccò e si
mordicchiò le labbra, mentre la temperatura del suo corpo saliva.
I due ragazzi continuavano
indisturbati, come se fossero stati soli nel corridoio e lei non
riusciva a distogliere lo sguardo dai loro corpi avvinghiati.
Vide Blaise sbattere la ragazza
contro il muro e sentì i loro mugolii di piacere ma non
riuscì a staccare gli occhi da loro.
Solo quando si sentì osservata riuscì a voltarsi, ed allora il suo sguardo si incrociò con quello di Draco.
Lui le mise una mano dietro la
spalla e la spinse a continuare.”Lasciamoli soli. Non che non sia
un bello spettacolo, ma non voglio sconvolgerti subito” le disse
sorridendo.
“Siamo già nella Zona Rossa?”
“No, ma a quei due piace il rischio. Si lasciano sempre andare.”
“Saranno molto innamorati. Stanno insieme?”
Draco rise di gusto, come se fosse stata la barzelletta più divertente del mondo.
“No, non è da Serpeverde innamorarsi, Marte. Non stanno insieme. Non Pansy e Blaise,”
Marte si sentì più confusa che mai e continuò a guardarlo.
“Di solito si comportano come
cane e gatto però gli piace fare sesso insieme, tutto qui. Sono
violenti. C’è a chi piace così.”
Poi la osservò di nascosto
“Io, per esempio,”disse guardandola malizioso “lo
preferisco lento e dolosamente piacevole, così che alla fine lei
mi debba pregare per appagarla.”
Marte rise come non aveva mai
fatto, aveva capito che l’imbarazzo non era una caratteristica da
Serpeverde, fece altri due passi e poi si fermò.
Lui si mise di fronte a lei e
aspettò che parlasse. “Oh Draco…dimmi, cosa ti
rende così sicuro e sfacciato e terribilmente
affascinante?” gli domandò cercando di aver un tono serio
da una parte, mentre dall’altra aveva alzato il braccio e aveva
incominciato ad accarezzargli i capelli.
“Ma non so sinceramente, me
lo sono chiesto spesso. Saranno i miei occhi magnetici, “ disse
mentre lei prese ad annuire “oppure saranno i miei capelli
morbidi” lei annuì nuovamente mentre continuava a giocarci.
Draco fece un passo verso di lei.
“Oppure sarà la mia voce: tu che dici?” le chiese quando era a pochi centimetri da lei.
Marte gli mise un dito sul mento e
lo guardo “Sai invece a me come piace?” chiese con tono
dolce e carezzevole. Draco negò con la testa. “Mi piace
atteso e poi improvviso”
Draco sorrise divertito. “Penso che ci intenderemo noi due.”
“Lo penso anch’io.”
Erano ancora assorti quando sentirono un gridolino acuto provenire da dietro l’angolo.
“Cos’era?” chiese lei.
“Niente di nuovo. Da lì inizia la Z.R. Qualcuno si sta divertendo.”
“Ok, ma chi può avere una risata così orribile?”
“L’hai notata, eh? La
Z.R è di tutti, non ci vanno solo i Serpeverde, cani e porci
sono ammessi. Andiamo.”
E camminarono spalla contro spalla.
Appena voltato l’angolo Marte aprì gli occhi ancora più meravigliata.
Avrebbe riconosciuto quella schiena ovunque.
Pigiata contro il muro c’era
una ragazza dai capelli corvini e dagli occhi a mandorla, mentre
davanti a lei c’era niente meno che Harry Potter.
Harry le doveva star sussurrando all’orecchio cose molto divertenti per farla ridere così.
Marte avrebbe preferito non
disturbarli ma sapeva che Draco non si sarebbe trattenuto, Hermione le
aveva accennato l’inimicizia che correva tra Serpeverde e
Grifondoro, ma soprattutto tra Draco e Potter.
“Ecco Potter che si dà
da fare con della spazzatura. Cosa si prova Potter ad essere ai livelli
più bassi della catena alimentare? Eh? Farsela con la ragazza di
un morto mi sembra alquanto deprimente.”
Draco si girò verso di lei dandogli le spalle.
Marte guardando dietro di lui
capì che Harry stava per estrarre la bacchetta così lo
anticipò e gli puntò la bacchetta alla gola.
“Non si attacca quando il
nemico è di spalle Harry” disse con durezza
”così passi dalla parte del torto.”
Harry, che aveva la bacchetta mezza
fuori dalla tasca la rinfoderò del tutto e con la mano
andò a coprire quella di Cho che gli aveva appoggiato sulla
spalla.
“Riflessi un po’ lenti, vero?” aggiunse poi Marte con un sorriso spavaldo.
Draco la guardò stupito per un attimo ma poi sorrise e le mise un braccio attorno alle spalle.
Si avvicinò con le labbra alla sua guancia mentre Marte girò il collo nella sua direzione per andargli incontro.
“Grazie, mio Angelo della Guerra” le sussurrò dopo averle baciato delicatamente la guancia.
Marte assaporò per qualche istante il profumo della sua pelle prima che riprendessero a camminare.
*
A quanto Harry poté assistere, Marte si era già ambientata magnificamente.
Da come si era mossa per
accompagnare il bacio di Malfoy, così accondiscendente. Aveva
assunto le loro stesse sembianze, sorriso malefico e modi serpentini,
anche se c’era ancora qualcosa nel suo sguardo che andava ben
oltre l’oscurità di un normale Serpeverde.
Inoltre il modo con cui gli aveva risposto e l’aveva anticipatolo l’avevano lasciato confuso.
L’aveva chiamato per nome e
le sue parole l’avevano calmato, gli avevano fatto sbollire la
rabbia in un secondo. Che fosse in qualche modo diversa?
Scosse la testa scacciando un
pensiero così improbabile. In pochi giorni sarebbe diventata una
Serpeverde in tutto e per tutto, se poi stava insieme alla cricca di
Malfoy sarebbe diventata una perfetta vipera velenosa.
“Harry? Tutto bene?”
La voce delicata di Cho lo risvegliò e lo fece voltare verso di lei.
“Niente, scusami Cho.”
“Non vuoi continuare?”
Lui la guardò. “Vorrei ma non sono più dell’umore, scusami.”
Lei scosse la testa per niente arrabbiata. “Mi accompagni alla mia Sala Comune?”
Harry annuì con un sorriso un po’ mesto e s’incamminarono insieme.
*
Intanto Marte e Draco avevano raggiunto il quadro del Barone Sanguinario.
“La parola d’ordine
cambia ogni tredici del mese, il giorno in cui il barone fu ucciso, e
siamo sempre io o il Caposcuola Serpeverde a sceglierla. Oggi la parola
d’ordine è Giles.”
Il Barone Sanguinario fece un inchino sfilandosi il cappello e aprì la porta.
“Perché Giles?” chiese incuriosita.
Draco alzò le spalle.
“È il nome di un potere molto antico appartenente ad
un’antica famiglia purosangue di nome Radix. Lo stiamo studiando
in Storia della Magia.”
Entrarono e dopo aver superato un corridoio scuro, senza luce, si aprì davanti a loro un enorme e bellissimo salone.
Tutto l’arredamento era sui toni del verde, dell’argento e del nero, colori scuri che però brillavano
nell’insieme.
C’erano cinque camini, uno
per ogni lato della stanza, diversi divani e poltrone, sedie e tavoli
attorno ad un piano bar ed infine una grande libreria a muro.
“Eccoci qui! Il nostro regno. Niente male, eh?” aggiunse davanti al suo sguardo illuminato.
“Le stanze femminili sono a
sinistra,” proseguì, facendole strada tra la massa
festante di Serpeverde. “Se non sbaglio sei capitata in camera
con Pansy e Gioia, i due estremi in assoluto. Gioia è la
Serpeverde più casta di tutta la storia” disse sorridendo.
Marte salì due gradini prima di voltarsi verso di lui. “Grazie per il tour Draco. Mi è piaciuto molto”
Lo baciò sulla fronte. “Buona notte”
Malfoy rimase quasi sorpreso e
prima che lei scomparisse disse “Questo è stato in
assoluto il bacio più pudico che io abbia mai ricevuto!”
Marte rise dalle scale. “Volevo sorprenderti!”
*
“Dove sarà andato Harry?” chiese Ginny, impaziente di vederlo solcare la soglia della sala comune.
“Sarà la milionesima
volta che melo chiedi Ginny, non lo so, non sono la sua balia!”
le rispose Hermione con esasperazione, dopo che le veniva posta ancora
una volta la stessa domanda in un’ora “Non è affare
nostro ciò che fa.”
Voltò la pagina del libro
che stava leggendo dopo aver bagnato la punta del pollice con un
po’ di saliva “Inoltre ha già abbastanza problemi,
inclusi i Grifondoro, figurati che fine farà se anche noi gli
causiamo del dispiacere. ” concluse amaramente.
Ginny sbuffò ancora una
volta e si sedette accanto a lei sul divanetto.”Lo so, lo so. Ma
se non è con voi e se non è con nessun Grifondoro, o
è al campo da Quidditch o…”
Lasciò le parole in sospeso con un grande rammarico.
“…o è con Cho” concluse per lei Hermione.
Appoggiò il libro e mise un braccio attorno alle spalle dell’amica.
“Te l’ho già
detto e ripetuto, Harry, quando si fissa con qualcosa, ci impiega anni
per togliersela dalla testa, aspetta che si stanchi. Intanto divertiti
e mostrati indipendente. Stai già uscendo con qualcuno,
no?”
“Sì, si chiama Adam Claiton, Serpeverde.”
Hermione strabuzzò gli occhi “Serpeverde?”
Ginny annuì “Non
è male come puoi pensare. È molto romantico e mi ha
sempre trattato normalmente. Non mi ha mai chiamato Piattola o cose del
tipo. È uno a posto.”
Rimasero in silenzio per qualche secondo ad osservare il fuoco.
“Ron?”
“Hermione? Non mi dirai che sei ansiosa anche tu?” le chiese sulla soglia delle risa.
“Certo che sono ansiosa! Ma per tutt’altra ragione.”
Si rifece silenziosa dopo aver voltato il viso dalla parte opposta rispetto a quella dell’amica.
“C’è qualcosa che dovrei sapere, Herm?”
Hermione si rivoltò verso di lei e le prese le mani fra le sue stringendole con forza.
“Io ti dirò tutto ma solo se mi prometti che non lo dirai a nessuno, soprattutto a tua madre.”
“Hermione mi stai spaventando.”
“Prometti!”
Ginny annuì con convinzione e aspettò che l’amica parlasse.
“Ti ricordi l’anno scorso, durante il periodo della coppa Tremaghi, quando ha iniziato a fumare?”
Ginny annuì nuovamente.
“Beh, la cosa è diventata più seria ora.”
“Che cosa intendi dire?”
Ancora una volta Hermione esitò.
“Ron si droga, Ginny.”
*
La sua nuova camera era molto
più piccola della sua precedente, ma forse era solo
perché doveva dividerla con altre due ragazze.
Il suo letto era esattamente al centro.
A sinistra la camera era uno specchio.
La polvere sembrava non aver mai
toccato il pavimento, in un angolo, su una scrivania, erano raccolte
ordinatamente diverse piume e alcuni rotoli di pergamena.
Sul letto non c’era una
grinza e su una mensola appena sopra la testata erano impilati in
ordine di altezza una grande quantità di libri.
Spostò lo sguardo dalla parte opposta.
Se a sinistra la camera era
nell’ordine più assoluto, a destra era un groviglio di
calze a rete, reggiseni, gonne, abiti, scarpe, tutto era in un caos
totale.
Sul letto erano buttati alcuni prodotti di bellezza, creme aperte e tante matite per gli occhi, ognuna di colore diverso.
In una teca, che sembrava essere
l’unica parte illibata, erano raccolte diverse cravatte, saranno
state più di dieci, tutte appartenenti alle diverse case di
Hogwarts.
“So a cosa stai pensando”
Guardò alla sua sinistra e
finalmente si accorse che qualcuno era seduto sulla scrivania. Non
l’aveva notata subito nonostante fosse seduta a poco più
di un metro da lei e se ne vergognò leggermente.
La ragazza che aveva di fronte era
incredibilmente magra. Indossava un leggero pigiama di seta che la
faceva sembrare ancora più sottile e senza forme.
Marte si ritrovò a pensare
che i suoi capelli erano forse anche più biondi di quelli di
Draco, e anche più sottili.
“Pansy è famosa per
tutto tranne che per il suo ordine. Beh, vedendo tutte quelle cravatte
si capisce quale sia la sua specialità.” Tossì.
Si alzò dalla sedia
muovendosi come se fosse stata un’onda portata dal mare, con una
leggerezza e un’eleganza innata, e si avvicinò a lei.
“Sono Gioia Lochdoor, piacere di conoscerti Marte, il professor Silente mi ha avvisato del tuo arrivo.”
Gioia la superava in altezza di almeno cinque centimetri, era poco più bassa di Draco.
Era sempre stata alta ma Gioia la
metteva quasi in soggezione e ora poteva anche capire perché
riuscisse ad intimidire pure Draco.
“Questa è la nostra
camera, di Pansy, tua e mia. Il tuo letto, come avrai capito, è
quello al centro e questo,” disse aprendo le ante di un grosso
armadio “è tutto per te.”
“Grazie.”
“In questa camera esiste una
regola sola. Niente cose sconce con i ragazzi. Non ho nessuna voglia di
dover bussare alla porta della mia stessa camera per sapere se posso
entrare o se non devo disturbare. Noi tutte dobbiamo essere libere di
fare ciò che vogliamo.”
“Rilassati, l’idea di
portare qualcuno non mi era neanche passata per il cervello. Non ho
nessun fidanzato in programmazione.”
“Davvero?”
Marte alzò subito lo sguardo stupita dal tono improvvisamente rilassato e disteso di Gioia.
Gli occhi della ragazza che
all’inizio e mentre parlava erano stati pungenti come spilli, ora
erano aperti e grandi come il cielo.
Le sue spalle, che le erano
sembrate aguzze, si erano abbassate e anche il pigiama elegante che
prima esaltava la sua figura, ora sembrava indossato dalla persona
sbagliata.
“Intendiamoci, a me piacciono
i ragazzi ma non sono una ruba cuori come Pansy. E il pensiero di avere
un’altra come lei come compagna di stanza mi faceva rabbrividire.
Per questo stavo facendo un po’ la stronza.”
“E ti veniva molto bene.” aggiunse Marte, anche lei più tranquilla.
Gioia ridacchiò. “Dopo tanta pratica davanti allo specchio.”
Si diresse verso il suo armadio dal
quale tirò fuori un altro pigiama, molto più semplice, e
si cambiò, usando l’anta come camerino.
“Allora? Come ti sembra Hogwarts?”
Anche Marte ne approfittò per togliersi la divisa e si sedette più comoda sul proprio letto.
“Magica. Adoro Pozioni.”
“A quale Serpeverde non piace?” rispose Gioia con un’alzata di spalle.
Poi aprì il cassetto del suo comodino e ne tirò fuori delle caramelle.
“Ne vuoi una?”
Marte si fece più vicina per vedere meglio. “Cosa sono?”
“Come? Non ne hai mai
mangiate? Sono molto famose.” Le sventolò il pacchetto
davanti incitandola a prenderne una.
Marte iniziò a masticare mentre Gioia la guardava.
Dopo poco prese un fazzoletto dalla tasca e vi sputò la caramella.
“Dio! Che schifezza mi hai dato!”
“Dovevi vedere la smorfia che
hai fatto!” le disse ridendo “Sono caramelle Tutti i gusti
+1 per bambini. Di cosa sapeva la tua caramella?”
“Mora marcia”
“Poco male, aspetta a provare quelle vere!”disse continuando a ridere.
Dopo qualche attimo di silenzio
imbarazzante Marte le chiese se i Serpeverde facevano qualche rito per
accogliere i nuovi arrivati.
“No, no” le rispose scuotendo la testa “Chi ti ha detto una cosa simile?Un Grifondoro?”
‘Bingo!’ pensò.
Hermione quello stesso giorno le
aveva raccontato dei piccoli pettegolezzi e dicerie sulla casa
verde-argento, e tra queste c’era quella della cerimonia
d’iniziazione.
“Forse come rituale
d’inizio intendono il passare per la Z.R, ma quello è
spaventoso solo per un bambino, dopo un po’ che ci si passa ci si
fa il callo, tra grida e gemiti”
Davanti alla crudezza con cui Gioia
raccontava le cose Marte iniziò a ridere sguaiatamente seguita
poi dalla sua nuova compagna di stanza.
*
“Harry lo sa?” chiese Ginny con un’espressione coperta dall’ansia.
“Non penso, sai
com’è lento a capire le cose. Penso che abbia notato un
cambiamento in Ron, ma non credo sospetti nulla.”
“Cosa dovremmo fare Hermione?”
“Stiamogli vicine, e teniamolo lontano dal pensiero.”
“Ma com’è possibile che abbia iniziato?”
“oh Ginny!Cosa ti fa pensare
che lo sappia?” rispose Hermione con frustrazione nella voce
“Se avessi saputo come è iniziata avrei già risolto
sto casino senza dire nulla a nessuno.” Poi si voltò verso
Ginny “Ora ho bisogno di te. Io sono sempre stata sua amica Gin,
ma, lui non parla più con me, non mi ascolta più, sembra
che l’unica cosa che voglia sia toccarmi.”
Un brivido le percorse tutto il corpo e la costrinse ad alzarsi e a muoversi per non sentire il freddo.
“In che senso ti tocca?”chiese con il fiato in gola.
Hermione si guardò in giro, si risedette e iniziò a sfregarsi le mani.
“Ogni volta che gli sono
seduta accanto o che gli sono vicina lui mi accarezza, s’incolla
a me, mi abbraccia, mi soffia sul collo e mi mormora parole strane
all’orecchio. So che quando fa così è fatto fino al
collo, perché quando dopo cerco di fargli capire qualcosa lui
non si ricorda nulla.”
Ginny l’abbracciò di slancio e la strinse soffocando il pianto dell’amica.
“Io gli voglio bene Gin, tu
lo sai, ma non voglio che accada così. Non voglio che il giorno
dopo lui si possa già essere dimenticato di me!”
“Cosa le succede?”
Hermione alzò lo e oltre la spalla di Ginny vide Harry che stava in piedi poco dietro di loro.
Si affrettò ad asciugarsi il viso dalle lacrime e gli rivolse un sorriso.
“Niente Harry, non ti preoccupare.”
Il ragazzo si fece più vicino e si sedette sul divano tra le due ragazze.
“È stato Ron, vero? Che cosa ha fatto questa volta?” le chiese irritato dal comportamento dell’amico.
Hermione negò velocemente.
“Niente, niente, Ron non centra. È andato su a dormire da
un pezzo.” Poi, vedendolo poco convinto, cacciò indietro
le ultime lacrime e aggiunse “Davvero!” Harry si
lasciò andare indietro con la schiena e cercò di
rilassarsi.
Ginny non sapeva cosa dire e dal
silenzio dei due ragazzi capì di doversi fare da parte,
così, con la scusa di essere stanca, salì nel dormitorio.
Rimasero in silenzio per una decina di minuti, a contemplare le fiamme.
“La cicatrice continua a bruciare, Herm.”
Un brivido salì per la schiena della ragazza poiché sapeva cosa significasse.
“Pensi che sia vicino?”
“Non penso sia vicino, penso
solo che sia molto arrabbiato. L’Ordine sta manomettendo molti
dei suoi piani e questo non gli va giù.”
Hermione annuì. “Cosa pensi di fare? Cosa pensi che possiamo fare?”
“Non lo so Hermione! Era
anche per questo motivo che avrei preferito rimanere a casa
quest’anno, con Sirius, invece di venire qua a perdere il mio
tempo.”
“Piantala di tornare sempre
su questo discorso Harry!”disse lievemente scocciata “Non
stai perdendo il tuo tempo, come pensi di sconfiggere Voldemort se non
ne hai i mezzi?”
Harry si alzò con la schiena
dritta e la guardò negli occhi. “Ti rendi conto vero che
la nostra insegnate di difesa non è altro che un suino
incapace?Cosa sto imparando?”
“Per difesa posso anche essere d’accordo con te, ma esistono anche le altre materie e tutte sono utili!”
Si guardarono in cagnesco finché Harry non abbassò lo sguardo e non si sdraio nuovamente.
Hermione fece altrettanto e si appoggiò su di lui.
“Sono molto stanco, Herm.”
“Non dormi?”
“È da quando ho lasciato il Quartiere dell’Ordine che non dormo più. Lui mi tormenta.”
Hermione lo abbracciò e Harry nascose il viso tra i suoi capelli.
“Ho visto Marte poco fa, era con Malfoy.”
Hermione perse un battito ma rimase calma. “Cosa facevano?”
“Niente, ancora, ma Malfoy la stava mangiando con gli occhi.”
“Pensi che sia possibile che il cappello abbia sbagliato?”
Harry scosse la testa impercettibilmente. “È molto brava con la magia, te ne sei accorta?”
Annuì. “Finalmente ho trovato una rivale.”
“Non penso che sarete rivali,
anzi, io vi vedo più come alleate. Lei non è una
Serpeverde normale, sarà lussuriosa ma non viscida.”
Hermione soffocò le risa sul collo dell’amico.
“Perché piangevi prima Herm? Non ti ho mai visto piangere per nulla.”
“Questa volta non posso dirtelo Harry, devi capirlo da te. Mi devi promettere solo una cosa.”
“Tutto.”
“Non mi lasciare sola.”
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Capitolo 8 *** 8° ***
8° B.F.T
Ottavo.
Marte quella sera si addormentò abbastanza presto. Presto per un Serpeverde.
A mezzanotte era ancora in piedi a
chiacchierare con Gioia di questo e quello, alimentate da una grande
quantità di Burro Birra che la ragazza aveva prontamente
sgraffignato dal minibar privato di Pansy.
“ Tanto non se ne accorge mai. Ne ha talmente tante, ed inoltre un elfo domestico la rifornisce ogni sera. ”
“ È buona. Che cos’è? “
“ Si chiama Burro Birra. Non
mi chiedere di cosa sia fatta perché proprio non lo so. Non
è né burro né birra, però. Se lo fosse non
la berrei.”
Marte annuì e trangugiò la sua lattina in pochi sorsi.
“ Pensi che rimarranno a far festa a lungo?”
“ Penso proprio di sì
“ rispose Gioia bevendo la sua “ è il tuo primo
giorno con noi ed è comprensibile che tu non sia molto esperta,
ma qui tutte le sere è la stessa storia.”
Poi le lanciò qualcosa di colorato preso dal suo comodino “ Ti serviranno “
“ Cosa sono?” chiese lei con interesse, mentre non la smetteva più di singhiozzare.
“ Sono tappi magici per le
orecchie. Con questi, sta sicura che neanche un Big Ben ti potrebbe
svegliare, e Pansy, purtroppo, è altrettanto rumorosa.”
Marte la guardò perplessa mentre continuava a girarsi i tappi fra le dita.
“ Pansy torna sempre molto
tardi dai festini. Non rimane mai a dormire in un altro letto e ogni
volta che apre e richiude la porta sembra che sia in corso una
sparatoria!”
Marte rise a crepapelle. Gioia era
una ragazza gentile e simpatica. Inoltre aveva una grande
capacità di osservazione. Non sembrava una Serpeverde.
Ripensandoci però si chiese se non fosse altro che un luogo
comune l’idea che i Serpeverde non potessero essere carini e
gentili.
Marte fece per prendere la sua lattina un’altra volta per finirla tutta ma Gioia gliela tolse dalle mani.
“ Non sembri fatta per
l’alcool, Marte. Non esagerare. Sei già ubriaca dopo aver
bevuto metà lattina!”
“ Hai ragione, ma fammela almeno finire. Tu non vai mai alle feste?”
“ Non spesso come vorrei. Di
solito alle feste ci si dovrebbe divertire, il loro unico divertimento
è il sesso, insieme a tante altre cose che centrano con
l’argomento. Il sesso non m’interessa per ora e andare a
quelle feste senza combinare nulla sarebbe stupido.”
Marte annuì e si
coricò sul suo letto. Le sembrava quasi nuova la sensazione di
un materasso sotto la schiena e dunque si rilassç subito,
iniziando a chiudere gli occhi molto lentamente.
Poco prima di addormentarsi
sospirò di piacere per la comodità e si concentrò
sul suono ovattato della musica che proveniva dal piano inferiore.
“ Sembra quasi che sia la prima volta che dormi su un letto dopo secoli.”
“ Ci hai quasi azzeccato ”
E si addormentò.
Aveva deciso di non mettersi i
tappi per le orecchie, non perché credeva che non funzionassero,
ma perché non aveva alcuna intenzione di essere presa di
sorpresa, da nessuno.
Si addormentò e
calcolò di aver dormito poco più di tre ore quando
sentì la porta aprirsi e Pansy ridere sguaiatamente e a voce
alta con un ragazzo che lei non aveva ancora conosciuto. Oltre a loro
due, sentì anche la presenza di Blaise e si chiese per un attimo
cosa diavolo lei avesse intenzione di fare.
“ Sei sicura che non possiamo
rimanere? Anche per poco, giusto per finire la serata in
bellezza” le disse Blaise con voce divertita.
“ Lo sai che lo vorrei
Blaise, ma non posso proprio, se quella la lo scopre, sai che lagna
domattina…chi la sopporta?”
“Ma qui il letto non è più vuoto. Chi è la novizia?”
Finalmente lo sconosciuto aveva
parlato e Marte si sorprese ad ascoltare una voce profonda e
tranquilla. Non aveva niente a che fare con quella di Draco, che era
bella sì, ma solo per ammagliare le ragazze. Questa non era solo
ammaliatrice, bellissima e profonda, era magica.
“ Si chiama Marte, ha fatto lo smistamento a cena. Te ne sei già dimenticato, Nott?”
Nott? Che razza di nome sarebbe?
“ Non ero presente alla cena
questa sera, Pansy” le rispose il ragazzo di nome Nott con grande
dolcezza. Poi iniziò a camminare.
Marte sentì che il ragazzo
nuovo si stava avvicinando al suo letto molto silenziosamente e allora,
con il cuore che le batteva a mille, strinse forte la bacchetta
nascosta sotto il cuscino. Si sa, erano dure a morire le vecchie
abitudini.
Lo sentiva vicino a sé e pregava con tutta se stessa di non tradirsi da sola con il suo tremare.
Un passo dopo l’altro ed infine lo sentì sfiorare le lenzuola con l’abito che indossava.
“ Andiamo Nott, non vorrai farmi diventare gelosa, vero? Come mai così curioso?”
“Così.”
“ Perché non ci
dedichiamo a qualcosa di più interessante?” la voce
allegra di Blaise tornò a rompere quel silenzio.
Non capì se ci fu uno
scambio di sguardi o un sussurro ma i tre superarono il suo letto e si
diressero verso quello di Gioia.
“ Cosa possiamo farle?”
chiese Pansy con un tono che superava gli squilli del telefono
“Con quegli stupidi tappi non sentirà nulla.”
“Potremo tagliarle i capelli, o toglierle le sopracciglia” disse Blaise.
“ I capelli! I capelli! Vado a prendere le forbici!”
Pansy corse velocemente dalla sua
parte di stanza e tra il ciarpame che trasbordava dal cassetto ne
tirò fuori un paio di forbici.
“ Vuoi che lo faccio io?” le chiese Zabini, come se sperasse però in una risposta negativa.
“No, no Blaise, me ne occupo io. Tu e Nott state dietro.”
Sollevo delicatamente una ciocca di capelli biondi, “Finalmente la smetterà di vantarsene tanto.”
“Non è una cosa carina da fare, Pansy.”
Marte, a quel punto non era potuta
stare ferma a far niente, non se lo sarebbe perdonato e non avrebbe
potuto più guardare Gioia negli occhi.
Tenne saldamente la bacchetta pigiata sul capo del nuovo ragazzo mentre con lo sguardo non perdeva di vista Blaise e Pansy.
“ Non sarà molto
piacevole la mia permanenza qui se ogni notte qualcuno mi sveglia con
le sue idee cretine. Ma da dove venite? Dall’asilo? ”
La bacchetta iniziò a
tremarle leggermente ed allora Marte la pigiò più in
profondità nella zazzera nera del ragazzo.
“ Sta fermo, tu.” Poi si rivolse nuovamente a Pansy, che teneva le forbici ancora davanti a sé.
“ Ora, cara, saresti
così gentile da far uscire i tuoi ospiti? Non m’interessa
quanto silenziosi possiate essere nel fare gli affari vostri, ma io,
almeno per stanotte, voglio dormire come un bambino.”
La bacchetta tremò con più forza e Nott scoppiò a ridere.
“Ma che diavolo ci hai da ridere?”
Nott tentò di scuotere la testa e Marte lasciò perdere.
“Ora, gentili signori, vi
scorto alla porta, sempre che non vogliate che i vostri di capelli
finiscano a fare da cuccia al mio cane.”
Nott non la smetteva di ridere, ma
il tono di Marte non era minimamente scherzoso, anzi, sembrava che
stesse annunciando una pena di morte.
Perse la pazienza e fece voltare Nott per vederlo bene in faccia e lo spinse vicino agli altri due.
“Ora che ti vedo bene posso sapere almeno quale faccia aggiungere alla lista degli omicidi commessi” disse.
“Ora che mi hai visto bene in
faccia avrai il rimorso per tutto il resto della tua vita, se mi
uccidi, non è più un uomo senza volto il tuo
obiettivo.”ribatté Nott con tono tranquillo.
Marte rimase sorpresa ma non abbassò il braccio.
Un altro Serpeverde che sapeva parlare.
Lo osservò bene.
Nott assomigliava molto a Draco, aveva la stessa pelle lattea, e gli occhi grigi come la tempesta.
Era alto e longilineo e aveva una presenza terrificante che riempiva l’ambiente.
Gli unici particolari che li
differivano erano i capelli, che Nott aveva neri come il petrolio, e la
voce, più profonda e intima.
“Il rimorso rimane un mio problema, non ti devi preoccupare per me.” rispose Marte senza smettere di guardarlo.
“Adesso basta Marte, questa è anche la mia camera, toglimi quella bacchetta di dosso.”
“ E’ vero che è anche la tua stanza, Pansy, ma io posso fare quello che voglio, sono una Serpeverde.”
Il sorriso sul viso di Nott si allargò, quasi soddisfatto.
Ma Pansy per una volta aveva
ragione, era ora di finirla. Era rimasta un po’ contrariata,
sentendoli organizzare quella cavolata, e aveva solo voluto spaventarli
un po’, cosa che probabilmente non le era nemmeno riuscita.
Pansy aveva superato lo spavento ed ora era rossa e arrabbiata come un toro.
Blaise era forse l’unico a sudare un po’, ma cercava di non darlo a vedere.
La verità era che Nott, con la sua presenza e le sue parole, aveva fatto calmare gli altri due.
Stava riflettendo su cosa fare
senza sembrare una pazza ma senza nemmeno finire per sembrare una
debole, quando la punta di una bacchetta le sfiorò la schiena
con delicatezza e le fece venire i brividi.
“ E pensare che poche ore fa hai detto che se si attacca un nemico di spalle si passa dalla parte del torto.”
Marte chiuse gli occhi per gustarsi il tocco della bacchetta di Draco sul tessuto della camicetta del pigiama.
“Sei troppo Serpeverde per mantenere la tua stessa parola, Marte.”
Lei si voltò di colpo.
“La situazione era diversa Draco. Inoltre non li avrei davvero
colpiti, volevo solo spaventarli.”
Draco le accarezzò il viso
delicatamente e la guardò con dolcezza ma sempre con quel tocco
di malizia che nel suo sguardo non mancava mai.
Si gustò la sua presenza
senza fermare la sua mano. Draco non indossava più la divisa
scolastica ma dei semplici jeans e una maglietta, vestito così
informale e con i capelli lasciati liberi sembrava ancora più
bello.
Draco le appoggiò il braccio sulle spalle e la fece voltare verso i compagni.
“Sono venuto a controllare
che lei non vi avesse già fatto secchi. Sospettavo che aveste in
mente una delle vostre idee stupide e sono venuto a controllare.”
Vide la forbice nelle mani di Pansy
e dunque si voltò verso Nott in particolare “E tu manco li
hai fermati, vero Theo?”
“Era troppo divertente Draco, lei poi è stata decisamente piacevole.”Rispose indicando Marte.
Marte sentì ribollire il sangue e anche Draco dovette sentirlo perché la tenne più stretta a sé.
“Non dire che sarebbe stato zitto e fermo davanti ad una cavolata simile!”
Draco alzò le spalle e le
sorrise. “L’hai detto tu poco fa, sono Serpeverde, possono
fare ciò che vogliono. Inoltre ti assicuro che nemmeno Gioia
è esattamente una santa. Casta sì, non santa.”
Marte si staccò dal corpo di Draco ed andò a sedersi sul proprio letto.
“Sentite, è stato
davvero divertente, ma sono molto stanca e vorrei dormire senza avere
l’obbligo di dover difendere nessuno” disse posando la
bacchetta sul suo comodino.
“Nessuno ti ha obbligata”le rispose Nott.
Lei neanche lo ascoltò e gli indicò la porta. “Lì è l’uscita”
Nessuno aprì più bocca.
Marte si sdraiò e si
sistemò tra le coperte senza assicurarsi che tutti fossero
usciti, tuttavia sapeva che qualcuno non se n’era andato e quando
le parlò non si sorprese, anzi si sistemò meglio sotto le
lenzuola.
“Sei stanca?”
“Non si vede già abbastanza, Draco?”
Lui rise leggermente. “Spero che tu non sia stanca domattina.”
“Non lo sarò, sono abituata a dormire poco.”
Lo sentì appoggiarsi con la spalla sulla sbarra del letto a baldacchino.
“Draco? Hai detto che temevi
che loro stessero combinando qualcosa, ma ci hai impiegato dieci minuti
buoni prima di salire. E se invece che beccarli a tagliare i capelli
alla mia compagna di stanza li avessi scoperti a fare sesso? Quanto ci
avresti impiegato a salire?”
Draco rise ancora e più forte facendo dondolare il letto.
“Non so se sarei stato
più veloce, forse perché in fondo sapevo che tu saresti
riuscita a mandarli via, anche senza ucciderli. Però avevo la
sicurezza che non sarebbe successo.”
“E perché? Veggenza?”
“Assolutamente no!Odio quella roba. Lo sapevo perché c’era Nott con loro.”
“Ah beh, se c’è Nott…”
“Ora è meglio che dormi mio Angelo della Guerra.”
Marte annuì distrattamente.
“Un’ultima domanda. Quale ragazza della nostra età tiene la bacchetta sotto il cuscino?”
“Buonanotte, Draco.”
“Comunque per stanotte non ne avrai più bisogno, promesso.”
Intanto, ad ogni giorno che
passava, quel fresco venticello estivo si trasformava in una gelida
aria invernale. Non aveva ancora nevicato, era ancora troppo presto
essendo solo fine di ottobre, ma si sentiva qualcosa nel vento che
sembrava preannunciare una tempesta.
Marte non aveva più
incontrato Hermione o i suoi amici, non s’incrociavano nemmeno
nei corridoi, ma era normale che Grifondoro e Serpeverde frequentassero
ambienti totalmente diversi, e ormai lei c’era dentro.
Per i Serpeverde infatti, il
martedì era il giorno più orrendo della settima proprio
perché questa regola veniva ignorata totalmente.
Alle prime ore, neanche lo si fosse
voluto fare apposta, c’erano Pozioni con Grifondoro e anche
Difesa contro le Arti Oscure con Grifondoro.
Per Marte, però, non era
assolutamente un problema, anzi, aveva alle prime quattro ore le sue
lezione preferite e si sarebbe potuta sbizzarrire.
Soprattutto quando ogni risveglio era a dir poco infernale.
Gioia occupava il bagno per
un’ora e quando era il suo turno di entrare, la sua adorata
compagna di stanza, alla quale aveva salvato tutti i riccioli la sua
prima notte in quella torre, si prendeva sempre il disturbo di
ordinarle di svegliare Pansy. Cosa che le costava un’altra ora
persa.
Alla fine riusciva a scendere per la colazione.
Grazie a Dio Draco, come ogni
mattina, l’aveva aspettata, e con sua grande sorpresa ogni tanto
c’era anche Theodore Nott.
“Buongiorno dormigliona. Fatti bei sogni?” le chiese Nott trattenendosi dal ridere.
“Letto comodissimo e compagne di stanza tremende. Chi cavolo mi ha messo lì dentro?”
“Nessuno” rispose Draco “Le camere vengono scelte a caso. Per magia.”
Marte alzò il viso dal
bicchiere di succo che stava ingurgitando con grande sete e gli chiese
“E tu? Con chi sei in camera? Di certo uno difficile come te deve
farli disperare i suoi compagni di stanza.”
Lanciarsi frecciatine con loro era un ottimo modo per risollevare la giornata.
“Fino all’anno scorso
ero con quei disastri di Tiger e Goyle, con quel molestatore di Blaise
e con il sociopatico qui accanto a me.”
“Non hai la più
pallida idea di per quanto tempo questo fanatico occupasse il bagno. E
alla fine facevamo perdere punti alla casa per colpa sua.”
Aggiunse Nott.
“Ci credo, mi dispiace” rispose Marte con tono accondiscendente, carezzando la spalla del Serpeverde.
“Ora ho una stanza tutta per
me, essendo Prefetto. E non ti sognare di chiedere asilo, Marte,
perché ti dovrai inginocchiare a miei piedi e
supplicarmi,”riprese Draco con un sorrisino soddisfatto e
malizioso.
“Tranquillo, non ci ho mai nemmeno pensato, goditi la tua solitudine e il tuo letto matrimoniale.”
Nott si mise nuovamente a ridere, facendo tremare quasi tutta la panca.
“Ti assicuro che lui la solitudine non la soffre minimamente.”
Questa frase l’aveva sentita
già fin troppe volte. Sbuffò e si alzò. “ Mi
accompagnate a lezione o continuate a fare i maleducati?”
I due si alzarono all’unisono e la seguirono.
Stavano camminando per il corridoio
dei sotterranei, continuando sempre a lanciarsi frecciatine. In quel
preciso istante Nott stava commentando la faccia infuriata che Marte
aveva fatto quella notte, vedendo Pansy brandire delle forbici.
“Così poco femminile!”l’aveva commentata.
Dalla parte opposta del corridoio, intanto, provenivano tre voci distinte.
Quando s’incontrarono davanti
alla porta della classe di pozioni, sembrò ad entrambi i gruppi
di veder riflesso in uno specchio la propria nemesi.
I tre Grifondoro rilucevano di un
colorito sano e luminoso. La pelle di tutti e tre aveva una carnagione
rosea o quasi abbronzata. La loro aurea era color del fuoco.
Harry Potter quella mattina era
più bello che mai. Si era tolto quegli orrendi occhialini da
professore e ora le sue iridi verdi rilucevano come due fari.
Hermione era raggiante, sorrideva ed anche lei appariva bellissima e leonina circondata dai suoi due uomini.
Ron invece, anche lui finalmente
sveglio e sorridente, appariva ancor più alto e muscoloso, ed i
suoi capelli rossi sembravano fuoco vivo.
Dall’altro lato invece erano il ghiaccio e l’argento a colorare l’aurea.
Draco era malizioso e sensuale come
al solito. Elegante con la sua bella cravatta verde-argento, e con i
suoi capelli biondi, che parevano morbidi come seta al solo guardarli.
Marte aveva una chioma di mossi
capelli scuri ad incorniciare il suo viso dalla pelle lattea. Sembrava
impalpabile, intoccabile, magica.
Theo invece non era altro che la
ciliegina sulla torta. La sua figura seria e impassibile, creava
attorno al gruppo un’aria di invincibilità e di forza.
Si squadrarono per alcuni secondi, mentre il resto degli studenti sfilava fra di loro per entrare in classe il prima possibile.
“Malfoy.”
“Potter.” Poi si
voltò verso Ron, “Weasley, ti vedo più in forma
stamattina. Abbiamo preso qualcosa per tirarci un po’ su? ”
Gli unici a rimanere confusi furono
Harry e Marte. L’uno fece finta di non aver sentito mentre
l’altra, probabilmente, avrebbe chiesto spiegazioni in seguito.
Marte guardò Hermione, e si
accorse di essere ricambiata. Voleva capire se per lei le parole che si
erano scambiate valevano ancora o no. Fino a quel momento Hermione era
stata l’unica persona normale che avesse conosciuto in quella
scuola.
Adorava Draco, Theo era magnifico,
Harry era strano, Ron idem, Gioia aveva una doppia personalità,
Pansy e Blaise erano degli ammalati di sesso ma non poteva contestarli
visto che con tutta probabilità avrebbe contratto la stessa
malattia, eventualità che aumentava ogni qual volta Draco
le si avvicinava.
Hermione era normale ed inoltre
riponeva in lei tutte le speranze che aveva per riuscire a conservare
una certa normalità, motivo in più per rimanerci amica.
Era pur sempre una Serpeverde, c’era sempre un guadagno.
“Ciao Herm.” La
salutò e, se da parte di Hermione l’espressione che le fu
rivolta fu felice, Draco la guardò allibito, Harry, nonostante
fosse suo nemico giurato, ebbe circa la stessa reazione, Marte vide con
la coda dell’occhio Nott sorridere e coprirsi la bocca con la
mano, Ron, dal suo canto, si limitò ad alzare le sopracciglia.
“Ciao Marte, stiamo nello stesso banco?”
“Certo! Inizia ad
andare” si avvicinò all’orecchio e le sussurro
“Devo rilasciare i body guard.” E indicò Draco con
un movimento impercettibile della testa.
“Ti aspetto dentro, primo banco!”
I tre Grifondoro entrarono e li lasciarono da soli.
Subito lei si voltò verso Draco, sapendo che per lui la cosa sarebbe stata dura da digerire.
Lui, infatti, non disse una parola e si limitò a guardarla.
“Vi lascio soli, avete poco
tempo per parlare.” Guardò Draco e gli afferrò una
spalla “è una Serpeverde, può fare ciò che
desidera.” Ed entrò anche lui.
Marte cercò di avvicinarsi al ragazzo facendo un passo verso di lui, ma Draco si spostò.
“Draco! Non fare il permaloso, non ho scelto loro a te.”
“Perché ti piace la mezzosangue?”
Marte alzò il sopracciglio “La che?”
Draco per un attimo sorrise della sua ignoranza quasi tenera, ma subito si rifece serio.
“Draco, è una mia
amica, l’unica ragazza che mi capisce. Abbiamo le stesse passioni
ed è divertente competere con lei.”
Draco cercò di rilassare le
spalle. “Non hai bisogno di competere, tu sei la migliore. La
più grande secchiona che io abbia mai conosciuto. Molto
più della mezzosangue, visto che non ti ho mai vista aprire
libro.”
Marte mise su un finto broncio e tentò nuovamente ad avvicinarsi a lui. Questa volta Draco non si spostò.
Lei con molta attenzione e delicatezza gli appoggiò le dita su una guancia e lo accarezzò dolcemente.
“Sei gelida.” Le disse, senza però spingerla a staccare la mano dal suo viso.
Lei lo intuì e gli prese il
viso con due mani, a coppa, facendole risalire finché le sue
dita non s’intrecciarono con i suoi capelli sottili.
La tensione saliva, così,
senza che lei se ne accorgesse, Draco la portò con sé in
una nicchia mentre la continuava a guardare.
Lei lo aveva seguito senza neanche
accorgersene e senza essere spinta dalle sue braccia, ma quando
realizzò dove si trovava rimase confusa.
“Dove mi hai portata?” sussurrò.
“è una nicchia, Hogwarts è piena di questi posti.” Le sussurrò lui di rimando.
Marte cercò di non farsi deconcentrare dalla vicinanza del ragazzo e continuò con il discorso.
“Draco, io sono una Serpeverde ma non vado d’accordo con molti di voi…”
Draco la interruppe subito.
“Non importa con quanti vai d’accordo. Vai d’accordo
con i migliori. Inoltre è normale che ci si odi tra di noi, non
siamo mica come quei Tassorosso mammoloni. Odiare e combatterci
è nella nostra natura.”
Marte negò con la testa e
gli accarezzò le labbra con i pollici per farlo zittire e
proseguì “Lo so Draco, io vi adoro, io ti adoro, ma ho
bisogno di qualcuno che possa capire anche il mio cervello, non solo il
mio corpo ed i miei sensi.”
Draco la osservò confuso.
“Cerca di capirmi, non c’è nessuno capace di
leggermi come te, adoro parlare con te di ogni cosa, ed anche Theo mi
sollecita molto da questo punto di vista, ma Hermione è stata
una delle prime persone che ho conosciuto e dal primo istante mi sono
sentita molto vicina a lei.”
Con lei posso parlare di cose di
cui tu ti annoieresti. Antiche Rune, Babbanalogia, Storia della Magia,
test e anche cose da ragazze.”
Rimasero in silenzio per alcuni
secondi a guardarsi e sul viso di Draco riaffiorò il suo famoso
sorriso. “In effetti, penso proprio che mi annoierei, Theo idem,
e non credo che esista una ragazza Serpeverde interessata a
Babbanalogia. Anzi, quest’ultimo punto è meglio se lo
tieni per te.”
“Draco, nessuno vi ha mai detto che conoscere il tuo nemico ti dimezza la strada?”
Lui negò e questa volta la spinse contro di sé abbracciandola con dolcezza.
Non si parlarono e si sentì
solo lo strusciare delle loro vesti. Marte non aveva spostato le mani
dal suo viso e dai suoi capelli, ed intanto Draco si faceva accarezzare.
“Dimmi Marte, è anche perché ti senti sola che ti vuoi avvicinare alla Grifondoro?”
Marte lo guardò stupita e
gli sorrise “Sono stata sola a lungo, prima di venire qua. Le mie
compagne di stanza, per quanto strambe, sono simpatiche, Pansy mi
presta tutti i suoi cosmetici. Theo è fantastico, adoro le sue
frecciatine e con Blaise c’è sempre qualcosa da
imparare.” Poi lo guardò in viso “Draco, io sono la
tua protetta, sono tua, lo capisci? Non potrei mai sentirmi sola quando
ci sei tu attorno. Che mi calmi, mi parli, mi stuzzichi, con te che ti
comporti da Draco.”
Draco non sembrò imbarazzato
e rimase calmo a guardarla mentre sulle sue guancie bianchissime
spuntavano due macchie vermiglie.
Marte sentì il viso andarle
a fuoco e si allontanò un po’ da Draco per coprirsi con le
mani; fortuna che i suoi capelli la coprivano parzialmente e lei si
sorprese a ringraziare il cielo di non averli tagliati.
“Ecco perché ho
bisogno di Herm, non posso parlare con te di queste cose, non posso
sembrare debole e sempre così delicata e infatuata come una
bambina.”
Draco a quel punto la strattonò con forza e le spostò le mani dal viso per vederlo chiaramente.
“Tu sei una
Serpeverde.” Disse in un sibilo che sembrò far tremare le
mura “Hai una mente sottile e calcolatrice, io lo so. Sei
intelligente e sei altera,” le disse tutto di un fiato ma
mantenendo una compostezza e una freddezza invidiabili.
“Inoltre ho visto come
sfoderi e usi la bacchetta. I tuoi occhi s’illuminano di una luce
penetrante e fredda, come se avessi il controllo di tutto e di tutti. E
non pensare che io non veda come godi ad osservare chi si bacia e chi
si diverte, come ti lecchi le labbra in maniera cosi assurdamente
sensuale e pericolosa, come giochi con i tuoi capelli. Tu sei bella e
pericolosa. Tu sei il mio Angelo della Guerra.”
Sul viso di Marte, come su quello di Draco, nacque quel sorriso furbo tipico di ogni Serpeverde che si rispetti.
“Dici che mi posso divertire
anch’io come Pansy? Posso baciare chiunque, scopare con chiunque,
uccidere chiunque?”Si umettò e leccò le labbra ad
ogni frase.
Al vederla davanti a sé in
quel modo, così serpentina, finalmente libera di essere
ciò che voleva per davvero, in Draco sparì ogni tipo di
dolcezza e salì solo la passione.
Le lasciò le mani e affondò le dita nei suoi fianchi con violenza, avvicinando i loro visi e i loro corpi.
“Sii Serpeverde solo per me,
mostrati solo a me. Voglio io la tua irruenza, la tua voglia, le tue
grida e la tua violenza.”
Marte sorrise di nuovo, facendo ciò che le chiese. “Egoista.”
“No, Serpeverde.”
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Capitolo 9 *** 9. ***
9°B.F.T
Nono.
*
C’erano cose, che, al contrario, Hermione assolutamente non
capiva o non voleva capire, per via della sua natura, cose che poteva
condividere solo con lui.
Era da tempo che non sentiva quella sensazione di libertà sulla
pelle, dai tempi in cui viveva con Voldemort, dai tempi del suo Lilium.
Draco aveva fatto una magia quasi senza accorgersene.
Da quando era arrivata ad Hogwarts quella tensione, quella paura e
quell’incertezza che si era trascinata per tutti i mesi in cui
aveva viaggiato per l’Europa erano state difficili da abbandonare
e lasciare alle spalle.
La notte dormiva poco per via dell’orario impossibile a cui si
era dovuta abituare, la bacchetta la teneva sempre pronta sotto il
cuscino e, ogni sera, fregava una Burro Birra dal frigo di Pansy per
trattenersi dal sistemare alcune trappole sul perimetro attorno al
letto.
Draco, da quando ci aveva parlato la prima volta, era diventato una grande distrazione da tutte queste fisse.
Il suo volto luminoso, i suoi occhi e la sua voce erano come un dolce
ritornello al quale Marte adorava appoggiarsi durante la giornata.
Adorava essere circondata dalla sua presenza così che, quando
non doveva studiare, aveva qualcosa di piacevole da guadare e toccare.
Ed era una sensazione bellissima, non sconosciuta ma dimenticata, lontana.
Gli ultimi capelli che aveva toccato erano stati quelli di Lilium,
molto diversi da quelli di Draco, ed era stato in un tempo che le
sembrava lontanissimo.
Draco era sempre presente ed era impossibile non adorarlo e desiderarlo.
Ciò che davvero non capiva era come fosse possibile che lui fosse attratto da lei.
Con la sua pelle pallida, che si arrossiva in continuazione, i suoi
occhi scuri e profondi e i suoi capelli che le sembrava avessero una
vita propria.
C’erano molte ragazze molto più belle di lei, a partire da
Pansy ed Hermione, ma Draco le ripeteva sempre che il suo aspetto
quando erano soli si trasformava e questo la rendeva ancor più
desiderabile.
Dunque ora lei gli apparteneva, ed era felice di essere sua.
La cosa che più li divertiva era il veder cambiar il suo modo di agire da un momento all’altro.
Un attimo prima era con Hermione, e faceva la parte della ragazza e della studentessa.
Poi era con i Serpeverde, ed allora si mostrava sfacciata e sveglia.
Quando era con Draco invece liberava tutta la sua aggressività,
tutti i suoi sfoghi, tutta la sua parte nera, ed entrambi godevano di
essa. Draco addirittura se ne nutriva, la assorbiva e se ne compiaceva.
Quando gli aveva mostrato per la prima volta il proprio corpo con
indosso solo la biancheria era stata un po’ titubante; era piena
di cicatrici, sottili e poco visibili ma ruvide, e il suo corpo era
sodo; le numerose corse indesiderate erano servite a mantenerla in
forma ma la cattiva alimentazione e la paura le avevano fatto perdere
peso, troppo peso.
Non si sentiva più nella sua pelle, lei era sempre stata
abbastanza possente e questa fragilità le stava scomoda, tanto
che aveva preso l’abitudine di mangiare ad ogni pasto, anche se
non aveva fame.
E mentre lei si faceva tutte quelle fisime, Draco l’aveva stretta
sui fianchi e aveva appoggiato la fronte sul suo ventre, sospirando.
Si compiaceva di molte cose e sospirava e respirava il suo odore ogni volta che la prendeva fra le sue braccia.
Adorava osservare i suoi capelli scuri sparsi sul cuscino, le sue mani,
che lo graffiavano e lo stuzzicavano, e il suo ventre piatto, che
poteva sempre baciare e solleticare, per farla ridere.
Ma più di ogni cosa adorava i suoi occhi spalancati di mattina
presto, quando si ricordava di non essere sola ma con lui, e di avere
tutto il tempo del mondo per rilassarsi e prepararsi.
Marte non aveva nemmeno dovuto accennare ad un inchino per entrare nella camera di Draco.
Si trovava in sala comune davanti al camino insieme a Draco e a tutti i suoi compagni.
Essere un Serpeverde era una pacchia.
La sala comune era elegantemente arredata, comoda e sempre luccicante
con una decina di elfi domestici che si volatilizzavano da ogni dove
per accontentare le richieste di ogni studente. In un angolo
c’era pure un bar, creato con la magia da un mago oscuro circa
cento anni prima a uso dei soli Serpeverde, che conteneva ogni genere
di alcolico possibile e immaginabile.
Draco, notò, non andava pazzo per gli alcolici quanto per le
sigarette, mentre Nott li adorava ma ne beveva pochi, perché
aveva gusti esigenti ed era talmente difficile da accontentare che
spesso se li preparava da solo.
Stava ascoltando e partecipando alle conversazioni seduta su di un divano con la testa appoggiata sulle gambe di Draco.
Anche quella sera lui era bellissimo, ogni volta che si toglieva la
divisa, il suo volto prendeva un'altra forma ed espressione mentre il
suo corpo appariva in tutto il suo splendore.
Si era cambiata anche lei, inizialmente la divisa le era sembrata
comoda ma con l’andare del tempo aveva iniziato a sentirla
pesante e fastidiosa, così aveva indossato dei semplici jeans
grigi, un cinturone ed una canottiera viola.
Non se l’era sentita di indossare le scarpe così era scesa
a piedi nudi, mostrando al mondo le unghie smaltate di nero che le
aveva sistemato Pansy la sera prima. Quando quella ragazza voleva fare
qualcosa era impossibile convincerla del contrario così
l’aveva accontentata e ora i suoi piedi sembravano ancora
più bianchi.
“Sei a tuo agio?” le chiese dopo che gli fu vicina e si fu sdraiata su di lui.
“Sei molto comodo.”
“Niente scarpe oggi?” disse alzando un sopracciglio.
Marte sorrise e mosse le dita dei piedi, appoggiati sull’altro capo del divano. “ Ti piacciono?”
“Nere, eh? Perché non verdi?”
“Magari la prossima volta.”
Draco si abbassò verso di lei e le sussurrò “Sei bellissima.”
Ecco, quando voleva metterla in difficoltà usava sempre quella
frase così si limitò a non guardarlo e a chiedere a Nott
di prepararle uno dei suoi bicchieri.
“Scommetto che non sai cosa vuoi.”
“Stupiscimi Theo, trova ciò che mi piace.” Gli rispose.
“Adoro le sfide.”
Si allontanò e tornò poco dopo due bicchieri. Uno dal
contenuto trasparente, che consegnò a Draco, e uno pieno di un
liquido rosso e frizzante, che porse a Marte.
“Provalo.”
Draco la aiutò ad alzarsi un po’ sulla schiena così che potesse assaggiarlo.
Inizialmente lo assaporò solo con le labbra ma subito il sapore
si fece così intenso, dolce e frizzante che lo trangugiò
in un sorso.
Sia Draco sia Theo risero davanti alla sua espressione stupita e Draco la fece sdraiare di nuovo sulle sue gambe.
“Non ne posso avere ancora un po’?”
Theo rise nuovamente “Meglio di no per stasera dolcezza, bisogna andarci piano.”
Marte si accucciò di più sul divano e si girò su un lato.
“Quando sarà la prima partita di Quidditch,
Draco?”gli chiese un ragazzo alto con le spalle da culturista.
Aveva incontrato pochi Serpeverde brutti, e lui era uno di quelli.
“Con tutta probabilità fra due settimane Marcus, contro i Corvonero, sarà una passeggiata.”
“Tu giochi a Quidditch?”
Pansy esplose in una risata seguita da Blaise e da alcuni altri.
“è vero, lei non lo può sapere,” disse la
ragazza dai capelli corvini. Poi la guardò. “ Draco
è il capitano della squadra di Quidditch Serpeverde, Marte.
È un cercatore.”
“Draco? Proprio Draco?” chiese ancora molto confusa.
“Dubiti di me?” le chiese con un sorrisino scherzoso.
“Non sia mai, Draco, che tu non sappia fare qualcosa!” gli rispose facendo ridere tutti gli altri Serpeverde.
Per tutto il resto della serata parlarono tra di loro, di Quidditch, di
scuola, ma soprattutto di feste ed eventi mondani riservati ai
purosangue.
Eventi che tuttavia non le erano poi così sconosciuti.
Quando faceva parte della ‘corte prediletta’di Lord
Voldemort aveva partecipato, insieme a Lilium, a feste incredibili,
lunghe tutta la notte, feste che la lasciavano estasiata, eccitata ed
euforica.
Ai ricevimenti di Lord Voldemort la droga che girava era magia allo stato più puro.
Spesso Lilium gliela aveva iniettata tramite la bacchetta, usandola
come siringa, e quella droga le aveva dato ogni volta una strana
energia, una sensazione di allegria e forza incontrollabili.
E mentre i ragazzi parlavano si chiese se avrebbe sentito quella
sensazione ancora una volta ma soprattutto si chiese se l’avrebbe
voluta ancora.
Perché oltre alla bellissima euforia c’era l’agghiacciante mattina del risveglio.
Ricordava tutto in modo confuso e non poteva mai dare un perché
alla sensazione di debolezza che avvertiva sulle gambe e
all’altezza dello stomaco.
Chiuse gli occhi e si accoccolò ancor di più contro Draco.
Nonostante i pensieri funesti il sonno che la stava prendendo era dolce
e tranquillo, probabilmente grazie al tocco delle dita di Draco sul
viso.
“Shhh!” sentì bisbigliare da qualcuno.
“Si è addormentata.”
“Sì, si è addormentata.”
“Com’è carina quando dorme.”
Riconobbe le voci di tutti, tranne quella di Draco. Il ragazzo non smise un attimo di toccarla e di guardarla.
“Com’è tenera.” Disse infine Millicent Bullstrote con un pizzico di malignità nella voce.
Marte spalancò di colpo gli occhi e li puntò sulla
Serpeverde. Odiava essere considerata una tenera, soprattutto davanti a
Draco.
Si limitò a guardarla, troppo stanca per parlare.
Millicent capì comunque l’occhiata e si allontanò a parlare con altri Serpeverde.
“Non c’era bisogno di spaventarla.” Le sussurrò Draco all’orecchio.
“Portami a letto, ti prego.”
Draco non se lo fece ripetere e la sollevò, incamminandosi senza dare spiegazioni.
Nessuno osò parlare, solo Theo. “Notte, dolcezza!”
La stanza di Draco era spaziosa, non più grande della sua ma lui non doveva condividerla con altri ragazzi.
La prima volta non ebbe il tempo di osservarla bene ma, le poche cose
che le caddero sott’occhio, erano verdi, nere o argentate. I
colori di Draco.
“Sono diventata talmente fragile che mi puoi sollevare come se fossi una bambola. Che pietà.”
Draco rise leggermente. “La maggior parte delle ragazze avrebbe
interpretato la cosa come una favola divenuta realtà ed inoltre
non ho mai sentito nessuna lamentarsi di essere troppo magra. Se ti
può consolare non sei una piuma.”
Marte sorrise contro la sua spalla e gli strinse le braccia attorno alle spalle.
“Sei profumato. Un buon profumo, Draco. Lo voglio anch’io.”
“ Un profumo da uomo?”
Lei annuì debolmente con la testa.
“A me piace il tuo di odore, non voglio profumi su di te.”
La poggiò delicatamente sul suo letto e la aiutò a sistemarsi bene sul cuscino.
“Vuoi levarti qualcosa?”
Marte aprì un po’ più gli occhi e lo guardò in viso.
“Ne stai approfittando, Draco?”
Draco sorrise e scosse la testa dolcemente. “Non è
divertente approfittare di una donna che non ha la coscienza di
sé. Forse un’altra volta.”
Marte si rilassò leggermente, cercò di controllare i suoi
bollori e il calore che le stava inondando il viso e bruciando le
orecchie.
“Sfilami la cintura e i pantaloni. La canottiera la posso tenere,
non mi da fastidio.” Disse con un po’ di esitazione e un
impercettibile tremolio nella voce.
Draco la guardò negli occhi con affettuosità e le tolse il cinturone nero dalle asole del jeans.
Ad ogni scatto il cuore di Marte sembrò fare un battito più forte e con le mani strinse le lenzuola del letto.
“Lenzuola e copriletto neri? Che scelta curiosa.” Chiese
cercando di allentare un po’ la tensione e l’ansia che la
stava prendendo.
“Rilassati, sei troppo nervosa.” Le rispose aspettando ad
aprire il bottone e la cerniera del jeans, anche se le sue parole non
fecero altro che provocarla e renderla impaziente.
“Dopotutto,” continuò avvicinando di più il
proprio viso a quello della ragazza “non dobbiamo fare niente di
strano o trasgressivo, no?”
Prima che glieli potesse sfilare Marte gli afferrò le mani e lo fermò.
“Perché non vai a cambiarti, a metterti quel che ti devi
mettere per venire a letto, e non mi lasci finire da sola? Penso di
potercela fare.”
Aveva rotto il momento magico, lo sapeva, ma si era sentita sull’orlo di perdere il controllo.
Le dita del ragazzo le erano sembrate sul punto di fondere il tessuto del jeans e toccarle la pelle, era troppo per lei.
Draco non sembrò sorpreso e le sorrise. “Come preferisci.”
Si alzò dal posto accanto a lei e poggiò la cintura su
una grossa poltrona prima di entrare in una stanza che doveva essere il
bagno.
Marte guardò il soffitto per qualche secondo. Aveva la vista
ancora quasi tutta annebbiata, e, anche se l’eccitazione per
l’avere Draco accanto era forte, non aveva alcuna voglia di
svegliarsi.
Si tolse in fretta i pantaloni, per paura che lui potesse tornare subito indietro, e si sistemò sotto le lenzuola.
Erano morbide, nere, calde e sapevano di lui.
Prese il cuscino che era dalla parte opposta alla sua, immaginando che
fosse quello che lui usava di solito per dormire, e vi affondo il viso,
respirando profondamente.
Si sentiva il profumo del suo shampoo sulla federa e quello del suo corpo fra le coperte. Un odore di pulito e di sesso.
‘Il cuscino di Draco.’ Pensò. E la voglia di stringere il ragazzo aumentò.
Alzò la guancia dal cuscino e si fermo per accertarsi che Draco
stesse ancora trafficando in bagno e non stesse assistendo a quella
scena pietosa. Chissà quante ragazze l’avevano fatto prima
di lei, ma dopotutto le doveva capire, l’odore di Draco era
irresistibile.
Chiuse gli occhi per riprendere il controllo del proprio corpo e del proprio cuore, ritrovando un po’ di calma.
Poi sentì la porta del bagno scricchiolare e li spalancò nonostante la stanchezza.
Draco si era messo un paio di lunghi pantaloni di seta color petrolio,
e una camicia dello stesso colore tutta aperta a mostrare il petto
bello e splendente.
‘Draco, tu sei troppo malizioso.’ Pensò, scivolando
via leggermente per lasciargli spazio mentre si avvicinava con passo
felpato e sensuale al bordo del letto. La sua presenza si faceva sempre
più vicina e i suoi occhi grigi diventavano sempre più
luminosi. Si sentiva come una preda, ma era contenta di esserlo.
Prima di entrare nel letto Draco si sfilò i tanti anelli e li
poggiò sul comodino facendoli tintinnare fra di loro a contatto
con il comodino.
“Stanca?”
Rispose con un gemito di assenso.
Draco sollevò le coperte, la camicia del pigiama si alzava e
abbassava a ritmo con i suoi movimenti, mostrando in parte il suo
torace e la striscia sottile di peluria che saliva dal bordo dei
pantaloni, chiara come quella dei suoi capelli.
Era quasi troppo accecante per poterlo guardare, troppo luminoso mentre
lei si sentiva solo ‘tenera’ e non adatta alla situazione.
Draco era perfetto, mentre lei stava rannicchiata, come se avesse
paura, nel letto di un dio, quando in verità smaniava solo di
essere sfiorata.
Entrò nel letto lentamente e si sistemò di fronte a lei,
senza smettere di guardarla, senza perdersi le sue espressioni.
Marte stava appoggiata con il capo sul dorso delle mani e tentava con
tutte le sue forze di tenere gli occhi socchiusi, per non perdersi
neanche un secondo della lucentezza della pelle del ragazzo.
“Hai le occhiaie. Studi troppo Marte.” Disse accarezzandole
il viso, mentre il corpo della ragazza continuava ad avvicinarsi e a
ritrarsi dalla sua mano in preda agli spasmi.
“Non studio affatto, lo sai bene.” Balbettò appena.
“Allora perché sei stanca?”continuò con la sua voce calma e maliziosa.
“Faccio fatica a dormire, ho paura e faccio brutti sogni.”
“Ti proteggo io stanotte, dormi quanto vuoi e rilassati.”
“Non posso. Non ci riesco.” Disse stringendo con forza la
federa del cuscino, mentre i suoi polmoni si alzavano e abbassavano
velocemente.
Abbassò lo sguardo ma quando si ritrovò davanti la pelle
bianca e perfetta del petto di Draco sentì le guancie andarle in
fiamme e il profumo del suo bagnoschiuma penetrarla prepotentemente
dalle narici.
Draco alzò un sopracciglio, come faceva sempre quando era confuso o quando stava scherzando.
“Perché?”
Prese un grosso respiro, l’aria le entrò con fatica nei
polmoni e con poca voce disse “Sono con te, Draco.”
Lui prese un suo ciuffo di suoi capelli fra le dita e ci giocò
sempre senza smettere di guardare lei che si sforzava di non chiudere
gli occhi.
“Mi piace avere questo effetto su di te.”
Poi improvvisamente sentì le mani di Marte spostare la camicia e toccargli il torace.
“Non solo su di me, Draco.”
Gli sembrava così delicata ed inesperta.
Sembrava come una bambina che sta scoprendo qualcosa di nuovo e con la
stessa curiosità lo accarezzava e lo solleticava ovunque.
I palmi delle mani aperti e tesi si muovevano in senso circolare,
sfiorando le clavicole e scendendo fino all’ombelico per poi
ritornare in cima e chiudersi con delicatezza attorno al collo e ai
muscoli delle spalle.
Si rannicchiò sempre di più contro di lui, spostando il
capo sotto il suo mento, fino ad accarezzargli la pelle sottile del
collo con la punta del naso.
Il loro respiro andava di pari passo e il seno di Marte spingeva contro
il petto di Draco con una sensualità innocente ed involontaria,
che la rendeva ai suoi occhi ancor più seducente e voluttuosa,
tanto da fargli male.
Draco si mise a pancia in su e lei, automaticamente, lo seguì, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Poi, mentre Draco la strinse poggiandole una mano sul fianco e una
dietro il capo, Marte, invogliata, gli misi una gamba fra le sue e si
sistemò più comodamente contro di lui, per sentirlo
vicino e aderente al suo fianco.
Draco le coprì con il lenzuolo le braccia scoperte e
continuò ad accarezzarla finché non sentì il suo
respiro regolare solleticargli e bruciargli la pelle.
Appena la guardò un’ondata di sentimenti lo travolse,
talmente potente da farlo tremare ma così piacevole da scaldarlo.
Era bella, sensuale, intelligente, scaltra e si era promessa a lui soltanto.
Se un momento prima le sembrava inesperta e timida, la sua espressione
mentre dormiva gli trasmise un’aura di forza, di energia e di
potere incomparabili.
Le palpebre erano ferme e le labbra, carnose e rosse, erano chiuse in una posizione di assoluta tranquillità e dolcezza.
Non voleva muoversi temendo che si potesse spostare da lui, quando il
peso della sua gamba sulle sue era così piacevole e familiare,
così girò lievemente la testa e le carezzò i
lineamenti del viso con i polpastrelli delle dita.
Curioso di sapere quale sapore gli sarebbe rimasto sulle labbra, la
baciò più volte sulla fronte ma non fu soddisfatto e non
riuscendo a trattenersi si avvicinò e le sfiorò la bocca
con la propria, per saggiarne la morbidezza.
Era talmente stanca che non si accorse di nulla, il suo corpo rimase
inerte al suo tocco se non per un lieve gonfiore sulle labbra,
così Draco ne approfittò e le lambì il labbro
inferiore, leccandolo avidamente, per poi ritrarsi meravigliato e con
il respiro pesante.
Con un solo sguardo l’aveva ammaliato e dopo un solo bacio Draco si sentiva già scosso e turbato.
La desiderava follemente, e se si fosse trattato di un sentimento solo
carnale l’avrebbe già presa, ma Marte non era una ragazza
qualunque, lei gli era affine, era sua pari e il desiderio che provava
per lei non si sarebbe fermato dopo una sola notte di sesso.
Draco la voleva sempre e la voleva consenziente, presa dalla passione
come lo era lui in quel momento, voleva farla gridare, gemere e
soffrire per l’attesa, come stava facendo lei con lui con quella
sua innocenza e ingenuità che rendeva tutto ancor più
doloroso, sospirato e preteso.
Provò a chiudere gli occhi e a controllare il suo istinto e,
quando sentì il sonno prendere anche lui, spense la luce con un
movimento della mano e la abbracciò con un ultimo gesto,
appoggiando il mento sulla spalla di lei, e addormentandosi al ritmo
calmo del suo cuore.
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Capitolo 10 *** Decimo ***
10° B.F.T
Probabilmente qst cap fa un po' schifio, come tutta la storia, ma
ormai mi sono intestardita e la voglio concludere dopo anni che la
scrivo e la rielaboro....mi sembra di essere una Manzoni scadente e la
cosa mi deprime un po' visto che io ODIO Manzoni, ma vabbè....
Recensite ho bisogno di consigli!!!
Decimo.
Dopo quel martedì le convinzioni di Hermione sulla normalità di Marte divennero delle sicurezze.
Era da secoli che non passava quattro ore di lezione così piacevoli.
Se per i primi mesi, sia lei che Harry
e Ron, avevano cercato di evitarla, soprattutto quando era con Malfoy e
i Serpeverde, quando l' avevano incontrata a faccia a faccia davanti
all'aula di pozioni non notarla era stato impossibile.
E lì Marte aveva fatto qualcosa di davvero inaspettato.
L’aveva salutata davanti a Malfoy e a Nott con una scioltezza e una sicurezza che l’avevano impressionata.
È vero che poi, prima di entrare
in classe, era rimasta una decina di minuti a parlare con il
Serpeverde, ma, in ogni caso, in quel momento preciso in cui le aveva
detto ‘ciao’, non le era sembrata spaventata della reazione
di Malfoy.
Perché avrebbe dovuto esserlo in fin dei conti?
Li si vedeva sempre insieme, loro tre e più frequentemente solo Malfoy e Marte.
Sembravano davvero inseparabili e
spesso aveva visto Marte ridere a crepapelle aggrappandosi al braccio
del biondo o davanti allo sguardo furbo di Nott.
Davanti alla classe di pozioni si era
vista riflessa in lei; per un attimo aveva pensato che fossero le due
parti di una medaglia, ma la loro amicizia e la loro complicità
avevano trionfato e sembravano anche aver messo uno stop alle
rivalità tra Grifondoro e Serpeverde.
Malfoy e Harry, le volte in cui si
incontravano in corridoio, si ignoravano e lasciano la parola a loro
ragazze, che si sorridevano e si prendevano a braccetto davanti ai loro
sguardi increduli.
Non aveva mai chiesto il loro parere, né a Harry né a Ron.
Il primo, stava iniziando a pensare, aveva seri problemi di carattere o aveva una multipla personalità.
Un momento era aggressivo, scontroso e
preoccupato fino alla morte per gli ultimi avvenimenti riguardanti
Voldemort, ma anche frustato per non avere la possibilità di
scendere in battaglia e combattere al fianco dei suoi cari, che
rischiavano la vita ogni giorno; si sentiva in gabbia.
Alla sua frustrazione si univa il malcontento dovuto alle lezioni di Difesa.
La Umbrige lo metteva in castigo quasi
ogni giorno, e la sera tardi, quando tornava dalla punizione, la sua
mano sinistra era sempre più malridotta e sanguinolenta della
volta prima.
Poi, miracolosamente, alla vista di Cho
Chang, il suo volto si rischiarava e sembrava quasi prendere altre
fattezze, tanté che per la Corvonero aveva anche deciso di dire
addio agli occhiali e di dare il benvenuto alle lenti a contatto.
Si svegliava addirittura un’ora
prima la mattina per infilarsele, visto che non era ancora molto
pratico e, la sera, a cena, perdeva sempre tempo a descrivere gli
effetti miracolosi delle lenti.
“Se Malfoy perdesse la vista non potrebbe indossarle visto che sono una cosa Babbana!”
La cosa la irritava un po’, non
per l’affronto al Serpeverde ma perché si era dovuto
innamorare per cambiare idea, non le era bastato il consiglio di quella
che era stata la sua migliore amica per ben cinque anni.
Ron, invece, stava avendo un grande miglioramento.
Dopo l’ultima chiacchierata che
aveva avuto con Ginny, entrambe si erano impegnate a stargli accanto, a
consolarlo, a farlo studiare, a toglierli dalla testa il pensiero della
droga.
Ginny, addirittura, aveva subito un
calo nelle sue storie amorose. Il Tassorosso con cui si era impegnata
l’aveva mollata, offendendola e quasi accusandola
d’incesto, per via del tempo che passava con il fratello.
Ginny, tuttavia, non si era nemmeno
scomposta e l’aveva mandato prima a quel paese e poi in
infermeria con il volto tempestato di foruncoli. Il ragazzo non si era
ancora visto in giro; si diceva che i foruncoli fossero così
profondi ed infetti che avrebbe dovuto subire un’operazione per
non avere il viso rovinato per tutta la vita.
Nessuno aveva visto personalmente Ginny
fare la magia e dunque nessuno poteva accusarla, ma in realtà
tutti lo sospettavano; la Grifondoro era stata da sempre famosa per via
dei “marchi di riconoscimento” che lasciava sui ragazzi che
la mollavano per motivi stupidi.
E questo Tassorosso aveva proprio superato ogni limite.
Harry si era congratulato con lei, anche se non aveva capito il motivo della sua rabbia, adorava le persone coraggiose.
Ron invece si era agitato ma entrambe erano subito riuscite a calmarlo e la situazione era tornata normale.
Per fortuna ora
l’instabilità emotiva di Ron era notevolmente diminuita,
era tornato forte come un leone e timido come era sempre stato.
Nei confronti di Hermione non assumeva
più comportamenti incerti, però aveva cominciato a
dimostrare l’affetto che provava per lei con dolcezza; si poteva
dire che il romanticismo aveva preso il posto della sua solita
sbadataggine.
Non mangiava più a bocca piena,
aveva preso a studiare e controllava di più le sue parole,
insomma, se chi non lo conosceva lo aveva creduto uno stupido ora si
doveva ricredere.
Il nuovo Ron era sveglio, romantico e
affascinante, sempre rispetto a come era prima, naturalmente, ma era
comunque un grande passo avanti.
Hermione dubitava che il miglioramento
di Ron fosse dovuto, non solo alle loro cure, ma anche alla tregua fra
le due case più forti di Hogwarts.
Era certa che fosse Malfoy o qualcuno
dei suoi a passare la roba a Ron, che la presenza di Marte avesse, di
fatto, cambiato la situazione?
Nonostante i progressi però non
se la sentiva di parlargli dei suoi dubbi, non voleva agitarlo in alcun
modo, e dunque non aveva nessuno con cui parlare tranne Marte.
Non conversavano spesso dei loro amici,
quasi mai a dir la verità, forse temendo di avere idee
divergenti, ma Hermione pensò che, se una Serpeverde e una
Grifondoro erano riuscite a diventare amiche, niente sarebbe riuscito a
dividerle.
“Cose dice Malfoy del fatto che stai spesso con me, Marte?”buttò lì innocentemente.
Erano ad Antiche Rune ed erano
impegnate a copiare i simboli dell’alfabeto runico e a descrivere
le similitudini iconografiche con l’alfabeto attuale.
Al solo sentire il nome di Malfoy,
notò Hermione, gli occhi di Marte si erano illuminati e per un
attimo aveva temuto di aver fatto un passo falso.
“Sono contenta che tu me lo abbia
chiesto,” le rispose sorridendo “Non ho nessuno con cui
parlare di Draco. Le mie compagne di stanza mirano solo al gossip e
naturalmente non ne posso parlare con Theo che è un maschio, per
quanto intuitivo e gentile sia. Volevo discuterne con te ma avevo paura
che questo avrebbe potuto dividerci in qualche modo.”
Hermione rispose con un sorriso
raggiante. “Anch’io avevo lo stesso dubbio, Marte. Avrei
voluto chiedertelo tanto tempo fa ma non volevo pensassi che fossi
spinta solo dalle dicerie o dai pregiudizi dei Grifondoro.”
Ripresero a scrivere e dopo un po’ Marte riprese a parlare.
“Draco non è mai stato
totalmente contrario alla nostra amicizia,” scrisse
un’ultima frase e alzò il naso dal foglio
“Può non sembrare; so cosa pensa di lui la gente, che sia
viziato, spocchioso ed egoista, ma Draco è molto intelligente e
sensibile, mi capisce molto. Gli ho solo dovuto spiegare le mie
motivazioni e lui si è subito arreso. Certo, non è felice
alla follia quando sa che ho lezione con te ma non penso che lo sia
perché non è d’accordo. Per prima cosa ha paura per
me.”
Hermione corrugò la fronte “Non capisco.”
“Vedi Herm, non tutti i
Serpeverde sono come Draco e i suoi. Tra di noi la vita non è
facile come tra voi Grifondoro. Io quando sono in loro presenza devo
sempre mantenere un certo carattere, un certo modo di fare, capisci?
Solo così posso mantenere la mia autorità e stare al
fianco di Draco.”
“Ma perché rimani
lì se sei costretta a fare tutto ciò? Per Malfoy? Inizio
a pensare che il Cappello Parlante abbia sbagliato a collocarti.”
Marte scosse la testa lentamente e la guardò.
“Herm, io non mi sforzò a
fare nulla. Io sono una Serpeverde, non mi devo sforzare per esserlo,
anche se ho un’affinità con te non significa che io la
abbia anche con gli altri. In verità so di essere molto simile a
Draco e a Theo, solo che tu non te ne accorgi perché mi vuoi
bene e perché senti di avere un’affinità con
me.”
Marte fece il discordo guardandola con
grande dolcezza, cercando di alleggerire il discorso, e Hermione
rispose alle sue parole senza timore, con un sorriso sincero.
Il bello di Hermione era proprio
quello, poteva capire come reagire a seconda della persona che si
trovava davanti, capire se devi essere comprensivo, gentile,
dispiaciuto, arrabbiato.
“Dunque, se ho capito bene, tra i
Serpeverde ci sono persone a cui non fa piacere la nostra amicizia,
giusto? Ma tu non hai problemi perché sei fra la tua gente e
dunque ti comporti in relazione a delle regole con cui concordi, non ti
senti costretta a far nulla, sei a tua agio, sei te stessa.”
“Esattamente.”
“E Draco ha paura per te?”
“Lui teme che mi possano fare del
male, ma ha anche un grande ascendente su tutti i Serpeverde e in pochi
hanno il fegato di attaccarmi.”
Scrisse ancora qualche frase e quando alzò lo sguardo dal foglio di pergamena vide Hermione in attesa di una spiegazione.
“Sono come la protetta di un re,
Herm, ed inoltre tutti sanno che sono molto brava a proteggermi, anche
senza l’aiuto di Draco.”
Hermione annuì, non seppe perché ma era certa che lei fosse brava a difendersi.
“E il secondo motivo?”
Marte sorrise maliziosamente e le rispose bisbigliando “Secondo me è anche geloso.”
Hermione strabuzzò gli occhi “Di me?”
L’amica annuì come se
fosse una cosa normale. “è un Serpeverde, Herm. Ed
è anche il più bello, malizioso e potente. Tutto questo
porta ad un grande egoismo.” Concluse come se la sapesse lunga
sul ragazzo.
“E non hai paura del suo
carattere possessivo e geloso?” le disse rabbrividendo “Io
avrei una fifa tremenda.”
“Perché dovrei,
Herm?” rispose scuotendo la testa. “Io voglio che sia
geloso e che mi voglia. Anch’io sono molto egoista, e questo
sentimento non mi spaventa affatto, anzi.” Terminò con un
ghigno furbesco.
“Sei innamorata di lui?” le sussurrò all’orecchio.
“Solo se lo è lui di me.”
Hermione la guardò senza capire.
“Herm, l’amore ha due sensi
di percorrenza, se lui non mi vuole io non voglio andare a sbattere
contro un muro.”
“Questo è il rischio dell’amore, Marte.”
Marte negò con il capo.
“L’amore è
già di per sé il rischio per eccellenza. È
l’unica cosa del modo che riunisce in se il dolore e il piacere.
L’amore ha così tanto potere proprio per questo, Herm. Non
è solo l’apice del bene.
Se uno è amato ha potere incondizionato sull’altra persona.
Se uno ama ha due possibili destini davanti a sé, e nessuno dei due dipende dalla sua volontà.
O viene ricambiato, o viene lasciato
solo nel suo amore incompiuto. Perché è
l’incompiutezza stessa che fa soffrire, non il rifiuto.
Quando una persona ama impiega tutte le sue energie nell’amore.
Se questo non va a buon fine si sente
nel proprio corpo un accumulo di energia in eccesso che non può
essere consumato se non dall’amore stesso. Non con
l’affetto, con l’amore.
Allora che cosa si può fare se
non consumare tutta quell’energia, perché l’amore ne
richiede tanta, attraverso il dolore?”
Marte, mentre parlava, aveva lanciato
il suo sguardo fuori dalla finestra, nel vuoto assoluto e aveva
lasciato le parole scorrere via senza guida.
“Io sono prudente e allergica al dolore, Hermione, cosa ci posso fare?”
Hermione sorrise e le rispose.
“L’amore è un rischio che richiede coraggio non
prudenza. Per quanto riguarda il dolore hai due possibilità. O
ne diventi assuefatta o lo curi con l’amore, che è
l’unica medicina.”
Marte la guardò. Herm aveva
fatto cadere il suo castello con un pensiero e aveva ribaltato la
situazione con le parole giuste. “Avessi anch’io il tuo
coraggio, Herm.”
“Io dico che ce l’hai.
Stiamo parlando di Draco Malfoy, un serpente velenosissimo, non di un
barboncino, ce ne vuole di coraggio!”
Marte rise sottovoce per quanto le fu
permesso finché lo sguardo dell’insegnante non le persuase
a ritornare sui loro fogli.
“E tu Herm? Cosa dicono le tue guardie del corpo?”
Hermione sospirò ma non alzò lo sguardo da ciò che stava facendo.
“Entrambi hanno già i loro
problemi a cui pensare. Credo però che a nessuno dei due, come a
Malfoy, la cosa crei un grande problema. Pensano che in qualche modo tu
sia diversa, anche se stai con Malfoy, sei intelligente e vai a genio
me. Le loro aspettative si fermano qui.”
Marte la guardò insospettita dal suo tono di voce.
“Che cosa succede Hermione? Sei preoccupata per qualcosa?”
Hermione arrotolò la sua pergamena ed insieme con Marte si alzarono per consegnare i loro compiti alla professoressa.
Uscirono dalla classe prima di tutti gli altri, come al solito, e si diressero verso il portico interno della scuola.
Piaceva ad entrambe come luogo per
riposare ma ci andavano solo se riuscivano a staccare prima degli altri
e ad arrivare lì quando non c’era ancora nessuno.
Il bello di quel giardino era che avevi natura, silenzio e magia insieme a tua disposizione.
Si sedettero sulla solita panchina
situata all’ombra di un salice piangente e mentre Marte si
sistemava a gambe incrociate a cercare nella borsa la caramella che vi
aveva buttato prima quella mattina, Hermione si mise a raccogliere
qualche foglia caduta sul manto erboso.
“Ciò di cui ho paura fa parte di uno di quegli argomenti di cui non so se posso parlare con te.”
Ancora cercando nella sua tracolla, Marte alzò lo sguardo. “Centrano i Serpeverde?”
Hermione si guardò in giro e alzò un po’ le spalle. “Sì, no, in un certo senso.”
“Vai al sodo, Herm. Sei la mia unica vera amica e rimarrai tale qualsiasi cosa dirai.”
Hermione sospirò e le si mise di fronte, anche lei a gambe incrociate sulla panchina.
“Riguarda Voldemort.”
“Ah, Voldemort!”rispose con tono leggero senza smettere di cercare la caramella.
“Sai di cosa sto parlando?”
“Mago oscuro? Cattivone? Sono nuova ma ho sempre vissuto su questa terra.”
“Te ne ha parlato Malfoy?”le domandò ignorando la sua ironia da quattro soldi.
Marte inarcò un sopracciglio e
la fissò con uno sguardo intenso. “Cosa vuoi dire?
Perché avrebbe dovuto?”
Hermione pensò bene prima di rispondere. ‘ Evidentemente non sa. Meglio stare zitti, per ora.’
“No niente. Cosa sai di Voldemort?”
“Abbastanza. Tu di cosa sei preoccupata?”
“Avevi mai sentito il nome di Harry prima d’ora?”
Marte negò velocemente.
Hermione si insospettì ma
proseguì. “Harry Potter, il bambino sopravvissuto, la
nemesi del Signore Oscuro, il combattente del mondo magico…, devo
continuare?”
‘La nemesi di Tom? Chissà come non me ne ha mai parlato.’
“Dunque sei preoccupata per Harry?”
Hermione annuì. “Harry ha
incubi ininterrottamente. La cicatrice gli brucia ed ha di continuo i
nervi a fior di pelle.”
“Cicatrice?”
Hermione annuì e disegnò
con un gesto una saetta sulla fronte, poi rivolse lo sguardo verso il
giardino ancora vuoto e calmo. “Lui vuole fare qualcosa, vuole
combattere, vuole partecipare e qui si sente rinchiuso.”
“ E tu digli di trovarsi uno sfogo, uno sport, un hobby, che ne so!”
“Il Quidditch non lo aiuta
più, e la scuola per lui non è mai stata un divertimento.
Ancor meno ora che ad insegnare difesa c’è una puttana!
Dio! Pure io mi sento rinchiusa!”
Marte scoppiò a ridere.
“Che linguaggio Granger! Sapevo che avessi un dizionario molto
vasto, ma non così vasto! Non è che ti senti rinchiusa
perché hai trovato pane per i tuoi denti?”
“Quale pane?”
Anche Hermione scoppiò a ridere
con l’amica e per qualche minuto rimase in silenzio a gustarsi
quell’aria frizzante dalla quale erano circondate, un’aria
di amicizia.
Poi si voltò nuovamente verso di lei.
“Come è possibile che tu
abbia sentito parlare di Voldemort e non di Harry? Sono complementari,
non puoi averne sentito parlare separatamente.”
Marte si sentì spiazzata e riprese a cercare la caramella.
Hermione osservò i suoi movimenti frettolosi e scomposti, Marte non era brava a mentire.
“Cosa mi nascondi, Marte?”
“Niente.”
“Non ci credo.”
Marte alzò gli occhi al cielo. “Tu non mi conosci Hermione, io non posso parlare.”
“Perché non puoi?” domandò prendendo le sue mani fra le sue. “Malfoy te lo impedisce?”
Marte si scostò da lei sbuffando
infastidita. “Draco non c’entra niente, Hermione, piantala
di pensarlo. Tu non lo conosci.”
“Dimmi perché allora! Io
lo so, Marte. Ci sono cose che tu non mi dici. Non so nulla della tua
infanzia e della tua vita prima di Hogwarts, tu invece di me sai tutto!
Siamo affini, è vero! E sono felice di parlare con te di
qualcosa che non sia il prossimo colore in voga. Ma ci sono cose che
non capisco.”
Visto che la ragazza non replicava continuò.
“Come è possibile che tu
non sia mai stata in una scuola di magia quando hai una conoscenza
superiore alla media, spesso superiore alla mia, e ho la fama di
secchiona. Dici che ti ha insegnato tuo fratello, ma non parli mai di
lui, né della tua famiglia.
E Voldemort? Come è possibile che tu non abbia mai sentito parlare di Harry Potter?”
L’espressione sul viso di Marte
cambiò radicalmente, non divenne solo seria ma concentrata sulle
parole che avrebbe dovuto dire, come le avrebbe dette. Le apparve
improvvisamente così controllata e dura da farle paura.
Poi sorrise.
“Non posso dirtelo.” Ma
aggiunse subito “nonostante ne abbia voglia. Non sai che
peso.” E la sua voce si incrinò.
La sua voce non le aveva mai trasmesso
così tanto dolore, non le aveva mai trasmesso dolore in generale
e fu un effetto allarmante.
“ Ma puoi cercarmi.” Finì con decisione.
Hermione inarcò il sopracciglio “Cercarti?”
“Mio padre non l’ho mai
conosciuto ma so che aveva il nome di un angelo. Però non era un
santo, anzi. Aveva la fama di aver ucciso un sacco di gente.
Mia madre idem, non l’ho mai
vista. Non aveva la stessa fama di mio padre ma era una donna
influente, non molto brava con la magia quanto che con l’arte del
convincere, mi hanno detto che fosse anche molto bella.
Infine mio fratello. Lui l’ho conosciuto e ci ho vissuto insieme a lungo, quella non era una bugia.
Ho avuto con lui un rapporto molto travagliato, ma ci amavamo moltissimo. Si chiamava Laer Lilium.
“Non ha il tuo stesso cognome.”osservò ragazza.
Marte annuì. “è
vero ma questo è perché io non ho mai saputo il suo vero
nome. È morto prima di potermelo dire.”
Tremò e si strinse le gambe al petto con forza.
“Come è morto?”
La ragazza sorrise amaramente. “Qual è il modo più frequente per perdere la vita?”
Hermione non dovette nemmeno pensarci e una parola le sfiorò le labbra. “Voldemort.”
“Precisamente.”
Hermione non riuscì a trattenersi e si portò le mani alla bocca con un singulto.
“è terribile. Ma come è stato possibile? Non era mica…”
Marte alzò le spalle e recupererò la borsa che le era caduta per rimettersi a cercare la caramella.
“Trovami Herm, e vedremo cosa si potrà fare.”
“Cosa potrei guadagnarci se trovassi delle informazioni?”
“Un aiuto, o forse sarò io
ad essere aiutata da voi, questo dipende da te, e da cosa scoprirai.
Devi solo sapere che anch’io ho subito molte perdite e che sono
stata ingannata. Per questo negli ultimi sette mesi non ho fatto altro
che viaggiare, per salvarmi la pelle.”
“Perché non me lo dici tu direttamente Marte e la facciamo finita con tutti questi indovinelli?”
“Per il semplice fatto, Hermione,
che anch’io so ben poco del mio passato e tutto ciò che
sapevo te l’ho detto. Il soprannome di mio padre era Angelo dei
Veleni, ma non so quanto ti potrà essere utile saperlo, io pure
ho fatto ricerche e non l’ho mai trovato scritto da nessuna
parte. Non sai che rabbia non sapere chi sei per davvero.”
“E tuo fratello non ti ha mai detto nulla?”
“Lilium mi era sempre apparso
come un tipo tranquillo, forte e sfacciato finché non ho
scoperto che in verità la sua esistenza era incentrata solo
sulla nostra sopravvivenza, sulla mia in particolare. Si atteggiava a
strafottente solo per sopravvivere. Che stupido temerario.”
“E Malfoy?”
“Draco non sa ancora nulla e non
mi sento nemmeno pronta a dirglielo. L’unica cosa che desidero
è che il nostro rapporto rimanga come è ora, capisci?
Tranquillo, senza problemi, divertente.” Disse con lo sguardo
perso nel vuoto e con la solita voce morbida di quando si metteva a
parlare di lui.
“Marte, ci sono cose di Malfoy che tu non sai. Non è buono! Non è come te!”
Lei la guardò e con grande
sorpresa di Hermione rispose con tutta tranquillità, senza
infuriarsi minimamente. “Hermione, come fai a dirlo? Non ti puoi
fidare di me manco un po’?”
“Non è di te che non mi
fido Marte ma di lui, ci sono alleati del Signore Oscuro ovunque, molti
figli di Mangiamorte sono qui ad Hogwarts!”
Le aveva servito su un piatto
d’argento la preoccupazione che aveva cercato di nasconderle sin
dall’inizio. Possibile che nel covo delle Serpi non avesse mai
sentito gli alunni parlare dei loro genitori? Possibile che Malfoy
fosse così scaltro da riuscire a nasconderle la verità
sulla sua famiglia?
Marte non era mica scema, anzi, era
furba e sveglia, non le sembrava così ingenua da farsi passare
davanti agli occhi una cosa così palese.
Forse però era ovvia solo per
lei che era una Grifondoro e che, ad ogni Serpeverde che incontrava, le
sembrava avessero stampata sulla fronte la scritta futuro mangiamorte.
Marte però non reagì
minimamente, la guardò solo leggermente confusa e poi si rimise
a cercare la caramella. “Possibile che non ci sia? Mi ricordo di
averla messa qui proprio questa mattina!”
Hermione sospirò, arrendendosi
all’evidenza. Marte riponeva piena fiducia in Draco Malfoy,
probabilmente ne era pure innamorata ed era una donna, perciò
avrebbe difeso i suoi sentimenti fino alla fine, anche se i suoi
discorsi sull’amore la facevano apparire come una persona un
po’ distaccata e quasi senza sentimenti reali.
Cercò di riprendere il controllo
di tutte quelle informazioni ed idee che le balenavano in testa in modo
disordinato, senza un filo conduttore.
‘Durante il pranzo vado in
biblioteca e metto giù le idee, ho già in mente un paio
di libri che mi potrebbero aiutare…’ pensò prima di
essere interrotta da un grosso tonfo.
Marte aveva svuotato completamente la sua borsa e aveva fatto cadere tutti libri a terra, sulla base marmorea della panchina.
“Possibile che tu abbia messo una caramella sola in quella dannata borsa?”
“Lo so, lo so, è stata una
cosa stupida; ma sapevo che se ne avessi messa due, poi ci avrei
infilato tutto il pacchetto ed allora mi sarei infognata!”
Il giardino si stava lentamente popolando ed aveva già perso tutta la sua tranquillità.
Hermione sbuffò e alzò sguardo sopra la testa della sua amica.
Gli occhi le si spalancarono di botto alla vista di Malfoy, il ragazzo si stava avvicinando lentamente a loro.
Le fece segno con il dito di stare
zitta ma lei non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che il ragazzo si
trovava già alle spalle di Marte.
Malfoy sventolò davanti al naso
della ragazza la carta di una caramella e Marte, prima di girarsi verso
di lui, le lanciò un ultimo sguardo, divertito e diverso dal
solito, in qualche modo più serpentesco.
“Draco! L’ho cercata dappertutto, sentivo che eri stato tu!”
Malfoy le sorrise e con un gesto della bacchetta fece rientrare ordinatamente tutti i libri all’interno della sua borsa.
“Ed io sapevo che ti avrei trovata qui, fame?”
“Direi!” gli rispose con un
sorriso enorme e sfavillante. Si voltò un’ultima volta
verso di lei e la salutò.
“Sì, ciao.” Le rispose amaramente.
Marte era davvero incredibile. In
qualche modo riusciva sempre a svincolare dai discorsi importanti, ora
la caramella, ora Malfoy che la salvava sul gong.
Era fortunata, molto fortunata in queste cose.
Prima che Harry e Ron arrivassero a prenderla, Hermione pensò molto a ciò che si erano dette.
Marte aveva un segreto, di cui nessuno era a conoscenza, nemmeno Malfoy.
Un segreto che lei non poteva dire a
nessuno, e se non poteva parlarne voleva dire che ho le era stato fatto
un incantesimo o l’aveva promesso a qualcuno.
La sua famiglia e il suo rapporto con Lord Voldemort erano un mistero.
Che la sua discendenza centrasse qualcosa con le sue capacità magiche?
“Hermione! Ti prego pensa dopo, andiamo a mangiare ora.”
“Arrivo Ron!”
Corse fino al portico dove la
aspettavano Ron e Harry. Erano appena arrivati dalla loro lezione di
Divinazione ed avevano entrambi dipinto sul volto il segno di una
grande sofferenza.
“La Umbrige era alla nostra lezione di Divinazione oggi, è stato tremendo.” La informò Harry.
“Cosa è successo?”
“Niente di particolare, le ha
posto alcune domande, come ha fatto con tutti gli altri, ma mi è
sembrata più perfida. Gli occhiali della Cooman sembravano non
volerle più stare sul naso.”
“Non so se rimarrà qui ancora per molto.” Aggiunse Ron.
“Perché dici così”
“Beh, gli unici due insegnanti a
rischio sono Hagrid e la Cooman, ed io spero con tutto il cuore che sia
quella befana ad andare via.”
“Mi fa quasi pena, dove potrebbe andare fuori da qui?”
“Harry? Forse non te la ricordi
ma quella ‘poverina’ ha predetto la tua morte una cosa tipo
cento volte, più le altre cento volte in cui dormivo.”
“Sembra che più volte lo predica meno accada.” Pensò Harry ad alta voce.
Hermione gli diede uno scappellotto
leggero sulla testa. “E spera che continui ad esserlo,
perché se così fosse io mi farei predire la morte
più di cento volte!”
“Mi sembri un po’ agitata, Herm, tutto bene?” le chiese Ron, togliendole il peso della tracolla dalla spalla.
“È successo qualcosa di male con Marte?” aggiunse Harry con fare sospetto.
Hermione negò più volte.
“Tutto bene, ho solo un po’ di idee da riordinare e ho un
po’ di fame.”
“Devi andare in biblioteca più tardi?”
“Sì, Harry, devo dare un’occhiata ad alcuni volumi.”
“Vuoi essere accompagnata?”
“No grazie, mi distrarreste.”
Sia Harry che Ron alzarono le spalle.
“Intanto però, se volete farmi piacere potreste non so, fare i compiti, ordinare un po’ le idee.”
“Mi dispiace cara, io so già come occuperò il mio pomeriggio.”
Hermione si voltò verso Harry sistemandosi in posizione di combattimento con le mani sui fianchi e la fronte corrugata.
“Ebbene?”
Harry sembrò non voler rispondere così spostò il suo sguardo su Ron, sul quale faceva più effetto.
“Vuole chiamare Tartufo via camino.”
“Cosa?”
“Hermione calmati, ho già
organizzato tutto; a quell’ora la Umbrige sarà nei
corridoi per il suo giro di perlustrazione, l’ho sentita parlarne
con Gazza proprio oggi. Non avrò problemi.”
Entrarono tutti e tre in Sala Grande.
Hermione non riuscì a
trattenersi e spostò lo sguardo verso il tavolo dei Serpeverde
dove sedeva Marte tra Malfoy e Nott.
Le sembrava davvero felice.
Malfoy le teneva un braccio sulla
spalla mentre lei intrecciava le dita con la sua mano; era una scena
troppo dolce per poter essere Serpeverde.
Eppure entrambi ridevano, guardando Zabini parlare delle sue storielle amorose.
Marte chiamava i suoi racconti ‘ Volo sopra le Europee ’.
Volo, perché Blaise usava sempre più spesso il termine scopare.
Sopra, perché di certo Zabini non era un tipo passivo.
Europee, perché il suo raggio
d’azione non aveva superato l’Atlantico, ma si era
riproposto di scavalcare quella barriera molto presto.
Marte dovette averla notata perché sorrise nella sua direzione e subito ritornò ad ascoltare il Serpeverde.
Era vero quello che le aveva confidato a lezione.
Marte non si sforzava a essere ciò che era.
Era fiera di essere una Serpeverde
quanto lei lo era di essere Grifondoro ed inoltre la parte della serpe,
fastidioso da ammettere, le calzava alla perfezione.
Per stare con Malfoy bisognava essere
parecchio scemi, ammalati di sesso o furbi in modo particolare, ma nel
suo caso Marte non era nessuna delle tre cose, Marte era sua pari, era
una vera Serpeverde e, al contrario di molti, sapeva usare la testa.
Distolse lo sguardo da quella scena
così poco ordinaria e si andò sedere anche lei, tra Harry
e Ron, dando le spalle al tavolo verde-argento.
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Capitolo 11 *** 11 ***
11° B.F.T
Per la prima volta discutere con Hermione l'aveva lasciata con una grande incertezza dentro.
Con Draco non aveva mai discusso delle rispettive famiglie, si era
sempre concentrata sul presente, non aveva voglia di pensare al passato.
La sua infanzia le era come reclusa e gli ultimi avvenimenti della sua vita erano da dimenticare.
Il suo legame con Voldemort non l’aveva nemmeno nominato,
l’aveva promesso a Silente, però aveva fatto in modo che
Hermione capisse qualcosa, aveva stuzzicato la sua curiosità
perché voleva che lei scoprisse.
Voleva che lei scoprisse la verità sulla sua vita presente
però non riponeva molte speranze per quanto riguardava il suo
passato.
Conosceva la sua discendenza per quanto le era stato raccontato da
Lilium. Quando ne avevano parlato le era sembrato così
distaccato, come se non fosse stata anche la sua di famiglia, come se
quello fosse stato solo un paragrafo preso da un libro di storia.
L’unica cosa che avrebbe potuto fare sarebbe stato indirizzarla dalla parte giusta.
Per quanto riguardava Draco non sapeva come agire, la loro relazione
era la cosa che di più stabile aveva, non poteva perderlo.
Hermione, tuttavia, era da secoli che usava ogni espediente possibile
per farle capire che la famiglia di Draco fosse alleata dei
mangiamorte. Aveva capito, non era stupida, ed inoltre aveva provato la
bacchetta del padre di Draco sulla propria pelle.
Spesso comparava la figura di Draco con quella che ricordava di Lucius Malfoy.
Malfoy Senior a confronto del figlio le sembrava solo una figura nera
impacciata, usava la bacchetta come se fosse stato un bastone, senza la
minima eleganza, e serviva il Signore Oscuro come uno schiavo inutile,
quando Voldemort in verità non cercava schiavi ma compagni. Il
problema era che tutti erano o troppo spaventati da lui o troppo devoti.
Draco invece era elegante, intelligente, indipendente, dimostrava una
grande sicurezza ed era in grado di contenere i suoi umori, non era
avventato.
Sarebbe stato un ottimo Mangiamorte, ma lei avrebbe fatto di tutto per impedirlo.
“A che cosa stai pensando?”
Marte si accorse di essere stata zitta per molto tempo, alzò lo sguardo e fissò Draco.
Si trovava nella sua camera, Draco era appena tornato dall’allenamento di Quidditch serale ed era stanco morto.
Guardandolo dovette ammettere che Draco stava bene davvero con
qualsiasi cosa, anche la divisa di Quidditch, larga e sporca di terra,
gli stava benissimo.
Si stava svestendo mentre lei lo guardava dal letto sul quale era sdraiata.
Non dormiva lì con lui così spesso come si poteva
pensare, le piaceva quella stanza perché era spaziosa e calda,
perché non aveva orari e perché, naturalmente, poteva
dormire fra le sue braccia.
Rimaneva lì con lui fino a tardi e solo se era molto stanca dormiva nel suo letto.
“Allora?”
Incredibile, si era ancora incantata, chiunque poteva capire se era
pensierosa o no, non era molto brava a nascondere le sue espressioni.
Marte distolse lo sguardo dallo stemma dei Serpeverde cucito sulla sua divisa e lo guardò negli occhi.
“A niente in particolare, in verità, ero solo distratta.”
“ È andato storto qualcosa con la Granger oggi?”
Marte negò e si sistemò meglio il cuscino sotto la testa.
“Niente di che, abbiamo solo discusso un po’, tanto alla
fine si è risolto tutto.”
Draco ghignò, entrò in bagno e ne tirò fuori un
asciugamano con il quale iniziò ad asciugarsi i capelli.
“S’iniziano a vedere le prime divergenze per caso? Io ti
avevo avvertita, ci sono troppe diversità tra di voi, i vostri
mondi sono l’esatto opposto.”
Marte si alzò di scatto e gli arrivò sotto il naso cogliendolo di sorpresa.
“Lo sai che ho litigato con lei perché si è
comportata esattamente come stai facendo tu adesso? Mi ha detto quasi
le stesse parole.”
Il ragazzo corrugò la fronte e smise di asciugarsi, facendo gocciolare l’acqua sulla maglietta.
“Ti ha detto che non sei una Serpeverde?” le chiese con tono aggressivo.
Draco era fatto così, appena qualcuno metteva in dubbio la sua
appartenenza, o quella di chiunque, ai Serpeverde, si infuriava.
Era una questione di onore per lui. Chiunque fosse stato scelto dal
Cappello Parlante era degno di stare fra di loro. Chiunque lo mettesse
in dubbio, poteva vedersela brutta.
Guardò il suo viso corrucciato e sentì subito una fitta di dolcezza arderle la gola.
Come si poteva non adorarlo?
“Mi ha semplicemente detto che sono molto diversa da voi, che il
Cappello può aver sbagliato e che tu mi costringi a
rimanere.”
La sua espressione si era fatta via via più maliziosa a mano a mano che finiva di parlare.
Le si avvicinò, dopo aver lanciato l’asciugamano sul letto.
“E tu le hai dato ragione?” Chiese molto scherzosamente.
Incrociò le braccia sotto il seno per mettere un po’ di
distanza fra loro “Le ho detto di no, naturalmente, che sono
ciò che sono.”
Draco sorrise. “Ma come le è venuta in mente una cosa
simile? Vuoi dire che la mia fama di serpe supera quella di casanova?
Che tristezza.”
Tornò a guardarla. “E avete parlato solo di questo?”
Intanto entrò in bagno e aprì l’acqua calda della
doccia, il vapore iniziò subito ad uscire dallo stipite della
porta. Draco faceva sempre delle docce bollenti.
Marte alzò le spalle e tornò a sedersi sul letto per
aspettarlo. “No, anche di alcune cose da ragazze.”si
zittì un attimo per sentire il rumore della doccia, poi, alzando
la voce “Lei non si fida molto di te, sai?”
“Ah, ho capito adesso! Parlando di cose da ragazze vi siete messe a parlare di me, giusto?”
Mai che si limitasse a rispondere alle domande, l’unica cosa che
sapeva fare era leggere fra le righe e metterla in difficoltà.
“Dopotutto,” urlò ancora dal bagno “ a meno
che non vi siate messe a parlare del mio bellissimo didietro, cosa che
la mezzosangue non farebbe mai, l’argomento era un altro.”
“Sei solo una serpe Draco!”
Si sdraiò sul letto e lo aspettò per scendere a cena insieme.
Non indossava più la divisa ma un lungo maglione di lana con i leggins.
Quella gonna alla scozzese era scomodissima e pizzicava da morire;
anche se non la indossava nessuno se ne sarebbe accorto, le sarebbe
bastato mettere sopra la divisa, andare a cena e tornarsene di corsa a
dormire.
Ora però doveva pensare a cosa fare.
Il primo punto di cui occuparsi erano i suoi poteri, doveva tornare ad
essere in grado di usarli. Aveva un sacco di ore buche, molte delle
quali sprecava portandosi avanti con lo studio di cose che sapeva
già. Doveva solo trovare un luogo tranquillo in cui esercitarsi
nella meditazione e subito si sarebbero visti i risultati, soprattutto
nella lettura del pensiero, che era anche il potere di cui sentiva
più la mancanza.
Se fosse riuscita a riconquistare le sue capacità avrebbe poi potuto occuparsi di Draco.
Si fidava ciecamente di lui però ciò che diceva Hermione era vero.
Herm pensava che lei non sapesse nulla della famiglia Malfoy.
Draco pensava la stessa cosa, visto che da lui non aveva saputo nulla e non avevano mai affrontato l’argomento.
Dunque né Hermione, che non vedeva l’ora che lei scoprisse
la verità e iniziasse ad odiare Draco, né lo stesso
Draco, che le teneva nascosta una cosa così importante,
sospettavano che in verità lei sapesse già tutto e di
più, forse.
Prima o poi i segreti sarebbero usciti allo scoperto, avrebbe aspettato
che Hermione finisse la sua ricerca per dire della sua famiglia a
Draco. Chissà come avrebbe reagito quando gli avrebbe detto che
aveva mandato più volte suo padre con le gambe all’aria,
che aveva vissuto con Voldemort per più di un anno e che aveva
avuto un fratello.
Lilium. Le mancava molto.
Lilium era stato tutto per lei, fratello, amico, maestro, amante.
Marte rise amaramente al pensiero di come avrebbe potuto reagire Draco
se l’avesse saputo, e anche Hermione. Chissà come sarebbe
stati disgustati.
Aveva amato suo fratello in modo folle. Il periodo in cui erano stati
insieme era stata come una bellissima magia, che, purtroppo, si era
spezzata con la sua morte.
In momenti simili sarebbe stato meglio dormire e non svegliarsi mai più.
“Marte?”
Sentì una mano scuoterla e chiamarla dolcemente.
Tentò di aprire gli occhi ma le palpebre erano così pesanti e serrate che le parve un’impresa.
“Alzati, ti ho portato qualcosa dalla Sala Grande.”
Riconobbe la voce di Draco e il suo cuore si svegliò
improvvisamente, ricominciando a battere. Tentò ancora, e
riuscì a socchiuderli con uno sforzo enorme. Si sentì
stordita e disorientata.
Non si ricordava nulla, né di dove si trovava né di cosa stava facendo.
Fece per issarsi sulle braccia ma le forze non glielo permisero e si accasciò di nuovo sulle coperte.
“Deboluccia, eh? Un po’ di solletico dovrebbe aiutarti.”
Fece per avvicinare le dita alla pancia quando Marte riconquistò
improvvisamente la voce. “Non ti azzardare, altrimenti
urlo.”
Draco sogghignò. “La forza per parlare non ti manca mai. Lascia, ti aiuto.”
Le sistemò il cuscino contro lo schienale del letto e la aiutò ad appoggiarsi.
Aprì gli occhi e lo guardò, il suo Draco.
Appena vide i suoi occhi brillare si dimenticò improvvisamente
di tutti quei pensieri orrendi che le erano venuti in mente prima,
mentre il suo sorriso le provocò una scossa.
“Cos’è successo? Che ore sono?”
Draco sospirò e le mise le mani sui fianchi, iniziando ad accarezzarla lentamente.
“Mi era venuta l’idea di uscire dal bagno con solo
l’asciugamano addosso per farti arrossire, “ alzò lo
sguardo e vide che anche solo con le parole stava riuscendo ad ottenere
lo stesso risultato, “ Ma quando sono entrato in camera tu stavi
dormendo.”
Marte non seppe se maledirsi, perché si era persa lo spettacolo,
o se ritenersi fortunata, perché aveva evitato di fare una
figuraccia.
L’espressione e le parole di Draco però le diedero una strana impressione.
Draco non voleva solo farla arrossire, al fine di prenderla in giro;
lui era geloso, egocentrico, sensuale e calcolatore, poteva vedere le
sue guancie rosse per molto meno.
Ciò che in realtà aveva voluto fare era mostrarle il suo
corpo, renderla gelosa delle altre ragazze, che potevano toccarlo,
parlargli e guardarlo.
E mentre realizzava questo concetto si rese conto di esserlo già, gelosa di lui.
Improvvisamente si ricordò di tutte le volte in cui Pansy gli
aveva sfiorato il braccio o il viso e di come l’aveva silurata.
Improvvisamente capì tutte le battutine che le erano state
rivolte sulla gelosia secondo lei senza ragione.
“Mi dispiace.” Rispose non sapendo cosa dire.
Draco iniziò a ridere e strinse con più forza i suoi
fianchi. “Ti dispiace? Ti dispiace di non avermi visto mezzo
nudo?”
Aveva fatto l’ennesima figuraccia, le sue orecchie cominciarono a
bruciarle gradualmente, ma comunque si sforzò di non distogliere
lo sguardo da quello di Draco.
“Sai una cosa, a me non dispiace affatto.”
I suoi occhi si spalancarono per la sorpresa, e il suo cuore
aumentò talmente tanto il ritmo che le sembrò di tremare.
“Vorrei vederti dormire nel mio letto più spesso.”
La gola si seccò di colpo e Marte non seppe cosa rispondere,
l’unica cosa che riusciva a fare era continuare a guardare le
labbra di Draco muoversi e formare le parole, per convincersi che
fossero reali.
“Ti ricordi della prima volta in cui hai dormito qui con me?”
Marte annuì debolmente.
Eccome se la ricordava.
Era stata una delle notti più eccitanti di tutta la sua vita,
soprattutto perché la mattina successiva, appena sveglia, aveva
sentito le braccia di Draco stringerla forte.
Da allora, però, tutte le volte che tornava da lui, si ricordava
sempre di portarsi il pigiama: lunghi pantaloni e canottiera.
Draco non aveva mai commentato la volta in cui era entrata in camera
sua, alle cinque del mattino, con indosso una camicia da notte bianca
con delle mucche disegnate sopra.
Non aveva commentato né l’ora né tanto meno l’abbigliamento.
La camicia da notte era stato un ostacolo molto facile da superare, era
bastato sollevare, ma lui non era andato oltre una carezza sulla
coscia, appena era entrata nel letto e Marte non l’aveva
interpretato come un gesto lascivo bensì semplicemente come un
suo modo per dirle che era sveglio e che si era accorto di lei.
Certo, si sarebbe potuto limitare a qualcosa di più semplice ma
non sarebbe stato da lui, inoltre, il contatto della sua mano, mentre
la obbligava a sollevarsi per alzarle la camicia da notte fino ai
fianchi, era stato elettrizzante e lei non aveva avuto né la
forza né la voglia di spostarsi.
Draco voltò lo sguardo di nuovo su di lei.
“Le tue dita che mi accarezzavano, il tuo respiro leggero, il
battito del tuo cuore, tutto di te mi faceva fremere in maniera
incontrollata. Mi sembravi così gracile e ingenua ma allo stesso
tempo così sensuale.”
Draco si alzò dal letto, buttò la divisa scolastica su di
una sedia e prese a camminare lentamente per tutta la stanza.
“Tu non puoi capire com’è il tuo corpo mentre sei
addormentata. Non ti puoi rendere conto di come mi sfiori, di come ti
stringi a me mentre dormi e mi soffi sul collo.”
Marte continuò ad ascoltarlo allibita. Draco continuava a
parlare di cose che non ricordava ma che lui faceva suonare tutte
così maledettamente erotiche e carnali.
“Eri morbida fra le mie braccia e le tue labbra rosse e soffici.”
Le diede le spalle e si passò una mano fra i capelli. Draco di
norma non mostrava mai insicurezza alle persone ma quel gesto, in quel
momento, le trasmisero il suo nervosismo e la fatica con cui
pronunciava quelle parole.
“Non ho potuto resistere, il tuo viso era lì, a poca
distanza dal mio, ed era un invito troppo allettante per
rifiutare.” Si voltò ma solo per potersi appoggiare con la
schiena contro il muro. “E le tue labbra si sono rivelate
più piacevoli di quanto potessi mai aver pensato.”
Draco la stava guardando e lei non seppe come rispondere, i suoi occhi
sembravano argento fuso, oscurati da qualcosa d’indefinito.
Non riuscì a muovere alcun muscolo tanto era paralizzata sotto i
suoi occhi, la sua bocca però reagì da sola.
Con un riflesso incondizionato si leccò le labbra e se le
mordicchiò più e più volte, le mani continuavano a
stringere le lenzuola e le gambe erano piegate e strette vicino allo
stomaco.
La sua mente vagava velocemente e scene confuse e sfocate si
sovrapponevano, poi un calore improvviso la sorprese all’altezza
del petto e del ventre e le sembrò di trovarsi immersa
all’interno degli occhi del Serpeverde.
Draco l’aveva baciata mentre stava dormendo e ciò la sconvolgeva ma la rendeva anche euforica.
Spostò lo sguardo sulle sue labbra e pensò al momento in
cui si erano poggiate sulle sue, poi guardò le sue mani,
lasciate sui fianchi, con il palmo rivolto verso di lei e
immaginò quale parte del suo viso potevano aver sfiorato, se il
collo o la guancia, poi pensò ai loro corpi premuti l’uno
contro l’altro.
Infine unì insieme tutte quelle sensazioni e fece di tutto per
ricordare la sensazione che poteva averle dato baciandola, cercando di
sentirla sulla pelle, ma niente.
Si alzò e gli andò incontro.
Draco non si era ancora mosso dalla sua posizione, da una parte
sembrava immobile però i suoi occhi si muovevano, seguendola per
tutta la stanza, il colore era ancora sciolto e indefinito, brillante.
Poi Marte gli fu davanti. Non aveva mai sentito così tanta
rabbia in corpo, ma non solo quella, si sentiva controllata da due
sentimenti contrapposti, non era in sé.
“È successo altre volte? Perché non mi hai mai svegliata Draco?”
La sua voce non riuscì a mantenere lo stesso tono per tutta la durata di una frase.
Il suo corpo tremava visibilmente e le mani erano talmente strette in
un pugno che le unghie si conficcavano nella carne come coltelli.
Draco continuava a non muovere un muscolo, le sue spalle erano ancora
in una posizione rilassata contro il muro, le gambe piegate e le mani
aperte, come se stesse aspettando di ricevere qualcosa.
Poi Marte sentì qualcosa rompersi e sentì il bisogno di
fargli qualcosa, così si buttò con forza contro di lui e
lo baciò come aveva sognato di fare.
Quel bacio non ebbe nulla di dolce e romantico, entrambi volevano solo
soddisfare il proprio bisogno e il proprio desiderio, le loro labbra si
muovevano freneticamente e si esploravano, volevano conoscere il sapore
dell’altro, volevano fondersi e non staccarsi mai, continuare con
quel bacio senza fermarsi.
Marte vide realizzate tutte le emozioni che aveva immaginato un attimo
prima, i capelli di Draco che le solleticavano il viso, il suo seno che
si alzava e abbassava strusciando contro la sua maglietta e le sue
mani, una sul collo e l’altra che dal fianco risaliva lentamente
verso il seno.
Quella lentezza rese i suoi baci ancora più profondi, si
concentrò sul labbro inferiore di Draco, lo leccò e lo
mordicchiò.
Intanto Draco continuava ad accarezzarle il fianco con grande lentezza
e, oltre che assaporare i suoi baci, si gustava il suo respiro
accelerato e i suoi gemiti che riempivano la stanza.
Da sveglia le sue labbra erano anche migliori, erano dolci e le sentiva
gonfiarsi dolcemente, il modo in cui lei lo incoraggiava a leccarle e
succhiarle era stimolante e appagante.
Sentiva il suo calore attraverso la pelle. Il suo collo era liscio e
delicato, così facile da stringere e da avvolgere con una sola
mano.
E il suo corpo morbido e sinuoso era esattamente come l’aveva immaginato, si modellava alle sue carezze come metallo fuso.
Si fece vincere dalla sua stessa lentezza e con un movimento brusco ed
inaspettato le strinse un seno attraverso la lana del suo maglione.
La sentì sospirare dalla sorpresa mentre lui, dopo averle
abbassato la spalla del maglione, aveva intensificato le carezze
attorno al capezzolo, entrando nella scollatura e scostando con foga il
reggiseno.
La mano di Draco era stranamente bollente sulla sua pelle e il modo in
cui la palpeggiava e la premeva contro di sé era qualcosa che
non aveva mai provato prima.
Poi il bacio divenne più lento finché Marte non si
lasciò andare contro una sua spalla mentre Draco teneva ancora
una mano nel suo maglione e la testa appoggiata contro il muro.
Si svegliò terribilmente sudato e agitato, si voltò subito alla sua sinistra e vide solo un letto vuoto.
Recuperò il cuscino da terra, dove era caduto, gli diede una
risistemata e si sdraiò nuovamente; dopo un po’ si tolse
le coperte di dosso, il caldo che sentiva era davvero fastidioso.
Le lenzuola gli si erano attaccate come una seconda pelle mentre i
capelli, nonostante se li fosse appena lavati, erano già
fastidiosamente schiacciati contro la fronte.
Infastidito li spettinò con una mano e poi fece ricadere stancamente il braccio sul materasso.
Guardò il soffitto, dunque nuovamente il suo fianco, per una decina di volte.
Ascoltò il suo respiro per un paio di secondi e gli ritornò in mente il sogno che stava facendo.
Dischiuse le labbra e assaporò un’ultima traccia del sapore della ragazza.
Non era stato solo un sogno, l’aveva baciata davvero, Marte, e
questa volta senza doverlo fare di nascosto, mentre dormiva.
E, come aveva previsto, nonostante avesse avuto le sue labbra, non era assolutamente soddisfatto, e mai lo sarebbe stato.
Si chiese nuovamente perché l’avesse lasciata andare
comportandosi da cretino, perché non l’avesse trattenuta a
dormire con lui, solo per abbracciarla e stringerla, perché,
dopo tutto il calore che gli aveva trasmesso, il letto ora era vuoto e
gelido.
Tutto era avvenuto troppo velocemente e lui si era ritrovato ancora in
piedi davanti a lei, imbambolato e troppo confuso per reagire.
L’unica cosa che aveva sentito erano stati il suo capo sulla spalla e il suo seno morbido nella mano.
Si era accorto solo che lei, scostandosi, lo aveva afferrato per il
polso, sfilando la sua mano dalla scollatura, e, sotto i suoi occhi
ancora accecati dal desiderio, gli aveva baciato le dita, una per una,
con dolcezza, per poi appoggiarla sul suo fianco.
Dunque si era sistemata velocemente il reggiseno e il maglione che
aveva spostato, ed infine, aveva chiuso di nuovo le braccia intorno al
suo collo e aveva chiuso gli occhi.
E lui aveva fatto lo stesso, pronto a ricominciare quel gioco
bellissimo, ma non aveva sentito altro se non il suo odore, le sue
labbra non lo avevano sfiorato e Marte se ne era andata, lasciando la
porta spalancata.
Non ci era rimasto male, insoddisfatto, ma poteva capirla. Se lui si
trovava ancora in quello stato dopo ore chissà lei che sforzo
doveva aver compiuto per poter uscire dalla stanza.
Guardò in giro, cercando qualcosa con cui distrarsi, ma non
riuscì a tenerla fuori dalla sua mente neanche per un secondo,
così fece per spostarsi sul lato opposto del letto ma subito si
ricompose e, per resistere alla tentazione, si alzò e
andò a fare una doccia.
Era scappata come una cretina, ma era stato più forte di lei;
ora, però, sentiva la mancanza di Draco come un’ossessione.
Uscire dalla sua camera era stata una prova dura, mentre per aprire la
porta della propria camera ci aveva messo fin troppa energia e le sue
compagne di stanza, vedendola così ansimante, con le labbra
rosse e tutta stropicciata, l’avevano accompagnata al suo letto,
l’avevano fatta sedere e le avevano offerto una Burro Birra.
Sfortunatamente il loro atteggiamento cordiale era durato poco, Pansy
aveva preso posto alla sua sinistra e Gioia alla sua destra. Entrambe
la avevano assalita di domande a velocità incredibile,
tanté che si chiese come fosse possibile che due ragazze, che
avevano il quoziente intellettivo inferiore a un babbuino nelle materie
scolastiche, fossero in realtà sveglie e reattive in altre
attività.
E il gossip era il loro hobby preferito.
Comunque non aveva dato loro grandi soddisfazioni, l’unica cosa
che le fosse riuscita bene era rispondere a monosillabi ma loro,
immaginando cosa fosse successo, se non più di quello che era
accaduto in realtà, volevano i particolari.
Così erano andate a dormire deluse e mugolanti mentre lei era
rimasta ancora mezz’ora seduta sul letto immobile, con la sua
lattina in mano.
Dopo un po’ che si era sdraiata aveva provato a prendere sonno ma
la durezza delle lenzuola le fecero rimpiangere il corpo sodo di Draco
e non la aiutarono a chiudere occhio.
Chissà cosa aveva pensato quando gli aveva leccato le dita in modo così lascivo?
E perché ora che se ne ricordava, se vergognava tantissimo?
Con Draco, nei momenti in cui erano stati da soli, era sempre stata se
stessa, si comportava da stronza, faceva battutine calienti ma non si
era mai spinta così in là.
Dio! Gli era saltata addosso!
Si portò una mano sul seno e si sorprese a sentirlo ancora sensibile e liscio.
Le emozioni che aveva provato erano state troppo veloci e, ora che era
tranquilla e le poteva rivivere, le sembrarono troppo belle e forti
perché potesse averle vissute per davvero.
Le labbra di Draco, le sua mani sul proprio corpo ed il suo respiro.
Lei aveva baciato Draco Malfoy.
Sembrava ancora così incredibile ed irreale.
Era stato il più bel bacio che avesse mai ricevuto, intenso,
erotico, passionale ma, ripensandoci, non capì perché,
poco prima di andarsene, lo avesse avvicinato senza far niente.
Forse ora Draco avrebbe pensato che non le era piaciuto e che si era pentita, che era scappata per paura.
Ma le cose non stavano assolutamente così.
Ormai nella sua stanza il silenzio era totale e la tranquillità creava uno scudo attorno a lei.
Ma Marte era comunque inquieta e le sembrava di trovarsi nel posto sbagliato.
Fece attenzione a non far rumore e si alzò dal letto.
Si diresse verso il bagno dove fregò un fermaglio dalla trousse di Pansy e si tirò su i capelli in una coda.
Prese la mantella che le aveva dato Silente per venire al castello quella notte e se la buttò sulle spalle.
Aprì la porta e scese verso la sala comune.
In giro non c’era un’anima, nessun Serpeverde mezzo ubriaco
sdraiato sui divani e nessuna coppietta che dormiva davanti al camino.
Passò davanti alla scala che portava alla camera di Draco con
grande fatica, superò il mega salone ed uscì dalla sala
comune.
Appena fu nei corridoi camminò velocemente verso le scale e uscì dai sotterranei.
I corridoi erano già illuminati da una lieve luce mattutina che penetrava dalle enormi vetrate.
Calcolò che fossero solo le cinque del mattino, ma non sentì alcun accenno di sonno.
La Umbrige e Gazza avevano già sicuramente finito la loro ronda
così avrebbe potuto camminare tranquillamente per la scuola e
pensare.
Nessuno forse se ne era mai reso conto a causa del continuo via vai di
studenti ma se la scuola era avvolta dal silenzio e se facevi
particolarmente attenzione, toccando le pareti, potevi percepire una
grande fonte di energia.
‘Chissà quanti maghi sono passati per di qui.’
Chiese a se stessa rivolgendo il proprio pensiero a Tom, che, come lei
ora, aveva frequentato Hogwarts.
Fece un giro nei corridoi accanto all’aula di trasfigurazione e
su per le scale, nei luoghi più tempestati di quadri della
scuola.
Per lei i quadri erano stati una grande novità, guardarli
dormire rallegrava molto ma ciò che era veramente divertente era
spaventarli. Con Draco lo faceva spesso.
Appena realizzò il pensiero si allontanò e scese
giù per una scala che non aveva mai notato prima, nei pressi
della sala grande.
Lì l’aria non era umida e cupa come nei sotterranei, anzi,
osò pensare che fosse fresca, ariosa e solare, nonostante non ci
fosse traccia di finestre.
Si stava guardando in giro quando sentì il rumore che odiava di più al mondo.
Pop!
“Desidera qualcosa signorina?”
Davanti a lei era apparso uno di quei tanti esserini strani che gironzolavano sempre nella sua sala comune.
Era un elfo molto piccolo, le orecchie non erano assolutamente
proporzionate con il viso, per non parlare degli occhi enormi che
però erano azzurri come il cielo.
Questo però aveva qualcosa di diverso. Prima cosa che
notò fu che era vestito, con tanto di maglione, pantaloni e
calzini, in testa invece portava uno scolapasta, che non gli oscurava
la vista per misericordia.
“Posso fare qualcosa per lei?” le chiese nuovamente.
Marte lo guardò bene poi rispose gentilmente. “Potrei avere un caffè?”
Subito l’elfo sorrise allegramente e le fece gentilmente segno di seguirlo.
“Venga, venga a sedersi! Farò in un lampo. Come lo preferisce? Lungo? Macchiato?”
“Lungo andrà benissimo, grazie.”
L’elfo si fermò a guardarla con occhi sbarrati poi mosse le lunghe orecchie e schioccò le dita.
Apparvero un tavolino e una sedia, la tovaglia era a fiori molto colorata.
“Si accomodi pure.”
Scomparve nuovamente.
Marte si sedette e diede un’occhiata in giro. Nell’aria
senti un profumo dolce di torta appena sfornata e capì di
trovarsi vicino alle cucine.
Theo le aveva parlato di quel luogo. Gli elfi erano molto servizievoli
e spesso, inconsapevolmente, gli davano una mano a preparare i festini
dei Serpeverde.
Gli elfi avevano davvero dei poteri incredibili. Potevano compiere
magie senza bacchetta e senza incantesimi. Avrebbero potuto comandare
il mondo magico se non fosse stato per il loro carattere sottomesso e
introverso.
Pop! Davanti a lei si era appena materializzato lo stesso elfo di prima con un vassoio in mano.
Appoggiò delicatamente sul tavolo la tazzina con il
caffè, lo zucchero e un piattino pieno di biscotti, poi si mise
da parte ma non se ne andò, si fermò a guardarla bere.
“Perché non ti ho mai visto ai festini dei Serpeverde?”
L’elfo si avvicinò di pochi passi con molta cautela. “Lei è una Serpeverde?”
Marte annuì lentamente senza smettere di sorseggiare il suo caffè.
L’elfo aprì ancor di più gli occhi, poi li
abbassò e sembrò quasi arrossire. “Lei non mi era
sembrata una Serpeverde.”
“Non mi avresti invitato altrimenti, vero?” Lei
sorrise.“Comunque non sei il primo a dirmelo. Come ti
chiami?”
L’elfo rialzò il viso e le rispose con la sua vocina sottile. “Dobby, signorina.”
“Beh, Dobby,” Marte si alzò dalla sedia e
allungò la mano. “Grazie molte per il caffè, sei
stato molto carino.”
Dobby arrossì e le porse il braccio tremante.
“Non avere paura, anch’io arrossisco come te se sono imbarazzata.” lo rassicurò Marte ridendo.
La ragazza fece per stringergli la manina callosa molto delicatamente
ma appena si toccarono Marte avvertì una sensazione famigliare.
Vide Hogwarts in ogni sua parte, percorse tutti i corridoi della scuola
ed entrò in tutte le classi, camminò lungo passaggi che
non aveva mai visto, nascosti nei luoghi meno probabili, poi vide una
stanza in cima ad una torre e con uno sforzo si staccò.
Marte si aggrappò ad una parete mentre Dobby cadde a terra e comincio a rotolare e a urlare.
“Cosa è successo? Cosa è successo?”
Marte fece mente locale e cercò di capire cosa aveva appena vissuto.
Aveva visto i pensieri di Dobby tramite il contatto fisico, questo era
chiaro, la cosa grave era che fosse successo contro la sua
volontà.
Ciò stava a significare che i suoi poteri erano quasi del tutto
fuori controllo e che se non avesse iniziato subito l'allenamento tutto
sarebbe stato possibile.
Guardò Dobby, ancora sdraiato a terra, ma non gli si avvicinò avvertendo la sua paura.
“Scusa Dobby. Grazie ancora.”
Percorse il corridoio a ritroso, senza guardarsi indietro, sentì però l’elfo alzarsi in piedi e sparire.
Pop!
Tornare in camera si rivelò quasi un’impresa.
Non si era resa conto dello scorrere del tempo e non si era accorta che fossero già quasi le otto.
Gli studenti erano già in giro per la scuola, sentì le
loro voci mentre ancora stava percorrendo il corridoio. Non poteva
farsi vedere vestita in quel modo, con addosso un mantello nero e un
cappuccio, faceva tanto Mangiamorte, così usò alcuni dei
percorsi che Dobby le aveva mostrato per arrivare ai sotterranei e
lì, pronunciata la parola d’ordine molto velocemente,
entrò nella sala comune e si diresse nella sua camera.
Fortunatamente tutti i Serpeverde erano già andati a colazione,
e la sala sembrava anche più deserta di come era quella mattina.
Sia Pansy che Gioia se ne erano già andate, naturalmente, e in
camera non c’era una cosa che fosse al proprio posto, tuttavia
trovò subito i suoi abiti appesi su una poltrona, indossò
la divisa, le calze le salirono a fatica e la camicia le sembrò
molto scomoda ma non si lamentò, e infilata la mantella con lo
stemma della sua casa e dopo essersi data un’occhiata allo
specchio, volò verso la Sala Grande.
“Ehi Pansy! Hai visto Marte?” chiese alla ragazza dalla parte opposta della sala.
“No Draco, quando mi sono svegliata non era già più nel suo letto.”
Pansy lo raggiunse e si incamminò cui lui verso l’uscita della sala comune.
“Cosa avete combinato ieri notte? Sicuramente qualcosa è
successo ma ciò che non capisco è perché lei sia
tornata a dormire in camera.”
Draco alzò le spalle.
“Quando è tornata mi è sembrata molto agitata, si
è scolata una Burro Birra e sembrava avesse perso
l’uso della parola. Draco, non è che le hai strappato la
lingua vero?”
Draco rise e scosse la testa. “Non credo di essere arrivato a tanto.”
La ragazza alzò le spalle a sua volta e sospirò “Peccato, speravo in qualcosa di eccitante!”
Lo lasciò solo e sgattaiolò in direzione di Blaise.
“Cos’è successo ieri notte Draco? Gioia ha
già iniziato a parlarne in giro e tutti sono curiosi.”
“Lo sei anche tu, Theo?”
Lui gli sorrise ed insieme proseguirono verso la Sala Grande.
“Sono amico di entrambi Draco, mi preoccupo e basta.”
Si sedettero su una panca, un po’ separati dagli altri.
“Ci siamo baciati a lungo. Un attimo primo le avevo detto che l’avevo baciata mentre dormiva…”
“L’hai baciata mentre dormiva?” sibilò il ragazzo come se si stesse trattenendo.
Draco annuì. “ Lo so, Theo. Ma è stato più
forte di me. Appena gliel’ho confessato si è arrabbiata e
sembrava sul punto di colpirmi, poi però mi è quasi
saltata addosso e ci siamo baciati.” Raccontò giocando con
l’uovo strapazzato nel suo piatto.
“E poi? Cos’è successo?”
I due si guardarono. “Niente, mi ha baciato e poi se n’è andata.”
“Cavolo! Il classico prendi e fuggi, solo che di solito sei tu a farlo Draco.”
Si zittirono al passaggio di un gruppo di Corvonero e mangiarono qualcosa poi Theo riprese a parlare.
“Che cosa hai provato?”
“Non lo so con precisione ma voglio sentirlo ancora.”
Theo alzò gli occhi dietro le sue spalle, verso l’entrata della Sala Grande.
Sorrise all’amico furbescamente e iniziò ad alzarsi.
“Dove vai?” gli chiese Draco, ma lui lo zittì.
“Chissà che non risolviate tutto più velocemente del previsto.”
Draco si voltò nella direzione in cui stava guardando e la vide,
mentre varcava la soglia della Sala Grande e si dirigeva verso di lui
molto timidamente.
Era davvero carina, e si stupì a riconoscere su di lei i marchi
che le aveva lasciato la notte precedente, ormai era sua, tutti
potevano vederlo, era sua.
Appena le fu accanto si alzò in piedi e le fece spazio sulla panca.
Marte si sedette molto cautamente accanto a lui e si servì subito un bicchiere di spremuta.
“Assetata?”
“No, ma se hai un consiglio migliore per far passare la sbornia.”
Non assorbiva l’alcool così bene come aveva pensato e
preoccupandosi per i suoi poteri aveva come al solito dimenticato tutto
il resto, aveva un mal di testa tremendo.
Draco sogghignò, levandole di mano il bicchiere e porgendole una tazza fumante di caffè amaro.
“Bevi questo e mangia qualche fetta biscottata con marmellata al limone.”
“Limone?”
“Lo so, con il caffè amaro è un intruglio micidiale
ma ti assicuro che funziona, non so perché, ma funziona.”
Iniziò a bagnarsi le labbra con il caffè, intanto
alzò gli occhi e notò di essere seduta molto lontano da
tutti gli altri Serpeverde.
Abbassò lo sguardo su Draco per chiederglielo ma la domanda le
morì in gola appena vide che il ragazzo le stava spalmando un
po’ di marmellata su un pezzo di pane abbrustolito.
Improvvisamente sentì gli occhi di tutta la casa puntati su di
lei e una grande quantità di bisbigli spandersi per tutta la
sala a macchia d’olio.
Ebbe il coraggio di voltarsi e di guardare sopra la sua spalla e subito
ebbe la sensazione orrenda di sentire il proprio nome pronunciato da
ogni singolo studente presente, sentì il peso dei loro sguardi
addosso e imbarazzata come non mai tornò al suo caffè.
“Draco?”bisbigliò, cercando di farsi notare il meno
possibile. “Perché tutti ci stanno guardando?”
Lo sentì ridere sotto i baffi e metterle davanti un piatto con tre fette biscottate.
“Non so cosa sia successo dopo che sei corsa via ieri sera e non
so cosa tu abbia detto alle tue amiche ma pensavo sapessi che Gioia
è una bomba quando si parla di gossip.”
“Non ho detto niente! Giuro!”
Dio! Aveva introdotto il discorso con la sua solita non chalance ma lei
non poteva affrontarlo subito, la agitava e la esponeva troppo, inoltre
come avrebbe potuto iniziare?
Draco, scusa se sono scappata, il tuo bacio in realtà mi
è piaciuto molto e sarei pronta a ripetere l’esperienza
quando vuoi.
Scosse il capo, mangiò la prima fetta in pochi morsi e ne prese subito un’altra.
“Mangia piano, non c’è bisogno di essere frettolosi, hai ancora tutto il tempo che vuoi.”
Sospirò profondamente, la posò di nuovo sul piatto e si pulì le mani con un tovagliolo.
“Hai ragione, è che proprio non capisco.”
Sbatté il tovagliolo sul tavolo. “Non ho aperto bocca ieri
notte ma loro hanno tratto le conclusioni per conto loro! Odio i
pettegolezzi!”
Lui rise leggermente e, poggiata la testa sulla mano e il gomito sul tavolo, si voltò a guardarla meglio.
“Non è molto difficile leggere le tue espressioni,
Marte.” Con dolcezza le strinse una mano e la accarezzò.
Lei rispose alla sua stretta. “Mi dispiace Draco, non ci ho
potuto fare proprio nulla. Mi dispiace solo che tutti questi
pettegolezzi ti diano fastidio.”
Draco le andò più vicino e le sfiorò una guancia
sorridendo. A quel gesto qualcuno emise un gemito di sorpresa ma
nessuno dei due ci prestò attenzione.
“Non sono infastidito da nulla, Marte.”
Marte lo guardò confusa. “E non hai paura per quello che
diranno gli altri? Già m’immagino, il grande casanova di
Hogwarts s’innamora.”disse con una lieve nota di tristezza
nella voce “La tua immagine subirà un calo.”
Davanti alle sue parole Draco scoppiò a ridere e una seconda
volta il brusio aumentò diventando più fastidioso.
“Innamorato? Lo dai proprio per scontato!”
Marte con una smorfia fece finta di non aver sentito e Draco rise ancor di più per poi ritornare serio.
“Che fine farà la mia immagine non ha più
alcuna importanza adesso, cosa vuoi che me ne importi delle altre se
quando ci sei tu è come se le oscurassi con la tua presenza?
Nessun’altra, davanti ai miei occhi è bella, intelligente
e misteriosa come te.”
Marte sentì gli occhi luccicare e le guancie imporporarsi.
“Mi piacerebbe continuare questo discorso da un’altra parte.” Gli disse sorridendo.
“Non ti piace avere pubblico?”
Marte negò con la testa e iniziò ad uscire dalla panca. “Non molto.”
“Come preferisci.”
Non si affrettarono a raggiungere l’uscita, anzi, procedettero molto lentamente.
Il mondo attorno a loro aveva rallentato il suo giro, non sentivano voci e non vedevano nessun altro che non fosse loro due.
Mentre camminavano Draco aveva avvicinato la sua mano a quella di Marte
e aveva iniziato a giocare con le sue dita accarezzandole delicatamente.
“Dove preferisci continuare il discorso?”
Lei sembrò pensarci, poi chiese “Cosa abbiamo alla prima?”
“Trasfigurazioni.” Rispose lui mestamente.
Usciti dalla Sala Grande Marte lo fermò. “Non penso che ci
sia nulla di male a saltarla per una volta, poi te la spiego io se
vuoi.”
Draco spalancò gli occhi sorpreso che lei fosse disposta a
saltare una lezione, nonostante sapesse del perfezionismo della
ragazza.
“Adoro la mia nuova professoressa, è leggermente più carina dell’altra.”
Marte inarcò un sopracciglio minacciosamente. “Leggermente?”
Draco rise di gusto e le poggiò un braccio sopra le spalle. “Va bene, molto più carina.”
“Non so se mi basta ancora.”
Allora le prese una mano, se la portò vicino alle labbra e le
baciò i polpastrelli delle dita e aggiunse. “Molto
più bella.”
Marte sorrise contenta. “Allora direi che si può andare fuori in giardino, un po’ lontano.”
“Molto lontano.”
Sorrise ancora. “Va bene, molto lontano.”
“Ti guido io.”
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Capitolo 12 *** Dodicesimo. ***
12° B.F.T
Un Grazie di cuore a chi mi ha aggiunto fra i preferiti o fra le storie seguite.
Buon Natale e Buona Lettura!
Dodicesimo.
“Non ci posso credere. Le sta imburrando il pane!”
Ron, dal preciso istante in
cui Marte aveva varcato la soglia della Sala Grande, aveva dato inizio
ad una radio-cronaca molto scrupolosa su ogni mossa fatta da Malfoy.
Tutti, nella sala, erano concentrati sui due Serpeverde, loro tre in particolar modo.
Hermione davvero non ci volle credere.
Sin da subito aveva capito che qualcosa stava girando nel verso sbagliato quella mattina.
Appena entrato Malfoy,
il tavolo dei Serpeverde si era improvvisamente zittito, come se il
protagonista, o uno dei protagonisti, del loro pettegolezzo fosse
entrato nel raggio di ascolto.
Malfoy, tuttavia, si era semplicemente seduto in disparte in compagnia di Nott.
Non era rimasta stupita nel
non vedere Marte, la ragazza era solita scendere più tardi
mentre Malfoy non stava seduto ad aspettarla per andare a lezione
insieme.
Anocora più strano fu ciò che accadde quando Marte entrò nella Sala Grande.
Questa volta l’intera
sala si zittì, il pettegolezzo era stato trasmesso a tutta la
scuola in un tempo record di cinque minuti.
Tuttavia la ragazza aveva finto di non accorgersene e si era incamminata verso Malfoy.
Hermione non l’aveva mai vista arrotolarsi i capelli attorno alle dita, mai.
Rimase sconvolta.
Nella sala in pochi secondi il
si alzò un brusio talmente fastidioso da somigliare alla
telecronaca di una partita, e si vergognò quasi a pensare che
anche lei ne facesse parte.
Rimase concentrata sulla loro figura come tutti per pochi secondi poi per tranquillizzarsi disse "Va bene, Marte e Malfoy fanno colazione insieme, e allora? Non succede forse tutte le mattine?”
Ron e Harry la zittirono simultaneamente.
“Hermione non la senti
questa tensione nell’aria?” le sussurrò il rosso
intanto che seguiva attentamente la scena. “Si dice che ieri
notte Marte sia tornata in camera sua sudata e rossa come un peperone,
tu sai cosa vuol dire, vero?”
Hermione strabuzzò gli
occhi e rispose aspramente. “Ron tu sei sempre rosso in viso,
questo non sta a significare che tu abbia fatto sesso!”
“Hermione!” Harry la zittì, anche lui attento, ma quasi infastidito dalla scena.
Lei ritornò al librone che aveva preso dalla biblioteca e riprese a leggerlo mangiucchiando un biscotto.
Poco dopo sentì
provenire dal suo tavolo una serie di espressioni esclamative, ma non
volle alzare la testa e si accontentò di sentire solo la cronaca
di Ron dire che Malfoy le aveva stretto la mano.
Mai che ci fosse un po’
di privacy in quel posto; il castello era grande in lungo e in largo
ma, chissà come e chissà perché, tutti sapevano
sempre cosa stavi facendo, dove lo stavi facendo e con chi.
Venne spaventata da Ron che la prese per una spalla. “Le ha sorriso di nuovo! Herm, sbrigati! Guarda!”
Hermione non resistette e
alzò la testa in tempo per intravedere Malfoy sfiorare la
guancia della sua amica e Marte muoversi al suo tocco.
Un gemito di sorpresa le uscì involontariamente dalla bocca, che si coprì subito con le mani.
Malfoy stava facendo il romantico? E non solo.
Era sexy, ammaliante e le sorrideva sia con le labbra sia con gli occhi con dolcezza e attenzione.
Le sue labbra si muovevano
lentamente e mano a mano che parlava vide l’espressione di Marte
tramutarsi radicalmente, da una incredibilmente timida fino ad una
sorridente, piena di fiducia e felice.
Ciò che aveva predetto, anche se più che predetto le era sembrato palese, era accaduto.
Marte e Malfoy si erano innamorati.
Marte, scoperto che il suo
amore era pienamente ricambiato, Malfoy non le staccava minimamente gli
occhi di dosso, non si sarebbe fermata davanti a nulla e tutti i suoi
tentativi per farle capire che era un Mangiamorte si erano dimostrati
inutili.
Poi assisti ad un’ultima scena che ebbe davvero dell’incredibile.
Malfoy non aveva mai
dimostrato la benché minima dolcezza verso nessuna, anzi,
fingeva di conoscere ragazze che magari erano andate a letto con lui
fino al giorno prima; con Marte invece si era fatto avanti, e ora
stavano uscendo dalla sala comune insieme, mano nella mano.
“Oh mio Dio. È
impazzito.”disse Harry dopo qualche minuto che i due erano
usciti, dopo aver continuato a fissare insistentemente la porta.
“Quello non è Draco Malfoy, devi dirglielo Hermione!
Malfoy è una serpe della peggior specie, subdolo, viscido,
calcolatore, un bastardo!”
Hermione sorrise.
“Harry, lo sa già com’è fatto Malfoy, inoltre
anche lei è una serpe, non lo dimenticare.”
“Hermione ma è tua amica, come fai a fregartene così?”
Anche Ron si era fatto attento e voleva ascoltare la sua risposta.
“Cosa credete che abbia
provato a fare in tutti questi mesi secondo voi?” disse con un
tono duro e deciso nella voce, “Le ho provate tutte per farle
capire che Malfoy è figlio di Mangiamorte, che è malvagio
e viscido, ma Marte si fida ciecamente di lui.”
“Ma le hai detto esattamente questo, Herm? Che è figlio di Mangiamorte?”
L’espressione della
ragazza vacillò e anche la sua voce si fece più incerta.
“No, Harry, sarebbe stato crudele, lei non lo sospetta nemmeno.
Solo ieri abbiamo parlato un po’ di Voldemort…”
Harry la afferrò per un
braccio e le sibilò vicino all’orecchio, “Hai
parlato di Voldemort con una Serpeverde, ma sei impazzita? E se lei lo
va a dire a Malfoy?”
Hermione non si fece minimamente intimorire e strattonò il braccio dalla sua presa.
“Ti contraddici da solo
Harry?” chiese mentre si preparava a raccogliere i libri dal
tavolo. “Hai appena finito di dire che è diversa ma
subito, per colpa dei tuoi sbalzi d’umore, sei tornato a
considerarla una Serpeverde alla stregua della Parkinson. Io mi fido di
lei, non ne parlerà mai con Malfoy, non è di questo che
ti devi preoccupare.”
Si alzò e fece per
andarsene ma tornò subito sui propri passi e sussurrò.
“Io mi fido più di lei che di voi in questo momento. Voi
sarete Grifondoro, tanto coraggiosi e leali, ma avete un ego infinito e
non vi accorgete di nulla al di fuori di voi stessi. Non avrei mai
creduto di dirlo ma Marte, che è Serpeverde, è molto
meglio di voi. Svegliatevi!”
Uscì infuriata come non
mai dalla Sala Grande e poiché tutti i Grifondoro erano molto
sensibili al suo carattere si zittirono come per magia, e il silenzio
si prolungò anche dopo che lei era già sparita.
Ron guardò Harry, che, con un misto d’imbarazzo e di rabbia, si era piegato sulla sua ciotola di cereali.
“Ha ragione Harry, lo
sai? In questo periodo ci siamo stati solo noi, noi, e noi.”
Disse tristemente. “Non ci siamo minimamente comportati da
amici, non le abbiamo mai chiesto del suo rapporto con Marte ma non
abbiamo fatto altro che farle pesare i nostri sbalzi
d’umore.”
Harry buttò il
cucchiaio nella ciotola del latte, la fame gli sparita del tutto,
litigare con Hermione era sempre tremendo.
“Sentì Harry
forse non lo sai, anzi,” si fermò ripensandoci,
“probabilmente non lo sai, non penso che Hermione te ne
abbia mai parlato, sarebbe stato strano altrimenti; lei non ti avrebbe
mai caricato di problemi che non fossero tuoi.”
Si fermò a guardare
Harry. L’amico raccolse la sua borsa da terra, “Andiamo a
parlarne fuori? Non ho più voglia di stare qui dentro.”
Ron annuì e lo seguì.
Si diressero verso la torre di Astrologia.
“Hermione ha sempre
cercato di alleggerirti il peso dei problemi pensando che tu ne avessi
già abbastanza dei fatti tuoi. I tuoi incubi, le punizioni,
Tartufo ecc…Beh, in questi mesi ho avuto anch’io un grave
problema e Hermione mi ha aiutato a risolverlo da sola.”
“Che tipo di problema? Io non ne ho mai saputo nulla.”
Ron sorrise e lo guardò. “Certo che no, Harry, Tu-Sai-Chi è più importante.”
“Non ho mai detto questo, tu lo sai, ma lui ha ucciso i miei genitori.”
“Infatti, io non ti ho
mai criticato per questo, e nemmeno ora lo sto facendo. Sto criticando
entrambi perché in questo periodo abbiamo lasciato Hermione da
sola.”
Iniziarono a salire le scale
per arrivare in cima torre, in giro non si vedeva ancora nessuno ma il
loro tono di voce si fece comunque più basso mano a mano che
salivano.
“Tu sei preoccupato per
Voldemort, i tuoi incubi ed inoltre, quando non pensi a lui, hai
la testa costantemente occupata da Cho o dal Quidditch. Io invece mi
sono comportato in modo imperdonabile.”
“Perché? Non mi pare che tu abbia fatto niente di male.”
“Harry! A volte mi
sembra che tu abbia ancora gli occhiali, non hai più scusanti
adesso, e nemmeno io. Non hai notato il mio comportamento il mese
scorso? Non hai notato nulla di strano?”
Harry ci pensò per un
po’ e poi disse. “Sì, mi sembravi più
svogliato del solito e con Hermione sembrava che avessi perso tutte le
tue inibizioni.”
“Non so come
dirtelo.” Ron si coprì gli occhi con una mano, inspiro
profondamente e con un unico respiro disse. “Io mi drogavo,
Harry.”
“No!”
Hermione prima di andare sulla torre di astrologia fece un giro in giardino.
Immaginò che Marte e
Malfoy avrebbero saltato la prima e forse anche la seconda ora di
lezione, quando erano usciti dalla Sala Grande non le era sembrava che
avessero avuto intenzione, o voglia, di andare a fare Trasfigurazione.
Forse era anche meglio così, non sarebbero riusciti a concentrarsi.
Aveva ancora una decina di
minuti prima di andare alla lezione, così si sedette sulla loro
solita panchina e tirò fuori dalla borsa il libro o, per meglio
dire, il mattone che stava consultando quella mattina a colazione.
Dalle informazioni che le aveva dato Marte aveva dedotto che la sua famiglia doveva essere piuttosto famosa e potente.
A suo padre era stato pure
affibbiato un soprannome di tutto rispetto, Angelo dei Veleni, e
dunque, come se non bastasse, aveva dedotto che la sua famiglia aveva
pure una parte oscura. Non per niente Marte era finita nei Serpeverde.
Inizialmente però aveva deciso di lasciare da parte questa supposizione.
Non era detto che suo padre,
poiché aveva un nome un po’ aggressivo o poiché
aveva ucciso un numero indefinito di persone, fosse un cattivo.
Questa sua speranza però stava per essere amaramente smentita.
Il libro che aveva in mano
parlava di famiglie famose, purosangue e non, il nome Angelo dei Veleni
era stato pronunciato solo due volte, di cui una volta era riferito ad
una donna.
Il libro non dava altre spiegazioni, né sulla persona né sulla famiglia.
Era normale, Ruff aveva detto
una volta che i maghi purosangue, se dovevano essere nominati in un
libro che trattava anche di famiglie mezzosangue, preferivano mantenere
un profilo molto basso e la parte che gli veniva dedicata era minima.
Per essere sicura aveva
controllato anche la famiglia di Malfoy. Del suo albero genealogico
venivano nominati si e no due nomi, due maghi che venivano ricordati
per aver combattuto strenuamente contro la famiglia Radix.
Hermione non si stupì
affatto, i Malfoy erano da secoli alleati di Voldemort, i Radix invece
erano famosi cacciatori di maghi oscuri, lo scontro era stato
inevitabile.
L’unica cosa
d’interessante che aveva scoperto era che Angelo dei Veleni era
stato un pozionista davvero in gamba, il libro diceva che era in grado
di riconoscere i veleni anche solo annusando la bibita o il cibo. Era
strepitoso.
Di certo ora Hermione poteva escludere la morte per avvelenamento.
Si alzò e si diresse in biblioteca.
Poggiò il libro dove l’aveva trovato e si diresse verso la bibliotecaria.
Ora che era al quinto anno
aveva libero accesso alla Sezione Proibita, conosceva i libri sui
purosangue a memoria e nella parte normale non avrebbe trovato nulla
che l’avrebbe potuta aiutare, la sua ultima possibilità
era di andare a frugare tra i libri di magia nera.
Si avvicinò cautamente a Miss Pince e cercò di usare un tono molto neutro e disinteressato.
“Potrei avere la chiave della Sezione Proibita per favore?”
Miss Pince si sporse dal bancone e si abbassò gli occhiali per guardarla bene.
“Lei è?”
“Hermione Granger, Grifondoro, quinto anno.”
“Un Grifondoro nella Sezione Proibita? I tempi stanno proprio cambiando.”
Le porse la chiave e Hermione non si fece attendere, la prese e s’incamminò velocemente verso la Sezione Proibita.
Una volta dentro prese
l’elenco dei libri da un tavolo, lo scorse velocemente e
individuò subito il libro adatto “Famiglie Purosangue: le
più velenose.”
Il titolo faceva quasi ridere ma non c’erano volumi comici nella Sezione Proibita, di questo ne era più che certa.
Lo individuò subito ma
non perse tempo a sfogliarlo o ad accertarsi che fosse quello giusto,
per prima cosa perché ora aveva lezione, poi perché
odiava stare lì dentro più del dovuto, si sentivano
scricchiolii in continuazione, era agghiacciante.
Riconsegnò le chiavi a Miss Pince, registrò il libro che aveva preso e corse subito verso Astronomia.
Mentre camminava diede un’occhiata alla copertina del libro.
Sembrava davvero antica e ben lavorata, era fatta di cuoio nero e ricami dorati, il massimo del lusso.
Salì la prima rampa di scale quando riconobbe due voci a lei familiari.
“Non hai notato nulla di strano?”
‘Ron?’
“Sì, mi sembravi più svogliato del solito e con Hermione sembrava che avessi perso tutte le tue inibizioni."
Hermione si sentì arrossire: Harry se ne era accorto. Si avvicinò ma rimase silenziosa ad ascoltare.
Non aveva ancora capito quale fosse il centro della conversazione finché non sentì Ron parlare nuovamente.
“Non so come dirtelo.”
Hermione capì
all’istante, iniziò a correre su per le scale, il peso del
libro e della borsa erano incredibilmente fastidiosi ma non le
importava.
Arrivò in cima appena in tempo per sentire Ron rivelare tutto a Harry. “Io mi drogavo, Harry.”
“No!”
Sentì le forze
abbandonarla improvvisamente, si sentì svuotata, lasciò
cadere tutto a terra, libro, borsa e senza nemmeno rendersene conto
iniziò a piangere.
“Hermione!” dissero i due all’unisono prima di avvicinarsi a lei.
“Perché glielo
hai detto Ron?”chiese disperata fra le lacrime. “Io non
volevo che lui sapesse, non volevo dargli un altro dispiacere!”
I volti di entrambi si
intenerirono e mentre Ron le abbracciava le spalle Harry le
offrì un fazzoletto con cui asciugare le lacrime.
“Io non voglio essere
escluso da cosa vi succede Herm, voi siete l’unica mia scappatoia
da tutte le preoccupazioni che ho, non voglio essere messo da parte per
questo.”
Hermione alzò gli occhi arrossati dal pavimento e lo guardò.
“Se avessi saputo che Ron si drogava come minimo lo avrei picchiato!”
Così dicendo sul viso di Hermione comparve un sorrise leggero.
Lui aprì le braccia e la ragazza vi si buttò dentro.
“Mi dispiace Harry.”
“è stata tutta colpa mia, Herm, sarò meno umorale d’ora in poi, te lo prometto.”
“Io voglio fare qualcosa
per quanto riguarda Voldemort, Harry, voglio aiutarti a trovare un modo
per partecipare. Anch’io voglio entrare.”
Harry annuì e rivolgendosi anche a Ron. “Troveremo un modo, noi tre.”
“Ben detto, Harry.”disse Ron annuendo convinto.
Non seguirono la lezione di Astronomia come avrebbe voluto Hermione, ma per quella volta anche lei permise un’eccezione.
C’erano molte cose che dovevano raccontarsi e molte altre che dovevano decidere.
“E così Marte è diventata la tua migliore amica.”
Hermione annuì.
“Sì. Sotto molti aspetti siamo diverse ma la
mentalità è la stessa, ci intendiamo molto. È
davvero speciale.”
“Dovrei parlarci un giorno.”disse Harry.
“Tutte e due dovreste, è molto simpatica, un po’ sadica a volte ma ha una dolcezza inaspettata.”
Ron indicò il librone che aveva appena preso dalla biblioteca con sguardo critico.
“Da dove l’hai preso?” chiese.
“Dalla Sezione Proibita.”
“Cosa? E perché?” domandò Harry leggermente allarmato.
“è per una
ricerca che devo fare.” Si zittì per alcuni secondi
vedendo passare la professoressa.“Riguarda Marte.”
“Cosa c’entra lei?”
“Penso che lei abbia un
passato leggermente ingarbugliato, nascosto e sono certa che lei abbia
un qualche contatto con Voldemort.”
Entrambi si fecero immediatamente più attenti e ricettivi, scribacchiando ogni tanto qualche appunto.
“Come fai a dirlo?”
“Suo fratello è
stato ucciso dai Mangiamorte o da Tu-Sai-Chi in persona, dunque un
qualche legame lo deve avere, ma non so quale. Per questo sto indagando
sulla sua famiglia.”concluse indicando il volume.
“E che cosa ne pensa della tua ricerca?”
“Me l’ha chiesto lei di farlo.”
Harry la guardò seriamente senza capire, e la stessa confusione le venne trasmessa da Ron.
“Perché?”
Non era facile sbandierare i
segreti della sua migliore amica ma anche loro erano suoi amici e non
poteva nascondergli una cosa così importante.
“Io penso che sia sotto
giuramento o qualcosa di simile, penso che qualcuno le abbia fatto
promettere di non dire nulla.” Alzò per la prima volta lo
sguardo dal suo foglio di pergamena e abbassò la voce.
“Neanche lei sa molto
della sua famiglia, sa che suo padre aveva il nome di un angelo e che
il suo soprannome era Angelo dei Veleni. Sua madre era una donna molto
influente. Sono entrambi morti.
Suo fratello invece si chiamava Laer Lilium, ma non era il suo vero nome, è morto prima di poterglielo dire.”
“Così è orfana.” Ron si trattenne dal dire ‘anche lei’.
Hermione annuì, Harry
invece non parlò più fino alla fine della lezione e si
limitò a prendere appunti.
“Ho una gran voglia di
combattere e ucciderlo, far capire a tutti che è tornato.”
Esordì a fine lezione.
“Ci verrà un’idea, Harry.” Disse Ron dandogli una pacca sulla spalla.
Sì, ce l’avrebbero fatta.
Quella sera, nella sala
comune, i tre si ritrovarono davanti al camino a discutere gli ultimi
avvenimenti: l’amicizia di Hermione con Marte, la cotta di Harry
per Cho Chang e per ultimo, con grande delicatezza, affrontarono la
temporanea dipendenza di Ron dalle droghe.
“Domani ho ancora la punizione con la Umbrige.” Disse Harry guardandosi la mano.
“Quante te ne mancano ancora?” chiese Ron, che aveva il capo appoggiato su un braccio del divano.
“Tre o quattro.”
“Ho trovato su un libro
di pozioni la ricetta per l’Essenza di Purvincolo, il libro dice
che fa miracoli contro i tagli profondi e le escoriazioni, magari mi
faccio aiutare da Marte per prepararla.”
“Il Quidditch invece?” chiese ancora Ron.
Harry si stiracchiò un
po’ e disse mestamente. “Non andiamo molto avanti, la
partita contro i Tassorosso l’abbiamo vinta per un pelo ma dopo
Natale ci sarà quella contro i Serpeverde e Malfoy in questi
giorni sembra maledettamente in forma.”
Ci pensò un po’ e poi chiese a Hermione “Secondo te, Marte, cosa ci trova di bello? E tutte le altre?”
“è vero.”
Aggiunse con una smorfia Ron. “Ad ogni allenamento dei Serpeverde
c’è uno stuolo di ragazzine sugli spalti che gli fa il
tifo, è una cosa penosa.”
Hermione rise “ è penoso per voi, non per lui, vero? Se volete vengo io a farvi il tifo.”
“Non è divertente Hermione!” esclamò Ron, cercando di coprire le risate della ragazza.
“Se proprio volete
saperlo, anche se probabilmente non sono la persona adatta a dirvelo,
Malfoy è molto sexy ed è misterioso.”
Ron arrossì di rabbia mentre Harry fissò il camino con insistenza.
“Pensa troppo al suo
aspetto e perde tutta la sua mascolinità.”affermò
Ron dopo un po’. “Si vede lontano un miglio che è
effemminato.”
Hermione scosse la testa. “nessuna ragazza lo guarderebbe se lo fosse, inoltre Marte non ci starebbe insieme ora.”
Harry buttò indietro la
testa stancamente. “Odio la scuola, pagherei oro se ci fosse un
modo per farmela piacere di più!”
Hermione ebbe
all’improvviso la sensazione di una lampadina che si accendeva,
si alzò dal divano e si posizionò davanti ai due ragazzi
con le mani sui fianchi.
“Ma certo Harry! é logico! Perché non ci siamo arrivati prima?”
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo confuso e incerto, poi tornarono a guardare Hermione.
“Cosa è logico?”
“Non ti seguiamo.”
“La scuola, Harry,
è questa la soluzione! Tu insegnerai agli studenti che lo
desiderano come lottare, gli farai da insegnante di Difesa. Sarà
fantastico!”
Hermione sprizzava gioia da tutti i pori, il divano invece sembrava che si fosse improvvisamente congelato.
“Non è una grande idea, Herm, io non ne sono in grado.”
“Harry, si invece! Chi
ha referenze migliori delle tue? Affronti Voldemort da quando avevi
undici anni e conosci più incantesimi di tutti noi. Cosa vuoi di
più?”
Harry guardò Ron che gli disse incoraggiante “Potrebbe funzione, Harry.”
“Va bene, ma come
facciamo a scegliere chi potrà partecipare, non possiamo farci
scoprire subito. E il luogo?”
Nonostante i problemi, l’entusiasmo di Hermione non si spense, prese a camminare per la sala comune.
“Beh, chiederemo agli amici, i Grifondoro che sappiamo essere fidati, per le altre case invece io chiederei a Luna.”
Ron strabuzzò gli occhi. “Alla Lovegood?”
Hermione annuì.
“Non sembra ma lei conosce un sacco di gente e sono certa che se
glielo chiediamo troverà le persone giuste.”
“Va bene”disse Ron. “Ma per il luogo? Che si fa?”
Harry si alzò in piedi e i suoi occhi verdi scintillarono come fari.
“Che ne dite di Dobby?”
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Capitolo 13 *** 13. ***
13° B.F.T
Tredicesimo.
Nelle settimane successive ebbe inizio la vera frenesia.
Il lago nero era ghiacciato
del tutto già da molti giorni, l’aria all’esterno
era da neve e, di conseguenza, gli allenamenti di Quiddicth e tutte le
attività al di fuori delle mura scolastiche erano state
interrotte, nonostante ciò molti ancora prendevano la scopa e
andavano a farsi un giro per distrarsi.
Dentro il castello, invece, l’atmosfera era calda e festosa.
Le grosse vetrate erano state
decorate con cristalli di neve, agli archi e alle porte erano stati
appesi una grande quantità di vischio e su per le scale i quadri
intonavano canti natalizi, di cui alcuni molto stonati.
Nonostante l’allegria
c’erano gli ultimi esami da superare prima delle vacanze e gli
studenti vivevano fra biblioteca, classe e sala comune.
La Umbrige aveva da tempo
licenziato la Cooman, che era stata sostituita da Fiorenzo e, senza
perdere tempo, stava meditando sul licenziamento di Hagrid.
Marte non aveva più
avuto contatti con Silente e non aveva la più pallida idea di
come il vecchio mago avesse affrontato la presenza della donna e di
come avesse reagito alle nuove leggi che erano state imposte alla
scuola; lei, se fosse stata preside, non avrebbe esitato a cacciarla
via a calci.
Hermione le aveva raccontato
come il suo rapporto con Harry e Ron stesse procedendo felicemente, la
ragazza era contenta più che altro perché la punizione di
Harry era conclusa, la sua mano, grazie all’essenza di purvincolo
che avevano preparato, era migliorata molto e il ragazzo le sembrava
più tranquillo.
Inoltre, ultimamente, era
stata sempre occupata, frequentava la biblioteca molto spesso, e
sicuramente non occupava tutto il tempo allo studio e alla sua ricerca,
c’era qualcosa di nuovo che bolliva in pentola.
Marte aveva organizzato i suoi
allenamenti in modo da occupare il tempo in cui Draco era a giocare a
Quidditch, per non destare sospetti.
Per un’ora e mezza spariva e si rifugiava in cima alla torre ovest.
Il solaio era sporco e
impolverato ma non le importava, lei si sedeva in mezzo alla stanza e
si concentrava sul silenzio che la avvolgeva.
Ritrovare il ritmo non era
stata un’impresa facile: ogni cosa, ogni suono, ogni pensiero
riusciva a distrarla così, durante le prime sedute, si era
dovuta dedicare solo alla fase dell’isolamento.
Per raggiungere il silenzio doveva allontanarsi da tutto il resto.
Passato il primo ostacolo
tutto era filato liscio come l’olio e in meno di un mese aveva
provato nuovamente la bellissima sensazione di essere avvolta dalla
magia.
Percepiva la magia fluire
dentro e fuori dal suo corpo, liquida e mutevole, preziosa, era tornata
a fare gli incantesimi con le mani con la stessa facilità con
cui li compieva prima, ed era davvero divertente.
Anche quelli che le stavano attorno avevano avvertito che qualcosa in lei era cambiato.
La sua aurea era diversa,
più forte, più compatta ma anche il suo aspetto fisico
era cambiato. Non aveva perso del tutto l’aspetto fragile che
aveva acquistato in quei mesi di ‘peregrinazione’
però la sua pelle bianca era omogenea e non più
trasparente, i suoi capelli erano diventati più lucidi e i suoi
occhi più scuri. Tutte piccole differenze che nell’insieme
le davano un aspetto completamente diverso.
Dal punto di vista magico aveva riconquistato quasi tutta la sua forza.
La bacchetta di Lilium era
stata riposta definitivamente in un cassetto della sua vecchia camera,
ora usava solo la propria. Grazie a lei aveva riconquistato tutte le
affinità che credeva perdute, era tornata ad essere leggera,
precisa e potente.
Ma oltre a questo, ciò
che la rendeva più felice, era che poco a poco stava tornando ad
avvertire i pensieri altrui.
Faceva ancora fatica, la cosa
le richiedeva un minimo di concentrazione e doveva avere ancora un
minimo di contatto fisico, però il fatto di riuscire a
controllare questo istinto la rendeva fiera di sé.
Non era però del tutto soddisfatta e convinta dei suoi riflessi e della sua capacità di reazione.
Con Lilium aveva raggiunto una
capacità combattiva molto elevata, aveva imparato ad usare tutte
le sue arti e a leggere i pensieri dell’avversario prima che
questo l’attaccasse, ma era da anni che non si metteva alla prova
e da anni che non trovava un avversario alla pari.
Draco non poteva includerlo, non avrebbe potuto combattere contro di lui, Draco era la sua debolezza.
Pansy e Gioia condividevano la
camera senza di lei da quel giorno in sala Grande, quando alla fine,
invece che saltare solo la prima lezione avevano passato l’intera
giornata di scuola sulle rive del lago nero da soli.
La certezza di avere Draco tutto per sé le aveva dato una bellissima sensazione di forza e di felicità.
Le prime notti erano state bellissime, tutte da scoprire, perché alle carezze e agli abbracci si erano aggiunti i baci.
I suoi baci non erano solo
fantastici e maliziosi ma arrivavano sempre senza preavviso, ciò
che adorava di più era che con lui niente era un luogo comune e
tutto era lento e atteso, desiderato.
La sera era il momento della giornata che aspettava con più ansia.
A cena, con l’arrivo
della notte, la tensione fra loro si faceva sempre più alta ogni
giorno che passava e lei, incapace di sopportarla, si faceva seguire in
un luogo deserto per baciarlo e lasciarsi andare.
A Draco piaceva che fosse lei
a prendere l’iniziativa a volte; il fatto che Marte non potesse
resistergli non lo stufava affatto, anche perché la cosa era
reciproca; la sua sola fortuna era di avere più pazienza della
ragazza e essere capace di resistere fino ad entrare in camera per
rilassarsi con lei.
Nonostante dormissero insieme tutte le notti non erano mai andati fino in fondo.
Hermione glielo aveva chiesto
una volta con grande discrezione e lei era arrossita non solo per la
situazione ma anche perché, con tutta sincerità, non
aveva mai pensato a quella fase della relazione.
Guardando Draco le venivano in
mente tante cose, e tutte centravano con il sesso, il problema era che
lei non si era mai vista in nessuna di queste e la domanda di Hermione
le aveva aperto le porte verso un universo inesplorato.
Da quel giorno aveva iniziato
a guardare Draco sotto una luce diversa, non più solo come il
ragazzo dei suoi sogni, bellissimo e malizioso. Draco era un uomo.
Dio! Aveva sempre saputo che fosse un casanova e che avesse tutte le carte per esserlo, ed infatti era sempre stata
gelosa di quella parte del suo carattere ma non aveva mai fatto un
collegamento essenziale, e cioè che se si era guadagnato quella
fama c’era stato di sicuro un motivo.
Così, per andare a dormire indossava sempre dei pigiama molto coprenti, dicendo addio alle camicie da notte.
Quei pigiama non avrebbero aizzato gli istinti di nessuno ma non aveva calcolato una cosa.
Draco le aveva sempre detto
che lei aveva una sensualità innocente e ingenua ma non
l’aveva mai capito né preso sul serio, così, tutte
le volte in cui s’infilava o sfilava una maglietta, Draco la
sorprendeva alle spalle, la abbracciava e le posava le mani sul ventre
scoperto.
Sentire il corpo del ragazzo
aderente al suo le trasmetteva sempre dei brividi indescrivibili che,
se abbinati ai pensieri sconci che faceva tutte le volte che gli stava
accanto, diventavano quasi insopportabili.
Poi, appena entrati nel letto,
pigiama o non pigiama, stare lontani diventava impossibile e doloroso
da sopportare; Draco poi trovava sempre il modo di superare gli
ostacoli e sia il pantalone lungo sia la maglietta larga diventavano
inutili.
Non sapeva se lui avesse intuito qualcosa e sinceramente sperava di no, non voleva sembrare paurosa e insicura.
“Cosa hai intenzione di fare per le vacanze natalizie?”
Alzò gli occhi dalla rivista che stava leggendo sulla poltrona di Draco, davanti al camino della loro stanza.
Draco non sapeva che la sua
famiglia non esistesse più, così rispose. “Ho paura
che rimarrò qua, i miei e mio fratello sono in giro per lavoro.
Tu?”
Draco continuò ad asciugarsi i capelli ed intanto si avvicinò a lei e al fuoco.
“Non so, mio padre
vorrebbe che tornassi a casa dopo il Ballo d’Inverno ma sto
cercando di convincerlo a farmi rimanere, non voglio lasciarti.”
Marte smise ancora una volta
di leggere e guardò Draco che si trovava ormai in piedi davanti
a lei, con un asciugamano a coprirgli il corpo dall’inguine in
giù.
Buttò la rivista a
terra e lo abbracciò, avvolgendo le braccia attorno al suo
bacino e poggiando la testa all’altezza del suo ombelico.
Poi si alzò in
ginocchio sulla poltrona e gli baciò i muscoli del petto mentre
lui aveva poggiato una mano fra i capelli e le accarezzava la testa.
“Ci dobbiamo andare per forza a quella festa?”
Draco annuì gentilmente
e le alzò il mento. “Sì, Marte, e voglio che tu sia
bellissima quella sera, la più bella.”
“Lo faccio solo per te.”sospirò rassegnata.
“E per chi lo dovresti fare altrimenti?”
Marte si alzò, lo prese
per mano e lo condusse verso il letto. “Non potremmo fare
qualcos’altro? Arrivare a un’altra soluzione?”
Fece sedere Draco sul letto e
senza smettere di guardarlo gli accarezzò la testa ancora umida
con un massaggio molto persuasivo.
“Per favore, non sono fatta per le cose mondane.”
Draco rise scherzosamente e la
prese per i fianchi. “Non c’è nulla di mondano,
Marte. Noi due abbiamo troppe poche occasioni per uscire insieme,
andiamo ad Hogsmade ogni tanto, ma non è abbastanza; io voglio
andare al ballo con te e mostrarti al mondo in tutto il tuo
splendore.”
Marte sbuffò,
nuovamente insoddisfatta, nonostante le parole di Draco le avessero
fatto piacere. “Non posso fare nulla per farti cambiare
idea?”
“Ed io non posso convincerti in alcun modo?”
Si sedette sulle sue gambe e avvicinò il viso a quello del ragazzo.
“Qualcosa potresti fare, ma non mi convinceresti, mi renderesti il tutto solo più piacevole.”
Draco le sorrise furbescamente e la baciò sulle labbra con dolcezza.
“Togliti tutto, ti prego, solo per questa volta.”
Marte spalancò gli occhi. “Io mi riferivo solo a un bacio, Draco. Non…”
“Giuro che non ti farò nulla se non vorrai, te lo prometto.” la interruppe, pronto a rassicurarla.
Le parole di Draco la colsero impreparata e la sorpresero.
“Come hai capito?” Draco si limitò a sorriderle.
Quante volte le aveva detto
che la sua espressione era facile da leggere? Lui era sempre stato
abile a capire le sue espressioni e i suoi gesti, era normale che
avesse inteso la sua esitazione.
Lo abbracciò più saldamente attorno alle spalle. “Me lo prometti?”
“Una parola, un gesto e mi fermerò.”
“Non sono pronta per arrivare fino in fondo, ho paura.”
Draco iniziò a
sollevarle la maglietta prima di dirle con voce roca e con gli occhi
già sciolti come metallo fuso. “Te lo prometto.”
Alzò le braccia per
agevolarlo, poi si alzò in piedi e aspettò che lui
snodasse l’elastico e le abbassasse i pantaloni del pigiama.
Insieme all’aria tiepida
sentì sulla pelle il tocco incerto delle mani di Draco sulle
cosce e delle sue labbra sul ventre.
“Avvicinati, non avere paura.”
Marte avanzò di un passo con l’aiuto di Draco che l’aveva presa per i fianchi.
I suoi baci sulla pelle erano
dolci come il miele ed esasperatamente lenti. Le facevano venir voglia
di contorcersi ma allo stesso tempo la spingevano a stare ferma se ne
avesse voluti ancora.
Di sorpresa sentì la
sua lingua muoversi dentro l’ombelico e un gemito roco le
uscì dalle labbra, allora, involontariamente, spinse la testa di
Draco più a fondo contro la sua pancia e lui, invece di
aumentare il ritmo si fece sempre più lento.
Sollevo la testa e la
aiutò a salire sul letto e ad abbracciarlo anche con le gambe,
le sfiorò la schiena, dedicando più tempo alle cicatrici,
e la baciò ripetutamente, succhiandole gentilmente un labbro
alla volta.
Seduta su di lui,
avvolta dal suo corpo e stregata dai suoi baci, pregò che
quell’asciugamano restasse al suo posto e non si spostasse,
se fosse successo non avrebbe contato molto sull’autocontrollo di
Draco ma nemmeno sul suo.
Stava baciando il suo collo quando sentì le sue mani armeggiare con il gancio del reggiseno.
Il suo corpo tremò ed ebbe l’improvvisa tentazione di spostarsi.
“Shh, non ti faccio
niente, voglio solo toccarti e guardarti.” Le sussurrò
nell’orecchio, solleticandole la schiena affinché i suoi
muscoli non si rilassarono.
Appena sentì il suo
reggiseno scivolare via, si premette ancor di più contro Draco e
nascose la testa dietro il suo collo.
“Mi fai fare sempre ciò che vuoi. Io non ho mai la forza di rifiutare.”sussurrò.
Sentì le sue mani
afferrarla per le natiche e con uno strattone la schiacciò del
tutto contro di lui, così che non ci fosse aria fra i loro corpi
o distacco fra i loro volti.
Gli occhi di Draco erano
sciolti e liquidi e la sua espressione talmente inebriata da sembrare
assente. Delle sottili lingue di fuoco si riflettevano sul suo corpo e
sui suoi capelli rendendolo ancora più bello e provocante.
“Non faccio nulla che tu non voglia, Marte, e tu vuoi me. Io voglio solo essere tuo.”
Marte accarezzò il
collo teso di Draco e risalì modellandogli il mento glabro e
massaggiandogli le labbra fino a renderle rosse e ancora più
invitanti.
Gliele mordicchiò e leccò, ordinando che acconsentisse all’accesso.
‘ Lo voglio tutto.’ Pensò mentre esplorava i muscoli delle sue spalle.
“Lo so, lo so.” Bisbigliò lui fra un bacio e l’altro.
Draco si staccò dalle
sue labbra e si avvicinò al seno, mordendo prima un capezzolo
poi l’altro mentre con la mano si muoveva dall’ombelico
sempre più in basso.
Il suo seno diventava sempre più sensibile sotto i suoi baci.
Chiuse gli occhi e
buttò la testa all’indietro non prima di vedere la bocca
di Draco muoversi e i suoi occhi concederle un ultimo sguardo argentato
e avvolto dal piacere.
La sua mano invece la
solleticava attraverso il tessuto umido con i polpastrelli, muovendosi
contemporaneamente alla lingua e alle labbra.
I suoi gemiti riempivano la stanza mentre si teneva saldamente alle sue spalle e al collo.
Poi però lo
sentì giocare con il bordo dei suoi slip e insieme al calore che
aumentava ritornò in lei l’incertezza.
Si avvicinò nuovamente al suo viso e gli baciò le labbra distogliendolo dal seno.
“Dopo la festa sarò tua, te lo prometto.”
Draco sembrò non ascoltarla, la zittì baciandola ed e entrò con un dito nello slip.
Marte non aveva la forza per togliersi ma ora la sua voglia andava di pari passo con la paura e Draco lo percepì.
Sfiorò per una volta la sua peluria e uscì.
La guardò. “Ne sei sicura?”
Marte annuì, mentre il suo petto si alzava e abbassava velocemente.
“La prossima volta non riuscirò a controllarmi.”
“Non voglio che ti controlli.”
Draco sospirò, prese la maglietta del suo pigiama e la aiutò a ricoprirsi.
Poi allungò le braccia dietro di sé per poggiarsi sul materasso.
“Cosa cambia ora o dopo?”
Marte attorcigliò una ciocca di capelli e rispose. “Non lo so, forse niente.”
“Non ti stava piacendo?”
Lo guardò male. “Non fare il furbo Draco, sai che mi piaceva.”
Lui sorrise, alzò una mano e si leccò l’indice. “Sì, lo so. Allora perché?”
“Non lo so, non mi sento pronta.”
Le accarezzò una coscia sorridendo, la spostò sul letto e se ne andò in bagno.
Marte non voleva che una cosa così bella finisse in quel modo, così si tirò su e lo raggiunse.
La figura di Draco tutto nudo
era uno spettacolo di luce e sarebbe rimasta ad osservarlo se non fosse
stata preoccupata per qualcos’altro, prima di ogni cosa lei lo
voleva felice
Lo abbracciò da dietro
le spalle. “Draco io ti desidero, manca poco e tu sarai mio ed io
tua. Scusa se ti faccio aspettare ma ora non me la sento, mi devo
abituare alla cosa.”
Sospirò contro la sua
pelle e poggiò la fronte contro la sua schiena. “Hermione,
un bel po’ di tempo fa, mi ha chiesto se noi due l’avessimo
già fatto e io sono rimasta spiazzata, non ci avevo mai pensato
prima, per me era talmente importante stare anche solo in tua compagnia
da essermi dimenticata del resto.” Gli baciò una spalla e
continuò, “In seguito mi sono accorta di che effetto ti
facesse vedermi girare mezza nuda per la camera e mi sono accorta che
effetto facesse a me vederti mezzo nudo e mi sono spaventata.”
Draco poggiò le sue mani sopra quelle di lei e la tranquillizzò.
“Lo so, sono stata una stupida.”
“Mi devo vestire, copri gli occhi un attimo.” Avvisò trattenendo la risata.
Marte arrossì, si staccò da lui in fretta per mettersi le mani davanti agli occhi.
Lo sentì spostarsi e
indossare qualcosa, provò a guardare da un buchino tra le dita
ma subito Draco la beccò.
“Non sbirciare.” La provocò maliziosamente.
“Scusa!”
“Ora li puoi aprire.”
Draco aveva solo indossato i boxer e si stava avvicinando a lei.
Le afferrò la maglietta ancora una volta e fece per sfilarla ma Marte lo bloccò.
“Draco, forse non hai capito il senso del mio discorso.”
Draco rise. “Ho capito
perfettamente, tu sei solo poco disinvolta e molto eccitata, e le due
cose non cooperano, perciò…”
Le sfilò delicatamente la maglietta e subito la strinse a sé. “Contenta? Non ho visto nulla.”
Giunsero a letto ed entrambi si coprirono con le lenzuola.
Marte si mise a pancia in giù e brontolò. “Non mi sembra una grande idea.”
“Per me invece è ottima.” rispose Draco malizioso come non mai, accarezzandole la schiena.
Marte chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
“Come ti sei fatta tutte queste cicatrici?”
Aprì leggermente gli
occhi. “Lo so che non sono il massimo” rispose “Anche
se ora si vedono giù molto meno.”
“Non mi interessano le cicatrici, Marte. Voglio solo sapere come te le sei fatte.” chiarì duramente.
Marte si alzò,
avvolgendosi il lenzuolo attorno al petto. “C’è una
cosa che non sai di me, Draco, e che non posso dirti ora, anche se
vorrei. Sappi solo che non me le sono fatti da sola quei tagli.”
Draco la fissò a lungo ma per la prima volta non riuscì a leggerla come avrebbe voluto.
“Va bene, aspetterò anche per questo.”
Marte si sdraiò nuovamente e si appoggiò a lui.
Lui le prese la mano e la
baciò. “Io voglio sapere tutto di te, capito? Mi hai fatto
innamorare Marte, sarà dura per te mandarmi via.”
La ragazza sogghignò. “Non ti manderò mai via. Draco, pensi di amarmi?”
“Penso di sì”
Si sollevo leggermente e gli baciò la fronte. “Continua a pensarlo.”
+
Era il decimo libro che prendeva dalla Sezione Proibita e ancora non aveva ottenuto nulla di concreto.
Il nome Angelo dei Veleni era ripetuto di continuo ma non dava mai un riferimento concreto.
Aveva scoperto un sacco di cose su di lui, e le aveva riferite tutte a Marte: abile pozionista, abile mago, poteri nascosti.
Quando aveva letto dei poteri
nascosti si era chiesta se Marte ne avesse saputo qualcosa, ma la
ragazza era rimasta impassibile davanti a quella scoperta che per lei
era incredibile.
Angelo dei Veleni aveva
un’innata capacità nell’utilizzare la magia con le
mani e con il pensiero e si era chiesta se a Marte non fosse stato
trasmesso qualcosa geneticamente. Era pur sempre suo padre.
Sulla madre e il fratello non
aveva trovato nulla, tranne qualche accenno sulla bellezza della donna,
che rimaneva comunque un volto senza nome.
Per lo meno aveva una remota
sicurezza di stare cercando le persone giuste. La descrizione della
madre combaciava perfettamente con quella di Marte: capelli scuri,
occhi brillanti, pelle chiara.
Ma erano indizi che non la
conducevano da nessuna parte, per non dire troppo soggettivi. Quante
persone al mondo potevano esistere con i capelli e gli occhi scuri?
Miliardi.
Chiuse il libro con un botto, appuntò due cose e buttò tutto sul divano accanto a lei.
Erano tutti e tre in sala
comune ad aspettare che Dobby arrivasse per parlare del luogo
d’incontro per le lezioni di Difesa alternative.
Grazie a Luna erano già
riusciti a individuare una ventina di persone fidate che avrebbero
potuto invitare e che avrebbero riunito a Hogsmade quel weekend, prima
del Ballo d’Inverno, per definire le ultime cose e per iniziare
gli allenamenti prima delle vacanze natalizie.
Hermione aveva preparato delle
monete, simili a galeoni, per avvisare gli studenti sul giorno e
l’ora del ritrovo, erano state una gran bella trovata, si era
pure auto congratulata ma ci aveva impiegato un’infinità a
prepararle. Con Marte avrebbe fatto prima.
Purtroppo né Harry
né Ron si fidava di Marte, nonostante tutte le carinerie che
aveva detto su di lei in quei giorni, dunque aveva dovuto preparare
tutto da sola, insospettendo la stessa Serpeverde, che però,
fortunatamente, sembrava già molto impegnata da un altro
progetto e da un ragazzo di nome Draco Malfoy.
Erano già le due di
notte passate, Ron si era appisolato da un pezzo mentre Harry camminava
dal camino alla finestra nervoso oltre ogni limite.
“Perché non è ancora arrivato? Aveva detto che sarebbe stato qui un’ora fa.”
“Harry, calmati”
gli disse Hermione sospirando “Avrà avuto i suoi problemi
in cucina, sai bene che ora che è libero mette il proprio lavoro
davanti a tutto.”
“E se invece avesse avuto dei problemi con la Umbrige?”
“A quest’ora
quella megera è bella che dorme con una mascherina a forma di
gatto sulla faccia, Harry, datti una calmata.”
Fece per sedersi accanto a lei e Hermione spostò i suoi appunti stizzita.
“Ci siamo quasi Harry, non ti preoccupare sono certa che arriverà.”
Pop!
Ron cacciò un urlo tremendo, Dobby squittì in maniera orrenda e si nascose dietro il divano dove era seduto Harry.
“Mi scusi signore” bisbigliò affranto e dispiaciuto.
Ron si ricompose “Non ho avuto paura, sto bene.”
Hermione gli diede uno
scappellotto sulla testa e gli disse sibilando arrabbiata. “Se
non hai provato paura potevi almeno trattenerti un po’, razza di
zucca vuota!”
Guardò su per le scale che conducevano ai dormitori per assicurarsi che nessuno avesse sentito il suo urlo.
Intanto Harry aveva iniziato a parlare con Dobby.
“Mi scusi per il ritardo
signore, ma da quando c’è quel bon-bon qui a scuola, il
guardiano ci controlla sempre.”
“Non ti preoccupare Dobby, ora però non sprechiamo tempo, non possiamo farci scoprire.”
“Hai pensato a un luogo?” intervenne Hermione.
“Sì
signora!” esclamò sorridendo. “Ci ho pensato molto,
non avrei mai perso l’occasione di aiutare il signor Potter e i
suoi amici.”
Tutti e tre si erano fatti
attenti ma l’elfo sembrava non avere intenzione di continuare e
un silenzio agghiacciante e imbarazzante si diffuse per tutta la sala.
“Allora?” chiese Ron.
“Avevo trovato il luogo
perfetto signore, grande abbastanza, nascostissimo, ma poi mi è
accaduta una cosa molto strana, signore.”
“Cosa Dobby?” chiese Harry
“Una ragazza è
scesa nelle cucine qualche giorno fa, mi ha chiesto un caffè e
prima di andarmene mi ha ringraziato.”
Hermione sorrise soddisfatta. “beh, sei contento, no? Era una ragazza molto educata. Chi era?”
“Non lo so signora ma
prima che se ne andasse è successa una cosa molto strana.”
Allungò la mano verso di loro e disse con gli occhi che
brillavano “Mi ha stretto la mano.”
Ron intervenne interrompendolo
molto sgarbatamente. “Abbiamo capito! È stata gentile con
te! Mi dispiace che sia una novità!”
“Appena ci siamo toccati
l’ho sentita come entrare nella mia testa e scorrere i miei
pensieri. La mia testa scoppiava signore, non ho saputo fermarla!”
Dobby non aveva ancora perso le cattive abitudini così iniziò a darsi dei pugni sulla testa.
"Ti ha letto nel pensiero?" azzardò Hermione già estremamente interessata.
Harry ignorò la
sua domanda e, esasperato, lo fermò per i polsi. “Ma cosa
c’entra con noi tutto questo?”
L’elfo iniziò a
respirare tranquillamente, abbassò i pugnetti così che
Harry potesse lasciargli i polsi.
“Lei ha visto nei miei
pensieri il luogo che volevo dirvi signore, è l’unico, non
ce ne sono altri abbastanza grandi, signore.”
Harry e Ron si abbandonarono contro lo schienale del divano sospirando amaramente.
“Addio progetto.”
“L’hai detto Ron.”
“Aspettate, aspettate."
Hermione lì fermò senza perdere la speranza e si rivolse
ancora a Dobby “Non puoi dirci nulla su questa ragazza Dobby?
Proprio nulla?”
“Non l’hai vista in faccia?” gli chiese Harry cercando di farsi contagiare dal positivismo dell’amica.
L’elfo ci pensò su. “No signore, era coperta da un lungo mantello nero.”
“Anche se sapessimo che faccia ha, cosa potremmo fare? Ucciderla?”propose Ron, poco convinto
“Certo che no.”
rispose Hermione incrociando le braccia. “Ma almeno potremmo
sapere con chi abbiamo a che fare e se possiamo farla passare dalla
nostra parte.”
“C’è una
cosa che mi ricordo.” esordì l’elfo “Mi ha
detto di essere Serpeverde, anche se a me non lo era sembrata affatto.
Mi accorgo subito se c'è un Serpeverde nelle vicinanze.”
“Marte!”
La parola le nacque sulle labbra immediatamente, era sicura che fosse lei.
Ora ne era più che certa. Marte aveva ereditato i poteri di suo padre, Angelo dei Veleni, sapeva leggere nel pensiero!
E chi sa quante altre cose era in grado di fare.
La sua mente iniziò a
lavorare sempre più velocemente: ora non doveva far altro che
ottenere altre informazioni sulla sua famiglia e avrebbe finalmente
scoperto in che rapporti lei fosse con Voldemort.
“Come fai a dire che è lei?”
“Harry! È ovvio!
Una Serpeverde che non lo sembra! Quante Serpeverde conosci che
stringerebbero la mano ad un elfo domestico?”
I due ragazzi ci rifletterono a lungo e le diedero ragione.
“Ma questo come ci può essere utile? Insomma le dovremmo dire tutto?”
Hermione sembrò
ragionare e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza
non badando a Dobby che si spostava ovunque per non intralciarla.
“è la cosa
migliore che ci rimane da fare. Prima però cercherò di
scoprire se si è resa conto di cosa ha visto, poi agiremo di
conseguenza.”
Dobby alzò timidamente
la mano. “Se può aiutarvi saperlo la ragazza Serpeverde
ultimamente va sempre a rifugiarsi in cima alla torre ovest, quella
abbandonata. Non penso che sappia del vostro nascondiglio.”
“Va bene Dobby,” lo interruppe Harry “Fino ad ora ci hai detto tutto tranne dove si trova questo posto.”
L’elfo sorrise e
abbassò il tono di voce. “Si chiama Stanza delle
Necessità. Si trova al settimo piano davanti all’arazzo di
Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll. Passateci tre volte davanti
pensando intensamente a che cosa vi serve e lei vi
accontenterà.”
I tre amici lo guardarono poco convinti.
“Sei sicuro Dobby?” chiese Ron “Io non ho mai sentito parlare di una stanza simile.”
“Si fidi signore, si fidi, il vecchio Dobby non vi ha deluso, andateci e vedrete!”
I due ragazzi guardarono Hermione. “Facciamo un tentativo, ragazzi, tanto non abbiamo nulla da perdere!”
L’elfo se ne andò
dopo aver ricevuto dai ragazzi un calzino a testa, era così
felice che rischiava di svegliare l’intera casa.
“Hermione come ha fatto Marte a leggere nel pensiero di Dobby? E perché l’ha fatto?”
Hermione alzò le
spalle. “Non lo so Harry, so ben poco sulla famiglia di Marte al
momento, ma mi sto informando.”
“E perché si va a rifugiare in cima alla torre ovest?”
Hermione alzò ancora una volta le spalle.
“Ho paura che nemmeno il
suo nome sia quello vero, e questo rende le cose molto più
complicate visto che non posso cercarla per il cognome.”
“Come si chiama di cognome?” chiese Ron.
“Moonroad, o qualcosa di simile.” rispose Harry.
“Strada lunare.” il rosso alzò le spalle “Si vede lontano un miglio che è falso!”
Sia Harry che Hermione si misero a ridere da morire al sentire il tono di voce dell’amico.
“E Lovegood allora, Ron? Sarà falso anche il suo?”
Ron si mise seriamente a
pensare alla possibilità e alzò gli occhi al cielo, si
sforzò talmente tanto che il suo viso iniziò ad assumere
tutti i toni del porpora e del rosso.
“ E se anche Luna fosse una spia? E se il suo tono accondiscendente fosse solo una recita?”
Harry sbuffò e Hermione sorrise. “Non è proprio possibile Ron, nessuno può essere cosi bravo!”
“Ma se ci pensate…”
“No!” dissero all’unisono i due amici.
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Capitolo 14 *** 14. ***
14° B.F.t
Quattordici.
Hermione quella mattina le stava davvero facendo saltare i nervi.
Il clima era diventato
insostenibilmente gelido perciò avevano dovuto cercare un altro
luogo all’interno delle mura, isolato, dove potersi riunire in
tutta tranquillità senza che ci fosse nessuno a disturbarle.
Avevano trovato una saletta al
quarto piano che faceva proprio al caso loro. Era stato il fantasma dei
Tassorosso a suggerirlo a Hermione. Quel vecchio andava pazzo per lei,
sin dal suo smistamento a Hogwarts, quando il cappello parlante era
stato indeciso sul dove collocarla. La riempiva sempre di lusinghe e le
faceva sempre favori, con la segreta speranza che lei decidesse di
cambiare casa, speranza segreta e impossibile.
Quella sala però era
mille volte meglio della loro panchina: aveva un camino, due comode
poltrone e due scrivanie, calda d’inverno e fresca d’estate.
Per Marte troppo calda.
Sembrava che più che il camino fosse Hermione a riscaldare l’ambiente.
Sin da quando si erano sedute,
la ragazza aveva iniziato a sfogliare libro dopo libro e lo scarto
dell’energia cinetica prodotta dal suo povero braccio produceva
calore e le dava i nervi.
Si erano a malapena rivolte la
parola, Hermione non staccava gli occhi dalla pagina nemmeno per
scrivere gli appunti sul foglio che aveva di lato, era un tornado.
Da mezz’ora grattava
infastidita la pelle della poltrona e la fissava in cagnesco cercando
di farle sentire il suo sguardo sulla pelle ma sembrava non essere
sufficiente, così si alzò, le strappò il volume da
sotto il naso e lo sventolò sopra il camino.
“Ehi!” Hermione sollevò immediatamente la testa.
“Vuoi che il libro faccia una pessima fine, Hermione?”
La Grifondoro la guardò con gli occhi chiusi a due fessure “Non lo faresti mai.” la sfidò.
“Ah no?”
Lasciò cadere il libro
fra le fiamme ma, appena Hermione si alzò dalla sedia con gli
occhi sgranati, lo riacciuffò e glielo sventolò davanti.
Hermione andò a
buttarsi sulla poltrona sfinita. “Da chi hai imparato a
farmi morire di paura? Da Malfoy?”
Marte negò. “No, è repertorio personale. E tu da chi hai imparato a farmi saltare i nervi?”
“Repertorio personale.” Ripose sorridendo.
Marte andò a sedersi
sulla poltrona accanto a lei. “Che ti prende, Herm? È da
un po’ che ti vedo così agitata, oggi poi mi sembra quasi
che tu stia implodendo!”
“Sono solo un po’
indietro con lo studio, tutto qui.” Prese il libro dalle mani
dell’amica e lo poggiò sul tavolino, per allontanarlo
dalla sua portata.
“è per colpa mia, Herm? Non starai perdendo tempo con la mia vita, vero?”
Hermione la guardò e
pensò che in verità la ricerca sulla sua famiglia non
aveva raggiunto i traguardi che aveva sperato e che, anzi, si era
fermata e poteva considerarsi conclusa.
Aveva letto tutti i libri
della scuola che parlassero di famiglie purosangue e non aveva scoperto
nulla se non poche citazioni riguardanti Angelo dei Veleni.
L’unica novità
era che aveva scoperto il nome di sua madre da nubile: Circe
D’Hoile. Uno strano nome per una donna che aveva meno poteri di
un maganò.
La verità era che da settimane era presa con le ultime preparazioni per l’incontro di quel pomeriggio.
Harry era nervoso oltre ogni
dire e da giorni, stranamente, spendeva il suo tempo libero in
biblioteca per informarsi sulla parte teorica degli incantesimi che
avrebbe spiegato.
Lei invece aveva ideato quei
falsi galeoni, aveva allestito la Sala delle Necessita con tutto
ciò che sarebbe potuto divenire utile e ancora adesso stava
cercando un nome adatto per identificare il gruppo.
Ron, invece, si era occupato
della parte lavorativa, aveva smistato i componenti della classe e
aveva fatto in modo che venisse recapitato ad ognuno di loro un
galeone, con una discrezione che non aveva mai mostrato di possedere,
ma il suo compito più importante era quello di trascinare
il cadavere di Harry fuori dalla Sala Grande dopo cena e di riporlo nel
suo letto: il ragazzo non era abituato a leggere così tanto.
“Non ti preoccupare, non
è per quello, anzi, uno di questi giorni devo parlarti di
ciò che ho trovato.”
Marte annuì. “Novità?”
“Sì, ma non molte.”
Improvvisamente l’orologio scandì il mezzo giorno e interruppe il discorso della ragazza.
Marte guardò l’ora e poi nuovamente l’amica.
“Scusami, ma ora me ne devo proprio andare. Draco mi starà aspettando.”
“Per cosa?”
“Oggi lo accompagno al campo di Quidditch.”
Hermione la guardò storta mentre riponeva i libri dentro la borsa con la magia. “Lo fai tutti i giorni?”
Marte alzò le spalle.
“Solo quando me lo chiede.” Poi prima di uscire le chiese,
“Tu cosa fai invece?”
Hermione si sedette più
composta sulla sedia e anche lei mise a posto i libri che aveva preso
dalla biblioteca e gli appunti. “Andrò con Harry e Ron a
Hogsmade.”
“Vai al Ballo d’Inverno stasera?”
Hermione annuì
leggermente imbronciata e annuì. “Harry e Ron vogliono che
li accompagni. Non ho ancora scelto l’abito.”
“Nemmeno io. Vai in paese per comprarlo?”
Annuì, anche se non era
vero. L’abito ce l’aveva, era stato un regalo che sua madre
le aveva fatto prima di partire per l’occasione, ma non poteva
dirle che andava ad Hogsmade per organizzare una classe clandestina!
Non aveva ancora avuto nemmeno il tempo di chiederle cosa sapesse della
Stanza delle Necessità e di Voldemort, ma era stata occupata da
altro.
“Allora ci vediamo stasera?”
“A stasera.”
Hermione, dopo essere andata a cambiarsi, incontrò Ron davanti al ritratto ad attenderla.
Si stupì di quanto il ragazzo le sembrò bello e in forma e di quanto fosse cambiato in quei mesi.
“Dov’è Harry?”
Ron le sorrise e la
aiutò a infilare il cappotto. “Ci sta aspettando al campo
di Quidditch, non ti ricordi? Sta finendo ora
l’allenamento.”
Hermione aggrottò la fronte. “Ma non c’è l’allenamento dei Serpeverde?”
Ron negò con il capo e
camminò lungo il corridoio per uscire dalla sala comune.
“Di solito sì ma oggi, dopo di noi, il campo è
stato prenotato dai Corvonero.”
Che Marte le avesse mentito? E per cosa poi?
Alzò le spalle e
concluse che forse si era vergognata a dirle che andava in camera a
divertirsi con Malfoy e non a vederlo giocare.
Presero le scale per giungere
al portone principale, scesero fino al secondo piano ma poi dovettero
attendere che la scala tornasse indietro.
“Che palle queste scale mobili, rendono tutto più scomodo.”
Hermione sorrise. “Nel
mondo babbano le scale mobili rendono davvero tutto più comodo,
ma non si muovono così tanto!”
“Stai spigando a Weasley qualcosa sul tuo patetico mondo babbano, Granger?”
Hermione si voltò
velocemente e spalancò gli occhi appena vide Draco Malfoy e
Theodore Nott camminare verso di loro.
Guardò alla sinistra del Serpeverde aspettandosi di vedere Marte al suo fianco ma non vide altro che uno spazio vuoto.
Non riuscì a connettere e la provocazione di Malfoy e la risposta di Ron le sfuggirono.
“Marte” sussurrò senza rendersene conto.
“Marte che cosa?” rispose il Serpeverde senza capire.
Hermione guardò il
ragazzo negli occhi e capì che lui realmente non sapeva di cosa
stava parlando né dove si trovasse Marte.
Abbassò lo sguardo e si allontanò dai tre ragazzi.
“Hermione? Cosa fai? Dobbiamo andare.” Le disse Ron.
Lei però era troppo concentrata e già persa nei suoi pensieri.
Marte aveva dei segreti con
Draco, ma perché proprio con lui? Insomma, sapeva che
l’amica non le confidava tutto, per questo era stata spinta a
fare quella ricerca sulla sua discendenza, ma da sempre era convinta
che almeno fra i due non ci fossero mai stati segreti.
Alzò lo sguardo dal pavimento e trovò su di sé gli occhi gelidi e argentati del Serpeverde.
La colpevolezza la assalì e gli voltò le spalle.
Subito capì di non poter spifferare i segreti dell’amica.
Anche perché non sapeva
né di che segreto si trattasse né quanto fosse grave
né tanto meno perché quello che faceva dovesse essere
segreto. Se avesse buttato benzina sul fuoco Malfoy si sarebbe
ingelosito subito e avrebbe pensato il peggio.
Marte le aveva ripetuto spesso
quanto Draco fosse geloso e possessivo, sempre dicendolo con tono
malizioso. Purtroppo lei aveva colto un messaggio diverso, che non
aveva fatto altro che confermare il giudizio che aveva avuto del
Serpeverde sino a quel momento: Malfoy era pericoloso, geloso e
prepotente.
Inoltre l’ipotesi del
tradimento era impossibile. Marte parlava del ragazzo sempre con una
luce brillante negli occhi e gli sguardi che si scambiavano tutti i
giorni valevano più di mille parole.
Aveva anche letto su un libro
per coppie che, la maggior parte delle volte, gli amanti si lasciavano
dopo aver fatto l’amore, e, per quanto ne sapeva, Marte e Malfoy
non avevano ancora combinato nulla.
Arrossì al pensiero e si vergognò di quanto potesse diventare insensibile quando voleva.
Lasciò i ragazzi sulle
scale e si diresse verso le scale che conducevano direttamente al
quarto piano. Sentì Ron rincorrerla ma non si voltò e
salì le scale a due alla volta.
“Hermione cosa fai? Dobbiamo andare!”
“Vai da Harry! Ci vediamo fra venti minuti!”
Arrivò al corridoio
della torre ovest con il fiatone e provò a sentire se
c’era qualcuno nelle vicinanze ma tutto intorno non vide
un’anima.
Vide una porta e posò l’orecchio sulla parete per sentire cose avveniva all’interno.
Non sentì nulla per alcuni secondi, poi un tonfo seguito da un’imprecazione.
Aprì lievemente e sbirciò cercando di non farsi notare.
Gli occhi le si spalancarono davanti a quello che vide.
Marte era seduta nel centro
della stanza a gambe incrociate, in una posizione che le ricordava
tanto quelle di yoga, l’unica differenza era che attorno a lei
tutti i mobili della stanza levitavano vorticosamente nell’aria,
scontrandosi e sfiorandosi.
Poi la vide alzare una mano e indicare una vecchia scrivania.
Questa esplose in mille pezzi.
Poi si alzò in piedi,
sempre mantenendo i mobili in movimento e si diresse verso
l’enorme vetrata circolare che illuminava tutta la stanza.
Allargò le braccia e le spalle come se stesse prendendo un grosso respiro e anche la finestra si ruppe in mille schegge.
I pezzi di vetro presero a
vorticare attorno al suo corpo, assecondando ogni suo movimento, senza
mai tagliarla e in quell’attimo Hermione la vide veramente per
com’era: una creatura avvolta dalla magia.
Improvvisamente in un gesto
rapido e inatteso Marte la guardò, indicò la porta con
entrambe le mani e le schegge si impiantarono nella porta, un istante
dopo che lei la chiudesse e si spostasse dalla soglia.
Sentì ogni singolo
pezzo conficcarsi nel legno e rabbrividì pensando a cosa sarebbe
successo se invece della porta ci fosse stato il suo corpo.
“Entra Hermione. Non sta bene spiare.”
Aveva il respiro mozzato per
lo spavento e sudore freddo gocciolava dalla sua fronte. Allungò
la mano verso la maniglia e lentamente aumentò la stretta e
l’aprì.
Entrò sotto lo sguardo fisso di Marte, fece pochi passi e la porta si chiuse alle sue spalle un colpo secco.
Poi sentì i pezzi di
vetro tremare come su un lampadario di cristallo e staccarsi dalla
porta. Hermione al sentirli muovere si abbassò e si
accucciò per paura che potessero tagliarla, le schegge
però non fecero altro che tornare al loro posto sulla finestra e
ricomporre la vetrata.
Il gelo della stanza si fece improvvisamente più sopportabile e smise di storfinarsi le mani sulle braccia.
Alzò poi gli occhi e vide Marte offrirle la mano per alzarsi.
“Come hai fatto, Marte? Senza bacchetta!”
Le sorrise enigmatica. “Tempo al tempo Herm, aspetto ancora che tu mi dica cosa hai scoperto sulla mia famiglia.”
“Ben poco a dir la
verità.” Rispose con respiro affannato. “ Ho trovato
molte citazioni sparse su tuo padre, Angelo dei Veleni, pare fosse una
pozionista assai abile e facesse parte di una famiglia purosangue della
quale però non so il nome.”
Marte fece una smorfia e si sedette sul pavimento dispiaciuta.
“Ho scoperto però il nome di tua madre.”
La ragazza alzò lo sguardo ancora una volta, con una lieve speranza sul volto.
“Si chiamava Circe
D’Hoile, era una donna molto bella e influente però con
scarsi poteri magici. Purtroppo però non è mai nominata
la nascita di un figlio.”
“Hai provato a partire dalla famiglia di mia madre?”
“Certo che sì, ma anche in quel caso le citazioni erano poche,” rispose annuendo vigorosamente.
Marte mise la testa fra le gambe, abbattuta e tutti i mobili caddero a terra con un tonfo.
Hermione si guardò
intorno e vide mobili vecchi e rotti, una scrivania con pergamene,
calamaio e una alta colonna di libri.
“è questo
ciò che tieni nascosto a Malfoy, è questo il tuo
segreto.” Andò a sedersi vicino all’amica e le
posò una mano sulla spalla.
“Volevo parlarne a Draco
dopo il ballo, appena fossi riuscita a riconquistare la dimestichezza e
la fiducia nei miei poteri. Con la tua ricerca speravo di riuscire a
capire il perché di ciò che sono e non solo rassegnarmi
all’idea di essere così.”
“Così come?”
“Beh, tu hai assistito a
ben poco di ciò che so fare, posso manipolare gli oggetti, farli
muovere. I miei poteri sono molto utili in combattimento, o meglio,
sono utili solo per quello, come mi ha fatto credere Lilium.”
“Tuo fratello? Ma chi era? Perché Voldemort lo ha ucciso?”
“Non so chi fosse mio
fratello in realtà ma so che per un lungo periodo della sua vita
è stato alleato di Voldemort e che per tutta la nostra vita
insieme abbiamo vissuto con Tom.”
Hermione si staccò
violentemente dall’amica e la guardò come se fosse
un’estranea, “Hai vissuto con Voldemort? Come?
Perché?Sei una Mangiamorte?”
Marte rise come aveva sempre
fatto davanti alle domande a raffica di Hermione. “Andiamo
Herm! Tu hai un radar incorporato per i Mangiamorte, possibile che non
ne hai avvistata una così vicina?” Scoprì il
braccio sinistro e glielo mostrò.
“Pallida come un morto. Non è una novità.”
Hermione si alzò e
iniziò a camminare nervosamente per la stanza. “Va bene,
sei pulita, ma perché hai questi poteri? Perché hai
vissuto con Voldemort? Perché sei qui ora?”
“Alla prima non so
rispondere nemmeno io, non ho origini, ricordi?” rispose
amaramente guardando fuori dalla finestra. “L’ultima invece
è la più semplice: Silente mi ha convinto. Io avevo
bisogno di protezione. Per sette mesi, dopo la morte di mio fratello,
non ho fatto altro che vagare per l’Europa per nascondermi dai
Mangiamorte, ero stanca, avevo bisogno di un rifugio protetto e cosa
è meglio di Hogwarts?”
Hermione non la interruppe e
rimase ad ascoltare con attenzione. “Silente invece aveva bisogno
di informazioni sul Signore Oscuro, e io gliele ho offerte.”
“Ma scusa,” chiese
con incertezza “Ora non ti starà cercando per vendicarsi?
Prima stavi dalla sua parte, no? Lo hai tradito.”
Marte la guardò duramente ma la Grifondoro sembrò quasi non accorgersi del suo sguardo.
“Non sono mai stata
dalla sua parte, non ero nemmeno cosciente di quello che stava
succedendo. Comunque già prima che dicessi tutto a Silente mi
stava rincorrendo, la situazione non è molto cambiata. “
poi un ghigno apparve sulle sue labbra “Ho già affrontato
abbastanza Mangiamorte per sapere che non valgono nulla ma è Lui
quello che temo.”
“Hai affrontato molti Mangiamorte? Dunque anche il padre di Malfoy!”
Marte rise leggermente e la
guardò mentre si avvicinava alla finestra. “Certo che
sì, chi non conosce il piccolo, stupido Lucius Malfoy?” le
rivelò con ironia. “Spesso mi stupisco che Draco sia
figlio suo. Lucius sembra così piccolo e insignificante davanti
a lui, se Tom avesse Mangiamorte come Draco la guerra sarebbe molto
più dura di così.” Affermò con una punta di
orgoglio.
“Dunque è stato Silente a farti giurare di non dire nulla a nessuno.” ribadì la Grifondoro.
“Silente e il mio buon senso, in verità. Come potevo fidarmi di sconosciuti, Herm?
“Pensavo che almeno a Draco…”
Marte la interruppe subito.
“ Anche Draco era un estraneo per me, inoltre cosa pensavi? Che
non sapessi che era figlio dell’ex braccio destro di Voldemort?
Pensavo avessi un’opinione più alta della mia intelligenza
Herm!” Poi aggiunse con un sorriso che aveva ben poco di vero.
“Diciamocelo, anche se non lo avessi saputo tu ti sei impegnata
davvero molto per farmelo capire.”
“Però se non ti
avessi scoperto l’avresti detto prima a Draco, vero?”
affermò Hermione con un lieve fastidio nella voce.
“Herm, entrambi, sia tu
che Draco, rappresentate il mio equilibrio ma se l’avessi detto
prima a te non dire che non ti saresti confidata con Potter, sapendo
quanto lui ci tenga ad essere sempre informato sul Signore
Oscuro.”
Hermione non poté ribadire e incrociò le mani davanti al petto.
“E poi Draco è il
mio ragazzo, è come se fosse la mia nuova famiglia, è il
mio conforto e la mia vita, come avrei potuto metterlo al secondo
posto?”
Hermione sembrò
riflettere su quanto le era stato appena detto e riprese a camminare,
arrivò alla scrivania e diede un’occhiata ai vari appunti.
“Tu non hai mai studiato
per nessuna verifica, vero? Questi appunti risalgono ai tuoi primi
giorni di scuola e non sono riguardo a nessuna materia che
studiamo.”
“Lilium, da quando ci
siamo incontrati tre anni fa mi ha insegnato tutto ciò che so,
mi ha dato un’ottima istruzione, inoltre negli ultimi due anni
sono sempre stata circondata da maghi che si sono divertiti a
insegnarmi incantesimi di ogni genere, poi stava a me apprendere la
vera lezione. Voldemort si è occupato di me pochi mesi dopo la
sua rinascita, ho imparato molto anche da lui. Se Lilium mi ha dato le
basi e mi ha insegnato a controllare i miei altri poteri, Tom mi ha
dato la conoscenza della magia vera e propria.”
“Ne parli come se fosse stato un amico.”
“Difatti lo è stato.”
Hermione non poté credere a ciò che stava sentendo, era qualcosa di impossibile per lei.
“Poi però ha
ucciso l’ultimo membro della mia famiglia in vita e i miei
sentimenti per lui sono cambiati.”
“Lo odi?”
Marte rise sguaiatamente.
“Il tuo pensiero è ancora fermo all’odio e
all’amore, Hermione, ma c’è altro oltre questo duo
invincibile. Esiste la compassione, la pena. Cosa puoi provare per un
uomo che rinuncia al suo corpo e alla sua anima per il potere, che
è una cosa così astratta.”
Marte appoggiò le mani
sul vetro e guardò il suo riflesso. Questo rimase il suo per
alcuni secondi, poi si trasformò in quello di Lilium e
velocemente in quello di Draco, e ancora una volta si rese conto della
loro effettiva somiglianza. Poi però i bei capelli di Draco
sparirono e i suoi occhi argentei divennero rossi e il volto di
Voldemort divenne il suo.
“Voldemort, come tutti i
tiranni, ha già avuto la sua era e ha già preso il numero
di vittime che gli sono state concesse. Questa sua rinascita, il suo
continuo essere attaccato a questa non-vita, sono solo ritardi nella
sua caduta e niente altro. Voldemort morirà di certo.” La
sua voce divenne quasi un sibilo ma il silenzio della stanza fecero
risuonare le sue parole con più severità e durezza di
quanto fossero state pronunciate. “Come non si può provare
pena per un morto che cammina?”
“Ma quanto ci vorrà ancora prima che ciò accada?”
“Non so fare previsione,
purtroppo,” disse con le mani alzate, “Però so che
Silente crede molto in Harry.”
“Tu conoscevi già il nome di Harry allora, perché mi hai mentito?”
“Sempre per la stessa
identica ragione, Herm. Potter non è ancora pronto, ha tanta
forza ma gli manca la calma necessaria e uno scopo che sia più
alto di una semplice vendetta. Silente lo sa.”
Hermione si accasciò su
una sedia e si massaggiò le tempie. “Perché
nonostante il tuo racconto mi sembra tutto ancora così
complicato e difficile?”
“Non è come una
lezione di storia, Herm, è vita. Ed inoltre nemmeno io sono in
grado di unire tutti i pezzi. Piuttosto, come hai fatto a
trovarmi?”
Hermione la guardò, contenta che si tornasse ad un argomento più normale.
“Dobby, ieri sera”
“Ah, l’elfo.”
“Dice che gli hai letto
la mente, in qualche modo, io sono venuta a capire cosa sapessi
riguardo la stanza delle Necessità.”
Marte scosse la testa,
muovendo l’enorme massa di capelli. “Potevi risparmiarti la
salita, me ne ero già dimenticata. Perché vi interessa la
Stanza delle Necessità?
“Prima dimmi cosa ci fai tu quassù.”
Andò nel centro della
stanza circolare. “Questo è l’unico luogo in cui
posso concentrarmi, è silenzioso, poco frequentato e lontano dal
resto della scuola, insomma perfetto. Dovevo riprendere
famigliarità con le mie capacità e di certo non avrei
potuto mettermi a sbattere e distruggere cose in classe, ti pare? Voi
invece?”
Hermione sospirò e si
arrese a raccontarle tutto. “Stiamo organizzando dei ritrovi per
insegnare difesa contro le arti oscure agli studenti.”
Marte si trattenne dal ridere e chiese. “Chi dovrebbe farvi lezione?”
“Harry.”
Marte cercò di
mantenere un’espressione neutra ma il ghigno che tentava di
trattenere appariva e spariva dal suo volto a intervalli.
“Harry può farlo,
difesa contro le arti oscure è sempre stata la sua materia
preferita ed inoltre per il Torneo Tremaghi dell’anno scorso si
è dovuto preparare a lungo. Sa molti incantesimi ed è
forte.”
La ragazza non rispose e
ritornò alla finestra. “è per questo che ti stanno
aspettando davanti al campo di Quidditcth?”
Hermione si avvicinò
alla finestra accanto a lei e guardò nella stessa direzione.
“Oggi dobbiamo andare ad Hogsmade per un incontro con gli
studenti coinvolti. Vuoi venire?”
Si guardarono. “Ti fidi ancora di me?”
L’amica le sorrise debolmente. “Penso di sì, inoltre voglio che aiuti Harry.”
“Va bene, a patto che tu mantenga tutto segreto fino a domani, voglio che Draco sia il primo a saperlo.”
Hermione annuì “Inoltre potremmo andare a comprarti un abito insieme, se vuoi.”
Marte sorrise e le prese una
mano. “Mi piacerebbe tantissimo, è da un po’ che non
vado a fare shopping, tutti i vestiti che ho mi sono stati regalati da
Silente.”
Hermione inarcò un
sopracciglio assumendo un’espressione molto buffa e confusa.
“Che strano, pensavo che le sue conoscenze in fatto di abiti si
fermassero a pigiama da notte e pantofole.”
“è pieno di sorprese il vecchio.”
“Decisamente.”
Iniziarono ad incamminarsi verso le scale, chiusero la porta e Marte chiuse la maniglia con la bacchetta.
“Sbaglio o questa bacchetta è diversa da quella che hai usato nei primi tempi.”
“In effetti sì,
quella di prima era di mio fratello, ma poi ho capito che legarsi ai
ricordi non è mai bene.”
Harry e Ron si stupirono nel vedere arrivare Hermione in compagnia della Serpeverde.
La ragazza appena arrivata
aveva giustificato il perché con una semplice frase. “Ho
trovato un’altra allieva.”
Harry però si
sentì leggermente a disagio. Aveva già notato che la
ragazza aveva una grande prontezza di riflessi ed inoltre insegnare a
qualcuno migliore di lui in tutte le materie lo metteva leggermente a
disagio.
Con Hermione la storia era un’altra, anche perché era stata lei stessa a convincerlo a fare da insegnante.
Comunque Marte aveva un
aspetto decisamente innocuo quella mattina, nessun ghigno serpentesco,
nessuno sguardo pericoloso, teneva le mani nelle tasche del giaccone e
indossava un cappello alla gangster. Niente di strano.
“Marte viene con noi per
il gruppo ma dopo però andremo a cercarle un abito per stasera,
senza di voi, naturalmente.” Spiegò Hermione con un
sorriso angelico.
I due annuirono e così s’incamminarono per il sentiero, con la neve che arrivava all’altezza del polpaccio.
Marte durante il tragitto
ascoltò attentamente i discorsi dei tre Grifondoro e si accorse
che non erano molto diversi da quelli che facevano Draco, Theo e lei.
Anche i tre Grifondoro si
stuzzicavano, parlavano di Quidditch, Hermione li sgridava
perché andavano male a scuola, Ron parlava di suo fratello
Charlie che stava in Romania e Harry, invece, accennava ad alcuni
incantesimi che aveva messo in programma però con poca
attenzione.
I suoi pensieri mutavano da
tremendamente dolci, quando realizzava che Cho sarebbe stata presente
alla riunione, a lontani, quando davanti agli occhi gli apparivano le
immagini dei suoi genitori,ed infine si tramutavano in ricordi dolorosi
e colmi di paura, quando gli veniva in mente Voldemort, la sua risata e
la sua bramosia di potere.
In quei brevi attimi diventava
più determinato, più uomo, sorgeva dentro di lui una
forza nascosta e invisibile ma anche la consapevolezza profonda di
essere l’unico a poterlo uccidere.
Harry si voltò
improvvisamente verso di lei e mantenne il contatto visivo per alcuni
secondi, prima di tornare a dare retta a Ron che aveva esultato
allegramente per aver finalmente avvistato il villaggio.
I pensieri del ragazzo su di lei erano fondati su una grande curiosità e attrazione fisica.
Ricordò il suo primo
giorno di scuola, quando aveva incrociato il suo sguardo e aveva
pensato a quanto fosse attraente e atletico.
Forse, se non fosse finita fra
i Serpeverde ma tra i Grifondoro, o in una qualsiasi altra casa, ora
starebbe prendendo lui per mano e bacerebbe lui tutte le sere prima di
andare a dormire.
Pensò all’eventualità mentre osservava il paesaggio attorno a lei mutare.
Avevano percorso un lungo
pezzo di strada immerso nella neve e circondato da una fitta boscaglia,
ora che si stavano avvicinando al villaggio lo scenario stava cambiando
radicalmente, le luci natalizie illuminavano festosamente le strade del
paese e l’ingresso, gli alberi si erano fatti più radi,
meno imponenti e la neve diminuiva gradualmente mano a mano che si
avvicinavano.
Fissò gli occhi sulle sue spalle e capì che in ogni caso si sarebbe innamorata di Draco.
Nonostante il saluto scostante
e antipatico con cui il Serpeverde l’aveva accolta, sin dal
secondo successivo fra di loro era scoccata la scintilla, si erano
sentiti subito attratti l’uno dall’altra e Harry era
passato inevitabilmente in secondo piano.
Anche se non poteva ignorare
che Harry avesse su di lei un qualche effetto, era Draco quello che
voleva abbracciare durante la notte ed era Draco a tenere il suo cuore
in scacco tutti i giorni.
Tra i due non c’era dubbio su chi avrebbe scelto.
Harry era bello e valoroso ma
il Serpeverde, oltre a queste qualità, aveva eleganza, era
intelligente e profondo, e aveva un carattere di ferro.
Entrambi, a quanto aveva capito, avevano affrontato un’infanzia difficile anche se in modi diversi.
Harry aveva fronteggiato la
morte dei suoi genitori ed era stato costretto a vivere in un mondo
babbano senza sapere di essere un mago, come lei.
Draco, invece, era vissuto per
tutta la sua vita a stretto contatto con una realtà pericolosa
e, anche se i suoi genitori erano tuttora in vita, non aveva ricevuto
il loro amore come magari l’avrebbe potuto ricevere Harry se i
suoi genitori non fossero stati uccisi.
Draco aveva sempre vissuto
ogni giorno avvolto da tensione e paura e per resistere ad un clima
simile bisognava possedere una grande forza di volontà. Anche
lei si era trovata nella medesima situazione nei due anni precedenti al
suo arrivo a Hogwarts: la vita con i Mangiamorte, con Voldemort, era
sempre avvolta da una fitta nebbia che non ti permetteva di vedere le
numerose mine sulle quali potevi inciampare.
I principi di Harry erano
più puri di quelli di Draco, il suo unico obiettivo era di
difendere le persone che amava e vendicare la morte dei genitori ma
Marte si ritrovava più a suo agio con Draco che, al contrario di
Harry, viveva con più calma e non sprecava nessuna occasione.
La scuola, ad esempio; Draco
la odiava ma, anche se non glielo aveva mai confidato, sapeva che, un
suo desiderio, che tentava con tutte le sue forze di nascondere pure a
se stesso, era quello di scappare da suo padre appena finita la scuola,
scappare da un destino che lo dipingeva già come un nuovo
Mangiamorte.
Marte era particolarmente
contenta di ciò, anche perché aveva già deciso di
dissuaderlo con ogni mezzo nel caso Draco avesse deciso di seguire le
orme di suo padre.
Per strapparlo da quel giro vizioso l’avrebbe anche ucciso se necessario, e poi sarebbe morta di dolore.
Entrarono finalmente nel
villaggio e a quel punto le fu impossibile continuare con i suoi
pensieri nefasti. Le vetrine erano tutte riccamente addobbate a festa.
In giro vide molti dei suoi compagni di scuola fare compere per la
festa di quella sera, solo loro quattro camminavano senza nessun pacco
in mano.
S’incantò a
guardare un abito in una vetrina quando sentì Hermione toccarle
la spalla e farle segno in direzione di una stradina secondaria che si
diramava lontana da quella principale.
Mano a mano che si allontanavano dal paese le grida, le risate e le luci sparirono gradualmente.
Giunsero a un locale fuori
mano, la Testa di Porco, sulla porta era appesa una decorazione
striminzita del secolo precedente. Una renna della slitta aveva pure
perso un occhio, che non la smetteva di penzolare su e giù per
il vento, facendo sembrare l’addobbo più adatto a
Halloween che a Natale.
Entrarono e, poiché
Hermione si era già accordata con il proprietario, sistemarono
le sedie in cerchio. Se non avesse voluto tenere i suoi poteri segreti
avrebbe sistemato tutto in pochi secondi, invece impiegarono
mezz’ora per dare alla sala un aspetto più accogliente.
Dopo cinque minuti giunsero i primi studenti.
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Capitolo 15 *** 15. ***
15° B.F.T
Quindici.
Marte non si era minimamente aspettata che così tanta gente si sarebbe fatta avanti alla riunione.
Aveva contato sulla presenza
di quattro gatti Grifondoro ma, evidentemente, si era fatta influenzare
troppo dal giudizio che Draco aveva di loro, e non aveva calcolato la
loro grande capacità di persuasione.
C’erano una decina di
studenti, tra Corvonero e Tassorosso ma i Grifondoro erano in
maggioranza. Dopotutto, erano o non erano i ‘coraggiosi'?
Chi tra loro avrebbe resistito al brivido di farla sotto il naso della
Umbrige?
Naturalmente era l’unica Serpeverde ma non si meravigliò, loro erano i ‘viscidi’ della situazione, no?
Appena qualcuno si accorgeva
di lei si avvicinava all’orecchio del vicino e bisbigliava parole
che non aveva bisogno di leggere nel pensiero per capire cosa
riguardassero.
Tuttavia non si sentì
minimamente fuori posto, un po’ per la presenza di Hermione che
ogni tanto si voltava verso di lei per sorriderle, probabilmente avendo
capito la situazione, in parte perché era una Serpeverde e le
serpi amavano stare al centro dell’attenzione, così anche
lei.
Appena tutti si furono
zittiti, tutti leggermente intimoriti da lei, perché, si sapeva,
i Serpeverde erano anche gli ‘spioni’ e nessuno poteva
rischiare di essere scoperto.
Hermione si alzò e spiegò la situazione.
Marte notò che tutti
pendevano dalle sue labbra e rimase colpita dalla bravura
dell’amica nei discorsi, non perdeva mai il contatto visivo con i
presenti e gestualizzando non perdeva di incisività, come spesso
accade, ma conferiva al discorso una nota combattiva e speranzosa.
“Finalmente impareremo
Difesa delle Arti Oscure come si deve, non ci sentiremo più
impreparati e acquisiremo sicurezza.” affermò
accompagnando le parole con un gesto imperioso della mano.
Poi abbassò il tono di
voce e guardò a terra. “Non so voi, ma io non credo a
ciò che scrivono i giornali in questi giorni. Mi sento insicura
e tutti noi abbiamo potuto constatare che anche la Umbrige non fa altro
che riempirci la testa di menzogne.”
‘Tutto calcolato’ pensò lei. Hermione era una bravissima attrice.
Diede un’occhiata a
Harry per vedere quale fosse la sua espressione davanti al discorso
appassionato di Hermione, discorso che avrebbe dovuto tenere lui in
verità.
Vide che aveva lo sguardo
rivolto verso la folla. In un primo momento pensò che stesse
tranquillizzando uno studente un po’ nervoso, dicendogli che lui
ci avrebbe messo tutto se stesso, così seguì con gli
occhi la stessa direzione e, sorpresa delle sorprese, stava
tranquillizzando qualcuno ma non con l’intento che aveva in mente
lei.
Chi poteva esserci
all’altro capo del telefono se non Miss Chang, tutta bella
infagottata, con le guancie rosse e lo sguardo adorante, rivolto
esclusivamente al suo cavaliere senza macchia e senza paura?
Si infastidì
leggermente per questa scoperta. Insomma, Hermione ci stava mettendo
l’anima e lui, invece di ascoltare, perdeva il suo tempo a
inviare telepaticamente i suoi ormoni?
Alla fine gli studenti non
premiarono il discorso di Hermione con un applauso, ma
sull’espressione di tutti si aprì un sorriso speranzoso e
convinto al cento per cento di ciò che stavano per fare.
Hermione ricambiò il sorriso e chiese “Allora, ci stiamo tutti?”
Prima che tutti esultassero con un boato di assensi Marte interruppe l’idillio e si rivolse a Harry.
“ Io prima di dare il
sì definitivo vorrei sentire qualche parola provenire dal mio
futuro insegnante, il suo silenzio mi lascia un po’ delusa a dir
la verità, speravo in una partecipazione più
attiva.”
Meccanicamente le teste dei
presenti si mossero di trenta gradi a destra, ad osservare Harry, che,
cosciente di avere tutta l’attenzione su di sé prima
arrossì leggermente e poi dissimulò l’imbarazzo con
finto starnuto.
“Beh, tutto
ciò che penso è stato dettagliatamente spiegato da
Hermione, non credo ci sia bisogno di altri chiarimenti.”
Marte gli sorrise con una
finta dolcezza, piegando il collo verso sinistra. “Infatti io non
ho chiesto spiegazioni, volevo solo conoscere il mio insegnante, il suo
pensiero, insomma. Qual è il tuo obiettivo?”
Lo sguardo che Harry le
rivolse al principio non fu lontanamente amichevole ma poi
sembrò che, sopraggiunta l’illuminazione, i suoi
lineamenti si addolcissero diventando seri e decisi mano a mano che il
discorso proseguiva. Fu sufficientemente
convincente e, pronunciando anche solo il nome Voldemort, diede ai
presenti la sicurezza che avevano bisogno di sentire.
Un nome è la persona, e
sapere che Harry potesse pronunciare il nome Voldemort con una tale
facilità convinse tutti di avere un capo con la testa sulle
spalle, uno tosto, forte e coraggioso.
Harry aveva passato l’esame.
“Perché
l’hai fatto? E dire che ti ho raccontato spesso della
spiccata capacità di dialogo di Harry!”
“Eddai Herm! Non mi
vorrai fare la predica? So che il nostro Cavaliere qui è un
po' timido ma non sarebbe stato sufficiente se fossi stata solo
tu a parlare. Per quanto bello sia stato il discorso tutta quella gente
é venuta perché spinta dalla novità di avere il
Bambino Sopravvissuto come insegnante. Anche lui doveva
intervenire!”
Hermione si rabbuiò,
prese a braccetto la ragazza e domandò preoccupata,
“Perciò non ti sembra che abbia fatto una mega
figuraccia?”
“Assolutamente
no!” garantì ridendo. “Tutt’altro, si è
risollevato molto bene e, non so se hai notato, alla fine in molti si
sono spintonati per firmare e essere in cima alla lista!”
Hermione incominciò a
saltare e spinse Marte a fare lo stesso, urlando, a suo parere, come una suilibrata, finché non tornarono alla via
principale di Hogsmade.
Iniziarono a girare per
negozi, additando qualcosa ad ogni vetrina. Dopo una mezz’ora non
avevano ancora comprato nulla però si erano caricate di due
sacchetti ognuna ricolmi di dolci, caramelle e cioccolato.
“Ho paura che quando proverò il vestito dovrò prenderlo di due taglie più grande!”
Hermione sbuffò e le
fece un pizzicotto alla pancia. “Non fare la finta tonta! Sei in
formissima! Sarò io quella che non entrerà più
nell’abito!”
Fecero sosta su di una panchina e mangiarono tutti i dolci che avevano comprato discutendo delle compere da fare.
“Perché non
andiamo a prendere l’abito che stavi guardando prima?”
propose Hermione leccandosi avidamente le dita impiastricciate di
glassa.
“Non so, forse era troppo elegante.”
Hermione si alzò, butto
i tovaglioli sporchi che avevano usato e tornò a prenderla,
afferrandole la mano. “Secondo me invece lo devi proprio
provare!”
Marte venne trascinata al
negozio con la forza e spinta immediatamente dentro il camerino
dall’esuberanza dell’amica che, probabilmente, aveva
ecceduto nel mangiare i pasticcini al liquore.
L’abito era bellissimo,
nero, morbido davanti e con una scollatura esagerata dietro, che le
scopriva tutta la schiena, le spalle e il bacino.
Appena uscita dal camerino si
stupì di come le cadesse bene ma appena si voltava e vedeva
l’enorme scollatura si imbarazzava oltre ogni dire.
Chiese alla commessa se non
fosse possibile diminuirla leggermente ma questa, sbuffando, si era
rifiutata categoricamente di accorciarla, sostenendo che ogni modifica
avrebbe rovinato la bellezza dell’abito. Hermione, naturalmente,
le diede ragione, ripetendole di fare una giravolta per osservarla con
occhi trasognati.
“Mi si vede quasi il sedere Hermione!”
“Non è
assolutamente vero!” ribadì. “La tua pelle e questo
nero sembrano fatti per stare insieme.”
“Ma mi sento scoperta, sia dietro che davanti!”
Hermione fece un veloce gesto
con la mano come per dirle di finirla. “La scollatura davanti
è perfetta e quella dietro ti fa sexy, non vuoi essere bella per
la tua serpe?” chiese maliziosamente facendole
l’occhiolino.
Marte sentì le guancie andarle a fuoco e decise di fare un altro giro per vedersi bene allo specchio.
“L’unica cosa che mi dispiace è che si vedano tutte quelle cicatrici.”
Hermione si avvicinò è le sfiorò la schiena.
“Poi mi racconterai come
è successo ora però penso di aver già trovato la
soluzione, una bellissima soluzione.” La guardò con occhi
talmente sottili e luccicanti che le sentì un brivido dove lei
la stava toccando.
“Sarebbe?” chiese, temendo la risposta.
“Semplice,” rispose sorridendo, “la tua schiena sarà un gioiello!”
“Come al solito Hermione ci ha piantato da soli a scegliere un maledetto vestito! Quanto odio fare shopping!”
“Non ti lamentare
Ron.” sbuffò Harry. “Grazie a Dio Madame McClan
conosce le nostre misure e i nostri gusti, altrimenti saremmo ancora
là a provare e riprovare.”
“Sono più sudato ora che dopo una partita di Quidditch.”
“Non me lo dire.”
“Cosa facciamo?” chiese Ron spostando il sacchetto con l’abito nuovo sulla schiena.
“Io direi di andare a bere qualcosa e poi di tornare al castello, sinceramente questo gelo mi blocca le meningi.”
Ron sorrise e gli diede una
spallata. “Ma non erano in piena attività mentre guardavi
una certa signorina alla Testa di Porco poco fa?”
Harry lo guardo mestamente. “Se ne sono accorti tutti vero?”
“Direi di sì, mio caro, e Marte è stata la ciliegina sulla torta.”
Harry alzò le spalle “Comunque non erano poi tanto le mie meningi quelle in movimento.”
Ron scoppiò a ridere ed insieme si avviarono verso Madama Rosmerta.
“Ti piace proprio vero?” gli chiese mentre passavano di fronte ad un nuovo negozio.
“Non so, è molto carina, tenera, delicata però…che posto è questo?”
Entrambi guardarono la vetrina nera e vuota del nuovo negozio con curiosità.
“La vetrina dice
gioielli, ma non c’è nulla di esposto. Penso che sia quel
negozio nuovo di cui mi ha parlato Lavanda qualche giorno fa.”
“Cosa si fa dentro?”
“Sinceramente non me ne ricordo.” Rispose alzando le spalle.
La vetrina era coperta da una
grossa e pesante tenda nera, dalla quale si poteva intravedere
l’interno solo da uno spiraglio sottile.
Harry si avvicinò
incuriosito alla vetrina e cercò di mettersi nella posizione
migliore per sbirciare all’interno.
“Cosa fai, Harry’”
“E se fosse un negozio tipo Magie Sinister?”
“Non credo
proprio,” rispose scuotendo la testa davanti alla fissa
dell’amico. “Non se si trova nella via principale e
soprattutto non se è frequentato dal cinquanta per cento delle
ragazze di Hogwarts.”
Harry stava già dando
un’occhiata all’interno quando esclamò.
“C’è Hermione qui dentro!”
Ron accorse immediatamente e si arrampicò sul vetro per osservare meglio.
Le figure all’interno erano confuse però abbastanza distinguibili.
Due erano sempre in movimento
mentre la terza stava ferma in piedi aggrappata fermamente ad una
sbarra di ferro con le mani, in modo che la schiena fosse tesa e dritta.
Hermione, che era andata
avanti e indietro fino a quel momento, si fermò davanti alla
persona in piedi e coprì con le proprie mani le sue.
Harry aguzzò la vista e
premette il naso contro il vetro per distinguere il viso della persona
con cui Hermione stava parlando.
Il viso dell’amica era
l’unico riconoscibile perché illuminato da un sottile cono
di luce, dell’altra invece si distinguevano solo una folta massa
di capelli e la schiena scoperta.
Una terza persona giunse alle
spalle e, dopo aver scambiato un’occhiata con Hermione estrasse
la bacchetta e la punto contro la schiena.
“Cosa diavolo sta facendo Hermione?”
“Harry? Non sembra anche
a te che sia Marte quella di fronte ad Herm?” lo interruppe Ron
con un evidente tentativo di chiarire.
Harry sforzò la vista
ancor di più e, appena la figura si mosse, e i capelli si
spostarono dal viso, riconobbe i lineamenti sfocati della ragazza.
“Hai ragione! Ma perché quel tipo gli sta puntando la bacchetta contro?”
Intanto Marte stringeva
convulsamente alla sbarra di ferro e Hermione, che sembrava stesse
subendo qualcosa anche lei, ad ogni spasmo dell’amica rispondeva
con una forte stretta di mano.
“Quanto manca, Herm?” chiese con tono implorante.
Hermione diede un’occhiata alle sue spalle e rispose con un gemito.
“Non si preoccupi,
signorina, alla fine sarà molto soddisfatta.” Rispose
l’uomo che stava armeggiando con una matita molto appuntita sulla
sua schiena. “Il disegno è la parte più dolorosa,
poi con la bacchetta ci vorrà un minuto.”
“Lo spero.” Risposero le due ragazze all’unisono con tono incerto e dolorante.
L’uomo rise e continuò con il suo lavoro.
“Parlami, Herm, prima che cambi idea e me ne vada.” La incitò Marte digrignando i denti.
Hermione le rivolse una risata poco convinta e provò a consolarla.
“Sarai bellissima! Pensa a questo!”
“Magra consolazione!”
La ragazza sbuffò, sforzandosi di trovare un argomento.
“Ora passo alla
bacchetta, e mi devo mettere delle cuffie, se ha bisogno di qualcosa o
vuole che mi fermi mi faccia un gesto, va bene?”
Marte rispose scuotendo la testa.
Hermione allora ne approfittò e le sussurrò. “Perché non mi parli di te?”
Marte abbassò lo
sguardo e si concentrò per alcuni secondi sul tocco della
bacchetta dell’uomo che si era spostata a sinistra sulla scapola.
Un tocco delicato, che spingeva quasi al sonno.
“Conobbi Lilium quando
avevo dodici anni. Allora vivevo ancora con la famiglia babbana alla
quale ero stata affidata. Ho vissuto con quelli che credevo i miei
genitori naturali sin da quando posso ricordare ma non so come ci sia
finita.
Mi disse di essere mio
fratello mesi dopo che lo incontrai, lui si era presentato a me come un
normale studente, niente di più, perciò quella scoperta
fu una novità per la mia vita.
Mi stava cercando da anni, mi
disse, i nostri veri genitori non gli avevano svelato il luogo in cui
mi avevano nascosta e così da quando loro erano morti non aveva
fatto altro che viaggiare per trovarmi. Mi aveva scoperta per un colpo
di fortuna.
I miei poteri si erano
manifestati a dieci anni, accidentalmente, ma solo in quel periodo ero
riuscita a controllarli e a usarli correttamente a mio piacere,
così avevo iniziato ad adoperarli a scuola, per vendicarmi di
una compagna di classe troppo antipatica, per divertirmi, per mostrarmi.
Lilium percepì la fonte di energia che stavo utilizzando e mi trovò.
Tutto dal suo arrivo non fu più lo stesso.
Tutta la monotonia, tutto quel malessere che provavo, sparì
appena lui mi disse di essere mio fratello. Con la sua venuta davanti a
me sia aprirono le porte di un nuovo mondo, un mondo bellissimo.”
Alzò gli occhi dal
pavimento e guardò finalmente Hermione negli occhi con
espressione indecifrabile, un misto fra sollievo e dolore.
“Anche tu puoi capire, hai provata la mia stessa identica sensazione quando hai ricevuto la lettera per Hogwarts.”
Hermione annuì. “Sì, è vero.”
“Mi iniziò sin da
subito alla magia e, naturalmente, ne rimasi affascinata e lessi ogni
singolo libro che mi diede.”
Rise leggermente e
l’uomo, immediatamente, la prese per i fianchi per rimetterla
nella posizione iniziale, scoprendole maggiormente la schiena fino ad
intravedere la linea delle natiche.
Marte fece una smorfia infastidita ma si costrinse a non muoversi.
“Sembrerà
ridicolo ma mi sono accorta del valore di ciò che so, soltanto
ora che sono arrivata ad Hogwarts.” Riattaccò il discorso
dopo brevi attimi di silenzio. “Mi ha insegnato magie che voi
quest’anno non apprenderete nemmeno, che nemmeno immaginate e che
forse non conoscerete mai.”
Alzò lo sguardo e
sorrise alla ragazza, che intanto aveva allentato la presa confortante
sulle sue mani e si era allontanata, lievemente intimorita dal suo tono
di voce.
“E sai perché ha fatto questo?” le pose la domanda come indovinello.
Hermione scosse la testa impercettibilmente, tanto era paralizzata dalla tensione.
“Perché?” sussurrò
“Perché voleva che fossi degna davanti a Lord Voldemort e migliore dei suoi Mangiamorte.”
Harry e Ron si erano staccati
in fretta dalla vetrina non appena l’uomo aveva scoperto
maggiormente la schiena di Marte e, dopo essersi guardati leggermente
imbarazzati, avevano lasciato il negozio con una particolare attenzione
a non farsi notare minimamente.
Sarebbe stato spiacevole se Herm e Marte si fossero accorte di essere spiate.
Si incamminarono velocemente
per la strada principale, passando davanti a Madama Rosmerta e uscendo
subito dal villaggio, senza fermarsi, finché non giunsero a uno
dei ponti che conduceva alla scuola.
“Miseriaccia.” esordì Ron con tono sommesso. “Certo che ha una bella schiena.”
Harry annuì tremando
tutto sudato. “Decisamente.” Si voltò verso Ron e lo
fece voltare verso di sé per le spalle. “Senti, se ce ne
dimentichiamo è meglio, non è la prima volta che vediamo
un fondo schiena, o sbaglio?”
Ron annuì titubante. “Non so te, Harry, ma per me era la prima volta!”
Harry sorrise e si accorse che l’amico non aveva notato nulla di strano.
Non aveva visto
l’espressione di Hermione cambiare e divenire sempre più
scura e confusa mentre Marte le parlava. Aveva fatto di tutto per
capire l’argomento della discussione ma non era mai stato in
grado di leggere le labbra e non conosceva nessun incantesimo utile.
Aveva capito che, qualsiasi
cosa le due ragazze si stessero dicendo, non sarebbe stato il caso di
farsi trovare con il viso premuto contro il vetro. Avrebbero davvero pensato
che le stavano spiando, e Harry non voleva perdere la fiducia di Hermione,
né far perdere all’amica l’amicizia di Marte, alla
quale sapeva lei tenesse fortemente.
“Tuo fratello era un Mangiamorte?”
“No, no che non lo era!” assicurò scuotendo la testa con fermezza.
L’uomo la fermò la testa duramente e riprese il suo lavoro.
“Lilium aveva fatto un
accordo con Voldemort che riguardava me ma alla fine vi ha rinunciato
perché…” 'perché si è innamorato di
me', avrebbe voluto dire ma si trattenne, abbassò lo sguardo e
non concluse la frase.
Si erano innamorati fino alla follia ‘ Un fratello e una sorella, che cosa sporca ’ pensò.
Lilium era inizialmente venuto
a cercarla per vedetta, verso i suoi genitori, e aveva programmato di
vendere lei, il suo potere e i suoi servizi a Voldemort.
Tuttavia non aveva calcolato l’impossibile, ciò amare una sorella più del consentito.
Quando aveva iniziato a sentire per lui dei sentimenti diversi si era sentita fuori posto e sbagliata.
Non era una cosa normale
guardare il proprio fratello in quel modo, con il cuore che andava a
mille e l’eccitazione che saliva.
Inizialmente l’aveva
fatto discretamente, presa dalla vergogna e dall’indecenza dei
suoi gesti, che le sembrava avessero sempre qualcosa di putrido. Non
riusciva più a parlargli, a guardarlo negli occhi, a sfiorarlo
senza sentirsi colpevole. Così lo faceva di nascosto.
Una volta, ricordò, era
entrata in camera sua mentre il ragazzo dormiva per poterlo osservare.
Lilium era sempre stanchissimo in quel periodo, per cui dormiva
profondamente.
L’aveva osservato per tutta la notte facendo attenzione che nemmeno il suo respiro potesse disturbarlo.
Un giorno, uno dei giorni
più belli della sua vita, aveva beccato Lilium osservarla di
nascosto e, nonostante avesse abbassato lo sguardo immediatamente,
dentro si era sentita libera e piena di speranza.
Le lezioni andavano avanti
normalmente ma ogni volta c’era in lui qualcosa di diverso,
talvolta era arrabbiato e scontroso, altre invece la ricopriva di
attenzioni.
Marte sentì la fronte di Hermione appoggiarsi alla sua e la freschezza di quel contatto la fece sospirare di sollievo.
“ Finiamola con questi
pensieri cattivi, Marte. Non ti chiederò più nulla, mi
fido di te, e voglio che oggi sia una bellissima giornata. Siamo
riusciti a fare la classe di Difesa contro le Arti oscure! Cosa si
può volere di più?”
Sul viso di Marte comparve un sorriso forzato e annuì.
“ A che punto è?”
Hermione si spostò per andare a vedere e quando tornò guardò l’amica con un sorriso sfavillante.
“Manca poco! Ti piacerà molto.”
“Spero che piaccia anche
a lui, di solito non ama che io sia coperta con qualcosa, non
vorrebbe nemmeno che mettessi un profumo!”
Hermione arrossì e abbassò lo sguardo.
“Cosa ho detto di tanto imbarazzante?”
La ragazza negò senza
però incrociare il suo sguardo. “Non devi essere timida in
queste cose Herm, prima o poi capita a tutte.”
“La tua schiena è una gemma.” Proseguì sviando l’argomento.
Marte sorrise in risposta e fece un cenno all’uomo che si fermò subito e si tolse le cuffie dalle orecchie.
“Senta, è possibile farlo nero?”
Lui alzò un sopracciglio. “Va bene” assentì, “Ma proprio tutto?”
Ci pensò un po’ e rispose. “L'occhio d'argento, va bene.”
Draco Malfoy era sdraiato sul
letto della sua camera, l’abito che avrebbe indossato quella sera
era adagiato su una sedia, gli anelli li aveva sfilati e poggiati sul
comodino.
Era lì sdraiato da ore,
aspettando di sentirla tornare, ma non aveva udito alcun suono
provenire dalla sala comune.
Pansy e Gioia da ore si erano
ritirate nella loro stanza per prepararsi, stessa cosa aveva fatto
Blaise, che fra tutti gli amici che aveva era di sicuro il più
schizzinoso.
Nott era rimasto con lui fino
a qualche secondo prima ma poi aveva deciso di andare anche lui a
cambiarsi, con la promessa che l’avrebbe avvisato se fosse tornata.
“Non ci contare,
però,” l’aveva avvertito. “ Probabilmente
è andata a prepararsi con la mezzosangue e vi vedrete al ballo.
Lo sai che porta sfortuna vedere la sposa prima delle nozze.”
Malfoy l’aveva silurato
con lo sguardo mentre il Serpeverde usciva dalla sua camera con un
ghigno compiaciuto stampato sulla faccia.
Per tutto il pomeriggio, da
quando avevano incontrato la mezzosangue e lo sfigato sulle scale, era
rimasto in pena. L’aveva cercata per tutto il castello
finché non aveva scoperto che era stata vista sulla strada per
Hogsmade con la combriccola di Potter. Probabilmente stava andando a
comprare l’abito per il ballo.
Si era offerto di
regalarglielo, aveva già in mente che cosa farle indossare per
renderla bellissima, una sua fantasia personale, però lei
l’aveva convinto che non avrebbe avuto senso e che aveva
intenzione di fargli una sorpresa. E Draco Malfoy non rifiutava mai un
regalo.
Non vedeva l’ora che
arrivasse la notte, non poteva trattenere la voglia che aveva di stare
solo con lei, di stringerla e di legarla a sé.
La mancanza che sentiva era inoltre accentuata dal distacco provato nell’ultima settimana.
Ogni sera, Marte si spogliava, lo baciava e si addormentava velocemente fra le sue braccia.
Non era minimamente riuscito a
spiegarsi il motivo di questa sua stanchezza: non poteva essere lo
studio, poiché a scuola il suo impegno era minimo, e causa non
poteva nemmeno essere un bisticcio con la mezzosangue, visto che quelle due
andavano a braccetto per qualsiasi cosa.
Aveva iniziato a soffrire di nostalgia tutte le volte in cui pensava a
quella sera davanti al fuoco, quando per poco non avevano fatto
l’amore e quando aveva dormito con lui mezza nuda, pelle contro
pelle.
Marte pensava che non non
avesse capito il motivo per cui si vestiva a strati per venire a
dormire con lui. Aveva avvertito il suo timore e, come sempre,
poiché gli piaceva approfittare dell’effetto che aveva su
di lei, non aveva atteso per stuzzicarla un po’.
Sembrava passata un’eternità da quando le aveva dato un bacio decente.
Una sera, erano già sdraiati e Marte, quella tornata ai pantaloni e alle magliette, lo aveva baciato e aveva appoggiato il capo sul suo petto.
“Sei stanca?”
Marte aveva risposto con un
sospiro e un mormorio, sorridendo assonnata“Sai tutto di me,
signor Malfoy, ma mai quando ho sonno.”
“Ti vedo sempre un po' debole, ultimamente.”
Lei, sollevandosi sulle
braccia, aveva strofinato il viso sul suo petto, chiaro invito per
essere toccata. “Sarà la scuola.” aveva risposto
mentre lui la accarezzava.
Draco, alzando un sopracciglio, poco convinto, espresse il suo scetticismo al quale lei rispose con una risata.
“Ti posso baciare mentre dormi?” le aveva domandato dopo alcuni secondi di silenzio.
Il petto della ragazza si era
mosso come per ridere nuovamente, ma dalla sua bocca non era uscito
nulla. Anzi, aveva socchiuso gli occhi e lo aveva guardato con
dolcezza, si era sollevata e aveva accarezzato le sue labbra con un
dito prima di baciarle delicatamente, sistemandosi nuovamente sotto le
coperte.
“Se vuoi puoi, io non te lo impedisco. Però se è un bel bacio prima svegliami.”
“Vuoi dire che i miei baci non sono sempre fantastici?” l’aveva punzecchiata lui.
“Va bene,” si era corretta. “Se è un bacio che richiede anche il mio aiuto, svegliami.”
Draco aveva scosso la testa,
incredulo, e aveva pensato di approfittarne ma, tornato a guardarla, il
suo viso era già rilassato e addormentato e la sua vena
vendicatrice si era immediatamente ammorbidita.
Lui le aveva posto quella
domanda solo per farle capire quanto avesse bisogno della sua
attenzione, Marte sapeva perfettamente quanto lui non amasse dare baci
alle donne quando queste non potevano sentirlo, era frustrante. Le
favole non facevano per lui.
Per lei però si era
pure abbassato a pregare per un bacio o per una carezza. Ed ora non
vedeva l’ora di stringerla a sé.
Si alzò, stufo di non
far niente, guardò per l’ultima volta l’abito che
aveva deciso di indossare e iniziò a vestirsi. Indossò la
camicia ma poi tornò subito a letto annoiato.
Qualcuno bussò alla porta e Nott entrò in camera sua, già pronto.
L’amico lo guardò ancora sorridendo furbescamente. “Pensavi fossi lei?”
Draco negò con il capo.
“Lei è l’unica che non bussa per
entrare.”affermò, infilandosi i pantaloni.
“Vuoi dire che non è obbligata o che è il suo carattere?”
“Non deve proprio.” rispose Draco sorridendo. Dunque si alzò e riprese a vestirsi con più entusiasmo.
“Le hai dato la chiave
del tuo letto?”lo prese in giro e continuò con tono
divertito. “Di solito avviene il contrario Draco, non sono le
donne a darti entrata libera al loro?”
Draco intanto aveva indossato
due anelli, uno d’argento da pollice e quello di famiglia, che
aveva un’enorme pietra nera incastonata tra due brillanti.
“Di solito, ma questa
volta il suo letto è anche il mio. E, in ogni caso, per quante
volte io possa averle fatto quest’offerta, lei non l’ha
ancora colta.”
“È in gamba! E
nella Casa sono tutte un po’ invidiose, Draco.”Poi
ripeté con voce stridula “Dov’è il mio
Dracuccio? Perché non è qui?”
“Ma smettila!” gli ordinò.
“è una cosa
semplicemente patetica, inoltre pare che Blaise stia perdendo fiducia
in se stesso. Dice che è tutta una tua tattica per acchiappare
più Europee.” aggiunse, scambiando con lui
un’occhiata eloquente.
Draco inizialmente sorrise,
poi però i lineamenti del suo viso si fecero sempre più
seri, finché la sua espressione non fu di assoluta
serietà. Si voltò verso il muro, fingendo di sistemarsi
il colletto.
“Le ho detto che l’amo, Theo.” sussurrò debolmente.
Le parole giunsero a Nott come un macigno e il ragazzo non seppe cosa rispondere.
Si avvicinò a lui e si sedette sul letto. “E lei?”
Draco alzò le spalle. “Mi ha detto di continuare a pensarci.”
Nott lo guardò e con tono incredulo chiese “Ti ha detto di continuare a pensarci?”
“Tu ci capisci qualcosa?”domandò.
Nott alzò le spalle e si sdraiò sul letto con le braccia dietro la testa. “Valle a capire le donne.”
Draco andò in bagno e con dell’acqua si pettinò i capelli all’indietro.
“È stata una
faticaccia convincere mio padre a farmi rimanere ad Hogwarts
quest’inverno. Chissà cosa aveva programmato per me.
Sicuramente un’altra sessione di allenamento intensivo.”
Nott si alzò dal letto
e lo raggiunse, si appoggiò con la spalla allo stipite della
porta e si rivolse alla sua immagine riflessa nello specchio.
“Immagino che tu non le abbia ancora parlato di tuo padre. Sa che
cos’è un Mangiamorte? E sa che tu lo diventerai?”
“Non sa ancora nulla!
È logico!”sottolineò chiaramente appoggiandosi al
bordo del lavandino. “A mala pena sa cosa siano i Mezzosangue,
come pretendi che sia a conoscenza del Signore Oscuro?”
“Se la ami come dici tu,
e vuoi stare con lei, prima o poi lo verrà a sapere. Anzi, mi
stupisco che non le siano già giunte voci da altri Serpeverde, o
dalla Granger!”
“Che mi stia mentendo? Ma perché dovrebbe?”azzardò dubbioso ma anche timoroso.
“Non lo so, forse ha
anche lei un segreto, forse non vuole crederci o forse la reputa una
cosa così normale da non doverne discutere.”
Fece spazio all’amico mentre tornava in camera per prendere la giacca e lo rincorse.
“Io non la so leggere,
Draco!” lo aggredì, fermandolo per la spalla. “Non
è una Serpeverde normale! Né i suoi genitori né
suo fratello sono fra i Mangiamorte, talvolta parlare con lei è
come parlare con qualcuno che è vissuto in un altro mondo e ha
un contatto con la magia fuori dall’ordinario. È piena di
stranezze! Ma ciò che mi chiedo, Draco, è altro.”
Draco aveva finalmente smesso
di muovere gli occhi dal pavimento al soffitto e affrontò
l’amico "Cos’è che vuoi, Nott?” lo
aggredì.
“Perché il
Serpeverde per eccellenza è attratto da lei, e perché ha
paura di mostrarle ciò che per davvero è il vero se
stesso? Normalmente avresti usato la tua futura posizione fra i
Mangiamorte per ingraziarti una donna, ma questa volta sembra quasi che
tu abbia paura di ciò che diventerai.”
Draco si scostò dalla ferrea presa dell’amico sulle spalle e si spostò dalla parte opposta del letto.
“Perché me le dici solo ora queste cose?”
“Perché tuo padre
ha chiesto al mio se sapeva se fosse accaduto qualcosa a suo figlio, e
naturalmente mio padre mi ha interrogato, Draco!”gridò.
Era raro vedere Nott perdere la pazienza.
La mano di Draco iniziò a tremare e a spostarsi verso la tasca
dove aveva posto la bacchetta, era una reazione che ormai gli veniva
naturale tutte le volte in cui il discorso ricadeva su suo padre.
“E tu?”
“Gli ho detto che non
avevo notato nulla di strano, che vai a letto con molte ragazze, vai
bene a scuola, la tua squadra è prima in classifica e che i
Grifondoro invece sono al terzo. Ho sparato le solite cose che li
accontentano e che li fanno credere di aver messo al mondo dei perfetti
assassini.”
Draco sospirò profondamente e lasciò la bacchetta dove si trovava.
Andò a sedersi sulla
poltrona davanti al camino, quella dove Marte si era
rannicchiata proprio quella notte, e si sentì calmo ma inquieto
allo stesso tempo.
Fece un respiro profondo e
ricostruì la sua maschera gelida e impenetrabile. “Cosa
dice la Casa?” volle sapere.
“Sentono tutti la tua mancanza e si chiedono cosa abbia Marte che non avevano tutte le altre, sono gelosi.”
“E tu cosa ne pensi, Nott?”
“Lo sai che io adoro te quanto adoro lei, è simpatica e intelligente, però è diversa.”
Draco strinse con forza i braccioli della poltrona e si concentrò sulle fiamme per ritrovare la calma.
“Marte sicuramente ha
dei segreti con me, questo lo so, ma anch’io non sono mai stato
del tutto sincero. Ho chiesto a Lucius il permesso di rimanere solo per
capire. Il problema dei Mangiamorte lo risolverò in seguito,
intanto cercherò di non dare a mio padre altre preoccupazioni
così che tu non abbia problemi.”
“Grazie Draco.”
Nott si diresse verso la porta ma Draco lo fermò prima che potesse aprirla. “La devo lasciare, Theo?”
“Tu lo vuoi?” “No.” rispose immediatamente.
“Allora non fare
ciò che non vuoi fare. Sei il Re delle Serpi, continua a
comportarti come tale. Fai il despota, fai quello che vuoi e nessuno ti
dirà nulla. Fai sembrare Marte come un tuo possesso e nessuno
parlerà.” Detto ciò uscì e richiuse la porta
senza voltarsi.
Appena le Grifondoro la videro
entrare in camera spalancarono gli occhi e rimasero immobili per tutto
il tempo in cui lei appoggiò le sue cose sul letto di Hermione.
Si tolse la giacca e chiese a tutte. “Vi dispiace se uso la doccia?”
“No, certo che no.” rispose Lavanda Brown titubante.
“Sei sicura di potere? L’ha appena finito,”fece per fermarla Hermione.
“Il tizio del negozio ha detto che posso.”
“Ti porto un asciugamano.”
Marte la ringraziò e si diresse verso il bagno.
Nella camera c’era
ancora un silenzio fastidioso nell’aria. Poi Lavanda si
avvicinò ad Hermione e e le sussurrò all’orecchio.
“Ma sei impazzita! é una serpe!”
“è mia amica,
Lavanda, e vogliamo prepararci insieme.” poi le sorrise e
aggiunse “Non vi ucciderà per oggi.”
Tutte rabbrividirono ma erano
talmente impegnate nei preparativi che si dimenticarono velocemente
della presenza della Serpeverde.
Dopo qualche minuto lei
uscì dal bagno, coperta con l’asciugamano e con i capelli
raccolti perché non si inumidissero, e tirò fuori dal
sacchetto l’abito e le scarpe.
Lavanda le si avvicinò, trascinando l’abito che non aveva ancora sistemato.
“Cosa hai fatto sulle schiena?” le chiese incuriosita.
Marte sorrise debolmente ma non la allontanò, nel tentativo di non sembrare scortese.
“Lo vuoi vedere?”
Lavanda annuì, allora allentò un po’ il nodo dell’asciugamano, scoprendo le spalle.
La Grifondoro dapprima si
allontanò, intimorita dall’immagine, ma poi, imitata anche
da Calì, si avvicinò nuovamente e sfiorò la sua
schiena delicatamente per paura di rovinarlo.
“Che meraviglia!”
esclamò estasiata. “Sembra un gioiello quanto brilla! Ci
ha messo molto a fartelo?”
“Poche ore.”
ripose con una scrollata di spalle. “Non è stato nemmeno
doloroso. Anche Hermione ne ha fatto uno.”
“Davvero?”chiese
Calì con una lieve nota d’invidia rivolgendosi all'amica.
“Anche tu lungo tutta la schiena?”
“No, certo che
no.” si sbrigò a dire imbarazzata Hermione. “Il mio
è molto più piccolo.” disse scostando i capelli dal
lato sinistro del collo. “Non sarebbe servito farlo enorme visto
che il mio abito lo avrebbe coperto.”
Le due compagne si
avvicinarono anche a lei per toccarlo. “Il tuo è
bianco!” esclamò sorpresa Lavanda. “E liscio, mentre
il suo è appuntito.”
“I brillanti si potevano lavorare come più preferivi.” rispose Herm.
Mentre le due si cambiavano le
sue compagne di camera non smisero un attimo di lanciare delle veloci
occhiate alla schiena dell’una o al collo dell’altra.
Marte fu la prima a finire di
prepararsi ma l’ultima a uscire dalla stanza, addirittura dopo
Lavanda che, dopo un po’, non aveva più trovato scuse per
arrivare in ritardo e fare la sfilata trionfale che aveva pensato.
Marte aveva realizzato che la
scollatura non era poi così ampia ma poi aveva provato a
camminare e aveva notato che, muovendosi, la scollatura si allargava e
scivolava dalle spalle, per tutta la serata avrebbe dovuto tirare su le
spalline dell’abito.
Hermione intanto tentava di
convincerla che nessuno avrebbe fatto troppo caso alla sua schiena
scoperta per via del disegno nero.
“Hai scelto
quell’animale perché è il suo, vero?” le
chiese mentre si stava ancora osservando davanti allo specchio.
Marte annuì. “Lui ci tiene molto a questa serata, vuole mostrarmi alla scuola, e io non voglio deluderlo.”
“Ma non ti dà fastidio che ti esponga come un trofeo?”
“Perché dovrebbe?
Non mi da alcun fastidio, penso che sia il suo modo per darmi del
potere.” rispose alzando le spalle e guardando Hermione tramite
lo specchio.
Hermione era bellissima nel
suo abito rosso, faceva davvero un gran figurone anche senza delle
scollature enormi. Il gioiello che aveva sul collo spiccava
enormemente, illuminandole il volto, mentre i capelli scendevano
giù in morbidi boccoli.
“Potere?”
“Sei bellissima Hermione.”
La ragazza arrossì
enormemente al complimento. “Herm, se hai questa reazione con me
cosa farai davanti al tuo Ronald.” la derise. Hermione divenne
bordeaux.
“Appunto!” esclamò Marte ridendo allegramente.
Si avviarono verso la porta.
“Tu invece, a prima vista, sei più pericolosa che bella.”
A quell’affermazione
Marte espose il suo ghigno stile Serpeverde e la fece rabbrividire.
“Non potevi farmi complimento migliore.”
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Capitolo 16 *** 16. ***
16° B.F.T
Sedicesimo.
La Sala Grande era stata decorata squisitamente come ogni anno.
L’ambiente era
rischiarato dalla luce soffusa e delicata di numerose candele che
galleggiavano ovunque nell’aria. I grossi tavoloni erano
dissolti e al loro posto erano apparsi numerosi tavoli circolari,
alcuni grandi altri più piccoli e in angoli riservati.
Ai lati era stato preparato un
buffet magnifico, con pietanze da ogni angolo del mondo mentre,
accanto, c'era il tavolo dei drink che era stato allestito, vanto dei
Serpeverde, proprio da Theodore Nott.
Ma la bellezza di quella sala era come al solito riservata al soffitto.
Il cielo era limpido e stellato ma, quell’anno, aveva una particolarità in più.
Da un capo all’altro
della stanza partivano numerose strisce di velluto e seta colorate e,
fra un nastro e l’altro, si arrampicavano, nascondevano e si
confondevano numerosi acrobati dalla tuta bianca e con il volto
nascosto da una maschera dello stesso colore.
Nessun professore era
presente, nemmeno la Umbrige che, stranamente appoggiata dalla
McGrannit, aveva ritenuto che almeno uno di loro sarebbe dovuto
rimanere ma non era stata ascoltata.
Erano le dieci mezza e quasi tutta Hogwarts era presente.
In pochi riuscivano a staccare
lo sguardo dal soffitto e ogni secondo si sentiva un sospiro o un
mormorio di eccitazione alzarsi da un nuovo arrivato.
Draco e i suoi amici erano
seduti ad un unico grosso tavolo. Si era già goduto i
complimenti di ogni ragazza che aveva incontrato e ne aveva dovuti
regalare molti, non sempre veritieri.
Le uniche ad attirate la sua
attenzione erano Pansy e Gioia che, come al solito, erano l’una
sensuale e l’altra molto elegante.
Nonostante fossero appena all’inizio avevano già riso molto e bevuto altrettanto.
“Chi vuole un altro
drink?” propose ad un certo punto Blaise, che era già
mezzo sbronzo e meno lucido del solito.
“Io Blaise, ma sarebbe
meglio che non lo portassi tu!” gli disse Pansy, avvicinandosi a
lui e sedendosi sulle sue gambe.
“Ma che dici?”
“Vado a prenderli io.” si offrì Nott.
Subito Draco si alzò e lo seguì al buffet.
“La tua bella?” domandò l’amico, riempiendo diversi bicchieri dello stesso liquido blu.
“Niente di niente, al diavolo il mio ingresso trionfale.”rispose accigliato, prendendo una sigaretta dal taschino.
“Non qui Draco!” si lamentò Nott, mentre lo guardava avvicinare la sigaretta a una candela.
“Tranquillo, non farò scoppiare un incendio.”
Nott scosse la testa. “Non me ne frega dell’incendio ma così ti rovini il sapore dell’alcool.”
Draco alzò le spalle in
un gesto stizzito e continuò a fumare. “Ho le mani che non
vogliono stare ferme, mi prudono dal fastidio!”
Nott scoppiò a ridere. “Quanta impazienza!”
Poi toccò con una mano
una sua spalla, mentre con l’altra reggeva un vassoio.
“Goditi la serata, mio caro.”
Draco lo guardò
allontanarsi e si rassegnò a finire la sua sigaretta in
solitudine, poi, preso il bicchiere che Nott gli aveva lasciato, si
incamminò verso le vivande; tutto quel parlare gli aveva fatto
venire fame.
“Marte? Sicura che non ci sia modo per fare un’entrata meno evidente?”
Si trovavano ormai a pochi passi dalla Sala Grande, ma l’ombra le copriva completamente.
“Non vorrai fare la fifona mia cara Grifondoro, perché lo racconterei a tutti.”
Hermione rabbrividì e
le strinse un braccio. “Li sento già i Serpeverde che mi
prendono in giro, no grazie.”
Si avvicinarono lentamente.
“Appena siamo dentro, ci
mischiamo con la folla così che nessuno ci noti troppo, va bene?
Così tu potrai localizzare Harry e Ron.” proseguì
la ragazza.
“Ok, ma tu?”
Marte le rivolse un sorriso aggressivo. “Un po’ di attenzione non mi infastidisce. Cercherò Draco.”
Varcarono la soglia e furono immediatamente investite dalla musica pressante e dallo scenario fantastico.
“Ma è sempre così? Ogni festa?”
Hermione annuì, anche i
suoi occhi erano accecati dalla bellezza di quell’intrico di
stoffe colorate che quasi impediva di vedere il cielo al di dietro.
“Sempre più spettacolare. Spesso mi chiedo chi sia ad organizzare il tutto.”
Abbassarono lo sguardo e
appena Hermione vide che le stavano fissando prese la mano di Marte e
iniziò subito a spintonare per farsi largo tra la folla e
togliersi dal centro dell’attenzione.
Raggiunsero il palco senza
troppa fatica anche se Hermione attirava lo sguardo per via del suo
abito rosso mentre Marte per l’enorme tatuaggio sulla schiena.
“Hermione rilassati, ti aiuto a cercare Harry e Ron.”
Lei annuì in risposta e alzò nuovamente lo sguardo.
Improvvisamente venne
distratta da qualcosa che si muoveva fra le tende. Sbatté gli
occhi un paio di volte, per avere la sicurezza che non fosse solo
frutto della sua immaginazione, e lo vide muoversi ancora.
Stava per chiamare Marte quando lei la avvisò di aver avvistato Harry e Ron.
“Guarda, sono al quel tavolo, con altri Grifondoro.”
Hermione riprese a respirare. “Sicura di non voler venire con me?”
Marte negò con la testa. “Devo proprio cercare Draco, ma tu non aver paura perché sei bellissima.”
“Anche tu.” e si allontanò.
Sola, Marte gironzolò per la sala, afferrando gli sguardi annebbiati dei ragazzi e quelli invidiosi di alcune ragazze.
Sentiva il tessuto morbido dell’abito carezzarle il fondo della spina dorsale e, talvolta toccarle il tatuaggio.
Non capì perché ma le sembrava di camminare in modo strano, più flessuosa e dritta.
Forse per via delle scarpe ma non era così ovvio.
I capelli ondeggiavano sulle
sue spalle dolcemente, non era ancora incespicata e sentiva i muscoli e
le ossa del proprio corpo incredibilmente rilassati e a proprio agio.
Le sembrava si essere sinuosa come un serpente ma al contempo potente come un leone.
Si stufò ben presto di ricambiare gli sguardi di sconosciuti e di farli tremare, lei voleva solo il suo di sguardo.
Decise di cercare Draco con la
mente ma non fece in tempo a decidersi che se lo trovò davanti,
dalla parte opposta della sala.
Sorrise soddisfatta e si incamminò, tagliando il salone in due.
Draco stava fumando, cosa che faceva solo quando era nervoso e lei immaginò quanto fosse infastidito dal suo ritardo.
S’ncamminò
lentamente, cercando di controllare il battito del suo cuore che andava
sempre più veloce a mano a mano che gli si avvicinava e lo
poteva osservare meglio.
Era bellissimo, oscuro, pericoloso e sensuale.
Stava appoggiato al tavolo del buffet con la schiena.
Alla sua destra aveva sistemato un posacenere, nel quale c’era già una sigaretta spenta.
Ogni tanto, quando abbassava
la testa, alcuni ciuffi gli andavano a coprire gli occhi e lui, con una
manata spazientita, li riportava indietro.
Sulla mano sinistra portava
due anelli, il suo preferito al pollice e un altro che aveva messo al
medio che, peraltro, non aveva mai visto.
Appena la vide arrivare i suoi occhi si allargarono ma la sua espressione rimase illeggibile e seria.
Lasciò che lei gli sfilasse la sigaretta dalle labbra e la spegnesse nel posacenere.
Si scambiarono uno sguardo
penetrante dopo il quale Draco allargò le gambe, la prese per la
vita e la avvicinò a sé.
Sentendo la sua schiena scoperta rimase piacevolmente sorpreso e incominciò a salire lentamente con la mano.
Marte era già
scossa dai brividi ma subito la sua carezza, incontrato qualcosa
di ruvido e sfaccettato, si bloccò.
L’espressione di Marte
si fece enigmatica e Draco, spinto dalla curiosità, la fece
voltare e osservò l’enorme tatuaggio che si avvolgeva
attorno alla spina dorsale della ragazza.
Era un enorme serpente nero, un gioiello fatto di brillanti neri.
Il suo corpo sinuoso partiva
dall’alto del collo, con la testa, e scendeva in piccole onde
sino alla linea delle natiche sotto l’abito.
Draco accarezzò il
contorno dell’animale, fino al limite della spaccatura, poi
tornò in alto, e disegnò dei cerchi attorno
all’occhio grigio dell’animale.
Poi spostò i capelli de
Marte da un lato del collo e la fece finalmente appoggiare a sé,
inspirando profondamente l’odore della sua pelle dal collo.
“Sei rimasto sorpreso?” ebbe finalmente il coraggio di domandargli.
“Piacevolmente stupito.”
Marte sorrise. “Da quanto mi aspetti?”
“Da una settimana, ormai. Ma è stata un’attesa ben appagata.”
“L’abito è di tuo gradimento, dunque.” affermò soddisfatta.
“Tu sei molto
gradita.” mormorò Draco, con il mento appoggiato sulla sua
spalla, che aveva iniziato a tempestare di piccoli baci.
“Non pensi che sia un po’ troppo scoperta?”
Draco rise e soffiò sul
suo collo, facendola rabbrividire.“Finché non
mostri le tue grazie a qualcuno che non sia il sottoscritto direi
che può andare.”
Strinse con più
forza le braccia attorno al suo corpo e poggiò le mani sul suo ventre,
solleticandola leggermente, come gli piaceva fare.“Ora posso
finalmente godermi la serata.”
Marte coprì le mani di Draco con le sue e allungò il collo all’indietro per poterlo guardare negli occhi.
“Anche tu hai sentito la
mia mancanza?” chiese con voce flebile. “Perché io
ho un terribile bisogno di te.”
Non smise di guardarlo mentre
lo baciava con esitazione, con leggerezza, giusto per fargli sentire il
suo sapore sulle labbra e la necessità, il bisogno che aveva di
stargli accanto.
“Questa notte chiariremo molte cose.” affermò Draco con gentilezza.
Voleva per davvero sistemare le cose fra di loro, basta segreti, basta passato, tutto alla luce del sole.
Marte capì e gli sorrise sinceramente. “Sì, Draco.”
Chiusa quella questione tutto sembrò risolto.
Iniziò a chiaccherare senza sosta con chiunque le si
avvicinasse, soprattutto al fine di evitare ogni momento di imbarazzo
causato dal suo abbigliamento. Tuttavia a fine serata non diede
più retta al suo imbarazzo, senza accorgersene ignorò
ogni cosa e iniziò a divertirsi.
Si sentiva più affine ai ragazzi che alle ragazze. Se si fosse
unita alla combricola di Lavanda sicuramente non avrebbero fatto altro
che stressarla con i loro soliti discorsi riguardanti la moda e i
ragazzi. Sempre così: moda, ragazzi, moda ragazzi, mai che le
concedessero, o si autoconcedessero, dei momenti di pausa da quei
discorsi così noiosi e ripetitivi.
Stare con Harry, Ron ed i loro amici in effetti non era molto
diverso. Se le ragazze discutevano di moda e ragazzi loro
intraprendevano accesi dibattiti su Quidditch e ragazze.
Tuttavia il modo in cui ne parlavano le sembrava molto più
semplice e genuino, più spensierato. Ed inoltre era
divertentissimo vederli prendersi in giro a vicenda per le loro cotte.
Giudicare quale ragazza fosse più bella, quale più
simpatica, più brutta, noiosa, oppure fare degli scherzi senza
aver paura che l'amico ci potesse rimanere offeso a morte.
Lei certo non poteva prendere parte a queste cose, essendo una ragazza
e perciò più 'delicata', ma assistere, ridere e
punzecchiare il vicino era più che sufficiente.
Il vero motivo però non stava nel fatto di essere una ragazza
quanto piuttosto nel fatto che colui che possedeva il suo cuore era
seduto accanto a lei.
Ron fin'ora non aveva parlato di nessuna ragazza, solo di Quidditch, e
ringraziò che non l'avesse fatto perchè sarebbe stato
difficile da sopportare.
Intanto si divertiva a discapito del suo migliore amico e del suo amore impossibile.
Harry non poteva distogliere lo sguardo da Cho Chang nemmeno per un
attimo. La belle cinesina era decisamente graziosa quella sera. I bei
capelli neri sciolti sulle spalle tranne che per qualche ciuffo che
teneva legato ad un grosso ago di legno dietro al capo. Una tunica di
seta nera le cadeva a pennello, stretta sotto il seno da una fascia
color petrolio, e uno scialle di tulle della stessa tonalità
della fascia. Tutto sembrava voler mettere in risalto la sua bellissima
e candida carnagione e i suoi occhi garndi e profondi.
Harry sbavava, sosprirava, sbuffava, si contorceva, fantasticava. Tutto
per colpa di una bella Corvonero che aveva stregato il suo cuore.
I due stavano almeno un'ora al giorno a fissarsi intensamente, talvolta
con desiderio, altre con imbrarazzo e dolcezza ma nessuno dei due
sembrava voler fare il primo passo e il loro rimaneva un amore
platonico.
"Devi essere tu a farti avanti, Harry." gli disse con dolcezza
Hermione, vedendolo sospirare per la decima volta. "Sono stufa di
vederti sognare a occhi aperti tutto il santo giorno. Devi fare
qualcosa."
"Sono d'accordo," assentì Ron, prendendo un sorso dal suo bicchiere. "Insomma, non vorrai che qualcuno te la freghi."
"Ron ha ragione Harry." si intromise George. "Potresti provare con dei cioccolatini."
"O con dei fiori" completò Fred.
"O con una lettera."
"Successo assicurato!" conclusero all'unisono.
Ron e i gemelli scoppiarono a ridere mentre Harry da una parte
continuava ad aspirare per uno sguardo della sua amata, dall'altra si
sentiva uno stupido.
Hermione allora allungò la mano per stringere la sua. "Non
servono tutte queste cose, perchè non provi semplicemente ad
invitarla a uscire?"
"Sembra facile ma mi sento sempre combattuto."
"Su cosa?"
Harry strinse forte la sua mano. "Tra i miei doveri e i miei
sentimenti. Non posso sconcentrarmi proprio ora. Devo rimanere fisso
sul mio obbiettivo."
"Ti capisco, forse però distrarsi un po' non è sempre male, a volte serve per allentare la tensione."
"Hai ragione! Andiamo allora!"
La ragazza strabuzzò gli occhi ed esclamò. "A fare che?"
"Ballare, no?"
Harry la fece alzare e l'abbracciò per farla dondolare dolcemente.
Iniziarono a girare per i
buffet, camminando fianco a fianco, con le mani che si cercavano,
l’abito di Marte che sfiorava le sue gambe e il profumo del suo
corpo che aleggiava nell’aria, dal quale non cessava mai di
sentirsi rapito e sedotto.
La accompagnava fra un tavolo e l’altro, seguendo la scia della sua presenza e l’occhio argentato del serpente.
L’animale si muoveva
sulla sua schiena come se fosse stato vivo, ondeggiava, si allungava e
accorciava sinuosamente, i suoi canini sembravano voler mordere la
pelle immacolata della ragazza e sporcarla di sangue.
Poi si accorse di come
sentisse i sentimenti del serpente come propri e si costrinse a
distogliere lo sguardo della coda dell’animale che si infilava
sotto la veste.
Le pose una mano sulla spalla per farla voltare e le chiese. “Hai scelto tu di fare l’occhio di quel colore?”
Marte gli rispose sorridendo e
lo prese per mano. “Mi ricordava qualcuno.” e gli
spostò un ciuffo di cappelli dalla fronte. “I tuoi occhi
sono bellissimi, Draco, e li voglio portare per sempre con me.”
Lei si voltò per riempire il piatto con qualcos’altro preso a caso dal tavolo.
“I miei occhi sono maledetti, e uguali a molti altri.”
Marte appoggiò il
piatto sul tavolo e si voltò per osservarlo. “Ciò
che è così bello non può essere
maledetto…” si trattenne dall’aggiungere‘amore
mio’ e si voltò, tornando al suo piatto.
Draco alzò una mano e accarezzò nuovamente il contorno del serpente. “Così bella.”
Marte sorrise e le spalline dell’abito scesero lungo le braccia.
Fece per sistemarsele ma sentì Draco avvicinarsi a lei da dietro e anticiparla.
“Non allarghiamoci altrimenti il mio autocontrollo va in fumo.”
“Ti stai trattenendo?” chiese con un ghigno stampato sulla faccia.
Draco si avvicinò ancor
di più a lei, finché i loro corpi non furono premuti
l’uno contro l’altro. “Non senti?” la
provocò.
Marte rise, nonostante avesse il fiato spezzato. “Mi piace tenerti sulle spine.”
“Non quanto diverte me camminarci sopra.”
Marte si voltò verso di lui e lo imboccò con un quadrato di torta.
“Si va direttamente al dolce?” chiese divertito.
“Non ho fame di salato, tu sì?”
Draco alzò le spalle.
“Sì ma non importa, mangerò più
tardi.” sussurrò con voce roca e prese il boccone dalle
sue dita.
Marte si allontanò da
lui di un passo e si aggrappò al tavolo. “Ci conviene
smetterla con le allusioni se vogliamo andare a sederci con Nott e gli
altri.”
Draco si appoggiò
contro il muro con una spalla, guardò il soffitto e
assaggiò un altro pasticcino, preso dal piatto che aveva appena
riempito.
“Perché smetterla?”
Marte rise tanto da doversi
tenere la pancia, poi lo raggiunse nuovamente. “Tu sei troppo
malizioso e narcisista.”affermò cercando di farlo
indietreggiare additandolo con l'indice.
“E tu troppo sensuale e seria, così rovini tutto il bello.”
Marte incrociò le braccia sotto il seno. “Sei impossibile!”
“Ed è per questo
che mi vuoi.” rispose prendendola per il mento e ricambiando il
suo bacio con uno altrettanto leggero, come le ali di una farfalla.
Poi la prese per mano e le indicò un tavolo nel mezzo della sala.
“Andiamo?”
Marte gli sorrise e lanciò un’occhiata al tavolo. “Vi siete presi quello più grande.”
“Abbiamo mandato uno del primo a metterci un biglietto con scritto Riservato; quando siamo arrivati era l’unico vuoto, ci siamo dovuti accontentare.”
“Naturalmente.”
Draco la prese per la vita e s’incamminarono.
Giunti al tavolo Marte si staccò da Draco e si diresse verso le sue compagne di stanza.
“Siete uno splendore, ragazze.” disse dolciastra come lo zucchero a velo.
“ E tu sei riuscita ad
essere bellissima anche senza il mio aiuto, direi che sei pronta, tutti
i miei sforzi hanno dato i loro frutti!”
“Ma quali sforzi?” esclamò Marte.
Pansy la guardò male ma la ignorò.
Quella sera appariva
più sensuale e aggressiva che mai, il suo abito verde scuro la
avvolgeva stretta e aveva una scollatura molto profonda sul davanti,
nella quale Blaise sembrava sul punto di metterci la faccia.
Gioia invece era
l’emblema castità. Indossava un abito argentato senza
spalline con uno strascico molto lungo, sulle spalle, per completare,
aveva abbinato uno scaldacuore nero.
Si accomodarono insieme agli altri della loro casa.
Marte, mentre Draco continuava ad accarezzarle la schiena, vide un bicchiere ancora mezzo pieno davanti a lei.
“è tuo Draco?” Lui negò, così guardò chi le era di fianco.
“Lo puoi bere se
vuoi.” la anticipò Nott, “Sempre che il tuo principe
non abbia nulla in contrario.” aggiunse con un sorriso.
“è pur sempre un bacio indiretto.” Marte si
voltò verso il biondo, che scrollò le spalle e
iniziò a discutere con Montgomery.
Marte si avvicinò il
bicchiere di Nott alle labbra e assaporò l’alcolico color
cobalto dapprima toccandolo solo con le labbra ma poi con sorsate
sempre più corpose.
Se prima non avrebbe mai
bevuto alcun liquido di quel colore, ora non si sorprendeva più
di nulla ma soprattutto aveva cieca fiducia nelle capacità di
Nott. Fin’ora non l’aveva mai visto preparare i composti ma
spesso si domandava se preparare un drink fosse lo stesso che preparare
una pozione.
“Ti devo sempre fermare, vai a briglie sciolte come al solito.”
Marte vide il bicchiere
sparire dalle sue mani e posarsi sul tavolo. Poi girò il capo e
notò lo sguardo profondo ma brillante di Nott, che la osservava
con vivo interesse.
Marte si asciugò le labbra con le dita e si rivolse al ragazzo con un ghigno simile stampato sulla faccia.
“Come fai a prepararli, Theo? è come creare una pozione?”
Nott alzò le spalle,
prese qualcosa dal suo piatto e lo mangiò. “Direi di no,
per prima cosa creare alcolici è molto più
divertente!” esclamò sorridente. “ Sai,”
continuò facendo un cenno verso la folla di studenti che ballava
“è strano vedere le persone godere perché bevono
ciò che tu produci, vedere come si sbronzano e come ti aprono il
loro cuore. E’ come se una parte di me entrasse dentro di loro e
potesse scavare ovunque, questa sensazione non si può ottenere
con un Veritaserum.”
“L’alcool è
come il Veritaserum ma più divertente, in poche parole.”
concluse lei. “Non so se berrò mai più qualcosa
creato da te!”
“Non hai nulla di cui
preoccuparti mia cara. Le tue espressioni solo facili da leggere mentre
i tuoi segreti troppo profondi da essere scoperti con del misero
alcool. Non è una vanga sufficientemente grande per cercare
sotto tutto quel mare di terra che ti ricopre.”
Marte parve riflettere sulle sue parole e annuì. “Dunque da te sono al sicuro.” Disse con incertezza.
Nott alzò le spalle,
riempì un bicchiere pulito con del liquido ambrato e glielo
offrì. “Al sicuro fino al prossimo bicchiere. Nessuno
è immune all’infinito.”
Lei negò continuando a sorridere e allontanò il bicchiere.
“L’alcool è una malattia ed io ci tengo ai miei segreti.”
“Saggia!”rispose, tracannando la bevanda che le aveva offerto.
“Però,
”proseguì Marte, afferrando il bicchiere dalle sue mani e
riempiendolo fino all’orlo. “m’interessano molto di
più i segreti degli altri.”
Fece scivolare il bicchiere sulla superficie del tavolo e glielo offrì. “Parliamone, sono curiosa.”
Nott la guardò corrugando la fronte sorpreso e rise mostrando due linee di denti bianchissimi.
Si stravaccò sulla sedia senza però staccare le dita dal bordo del bicchiere e senza abbandonare il suo sguardo.
Infine le sorrise e si
avvicinò al suo viso. “Parliamone ma prima,” le
sussurrò accostandosi sempre di più alle sue labbra,
“concedimi un ballo.”
Si allontanò velocemente e la fece alzare.
Mentre si allontanava, con la
mano stretta da quella di Nott, si voltò e incontrò lo
sguardo di Draco. Non seppe cosa fare, se fargli un cenno, un sorriso o
bisbigliargli qualcosa.
Pensò che sia tutto sia
niente avrebbe potuto trasmettergli una sensazione sbagliata
così optò per il niente, e pregò che Draco non
fosse geloso del suo migliore amico.
“Adesso scoprirai un mio segreto Theo.”
“Alludi al fatto di essere una pessima ballerina?” ipotizzò, impegnato a metterla nella posizione corretta.
“Precisamente.”
“Non è un gran
problema,” rispose alzando le spalle. “Tutti i Serpeverde
hanno l’eleganza nel sangue e con me pure Pansy ha imparato a
ballare.” Aggiunse indicandole la ragazza che, con grazia,
volteggiava avvinghiata ad un ragazzo che non aveva mai visto.
Iniziarono a muoversi molto lentamente, giusto il tempo che lei ci prendesse la mano.
“Jackson Miller,”
bisbiglio Nott, facendola voltare vero un ragazzo bruno, basso e un
po’ gracilino. “Tassorosso, per due anni consecutivi ha
assunto una droga speciale per rallentare la crescita e per essere
più leggero possibile. Era convinto che in quel modo sarebbe
riuscito ad entrare nella squadra di Quidditch della sua casa.
Naturalmente non l’hanno preso e rimarrà così per
sempre.”
La fece voltare di scatto.
“Viola Beuxel, Corvonero, ha fatto sesso un’estate con un
mago vent’anni più adulto.”
“Ed è rimasta incinta, naturalmente.”
Sentì Theo annuire.
“Tornò a settembre con una pancia piuttosto evidente,
dicendo di essere ingrassata ma subito dopo Natale diffuse la voce di
aver fatto una dieta super rapida.”
Marte rabrividì istintivamente e si meravigliò che
fossero solo i Serpeverde ad essere considerati insensibili e crudeli.
Lo smistamento ci dice la categoria alla quale apparteniamo ma alla fin
fine le bassezze sono sempre le stesse.
Volteggiarono per alcuni istanti senza parlare finché nuovamente non le indicò qualcuno.
“Pansy Parkinson e
Blaise Zabini, quasi sposi; per lo meno, così vogliono le loro
famiglie." esordì amaramente. "Sai bene quel’è la
loro principale occupazione, amano il sesso.”
“Draco mi aveva detto che fossero solo amici.”
Nott rimarcò la stretta sulla sua mano e le impedì di voltarsi verso il loro tavolo.
“Anche Draco non ama
dilungarsi su queste faccende sporche e poco onorevoli. Si divertono
ora per accettare meglio il futuro, non sono niente.”
“Come puoi parlare
così?” lo accusò, obbligandolo a fermarsi in mezzo
alla pista. “Sai bene che Pansy ti adora.”
“Io non sono il principe azzurro di nessuno, Marte, io vedo, penso e basta, non salvo nessuno.”
Questo l’aveva capito da sempre e anche Pansy lo sapeva molto bene.
Provare amore per un tipo come
Theodore Nott era un’impresa impossibile, era come dedicare i
propri sentimenti a una pietra nella speranza che questa si svegliasse.
Lo sapeva molto bene ma mai lo
aveva realizzato come in quell’istante e per un attimo fu tentata
di guardare nella mente di Nott.
Aveva promesso a se stessa che
non avrebbe mai violato la mente di nessuno dei suoi amici, ma ancor di
più aveva giurato che non l’avrebbe fatto da ubriaca o nel
caso avesse avuto un contatto fisico con loro.
Leggere la mente significava
essere intimamente connessa con la persona che stai analizzando.
È come essere una parte dell’altro, dentro l’altro,
i corpi per brevi attimi coincidono e si appartengono.
Marte era in grado di
contenere il suo potere perché non scatenasse alcuna di quelle
sensazioni tuttavia, in quel momento, non solo era sbronza, per i suoi
canoni, ma non aveva ancora raggiunto il livello di forza sufficiente a
contenersi.
Però, scoprire quali
pensieri offuscassero la mente del Serpeverde, appariva come una
possibilità fin troppo allettante.
“Solo una domanda Theo.”
Nott attese che continuasse senza smettere di condurla.
“Perché, se lei
non è niente per te, non ci sei andato a letto? Perché
non ti sei divertito con lei come fai con tutte le altre?”
Gli occhi del ragazzo si
allargarono impercettibilmente ma il suo corpo non diede altro segno di
essere stato spiazzato dalla sua domanda. Non fece niente di ridicolo,
come farle male, stringendole la mano o graffiandole la schiena.
“Sarebbe stato come sporcarsi.”
Marte sorrise e ribatté “Sarebbe stato come spezzarle il cuore.”
Nott buttò la testa all’indietro e ridacchiò forzatamente.
“L’ho già fatto prima, con molte ragazze.”
“Ma non con lei. Tutti possono innamorarsi, anche noi.”
Alla sua risposta lo vide sorridere gentilmente per la prima volta da quando l’aveva incontrato.
Danzarono sempre più
lentamente fino a fermarsi, infine le fece fare un’ultima
giravolta e l’abbracciò per le spalle.
“L’ultimo esemplare di questa sera.” Sussurrò con tono delicato e soave.
“Draco Malfoy,” disse indicandole un punto davanti a lei.
Un ragazzo dal profilo affilato e dagli occhi turbinosi come una bufera.
Un vero angelo.
“Draco Malfoy,” ripeté, “principe delle Serpi, casanova di Hogwarts, grande Mago e tuo.”
Mio? Pensò intontita. Sarà vero?
Si voltò per domandarglielo ma Nott era già sparito, dissolto nella folla e il suo calore con lui.
Si avvicinò lentamente al tavolo e si fermò davanti a Draco.
“Piaciuto il
ballo?” domandò curioso, coprendo la sua espressione con
il sorriso che era solito usare quando voleva essere fastidioso.
“No.” Rispose
schiettamente negando con il capo. “è stato quasi
deludente a dir la verità.”
Draco si alzò,
superandola in altezza di dieci centimetri, e guardandola
dall’alto al basso. Non le diede fastidio, c’era abituata,
e a dire il vero, quella sottile presa di forza su di lei non le
dispiaceva ma la faceva vibrare.
“Sei una pessima bugiarda, piccola.”
Aggrottò la fronte ma
pose le braccia attorno al collo del ragazzo e lo abbracciò,
contenta di sentirgli fare lo stesso.
“E tu un pessimo attore, Dracuccio.”
Draco storse il naso e iniziò a cullarla, fronte contro fronte.
La mano sulla sua schiena era
già presa ad accarezzare l’enorme serpente come se fosse
abituata a farlo, la superficie sfaccettata del gioiello dava una
sensazione talmente deliziosa e piacevole al tatto come non avrebbe mai
pensato di provare.
Marte strinse con forza la giacca fra le mani e si pigiò maggiormente contro di lui.
“Preferisco di gran lunga ballare così che in ogni altro modo.”aggiunse.
“La semplicità non è comune fra di noi.”
Marte alzò le spalle ma non lasciò la presa sulla sua giacca.
Ballarono isolati, senza dar
retta al tempo della musica che si era fatto più movimentato e
rapido, né ascoltando la musica stessa, metallica e martellante.
Gli studenti si accalcavano
sulla pista da ballo strattonandosi e spintonandosi, ognuno pressato al
proprio partner, e la mischia somigliava a un disordinato organismo
pulsante.
“Mi avevano giurato che sapevi ballare,” affermò Marte.
“So ballare, non strusciare.”
Lei rispose accarezzandogli il collo con la punta del naso. “Secondo me sai fare entrambe le cose.”
Draco le rispose ridendo e si sedette portandola sulle proprie gambe.
“In effetti vedo molto di me stesso in questo serpente.”
“Lo immaginavo.”
D’un tratto qualcosa le
attraversò la mente e sentì i suoi occhi spalancarsi e le
sue tempie iniziare a pulsare.
“Ho un segreto,”
gli sussurrò ad un orecchio. “Però, mi devi
promettere di farmi finire prima di parlare o di fare qualsiasi altra
cosa.”
"Tutto quello che vuoi.”
Marte lo guardò
compiaciuta e prese posto più comodamente sulle sue gambe, poi
si sentì attraversare da un brivido gelido lungo tutta la
schiena e i lineamenti del suo viso mutare per indurirsi e affilarsi.
Iniziò lentamente a richiamare la magia.
Con lo sguardo gli fece segno
di guardare verso l’altro, verso la miriade di liane colorate
che quella sera calavano dal cielo di Hogwarts, e gli
indicò un’ombra che si muoveva agilmente tra una liana e
l’altra e che in quel momento stava precisamente sopra di loro.
“Guarda,”
bisbigliò a Draco, che non se lo fece ripetere e seguì il suo
sguardo e fissò intensamente il punto che gli aveva indicato.
Mentre aumentava la presa sul colletto della giacca di Draco, mentre
teneva lo sguardo puntato su quella che, per un puro caso,
malauguratamente, solo per essersi trovata così vicina in quel
preciso istante, era diventata la sua nuova preda, richiamò con
tutte le sue forze quella magia che per mesi era rimasta assopita
all'interno del suo corpo.
Sapeva bene quanto fosse pessimo ciò che stava per fare.
L'energia evocata sarebbe stata superiore a quella richiesta
dall'incantesimo e, con tutta probabilità, l'avrebbe drogata e
intontita per alcune ore, nelle queli non avrebbe avuto il controllo
del suo corpo né dei suoi pensieri, e anche Draco, poichè
le era così vicino, sarebbe stato soggetto a quella scarica di
onde.
La sua magia era come un'arma a doppio taglio se non la si sapeva controllare, ma voleva rischiare.
Ormai quella goccia di crudeltà e menefreghismo e lussuria che
risiedeva nascosta nella sua anima aveva infettato un intero mare.
E così inizialmente fu una semplice
scintilla, poi questa sfrigolò e divenne l'inferno.
Le urla terribili dell'acrobata coprirono la musica, le risate, il
chiasso e attirarono l'attenzione su di lui che, come una torcia, era
avvolto da fiamme incandescenti.
Le lingue di fuoco si erano arrampicate, sino a lui, da una liana
all'altra, saltando come se fossero state animate e appena avevano
sfiorato il tallone dell'uomo, avevano attecchito a lui come se fosse
stato benzina da consumare.
“Guarda,” ringhiò Marte, corrosa dallo sforzo.
Nonostante le grida, si potevano sentire lo sfrigolio della tuta che bruciava e il primo odore di carne carbonizzata.
Ma l'uomo continuò a muoversi, si prese la testa fra le mani e
sfilò la maschera per allontanare le fiamme da lui, ma queste
sembravano come colla e non gli concedevano tregua.
Molti non riuscirono a vedere il fuoco ma si voltarono giusto in tempo per assistere alla caduta dell’uomo dalle funi.
Le stoffe ai suoi piedi si erano consumate in pochi secondi e in un
breve istante l'acrobata non ebbe più nulla a cui reggersi:
falliti i tentativi di aggrapparsi, cadde impotente e scomposto, senza
nemmeno tentare di raggomitolarsi.
“Guarda,” disse ancora Marte, tentando di controllare il
proprio tono di voce che si era fatto quasi felino, completamente
differente dalla sua voce normale.
Il potere significava questo. L’assuefazione provocava disinibizione e rendeva difficile controllare l’emozione.
Così, seguì la caduta dell’uomo istante dopo istante e poco prima che egli cadesse lo fermò.
Draco non seppe cosa aveva visto ma ebbe l’assoluta certezza che fosse stata Marte a farlo.
Infatti, appena si voltò verso di lei, vide la mano della
ragazza tesa e puntata contro l’uomo, mentre sul suo volto
c’erano un sorriso straziato e un’espressione affannata e
dura.
Poggiò immediatamente la propria mano su quella di lei, per
paura che qulcuno potesse notare un che di strano, ma appena le loro
dita si toccarono, il corpo sospeso dell’uomo cadde come un peso
morto sulla schiena.
Tutti gli studenti, tranne i Serpeverde al loro tavolo, si affannarono
attorno all'acrobata caduto, che, sdraiato sulla schiena, sembrava non
avesse nemmeno la forza di muovere un dito.
Marte nascose il viso dietro il collo di Draco e lo abbracciò
forte, come se la scena fosse troppo forte da poter essere vista.
Il ragazzo sentì il suo respiro affannoso e veloce bruciargli la
pelle, il suo cuore battere freneticamente e il suo seno spostargli la
giacca.
Il suo corpo rispose a quello della ragazza e iniziò a tremare e a battere rapido e incessante.
Poi udì la sua voce. Un bisbiglio affilato come la lama di un
coltello ma impastato, per via della furia che l'aveva catturata.
"Hai visto, Draco, che cosa so fare? Come sono forte?"
Aveva un tono roco e maledettamente accattivante mentre il suo corpo sembrava che pizzicasse e che stesse per esplodere.
"Posso fare quello che voglio," proseguì. "Niente di ciò che desidero mi è proibito."
Marte gli baciò forte il collo ma subito passò al lobo dell'orecchio e lo mordicchiò.
Lui rabbrividì e tentò di distrarsi. Alzò lo
sguardo e notò, sbirciando tra le spalle dei compagni, che
l'acrobata si era alzato, coprendosi con i pochi resti del suo costume,
e la musica era ripartita più forte di prima.
"Cosa ne pensi, Draco? Hai paura di me?"
Draco tentò di spostare il collo dalla sua bocca ma non ci
riuscì perché quelle sembravano del tutto attaccate alla
sua pelle.
"Basta..." si lamentò silenzioso.
Marte non gli diede retta e lo morse ancora continuando a ripetere come
una litania, "Niente di ciò che desidero mi è proibito,
niente di ciò che desidero mi è proibito..."
Draco al limite del proprio autocontrollo afferrò i suoi capelli
con una presa stretta e cercò tirare all'indietro la testa della
ragazza per poterla guardare in faccia.
"Finiscila." le ordinò secco, tentando in ogni modo di
controllare il tremito della propria voce, come se in verità
stesse desiderando la cosa opposta.
Una risata cristallina gorgogliò fuori dalla gola della ragazza e si abbatte su di lui come un vento gelido.
Anche Marte lo afferrò per i capelli e avvicinò i loro visi.
Accarezzò per alcuni secondi il suo naso con il proprio e
domandò ancora una volta, alzando la voce. "Hai paura Draco?"
"Zitta!"
Mai Draco si era rivolto
a lei in quel modo, e difatti sapeva che quello non era il suo
atteggiamento normale, ma, con sua stessa sorpresa, ne rimase
deliziosamente colpita.
Il suo sibilo velenoso si stava ancora lentamente infiltrando in lei, solleticandole le membra e colmandola.
Una mano di Draco era
stretta ai suoi capelli, e le tirava indietro la testa con forza,
mentre l'altra aveva artigliato con energia il suo avambraccio e
sembrava voler bucare le maniche del suo costoso vestito.
Si lasciò
travolgere dalla voce carica d'ira di Draco ma, soprattutto,
lasciò che i resti della magia che aveva compiuto rimanessero il
più a lungo possibile dentro di lei, insieme con la
disinibizione e la furia che avevano portato.
Tentò di abbassare il mento per incontare il suo sguardo, nonostante la forte presa del ragazzo sulla sua testa, e quel
lieve dolore che provò, la ripagò con ciò che
vide. Gli occhi del ragazzo erano esattamente come voleva che fosserso,
persi, sciolti, opachi ma non per questo meno belli, e la osservavano
come se fosse stata cibo; non a caso, poco prima, Draco aveva deciso di saltare la cena.
Marte si accarezzò con due dita la gola liscia e spoglia, porgendola al ragazzo come sacrificio.
"Se devo stare zitta mi devi mordere qui." gli disse indicando la trachea.
Draco ringhiò in risposta e strinse maggiormente la presa sui suoi capelli.
"Basta giocare." ordinò seccamente.
Rimase immobile nella
sua stretta per alcuni secondi, nei quali i lunghi respiri di Draco
scandirono i secondi, poi rilassò le spalle e i muscoli del
collo, tesi all'indietro, e lo stesso fece lui, rilasciando poco alla
volta i capelli che teneva in pugno.
"Facciamo un giro fuori" gli propose con calma.
Draco la guardò,
ancora con quell'espressione animalesca negli occhi. Da un momento
all'altro avrebbe potuto emettere un ruggito o allungare dei denti e le
sarebbe parso normale.
Come risposta la
lasciò libera dalla sua stretta, così che lei si potesse
alzare, e la seguì fuori dalla sala.
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Capitolo 17 *** 17. ***
17° B.F.T
DiCIASSETTESIMO
*
I
pochi che non erano in pista, e quei due o tre non ancora del tutto
ubriachi, si accorsero che loro stessero uscendo dalla sala.
Camminavano fianco a
fianco, senza toccarsi né guardarsi, comportamento assai
insolito quando in realtà, ad ogni ora del giorno, facevano
fatica a stare lontani e frequentare lezioni diverse li rendeva
insofferenti.
Stavano facendo al
contempo una sfilata militare e una di bellezza. Marte aveva stampata
sul volto un’espressione ebbra di felicità, con un lieve
tono di arroganza mentre Draco non mostrava la sua solita espressione
maliziosa e allegra, al contrario le pupille dei suoi occhi erano
spalancate e i tratti duri del suo viso esprimevano un lieve nervosismo.
Nonostante il loro modo
di essere apparisse invertito, insieme formavano un esempio di bellezza
assoluta, insieme si completavano e si valorizzavano a vicenda.
La loro gelida eleganza
li rendeva un tutt’uno: la morbidezza dei movimenti di Marte,
evidenziata dal vellutato strascico dell’abito lungo, che danzava
fra le loro gambe, e la fiera presenza di Draco, che si opponeva a
tutta quella morbidezza con la linea dritta delle sue spalle.
Uscirono
nell’atrio e si incamminarono verso il portone principale che
conduceva all’esterno. Questo arrivava fino al tetto, talmente in
alto da venire nascosto dal buio opprimente della notte, e con la sua
imponente presenza, resa ancora più massiccia dai numerosi
lucchetti e spranghe con i quali era stato sigillato, rendeva quel
limite ancora più invalicabile e la paura dell’esterno
maggiore.
“Non ti senti
rinchiuso qui dentro?” gli chiese appoggiandosi prima con la
fronte e poi con tutto il corpo alla superficie ferrea e dentellata del
portone. “Non hai mai voglia di spaccare ogni cosa e di scappare,
di liberarti da ogni oppressione?” continuò sussurrando
contro la porta. “Io sì. Sempre.”
Poi si voltò e si appoggiò al portone con la schiena per parlargli direttamente.
Allungò un
braccio davanti a sé e nel suo pugno apparve la sua bacchetta
dal nulla, avvolta da una luce chiara e benefica.
Marte gli sorrise ancora, poi si allontanò di pochi passi dal portone e gli diede ancora le spalle.
Sibilò qualcosa e
di colpo il portone si spalancò, ignorando i numerosi lucchetti
che forzati da una forza misteriosa si ruppero con uno schianto e
caddero fragorosamente a terra.
La gelida aria invernale
entrò furiosamente dall’entrata e li investì in
pieno, insinuandosi tra i vestiti e congelandoli da capo a piedi.
Marte cercò allora di proteggersi ma piano a piano si abituò al gelo e allargò le braccia per accoglierlo.
“Senti la libertà, Draco? Non è bella?”
“Bella e
gelida.” Si avvicinò alle sue spalle e fece per togliersi
la giacca per coprirla ma lei lo fermò, riabbottonando
lentamente i bottoni che aveva già sfilato dalle asole.
“Esatto, Draco, è fatta apposta per noi.”
Lo prese per mano e lo condusse all’esterno. “Perché solo noi siamo in grado di sfruttarla a pieno.”
Camminarono lentamente guardando avanti, finché non incontrarono il primo strato di neve ad ostacolarli.
Questa era bianca e
asciutta e si infiltrava tra le vesti come se fosse stata polvere
finissima ma allo stesso tempo li inumidiva e congelava.
Nessuno dei due
però sembrava badarci, volevano ancora camminare, osservare il
lago nero ghiacciato e il platano picchiatore denudato di tutte le
foglie.
Marte scostò un
po’ di neve con i piedi, nonostante avesse ai piedi delle
eleganti e delicate scarpe con il tacco e fece una smorfia.
“Vuoi che ti prenda in braccio?” le offrì Draco sorridendo.
“Dopo, prima osserva un’altra parte della mia verità.”
Entrò con tutto
il piede sinistro nella neve e un brivido acuto le attraversò la
schiena, tuttavia non durò molto, dopo brevi secondi la neve
intorno al suo piede iniziò a sciogliersi e divenne acqua.
“Un breve dolore
in cambio del potere.” Mise nella neve anche il destro e accadde
la stessa cosa e subito il medesimo effetto investì il manto
nevoso davanti a loro, tracciando un sentiero.
“Vieni vicino a me Draco, riscaldati.”
Il Serpeverde si fece
più vicino e improvvisamente una ventata di aria tiepida
toccò anche lui, riscaldando quei polpastrelli che avevano
già perso sensibilità.
La neve non li toccava
più ma si scioglieva e scivolava in rigagnoli sottili lungo una
barriera invisibile che li avvolgeva.
Marte gli afferrò una mano, quella con i due anelli, e l’accarezzò per infondergli calore.
“Vedi, questo era
l’unico modo in cui potevo trasmettere calore, ma non è
vero caldo poiché è prodotto dalla magia. Il mio corpo
è sempre freddo, Draco, gelido, e a volte mi vergogno per
questo, ma da quando ci sei tu è come se mi trasmettessi un
po’ del tuo e mi fai sentire viva.”
Lasciò la sua mano e si abbassò. “Ora non ho più bisogno di queste.”
Alzò lo strascico della gonna e sfilò le scarpe dai piedi.
Un piede alla volta
posò la pianta sul pavimento ciottolato, ruvido e umido di
acqua. Camminò per un breve tratto, fino a metà strada
fra la scuola e il lago, sicura che lui la stesse seguendo.
Poi, dandogli ancora le
spalle, “Voglio abbandonarmi del tutto a te, Draco, voglio essere
tua e sono stufa di nasconderti ciò che sono, la mia magia, e
allo stesso tempo ho l’impellente bisogno di essere protetta da
te, voglio essere debole.”
Draco le sorrise e la
fece voltare. Le scostò i capelli dal viso e li pettinò
accuratamente all’indietro per vedere chiaramente nei suoi occhi.
“ Più scopro ciò che sei, più ti desidero. Che reazione strana.”
Marte socchiuse gli occhi e le labbra. “Non hai paura?” sospirò.
Draco annuì.
“Ho paura che tu faccia la stupida. Non voglio che tu sia debole,
voglio che tu ti difenda ma allo stesso tempo io sarò al tuo
fianco, ti proteggerò da tutto, anche da te stessa e da me
stesso,” concluse con tono grave.
“Io non cerco una donzella da salvare, Marte, tu non sei quel genere di donna. Non cambiare, ti prego.”
Strinsero l’uno le mani dell’altra, incrociando le dita fra di loro.
“Come fai a dire
di essere fredda se sei bollente, non senti come scotti?” le
chiese dopo essere tornato ad accarezzarle una guancia per osservare il
suo viso rilassato, con gli occhi chiusi.
“ Non sono io quella calda, Draco, sei tu a risplendere, non te ne accorgi?”mormorò.
Draco negò e portò una mano poco sopra il suo seno. “ Il tuo cuore batte.”
“Per te, è così che mi tieni in vita.”
“Può darsi
ma sei tu a provare qualcosa per me, io non ti ho obbligato a far
nulla. Il sentimento è tuo.”
“Come siamo sicuri
di sé, signor Malfoy, non staremo mica peccando di
arroganza?” domando sfoggiando un sorriso enorme.
Draco rise allegramente
e le trasmise una nuova scossa, stringendole le mani, senza rendersi di
conto di quale reazione stesse provocando alla ragazza che, affascinata
dalla bellezza della sua voce, smise di sorridere e arrossì di
colpo.
“Non hai freddo ai piedi, piuttosto?”
Marte negò.
“Mi piace guardarti da quaggiù, mi dà una visuale
migliore del tuo collo e poi, se indossassi tutte le volte quel plateau
altissimo, non avrei alcuna scusa per farmi prendere in braccio, ti
pare?”
Gli occhi del ragazzo scintillarono come due fari.“Non lo sai che basta chiedere?”
Senza aspettare Draco,
accarezzandole le cosce, alzò leggermente la parte anteriore
dell’abito e, senza sforzo, la sollevò per le natiche e
portò i loro volti alla stessa altezza.
“Dici che siamo così male assortiti?” iniziò Marte, titubante.
“No,
perché? Non credo,” affermò avvicinandosi al suo
viso. “Siamo solo due pazzi che camminano scalzi sotto la neve,
cosa c’è di sbagliato?”
Eliminò la distanza fra le loro labbra e lambì quelle di Marte con grande dolcezza.
La neve riprese a cadere
su di loro e così anche il freddo tornò a colpirli ma
senza toccarli davvero, tanto erano distratti l’uno
dall’altro.
Dopo un numero infinito
di baci Draco mugugnò soddisfatto e si staccò leggermente
per poggiare la propria fronte sulla sua.
Continuò a gemere appagato senza parlare, senza smettere di stringerla finché Marte non scoppiò a ridere.
“La pianti di sogghignare in modo così indecente?”
“Ho le labbra
più gustose mai viste prima tutte per me, sto per diventare
molto più che indecente,” sussurrò sempre
più maliziosamente.
Marte sospirò ma
senza scostarsi dalla sua fronte. “Ho ancora così tante
cose da raccontarti e da farti vedere.”
“ Spero che almeno
ciò che mi devi dire sia piacevole, perché altrimenti, se
unito alla mia di storia, diventerà deprimente.”
Marte sogghignò ancora e strinse le braccia attorno al collo del ragazzo.
“Che cosa preferisci fare per prima?”
Draco fece finta di
rifletterci. “Per prima cosa io tornerei dentro, farei una
doccia, magari per riscaldarci un po’…”
“Oh
cavolo!Scusa!” Marte rialzò di colpo la barriera
d’aria bollente e la neve smise di cadere sopra di loro.
“Guarda che sei tu quella mezza nuda, io lo dico solo perché non vedo l’ora di coprirti…”
Rientrarono tra le mura
del castello, rincorrendosi, superarono la soglia della sala da ballo e
salirono le scale, Marte con le scarpe in mano e con la cravatta del
Serpeverde annodata stretta intorno al collo e Draco con la camicia
bianca del tutto sbottonata a mostrare il suo fisico asciutto e
perfetto.
Correre con
quell’abito lunghissimo non era una passeggiata e così,
quando era costretta a fermarsi per sollevare lo strascico, Draco
l’agguantava per la cravatta e la tirava a sé per
baciarla, e per recuperare terreno.
Superarono la Zona
Rossa, cercandosi con le dita e ignorando i gemiti ed i lamenti
provenienti dalle diverse stanze, che apparivano così inadeguati
e fuori luogo di fronte all’atmosfera che circondava i due amanti.
Gli occhi di entrambi si
facevano sempre più opachi a mano a mano che si avvicinavano al
ritratto del Barone Sanguinario, e anche le loro mani si cercavano
sempre con più insistenza e ansia.
Il serpente, che
avvolgeva la sua schiena ora nuda, risplendeva di una luce ancora
più cupa e densa, illuminato dal languore delle fiamme e del
fuoco.
Le sue fauci emettevano
un roco brontolio di piacere nell’addentare la tenera carne
bianca su cui stava strisciando così sinuosamente, ed era
talmente affamato da non poter fare a meno di mostrare il suo continuo
bisogno di saziarsi.
Il suo occhio argentato,
invece, osservava la scena davanti a lui per conto della sua stessa
padrona, che, tremante, aveva incrociato le braccia attorno al seno,
forse per paura di scoprire cosa avanzava alle sue spalle.
Il giovane signore dei
Serpeverde, del quale lui stesso incarnava la fame, si avvicinava con
gli occhi ormai del tutto ottenebrati dalla lussuria e
dall’impazienza.
Il suo corpo agognava intensamente quello della ragazza, tuttavia, una
parte di lui, non ancora del tutto in preda all’istinto,
costringeva i suoi movimenti a essere lenti, per non spaventarla, ma
quella esasperazione dei gesti provocava in lei contrastanti sentimenti
di impazienza e paura.
Prima di potersene
rendere conto, la prese per le spalle e le accarezzò le braccia,
afferrò le sue mani, strette saldamente fra di loro, e le
separò per liberare il suo seno, poi spostò i suoi
capelli da un lato del collo e la ricoprì di baci lungo la spina
dorsale.
“Certo è
che questo serpente mi preclude una grossa fetta di pelle da
baciare,” sussurrò al suo orecchio ironicamente.
Marte ridacchiò,
ma tornò subito a irrigidirsi, quando sentì le dita di
Draco scendere nuovamente lungo la sua schiena e superare la coda del
serpente per andare ad accarezzare la linea delle sue natiche.
La strinse per i fianchi
e si avvicinò nuovamente al suo collo. “Sono io questo
serpente, Marte, sono io. E lui ha una gran voglia di mangiarti, da
cima a fondo, capisci?”
La afferrò per i
capelli e per il lembo della sua cravatta, ancora annodata attorno al
suo collo, e con un violento strattone le portò indietro la
testa e si impossessò della sua bocca con violenza, lambendo e
mordendo le sue labbra e giocando con la sua lingua senza darle tregua.
"Ti avevo avvertita che non sarei riuscito a controllarmi."
In breve Draco
s’impossessò di lei, la rese incapace di capire, e Marte
fu vittima dalla cupidigia del serpente che, come un virus, aveva
infettato tutto il suo corpo ed infine anche la sua mente, non appena i
loro corpi erano entrati in contatto.
Fu amore ma anche sesso, con tutto ciò che di selvaggio poteva esistere.
Draco giocava con il suo
corpo come se non fosse mai stato abbastanza, come se avesse dovuto
toccare e baciare ogni singolo triangolo di pelle, come se avesse
dovuto schiavizzarla al suo volere.
La sua pelle, il suo seno e il suo inguine non avrebbero mai gioito
così tanto nuovamente. Le sue labbra bruciavano come
l’inferno e il suo collo e le sue cosce pulsavano dal dolore.
I loro corpi si erano
mossi da soli, senza essere comandati da nessuno, in un pieno vortice
di follia. Quelle volte in cui si era ritrovata sopra di lui, si era
sentita sinuosa, la sua schiena s’inarcava, le sue membra si
muovevano da sole e mandavano al suo cervello continue scariche di
piacere e non appena, in quella massa di coperte, sudore, capelli e
pelle, incontrava lo sguardo perso di Draco, si ritrovava nuovamente
inchiodata al materasso, con le braccia attorno al suo collo a gridare
e ringhiare.
Si sentiva così
calda, bollente e completa. Avrebbe voluto continuare quel rito senza
smettere mai, con Draco, con le dita ad accarezzare i muscoli guizzanti
della sua schiena e ad osservare i suoi occhi, sempre nascosti da
qualche ciuffo ribelle.
‘Questa è la vera libertà,’ pensò.
Evidentemente Draco si accorse della sua momentanea assenza e diminuì le spinte.
“Hai male?” le chiese solleticandole il seno con le labbra.
Marte vide il suo capezzolo inturgidirsi e gemette debolmente.
Negò e si
alzò lentamente con il capo, poi con il busto, finché non
si ritrovò seduta a calcioni sopra di lui.
“Voglio fare una cosa, Draco, tu solo non smettere,” gli disse con quel poco di voce che ricordava di avere.
Così, ritornata
alla posizione iniziale, coinvolse Draco in un bacio molto profondo e
fece nuovamente ciò che aveva giurato di non fare più.
Si spinse con il
pensiero in lui ma si accontentò della superficie. Lì
entrò in contatto con le emozioni di Draco, con i suoi istinti,
con i suoi desideri, con ciò che stava provando in quel momento
e vide piacere, semplice e puro. Lo colmava totalmente e comandava ogni
suo movimento, ogni suo gesto.
Inizialmente questo la
spaventò, un uomo dominato completamente dai suoi istinti
è un uomo pericoloso, ma poi si tranquillizzò: cosa
poteva esserci di male nel fare l’amore?
Dentro Draco non
c’erano domande, non esistevano dubbi, non c’era ragione,
era libero. I suoi pensieri erano semplicemente rivolti al suo corpo e
al loro piacere, nulla di più, dunque capì e
abbandonò ogni difesa per immergersi nella sua passione.
E Draco, con
quell’energia nuova a colmarlo, non sentendo più la
stanchezza si fece più veloce e, resosi conto del ritmo rapido
del respiro e dei movimenti della ragazza, pronta ad assecondarlo, si
liberò dentro di lei, nella sua mente e nel suo corpo
contemporaneamente, disperdendo tutta la sua libido, unendosi a lei,
come testimoni di quella magia che aveva cancellato i confini dei loro
corpi e li aveva resi uno solo.
“È da più di un’ora che mi fissi, piantala.”
Aveva dormito solo due ore quella notte, Draco nemmeno una.
L’aveva cullata e
coccolata aspettando che lei si assopisse, poi si era alzato, si era
infilato i pantaloni del pigiama e si era seduto su una delle due
poltrone vicino al camino, contemplandola nell’aspettare che si
svegliasse.
“Siamo sempre
così allegre la mattina, dopo aver fatto dell’ottimo
sesso?” domandò sarcastico, passandosi una mano fra i
capelli.
Marte, che era sdraiata
a pancia in giù, per via dei cuscini e dei suoi lunghi capelli
che le oscuravano la vista, non poté vedere quale fosse la sua
faccia, ma dal suo tono di voce avrebbe scommesso tutto quello che
aveva nel dire che, in quel momento, Draco stesse sfoggiando
un’espressione di completa soddisfazione.
Inarcò la schiena leggermente e poggiò la testa su una mano per poterlo guardare meglio.
“Non so come tu
sia abituato, ma dopo aver fatto l’amore,” iniziò
calcando apposta sul termine, “ Io vorrei avere il mio uomo a
letto con me per tutta la notte.”
Draco le rispose con un
ghigno. “Lo terrò a mente per la prossima volta, mia
signora, peccato che adesso sia già mattina.”
La ragazza sgranò
dapprima gli occhi, non essendosi resa conto del passare del tempo, ma
poi si stiracchiò come un gatto, facendo mostra del suo
bellissimo tatuaggio.
“Ecco perché sono così stanca.”
Si mise a sedere,
coprendosi con il lenzuolo, e mise mano sotto il cuscino, sperando di
pescare il suo pigiama in quel marasma, ma non trovò nulla,
allora cerco i suoi slip fra le coperte ma la sua ricerca andò a
vuoto.
Poi alzò gli occhi verso Draco. “Senti, non è che per caso vedi…qualcosa di mio per terra?”
Il ragazzo già
aveva iniziato a muovere il capo negativamente senza nemmeno dare
un’occhiata in giro, per gustarsi il suo dolcissimo imbarazzo.
“Perché non
guardi nell’angolo là in fondo, piuttosto, magari è
volato lì,” le propose, accucciandosi meglio sulla
poltrona e poggiando il mento sul ginocchio, per spingerla ad alzarsi.
“Chissà come c’è finito, eh Draco?” accennò poco convinta “Sei impossibile.”
“Sinceramente non
ricordo, sarà che ero talmente impegnato a fare altro che non mi
sono preoccupato della mira, ho paura che i tuoi vestiti siano
disseminati ovunque.” Sorrise machiavellico.
Tuttavia Marte non arrossì come si sarebbe aspettato, ma gli sorrise astutamente.
“Accio pigiama!”
In pochi secondi,
davanti allo sguardo basito di Draco, volarono da lei un pantaloncino
corto e una delle sue canottiere, e la ragazza si rivestì
tranquillamente davanti a lui.
“Questo si chiama uso di materiale illegale. Non è leale.”
“E
perché?” chiese, facendo attenzione a come infilare la
maglietta, “Tu sei molto più furbo di me Draco, quella
è la tua arma, io ho la mia, ti dovrai solo ingegnare di
più.” concluse avvicinandosi alla poltrona e ravvivandosi
al contempo i capelli con una mano.
“In effetti, chi
sono io per dirti di usare mezzi leali? Ingannare e mentire sono le mie
specialità, non c’è molto di onorevole,”
sussurrò, perdendo di colpo tutta la sua ironia.
Marte si avvicinò
a lui e lo baciò gentilmente sulla fronte. “Tu non sei
solo questo, Draco Malfoy. Tu sei leale, carismatico, intelligente, sei
un leader insomma…”
Improvvisamente sentì qualcosa sfiorare la canottiera all’altezza dei capezzoli e abbassò lo sguardo.
“Tu invece sei
un’ingenua, Marte,” sussurrò il ragazzo, continuando
a disegnare dei cerchi con le dita all’altezza dei seni,
“Hai dimenticato di dire quanto sono bravo a letto, anche questo
fa di me un leader?”
Marte sbuffò e si allontanò di qualche passo, lievemente imbarazzata.
“Guarda come sono
già belli gonfi, il tuo corpo percepisce ogni mio singolo
comando, ogni mio tocco, mi ascolta, non è incredibile?”
esclamò con gli occhi brillanti dalla meraviglia.
“Non sperare che duri per sempre, mio caro.”
“Lo so che
è chiedere troppo ma non posso dimenticare stanotte e quello che
hai fatto, anche se più passa il tempo più tutto è
confuso. Come hai fatto?”
Marte alzò le spalle. “Ti ho letto nel pensiero.” Rispose modestamente.
Draco sbuffò e
tornò a sedersi composto, poggiando le mani sui braccioli della
poltrona. “Certo, facile, bello. Provamelo.”
Lei lo guardò,
con occhi roventi per la provocazione, facendo partire una decina di
fiamme dirette a lui. Comunque accettò la sfida e dopo pochi
secondi che si squadravano, lo sgridò “Piantala di
guardarmi il seno, sei patetico.”
“E ora?”
Marte si voltò
nuovamente verso di lui, infuriata. “Ancora? La vuoi smettere di
farmi le lastre? Sei irritante!”
“È
incredibile,” lo sentì esclamare per la prima volta,
“ e molto interessante e vantaggioso.”
“Perché
invece non ci dedichiamo a te?”propose sedendosi sulla poltrona
di fronte a lui. “E non mentire perché lo
saprò.”
Draco corrugò la fronte, contrario alla possibilità della cosa.
“Allora, cosa mi nascondi, Draco?”
Lui sogghignò. “Vediamo che questo scambio di informazioni sia pari, una verità ciascuno?”
“Mi pare equo.”assentì, rispondendo al suo ghigno.
“Molto
bene,” prese un grosso respiro “Mio padre è un
bastardo Mangiamorte, anche se probabilmente non sai nemmeno cosa
siano,” iniziò schietto schietto. “ti dovrò
spigare tutto.”
“Non sono una sprovveduta.”
“Ah
già,” esclamò con un sorriso ben poco allegro,
“Dimentico spesso che sei amica di Miss Castoro Granger, che
stupido!”
“Lei non centra,” rispose come se lo stesse ripetendo per la decima volta.
“Certo che no.
Comunque sai chi sia il mio papino, Lucius Malfoy? Sono colpito! Mi
risparmi un lunghissimo racconto.”
“Non so se ti
possa consolare ma, sin dal primo momento in cui ti ho conosciuto, non
mi sei mai sembrato suo figlio,” mormorò per fermare la
sua gelida ironia.
Il suo sguardo si fece di colpo più duro.“Come fai a dirlo?”
“Perché ho conosciuto tuo padre e molti altri, tutti i suoi amici di gioco.”
Draco si alzò
dalla poltrona e le si avvicinò e nel sentire la sua presenza
Marte si appiattì contro lo schienale e attese.
“Quanto sai in verità? Perché non mi hai mai parlato prima?”
Fece per alzarsi ma lui
la respinse sulla poltrona per costringerla a parlare. “Non ti ho
parlato prima perché sapevo che fossi suo figlio ma non sapevo
da che parte fossi. Se Lui avesse saputo che il figlio di uno dei suoi
Mangiamorte era mio amico, avrebbe fatto di tutto per ferirmi, e ferire
te. Poi però ho visto l’odio che ti lega a tuo padre e mi
sono convinta che tu non avresti mai acconsentito a farmi del male,
anche perché ti stavi affezionando a me.”
“Per questo facevi finta di non sapere cosa fossero, Mangiamorte, Tu-Sai-Chi, Potter…”
“Certo,”
rispose annuendo, “meno sapevo, ai vostri occhi, e più
possibilità avevo di tenere un profilo basso e non insospettire
nessuno. Non stata proprio una gran fortuna finire in un covo di
piccoli assassini.”
“E non è
stata un colpo di fortuna nemmeno conoscermi, figlio di un maledetto
bastardo, viscido e stupido. Mio padre vive per Voldemort e per la sua
missione, ucciderebbe la sua stessa madre se servisse a qualcosa,
intanto rende a suo figlio la vita impossibile con allenamenti e
torture varie.”
Marte sobbalzò. “Torture?”
“Non ti preoccupare,” le sorrise, “Non si possono vedere le mie ferite.”
Peccato che le sue parole non la tranquillizarono affatto.
I loro occhi non si
staccarono nemmeno per un attimo, durante il quale Draco si
chinò su di lei, reggendosi grazie ai braccioli della poltrona,
e congiunse le loro labbra in bacio gentile e profondo.
“Io non mi pento
di nulla, Draco, io volevo concedermi a te, io voglio dirti tutto. Non
m’importa di chi sei figlio, solo ti impedirò di seguire
il suo cammino. Ti ucciderò se posso.”
“Grazie.” E la baciò nuovamente.
Sistemate le coperte, a
letto la discussione andò avanti con più
tranquillità e serenità. Avvolti dal calore dei loro
stessi corpi, scambiandosi carezze e baci ad ogni verità
rivelata, arrivarono fino in fondo alla loro storia.
L’infanzia
tumultuosa di Draco, il suo arrivo ad Hogwarts e il senso di
appartenenza che sentiva quando si riuniva con i suoi compagni in sala
comune. La sua continua paura della marchiatura, non solo sua ma di
tutti i suoi compagni con genitori Mangiamorte: Theo, Blaise, Pansy,
pure Gioia! Come potevi immaginare una bellezza così pura come
la sua marchiata da un simbolo orrendo, condannata ad
un’eternità di servizio, coperta da una coltre nera di
pece. Nessuno fra loro osava parlare della questione, anche se le
frasi, che spesso si scambiavano, sottintendessero il loro rammarico
per un destino che non potevano mutare e la loro quasi definitiva
rassegnazione.
Pansy e Blaise si
sarebbero sposati per via delle loro famiglie, mentre Theodore avrebbe
per sempre nascosto la sua infatuazione per la bella Serpeverde dietro
una maschera di freddezza e furbizia.
Draco, invece, sarebbe
diventato l’erede di una casata sulla via della rovina, la follia
di suo padre era diventata incontenibile tanto che neppure sua madre
aveva più la forza di opporsi.
“La famiglia dei
Malfoy ritornerebbe potente se tu diventassi il nuovo braccio destro di
Lord Voldemort,” affermò con sicurezza, senza smettere di
strusciare contro il suo fianco per trovare la posizione migliore.
“Perché mi dici questo?”
Marte alzò lo
sguardo su di lui e lo guardò seriamente. “Draco tu sei
intelligente, abile, scaltro, mantieni sempre i nervi salvi e sai
sempre ciò che vuoi. Sapresti come comportanti davanti a Tom,
non come un servo ma come il suo più potente alleato.”
“Il Signore Oscuro non accetterebbe mai consigli da un ragazzo,” rispose, considerando impossibile la cosa.
“Non è
vero, Draco, io lo conosco, e so che tu gli piaceresti molto,”
gli disse accarezzandogli la punta del naso. “Sei potente e fai
valere le tue proposte, non gli parleresti con la paura di essere
ucciso ma con la certezza di seguire i tuoi stessi ideali, non i suoi.
Sempre se i tuoi ideali fossero quelli.”
E ancora la certezza di
percorrere un cammino che ha come obiettivo uno non scelto da loro.
Prendere il posto dei propri genitori spesso significava diventarne la
copia. Diventarne i sosia nella loro malvagità, nella loro
ignoranza e nella loro pazzia.
“Perché il Signore Oscuro ha scelto mio padre, Marte, o Bellatrix? Perché proprio loro?”
“Io penso che
siano stati il suo bel modo di parlare e il suo bell’aspetto ad
ingannarli," fece una pausa. "Poi sono impazziti con lui.”
Draco, per la prima volta, si lasciò scivolare verso il basso, per appoggiare il capo sul suo seno. “Ti faccio male? Peso?”
“No, appoggiati” giocando con un ciuffo biondo dei suoi capelli.
Con un grosso respiro il ragazzo si lasciò andare completamente sopra di lei e avvolse le braccia attorno alla sua vita.
“Perché
siamo sempre legati ad un passato che non vogliamo e siamo obbligati a
vivere un futuro non nostro? Io non desidero lavorare al Ministero e
fare il doppio gioco per un pazzo, né voglio uccidere,
combattere, minacciare.”
Poi sorrise, solleticando la sua pelle con le labbra.
“Perché no, invece? Potrei anche fare tutte queste cose,
mi vengono naturali, ma solo se sarò io a volerlo, non
perché qualcuno me lo ha ordinato.”
“Allora non
è difficile, Draco, ti manca solo decidere cosa vuoi fare della
tua vita per conto tuo. Tu vuoi essere libero ma in verità lo
sei già, qui con me.”
Draco si sollevò sui gomiti per baciarla, tra una parola e l’altra.
“Io sono libero
con te, ma fuori da questo bacio, fuori da questa camera, io devo
considerare anche i miei compagni, Marte,” si rimise comodo su di
lei. “Loro contano su di me, io sono il loro principe Serpeverde,
questo è un vantaggio ma soprattutto un dovere.”
Marte gli accarezzò il viso e gli stampò sulla fronte un lungo bacio.
“Sai, ora non so più cosa sia meglio, avere dei genitori come i tuoi o nessuno. Io sono orfana, Draco.”
E in meno di venti
minuti la verità sui numerosi viaggi lavorativi dei suoi
genitori venne alla luce, così anche la misteriosa presenza di
suo fratello nella sua vita e la sua adolescenza rovinata da Voldemort.
Vivere nel covo, fra
decine di Mangiamorte sempre a controllarti, era spaventoso, come
vivere in un buio castello pieno di ombre e creature malvagie nascoste
dietro ogni angolo.
Le lezioni di magia, la
fatica e la consapevolezza di essere sola e di poter contare solo sulle
periodiche visite di suo fratello, che comunque era rimasto un estraneo
quasi fino alla fine, fino alla sera in cui avevano fatto l’amore.
Ma questo non lo poteva
raccontare a Draco, non ora che si stava aprendo per la prima volta con
qualcuno, non ora che capiva di desiderare qualcosa, e quel qualcosa
implicava lui.
Già al solo
pensiero si sentiva scuotere dal profondo. Al solo ricordo delle sue
mani fra quei capelli biondi e brillanti come il grano maturo, di
quegli occhi, così simili ai suoi, che la scrutavano
maliziosamente, iniziava a tremare visibilmente. Tentava in tutti i
modi di rimanere disgustata da ciò che aveva fatto, tuttavia,
nei suoi ricordi, quell’atto, almeno da parte sua, era stato
fatto per amore.
Ma non poteva
soffermarsi solo su quella vicenda, doveva anche raccontare la
verità sui suoi poteri. Su come fossero legati alle sue origini
sconosciute, alla sua famiglia e a quella dannata bacchetta che si
doveva portare sempre dietro. Nascondere la decima menzogna con una
verità.
“Dunque hai
vissuto con una famiglia di babbani fino a quando tuo fratello non ti
ha trovata e portata dai Mangiamorte, ma perché?”
“Aveva fatto un
patto con Tom, affinché anch’io diventassi
un’assassina al suo servizio. Tom da sempre aveva desiderato
possedere il potere della mia famiglia, qualsiasi cosa sia, e mio
fratello mi ha offerto a lui su un piatto d’argento: giovane,
influenzabile, inconsapevole della propria forza, perfetta per essere
un soldatino nelle sue mani.”
Marte continuò a
tracciare le linee della sua mano per distrarsi mentre lei stessa
raccontava. “Pensa che addirittura,” ironizzò,
“Iniziai a considerarlo un mio amico, l’Oscuro Signore,
quando lui tradì la mia fiducia, uccidendo Lilium,”
sospirò faticosamente. “Non augurerei una morte simile a
nessuno.”
Draco la strinse ancor
più forte fra le sue braccia e posò una guancia sul suo
ventre. “Così la tua ricerca è legata ad un nome
falso e ad un potere sconosciuto. La tua magia è una cosa
fantastica, ma non ti sarà utile finché ti rende
più debole che forte.”
“Lo so.”
“Cosa pensi di fare?”
“Sempre che io non
vada a chiedere direttamente spiegazioni a Voldemort, e ritornare a
casa da morta, dovrò trovare un’altra maniera o
rassegnarmi.”
Di colpo Draco si alzò dal suo ventre. “ E se cercassi di scoprire qualcosa da mio padre?” ipotizzò.
Marte storse il naso e prese il volto del ragazzo fra le mani. “Io la trovo una pessima, pessima idea.”
“Troppo tardi, sono già convinto. Chiederò anche a Theo di fare una ricerca per me e vedremo.”
“Odio quando le
persone fanno il contrario di ciò che chiedo,”
affermò contrariata, allontanandosi dal ragazzo.
“Beh, potresti convincermi con la mente a non farlo.”
“Purtroppo è una delle cose che non mi sono concesse,”brontolò. “Non posso comandarla.”
“Non importa, prova a leggermi ora,” la pregò Draco con un sorriso.
Il broncio che aveva
messo su, scomparve immediatamente. Si mise seduta e mentre cercava di
guardare dentro i suoi occhi, posò le dita sulle sue tempie e si
concentrò.
Entrò in
superficie e subito venne investita da un serie turbinosa di emozioni
che un po’ la fecero ridere ma soprattutto arrossire, poi vide un
pensiero lasciato infondo, ma più intenso di tutti gli altri,
così si addentrò, cercando di contenere la
curiosità, ma proprio quando stava per toccare quella sensazione
venne sbalzata fuori dalla mente di Draco.
“Mi hai buttato fuori!” esclamò, riaprendo gli occhi. “Come?”
“Semplice
Occlumanzia,” rispose con tono da saputello, “Ho capito
fino a che strato ti eri introdotta e con un po’ di
volontà ti ho spinto fuori, inoltre eri pure impreparata, nulla
di più facile!”
Marte sorrise, quasi
orgogliosa, poi però fece una smorfia, “Proprio ora che
avevo visto qualcosa, era come una sfera di luce, si allargava attimo
dopo attimo ed era bella, molto bella.”
“La tua curiosità è davvero stimolante,” e la baciò.
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Capitolo 18 *** 18. ***
18° B.F.T
Diciottesimo
La partenza da Hogwarts le aveva messo addosso una tristezza enorme.
La notte appena conclusa era
stata incredibile, ma le sembrava già lontana anni luce. Anche
il ricordo iniziava ad essere sostituito da un grave senso del dovere.
Non si era mai divertita tanto:
aveva ballato con Harry, con il suo Ron e anche con alcune amiche,
aveva riso e anche bevuto, per una volta tanto, e si era stupita
dell’incredibile simpatia di quel Nott Serpeverde che aveva
sempre cercato di ignorare…insomma era stata una serata magica
sotto tutti gli aspetti.
Si era sentita bene, bella, piena di attenzioni ma ora doveva smetterla di sognare e tornare al presente.
Lo scompartimento era silenzioso come un cimitero; evidentemente anche i suoi amici si sentivano sconfortati quanto lei.
Ginny aveva litigato con il suo
attuale fidanzato, Cormac, davanti al binario e, invece che
consegnargli il suo regalo di Natale, lo aveva affatturato.
Ron, beato lui, dormiva sin da quando si era seduto, ed ora teneva dolcemente la testa appoggiata sulle sue gambe.
Harry invece vagava per cieli al
di là della sua comprensione: davanti a tutta la scuola Cho
Chang l’aveva baciato, e ad un bacio ne erano seguiti altri
venti. Non aveva più connesso per il resto della serata.
‘Che bello l’amore!’ pensò ironicamente.
Gli unici a non potersi
lamentare erano Marte e quella serpe di Malfoy. Li aveva intravisti
correre su per scale ridendo come pazzi e per un attimo si era
estremamente pentita di aver convinto l’amica a comprare
quell’abito.
Anche se di coppie ne aveva viste di più disparate…
“Harry, dopo quella volta che hai provato a contattare Sirius, non l’hai più sentito, vero?”
Il Bambino sopravvissuto
staccò la fronte dal vetro e sembrò riconquistare una
lieve consapevolezza di sé. “No, purtroppo, e anche in
quel caso la comunicazione è durata poco, altrimenti mi sarei
fatto scoprire. Diventa sempre più difficile sfuggire a
quella…ora che anche Gazza e il suo stramaledetto gatto sono
dalla sua parte, non ha più nemmeno bisogno della magia per
appendere i suoi decreti,” ritornò a guardare fuori dalla
finestra e sospirò, “Mi chiedo solo perché Silente
non stia facendo nulla, è la sua scuola, no?”
affermò con rabbia crescente.
“Lo so che sei frustrato
Harry, ma sono sicura che con il nostro gruppo le cose cambieranno, la
faremo imbestialire!” concluse raggiante, con tono basso e
subdolo.
“Secondo me la tua amicizia con Marte ti ha reso un po’ troppo viscida, Hermione,” le disse sorridendo.
Lei sorrise di rimando, e sfiorò i capelli di Ron con le dita, “Malfoy potrebbe dirle lo stesso.”
“Ricapitolando,” iniziò Hermione.
Erano riuniti tutti e tre in
camera sua e di Ginny a discutere sul come si sarebbero mossi per il
primo incontro della loro classe.
Indicò la mappa del
Malandrino posata a terra in mezzo a loro, e seguì un tracciato
che partiva da ogni sala comune fino al settimo piano e alla stanza
delle necessità.
“Faremo arrivare ogni
gruppo in tempi diversi, affinché non si formi un
sovraffollamento di studenti tanto da far sospettare qualcosa, prima i
Grifondoro e poi a scalare gli altri. La puntualità è
fondamentale.”
“Hermione, mi fai davvero
paura quando prendi il comando,” poi diede una gomitata
all’amico di fianco a lui, “Harry fa qualcosa.”
“Abbiamo capito Hermione,
l’hai ripetuto centomila volte, la lezione la sai a
memoria,” disse nel tentativo di tranquillizzarla, “non ci
resta che inviare il messaggio tramite i galeoni falsi che hai
prodotto.”
Hermione annuì e recuperò il galeone che teneva in tasca.
Iniziò a maneggiarlo,
scuotendo ogni tanto la testa quando muoveva un numero invece che un
altro. “Certo che questa moneta è stata davvero un colpo
di genio, siamo impazzite nel prepararle… Ecco fatto!”
La moneta di prova che Ron stringeva in mano divenne talmente incandescente che dovette buttarla a terra.
“Brucia da morire!”
Hermione sorrise e si morse le
labbra. “Forse abbiamo esagerato, ma almeno così siamo
sicuri che tutti lo guarderanno.”
Infatti, da ogni parte del mondo
ogni ragazzo si ricordò del dovere che lo aspettava già
dal primo giorno di scuola.
In molti presero la moneta e
imprecarono per il calore, altri, più previdenti, usarono
addirittura delle presine, tutti però la nascosero alla vista e
si ricordarono del dovere con un misto di orgoglio e paura, al pensiero
di ciò che stavano per fare.
“ahio!”
Infilò svelta la mano nella tasca dei jeans e vi sfilò
uno dei galeoni che aveva prodotto insieme ad Hermione e che lei stessa
le aveva consegnato giorni prima del Ballo.
I numeri si stavano lentamente
disponendo per formare una data e Marte fissò intensamente con
soddisfazione il risultato del loro lavoro.
‘Se fosse stato un
po’ meno caldo, sarebbe andato ugualmente’ pensò,
ricordando il rigore con cui Hermione aveva operato, ‘Ma un
po’ più di scrupolo va sempre bene.’
“Ti devo venire a recuperare o pensi di farcela?” le urlò Draco da lontano.
Quella sera stavano andando a
Londra per festeggiare l’inizio della scuola, e quale modo
migliore se non fare un po’ di casino?
Mentre gli altri erano andanti
avanti, Draco e Theo la stavano aspettando, l’uno fumando e
l’altro con le mani saldamente in tasca.
“Sarebbe davvero carino da parte tua darti una mossa, angelo mio,” le disse non appena li ebbe affiancati.
Lei lo guardò e anche senza bisogno di leggerle nel pensiero lui capì perfettamente e sorrise.
‘Dopo me la paghi.’
Dopo che ebbero inviato il messaggio, attesero alcuni secondi, riuniti, a fissarsi, come per aspettare una magica risposta.
Il respiro di Hermione era
accelerato ed irregolare, picchiettava le mani sulle cosce ma, quando
la signora Weasley chiamò per la cena, si alzò di scatto,
prendendo tutti contropiede.
“Quel che è fatto è fatto!” esclamò improvvisamente raggiante.
“Grazie al cielo si
mangia, era ora, lo stomaco mi si è ritorto dal nervoso,”
brontolò Ron, alzandosi e seguendo l’amica.
“Non dirlo a me,” rispose Harry, alzando gli occhi al cielo.
La cena passò leggera e divertente, assaporando i manicaretti che la madre di Ron aveva preparato.
Harry, in compenso, si godeva le ultime ore a disposizione per stare in compagnia di Sirius.
Solo lui lo poteva capire ed era l’unico a trattarlo come un adulto, senza nascondergli nulla.
“Voldemort sta facendo
strage di Babbani e Mezzosangue negli ultimi mesi ma l’Ordine
pensa che questo sia solo un modo per sviare la nostra attenzione. Lui
sta cercando qualcosa, tutti i Mangiamorte che lavorano al Ministero
sono in pieno fermento e gironzolano sempre attorno all’ufficio
misteri in cerca di chi sa quale diavoleria o arma. Te lo avrei detto
prima se non fosse stato troppo rischioso mandarti un
gufo…”
Harry annuì mestamente,
“Hai ragione, ormai la Umbrige setaccia ogni centimetro di posta
che le passa sotto il naso,” allungò la mano sul tavolo
per mostrare al padrino le scritte incise sulla pelle dalla penna
dell’inquisitrice.
Sirius osservò con odio profondo ma anche con dolore la scritta tremenda:
‘Non devo dire bugie.’
“Non m’importa della
scritta, Sirius, e non mi importerebbe nemmeno se fosse scritta sulla
faccia, ma non voglio che il mio male sia gratuito.”
Di colpo gli occhi
dell’uomo si illuminarono di una luce birichina e giovanile che
lo fece sorridere. “Cosa hai in mente?”
Harry si sporse sul tavolo per non far sentire i loro discorsi alla signora Weasley, che sicuramente non avrebbe approvato.
“Insegnerò agli
studenti come combattere!” esclamò ormai tutto esaltato e
contento del suo atto d’insubordinazione. “Tutto è
pronto, sarà fantastico!”
Anche Sirius rispose alla sua
contentezza con un sorriso complice, poi gli posò una mano sulla
spalla e la strinse forte. “In questi momenti mi sembra davvero
di parlare con tuo padre, lui adorava mettersi contro le
autorità, era una sua dote, se possiamo chiamarla
così!”
“Più che altro, in
verità, non lo faccio per andare contro alla Umbrige,”
strinse forte i pugni sul tavolo, “Ciò che mi infastidisce
è il menefreghismo assoluto di Silente nei confronti della sua
scuola, perché non fa nulla? Si sta facendo soffiare il posto
sotto il naso e l’unica cosa che sa fare è rispettare il
ministero…al diavolo le leggi! Se lui non farà nulla, noi
insieme faremo qualcosa!”
Sirius ascoltò rapito il
suo racconto e batté orgogliosamente i palmi delle mani sul
tavolo, attirando l’attenzione di tutti che li guardarono
confusi, non capendo il motivo delle loro risate.
“Ah! Sei proprio il degno
figlio di James, e il mio figlioccio. Sono fiero di te, anche se in
verità dovrei sgridarti, però ti prego solo di una
cosa,” lo fissò per alcuni secondi, come per imparare a
memoria i lineamenti del suo viso, poi sospirò ed infine sorrise
arruffandogli i capelli già di se spettinati, “Non
combattere mai da solo, stai sempre con Ron ed Hermione. Sei il
prescelto Harry, lo sappiamo, ma non devi fare per forza tutto da solo,
hai molti amici vicino a te.”
Harry annuì. “Lo
terrò a mente, ma anche tu non fare cose stupide per
favore,” aggiunse sorprendendolo con il suo tono autoritario,
“So bene quanto possa essere orrendo passare ogni singolo giorno
da solo, in compagnia del ritratto di tua madre, però sappi che
tu sei la mia famiglia e non voglio perderti. Quindi non so, leggiti un
libro…trova un modo per distrarti, portati delle ragazze a
casa…quello che vuoi…ma non farti scoprire.”
Sirius sorrise e ancora una
volta gli arruffò i capelli. “Non ti preoccupare, Harry,
la mia proposta di venire a vivere con me rimarrà valida, per
quanto riguarda la comunicazione a distanza, nel caso avessi bisogno di
me, ti regalo questo specchio.”
Dopo aver frugato per diversi
secondi nell’enorme tasca della sua giacca, ne tirò fuori
uno specchietto ottagonale, largo quanto il palmo di una mano e dai
bordi taglienti.
“Ogni volta che James ed
io gli usavamo, ci prendevano subito in giro pensando che ci stessimo
truccando!” esclamò con una risata profonda,
“Tuttavia ci furono molto utili durante le punizioni e anche in
seguito…comunque ti basterà chiamare il mio nome ed io
risponderò immediatamente tramite il mio specchietto, tutto
chiaro?”
“Grazie Sirius!”
“Ma dimmi ancora una cosa, avete trovato un nome per questa classe?”
Harry ci pensò su,
“Veramente non abbiamo mai nemmeno pensato a dargli un
nome,” rispose con sincerità, “Non ci siamo mai
nemmeno posti il problema.”
“Beh, questo è
sbagliato. Spesso un nome da autorità Harry, guarda ad esempio
il Signore Oscuro…nessuno osa nemmeno pensare il suo nome!
Pensaci bene Harry, non è essenziale ma potrebbe rendere la tua
‘classe’ più unita…” concluse alzando
le spalle.
“E così stiamo per
affrontare due guerre, una contro Tu-Sai-Chi e una contro quella
simpaticona della Umbrige,” esclamò Ron, sdraiato sul
letto, stanco e satollo, rivolto agli altri due. “ah,
dimenticavo, in verità sono tre! Ci aspettano anche
interminabili ore di studio in attesa del suicidio di massa, i G.U.F.O,
che felicità!”
“Certo che con te, Harry, il tempo vola quando ci si diverte!” concluse infine con tono ironico.
Il Bambino Sopravvissuto non
poté ribattere ma, al contrario, si limitò a sogghignare
e anche Hermione ebbe la stessa reazione.
“Ma scusa, Ron, che vita
sarebbe senza affrontare un casino diverso ogni nuovo anno, ci
sentiremmo poco impegnati, non ti pare?”
“Mi sa che hai ragione,
potrò anche sembrare pigro, ma la verità e che non so
neanche cosa voglia dire esserlo!”
“E poi un minimo di
attività fisica fa sempre bene, non è vero Ronald?”
lo scimmiottò Harry, scoppiando a ridere.
“Fai tanto il furbo tu, ti
voglio proprio vedere fare lezione di Difesa alla tua Cho
Chang…” calcò sul nome, cercando di mimare
l’accento cinese, “Sarà davvero
interessante…” terminò, prendendolo in contropiede.
Hermione abbassò il capo
come se fosse imbarazzata, ma la verità era che pure lei aveva
notato come Harry aveva osservato la Corvonero durante il loro ritrovo
a Hogsmade, ed inoltre aveva visto ‘dal vivo’ il modo in
cui si erano baciati durante il ballo.
Di certo erano stati
un’ottima distrazione, tuttavia avrebbe preferito non assistere
mai più ad una scena simile in pubblico.
Diciamo che nel preciso istante
in cui le labbra del suo amico avevano toccato quelle della ragazza,
aveva visto il loro passato insieme sfaldarsi e rompersi, l’
Harry bambino non esisteva più, ormai tutti e due i suoi amici
erano diventati uomini e questo, in un certo senso, la spaventava.
Perché lei non riusciva
ancora a compiere quel passo? Perché lei, che era più
matura ed intelligente di loro, non poteva avere la sua storia
d’amore?
Marte le aveva più volte
detto che sarebbe arrivato l’attimo giusto e che avrebbe trovato
la forza per buttarsi, tuttavia spesso si sentiva piena di amore, in
implosione, e stava male perché non poteva trasmettere quel
sentimento a nessuno, era frustrante.
E pensare che con Victor non le
era sembrato così difficile, però era anche vero che Krum
si era rivelato un ragazzo totalmente diverso dagli altri, più
freddo, rigoroso, distaccato, troppo simile a lei per diventare
qualcosa di più che amici.
Ma la verità era quella,
finché non avesse trovato il coraggio dentro di sé, i
ragazzi avrebbero continuato a provare timore nei suoi confronti e
nessuno, tanto meno Ron, si sarebbe messo con lei.
“Per ora preoccupiamoci
del presente, con la nostra classe vedremo cosa succederà, per
quanto riguarda i G.U.F.O, ti basterà studiare, Ron, come le
persone normali!” lo ammonì ferocemente.
Lui evitò il discorso studio, e si girò verso la parete, facendo finta di dormire.
“Per quanto riguarda la classe, Herm, che ne dici di trovarci un nome?”le domandò Harry, pensieroso.
“Sì, non penso sia una cattiva idea, cosa proponi?”
“Veramente non ho un
granché in mente,” confessò, facendo volare in aria
con la bacchetta il modellino di Firebolt che Ginny gli aveva regalato
per Natale. “Io pensavo a qualcosa del tipo ‘Esercito di
Silente’, come ti suona?”
Gli occhi della ragazza si
spalancarono per la sorpresa e iniziò subito a scribacchiare su
un pezzo di carta per non farsi sfuggire l’idea. “Esercito
di Silente, E.S, mi sembra perfetto, autorevole, potente insomma!”
“Proprio quello che stava cercando…” mormorò, ripensando alle parole che aveva detto a Sirius a cena.
‘Se lui non farà nulla, noi insieme faremo qualcosa!’
Non capì perché,
ma se l’andata era stata deprimente e triste, durante il ritorno
in treno si sentì come un fascio di nervi.
Non riusciva a stare ferma tanta erano l’ansia e l’agitazione che sentiva.
In parte non vedeva l’ora
di mettersi al lavoro con l’E.S, informare Marte sulle
novità e prepararsi alla sera dell’incontro,
dall’altro lato, però, aveva paura di essere scoperta,
temeva che il piano, che avevano ripetuto e ripetuto
all’infinito, fallisse e che la Umbrige li cacciasse dalla
scuola per sempre, ma più di tutte queste cose, per la prima
volta, temeva per il loro destino. Che cosa avrebbe fatto se un giorno
si fosse trovata davanti a Lord Voldemort, sarebbe scappata o avrebbe
mantenuto il suo coraggio Grifondoro fino alla fine?
Continuava a domandarselo, in
attesa del momento fatidico, e pregava per la seconda opzione, ma
perché rischiare la vita, dopotutto? Per salvare la fiducia che
i suoi compagni avevano in lei oppure per salvare il rispetto che aveva
per se stessa?
Scossa la testa davanti a tutte quelle domande inutili, era o non era una Grifondoro?
Staccò la fronte dal vetro dello scompartimento e lanciò uno sguardo ai suoi amici.
Harry stava ripassando la teoria
di alcuni incantesimi che avrebbe spiegato quella sera, Ron invece
leggeva interessato il Cavillo, mordicchiando, di tanto in tanto, una
cioccorana.
Chissà se anche loro avevano le sue preoccupazioni. Avevano paura?
Marte fissava irritata la parete
che portava alla Sala Grande. Questa era costellata da numerosi
quadretti, ognuno contenente un decreto istituito dalla benvoluta
professoressa Dolores Jane Umbrige, Inquisitrice Suprema di Hogwarts e
undicesima piaga d’Egitto.
In particolare la ragazza ne stava fissando una, che non preannunciava nulla di buono.
Tutti i gruppi studenteschi sono sciolti da questo momento in avanti.
Per
ripristinare un gruppo studentesco è necessario rivolgersi
all’Inquisitore Supremo e ottenere il suo esplicito consenso.
La Umbrige sospettava qualcosa,
non c’era dubbio, ed Hermione avrebbe preso malissimo la notizia,
si sarebbe agitata e ciò non era bene per una come lei che
adorava mantenere il controllo.
Scosse la testa con un sospiro e resistette alla tentazione di far saltare tutto per aria.
Abbassò lo sguardo e mise
le mani nelle tasche della tunica prima di entrare per fare colazione.
Quella sarebbe stata l’ultima mattina in assoluto in cui le
sarebbe stato permesso fare con comodo senza temere di arrivare in
ritardo a lezione; e per quanto triste fosse quel pensiero, non aveva
alcuna intenzione di sprecare l’ultima giornata di vacanza in
inutili preoccupazioni. Si doveva preparare all’arrivo della
tempesta Hermione e aveva bisogno di fare il pieno di
tranquillità, e Draco e Nott insieme erano il migliore
anestetico in assoluto.
Giunsero al castello nel tardo pomeriggio.
Quel viaggio era sembrato
più lungo e noioso del solito, probabilmente anche perché
la dolce vecchina col carrello era passata una volta solo per fare
rifornimento.
Nel camminare verso le carrozze
incontrarono molti membri dell’E.S, tra cui Luna, Neville,
Dean, tutti i fratelli Weasley, e con loro scambiarono numerose
occhiate d’intesa, come per dare la conferma del primo incontro
che si sarebbe tenuto quella sera.
Tuttavia, per non attirare
sguardi, e per non affollare un’unica carrozza, si divisero in
attesa di rincontrarsi quella notte.
Harry, Ron ed Hermione si
diressero immediatamente verso la torre dei Grifondoro e si diedero
appuntamento per l’ora di cena davanti al ritratto della signora
Grassa, tuttavia la ragazza non salì le scale come gli altri due
ma, dopo essersi infilata un secondo maglione sotto la divisa
scolastica, superò nuovamente il ritratto e si diresse verso la
torre ovest.
“Perché devi già andare via?” si lamentò Draco, contrario a mollare la mano della ragazza.
“Te l’ho già
spiegato, Draco, Hermione mi ha inviato un gufo stamattina chiedendomi
se potevamo vederci appena fosse tornata a scuola per discutere di un
compito.” ripetè, forse per la decima volta quel
pomeriggio.
“E non potete discuterne domani? È così vitale, urgente?” domandò ironicamente.
Lei si voltò a fissare il suo finto broncio e sorrise. “Più che vitale.”
“Allora lascia che muoia, non hai anche il potere di resuscitare i morti nel tuo arsenale?”
Marte corrugò la fronte e lo baciò sulle labbra. “Ho paura di no, vogliamo provare?”
Draco non ripose ma le mise un braccio intorno alle spalle e riprese a camminare.
Stavano facendo un giro attorno
al castello e visto che non incontravano mai nessuno, lo avevano
adottato come luogo di ritrovo privato per parlare, oltre che al letto.
Inoltre era molto rilassante.
“Non ti sono bastata in tutti questi giorni?”
Il ragazzo rispose con un gemito
d’insoddisfazione e la strinse di più a sé.
“Te l’ho già detto, per me ogni momento che passiamo
con altri è uno spreco. Per quanto mi riguarda, potevamo passare
le vacanze chiusi in camera,” ed iniziò a raccontare,
accarezzandole il volto, “Un elfo domestico che ci porta da
mangiare e una consueta rutine che inizia dal letto, per poi passare al
tappeto davanti al camino, per poi passare alla doccia ed, infine, di
nuovo sotto le lenzuola. Niente di meglio che della sana
attività fisica!”
Marte ridacchiò per la
serietà con cui Draco parlava e se da un lato sperava che il suo
sogno disparato non si esaudisse mai, da un altro le suonava
inevitabile pensare ad un futuro con lui.
Si allontanò di pochi
passi e si accucciò a terra per raccogliere un po’ di
neve, e intanto Draco ne approfittò per accendersi una
sigaretta.
“Un giorno il fumo ti ucciderà Draco, perché piuttosto non mangi un po’ di neve?”
Prese un’ampia boccata. “Ci tengo alla mia lingua.”
“Più che alla tua vita?”
Rispose con un’alzata di spalle. “Devo mettere in scala le mie priorità.”
Marte sogghignò e
tornò da lui, spolverando sul suo capo della neve come se fosse
zucchero a velo. “E se ti dicessi che le tue labbra sono
più morbide e il tuo sapore è migliore quando non
fumi?”
“Davvero?” domando, inarcando un sopracciglio.
Marte si leccò le dita
fredde di neve e attese a rispondere, poi andò a togliere un
fiocco bianco dal suo naso e avvicinò nuovamente le loro labbra.
“No, mentivo.” Sorrise mentre lo baciava. “Stasera non ci vediamo, vero?”
Le spalle di Draco si abbassarono di colpo e un sospiro abbattuto uscì dalle sue labbra.
“Purtroppo no, stasera
c’è la riunione con tutti i Caposcuola e i Prefetti a cui
devo partecipare, e forse mi toccherà pure fare un giro di
perlustrazione nel castello a mezzanotte.”
‘Non devo nemmeno
inventare una scusa per non esserci’ pensò sollevata,
‘Dovrò solo fare molta attenzione.’ E
immaginò l’espressione di Draco a vederla circondata da
decine di Grifondoro, non avrebbe retto il colpo.
“Vuoi che ti aspetto?”
“No, lo sai, mi piace vederti dormire.”
Salì velocemente le scale per la torre ovest e trovò la porta già aperta.
‘Diamine!Sono in ritardo.’ Pensò, alzando agli occhi al cielo, superando la soglia.
“Sei in ritardo,” annunciò Hermione con tono basso e indefinito, continuando a guardare fuori dalla finestra.
“Scusa, Herm, ma…”
“Eri con Malfoy, sì, lo so. Da qui vi si vedeva benissimo.”
Stavolta era propria arrabbiata,
anche se, con tutta sincerità, non poteva credere che lo fosse
solo per un suo ritardo di pochi secondi, così cercò di
ignorare il suo tono freddo e distaccato e cercò di ironizzare.
“È molto difficile
da convincere, e le sue risposte sono più convincenti delle
mie,” rispose con un sorriso.
Hermione finalmente si voltò verso di lei e finalmente Marte poté vedere il suo sguardo angosciato e terrorizzato.
“Perché ho
così tanta paura, Marte? Insomma, sono stata io a convincere
Harry, sono stata io ad organizzare tutto però, proprio ora che
dovrei tirare fuori il carattere, ho una gran voglia di chiudermi o di
scappare.”
La Grifondoro strinse forte i
pugni e si morse le labbra mentre il suo colorito rosa e sano spariva.
“Ho voglia di urlare. Forse avrei dovuto davvero diventare una
stupida Tassorosso!”
Marte corse subito da lei e la
strinse forte, accarezzandole la schiena, come per scaldarla, intanto
la cullava e ripeteva il suo nome più volte per tranquillizzarla.
“Tu sei una Grifondoro,
Hermione, sei coraggiosa e forte, altrimenti non ti sarebbe nemmeno
passato per il cervello di suggerire a Harry di fare da insegnante. Il
coraggio senza paura non è nulla, Herm, non esiste, capisci?
Quando sarà il momento anche tu sorgerai, troverai te stessa e i
dubbi spariranno e, in quel momento, ti troverai precisamente dove
vorrai essere. Devi solo avere pazienza. Avremo pazienza insieme.”
Nonostante tremasse ancora,
Hermione si scostò dal suo abbraccio e si sedette a terra con la
schiena contro il vetro, facendole segno di raggiungerla.
“Sai la novità?
Abbiamo trovato un nome interessante per la nostra classe, Esercito di
Silente, che te ne pare?”
Marte si sedette al suo fianco. “Mi pare buono, anche se non capisco quale sia il vostro messaggio.”
“Ad Hogwarts ci sarà anche una polizia buona d’ora in poi, il rospo avrà parecchi problemi.”
La Serpeverde ghignò.
“Sarà davvero interessante stanotte, a proposito, Draco mi
ha detto che verso mezzanotte ci sarà una ronda dei Caposcuola,
dunque sarebbe meglio se Harry finisse con la sua lezione almeno
mezz’ora prima di quell’ora,” concluse con una risata
smorzata, quando pronunciò la parola – lezione -.
“Draco non sa nulla, immagino,” alluse Hermione titubante.
“Non dovresti nemmeno
chiederlo, Herm, anche se non mi dispiacerebbe confessarglielo,
mentirgli è davvero faticoso.”
Marte gli raccontò della
sera del Ballo, di com’erano passate la notte e la mattina dopo,
del momento in cui si erano chiariti, anche se, naturalmente, non le
disse nulla di ciò che Draco le aveva confidato.
Il rossore di Hermione appariva ad intervalli come un semaforo, ogni qual volta alludeva a ciò che c’era stato.
“Hermione, saresti perfetta sopra un’ auto volante della polizia.”
“E tu mi ricordi sempre quant’è piacevole avere qualcuno con cui parlare di cose babbane.”
Ignorò la sua ironia.
“Vuoi sapere com’è stato?” le chiese
maliziosamente, indovinando, senza averlo letto, il pensiero nella sua
mente.
Hermione annuì impercettibilmente senza guardarla negli occhi.
Marte, invece, appoggiò il capo sulla sua spalla e mischio i suoi capelli con quelli più chiari dell’amica.
“È stato magico.” Respirò, “Niente di più, niente di meno.”
Avrebbe sentito Hermione
deglutire da kilometri di distanza e comunque non sarebbe riuscita a
controllare il tremito della sua voce.
E per la prima volta sentì dentro di sé la consapevolezza di ciò che era accaduto come reale.
Sospirò più volte
sulla spalla dell’amica, mentre immagini sfocate di ciò
che era stato le apparivano davanti agli occhi, ne sentiva i suoni e ne
avvertiva il tocco.
Nonostante avrebbe preferito
rimanere lì a sognare per ore, si svegliò e
recuperò la voce con una battutina stile Malfoy. “Ed
è stato lo stesso tutte le notti a seguire, e pure qualche
mattinata, ad essere sincera…”
“Ma piantala!” la
ammonì Hermione, che ormai non riusciva più a contenere
il suo imbarazzo, scostandola con una spallata. “Potresti
parlarmi di qualcosa di serio ogni tanto!” esclamò.
Marte fece il broncio, come se
fosse stata appena offesa a morte.“E questo non ti sembra serio
abbastanza?”domandò con tono innocente, “Possiamo
sempre parlare di trucco, abiti, pomiciate, moda…”
“Risparmiami la
Lista,” la fermò lei, mettendole rudemente una mano
davanti alla bocca e poggiando il capo sull’altra.
Si riferiva alla lista che avevano stilato in una delle loro numerose ore buche, quando non sapevano cosa fare.
S’intitolava: Di cosa
parla Lavanda Brown? Viaggio alla scoperta di un non- cervello.
Compilarla si era rivelato un compito più arduo del previsto.
Dieci punti avevano racchiuso in
sé la fatica di un’intensa settimana di lavoro,
poiché a facilitarle era stato solo il fatto di poter completare
ogni punto, oltre che con un nuovo elemento, con un tema sempre
ricorrente e un po’ volgare, che fa rima con
mazzo.
Avevano, infatti, riconosciuto che, estrarre dalla diretta interessata
il contenuto della loro ricerca, si rivelava difficile proprio per
questo. Così, contemporaneamente ad un excursus psicologico,
Hermione, che qualcuno la protegga, aveva dovuto pure rendere la sua
compagna di stanza un po’ più raffinata, per lo meno, per
leggere fra le righe.
Così erano nati i dieci comandamenti di Lavanda, i Lavandai.
Marte sorrise al ricordo, ma la sua espressione felice sparì alla domanda della Grifondoro.
“Perché piuttosto non mi dici se ci sono stati cambiamenti a scuola.”
E così Hermione venne a
sapere del decreto numero 47 e Marte non vide mai più i suoi
occhi aprirsi così tanto.
Sulla porta della Sala Grande stentava a crederci e continuava a strabuzzare gli occhi con vigore come per svegliarsi.
“Hermione, cosa ti prende?” le chiese subito Harry, non appena la vide.
“Beh, io ve la affido. Buon appetito!”E Marte si dileguò alla velocità della luce verso il suo tavolo.
“Allora? Che ti prende?” richiese un po’ scocciato il Grifondoro.
La ragazza indicò il
riquadro alzando il braccio e disse con tono cavernoso e affranto.
“Ci ha bloccato alla riga di partenza.”
Ron ne uscì con un’imprecazione e Harry lo imitò.
Insieme si diressero ai loro
posti, si riempirono i piatti di cibo, senza far eccezione per
Hermione, e non parlarono per una decina di minuti.
“Sentite, io non mi fermo
ora, non dopo tutta la fatica e i problemi che abbiamo avuto, sarebbe
proprio da stupidi!” esclamò Harry, con entusiasmo.
“Questa è la nostra notte, e come questa ce ne saranno
altre, non molleremo.”
Hermione, magicamente,
tornò a respirare e Ron fece lo stesso, lei per le parole
dell’amico, il ragazzo invece per una semplice botta sulla
schiena.
“Sono d’accordo con te Harry, ma sapete una cosa? Improvvisamente mi è andata via la fame.”
La Cooman l’avrebbe considerato un pessimo presagio.
Draco non era ancora arrivato così si sedette tra Theo e Blaise e si mise a chiacchierare.
“Pensavo che il nostro principe fosse con te,”alluse Zabini, facendole l’occhiolino.
Marte aveva fatto il callo alle
loro continue frecciatine, ma ancora quelli accenni le facevano battere
il cuore, così negò solo con il capo e riprese a mangiare.
“Beh, noi pregheremo
sempre per l’arrivo di un principino, non di un bastardo,”
si intromise Pansy, con voce tagliente.
“Cosa vuoi dire, Pansy?” reagì lei con immediatezza, alzando lo sguardo dal bicchiere che teneva in mano.
La bella Serpeverde alzò le spalle e si accarezzò sensualmente le labbra con le dita.
“Non sarò mica io a
spiegarti come si fanno i bambini, Marte, anche perché Draco
è perfettamente in grado di farlo da sé, non lo sai
ancora?”
Immediatamente sentì la mano di Nott afferrarle saldamente il polso.
Sospirò, aveva capito;
quella sera Pansy aveva una gran voglia di litigare o di farla
infuriare, la cosa migliore da fare era lasciarla perdere e permetterle
di sfogarsi, sempre che non superasse i limiti.
Ma Pansy usciva sempre fuori dai contorni, partiva sempre prima dello sparo, andava sempre fuori dalle righe.
Tante parole. Un solo significato.
“Ricordo ancora la nostra
notte insieme, davvero magnifica,” iniziò a raccontare.
“Le sue mani ti modellano come se fossi creta e ti fanno morire,
e cosa dire dei suoi gemiti? Impagabili. Quando ti entra dentro
poi…”continuò a spiegare leccandosi le dita e le
labbra e guardandola con sguardo di fuoco.
“Evidentemente è
proprio per questo motivo che il principino si fa aspettare. Povero
Draco, sempre insoddisfatto, sempre freddo…”
Al momento non si chiese perché Pansy stesse parlando così.
Perché con lei? Non era innamorata di Draco ma di Theo, come rientrava lei nella faccenda?
Non si fece nessuna di queste
domande e la interruppe a metà frase, sapendo che poi se ne
sarebbe pentita, ma in quel momento l’unica ragione che si seppe
dare fu che Pansy era stata morsa dalla tarantola e che lei doveva
estirpare il veleno, con qualsiasi mezzo.
Così fece leva sul suo unico punto debole.
“Mi chiedo cosa stia
pensando tuo marito a sentirti parlare così, ma dopotutto doveva
aspettarsi di stare per sposare solo una poveretta.”
Pansy, come se fosse stata
colpita da un fulmine, abbassò istintivamente lo sguardo verso
Blaise, che ricambiò, senza però dare mostra della sua
solita ironia ma, al contrario, di un’insolita tristezza.
‘Sweet Blaise, you are doing everything all alone’ pensò Marte, ghignando.
Dopo aver lanciato anche una
breve occhiata a Nott, il viso della Serpeverde si trasfigurò in
una maschera di rabbia che esplose contro di lei, attirando
l’attenzione di tutta la sala.
“Puttana!”
“A questo
proposito,” iniziò riferendosi all’offesa che le
aveva rivolto, “ti sei mai chiesta,” riprese
tranquillamente, “perché con Draco sia stata UNA notte
meravigliosa?”
“Tu non sei come noi, maledetta! Tu non sei come noi! Hai preso Draco e lo hai traviato!”
Marte sentì l’aria attorno a sé farsi bollente e si accorse di avere istntivamente richiamato il suo potere.
Tutto si svolse rapido.
Pansy fece per assalirla a mani
nude, come solo una donna può fare, ma venne bloccata da Theo,
che, velocemente, aveva estratto la bacchetta e gliela aveva puntata
alla fronte.
Draco, invece, sopraggiunto in
tempo per lo spettacolino, si era limitato a posare le mani sulle
spalle di Marte e, di colpo, come se risucchiato, il potere era
completamente ritornato all’interno del suo corpo.
Quattro persone, esclusa lei, avevano percepito un cambiamento nell’aria quella sera.
In cima alla lista c’erano Draco e Hermione.
Il primo era intervenuto
tempestivamente e l’aveva aiutata a tornare normale, facendole
pure un po’ male, anche se non aveva ben capito come ci fosse
riuscito.
L’altra, si era voltata
verso di lei sin da subito e aveva guardato la scena allarmata, come se
non bastasse già la sua attuale condizione a preoccuparla.
A occupare a pari merito il secondo posto, Harry Potter e Theodore Nott.
Il primo, a dir la
verità, aveva solo sentito un lungo brivido su per la spina, un
caldo improvviso e un lieve fastidio alla cicatrice, il secondo,
invece, si sarebbe rivelato più problematico.
Nott aveva bloccato Pansy non
solo per fermare il suo ‘attacco’ ma soprattutto per
proteggerla da lei. L’aria si era riempita di magia tutta di un
colpo e lui si era ritrovato sfortunatamente accanto a lei, o meglio,
al posto giusto nel momento giusto.
Poteva fieramente dire di aver salvato una vita.
“Tu devi essere impazzita.
Ancora tanto così,” le fece segno con la mano, “e ti
saresti fatta scoprire!”
Non aveva mai visto Draco
così arrabbiato e preoccupato. Cercava di mantenere la calma,
rimanendo fermo, con le spalle al muro, ma la sua voce schioccava come
una frusta.
“La potevi uccidere, non ci hai pensato?”
Aveva ragione, lo stava per
fare, ed ora non riusciva più nemmeno a guardarlo in faccia e se
ne stava seduta sulla loro poltrona con le ginocchia strette al petto e
lo sguardo dritto nel fuoco.
Normalmente non avrebbe mai
permesso a nessuno di parlarle in quel modo, di sgridarla, nessuno lo
aveva mai fatto ed era cresciuta divinamente!, ma Draco aveva
maledettamente ragione e lei torto marcio.
Stava per uccidere una persona
che la stava attaccando, poco seriamente, a suon di unghiate e se
l’avesse fatto, probabilmente, se ne sarebbe pentita per tutta la
vita.
In un unico momento di follia avrebbe perso la sua umanità.
Pensando a ciò le risuonarono in mente le parole di Tom.
“Uccidi una volta e diventa invincibile. Uccidi due volte e diventa eterno.”
Voleva davvero questo?
Si tappò le orecchie e chiuse gli occhi davanti a quel ricordo.
Draco allora
s’inginocchiò davanti a lei, l’afferrò per il
collo e fece combaciare la propria fronte con la sua.
“Era una promessa,
no?”disse per tranquillizzarla, “Ci salviamo a vicenda. Non
importa cosa ti abbia detto Pansy né perché, io sono
tuo,” affermò con chiarezza.
Era stata davvero semplice gelosia a farla impazzire? Un sentimento così semplice a farla scoppiare?
No, non poteva crederlo.
“Come sta Pansy?” domandò titubante.
“Nott si sta occupando di
lei, stai tranquilla, è in buone mani. Non ha capito in che
pericolo si è trovata, altrimenti si sarebbe spaventata, ha solo
fatto un po’ di scene per entrare in camera.”
“E Nott? Come facciamo?”
“Ci pensiamo poi,” rispose, prendendola in braccio per adagiarla sul letto.
Le sfilò delicatamente le
scarpe e la aiutò, dopo averla spogliata, ad infilarsi i
pinocchietto che usava come pigiama.
Infine la baciò
più volte sulle labbra, quasi disperatamente, giocandoci, e, per
la prima volta, tenendo gli occhi socchiusi per poterla osservare
mentre rispondeva al suo bacio.
“Dormi, non mi aspettare, e non ci pensare più.”
“Ho bisogno di stare con
te questa notte,” rispose, trattenendolo per la veste. ‘Non
me la sento di andare dall’E.S.’ pensò.
“Non andare via, rimani con me, bigia, no?” cercò di convincerlo con un debole sorriso.
Per un attimo, da come Draco tornò a baciarla, pensò di averlo convinto, ma si sbagliava.
“Vorrei, ma questa volta
non posso proprio mancare. Soprattutto dopo quanto è successo,
sembrerei debole e tu capricciosa.”
“Ma…” fece per ribattere ma aveva ancora ragione, di nuovo.
Marte lasciò che le braccia avvolte attorno al suo collo cadessero sul materasso, come morte.
Guardò le labbra del
ragazzo schiudersi e vide, riflessa nei suoi occhi, la bolla lucente
che quella volta non era riuscita a leggere.
Cosa provi, Draco?
Lo vide uscire dalla stanza e
chiudere la porta, aspettandosi di vederlo tornare da un momento
all’altro, spalancare la porta, e buttarsi nel letto, tra le sue
braccia.
Invece, dopo una decina di
minuti, spesi in un inutile e sacro silenzio, nel quale le parve sentir
rimbombare più volte nel vento la parola ‘sola’, si
rialzò.
Si tolse la maglia del pigiama e
ne indossò un’altra, a maniche lunghe, con un grosso
teschio minaccioso, tutta sua, non di Draco.
Lasciò i pinocchietto
dove si trovavano, indossò i suoi Hag, caldi e silenziosi, e
uscì di soppiatto dal passaggio segreto che il suo Serpeverde le
aveva mostrato proprio durante quelle vacanze.
“Marte? Sei in bagno? Draco mi ha appena detto di venire a vedere come stavi.”
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Capitolo 19 *** 19 ***
19° B.F.T
Diciannove.
Raggiunse
silenziosamente il corridoio del settimo piano e lo attraversò
fino all’incrocio che le era stato indicato da Hermione.
Aveva ancora impressa nella mente l’espressione assorta di Draco, e faceva fatica a togliersela dalla testa.
L’unica cosa che sapeva per certo era che non l’avrebbe deluso un’altra volta, mai più.
Questa certezza dunque,
invece che abbatterla, la rafforzò, e le ricordò, per di
più, di avvisare Hermione sulla ronda dei capiscuola. Non
potevano mica farsi beccare subito, giusto?
“Qualcosa mi dice che eri già a letto e che avevi una gran voglia di bigiartela, vero signorinella?"
La voce di Hermione la risvegliò dai suoi pensieri e la costrinse a girarsi verso destra.
Indicò i propri
vestiti con uno sguardo birichino. “Vero per entrambe le cose, ma
il mio principe stasera non era disponibile e così,
poiché mi sembra inutile occupare un letto matrimoniale senza di
lui, sono venuta.”
“Hai mai pensato
di tornare al tuo vecchio materasso? Sentirà di certo la tua
mancanza,” ironizzò la Grifondoro.
“Non l’ho
mai considerata una possibilità così lontana come la
considero oggi, mia cara,” le rispose per le rime.
“Penso che tu mi debba una lunga serie di spiegazioni. Harry ha percepito qualcosa oggi.”
Immediatamente i suoi sensi si acuirono e prestò più attenzione. “Cosa di preciso?”
“Poco più
di un brivido, a dir la verità, e la cicatrice ha iniziato a
bruciargli un po’,” la informò, incrociando le
braccia sotto il seno. “In compenso non ha capito nulla.”
“Mi pare ovvio,
era troppo lontano. Peccato che non sia lo stesso per Theo,”
aggiunse, con una certa stizza nel tono di voce.
Hermione corrugò le sopracciglia.
“Theodore Nott? E perché dovrebbe essere un problema?”
Marte si accasciò
contro la parete, nello spazio fra due quadri e sospirò.
“Con tutta sincerità non capisco e non lo so, però
Draco è preoccupato e questo basta ad allarmare anche me.
Tuttavia penso che si tratti solo del fatto di farlo sapere a meno
persone possibili.”
“Non avrei mai
pensato che Malfoy potesse prestare così tanta attenzione ai
dettagli.” Tornò a guardarla in faccia e aggiunse,
“Si è arrabbiato?”
Marte alzò le
spalle. “Giusto un po’, era solo preoccupato. A proposito,
a mezzanotte ci sarà una ronda dei caposcuola.”
“A mezzanotte cosa?!” esclamò Hermione, passando all’isteria.
“Sta arrivando qualcuno.” La zittì.
Dopo pochi secondi Harry spuntò da dietro l’angolo e si rivolse ad Hermione.
“Ehi Herm! Stiamo iniziando!”
“Arriviamo Harry.”
Solo allora il ragazzo si accorse della Serpeverde, nascosta dal buio e da una cornice enorme.
Sorpreso in principio, la sua espressione si fece più maliziosa e sul suo volto apparve un ghigno intrigante e di sfida.
“Pensavo non ti saresti fatta vedere Serpe.”
Marte sorrise di
rimando. “Noi Serpeverde siamo come le star, arrivare in ritardo
è d’obbligo, non lo sapevi, gatto?”
E lo superò seguendo Hermione verso la sala delle necessità.
“Spera piuttosto di non annoiarmi, gatto,” aggiunse quando se lo trovò nuovamente di fianco.
“La prima lezione
sarà un po’ noiosa per forza, devo capire come siete
messi, ma le prossime saranno via via più intere…”
“Non hai capito,” lo interruppe, puntando un dito contro il suo petto. “Io voglio divertirmi.”
“Fai qualcosa di sbagliato e dovrò richiamarti,” la avvertì.
“Mi darai una
nota? E a chi la farò firmare? A Draco?” Marte
scoppiò in una profonda risata che venne precocemente tappata da
Hermione.
“Siete impazziti a
ridere così? Volete farci scoprire?” sibilò la
Grifondoro, con voce acuta e tesa. Poi si rivolse ad Harry. “Devi
finire entro le undici e mezza se non vogliamo essere beccati dai
caposcuola, dunque muoviamoci, please.”
La seguirono dentro la
Stanza senza ribattere, e mentre Harry si muoveva verso il centro della
sala, Marte rimase in fondo, per darsi un’occhiata in giro.
La Stanza appariva
precisamente come Hermione gliel’aveva descritta e per questo la
magia le sembrò ancora più eccezionale.
Ogni parete era
ricoperta da specchi, come se fosse stata una scuola di danza. Alla sua
destra erano posti una serie di alti e spaventosi manichini,
dall’altro lato, invece, armadi e cassapanche erano scossi ogni
secondo da qualcosa, come se stessero contenendo un uomo che si
dibatteva, ma in verità erano solo mollicci.
Lì accanto, spade
scintillanti, elmi ricoperti di gemme e frecce dalla punta quasi
invisibile occupavano la scena, senza però oscurare, con la loro
lucentezza, le numerose bacchette esposte in una teca subito a destra.
“Smettila di
gingillarti, e presta almeno un po’ di attenzione,
provaci,” la esortò Hermione con una poderoso pizzicotto
nel fianco.
“Perdono, perdono.”
“Non essere così manesca Herm, non si feriscono le signore.”
Marte guardò Ron
e gli rivolse un sorriso a trentadue denti. “Finalmente qualcuno
che conosce ancora le buone maniere.”
“Eh lo so,”
annuì amareggiato, “Siamo rimasti in pochi, ma
perdureremo, mia cara, proprio per difendere le donzelle come te.”
“La volete smettere voi due!” ringhiò ancora la Grifondoro.
“Rilassati Hermione, ormai siamo dentro.”
Ron le mise un braccio attorno alle spalle per tranquillizzarla e le pose un bacio sulla guancia.
“Lo so, è
che ho un brutto presentimento, e non mi sentirò sicura
finché stasera non sarà tutto finito.”
“Stai in coppia con me, ok?” le fece Ron prima di allontanarsi.
Lei annuì e lo guardò andare via.
“Certo che, invece
che tranquillizzarti, quello ti farà bruciare per poi ridurti in
cenere. La lezione non riguarda il suo sedere.”
Hermione distolse rapidamente lo sguardo e arrossì, ritornando a concentrarsi sulle parole di Harry.
“Non essere ridicola.”
“E tu non tirarti indietro proprio ora che siete entrambi al dente,” sogghignò Marte.
“Sei proprio una
Serpe! Sai benissimo che non è così facile!”
esclamò, dandole un’altra gomitata.
“Ma se con la domanda di prima sembrava ti stesse chiedendo la mano!”
“Allora, per oggi,
giusto per capire a quale livello ci troviamo, partiremo con i due
incanti più facili, ma anche più importanti, per la
sopravvivenza di un mago: l’incantesimo di Disarmo e quello di
Difesa. Dividetevi in coppie, intanto vi spiegherò come funziona
con questo manichino.”
Seguì dunque un
intenso vocio, durante il quale gli studenti si divisero in coppie e,
quando l’ordine fu ripristinato, Harry riprese a parlare.
“Ora,
indirizzerò l’incantesimo di Disarmo, Expelliarmus, sul
manichino. Questo, dopo cinque secondi, me lo rimanderà indietro
con il doppio della forza ed io dovrò semplicemente difendermi
con l’incantesimo Protego. Tutto chiaro?”
“Non dovremo mica farlo subito anche noi spero!” esclamò in un singulto Lavanda Brown.
Marte, dal fondo della folla, sbuffò e si chiese dove si fosse cacciata, se anche Lavanda Brown era tra loro.
“Me lo sto chiedendo anch’io, ” sussurrò Hermione, come se le avesse letto nel pensiero.
“Non subito, per
lo meno, ” rispose Harry. “Ma quando diverrete più
pratici sarà uno scherzo da ragazzi anche per voi.”
Si posizionò davanti al manichino vestito da Mangiamorte ed estrasse la bacchetta.
Tutti gli studenti si
avvicinarono e si fecero più silenziosi e attenti, ed anche
Marte, nonostante la dimostrazione non le interessasse, seguì la
massa e cercò uno spiraglio fra le schiene e i capelli per poter
vedere meglio.
La voce di Harry risuonò forte e chiara.
“Expelliarmus!”
Una scintilla rossa
scaturì dalla bacchetta del Bambino Sopravvissuto; passati
cinque secondi, la stessa scintilla fuoriuscì dal manichino, ma
più spessa e potente, e s’infranse sullo scudo argenteo di
Harry.
“Visto? Non
è difficile! Ricordate solo di pronunciare correttamente
l’incanto, di indirizzare la bacchetta davanti a voi ma,
soprattutto, di crederci. A voi ora!” annunciò il giovane
insegnante, allegro e fiducioso.
In risposta tutti lo guardarono dubbiosi e diffidenti ma si misero comunque uno di fronte all’altro.
‘ Ecco cosa succede a essere l’unica Serpeverde nel raggio di chilometri’ pensò Marte.
“Sicura di non voler stare in gruppo con noi?” le chiese Hermione per la decima volta.
Lei negò ancora e la spinse a muoversi con un gesto della mano.
Si sedette su un materasso e rimase ad osservare i falliti tentativi dei suoi compagni di scuola.
Molti di loro si erano
già rassegnati e si guardavano in giro oppure scherzavano con il
compagno, altri, al contrario, presi dalla foga, diventavano rossi per
la rabbia e agitavano con veemenza la bacchetta cercando di far uscire
qualcosa.
Questo rimaneva in
assoluto il genere di divertimento preferito per un Serpeverde, in
altre parole, bearsi delle figure di merda altrui e farle pesare per il
resto della vita.
Inoltre si godeva anche
lo spettacolo di un Harry Potter che, non essendo il suo entusiasmo
ancora del tutto sconfitto, correva da una parte all’altra della
stanza a sistemare la posizione o la pronuncia di qualcuno.
Dio! Non era mica
lezione di Antiche Rune, non serviva essere geni per capire che la
pronuncia fosse Expelliarmus e non Espelliarmo o altre simili
storpiature.
“Perché non fai nulla?” le chiese, non appena ebbe raggiunto la sua zona.
“Non ho un
compagno, ma ti assicuro che se mi fossi messa a lavorare, la vista non
sarebbe stata ugualmente divertente,” rispose sorridendo.
“Su, dai, alzati, sarò io il tuo partner,” la prese per un gomito e la tirò in piedi.
“Ma non sei
già impegnato? Guarda che potrei fraintendere,” lo prese
in giro mentre si faceva tirare in mezzo alla sala e lo vedeva
incamminarsi dalla parte opposta.
Harry comunque
ignorò la frecciatina e rispose piatto. “Una volta
ciascuno, a ruota, tu attacchi ed io difendo, io attacco e tu difendi e
così via.”
“Non ci vuole di certo una calcolatrice, ti pare?”
“Fammi vedere.”
Marte attaccò per prima, Harry si difese e continuarono a mulinello per diversi minuti.
“Hai capito a che livello sono, Maestro, o devo ancora attendere prima di passare al livello successivo?”
“Sei bravina,” rispose, trattenendo un sorriso, “Ma mi dici ancora poco sulle tue capacità.”
Marte aumentò leggermente la forza dei suoi colpi e lui fece lo stesso.
“Non è di certo il più allettante degli esercizi questo.”
“Lo so ma, come puoi ben vedere, non tutti sono in grado di svolgerlo.”
Harry, di colpo,
condusse un fascio di energia continuo contro il suo scudo ed
iniziò ad avvicinarsi. Marte allora fece lo stesso,
riuscì a cambiare la traiettoria dell’incantesimo del
ragazzo per un breve istante, durante il quale dissolse la difesa e
iniziò il contrattacco.
‘Ora capisco come
ha fatto a trattenere Tom, quella volta nel cimitero. Ha dentro di
sé una forza inesauribile!’ pensò Marte, in preda
allo sforzo.
Alzò lo sguardo
verso Harry e si accorse, con invidia, di quanto lui, al contrario suo,
fosse ancora fresco e calmo, per niente stanco.
“Mollo io se molli anche tu!” gli urlò Marte.
“Sei già stanca?”
Non rispose per orgoglio
ma ormai sapeva di essere agli sgoccioli. Il braccio era indolenzito e
le sembrava che l’incantesimo le stesse succhiando via
l’anima, usare i suoi poteri naturali nei combattimenti le veniva
molto più facile.
Improvvisamente
sentì la tensione fra le due bacchette aumentare e seguendo la
linea della sua vide il ragazzo avvicinarsi lentamente verso di lei,
senza diminuire l’intensità dell’incantesimo.
“Ti arrendi?” le chiese con un ghigno che non era tipico vedere sul suo viso.
Marte lo fissò e,
solo allora vide la sua fronte aggrottata dallo sforzo e piccole gocce
di sudore solcare la sua fronte. Vide anche la sua immagine riflessa
nei suoi occhi verdi e per un attimo si disse che non poteva
arrendersi, che lei era forte e che Potter non era nessuno, nessuno che
potesse batterla.
Infine però rispose con un’altra domanda. “È una gara?”
“Se la vuoi vedere
in questo modo,” ribatté con un’alzata di spalle.
“Sinceramente, sarebbe meglio se finisse in maniera amichevole,
non c’è gusto a far del male ad una ragazza.”
Marte alzò
violentemente un sopracciglio e strinse le labbra. “Non credere
che sia finita qua, grande Mago dei miei stivali!”
Sentì l’incantesimo di Harry affievolirsi e fece lo stesso con il suo.
“Non mi dire che
ti sei arrabbiata?” le chiese mentre si incamminavano entrambi
verso il materasso su cui lei era seduta pochi attimi prima.
“Frustrata più che altro, odio perdere.”
“Questo non mi
sorprende, mia cara Serpeverde, per lo meno tu non bari per ottenere
ciò che vuoi, al contrario del tuo boyfriend!”
Marte lo spinse via con un pugno, “Anch’io baro, ma so anche trattenermi, gatto!”
“Apprezzo lo
sforzo,” rispose Harry, e dopo aver frugato nelle tasche della
giacca che indossava, le offrì una barretta di cioccolato.
Marte alzò gli
occhi, incredula, e per un attimo le sembrò di trovarsi ancora
nel maniero di Voldemort, alle prese con Lilium e i suoi allenamenti,
ma rapidamente scacciò quel pensiero lontano dalla sua mente.
“Grazie,”
disse allungando una mano ed iniziando a scartare il cioccolato.
“Per lo meno ora ho capito dove nascondi le energie di
riserva.”
Harry abbozzò un
sorriso e si scostò la frangia dagli occhi, poi si
appoggiò con la schiena contro la parete, mentre Marte si mise a
gambe incrociate accanto a lui.
“È roba babbana?” chiese incuriosita, mentre succhiava l’estremità di un quadratino.
“Ho quasi paura di rispondere,” fece Harry, piegando il collo verso sinistra.
“Anche se sto con
Draco, non significa che sia lui. Non ho niente contro i babbani e i
loro aggeggi, solo preferisco di gran lunga la magia,”
affermò senza smettere di mangiare e dando un’occhiata
agli altri.
Hermione per la quarta
volta stava mandando Ron al tappeto. Il ragazzo, se messo sotto
pressione, non riusciva a evocare uno scudo decente; il velo argenteo
si squagliava come un gelato non appena lei gridava l’incantesimo
e lui finiva steso a terra, rosso dalla rabbia.
Marte scoppiò a
ridere e Harry intanto la fissò con sguardo confuso ma
sorridente. “Suona così strano, detto dalla fidanzata di
Malfoy. Mi sembra quasi anormale.”
“Anormale è
bello!” rispose Marte con una risata che contagiò anche
lui. “Comunque non dire fidanzata, suona così
formale, non mi piace per niente,” aggiunse, ritornando
improvvisamente seria.
Harry alzò le
mani in segno di resa e le rivolse un sorriso ironico. “Ma come?
Non ti esalta essere considerata la futura regina delle Serpi?”
La ragazza fece cadere
la carta della barretta per terra e con un colpo di bacchetta la
ridusse in cenere. “Mi piace Draco, non il principe dei
Serpeverde, è una cosa ben diversa. Anzi se fosse per me, ne
farei volentieri a meno di quel ruolo, che per altro non mi tocca
ancora ricoprire. Se fosse altrimenti, non sarei qui, a mescolarmi con
la plebaglia di Hogwarts, eppure così ho fatto.”
“È davvero
interessante la tua distinzione degli studenti in classi sociali,
dovrebbe diventare materia di studio.”
“Che coincidenza!Lo pensa anche Draco!”
Harry la guardò
sbalordito, pensando e sperando che stesse scherzando, ma
l’espressione con cui lei invece ricambiava non esprimeva ironia
né niente di simile, anzi, nei suoi occhi splendeva un bagliore
che in parte gli ricordava quello che vedeva spesso riflesso negli
occhi di Malfoy; su di lei, però, quella luce, non sembrava una
saetta di pazzia bensì una stella appesa ad un cielo color pece.
Per paura di averla
fissata troppo a lungo, abbassò velocemente lo sguardo e
tornò a torturare la sua bacchetta con le mani ormai
completamente sudate. “Penso di dover tornare al lavoro.”
Marte, come se avesse
intuito il suo imbarazzo, gli sorrise furbescamente e si sdraiò
al suo fianco, accarezzandosi con le unghie quella lieve striscia di
pelle che la sua maglietta lasciava scoperta.
Come le piaceva stuzzicare gli uomini!
Con i ragazzi Serpeverde
non poteva essere così: se volevi stuzzicarne uno, per forza,
poi, dovevi anche portartelo a letto. Con quelli delle altre case,
invece, dove quella regola non valeva, una donna poteva godere di tutti
quei piccoli sintomi che la rendono soddisfatta di essere bella.
Sorrise quando
sentì Harry deglutire e quando, alzando gli occhi, lo vide
arrossire mentre seguiva le sue dita tirare l’elastico dei
pantaloni del suo pigiama.
“Non dovevi andare?”
Harry fece fatica sia ad
annuire sia a rispondere e si alzò goffamente cercando di
respirare. Allora le venne un’idea e facilmente si
intrufolò nella sua mente e tra i pensieri più
superficiali vide come l’immaginazione del ragazzo vagasse a
briglie sciolte.
‘Violento il gatto…’ pensò, mentre un brivido la percorreva dalla punta dei piedi per tutte le ossa.
Stava già macchinando la seconda mossa da fare quando una voce interruppe il flusso dei suoi pensieri.
“Harry! Potresti
venire qua a rispiegare a Ron cosa vuol dire ergere uno scudo, per
favore?” la voce squillante di Hermione risvegliò anche il
ragazzo che si voltò, per guardarla arrivare.
La Grifondoro
andò a sedersi accanto all’amica e sbuffò.
“Non ce la faccio più a stare in coppia con lui. Se non
gli spieghi come fare, piuttosto mi alleno con un manichino!”
esclamò, sottolineando con più forza il suo disappunto.
Senza nemmeno rispondere Harry si allontanò e andò ad aiutare il compagno.
“Ma non lo sai che
l’amore è sia nel bene che nel...” Venne bruscamente
interrotta da una botta alla testa e, massaggiandosi ancora la cute, si
voltò verso Hermione. “Perché lo hai fatto?”
“Ho visto cosa stavi facendo con Harry, e non mi è piaciuto.”
“Fare cosa?”
“Harry si stava
toccando la cicatrice, come quando gli fa male, ho guardato te e ho
visto come te lo stavi mangiando con gli occhi.”
Non negò ma annuì consapevolmente e sogghignò. “Gelosa anche del tuo migliore amico?”
“Non essere ridicola!” esclamò, spintonandola con una spallata, “Solo non voglio che soffra.”
Marte si sdraiò
nuovamente, con le mani dietro la testa e sospirò. “Mi
stavo solo divertendo un po’, Herm, hai in mente quel gioco che
si chiama seduzione?”
“Mi fa rabbrividire,” replicò fieramente. “Non è ciò che voglio per lui.”
“Preferisci una bella cinesina alla tua migliore amica? Mi sento offesa.”
Appena si sentì
chiamare in quel modo, Hermione fece come per cedere, ma il sorriso
saccente scolpito sul volto della Serpeverde in qualche modo la
infastidì.
“Meglio una cinesina che la ragazza di un boss mafioso!”
Marte si rotolò
sul materasso, stringendo forte le braccia attorno alla pancia.
“Se Draco sapesse cosa vuol dire, penso che non gli dispiacerebbe
come titolo! Comunque non penso che Harry sarebbe contento di sapere
che la sua migliore amica lo difende da Draco Malfoy.”
“Orgoglio maschile!” conclusero all’unisono.
“Sappi che è stato lui a iniziare, gli ho letto nel pensiero e ho abboccato.”
“Eh già, spesso mi dimentico di questa tua facoltà.”
Mentre Marte guardava il
soffitto, Hermione concentrò il suo sguardo su di lei fino a
diventare una presenza opprimente e l’altra si vide costretta a
rispondere. “Cosa c’è ora? Non posso guardare
nemmeno il soffitto?”
“Leggeresti i suoi pensieri per me?” implorò Hermione d’un fiato.
Marte strabuzzò
gli occhi incredula, poi si sollevò e la abbracciò per la
vita con una mano, mentre con l’altra spostava i suoi capelli a
un lato solo del collo per potersi appoggiare con il mento sulla sua
spalla.
“Non mi dire che inizi a capire i meccanismi dell’accoppiamento, Herm!”
La ragazza
deglutì in risposta e tenne gli occhi fissi su quella massa di
capelli rosso fuoco che, come neanche lei capiva come, la faceva
palpitare.
“Ci stanno ancora
fissando, Ron?” chiese Harry, dando le spalle alle due ragazze e
fingendo di dare spiegazioni all’amico su come si dovesse tenere
correttamente una bacchetta.
“Sì, ma hanno smesso di parlare. Aspetta! Marte le sta sussurrando qualcosa all’orecchio!”
Schioccò le
labbra e negò energicamente con il capo. “Quella mi
dà i brividi, amico, mi fa paura.”
Harry gli mise una volta
per tutte la bacchetta in mano e iniziò ad allontanarsi,
camminando all’indietro. “Anche a me fa
rabbrividire,” sussurrò, come se lo stesse dicendo a se
stesso. “Prova adesso Ron!”
Ron borbottò
qualcosa e uno scudo si innalzò tra i due e, miracolosamente,
quando Harry lo attaccò, non si frantumò in mille pezzi,
come invece aveva previsto.
“Bravo Ron!”
Hermione tornò ad
esercitarsi con Ron, lasciando Marte da sola, ed Harry, nonostante
avesse l’ardente tentazione di tornare da lei per farsi
acchiappare, tornò a girare fra gli studenti a dare consigli e a
sistemare le posizioni.
In particolare, passando
accanto a Cho Chang, annusando il suo buonissimo profumo ai fiori di
ciliegio e specchiandosi nei suoi occhi trasparenti tanto erano
sinceri, riuscì a disfarsi di quella terribile tentazione, e in
breve tempo si fecero le undici e mezza.
“Okay ragazzi,
bravi, avete lavorato bene per essere stata la vostra prima volta.
Ricordatevi di tenere sempre in tasca il galeone d’oro, in modo
che possiate essere avvisati sulla data del prossimo incontro. Ora
dividetevi nei quattro gruppi nei quali siete arrivati e seguite le
istruzioni di Hermione per favore.”
Ron, finito il discorso,
gli diede una gomitata e ridacchiando. “Niente da ridire sulla
tua abilità retorica, mai più!”
Gli studenti lo
superavano, rivolgendogli sorrisi e affettuose pacche sulla spalla.
Harry guardò verso il materasso, dove si era sdraiato con Marte,
e una vampata di calore gli fece slacciare il primo bottone del
colletto, nonostante la ragazza fosse già sparita insieme a
tutti gli altri.
“Ciao Harry, a dopo!” gli disse Ron.
Lui lo guardò
confuso ma notando poi il suo ghigno e il suo sguardo rivolto verso il
fondo della Stanza, si voltò senza fare domande.
Mentre osservava la
longilinea forma delle curve di Cho e i suoi bellissimi capelli neri
dondolare come onde, dritti sulla sua schiena, la porta della Stanza
delle Necessità si chiuse con un tonfo, lasciandoli dentro da
soli.
Mentre si avvicinava
alla ragazza e finiva avvolto dalle sue braccia, si convinse che quello
doveva essere l’amore e se lo ripeté mentre la sollevava,
la baciava e la posava su quel materasso.
Cosa ci faceva poi un materassone per ginnastica artistica in una stanza posta al combattimento! Si chiese anche questo.
Intanto lui rimaneva
impigliato in quella sensazione di beatitudine disumana, senza essere
in grado di liberarsi. Come poteva sentirsi attratto da una ragazza un
attimo prima e un istante dopo finire a letto con un’altra?
Saranno state le lenti a contatto?
No, quello non era amore ma l’aveva capito troppo tardi.
Troppo tardi.
Marte tornò con
calma al suo dormitorio, sapeva che la zona Serpeverde sarebbe stata
l’ultima a venir controllata per via dell’influenza che
Draco aveva su tutti gli altri caposcuola.
Superò camminando piano i bui corridoi del settimo piano e, raggiunte le scale iniziò a scendere e scendere.
In effetti, il settimo
piano per lei non era di certo la zona più semplice da
raggiungere: i dormitori Serpeverde stavano nei sotterranei, otto piani
più in basso, e non era proprio entusiasta di doversi fare tutte
quelle scale da sola, di notte e con tutti quei quadri ad osservarla
per di più. Tuttavia si trattenne dal fare un po’ di luce,
non poteva rischiare di farsi scoprire, non tanto da Gazza o dalla
Umbrige, quanto da uno dei caposcuola. Non era in grado di modificare
del tutto la memoria di un uomo, quello che mesi prima aveva fatto a
Malbòro era stata un eccezione alla regola. Erano entrambi
stanchi e la sua mente non sarebbe stata in grado di sopportare tutto
lo stress, l’aveva sovraccaricata, per così dire.
Scosse la testa al
ricordo di quel Mangiamorte, amico di suo fratello, anche lui deciso a
vendicarsi. Chissà cosa aveva conquistato in quegli ultimi mesi.
Il ronfare di un quadro al suo fianco la colse di sorpresa e la fece girare di scatto dallo spavento.
‘Devo smetterla di
essere così fifona, non mi si addice per niente. Ho affrontato
castelli peggiori ad Halloween!’
Si sistemò un
ciuffo di capelli con una manata e lo riportò al suo posto,
lontano dagli occhi, e tornò a scendere le scale.
Per lo meno, quella
sera, le scale sembravano non avere alcuna voglia di muoversi ma, al
contrario, seguivano il suo stesso percorso. Sicuramente così
era per via della giro di perlustrazione dei caposcuola, non potevano
permettersi di perdere tempo per vedere dove mettere i piedi. Adorati
tutori della legge.
Questa forse
l’avrebbe detta a Draco. Prendersi in giro tra di loro era
particolarmente divertente e stimolante, anche se in molti, nessun
Serpeverde, avrebbero messo in dubbio la sua sanità mentale
visto ciò che la stimolava e cosa no.
Con tuttta
probabilità, anzi sicuramente, era nelle preferenze sessuali,
più che nel modo di pensare, che i Serpeverde si distinguevano
dal mondo.
Non che eseguissero
pratiche strane, beh, alcuni anche quelle, ma più che altro
stava nella libertà. Una libertà che lei non aveva ancora
assaggiato e che, se Draco da una parte le stava facendo scoprire,
dall’altra non gliela faceva nemmeno desiderare visto il loro
legame.
Ringraziando di dover
fare le scale solo in discesa, iniziò saltare gli ultimi cinque
scalini di ogni rampa, cercando di fare attenzione al rumore che
produceva e sforzandosi di essere silenziosa, e, con questo gioco,
neanche si accorse di aver raggiunto il buio dei sotterranei.
Riconobbe fra le ombre
il ritratto del Barone Sanguinario e per individuare il passaggio, che
conduceva direttamente alla loro camera da letto, contò sette
cornici verso sinistra e spinse il lastrone di marmo che si
trovò davanti.
Il passaggio si
aprì davanti a lei e, senza che avesse avuto nemmeno il tempo di
passare attraverso, si richiuse senza un suono alle sue spalle.
Spinto il quadro con una
lieve pressione si ritrovò in camera. Il caminetto scoppiettava
allegramente e l’orologio, in quel preciso istante, stava
risuonando la mezzanotte.
Il fuoco era
l’unica fonte di luce della camera, a parte una sottile scia di
luce che proveniva dalla porta semiaperta del bagno. Non ricordava di
esserci andata ma, andando a spegnarla, pensò che fosse dovuto
alla sua disattenzione.
Sfilò gli Hag e
li buttò in un angolo della stanza, sfilò la maglietta
con il teschio e indossò una semplice canottiera. Poi rivolse
uno sguardo al camino e con un gesto del capo moderò la
grandezza delle fiamme e, allo stesso modo, attenuò la luce,
fino a circoscrivere chiaramente solo il tappeto con le due poltrone,
lasciando in una piacevole ombra il letto e nel buio più totale
il resto della camera.
Da quando dormiva con
Draco aveva perso l’agghiacciante abitudine di tenere la
bacchetta sotto il cuscino, ma ogni qual volta che egli non c’era
quella diventava più che un’abitudine una fobia,
un’ossessione. Automaticamente la infilò nella federa e
subito si tuffò nel tiepido calore delle lenzuola.
Gennaio era appena
iniziato, ma solo allora si rese conto del freddo che impregnava
l’aria, l’assenza di Draco si faceva sentire sempre,
più che mai in notti come quelle.
Tuttavia, non ebbe
nemmeno il tempo di lamentarsi per il freddo che gli occhi iniziarono a
chiudersi per conto loro, nonostante Marte continuasse incessantemente
a ripetersi di voler aspettare il ritorno di Draco e di voler fare
l’amore con lui anche se da mezza morta.
L’intento era
dolce ma le forze decisero per lei, le sue palpebre si chiusero e la
sua razionalità divenne vittima della stanchezza.
Draco tornò verso
le due, quasi sperando di ritrovarla sveglia ad attenderlo ma, quando
la vide così dolcemente addormentata, si ricredette e
sospirò in silenzio, davanti a quella bellissima immagine.
Entrò nel letto,
facendo addirittura attenzione a dove cadeva il proprio peso per non
svegliarla ma, appena poggiò la testa sul proprio cuscino, Marte
si girò e, nonostante tenesse gli occhi ben serrati, mise le
mani esattamente attorno al suo collo, per potersi accoccolare contro
di lui.
Contro il suo petto
percepì tutte quelle sensazioni familiari che lo facevano morire
di piacere: il profumo del suo shampoo e della sua pelle, il suo tocco
delicato sui muscoli delle spalle, il suo respiro caldo proveniente
dalle labbra semichiuse e il tocco morbido del suo seno coperto solo da
una sottile canottiera.
Adorava quei piccoli
contatti, non poteva negarlo, lo facevano eccitare più di ogni
altra cosa. Spesso si credeva pazzo per sentirsi così al solo
sfregarsi contro la sua maglietta ma era una verità fisicamente
innegabile.
Sospirò
nuovamente e si costrinse a mantenere la calma, strinse le braccia
attorno alla sua schiena per accarezzarla, sperando di addormentarsi
senza problemi, quando, passando con la mano sotto il cuscino di lei,
sentì qualcosa di duro.
Sempre attento
cercò di recuperare qualsiasi cosa fosse, però quando ne
tirò fuori la bacchetta della ragazza rimase perplesso.
Da tempo Marte non
teneva la bacchetta sotto il cuscino, aveva smesso di farlo già
da molto prima del Ballo d’Inverno, probabilmente da quando aveva
iniziato a dormire con lui.
Cosa poteva averla spaventata a tal punto? Ciò che era successo con Pansy? Il problema di Theo? Oppure la sua assenza?
Chiuse gli occhi e posò la bacchetta della ragazza sul proprio comodino.
La baciò sulla
fronte e la strinse forte tra le sue braccia, poi chiuse gli occhi e
sperò di sognare lei o di entrare nei suoi sogni per poterla
baciare almeno lì, perché non poteva aspettare
l’arrivo della mattina, che appariva ancora così lontana.
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Capitolo 20 *** 20. ***
20° B.F.T
Ventesimo
La mattina dopo si scoprì avvolta dalle forti braccia di Draco,
ancora profondamente addormentato. Era così bello sentirlo
vicino a sé, il tranquillo battito del suo cuore e il suo odore,
virile e protettivo.
Alzò leggermente gli occhi per osservare meglio il suo viso,
quando lo sguardo si allungò dietro di lui per finire sul
comodino, dove era appoggiata la sua bacchetta.
Il respiro si mozzò in gola e per un istante le sembrò che il cuore avesse smesso di battere.
Era strano pensare che qualcuno fosse riuscito a toglierla da sotto il
suo cuscino, quando era abituata ad avere un sonno leggero; ma forse le
cose erano cambiate, senza che se ne fosse accorta.
“Ho fatto male?” chiese Draco, con la voce ancora impastata dal sonno, premendola contro il suo petto.
Marte negò e gli baciò la spalla, per poi accarezzarla
con la punta del naso. “Assolutamente no. Mi sento solo un
po’ scoperta.”
Il ragazzo sorrise leggermente mentre poggiava il mento sul suo capo. “È il segnale per qualcosa?”
“Solo per abbracciarmi più forte. Se fossi rimasto ieri sera, chissà…”
Draco mugolò infastidito e la afferrò per le natiche.
“Cattiva.” Lei rise allegramente e lasciò che
facesse aderire i loro corpi.
“Non ne hai proprio voglia?” le mormorò
all’orecchio con tono molto persuasivo. Il suo fiato era
incredibilmente caldo sul suo collo, le dita sulla sua schiena si
muovevano dall’alto in basso, insistentemente, come se si
trattenessero dal sollevarle la maglietta.
Alzò quasi con timore gli occhi per incontrare i suoi.
L’ombra creata dalle timide fiamme provenienti dal camino rendeva
la loro vicinanza ancora più intima e la loro attrazione a dir
poco irresistibile.
“Te la sei voluta, Draco,” aggiunse anche lei in un sussurro, “Anche io mi nego molto.”
“Non mi piace affatto questa tua tendenza alla castità.”
“Momentanea castità, ad essere precisi.”
Draco mugugnò ancora infastidito, ma si arrese, effettivamente
era andato a cercarsela. In quelle occasioni aveva lei la bacchetta
dalla parte del manico.
Si alzò e si diresse verso il bagno, rassegnato e socchiuse la porta alle proprie spalle.
“Andiamo giù per colazione?” gli urlò dal letto, mentre si stiracchiava tra le lenzuola.
“Decisamente sì,” rispose inflessibile.
Il Serpeverde quando si trattava di diatribe o situazioni scomode
all’interno della casa, le risolveva sempre mostrandosi forte e
senza vergogna. Mancare al primo pasto della giornata, proprio il
giorno dopo il litigio con Pansy, avrebbe lanciato una pessima
impressione.
Si mise a sedere sul materasso mentre Draco apriva l’acqua della
doccia e delle sottili nuvole di vapore prendevano a fuoriuscire
dall’uscio della porta, quasi del tutto spalancata.
Marte con un gesto delle mani preparò gli abiti da indossare e
li adagiò su di una delle due poltrone, recuperò la sua
bacchetta dal comodino di Draco e la fece scivolare nella tasca interna
della sua divisa scolastica.
Alzato il capo, lo sguardo le cadde sull’immagine del corpo di Draco, riflessa nello specchio del bagno.
Il suo corpo diafano ma robusto era avvolto e carezzato dal vapore
acqueo già sprigionato dal getto bollente della doccia. Egli
stava recuperando da un ripiano lo shampoo, con cui era solito lavarsi
i capelli, e il bagnoschiuma, che condividevano. Prima era un sapone
qualsiasi, ma da quando dormivano nello stesso letto era divenuto il
loro sapone.
Tanto era rapita dai suoi gesti, si rese conto con alcuni secondi di
ritardo che il ragazzo si stava spogliando del tutto, così si
coprì freneticamente gli occhi con le mani.
Non si sarebbe mai del tutto abituata a vederlo nudo senza esserne
neanche leggermente imbarazzata e intimorita. Mentre facevano
l’amore, era sempre talmente catturata dal piacere da
dimenticarsi di essere stretta al suo corpo nudo, invece, quando non
aveva il cervello ridotto ad una pappa, i suoi nervi trasmettevano
ancora perfettamente le informazioni e, con esse, le sensazioni di
disagio.
Entrò in bagno anche lei. Sollevò i lunghi capelli dal
collo con una pinza e si sciacquò il viso con acqua gelida,
infine si lavò i denti, spremendo sullo spazzolino una gran
quantità di dentifricio alla fragola, naturalmente non in
comune. Quello alla menta le pizzicava troppo la lingua.
Nel farlo si volse verso la vasca, dove Draco si era immerso e nella
quale riposava ad occhi chiusi, con il capo appoggiato ad una grossa e
porosa spugna.
Finito, si avvicinò alla vasca e si sedette a terra, in
corrispondenza con il busto del ragazzo. Draco automaticamente
sollevò un braccio da sotto l’acqua e le porse la mano
bollente, che lei strinse immediatamente.
Mentre si guardavano, Marte gli accarezzò la fronte con una
mano, pettinando i sottili ciuffi di capelli all’indietro, mentre
con l’altra non mollava la presa sulla sua.
“Ti lavo la schiena?”
Lui si alzò a sedere e si piegò leggermente in avanti,
lei invece afferrò la spugna, la intinse nel sapone e
iniziò a fregare, divertendosi a vedere scoppiare le bollicine
sulla superficie liscia della sua schiena.
Dopo aver percorso tutta la sua spina dorsale, dall’alto in
basso, immerse un’ultima volta la spugna nell’acqua calda e
la strizzò sulla testa del ragazzo.
“Perché ti preoccupa tanto che Theo venga a sapere dei
miei poteri? È tuo amico ma anche mio, non ci tradirebbe
mai.”
Draco sospirò e trono a sdraiarsi, portando con sé una mano della ragazza, vicino alle labbra.
“Io non mi fido di nessuno quando si tratta di te. Voglio che il
tuo segreto sia una cosa mia, nostra. Certo, se si dimostrasse
indispensabile rivelare a Nott tutta quanta la storia, penso che lo
farei, ma non senza un Voto Infrangibile. Con le famiglie dei
Mangiamorte in conflitto fra di loro è difficile prevedere chi e
quando qualcuno farà una qualche sciocchezza per recuperare il
proprio prestigio agli occhi dell’Oscuro; lui ci rende
pazzi.”
Marte si lasciò cadere sul bordo della vasca, appoggiando il
mento sugli avambracci, ed iniziò a soffiare contro la schiuma.
“L’ultima cosa che voglio è aumentare il tuo peso,
farò molta più attenzione in pubblico ora,”
affermò decisa.
Draco le sorrise e la afferrò per il mento con delicatezza, guardandola negli occhi.
“Tu neanche immagine quanto mi abbia fatto piacere che tu mi
abbia rivelato il tuo segreto, e non immagini il sollievo che ho
provato nel raccontarti del mio futuro. Il nostro è un peso
diviso due, no?”
La attirò a sé in un bacio bollente e pieno di desiderio.
Quella mattina le parve che il sole fosse finalmente spuntato.
I G.U.F.O si avvicinavano a velocità inesorabile,
contemporaneamente anche la stagione sportiva riprendeva e così
anche gli incontri dell’E.S divennero sempre più frequenti.
Hermione si era totalmente calata nel suo ruolo di organizzatrice
d’incontri. Per ore e ore rimaneva china sui fogli nel tentativo
di arrangiare orari che non ostacolassero gli impegni dei diversi
membri della loro classe. Era un compito equivalente a un rebus vero e
proprio: spesso sembrava impossibile riuscire a far combaciare i vari
incontri delle squadre di Quidditch e dei vari club studenteschi con
gli orari dei giri di ispezione della Umbrige e di Gazza. Spesso si
scatenavano dei litigi, ma questi o venivano risolti da Harry, con una
grande ed inaspettata professionalità, oppure da Marte, che
aveva dalla sua il jolly della paura.
Almeno quella categoria di problemi era risolta da qualcun altro
perché, con tutta sincerità, non vedeva mai l’ora
di poter tornare ai propri studi.
Proprio quel giorno il professor Ruff aveva avvisato gli studenti che
la lezione successiva ci sarebbe stato un compito riepilogativo su
ciò che aveva affrontato durante quei primi mesi di scuola.
Argomento che non sarebbe stato presente negli esami finali ma che
comunque doveva essere saputo, anche a prova di uno studio costante.
Harry e Ron rimasero spiazzati da quella notizia. Il primo, che
finalmente aveva trovato la sua zona edenica di sopravvivenza
nell’organizzazione delle lezioni di difesa, vide infrangersi
davanti a sé quella magnifica barriera protettiva. Il secondo,
allo stesso modo, cadde nel più totale malumore, sbattendo
seccato sul divano il libro di Storia, non appena entrato in sala
comune: una verifica di storia subito dopo le vacanze invernali
equivaleva ad una carneficina. Come si poteva pensare che loro avessero
avuto tempo di preoccuparsi anche dello studio in sole due settimane di
riposo?
Così entrambi, nell’irritazione più totale,
adottarono la medesima strategia. Studiarono, o provarono a studiare,
un capitolo a testa, con l’intenzione di suggerirsi durante il
compito.
Durante i pomeriggi impegnati da quell’‘inutile’
attività Ron riprese a fumare, anche se nei limiti consentiti,
per recuperare un po’ di calma, mentre Harry iniziò a
perdersi nella visione del proprio sfogo serale, pronto ad accoglierlo
ogni sera in una stanza della Zona Rossa.
“Cosa ha preparato Harry per il prossimo incontro?” domando
Marte incuriosita, sollevando gli occhi dal tomo posato sulle sue
ginocchia.
Era rannicchiata a gambe incrociate su una poltrona di quello che ormai era diventato il loro studiolo personale.
Mentre lei si rilassava, leggendo per diletto un libro, trovato nella
Sezione Proibita, che spiegava l’uso di alcuni proibiti
incantesimi di offesa, Hermione da ore non sollevava il naso dalla
pergamena su cui stava scrivendo freneticamente, alzando di tanto in
tanto la testa per andare a leggere rapidamente alcune righe dal libro
di pozioni da cui prendere spunto.
Giacché non dava cenno né di volerle rispondere né
di averla sentita, aggiunse ironicamente, “Se continui
così rischi seriamente di diventare gobba. Giunta lì, il
passo per diventare precisamente uguale a Piton non è molto
lungo. Se lui ha il naso lungo e i capelli unti, tu hai i denti da
castoro e sei ancora vergine.”
Hermione capì l’antifona. Sospirò, si alzò
bruscamente dalla sedia e andò a buttarsi sulla poltrona accanto
alla sua.
“La fai facile tu che non hai mai bisogno di studiare, visto che
ormai riesci a leggere nella mente dei professori come devi rispondere
alle domande,” mormorò stancamente.
“Anche, certo, ma se dobbiamo essere più precisi la mia
bravura sta più nella mia ottima memoria,”
sottolineò con tono saccente, “In ogni caso, non puoi dire
che me ne sto con le mani in mano. Questo libro è
particolarmente interessante, penso proprio che lo proporrò ad
Harry.”
“Ci rimarrai male se pensi che lo leggerà, ” la
avvertì, aggrottando la fronte, nel vedere il volume di quel
mattone.
Marte alzò le spalle e girò pagina, facendo però l’occhiolino a quella precedente.
“Stasera penso che abbia intenzione di affrontare gli
Schiantesimi, sarà di certo una carneficina,” rispose
Hermione alla sua prima domanda, strofinandosi gli occhi con le dita.
“Tu invece dovresti riposare Herm, quanto ti manca?”
Hermione contò sulle dita di una mano, guardando in aria, nel tentativo di ricordare tutto.
“Allora…ho finito pozioni, incantesimi e trasfigurazione.
Grazie al cielo domani Babbanalogia è saltata altrimenti avrei
dovuto studiarmi pure quella! Storia della Magia e ho terminato,
direi.”
“Storia della Magia? Ma sei impazzita a lasciarla per
ultima?” esclamò Marte, accarezzando il viso
dell’amica in corrispondenza delle lunghe occhiaie che lo
ricoprivano.
“Devo solo leggermi un paio di alberi genealogici.
L’argomento è Le Famiglie Purosangue del sedicesimo
secolo. ”
“Promettente…” lamentò Marte con un gemito.
Hermione alzò le spalle e si stiracchiò un’ultima volta, prima di alzarsi e ritornare alla scrivania.
Marte però la fermò per una manica della veste e la fece riaccomodare.
“Ho qualcosa per aiutarti,” le disse con un grosso sorriso incoraggiante.
Frugò in una tasca esterna della borsa e, stranamente, ne
tirò subito fuori una piccola boccetta dal contenuto nero.
“Nel mondo babbano la chiamano ‘pappa reale’, questa
però l’ho preparata io, con la magia, e dunque dà
risultati più efficaci più rapidamente. Bevine solo un
sorso e ti sentirai meglio.”
Hermione non esitò un istante, afferrò la fiala e con
attenzione ingurgitò un sorso del contenuto, deglutendo a fatica
per via del sapore.
“Disgustoso!” sibilò, tappandosi la bocca con entrambe le mani, per non avere la tentazione di rimettere.
Marte scoppiò a ridere. “E pensare che io l’ho presa
quasi tutti i giorni l’estate scorsa! Non mi dire che però
non ti senti già meglio.”
Hermione, superando la sensazione di rigurgito, fece un veloce check-up
del proprio corpo e si accorse di sentirsi di gran lunga molto meno
stanca.
“Domani notte, tuttavia, ti conviene andare a dormire presto,
provoca un lieve rinculo a chi non ne è abituato,” la
avvertì con un sorrisetto colpevole.
Hermione annuì, ancora stupita di quel suo rapido recupero.
Tornata alla scrivania, prese in mano la penna e si vide maneggiarla
con rinnovata solerzia.
Nemmeno sentì Marte uscire dallo studio, dicendole che si
sarebbero riviste quella sera presto per l’incontro
dell’E.S.
Draco, anche quella sera, sarebbe stato impegnato con gli allenamenti
di Quidditch fino a tardi, per cui non avrebbe nemmeno avuto bisogno di
trovare una scusa al riguardo. Tuttavia, quella situazione non poteva
continuare così all’infinito. Prima o poi la sua assenza
non sarebbe più caduta nello stesso giorno dell’incontro
ed allora o avrebbe bigiato o avrebbe bigiato. La possibilità di
farsi scoprire non era nemmeno contemplata.
Inoltre – tanto per essere schietta – partecipava a quelle
riunioni solo per Hermione, che ci teneva e, ogni tanto, per il gusto
di poter anche brevemente duellare contro il gatto. Attività
ricreativa davvero stimolante.
Come se non bastasse, odiava ammetterlo, quei duelli le ricordavano
tanto gli allenamenti con Lilium e perciò metteva nei suoi
incantesimi tutto l’ardore e la passione che poteva, per infine
vedere lo sguardo di Harry sempre più stupito dalla sua forza
combattiva.
Pure quello sguardo non le era nuovo. Anche Lilium reagiva così
ogni volta che lo sconfiggeva, donandole dopo ogni combattimento un
piacere immenso, che solo una vittoria sudata o una dovuta sconfitta
poteva concederle.
Nonostante ciò avrebbe di gran lunga preferito duellare contro
il suo Draco. Ritornando sempre al discorso riguardante i discutibili
gusti sessuali della Casa Serpeverde – ognuno aveva la propria
piccola fantasia e questa era la sua: duellare contro Draco,
sconfiggerlo o essere sconfitta, ed infine finire insieme a letto e
leccarsi le ferite a vicenda, letteralmente.
Sorrise e scosse la testa, mentre s’incamminava verso lo stadio di Quidditch, dove si erano dati appuntamento.
Draco, che si stava già allenando, avrebbe fatto una pausa
giusto per la cena, insieme alla squadra, per poi tornare
immediatamente in groppa alla scopa.
Le aveva chiesto se avrebbe avuto voglia di venirlo a prendere e lei
aveva risposto con entusiasmo, sia perché non le dispiaceva
camminare di notte nel giardino della scuola, sia perché, come
al solito, se ogni momento che poteva essere passato insieme a Draco,
non veniva passato insieme a lui, era da considerarsi tempo buttato nel
cesso.
Si strinse ancor di più la sciarpa attorno al collo, per via del
vento pungente, quando si ricordò di avere dei poteri e
creò attorno a sé una barriera contro il gelo.
Adorava usarLi per scopi inutili!
Raggiunse subito gli spalti e assistette all’ultima fase del
gioco, durante la quale la squadra titolare, nella quale giocava Draco,
segnò altri trenta punti e conquistò il boccino.
Scesi a terra, il Serpeverde aveva ordinato delle ulteriori modifiche
alla formazione di volo, poi aveva sostituito i due battitori della
squadra con le due riserve, punendoli ‘ Per aver giocato come dei
sudici Corvonero’ – sue testuali parole.
Infine l’aveva raggiunta in volo ed era rimasto a guardarla
dall’alto della sua Nimbus, sempre con il suo solito ghigno
stampato sulla faccia.
Marte gli aveva sorriso di rimando, alzando il mento verso il cielo, nel tentativo di non slogarsi il collo.
Era troppo ripetersi, dire che Draco sembrava nato per stare in groppa
a quella scopa? Le sembrava così libero e fiero, padrone del suo
mondo più di quando non toccava con i piedi la terraferma. Ed
era bellissimo, e affascinante. Il classico angelo dalle ali nere.
“Mi sembra quasi sospetto che tu sia venuta qua a guardarmi, come
fanno tutte le normali fidanzate con i loro giocatori, ”
osservò lui, accennando con il mento verso la sua sinistra.
Marte seguì con lo sguardo la direzione che aveva indicato e si
accorse per la prima volta di uno stormo di ragazzine gracchianti ed
esagitate, che sventolavano le mani, alcune in direzione del campo ma
la maggior parte nella sua direzione.
Certa che non stessero salutando lei con tutta quella vivacità,
tornò a guardare Draco, che scoprì, non le aveva mai
tolto gli occhi di dosso, e rispose a tono. “ Siamo sicuri che
siano tutte dolci e innamorate fidanzatine? A me sembrano piuttosto
membri di un tuo fan club personale!”
Draco alzò le spalle. “Può darsi…”
ghignò. “Comunque, vieni ad aiutarmi con Storia nello
spogliatoio?” chiese, cambiando discorso.
Gli sorrise e annuì. Poi, mentre ancora la guardava, gli
soffiò un bacio dalla mano, facendolo scoppiare dalle risate.
Aveva mai accennato alla bellezza della sua risata? Non ancora, vero?
Entrò nello spogliatoio dopo essersi assicurata che ogni presenza maschile indesiderata fosse uscita.
Appena dentro, vide la divisa di Draco buttata a casaccio su di una
panca e subito, con un gesto della mano, la fece piegare ed entrare
ordinatamente nel suo borsone sportivo.
Poi sentì una manopola dell’acqua chiudersi e la voce del ragazzo risuonare nelle docce.
“Mi porteresti un asciugamano?” le urlò.
Come facesse a sapere che era lei e non uno sconosciuto, rimaneva un mistero.
Insomma, c’erano molti modi per riconoscere una persona: dai suoi
passi, se indossa braccialetti o altri gioielli, dalla suola delle
scarpe, se indossa pantaloni o gonna…ma Draco era stato fino a
un secondo prima sotto il getto bollente di una doccia, come poteva
averla sentita?
Escluse a priori i super-poteri, poiché ne aveva abbastanza, e
perciò concluse che doveva trattarsi senza dubbio di una
questione di pelle.
Si sfilò la divisa scolastica con il logo Serpeverde e le calze
corte, che indossava insieme ai leggins al posto delle ruvide collant,
per non inumidirle, e lo raggiunse a piedi nudi, camminando sulle
bianche piastrelle bagnate dell’angolo docce dello spogliatoio,
attenta a non scivolare.
Aspettando che uscisse da dietro la tendina, tese l’asciugamano
di spugna bianco davanti a sé, e s’impose di guardare
sempre verso l’alto, per non cadere in tentazione ma soprattutto
per non provocare alcuna battutina spiritosa da parte sua.
Draco scostò la tendina e appena la vide si pettinò i
capelli bagnati all’indietro, con un gesto lento della mano.
Chiuse le mani sulle sue, dove stringevano l’asciugamano e
avvicinò i loro volti.
“Grazie, ” mormorò, respirando a pochi centimetri dalle sue labbra.
Marte rise sotto i baffi, si liberò dalla sua stretta e lo
abbracciò, avvolgendolo con la spugna all’altezza del
bacino.
“Gran buon profumo,” sussurrò, carezzandogli la pelle con la punta del naso e con le labbra.
“Ma sai quel’è il bello? Sentirlo su di
te,” rispose Draco facendo lo stesso e baciandole il lato
sinistro del collo.
Lei allora gli annodò la spugna attorno ai fianchi, gli diede un
rapido bacio sulle sue labbra morbide e s’incamminò,
prendendolo a braccetto e spingendolo fuori dai bagni.
“Adesso che ci penso non sarebbe affatto male farlo qui una volta
tanto,” la stuzzicò, nel porgerle il libro di Storia della
Magia.
“Proprio il massimo del brivido: lo spogliatoio maschile del
campo di Quidditch! Ti credevo più fantasioso!” lo derise
con una lieve nota di malignità nel tono.
Anche Draco ghignò nel vederla voltarsi imbarazzata, non appena
ebbe iniziato ad asciugarsi per rivestirsi con gli abiti puliti.
“Beh, se preferisci, potremmo saltare direttamente allo studio
della McGrannit. Anche se penso che tu ti debba prima abituare a
guardarmi nudo. Sai, non è poi male come vista.”
Marte arrossì, piena d’imbarazzo, ma cercò comunque
di non stare con le mani in mano e sviò il discorso su un
terreno a lei più congeniale, aprendo il libro su di una pagina
a caso e sedendosi sulla panchina di fronte a lui.
“Grazie a Dio, io non devo fare questo test, visto che sono
entrata quando eravate già a metà del programma. Da dove
vuoi che parto?” gli chiese. Non aspettò nemmeno la
risposta poiché non appena voltata la pagina, vide il nome Gaunt
scritto nel titolo di un paragrafo e lesse.
“I Gaunt: scopritori del nuovo mondo o crudeli conquistatori? Ma
tu guarda. Chissà come ci si sente a leggere il proprio nome sui
libri di storia.” si domandò ancora, improvvisamente
incuriosita ed eccitata per aver trovato il cognome di Tom tra le
pagine di uno dei suoi libri di scuola.
Draco alzò le spalle, esasperato, ma anche terribilmente
attratto dal suo tentativo di sviare la sua attenzione. Così,
mentre lei non accennava nemmeno ad alzare lo sguardo dal libro e
continuava a leggere imperterrita, Draco, vestito di tutto punto, si
sedette accanto a lei e, come stesse muovendo una marionetta,
spostò le sue gambe sulle proprie e la fece girare verso di lui.
“…difatti il popolo degli Ambàryghn, gli aborigeni
nativi di quei territori immensi, agghiaccianti ed inesplorati, si
dimostrarono sin da subito contrari a diffondere e trasmettere la loro
conoscenza agli esploratori ma poi, attratti dalle loro magie e dai
loro “bastoni magici”, alcuni si lasciarono convincere e
dettarono loro diverse strofe delle loro canzoni
funerarie…”
Draco mugolò, fingendo di sentirsi coinvolto dal racconto,
quando le mise un braccio attorno alle spalle e, con poca delicatezza,
ma con tanta urgenza, la coinvolse in bacio profondo ed inaspettato,
zittendola.
Mentre sentiva i denti e le labbra di Draco chiudersi sulle sue e la
sua lingua farsi strada nella sua bocca, dimentica del libro,
lasciò che cadesse a terra e avvolse con le gambe i suoi fianchi.
Come poteva concentrarsi su altro quando le uniche cose che percepiva
erano le mani di Draco toccarla ovunque e i suoi baci frenetici e
invitanti sulle labbra?
Capì che Draco non aveva alcuna intenzione di studiare quella
sera, soprattutto quando sentì le sue mani sollevarle la gonna,
correre sotto i leggins ed infine chiudersi attorno alle sue natiche
per poi spingerla contrò il suo bacino con un’urgenza che
le mozzò il respiro.
Quando dopo – molto dopo – entrarono nella Sala Grande, le
sembrò, forse per via di tutti gli sguardi incuriositi che
riceveva, che ogni studente di Hogwarts sapesse che aveva appena fatto
sesso con Draco, badate, sesso non amore. Quelli erano solo animali
affamati di gossip.
Solo quando girò lo sguardo e vide l’espressione
emozionata di Hermione, capì che in quella sala c’era
almeno una persona che condivideva la sua stessa trepidazione e che
capiva i suoi sentimenti.
Trattenne Draco e lo mise tra sé e gli altri, per potergli sussurrare senza essere vista.
“Mmm?”fece lui.
“Draco, ho qualcosa fuori posto?” gli chiese lisciandosi intanto la divisa.
La fissò con occhio critico. “Intendi a parte i primi
cinque bottoni della camicia aperti a mostrare il tuo bellissimo
reggiseno di pizzo nero? Sei perfetta!”
Marte portò subito le mani al petto, nonostante fosse certa di
aver ermeticamente chiuso i bottoni della camicetta quando si era
rivestita…
Appena sentì Draco sghignazzare si accorse di aver fatto la figura dell’esagerata e sbuffò.
Il ragazzo la riprese per mano e si diressero verso il tavolo della loro Casa.
“ È una sensazione solo tua ciò che abbiamo fatto,
” la tranquillizzò, “ È solo una tua
impressione pensare che gli altri ti stiano guardando solo per questo.
Prima di tutto perché è una cosa assolutamente normale e
siccome tra noi accade in pratica ogni giorno,più volte al
giorno, dovresti, come minimo, sentirti sempre osservata, ” le
disse, facendola leggermente arrossire con la sua affermazione.
“In secondo luogo, non ti è più facile pensare che
ti stiano guardando semplicemente perché sei
bella?”aggiunse in tono più aggressivo.
Marte rispose alle sue parole con un sospiro trattenuto e con un lieve
sorriso, metà fra l’onorato e il tronfio, e lasciò
che lui le baciasse le dita delle mani, mentre erano già seduti
a tavola e partecipavano alle conversazioni.
Pensandoci su Marte si rese conto che, nell’ultimo periodo, si
sentiva più bella che mai. Il suo corpo, modellato dalle mani di
Draco, le sembrava ogni giorno più armonioso e flessuoso, come
se subisse ogni volta una trasformazione, mentre raggiungeva
l’apice del piacere insieme con lui e lo sentiva aprirsi dentro
il suo corpo.
Lasciò Draco davanti al portone principale della scuola verso le
otto, lottando contro se stessa per staccare le mani del ragazzo dai
suoi fianchi.
Fortunatamente quella notte l’avrebbero passata insieme, invece
ora poteva sfrecciare tranquillamente al settimo piano, con la certezza
di poter tornare in camera in tempo per il suo ritorno.
Altra ottima notizia: non vide in giro nessun Serpeverde, a
quell’ora stavano già sicuramente tutti a gustarsi gli
aperitivi di Nott in sala comune, al cui pensiero le venne
l’acquolina in bocca.
Sconfisse anche quel bisogno ed entrò nella Stanza delle
Necessità, non prima di aver controllato, sia con la mente che
con gli occhi, che non vi fosse alcun sospetto dietro le armature.
Non era arrivato ancora nessuno. Fece per andare a specchiarsi quando da dietro un armadio saltò fuori Harry.
“Ehila!” esclamò.
“Ciao!Come va?” rispose ancora presa alla sprovvista.
Harry alzò le spalle e solo allora Marte si ricordò di
quando Hermione le aveva raccontato dei suoi incubi notturni.
Occhiaie nere e profonde rigavano il suo volto, oscurando la lucentezza
del verde dei suoi occhi. Tuttavia quella stanchezza non stonava con il
suo aspetto, ma faceva invece intendere di aver marcato quel viso
già più volte in precedenza.
“Pensi di riuscire a fare lezione senza cadere stramazzato a
terra?” gli chiese con ironia, cercando di buttarla sul ridere.
Harry sospirò e si pesò con una spalla a uno specchio,
appannandolo con il suo fiato. “Spero di sì, anche se, ad
essere sinceri, non è ciò che avrei programmato se avessi
avuto scelta,” mormorò.
“Immagino…” ridacchiò.
Anche Harry sorrise e si stropicciò ripetutamente gli occhi
assonnati. “Non mi riferivo minimamente a ciò che stai
immaginando. Io stavo pensando ad un breve voletto sulla mia Firebolt e
poi dritti a nanna, oggi non ho nessuna voglia di consumare altre
calorie.”
“Hai esaurito la tua riserva energetica?’”
Negò, si sedette a terra con le gambe rilassate, dritte davanti a lui, e le fece segno di seguirlo.
Tirò fuori dalla tasca la consueta barretta al cioccolato e la
spezzò in due. “Mi dispiace offrirti un’insulsa
barretta di bassa qualità comprata alle Magie, ieri ad Hogsmade,
piuttosto che un’ottima tavoletta made in babbani, di cui
purtroppo ho esaurito le scorte.”
“Se ti sentisse Draco…”
“Credi che mi ucciderebbe?”
Marte ridacchiò, masticando un quadratino di cioccolato.
“Non essere ridicolo!Certo, potrebbe, ma penso che aspetterebbe a
farlo per un’occasione più propizia, tipo nel caso uscissi
dai G.U.F.O con voti superiori ai suoi. Allora ti distruggerebbe!”
Involontariamente Harry appoggiò la testa sulla sua spalla e
sospirò nuovamente, stanco. Marte cercò di irrigidirsi il
meno possibile e aspettò che parlasse, approfittandone per
guardarsi meglio intorno.
“Gli puoi dire di mettersi il cuore in pace, finché ci sei tu ad aiutarlo.”
“Ma tu hai Hermione, e non credere che io sia meno intransigente di lei!”
“Può darsi, ma per lo meno tu ti devi dedicare ad una sola
persona, che, al contrario di me e Ron, può essere considerata
un caso non del tutto patologico…difficile da ammettere, ”
concluse appisolandosi contro di lei.
“Apprezzo lo sforzo gatto.”
Come premio per quell’ammissione, che, naturalmente, appena
sveglio, avrebbe negato di aver mai detto, Marte lo fece appoggiare
sulle sue gambe.
Non volendo che si addormentasse completamente, continuò a
sussurrargli delle brevi domande che richiedevano comunque un minimo
sforzo come risposta, del tipo: hai preparato gli schiantesimi per
stasera? Dovremo stare in coppia? Hai mai pensato di preparare una
lezione sui Patronus? Non li trovi interessanti?
Ad ogni domanda Harry rispondeva con un sibilo o scuotendo la testa.
Solo quando Marte cercò di indovinare quale fosse il suo animale
protettore, parlò per un’ultima volta.
“Scommetto che evochi un leone, anzi no, una tigre!”
Harry ridacchiò dicendole che era totalmente fuori strada. “Il mio patrono è un cervo.”
“Ah!” In quell’istante si chiese quale fosse il
patrono di Draco e immaginò di vedere uscire dalla sua bacchetta
un’enorme e viscida anaconda. Rabbrividì al solo pensiero.
“Il tuo invece?”
“Pfui! Il mio penso sia un uomo. Brutto, vero?”
Harry aprì gli occhi di scatto, ma li richiuse subito, accecato
dalla luce, ed allora non si sforzò nemmeno di parlare, troppo
stanco pure per pensare a cosa dire.
Aggiunse solo, “Spero che con lui ti faccia delle lunghe chiacchierate.”
“Io invece spero che il tuo t’incorni per bene.”
Ridacchiò un’ultima volta prima di rilassarsi del tutto.
A quel punto Marte tirò fuori la sua bacchetta, con essa
spruzzò dell’acqua sul pavimento e poi si divertì a
manipolarla con la magia, come le aveva insegnato Vitius qualche
lezione precedente.
Appena sentì il respiro di Harry calmo e regolare,
abbassò lo sguardo su di lui e contemplò la
placidità del suo volto. Chissà da quanto non dormiva.
Poteva capirlo. Chi, meglio di lei, poteva comprendere cosa
significasse avere una presenza come quella di Tom dentro la propria
testa?
Certo, lei l’aveva sperimentato in una sola occasione,
fortunatamente, quando ancora non era in grado di controllare le sue
capacità psichiche per difendersi, ma Laer ne era stato vittima
diverse volte ed i suoi ricordi a proposito erano sempre più
terrificanti.
Ricordò con dolcezza le diverse volte in cui lei aveva alleviato
il suo dolore, grazie ai suoi poteri. Gli Altri, in quelle situazioni,
si erano dimostrati molto utili e li aveva amati per questo,
poiché le concedevano del tempo in più da trascorrere con
il suo fratellone.
Posava le mani sulle tempie di Lilium e le massaggiava in senso
circolare, per tranquillizzarlo, farlo rilassare e per aumentare il
flusso di energia. Poi entrava con dolcezza in lui, lentamente, per
distinguersi dall’approccio invasivo e violento di Tom, e gli
faceva vedere delle immagini tranquille. Il più delle volte gli
mostrava scene di giornate passate insieme, visto che erano gli unici
ricordi felici che condividevano.
In breve raggiungeva il centro del suo organismo, quello da cui
partivano i vari filoni dei pensieri, dei ricordi e anche dei sogni, e
vi s’immergeva, fungendo quasi da sedativo per il turbamento che
vi trovava all’interno.
Finito tutto, lo baciava sulla fronte, ma quello non rientrava nella
magia, che era solo una scusa per sentire il suo sapore sulle labbra.
Mentre ripercorreva i vari passi, compì gli stessi movimenti su
Harry, approfittando della complicità del sonno che lo aveva
colto, ed entrò nei recessi più profondi della sua mente.
Vide tanto dolore e solitudine, ma vi trovò anche una gioia
immensa, poiché in un panorama buio anche i più piccoli
sprazzi di luce illuminano come il sole stesso.
Vide tanto amore in Harry, più di quando lui avesse mai
ricevuto, e anche compassione, anche se non era ben chiaro se fosse
rivolta a se stesso o a quelli che gli stavano vicino, partecipi della
sua stessa sorte.
Stava cercando di capirlo meglio. Che cosa portava un ragazzo a
compiere imprese come quelle che lui aveva compiuto, a combattere
disperatamente contro un mostro per il bene di migliaia di persone, che
probabilmente non l’avrebbero mai nemmeno ringraziato,
trattandolo più come carta igienica che come eroe nazionale?
Perché non fuggiva? Non poteva essere solo vendetta, no?
Così sperava. Sia per lui, sia per se stessa.
Improvvisamente sentì un forte dolore alla testa, come un
pizzicotto acuto e lacerante, un grido disperato e straziante che la
costrinse mano a mano a retrocedere, fino a confinarla ai primi strati
dell’organismo, finché non si vide costretta ad uscire
definitivamente dalla testa di Harry.
Il ragazzo nel frattempo si era svegliato, ma non perché si
fosse accorto della sua piccola invasione, quanto per via di quella sua
dannata cicatrice, che ormai non la smetteva più di pulsare e
bruciare, tanto da lacerargli il cervello.
Harry si alzò di scatto, premendo le dita sulla fronte, come per
contenere quel dolore immenso e la guardò, in maniera che
avrebbe definito aggressiva e felina. Sembrava davvero un gatto!
Ad una ragazza normale la sua espressione avrebbe suscitato paura, ma
il lei, inaspettatamente, si ripresentò quella gelida calma, che
l’aveva sempre aiutata a sopravvivere durante il suo soggiorno
nel castello di Voldemort.
Non smise un attimo di fissarlo, immobile, come se si fosse trovata
davanti ad un animale selvaggio, sempre con la bacchetta stretta fra le
dita, anche se in quelle situazioni tendeva a lasciarsi comandare
dall’istinto e dunque dagli Altri.
Nessuno dei due osava muoversi e Marte nemmeno tentò di
azzardare un’ipotesi su cosa Harry potesse aver pensato in quegli
istanti.
Non ne ebbe nemmeno il tempo a dire il vero, perché la porta
della Stanza delle Necessità si spalancò e da lì
iniziarono a entrare i vari membri del loro esercito.
Marte alzò un sopracciglio, ironica, quasi con un accenno di
sfida, mentre entrambi si voltarono per osservare Hermione avvicinarsi
imperterrita a loro due, con dipinta sul volto l’espressione di
chi la sa lunga.
Si giunse così all’ottava riunione dell’Esercito di Silente.
Hermione si trattenne dall’iniziare a urlare sonoramente e si
limitò a fissare entrambi con sguardo truce. Harry aveva ancora
scolpita sulla faccia un’ espressione sofferente e continuava a
premere con la mano sulla fronte. Marte invece si era semplicemente
alzata in piedi e aveva incrociato le braccia dietro alla schiena, con
fare innocente.
“Harry, ti conviene iniziare immediatamente la lezione se non
vuoi che gli altri si accorgano che eravate qui insieme, da
soli,” sibilò Hermione fra i denti, cercando di ignorare
lo sguardo confuso del ragazzo.
Lui si allontanò subito dalle due ragazze ed iniziò a
chiamare a raccolta gli altri studenti per cominciare la lezione,
intanto la dolce Grifondoro si girò, con le mani premute sui
fianchi, a fronteggiare la sua migliore amica Serpeverde, che non
sapeva se ridere o iniziare a preoccuparsi perché, come al
solito, aveva combinato un pasticcio.
Giusto diversi giorni prima Draco le aveva ripetuto che i suoi poteri
dovevano essere una cosa loro e che non avrebbe confessato il suo
segreto nemmeno al suo migliore amico, se non sotto giuramento. Ora,
lei aveva reso Hermione partecipe del loro segreto e ancora un
po’ e si sarebbe fatto scoprire pure da Potter.
Draco faticava a sopportare Hermione come parte della loro vita, in
quanto sua migliore amica, ma era certa che per il gatto non avrebbe
fatto alcuna eccezione.
“Non stavo facendo nulla di ciò a cui stai
pensando.” Hermione ormai si era fissata che lei volesse in
qualche modo sedurre Harry, ma si sbagliava di grosso. Per lei
stuzzicarlo rappresentava solo una fonte di divertimento, nulla di
più. Per nulla al mondo avrebbe rinunciato a Draco. Tanto meno
per un Grifondoro.
“Allora spiegami, te ne prego, perché sono confusa,” le rispose stizzita.
“Lo vedo, nel tuo cervello c’è qualcosa che
assomiglia sempre di più ad un groviglio di fili!”
esclamò, cercando come al solito di distrarla.
Hermione si voltò, ancora più scocciata per via della sua
intrusione, nonostante sapesse che questo non bastasse a bloccarla.
Marte notò inoltre che la ragazza non la smetteva mai di
muoversi. Incrociava le gambe, le braccia, si toccava i capelli e si
torturava l’interno delle guancie con i denti.
“Hermione, o tu sei molto eccitata, cosa che escluderei a priori
visto che il tuo principe rosso non è presente e visto che anche
se lo fossi tenteresti di controllarti, o tu hai bevuto troppo dalla
boccetta che ti ho dato, confessa!”
“E va bene! Lo ammetto!Ne ho bevuta metà! So che non avrei
dovuto ma era una sensazione così incredibile, riuscivo a
studiare senza sforzo, era fantastico!”
Marte scosse la testa, leggermente preoccupata e arrabbiata, anche se
sapeva che la sua pozione non avrebbe avuto effetti così
negativi.
“E pensare che ti avevo avvertita,” la sgridò,
amaramente, “Stanotte probabilmente non riuscirai a dormire. Ti
conviene studiare anche durante la notte per consumare gli effetti
più velocemente e dormire domani mattina.”
Hermione spalancò sconvolta gli occhi all’idea di dover
saltare le prime due ore di Trasfigurazione. “Immagino di
essermela andata a cercare…” ammise mestamente.
“Prenderò appunti per te, okay?”
“E io sono consapevole di chiederti uno sforzo enorme,” la prese in giro Hermione, inchinandosi davanti a lei.
“Ma piantala!”
Marte spinse l’amica e la costrinse a raggiungere gli altri, dove
Harry aveva già preso a spiegare l’incantesimo che aveva
programmato di spiegare quel giorno.
Si misero tutti in cerchio, attorno ad uno di quegli enormi manichini
con le rotelle al posto dei piedi che somigliavano tanto ai Mangiamorte.
“Oggi proveremo tutti gli incantesimi affrontati fino ad ora,
ovvero Expelliarmus, Protego, Reducto e Stupeficium. Indirizzate
l’incanto verso il manichino e spingetelo verso un compagno, ma
ricordate,” il suo tono di voce si fece ancor più fermo e
deciso, “Qualsiasi incantesimo con cui lo colpirete, il manichino
ve lo rinvierà due volte più forte, perciò fate
attenzione e proteggetevi. Non è il caso di usare
l’infermeria della scuola.”
Sia Hermione che Marte ritenerono che quel metodo di allenamento fosse
di gran lunga più divertente di quello abituale e si misero in
cerchio una accanto all’altra, anche per parlare senza essere
sentite.
“Non mi hai ancora illuminato su ciò che è accaduto
fra te e Harry,” borbottò Hermione, poco prima di
respingere uno schiantesimo.
Marte alzò le spalle e spine via il manichino riducendo il suo
braccio sinistro ad un cumolo di polvere: questo ricrebbe in pochi
secondi e il falso Mangiamorte invocò lo stesso incantesimo
contro uno studente Corvonero, che, impreparato, riuscì a
difendersi ma cadde all’indietro.
“Fa attenzione Colin!”urlò Harry
“Non so di preciso cosa sia successo. Mi sono introdotta nella
sua testa solo per dargli un po’ di sollievo - non era la prima
volta che mi capitava di doverlo fare e Harry mi sembrava sul punto di
crollare - quando all’improvviso ho sentito un dolore acutissimo,
straziante, e subito Harry si è svegliato, teso e
incazzato.”
“Se era la cicatrice - e non poteva essere altro - allora
c’era Voldemort nella sua testa,” commentò la
Grifondoro con tono grave e sofferto.
Rimasero in silenzio per diversi minuti, durante i quali respinsero
numerose volte il manichino e guardarono gli altri fare lo stesso. Ogni
dieci colpi qualcuno si ritirava ed infine, di venticinque che erano
all’inizio, ne rimasero in piedi solo tredici, quasi tutti
Grifondoro, tra i quali spiccavano molte teste rosse, tre Corvonero e,
naturalmente, un’unica Serpeverde.
“Ma c’è una cosa che trovo strana,”
pensò ad alta voce, dopo quella lunga pausa di riflessione,
“Questa è in assoluto la prima volta che io mi faccio
male, non è mai successo prima che qualcuno sia riuscito a
superare le mie barriere. La lettura del pensiero è il potere
che mi contraddistingue, il mio punto di forza!Non può
cedere!” concluse infuriata, ma sempre tenendo basso il tono di
voce.
Hermione scosse la testa davanti a questa contraddizione.
“Ciò che dici è vero, ma non pensi che in questo
caso la situazione presente sia leggermente diversa?
Expelliarmus!” urlò svogliatamente. “Dobbiamo
ricordare che non è un semplice mago quello a compiere delle
continue incursioni nella testa di Harry, bensì Voldemort!”
Nonostante Hermione avesse appena fatto vacillare le sue convinzioni,
Marte negò con sicurezza. “No, non è possibile,
forse tempo fa, ma di certo non ora!”
“Qui si parla troppo e si lavora poco, mi pare.”
La voce di Harry s’inserì all’interno della loro
conversazione come un soffio gelido e spaventoso, facendo sobbalzare
entrambe.
Hermione, che era più abituata di lei al carattere del
Grifondoro, si comportò normalmente e si scusò, il suo
cuore invece, sentendo lo sguardo del ragazzo trapassarle la nuca,
ancora dopo che si fu allontanato, continuò a battere
all’impazzata, finché una provvidenziale Ginny Weasley non
distrusse del tutto il manichino, mettendo fine ai giochi.
Hermione aveva risollevato i suoi timori passati. Voldemort non era
più in grado di entrare nella sua testa, ma poteva ferirla
tramite gli altri.
Ciò che però lei temeva maggiormente era che un suo
presentimento si avverasse, cioè che Tom avesse scoperto che lei
era diventata amica di Harry Potter e, tramite il ragazzo, avesse
capito che si era innamorata di Draco Malfoy.
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